Everything fades to gray di Lady Lynx (/viewuser.php?uid=80352)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Alla faccia della coerenza ***
Capitolo 3: *** L'Espresso di Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Spiegare l'inspiegabile ***
Capitolo 5: *** Luci e scottature ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Everything fades to gray
0. Prologo
Non è possibile cancellare il proprio passato.
Per quanto ci si sforzi di sfregare la carta dei ricordi con la gomma
dell’oblio, resta sempre un segno capace di riportare a galla
tutto quello che è stato cancellato.
Non è possibile dimenticare, non quando farlo renderebbe
tutto troppo semplice.
La vita vissuta solo in gioia e serenità non è
degna di essere chiamata, appunto, vita.
E’ per quello che sei lì, ragazza confusa, davanti
allo specchio che ti rimanda un’immagine di te troppo simile
a quella che dovrebbe essere morta.
E’ per la forza dell’amore, troppe volte
rinfacciata davanti ai tuoi occhi, che non provi neanche a lasciarti
alle spalle il tuo antico mondo.
Speri che tutti stiano bene, quelli che hai lasciato nel tuo paese
natale, e che abbiano ottenuto l’insperata vittoria sul
simbolo del male.
Sai che non è così, il dannato messaggero che ti
trova anche quando sei così abile da sparire nel nulla non
si fa scrupoli a dirti che lui
ti sta ancora aspettando.
E tu pensi, pensi al tuo biondo e nobile amico, poi a quello sensibile
e forse ormai sposato, infine al coraggioso e impetuoso prescelto che
non avevi apprezzato all’inizio.
La tua mente dipinge poi immagini di uomini, tutti diversi ma
fondamentali nei nove mesi che hanno segnato la tua vita. Il biondo, il
canuto, il tenebroso, l’affascinante, il licantropo.
Guardi l’orologio, capisci che è tardi, ti infili
la camicia per andare al lavoro.
E’ il 30 agosto, sono passati quattro mesi dalla tua
assunzione, speri che questa volta non ti aspetti la solita sorpresa
sgradita.
Sospiri, tenti di buttare fuori l’ansia che porti nel tuo
cuore per la fatica di dover reprimere la magia che ti scorre nelle
vene, per la difficoltà nel nascondere la ragazza che sei
stata e che desidereresti non essere mai più.
Sai che c’è ancora un po’ – o
forse ancora molto
– di lei sepolto dentro di te.
Preghi, preghi che la routine non si ripeta anche oggi.
Esci di casa, cancelli con un colpo di spugna i pensieri che ti legano
al passato, ostinata e concreta come sempre. Non cederai mai, vero?
Ricordati che i residui restano, piccola.
Sono quelli a ricostruire tutto quando meno te lo aspetti.
Note
dell'autrice
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio se siete
arrivati a questo punto della pagina, perchè vuol dire che
con ogni probabilità avete letto interamente il prologo.
Quest'ultimo
è volutamente breve, dato che vuole essere una semplice
introduzione alla storia. I capitoli saranno invece molto
più consistenti e densi di eventi - o almeno questo
è quello che spero di produrre.
Per chi già
mi conosce: finalmente ho deciso di provare a scrivere il
seguito che mi avevate chiesto, nonostante abbia ancora sulle
spalle il peso di Apeiron (ovvero la storia infinita, in tutti i sensi)
^^
Per chi non mi conosce:
questa storia è il seguito di una mia precedente long-fic,
Weight of the World. Non è necessario averla letta per poter
capire Everything fades to gray, dato che mi premurerò di
inserire delle note con riferimenti agli avvenimenti passati quando ce
ne sarà bisogno. Se avrete domande o dubbi sempre sulla
long-fic che precede questa, non esitate a chiedere e io vi
risponderò.
Non so con quanta
regolarità aggiornerò, essendo presa tra concorsi
di fan-fiction, stesura di Apeiron e impegni nella vita reale. Spero
comunque che i miei vecchi lettori continuino a seguirmi e che che ne
siano anche di nuovi ;)
Lady Lynx
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Capitolo 2 *** Alla faccia della coerenza ***
Everything fades to gray
1. Alla faccia della
coerenza
- Alexis Riddance! Alexis, il capo ti vuole nel
suo ufficio! –
Alzai
lo sguardo dal quotidiano che stavo leggendo, prima di riporlo con cura
nel cassetto della mia scrivania e chiuderlo a chiave. Intascai la
custode dei miei segreti e mi diressi rapidamente verso il famigerato
ufficio di Alexander Benton, direttore del Toronto Star.
Bussai
leggermente alla porta, prima di entrare a testa bassa. Se proprio
avessi voluto giocarmi il lavoro, l’avrei fatto con
più
classe.
-
Si sieda, Miss Riddance – mi esortò lui con voce
severa,
facendo scorrere il suo sguardo sulla mia intera persona.
Mi
accomodai davanti a lui, sempre evitando di guardarlo dritto negli
occhi. Molte persone erano state licenziate per molto meno di uno
sguardo diretto di troppo. Non volevo dargli un motivo per fare
altrettanto con me.
-
Miss Riddance, lei è alle nostre dipendenze ormai da quattro
mesi. Ha sempre lavorato assiduamente, si è occupata degli
articoli a lei assegnati con puntualità e impegno, non trovo
niente di cui lamentarmi neanche riguardo alla sua condotta in
redazione. Nonostante questo, credo che per la sua carriera sia ora di
giungere a un termine. –
Sentii
la bocca del mio stomaco chiudersi in una morsa, ripetei nella mia
mente il mantra che mi imponeva di stare tranquilla. Non riuscii a
calmarmi.
-
Sì, Miss Riddance, mi trovo costretto a licenziarla. Questa
è la comunicazione ufficiale, mi aspetto che tra pochi
minuti
lei abbia liberato la scrivania da tutti i suoi oggetti personali. Ora
può andare. –
Mi
alzai docilmente dalla sedia che mi aveva trattenuta per pochi minuti,
giusto il tempo di ricevere l’ennesima stangata, dirigendomi
verso la porta.
Quella
volta però non uscii diretta, non feci come le precedenti
dieci
in dieci differenti uffici. Mi voltai senza pensarci, guardai dritta
negli occhi il temibile Alexander Benton e notai che era un uomo come
tutti gli altri. Capii che potevo pretendere anch’io di avere
diritto a una spiegazione.
-
Perché ha deciso di sbarazzarsi di me nonostante il mio
comportamento lavorativo non abbia nessuna pecca, Mister Benton?
Perché tutti i miei datori di lavoro, dopo qualche mese,
decidono che il mio impegno non è abbastanza per essere
mantenuta nella loro redazione a lungo? Esiste un motivo plausibile per
spiegare i miei inspiegabili ma ripetuti licenziamenti? –
chiesi
pacatamente, cercando di nascondere il veleno che mi stava penetrando
nell’anima.
Il direttore mi guardò
perplesso, prima di assumere un’espressione leggermente
colpevole.
- Non credevo che lei fosse stata licenziata in
precedenza, Miss Riddance… ha ottime credenziali…
-
-
Dieci volte – replicai seccamente, forse troppo per risultare
educata come avrei dovuto – sempre senza motivo. Le sarei
quindi
grato se questa volta, almeno questa
volta, lei mi desse una ragione per l’improvvisa decisione di
allontanarmi. Mi basta anche una bugia. –
L’aria
colpevole sul viso di Alexander Benton sembrò ancora
più
marcata, mentre la sua elegante mano scivolava sotto una pila di carte
per estrarne un foglio spiegazzato.
-
La verità, Miss Riddance, è che lei sembra avere
un
nemico piuttosto influente nei piani alti. Mi è stato
intimato
di licenziarla al più presto, altrimenti sarei stato io a
rimetterci il posto… – spiegò lui con
tono grave,
appoggiando di nuovo i suoi occhi stanchi sul foglio che teneva in mano
– La stessa cosa, da quanto ne so, è capitata
anche alla
direttrice del Daily Montreal, la mia cara amica Elise Dupont.
Sì, Miss Riddance, credo proprio che lei non stia simpatica
a
una o più persone socialmente potenti. –
Un lampo di sospetto attraversò la mia
mente, ma cercai di reprimerlo con la razionalità.
- Posso sapere da dove è arrivata la
lettera che la invitava a licenziarmi? –
Alexander Benton sembrò interdetto,
stropicciò il foglio con evidente disagio.
-
Io, ecco… - mormorò lui guardandosi attorno -
…non
mi prenda per pazzo, Miss Riddance, ma è stata portata da un
gufo. Sì, proprio uno di quei volatili notturni
con… -
-
Grazie per l’informazione, Mister Benton – lo
interruppi,
mentre le mie mani iniziavano a tremare di rabbia – Le auguro
un
sereno proseguimento di giornata! –
Prima
che lui potesse replicare in alcun modo, uscii dall’ufficio e
mi
diressi verso la mia scrivania per svuotarla. Ammassai le vecchie copie
del Daily Prophet in una scatola di cartone, insieme alle brevi bozze
dei miei articoli e ad alcune caramelle al limone.
Senza
salutare nessuno, ma fissata da tutti i presenti, salii
sull’ascensore e, una volta arrivata al piano terra,
attraversai
in un ticchettare di scarpe eleganti l’atrio del grattacielo
che
ospitava la redazione del Toronto Star.
Chiamai un taxi, afferrai il mio cellulare,
prenotai d’istinto il primo volo per Londra.
Ero stufa di quella situazione, ero stufa di
subire senza poter reagire personalmente, era ora di tornare alle
origini.
Mi
bloccavano solo il timore di mettere in pericolo le persone che
più amavo e la volontà di non cedere a quel
dannato che
mi perseguitava solo per ottenere il mio rientro in Europa.
Pochi secondi dopo la mia chiamata ripresi il
cellulare per disdire immediatamente il volo. Capii di essere stata
troppo impulsiva.
Quando
però, arrivata al terzo piano del grattacielo in 5th Avenue,
vidi che il mio incubo mi aspettava con sguardo soddisfatto davanti
alla porta del mio appartamento, persi di nuovo le staffe e dissi addio
ai miei timori.
Se
fossi uscita viva da quel confronto, avrei fatto al più
presto
le valigie per rimettere piede in Inghilterra e mai, mai più,
avrei lasciato che fosse una fuga a tentare di risolvere i miei
problemi.
***
Alexis Riddance era Lauren Silente.
O, per meglio dire, Lauren Silente era Alexis
Riddance.
Lauren Silente era stata idealmente sepolta il 9
giugno del 1998 e, precisamente lo stesso giorno, era nata Alexis
Riddance.
Lauren
Silente era una ragazzina di diciotto anni appena compiuti, con i
capelli crespi e fitti come la boscaglia da cui prendevano il colore,
con anonimi occhi castani e con la grande paura che a causa sua le
uniche persone sulla Terra che fossero in grado di amarla per quello
che era venissero uccise.
Alexis
Riddance era stata dapprima una ragazzina di diciotto anni appena
compiuti, proprio come Lauren, con l’unica differenza della
perfezione fisica donata dalla grande abilità di
Trasfigurazione
di due professori di Hogwarts. Lo era stata, ma solo nel tragitto da
Londra a Toronto.
In
quel momento, era una donna di ormai ventidue anni e non aveva
assolutamente niente di perfetto. Aveva anzi ereditato i capelli
cespugliosi e lo sguardo anonimamente marroncino della predecessora.
