Got me going crazy

di Mushroom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Got me going crazy (part 1) ***
Capitolo 3: *** Got me going Crazy (part 2) ***
Capitolo 4: *** Got Me Going Crazy (Part 3) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A Maka non piaceva il Basket. In verità, lei non favoriva nessun tipo di sport. Ne riconosceva l’importanza, certo, e l’apprezzava in quanto sana attività fisica. Inoltre era un buon allenamento che rafforzava la resistenza. Questo era ciò che pensava riguardo a quel gioco che – chissà per quale assurdo motivo – piaceva tanto ai suoi amici.
Non si era mai informata sulle regole e non le interessavano.
Era qualcosa che non sfiorava la sue competenze di Shokunin, per cui la lasciava indifferente.
Quel giorno, però, qualche nozione sulla materia le avrebbe fatto volentieri comodo.
Inutile dire che lei non doveva essere lì.
Doveva essere a casa, distesa sul letto e intenta a leggere il suo libro, immersa fino ai gomiti dei pragmatici mondi della scienza oppure negli strampalati universi della fantasia, lontana da quel suo mondo che faticava a riprendere i ritmi della normalità.
Cos’era, poi, questa normalità?
Maka aveva imparato che – qualunque cosa fosse – era diversa dalla follia. Da quanto l’aveva provata era riuscita a comprendere appieno il significato della parola pazzia, tante volte trovata su uno dei suoi numerosissimi testi.
Si era accorta che veniva fatto un uso improprio e ripetitivo, di quell’aggettivo.
Quella parola di cui ormai aveva quasi paura.

Pazza di gioia.
Pazza di dolore.
Pazza d’amore.

Tutti usi poco letterali. Figurati, certo, ma ultimamente da lei poco tollerabili.
Sentì un rimbalzo, poi un altro, infine la voce di Black☆Star << Ehi, Maka. Giochiamo a Basket! >>.
Come se ci fosse bisogno di ricordarglielo.
Sentiva i rumori del loro allenamento, così come udiva ogni altro suono intorno a lei.
Doveva rimanere a casa.
Non doveva dargli retta. Dopotutto, lui non lo faceva mai. Ogni volta che lo rimproverava o si appellava alla sua buona volontà, Soul le si opponeva senza nessuno scrupolo.
<< Andiamo >> le aveva detto quel pomeriggio.
Maka l’aveva guardato per un attimo, colta alla sprovvista da quella sua affermazione priva di qualsiasi ulteriore informazione << dove, di grazia? >> .
Aveva fatto una strana smorfia, indeciso sul cosa dirle. Se avesse voluto precludersi ogni possibilità che Maka accettasse di seguirlo sarebbe andato dritto al punto. In fondo, non era stata una mossa furba. Aveva semplicemente posticipato la sua esecuzione di qualche minuto.
<< al campo di Basket. Raggiungiamo gli altri >>
La risposta era ovvia << no >> borbottò la ragazza, sciogliendo i capelli biondi. Afferrò uno dei suoi libri. Uno di quelli che pesavano cinque tonnellate e che sarebbe sicuramente finito in testa a lui, facendogli decisamente male. << non so giocare >> spiegò << oggi voglio leggere… e fare altre cose >>
Soul sbuffò << si, le altre cose da secchiona. Come leggere, leggere e studiare >> sapeva benissimo che quella era una mossa un po’ masochistica da parte sua, ma era sicuro che – se non l’avesse irritata abbastanza – lei avrebbe passato la serata su quel letto, a non fare niente. Voleva che si svagasse un po’, in un modo diverso dal solito. Inoltre, non voleva lasciarla sola.
Soul centrò l’obbiettivo. O quasi.
<< meglio secchiona che ignorante >> insinuò, distendendosi sul letto. Era stanca, abbastanza per astenersi dal malmenarlo.
<< sai… >> iniziò lui. Si stava già pentendo delle parole non ancora pronunciate. Ma, in fondo, lui era suo amico. Era la sua Buki e aveva dei dovevi verso la propria Shokunin. << … se non fossi così secchiona e così schiva, potresti avere una vita sociale. E se fossi meno piatta e aggressiva, potresti trovare addirittura un fidanzato >> l’albino ghignò. In fondo si divertiva a farla uscire dai gangheri.
E il grande tomo finì inevitabilmente in testa al ragazzo, provocando – all’impatto – un sonoro rumore, accompagnato dalla voce di Maka, che annunciava il buffissimo nome di quel suo colpo.
Almeno non è il dizionario della scorsa volta pensò Soul.
<< vengo >> disse << ma voglio leggere >>.
Così si era ritrovata all’ombra di uno stupido albero, intenzionata a diventare un allegro soprammobile leggente.
La sua intenzione, fin dal principio, era quella.
Non voleva partecipare attivamente all’attività, né interessarsi a quella.
Era lì semplicemente perché si era fatta convincere troppo facilmente. Perché, alla fine, non aveva sopportato – come sempre – gli insulti della sua strana arma.
Si passò il Chupa-chups sulla lingua, poi alzò gli occhi dal suo libro. Lentamente, quasi con sufficienza. Osservò per qualche secondo l’amico, con quella T-shirt narcisistica e con lo sguardo di chi sapeva di aver già vinto. << perché anch’io? >> biascicò stizzita, mantenendo la sua posizione sulla panchina << avevi detto che potevo stare qui a leggere >>.
Black☆Star l’osservò per qualche secondo.
Tutti gli altri l’osservarono, scambiandosi sguardi divertiti.
Maka continuò a fissare gli occhi palesemente divertiti di Black☆Star, per poi cercare – dietro a lui – Soul. Ridacchiava, come un marmocchio dopo una bravata.
Questo l’irritò ancora di più. L’aveva ingannata, il ragazzo. E lei si era lasciata ingannare.
<< ho mentito >> rispose lo Shokunin, tenendo la palla tra le mani. Rispose con tale allegria e ingenuità, come se fosse ovvio. Come se lei stesse facendo una domanda stupida e ridicola.
Di tutta risposta, la ragazza le lanciò il libro in testa. Se lo meritava.
E pensare che aveva confermato le parole di Soul: lei avrebbe potuto starsene comoda dove voleva.
Le squadre erano al completo.
E ora le venivano a dire che Liz si era rotta un’unghia. Un’unghia! E che per questo non poteva giocare.
Il fatto l’amareggiò profondamente.
Poi sorrise. Ma lo fece tra se e se, perché Maka era una ragazza orgogliosa.
Voleva leggere. Non sapeva le regole. Allora perché l’idea di porre resistenza a quella proposta non le passò neanche per la mente? Non lo sapeva, ma in fondo non aveva altra scelta che giocare.
Non poteva andare così male, no?
Fece un ultimo tentativo, che sapeva essere inutile. << io non le conosco le regole del Basket. Poi il professor cad… Sid ha detto che devo riposare finché non guariscono le ferite. >>
Cercò di sistemarsi i capelli, portandosi quell’insistente ciuffo ribelle dietro all’orecchio.
Ma nessuno l’ascoltò.
Ah, sapeva che sarebbe finita così.
<< tò, un fermacapelli >> trillò Patty, con quella sua voce infantile. Le sistemò un capellino in testa, risolvendo definitivamente il problema di Maka.
Soul si guardò intorno. Le squadre sembravano già fatte, alla fine. Davanti a lui – a loro – stavano Maka, Black☆Star e Patty. Mentre lui, dal lato opposto, si trovava schierato con Death the Kid e Tsubaki.
Era strano trovarsi sull’altro lato, come avversario della sua artigiana. Loro erano una squadra. Certo, un Team mal composto, formato da uno Cool come lui e da una secchiona come lei.
A volte la Buki si chiedeva come poteva funzionare, un’accoppiata così.
Infilò le mani nelle tasche. Si, era strano. Ma non voleva stare nella stessa squadra di Maka. Per quanto la ragazza potesse essere agile, era una vera schiappa negli sport. << in ogni caso, le squadre vanno bene così. No? >>.
I sei ragazzi si guardarono, poi annuirono.
Ashura era tornato. Mentre loro cercavano di giocare a palla, Shinigami-sama conduceva una riunione speciale tra le death scythe. Diamine, non voleva neanche pensarci!
Soul aveva avvertito anche lui quell’onda di follia, quella scaturita dal Kishin. E ne era stato attratto, come Maka. Come i suoi compagni. In quel momento, forse, si era accorto della sua reale debolezza.
Era debole. Tentabile. Era semplicemente più umano di quanto credesse.
Soul ghignò. No, non voleva pensarci. << però giocare semplicemente a Basket non è divertente. Facciamo che il capitano della squadra perdente si becca una bella punizione >>.
Maka guardò torva il suo partner. Doveva sempre dire o fare qualcosa di spropositato, lui.
<< yeah! Grande idea! Accettiamo! >> e chi, se non Black☆Star poteva alimentare le idee dell’albino?
Fortunatamente, Maka non era il capitano.
<< facciamo che, se perdiamo noi, incliniamo i quadri della casa di Kid >> propose l’arma, con quel suo fare un po’ arrogante.
<< ah, ah, ah! Divertente! >> l’appoggiò Maka, scambiando con lui uno sguardo d’assenso e ridacchiando, mentre il giovane Shinigami dallo strano colore dei capelli protestava a gran voce.
<< mentre se perdiamo noi, Maka passerà un intera giornata con suo padre >>
Il cuore di Maka rimbalzò poco regolarmente nel suo petto, colta alla sprovvista.
Maledizione!
<< aspetta! >> disse << sei tu il capitano, no? >>
<< no. Hai anche il capello da capitano! >> rispose Patty, tutt’allegra ma, soprattutto, divertiva.
<< è a questo che serve? >>
Le lamentele furono inutile, e cercare di far ragionare l’assassino dal gigantesco ego era come far ragionare un muro di cemento armato.
Maka, in quel momento, compatì la povera Tsubaki.
La partita iniziò.
E ogni gesto di questa fu incomprensibile alla ragazza, capitano della squadra perderete.
Aveva capito poche cose, dalla sua osservazione: la palla non poteva stare tra le mani per un certo lasso di tempo, e dopo pochi secondi doveva compiere un nuovo rimbalzo. Quella stessa palla – un po’ come nel calcio – doveva entrare in rete.
Una cosa che la giovane non aveva capito era come marcare.
Aveva imitato gli altri ma senza nessun risultato, se non quello di apparire ancora più ridicola.
Forse avrebbe dovuto leggerle, quelle regole.
La palla rimbalzò davanti ai suoi occhi, mentre il suo coinquilino cercava di passarle davanti.
<< Maka, fai pena come marcatrice >> le disse, come se gli fosse impossibile non aggiungere un commento sul modo di fare della ragazza.
<< zitto, traditore >> sbottò Maka.
Agli occhi dei due, quella non era altro che una delle loro liti. Consueta e usuale, stupida anche.
E forse anche agli occhi dei loro amici.
La verità è che si divertivano, a litigare in quel modo.
Avevano imparato che non riuscivano a convivere in nessun altro modo, se non in quello di prendersi per i fondelli a vicenda.
Questo l’avevano capito tutti. Maka e Soul erano due poli opposti, e forse proprio per questo funzionavano come squadra.
Per questo e forse anche per altro.
Quello che era chiaro, agli occhi di tutti, era che i due si piacevano.
Solo che non lo sapevano. Non ancora, almeno.
Tsubaki sorrise a quel pensiero. Erano decisamente divertenti e, perché no, teneri.
Nella sua insicurezza riconosceva quella degli altri. E la sua amica, Maka, al di là di tutto, era dannatamente insicura.
Il suo era un sorriso appena accennato, però una cosa del genere non poteva sfuggire al suo Shokunin. Black☆Star era insolente e egocentrico, duro e ottuso, ma teneva alla sua buki. Era l’unica a cui prestasse realmente attenzione.<< cosa c’è di tanto divertente? >>.
Tsubaki gli sorrise, avvicinandosi a lui.
<< è… >>
La palla sfrecciò di qualche metro, fino a raggiungere il canestro.
Centro perfetto.
Cadde a terra.
La partita era finita.
<< game set >> Soul ghignò << il team di Maka perde venti a quattro >>
<< ancora non so le regole >> la ragazza affannò, reggendosi le mani sulle gambe.
Era stato faticoso.
Sentiva il coro che l’intimava alla punizione. E sapeva che avrebbe dovuto farlo. Non avrebbero tollerato un no come risposta, nonostante la loro richiesta fosse così inaudita.
Maka non voleva uscire con suo padre. Si era ripromessa che l’avrebbe odiato, quel lurido traditore.
<< aspettate… magari… >> Tsubaki apparentemente cercò di proteggerla. In realtà ricordò al suo partner della piccola modifica alla scommessa, che afferrò il messaggio solo dopo essersi goduto l’espressione affranta di Maka mentre guardava il padre, che si trovava dall’altra parte del campo.
<< che ne dici di una modifica? >> disse allora, facendola voltare verso di se.
Maka lo guardò speranzosa.
Non che si aspettasse qualcosa di meno umiliante, ma tutto era meglio del passare tempo col padre.
Un’intera giornata, poi!
Black☆Star ottenne, in questo modo, anche l’attenzione di tutti gli altri.
Fu il centro dell’attenzione. Dio solo sapeva quanto gli piacesse.
<< invece di uscire con tuo padre >> lasciò cadere la frase a metà. Maka deglutì. Se non avesse parlato, l’avrebbe strozzato. << uscirai con Soul >>
Shokunin e Buki si guardano per una minima frazione di secondo.
Fu la ragazza a distogliere per prima lo sguardo.
Si sentì imbarazzata, in quel momento. Per cosa, poi, neanche lei lo sapeva.
Dopotutto, vivevano assieme.
A quel punto, ogni imbarazzo avrebbe dovuto essere nullo.
<< ah >> borbottò Maka << in poche parole, dovrò passare una serata a casa >> alzò le spalle. Era una consolazione o una scusa, quella?
<< no >> spiegò l’amico << dovrai passare una giornata con lui, e non a casa. In giro. Fuori. Voi due da soli >> se fosse stato possibile, Maka avrebbe visto un cuoricino alla fine della frase.
Stupida scommessa!
Per qualche strano motivo, arrossì. Non era da lei, una reazione simile.
Doveva solo uscire con Soul.
Soul!
Si sarebbe lamentato per tutto il tempo, il cretino. E lei non si sarebbe neanche divertita.
<< io non entravo nella scommessa! Sono nella squadra vincente, ricordi?! >> sbottò. L’idea di stare solo con la sua Shokunin in un ambiente diverso da quello delle loro mura e del campo da combattimento lo metteva in ansia. E niente era meno cool di un ragazzo ansioso.
Vivevano assieme, ma non passavano poi così tanto tempo assieme.
Quella era una bugia, invece.
<< visto che sei così disponibile, caro Soul, organizzerai tu l’uscita, che dici? >>
Merda! Pensarono in simbiosi i due interessati.
<< e vogliamo le testimonianze >> aggiunse Patty << sarà divertente! >> continuò, sorridendo a trentadue denti.
Divertente, si. Divertente per lei!
Sarebbe stato un contesto assolutamente diverso da quello a cui erano entrambi abituati.
Sarebbe stato un appuntamento.
Maka non sapeva neanche cosa sarebbe dovuto essere, un appuntamento.
E – per giunta – sarebbe stato terribilmente imbarazzante.
Era questo che puntavano, no?
Avrebbero accettato repliche?
A quanto pare, no.
Lei e Soul si guardarono, arrossendo un poco entrambi.
La prossima volta, sarebbe rimasta a casa.

