Keepsake

di Scribak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Keepsake


Nonostante Toris si trovasse da più di un anno in casa di Polonia, provava ancora soggezione nei confronti di quel pallido ragazzino dai capelli biondi. Personalmente, era sempre stato un bambino timido, chiuso, schivo, con una forte predilezione per quel silenzio che pareva impossibile gustare quando si trovava nei paraggi il polacco. I suoi modi così esuberanti non davano pace al bambino, che spesso, nonostante le proteste del suo re, si andava a nascondere in una delle tante stanze del palazzo di Feliks per sfuggire al turbolento coetaneo.

Tra i due, si dicevano i cortigiani, non sarebbe mai potuta scoccare la scintilla di un’amicizia sincera, da cui, eppure, sarebbe dipesa la sorte di milioni di persone: una responsabilità che andava solo ad accrescere la timidezza di uno, la spavalderia dell’altro e la distanza tra entrambi.

Quel giorno, Toris aveva eletto a suo nascondiglio la biblioteca reale, un nome un po’ pretenzioso per una stanza piuttosto piccola ma molto calda, ingombra di libri, rischiarata dalle fiammelle rossicce di tante lampade che le davano un’atmosfera raccolta e familiare.

In quelle pagine di carta, in quei mondi di inchiostro, Toris cercava di rifugiarsi sempre più, ultimamente, trovando per pochi minuti una scappatoia dalla paura per il polacco.

Ed era per questo che, quando lo sentì arrivare alle spalle con quei suoi passetti leggeri da folletto, sentì una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco ed iniziò a tremare.

-Ti ho portato una cosa, Lituania- Toris si voltò, trovandosi di fronte il volto diafano e sorridente dell’alleato che teneva le mani dietro alla schiena, in una posa infantile, celando qualcosa alla sua vista.

Toris aveva pensato di riuscire a godersi un po’ di pace in biblioteca, ma evidentemente, la luce della lampada sulla scrivania doveva essere filtrata sotto la porta, rivelando al polacco il suo nascondiglio.

Sospirò, posando il libro che aveva letto sino a quel momento. Sperava con tutto il cuore che ciò che stava nascondendo dietro la schiena non fosse, come l’ultima volta, una rana inzaccherata di fango, che, sfuggendogli dalle mani, aveva sporcato alcuni tra quei preziosi volumi a cui tanto teneva il re di Polonia.

-Di cosa si tratta, Polonia?- chiese cauto, squadrandolo con sospetto.

Feliks tese le mani a calice verso il ragazzo moro, che vide qualcosa brillare fiocamente tra le sue dita affusolate.

Toris sgranò gli occhi, rapito dalla bellezza della gemma che aveva sprigionato quella morbida luce, una piccola pietra arancione con delicate screziature marroni e dorate, grossa poco più di un acino d’uva. Era incredibilmente liscia, levigata dai martelletti degli orafi di corte, che l’avevano resa simile ad una lacrima scarlatta.

-Cos’è?- domandò incantato.

-Ma come, è da un anno che sei mio alleato e ancora non conosci l’ambra, il vanto delle miniere della mia terra?- gli chiese ridendo, una risata ricca e musicale, che piacque suo malgrado al lituano.

Toris ricordò le poche spiegazioni che gli aveva fornito il Primo Ministro della Polonia in merito.

-Vagamente…so solo che è commerciata in tutta Europa- ammise umilmente.

Feliks sbuffò: -Come sminuire in poche parole la poesia di una tale pietra… comunque, questa è per te- disse, porgendogli la piccola ambra.

Toris rimase a bocca aperta, guardando il polacco con un’espressione stupita. Non era la prima volta che gli faceva doni di quel tipo: nei primi mesi della loro “amicizia” , era stato un suo vizio vantarsi con lui della sua ricchezza con regali costosi, doni che sapeva di non poter ricambiare e che gli lasciavano l’amaro in bocca, toccando il suo orgoglio di bambino. Tuttavia, pensava che quei tempi fossero passati.

-Perché, Polonia?- “Perché proprio a me?”

Il ragazzo incrociò i suoi occhi verdi con quelli castani di Toris, squadrando quel bambino di una decina d’anni che presto, al suo fianco, si sarebbe trasformato in una grande nazione.

Si chinò leggermente verso di lui, in modo da portarsi alla sua altezza; gli prese una mano e vi fece scivolare dentro la pietra, strizzando un occhio.

