Con Narcissa siamo in tre di Drops of Jupiter (/viewuser.php?uid=80119)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 1 *** Prima parte ***
Narcissa non era mai stata brava a nascondere i suoi sentimenti. Da
quando il suo sguardo aveva per caso incontrato quello di Lucius Malfoy
in una fredda mattina di gennaio, era rimasta come incatenata a quegli
occhi color ghiaccio così seducenti, il suo viso era rimasto
impigliato nella sua mente come un chiodo fisso che non ha intenzione
d'andarsene. Bellatrix gliel'aveva già detto: "Guardati bene
da Malfoy, il suo fascino potrebbe ammaliarti, ma non è
tutto oro quel che luccica". Le parole della sorella le erano risuonate
per la testa a lungo, più precisamente dal primo giorno in
cui aveva messo piede a scuola ed aveva appreso d'essere stata smistata
a Serpeverde. Ma quella mattina, improvvisamente, avevano perso tutto
quel significato di cui erano state impregnate fino a pochi attimi
prima dell'attimo in cui lo sguardo di Narcissa si posasse su quello
del ragazzo.
"I ragazzi del secondo anno di qui" disse una seducente voce maschile,
indicando una fila di teste ordinatamente disposte e rivolte verso
l'uscita ed interrompendo bruscamente il flusso di coscienza di
Narcissa, che non aveva ascoltato una sola parola del discorso d'inizio
anno del preside Dippet e aveva appena realizzato che l'interminabile
momento del banchetto di inizio anno era terminato da un bel
pò. Narcissa alzò il candido sguardo azzurro come
il cielo sul ragazzo che aveva appena parlato. La bocca le si era
seccata, era come se non avesse le parole per poter rispondere anche
solo con un semplice sì o no. Era rimasta come imbalsamata
davanti a tanto fascino.
"Tu, sei del secondo?" chiese brusco il ragazzo biondo, avvicinandosi a
lei. Da vicino era ancora più bello che dal punto del tavolo
da cui Narcissa l'aveva osservato fino a quel momento. Un lungo,
imbarazzato silenzio intercorse fra i due, finchè una
ragazza più grande dai lunghi boccoli neri non
s'avvicinò ai due.
"Lei è del primo, Lucius".
Quella ragazza era Bellatrix Black, la sorella di Narcissa, l'altro
prefetto della casata di Serpeverde. Di sua sorella, Narcissa aveva
sempre invidiato due cose: la scioltezza e la determinazione che
riusciva ad imporsi in qualunque situazione e circostanza. Bellatrix
aveva un temperamento, se così si può dire,
selvaggio. Narcissa era sempre stata più schiva e propensa a
tenere i propri pensieri per sè. O per il diario segreto
dove aveva nascosto l'anno prima una foto di Lucius Malfoy che
Bellatrix le aveva mostrato.
La fila di ragazzi dalla divisa verde-argento lasciò la sala
grande poco dopo ed imboccò un corridoio che conduceva nei
sotterranei della scuola. Il luogo era tetro ed umido, proprio come
dicevano i racconti di Bellatrix ed Andromeda. Una fioca luce
illuminava il corridoio privo di ogni sorta d'ornamento, se non fosse
stato per un paio di quadri, uno dei quali nascondeva un passaggio che
conduceva al quinto piano. L'eco dei passi degli studenti del primo
anno era l'unico suono udibile in quel silenzio quasi surreale,
sembrava quasi che tutti avessero timore che anche solo il minimo
ronzio avrebbe potuto scatenare qualcosa di assolutamente fuori luogo
ed inadatto.
"Questa è la nostra sala comune"
Alcuni ragazzi si guardarono intorno, quasi aspettandosi di vedere una
sfarzosa sala tutta addobbata, altri avevano assunto particolari
espressioni perplesse, dovute al fatto che sembrava quasi che la sala
comune nient'altro fosse se non un misero quadrato di mura spoglio ed
umidiccio. Evidentemente Bellatrix capì immediatamente quali
avessero dovuto essere i pensieri dei ragazzi appena arrivati, anche se
il modo in cui si rivolse a loro li fece raggelare.
"Siete un branco d'idioti se avete anche solo per un istante pensato
che i Serpeverde possano alloggiare in un corridoio"
Alcune ragazze si scambiarono occhiate apprensive, altri invece finsero
indifferenza, attendendo che il prefetto svelasse l'arcano mistero
della sala comune. Tutta impettita, Bellatrix pronunciò la
parola 'Purosangue'. Una porta di mattoni apparve subito dopo dal muro
intonso e lasciò spazio ad un esile ingresso che conduceva
dentro una sala che aveva tutta l'aria d'essere stata costruita dentro
un muro inaccesibile. Alcuni ancora stentavano a credere a
quant'avessero appena visto, e sembravano aver paura a fare un passo in
più in avanti.
"Forza, scattare, o vi chiudo tutti fuori" sbottò Bellatrix,
spintonando alcuni studenti che avevano appena fatto, al contrario di
quanto avrebbero dovuto, un passo all'indietro. Quei pochi allievi
rimasti fuori dalla sala comune entrarono, accompagnando il loro
accesso con un 'oh' carico di stupore.
"Il mio compito è finito. Se avete da fare domande sulla
scuola Lucius sarà contento di darvi una mano"
Dopo essersi disbrigata da quegli impegni burocratici che poco
sopportava, Bellatrix s'avvicinò a Narcissa e la
tirò da parte. Lucius, intanto, si stava alzando dalla
poltrona alquanto controvoglia.
"Se non avete domande, potete andare nei vostri dormitori e sistemare
le vostre cose" disse con ben poco entusiasmo, voltando subito dopo le
spalle agli studenti e risalendo una scaletta a chiocciola che
conduceva ai dormitori maschili.
"Allora, Narcissa, sei contenta d'essere stata smistata a Serpeverde?"
Narcissa non rispose, il suo sguardo era rimasto fisso tutto il tempo
su Lucius, lanciandogli occhiate fuggevoli quando era certa che il
ragazzo non avrebbe potuto intercettarla. Ora, invece, fissava il punto
in cui il biondino era sparito.
"Narcissa, si può sapere che ti prende?" chiese brusca
Bellatrix, riportando Narcissa alla realtà.
"Nulla, stavo guardandomi intorno" rispose evasiva Narcissa, fingendo
indifferenza e una freddezza che generalmente non riservava alla
sorella.
"Dov'è il dormitorio femminile, Bella?" chiese poi, mentre
Bellatrix tendeva il braccio verso una minuscola porta nascosta dietro
un drappo verde-argento che nascondeva l'accesso ad una scalinata a
chiocciola esattamente identica a quella sulla quale Malfoy era salito
pochi attimi prima. Salutò Bellatrix con un pigro cenno,
dopodichè prese a salire la scala a chiocciola, con lentezza
misurata, quasi temesse di poter cadere da un momento all'altro o di
venire risucchiata nel vuoto.
***
Quella notte Narcissa non chiuse occhio. Oppressa da troppe sensazioni
ed emozioni contrastanti, aveva la mente troppo affollata di pensieri
perchè potesse concedersi un lungo sonno ristoratore. Ma non
si preoccupò più di tanto: le lezioni sarebbero
iniziate la settimana successiva, ed avrebbe trovato tutto il tempo per
riposarsi nei giorni seguenti.
Al mattino, ancora, il viso di Lucius Malfoy era ancora stampato nella
mente di Narcissa, e prepotentemente rimaneva lì, inerte,
senza accennare a volersene andare. Narcissa sospirò quando
qualcuno bussò alla porta. Una ragazza dai lunghi capelli
neri e gli occhi verdi come smeraldi aveva spalancato la porta,
trascinandosi verso l'unico letto a baldacchino rimasto vuoto insieme
ad un baule che sembrava, ad occhio e croce, pesare almeno il triplo di
lei.
"Posso?" chiese, mentre piazzava il baule ai piedi del letto e si
sedeva osservando con curiosità Narcissa, i cui boccoli
dorati cadevano con rigore sulle spalle e gli occhi azzurri esaminavano
con circospezione quella nuova arrivata.