 

[***]

Hemm… buonasera!
Mi ero ripromessa di stare lontana da questo fandom almeno per un pò. Poi mi è venuta quest’idea (un’idea malata, lo so xD) e l’ho dovuta mettere per iscritto. Se non lo facevo, continuavo a pensarci fino allo strenuo.
Il prologo è un pò noioso. Lo so, lo so.
Sono dannatamente insicura, su questa mia storia. Anzi, mi sto chiedendo da mezz’ora perchè diamine la sto postando!

Evviva l’autostima! XD
Lascio a voi il giudizio, perchè se no mi demolisco da sola. *s’inchina* io incrocio comunque le dita, sperando in qualche esito positivo. =) alla prossima.

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Capitolo 2
*** Got me going crazy (part 1) ***


Got me going crazy (part 1)

Maka era sicura di poche cose, nella vita, ed erano le stesse cose in cui riponeva la più totale fiducia. Una di queste era che Elizabeth Thompson l’avrebbe sicuramente fatta impazzire. E, benché si dicesse che forse non era il termine più adatto per descrivere quel suo momentaneo destabilimento mentale, aveva deciso di adottare quell’aggettivo per la situazione.
Avrebbe cercato in seguito qualcosa di più adatto.
Infatti, fino a quel momento, aveva ingenuamente creduto che – tra le due – Patty fosse quella meno ragionevole.
Si era sbagliata, ah quanto si era sbagliata.
Era indirettamente colpa sua se si trovava in quella situazione. Se Liz non avesse usato quella stupida scusa dell’unghia rotta lei non avrebbe dovuto giocare quella partita di basket. E, se non avesse giocato, non avrebbe scommesso. In poche parole: non si sarebbe ritrovata a dovere un appuntamento alla sua Buki.
<< cavolo >> sospirò l’amica, lanciando uno sguardo di sufficienza alla povera Maka << in quanto moda, sei messa male >>.
Avrebbe tanto voluto sapere perché Liz si trovasse lì con lei ma, soprattutto, perché avesse deciso di vestirla per una stupida scommessa. Cosa avevano i suoi Jeans di così male?
Erano comodi, dopotutto.
<< si vede che il tuo obbiettivo non è “rimediare un fidanzato” >> continuò imperterrita, lanciandole in faccia qualcosa che – secondo l’arma – poteva essere accettabile << Maka, sei piatta. Ma almeno hai delle belle gambe: che dici di metterle in mostra? >>.
In quel momento avrebbe volentieri lanciato qualcosa in testa a quell’irrispettosa ragazza. Diamine, lo sapeva di essere piatta. C’era già Soul che glielo ricordava tutti i santissimi giorni. Perché rigirare il coltello nella piaga?
Il perché Liz lo sapeva ed era molto semplice. Il perché, in realtà, lo sapevano tutti, se no non avrebbero messo in atto quel piccolo innocuo scenario. In realtà non credeva che il suo artigiano e quel narcisista di Black☆Star fossero capaci di organizzare una cosa simile. Poi aveva scoperto che ci aveva messo lo zampino la povera Tsubaki, e i conti erano iniziati a tornare.
Solo due idioti come Maka e Soul erano così ottusi da non capire in quale situazione si trovassero.
L’aveva capito anche Black☆Star, e questo la diceva lunga.
<< il problema è che qui non si deve “rimediare un fidanzato” >> rispose, tentando di spiegare in un modo molto semplice e poco violento che non le importava dei vestiti << qui si tratta di passare una giornata con Soul. Sai, il mio coinquilino. Quello che mi ha visto anche la mattina, con i capelli distrutti e un pigiama in nylon >>.
Liz fece una smorfia, impietosita da quell’affermazione.<< la scommessa non parlava di un appuntamento? >> Maka arrossì un poco << per cui devi vestirti come se dovessi realmente andare a un appuntamento >>.
<< appuntamento… si fa per dire, si fa per dire >> borbottò, incrociando le braccia al petto.
Benché l’arma continuasse rifilarle nozioni sul come comportarsi e sul cosa fare in situazioni come quella in cui si sarebbe trovata lei di lì a poco, la Shokunin insisteva col dire che non le servivano certe notizie.
Era una penitenza, non un’uscita vera e propria.
Si rifiutava di vederla diversamente.
Lei e Soul non erano mai usciti insieme. Mai da soli, per lo meno.
Quando si trattava semplicemente di lui e lei erano – generalmente – sul campo di battaglia. Allora erano una cosa sola, un organismo indistinto i cui battiti andavano all’unisono e i cui respiri coincidevano perfettamente.
In tutte le altre situazioni erano sempre in compagnia di qualcuno: che fosse Blair con i suoi miagolii o Stein con le sue risatine, erano sempre accompagnati da qualcuno.
Poi c’era l’intimità della casa, vero.
Ma un’intimità sopravalutata – quando lei leggeva, lui usciva. Al massimo cenavano insieme o guardavano la tv. Niente di così sofisticato come un appuntamento. Almeno, a Maka sembrava dannatamente sofisticato.
L’unica consolazione era che poteva portarsi il suo libro a presso, in modo da lanciarlo in testa a Soul se l’avesse fatta arrabbiare.
E sorrise. Sorrise perché le piaceva da impazzire lanciargli le cose in testa. Sapeva da sola che non era un comportamento logico.
Le piaceva di meno, invece, quando lui le ricordava quanto fosse poco femminile. Si, quello le piaceva decisamente meno. Era sempre una scusa in più per picchiarlo, però.
<< ah, Maka >> le disse Liz, mostrandole una piccola borsa << ti proibisco categoricamente di portarti uno dei tuoi pesantissimi libri a presso. Vogliamo Soul ancora vivo per la fine della giornata >>
E ogni consolazione di Maka fu gettata nello sciacquone.

<< ripetetemi ancora una volta perché sono qui >> biascicò Soul, portando la testa all’indietro. La simmetria di quel dannato divano iniziava a irritarlo. Si, lui e la sua simmetria gli stavano facendo rimpiangere una vittoria. Se avesse perso – per lo meno – avrebbe potuto inclinare i quadri della casa di Death The Kid. Sarebbe stato millemila volte più divertente dell’uscire con Maka.
<< perché Liz mi ha proibito di farti entrare in casa tua >> disse lo Shinigami, ricordando con orrore di cosa fosse capace la sua Buki quando non le si dava retta. L’ultima volta aveva spiegazzato tutta la carta igienica del bagno da lui piegata così diligentemente e aveva indossato una maglietta con un sette disegnato per un mese. Era stato un incubo.
<< no >> obbiettò l’albino << voglio che tu mi ripeta perché sto per uscire con la mia artigiana >>
<< perché hai perso una scommessa >> Soul grugnì, alzando gli occhi verso Black☆Star, che gli sorrise affabile. Lo stavano solo assecondando, come un bambino, quando – in realtà – era lui che assecondava loro.
Soul sapeva di poter scappare da quella situazione.
Ma scappare non era per niente virile.
Si ricordava che – alle volte – poteva essere meno umiliante dell’essere sconfitto in battaglia, e allora si domandava: quale battaglia e quale sconfitta? Era solo Maka, non un guerriero armato di tutto punto.
Di tutto punto no, ma armata di libri sì.
E allora gli prendeva un nodo allo stomaco. Ed diventava ansioso, come non gli era mai capitato prima.
Non era cool, di conseguenza non era da lui.
Dall’altra parte i suoi amici si divertivano a vederlo gesticolare con le mani. Benché il viso fosse calmo e annoiato, riuscivano a cogliere quella sfumatura nel suo sguardo, quella che faceva sì che la punizione fosse divertente.
Kid, più di tutti, trovava la situazione come una splendida vendetta. Dopotutto lui aveva minacciato di rovinare la perfetta simmetria della sua dimora! Inaudito.
<< non l’ho persa >> dichiarò il mangia anime << anzi, l’ho vinta. Siete voi che mi ci avete ficcato dentro >>.
Quando parlava così, Black☆Star capiva tutte le ragioni di Maka. Anche lui, quel giorno, avrebbe voluto un libro da lanciargli in testa. Stava distogliendo l’attenzione da lui, il grande Black☆Star. La cosa peggiore e più deprimente, oltretutto, era che loro avevano organizzato quella cosa per lui.
Perché Black☆Star era ottuso, ma aveva capito dal primo momento di essere innamorato di Tsubaki.
Soul, invece, aveva bisogno di una spinta in più.
Di qualcuno che gli urlasse all’orecchio “Brutt’idiota! Se sei in confusione è perché ti piace!”; allora, forse, e solo allora, avrebbe capito. Oppure ti avrebbe preso a colpi –
ma non siamo pessimistici!
Se era così cosa speravano di risolvere in una sola giornata? Cosa che – in mesi di conoscenza – quei due non avevano risolto da soli? Né lui né Kid lo sapevano. Queste cose potevano capirle solo le donne.
<< non capisco perché tu sia così riluttante >> intervenne l’assassino << sei già uscito con delle ragazze, no? E non è andata così male >>
<< Maka non è una ragazza >> tenne a precisare, arricciando il naso. << Maka è solo Maka >>
<< ed è per questo che sei ancora single >>
Ecco come rigirare il coltello nella piaga. Kid Version due punto due.
Avrebbe voluto insultarlo, in quel momento. Mr Perfettino non poteva dire una cosa simile, non a lui.
Soul era single, vero, ma lo era semplicemente perché non aveva tempo o voglia di avere una ragazza.
Soprattutto, non era possibile pensare di avere un rapporto con una persona dell’altro sesso convivendo con Maka né frequentando la Shibuisen. L’unica cosa che gli avrebbe potuto far cambiare idea era il trovare una bella ragazza – formosa, come piacevano a lui – che fosse più importante della sua Shokunin.
<< alzati >> Patty entrò nella stanza, sorridendo a trentadue denti. Kid trovò qualcosa di sadico, in quel suo sorriso. L’influenza della sorella le faceva decisamente male << Liz dice di andare >>.
Pigramente si alzò, alzando gli occhi al cielo. Sarebbe stata una lunga domenica. << con un ora di ritardo, ma meglio tardi che mai >> e uscì – finalmente – dalla dannata porta simmetrica.
Maka non era una ritardataria. Non lo era mai stata e mai lo sarebbe stata. Per cui lui riusciva ad immaginare quale dramma fosse stato, per lei, essere succube di una modaiola.
Sorrise, infilando le chiavi nel quadro della moto. Il solo volto della sua Shokunin spazientita lo divertiva terribilmente.
Gli piaceva provocarla, quell’espressione.
Ma gli piacevano decisamente meno quei Maka Chop.

