La rosa magica

di agatka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


«E se fosse per sempre, mi stupirei, e se fosse per sempre, ne gioirei». Rachel aveva la sua solita pausa tra una cliente e un’altra, e la maggior parte delle volte la passava facendo i cruciverba ascoltando e canticchiando un po’ di buona musica.

«E’ permesso?» domandò una voce maschile da dietro la porta spalancata.

Rachel si girò e vide un ragazzo che ridacchiava fra sé e sé, tenendo fra le mani un vassoio. Aveva per caso ordinato qualcosa al bar? No, a meno che non soffriva di perdita di memoria a breve termine no, non aveva ordinato niente. Alzò un sopracciglio a mò di sorpresa e si poggiò la penna sulle labbra, aspettando una spiegazione da parte di quel ragazzo.

«Le ho portato la sua ordinazione signorina Swan» parlò lui avanzando e chiudendosi la porta alle spalle perché faceva troppo caldo e il cambiamento di aria fra dentro e fuori si sentiva.

La mia cosa? Come fa a conoscere il mio cognome?  Iniziò a chiedersi Rachel, eppure non lo aveva mai visto a quel ragazzo, o almeno cosi credeva.

«Ma dai Rachel, non ti ricordi di me?» rise il ragazzo che si avvicinava sempre più al bancone per poggiare il bicchiere di tè freddo, qualche biscotto e una rosa.

La ragazza iniziò a guardarlo per bene, cercando di trovare qualche particolare per riconoscerlo, quando notò sul viso del ragazzo una cicatrice, che lei stessa gli aveva fatto un po’ di anni fa.

«Nick?! Che cosa ci fai qui? Non ti avevo detto che dovevi sparire dalla mia vita?» brontolò Rachel scocciata. Quel ragazzo era stato il suo peggior inferno durante gli anni del liceo, si erano sempre odiati a vicenda per la concorrenza che si facevano fra loro. Erano due teppisti a scuola, che non erano mai andati d’accordo però, se non una volta che si ricordavano ancora entrambi, quando dovevano farla pagare a un certo Wilson che aveva fatto la spia contro i loro stupidi giochetti.

«Il destino ha voluto che ci incontrassimo nuovamente, non ti pare stupendo?» azzardò Nick aspettandosi arrivare qualcosa di materiale addosso, ma stranamente Rachel non si mosse. Possibile che da qui a 3 anni fosse cambiata? Dalla strampalata 18enne di una volta, è diventata una seria e matura 21enne? Non era affatto possibile.

Rimasero per un attimo in silenzio, Rachel pensava a qualcosa, chissà cosa, magari un metodo per sbarazzarsi di lui, mentre Nick andava in giro per il negozio e osservava tutte quelle unghie colorate esposte in vetrina, erano veramente splendide, ogni colore stava al proprio posto, come è giusto che sia, visto che entrambi avevano terminato un liceo artistico.

«Il destino non ha mai voluto che ci lasciassimo, visto che porti ancora sul viso un mio segno indelebile!» rispose finalmente Rachel, continuando a scarabocchiare sul giornale che aveva davanti.

Quel giorno, quando aveva tirato una bottiglia di vetro in testa a Nick, presa da un attacco d’ira nei suoi confronti, si era realmente pentita di avergli causato tutto quel male. Nick aveva passato 2 settimane in ospedale, in condizioni poco gravi per fortuna, ma aveva perso tanto di quel sangue che Rachel aveva avuto paura di averlo ucciso. E non era neppure andata a trovarlo in ospedale, il che era il minimo che avesse potuto fare, ma non le pareva il caso, visto che si odiavano, e lui le aveva offeso pesantemente i genitori, che erano morti quando Rachel aveva 10 anni. Nessuno ha mai scoperto la verità su quel giorno, Nick aveva detto che era inciampato cadendo sopra quella bottiglia. Quell’episodio era uno dei più gravi fra di loro, ma avevano sempre continuato a punzecchiarsi in qualche modo.

«Il passato lasciamolo al passato, va bene?» sorrise lui voltandosi verso di lei che nemmeno lo guardava.

Nick lavorava da poco in quella zona, era stato assunto come barista di fronte al centro di bellezza di Rachel, e la osservava molto spesso, più di quanto lui stesso immaginava. Aveva capito che c’era sempre stato qualcosa che lo aveva interessato in lei, era diversa dalle altre, anche se stronza come nessuna fosse stata mai, era una ragazza dolce, nel profondo del cuore. E aveva ancora qualche speranza che le cose fra di loro potessero andare in qualche modo bene, anche se avevano passato il peggio insieme e non si erano rivolti parola da 3 anni, ma era proprio questo che gli dava una speranza, in 3 anni si potevano cambiare tante cose, e lei, a primo impatto, sembrava proprio cambiata.

