C.O.T.I. - Cross Over The Immagination

di HHS_892
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Illusa e Disillusa ***
Capitolo 2: *** Ammissioni e negazioni ***
Capitolo 3: *** Spiegazioni ***
Capitolo 4: *** Cacciatrici ***
Capitolo 5: *** Devi farlo ***
Capitolo 6: *** Meno tre giorni da domani ***
Capitolo 7: *** Onnipotenza ***
Capitolo 8: *** Passaparola ***



Capitolo 1
*** Illusa e Disillusa ***




Capitolo primo – Illusa e disillusa
 
Nella penombra della mia camera iniziai a scarabocchiare sul quaderno frasi senza senso sperando che prima o poi arrivasse la tanto attesa ispirazione. Mi stavo illudendo, il mio blocco era più forte di quanto temessi.
Avevo finito gli esami da un paio di settimane, ma pur essendo libera mi sentii più vuota di prima, come se non potessi fare a meno di alzarmi presto la mattina e avere qualcosa da fare, magari imposto da qualcuno pronto a decidere del mio futuro. Io l’ho sempre pensato, la scuola rovina la gioventù.
Il mio sogno era fare la scrittrice: fin da piccola passavo le mie giornate a inventare storie assurde sperando che un giorno le avrei scritte e pubblicate, ero addirittura convinta che una volta cresciuta la mia fantasia sarebbe rimasta tale. Ahi, ahi, beata innocenza. In quel momento fui costretta a dover chiudere il mio sogno nel cassetto e iniziare a cercare un’università dove avrei preso una buona laurea per diventare un avvocato o buttarmi in qualche ufficio a fare la precaria perditempo.
Sì, mi arresi senza opporre resistenza.
 
«Buon giorno.» quello stesso pomeriggio mi recai allo sportello universitario.
Dovetti prendere l’autobus per raggiungerlo visto che quello del mio piccolo e disperso paese era fuori uso da quasi un anno.
«Salve, lei è?» una signora visibilmente robusta e sulla cinquantina mi guardò con aria di sfida portando gli occhiali sulla punta del naso in attesa di una mia risposta.
«Agata, Agata Condorelli.» risposi io stranita.
«Bene signorina “Agata Condorelli”, lei lo sa che le iscrizioni per le università ormai si fanno su internet, vero?».
Ero davvero sbigottita nel vedere come quella sconosciuta fosse tanto incazzata con me (perché non si può dire che fosse semplicemente “arrabbiata”). La fissai per un attimo, poi risposi prima che mi potesse avvelenare aprendo bocca.
«Si, certo… ero venuta solo –
«Oh, Cristo, arrivi al dunque!» esclamò interrompendomi.
Chiusi gli occhi e portai la mano destra alla fronte massaggiando con il pollice e l’indice l’estremità superiore del naso cercando di calmare i miei istinti omicidi, poi riaprii gli occhi.
«Senta signora…» mi avvicinai allo sportello «non ho idea di cosa lei abbia nei miei confronti, ma le chiedo cortesemente di fare il suo lavoro e di darmi queste cazzo di informazioni su queste cazzo di università. Chiaro?» dissi abbassando la tonalità della mia voce.
La signora accennò un sorriso, non uno intimidatorio, era un misto di presa per il culo e di allegria, questo mi fece innervosire ulteriormente.
«Sono “signorina”, prego.» mi diede un malloppo di fogli, per poi alzarsi e scoppiare a ridere.
«Grazie.» furiosa mi allontanai, pensai che la “signorina” prima di andare a lavorare avesse sniffato probabilmente qualche bella dose di cocaina. «E meno male che è signorina.» borbottai.
Quando arrivai alla fermata dell’autobus mi sedetti su una panchina e iniziai a sfogliare il malloppo…  qualcosa evidentemente non andava.
«FOGLI BIANCHI?!» mi alzai dalla panchina con un diavolo per capello.
Quando questi mi caddero dalle mani mi accorsi che erano semplicemente girati.
Dopo averli raccolti mi risedetti mantenendo la calma. Mi sentii esaurita, pensai che il mio “self control” fosse andato a farsi friggere, risi rendendomi conto di quanto ero ridicola.
In mezzo al malloppo c’era una busta grande quanto un foglio A4, lo aprii.
Ciò che la busta conteneva era una sorta di modulo di iscrizione per una fantomatica accademia di scrittura. Il contenuto era totalmente scritto in inglese e, per quanto me la cavassi, in alcuni punti non era chiaro cosa volesse dire.
Pensai fosse una presa per il culo, ma in effetti era un documento talmente ben fatto che non poteva essere uno scherzo (e poi a quella chi la conosceva…).
Le domande del modulo erano al quanto bizzarre, alcune addirittura interessanti, le lessi  una volta tornata nella mia umile dimora ed iniziai a rispondere un po’ per gioco, un po’ per curiosità. Le domande erano tipo:
“How did you find this form?”
E le mie risposte erano tipo:
“Because of a bitch.”
Inutile tradurre.
Finito il modulo decisi che era ora di fare un po’ di zapping, non avevo sonno quindi provai a cercare in televisione qualcosa di interessante, ma al solito non c’era niente di che.
Furono i “dolci” rimproveri di mia madre a svegliarmi l’indomani mattina, tutto questo per non aver preso informazioni sui test di ammissione per l’università. Mi ordinò che il prossimo venerdì mattina ci sarei dovuta andare insieme a lei nonostante avessi insistito che bastava semplicemente fare tutto su internet.
Proprio quel pomeriggio mi resi conto che quello strano modulo era sparito. Non era importante, però durante la notte avevo pensato a nuove risposte altrettanto idiote da scriverci sopra.
«Pazienza.» mi dissi.
Da quel momento in poi, però, il mio pensiero era andato a finire su quel modulo… chissà, magari era davvero un’accademia di scrittura. Sarebbe stato bello andare in America o in qualche altro luogo all’infuori di questo per studiare come si deve e iniziare una vera carriera da scrittrice… o magari mi stavo semplicemente illudendo.
 «Cazzo quanto sono stupida…» in quel periodo facevo abuso di parole poco fini per esprimere le mie emozioni, portai le mani sul volto e stetti sdraiata sul letto per quasi un quarto d’ora.
 
***
A Day_Dreamer: ti ringrazio per avermi avvertito degli orrori grammaticali e per aver aggiunto questa storia tra quelle seguite!

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Capitolo 2
*** Ammissioni e negazioni ***




Capitolo 2 – Ammissioni e negazioni
 
«Oh, così tu sei una delle nuove matricole!».
Una donna dai capelli rossi si avvicinò a me con cordialità, vederla così allegra e pimpante mi fece arretrare di qualche passo.
«Sì… sì, esatto.» risposi imbarazzata.
«Benvenuta, io sono Willow Rosenberg.»
«Piacere, il mio nome è Agata… Condorelli.» mi vergognai del mio cognome che in confronto al suo era cacca, inoltre non ero abituata a parlare l’inglese e solo il fatto di essere in un luogo molto lontano da casa mi rendeva irrequieta.
«Vieni, ti accompagno al dormitorio. Hai bisogno di aiuto con i bagagli?» stranamente riuscii a comprendere ciò che disse come se stesse parlando in italiano.
«No, grazie, ce la faccio.» risposi cordialmente.
La sconosciuta aveva un non so che di familiare, come se la conoscessi da sempre.
Durante tutto il tragitto la fissai stranita, ma il mio pensiero primario era ancora quello del “come sono arrivata qua?”.
 