Alexis
aveva deciso, una volta atterrata in Canada, che non avrebbe mai
più usato la magia e che si sarebbe tenuta alla larga dal
Mondo
Magico.
Era
per quel motivo che si era liberata dal corpo perfetto che le era stato
fornito dalla magia stessa per tornare ad essere quella che era in
precedenza.
Era Alexis Riddance nella mente e Lauren Silente
nel fisico.
Il
primo anno non era stato facile, per lei. Trovare una casa come tutti i
Babbani, senza l’ausilio della bacchetta, aveva richiesto
tutta
la sua forza di volontà. Aveva lavorato come commessa, come
baby-sitter e come cameriera in un fast food.
Fino
a quando un cliente abituale di Tim Horton’s, un popolare
locale
della zona, non aveva letto i suoi appunti lasciati per caso su un
tavolo e non le aveva proposto di chiedere un colloquio per lavorare al
giornale del paese.
Era
arrivata in alto, Alexis Riddance, prima del suo licenziamento. Il
gentile direttore che l’aveva buttata fuori dalla sua
redazione
senza motivo – lo stesso che le aveva proposto di presentarsi
per
chiedere lavoro – le aveva però lasciato ottime
credenziali in modo che potesse farsi assumere senza
difficoltà
da altri giornali.
Alexis
Riddance aveva posto il suo nome sotto decine di articoli dei
più disparati tipi, appartenenti a diversi quotidiani della
regione dell’Ontario, fino a quella mattina.
Fino
a quando anche Alexander Benton non era stato costretto a licenziarla e
lei non era rimasta di nuovo senza lavoro. Di nuovo senza speranze.
***
Lasciai
cadere a terra la scatola che tenevo in mano, quella ricolma della mia
roba, prima di incrociare con ostinazione le braccia.
-
Togliti da lì. Sei irritante. Se non te ne vai chiamo la
polizia. – snocciolai gelida, mentre il calore della rabbia
mi
divorava le viscere.
- Non fare così, piccola
Silente… non te la sarai mica presa, vero? –
Mi
infilai le unghie della mano destra nell’avambraccio,
reprimendo
il mio istinto di strozzare con le mie stesse mani quel dannato
individuo che mi perseguitava ormai da tre lunghi anni.
Avevo
cambiato casa innumerevoli volte, anche per questioni lavorative che
riguardavano il giornale per cui ero dipendente al momento, ma lui era
sempre riuscito a trovarmi. Presto o tardi, tornava
all’attacco
con un’abilità inaudita.
-
Non capisco cosa tu voglia dirmi chiamandomi in quel modo. Mi chiamo
Alexis Riddance e non conosco nessuna “piccola
Silente”
– sbottai acidamente, avanzando verso di lui con aria
aggressiva.
- Come preferisci, Alexis Riddance
– ripeté il disgraziato, sfoderando un sorriso
irritante
– spero comunque che questo ennesimo licenziamento ti stimoli
a
rimettere i tuoi bei piedini in Inghilterra e a contattare al
più presto il Signore Oscuro. Sai, è ansioso di
vederti… -
-
Non mi interessa di quel pazzo omicida – replicai
d’istinto, prima di accorgermi del mio passo falso
– anche
perché non so chi sia –
L’uomo
scoppiò in una risata soddisfatta, prima di puntarmi addosso
la
sua bacchetta. Per un attimo mi pentii di essermi ripromessa di non
usare più la mia.
- Sai, Silente, mi chiedo quando smetterai di
rinnegare quello che sei –
- Io invece mi chiedo quando ti deciderai a
lasciarmi in pace –
- Solo quando tornerai in Inghilterra come il mio
Signore desidera –
-
Allora credo che ci rivedremo di nuovo – sospirai rassegnata,
estraendo un mazzo di chiavi dalla tasca dei miei jeans – e
ora
lasciami in pace o chiamo la polizia –
Avanzai
con aria decisa verso di lui, che però non si mosse. La sua
ostinazione non mi sorprese, il suo obiettivo era rovinarmi la vita ed
evidentemente per quel giorno il licenziamento non bastava.
C’era
però un punto a suo favore: mai una volta in tutti i nostri
incontri aveva anche solo tentato di affatturarmi. Gli sarebbe stato
semplice, in fondo, dato che io ero sempre disarmata e sola.
Non l’aveva mai fatto, nonostante
cercasse sempre di intimidirmi puntandomi addosso la sua bacchetta.
Forse era troppo semplice da non essere
divertente, chissà.
-
Te ne vuoi andare? – sibilai minacciosa, imponendomi di non
rompere la mia promessa solo per farla pagare a quel damerino
scocciatore – Non costringermi a usare la bacchetta!
–
- Ah, quindi ammetti di essere una strega, ora!
Silente, mi sorprende la facilità con cui ti fai aggirare da
me! –
Decisi
di smettere per un attimo la mia copertura da brava giornalista
Babbana, sapevo che con quel dannato Mangiamorte sarebbe stato inutile
continuare a fare la finta tonta.
-
Ascolta, leccapiedi del caro Signore Oscuro, perché non mi
ripeterò. Non tornerò in Inghilterra solo
perché
continui a farmi licenziare ogni volta che trovo un lavoro decente e se
anche dovessi farlo non verrei comunque a fare una visita di cortesia
al tuo capo dato che me ne sono andata da lì proprio per
evitare
che mi perseguitasse! –
-
Perché questa volta non ti credo sincera, Silente?
–
sentenziò lui con un ghigno saccente, prima di sparire in un
battito di ciglia come era suo consueto.
Perché
non mi credeva? Forse perché il giorno seguente, una volta
raccolti i miei averi e risistemato con la magia il mio Passaporto, mi
ritrovai volontariamente imbarcata su un last-minute per Londra.
Alla faccia della coerenza.
Note
dell'autrice
Ciao a tutti!
Sono appena tornata da una settimana di vacanza e sono rimasta davvero
sorpresa quando ho visto che il piccolo prologo di questa storia aveva
già ricevuto ben sei recensioni! O.O
Vi ringrazio per il vostro affetto, siete davvero fantastici! Grazie a Danielle_Lady of Blue Roses,
mistero, Piccola Vero, rorothejoy, _ki_ e _NeMeSiS_ che
hanno aggiunto la storia tra le Seguite e a dream, Gin_ookami97, Effylover,
HermioneForever92, jillien, La principessa mezzosangue e _NeMeSiS_ che l'hanno
inserita tra le Preferite.
Spero che questo primo capitolo vi possa piacere, a presto!
_ki_: mi fa
piacere che la mia e-mail non ti abbia dato fastidio, di solito sono
contraria alla pubblicità occulta ma in questo caso mi
sentivo di informare tutti i vecchi lettori ^.^ Ecco qui un
breve stralcio della vita di Lauren lontana dall'Inghilterra, spero che
abbia placato un po' la tua curiosità. Grazie per la
recensione!
Piccola Vero:
è sempre bello ricevere delle recensioni così
entusiaste, è questo che mi ha spinto a progettare un
sequel, alla fine! ^.^ Il ringraziamento quindi va a te e a tutti i
lettori che continuano a darmi fiducia. Spero che questo capitolo ti
piaccia!
Atari: nonostante
il suo caratteraccio e tutto il resto, Lauren ha quindi trovato
qualcuno che le vuole bene! xD E' fantastico sentirsi dire che il
proprio personaggio originale, battezzato all'inizio come una Mary Sue,
è riuscito a emergere e a fare vedere degli aspetti un po'
meno "marysueschi". Grazie per la recensione e... gli auguri!
La principessa
mezzosangue: informarti è stato un piacere,
temevo solo che a qualcuno potesse dare fastidio ma per fortuna
così non è stato ^.^
HermioneForever92:
proprio così, Lauren è ancora radicata alla sua
vita passata nonostante abbia provato di tutto per staccarsene... ma il
passato ritorna sempre! xD Sono felice di sapere che il
prologo ti sia piaciuto, temevo fosse troppo breve o enigmatico. Grazie
per la recensione!
Valery_Ivanov: per
fortuna la mia pubblicità non ti ha dato fastidio, era una
mia grande paura! Per ora è presto per parlare di finale, ma
chi lo sa cosa potrà mai produrre la mia mente pazza xD
Intanto spero che l'inizio sia abbastanza promettente. Grazie per la
recensione!
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Capitolo 3 *** L'Espresso di Hogwarts ***
Everything fades to gray
2. L'Espresso di
Hogwarts
Ero tornata in patria, alla fine.
La mia voglia di
farla finita con la sequela di immotivati licenziamenti aveva prevalso.
O almeno, era
quello il motivo che mi ero data per mettere a tacere la mia coscienza.
Mi ero rimproverata per tutto il viaggio in aereo il fatto di essere
stata così debole da osare rompere la mia promessa, quando
credevo che la sicurezza delle persone a cui volevo bene sarebbe sempre
stata un ottimo deterrente per la mia eventuale voglia di ritorno.
Non sapevo
quanto tempo avrebbe impiegato il mio incubo a sapere del mio
rimpatrio, ma francamente non mi interessava molto.
La mia prima
missione consisteva nel trovare un modo per raggiungere la mia prima
vera casa, il resto sarebbe venuto da sé. Ero
nell’Heathrow Airport di Londra da ore, attendevo solo che
spuntasse fuori il sole per poter prendere un taxi e allontanarmi dalla
città abbastanza da potermi alzare in volo con la mia fedele
White Wings. Speravo di riuscire a raggiungere Hogwarts, anche se forse
Grimmauld Place sarebbe stato un obiettivo più semplice.
Il problema che
vagava per la mia testa era però la reazione avuta da Sirius
davanti al mio addio. Non ero certa che sarebbe stato felice di
riaccogliermi, mentre con mio nonno avevo
l’ospitalità in tasca senza alcun dubbio. Mi alzai
da uno dei tanti scomodi sedili posizionati in fronte al tabellone
degli arrivi, notando solo in quel momento che era già
arrivato il primo giorno di settembre.
Grazie al fuso
orario avevo passato l’intera giornata in volo ed ero
arrivata proprio il giorno stabilito per la riapertura della Scuola di
Hogwarts.
“Forse”
mi dissi con un sorriso furbetto “forse potrò
arrivare a casa senza passare ore a volare sulla scopa”
***
Avevo preso un
taxi, come ormai era mia abitudine, e alle sette in punto mi trovavo
davanti alla stazione ferroviaria di King’s Cross.
Avrei dovuto
imparare a Smaterializzarmi, prima o poi, dato che le mie finanze
iniziavano a soffrire il peso dei miei continui spostamenti in stile
Babbano e i vari imbrogli dei tachimetri.
Mi appoggiai con
noncuranza al pilastro che segnava la separazione dei binari 9 e 10,
attraversai in modo fluido la barriera trovandomi davanti al famoso
binario 9 e ¾. Era ancora deserto, in effetti era presto per
precipitarsi a scuola. Cercai di mimetizzarmi
con le mura mentre la pensilina si riempiva sempre di più di
genitori, gabbie di gufi, marmocchi urlanti e ragazzi con espressioni
depresse dipinte sul volto.
Da lontano
riconobbi Rebecca Johnson e Mark Baston che si stavano baciando. Non
ebbi il coraggio di avvicinarmi per disturbarli, sarebbe stato
scioccante per loro e poco discreto da parte mia.
