Everything fades to gray

di Lady Lynx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Alla faccia della coerenza ***
Capitolo 3: *** L'Espresso di Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Spiegare l'inspiegabile ***
Capitolo 5: *** Luci e scottature ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Everything fades to gray

0. Prologo


Non è possibile cancellare il proprio passato.
Per quanto ci si sforzi di sfregare la carta dei ricordi con la gomma dell’oblio, resta sempre un segno capace di riportare a galla tutto quello che è stato cancellato.
Non è possibile dimenticare, non quando farlo renderebbe tutto troppo semplice.
La vita vissuta solo in gioia e serenità non è degna di essere chiamata, appunto, vita.
E’ per quello che sei lì, ragazza confusa, davanti allo specchio che ti rimanda un’immagine di te troppo simile a quella che dovrebbe essere morta.
E’ per la forza dell’amore, troppe volte rinfacciata davanti ai tuoi occhi, che non provi neanche a lasciarti alle spalle il tuo antico mondo.
Speri che tutti stiano bene, quelli che hai lasciato nel tuo paese natale, e che abbiano ottenuto l’insperata vittoria sul simbolo del male.
Sai che non è così, il dannato messaggero che ti trova anche quando sei così abile da sparire nel nulla non si fa scrupoli a dirti che lui ti sta ancora aspettando.
E tu pensi, pensi al tuo biondo e nobile amico, poi a quello sensibile e forse ormai sposato, infine al coraggioso e impetuoso prescelto che non avevi apprezzato all’inizio.
La tua mente dipinge poi immagini di uomini, tutti diversi ma fondamentali nei nove mesi che hanno segnato la tua vita. Il biondo, il canuto, il tenebroso, l’affascinante, il licantropo.
Guardi l’orologio, capisci che è tardi, ti infili la camicia per andare al lavoro.
E’ il 30 agosto, sono passati quattro mesi dalla tua assunzione, speri che questa volta non ti aspetti la solita sorpresa sgradita.
Sospiri, tenti di buttare fuori l’ansia che porti nel tuo cuore per la fatica di dover reprimere la magia che ti scorre nelle vene, per la difficoltà nel nascondere la ragazza che sei stata e che desidereresti non essere mai più.
Sai che c’è ancora un po’ – o forse ancora molto – di lei sepolto dentro di te.
Preghi, preghi che la routine non si ripeta anche oggi.
Esci di casa, cancelli con un colpo di spugna i pensieri che ti legano al passato, ostinata e concreta come sempre. Non cederai mai, vero?
Ricordati che i residui restano, piccola.
Sono quelli a ricostruire tutto quando meno te lo aspetti.


Note dell'autrice

Buonasera a tutti!
Vi ringrazio se siete arrivati a questo punto della pagina, perchè vuol dire che con ogni probabilità avete letto interamente il prologo.
Quest'ultimo è volutamente breve, dato che vuole essere una semplice introduzione alla storia.  I capitoli saranno invece molto più consistenti e densi di eventi - o almeno questo è quello che spero di produrre.

Per chi già mi conosce: finalmente ho deciso di provare a scrivere il seguito che mi avevate chiesto, nonostante abbia ancora sulle spalle il peso di Apeiron (ovvero la storia infinita, in tutti i sensi) ^^
Per chi non mi conosce: questa storia è il seguito di una mia precedente long-fic, Weight of the World. Non è necessario averla letta per poter capire Everything fades to gray, dato che mi premurerò di inserire delle note con riferimenti agli avvenimenti passati quando ce ne sarà bisogno. Se avrete domande o dubbi sempre sulla long-fic che precede questa, non esitate a chiedere e io vi risponderò.

Non so con quanta regolarità aggiornerò, essendo presa tra concorsi di fan-fiction, stesura di Apeiron e impegni nella vita reale. Spero comunque che i miei vecchi lettori continuino a seguirmi e che che ne siano anche di nuovi ;)

Lady Lynx

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Capitolo 2
*** Alla faccia della coerenza ***


Everything fades to gray

1. Alla faccia della coerenza

- Alexis Riddance! Alexis, il capo ti vuole nel suo ufficio! –
Alzai lo sguardo dal quotidiano che stavo leggendo, prima di riporlo con cura nel cassetto della mia scrivania e chiuderlo a chiave. Intascai la custode dei miei segreti e mi diressi rapidamente verso il famigerato ufficio di Alexander Benton, direttore del Toronto Star.
Bussai leggermente alla porta, prima di entrare a testa bassa. Se proprio avessi voluto giocarmi il lavoro, l’avrei fatto con più classe.
- Si sieda, Miss Riddance – mi esortò lui con voce severa, facendo scorrere il suo sguardo sulla mia intera persona.
Mi accomodai davanti a lui, sempre evitando di guardarlo dritto negli occhi. Molte persone erano state licenziate per molto meno di uno sguardo diretto di troppo. Non volevo dargli un motivo per fare altrettanto con me.
- Miss Riddance, lei è alle nostre dipendenze ormai da quattro mesi. Ha sempre lavorato assiduamente, si è occupata degli articoli a lei assegnati con puntualità e impegno, non trovo niente di cui lamentarmi neanche riguardo alla sua condotta in redazione. Nonostante questo, credo che per la sua carriera sia ora di giungere a un termine. –
Sentii la bocca del mio stomaco chiudersi in una morsa, ripetei nella mia mente il mantra che mi imponeva di stare tranquilla. Non riuscii a calmarmi.
- Sì, Miss Riddance, mi trovo costretto a licenziarla. Questa è la comunicazione ufficiale, mi aspetto che tra pochi minuti lei abbia liberato la scrivania da tutti i suoi oggetti personali. Ora può andare. –
Mi alzai docilmente dalla sedia che mi aveva trattenuta per pochi minuti, giusto il tempo di ricevere l’ennesima stangata, dirigendomi verso la porta.
Quella volta però non uscii diretta, non feci come le precedenti dieci in dieci differenti uffici. Mi voltai senza pensarci, guardai dritta negli occhi il temibile Alexander Benton e notai che era un uomo come tutti gli altri. Capii che potevo pretendere anch’io di avere diritto a una spiegazione.
- Perché ha deciso di sbarazzarsi di me nonostante il mio comportamento lavorativo non abbia nessuna pecca, Mister Benton? Perché tutti i miei datori di lavoro, dopo qualche mese, decidono che il mio impegno non è abbastanza per essere mantenuta nella loro redazione a lungo? Esiste un motivo plausibile per spiegare i miei inspiegabili ma ripetuti licenziamenti? – chiesi pacatamente, cercando di nascondere il veleno che mi stava penetrando nell’anima.
Il  direttore mi guardò perplesso, prima di assumere un’espressione leggermente colpevole.
- Non credevo che lei fosse stata licenziata in precedenza, Miss Riddance… ha ottime credenziali… -
- Dieci volte – replicai seccamente, forse troppo per risultare educata come avrei dovuto – sempre senza motivo. Le sarei quindi grato se questa volta, almeno questa volta, lei mi desse una ragione per l’improvvisa decisione di allontanarmi. Mi basta anche una bugia. –
L’aria colpevole sul viso di Alexander Benton sembrò ancora più marcata, mentre la sua elegante mano scivolava sotto una pila di carte per estrarne un foglio spiegazzato.
- La verità, Miss Riddance, è che lei sembra avere un nemico piuttosto influente nei piani alti. Mi è stato intimato di licenziarla al più presto, altrimenti sarei stato io a rimetterci il posto… – spiegò lui con tono grave, appoggiando di nuovo i suoi occhi stanchi sul foglio che teneva in mano – La stessa cosa, da quanto ne so, è capitata anche alla direttrice del Daily Montreal, la mia cara amica Elise Dupont. Sì, Miss Riddance, credo proprio che lei non stia simpatica a una o più persone socialmente potenti. –
Un lampo di sospetto attraversò la mia mente, ma cercai di reprimerlo con la razionalità.
- Posso sapere da dove è arrivata la lettera che la invitava a licenziarmi? –
Alexander Benton sembrò interdetto, stropicciò il foglio con evidente disagio.
- Io, ecco… - mormorò lui guardandosi attorno - …non mi prenda per pazzo, Miss Riddance, ma è stata portata da un gufo. Sì, proprio uno di quei volatili notturni con… -
- Grazie per l’informazione, Mister Benton – lo interruppi, mentre le mie mani iniziavano a tremare di rabbia – Le auguro un sereno proseguimento di giornata! –
Prima che lui potesse replicare in alcun modo, uscii dall’ufficio e mi diressi verso la mia scrivania per svuotarla. Ammassai le vecchie copie del Daily Prophet in una scatola di cartone, insieme alle brevi bozze dei miei articoli e ad alcune caramelle al limone.
Senza salutare nessuno, ma fissata da tutti i presenti, salii sull’ascensore e, una volta arrivata al piano terra, attraversai in un ticchettare di scarpe eleganti l’atrio del grattacielo che ospitava la redazione del Toronto Star.
Chiamai un taxi, afferrai il mio cellulare, prenotai d’istinto il primo volo per Londra.
Ero stufa di quella situazione, ero stufa di subire senza poter reagire personalmente, era ora di tornare alle origini.
Mi bloccavano solo il timore di mettere in pericolo le persone che più amavo e la volontà di non cedere a quel dannato che mi perseguitava solo per ottenere il mio rientro in Europa.
Pochi secondi dopo la mia chiamata ripresi il cellulare per disdire immediatamente il volo. Capii di essere stata troppo impulsiva.
Quando però, arrivata al terzo piano del grattacielo in 5th Avenue, vidi che il mio incubo mi aspettava con sguardo soddisfatto davanti alla porta del mio appartamento, persi di nuovo le staffe e dissi addio ai miei timori.
Se fossi uscita viva da quel confronto, avrei fatto al più presto le valigie per rimettere piede in Inghilterra e mai, mai più, avrei lasciato che fosse una fuga a tentare di risolvere i miei problemi.