Qualche mese prima, quando riferii del modulo ai miei genitori, questi la presero a ridere.
«Ma dai, la signora-
«”Signorina”.»
«La “signorina” ti avrà dato il modulo sbagliato. Invece di aprirla avresti dovuto riportarla subito indietro.»
«Non ci avevo pensato...»
«E poi se era scritto in inglese chissà dove si trovava questa accademia. Lascia stare, non abbiamo abbastanza denaro per mandarti all’estero.».
Ci rimasi male nonostante sapessi che quel modulo ormai era andato perso.
Dopo le persuasioni da parte dei miei genitori dimenticai questo fatto e iniziai gli esami per entrare nella facoltà di legge, di lettere e filosofia.
Qualche giorno prima di saper i risultati degli esami ricevetti una lettera di ammissione in inglese da parte della “fantomatica accademia di scrittura”. Quando tradussi il contenuto ad alta voce ai miei genitori, il loro cinismo mutò in entusiasmo, insistendo che era il luogo più adatto a me e che i soldi non erano un problema.
Stavolta provai io a persuaderli, ma quando posai la lettera sul tavolo, questa scivolò a terra facendo svolazzare un foglietto poco più in là. Mi avvicinai e lo colsi… era un assegno! Era un assegno con un enorme quantità di denaro perfetto per mantenermi all’estero per almeno tre anni.
 
«Siamo arrivate.» Willow mi portò di fronte ad una porta in legno massiccio. In alto c’era una piccola insegna con scritto “D3-4K” al posto del numero della camera.
«Che significa?»
«Quello? “Dormitorio tre, quarto piano, camera K”, serve per distinguere le camere dagli altri dormitori.»
Ero talmente persa nei miei pensieri che non mi resi conto dove mi aveva portato. Per un attimo ci scambiammo uno sguardo in silenzio, a giudicare dal suo sembrava aver capito che ero in difficoltà.
«Dai vieni, ti faccio fare un giro per l’accademia.»
Posai la valigia e la seguii.
Una volta scese al piano terra mi bloccai vedendo alcuni tizi vestiti in modo molto strano,  avevo già il dubbio se questa era un vera accademia di scrittura o meno, ma feci finta di niente.
Man mano che andavamo avanti un pensiero buffo mi passò per la mente: possibile che mi trovavo in una specie di Hogwarts? No, non può essere. A parte il fatto che Harry Potter non è mai stato un mio interesse e poi questi tizi, compresa Willow, non avevano la faccia da scuola di magia, o almeno mi sembravano troppo grandi per esserlo.
A dividere i dormitori da quell’edificio che doveva essere un’accademia, c’era un enorme spiazzale con tanto di panchine e di spazi verdi, dove alcuni gruppi di ragazzi di età differente, seppur fosse sera, si stavano riunendo. Avevano quasi tutti facce da bravi ragazzi, non sembravano proprio essere tipi che mi ero abituata a vedere in Italia, anzi, avevano addirittura un abbigliamento orientale o molto, e quando dico molto intendo sul serio, bizzarro.
Ciò che mi fece capire che questo non era un luogo normale fu un ragazzo di un gruppetto poco distante da me che con un movimento veloce di mani creò una sfera d’aria dove si sedette iniziando a percorrere tutto il parco ad una velocità impressionante ridendo di cuore. Mi bloccai.
«Ok, ora si che sono a Hogwarts.» borbottai mentre Willow imbarazzata mi trascinò via iniziando a farfugliare frasi come se volesse distogliermi da ciò che avevo visto.
 
Dopo aver corso per almeno una decina di minuti la donna mi portò in un’enorme biblioteca dove un uomo composto e dall’aspetto elegante leggeva un libro sorseggiando del caffè, quando si accorse di noi due sembrò stupito.
«Willow, che ci fai qui?»
«Ero passata…» mi indicò con lo sguardo come se avesse combinato un guaio.
L’uomo si alzò subito, schiarì la voce e mi diede da parlare con gentilezza.
«Benvenuta… tu sei una nuova matricola, giusto?»
«Esatto…» risposi ancora sotto shock.
L’uomo cercò di distrarmi facendomi visitare la biblioteca, iniziò a dire che se avessi avuto dubbi o problemi bastava semplicemente andare da lui per trovare una soluzione.
Non stesi molto a sentirlo, più che altro avevo intenzione di iniziare a fare domande a raffica su cos’è esattamente questo posto, ma interromperlo mi sembrò un gesto da maleducati, quindi mi limitai ad aspettare che avesse finito di parlare.
«Questo non è un luogo normale, vero?» arrivai subito al dunque.
«Ma certo che lo è! Cos-Cosa ti fa pensare il contrario?» rispose Willow nel panico.
Rupert, così aveva detto fosse il suo nome,  bloccò la donna e mi rispose con sincerità.
«No, questo non è un luogo da considerare “normale”.».
Era la risposta che volevo. «Ah?» ma anche quella che non mi aspettavo.
Avrei voluto dire: “E io che ci faccio qui? Le sembro il tipo con poteri magici? Cosa sono, Harry Potter al femminile? Sono una maga? E voi? Ahahahahah!!” e avrei iniziato a delirare urlando come un’indemoniata con la schiuma alla bocca. Mi limitai a dire «Ah? Ah.».
 
***
Ho finito di correggere anche questo capitolo (YEEEH!), spero che vi sia piaciuto.
È un po’ lento come inizio, ma visto che questa storia è nata dal nulla sto iniziando a costruirla pian piano ad ogni capitolo.
Se avete dubbi, domande, suggerimenti o correzioni sono disposta a prenderli in considerazione!
A proposito, il personaggio ritratto nell’immagine sopra è Agata, per adesso ho potuto utilizzare solo quei due bozzetti, ma al più presto disegnerò le scene e alcuni personaggi da mettere all’inizio o alla fine di ogni capitolo.
Ci vediamo al terzo!
 

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Capitolo 3
*** Spiegazioni ***




