Il Prezzo Dell'Amore

di Yumi_Slyfox483
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 2 Mesi Prima ***
Capitolo 3: *** Il Mio Segreto ***
Capitolo 4: *** Un Nuovo Incontro ***
Capitolo 5: *** Verità Nascosta ***
Capitolo 6: *** La commemorazione ***
Capitolo 7: *** La Mia Innocenza ***
Capitolo 8: *** Don't Be Afraid ***
Capitolo 9: *** La Nostra Band ***
Capitolo 10: *** Odio Reciproco ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il Prezzo Dell'Amore



Prologo

Bill Kaulitz corse in bagno e si chiuse velocemente la porta alle spalle. Il suo esile corpo tremava dalla paura, mentre con lo sguardo cercava un bagno dove potersi nascondere dal ragazzo che lo inseguiva. Lo trovò e si chiuse dentro spaventato.
Il trucco sul viso era colato fino alle guancie e il graffio sul labbro continuava a sanguinare.
Ti prego, ti prego, fa che non mi trovi! continuava a supplicare più spaventato che mai.
Dopo qualche minuto di interminabile silenzio, la porta principale del bagno si spalancò e la voce del ragazzo rimbombò arrabbiata e cupa.
"Kaulitz!" ulrò "lo so che sei qui, esci fuori!" cominciò ad aprire tutte le porte fino a quando trovò quella di Bill chiusa a chiave. Il moro mise le mani sulla maniglia e tirò a sé con forza.
"Apri questa cazzo di porta!" gridò Rubens furente.
"NO!" rispose Bill con il timore nella voce. Non ebbe neppure il tempo di riaprire gli occhi che la porta di fronte a lui si spalancò di colpo e lo trascinò fuori ancora stretto alla maniglia.
"Come hai fatto?" urlò il moro spaventato.
"Bastardo!" gridò Rubens, ignorando la domanda. Afferrò l'esile corpo del moretto e lo sbatté al muro.
"Glielo hai detto!" continuò, tirandogli un pugno proprio nel punto in cui il labbro sanguinava ancora.
"Io... non ho avuto scelta!" si difese il moro toccandosi il labbro sanguinante.
"Non me ne frega un cazzo! Dovevi fare in modo di deviare i suoi sospetti, ma hai fallito! Non meriti neanche di avere il suo stesso viso e osi definirti suo fratello!"Rubens lo lasciò andare e si diresse ai lavandini.
Bill cercò di cacciare indietro le lacrime. Le parole appena pronunciate dal ragazzo lo avevano ferito. "Dovevi pensarci prima di inziare a importunarmi!" riuscì ad esclamare sotto voce con un coraggio e una forza che non sapeva neppure di avere.
Sperò che il ragazzo non lo avesse sentito, ma a giudicare dal suo sguardo, lo aveva capito fin troppo bene.
"Io non sapevo fossi suo fratello! E anche dopo che l'ho saputo non ti ho lasciato stare, perché sei uno sfigato e non meriti neppure di portare il suo stesso cognome!"
Rubens aveva infierito ulteriormente con quelle parole e Bill non riuscì più a resistere. Due grossi lacrimoni scivolarono dalle sue guancie e si mischiarono al trucco e al sangue sul viso.
Rubens lo guardò e rise. "Ma la pagherai.." aggiunse disegnandosi un sorriso maligno sul volto.
"Girati!" ordinò e tirò fuori un coltellino tascabile che portava sempre con sé.
"NO!" urlò Bill in preda al terrore "No, ti prego, non di nuovo, lasciami stare!" Cercò di scappare, ma invano. Rubens lo afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi, mentre gli tirava su la maglietta scoprendo la schiena bianca e piena di graffi non ancora del tutto rimarginati.
"GIù LE MANI DA MIO FRATELLO!" urlò una voce d'improvviso, che Bill riconobbe immediatamente.
Un ragazzo biondo con dei corti rasta raccolti in una coda, identico al ragazzo che Rubens teneva sotto stretta minaccia lo afferrò per le spalle e con una mossa lo allontanò da Bill, facendolo cadere sul pavimento.
"Stai bene?" esclamò osservando i graffi sulla schiena del gemello, che vedeva per la prima volta, e tirandogli giù la maglietta.
"Tomi.." sussurrò il gemello voltandosi per abbracciarlo. Desiderava solo lui e ogni timore sarebbe stato soffocato tra le sue braccia. Ma sul suo viso si disegnò una smorfia di terrore. "TOM ALLE TUE SPALLE!"
Il rasta si voltò e schivò appena in tempo un pugno che lo avrebbe colpito dritto in volto.
"TOM!" Il rasta si allontanò da Bill, che rimase con la schiena contro la parete piangendo, mentre il gemello cominciava a picchiare il suo avversario senza proferire parola, con tutta la forza che aveva in corpo.
"Ha un coltello, Tom! Fa attenzione!" gridava Bill terrorizzato. Il rasta udì l'avvertimento del gemello e riuscì ad afferrare il coltello dell'avversario e gettarlo a terra lontano da lui. Si trovava cavalcioni su Rubens, lo fissò per qualche istante e tornò a picchiarlo senza pietà. Il sangue colava già copioso dal suo viso.
Il coltellino andò a finire ai piedi di Bill che lo guardò confuso e impaurito.
Il combattimento fra i due continuava. Tom alzò lo sguardo per fissare il gemello e Rubens ne approfittò per capovolgere la situazione e avere la meglio. Ora era lui cavalcioni sul rasta.
Bill, ancora dolorante e sanguinante, si chinò e raccolse il coltellino ai suoi piedi.
"SMETTILA!" gridò, puntando l'arma contro la schiena di Rubens. Sarebbe stato pronto a far pagare a Rubens tutti i dolori fisici che gli aveva inferto in quei mesi e i pugni che stava dando al suo gemello.
"Bill!" urlò Tom "Non fare cazzate! Allontanati e posa il coltello!"
Bill guardò il gemello piangendo. Non riusciva a emettere un solo suono. Tutto quello che voleva era vendetta.
"Bill!" urlò di nuovo Tom, ma il moro non lo aveva neppure ascoltato.
"Ha ragione lui!" commentò Rubens "Posa il coltello, Bill.."
"No..." sussurrò Bill "T-Tu.. tu la pagherai.." sibilò tra i signhiozzi con il coltello nelle mani tremanti di fronte a lui.
In un attimo Rubens fu su di lui e prese in mano il coltello puntandolo alla pancia di Bill. Lo teneva fermo stringendogli un braccio.
"BILL! NOOO!" urlò Tom "lascialo andare!" il rasta si alzò avventandosi sull'avversario.
Ma fu troppo tardi.
Accadde tutto in pochi secondi.
Velocemnte, senza via di scampo.
Bill si accasciò a terra, il volto paonazzo e il sangue che scorreva copioso dal suo addome.
"BILL!" urlò Tom disperato. Non si era accorto che Rubens aveva gettato il coltello a terra ed era fuggito.
"no... Bill... no..." Tom toccò la ferita del gemello e poi gli prese la testa tra le mani ormai sporche di sangue.
"Tieni duro... non morire, Bill!" urlò chinandosi a baciargli la fronte e dando sfogo al suo dolore.

***

Eccomi tornata con una nuova Fan Fiction. Faccio una premessa. La storia è nata nella mia testa mentre cercavo di dormire qualche giorno fa a mezzanotte, quindi per ora esiste solo il prologo ^^ ovviamente il resto è nella mia testa ^^ ditemi che cosa ne pensate, se è scritta bene, male, se è bella, fa schifo, insomma quella che volete e io inizio a buttare giù i capitoli che ho in testa.. e saranno tanti ^^
Un bacio a tutte e spero che vi piaccia <3

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Capitolo 2
*** 2 Mesi Prima ***


Due Mesi Prima



Ich Kämpf Für Dich Und Du Für Mich Für Immer



Il suono della rumorosa campanella della scuola, che segnava l'inizio dell'intervallo svegliò Tom Kaulitz destandolo da un dolce e profondo sonno, che era stato causato da quella noiosissima quanto interminabile lezione di tedesco.
"Hai dormito bene, Tom Kaulitz??"
Il piccolo alzò la testolina bionda e si ritrovò il seducente volto della professoressa bionda, nuova di soli pochi giorni.
Sorrise, sperando di entrare nelle sue grazie, e si sistemò i corti rasta biondi raccolti nella coda.
"Mi scusi.." esclamò dopo un po' "Ero sovrapensiero.."
"Certo, quello che ripeti a ogni mia lezione. Mi chiedo se fai così solo con me o ti comporti in questo modo anche con gli altri prof.."
La classe scoppiò a ridere e da qualche fila più indietro, Tom sentì un insulto diretto alla sua persona. Lo ignorò come sempre era abituato a fare.
"No.." rispose poi il piccolo malizioso "Con lei mi trattengo perché è carina.."
Tom non era il classico ragazzo intelligente che sa quando tenere la bocca chiusa e delle volte sapeva mettersi anche nei guai. E quella era una di quelle volte.
"Molto bene!" esclamò la professoressa, avvicinandosi alla cattedra ed estraendo dei fogli dalla sua cartelletta. "Questi sono dei compiti dell'altra classe, mettili in ordine alfabetico, salterai l'intervallo a causa della tua lingua lunga e non uscirai da qui finché non avrai finito. Chiaro?"
"No, un momento!" Tom si alzò infuriato mentre la professoressa caricava una pila di fogli sul suo banco.
"Cosa?" commentò acida.
"Io devo uscire! Devo..." non finì la frase che la donna caricò un'altra pila di fogli e Tom capì che avrebbe fatto meglio a rimanere in silenzio.
Cazzo! pensò corrucciando la fronte. Due piccole rughe si formarono sulle guancie mentre storceva il muso arrabbiato. Il resto della classe rise e lo abbandonarono al suo lavoro prendendosi gioco di lui e insultandolo.
Non aveva un buon rapporto con i suoi compagni di classe e, quel dettaglio all'apparenza insignificante e per lui tremendamente importante, lo rendeva acido e scontroso verso tutti. In realtà un motivo c'era e aveva anche un nome. Un nome che avrebbe difeso con le unghie e con i denti.
la professoressa si sedette alla cattedra mentre sbrigava le ultime cose per la lezione sucessiva e vigilava affinché il biondino non trasgredisse ai suoi ordini.
Tom cominciò a mettere a posto i compiti leggendo i nomi a uno a uno per sistemarli in ordine alfabetico.
"kappa.." esclamò quando fu arrivato a quella lettera e si stupì di vedere che un compito portava il cognome che iniziasse per kappa. Nella sua scuola erano pochi e nei registri di classe non erano mai messi nel posto giusto.
Come si chiama? pensò mentre scostava i fogli che coprivano il nome completo.
"Kaulitz!" sbottò sorpreso "Ma è il compito di Bill!" guardò il compito e poi la professoressa e senza farsi vedere afferrò la biro e nascose il foglio sotto al banco, Era un semplicissimo compito di matematica.
Probabilmente quella prof insegnava matematica nella classe del fratello ed era stata scelta per sostituire la professoressa di tedesco nella sua che era andata in maternità.
"Sapevo che non era la sua materia!" soggnignò il biondo e poi si concentrò del compito che aveva tra le mani. Suo fratello non era mai stato bravo in matematica e ultimamente i suoi voti a scuola erano peggiorati. La colpa di tutto erano state le dure giornate coronate da insulti che Bill passava e sopportava nella sua nuova classe lontano da lui.
A differenza di quando avevano frequentato le medie, i due gemelli non erano più in classe insieme, poiché alla scuola superiore si erano indirizzati per due rami di studio differenti. Era stata un trauma per lui la recente separazione.
E' tutto sbagliato! pensò il rasta cancellando con la penna alcuni procedimenti errati.
Lui era un piccolo genio in matematica, forse era l'unica materia in cui andava bene e correggere gli errori di Bill era un gioco da ragazzi per lui.
Inoltre sapeva imitare alla perfezione la calligrafia del suo gemello. La professoressa non si sarebbe accorta di nulla.
Bene.. così prenderà minimo un 7! pensò Tom felice rimettendo il compito tra la pila di fogli in ordine alfabetico.
In quel momento sentì una presenza alle spalle e trasalì spaventato. Faceva un certo effetto fare cose proibite.
"Ehi, Tom.." gli sussurrò un ragazzo alle sue spalle, lo stesso che lo aveva spaventato. Il rasta si voltò e riconobbe il viso del ragazzo che gli stava di fronte.
Il suo nome era Georg Listing. Aveva 16 anni, due anni più grande di lui, ed era stato bocciato ripetendo il pirmo anno da quasi due anni. Era il classico ragazzo svogliato con il solo scopo di divertirsi e vivere alla giornata.
Era moro con due occhi verdi simili a smeraldo che in quel momento lo fissavano perplessi.
Era la prima volta che gli rivolgeva la parola.
"Cosa vuoi?" sbottò il rasta scorbutico dopo che lo ebbe fissato a lungo.
"Reggi il gioco!" il rasta lo guardò confuso.
"Prof!" gridò d'improvviso il moro "Ho un problema serio!"
La professoressa lo guardò scocciata. Sembrava fin troppo abituata a quel genere di comportamento da parte del ragazzo. "Che genere di problema?" chiese.
"Ho dimenticato la merenda a casa e non ho nulla da mangiare..."
"Va pure a prenderla al bar!" sbottò la donna in risposta.
"E qui il problema diventa serio." confessò Georg "L'ultima volta che sono andato al bar ho combinato un vero disastro e la barista non vuole più che metta piede lì dentro. Mi ha minacciato, sa!"
"E cosa dovrei fare io?" sbottò la donna spazientita.
"Sarebbe così gentile da andare lei al mio posto? Sa già quello che voglio!"
"Listing!"
"La prego... io non ho mltissimi soldi con me e sto morendo di fame!" il moro sfoggiò uno sguardo da cucciolo indifeso e i suoi occhi verdi smeraldo ebbero un effetto ipnotico sulla proferessa.
"Uno di questi giorni mi manderai al manicomio!" commentò la donna "Kaulitz... Non uscire di qui, chiaro?"
Il rasta annuì mentre Georg assicurò alla professoressa che lo avrebbe legato alla sedia se avesse tentato la fuga, quelle erano state le testuali parole.
La professoressa si alzò e si diresse fuori dalla porta mentre Tom si voltò verso Georg confuso.
"Va!" gli esclamò il ragazzo "Ci penso io ai compiti!"
"Ma perché lo hai fatto?" esclamò Tom ancora più perplesso.
"So che tuo fratello è nell'altra classe, corre sempre qui per vederti, ma oggi non c'è... deduco che tu voglia andare da lui."
Tom chinò il capo arrossendo. L'unico motivo per cui aveva messo il broncio alla punizione della professoressa era che non poteva a trovare suo fratello al piano di sotto.
"Ha la gamba ingessata." confessò il biondo "Gli ho proibito di venire qui da solo." Era la prima volta che parlava di Bill a un suo compagno di classe.
"Bè allora ti starà aspettando.." rise Georg "sistemo io i compiti... ah e dargli questa!" gli lanciò un pacchetto di crostatine e sorrise "da parte mia!"
Tom sorrise anche se ancora un po' confuso.
"Dai presto, prima che ritorni la prof. A quest'ora al bar c'è sempre una fila assurda. Se vai ora puoi stare 10 minuti buoni con tuo fratello,"
"Perché mi hai aiutato?" ripeté Tom, rigirandosi la merenda tra le mani.
"Perché mi andava..." rispose Georg sorridendo.
Tom si voltò e fece per uscire, si bloccò a metà strada e si affacciò alla porta della classe.
"Ti ringrazio!"

Tom scese le scale di corsa stranamente felice. Era la prima volta che un suo compagno di classe si dimostrava così gentile nei suoi confronti da quando aveva inziato quella nuova scuola, ma soprattutto nei confronti di Bill. Gli aveva perfino dato la sua merenda.
Suo fratello era il motivo principale per cui non aveva stretto alcun tipo di amicizie nella sua classe.
Tutta la scuola riteneva Bill Kaulitz uno sfigato senza fegato, effemminato e ricchione, così lo definivano e al primo anno di liceo, Tom era stato messo di fronte a una scelta: seguire la massa o difendere il fratello...
La sua scelta aveva optato senza alcuna ombra di dubbio sulla seconda.
Con uno splendido sorriso sulle labbra varcò la soglia della classe di Bill e il sorriso si spense non appena lo vide un angolo, come un fuoco quando gli viene gettata sopra dell'acqua.
"Bill?" la classe era vuota e il fratello alzò lo sguardo contornato di lacrime nere.
Se non fosse stato per il trucco pesante sugli occhi, i vestiti aderenti opposti a quelli larghi del fratello e i capelli corti corvini portati sparati, nessuno avrebbe saputo riconoscerli.
Bill e Tom Kaulitz erano gemelli identici e vivevano l'uno per l'altro.
"Che cosa è successo?" domandò il rasta avvicinandosi al gemello che aveva chinato il capo.
"I miei compagni mi hanno rubato la merenda e hanno pasticciato il mio gesso con il pennarello.."
Tom valutò la gravità della situazione che aveva portato Bill alle lacrime.
Bill sei frocio. Ricchione. Femminuccia. Questi ed altri appellativi abbellivano il gesso della gamba di Bill.
"Andranno via.." lo rassicurò Tom asciugandogli il viso "Hai fame? Ho delle schiacciatine con me.."
Bill le afferrò e aprì il pacchetto cominciando a mangiare. Era davvero affamato.
"Perché non sei venuto prima?" domandò dopo un po'.
"La tua professoressa di matematica mi ha messo in castigo!" rispose il rasta osservandolo mangiare.
"Cosa? Hai la mia stessa prof?" esclamò Bill con la bocca piena.
"Da noi insegna tedesco anche se non ne è in grado. E' una supplente. La nostra prof è andata in maternità."
"Capisco.." Bill chinò il capo continuando a mangiare.
"Bill, chi ti ha rubato la merenda?" domandò poi Tom.
"E' stato Steven e sempre lui mi ha scritto sul gesso."
"Bene.." commentò Tom sorridendo "Ho una bella sorpresa per lui. Mi ha rotto un po' i coglioni negli ultimi giorni."
Bill lo guardò confuso.
"Fuori dalla scuola se la vedrà con me.. Ora però devo andare, Bill. Un mio compagno di classe mi sta guardando le spalle."
"Hai fatto amicizia con qualcuno?" sussurrò incredulo il gemello mentre dalla porta stavano entrando dei ragazzi e il moro aveva automaticamente abbassato la voce.
"E' ancora presto per dirlo.." rispose Tom mantenendo lo stesso volume di voce e guardando i ragazzi che entravano capitanati da Steven "E' lui non è vero?" esclamò poi in direzione di Bill.
"Sì, ma Tomi.."
"Lascia fare a me." il biondo non lo lasciò finire di parlare e si diresse verso i ragazzi a passo svelto.
"Ehi, sei tu che hai rubato la merenda a mio fratello?" chiese con una naturalezza che confuse il ragazzo di fronte a lui. Sembrava che stesse chiedendo la cosa più normale del mondo.
Steven si avvicinò un po' inquieto. Non sapeva che il suo giocattolo preferito, così definiva Bill Kaulitz, avesse un fratello così... muscoloso.
"Sono io sì!" rispose come se ne andasse fiero. Si avvicinò a Tom nascondendo la paura nel suo sguardo.
"Bene.." Tom si voltò verso il gemello, che era di colpo sbiancato "Bill prestami la tua matita per truccarti.."
"Che cosa?" sbottò il ragazzo di fronte a lui un po' incredulo. Si aspettava che il biondo gli avesse tirato un pugno o qualcosa del genere.
"AHAH!" cominciò a ridere Steven guardando i compagni "Vuoi che ti faccia un autografo anche a te, spazzolone?"
"Come mi hai chiamato?"
Bill afferrò il braccio del gemello cercando di calmarlo. Il biondo afferrò la matita che Bill gli stava porgendo e ne sfilò il cappuccio piano. "Avevo intenzione di pasticciare la tua lurida faccia, ma ho in mente qualcosa di meglio! Non sarò io a farlo!" afferrò la mano del gemello e gli mise la matita per il trucco in mano.
"Che diavolo?" sbottò Bill confuso mentre il resto dei compagni guardava la scena sbalordito.
"Perché non gli fai vedere come ti trucchi la mattina..." Bill scoppiò a ridere non riuscendo a trattenere la risata e Steven indietreggiò spaventato.
"No, ehi, stai lontano con quel coso!"
Billl annuì divertito e si appoggiò al gemello che lo aiutava ad avvicinarsi a Steven che aveva afferrato saldamente per un braccio.
"Stai fermo!" commentò Bill mentre dipingeva la faccia del compagno "O ti farai male!" si divertiva troppo. Con Tom al suo fianco sentiva di poter fare anche il duro.
"Ehi, Brutta chec-" Steven fece per afferrare la mano di Bill con quella libera, ma si bloccò spaventato quando sentì la stretta di Tom farsi più forte.
"Non toccare mio fratello..." sibilò a dentri stretti "O ti farò male.."
Steven mollò la presa e stette immobile.
Quando il moretto ebbe finito rise di gusto e Tom lo imitò "Ohhhh Bill.." commentò "Sei stato crudele, è tutto storto, a differenza di te lui non sta proprio bene truccato, vero?"
"Vero!" confermò il gemello.
Steven si allontanò dai due gemelli e puntò loro il dito contro "Siete malati di mente!" commentò, chinando il capo imbarazzato e correndo in bagno.
I compagni rimasero a guardare Bill e Tom spaventati.
"La prossima volta che vi azzardate a prendere per il culo Bill ve la farò pagare cara, ok?" proferì Tom.
I ragazzi indietreggiarono annuendo impauriti.
"Ehi.." commentò poi Tom facendo sedere Bill che aveva assunto in viso un'espressione sofferente. "Ti fa male il piede?"
"Ja, un po'. Grazie per prima, Tomi.. Non avrei trovato il coraggio di farlo da solo.. non so cosa farei se tu non ci fossi."
"Non ci pensare!" Tom sorrise e lo sistemò al suo banco. "Io ora però devo andare.."
"Oh certo! La punizione! Corri e non preoccuparti per me, starò bene!" Bill sorrise e Tom lo imitò rassicurato dalle sue parole.
"Ok, ah hai preso sicuramente un bel voto in matematica!"
"Come fai a saperlo?" chiese Bill confuso.
"Lo so e basta, fidati. Ci vediamo dopo, non venire da me, ti vengo a prendere io. Ciao Bill!"
"Ciao Tomi. Buona giornata!"
I due gemelli si salutarono e Tom uscì di corsa e salì le scale sperando che la professoressa non fosse ancora arrivata.
Appena varcata la soglia trovò Georg intento a sistemare gli ultimi compiti. Guardò la cattedra, per fortuna era ancora vuota.
"Ti ringrazio!" commentò Tom avvicinandosi a Georg, che gli ridiede il suo posto e sorrise.
"Tuo fratello sta bene?" domandò curioso.
"La gamba fa male come c'era da aspettarsi.." rispose Tom chinando il capo pensieroso.
"E..." continuò Georg.
Tom rialzò il capo. Si vedeva così tanto che qualcosa non andava? Non doveva fidarsi troppo di lui, ma infondo aveva offerto la merenda a Bill.
"Come facevi a sapere che mio fratello non aveva la merenda?"
"Ehi, non lo sapevo!" si difese Georg ridendo "O almeno non questa volta..."
Tom lo guardò confuso e irritato.
"E va bene. Il mio migliore amico è nella classe di tuo fratello e mi ha raccontato molte cose di lui."
"Chi è? Che ti ha detto?" Lo interrogò Tom.
"Si chiama Gustav, è un tipo timido, di un anno più grande di voi. Mi ha detto che è spesso vittima di bullismo dal parte dei suoi compagni... e la gamba.."
"Sì!" rispose Tom prima che avesse il tempo di finire la frase "Un ragazzo gli ha fatto lo sgambetto mentre uscivamo da scuola, Bill è caduto e proprio lì vincino c'era una buca. Si è rotto il piede. Mio fratello è fragile e debole.."
"Però sulla faccia di quel tipo c'è un bel cerotto!"
"Gli ho rotto il naso!" confermò Tom.
Georg sorrise. C'era da aspettarselo "Io.. mi dispiace molto per lui. Non ci trovo niente di male in tuo fratello o in te.."
"Perché me lo dici ora? E' da un mese che siamo in classe insieme.."
"Ho solo aspettato il momento giusto. Questa classe è tremendamente noiosa con questi bambinetti che criticano a destra e a manca!" Georg si portò le mani dietro la nuca con fare disinvolto.
"Parli come se tu fossi grande!" sbottò Tom ridendo.
"Bè lo sono! Ho 16 anni eh!" Il moro rise e il rasta lo imitò. Gli piaceva Georg e avrebbe voluto farlo conoscere anche a Bill. Chi sa come avrebbe reagito nel sapere che il compagno timido della sua classe era il migliore amico di uno della sua che non lo prendeva in giro. Finalmente avrebbe avuto un amico, oltre a lui.
In quel momento la professoressa entrò in classe e con lei il resto dei compagni.
"E' suonata, Kaulitz!" commentò acida porgendo la merenda al povero Georg "I compiti?"
"Sono qui professoressa, dalla A alla Z!" rispose Tom con un sorriso a 32 denti sul volto.
La professoressa lo guardò meravigliata poi rivolse lo sguardo a Georg. "Non mangiarlo, ora!" gli ordinò.
"Come vuole!" rispose il ragazzo.
La donna prese i compiti e se ne andò e Georg scartò il suo panino affamato.
Tom si voltò a guardarlo mentre il resto della classe si apprestava a tornare ai proprio posti. Georg gli fece l'occhiolino e Tom sorrise.
Per la prima volta in 1 mese era felice di essere a scuola.

Kampf der Liebe - Tokio Hotel



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Capitolo 3
*** Il Mio Segreto ***


Il Mio Segreto

The Screams In My Mind I Keep Them a Secret... a Secret



Bill alzò lo sguardo tremendamente imbarazzato non appena aveva sentito pronunciare dalla professoressa il suo nome.
Stava restituendo i compiti di matematica che avevano fatto la settimana scorsa e lui era sicurissimo di aver preso l'ennesimo 4. I suoi compagni lo avrebbero scherzato come sempre e la professoressa gli avrebbe fatto la solita menata rimproverandolo di stare più attento durante le spiegazioni e gli esercizi.
Come se fosse quello il problema... pensò Bill alzandosi e afferrando le stampelle per tenersi in equilibrio. Vacillò per qualche istante poi si ricompose cominciando a muovere piccoli passi verso la cattedra.
Nessuno si degnava di dargli una mano e tanto meno la maestra si era presa la briga di portargli il compito da sé o da un altro compagno.
Si arrestò alla cattedra e mise una stampella sotto braccio per poter afferrare il compito tra le mani.
"Cosa?" fu talmente sorpreso del voto che vi era scritto sopra che non si accorse di aver appena urlato in mezzo alla classe.
"Devo farti i complimenti, Kaulitz. Vedo che dopo tanto tempo hai finalmente capito che devi stare attento alle spiegazioni." aveva esclamato la prof, ma Bill non l'aveva neppure sentita tanto quel magico voto lo aveva incantato.
Aveva preso 7. Un vero 7 in matematica!
Tornò al suo porto ed esaminò il compito con più attenzione e fu allora che vide le varie cancellature che lui non aveva mai fatto e la scrittura così simile alla sua, ma che in realtà non apparteneva a lui.
Era l'unico che poteva riconoscerla.
In quel momento gli tornarono alla mente le parole che Tom aveva pronunciato all'intervallo e tutto gli fu chiaro.
E' stato Tom! pensò sorpreso. Non sapeva come avesse fatto, ma era riuscito ad avere il suo compito tra le mani e correggerlo. Forse aveva a che fare con la punizione che la professoressa gli aveva inflitto. Non lo sapeva, ma gli era talmente grato che non gli importava un accidenti di come avesse fatto.
La professoressa terminò di consegnare i compiti e Bill continuava a guardare il suo ancora incredulo quando qualcuno urtò il suo braccio facendogli cadere il compito a terra.
Bill fece per chinarsi a raccoglierlo, quando sentì un colpo dietro la nuca e gridò dal dolore. "Ahi!" esclamò portandosi la mano al punto offeso.
"Bravo Kaulitz!" sbottò Steven con finto complimento.
Bill lo ignorò e raccolse il compito massaggiandosi il capo ancora dolorante.
"Vuoi lasciarmi in pace?" esclamò dopo un po' "Vuoi che ti conci la faccia ancora come.." non riuscì a finire di parlare che Steven lo strattonò facendolo cadere dalla sedia.
"Non osare parlarmi con quel tono brutta checca! Non ho paura né di te né di tuo fratello!"
"Kaulitz e l'altro!" la professoressa si era alzata innervosita guardando la scena di fronte a lei e urlando "che cosa credete di fare?"
Steven non rispose e guardò Bill minacciandolo di tenere il becco chiuso "Mi scusi..." pronunciò il moretto chinando il capo ancora seduto per terra.
Il resto della classe scoppiò a ridere e nel petto di Bill prese a divulgarsi una sensazione umiliante e talmente opprimente da fargli mancare il respiro. Bill alzò il capo mentre tratteneva a stento le lacrime che gli bruciavano gli occhi.
Solo un ragazzo se ne stava a capo chino in un angolo della classe. Non stava ridendo e appena incrociò i suoi occhi chinò il capo imbarazzato.
"Andate fuori!" ordinò la professoressa arrabbiata "Tu e tuo fratello siete incorreggibili!"
Bill cercò faticosamente di alzarsi tra le risa dei suoi compagni. Non riusciva a tirarsi su da solo e nessuno sembrava intenzionato ad aiutarlo.
Il ragazzo biondo di poco prima si alzò e corse da lui afferrando le stampelle e Bill per un braccio tirandolo in piedi. Bill lo ringraziò con un'espressione che supplicava quasi aiuto e afferrò le stampelle uscendo dalla classe insieme a Steven.
Ebbe una tremenda paura e desiderò con tutte le forze che la professoressa dicesse qualcosa che lo facesse rientrare in classe, ma così non fu. Non si sentiva più duro come qualche minuto fa assieme a Tom, ma era tornato il solito Bill.
"Bene.." pronunciò Steven "ora ci possiamo divertire.."