***

Alexis Riddance era Lauren Silente.
O, per meglio dire, Lauren Silente era Alexis Riddance.
Lauren Silente era stata idealmente sepolta il 9 giugno del 1998 e, precisamente lo stesso giorno, era nata Alexis Riddance.
Lauren Silente era una ragazzina di diciotto anni appena compiuti, con i capelli crespi e fitti come la boscaglia da cui prendevano il colore, con anonimi occhi castani e con la grande paura che a causa sua le uniche persone sulla Terra che fossero in grado di amarla per quello che era venissero uccise.
Alexis Riddance era stata dapprima una ragazzina di diciotto anni appena compiuti, proprio come Lauren, con l’unica differenza della perfezione fisica donata dalla grande abilità di Trasfigurazione di due professori di Hogwarts. Lo era stata, ma solo nel tragitto da Londra a Toronto.
In quel momento, era una donna di ormai ventidue anni e non aveva assolutamente niente di perfetto. Aveva anzi ereditato i capelli cespugliosi e lo sguardo anonimamente marroncino della predecessora.
Alexis aveva deciso, una volta atterrata in Canada, che non avrebbe mai più usato la magia e che si sarebbe tenuta alla larga dal Mondo Magico.
Era per quel motivo che si era liberata dal corpo perfetto che le era stato fornito dalla magia stessa per tornare ad essere quella che era in precedenza.
Era Alexis Riddance nella mente e Lauren Silente nel fisico.
Il primo anno non era stato facile, per lei. Trovare una casa come tutti i Babbani, senza l’ausilio della bacchetta, aveva richiesto tutta la sua forza di volontà. Aveva lavorato come commessa, come baby-sitter e come cameriera in un fast food.
Fino a quando un cliente abituale di Tim Horton’s, un popolare locale della zona, non aveva letto i suoi appunti lasciati per caso su un tavolo e non le aveva proposto di chiedere un colloquio per lavorare al giornale del paese.
Era arrivata in alto, Alexis Riddance, prima del suo licenziamento. Il gentile direttore che l’aveva buttata fuori dalla sua redazione senza motivo – lo stesso che le aveva proposto di presentarsi per chiedere lavoro – le aveva però lasciato ottime credenziali in modo che potesse farsi assumere senza difficoltà da altri giornali.
Alexis Riddance aveva posto il suo nome sotto decine di articoli dei più disparati tipi, appartenenti a diversi quotidiani della regione dell’Ontario, fino a quella mattina.
Fino a quando anche Alexander Benton non era stato costretto a licenziarla e lei non era rimasta di nuovo senza lavoro. Di nuovo senza speranze.

***

Lasciai cadere a terra la scatola che tenevo in mano, quella ricolma della mia roba, prima di incrociare con ostinazione le braccia.
- Togliti da lì. Sei irritante. Se non te ne vai chiamo la polizia. – snocciolai gelida, mentre il calore della rabbia mi divorava le viscere.
- Non fare così, piccola Silente… non te la sarai mica presa, vero? –
Mi infilai le unghie della mano destra nell’avambraccio, reprimendo il mio istinto di strozzare con le mie stesse mani quel dannato individuo che mi perseguitava ormai da tre lunghi anni.
Avevo cambiato casa innumerevoli volte, anche per questioni lavorative che riguardavano il giornale per cui ero dipendente al momento, ma lui era sempre riuscito a trovarmi. Presto o tardi, tornava all’attacco con un’abilità inaudita.
- Non capisco cosa tu voglia dirmi chiamandomi in quel modo. Mi chiamo Alexis Riddance e non conosco nessuna “piccola Silente” – sbottai acidamente, avanzando verso di lui con aria aggressiva.
- Come preferisci, Alexis Riddance – ripeté il disgraziato, sfoderando un sorriso irritante – spero comunque che questo ennesimo licenziamento ti stimoli a rimettere i tuoi bei piedini in Inghilterra e a contattare al più presto il Signore Oscuro. Sai, è ansioso di vederti… -
- Non mi interessa di quel pazzo omicida – replicai d’istinto, prima di accorgermi del mio passo falso – anche perché non so chi sia –
L’uomo scoppiò in una risata soddisfatta, prima di puntarmi addosso la sua bacchetta. Per un attimo mi pentii di essermi ripromessa di non usare più la mia.
- Sai, Silente, mi chiedo quando smetterai di rinnegare quello che sei –
- Io invece mi chiedo quando ti deciderai a lasciarmi in pace –
- Solo quando tornerai in Inghilterra come il mio Signore desidera –
- Allora credo che ci rivedremo di nuovo – sospirai rassegnata, estraendo un mazzo di chiavi dalla tasca dei miei jeans – e ora lasciami in pace o chiamo la polizia –
Avanzai con aria decisa verso di lui, che però non si mosse. La sua ostinazione non mi sorprese, il suo obiettivo era rovinarmi la vita ed evidentemente per quel giorno il licenziamento non bastava.
C’era però un punto a suo favore: mai una volta in tutti i nostri incontri aveva anche solo tentato di affatturarmi. Gli sarebbe stato semplice, in fondo, dato che io ero sempre disarmata e sola.
Non l’aveva mai fatto, nonostante cercasse sempre di intimidirmi puntandomi addosso la sua bacchetta.
Forse era troppo semplice da non essere divertente, chissà.
- Te ne vuoi andare? – sibilai minacciosa, imponendomi di non rompere la mia promessa solo per farla pagare a quel damerino scocciatore – Non costringermi a usare la bacchetta! –
- Ah, quindi ammetti di essere una strega, ora! Silente, mi sorprende la facilità con cui ti fai aggirare da me! –
Decisi di smettere per un attimo la mia copertura da brava giornalista Babbana, sapevo che con quel dannato Mangiamorte sarebbe stato inutile continuare a fare la finta tonta.
- Ascolta, leccapiedi del caro Signore Oscuro, perché non mi ripeterò. Non tornerò in Inghilterra solo perché continui a farmi licenziare ogni volta che trovo un lavoro decente e se anche dovessi farlo non verrei comunque a fare una visita di cortesia al tuo capo dato che me ne sono andata da lì proprio per evitare che mi perseguitasse! –
- Perché questa volta non ti credo sincera, Silente? – sentenziò lui con un ghigno saccente, prima di sparire in un battito di ciglia come era suo consueto.
Perché non mi credeva? Forse perché il giorno seguente, una volta raccolti i miei averi e risistemato con la magia il mio Passaporto, mi ritrovai volontariamente imbarcata su un last-minute per Londra.
Alla faccia della coerenza.


Note dell'autrice

Ciao a tutti!
Sono appena tornata da una settimana di vacanza e sono rimasta davvero sorpresa quando ho visto che il piccolo prologo di questa storia aveva già ricevuto ben sei recensioni! O.O
Vi ringrazio per il vostro affetto, siete davvero fantastici! Grazie a Danielle_Lady of Blue Roses, mistero, Piccola Vero, rorothejoy, _ki_ e _NeMeSiS_ che hanno aggiunto la storia tra le Seguite e a dream, Gin_ookami97, Effylover, HermioneForever92, jillien, La principessa mezzosangue e 
_NeMeSiS_ che l'hanno inserita tra le Preferite.
Spero che questo primo capitolo vi possa piacere, a presto!

_ki_: mi fa piacere che la mia e-mail non ti abbia dato fastidio, di solito sono contraria alla pubblicità occulta ma in questo caso mi sentivo di informare tutti i vecchi lettori ^.^  Ecco qui un breve stralcio della vita di Lauren lontana dall'Inghilterra, spero che abbia placato un po' la tua curiosità. Grazie per la recensione!
Piccola Vero: è sempre bello ricevere delle recensioni così entusiaste, è questo che mi ha spinto a progettare un sequel, alla fine! ^.^ Il ringraziamento quindi va a te e a tutti i lettori che continuano a darmi fiducia. Spero che questo capitolo ti piaccia!
Atari: nonostante il suo caratteraccio e tutto il resto, Lauren ha quindi trovato qualcuno che le vuole bene! xD E' fantastico sentirsi dire che il proprio personaggio originale, battezzato all'inizio come una Mary Sue, è riuscito a emergere e a fare vedere degli aspetti un po' meno "marysueschi". Grazie per la recensione e... gli auguri!
La principessa mezzosangue: informarti è stato un piacere, temevo solo che a qualcuno potesse dare fastidio ma per fortuna così non è stato ^.^
HermioneForever92: proprio così, Lauren è ancora radicata alla sua vita passata nonostante abbia provato di tutto per staccarsene... ma il passato ritorna sempre! xD  Sono felice di sapere che il prologo ti sia piaciuto, temevo fosse troppo breve o enigmatico. Grazie per la recensione!
Valery_Ivanov: per fortuna la mia pubblicità non ti ha dato fastidio, era una mia grande paura! Per ora è presto per parlare di finale, ma chi lo sa cosa potrà mai produrre la mia mente pazza xD Intanto spero che l'inizio sia abbastanza promettente. Grazie per la recensione!

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Capitolo 3
*** L'Espresso di Hogwarts ***


Everything fades to gray

2. L'Espresso di Hogwarts

Ero tornata in patria, alla fine.

La mia voglia di farla finita con la sequela di immotivati licenziamenti aveva prevalso.
O almeno, era quello il motivo che mi ero data per mettere a tacere la mia coscienza. Mi ero rimproverata per tutto il viaggio in aereo il fatto di essere stata così debole da osare rompere la mia promessa, quando credevo che la sicurezza delle persone a cui volevo bene sarebbe sempre stata un ottimo deterrente per la mia eventuale voglia di ritorno.
Non sapevo quanto tempo avrebbe impiegato il mio incubo a sapere del mio rimpatrio, ma francamente non mi interessava molto.
La mia prima missione consisteva nel trovare un modo per raggiungere la mia prima vera casa, il resto sarebbe venuto da sé. Ero nell’Heathrow Airport di Londra da ore, attendevo solo che spuntasse fuori il sole per poter prendere un taxi e allontanarmi dalla città abbastanza da potermi alzare in volo con la mia fedele White Wings. Speravo di riuscire a raggiungere Hogwarts, anche se forse Grimmauld Place sarebbe stato un obiettivo più semplice.
Il problema che vagava per la mia testa era però la reazione avuta da Sirius davanti al mio addio. Non ero certa che sarebbe stato felice di riaccogliermi, mentre con mio nonno avevo l’ospitalità in tasca senza alcun dubbio. Mi alzai da uno dei tanti scomodi sedili posizionati in fronte al tabellone degli arrivi, notando solo in quel momento che era già arrivato il primo giorno di settembre.
Grazie al fuso orario avevo passato l’intera giornata in volo ed ero arrivata proprio il giorno stabilito per la riapertura della Scuola di Hogwarts.
“Forse” mi dissi con un sorriso furbetto “forse potrò arrivare a casa senza passare ore a volare sulla scopa”