Capitolo 3 – Spiegazioni
 
Rimasi quasi tutta la sera in biblioteca, non avevo il coraggio di uscire da quell’enorme sala nonostante mi fossi ripresa un po’ dalla sconcertante notizia.
“Questo non è un luogo da considerare normale” non era una risposta tanto scioccante, fu ciò che venne dopo a lasciarmi di stucco.
«… diciamo che questo è un luogo dove i personaggi che per te possono sembrare di “fantasia” vengono per chiedere asilo.» continuò Willow.
«Non capisco.» feci notare.
Vidi Rupert Giles pensieroso, probabilmente stava cercando le parole giuste per spiegarmi la situazione, ma proprio quando stava per aprir bocca, una bionda dall’aria furibonda entrò con passo spedito.
«Quel maledetto!» borbottò sotto il nostro sguardo interrogativo.
«Che è successo?» domandò Willow preoccupata.
«Uno di quei bastardi mi è scappato. È saltato oltre il muro e si è diretto verso il bosco.» andò verso la macchinetta del caffè posta accanto al bancone.
In effetti, poco prima di entrare in biblioteca, avevo notato che tutta la zona dei dormitori e dell’edificio principale fosse circondata da una cinta di mura molto alta, ma non riuscivo a capire di cosa stessero parlando quelle due.
«Comunque adesso non dovrebbero essercene altri.» concluse sorseggiando un bicchiere di caffè.
Appena finì di bere un terzo sorso alzò lo sguardo verso di me, mi fissò allibita per qualche istante come se fossi un’aliena «e lei? È una delle nostre?».
«Non esattamente.»
Mi parve come se stessero parlando in codice o in qualche lingua sconosciuta, rimasi in silenzio fino a quando la bionda non si presentò.
«Tu allora sei una delle matricole di scrittura, vero? Sono Buffy Summers.» allungò la mano verso di me.
«Io sono Agata Condorelli.» ricambiai il gesto.
«Di che stavate parlando?» domandò ai presenti mentre riprese a sorseggiare il caffè.
«Di cosa realmente è questo edificio.» mi feci avanti visto che il bibliotecario e la rossa cercavano di cambiare argomento.
La bionda capì a cosa mi riferivo, quindi assunse un atteggiamento sicuro «Alla fine ne verresti comunque a conoscenza.» poi aggiunse «cosa vuoi sapere?».
«Perché sono qui.» risposi io.
«Per questo dovresti parlare con il direttore.».
«E dove lo posso trovare?».
«Giacché sono le nove e mezzo lo puoi trovare in ufficio… ma dubito che voglia vederti, a quest’ora sarà impegnato con scartoffie varie.» fece spallucce, poi riprese a parlare. «Comunque se hai altre domande puoi sempre chiedere a me.»
Ci pensai un attimo, visto che c’ero potevo finalmente sapere dov’ero finita.
«Allora… cos’è questo posto?»

In un caldo pomeriggio di settembre io e la mia famiglia ci recammo in aeroporto, era la prima volta che qualcuno della famiglia si allontanasse così a lungo da casa, quindi per l’occasione mi vennero a salutare anche le mie nonne e le mie sorelle maggiori, Maria e Barbara, con i rispettivi consorti. Quello che doveva rivelarsi un saluto veloce divenne una tragedia greca; pochi minuti prima di partire erano iniziati i pianti e gli abbracci interminabili che odiavo tanto. All’inizio mi commossi anch’io, poi, però iniziai ad avere i nervi a fior di pelle.
«Si… va bene… ho capito…» cercai di scrollarmi di dosso più parenti che potevo, salutai i miei genitori e corsi a fare il check-in prima che potessero riattaccarsi come polipi per non lasciarmi partire.
L’aereo era piccolissimo, uno di quello a sei posti, ma comunque confortevole. Era adatto ai viaggi lunghi fino all’America, dotato di sedili/letto e un ampio spazio dove poter fare i propri comodi.
Nella prima ora di viaggio iniziai a leggere per la sesta volta “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, un libro che mi appassionò molto e che portai agli esami per l’interrogazione di inglese.  
Già a due ore di viaggio mi ero appisolata sul confortevole sedile del piccolo aereo, mi sentivo in paradiso e nessuno mi avrebbe svegliata o avrebbe rovinato il mio piccolo momento di riposo, ma mi stavo sbagliando.
«Signorina… signorina, si svegli!» un’hostess apparsa dal nulla mi svegliò dopo pochi minuti.
«hmm?»
«L’aereo è atterrato da quasi dieci minuti.»
Balzai dal sedile rendendomi conto che non avevo dormito per pochi minuti, ma per un bel po’ d’ore.
Scesi dall’aereo e corsi verso il piccolo bus che portava dalla pista all’aeroporto.

Buffy si sedette di fronte a me e iniziò a parlare, dalla sua espressione e dalla parlata veloce capii che probabilmente era una storia lunga e che aveva una gran fretta di finirla, tuttavia rimasi ad ascoltare con attenzione ciò che aveva da dirmi e che gli altri non erano stati in grado di spiegarmi.
«L’accademia di scrittura è solo una scusa per attirare quante più persone possibili in questo… chiamiamolo “mondo”, ma anche “dimensione” va bene. Il punto è questo: nel tuo mondo noi siamo visti come personaggi irreali, creati per intrattenere, ma la realtà è totalmente diversa. In pratica noi esistiamo già e la nostra storia reale è collegata a quella che è rappresentata sottoforma cartacea o in tv.» fece una breve pausa per riprendere fiato.
«Quindi voi non siete reali, ma lo siete…» balbettai confusa.
«Oh, Lo siamo eccome!» ribatté la bionda con una nota di sarcasmo.
«Quello che Buffy intende dire è il tuo mondo con quello nostro è collegato dalla fantasia e dal lavoro di chi ha potuto raccontare la nostra storia.» aggiunse Giles.
«E la stessa cosa vale anche per i ragazzi che hai visto fuori.» precisò Willow.
Ci fu un attimo di silenzio in cui me ne approfittai per riflettere su quello che mi avevano rivelato, anche se ciò non spiegava il perché fossi lì.
«Senti, facciamo così: domani ti presento il direttore, così potremo capire perché sei qui.» disse Buffy con un tono sgarbato «ora si è fatto tardi, è meglio se vai a letto.».
Non so il perché ma la presi come un’offesa.
Willow poco più tardi mi ricondusse nel mio dormitorio, disse che domani mattino alle otto sarebbe passata per portarmi da Buffy insieme con altre ragazze per una prova di chissà cosa.
Il solo pensiero che ci fossero altre ragazze normali come me mi dava un certo senso di sollievo.

***
Salve e grazie per aver letto!
Dal prossimo capitolo il punto di vista del narratore potrebbe cambiare (ancora non ne sono sicura).
Bye bye!

 

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Capitolo 4
*** Cacciatrici ***


Buon Salve! Con questo capitolo la storia inizia ad entrare nella fase più movimentata, man mano aumenteranno i personaggi e altrettante avventure. Ovviamente non mancheranno i momenti di divertimento!
Inoltre con questo capitolo inizia la doppia narrazione. Con il carattere “Arial” è il narratore esterno a raccontare gli eventi, con il “Verdana”, invece, Agata narrerà la storia sotto il suo punto di vista.
Il narratore esterno non narrerà gli stessi eventi alla quale assisterà Agata, ma racconterà oggettivamente quelli dove saranno protagonisti gli altri personaggi. 
 

 
Capitolo 4 – Cacciatrici
 
Bi-bip - Bi-bip!!
«mmh… no… voglio ancora dormire.»
Agata aprì lentamente gli occhi in preda a sbadigli, non ci volle molto prima che si accorgesse che quella non era casa sua. Con una strana stretta allo stomaco si accorse che la malinconia aveva iniziato a farsi sentire, le mancavano i suoi genitori e la sua famiglia rumorosa.
Si diede uno sguardo intorno e si accorse che la parete opposta alla sua era piena di foto, di medaglie e di pupazzi, inoltre, poco distante da lei, c’era un secondo letto ben ordinato. Agata cercò di ricordare se la sera prima avesse incontrato qualcuno o se Willow le avesse accennato che non sarebbe stata sola, ma nulla.
La scorsa notte era ritornata esausta dalla biblioteca, non era stanca fisicamente, ma aveva un doloroso mal di testa. Dopo aver salutato Willow era entrata in camera non curante di accendere la luce e si era tuffata sul letto dove poche ore prima la rossa le aveva posato la valigia, forse la sua coinquilina stava già dormendo o forse era tornata più tardi di lei.
Poco le avrebbe importato, aveva un appuntamento e non voleva ritardare.
Si trascinò in bagno, arrivò davanti al lavandino e iniziò a lavarsi i denti, il modo in cui era arredata la camera e il solo fatto di esser in un dormitorio la faceva stare bene, tutto era “all’americana” come aveva visto e ammirato nei telefilm.
Dopo aver sciacquato i denti alzò il volto verso lo specchio.
«Sono un mostro.» borbottò guardando la sua immagine riflessa.
Agata non si era mai giudicata una gran bellezza, come tutte le ragazze della sua età si piaceva, ma non troppo. Avrebbe voluto i capelli più chiari, essere più alta, più magra… non aveva complessi, solo qualche momento di autocritica.
Dopo essersi ricomposta e vestita guardò nuovamente l’orologio, erano le otto meno un quarto, approfittò del momento per sistemare il letto e per posare la valigia sotto di esso.
 