Osservando la
gente che sciamava davanti ai miei occhi, mi accorsi di ricordare
più volti che nomi. Con mio grande dispiacere notai che
nessuno sembrava invece prestare attenzione a una ragazza sulla
ventina, addossata al muro sotto il cartello del binario come per
mimetizzarsi.
Nessuno sembrava
aver riconosciuto me.
Erano ormai le
otto meno un quarto quando decisi di compiere l’azione
clandestina che tanto avevo progettato nella mia mente. Approfittando
del fatto che nessuno mi stesse guardando – tutti gli
studenti erano presi a salutare i loro genitori – salii sul
treno e mi infilai in uno scompartimento vuoto, tirando le tende. Ero
certa che sarei rimasta sola per tutto il viaggio.
“Insomma,
chi entrerebbe in uno scompartimento occupato e con le tende tirate
quando ce ne sono decine di altri più luminosi e
per giunta liberi?”
Dopo aver fatto
quel patetico ragionamento mi resi conto che il fuso orario aveva
ridotto il mio cervello a una pappetta di deliri e neuroni. Appoggiai
la mia borsa sul sedile di fianco al mio, chiusi gli occhi per una
frazione di secondo e all’improvviso non sentii
più altro che il mio respiro calmo e regolare.
Mi
sembrò di aver semplicemente sbattuto le ciglia quando le
mie orecchie mi comunicarono che eravamo in viaggio.
- Io non credo
che sia una professoressa… è troppo giovane!
– disse una acuta voce femminile, probabilmente appartenente
a una ragazza posizionata di fronte a me.
- Infatti,
Stefanie, i professori non prendono il treno ma al massimo si
Smaterializzano! – rimarcò un’altra
voce, questa volta maschile, dal mio fianco.
- Beh, quando si
sveglierà vedremo! Se avrò ragione, mi dovrete
tutti e due cinque Cioccorane! – rispose stizzita
un’ultima flebile voce femminile, che immaginai essere quella
di Stefanie.
Restai con gli
occhi sigillati ancora per qualche secondo, in attesa che i miei
indesiderati ospiti dicessero altro che potesse fornirmi ulteriori
informazioni, ma sembrava essere caduto il silenzio.
Il mio stomaco
gorgogliò rumorosamente avvertendo me e tutti i presenti del
fatto che stessi letteralmente morendo di fame.
- Merlino,
cos’è stato? Un temporale? –
borbottò il ragazzo, urtando la mia gamba probabilmente per
affrettarsi a vedere fuori dal finestrino.
- No,
è stata la mia pancia – risposi io con un sorriso
autoironico – e credo proprio che lei pensi sia ora della
pappa! –
I tre mi
guardarono con tanto d’occhi, come se fossero stati certi che
io non fossi capace di parlare. La ragazzina bionda che stava davanti a
me, la più piccola tra di loro, mi fissò con due
curiosi occhioni celesti.
- Lei
è una professoressa? – mi chiese con tono
implorante, scuotendo i suoi lunghi capelli biondi.
Esitai a
rispondere a causa della sua incredibile somiglianza con Astoria
Greengrass, la mia storica nemica.
- No, ma diciamo
che è come se lo fossi – replicai lentamente,
sorridendo davanti ai loro sguardi confusi.
- Cosa intende
dire? – chiese sospettosa la seconda ragazza, forse la
più grande dei tre, fissandomi da dietro le sue grandi lenti
da vista.
- Voglio dire
che non sono una studentessa come voi ma che non sono nemmeno stata
assunta come professoressa – risposi gentilmente, alzandomi
in piedi per sgranchire le mie povere ossa assopite dal lungo sonno
– non ancora, almeno –
- Non dovrebbero
già essere decisi i professori, al nostro arrivo?
– protestò con tono vivace il ragazzo, guardandomi
come se fossi pazza.
- Non sempre
–
Il mio pensiero
volò verso mio nonno e la sua stravaganza, ero certa che
sarebbe in qualche modo riuscito a trovare un posto da professoressa
anche per me a costo di inventarsi qualche nuova materia di studio.
Odiavo le
raccomandazioni e i favoritismi, ma considerando le mie finanze
prosciugate ero certa che quella volta li avrei accettati di buon grado.
- Sapete se si
può reperire qualcosa da mangiare su questo treno?
–
Stefanie si
alzò in piedi, facendomi cenno di seguirla. Sentii gli altri
due iniziare a parlottare freneticamente quando io e la ragazzina
uscimmo dallo scompartimento.
- Troveremo
sicuramente qualcosa da mangiare, ma non più di qualche
dolce… mangeremo abbastanza per una settimana, quando
arriveremo a Hogwarts! – mi spiegò lei con tono
pratico, come se non fosse stata del primo anno come invece io credevo.
- E’
da molto che frequenti Hogwarts? –
- Sono al quarto
anno, ormai – mi guardò come per studiare la mia
reazione – so che sembro molto più piccola, ma
purtroppo la genetica è una brutta bestia –
Mi rivolse un
sorriso luminoso che mi ritrovai costretta a ricambiare. Da quel
momento in poi camminammo in silenzio per i corridoi deserti, notando a
volte alcuni visi spiarci dai finestrini degli scompartimenti, fino a
quando non arrivammo nel vagone ristorante. O almeno qualcosa che
sembrava assomigliarci.
- Ecco, quella
è la signora dei dolci. Può chiedere a lei cosa
è rimasto dal primo giro di vendite… -
Mi avvicinai
alla donna che mi aveva indicato Stefanie, lei si voltò
verso di me con un sorriso prima di rivolgermi un’occhiata
sorpresa.
- Buonasera,
cara – mi salutò lentamente – cosa posso
fare per te? –
- Volevo sapere
se per caso fosse rimasto qualcosa da mangiare – risposi con
cautela, cercando di capire perché mi stesse guardando con
una tale intensità.
- Ho ancora
degli Zuccotti di Zucca, alcune Gelatine Tuttigusti +1, un paio di
Cioccorane e anche gli Scarafaggi a Grappolo –
- Mi dia gli
Zuccotti e le Cioccorane, per favore – mormorai in risposta,
mentre allo stesso tempo cercavo le monete per pagare nella tasca dei
miei jeans, pensando a quanto la mia linea avrebbe risentito di quello
spuntino fuoripasto.
All’improvviso
capii: la signora era rimasta scioccata dal mio abbigliamento
evidentemente Babbano. I suoi occhi si allargarono ulteriormente nel
vedere le mie mani posare sul bancone alcune sterline.
- Oh, diamine!
– borbottai dandomi una manata sulla fronte – Mi
sono completamente dimenticata di cambiare i soldi! Tenga pure i dolci,
signora, purtroppo non posso pagarla con queste… -
- Pago io!
– intervenne all’improvviso Stefanie, lanciando un
paio di Falci nelle mani della donna – Professoressa, prenda
pure le sue provviste! –
- Professoressa?
– ripeté la signora dei dolci con aria
corrucciata, mentre intascava le Falci di Stefanie – Non mi
era stato detto nulla riguardo a una nuova insegnante,
quest’anno! –
La situazione si
stava facendo difficile. Mi ricordai perché Lauren Silente
era solita non mentire, nella sua precedente vita: perché
non era capace
di farlo!
- Non sono
ancora stata assunta – risposi brevemente, imponendomi di non
arrossire – ma spero di riuscirci presto –
La signora mi
lanciò un’occhiata scettica, Stefanie mi
trascinò fuori dal vagone ristorante con sollecitudine. La
seguii senza esitare, certa che in qualche modo avrei pagato quella mia
azione sconsiderata. Arrivare tutta intera a Hogwarts non sarebbe stato
così facile come pensavo, ormai ne ero certa.
Sobbalzai
stupita quando mi accorsi che la mia guida ufficiale non mi aveva fatta
entrare nel nostro precedente scompartimento ma in quello che sembrava
essere un gabinetto.
- Ma cosa
stai…? – protestai confusa, mentre lei mi
appoggiava una mano sulla bocca.
- Silenzio,
professoressa – mi ordinò lei con
serietà – sono certa che la signora dei dolci
abbia deciso di chiamare le guardie del treno perché la
ritiene un’intrusa qui sopra. Io mi fido di lei, il mio
istinto mi dice così. Non voglio che le guardie la portino
al Ministero, ma lei mi deve dire la verità! –
La sua secca
decisione e i suoi occhi brillanti di fiducia mi lasciarono leggermente
sconvolta. Aveva davvero solo quattordici anni?
- Le guardie del
treno? – domandai interdetta, mentre un rumore di passi si
avvicinava al cubicolo dove eravamo rinchiuse.
Prima che
Stefanie potesse dire qualcosa, qualcuno bussò alla nostra
porta.
- Chi
c’è lì dentro? Nome, cognome, Casata e
anno, per favore! –
- Stefanie
Dwight, Corvonero, quarto anno! – rispose la ragazza con voce
forte e chiara, intimandomi con gli occhi di non aprire bocca.
Un rumore di
carta sfogliata e un grugnito di approvazione, prima che la voce
rispondesse alle parole della ragazza.
- Bene, scusami
per il disturbo! –
I passi si
allontanarono rapidamente, mentre la voce dell’uomo che aveva
bussato alla nostra porta urlava un “non è
qui!” con tutto il fiato che aveva in corpo.
- Auror
– mi spiegò infine Stefanie –
pattugliano il treno da tre anni, ormai. E’ per la sicurezza,
da quando Antonin Dolohov ha fatto una strage di studenti salendo qui
indisturbato, nel 1998… ma lei lo sa meglio di me, no?
–
- No –
esalai io, con il cuore stretto in una morsa al pensiero di quante cose
avessi potuto perdermi in quegli anni lontana da casa – no,
sono arrivata poche ora fa dal Canada… non lo
sapevo… -
- Beh, ora lei
sa chi sono io grazie agli Auror – replicò lei con
aria furbetta – ma io non so chi è lei,
quindi… -
Sospirai
teatralmente, facendo nella mia mente una rapida selezione tra le cose
che avrei potuto dire a quella ragazzina e quelle che sarebbe stato
meglio evitare. Per quanto lei si fidasse ciecamente di me, io non ero
sicura di poter ricambiare altrettanto facilmente.
- Mi chiamo
Lauren, Lauren Riddance… - confessai controvoglia, mentre
non potevo evitare di fissare con desiderio lo Zuccotto che tenevo
stretto tre le mani – non sono una professoressa, come avrai
ormai intuito, ma sono una… amica del Preside,
sì. Lui non sa che avevo intenzione di recarmi da lui e per
questo ho deciso di salire sull’Espresso di Hogwarts. Non ho
alcuna intenzione di fare una strage di studenti, ma questo mi sembra
abbastanza evidente… -
-
Perché non si è Smaterializzata al posto di
prendere il treno? – chiese lei incuriosita, ma senza
l’aria di accusa che mi sarei aspettata – John e
Victoria sostenevano che lei fosse un’intrusa proprio
perché non è molto logico vedere un adulto, se
non la signora dei dolci e a volte gli Auror, qui
sull’Espresso… -
- Non
l’ho fatto semplicemente perché non ne sono capace
–
La mia risposta
sembrò lasciarla sbigottita, mi scrutò con
attenzione mentre mettevo finalmente qualcosa sotto i denti dimostrando
grande soddisfazione.