«Come mai sei cosi gentile ora? Ti è apparso per caso Dio?» chiese Rachel con un mezzo sorriso sulle labbra, prendendo il tè e bevendo un sorso per rinfrescarsi. Poi notò la rosa vicino ai biscotti, cos’era quella? Un omaggio in segno di scuse?

«Questa puoi pure portartela via, sono allergica!» aggiunse con un finto starnuto.

Nick scoppiò a ridere e poggiò le braccia sul bancone, vicino a Rachel che teneva il tè fra le mani.

«Su Rachel perché devi essere sempre cosi acida? Mi sembra che ormai siamo cresciuti entrambi, eravamo stupidi e piccoli, abbiamo fatto una marea di cazzate nella nostra vita, ma è arrivato il tempo di cambiare, non pensi? Perché devi trattarmi come un pezzo di merda?»

«Perché magari lo sei?! Mi hai sempre importunata, ora levati, vivi la tua vita come sto facendo io ok?».

Rachel si alzò e andò a vedere l’agenda, per controllare se c’era qualche appuntamento per quel pomeriggio, cosi aveva anche una buona scusa per cacciare Nick, ma per sua sfortuna, come se fosse stato fatto apposta, aveva il pomeriggio libero.

« Vabbè Rachel, io devo andare, ciao!» disse Nick e si avviò verso la porta, sperando che lei magari lo fermasse, ma non fu cosi. Usci fuori e se ne tornò al bar, dove fino a sera lavorò avendo mille pensieri per la testa.

Rachel invece mise tutto apposto nel suo negozio, chiuse le finestre, spense le luci e si avviò anche lei all’uscita, ma poi si ricordò che doveva riportare il bicchiere. Lo prese e vide la rosa, la spinse con un soffio dentro al cestino e poi usci, chiudendo per bene la porta. Entrò nel bar non degnando di uno sguardo Nick, poggiò il bicchiere e andò alla cassa, ma il ragazzo disse che era già stato pagato, cosi Rachel lo ringraziò e usci, sorridendo per gentilezza a Nick.

Entrò in macchina e partì diretta verso casa, accendendo la radio e sentendo un cd che le aveva fatto tempo fa una sua amica. Durante il tragitto ci fu parecchio traffico a causa di un incidente fra una moto e una macchina, e come sempre era colpa della moto che passa fra tutti i buchi e corre a più non posso. Per fortuna nessuno si era fatto male, solo qualche graffio qua e là ma erano tutti vivi. Arrivò a casa dopo 1 ora e mezza, che di solito ci metteva mezz’ora, era stanca morta e decise di andarsi a fare una doccia rilassante per poi la sera uscire in qualche pub con la sua comitiva.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


All’Habituè, come sempre, c’era il pienone, e le ragazze dovettero aspettare una 50ina di minuti prima di riuscire a trovare un tavolo per 5. Ma loro riuscivano a divertirsi anche fuori dal locale, facendosi mille foto oppure chiacchierando con i passanti, e magari prendendo il numero di qualcuno di carino.

«Rachel per 5» disse la voce al microfono che chiamava i clienti al locale.

«Andiamo ragazze, comincia la festa!» urlò eccitata Kimberly e corse dentro, prendendo Rachel per mano che inciampò in sé stessa per tutta la fretta che aveva la sua amica. Sicuramente aveva avvistato qualche bel maschio, sennò non correva cosi, era la peggior pigrona che ci potesse essere sulla faccia della terra. Si sedettero in cerchio, cosi potevano vedersi bene l’una con l’altra. Non presero nemmeno il menù perché ormai prendevano sempre le stesse cose, era il loro locale preferito, dove era praticamente nata la loro amicizia grazie a una festa di un loro amico in comune. Era venerdì sera e c’era la messaggeria, ora si che si sarebbero divertite.

Rachel si tolse il coprispalle perché stava già iniziando ad avere caldo, e rimase con la sua magliettina parecchio scoperta, ma era normale per lei vestirsi cosi, soprattutto le sere nelle quali usciva per divertimento. Arrivarono i cocktail e le ragazze fecero il loro solito brindisi, a loro.

Poco dopo iniziarono ad arrivare i vari bigliettini, e a Rachel ne arrivò uno molto spinto, che non le è piaciuto per niente. C’era scritto: “Scopriti ancora di più bambola, magari ti aiuto io al bagno fra 5 minuti”. Rimase perplessa leggendo quelle parole e si girò per cercare il tavolo dal quale era arrivato, ora gliel’avrebbe fatta vedere lei a quel mascalzone.