«Ti ho fatto aspettare?» domandò Willow raggiungendo Agata all’uscita dei dormitori insieme a una decina di ragazze dall’aspetto aggressivo e dal fisico palestrato.
«No, no, sono appena scesa.» la ragazza si sentì intimidita, nonostante a nessuna delle presenti sembrava importasse la sua presenta. Provò un senso di antipatia.
Poco più tardi Willow le portò in una palestra sotterranea, attaccate alle pareti c’erano attrezzi vari e armi bianche(asce, coltelli, spade…), inoltre al centro della palestra c’era Buffy con un’espressione rude in volto e altre ragazze disposte una accanto all’altra di fronte a lei.
 
Sembrava di esser nell’esercito, Willow mi fece posizionare come la prima della seconda fila, accanto a me c’erano altre ragazze dall’aspetto ribelle e duro e Buffy non era da meno.
«Se siete venute qua c’è un motivo.» disse iniziando a camminare guardandoci in faccia una ad una. «Tramite queste prove riuscirò a capire se siete delle cacciatrici o se il direttore si è sbagliato.» dicendo questo mi guardò, poi riprese a camminare. «Io sono Buffy Summers e sono la vice direttrice. Probabilmente alcune di voi avranno già sentito parlare di me. Durante questi tre anni allenerò duramente tutte coloro che ritengo abbiano lo spirito della cacciatrice, ma basta perdersi in chiacchiere.» si riposizionò al centro della palestra. «Adesso voglio vedervi correre, dirò io quando finire e quando aumentare o meno la velocità. E ora muovetevi.»
Non ci posso credere, ero finita in una lezione di educazione fisica! Mi sentii persa, non ero preparata a questo e stavo entrando nel panico, ma dovetti iniziare a correre visto che le tizie dietro di me iniziarono a spingermi.
«Forza! Più veloci!»
Brava, la fai semplice te! – pensai mentre mi accorsi che in una ventina mi avevano già superato.
La corsa durò circa un quarto d’ora, non so quanti giri feci intorno a quella maledetta palestra e non so quante volte fui superata e presa a spintoni. Era già troppo per me, adesso ci mancavano anche le bulle. Dov’ero finita, in un asilo? Decisi di accelerare il passo, ma proprio quando iniziai a correre più veloce «Piano!» ordinò Buffy e mi ritrovai a correre come una deficiente sotto le risate di quelle stronze. Mi fermai trattenendo imprecazioni pesanti per la rabbia.
 
Buffy sembrò infastidita dagli sghignazzi delle ragazze, fece fermare la corsa e iniziò a parlare.
«Mettiamo le cose in chiaro: non siete venute per fare le coglione. Voglio persone serie, perché l’equilibrio tra bene e male dipende da noi e presto non ci sarà tempo per ridere. Altre risate senza motivo e potete considerarvi fuori.» fu chiara, le ragazze chiusero i loro becchi e aspettarono altri ordini.
«Questa prima prova è servita per vedere quanto siete veloci, ora invece voglio vedere quanto siete agili. Xander, Willow, fuori è tutto pronto?»
Un uomo con una benda sull’occhio entrò in palestra insieme a Willow.
«Si, abbiamo finito.»
La donna fece segno di uscire e tutte obbedirono senza far domande. Una volta fuori trovarono un percorso simile a quello che si vede nei film di guerra quando i cadetti vengono allenati.
«Ricordo che questa non è una competizione, ma solo una prova per vedere le vostre capacità, non voglio atteggiamenti da idiote. E ora iniziate.»
 
Ecco, un’altra tortura. Non bastava farmi correre come una pazza, ora c’erano anche i percorsi ad ostacoli. Di male in peggio.
Iniziai la mia folle corsa, mi arrampicai su di un muretto, atterrai a stento in piedi, corsi fino al secondo ostacolo… beh, mi muovevo già meglio di prima, o almeno fino al salto, in pratica dovevo prendere la rincorsa e saltare una parete.
«Ma siamo pazzi?!» balbettai guardando le altre che atleticamente la superarono con uno o più salti. Io a sento mi sollevavo di tre centimetri. Cercai con lo sguardo Willow sperando in un aiuto, ma lei non si accorse di me. Tutto questo era ridicolo,  volevo tornare indietro, ma era praticamente impossibile. Agirai la parete camminando rassegnata.
Inutile descrivere le altre prove, anche se in alcune ero andata piuttosto bene, in altre ero uno schifo.
Buffy ci ordinò di riposizionarci in palestra nei punti dove eravamo prima, iniziò a guardare ogni ragazza e a dire se era passata o meno. Inutile aggiungere che fui scartata.
«Agata, con te vorrei parlare dopo.» mi disse.
 
Quando tutte le ragazze uscirono dalla palestra si erano fatte le unici e mezzo, Agata invece era rimasta dentro per ascoltare ciò che Buffy aveva da dirle.
«Agata.» si sentì chiamare e si avvicinò alla donna.
«Il direttore mi ha detto che vuole vederti, ci vediamo tra un’ora di fronte il dormitorio.» detto questo andò via.
 
***
Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia!
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Devi farlo ***




Capitolo 5 – Devi farlo
 
Proprio come era cominciata quella mattina, Agata tornò nel dormitorio, esausta si sdraiò sul letto per poi rialzarsi nuovamente per portarsi in bagno. Dopo una lunga doccia cambiò gli abiti e aspettò che l’ora finisse per incontrare Buffy…
 
«Buon giorno Cacciatrice!» nel suo ufficio un uomo corpulento di mezza età salutò Buffy che era appena entrata.
«Ciao Jordan, ci sono novità?»
«No, la solita routine. A proposito, come và la ricerca delle cacciatrici? Quelle che ho trovato vanno bene?»
«Si, tutte tranne una.»
«Agata, giusto? Adesso che ci penso, dovrei incontrarla tra un quarto d’ora.»
«La vado a prendere io, ma prima vorrei sapere perché l’hai ammessa.»
L’uomo emise una lieve risata, aprì la finestra e accese una sigaretta.
 
