Ora e Per Sempre

di DeaEris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia ***
Capitolo 2: *** Sereno e Pioggia ***
Capitolo 3: *** Sacrificio ***
Capitolo 4: *** Fidarsi o Non Fidarsi? ***
Capitolo 5: *** Ogni Rosa ha la Febbre ***
Capitolo 6: *** Panta Rei ***
Capitolo 7: *** Fiocco di Neve ***
Capitolo 8: *** Merenda ***
Capitolo 9: *** Dolce Neve ***
Capitolo 10: *** Vincere e Fidarsi ***
Capitolo 11: *** Nel Fuoco e Nell'Anima ***



Capitolo 1
*** Pioggia ***


Buongiorno, miei cari lettori!
Stamattina, mentre in teoria stavo studiando, mi è venuta in mente l'ispirazione, ripensando anche ad una telefonata avuta con un'amica.
Questa storia, infatti, è dedicata a Martina!
Dunque...beh..non so che dire..d'altro, quindi mi appresto a raccontarvi!
Non temete perchè tra oggi e domani pubblico gli aggiornamenti di alcune mie storie per coloro che le aspettano, ma questa non potevo non scriverla*_*!


Era una sera molto buia.
Le folgori rischiaravano il cielo plumbeo di Athene con la loro potenza elettrica.
Sotto la pioggia scrosciante, un bambino dai capelli cremisi correva in una foresta.
Il visetto serio, anche se ancora infantile, creava una strana contrapposizione con la forte emozione che stava provando e che gli aveva turbato il bel visetto.
L'abitino, una tunica greca di vecchio modello, che lo faceva sembrare un piccolo antico greco, a dispetto dell'aspetto poco mediterraneo, era fradicia e lo impicciava nei movimenti, dappoicchè era ancora più aderente del normale.
Dai capelli lisci, lunghi fino alle spalle e color rubino scivolavano sul viso dai tratti delicati e femminei stille d'acqua piovana.
Il bambino aveva già una buona muscolatura, come testimoniava una corsa veloce, rapida ed il passo era elastico e sicuro, come se conoscesse molto bene il luogo in cui si trovava e non si curasse della forte oscurità.
Si fermò in una radura e svelto si arrampicò su di un albero, ove era stata costruita una casa rudimentale, che sembrava opera di un bimbetto, anche se particolarmente sveglio, visto che la suddetta casa non era crollata.
Il piccolo vi entrò di corsa e si appoggiò ad una parete, iniziando a piangere, rannicchiato su sè stesso, celando i caldi occhi nocciola con le braccine.
Era dovuto scappare dal Dormitorio, ma sapeva bene che presto qualcuno sarebbe andato a cercarlo, sarebbe uscito dalla casa, incurante del temporale e lo avrebbe trovato.
Era andato apposta nel luogo segreto, il loro luogo segreto, l'unico posto nel quale era loro concesso di essere bambini di cinque anni e non piccoli soldati.
Certo che lo avrebbe trovato lì: era il loro posto sicuro e segreto, quindi sicuramente Milo sarebbe giunto.
*Camus! Eccoti...ti ho trovato!*
Esclamò, infatti, una tenera vocetta infantile.
Camus sollevò lo sguardo ed incrociò gli occhi con quelli di un altro bambino dal viso vispo ed intelligente, anche lui fradicio di pioggia.
I lunghi e scomposti capelli biondi, gocciolanti di pioggia, erano ora lisci ed arrivavano appena sotto le spalle.
Milo fissava Camus con gli occhi azzurri allegri e sempre gioiosi ora preoccupati perchè Camus era bagnato.
Sapeva che Camus era lì: quella era la sua Casetta sull'albero, l'aveva costruita da solo con un piccolo aiuto dei soldati, ma era stato lui e Camus era l'unico che avesse il permesso di salirci senza di lui.
Camus non parlava e, non vedendo alcuna reazione se non il ricambiare il suo sguardo, Milo si avvicinò e si mise seduto davanti a lui.
*Camus, dobbiamo tornare indietro...sei tutto bagnato. Se non ti asciughi, ti ammali e poi raggiungi la mamma in cielo e non voglio che tu vada via.*
Disse, sicuro delle sue nozioni mediche.
Era un bambino di cinque anni, anzi di quattro anni e mezzo, a fine ottobre avrebbe compiuto gli anni e Camus doveva essere presente, insomma non era divertente stare fino ad ottobre senza Camus e poi così non poteva dargli il suo regalo, senza contare che era solo agosto.
Camus sollevò lo sguardo umido sul viso di Milo.
Milo era Milo, quindi con lui Camus poteva essere anche carino, dolce e gentile, con gli altri bambini era più freddo e non amava parlare con loro, ma Milo era diverso.
Camus era Camus, quindi Milo odiava vederlo triste; era una cosa brutta che Camus piangesse e soprattutto gli faceva male al cuore sentire e vedere le sue lacrime. Poteva sopportare le lacrime di tutti, ma non di Camus.
Si avvicinò così il piccolo Achille e ripulì il tenero visetto di Camus da quel segno di dolore.
*Perchè piangi, Camus? Lo sai che non mi piace vederti piangere...è una cosa brutta. Tu con me devi sempre sorridere.*
Disse, rimprovverandolo quasi e guardandolo con occhi teneri e dolci.
Camus prese un respiro e si accinse a raccontare a Milo il motivo della sua sofferenza.
*L'ancella mi ha detto che io e te non possiamo sposarci, quando saremo grandi. Perchè Dio non vuole. Lui vuole che i maschi sposino le femmine. Non mi piacciono le bambine. Sono stupide, a me di stupido piaci solo tu. Però, se Dio non vuole come possiamo fare?*
Domandò con un tono di voce sconsolato, fissando Milo negli occhi.
Milo mise su un buffo broncio e poi esclamò.
*Io non sono stupido!*
Si avvicinò a Camus e gli fece il solletico per punizione, poi quando si stancò di sentirlo ridere, lo guardò di nuovo per poi dire.
Solo Milo aveva il lusso di vederlo piangere, perchè Camus non amava farsi vedere in lacrime da nessuno, se non da lui.
Erano due anni che non piangeva più e diceva di non esserne capace, perchè le ultime lacrime le aveva versate per la mamma.
Diceva sempre anche che un uomo non deve mostrare a nessuno il proprio dolore, che non doveva far vedere le lacrime a nessuno, perchè erano un segno di debolezza, ma sapeva bene che Milo poteva anche vederlo debole, perchè anche lui aveva visto debole Milo.
Non si sentiva debole, perchè Milo piangeva con lui.
Le lacrime ancora percorrevano le guancie candide di Camus e Milo decise di fermarle subito.
Milo scoppiò a ridere quando Camus finì di parlare.
*Cosa ne può sapere una donna? Camus, noi non siamo mica seguaci di Dio. Noi siamo seguaci di Athena e lei non ha niente in contrario. Pensa agli eroi...avevano tutti un amico speciale che gli piaceva.*
Disse sicuro, mentre la sua mente infantile gli suggeriva Achille, Alessandro Magno e tutti gli eroi dei tempi antichi.
Il viso era serio mentre parlava e il biondino mise una mano sui capelli bagnati di Camus, carezzandoli e godendo della loro morbidezza e del fatto che erano bagnati.
Camus doveva asciugarsi o si sarebbe ammalato presto.
Camus fissò Milo dapprima sospettoso per poi chiedere con sguardo speranzoso.
*Davvero, Milo?*
Milo guardò quello sguardo e sorrise, avvicinandosi al piccolo dai capelli rossi.
*Ma certo, Cam! Fidati di me. Conosci anche tu Achille, no?*
Disse con un morbido sorriso, mentre il piccolo rosso annuiva con sguardo rapito.
Subito Milo riprese a parlare.
*Se così non fosse, allora un fulmine mi colpirà.*
Disse, non venendo colpito da alcun fulmine, sorrise e guardò il bimbo con uno sguardo saccente.
Se c'era una cosa che Milo adorava era l'avere ragione in modo assoluto.
*Hai visto? Ho ragione! Nessun fulmine mi ha colpito!*
Esclamò sicuro.
Si avvicinò al viso del bambino e gli dette un bacio sulla guancia, come per mantenere una promessa con lui.
Era il simbolo del loro affetto quel bacio innocente, dato tra bambini innocenti.
Milo si alzò in piedi e dette la mano a Camus per farlo alzare.
*Andiamo, piccolo mio.*
Disse, uscendo dalla capanna sempre tenendo per mano Camus.
Camus si era alzato ed aveva seguito Milo con passo elastico, ma quando Milo lo chiamò piccolo lo guardò un momento e poi disse quella che per lui era un'ovvietà.
*Milo...io sono più grande di te. Sei tu quello piccolo.*
Disse con un visetto serio.
Era così in effetti Camus era di poco più grande di Milo e gli dava fastidio, quando l'altro gli dava apertamente del bimbetto, essendo lui più grande.
I due bambini tornarono sotto l'acqua per tornare al Dormitorio ed essere sgridati a dovere, tenendosi per mano, come se dovessero sostenersi a vicenda.

Quanti anni erano passati da quella sera.
Ora Camus aveva quattordici anni e sarebbe partito di lì a poco per allenare i suoi nuovi discepoli.
Era un onore.
Lui era il primo così giovane ad avere quel grandissimo privilegio, ma quanto era difficile adempiere ad un dovere.
Doveva lasciare solo Milo, doveva proprio abbandonarlo per sei anni, il tempo minimo dell'addestramento, ed anche se sapeva che non poteva fare altrimenti, era grande la
sofferenza di lasciarlo solo e per così tanto, di non poterlo stringere nè vedere.
Era ancora agosto ed era ancora una sera in cui vi era un forte temporale.
La pioggia scivolava sulla sua figura atletica, allenata, ma sempre sottile, splendida per portamento e grazia.
Milo era appoggiato ad un albero a braccia incrociate e lo guardava rapito da almeno mezz'ora, mentre l'acqua scrosciante lo infradiciava.
Era bello....semplicemente bello.
Si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò morbido.
Era fiero Milo, fiero perchè Camus era felice di aver ottenuto un incarico importante, ma era infelice perchè doveva salutarlo.
Quella era l'ultima sera insieme.
*Sei bello, Camus. Fai attenzione a non bagnarti troppo...potresti ammalarti.*
Disse Milo con dolcezza, mentre posava il mento sulla spalla del ragazzo, come se avesse bisogno di un'ulteriore vicinanza.
Camus annuì e si girò verso di lui.
*Non temere, Milo.*
Milo sorrise, per poi volgere lo sguardo verso la statua, ancora visibile da lì, di Athena.
*Non mi tradire.*
Disse all'improvviso il ragazzo dai boccoli biondi.
Camus sorrise discretamente, per poi dire.
*Non ti tradirò mai. Se dovesse un fulmine colpirmi, sarebbe perchè ti ho mentito.*
Disse, non venendo chiaramente colpito da nessun fulmine.
Aggiunse poco dopo, nel vedere l'espressione stupita di Milo per quelle parole, così simili alle sue di quando era bambino.
*Hai visto? Avevo ragione!*
Esclamò, posando un delicato bacio sulle labbra del greco.
Gli prese la mano ed inizò a camminare verso il Dormitorio.
*Andiamo, piccolo mio.*
Si tenevano per mano i due, come quando erano bambini.
Milo in quel momento ebbe la certezza che qualunque cosa fosse successa, loro due sarebbero sempre tornati al punto di inizio, tenendosi per mano.

Note dell'Autrice.
Che dire di questa storia? Avevo deciso di scrivere un racconto dove Camus e Milo fossero due bambini...fossero completamente innocenti, ma dato che sono cresciuti prima del tempo ho dovuto ambientare il tutto a quando erano due bimbetti.
Spero che vi piaccia ed ora vi metto a disposizione una scelta: potete sciegliere se volete solo questa coppia o se devo aggiungere anche qualcosina sulle altre coppie, che per me sono Mu-Shaka, Death-Aphro, Aiolos-Saga!
Sciegliete voi, scrivendo nella recensione e stabilendo anche l'ordine!
Io mi adeguo! Il motivo per cui Milo e Camus sono un pochino diversi da come ci si aspetta è chiaramente perchè hanno cinque anni, quindi il loro modo di parlare è infantile e i loro ragionamenti sono quelli di due bambini piccoli.
Un bacio ed alla prossima!

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Capitolo 2
*** Sereno e Pioggia ***


Salve...in questo caldissimo pomeriggio (non so in che città viviate, ma Milano è rovente) e dopo aver visto un video confortante su Shaka e Mu..sinceramente credo sempre che sia Shaka il passivo, ma fa niente...vi scrivo il capitolo!

Si lo so...vi aspettate una MuXShaka dopo questa mia breve premessa, invece no! Cari lettori, così è troppo facile..il nemico se ne potrebbe accorgere e potrebbe prevedere (scusatela...è il caldo..poverina *NDS..S sta per Simone il Neurone*), quindi il capitolo di oggi è, secondo le vostre richieste, Aiolos e Saga...la storia è sempre dedicata ad Aoede, la mia dolce Marty, che purtroppo non ha internet! Beh te la leggi quando ti connetti, tesoro!

Era un pomeriggio abbastanza caldo ed afoso.
Nel cielo di Athene non vi era neppure una nuvola ad offuscare quell'azzurro intenso e particolarmente bello, se non fosse stato per il caldo disumano.
Un bimbetto dai corti capelli biondi aveva levato lo sguardo su in alto, verso il cielo per vedere quello spettacolo che secondo lui era pari per bellezza allo sguardo di un bimbo.
Il bambino in questione era vicino a lui e stava guardando con sguardo rapito le spighe di grano mosse appena da una brezza calda.
Il sorriso del bambino era spento, però.
Sembrava che i suoi occhi fossero tristi, quindi Aiolos, bambino buono e gentile, legato a quello che aveva vicino da un vincolo d'amicizia profondo: era il suo migliore amico, anche se lo invidiava.
Saga era più alto di lui, decise di mettersi davanti a lui per attirare al meglio la sua attenzione e decise di agitare la manina davanti agli occhi del bimbo.
*Saga...cos'hai? Sei triste? A cosa pensi?*
Domandò curioso al bambino, che portò gli occhi di un azzurro pari al cielo per luminosità sulla figura del bambinetto biondo, che per lui sembrava un angioletto.
Scosse il capo, facendo oscillare i biondi capelli davanti al dolce viso.
La verità era che entrambi i bambini sembravano angeli dalle ali candide.
Aiolos aveva un sorriso dolce, innocente, una parola gentile per tutti e corti capelli biondi ricci, che ricordavano quelli di Eros.
Saga aveva un comportamento cortese, sempre gentile nei confronti di tutti, già definito a quell'età un Dio per dolcezza, gli occhi erano sempre gioviali e piacevoli da osservare, mentre i capelli biondi lunghi fino alle spalle circondavano armoniosi il suo viso dolce.
Aiolos non era contento di quella risposta e guardò verso il suo amico.
*Non vale! Devi dire la verità! Osserva il cielo, è sereno! Il tuo sguardo deve essere come il cielo, visto che i tuoi occhi sono di quel colore. E' logico.*
Disse con una smorfia per poi afferrare il bambino all'improvviso ed iniziare a fare il solletico.
Saga rideva come un matto e cadde a terra, trascinando con sè il bimbo dai corti riccioli biondi.
*Smettila, Los, o lo dico a Sion-San.*
Disse il bimbetto, fissando il giovane che ora era seduto sulla sua pancia, senza però pesare su di lui.
*Ed io gli dico che tu sei un bugiardo e che non mi vuoi dire la verità.*
Replicò risentito il piccolo Cupido, guardando male il giovane.
Saga sospirò: certe volte Aiolos era proprio insistente, anche se lui non sapeva ancora cosa volesse dire quella parola.
*Ti dico che non è niente. Solo che stanotte ho fatto un incubo brutto.*
Disse il bambino con un'espressione tranquilla.
*E' solo un sogno, Saga. Non è la realtà. Vuoi raccontarmelo?*
Chiese con un tono di voce dolce il bimbo, mentre si metteva seduto vicino a lui.
Saga guardò verso il cielo e poi spostò lo sguardo verso il bimbo.
*Ho sognato che morivi ed io non voglio che tu muoia.*
Disse ansioso il bimbo dai capelli biondi, fissando gli occhi chiari di Aiolos.
*Ed ero io la causa.*
Riprese, stavolta mostrando in viso un'espressione ansiosa e preoccupata.
*E' solo un sogno. Non preoccuparti.*
Disse il bimbetto biondo con un calmo sorriso.
Aiolos si fidava ciecamente del suo angelo...era un angelo e quindi non temeva niente da lui e poi anche lui ogni tanto di uccidere qualcuno, era normale per quelli che erano piccoli guerrieri.
Saga, dopo quelle parole, guardò Aiolos.
Era vero.
Quello era solo un sogno e lui era sicuro che non avrebbe mai fatto male al bambino seduto accanto a lui.
*Certo, Los! Io non ti farei mai male. Era solo un sogno. Ti prometto che non ti farò mai niente.*
Disse innocente, portando il ditino mignolo verso l'altro bambino.
Aiolos sorrise ed incrociò il ditino ambrato con quello candido dell'altro bimbetto, per poi posargli un bacino sulla fronte.
*Promesso!*
Esclamò con un calmo sorriso delicato.

Erano passati ormai dieci anni da quella promessa.
Saga ed Aiolos avevano quattordici anni ed ora stavano aspettando di essere ricevuti dal Grande Sacerdote, che aveva una notizia da conferire ai due.
Erano fieri di esser stati ricevuti loro due, anche perchè gli altri erano i bambini piccoli.
Loro erano già grandi, brillavano sugli altri.
Saga possedeva lucenti e lunghissimi capelli biondi, il sorriso di un angelo ed il viso di una dolcezza particolare.
Era amato e rispettato, considerato un Dio per bontà ed umiltà.
Aiolos era cresciuto molto da quando era bimbo, aveva addirittura e con sua somma gioia superato Saga in altezza.
Possedeva un corpo allenato, muscoloso, ben più massiccio di quello di Saga, portava ancora i corti capelli biondi ricci e che gli conferivano l'aria di un bellissimo Achille, il cui sorriso portava gioia, ma anche rispetto in tutti.
Aveva pensato che fossero lì per ricevere le cariche: il Grande Sacerdote era ormai vecchio e doveva sciegliere un successore.
Aiolos era certo che quell'onore dovesse toccare a Saga.
Lo fissò di sbieco e sorrise: sì.
Era Saga quello degno di ricoprire tale carica e lui sarebbe stato un suo Cavaliere, un Cavaliere disposto a tutto pur di difenderlo.
Fu in quel momento che i due vennero ricevuti.
Uscirono un'ora dopo.
Saga aveva un viso distrutto ed Aiolos si avvicinò a lui.
Non si aspettava che Sion sciegliesse proprio Aiolos come suo successore.
Lui era il più degno e perchè non era stato scelto?
Perchè quel vecchiaccio aveva visto in lui una traccia di malvagità...ma dove l'aveva vista?
Una cosa era sicura: Sion aveva perso colpi.
Una mano si pose davanti ai suoi occhi, agitata.
Saga abbassò così lo sguardo su Aiolos, che lo fissava con i suoi profondi occhi.
*Dimmi, Los.*
Disse con una calma innaturale il giovane dalla lunga chioma d'oro.
*Stai bene, Saga? Mi aspettavo che sciegliesse te.*
Saga lo guardò un momento.
Come osava?
Lo stava prendendo in giro?
"No. Calmati, Saga. E' Los...non è colpa sua...se quella vecchia capra ha scelto lui e non te."
Pensò il bel ragazzo, mentre sorrideva depresso.
*E' stato solo un sogno, Los. Non preoccuparti, non sono offeso.*
Disse il ragazzo.
In realtà, il suo intero orgoglio gridava vendetta.
Come osava quella vecchia capra?
A cosa erano serviti gli anni di addestramento?
A cosa era servito essere gentile e dolce con tutti se il suo progetto era appena stato mandato a monte?
Aiolos sorrise grato per quelle parole.
Mai come in quel momento Saga desiderò prenderlo a pugni, ma doveva controllarsi.
Aiolos era la sua ancora di salvezza.
Non poteva permettersi di perdere la calma proprio con lui, che era la sua salvezza ed il suo unico amore.
Fu in quel momento che Aiolos disse.
*Ho un pochino di paura..non so se sono adatto. Tu lo eri di più. Mi consiglierai, vero?*
Saga lo guardò ed annuì.
Sì. Avrebbe finto per tutta la vita, covando nel suo cuore la gelosia per non aver ottenuto la carica, ma comunque presto il suo orgoglio se ne sarebbe fatto una ragione.
Aiolos non ne aveva alcuna colpa e Saga sorrise dolce, mostrando nuovamente il suo dolce sorriso, che tutto calmava.
Aiolos sorrise e lo abbracciò di slancio.
*Prometti che non ti farai del male con sentimenti poco nobili. Non è stata colpa mia, Saga.*
Disse in un suo orecchio.
Saga sussultò, a volte dimenticava che, essendo cresciuti assieme, Aiolos era a conoscienza di ogni singola variazione emozionale sul suo viso e quindi era in grado di comprenderlo meglio di chiunque altro.
*Promesso.*
Disse Saga, baciando la fronte del ragazzo.
*Devo andare ora, Los. Gli addestramenti non aspettano.*
Disse tranquillo, scendendo le scale.
Aiolos ricevette quel bacio e poi lo vide scendere le scale ed in quel momento si ricordò la promessa di Saga di non fargli male.
Levò gli occhi verso il cielo e vide che le nuvole avevano completamente ricoperto l'azzurro con un plumbeo grigio.
Un fulmine, un tuono e poi piovve.