"Come se non l'avessi già fatto" rispose con freddezza
Narcissa, alzandosi dal letto e prendendo a pettinarsi con aria altera
i lunghi capelli biondi, mentre la ragazza nuova prendeva a disfare il
baule ed a riempire la cassapanca ai piedi del letto, gettandovi
all'interno le proprie cose alla rinfusa. Dallo specchio, di tanto in
tanto, Narcissa le lanciava rapide occhiate di disapprovazione, che
raggiunsero l'apice quando la morettina dovette sedersi sul baule per
richiuderlo.
"Me ne vado" sbottò indispettita Narcissa, che s'era vista
privare dell'unico momento di tranquillità dall'arrivo di
quella strana ragazza che non aveva nemmeno avuto il buongusto di
presentarsi.
Scese le scale a chiocciola avvolta in un candido vestito azzurro dello
stesso colore degli occhi, i passi misurati e i boccoli che
ondeggiavano sulle spalle in maniera a dir poco seducente.
Sentì gli occhi puntati a lungo su di sè quando
entrò in sala comune, e la cosa le arrecò
parecchio piacere: Narcissa sapeva d'essere d'una bellezza sublime,
quasi irreale, ed adorava essere venerata come una dea del pantheon
greco per via della sua bellezza. L'unico a non voltarsi, tuttavia, fu
Lucius Malfoy, che era tutto intento nella lettura di una rivista sul
Quidditch mentre una ragazza -di cui a Lucius sembrava importare poco
se non nulla- gli pettinava i capelli, legandoli in un codino basso
tenuto insieme da un nastro nero in raso. Narcissa
s'allontanò, lo stomaco contratto, dando la colpa di quella
sensazione alla fame.
Poco dopo risalì in Sala Grande, dove le risate stridule ed
al contempo aggraziate di Bellatrix risuonavano di tanto in tanto.
Probabilmente stava intrattenendosi con alcuni compagni di casata del
sesto anno. Narcissa si sedette poco distante, esaminando con
accortezza i tre ragazzi con cui stava parlando la sorella. Uno era
alto, slanciato, con dei capelli neri come la pece lunghi fino alle
spalle e gli occhi più scuri della notte. Gli altri due
parevano ostentare una certa somiglianza, molto probabilmente erano
fratelli, o comunque parenti.
"Cissy, vieni qui" le disse Bellatrix, facendole segno d'unirsi a lei
ed ai ragazzi, che avevano preso a guardare con curiosità la
sorella di Bellatrix. Narcissa annuì, alzandosi e andando a
sedersi vicino alla sorella.
"Lei è mia sorella" esordì fiera, mentre il
ragazzo seduto alla destra di Bellatrix la fissava con insistenza quasi
maniacale. Narcissa abbassò lo sguardo, sentendosi come
sotto inquisizione.
"Rodolphus, ho detto lei è mia sorella" ripetè
Bellatrix con una nota di irritazione nella voce. Il ragazzo seduto
vicino a Bellatrix distolse immediatamente lo sguardo, tornando ad
osservarla di tanto in tanto soltanto quando Bellatrix non se ne
accorgeva. L'altro ragazzo, invece, era seduto alla sinistra di
Bellatrix, ma non sembrava minimamente interessato alla sua presenza.
"Idiota, quella è mia sorella" disse a denti stretti
Bellatrix, subito dopo aver dato uno scapellotto al ragazzo distratto,
che si presentò come Rabastan Lestrange. L'ultimo dei tre si
presentò come Antonin Dolohov.
"Io sono Narcissa Black" rispose Narcissa con ben poca enfasi, decisa a
liberarsi quanto prima di quella compagnia. Era appena arrivata a
scuola, e Bella la stava esibendo come una bambolina di porcellana da
collezione. E quello non le andava per niente a genio. Bellatrix, poco
dopo, fece cenno ai tre di allontanarsi, dicendo loro che li avrebbe
attesi al terzo piano davanti all'aula dove avrebbero avuto la prima
lezione. I tre se ne andarono e Bellatrix assunse un'espressione di
rimprovero.
"Si può sapere che ti prende? Ad occhio e croce direi che
non stai nemmeno provando a fare amicizia con gli altri Serpeverde"
Narcissa sbuffò alzando lo sguardo cristallino sulla sorella.
"Io NON sto tentando di fare amicizia coi Serpeverde, infatti"
ribattè stizzita, mentre nella mente si ripeteva che l'unica
amicizia che avrebbe voluto stringere in quel momento era quella con
l'irraggiungibile Lucius Malfoy. Evidentemente per Bella non fu
particolarmente difficile intuire i pensieri di Narcissa, tanto che
subito dopo prese ad infierire.
"Cissy, non impuntarti su Lucius Malfoy, te l'ho già detto"
Ma Narcissa non le diede il tempo di continuare con la paternale, dato
che s'alzò bruscamente dal tavolo, rischiando di far cadere
la sedia, e s'allontanò rapidamente decisa a lasciarsi alle
spalle Bellatrix e le raccomandazioni di cui sentiva di non aver il
benchè minimo bisogno.
***
Erano passati parecchi giorni, forse un paio di settimane, e la mente
di Narcissa non aveva smesso per un istante di pensare a Lucius Malfoy:
ogni notte il pensiero di quel ragazzo la tormentava, lasciandole un
tremendo nodo allo stomaco, soprattutto nelle volte in cui si ritrovava
a pensare che avrebbe dovuto limitarsi a guardarlo di nascosto, dal
momento che non avrebbe mai e poi mai calcolato una ragazza del primo
anno. Immancabilmente, di fronte a quelle constatazioni così
poco rassicuranti, sospirava. Sospirava rendendosi conto che Lucius
aveva una schiera di ragazze disposte a fare i salti mortali per lui.
Sospirava quando si rendeva conto che, sì, certo, lei era di
una bellezza ammaliatrice, ma forse questa sua dote non era
così infallibile come invece sua madre Druella le aveva
sempre fatto credere.
Dacchè era nata, per Narcissa le cose non erano mai andate
bene. Per Cygnus, il padre, Narcissa non era altro che
l’ennesimo fallimento: quando sua moglie l’aveva
informato che anche la loro terzogenita sarebbe stata di sesso
femminile, Cygnus aveva imprecato, e s’era rinchiuso in
camera per diversi giorni, finchè la moglie non aveva
bussato alla sua porta, cercando di spiegargli che non aveva da
preoccuparsi: Bellatrix era giovane e promettente, sembrava aver
già abbracciato le idee di purezza di sangue tipiche della
loro famiglia, e sebbene non fosse stata un ragazzo aveva le carte in
regola per non infangare il nome dei Black ma, anzi, per rendergli
onore. Inutile dire che Cygnus non diede peso a quelle parole: certo,
Bellatrix era una promessa, ma lui desiderava un erede maschio. Ogni
nobile famiglia purosangue che si rispettasse aveva diritto a mettere
al mondo un erede maschio. O per meglio dire, aveva il dovere di dargli
i natali.
Quando nacque Narcissa, Cygnus non mostrò il
benché minimo segno d’entusiasmo. Tanto che
Narcissa crebbe nella convinzione che il padre la odiasse: e non aveva
tutti i torti. Un giorno, quand’ormai aveva compiuto il
decimo anno d’età, Narcissa venne convocata dal
padre: quando si presentò al suo cospetto, questi era una
maschera indecifrabile, mista di odio e disappunto. Ci vollero diverse
settimane perché la giovane Narcissa Black potesse incassare
il peso di quella discussione.