Scesi le scale del dormitorio, avevo le ossa a pezzi e i muscoli doloranti, il dolore però  era niente in confronto alla sete di curiosità. Finalmente stavo per sapere la verità e magari sarei tornata a casa per riprendere la mia noiosa routine.
Sceso l’ultimo scalino incrociai lo sguardo di Buffy, in confronto a poche ore prima adesso sembrava una donna tranquilla, aveva anche uno strano sorrisetto e si comportava in maniera gentile. Questo veloce cambiamento mi lasciò perplessa per tutto il tempo della strada fino a quando non arrivammo di fronte ad una porta in legno massiccio. La porta era decorata con scene di lotta tra individui alati che non avevano niente a che vedere con figure di angeli o demoni che si vedevano nei quadri.
«Io non posso entrare perché ho una lezione con altre ragazze, ma tu vai pure, il direttore ti aspetta.»
Annuii e dopo averla salutata entrai nell’ufficio.
«Benvenuta Agata!» il fantomatico direttore della fantomatica accademia (sempre se si può considerare tale) si alzò dalla sedia in pelle e allargò le braccia «Accomodati!».
Avevo l’impressione di trovarmi di fronte a Babbo Natale in versione giacca e cravatta coi capelli brizzolati e con due cicatrici che partivano dalla fronte alla guancia destra.
«Salve…» dissi io, mi sedetti su una poltroncina di fronte la scrivania.
«Mi hanno detto che vuoi sapere perché sei qui.» si sedette anche lui.
«Si…»
«Perché?»
«Perché…» mi vennero in mente quelle ragazze atletiche e quei ragazzi strani della sera prima, provai rabbia e gelosia «… perché questa chiaramente non è un’accademia di scrittura, perché non sono un’atleta e perché non ho poteri!» esclamai nervosa.
Lui sorrise e prese un paio di fogli da un cassetto.
«Ogni tanto mando in dimensioni diverse dei moduli-»
Lo interruppi. «Dimensioni? Che genere di dimensioni?».
«Per dimensioni intendo “mondi diversi”, “dimensioni spazio-temporali”, “dimensioni alternative”, eccetera,  eccetera.»
«Quindi questa è una “dimensione alternativa”?»
«Vedo che ci sei arrivata. Comunque, dicevo, mando dei moduli per selezionare nuovi studenti che trovo perfetti per questa accademia. Scelgo solo quelli che mi hanno colpito o che hanno risposto eccellentemente a molte domande.»
«Allora le mie risposte erano eccellenti?»
«Stai scherzando? Erano pessime, ma molto divertenti e ridicole!» sfogliò i fogli ridendo.
Rimasi senza parole, nella vergogna assoluta.
«Poi la risposta alla domanda “Come hai trovato questo modulo?” mi ha fatto morire, “per colpa di una stronza”» continuò a ridere «quando mia moglie l’ha letto si è offesa, ma poi anche lei ha riso.»
Portai una mano alla bocca, avevo gli occhi lucidi e mi sentivo umiliata. «Era sua moglie a dare i moduli..?» dissi con voce tremante.
«Oh, no, una delle sue subordinate.».
Volevo alzarmi e andare via, in quel luogo ero capitata solo per farmi prendere in giro e non volevo rimanere un attimo di più.
«Agata.» divenne serio. «So quello che stai pensando, ma ti stai sbagliando.» prese la mia mano con fare paterno, «tu non sei qui per essere presa in giro. Tu hai qualcosa che tutti gli alunni di questa accademia non hanno, non sono i poteri o la forza fisica, è quello che hai nella tua mente che ti da forza.» mi fece alzare dalla sedia e andammo di fronte la finestra, da lì si riuscivano a vedere alcune stanze dell’edificio e la palestra. «Questa è davvero un’accademia, qui vengono i ragazzi degli altri mondi per imparare a governare la propria forza e i propri poteri, alcuni addirittura per iniziare gli studi e altri ancora per avere un posto dove andare.»
Rimasi in silenzio per ammirare ciò che vedevo.
«Agata, alcuni di loro hanno problemi più gravi di quelli che potresti avere tu. Molti di loro rischiano di scomparire. Come Giles ti avrà sicuramente spiegato i loro mondi e il tuo sono legati. Quando un autore scrive un libro, fa una sceneggiatura o disegna una storia non sta del tutto inventando gli avvenimenti perché sono già accaduti o accadranno.»
«E io cosa centro con questo?»
«Hai avuto la fortuna di aver trovato il modulo prima di altri, è raro che arrivi nella tua dimensione. Quando qualcuno riceve quel modulo le domande e l’intestazione cambiano a seconda dei desideri di chi risponde. Tu volevi diventare una scrittrice, ma le tue risposte alle domande erano stupide e orribili, questo significa che non ci credi più. Tuttavia non mi sono arreso, tu puoi fare qualcosa, non è molto, ma ce la puoi fare a salvarne una piccola parte.»
«Come?»
«Scrivi. Devi solamente scrivere. Devi conoscere questi personaggi e devi scrivere per loro e per i propri mondi.»
 
Agata continuò a guardare in silenzio fuori dalla finestra mentre lo sguardo del direttore si era posato su di lei.
«Cazzate.» fissò con uno sguardo di ghiaccio l’uomo e andò via furiosa.
Aveva già abbandonato la scrittura da molto tempo, non era più la sua passione e ormai odiava scrivere, perché avrebbe dovuto farlo? E poi, se ne avrebbe salvati pochi, gli altri sarebbero morti comunque. O tutti, o nessuno.
 
***
Ringrazio Day_Dreamer e sweetthings per le recensioni e per i complimenti, ringrazio anche coloro che leggono e che seguono questa storia!
Ci vediamo al sesto capitolo!

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Capitolo 6
*** Meno tre giorni da domani ***





Salve a tutti! In questo capitolo inizierete a trovare l’asterisco (*) che servirà per indicare una frase, un nome o una parola alla quale pochi possono capire il significato o l’uso. Chi legge molto saprà che questo simbolo lo troverà alla fine del capitolo come nei libri per la spiegazione.
Inoltre alla fine dei capitoli troverete lo spazio per i miei commenti divisi in quattro parti: la prima per gli asterischi, la seconda per segnare le serie/anime/manga/fumetto presenti in questo capitolo (soprattutto nel caso in cui alcuni personaggi siano poco conosciuti), la terza per le risposte alle domande(nel caso ci siano) e la quarta parte per i saluti e ringraziamenti(o altro).
 
Capitolo 6 – Meno tre giorni da domani
 
La giornata era iniziata malissimo, non solo ho dovuto partecipare a un’esercitazione degna dell’esercito (e neanche), ma pure il direttore ci si era messo a prendermi per il culo. Volevo andare via, inutile ripeterlo.
Tornai in camera e trovai una ragazza sdraiata sull’altro letto ad ascoltare la radio, quando si girò vide che stavo piangendo come una disperata, ma cercavo di coprire il volto per non far vedere in che stato ero.
«Tutto ok?» domandò lei stranita.
«Si… tranquilla...» asciugai le lacrime.
La situazione che si era creata era di imbarazzante silenzio e solo dopo una decina di minuti, nella quale mi ero finalmente tranquillizzata, lei si decise a parlare.
«Io sono Natsumi Hinata, tu come ti chiami?»
Prima di rispondere osservai per un momento la ragazza che stava di fronte a me. Aveva i capelli rossi, ma anche i lineamenti giapponesi, era snella e non sembrava essere molto alta, pareva anche più piccola di me di almeno uno o due anni.
«Agata Condorelli.»
«Ti hanno già detto in che reparto sei?»
«Reparto?»
«Non ti hanno detto niente?» sembrava stupita «prima di selezionare le camere dei dormitori, ti danno un depliant e un test da compilare, a seconda delle risposte ti fanno fare delle brevi prove e poi ti indicano quale reparto frequentare.»
«Ah, io ho fatto una prova… ma, diciamo, che è andata maluccio.»
«Mi dispiace… non ne hai fatte di riserva?»
«No, anzi, il direttore mi ha convocato e mi ha anche preso per il culo. Tu di che “reparto” sei?»
«Reparto lotta femminile “C”, non da cacciatrice, ma quello alternativo.» io annuii come se capissi a che si riferiva, poi continuò «comunque è strano ch ti abbia convocato. Nessuno, a parte gli insegnanti, lo ha mai visto in faccia! Neanche i casinisti di lotta maschile che sono perennemente in punizione. Lo hai visto in faccia? Che aspetto ha?»
«Si, mhm… è un tipo strano e assomiglia a Babbo Natale!»
In poco tempo iniziammo a parlare del più e del meno come se ci conoscessimo da sempre, era una sensazione strana, perché nel “mio mondo” raramente riuscivo a parlare così tanto con una sconosciuta.
 
