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«E se fosse per sempre, mi stupirei,
e se fosse per sempre, ne gioirei». Rachel aveva la sua solita pausa tra una
cliente e un’altra, e la maggior parte delle volte la passava facendo i
cruciverba ascoltando e canticchiando un po’ di buona musica.
«E’ permesso?» domandò una voce
maschile da dietro la porta spalancata.
Rachel si girò e vide un ragazzo che
ridacchiava fra sé e sé, tenendo fra le mani un vassoio. Aveva per caso
ordinato qualcosa al bar? No, a meno che non soffriva di perdita di memoria a
breve termine no, non aveva ordinato niente. Alzò un sopracciglio a mò di
sorpresa e si poggiò la penna sulle labbra, aspettando una spiegazione da parte
di quel ragazzo.
«Le ho portato la sua ordinazione
signorina Swan» parlò lui avanzando e chiudendosi la porta alle spalle perché
faceva troppo caldo e il cambiamento di aria fra dentro e fuori si sentiva.
La mia cosa? Come fa a conoscere il mio cognome?Iniziò a chiedersi Rachel, eppure non lo aveva mai visto a quel ragazzo,
o almeno cosi credeva.
«Ma dai Rachel, non ti ricordi di
me?» rise il ragazzo che si avvicinava sempre più al bancone per poggiare il
bicchiere di tè freddo, qualche biscotto e una rosa.
La ragazza iniziò a guardarlo per
bene, cercando di trovare qualche particolare per riconoscerlo, quando notò sul
viso del ragazzo una cicatrice, che lei stessa gli aveva fatto un po’ di anni
fa.
«Nick?! Che cosa ci fai qui? Non ti
avevo detto che dovevi sparire dalla mia vita?» brontolò Rachel scocciata. Quel
ragazzo era stato il suo peggior inferno durante gli anni del liceo, si erano
sempre odiati a vicenda per la concorrenza che si facevano fra loro. Erano due
teppisti a scuola, che non erano mai andati d’accordo però, se non una volta
che si ricordavano ancora entrambi, quando dovevano farla pagare a un certo
Wilson che aveva fatto la spia contro i loro stupidi giochetti.
«Il destino ha voluto che ci
incontrassimo nuovamente, non ti pare stupendo?» azzardò Nick aspettandosi
arrivare qualcosa di materiale addosso, ma stranamente Rachel non si mosse.
Possibile che da qui a 3 anni fosse cambiata? Dalla strampalata 18enne di una
volta, è diventata una seria e matura 21enne? Non era affatto possibile.
Rimasero per un attimo in silenzio,
Rachel pensava a qualcosa, chissà cosa, magari un metodo per sbarazzarsi di
lui, mentre Nick andava in giro per il negozio e osservava tutte quelle unghie
colorate esposte in vetrina, erano veramente splendide, ogni colore stava al
proprio posto, come è giusto che sia, visto che entrambi avevano terminato un
liceo artistico.
«Il destino non ha mai voluto che ci
lasciassimo, visto che porti ancora sul viso un mio segno indelebile!» rispose
finalmente Rachel, continuando a scarabocchiare sul giornale che aveva davanti.
Quel giorno, quando aveva tirato una
bottiglia di vetro in testa a Nick, presa da un attacco d’ira nei suoi
confronti, si era realmente pentita di avergli causato tutto quel male. Nick
aveva passato 2 settimane in ospedale, in condizioni poco gravi per fortuna, ma
aveva perso tanto di quel sangue che Rachel aveva avuto paura di averlo ucciso.
E non era neppure andata a trovarlo in ospedale, il che era il minimo che
avesse potuto fare, ma non le pareva il caso, visto che si odiavano, e lui le
aveva offeso pesantemente i genitori, che erano morti quando Rachel aveva 10
anni. Nessuno ha mai scoperto la verità su quel giorno, Nick aveva detto che
era inciampato cadendo sopra quella bottiglia. Quell’episodio era uno dei più
gravi fra di loro, ma avevano sempre continuato a punzecchiarsi in qualche
modo.
«Il passato lasciamolo al passato, va
bene?» sorrise lui voltandosi verso di lei che nemmeno lo guardava.
Nick lavorava da poco in quella zona,
era stato assunto come barista di fronte al centro di bellezza di Rachel, e la
osservava molto spesso, più di quanto lui stesso immaginava. Aveva capito che
c’era sempre stato qualcosa che lo aveva interessato in lei, era diversa dalle
altre, anche se stronza come nessuna fosse stata mai, era una ragazza dolce,
nel profondo del cuore. E aveva ancora qualche speranza che le cose fra di loro
potessero andare in qualche modo bene, anche se avevano passato il peggio
insieme e non si erano rivolti parola da 3 anni, ma era proprio questo che gli
dava una speranza, in 3 anni si potevano cambiare tante cose, e lei, a primo
impatto, sembrava proprio cambiata.