Anche se l’organizzazione era toccata a lui, Soul non aveva avuto nessun arbitrio sul luogo dell’incontro. Avevano deciso tutto quei pazzi burattinai con qui era andato a giocare una stupida partita a pallone. Sembrava quasi che si divertissero a manipolarli come volevano.
Certo che si divertono si disse una punizione deve essere divertente e umiliante. Se no non sarebbe degna di tale nome.
Quando raggiunse il caffè dell’incontro il ragazzo faticò a trovare con lo sguardo Maka.
Era domenica e le strade gremite di gente. Un via vai continuo che impediva all’arma di aguzzare adeguatamente lo sguardo. Eppure non era mai stato così difficile trovare i codini o la gonna a quadri della sua Shokunin. Era sicuro che l’avrebbe riconosciuta a chilometri di distanza, anche in mezzo al deserto che circondava la città.
Invece fu lei a trovarlo. Inutile dire che non avesse avuto la minima scelta sul suo abbigliamento: Liz aveva insistito per vestirla e pettinarla come diceva lei. Così avevano perso un sacco di tempo su cose inutili.
E poi rimproveravano lei quando rimaneva ore in libreria: scegliere un libro era più produttivo che utilizzare un mascara. Si doveva assolutamente ricordare di ribadirlo all’amica appena le fosse saltato in mente.
Aggiustò la gonna come poteva, rivolgendo un mezzo sorriso a Soul.
Detestava l’abito che le aveva scelto: invano aveva tentato di persuadere l’amica a farle indossare almeno gli shorts e una maglietta. Ma lei era stata irremovibile. Così ora si trovava a indossare dei capi che le stavano malissimo, rendendola nient’altro che un manichino ornato con un vestito nero.
Sembrava un tenda e ciò la rendeva dannatamente nervosa.
Soul le fece un cenno di saluto, ispezionando il vestito della ragazza.
Aveva paura a commentare. In base alle sue parole lei avrebbe deciso se ucciderlo o risparmiarlo.
Ma commentare come, poi?
Il suo unico pensiero sensato era un “wow”.
<< beh >> Maka ruppe il silenzio << aspetto notizie dal pianeta cool. Dove dobbiamo andare? >> il suo tono fu quasi ironico, ma almeno riuscì a strappare qualche parola alla sua arma.
<< se faccio qualche commento inopportuno becco un libro in testa, vero? >> rispose il ragazzo.
Maka avrebbe tanto voluto annuire, ma dovette rispondere con un misero “no” << Liz mi ha proibito di portarmene uno a presso >>
Soul Ghignò. Ora aveva due cose di cui ringraziarla. Indicò i capelli, poi il vestito << dì a Liz che è riuscita a fare l’impossibile >>.
Già, perché la sua artigiana era ancora tutta da sviluppare e sembrava il più delle volte una tavola da surf, ma quel giorno era più carina del solito.
Non che un tipo cool come lui avrebbe mai ammesso di trovarla carina. Maka aveva la sua bellezza, ma questa sua osservazione non avrebbe mai presto voce. L’avrebbe seguito nella tomba, se necessario.
Si passò la mano tra i capelli argentei, non scompigliabili più di quel che già erano.
<< lunedì li ammazziamo tutti, quelli lì >> disse, proponendo alla sua Maister una possibile vendetta.
Lei annuì e sorrise << la tua idiozia di tanto in tanto concepisce idee decenti >>
<< hey, perché tu puoi insultarmi e io no? >>

<< Diamine >> brontolò Liz, qualche metro più indietro << così non va, così non va >>.
Il gruppo la guardò avvilito.
Mai farsi trascinare da un assassino pazzo e una pistola sadica all’inseguimento di due poveri coetanei.
Oltre a sembrare una cosa da pazzi era assolutamente una cosa sbagliata.
<< forse dovremmo lasciarli in pace… >> propose Tsubaki, gesticolando con le mani << dopotutto stanno facendo ciò che devono per la scommessa >>
<< scommessa, scommessa >> obbiettò Black☆Star << ci guadagnano solo loro. Almeno così ci divertiamo un po’ >>.
La maggiore delle sorelle Thompson strinse la stretta sui binocoli neri << che fanno? >> domandò Patty.
<< niente >> masticò Liz << non penso che servirà a niente >>.

<< mi sento osservato >> Soul si guardò dietro, coinvolgendo anche la ragazza in quel suo gesto. Maka lo guardò sarcasticamente, alzando le spalle.
<< Sei paranoico >> borbottò, mentre le vetrine scorrevano in mille colori affianco a loro. Camminavano veloci. Veloci e in silenzio. Respiravano un’aria tesa, avendo quasi paura a fiatare. Per quanto potessero ricordare, non avevano mai avuto così tanto terrore nel camminare l’uno affianco all’altra. Si tenevano a distanza di sicurezza, come se avessero paura di prendere una scossa se si fossero avvicinati troppo.
<< te lo ri-chiedo: dove andiamo? >>
<< sorpresa >> la Buki le sorrise. Aveva pensato anche troppo, a quella giornata. Ci aveva perso il sonno, anche. Per qualche strano motivo, voleva che fosse perfetta. Quella doveva essere un’involontaria nota di follia trasmessagli da Death The Kid.
E poi, alla fine, aveva trovato l’unico posto dove avrebbero potuto passare una bella serata senza litigare. L’unico posto senza libri che sarebbe mai potuto piacere a Maka.
Beh, in realtà non sapeva se le sarebbe piaciuto. Era andato sul sicuro: quel posto piaceva praticamente a tutti.
Maka si fermò per qualche secondo, incantata di fronte a una vetrina. Potevano essere gioielli o vestiti, quelli che guardava con tanta ammirazione. Ma lui la conosceva, la sua Maka.
<< voglio leggerlo >> biascicò in un mezzo sorriso soddisfatto. Aspettava l’uscita di quel libro da mesi. Era della sua autrice preferita, quella che era in grado di regalarle i sogni più belli e candidi.
Normalmente sarebbe entrata e avrebbe afferrato il tomo tra le mani senza indugio. Quel giorno, però, era con Soul.
Lui odiava le librerie.
Erano poco cool e da secchione.
Per qualche strano motivo non voleva annoiarlo. Voleva distaccarsi un po’ da se stessa, in modo da portare quella giornata dalla sua parte. Potevano divertirsi, insieme, ma avrebbero dovuto – entrambi – smettere di vedere la cosa come la peggiore delle atrocità.
Per questo si sorprese quando, tentennando, il suo compagno pronunciò quelle due semplici parole << vuoi entrare? >>.

La libreria era uno dei luoghi preferiti da Maka, e non bisognava conoscerla così a fondo per capirlo. Qualunque cosa avesse a che fare con carta e inchiostro l’esaltava, sicché il piacere che provava nel leggere era immenso. Amava pure l’odore, di quella carta.
Fu una cosa che l’arma realizzò vedendola con la faccia dentro a un libro.
Erano lì, tra scaffali e polvere, da una buona mezz’ora. A Soul facevano male i piedi e aveva iniziato ad annoiarsi circa venticinque minuti prima. Una vera tortura.
Si sarebbe volentieri rimangiato le sue parole, se avesse potuto. Ma cosa aveva pensato quando l’aveva intimata ad entrare?
Soul si grattò il capo e si sedette su una di quelle poltroncine messe a disposizione della libreria.
Ormai era chiaro che non sarebbe uscito di lì molto presto.
La ragazza, oltretutto, era ferma da troppo tempo sullo stesso scaffale. L’osservava con premura e, con altrettanta diligenza, accarezzava i bordi dei libri con un polpastrello.
La Buki – per qualche ragione a lui ignota – trovò quel gesto dannatamente dolce.
Era qualcosa alla Maka. Forse l’aveva vista farlo anche a casa, ma non gli era poi così chiaro.
Poi la vide distrarsi, girarsi e la sentì ridacchiare. Delle braccia la strinsero in un veloce abbraccio, e Soul iniziò a domandarsi cosa accadesse.
Si alzò, inclinando un poco la testa. La visuale fu in questo modo maggiore.
Maka stava chiacchierando animatamente con un ragazzo. Era una faccia famigliare, tant’è che Soul l’associò a qualche loro compagno di classe.
In quel momento sentì un groppo in gola.
L’irritavano tutte quelle confidenze che il ragazzo si prendeva – c’era il sorriso, così palesemente civettuolo, e quel modo quasi casuale con cui le sfiorava il braccio. Era un modo viscido e subdolo, secondo lui.
Così si avvicinò << beh, hai finito? >> indicò il pacchetto che la Shokunin aveva tra le mani, rivolgendosi a lei con tono pungente e annoiato.
Maka lo guardò per un attimo, sorpresa, poi sorrise nuovamente al suo amico << sto parlando, non vedi? Un po’ di educazione, arma maleducata >> lo rimproverò in un sibilo.
Cosa gli prendeva, adesso? Prima – con sua sorpresa – l’invitava a entrare, poi si intrometteva in una discussione intimandola a finire in fretta le sue compere.
Non c’erano poi da così tanto tempo.
<< Ciao >> disse il ragazzo. Soul lo degnò di un veloce sguardo: non aveva la loro età e non era sicuramente della Shibuisen. Se lo sarebbe ricordato, uno così. Sicuramente. Tendeva a ricordarsi chi importunava la sua artigiana.
Prima che potesse parlare, la ragazza lo presentò << lui è Soul, la mia Buki >> spiegò velocemente << mi spiace, eravamo giusto di passaggio e lui ha poca pazienza >>.
Il ragazzo sorrise << ah, mi hai parlato di lui. Ho interrotto una vostra uscita? Mi spiace. È il tuo fidanzato, Maka? >>.
Arrossì, diventando una specie di semaforo accesso. Diamine, no! Avrebbe voluto urlare. Ma non ci riuscì, balbettando appena un no.
<< e se anche fosse? >> rispose con tono di sfida Soul. Si, era inconcepibile un’idea simile, per lui. Quelle violente come Maka non gli piacevano neanche un po’, ma sapeva di tenere a lei imprescindibilmente.
Abbastanza dall’esserne ciecamente geloso, a quanto pareva.
Uccise inconsapevolmente – con quelle sue parole – alcuni dei neuroni di Maka, già terribilmente imbarazzata.
Fidanzata? Lei? Con Soul, poi?
Avrebbe voluto ridere. Farsi prendere da una ridarella isterica.
L’amore era il più malsano dei sentimenti: faceva solo soffrire. Certo, non sapeva che cosa era. Non l’aveva mai provato. Ma ne aveva visto i disastrosi effetti. Lei non era tipa da amore.
Già sua madre era rimasta fregata, innamorata della sua arma. E tutti avevano visto come era finita. L’amore era un sentimento effimero fatto di momenti fugaci.
Non ci credeva e non ci voleva credere.
<< E smettila di comportati così! >> sbottò, dandogli il libro in testa.
Lui la guardò torvo, ficcandosi le mani nelle tasche e allontanandosi un poco. Che diamine gli era preso? Poteva inventarsi tutte le scuse che voleva, ma non sarebbe mai stato un comportamento razionale o solo minimamente sensato. << così come? >> le rispose. Sapeva che avrebbero finito per litigare.
<< in modo maleducato >>
<< io non sono maleducato. Sei qui da mezz’ora e – oltretutto – mi ignori totalmente chiacchierando con il primo venuto >>
<< scusate >> disse l’interpellato.
La Buki e la Shokunin lo guardarono appena, continuando a insultarsi.
<< zitta, secchiona. Il tuo mondo si divide in “pratica” e “teoria” >>
<< meglio del tuo, limitato in “cool” e “poco cool” >>
Si lanciarono uno sguardo feroce, sbuffando entrambi.
<< Maka >> l’uomo le diede una pacca sulla spalla << mi spiace di avervi… >>
Ma non finì la frase, perché Soul afferrò la ragazza spintonandola fuori dal locale.
Le strinse la mano fino bloccarle la circolazione.
Lo trovò un gesto quasi possessivo, da parte sua. Era strano pensare che quella mano, calda e grande, fosse capace di trasformarsi in una lama fredda e affilata. Davvero strano. Non ci aveva mai pensato, però era così.
Poi un suono interruppe i suoi pensieri. Un allarme.
Si guardarono con nuova complicità << Soul… >> balbettò << … non ho pagato il libro >>.
Allora lui aumentò la stretta e iniziarono a correre tra i pedoni. Ridevano come bambini, come poche volte avevano riso.
Si fermarono qualche isolato più avanti, affannati e un poco sudati. Mano nella mano.
<< che ti è preso? >> gli chiese a quel punto.
L’arma le sorrise, alzando lo sguardo verso di lei.
Soul era un po’ particolare. Aveva i capelli di uno strano colore, né bianco né grigio, che a Maka piacevano follemente. Si divertiva a spettinarglieli, provocando l’ira di Kid.
Ma la cosa che l’aveva sempre affascinata del suo compagno era il colore degli occhi. Rosso vivo, di una tonalità tutta sua. Accesa, dolorante ma soprattutto vissuta.
Soul parlava poco di sé e del suo passato, ma a volte aveva l’impressione che celasse qualcosa di poco piacevole.
<< quel tizio è strano >> andò dritto al punto, senza troppi preamboli o roba simile. Non facevano per lui << mi dava fastidio… e basta >> poi cercò di aggiungere qualcosa. Apriva e richiudeva la bocca, come se cercasse i termini giusti << dovresti stare lontana da quel tipo. Mi fa ribrezzo il modo in cui ti guarda >> alla fine annuì, senza dare altre spiegazioni.
<< hai un modo di comportarti impossibile >> Maka cercò di mostrarsi scocciata, ma in realtà riuscì solo a sbuffare e arrossire << era il bibliotecario, Soul. Stavo solo chiedendoli una cosa su un libro >> infine, per qualche assurdo motivo, si sentì in dovere di giustificarsi.
Stupido idiota!
Le aveva fatto fare una figuraccia. Era una delle sue librerie preferite.
Il suo Partner era un idiota, ma aveva ammesso più di una volta che la sua vita avrebbe fatto schifo senza di lui.
<< abbiamo perso quasi tra quarti d’ora. Andiamo, Maka.>>

 

Disclaimer: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà del rispettivo autore; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro”

Note: Eccomi con il primo capitolo vero e proprio di questa breve ff =) continuo a non rendermi perfettamente conto nè dell’IC dei personaggi (di fatto, in alcuni passaggi mi paiono veramente ooc) nè della qualità del contenuto xD ditemi se vi annoio, mi raccomando, e anche se faccio molti orrori.
Vi ringrazio tantissimo della lettura *profondo inchino a tutti quelli che hanno sopportato questa storia*
Un Grande grazie a chi ha aggiunto la storia tra le preferite, le seguite e le storie da ricordare ma, sopratutto, a chi ha recensito, dandomi un pò di sprint!