Gustav Shafer si rimise a sedere estremamente imbarazzato. Non sapeva neanche lui come, ma era andato contro la timidezza e si era alzato per aiutare Bill ad alzarsi.
Si sentiva gli sguardi di tutti puntati contro, ma ce n'era uno che non rousciva a dimenticare: quello di Bill quando lo aveva ringraziato.
Sembrava come se gli stesse chiedendo aiuto e la cosa non gli piaceva per niente.
Quando il moro aveva ripreso a camminare gli sguardi erano ritornati su di lui e avevano già dimenticato la sua bravata.
Ricordava che un giorno solo per aver rivolto la parola a Bill un gruppo di suoi compagni, comandati da Steven, gli aveva per ripicca tagliato una ciocca di capelli e da allora aveva sempre avuto un po' di timore nell'avvicinarsi a lui, ma come poteva lasciarlo seduto per terra in mezzo alla classe senza nessuno intenzionato ad aiutarlo?
Quando lo aveva guardato aveva incrociato i suoi occhi tristi e lucidi e qualcosa dentro di lui era improvvisamente scattato.
"Bene!" esclamò improvvisamente la professoressa, interrompendo i pensieri del giovane "Vi do dieci minuti per controllare i compiti e chiedermi quello che non avete capito."
Gustav chinò il capo sulla sua verifica e fece spallucce. Aveva preso otto e mezzo, che cosa aveva da chiedere?
Si voltò alla sua destra e trovò il banco vuoto accanto a lui. Dimenticava che Georg non era lì con lui. Si sentiva un po' solo in quella classe senza il suo migliore amico con cui avrebbe potuto chiacchierare in quei dieci minuti, e magari costringerlo a fargli entrare un po' di sana matematica in zucca, ma doveva affrontare ancora tre ore di lezione e poi avrebbe potuto andare a trovarlo. Si era un po' rattristito perché non era venuto a trovarlo all'intervallo, ma Georg gli aveva mandato un messaggio spiegandogli la situazione e il biondo aveva capito.
Così Gustav, non avendo nessuno con cui parlare, alzò la mano e chiese timidamente il permesso per andare in bagno. Intanto avrebbe mandato un messaggio a Georg per avvisarlo che Bill era in compagnia di Steven e ciò non gli piaceva per niente.
Si accorse con sorpresa che i due ragazzi non erano in corridoio e mandò allarmato il messaggio all'amico. Si diresse verso il bagno e aprì la porta.
Sentì delle voci provenire dai bagni e si nascose dietro a un muretto lì vicino.
"Hai capito?" domandava una voce che conosceva fin troppo bene. Era Steven.
Nessuno rispose, ma Steven continuò "Bravo!" commentò.
Gustav si sporse per vedere chi fosse l'altro ragazzo e trasalì. Bill era seduto per terra con le spalle al muro e il labbro sanguinante. Si stringeva la mano destra piangendo.
"Non piangere!" ordinò Steven inginocchiandosi affinché potesse guardarlo negli occhi "La prossima volta ci pensi due volte prima di mancarmi di rispetto, no?"
Bill annuì impercettibilmente "Io torno in classe. Dirò alla prof che ti sei sentito male e ti ho portato in infermieria. Ah! Sai già quello che non devi fare, vero?" gli prese il mento con la mano e lo tirò a sé.
Bill si liberò dalla presa e Steven lo costrinse a rispondere dandogli un calcio sul piede ingessato.
Il moretto si disegnò una smorfia di dolore sul volto. Rimase in silenzio senza accennare a un minimo gemito di dolore. "No, non lo dirò a Tom!" gridò a dentri stretti.
Steven rise e se ne andò passando davanti a Gustav senza minimamente accorgersi di lui.
Il biondo uscì dal suo nascondiglio e corse verso Bill che era scoppiato a piangere mentre si voltava con il viso contro la parete.
Non sapeva esattamente se stesse piangendo per il dolore o per il torto appena subito fatto stava che il moro stava soffrendo molto.
"Bill?" esclamò piano per non spaventarlo uscendo dal suo nascondiglio "Tutto ok?"
Domanda stupida! pensò.
Bill lo guardò un po' spaventato e impaurito.
"Va tutto bene!" commentò Gustav sorridendo. Si alzò e bagnò un fazzoletto di stoffa che teneva in tasca con un po' d'acqua fresca.
Si avvicinò al moro e gli porse la mano.
"Fammi vedere!" Bill lo guardò un po' impaurito e dopo poco gli porse la mano sanguinante. Aveva una brutta ferita all'altezza del polso che aveva smesso di sanguinare copiosamente, ma che era comunque grave.
"Ti fa molto male?" Gustav gli pulì piano la ferita cercando di essere il più delicato possibile "Aspetta, chiamo il mio.."
"NO!" lo bloccò Bill ritraendo la mano come spaventato "Non occorre sto bene!"
"Ma il polso sanguina, hai bisogno di una fasciatura! Sei stato tagliato con..." smise di parlare lasciando la frase in sospeso, quando guardandosi in giro per trovare l'arma con la quale Bill era stato ferito, vide un pezzo di vetro abbastanza appuntito e sporco di sangue.
"Che diavolo...?" esclamò confuso guardando il moro "Ti ha.."
"Non occorre che chiami nessuno..." sibilò Bill alzandosi e dirigendosi ai lavandini zoppicando.
Aprì l'acqua e cominciò a lavarsi la mano per lavare via il sangue e non solo...
Strofinava con forza quasi volesse scorticarsi la pelle.
"Bill, un momento!" Gustav lo seguì e lo prese per le spalle.
"No, faccio da solo! So farlo da solo!" gridò come preso dalle convulsioni, mentre cercava di pulirsi la mano invano. Il sangue continuava ad uscire in piccole quantità.
"Calmati!" lo intimò Gustav e una volta presagli la mano, senza troppa fatica, e chiuso il rubinetto lo guardò negli occhi.
Erano di un bellissimo color nocciola che in quel momento era velato da uno strato lucido.
Da quanto quel ragazzo non sfogava il suo dolore?
Gustav gli prese delicatamente la testa tra le mani e l'appoggiò sulla sua spalla mentre il moro, confortato da quel gesto, scoppiò in lacrime abbracciando il ragazzo sconosciuto che lo teneva così stretto a sé.
Quando si fu ripreso Guastav lo fece rinfrescare e in pochi minuti Bill tornò tranquillo.
"Come ti senti?" domandò preoccupato il biondo.
"Sto bene davvero!" rispose Bill "Vedi? Il sagnue si è fermato per fortuna. Basterà tirare giù le maniche e non si vedrà nulla. Non torni in classe? La professoressa si arrabbierà."
"Non mi interessa!" rispose Gustav duro "Può mettermi in punizione per quel che mi riguarda, non posso certo lasciarti qui da solo con la mano in quello stato. Dirò che ti ho trovato qui."
"Steven ha raccontato la balla che mi ha portato in infermieria." protestò Bill chinando il capo.
"Allora dirò che ti ho incontrato in corridoio mentre tornavi..."
Il moro sorrise, ma poco dopo tornò triste cominciando a fissare il vuoto in silenzio.
"Senti..." commentò Gustav dopo un po' "Perché non vuoi che chiami qualcuno? Dovresti farti vedere..."
"No.." ripeté Bill "Hai sentito le parole di Steven? Se viene a sapere che tu eri qui mi picchierà di nuovo o ancora peggio picchierà te e io non voglio. Se mio fratello lo venisse a sapere sarebbero guai seri.." Bill sgranò gli occhi come se vedesse chiaramente la scena di fronte a sé e scosse il capo inorridito.
"Bill ne parli come se non fosse la prima volta..." esclamò Gustav preoccupato. No, non poteva credere che il moro subisse quotidiamente episodi di quel genere.
Sapeva delle critiche e forse di qualche pestaggio, ma non così gravi come quello che era successo quel giorno.
Bill cercò di non incontrare il suo sguardo imbarazzato "Non è rilevante..." sussurrò.
"Non è la prima volta? E tuo fratello non sa niente?" sbottò Gustav stupito.
Bill continuava ad evitare il suo sguardo.
"Guardami!" gli ordinò il biondo. Non conosceva quel ragazzo, era la prima volta che gli parlava e lui era la persona più timida che si potesse trovare sulla faccia della Terra, ma quando c'era bisgono di farsi valere era sempre pronto.
"No.." rispose Bill mentre il suo sguardo si posò su Gustav e i suoi occhi si fecero di nuovo lucidi "Non è la prima volta. Questo è niente confronto a quello che mi fanno di solito."
Gustav lo guardò con gli occhi sgranati e capì con un solo sguardo che stava raccontando quelle cose per la prima volta.
"Che cosa intendi dire?" chiese cercando di repimere la rabbia che minacciava di esplodere da un momento all'altro.
"Spesso mi picchiano più forte, ma nascondo i lividi con il trucco nero e poi.."
"E poi?" Gustav urlò involontariamente.
Il moro tirò su le maniche del suo giubbotto di jeans e fece vedere le braccia nude al biondo.
Gustav rimase letteralmente a bocca aperta. Le braccia di Bill erano cosparse di graffi e bruciature. Ora aveva capito che cosa intendesse dire Bill con Questo è niente!
Allungò la mano e toccò le ferite, ma ritrasse immediatamente il contatto a un gemito di Bill.
"Tu devi parlarne con qualcuno! Con tuo fratello ad esempio!" sbottò Gustav arrabbiato "Non puoi continuare così!"
A quelle parole il moro assunse un'espressione terrorizzata "No!" gridò "Lui non deve sapere!"
"Perché?" la conversazione si stava trasformando in un'accesa discussione.
"Perché mi hanno minacciato!" concluse Bill tra le lacrime.
"SEI UN EGOISTA!" sbottò Gustav incredulo. Si pentì immediatamente di quelle parole e si tappò la bocca mortificato.
"Mi dispiace..."
"No," continuò Bill "Hai capito male.. Non è la mia vita che hanno minacciato.."
Gustav sgranò gli occhi e lo guardò sconvolto.
"Ma quella di Tom.. Mi hanno detto che se lo venisse a sapere, faranno in modo che lui non possa più tornare a scuola."
Gustav si sedette sul pavimento freddo contemplando quella strana minaccia.
Come poteva essere interpretata in altri modi che non portassero a un brutto finale?
Quale peso Bill Kaulitz si stava trascinando dietro da un mese a quella parte?
"Ti prego.." sentì Bill dopo un po' che lo supplicava "Non dirgli nulla... tu non sai neppure che cosa farei se gli capitasse qualcosa di brutto per colpa mia.." aveva ricominciato a piangere ed il silenzio era improvvisamente piombato tra i due.
"Come farai a nascondere la ferita?" domandò Gustav tornando serio e triste. Aveva appena guadagnato una parte in quella faccenda e anche la sua vita ora era a rischio. Avrebbe dovuto almeno informarne il suo migliore amico?
"Basterà fare come ho sempre fatto e... per il labbro basterà un po' di fondo tinta.. credo.."
Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni uno strano oggetto, si sciaquò il viso e iniziò a cospargere il suo contenuto sulla ferita ancora aperta.
"Fermo! così ti farà infezione..." sbottò Gustav.
"No, passerà..." rispose Bill coprendo con cura il taglio. In poco tempo tutto era sparito.
I due rimasero in silenzio. Gustav stava ancora pensando a come facesse il moro a farsi trattare in quel modo, ma soprattutto come riuscisse a nascondere al fratello la verità con tanta naturalezza.
"Mi raccomando.." continuò Bill dopo un po' "Ricorda di non dire che mi hai trovato qui. Non sai niente né del polso, delle braccia o del labbro chiaro? Lo dico per te.. Mi hanno fatto questo perché gli ho disegnato la faccia con la matita poco fa, non voglio che tu venga ferito per colpa mia.."
"Sì.." Gustav annuì aiutando il moretto ad alzarsi e porgendogli le stampelle.
"Andiamo.." commentò poi aprendo la porta del bagno.
"Un momento!" commentò Bill fermandosi "Non mi hai detto il tuo nome.."
Il biondo sorrise. Evidentemente Bill non lo ricordava e lo poteva biasimare con tutti i problemi che aveva in testa.
"Mi chiamo Gustav Shafer.. piacere di conoscerti." e per lui lo era stato davvero.

That Day - Tokio Hotel



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Capitolo 4
*** Un Nuovo Incontro ***


Un Nuovo Incontro

And I'd fix all that I've done If I could start again, I'd throw it all away to the shadows of regrets...



Georg Listing sentì il cellulare vibrare nella tasca dei suoi pantaloni nello stesso momento in cui l'insegnante lo chiamava per risolvere un problema di matematica alla lavagna.
Chi poteva essere se non quel rompiscatole del suo migliore amico?
Sapeva che anche lui aveva lezione di matematica alla quinta ora e sicuramente voleva fargli sapere il brillante voto che aveva preso nell'ultima verifica ignaro che lui lo sapeva già. Aveva dato un'occhiata al suo compito mentre Tom era scappato per andare a trovare suo fratello.
Cercò di trovare una scusa plausibile per non alzarsi e risolvere l'esercizio, ma si rese conto che non aveva bisogno di trovare scuse.
Si alzò e disse piano, ma conciso "Non sono capace!"
La classe si voltò ad osservarlo incuriosita mentre la professoressa sbuffava scocciata.
"Listing!" urlò "Non andrai lontano se continui con questo atteggiamento!"
"E chi vuole andare lontano? Non appena avrò l'età per farlo mi ritirerò da questa scuola e sarò libero.." sorrise malizioso mentre un branco di bambini senza fegato lo guardavano stupiti. Avevano in volto un espressione ebete e si chiedevano con quale coraggio avesse potuto rispondere così alla professoressa.
La professoressa sospirò scoraggiata. Si vedeva chiaraevamente che non sapeva più cosa fare con lui.
Era stato bocciato per due volte di fila e a 16 anni ripeteva ancora il primo anno di liceo. Aveveva un passato duro alle spalle e la scuola non era più il suo punto di riferimento da molto tempo.
Mentre si risedeva trovò difficile pensare che un tempo lui era stato il migliore della classe. Quel problema alla lavagna lo avrebbe risolto in cinque minuti.
Se solo le cose fossero andate diversamente.
A 14 anni anni, pochi giorni prima della fine della scuola, aveva perso l'ultima persona per cui si sarebbe aspettato di piangerne la morte e dopo un anno aveva trovato l'unica persona che avrebbe da sempre dovuto conoscere.
Afferò il cellulare tra le dita tremanti, a causa del ricordo appena scaturito nella sua testa, e lesse rapido il nome del mittente. Come si era aspettato era Gustav.
Un tenue sorriso si disegnò sul suo volto mentre apriva il messaggio e ne leggeva il contenuto.

Bill e Steven sono insieme. Ho paura che possa succedere qualcosa. Rispondi appena puoi.

Il moro rilesse il messaggio due volte prima di rendersi conto della gravità della situazione.
Alzò il capo e il suo sguardo si posò su Tom, due banchi avanti a lui, che sbuffava annoiato mentre la professoressa lo chiamava per risolvere il problema alla lavagna.
Il rasta era già in piedi e si dirigeva a passo strisciato verso la professoressa.
Georg stava per rispondere al messaggio dell'amico per dirgli di stare attento a Bill, quando qualcuno bussò alla porta.
Ritrasse il cellulare sotto al banco non appena il preside fece il suo ingresso in aula.
Era uno spirito libero, che se ne fregava della scuola, ma non era un casinista e non amava mettersi nei guai. Ne aveva avuti fin troppi. soprattutto con quel preside.
Gli occhi dell'uomo di posarono su di lui non appena fu in classe e lo sguardo con cui lo guardava fece gelare il sangue nelle vene di Georg.
Non aveva ancora superato i conflitti che li dividevano e Georg sapeva che non lo avrebbe mai fatto.
D'altro canto non poteva biasimarlo.
Georg voltò lo sguardo quasi immediatamente interrompendo il contatto visivo con il preside, come sofferente, e si accorse che un ragazzo era entrato al suo seguito.
Era alto e dimostrava come minimo 17 o 18 anni. Aveva i capelli neri e gli occhi scuri, esattamente come quelli del preside. Se Georg non fosse stato sicuro al 100 % che il preside non aveva figli, o almeno non più, avrebbe giurato che fosse stato suo figlio.
"Buongiorno preside!" aveva esclamato la classe in una sola voce, a cui ovviamente Georg non aveva prestato la sua, e si era alzata in piedi in segno di rispetto.
Georg Listing, però, era stato il primo ad alzarsi.
La proferessa gli rivolse uno sguardo di ammonizione e salutò il preside e il nuovo arrivato, ordinando a Tom di tornare al proprio posto.
Il problema era già stato risolto e rimase esposto alla lavagna.
Il nuovo arrivato lo guardò e poi sorrise a Tom, come se solo con uno sguardo e un problema di matematica si fosse accapparato la sua amicizia.
"Ragazzi.." cominciò il preside dopo qualche minuto di silenzio. La sua voce era cupa e triste e sul viso portava un velo di dolore e rimorso. Faceva quasi pena.
"Il ragazzo che vedete alle mie spalle è nuovo. Viene da Madrid e si è trasferito in Germania da poche settimane. Da oggi sarà assegnato alla vostra classe."
Georg fissò il preside e il ragazzo sospettoso alla fine del discorso.
Anche il preside era originario di Madrid, abitava in Germania da quasi tre anni.
Che strana coincidenza.. si ritrovò a pensare insospettito da quel pensiero.
La voce bassa e cupa del ragazzo lo distrasse dai suoi pensieri.
"Salve a tutti, il mio nome è Rubens. Sono cresciuto a Madrid, ma mia madre è tedesca per questo mi sono trasferito qui e conosco la vostra lingua. Sono onorato di essere qui." così dicendo fissò Tom con uno sguardo malizioso.
Georg corrucciò la fronte. Da quando era arrivato non aveva fatto altro che guardare il rasta per tutto il tempo e quando il suo sguardo incrociò quello di Georg, Rubens ebbe un sussulto.
Sembrava come se lo avesse riconosciuto.
Ma era impossibile, non aveva mai visto quel ragazzo in vita sua.
"Anche noi siamo onorati di averti con noi, Rubens!" rispose la professoressa con un sorriso "Puoi sederti accanto a Tom, là dove il posto è vuoto."
Rubens non se lo fece ripetere due volte e si accomodò al posto libero di fianco a Tom. Lanciò uno sguardo torvo verso Georg e poi prese a fissare dritto di fronte a sé.
Lo conosceva da qualche minuto e già non lo poteva vedere.
Prese frenetico il cellulare e inviò un messaggio a Gustav per informarlo dell'imminente avvenimento.

C'è uno nuovo nelle mia classe! Sembra molto più grande di me ed è spagnolo. Sai il rapporto che ho con i nuovi arrivati. Bè tu sei un caso a parte. Non lo posso vedere. Chiamami!

Così dicendo chiuse il cellulare e lo ripose in tasca. La campanella stava per suonare e sapeva che, a lezione finita, Gustav lo avrebbe chiamato.
Intanto il preside era uscito dall'aula e i ragazzi avevano cominciato a fare casino e dirigersi verso il nuovo arrivato.
La professoressa aveva dato il permesso di alzarsi siccome mancavano cinque minuti alla fine della lezione e così Georg era corso da Tom per avvertirlo del messaggio di Gustav.
"Cosa?" domandò sconvolto il rasta "Con Steven? Che diavolo ci fa assieme e lui?"
"Non lo so, ma il mio amico non è tranquillo." rispose Georg sedendosi alla sedia vuota di fronte a lui. "Forse dovresti andare a controllare o chiamare tuo fratello."
Tom rimase qualche istante a pensare sul da farsi e dopo pochi minuti si alzò e la campanella squillò.
"Tempismo perfetto!" rise Georg.
"Devo parlargi, devo vedere come sta!" Tom sembrava preoccupato.
"Un momento!" una voce lo fermò quando Tom era già sul ciglio della porta "sei tu Tom, vero?"
Il rasta si voltò scocciato, ma cambiò immediatamente espressione non appena si accorse che a chiamarlo era stato proprio Rubens.
"Sì.." rispose sorridendo "resterei a parlare con te davvero, ma non ho tempo. Puoi parlare con il mio amico. Ci vediamo dopo.." così dicendo il rasta scappò dalla classe e Rubens rimase da solo con Georg.
Solo? pensò il moro Non sono da solo..
Quel pensiero si rivelò fasullo nonostante l'aula fosse piena. Non si era mai mai sentito così solo con qualcuno fino ad allora. O forse sì... una volta, ma ormai erano passati quasi due anni.
"Be.." iniziò il moro dopo un po' imbarazzato "il mio... il mio nome è Georg, piacere.."
Tese la mano per stringerla a quella di Rubens, ma il ragazzo rimase immobile senza dimostrare alcuna intenzione di ricambiare la cortesia.
Georg stava per alzarsi e mandarlo al diavolo quando Rubens rispose.
"Ho sentito parlare di te..." odiava quel maledetto accento spagnolo. Gli ricordava il volto beffardo di una persona che aveva sempre odiato.
Georg lo guardò sconvolto "che cosa ti è stato detto?"
Rubens sorrise. Era un sorriso strano, malizioso, ma diverso da quelli che aveva riservato a Tom poco prima, e fin troppo familiare.
"Tutto quello che c'era da sapere.." rispose Rubens, poi si alzò e se ne andò furtivo.
Georg rimase immobile quasi terrorizzato. Rubens lo sapeva?
Il cellulare vibrò nella sua tasca. Ci mise un po' prima di rispondere, come se non lo avesse sentito.
"Pronto?" Georg cercò di assumere un tono tranquillo cercando di riprendersi.
"Abbiamo un problema serio!" tuonò Gustav dall'altra parte del telefono.
"Anche io..." sfogò la sua ansia in due semplici parole. "Il nuovo arrivato sa il mio segreto."
Non poteva mentire a Gustav.

Best Of Me - Sum 41



***

Mi dispiace molto che questo capitolo sia uscito molto corto, ma credo che sia importante per quello che ho in mente per i prossimi. Prometto che cercherò di farli più lunghi. Voglio ringraziare una a una le tre persone che hanno recensito (una in particolare ^^)

**BloodyRose93**= Grazie mille spero che il seguito ti sia piaciuto, sono contenta che la storia ti stia prendendo è proprio il mio scopo xD

** SuperStar_483= prima di tutto, bello il tuo nickname xD ti ringrazio molto, sono felice che la storia ti piaccia e che ti sia piaciuto il modo in cui ho descritto la scena. Ho cercato di immedesimarmi nel personaggio e provare giò che lui prova. Lo scopo era fare in modo che i gemelli si proteggessero a vicenda ^^ spero che anche il seguito ti sia piaciuto ^^

**Soft25**= ed eccola, lo sai che ogni volta che pubblico una storia aspetto il tuo commento? è più forte di me, i tuoi commenti mi rendono felice ^^ dubito che Steven avrebbe altrettanto coraggio, lo vedrai più avanti. Già non so perché ma il nome Steven mi ispira negatività xDxD io sono un'inguaribile romanticona, quindi ogni cosa che faccio è dolce per natura xDxD soprattutto se il soggetto sono due gemelli xDxD sono contenta che ti sia piaciuto, davvero, aspetto la recensione a questo capitolo che spero sia di tuo gradimento almeno quanto gli altri, o forse di più, dato che ci tengo molto alla storia di Georg xD un bacione ti voglio bene <3

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Capitolo 5
*** Verità Nascosta ***


Verità Nascosta

I Want the truth from you... Give me the truth even if hurts me..



Quando Bill Kaulitz uscì dall'aula a lezione finita quella stessa mattina, la professoressa di inglese, una donna abbastanza anziana con i lunghi capelli bianchi raccolti in una coda, lo richiamò a gran voce, proprio mentre il moretto stava contemplando alcune ragazze in corridoio.
"William?"
Bill si voltò e Steven, proprio dietro di lui, lo urtò con la spalla facendolo barcollare. Si vedeva chiaramente che lo aveva f atto apposta.
"Stevenson!" urlò la professoressa "Voglio che ricopi tutti i verbi che abbiamo imparato nella lezione di oggi in vista della verifica, entro due giorni!"
"Ma che diavolo...?" Steven non fece in tempo ad obbiettare che la professoressa ridusse il tempo a sua disposizione e il ragazzo se ne andò dall'aula infuriato, non prima di lanciare uno sguardo torvo e carico di odio verso Bill, come se l'accaduto fosse stato per colpa sua.
Il moro chinò il capo ridendo e si diresse verso la professoressa che gli sorrideva amabilmente.
"Sì, professoressa Johnson?" mormorò in un sussurrò mentre si sedeva accanto alla donna che picchiettava una mano sulla sedia accanto a lei in segno di invito.
"Come ti trovi in questa classe?" domandò ad un tratto.
Bill chinò il capo afflitto. Che cosa avrebbe dovuto rispondere?
Aveva un disperato bisogno di dire la verità. Ogni volta che tornava a casa era davvero difficile nascondere i lividi e le bruciature alla sua famiglia, ma aveva paura a confessare.
Era come se volesse che qualcuno se ne accorgesse da solo.
"Bene..." mentì rialzando il capo, ma l'espressione sul suo viso tradiva quella semplice parola "o almeno.. in parte.."
Non sapeva come, ma il suo cervello aveva formulato quella frase e lui l'aveva sussurrata debolmente e la signora Johnson l'aveva sentita.
"Cosa intendi con in parte?" domandò amabilmente.
Bill alzò il capo. Si chiedeva quando gli avrebbe chiesto del labbro. Per tutta la lezione non aveva fatto altro che osservarlo preoccupata.
"Insomma.. mi manca mio fratello, ma sapevo che saremmo stati divisi. Abbiamo scelto due indirizzi di studio diversi.."
Era davvero quello che lo turbava? Guardò la professoressa speranzoso che lei si accorgesse che non le stava dicendo tutta la verità.
"E' per questo che sei così di malumore?" domandò con un altro sorriso.
La professoressa Johnson era la professoressa preferita di Bill. Con lei aveva imparato più cose di inglese che negli anni precedente le superiori, ed era forse diventato il più bravo della classe.
Questo ovviamente aveva portato tanti soddisfazioni quanti problemi.
"Io di malumore? Bè.. sì.." chinò il capo un po' imbarazzato. Era la prima volta che lo diceva a qualcuno.
La professoressa chinò il capo, forse per osservarlo meglio, pensò Bill, ma il moro notò un po' di tristezza sul suo volto e un filo di preoccupazione nella sua voce quando esclamò "Ho intenzione di chiamare tua madre.."
Bill rialzò il capo spaventato. No! Assolutamente non doveva accadere!
"P-Perché?" balbettò "H-Ho fatto q-qualcosa di male?"
"No, caro.." rispose la donna accarezzandogli la mano gentilmente "Ho notato che qualcosa non va, Bill.. e questo ti turba. Anche se cerchi di nasconderlo, ho visto hai il labbro ferito."
Lo aveva capito? Gli occhi di Bill si inumidirono. Non doveva assolutamente piangere. Un gruppo di ragazzi era rimasto in classe e gli amici di Steven sembravano attenti ad ascoltare che cosa si stavano dicendo.
"William?" lo richiamò la donna preoccupata dal suo strano atteggiamento "Stai bene?"
"Sì!" rispose Bill "Questo... questo graffio me lo sono fatto in bagno poco fa. Sono caduto e ho sbattuto il muso a un lavandino. Non voglio dire a mio fratello che sono stato così stupido da cadere.."
Perché mentiva? Perché raccontava ancora bugie, dopo tutto quello che Steven gli aveva fatto al polso un'ora prima.
Si voltò e vide Gustav infondo all'aula che parlava al telefono. Era la seconda volta che lo vedeva telefonare ed era stato turbato per tutta la lezione.
Sperò che non fosse nulla di grave. Infondo lui lo aveva aiutato.
"Sei sicuro che non devi dirmi nulla?" domandò di nuovo dopo una pausa di silenzio la professoressa.
"Certo! E' tutto ok mi creda. Lei certamente sa che Tom è mio fratello gemello, quindi noi soffriamo la lontananza più degli altri, ma mi creda.. è tutto ok!" cercò di sorridere quel tanto che bastava per convincere la professoressa delle sue parole e per impedire che chiamasse sua madre.
"Ok, ti credo." commentò con un sorriso la donna "Ma se qualcosa non va lo sai che io sono a tua disposizione per parlarne e aiutarti, ok?"
"Sì, la ringrazio molto, professoressa Johnson!" così dicendo la donna raccolse le sue cose e uscì dalla classe. Bill sospirò e si diresse verso Gustav, ancora al telefono sedendosi sul banco dell'amico e sorridendogli, poggiando le stampelle accanto a lui.
Gustav ricambiò il sorriso.
"Georg ti ho detto di stare tranquillo! Basta che non gli parli e non succederà nulla."
Un attimo di silenzio. Gustav corrucciò la fronte come esausto e si staccò il telefono dall'orecchio per pochi secondi, il tempo di rivolgere a Bill due parole "che palle!"
Bill rise e Gustav fece lo stesso. Evidentemente il suo amico gli aveva chiesto il motivo della sua risata perché Gustav aveva risposto con un niente socciato e lo aveva salutato promettendogli di incontrarlo all'uscita della scuola.
"Allora..." esclamò poi guardando Bill "William?"
"Oh sì.." rispose Bill con un vago gesto della mano "Bill è un diminutivo che mi ha dato mio fratello. Il mio nome completo è William Oliver Kaulitz. Puoi chiamarmi Willie se vuoi.." i suoi occhi sembravano speranzosi di ricevere una risposta positiva.
"preferisco Bill.." Gustav sorrise "Il mio invece è Gustav Wolfgang Klaus Shafer!"
Bill strabuzzò gli occhi. A stento ricordava il suo secondo nome, figuriamoci se avrebbe tenuto in testa i due nomi di Gustav.
"Che cosa voleva la professoressa?" domandò il biondo dopo un po'.
Bill chinò il capo. Con lui poteva parlarne almeno.
Il sorriso sul suo volto era improvvisamente sparito. "Ha notato quello che sta succedendo. Penso abbia dei sospetti. Ma sono riuscito a.." alzò il capo per osservare l'espressione di Gustav prima di continuare.
"... a farle cambiare strada? Hai bruciato la tua unica opportunità di farli smettere?"
"Non la smetteranno!" rispose Bill alzando di un tono la voce. Taque subito quando i ragazzi della sua classe si voltarono a guardarlo incuriositi. Forse trovavano più strano che lui parlasse con qualcuno piuttosto che avesse urlato.
"Loro.. loro potrebbero arrabbiarsi e.. e fare del male a Tom.." continuò in un sussurro, mentre Gustav gli si avvicinava per poterlo sentire.
"Vuoi continuare a soffrire in silenzio, allora?"
"Meglio io che lui.." rispose Bill prontamente.
Gustav rimase in silenzio per qualche secondo. Si allontanò dal viso di Bill e distolse lo sguardo. "Se gli nascondi la verità soffrirà molto di più.." commentò. Il suo sguardo fissava il vuoto e Bill giurò di aver visto una lacrima scivolare dal suo occhio.
"Gustav.." Bill cercò di parlare, ma il biondo lo interruppe.
"Ho un amico nella classe di tuo fratello. Non gli ho detto niente del nostro colloquio, ma quando sei uscito da solo con Steven gli ho mandato un messaggio preoccupato. Probabilmente lo avrà detto a Tom.."
"Mio fratello lo sa?" esclamò Bill terrorizzato.
"Calmati." rispose Gustav avvicinandosi di nuovo a lui "è venuto a cercarti l'ora precedente, ma eravamo in bagno e non ti ha trovato, Georg dice che potrebbe venire.."
"Bill!" Il biondo fu interrotto da una voce che aveva chiamato l'amico, che si era voltato e aveva visto il gemello in piedi sulla soglia della porta.
"E' lui!" esclamò Bill radioso. Nonostante fosse un po' spaventato su quello che aveva da dirgli era sempre una gioia vederlo, soprattutto dopo quello che era successo l'ora prima.
Bill fece per alzarsi, ma Tom fu più veloce di lui e gli fu subito accanto, evitandogli uno sforzo inutile.
Gustav non aveva mai visto il fratello di Bill e appena furono entrambi vicini non riuscì a staccare gli occhi dalla perfetta somiglianza che c'era tra i due. Nonostante il trucco di Bill e il diverso look Gustav capì in un solo istante che erano gemelli identici.
"Ciao Tomi..." esclamò Bill contento "Questo è Gustav..." si bloccò cercando di ricordare i due nomi, ma ci rinunciò quasi subito "Shafer!" concluse "Gustav mio fratello gemello Thomas James Kaulitz!" terminò con un fare teatrale.
"Bill sai che odio essere presentato con i miei due nomi.." esclamò Tom scocciato "Chiamami solo Tom, tu sei l'amico di Georg, non è vero?"
"Sì.." rispose Gustav un po' imbarazzato. Bill notò l'improvviso cambiamento d'umore del ragazzo. Fino a poco fa era tranquillo e ora che si trovava di fronte a Tom era improvvisamente tornato il ragazzo timido di sempre.
"Mi ha raccontato che eri in classe con mio fratello, ma non pensavo foste amici."
"Ci siamo conosciuti oggi, Tomi." rispose Bill "Ma chi è Georg?" ricordava che Gustav aveva pronunciato lo stesso nome poco prima al telefono.
"Il mio migliore amico." rispose Gustav sorridendo. Bill notò una punta di orgoglio nella sua voce mentre lo diceva.
"Come è piccolo a volte il mondo e che coincidenza, non trovate? Ci siamo conosciuti proprio lo stesso giorno tutti e quattro!" Bill sorrise realmente divertito da quella bella coincidenza.
Tom e Gustav si guardarono anch'essi divertiti.
"Forse Tom è meglio che tu torni in classe." tagliò corto Bill dopo un po'. Qualsiasi cosa avesse voluto dirgli, ora se l'era dimenticata con le presentazioni e tutto e la campanella stava per suonare. Inoltre Steven e altri ragazzi stavano rientrando in aula proprio in quel momento.
"Sì!" urlò Tom guardando l'orologio "C'è uno nuovo e gli ho promesso di fare conoscenza, però se vuoi che resti prima dell'inizio della lezione.."
"Non c'è problema!" esclamò Bill "Va da lui. Ci vediamo all'uscita. Abbiamo tutto il pomeriggio per parlare." ma sapeva che non lo avrebbero fatto.
Tom sorrise un po' imbarazzato.
"Bè allora vado!" il rasta scoccò un'occhiata a Steven e poi guardò Bill "Sta attendo miraccomando.."
"Certo!" fece Bill di risposta e poi Tom se ne andò.
Calò il silenzio tra Bill e Gustav, il moro non osava incrociare il suo sguardo e neanche proferire parola per primo. Provava vergogna e non riusciva proprio a capirne il motivo.
"Sei fortunato!" fu Gustav a parlare, senza però guardarlo in volto. Bill si voltò verso di lui.
"Lui ti vuole proteggere ed è semplicemente pronto a difenderti, l'ho capito in neanche 2 minuti che è stato qui. Il modo in cui ti guardava e scoccava occhiataccie a Steven e agli altri. Inoltre vuole impedire che tu faccia qualcosa di stupido. Quando Georg aveva bisogno di me io non c'ero, perché ancora non lo conoscevo... avrei impedito che facesse... bè comunque quello che voglio dirti è che tu hai la fortuna di conoscere da tutta la vita la persona che sarebbe disposta a fare tutto per te. Non sprecare questa opportunità... non rendere questa fortuna vana. Digli la verità, Bill."
Il biondo lo aveva finalmente guardato negli occhi. I suoi occhi scuri riflettevano in quelli lucidi di Bill che senza preavviso aveva fatto scivolare una lacrima lungo la sua guancia destra.
Annuì impercettibilmente, ma Gustav capì.
Si alzò di scatto e raggiunse la soglia della porta attento a non far notare a Steven quello che stava facendo. Chiamò il nome di Tom a gran voce e questo, che non era ancora arrivato alle scale, si voltò di scatto.
Dall'espressione sul volto di Gustav capì all'istante quello che stava succedendo.
Tornò indietro a grandi passi e si fermò sul ciglio della porta, mentre Bill lo raggiungeva zoppicando.
Basta! Doveva porre fine a quella storia una volta per tutte. Aveva pensato di non dire nulla finché qualcuno non se ne fosse accorto, ma era stufo di aspettare.
Non voleva più mentire a Tom e le parole di Gustav lo avevano convinto della fortuna che possedeva ad avere un gemello che amava tanto.
Bill piangeva silenziosamente. Calde lacrime lasciavano righe nere dai suoi occhi e si posavano sulle mani di Tom, che stringeva attorno alle sue braccia.
"Cosa succede, Bill?" domandò dolcemente, tanto che Bill si stupì e rialzò il capo. Guardò Gustav annuiva per infondergli coraggio e fece un profondo sospiro rivoltandosi verso Tom.
"Steven mi ha picchiato!" mormorò in un sussurro.
Le mani di Tom si strinsero più forte alle braccia di Bill e il moro gemette.
Gustav le allontanò con cautela e si rivolse a Bill. "Fagliele vedere, Bill." sussurrò. Faceva sempre attenzione agli spostamenti di Steven che finora non si era accorto di nulla.
"Tomi, però promettirmi di non arrabbiarti!" esclamò Bill intimorito.
Tom lo guardò serio e non rispose "Cosa devi farmi vedere?"
Bill fece un lungo sospiro e tirò su le maniche del suo giubbotto.
Mostrò la ferita sul polso e le bruciature sugli avambracci al gemello.
Sentì lui stesso la rabbia di Tom che cresceva dentro di lui e conosceva solo un modo per placarla. Istintivamente gli saltò al collo e lo abbracciò stretto.
Come aveva previsto i muscoli di Tom si rilassarono, ma contro le sue aspettative, ricambiò l'abbraccio e incavò il viso nel suo collo.
Bill sentì le lacrime che lo bagnavano.
"Finalmente.." singhiozzò il gemello tra le sue braccia "..finalmente ti sei fidato di me.."
Bill sentì una fitta al petto. Era prevedibile che Tom avesse pensato che non glielo aveva detto finora perché non aveva fiducia in lui, ma ciò che più lo stupiva era il fatto che Tom lo aveva sempre saputo che qualcosa non andava.
"Io mi fido solo di te.." sussurrò Bill piangendo a sua volta. Pronunciò tre semplici parole ed entrambi si calmarono.
Probabilmente, pensò Bill, tutto sarebbe tornato normale finalmente.
E quello fu il giorno in cui tutto ebbe inizio.