«Come mai sei cosi gentile ora? Ti è
apparso per caso Dio?» chiese Rachel con un mezzo sorriso sulle labbra,
prendendo il tè e bevendo un sorso per rinfrescarsi. Poi notò la rosa vicino ai
biscotti, cos’era quella? Un omaggio in segno di scuse?
«Questa puoi pure portartela via,
sono allergica!» aggiunse con un finto starnuto.
Nick scoppiò a ridere e poggiò le
braccia sul bancone, vicino a Rachel che teneva il tè fra le mani.
«Su Rachel perché devi essere sempre
cosi acida? Mi sembra che ormai siamo cresciuti entrambi, eravamo stupidi e
piccoli, abbiamo fatto una marea di cazzate nella nostra vita, ma è arrivato il
tempo di cambiare, non pensi? Perché devi trattarmi come un pezzo di merda?»
«Perché magari lo sei?! Mi hai sempre
importunata, ora levati, vivi la tua vita come sto facendo io ok?».
Rachel si alzò e andò a vedere
l’agenda, per controllare se c’era qualche appuntamento per quel pomeriggio,
cosi aveva anche una buona scusa per cacciare Nick, ma per sua sfortuna, come
se fosse stato fatto apposta, aveva il pomeriggio libero.
« Vabbè Rachel, io devo andare, ciao!»
disse Nick e si avviò verso la porta, sperando che lei magari lo fermasse, ma non
fu cosi. Usci fuori e se ne tornò al bar, dove fino a sera lavorò avendo mille pensieri
per la testa.
Rachel invece mise tutto apposto nel suo
negozio, chiuse le finestre, spense le luci e si avviò anche lei all’uscita, ma
poi si ricordò che doveva riportare il bicchiere. Lo prese e vide la rosa, la spinse
con un soffio dentro al cestino e poi usci, chiudendo per bene la porta. Entrò nel
bar non degnando di uno sguardo Nick, poggiò il bicchiere e andò alla cassa, ma
il ragazzo disse che era già stato pagato, cosi Rachel lo ringraziò e usci, sorridendo
per gentilezza a Nick.
Entrò in macchina e partì diretta verso
casa, accendendo la radio e sentendo un cd che le aveva fatto tempo fa una sua amica.
Durante il tragitto ci fu parecchio traffico a causa di un incidente fra una moto
e una macchina, e come sempre era colpa della moto che passa fra tutti i buchi e
corre a più non posso. Per fortuna nessuno si era fatto male, solo qualche graffio
qua e là ma erano tutti vivi. Arrivò a casa dopo 1 ora e mezza, che di solito ci
metteva mezz’ora, era stanca morta e decise di andarsi a fare una doccia rilassante
per poi la sera uscire in qualche pub con la sua comitiva.
All’Habituè,
come sempre, c’era il pienone, e le ragazze dovettero aspettare una 50ina di
minuti prima di riuscire a trovare un tavolo per 5. Ma loro riuscivano a
divertirsi anche fuori dal locale, facendosi mille foto oppure chiacchierando
con i passanti, e magari prendendo il numero di qualcuno di carino.
«Rachel
per 5» disse la voce al microfono che chiamava i clienti al locale.
«Andiamo
ragazze, comincia la festa!» urlò eccitata Kimberly e corse dentro, prendendo
Rachel per mano che inciampò in sé stessa per tutta la fretta che aveva la sua
amica. Sicuramente aveva avvistato qualche bel maschio, sennò non correva cosi,
era la peggior pigrona che ci potesse essere sulla faccia della terra. Si
sedettero in cerchio, cosi potevano vedersi bene l’una con l’altra. Non presero
nemmeno il menù perché ormai prendevano sempre le stesse cose, era il loro
locale preferito, dove era praticamente nata la loro amicizia grazie a una
festa di un loro amico in comune. Era venerdì sera e c’era la messaggeria, ora
si che si sarebbero divertite.
Rachel
si tolse il coprispalle perché stava già iniziando ad avere caldo, e rimase con
la sua magliettina parecchio scoperta, ma era normale per lei vestirsi cosi,
soprattutto le sere nelle quali usciva per divertimento. Arrivarono i cocktail
e le ragazze fecero il loro solito brindisi, a loro.
Poco
dopo iniziarono ad arrivare i vari bigliettini, e a Rachel ne arrivò uno molto
spinto, che non le è piaciuto per niente. C’era scritto: “Scopriti ancora di
più bambola, magari ti aiuto io al bagno fra 5 minuti”. Rimase perplessa
leggendo quelle parole e si girò per cercare il tavolo dal quale era arrivato, ora
gliel’avrebbe fatta vedere lei a quel mascalzone.