“Tu, Narcissa, sei l’ennesimo fallimento della
nostra famiglia. La terza figlia femmina. Frequenterai Hogwarts e ti
impegnerai a tenere alto il nome dei Black, e quando sarai in
età da matrimonio sposerai l’uomo con la cui
famiglia ho già trattato affinchè tu possa unirti
ad un purosangue”
Quelle parole avevano colpito Narcissa come una secchiata
d’acqua gelata in pieno dicembre: non solo era considerata un
fallimento per i Black e non avrebbe mai potuto trarre diretto
giovamento per il nome della famiglia, ma aveva già il
destino prescritto dal padre. Non le era nemmeno stata concessa la
possibilità di scegliere: non avrebbe mai potuto innamorarsi
di nessuno, dal momento che suo marito era già una presenza
incombente nella sua vita.
Quando quei pensieri le si affacciarono in mente, una lacrima le
solcò il viso, lasciandole dentro un forte senso di
sconforto: che senso aveva pensare a Lucius Malfoy se la sua vita era
già stata organizzata da qualcun altro? Perché
vantarsi della propria bellezza, se non poteva nemmeno usarla per
appagare il bisogno di attenzioni e affetto di cui inconsciamente aveva
così tanto bisogno? S’alzò dal letto,
portandosi davanti allo specchio: si guardò con astio, quasi
avesse davanti una totale sconosciuta. Quella ragazza dai capelli
biondi e dagli occhi azzurri non era nata per essere felice, ma per
fare felice qualcuno che, invece, non aveva a cuore la sua
felicità. Con un impeto di rabbia scagliò un
pugno contro lo specchio, rompendolo in mille pezzi. La sua immagine
rimase riflessa a lungo in quei frammenti, che avrebbero segnato
l’inizio di tutti i suoi guai. La vita di Narcissa Black
sarebbe cambiata a partire da quello stesso giorno.
***
“Narcissa, Narcissa! Aspetta…”
La ragazza che qualche settimana prima s’era impossessata
della sua stanza ora la stava chiamando. Ma Narcissa la
ignorò: non aveva voglia di vedere nessuno quel giorno,
nemmeno sua sorella, che in quel preciso istante stava intrattenendo
alcuni studenti del settimo anno con un sorriso seducente stampato
sulle labbra. Abbassò lo sguardo e vide le nocche delle dita
arrossate ed ancora lacerate dai tagli che la rottura della specchio le
aveva inflitto: fortunatamente quelle poche volte in cui
s’era ritrovata faccia a faccia con Bellatrix o con Andromeda
non era incappata in domande a cui sarebbe stato difficile rispondere.
Sicuramente, non era impresa da poco dover giustificare la rottura di
uno specchio.
La ragazza dai lunghi capelli neri, il cui nome, scoprì in
seguito Narcissa, era Leila, desistette dal vano tentativo di catturare
l’attenzione della giovane Black, che s’era appena
seduta al tavolo dei Serpeverde ed aveva preso a gustare un succo di
zucca con una compostezza davvero invidiabile.
“Narcissa, vero?”
Una voce fece sobbalzare Narcissa, la quale posò il candido
sguardo cristallino nel punto da cui era provenuta la voce. Era un
ragazzo, biondo, dai lunghi capelli raccolti da un nastro di raso nero.
Lucius Malfoy. Le parole le morirono in gola all’istante, e
l’aria austera scomparve lasciando spazio ad un velato
rossore sulle gote.
“Sì…” rispose titubante
Narcissa, misurando le parole, onde evitare strafalcioni o figuracce a
dir poco imbarazzanti.
“Sei la sorella di Bellatrix e Andromeda, esatto?”
“Sì. Esatto”
“Aveva ragione Andromeda, allora. Sei davvero molto bella,
sai?”
Narcissa avvampò: erano due mesi ormai che sperava che
Lucius Malfoy, anche solo per futili motivi scolastici, le rivolgesse
la parola. Ed ora lo stava facendo, addirittura elogiando la sua
bellezza, che lei invece aveva preso a detestare.
“Grazie” rispose senza scomporsi più di
tanto. Bellatrix le aveva sempre detto di non cedere alle lusinghe
degli uomini, perché così facendo avrebbe
alimentato il loro ego già di per sé stesso
smisurato.
Lucius la stava osservando con un’espressione ammirata ed al
contempo incuriosita. Narcissa distolse lo sguardo, troppo imbarazzata
per riuscire a sostenerlo anche solo per un paio di secondi in
più.
“Non so se hai sentito, ma ci sarà un ballo in
occasione delle festività natalizie”
esordì Lucius, con fare da galantuomo. Nel mentre, si
sistemò il fiocchetto che portava fra i capelli, con il
sorriso seducente che caratterizzava il suo volto dal momento in cui
Narcissa aveva posato il suo sguardo su di lui.
“No, non ne sapevo nulla” ammise Narcissa,
domandandosi per quale strana ragione Lucius lo stesse dicendo proprio
a lei. In fondo, lui era al terzo anno, che motivo aveva di chiederlo
ad una ragazzina del primo anno, quando aveva anche quelle
più grandi che avrebbero dato l’ossigeno per
respirare pur di riuscire a passare una serata avvinghiate a lui a
ballare? L’immagine di una ragazza avvinghiata a Lucius le
provocò una fastidiosissima stretta allo stomaco, che
tentò di soffocare quasi sul nascere.
“Mi stavo chiedendo se ti andava di venirci con
me…” buttò lì Lucius,
scoccandole uno sguardo ammaliatore a cui Narcissa si piegò
come un fiore sotto la spinta del vento.
“Certo” rispose prontamente, forse con un
po’ troppo entusiasmo. Se ne pentì quasi subito:
aveva appena accettato l’invito di un ragazzo che non era il
promesso sposo di cui aveva parlato il padre ed aveva ignorato i
consigli di Bellatrix su come comportarsi con i ragazzi. Non solo aveva
dato a Lucius l’impressione d’essere smaniosa di
poter passare del tempo con lui, ma avrebbe anche corso il rischio che
la sua ossessione per Malfoy potesse trasformarsi in qualcosa di
più profondo e difficile da rimuovere. Certamente, il
sorriso stampato sulle labbra del biondino non la aiutavano per niente,
anzi.
“Perfetto” concluse, alzandosi dal tavolo senza mai
cancellare l’ombra del sorriso che ormai stazionava da una
decina di minuti sulle sue labbra. “Considerati totalmente
impegnata per il ballo con Lucius Malfoy” E con queste parole
di congedò, sparendo fra la moltitudine della sala grande.
Il cuore di Narcissa batteva all’impazzata; un sorriso
stupido le si era disegnato sulle labbra, lasciandole un senso di
soddisfazione non indifferente: fra le tante ragazze a cui avrebbe
potuto chiederlo, Lucius aveva scelto proprio lei. Una primina
qualsiasi. Una Black che aveva solo il compito di essere incantevole e
di tenere alto il nome della famiglia. Ma in quel momento della
famiglia le importava ben poco: c’era spazio soltanto per il
biondino, in quel momento, nella sua mente.
***
Erano passati ormai due mesi da quando Lucius aveva chiesto a Narcissa
se al ballo di Natale avrebbe gradito prendervi parte con lui, e la
piccola Serpeverde non aveva smesso un solo istante di fantasticare su
quel momento che, inesorabilmente, s’avvicinava, lasciando
spazio ad una grossa ansia dentro la ragazza.
“Narcissa? Ci sei?”
Narcissa era ancora immersa nei suoi viaggi mentali quando
udì qualcuno bussare alla porta della sua camera. Era
Andromeda: da quand’erano a scuola s’erano viste
davvero molto poco. Sua sorella trascorreva la maggior parte del tempo
fra i libri e con un Tassorosso, un certo Tonks, che Bellatrix non
vedeva di buongrado in quanto mezzosangue.
“Andromeda?” chiese una stupita Narcissa. Di tutte
le persone che si sarebbe aspettata di incontrare, mai e poi mai
avrebbe pensato alla sorella.
“Sì, sono io.. Da quando sei giunta a Hogwarts non
sono mai passata nemmeno una volta a vedere come andasse” le
disse con un mesto sorriso sul volto, gli occhi che le brillavano
entusiasticamente.
“Hogwarts è meravigliosa” rispose
meccanicamente Narcissa, ormai abituata a quella risposta.