Note dell'Autrice:
Allora...cosa dirvi? Il tema del tradimento di Saga è un tema trito e ri-trito...ma visto che su questa coppia non so bene cosa dire, visto che era la prima volta che scrivevo qualcosa su di loro non sapevo bene cosa dire...come affrontare questa coppia, composta non da un personaggio complicato, in quanto non lo conosco (Aiolos), ma da due personaggi difficili. Spero che vi piaccia.
Risposte alle Recensioni:
KanondiGemini96:
Grazie mille per la tua storia! L'idea della raccolta da piccoli mi era venuta grazie ad Aeode, a cui la storia è dedicata per questo motivo, mentre eravamo al telefono, anche se non mi ricordo esattamente l'ora in cui l'abbiamo tirata fuori...beh che dire avevamo pensato ad una Milo-Camus soli soletti, ma io sono una megalomane e poi l'idea di una raccolta da piccoli ancora non c'era...XD! Come ho reso la tua coppietta preferita? Lo chiedo direttamente con la speranza che ti piaccia^^! Comunque, graziole!
Sagitta72: Grazie mille per la tua recensione, che come sempre mi ha fatto molto piacere leggere! Son contenta che la coppietta da bimbetti ti sia piaciuta, come son contenta che tu abbia apprezzato la descrizione da grandicelli, perchè per me quattordici anni ancora sono ragazzini. Comunque, hai visto che ho scelto quella che mi avete indicato?
Grazie a jeje_12 per aver messo la storia tra i Preferiti.
Spero tu abbia gradito questa storia.
E grazie a coloro che hanno letto!
Fatemi sapere la prossima coppia, che magari metto dentro anche i Bronzini*_*!

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Capitolo 3
*** Sacrificio ***


Allora miei carissimi lettori!
Che dire...in una storia del genere non potevano mancare loro: i protagonisti assoluti dello yaoi in Saint Seiya!
La coppia direi più evidente, quindi li ho messi, anche perchè in fondo sono pur sempre i miei personaggi preferiti in assoluto zizi!
Beh spero che vi piaccia!


Era una serata tranquilla in un orfanotrofio.
Un bambino era nascosto in una stanza buia, seduto sul pavimento e si copriva con le braccina delicate gli occhietti di un verde meravigliosamente bello e cristallino.
Aveva un aspetto dolce, delicato, innocente e particolarmente grazioso che quasi ricordava una dolcissima bambina.
Lacrime di cristallo scendevano copiose dagli occhi purissimi, mentre le guancie solitamente candide ora erano rosse per le lacrime che inesorabili cadevano sul suo dolce visetto da bimba spaurita.
La vocina era come ambrosia, mentre singhiozzava disperato.
I morbidissimi capelli ramati circondavano il visetto, dandogli una parvenza angelica, anche grazie a teneri boccoli.
Tutto in lui suggeriva una grande fragilità dalle manine sottili e curate, agli occhi enormi perennemente sgranati e spesso in preda ad un infantile pianto.
Tutto in lui suggeriva delicatezza dai capelli soffici alla voce delicata e timida.
Il motivo per cui il bimbo era solo in una stanza era presto spiegato: compagni di orfanotrofio.
Il bimbo era preso di mira dai classici prepotenti, che lo avevano chiuso nella stanza a chiave e se ne erano andati, lasciandolo lì.
Era un'azione decisamente crudele, in quanto appena se ne fossero accorti gli scagnozzi di Tatsumi avrebbero punito molto severamente quel piccolo angioletto dai capelli ramati e la dolcezza squisita.
Non sapeva il dolce bimbo che in quel momento un ragazzino dai capelli biondi, lunghi fino alle spalle camminava per il giardino con passo svelto cercandolo disperato.
Hyoga era a cena coi suoi amici, chiedendosi dove diamine fosse sparito Shun, quando aveva sentito alcuni bambini, i nemici di Shun, ridere e dire che "avrebbero dovuto liberare lo stupido leprotto, dopo aver comunicato a Tatsumi la sua assenza".
Hyoga era un bambino abbastanza pronto dal punto di vista intellettivo, ed anche se fosse stato uno scemo totale, quale Seiya, avrebbe compreso senz'altro che quei crudeli bambini avevano di nuovo preso di mira il cucciolo del loro gruppo, quindi senza dire niente a nessuno aveva iniziato a cercarlo, incurante del Coprifuoco.
Era passato davanti ad una porta, da cui all'interno si sentiva il rumore di pianto, ma non era riuscito ad aprire la porta.
Aveva compreso così il piano di quei mostri: rinchiudere il bambino dall'interno ed uscire dalla finestra che dava proprio sul cortile, così quando avessero indicato a Tatsumi la cella del piccolo prigioniero, Tatsumi, essendo un noto idiota non avrebbe capito nulla.
Sicuramente, però, se erano usciti dalla finestra, ella doveva essere ancora aperta e Shun sicuramente non arrivava ad uscire da solo, visto che Jabu aveva contato su quello orribile scimmione codardo: Jeki.
Tanto grosso e poi se la doveva andare a prendere con un innocente agnellino il codardo, ma Hyoga gliel'avrebbe fatta pagare cara questa era una promessa.
Era riuscito a trovare la finestra ed, osservando dentro, aveva visto il suo cucciolo a terra ed in lacrime.
*Shun..*
Sussurrò solamente, per poi aprire la finestra.
Non era così alto per riuscire a prendere Shun, quindi doveva obbligatoriamente entrare, ma quello sarebbe stato un lato positivo: sicuramente quei quattro deficienti non si aspettavano di vederlo dentro, quando la mattina dopo avrebbero condotto lì Tatsumi, dopo averlo spedito in cerca.
Hyoga riuscì ad entrare senza problemi e saltò a terra.
Nel sentire un rumore improvviso, Shun levò di scatto terrorizzato il capino, incrociando lo sguardo con due occhi azzurri, glaciali, seppure illuminati da una luce d'affetto ed adorazione.
*Hyo-kun...*
Commentò solamente, riconoscendo l'altro.
Shun si alzò in piedi e corse fino al ragazzo, gettandosi tra le braccia forti di quel bimbetto e scoppiando in un pianto ancora più potente, poichè ora sapeva di venire salvato.
Hyoga strinse il bimbo, anche se visibilmente a disagio per quella reazione, a suo dire eccessiva.
Era sempre una frana a consolare gli altri, ma come resistere a Shun che si rannicchiava sul suo petto?
Come non abbracciarlo?
Shun era miele puro e ti faceva nascere l'istinto di protezione, anche se fossi stato un mostro avresti sentito l'istinto di profeggerlo, poi c'erano gli stupidi che gli facevano male e che presto Hyoga avrebbe malmenato o magari avrebbe detto a Ikki cos'era successo, se solo Ikki non avesse poi rimprovverato anche Shun per la sua debolezza.
Hyoga si mise seduto e costrinse a sedere anche Shun.
*Allora, piccino...cosa ti è successo stavolta?*
Domandò il biondino, fissando gli occhi di quell'angelo.
*Il solito, Hyo-kun.*
Rispose rosso in viso il bimbetto.
Hyoga sapeva bene cosa voleva dire "il solito".
Voleva dire che quei quattro cretini avevano di nuovo circondato il suo angelo e lo avevano trattato uno schifo, divertendosi, minacciandolo e facendolo piangere, il che lo rendeva decisamente nervoso.
Shun era bello quando sorrideva e quindi perchè fargli male, povero cucciolo?
Perchè farlo piangere?
Fu in quel momento che Shun riprese a piangere.
Hyoga allora disse.
*Ci sono io...dai non piangere. Io ti proteggerò, non temere. Non piangere, sono qua.*
Disse con la sicurezza di un bambino di appena quattro anni e mezzo, strappato via dalla madre dai marinai per salvarlo.
Hyoga aveva visto la madre morire, aveva avuto il suo amore e la ricordava ancora bene, così aveva detto ciò che la mamma diceva a lui quando piangeva.
Shun si passò un braccino sugli occhietti, sfregandoli e togliendo le lacrime.
*Perchè sei qui, Hyo-kun? Ikki-niisan sa niente?*
Disse il bambino con un visetto adorabilmente ansioso e gli occhi enormi si sgranarono per la preoccupazione.
Hyoga scosse la testa, per poi mettere un braccio sulle spalle di Shun ed attirarlo verso di sè.
Shun si lasciò cullare e si appoggiò con il capino sulla spalla di Hyoga, sentendosi al sicuro e guardandolo da quella posizione negli occhi chiari in attesa di una risposta, risposta che dopo poco venne.
*Ikki-Kun non sa niente, piccolo mio. Non temere. Sono qui, perchè stasera a cena i tuoi "amichetti" ne parlavano ed io li ho sentiti, così appena è scattato il coprifuoco ti son venuto subito a cercare. Così domani, quando Tatsumi ti verrà a cercare con somma gioia dei "simpaticoni" troverà anche me e io dirò tutta la verità, cucciolo.*
Disse risoluto il bambino, subito afferrando le manine del piccolo che si era spaventato.
Tutti erano a conoscienza della crudeltà di Tatsumi ed, anche se Shun era indifeso ed innocente, ciò non lo preservava dalle punizioni cruente ed anzi i crudeli uomini ai quali erano affidati sembravano divertirsi a punirlo il più crudelmente possibile, anzichè aiutarlo e proteggerlo, facendo in modo che quei disgustosi marmocchi potessero fargli male, visto che si sentivano autorizzati, ma stavolta Hyoga l'avrebbe impedito, anche a costo di prendere su di sè due punizioni.
*Hyo-kun...non verrai punito per colpa mia, vero?*
Domandò il bimbo in modo innocente, squadrandolo con grandi occhi velati di grande preoccupazione.
*E' un onore sacrificarmi per te, Shun. Non mi punirà nessuno.*
Disse con un dolce sorriso Hyoga, riuscendo a convincere l'adorabile bambino, che sorrise grato e si appoggiò a lui, addormentandosi completamente.
La mattina dopo, Tatsumi li liberò e, come richiesto da Hyoga, punì solo lui una volta però che Shun fu ben lontano da entrambi.

Erano in battaglia i piccoli Bronze Saint.
Dovevano levare la freccia dal petto di Lady Saori per salvarla ed ora stavano percorrendo la lunga scalinata che dalla Sesta conduceva alla Settima Casa.
Shun correva celato dagli altri, ancora nella sua fanciullesca mente vi erano le immagini di poco prima, immagini tristi che vedvano la morte di suo fratello maggiore.
Correva, ma si fermò con gli altri quando entrarono alla Settima.
Davanti ai loro occhi vi era Hyoga.
Hyoga congelato e racchiuso in un feretro di ghiaccio, una bara sicuramente potente e che probabilmente era difficile da distruggere, essendo opera di Camus di Aquarius, uomo tra i più potenti al Mondo.
Shun riuscì a far uscire dalla Casa i due amici e potè quindi prendersi cura da solo di Hyoga per curarlo dallo stato di assideramente nel quale era caduto a causa di Camus.
*Perdonami, Hyoga. Non potrò più essere al tuo fianco. Però, io non sono bravo in niente, non sono capace di combattere, quindi è un onore sacrificarmi per te.*
Sussurrò, beandosi di quella vista, di quel viso perfetto, di quei capelli biondissimi e di quegli occhi chiusi.
Hyoga era bellissimo e Shun avvicinò il suo visetto a quello del giovane, per poi baciarlo.
Non sapeva cosa sarebbe successo dopo.
A Shun, dolce angelo dalle candide ali e dagli lucenti come stelle, non importava neppure saperlo.
Ciò che importava era che Hyoga ritornasse alla vita, tornasse a camminare sulla Terra, lui che aveva l'aspetto di un angelo splendido, lui che per Shun era il Sole e il suo Angelo Salvatore doveva tornare alla vita assolutamente.
Che senso aveva vivere in un mondo privo di Hyoga?
Che senso aveva salvare la giustizia se Hyoga non poteva vivere?
Nessun senso e mentre pensava queste cose aumentava il suo Cosmo.
Un battito di ciglia e Hyoga si risvegliò.
Sul corpo aveva il suo dolce angelo dai morbidi capelli ramati.
Hyoga sollevò tra le braccia Shun e riprese il suo cammino unito a Shun da un prezioso vincolo.

Note dell'Autrice:
Lo ammetto non sapevo bene cosa dire, specie perchè ogni loro pezzone di quando sono grandi può essere interpretato senza problemi, come un qualcosa di yaoi!
Però è anche vero che la scena che offre più spunto per lo yaoi è proprio quella alla Settima, quindi io l'ho riportata.
Fate conto che è in una delle scene dove "non ci sono le telecamere" ovvero una di quelle scene dove purtroppo compaiono Shiryu e Seiya ed una delle scene dove la loro presenza disturba i due piccioncini e le loro tenere effusioni!
Vi sarei grata se non mi chiedeste storie su Seiya e Shiryu, primo perchè in fin dei conti io li detesto, secondo perchè non c'è niente da fare io li vedo etero e non sono disposta a scrivere niente di yaoi su di loro!
Chiedetemi pure una coppia a caso, ho deciso di inserire anche i ragazzi di Asgard, sono tanto carini*_*!
Sciegliete pure la prossima coppia!
Risposte alle recensioni:
Aoede:
Tesoro, non mi devi ringraziare per averti dedicato la storia, anche se non lo scrivo in ogni capitolo sappi che è dedicata interamente a te*_*! Ho deciso di rispondere ad entrambe le tue recensioni in un'unica risposta: dunque..devo dire che per me i bimbi sono sempre innocenti ed, anche se Gold, loro rimangono bambini come altri forse anche più spaventati del loro futuro, in quanto si rendono conto che potrebbero spegnersi, avendo conosciuto la morte in giovanissima età! Per quanto riguarda la personalità, un bambino ha già una personalità molto spiccata da bambino...ad esempio un bambino timido diventa un adolescente timido. Camus è freddo e quindi io dubito che da bimbo fosse un vulcano iperattivo, viceversa per Milo.
La storia tra Saga ed Aiolos è stata più complessa da scrivere e da trattare, perchè sono personaggi che conosco poco, soprattutto Aiolos...insomma è un personaggio che sopporto già di mio pochissimo. Beh Saga viene lui stesso descritto come un Dio, quindi l'aspetto di un angelo c'è, ma poi in questa è soprattutto un bambino che ha paura di far male a qualcuno. Certo poi sarà esattamente ciò che farà, ma non è totalmente colpa sua...è merito della pazzia che è insita nella sua natura.
KanondiGemini96: Meno male! Son contenta che ti sia piaciuta, anche perchè credo tu sia un'esperta dei due Gemelli, almeno dal tuo nick ed in verità io credo che Saga e Kanon abbiano diversi tratti della personalità in comune! Eh già..è stato il tipico sogno premonitore, anche se è avvenuto anni prima rispetto a quando poi si è avverato! Alla fine ho voluto far vedere quello che un bambino particolarmente solo ha come incubo, ovvero la perdita di coloro che ha accanto ed il dispiacere o la paura che può provare! Per questo credo che non sia stata una scelta facile quella di Saga di rinchiudere il fratello, ma non ha potuto fare altrimenti, non sapendo che condannando il gemello, condannava anche sè stesso! Saga mi piace molto per questi motivi...lo avverto come qualcuno di molto insicuro, che non ha fiducia in nessuno, neppure in sè stesso, molto solo e molto triste, che ha paura a dire quello che pensa per una sorta di paura del rifiuto...ma ora basta parlare, che se no non la smetto più^^! XDXD! Mi serviva un insulto per Sion, un insulto che però non fosse troppo per un ragazzino e mi è venuto in mente di collegare segno e personaggio! Sisi come hai letto, spero, ho messo i bronzini e di nuovo accontentata...spero che ti piaccia!
Ringrazio coloro che hanno messo la storia tra i Preferiti:
Aoede e jeje12!
Allora, le coppie che tratterò sono:
Mu-Shaka, Death-Aphro (se volete anche un accenno a Shura), Syd-Bud, Alberich-Fenrir.
Se volete posso anche fare qualcosa di etero, ovvero:
Ikki-Esmeralda, Shiryu-ShunRei, Siegfried-Hilda, Hagen-Freya
Un bacio ed alla prossima!

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Capitolo 4
*** Fidarsi o Non Fidarsi? ***


Ciao, miei cari lettori!
Che dire? Con sto caldo sono ispirata per quanto riguarda il mare, l'estate, i bagni, la spiaggia!!
Spero che questa storia vi diverta!
Mi spiace di essere in ritardo, anzichè di tre giorni ho aggiornato cinque giorni!
Beh è una storia particolarmente dedicata ad Aoede, visto che lei adora questa coppia proprio con questi ruoli!
Come avete notato, io Shaka lo vedo molto passivo, insomma uno è fabbro, l'altro è un santone, che probabilmente ha mosso mai le mani in vita sua, quindi non è difficile sciegliere e poi Shaka è troppo chiuso...io lo vedo molto timido ed impacciato!

Era una giornata particolarmente bella, ma anche particolarmente afosa e calda, quindi gli adulti avevano deciso di sospendere un momento gli esercizi d'allenamento per i piccoli.
Faceva troppo caldo per allenarsi continuamente, specie con bambini sì piccoli, che rischiavano un'insolazione, che li avrebbe fermati per diversi giorni e non si sarebbero potuti quindi allenare.
Tuttavia, per unire l'utile al dilettove avevano portato i bambini alla spiaggia.
Vi era un'enorme spiaggia, celata dalla Barriera del Grande Tempio, in cui di quando in quando venivano portati i discepoli per allenarli al nuoto.
In quel momento la spiaggia occupava dodici vivaci bambini, i bambini si eran tutti divisi in gruppi e giocavano al solito tra di loro.
Milo e Camus costruivano un Castello di sabbia insieme, ridendo e scherzando.
Milo lo costruiva secondo la sua visione di Castello, ovvero una visione piuttosto distorta, mentre Camus aggiustava i disastri che Milo stava facendo con della normale sabbia, ringraziando il suo protettore che Milo non fosse il costruttore del Dormitorio, altrimenti sarebbe di sicuro crollato.
Aiolia, Mu ed Alberan giocavano in acqua a schizzarsi, mentre vicino a loro Aiolos veniva per l'ottava volta sfidato da Shura in una gara di nuoto.
Death Mask ed Aphrodite erano seduti insieme all'ombra che confabulavano, nei loro discorsi si potevano sentire le parole "Castello" e "Distruzione", i visetti dei due erano divertiti, mentre i due piccoli tenevano d'occhio i mocciosi intenti a finire il Castello che loro due volevano distruggere.
Saga e Kanon nuotavano e facevano sfide per stabilire chi tra loro fosse il più bravo con sommo disappunto di Kanon, che ogni volta perdeva.
Erano alla Dodicesima sfida a "stile libero" e Kanon stava annullando tutte quelle che il gemello aveva vinto, dicendo che non erano valide perchè Saga sbagliava i movimenti, cosa sbagliata ed atta solamente a far vincere lui.
Quella sfida la vinse, perchè Saga voleva andare a giocare con Aiolos e quindi l'aveva lasciato vincere.
Un bimbo dai capelli biondi sedeva sotto ad un ombrellone per evitare di scottare la pelle candida.
Era seduto nella posizione del loto ed era ad occhi chiusi.
Non si mischiava con gli altri bambini, non essendo interessato ai loro giochi e neppure voleva esser coinvolto in una gara stupida.
Era un bimbo serio ed era l'unico che non aveva bisogno di un controllo da parte delle ancelle particolarmente serrato, visto che si faceva abbastanza gli affari suoi, senza mai muoversi da dove l'avevano lasciato.
Fu in quel momento che una voce infantile ruppe la magia del momento, il silenzio che Shaka era riuscito a creare, nonostante il caos che regnava tutt'attorno.
Socchiuse un attimo gli occhioni azzurri e puntò lo sguardo su un ragazzino dagli occhi verde smeraldo ed i capelli biondo paglierino: Mu.
Mu era l'unico bambino che parlava con Shaka, troppo timido per parlare con qualcuno, troppo silenzioso per far accorgere della sua presenza qualcuno, lui entrava solitamente in una stanza e l'unico che si accorgeva del suo ingresso era Mu.
*Ciao Shaka. Cosa fai?*
Domandò curioso il bambino dalle strane sopracciglia, guardando con un sorriso il grazioso bimbo biondo.
Il piccolo dai capelli biondi, lisci e lunghi fino alle spalle, chiuse gli occhi, prima di respirare e pronunciare poche parole.
*Medito.*
Era il massimo della sua espressività in quanto a parole.
Shaka non era mai stato un chiacchierone ed anche dire quella parola gli costò non poca fatica, non che con Mu avesse difficoltà a parlare, ma si vergognava sempre a discorrere con qualcuno, motivo per cui stava sempre solo ed aveva come suo unico amico era Buddha, il suo maestro.
*Perchè?*
Domandò nuovamente il bambino, interrompendo la meditazione dell'altro bimbo, che lo guardò per un momento.
*Perchè cosa?*
Replicò, beccandosi un'occhiata stranita da parte dell'altro bambino.
Shaka non riusciva a capire come mai l'altro bambino gli aveva chiesto il motivo per cui meditasse.
Non aveva mai riflettuto sul perchè meditasse: gli veniva naturale farlo, non gli veniva naturale chiacchierare con gli altri, ma il meditare era qualcosa che faceva fin dai primi tempi della sua vita e non sapeva come fare per parlare con qualcuno se non meditava.
*Perchè è importante e poi perchè Buddha mi parla sempre.*
Rispose con un tono di voce sicuro, sicurezza derivata dalla speranza di poter tornare a meditare tranquillamente senza ulteriori interruzioni.
Quello che non aveva calcolato era il piccolo dettaglio che Mu non voleva lasciar perdere ed ancora di meno voleva lasciarlo solo.
*Se parlassi con noi, anche noi parleremmo con te, sai? Dai vieni.*
Disse tranquillo, ignorando il fatto che una frase del genere avrebbe potuto causare dei problemi.
Era un bambino e non rifletteva su alcune frasi che diceva o sulle sofferenza che esse potevano causare.
Shaka a quelle parole spalancò i bellissimi occhioni azzurri, color del cielo e lo fissò intensamente.
*Io non voglio parlare con voi.*
Disse in un basso sussurro.
Shaka aveva imparato a non contare su nessuno per evitare di essere ferito, poteva contare solamente su sè stesso, su Buddha e basta.
Lui non si sarebbe mai ferito da solo e Buddha non poteva ferirlo.
Nel parlare aveva abbassato lo sguardo per impedire di vederlo in viso.
Mu si avvicinò, incurante di quelle parole, lo afferrò per il mento e dolcemente alzò il suo visino in modo tale da guardarlo.
*Non dire così. Tu vuoi parlare con me, quindi vieni. Andiamo a nuotare. Fidati di me, che non ti uccido mica.*
Disse tranquillo, porgendo la mano al grazioso biondo.
Shaka a quelle parole sollevò lo sguardo su Mu, oltre che aveva intuito il motivo delle parole pronunciate da lui poco prima, senza che lui parlasse, lo stava fissando con uno sguardo deciso, del tutto inappropriato ad un bimbo di quell'età.
La manina candida si mosse con un movimento tremante ed insicuro, le ditina si carezzarono un momento.
Mu nel vedere quell'incertezza allungò la sua mano ed afferrò il biondo con una mossa decisa, aiutandolo ad alzarsi.
Continuò a tenerlo per mano fino a portare il bambino con sè fino ad Aiolia ed Aldebaran che giocavano poco lontano.
*Gioca anche Shaka con noi.*
Disse deciso, facendosi fissare dagli occhi chiari del biondino ricciuto e dalle iridi scure del brasiliano.
Aldebaran fissò l'angioletto biondo per poi sollevarlo e metterlo in acqua accanto a sè.
Non voleva che Aiolia schizzasse il bimbo, che ancora non era abituato a giocare e scherzare in quel modo.
Shaka si ritrovò senza sapere come vicino ad Aldebaran, il ragazzino lo aveva sollevato e posato accanto a sè.
Mu sorrise e si avvicinò a lui, per poi mettere le mani a coppa, raccogliendo l'acqua e bagnando la testa del biondino.
*Così giochiamo.*
Disse con un sorriso divertito, iniziando a giocare con il bimbo.
Shaka sgranò gli occhi, ritrovandosi coi capelli gocciolanti e ricambiò il gesto del bimbo, schizzandolo delicatamente.