«Tesoro, ciao sono io.»
Fuori dalle mura un uomo dall’aspetto effemminato e minaccioso, osservava nascosto dai rami di una quercia altissima l’istituto.
«Il sensore capta un segnale anomalo, forse è lei.»
«Con che sicurezza puoi dire che è una lei?» dall’altro capo di una sorta di cellulare ovale e senza tasti provenì una voce maschile.
«Ricordati, sfortunatamente in mondi come questi è sempre una ragazza ad aver il comando e il potere…»
«Si, come mia sorella.» emisero una breve risata forzata. «la vuole, viva o morta non importa, ma il corpo deve essere parzialmente illeso o intatto.»
«Ricevuto.» finita la comunicazione lo strano oggetto cambiò colore dall’azzurro al nero, l’uomo lo ripose nella tasca del lungo cappotto verde mimetico e sfilò un taccuino dove appuntò qualcosa.
“Mancano tre giorni cominciando da domani.”
Scese dall’albero e scomparve nella boscaglia.
 
Si fece l’ora di pranzo, Natsumi mi invitò ad uscire dalla camera per incontrarci con altri suoi amici alla mensa, inoltre mi avrebbe fatto visitare una parte dell’istituto che lei diceva di conoscere bene.
«Tranquilla, ormai frequento questo posto da quasi due anni!» mi convinse a seguirla.
Quando arrivammo ai paragi della mensa iniziai a scorgere molta più gente di quanta ne avessi vista la sera prima. Stavolta non c’erano solo ragazzi, ma anche persone di una certa età, per non parlare di alcune strane creature che mi fecero venire un colpo per lo spavento.
«Natsumi-dono*!» un esserino verde e dall’aspetto odioso si avvicinò a noi con voce stridula insieme ad un gruppetto di cosi simili a lui.
«Che vuoi stupido ranocchio? Dov’è mio fratello?» domandò lei assumendo un’aria antipatica.
Sperai per un attimo che il fratello fosse almeno carino.
«Fuyuki-dono** sta venendo, è a parlare in corridoio con l’insegnante e con qualche compagno di occulto.»
«Oddio, qua si fa notte.»
Non capivo di che stavano parlando, ma ascoltai in silenzio fino a quando non si ricordarono della mia presenza.
«E lei chi è?» domandò uno di quei cosi di colore rosso con un’espressione incazzata sul volto.
«Lei è Agata. Agata, loro sono dei stupidi ranocchi alieni.»
«… piacere…» feci un gesto di saluto con la mano anche se mi sentivo un’idiota.
Pochi attimi dopo esser entrati, un ragazzino sui sedici - diciassette anni ci raggiunse vicino al bancone del self service.
«Questo è mio fratello Fuyuki.»
Le mie aspettative erano state distrutte dall’arrivo di un ragazzetto magrolino coi capelli neri, il fratello di Natsumi non era decisamente il mio tipo.
Dopo aver preso abbastanza cibo da sfamare un esercito andammo a prendere posto. Sembrava essere in uno di quei locali di lusso dove tutti i tavoli sono prenotati, perché nonostante ci fosse confusione non c’erano persone isolate in tavoli mezzi vuoti come accadeva nelle mense dei telefilm americani; per non parlare delle tovaglie candide e dal gusto raffinato dei centritavola… a rovinare l’atmosfera c’erano molte persone (soprattutto ragazzi) che mangiavano come porci buttando tutto il cibo sui tavoli. Che schifo.
«Quando sei arrivata?» uno di quei ranocchi mi fece tornare sul pianeta Terra, sempre se lo era…
«Ieri.»
«Sola?»
«Si, perché?»
«Normalmente qui si arriva a gruppi.» spiegò Natsumi.
Aggiunsero un posto in più al tavolo e ci sedemmo.
«Ah, e come mai?»
Si guardarono tra di loro come se avessi detto qualcosa di impronunciabile.
«No - non ne sai nulla?» domandò con voce tremante Fuyuki.
«Se mi dici di cosa magari potrei capire.» feci notare io.
Sembrò esser calato un velo di depressione.
«Ci sono delle guerre in corso… l’equilibrio di ogni mondo parallelo è stato spezzato.» disse il ranocchio azzurro.
 
***
 
*Natsumi-dono: il personaggio Keroro usa il suffisso “-dono”(che si dovrebbe leggere “do-nò”) per rivolgersi agli umani in maniera formale, nel caso di “Natsumi-dono” qui in Italia viene tradotto con “signorina Natsumi” o “lady Natsumi”.
**Fuyuki-dono: “Mister Fuyuki”.
 
I personaggi presenti in questo capitolo sono dell’anime/manga “Keroro Gunso” (Sergente Keroro).
Negli altri capitoli: “Buffy” e “Avatar, la leggenda di Aang” (il ragazzo che volava sulla sfera di aria del secondo capitolo).
 
A Day_Dreamer: ti ringrazio per i complimenti e per la domanda! In realtà il personaggio Jordan è totalmente inventato, ma nella storia conosce Buffy da molto tempo e quindi lei si permette di dargli del tu.
 
Al solito, ringrazio a tutti coloro che seguono questa storia e quelli che la stanno appena leggendo!! =9
 

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Capitolo 7
*** Onnipotenza ***


Capitolo 7 – Onnipotenza
 
Dopo pranzo Natsumi non poté accompagnare Agata per fare un giro dell’accademia.
«Sarà per un’altra volta.» disse in preda ai singhiozzi.
L’argomento trattato pochi attimi prima aveva scosso Agata facendole rendere conto della situazione che quella stessa mattina il direttore le aveva accennato, ma non credeva fosse così grave.
Il pranzo divenne una lagna, ognuno trattenne le lacrime o si lasciò andare, raccontando la loro versione dei fatti. C’è chi aveva perso un intero pianeta, chi solo i genitori e amici.
«Nostra madre… i nostri amici… tutti. Tutti morti…» borbottò Natsumi singhiozzando mentre Fuyuki poggiò le braccia sul tavolo coprendo il volto.
«Abbiamo combattuto fino alla fine, ma non abbiamo potuto fare niente…» aggiunse il ranocchio rosso.
Agata stese lì ad ascoltare tutto il tempo la loro storia, pianse anche lei, ma fu in quel momento che si rese conto che poteva fare qualcosa e avrebbe tentato di capire come avrebbe potuto salvare tutti.
«Forse io posso fare qualcosa.» disse asciugandosi le lacrime.
I presenti la guardarono come se fosse un faro in una notte di tempesta, parevano dire “tu puoi?”.
«kukuku!» il ranocchio giallo emise una risata fastidiosa «allora ho capito chi sei.»
 
