Il linguaggio della resa: Il labirinto di iosnio90 (/viewuser.php?uid=98446)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Il
Consiglio era ormai chiuso nella Sala delle Riunioni da quasi due ore e
gli era stato detto di attendere fuori la loro decisione.
Non sapeva esattamente di cosa discutessero e neppure gliene importava
poi tanto: gli avevano dato ascolto e sapeva che aveva fatto un buon
lavoro a raccontare subito cosa gli era successo, anzi aveva fatto un
< MERAVIGLIOSO QUANTO OPPORTUNO SERVIZIO A TUTTA LA
COMUNITA’> a detta loro, ed era questo che importava
veramente.
Però bisogna dire che la curiosità lo stava
davvero divorando.
Insomma….cosa aveva di tanto speciale la sua storia?
Ripensandoci su lui stesso si era vergognato di essere corso subito ai
piani alti a spifferare tutto perché quella non era che una
stupida storia come tante altre e l’unico motivo che lo aveva
spinto a raccontare ciò che aveva raccontato era stata la
frustrazione per essere stato rifiutato a favore di
quell’abominevole mostro.
Ma ricordava perfettamente che nella Grande Sala delle Udienze quando
aveva detto il nome della ragazza si era levato un boato di voci e
tutti, ma proprio tutti senza nessuna eccezione, avevano spalancato gli
occhi dalla sorpresa e neppure cinque minuti dopo erano
corsi a fargli i complimenti e avevano indetto la loro
riunione straordinaria.
Ma cosa aveva di tanto speciale quella ragazza? Era una strega,
ok….ma cos’altro c’era sotto?
A lui era sembrata una ragazza normale, come tante altre….si
era a malapena accorto che fosse una strega.
Ricordava ancora perfettamente il momento in cui l’aveva
vista.
Erano passati ben dieci giorni.
Lui se ne stava tranquillamente appoggiato ad un angolo di uno di quei
palazzi antichi e lussuosi di Firenze, in Italia, e guardava i passanti
con aria divertita.
Gli era sempre piaciuto osservare le persone. Credeva fermamente che si
potesse intuire molto di una persona dal modo in cui cammina per strada
e da come si relaziona con tutto quello che aveva intorno e
naturalmente con gli altri passanti.
Così ogni volta che veniva spedito in missione in una terra
straniera, passava la notte a svolgere i suoi doveri e il giorno lo
trascorreva metà a letto a riposare e l’altra
metà in giro a fissare chiunque gli capitasse a tiro.
Il giorno del fatidico incontro era un sabato mattina di giugno.
Il sole era alto nel cielo e soffiava un fresco venticello forte quanto
bastava per staccare dagli alberi circostanti i petali dei fiori e
posarli dolcemente sul suolo.
Aveva appena messo gli occhi su un albero lì accanto, quando
sentì una risata allegra e cristallina provenire
dall’altro lato della strada affollata.
Aguzzò gli occhi e vide che dalla porta girevole
dell’hotel lì di fronte era appena uscita una
giovane ragazza bellissima intenta a ridere e parlare al cellulare.
Restò lì a fissarla per qualche istante, senza
perdere un solo movimento della creatura fantastica che aveva davanti.
Non appena notò che stava per riattaccare il cellulare,
decise di avvicinarsi.
Era a soli pochi passi da lei , quando qualcosa lo bloccò
lì dov’era.
- Impossibile
- pensò, ma per essere più sicuro decise di
controllare per bene e sondò con il suo Potere
l’aura della ragazza.
Ma alla fine della sua indagine dovette arrendersi
all’evidenza: quella che aveva dinanzi non era una ragazza
qualunque, ma una strega.
- Beh questo
dovrebbe rendere le cose più facili tra noi, dopotutto tra
simili…. - si disse sorridendo soddisfatto
della notizia.
Adesso poteva avvicinarla senza nessuna remora e nessuno scrupolo.
Arrivò, svelto e disinvolto, ad un metro circa da lei che
nel frattempo era intenta ad armeggiare con chissà che
diavoleria nella sua borsa, quando un fattorino carico di valige
uscì fuori e gliele mise di fianco mentre lei gli diceva:
“Grazie”.
- Mmmh quindi sta
partendo….chissà forse riesco a trattenerla - pensò
squadrandola da capo a piedi con occhi ammirati.
“Siamo in partenza?” - cominciò lui.
“Si…” - rispose distrattamente lei.
Nemmeno un secondo dopo, però, lui la vide bloccare la sua
ricerca frenetica nella borsa per sollevare lo sguardo e guardarlo con
occhi interrogativi.
“Come…” - cominciò lei.
“Come ho fatto a capire che non sei italiana, ma
americana?” - la interruppe lui.
“Sì, come hai fatto?” - le sorrise lei.
“Beh, ti ho sentita parlare al cellulare prima e ora hai
risposto al fattorino e non in italiano!” - spiegò
lui.
Lei scoppiò a ridere.
“Oddio, hai ragione….ed io che già
avevo cominciato a credere che fossi una specie di maniaco che mi
persegiutava…scusa!” - si giustificò la
ragazza.
“Non preoccuparti, comunque non son un maniaco e
anch’io sono americano….mi chiamo Ted
Widson!” - disse lui.
“Ciao, io sono Bonnie McCullogh!” - rispose lei.
“Beh, ciao Bonnie…posso confidarti un
segreto?” - chiese Ted.
“Sì certo!” - rispose lei con aria
curiosa.
“Io…io so cosa sei, Bonnie!” - le
sussurrò Ted abbassando il tono di voce.
“C-Cosa?” - chiese lei che aveva un aria
più preoccupata che curiosa.
“Sì, so che sei una strega!” - le
confessò lui.
“Aspetta, cosa hai detto?” - chiese lei che ora non
era più preoccupata, ma visibilmente allarmata.
“Ascolta non c’è bisogno di
preoccuparsi, io sono come te!” - le disse, allora, con aria
disinvolta.
“Cioè?”.
“Cioè sono uno stregone!”.
Lei lo fissò un attimo, poi cominciò a rilassarsi
e con un sorriso gli chiese: “Davvero?”.
“Sì, davvero, e devo dire che nonostante sia uno
stregone non ho mai trovato le streghe particolarmente attraenti, fino
ad oggi….trovo che tu sia bellissima Bonnie!” - le
disse guardandola negli occhi.
“Oh, beh, grazie…” - rispose lei a
disagio.
“Allora…che ne dici se rimandi la partenza e vieni
con me a fare un giro in centro? Ti prometto che se non
troverai la mia compagnia di tuo gusto, ti accompagnerò di
corsa all’aeroporto!” - propose Ted già
sicuro di avere la vittoria in tasca.
“Mi dispiace, ma no!” - rispose lei con
un’alzata di spalle.
“C-Come sarebbe no?” - chiese lui decisamente
spiazzato.
“Sarebbe no…Vedi sono felice di aver conosciuto
un’altra persona come me, visto che a parte mia nonna e una
simpatica vecchina non ho mi conosciuto altre streghe o stregoni, ma da
quello che mi sembra di intuire tu non sei venuto a parlarmi solo per
conoscere un’altra persona simile a te e, forse, saresti
venuto anche se non fossi stata una strega perché da quello
che mi hai detto mi trovi bella. Ti assicuro, Ted, che sono lusingata,
ma non posso venire con te!” - spiegò Bonnie.
“Ah….e potrei sapere il
perché?” - chiese Ted offeso per il rifiuto.
“Beh perché non sono sola!” - rispose
lei.
“No? E dove sarebbe questo tuo fantomatico accompagnatore,
eh?” - chiese lui, ironico, mentre voltava la testa a destra
e a sinistra con aria beffarda.
“Esattamente qui!” - tuonò, allora, una
voce alle spalle della ragazza e dalla porta girevole Ted vide uscire
un ragazzo pallido dai capelli e gli occhi neri che si
avvicinò a Bonnie stringendola a sé posandole una
mano sul fianco, mentre continuava a tenere quei due pozzi neri e
minacciosi fissi su di lui.
“E sentiamo… tu chi saresti?” - chiese
Ted dopo essersi ripreso dalla sorpresa: non credeva che nella vita di
Bonnie ci fosse davvero un .
“Io sono Damon Salvatore! Ti consiglio di tenere bene a mente
il mio nome e la mia faccia, perché ti assicuro che se solo
osi cercare di nuovo Bonnie o se solo osi avvicinarti di nuovo a lei,
la mia sarà l’ultima faccia che vedrai prima di
morire!”.
“Ah, davvero?” - disse Ted prima di scoppiare a
ridere.
- Ma senti un
po’ questo….cosa crede di poter fare contro me e
il mio Potere? - pensò continuando a ridere.
“Oh, ti assicuro che posso fare parecchio contro te e il tuo
Potere” - disse l’altro facendo il verso ai suoi
pensieri.
Ted rimase completamente di stucco, la risata gli morì in
gola e si ritrovò a fissare quello sconosciuto
così pieno si sé con gli occhi spalancati.
- Come è
possibile? Come ha fatto? Sono più che sicuro di non aver
aperto bocca, ma di averlo solo pensato - continuava a
dire a sé stesso.
“A quanto pare il caro stregone usa il suo fantomatico Potere
solo per sondare l’aura delle belle ragazze? Ma se posso
darti un consiglio dovresti stare più in guardia altrimenti
potresti avere delle spiacevoli soprese…..tipo
me!” - disse lo sconosciuto con voce tagliente.
Ted, senza pensarci due volte, cominciò a sondare
l’aura di quello lì, quando….
“Oddio!” - disse.
“Esatto!” - rispose Damon.
“Tu sei un vampiro!” - disse Ted.
“In tutto il mio splendore!” - fece Damon con un
inchino.
Ted non poteva crederci.
Non si era mai accorto che un vampiro fosse proprio lì sotto
i suoi occhi.
“Damon, forse è meglio se
andiamo….” - fece Bonnie interrompendo i suoi
pensieri.