Shaka meditava, come quel giorno lontano nella nebbia dei ricordi.
Non stava però meditando in una spiaggia, ma su un fior di loto, in una Casa, un Templio Greco particolarmente bello ed antico da com'era strutturato.
Sentì un rumore di passi, ma stavolta non aprì gli occhi: non poteva in alcun modo vedere chi fosse, ma sapeva chi era appena entrato nel suo Templio di Pace.
Un ragazzino si era fermato, appoggiato ad una Colonna con un mezzo sorriso sul viso dolce.
Sembrava ancora così piccolo rispetto alla Gold Cloth che già indossava, anche se sicuramente lui, Shaka, sembrava ancora più piccino, visto che pesava pochissimo ed era praticamente manchevole di muscoli.
*Mu..hai intenzione di rimanere lì senza dire nulla e senza salutare me, Shaka No Virgo?*
Domandò con una voce tranquilla, biascicata ed annoiata al contempo.
Mu andava molto spesso a trovarlo, si metteva appoggiato ad una colonna e lo osservava in silenzio e per ore, cosa seccante in effetti, eppure in un certo senso non gli dava per niente fastidio il fatto di essere sempre in compagnia del giovane del popolo immortale.
Mu si avvicinò sempre in silenzio, camminando lento, sentendo sulla sua persona gli occhi chiusi eppure attenti di Shaka, del suo caro angelo biondo.
Si avvicinò fino a trovarsi con il viso a pochi centimetri dal viso del biondo, che trasalì un momento ed arrossì.
Fu in quel momento che Mu posò le labbra sulle sue in un bacio dolce, delicato e tenero.
*Perchè?*
Domandò senza parole il biondo.
Mu lo guardò un momento e poi sorrise, posando la mano tra i morbidi e liscissimi capelli d'oro del ragazzo.
*Perchè cosa, Shaka?*
Domandò con una voce divertita.
*Perchè mi hai baciato, Mu.*
Disse Shaka in risposta, arrossendo vistosamente, data la pelle candida.
Mu si avvicinò ancora, fino ad essere a portata dell'orecchio delicato del biondino.
*Perchè sei importante e mi piaci, Shaka. E' facile.*
Disse con un sorriso, facendo sgranare ed aprire gli occhi al biondo, che lo fissò quasi spaventato.
*Come?*
Mu si mise seduto sul suo fiore e si avvicinò con il corpo a quello delicato del biondo indiano.
*Mi piaci. Non voglio farti male, non voglio ferirti, anzi io voglio proteggerti. Fidati di me.*
Disse con un sorriso, carezzando i capelli morbidi del ragazzo indiano, che nel frattempo aveva richiuso i bellissimi occhi azzurri.
La mano si mosse timida, impacciata e Mu la strinse nella sua, sicuramente più sicura di quella del bel ragazzo indiano.
*Vedi? Non è difficile fidarsi.*
Disse, posando il naso su quello del biondino.
Shaka sorrise e strinse la mano del ragazzo e Mu comprese che Shaka si fidava di lui e si era finalmente concesso, la sua unica debolezza, ciò che lo rendeva umano era Mu.
Era importante che lui avesse una debolezza, una traccia di umanità nella sua esistenza, almeno questa era convinzione di Mu.
Annuì Shaka e Mu lo strinse in un abbraccio affettuoso.

Note dell'Autrice:
Carissimi lettori, benvenuti alla fine delle parole. Beh credo che la storia sia facile da capire, ma qualche spiegazione. Questo è il modo in cui io vedo i due personaggi in questione, ovvero Shaka, che secondo me è un timido, introverso che trova difficile fidarsi di qualcuno e difatti a quanti cavalieri lui rivolge la parola all'interno dell'anime? Sono molto pochi: Ikki, Mu, Aiolia....e basta più o meno, perchè poi gli altri vanno da lui per consigli, ma gli amici di Shaka sono in verità molto pochi, questo è sinonimo di una forma di timidezza e di chiusura nei confronti di tutti, anche perchè senza contare Ikki gli altri sono tutti coloro con cui è cresciuto..insomma parla solo come amico con due di loro...è poco. Per questo io non lo riesco a vedere come Seme, un Seme da che Mondo e Mondo è uno con esperienza, e Shaka sicuramente non ha esperienza, ma questo è secondo me!
Risposte alla Recensione:
KanondiGemini96:
Ciao cara!! Grazie ancora per la tua recensione sul precedente capitolo! Son contenta di vedere che ti sia piaciuto il mio piccolo Shun..dolce angioletto della mamma*_*!!! I bambini sanno essere cattivi, solo che a volte non se ne rendono neanche conto, ma in questo caso sì. Credo che quel momento sia IL momento yaoi di Saint Seiya in assoluto, non c'è un altro momento che sia così tenero, così dolce, così yaoi nel cartone animato in questione. Sicuramente te ne intendi sui piccoli Gemini-Twins più di me^^! Io ho preferito seguire altri personaggi piuttosto che Kanon e Saga! Sul tuo odio per Seiya concordo, solo che io ho un certo risentimento di fondo anche nei confronti della Lucertola Orba alias Shiryu, il Drago Cieco...sul serio lo ritengo uno dei personaggi più stupidi in assoluto...ma io dico: ma perchè ficcarsi due dita negli occhi, quando poteva voltarsi e non vedere così lo scudo o anche bastava combattere abbassando lo sguardo, non era necessario accecarsi...da solo! E poi, sul serio ma quanto tempo ci impiega a mettersi con ShunRei?! Comunque, meglio che io non dica più nulla su Shiryu^^! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!
Grazie ad Aoede e jeje12 per aver messo la storia tra le Preferite e a KanondiGemini96 per aver messo la storia tra le seguite^^!

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Capitolo 5
*** Ogni Rosa ha la Febbre ***


Salve, miei affezionati lettori.
Ho deciso di scrivere su questa coppia, perchè è da giorni che ho l'ispirazione. Era una delle principali, che ho deciso ed era una delle prime che ho delineato.
La storia è interamente dedicata ad Aoede, la mia dolce Marty!
Spero vi piaccia!

Era una bella giornata calda, ma comunque piacevole.
Era maggio e tirava un piacevole venticello che rinfrescava le arene, ove si allenava i piccoli bambini.
I piccoli allievi stavano tutti attorno ai maestri, sotto al cielo di Athene per allenarsi.
I bambini stavano ammirando dei nuovi colpi, che i maestri avevano deciso di insegnare ed ora stavano osservando la pratica.
Ogni Silver Saint aveva gli occhi di diversi bimbi puntati contro, attenti e perfettamente silenziosi.
Mu osservava in silenzio ciò che mostravano i maestri, così anche Shaka.
Aldebaran muoveva la mano a ritmo, serrandola, quasi come se avesse bisogno di muoversi almeno in piccola parte.
Saga e Kanon erano già grandi, quindi stavano aiutando i Silver a seguire i bambini più piccoli, così anche Aiolos vicino a loro, una triade perfetta.
Aiolia era accanto al fratello e gettava uno sguardo al maggiore e poi al maestro, come per catturare lo sguardo del giovane.
Milo era vicino a Camus e continuava a muoversi, cingendo la mano del piccolo bambino dai capelli cremisi e quasi tirandola verso di sè, anche lui come Aldebaran sembrava incapace di stare fermo.
Shura era grandicello e si era messo vicino a Saga, ma di quando in quando si guardava attorno incuriosito.
Il motivo della perplessità dello spagnolo era la scomparsa dei suoi due amici, sapeva dove fosse Aphrodite, ma Death sembrava proprio scomparso e non ne capiva la ragione.
Aphrodite quella mattina si era svegliato con un'incredibile mal di testa, dolori alle ossa, un raffreddore pauroso ed un mal di gola disturbante.
L'ancella gli aveva misurato la temperatura ed aveva scoperto che il bimbo aveva la febbre piuttosto alta, quindi il piccolo svedese aveva ottenuto il permesso di non allenarsi e di rimanere a letto.
Ciò non spiegava dove fosse Death Mask, che da tre ore era scomparso nel nulla e non si riusciva a trovare.
Death Mask in realtà camminava verso il Dormitorio per andare da Aphrodite.
Il suo amico gli mancava.
Entrò nella stanza e lo trovò nascosto sotto le coperte.
*Aph...tutto ok?*
Domandò con voce tranquilla, strascicata.
Era per tutti un tenero bastardello, il cui unico scopo era fare danni, prendere in giro e fare male a quelli più piccoli di lui e quindi secondo lui più deboli e con meno diritti, ma Aphrodite era speciale, era un punto fermo per lui.
Uno sternuto fu l'eloquente risposta, prima che una manina candida uscisse da sotto le coperte e sciogliesse il nodo di lenzuolo e lana, che si era creato.
*Death...*
Sussurrò una voce roca.
Aphrodite era più pallido del solito, le gote erano arrossate e gli occhioni azzurri liquidi per la febbre.
Appena finì di parlare, portò una mano alla gola e la strinse, quasi come se gli facesse troppo male.
Death Mask si avvicinò, ma dovette fermarsi.
*No! Va via...sono malato...sono brutto e te l'attacco, poi stai male anche tu.*
Disse il biondino, sforzando la voce per cacciare fuori quell'urletto e scoppiando in un colpo di tosse convulsa, che fece precipitare il bimbo al suo capezzale.
*Figurati se mi importa! Sei proprio scemo. Ti assicuro che non sei più brutto del solito.*
Disse ironico, guardando il ragazzino e mostrandogli un ghignetto.
Aphrodite lo fulminò con lo sguardo, ma un giramento di testa gli tolse le energie e lo costrinse a distendersi.
*Cosa fai qui? Non ci sono gli addestramenti?*
Domandò il bimbetto dalla sua nuova posizione, avvertendo la mano fresca dell'amichetto sulla fronte rovente.
*Vero...ma mi annoiavo, quindi sono venuto qui. Non mi importa niente di stare in compagnia di quegli stupidi bambini.*
Disse con un ghignetto felice, fissando il bimbo e sedendosi sul letto, in modo tale che potesse stare vicino a lui e continuare a tenere la sua mano sulla fronte bollente del bambino.
Aphrodite, per tutta risposta, sorrise nel guardare il bimbo dagli occhi rossi ed i capelli d'argento.
*Death...tu sei un bambino!*
Esclamò divertito.
Death Mask si volse verso di lui, squadrandolo con i suoi potenti occhi rossi, per poi ghignare ed avvicinarsi con il viso al bimbetto biondo dagli occhi azzurri.
*Non è vero! Io sono un bambino adulto, chiunque è qui è perchè è un bambino adulto.*
Disse con lo sguardo perso sul viso innocente del suo amico.
Aphrodite sorrise e gli prese la mano in un movimento affaticato per poi sternutire e soffiarsi il nasino con un fazzoletto.
Death Mask gli carezzò i morbidi riccioli biondi, che gli incorniciavano il viso stanco per la febbre alta.
Ad un certo punto, Death Mask sorrise e guardò verso il suo amico: era un vero sorriso il suo, non un ghigno strafottente, che di solito mostrava ad una qualunque persona, ma un sorriso dolce e da bambino.
Balzò giù dal letto e guardò verso l'altro bimbo, che lo fissava incuriosito.
*Andiamo! Ti porto in un bel posto!*
Disse con un lampo di gioia negli occhi rossi.
Aphrodite scosse la testa.
*Death...non mi sento bene.*
Gli rammentò con la vocina delicata, resa irriconoscibile dal mal di gola e dal raffreddore.
Death Mask si avvicinò al letto e si mise di spalle, guardando l'amico dall'alto della spalla sinistra, replicò.
*Lo so, stupido. Ti porto io.*
Disse tranquillo, mostrando un sorriso sghembo.
Si girò e lo avvolse in un lenzuolo, coprendogli il capo e poi gli indicò le spalle.
Aphrodite sorrise.
Si stava proprio annoiando, tutti i suoi amici lo avevano lasciato solo ed erano andati ad allenarsi, lui non sapeva cosa fare e come passare il tempo, stava troppo male e non aveva nessuno con cui parlare e poi non poteva neanche guardarsi allo specchio, perchè era troppo brutto con il nasino rosso per la febbre.
Si lasciò avvolgere e poi si mise seduto sul letto, permettendo a Death Mask di prenderlo in spalle e portarlo via.
Death Mask era il suo amico più caro, era colui con cui passava più tempo, anche se era troppo orgoglioso per ammetterlo, gli piaceva anche il suo modo di fare e di pensare, anche se era un pochino volgare almeno nei modi, un po' rozzo, ecco, però era un suo buon amico e poi gli piaceva la contrapposizione cromatica di rosso ed argento.
La manina piccola e curata si depositò con delicatezza sulla spalla di Death Mask, ammirandola.
Death Mask era molto più grosso di lui ed era anche più grande, lui aveva un anno di meno ed un pochino lo invidiava, però gli piaceva che stessero insieme, perchè sapeva che Death Mask odiava chiunque fosse più piccolo, ma nutriva rispetto per lui.
Si strinse a lui con un braccio in modo tale da avvertire il calore di quel corpo, che rispetto al suo era fresco.
Gli voleva bene e sapeva che anche Death, anche se non l'avrebbe mai ammesso, gliene voleva molto.
Death Mask camminò e camminò fino a portarlo al posto preferito da Aphrodite: un giardino nascosto, pieno di rose profumate e bellissime.
Aphrodite sorrise, quello era il posto che aveva scoperto appena giunto al Grande Tempio e da quando l'aveva scoperto ci andava sempre per pranzare, solitamente anche Death Mask si univa a lui e così anche Shura, anche se entrambi lo facevano per stare con lui, specie Death Mask che odiava l'odore di quei "fiorellini puzzolenti".
Una volta giunto lì, Death Mask lo depositò delicatamente a terra: non lo lasciò cadere, ma accompagnò il movimento con il busto, per evitare che l'amico ammalato si facesse male.
*Ti senti meglio?*
Domandò con fierezza per essere riuscito a portarlo fin lì.
Aphrodite chiuse un istante gli occhi, avvertendo quel profumo dolcissimo dei fiori.
Li riaprì, guardandosi attorno e tossendo ferocemente.
*Sì...questo profumo è dolcissimo...grazie Angelo.*
Disse con una dolcezza infinita, che solo Death Mask aveva mai sentito.
Aphrodite aveva usato il suo nome originale, quel nome che tanto lo faceva vergognare e che non gli piaceva, eppure ad Aphrodite quel nome piaceva abbastanza.
Death Mask si imbronciò un momento perchè Aphrodite aveva osato usare il suo nome, ma nel sentire la voce angelica e il viso rilassato del suo amico, sorrise.
Non amava far del bene, ma ad Aphrodite gli piaceva farlo.
Si mise accanto a lui e cinse le spalle del ragazzino con un braccio, facendogli appoggiare la spalla sulla sua testa.
Aphrodite si appoggiò con naturalezza, come se quello fosse una normalità per lui, avvertendo l'odore del suo amico.
Death Mask si stupiva sempre dell'odore del bimbetto biondo, che ogni volta emanava un dolcissimo odore di rosa e beandosene.
L'odore delle rose gli faceva schifo, ma l'odore del piccolo svedese gli piaceva.
Lo cullò tra le sue braccia e lo strinse a sè, guardandolo di quando in quando.
Doveva ammettere che il bimbetto aveva proprio uno sguardo incredibilmente bello, dolce ed angelico, esattamente come tutto il suo aspetto, eppure era il bambino che più gli somigliava.
Era quello che rifiutava il contatto con tutti perchè si riteneva superiore ed evitava i bambini, visto che lui era tra i più grandi ed i più piccoli erano troppo stupidi per lui.
Era colui che si riteneva più perfetto, che rifiutava di parlare se non con coloro che eran degni di stima, almeno secondo lui.
Era colui che pensava sempre che la forza fosse importante, mentre guardava irriverente i bambini più piccoli, mentre compiva i suoi piccoli sopprusi insieme a lui e ne compivano veramente tanti.
Angelo ormai non sapeva più vedersi senza quel suo piccolo amico, ma non glielo avrebbe mai detto primo perchè sapeva che Aph poteva sfotterlo da qui alla fine dei suoi giorni, poi perchè sarebbe stato umiliante.
*Mi piacerebbe stare così sempre...non pensi che sarebbe bello? Qui, insieme...io e te, da soli, senza dolore, senza guerra, senza litigi, soli ed in pace. Senza mai invecchiare. Sai è una delle mie preghiere più sentite.*
Disse ad un tratto il bimbo biondo, voltando il viso verso il ragazzino dai capelli grigi.
Angelo nel sentirlo parlare si era messo a guardarlo e riflettè un momento, per poi dire.
*Scherzi? Non sei mica una piuma...mi stai decisamente pesando sulla spalla.*
Disse con un ghigno, per poi scoppiare a ridere.
Aphrodite si girò e cercò di tirargli un pugno, ma lo sforzo lo fece cascare in avanti: era ancora debole.
Angelo lo afferrò al volo e lo strinse a sè con delizatezza, ma anche con forza.
*Scherzavo..non ti sforzare.*
Disse, per poi allontanare un ciuffo ribelle dalla fronte sudata dello svedese e guardandolo negli occhi brillanti di febbre.
Lo tenne stretto in un abbraccio dolcemente, cullandolo ed avvertendo il suo respiro affannato per colpa della febbre molto alta.
Era quasi ora di andare, anche perchè aveva avvertito alcuni soldati passare di lì e cercare sia lui sia Aphrodite, quindi aveva ben compreso che lo stavano cercando e che probabilmente lo avrebbero punito insieme ad Aphrodite, anche se sperava di no.
Si alzò e prese in spalla il piccolo svedese.
*Mi sarebbe piaciuto.*
Disse solamente con un piccolo sorriso, per poi metterlo giù di botto e voltarsi di scatto.
Le labbra di Angelo si posarono su quelle di Aphrodite in un bacio delicato e a stampo, dato che in fondo avevano solo sei anni.
Aphrodite rise e fu risollevato in spalla, addormentandosi su quelle spalle.