Ancora tu? Pensò
vedendo Nick, seduto proprio al tavolo dal quale arrivò quel fogliettino cosi
schifoso. Quella mattina aveva sfoderato tutta la sua gentilezza facendo tanto
il buono, e ora scriveva queste cose? Rachel prese un foglietto bianco e
rispose, scrivendoci sopra: “Spero di toccare il cielo con un dito”. Lo mandò e
scoppiò a ridere, pensando a come fargliela pagare, ma poi arrivò alla
conclusione che si sarebbe alzata e sarebbe andata a sfotterlo davanti ai suoi
amici, la soluzione più semplice e quella più malefica. Le ragazze finirono il
loro primo cocktail ordinandone subito un altro, reggevano l’alcool veramente
bene ma erano già brille per i vari shortini che si erano prese. Il dj iniziò a
mettere musica bellissima e Rachel si alzò, salendo sulla sedia e iniziando a
ballare, seguita poco dopo da Kimberly che iniziò a strusciarsi contro di lei
divertendosi come matte. Riuscivano a mettersi al centro dell’attenzione in 1
minuto, e per questo motivo avevano una marea di conoscenti, tutti le volevano
bene perché erano pazze.
La
cameriera portò un altro bigliettino a Rachel che si sedette e lo lesse,
scoppiando a ridere. Lo accartocciò e lo buttò dentro il posacenere, poi prese
il primo che aveva ricevuto e andò verso il tavolo di Nick, fermandosi con un
sorriso beffardo sul volto.
«Spogliami
qui se hai il coraggio» disse sedendosi sopra le gambe di Nick, che la guardò
come se avesse davanti sé una pazza scappata da un manicomio.
«Cosa
dici Rachel?» le domandò stupefatto, ma non potè fare a meno di non guardare il
suo corpo perfetto, che stava addosso al suo e gli stava facendo venire
pensieri al quanto caldi.
Rachel
gli mise il fogliettino davanti gli occhi e prese la sua bibita, sorseggiandola
e leccandosi le labbra, ormai stava fusa proprio, ma connetteva ancora un po’.
Poi si sentì mettere una mano sopra al culo e si girò di scatto, in quel
momento capì che probabilmente non era stato Nick a scriverle quelle cose, ma
voleva una conferma, da parte sua.
«Sei
stato tu?» chiese a Nick, guardandolo dritto negli occhi, e scoprendo che erano
chiari come il cielo, erano bellissimi.
«Posso
mandarti questi foglietti secondo te?» le chiese ridendo e la aiutò ad alzarsi,
visto che non ce la faceva da sola.
Rachel
rimase in silenzio e abbassò il viso indietreggiando, ma Nick le posò una mano
attorno alla vita e l’accompagnò fuori, cosicchè prendesse un po’ d’aria fresca
e le passasse l’attimo di sbronza. L’aiutò a sedersi su di una panchina e
rimase in piedi davanti a lei, accendendosi una sigaretta, e offrendone una a
lei, che rifiutò, aveva smesso di fumare da un po’ e non voleva ricominciare.
«Come
hai fatto a smettere? Io ci sto provando ma niente da fare» ridacchiò Nick
guardandola, che poggiava la schiena al muro e sospirava.
«Ci
vuole tanta forza di volontà, nient’altro» rispose Rachel che piano piano
riprendeva coscienza.
Si
ricordò di ciò che era accaduto poco fa e si scusò con lui, dicendogli però di
calmare un po’ i suoi amici, sennò li avrebbe calmati lei, ma con le cattive
maniere.
«Non
si ripeterà più, puoi star tranquilla!» Nick le si avvicinò di poco, buttando
la sigaretta per non darle fastidio con il fumo, si inchinò dinanzi a lei e le
poggiò una mano sulla guancia, non sapendo se stava facendo la giusta cosa o
meno.
Rachel
si spostò, non era cambiato niente fra di loro, almeno dal suo punto di vista,
l’odio era quello di sempre, invece lui sembrava aver rimosso tutto e sembrava
che volesse ricominciare veramente daccapo, magari sperava pure in una buona
amicizia fra di loro.
Che sfigato!
Pensò lei guardandolo che ci provava. Anche se era un bellissimo ragazzo, non
c’era che dire, lei non voleva avere niente a che fare con lui.
«Torniamo
dentro!» disse lei alzandosi e avviandosi nuovamente verso l’entrata, dove da lontano
vide le sue amiche che la chiamavano preoccupate.
Nick
rimase ancora un attimo fuori, sedendosi al posto dove un attimo fa stava seduta
lei, la causa dei suoi più grandi problemi
di tutti i tempi, ma anche la ragazza che desiderava di più al mondo, e che avrebbe
avuto, un giorno o l’altro. L’interesse per lei era nato durante il 3° anno di liceo,
quando entrambi furono costretti a rimanere dopo scuola a pulire la palestra, perché
avevano insultato dei professori. Quel pomeriggio si erano, come dire, divertiti
a giocare a pallavolo al posto di pulire, e fecero più casino di quanto ce n’era
già nello spogliatoio, scrivendo pezzi di canzoni sul muro o lasciando il rubinetto
acceso e spruzzandosi acqua uno addosso all’altro. Si divertirono mantenendo comunque
quella certa distanza, e li Nick capì che se avessero smesso di farsi del male l’uno
con l’altro, magari sarebbero diventati pure buoni amici, una coppia che insieme
avrebbe dominato scuola, e non due ragazzi che stavano in continua lotta fra di
loro.
