Amore in affitto

di gianno11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quella mattina ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Quella era stata una giornata davvero bizzarra. Iniziata male e finita anche peggio.

Non le era mai piaciuto piangere in pubblico, era la cosa che più la umiliava. Pensava che le lacrime potessero dire di una persona molto più di quanto lei stessa dicesse, perché quando si piange vengono fuori tutte le proprie debolezze e la propria fragilità e non le era mai piaciuto farsi vedere in quello stato. Si era ritenuta sempre una persona forte ed era così che le piaceva essere considerata.

 Ma quel giorno la vergogna non derivava soltanto dalle lacrime che copiose e senza esitazione avevano cominciato a rigarle il volto ma da ciò che le avevano accompagnate, ovvero da parole a causa delle quali non avrebbe più osato uscire di casa.

E quella sera fra le soffici lenzuola del suo letto non poté che ripensare a quel momento e maledire la sua sciocca impulsività. Aveva detto solo quello che le passava per la testa, ciò che la turbava e che in quei giorni portava il suo viso ad assumere una costante espressione di tristezza e sconforto “ma non era quello il modo e il momento per dirlo”. Si lamentò con se stessa poggiando le mani ai lati della testa e scuotendola con veemenza.

Si ributtò sul letto, distesa su un fianco, la mano ancora poggiata sulla guancia e un’ espressione seria e pensierosa sul volto.

 

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Capitolo 2
*** Quella mattina ***


Erano le sette e mezza quando, la mattina precedente, la sveglia aveva incominciato a suonare. Jumi, scocciata e infastidita, l’aveva messa a tacere con un movimento per nulla delicato.

Era da un po’ di giorni che si sentiva nervosa e giù di morale e in quelle condizioni il risveglio era ancor più tragico del solito. Con estrema lentezza si era messa a sedere, le gambe a penzoloni non riuscivano a toccare terra, dimostrazione della sua bassa statura. Aveva alzato le braccia e, strette le mani a pugno, aveva incominciato a strofinarsi gli occhi ancora assonnati.

A dir la verità il suo cattivo umore era dovuto alla notizia che aveva appreso la settimana precedente.

Certamente lo sapeva già da tempo, il diploma per gli studenti del terzo anno era un evento inevitabile, ma tale certezza si era fatta strada nella sua mente lasciandola sconvolta.

Ciò che le metteva una strana e dolorosa angoscia e che le faceva contorcere lo stomaco ogniqualvolta ci pensava, era la consapevolezza che non lo avrebbe più visto o quantomeno non tanto spesso come aveva sempre fatto.

Mori era sempre stato il suo unico amico fin dall’infanzia (naturalmente insieme ad Hani) e da qualche anno si era resa conto di provare per lui qualcosa di più, sentimento che però non era corrisposto. Jumi sapeva che finché ci sarebbe stato Hani, lui non avrebbe avuto alcun altro interesse. E infondo non aveva mai cercato di mutare la situazione, non voleva perdere la loro amicizia, erano per lei le persone più importanti. Erano stati per anni i suoi unici amici con i quali aveva condiviso tutto e solo da poco si era iscritta all’Ouran cosa che le aveva permesso di conoscere i membri dell’Host Club. Si era subito affezionata a tutti ed in particolar modo ad Haruhi della quale conosceva il piccolo segreto. Tutto ciò però non evitava che si sarebbe sentita immensamente sola una volta che Mori se ne fosse andato.

Si era passata una mano fra i capelli, scompigliandoli, gli occhi ancora chiusi e poi si era alzata.

Aveva indossato la divisa della scuola e come aveva preso a fare in quei giorni, aveva rinunciato alle sue vivaci parrucche. Non se l'era sentita di essere eccentrica come al solito e aveva preferito che fossero soltanto i suoi sobri e soffici boccoli a incorniciarle il viso delicato. Aveva pettinato alla bel e meglio i corti capelli ed era uscita di casa evitando come al solito di prendere la limousine. Soprattutto quella mattina le andava di passeggiare per scaricare l'ansia e l'agitazione.

Si era soffermata pensierosa davanti all'ingresso dell'imponente istituto superiore Ouran quando qualcuno l' aveva chiamata.
"Ancora quell'aria sconsolata. Sai di essere davvero pesante?" Le disse Haruhi con estrema sincerità. Jumi la guardò con un finto broncio, gonfiando le guance, poi scoppiarono entrambe a ridere.
In effetti quell'atteggiamento non le si addiceva ma non riusciva proprio ad evitarlo.