- Ma
com’è possibile? Lei ha sicuramente più
di diciassette anni… o no? –
- Certo che
sì, ma ho avuto dei problemi durante il mio sesto anno che
non mi hanno permesso di partecipare al regolare Corso di
Smaterializzazione – spiegai mentre assaporavo il dolce
sapore dei prodotti magici che tanto mi erano mancati – e
quindi di solito viaggio sul manico di scopa o, a volte, sui mezzi di
trasporto Babbani –
Stefanie non mi
rivolse più la parola, si chiuse in un riflessivo silenzio
probabilmente per elaborare un giudizio sulla mia persona. Il treno
sembrò iniziare a rallentare e lei si riscosse dal torpore.
Con mio grande disappunto mi accorsi che io, presa come lei da un
vortice di pensieri, avevo divorato tutti i dolci.
- Ti devo dieci
Falci – commentai come per segnarmelo nella mente –
e un favore grande come una casa –
Appoggiai la
mano sulla porta del bagno, pronta ad scendere dall’Espresso
per fiondarmi da mio nonno prima che gli Auror decidessero di
riprendere a darmi la caccia.
- No,
professoressa, non lo faccia! – urlò Stefanie,
mentre spalancavo l’apertura che dava sul corridoio del treno.
Una frazione di
secondo prima che capissi l’imprudenza che avevo compiuto
senza pensare razionalmente, sentii una mano afferrare i miei capelli,
un’altra spingermi faccia al muro e una decina di bacchette
infilzare con forza la mia schiena.
- Non si muova,
signorina – disse una voce decisamente familiare, guastata
solo da una sfumatura più adulta – altrimenti temo
che saremo costretti a Schiantarla in dodici –
Il mio cuore
aumentò i battiti in maniera esponenziale, pensai al
disastro in cui avevo incastrato la povera Stefanie.
- Miss Dwight,
esca da quel bagno e vada a raccogliere i suoi bagagli. Sarà
il Preside a occuparsi di lei, più tardi. –
I passi leggeri
di Stefanie passarono di fianco a me, seguiti da quelli di qualcun
altro, probabilmente un Auror.
- Mentre lei,
cara la nostra signorina intrusa, viene con noi –
Di nuovo un
brivido mi segnalò la familiarità della voce, ma
non il suo proprietario. La punta di una delle tante bacchette
salì fino al mio collo. Mi diede giusto il tempo di fare un
sospiro, prima di privarmi dei sensi e di farmi cadere lunga distesa
sulla moquette sporca di terra che copriva il corridoio
dell’Espresso di Hogwarts.
***
Quando mi
risvegliai, capii di essere stata colpita da un debole Schiantesimo.
Restavo sospesa nell’aria per opera di un Levicorpus, mentre
vedevo un paio di Auror camminare davanti a me, altri ai miei fianchi.
Immaginai senza alcuna fatica che ce ne fossero altri anche alle mie
spalle.
Ne ebbi la
conferma quando tentai di divincolarmi e di nuovo due bacchette
scattarono dritte nelle mie scapole.
- Già
sveglia, signorina? – commentò una voce
sarcastica, diversa dalla precedente – Devono averla proprio
addestrata bene, quei dannati Mangiamorte! –
- Addestrata?
Mangiamorte? Ma cosa sta farneticando? – sibilai irritata,
senza riuscire a capire come potessero non avermi riconosciuta.
- Non faccia la
finta tonta, avanti! Sappiamo bene che ormai fareste di tutto per
tentare di riportare il terrore, anche tentare di nuovo di uccidere
degli studenti innocenti! – commentò una voce
femminile, questa volta proveniente da davanti.
- Non stavo
tentando di uccidere nessuno! –
- Allora cosa ci
faceva su quel treno, eh? Non mi sembra proprio in età da
Hogwarts! –
- Sono qui per
il Preside – risposi con calma, per quanto due bacchette
puntate nella schiena potessero mantenermi disponibile e diplomatica
– sono certa che, quando sarò nel suo ufficio, lui
mi riconoscerà –
- Il Preside?
– intervenne la voce familiare con tono divertito –
E che rapporto avresti tu con il Preside? Saresti la sua fidanzata?
–
- Sono sua
nipote – sbottai irritata, perdendo le staffe in un battito
di ciglia – non credo che lui, alla sua veneranda
età, possa avere una fidanzata! –
Gli Auror che mi
attorniavano scoppiarono a ridere, facendo montare in me
un’ulteriore rabbia.
- Non vedo cosa
ci sia di divertente! –
- Il Preside
sarà felice di sapere che gli hai dato del vecchio, davvero!
– balbettò tra le risate uno dei tanti.
Mi chiesi come
potessero pensare che mio nonno, Albus Silente, centoventuno anni
suonati, se la sarebbe presa per essere stato definito un uomo di
veneranda età. Sbuffai scuotendo la testa, speravo che tutta
quella storia si sarebbe risolta presto.
Arrivammo
davanti alle alte mura del castello di Hogwarts, dopo aver attraversato
l’intero parco. Qualcuno spezzò il Levicorpus,
facendomi cadere a terra e picchiare il sedere. Mormorai tra me e me
qualche imprecazione, alzando la voce quando due mani decise mi presero
per le braccia e me le legarono dietro alla schiena.
Fui costretta ad
entrare nel castello e ad attraversare i corridoi con una bacchetta
puntata tra le scapole, come sembrava essere ormai tradizione, ma
almeno notai con sollievo che sembravo essere rimasta in compagnia di
un solo Auror rispetto ai precedenti dodici.
Ci fermammo solo
una volta arrivati davanti al familiare gargoyle su cui
l’Auror mi fece salire. Non capii perché non
volesse farsi vedere, continuava a restare alle mie spalle in qualsiasi
momento.
- Non provi
più a scappare come prima? – mi
stuzzicò lui, mentre il gargoyle ci portava lentamente verso
l’ufficio del Preside.
- Non vedo
perché dovrei, sono innocente – risposi acida,
riconoscendo per l’ennesima volta la voce di prima e cercando
di concentrarmi sul proprietario – e adesso perché
non mi dai più del lei, Auror? Siamo passati già
ad essere amici per la pelle? -
- Sei
divertente, ragazza – sussurrò lui, ridacchiando
leggermente - come ti chiami? –
- Lauren
Riddance… o Silente, come preferisci… -
Sentii la punta
della bacchetta affondare con decisione nella mia schiena, emisi un
involontario gemito di dolore.
- Non dire
sciocchezze, Mangiamorte – replicò lui con voce
dura – Lauren Silente è sparita nel nulla quattro
anni fa e di certo non sei tu –
-
Perché, la conoscevi? –
La
curiosità aveva invaso la mia mente, dovevo assolutamente
sapere di chi fosse quella voce.
- La conoscevo,
e anche molto bene – sibilò l’Auror,
assumendo un atteggiamento ulteriormente aggressivo – quindi
non ti permetterò di fingerti lei, chiaro? Di’
un’altra sciocchezza del genere e ti porto dritta dal
Ministro, altro che il Preside! –
Nonno Albus o
Rufus Scrimgeour? La scelta non era difficile. Decisi di stare zitta
fino a nuovo ordine.
La mano pallida
dell’Auror, quella libera dalla bacchetta, aprì la
porta dell’ufficio del Preside spingendomi dentro. Mi
condusse fino alla sedia davanti alla scrivania, sempre stando attento
a non farsi vedere, e mi fece sedere.
Dai rumori
intuii che lui si fosse accomodato vicino alla porta. Quando feci per
girarmi e guardarlo in faccia, vidi uno Schiantesimo sfiorarmi
l’orecchio.
- Fallo di nuovo
e ti scaravento contro il muro a suon di Schiantesimi – mi
minacciò la voce rigida dell’uomo.
Non ebbi
più il coraggio di tentare, sarebbe stato sconveniente.
- Ora
aspetteremo il Preside e vedremo cosa deciderà di fare con
te – mi informò lui dopo qualche minuto, con tono
più rilassato – intanto perché non mi
dici la verità su di te, per non perdere altro tempo?
–
Mi chiusi in un
ostinato silenzio. Aveva già sentito la mia
verità, non gli era piaciuta, cosa diamine potevo farci io?
Passò
molto tempo prima che la maniglia della porta venisse di nuovo
abbassata. Una frazione di secondo prima che il nuovo arrivato entrasse
nella stanza, sentii di nuovo la voce dell’Auror velata da
una sfumatura di sadica aspettativa.
- E ora sono
affari tuoi, Mangiamorte. Ci sarà da divertirsi. -
Note
dell'autrice
Ciao a tutti!
Ehm... non uccidetemi, ok? Mi dispiace di tornare dopo tutto questo
tempo, ma cause di forza maggiore (la maturità) mi hanno
tenuta lontana da questi schermi.
La situazione non cambierò molto fino a luglio, temo.
Intanto spero che questo capitolo - se qualcuno ancora mi segue
fiducioso - possa piacervi.
Vi mando un abbraccio stretto stretto e vi ringrazio per tutte le
recensioni che scrivete <3
Lady Lynx
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Capitolo 4 *** Spiegare l'inspiegabile ***
Everything fades to gray
3. Spiegare
l'inspiegabile
Nel sentire quella frase, la mia schiena venne percorsa da brividi di
paura.
Ingiustificati, senza dubbio. Cosa avrebbe mai potuto fare un nonno
alla propria nipotina, una volta riconosciuta come tale?
No, un attimo. E se non mi avesse riconosciuta?
La porta
sbatté alle
mie spalle, iniziai a tremare come se un gelido soffio di bora fosse
entrato prepotentemente nella stanza.
- Complimenti
per la cattura,
signor Malfoy – disse la voce con scarso entusiasmo
–
Sappiamo il nome della criminale? –
Sussultai sulla
sedia alle parole “Malfoy” e
“criminale”.
- No, signor
Preside, non ha
voluto dire niente – rispose l’Auror, che riconobbi
quindi
per Draco – Sostiene solo di essere Lauren Silente –
Una risata
gelida e vuota
risuonò nella stanza e mi fece venire la pelle
d’oca. Ero
ormai certa che non si trattasse di mio nonno.
Allora chi era?
E che fine aveva fatto mio nonno?
- Lauren
Silente, certo
– ripeté con tono rabbioso la voce del Preside
–
Come se fosse la prima a fingere di esserlo –
I passi si
fecero sempre
più vicini a me, l’uomo passò al mio
fianco e
infine si accomodò dietro alla scrivania. Mi
fissò con
penetranti occhi neri e riconobbi senza sforzo anche lui.
-
Severus… - sussurrai
sconvolta, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime di pentimento
misto a gioia – Mi sei mancato! Perdonami… -
Ero certa,
più che
certa, che fosse lui. I capelli erano stati accorciati, la barba
ricopriva leggermente il suo mento e i suoi zigomi spostando
l’attenzione dalle labbra sottili, le rughe avevano preso
possesso di parte dei suoi lineamenti rigidi addolcendoli, la voce si
era fatta più roca e meno sarcastica del solito.
Ma gli occhi,
gli occhi erano
gli stessi. Profondamente indecifrabili, due baratri scuri in cui
gettarsi per espiare le proprie colpe.
- La finisca con
questa
pantomima, signorina! – sbottò lui con tono
irritato
– Non starò certo qui a vedere le sue finte
lacrime o
ascoltare le sue frottole! –
- Non sono
frottole, Severus! - mormorai con decisione, stringendo i miei occhi,
frustrata.