“Aspetta! Tu lo sapevi?” - chiese Ted a Bonnie.
“Cosa?”.
“Come cosa? Che lui è un vampiro?”.
“Certo che lo sapevo!” - rispose decisa lei.
- No, non
può essere vero. Lei lo sa e non le importa?
Beh…a meno che… - pensò
e poi…
“Dì la verità….tu la stai
influenzando, vero?” - disse questa volta rivolto al vampiro.
“No!” - fu Bonnie a rispondere.
“Ascolta, Bonnie, non metterti in mezzo, io lo faccio per il
tuo bene!” - le disse Ted.
“Per il mio bene? Ma se neppure mi conosci! Si può
sapere cosa vuoi da me? Le cose sono abbastanza semplici: io sono una
strega, lui è un vampiro e ci amiamo. Punto. Fine della
storia. E non capisco davvero cosa ti importa! Ora lasciaci in pace e
sparisci da dove sei venuto! Guarda un po’ tu se un perfetto
estraneo deve venire a dirmi cosa fare oppure no!” - gli
urlò contro Bonnie.
“Bonnie, ma….” - cominciò
Ted, completamente esterrefatto.
“Ehi…l’hai sentita, no?
Sparisci!” - gli ordinò il vampiro.
Ted rimase lì dov’era ancora qualche secondo a
fissarli, poi non ne potè più e
all’ennesimo ringhio del vampiro, corse via.
Raccattò in fretta tutte le sua cose e tornò in
America, nel suo regno magico ed inaccessibile e raccontò
tutto al Consiglio.
Era ora eccolo lì, ad attendere.
Mentre lui era perso nei suoi ricordi era passata un’altra
mezz’ora e stava veramente cominciando a stufarsi, ma
all’improvviso la porta si aprì e venne fatto
entrare.
La sala era totalmente al buio, fatta eccezione per la luce fioca
proveniente dai quattro bracieri posti ai quattro lati della stanza e
di quella proveniente dal braciere al centro del cerchio tracciato sul
pavimento intorno al quale erano disposte le otto sedie su cui stavano
i Consiglieri minori. A capo del cerchio, direttamente di fronte alla
porta di entrata, c’erano i due troni dei Consiglieri
superiori, posti un gradino più in alto rispetto agli altri.
Nel mondo magico i Consiglieri superiori erano una leggenda. Erano le
streghe o gli stregoni più potenti di tutto il mondo e
comandavano il mondo della magia fino alla loro morte.
Sin da quando era un bambino, Ted ricordava che i Consiglieri non erano
cambiati. Avevano assunto il comando molto giovani e lo mantenevano
ancora.
Erano due gemelli. Una strega e uno stregone. Discendevano direttamente
dai druidi e questo era un enorme privilegio. Si chiamavano Samuel e
Samia. Avevano circa sessant’anni. Samuel era alto, di
bell’aspetto, con una leggera barba su cui si vedevano i
segni della vecchiaia, gli occhi erano di un verde intenso, mentre i
capelli erano ormai bianchi. Samia era solo un po’
più bassa del fratello, era una donna non bellissima, ma
affascinante, anche i suoi occhi erano verdi, ma a differenza
del fratello manteneva ancora la sua folta capigliatura castana intatta.
Erano due esseri che incutevano un timore reverenziale e
prendevano molto sul serio il loro compito di Difensori e da molti anni
difendevano con successo la magia dagli esseri oscuri come i
licantropi, i fantasmi….i vampiri.
Ted non li aveva mai visti così da vicino.
“Ted vieni avanti!” - gli disse Samia,
sorprendendolo per il fatto che conoscesse il suo nome.
“Sì!” - Ted avanzò e arrivato
davanti ai loro troni, al centro del cerchio, si inginocchiò.
“Ted, abbiamo discusso a lungo della storia che ci hai
raccontato e siamo fieri del lavoro che hai svolto!” - disse
Samuel.
“Sì….ecco…grazie…ma
che lavoro avrei svolto, scusate? Quel vampiro è ancora
vivo!” - chiese timoroso Ted.
“Sì hai ragione, hai diritto ad una spiegazione.
Vedi, Ted, a noi non importa tanto del vampiro quanto della ragazza. La
stavamo cercando da tempo. Lei è l’ultima
discendente di una famiglia di streghe molto potenti. Scorre sangue
druido nelle sue vene, e tu sai bene che è un grande onore.
E’ da molto tempo che quelle streghe ci hanno voltato le
spalle e si sono nascoste da noi perché credevano che i
nostri mezzi contro gli esseri oscuri fossero malvagi e dicevano che
per tenere davvero la pace bisognava conviverci, ma ora, grazie a te,
abbiamo ritrovato quella stirpe e non intendiamo lasciarcela
sfuggire…..e qui entri in scena tu: dovrai portarla qui,
Ted!” - disse Samuel.
“Certo, lo farò, ma con lei
c’è il vampiro!”.
“Ottima obiezione! Sappiamo che lui non la
lascerà, e sappiamo che tu ti sei accorto che è
troppo potente per te. Quindi vogliamo aiutarti, giovane Ted, e ti
daremo un mezzo per distruggere il vampiro Damon e separarlo dalla
strega, un mezzo che farà in modo di dividerli per
l’eternità e annullerà ogni loro
tentativo di ritrovarsi.” - spiegò, questa volta,
Samia.
“Quale mezzo?” - chiese Ted.
“Il labirinto” - rispose, tutto intorno, un coro di
dieci voci.
NOTE:
Ciao a tutti e ben ritrovati!
Come promesso ad una settimana dalla fine della mia prima storia ecco
postato il prologo della seconda parte spero che vi sia piaciuto e che
continuerete a seguirmi.....Grazie a tutti....recensite, recensite,
recensite....BACIONI....IOSNIO90!
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Capitolo 2 *** Capitolo primo ***
Capitolo
primo
“Damon,
sbrigati siamo in ritardo!”.
“Sì, sì…” -
rispose la voce svogliata del vampiro dal piano di sopra.
- Certe volte
è proprio insopportabile - pensava Bonnie che
era lì nell’atrio ad aspettarlo da quasi
mezz’ora.
Non riusciva davvero a capacitarsi del fastidio che Damon non si
sforzava neppure di nasconderle ogni volta che si parlava di Stefan e
degli altri, per non parlare di quelle sceneggiate da ritardatario
incallito che Damon metteva su ogni volta che dovevano
incontrarli….come se lei non sapesse che la sua era solo una
finta e che di solito era puntuale come un orologio svizzero, anzi
forse addirittura di più.
Eppure non poteva certo dire che li vedevano tutti i giorni.
Era passato molto tempo dall’ultima volta, anche se il tempo
sembrava che fosse volato.
Era ormai trascorso un anno da “la notte
dell’incubo”, come Bonnie chiamava la notte dello
scontro con Chen.
Era da un anno che Lucas era andato via.
Era da un anno che la sua vita era cambiata.
Era da un anno che ne aveva cominciato una nuova di
vita….con Damon.
Da quella notte erano praticamente inseparabili: non era riuscita a
separarsi da Damon neppure per un paio d’ore di
fila…erano troppe.
Stefan, Elena, Meredith e Matt avevano accettato da subito la
cosa….beh forse non proprio da subito, a dire il vero
c’erano voluti sei mesi di stretto controllo e vicinanza
prima che gli altri, soprattutto Matt, capissero che Damon diceva sul
serio quando diceva di amarla.
All’inizio l’idea di quei sei mesi di
“esame” obbligatorio non era andata molto a genio a
Damon, e per “non andata molto a genio” si intende
che si era infuriato e aveva messo sottosopra l’intero
pensionato, poi aveva preso a pugni Stefan, aveva inveito contro
Meredith ed Elena, per non parlare di ciò che
stava per fare a Matt se Bonnie stessa non glielo avesse
impedito….ma alla fine aveva accettato < QUELL'ESAME
IGNOBILE CHE MOSTRAVA LA LORO ABOMINEVOLE MANCANZA DI FIDUCIA >
, per usare le parole esatte di
Damon, e si
era arreso.
Dopo quei sei mesi, tutti, addirittura Matt, diedero la
loro…benedizione?…e li lasciarono stare.
Damon non se lo fece ripetere due volte e la trascinò in un
giro veloce per l’intero continente europeo, per poi fermarsi
per un mese intero e per la loro ultima tappa, in Italia, a Firenze,
perché voleva che lei la vedesse.
Il periodo trascorso a Firenze fu fantastico.
Damon era sereno come Bonnie non lo aveva mai visto e si divertiva a
portarla in giro e a raccontarle episodi avvenuti in questa o in
quell’altra parte della città come solo lui poteva
conoscerli e che nessuna guida poteva raccontarti.
Con lei era sempre impeccabile e quando Bonnie glielo fece notare lui
le rispose che stava semplicemente seguendo una lista di
caratteristiche che la maggior parte delle ragazze di cui aveva sondato
la mente riteneva indispensabile per il loro fidanzato ideale.
In un primo momento Bonnie restò impressionata, poi gli
disse che non ce ne era bisogno, ma lui le rispose:
“Ok! Allora questo significa che posso anche saltare il punto
cinque, cioè portarti a fare shopping!”.
Beh, a quel punto Bonnie non potè fare altro che saltargli
al collo e dirgli quanto fosse contenta di quella lista.
Bisogna dire che durante lo shopping Damon era parecchio utile un
po’ perché Bonnie non capiva un’acca di
italiano, un po’ perché non era come gli altri
ragazzi che si mettevano in un angolo e lasciavano fare tutto alle
ragazze: lui si divertiva parecchio ad andare in giro tra gli scaffali,
a sceglierle i vestiti da provare e Bonnie era più che
convinta che gli sarebbe piaciuto parecchio anche aiutarla a provarli
lui stesso, ma con tutte quelle commesse intorno…
Già, le commesse!
Se c’era stato un problema durante quel periodo meraviglioso
erano state le commesse e le cameriere.