The Truth - Good Charlotte



***
Ok non sono capace di fare capitolo più lunghi. Forse il prossimo lo sarà dato che racconterò del caro Georg (che tra parentesi adoro xD) ok passiamo alle recensioni.. ringrazio moltissimo chi ha letto la storia ^^

**Principessa Kaulitz**= Grazie per aver messo la storia tra i prferiti. Sono contenta che la storia ti piaccia ^^

** SuperStar_483**= Grazie mille per i complimenti, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Il prossimo a detta mia è il migliore u.u xD

**BloodyRose93**= Ti ringrazio *-* sono felice che ti sia appassionata al segreto di Georg *-* scoprirai tutto nel prossimo capitolo, spero che questo valga comunque l'attesa xD grazie per aver commentato anche il secondo capitolo.. ma non ho capito una cosa.. cosa intendi con questa frase? è fantastico (che strano che dico questo di "Il prezzo dell'Amore") però è la verità. scusa ma non ho capito ^^

**Soft25**= Sì cara ho davvero detto a te che gradisco i tuoi commenti u.u xDxDxD no davvero apparte gli scherzi, credo che appena aprirò la pagina la prossima volta aspetterò il commento della mia migliore amica e il tuo xD Allora sono felicissima che quel capitolo ti sia piaciuto.. come credo tu abbia capito il mio personaggio preferito nella storia è Georg e ci tengo che la sua storia piaccia ^^ scoprirai tutto nel prossimo capitolo, intanto ti lascio questo che mi convince poco.. spero che ti sia piaciuto perché non lo so.. lo vedo strano.. Grazie mille e non ti preoccuparare se la connessione ti rallenta, commenta quando puoi basta che primo o poi commenti ^^ a me per msn non è arrivato nulla.. se mi lasci il tuo contatto ti aggiungo io.. altrimenti il mio è akane.92@hotmail.it magari riprova. Un bacio tesoro e a presto ^^ ti voglio bene <3

**eleonor483**= Eccoti da quanto che non commenti ^^ sono felice che tu sia tornata e che la storia ti piaccia ^^ eh già il caro Rubens non ha molte fan xD spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^ un bacio ^^

Voglio anche ringraziare il mio Gemy che mi commenta live (xD) ma che non ha ancora letto questo capitolo quindi mi aspetto la sua recensione u.u xDxD e anche Mary che mi commenta su FB xD

***

Ps: per chi conosce i nomi degli attori che interpretano Fred e George in Harry Potter, capisce perché ho dato il secondo nome ha Bill e Tom xDxD Fred e George Weasley sono i miei personaggi preferiti xDxD

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Capitolo 6
*** La commemorazione ***


La commemorazione

Forget the wrong that I've done, Help me leave behind some reasons to be missed.. [...] Someone else can come and save me from myself...



Era passata da poco una settimana da quel giorno. Bill, il cui piede era quasi completamente guarito, aveva rivelato ogni cosa a Tom, compresa la minaccia alla sua vita e la chiacchierata con la professoressa Johnson. Era stato convinto dal gemello ad accettare l'aiuto della professoressa, qual'ora glielo avesse offerto di nuovo, e a non avere timore per la sua vita. Tom lo aveva rassicurato dicendogli che sapeva benissimo come difendersi e che chiunque, dopo quel momento, si fosse azzardato ad alzare un dito su Bill, sarebbe finito molto male.
Da quel giorno, per tutta la giornata, Bill Kaulitz non era mai solo nell'edificio scolastico.
La mattina entrava a scuola accompagnato da Tom, insieme aspettavano l'arrivo di Georg e Gustav e dopo una prima chiacchierata mattutina, i quattro amici si separavano diretti nelle proprie classi.
Bill veniva affidato a Gustav, che lo teneva d'occhio prima dell'inizio delle lezioni che, a detta di Bill, era il momento preferito di Steven per spegnergli qualche sigaretta sul braccio o divertirsi a picchiarlo se era di pessimo umore.
All'intervallo venivano raggiunti da Tom e Georg e insieme andavano al bar per prendere qualcosa da mangiare e parlare insieme delle tattiche da utilizzare per dare il ben servito a Steven davanti agli insegnanti.
Georg e Gustav si rivolgevano la parola per ridere e scherzare come i gemelli, ma quando la discussione scivolava su Rubens, il nuovo arrivato che Tom aveva preso in simpatia, le loro espressioni si facevano serie e diventavano improvvisamente silenziosi.
In quella settimana Tom e Rubens avevano parlato e si era conosciuti meglio, essendo vicini di banco. Rubens gli aveva insegnato parecchie parole in spagnolo e Tom, per ricambiare, gli dava una mano in matematica, che aveva scoperto essere la sua materia preferita.
Nel giro di tre giorni sembrava che Rubens fosse disposto a rivelargli i particolari più intimi della sua vita.
"Sai.." aveva esclamato un giorno durante una delle solite noiose lezioni di tedesco "avevo un cugino una volta che ti somigliava molto. Non solo fisicamente... era anche il mio migliore amico, era come un fratello. Mi hermano pequeño, lo chiamavo io." sorrise e Tom fece lo stesso entusiasta di aver capito il semplice significato di quella frase.
"Che cosa gli è successo?" si era azzardato a chiedere.
"E' morto!" aveva risposto secco "era malato."
Il viso di Rubens si era fatto cupo e Tom aveva pensato di cambiare argomento il più in fretta possibile.
"Io invece ho un fratello che è anche il mio migliore amico... in un certo senso.."
"Davvero? Tienitelo stretto finché puoi. Non sai mai quello che può accadere.."
Tom aveva sorriso imbarazzato e la discussione era terminata lì.
Era un freddo 22 di ottobre, quando Bill, Tom, Georg e Gustav entrarono a scuola congelati godendosi il caldo che proveniva dall'edificio. Georg sembrava cupo e stanco e probabilmente non stava neppure molto bene.
"E' tutto a posto?" gli chiese Gustav una volta entrati e Georg aveva annuito distrattamente.
"sarà il freddo!" esclamò Bill. Tom lo guardò raggiante. Nell'ultima settimana era sempre di buon umore e le ferite sulle braccia stavano guarendo. Nessuno lo toccava, nemmeno Steven, che non lo aveva più minacciato da quel giorno. Tom lo teneva d'occhio e minacciava chiunque ne parlasse male nella sua classe.
I risultati erano stati ottimi.
"Non vi sembra che oggi faccia troppo freddo per essere a ottobre?" chiese poi Bill all'indirizzo di tutti.
"Un po'.. ma..." il rasta lasciò la frase in sospeso non appena fece per guardarsi intorno. La scuola era stranamente tetra, esattamente come l'umore di Georg. Vi erano foto di un ragazzo sparse per il corridoio e una coccarda nera.
"...che diavolo è successo? E' morto qualcuno?" pronunciò Bill intuendo il pensiero del gemello.
"No.." sussurrò Georg "o per lo meno non oggi."
"Andiamo ragazzi!" sbottò improvvisamente Gustav. La sua allegria aveva lo stesso effetto di un colore troppo acceso in mezzo a colori scuri.
"Volete arrivare tardi in classe?"
Il gruppo si separò e si diresse verso le proprie aule. Tom non si mosse finché non intrevide il gemello allontanarsi e sparire alla sua vista.
"Ehi.." commentò dopo un interminabile minuto di silenzio. I corridoi erano tappezzati di foto e persino gli alunni del terzo anno erano vestiti di nero e portavano la stessa espressione di Georg sul volto.
"Ma che cosa significano le foto e tutto il resto? Che succede?"
"Già, è vero, tu sei nuovo.. non lo sai... Non troverai una bella atmosfera in classe oggi e.." Georg chinò il capo al passaggio di quattro ragazzi, tra cui uno stava piangendo silenziosamente "...neppure tra i corridoi!" concluse voltandosi indietro.
"Insomma mi vuoi dire che diavolo sta succedendo? Non mi piace quando mi si tiene nascosto qualcosa!" ripensò a suo fratello e la rabbia cominciò a ribollirgli in corpo.
"Lo scoprirai a lezione.." concluse Georg freddo, come se non lo avesse neppure ascoltato.
"Insomma, Georg, lo conoscevi?"
"Chi?"
"Come chi? Il ragazzo che è appeso ovunque.."
"Era.." Georg chinò ancora di più il capo, come a volersi nascondere "un mio compagno di.. classe.." concluse e non aggiunse altro.
Tom decise di finirla di porre domande e aspettare che a lezione qualcuno gli dicesse qualcosa di più utile. Il comportamento dell'amico lo innervosiva almeno quanto la storia di Bill e Steven.
Come Georg gli aveva annunciato, una volta entrati in classe, la professoressa supplente di tedesco, che era la stessa che insegnava matematica a Bill e Gustav, era seduta con le braccia incrociate.
Il rasta si sedette al suo posto lasciando Georg che si dirigeva verso il suo, e prese a parlare con Rubens, ma anche lui, come Georg, era di pessimo umore.
Insomma che succede a tutti? pensò scocciato. In realtà era molto in pensiero. Come tutti i giorni era preoccupato per Bill, anche se era sorvegliato da Gustav, lontano da lui poteva sempre andare storto qualcosa, in più Georg sembrava improvvisamente depresso e ciò andava ad aumentare ulteriormente le sue preoccupazioni.
Il mistero fu presto svelato, però. Una volta assicuratosi che tutti gli studenti fossero entrati in classe, la professoressa si alzò, chiuse la porta e cominciò a parlare.
"Oggi è una giornata molto triste per la scuola.." incominciò e una lacrima incorniciò il suo viso. Tom non aveva mai visto quella professoressa piangere.
"Due anni fa, in questa data, un nostro caro studente ci ha lasciati, voi che siete del primo anno non potete conoscerlo. Ogni anno organizziamo una commemorazione in onore di Alejandro Rodriguez che è morto alla sola età di 14 anni.."
Tom si voltò esterrefatto mentre un "oh" collettivo si alzava tra i ragazzi. Guardò Rubens di fianco a lui cercare di assumere una faccia indifferente e quando posò lo sguardo su Georg per poco non provò l'impulso di alzarsi per scuoterlo. Sembrava come in trance e le sue mani tremavano.
"Perché questa reazione?" domandò il rasta verso Angela, la sua compagna di classe di fianco a lui. Certo anche a lui dispiaceva, ma non riusciva a capire perché si arrivasse a commemorare la morte di un solo studente in maniere così esagerata.
"Non lo sai, Thomas? Rodriguez è il preside, quindi Alejandro era suo figlio.." rispose la ragazza con un sussurro.
Tom si ritrasse e rimase a osservare Georg preoccupato che sembrava ancora in trans.
Perché quella notizia lo sconvolgeva fino a quel punto?
"Facciamo un minuto di silenzio in sua memoria, per favore.." continuò la professoressa.
Tom obbedì. Rimase in silenzio e chinò il capo e per un istante gli tornarono in mente le parole che Rubens gli aveva detto qualche giorno prima.
Tienitelo stretto finché puoi, non sai mai quello che può succedere.
E se Bill fosse morto?
Quel pensiero balenò nella sua testa così velocemente che dimenticò di respirare. Fissava terrorizzato il vuoto di fronte a sé. Non riusciva a capire come un pensiero così brutto potesse essere stato creato dalla sua mente. Si ritrovò a pensare che al posto delle foto del figlio del preside in corridoio, fossero appese quelle di suo fratello Bill e la professoressa stesse commemorando lui.
Lo percosse un brivido lungo la schiena e una fitta al petto mentre quel minuto durava più di quanto avrebbe dovuto durare normalmente. Sembrava non finire mai.
Fino a pochi giorni prima suo fratello era stato vittima di bullismo e qualsiasi momento sarebbe stato opportuno per ficcargli un pezzo di vetro da un posto diverso dal polso.
Il suo cuore cominciò a battere forte mentre si portava le mani al capo cercando di scacciare quel pensiero dalla sua testa. Il respiro stava iniziando a farsi irregolare e il suo stato sarebbe peggiorato da lì a pochi secondi se non avesse sentito un foglio di carta appallottolato urtagli il braccio.
Si riprese in tempo prima che il suo cuore accelerasse e i suoi polmoni avessero cercato con più insistenza l'ossigeno nell'aria. Gli tremavano ancora le mani quando afferrò il biglietto guardandosi indietro. Pensò fosse stato Georg a mandarglielo ma il ragazzo giaceva ancora in trans con le mani tremanti come l'ultima volta che lo aveva guardato.
Era impossibile che lo avesse scritto lui.
Si voltò alla sua destra e Rubens gli rivolse un cenno con la mano. La sua espressione era vacua ed era la prima volta che gli rivolgeva la parola quel giorno.

Stai bene? - aveva scarabocchiato Rubens in fretta.

Tom afferrò la penna estremamente grato a Rubens per averlo distratto dai suoi pensieri, ma anche turbato e un po' in imbarazzo per il suo improvviso malessere.

Sto bene. - scrisse con ancora le mani tremanti - Stavo solo pensando. Sono preoccupato per il mio amico.

Non aggiunse altro, neppure quando Rubens gli mandò la risposta scrivendo - Non devi. Quelle due parole erano state fredde quanto la sua espressione.
Come poteva dire quello? Lui non conosceva Georg. E inoltre come aveva fatto a capire che si stava riferendo proprio a lui?
Avrà notato anche lui il suo cambiamento di umore pensò Tom quando la lezione finì e con sua grande gioia, il rasta si alzò e si diresse verso Georg.
Era stata la lezione di tedesco più noiosa dell'intero quadrimestre. Questa volta non solo per la professoressa, ma anche per la maledetta atmosfera di lutto che aleggiava in aula e che metteva a Tom un'angoscia terribile. Non aveva smesso di pensare a un'eventuale morte del suo gemello.
"Ehi.." mormorò all'amico che sembrò quasi destarsi all'improvviso "Mi vuoi dire che ti prende? E' tutta la lezione che sei strano.."
Georg sorrise sistemandosi i capelli che gli incorniciavano il viso. Spostò una ciocca di capelli e Tom notò tutta la stanchezza sul suo volto e due borse nere sotto agli occhi.
Non aveva dormito.
"Sto bene.." sussurrò Georg "E' solo che oggi non è proprio giornata."
"E' questa atmosfera di lutto non è così? Anche io mi sono sentito strano.. era un tuo compagno di classe, sarai dispiaciuto.."
Georg chinò il capo. Era chiaro che non ne voleva parlare. Un fremito percorse il suo viso e subito dopo il suo cellulare vibrò e Georg lo tirò fuori cominciando a trafficare sulla tastiera.
"E' Gustav.." sussurrò con un sorriso. Allora anche il biondo trovava strano il comportamento del suo migliore amico. Si chiedeva che cosa stessero nascondendo quei due.
"Listing!"
D'improvviso la voce di un ragazzo del terzo anno risuonò nell'aula e Georg si alzò dirigendosi verso la fonte della voce. Era un ragazzo alto, magro e con una cresta castana che portava alzata con abbondante gel. Sembrava sciupato e Tom riconobbe il ragazzo che aveva visto in corridoio piangere l'ora prima.
"Andrews!" rispose Georg calmo, come se fossero amici che non si vedevano da molto tempo, ma il tono di Andrews era stato meno che amichevole.
"Ti stai crogiolando in te stesso? Stai soffrendo come meriti?" domandò il ragazzo con voce rotta dalla rabbia.
"Hai intenzione di farmi la stessa domanda tutti gli anni, Tom?" Tom Andrews si voltò verso gli amici alle sue spalle e poi ripose il suo sguardo triste su Georg.
"Una volta eravamo amici.." mormorò serrando i pugni e ignorando la domanda.
"E tu la definiresti amicizia? Smettila di perseguitarmi, è dall'inizio dell'anno che lo fai. E' già abbastanza questa pagliacciata per farmi sentire in colpa."
Fece per voltarsi, ma Andrews lo bloccò bruscamente "Come osi?" urlò. Sembrava pronto per fare a botte.
Cosa voleva dire Georg con pagliacciata? Quel ragazzo lo perseguitava dall'inizio dell'anno? Non si era mai accorto di lui.. e cosa più importante, perché avrebbe dovuto sentirsi in colpa?
"Vuoi sfidarmi? L'ultima volta non è finita bene per te.." sibilò Georg.
"Già, ti ricordi l'ultima volta? Alex è morto!"
Alex? pensò Tom. Chi era Alex?
"Vattene, Tom!" Georg sembrò aver cambiato d'improvviso umore.
"Nessuno sa la verità qui, solo io e te, non è vero? I professori hanno smentito tutto, ma io so come è andata.. io ero là, Georg, e non solo io.."
"E tu hai avuto il coraggio di definirti un amico? Non mi avete per niente trattato da amico.. se lo fossi stato davvero avresti..."
"Cosa?" sbottò Andrews arrabbiato "Capito? Lo dici ogni volta, ma io credo che tu sia solo un codardo.. non lo ammetti neppure a te stesso.."
Georg sbiancò di colpo.
Ok, Tom ne aveva abbastanza. Non gliene importava nulla se quel ragazzo era più grande di lui di 2 anni, stava facendo ricordare a Georg qualcosa di brutto e ricordò la sensazione che aveva provato quando aveva accidentalmente pensato di perdere Bill.
"Credo che il mio amico non gradisca i tuoi insulti." sbottò il rasta avvicinandosi e allontanando i due ragazzi l'uno dall'altro.
"E tu chi diavolo sei?" sbottò Andrews innervosito.
"Mi chiamo Tom anch'io!" sbottò il rasta bruscamente, come disgustato da quella coincidenza.
"Ti fai difendere dalle ragazz.." Andrews non riuscì a completare la frase, quando un pugno lo colpì in pieno viso.
Tom guardò esterrefatto l'omonimo steso a terra sul pavimento mentre Georg stava in piedi di fronte a lui mentre si reggeva con la mano il pugno dolorante.
"Era da un po' che non facevo a botte.." esclamò.
Andrews si toccò il labbro insanguinato e si sedette sul pavimento freddo, "Hai finalmente rivelato a tutti chi sei davvero, Listing!" sbottò alzandosi "ora rivela anche ciò che hai fatto. Le colpe che hai commesso."
Georg si morse il labbro.
"Lascialo in pace se non ne vuoi ricevere un altro!" sibilò Tom a denti stretti.
Andrews si voltò "Non hai la minima idea di chi sei diventato amico.." guardò Tom per un istante e subito dopo il suo sguardo si posò su Rubens dietro di loro.
Georg e Tom si voltarono all'unisono. Rubens stava guardando la scena indifferente e quando si voltarono di nuovo la professoressa di matematica, la stessa che aveva presentato Rubens alla classe il suo primo giorno, entrò in aula "In presidenza!" gridò senza neppure ascoltare la spiegazione dei ragazzi e fissò Georg con uno sguardo carico d'odio, come se desse per scontato che la colpa della rissa fosse sua "Tutti e tre!"

"Si può sapere perché diavolo ci ha mandato in presidenza?" sbottò Tom innervosito, seduto alla comoda sedia dell'ufficio del preside.
Quest'ultimo sarebbe stato di ritorno entro qualche minuto, aveva espresso il desiderio di parlare da solo con Tom Andrews.
"Potevi startene tranquillo con Rubens." rispose Georg cupo "Non che non ti sia grato per quello che hai fatto, però ci sei andato di mezzo anche tu..."
"Quel tipo mi ha innervosito troppo! Insomma ti stava dicendo cose che non gradivi. Ho dovuto intervenire."
"Avevo la situazione sotto controllo.. lui aveva ragione a.."
"Non me ne frega se aveva ragione o no.. non sta a lui giudicarti! Non sembrava che fosse tutto sotto controllo, Georg.." sbottò Tom un po' innervosito "senti, ti chiedo scusa, ok? E' solo che.. mi sono sentito male durante il minuto di silenzio per Rodriguez.." la sua voce tradiva un po' di imbarazzo, ma Tom aveva bisogno di parlare con qualcuno che gli dicesse che era stupido pensare alla morte del proprio fratello, o quel pensiero lo avrebbe tormentato per tutto il giorno.
"Per quale motivo?" domandò Georg rialzando il capo che fin dall'inizio del discorso aveva tenuto chinato e assumendo una strana espressione sul volto.
"Io.. Io ho pensato... se Bill fosse... morto? Se quel bullo non avesse voluto solo ferirlo quel giorno? Mi sono reso conto che mio fratello ha rischiato la vita e non me ne sono neppure accorto. Io.. non posso perderlo.. non so... cosa farei se lui.. se lui.."
"TOM!" Georg lo richiamò a gran voce afferrandolo per le spalle, come per risvegliarlo da un brutto incubo "Stai tremando! Calmati!"
In quel momento la porta dello studio si aprì e il preside fece il suo ingresso. Georg scoccò un'ultima occhiata preoccupata a Tom, che si stava leggermente riprendendo, prima di portare il suo sguardo su quello torvo del preside. Ebbe un improvviso Deja Vu. Erano passati due anni dalla prima volta che aveva messo piede lì dentro. E le circostanze erano state ben diverse.
"Perché?" cominciò l'uomo cupamente dopo una lunga e interminabile pausa di silenzio "Perché quest'anno come l'anno scorso tu sei qui nel mio studio? Mio figlio è morto da due anni e tu ti ostini a insultare la sua memoria!" la voce del preside si era alzata di qualche tono.
Georg chinò il capo, incapace di rispondere, mentre Tom lo rialzò sorpreso.
"Che cosa sta dicendo?" sbottò improvvisamente "quel ragazzo stava infastidendo Georg. Suo figlio non centra nulla!"
"Tom, no!" Georg mise una mano davanti al viso del rasta in segno di smetterla.
"Non sai quel che dici, ragazzo!" fece il preside in risposta.
Era stata fin troppo dura e fredda e, anche se era sicuro di non meritarla, non osò fiatare.
Georg continuava a tenere il capo chino rimanendo in silenzio.
Il preside si portò le mani in volto, se ne passò una tra i capelli e poi le portò sul mento.
Per la prima volta Tom lo vide piangere.
Fu una scena carica di tristezza che aumentò l'angoscia che Tom provava quel giorno per Bill. Il torace del preside sussultava, mentre Georg continuava a tenere la testa china. Sembrava che anche lui fosse sul punto di piangere.
Il rasta non osò pronunciare nulla finché il preside non si riprese. Tornò serio dopo pochi secondi "Andate via!" esclamò infine dirigendosi verso la porta e aprendola "per oggi non vi farò nulla.. ma la prossima volta..."
Lasciò la frase in sospeso e Tom ne immaginò il seguito.
Entrambi i ragazzi uscirono dalla porta e Georg, che era diventato pallido, dovette aggrapparsi al braccio di Tom per mantenersi in equilibrio.
Che diavolo significava tutto quello? Quella giornata era stata ricca di misteri che Tom non sapeva risolvere. Primo tra tutti la morte di Alejandro Rodriguez. Aveva il sospetto che tutti quegli avvenimenti avevano lo stesso denominatore.
"Che ti prende?" esclamò Tom preoccupato "Mi vuoi dire che succede?"
Georg si sedette sul pavimento freddo con la schiena rivolta verso il muro "Tom ha ragione. Sono solo un codardo."
"Non è vero! Ti conosco da poco, è vero, ma posso affermare con certezza che tu non sei un codardo." affermò Tom con decisione "Se fossi un codardo non penso che avresti mai ottenuto la mia fiducia. Sei l'unica persona, assieme a Gustav, a cui affiderei la mia vita e quella di mio fratello."
Georg sorrise e alzò il capo verso l'amico "Non sai molto cose, Tom.."
"Che palle con questa storia.. è la terza volta che me lo si dice.. odio i segreti! Spiegamelo tu quello che non so.."
Il moro rimase a guardarlo come tentato da quella ipotesi. Stava per aprir bocca quando qualcuno gridò il nome di Tom.
"Thomas!" o per meglio dire il suo nome completo.
"Mamma?" Tom si alzò e Georg fece lo stesso appena ebbe ripreso un po' di colore in volto.
"Che cosa ci fai qui?" domandò il rasta dopo un po'.
"Che cosa ci fai tu qui?" rispose la madre sorpresa.
Simone era una donna abbastanza giovane, alta e magra e particolarmente bella. Somigliava molto ai due gemelli, aveva gli stessi capelli biondi, che in quel momento le cadevano mossi sulle spalle e dalla maglietta abbastanza larga che indossava si poteva intravedere un rigonfiamento all’altezza del ventre, segno evidente che aspettava un bambino già da diversi mesi.
"Dovresti essere in classe.." continuò la donna.
"E' una storia lunga. Ma mi vuoi dire cosa sei venuta a fare?"
"Tom, non è così che dovresti parlare a tua madre.." esclamò Georg in tono quasi arrabbiato e allarmato al tempo stesso.
Simone sorrise, evidentemente compiaciuta.
"Non imparerà mai le buone maniere. Sono qui.. perché.." abbassò il capo e prese a torturasi le dita. Si vedeva chiaramente che era molto preoccupata.
"Per via di Bill?" continuò Tom perplesso.
"Sì!" confermò la donna "La signora Johnson mi ha chiamata qualche giorno fa perché sospetta che William non si trovi bene nella sua classe.."
"Perché non ce lo hai detto prima?" commentò Tom piuttosto irritato.
"Bè.. ma certo che sei proprio maleducato, tesoro. Non mi hai neppure presentato il tuo nuovo amico." sul volto le si disegnò una strana espressione felice e Tom ne capì subito il motivo. Da quando avevano iniziato le superiori, Bill e Tom non avevano avuto nessun amico da far conoscere alla madre, come Andreas per tutti i tre anni di medie, e questo aveva fatto soffrire molto la donna.
Simone tese la mano in avanti "Mi chiamo Simone, come avrai già capito sono la mamma di Thomas e William.."
"Tom e Bill, mamma!" la corresse Tom brusco.
La donna lo ignorò "io mi chiamo Georg Listing. Molto piacere."
"Bè, mamma, ora dobbiamo tornare a lezione" sbottò Tom imbarazzato "ci vediamo a casa, ok? Dimmi che cosa ti dice la professoressa!"
"Sì e tu non dire a tuo fratello che sono qui, chiaro?"
"Sì!" rispose Tom scocciato e riprese a camminare trascinando Georg con sé.
"Non sapevo che avesse chiamato mia madre.." sussurrò Tom demoralizzato.
"Lei non sa nulla?" domandò Georg dopo un po'.
"Certo che no!" sbottò Tom in risposta "come credi che reagirebbe? Oggi a casa sono sicuro che lo riempirà di domande. Bill fa fatica a parlarne con me, figurati con nostra madre."
"Però sembra stare meglio in questi giorni.." esclamò Georg "magari sarà più facile ora che Steven si è fermato. Anche se è una cosa positiva, sono preoccupato per questo.. Ho paura che stia tramando qualcosa."
"Forse è meglio che ne se stia al suo posto se non vuole finire nei guai."
Così dicendo i due ragazzi tornarono in aula dove trovarono la professoressa di scienze che li attendeva. Avevano appena finito di fare un minuto di silenzio, di nuovo pensò Tom, per Alejandro, e una volta al loro posto ripresero la lezione.
Per tutta l'ora Tom ripensò a mente fredda alle parole del preside e al suo sfogo. Si voltò e vide di nuovo Angela accanto a lui.
Non era una ragazza molto socievole, però era carina ed era forse l'unica della sua classe che non manifestava interesse per lui o per Bill.
C'era una cosa che voleva chiederle. Era una cosa che gli era venuta in mente nello studio del preside, ma che non aveva avuto il coraggio di chiedere.
"Angela?" sussurrò piano per non farsi sentire dalla professoressa. La ragazza si voltò scocciata mentre cercava di capire un importante procedimento da ripetere in laboratorio l'ora successiva.
"Cosa vuoi?" sbottò innervosita.
"Tu sai.." Tom esitò "sai come è morto il figlio del preside?"
La ragazza mise giù il libro e scrutò il compagno più attentamente. Sembrava come se quella discussione fosse stata il fulcro della giornata.
"A noi è stato raccontato che è stato trovato morto nel bagno dei maschi al piano terra due anni fa. Nulla che facesse pensare a qualcosa di sospetto. Il preside in seguito ha rivelato che era depresso e si è suicidato."
"Quindi è così che è morto.." sibilò Tom. Ma allora cosa centrava Georg? Perché lo avevano insultato e accusato di sporcare la sua memoria? Questo significava che si sbagliava. Non era stata la morte di Alejandro a dare inizio a tutto ma qualcosa accaduto prima che lui...
"Ma!" Angela interruppe bruscamente i suoi pensieri. "Una mia amica esce con uno del terzo anno e le ha detto che.." abbassò la voce per paura di essere sentita "è stato ucciso.."
Tom strabuzzò gli occhi sorpreso "Ne sei sicura?"
"Sì!" confermò decisa la ragazza "Erano in classe insieme. Alex è…"
"Cosa?" Tom quasi urlò. Si guardò intorno allarmato "Come lo hai chiamato?"
"Alex.. è così che lo chiamavano i suoi compagni."
Sono uno stupido! Come ho fatto a non pensarci prima? ricordò quello che il suo omonimo aveva detto poco prima.
Ti ricordi l'ultima volta? Alex è morto!
Tutto tornava. Il malumore di Georg, perfino le parole crude del preside. Georg era nella stessa classe di Andrews e Alejandro e…
Non poteva essere vero. Sicuramente si sbagliava.
"Thomas, stai bene?" domandò la ragazza improvvisamente sorpresa.
"Oh sì, certo, grazie, Angela. E scusa se ti ho disturbata."
Tom si voltò e continuò a pensare alle parole che gli erano appena state dette. Non aveva il coraggio di guardare Georg negli occhi e non appena la campanella avesse segnato l'inizio dell'intervallo, l'ora successiva, sarebbe andato direttamente nella classe di Bill.
Durante l'ora successiva, nel laboratorio, Tom rimase inquieto tutto il tempo. Era capitato in coppia con Rubens per un esperimento e anche il ragazzo, come lui, era stato pensieroso per tutto il tempo.
"Tom, ma che fai? Quello non va qui!"
Il rasta fu risvegliato dal suo stato di trans dalla voce di Rubens che gli stava sfilando il composto dalle mani.
"Scusa.." sussurrò debolmente.
"E' da stamattina che sei strano!" commentò Rubens versando il giusto composto nella boccetta "Se sei ancora preoccupato per il tuo amico, ti ho detto che non devi!"
Tom sussultò. Anche quella mattina aveva detto quelle parole "Come fai a sapere di lui?" Rubens sapeva forse qualcos'altro che lui ignorava?
Rubens chinò il capo come sorpreso da quella domanda "Io.. io.. credo me lo abbia detto uno del terzo anno.."
"Che cosa?" sbottò immediatamente Tom "Che cosa ti hanno detto? Che Alex…" Tom si bloccò quando il viso di Rubens si contrasse in una smorfia.
"Ho detto qualcosa di male?" continuò il rasta.
"No.. solo oggi non mi piace questa atmosfera di lutto. Mi ricorda mio cugino.."
"Mi dispiace.." Tom chinò il capo e rimase in silenzio. Aveva smesso di parlare con Rubens, almeno per quella giornata. Ogni volta che si ritrovava a parlare di suo cugino rimaneva silenzioso e non rivolgeva più la parola a nessuno. Quel giorno in particolare.
D'un tratto il pensiero che aveva fatto quella mattina durante il minuto di silenzio per Alejandro ritornò nella sua mente.
Bill...
La campanella lo distrasse improvvisamente.
Si alzò di colpo e uscì dall'aula per dirigersi nella classe di Bill.
"Tom!" Aveva già sceso le scale quando voltandosi vide Georg che lo stava raggiungendo.
"Perché non mi hai aspettato? E' successo qualcosa a Bill?"
Tom chinò il capo un po' scettico. "Io…" lo guardò negli occhi e sorrise. Non sapeva quale fosse il suo segreto, e infondo qualunque fosse stato gli voleva bene, era suo amico e gli stava a cuore la salute di Bill. Questo bastava. "No, scusa è che credevo non volessi venire dopo quello che è successo in presidenza."
"No, al contrario.." rispose Georg mentre insieme si dirigevano verso l'aula di Bill "Ho bisogno di vedere Gustav!"
Appena arrivati in classe trovarono una folla di ragazzi davanti alla porta. Il cuore di Tom sussultò.
Non ancora..
"Bill?" gridò sconvolto. In mezzo al gruppo Steven non c'era.
"Tomi?"
Il rasta si trovò il gemello di fronte. Era pallido e sudato, ma ancora intero.
"Stai bene?" domandò preoccupato.
"Devi venire!" gridò Bill afferrandolo per il braccio.
"Ma.." Tom parve confuso, mentre anche Georg si avvicinava preoccupato.
"Non sono io!" commentò Bill intuendo il pensiero del gemello "E' Gustav!"
Georg sbiancò e corse in classe superando Bill e Tom.
"Cosa è successo?" domandò il biondo in direzione del gemello.
"Un gruppo di ragazzi continuavano a infastidirlo, gli dicevano che era amico dell'assassino.. Non so che cosa volessero dire, ma uno di loro era molto arrabbiato.. e Gustav.." il moro non riuscì a continuare.
"Bill, ho scoperto una cosa su Georg!"
"Non c'è bisogno che la dica tu, Tom!" la voce di Georg interruppe le parole di Tom, mentre entrava in aula. Stava parlando con un ragazzo e stringeva Gustav tra le braccia. Tom voltò il capo per guardare il ragazzo di fronte a lui.
"Tom Andrews!" sibilò a denti stretti e Bill si strinse a lui afferrandolo sotto braccio.
Il ragazzo lo stava guardando con un ghigno divertito sul volto e la ferita sul labbro delle due ore precedenti. Il labbro di Gustav era insanguinato così come il pugno di Andrews.
"Allora dillo tu, avanti!" continuò Andrews "Se non vuoi che lo dica io abbi il coraggio di ammetterlo di fronte a tutti. I professori ci hanno mentito. Dì la verità!"
Georg chinò il capo.
"No, Georg, non ascoltarlo!" Gustav cercò di allontanarlo da Tom, ma il moro lo respinse all'istante.
"Va bene!" esclamò spingendo l'amico verso Bill e Tom. Il rasta afferrò Gustav per il polso e lo spinse a sé per controllare il taglio sul labbro, ma i suoi occhi non si staccarono da quelli di Georg. Aveva una strana espressione sul volto.
"Vuoi la verità, Tom? Vuoi sapere come è andata? Sono stato io! Ho ucciso io Alex due anni fa.. è colpa mia!"
Si udì un boato, ma Tom non lo sentì.
Era come se Georg stesse parlando con lui e non con Andrews.. aveva dubitato di Georg.. e i suoi dubbi erano fondati.
Non poteva credere alle sue orecchie.