- Non
è commovente,
signor Malfoy? – disse allora Piton, lanciando
un’occhiata
all’Auror presente – Questa volta
l’amabile Dark Lord
ha deciso di mandarmene una che mi chiama addirittura per nome e piange
per la felicità nel rivedermi! –
- Chi non lo
farebbe dopo
aver ricevuto un bacio prima del dannato addio, Severus? –
sputai
amaramente, stringendo i denti – Chi non lo farebbe dopo aver
capito di aver buttato nove mesi di scuola tra incomprensioni e
punizioni solo perché non riusciva a rendersi conto di
essere
amata? –
Il viso di
Severus impallidì mortalmente prima di riprendere la sua
solita espressione scettica.
- Non diciamo
sciocchezze,
signorina – sibilò lui, sembrando sempre
più
furioso – Dica il suo nome e confessi il motivo della sua
irruzione sull’Espresso di Hogwarts in modo che possiamo
portarla
ad Azkaban e concludere questa disgustosa recita. –
- Sono disposta
ad essere interrogata sotto l’effetto del Veritaserum,
Severus –
Era rischioso
buttarsi
così di petto davanti a un Piton altamente irritato, ma
sapevo
di non avere scelta. Se volevo scoprire il perché di quel
mondo
alternativo in cui ero capitata, allora dovevo giocarmi qualcosa.
- Signor Malfoy,
mi dia il
Veritaserum – ordinò allora Severus, mentre un
ghigno
sadico si dipingeva sul suo viso invecchiato – Credo che
questa
signorina sfacciata sia in vena di farci perdere tempo, stasera
–
La stessa mano
candida che mi
aveva aperto la porta, appoggiò sul ripiano lucido della
scrivania un’altrettanto lucida boccetta di pericoloso
Veritaserum.
Deglutii a
fatica, sperando
che lo scopo di Piton non fosse quello di avvelenarmi come impostora
senza nemmeno concedermi una possibilità di dire la
verità.
- Non
avvelenarmi –
sillabai lentamente, a scanso di equivoci – Non credo che ti
costi molto ascoltare quello che ho da dire -
- Non la
avvelenerò,
se è questo che teme, signorina Mangiamorte –
replicò lui a denti stretti – Ma sappia che se
crede di
scampare al Veritaserum con qualche antidoto ingurgitato in precedenza
o con un qualche strano incantesimo, se ne pentirà
–
- Cosa intendi
dire? –
Severus, da
bravo misterioso
qual era, non mi rispose. La mano fredda di Draco mi alzò il
mento in modo da farmi guardare verso il soffitto, e per la prima volta
riuscii a vedere il suo viso. Anche lui non era cambiato molto, era
solo diventato più adulto e in qualche modo più
affascinante di prima. Sprizzava eleganza e potenza da tutti i pori.
Fece scivolare
nella mia gola
cinque gocce di pozione prima che Severus gli comunicasse con un gesto
che era sufficiente. Ripresi a guardare il mio ex professore, pronta ad
essere torchiata senza pietà.
La mia
previsione non era sbagliata, a giudicare dallo sguardo che mi rivolse.
- Bene, possiamo
cominciare –
***
Severus Piton
era stufo di vedere apparire davanti a sé, ogni anno, una
Lauren Silente diversa.
Ne aveva fin
sopra i capelli e quell’ennesima sosia lo aveva colpito in
modo assolutamente negativo.
Prima di tutto,
era
abbastanza certo che la sua Lauren Silente non avesse nemmeno una
caratteristica fisica simile a quelle che aveva in precedenza grazie
all’accurata Trasfigurazione operata su di lei da Minerva e
Albus
prima della sua partenza.
Inoltre, la vera
Lauren
Silente non si sarebbe mai fatta beccare come una novellina
sull’Espresso di Hogwarts. A meno che, naturalmente, il suo
scopo
non fosse proprio quello di farsi beccare come una novellina.
Scosse la testa
infastidito,
puntando i suoi occhi contro quelli dell’ennesima impostora,
pronto a scatenarle contro una serie di domande impossibili per
chiunque.
Tranne che per
la vera Lauren Silente, logico.
- Sentiamo, Miss
Mangiamorte, come si chiama tua madre? –
Vide la fronte
della ragazza
corrugarsi in un evidente sforzo. Esultò dentro di
sé al
pensiero che forse sarebbe stato facile sbarazzarsi anche di quella
brutta copia della nipote di Albus.
- Suzanne Clara
Beatrix Daisy Silente –
Niente da fare,
la prima
domanda era andata. Su venticinque sosia di Lauren in quattro anni,
venti se ne erano andate in villeggiatura ad Azkaban dopo quel primo
quesito.
- Potresti dirmi
i motivi delle tue espulsioni da tre diverse Scuole di magia e i nomi
di queste tre Scuole?
- Takatalvi,
Finlandia. Sono
stata espulsa per aver protestato contro i manifesti inneggianti a
Voldemort che il Preside aveva appeso per la scuola. Beauxbatons,
Francia. Madame Maxime era stata minacciata dai Mangiamorte, se non mi
avesse cacciata dalla scuola sarebbero state uccise numerose
studentesse. Durmstrang, Bulgaria. Il professor Karkaroff aveva
giustificato la mia espulsione dicendo che io, in qualità di
ragazza, distraevo i suoi allievi con la mia presenza. –
Severus Piton si
ritrovò costretto a spalancare gli occhi per la sorpresa.
Delle
cinque sosia che erano sopravvissute alla prima domanda, solo due erano
andate oltre.
- Come si chiama
tuo padre? –
Se la ragazza
fosse stata
mandata dal Dark Lord in persona, lei avrebbe sicuramente risposto di
essere figlia di Voldemort. Lui era convinto che lei lo fosse.
Solo una
risposta era quella giusta e solo l’autentica Lauren poteva
conoscerla.
- Keith
Riddance, altrimenti detto Keith Tufter –
Severus si
ritrovò spiazzato. La risposta era quella esatta.
- Si sente bene,
signor Preside? – chiese Draco Malfoy con sollecitudine,
avvicinandosi a lui palesemente preoccupato.
- Sì
– rispose
Severus, senza riuscire a staccare gli occhi dalla ragazza che gli
stava davanti, ricambiando il suo sguardo con pazienza –
Sì, sto bene –
Silenzio. Draco
Malfoy lo fissò per un attimo, prima di lasciar uscire dalle
sue labbra la domanda che lo tormentava.
- E’
quella autentica, signore? –
Piton rivolse a
lui la sua
attenzione, mentre gli occhi neri brillavano di una quieta speranza per
la prima volta dopo quattro lunghi anni.
- Sì,
sembrerebbe di sì –
- Allora cosa
aspettiamo a
liberarla dall’effetto del Veritaserum? – chiese
entusiasta
il giovane Auror – Non vedo l’ora di parlare con
lei e
strapazzarla un po’! –
- Stia calmo,
signor Malfoy
– mormorò Severus con serietà, tornando
a guardare
Lauren Silente – Il Veritaserum ci sarà utile per
capire
molte altre cose, ad esempio perché si trova qui e cosa le
è successo in questi anni. Dopo sicuramente la libereremo
dall’obbligo di dire la verità. –
Draco
annuì senza
esitare, tornando a sedersi di fianco alla porta. Severus
iniziò
il lungo interrogatorio con l’obiettivo di scoprire tutte le
incognite degli ultimi anni. Una volta finito, approfittando del fatto
che la ragazza fosse in minoranza numerica e quindi docile, le
somministrò anche una Pozione Soporifera.
Sapeva per
esperienza che, per recuperare i pezzi mancanti, Lauren avrebbe prima
avuto bisogno di un periodo di riposo.
E lui, da bravo
padrino, era più che felice di concederglielo.
***
Quando mi
svegliai il mattino seguente, mi sentivo decisamente rintronata.
Attribuii quella
strana sensazione di intontimento al gentile servigio che mi aveva
prestato Severus la sera prima.
“Una
Pozione Soporifera per tenermi buona… cosa crede, che siamo
ancora ai tempi della scuola?”
Sbuffai
vigorosamente, prima che una serie di preoccupazioni affollassero in
massa la mia mente.
Innanzitutto,
dovevo
assolutamente ritrovare la mia borsa – quella che gli Auror
mi
avevano portato via dopo avermi Schiantata – dato che vi
erano
contenuti tutti i miei averi.
In secondo
luogo, avevo
bisogno di essere aggiornata su molti avvenimenti. Non capivo
perché Severus fosse diventato Preside e come mai Draco
avesse
deciso di intraprendere la carriera da Auror.
Sorrisi
inaspettatamente quando notai con sorpresa che avevo dormito sul mio
letto.
Lo stesso letto
che mi aveva
ospitato per l’intera estate del 1997, per il periodo
post-rapimento, in modo che mi riprendessi dalle torture della Congrega
Oscura, e per quella notte.
Mi alzai
lentamente, scesi le
scale che conducevano a quello che era stato l’ufficio di mio
nonno, rimasi sull’ultimo gradino ad osservare con attenzione
il
nuovo proprietario di quello stesso ufficio.
In qualche modo,
Severus stonava con quella stanza.
Non era
cattiveria, la mia, ma la pura e semplice verità.
- Vieni avanti,
Lauren
– sillabò lentamente il mio ex professore, senza
distogliere gli occhi dalle sue carte – Accomodati e serviti
pure
con quello che vuoi –
Eseguii gli
ordini, mi versai
una tazza di tè nero, aspettai che mi rivolgesse di nuovo la
parola. Sospirò pesantemente, prima di alzare i suoi occhi
verso
di me.
- Che sia
dannato il giorno
in cui te ne sei andata, sciocca ragazzina che non sei altro
–
mormorò lui con voce impregnata di dolore – Non
hai idea
delle disgrazie che ha portato la tua sparizione –
Rimasi immobile
e impassibile, decisa a non cedere ai sensi di colpa.
- Immagino che
tu voglia
sapere perché ci sono io seduto qui, vero? – mi
anticipò lui, con una sorta di amarezza nella voce
–
Semplicemente perché Albus non è più
in grado di
svolgere le mansioni da Preside –
Appoggiai la
tazza di
tè sulla scrivania, mi morsi delicatamente il labbro
inferiore
per bloccare le lacrime che minacciavano senza motivo di rivelarsi.
- E’
morto? –
chiesi con tono spento, sperando con tutto il mio cuore che Severus non
pronunciasse il dannato monosillabo di assenso.
- Quasi
–
replicò brevemente lui, senza interrompere il contatto
visivo
che si era stabilito tra di noi – Voldemort lo ha colpito con
una
Maledizione che lo condannerà ad un addio alla vita lento e
doloroso. Si rincontreranno presto, immagino. –
- Si…
rincontreranno? –
- Anche
Voldemort, alla fine, è morto –
La mia bocca si
spalancò da sola per la sorpresa. Faccia-di-serpe era morto
e io non ne sapevo niente?
- Lo ha ucciso
Potter –
spiegò Severus, sfoderando poi il suo tono sarcastico
–
Comico, vero? Un incapace come lui è riuscito in
un’impresa simile… vuol forse dire che
c’è
speranza per tutti, al mondo –
- Harry non
è incapace
– sussurrai io, incapace di formulare una frase
più
elaborata, catturata tra la rivelazione della morte di Voldemort e
quella dell’imminente addio di mio nonno.
- Lo
è, altrimenti non
sarebbe mai diventato Ministro della Magia –
ironizzò
Severus con un sorrisetto tirato.
Se avessi avuto
del tè in bocca, ero certa che l’avrei sputato
addosso a Piton dalla sorpresa.