Mai che entrassero in un negozio o in un ristorante e a
servirli fosse UN commesso o UN cameriere, no solo donne.
Se ne stavano lì come delle idiote a squadrare Damon dalla
testa ai piedi e riservavano a lei occhiataccie a cui Bonnie rispondeva
con degli sguardi truci in stile “se gli occhi potessero
uccidere tu saresti già morta”.
Ma la sua più grande consolazione era che, ogni volta che si
trovavano in una situazione del genere, Damon la stringeva a
sé ancora più forte del solito e smetteva di
guardarla di tanto in tanto solo per lanciare a quelle lì
degli sguardi così indifferenti che avrebbero fatto
vacillare l’autostima di chiunque.
Quelle ragazze andavano sempre via che erano quasi sul punto di
piangere e Bonnie, anche se sapeva che avrebbe dovuto provare almeno un
po’ di pena, proprio non ci riusciva e finiva con il
sorridere tra sé soddisfatta.
La follia che si scatenava ogni volta che erano soli non era scemata
nel tempo, anzi, se fosse possibile, era addirittura aumentata.
Bonnie continuava a sentire brividi lungo tutta la schiena ogni volta
che Damon la sfiorava e continuava a perdersi in quel mare nero ogni
volta che Damon la guardava.
Ogni mattina, appena sveglia, aveva preso l’abitudine di
andare allo specchio, e rimaneva lì a guardarsi e ad
accarezzarsi quei due piccoli segni alla base del collo che erano la
prova tangibile e visibile di quel loro amore così grande,
travolgente e totalizzante, fino a che Damon non si svegliava e le si
avvicinava da dietro, abbracciandola dolcemente e baciandole
delicatamente i due fori, poi la spalla ed infine lei, prima di
ricordarle quanto lui l’amasse e avesse bisogno di lei.
Per Bonnie quelle parole così tenere sussurrate ogni mattina
sulle sue labbra valevano ancora di più che per qualsiasi
altra ragazza esistente al mondo, perché sapeva bene che
Damon aveva sempre odiato profondamente tutte quelle romanticherie,
anche se sembrava che con lei non le disdegnasse affatto.
Era passato quasi un mese da quando erano in Italia ed erano passati
quasi sei mesi da quando erano partiti, per tutto quel tempo Bonnie
aveva sentito quasi ogni giorno sia Elena che Meredith, ma solo da
pochi giorni aveva cominciato a sentirne davvero la mancanza: non erano
mai state divise così a lungo da che erano ragazzine.
Bonnie, però, non aveva il coraggio di dirlo a Damon
perché aveva paura che lui potesse fraintendere e pensare
che stare sola con lui non le piacesse, ma un giorno Damon la sorprese
ancora una volta dicendole che da lì a due giorni avrebbero
preso un aereo che li avrebbe riportati in America.
Solo allora Bonnie capì quanto Damon la comprendesse
davvero: gli era bastato notare che le sue telefonate al giorno erano
aumentate per frequenza e durata per capire che provava nostalgia, e
l’aveva accontentata…ancora una volta.
Erano proprio sul punto di ripartire quando Bonnie,
all’uscita del loro hotel, mentre Damon sistemava le ultime
cose, aveva fatto un incontro che, se all’inizio le era
sembrato fantastico, poi si rivelò un delusione.
Aveva incontrato un ragazzo, Ted, che l’aveva riconosciuta
come strega e le aveva confessato di essere uno stregone.
Bonnie ne era rimasta piacevolmente colpita perchè era da
tanto che desiderava conoscere qualcuno come lei.
Ma poi capì che non interessava a quel ragazzo come strega,
ma come ragazza, e da lì era stata tutta una delusione.
Prima lui aveva cercato di rimorchiarla, poi si era offeso quando lei
gli aveva detto che era impegnata ed infine aveva pensato che stesse
mentendo e che con lei non ci fosse nessuno.
A quel punto era arrivato Damon, che nonostante sembrasse del tutto
calmo, Bonnie sapeva che era parecchio incavolato.
Per finire, oltre alla delusione, Bonnie sia era pure infuriata quando
quel perfetto sconosciuto molto maleducato, dopo aver capito che Damon
era un vampiro, aveva cominciato a farneticare sul fatto che lei non
sapesse cosa faceva e che il loro amore non era vero, ma Damon
l’aveva influenzata.
A quel punto Bonnie era davvero esplosa: le si poteva dire qualsiasi
cosa tranne che quello che lei provava per Damon fosse finto e che lui
la stesse ingannando perché, chiunque li conoscesse davvero,
sapeva che Damon non le avrebbe mai fatto una cosa del genere.
E dopo aver scacciato via quello lì erano partiti, ma
l’umore di Bonnie fu pessimo per l’intero viaggio.
Tornò a sorridere solo quando arrivarono finalmente a
Fell’s Church a notte fonda.
Andarono direttamente a casa di Bonnie, dove abitava sola ormai da un
paio d’anni, dopo che tutti, anche sua sorella, si erano
trasferiti in una città vicina, e lei crollò
quasi subito sfinita per il viaggio.
Questo avveniva la notte prima.
Quando Bonnie si era svegliata era quasi sera e dopo una doccia e uno
spuntino rapido era pronta per andare dagli altri, ma era
lì, bloccata sull’uscio della porta, per via di
quel vampiro che proprio non voleva smetterla di fare
l’idiota.
“Ehi, guarda che ti ho sentito! Idiota a chi?” - le
chiese Damon, scendendo lentamente le scale, atteggiandosi da offeso.
“A te! Avanti, Damon, è da sei mesi che non li
vedo, mi sono mancati!” - si lamentò Bonnie
sfoggiando quella sua espressione da “Bambi dopo aver perso
la mamma” a cui Damon non sapeva resistere.
“E’ sleale, lo sai, streghetta!” - le
disse guardandola negli occhi a pochi centimetri da lei.
“Lo so!” - rispose, gli fece una linguaccia e fece
per andarsene, quando venne bloccata al polso da Damon, che nel
frattempo l’aveva voltata di nuovo di fronte a lui e
l’aveva messa con le spalle alla porta.
“Dove pensi di andare?” - le sussurrò in
un orecchio.
“Da-Da-Dagli altri..”- balbettò Bonnie
che già cominciava ad avvertire quella scarica elettrica
sintomo della troppa vicinanza.
“E non posso convincerti in nessun modo a restare?”
- continuò lui baciandole il piccolo incavo proprio alla
base dell’orecchio.
“N-No” - rispose lei incerta.
“Neppure se…” - cominciò lui
e finì baciandole il collo.
Le mani di Bonnie avevano cominciato a sudare, il suo battito ad
accelerare e il suo respiro stava diventando affannato. Cominciava
seriamente a pensare che forse poteva rimandare al giorno dopo
l’incontro con i suoi amici, dopotutto aveva aspettato sei
mesi interi…..ma…
- No, non posso farmi
imbrogliare così! Damon sta giocando sporco nel tentativo di
convincermi a non andare, ma io devo resistere…si, devo
resistere… - pensò, ma nel
frattempo si era avvicinata ancora di più a Damon.
- Oh, avanti, Bonnie,
resisti! Non puoi dargliela vinta così facilmente, coraggio!
- si ripeteva, ma ormai gli si era letteralmente
avvinghiata.
- Oddio, come faccio?
No, avanti Bonnie, apri gli occhi, respira e scostati! - e
questa volta seguì i suoi stessi consigli, anche se
controvoglia, bisogna ammetterlo.
Damon la guardò incuriosito e Bonnie sapeva bene il
perché: lei non si era mai tirata indietro, mai.
“Ok! Adesso…andiamo!” - disse Bonnie con
il tono di voce più deciso che riuscì a tirar
fuori in quel momento.
“Andiamo?” - chiese lui ancora sbalordito.
“Sì, andiamo! Gli altri ci aspettano e io non ho
nessuna intenzione di farmi corrompere da te!” - rispose lei.
“Ma io non volevo di certo corromperti!” - si
difese lui con l’aria da falso ragazzo perbene.
“Sì, come no! Sappi che ormai li conosco i tuoi
giochetti, abbiamo passato troppo tempo insieme da soli e tu li hai
usati così tante volte che ormai non ci casco
più. Forse dovresti aggiornare il tuo repertorio!”
- rispose lei.
“Beh, allora potrei cominciare ad allenarmi subito”
- le sorrise lui e fece per avvicinarsi di nuovo, ma questa volta
Bonnie lo bloccò.
“Andiamo!” - gli disse guardandolo negli occhi.
Bonnie si voltò ad aprire la porta e lo sentì
sbuffare alle sue spalle.
“Damon…!” - lo rimbrottò lei.
“Sai che c’è? E’ che sono
veramente stufo dell’allegra compagnia dei
boy-scout!” - disse lui.
“Beh! Sappi che nella mia vita sono davvero poche le persone
che contano davvero e tra queste ci sono i miei mici,
quindi…” - lasciò in sospeso lei.
“Quindi cosa?”.
“Quindi se prendi me, prendi l’intero pacchetto!
Altrimenti….addio!” - finì Bonnie.
Damon stette lì a fissarla per qualche istante, poi le si
avvicinò di colpo e la strinse a sé, baciandola.
Per Bonnie fu un bacio decisamente inaspettato, ma aveva imparato che
con Damon non si sapeva mai davvero cosa c’era da aspettarsi,
nulla era mai scontato a prevedibile, mai.
Infatti in quella situazione, in cui chiunque altro avrebbe
semplicemente risposto a tono a quella finta minaccia, magari con altre
prese in giro per continuare quella piccola scaramuccia oppure
addirittura facendo finta di andarsene per farsi pregare di restare,
lui l’aveva sorpresa baciandola, con quel bacio inaspettato,
ma piacevole….decisamente molto, molto, ma molto piacevole.
Quando Damon si scostò, le sorrise e le prese una mano
portandola fuori e chiudendo lui stesso la porta.