Ancora tu? Pensò vedendo Nick, seduto proprio al tavolo dal quale arrivò quel fogliettino cosi schifoso. Quella mattina aveva sfoderato tutta la sua gentilezza facendo tanto il buono, e ora scriveva queste cose? Rachel prese un foglietto bianco e rispose, scrivendoci sopra: “Spero di toccare il cielo con un dito”. Lo mandò e scoppiò a ridere, pensando a come fargliela pagare, ma poi arrivò alla conclusione che si sarebbe alzata e sarebbe andata a sfotterlo davanti ai suoi amici, la soluzione più semplice e quella più malefica. Le ragazze finirono il loro primo cocktail ordinandone subito un altro, reggevano l’alcool veramente bene ma erano già brille per i vari shortini che si erano prese. Il dj iniziò a mettere musica bellissima e Rachel si alzò, salendo sulla sedia e iniziando a ballare, seguita poco dopo da Kimberly che iniziò a strusciarsi contro di lei divertendosi come matte. Riuscivano a mettersi al centro dell’attenzione in 1 minuto, e per questo motivo avevano una marea di conoscenti, tutti le volevano bene perché erano pazze.

La cameriera portò un altro bigliettino a Rachel che si sedette e lo lesse, scoppiando a ridere. Lo accartocciò e lo buttò dentro il posacenere, poi prese il primo che aveva ricevuto e andò verso il tavolo di Nick, fermandosi con un sorriso beffardo sul volto.

«Spogliami qui se hai il coraggio» disse sedendosi sopra le gambe di Nick, che la guardò come se avesse davanti sé una pazza scappata da un manicomio.

«Cosa dici Rachel?» le domandò stupefatto, ma non potè fare a meno di non guardare il suo corpo perfetto, che stava addosso al suo e gli stava facendo venire pensieri al quanto caldi.

Rachel gli mise il fogliettino davanti gli occhi e prese la sua bibita, sorseggiandola e leccandosi le labbra, ormai stava fusa proprio, ma connetteva ancora un po’. Poi si sentì mettere una mano sopra al culo e si girò di scatto, in quel momento capì che probabilmente non era stato Nick a scriverle quelle cose, ma voleva una conferma, da parte sua.

«Sei stato tu?» chiese a Nick, guardandolo dritto negli occhi, e scoprendo che erano chiari come il cielo, erano bellissimi.

«Posso mandarti questi foglietti secondo te?» le chiese ridendo e la aiutò ad alzarsi, visto che non ce la faceva da sola.

Rachel rimase in silenzio e abbassò il viso indietreggiando, ma Nick le posò una mano attorno alla vita e l’accompagnò fuori, cosicchè prendesse un po’ d’aria fresca e le passasse l’attimo di sbronza. L’aiutò a sedersi su di una panchina e rimase in piedi davanti a lei, accendendosi una sigaretta, e offrendone una a lei, che rifiutò, aveva smesso di fumare da un po’ e non voleva ricominciare.

«Come hai fatto a smettere? Io ci sto provando ma niente da fare» ridacchiò Nick guardandola, che poggiava la schiena al muro e sospirava.

«Ci vuole tanta forza di volontà, nient’altro» rispose Rachel che piano piano riprendeva coscienza.

Si ricordò di ciò che era accaduto poco fa e si scusò con lui, dicendogli però di calmare un po’ i suoi amici, sennò li avrebbe calmati lei, ma con le cattive maniere.

«Non si ripeterà più, puoi star tranquilla!» Nick le si avvicinò di poco, buttando la sigaretta per non darle fastidio con il fumo, si inchinò dinanzi a lei e le poggiò una mano sulla guancia, non sapendo se stava facendo la giusta cosa o meno.

Rachel si spostò, non era cambiato niente fra di loro, almeno dal suo punto di vista, l’odio era quello di sempre, invece lui sembrava aver rimosso tutto e sembrava che volesse ricominciare veramente daccapo, magari sperava pure in una buona amicizia fra di loro.

Che sfigato! Pensò lei guardandolo che ci provava. Anche se era un bellissimo ragazzo, non c’era che dire, lei non voleva avere niente a che fare con lui.

«Torniamo dentro!» disse lei alzandosi e avviandosi nuovamente verso l’entrata, dove da lontano vide le sue amiche che la chiamavano preoccupate.

Nick rimase ancora un attimo fuori, sedendosi al posto dove un attimo fa stava seduta lei, la causa  dei suoi più grandi problemi di tutti i tempi, ma anche la ragazza che desiderava di più al mondo, e che avrebbe avuto, un giorno o l’altro. L’interesse per lei era nato durante il 3° anno di liceo, quando entrambi furono costretti a rimanere dopo scuola a pulire la palestra, perché avevano insultato dei professori. Quel pomeriggio si erano, come dire, divertiti a giocare a pallavolo al posto di pulire, e fecero più casino di quanto ce n’era già nello spogliatoio, scrivendo pezzi di canzoni sul muro o lasciando il rubinetto acceso e spruzzandosi acqua uno addosso all’altro. Si divertirono mantenendo comunque quella certa distanza, e li Nick capì che se avessero smesso di farsi del male l’uno con l’altro, magari sarebbero diventati pure buoni amici, una coppia che insieme avrebbe dominato scuola, e non due ragazzi che stavano in continua lotta fra di loro.