Recensioni:
narutina_90: Ciao! Sono molto contenta che il prologo ti sia piaciuto U_U vediamo se riesco a farti piacere anche questo capitolo XD in ogni caso, grazie mille per il commento e per aver aggiunto la storia tra le preferite! Baci!
Dany92: heylà! Non so se sia un bene o un male il fatto che tu abbia deciso di recensire proprio questa storia per prima (io, posso dirti, ho apprezzato tantissimo il tuo commento xD) però sappi che mi sento onorata *profondo inchino* quindi grazie dell’incoraggiamento. Ecco la prima parte della storia. xD mi sa che sono riuscita a trasformare un manga d’azione in una commedia scolastica, ma le piege contorte della mia mente – a volte – lavorano da sole.
Ti dirò: all’inizio avevo pensato a una shot, poi ho deciso di allungare il tutto e di cambiare un pò il corso degli eventi. La partita a Basket mi aveva lasciato un pò l’amaro in bocca xD per cui sono contenta che – quest’idea – ti sia piaciuta (e anche di sapere che non sono solo io a vederla in questo modo xD). Mi sa che ho divagato…. xD in ogni caso, spero ti piaccia anche questo capitolo! Baci!
Midnight_Rose: Ciao! prima di tutto: grazie, grazie, grazie! hai recensito non solo questa storiella ma anche le mie precedenti due shot, per cui GRAZIE *__* non sai quanto mi hanno fatto piacere le tue recensioni, davvero! E –finalmente – posso darti una risposta decente e meno generica xD Ho deciso di postare questa storiella in seguito a una serie di fonti d’ispirazione (e poi, sinceramente, mi sono divertita a cambiare un pò le metodiche del manga. Mi piace vedere Soul e Maka in una cosa così semplice ma così strana – per loro – come un appuntamento XD) e mi son detta: perchè no? sono decisamente contenta che non sia uscita una schifezza vera e propria. Prima o poi, quei due, dovranno fermasi a ragionare… o no?
Per la metodica sul “mi piace ma non capisco che mi piace”… beh…. credo che sia quando si confonde un sentimento con un altro, negandolo a se stessi…. almeno credo, in caso contrario dovrei rivedere tutta la ff.
Arigatou gozaimasu! e baci!
Sarainsb: Ciao! sono contenta che tu abbia avuto il coraggio di leggere (e recensire, per di più) anche questa mia piccola follia xD Grazie, grazie, grazie anche a te! sia per questa storia che per le precedenti shot! finalmente posso ringraziarti personalmente xP Per cui: eccoti il continuo! spero non sia troppo noioso o deludente o qualsiasi altra cosa di negativo che adesso non mi viene in mente! baci!

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Capitolo 3
*** Got me going Crazy (part 2) ***


Got me going Crazy (part 2)

Liz guardò interdetta la folla. Un attimo prima uscivano dalla libreria, un attimo dopo erano dispersi tra la massa informe che fluiva nel corso delle strade. Aveva sempre avuto una bella vista, lo sapeva, ma era riuscita a perdere Soul e Maka. E non si stava parlando di Mr Furbizia e di Miss perspicacia, ma di Soul Eater Evans e di Maka Albarn. I suoi compagni di classe – i suoi amici – un po’ troppo idioti per capirsi a vicenda.
Sbuffò, imprecando a mezza voce.
Era riuscita a prendere quell’appuntamento a cuore. Poteva sembrare qualcosa di quasi altruistico, quando in realtà era puramente egoistico.
Quel che Maka non capiva, ancora – oltre ai suoi sentimenti – erano quelli della sua arma. Perché questa aveva la fortuna di essere ricambiata nel suo amore non ancora sbocciato. Fortuna che non avevano tutti.
Lei, per esempio, non ce l’aveva. Continuava a non capire quelle coppie che – anche se innamorate a vicenda – si ostinavano a ignorare i loro sentimenti ed a andare avanti così, come se niente fosse.
Liz non era mai stata una tipa romantica, ma certe situazioni la destabilizzavano. E la innervosivano, anche.
<< Un BIG come me costretto a seguire le disavventure di altre persone >> Black☆Star sbuffò, annoiato dalla precaria situazione. Aveva pensato che sarebbe stato un qualcosa di divertente, ma ora si era semplicemente reso conto che aspettare tre quarti d’ora fuori da una libreria, al caldo, era poco da number one. E anche assistere ai momenti di disperazione di Kid lo era. Indicava tutto intorno a se, sbraitando qualcosa che aveva a che fare con centimetri, angoli e aree. Beh, lui non lo capiva: non era mai stato un asso né in matematica né in geometrica.
<< La folla è troppo mista >> brontolava, indicando di qua e di là << S
ono scompigliati a vuoto. Se si spostassero a destra di venti centimetri e a sinistra di quatto, prendendo un’angolazione di circa novanta gradi e ordinandosi per colori… >> In quel momento a Liz venne voglia di estrarre la sua maglietta con il numero sette dall’armadio e di indossarla permanentemente. Si chiese anche come avesse fatto a prendere una dannatissima cotta per quel ragazzo. Doveva soffrire di qualche complesso, ne era quasi certa.
<< Li abbiamo persi >> dichiarò, cercando di frenare l’entusiasmo di Patty per quel dannato chiosco di palloncini.
<< E ora che si fa? >> la domanda provenne da Tsubaki, che – in fin dei conti – si stava divertendo. Non tanto alle spalle di Maka e Soul, quanto a causa di quella strana giornata.
<< Hanno aperto il Luna Park, o sbaglio? >>
I cinque si scambiarono un veloce sguardo.

Per qualche motivo lo stato di Soul era passato da “tremendamente ansioso” a “dannazione, che sto facendo?!”. Non era più tanto sicuro della sua scelta. Insomma: era dannatamente banale.
Iniziava a sentirsi stupido. Stupido, irritato e poco cool. Per questo taceva.
Era un posto che piaceva a tutti, ma Maka – generalmente – non rientrava in quella categoria.
L’aveva sempre saputo che la sua partner era diversa dalle persone che lo circondavano, anche se – precisamente – non sapeva dire come.
Oltretutto: che cosa gli stava succedendo?
Un minuto prima osservava la sua Shokunin annoiato, un minuto dopo balzava in piedi preso da chissà quale scatto d’ira. L’unica cosa di cui era stato consapevole – in quel momento – era che non voleva assolutamente che quell’essere toccasse la sua Maka, sicché quando quel tizio aveva chiesto informazioni sulla loro relazione lui si era quasi sentito di rispondere “si, e allora?”; con quella anche altre cose, più imbarazzanti e decisamente poco razionali. Non l’aveva detto, così si era limitato a lanciargli una velata sfida. Qualcosa che neanche lui – da protagonista – avrebbe mai potuto cogliere.
Levale le mani di dosso.
Ecco cosa aveva pensato: levale le mani di dosso.
Questo non era da Soul.
Ma quando si trattava di lei era sempre poco conscio delle sue azioni.
Come quella volta, in chiesa, contro Chrona.
Sentiva la paura della Maister come se fosse sua. Sentiva le cellule del corpo di Maka scalpitare in ogni direzione, muoversi e sbraitare in cerca di fuga dal corpo stesso. Aveva sentito l’anima di Maka pietrificarsi e perdere consistenza.
La stessa aveva perso qualcosa, in quella battaglia.
Così schivava, ballando a passi d’una danza mortale. Lo fendeva senza ritegno e senza meta, falciando dietro di se solo l’aria. Poi si erano trovati con le spalle al muro.
Lei si era trovata con le spalle al muro. E la paura aveva preso il sopravvento.
Maka, in quel momento, era stata conscia della sua morte. Si stava preparando a quella, pregava.
Soul non aveva dovuto pensare più di tre secondi alle sue azioni: non le avrebbe mai permesso di arrendersi, di morire così, di scomparire.
Le aveva fatto da scudo, perché in quel momento la vita della ragazza contava più della sua.
Perché lui non avrebbe mai accetto un mondo senza di lei.
Un mondo in cui lei non c’era perché lui lo aveva permesso.
La verità è che lei era l’unica persona per cui sarebbe morto e per cui avrebbe ucciso. Questa nuova consapevolezza lo portò a pensare che tutti – al mondo – avrebbero dovuto avere qualcuno o qualcosa per cui valesse la pena compiere quelle azioni.
Forse era anche per quello che si comportava in modo strano quando era con Maka.
Cercare di capire quella serie di azioni era come andare a tutta velocità per poi sbattere contro un muro, aggirarlo e sbattere nuovamente su una parete.
Così si limitò a tacere anche interiormente, guidando Maka tra il gregge di persone. Teneva ancora la sua mano, ma in realtà quel fatto era passato in secondo piano: non era un gesto sbagliato strano.
Li occhi bassi di entrambi erano concentrati più che altro sui propri piedi. Questo semplificava il tutto a Maka, che aveva così modo di crogiolarsi in quella strana aria che sembrava accogliere solo loro due tra le sue ali. Di tanto in tanto li alzava, quegli occhi, rivolgendosi verso la schiena del compagno o verso le loro mani incrociate. Si stava comportando in modo stupido e lo sapeva. E benché sé lo ripetesse, benché continuasse a dirsi che era solo Soul, la sua mente andava in errore, spegnendosi e riaccendendosi a suo piacimento. Come le sue guancie, dopotutto.
Si sarebbe goduta appieno la giornata solo se avesse accantonato quel misto di angoscia, confusione, felicità e calore. Le sembrava impossibile.
Era in blackout. O quasi.
Inoltre, l’idiota, continuava a evitare tutte le sue domande riguardanti la destinazione. Così, oltre a crescere la confusione, cresceva anche la sua voglia di spiattellargli quel libro il testa.
<< Ma c’è l’abbiamo, almeno, una destinazione? >> gli chiedeva.
E lui rispondeva sbottando << Certo >> quasi al limite della sopportazione.
La ragazza aveva così modo si sbuffare e imbronciarsi, nonché di spegnere per qualche minuto il cervello.
<< Senti, Soul >> alzò gli occhi al cielo. I lunghi momenti di silenzio erano rotti da brevi chiacchierate come quella, dove lei ripeteva sempre la stessa domanda. La verità è che sarebbero già arrivati da un pezzo se non avesse optato per la strada più lunga. L’aveva fatto per poter continuare le sue personali pippe mentali sul luogo che aveva scelto. E sì, un po’ perché gli piaceva tenere la sua mano.
<< Si, stiamo per arrivare >> le rispose.

Quando Maka scoprì finalmente la destinazione non poté fare a meno d’un espressione sorpresa. Non tanto per l’originalità del luogo, quando per la decisione presa da Soul. Perché era stato lui a decidere. Lui! E le sembrava così assurdo da non volerci credere.
Si sentiva strappata alla sua realtà e catapultata in qualche shoujo manga.
Le venne quasi da ridere, in una reazione un po’ diversa da quella consona. Ovviamente non lo fece, troppo presa a guardarsi intorno.
Colori, odori e suoni si mescolavano tutti in un insieme, fondendosi e librandosi nell’aria, mentre le luci facevano loro da palcoscenico.
Sgranò gli occhi.
Lei non era mai stata in un Lunapark in tutta la sua breve vita. Non sapeva neanche come era fatto o cosa si facesse al suo interno.
Sentì un piccolo riverbero dentro di sé. Una scintilla che faticava ad esplodere e che la infastidiva all’inverosimile.
Poi si accorse che quella cosa era semplicemente felicità.
Aveva lasciato dietro di sé tutto quello che le era capitato in quei giorni perché non riusciva a dargli importanza. Sé ne era quasi dimenticata, anche.
<< Maka? >> Soul la chiamò, cercando di svincolarla dai suoi pensieri.
Lei si voltò e sorrise. Un bel candido sincero sorriso.
E in quel momento seppe che – se anche tutta quella situazione era dovuta a una stupida scommessa – forse non aveva sbagliato proprio tutto nelle sue scelte.
La Buki estrasse due biglietti verdi e glieli porse davanti agli occhi << Entriamo? >>.
Maka annuì.
<< Sai, non ero mai stata in un posto simile >> dichiarò timbrando il bigliettino.
Soul la guardò con aria interrogativa. Beh, non sé l’aspettava. Tutti erano stati in un parco giochi almeno una volta nella vita. C’era stato anche lui, e questa la diceva lunga << Mai? >> alzò un sopracciglio.
<< Cosa c’è di così strano? >> sbottò, tentata dall’incrociare le braccia al petto.
<< Niente >> l’arma scosse la testa << Credevo che ci fossi venuta almeno una volta. Magari con qualche ragazzo, o con tuo padre >> quando vide l’espressione della sua amica desiderò potersi mordere la lingua.
Faceva sempre così, quando si trattava di Spirit. Si rattristiva.
<< Tzè, figurarsi! >> borbottò l’artigiana << Sai com’è, quel coso di mio padre >>
Soul annuì. Meglio darle ragione.
<< Già >> continuò con disprezzo, guardandosi intorno timidamente << È come tutti gli altri uomini >>
<< Che? >> il ragazzo si fermò un momento, guardandola truce << E come sarebbero gli uomini, sentiamo? >>
<< Lascivi, traditori e bugiardi di professione. Insomma: inaffidabili. Nonché traditori, ovvio >> Maka annuì tra se e se.
<< Echecacchio, Maka >> Soul sapeva di essere una persona poco ragionevole e ottusa. L’aveva sempre saputo, così come Maka. Ma a differenza della partner lui aveva capito che anche lei era così. Voleva sempre la ragione, anche quando non c’è l’aveva. << Non facciamo di tutta l’erba un fascio >>
<< Non lo sto facendo! >> la ragazza puntò i piedi << Sono sempre stata tradita da loro, in un modo o nell’altro >>
<< Continuo a pensarla diversamente >> obbiettò. Avevano ripreso a camminare a qualche centimetro l’uno dall’altra, in una situazione di stallo. Le loro mani si erano divise nel momento esatto in cui erano arrivati al parco. << Se ti hanno tradito voleva dire che non tenevano abbastanza a te. Sei troppo reticente. Devi solo trovare qualcuno che ti ami al tal punto da non volerti tradire. Da non pensare minimamente al farlo >> oh, dio. Che stava dicendo? La situazione si stava trasformando da assurda a inverosimile! << Io non ti tradirei mai, Maka >>