Durante tutto il pranzo mi assillarono con domande alla quale non sapevo dare una risposta. Il ranocchio giallo, Kururu, mi disse che aveva sentito parlare di me qualche giorno prima che io venissi. Diceva che solo chi faceva parte del mio mondo poteva salvarli, perché era l’unico mondo in cui le “forze del male” non potevano entrare. 
Caspita. - mi dissi – allora ho dei poteri. -
Solo procedendo con la discussione capii che, ahimè, non parlavano di me.
«Se sei qui vuole dire che sei la migliore nel tuo campo. Cosa fai, scrittrice? Sceneggiatrice? Regista?»
«Scrittrice.» mentii spudoratamente, ma in quel momento mi sentii onnipotente e orgogliosa di me. Mi accorsi che molti dei presenti in quella sala mi fissavano ed era calato il silenzio.
 
Per la prima volta mi sentii importante, avevo lasciato Natsumi e i suoi amici per conto loro per smaltire le lacrime, ma già neanche il tempo di allontanarmi dalla sala che mi accorsi che alcuni personaggi mi stavano seguendo.
Normalmente mi sarei sentita a disagio, anche in colpa e spaventata nel vedere la confusione che si stava creando in torno a me, per non parlare delle false speranze che stavo costruendo…
«Ciao.»
Una ragazza dai strani capelli color smeraldo si fiondò dinnanzi a me.
«Il mio nome è Shion Sonozaki, tu sei la nuova, giusto?»
«Si, sono io, Agata Condorelli.»
«Piacere di conoscerti. Vieni, ti presento alcuni miei amici.»
«Ferma lì stronzetta, lei verrà con me.» una donna vestita con un abito lungo ottocentesco e dai capelli oro si intromise tra me e Shion.
«Mi dispiace signora, ma Agata viene con me.» mi prese dalla manica della giacchetta e ci allontanammo lungo il corridoio sotto lo sguardo di quella donna dal ghigno minaccioso.
«Quella chi è?» domandai stranita.
«Beatrice, una tipa non proprio affidabile, si dice che sia la “strega senza limiti”, ma qui pare che i suoi superpoteri non funzionino del tutto.»
«Ah…»
Non so il perché, ma quella ragazza mi metteva i brividi nonostante fosse stata gentile con me. Mentre camminavamo la sua mano mi stringeva sempre di più il polso.
«Shion.»
«Si?»
«Il polso è mio.» le feci notare fermandomi.
«Oh, scusa!» allentò la morsa, per liberarmi del tutto dovetti scostarla.
Fu in quel momento che mi accorsi che aveva un non so ché di nervoso e inquietante.
«Allora, cosa c’è che non va in te?» le chiesi nervosa.
«Cosa? Ma di che parli?»
«Se vuoi il mio aiuto non c’è bisogno che mi trascini. Ma prima di poterti aiutare devo sapere come si fa!», in altre occasioni avrei avuto un atteggiamento più pacato, tuttavia mi sentivo minacciata da qualcosa.
«scusami…» balbettò dispiaciuta.
«Ascolta,» mi tranquillizzai «dimmi in che dormitorio sei, io intanto vado a parlare col direttore e dopo CASOMAI mi dirai che vuoi. Intese?»
Annuì, mi disse dove risiedeva e poi andai via.
Mi sentivo potente, eppure non era successo nulla per farmi sentire tale, ero sempre la stessa Agata, la solita e innocua Agata, solo un po’ più bugiarda.
 
Dietro la sua scrivania, alle prese con un castello di carte, il direttore Jordan si stava rilassando godendo ogni istante di quel momento, di certo non si aspettava l’arrivo di Agata senza l’avvertimento della segretaria.
Sbattendo la porta, presa dall’euforia, Agata entrò nell’ufficio facendo accasciare il fragile castello di carta.
«No, stai tranquilla, non disturbi mica.» borbottò sarcastico Jordan.
«Voglio sapere come si fa.»
«Basta che appoggi le carte una sopra l’altra con attenzione e-
«No, voglio sapere come posso salvarli scrivendo.» lo interruppi.
«Cosa ti ha fatto cambiare idea, il fatto che ti credono una vera “salvatrice”? Solo chi ha abbastanza esperienza potrà salvarli tutti. Pecchi di arroganza signorina, ci vuole così poco per farti montare la testa?»
Agata rimase in silenzio, poi disse.
«Non mi sto montando la testa, voglio davvero aiutarli! Ho ascoltato alcune storie e mi hanno convinta a credere in me stessa. Se ci vuole esperienza allora la farò! Posso farcela e sono fiduciosa.»
«Questa mattina non lo eri.» si alzò dalla poltrona «ma pazienza. Se pensi di potercela fare allora provaci.» prese un libro dalla libreria che circondava i muri dell’ufficio. «Io e questo libro saremo i tuoi maestri.» glielo porse.
«E’ bianco!»
«Lo è perché sarai tu a riempirlo. Incominciando a ora ti dirò le istruzioni, tu cerca di calmare i tuoi bollenti spiriti e di seguirmi senza conclusioni affrettate. E ora siediti che abbiamo poco tempo.»
 
***
 
Shion Sonozaki è uno dei personaggi dell’anime “Higurashi no naku koro ni”.
Beatrice appartiene a “Umineko no naku koro ni”.
 
Ringrazio coloro che seguono questa storia! Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Passaparola ***


Capitolo 8 – Passaparola
 
Alle sette e mezzo della sera la campana suonò per la fine delle lezioni, ogni alunno e insegnante uscì dalle sale, organizzate per assomigliare a una sorta di aule, e si riunivano ciascuno al proprio gruppo.
Non gli importava se il suo giro di amicizie comprendeva individui di razze e dimensioni diverse, era bello così ed era anche piacevole. In quel luogo tutti erano in armonia, non importava se in passato eri stato un bastardo, l’importante era pentirsi e tutti ti perdonavano tutto (o quasi).
Zuko non era l’unico con “precedenti”, certo, magari non aveva fatto carneficine, ma la sua parte da cattivo l’aveva fatta e ora, invece, era insieme alle persone alla quale anni prima aveva dato la caccia. Anche la sua cicatrice, seppur visibilissima, non bruciava più.
Era in pace… tutto era piacevole… aveva dei fantastici amici… ma il suo regno era crollato.
Da quando quegli stranieri invasero il paese del Fuoco tutto è caduto in rovina. In poco tempo anche le tribù dell’Acqua e il regno della Terra caddero sotto il loro dominio. Tutto poteva ricominciare d’accapo?
«Zuko, tutto ok?»
«Uh, si, certo, perché?»
«Ti vedo pensieroso…» fece notare il ragazzo con una freccia celeste tatuata sul capo.
Neanche l’Avatar, il dominatore degli elementi più potente dell’intero pianeta, era stato capace di tenerli a bada. Erano rimasti in vita solo il solito piccolo gruppo, tutti gli altri? Morti.
«Aang! Sokka! Zuko!» di corsa, dell’altra parte dell’enorme corridoio settecentesco, due ragazze si avvicinarono al trio. Le due ragazze erano: quella con la pelle più scura, Katara della tribù dell’Acqua e Toph, la cieca, del regno della Terra.
«Come mai tutta questa grande eccitazione?» domandò sarcastico Sokka, il fratello maggiore di Katara.
«Dicono che sia qui! Lo “scrittore” è qui!» urlò a squarcia gola Toph alzando le braccia al cielo euforica.
«Tutto potrà tornare come prima! Finalmente potremo riabbracciare papà e magari far tornare in vita anche la mamma!» aggiunse l’altra.
I tre ragazzi rimasero sbigottiti, indecisi se scoppiare a piangere o mettersi a saltellare per la felicità. Aang, il ragazzo con la freccia, decise la seconda opzione pochi secondi dopo.
Era da quando tutto era scomparso che si sentiva in colpa per non aver potuto fare niente, ma finalmente avrebbe avuto la sua rivincita.
Colui che invece non era convinto era Zuko, che preferì stare in silenzio ascoltando la discussione dei compagni.
 