***
Avevo preso un taxi, come ormai era mia abitudine, e alle sette in punto mi trovavo davanti alla stazione ferroviaria di King’s Cross.
Avrei dovuto imparare a Smaterializzarmi, prima o poi, dato che le mie finanze iniziavano a soffrire il peso dei miei continui spostamenti in stile Babbano e i vari imbrogli dei tachimetri.
Mi appoggiai con noncuranza al pilastro che segnava la separazione dei binari 9 e 10, attraversai in modo fluido la barriera trovandomi davanti al famoso binario 9 e ¾. Era ancora deserto, in effetti era presto per precipitarsi a scuola. Cercai di mimetizzarmi con le mura mentre la pensilina si riempiva sempre di più di genitori, gabbie di gufi, marmocchi urlanti e ragazzi con espressioni depresse dipinte sul volto.
Da lontano riconobbi Rebecca Johnson e Mark Baston che si stavano baciando. Non ebbi il coraggio di avvicinarmi per disturbarli, sarebbe stato scioccante per loro e poco discreto da parte mia.
Osservando la gente che sciamava davanti ai miei occhi, mi accorsi di ricordare più volti che nomi. Con mio grande dispiacere notai che nessuno sembrava invece prestare attenzione a una ragazza sulla ventina, addossata al muro sotto il cartello del binario come per mimetizzarsi.
Nessuno sembrava aver riconosciuto me.
Erano ormai le otto meno un quarto quando decisi di compiere l’azione clandestina che tanto avevo progettato nella mia mente. Approfittando del fatto che nessuno mi stesse guardando – tutti gli studenti erano presi a salutare i loro genitori – salii sul treno e mi infilai in uno scompartimento vuoto, tirando le tende. Ero certa che sarei rimasta sola per tutto il viaggio.
“Insomma, chi entrerebbe in uno scompartimento occupato e con le tende tirate quando ce ne sono decine di altri più luminosi e per giunta liberi?”
Dopo aver fatto quel patetico ragionamento mi resi conto che il fuso orario aveva ridotto il mio cervello a una pappetta di deliri e neuroni. Appoggiai la mia borsa sul sedile di fianco al mio, chiusi gli occhi per una frazione di secondo e all’improvviso non sentii più altro che il mio respiro calmo e regolare.
Mi sembrò di aver semplicemente sbattuto le ciglia quando le mie orecchie mi comunicarono che eravamo in viaggio.
- Io non credo che sia una professoressa… è troppo giovane! – disse una acuta voce femminile, probabilmente appartenente a una ragazza posizionata di fronte a me.
- Infatti, Stefanie, i professori non prendono il treno ma al massimo si Smaterializzano! – rimarcò un’altra voce, questa volta maschile, dal mio fianco.
- Beh, quando si sveglierà vedremo! Se avrò ragione, mi dovrete tutti e due cinque Cioccorane! – rispose stizzita un’ultima flebile voce femminile, che immaginai essere quella di Stefanie.
Restai con gli occhi sigillati ancora per qualche secondo, in attesa che i miei indesiderati ospiti dicessero altro che potesse fornirmi ulteriori informazioni, ma sembrava essere caduto il silenzio.
Il mio stomaco gorgogliò rumorosamente avvertendo me e tutti i presenti del fatto che stessi letteralmente morendo di fame.
- Merlino, cos’è stato? Un temporale? – borbottò il ragazzo, urtando la mia gamba probabilmente per affrettarsi a vedere fuori dal finestrino.
- No, è stata la mia pancia – risposi io con un sorriso autoironico – e credo proprio che lei pensi sia ora della pappa! –
I tre mi guardarono con tanto d’occhi, come se fossero stati certi che io non fossi capace di parlare. La ragazzina bionda che stava davanti a me, la più piccola tra di loro, mi fissò con due curiosi occhioni celesti.
- Lei è una professoressa? – mi chiese con tono implorante, scuotendo i suoi lunghi capelli biondi.
Esitai a rispondere a causa della sua incredibile somiglianza con Astoria Greengrass, la mia storica nemica.
- No, ma diciamo che è come se lo fossi – replicai lentamente, sorridendo davanti ai loro sguardi confusi.
- Cosa intende dire? – chiese sospettosa la seconda ragazza, forse la più grande dei tre, fissandomi da dietro le sue grandi lenti da vista.
- Voglio dire che non sono una studentessa come voi ma che non sono nemmeno stata assunta come professoressa – risposi gentilmente, alzandomi in piedi per sgranchire le mie povere ossa assopite dal lungo sonno – non ancora, almeno –
- Non dovrebbero già essere decisi i professori, al nostro arrivo? – protestò con tono vivace il ragazzo, guardandomi come se fossi pazza.
- Non sempre –
Il mio pensiero volò verso mio nonno e la sua stravaganza, ero certa che sarebbe in qualche modo riuscito a trovare un posto da professoressa anche per me a costo di inventarsi qualche nuova materia di studio.
Odiavo le raccomandazioni e i favoritismi, ma considerando le mie finanze prosciugate ero certa che quella volta li avrei accettati di buon grado.
- Sapete se si può reperire qualcosa da mangiare su questo treno? –
Stefanie si alzò in piedi, facendomi cenno di seguirla. Sentii gli altri due iniziare a parlottare freneticamente quando io e la ragazzina uscimmo dallo scompartimento.
- Troveremo sicuramente qualcosa da mangiare, ma non più di qualche dolce… mangeremo abbastanza per una settimana, quando arriveremo a Hogwarts! – mi spiegò lei con tono pratico, come se non fosse stata del primo anno come invece io credevo.
- E’ da molto che frequenti Hogwarts? –
- Sono al quarto anno, ormai – mi guardò come per studiare la mia reazione – so che sembro molto più piccola, ma purtroppo la genetica è una brutta bestia –
Mi rivolse un sorriso luminoso che mi ritrovai costretta a ricambiare. Da quel momento in poi camminammo in silenzio per i corridoi deserti, notando a volte alcuni visi spiarci dai finestrini degli scompartimenti, fino a quando non arrivammo nel vagone ristorante. O almeno qualcosa che sembrava assomigliarci.
- Ecco, quella è la signora dei dolci. Può chiedere a lei cosa è rimasto dal primo giro di vendite… -
Mi avvicinai alla donna che mi aveva indicato Stefanie, lei si voltò verso di me con un sorriso prima di rivolgermi un’occhiata sorpresa.
- Buonasera, cara – mi salutò lentamente – cosa posso fare per te? –
- Volevo sapere se per caso fosse rimasto qualcosa da mangiare – risposi con cautela, cercando di capire perché mi stesse guardando con una tale intensità.
- Ho ancora degli Zuccotti di Zucca, alcune Gelatine Tuttigusti +1, un paio di Cioccorane e anche gli Scarafaggi a Grappolo –
- Mi dia gli Zuccotti e le Cioccorane, per favore – mormorai in risposta, mentre allo stesso tempo cercavo le monete per pagare nella tasca dei miei jeans, pensando a quanto la mia linea avrebbe risentito di quello spuntino fuoripasto.
All’improvviso capii: la signora era rimasta scioccata dal mio abbigliamento evidentemente Babbano. I suoi occhi si allargarono ulteriormente nel vedere le mie mani posare sul bancone alcune sterline.
- Oh, diamine! – borbottai dandomi una manata sulla fronte – Mi sono completamente dimenticata di cambiare i soldi! Tenga pure i dolci, signora, purtroppo non posso pagarla con queste… -
- Pago io! – intervenne all’improvviso Stefanie, lanciando un paio di Falci nelle mani della donna – Professoressa, prenda pure le sue provviste! –
- Professoressa? – ripeté la signora dei dolci con aria corrucciata, mentre intascava le Falci di Stefanie – Non mi era stato detto nulla riguardo a una nuova insegnante, quest’anno! –
La situazione si stava facendo difficile. Mi ricordai perché Lauren Silente era solita non mentire, nella sua precedente vita: perché non era capace di farlo!
- Non sono ancora stata assunta – risposi brevemente, imponendomi di non arrossire – ma spero di riuscirci presto –
La signora mi lanciò un’occhiata scettica, Stefanie mi trascinò fuori dal vagone ristorante con sollecitudine. La seguii senza esitare, certa che in qualche modo avrei pagato quella mia azione sconsiderata. Arrivare tutta intera a Hogwarts non sarebbe stato così facile come pensavo, ormai ne ero certa.
Sobbalzai stupita quando mi accorsi che la mia guida ufficiale non mi aveva fatta entrare nel nostro precedente scompartimento ma in quello che sembrava essere un gabinetto.
- Ma cosa stai…? – protestai confusa, mentre lei mi appoggiava una mano sulla bocca.
- Silenzio, professoressa – mi ordinò lei con serietà – sono certa che la signora dei dolci abbia deciso di chiamare le guardie del treno perché la ritiene un’intrusa qui sopra. Io mi fido di lei, il mio istinto mi dice così. Non voglio che le guardie la portino al Ministero, ma lei mi deve dire la verità! –
La sua secca decisione e i suoi occhi brillanti di fiducia mi lasciarono leggermente sconvolta. Aveva davvero solo quattordici anni?
- Le guardie del treno? – domandai interdetta, mentre un rumore di passi si avvicinava al cubicolo dove eravamo rinchiuse.
Prima che Stefanie potesse dire qualcosa, qualcuno bussò alla nostra porta.
- Chi c’è lì dentro? Nome, cognome, Casata e anno, per favore! –
- Stefanie Dwight, Corvonero, quarto anno! – rispose la ragazza con voce forte e chiara, intimandomi con gli occhi di non aprire bocca.
Un rumore di carta sfogliata e un grugnito di approvazione, prima che la voce rispondesse alle parole della ragazza.
- Bene, scusami per il disturbo! –
I passi si allontanarono rapidamente, mentre la voce dell’uomo che aveva bussato alla nostra porta urlava un “non è qui!” con tutto il fiato che aveva in corpo.
- Auror – mi spiegò infine Stefanie – pattugliano il treno da tre anni, ormai. E’ per la sicurezza, da quando Antonin Dolohov ha fatto una strage di studenti salendo qui indisturbato, nel 1998… ma lei lo sa meglio di me, no? –
- No – esalai io, con il cuore stretto in una morsa al pensiero di quante cose avessi potuto perdermi in quegli anni lontana da casa – no, sono arrivata poche ora fa dal Canada… non lo sapevo… -
- Beh, ora lei sa chi sono io grazie agli Auror – replicò lei con aria furbetta – ma io non so chi è lei, quindi… -
Sospirai teatralmente, facendo nella mia mente una rapida selezione tra le cose che avrei potuto dire a quella ragazzina e quelle che sarebbe stato meglio evitare. Per quanto lei si fidasse ciecamente di me, io non ero sicura di poter ricambiare altrettanto facilmente.
- Mi chiamo Lauren, Lauren Riddance… - confessai controvoglia, mentre non potevo evitare di fissare con desiderio lo Zuccotto che tenevo stretto tre le mani – non sono una professoressa, come avrai ormai intuito, ma sono una… amica del Preside, sì. Lui non sa che avevo intenzione di recarmi da lui e per questo ho deciso di salire sull’Espresso di Hogwarts. Non ho alcuna intenzione di fare una strage di studenti, ma questo mi sembra abbastanza evidente… -
- Perché non si è Smaterializzata al posto di prendere il treno? – chiese lei incuriosita, ma senza l’aria di accusa che mi sarei aspettata – John e Victoria sostenevano che lei fosse un’intrusa proprio perché non è molto logico vedere un adulto, se non la signora dei dolci e a volte gli Auror, qui sull’Espresso… -
- Non l’ho fatto semplicemente perché non ne sono capace –
La mia risposta sembrò lasciarla sbigottita, mi scrutò con attenzione mentre mettevo finalmente qualcosa sotto i denti dimostrando grande soddisfazione.
- Ma com’è possibile? Lei ha sicuramente più di diciassette anni… o no? –
- Certo che sì, ma ho avuto dei problemi durante il mio sesto anno che non mi hanno permesso di partecipare al regolare Corso di Smaterializzazione – spiegai mentre assaporavo il dolce sapore dei prodotti magici che tanto mi erano mancati – e quindi di solito viaggio sul manico di scopa o, a volte, sui mezzi di trasporto Babbani –
Stefanie non mi rivolse più la parola, si chiuse in un riflessivo silenzio probabilmente per elaborare un giudizio sulla mia persona. Il treno sembrò iniziare a rallentare e lei si riscosse dal torpore. Con mio grande disappunto mi accorsi che io, presa come lei da un vortice di pensieri, avevo divorato tutti i dolci.
- Ti devo dieci Falci – commentai come per segnarmelo nella mente – e un favore grande come una casa –
Appoggiai la mano sulla porta del bagno, pronta ad scendere dall’Espresso per fiondarmi da mio nonno prima che gli Auror decidessero di riprendere a darmi la caccia.
- No, professoressa, non lo faccia! – urlò Stefanie, mentre spalancavo l’apertura che dava sul corridoio del treno.
Una frazione di secondo prima che capissi l’imprudenza che avevo compiuto senza pensare razionalmente, sentii una mano afferrare i miei capelli, un’altra spingermi faccia al muro e una decina di bacchette infilzare con forza la mia schiena.
- Non si muova, signorina – disse una voce decisamente familiare, guastata solo da una sfumatura più adulta – altrimenti temo che saremo costretti a Schiantarla in dodici –
Il mio cuore aumentò i battiti in maniera esponenziale, pensai al disastro in cui avevo incastrato la povera Stefanie.
- Miss Dwight, esca da quel bagno e vada a raccogliere i suoi bagagli. Sarà il Preside a occuparsi di lei, più tardi. –
I passi leggeri di Stefanie passarono di fianco a me, seguiti da quelli di qualcun altro, probabilmente un Auror.
- Mentre lei, cara la nostra signorina intrusa, viene con noi –
Di nuovo un brivido mi segnalò la familiarità della voce, ma non il suo proprietario. La punta di una delle tante bacchette salì fino al mio collo. Mi diede giusto il tempo di fare un sospiro, prima di privarmi dei sensi e di farmi cadere lunga distesa sulla moquette sporca di terra che copriva il corridoio dell’Espresso di Hogwarts.