Mentre
Nick stava rientrando dentro, Rachel e le ragazze stavano uscendo, volevano andare
in un altro posto per fare baldoria, qui si erano stancate.
«Ciao
Nick» disse Rachel salutandolo con la mano e con un sorriso.
Lui non
fece in tempo a rispondere perché se ne andarono di corsa, ma rimase li a guardarla
andare via, anche lui con un sorriso sul viso, il suo però era sincero.
Rachel
si svegliò con un mal di testa assurdo, e per di più cadde dal letto
inciampando sulle sue ciabatte. La giornata stava già iniziando male, ed era
sabato, il giorno che doveva essere il più bello della settimana, giorno di
libertà assoluta, dove poteva svegliarsi quando voleva, siccome non doveva
lavorare. Andò in cucina per prendersi un aspirina e accese la tv, ancora mezza
addormentata. Il primo canale che si accese fu quello dove trasmettevano il
telegiornale, Rachel lo guardava raramente, preferiva leggersi un buon giornale
di prima mattina.
«Questa
notte è stato trovato in fiamme un negozio sulla Casilina, si pensa che sia
stato per causa di qualche cavo elettrico andato a male, ma si stanno ancora
facendo le varie ricerche, sono state trovate tracce di scarpe all’interno» si
sentiva dalla televisione.
Rachel
si stava preparando una tazza di caffè per risvegliarsi, quando capì che la
zona dove era accaduto il fatto era la zona dove lei lavorava. Corse a vedere
la televisione e capì che era proprio il suo negozio. La tazzina di porcellana
che teneva fra le mani le cadde per terra e si ruppe in mille pezzettini, che
volarono per tutta la cucina. Perché proprio il suo negozio? Ce n’erano altri
20 su quella stessa via, perché il suo? Accese con molta velocità il cellulare
e mentre si vestiva chiamò Kimberly per dirle dell’accaduto, ma l’amica aveva
il telefono spento, quindi le lasciò un messaggio sulla segreteria, dicendo di
richiamarla appena si fosse svegliata. Si mise i primi vestiti che le capitarono
fra le mani, una tuta vecchia e brutta che trovò, e iniziò a raccogliere i
pezzi di vetro in cucina, tagliandosi su una mano e imprecando fra sé e sé.
Uscì
di casa mettendosi una benda sulla mano e andò alla macchina, partendo
velocemente e immergendosi nel traffico che si era creato misteriosamente di
sabato mattina.
Oggi il destino ce l’ha con me! Pensò
Rachel guardando il casino che c’era li davanti a lei.
Dopo
parecchio tempo riuscì ad arrivare davanti il suo negozio, dove ancora c’era
qualche agente della polizia che controllava qualcosa, parcheggiò davanti a una
delle loro macchine e scese di corsa, fermandosi solo davanti l’entrata del suo
piccolo studio che aveva costruito da sola.
«Lei
è la proprietaria?» domandò con gentilezza un agente.
«Si,
è il mio negozio» rispose Rachel tentando di entrare dentro, ma venne fermata
dalla stessa persona con la quale stava parlando.
«Non
può entrare signorina, dobbiamo fare gli ultimi accertamenti» le spiegò in
breve, anche se le dispiaceva vedere la ragazza cosi afflitta.
«Trovate
il bastardo che lo ha fatto!» ringhiò togliendosi dalla presa dell’agente e
iniziando a camminare avanti e indietro, dando calci a dei sassi li intorno.
«Conosce
per caso qualcuno che lo abbia potuto fare? Magari per vendetta» suppose il
poliziotto cercando qualcosa nel suo taccuino.
Quelle
parole fecero pensare molto Rachel, e le venne in mente solamente una persona,
uno stronzo che non riusciva a levarsi dal cazzo e che la stava tormentando. Si
girò e attraversò la strada, andando dritta al bar.
«Hei
Rachel, mi disp..» disse Nick ma venne interrotto da un ringhio di Rachel.
«Non
voglio uscire con te e mi bruci il negozio? Ti pare un comportamento da 21enne
Nick? Torna all’asilo va, cosi impari le buone maniere e un po’ di educazione,
visto che tua madre non te l’ha mai insegnata perché era occupata a fare i
bocchini ai barboni!» urlò tutto d’un fiato Rachel e aspettò una risposta da
parte del suo caro amico.
«Ma
sei pazza??» domandò Nick uscendo da dietro al bancone, prendendola per un
braccio e portandola fuori. La poggiò al muro con delicatezza e iniziò il suo
discorso, disse tutto ciò che gli passò per la testa in quel momento.