Alla fine si era stiracchiata le braccia dietro la schiena sperando in questo modo di poter sciogliere l'ansia che le intorpidiva le membra, e con Haruhi si era diretta verso la sua classe dove si salutarono dandosi appuntamento, una volta finite le lezioni, nell'aula di musica n.3. In effetti Haruhi era l'host con cui maggiormente si intratteneva dato che che i gemelli con il loro rapporto incestuoso non erano il suo tipo, sebbene in assenza delle clienti fossero uno spasso; Tamaki nemmeno (troppo sdolcinato per i suoi gusti e non le piaceva essere adulata; non da lui almeno); Hani era un colpo netto alla dieta; Kyouya invece era davvero un tipo interessante ma non intratteneva direttamente le clienti. Quindi il più "normale" rimaneva Haruhi, con la quale almeno si poteva parlare,  anche se nascondeva a tutti di essere una ragazza, cosa non da poco in effetti.

Jumi attendeva sempre con ansia la fine della lezioni per scoprire quale bizzaro fosse stavolta il travestimento dei ragazzi e per trascorrere con un esilarante compagnia il suo tempo pomeridiano.
Ma a causa del suo basso morale non risulta affatto strano che accogliesse malamente il suono della campana che sanciva di fatto il termine della lunga giornata scolastica.
Ma infondo amava troppo trascorrere il pomeriggio con quelli che ormai aveva imparato a chiamare amici. Per questo non vi avrebbe mai rinunciato.
Così si era ritrovata di fronte l'ingresso dell'aula di musica e con qualche esitazione l'aveva varcato. Da qualche tempo anche l'host club viveva in un'aura di tristezza; infatti le fan di Mori e Hani (ma non solo, se si considera lo stesso Tamaki) non facevano altro che piangere ed Haruhi era costretta a portare fazzoletti alle afflitte fanciulle.

"Jumi-chan, Jumi-chan! Perchè hai fatto così tardi oggi? Vieni con noi! Vieni con noi!"
Hani la guardava con quei suoi occhioni dolci ai quali era impossibile resistere. Stringeva con un braccio il suo Usa-chan e con l'altro tratteneva Jumi.
"Ehm -tentò- in realtà io e Haruhi...." ma Hani non la fece continuare dicendole una cosa che non le dava la possibilità di opporsi ancora.
Infatti Hani riempendo i suoi grandi occhi di lacrime le disse:" Dai Jumi-chan potrebbe anche essre l'ultima volta che possiamo mangiare tante torte tutti e tre insieme. Vero Takashi?"
Jumi non poté far altro che rivolgere la sua attenzione, per la prima volta da quando era entrata, sulla causa del suo dissidio interiore.
Quegli occhi, quei suoi occhi così profondi erano sempre ingrado di sconvolgerla più di qualsiasi parola, considerando il fatto che Mori non era proprio un tipo loquace. Ed infatti rispose con un semplie e sbrigativo:" Ah!".
Jumi ormai aveva ceduto e rivolse così il suo sguardo verso terra. Hani capendolo l'aveva trascinata subito verso il loro divanetto dicendo:" Vedrai che Haruhi capirà".

*

Era già passata una buona mezz'ora da quando si era seduta e Hani aveva letteralmente divorato una dozzina di fette di torta. Solo una volta lui le aveva chiesto se ne volesse mangiare una anche lei ma ad un suo rifiuto, senza insistere oltre, si era fiondato su di un'altra torta.

Jumi era notoriamente riconosciuta come una ragazza allegra ed estremamente chiaccherona oltre che parecchio eccentrica così il suo comportamento e il suo abbigliamento così sobrio e regolare avevano insospettito tutti quelli che la conoscevano. I membri dell'host erano già da tempo consapevoli dei suoi sentimenti per Mori ( tranne Tamaki che sempre per ultimo comprendeva anche i fatti più ovvi, e il diretto interessato) così avevano smesso di farle domande sulla natura e la causa del suo cambiamento.
Lo stesso però non si poteva dire per tutti gli altri che continuavano a porle fastidiose domande proprio come quel pomeriggio.