Bonnie lo guardò con espressione interrogativa, ma lui disse
semplicemente, continuando a sorriderle e alzando gli occhi al cielo:
“Andiamo, streghetta!”.
NOTE:
Ciao a tutti!
Un grazie infinite per come è stato accolto il prologo di
questa seconda ff....spero che questo capitolo non vi abbia deluso, ma
sapete com'è....l'azione non poteva partire da
subito....dovevo raccontare cosa era successo dall'ultima volta e poi
non mi andava di metterli subito nei casini di nuovo....poveretti
meritano un pò di tranquillità ogni tanto, che ne
dite?....
Recensite...recensite...recensite....BACIONI...IOSNIO90!
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Capitolo 3 *** Capitolo secondo ***
Capitolo
secondo
Se
poco più di un anno prima qualcuno gli avesse detto che
sarebbe diventato completamente dipendente da una ragazza e per di
più umana, Damon avrebbe di sicuro fatto a fettine quel
qualcuno, e invece adesso si faceva abbindolare da una ventenne con gli
occhi da cerbiatto.
- E’
incredibile come io mi faccia raggirare dalla mia piccola streghetta -
pensava mentre l’auto sfrecciava tra le strade di
Fell’s Church, e, di tanto in tanto, guardava Bonnie seduta
sul sedile del passeggero assorta nei suoi pensieri.
Le era bastata una finta minaccia per spingerlo a farlo andare
incontro, di sua volontà, alla peggiore di tutte le torture:
una serata intera con “l’allegra fattoria degli
animali”.
Per Damon nulla era peggio di suo fratello, i suoi amici e quella
stupida cittadina che era riuscita a fare un’unica cosa
decente: dare i natali al suo uccellino rosso.
Ma Damon ormai si era rassegnato da tempo al suo crudele destino: era
riuscito a tenere Bonnie lontano da quel cumulo di spazzatura per sei
mesi interi, ma sapeva bene che prima o poi avrebbe dovuto tornarci
perché lei era troppo legata a quel posto e lui non poteva
imporle di stare lontano dalla sua città o dai suoi
amichetti sennò lei avrebbe sofferto e tutto a causa sua e
questo era a dir poco inaccettabile.
Però doveva ammettere che quei sei mesi in giro per
l’Europa da solo con lei erano stati il periodo migliore che
avesse mai passato da sempre.
Una delle caratteristiche che più gli piacevano di Bonnie
era il suo essere totalmente buffa in certe situazioni.
Ovunque lui la portasse lei se ne andava in giro con gli occhi
spalancati girando furiosamente la testa a destra e a sinistra come per
non perdersi nulla: beh…quella era una delle visioni
più divertenti che Damon avesse mai visto.
In quei momenti Bonnie sembrava proprio una bambina, anche se lui
sapeva più che bene che lei non lo era affatto. Quando erano
da soli Bonnie diventava un’altra: una donna a tutti gli
effetti tanto sicura di sé e sensuale da fargli perdere il
controllo. Soltanto lui conosceva quel lato di Bonnie e aveva giurato a
sé stesso che nessun altro l’avrebbe mai
conosciuto.
Lei era sua. Fine della discussione.
Ed era esattamente con queste parole impresse nella mente che Damon
cercava sempre di trattenersi dall’uccidere chiunque facesse
dei pensieri non proprio casti su di lei.
Quel viaggio gli aveva fatto scoprire parecchie cose e tra queste
c’era la gelosia per qualsiasi essere umano, animale o
vegetale di sesso maschile che osasse posare il suo sguardo, anche
casualmente, su Bonnie.
Non si era mai accorto davvero di quanti sguardi attirasse su di
sé la streghetta solo passeggiando per strada. E da quello
che aveva capito neppure lei se ne rendeva poi tanto conto.
Era anche vero che fino a quel momento l’aveva sempre vista
in quel buco opprimente di Fell’s Church, dove gli unici
esseri maschi degni di una qualche nota erano il suo caro fratellino e
quel Mutt…e questo era un tutto dire!
Ma lì, in quelle città affollate era tutta
un’altra storia.
Certo anche Bonnie si era dimostrata parecchio gelosa e questo lo
lusingava, ma soprattutto si divertiva un casino a vederla stringere i
pugni e lanciare sguardi minacciosi verso le povere mal capitate.
Se c’era una cosa che gli piaceva davvero in quelle
situazioni era guardarle nella mente: ogni volta c’era un
unico grido… “Sta alla larga, lui è
mio!”.
Quella farse detta con così tanta sicurezza, anche se solo
mentalmente, lo mandava letteralmente in estasi: non aveva mai pensato
che gli sarebbe mai piaciuto così tanto appartenere a
qualcuno!
I giorni con lei erano sempre così: un’altalena di
sensazioni continue di cui non si stancava mai.
Si era persino scoperto capace di gesti e parole che credeva
prerogativa di quegli sfigati smielati in stile santo Stefano.
Ma bisogna naturalmente tenere conto del fatto che lui era comunque
Damon, quindi, sì, faceva cose tipo comprare fiori, regali,
organizzare sorprese romantiche e via dicendo, ma ovviamente era tutto
fatto con molto più stile di quanto quel cretino di suo
fratello avrebbe mai potuto fare….dopotutto non era mica
colpa sua, cosa poteva farci se era praticamente perfetto?!
Infine, però, il giorno della partenza era arrivato, Bonnie
aveva cominciato a diventare irrequieta, così, anche se
controvoglia, aveva organizzato tutto per il ritorno.
E sarebbe stato un viaggio fantastico, se l’umore di entrambi
non fosse stato guastato da quel ridicolo stregone che aveva cercato di
abbordare Bonnie: il ricordo della faccia da scemo di quello
lì era ancora vivido, forse in un giorno particolarmente
noioso l’avrebbe cercato e gliela avrebbe fatta pagare.
“Damon? Damon, ci sei?” - la voce di Bonnie
interruppe i suoi pensieri.
“Sì, che c’è?”.
“Siamo quasi arrivati, non ti sembra l’ora di
rallentare?” - gli fece notare lei.
Era così perso nei suoi ricordi che non si era neppure reso
conto che erano quasi alla fine della corsa.
- Beh, vecchio
mio, la streghetta ti ha proprio in pugno! Stai pensando ad un omicidio
solo perché un tizio le ha rivolto la parola! -
si disse sorridendo e scuotendo la testa.
“A cosa pensavi?” - gli chiese Bonnie.
“A nulla!” - rispose Damon che ancora sogghignava.
“Oh, avanti dimmelo” - si lamentò lei
mettendo il broncio.
- Cavoli, Damon, un
po’ di dignità! Non puoi cedere ogni volta che fa
quella faccetta triste - pensò e
poi….
“E poi sarei io quello che corrompe l’altro,
eh?” - le disse.
“Che significa?” - chiese lei.
“Significa che ogni volta che vuoi qualcosa da me sfoggi,
senza alcun pudore direi, la tua faccina triste da cucciolo bastonato
perché sai bene che io non resisto!” -
spiegò lui mentre parcheggiava sul viale alle spalle del
pensionato.
“Ah, beh, se la pensi così, allora non dirmi a
cosa stavi pensando, va bene comunque!” - ribattè
Bonnie e fece per scendere, ma Damon la bloccò.
“Ok, ok, se proprio lo vuoi sapere pensavo al periodo in
Europa!” - confessò lui.
“Davvero? Pensa un po’….ci stavo
pensando anch’io!” - disse entusiasta Bonnie.
“Beh, siamo proprio sulla stessa lunghezza
d’onda!” - fece Damon.
“Già! Così pare!” - rispose
Bonnie sorridendogli e piegando leggermente la testa di lato.
“Mmmmh, allora vediamo se capisci cosa voglio
adesso!” - la sfidò Damon guardandola negli occhi
e avvicinando il viso a quello di lei.
Non passarono neppure due secondi che Bonnie gli gettò le
braccia al collo e lo baciò.
- Eh
già! La mia streghetta mi capisce all’istante -
pensava compiaciuto Damon mentre stringeva a sé Bonnie per
quanto l’abitacolo permettesse di fare.
Restarono persi l’uno nell’altra per minuti, ore,
forse giorni…il tempo, come ogni volta, non
importava….importavano solo loro due.
Ma, naturalmente, essendo a Fell’s Church, un rompiscatole
doveva pure arrivare a rovinare tutto…ed eccolo
lì, il santo fratellino che dalla finestra della sua stanza
lanciava non-si-capiva-bene-cosa contro il parabrezza
dell’auto per attirare l’attenzione.
“Damon, Bonnie avanti venite su!” -
gridò Stefan.
Damon si allontanò da Bonnie sbuffando.
“Ma possibile che è sempre in mezzo?” -
disse.
“Avanti, è solo in ansia perché vuole
rivederci, andiamo!” - lo esortò Bonnie prima di
scendere dall’auto.
Arrivati all’entrata del pensionato, Damon fermò
Bonnie.
“Ehi, lo sai che sono qui solo perché mi ci hai
costretto, vero?” - le chiese.
Bonnie semplicemente gli sorrise, lo afferrò per un braccio
e lo trascinò su per le scale.
Erano passati sei mesi dall’ultima volta che li aveva visti,
ma le cose non erano cambiate per niente.
Elena e Stefan sembravano sempre due colombi in amore e continuavano,
come sempre, a dimenticarsi di tutto e di tutti soltanto guardandosi.
Matt era il solito, vecchio Matt. Diffidava ancora di Damon, ma se non
l’avesse fatto probabilmente sarebbe finito il mondo,
quindi….
Meredith, beh lei era sempre la sua cara sorella acquisita. Tra loro
due c’era un legame particolare e nonostante volessero
davvero bene ad Elena, il legame che univa Meredith a Bonnie era molto
più forte di una semplice amicizia, era quasi un legame di
sangue.
Bonnie aveva passato l’intera serata ad intervallare abbracci
di gruppo con Elena e Meredith ad aneddoti sul suo viaggio con Damon,
che se ne stava, come sempre, in disparte a fissarla e a glissare con
frasi poco carine ogni tentativo di approccio di Stefan….ma
cosa si poteva fare, lui era fatto così.