Il lituano si stupì della leggerezza dell’ambra, che trasmetteva alle sue dita uno strano, dolce calore.

-Perché sento che diventeremo grandi amici, Liet- disse semplicemente.

Nota dell’autrice                                                                                                      

 Salve a tutti! Spero vivamente che vi sia piaciuto il primo capitolo di questa fanfic. Personalmente, non lo trovo nulla di che, ma mi solleticava l’idea di base di un pegno (il keepsake, appunto) tra Feliks e Liet :) Come avete notato NON è una yaoi: non che le odi, ma semplicemente non vedo quei due sotto quella particolare luce, ecco tutto.Il secondo (e ultimo capitolo) è già pronto, ma preferirei ricevere alcune recensioni prima di postarlo, in modo tale da correggerlo secondo eventuali consigli. Grazie in anticipo!!! ;)

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Keepsake

Capitolo II

-Perché sento che diventeremo grandi amici, Liet-

 

Ed effettivamente, la loro alleanza, da quel giorno, iniziò a prosperare sempre di più. Stare insieme, prima sentito come un obbligo, divenne a poco a poco un autentico piacere per entrambi, che cominciarono ad amare la reciproca compagnia. Da bambini turbolenti, diventarono ragazzi più o meno maturi, riuscendo a migliorarsi prestando l’uno le qualità dell’altro: e così Toris perse parte della sua timidezza, donando al contrario un po’ di calma a quella nazione così vivace e irrefrenabile che era Feliks. Il lituano, inoltre, aveva guadagnato diversi centimetri in altezza rispetto all’amico, diventando nel frattempo così protettivo nei suoi confronti che, talvolta, i nuovi domestici potevano scambiarlo per un parente, un cugino più vecchio, in visita nella loro ricca terra.

Tuttavia, un’ombra rimaneva ancora ostinata sul cuore di Toris: quella piccola gemma d’ambra che riposava spesso in una delle tasche dei pantaloni, di cui, forse, Feliks si era dimenticato, era diventato per lui una prova tangibile, un simbolo di quell’amicizia strana, a volte asimmetrica, che aveva costruito con Feliks.

 Quella parte un po’ infantile che tutti gli adolescenti si portano dentro abbandonando la fanciullezza, gli faceva pesare il fatto di non aver mai contraccambiato quel pegno di amicizia, di non essere riuscito a trovare il modo di dimostrare al polacco come tenesse a lui, perdonando i suoi numerosi scherzi e le figure che gli faceva fare davanti agli ambasciatori stranieri.

Erano principalmente questi i pensieri che si agitavano nella testa del lituano quel pomeriggio di primavera, mentre passeggiava pigramente per i freschi corridoi della casa di Polonia. Aveva passato tutto il giorno cercandolo di qua e di là, ma senza risultato. Con il passare delle ore, era cresciuto in lui il nervosismo, attanagliandogli, sotto forma di mal di stomaco, l’addome con fitte via via più lancinanti.

Sperava con tutto il cuore che non si fosse scordato dell’incontro con il re cui dovevano presenziare quella sera; sperava che non si fosse messo nei pasticci; e sperava anche che sarebbe poi riuscito a correre, una volta tornato, abbastanza in fretta da sfuggire alla sua ira “devastante”.

Inoltre, un’altra cosa contribuiva ad aumentare il suo tetro malumore: la sua goccia d’ambra era sparita, svanita improvvisamente dalle tasche dei suoi pantaloni che aveva lasciato la sera prima perfettamente piegati, sullo sgabello vicino al letto.

Il lituano sollevò gli occhi nocciola ad una delle tante finestre che scandivano ritmicamente il corridoio: la sera stava già scendendo su Varsavia, tingendo di blu cobalto il cielo rossastro.

Al diavolo Feliks!” imprecò mentalmente Toris, dirigendosi in camera sua: se non era riuscito a trovarlo, doveva almeno farcela a vestirsi ed a presentarsi in tempo davanti ai diplomatici, e –chissà?- magari avrebbe avuto anche tempo di cercare ancora la pietra scomparsa.

Mentre si avvicinava alla porta della camera, sentì dei tonfi soffocati provenire dal suo interno: il suo cuore saltò automaticamente un colpo, mentre la sua mano schizzò ad uno stiletto che portava ormai da tempo nascosto in una manica della camicia. Poteva essere Polonia, ma con tutti quei sicari a corte la prudenza non poteva mai essere realmente definita eccessiva.