"Jumi-chan sei così strana in questo periodo. Non sarai anche tu triste per Mori e Hani-senpai? Oh, come ti capiamo." Si erano messe a piagnucolare alcune ragazze abbracciandola e strusciandosi convulsamente l'una sull'altra.
"Sarà così triste quando non potremmo più vederli tutti i giorni" aveva detto un'altra con un pietoso tono lagnoso.

Jumi, toltesele di dosso sgarbatamente, si era alzata dal divanetto per andarsene; non voleva darlo a vedere ma le pizzicavano gli occhi ed era sicura che di lì a poco qualche lacrima sarebbe sgorgata senza essere richiesta.
Così contava di sgattaiolare presto fuori dall'aula e tornarsene a casa ma non aveva fatto conto di un piccolo imprevisto.
Proprio a pochi passi dalla porta della sua salvezza si sentì afferrare per un polso e strattonare da una certa forza che la portò a voltarsi. Già prima di vedere a chi appartenesse la mano che l'aveva fermata aveva compreso di chi si potesse trattare. C'era solo una persona in grado di darle quella piacevole scossa e quella sensazione di calore: Takashi Morinozuka.
Jumi cercò di divincolarsi dalla sua presa, ma lo sapeva, era tutto inutile. Guardava con insistenza il suo polso sperando in un qualche cataclisma improvviso per poter fuggire. Ma doveva liberarsi da sola, doveva indurlo a lasciarla andare.
"Mori, ti prego lasciami.." gli disse cercando di suonare almeno minimamente velenosa.
Tutti quelli che si ritrovavno all'interno dell'aula si erano fermati a vedere cosa stesse succedendo ed infatti era calato un silenzio surreale. Kyouya aveva un sorriso sornione sulle labbra, e lo stesso i gemelli, Hani e Haruhi erano un pò preoccupati mentre Tamaki non aveva idea di quello che stesse succedendo. Per questo stava per intromettersi fra i due, comprendendo l'aria tesa che li avvolgeva, ma i gemelli l'avevano fermato dandogli due scappellotti in perfetta sincronia, intimandogli di restare soltanto a guardare.

"Ti ho detto di laciarmi" ripeté Jumi, stavolta guardandolo negli occhi.
"Perché?" disse lui con un filo di voce.
"Perchè cosa?" gli chiese Jumi seriamente incuriosita.
Mori sbuffò. "Il tuo strano comportamento. Non mi piace per niente, è seccante".
Jumi distolse lo sguardo imbarazzata. Aveva sperato che lui non si accorgesse del suo turbamento ma effettivamente era davvero impossibile anche per lui che era costantemente occupato ad accudire Hani; neanche fosse un bambino. E in quel momento si trovò con orrore ad odiarlo perché era solo a causa sua se Mori non si interessava ad altro.

Mori cercò di attirare la sua attenzione dandole uno strattone al braccio che stringeva ancora con una certa forza e portandola nuovamente a guardarlo.
Una volta posti i sui occhi in quelli di lui sentì cedere tutti i freni che le avevano impedito fino a quel momento di parlare apertamente dei suoi sentimenti. Quel suo non capire quando tutto era così evidente e anche troppo forse, l'avevano infastidita e in questo aveva contribuito il fatto che aveva esplicitamente detto di essere lui quello infastidito.
Non si preoccupò più di quello che aveva da dire, delle conseguenze che ne sarebbero derivate, parlò senza esitazione e con un coraggio che non credeva di avere, almeno in questo genere di situazioni di cui era praticamente inesperta.

"Tu, tu -gli disse puntando un dito della mano libera con forza verso il suo petto- non capisci niente, sei solo uno stupido idiota -le prime lacrime che scendevano calde sulle sue guancie-. E d'altronde io non capisco te. Non hai alcun altro interesse che non sia direttamente legato ad Hani. Perchè dipendi così tanto da lui? Viene sempre prima di tutto per te! E io -singhiozzò, le lacrime ormai le rendevano difficile anche respirare oltre che parlare- io sono stanca di aspettarti. Sono stanca di aspettare che tu ti accorga di me".