Aphrodite era cresciuto: i lunghi boccoli biondi oramai arrivavano al sedere, gli occhi azzurri eran sempre illuminati da una luce di malizia crudele, le belle labbra rosa eran rese invitanti da uno strato di burro di cacao, il corpo era longilineo, perfetto, eppure virile, anche se con muscoli poco accennati.
Lo stile di Aphrodite era basato unicamente sull'ambiguità: ambiguità nel combattimento, ambiguità nell'aspetto.
Camminava con passo elastico ed elegante, dando una parvenza di divino al corpo umano, tenendo una rosa cremisi tra i capelli biondissimi e curatissimi.
Si guardò intorno con un morbido sorriso in quel giardino, dove c'erano tante rose, che quasi ora tendevano a voler toccare il suo corpo splendido.
Quel posto era speciale per lui: era l'unico posto in cui Death Mask gli avesse mai detto qualcosa di dolce.
Ora era cresciuto, aveva ben sedici anni sulle spalle sottili e Death Mask l'aveva preso in modo frettoloso quando ne aveva solamente quattordici, dopo quattro anni che eran tornati dal periodo d'addestramento.
La tunica greca candida come la neve lo rendeva simile ad un angelo nell'aspetto e fluttuava dolcemente sospinta dalla delicata brezza.
Lui era così: un angelo nell'aspetto, un demone nel cuore.
All'improvviso una voce ruppe il silenzio e la pace di quel luogo, una voce che Aphrodite conosceva benissimo.
*Aph! Ti avevo confuso per una donna.*
Disse, scoppiando poi in un'allegra risata per la sua squallida battuta.
Aphrodite si girò e si trovò vicinissimo il viso di Death Mask.
L'espressione di Aphrodite era l'emblema della noia, come se da quel soggetto si aspettasse una battuta del genere.
Death Mask ghignò nel vedere quell'espressione e sospinse il corpo dell'amico contro un albero.
Catturò le sue labbra tra le sue, ma Aphrodite lo spinse via.
Death Mask si avvicinò a lui, curioso di sapere cosa prendesse al ragazzo, solitamente avrebbe ucciso per tanta audacia, ma Aph era Aph.
*Qual'è il problema ora?*
Domandò irritato per quella rinuncia al suo assalto.
Aphrodite sospirò, fissandolo, poi disse.
*Non ci arrivi da solo? Sei proprio un cretino.*
Death Mask lo guardò e si guardò attorno, poi si avvicinò di nuovo ed avvolse una ciocca di Aphrodite attorno al proprio dito.
*Certo che ci arrivo, mia principessa.*
Disse con dolcezza, nonostante la presa in giro.
Lo strinse in un abbraccio feroce, possessivo ed Aphrodite si lasciò quasi spezzare da quell'abbraccio potente, sentendosi completo, ma non potendo dirglielo.
Sarebbe stato tremendo dirlo per davvero: aveva un orgoglio molto forte e tra loro non si usavano certe paroline smielate, che aveva sentito dire a Milo per Camus.
Si staccarono dopo diversi minuti e Death Mask disse.
*Andiamo! Shura ci aspetta alla Decima.*
Aphrodite si avviò, com'era ormai abituato, ma Death Mask lo afferrò per una spalla e lo costrinse a girarsi verso di sè.
Posò le sue labbra su quelle del giovane, infiltrando la lingua tra quelle labbra ed iniziando una danza con quella del ragazzo.
*Mi piacerebbe stare così sempre. Noi due soli, ma la guerra ci attenderà prima o poi. Presto ci sarà la pace, vivremo soli ed in pace. Senza mai invecchiare, così non ti dovrò sentire per le rughe.*
Disse nel suo orecchio in un basso sospiro.
Aphrodite si allontanò, sgranando lo sguardo, poi sorrise e si avvicinò all'orecchio dell'uomo.
*Mi piacerebbe.*
Disse solamente con un morbido sorriso.
Riprese a camminare, quando avvertì la mano di Death Mask unirsi con la sua.
*Non dobbiamo attendere. Cogli l'attimo disse un pirla di cui non ricordo il nome.*
Sogghignò, volgendo il viso verso Aphrodite.
Aphrodite rispose a quel ghigno con un sorriso dolce dei suoi, che nascondevano dietro alla dolcezza il suo pessimo carattere e strinse quella mano.

Note dell'Autrice:
Eccoci qua con un nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto. Personalmente mi piace molto come coppia, ma non credo di essere molto brava a trattarli, quindi ditemi voi. Secondo me si somigliano più di quanto non sembri, ma detto questo che è palese. Il motivo per cui ho scelto la febbre è presto detto: sono bambini, non è concepibile che non stiano mai male! Non ho molto altro da dire! Fatemi sapere cosa ne pensate!
Le coppie che rimangono sono: Syd-Bud, Alberich-Fenrir.
Se volete posso anche fare qualcosa di etero, ovvero:
Ikki-Esmeralda, Shiryu-ShunRei, Siegfried-Hilda, Hagen-Freya.
Risposte alle recensioni.
KanondiGemini96:
Ciao cara! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Comunque sclera pure XDXD! Shaka...beh Shaka è asociale, ma soprattutto timido e totalmente incapace di trattare con il genere umano, ma questo non è sinonimo di essere un Seme, non so tu come lo vedi un Seme, ma per me significa qualcuno che ha rispetto all'Uke: esperienza, capacità di relazionarsi, in grado di far sentire a proprio agio il proprio Uke, in grado di distrarlo per "attività" più producenti, poi sinceramente dev'essere virile e va bene che nemmeno Mu è il campione di virilità, ma Shaka sembra una Barbie?! Inoltre, che figura ci fa Mu a fare l'uke con uno che pesa 9 chili in meno di lui?! Insomma, si capisce ampiamente il motivo per cui io lo vedo molto uke Shaka!
Per quanto riguarda Shiryu...ma io ho perso le speranze di vederlo fare qualcosa di intelligente. Se batte qualcuno, lo fa per puro culo, ancora peggio di Seiya. Sinceramente, la cosa della vista mi ha lasciato molto perplessa...e poi solo un cretino a quest'ora non ci avrebbe provato in maniera seria con ShunRei...-.-! A dire il vero, per dirla tutta, se dovessi trovarmi in pericolo e l'unico su cui dovrei contare fosse Shiryu....penso che mi salverei da sola, che faccio prima e sicuramente evito di: dissanguarmi, accecarmi o cose affini.
Grazie ad Aoede e Jeje_12 per avermi messa tra i preferiti e a fenicex8 e KanondiGemini96 per avermi messa tra le seguite!!!
Al prossimo Aggiornamento!

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Capitolo 6
*** Panta Rei ***


Ciao a tutti, cari miei!
Lo ammetto...questa è la mia prima etero e non so nemmeno io come sia venuta...ammetto che questa coppia mi piace, anche se odio lui. Personalmente credo di essere una delle poche a cui piaccia Shunrei, ma non ci posso fare niente...è una delle poche donne di Saint Seiya che apprezzo. Spero vi piaccia!


Era una bella giornata.
Il Sole splendeva alto sui tetti della Cina.
Due bambini parlavano tra loro: un ragazzino dai corti capelli castani, tutti scarmigliati e dall'espressione arrogante del viso ed un ragazzino dai lisci capelli neri, lunghi fino alle spalle ed un'espressione tranquilla.
I due stavano litigando o meglio uno dei due stava parlando in tono molto concitato e poi era corso via, tirando un pugno molto forte nello stomaco dell'altro bimbetto.
Il bimbo dai capelli neri, chiamato Shiryu, cadde al suolo, mentre si teneva la pancia.
Non poteva rimanere lì, però.
Doveva alzarsi e correre a cercare l'altro bambino, Ohko.
Ohko era un bambino molto dispettoso, il maestro Dohko li aveva lasciati soli e quindi lui aveva deciso di fare uno scherzo.
Aveva cercato di far partecipare anche il compagno d'addestramento, arrivato da pochissimo, da pochi giorni, ma il bambino non aveva voluto, eppure non era neanche uno scherzo così cattivo.
Il vecchio Maestro aveva una bambina, una nipotina, a cui era molto affezionato e la bimba era la vittima preferita degli scherzi di Ohko.
Non è che il bambino avesse qualcosa contro di lei, ma non la sopportava molto semplicemente.
Non la sopportava, perchè era troppo carina, dolce, sorridente con quel visino innocente, candido come la neve, i capelli color dell'ebano più lucido e profondo e quegli occhi sempre luminosi, quel sorriso che le illuminava il viso infantile e grazioso.
Come faceva a sorridere come se niente fosse nonostante i suoi genitori l'avessero abbandonata come un cavolo di cane?
Era una cosa inconcepibile per Ohko e le faceva provare una sorta di odio e di invidia verso la bimba dalla lunga treccia corvina.
Solitamente Ohko reagiva nell'unico modo che conosceva, cercando, cioè, di farla pagare alla bambina con gli scherzi più divertenti del suo repertorio, tipo il non mangiare, lo sporcarla con il fango che le tirava contro, il prendere l'unica bambola che la bimba possedeva e nascondergiela.
Aveva deciso di prendere la bambola e nasconderla, ovviamente dopo averla sporcata con il fango.
Solo che quell'idiota di Shiryu non l'aveva aiutato e non voleva aiutarlo, anzi aveva anche cercato di farlo desistere dal suo piano di scherzo ed ovviamente Ohko lo aveva severamente punito.
Ecco la casa e chiaramente la bimba era dentro ad occuparsi della casa, fare le faccende e stava cucinando, quindi non le avrebbe dato fastidio, visto che la bambola era in camera da letto di Shunrei, questo era il nome disgustosamente melenso di quella bambina.
Il significato del suo nome era altrettanto smielato e riassumeva perfettamente com'era fatta la bambina, Splendore della Primavera.
Entrò in casa e corse in camera della bambina per poi prendere la bambola ed uscire dalla finestra, il tutto senza che quell'oca Primaverile si accorgesse di lui.
Shiryu arrivò mezz'ora dopo e trovò la graziosa bimba a cucinare, immediata fu la reazione del bambino.
*Shunrei-Rin, hai visto per caso Ohko-Kun?*
Domandò, guardando la bimba ed arrossendo.
Era troppo graziosa quella bambina, gli piaceva tanto, anche se ancora era puramente una cosa infantile, in fondo era piccolo, anche se la conosceva da poco, la immaginava con l'abito da sposina ed era tanto carina, ma era anche carina vestita normalmente, ma non disse niente a lei di questi pensieri.
Sarebbe stato troppo imbarazzante confidarle la sua cotta di pochi giorni.
La bambina sobbalzò leggermente e si girò di scatto, guardando il bel viso dolce del nuovo bambino.
Era così carino, così bello, così dolce nello sguardo e così posato, altro che "quell'avanzo di galera", come lo chiamava il Maestro, anche se lei non sapeva cosa volesse dirlo.
I bellissimi e luminosissimi occhioni azzurri si posarono sul viso rilassato dell'altro bambino, guardandolo dolcemente.
*No...non è ancora rientrato, ma pensavo foste insieme. Il Maestro si è raccomandato di allenarvi assieme.*
Disse con un sorriso innocente.
Sapeva che Shiryu si era allenato, perchè era un bambino calmo, paziente ed ubbidiente, ma Ohko non era mai stato così.
*Infatti...ci stavamo allenando, ma poi lui ha detto di volerti fare uno scherzo. Io gli ho detto che non volevo e lui è sparito, dopo avermi colpito.*
La bambina a quella parole impallidì leggermente e poi corse verso la camera da letto, seguita dal bambino.
I due entrarono nella stanza e la bimba vide che era sparita quell'unica sua bambola, il suo unico giocattolo.
Immediata fu la sua reazione, i grandi occhi luminosi si sgranarono e divennero lucidi, mentre le gote si arrossavano leggermente.
Grossi lacrimoni uscirono dai suoi occhi sempre sinceri, mentre la bimba iniziava a piangere, ansimando nel frattempo e quasi entrando in apnea per respirare.
Era un pianto disperato, tipico dei bambini e Shiryu davanti a quel viso così bello, così dolce e grazioso piangente, si fece avanti e si battè una mano sul cuore.
*Non piangere, Shunrei-Rin. Ti riporto io la tua bambola.*
Disse eroico con il tono di un piccolo guerriero, che partiva per una missione pericolosissima.
La bambina annuì e si asciugò le lacrime con la manica per poi cercare di sorridere, guardò il bimbo e tra i singhiozzi rispose.
*Ti aspetto qui, Shiryu-Rin...non fare tanto tardi.*
Disse preoccupata, in fondo era già sera e mai si sarebbe perdonata se fosse successo qualcosa al suo eroe.
Il bimbo annuì e poi corse fuori, seguendo le tracce che Ohko aveva lasciato.
Lo trovò che stava per mettere la bambola nel fiume della Cascata di Goro-Ho.
*Fermati subito! Restituisci ciò che hai preso!*
Esclamò risoluto, mentre lo guardava imbronciato ed arrabbiato.
Ohko si girò, stringendo la bambola tra le mani muscolose per un bimbo, mentre guardava il compagno d'addestramento.
*Perchè dovrei? Perchè quella sciocca frigna come una mocciosa?*
Domandò sorridendo divertito.
*L'hai fatta piangere e ti sei comportato veramente male con lei. Si può sapere perchè ce l'hai con lei...è una bambina dolce e gentile, quindi non può averti fatto qualcosa, perchè sei tanto egoista da non capire che quello è il suo unico gioco?*
Rispose il bimbo con i capelli neri.
Ohko per tutta risposta guardò il bambino dai capelli neri e scrollò le spalle, per poi ghignare.
*Hai ragione. Questo era l'unico suo gioco.*
Disse per poi lanciare la bambola nel fiume, che sfociava dalla cascata.
Shiryu guardò la bambola cadere e, prima ancora che il suo cervello mandasse l'input, il suo corpo snello si tese e lui si tuffò nel fiume.
Nella mente aveva solo il pensiero di Shunrei sorridente e felice per aver ritrovato, come le aveva promesso, il suo gioco.
Quello era l'unico pensiero che la spingesse ad andare avanti, quindi non si fermò, mentre con le mani continuava a cercare il giocattolo.
Ohko sparì annoiato e tornò a casa.
Non appena entrò in casa, Shunrei lo guardò leggermente spaventata per poi domandare tremante.
*O-Ohko-Rin...dov'è la mia bambola? E Shiryu-Kun dov'è?*
Domandò, accorgendosi che il bimbo dai capelli neri non era ancora lì.
La risposta di Ohko fu particolarmente scortese.
*Levati, impiastro. Il moccioso è al fiume a cercare la tua stupida bambola.*
Replicò sedendosi a tavola, aspettando che la bimba gli servisse da mangiare.
Speranza ed attesa del tutto vane, poichè non appena la piccola sentì che l'altro bimbo era ancora al fiume, uscì di corsa e con una coperta tra le braccia.
Corse fino al fiume e chiamò il nome del bimbo.
*Shiryu-Rin...dove sei?*
Domandò, guardando nell'acqua.
Un rumore e la bimba iniziò a tremare, fino a quando non vide che la causa del rumore era un bimbo impegnato in assurde ricerche.
*Shiryu-Rin...basta! Per favore...non mi importa della bambola, ma non voglio che ti venga una brutta malattia..vieni fuori...per favore.*
Disse con un tono di voce preoccupato e quasi nuovamente sull'orlo delle lacrime.
Shiryu sentì la preghiera della bimba e la guardò dal fiume.
Il viso era talmente bello illuminato dalla Luna, ma era anche preoccupato.
La guardò e nuovamente vide l'immagine della bimba felice perchè aveva ritrovato la sua bambola.
Un futuro Saint non si sarebbe lasciato sconfiggere da una bambola: l'avrebbe ritrovata, perchè era compito di un futuro Saint mantenere le promesse.
*Cinque minuti ed esco.*
Disse solamente, guardandola con un sorriso.
La bimba annuì e Shiryu riprese le sue ricerche, concentrandosi stavolta per fare anche bella figura davanti alla graziosa bimba.
Finalmente la manina che fino a quel momento aveva cercato a vuoto, sentì il contatto viscido con un pezzo di stoffa.
L'aveva trovata e l'alzò trionfante.
*Shunrei-Chan..guarda! L'ho trovata!*
La bambina guardò il bambino e la sua bambola e poi esplose in un urletto di gioia, andando incontro al bambino ed abbracciandolo di impulso.
*Grazie, Shiryu-Kun. Sei un eroe.*
Disse, per poi allontanarsi rossa in viso per il suo gesto avventato.
Shiryu arrossì ed i due bambini tornarono assieme a casa.

Shunrei era andata quella mattina al fiume.
Era cresciuta da quando la sua bambola era stata smarrita, ora aveva addirittura tredici anni e doveva lasciare la sua preziosa bambola alle correnti del fiume, come si diceva facessero le donne per lasciare alle spalle il periodo dell'infanzia, gettando nelle acque del fiume il proprio giocattolo preferito, che nel suo caso era anche l'unico.
La ragazzina era proprio graziosa con la sua lunga treccia corvina, lucida e quei dolcissimi occhi delicati, sempre sinceri e purissimi.
La sua bellezza nella crescita non si era punto guastata, anzi era aumentata, donandole una grazia, un'eleganza non indifferente.
Un rumore la fece voltare di scatto e i suoi occhioni si puntarono sul dolce viso di Shiryu.
Un dolce sorriso affiorò sul viso, mentre il giovane guerriero si avvicinava con passo svelto.
Era il momento di proteggerla e vivere al suo fianco, cosa che aveva desiderato fin dai primi tempi che l'aveva conosciuta.
L'amava e lo sapeva, ma non aveva mai avuto il coraggio ed il tempo di dichiararsi e non solo per timidezza.
Era per lei che non si era mai dichiarato: la vita del guerriero poteva spegnersi per puro capriccio e non voleva pensare a Shunrei triste.
Era fin da quando era piccola che il vederla triste era qualcosa che andava contro ai suoi desideri, il dolce sorriso di Shunrei non doveva mai affievolirsi, mai neppure per un brevissimo istante.
Si avvicinò a lei e la guardò ammirato, spostando poi lo sguardo sulla bambola.
*Ricordi quando venni qui per trovarla, Shunrei-Chan?*
Domandò con un tono di voce nostalgico, sedendosi al suo fianco e guardandola con occhi che ora nuovamente potevano vedere.
*Certo, Shiryu-Chan, che lo ricordo...come potrei non ricordare. Hai cercato per tutta la sera di ritrovarla.*
Disse la ragazza, sorridendo dolcissima, come solo lei sapeva fare.
Il cuore di Shiryu perse un battito a quella vista.
*Ti senti pronta per lasciarla?*
Domandò, scrutando la fanciulla con uno sguardo calmo e rilassato.
La ragazza annuì.
Era finito il tempo dei giochi, almeno questo era quello che il Maestro, suo padre adottivo, le aveva detto in sogno.
Lasciò andare il giocattolo e Shiryu la strinse a sè.
*Panta Rei...tutto scorre. Il tempo e la nostra crescita. Il Maestro Dohko sarebbe fiero di te.*
Disse caldo, lasciando che la ragazza sfogasse le ultime lacrime su di sè.
La perdita di quel giocattolo era la perdita della Shunrei da piccola, era il lasciare indietro ciò che era, ma questo era pronta a sopportarlo, del resto lei aveva più volte salutato il ragazzo che amava per vederlo combattere, rischiare la vita ed ogni volta temere per la sua incolumità.
Tutto per colpa di Saori Kido, tutto per colpa di Athena-Sama, tutto per colpa del forte senso di giustizia e dell'inguaribile sete che contraddistingueva quel ragazzo.
*Tutto scorre...anche la pace potrebbe scorrere e finire. Shiryu-Chan, posso chiederti quanto vuoi fermarti questa volta? Non voglio piangere anche te.*
Ammise infine, portando su di sè gli occhi del ragazzo.
Lo sguardo di Shiryu si pose su lei ed annuì.
*Non voglio vederti piangere, Shunrei-Chan. Tengo troppo a te per desiderarlo. Sono...ecco..devo dirtelo.*
Era incredibile dopo aver trionfato e vinto numerosi avversari, non riusciva ad affrontare di rilevare i suoi sentimenti a quei graziosi occhi dolcissimi, a quella pelle di porcellana, a quel viso per lui perfetto, a quei lucenti capelli d'ebano.
Doveva dirlo.
Era una prova d'onore: non l'avrebbe mai baciata per dirle che la amava, ma avrebbe fatto le cose con calma, dicendole tutto prima.
Tutto scorre e doveva continuare a farlo.
Portò lo sguardo sulla giovane bellissima al suo fianco e poi disse.
*Devo dirti che sono innamorato di te.*
L'aveva detto c'era riuscito.
Quello che non si aspettava furono le lacrime di Shunrei, che la fanciulla aveva deciso di versare.
Shunrei piangeva e lui non sapeva cosa fare.
Fu solo quando la ragazza lo guardò un momento che vide una luce di gioia nei suoi occhi.
Quelle lacrime di cristallo, uscite dagli occhi adorati di Shunrei, lo avevano per un momento convinto che lei non lo sopportasse o peggio che non ricambiasse e non sapesse come dirgli di non rovinare l'amicizia.
*Shiryu-Chan...anche io...*
Disse, per poi nascondere il viso rosso contro il petto del giovane.
Shiryu sorrise e la sollevò tra le braccia.
Tutto scorre, ma in quel momento entrambi pregavano che il fiume si fermasse, che il tempo si fermasse per godersi quanto più a lungo possibile il momento.