<< YAHOO! >> Black☆Star si guardò attorno come un cane durante una passeggiata. Anzi, se avesse potuto avrebbe realmente scodinzolato. Mirava all’orizzonte con decisione, facendo una lista di tutti i giochi che voleva fare. Di tutte le attrazioni che erano degne di un grande come lui.
<< Black☆Star >> la voce di Tsubaki lo chiamò fievolmente << Ehmm… potresti scendere dal lampione, ora? >> un gruppetto di persone passò davanti a loro, squadrandoli in malo modo. Non si vedeva mica tutti i giorni un ninja che pregava un assassino di scendere dalla cime di un lampione. O no?
Ben presto Liz si era accorta del madornale errore da lei commesso: perché portare un gruppo di adolescenti che si comportavano come bambini in un luogo grande come il lunapark?
L’unica che sembrava in grado di sostenere la situazione era Tsubaki, con il suo comportamento accondiscendente. Essendo una tipa tutt’altro che remissiva Elizabeth non aveva mai capito Tsubaki, ma l’aveva sempre ammirata per la sua forza d’animo. E si… anche per la pazienza.
<< Né, né! >> Patty indicò le montagne russe agitando al vento il braccio. Liz sorrise, vedendo il suo entusiasmo. Forse non era stata una cattiva idea, dopotutto. << Saliamo, sorellona? Saliamo? >>


Nelle innumerevoli battaglie che avevano affrontato assieme, Maka aveva imparato a apprezzare Soul per quello che era. A fidarsi di lui, nonostante non fosse predisposta per quel tipo di cose.
Per la fede indiscutibile in una persona.
Però sentirsi dire quelle cose, in quel momento, con quello sguardo, l’aveva mandata in caos più di quanto già non fosse. Si sentì avvampare come non mai e si maledisse per tutto quel calore che avvertiva.
Per qualche secondo le fischiarono le orecchie, poi sbatté le palpebre due volte.
Che cosa era, quello?
<< Hey, Maka? Sei rimasta imbambolata? >> Soul ridacchiò, grattandosi il capo e osservando la buffa espressione della ragazza.
<< N-no >> balbettò << Voglio solo salire su quella giostra là >>.
Aumentò l’andatura, lasciando l’albino dietro di se.
Diamine!
La situazione le stava sfuggendo di mano e si stava rivoltando contro di lei.
Da quando aveva il batticuore davanti a quell’idiota del suo partner? Era sempre quello che abusava dell’aggettivo cool, che sanguinava dietro a Blair e che l’insultava giorno e notte. Era sempre lui.
Quello che più di una volta si era mostrato in tutto e per tutto come la sua famiglia.
Sempre lui.
Si portò una mano in faccia. Sempre lui.
<< Dov’era che volevi salire? >> si avvicinò a lei, con quel suo tono un po’ annoiato. Per qualche motivo le sembrò ingiusto: prima faceva tanti discorsi, poi tornava il solito. Beh, forse era meglio così. Che fosse il solito.
Maka brontolò qualcosa riguardo a quella specie di cosa che girava di cui non sapeva il nome, iniziando a condurlo di qua e di là per il parco.
Un po’ alla volta riuscì a calmarsi, soprafatta dall’impediente novità che la circondava. Come una bambina avanzava su e giù, indicando ogni cosa con estrema minuzia e, , divertendosi terribilmente.
Volle provare tutto. Dal tiro al bersaglio fino alle giostre più strane.
Sull’ultima quasi le venne la nausea, mentre Soul la guardava di sbieco, con un ghigno disegnato il volto.
<< Com’è che il tuo stomaco regge tutto questo? >> gli domandò con una punta d’invidia.
Lui alzò le spalle << Sarà che sono abituato a essere sballottato dalle tue abili mani? >> propose, riferendosi alle innumerevoli volte in cui l’aveva brandito in aria, facendolo roteare e saltare.
Maka fece una smorfia << Sarà >>.
Effettivamente era vero: a volte lo strattonava un po’ troppo, lasciandosi prendere dalla foga e dall’adrenalina, ma non aveva mai pensato agli effetti collaterali; così come si dimenticava di non avere solo un’arma durante la battaglia, Maka tendeva a scordare di non avere davanti solo un essere umano durante la giornata.
<< Sai, tutta questa situazione continua a sembrarmi strana >> continuò la Shokunin.
Soul incrociò le braccia dietro la testa. A me no pensò. << Strana in che senso? >>
<< Tranquilla, troppo tranquilla >>
<< Hey, abbiamo pur sempre rubato un libro >>
Si guardarono e sfociarono in una risata.
<< Dovrebbero essercene di più, di giornate così >> convenne la Buki.
<< Ok, la prossima volta invece di giocare a Basket veniamo tutti qui >> .
Il ragazzo annuì con poca convinzione, proseguendo con lei il tour. Passarono per un’aria verdeggiante, costeggiata da bancarelle di cibo e attrazioni per bambini.
Per qualche strano motivo, fu uno dei posti che colpì di più la giovane. A quanto poteva saperne, quei bambini erano tutti felici e esultati. Lo sapeva, anche lei era stata felice con la sua famiglia.
Una volta sua madre e suo padre l’avevano portata allo zoo. Aveva bei ricordi di quella giornata. Beh, li aveva fino a un certo punto. E vedere quei piccoletti giocare con quei conigli nell’area della “piccola fattoria” le faceva tenerezza.
Lei non sapeva se avrebbe mai avuto una famiglia, né tantomeno se fosse tipa da casa con recinto bianco o se avesse ereditato i geni della sua parentela, ma sapeva che – volendo – sarebbe rimasta lì - in quel parco divertimenti con Soul – per un lasso illimitato di tempo.
Passarono anche di fronte a una giostra. Una di quelle con la musichetta dolce e i cavallini che piacevano tanto ai bambini. Maka le aveva sempre ammirate, quelle giostre.
Ci sarebbe tanto voluta salire sopra.
Sono un po’ troppo grande pensò con una certa amarezza.
Sulle sue labbra si incurvò un sorriso che non mancò di incuriosire Soul.
Tutto sommato era contento di quella serata. Era contento di essere lì, con Maka. Era contento di aver fatto la scelta giusta, anche se si trattava solo di una scommessa.
Soul non godeva di una perspicacia troppo sviluppata, ma neanche troppo inibita: sapeva che – quella serata – era diversa da tutte quelle passate con lei.
Nell’ultimo periodo aveva dato per scontato molte cose, a partire dalla sua quotidianità. Gli piaceva, quella routine. Eppure, in giorno stesso in cui aveva suonato per Maka nei sotterranei, aveva imparato a non sottovalutarla mai.
Poteva cambiare da un giorno all’altro.
Per questo se la teneva stretta: non voleva perdere quello stato di pace.
Per quanto fosse possibile, voleva lasciare tutto intatto così com’era.
Per capriccio personale.
Eppure sapeva che – qualunque cosa fosse cambiata – il loro rapporto di Shokunin e Buki non sarebbe mai mutato.
E sorrise. Per la prima volta si accorse che, tra loro, non c’era mai stato un io. Il noi persisteva sempre, soprattutto nei momenti importanti.
Era vero che, molte volte, potevano avere le loro rappresaglie, così si tornava all’io.
Però era umano. Loro stessi erano umani.

A Death The Kid non piacevano i posti troppo affollati. Quei luoghi perdevano la loro integrità, diventando un miscuglio informe e poco simmetrico. Lo infastidivano la maggior parte delle volte, soprattutto se il luogo di ubicazione non era costruito con certi valori.
Il lunapark stesso era un esempio di ciò che lui poteva trovare irritante.
Tutto – e badate bene, tutto – era sistemato in un ordine inesistente.
L’essere accompagnato, tra l’altro, dalle persone meno ordinate che conosceva non gli semplificava la situazione, come invece facevano il divertimento e l’afa.
Alla fine l’imperfezione dei suoi capelli l’aveva reso forte: riusciva a sopportare meglio certe situazioni.
Come il vedere i suoi amici sparpagliarsi in un non-ordine per partecipare ai giochi più bizzarri.
Poi c’era Liz, una delle sue armi, che continuava a rincorre la sorella.
E infine c’era… << Il ME assoluto vuole ASSOLUTAMENTE dimostrare di essere il BEST nella sala giochi >> beh, c’era Black☆Star, che riusciva a farsi conoscere in ogni dove, con quella sua parlata strana e quella sua esuberanza.
<< Smettila >> sbottò Liz << Hai fatto il tiro al bersaglio dieci volte e non hai vinto nient’altro che un pupazzo da ragazza. Un po’ di contegno! >>
Ma lui le mostrò i pollici all’insù, rivolgendo un sorriso a Tsubaki. << Uno come me non si arrende >>
<< Si, lo sappiamo >> risposero in coro gli altri.
<< Ma io voglio solo… >>
<< Abbiamo capito >> continuarono, avvicinandosi al banco dello zucchero filato.
Il grande Black☆Star, in quel momento, si sentì assolutamente ignorato.
Uno come lui non poteva esserlo!
<< Su, Black☆Star >> Tsubaki gli rivolse un timido sorriso. Uno di quelli che erano capaci di ridargli sempre il buon umore << Per me hai fatto abbastanza. Che dici di dare un po’ retta a loro, adesso? >> la ragazza strinse il pupazzo a forma di anima tra le mani.
Beh, dopotutto a lui bastava quello. Che lei fosse contenta.
Fece per risponderle, poi qualcosa nella folla catturò la sua attenzione. Due persone che avrebbe riconosciuto tra mille << Ragazzi >> disse l’artigiano.
<< Abbiamo capito che tu sei… >> fece per rispondere Kid.
<< No >> sbottò Black☆Star << Non sto dicendo quello… ma loro… quelli… non sono… >>
<< Maka e Soul? >> completò con un certo stupore la maggiore delle sorelle Thompson.
Tutti li seguirono con lo sguardo. Ridevano tranquillamente, come sempre. Le gote della ragazza, di tanto in tanto, si accendevano, per poi spegnersi nuovamente.
Quel che stupì i cinque non fu tanto il notarli insieme e ridenti, quanto il trovarli cambiati.
Perché – per quanto non potessero accorgersene – quando erano soli i due diventavano altre persone, più impacciate e imbarazzate.
Li lasciarono scomparire nuovamente, poi quattro coppie di occhi si puntarono su Liz << Li seguiamo? >>.
Sorrise e scosse la testa.
<< Non c’è ne bisogno >> rispose.
<< Bene, allora andiamo a prendere un bel gelato! >> trillò Patty, sorvolando immediatamente sulla situazione.
La gelateria era poco distante da dove si trovavano, così poterono arrivarci in tutta tranquillità, senza ulteriori imprevisti. Si stavano solo divertendo. E – al diavolo! – avrebbero dovuto farlo più spesso.
Non che non si divertissero, ma forse avrebbero dovuto farlo in modo un po’ più consono.
<< Hey, ragazzi >> una voce interruppe il loro chiacchiericcio << Ma voi non siete gli amici di Maka-chan? >>