Leave Out All The Rest - linkin Park



***

Ok, mi sono impegnata per farvi un capitolo più lungo e direi che ci sono riuscita ^^ tengo moltissimo a questo capitolo, quindi spero che vi sia piaciuto e di ricevere tanti commenti, anche se come al solito io penso che faccia un po' pena.. forse non mi è uscito come volevo..

Volevo ringraziare le 60 persone che hanno letto il capitolo (xD) e soprattutto, come sempre, il mio Gemy che è la mia fonte di ispirazione e Mary che commenta su FB, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, anche se ti ho rivelato (senza volerlo) il segreto di Georg >.<

**Kleine_Engel**= spero che tu adori anche questo capitolo ^^

**Principessa Kaulitz**= Per quello dovrai aspettare ancora molto, ma spero che questo capitolo valga l'attesa. Grazie ^^

**Soft25**= Grazie mille, spero che ti sia piaciuto questo capitolo. Aspetto con ansia un tuo parere, ti voglio bene <3

**BloodyRose93**= Non preoccuparti non mi sono offesa, ho chiesto chiarimenti apposta, perché sapevo che ero stata io ad aver capito male ^^ quindi tranquilla ^^ Sono contenta che ti sia piaciuta quella frase, mi è uscito con il cuore, perché credo che sarebbe una cosa che farei anche io.. ed ecco svelato il mistero di Georg..xD spero che questo capitolo ti sia piaciuto, aspetto con ansia il tuo commento ^^ un bacio grande <3 e grazie mille ^^

**SuperStar_483**= Grazie mille per il commento e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Ti ringrazio molto, un bacio <3

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Capitolo 7
*** La Mia Innocenza ***


La Mia Innocenza

That I’m trying to let you know, That I’m better off on my own...



"NO, STUPIDO, STA' ZITTO!"
Georg si voltò piano verso la voce che aveva appena urlato dietro di lui. Fu come paralizzato nello scoprire che tutti gli studenti lo guardavano allibiti, ma fu ancora più sconvolto nel costatare che tra loro Bill e Tom lo guardavano con un'espressione mista a stupore e paura.
Sembrò che il mondo attorno a lui si fosse fermato quando aveva rivelato ad Andrews il crimine che aveva commesso due anni prima e fu bruscamente riportato alla realtà dal viso di Gustav, con ancora il labbro sanguinante, di fronte a lui.
"Smettila!" la voce che aveva sentito poco prima era la sua.
"Georg?"
Già. Gustav. L'unica persona che gli era stato accanto e gli aveva fatto superare la depressione in cui era caduto dopo aver ucciso Alex.
"Adesso, basta, torna in te! Mi senti?"
Il suo migliore amico.
Fu risvegliato da uno schiaffo che lo colpì in pieno viso. Fu come riemergere dagli abissi e respirare un'abbondante quantità di ossigeno.
Gustav lo guardava piangendo, mentre Georg cercava di ricordare che cosa fosse successo, ma soprattutto il motivo della ferita sul labbro dell'amico.
"Che cosa è successo?" sbottò confuso. La sua testa era vuota, non riusciva neanche a capacitarsi come fosse finito a scuola.
Vide Bill e Tom che si avvicinavano cauti. Bill era stretto al braccio del suo gemello, mentre la voce dell'omonimo del rasta parlò d'improvviso facendo bloccare i due gemelli a metà strada.
"Finalmente!" sbottò Andrews "Erano due anni che aspettavo questo momento e finalmente è arrivato! Hai confessato, Georg Listing!" sbottò in un'acuta risata che non aveva nulla di allegro, ma sembrava un modo per reprimere le lacrime e sfogare il dolore.
"Maledetto!" Tom Kaulitz strattonò il gemello e corse incontro all'omonimo afferrandolo per il colletto della divisa scolastica.
"Se non chiudi quella bocca, lo farò io!"
Proprio in quel momento la porta dell'aula si aprì e la signora Johnson fece il suo ingresso apparentemente spaventata.
"Che cosa succede?" domandò con un filo di voce, cercando di avere un tono autoritario.
Bill fece un passo verso di lei e rispose "Deve aiutarmi! Deve fermare mio fratello e portare..." si voltò verso Georg che aveva ancora un'espressione vacua sul volto "Georg e Gustav in infermeria!" concluse il moro con le lacrime agli occhi.
Georg fissò il moro con angoscia, preoccupato su cosa potesse essere successo di così grave.
Vide la professoressa Johnson separare i due Tom l'uno dall'altro per poi avvicinarsi verso di lui per sorreggerlo e portarlo, assieme ai tre amici, in infermeria.
Bill e Tom inventarono la scusa di essere ancora scioccati per quanto era appena successo e raccontarono alla professoressa quello che Tom aveva fatto a Gustav e quello che Georg aveva urlato in mezzo alla classe.
"Voi rimanete qui!" esclamò la professoressa un po' preoccupata "e cercate di farlo calmare." La signora Johnson era uscita preoccupata per andare a chiamare una bidella, mentre Georg aveva ascoltato la loro conversazione e aveva ancora gli occhi sbarrati per lo stupore.
"Georg?" pronunciò piano Gustav accanto a lui "Stai bene?"
Il moro si voltò verso i tre amici e chiuse gli occhi. Quando li riaprì i ricordi sembrarono ricomporsi nel suo cervello e ricordò ogni dettaglio.
"Gustav..." sussurrò debolmente "L'ho detto davvero?"
Il biondo annuì chinando il capo e Georg si sentì mancare la terra sotto i piedi.
"Oddio..." esclamò portandosi le mani in volto guardando con la coda dell'occhio Bill e Tom di fronte a lui.
"M-Mi dispiace che lo abbiate scoperto così." disse quando si fu abbastanza ripreso da spiegare l'accaduto ai gemelli e rialzò il capo per osservarli negli occhi nocciola.
Bill chinò il capo mentre Tom prese la parola "Lo avevo quasi capito... nella mia classe si mormorava qualcosa... certo non avrei mai immaginato questo..." commentò imbarazzato.
"Ogni anno è così!" il moro si stupì delle sue stessa parole. Ne parlava come se non fossero passati solo due anni, ma decenni, e in un certo senso per lui era così. Dopo quel 22 ottobre ogni singolo giorno gli era sembrato lungo un anno intero.
"Sei... sei un assassino?" sbottò d'improvviso Bill rialzando il capo. Sembrava aver espresso a parole ciò che Tom non aveva avuto il coraggio di chiedergli, perché dalla sua espressione, Georg capì che avrebbe voluto saperlo anche lui.
"Tecnicamente sì.." rispose Georg, e Gustav, che era rimasto seduto e zitto accanto a lui, si alzò di scatto facendo un gran rumore.
"No che non lo sei!" sbottò arrabbiato "è stata legittima difesa. Alex lo aveva minacciato!" Georg gli mise una mano sulla spalla per calmarlo.
"Puoi spiegarci..." iniziò Bill timidamente, ma si bloccò subito ancora scosso per quello che aveva saputo e per il tono brusco di Gustav.
"... come è andata?" continuò Tom più tranquillo. Anche lui come il gemello voleva sapere la verità. Non ne poteva più di quei segreti.
"Ragazzi" sbottò Gustav "Forse non..."
"No, Gustav, posso farcela. D'altronde hanno il diritto di sapere la verità e dopo il modo in cui mi sono comportato oggi glielo devo."
"Non sei costretto a parlarne!" Gustav si diresse, passando bruscamente in mezzo a Bill e Tom, verso l'armadietto dei cerotti e ne estrasse uno che si mise con cura sul labbro ferito.
I tre amici ne avevano seguito il tragitto con lo sguardo ed erano rimasti immobili a guardarlo come ipnotizzati da quel gesto.
"Non sono io quello che ha problemi a parlarne." scherzò Georg sorridendo, mentre Gustav tornava a sedersi accanto a lui.
"E' iniziato tutto due anni fa, all'inizio dell'anno scolastico..." incalzò Georg mentre Gustav metteva il broncio e Bill e Tom addrizzavano le orecchie incuriositi.
"Conoscevo Alex dai tempi delle medie. Eravamo..." esitò come per trovare la parola giusta "amici."
"Io non credo." sbottò Gustav.
Georg chinò il capo afflitto. Sapeva quello che il suo migliore amico pensava di lui e sapeva anche fin troppo bene che la storia che stava appena raccontando non gli piaceva affatto.
"Bè, stavamo sempre insieme e al tempo credevo che fosse davvero un amico su cui potevo, non oltre un certo limite, fidarmi. Avevamo una piccola banda, di cui Alex era il capo, e una volta entrati alle superiori il nostro gruppetto si è ingrandito. Abbiamo cominciato ad essere popolari nella scuola, soprattutto grazie al fatto che Alex era il figlio del preside."
"Ora si spiega tutto!" commentò Tom alzandosi bruscamente "le parole del preside questa mattina, il minuto di silenzio a tutte le ore, e quello che è successo in presidenza poco fa. tu hai... ucciso... suo figlio."
"Già!" Georg chinò il capo, improvvisamente colpito da quella rivelazione. Sembrava più duro detto da quel punto di vista e rendeva ciò che aveva fatto ancora più crudele di quanto fosse realmente.
"Vai avanti!" lo intimò Bill afferrando il braccio di Tom e costringendolo a tornare seduto.
Il rasta lanciò uno sguardo al gemello e ubbidì.
"E' successo tutto in soli due mesi. Io avevo cominciato a prendere buoni voti ed ero diventato estremamente bravo. Mi appassionava lo studio e l'impegno e volevo cambiare la mia vita che, fino a quel momento, era stata insignificante e superficiale. Alle medie me la sono cavata sempre per il rotto della cuffia. Io e Alex avevamo una filosofia di vita completamente diversa dagli altri ragazzi. Ci piaceva..." guardò Bill un po' nervoso "insomma..."
Tom si alzò di nuovo furioso avendo intuito fin troppo bene il pensiero di Georg "Eravate come Steven, non è così?" sbottò e Bill lo guardò un po' intimorito. Georg immaginò che stesse ripensando ai suoi spiacevoli incontri con il suo compagno di classe.
"Sì." Ammise un po' imbarazzato "Ho conosciuto Alex quando si è trasferito da Madrid tre anni fa con la sua famiglia. Suo padre diventò il preside di questa scuola, ma a lui mancava ancora un anno, così è stato mandato nella mia scuola. All'epoca ero un ragazzo abbastanza ingenuo. Avevo qualche amico e tutto sommato la vita non mi dispiaceva affatto. Ma poi è arrivato lui. Diceva che mi vedeva solo e triste e voleva farmi... godere la vita. Solo ora mi rendo conto che quello che aveva in mente era tutt'altro che godersi la vita. La verità era che si sentiva solo e anche bisognoso di un amico. Aveva bisogno di qualcuno che lo riconducesse sulla retta via. Ma ero uno stupido a quei tempi e... mi sono lasciato ingannare dalle sue parole false, senza coglierne il vero significato."
Georg chinò il capo, lasciando immaginare ai gemelli ciò che Alex gli aveva detto e ciò che insieme avevano fatto.
Le mani di Bill cominciarono a tremare mentre Tom le afferrava tra le sue "Sta calmo." esclamò guardandolo negli occhi nocciola identici ai suoi "Tu non sei solo, ci sono io."
"Mi dispiace, Bill." commentò Georg sofferente nel vederlo rievocare dolorosi ricordi "forse pensavi che io fossi una persona diversa. Ti ho deluso."
Bill non rispose, ma alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi verdi come smeraldo e rivolgergli un tenue sorriso.
"Sono sicuro al cento per cento che tu non sei più il Georg di tre anni fa e io conosco il vero Georg Listing. Buono e ottimo amico."
Il moro lo guardò ricambiando il sorriso, mentre una lacrima era sfuggita dal suo occhio destro, scivolando timidamente sulla sua guancia.
Anche Gustav lo guardava sorridendo e senza preavviso lo prese tra le braccia per stringerlo forte.
Georg sorrise di fronte alla dolcezza del suo migliore amico. Guardò Tom e notò che, nonostante la felicità di quell'abbraccio, voleva che lasciasse il fratello al più presto.
Georg fece finta di nulla e non appena Gustav liberò Bill dalla sua stretta continuò.
"Grazie amico." esclamò verso Bill, che sorrise un po' imbarazzato.
"Bene..." commentò Tom alzandosi di nuovo "Hai detto che sei diventato un bullo, no?" aveva alzato la voce e Bill gli aveva afferrato il braccio per tranquillizzarlo.
"Tomi..."
"Che c'è? E' così che ha detto anche lui!"
"Ma ha detto anche che non era in sé!" aggiunse Gustav in difesa del suo migliore amico irritato.
"Certo, ottima scusa per non sporcarsi le mani!"
"Tomi, ora basta, non litigate!" Bill si alzò frapponendosi tra Gustav e Tom, mentre tra i due cresceva ostilità reciproca. Era la prima volta che i due gemelli vedevano Gustav così scontroso.
"Non ho mai detto di avere la mani pulite" commentò Georg calmo "ammetto di aver picchiato molte persone innocenti e, come tu ora sai, ho ucciso un ragazzo due anni fa. E questi sono peccati di cui non ci si può lavare le mani con molta facilità."
Georg chinò il capo e Tom si sedette ancora un po' irritato, ma sembrava che la stretta di Bill, ancora ferrea sul suo braccio, lo calmasse.
"Che cosa accadde una volta entrati in questa scuola?" chiese il rasta stavolta con un tono di voce pacato e tranquillo.
"Bè la reputazione che mi ero fatto alle medie è andata aumentando, ma solo i primi giorni. Poi qualcosa è cambiato dentro di me e mi sono dissociato da Alex dicendogli che non volevo più essere uno stupido bullo, ma che volevo studiare e pensare al mio futuro. In un primo momento sembrava che fossi riuscito a far cambiare idea anche a lui fino a quando..." Georg si bloccò, mentre Gustav gli posava una mano sulla spalla.
"Non arrivò Andrews, giusto?" domandò Tom.
"Giusto!" confermò Georg e con suo rammarico tornò con la mente e con il cuore a due anni prima.

"Che cosa vorresti dire?" Georg Listing si alzò di scatto dalla sedia cercando di capire le parole dell'amico di fronte a lui. Aveva 14 anni, corti capelli castani che arrivavano a appena alle spalle.
Alex, il suo migliore amico dai tempi dalla terza media, lo fissava con un'aria mista a colpevolezza e dispiacere, ma la sua voce sembrava ferma e tranquilla. Era troppo alto per i suoi 14 anni e i capelli, neri come la pece, gli incorniciavano il viso lungo e paffuto.
"Dico solo che lui... lui è molto più divertente di te..." pronunciò Alex un po' intimorito.
"Che cosa vorresti dire? Che non sono più divertente?" il moro era veramente irritato e Alex parve accorgersene.
"Solo perché mi sono dedicato allo studio e sto cercando di mettere in chiaro quello che voglio farne del mio futuro come dovresti fare tu?"
L'amico lo guardò con un'espressione diversa da quando avevano iniziato a discutere.
Sembrava che anche lui ora fosse irritato.
"Di nuovo con questa storia? Ti stai rimbecillendo, non lo capisci!" esclamò fecendo un gesto con la mano portandosi un dito sulla tempia.
"E' quel Tom, non è vero?" esclamò Georg urlando "è lui che ti sta mettendo in testa un sacco di cazzate?"
"No, credo invece che lui abbia un po' di sale in zucca a differenza di te!"
Georg chinò il capo e rimase in silenzio. Era offeso dalle parole dell'amico e in quel momento si chiese se Alex lo fosse veramente stato.
"Fammelo conoscere..." esclamò d'un tratto e Alex alzò il capo sorpreso, come se avesse il timore di aver frainteso le sue parole.
"Come?"
"Hai capito bene, Alex. Voglio conoscere questo Tom. Almeno posso conoscere la persona che mi sta portando via il mio migliore amico?"
Il ragzzo chinò il capo afflitto e Georg capì che si stava vergognando per le parole che aveva appena detto.
"Io..."
Georg si avvicinò e si sedette per terra accanto a lui mentre Alex lo imitò.
"Credo di essere confuso, Alex. Abbiamo fatto un sacco di errori alle medie e..."
"Errori?" lo interruppe l'amico guardandolo negli occhi confuso "Scegli, Listing!" sbottò infine "Con o contro di me!"
Gli tese la mano. Stava a Georg decidere da che parte stare. Se continuare a frequentare il suo vecchio amico o schierarsi contro di lui, il che significava contro tutti i ragazzi che facevano parte della sua classe e contro il preside stesso.
Inoltre sapeva chi era il Tom di cui Alex gli aveva parlato: era un ragazzo della sua classe a cui non aveva mai rivolto la parola.
Tese la mano e la strinse indifferente a quella di Alex "Sono con te, Alex, lo sai..."
"Bene, amico, non voglio più sentire di questi discorsi. Vieni adesso! Anche Tom vuole conoscerti!" gli mise un braccio attorno alle spalle e lo fece alzare, mentre Georg ripensò alla sua amicizia con Alex.
Stava lentamente cominciando ad odiare chi stava diventando e chi era stato.

"E così ti sei fatto abbindolare da Tom e Alex!" commentò il rasta non appena Georg ebbe finito di raccontare la prima parte della storia.
Fortunatamente, come tutti i giorni, la bidella che avrebbe dovuto stare in infermeria per medicare Gustav non si era ancora fatta viva e i quattro ragazzi stavano saltando una bella ora di lezione.
"La vuoi smettere di usare quel tono!" sbottò Gustav innervosito.
"No, ha ragione e lo sai anche tu, Gustav." esclamò Georg d'improvviso "più che abbindolato, però, ho voluto trovare qualcosa di buono nel mio amico. Nutrivo ancora delle speranze verso di lui e forse è stato proprio questo il mio più grave errore. Avrei dovuto farla finita quel giorno, ma la verità era che non volevo perderlo. Sono stato debole e ho continuato a fingere che tutto stesse andando per il meglio, quando in realtà niente andava per il verso giusto. Se non avessi avuto questa debolezza, Alex sarebbe ancora vivo."
Calò il silenzio dopo le parole di Georg, che erano arrivate nel cuore di tutti e tre i ragazzi di fronte a lui. Il moro non volle guardare i loro volti, ma continuò a pensare ad Alex e per la prima volta in due anni ne sentì la mancanza.
"che cosa accadde dopo?" pronunciò Bill timidamente. Si era lasciato prendere da quella storia ed era molto curioso di sapere come Georg avesse agito dopo quella breve litigata con il suo migliore amico.
"E te lo chiedi pure?"
"Tom, per favore!" tuonò Bill infuriato e il gemello gli scoccò un'occhiata truce, evidentemente offeso, e tacque.
Georg guardò Bill un po' allibito. Era la prima volta che lo vedeva perdere temporaneamente le staffe e gridare contro suo fratello. Inoltre non lo aveva chiamato "Tomi" come era solito fare.
Sorrise e poi riprese a parlare "Non fu facile continuare a stare con quei due. Non prendevo parte alle loro bravate e me ne stavo per conto mio, ma Tom voleva sempre che io partecipassi e smettessi di studiare. Cominciavo a non poterne davvero più di lui. Così un giorno decisi di parlargli in privato."

"Posso parlarti?" esclamò Georg sbucato al fianco di Tom durante un'ora buca in cui mancava la professoressa di matematica.
"Cosa c'è, amico?" sbottò il moro non appena Georg lo portò in un angolo della classe dove nessuno, soprattutto Alex, avrebbe potuto sentirli.
"Sono stanco di quello che state facendo..."
"Che
stiamo facendo vorrai dire! Ci sei dentro anche tu!" Tom tirò fuori una bustina bianca e la tese verso Georg che rimase a guardarla sconvolto.
"Sei impazzito?" sbottò d'improvviso "dove diavolo l'hai presa? E come ti salta in mente di portarla anche a scuola?"
"Sta tranquillo. Finché terremo la bocca chiusa nessuno lo saprà."
"L'hai data anche ad Alex?" Georg sembrò irritato e lanciava occhiate minacciose a Tom come ad avvisarlo sulla risposta corretta che doveva dargli.
"Sì!" rispose il moro con un ghigno sul volto "e gli è piaciuta, sai? Perché non la provi anche tu?"
Tentò di mettergli la bustina in mano, ma Georg la scostò velocemente, facendo cadere la bustina a terra "Sei uno stupido, Tom!"
Il moro si allontanò dal ragazzo e corse verso Alex, prendendolo per un braccio.
"Che cosa ti prende?" esclamò lo spagnolo stupito.
"Devo parlarti in bagno. Da solo!" scoccò un'occhiataccia a Tom che cercava di seguirli e si diresse con il braccio di Alex stretto in mano, verso il bagno.
Non appena i due furono entrati, Georg chiuse la porta a chiave e si voltò esasperato verso il suo amico, che ormai non riteneva più tale da molto tempo.
"Si può sapere che diavolo ti dice il cervello?" tuonò arrabbiato non riuscendo più a trattenersi.
Alex sembrò confuso, ma allo stesso tempo furioso. Non ne poteva più di quell'assurda situazione.
"No!" rispose afferrando Georg per la maglietta e sbattendolo contro il muro "cosa prende a te, Georg!" il moro strabuzzò gli occhi incredulo.
"Non fai che comportarti da perfetto idiota! Tutto studio e niente divertimento! Mi hanno stancato i tuoi modi premurosi! Dove diavolo è finito il mio migliore amico?"
"Sta cercando di crescere, razza di stupido!" sbottò Georg stupito. Possibile che Tom lo avesse cambiato fino a quel punto? Che lo avesse reso così cieco e stupido di fronte alla realtà? O era la droga a parlare per lui?
"Non farmi ridere!" sbottò Alex in risposta "Tu non crescerai mai, Georg! Hai bisogno di qualcuno vicino. Ti conosco, sai? Se ti allontani da me, finirai per trovarti solo e depresso e a quel punto mi cercherai di nuovo."
Georg chinò il capo e sorrise a malapena. Quelle parole non parlavano di lui. Non erano rivolte a Georg Listing, bensì ad Alex stesso.
Si liberò dalla presa del ragazzo, ormai esausto di quei discorsi. Esausto di dover seguire Alex ovunque andasse. Esausto di cercare di fargli entrare un po' di sale in zucca.
Non gli importava più ormai se era il figlio del preside e neppure se era l'unico amico che aveva e con cui parlava assieme a Tom.
Si rese conto che sin dalla prima volta che lo aveva incontrato lo aveva odiato dal profondo del cuore. Era stato lui a rovinarlo e lo odiava proprio perché si era affezionato
troppo a lui.
"Adesso mi ascolti bene!" esclamò mentre afferrava le braccia di Alex e le allontanava dalla sua maglietta.
Nonostante tutto lui era più forte dello spagnolo.
"
Io non dipendo da te! E mi sono rotto il cazzo di pararti il culo! D'ora in poi arrangiati da solo, ma non venire a piangere da me quando il tuo caro amico Tom ti getterà via, stufo di averti tra i piedi."
Così dicendo Georg lasciò le braccia di Alex e si diresse alla porta riaprendola e allontanandosi il più in fretta possibile da lui.
Mentre si allontanava dai suoi errori, dalle sue paure e dalla fonte del suo odio che lo aveva accompagnato per anni, si sentiva a ogni passo sempre più leggero.
Finalmente era libero.

"Lo avevo abbandonato." terminò Georg con un tono di voce sempre più basso "Mi stavo allontanando dall'unica persona che aveva bisogno di me. Non me lo sono mai perdonato per averlo abbandonato a quel modo. Avrei dovuto aiutarlo, avrei dovuto capire che le sue parole erano una chiara richiesta di aiuto, ma ero talmente stanco di quella situazione che non ho tentato nemmeno di capirlo."
Bill lo guardava con un'espressione indecifrabile sul volto, mentre il moro raccontava l'epilogo della sua amicizia con Alex.
"Stai bene?" chiese Tom, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo e si era probabilmente pentito di aver usato quel tono sgarbato con lui qualche minuto prima.
Bill chinò il capo e rimase in silenzio, mentre si torturava le dita nervoso.
"Quella fu l'ultima volta che parlai con Alex." esclamò Georg e dopo le sue parole calò di nuovo il silenzio.
Bill aveva rialzato il capo, Tom lo aveva guardato tristemente e Gustav si era alzato con lo scopo di uscire dalla stanza e non ascoltare ulteriori dettagli di una storia che orami conosceva bene.
"Per un mese Alex mi ignorò, o per meglio dire... mi privò dei privilegi di cui godevano i suoi amici. Privilegi che io stesso avevo ideato." soffocò una risata e mostrò una cicatrice che si notava appena sul viso.
"Questa è una dei tanti regalini che mi fece dopo la nostra litigata. L'unico di cui porto ancora il segno."
Bill distolse lo sguardo mentre i suoi occhi si fecero lucidi e il suo cuore cominciò a martellargli nel petto.
"Dopo quell'episodio mi faceva seguire, mi picchiava quando ne aveva voglia e persino Tom si divertiva a offendermi e a perseguitarmi quando cercavo di stare solo in corridoio. Ho frequentato uno psichiatra dopo la morte di Alex e lui mi ha detto che probabilmente il mio cervello non riusciva a sopportare più quello stress fisico e così..."
"Basta, per favore!" Tom aveva interrotto il moro assumendo un tono di voce duro, ma non aggressivo come aveva fatto poco prima. Stringeva Bill, mentre questo annaspava terrorizzato.
"Bill non fare così." esclamò Georg tranquillamente. Sapeva esattamente quello che Bill provava, poiché ci era passato lui stesso un centinaio di volte.
"A volte credi che dovresti trovare il coraggio di parlarne a qualcuno, ma il vero coraggio sta nel non cadere mai ai loro stessi livelli. Quante volte hai voluto mollare un ceffone a Steven?"
Bill riprese a respirare normalmente, grazie al contatto con il gemello, e lo guardò negli occhi.
"Tante." rispose semplicemente.
"Ma non lo hai fatto. E credimi è meglio così."
Georg non aggiunse altro mentre Tom lo guardava un po' confuso. "Io l'ho fatta pagare a chi infastidiva mio fratello!"
"Con tutto il rispetto, Tom, la rabbia che provi tu non è paragonabile a quella che prova Bill." Era stato Gustav a intromettersi, ancora in piedi alla porta chiusa, indeciso se lasciare la stanza o no.
"Che cosa?" sbottò Tom irritato.
"So quello che provi. Quando ho conosciuto Georg provavo esattamente quello che provi tu nei confronti di Steven. Rabbia. Voglia di spaccargli la faccia, ma io lo volevo per proteggere il mio amico, non per vendetta, A me non hanno fatto nulla."
Tom capì le sue parole e rimase in silenzio. Ogni volta che picchiava qualcuno per difendere Bill, lo faceva perché nessuno poteva toccare suo fratello, avrebbe dato qualsiasi cosa per proteggerlo, ma non aveva mai pensato a quello che potesse sentire Bill quando veniva infastidito. Non era lui che veniva menato e che subiva in silenzio.
Afferrò la mano di Bill, che tremava ancora leggermente, tra la sue a la strinse forte per far in modo che il dolore che quella rivelazione gli aveva provocato svanisse al contatto con l'unica persona che poteva farlo sparire.
Calò il silenzio e per diversi minuti nessuno parlò. Sembrava che tutti stessero ripensando alle parole di Gustav.
"Che successe dopo?" esclamò Bill con un filo di voce, riportando gli amici di nuovo alla realtà.
E per la terza volta quel giorno la mente di Georg tornò a due anni prima.