«Ma
che cazzo ti salta in mente eh? Mi incolpi di ogni singola azione che non ti va
a genio, sono 8 anni che ci conosciamo e sono 8 maledetti anni che lottiamo fra
di noi, non è arrivata l’ora di dire basta? Si, lo ammetto che a scuola facevo
tutto pur di darti fastidio, se stavamo a scuola te l’avrei bruciato io il
negozio se ne avevi uno, ma è tutto finito Rachel, siamo adulti ormai, siamo
cambiati. Non voglio continuare ad essere il tuo peggior nemico, voglio
conoscerti da quel punto di vista che nessuno conosce di te, dammi una
possibilità!»
Rachel
rimase zitta, non sapeva se credergli o meno, non voleva fidarsi di lui, non
poteva. Ma quegli occhi, come la sera scorsa, le diedero una sicurezza
allucinante, la facevano sciogliere. Aveva sbagliato una seconda volta, lo
aveva accusato ingiustamente.
«Stronzo
eri, e stronzo rimani, punto» sentenziò Rachel provando a divincolarsi dalla
presa, ma Nick la strinse più forte, girandola con la faccia al muro.
«Meno
male che i tuoi genitori sono morti, sennò non ti avrebbero sopportata per
niente al mondo» bofonchiò lui, lasciò la presa e se ne tornò a lavoro, non
degnandola di uno sguardo.
Rachel
rimase un attimo li, passandosi una mano sul punto dove Nick l’aveva tenuta con
la mano, l’aveva stretta troppo forte e le aveva lasciato un segno, quasi
invisibile, ma lei lo vedeva, lo sentiva. Andò verso la macchina ma l’agente la
fermò, con un sorriso sul volto. La tranquillizzò dicendole che i danni
sarebbero stati ripagato dal comune e che lei avrebbe dovuto solamente trovare
qualcuno che le avesse ristrutturato nuovamente il locale. Lo ringraziò e salì
in macchina, andando a farsi una passeggiata al parco, e durante il tragitto
comprò un po’ di pane da dare alle paperelle che nuotavano nel laghetto vicino
al parco dove lei molto spesso andava a riflettere sulla sua vita.
L’unico
pensiero che in quel momento le girava per la testa era lui, quell’essere
spregevole che non voleva vedere, ma che ogni volta le capitava fra i piedi,
come se fossero veramente legati da un filo invisibile. Non riusciva a capire
il motivo di tanto odio, Nick cercava in tutti i modi di avvicinarsi a lei, di creare
un rapporto amichevole, ma lei lo cacciava, lo allontanava da sé. Voleva tanto
sapere il perché, non si fidava? Aveva paura? Di cosa, di una delusione?
Le
veniva quasi spontaneo trattarlo male e offendere lui e la sua famiglia, anche
se non aveva mai avuto niente contro di loro, non li aveva mai visti, magari
erano le migliori persone che potessero esistere, ma sicuramente erano due
genitori perfetti, quelli che Rachel non aveva. Molto spesso aveva bisogno di
un commento di una mamma, oppure di un cazziatone da parte del padre, o di
serate o semplici cene di famiglia, ma purtroppo erano impossibili, i suoi
genitori erano morti in un incidente stradale, a causa di un conducente
ubriaco, che perse la vita insieme a loro.
Rachel
se l’era sempre cavata da sola, nel bene o nel male, era cresciuta da sola, a
casa della zia che tornava raramente, era una puttana da 4 soldi che andava coi
vecchietti ricchi solo per farsi aggiungere al loro testamento. Appena compiuto
16 anni, Rachel andò a vivere insieme a una signora anziana, che conosceva
molto bene i suoi genitori, e che voleva tanto bene alla bambina. Fu l’unica
persona che realmente si interessò a lei e ai suoi problemi, cambiò la vita di
Rachel. Sfortunatamente però morì d’infarto, lasciando la casa e tutti i suoi
bene a Rachel, che rimase nuovamente da sola, ma con una forza d’animo
allucinante, pronta a combattere e ad andare avanti in questa vita di merda.
Quando
Rachel si accorse che si era fatto tardi, andò a prendere un po’ di pizza per
cena e poi se ne tornò a casa, per vedersi qualche bel film in dvd e liberare
la mente dai brutti pensieri.
L’indomani
mattina Rachel si svegliò alle 06.30, pronta per andarsi a lavare e prepararsi
per una lunga giornata lavorativa, ma poco dopo si ricordò che non avrebbe
lavorato per un bel po’. Provò a rimettersi a dormire ma fu impossibile, cosi
decise di alzarsi e fare un po’ di riscaldamento. Quella mattina voleva andare
a correre al parco, per rilassarsi.
Aprì
la porta di casa per uscire e vide qualcosa sul tappetino. Si chinò per
prenderlo e vide che era una rosa rossa, senza alcun bigliettino. Le nacque
spontaneo un sorriso sul volto, sapeva benissimo chi era il mittente di quel
fiore, e le fece molto piacere, stranamente. Rientrò a casa per mettere la rosa
dentro un vaso con l’acqua, e poi andò diretta verso il parco.