Soul aprì il portafoglio, tirando fuori un paio di banconote e porgendole al gelataio, poi passò il cono a Maka, indicandole una panchina poco più avanti.
Guardò il cielo, che si stava poco a poco imbrunendo.
Per qualche motivo, avrebbe voluto che quello sfrontato sole rimanesse alto ancora per un po’ di tempo. Quella giornata, che era iniziata come un obbligo poco cool, si era trasformata in una bella serata.
Non voleva che finisse, oltretutto.
Per tutta la durata di quella specie di appuntamento si era ritrovato immerso nell’acqua, in una realtà distorta ma equa. Appena il sole fosse tramontato sarebbero tornati a casa, la bolla sarebbe scoppiata e il giorno dopo Maka l’avrebbe svegliato con un libro in testa. Insomma: sarebbe tornato tutto come prima. Come al solito.
Forse era un bene così. Forse, il solito, avrebbe eliminato quel senso di inquietudine poco adatto a lui.
Maka assaggiò il suo gelato, stanca dalla giornata ma felice.
Guardò per un attimo il suo compagno, al quale non sapeva più che dire.
<< Grazie >> appena la sussurrò, quella parola, ma le parve appropriata.
Di cosa lo stava ringraziando? Non lo sapeva neanche lei. Eppure gliel’avrebbe ripetuto altre centomila volte, quel giorno, fino alla nausea e allo svenimento.
Quel giorno aveva capito una cosa che già sapeva: Soul era davvero importante per lei.
Non solo come arma, né come amico o compagno. Era importante nel suo essere Soul e nel suo essere affine con lei. Poteva trovare un’altra Buki, una di cui si sarebbe potuta ugualmente fidare, eppure non sarebbe stata mai come lui.
Per questo, in fondo, non le dispiaceva avergli fatto mangiare un’anima di gatto.
Il desiderio di superare suo padre e sua madre era forte, ma non così forte. Sapeva che – una volta trasformatosi in Deathscythe – Soul non sarebbe stato più il suo compagno, bensì qualcosa in potere del dio della morte. L’avrebbe visto sempre di meno e – chissà – magari il ragazzo sarebbe stato assegnato a qualche terra lontana. Allora forse non l’avrebbe più visto.
Non ci voleva neanche pensare.
<< Maka? >> Soul la chiamò, indicandole la bocca << Hai… del gelato qui >> continuò a indicarle il punto, ma lei continuava a passarsi la mano nel punto sbagliato.
<< No è… >>
E fu così che i loro visi si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altro.
A Maka le si mozzò il respiro. Perché quella distanza era troppo poca. Anzi, non si poteva neanche parlare di distanza, perché questa – per lo meno – era costituita da qualche centimetro. E tra di loro c’è ne erano davvero pochi.
Il cuore iniziò a perforale i timpani. Aveva quasi paura che lui potesse sentirlo. Andava sempre più veloce, martoriandole il petto, così veloce che alla fine le parve quasi di non sentirlo più.
Chiuse gli occhi, come se si aspettasse qualcosa.
Questo lasciò perplesso Soul. Le si era avvicinato senza pensarci, con l’unico desiderio di pulirle il mento, ma ora si ritrovava a desiderare di farlo con la lingua anziché con la mano.
Si diede ventimila volte dello stupido per quello.
In quel suo gesto non aveva calcolato l’impatto che avrebbe avuto su di sé Maka, perché non avrebbe mai potuto immaginare di ritrovarsi immerso in una sensazione tanto forte, né di venir soprafatto dai suoi sensi.
In quel momento, concepì di trovare Maka non solo carina, bensì bella.
Aveva gusti discutibili in fatto di donne.
Maka era… beh, ciò che era. Una ragazzetta insolente, aggressiva e dannatamente dolce.
Gli piaceva così com’era - con il suo profumo, con i suoi libri e con quel sorriso malinconico che di tanto in tanto coglieva sul suo viso. Così glielo pulì con un dito, facendole aprire gli occhi.
Gli rivolse uno sguardo lucido.
In quel momento, con il cuore in gola, Maka realizzò di aver commesso l’errore più grande della sua vita.
Si era appena resa conto di essersi innamorata della sua Buki.
E voleva che questa la baciasse.


La Deathscythe guardò confusa lo stormo di studenti della Shibusen.
Pensò immediatamente a sua figlia, che non si trovava con loro. Quella mattina l’aveva sentita, la sua Maka-chan, e aveva tentato invano di convincerla a usciere con il suo papà.
Ma lei aveva risposto con quel suo tono freddo e distaccato che riservava solo a lui, spezzandogli un altro po’ il cuore.
<< Mi spiace, ma oggi esco con degli amici >>
<< Preferisci i tuoi amici al tuo papi? >> le aveva chiesto in lacrime.
<< Liz mi sta aspettando. Ciao, Spirit >>.
E la conversazione si era conclusa lì, con quel nuovo colpo al petto.
Ora si ritrovava di fronte quei ragazzini per il quale era stato abbandonato, ma lei non c’era tra loro.
Né lei, né quel suo amico, quella sua arma, quel tizio che Spirit non poteva proprio vedere: Soul Eater Evans.
Il gruppo sussultò a quella nuova presenza.
Conoscevano abbastanza il vecchio di Maka da esser certi di due cose: la prima era che si trovava lì con una donna; la seconda era che, se avesse visto Soul e Maka, le cose si sarebbero messe molto male.
Prese la parola Kid, che con quella sua eleganza tendeva a stonare tra di loro << Deathscythe, è un piacere rivederla >> in fondo lui conosceva bene l’arma di suo padre. Ci era cresciuto praticamente assieme, anche se non aveva mai tenuto con lui un rapporto tale dal fargli diventare quantomeno amici.
Anzi, osservandolo compativa Maka, che come padre si era ritrovata un essere così.
<< È qui in compagnia? >> chiese Patty.
<< Oppure è una visita di piacere? >> s’intromise Liz. Doveva riuscire a deviarlo, perché li aveva visti andare proprio da quella parte, Maka e Soul. E – diamine – non voleva finire nei pasticci per via di un vecchio troppo protettivo nei confronti della figlia.
<< Ma Maka non dovrebbe essere con voi? >>
Poi la scorse alle loro spalle, poco più avanti.
E non era sola.
Con lei c’era quella specie di mostriciattolo dai capelli bianchi, quello a cui aveva ripetuto troppe volte di starle lontano.
Erano così vicini. Lui aveva addirittura una mano sul viso della sua bambina!
<< Ah… >> balbettò Tsubaki << Maka è andata con Soul a… a… >>
<< A pescare! >> aggiunse Black☆Star << Si si, a pescare qualcosa al laghetto qui dietro. Volevano rivendere i pesci al mercato nero, in modo da fare qualche soldo in più >>.
Ci fu un momento di silenzio caratterizzato da un lungo eloquente sguardo diretto al ragazzo.
Poi si sollevò una risatina isterica tra i ragazzi.
Perché se Maka era uscita con Soul era colpa loro.
<< A lui piace scherzare! >> aggiunse Liz.
<< Già >> convenne Kid, dandole manforte << Sono solo a prendere dei pop-corn >>.
Spirit non capì molto di quella conversazione, ma – quando vide i le loro labbra così vicine – decise di salvaguardare l’innocenza di sua figlia.
Avrebbe capito dopo cosa stavano insinuando quei ragazzi.


Quando la vide sorridere, in quel suo volto arrossato, le ultime sinapsi di Soul andarono a farsi benedire.
In cinque secondi era andato in contraddizione con se stesso un numero non meglio precisato di volte, uccidendo anche i suoi essenziali neuroni cool.
Voleva baciarla. Punto.
Ed era inutile girarci intorno, perché era così.
Voleva baciarla, per poi tornare indietro, in libreria, a dire a quel tizio di non toccare la sua Maka. Ma perché non l’aveva fatto quando c’era stata l’occasione?
Raccolse la mano della compagna, portandosela dietro la nuca.
Si ritrovò un po’ impacciato in quel gesto.
Aveva paura, quasi. Forse Maka l’avrebbe ucciso per quello. Ma – ne era sicuro – non se ne sarebbe pentito.
Poi si avvicinò al suo volto, sentendola congelarsi.
Aveva li occhi serrati, era poco rilassata. Beh, non che lui lo fosse, però…
Poi gli aprì, e trovò nel suo sguardo quell’ultima autorizzazione che gli serviva.
<< MAKAAAA! >> urlò una voce.
Una voce famigliare.
Una voce che riportò entrambi alla realtà.
<< Papà, non è come sembra >>

[***]

Disclaimer: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà del rispettivo autore; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro”

Note: Yuppi! Ecco la seconda parte di questa breve ff. Ormai vi risparmierò tutti i miei dubbi sui personaggi: non li controllo più, hanno preso il possesso delle mie mani xD quindi, a volte sono IC a volte OOC, altre… beh, non lo so neanche io U_U
A voi il giudizio, quindi.
Volevo scrivere qualcosa di leggero e – perchè no – canon. Quindi è nata questa roba qui, molto – davvero – alla shoujo manga- Mi è dispiaciuto un pò per i personaggi di contorno, perchè ho dato loro un ruolo leggero e marginale. Ah, giusto, la ff di per se doveva essere leggera XD
Bene: la smetto con i monologhi e vengo a porvi i miei infiniti ringraziamenti!
Grazie a tutte le persone che seguono la mia storia e che la leggono, nonchè ai gentili utenti che l’hanno aggiunta tra le preferite.
Oh, cavolo - ‘sta roba sembra la lettera di un avvocato (o quasi)

Recensioni!

Dany92: Ciao! eccomi con questa cosa che dovrebbe essere definita "capitolo" XD grazie di tutti i complimenti che mi fai >-< in questo capitolo la mente di quei due ha deciso di accellerare, sopratutto per licenza poetica della suddetta... *cerca termine* no, non autrice, Fanwriter.
Siceramente, Liz è un personaggio che mi piace molto... beh, è poco oggettivo da dire, visto che adoro anche Death The Kid e tutti li altri XD coerente, vero?
Come hai potuto vedere, un pò di privacy l'hanno avuta, anche se interrotta bruscamente. Ora... mi sono ripetuta che il parco divertimenti è davvero molto banale, ma - che posso dire - mi piace da impazzire, soprattutto perchè io - lì - mi diverto un mondo U_U
Per quanto riguarda la scrittura... si, a volte - troppe - mi sfuggono gli errori di battitura. Sono una tipa distratta e non riesco a beccarli tutti quando lo rileggo "a fresco" poi, magari, tra due giorni ci rimetto mano e trovo orrori... XD
Essendo giovane posso migliorare lo stile che, a volte, è dispersivo (almeno credo) ma sono ugualmente contenta che ti piaccia il modo in cui esprimo i personaggi. In questa storia ho optato più per l'introspezzione che per le descrizioni oggettive, non solo per i personaggi, ma anche per la fantasia del lettore: volevo dargli più spazio ^_^ Ora ti saluto! Al prossimo aggiornamento!
narutina_90: Grazie! sto cercando di postare prima che sparisca l'ispirazione! finchè c'è teniamola stretta! spero che anche questo capitolo non sia noioso e poi... beh, qui si sono svegliati entrambi! ^°^
Al prossimo capitolo!
Midnight_Rose: Hola! ai ai ai... dovrei riuscire a essere meno impacciata nel rispondere alle recensioni, ma alla fine... beh, dico sempre un mucchio di idiozie ^_^"" Grazie ancora dei complimenti! XD
EH, si, Liz è un GENIO! un pò vendicativa ma... personalmente - se incontrassi uno come Kid - avrei voglia di pestarlo tutti i giorni. Mi piace molto come personaggio, ma tendo a essere davvero, davvero, davvero disordinata ^^""""
Non so se ho accellerato troppo i tempi in questo capitolo, ma Soul e Maka avrebbero dovuto iniziare a fare due+due un pò di tempo fa XD perchè l'hanno capito tutti meno quelli interessati U_U
Spero che il capitolo ti piaccia XD oggi sono di poche parole >_<
Ciao!
sarainsb: 'giorno! ^_^ ah, non sai quanto mi fanno piacere le tue parole. Poi, se riesco a strappare almeno un sorriso con i miei deliri sono felice!
Ma passiamo al capitolo, se nò inizio a parlare e non mi fermo più XD
Non ho la più pallida idea di come sia uscito, ma in fin dei conti non c'è l'ho mai. Sono contenta di sentirti dire che i personaggi sono IC, sopratutto in queste situazioni. A volte mi sembra di uscire davvero un pò troppo dal loro carattere, per cui... XD
Nel capitolo scorso ho pensato che sarebbe stato divertente vedere tutti li altri che seguivano la malcapitata coppia, sopratutto perchè - in questo modo - avrei potuto accennare anche agli altri personaggi XD non ho approffondito molto i loro rapporti, però almeno li ho accennati ^_^
Spero che ti piaccia anche questo capitolo! Alla prossima!
Shi_Mei: Grazie! xD ho letto entrambe le tue recensioni con molto piacere e, se potessi, ti abbraccierei. Solo che - per ovvi motivi - non mi sembra una cosa possibile. Spero di riuscire a trascinarti anche con questo capitolo (chissà che tu non arrossisca di nuovo xD) e anche a farti sorridere! ora vado, ciao!

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Capitolo 4
*** Got Me Going Crazy (Part 3) ***


Got Me Going Crazy (Part 3)
{
Girl, you got me going crazy
Knock me off my feet
Now you’ve got me beggin, baby
Beggin, baby, please
All I wanna know is do you wanna get away
Get away with me
Cause girl, I don’t know what to do
Cause I’m so in love with you }