"Non sei contento, Listing?"
Alex gli sferrò un pugno e Georg rimase immobile come sempre, incapace di reagire.
"Perché non ti difendi? So benissimo quello che potresti farmi. Avanti!"
"Io non mi abbasso ai tuoi livelli, Alex, non più!"
"Non rivolgerti a lui con quel tono, Listing!" Tom sbucò dalle spalle di Alex e lo colpì in pieno viso, provocandogli un'altra ferita fra le tante che ornavano il suo volto.
L'unico motivo per cui non reagiva era che non voleva più fare a botte, anche se da questo dipendeva la sua vita.
Quel periodo era stato il peggiore della vita di Georg e non voleva finire di nuovo come Alex in quel tunnel senza fine.
"Siete ridicoli!" sbottò il moro e un altro pungo, stavolta allo stomaco gli fece uscire il sangue dalla bocca.
"Potete continuare anche all'infinito! Non cederò."
"Davvero?" Tom si avvicinò al ragazzo e gli sferrò un altro pugno di nuovo allo stomaco. Continuò con altri due o tre colpi, fino a quando Georg gli ricambiò la cortesia, ormai esausto, con un pugno in pieno viso che ruppe il naso di Tom mentre questo cadeva per terra dolorante.
"Bastardo!" sibilò il ragazzo cercando di colpirlo di nuovo ma Alex lo bloccò.
"Fermo. Ci penso io." Tirò fuori un coltellino tascabile e lo punto velocemente alla gola di Georg senza neppure dare al moro il tempo di elaborare quello che stava succedendo.
"Sei impazzito?" era stata la voce terrorizzata di Tom ad urlare nel silenzio del bagno e subito dopo Georg sentì la lama fredda e pungente sulla pelle.
"Sta calmo Alex." pronunciò piano, non potendo nascondere la paura del momento "non c'è bisogno che arrivi a questo."
"Ah no? La mia vita fa schifo e tu l'hai rovinata! Mi hai abbandonato, Georg!"
Il moro abbassò lo sguardo disgustato e trovò il viso insanguinato di Tom di fronte a lui.
Non riusciva a credere alle sue orecchie. Lui, che lo aveva trasformato in un bullo, che aveva rovinato il suo ultimo anno di medie, che aveva reso il primo anno alle superiori un inferno, lo stava accusando di averlo abbandonato, di avergli rovinato la vita?
Quante volte era stato male per lui?
Quante volte lo aveva aiutato quando litigava con i suoi genitori?
Quante volte lo aveva riportato a casa ubriaco o addirittura drogato a causa di quel suo amico Tom, senza dire una parola a suo padre?
E lui che cosa aveva fatto per Georg?
Aveva cercato ti trascinarlo con sé nella droga e appena aveva rifiutato lo aveva preso di mira trattandolo come il suo giocattolo preferito.
"Chi è alla fine quello che si sta lamentando di aver perso un amico?" esclamò sorridendo.
"Bastardo, sta zitto!" Alex premette il coltellino più forte e un rivolo di sangue uscì dal collo di Georg.
Il moro ne sentì il caldo flusso entrare nella maglietta. Chinò il capo e vide il coltello chiaramente di fronte a sé. Due grosse lettere erano incise sul manico, una R e una A, e la lama lucente era ora sporca di sangue.
La piccola ferita bruciò e il cuore di Georg cominciò a martellargli nel petto.
"No, tu sta zitto!" non riusciva neanche a capire come, nonostante la paura, riuscisse ad assumere un tono così autoritario.
Alex sgranò gli occhi, mentre Tom accanto a loro indietreggiava allarmato.
"Te lo avevo detto..." sibilò Georg e denti stretti, mente con una mano afferrava quella di Alex che teneva il coltello premuto sul suo collo.
"... di non venire a piangere da me!"
Sfilò il coltello dalle mani di Alex con un gesto fulmineo che neppure lo spagnolo fece in tempo a notare.
Glielo puntò all'addome e rimase immobile mentre gli occhi di Alex si sbarravano per l'incredulità e il terrore.
Aveva lui il coltello in mano. Aveva la possibilità di vendicarsi, di porre rimedio a tutti i suoi problemi.
Lo odiava. Odiava ogni cosa di lui in quel momento. Il suo volto, il suo odore, persino il suono del suo respiro e quel dannato accento spagnolo.
Bastava un solo gesto e tutto sarebbe finito.
Il suo cervello eliminò ogni pensiero razionale, non conosceva più il pudore, non gli importava più mettersi al livello di nessuno, ora che aveva la vita di Alex tra le mani.
"No, Georg!" gridò la voce alle sue spalle, ma non gli importava più nemmeno di
lui.
"Avanti!" sussurrò Alex al suo orecchio "se lo fai sarai un assassino."
"Tu hai cominciato, Alex, non è colpa mia se siamo arrivati a questo. Non costringermi a..."
"Rimarrai solo..." sentenziò Alex con un sorriso maligno sul volto "nessuno ti vorrà più bene."
"Smettila!" le lacrime cominciarono a scendere copiose dal suo volto, mentre con più foga avvicinava il coltello all'addome di Alex.
"Sei solo uno stupido, avresti dovuto restare con me!" Alex prese il polso di Georg e lo strinse forte.
"Fallo!" gridò e per un secondo tutto diventò buio.

"Sangue..." concluse Georg ormai piangendo "c'era sangue dappertutto." Gustav si era avvicinato a lui e gli aveva afferrato tre le sue le mani tremanti, come aveva già fatto un anno prima, quando Georg gli aveva raccontato la stessa storia.
I gemelli erano rimasti immobili, incapaci di parlare, a capo chino ripetendosi nella mente le ultime parole di Alex.
"Voleva..." incalzò Bill spaventato con gli occhi sgranati, anche lui con le mani tremanti.
"... morire." concluse Tom afferrando le mani del gemello e rivolgendo uno sguardo deciso verso Georg.
Non era una domanda.
"Sì." confermò il moro "è stata la conclusione a cui sono arrivato più tardi." esclamò Georg alzando il capo verso gli amici. "Mi ha usato. Voleva morire e aspettava il momento buono per farlo."
"E' quello che mi ha detto Angela!" sbottò Tom d'improvviso "tutti credono che Alex si sia suicidato perché era depresso."
"Bè non so se fosse realmente depresso, ma non si è suicidato. E' quello che hanno detto i professori per... per impedire che a scuola venissi additato per la morte di Alex. Nessuno era con noi, solo Tom, e tutto è avvenuto nel bagno della scuola. Nessuno studente ha visto nulla. Quando sono stato portato via, una professoressa mi ha prestato la sua giaccia per coprire il sangue sui miei vestiti."
"Ma perché?" urlò Bill spaventato alzandosi in piedi, allontanando le mani del gemello dalle sue.
"Si drogava, Bill. Non ne so il motivo, ma non riusciva più a vivere una vita normale da quando si era trasferito in Germania e io non l'ho mai capito fino infondo."
"Non è colpa tua!" sbottò Gustav.
"Forse no o forse sì. E' troppo tardi ormai."
"Non lo hai ucciso tu allora! E' come ha detto Tom! Si è suicidato, è così!"
Bill si avvicinò a Georg con gli occhi lucidi e una strana espressione sul volto.
"Avevo io in mano il coltello e quando Alex mi ha afferrato la mano... io... non ricordo se è stato lui ad avvicinarsi il coltello all'addome o sono stato io, fatto sta che... io volevo... io volevo ucciderlo. E l'ho fatto! Ho ucciso Alex, Bill. Con queste mani e non riuscirò mai a perdonarmelo."
Calò il silenzio. Bill tornò a sedersi e cercò istintivamente la mano di Tom per trovare un po' di conforto.
"Cosa accadde dopo?" pronunciò il rasta dopo un po'.
"I professori arrivarono dopo qualche minuto. Era stato Tom a chiamarli. Tutto ciò che ricordo è che mi sono svegliato in infermeria." si bloccò indicando un letto non molto lontano da loro "e c'erano urla e... pianti. Quando mi sono parzialmente ripreso dallo shock è stata fissata la data del mio processo e sono stato interrogato. Mi hanno scagionato giudicandomi innocente e di aver agito per legittima difesa. Non so perché, ma Tom testimoniò in mio favore. Forse è grazie a lui che non sono stato spedito al carcere minorile."
"Perché lo fece?" domandò Bill ormai calmo.
"Non ne ho idea. Forse era scosso, non lo so. Era l'unico testimone e avrebbe potuto vendicarsi, ma non lo fece."
"Ora però ti odia!" commentò Tom irritato. Stavolta nei confronti del suo omonimo ricordandosi di quello che era successo poco prima.
"Sì, anche l'anno scorso ha fatto la stessa scenata, solo che sono riuscito a resistergli... non conoscevo ancora Gustav." guardò l'amico mentre il biondo chinò il capo "forse pensa che sia in debito con lui e quindi si prende la libertà di trattarmi come mi trattava un tempo."
"Il preside sa tutto questo?" Bill era uscito con questa domanda inaspettata e improvvisa.
"No!" rispose Georg "non sa certo la verità."
"Ora basta!" Gustav si alzò dopo un po' visibilmente irritato "ora lo sapete anche voi e sapete che cosa succederà se continuate a essere nostri amici." guardò Bill e il moro chinò il capo "non voglio che vi facciano del male."
"Per chi ci hai preso, Gustav?" Tom si avvicinò all'amico e lo guardò negli occhi un po' offeso "noi non siamo come Alex o Tom. Voi non avete abbandonato Bill quando Steven lo perseguitava e mi avete aiutato a stargli accanto. Dobbiamo ricambiare, nO?"
"Ti staremo accanto, Georg!" concluse Bill sorridendo.
Gustav sorrise e guardò anche lui il suo migliore amico.
Georg sapeva benissimo ciò che stava pensando.
Non era più solo.
Per la prima volta in due anni si sentì innocente al male che aveva commesso.
"Grazie... a tutti!"

Pieces - Sum 41



***

Ed ecco a voi la storia di Georg. Mi scuso davvero per l'attesa, ma questo capitolo è abbastanza lungo e doveva essere perfetto. Spero, quindi, di aver fatto un buon lavoro e che non siate rimaste deluse. ^^ come solito passiamo ai ringraziamenti ^^

**Principessa Kaulitz**= Mi dispiace se non aggiorno molto spesso, ma questa storia è un po' complicata e mi deve uscire benissimo. Spero che tu non sia rimasta delusa da questo capitolo.

**DarksideOfNana**= Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Ti ringrazio davvero molto sono contenta che ti piaccia ^^

**Shari_Music**= Grazie Gemy davvero, i tuoi commenti sono sempre magnifici e io ti adoro. Sono felice che questa storia ti abbia preso così. Non me lo aspettavo davvero, sapere che attendi un mio lavoro è la cosa più bella di questa storia... aspetto la tua recensione e tu sai cosa intendo xD ILD <3

**SuperStar_483**= Grazie mille per il complimento, sono davvero felice che ti piaccia e ti abbia preso così tento. Spero che questo capitolo sia stato all'altezza delle tue aspettative ^^ grazie ancora e un bacio ^^

**BloodyRose93**= Oddio appena ho visto la tua recensione il mio cuore ha saltato un battito per la gioia xD potevi uccidermi! xDxD apparte gli scherzi, la tua recensione mi ha davvero fatto molto piacere e spero che i prossimi capitoli ne avranno un altrettando lunga e ricca come quella. Aspetto infatti di sapere che cosa ne pensi di questo capitolo a cui tengo moltissimo ^^ grazie davvero molte... un bacione <3

**eleonor483**= Grazie mille davvero per il tuo commento. Non preoccuparti per il ritardo l'importante è che tu commenti ;) spero che la storia di Georg sia valsa l'attesa e ti sia piaciuta. Grazie mille, un bacio.

**Soft25**= Wow il capitolo precedente ti ha proprio colpita, ne sono davvero lusingata. Grazie davvero, spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che sia valsa l'attesa ^^ un bacio <3

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Capitolo 8
*** Don't Be Afraid ***


Don't Be Afraid

Du Bist Nicht Alleine



"Georg ti va di venire a casa nostra questo pomeriggio?" esclamò Bill Kaulitz quando, una volta usciti dall'infermeria i quattro amici si stavano dirigendo ognuno nelle proprie classi.
"Cosa?" esclamò Georg stupito.
"Hai capito bene!" rispose Bill voltandosi verso di lui "oggi non deve essere una bella giornata per te e magari stare da solo non ti fa bene. Ripenseresti alle cose brutte che ti sono capitate e non voglio. Se vieni da noi potremmo aiutarti a distrarti, che ne dici, Tomi?" Bill guardò il gemello speranzoso di una sua risposta affermativa mentre Georg, ancora incredulo per la proposta avanzata da Bill, cercava di convincersi che infondo non era una pessima idea.
"Certo! Per me va bene!" sbottò Tom entusiasta "Potremmo fare i compiti e sarebbe l'ideale!"
Bill sorrise felice battendo le mani compiaciuto da quella prospettiva e si rivolse a Gustav che era rimasto in disparte per tutto il tempo.
"L'invito vale anche per te ovviamente, Gustav!" esclamò il moretto sorridendo e afferrandolo per un braccio per farlo camminare accanto a loro e non dietro.
"Ti ringrazio molto, Bill, accetto volentieri. Georg, tu che cosa hai deciso?" domandò quest'ultimo.
"Ehm.., sei sicuro che non è un problema? Insomma..."
"Che cosa vorresti dire, Georg?" Tom si avvicinò al ragazzo premuroso, ma anche un po' confuso.
"Io credevo che dopo quello che vi ho rivelato oggi, non sareste più... come dire..."
"Non saremmo stati più amici?" sbottò Bill freddamente. La felicità che aveva provato poco prima si era improvvisamente spenta.
"Bè non ti sarà poi così facile sbarazzarti dei gemelli Kaulitz, sai?" sbottò Tom incrociando le braccia e guardandolo con un'espressione torva.
"Proprio così!" continuò Bill "una volta conosciuti non te ne liberi più!"
Georg rise e presto i tre amici lo imitarono.
"Allora? Accetti?" sbottò Bill di nuovo allegro.
"ovviamente!" rispose Georg, provocando in Bill un nuovo stato di felicità.
"Fatemi chiamare mia madre." esclamò poi il moro.
"E io mio fratello." aggiunse Gustav, mentre entrambi afferravano il cellulare e si allontanavano per chiamare ognuno il proprio parente.
Tom prese Bill da parte e lo guardò per qualche secondo negli occhi prima di rivelargli il motivo di quell'improvviso comportamento.
"Stai bene?" gli chiese preoccupato.
"Certo!" rispose Bill un po' a disagio "Perché me lo chiedi?"
"Mi era sembrato che la storia di Georg ti avesse un po' rattristito." rispose Tom.
Bill lo guardò un po' perplesso. Conosceva quel tono di voce e persino l'espressione sul suo volto. Erano dei chiari segni che il gemello voleva chiedergli qualcosa, ma non trovava il coraggio e le parole giuste per iniziare.
"Infondo... molte parti della storia sono... sono simili alla tua... e io... io... volevo chiederti se... anche tu ti senti così?" aveva esclamato l'ultima domanda tutta insieme e se Bill non fosse stato suo fratello, gli avrebbe sicuramente chiesto di ripetere.
Sembrava che il rasta avesse ingoiato qualcosa che non riusciva a mandare giù, ma non riusciva neppure a risputare. Bill capì che doveva essere stato davvero difficile per lui mostrarsi così vulnerabile.
"Bè... a volte sì." rispose Bill onestamente "ma non preoccuparti non mi verrà mai l'istinto di uccidere qualcuno" il moro sorrise e Tom lo imitò. Sembrava più tranquillo ora che era riuscito ad esprimere il suo timore.
"Ok." concluse Tom evitando di guardarlo in faccia per l'imbarazzo "Allora, va tutto bene?"
"Va tutto bene, Tomi. Ti ringrazio per esserti preoccupato." Bill sorrise e si voltò verso Georg e Gustav che stavano arrivando alle loro spalle.
"Tutto a posto?" domandò cercando di dipingersi in volto l'espressione forte e da duro tipica di Tom Kaulitz.
"Sì. Ti ringraziamo per l'invito, Bill. Abbiamo apprezzato molto." esclamò Gustav dando sfoggio di uno dei suoi più dolci sorriso, mentre Bill arrossiva leggermente.
"Bene. Mamma dovrebbe essere ancora a scuola. Possiamo avvisarla."
"Mamma è qui?" sbottò Bill allarmato "e che cosa è venuta a fare?"
"La tua professoressa d'inglese..." rispose Tom mordendosi la lingua per essersi fatto sfuggire quel piccolo particolare.
Bill si voltò verso Gustav un po' intimorito "Allora non l'avevo convinta!" mormorò tristemente.
"Solo uno stupido avrebbe creduto alle tue parole..." rise Gustav e i ragazzi, tranne Bill, lo imitarono.
"Su, Bill!" lo incoraggiò Tom stringendogli una spalla "non ci pensare ora. Pensa invece che abbiamo un intero pomeriggio da passare con Georg e Gustav."
Bill fu allettato da quella prospettiva e si calmò scacciando dalla mente il pensiero di sua madre per le successive due ore di scuola che mancavano alla fine di quella lunga giornata.
Aveva saltato un'intera ora di scienze e ora avrebbe dovuto avere due ore di tedesco.
"Bè, allora noi andiamo in classe." sbottò Tom quando ebbero raggiunto l'aula di Bill e Gustav "ci vediamo dopo all'uscita ragazzi. Bill, stai su di morale, ok?"
"Sì!" rispose il moretto mentre lo salutava con la mano.
I ragazzi si augurarono buona giornata e poi Georg e Tom sparirono dalla loro vista salendo le scale.
"Non vieni?" esclamò Gustav notando che Bill non accennava ad entrare.
"Devo andare in bagno prima. E' da quando siamo entrati in infermeria che la trattengo. Dillo tu alla professoressa."
"Va bene!" esclamò Gustav "Sta' attento."
"Sì" il moro sorrise e si diresse in bagno velocemente. Non avrebbe resistito un altro secondo di più.
Aprì la porta, la richiuse alle sue spalle ed entrò in uno dei bagni alla sua destra. Provò una strana sensazione di disagio a trovarsi di nuovo in quel posto, poiché proprio in quel bagno Steven lo aveva ferito una settimana prima.
Uscì dal bagno e si diresse ai lavandini per lavarsi le mani. Stava quasi a metà strada dal bagno e i lavandini, quando sentì una voce provenire alla sua sinistra. Qualcuno era appena entrato.
Rientrò velocemente nel bagno da dove era uscito mentre il suo respiro si faceva irregolare.
La paura dentro di lui crebbe a dismisura come quando Steven si divertiva a picchiarlo in quello stesso bagno.
Non aveva ancora superato le ombre del suo passato.
"Claro que sì!" esclamò una voce in spagnolo. A giudicare dal tono cupo e preoccupato doveva essere molto agitato. "No puedo creer que es todavìa aquì. Tengo todo el año para organizar algo. Espero que dentro el final de la escuela serà todo resuelto. ¿Cómo? no, no te preocupes, tengo todo bajo control, tengo solamente que pensar à un plan infalible y probablemente no me serviré todo el año para poner la palabra fin a todas mis penas!*"
Bill non capiva una sola parola di quello che il ragazzo stava dicendo, ma capì che stava parlando al telefono perché sentì una voce che rispondeva quasi impercettibilmente nell'istante in cui lo spagnolo aveva finito di parlare.
Cercò di stringersi di più alla tazza del water, quando urtò con un braccio il porta carta igienica di fianco a lui che, già in precario equilibrio, cadde rompendosi ai suoi piedi con un gran frastuono.
"Perdoname, tengo que dejarte. No estoy solo aquì. Hasta luego.**" così dicendo chiuse la comunicazione e Bill trattenne il respiro per la paura. Non gli serviva sapere lo spagnolo per capire quello che aveva detto.
Dopo quelli che erano sembrati interminabili secondi la porta del suo bagno si aprì con violenza e una figura alta e snella con folti capelli neri si parò davanti ai suoi occhi.
"¿Quién eres tu? ¿cómo te llamas?" sbottò infuriato.
"Io-io non ti capisco!" sibilò Bill terrorizzato, non riuscendo a muovere neppure un muscolo.
Lo spagnolo sembrò soddisfatto, probabilmente aveva testato le conoscenze spagnole dell'intruso dato che in quella scuola, alcuni indirizzi, prevedevano lo studio dello spagnolo come terza lingua.
"Chi sei? Come ti chiami?" ripeté il ragazzo in tedesco, con un tono di voce troppo malizioso.
"Mi-Mi chiamo Oliver." sbottò quasi meccanicamente il moro.
Sentiva che non doveva fidarsi di quel ragazzo tanto da rivelargli il suo primo nome. E se fosse stato amico di Steven? E se stesse parlando con lui al telefono? Magari Steven aveva studiato spagnolo o era originario della Spagna. I pensieri più stupidi presero forma nella sua testa, mentre rimaneva immobile di fronte allo spagnolo che non lo guardava più con malizia, ma confuso, come se fosse non riuscisse a capire una cosa fin troppo evidente.
"Somigli a qualcuno che conosco." sbottò d'improvviso.
A chi poteva somigliare che veniva dalla Spagna? Una volta sua nonna gli aveva detto che poteva essere scambiato per uno spagnolo se non parlava, ma era vecchia e probabilmente non ci vedeva neanche bene.
In quel momento tanto la paura si era impadronito di lui, non pensò neppure per un istante che aveva un fratello gemello nel corridoio sopra a quello dove si trovava lui in quel momento.
Lo spagnolo rimase a guardarlo ancora per qualche secondo, come a studiarne la fisionomia, poi riprese a parlare.
"Oliver, eh? Non lo avrei mai detto!" sbottò in una risata sarcastica e Bill chinò il capo offeso. Non poteva credere che tutto si stava ripetendo di nuovo.
Calò il silenzio. I due si guardavano negli occhi per qualche secondo, poi il ragazzo spagnolo interruppe il contatto visivo con il moro e uscì dal bagno, non prima di sbiascicare un "ciao Oliver!" sarcastico e una risata maligna.
Bill non si mosse per parecchi minuti fino a quando non fu assolutamente sicuro che il ragazzo non fosse uscito dal bagno. Afferrò il cellulare con mani tremanti e passò in rassegna i numeri della rubrica.
Appena individuò il numero che aveva intenzione di chiamare premette il tasto verde e si portò il telefono all'orecchio.
"Bill, cosa succede?"

Bill Kaulitz si portò le gambe al petto mentre tremava ancora scosso. Non sapeva neppure lui che cosa gli stesse succedendo. Cominciò ad annaspare e si guardò le mani tremanti, come se fosse la prima volta che le avesse viste.
Ogni minuto che passava trovava sempre più difficoltoso catturare l'ossigeno che richiedevano i suoi polmoni.
La porta del bagno si spalancò di colpo e il moro alzò il capo contornato di lacrime nere per fissare il ragazzo di fronte a lui con uno sguardo terrorizzato sul volto.
"Bill!" esclamò Georg ansimando. Evidentemente aveva fatto le scale di corsa.
"Scusa..." pronunciò Bill in un sussurro "Avevo bisogno di parlare con qualcuno e mi sei venuto in mente solo tu!" scoppiò in lacrime e Georg lo prese per un braccio, obbligandolo ad alzarsi in piedi.
"Non fare così!" sbottò l'amico accompagnandolo ai lavandini "sciacquati il viso!"
Il moro obbedì e si guardò allo specchio. Ansimava ancora e Georg gli porse una busta con la quale Bill cominciò a respirare meglio.
"Mi hai fatto preoccupare al telefono! Ero spaventato e ti ho sentito ansimare così mi sono fermato al bar per prendere un sacchetto. Come va?" Georg lo fece sedere sul gabinetto continuando a massaggiarli la schiena.
"Va meglio..." rispose Bill cercando di rassicurarlo con un sorriso, mente continuava a respirare nella busta.
"Mi spieghi ora che cosa ti è successo? Ho dovuto impedire che Tom mi sentisse al telefono. Fortuna che stava parlando con il nuovo arrivato!" commentò Georg tirando un respiro di sollievo nel vedere il suo amico riprendersi.
"E' solo che..." quando Bill aveva chiamato Georg, quasi senza pensarci, voleva raccontargli l'episodio che aveva provocato quella piccola crisi di panico, ma ora che se lo trovava di fronte, ripensando all'ora precedente che avevano trascorso in infermeria valutò seriamente l'idea di non dirgli nulla.
"Niente... deve essere stata la stanchezza." mentì continuando a respirare nella busta.
"Non è la stanchezza!" commentò Georg nervoso "potevi chiamare Tom, ma hai chiamato me. Quindi non è solo la stanchezza!"
Georg aveva alzato la voce e Bill aveva chinato il capo quasi spaventato. Fece cadere la busta per terra e rimase in silenzio cercando di trovare le parole più giuste.
Si sentiva così infantile in quel momento che avrebbe voluto non aver mai chiamato Georg.
"E' Steven?" chiese Georg infuriato di fronte al silenzio dell'amico "gli spacco la faccia, davvero!"
"No!" gridò Bill disperato "non è lui! Era un ragazzo con i capelli neri che parlava spagnolo."
"Rubens?" chiese Georg.
"Non so come si chiama." confessò Bill.
"Cosa ti ha fatto?" Georg si infuriò di nuovo e Bill ripensò ad Alex e Andrews.
"Niente..." rispose "l'ho sentito entrare e mi sono nascosto, stava parlando al telefono con qualcuno. Non mi ha toccato..."
"Allora perché piangi?" domandò Georg più calmo. Era passato da un tono aggressivo a uno premuroso.
Bill tacque e chinò di nuovo il capo "Non voglio che tutto ritorni a essere come prima che conoscessimo te e Gustav. Non lo sopporterei, Georg." mormorò mentre altre lacrime si facevano strada sulle sue gote.
Georg lo prese tra le braccia e lo strinse forte.
"Non sei più solo." Gli sussurrò.
Passarono diversi minuti prima che Bill si fosse completamente calmato e uscirono insieme dal bagno per tornare ognuno nelle proprie classi.
"Non tornerà tutto come prima, Bill." Gli disse Georg infine sperando di non dover più trattare quell'argomento.
"Qualunque cosa succederà potrai sempre contare su di noi."
"Mi sento in colpa ad averti disturbato. Hai già abbastanza problemi oggi senza che mi ci metto pure io con le mie crisi infantili." esclamò Bill chinando il capo.
"Non dire sciocchezze! Sono felice di aiutarti, anche se non mi hai detto tutto, lo so."
"Ha solo fatto un commento sarcastico sul mio nome." sbottò Bill come se la cosa non avesse più la stessa importanza che gli aveva attribuito all'inizio.
"Bill?"
"No, istintivamente gli ho detto di chiamarmi Oliver. E' quello che ho detto a Steven la prima volta che l'ho incontrato. Rubens mi ha fatto intendere che non si sarebbe aspettato un nome..." esitò, stringendosi il braccio destro con quello sinistro.
"Maschile?" concluse Georg.
Bill annuì e l'amico gli poggiò una mano sulla spalla. "E' un idiota!" esclamò ridendo.
Bill lo guardò un po' confuso dalla sua improvvisa risata.
"Insomma dai..." continuò Georg "è spagnolo!"
Bill sorrise e Georg lo imitò felice di veder ritornato il sorriso sul suo volto. Non riusciva a spiegarsi il motivo, ma vedere Bill senza sorriso era come vedere un cielo senza stelle: triste da guardare.
"Lo dirai..." iniziò Bill.
"Ah non ci provare!" lo interruppe Georg "Certo che lo dirò a Tom!"
"Ma così lui..." cominciò a balbettare Bill di nuovo spaventato.
"Bill, come è iniziata l'altra volta? Insomma tuo fratello che ci sta' a fare?"
Bill chinò il capo. Georg aveva ragione, dopo tutto. Ci stava cascando di nuovo. Non voleva che tutto si ripetesse, ma stava commettendo di nuovo gli stessi errori.
"Va bene!" commentò rassegnato.
Georg lo riaccompagnò in classe e tornò nella sua al piano di sopra.
"Mi raccomando! Ci vediamo all'uscita." sbottò e sparì su per le scale.
Bill fece un respiro profondo ed entrò in aula.

***



"E insomma mia madre ha espresso il desiderio di conoscerti." sbottò Tom Kaulitz seduto su un gradino dell'entrata della scuola.
"A me?" rispose Georg stupito.
"E chi se 'o? Mio cu'ino?" Articolò il rasta con la bocca piena, dopo aver addentato un pezzo della merenda che non aveva neppure toccato all'intervallo.
"Sì, ma insomma... tua madre... sa cosa ho fatto?"
"Sì, lo sa..." concluse il rasta ingoiando il boccone "la professoressa Johnson le ha parlato del lutto della scuola e io... scusa, Georg, è solo che è mia madre... odio mentirle."
"No, hai fatto bene..." sorrise il moro "l'idea di venire a casa vostra senza che tua madre sapesse nulla mi preoccupava un po'."
Tom lo fissò per un istante mentre abbassò la mano, con la quale reggeva la merenda mangiucchiata che era rimasta a mezz'aria.
"E' stata una brutta giornata oggi per te. Non ci pensare, ok?" esclamò tristemente.
Il moro annuì sorridendo.
"Comunque mia madre l'ha presa anche fin troppo bene." sorrise Tom "vuole assolutamente conoscerti."
Georg sorrise rialzando il capo. In quel momento, mentre aspettavano Bill e Gustav all'uscita dalla scuola, gli tornò in mente quello che era successo nel bagno poco prima con Bill.
"Devo dirti una cosa..." sbottò il ragazzo e Tom lo guardò preoccupato.
"Che è successo? Riguarda Bill?" il rasta aveva cambiato umore, passando da spensierato a tremendamente preoccupato.
"Sì, ma sta calmo. Sta bene. Dice di aver incontrato un ragazzo che parlava al telefono in spagnolo in bagno. Ho dedotto che fosse Rubens e diciamo che non è stato carino con lui."
Tom rimase in silenzio e guardò l'amico con un'espressione vacua da cui non si riusciva esattamente a capire ciò che pensava.
"Tom..."
"Tomi!" una voce in lontananza fece voltare il piccolo Tom che guardò il gemello come se fosse la prima volta che lo vedeva in quella giornata.
"Bill stai bene?" gli corse incontro preoccupato mentre Bill e Gustav avanzavano verso l'uscita.
"Glielo hai detto?" pronunciò Bill in direzione di Georg e questi annuì a malincuore.
"Sto bene, Tomi." sorrise Bill "è tutto a posto davvero."
"Ma perché non mi hai chiamato? Insomma, la storia si ripete? Vuoi fare come con Steven?" il rasta aveva alzato il tono di voce e sembrava arrabbiato.
"Tomi..." azzardò il moro, ma il gemello lo interruppe di nuovo.
"Che cosa ti ha detto? Giuro che gli spacco la faccia!"
"E' per questo che non ti ho detto nulla! Tu ti alteri subito! Prenderesti a pugni te stesso se ti scappasse un insulto nei miei confronti."
"E credi che mi diverta? Credi che mi piaccia avere tutta la classe contro perchè sei mio fratello?"
"Sono il tuo gemello, Tom, gemello! Che ti piaccia o no!" Bill buttò per terra lo zaino e rimase immobile quasi paralizzato.
"Non intendevo questo, Bill!"
"Ah no? Che cosa intendevi allora?"
Tom non rispose e chinò il capo imbarazzato.
"Come immaginavo." Sentenziò Bill.
Georg e Gustav erano rimasti in silenzio, chiaramente stupiti di vedere per la prima volta vedere i gemelli litigare. Se li erano sempre immaginati uniti e vederli discutere per una tale stupidaggine era una cosa del tutto nuova.
"Tu non puoi capire, Tom. Mi sono fatto prendere dal panico... ho avuto paura..." Riprese Bill abbassando la voce.
"Che cosa ti ha detto?" Ritentò Tom avvicinandosi al fratello. Voleva prenderlo per mano, anche se il gesto l'avrebbe messo in imbarazzo di fronte a Georg e Gustav.
"Nulla..." Rispose Bill e il rasta chinò il capo deluso.
"Certo..." Esclamò e prese lo zaino che Bill aveva abbandonato per terra.
"Dobbiamo andare! Ho parlato con mamma poco fa e si preoccuperà se non ci vede arrivare."
"Tomi..." Il rasta si allontanò prima che Bill potesse continuare a parlare e il moro rimase in silenzio in mezzo ai due amici.
"Sono un idiota!" Sibilò, mentre veniva invaso da un brutto senso di colpa che provava ogni volta che litigava con Tom.
"Siete semplicemente nervosi..." Constatò Gustav cercando di consolarlo "questo pomeriggio..."
"... sarà un disastro!" Lo interruppe Bill "mi dispiace, Georg. Volevo che tu passassi una giornata allegra e invece sarà uno schifo."
"Non preoccuparti, Bill. L'importante è che sto con voi."
Georg sorrise e Bill lo imitò prendendo a camminare per raggiungere Tom, che gli aveva di gran lunga preceduti.
"Mamma è un tipo allegro." Incominciò Bill dopo un breve tratto di strada, rispondendo alla domanda di Georg su come fosse sua madre.
Gustav chinò il capo e Georg lo guardò un po' colpevole "E' simpatica ed è molto protettiva. Ci ha avuti quando aveva diciotto anni. Nostro padre era molto più grande di lei e non si sono mai sposati. Lui ci ha abbandonati quando io e Tom avevamo due anni e nostra madre non si è mai ripresa del tutto, amava molto papà. Però è andata avanti e si è sposata. Viviamo con Gordon da..." Si portò una mano sul mento per ricordare "... cinque anni, ma lo conosciamo da quando ho memoria. Ricordo da bambino che mamma ci lasciava con la zia e Gordon veniva a prenderla a casa per uscire." Bill sorrise e Georg capì che la felicità della madre era per lui la cosa più importante, dopo quella di suo fratello.
"E i vostri genitori come sono?" Chiese il moro dopo essersi ripreso dal felice ricordo.
Fu Georg a prendere per primo la parola, poiché Gustav aveva chinato il capo e un' espressione triste era apparsa sul suo volto.
"I miei genitori sono sposati da più di vent'anni e sono inseparabili. Non li stacchi neanche a morire! Ho una sorellina più piccola, ha cinque anni, si chiama Nicole. E' una peste, davvero, ma le voglio un gran bene. Farei di tutto per lei." Georg chinò il capo emozionato ricordando ciò che la sorellina gli aveva detto, un anno prima, quello stesso giorno. Gli venne un po' di malinconia al pensiero che dovesse andare a casa dei gemelli e non avrebbe potuto vederla fino a sera.
"Anche io e Tomi avremo una sorellina!" Sbottò Bill felice. Sembrava aver momentaneamente superato la tristezza che la litigata col gemello gli aveva procurato.
"Nostra madre è incinta di sette mesi." Il moro si disegnò un largo sorriso sul volto che contagiò i suoi amici.
"Siamo felici per te!" Esclamò Gustav rialzando il capo.
"E tu Gusty? Come sono i tuoi genitori?"
Il biondo aveva smesso di camminare ed aveva mantenuto un costante silenzio mentre, nervoso, il suo sguardo era caduto al suolo come per contemplare qualcosa di invisibile.
"I miei..."
"Ehi, ma dov'è Tom?" Georg aveva bruscamente interrotto l'amico esponendo un dubbio a cui, fino a quel momento, nessuno aveva pensato.
Bill staccò gli occhi dal suo compagno di classe, guardò intorno a lui e afferrò preoccupato e con mani tremanti il cellulare, scorrendo tra la rubrica il numero del gemello.
Georg aveva guardato davanti a loro, alla loro destra, sinistra, persino indietro nel caso avessero superato il rasta senza accorgersene, ma di lui non c'era nessuna traccia.
"Ho capito, ma dove sei?" sentì Bill urlare e subito dopo il moro annuì visibilmente più tranquillo.
"Ok, ti aspettiamo a casa." Esclamò infine e riattaccò.
"Ho fatto un casino!"