L’aveva data tempo prima a Bellatrix, quando le aveva posto
la stessa domanda. E l’aveva scritto nella lettera
indirizzata alla madre di fronte ai quesiti della donna sulla sua
permanenza nella scuola.
“Mi fa piacere che ti sia ambientata subito”
rispose comprensiva Andromeda, alzandosi per rimettere in ordine alcuni
vestiti neri accatastati per terra. Una parte della stanza aveva
l’aria dismessa e totalmente abbandonata a sé
stessa. Con occhio critico, Andromeda si voltò verso la
sorella, l’aria di rimprovero.
“Dovresti avere più rispetto per le tue cose,
Cissy”
“Quelle cose appartengono alla tizia che ha deciso di
condividere con me e senza il mio consenso questa stanza”
rispose svogliatamente la ragazza bionda, che fino a quel momento non
aveva mai avuto intenzione di riordinare anche la parte di stanza che
apparteneva a Leila. Perché avrebbe dovuto perdere tempo per
una ragazza che avrebbe sbattuto fuori più che volentieri in
quello stesso momento?
Andromeda non le rispose, ma con lo sguardo le diede ad intendere che
avrebbe dovuto mostrarsi un po’ più disponibile,
almeno con i Serpeverde: non tutti, le disse, erano disposti a
tollerare la sua freddezza, avrebbero potuto fraintenderla facilmente
con un sentimento più difficile da comprendere, come la
superbia. Ma a Narcissa non importava nulla dell’opinione
altrui, l’unica opinione aveva a cuore era quella di Lucius
Malfoy, in quale le aveva rivolto la parola in una sola occasione fino
a quel momento, soltanto per chiederle se avrebbe potuto aiutarlo a
fare bella figura di fronte agli altri studenti. E giustamente lei,
accecata dalla stupidità che le infliggeva quel ragazzo, non
aveva saputo dire di no, ed aveva accettato, lasciandosi usare come non
aveva mai concesso a nessun altro prima di allora. Con un sospiro e una
vana frustrazione, allontanò Andromeda dalla stanza,
cosicché avrebbe potuto restare di nuovo sola.
***
Il Natale era alle porte e come ogni anno, Vitious e la McGranitt non
avevano perso tempo: la Sala Grande era addobbata come una bomboniera
in formato gigante. Fra alberi di Natale, neve finta che scendeva dal
soffitto cosparso di fitte nubi ovattate e candele, palline e
decorazioni multiple e colorate, gli studenti s’erano ormai
completamente immersi nello spirito della festività,
trascurando a tutti gli effetti lo studio. La biblioteca ormai non era
altro che un’immensa distesa di scaffali straripanti di libri
e volumi di ogni forma e dimensione, gli studenti non erano
più piegati sui tavolini disseminati qua e là per
la stanza ma passavano ore e ore fra il dormitorio e la Sala Grande,
facendo progetti su cosa acquistare durante l’ultima uscita
del semestre ad Hogsmeade. Perfino Bellatrix sembrava in fermento per
la festa che si sarebbe tenuta il giorno seguente.
Tant’è che sperò anche Narcissa potesse
attendere con ansia la festa di Natale: d’altronde era per
lei il primo anno, e tutti al primo anno avevano aspettative piuttosto
ambiziose da soddisfare.
Narcissa, al contrario di quanto avesse potuto immaginare Bellatrix,
era in biblioteca. China su un volume di pozioni per principianti, era
totalmente assorta nella lettura del distillato della morte vivente,
pozione che il professor Lumacorno aveva assegnato da preparare durante
le vacanze. Bellatrix rimase particolarmente sorpresa dal comportamento
della sorella: sapeva che Cissy era una ragazza studiosa e puntigliosa,
una di quelle persone che quando si metteva dietro a fare una cosa, ci
rimaneva sopra finchè questa non fosse uscita perfetta. La
cosa che non riusciva a spiegarsi era come una studentessa del primo
anno non fosse in quel preciso istante a mangiare torta al cioccolato
in sala grande e a chiacchierare con i compagni.
“Devo studiare, ti ho detto”
Bellatrix sgranò gli occhi: ormai nessuno a scuola apriva
più i libri da giorni, gli unici superstiti erano alcuni
Corvonero che avevano pensato bene di portarsi avanti coi compiti delle
vacanze prima del rientro a casa. Eppure, anche Narcissa sembrava
determinata ad emulare quel gruppetto.
“Cissy, tu sei fuori di testa, non puoi metterti a studiare
il giorno prima della festa di Natale” le fece notare la
sorella, che continuava a non capire le motivazioni che potessero
spronare Narcissa a preferire lo studio al più rilassante
divertimento.
“Non ci vedo nulla di strano, ora se mi vuoi scusare, Bella,
ho da terminare di leggere questo libro”
Non aveva voluto sentire ragioni, nemmeno i molteplici tentativi di
dissuasione da parte di Bellatrix erano serviti a convincere Narcissa
ad accantonare una volta per tutte i libri di testo: quello che
però Bellatrix non era riuscita a capire, era la motivazione
che spingeva Narcissa a trattenersi così a lungo in
biblioteca.
Quando Bellatrix s’era ormai richiusa la porta alle spalle,
Narcissa richiuse il libro di pozioni. L’eco del libro si
avvertì per un breve istante nella biblioteca, accompagnato
dal sospiro della ragazza, che s’era appena resa conto che lo
studio non era la soluzione ai suoi problemi. Avrebbe soltanto
ritardato il momento di affrontarli, nulla di più. Ed era da
idioti, si disse, continuare ad eludere quello che era un problema per
lei fondamentale: né Bellatrix né Andromeda le
avevano mai parlato di eventi scolastici così importanti,
lei non era assolutamente preparata. Fondamentalmente non aveva nulla
da indossare, o almeno, nella vasta gamma d’abiti che
s’era portata da casa non aveva trovato nulla che le andasse
a genio: era convinta che per Lucius Malfoy era necessario mostrarsi al
meglio, ma lei non poteva farlo.
Ripose il libro sullo scaffale, ed uscì dalla biblioteca.
Aveva zero idee su cosa fare e troppe su come dire a Lucius Malfoy che
forse era meglio se si fosse trovato un’altra accompagnatrice
per il ballo. Anche se, effettivamente, non aveva nemmeno il coraggio
per tirarsi indietro.
Girovagò a lungo per la scuola, quando capitò nei
pressi dell’aula di aritmanzia: due studenti di Tassorosso
stavano animatamente discutendo fra di loro.
“Sai, Ernest, mio fratello ha frequentato Hogwarts e lui
l’ha trovata”
“Quindi esiste davvero? Non è solo una
leggenda?”
“E’ al settimo piano, Ernest, te lo giuro. Si
chiama stanza delle necessità. Quella stanza appare soltanto
quando chi la evoca ne ha veramente bisogno, ed assume le sembianze di
quello che in quel momento ci serve urgentemente”
“A me servirebbero cinquecento galeoni e una
firebolt”
“Dubito tu possa evocare soldi, Ernest. Però,
penso per altre cose potrebbe rivelarsi utile”
Narcissa ascoltò in silenzio la conversazione fra i due,
rimanendo nell’ombra, nascosta dalla statua di una strega
posizionata vicino all’angolo del corridoio. E
così, a Hogwarts esisteva una stanza che poteva esaudire i
desideri di chi ne avesse avuto bisogno? Ed era al settimo piano?
Inutile dire che Narcissa non ci mise molto a rendersi conto che
avrebbe voluto tentare di accedere a quella stanza: lì,
sicuramente, avrebbe potuto trovare quel che le serviva per il ballo.