Nel pronunciare le ultime parole aveva abbassato il volume della voce cosa che però non aveva evitato che tutti sentissero. Infatti si erano silenziosamente avvicinati, troppo curiosi per lasciar cadere il discorso.
Tamaki nel frattempo era scivolato su una buccia di banana e cadendo a terra aveva prodotto un gran tonfo.
Grazie a quel rumore che la riportò alla realtà, Jumi realizzò di aver praticamente urlato i suoi sentimenti, cosa che permise a tutti i presenti di venirne a conoscenza. Si vergognò profondamente e il suo unico desiderio fu quello di scappare. Non osò guardare il ragazzo davanti a sè, troppo spaventata di potergli leggere in viso la sua reazione. Con la mano libera scostò quella del ragazzo dal suo polso, si voltò e corse via.
Non sapeva come Mori l'avesse presa, ma era certa che fosse davvero sorpreso visto che non l'aveva nè fermata nè inseguita.
"E per fortuna" si ritrovò a pensare Jumi, mentre correva fra le strade Tokyo.
Non avrebbe più avuto il coraggio di guardarlo negli occhi, si pentì di quello che aveva detto. Temeva che adesso tutto sarebbe cambiato nel loro rapporto, che i loro legami si sarebbero allentati per poi inevitabilmente sciogliersi. Eppure una leggera fiammella si era accesa nel suo cuore e le dava la speranza che tutto sarebbe potuto cambiare ma in meglio, che il ruolo di primo piano che Hani occupava nella vita di Mori sarebbe potuto essere finalmente suo. Ma si ritrovò a pensare di essere una grandissima egoista e forse per questo lui non aveva mai corrisposto i suoi sentimenti.

Quel giorno pianse finchè le sue palpebre ressero, finchè il sonno non ebbe la meglio sulle sue membra stanche.

*

La mattina dopo la bruciavano ancora gli occhi, aveva versato tante lacrime che era sicura le sarebbero bastate per una vita intera.
Ma come dicono i plebei è inutile piangere sul latte versato, e così si disse che doveva trascorrere soltanto qualche altra settimana sotto le coperte, non era poi così difficile.
Confidò anche in quel lato imbecille che possiede ogni uomo che lui non avesse compreso il reale senso delle sue parole, di quel suo "Sono stanca di aspettare che tu ti accorga di me".
"Che cosa stupida da dire" si disse dandosi due schiaffi sulle gote già arrossate per l'imbarazzo che il ricordo del giorno prima aveva provocato.
E così si ricoprì totalmente, ritrovandosi interamente sotto le coperte.

All'improvviso sentì qualcuno bussare, un qualcuno che non attendendo nemmeno una risposta, aprì la porta della camera e si sedette sul suo letto.
"Ehi Jumi" le disse con dolcezza, accarezzandole il punto in cui si trovava la sua testa.
"Uhm...non vado a scuola, non mi sento bene" le rispose lei con una voce impastata.
"E per quanto hai intenzione di assentarti?" disse comprensiva la donna.
"Uhmm...diciamo qualche settimana" le rispose voltandosi e dandole le spalle.
"Jumi capisco come ti senti, non sei certo l'unica, non sai quante volte è capitato a me..."
"E tu che ne sai" le disse irritata.
La donna sbuffò. "Ieri mi ha chiamata Kyouya-kun e mi ha raccontato quello che è successo. Certo che però..."
"Cosaaa" urlò Jumi seriamente indignata e imbarazzata. Di scatto si era messa a sedere e osservava la madre con uno sguardo truce.
"E tu da quando sei in contatto con quell'idiota. Ahh.. giuro che lo uccido" disse mimando con le mani uno strangolamento.
Saeko sorrise. "Non c'era bisogno che me lo dicesse Kyou-kun per capirlo -le poggiò una mano sulla guancia avvicinandosi a lei-. Io sono tua madre, ti ho cresciuta e mi accorgo di ogni tuo cambiamento. Ho capito ancora prima di te che Takashi ti piacesse. Perciò credi che non mi sia accorta del tuo malessere in questi giorni?"
Jumi la guardava imbarazzata e anche un pò sorpresa, sua madre non aveva mai dato a vedere di sapere tutte quelle cose.
"Ma lui, lui non prova quello che provo io" le disse triste gettandosi sul suo petto.
Saeko l'abbracciò con tenerezza, faceva male vedere la sua gioviale figlia così triste, ma sapeva che era una cosa del tutto normale, anche lei aveva avuto le sue delusioni d'amore e per questo sapeva quanto potessero far soffrire.
"Non cambierà nulla se resti qui chiusa così tanto a lungo, non starai certo meglio -le disse stringendole le spalle e allontanandola dal suo petto-. Hai insistito tanto per l'iscrizione in quella scuola e lì ti sei fatta degli amici, loro potranno essere un'ottima distrazione. Però oggi ti concedo di rimanere a casa".
"Ma lì c'è anche lui" si lamentò Jumi.
"E sei sicura che ciò che vuoi sia non vederlo più?" le disse distendendola delicatamente e rimboccandole le coperte. Poi si era diretta verso la porta e se ne era andata dicendole che l'avrebbe lasciata riposare.
Jumi ripensando alla domanda della madre si rese conto che in effetti non vederlo le avrebbe procurato soltanto altro dolore.