Il rasta si voltò visibilmente arrabbiato verso il ragazzo spagnolo che aveva alle spalle, lasciando cadere sui gradini della scuola il suo zaino e quello del gemello.
"Insomma, perché sei così nervoso?" Sbottò Rubens un po' confuso alla vista del suo amico così agitato. Si era presentato davanti a lui, impedendogli di tornare a casa, d'improvviso e non gli aveva neppure spiegato il motivo delle sue urla.
"Bè, te lo spiego con parole semplici: cosa vuoi da Bill?" Sbottò il rasta guardandolo dritto negli occhi scuri. Nei suoi nocciola si leggeva rabbia repressa da giorni.
"Chi è Bill?¿Qué quieres decir?" Sbottò Rubens esterrefatto.
Tom si avvicinò a lui spostando lo sguardo verso una ragazza che stava passando in quel momento.
"Voglio dire che..." sottolineò quelle parole come irritato "se vuoi dimostrarti mio amico devi lasciare in pace mio fratello!"
"Tuo fratello?" Sbottò Rubens disegnandosi sul volto un'espressione innocente "non sapevo che avessi un..."
"Nel bagno, alla quarta ora! Ha sentito un ragazzo parlare in spagnolo... mi hanno detto che non sei stato carino con lui!"
"E hai pensato subito a me? Appena te lo ha detto mi hai incolpato senza sentire la mia versione dei fatti?"
"Chi altri è spagnolo qui dentro?"
"Oh certo, qui non si studia spagnolo, vero? Per tua informazione in altri corsi lo spagnolo è presente come terza lingua."
"Ma..."
"Ma cosa? Io non ho mai visto tuo fratello né tanto meno ho parlato spagnolo da solo in bagno."
"Diceva che eri al telefono!"
"Hai visto tu stesso che ho lasciato il telefono sotto al banco mentre ero in bagno."
Tom rimase in silenzio per qualche secondo, indeciso cosa dire per sostenere la sua tesi, ma si rese conto che non poteva più controbattere e che il suo amico aveva ragione. In fin dei conti non era stato neppure Bill a raccontargli che cosa era accaduto.
"Che cosa hai fatto allora in bagno per tutto il tempo che sei stato via?"
"Quando stavo tornando dal bagno sono stato bloccato da uno studente del terzo anno. Piangeva e mi sono fermato per vedere come stava. Bè dopo che il ragazzo è tornato in classe... anche io non mi sono sentito bene come lui!"
Tom chinò il capo profondamente dispiaciuto e si sentì tremendamente in colpa di aver risvegliato in lui un doloroso ricordo legato alla morte di suo cugino. In quella giornata già abbastanza difficile per lui, ci mancava che l'unico amico che aveva nella sua classe lo accusasse ingiustamente di qualcosa che non aveva fatto.
"Mi dispiace..." sussurrò debolmente.
"No, non preoccuparti. Avrei pensato la stessa cosa se fosse successo a me. Tuo fratello ti ha chiamato preoccupato e dai sospetti sembrava che parlasse di me." esclamò Rubens calmo.
"Non ha chiamato me!" sibilò Tom a denti stretti. Si diresse verso un muretto e gli diede un colpo con la mano.
"E chi ha chiamato?" domandò lo spagnolo posandogli una mano sulla spalla.
"Ha chiamato Georg!" rispose il rasta e un senso di inquietudine si impadronì del suo cuore.
Provava invidia verso l'amico. Perché Bill aveva chiamato proprio Georg? Perché non riusciva ad avere fiducia in lui?
Si sentì uno stupido infantile nel produrre quei pensieri e si nascose il viso tra le mani.
"Georg Listing? Il ragazzo della nostra classe?" chiese Rubens con un tono di voce che nascondeva appena un pizzico di sorpresa.
"Sì!" confermò Tom e poi si voltò di nuovo, stanco della piega che aveva preso la discussione, per prendere il suo zaino e quello del gemello che aveva abbandonato sui gradini.
"Io devo andare, Rubens, scusami per averti dato contro, ci vediamo domani!"
Così dicendo il rasta si allontanò e Rubens gli rivolse un cenno di saluto.
Lo spagnolo rimase a guardarlo finché non sparì dalla sua vista e poi sorrise.
"Georg Listing..." sussurrò debolmente e poi si allontanò.



An Deiner Seite (Ich Bin Da) - Tokio Hotel


*"Certo che sì! Non posso credere che sia ancora qui. Ho tutto l'anno per organizzare qualcosa. Spero che entro la fine della scuola sarà tutto risolto. Come? No, non ti preoccupare ho tutto sotto controllo. Devo solamente pensare a un piano infallibile e probabilmente non mi servirà tutto l'anno per porre la parola fine a tutte le mie pene."
**"Scusami devo lasciarti. Non sono solo qui, a dopo."

***

Eccomi con un nuovo capitolo. Teoricamente questo e il prossimo avrebbero dovuto essere un capitolo solo, ma in questo momento ho deciso di dividerli e farne due per renderlo meno pesante e dividere l'atmosfera tesa in questo e più rilassata nel prossimo. Spero di non aver fato una stupidata xD questo capitolo credo che sia abbastanza utile alla storia, anche se mi rendo conto che probabilmente a primo impatto sembra un po' inutile xD chiedo scusa per aver messo un titolo in inglese, ma ho avuto poco tempo per deciderlo e questo comunque mi sembrava adatto. Spero di non aver deluso i lettori e passiamo ai ringraziamenti ^^

**Principessa Kaulitz**= Ciao, spero che non rimarrai male, ma per quello dovrai aspettare praticamente la fine della storia quindi per favore non chiedere più, ma sarei più felice se commentassi i vari i capitoli in base al loro contenuto :) sto faticando molto per scrivere questa storia e tutto per non deludervi :)

**Shari_Music**= Cioé rispondo al tuo commento e parte la canzone in polacco che adoro xDxD e sotto le bellissime note di Mowisz i Masz commento il tuo commento xD grazie mille, i tuoi commenti sono sempre bellissimi e sono contenta che ti abbia preso così tanto la storia. Non posso aggiungere altro perché le cose da dirti sarebbero davvero tante. Grazie per avermi aiutato a battere il capitolo :) Danke Gemy <3

**MaryTK483**= e finalmente la Mary commenta le storie anche qui *-* Il mio scopo era proprio quello di arrivare ad emozionare il lettore ed immedesimarsi nei panni di Georg. Sono contenta di essere riuscita nel mio intento xD credo che Gustav sia il classico ragazzo che farebbe di tutto per il suo migliore amico ^^ adoro i tuoi film mentali lo sai? dai non ti ho fatto aspettare molto ;)spero che questo capitolo ti sia piaciuto ^^ ti voglio bene, tesoro. <3 ah dimenticavo... ti saluta Will ;)

**SuperStar_483 **= Grazie per i complimenti e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^

** Arancina22**= ahaha Sore è in pari con la storia e adesso dovrai aspettare come tutte le altre lunghi periodi di tempo tra un capitolo e l'altro xD sono davvero contenta che questo capitolo sia stato migliore del precedente, ero un po' dubbiosa, ma date le critiche positive sia tue che delle altre ragazze mi sono convinta che sia uscito bene xD già Tom è parecchio irritante e l'ho fatto apposta. In fin dei conti non si sta parlando di qualcuno a caso, ma di suo fratello gemello. La cosa lo tocca molto da vicino e probabilmente si comporta così solo perché odia vederlo soffrire ^^ sono contenta che ti sia piaciuto. Ti dico che questo capitolo secondo me fa schifo, spero che sarei clemente, ma come tu sai (e come sei stata sempre) devi essere onesta U_U xD ti voglio tanto bene, tua Sore.

**BloodyRose93**= L'ultimo commento ma non il meno importante. Forse tu non ci crederai, ma appena ho finito di leggere il tuo commento mi sono quasi commossa. Non sono tipo da piangere facilmente, o per lo meno non riesco a commuovermi per una cosa bella, ma tu ci sei quasi riuscita e fino adesso solo Gemy (Shari_Music citata sopra xD) ci è riuscita xD Non riesco a descriverti a parole che cosa ha significato per me le tue parole, ma mi sono arrivare dritte al cuore e di questo ti devo ringraziare. Lo so che risponderai che non devo ringraziarti, ma ti prego di accettare i miei ringraziamenti perché davvero mi sono sentita davvero lusingata e davvero brava. Scrivere è il mio sogno e le tue parole non hanno fatto altro che alimentare la voglia che ho di diventare una brava scrittrice quindi grazie. Sono davvero felice di aver raggiunto il mio scopo. Grazie davvero per i complimenti e spero che anche questo capitoli sia arrivato a te come gli altri. Credo che aspetterò sempre con ansia i tuoi commenti, quindi non preoccuparti della lunghezza xD anzi più linghi sono meglio è. ^^ sono ripetitiva, ma ti dico ancora grazie e spero che il capitolo ti sia piaciuto. Un bacio ^^

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Capitolo 9
*** La Nostra Band ***


La Nostra Band

'cause those lessons made us who we are today,
Now we're taking the next step. Without a regret.
No regret.



"THOMAS JAMES KAULITZ!"
Non appena Tom Kaulitz aveva varcato la soglia di casa si era ritrovata di fronte a una donna infuriata e incinta che sbraitava contro di lui, mentre, a giudicare dalla faccia, il gemello più anziano sembrava aver appena ricevuto una bella strigliata.
Probabilmente la donna, non appena aveva notato che l'altro suo figlio era finalmente tornato a casa, aveva cambiato l'oggetto del suo sfogo verso il figlio più piccolo.
Georg e Gustav stavano seduti su due sedie vicino alla cucina in perfetto silenzio e recavano entrambi un tenue sorriso sul volto.
"Mamma..." sbottò il rasta evitando di guardarla negli occhi "posso spiegarti."
"Certo che puoi! Torna a casa tuo fratello e di te nemmeno l'ombra e William mi dice che sei rimasto a scuola. A fare che cosa? Oh che scema me lo chiedo anche, come se non lo sapessi! Non approvo i tuoi modi maneschi di difendere tuo fratello!"
"Che cosa le hai detto?" sbottò il rasta infuriato spostando lo sguardo dalla madre al gemello.
"Non rivolgerti così a tuo fratello! Era preoccupatissimo quando è tornato a casa!"
Tom chinò il capo afflitto.
"La professoressa Johnson" continuò la donna "mi ha spiegato che è successo in questo mese e ovviamente io non sapevo nulla perché i miei figli con me non parlano! Volete sapere che cosa ho provato a farmi dire da una perfetta sconosciuta che mio figlio è vittima di bullismo? Ero imbarazzata e... preoccupata!" la donna si sedette respirando velocemente mentre i suoi figli correvano verso di lei preoccupati.
"Mamma, non agitarti!" sbottarono in coro i due bambini mentre massaggiavano insieme la schiena della madre. Si guardarono in volto e sorrisero un po' imbarazzati.
Gustav guardò più attentamente la madre dei due gemelli e notò solo in quel momento il rigonfiamento all'altezza del ventre, che Georg aveva già notato quella mattina a scuola.
Tom posò una mano sulla spalla del gemello, che aveva iniziato a singhiozzare, e una sulla pancia della madre, come per sentire il contatto con la sua sorellina.
"Scusate ragazzi..." mormorò la donna, mentre anche Bill poggiò una mano sul suo ventre e lei prendeva loro le mani baciandole.
"Chiedo scusa anche a voi!" sbottò rivolta a Georg e Gustav "siete venuti a casa nostra, è la prima volta che ci vediamo a parte te Georg, e noi litighiamo! Sono proprio una maleducata!" la donna si asciugò gli occhi lucidi e si alzò dalla sedia dirigendosi verso Gustav.
"Io mi chiamo Simone." pronunciò gentilmente "sono contenta che il mio William abbia trovato due amici come voi. E' stato sempre un bambino molto timido e riservato, non ha mai avuto amici, voi siete proprio un dono venuto dal cielo. Grazie a tutti e due!" li strinse in un abbraccio forte e affettuoso.
"Mamma!" sbottò Bill imbarazzato e nello stesso momento Tom imbronciato.
"E io chi sono?" continuò il rasta "il primo che passa per strada?"
Simone lo ignorò e si diresse ai fornelli controllando il pranzo per i quattro ragazzi.
Bill e Tom si diressero verso gli amici e si sedettero accanto a loro scambiandosi un'occhiata un po' colpevole. I gemelli non volevano che quella giornata già abbastanza orribile fosse peggiorata ulteriormente da altre urla o litigate.
Mangiarono in un'atmosfera abbastanza tranquilla in cui Simone aveva parlato dei suoi ragazzi e della sua adolescenza segnata dalla prematura nascita di quelle due pesti. Ma poi aveva aggiunto che non avrebbe vissuto una vita felice senza di loro, come era stato, ed aveva espresso il suo piacere nell'aspettare un altro figlio, stavolta femmina.
Dopo pranzo gli ospiti e i due gemelli ringraziarono la signora Trumper (che non approvava essere chiamata con il nome di suo marito) e si diressero nella cameretta di Bill e Tom ognuno per fare i compiti per il giorno dopo.
I due gemelli dormivano nella stessa stanza che era decorata secondo i gusti dei due ragazzi. Solo in quel momento Georg e Gustav notarono che, nonostante i gemelli fossero uguali nel fisico, in fatto di passioni erano l'uno l'opposto dell'altro esattamente come il loro look.
Vicino al letto di Bill, che sfoggiava una fantasiosa scritta arancione del suo nome abbreviato, erano appesi vari poster raffiguranti diversi artisti musicali tra cui Green Day, Areosmith e Nena (nota cantante tedesca Nda). Nella piccola scrivania accanto al letto, strapiena di libri di vario genere tra cui spiccava una collana di volumi trattanti di vampiri, erano presenti diverse fotografie che rappresentavano due bambini identici di qualche mese che giocavano, oppure di sei anni che si tenevano per mano con due enormi zaini sulle spalle.
Il lettino dalla parte opposta del primo sfoggiava una scritta azzurra del nome di Tom, non aveva lo stesso numero di poster del fratello, ma solamente uno che sovrastava sul letto e sulla stanza e raffigurava la cover del nuovo album di Samy Deluxe (noto rapper tedesco Nda). Vicino al letto del rasta una chitarra acustica era appoggiata al muro in una custodia semi-aperta, segno che Tom l'aveva suonata fino al giorno prima.
Appena Gustav entrò in stanza il suo stupore e la sua meraviglia furono comunicati da un acutissimo urlo che, tutti nella stanza, pensarono fosse degno di Bill.
"Sei un musicista?" esclamò il biondo entusiasta guardando la chitarra e sedendosi sul letto di Tom per osservarla con più attenzione.
"Ah ti riferisci a questa?" il rasta indicò la chitarra e la prese tra le mani liberandola dalla custodia "suono la chitarra da sei anni più o meno. " confermò con un pizzico di orgoglio nella voce "io e Bill ci esibiamo il sabato sera in un locale vicino a casa. La musica è la nostra vita!" guardò il fratello che sorrise chinando il capo imbarazzato.
"Davvero?" esclamò stavolta Georg entusiasta, rivolgendosi prima a un gemello e poi all'altro.
"Sì" continuò Bill rialzando il capo verso l'amico "Tomi alla chitarra e io alla voce. Ci guadagniamo qualcosa, non è molto, ma almeno aiutiamo mamma..."
"... che ora è a casa dal lavoro per maternità. Ma come mai siete così sorpresi?" continuò Tom che si sedette accanto a Gustav, con ancora la chitarra in mano, e prese a pizzicarne delicato le corde, per far sentire qualche pezzo ai due amici.
Bill si avvicinò al fratello e con uno sguardo avevano già concordato il pezzo migliore da suonare per fare buona impressione sui loro due ospiti.
Dopo la piccola litigata che li aveva visti protagonisti all'uscita da scuola, i due gemelli sembravano essersi chiariti senza aver avuto bisogno di parole, ma erano bastati solo uno sguardo e una chitarra per riappacificarli. Tom aveva deciso di tenere nascosto agli amici, ma soprattutto al gemello, del suo colloquio con Rubens. Non voleva litigare di nuovo con Bill ed era sicuro che suo fratello avesse scambiato Rubens per un altro studente che magari parlava spagnolo con un amico.
"Anche noi suoniamo!" sbottò Gustav eccitato "io suono la batteria e Georg il basso. Stiamo cercando un cantante e un chitarrista..." Gustav alzò il capo e posò gli occhi su Georg in piedi vicino a lui.
Sembrava incerto su quello che voleva dire e sperò che il suo migliore amico lo aiutasse.
"Wow!" sbottò Bill interrompendolo il biondo che aveva aperto la bocca per continuare a parlare.
"Tomi, è perfetto!"
"Bill!" il rasta alzò il capo dalla chitarra e il suono melodioso che aveva riempito la stanza fino a quel momento cessò.
"Lo sai, ne abbiamo già parlato. Abbiamo troppi problemi per pensare di creare..." si voltò verso Georg e Gustav e li vide concentrati e pendenti dalle sue labbra "una band. Con Rachel in arrivo, i tuoi problemi a scuola..."
"Io non ho problemi a scuola!" sbottò il moro e i due amici guardarono gli amici con un pizzico di timore in volto. Si erano appena riappacificati e non volevano che litigassero di nuovo.
"Ok, ragazzi" esclamò Georg guardando i gemelli "non sappiamo neanche a che livello siete voi e voi non sapete a che livello siamo noi. Non volevamo proporvi di formare una band."
"Ma io sì!" gridò Bill.
"Ti ho detto di no!" rispose Tom arrogante.
"Perché?"
"Ragazzi, basta, non litigate!" li interruppe Gustav esausto. Non ne poteva più di quella situazione. Da quando si erano rifugiati in infermiera l'atmosfera tra di loro era stata tesa per tutta la giornata. Tra Bill, Tom e Gustav si era creata una sorta di ostilità.
Il racconto di Georg aveva dapprima separato Gustav e Tom e ciò che era successo a Bill quella mattina stava separando quest'ultimo dal suo gemello.
Bill e Tom lo guardarono chinando il capo e Georg gli sorrise.
Tom spostò le dita sul manico della chitarra e riprese a pizzicarne le corde.
Bill lo guardò, muovendo la mano a ritmo di musica, e dopo qualche secondo aprì la bocca e chiuse gli occhi.
Gli accordi di Tom e la voce di Bill cominciarono a formare le strofe di una canzone e i due amici stettero ad ascoltare come rapiti da quelle parole e dal dolce suono della chitarra di Tom.
Gli accordi semplici e banali formavano una melodia tranquilla e armoniosa che attirò l'attenzione dei due amici concentrati a seguire le dita del chitarrista che si muovevano delicate da un capotasto all'altro. La voce di Bill, invece, era qualcosa di assolutamente mai ascoltato prima. Il suo timbro era delicato e quasi femminile, ma aveva un tono candido e dolce che compensava le minime imprecisioni tecniche.
Non appena i due gemelli terminarono la canzone si guardarono negli occhi e sorrisero orgogliosi.
Quando Bill smise di cantare, Georg fu come risvegliato da un bel sogno e si voltò verso l'amico sapendo benissimo che stava pensando esattamente la stessa cosa che stava pensando lui.
Quando incrociò lo sguardo dell'amico vide i suoi occhi lucidi e tacque.
"Non è ancora finita..." cominciò Bill dopo una breve pausa di silenzio.
"... e non abbiamo ancora trovato un titolo calzante..." continuò Tom.
"... però è già un inizio, non trovate? Parla del nostro rapporto ed è quella che abbiamo scelto di far sentire a qualcuno d'importante, però..."
"Bill!" lo interruppe il gemello.
"... Tom non vuole." il moretto si sedette sul letto afflitto.
Il fratello sospirò e gli mise una mano sulla spalla a modo di conforto.
Era già abbastanza difficile dirgli di no e di certo con il suo comportamento, Bill non migliorava la situazione.
"I miei genitori sono morti in un incidente stradale l'anno scorso."
Le teste dei tre amici si alzarono nello stesso momento verso la voce che aveva appena parlato.
Gustav aveva gli occhi lucidi e teneva il capo chino con le mani strette l'una all'altra.
"Gustav..." pronunciò Georg un po' confuso.
"Dato che oggi è il giorno di rivelazioni! Complimenti, ragazzi, la vostra canzone è davvero emozionante e descrive benissimo quello che provate. La tua voce, Bill, è bellissima e la tua tecnica, Tom, è impeccabile. Sai, però..." alzò il capo e si rivolse a Tom vicino a lui. Georg poté minimamente immaginare il coraggio che aveva dimostrato per pronunciare quelle parole.
"Quando i miei sono morti ho passato un periodo davvero orrendo. Georg mi è stato molto vicino e l'unica cosa che mi ha tenuto in vita è stata la musica. La mia batteria mi aiutava a sfogare la rabbia e la tristezza. Mi faceva stare bene. Mi faceva dimenticare per un momento il mio dolore e anche se tutto ritornava, in quel breve istante ero felice. Quello che sto cercando di dirti è che sarei stato davvero contento se qualcuno mi avesse proposto di formare una band in quel momento."
Guardò Bill e lo vide sorridere, segno che condivideva a pieno le sue parole.
Tom chinò il capo sulla chitarra e respirò profondamente. Quel giorno aveva cambiato completamente le sue convinzioni grazie a Georg e Gustav.
Georg gli aveva fatto capire quanto il gemello soffrisse e Gustav quanto avesse bisogno di sfogare questa sua sofferenza attraverso la musica.
Aveva sempre pensato che la musica fosse solo un suo stupido vizio e non voleva essere egoista nei confronti del gemello formando una band e attribuendo al suo cuore, già preoccupato, altrettante preoccupazioni inutili. Ma in quel momento si accorse che, con quell'atteggiamento, lo era stato sin dall'inizio.
Non rispose e tra i quattro calò il silenzio.
"Bè..." riprese Gustav un po' in imbarazzo "non volevo rattristarvi con la mia..." non fece in tempo a terminare la frase che sentì d'improvviso due esili braccia stringerlo in un tenue abbraccio e un singhiozzo vicino al suo orecchio destro.
"Bill..." pronunciò posandogli una mano sulla schiena mentre Tom poggiava la chitarra sul letto per raggiungere il gemello.
"Gustav, mi dispiace. Dopo questa giornata... voi... ne avete passate così tante... io... io sono solo capace di lamentarmi con i miei stupidi problemi."
Gustav lo accarezzò dolcemente e guardò Tom con un sorriso cercando di consolarlo e fargli svanire dal viso quell'espressione preoccupata.
"Va tutto bene, Bill!" il biondo lo prese per le braccia e lo obbligò a fissarlo negli occhi "i tuoi non sono problemi inutili. Oggi hai scoperto i nostri scheletri nell'armadio non perché ti sentissi inutile, affinché, invece, ti sentissi più forte. Siamo amici, no? Anche se da poco tempo." il biondino sorrise e il moro lo imitò mentre un'ultima lacrima, rimasta in precario equilibrio tra ciglia, si faceva strada lungo la guancia.
Annuì e Tom lo prese tra le braccia improvvisamente, superando l'imbarazzo, per stringerlo forte felice, finalmente, di poterlo fare.
"Bill, dai se mamma ti sente si preoccuperà."
Il moro si calmò asciugandosi le lacrime per guardare chiaramente il gemello negli occhi uguali ai suoi.
"Scusa, Bill. Oggi sono stato davvero odioso, sia con te che con voi due, ragazzi, vi chiedo scusa."
"Lascia stare, Tom." intervenne Georg e si avvicinò a Gustav per posargli con affetto una mano sulla spalla.
"Ci dispiace, davvero Gus, per la tua perdita." sussurrò il rasta timidamente e il biondo rispose con un sorriso per poi chinare il capo e poggiare una mano su quella di Georg che gli stringeva la spalla.
"Allora?" continuò poi Tom rivolto agli amici, per rompere quell'atmosfera triste che la rivelazione di Gustav aveva portato "la facciamo o no questa band?"
Un largo sorriso si disegnò velocemente sulle labbra di Bill. "Sì!" sbottò urlando e Georg e Gustav con Tom al seguito, scoppiarono a ridere.

"Nein, Tomi, ti dico che non è così!"
"Bill, non mi contraddire!"
"Ma ti sbagli!"
"Io non sbaglio mai!"
"Ragazzi..."
"Tom, ti dico di no! si dice das non dos!"
"Ragazzi..."
"Sei di coccio, William, ti dico che si dice dos!"
"Ragazzi, BASTA!" Georg e Gustav si alzarono all'unisono urlando le stesse parole entrambi ormai esausti. Era da più di mezz'ora che i gemelli avevano iniziato a litigare su come doveva essere pronunciata correttamente la parola inglese does e ormai arrivati al limite della sopportazione i due amici si assegnarono un gemello ciascuno e ripresero a fare i compiti senza interruzioni o urla.
La signora Trumper era salita verso le tre e mezza per portare la merenda ai ragazzi e verso le quattro, dopo aver finito la merenda e i cinque minuti di pausa (che si era tramutati in mezz'ora buona) avevano ripreso a fare i compiti e proprio in quel momento i due gemelli avevano iniziato a litigare dopo aver incontrato la parola does in entrambi i loro esercizi.
La tensione di quel giorno era andata scemando con le risa e le stupide litigate di quelle poche ore e sembrava che i gemelli non avessero neppure litigato poco prima all'uscita da scuola.
Nessuno aveva avuto il coraggio di chiedere a Tom che cosa avesse fatto quando era sparito nel tragitto verso casa, ma tutti, soprattutto il suo gemello, sapevano che era andato da Rubens. Quello che si erano detti, però, era per loro un mistero.
Una volta terminato lo studio i quattro amici si accomodarono sul letto di Tom e Georg e Gustav chiesero a Bill e Tom di far sentire loro un altro pezzo. I due gemelli suonarono per qualche minuto e poi presero a parlare con i due amici della passione che, con grande gioia di tutti, li accomunava.
"Insomma si sono spente le luci proprio nel momento in cui Tom era arrivato all'assolo finale..."
"... e vi assicuro che era meraviglioso. Avevo impiegato settimane per comporlo..."
"... e io per trovare il testo adatto per tutta la canzone..."
"... appena le luci si sono spente Bill è andato in escandescenza!"
"Non è vero!" ribatté il moro dopo un'interminabile discorso in cui i gemelli si erano scambiati la parola almeno una decina di volte, tanto che Georg e Gustav dopo un po' avevano rinunciato a capire chi avesse incominciato e chi avesse finito.
"Eri spaventato a morte!" riprese Tom.
"Mai quanto te!"
"Ma io ero preoccupato per la mia chitarra."
"Certo, non per me, vero?"
"Ragazzi!" sbottarono Georg e Gustav scocciati per la centesima volta quella giornata (avevano rinunciato anche a tenere il conto di quante volte li avessero ripresi) e i gemelli ricominciarono a raccontare come se niente fosse.
"Insomma..." riprese Bill.
"... vanno via le luci e Bill impazzisce..." continuò Tom. Il gemello gli scoccò un'occhiataccia e il rasta gli fece l'occhiolino.
"In effetti mi sono precipitato da Tom!" constatò il moro portandosi una mano al mento.
"Precipitato in senso letterale! Me lo sono quasi trovato in braccio!" Georg e Gustav scoppiarono a ridere.
"Alcune persone dicevano che il matrimonio era maledetto e che era un segno che i due fidanzati non avrebbero dovuto sposarsi..."
"... sicuramente qualche ex fidanzato di lei!" rise Tom e gli altri lo seguirono all'istante.
"Quando la luce è tornata..." riprese Bill.
"... e tutti hanno visto Bill Kaulitz avvinghiato al gemello." aveva esclamato Georg intromettendosi tra i due con un sorriso.
"Dettagli!" sbottarono insieme Bill e Tom, facendo un vago gesto con la mano.
"La sposa stava pomiciando..." riprese Bill.
"... proprio con il tizio che aveva maledetto il matrimonio!" concluse Tom e tutti nella stanza scoppiarono a ridere.
"E voi che cosa avete fatto?" pronunciò Gustav esterrefatto.
"Abbiamo continuato a suonare logico!" risposero i gemelli all'unisono.
"Anche quando lo sposo ha fatto a botte con il molestatore."
"Bè, però è stato divertente, o no, Bill? La nostra musica ci stava benissimo."
"Vero!" confermò Bill "era un'amica di mamma che si sposava e credo che non si sia pentita di aver chiesto a lei di far suonare i suoi figli al suo matrimonio!" i gemelli si guardarono e scoppiarono a ridere dandosi il cinque.
"Deve essere stato divertente!" sbottò Gustav chinando il capo, dopo una breve risata che aveva coinvolto i quattro ragazzi.
"Già. Voi non avete suonato da nessuna parte?" domandò Bill serio, avendo notato nel tono di voce di Gustav un pizzico di tristezza.
"Non siamo abbastanza bravi da suonare da soli. In più io suono il basso e Gus la batteria." rispose Georg "ci mancava proprio la voce e la chitarra."
"Potremmo provare a sentirvi uno di questi giorni e a fare delle prove insieme..." ipotizzò Tom pensieroso, cercando di valutare l'idea di formare davvero una band con i due amici.
"... e ci esibiremmo in qualche pub. Sarebbe fantastico!" sbottò Bill eccitato.
"Frena con i viaggi mentali, Bill!" lo ammonì Tom. Non voleva che il gemello si mettesse in testa false speranze. Aveva già avuto abbastanza delusioni e non voleva che la sua vita si facesse più complicata di quanto era destinata ad essere.
"Stavo solo ipotizzando." sorrise il moro e tra i quattro calò il silenzio.
Avevano tutti e quattro passato una giornata davvero intensa: Georg aveva rievocato il momento della morte di Alex a due anni dal suo assassinio, che gli aveva provocato un po' di angoscia; Bill aveva avuto quel breve incontro faccia a faccia con Rubens e la paura che i suoi tormenti tornassero e i suoi giorni tranquilli finissero lo aveva accompagnato per tutta la giornata; Tom aveva finalmente capito quanto era stato stupido fino a quel momento e voleva realmente cambiare il modo con il quale proteggere Bill, evitando di fare scenate infantili e di arrabbiarsi se il gemello non gli confidava tutto. Voleva davvero che il futuro che aveva in mente per lui si realizzasse; e Gustav aveva rivelato a Bill e Tom il suo piccolo segreto, facendo in modo così di instaurare un vero e proprio rapporto di fiducia con i gemelli.
Non c'erano più segreto tra di loro, ognuno conosceva il passato di ognuno e la loro amicizia, in poco più di una settimana, si era saldata in un forte legame, basato sulla fiducia e l'affetto reciproco.
Era l'inizio di una lunga e soddisfacente amicizia.