Quando ormai fuori era quasi del tutto buio, Stefan e Matt uscirono per
andare a prendere la cena alle ragazze che erano particolarmente
affamate e, mentre Damon fu spedito da Bonnie a recuperare dei regali
che aveva preso per le sue amiche e che aveva lasciato a casa, Elena e
Meredith cominciarono a tartassare la povera Bonnie di domande
sull’unico argomento che a loro interessasse davvero: Damon.
“Bonnie, adesso possiamo parlare tranquille! Dì la
verità…Damon ti ha fatto soffrire?” -
le chiese premurosa Meredith.
“No”.
“Ti ha protetta?” - chiese, questa volta, Elena.
“Sì”.
“Si è comportato, anche solo una volta, da
bastardo?” - Meredith.
“No”.
“Ha fatto il cascamorto con
qualcun’altra?” - Elena.
“No, ragazze ve lo assicuro…Damon è
perfetto!” - disse Bonnie sorridendo.
“Oddio, mi sa che l’ha influenzata!” -
disse Elena a Meredith.
“Sì, lo credo anch’io” -
rispose Meredith.
“Ragazze, ehi ascoltatemi, davvero, credetemi, Damon non mi
ha influenzata! E dico sul serio quando dico che è un
fidanzato perfetto. Pensate che per non sbagliare nulla ha addirittura
fatto una lista di tutte le caratteristiche del principe azzurro
secondo la maggior parte delle ragazze, e fa di tutto per attenervisi!
Poi dovreste vedere come mette a tacere chiunque mi dia fastidio.
Oppure come si preoccupa per me, pensate che è stato lui a
capire che avevo nostalgia di voi e ad organizzare il viaggio di
ritorno!” - disse orgogliosa Bonnie.
“Bonnie, ti rendi conto che questo è quasi
impossibile da credere, vero?” - fece Elena.
“Sì, lo so, ma è la pura
verità!” - ribattè Bonnie.
“Ed io ti credo! Solo….non ti fa infuriare il
fatto che uccida per nutrirsi? Come fai a sopportarlo?” - le
chiese seria Meredith.
“Lo sopporto perché non uccide più
nessuno!” - rispose Bonnie.
“Cioè?” - chiese Elena.
“Beh ha cominciato a bere sangue in bottiglia, come dice
lui….cioè fa come facevaLucas: beve sangue rubato
alla banca del sangue! E un furto è molto più
sopportabile di un assassinio!” - piegò Bonnie.
Elena e Meredith erano letteralmente stupite dal cambiamento di Damon e
la conversazione continuò con Bonnie che faceva un monologo
sulle fantastiche qualità di Damon, mentre Elena e Meredith
la guardavano sorridendo e scuotendo leggermente la testa con affetto.
Poco dopo lo stesso Damon ricomparve seguito a ruota da Stefan e Matt.
Bonnie fu davvero felice di mettere qualcosa nello
stomaco…non faceva un pasto decente da almeno due giorni.
Finita la cena, fu l’ora dei regali.
“Elena, Meredith, vi ho portato una cosa!” -
esordì Bonnie e poi… “Stefan, Matt,
scusate ma non ho proprio pensato a….” - concluse
imbarazzata.
“Non preoccuparti Bonnie!” - le disse Stefan mentre
Matt le sorrideva.
“Ok, allora aprite!” - disse Bonnie tornando a
rivolgersi alle sue amiche e porgendo loro due scatole grandi con due
fiocchi enormi.
“O mio…” - disse Elena una volta aperta
la sua scatola.
“B-Bonnie…” - balbettò
Meredith, ed era difficile far balbettare Meredith.
“Che ne dite? Ne ho prese tre uguali, ma di colori
diversi….azzurra per Elena, viola per Meredith
e….”.
“Nera per Bonnie!” - la interruppe Damon che le si
era avvicinato e l’aveva abbracciata sorprendendola alle
spalle.
“Già…vi piacciono?” - chiese
Bonnie.
“Cosa sono?” - chiesero Matt e Stefan.
Allora Elena estrasse dalla sua scatola una camicia da notte di seta
azzurra con i bordi in pizzo e le rifiniture argentate che, messa
addosso, sarebbe arrivata al massimo sul ginocchio.
“Beh è…..” -
cominciò Stefan con gli occhi spalancati.
“Un perfetto regalo di coppia!” - lo interrupe
Damon.
“Ma che significa “regalo di coppia”?
Sono un regalo per Elena, Meredith e me!” -
ribattè Bonnie.
“Scusa, ma io non credo che siano solo per voi! Se non
ricordo male chi ha beneficiato di più del tuo regalo a te
stessa sono stato io, o sbaglio?” - le sussurrò
Damon all’orecchio con un tono malizioso che certo non
sfuggì a nessuno degli altri.
Bonnie ci pensò su e poi: “Ok, Damon ha ragione!
Potete usarlo come regalo per voi stesse, ma come regalo di coppia
funziona meglio!” - disse.
Tutti fissarono tutti per qualche istante e poi scoppiarono a ridere
come pazzi,tutti tranne Damon,ovviamente che a quanto pare preferiva
strene lì a baciale il collo.
A Bonnie era mancata davvero quella atmosfera...anche se non vedeva
l’ora di tornare a casa per stare con Damon e il loro
“regalo di coppia”.
NOTE:
Ciao a tutti e scusate per l'assenza prolungata! Impegni vari!
Comunque in questo capitolo, come nel primo, è tutto molto
tranquillo, ho preferito attenermi ancora un pò alle "scene
tranquille di vita quotidiana",come dice giustamente Ila_D, e poi
questo capitolo mi serviva per far ritornare nella storia tutti gli
altri e, naturalmente, per far dire a Damon cosa pensava di tutta
questa storia con Bonnie.
Nei prossimi capitoli tornerò a parlere dei "cattivi" e a
lasciare la parola a Ted, ma la vera azione comincerà verso
il quinto, sesto capitolo e durerà fino alla fine, quindi
godetevi queste altre poche scene tranquille perchè vi
assicuro che non ce ne saranno più così tante e
che, per motivi relativi alla trama che ho in mente, Damon e Bonnie
resteranno divisi per un bel pezzo, quindi...*_*
Grazie a tutti per le recensioni, ma mi raccomando, continuate!
Recensite, recensite, recensite....BACIONI...IOSNIO90!
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Capitolo 4 *** Capitolo terzo ***
Capitolo
terzo
Erano
passati quattro giorni dalla riunione del Consiglio e adesso era pronto
per la partenza.
I quattro giorni erano stati il tempo necessario ad apprendere ogni
cosa sulla gestione del labirinto, anche se a dire il vero ne erano
bastati solo tre perché il primo giorno lo aveva passato ad
auto-convincersi del fatto che i Consiglieri superiori gli avevano
dimostrato davvero così tanta fiducia da lasciargli usare il
labirinto.
Il labirinto….Ted non poteva ancora crederci…
In pochi avevano avuto il permesso di utilizzare il labirinto e quei
pochi erano sempre stati scelti con cura tra quell’esigua
cerchia di coloro che avevano le abilità per poterlo
governare.
Nonostante Ted avesse molta fiducia nel suo Potere, sapeva da sempre
che non era forte abbastanza per avere un così grande onore,
e invece….
Quei giorni di addestramento erano stati unici. Aveva sempre sentito
mille storie e leggende fantastiche sul labirinto, ma solo adesso si
era reso conto che tutte quelle storie non narravano nulla del vero
Potere di quello strumento magico.
Il labirinto non era un luogo fisico, come tutti credevano, ma una
proiezione mentale dello stregone o della strega che lo utilizzava.
Era formato da cunicoli stretti e vie larghissime che si avvolgevano a
spirale fino a raggiungere, non un’uscita
dall’altro lato, come ci si aspetta dai soliti labirinti, ma
una piattaforma, al centro esatto del labirinto, su cui c’era
l’essere magico che lo aveva evocato.
Coloro che venivano intrappolati al suo interno, prima di arrivare al
centro, se mai ci arrivano, dovevano superare prove su prove.
All’interno del labirinto prendevano vita tutti gli incubi
peggiori di chi lo attraversava, per non parlare di tutti quegli esseri
che già lo infestavano.
Ma la cosa che lasciava davvero senza fiato, era il fatto che il
labirinto, non solo portava in vita i mostri dell’infanzia di
cui si ha il terrore e che ci restano dentro anche da adulti, ma
portava in vita anche gli avvenimenti che non avremmo mai voluto
vedere, i sentimenti che non avremmo mai voluto provare, le paure
più recondite della nostra anima, e ce li sbatteva in faccia
distruggendoci completamente.
Ed era su questo strabiliante Potere che tutti facevano affidamento per
portare la strega Bonnie dalla loro parte: se la sua più
grande paura era essere abbandonata da quel lurido vampiro,
bene…allora il labirinto l’avrebbe fatta sentire
abbandonata da quel lurido vampiro! E se l’unica cosa che
poteva tenere lontano il vampiro dalla strega era sentirsi dire da lei
che non lo amava, bene…allora il labirinto gli avrebbe fatto
sentire da lei non lo amava.
Erano passate appena due settimane da quando erano ritornati a
Fell’s Church e Bonnie era già lì
lì per dire a Damon di rifare le valige ed andarsene lontano
da tutti.
Era incredibile quanto avesse ragione Damon a dire che i suoi amici
erano dei guastafeste ficcanaso.
- Ed io che gli ho
sempre dato torto… - si ripeteva sospirando.
Ma dopotutto era vero che, da quando erano tornati, non avevano avuto
un attimo di tregua.