In quel momento il volto dell’arma lasciava trasparire ogni sentimento: Rabbia, frustrazione, indignazione, sconcerto, delusione, dolore.
Ti senti tradito, paparino?
La Deathscythe guardò quasi stranita la figlia, troppo vicina all’arma di cui aveva deciso di diventare l’artigiana, e sentì qualcosa al suo interno infrangersi.
La sua Maka-chan era cresciuta senza che lui se ne potesse accorgere.
Spirit sapeva benissimo che questo era successo in sua assenza: Maka era sempre stata un po’ troppo matura e razionale per la sua età.
Si ricordava ancora quando questa gli correva incontro sorridente e ridente, con quei suoi buffi codini che si muovevano di qua e di là.
E ora se la ritrovava di fronte, con quel suo sguardo sorpreso e sarcastico, mezzo avvinghiata a quel tizio.
A volte Spirit esagerava, ma quasi sempre a fin di bene. A volte – sì – vedeva anche cose che non c’erano.
Maka ci mise qualche secondo prima di giungere alla conclusione che, sì, suo padre era lì e che, sì, lei si stava decisamente lasciando trasportare dalla situazione.
Papà, posso spiegare”. Da dove era uscita quella frase, poi?
Cosa doveva spiegare? Che aveva deciso di passare – obbligatoriamente – il pomeriggio con Soul?
Perché avrebbe dovuto dirlo proprio a lui? A quel padre che non una volta si era mostrato dedito ai principi della famiglia. Quel padre che aveva amato e odiato, tanto, fino allo stremo.
Quella falce demoniaca in possesso del dio della morte.
Suo padre era colui che l’aveva resa ciò che era, sicché le aveva insegnato quanto potesse essere dura la vita.
Non tanto a livello fisico, quanto a livello emotivo.
<< Ah >> borbottò la ragazza, allontanandosi dalle labbra della Buki.
<< M-Maka! >> il padre indicò prima lei, poi Soul, poi di nuovo lei << Che diamine… insomma! >>.
Una cosa che Soul aveva imparato, riguardante Spirit, era che sapeva essere serio, ma solo quando si parlava di sua figlia.
Allora erano grane per chiunque cercasse di avvicinarla. Guarda caso, lui aveva appena tentato di baciarla e – con una fortuna senza pari – era stato interrotto proprio poco prima dell’accaduto.
E pensare che mancavano solo pochi centimetri!
Era stato un attimo, un momento perso. Era sicuro che non gli sarebbe più capitata un’occasione simile, forse perché conosceva a sufficienza la propria Shokunin.
Lei era tutto, ma non tipa da relazione.
Lo sguardo della Deathscythe passò nuovamente su Soul.
Quello era lo sguardo di un serial killer.
Uno sguardo che permise a Maka di organizzare una controffensiva in dieci secondi netti.
Insomma, cavolo, aveva bisogno della sua Buki viva almeno fino alla fine della scuola.
<< Soul >> la ragazza lo guardò per un secondo, augurandosi che tutte quelle missioni avessero davvero rafforzato la loro intesa << Al mio tre… >>.
L’arma annuì senza aver bisogno di ulteriori informazioni.
Perché a volte la ritirata era meglio della sconfitta.
<< Tu… diamine, tu… >> suo padre continuava a borbottare, incapace d’intendere e di volere. Non solo sua figlia era uscita con un ragazzo, ma gli aveva anche mentito.
Esco con degli amici, papà.
Spirit c’è la stava davvero mettendo tutta per dire qualcosa di sensato, ma riusciva solo a pronunciare sproloqui inutili contenenti sempre le stesse parole, quali “Maka” “occavolo” e “diamine”.
Uno, contò in silenzio.
<< Maka >> infine prese un grande respirò << Mi hai mentito >> le disse << Cosa ci fai qui con… con… >> non riusciva neanche a pronunciarlo, quel nome. Il nome della persona che gli stava portando via sua figlia. Anzi, che gliel’aveva già portata via.
<< Tu non puoi fare sempre di testa tua. Sono pur sempre tuo padre, Maka. Io devo sapere cosa fai. >>
Due.
<< Proprio ora vieni a dirmelo, papà? >> già, proprio ora doveva iniziare a fare il padre? Quando, per anni, si era limitato a essere una figura così astratta nella sua vita.
La cosa che le doleva di più era che - suo padre - sarebbe potuto essere un buon padre, se solo avesse voluto.
Questo la fece inferocire più del dovuto.
Voleva davvero sapere cosa faceva? Per poi obbiettare le sue scelte, magari? Per anni era stata in grado di reggersi sulle sue gambe e valutare bene le situazioni, anche senza la sua guida.
Lui non aveva il diritto di andarle a dire una cosa simile.
<< Si >> lo sguardo del padre la trapassò da parte a parte, come un lancia affilata << Tu hai… >>
Tre.
Non volle ascoltare di più.
Afferrò la mano del ragazzo, strattonandolo via con se. Aspettare di dargli il segnale sarebbe stato superfluo: tanto aveva capito lo stesso che doveva correre molto velocemente.
Soul era stupido, ma non così stupido. Inoltre aveva uno spiccato senso di sopravvivenza.
Allo stesso modo, suo padre sapeva essere dannatamente tenace.
Sapeva li avrebbe seguiti, a meno che non si fossero velocemente persi nella folla.
Difatti l’uomo tentò di inseguirli. Voleva… i suoi pensieri si fermarono per un attimo: non sapeva cosa voleva, ma era quasi sicuro che dovesse fermare sua figlia e quel mostriciattolo.
Quante volte gli aveva ripetuto di starle lontano?
Velocemente, i due si svincolarono tra la massa informe. Prima a destra, poi a sinistra, infine in una direzione non ben precisata. Era qualcosa di assurdo, quella corsa. Era folle.
Follemente divertente e paradossale.
Maka scosse la testa: per quanto potesse trovare qualcosa di piacevole, in quella situazione, vi trovava anche qualcosa di stancante. E la sua milza iniziava a lamentarsi.
Quando inseguiva un Kishin non si preoccupava di queste cose o di atre banalità: il suo compito era quello di fermare quegli esseri, ma in quel caso si trattava di un appuntamento. Una serata teoricamente piacevole e calma.
<< Soul, trasformati! >> gli urlò.
<< Che? >> lo sussurrò appena, ma non fece domande. Mutò immediatamente il suo corpo in quello di una falce, affidandosi alle mani della sua artigiana.
Lei l’afferrò senza problemi.
Fece della lama un fulcro e del resto una leva. Bilanciò il peso del suo corpo, calcolando velocemente la traiettoria che avrebbe voluto prendere. Incurante degli sguardi stupiti puntati su di loro, spiccò un salto e – contemporaneamente – staccò Soul da terra, ottenendo una spinta maggiore.
Il susseguirsi degli eventi fu veloce, pratico. Maka era brava e precisa in queste tre cose e le sapeva fare benissimo di fronte ai problemi. Era il suo modo di approcciarsi alla vita, quello, e non l’avrebbe cento cambiato. Perché – per quanto potesse essere confusa in quel momento – era ancora conscia di se stessa.
Si guardò attorno per qualche minuto, continuando a mantenere un passo spedito e tenendosi in guardia dal padre. Contemporaneamente cercava un rifugio con occhi vigili, tant’è che non si accorse della ritrovata forma umana di Soul Eater.
Poi il suo volto si illuminò quando vide la casupola della ruota panoramica.
Un rifugio perfetto.
<< Dentro, Soul >> .
Si fiondarono nella casupola, che si chiuse dietro di loro con un colpo netto.
La folla, troppo stupita, non ribadì loro la buona educazione: si deve fare la fila, ragazzi.
Maka tentò di riprendere fiato lentamente.
Si lasciò cadere sul sedile dell’abitacolo, un poco sudata e ancora un po’ agitata per il mix di eventi che aveva appena subito.
<< Ora capisci? >> domandò Soul con un piccolo sogghigno << Capisci perché non mi viene la nausea su determinate giostre? >>.

Quel giorno l’arma del dio della morte aveva capito cosa significasse sentirsi moralmente a pezzi.
Li aveva persi, quei due.
La verità era che non gli importava se la figlia si trovava un fidanzatino. Lui non sopportava Soul, tutto qui.
Spirit non sopportava Soul, ma gli era grato. Lui aveva salvato sua figlia, in qualche modo. La cosa che lo faceva soffrire di più, di quella situazione, era che la Buki l’aveva salvata da lui.
Fece un sorrisino amaro.
Diamine, era più dura di quel che pensasse.

Maka era arrivata più di una volta a proiettare suo padre su Soul Eater. Per il tipo di arma, per il temperamento poco intelligente e per la predilezione verso le forme abbondanti, eppure aveva capito fin da subito di potersi fidare di lui. Inizialmente si era rifiutata di sentirsi così al sicuro al fianco di quell’individuo che conosceva appena, poi si era resa conto che loro due erano semplicemente simili.
Forse l’aveva saputo fin da subito.
Da quando aveva suonato quella tetra melodia per lei, quella prima volta, nel loro primo incontro. Non se lo negava: Maka aveva avuto paura.
Era un diavolo con i capelli argentei e gli occhi rossi.
Ma un diavolo non è un’artista. Il signore delle tenebre non aveva il potere né di creare né di deliziare, sicché si era convinta che un essere malvagio non avrebbe mai potuto dare luce a qualcosa di così bello quali erano quelle note prodotte dalle sue mani.
Un essere così non sarebbe mai potuto essere malvagio.
Soul, poi, era fonte di un certa quantità di sentimenti contrastanti, che avevano a che fare con la paura e l’affetto. Riprendere il controllo della situazione – quindi – era stato a lei essenziale, e poco importava se fosse stato a causa di quel bastardo di suo padre.
Guardò l’arma, che fissava un punto non ben precisato della città. Beh, dopotutto la ruota panoramica serviva a ammirare la panoramica.
Seduto davanti a lei le sembrò quasi un’altra persona.
Si sentì come se fosse stata cieca per mesi, anni forse.
Perché lei si era innamorata di Soul.
Si. Era. Innamorata.
Diavolo! Le sarebbero servite diverse vite prima di abituarsi a quella strana idea, tant’è che continuava a ripeterselo come se fosse stato un suono vuoto dentro la sua testa; in realtà, quella nuova verità, la sconvolgeva non poco. Solo che, ogni volta che provava anche solo a pensarci, le sembrava molto surreale e poco… non sapeva neanche lei cosa. Decisamente strano, quello sì. Come se mancasse qualcosa? Anche.
Beh, poco importava di come fosse messa in fatto sentimentale. Si conosceva: era certa che avrebbe aggirato la questione fino alla nausea.
Perché?
Perché aveva appena commesso lo stesso errore della madre.
Una volta gliel’aveva anche chiesto, alla mamma, se si fosse mai pentita della sua storia d’amore con il padre. Lei non aveva risposto, non in maniera chiara.
Aveva sorriso, con gli occhi languidi di chi sapeva ma non poteva spiegare.
Maka era piccola, quella volta, e non aveva capito la risposta implicita.
Sinceramente non la capiva neanche in quel momento, quando si ritrovava faccia a faccia con uno dei suoi incubi. Stava esagerando? Ok, forse stava esagerando.
E il silenzio la stava uccidendo.
<< Mio padre è assurdo >> esordì con uno sbuffo, incrociando le braccia al petto.
Soul alzò lo sguardo verso di lei, poi tornò a guardare fuori dal vetro. Ormai erano in alto, quasi a metà del giro. La ruota era incredibilmente lenta rispetto a tutte le altre attrazioni. Terribilmente lenta e intima.
Almeno, sulle montagne russe, dovevi solo urlare.
Maka tentò di togliere l’ambiguità a quel pensiero con scarso successo.
Aveva provato la follia, sapeva cosa voleva dire diventare pazzi e disprezzava dal profondo quello che aveva dovuto fare per placcare Chrona. Era stato un insulto verso se stessa, la sua arma e quello che erano.
Per questo sapeva che – quella sensazione che aveva addosso – era molto simile alla pazzia.
Soul avrebbe detto che l’aggettivo più azzeccato per descrivere il vecchio di Maka sarebbe stato megalomane, ed era quasi sicuro che questa gli avrebbe dato ragione << Col casino che abbiamo fatto di sotto dubito che ci faranno entrare di nuovo, qui al lunapark >>
Maka sorrise, tentata dal torcesi le mani << Né, perché hai scelto proprio questo posto? >>.
Soul sembrò pensarci un momento, poi fece spallucce << Mi sono chiesto: dove posso portare una secchiona come Maka senza farla annoiare e senza finire disperso in una libreria? >> il tono neutro sembrava decretare un ragionamento normale e usuale << E il risultato è stato questo. Tutto qui >>.
La ragazza gli diede uno scappellotto in testa, risparmiandogli il libro solo per magna carità. Poi fissò quel suo sguardo vuoto e da scemo, che le fece venir voglia di maledirsi: davvero si era presa una cotta adolescenziale per quello lì? Così inaugurò anche quella giostra con uno dei suoi Maka-Chop.
<< Echecacchio ho fatto di male, ora?! >> la Buki si massaggiò la testa. A volte faticava a capire la sua artigiana.
Questa lo guardò truce << Tutto >> sbuffò << Hai iniziato a fare idiozie il giorno stesso che hai deciso di giocare a Basket >> si diede un leggero colpetto in fronte, come di disperazione << Continuando con tutti gli appellativi che mi affibbi giorno per giorno >>
<< Andiamo, Maka >> Soul sorrise a trentadue denti << Cosa c’è di male in piatt-girl, in Surf-gir, o in ferro da stiro? >>.
Spazientita, gli diede un altro colpo, più forte del primo. << E sei anche così idiota da chiedertelo? >>.
L’arma si leccò le ferite, alzando gli occhi al cielo. In quel momento, riconobbe la sua Maka. Quella con cui aveva condiviso così tante cose e che, in un misero lasso di tempo, era stata capace di farlo innamorare. Perché doveva essere davvero più idiota di Black☆Star per non accorgersene.
No, davvero, BlackStar ci sarebbe arrivato prima.
Fece una smorfia ai suoi stessi pensieri. Si faceva ribrezzo da solo, a volte.
Perché era davvero poco cool avere davanti la ragazza che ti piaceva senza rendertene conto.
<< Beh, hai ragione >> ammise infine << Secchiona va più che bene! >>.
Ennesimo colpo.
<< Soul, sei masochista? >>
<< Può darsi >> farfugliò << Dopotutto sono così masochista da cercare di baciarti >> non fece neanche tempo a mordersi la lingua o a chiedersi da dove avesse tirato fuori quella frase, che Maka si alzò di colpo, arrossendo e sbraitando come un’idiota.
<< Se non volevi farlo non dovevi farlo! >> sbottò, con una vena sarcastica << Dopotutto sei tu quello masochista che voleva baciare una secchiona come me! >>
<< È stato solo un attimo! >> si giustificò. Lo sapeva: quell’attimo – quel momento di debolezza – gli avrebbe solo portato grane. Perché, poi? Cosa c’era di così male nel tentare di baciare la ragazza di cui si è innamorati? Echecacchio! Ma come faceva a piacergli una così? << Non è che ci ho pensato poi più di tanto a… e poi, scusa tanto, ognuno può avere una svista >>
<< Una svista?! >> la ragazza strabuzzò gli occhi << Quindi ti va bene chiunque, che sia io o chissachì! >>
<< In quel momento non mi sembravi così reticente! >> le rispose. Diamine, per chi l’aveva preso?.
Maka balbettò qualcosa, poi gli piazzò un altro colpo in testa << Tu non capisci niente! >>
<< Tu non mi fai capire niente! Prima ti comporti in un modo, poi in un altro >>
<< Da che pulpito viene la predica! >>.
Si guardarono in cagnesco per qualche secondo, maledicendosi a vicenda.
Poi Maka tornò a sedere con la speranza di godere gli ultimi attimi di quella giornata: prima sperava che non finisse mai, ora non vedeva l’ora di tornarsene a casa e archiviare tutto quello che era successo.
Ecco perché i sentimenti erano inaffidabili.
<< Tutta questa giornata sembra frutto dell’onda di follia >> commentò Soul, con un tono irritato << Oggi mi hai fatto impazzire >>
<< Io non faccio impazzire nessuno >> gli rispose, incrociando le braccia al petto << Tu, semmai, mi fai sempre impazzire, con quelle tue idee strambe e il tuo modo di presentarti >>
Si guardarono di nuovo, poi con un lieve scatto abbassarono lo sguardo.
<< Mio padre sarà irritante, ma in questo momento penso che la sua presenza sia stata una fortuna >> già, perché se Spirit non fosse arrivato, lei lo avrebbe baciato e le sarebbe anche piaciuto. Ne era certa, conosceva i suoi limiti e i suoi punti deboli.
<< Già >> controbatté l’arma, con quel suo fare un po’ arrogante << Sarebbe stato un madornale errore baciarti >> in realtà non la pensava proprio così, ma era sicuro che – nel caso l’avesse davvero fatto – si sarebbe beccato uno schiaffo accompagnato da un Maka-chop. E sarebbero stati i colpi più dolorosi della sua vita.
Forse non era veramente innamorato della sua Shokunin. Forse aveva confuso tutto, preso dal momento.
Forse
Al diavolo, quelle erano solo stupide consolazioni.
<< Non mi sarebbe neanche piaciuto >> concordò la ragazza.
<< Anche a me >> convenne << Una cosa del genere mi avrebbe definitivamente rovinato la reputazione >>.
Maka si sentì un po’ delusa, da quella conclusione. Aprire bocca per insultarsi a vicenda era normale, per baciarsi meno e per urlare “beh, a me no – io e il mio, di masochismo, ci siamo innamorati di te” decisamente no. Il suo orgoglio, inoltre, avrebbe impedito una dichiarazione simile.
Perché si doveva innamorare proprio di lui, che non l’avrebbe mai ricambiata?
Anche se, fino a qualche minuto prima, era sicura del contrario. Lui l’aveva guardata in modo diverso, prima di baciarla, in modo più umano, come se vedesse realmente una ragazza. Perché Maka era sicura che Soul, in lei, vedesse tutto meno che un’esponente del genere femminile.
In fin dei conti, di questo aveva davvero poco.
<< Beh? >> Soul aggrottò un sopracciglio << Non dici niente? Non ti arrabbi? Non mi picchi? >>.
L’artigiana scattò in piedi nel secondo esatto in cui si fermò il giro.
<< Energie sprecate >> borbottò, uscendo a grandi passi << Vado a pagare il libro prima che chiuda la libreria >>
<< Hey, aspetta! >> la Buki l’inseguì, mantenendo il suo stesso passo di marcia.
Di nuovo la libreria? O meglio: di nuovo quel tizio?
Ma cosa aveva di così speciale? Non era poi così bello, e neanche più cool di lui.
<< Cacchio, Maka >> disse, afferrandola per un braccio << Che diamine ti prende, adesso? >>
Gli rivolse uno sguardo d’ira. Maka ce l’aveva con se stessa, in quel momento, ma anche con lui, perché per qualche secondo si era davvero illusa. Quanto era stata stupida! Eppure lo sapeva – l’aveva sempre saputo – che un sentimento simile non sarebbe mai stato utile o, più semplicemente, naturale. Non per lei.
<< Che mi prende? >> alzò gli occhi al cielo, tamburellando un dito sulla nuca << Vediamo… stavo per baciare la mia arma, il che mi rende un’idiota, e ho subito gli insulti di quest’ultima proprio dopo una litigata con mio padre. Oh, non mi prende niente, idiota! >>.
Soul dovette accettare quell’insulto di buon grado: vedendo il suo sguardo, capì che se lo meritava tutto, quell’idiota.
Maka era una ragazza forte, orgogliosa e, soprattutto, reticente. Le persone erano, ai suoi occhi, possibili nemici e grandi delusioni, che le avrebbero portato solo scottature. Era una ragazza ottimista, anche, e lottava con se stessa per non farsi influenzare da quel suo personale demone.
Tutti c’è l’avevano, un demone.
Anche Soul.
Anche lui non sapeva mai come comportarsi, con le persone.
Soprattutto con Maka.
Eppure sarebbe semplicemente dovuto essere sincero.
<< Mi stai facendo impazzire >> ripeté.
<< Sei monotono >> sbottò << Ho capito che… >>.
L’attirò a se e la baciò. Perché se voleva farlo lo faceva, rimandando le conseguenze a un tempo non ben indefinito.
Fu veloce, quel bacio. Rapido e inaspettato.
Sentì Maka gelarsi, per poi sciogliersi a contatto finito << Che fai? >>
<< Ti faccio star zitta, no? >>
Maka ghignò, con quelle guancie imporporate. Poi lo tirò nuovamente su di se.
Non era mai stata zittita meglio.