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Capitolo 3
*** Epilogo ***


 

EPILOGO

 

 

Erano passate circa due settimane da quell'accaduto e Jumi aveva cercato in ogni modo di evitare Mori. Più e più volte aveva rischiato di incrociarlo ma era prontamente riuscita a fuggire. In quel periodo non aveva neanche frequentato l'Host Club anche se molto spesso si era recata a casa di Haruhi per avere novità.

Mori non sembrava cambiato affatto da quel giorno ma chissà quali pensieri oscuri si agitavano nella sua mente e nel suo cuore.

Mancava solo qualche giorno alla cerimonia del diploma, più scongiurava quel momento più esso sembrava vicino.

Un giorno a fine lezione Jumi passeggiava nel giardinetto della scuola ed era sovrappensiero quando lo vide. Veniva probabilmente dalla lezione di Kendo come si poteva notare dall'abbigliamento. Era chinato verso terra e stava dando da mangiare ad un uccellino, sul volto un sorriso dolce che provocò un quasi totale stordimento ai sensi della povera Jumi la quale si ritrovò immobile a fissarlo, senza riuscire a fare altro; era così dannatamente bello che sembrava un peccato non guardarlo. Si immaginò il giorno del loro matrimonio, tanti petali di rose che li avvolgevano una volta usciti dalla chiesa. Loro che sancivano il loro eterno amore con un bacio carico di passionalità.

Era così impegnata a fantasticare che non si era accorta che lui si era voltato e che adesso la stava guardando sbavare.
La sua espressione era talmente buffa che Mori non riuscì a trattenersi dal ridere.

Jumi rendendosi conto della situazione e vedendolo ridere di lei fece un piccolo passo indietro, le guancie arrossate, poi si voltò e corse via. Aveva impiegato due settimane per evitarlo e adesso si era scioccamente e sconsideramente rovinata l'intera esistenza. Quel suo sorriso però era riuscito a donarle più serenità di quanta ne avesse provato in quel periodo in cui aveva vissuto nella costante tensione e paura di incontrarlo.
Così pensò di volerlo rivedere, di averlo tutto per sè. Ma se avesse continuato con quei pensieri egoistici l'avrebbe perso per sempre. Avrebbe persino rinunciato al suo amore, ma desiderava comunque essergli accanto, acnhe se questo significava soltanto come amica.
Per questo si era fermata pronta per tornare indietro ma, voltatasi, se l'era ritrovato di fronte; l'aveva inseguita.

Si guardarono a lungo negli occhi senza che nessuno dei due proferisse parola. Solo dopo un lungo silenzio fatto di intensi sguardi Jumi disse:" Ehm i-io, mi dispice, mi sono comportata da perfetta idiota. Non pensavo davvero quel che ho detto. Credo che fosse la gelosia a parlare per me -disse con un sorriso imbarazzatao e portandosi una mano fra i capelli-. In queste settimane ho avuto molto tempo per riflettere e mi sono resa conto che per me sei molto importante anche più dei miei stessi sentimenti, per questo sono disposta a lasciarli da parte. Mi mancano le nostre serate passate ad ingozzarci davanti la Tv, i nostri pomeriggi; tu, io ed Hani eravamo inseparabili e vorrei che fosse ancora così. Sebbene io -aveva abbassato solo un attimo gli occhi per poi ritornare a guardarlo, un sorriso estasiato sul volto mentre si contorceva le mani- sebbene io adori quando indossi gli occhiali, ti rendono così carino, il tuo atteggiamento nei confronti degli animali, anche loro ti adorano, le particolari attenzioni che rivolgi a Mitsukuni e a tutti quelli a cui tieni, mi piacciano i tuoi modi all'apparenza così duri e decisi ma che nascondono invece grande gentilezza... ah e poi -sospirò inclinado leggermente la testa di lato- trovo che il tuo sorriso davvero bellissimo".