- Ministro della
Magia?
– urlai a pieni polmoni, ancora più sconvolta
rispetto a
prima – Ma com’è possibile? –
- Un colpo di
fortuna, oserei
dire – commentò Severus, senza smettere di
sorridere
– L’approvazione del popolo fa miracoli, a volte
–
- Ma
come… come è successo? –
Un leggero
bussare alla porta ci interruppe, seguito dall’apparizione
della professoressa McGranitt.
- Severus,
è tutto a posto – disse lei con voce chiara,
rivolta al suo collega.
Poi, accadde in
una frazione
di secondo: i suoi occhi si posarono su di me, si riempirono di lacrime
e le sue braccia si strinsero convulsamente al mio collo.
- Lauren,
bambina monella! Cosa ti era passato in mente? Ci hai fatto disperare,
è stato terribile! –
La manica destra
della mia
camicetta si ritrovò bagnata in un battito di ciglia.
Arrossii
imbarazzata nel notare l’espressione divertita con cui
Severus
osservava la mia reazione all’abbraccio della McGranitt.
- Penso che
possa bastare,
Minerva – commentò infine lui, quando decise di
essersi
goduto abbastanza il mio disagio – Portala in Sala
Professori, io
vi raggiungerò tra poco –
- Potrei prima
riavere la mia bacchetta? – sussurrai interdetta, temendo di
farlo arrabbiare senza motivo.
- Credo sia in
possesso del
signor Malfoy, attualmente – mi informò lui,
ancora
più divertito di prima – Dovresti chiedere a lui,
a tempo
debito –
Contrariata come
non mai,
seguii Minerva fino alla Sala Professori. Lei continuò a
tempestarmi di domande durante il tragitto, senza scoraggiarsi davanti
alle mie risposte monosillabiche.
Una volta
entrata nella
stanza, notai un sacco di facce nuove e alcune vecchie
conoscenze. Queste ultime mi salutarono timidamente, mentre mi
accomodavo con loro al tavolo circolare.
Il silenzio
regnò sovrano fino all’arrivo di Severus.
- Buongiorno a
tutti –
esordì lui con tono stranamente privo di sfumature
– Come
potete vedere, ma come già sapevate da ieri sera, la nipote
di
Albus Silente è qui con noi. Lauren, ti presento Edgar
Baldwin,
professore di Volo… -
Un uomo dal
fisico aitante mi
rivolse un cenno di saluto, scompigliandosi i capelli con aria
distratta. Notai un leggero irrigidimento della mascella di Severus.
-
…Jonathan Roosevelt, professore di Storia della
Magia… -
Un signore
anziano dall’aria simpatica mi sorrise spontaneamente.
-
…Neville Paciock, professore di Erbologia, e Hermione
Granger, insegnante di Babbanologia -
Non potei fare a
meno di
esprimere la mia sorpresa nell’apprendere che quei due
fossero
persone che già conoscevo. Sembravano completamente diversi.
Faticavo inoltre a credere che Severus avesse assunto proprio loro,
dati i rapporti non proprio pacifici che avevano con lui quando erano
ancora studenti.
- E infine
Pamela Creamy, professoressa di Lettura delle Antiche Rune… -
Una donna
avvenente, coperta
da un ridotto vestito bianco e con le palpebre appesantite da una
considerevole quantità di ombretto dello stesso colore, non
mi
degnò neanche di uno sguardo.
Non mi piacque a
pelle.
Mi chiesi come
Severus avesse
potuto sopportare la presenza di una simile donna nella scuola da lui
gestita. Se c’era una cosa che odiava più degli
studenti
incapaci, si trattava certamente delle gattemorte, e quella donna
sembrava esserlo in tutto e per tutto.
- Credo invece
che tu conosca
già gli altri – concluse lui, mentre il mio
sguardo vagava
fluidamente su Remus Lupin, Sibilla Cooman, Aurora Sinistra, Filius
Vitious, Hagrid e Minerva.
- Che fine ha
fatto il
professor Ruf? – chiesi d’istinto, una volta
terminata la
mia osservazione – E le professoresse Sprite e Bumb? La
professoressa Burbage? –
Piton mi
lanciò un’occhiata infastidita prima di
apprestarsi a rispondere, dimostrando un ottimo autocontrollo.
- Pomona
è diventata
nonna a tempo pieno, ha deciso di lasciare l’insegnamento per
la
famiglia. Madama Bumb è l’allenatrice di una
squadra di
Quidditch in Scozia. Ruf non si sente più in grado di
svolgere
il suo lavoro poiché non apprezzato. Charity è in
dolce
attesa. –
Assimilai
immediatamente quelle informazioni, sollevata dal fatto che nessuna
indicasse un lutto.
- Ma scusate, il
professore di Pozioni? Sta per caso facendo lezione? –
La mia domanda
sembrò divertire tutti i presenti, tranne Minerva e Severus.
- Io insegno
tuttora Pozioni,
il mio ruolo da Preside non mi impedirà di perseverare nel
difendere questa nobile arte dalle persone incapaci di esercitarla
– mi informò Piton con tono piccato, sembrando
quasi
offeso.
- Questo
però non vuol
dire che tu non possa prendere il posto di Severus, magari…
-
mormorò Minerva a voce udibilissima.
Dodici teste si
voltarono in simultaneo verso di lei, che però non si
scompose neanche per un secondo.
-
Perché mai Sev
dovrebbe lasciare il suo lavoro a una studentessa? –
sibilò infine Pamela Creamy, lanciandomi
un’occhiata colma
di disprezzo.
- Non sono una
studentessa,
sono già diplomata e… –
ribattei acidamente,
prima di bloccarmi a pensare a come quella donna avesse chiamato il suo
Preside.
Sev?
L’aveva davvero chiamato Sev? Assurdo.
- E comunque
Lauren non
insegnerà al mio posto – concluse con tono secco
Severus,
facendo spuntare un inspiegabile sorriso trionfante sul volto di quella
Creamy – Faremo in modo da trovarle altre mansioni da
svolgere,
in caso restasse qui ad Hogwarts –
- Magari
potrebbe occuparsi
della sorveglianza dei dormitori di notte –
suggerì Remus
con gentilezza – Anzi, potrei farlo io e lasciare che sia lei
ad
insegnare Difesa… -
- Non credo che
sia opportuno, Remus, ma ti ringrazio per il pensiero… -
-
Perché non vai ad aiutare Gazza, allora? –
Fulminai con
un’occhiataccia quella dannata insegnante di Letture delle
Antiche Rune. Fosse dipeso da me, le avrei fatto già
ingoiare
tutti i suoi sassolini simbolici.
- Vi ringrazio
per la vostra
preoccupazione, ma credo di poter trovare un impiego anche al di fuori
dalle mura di Hogwarts – li informai io, fissando duramente
la
mia nuova rivale – Sono venuta qui solo per parlare con mio
nonno, niente di più –
Un silenzio
denso di tensione
cadde nella stanza. Immaginavo dipendesse dal fatto che tutti fossero a
conoscenza delle sue condizioni.
Sentii la mano
di Minerva posarsi sulla mia spalla, mentre Severus si schiariva
rumorosamente la gola.
- Potete tornare
alle vostre
lezioni – disse lui, a voce alta e chiara, facendo alzare
metà dei professori presenti – Remus, so che
è il
tuo giorno libero, ma vorrei che tu mi sostituissi per oggi –
Lupin
annuì con aria
grave, seguendo i suoi colleghi che si erano affrettati ad uscire.
Nella stanza restarono solo Aurora, Hermione e Jonathan Roosevelt,
oltre a me e Severus.
- Seguimi
– mi
intimò lui con tono che non ammetteva repliche, abbandonando
la
stanza senza neanche salutare gli altri professori.
Io rivolsi loro
un timido
cenno prima di obbedire. Come sempre, feci una fatica tremenda per
stare dietro ai rapidi passi del mio ex professore, ma lui
sembrò non accorgersene.
- Dove stiamo
andando? – ansimai a corto di fiato, dopo cinque minuti buoni
di camminata alle calcagna di Severus.
Naturalmente lui
non mi
rispose, si fermò davanti ad una porta ed
armeggiò per
qualche secondo con la bacchetta per aprirla. Quando fu spalancata, mi
fece cenno di precederlo e una volta entrata mi ritrovai nel buio
più totale.
Sobbalzai
istintivamente
quando sentii una serratura scattare, pensai per un attimo di essere
stata chiusa dentro da sola prima di rendermi conto del rumore di un
respiro di fianco al mio orecchio.
- Avanza di due
passi davanti
a te, dovresti riuscire a trovare il muro. Io vado a cercare quello che
ci permetterà di vedere. –
I passi si
allontanarono da
me, lasciandomi ferma e disorientata come non mai. Decisi di fidarmi
delle parole di Severus, feci due passi in avanti e – proprio
come mi aveva detto – riuscii ad imbattermi nella
rassicurante
presenza di un muro.
Una manciata di
secondi dopo,
una tenue luce violetta si accese lontana da me illuminando in modo
spettrale il pallido viso di Piton e buona parte della stanza. Scorsi i
piedi di un letto davanti ai miei occhi, un armadio appoggiato alla
sinistra di Severus, e niente di più.
Il professore mi
si
avvicinò lentamente e illuminò l’intera
figura del
letto con la strana sfera che teneva in mano. Un singulto di commozione
lottò per uscire dalla mia gola quando il volto di mio nonno
si
mostrò alla mia vista.
Era esattamente
come me lo ricordavo, mancavano solo due dettagli in quel quadretto.
I suoi occhi
azzurri.
-
Sta… dormendo? – sussurrai in modo impercettibile,
temendo di poter turbare il suo riposo.
- E’
in stato di
stabilizzazione – mi spiegò Severus, accomodandosi
su uno
sgabello posizionato vicino al letto – Non può
sentirti
né vederti, a meno che io non decida di interrompere per
qualche
minuto l’incantesimo che lo ricopre… desideri che
lo
faccia? -
Mi fece
intendere che compiere quell’azione non sarebbe stato
positivo per mio nonno, mi affrettai a scuotere la testa.
-
Perché lo tenete qui
e non in infermeria? – chiesi titubante, senza riuscire a
staccare gli occhi dalla figura immobile di mio nonno.
- La luce del
Sole potrebbe
avere effetti devastanti ed accelerare il corso della Maledizione.
Inoltre è meglio che stia al riparo da occhi indiscreti, per
quanto mi riguarda – commentò lui amaramente
– In
modo che le persone incompetenti non possano fare disastri volontari o
meno –
Non risposi,
nonostante sapessi che si aspettava una domanda al riguardo.
Cercai di
scacciare dalla mia
mente il pensiero che avrei potuto perdere l’unico parente
che mi
restava in vita, quello che mi aveva fatto da padre, madre e nonno, la
persona che mi aveva permesso di essere quello che ero.
Non ci riuscii.
Una lacrima sfuggì al mio controllo, rotolando sulla mia
guancia.
-
Morirà, vero?
– sussurrai con la voce incrinata di pianto, sentendo che la
mia
non era tanto una domanda quanto una triste constatazione.
Severus
esitò un attimo prima di rispondere, vidi i suoi occhi
puntati sulla mia guancia violata dalla lacrima.
- Sì,
non si sa
quando, ma morirà – replicò lui con
tono spento,
facendomi avvertire quanto quella situazione recasse dolore anche a lui.