***
Quando mi risvegliai, capii di essere stata colpita da un debole Schiantesimo. Restavo sospesa nell’aria per opera di un Levicorpus, mentre vedevo un paio di Auror camminare davanti a me, altri ai miei fianchi. Immaginai senza alcuna fatica che ce ne fossero altri anche alle mie spalle.
Ne ebbi la conferma quando tentai di divincolarmi e di nuovo due bacchette scattarono dritte nelle mie scapole.
- Già sveglia, signorina? – commentò una voce sarcastica, diversa dalla precedente – Devono averla proprio addestrata bene, quei dannati Mangiamorte! –
- Addestrata? Mangiamorte? Ma cosa sta farneticando? – sibilai irritata, senza riuscire a capire come potessero non avermi riconosciuta.
- Non faccia la finta tonta, avanti! Sappiamo bene che ormai fareste di tutto per tentare di riportare il terrore, anche tentare di nuovo di uccidere degli studenti innocenti! – commentò una voce femminile, questa volta proveniente da davanti.
- Non stavo tentando di uccidere nessuno! –
- Allora cosa ci faceva su quel treno, eh? Non mi sembra proprio in età da Hogwarts! –
- Sono qui per il Preside – risposi con calma, per quanto due bacchette puntate nella schiena potessero mantenermi disponibile e diplomatica – sono certa che, quando sarò nel suo ufficio, lui mi riconoscerà –
- Il Preside? – intervenne la voce familiare con tono divertito – E che rapporto avresti tu con il Preside? Saresti la sua fidanzata? –
- Sono sua nipote – sbottai irritata, perdendo le staffe in un battito di ciglia – non credo che lui, alla sua veneranda età, possa avere una fidanzata! –
Gli Auror che mi attorniavano scoppiarono a ridere, facendo montare in me un’ulteriore rabbia.
- Non vedo cosa ci sia di divertente! –
- Il Preside sarà felice di sapere che gli hai dato del vecchio, davvero! – balbettò tra le risate uno dei tanti.
Mi chiesi come potessero pensare che mio nonno, Albus Silente, centoventuno anni suonati, se la sarebbe presa per essere stato definito un uomo di veneranda età. Sbuffai scuotendo la testa, speravo che tutta quella storia si sarebbe risolta presto.
Arrivammo davanti alle alte mura del castello di Hogwarts, dopo aver attraversato l’intero parco. Qualcuno spezzò il Levicorpus, facendomi cadere a terra e picchiare il sedere. Mormorai tra me e me qualche imprecazione, alzando la voce quando due mani decise mi presero per le braccia e me le legarono dietro alla schiena.
Fui costretta ad entrare nel castello e ad attraversare i corridoi con una bacchetta puntata tra le scapole, come sembrava essere ormai tradizione, ma almeno notai con sollievo che sembravo essere rimasta in compagnia di un solo Auror rispetto ai precedenti dodici.
Ci fermammo solo una volta arrivati davanti al familiare gargoyle su cui l’Auror mi fece salire. Non capii perché non volesse farsi vedere, continuava a restare alle mie spalle in qualsiasi momento.
- Non provi più a scappare come prima? – mi stuzzicò lui, mentre il gargoyle ci portava lentamente verso l’ufficio del Preside.
- Non vedo perché dovrei, sono innocente – risposi acida, riconoscendo per l’ennesima volta la voce di prima e cercando di concentrarmi sul proprietario – e adesso perché non mi dai più del lei, Auror? Siamo passati già ad essere amici per la pelle? -
- Sei divertente, ragazza – sussurrò lui, ridacchiando leggermente - come ti chiami? –
- Lauren Riddance… o Silente, come preferisci… -
Sentii la punta della bacchetta affondare con decisione nella mia schiena, emisi un involontario gemito di dolore.
- Non dire sciocchezze, Mangiamorte – replicò lui con voce dura – Lauren Silente è sparita nel nulla quattro anni fa e di certo non sei tu –
- Perché, la conoscevi? –
La curiosità aveva invaso la mia mente, dovevo assolutamente sapere di chi fosse quella voce.
- La conoscevo, e anche molto bene – sibilò l’Auror, assumendo un atteggiamento ulteriormente aggressivo – quindi non ti permetterò di fingerti lei, chiaro? Di’ un’altra sciocchezza del genere e ti porto dritta dal Ministro, altro che il Preside! –
Nonno Albus o Rufus Scrimgeour? La scelta non era difficile. Decisi di stare zitta fino a nuovo ordine.
La mano pallida dell’Auror, quella libera dalla bacchetta, aprì la porta dell’ufficio del Preside spingendomi dentro. Mi condusse fino alla sedia davanti alla scrivania, sempre stando attento a non farsi vedere, e mi fece sedere.
Dai rumori intuii che lui si fosse accomodato vicino alla porta. Quando feci per girarmi e guardarlo in faccia, vidi uno Schiantesimo sfiorarmi l’orecchio.
- Fallo di nuovo e ti scaravento contro il muro a suon di Schiantesimi – mi minacciò la voce rigida dell’uomo.
Non ebbi più il coraggio di tentare, sarebbe stato sconveniente.
- Ora aspetteremo il Preside e vedremo cosa deciderà di fare con te – mi informò lui dopo qualche minuto, con tono più rilassato – intanto perché non mi dici la verità su di te, per non perdere altro tempo? –
Mi chiusi in un ostinato silenzio. Aveva già sentito la mia verità, non gli era piaciuta, cosa diamine potevo farci io?
Passò molto tempo prima che la maniglia della porta venisse di nuovo abbassata. Una frazione di secondo prima che il nuovo arrivato entrasse nella stanza, sentii di nuovo la voce dell’Auror velata da una sfumatura di sadica aspettativa.
- E ora sono affari tuoi, Mangiamorte. Ci sarà da divertirsi. -

Note dell'autrice

Ciao a tutti!
Ehm... non uccidetemi, ok? Mi dispiace di tornare dopo tutto questo tempo, ma cause di forza maggiore (la maturità) mi hanno tenuta lontana da questi schermi.
La situazione non cambierò molto fino a luglio, temo. Intanto spero che questo capitolo - se qualcuno ancora mi segue fiducioso - possa piacervi.
Vi mando un abbraccio stretto stretto e vi ringrazio per tutte le recensioni che scrivete <3

Lady Lynx

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Capitolo 4
*** Spiegare l'inspiegabile ***


Everything fades to gray

3. Spiegare l'inspiegabile


Nel sentire quella frase, la mia schiena venne percorsa da brividi di paura.
Ingiustificati, senza dubbio. Cosa avrebbe mai potuto fare un nonno alla propria nipotina, una volta riconosciuta come tale?
No, un attimo. E se non mi avesse riconosciuta?