Gli aveva aperto il suo cuore e ancora una volta si stupì di quanto fosse stato semplice. Non aveva avuto nessuna esitazione, nessuna vergogna; se voleva che la loro amicizia diventasse più bella e più sincera doveva mettere le cose in chiaro.

Ad un tratto Mori sorrise, le mancò un battito quando le posò una mano sulla spalla e l'altra sui capelli scompigliandoglieli.
Si abbassò (e anche di tanto vista la scarsa statura di Jumi e quella troppo elevata di Mori) per avvicinarsi al suo viso e posò le sue labbra morbide su quelle di Jumi. Fu un bacio leggero, delicato, ricolmo di grande dolcezza e di un immenso affetto.
Jumi credette di stare per bruciare, non si sarebbe sorpresa di vedersi avvolgere dalle fiamme. Temeva fosse tutta un'illusione che si sarebbe dissolta non appena avesse aperto gli occhi. Ma le sue labbra erano reali, come il profumo del suo corpo talmente vicino da potersene inebriare. La mano che salda tratteneva il suo braccio scivolò dietro la sua schiena seguita poi dall'altra che prima, dopo essere discesa dalla sua testa, si era poggiata delicata sulla sua nuca.
Mori si staccò dalle sue labbra e con una leggera pressione la strinse a sè in un caldo abbraccio. Jumi si appollaiò sul suo petto e alzò le braccia fino a stringere la sua camicia. Si sentiva così bene fra le sue braccia che sperò che quel momento non potesse mai finire. Era una sensazione ancor più bella di quella provata nelle sue migliori fantasie.

Si sentiva così stordita che quasi non si accorse che Mori stesse parlando. Le aveva chiesto scusa ma sembra che volesse dire anche altro. Lo notava dal movimento accellerato del suo petto.
"Credo che fossi più occupato a cercar di tenere a bada i miei sentimenti per accorgermi dei tuoi". E detto questo le aveva accarezzato di nuovo la testolina, aprendosi in un grande sorriso.
Anche Mori a modo suo le aveva rivelato i suoi sentimenti, anche se non apertamente ma per Jumi era già abbastanza. Sapeva che per lui doveva essere stato difficile pronunciare anche quelle parole.
In quel momento si ritrovò a chiedersi se di felicità si potesse morire, perchè lei si sentiva scoppiare. Si strinse ancor più forte a lui con un sorriso ebete sulle labbra.

*

"Hai capito Mori!" disse ironico Hikaru.
E tutti risero. Si erano ritrovati per caso a passare di fronte a quella finestra e vi avevano visto Mori e Jumi parlare. Erano stati contenti di vederli di nuovo insieme ma si erano davvero stupiti quando lui l'aveva baciata.
Così i curiosi membri dell'Host Club guardavano divertiti i loro amici.
"Anche Takashi era da tempo innamorato di Jumi-chan. E io l'avevo già capito!" aveva detto detto Hani-senpai con un grande sorriso. Era contento che i suoi due amici avessero fatto la pace.
"Era abbastanza evidente soprattutto dagli sguardi che Mori le lanciava" aveva aggiunto Kyouya al quale effettivamente non sfuggiva mai nulla.
Haruhi riflettè sulle parole di Kyouya e in effetti si ricordò di aver notato una particolare dolcezza, abbastanza celata e ben diversa da quella che riservava a Hani-senpai, dei modi e degli sguardi che Mori destinava esclusivamente a Jumi. Così fu contenta per la sua amica perchè sapeva che in quel momento doveva essere immensamente felice. Si voltò a guardare un Tamaki in preda a controllare le lacrime e sebbene lo trovasse stupido e imbarazzante pensò che forse con lui anche lei sarebbe potuta essere felice.

 

                                                                                     FINE

 

P.S. un grazie a chi ha avuto il coraggio di leggerla!!

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