Risalì le scale a balzi, con la velocità di un
fulmine a ciel sereno, e in men che non si dica fu davanti alla parete
descritta dal ragazzo Tassorosso. La parete non era
nient’altro che un muro in mattoni a vista, completamente
spoglio, sul quale non v’era alcun ingresso. La cosa non la
rincuorava per niente: come avrebbe potuto accedere alla stanza se non
v’era alcuna porta d’ingresso? Decise di non
lasciarsi prendere dallo sconforto, e fu proprio in quel preciso
istante che le venne in mente quel che aveva detto il Tassorosso ad
Ernest: quella stanza appare soltanto quando chi la evoca ne ha davvero
bisogno. Quindi, bisognava cercare di evocarla? Sarebbe stato
necessario sicuramente un incantesimo, e Narcissa fino a quel momento
non ne aveva ancora imparati molti. La sua conoscenza era limitata
all’alohomora e al wingardium leviosa, gli incantesimi
più complessi Vitious glieli avrebbe dovuti insegnare con
l’inizio del nuovo semestre. Tuttavia, non demorse. Prese
dalla tasca della divisa la sua bacchetta e tentò ogni
movimento possibile ed immaginabile, cercando di evocare la stanza,
provando anche con formule magiche inventate e prive del
benché minimo senso logico.
“Ad occhio e croce, se non ti conoscessi, potrei pensare che
tu stia cercando di abbattere una parete del castello”
Una voce suadente e melliflua la fece sobbalzare. Era Lucius Malfoy, i
lunghi capelli platinati sciolti sulle spalle ed un sorrisetto
enigmatico rivolto alla ragazza, le cui guance divennero di un
invidiabile color fuxia.
“Io non stavo tentando di abbattere nessuna parete”
si difese, stupendosi del fatto d’essere riuscita a comporre
una frase di senso compiuto in presenza dell’oggetto dei
desideri, la cui presenza ogni volta le annullava ogni sorta di
capacità intellettiva.
“E allora cosa stavi facendo?”
“M’accertavo che i Tassorosso non si fossero
inventati nessuna storia” rispose, mentre sul viso di Malfoy
andava disegnandosi un’espressione di profondo stupore.
Inutile dire che non era riuscito a cogliere la profondità
del commento di Narcissa.
“E quale sarebbe il problema dei Tassorosso con questa
parete?” chiese. Narcissa chinò il capo,
sentendosi una stupida. Aveva dato retta alle parole di due Tassorosso
ed era stata sorpresa in flagrante mentre tentava di accedere a una
stanza che, ormai ne era sicura, nemmeno esisteva. Cercando di
nascondere la vergogna, tentò di spiegarsi: tanto ormai la
sua porca figura di fronte a Lucius Malfoy l’aveva fatta, per
quanto orgogliosa lei potesse essere, sarebbe comunque stato inutile
continuare ad arrampicarsi sugli specchi al solo scopo di fare colpo
agli occhi del ragazzo.
“Ho sentito parlare due Tassorosso che dicevano che al
settimo piano si nasconde una stanza che compare soltanto quando chi la
evoca ne ha davvero necessità. Ma credo non
esista” spiegò. La risata di Lucius Malfoy la fece
vergognare ulteriormente. Allora, era stata davvero
un’ingenua a credere che quella stanza potesse davvero
esistere. Effettivamente, col senno di poi, si chiese come fosse stato
possibile che una stanza potesse apparire così, dal nulla.
Abbassò lo sguardo, mentre Lucius cercava di darsi un
contegno, prima di prendere la parola.
“La stanza esiste veramente, ma forse tu non ne avevi davvero
così bisogno. Appare soltanto quando se ne ha bisogno
impellente” le spiegò, mentre Narcissa dentro di
sé pensava che lei aveva un bisogno impellente di fare bella
figura davanti al biondino. Cosa che, si disse, peraltro fino a quel
momento non le era ancora capitata.
“Devi camminare tre volte su e giù lungo la
parete, pensare intensamente a quel che ti serve, e se hai fortuna la
stanza comparirà” continuò, mentre lo
sguardo di Narcissa passava dal viso del ragazzo alla parete spoglia.
Allora la stanza c’era per davvero, non era soltanto frutto
della fervida immaginazione di due piccoli mezzosangue del Tassorosso.
La cosa la rincuorò appena, anche se la figura che aveva
fatto, o per meglio dire che era convinta d’aver fatto,
davanti a Lucius Malfoy continuava ad opprimerla come fosse stato un
pesante macigno a livello dello stomaco.
“Capisco… Beh, se mi garantisci che esiste io ci
credo” rispose mostrandosi naturale e disinvolta, anche se
mentalmente continuava a sentirsi impacciata ed in preda
all’imbarazzo.
“Esiste, io l’ho evocata una volta. Vogliamo
provare?” chiese, sfoderando lo stesso sorriso seducente che
aveva sfoggiato qualche mese prima quando le aveva chiesto di
accompagnarlo al ballo di Natale. Narcissa rimase a lungo in silenzio,
prima di annuire titubante. Una parte di sé avrebbe voluto
essere in tutt’altra parte del castello, l’altra
parte di lei invece stava facendo i salti di gioia perché
finalmente era riuscita a parlare con Lucius Malfoy articolando delle
frasi di senso compiuto.
Lucius prese a camminare avanti ed indietro per il corridoio. Narcissa,
da parte sua, non poteva fare nient’altro se non osservare
rapita quel ragazzo che sembrava avere il potere di renderla incapace
di intendere e volere ogni qualvolta fosse nei paraggi.
Un rumore piuttosto marcato lasciò ad intendere che Lucius
era riuscito ad evocare la stanza: dalla pietra era emerso un portone
d’ingresso in ferro battuto che nascondeva
l’entrata alla stanza che Narcissa avrebbe voluto evocare al
solo scopo di ottenere un vestito decente per la festa. Tuttavia, le
sue aspettative vennero prontamente deluse: la stanza era spoglia,
vuota, c’erano alcuni divanetti molto simili a quelli della
sala comune di Serpeverde ed alcuni omini piuttosto consumati e
stracciati, sui quali qualcuno doveva aver fatto pratica con gli
incantesimi appresi a lezione.
“Ecco la stanza delle necessità, hai visto,
esiste” disse Lucius, tronfio e pieno di sé come
sempre. Era più che certo che, così facendo,
s’era guadagnato ulteriori punti agli occhi di quella
ragazzina, che non l’aveva ancora scordato, era la sorella di
Bellatrix.
“Sì, bella”…
commentò Narcissa, con una nota di profonda delusione nel
tono di voce. S’era aspettata una stanza enorme e sfarzosa,
quello che aveva davanti agli occhi non era altro che una tremenda
delusione e desolazione.
“Non ne sembri convinta.. Tua sorella Andromeda era
più entusiasta quando gliel’ho mostrata”
le disse, accennando al solito sorriso, mentre Narcissa avvertiva la
stretta allo stomaco farsi più oppressiva e fastidiosa.
Anche Andromeda, quindi, aveva ceduto al fascino di Lucius Malfoy? La
cosa la mando in bestia, più che altro perché la
sorella non gliene aveva mai parlato.
“Bene…”
Ormai Narcissa non badava nemmeno più al modo in cui si
ritrovava a rispondere. L’idea che Andromeda potesse essere
stata con Lucius le faceva un male tremendo. La cosa che non sapeva era
che Lucius, l’anno precedente, era già stato
eletto prefetto, e che quel modo di fare supponente e da sborone
l’aveva assunto praticamente con la metà del corpo
studentesco femminile di Serpeverde.
“Non assomigli a nessuna delle due tue sorelle” le
disse di punto in bianco, mentre cercava sul volto di Narcissa una
somiglianza con quello di Bellatrix. Ma Narcissa lo ignorò,
era troppo presa dai suoi pensieri perché potesse rendersi
conto di quanto stesse dicendo il ragazzo. Si disse che forse era il
caso di tornare in sala comune. Avrebbe rievocato la stanza
più tardi, magari vi avrebbe anche trovato i vestiti che
desiderava. Senza aggiungere una parola di troppo, si
congedò da Lucius, uscendo dalla stanza e lasciandosi il
corridoio del settimo piano alle spalle. E portandosi dietro una morsa
ferrea a livello della bocca dello stomaco.