Mentre Nick stava rientrando dentro, Rachel e le ragazze stavano uscendo, volevano andare in un altro posto per fare baldoria, qui si erano stancate.

«Ciao Nick» disse Rachel salutandolo con la mano e con un sorriso.

Lui non fece in tempo a rispondere perché se ne andarono di corsa, ma rimase li a guardarla andare via, anche lui con un sorriso sul viso, il suo però era sincero.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Rachel si svegliò con un mal di testa assurdo, e per di più cadde dal letto inciampando sulle sue ciabatte. La giornata stava già iniziando male, ed era sabato, il giorno che doveva essere il più bello della settimana, giorno di libertà assoluta, dove poteva svegliarsi quando voleva, siccome non doveva lavorare. Andò in cucina per prendersi un aspirina e accese la tv, ancora mezza addormentata. Il primo canale che si accese fu quello dove trasmettevano il telegiornale, Rachel lo guardava raramente, preferiva leggersi un buon giornale di prima mattina.

«Questa notte è stato trovato in fiamme un negozio sulla Casilina, si pensa che sia stato per causa di qualche cavo elettrico andato a male, ma si stanno ancora facendo le varie ricerche, sono state trovate tracce di scarpe all’interno» si sentiva dalla televisione.

Rachel si stava preparando una tazza di caffè per risvegliarsi, quando capì che la zona dove era accaduto il fatto era la zona dove lei lavorava. Corse a vedere la televisione e capì che era proprio il suo negozio. La tazzina di porcellana che teneva fra le mani le cadde per terra e si ruppe in mille pezzettini, che volarono per tutta la cucina. Perché proprio il suo negozio? Ce n’erano altri 20 su quella stessa via, perché il suo? Accese con molta velocità il cellulare e mentre si vestiva chiamò Kimberly per dirle dell’accaduto, ma l’amica aveva il telefono spento, quindi le lasciò un messaggio sulla segreteria, dicendo di richiamarla appena si fosse svegliata. Si mise i primi vestiti che le capitarono fra le mani, una tuta vecchia e brutta che trovò, e iniziò a raccogliere i pezzi di vetro in cucina, tagliandosi su una mano e imprecando fra sé e sé.

Uscì di casa mettendosi una benda sulla mano e andò alla macchina, partendo velocemente e immergendosi nel traffico che si era creato misteriosamente di sabato mattina.

Oggi il destino ce l’ha con me! Pensò Rachel guardando il casino che c’era li davanti a lei.

Dopo parecchio tempo riuscì ad arrivare davanti il suo negozio, dove ancora c’era qualche agente della polizia che controllava qualcosa, parcheggiò davanti a una delle loro macchine e scese di corsa, fermandosi solo davanti l’entrata del suo piccolo studio che aveva costruito da sola.

«Lei è la proprietaria?» domandò con gentilezza un agente.

«Si, è il mio negozio» rispose Rachel tentando di entrare dentro, ma venne fermata dalla stessa persona con la quale stava parlando.

«Non può entrare signorina, dobbiamo fare gli ultimi accertamenti» le spiegò in breve, anche se le dispiaceva vedere la ragazza cosi afflitta.

«Trovate il bastardo che lo ha fatto!» ringhiò togliendosi dalla presa dell’agente e iniziando a camminare avanti e indietro, dando calci a dei sassi li intorno.

«Conosce per caso qualcuno che lo abbia potuto fare? Magari per vendetta» suppose il poliziotto cercando qualcosa nel suo taccuino.

Quelle parole fecero pensare molto Rachel, e le venne in mente solamente una persona, uno stronzo che non riusciva a levarsi dal cazzo e che la stava tormentando. Si girò e attraversò la strada, andando dritta al bar.

«Hei Rachel, mi disp..» disse Nick ma venne interrotto da un ringhio di Rachel.

«Non voglio uscire con te e mi bruci il negozio? Ti pare un comportamento da 21enne Nick? Torna all’asilo va, cosi impari le buone maniere e un po’ di educazione, visto che tua madre non te l’ha mai insegnata perché era occupata a fare i bocchini ai barboni!» urlò tutto d’un fiato Rachel e aspettò una risposta da parte del suo caro amico.

«Ma sei pazza??» domandò Nick uscendo da dietro al bancone, prendendola per un braccio e portandola fuori. La poggiò al muro con delicatezza e iniziò il suo discorso, disse tutto ciò che gli passò per la testa in quel momento.