Decise
di voler fare colazione al bar, non a un bar qualunque però. Arrivò fino a
quello dove lavorava Nick, prese coraggio ed entrò. Non sapeva nemmeno lei
perché gli stava andando incontro, lo trattava sempre nel peggiore dei modi, ma
quella mattina si era svegliata bene, e quel regalo le fece moltissimo piacere.
Voleva trattarlo gentilmente per una volta, magari dandogli anche una
possibilità di vedersi per bere o mangiare qualcosa insieme, ma come fatto
apposta, Nick non c’era.
«Buongiorno
signorina, cosa posso offrirle?» chiese un ragazzo che stava al posto di Nick.
Rachel
lo guardò, delusa, e scosse la testa con un mezzo sorriso. Però le sembrava
brutto uscire senza aver comprato niente, cosi si avvicinò alla cassa e prese
una bottiglietta d’acqua, che le sarebbe sicuramente servita durante la sua
corsa, e che si era completamente dimenticata a causa della rosa.
Uscì
dal bar con la bottiglietta fra le mani, e si avviò a piedi verso il parco, che
stava proprio li dietro. Iniziò a pensare al perché Nick non si fosse
presentato al bar, magari era successo qualcosa, oppure aveva beccato proprio
il suo giorno libero, ma il gesto della mattinata doveva significare qualcosa,
non era stato fatto giusto per noia.
Mentre
camminava pensierosa, le venne una strabiliante idea. Tornò indietro e corse
alla macchina, accendendola e dirigendosi verso il loro liceo. Era un idea
stupida, ma loro due si era conosciuti lì. In quel bruttissimo posto era nato
tutto fra di loro. E magari proprio li sarebbe finito l’odio e iniziato
qualcosa di più.
Ma che cazzo fai Rachel? Vai incontro al
nemico? Pensò mentre aspettava che il semaforo scattasse.
Parcheggiò
davanti scuola e rimase un attimo in macchina, per prendere un lungo respiro e
prepararsi ai mille ricordi che erano rimasti chiusi in quelle 4 mura. Scese e
andò a sedersi sul muretto di scuola, dove passava la maggior parte delle ore
scolastiche, perché lei, Rachel, poteva uscire da scuola, aveva dei diritti
speciali, perché faceva sempre come cazzo le pareva, non ascoltava mai nessuno,
aveva mille note al mese ma tanto non ci faceva nemmeno conto, andava bene a
scuola quando si impegnava, aveva una mente eccezionale.
«Secchiona,
ti manca venire a scuola?» sentì dire con una risata.
Alzò
il viso e notò che Nick stava venendo verso di lei, con un sorriso stampato in
faccia, e un casco in mano. Rachel aveva sempre odiato quando la chiamavano
secchiona, odiava i secchioni perché non riusciva a capire come potessero
passare interi pomeriggi chiusi a casa a studiare, mentre si potevano fare
altre mille cose fuori.
«Da
morire, mi manca la mia nomina di Boss» rispose Rachel facendogli la
linguaccia.
I
due si litigavano anche questo, non potevano esserci due boss in una scuola.
Riuscivano anche a fare le sfide fuori l’orario scolastico, sfide basate su
cose veramente pericolose che potevano nuocere alla loro vita scolastica.
«Bei
tempi eh?» ridacchiò Nick buttando il casco sul muretto, e sedendosi accanto a
Rachel, con una certa distanza. Voleva andarci piano, non sapeva con che intenzioni
era venuta Rachel.
«Come
facevi a sapere che stavo qui?» domandò realmente incuriosita Rachel.
«Non
lo sapevo, ma avevo voglia di passare qui, lo faccio spesso, mi piace venire
qui e pensare» rispose dolcemente Nick, senza aggiungere che veniva li per
pensare proprio a lei.
Rachel
annuì e rimase un attimo in silenzio. Aveva dei leggeri brividi lungo la
schiena, erano una cosa nuova per lei. Quel ragazzo faceva uno strano effetto
su di lei, che non le stava piacendo affatto. Passava troppo tempo a pensare a
lui, quella mattina si era persino preoccupata per lui.
«Allora
avevi ragione qualche giorno fa, il destino esiste» ridacchiò Rachel e lo
guardò con la coda dell’occhio. Anche lui la stava guardando, ma Rachel non era
mai stata una vigliacca, e non distolse lo sguardo, lo voleva affrontare per
capire cosa la legava a quel ragazzo. I suoi occhi erano cosi dolci, le davano
cosi tanta sicurezza, e poi anche la sua voce era dolce, non la solita rauca di
un maschio.
Nick
si avvicinò di poco, continuando a guardarla negli occhi, avrebbe provato a
baciarla, la situazione ci stava tutta.