~ Well, girl, you got me going crazy

Fine.

Epilogo –

Liz sorrise soddisfatta. C’era voluto molto tempo, ma ce l’avevano fatta.
Un po’ si sentì consolata: se c’erano arrivati quei due forse poteva avere qualche speranza anche lei, no?

<< Né, sorellina >> Patty le strattonò il braccio << Che succede? Che succede? >>
<< siamo riusciti nella nostra impresa >>
Patty le rivolse uno sguardo spaesato << Quale impresa? >>
<< Ma almeno sai perché siamo qui, Patty? >>
<< Per vincere un pupazzo a forma di giraffa? >>
Liz si passò una mano in fronte, poi sorrise accondiscendete alla sorellina.
Ah, di una cosa era certa: non avrebbe mai ripetuto un’esperienza simile. Mai.
<< Liz >> la chiamò il suo artigiano, quasi in fin di vita << Ti prego… ti prego… la prossima volta che usciamo portami ovunque, ma non qui! >>
<< Smettila di lamentarti, Kid >> rispose Black☆Star << La prossima volta, l’attenzione deve essere su l’unico, inimitabile Black☆Star >>.
<< Prossima volta? >> chiese Tsubaki.
<< Si, prossima volta >> Black☆Star annuì << La prossima volta veniamo noi due, da soli >> sbuffando, indicò dietro di se << E evitiamo anche di venire in contemporanea con lui >>
In un angolo, Spirit contava i funghi << La mia bambina, la mia bambina >>.

[***]

Disclaimer: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà del rispettivo autore; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro”

Note: Bene, eccocci alla fine. Cosa dire? beh, prima di tutto, grazie. A tutte quelle persone che hanno avuto il coraggio di seguirmi fin qui =)
Mi sono divertita a scrivere questa cosa, anche se a volte – e forse troppo spesso – ho avuto impulsi assassini verso i personaggi XD
Ho adorato scrivere di Black*Star e di Liz, ma forse questo l’avrete capito =)
Il titolo della storia è nato molto per caso – cercavo il nome da dare al prologo prima di pubblicarlo, così ho preso il mio i-pod e ho selezionato casuale. “Got me going crazy” è una canzone di un gruppo pop\rock melodico (credo, non ne sono fan XD) chiamato Jonas Brothers, di cui non sapevo neanche di avere pezzi. In ogni caso, ho trovato la canzone azzeccata e l’ho utilizzata XD
Non so se mi rivedrete ancora su questo fandom (lo so che sperate che io scompaia per sempre, ma scrivendo su soul eater ho scoperto che l’ispirazione, a volte, fa brutti scherzi. Si, prima o poi mi rivedrete)
Vi saluto!

Recensioni! narutina_90: XD una cosa del genere, del lampione, l'ho vista molto alla Black*Star, quindi come non metterla? XD quindi, eccoci agli sgoccioli. Grazie per aver seguito questa cosa fin qui e - sopratutto - per aver espresso la tua opinione! Spero di risentirti ancora in qualche altra follia ^_^
walpurgis: ciao ^_^ grazie per la bellissima recensione. Effettivamente puntavo proprio a quello: a essere coincisa. E hai azzeccato anche tutti i miei dubbi su l'OOC che, a volte, a visto partecipe i miei personaggi. Sinceramente - la mia paura - era di renderli così diversi dall'originale da risultare ridicoli. è vero, a volte sono uscita dai personaggi, ma per lo meno non li ho resi totalmente diversi. In fondo sono sempre loro.
Nel capitolo precedente - come hai detto - ho avuto anche io molti dubbi su Maka, e in realtà continuo ad averli ^^""
Ti ringrazio anche per avermi fatto notare il problema con la punteggiatura: a volte lo faccio di proposito, in modo da dare più enfasi a una parte, ma - tutte le altre volte - mi viene naturale così come l'hai vista. Purtroppo - a mio parere - la punteggiatura è qualcosa di molto soggettivo (non tanto i punti, quando le virgole) e non va nè scartata (non voglio neanche pensare a un testo senza virgole) nè abusata. Spero di diventare più brava con la pratica e l'esercizio. Non posso che esserti grata di questo consiglio ^_^. Grazie ancora, a risentirci!
Dany92 ciao! ma perchè le tue recensioni hanno il potere di farmi sempre arrossire? XD ebbene, si, anche in questo capitolo i personaggi mi hanno voltato le spalle per fare a modo loro T_T a, beh, ciò che è stato è stato. Sono i risultati che contano... giusto?
Non chiedermi come sia uscito quella specie di epilogo, perchè non lo so. Mi sa tanto di vignetta comica, ma di certo non potevo lasciare li altri così, in sospeso, spariti XD la smetto, ho capito, sono delirante...
Ora, passando al capitolo di oggi (mi sento tanto la presentatrice de "la ruota della fortuna") spero proprio che ti sia piaciuto anche questo finale. Certe parti mi convincono meno, però, chissà perchè, il finale l'ho proprio visto bene. Non ho la minima idea di quel che avrebbero fatto i personaggi (e mai c'è l'avrò, visto che Soul Eater è uno shonen e l'autore non scriverà mai roba del genere -.-") ma spero di esser riuscita a finire nel migliore dei modi! ^_^
Tanti baci. Spero di risentirti!
Shi_Mei vedi il lato positivo: ora non dovrai pagare il chilurgo XD no, scherzo. Quest'uscita, al posto del classico "ciao", non è normale. Mi spiace per me stessa, che dico cose simili ^_^""
Eccoci alla fine! <--- sono ripetitiva! ---- alla fine, tutto è bene quel che finisce bene. Soul e Maka hanno chiarito, il padre si è messo a contare i funghi e... beh, Black*Star ha deciso di abbandonare la Shibusen per rivendere pesci al mercato nero XD poveretto, poveretto.
Oggi non riesco proprio a essere seria, scusa T_T e sono anche di poche parole. Per cui... GRAZIE! per la recensione e per aver seguito questo delirio!
Spero che la fine sia di tuo gradimento! Baci
Midnight_Rose 'sera =) ecco l'ultimo capitolo! si, puoi lanciarmi tutto ciò che hai tra le mani, tranne i pesci. Quelli si rivendono, mi spiace U_U sinceramente? non so da dove tiri fuori queste c... scemenza XD so solo che, da quando mi hanno bandito dal mercato nero non sono più la stessa. Interrompere il mio traffico di organi umani è stato veramente traumatizzante per me T_T
Non ti serve un organo, vero? perchè sono in saldi! XD
Ho capito, la smetto di dire scemenze.
Sai, per quando il lunapark possa essere un clichè, io ho tanti bei ricordi legati a quel posto. E - effettivamente - anche io non ci vado da un pò O_o devo rifarmi, sisi.
Spirit.. beh, è sempre lui. Credo XD penso che avrebbe avuto una reazione peggiore, nel manga, vedendo una scena simile. Si, molto peggiore... XD
Ora scappo! grazie per aver seguito questa follia! a risentirci!
Maka27: Hi! ebbene si, è la prima delle mie storie che recensisci, ma non ti sei persa niente di epocale... fidati... hai solo preservato la tua sanità mentale XD
Grazie per la recensione ^^ sai una cosa? è possibile che scriva una shot su quella maglietta, davvero, perchè l'ho amata profondamente ù.ù no, meglio che cancelli quest'idea dalla mente, è meglio! XD
Ti saluto! spero che il finale ti sia piaciuto! ^_^
Sarainsb: ciao! allora… se proprio vuoi, posso fornirti l’idirizzo di Spirit e un bel bazokaa, così tu e Soul potete andare tranquillamente ad ammazzarlo XD non è poi una cattiva idea, no? anzi, se vuoi puoi ammazzare pure Soul e Maka, tanto la storia è finita e non mi servono più ù.ù so che sono lenti, ma a volte servono dei personaggi così XD
No, Black*Star e Tsubaki non stanno insieme, però, essendo una coppia che adoro, ho messo un pò di loro in questa fanfiction (del genere: non facciamoli fare solo da contorno! XD)
Ora scappo! Grazie mille per la recensione e – sopratutto – per avermi seguito fin qui ^_^ spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

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