«Ma che cazzo ti salta in mente eh? Mi incolpi di ogni singola azione che non ti va a genio, sono 8 anni che ci conosciamo e sono 8 maledetti anni che lottiamo fra di noi, non è arrivata l’ora di dire basta? Si, lo ammetto che a scuola facevo tutto pur di darti fastidio, se stavamo a scuola te l’avrei bruciato io il negozio se ne avevi uno, ma è tutto finito Rachel, siamo adulti ormai, siamo cambiati. Non voglio continuare ad essere il tuo peggior nemico, voglio conoscerti da quel punto di vista che nessuno conosce di te, dammi una possibilità!»

Rachel rimase zitta, non sapeva se credergli o meno, non voleva fidarsi di lui, non poteva. Ma quegli occhi, come la sera scorsa, le diedero una sicurezza allucinante, la facevano sciogliere. Aveva sbagliato una seconda volta, lo aveva accusato ingiustamente.

«Stronzo eri, e stronzo rimani, punto» sentenziò Rachel provando a divincolarsi dalla presa, ma Nick la strinse più forte, girandola con la faccia al muro.

«Meno male che i tuoi genitori sono morti, sennò non ti avrebbero sopportata per niente al mondo» bofonchiò lui, lasciò la presa e se ne tornò a lavoro, non degnandola di uno sguardo.

Rachel rimase un attimo li, passandosi una mano sul punto dove Nick l’aveva tenuta con la mano, l’aveva stretta troppo forte e le aveva lasciato un segno, quasi invisibile, ma lei lo vedeva, lo sentiva. Andò verso la macchina ma l’agente la fermò, con un sorriso sul volto. La tranquillizzò dicendole che i danni sarebbero stati ripagato dal comune e che lei avrebbe dovuto solamente trovare qualcuno che le avesse ristrutturato nuovamente il locale. Lo ringraziò e salì in macchina, andando a farsi una passeggiata al parco, e durante il tragitto comprò un po’ di pane da dare alle paperelle che nuotavano nel laghetto vicino al parco dove lei molto spesso andava a riflettere sulla sua vita.

L’unico pensiero che in quel momento le girava per la testa era lui, quell’essere spregevole che non voleva vedere, ma che ogni volta le capitava fra i piedi, come se fossero veramente legati da un filo invisibile. Non riusciva a capire il motivo di tanto odio, Nick cercava in tutti i modi di avvicinarsi a lei, di creare un rapporto amichevole, ma lei lo cacciava, lo allontanava da sé. Voleva tanto sapere il perché, non si fidava? Aveva paura? Di cosa, di una delusione?

Le veniva quasi spontaneo trattarlo male e offendere lui e la sua famiglia, anche se non aveva mai avuto niente contro di loro, non li aveva mai visti, magari erano le migliori persone che potessero esistere, ma sicuramente erano due genitori perfetti, quelli che Rachel non aveva. Molto spesso aveva bisogno di un commento di una mamma, oppure di un cazziatone da parte del padre, o di serate o semplici cene di famiglia, ma purtroppo erano impossibili, i suoi genitori erano morti in un incidente stradale, a causa di un conducente ubriaco, che perse la vita insieme a loro.

Rachel se l’era sempre cavata da sola, nel bene o nel male, era cresciuta da sola, a casa della zia che tornava raramente, era una puttana da 4 soldi che andava coi vecchietti ricchi solo per farsi aggiungere al loro testamento. Appena compiuto 16 anni, Rachel andò a vivere insieme a una signora anziana, che conosceva molto bene i suoi genitori, e che voleva tanto bene alla bambina. Fu l’unica persona che realmente si interessò a lei e ai suoi problemi, cambiò la vita di Rachel. Sfortunatamente però morì d’infarto, lasciando la casa e tutti i suoi bene a Rachel, che rimase nuovamente da sola, ma con una forza d’animo allucinante, pronta a combattere e ad andare avanti in questa vita di merda.

Quando Rachel si accorse che si era fatto tardi, andò a prendere un po’ di pizza per cena e poi se ne tornò a casa, per vedersi qualche bel film in dvd e liberare la mente dai brutti pensieri.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


L’indomani mattina Rachel si svegliò alle 06.30, pronta per andarsi a lavare e prepararsi per una lunga giornata lavorativa, ma poco dopo si ricordò che non avrebbe lavorato per un bel po’. Provò a rimettersi a dormire ma fu impossibile, cosi decise di alzarsi e fare un po’ di riscaldamento. Quella mattina voleva andare a correre al parco, per rilassarsi.

Aprì la porta di casa per uscire e vide qualcosa sul tappetino. Si chinò per prenderlo e vide che era una rosa rossa, senza alcun bigliettino. Le nacque spontaneo un sorriso sul volto, sapeva benissimo chi era il mittente di quel fiore, e le fece molto piacere, stranamente. Rientrò a casa per mettere la rosa dentro un vaso con l’acqua, e poi andò diretta verso il parco.