- Non si
può fare niente per… guarirlo? –
Di nuovo notai
un’esitazione da parte di Severus, mi chiesi cosa avesse
potuto
scalfire la sua proverbiale prontezza di risposta.
-
Definitivamente? No… -
Le sue parole mi
fecero
riflettere: sapevo che lui non sceglieva mai a caso i vocaboli dei suoi
discorsi, si aspettava sempre che una persona acuta potesse leggere il
messaggio intrinseco tra le righe.
- E
provvisoriamente? –
Mi
guardò come se
fossi stata pazza, sentii il rossore iniziare a colorarmi le guance. Il
calore del suo sospiro si abbatté sulla mano che avevo
appoggiato sulla testiera del letto.
- Sì
– rispose brevemente – Ma è sconsigliato
farlo –
L’aura
di mistero che
circondava quella risposta non fu di mio gradimento. Non ero
più
una studentessa da poter manipolare a suo piacimento.
-
Perché? –
- Non
è consigliabile
e basta – ripeté lui alzandosi in piedi, come per
intimorirmi e scoraggiarmi dal fare domande.
- Mi dica il
perché – insistetti io, guardandolo dritto negli
occhi - Sarebbe fattibile? –
- Sarebbe
pericoloso –
- Ma fattibile?
–
Il suo sguardo
esprimeva irritazione e forse anche un pizzico di odio. Strinse le
labbra con aria di disapprovazione.
- Fattibile ma
pericoloso –
- Voglio
provare, allora
– decretai con decisione – Io darei qualsiasi cosa
per
salvare mio nonno, anche la mia stessa vita! –
- Anche la sua
anima? –
sputò amaramente Severus, stritolando convulsamente la
luminosa
sfera violetta nella sua mano destra.
Aprii
leggermente la bocca dalla sorpresa, mi affrettai a riprendere il
contegno.
- Cosa vuoi
dire? –
- Se non sai
niente, Lauren
Silente, ti converrebbe stare zitta – mi
rimproverò lui
con tono duro – Credi forse che io non darei la vita per tuo
nonno, se potessi? Purtroppo quel metodo non funziona, altrimenti
l’avrei già adottato… -
- Severus, io
non intendevo
dire quello! – mi difesi con voce accesa dalla voglia di
sapere
– Ma se tu non mi spieghi niente, io non posso neanche
provare a
capire! –
Mi
guardò di nuovo,
come chiedendosi se fossi abbastanza ricettiva da poter comprendere una
sua eventuale spiegazione. Sbuffò leggermente, prima di
stringere di nuovo le labbra e poi rilasciarle senza mai abbandonare la
sua aria contrariata.
- Allora ti
spiegherò… - concesse lui, risedendosi davanti a
me - …ma sappi che non ti piacerà -
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Capitolo 5 *** Luci e scottature ***
Cap4
Everything fades to gray
4. Luci e scottature
- Albus
è stato colpito da una Maledizione detta
“Illustre” – iniziò a
spiegarmi Severus, evidentemente contrariato – Il nome deriva
dalla potenza che questa assume quando il soggetto colpito viene
esposto a qualsiasi tipo di luce, naturale e non. L’unico
tipo di illuminazione che non porta problemi consiste in quello di una
sfera che tiene racchiusa in sé la scaglia iridescente di un
Drago Vinaceo della Provenza… ma questo non credo che abbia
molto a che fare con quello che tu desideri sapere. Dicevo, la
Maledizione può essere curata ma il metodo di riabilitazione
è piuttosto rischioso e alquanto impreciso.
Inoltre… –
- Arriva al
punto – lo interruppi ansiosa, conscia del fatto che si
stesse dilungando solo per annoiarmi e costringermi a pregarlo di
smetterla di tediarmi con spiegazioni inutili.
- Ci sto
arrivando – replicò lui con tono acido –
se non hai pazienza, allora significa che non ti sta poi
così a cuore sapere i miei motivi –
Touché.
Tacqui pacificamente, continuando a fissarlo con insistenza.
- Inoltre, chi
si offrisse per iniziare la riabilitazione si troverebbe sulle spalle
un peso non indifferente – continuò Severus, come
se non lo avessi mai interrotto – Dato che un solo errore,
anche minimo, porterebbe il Maledetto alla morte istantanea e alla
conseguente perdita dell’anima –
- In cosa
consiste il metodo di riabilitazione? Incantesimi antichi, medicine,
terapie specifiche? –
- Pozioni
– replicò lui brevemente con amarezza.
In quel momento
capii la sua riluttanza nel voler tentare la sorte. Sapeva che se ci
fosse stato qualcuno capace di potersi caricare della
responsabilità della preparazione di una pozione
difficoltosa, quello sarebbe stato lui e nessun altro.
Sapeva che se io
l’avessi saputo, gli avrei chiesto di farmi quel grande
favore.
Lui sapeva,
perché mi conosceva troppo bene.
-
Severus… - mormorai con tono colpevole, cercando di non
metterlo sotto pressione - …sai che io mi fido di te, vero?
–
- Non ho alcuna
intenzione di mettere in gioco l’anima di Albus –
disse lui con tono incolore, guardando dritto davanti a sé.
- Severus, tu
sei l’unico che può farlo… -
- Questo non
è vero. Chiunque sia diplomato ad una scuola di Magia
può tentare la sorte –
Gli lanciai
un’occhiata scandalizzata, mentre la rabbia cresceva nel mio
corpo per colpa del suo secco rifiuto.
- Non si tratta
di tentare la sorte, ma di salvare una vita! – gli ricordai a
denti stretti, profondamente irritata dal fatto che stesse cercando
delle scuse.
- Non sono
disposto ad accollarmi il peso di un mio eventuale errore –
- Ma tu non
sbaglierai, Severus! – urlai d’istinto, battendo un
piede per terra.
- Come fai ad
esserne certa? La Cooman ti ha detto anche questo, oltre alla sciocca
profezia dell’uomo della tua vita? –
Mi portai la
mano al petto, come se mi avesse lanciato un pugnale tra una costola e
l’altra.
Non mi aspettavo
che potesse essere così stronzo con me.
- Severus, tu me
lo devi. Sai che me lo devi – sputai con tono aggressivo,
ancorandomi a tutto quello che potevo nel tentativo di convincerlo.
Mi
squadrò con gli occhi stretti a fessura, sibilò
le sue parole con una sorta di irritazione.
- E
perché dovrei essere in debito con te, di grazia? –
-
Perché tu mi ami – replicai semplicemente,
gettando alle ortiche tutta la modestia e la prudenza.
La mia baldanza
si spense però davanti al suo sorriso amaro, facendomi
capire che non era come pensavo io. Qualcosa era cambiato.
- Allora temo di
non doverti niente, Lauren Silente – mi informò
lui con uno strano brillio negli occhi – perché io
mi sono ufficialmente fidanzato due anni fa. E, come ben saprai, la mia
compagna non sei tu. –
***
Avevo bisogno di
respirare, di prendere dell’aria fresca, non volevo restare
nella Sala Grande per il pranzo.
Era tutto
così soffocante, così indiscreto, così
poco familiare.
Ero seduta tra
Minerva e Remus, fissata dagli alunni presenti che immaginavo si
stessero chiedendo chi fosse la donna depressa spuntata dal nulla, e
fissavo a mia volta i due piccioncini al centro del tavolo dei
professori.
Mi sporgevo
verso sinistra per prendere un pezzo di pane, del formaggio, la caraffa
del succo di zucca, solo per poter vedere l’immagine di
Pamela Creamy affiancata con aria deliziata a Severus.
Solo per potermi
fare del male.
Perché,
in fondo, sapevo da tempo di essere masochista.
- Non mangi,
Lauren? –
Sobbalzai
d’istinto nel sentire la domanda di Remus, feci cadere la
forchetta a terra attirando ulteriormente l’attenzione.
- Io…
no, non ho molta fame… - balbettai lentamente, chiedendomi
cosa mi avesse spinta a tornare in Inghilterra.
Ah, giusto, i
licenziamenti ingiustificati.
Peccato che
preferissi essere licenziata venticinquemila volte piuttosto che vedere
Severus in atteggiamenti affettuosi con quella donna.
Forse, se fosse
stata un’altra donna, avrei accettato la sua
felicità di buon grado.
Ma era quella
dannata Pamela Creamy, quella che avevo odiato a pelle senza nemmeno
sapere che fosse legata in quel modo a Piton.
-
Minerva… - sussurrai a fatica, sentendo un groppo stringermi
la gola - …credi che io possa uscire per qualche minuto?
–
- Ma certo,
Lauren, certo! – rispose lei con sollecitudine, aggrottando
la fronte con aria preoccupata – Non stai bene? Possiamo
chiedere a Madama Chips di… -
- No, no,
è solo un po’ di… malinconia, niente di
che… -
Mi alzai
rapidamente in piedi, sentii Hermione sussurrare qualcosa a Neville sul
fatto che dovevo essere rimasta davvero scossa dalla condizione di mio
nonno, avvertii gli occhi di Severus seguirmi fino all’uscita
dalla Sala Grande, corsi fuori nel giardino senza curarmi dei borbottii
curiosi degli studenti.
Corsi ancora,
fino a quando non mi sentii abbastanza lontana da tutto e da tutto,
corsi per stancarmi e lasciare che la mia mente si annebbiasse a dovere.
Era tutto
così ingiusto.
Stavo per
perdere mio nonno, mi era stato rubato Severus, e avevo tranciato di
netto i contatti con gli unici amici che io avessi mai avuto.
Perché
nella mia vita niente riusciva ad andare mai bene? Perché,
nonostante fossero passati già quattro anni, sembrava che
tutto fosse rimasto esattamente come prima?
- Una merda,
vero? – disse con tono sarcastico una voce alle mie spalle,
facendomi sobbalzare di nuovo.
Scoprii con
sorpresa che si trattava di Draco, d'impeto scattai in piedi e lo
strinsi in un abbraccio.
Solo dopo
qualche secondo mi resi conto del mio gesto da sprovveduta, ma per
fortuna lui non mi respinse bruscamente come sarebbe stato logico fare.
-
Come… come hai fatto a sapere che ero qui? E cosa ci fai
qui? –
Mi sorrise
debolmente, passandosi una mano tra i capelli come di consueto. Quel
suo gesto fece incrinare gli argini della mia resistenza emotiva.
- Sono venuto a
riportarti la bacchetta che ti ho sottratto ieri sera, in
qualità di Capo del Dipartimento Auror – rispose
lui, sedendosi con movimenti fluidi sul prato verde – E
naturalmente a controllare lo stato d’animo della mia
migliore amica –
Un altro
colpetto di sentimentalismo e la diga delle mie lacrime avrebbe
straripato.
Rimasi sorpresa
davanti alla naturalezza con cui disse quelle parole e alla nonchalance
con cui si accomodò per terra, sulla riva del lago, senza
curarsi del fatto che indossasse un elegante completo bianco.
A differenza
sua, io temevo di sporcare con la fanghiglia uno dei pochi indumenti da
strega che mi restavano, così mi appoggiai con la schiena ad
un albero di fronte a lui.
- Allora,
Silentina bella, cosa mi racconti? – esordì lui,
sottolineando con una sorta di piacere il soprannome che mi attribuiva
ai tempi della scuola.
Gli sorrisi
debolmente, senza riuscire più a sostenere il suo sguardo
con semplicità.