«Piaciuto
il regalo questa mattina?» le chiese, portando una mano alla sua guancia e
carezzandola con delicatezza. Si stupì dell’immobilità di Rachel, non si era
spostata di un millimetro, anzi, si era proprio rilassata.
«Non
me lo sarei mai aspettata, anzi, mi aspettavo una corda per impiccarmi visto
tutto quello che ti ho detto» rispose lei con un mezzo sorriso, continuando a
stare ferma, ma distogliendo lo sguardo.
«In
tutti questi anni mi sono abituato ai tuoi sbalzi d’umore Rachel, posso tenerti
testa quando e dove voglio» disse Nick per provocarla un po’, voleva vedere se
pure lei avrebbe fatto qualche passo verso di lui.
Ciò
che aveva appena detto Nick era la pura realtà, erano troppo simili per
continuare a combattere fra di loro. La dovevano finire, e lui l’aveva capito
da un bel po’. Era Rachel che non lo voleva capire, perché quella situazione le
piaceva. Ora non più. Non le piaceva la situazione, ma le piaceva il ragazzo
che aveva davanti a sé. E lo aveva capito in quel momento, quando avvicinò il
suo viso a quello di Nick e gli sussurrò dolcemente una parola.
«Pace».
Le loro
labbra finalmente si unirono, dopo tutto quel tempo che si erano prese a parolacce
e sputi di ogni genere. Finalmente accadde ciò che sarebbe dovuto accadere anni
fa, entrambi nel profondo del cuore sapevano di piacersi, ma non lo volevano ammettere,
erano sopraffatti dalla fama a scuola.
Rachel
poggiò una mano sui capelli di Nick e iniziò a giocarci, mentre il bacio diventava
sempre più forte e spinto. Bè, lo avevano aspettato per troppo tempo.
«Finalmente
sei ceduta!» Nick punzecchiò Rachel quando si staccò da quel bacio favoloso.
«Dovevo
fare dei vaccini prima di avvicinarmi a te, meglio prevenire che curare» gli
rispose Rachel poggiando le spalle al muro e sistemandosi per bene i capelli.
Nick
scoppiò a ridere, quando sentì squillare il suo cellulare. Era il capo che lo
chiamava a lavoro perché l’altro ragazzo si era sentito male. Si alzò, contro
voglia, e spiegò la situazione a Rachel.
«Se
vuoi stasera ti passo a prendere» le disse allontanandosi e facendole
l’occhietto.
Come
risposta ebbe un grande sorriso. Gli dispiaceva tantissimo andarsene e
lasciarla li, ora che sembrava andare tutto bene, ma il lavoro chiamava
purtroppo. Si infilò il casco e partì, mentre Rachel si osservò tutta la scena,
voleva farsi un giro in moto, una buona scusa per stare abbracciata a lui. Si
alzò anche lei e andò verso la sua macchina, quando sentì un grosso fischio di
gomme, ma non ebbe il tempo per girarsi e vedere. In quel preciso istante si
sentì un dolore allucinante per tutto il corpo, poi non sentì né vide altro.
«Ragazza,
mi senti? Ragazza?» dicevano 2-3 voci diverse, sia maschili che femminili, con
un tono di voce preoccupato e spaventato.
Poco
dopo si sentì la sirena dell’ambulanza che si fermò a pochi metri dal corpo
steso e sanguinante di Rachel, che era stata investita da un pazzo omicida
dentro una Smart. La caricarono sulla barella e la trasportarono dentro l’ambulanza,
partendo con molta velocità verso l’ospedale. Non sapevano in che stato fosse,
ma la cosa più importante era che respirava, ciò significava che era ancora
viva. Una delle signore che avevano visto l’accaduto salì a bordo
dell’ambulanza con lei, venendo incaricata dagli infermieri di contattare
qualche suo parente o famigliare. La signora, fortunatamente abbastanza giovane
da avere un cellulare, prese quello di Rachel dalla sua borsa e cercò qualche
informazione. Nello stesso momento a Rachel arrivò un messaggio, era da parte
di un numero sconosciuto, ma la signora decise di chiamarlo ugualmente, magari
era proprio la persona che serviva in quella situazione.
Rachel
nel frattempo non connetteva, riusciva lontanamente a sentire le voci che aveva
attorno, ma non distingueva se erano maschi o femmine, e neppure quanti erano.
L’ultima cosa che vide prima di cadere per terra e sbattere pesantemente la
testa sull’asfalto, era quella Smart blu che aveva visto cosi tante volte,
quella Smart che le cambiò la vita. La Smart del suo ex ragazzo, Michael.
Nick
arrivò il prima possibile all’ospedale, uscendo prima dal lavoro, fregandosene
se fosse stato licenziato o meno, ora c’era in palio la vita di Rachel, la cosa
più importante per lui in quel periodo. Corse al 3° piano, intercettando la
signora, e andò dai dottori a chiedere informazioni, ma tutti rispondevano che
non c’erano ancora notizie, visto che l’avevano portata in sala da pochi
minuti. Nick cominciò a camminare avanti e indietro per la sala d’attesa, nervoso
più che mai, quando venne chiamato da un dottore, che aveva una faccia da
funerale.