Decise di voler fare colazione al bar, non a un bar qualunque però. Arrivò fino a quello dove lavorava Nick, prese coraggio ed entrò. Non sapeva nemmeno lei perché gli stava andando incontro, lo trattava sempre nel peggiore dei modi, ma quella mattina si era svegliata bene, e quel regalo le fece moltissimo piacere. Voleva trattarlo gentilmente per una volta, magari dandogli anche una possibilità di vedersi per bere o mangiare qualcosa insieme, ma come fatto apposta, Nick non c’era.

«Buongiorno signorina, cosa posso offrirle?» chiese un ragazzo che stava al posto di Nick.

Rachel lo guardò, delusa, e scosse la testa con un mezzo sorriso. Però le sembrava brutto uscire senza aver comprato niente, cosi si avvicinò alla cassa e prese una bottiglietta d’acqua, che le sarebbe sicuramente servita durante la sua corsa, e che si era completamente dimenticata a causa della rosa.

Uscì dal bar con la bottiglietta fra le mani, e si avviò a piedi verso il parco, che stava proprio li dietro. Iniziò a pensare al perché Nick non si fosse presentato al bar, magari era successo qualcosa, oppure aveva beccato proprio il suo giorno libero, ma il gesto della mattinata doveva significare qualcosa, non era stato fatto giusto per noia.

Mentre camminava pensierosa, le venne una strabiliante idea. Tornò indietro e corse alla macchina, accendendola e dirigendosi verso il loro liceo. Era un idea stupida, ma loro due si era conosciuti lì. In quel bruttissimo posto era nato tutto fra di loro. E magari proprio li sarebbe finito l’odio e iniziato qualcosa di più.

Ma che cazzo fai Rachel? Vai incontro al nemico? Pensò mentre aspettava che il semaforo scattasse.

Parcheggiò davanti scuola e rimase un attimo in macchina, per prendere un lungo respiro e prepararsi ai mille ricordi che erano rimasti chiusi in quelle 4 mura. Scese e andò a sedersi sul muretto di scuola, dove passava la maggior parte delle ore scolastiche, perché lei, Rachel, poteva uscire da scuola, aveva dei diritti speciali, perché faceva sempre come cazzo le pareva, non ascoltava mai nessuno, aveva mille note al mese ma tanto non ci faceva nemmeno conto, andava bene a scuola quando si impegnava, aveva una mente eccezionale.

«Secchiona, ti manca venire a scuola?» sentì dire con una risata.

Alzò il viso e notò che Nick stava venendo verso di lei, con un sorriso stampato in faccia, e un casco in mano. Rachel aveva sempre odiato quando la chiamavano secchiona, odiava i secchioni perché non riusciva a capire come potessero passare interi pomeriggi chiusi a casa a studiare, mentre si potevano fare altre mille cose fuori.

«Da morire, mi manca la mia nomina di Boss» rispose Rachel facendogli la linguaccia.

I due si litigavano anche questo, non potevano esserci due boss in una scuola. Riuscivano anche a fare le sfide fuori l’orario scolastico, sfide basate su cose veramente pericolose che potevano nuocere alla loro vita scolastica.

«Bei tempi eh?» ridacchiò Nick buttando il casco sul muretto, e sedendosi accanto a Rachel, con una certa distanza. Voleva andarci piano, non sapeva con che intenzioni era venuta Rachel.

«Come facevi a sapere che stavo qui?» domandò realmente incuriosita Rachel.

«Non lo sapevo, ma avevo voglia di passare qui, lo faccio spesso, mi piace venire qui e pensare» rispose dolcemente Nick, senza aggiungere che veniva li per pensare proprio a lei.

Rachel annuì e rimase un attimo in silenzio. Aveva dei leggeri brividi lungo la schiena, erano una cosa nuova per lei. Quel ragazzo faceva uno strano effetto su di lei, che non le stava piacendo affatto. Passava troppo tempo a pensare a lui, quella mattina si era persino preoccupata per lui.

«Allora avevi ragione qualche giorno fa, il destino esiste» ridacchiò Rachel e lo guardò con la coda dell’occhio. Anche lui la stava guardando, ma Rachel non era mai stata una vigliacca, e non distolse lo sguardo, lo voleva affrontare per capire cosa la legava a quel ragazzo. I suoi occhi erano cosi dolci, le davano cosi tanta sicurezza, e poi anche la sua voce era dolce, non la solita rauca di un maschio.

Nick si avvicinò di poco, continuando a guardarla negli occhi, avrebbe provato a baciarla, la situazione ci stava tutta.