La porta sbatté alle mie spalle, iniziai a tremare come se un gelido soffio di bora fosse entrato prepotentemente nella stanza.
- Complimenti per la cattura, signor Malfoy – disse la voce con scarso entusiasmo – Sappiamo il nome della criminale? –
Sussultai sulla sedia alle parole “Malfoy” e “criminale”.
- No, signor Preside, non ha voluto dire niente – rispose l’Auror, che riconobbi quindi per Draco – Sostiene solo di essere Lauren Silente –
Una risata gelida e vuota risuonò nella stanza e mi fece venire la pelle d’oca. Ero ormai certa che non si trattasse di mio nonno.
Allora chi era? E che fine aveva fatto mio nonno?
- Lauren Silente, certo – ripeté con tono rabbioso la voce del Preside – Come se fosse la prima a fingere di esserlo –
I passi si fecero sempre più vicini a me, l’uomo passò al mio fianco e infine si accomodò dietro alla scrivania. Mi fissò con penetranti occhi neri e riconobbi senza sforzo anche lui.
- Severus… - sussurrai sconvolta, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime di pentimento misto a gioia – Mi sei mancato! Perdonami… -
Ero certa, più che certa, che fosse lui. I capelli erano stati accorciati, la barba ricopriva leggermente il suo mento e i suoi zigomi spostando l’attenzione dalle labbra sottili, le rughe avevano preso possesso di parte dei suoi lineamenti rigidi addolcendoli, la voce si era fatta più roca e meno sarcastica del solito.
Ma gli occhi, gli occhi erano gli stessi. Profondamente indecifrabili, due baratri scuri in cui gettarsi per espiare le proprie colpe.
- La finisca con questa pantomima, signorina! – sbottò lui con tono irritato – Non starò certo qui a vedere le sue finte lacrime o ascoltare le sue frottole! –
- Non sono frottole, Severus! - mormorai con decisione, stringendo i miei occhi, frustrata.
- Non è commovente, signor Malfoy? – disse allora Piton, lanciando un’occhiata all’Auror presente – Questa volta l’amabile Dark Lord ha deciso di mandarmene una che mi chiama addirittura per nome e piange per la felicità nel rivedermi! –
- Chi non lo farebbe dopo aver ricevuto un bacio prima del dannato addio, Severus? – sputai amaramente, stringendo i denti – Chi non lo farebbe dopo aver capito di aver buttato nove mesi di scuola tra incomprensioni e punizioni solo perché non riusciva a rendersi conto di essere amata? –
Il viso di Severus impallidì mortalmente prima di riprendere la sua solita espressione scettica.
- Non diciamo sciocchezze, signorina – sibilò lui, sembrando sempre più furioso – Dica il suo nome e confessi il motivo della sua irruzione sull’Espresso di Hogwarts in modo che possiamo portarla ad Azkaban e concludere questa disgustosa recita. –
- Sono disposta ad essere interrogata sotto l’effetto del Veritaserum, Severus –
Era rischioso buttarsi così di petto davanti a un Piton altamente irritato, ma sapevo di non avere scelta. Se volevo scoprire il perché di quel mondo alternativo in cui ero capitata, allora dovevo giocarmi qualcosa.
- Signor Malfoy, mi dia il Veritaserum – ordinò allora Severus, mentre un ghigno sadico si dipingeva sul suo viso invecchiato – Credo che questa signorina sfacciata sia in vena di farci perdere tempo, stasera –
La stessa mano candida che mi aveva aperto la porta, appoggiò sul ripiano lucido della scrivania un’altrettanto lucida boccetta di pericoloso Veritaserum.
Deglutii a fatica, sperando che lo scopo di Piton non fosse quello di avvelenarmi come impostora senza nemmeno concedermi una possibilità di dire la verità.
- Non avvelenarmi – sillabai lentamente, a scanso di equivoci – Non credo che ti costi molto ascoltare quello che ho da dire -
- Non la avvelenerò, se è questo che teme, signorina Mangiamorte – replicò lui a denti stretti – Ma sappia che se crede di scampare al Veritaserum con qualche antidoto ingurgitato in precedenza o con un qualche strano incantesimo, se ne pentirà –
- Cosa intendi dire? –
Severus, da bravo misterioso qual era, non mi rispose. La mano fredda di Draco mi alzò il mento in modo da farmi guardare verso il soffitto, e per la prima volta riuscii a vedere il suo viso. Anche lui non era cambiato molto, era solo diventato più adulto e in qualche modo più affascinante di prima. Sprizzava eleganza e potenza da tutti i pori.
Fece scivolare nella mia gola cinque gocce di pozione prima che Severus gli comunicasse con un gesto che era sufficiente. Ripresi a guardare il mio ex professore, pronta ad essere torchiata senza pietà.
La mia previsione non era sbagliata, a giudicare dallo sguardo che mi rivolse.
- Bene, possiamo cominciare –

***

Severus Piton era stufo di vedere apparire davanti a sé, ogni anno, una Lauren Silente diversa.
Ne aveva fin sopra i capelli e quell’ennesima sosia lo aveva colpito in modo assolutamente negativo.
Prima di tutto, era abbastanza certo che la sua Lauren Silente non avesse nemmeno una caratteristica fisica simile a quelle che aveva in precedenza grazie all’accurata Trasfigurazione operata su di lei da Minerva e Albus prima della sua partenza.
Inoltre, la vera Lauren Silente non si sarebbe mai fatta beccare come una novellina sull’Espresso di Hogwarts. A meno che, naturalmente, il suo scopo non fosse proprio quello di farsi beccare come una novellina.
Scosse la testa infastidito, puntando i suoi occhi contro quelli dell’ennesima impostora, pronto a scatenarle contro una serie di domande impossibili per chiunque.
Tranne che per la vera Lauren Silente, logico.
- Sentiamo, Miss Mangiamorte, come si chiama tua madre? –
Vide la fronte della ragazza corrugarsi in un evidente sforzo. Esultò dentro di sé al pensiero che forse sarebbe stato facile sbarazzarsi anche di quella brutta copia della nipote di Albus.
- Suzanne Clara Beatrix Daisy Silente –
Niente da fare, la prima domanda era andata. Su venticinque sosia di Lauren in quattro anni, venti se ne erano andate in villeggiatura ad Azkaban dopo quel primo quesito.
- Potresti dirmi i motivi delle tue espulsioni da tre diverse Scuole di magia e i nomi di queste tre Scuole?
- Takatalvi, Finlandia. Sono stata espulsa per aver protestato contro i manifesti inneggianti a Voldemort che il Preside aveva appeso per la scuola. Beauxbatons, Francia. Madame Maxime era stata minacciata dai Mangiamorte, se non mi avesse cacciata dalla scuola sarebbero state uccise numerose studentesse. Durmstrang, Bulgaria. Il professor Karkaroff aveva giustificato la mia espulsione dicendo che io, in qualità di ragazza, distraevo i suoi allievi con la mia presenza. –
Severus Piton si ritrovò costretto a spalancare gli occhi per la sorpresa. Delle cinque sosia che erano sopravvissute alla prima domanda, solo due erano andate oltre.
- Come si chiama tuo padre? –
Se la ragazza fosse stata mandata dal Dark Lord in persona, lei avrebbe sicuramente risposto di essere figlia di Voldemort. Lui era convinto che lei lo fosse.
Solo una risposta era quella giusta e solo l’autentica Lauren poteva conoscerla.
- Keith Riddance, altrimenti detto Keith Tufter –
Severus si ritrovò spiazzato. La risposta era quella esatta.
- Si sente bene, signor Preside? – chiese Draco Malfoy con sollecitudine, avvicinandosi a lui palesemente preoccupato.
- Sì – rispose Severus, senza riuscire a staccare gli occhi dalla ragazza che gli stava davanti, ricambiando il suo sguardo con pazienza – Sì, sto bene –
Silenzio. Draco Malfoy lo fissò per un attimo, prima di lasciar uscire dalle sue labbra la domanda che lo tormentava.
- E’ quella autentica, signore? –
Piton rivolse a lui la sua attenzione, mentre gli occhi neri brillavano di una quieta speranza per la prima volta dopo quattro lunghi anni.
- Sì, sembrerebbe di sì –
- Allora cosa aspettiamo a liberarla dall’effetto del Veritaserum? – chiese entusiasta il giovane Auror – Non vedo l’ora di parlare con lei e strapazzarla un po’! –
- Stia calmo, signor Malfoy – mormorò Severus con serietà, tornando a guardare Lauren Silente – Il Veritaserum ci sarà utile per capire molte altre cose, ad esempio perché si trova qui e cosa le è successo in questi anni. Dopo sicuramente la libereremo dall’obbligo di dire la verità. –
Draco annuì senza esitare, tornando a sedersi di fianco alla porta. Severus iniziò il lungo interrogatorio con l’obiettivo di scoprire tutte le incognite degli ultimi anni. Una volta finito, approfittando del fatto che la ragazza fosse in minoranza numerica e quindi docile, le somministrò anche una Pozione Soporifera.
Sapeva per esperienza che, per recuperare i pezzi mancanti, Lauren avrebbe prima avuto bisogno di un periodo di riposo.
E lui, da bravo padrino, era più che felice di concederglielo.