«E’
viva?» chiese subito Nick, era la cosa che voleva sapere, tutto il resto era
meno importante.
Il
dottore titubò un attimo, non riusciva a trovare le parole adatte per spiegare
la situazione a quel giovane ragazzo cosi preoccupato e nervoso.
«Si,
per fortuna è viva, ma l’impatto con l’automobile e la pesante caduta sono
state troppo forti per una ragazza come lei» spiegò il dottore grattandosi il
capo.
«Ma
che significa? Che cazzo significa?» urlò Nick preso dall’ira, era viva ma la
caduta era troppo forte per lei?
«Non
riusciamo a svegliarla signore» concluse il dottore e se ne andò con le mani in
tasca.
Nick
rimase a bocca aperta, sia per la notizia appena ricevuta, che per la
maleducazione dei dottori, che non sapevano fare il proprio lavoro tra l’altro.
Come facevano a non riuscire a svegliarla? Diede un pugno al muro e si sedette
su una poltroncina li, con le mani fra i capelli. Doveva calmarsi e pensare per
bene. Ma l’unica cosa che riuscì a decidere era che doveva assolutamente
vederla. Entrò silenziosamente nella stanza, e vide Rachel attaccata a mille
fili, con un grembiule bianco e una benda in testa.
Si
sedette sulla poltroncina accanto al letto e le prese una mano, sentendola
fiacca e fredda. La strinse nella sua, ma non troppo forte, e l’avvicinò alle
sue labbra, per darle un bacio sulla mano. La vita era veramente una merda.
«Rachel,
so che mi senti, anche se non puoi rispondermi in alcun modo» disse Nick,
voleva che lei sapesse alcune cose «Non mi pare carino che dopo che ti ho
aspettata per tutto questo tempo, mi concedi un bacio e un’ipotetica uscite, e
poi sparisci. Questo è un comportamento della vecchia Rachel, che non esiste
più. Ora c’è quella nuova, quella che piace a me, per quella che farei di
tutto, iniziando dallo spaccare la faccia a quel figlio di puttana che ti ha
fatto questo. Svegliati ti prego, devi dirmi chi è stato, se l’hai visto, lo
devo sapere. Devo trovarlo Rachel» continuava a parlare praticamente da solo,
ma Rachel lo sentiva, sentiva la sua voce melodiosa che la rassicurava, già non
vedeva l’ora di godersi la scena in cui Nick ammazzava Michael, se lei sarebbe
uscita da quell’ospedale.
«Non
puoi lasciarmi da solo, non troverò mai un'altra come te, sei perfetta, bella,
intelligente, stronza, come piace a me, apri gli occhi e parlami, ti prego»
terminò Nick poggiando la testa allo schienale della poltrona e chiudendo gli
occhi.
Rachel
sentì che Nick lasciava la sua mano, ma sapeva che non sarebbe uscito dalla
stanza, sarebbe rimasto li vicino a lei. Provò ad aprire gli occhi, ma le
facevano troppo male, quindi pensò di provare a muovere il mignolo della mano,
e ci riuscì. Doveva solamente avere tanta forza di volontà e ce l’avrebbe fatta,
magari come ricompensa ci sarebbe stato un avvicinamento da parte di Nick,
magari un bacio, o semplicemente un suo sorriso, le sarebbe bastato.
«E’
appena cominciato il tuo inferno, non ti sbarazzerai cosi facilmente di me»
riuscì a dire Rachel, aprendo gli occhi e facendo un mezzo sorriso, ma tutto
quel movimento le costò un certo sforzo.
Nick
aprì gli occhi di scatto e incrociò quelli di Rachel, era proprio lei, era viva
e sveglia, la sua Rachel. Si alzò dalla poltroncina e si avvicinò a lei con un
sorriso stampato sul viso.
«E’
una minaccia?» buttò li una delle prime cazzate che gli vennero in mente, era
troppo contento che si era svegliata, questo significava che non era niente di
grave, oltre quella benda sulla testa, ma con un po’ di tempo e un paio di
punti, la ferita sarebbe scomparsa.
«L’ho
visto, so chi è stato, anche per il negozio» disse Rachel guardandolo dritto
negli occhi, e cercando la sua mano.
Nick
si irrigidì e aspettò il nome del bastardo che avrebbe fatto a pezzi con le
proprie mani, appena sarebbe uscito da quella stanza. Rachel sapeva benissimo
che Nick lo conosceva, una volta erano amici, ma lui aveva fatto lo stronzo
rubandogli la ragazza, e avevano litigato, arrivando sino alle mani. Aveva
paura di dirglielo, ma doveva, voleva che Michael la pagasse, almeno quella
volta, l’aveva fatta soffrire troppe volte, le aveva persino alzato le mani
addosso.