«Piaciuto il regalo questa mattina?» le chiese, portando una mano alla sua guancia e carezzandola con delicatezza. Si stupì dell’immobilità di Rachel, non si era spostata di un millimetro, anzi, si era proprio rilassata.

«Non me lo sarei mai aspettata, anzi, mi aspettavo una corda per impiccarmi visto tutto quello che ti ho detto» rispose lei con un mezzo sorriso, continuando a stare ferma, ma distogliendo lo sguardo.

«In tutti questi anni mi sono abituato ai tuoi sbalzi d’umore Rachel, posso tenerti testa quando e dove voglio» disse Nick per provocarla un po’, voleva vedere se pure lei avrebbe fatto qualche passo verso di lui.

Ciò che aveva appena detto Nick era la pura realtà, erano troppo simili per continuare a combattere fra di loro. La dovevano finire, e lui l’aveva capito da un bel po’. Era Rachel che non lo voleva capire, perché quella situazione le piaceva. Ora non più. Non le piaceva la situazione, ma le piaceva il ragazzo che aveva davanti a sé. E lo aveva capito in quel momento, quando avvicinò il suo viso a quello di Nick e gli sussurrò dolcemente una parola.

«Pace».

Le loro labbra finalmente si unirono, dopo tutto quel tempo che si erano prese a parolacce e sputi di ogni genere. Finalmente accadde ciò che sarebbe dovuto accadere anni fa, entrambi nel profondo del cuore sapevano di piacersi, ma non lo volevano ammettere, erano sopraffatti dalla fama a scuola.

Rachel poggiò una mano sui capelli di Nick e iniziò a giocarci, mentre il bacio diventava sempre più forte e spinto. Bè, lo avevano aspettato per troppo tempo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


«Finalmente sei ceduta!» Nick punzecchiò Rachel quando si staccò da quel bacio favoloso.

«Dovevo fare dei vaccini prima di avvicinarmi a te, meglio prevenire che curare» gli rispose Rachel poggiando le spalle al muro e sistemandosi per bene i capelli.

Nick scoppiò a ridere, quando sentì squillare il suo cellulare. Era il capo che lo chiamava a lavoro perché l’altro ragazzo si era sentito male. Si alzò, contro voglia, e spiegò la situazione a Rachel.

«Se vuoi stasera ti passo a prendere» le disse allontanandosi e facendole l’occhietto.

Come risposta ebbe un grande sorriso. Gli dispiaceva tantissimo andarsene e lasciarla li, ora che sembrava andare tutto bene, ma il lavoro chiamava purtroppo. Si infilò il casco e partì, mentre Rachel si osservò tutta la scena, voleva farsi un giro in moto, una buona scusa per stare abbracciata a lui. Si alzò anche lei e andò verso la sua macchina, quando sentì un grosso fischio di gomme, ma non ebbe il tempo per girarsi e vedere. In quel preciso istante si sentì un dolore allucinante per tutto il corpo, poi non sentì né vide altro.

«Ragazza, mi senti? Ragazza?» dicevano 2-3 voci diverse, sia maschili che femminili, con un tono di voce preoccupato e spaventato.

Poco dopo si sentì la sirena dell’ambulanza che si fermò a pochi metri dal corpo steso e sanguinante di Rachel, che era stata investita da un pazzo omicida dentro una Smart. La caricarono sulla barella e la trasportarono dentro l’ambulanza, partendo con molta velocità verso l’ospedale. Non sapevano in che stato fosse, ma la cosa più importante era che respirava, ciò significava che era ancora viva. Una delle signore che avevano visto l’accaduto salì a bordo dell’ambulanza con lei, venendo incaricata dagli infermieri di contattare qualche suo parente o famigliare. La signora, fortunatamente abbastanza giovane da avere un cellulare, prese quello di Rachel dalla sua borsa e cercò qualche informazione. Nello stesso momento a Rachel arrivò un messaggio, era da parte di un numero sconosciuto, ma la signora decise di chiamarlo ugualmente, magari era proprio la persona che serviva in quella situazione.

Rachel nel frattempo non connetteva, riusciva lontanamente a sentire le voci che aveva attorno, ma non distingueva se erano maschi o femmine, e neppure quanti erano. L’ultima cosa che vide prima di cadere per terra e sbattere pesantemente la testa sull’asfalto, era quella Smart blu che aveva visto cosi tante volte, quella Smart che le cambiò la vita. La Smart del suo ex ragazzo, Michael.

Nick arrivò il prima possibile all’ospedale, uscendo prima dal lavoro, fregandosene se fosse stato licenziato o meno, ora c’era in palio la vita di Rachel, la cosa più importante per lui in quel periodo. Corse al 3° piano, intercettando la signora, e andò dai dottori a chiedere informazioni, ma tutti rispondevano che non c’erano ancora notizie, visto che l’avevano portata in sala da pochi minuti. Nick cominciò a camminare avanti e indietro per la sala d’attesa, nervoso più che mai, quando venne chiamato da un dottore, che aveva una faccia da funerale.