Note dell'Autrice:
Dunque, per prima cosa vi chiarisco come mai solo in questo capitolo fanno mostra di sè i suffissi: entrambi i bambini sono orientali, quindi mi è sembrato opportuno inserirli. Avevo già inserito Hyoga e Shun, ma avevo fatto dire i suffissi solo a Shun...il motivo di queste mie scelte è presto spiegato: il manga sarà produzione giapponese, ma gli unici orientali sono: Shun, Ikki, Seiya, Shiryu, Shunrei gli altri sono cresciuti tutti in un ambiente molto misto, quindi non vedo perchè uno svedese, quale Aphrodite, debba usare i suffissi giapponesi.
Altra particolarità: la seconda parte è ambientata dopo Hades. Sembra assurdo, perchè ho scritto che Shunrei ha tredici anni...ma non è colpa mia...la colpa è di Kurumada-Sensei...ha fatto lui questa cosa dell'età e io mi sono limitata a rispettarla. Non potevo farli più piccoli perchè sarebbe stato assurdo, già mi sembra assurdo che due bambini, perchè è questo che sono alla fine due tredicenni, si scambino promesse d'amore, figuriamoci uno di dieci anni!
Il rituale della bambola è un'antica credenza di alcuni popoli ed è un modo per davvero salutare l'infanzia in favore di un'epoca lontana dai giochi, il momento di compiere le scelte.
Panta Rei è una delle mie frasi filosofiche preferite, quindi l'ho inserita, anche perchè i due sono vicino ad un fiume con una buona corrente e poi mi piaceva l'idea della frase finale.
RIN= viene usato dai bambini tra di loro.
CHAN= si usa fra amici o fidanzati, o comunque quando c'è molta confidenza, ad esempio tra amici di infanzia.
KUN= si usa come forma di rispetto.
Questi sono i suffissi usati.
Risposte alle Recensioni:
KanondiGemini96:
Ciao carissima!!!! Grazie anche per aver commentato l'ultimo capitolo*_*! Dunque..cosa dire..è vero sono adorabili, anche se forse sono venuti un pochino OOC, ma sono pur sempre bambini ed io immagino comunque due bambini, fare i bambini. Sinceramente non penso che DM fosse un cinico assassino quando era piccolo, poi è cresciuto deviato. Son contenta che ti piaccia così tanto*_*! Eh si...il nostro Deathy sa trattare il piccolo Nemo*_*! Ma Shaka...Shaka è un mistero a chi assomigli...con un abito sbrillucicoso potrebbe tranquillamente essere la nuova Barbie Magie delle Feste...ma...poi non è che abbia un corpo molto maschile, quindi...vabbè...anche come Sailor Venus ci sta bene, però non so...non mi convince con l'arancione...il fiocco ci starebbe bene...chissà se i Gold facessero un cosplay? *Pensiero stupido Mode-On* Scusami è tardi e quindi io sbarello...ed ecco quello che mi fa pensare il mio cervellino...però sarebbero pucci! Ad Aphrodite e Death Mask affidiamo le parti di Sailor Neptune ed Uranus, che così sono felici XDXD!! *Ok...un minuto che Simone il Neurone, attualmente dato per disperso torni a me.*
*Chiamata...............................................................TORNATO!!*
Anche a me Shunrei piace...poveraccia è l'unica che ha il coraggio di rimanere a casa ed aspettare, pregando. Che cavoli..ci vuole coraggio anche per fare quello: attendere, non c'è niente di peggio che l'attesa, specie se durante l'attesa non sai se l'amore della tua vita è ancora vivo o no, se è ferito o sta bene, se è cieco o ci vede...sono drammi questi e tutti la criticano perchè piange. Qualcuno però potrebbe provare a mettersi nei suoi panni, povera anima! Mi inalbero quando ci penso...perchè me la continuano a criticare. Spero ti piaccia! Un bacione!
Un grazie speciale va ad: aoede, jeje_12, fenicex8, KanondiGemini96 per aver messo la storia tra le Preferite e le Seguite!
Grazie a coloro che hanno letto!
Bacio alla prossima!

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Capitolo 7
*** Fiocco di Neve ***


Salve a tutti, miei carissimi lettori!
In questo momento vi scrivo dal mare...bellissimo, trasparente, pulitissimo mare, anche se personalmente odio il concentrarmi sempre sulla possibilità, quasi irreale, di imbattermi in uno squalo, ma lasciamo pure perdere le mie paure cretine. Ebbene oggi ero in spiaggia e dovevo prendere un gelato..mi è venuta l'ispirazione per altri tre capitoli e pian pianino farò il possibile per pubblicarli proprio come mi sono venuti in mente. Passiamo quindi alla prossima coppia.


Asgard, una grande città innevata, era la patria di Odino, signore dei ghiacci eterni, protettore di tutte le genti del Nord da secoli e secoli.
Signore onnipotente in codesta città unica nel suo genere, che ancora aveva bisogno dell'aiuto della preghiera per sopravvivere.
Era un regno povero, abitato da gente governata da dure leggi, ma un luogo caloroso in quanto ogni persona sapeva quanto fosse complicato vivere in un loco simile e faceva il possibile per aiutarsi.
Il ghiaccio eterno dominava in ogni luogo, anche negli interni del castello del Valahalla.
Nei corridoi correva una bimbetta di cinque anni, dai lunghi riccioli biondi, color del Sole più luminoso e con due intensi occhi tra il verde dell'edera e l'azzurro del cielo in primavera.
La bambina del Sole, grazie a quei colori così caldi e così distanti da quella terra di ghiacci che svettavano alti verso il cielo, quasi a voler coprire l'Astro con i loro picchi aguzzi.
Freja era nome dolce della bimba candida come la neve e il sorriso più caldo della terra di neve e vento.
La bimba correva per il Castello per uscire e dirigersi verso l'esterno.
Il visetto era serio, quasi imbronciato, mentre scappava per i corridoi, cercando il modo più veloce per uscire dall'intricato labirinto di caldi corridoi.
La sorella, sua tutrice, regina di quelle terre e sacerdotessa di Odino in Terra, le aveva impedito di compiere infine un desiderio e questo era terribile per la bimba dallo sguardo dolce.
Freja possedeva, invero, un carattere molto dolce ed al contempo determinato, quindi non accettava che la sorella non l'avesse accontentata.
Il giorno prima Freja aveva visto in una pubblicità alla televisione uno strano oggetto, che fino a quel momento non aveva mai visto in quelle terre ed aveva preteso di averlo.
Lei voleva un gelato, ma la sorella le aveva detto che ad Asgard non esistevano gelati, perchè era una Terra non consona ad un gelato.
Il dolce, però, sembrava molto buono e Freja voleva mangiarlo, però aveva scoperto con rammarico che non esisteva alcun posto in Asgard intera in grado di venderglielo, perchè nessuno lo preparava.
Correva nei corridoi, quando udì una voce di bambino, che la chiamava.
La bimba si volse, facendo dolcemente danzare davanti al viso i lunghi boccoli biondi, osservando con gioia il possessore della vocetta di bambino che aveva attirato la sua attenzione.
Un viso dalla carnagione scura, due lunghi ciuffi biondi ai lati di un dolce viso, un sorriso delicato ad illuminare il dolce visetto del bambino, mentre due occhioni azzurri guardavano la dolce bambina con la gioia più intensa per averla incontrata.
*Principessa Freja! Cosa state facendo?*
Domandò curioso il bambino, mentre la bambina si rifugiava tra le sue braccia, trovando riparo e sicurezza.
Timido ed impacciato il bambino avvolse il corpo della bimba con le braccia, robuste nonostante la giovanissima età.
*Hagen, finalmente hai finito di allenarti. Ora puoi giocare con me, vero?*
Disse la bambina con un sorriso allegro, al pensiero di poter giocare con qualcuno della sua età.
Il bambino annuì, sorridendo a sua volta in risposta a quel sorriso.
A quel gesto la bambina lo prese per mano e corse verso l'uscita del Castello per giocare all'aperto e stare insieme a lui, il suo più caro, grande amico, il suo angelo custode, come le piaceva pensare.
Sapeva che Hagen voleva diventare Cavaliere per proteggere lei ed Hilda, in particolare per proteggere lei.
Hagen la seguì docile, stringendo con la mano sicura e forte la manina candida della sua principessa amatissima.
La bambina raggiunse il terrazzo, iniziando a volteggiare sotto i fiocchi di neve, volteggiando come una piccola fata delle nevi, costringendo anche Hagen a ballare con lei senza una reale musica.
Non avevano molti giochi e per questo apprezzavano la semplicità: era sufficiente stare assieme per divertirsi, volteggiare sotto i fiocchi in caduta, che sembravano di cotone delicato, lanciarsi palle di neve e ridere assieme era sufficiente per essere felici.
La bimba scivolò su di una lastra di ghiaccio, ma il bimbo era pronto a prenderla al volo per evitarle anche la più piccola contusione.
Finito di giocare, i due bambini si misero seduti sul cornicione ad osservare il tramonto e nel frattempo a parlare tra loro.
Freja raccontò dell'ingiustizia che aveva subito poche ore prima.
Hagen ascoltò con attenzione le parole della bimba, guardandola intensamente con i profondi occhioni azzurri del medesimo colore dei non ti scordar di me.
*Principessa Freja, ti prometto che domani farò il possibile per farti mangiare un gelato.*
Disse con un'espressione fiera ed orgogliosa il bambino, come per compiere una missione di vitale importanza.
La bambina sorrise lieta e lo guardò speranzosa.
*Davvero, Hagen?*
Domandò curiosa e leggermente sospettosa, come se non si fidasse completamente della promessa del ragazzino.
Hagen annuì con sicurezza, fissando la bambina con la certezza negli occhi di un piccolo adulto.
Il biondino scese dal parapetto ed allungò la manina scura verso la bimba per aiutarla a scendere cavallerescamente.
La piccola posò la manina candida e curatissima sulla mano del bambino e scese con grazia dal muretto.
Quella stessa sera, Hagen, aiutato dalla mamma, preparò un gelato per la sua giovane ed amatissima principessa.
Il giorno dopo, il bambino lo portò alla principessa con un dolce sorriso, mantenendo la promessa fatta neppure il giorno prima.
La bambina lo mangiò tutto e molto volentieri, poi guardò verso il bambino con un sorriso innocente.
*E' buonissimo, Hagen.*
Il bambino, che aveva fissato molto intensamente la principessa fino a quel preciso istante, sospirò di sollievo e poi sorrise.
*L'ho fatto con la mamma e ci ho messo tutto il mio affetto. Lei dice che quando si prepara una cosa con amore è più buona.*
Disse convinto, guardando la bambina che sorrise lieta.
*Anche io ti voglio bene, Hagen.*
Disse con la sicurezza nella voce, mentre i brillanti occhi purissimi e dolcissimi si posavano sul bambino biondo.
Il bambino arrossì a quelle parole leggermente e poi corse via: doveva allenarsi.
Freja lo chiamò indietro e lui tornò verso di lei.
La bimba si alzò in piedi e posò un bacio delicato sulla guancia del bambino con dolcezza.
*E' il ringraziamento per aver mantenuto la promessa.*
Disse con un sorriso allegro.
Hagen annuì e poi disse.
*Ti prometto che manterrò ogni singola promessa che farò.*
Disse con sicurezza, per poi girarsi e scappare via svelto per andare ad allenarsi.

Hagen aveva mantenuto ogni promessa a Freja, fatta eccezione per quella di proteggerla per sempre.
Erano cresciuti entrambi: Hagen era uno splendido ragazzo, alto, imponente e cavaliere degno di fiducia, nonchè armariolo di Asgard; Freja era divenuta una splendida principessa, amata da tutti, di grazia e di bellezza, pari ad un fiocco di neve che cadeva dolce al suolo, danzando nel vento impetuoso di Asgard.
Nella battaglia che stava affrontando erano nemici e la dolce Freja era schierata dalla parte opposta rispetto a lui.
Combatteva unita a Hyoga, vigliacco assassino, che l'aveva portata via da Asgard e fatta schierare contro Hilda con l'inganno.
Eppure, quando Freja era entrata nella grotta, chiedendo ancora una volta, lui non aveva potuto non accontentarla.
Aveva depositato a terra il corpo dell'odiato rivale e poi aveva visto Freja, la sua principessa correre ad assasisterlo.
Soffrì in quel momento Hagen, come soffrì quando comprese che Freja aveva tradito e lui doveva agire.
Non aveva compreso che Freja era giunta ivi per salvarlo, sicura della sua fine: aveva fiducia nei guerrieri che avevano sconfitto dodici uomini potentissimi, aveva fiducia nelle capacità di Hagen, ma aveva temuto per lui.
Non comprendeva che Freja non voleva vedere quegli occhi azzurri solitamente dolcissimi, delicati, affettuosi fissarla gelidi ed impietosi.
Hagen combattè infine per Hilda, non per sè stesso, anche se quella decisione le fece male, veramente male.
Scagliò il colpo contro la donna che amava, non la principessa che era costretto a servire per dedizione.
Freja era prima di tutto la donna da lui amata, il solo cagionarle dolore era per lui fonte di cruccio, per questo chiese perdono, quando la colpì.
Hyoga la salvò e si riprese purtroppo ben presto, per poi rimprovvevarlo con asprezza.
*Ti rendi conto di ciò che hai calpestato?*
Domandò retorico.
Certo che Hagen se ne rendeva conto.
Non aveva calpestato Freja, aveva calpestato sè stesso, i suoi sentimenti, l'amore, la dolcezza, i suoi ricordi, la sua amata, la sua famiglia, i suoi intimi presupposti, la sua più dolce amica, la luce del suo Sole, il fiore più puro di Asgard, la neve più calda, il raggio di Sole della sua esistenza.
Certo che si rendeva conto, non aveva bisogno di quel vigliacco, di un invasore crudele, di qualcuno che era giunto ivi per seminare discordia.
Nuovamente fu battaglia.
Tuttavia, stavolta, Hagen ebbe la peggio: un colpo di straordinaria potenza lo sollevò dal suolo, uccidendolo.
Ricadde al suolo in fin di vita, mentre sentiva la voce di Freja lontana.
L'ultima immagine che vide fu la principessa avvicinarsi in lacrime per cingere la sua mano, inciampando e camminando a fatica.
*Freja...*
Sussurrò impercettibile, mentre la vita sfuggiva e la sua anima volava verso lidi migliori.
La mano candida di Freja si posò sulla sua, come quel giorno in cui l'aveva aiutata a scendere.
Lei pianse e svenne per l'intenso dolore.
Freja portava il copricapo tipico delle donne impegnate, perchè sentiva che il suo destino era ormai compiuto e la cosa non le spiaceva: Hagen era suo e lei apparteneva ad Hagen.
Mai aveva pensato a Hyoga come a qualcuno in più che un guerriero che l'avrebbe accompagnata da Athena per salvare la sua Terra e la sorella.
Non aveva riflettuto Freja che codesto gesto avrebbe portato nuove morti, compagni che sarebbero caduti per difendere la loro città, affrontando i nemici con tutto il loro coraggio, la loro determinazione e la durezza di gente abituata a vivere in condizioni di vita ben complicate.
Freja era svenuta e così rimase a lungo, non avendo la forza, la volontà di riprendersi se non dopo alcune ore di intensi incubi.
Sognò Hagen che provava ad ucciderla, ma nel cuore sapeva che Hagen l'aveva amata profondamente e che mai l'avrebbe lasciata.
Sempre sarebbe stata protetta da lui: era una promessa ed Hagen aveva sempre mantenuto le sue promesse.
Un bacio sfuggì alle morbide labbra della fanciulla, mentre era svenuta.
Era il premio ad Hagen per aver mantenuto sempre le sue promesse.

Note dell'Autrice.
Salve a tutti^_^! Perdonate l'attesa, ma finalmente ecco qua il nuovo capitolo. Spero che questo sia di vostro gradimento. Non so perchè, ma questa coppia in particolare mi fa sempre sentire triste...forse per la fine che hanno avuto. Che dire? Alla fine credo che nessuno, neanche Hyoga possa distrarre Freja dai suoi vincoli e dai legami. Per quanto riguarda all'appunto sulla cuffia di Freja: nei popoli del nord di qualche secolo fa, la cuffia in testa simboleggiava che la donna era impegnata sentimentalmente o sposata.
KanondiGemini96:
Carissima...è sempre un piacere leggere le tue recensioni, davvero*_*! Shunrei mi fa sempre molta tenerezza e poi mi piace..è una figura femminile molto positiva, anche se invita le donne a non fare nulla, al suo posto non so se sarei così altruista per permettere al mio uomo di continuare a correre da una parte all'altra del globo per salvare le divine chiappe di una cretina....ebbene sì...io detesto Saori Kido, chi se ne frega se è Athena. XD Qui Shiryu era ancora piccolo e non aveva ancora come hobby personale il cercare di perdere la vista un secondo sì e l'altro pure. Secondo me, loro due sono molto dolci, molto pucci...mi danno proprio l'idea di coppia dolce, anche perchè Shunrei è dolcissima e Shiryu con lei si scioglie.
Death è molto probabile che da piccolo decapitava le Barbie e poi le appendeva al soffitto della sua camera: ecco come ha imparato XDXD! Motivo per cui non gioca a battaglia navale da solo? Visto il suo grande intelletto, cercherebbe di suicidarsi se dovesse perdere...e non dire che visto che gioca da solo è impossibile, perchè lui ne sarebbe capace! XDXD! Spero che ti sia piaciuto, anche se è un pochino triste, ma loro mi danno una sensazione di tristezza, forse per quello che è successo ad Hagen.
Aoede: Cara...beh pian pianino rispondo anche alla tua recensione anche se la suddivido in capitoli, visto che tu hai scritto a tutti e tre i precedenti capitoli lo stesso giorno. Con la speranza che anche questo ti sia piaciuto*_*!
Fidarsi o Non Fidarsi: Sì. So benissimo quanto ami questa coppia ed è sempre un piacere scrivere qualcosina che ti piace. Lo so...personalmente sai che adoro Shaka...Milo...Milo...Death..Milo...Aphrodite...Milo...l'ho già detto Milo? XD! Vabbe pensiamo a rispondere che è meglio-.-! Sono contenta che il capitolo sui due puccetti ti sia piaciuto molto...verissimo Shaka non è per niente un personaggio semplice da trattare, come se non fosse sufficiente i vari riferimenti al Buddismo, ci si mette anche il suo modo d'essere che è complicatissimo...ma lo adoriamo anche per questo*_*! Certo che lo so...ma tu sai benissimo che anche io vedo Mu come parte attiva, in fin dei conti uno come Shaka non può essere attivo, visto quanto è incapace di rapportarsi agli altri. Bene o male lui è l'unico Gold che si vede da bambino ed è solo, parla con Buddha, ma non fa comparire nessun altro...è come se fosse chiuso nella sua piccola torre d'avorio, senza che mai nessuno riesca a farlo uscire, per questo non lo vedo bene come parte attiva...quale seme è così? E' troppo insicuro nel rapportarsi agli altri, quasi come è sicuro di sè durante la battaglia. Però, anche dal modo di combattere, si evince che è poco avezzo al contatto fisico: ogni suo attacco è atto a non farsi toccare dal nemico. Comprendo le difficoltà di arrivare a Shaka, in fin dei conti immagino che Milo avesse provato a "fare amicizia alla sua maniera" alias rimbambire il soggetto in questione, fallendo miseramente nel tentativo, quindi rassegnandosi. Shaka è così...è molto potente, sicuro di essere un faro nella notte, certo di tenere tutti lontani per timore di essere ferito da chiunque, questa è la sua grande fragilità, alla fine credo sia proprio che si è autoaccecato con la luce della sua perfezione, non riuscendo più a comprendere dove finisca l'uomo ed inizi il divino, per questo è necessario Mu...è l'unico che lo lega al mondo materiale, è l'unico davvero interessato a comprendere Shaka ed è l'unico che Shaka tocca volentieri e di sua iniziativa.
Ogni Rosa ha la Febbre: *_*! Sì........cuccioli loro...teneri bastardelli amorosi..con il loro piccolo caratterino difficile. Concordo con te sul rapporto che hanno. Sentono in modo assoluto il bisogno l'uno dell'altro. E' anche il loro modo di pensarla, in fondo nel fumetto questa cosa è resa ancora più chiara, date le parole di Aphrodite. Loro due si credono superiori per motivi differenti, ma anche simili: forza, convinzioni, ideali, poi bellezza e bisogno di sentirsi il migliore dal punto di vista fisico. Verissimo...per Death, Aphro è bellissimo e lo sarà per sempre, ma come per l'ammettere di volersi bene...non è una cosa che farà mai il granchietto...e forse è anche per quello che Aphrodite sta con lui, perchè è l'unico non disposto a concedergli questa vittoria. Poi, secondo me, Death passa la metà del tempo a fissarlo, ma senza farsi vedere. E' tutto un nascondersi per evitare di avere compromesso l'orgoglio, anche Aphrodite è così: non ammetterà mai di volere bene a Death Mask, non ammetterà mai di considerarlo bello quanto lui, non vorrà neppure mai ammettere l'importanza di Death Mask.
Panta Rei: Guarda...sinceramente...è il motivo per cui non sopporto Shiryu...ma si può essere più deficienti? Ogni cinque secondi compie qualcosa per cui poi perde la vista e qui mi si deve spiegare come mai sulla scogliera e da Nettuno alla fine vedeva, poi in Hades ha delle bende logore sugli occhi e non vede più? Cos'è? Si è allenato e per essere più credibile si è ficcato altre due dita negli occhi? Ma...il solito pirla...il fatto che sta dietro a quel deficiente è un altro motivo di odio...che cavoli sembrano quasi una coppia smielata...e tra loro due lo yaoi mi fa proprio schifo! Alla fine credo che l'unica in grado di sopportare "Lucertola Orba" sia proprio Shunrei, povera. Devo dire che hai riassunto benissimo il motivo che mi spinge ad adorare Shunrei: prega, fa quello che può per aiutare Shiryu, aspetta ed è normale che a volte sia molto preoccupata e pianga...poi alla fine quando piange? Quando si vede Shiryu che sta diventando una graziosa stella cometa...e basta...poi non piange mai. Sopporta con forza ciò l'ignoto. Poi, cosa pretende chi non la sopporta? Una volta uno mi disse: "non la sopporto perchè piange e basta, prega e basta." Ma dico...cosa può fare lei? Mica ha un Cosmo...non ha mai combattuto in vita sua, cos'altro può fare? Fa quello che può per aiutare il suo amato, che senza il suo intervento sarebbe finito nella bocca di Hades. Lei è l'unica figura femminile realmente positiva in tutto il manga di Saint Seiya. Grazie mille!
Come hai potuto leggere, questo capitolo è dedicato ad un'altra figura femminile che mi piace abbastanza: Freja, che anche lei povera ha fatto quello che poteva per la sua gente, senza pensare alle conseguenze. Freja mi piace, però, solo con Hagen. Io con Hyoga non la vedo, anche perchè basta che muoia Hagen e Hyoga diventa un signor nessuno.
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite e le seguite: aoede, jeje_12, fenicex8, KanondiGemini96.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto a voi che leggete e basta.
Le coppie rimaste sono
Yaoi: Syd/Bud, Alberich/Fenrir
Etero: Siegfried/Hilda, Ikki/Esmeralda
Sciegliete voi quale coppia e quale ramo tra Etero o Yaoi.
Un bacio.