Sbirciò dalla serratura, riuscendo a scorgere una chioma bionda e una casacca verde. Sorridendo, aprì piano piano la porta, pronto a balzare alle spalle dell’amico.

Si bloccò, quando si rese conto di ciò che stava facendo Polonia: tra le sue mani brillava, mentre l’appoggiava con cura sul cuscino che troneggiava sul letto di Toris, la sua ambra.

-Feliks?- lo chiamò titubante, riaggiustandosi lo stiletto nella manica.

Il polacco si voltò con un espressione sorpresa in volto, sorridendo poi alla vista dell’amico.

-Ciao Liet- disse serafico –Sai che è tutto il giorno che ti cerco?-

“Ah, e così sarei io quello che sparisce misteriosamente” pensò risentito il ragazzo.

-Si può sapere cosa stai facendo?- gli chiese irritato, facendo con il mento un cenno alla pietra tra le sue mani.

–Ah, questa? Volevo farti, ecco, una sorpresa…ma tu sei riuscito a rovinare tutto come sempre- rispose divertito il polacco.

-Prego?- domandò Toris, con l’aria di chi non sta più capendo nulla.

Polonia si strinse nelle esili spalle: -Stasera c’era questa cena così importante…e tu sei sempre così poco elegante…così ho voluto montare la tua ambra in modo da farne una spilla- disse, porgendogli il gioiello.

E non aveva mentito: l’ambra era stata incastonata su un delicato intreccio argentato, fine come merletto. Non aveva un aspetto effeminato, anzi, era così bella da parere degna di un re, pensò Toris. La pietra era poi stata incisa, diventando una sorta di cammeo, ma nessun volto umano, come invece andava in moda al tempo, la appesantiva: una fenice, simbolo di eternità, era stata intagliata in modo da parer quasi nascere dall’ambra stessa, incendiandola con le sue piume di fuoco e donandole il suo colore.

Quando le sue dita toccarono titubanti il gioiello, Toris si sentì quasi tornare quel bambino di dieci anni, quel timido ragazzino che aveva accettato la pietra originale.

La rimirò qualche secondo, poi, cogliendo di sorpresa il polacco, lo abbracciò, stringendolo al petto con quel particolare, assoluto affetto che solo gli amici, quelli veri, provano l’uno per l’altro.

Con amore, ecco.

-Grazie, Feliks- disse –Io…grazie-

Polonia sorrise, capendo che in quella piccola, semplice parola Toris aveva cercato di concentrare tutti i suoi sentimenti. Era quello il suo pegno, il suo stesso cuore.

Come risposta, Feliks avrebbe potuto fare o dire molte cose: avrebbe potuto confessargli che, la scelta della pietra, era ricaduta sull’ambra perché, come quella poteva attirare a sé piccoli pezzi di pergamena dopo essere stata fregata contro un panno di lana, così Toris sembrava poter esercitare lo stesso potere su di lui. Poteva ricordargli che, in quello stesso giorno, anni prima, le sue dita avevano toccato per la prima volta l’allora tiepida e liscia superficie della pietra. Oppure, avrebbe potuto scegliere un’uscita più alla sua portata, commentando, ad esempio, la somiglianza dell’amico con uno degli insetti rimasti intrappolati secoli prima nell’ambra.

Eppure, quella volta decise di rimanere semplicemente in silenzio, ricambiando la stretta del lituano, godendosi il calore che quell’abbraccio gli aveva infuso nel petto.

Nota dell’autrice                                                                                                                                                                                                                   

Salve a tutti! Ecco la conclusione della mia fanfiction (l’unica completa che abbia mai scritto, il che è di per sé un miracolo!!!). Non credo che potesse concludersi in modo diverso se non con un abbraccio tra queste due nazioni: sono fatta così, e il tema dell’amicizia mi piace particolarmente.

Dunque, credo che sia doveroso ora ringraziare quelle anime caritatevoli che hanno recensito il primo capitolo: Gilbird (nickname vagamente ispirato ad un certo pulcino di nostra conoscenza) e Yuri-e-Momoka (grazie per la recensione molto accurata: mi fa piacere sapere che i miei personaggi siano Ic e spero che tu lo abbia pensato anche per questo capitolo).

Non mi resta che lasciarvi alla prossima fanfiction. Grazie per l’attenzione.

Arianna F. alias Scribak

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