Say The Same - Hoobastank



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ok, rileggendo questo capitolo l'ho trovato davvero orribile. Non so perché ma non mi convince e non so davvero come migliorarlo. Spero che vi sia piaciuto lo stesso e aspettatevi che sarà probabilmente revisionato ^^ Grazie a chi ha commentato il capitolo precedente, chi ha solo letto e messo la storia tra i preferiti e ringrazio sin da ora chi recensirà ^^ a presto con il prossimo capitolo, dove scopriremo la storia di Gustav :)

**MaryTK483**= Tesoro, che dire che commento lungo! xD Grazie mille, ormai tu e Will siete diventati un tuttuno eh? xD ti aspetta su FB per parlare un po' xD sono contenta che i pezzi che hai citato ti siano piaciuti, diciamo che sono proprio i più dolci della storia xD anche a me piace molto descrivere Tom dolce, infatti, come avrai notato, in questo capitolo è molto protettivo e più avanti lo sarà ancora di più xD L'idea di una sorellina Kaulitz mi ha troppo presa e così ho deciso di metterla. Aspiro a chiamarla Rachel. Rachel Kaulitz! Non ci sta benissimo? xD la canzone era anche un po' per te dato che so che la adori ^^ per la storia di Gustav dovrai aspettare il prossimo capitolo ^^ spero che questo capitolo ti sia piaciuto e non vedo l'ora di leggere un tuo commento **

**BloodyRose93**= Grazie davvero sono molto felice che tu la pensi così. Per questo spero di realizzare il mio sogno ^^ ahahah Tom che si è dato allo studio è fantastico, alla fine come hai notato hanno fatto i compiti veramente xD in questa storia mi sono immaginata Tom secchione :) xD mi hai letto nel pensiero dato che la reazione di Mamma Kaulitz è stata praticamente la scena iniziale del capitolo xD non potevo non metterla, quella donna è il pilastro dei gemelli U_U xD non preoccuparti per i deliri mi capitano anche a me mentre scrivo quindi è normalissimo xD il pezzo in cui chiama Georg era previsto che suscitasse confusione, d’altronde chi poteva chiamare che lo capisse a pieno? Bill si aspetta con ansia che corri a salvarlo mi raccomando xDxD sono contenta che anche l'idea della sorellina Kaulitz ti sia piaciuta ^^ povera Simone sarà disperata xD spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e aspetto con ansia un tuo commento ^^ ah volevo chiederti da dove arriva il tuo nickname? ^^ un bacio grande ^^

**Arancina22**= Sono contenta che ti sia piaciuto il finale, Sore, era esattamente l'effetto che volevo. Il fatto che ti sia rovinata il finale (per colpa mia si intende ^^) non è poi così importante come hai detto tu. Hai solamente già capito perché Rubens fa quello che fa xD spero che anche questo capitolo vada bene. Perdona i miei errori più rileggo la storia e più errori trovo -.- xD un bacio e aspetto un tuo commento ^^

**Shari_Music**= E Gemy si è applicata xD (mi ricorda tanto il "Gemy mi porta in giro!" xDxD) grazie sono contenta che tu abbia notato questo contrasto di dolcezza e tensione devo dire che fanno un bell'effetto ^^ Tom che fa il duro! ti ricorda qualcosa? tipo ieri?? xDxDxDxD Ma dai Gemy povero Bill U_U xD sono contenta che ti sia piaciuta la similitudine, no ma va non si vede che amo Georg U_U dopo il 12 aprile come facevo a non cogliere i messaggi che mi mandava xDxDxDxDxD xDxD Gemy questo Tom Kaulitz è ancora piccolo non pensa a quelle cose xD il piccolo Tom non si tocca U_U xD grazie era lo scopo del finale ^^ mi ci è voluto poco per scrivere il titolo XP anche perché avevo davanti songbird xD non convince te, ma convince pienamente me questo è l'importante U_U xD Grazie Gemy davvero, aspetto il tuo commento e non ci mettere 30 anni come l'altra volta >.< xD ILD

**SuperStar_483**= Grazie mille per i complimenti sono davvero contenta che ti piaccia e che la trovi descritta bene. Posso chiederti che cambiamenti hai notato dai primi capitoli? ^^ un bacio e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^

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Capitolo 10
*** Odio Reciproco ***


Odio Reciproco

Drenched in my pain again but never forget what I've lost.



"Sono tornato!"
Gustav entrò in casa e lasciò cadere lo zaino ai suoi piedi esausto. Era stata davvero una giornata intensa e presto quel 22 ottobre sarebbe finalmente finito e lui sarebbe tornato a vivere i suoi giorni nella consueta tranquillità.
Odiava quel giorno da quasi un anno e per qualche assurdo motivo era il giorno più lungo dell'anno per lui.
"Zio!" una bambina di appena quattro anni corse verso di lui tendendogli le braccia paffutelle per reclamare un abbraccio.
"Ciao Toni!" pronunciò il biondo e le mise le mani sotto le ascelle per tirarla su e recuperare le coccole che non aveva potuto farle quel pomeriggio.
La piccolina somigliava molto a Gustav. Aveva dei meravigliosi boccoli dorati che le ornavano il viso paffutello e occhi azzurri color ghiaccio. Ogni volta che Gustav li guardava sentiva una pace interiore fuori dal comune; era come guardare il mare e ogni pensiero negativo si dileguava sprofondando nell'abisso più oscuro.
La sua batteria e la sua nipotina erano le due cose che lo facevano stare veramente bene e lo aiutavano ad essere forte ogni giorno che passava.
"Dov'è papà?" chiese Gustav poggiando la piccola a terra.
"Pepara pappa!" rispose la bambina che corse in cucina urlando felice "zio Gus è tonnato, zio Gus è tonnato!"
Il biondo sorrise e la seguì trovando il fratello maggiore che trafficava ai fornelli.
"Peter?" esclamò annusando l'aria "ma che cos'è questo odore?"
"Gustav, sei tornato! sì... ecco... ho fatto bruciare la cena!"
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli biondi, come quelli del fratello e della figlia, e sorrise un po' imbarazzato "sono proprio una frana!" esclamò sedendosi a tavola.
"No, papà fana!" pronunciò Toni dandogli un colpetto sulla spalla.
Peter e Gustav sorrisero.
Toni aveva appena compiuto quattro anni e già da un anno aveva iniziato a parlare pronunciando frasi di senso compiuto.
Peter, il fratello maggiore di Gustav, aveva ventisei anni e all'età di ventitre la sua fidanzata lo aveva abbandonato per fuggire con la sua collega di lavoro pochi giorni prima del matrimonio, lasciandolo solo con la loro bambina di appena un anno.
Era stato un duro colpo per la famiglia, a cui due anni più tardi era seguito l'incidente stradale che aveva provocato la morte dei loro genitori, Shila e Oscar Shäfer.
"Me ne sarei occupato io, se non fossi arrivato in ritardo, mi dispiace, Peter..." Gustav si diresse verso la cucina, buttò le tre bistecche carbonizzate nel cestino dell'umido e tirò fuori dal frigorifero altre tre bistecche e un po' d'insalata fresca.
"Sono un pessimo fratello maggiore, vero?" esclamò Peter chinando il capo afflitto. Toni scese dalla sedia e tese le manine in avanti per reclamare un abbraccio dal padre.
Peter la prese in braccio, rifugiando il viso tra i boccoli dorati.
"Non è vero, come al solito drammatizzi ogni cosa. Stai facendo un ottimo lavoro con me e con Toni." pronunciò Gustav per consolarlo.
"Non so neppure preparare la cena! tu dovresti pensare a studiare e non riparare ai miei errori!" ribatté il fratello.
"Per una volta che bruci la cena?"
"Una volta? Vogliamo parlare del bucato, di andare a prendere Toni all'asilo? Non ho neppure la forza di alzarmi dal letto la mattina, come posso fare a mandare avanti la famiglia ridotto in questo stato?"
"Oggi sei andato tu a prenderla all'asilo o sbaglio?"
"E' stata la nostra vicina ad offrirsi di andarla a prendere! A lavoro non riuscivo neppure a concentrarmi!"
"Non 'itigate!" Toni circondò le spalle del padre e Peter la strinse forte a sé.
"Non stiamo litigando, amore" pronunciò Gustav rigirando la cena sul fornello, guardando Toni con un sorriso per tranquillizzarla.
"Peter, sta andando tutto bene." sbottò dopo qualche minuto al fratello porgendogli la cena pronta. Peter, come Toni e Gustav, aveva folti capelli biondi raccolti in una coda e il viso pallido e magro portava un'espressione triste che aveva preso il posto alla consueta allegria che lo aveva da sempre caratterizzato.
Posò la figlia accanto a lui e cominciò a tagliarle la bistecchina in piccoli pezzi.
"Sei sicuro?" domandò mentre la imboccava "insomma, tu stai bene? Sei felice, Gustav?" il suo tono di voce era molto cupo e il fratello minore capì immediatamente che stava cercando di sembrare duro e impassibile, quando dentro di lui si sentiva estremamente debole e vulnerabile.
"Sì!" confermò il biondo con decisione. Dopo la morte dei suoi genitori suo fratello venticinquenne si era preso la responsabilità di mantenerlo assieme alla figlia piccolina. Era il momento che anche Gustav facesse qualcosa per lui, per ricambiarlo di tutto ciò che aveva fatto in quei cinque mesi.
"Insomma abbiamo i soldi per andare avanti e io e Toni siamo in salute, no?" sorrise al fratello cercando di incoraggiarlo. Era ormai abituato ai piccoli momenti di crisi che colpivano suo fratello nei momenti più improbabili.
"Già. Mamma e papà ci hanno lasciato troppo presto." esclamò Peter facendo giocare la piccola con la forchetta prima di portarle il boccone in bocca.
"Sta andando tutto bene, Peter e andrà sempre meglio!" Gustav circondò il collo del fratello maggiore e lo sentì tirare su col naso mentre picchiettava una mano sulla spalla del fratello minore.
Non credeva neppure lui alle parole che aveva appena pronunciato, ma in cuor suo sapeva che era l'unico modo per non toccare il fondo e non perdere l'unico pilastro che reggeva in piedi quella famiglia ormai distrutta.
"Allora!" esclamò dopo un po' il più grande mentre Toni afferrava la forchetta dalla mano del padre e si imboccava da sola.
"Come è andata dai tuoi amici?" domandò con un sorriso voltandosi verso Gustav. Aveva gli occhi lucidi, ma riuscì a mantenere un comportamento degno di una persona matura.
"Bene. Bill e Tom sono davvero due ragazzi molto strani."
"Hai detto che sono gemelli, giusto?"
"Sì e si vede proprio!" gli scappò un sorriso a quelle parole ricordandosi il pomeriggio appena trascorso, tra litigate e discorsi che avevano fatto in due a una sola voce.
"E Georg? Come sta oggi?" domandò di nuovo il fratello maggiore.
"Bene. E' stata una giornata un po' pesante per lui." rispose Gustav voltando il capo per mangiare.
"Aspetta! Che cos'hai al labbro?" Peter lo aveva guardato con attenzione e solo in quel momento aveva notato la ferita sul labbro che Andrews gli aveva provocato per incitare Georg a confessare ciò che aveva fatto, con ottimi risultati oltretutto.
"Non ti agitare, non è successo nulla di grave. Te lo ricordi Tom Andrews?"
"Gustav, che cosa gli hai fatto? Quel ragazzo non mi piace e lo sai!" Peter sembrò allarmato e si sporse verso di lui togliendogli il cerotto e osservando con attenzione la ferita ormai visibile.
"Io niente." rispose Gustav calmo "Lui voleva che Georg confessasse..."
"E se l'ha presa con te? Che razza di vigliacco! Che diavolo vuole da lui?" il fratello maggiore lo abbracciò forte e le lacrime che Gustav aveva intravisto nei suoi occhi poco prima ricaddero sulle guancie inumidendo il suo collo.
"Peter..." pronunciò Gustav, mentre Toni guardava lo zio preoccupata.
"Gustav, ti prego sta' attento! Ho paura che quello che mi hai raccontato sul tuo amico Bill possa succedere anche a te... ci sono un sacco di ragazzi stupidi in giro... ti prego... sta' attento! Non posso perdere anche te, mi hai capito? Non sopravvivrei... tu e Toni siete l'unica forza che mi fa andare avanti..."
"Papà!" Toni scoppiò a piangere, mentre Gustav cercava di trattenere le lacrime. Non poteva cedere! Era lui ora che doveva mantenere la famiglia. Suo fratello era emotivamente instabile, sua nipote aveva solo quattro anni e lui, quindicenne, doveva portare sulle spalle il peso di quel malessere. Un solo pensiero lo consolava: con il passare tempo quel peso si avrebbe alleggerito e inoltre aveva Georg al suo fianco.
"Georg mi protegge, lo sai" rise Gustav a quel pensiero e il fratello sciolse l'abbraccio per guardarlo negli occhi.
"Sono felice che quel ragazzo ti abbia incontrato. Vi state aiutando a vicenda." sorrise Peter e Toni, che aveva ascoltato i due fratelli, sorrise felice che il suo papà avesse smesso di piangere .
"Quando Toni può vedere ancoa Ghiog e Nico?" la piccola guardò lo zio con due occhi dolci.
"Presto!" le rispose Gustav e prese a farle il solletico sotto le ascelle.
La bambina rise di gusto e si rifugiò tra le braccia del padre, mentre questi le baciava dolcemente il capo.
"E pensare che all'inizio tu e Georg vi odiavate!" rise Peter e Gustav lo imitò.
Non appena ebbero terminato la cena, Gustav salì in camera sua e si buttò a letto esausto senza neanche togliersi i vestiti. Quella giornata era sembrata durare un'eternità e finalmente stava finendo. Non poté fare a meno di pensare a Georg, solo nella sua stanza che come lui contemplava il soffitto in silenzio.
Dopo la chiacchierata con suo fratello, Gustav ripensò a quanto fosse difficile continuare a vivere dopo quello che gli era successo e proprio come Nicole per Georg, Toni era stata il suo unico punto di riferimento, assieme alla musica, per continuare a svegliarsi ogni mattina, aspettando il giorno in cui tutto sarebbe tornato alla normalità.
Sdraiato e cullato da questi pensieri, si addormentò ripensando al suo primo incontro con Georg Listing.

***



Gustav Shafer si portò le mani in volto sconsolato, mentre sua nipote gridava frasi senza senso ad ogni ragazzo che usciva da scuola, facendo loro facce buffe e sedendosi sui gradini davanti all'edificio mentre scoppiava in una buffa risata.
"Toni, per favore!" esclamò Gustav esasperato mentre afferrava le mani della bambina e la trascinava lontano dalla porta d'ingresso.
"Toni sta aspettando papà!" esclamò la piccola e Gustav la prese in braccio mentre la nipote si divincolava per scendere.
"Papà è andato a parlare con i miei professori, uscirà a momenti, dai fai la brava e non farmi arrabbiare!"
"Zio..." la bambina lo guardò negli occhi azzurri e serrò i pugnetti mentre gli circondava il collo.
"Cosa c'è, amore?" pronunciò il moro più tranquillo e abbassando la voce, diversamente da come aveva fatto qualche secondo prima.
"Toni ha fame!"
"Fai come ti dice lo zio e vedrai che appena arrivi a casa avrai tante cose da mangiare.."
Gustav sorrise e la piccola lo guardò con due occhi lucidi, segno che aveva compreso fin troppo bene le sue parole. Appoggiò la testa sulla spalla del biondo e prese ad accarezzargli il braccio dolcemente, come faceva sempre quando era in procinto di addormentarsi. In qualche modo quel gesto la rilassava e per un po' la faceva stare calma così che Gustav poteva finalmente riposare le sue stanche orecchie.
La piccola aveva da poco compiuto tre anni e già parlava come una bambina di cinque anni. Aveva un piccolo problema che consisteva nel riferirsi a sé stessa in terza persona, difetto che era stato causato da un piccolo incidente che aveva avuto luogo tre mesi prima e che l'aveva profondamente spaventata. Era caduta da uno dei giochi del parco e aveva preso un brutto colpo alla testa.
Anche la famiglia, i genitori di Gustav e Peter, si erano spaventati e in quei mesi in cui la piccola si era ripresa era stata costantemente in ansia.
Il cellulare di Gustav squillò e il biondo lo afferrò per rispondere mentre la piccola si era addormentata sulla sua spalla.
"Pronto?"
"Tesoro!" la signora Shäfer rispose dall'altro capo del telefono con un gridolino allegro e Gustav non poté far altro che sorridere.
"Mamma, perché mi hai chiamato?"
"Per dirti di sbrigarvi! Toni deve mangiare!"
"Peter è ancora dentro non posso andarmene senza di lui. E comunque Toni si è appena addormentata!" Gustav rise e la madre sospirò afflitta.
"Benedetta bambina! Bè allora vi aspetto entro venti minuti non di più! Ciao amore!" così dicendo la madre riattaccò e Gustav rimise in tasca il telefono, mentre Toni continuava a dormire beata tra le sue braccia. Dato che il peso della bambina aveva cominciato a gravare, il biondo aveva deciso di sedersi sui gradini della scuola per aspettare il fratello e fu quasi tentato di chiamare Peter per intimarlo a sbrigarsi.
Era seduto da pochi minuti quando alle sue spalle qualcuno si schiarì la voce e il biondo si voltò spaventato.
"Potrei passare?" pronunciò una voce maschile cupa e scocciata. Il ragazzo di fronte a lui portava lunghi capelli mori raccolti in una coda e aveva gli occhi verde smeraldo che risaltavano prima di qualsiasi altra caratteristica appartenente al suo viso.
"Oh... ehm... scusa..." Gustav si alzò allarmato e il moro scese le scale senza neppure guardarlo in volto.
"Non dovresti sederti proprio davanti all'uscita!" esclamò prima di andare avanti per la sua strada.
"Io... sì hai ragione, ma la bambina era pensante e non ho pensato che... potesse uscire qualcuno a quest'ora."
Il moro si bloccò e guardò l'orologio, poi si voltò finalmente verso Gustav e lo guardò in faccia per la prima volta, notando solo in quel momento la bambina bionda che dormiva tra le sue braccia.
"Bè... sto uscendo prima perché non sto bene..." si giustificò cambiando velocemente argomento "sorellina?" esclamò con un impercettibile sorriso.
"No, veramente è mia nipote."
Il ragazzo sorrise di nuovo e dopo pochi secondi tornò serio.
"Bè... buona giornata!" si incamminò verso la strada desideroso di allontanarsi al più presto.
"Aspetta... come, come ti chiami?" sbottò Gustav improvvisamente. Come ti chiami? Per quale assurdo motivo aveva chiesto il suo nome?
"Mi chiamo Georg." pronunciò il moro e si allontanò furtivo senza neppure mostrare lo stesso interesse di Gustav e sapere il suo nome.
"Strano ragazzo..." pronunciò Gustav ad alta voce "magari stava davvero male..."
In quello stesso istante Peter stava scendendo i gradini dirigendosi verso di lui a passo felpato. Sembrava arrabbiato, mentre prendeva tra le braccia la figlia e la adagiava sulla sua spalla, decisamente più comoda di quella di Gustav.
"Dorme?" domandò mentre Toni, accoccolata finalmente tra le braccia paterne, sorrise nel sonno e strinse più forte la manina al braccio di Peter.
Aprì un pochino gli occhi, guardò Gustav, sussurrò una frase senza senso e li richiuse stancamente, come se avesse camminato per ore e fosse finalmente sdraiata nel suo lettino comodo.
Gustav annuì e Peter continuò "Ho parlato con i professori! Gli ho detto che hai un po' di problemi d'integrazione e ho chiesto gentilmente se era possibile metterti in una classe tranquilla. Sai che cosa mi hanno risposto?" domandò infuriato.
Toni riaprì di nuovo gli occhi richiudendoli quasi immediatamente.
"Pater, abbassa la voce, è stanca!"
"Bè..." continuò Peter ascoltando il consiglio del fratello "non esiste solo suo figlio, ci sono altri studenti che hanno problemi ben peggiori!" imitò una voce stridula e Gustav non riuscì a soffocare una risata.
Sapeva benissimo quello che aveva innervosito a tal punto il ragazzo. Conosceva fin troppo bene quel bambino del suo fratello maggiore.
"Insomma..." continuò Peter ad alta voce "sembro così tanto vecchio? Ho 25 anni non si vede? Posso mai avere un figlio di 14 anni? Adesso torno là e gli faccio vedere mia figlia!"
Fece per risalire le scale quando Gustav lo afferrò per un braccio.
"Non fare l'idiota!" rise e Peter tornò indietro trascinato dal fratello. Toni aprì gli occhietti piccoli piccoli e se li strofinò infastidita "Toni dommiva!" sbottò con la vocetta arrabbiata.
"Ecco l'hai svegliata!" sbottò Gustav infastidito afferrando di nuovo la piccola tra le braccia. Toni si rifugiò sulla spalla dello zio e tornò a dormire non prima di aver lanciato un avvertimento rivolto verso il padre "NON VE'IATE TONI!"
"Dai andiamo a casa. Mamma mi ha chiamato..." constatò Gustav dopo una breve risata.
"Oddio povero Gustav! Certo che non ti lasciano neanche un po' di libertà!"
Il biondo gli rivolse uno sguardo torvo mentre si dirigeva alla macchina parcheggiata lì vicino.
"Dai, lo sai come sono mamma e papà! E poi ho 14 anni, non ne ho mica 18! A te non ti hanno fatto uscire fino a quando sei diventato maggiorenne!"
"Sei troppo casalingo, fratellino!"
Arrivati alla macchina Gustav mise Toni nel seggiolino del sedile posteriore e si sedette al posto davanti mentre Peter si metteva alla guida.
"A proposito, mamma ha preparato da mangiare per Toni, quindi dovrete restare da noi."
"Lo vedi? Mamma non dà libertà neanche a me che ho 25 anni!"
"Stupido!" rise Gustav, mentre il fratello metteva in moto "lo fa per vedere Toni... la vediamo così poco!"
Una volta tornati a casa Gustav aveva pranzato e aveva passato una piacevole giornata con suo fratello e la sua nipotina e non appena Peter fu tornato a casa, Gustav andò a dormire e passò una notte tremendamente agitata. Il giorno dopo sarebbe stato il suo primo giorno di superiori nella nuova scuola, cosa che lo traumatizzava parecchio.
Come avrebbe reagito? Avrebbe trovato dei buoni compagni di classe?
Nonostante Peter fosse andato a parlare con i professori che avrebbero contribuito alla sua istruzione scolastica, non gli aveva garantito la certezza assoluta di una classe collaborativa e di amici buoni e gentili.
Nulla avrebbe potuto dargli una certezza simile.
Odiava dover fare quei pensieri a quell'ora. Mentre tutti si assopivano e dormivano, per Gustav la notte era il momento in cui i pensieri più tetri e opprimenti, che lo avevano lasciato libero per tutto il giorno, si risvegliavano in lui e non lo lasciavano dormire, mentre un senso di inquietudine si impadroniva del suo corpo.
Andrà bene... Si ripeté nella testa e così dicendo, una buona mezz'ora dopo, cadde addormentato.

"Ragazzi, fate silenzio! Questo ragazzo si chiama Gustav Shäfer!" esclamò, o per meglio dire urlò, la professoressa accanto al ragazzo biondo in piedi vicino alla lavagna.
Gustav si guardò intorno ansioso.
Questa sarebbe una classe tranquilla? si domandò confuso mentre passava in rassegna i volti che aveva davanti.
L'intero gruppo di ragazzi sembrava interessato a tutto tranne a ciò che stava dicendo la professoressa.
Un ragazzo con talmente tanti piercing da poter essere attirato letteralmente da una calamita; una ragazza svogliata che si dipingeva le unghie con la scolorina; un ragazzo moro che lo osservava per un attimo e poi ritornava a capo chino sul banco.
Un momento... pensò Gustav guardandolo attentamente, mentre la professoressa continuava a parlare presentandolo alla classe.
E' lui! pensò il ragazzo di ieri, come diavolo si chiamava? Corrugò la fronte per ricordare il suo nome, che aveva sentito pronunciare una sola volta il giorno prima.
"Vuoi dire qualcosa, Shäfer?" domandò la professoressa distraendo Gustav dai suoi pensieri. Il biondo voltò lo sguardo terrorizzato verso di lei, come se gli avesse appena detto che avrebbe dovuto sfilare nudo di fronte alla classe.
"C-Cosa?" domandò "M-Mi chiamo Gustav... H-Ho 14 anni e v-vivo c-con..."
"Gustav, caro..." lo interruppe la donna con dolcezza "vai pure a posto, non fa nulla." gli rivolse un largo sorriso e il biondo si tranquillizzò dirigendosi verso l'unico posto vuoto proprio accanto al ragazzo moro di cui non ricordava il nome.
Stava ancora rimuginando su come si chiamasse quando si sedette e si sistemò sul banco.
"Georg!" sussurrò, finalmente se lo era ricordato!
"Cosa vuoi?" sbottò il ragazzo e Gustav lo guardò imbronciato.
"Scusa... non riuscivo a ricordare il tuo nome..." rispose.
"Come conosci il mio nome?" domandò Georg arrabbiato.
"Ci siamo incontrati ieri, all'uscita da scuola, non ricordi?"
"Il tizio dei gradini, giusto? Ecco perché avevi una faccia così familiare. Come sta la bambina?"
"Bene..." rispose Gustav sorridendo. Come sempre quando si parlava di sua nipote.
"Come si chiama?" domandò ancora il moro. Aveva cambiato atteggiamento rispetto a poco prima ed ora sembrava più tranquillo. I suoi occhi verdi erano ancora spenti e privi di qualsiasi luce, proprio come li aveva visti il giorno prima.
"Toni." rispose Gustav con un filo di orgoglio nella voce.
"Carino." esclamò il moro rivoltando il capo verso la professoressa che aveva ricominciato a spiegare la lezione.
Non era male come primo giorno. Aveva iniziato la scuola con due mesi di ritardo, era il 22 ottobre per l'esattezza, ed era entrato a programma ormai inoltrato, ma nonostante tutto non sarebbe stato difficile recuperare gli argomenti perduti.
Inoltre se Georg si rivelava un buon amico, magari avrebbe potuto aiutarlo ad integrarsi.
Sorrise allettato da quella prospettiva e guardò il suo compagno di banco cercando di capire quello che stava facendo.
Era intento a scrivere su un foglio di carta e decisamente non si trattavano di appunti della lezione.
"Cosa vuoi?" sbottò scorbutico e Gustav ritirò il capo immediatamente.
"N-Niente... m-mi chiedevo se..."
"Ma tu balbetti sempre?" domandò il moro interrompendolo.
"No!" rispose Gustav un po' offeso "s-solo quando sono agitato..."
Georg chinò il capo e riprese a scrivere, come se neppure gli importasse della risposta che aveva appena ricevuto.
Gustav si guardò intorno ed improvviso si sentì di troppo vicino allo strano ragazzo dagli occhi verdi, eppure non riusciva a smettere di guardarlo.
"S-Senti posso chiederti una cosa?" domandò intimorito. Era l'unico ragazzo con cui riusciva a parlare e la cosa lo preoccupava un po'.
Non poteva trovarsi a suo agio e interessarsi di uno più simpatico e sociale?
Georg sbuffò senza preoccuparsi di non farsi notare e portò di nuovo l'attenzione dal foglio su cui scriveva al suo odioso nuovo compagno di banco. Quello vecchio per una bizzarra circostanza di eventi era finito in ospedale.
"I-Insomma... m-mi chiedevo p-perché... ci sono un sacco di foto di un ragazzo appese nelle pareti...in c-corridoio..."
Georg chinò il capo e Gustav rimase in attesa della risposta chiedendosi se il moro avesse intenzione di fornirgliene una.
"E' successo l'anno scorso. Il ragazzo delle foto si è suicidato."
La voce di Georg era stata apatica e priva di qualsiasi segno di tristezza, come se l'accaduto non avesse alcuna rilevanza dal suo punto di vista.
Gustav lo guardò stupito mentre si portò una mano in volto un po' sconvolto dalla notizia. Vide Georg torturarsi le mani ed immaginò che l'argomento non gli piaceva per niente.
"Era tuo amico?" azzardò a chiedere e Georg si voltò per guardarlo stavolta con un'espressione diversa dalle solite. I suoi occhi verdi lo scrutavano, come se stesse guardando qualcuno che non vedeva da anni.
"Come hai detto? No, non era mio amico, ok? E non credo che questi siano affari tuoi! Ti sarei grato se non mi rivolgessi più la parola, chiaro?" pronunciò in un sussurro. Ora lo guardava come se non vedesse davvero lui, ma lo spettro di qualcuno o qualcosa che non voleva assolutamente rivedere.
"Mi dispiace... non..."
La campanella suonò d'improvviso e la professoressa, che stava facendo lezione, annunciò che era la prova di evacuazione anti-incendio e raggruppò la classe svogliata intorno a lei. Georg era sparito e Gustav si era ritrovato da solo in mezzo alla classe.
Aveva forse detto qualcosa di sbagliato?
"Forza, Shäfer, vieni!" esclamò la professoressa e Gustav uscì dall'aula per raggiungere i compagni.
Per tutto il giorno, dopo l'evacuazione, Georg non gli aveva rivolto la parola e Gustav si era limitato a seguire le successiva ore di lezione in silenzio e senza parlare con alcuno dei suoi compagni. Sembrava, infatti, che nessuno si curasse particolarmente del suo arrivo e, a parte Georg, nessuno si era azzardato a rivolgergli la parola.
"Come è andata a scuola, tesoro?" esclamò la signora Shäfer una volta che il figlio fu tornato a casa, mentre il biondo si accasciava sul divano affranto.
"Bene..." rispose senza neanche guardare la madre negli occhi. Preferiva non rivelarle gli episodi noiosi di quella giornata e neppure l'allegro incontro con il suo nuovo e deprimente compagno di banco.
"Hai fatto amicizia con qualcuno?" tentò la donna consapevole che la risposta del biondo sarebbe stata negativa.
Ma come faceva a metterlo sempre nella situazione di rivelargli tutto?
"Sì!"
A quella risposta la signora Shäfer turò un urlo di gioia mischiata a sorpresa e si diresse verso il figlio lasciando perdere la cucina che stava pulendo.
"Oh finalmente dopo quella brutta scuola in cui ti avevamo mandato l'altro mese hai trovato un amico!" esclamò felice.
"Frena, mamma, non è che mi stia molto simpatico. Sembra uno a cui non frega niente di nessuno se non di sé stesso."
Gli erano bastati quei pochi minuti di conversazione per capire quel fondamentale dettaglio.
Non sarebbe mai riuscito a diventare suo amico, né tanto meno a farselo piacere.
"Andiamo, tesoro, è già un inizio. Tuo fratello sarà felice di saperlo. Perché non lo chiami?" esclamò la donna ancora esaltata come se non avesse neppure ascoltato le parole del figlio.
"No, mamma, non mi va, sono stanco! Questa giornata è stata fin troppo lunga per quanto mi riguarda, vado a dormire un po', ci vediamo dopo."
Così dicendo il moro salì le scale che conducevano a camera sua e si sdraiò cadendo addormentato in pochi minuti. Era davvero stanco e gli avvenimenti di quella giornata lo avevano stravolto.
Prima di addormentarsi ripensò di nuovo a Georg e corrugò la fronte, un po' offeso per le parole che il ragazzo gli aveva detto in classe.