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Capitolo 8
*** Merenda ***


Buonasera a tutti miei amati lettori.
Oggi dopo una giornata intensa di shopping ho aggiornato molte delle mie storie e questa non poteva mancare...dopo un po' desidero quasi che le mie storie trovino una conclusione, ma al contempo mi spiace molto che succeda.
A questa raccolta mancano quattro storie due etero e due yaoi, quindi ho deciso di fare una ed una.
Stavolta tocca ad una yaoi su una coppia che mi piace molto, ma che insieme vedo più come shonen-ai o meglio twincest.
Dovete sapere che io amo il rapporto tra gemelli, mi piace semplicemente e mi piace approfondirlo specie se sfiora lo yaoi.
I due fanciulli che compariranno qui sono, come si intuisce, due gemelli: Syd e Bud, due personaggi che personalmente adoro.
Ci vediamo alla fine del capitolo!


Era una giornata tranquilla.
Stranamente il Sole splendeva su alto nella volta celeste, illuminando e creando giochi di luce particolari ed affascinanti sulla neve fresca e perenne.
Un ragazzino era a cavallo con i suoi genitori amatissimi e tornava reggendo tra le candide braccia un coniglietto candido come il manto ghiacciato sotto gli zoccoli del cavallo.
Gli occhi dolcissimi e color di un tronco d'albero erano fissi sulla bestiola che teneva tra le mani e che aveva da poco salvato.
I capelli di un delicato carta da zucchero erano curati e tenuti corti e perfettamente tagliati.
Sul viso vi era un dolce sorriso ed al contempo gli innocenti occhi erano pensierosi.
Aveva appena conosciuto un giovane d'aspetto assai particolare: occhi del medesimo colore dei suoi, capelli, come gli occhi, uguali ai suoi se non fosse stato per l'aspetto del taglio più ribelli, disordinati e quasi caotici, ricoprivano un occhio del ragazzino, la carnagione era candida come neve come la sua.
Non comprendeva Syd chi fosse quel ragazzino, perchè gli somigliasse e soprattutto perchè era rimasto così stupito nel vedere il pugnale che gli aveva donato in cambio della vita del morbido batuffolo che teneva tra le braccia candide.
Si era girato ed aveva sorriso, come se lo conoscesse da sempre, ma aveva visto uno sguardo d'odio passare per quegli occhi tanto simili ai suoi.
Si volse verso il padre e lo guardò un momento.
*Padre...posso chiedere una cosa?*
Il padre si volse verso il figlio, mentre aiutava la bionda moglie a scendere dalla sua cavalcatura.
*Dimmi, Syd.*
Disse, accordando con sguardo amorevole il permesso all'amatissimo figlio di parlare.
*Hai visto il bambino che era con me poc'anzi? Non trovi che mi somigliasse in modo particolare?*
Domandò curioso.
Il padre contrasse le labbra in un'espressione di dolore e confusione, mentre osservava il figlio.
La madre si strinse al marito, cingendo anche il braccio con le dita affusolate.
Il padre cinse la spalla del figlio e lo condusse in casa.
*Siedi, Syd. Devi sapere che quando nascesti un demone prese il sopravvento della tua nascita. Tu sei nato insieme ad un altro bambino e secondo le leggi di Asgard innevata il bambino fu abbandonato. E' stata un'ardua scelta, ma come sai i gemelli qui nelle terre del Nord sono causa di sventura.*
Disse l'uomo.
Syd ascoltò tutto, stringendo tra le braccia il coniglietto candido.
Abbassò lo sguardo, pensando che allora lui era fortunato ad essere lì...a chiamare madre e padre quelle due persone, poteva succedere a lui.
Prese la decisione di cercare di parlare con quell'essere umano, che era nato in sua compagnia.
Doveva...sentiva un legame speciale con quella persona, quindi doveva trovarlo, ma doveva farlo di nascosto, perchè sapeva che i genitori non avrebbero voluto che lui dicesse qualcosa al fratello.
Quella sera, la madre lo raggiunse in camera.
*Syd...i tuoi genitori ti amano, ma devo dirti che non ho mai dimenticato di avere un altro figlio...di averlo messo al mondo e questo mi ha cagionato molta tristezza. Non avrei voluto abbandonarlo, ma non avevo scelta.*
Disse, carezzando la chioma del bambino con affetto.
Il giorno dopo, il bambino si recò nel punto dove aveva conosciuto il bambino con una merenda che si era fatto preparare anche per il gemello sconosciuto.
Il bambino non era però lì e non vi era neppure i giorni seguenti, almeno non vi era all'apparenza.
Bud era tornato a casa quel giorno lontano ed aveva chiesto spiegazioni all'uomo che lo aveva trovato e che gli aveva raccontato la verità.
Era stato trovato e quindi quel ragazzino così simile ed allo stesso tempo con quell'espressione fortunata e dolce, viziata quasi era un suo parente, come testimoniava il pugnale che gli aveva donato.
Lo odiava, ma allo stesso tempo tornò a vedere più volte dove si trovava.
Lo cercò anche dove abitava, trascinandosi fino al limitare estremo della foresta con le gambe forti, allenate dalla caccia.
Lo vide più e più volte  con quell'odiosa espressione di amore stampata sul viso identico.
Eppure...perchè tutte le volte sentiva una stretta nel cuore?
Perchè provava lo strano desiderio di mostrarsi ed ogni volta non riusciva a muovere un passo se non quando il bambino non si era allontanato?
Ogni volta che il bambino si allontanava, usciva allo scoperto e si sedeva dove era seduto lui, mangiando la merenda che il bimbo gli lasciava, che suo fratello lasciava apposta per lui.
*Grazie...Syd...*
Fu un sussurro una sera, in cui le stelle dell'Orsa brillavano intense.
Si passò una mano tra i capelli color carta da zucchero e tornò nella foresta, nascosto nell'ombra degli alberi.

Erano trascorsi anni dai giorni in cui i due bambini mangiavano separati la merenda.
Si allenavano entrambi per ottenere la Robes di Mizar, solo uno dei due avrebbe ottenuto quella mitica armatura.
Solo uno dei due era destinato a proteggere Asgard innevata.
L'altro sarebbe divenuto cavaliere ombra.
Per una volta, Bud provava il desiderio di non essere ombra del fratello.
Continuava a seguirlo.
Si allenava dove si allenava il gemello, una volta assicuratasi che il ragazzo fosse sparito dalla zona e che lui potesse allenarsi tranquillo.
Lo osservava durante gli allenamenti: era svelto, agile, bello e letale come la tigre possente.
Era perfetto nell'arte del combattimento, eppure aveva una certa incertezza che sicuramente derivava dalla sua vita.
Un'esistenza nella bambagia l'aveva reso poco crudele...poco propenso ad uccidere senza valida ragione, ma non per questo meno micidiale.
Bud osservava sempre Syd, ammirandone la dolce figura.
Osservava la somiglianza tra loro, stupendosi della diversità che vi era tra loro due, perchè vi era una grandissima differenza: Syd era gentile, Bud era micidiale.
Bud vedeva Syd e lo criticava, tacendo quella voce che gli diceva che amava quel ragazzo, il suo gemello, che lo osservava con dolcezza ed allo stesso tempo con orgoglio.
Syd finiva di allenarsi e si allontanava.
Era abile in una cosa Syd...era sempre stato in grado di comprendere che era spiato.
Si sentiva spiato ed osservato dal giorno in cui aveva conosciuto il gemello e le parole della madre erano ancora impresse nel suo cuore di giovane puro.
Si fermava allora, celato dall'ombra ed osservava con sguardo attento il ragazzo allenarsi.
Ammirava la sua forza, la sua decisione eppure odiava la sua crudeltà, che anche se combatteva privo di nemici si faceva sentire.
Eppure era sempre così perfetto, che non si sarebbe stupito se a lui fosse andata la Robes che anche lui anelava.
Bud la meritava, non lui.
Lui era debole in confronto a Bud e per questo fu una sorpresa quando Hilda scelse lui per la Robes e Bud per la sua stella gemella, per il suo difensore nell'ombra.
Bud non sapeva che lui sapeva della sua esistenza.
Sorrise Syd quando fu il momento di dire la verità all'amato gemello.
*Nè io nè la mamma e neppure il papà ti abbiamo mai dimenticato. Ti abbiamo sempre amato...io ti ho sempre amato. Sconfiggi Ikki...prendi ciò che ti spetta di diritto. Tu sei degno di divenire Guardiano di Asgard, non io che son debole. Ti imploro...fratello mio. Rendimi fiero di te. Io so da sempre che sei tu mio cavaliere d'ombra e per questo sono sempre stato tranquillo. Sapevo di poter contare su di te e sapevo che tu mi avresti protetto, per questo ero contento. Chi non si fiderebbe del proprio amato fratello? Sapevo chi eri dal giorno in cui ti ho incontrato e ho salvato quel dolce coniglietto. Sognavo di vivere unito a te.*
Disse Syd, sorridendo infine.
Si spense tra le braccia di Bud, ma prima di spegnersi fu felice.
Si era riunito al suo amato fratello.
Bud lo aveva sollevato tra le braccia buono e gentile, come se lo amasse e lo aveva portato seco, ripudiando Hilda ed Asgard.
*Grazie....Bud...mio amato fratello..*
Fu il sussurro finale.
Fu l'ultima cosa che il coraggioso e buon Syd disse, prima di spegnersi con un dolce sorriso sul viso.
Erano stati divisi per la vita, ora erano uniti nella morte e nell'amore.
Un bacio fu timido cenno di amore, che vi era tra loro da sempre.

Note dell'Autrice:
Personalmente i due gemellini mi piacciono moltissimo. Erano e sono semplicemente splendidi! Adoro loro due. Ora il dialogo: l'ho cambiato leggermente ai fini della trama. Era splendido anche nel cartone, ma ho dovuto cambiare. Spero che vi piaccia. Ah dimenticavo...nella versione originale, i due gemelli vennero abbandonati perchè i gemelli erano un segno funesto, un presagio oscuro e quindi solitamente veniva abbandonato. Se seguisse la logica del cartone animato con traduzione italiana...non avrebbe senso perchè Freja e Hilda son sorelle eppure hanno sempre vissuto assieme, ciò va contro a quanto dice Bud, quindi mi sono informata. Sciegliete ora voi la coppia etero: Ikki-Esmeralda o Hilda-Siegfried.
Rispose alle Recensioni:
KanondiGemini96: Ma ciao!! Son contenta che il precedente capitolo ti sia piaciuto, come spero che ti sia piaciuto questo. Personalmente ho delle coppie molto ferree un po' come tutte le mie coppie..è raro che io modifichi qualcosa, a meno che non sia un piccolo esperimento, ma ruoli e coppie per me sono molto granitici. Per quanto riguarda l'orsetto...fidati non c'è niente di male..io ne ho 21 di anni e ho l'orsetto del mio primo Natale, se conti che io faccio gli anni il 26 di settembre...si può intuire che l'orsetto, chiamato Carlo in onore e ricordo di mio nonno, quindi...aveva ben tre mesi!
Hagen e Freja erano adorabili...decisamente teneri*_*! Li adoro! Altrochè lei innamorata di Hyoga, lei vuole bene a Hyoga, ma dopo che muore Hagen non ha a cuore se non lui...quindi...GRAZIE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Tu sei tenerissima!!!
A me fa sempre piacere leggere le recensioni di chi si prende la briga di dire qualcosa, di comunicarmi il suo pensiero ed è anche un modo meraviglioso per conoscere le persone...quindi mi piace molto leggere di qualcuno che mi recensisce con passione!
Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite: aoede, jeje_12, GoLdGiRl91, fenicex8, KanondiGemini96.
Ragazze...fatemi pure sapere cosa ne pensate...sprecate anche solo un dieci secondi per dirmi se vi piace la mia storia oppure no^^!

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Capitolo 9
*** Dolce Neve ***


Salve a tutti!
Scusate per questa attesa indecorosa, ma ho avuto molti pensieri/problemi/barra inizio dell'università. Allora...son qua per scrivere un nuovo capitolo e ho, secondo suggerimento di Kanon, deciso di portare Hilda e Siegfried, che piacciono molto anche a me! La storia è sempre dedicata alla mia piccola Marty!!


Era un giorno di festa in tutta Asgard.
Dopo mesi di freddo, era finalmente giunto un momento di gioia per tutti i cuori: la piccola principessa compiva gli anni.
Era per tutti un momento di gioia, sia per la Regina, la Sacerdotessa, sia per il Re, consci che quella piccola bambina che della neve portava bellezza, grazia ed eleganza sarebbe divenuta la Nuova Sacerdotessa.
Entrambi si recarono, com'era tradizione, primi su tutti nella camera della figlioletta per parlarle.
Era una data importante quella dei cinque anni, in quanto la principessina avrebbe fatto la sua prima preghiera ad Odino-Sama e, secondo il Cosmo, avrebbero compreso tutti assieme se la principessa era degna di divenire la Suprema Celebrante.
La madre andò verso il letto della figlia ed un urlo scaturì dalle labbra rosee della donna, mentre si voltava in direzione del marito.
Egli si avvicinò in pochi passi al letto e lo trovò vuoto: non vi era la bimba dentro al lettino.
Tastò il letto e sentì il freddo delle coperte, simbolo evidente che la principessina si era data alla fuga.
Subito dette un ordine secco alle guardie, urlando e sbraitando contro ogni inserviente per l'assenza della piccola.
*Trovatela...Trovate immediatamente mia figlia. Il rituale non può proseguire se manca!*
Esclamava, mentre si univa alle ricerche.
In quel mentre, in una casa poco distante dalla reggia, vi era una famigliola riunita a colazione: il padre, capitano delle guardie, venne disturbato dalle guardie che si recarono subito da lui; la madre ascoltò la conversazione e si voltò verso il suo bambino.
Lui, il bambino, era il più grazioso bambino di Asgard innevata: gli occhi di un azzurro chiarissimo richiamavano quasi l'azzurro del cielo durante le belle, anche se fredde, giornate di primavera, lunghi boccoli di un delicatissimo biondo incorniciavano un bellissimo visetto, il corpo svelto, agile e robusto per un bambino di quell'età.
Aveva gli occhi puntati alla porta ed ascoltava tutto con le orecchie innocenti.
Vide rientrare il padre, che disse.
*Siegfried, dobbiamo rimandare l'addestramento di oggi. La principessina è scomparsa.*
A quelle parole, Siegfried non potè che mostrare la sua delusione e subito dopo la preoccupazione.
Cosa voleva che la principessa Hilda era scomparsa?
Era sempre a palazzo, lei che era la grazia e la bellezza personificate, poi quello non era il giorno in cui sparire nel nulla.
Doveva esser dichiarata la nuova celebrante di Odino-Sama.
Siegfried dall'alto dei suoi sei anni finì la colazione e chiese alla madre di uscire per giocare ed andare a cavallo.
Amava il suo cavallo il piccolo Siegfried e la madre era totalmente incapace di resistere a quei suoi occhioni innocenti e quelle guanciotte rosee e decise.
Lasciò la sua casa sul suo bellissimo cavallo e si diresse verso il bosco.
Nessuno conosceva Hilda di Polaris come quel bambino, oltre ad esser cresciuti assieme tra loro vi era già a quel tempo un rapporto speciale.
Siegfried sapeva sempre dove si trovava Hilda e se stava bene oppure se non si sentiva bene.
Ricordava tutta la città, quando due anni prima Hilda piangeva silenziosamente nella sua camera e nella sua casa Siegfried pretese di andare da lei, perchè sosteneva che non stesse bene.
Giunse al Castello con il padre e corse in camera della piccola principessa, trovandola in lacrime.
In quel momento Siegfried correva nelle foreste sul dorso del suo cavallo.
Sapeva dell'esistenza di una grotta e sapeva bene che quella grotta era con della lava al suo interno.
Conosceva esattamente l'ubicazione di quel posto, avendola scoperto lui stesso, ma non usandola mai.
Hilda era entrata lì a nascondersi per la paura.
Giunse il piccolo vichingo nei pressi della grotta e lasciò fuori il cavallo.
Vi entrò con passo sicuro e fiero e vide poco lontano un cumulo candido, sorridendo tra sè si avvicinò e si inginocchiò davanti alla figura.
Hilda aveva levato gli occhi a quell'apparizione, occhi adombrati da un fitto velo di lacrimoni infantili.
I lunghi capelli d'argento incorniciavano il più bel viso che Asgard avesse mai visto, la pelle candida era risaltata da quella dolcezza nello sguardo e tutta la figurina trasudava più innocenza di una bimba normale.
Era come se la piccina fosse stata un timido fiocco di neve, che bellissimo cade dal cielo in mille volteggi eleganti.
Le lunghe ciglia scure avvolgevano in un morbido abbraccio due occhi color zaffiro e lei era l'immagine della bellezza e della purezza dei ghiacci.
Siegfried si era inginocchiato dinnanzi a lei, cosa abituale per lui.
Lei guardò il viso dolce del suo amico, dolce solo quando si rivolgeva a lei.
*Principessina Hilda...lo sai vero che non dovresti essere qui? La Regina ti attende e così anche tuo padre, il Re.*
La bambina chinò lo sguardo colpevole, annuendo e facendo danzare i capelli d'argento.
Tuttavia non sembrava possedere la forza per alzarsi e neppure la voglia di compiere alcun movimento.
Siegfried si mise seduto al suo fianco e continuò a guardarla.
*Non voglio tornare...*
Rispose con la dolcezza del miele nella voce la bimba.
Siegfried ascoltò quella risposta, pensando che lui aveva compreso benissimo che la bimba non voleva spostarsi, ma perchè? Qual'era il motivo di quella decisione? Perchè era scappata?
Fu in quel momento che sentirono il nitrito di cavalli e gli zoccoli che percorrevano la neve incessanti.
Siegfried vide negli occhi della principessa il terrore di esser sorpresa e con un fischio richiamò a sè il cavallo, in modo che nessuno notasse la sua presenza.
Il cavallo entrò nella caverna e gli uomini passarono oltre, con sommo sollievo dei due piccoli fuggiaschi.
Nessuno aveva notato le tracce di neve che portavano alla caverna.
A quel punto, una volta che furono di nuovo soli, Siegfried voltò il capo verso la principessa in attesa.
*Perchè?*
Domandò solamente.
Non era mai stato un bambino di molte parole.
Lui era un bambino d'azione, ogni sua parola era studiata e pronunziata in modo da creare effetto e lui doveva assolutamente essere perfetto anche nella parola.
Le sue parole non eran vento, eran sferzate di vento: non si disperdevano mai nell'aria gelida, ma colpivano con inaudita forza il proprio avversario o la persona dinnanzi a lui, senza temere alcuna reazione.
Attendeva in quel momento una risposta, una qualunque risposta e non dovette attender molto.
*Non voglio tornare, perchè loro vogliono qualcosa che io non sono sicura di poter dare. Siegfried se io non fossi la celebrante...tutti rimarrebbero delusi da me. Nessuno mi vorrebbe più bene. Io sono la Principessa, la figlia della regina, ma non ho cosmo...non sono mia madre...ho paura...io ho tanta paura....nessuno mi vorrà più bene...se fallisco...*
Disse, scoppiando infine in un nuovo pianto e prendendo fiato tra una parola e l'altra.
Siegfried aveva ascoltato ogni parola di quello sfogo, senza mai interrompere la sua principessa, ascoltando ogni singola emissione di fiato.
Allungò un braccio e con la serietà tipica di un piccolo guerriero cinse la bimba, che si appoggiò a lui piangente.
La sentì piangere ed allora parlò in risposta, mentre teneva stretta a sè la principessa.
*Hilda, tu hai un ruolo importante, come ce l'ho io. Non devi temere di rimanere sola e senza affetto. Tu sei la degna Celebrante di Odino-Sama...io lo so. Ed anche se tu non lo fossi, ci sarei sempre io. Pensi che il mio affetto dipenda da che cosa sei tu? Io ti voglio bene perchè sei tu. Continuerò. Darò la vita per te. Ti prometto ed è una parola di futuro guerriero e capitano delle guardie, che non ti lascerò mai.*
Disse serio, mentre avvertiva la bambina che aveva smesso di singhiozzare e lo ascoltava, fissandolo con i dolci occhioni spalancati.
Si asciugò gli occhi convinta, ma ancora non si decise ad alzarsi.
Si era accorta che l'abbraccio protettivo di Siegfried era qualcosa di bellissimo, a cui era difficile rinunziare.
Fu quando Siegfried propose di levarsi ed andare, che sicuramente tutti erano preoccupati, che Hilda annuì.
Siegfried si alzò in piedi e prese per mano la piccola principessa, aiutandola ad alzarsi e recarsi all'uscita della grotta.
Salì il piccolo sul cavallo e con una mano sollevò la principessina per metterla davanti: tra il muso dell'animale ed il suo torace.
Arrivarono poco dopo ad Asgard e lui scese, aiutandola a scendere dalla cavalcatura.
Fu in quel momento che il padre di Hilda li vide e si avvicinò innervosito per quel comportamento ed interrogando la bimba.
Hilda si tormentava le ditina, conscia di essere nei guai e disperata per la punizione, ma un vocino infantile di bimbo parlò.
*Perdono, Re. Hilda non ha fatto nulla. Sono stato io. Ho chiesto alla principessa di incontrarci per darle il mio regalo.*
Hilda volse il capo verso il bambino, curiosa e il padre guardò la mano della figlia, in cui non vi era nulla.
*Dov'è questo fantomatico regalo, allora?*
Domandò.
I due bambini si guardarono in viso e Siegfried parlò.
*E' il cavallo. E' sempre piaciuto ad Hilda, così ho deciso di regalarlo.*
Disse con il cuore infantile contratto in una smorfia di dolore.
Lui voleva bene al suo cavallo, ma voleva più bene ad Hilda.
Il Re prese la figlia in braccio e il cavallo con l'altra mano ed andarono via insieme.
Siegfried era davanti al padre in quel momento, che lo guardava, conscio del fatto che il bambino aveva compiuto un grande sacrificio per la piccola principessa.
Siegfried levò gli occhi, coperti da un velo sottile di lacrime e disse.
*Padre...ho dovuto...non volevo che Hilda venisse punita, ma quello era mio...*
Disse, scoppiando in lacrime e lasciando che il padre lo consolasse da quella sofferenza.
Si recarono subito dopo a palazzo per la celebrazione, in cui si palesò il Cosmo della bimbetta.