***
Passarono le ore, ma Narcissa non ritornò al settimo piano
per evocare la stanza delle necessità. Aveva passato quel
lasso di tempo distesa sul letto ad osservare il soffitto, la testa
troppo piena di immagini e pensieri perché potesse
focalizzare l’attenzione soltanto su uno di essi.
L’idea del vestito sembrava risalire a decenni prima, non a
poche ore. Ma ormai a Narcissa non importava più di niente:
Lucius non era interessato a lei, ma alla sua bella presenza. Non
avrebbe di certo potuto farsi vedere al ballo con una ragazza la cui
bellezza avrebbe potuto rischiare di comprometterlo. Certo che no, poi
i suoi amichetti tronfi ed egocentrici cos’avrebbero detto?
L’avrebbero deriso a vita. Eppure, lei ne era cosciente:
aveva accettato anche per questo motivo, ma più che altro
perché aveva voglia di passare del tempo con lui, con
l’oggetto dei suoi desideri. Narcissa sospirò,
decisa a lasciarsi alle spalle quei pensieri. Andromeda glielo aveva
sempre detto che piangere sul latte versato non avrebbe portato a
nulla.
Lasciò quindi la stanza, senza preoccuparsi minimamente del
fatto che il giorno successivo ci sarebbe stata la festa e che lei non
avrebbe avuto nulla di dignitoso da mettersi.
La Sala Comune, al solito, era semideserta. La maggioranza degli
studenti era chiusa in camera a preparare armi e bagagli per la
partenza. Perfino Bellatrix smaniava dalla voglia di tornare a casa,
sembrava quasi che la scuola dopo un po’ avesse iniziato ad
andarle stretta. Ma come darle torto? Bella era uno spirito libero, non
avrebbe resistito troppo a lungo chiusa dentro quattro mura.
Narcissa sprofondò in una poltrona davanti al fuoco: tese le
mani verso la fiamma, per scaldarsi. Ormai dicembre volgeva al termine,
e le giornate di un imminente, freddo gennaio cominciavano a farsi
sentire. Delle risate attirarono l’attenzione della ragazza,
che fino a quel momento aveva convissuto con la convinzione
d’essere sola nella stanza: stavano discutendo concitate a
pochi metri di distanza da lei. Narcissa non aveva mai avuto occasione
di parlare con loro: erano amiche di Bellatrix, studentesse del quinto
anno che non avevano tempo da perdere con una primina qualsiasi, anche
quando questa primina non era altri che una Black, sorella di quella
ragazza così autoritaria che tanto temevano.
“Sai, ha detto che dopo il ballo potremmo vederci”
“Davvero?”
“Sì, dico sul serio! Ma ci pensi?”
Le due ragazze andarono avanti a discutere sommessamente,
finchè il nome di Lucius non giunse alle orecchie di
Narcissa, solleticandone la curiosità.
“Credi che dovrei mettermi in tiro per Lucius?”
“Ne dubito, ho sentito dire che si fa accompagnare da una del
primo”
La ragazza che stava parlando abbassò drasticamente la voce,
onde evitare di poter far cogliere altre parti del discorso a chi
avesse potuto far ritorno in sala comune in quel preciso istante.
L’altra ragazza, invece, sbiancò notevolmente di
fronte a quella notizia tanto inaspettata.
“Stai dicendo che Lucius Malfoy si farà
accompagnare da una bambina?”
La parola bambina colpì come una pugnalata in pieno petto
Narcissa, che non riuscì ad imporsi di non continuare a
seguire quella conversazione. Nonostante tutto, si stava parlando di
lei in quel momento, non poteva non ascoltare, sebbene il discorso non
la coinvolgesse direttamente. E così, le Serpeverde la
consideravano una bambina?
“Sì, dalla sorella di Bellatrix. La bambina dagli
occhi azzurri e dai lunghi boccoli biondi”
“E’ molto bella, sai?”
“Sì, ma ho sentito dire che Lucius voglia
invitarla ad uscire per poter finalmente arrivare a Bellatrix. Sono due
anni che cerca disperatamente di far colpo su di lei, ma senza
successo”
Narcissa si sentì nuovamente mancare. Allora, Lucius
s’era avvicinato a lei con un doppio fine, non
perché era davvero interessato a voler uscire con lei.
Sentì la solita stretta allo stomaco farsi più
marcata ed insopportabile, mentre una lacrima, inavvertitamente, le
segnò la guancia. Senza nemmeno pensare che così
facendo si sarebbe fatta scoprire, s’alzò in
piedi, stando ben attenta a non farsi vedere in faccia dalle due
ragazze, e con passo svelto risalì la scala a chiocciola,
fino alla sua stanza. Inutile dire che quella notte Narcissa Black non
avrebbe chiuso occhio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 2. ***
La Sala Grande era una festa di colori e allegria: ragazzi, professori
e perfino i fantasmi sembravano eccitati da quel clima festaiolo che
caratterizzava l’ultimo giorno di scuola ad Hogwarts. Il
semestre scolastico s’era ormai chiuso, e nessuno era
più preoccupato per i voti o per la quantità
industriale di compiti assegnata da Lumacorno. Quel giorno
l’ordine era uno ed uno soltanto: festeggiare. E
così fecero gli studenti di Hogwarts.
Tutti tranne uno. Narcissa aveva aspettato con ansia crescente quella
giornata, che avrebbe segnato la giornata in cui, forse, sarebbe
riuscita a dire a Lucius Malfoy per quale motivo aveva accettato
l’invito senza alcun indugio. Ma le parole delle concasate
l’avevano lasciata talmente sgomenta e di malumore, che quel
giorno non riuscì nemmeno ad alzarsi dal letto.
“Non ti prepari per la festa?”
Narcissa mugugnò un qualcosa di molto simile ad un no,
privato di ogni qual sorta di entusiasmo con cui invece avrebbe voluto
affrontare quella giornata. Leyla, dal canto suo, non aveva di che
lamentarsi: non era stata invitata al ballo da nessuno, certo, ma era
ottimista. Avrebbe mangiato a volontà e poi finalmente
sarebbe tornata a casa per quasi un mese. Ed era più che
soddisfatta di quel compromesso.
“Scendo dopo” si limitò a rispondere
alla fine, onde evitare che la ragazzina potesse diventare
più fastidiosamente impertinente ed impicciona. Leyla
lasciò la stanza, lasciando così Narcissa sola
con i suoi pensieri.
Narcissa era combattuta: una parte di lei la stava obbligando ad
alzarsi dal letto ed a scendere in sala grande, l’altra,
invece, le imponeva di restare attaccata a quel letto senza muovere un
solo muscolo. Del resto, era certa che, se anche non si fosse
presentata, Lucius non avrebbe avuto particolari problemi a trovarsi
una nuova accompagnatrice. D’altronde, aveva la fila di
spasimanti, come poterlo biasimare?
Ci vollero diversi minuti perché il cervello di Narcissa
potesse trovare la soluzione ideale e le permettesse di trovare il
compromesso fra la parte negativa di lei e quella invece più
ottimista. S’alzò svogliatamente dal letto, magari
un abito elegante l’avrebbe sicuramente aiutata a prendere
una decisione migliore.
Senza indugio si recò in camera di Bellatrix. Bellatrix, a
differenza sua, aveva una stanza tutta per sé, come Malfoy,
ai prefetti venivano concessi lussi che agli studenti comuni come lei
non potevano venire posti. Ormai Narcissa conosceva a memoria la stanza
della sorella, vi si era introdotta diverse volte all’isaputa
di Bellatrix. Quella volta, poi, avrebbe dovuto anche uscirne con
qualcosa in mano. Sì, ma cosa avrebbe potuto prendere in
prestito? L’armadio di Bellatrix non offriva poi molte
possibilità di scelta: i vestiti erano tutto un carnevale di
nero e grigio funereo. Narcissa, a differenza di Bella, detestava il
nero, non le si addiceva per niente. Prediligeva l’azzurro,
talvolta il rosa. Il nero faceva troppo contrasto con la sua carnagione
candida. Per non parlare dei capelli biondo chiarissimo e degli occhi
azzurri come il cielo. Sospirò, per la prima volta in vita
sua era rimasta delusa da Bellatrix. Ma avrebbe dovuto aspettarselo: in
tanti anni non l’aveva mai vista indossare nulla che non
fosse rigorosamente nero.