***

Quando mi svegliai il mattino seguente, mi sentivo decisamente rintronata.
Attribuii quella strana sensazione di intontimento al gentile servigio che mi aveva prestato Severus la sera prima.
“Una Pozione Soporifera per tenermi buona… cosa crede, che siamo ancora ai tempi della scuola?”
Sbuffai vigorosamente, prima che una serie di preoccupazioni affollassero in massa la mia mente.
Innanzitutto, dovevo assolutamente ritrovare la mia borsa – quella che gli Auror mi avevano portato via dopo avermi Schiantata – dato che vi erano contenuti tutti i miei averi.
In secondo luogo, avevo bisogno di essere aggiornata su molti avvenimenti. Non capivo perché Severus fosse diventato Preside e come mai Draco avesse deciso di intraprendere la carriera da Auror.
Sorrisi inaspettatamente quando notai con sorpresa che avevo dormito sul mio letto.
Lo stesso letto che mi aveva ospitato per l’intera estate del 1997, per il periodo post-rapimento, in modo che mi riprendessi dalle torture della Congrega Oscura, e per quella notte.
Mi alzai lentamente, scesi le scale che conducevano a quello che era stato l’ufficio di mio nonno, rimasi sull’ultimo gradino ad osservare con attenzione il nuovo proprietario di quello stesso ufficio.
In qualche modo, Severus stonava con quella stanza.
Non era cattiveria, la mia, ma la pura e semplice verità.
- Vieni avanti, Lauren – sillabò lentamente il mio ex professore, senza distogliere gli occhi dalle sue carte – Accomodati e serviti pure con quello che vuoi –
Eseguii gli ordini, mi versai una tazza di tè nero, aspettai che mi rivolgesse di nuovo la parola. Sospirò pesantemente, prima di alzare i suoi occhi verso di me.
- Che sia dannato il giorno in cui te ne sei andata, sciocca ragazzina che non sei altro – mormorò lui con voce impregnata di dolore – Non hai idea delle disgrazie che ha portato la tua sparizione –
Rimasi immobile e impassibile, decisa a non cedere ai sensi di colpa.
- Immagino che tu voglia sapere perché ci sono io seduto qui, vero? – mi anticipò lui, con una sorta di amarezza nella voce – Semplicemente perché Albus non è più in grado di svolgere le mansioni da Preside –
Appoggiai la tazza di tè sulla scrivania, mi morsi delicatamente il labbro inferiore per bloccare le lacrime che minacciavano senza motivo di rivelarsi.
- E’ morto? – chiesi con tono spento, sperando con tutto il mio cuore che Severus non pronunciasse il dannato monosillabo di assenso.
- Quasi – replicò brevemente lui, senza interrompere il contatto visivo che si era stabilito tra di noi – Voldemort lo ha colpito con una Maledizione che lo condannerà ad un addio alla vita lento e doloroso. Si rincontreranno presto, immagino. –
- Si… rincontreranno? –
- Anche Voldemort, alla fine, è morto –
La mia bocca si spalancò da sola per la sorpresa. Faccia-di-serpe era morto e io non ne sapevo niente?
- Lo ha ucciso Potter – spiegò Severus, sfoderando poi il suo tono sarcastico – Comico, vero? Un incapace come lui è riuscito in un’impresa simile… vuol forse dire che c’è speranza per tutti, al mondo –
- Harry non è incapace – sussurrai io, incapace di formulare una frase più elaborata, catturata tra la rivelazione della morte di Voldemort e quella dell’imminente addio di mio nonno.
- Lo è, altrimenti non sarebbe mai diventato Ministro della Magia – ironizzò Severus con un sorrisetto tirato.
Se avessi avuto del tè in bocca, ero certa che l’avrei sputato addosso a Piton dalla sorpresa.
- Ministro della Magia? – urlai a pieni polmoni, ancora più sconvolta rispetto a prima – Ma com’è possibile? –
- Un colpo di fortuna, oserei dire – commentò Severus, senza smettere di sorridere – L’approvazione del popolo fa miracoli, a volte –
- Ma come… come è successo? –
Un leggero bussare alla porta ci interruppe, seguito dall’apparizione della professoressa McGranitt.
- Severus, è tutto a posto – disse lei con voce chiara, rivolta al suo collega.
Poi, accadde in una frazione di secondo: i suoi occhi si posarono su di me, si riempirono di lacrime e le sue braccia si strinsero convulsamente al mio collo.
- Lauren, bambina monella! Cosa ti era passato in mente? Ci hai fatto disperare, è stato terribile! –
La manica destra della mia camicetta si ritrovò bagnata in un battito di ciglia. Arrossii imbarazzata nel notare l’espressione divertita con cui Severus osservava la mia reazione all’abbraccio della McGranitt.
- Penso che possa bastare, Minerva – commentò infine lui, quando decise di essersi goduto abbastanza il mio disagio – Portala in Sala Professori, io vi raggiungerò tra poco –
- Potrei prima riavere la mia bacchetta? – sussurrai interdetta, temendo di farlo arrabbiare senza motivo.
- Credo sia in possesso del signor Malfoy, attualmente – mi informò lui, ancora più divertito di prima – Dovresti chiedere a lui, a tempo debito –
Contrariata come non mai, seguii Minerva fino alla Sala Professori. Lei continuò a tempestarmi di domande durante il tragitto, senza scoraggiarsi davanti alle mie risposte monosillabiche.
Una volta entrata nella stanza, notai un sacco di facce nuove e  alcune vecchie conoscenze. Queste ultime mi salutarono timidamente, mentre mi accomodavo con loro al tavolo circolare.
Il silenzio regnò sovrano fino all’arrivo di Severus.
- Buongiorno a tutti – esordì lui con tono stranamente privo di sfumature – Come potete vedere, ma come già sapevate da ieri sera, la nipote di Albus Silente è qui con noi. Lauren, ti presento Edgar Baldwin, professore di Volo… -
Un uomo dal fisico aitante mi rivolse un cenno di saluto, scompigliandosi i capelli con aria distratta. Notai un leggero irrigidimento della mascella di Severus.
- …Jonathan Roosevelt, professore di Storia della Magia… -
Un signore anziano dall’aria simpatica mi sorrise spontaneamente.
- …Neville Paciock, professore di Erbologia, e Hermione Granger, insegnante di Babbanologia -
Non potei fare a meno di esprimere la mia sorpresa nell’apprendere che quei due fossero persone che già conoscevo. Sembravano completamente diversi. Faticavo inoltre a credere che Severus avesse assunto proprio loro, dati i rapporti non proprio pacifici che avevano con lui quando erano ancora studenti.
- E infine Pamela Creamy, professoressa di Lettura delle Antiche Rune… -
Una donna avvenente, coperta da un ridotto vestito bianco e con le palpebre appesantite da una considerevole quantità di ombretto dello stesso colore, non mi degnò neanche di uno sguardo.
Non mi piacque a pelle.
Mi chiesi come Severus avesse potuto sopportare la presenza di una simile donna nella scuola da lui gestita. Se c’era una cosa che odiava più degli studenti incapaci, si trattava certamente delle gattemorte, e quella donna sembrava esserlo in tutto e per tutto.
- Credo invece che tu conosca già gli altri – concluse lui, mentre il mio sguardo vagava fluidamente su Remus Lupin, Sibilla Cooman, Aurora Sinistra, Filius Vitious, Hagrid e Minerva.
- Che fine ha fatto il professor Ruf? – chiesi d’istinto, una volta terminata la mia osservazione – E le professoresse Sprite e Bumb? La professoressa Burbage? –
Piton mi lanciò un’occhiata infastidita prima di apprestarsi a rispondere, dimostrando un ottimo autocontrollo.
- Pomona è diventata nonna a tempo pieno, ha deciso di lasciare l’insegnamento per la famiglia. Madama Bumb è l’allenatrice di una squadra di Quidditch in Scozia. Ruf non si sente più in grado di svolgere il suo lavoro poiché non apprezzato. Charity è in dolce attesa. –
Assimilai immediatamente quelle informazioni, sollevata dal fatto che nessuna indicasse un lutto.
- Ma scusate, il professore di Pozioni? Sta per caso facendo lezione? –
La mia domanda sembrò divertire tutti i presenti, tranne Minerva e Severus.
- Io insegno tuttora Pozioni, il mio ruolo da Preside non mi impedirà di perseverare nel difendere questa nobile arte dalle persone incapaci di esercitarla – mi informò Piton con tono piccato, sembrando quasi offeso.
- Questo però non vuol dire che tu non possa prendere il posto di Severus, magari… - mormorò Minerva a voce udibilissima.
Dodici teste si voltarono in simultaneo verso di lei, che però non si scompose neanche per un secondo.
- Perché mai Sev dovrebbe lasciare il suo lavoro a una studentessa? – sibilò infine Pamela Creamy, lanciandomi un’occhiata colma di disprezzo.
- Non sono una studentessa, sono già diplomata e…  – ribattei acidamente, prima di bloccarmi a pensare a come quella donna avesse chiamato il suo Preside.
Sev? L’aveva davvero chiamato Sev? Assurdo.
- E comunque Lauren non insegnerà al mio posto – concluse con tono secco Severus, facendo spuntare un inspiegabile sorriso trionfante sul volto di quella Creamy – Faremo in modo da trovarle altre mansioni da svolgere, in caso restasse qui ad Hogwarts –
- Magari potrebbe occuparsi della sorveglianza dei dormitori di notte – suggerì Remus con gentilezza – Anzi, potrei farlo io e lasciare che sia lei ad insegnare Difesa… -
- Non credo che sia opportuno, Remus, ma ti ringrazio per il pensiero… -
- Perché non vai ad aiutare Gazza, allora? –
Fulminai con un’occhiataccia quella dannata insegnante di Letture delle Antiche Rune. Fosse dipeso da me, le avrei fatto già ingoiare tutti i suoi sassolini simbolici.
- Vi ringrazio per la vostra preoccupazione, ma credo di poter trovare un impiego anche al di fuori dalle mura di Hogwarts – li informai io, fissando duramente la mia nuova rivale – Sono venuta qui solo per parlare con mio nonno, niente di più –
Un silenzio denso di tensione cadde nella stanza. Immaginavo dipendesse dal fatto che tutti fossero a conoscenza delle sue condizioni.
Sentii la mano di Minerva posarsi sulla mia spalla, mentre Severus si schiariva rumorosamente la gola.
- Potete tornare alle vostre lezioni – disse lui, a voce alta e chiara, facendo alzare metà dei professori presenti – Remus, so che è il tuo giorno libero, ma vorrei che tu mi sostituissi per oggi –
Lupin annuì con aria grave, seguendo i suoi colleghi che si erano affrettati ad uscire. Nella stanza restarono solo Aurora, Hermione e Jonathan Roosevelt, oltre a me e Severus.
- Seguimi – mi intimò lui con tono che non ammetteva repliche, abbandonando la stanza senza neanche salutare gli altri professori.
Io rivolsi loro un timido cenno prima di obbedire. Come sempre, feci una fatica tremenda per stare dietro ai rapidi passi del mio ex professore, ma lui sembrò non accorgersene.
- Dove stiamo andando? – ansimai a corto di fiato, dopo cinque minuti buoni di camminata alle calcagna di Severus.
Naturalmente lui non mi rispose, si fermò davanti ad una porta ed armeggiò per qualche secondo con la bacchetta per aprirla. Quando fu spalancata, mi fece cenno di precederlo e una volta entrata mi ritrovai nel buio più totale.
Sobbalzai istintivamente quando sentii una serratura scattare, pensai per un attimo di essere stata chiusa dentro da sola prima di rendermi conto del rumore di un respiro di fianco al mio orecchio.
- Avanza di due passi davanti a te, dovresti riuscire a trovare il muro. Io vado a cercare quello che ci  permetterà di vedere. –
I passi si allontanarono da me, lasciandomi ferma e disorientata come non mai. Decisi di fidarmi delle parole di Severus, feci due passi in avanti e – proprio come mi aveva detto – riuscii ad imbattermi nella rassicurante presenza di un muro.
Una manciata di secondi dopo, una tenue luce violetta si accese lontana da me illuminando in modo spettrale il pallido viso di Piton e buona parte della stanza. Scorsi i piedi di un letto davanti ai miei occhi, un armadio appoggiato alla sinistra di Severus, e niente di più.
Il professore mi si avvicinò lentamente e illuminò l’intera figura del letto con la strana sfera che teneva in mano. Un singulto di commozione lottò per uscire dalla mia gola quando il volto di mio nonno si mostrò alla mia vista.
Era esattamente come me lo ricordavo, mancavano solo due dettagli in quel quadretto.
I suoi occhi azzurri.
- Sta… dormendo? – sussurrai in modo impercettibile, temendo di poter turbare il suo riposo.
- E’ in stato di stabilizzazione – mi spiegò Severus, accomodandosi su uno sgabello posizionato vicino al letto – Non può sentirti né vederti, a meno che io non decida di interrompere per qualche minuto l’incantesimo che lo ricopre… desideri che lo faccia? -
Mi fece intendere che compiere quell’azione non sarebbe stato positivo per mio nonno, mi affrettai a scuotere la testa.
- Perché lo tenete qui e non in infermeria? – chiesi titubante, senza riuscire a staccare gli occhi dalla figura immobile di mio nonno.
- La luce del Sole potrebbe avere effetti devastanti ed accelerare il corso della Maledizione. Inoltre è meglio che stia al riparo da occhi indiscreti, per quanto mi riguarda – commentò lui amaramente – In modo che le persone incompetenti non possano fare disastri volontari o meno –
Non risposi, nonostante sapessi che si aspettava una domanda al riguardo.
Cercai di scacciare dalla mia mente il pensiero che avrei potuto perdere l’unico parente che mi restava in vita, quello che mi aveva fatto da padre, madre e nonno, la persona che mi aveva permesso di essere quello che ero.
Non ci riuscii. Una lacrima sfuggì al mio controllo, rotolando sulla mia guancia.
- Morirà, vero? – sussurrai con la voce incrinata di pianto, sentendo che la mia non era tanto una domanda quanto una triste constatazione.
Severus esitò un attimo prima di rispondere, vidi i suoi occhi puntati sulla mia guancia violata dalla lacrima.
- Sì, non si sa quando, ma morirà – replicò lui con tono spento, facendomi avvertire quanto quella situazione recasse dolore anche a lui.
- Non si può fare niente per… guarirlo? –
Di nuovo notai un’esitazione da parte di Severus, mi chiesi cosa avesse potuto scalfire la sua proverbiale prontezza di risposta.
- Definitivamente? No… -
Le sue parole mi fecero riflettere: sapevo che lui non sceglieva mai a caso i vocaboli dei suoi discorsi, si aspettava sempre che una persona acuta potesse leggere il messaggio intrinseco tra le righe.
- E provvisoriamente? –
Mi guardò come se fossi stata pazza, sentii il rossore iniziare a colorarmi le guance. Il calore del suo sospiro si abbatté sulla mano che avevo appoggiato sulla testiera del letto.
- Sì – rispose brevemente – Ma è sconsigliato farlo –
L’aura di mistero che circondava quella risposta non fu di mio gradimento. Non ero più una studentessa da poter manipolare a suo piacimento.
- Perché? –
- Non è consigliabile e basta – ripeté lui alzandosi in piedi, come per intimorirmi e scoraggiarmi dal fare domande.
- Mi dica il perché – insistetti io, guardandolo dritto negli occhi - Sarebbe fattibile? –
- Sarebbe pericoloso –
- Ma fattibile? –
Il suo sguardo esprimeva irritazione e forse anche un pizzico di odio. Strinse le labbra con aria di disapprovazione.
- Fattibile ma pericoloso –
- Voglio provare, allora – decretai con decisione – Io darei qualsiasi cosa per salvare mio nonno, anche la mia stessa vita! –
- Anche la sua anima? – sputò amaramente Severus, stritolando convulsamente la luminosa sfera violetta nella sua mano destra.
Aprii leggermente la bocca dalla sorpresa, mi affrettai a riprendere il contegno.
- Cosa vuoi dire? –
- Se non sai niente, Lauren Silente, ti converrebbe stare zitta – mi rimproverò lui con tono duro – Credi forse che io non darei la vita per tuo nonno, se potessi? Purtroppo quel metodo non funziona, altrimenti l’avrei già adottato… -
- Severus, io non intendevo dire quello! – mi difesi con voce accesa dalla voglia di sapere – Ma se tu non mi spieghi niente, io non posso neanche provare a capire! –
Mi guardò di nuovo, come chiedendosi se fossi abbastanza ricettiva da poter comprendere una sua eventuale spiegazione. Sbuffò leggermente, prima di stringere di nuovo le labbra e poi rilasciarle senza mai abbandonare la sua aria contrariata.
- Allora ti spiegherò… - concesse lui, risedendosi davanti a me - …ma sappi che non ti piacerà -