Eran passati dieci anni da quel giorno lontano.
La Principessa Hilda ora era regina e governava su Asgard innevata.
La sua elegante figura nobile era nei cuori del suo popolo e tutti volevano proteggerla con il cuore ardente di desiderio protettivo, eppure vi era tra i giovani un ragazzo il cui sguardo spesso indugiava sul corpo della Regina, il cui sguardo spesso era bramoso di ardente desiderio e di dolcezza candida.
Siegfried era divenuto il giovane più vicino ad Hilda.
Era colui che più la proteggeva, praticamente la sua intera esistenza era data per stare accanto alla fanciulla e proteggerla con la potenza del suo braccio.
Davanti alle persone, lui era il fedele Capitano delle Guardie e lei la Celebrante di Odino, ma quando eran soli potevano levarsi quella maschera, che eran costretti ad indossare.
Potevano tornare ad essere Siegfried ed Hilda, due ragazzini spaventati che si nascondevano nelle profondità di una caverna per poter promettersi vicinanza a vicenda.
Primavera e Freja camminava per il palazzo.
Vide una scena particolare: Hilda si allontanava verso un angolo del palazzo che aveva precluso a chiunque, compresa a lei.
Continuò a camminare e vide Siegfried, che lasciava solo Hagen per andare nel medesimo angolo del palazzo.
Freja non sapeva cosa ci fosse e neppure Hagen: sapevano solo che era proibito a chiunque per ordine della Regina.
Hilda quel giorno aveva affrontato una prova veramente dura, difficile e tremendamente ingiusta: la precedente Sacerdotessa era morta e lei aveva dovuto partecipare al funerale di colei che era sua madre, pregando Odino, mentre in realtà quello che voleva era rannicchiarsi su sè stessa e piangere.
Purtroppo ciò che Hilda voleva, non era ciò che il popolo di Asgard desiderava e lei, come regina e Sacerdotessa, doveva sempre mettere i propri desideri al di là di quelli del suo popolo.
In quell'angolo di palazzo, Hilda poteva tornare ad essere una fanciulla, come un'altra, piangere la morte della madre, piangere la propria insicurezza e debolezza, mentre tutti la volevano forte e dura come un ghiacciaio.
Lei non si sentiva forte come ghiaccio, ma friabile come tenera neve fresca.
Fu in quel momento che sentì due braccia forti cingerle le spalle e stringere in quello che era un gesto di unione e di dolcezza.
Hilda voltò il viso e vide diversi centimetri sopra al suo quello serio e composto di Siegfried, addolcito da un'ombra delicata.
Siegfried era divenuto un giovanotto alto e distinto, imponente e bellissimo.
In Asgard non vi era donna che non lo ammirava per quella cascata di meravigliosi capelli biondissimi, per quegli occhi azzurri color del ghiaccio più puro e per quel carattere duro ed intransigente.
Eppure il giovanotto quando vedeva la sua Principessa sorrideva e la guardava come se nella sua vita non avesse mai visto una fata delle nevi così bella.
Hilda era anch'ella alta e distinta, ma sottile e talmente delicata da dar l'impressione di potersi spezzare.
Occhi meravigliosamente dolci eran circondati da lunghe ciglia scure, mentre lunghi e lisci capelli d'argento incorniciavano la sua intera snella figura, rendendola ancora più graziosa.
Mai in Asgard vi fu un simile fiore...un simile cristallo di neve, la cui apparente fragilità contrastava con il potente Cosmo, che la fanciulla era in grado di usare.
In quel momento, tuttavia, Hilda non si sentiva potente e l'ausilio del Cosmo era qualcosa di lontano nella sua mente.
Si sentiva bambina spaventata per esser stata lasciata sola, con il timore di esser abbandonata da tutti e con un compito troppo grande per le esili spalle candide.
Si volse in quell'abbraccio e si appoggiò completamente a Siegfried, singhiozzando dolcemente, cullata da quel respiro e dal battito cardiaco, che era aumentato.
Siegfried cullò la Regina di Asgard, ringraziando che alcun individuo poteva vedere quell'attimo di forte debolezza della sua principessa.
Abbassò, però, il capo ed incontrò il bellissimo profilo della sua Fata delle nevi e non potè resistere.
Poteva contare ogni singola goccia di rugiada, che lenta scendeva sulle gote candide, rese colorite dalle lacrime.
Le vedeva scendere dalle magnifiche ciglia scure ed avvicinò le labbra a quelle della sua principessa.
Un bacio dolce e salato per quelle lacrime che inesorabili cadevano dalle gote candide.
Sentiva il corpo arrendevole di Hilda tra le sue braccia e la strinse a sè con la forza di un Drago di Ghiaccio.
Erano avvinghiati, mentre lui la teneva sollevata da terra, sulle braccia possenti e la baciava con la dolcezza del miele e la passione di una tormenta di neve.
*Siegfried..non lasciarmi anche tu...non mi rimarrebbe più nulla...*
Disse la bella principessa, guardandolo con quei meravigliosi occhi, gemme rare in Asgard per la loro limpidezza di squisita fonte.
Siegfried ricambiò lo sguardo con delicatezza e rispose con voce ferma.
*Rimango io, Hilda. Io che per te darei la mia stessa vita.*
Hilda lo guardò teneramente e poi rispose.
*Non dimenticare mai queste tue parole, Siegfried.*
E Siegfried non le dimenticò mai.
Non le dimenticò quando Asgard venne invasa.
Non le dimenticò quando si rese conto che la sua bella principessa, colei che lui aveva promesso di non lasciare e di proteggere, era soggiogata.
Non le dimenticò mentre si levava alto nel cielo sotto gli occhi folli, ma comunque dolci e preoccupati di una regina che non conosceva.
La protesse fino alla fine, mentre si spegneva nell'oscurità di una notte, ma non importava.
Non importava che lui fosse sordo.
Non importava che Hilda fosse a terra con il capo levato verso l'alto.
Importava solo che lei stava soffrendo e che lui doveva proteggerla ora e per sempre, come aveva promesso.
Era oramai a pochi metri da morte certa, quando il suo cosmo parlò alla sua Hilda, non ad un fantoccio.
*Hilda, sei stata una magnifica Celebrante di Odino. Io lo sapevo e l'ho sempre pensato e saputo. Hai pensato in passato che l'amore delle persone per te fosse dovuto da quello che rappresentavi, ma non è così. Non per tutti, almeno. Per me non è sicuramente così. Io ti ho amata sempre per quello che eri: una Fata delle Nevi. Il mio corpo si spegne, bruciato nel fuoco astrale, ma il mio amore è eterno come i nostri beneamati ghiacciai. Non temere, mia Principessa, io ti proteggerò sempre. Sto dando la vita per te, ma ciò non conta. Ti prometto, come guerriero e capitano delle guardie, che non ti lascerò mai.*
Disse, parlando con il cuore in mano all'unica donna che lui avesse mai amato.
Hilda pianse a lungo la sua scomparsa, intrappolata in un corpo e con un'anima non sua.
Ricordò per sempre quelle parole.

Note dell'Autrice:
Cosa dire? Secondo me una donna sola al potere ha dei momenti di ripensamento, di dolore, in cui l'indole femminile vuole uscire, perchè è sopraffatta dalle emozioni, ma non può, perchè dev'essere forte, perchè la sua forza è la forza del popolo. Ebbene io vedo Hilda come una persona che può essere fragile, che può aver paura di quello che è la sua forza e per questo ha bisogno di un angolo dove recarsi e sfogare la sua debolezza. Siegfried lo ammetto mi piace moltissimo, in quanto è il classico eroe senza macchia e senza paura...ma è anche un ragazzo spettacolare*_*! Lo adoro proprio un mondo e mezzo. Mi piace molto il rapporto che hanno tra loro, come sono dolci e si vede che si amano, anche se non si sfiorano neppure per mezzo secondo. Mi piacciono...non ci posso fare niente!
Risposte alle Recensioni:
KanondiGemini96:
Ciao carissima!! Devo dire che anzittutto pure a me piacciono un sacco i rapporti tra gemelli, la cosa bella è che odio con tutto il cuore il rapporto Incest, ma mi piace il Twincest..non capisco neppure io come son fatta! XD! Per quanto riguarda gli attacchi di pucciosite non oso immaginare cosa ti possa procurare questa..che volevo a tutti i costi come dolce. E' quella più dolce che ho scritto e me ne rendo conto, perchè loro due mi ispirano dolcezza! I rapporti tra fratelli...li ritengo dolci solo nei manga e negli anime, sinceramente io e mia sorella ci scanniamo ogni giorno, altro che non vivere l'una senza l'altra...io senza quella piattola starei anche meglio, ma queste sono opinioni personali. Generalmente vogliono mostrare i manga come sono tutti dolci e carini ed io trovo più naturale un rapporto tipo quello tra Syd e Bud, piuttosto che un rapporto Ikki e Shun..mi sa di autentico.Ti assicuro che sei tenerissima, visto che mi recensisci ogni singolo capitolo!
Vi informo che la prossima coppia che tratterò sarà obbligatoriamente AlberichXFenrir, quindi non dovete sciegliere e poi si concluderà in bellezza con la splendida coppietta IkkiXEsmeralda...poi se qualcuno vorrà tratterò le coppie che mi richiederete oppure chiuderò semplicemente la storia...dipende da voi! Fatemi sapere, miei cari! Sappiate solo che io non scrivo le IkkiXShun...non mi piacciono e a meno che non tratti solo il loro rapporto tra fratelli non scriverò nulla, che tenda ad assomigliare allo yaoi tra loro.
Ringrazio coloro che hanno messo la mia storia tra le Preferite, le Ricordate e le Seguite:
Aoede, Jeje_12 e Lady Pandora; LoVe_PeAcE; Bliss_93, Fenicex8, KanondiGemini96.
Un bacio a tutte e scusate l'attesa, ma l'uccello peregrino dell'ispirazione era volato su nuovi lidi.

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Capitolo 10
*** Vincere e Fidarsi ***


Salve a tutti quanti. Scusate per la lunghissima attesa. Mi rendo conto di aver messo molto tempo a scrivere questo capitolo, ma non trovavo proprio l’ispirazione..senza contare che a gennaio ho avuto un lutto per me molto grave in famiglia. Ora passiamo al capitolo. So che apparentemente questi due personaggi non hanno nulla in comune, ma a me piacciono.

Alberich cavalcava nel giardino della sua tenuta. Non amava stare con gli altri bambini. Erano tutti troppo stupidi, mentre lui si sentiva tremendamente più intelligente, senza contare che li aveva ingannati uno per uno, riuscendo a farsi consegnare ogni singolo pezzo di cioccolato, quindi gli altri bambini non lo volevano intorno. Cavalcava sul destriero che suo padre gli aveva comprato per farsi perdonare le varie assenze. I capelli di un particolare colore, che lui sapeva aver ereditato dalla madre e gli astuti e furbi occhioni verdi guardavano ovunque, pensando a quello che poteva combinare. Era ancora presto e lui aveva ancora tante cose da portare a termine, scherzi da progettare nei confronti di idioti. Eppure, c’era qualcosa che non andava quel giorno. Era poco ispirato. Non sentiva la sua musa. Era qualcosa che gli dava un notevole fastidio. Lui era il genio assoluto di Asgard. Lui era un genio molto più intelligente di quell’idiota di Siegfried, ma non poteva sicuramente ottenere uno scherzo decente se non si concentrava. Fermò il cavallo quando ormai era penetrato nella foresta. La sua casa era una di quelle vecchie residenze. Il casato dei Megres era sempre stato molto ricco e la casa padronale era ancora nell’antica magnificenza, benché da qualche generazione non aveva più un soldo. La casa era ancora di loro proprietà ed era circondata da un parco immenso, che diveniva via via parte integrante della foresta: la foresta dell’ametista. Suo padre l’aveva definita la “foresta dell’ametista”, ma non aveva mai voluto spiegare ad Alberich come mai si chiamasse in quel modo. Il bambino aveva solo compreso che in un qualche modo il suo potere sopito era collegato a quel nome e così tutto il potere della sua famiglia. Il piccolo Alberich era dell’idea di non pensare troppo a cose troppo complesse. Suo padre aveva detto che avrebbe compreso quando sarebbe cresciuto e lui ci credeva ciecamente, quindi era inutile porsi in quel momento il problema di cosa sarebbe successo o del perché di un nome. Del resto, nessuno si poneva il problema del perché un oggetto si chiama in qualche modo e lui non aveva voglia quel giorno di lambicarsi il cervello. Lui voleva solamente cercare di fare un qualche scherzo a Siegfried. Non sapeva perché, ma quel bambino gli era antipatico. Avvertiva la falsità nel rivolgersi alla Principessa e soprattutto non aveva alcuna intenzione di sottostare a quel piccolo stupido. Sapeva che in un futuro quel marmocchio sarebbe diventato il capo delle guardie e suo padre lo allenava per diventare un guerriero, ma lui non voleva sottostare agli ordini di uno scemo. Siegfried era stupido e lui lo sapeva. Era troppo buono, troppo leale. A cosa serviva la lealtà? La lealtà serviva agli stolti per arrivare in alto e fare carriera, ma lui non ne sentiva il bisogno. Quello che voleva lui in quel momento era fare uno scherzo degno di lui, quello che voleva in futuro era riportare l’onore e l’orgoglio nella sua famiglia e diventare lui il più potente. Era da sempre un bambino ambizioso. Voleva arrivare al vertice della forza, senza per questo utilizzare necessariamente la forza. Sapeva di poter contare su un valido aiuto: il suo cervello machiavellico. Si fermò quando sentì un rumore piuttosto forte provenire dalle sue spalle. Si voltò e vide un lupo. Lo fissò con gli intensi occhi verdi, illuminati dall’angoscia. Doveva esserci un modo per sfuggire a quella bestiaccia. Sapeva che la fuga avrebbe invitato il lupo ad inseguirlo, quindi doveva trovare un modo diverso di affrontarlo. Cosa sapeva fare un lupo? Il lupo sapeva correre a lungo e velocemente. Era un animale da branco, quindi probabilmente non c’era solo quello di lupo nei dintorni. Osservò l’animale ancora meglio. Sicuramente era abituato a cacciare: era gigantesco, brutto e con una cicatrice sul muso molto evidente. Non poteva competere con quel mostro. Doveva per forza cercare di fregarlo con l’astuzia. Cosa non era in grado di fare un lupo? Arrampicarsi su di un albero per esempio. Sollevò lo sguardo e vide che poco sopra la sua testa un ramo pendeva un robusto ramo. Si mise in piedi sulla sella. Gli spiaceva sacrificare il cavallo, ma meglio l’animale piuttosto che la sua vita. Fece un salto nel momento in cui il lupo balzò. Il cavallo iniziò la sua fuga terrorizzato e lui riuscì ad issarsi sul ramo. Il lupo sparì e, come aveva previsto, vide altri lupi..decine di lupi, tutti dietro al suo cavallo. Probabilmente lo avrebbero sbranato molto presto, ma per lui contava solo la vita. Tutto era nato allo scopo di essere usato dalla mente superiore, quindi non si sentì triste per il suo cavallo. Era destino che si sacrificasse per permettergli di salvarsi. Fu in quel momento che un movimento colpì il suo sguardo. Nella radura era comparso qualcosa che non si aspettava di vedere. Cosa ci faceva lì un bambino? Era sicuramente un bambino. Vide i capelli color del ghiaccio più puro, un misto tra l’argento della luna e l’azzurro del cielo primaverile di Asgard. Erano portati lunghi e scompigliati nell’insieme. Lo guardò dal suo nascondiglio, celato dalle fronde. Come mai quel bambino era tanto tranquillo? Guardava la direzione nella quale i lupi erano scomparsi e sembrava decisamente che stesse aspettando qualcuno. Possibile che i lupi fossero agli ordini di un bambino? Questo poteva essergli utile. Il bambino sembrava più piccolo di lui, almeno d’aspetto, di conseguenza era anche più debole. I lupi erano lontani e se il bambino avesse provato a fare qualcosa, lui poteva mettersi in salvo sull’albero, prima del ritorno dei pulciosi amici di quel piccoletto. Un ghignetto affiorò sul viso magro e pallido di Alberich, che scese dall’albero con un balzo. Atterrò in piedi, davanti al bambino e lo guardò con l’unico, intenso occhietto vivace. L’altro era celato da una frangia, un ciuffo ribelle. Il bambino dai capelli d’argento non si aspettava di trovarsi così vicino ad un essere umano. Lui odiava gli esseri umani. Alberich fu svelto, molto più svelto del bambino, che era stato colto di sorpresa. Lo afferrò subito per il braccio. Fenrir, il nome del piccolo, si spaventò ed uggiolò come un povero cucciolo preso in gabbia, per poi sgranare gli occhi di un colore particolarmente gradevole. Sembravano di fiamma, ma non rossi, arancioni. Erano belli. Alberich allentò la presa, in fondo con un animaletto selvatico le maniere forti non importavano.
*Ciao. Mi capisci? Chi sei? Perché sei nella terra dei miei padri?*
Domandò subito, gonfiando trionfo il petto sottile. Il bambino si limitò ad arricciare in modo particolare il naso. Sembrava stesse annusando? Possibile che avesse trovato una specie di Mowgli o Tarzan? Alberich lo guardò confuso. Cosa stava facendo quel ragazzino? Non disse nulla, ma la vocetta acuta del bambino rispose. Era la prima volta che Fenrir parlava con qualcuno, dopo quello che era successo alla sua famiglia. Non sapeva se fidarsi di quell’essere umano o meno, qualcosa nel suo sguardo o nell’odore che emanava gli diceva di non fidarsi.
*Ciao. Ti capisco. Sono io, Fenrir. Io vivo nella terra..che sia tua o dei tuoi padri non è affar mio.*
Replicò con un tono di voce schietto nella sua ingenuità. Alberich inclinò il viso verso la spalla sinistra, continuando a studiare quel viso. Era dolce come viso. Lo doveva ammettere ed anche la risposta che aveva dato era dolce..ingenua…quella che generalmente avrebbe dato un bambino. Si chiamava Fenrir? Non conosceva nessuno con quel nome, ma era sicuro che quel ragazzino appartenesse ad Asgard. Forse avrebbe dovuto chiedere a suo padre, ma in fondo poteva anche pensare di portarlo a casa con sé ed allevarlo come un cane. In fondo, era un lupo…tra cane e lupo non c’era differenza. Non sembrava si fidasse di lui. Come dargli torto? Come animale possedeva sicuramente un certo spirito di auto-conservazione, ma lui si sentiva solo e forse a quel bambino avrebbe fatto comodo una casa. Lui non credeva nell’amicizia, in fondo qualunque essere umano faceva solo quanto gli sembrava più comodo per ottenere ciò che desiderava. Guardò il bambino e gli prese la mano.
*Piacere, Fenrir. Io sono Alberich. Vieni con me. Ti porto a casa. Non dev’esser male avere un posto quando fa freddo per stare nei boschi.*
Disse, facendo sgranare gli occhi al più piccolo. Certo. Doveva essere una sorpresa che lui lo sapesse e ciò confermò le sue idee. Quel ragazzino viveva da solo..chissà come mai? Doveva assolutamente saperlo. Aveva deciso. Avrebbe fatto credere al bambino di esser suo amico e poi…gli avrebbe estorto la verità sulla sua persona. Era sicuro di esser riuscito nel suo intento, ma il bambino sfuggì dalla sua presa ed iniziò a correre via. Probabilmente aveva sottovalutato la paura del bambino ed ora quello strano esserino gli stava scappando. No. Lui conosceva molto bene quella foresta. Ci andava ogni giorno, mentre il bambino era nuovo di quel posto. Non lo aveva mai visto. Lui doveva per forza conoscere qualche sentiero in più. Sapeva che dove stava andando il bambino c’era una rupe. Il bambino si sarebbe messo in trappola e lui doveva solo guidarlo fin lì. Iniziò a correre. Sapeva che poteva portarlo a rinchiudersi in trappola da solo. Continuò a correre e finalmente lo raggiunse. Il bimbo si girò di scatto verso di lui e ringhiò. Non voleva la vicinanza di un essere umano. Alberich si fermò e lo guardò strafottente, come suo solito.
*In trappola? Si può sapere che hai? Mica ti faccio qualcosa. Di me puoi fidarti.*
Disse con sicurezza, anche se dentro di lui rideva. Lui che invitava qualcuno di diverso a fidarsi. Ebbe per un momento il flash di quello che avrebbe potuto dire Siegfried al bambino…sicuramente lo avrebbe messo in guardia. Il bambino era attaccato al limite della rupe. Alberich non si mosse. Aveva vagamente intuito che il bimbo non si fidava e voleva aspettare. Fenrir sapeva che non poteva far più nulla. Guardò gli occhi verdi..in fondo fidarsi di un bambino non era poi così grave. Un bambino non era un essere umano. Fece un piccolo passo avanti ed affiancò l’altro bimbo. Lo guardò. Era pronto ad andare a casa con lo strano bambino. Non si accorse del ghigno di vittoria apparso sul viso del bambino. Un’altra vittoria per il piccolo Alberich fu il suo pensiero. Non avrebbe mai potuto perdere.