«E’ viva?» chiese subito Nick, era la cosa che voleva sapere, tutto il resto era meno importante.

Il dottore titubò un attimo, non riusciva a trovare le parole adatte per spiegare la situazione a quel giovane ragazzo cosi preoccupato e nervoso.

«Si, per fortuna è viva, ma l’impatto con l’automobile e la pesante caduta sono state troppo forti per una ragazza come lei» spiegò il dottore grattandosi il capo.

«Ma che significa? Che cazzo significa?» urlò Nick preso dall’ira, era viva ma la caduta era troppo forte per lei?

«Non riusciamo a svegliarla signore» concluse il dottore e se ne andò con le mani in tasca.

Nick rimase a bocca aperta, sia per la notizia appena ricevuta, che per la maleducazione dei dottori, che non sapevano fare il proprio lavoro tra l’altro. Come facevano a non riuscire a svegliarla? Diede un pugno al muro e si sedette su una poltroncina li, con le mani fra i capelli. Doveva calmarsi e pensare per bene. Ma l’unica cosa che riuscì a decidere era che doveva assolutamente vederla. Entrò silenziosamente nella stanza, e vide Rachel attaccata a mille fili, con un grembiule bianco e una benda in testa.

Si sedette sulla poltroncina accanto al letto e le prese una mano, sentendola fiacca e fredda. La strinse nella sua, ma non troppo forte, e l’avvicinò alle sue labbra, per darle un bacio sulla mano. La vita era veramente una merda.

«Rachel, so che mi senti, anche se non puoi rispondermi in alcun modo» disse Nick, voleva che lei sapesse alcune cose «Non mi pare carino che dopo che ti ho aspettata per tutto questo tempo, mi concedi un bacio e un’ipotetica uscite, e poi sparisci. Questo è un comportamento della vecchia Rachel, che non esiste più. Ora c’è quella nuova, quella che piace a me, per quella che farei di tutto, iniziando dallo spaccare la faccia a quel figlio di puttana che ti ha fatto questo. Svegliati ti prego, devi dirmi chi è stato, se l’hai visto, lo devo sapere. Devo trovarlo Rachel» continuava a parlare praticamente da solo, ma Rachel lo sentiva, sentiva la sua voce melodiosa che la rassicurava, già non vedeva l’ora di godersi la scena in cui Nick ammazzava Michael, se lei sarebbe uscita da quell’ospedale.

«Non puoi lasciarmi da solo, non troverò mai un'altra come te, sei perfetta, bella, intelligente, stronza, come piace a me, apri gli occhi e parlami, ti prego» terminò Nick poggiando la testa allo schienale della poltrona e chiudendo gli occhi.

Rachel sentì che Nick lasciava la sua mano, ma sapeva che non sarebbe uscito dalla stanza, sarebbe rimasto li vicino a lei. Provò ad aprire gli occhi, ma le facevano troppo male, quindi pensò di provare a muovere il mignolo della mano, e ci riuscì. Doveva solamente avere tanta forza di volontà e ce l’avrebbe fatta, magari come ricompensa ci sarebbe stato un avvicinamento da parte di Nick, magari un bacio, o semplicemente un suo sorriso, le sarebbe bastato.

«E’ appena cominciato il tuo inferno, non ti sbarazzerai cosi facilmente di me» riuscì a dire Rachel, aprendo gli occhi e facendo un mezzo sorriso, ma tutto quel movimento le costò un certo sforzo.

Nick aprì gli occhi di scatto e incrociò quelli di Rachel, era proprio lei, era viva e sveglia, la sua Rachel. Si alzò dalla poltroncina e si avvicinò a lei con un sorriso stampato sul viso.

«E’ una minaccia?» buttò li una delle prime cazzate che gli vennero in mente, era troppo contento che si era svegliata, questo significava che non era niente di grave, oltre quella benda sulla testa, ma con un po’ di tempo e un paio di punti, la ferita sarebbe scomparsa.

«L’ho visto, so chi è stato, anche per il negozio» disse Rachel guardandolo dritto negli occhi, e cercando la sua mano.

Nick si irrigidì e aspettò il nome del bastardo che avrebbe fatto a pezzi con le proprie mani, appena sarebbe uscito da quella stanza. Rachel sapeva benissimo che Nick lo conosceva, una volta erano amici, ma lui aveva fatto lo stronzo rubandogli la ragazza, e avevano litigato, arrivando sino alle mani. Aveva paura di dirglielo, ma doveva, voleva che Michael la pagasse, almeno quella volta, l’aveva fatta soffrire troppe volte, le aveva persino alzato le mani addosso.

«Michael Keal».

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