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Capitolo 5
*** Luci e scottature ***


Cap4
Everything fades to gray

4. Luci e scottature


- Albus è stato colpito da una Maledizione detta “Illustre” – iniziò a spiegarmi Severus, evidentemente contrariato – Il nome deriva dalla potenza che questa assume quando il soggetto colpito viene esposto a qualsiasi tipo di luce, naturale e non. L’unico tipo di illuminazione che non porta problemi consiste in quello di una sfera che tiene racchiusa in sé la scaglia iridescente di un Drago Vinaceo della Provenza… ma questo non credo che abbia molto a che fare con quello che tu desideri sapere. Dicevo, la Maledizione può essere curata ma il metodo di riabilitazione è piuttosto rischioso e alquanto impreciso. Inoltre…  –
- Arriva al punto – lo interruppi ansiosa, conscia del fatto che si stesse dilungando solo per annoiarmi e costringermi a pregarlo di smetterla di tediarmi con spiegazioni inutili.
- Ci sto arrivando – replicò lui con tono acido – se non hai pazienza, allora significa che non ti sta poi così a cuore sapere i miei motivi –
Touché. Tacqui pacificamente, continuando a fissarlo con insistenza.
- Inoltre, chi si offrisse per iniziare la riabilitazione si troverebbe sulle spalle un peso non indifferente – continuò Severus, come se non lo avessi mai interrotto – Dato che un solo errore, anche minimo, porterebbe il Maledetto alla morte istantanea e alla conseguente perdita dell’anima –
- In cosa consiste il metodo di riabilitazione? Incantesimi antichi, medicine, terapie specifiche? –
- Pozioni – replicò lui brevemente con amarezza.
In quel momento capii la sua riluttanza nel voler tentare la sorte. Sapeva che se ci fosse stato qualcuno capace di potersi caricare della responsabilità della preparazione di una pozione difficoltosa, quello sarebbe stato lui e nessun altro.
Sapeva che se io l’avessi saputo, gli avrei chiesto di farmi quel grande favore.
Lui sapeva, perché mi conosceva troppo bene.
- Severus… - mormorai con tono colpevole, cercando di non metterlo sotto pressione - …sai che io mi fido di te, vero? –
- Non ho alcuna intenzione di mettere in gioco l’anima di Albus – disse lui con tono incolore, guardando dritto davanti a sé.
- Severus, tu sei l’unico che può farlo… -
- Questo non è vero. Chiunque sia diplomato ad una scuola di Magia può tentare la sorte –
Gli lanciai un’occhiata scandalizzata, mentre la rabbia cresceva nel mio corpo per colpa del suo secco rifiuto.
- Non si tratta di tentare la sorte, ma di salvare una vita! – gli ricordai a denti stretti, profondamente irritata dal fatto che stesse cercando delle scuse.
- Non sono disposto ad accollarmi il peso di un mio eventuale errore –
- Ma tu non sbaglierai, Severus! – urlai d’istinto, battendo un piede per terra.
- Come fai ad esserne certa? La Cooman ti ha detto anche questo, oltre alla sciocca profezia dell’uomo della tua vita? –
Mi portai la mano al petto, come se mi avesse lanciato un pugnale tra una costola e l’altra.
Non mi aspettavo che potesse essere così stronzo con me.
- Severus, tu me lo devi. Sai che me lo devi – sputai con tono aggressivo, ancorandomi a tutto quello che potevo nel tentativo di convincerlo.
Mi squadrò con gli occhi stretti a fessura, sibilò le sue parole con una sorta di irritazione.
- E perché dovrei essere in debito con te, di grazia? –
- Perché tu mi ami – replicai semplicemente, gettando alle ortiche tutta la modestia e la prudenza.
La mia baldanza si spense però davanti al suo sorriso amaro, facendomi capire che non era come pensavo io. Qualcosa era cambiato.
- Allora temo di non doverti niente, Lauren Silente – mi informò lui con uno strano brillio negli occhi – perché io mi sono ufficialmente fidanzato due anni fa. E, come ben saprai, la mia compagna non sei tu. –