- Ormai tu sai
tutto della mia vita noiosa, dopo l’interrogatorio di ieri
sera – risposi lentamente, cercando di non fargli capire che
avrei voluto raccontargli la mia ultima terribile scoperta
perché avevo bisogno del suo sostegno – Io non so
niente di te, invece… sposato con tre figli, scommetto!
–
La risata
palesemente divertita di Draco mi scaldò il cuore, facendomi
ricordare quanto mi sentissi bene in sua compagnia. Aggrottai le
sopracciglia con fare interrogativo.
- Beh, vuoi
sapere perché rido? Sono scapolo e non ho neanche un figlio!
– confessò lui divertito, allargando il sorriso
davanti alla mia sorpresa.
- Non ci credo
che nessuna voglia accasarsi con te – replicai con decisione,
certa che mi stesse prendendo in giro.
- Infatti
è il contrario, cara Silente – rispose lui,
appoggiando anche la schiena a terra senza smettere di guardarmi
– Sono io che non voglio trovare compagna! –
Sorrisi
spontaneamente nel vederlo così spensierato e semplice,
faticavo davvero a credere che quel giovane uomo fosse a capo del
Dipartimento Auror dell’Inghilterra.
- Magari
è anche colpa del tuo lavoro… -
- Certamente lo
è, ma a me va bene così –
confermò Draco con leggerezza, prima di sfoderare un ghigno
lussurioso – E poi in questo modo sono libero di tenere
aperto il mio letto alle avvenenti aspiranti Auror…
–
Scoppiai a
ridere davanti a quella ammissione di colpa, non dubitavo del fatto che
il mio migliore amico potesse approfittare della sua posizione potente
per spassarsela un po’.
- Come mai hai
deciso di diventare Auror? –
Il suo sguardo
si adombrò un po’ davanti alla mia domanda, lo
vidi ritirarsi seduto e abbracciare le ginocchia con aria pensierosa.
- Sapevo che me
l’avresti chiesto… - commentò lui con
tono leggermente infastidito.
- Lo sapevi?
–
- E’
la domanda che ti ronza in testa da ieri sera… - rispose
lui, come se quella potesse essere una giustificazione.
- E da quando
sai cosa penso? –
- Da sempre,
più o meno. Naturalmente ora lo so con certezza, dato che la
Legilimanzia è diventata indispensabile per ricoprire il mio
ruolo… -
Lo studiai per
qualche secondo, in un tentativo di capire se si stesse inventando
tutto o meno. Emise uno sbuffo indispettito, guardandomi con un
sopracciglio alzato.
- Dico la
verità, stai tranquilla! –
Arrossii per
l’imbarazzo di essere stata scoperta a dubitare di lui. Era
però comprensibile avere dei dubbi, dopo quattro anni di
lontananza.
- Quindi,
perché hai deciso di farlo? –
- Colpa o merito
di mio padre, la cosa è piuttosto soggettiva… -
spiegò lui, mentre si tirava in piedi - Dopo la morte di
Voldemort è tornato alla base dai suoi cari amici
Mangiamorte, è stato catturato durante una missione e
l’hanno deportato ad Azkaban. Gli Auror non facevano che
torturarlo in modo disumano da mattina a sera, senza motivo…
-
Draco
sospirò, come se ricordare quelle cose gli facesse un male
terribile.
- Io dopo i
M.A.G.O. ero stato assunto al Ministero come Responsabile degli Affari
Interni, in quel periodo continuavano ad esserci dei sospetti sulle
numerose morti di detenuti ad Azkaban. Ai tempi non sapevo che
torturassero i prigionieri, avevo mandato degli ispettori per
verificare la situazione, ma loro avevano detto che non c’era
niente di illegale… - fece una breve pausa, strinse le dita
della mano in un pugno - …l’ho scoperto con
certezza solo pochi mesi dopo la morte di Voldemort, quando mi hanno
proposto di diventare Capo del Dipartimento Auror. Per farla breve, ho
accettato questo compito solo perché penso che, se noi siamo
i buoni, non possiamo permetterci di trattare i detenuti come degli
animali. Se io sono il Capo, nessuno oserà mai
più fare una cosa simile. -
Lo guardai
colpita, ma anche leggermente confusa. Se Draco aveva saputo delle
torture dopo aver accettato il compito, cosa lo aveva spinto ad
accettarlo?
- La morte di
mia madre – rispose lui automaticamente, forse sentendo di
nuovo i miei pensieri – E' stato mio padre ad ucciderla,
volevo prenderlo e fargliela pagare. All'inizio avevo accettato per
quello, perché credevo che da Auror mi sarebbe stato
concesso di fare tutto quello che ritenevo necessario per la sua
cattura. –
Annuii
lentamente, sentendo una leggera stretta al cuore al pensiero della
scomparsa di Narcissa.
Forse quella era
una delle cose che intendeva Severus quando aveva parlato di
“disgrazie accadute dopo la mia partenza”.
- Naturalmente,
come ti ho già detto, fare l’Auror è
anche molto utile per soddisfare diversi desideri… -
ripeté lui con tono malizioso, ammiccando al mio indirizzo -
…ma per te, anche se non ci tieni ad un lavoro, potrei anche
fare un’eccezione! -
Distolsi lo
sguardo, incapace di formulare una risposta a mio parere valida. Ero
imbarazzata dalla mia scelta, ma non volevo mentirgli.
- Ehi, Lauren!
– disse lui, richiamandomi alla realtà –
Stavo scherzando, naturalmente! Sai che non ti toccherei neanche con un
fiore… -
Fece un passo
verso di me, sorridendomi con fare rassicurante. Strinsi le labbra,
sentivo che era in mio dovere dirgli una cosa che non avevo mai
confessato a nessuno prima di quel momento.
- Hai
un’amica suora, Draco… - mormorai a sguardo basso,
cercando di buttarla sul ridere.
Percepii la sua
sorpresa, ma non la dimostrò all’esterno. Sentii
la sua mano spostare una ciocca dal mio viso, presi abbastanza coraggio
da guardarlo negli occhi.
- Vuoi dirmi che
tu, alla venerabile età di ventidue anni, sei ancora una
pura rosellina bianca? – scherzò
lui, senza prendersi gioco di me, solo per sdrammatizzare.
Sapevo che non
aveva alcuna intenzione di ferirmi o mortificarmi, ma mi ritrovai a
sospirare.
- Sì
– confessai brevemente, sentendo il sangue affluire alle mie
guance – Ecco perché non sarei mai stata bene in
Serpeverde… -
- Avrai i tuoi
motivi, immagino – osservò lui, dimostrando un
tatto che credevo fosse proprio solo di Blaise – Non
c’è niente di male! –
- L’ho
fatto per Severus, sai? Ci eravamo baciati, la sera prima della mia
partenza, e credevo che, in virtù dell’affetto che
provavamo uno per l’altro, sarebbe stato carino da parte mia
non consumare con altri uomini se non lui. Anche se non pensavo
l’avrei mai rivisto… anche se non è
servito a niente… -
Draco
sembrò per un attimo a disagio, forse per il mio discorso
troppo intimo, forse per qualcosa a me sconosciuto.
- Parli della
Creamy, immagino – mormorò lui con tono
contrariato, accompagnando il tutto con uno sbuffo.
- Non piace
neanche a te? – chiesi subito, speranzosa di un assenso.
- Non molto
–
Gli sorrisi
apertamente, confortata dal fatto che non fossi l’unica a non
sopportare quella donna. Allungai una mano esitante verso il mio amico,
la appoggiai sulla sua spalla per stringerla con affetto.
- Non mi
perdonerò mai il fatto di averti lasciato, Draco…
non so come ho fatto questi quattro anni senza la tua amicizia, senza
il tuo appoggio… -
Lui non rispose,
attese con pazienza che io finissi il mio discorso senza interrompere.
- E’
stato un periodo terribile, come ho raccontato anche ieri sera. Mi sei
mancato da morire, e con te anche gli altri, e ringrazio Merlino che tu
mi abbia riaccolta come prima, sei davvero un grande amico. Se posso
fare qualcosa per farmi perdonare, qualsiasi
cosa, basta dirlo… -
Il suo ghigno
malefico fece capolino sul suo viso angelico, dando vita a un contrasto
impareggiabile.
Avevo forse
detto “qualunque cosa”? Dannata me sentimentale.
- Dovendo
recuperare il tempo perduto, io voglio che tu venga a casa mia per un
lungo periodo di tempo – rispose lui, calcando sulle parole
con un certo gusto – Molto lungo, più di quanto
pensi! Voglio recuperare i quattro anni perduti!–
Se voleva farla
sembrare una minaccia, ci era quasi riuscito. Era il brillio di
compassione nei suoi occhi che mi faceva capire che era solo una scusa
per allontanarmi dalla coppia Creamy/Piton.
- Come lei
desidera, signor Malfoy – disse con tono servizievole,
abbozzando una riverenza.
Draco
scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Certe cose, per
fortuna, non cambiavano mai.
- Non credere
che sarà una vacanza, eh! – mi minacciò
scherzosamente lui, agitandomi contro la mia bacchetta.
- No, signor
Malfoy – ripetei con lo stesso tono di prima, accentuando la
profondità del mio inchino e la larghezza del mio sorriso.
- Ah, stolta
ragazza! – sentenziò allora, fingendo di essere
irritato – Non hai ancora idea di quello che ti
farò per vendicarmi del tuo abbandono! –
Lo guardai con
una sorta di espressione di sfida, scatenando uno scintillio pericoloso
nei suoi occhi.
- E cosa
vorrebbe farmi, signor Malfoy? – chiesi spavalda, con un tono
sdegnoso alla Bellatrix.
Draco
avanzò con decisione verso di me, sembrando
all’improvviso un pericoloso predatore che aveva avvistato
qualcosa di molto prelibato. Per un soffio evitai di rabbrividire
automaticamente dalla paura.
Era sciocco
temere qualcosa dal mio migliore amico, no?
- Cosa vorrei
farle, signorina Silente? – sibilò lui,
bloccandomi i polsi con le sue mani contro il tronco
dell’albero a cui ero appoggiata, facendo scivolare una della
sue gambe in mezzo alle mie per costringermi a divaricarle –
Cose peggiori di quanto lei possa immaginare… -
I battiti del
cuore accelerarono d’istinto, la temperatura salì
improvvisamente mentre mi ritrovavo ad arrossire in modo più
che vistoso.
Chiusi gli
occhi, cercando di respingere il pensiero che mi aveva attanagliato la
testa.
- Rilassati,
Lauren – sussurrò allora Draco, con tono divertito
– Proprio non riesci a capire che ti puoi fidare di me
–
Mi
lasciò andare dandomi un buffetto sulla spalla.Dopo trenta
lunghi secondi riaprii gli occhi sentendomi le gambe come ricotta.
- Sei
uno… uno scemotto… - balbettai io, indispettita
dal fatto che fosse bastato così poco per sconvolgermi.
- Sono
irresistibile, eh? – replicò lui, senza smettere
il suo ghigno malizioso.
Aspettò
che mi riprendessi, poi mi fece cenno di seguirlo verso il castello.
Disse che sarebbe stato meglio chiedere a Severus se potessi essere
ospitata da lui per qualche giorno.
Per tutto il
discorso che intercorse tra lui e Piton, continuai a fantasticare sulla
strana sensazione che mi era stata donata dopo quattro anni dal mio
migliore amico.
Almeno fino a
qualche battuta prima della fine della loro conversazione.
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