Sospirò, escludendo a priori il guardaroba di Andromeda: la
sorella non aveva gusti affini ai suoi, prediligeva abiti meno
sofisticati, più sportivi. Lei non era il tipo di persona
che avrebbe avuto il gusto di presentarsi in pubblico indossando
qualcosa di elasticizzato. Druella non gliel’avrebbe mai
perdonato, sosteneva che le avrebbe fatto perdere tutta la classe di
cui la natura l’aveva abbondantemente dotata.
Si rese conto che forse l’unica soluzione plausibile non
poteva essere nient’altro se non la famosa stanza delle
necessità: avrebbe dovuto fare come le aveva chiesto Lucius
Malfoy. Il suo orgoglio cominciava a sentirsi vagamente ammaccato ed
altamente preso in giro.
Combattendo contro l’istinto che le suggeriva di rimanere nei
sotterranei, Narcissa risalì lentamente le scale che
dividevano la sala comune di Serpeverde dal settimo piano. Il corridoio
era deserto, l’unica forma di vita che pareva popolare il
castello in quel momento pareva essere rinchiusa parte nelle sale
comuni, parte nella sala grande. Perfino i fantasmi quel giorno
parevano non desiderosi di girovagare per il castello senza meta.
Finalmente Narcissa giunse di fronte alla parete che celava la stanza
delle necessità. Nessuno aveva avuto l’idea di
scorrazzare per il settimo piano, nemmeno i Grifondoro si vedevano da
nessuna parte. Meglio così, pensò Narcissa, che
non aveva la benché minima intenzione di svelare il segreto
della stanza a tutto il corpo studentesco. Lucius era stato chiaro:
meno persone ne sarebbero venute a conoscenza, meglio sarebbe stato.
Narcissa osservò intensamente la parete, apparentemente
priva di vita, pensando intensamente a una stanza che le avrebbe
concesso la possibilità di trovare diversi vestiti e di
scegliere così quello che più le sarebbe stato
meglio. Camminò avanti ed indietro per tre volte,
finchè la parete non sussultò, scoprendo il
passaggio segreto che l’avrebbe condotta nella cosiddetta
stanza delle necessità.
Lo spettacolo che si parò dinnanzi a Narcissa
contribuì a lasciarla a bocca aperta: la stanza straripava
di manichini indossanti abiti colorati. C’era un carnevale di
colori e pietruzze brillanti sotto gli occhi di Narcissa. La ragazza
osservò i diversi modelli, ed adocchiò inoltre
uno specchio, ubicato sul fondo della stanza, che avrebbe contribuito
ad alimentare la vanità della ragazza.
Narcissa rimase fatalmente attratta da un tubino azzurro aderente:
l’abito era profilato di gemme turchesi e si legava con due
lacci che fungevano da unica spalla. Inutile dire che Narcissa ne
rimase assolutamente stregata: lo indossò nel giro di pochi
secondi, e si portò davanti allo specchio, osservando
sbalordita la propria immagine. Stentava a credere d’essere
proprio lei quella nello specchio: se generalmente si riteneva
affascinante, ora si riteneva bella come una dea. Forse un
po’ troppo presuntuoso, ma una come lei poteva concedersi
tranquillamente il lusso di essere oggettiva.
Soddisfatta, Narcissa lasciò la stanza delle
necessità. Ora aveva l’abito per la festa. E la
determinazione di presentarsi in sala grande al solo scopo di stupire
Lucius Malfoy.
La festa era iniziata ormai da un paio d’ore, e alcuni
studenti del sesto e settimo anno avevano già mandato
giù tanto di quel whisky incendiario al solo scopo di
mostrarsi ‘fighi’ agli occhi delle ragazze
più carine, che ormai definirli alticci sarebbe stato un
eufemismo. Dal canto suo, anche Lucius Malfoy non s’era dato
molto contegno ed aveva alzato un po’ il gomito, incentivato
dal fatto che la sua accompagnatrice non s’era fatta ancora
viva.
Bellatrix, invece, pareva insofferente: non c’era nulla che
la facesse divertire, a parte mandare giù quasi due
bottiglie di whisky insieme al fidanzato, che ormai non faceva altro
che sghignazzare senza motivo. Rabastan, invece, sembrava integrato
molto bene nella festa, aveva lasciato in disparte il fratello e
Bellatrix e s’era buttato nella mischia, prendendo a ballare
con una bella ragazza dai capelli rossi e i lineamenti piuttosto
affilati.
“Bella serata, eh?” domandò Rodolphus a
Bellatrix, che rispose annuendo con sguardo vacuo. Avrebbe dovuto fare
sorveglianza sugli studenti di Serpeverde, ma la sua mente, ormai
annebbiata dai fumi dell’alcol, non rispondeva ai comandi se
non a scoppio ritardato, inoltre un forte senso di sonnolenza si stava
prendendo gioco di lei, costringendola a combattere con le palpebre che
si richiudevano senza che lei glielo chiedesse.
Quando Narcissa entrò in sala grande, lo scenario che le si
parò innanzi non fu molto diverso: gli studenti del primo
anno osservavano sconcertati la scena, e le ragazze del primo
più fortunate si concedevano il lusso di viaggiare appresso
agli accompagnatori come diligenti cagnolini silenziosi.
Individuò quasi subito Lucius Malfoy, che spiccava come il
leader di un gruppetto di ragazzi che non faceva altro che sghignazzare
e che sembrava diligentemente pendere dalle sue labbra. Narcissa
s’avvicinò con passo incerto.
“Ehi, Malfoy, arriva la tua nuova fiamma!”
Lucius si voltò, osservando Narcissa che
s’avvicinava. Certo, generalmente era bella, ma quella
sera… Era bellissima. Ne rimase letteralmente folgorato.
“Non è la mia fiamma, taci, Lawrence!”
Malfoy si congedò con un rimbecco dal gruppo e
s’avvicinò a Narcissa, salutandola con un mezzo
inchino. Narcissa arrossì violentemente, rossore che
aumentò quando Lucius utilizzò i metodi da
galantuomo insegnatogli dal padre Abraxas e le baciò la mano
con fare da sciupa femmine.
“Pensavo non ti saresti presentata” le disse Lucius
con voce suadente. Narcissa dal canto suo tentò di mantenere
un contegno, ma con scarsi risultati. Tutta
l’acidità che avrebbe voluto mettere nella sua
risposta si sciolse quando il suo sguardo si specchiò in
quello del ragazzo.
“L’intenzione era quella” rispose quindi,
cercando di simulare con scarso successo un po’ di stizza.
“Non fare la sostenuta con me, Black” le disse
Lucius, prendendola per mano e trascinandola in mezzo alla folla.
“Dove mi stai portando?”
“A Ballare”
“Ma io non so ballare” replicò Narcissa,
preoccupata dalla figura che avrebbe potuto fare in mezzo alla pista.
Non sapeva ballare, lei. O meglio, era abituata ai balli di classe cui
l’avevano abituata i suoi genitori, quei balli da discoteca
che avevano pensato di fare quell’anno non facevano per lei.
“Basterà che segui i miei movimenti” le
disse Lucius, alzando gli occhi al cielo.
Narcissa s’arrese e seguì il ragazzo sotto lo
sguardo di un gruppo di arpie invidiose, che non facevano altro che
guardare con bramosia Lucius Malfoy. Narcissa intravide le loro
espressioni straripanti di invidia e non potè non sorridere
soddisfatta. Forse aveva fatto la scelta giusta, forse.
La musica proseguì finchè la McGranitt non
stabilì che era giunto il momento che ognuno tornasse nella
rispettiva sala comune. L’indomani mattina chi aveva firmato
per tornare a casa avrebbe dovuto alzarsi presto, l’espresso
per Hogwarts non avrebbe aspettato nessuno.