Mai che potessero stare da soli dieci minuti di fila che puntualmente
arrivava un sms da uno degli altri, e se non rispondevano
all’sms allora arrivava una chiamata sul suo cellulare da
parte di un altro dei suoi amici, e se non rispondevano neppure a
quella allora ecco arrivare una e-mail da un altro ancora, fino a che
non cominciavano a lanciare messaggi telepatici a lei o a Damon e a
quel punto l’atmosfera era rovinata e dopo neppure un quarto
d’ora lei veniva rapita da quelle che aveva sempre
considerato delle amiche e portata a fare shopping, o a fare un
pic-nic, o al cinema, o in un altro luogo qualsiasi lontano da Damon.
Per non parlare del fatto che Elena e Meredith, con
l’appoggio di Matt, avevano riscoperto la passione per le
serate tra ragazze e i pigiama party.
Bonnie era proprio stufa, ma come al solito le sue proteste non
servivano a nulla visto che non la ascoltavano neppure.
Damon nel frattempo diventava sempre più irritabile
nonostante lei cercasse di calmarlo, fino a che due sere prima, dopo
l’ennesima interruzione, si era definitivamente rotto le
scatole di questa situazione e se ne era andato.
Bonnie si era arrabbiata davvero con le sue amiche e con i ragazzi solo
quando Damon non si era fatto vedere il giorno dopo, nè
quello dopo ancora.
Lei sapeva bene dove fosse…nell’Old Wood, dove
sennò?…ma non aveva mai un secondo di pace per
andare a cercarlo.
Bonnie cominciava ad avvertire che, forse, questa volta, la sua paura
che lui la lasciasse, la sua più grande paura, era sul punto
di avverarsi.
Doveva fare qualcosa, subito!
Damon se ne stava seduto su uno dei rami più grossi della
quercia che più gli piaceva, nell’Old Wood, a
sfregarsi le mani e a vagliare uno per uno tutti i modi con cui avrebbe
potuto uccidere quel suo maledettissimo fratellino.
In quei giorni avevano litigato più del solito per quel
piano idiota che lui e la sua intera banda di dementi avevano messo su
ai danni della privacy sua e della sua streghetta.
Quindi era più che ovvio che meritasse la morte.
- E poi,
così, prenderei due piccioni con una fava: se il caro
Stefanuccio muore i suoi soci saranno troppo impegnati a piangerlo per
rompere ancora le scatole a me e a Bonnie - pensava con
un sorriso compiaciuto sulle labbra, quando un rumore dal suolo
attirò la sua attenzione.
- Beh, a
quanto pare l’ora fatale è arrivata prima di
quanto pensassi! - pensò e con un solo balzo
scese dall’albero per ritrovarsi a qualche metro da Stefan.
“Fratellino, che onore! Sai che stavo proprio pensando a te?
Anzi stavo giusto per venire a cercarti per ucciderti, ma a quanto pare
mi vuoi risparmiare la fatica di arrivare fin lì.
Grazie!” - disse Damon sarcastico.
Quando vide che Stefan non rispondeva e rimaneva semplicemente
lì a fissarlo, pensò che forse se la stava
facendo addosso dalla paura e gli si avvicinò per chiedergli
se il gatto gli avesse mangiato la lingua, ma non appena si
soffermò più a lungo con lo sguardo sul viso di
Stefan capì che era vero che suo fratello aveva paura, ma
non per se stesso e questo significava che qualcosa non andava e, se si
era arrischiato ad andare da lui sapendo quanto fosse fuori di
sé dopo tutte le liti e le minacce di morte che gli aveva
fatto in quei giorni, questo significava che era successo qualcosa
a…
“Stefan, che è successo a Bonnie?
Parla!” - il suo tono era furioso.
“Damon…io…” -
balbettò Stefan.
“Parla!” - gli ripetè Damon.
“Ecco…lei sta male! Non so
cos’abbia…non riesco a capirlo, nessuno di noi ci
riesce. Si è sentita male all’improvviso mentre
era nella mia stanza con Elena e Meredith e ha perso i sensi. Poco dopo
è rinvenuta e volevamo portarla da un medico, ma ha detto
che non sarebbe andata da nessuna parte senza di te, così
sono venuto a cercarti! Non credo sia niente di grave,
però…!” - Stefan finì di
spiegare e abbassò lo sguardo.
“Muoviti!” - ordinò Damon che nel
frattempo aveva già cominciato a correre.
Bonnie era distesa sul letto di Stefan e teneva gli occhi chiusi mentre
Elena, Meredith e Matt intorno a lei cercavano di ricordare cosa avesse
mangiato che, forse, aveva potuto farle male.
Erano angosciati e Bonnie lo sapeva. Nell’ultima
mezz’ora aveva combattuto con tutta se stessa il desiderio di
confessare ogni cosa, ma poi, anche se si sentiva terribilmente crudele
a far stare in ansia i suoi amici, ricordava il suo obiettivo e si
rincuorava…era una cosa che andava fatta! Punto!
Passarono altri pochi minuti e la porta si aprì.
Nemmeno un secondo dopo una mano fredda le si posò sulla
fronte.
Aprì di scatto gli occhi e sorrise ad un Damon stravolto.
- Oddio, anche lui si
sarà preoccupato…a questo non avevo pensato!
Beh…dovrò dargli una spiegazione come a tutti, ma
prima…” - si disse e poi
gettò le braccia al collo a Damon e lo baciò con
tutta se stessa.
Era da due giorni che non sentiva il sapore delle labbra di Damon sulle
sue e adesso si sentiva come una bambina in un negozio di caramelle
tutto a sua disposizione.
Damon si scostò da lei e la guardò accigliato.
“Bonnie, ma tu stai bene!” - le disse.
“Già!” - rispose lei con aria colpevole.
“Aspetta un attimo, streghetta! Dì la
verità…era tutta una finta!” - fece lui.
“Si!”.
“E si può sapere perché lo hai
fatto?” - chiese Damon.
“Beh, perché volevo stare con te!” -
rispose Bonnie con un’alzata di spalle, poi.. “Non
sei arrabbiato,vero?” - aggiunse.
“Sì,invece! Sono parecchio arrabbiato! Mi sono
preoccupato, io!” - le rispose lui con astio.
“Ok, sì, scusa! Ma adesso mi perdoni?” -
gli disse e sfoderò la sua occhiata da cucciolo picchiato a
sangue a cui, come aveva confessato la stesso Damon, lui non sapeva
resistere.
Lui la guardò e poi sospirò addolcendo lo sguardo.
“Sei sleale, ma sì, ti perdono! Dopotutto come
posso non perdonarti e non apprezzare il fatto che tu, la dolce e pura
Bonnie, sei ricorsa a giochetti subdoli e crudeli solo per riavermi con
te. Anzi, sai che c’è? Ti faccio i complimenti:
azione degna del sottoscrtitto…ci hai messo tutti nel
sacco!” - le rispose orgoglioso Damon.
“Ehi, aspettate! Bonnie vorremmo una spiegazione!”
- si intromise Elena, mentre gli altri si limitavano a guardarla e a
fare di sì con la testa.
“Sentite…dovete scusarmi, lo so che vi siete
preoccupati, ma ve lo meritavate!” - disse Bonnie scendendo
dal letto.
“Senti, senti…come sarebbe che ce lo
meritavamo?” - ribattè Elena.
“Sì, perché, se proprio devo
dirvelo…avete rotto!” - controbattè
Bonnie.
“Ok..e potrei sapere perché? Cosa abbiamo fatto?
Guarda che sto cominciando ad arrabbiarmi, Bonnie!” - disse
decisa Elena.
“Tu ti arrabbi? Ed io allora? E Damon?…Da quando
siamo tornati non ci avete dato un attimo di tregua, sempre in mezzo ai
piedi! Scusa, ma non mi sembra che noi abbiamo mai fatto
così con te e Stefan! Lo so che vi preoccupate per me, ma,
da quanto ricordo, voi avete già avuto i vostri sei mesi di
prova per tenerci sott’occhio. Se sapevo che
l’esame sarebbe continuato, avrei dato retta a Damon e sarei
ripartita subito!” - disse d’un fiato Bonnie.
Tutti tacquero per diversi minuti abbassando gli occhi a terra, tranne
Damon che fissava Bonnie ancora più orgoglioso di prima.
“Hai ragione, Bonnie, scusaci!” - la prima a
parlare fu Elena.
“Vedi, Bonnie, è che con
Damon….sì, insomma, nonostante quello che dici tu
a noi non sembra che sia cambiato così tanto e siamo
preoccupati!” - disse Matt.
“Sì, Matt, l’ho capito che siete
preoccupati, ma non ne avete ragione. Credi davvero che vi mentirei se
lui non mi trattasse a dovere? Sapete quanta paura io avevo di lui, se
adesso non ne ho più un motivo ci
sarà!” - rispose Bonnie.
“Beh…l’amore fa fare cose
strane!” - ribattè Matt.
“Matt sei mio amico eppure mi credi così
stupida?” - chiese Bonnie.
“No, non hai capito…non era questo il
senso…” - balbettò il ragazzo.
“Invece, sì! Era proprio questo il
senso!” - ribattè Bonnie.
“Ok, ma….Bonnie devi promettermi che non rivedrai
più Damon di notte, da sola!” - rispose Matt
cercando di cambiare argomento, ma scegliendo l’argomento
sbagliato.
Meredith, Elena e Stefan si voltarono a guardarlo.
Damon gli ringhiò contro facendolo indietreggiare.
Mentre Bonnie lo guardò sconcertata e gli disse:
“Come? Potresti ripetere?”.
“Hai sentito! Prometti e ti lasceremo stare!” -
ribadì Matt.
“Fratello sapevi qualcosa di questa
assurdità?” - chiese Damon a Stefan.
“Aspetta, Damon, voglio capire!” - lo interruppe
Bonnie e poi..
“Spiegati meglio Matt…perché non dovrei
vedere il ragazzo che amo di notte?” - chiese
all’amico.
“Puoi rivederlo di notte, ma non da sola!” -
sentenziò Matt con quel suo fare protettivo che, se prima le
faceva piacere, adesso la stava mandando in bestia.
“Ok! E perché?” - chiese Bonnie.