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Era una fredda giornata di novembre, quando Gustav Shäfer, strofinandosi le mani per riscaldarle, camminava da solo a passo svelto. Suo fratello Peter lo aveva chiamato, appena tornato da scuola, per chiedergli di passare a prendere sua figlia all'asilo e il biondo, non poco irritato, era stato obbligato dalla madre che aveva rifiutato la proposta di andare al posto suo dicendo che aveva troppi mestieri da sbrigare.
Così si era ritrovato a camminare da solo verso l'asilo, mentre imprecava contro il freddo, ma soprattutto contro il fratello maggiore.
Voltò l'angolo e trovò l'edificio e, accelerando il passo, varcò i cancelli ed entrò godendo la sensazione calorosa di un ambiente al chiuso.
Sentì una bellissima sensazione di calore prendere il posto al freddo e si diresse verso la sala dove molti bambini aspettavano i propri genitori.
Aguzzò gli occhi e cercò tra la piccola folla la testa bionda e riccioluta della sua nipotina.
Eccola!
Si diresse verso di lei chiamandola per nome e aprendo le braccia per accoglierla in un caloroso abbraccio.
"Zio Guttaf!" la bambina si alzò da terra, dove stava giocando con la sua amichetta, e si diresse verso di lui abbracciandolo forte stampandogli un enorme bacio sulla guancia.
"Veni! Veni!" esclamò mentre lo prendeva per mano trascinandolo tra i bambini e Gustav non poté far altro che seguirla in mezzo alla piccola folla, nonostante sentisse il forte desiderio di tornare a casa il prima possibile.
"Quetta è Nicol! Lui è lo zio Guttaf di Toni!" esclamò la bambina e la piccola Nicole si alzò per dare la mano al nuovo conoscente.
"Piacere!" esclamò con un sorriso a 32 denti "sei parecchio giovane!"
Gustav strabuzzò gli occhi e cercò di mollare la presa con la bambina, ma questa non ne voleva sapere di lasciargliela andare.
"Bè sì..."
"Vai a scuola? In che classe sei? conosci...?"
"Ehi, ehi, una domanda alla volta!" la interruppe Gustav cercando ancora, stavolta riuscendoci, di staccare quella piccola manina dalla sua.
"Quanti anni hai?" sbottò di nuovo la piccola e Gustav non ne poté già più delle sue domande.
"Quattordici!"
"Ah." Nicole chinò il capo e tornò a giocare con le costruzioni mentre Toni reclamava un altro abbraccio dalla zio.
"Andiamo, Toni, dov'è la tua maestra?"
"Di là!" rispose la piccola e una volta vista la ragazza che si occupava di tenere i bambini, che parlava con alcune mamme, decise di andare verso di lei e aspettare che finisse di parlare per avvisarla che era arrivato per prendere Toni.
All'improvviso sentì una voce provenire alle sue spalle e si voltò sorpreso.
"Nicole!"
Conosceva bene quella voce.
Come si aspettava il ragazzo moro con gli occhi verdi della sua classe che rispondeva all'odioso nome di Georg Hagen Moritz Listing si stava dirigendo verso di lui.
"Georg!" esclamò il biondo con un tono di voce che si riserva a una persona che si saluta giusto per buona educazione.
Il moro lo raggiunse e lo guardò storto.
"Tu che ci fai qui?" esclamarono in coro.
I rapporti con lui erano peggiorati in quell'ultimo mese e questo spiegava lo sguardo poco amorevole e il discreto entusiasmo che si erano scambiati in quel casuale quanto gradito incontro.
"Mia sorella!"
"Mia nipote!"
Avevano esclamato nello stesso momento posando lo sguardo sulle due bambine ai loro piedi. Toni era scesa dalle braccia dello zio non appena questo si era distratto per parlare con Georg. Ne aveva approfittato per continuare a giocare con la sua amichetta.
Gustav e Georg si ignorarono e afferrarono ognuno la propria bambina, separandole, e senza volerlo i loro occhi si incrociarono scambiandosi feroci sguardi.
"Zio Guttaf!" esclamò Toni, mentre si divincolava per scendere dalle braccia di Georg.
Dalle braccia di Georg?
Gustav guardò la bambina che aveva in braccio, più pesante del solito, e notò che non era affatto sua nipote.
La piccola aveva gli occhi più scuri di quelli del fratello e lo guardava con un'espressione indecifrabile mentre la metteva giù intimorito e riprese la sua Toni dalle braccia di Georg.
Nicole corse ad afferrare la mano del fratello.
"Scusa..." esclamarono di nuovo insieme.
"Hai finito di parlare assieme a me?" sbottò Georg spazientito.
"Sei tu che hai cominciato!" rispose Gustav.
"Bè, mi hai stancato quindi finiscila!"
"Ma cosa vuoi da me?"
"Niente!"
"Bene!"
"Bene!"
I due ragazzi si voltarono all'unisono mentre le due bambine si osservavano ridendo. La maestra arrivò proprio in quel momento, salutò le due bambine e i due ragazzi e poi diede loro il permesso di andare.
Si diressero insieme verso l'uscita senza guardarsi mentre Toni, scese dalle braccia dello zio, continuava a parlare felice con Nicole.
"Hanno fatto amicizia." sbottò Gustav sorridendo.
"Wow!" fece Georg in risposta.
Gustav era spazientito. Non riusciva a capire perché nel giro di un mese Georg Listing lo avesse preso in antipatia!
Non che lo interessasse dato che la cosa era reciproca.

---



"Di nuovo? Ma insomma non puoi andare a prendere te tua figlia all'asilo?"
Gustav Shäfer stava in piedi in mezzo al salotto mentre sbraitava apparentemente da solo verso il nulla.
"Peter, dannazione, io devo studiare!"
"Ma sono solo cinque minuti, per favore. Io faccio orario continuato questa settimana e non posso andare a prenderla. Mamma non può?"
"Come al solito delegherà a me! Dice che ha da fare..."
"Ti prego, Gustav, mi pagano di più!"
"Ok, ok!" il biondo sbuffò scocciato, esclamò un "mi devi un favore!" e riattaccò mentre il fratello lo ringraziava dimostrandogli tutto il suo affetto.
"Al diavolo!" esclamò Gustav buttando il cellulare sul divano con foga. Il pensiero di incontrare Georg Listing all'asilo, che si recava lì tutti i giorni per andare a prendere la sua sorellina Nicole, lo seccava profondamente.
Avrebbe potuto evitarlo, ma ormai Nicole e Toni erano diventate inseparabili e la sorella di Georg era già venuta a casa loro due volte.
"Mamma, vado a prendere Toni all'asilo!" sbottò e una volta messo il cappotto, uscì di casa voltando l'angolo e prendendo la strada principale.
Forse c'era un modo per evitare di incontrare il moro. Se avesse preso una delle strade secondarie che portavano all'asilo in più tempo di quella principale, sarebbe arrivato in ritardo e così non avrebbe incontrato Georg che era sempre puntuale per andare a prendere la sorellina. In effetti aveva notato che era puntuale in ogni cosa, anche nelle lezioni, nonostante non fosse un ragazzo studioso. Anzi esattamente l'opposto.
Decise quindi di fare il giro più lungo, speranzoso che il suo piano funzionasse.

Georg Listing camminava tranquillo per la strada mentre, guardando l'orologio, constatò che era parecchio in ritardo per andare a prendere la sorellina all'asilo. La cosa non gli dispiaceva particolarmente e non affrettò il passo pensando (e sperando) che Gustav Shäfer, il suo odioso compagno di classe, fosse già andato a prendere suo nipote che sfortunatamente era diventata la migliore amica di Nicole.
Cosa aveva mai quel ragazzo di così odioso?
Se lo domandava spesso, ma la sua risposta era sempre la stessa: niente.
Forse la sua antipatia era dovuta dal fatto che gli aveva rivolto la parola, quando nessuno da circa un anno lo faceva più. Dopo la morte di Alex, anche se gli alunni non sapevano la verità, ma conoscevano la falsa storia del suicidio, avevano cominciato ad isolarlo e criticarlo considerandolo responsabile di aver indotto lo spagnolo al suicidio.
Se solo sapessero la verità... pensò.
Ti odierebbero di più! rispose una vocina nella sua testa.
Accelerò il ritmo dei suoi passi, come se quel ricordo potesse essere scacciato più facilmente e lottò contro il suo cervello per pensare a qualcosa di più felice.
Varcò la soglia dell'edificio e notò che era anche fin troppo in ritardo. Non c'era nessuno se non due bambine che giocavano e aspettavano l'arrivo dei parenti con la maestra.
"Ciao fratellone!" esclamò Nicole correndo verso il fratello che la prese in braccio e la baciò sulla guancia.
Sì, decisamente sua sorella aveva il potere di farlo guarire da ogni pensiero negativo e da ogni momento che lo rendeva triste, restituendogli il sorriso.
"Grazie, Amy!" esclamò rivolto alla maestra che gli sorrise salutando Nicole con un bacio e tornando dalla bambina che aveva lasciato sola per andare incontro a Georg.
"Ciao Toni!" esclamò Nicole d'improvviso e Georg si voltò verso la piccola Toni che salutava l'amichetta mentre due grossi lacrimoni le solcavano il viso.
Georg cercò di non dargli molta importanza e fece per allontanarsi e uscire dall'edificio, quando sentì improvvisamente una strana sensazione allo stomaco.
Sentiva... come un senso di colpa.
Non è possibile...
Si voltò di nuovo e posò Nicole a terra dirigendosi verso Amy "Non è venuto nessuno?" esclamò indicando la bambina che piangeva.
"No" rispose la ragazza "probabilmente il suo papà è in ritardo."
Nicole le afferrava la manina per consolarla "tranquilla, adesso arriva il tuo papà!" le esclamò dandole un bacio sulla guancia.
Georg guardò le due bambine e si inginocchiò per portare il viso all'altezza di quello della piccola.
"Si sono dimenticati di veni'e a pende'e Toni?" domandò la bambina non appena Georg le aveva rivolto la sua più completa attenzione.
Il moro non riuscì a rispondere e alzò lo sguardo verso Amy.
"Ci penso io" esclamò "aspetto qui fuori, non la porto via." il moro sorrise e Toni posò i suoi occhi su quelli verdi di Georg. Erano azzurri come il ghiaccio, così chiari e resi lucidi dalle lacrime, che il moro pensò che fossero la cosa più bella che avesse mai visto.
Georg le sorrise, alzandosi in piedi e afferrando le due bambine per le mani.
"Sono sicuro che lo zio arriverà presto, ti va di restare con me e Nicole?" sussurrò alla piccola in riposta alla domanda che gli aveva posto poco prima.
Toni abbassò il capo per valutare l'idea "Shi" esclamò e Georg sorrise. Provò una tenerezza infinita resistendo al desiderio di abbracciarla.
Salutò Amy e si diresse all'uscita, dove Nicole e Toni presero a giocare mentre lui si sedeva a una panchina vicino a loro.
Osservava le due amichette con un sorriso sul volto, il primo dopo mesi, e si perse tra i suoi pensieri, ripensando alla domanda che il suo psicologo gli aveva posto una volta: da quanto tempo non ridi?
Da troppo tempo...
"Zio Guttaf è in classe tua?" domandò improvvisamente una vocina accanto a lui, mentre una manina delicata gli afferrava la mano.
Il moro si risvegliò dal suo ricordo e guardò il volto di Toni che gli aveva appana rivolto la parola. Di nuovo quei penetranti occhi azzurri.
"Sì!" rispose secco. Si sentì improvvisamente a disagio.
"E' simpatico, ve'o? Toni 'li vuoe motto bene. Toni vorrebbe vivere sempre con lui! Voi andata daccoddo, ve'o?"
"Il moro chinò il capo un po’ imbarazzato. Come poteva dire ad una bambina di tre anni che suo zio, che amava tanto, era un rompiscatole e antipatico?
Semplicemente non poteva.
"Sì, andiamo d'accordo." sorrise e la bambina batté le mani contenta. "Toni è felice!" esclamò e tese le mani per reclamare un abbraccio.
Georg la prese imbarazzato e in quello stesso momento un ragazzo biondo passò velocemente davanti a loro, senza neppure accorgersi della loro presenza.
Toni guardò Georg e scoppiò a ridere mentre il moro sorrideva.
"Ehi, siamo qui, tonto!"
Gustav si voltò allarmato a quelle parole. Aveva un grosso livido sul collo e tornò verso Toni che era scesa dalle braccia di Georg per corrergli incontro.
Gustav si inginocchiò e accolse la nipotina tra le braccia, iniziando a piangere dal sollievo.
"C-Che cosa succede?" esclamò Georg preoccupato alzandosi dalla panchina e dirigendosi verso di lui.
Il biondo lo guardò negli occhi e si alzò da terra prendendo Toni tra le braccia.
"N-Nulla... è tutto... a posto... g-grazie..." fece per andarsene, ma Georg lo bloccò afferrandolo per un braccio. Notò altri lividi e un rivolo di sangue all'altezza del polso.
"Che diavolo hai fatto al polso?" sbottò allarmato strattonandogli il braccio e Toni scoppiò a piangere spaventata, mentre Gustav la poggiava a terra e cercava di calmarla.
"Va tutto bene, amore, non preoccuparti..." le sussurrò lo zio.
"Chi è stato?" sbottò Georg innervosito.
"Nessuno! Sono caduto, ok?"
"Lo so che non è vero! Dimmi chi è stato!" stavolta il moro alzò la voce e urlò più forte che poté per far arrivare le sue parole al ragazzo che aveva di fronte.
"Che cazzo te ne frega?" sbottò Gustav "non fai che ignorarmi ogni giorno, quando mi incontri nei corridoi mi volti la faccia. Che cazzo te ne frega di chi..."
"ME NE FREGA PERCHé è SBAGLIATO!" urlò Georg e Gustav si zittì mentre Toni e Nicole si prendevano per mano spaventate.
"Fratellone, non urlare..." sussurrò Nicole terrorizzata e Georg si risedette sulla panchina.
Aveva perso il controllo di nuovo. Aveva alzato la voce, ricordato quel maledetto giorno. Aveva visto Alex nitidamente di fronte a sé che gli sorrideva beffardo.
Si prese la testa tra le mani.
Stava piangendo, teneva il coltello in mano e lo stava...
"Tom Andrews!" esclamò Gustav improvvisamente riportando la mente di Georg alla realtà, lontano da quel 22 ottobre che aveva cambiato radicalmente la sua vita.
"Tom...?" articolò il moro e Gustav annuì sedendosi accanto a lui. Gli tese il braccio e con l'altro contornò le spalle della nipote.
"Puoi fare qualcosa? Mi fa molto male e non posso presentarmi a casa conciato così." esclamò mentre le ultime lacrime si facevano strada sulle guancie.
"Dovresti venire a casa mia..." esclamò "ho l'occorrente a casa. Mi capitano spesso queste cose."
"P-Perché?"
"Io... senti non chiedere e avvisa i tuoi che vieni a casa mia."
"Ja, ja, zio andiamo da Nico? Andiamo da Nico?" esclamò Toni prendendo la mano dell'amichetta.
Gustav mandò velocemente un messaggio a suo fratello e ai suoi genitori e prese a seguire il moro verso casa.
Toni e Nicole continuavano a ridere, mentre Gustav teneva il braccio destro nella mano sinistra.
"P-Posso chiederti se i-insomma.. s-se hai qualcosa c-che non v-va..."
"Sei nervoso?" sbottò Georg e il biondo chinò il capo imbarazzato.
"Bè..." continuò il moro "non sto molto bene in questo periodo."
Deglutì. Come immaginava non riusciva neppure a parlare del suo problema.
"Sei malato?" domandò Gustav un po' preoccupato.
"Sì." confermò Georg "diciamo di sì." Nicole smise di ridere e si voltò verso il fratello, che la spronò a continuare a camminare fino a quando Toni non urlò qualcosa che riportò l'attenzione di Nicole su di lei.
"S-Sono depresso. Vedo uno psicologo almeno due volte a settimana e..."
Gustav preferì non farlo continuare a parlare e lo interruppe immediatamente.
"Mi dispiace..." esclamò "non volevo... s-s-scusa..."
"Non importa, è forse per questo motivo che sono così scontroso..."
"Non è un problema, davvero!" ripeté il biondo e gli sorrise. Georg chinò il capo in imbarazzo evitando di guardarlo in volto. Era la prima volta che ne parlava con qualcuno all'infuori del suo psicologo.
"T-Ti è successo qualcosa d-di brutto?" domandò di nuovo Gustav e Georg rialzò il capo stavolta irritato.
Il suo psicologo gli diceva sempre che non doveva avere timore di dire ad altri ciò che aveva fatto, nonostante fosse stata una cosa brutta. Lui non lo aveva mai ascoltato, pensando che erano le parole di una persona esterna che non capiva come si sentisse davvero, ma per la prima volta da mesi ascoltò il suo consiglio.
"So che può suonare orribile... però... io... ho ucciso un ragazzo l'anno scorso..." sussurrò in modo che le due bambine davanti a loro non potessero sentire.
Si stupì del modo naturale con cui aveva pronunciato quelle parole. Suonavano come se avesse appena detto di qualcosa di assolutamente normale. Forse aveva sopravvalutato la paura di tenere nascosto quel segreto e aveva avuto il bisogno improvviso di rivelarlo a quel ragazzo che conosceva da così poco tempo.
Gustav aveva una'espressione indecifrabile sul volto e non accennava a rispondere.
"Quel Tom Andrews..." sbottò Georg di fronte al suo silenzio "era mio amico..."
Il biondo parve spaventato e Georg continuò "E' stata legittima difesa, non guardarmi così."
Gustav abbassò lo sguardo spaventato dal moro e prese a guardare la nipote, che camminava mano nella mano con Nicole, di fronte a lui.
"G-Grazie!" sbottò improvvisamente non guardando il moro negli occhi "Toni ha paura a rimanere sola a lungo. Ha avuto un incidente qualche mese fa e da all'ora quando non vede arrivare me o Peter, o si sveglia durante la notte e non mi vede, ha una piccola crisi."
"Stava piangendo, ma tutto sommato stava bene, quindi non preoccuparti." il moro evitò anche lui lo sguardo del ragazzo e quasi si pentì di avergli rivelato il suo segreto.
Che diavolo mi è preso?
"Grazie." ripeté di nuovo Gustav "parla in terza persona da all'ora, la sua pedagogista dice che si riprenderà da grande."
"Capisco... bè, l'ho fatto per lei ovviamente. Anche se non sapevo che... cioè..." Georg si morse le labbra incapace di trovare una scusa plausibile.
"Certo, non avevo dubbi." rispose Gustav e tra i due calò un silenzio imbarazzante.
Appena arrivarono a casa del moro, la madre di Georg lo salutò affettuosamente, baciando sia la figlioletta che la nipote di Gustav, e li lasciò andare in stanza di Georg dopo che ebbe rivolto parecchie domande al biondo.
Gustav entrò nella stanza e la prima cosa che notò fu il basso elettrico appoggiato a un muro e i vari spartiti sparsi per il letto.
"Stavo suonando poco fa..." esclamò Georg entrando in stanza con in mano una benda e un disinfettante per medicargli il braccio.
"Suoni il basso?" domandò Gustav rendendosi della domanda stupida che aveva appena posto "io invece suono la batteria..." si affrettò ad aggiungere e Georg lo guardò con gli occhi sgranati.
"Davvero? Fantastico!" pian piano iniziava a crescere un certo interesse verso quel ragazzo.
Gustav lo guardò imbarazzato per tutto il tempo che gli medicò il braccio.
"Comunque Tom è uno stronzo" cominciò il moro dopo una breve pausa di silenzio "sfoga la sua frustrazione e il suo malessere picchiano gli altri, come ha sempre fatto. Inoltre si droga già da un anno. Ma tu come fai a conoscerlo?"
"E' il mio vicino di casa, ma spero che non lo sarà ancora per molto!" sospirò il biondo in risposta.
"Come è successo?" domandò Georg.
"Ho fatto un giro diverso per venire a prendere Toni perché... bè fatto sta che me lo sono trovato davanti. Non gli ho rivolto neppure la parola, ma lui mi ha preso e ha cominciato a menarmi... non so che gli è preso."
"Te l'ho detto si droga. Probabilmente era in astinenza!"
Il moro chinò il capo cercando di pensare al modo migliore per fargliela pagare. Non lo vedeva da quando lo avevano bocciato e di certo non aveva intenzione di parlare con lui, ma aveva sentito un'improvvisa rabbia quando Gustav gli aveva rivelato che era lui il responsabile delle sue ferite.
"Grazie" esclamò Gustav non appena Georg ebbe finito ritraendo il braccio e lo guardò mentre questi cercava di non sorridere e di non guardarlo in faccia.
"Ma dove sono le bambine?" domandò cercando di cambiare argomento.
"Sono in camera di Nicole a giocare. Allora, hai detto ai tuoi che ti hanno picchiato?"
"Veramente no. Ho detto che Nicole ha insistito affinché Toni andasse a casa sua. Credo che riuscirò a nasconderlo per un po'. Spero solo che Toni tenga il becco chiuso, almeno con mia madre. E' iper-protettiva."
"Posso immaginare, anche mia madre lo è." il moro chinò il capo e Gustav lo imitò a disagio.
"Mi dispiace per quello che è successo. Il giorno che ti ho fatto quella domanda inopportuna senza sapere. Non avrei dovuto. E' lui, vero? Quello che hai... insomma..." esclamò tutto ad un fiato come se avesse trovato finalmente il coraggio di parlare. Probabilmente era da quando lo aveva saputo che voleva dirglielo.
"Non potevi saperlo" rispose Georg "sia chiaro che non devi assolutamente dirlo a nessuno. Solo il preside e alcuni lo sanno. Tutti gli altri credono che si sia suicidato."
Gustav rimase in silenzio imbarazzato. C'era una cosa personale che voleva chiedergli, così sospirò a fondo e raccolse il coraggio: "C-C-Come è-è a-andata e-esattamente?" balbettò nervoso.
Georg rialzò il capo e cercò di guardarlo negli occhi senza tremare. Fino ad all'ora aveva parlato solamente al suo psicologo di come era andata nei minimi dettagli quella vicenda, ma per qualche motivo a lui sconosciuto, sentiva il bisogno di confidare a qualcun altro quel segreto che si teneva dentro da più di un anno.
Qualcun altro di simile a lui.
Non un adulto, ma un ragazzo.
Non una persona matura che studiava ogni suo gesto, ma un ragazzo che potesse capire ciò che aveva fatto senza altre ragioni legate alla psicologia.
Quando ebbe terminato di raccontare la sua storia scrutò Gustav che era rimasto in silenzio per tutto il racconto.
"Hai passato... tutto questo... da solo?" domandò stupito.
"Bè... sì!" rispose Georg.
Accade in così poco tempo che Georg non si accorse neppure che il ragazzo si era alzato e aveva camminato avanti e indietro per la stanza.
"E' stato un bastardo!" urlò il biondo irritato "un vigliacco! Insomma che voleva da te? Non eri il suo schiavo! Non eri il suo cagnolino! E quel Tom! Chi diavolo si credeva di essere?"
Calò il silenzio in cui l'unico rumore udibile era il respiro affannoso del biondo che si risedeva sul letto.
"Scusa, odio l'ipocrisia!"
Georg sorrise e Gustav lo imitò.
"Bè... grazie!" concluse Georg imbarazzato.
"Di nulla. Io-Io d-devo andare ora. Mamma sarà preoccupata."
Il biondo uscì dalla stanza di Georg e si fece accompagnare in quella di Nicole, dove prese la nipote. Scese in cucina e salutò la signora Listing.
"Torna a trovarci presto!" esclamò la donna stampando un grosso bacio sulla guancia di Toni.
"Shi!" rispose la bambina.
"Grazie... di tutto!" commentò Gustav prima di uscire "ci vediamo domani!"
"Di nulla. Ciao Gustav, ciao Toni."
Così dicendo Gustav uscì di casa per mano alla nipotina che lo guardava sorridendo.
"Zio Guttaf come stai?" domandò Toni preoccupata, mentre reclamava un abbraccio tendendo le manine.
"Sto bene, tesoro!" rispose Gustav prendendola in braccio.
"Toni era preoccupata pecché zio ha fatto vede'e a Ghiog il baccio con il sangue!"
Gustav si fermò, la posò la terra e s'inginocchiò per avere il visino della piccola di fronte al suo.
"Non era niente di grave. Georg lo ha guarito, ma tu non devi dire niente alla né nonna e né al papà. Me lo prometti?"
Toni lo guardò e sorrise mentre gli accarezzava una guancia "Toni promette!" esclamò la piccola mettendosi una manina sul petto.
Gustav la prese tra le braccia e gli baciò delicato i capelli.
In quel momento amò sua nipote come mai prima di all'ora. Decisamente era l'unica persona che gli faceva dimenticare tutte le sue pene... anche le più orribili.

---



Gustav Shäfer si sistemò sul banco e guardò il foglio di fronte a sé. Era sabato, i suoi genitori erano andati via per passare un weekend in completa solitudine, suo fratello aveva accompagnato Toni dalla logopedista e lui era a scuola per affrontare, all'ultima ora del sabato, il compito in classe di matematica.
Il compito, che la professoressa aveva consegnato da circa venti minuti, era fin troppo facile e non appena ebbe terminato anche l'ultima espressione lasciò cadere la penna sul banco e cominciò a fissare Georg immaginando a ciò che stesse scrivendo sulla sua verifica.
Da quando il ragazzo gli aveva raccontato la sua storia i due non si erano più rivolti la parola se non per salutarsi quando entravano a scuola o per scambiarsi dei suggerimenti, dato che erano compagni di banco.
Non sapeva che cosa dirgli e dopo la sfuriata a casa sua, in cui si era lasciato un po' andare, era in imbarazzo a fargli sapere ciò che pensava.
Lo guardò e sperò che riuscisse a fare l'ultimo problema, che era il più difficile a suo avviso, ma si accorse che il moro aveva lasciato il foglio in bianco e fissava un punto indefinito fuori dalla finestra.
"Georg..." sussurrò, ma il moro non lo sentì e dopo vari tentativi decise di lasciar perdere.
Si sistemò di nuovo sul banco e incrociò le braccia, quando d'improvviso sentì il cellulare nella tasca della cartella vibrare e allarmato guardò in basso, come se con uno sguardo potesse interrompere quel rumore.
Oddio... ho dimenticato di spegnerlo! Ma chi mi chiama a quest'ora?
Alzò lo sguardo, notò che la professoressa non lo guardava, e aprì la tasca della borsa per prendere il cellulare. Era un messaggio da parte di suo fratello.
Sicuramente voleva che anche quel pomeriggio andasse a prendere Toni all'asilo. Era quasi tentato a non leggerlo, ma con uno sbuffo aprì il messaggio e ne lesse il contenuto.
Non riguardava affatto Toni.
Non poteva credere ai suoi occhi. Il mondo gli crollò addosso come un carico di mattoni.
La classe, la professoressa sparirono intorno a lui. Era solo, solo immerso nel suo dolore che piano piano gli dilaniava il petto.
Non poteva essere vero.
Si alzò d'istinto mentre un velo di lacrime gli offuscò la vista.
"Shäfer? Hai finito?" domandò la professoressa di matematica.
"S-Sì!" sbottò Gustav, chiedendosi come fosse riuscito a parlare "P-Posso andare in b-bagno?"
"Certo, ma prima... shäfer?" la professoressa non fece in tempo a finire la frase che il biondo era già arrivato fuori dalla porta.
Georg distolse lo sguardo dalla finestra e guardò il banco vuoto di Gustav.
Aveva lasciato il compito sul banco e...
"Era nervoso..." esclamò in un sussurro quasi impercettibile.
"Listing? Hai finito anche tu? Porta anche il compito di Shäfer!"
Il moro prese il suo e quello di Gustav e lo consegnò alla professoressa.
"Devo andare in bagno anch'io!" esclamò e si dileguò fuori dalla porta senza neppure aspettare una risposta. Arrivò in bagno e aprì la porta allarmato.
Inquadrò quasi immediatamente la figura rannicchiata che era seduta vicino a un lavandino e si teneva le gambe strette in grembo.
"Gustav!" esclamò correndo verso di lui "che ti prende?"
Il biondo non rispose e continuò a tenere il capo chino tra le gambe senza dare il minimo cenno di aver udito le sue parole.
"Allora? Cos'hai?" ripeté Georg impaziente sedendosi in ginocchio di fronte al ragazzo.
Gustav lo guardò finalmente negli occhi. I suoi profondi occhi azzurri erano rossi e due profonde lacrime solcavano il suo viso paffuto.
"I miei... genitori..." mormorò, ma non continuò la frase e rimase in silenzio ed immobile come se anche il solo pensiero di quello che doveva dire gli avesse improvvisamente impedito la parola.
"Che cosa? Gustav, parla!" insisté il moro scuotendolo. Sembrava in trance.
"Sono... morti." finì il biondo sconvolto. Lo sguardo fisso nel vuoto.
Georg non sapeva che dire. Chinò il capo, lo rialzò di nuovo e fece qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di fare con un ragazzo, soprattutto con quel ragazzo.
Senza pensarci gli circondò le spalle con le braccia e lo abbracciò stretto.
"Sono qui..."

***



Gustav si svegliò nel cuore della notte con la consapevolezza di aver sognato il giorno della morte dei suoi genitori. Quel caloroso abbraccio, che lo aveva avvolto in quel freddo bagno, era stato ciò di cui aveva avuto più bisogno in quel momento e non si sarebbe mai dimenticato il senso di pace e tranquillità che aveva provato.
Era stata proprio l'amicizia con Georg ad averlo aiutato più di ogni altra cosa in quel difficile periodo della sua giovane vita, persino quando era stato bocciato e aveva dovuto iniziare di nuovo l'anno scegliendo un indirizzo diverso e quindi era stato catapultato in una nuova classe con dei nuovi compagni esattamente come l'anno prima.
Per questo e per tutte le cose che aveva fatto per lui, non sarebbe mai riuscito a ringraziarlo abbastanza.
Per tutte e due la presenza dell'altro era stata fondamentale: Georg aveva iniziato a guarire e per suo conto Gustav aveva evitato di cadere in depressione grazie alle amorevoli cure del suo migliore amico, che sapeva esattamente come evitare di fargli passare le sue stesse sofferenze.
Tutto era andato per il meglio fino a quel 15 ottobre, quando Georg e Gustav avevano incontrato i gemelli Kaulitz.
Ora erano un gruppo e si aiutavano a vicenda, mentre i due gemelli stavano scrivendo la loro storia.
Non erano soli.
Gustav poteva sempre contare su di loro, su chiunque dei suoi amici.
Sorrise tra le lenzuola e, ormai consapevole che non sarebbe riuscito a riprendere sonno, si alzò incontrando, a pochi centimetri distante dal suo, il lettino di Toni.
Sfilò delicatamente le coperte e vi si infilò abbracciandola dolcemente.
Involontariamente Toni levò il ditino che teneva infilato in bocca e cercò le spalle dello zio per abbracciarlo e trovare la posizione più comoda.
"A Toni piace la coazione!" sbuffò nel sonno e Gustav sorrise stringendola forte a sé e rifugiando il viso tra i suoi boccoli setosi.
"Buonanotte, amore..." sussurrò e poco a poco si addormentò, cullato dal respiro e dai movimenti dolci e regolari del petto di Toni.
"Buonanotte, zio Guttaf..."

Wake Me Up When September Ends - Green Day



***

ok, mi rendo conto del mostruoso ritardo con cui ho postato, ma ciò è dovuto alla scuola e allo stress continuo di pensare a che argomento portare alla tesina T.T bè comunque come al solito non sono soddisfatta del mio lavoro, ma spero che a voi questo capitolo sia piaciuto più di me ^^ da qui in poi inzia la vera storia, quindi non abbandonatela proprio ora ;) un bacio a chi commenterà e chi leggerà la storia ^^
Fedi <3

**Arancina22**= Grazie mille Sore credo proprio che tu abbia ragione, questo leggere in parallelo ci aiuta molto ^^ sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, e spero tanto che questo non ti deluda ^^ aspetto con ansia la tua prossima recensione ^^ ti voglio tanto bene, un bacio <3

**SuperStar_483**= Ja infatti di cambiamenti ce ne sono stati molti, esprimi pure qualche critica nel caso trovi qualcosa che non va ^^ hai ragione, io mi ispiro molto a quello che si dice sull'adolescenza di Bill, senza però sapere se sia vero o no xD infatti è tutto frutto della mia mente malata xD spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^ un bacio aspetto la tua recensione ^^

**BloodyRose93**= ahahah bellissimo, hai proprio ragione, bisogna insegnargli tutto a sto ragazzo xDxD Ho voluto rendere il personaggio di Tom un po' diverso dalla realtà xDxD mi piace un Tom secchione e ordinato, d'altronde lui è della Vergine ;) ahahahah si sono lamentati con me (hanno avuto il coraggio di lamentarsi U_U xD) ma li ho messi a posto io U_U se mi fanno arrabbiare altre disgrazie in arrivo xDxD abbiamo un po' di cose in comune io e te xD anche io adoro leggere, ma soprattutto anche io adoro Vimpire Knight!!! sapevo che il tuo nome derivava da quello, ma volevo averne la conferma xD spero che riusciremo a beccarci da qualche parte, ho tanta voglia di conoscerti ^^ lo so che ci ho messo tantissimo per pubblicare questo capitolo e ti chiedo scusa, ma come avrai notato è parecchio lungo e la scuola mi ha tenuta impegnata molto. Spero che ti sia piaciuto e non vedo l'ora di leggere la tua recensione ^^ l'aspetto con ansia ;) un bacio.

**MaryTK483**= ed eccola la mia Liebe! ^^ Grazie mille per i commenti xD sto facendo aspettare Georg che mi ha scritto da un'ora! xD povero xDxD spero che questo capitolo ti sia piaciuto, ci tengo di sapere che impressione ti ha fatto ^^ se mi porti via Tom come faccio a continuare la storia??? xD almeno aspetta la fine xD e poi Will si ingelosisce eh! U_U xD aspetto il tuo commento e quello di Ge U_U xD un bacio ^^

**Shari_Music**= ma che commento carino e puccioso *-* ahahaha ok sto sclerando xDxD bel commento però davvero, mi è piaciuto U_U dobbiamo fare un po' troppe cose noi due però poi non le facciamo mai >.< xD le faremo sicuro perché tanto ci verranno naturali come sempre ^^ xD sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, e spero anche questo. Ci ho messo una vita per scriverlo ma alla fine ce l'ho fatta xD spero che Toni ti piaccia come bambina xD ha preso tutto dallo zio sicuramente *-* xD un bacio Gemy <3 ILD

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