Sbuffando, Lucius si fece largo fino al tavolo dei professori,
discutendo con la McGranitt perché la festa potesse
continuare fino al mattino. La discussione s’accese, ma la
spuntò la professoressa che, minacciando di portare a zero i
punti dei Serpeverde se avesse continuato a rispondere alle sue
obiezioni, spedì tutti gli studenti nei dormitori.
“Quella donna… la odio” si
lamentò Lucius, una volta tornato da Narcissa.
La ragazza, in pieno imbarazzo ancora, annuì non sapendo che
rispondere. A lei in fondo la McGranitt non faceva né caldo
né freddo.
“Senti… come la vedi se io e te ce ne andiamo a
fare un giro fuori?”
Narcissa fissò Lucius con gli occhi sbarrati,
l’aria sbalordita.
“Un giro fuori? L’hai sentita? Se scopre qualcuno
fuori lo espelle” replicò Narcissa preoccupata.
Quando si trattava di infrangere le regole non era mai propriamente
consenziente. Ma la presenza di Lucius le annullò totalmente
le capacità di pensare, tanto che si ritrovò ad
annuire di fronte allo sguardo annoiato del biondino, che sembrava
accusarla d’essere una secchiona tale e quale a un Tassorosso.
“E va bene” s’arrese infine Narcissa,
seguendo a ruota Lucius.
L’aria fredda di dicembre sferzò il viso di
Narcissa, facendole arrossare visibilmente gli occhi. Lucius, con un
pigro movimento della bacchetta, le fece comparire un giubbotto
imbottito e una sciarpa di lana, cosicchè non avesse freddo.
Narcissa arrossì nuovamente, questa volta però
rincuorata dal fatto che Lucius avrebbe potuto pensare che il rossore
non era dovuto alla sua presenza, ma al freddo.
Lucius osservava con aria assorta il cielo, silenziosamente. Narcissa,
spiando di tanto in tanto il ragazzo con la coda dell’occhio,
decise di fare altrettanto.
“Torni a casa?” le chiese di punto in bianco
Lucius, abbassando lo sguardo e posandolo su Narcissa. Narcissa lo
osservò silenziosamente per un po’, prima di
rispondere annuendo col capo.
“Guarda che anche se mi rispondi usando le parole invece che
i gesti non mi offendo” rispose Lucius scocciato, alzando gli
occhi al cielo. Se c’era una cosa che non tollerava era il
modo in cui tutte le ragazze, anche quelle apparentemente
più spigliate, paressero perdere l’uso della
parola in sua presenza.
“Scusa” disse Narcissa, abbassando gli occhi e
fissandosi la punta delle scarpe.
“Pensavo fossi diversa” riprese Lucius.
Narcissa alzò un sopracciglio, domandando tacitamente di
spiegare quell’affermazione, dato che lei non riusciva a
capirne il nesso con tutto quello che era successo quella sera.
“Sei come tutte le altre: ti sei presentata in ritardo per
farti desiderare. Ti sei presentata tutta ingioiellata e con vestiti
degni di una regina. Per non parlare del trucco, sembra che tu abbia
ingaggiato una troupe per farti tirare un filo
d’ombretto”
Narcissa sbuffò.
“Non l’ho fatto per te, l’ho fatto
perché mia madre vuole così” rispose
acidamente, dando le spalle a Lucius.
“E tu fai tutto quello che vuole tua madre?”
“No. Ma i Black hanno un certo stampo da seguire,
l’impronta che seguo è quella”
“Non mi pare che Bellatrix la segua, mi pareva ubriaca questa
sera più del solito”
Narcissa strinse i pugni nervosamente. Ecco che Lucius aveva tirato in
ballo Bellatrix. Allora avevano ragione quelle ragazze quando avevano
detto che lei serviva solo come espediente.
“Se t’interessa quello che fa Bellatrix chiedilo a
lei” rispose secca, allontanandosi da Lucius senza nemmeno
salutarlo. L’argomento Bellatrix le andava stretto, mai come
in quel momento era arrivata addirittura ad odiare la sorella e i suoi
lineamenti così perfetti.
“Dove vai?”
“Non sono affari tuoi, Malfoy”
“Ah, adesso sono Malfoy”
“Lo sei sempre stato”
Con questa frase Narcissa scomparve nel castello, lasciando Lucius da
solo nel cortile del castello.
“Non lo voglio mai più vedere”
strillò Narcissa. Andromeda la guardava con compassione:
anche Narcissa era rimasta scottata dalla presenza altisonante del bel
Malfoy, ed ora ne stava pagando le conseguenze. Erano tante le ragazze
che avevano subito la “maledizione di Malfoy”, lei
ne era l’esempio vivente.
“Cosa ti ha fatto? Ha tentato di farti fare qualcosa che a te
non andava?” domandò cautamente Andromeda,
cercando di suonare quanto più discreta le fosse concessa.
Narcissa si voltò di scatto verso la sorella, dopo aver
lanciato l’ennesimo abito alla rinfusa dentro la valigia.
“No. Gli piace Bellatrix.”
Andromeda scoppiò in una risata liberatoria. Allora era
tutto lì il problema, Narcissa s’era lasciata
influenzare dalle voci che correvano a scuola. Voci, che per altro
erano state diffuse da quelle ochette invaghite di Lucius, che si
divertivano a farlo litigare con ogni sua possibile fiamma.
“E ora perché ridi?” domandò
Narcissa freddamente.
“A Bellatrix non piace Malfoy”
“Questo lo so anch’io. Infatti ho detto: A Malfoy
piace Bellatrix”
Andromeda scosse la testa con aria compassionevole.
“Cissy, ascoltami. A Malfoy piaci te, altrimenti non
t’avrebbe mostrata alla scuola come il suo nuovo trofeo. Sa
che con Bellatrix non ha possibilità. Bellatrix è
apatica. Ha altri interessi. E sta con Rodolphus. Si sposeranno, e tu
lo sai”
Narcissa sbuffò, effettivamente il ragionamento di Andromeda
teneva ma…
“Ci sono pur sempre gli amanti che rovinano i
matrimoni”
“Cissy, non complicarti la vita. Malfoy ha scelto te,
tientelo senza farti problemi”
“Ma…”
“Shht, niente ma, Cissy. Sei tu che ti sei fasciata la testa
prima del tempo”
Narcissa prese un’altra camicia dell’armadio e la
lanciò nella valigia, scoccando nel mentre ad Andromeda
un’occhiataccia infuocata.
“Ora è colpa mia, certo”
borbottò nervosamente, mentre cercava di richiudere la
valigia, i cui bordi faticavano a combaciare vista la precisione con
cui Narcissa l’aveva riempita. Andromeda alzò gli
occhi al cielo. Aveva capito che discutere con Narcissa era una
battaglia persa. S'alzò dal letto e si diresse verso la
porta.
"Ci vediamo alla banchina dell'espresso" le disse prima di richiudersi
la porta alle spalle.
_______________________________________
Spazio Autore:
Ed eccomi qua con un nuovo aggiornamento (:
Volevo innanzitutto ringraziare tutti i lettori che ho avuto con il
primo capitolo di questa Fan Fiction.
Siete stati addirittura in 115 o_o
Volevo particolar modo ringraziare chi ha messo la FF nelle seguite e
nelle ricordate, mi ha fatto davvero molto piacere, grazie! *_*
Volevo anche ringraziare Ale per aver recensito xD
Sta diventando la mia "recensitrice" di fiducia insieme a Vì
*_*
Scusate, scusate, ho finito di annoiarvi xD
Spero vi piaccia questo nuovo capitolo, anche se devo ammettere che,
nel corso della stesura, sono stata affetta da un invalicabile blocco
dello scrittore, tant'è che ho postato soltanto
ciò che sono riuscita a pubblicare che, ovviamente, avesse
un senso logico (:
Fatemi sapere voi se il capitolo è stato all'altezza del
precedente o meno :P
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=534971
|