“Beh…perché lui potrebbe costringerti a
fare…insomma..certe cose che alla tua
età…” - cominciò Matt, ma
Bonnie lo interruppe.
“Aspetta un attimo! Punto primo: quanti anni credi che io
abbia? Cinque?…Punto secondo: dimmi che non mi stai davvero
vietando di con il mio ragazzo, perché
questa sarebbe pura follia!…Punto terzo: avete davvero
organizzato tutto questo casino solo per questo? Ma che vi è
preso?” - finì Bonnie rivolgendosi a tutti.
“Beh…no…noi eravamo solo in pensiero
per te, Bonnie! Abbiamo sentito come parlavi di Damon e poi abbiamo
visto i segni sul collo senza che tu facessi nulla per nasconderli, e
abbiamo pensato che forse volevi farci capire che Damon ti obbligava
a…..beh, ora capisco quanto siamo stati scemi!” -
disse Elena.
“Sì, lo siete stati! Tutto quello che vi ho
raccontato su Damon è vero e so bene di avere questi segni e
la ragione per cui non mi preoccupo di coprirli, almeno quando sono con
voi, è perché ne vado fiera…per me
sono come il segno visibile del mio amore per Damon….io
stessa gli dico di non richiuderli, perché mi piace
guardarli soprattutto quando siamo divisi! E in questi giorni li ho
guardati parecchio a causa vostra!” - disse Bonnie con un
sorriso.
“Hai ragione! E scusaci di nuovo…soprattutto scusa
me: non avrei dovuto dar retta ad Elena e Matt, ma hanno fatto leva sul
senso quasi materno che ho sempre nutrito per te!” - questa
volta fu Meredith a parlare e Bonnie non potè fare a meno di
abbracciarla.
“Sì, concordo con Meredith!” - fece
Stefan, mentre Elena e Matt se ne stavano fermi a testa bassa.
“Ok! Vi perdono! Adesso però basta con le vostre
paranoie, ok? Elena? Matt?” - fece Bonnie e i due annuirono
sorridendole.
“Ok! Ora che è tutto risolto potremmo stare tutti
insieme qui! Cosa ne dite?” - propose Elena che aveva
ritrovato improvvisamente il sorriso.
“No, scusate, ma in questo preciso istante io sarei
intenzionato a rapire Bonnie….sapete abbiamo un bel
po’ da recuperare!” - si intromise Damon lanciando
un’occhiata carica di significato verso il povero Matt.
“Ma….” - cominciò Elena che
subito venne bloccata da uno sguardo a dir poco minaccioso da parte di
Damon e Bonnie.
“Ok! Scusate, avete ragione! Che volete farci è
l’abitudine!” - disse scoppiando a ridere.
“Bene! Fratellino, so che tu sei un totale rammollito buono a
nulla, ma saresti in grado di bloccare sul nascere un’altra
iniziativa idiota come questa, se mai dovessero riprovarci?
Perché, sai com’è, questa volta sono
stato piuttosto calmo, ma la prossima volta potrebbe finire
male!” - disse Damon guardando tutti con quel suo sorriso
beffardo che non presagiva mai nulla di buono.
“Ok, adesso cosa ne dici di andarcene e di smettere di
minacciare i nostri amici?” - gli disse Bonnie guardandolo
negli occhi.
“I NOSTRI amici? Vorrai dire i TUOI amici?” -
rispose lui.
“No, voglio dire esattamente quello che ho detto!”
- ribattè Bonnie.
“Io amico di questi qui? Numero uno: io non ho
amici!….Numero due: neanche morto!” - fece Damon.
“Tu sei già morto!” - rispose Bonnie.
“Appunto!” controbattè Damon.
Bonnie gli sorrise e alzò gli occhi cielo.
- Non
cambierà mai! E’ testardo come un mulo!
- pensò poi scuotendo la testa.
“Già! Ma sono più carino!” -
le sussurrò Damon all’orecchio.
Neppure un secondo dopo Bonnie si sentì afferrare da Damon.
Riuscì appena a dire < ciao > ,
che si
ritrovò al piano di sotto e poi in strada.
Bonnie e Damon non potevano di certo sapere che, a chilometri da
lì, qualcun altro aveva seguito tutta la discussione.
Ted era nella Grande Sala delle Udienze dove, da qualche giorno, da una
sfera magica, osservava la vita della giovane strega.
- Ridi pure, Bonnie!
Goditi questi ultimi attimi di felicità, perché
stanno per finire! - pensò e una risata
crudele squarciò il silenzio nell’enorme stanza
vuota.
NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie mille per le recensioni al secondo capitolo....siete dei grandi!
Comunque...ecco postato un nuovo capitolo...per così
dire...di gruppo. Anche se come avete visto ci sono novità
dal fronte nemico.
Ormai i guai sono vicini e alla mia coppia "regina di cuori" *_*
restano davvero pochi attimi di tranquillità...
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Capitolo 5 *** Capitolo quarto ***
Capitolo
quarto
“Allora,
Ted…è tutto pronto? Ti senti
all’altezza?” - la voce di Samuel
risuonò alta e decisa.
“Sì, signore! Sono sicuro che la missione
sarà un successo!” - rispose Ted con un inchino.
“Bene! Allora buon viaggio giovane stregone! Riponiamo molta
fiducia in te e spero non la tradirai!” - fece Samia alle
spalle del fratello.
“Questa missione è diversa da tutte quelle che hai
affrontato finora, ma sei stato ben addestrato e il labirinto ti
sarà di enorme aiuto. Stai per affrontare il viaggio da
solo, ma sai bene che in battaglia non sarai lasciato a te
stesso…noi veglieremo su di te! Ora vai!” - disse
Samuel.
“Sì, e grazie ancora per la fiducia accordatami,
vi giuro che non vi deluderò!” - rispose Ted e si
avviò verso le Porte del regno magico.
Damon l’aveva caricata in spalla e adesso stava correndo ad
una velocità impressionante.
Bonnie si rese conto di dove erano solo quando all’improvviso
Damon spiccò un salto di almeno cinque metri e si
fermò lì in alto, armeggiò con
qualcosa e due secondi dopo la rimise a terra: erano nella sua stanza.
“Potevi usare la porta!” - lo rimproverò
mentre si reggeva alla scrivania cercando di riprendere fiato.
“Sì, ma così è
più divertente!” - le rispose lui che se ne stava
fermo accanto alla finestra a fissarla.
“Smettila!” - fece Bonnie.
“Di fare cosa, se non mi sono mosso?” - rispose
Damon sogghignando.
“Appunto! Fai quello che ti pare, ma smettila di
fissarmi!” - rispose lei voltandosi e alzando lo sguardo ad
incontrare quello del vampiro.
“Non ti ho vista per due giorni!” - si
giustificò lui.
“E allora? Non sono poi così diversa!” -
ribattè lei.
“Invece sì! Voi umani cambiate di secondo in
secondo e neppure ve ne accorgete! E poi è stato
così divertente osservarti per l’intera serata che
non capisco proprio perché dovrei smettere di farlo
adesso!” - controbattè Damon inclinando
leggermente la testa di lato, sorridendo e aguzzando lo sguardo.
“Che vuoi dire?” - chiese Bonnie incuriosita.
“Beh…due giorni lontano da me e mi diventi una
piccola tigre, streghetta! Non ti avevo mai visto così
agguerrita!” - la provocò Damon.
“Guarda che lo avrei fatto comunque! Non credere che sia
dipeso tutto dal fatto che te ne eri andato a causa loro: non sei mica
così indispensabile!” - rispose Bonnie voltandosi
e dirigendosi a testa alta verso la porta decisa a lasciarlo
lì come uno stoccafisso.
Quella serra si sentiva davvero una tigre: voleva averle vinte tutte e
non avrebbe ceduto alla provocazioni di Damon.
Ormai era sicura di aver raggiunto il suo intento, ma si rese presto
conto che Damon non era il tipo da lasciar perdere così
facilmente: lei lo aveva provocato e lui stava rispondendo.
Aveva appena aperto la porta quando una mano alle sue spalle la
richiuse di scatto e un’altra mano la imprigionò
con il viso rivolto al muro: Damon era alle sue spalle e lo spazio per
muoversi era davvero poco.
“Ah no? Io non sarei indispensabile?” - le
sussurrò Damon sulla nuca prima di baciarle il collo,
immergere il viso tra i suoi capelli e inspirarne il profumo.
In quel momento tutta la risoluzione di Bonnie stava andando a farsi
friggere: voleva solo cedere.
Ma no…non lo avrebbe fatto! Non importava che
l’unica cosa che volesse era abbandonarsi a Damon, non
importava il desiderio che prendeva vita dalle sue viscere e cresceva
divampando come un incendio dentro di lei, non importava la passione
repressa che le stava urlando di essere lasciata
libera…no…non importava, almeno non per
il momento….ci sarebbe stato tempo dopo, adesso
voleva solo farlo impazzire così come lei era impazzita
quando lui era andato via: doveva pagarla!
Bonnie trasse un respiro profondo e si voltò lentamente
verso Damon, per quanto il poco spazio a sua disposizione le
permettesse di fare. Si ritrovò faccia a faccia con il
vampiro che la fissava senza perdere nessuno dei suoi movimenti, poi si
appoggiò con la schiena al muro che aveva alle sue spalle e
con voce sicura disse: “No! Non sei indispensabile!”
Damon sgranò gli occhi un momento, ma poi tornò
subito a farsi circospetto.
- Ha qualcosa in mente -
pensò Bonnie.
“Va bene! Allora io me ne vado!” - fece Damon
allontanandosi da lei e avviandosi verso la finestra.
- E questo sarebbe il
suo piano? Far finta di andarsene per farsi pregare di restare? No!
Questa volta non funzionerà! - si disse Bonnie.
Continuò a guardarlo avanzare verso la finestra
finchè non fu a soli pochi centimetri da questa e poi lo
fermò.
“Aspetta!” - disse.