«Smettila di lamentarti e studia!»  Jordan sbatté un libro in testa ad Agata.
«AH!» portò le mani alla testa guardando addolorante il direttore.
«Continua.» ordinò lui.
La lezione consisteva alla lettura, non la solita lettura, quella fatta con pace e serenità, ma un tipo di lettura ad alta voce, veloce, senza errori (ogni errore uno scappellotto), con un’analisi accurata. Insomma, per leggere un paragrafo, per quanto veloce poteva essere, ci impiegava quasi un quarto d’ora per tutte quelle volte che si fermavano a discutere.
«Non penso che uno scrittore faccia cose del genere.» replicò lei.
«No, uno scrittore non lo fa. Un vero scrittore ha l’esperienza, uno scrittore si impegna a fondo affinché il proprio lavoro risulti di qualità.»
«Ma ci vuole anche la passione.»
«Si, ma in questo caso tu non l’hai. E ora continua. Entro quest’anno devi diventare la migliore.»
Agata annuì imbronciata, riprese il libro che stava leggendo e ricominciò da dove aveva interrotto.
La lezione si protrasse fino alle dieci di sera.
«Adesso porta con te questo libro, inizia ad abbozzare qualcosa sulle ultime pagine. Non scrivere assolutissimamente sulle altre perché i guai che potresti provocare sarebbero immondi. Posso fidarmi o devo mandarti Buffy a tenerti sotto controllo? Ti assicuro che non è tenera.»
Agata prese il libro dalle pagine bianche e lo sfogliò fino ad arrivare alle ultime.
«Perché solo le ultime?»
«Perché sono fogli normali. Qualsiasi cosa scriverai sulle altre pagine diventerà realtà, qualsiasi cosa.» sottolineò «se tu dovessi scrivere con “l’abilità” che hai ora potrebbe scatenarsi il caos. In questi giorni, tutte quelle volte che non avremo lezione, dovrai stare a contatto con ogni essere vivente in questo edificio, dovrai conoscerli e dovrai studiarli. Non farti ingannare da come vorrebbero essere o da come vuoi tu che fossero.»
Jordan stese un attimo in silenzio per far assimilare ad Agata ciò che le aveva appena riferito, lei si limitò ad annuire, ma ciò che lo preoccupava di più era non trovare quell’entusiasmo negli occhi di quella ragazza.
«Quanti anni hai di preciso?» in quella domanda Jordan aveva assunto un tono rassegnato.
«Venti.» rispose come se non capisse il perché del tono di quella domanda.
«Che cosa ti ha spento?»
«La realtà.» disse decisa e serena.
 
Ormai era notte inoltrata, Beatrice percorreva il desolato viale circondato da arbusti di un verde splendente che, unito alle farfalle dorate al suo seguito, donavano un’atmosfera magica. Il suo sorriso beffardo era la testimonianza dei suoi pensieri, finalmente poteva vendicarsi sfruttando quella insulsa ragazzina; l’avrebbe convinta, anche con la forza, a realizzare ciò che con la sua magia non poteva fare, avrebbe avuto come schiavo quel reietto di Blatter*, il suo rivale, e avrebbe torturato lui e la sua famiglia all’infinito. Ora, però, doveva convincere tutti che era una strega buona e che non avrebbe fatto male ad una mosca. 
La sua vendetta sarebbe stata subdola e crudele. Non le importava far ritornare in vita le streghe che erano morte durante lo scontro contro quei strani individui. Solo lui e la sua fottuta famiglia.
Dall’altra parte del muretto l’uomo misterioso osservava la strega con interesse.
«Pssst!»
La donna si girò fulminea, come se i suoi pensieri fossero stati detti ad alta voce e qualcuno li avesse ascoltati.
L’uomo salì sul muretto e la guardò con un sorriso ammiccante, lei, al contrario, con disgusto.
«Salve dolcezza.» disse lui atteggiandosi.
«Sei uno di quei vampiri della cacciatrice?»
«Di chi? Qualsiasi persona sia questa cacciatrice non so chi sia. Io sono venuto per lei
Beatrice capì che stava parlando della scrittrice e sorrise avidamente.
«Cosa cerchi da me?»
«Diciamo che sei una bella donna.» rispose vago.
«Diciamo? Tsè, come si vede che sei gay.» continuò a sorridere per poi diventare seria «rispondi alla mia domanda.»
«So cosa vuoi dalla scrittrice. Ma non hai abbastanza potere per poter competere con tutti gli esseri presenti in questo luogo. Se ti unisci a me tutto sarà più semplice.»
Beatrice fece una risata fastidiosa «ah, si?».
L’uomo che pochi istanti era di fronte a lei era scomparso, in quell’attimo il suo sorriso scomparve dal suo volto come inquietata. Qualcosa in lei la convisse di unirsi alla folle idea di quel pazzo, era la cosa più conveniente.
 
Prima delle luci dell’alba una minuscola parte dei “pentiti” fu convinta da uno strano individuo ad unirsi a lui.
Meno tre giorni da ora. Scrisse sul suo taccuino.
 
***
*Blatter: si legge “Batora”, protagonista maschile di “Umineko no naku koro ni”.
 
I personaggi presenti in questo capitolo sono:
Zuko, Aang, Sokka, Katara e Toph di “Avatar, la leggenda di Aang”.
Beatrice, come lo scorso capitolo, di “Umineko no naku koro ni”.
 
A  Sarhita: ti ringrazio per le recensioni! Per me è davvero un onore che il mio modo di scrivere e che questa storia ti piacciano.
In realtà è tutto frutto di una totale improvvisazione che è iniziata partendo da un momento di noia.
Io e Agata, al contrario di quello che potresti pensare, non abbiamo quasi nulla in comune, se non l’unico fatto di esser italiane e di alcuni piccoli particolari non importanti per la storia. Mi diverto a muovere personaggi che con me non hanno niente in comune. XD
I personaggi non inventati appartengono a serie quasi sconosciute(ma anche odiate) alla maggioranza dei lettori non perché io sia una loro fan, ma perché penso che alcuni personaggi si debbano conoscere piano piano con altre sfaccettature come se fossero nuovi nonostante io cerchi di muoverli con i loro caratteri originali (non so se mi sono spiegata bene).
Spero di aver alimentato la tua curiosità.
 
Ogni volta leggere le recensioni per me è una vera soddisfazione! Ringrazio tutti coloro che lo fanno e anche coloro che semplicemente leggono e continuano a seguire questa storia!
Il prossimo capitolo lo pubblicherò al ritorno dalle vacanze!
Buon Agosto e alla prossima!

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