Fenrir aveva appena ottenuto il ruolo di God Warriors. Era un incarico prestigioso, ma che al contempo gli causava una certa angoscia. Non si fidava degli esseri umani. Gli esseri umani erano la causa della sua infelicità, della disperazione e dovevano morire tutti. Non gli importava niente della razza umana e l’ultimo umano di cui si era fidato era un bambino. Non sapeva neppure dove fosse ora quel bambino, ma tornava sempre alla rupe dove si era fidato di lui. In cuor suo non lo aveva mai dimenticato. I lunghi capelli d’argento erano trasportati dal freddo vento del Nord e i suoi pensieri viaggiavano lontani da quella terra innevata, ad un pomeriggio di qualche anno prima. Non sapeva dove fosse, ma quando era in difficoltà tornava a quella rupe. Il bambino di quei giorni gli aveva detto che poteva tornare a vederlo quando si sentiva in ansia e lui non lo aveva mai fatto. Il motivo non lo sapeva neppure lui, ma sentiva di non doversi fidare completamente di un essere umano. Si sedette con le gambe a penzoloni nel vuoto baratro. L’oceano sotto i suoi piedi era gorgogliante, quasi chiamava a sé. Fenrir di Luxor ignorava tale sensazione. Sentiva solo crescere l’inquietudine, mentre i suoi magnifici occhi osservavano l’orizzonte. Non c’era il Sole quel giorno. Fu all’improvviso che sentì un rumore alle sue spalle e voltò il capo, balzando subito in piedi. Davanti a lui c’era un ragazzo..un giovane uomo. Immancabilmente ringhiò. Era sempre così. Quando non c’erano i suoi lupi, si sentiva insicuro..molto più fragile rispetto a quando erano presenti, forse perché erano gli unici esseri che non l’avevano mai abbandonato. Fenrir puntò gli occhi in quello verde, illuminato da una luce familiare di arroganza. Osservò il viso. Non aveva mai fatto caso, non che avesse avuto il tempo di studiare i compagni, ma quel viso era somigliante a quello di quel bambino. Aveva la stessa luce di crudeltà, anche se ogni essere umano aveva in sé una luce di malvagità. Quel viso, però, era impresso nella sua memoria e così era impresso anche quel modo di essere arrogante, quella piega sinistra delle labbra e quel modo di ghignare che lo faceva sentire come una preda. Era una cosa che gli dava fastidio. Lui non era preda, ma un cacciatore. Fu allora che l’odore del ragazzo lo colpì. Lo conosceva. Era l’odore di quel bambino. Immancabilmente i suoi occhi si sgranarono. Fu in quel momento che la voce del ragazzo si librò alta.
*Ciao, Fenrir.*
Disse solamente con una risatina perfida. Non poté resistere Fenrir. Lo guardò contento. Era la prima volta che era felice di vedere un essere umano. La mano si allungò verso di lui. Alberich gli stava mostrando il palmo, come si faceva con i cani. Fenrir si avvicinò indeciso se accettare o meno. La sua mano delicata, femminea, nonostante la vita nei boschi, si posò con delicatezza su quella del ragazzo. Alberich sorrise e Fenrir si lasciò andare anch’egli ad un sorriso sincero per la prima volta. Mosse un passo verso di lui. Fu allora che Alberich si spinse addosso il ragazzo. Aveva deciso che quel lupo sarebbe stato suo. Era una decisione che aveva preso fin dalla prima volta che l’aveva visto ed ora era giunto quel momento. Posò un bacio su quelle labbra, che sapevano di selvatico. Prese la mano immediatamente e lo portò con sé.
*Fidati di me.*
Disse, recitando quelle paroline. Come sempre, aveva finalmente ottenuto il suo cane. Alberich amava vincere ed amava avere il potere. Fenrir aveva vinto, però. Aveva ottenuto un qualcuno di cui fidarsi e per lui quello era già un grande risultato. Tuttavia, doveva ammettere di non riuscire a fidarsi ciecamente di quel ragazzo. Aveva un odore strano addosso: l’odore del tradimento. Un sorriso si delineò sulle labbra sottili di Fenrir che seguì Alberich fin a casa sua.

Note dell’Autrice:
Salve a tutti. Eccoci qua a fine capitolo. Spero che questa coppia vi piaccia. Personalmente adoro Fenrir ed adoro Alberich. Li adoro per motivi differenti. Fenrir mi fa una tenerezza particolare..lo avverto come un tenero cucciolo da proteggere, mentre Alberich mi fa impazzire per il suo modo di fare e di essere..per quella sua crudeltà tutta particolare. Lo adoro insomma. È meraviglioso..poi è uno dei pochi di questo anime, che abbia una spiccata intelligenza, anche se per me è più astuzia che una vera intelligenza. Motivo per cui li ho messi assieme..mi piacciono fisicamente e mi piacciono i due personaggi. *_*!!! Il prossimo capitolo verrà come protagonisti: Ikki ed Esmeralda!
Rispose alle Recensioni:
KanondiGemini96:
Ciao cara! Perché tu scrivi qualcosa sul tuo fantasma..e a me viene in mente il caro Lune? XD! Ti giuro che ho pensato a lui, mentre mi dicevi di pentirmi dei miei peccati! Son contenta che il precedente capitolo ti sia piaciuto e mi auguro che ti piaccia anche questo. Hai perfettamente ragione sul fatto che tra fratelli sia normale scannarsi, ma è anche vero che non sempre ciò è un male. È anche un modo per passare il tempo. Mi auguro che questo capitolo sia di tuo gradimento. Guarda..purtroppo..hai nominato due personaggi che io non sopporto proprio: Aiolia e Aioros. Li detesto entrambi!
Ringrazio coloro che hanno messo la mia storia tra le Preferite, le Seguite e le Ricordate: aoede, jeje_12, ladypandora, The Bad Apple of Eva, Love_Peace, Bliss_93, fenicex8, KanondiGemini96!
Vi ringrazio.
Un bacio a tutte!!!

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Capitolo 11
*** Nel Fuoco e Nell'Anima ***


Scusate per la lunga attesa, ma ho avuto molto da fare con università ed altri mazzi..ora son entrata in un periodo di calma e quiete e ho pensato di iniziare a concludere alcune storie, che tengo aperte da ben troppo tempo. Ho deciso di andare in ordine e quindi ecco qua. Questo sarà l'ultimo capitolo della mia storia, perché mi spiace, ma non ho più tempo per portarla avanti e per le lunghe, però se a qualcuna di voi piacerà, allora potrei decidere di continuare o fare un capitolo extra con una coppia che apprezzate. Ci vediamo a fine storia!

L'Isola di Death Queen era un loco assai deprimente. La temperatura diurna era eccessiva, il caldo era torrido e difficilmente qualcuno che vi abitava o che andava per allenarsi in quella desolazione riusciva a tornare, se non in un freddo feretro. Era impresa, considerata leggenderia, tornare o anche solo ricalcare la terra come essere umano e non come mostro. Allenamento, nell'infernale fuoco, che neppure un satanasso avrebbe potuto vivervi tranquillamente, botte, sangue, violenza e molto altro, sotto un cielo inclemente coperto per la maggior parte del tempo da un bagliore delle fiamme e dalla fuliggine. Non si vedeva neppure l'azzurro del cielo e neanche i caldi raggi del Sole. Durante la notte, la temperatura calava di molto. Il loco era assolutamente orrido e non vi era alcunché di positivo in quel luogo assolutamente arido, ancor più di un tremendo deserto. Era in un posto del genere che si allenava con pazienza e con forza, usando la propria ardente determinazione Ikki. Il giovane guerriero, dal cuore di ferro e dall'animo forte, pur essendo un bambino di dieci anni appena, viveva e compiva i suoi sforzi con la forza della disperazione, ricordando una promessa. Ikki aveva salvato il fragile apparentemente fratellino, il quale era stato destinato ad allenarsi in quell'inferno dantesco, ma che anziché essere dopo una selva oscura, era tra roventi rocce, prive d'acqua e di frescura. Non vi era neppure uno spiraglio d'azzurro. I colori che Ikki vedeva erano tutti: arancione, giallo del fuoco intenso e rosso, del sangue che sgorgava lesto dalle ferite. Il suo maestro era un uomo crudele, la cui ferocia non si placava, neppure se davanti a lui vi era un bambino. Era per tale motivo che Ikki ringraziava la Dea Athena o gli Dei in generale per non aver mandato in un loco simile il suo fragile fratello. Shun era un ragazzo dolce e delicato, inadatto ad un loco del genere. Ikki avrebbe voluto non averlo fatto sapere al maestro, ma a lui il fratello mancava in modo tremendo. Gli mancavano le gentilezze del piccolo, come gli mancavano i suoi cari amici. A volte, durante la notte, gli mancava anche il trattamento di Tatsumi, perché ogni trattamento era migliore rispetto a quello a cui era sottoposto in quel periodo. Eppure in mezzo a quel fuoco, a quella violenza, a quella crudeltà innata, Ikki aveva trovato candore, dolcezza e un momento di dolcissima pausa. Quando i suoi occhi cobalto si posavano sul viso dolce ed adorato di Esmeralda, figlia del maestro, il suo cuore sanguinolento smetteva di dolere e le ferite cessavano. Fu durante un allenamento che sentì il fresco profumo della fanciulla. Si volse e vide quei biondi e meravigliosi capelli. Esmeralda, dolce fanciulla, il cui nome lo rinfrescava come un tuffo in un fresco ruscello, lo guardava con i dolci occhi verdi, colore della speranza. Esmeralda, dotata di grazia e bellezza, come il fratello di Ikki era una dolce creatura. Ikki era un bambino, però per lei sentiva un sentimento che andava al di là della sua giovane età e al di là del tempo e dello spazio. Avrebbe solo desiderato portarla al sicuro, perché se un essere umano non era adatto a vivere in un posto simile, come poteva esservi abituata lei, che era più simile ad una timida colomba? O a un angelo divino? Ikki si assicurò di non esser visto e si avvicinò alla delicata fanciulla.
*Esmeralda-San, non dovresti trovarti qui. Sai quanto può essere pericoloso per la tua incolumità venire a disturbare gli allenamenti.*
Disse con un viso serio, pur essendo un ragazzino. Ikki aveva la voce di un adulto, aveva i modi di un adulto ed in quel momento sembrava sul punto di rimprovverare la dolce creatura. La fanciulla sorrise e scosse il capo incurante delle possibili punizioni. Gli occhi brillarono innocenti e dolci, mentre i capelli biondi, che circondavano il capo come un'angelica aureola, danzavano in quel movimento, attorno al viso pallido e perfetto. Esmeralda finì di ridacchiare dispettosa, per poi far segno ad Ikki di tacere e di seguirla. Non era la prima volta che Esmeralda disturbava quegli allenamenti, ma aveva legato solo con Ikki. Degli altri non le importava, lei dolce ed innocente si era invaghita di quel ragazzo, che era più buono e dolce di chiunque altro. Non era come gli altri sull'isola, che dopo mesi si erano incattiviti. No. Ikki era diverso. Lo prese nella mano. La mano di lei, tanto più piccola rispetto a quella di lui e tanto morbida, non essendo abituata al combattimento continuo e costante, rinfrescò il palmo rovente e caldo di lui. Ikki si sentì in pace con il Mondo. Esmeralda rappresentava ancora quella bontà che Ikki aveva per sempre perduto, recandosi in quel luogo dimenticato da tutti. Ikki non oppose resistenza e seguì la creatura fatata, quella fanciulla, che per lui era ambrosia. La sentì ridere e le sue infantili orecchie si bearono di quel suono. Non vi eran dubbi: Ikki l'amava, l'amava, nonostante l'età giovane. Esmeralda lo portò in riva al mare, lo stesso posto dove anni o forse erano passati solo pochi mesi? Chi lo sapeva da quanto era lì Ikki? Lui stesso aveva perso il conto, dopo le botte, gli svenimenti, il sangue ed il fuoco. Ogni giorno era uguale a tutti gli altri. Lui aveva perso la cognizione del tempo. Attese che Esmeralda gli indicasse il mare con un dito affusolato e con la dolce voce, calda ed allo stesso tempo cristallina, come una fonte celata di alta montagna, parlasse.
*Ikki-Chan, tu un giorno prenderai una nave, tornerai a casa, ti salverai. Questo non è un posto per te..tu non sei come gli altri. Tu sei speciale. Un giorno volerai..come la fenice. Proteggerai la gente, farai grandi imprese e sarai il più grande di tutti. Io lo so. Lo sento. Tu sei diverso. Sei speciale. Io credo in te.*
Disse con la tenera voce di ragazza che crede fermamente in quello che dice. Le labbra rosa si delinearono in un calmo sorriso, che sul suo viso esprimeva tutta la sua delicata dolcezza. Ikki ascoltò quelle parole e sorrise. Lei aveva tanta fiducia in lui e lui lo sapeva. Glielo diceva sempre lei. Sapeva che avrebbe fatto tutte quelle cose, perché era Esmeralda stessa a chiederle. Vi era solo qualcosa che lui ci teneva ad aggiungere, ogni volta.
*Io credo in te, invece, Esmeralda-San. Tu credi in me e credi nel fatto che ti porterò con me. Voleremo insieme via da questo inferno, perché tu sei un angelo e non puoi stare all'inferno.*
Disse con la voce profonda, esprimendo allo stesso tempo dolcezza ed infantilità in quelle sue parole. Ikki strinse le delicate spalle di Esmeralda e la cinse in un morbido abbraccio, assaporando quel delicato profumo, quella fragranza di fiori, che Esmeralda portava ovunque. Era il profumo della sua pelle, quello. Ikki lo sapeva. Non c'erano profumi all'isola di Deeth Queen. Era pura desolazione. Eppure Esmeralda emanava sempre un dolce profumo di fiori, come se lei vivesse in un altro posto. I suoi occhi mantenevano quell'espressione di dolcezza, di ingenuità e di innocenza, che pure non si addiceva a quel luogo. I capelli biondi ricordavano la bellezza e il calore naturale del Sole. No. Esmeralda doveva andar via da lì, prima che le succedesse qualcosa. Ikki era terrorizzato al pensiero che a quella cara fanciulla succedesse qualcosa.

Erano trascorsi anni. Ikki aveva ripreso la cognizione del tempo e sapeva che erano passati anni. Ora lui era un giovane uomo. I forti muscoli erano gonfi, pronti e scattanti. Gli occhi mantenevano quella profondità e saggezza, ma ora erano più buoni. Non era un guerriero crudele. Era un semplice guerriero, sfiancato dalle molte battaglie, con fin troppi segni sul corpo. I corti capelli neri eran tenuti lunghi fino alle spalle, ribelli come quando era bambino. Gli occhi erano la testimonianza di una dolcezza e sensibilità che per la maggior parte del tempo eran più arroganti. Non c'era nessuno in grado di giungere al suo cuore. Nessuno in grado di comprendere il motivo per cui di quando in quando i suoi occhi divenivano tristi. Neppure la Dea Athena poteva ardire a tanto. Era troppo per lei cercare di comprendere la sofferenza di Ikki. Ikki non permetteva a nessuno di avvicinarsi al suo cuore, di coglierne la sofferenza. Solo una persona aveva compreso che nell'isola gli erano capitate molte sventure, ma la naturale delicatezza di Shun gli impediva di chiedere il motivo dell'aria di tristezza che accompagnava Ikki. Nessuno sapeva. Nessuno conosceva il nome di Esmeralda. Nessuno ne era degno...per il momento. Esmeralda era un segreto, un amore segreto, che lui celava nella profondità del suo animo. Era il suo segreto più caldo e più prezioso. In quel momento le mani nelle tasche dei pantaloni, Ikki si trovava in riva al mare. Gli occhi cobalto eran volti verso il porto, in una città di molto più fresca rispetto a quella del suo allenamento. Ripensava al giorno in cui aveva promesso ad Esmeralda di portarla via con sé. Aveva mantenuto quella promessa, almeno secondo lui. Esmeralda era sempre con lui. Non lo lasciava mai. Era nel suo cuore. Lui respirava, camminava, sentiva e guardava ed ogni azione era rappresentanza di lei. Lui respirava anche per lei. Camminava anche per lei. Sentiva per lei. Guardava per lei. Amava e proteggeva, perché lei stessa desiderava che lui amasse e proteggesse. Era lei che gli permetteva di vivere. Lei non era mai lontana da lui. Era nel cuore, nelle azioni. Ripensò a quello che aveva compiuto tornato dall'isola. Aveva accusato Hyoga di vivere per la madre, come un miserabile, ma ora comprendeva meglio quello che faceva Hyoga. Non dimenticava le origini, semplicemente. Le rispettava e viveva per coloro che eran morti per lui. Ora comprendeva meglio il ragazzo. Lui stesso era divenuto come lui, ma si isolava. Hyoga non si allontanava per Shun. Lui si allontanava per stare da solo con Esmeralda. Shun era troppo simile a lei e creava sofferenza per quella somiglianza. Molte volte lui aveva detto che Esmeralda era simile a Shun, in verità ora gli sembrava il contrario. Esmeralda però non lo abbandonava mai. Guardò verso il cielo e poi portò lo sguardo all'orizzonte. La voce uscì calda e virile, come solo la sua voce forte sapeva essere.
*Esmeralda-Chan, un giorno ho preso una nave, son tornato a casa, ma non mi son salvato. Ho compiuto atti vergognosi. L'isola aveva assorbito anche me, dopo che tu mi avevi lasciato. Ero come gli altri, ti sbagliavi, mia dolce Esmeralda-Chan. Tu eri speciale. Tu eri diversa. Tu non meritavi di vivere in quel luogo, mio dolce angelo. Ho volato come la fenice e tu con me, perché ti ho sempre portato nel cuore. Ho protetto gente e tu con me. Tu sei speciale ed io credo ancora in noi. Tu sei ancora nel mio cuore. Ogni mia azione o atto è compiuto in nome tuo e per te.*
Disse al sole, che stava tramontando. Ikki non pianse. Non era giusto piangere per una creatura che viveva ancora con lui. Eppure ora non poteva stringerla in un abbraccio. Non poteva cullarla nelle notti di paura. Non poteva più far nulla. Però, non era triste. Sentiva ancora quel delizioso profumo di fiori, che da sempre aveva accompagnato Esmeralda, come se non appartenesse ad un luogo preciso. Ora Ikki comprendeva. Ora Ikki sapeva. Lei era il suo angelo, mandato apposta per fargli apprezzare la beltà. Era il suo fiore nascosto, dal profumo dolce e delicato.

Note dell'Autrice:
Salve, miei cari lettori. Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. Due parole in merito a questa coppia. Personalmente amo molto Esmeralda ed amo Ikki. Son stupendi. Li trovo molto dolci insieme. Ora, il motivo per cui non parlano né si comportano da bambini è presto spiegato: gli altri si conoscono in periodo favorevole. Non hanno ancora sulle spalle il peso della sofferenza, invece Esmeralda ed Ikki si conoscono nel periodo dell'allenamento di lui, quindi lui è già adulto, pur essendo un bambino ed ecco perché parlo di amore, anziché di infantile cotta. Ho tenuto la versione dell'anime, in cui Esmeralda è la figlia del maestro, perché apprezzo di più questa cosa. XD! Per quanto riguarda il fatto che alla fine Ikki pensi che Shun somigli troppo a Esmeralda e non più viceversa, ho pensato che potesse essere un buon motivo per la fuga di Ikki. Ora l'appunto su Hyoga deriva dal fatto che Ikki ha sempre contestato quell'aspetto di Hyoga. Comunque, spero vi sia piaciuta la mia storia.
Veniamo ai ringraziamenti ed alle risposte alle recensioni^^:
Kanon di Gemini96:
*Soffoca, ma ricambia con tutto il cuore l'abbraccio...china poi il capo: "Gomenasai per il ritardo^^"*
Chissà cos'hai pensato quando hai visto questo di aggiornamento XD! Se quello scorso ti ha addirittura fatto venire un colpo. XD! Pensa a me invece Lune piaceva, poverino. Vero che muore in modo cretino, ma  suo modo è puccio! Poi, è ukettosamente isterico...lui ed il suo silenzio..ogni tanto lo capisco. Ho una sorella logorroica e quindi lo capisco fin troppo bene XD!
Son contenta che il precedente capitolo ti sia piaciuto tanto XD! Io apprezzo molto Fenrir...poverino...probabilmente sarebbe stato meno complessato se non avesse visto crepare i genitori in quel modo. Bastardi gli umani XD! Meno male che c'erano i lupi, pronti a salvarlo...ricordo che ogni volta che guardo quell'episodio insulto quell'imbecille di Shiryu. Lo trovo cretinissimo, in quei tre episodi anche più di tutta la serie. Come fai ad aver davanti uno come Fenrir ed accusarlo di provare odio ingiustificato?! Ma che sei?! Deficiente?! Sì...ovvio! Perdona lo sfogo. Odio pure Shiryu XD!
Aiolia ed Aiolos, son due che non sopporto. Aiolia è un imbecille...dopo che ti hanno detto che c'è un usurpatore, te fischiettando gli vai a chiedere spiegazioni..meno male che Shaka in quel periodo non aveva voglia di impegnarsi, perché se no gli faceva la pelle ad Aiolia.
Aiolos ha salvato Baldracc...ehm la Dea Athena, alias Saori Kido, alias spero che muoia presto, possibilmente nel modo più doloroso possibile! La amo tanto XD!  
Saluti!!!
Ringrazio coloro che hanno messo la storia tra le Preferite, le Seguite e le Ricordate^^ (perdonate per il ritardo XD): Aoede (la mia dolce arietina furiosa XD! Ti voglio bene!); Jeje_12; ladypandora;The Bad Apple of Eva
, Varda; Starlight (scritto in modo diverso, ma perdonami ci son troppe maiuscole-minuscole); Bliss; Esmeria99; fenicex8; KanondiGemini96 (che ringrazio anche per la recensione^^)
Un bacione! A presto!!!

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