***
Avevo bisogno di respirare, di prendere dell’aria fresca, non volevo restare nella Sala Grande per il pranzo.
Era tutto così soffocante, così indiscreto, così poco familiare.
Ero seduta tra Minerva e Remus, fissata dagli alunni presenti che immaginavo si stessero chiedendo chi fosse la donna depressa spuntata dal nulla, e fissavo a mia volta i due piccioncini al centro del tavolo dei professori.
Mi sporgevo verso sinistra per prendere un pezzo di pane, del formaggio, la caraffa del succo di zucca, solo per poter vedere l’immagine di Pamela Creamy affiancata con aria deliziata a Severus.
Solo per potermi fare del male.
Perché, in fondo, sapevo da tempo di essere masochista.
- Non mangi, Lauren? –
Sobbalzai d’istinto nel sentire la domanda di Remus, feci cadere la forchetta a terra attirando ulteriormente l’attenzione.
- Io… no, non ho molta fame… - balbettai lentamente, chiedendomi cosa mi avesse spinta a tornare in Inghilterra.
Ah, giusto, i licenziamenti ingiustificati.
Peccato che preferissi essere licenziata venticinquemila volte piuttosto che vedere Severus in atteggiamenti affettuosi con quella donna.
Forse, se fosse stata un’altra donna, avrei accettato la sua felicità di buon grado.
Ma era quella dannata Pamela Creamy, quella che avevo odiato a pelle senza nemmeno sapere che fosse legata in quel modo a Piton.
- Minerva… - sussurrai a fatica, sentendo un groppo stringermi la gola - …credi che io possa uscire per qualche minuto? –
- Ma certo, Lauren, certo! – rispose lei con sollecitudine, aggrottando la fronte con aria preoccupata – Non stai bene? Possiamo chiedere a Madama Chips di… -
- No, no, è solo un po’ di… malinconia, niente di che… -
Mi alzai rapidamente in piedi, sentii Hermione sussurrare qualcosa a Neville sul fatto che dovevo essere rimasta davvero scossa dalla condizione di mio nonno, avvertii gli occhi di Severus seguirmi fino all’uscita dalla Sala Grande, corsi fuori nel giardino senza curarmi dei borbottii curiosi degli studenti.
Corsi ancora, fino a quando non mi sentii abbastanza lontana da tutto e da tutto, corsi per stancarmi e lasciare che la mia mente si annebbiasse a dovere.
Era tutto così ingiusto.
Stavo per perdere mio nonno, mi era stato rubato Severus, e avevo tranciato di netto i contatti con gli unici amici che io avessi mai avuto.
Perché nella mia vita niente riusciva ad andare mai bene? Perché, nonostante fossero passati già quattro anni, sembrava che tutto fosse rimasto esattamente come prima?
- Una merda, vero? – disse con tono sarcastico una voce alle mie spalle, facendomi sobbalzare di nuovo.
Scoprii con sorpresa che si trattava di Draco, d'impeto scattai in piedi e lo strinsi in un abbraccio.
Solo dopo qualche secondo mi resi conto del mio gesto da sprovveduta, ma per fortuna lui non mi respinse bruscamente come sarebbe stato logico fare.
- Come… come hai fatto a sapere che ero qui? E cosa ci fai qui? –
Mi sorrise debolmente, passandosi una mano tra i capelli come di consueto. Quel suo gesto fece incrinare gli argini della mia resistenza emotiva.
- Sono venuto a riportarti la bacchetta che ti ho sottratto ieri sera, in qualità di Capo del Dipartimento Auror – rispose lui, sedendosi con movimenti fluidi sul prato verde – E naturalmente a controllare lo stato d’animo della mia migliore amica –
Un altro colpetto di sentimentalismo e la diga delle mie lacrime avrebbe straripato.
Rimasi sorpresa davanti alla naturalezza con cui disse quelle parole e alla nonchalance con cui si accomodò per terra, sulla riva del lago, senza curarsi del fatto che indossasse un elegante completo bianco.
A differenza sua, io temevo di sporcare con la fanghiglia uno dei pochi indumenti da strega che mi restavano, così mi appoggiai con la schiena ad un albero di fronte a lui.
- Allora, Silentina bella, cosa mi racconti? – esordì lui, sottolineando con una sorta di piacere il soprannome che mi attribuiva ai tempi della scuola.
Gli sorrisi debolmente, senza riuscire più a sostenere il suo sguardo con semplicità.
- Ormai tu sai tutto della mia vita noiosa, dopo l’interrogatorio di ieri sera – risposi lentamente, cercando di non fargli capire che avrei voluto raccontargli la mia ultima terribile scoperta perché avevo bisogno del suo sostegno – Io non so niente di te, invece… sposato con tre figli, scommetto! –
La risata palesemente divertita di Draco mi scaldò il cuore, facendomi ricordare quanto mi sentissi bene in sua compagnia. Aggrottai le sopracciglia con fare interrogativo.
- Beh, vuoi sapere perché rido? Sono scapolo e non ho neanche un figlio! – confessò lui divertito, allargando il sorriso davanti alla mia sorpresa.
- Non ci credo che nessuna voglia accasarsi con te – replicai con decisione, certa che mi stesse prendendo in giro.
- Infatti è il contrario, cara Silente – rispose lui, appoggiando anche la schiena a terra senza smettere di guardarmi – Sono io che non voglio trovare compagna! –
Sorrisi spontaneamente nel vederlo così spensierato e semplice, faticavo davvero a credere che quel giovane uomo fosse a capo del Dipartimento Auror dell’Inghilterra.
- Magari è anche colpa del tuo lavoro… -
- Certamente lo è, ma a me va bene così – confermò Draco con leggerezza, prima di sfoderare un ghigno lussurioso – E poi in questo modo sono libero di tenere aperto il mio letto alle avvenenti aspiranti Auror… –
Scoppiai a ridere davanti a quella ammissione di colpa, non dubitavo del fatto che il mio migliore amico potesse approfittare della sua posizione potente per spassarsela un po’.
- Come mai hai deciso di diventare Auror? –
Il suo sguardo si adombrò un po’ davanti alla mia domanda, lo vidi ritirarsi seduto e abbracciare le ginocchia con aria pensierosa.
- Sapevo che me l’avresti chiesto… - commentò lui con tono leggermente infastidito.
- Lo sapevi? –
- E’ la domanda che ti ronza in testa da ieri sera… - rispose lui, come se quella potesse essere una giustificazione.
- E da quando sai cosa penso? –
- Da sempre, più o meno. Naturalmente ora lo so con certezza, dato che la Legilimanzia è diventata indispensabile per ricoprire il mio ruolo… -
Lo studiai per qualche secondo, in un tentativo di capire se si stesse inventando tutto o meno. Emise uno sbuffo indispettito, guardandomi con un sopracciglio alzato.
- Dico la verità, stai tranquilla! –
Arrossii per l’imbarazzo di essere stata scoperta a dubitare di lui. Era però comprensibile avere dei dubbi, dopo quattro anni di lontananza.
- Quindi, perché hai deciso di farlo? –
- Colpa o merito di mio padre, la cosa è piuttosto soggettiva… - spiegò lui, mentre si tirava in piedi - Dopo la morte di Voldemort è tornato alla base dai suoi cari amici Mangiamorte, è stato catturato durante una missione e l’hanno deportato ad Azkaban. Gli Auror non facevano che torturarlo in modo disumano da mattina a sera, senza motivo… -
Draco sospirò, come se ricordare quelle cose gli facesse un male terribile.
- Io dopo i M.A.G.O. ero stato assunto al Ministero come Responsabile degli Affari Interni, in quel periodo continuavano ad esserci dei sospetti sulle numerose morti di detenuti ad Azkaban. Ai tempi non sapevo che torturassero i prigionieri, avevo mandato degli ispettori per verificare la situazione, ma loro avevano detto che non c’era niente di illegale… - fece una breve pausa, strinse le dita della mano in un pugno - …l’ho scoperto con certezza solo pochi mesi dopo la morte di Voldemort, quando mi hanno proposto di diventare Capo del Dipartimento Auror. Per farla breve, ho accettato questo compito solo perché penso che, se noi siamo i buoni, non possiamo permetterci di trattare i detenuti come degli animali. Se io sono il Capo, nessuno oserà mai più fare una cosa simile. -
Lo guardai colpita, ma anche leggermente confusa. Se Draco aveva saputo delle torture dopo aver accettato il compito, cosa lo aveva spinto ad accettarlo?
- La morte di mia madre – rispose lui automaticamente, forse sentendo di nuovo i miei pensieri – E' stato mio padre ad ucciderla, volevo prenderlo e fargliela pagare. All'inizio avevo accettato per quello, perché credevo che da Auror mi sarebbe stato concesso di fare tutto quello che ritenevo necessario per la sua cattura. –
Annuii lentamente, sentendo una leggera stretta al cuore al pensiero della scomparsa di Narcissa.
Forse quella era una delle cose che intendeva Severus quando aveva parlato di “disgrazie accadute dopo la mia partenza”.
- Naturalmente, come ti ho già detto, fare l’Auror è anche molto utile per soddisfare diversi desideri… - ripeté lui con tono malizioso, ammiccando al mio indirizzo - …ma per te, anche se non ci tieni ad un lavoro, potrei anche fare un’eccezione! -
Distolsi lo sguardo, incapace di formulare una risposta a mio parere valida. Ero imbarazzata dalla mia scelta, ma non volevo mentirgli.
- Ehi, Lauren! – disse lui, richiamandomi alla realtà – Stavo scherzando, naturalmente! Sai che non ti toccherei neanche con un fiore… -
Fece un passo verso di me, sorridendomi con fare rassicurante. Strinsi le labbra, sentivo che era in mio dovere dirgli una cosa che non avevo mai confessato a nessuno prima di quel momento.
- Hai un’amica suora, Draco… - mormorai a sguardo basso, cercando di buttarla sul ridere.
Percepii la sua sorpresa, ma non la dimostrò all’esterno. Sentii la sua mano spostare una ciocca dal mio viso, presi abbastanza coraggio da guardarlo negli occhi.
- Vuoi dirmi che tu, alla venerabile età di ventidue anni, sei ancora una pura rosellina bianca? – scherzò lui, senza prendersi gioco di me, solo per sdrammatizzare.
Sapevo che non aveva alcuna intenzione di ferirmi o mortificarmi, ma mi ritrovai a sospirare.
- Sì – confessai brevemente, sentendo il sangue affluire alle mie guance – Ecco perché non sarei mai stata bene in Serpeverde… -
- Avrai i tuoi motivi, immagino – osservò lui, dimostrando un tatto che credevo fosse proprio solo di Blaise – Non c’è niente di male! –
- L’ho fatto per Severus, sai? Ci eravamo baciati, la sera prima della mia partenza, e credevo che, in virtù dell’affetto che provavamo uno per l’altro, sarebbe stato carino da parte mia non consumare con altri uomini se non lui. Anche se non pensavo l’avrei mai rivisto… anche se non è servito a niente… -
Draco sembrò per un attimo a disagio, forse per il mio discorso troppo intimo, forse per qualcosa a me sconosciuto.
- Parli della Creamy, immagino – mormorò lui con tono contrariato, accompagnando il tutto con uno sbuffo.
- Non piace neanche a te? – chiesi subito, speranzosa di un assenso.
- Non molto –
Gli sorrisi apertamente, confortata dal fatto che non fossi l’unica a non sopportare quella donna. Allungai una mano esitante verso il mio amico, la appoggiai sulla sua spalla per stringerla con affetto.
- Non mi perdonerò mai il fatto di averti lasciato, Draco… non so come ho fatto questi quattro anni senza la tua amicizia, senza il tuo appoggio… -
Lui non rispose, attese con pazienza che io finissi il mio discorso senza interrompere.
- E’ stato un periodo terribile, come ho raccontato anche ieri sera. Mi sei mancato da morire, e con te anche gli altri, e ringrazio Merlino che tu mi abbia riaccolta come prima, sei davvero un grande amico. Se posso fare qualcosa per farmi perdonare, qualsiasi cosa, basta dirlo… -
Il suo ghigno malefico fece capolino sul suo viso angelico, dando vita a un contrasto impareggiabile.
Avevo forse detto “qualunque cosa”? Dannata me sentimentale.
- Dovendo recuperare il tempo perduto, io voglio che tu venga a casa mia per un lungo periodo di tempo – rispose lui, calcando sulle parole con un certo gusto – Molto lungo, più di quanto pensi! Voglio recuperare i quattro anni perduti!–
Se voleva farla sembrare una minaccia, ci era quasi riuscito. Era il brillio di compassione nei suoi occhi che mi faceva capire che era solo una scusa per allontanarmi dalla coppia Creamy/Piton.
- Come lei desidera, signor Malfoy – disse con tono servizievole, abbozzando una riverenza.
Draco scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Certe cose, per fortuna, non cambiavano mai.
- Non credere che sarà una vacanza, eh! – mi minacciò scherzosamente lui, agitandomi contro la mia bacchetta.
- No, signor Malfoy – ripetei con lo stesso tono di prima, accentuando la profondità del mio inchino e la larghezza del mio sorriso.
- Ah, stolta ragazza! – sentenziò allora, fingendo di essere irritato – Non hai ancora idea di quello che ti farò per vendicarmi del tuo abbandono! –
Lo guardai con una sorta di espressione di sfida, scatenando uno scintillio pericoloso nei suoi occhi.
- E cosa vorrebbe farmi, signor Malfoy? – chiesi spavalda, con un tono sdegnoso alla Bellatrix.
Draco avanzò con decisione verso di me, sembrando all’improvviso un pericoloso predatore che aveva avvistato qualcosa di molto prelibato. Per un soffio evitai di rabbrividire automaticamente dalla paura.
Era sciocco temere qualcosa dal mio migliore amico, no?
- Cosa vorrei farle, signorina Silente? – sibilò lui, bloccandomi i polsi con le sue mani contro il tronco dell’albero a cui ero appoggiata, facendo scivolare una della sue gambe in mezzo alle mie per costringermi a divaricarle – Cose peggiori di quanto lei possa immaginare… -
I battiti del cuore accelerarono d’istinto, la temperatura salì improvvisamente mentre mi ritrovavo ad arrossire in modo più che vistoso.
Chiusi gli occhi, cercando di respingere il pensiero che mi aveva attanagliato la testa.
- Rilassati, Lauren – sussurrò allora Draco, con tono divertito – Proprio non riesci a capire che ti puoi fidare di me –
Mi lasciò andare dandomi un buffetto sulla spalla.Dopo trenta lunghi secondi riaprii gli occhi sentendomi le gambe come ricotta.
- Sei uno… uno scemotto… - balbettai io, indispettita dal fatto che fosse bastato così poco per sconvolgermi.
- Sono irresistibile, eh? – replicò lui, senza smettere il suo ghigno malizioso.
Aspettò che mi riprendessi, poi mi fece cenno di seguirlo verso il castello. Disse che sarebbe stato meglio chiedere a Severus se potessi essere ospitata da lui per qualche giorno.
Per tutto il discorso che intercorse tra lui e Piton, continuai a fantasticare sulla strana sensazione che mi era stata donata dopo quattro anni dal mio migliore amico.
Almeno fino a qualche battuta prima della fine della loro conversazione.

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