Damon si voltò lentamente, sorridendo.
“Cosa? Hai cambiato idea?” - le chiese.
Lei lo fissò per un minuto e poi disse: “No!
Volevo solo ricordarti che uno di questi giorni dovresti venire a
prendere la tua roba, sai…quella del
viaggio…è ancora giù in
salotto!”.
Bonnie sorrise e rimise la mano sulla maniglia della porta pronta ad
aprirla.
“Ehi, un attimo! Cosa hai detto?” - chiese Damon e
questa volta la sua voce era tutt’altro che controllata.
- Bene! -
pensò Bonnie sorridendo a se stessa, poi si voltò.
“Mi hai sentito! Le tue cose sono ancora di sotto ed io
domani dovrei rimettere un po’ in ordine,
quindi…” - non finì neppure di parlare
che si ritrovò costretta di nuovo tra la parete e Damon.
“Dici sul serio?” - le chiese lui tenendola per le
spalle.
“Sì, certo!” - rispose lei.
“Davvero non mi vuoi qui?” - chiese lui
improvvisamente dubbioso.
“Non sono io che non ti voglio, sei tu che non vuoi
starci!” - rispose lei.
Lui la guardò fisso negli occhi per qualche attimo e poi
rise.
“Perché ridi?” - chiese lei.
“Tu mi stai prendendo in giro! Vuoi farmela pagare
perché me ne sono andato!” - rispose Damon
allontanandosi da lei di qualche passo e sedendosi sul bordo del letto.
Bonnie scrollò semplicemente le spalle e con voce chiara gli
disse: “Così la prossima volta impari!”.
“La mia tenera streghetta….vieni qui!” -
le disse facendole segno di sedersi accanto a lui.
Lei, invece, lo guardò e rispose: “No! Io adesso
vado a farmi un bagno e tu te ne stai buono qui! Capito?”.
Damon alzò gli occhi al cielo e si buttò sul
letto, mentre Bonnie uscì dalla camera e si avviò
verso il bagno sorridendo e pensando che a volte non fare quella sempre
buona, sincera e tranquilla era divertente.
Damon era disteso sul letto di Bonnie con le braccia incrociate dietro
la testa da circa due ore ormai.
Sentiva provenire dal bagno la sua voce che canticchiava una melodia di
sua invenzione, ma estremamente tenera, accompagnata dal profumo del
bagnoschiuma alla fragola che riempiva l’acqua in cui Bonnie
era immersa.
Era un profumo dolce, ma allo stesso tempo sensuale: più che
adatto per la sua streghetta.
- Incredibile! Stava
quasi per farmela! Ma dopotutto se ci penso è
ovvio….ha imparato dal migliore! -
pensò Damon con un sorriso compiaciuto.
Quella streghetta era davvero cresciuta parecchio: quella sera aveva
difeso entrambi andando contro quei suoi amichetti così
idioti da crederla ancora una bambina….
-
Com’è che ha detto Mutt? < CERTE COSE ALLA
TUA ETA' > ?…..Ma per favore…. -
pensò Damon digrignando i denti perchè era sempre
più convito che quel cretinetto biondo avrebbe tanto voluto
che Bonnie, la sua Bonnie, < certe cose > le facesse con
lui.
- E invece no, stupido
idiota! Lei è mia! - Damon strinse in due
pugni le mani, che cominciavano a prudergli sul serio per la voglia
matta che aveva di spaccare quel brutto muso di quel brutto imbecille
di Mutt, e cercò di calmarsi ascoltando il battito del cuore
del suo uccellino nell’altra stanza consapevole che lei
sarebbe arrivata a momenti e a quel punto non voleva di certo rovinare
l’atmosfera pensando a quel piccolo, lurido umano.
All’improvviso un rumore di passi, poi una serratura che
veniva aperta e una porta che veniva spalancata….
Inutile dire che a quel rumore tutta l’ira di Damon era
scomparsa: ora aveva cose decisamente più interessanti da
fare.
“Finalmente!” - disse sorridendo e voltando la
testa.
Bonnie se ne stava appoggiata allo stipite della porta con le mani
dietro la schiena, era appena uscita dalla vasca e aveva addosso solo
l’asciugamano, mentre i capelli erano raccolti in uno chignon
tenuto fermo da un fermaglio.
Era bellissima come una Venere e la sua bellezza era messa ancora
più in evidenza dalla chiara luce della luna piena che
entrava dalla finestra rischiarando la stanza buia come fosse giorno.
Damon si alzò dal letto e in un istante fu di fronte a lei.
Guardandola negli occhi le mise una mano su un fianco e con
l’altra le sfilò il fermaglio lasciando che quella
cascata di boccoli rossi le ricadesse libera sulle spalle.
Poi la strinse a sé e la baciò.
Cominciò sfiorandole appena le labbra con baci leggeri, ma
man mano la passione cominciò a prendere il sopravvento su
entrambi.
Bonnie gli infilò una mano tra i capelli e con
l’altra gli accarezzava la nuca, mentre il bacio diventava
sempre più frenetico e coinvolgente.
Il desiderio divampò come una fiamma viva avvolgendoli e
imprigionandoli nella sua morsa.
Ancora persi in quel bacio si liberarono degli abiti di Damon e
dell’asciugamano di Bonnie che erano decisamente di troppo.
Bonnie si sedette sul letto e guardandolo negli occhi
cominciò ad indietreggiare verso la testiera, si
fermò solo quando i cuscini alle sue spalle le impedirono di
continuare, e fu in quel momento che Damon le afferrò i
fianchi, l’attirò verso di sé e la
prese.
Fecero l’amore con foga, con ardore, come se fosse
l’ultima notte della loro vita insieme, e quando i denti di
Damon affondarono nel collo di Bonnie portandoli entrambi al culmine
della passione, allora capirono quanto avessero davvero bisogno
l’uno dell’altra per sopravvivere.
Il mattino seguente Bonnie si svegliò euforica. Era ancora
tra le braccia di Damon e questo le bastava per essere felice, ma era
il pensiero della notte appena trascorsa a renderla euforica.
Sciogliendosi delicatamente dall’abbraccio di Damon, scese
dal letto e andò verso lo specchio. Si spostò i
capelli da un lato e prese ad accarezzarsi i due fori alla base del
collo.
Passarono appena pochi minuti e Damon si alzò.
Andò ad abbracciarla stringendola a sé
allacciandole le mani sul ventre e le baciò i due piccoli
segni soffermandosi, poi, a guardarla allo specchio con la testa
appoggiata alla sua spalla.
“Si stavano richiudendo” - le sussurrò.
“Lo so! Tu non c’eri!” - gli rispose
Bonnie.
“Non succederà più!” - e a
quella promessa Bonnie si voltò verso Damon e lo
baciò.
“Ne sono sicura!” - gli disse sorridendo.
“Ti amo streghetta! Ho bisogno di te per vivere!” -
le sussurrò Damon sulle labbra prima di tornare dolcemente a
baciarla.
Era tornato tutto come prima e lui era tornato a ripeterle quella
frase, per altri banale, ma per lei importantissima, che aveva segnato
l’inizio di ogni giornata perfetta trascorsa con Damon.
Poco lontano da lì, al centro esatto dell’Old
Wood, una Porta magica si apriva lasciando uscire Ted.
Ormai era a Fell’s Church e il gioco stava per cominciare.
NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie per le recensioni, sono contenta che anche questa seconda parte
della mia storia vi stia piacendo!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto...
Prima di cominciare con la vera azione mi sembrava doveroso dedicare un
capitolo intero alla nostra cara coppia, che ne dite?
Grazie ancora a tutti!
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Capitolo 6 *** Capitolo quinto ***
Capitolo
quinto
Fell’s
Church.
Quando Ted aveva scoperto che la strega era lì, che era
sempre stata lì, a portata di mano, ci era rimasto di stucco.
Samuel e Samia gli avevano più volte detto quanto quella
strega fosse importante e quanto fosse necessario che tornasse nel
regno magico.
Gli antenati dei McCullough erano potenti streghe e stregoni che
avevano per primi guidato la rivolta contro il sistema di idee che
regnava allora e che continuava a regnare anche adesso
all’interno del regno.
Sostenendo che bisognava trovare un modo pacifico per rapportarsi alle
creature oscure e abbandonare la violenza, avevano scatenato una vera
rivoluzione. Mai nessuno aveva osato dire o anche solo pensare una cosa
del genere e loro invece lo avevano fatto con tutta
tranquillità e, quando non erano stati ascoltati, avevano
rinunciato alla vita pacifica che da sempre conducevano per convertire
altre potenti famiglie al loro modo di pensare del tutto innovativo, e
avevano dato battaglia.
Molti erano morti sia da un lato che dall’altro e, senza
trovare una vera soluzione, alla fine le famiglie ribelli abbandonarono
il mondo magico senza neppure voltarsi indietro e si confusero nel
mondo umano.
I Consiglieri di allora avevano dato fondo a tutte le loro energie e a
tutti i loro poteri per trovarli e costringerli a tornare, ma senza
nessun successo: i fuggitivi avevano studiato a lungo il mondo degli
umani e vi si erano adattati così facilmente e
così bene che era quasi impossibile scovarli e provare a
localizzarli tramite l’identificazione del loro potere era
inutile poiché il potere di ogni essere magico ha una certa
impronta diversa da quella di chiunque altro, un po’ come le
impronte digitali, e i capi delle famiglie dei fuggiaschi erano stati
così furbi da schermare il loro potere e quello dei loro
protetti per poi insegnare loro a modificare questa impronta nota solo
a loro stessi.
Inoltre non tutti gli essere magici facevano parte del regno e molti
addirittura non ne avevano mai sentito parlare.
Poi c’erano gli umani: tutti hanno un proprio potere
intrinseco e in alcuni è così accentuato da
essere scambiato con quello di una strega o di uno stregone.
In definitiva, ricercare i disertori era stata solo una gran perdita di
tempo e di risorse.
Con il passare degli anni la ricerca si attenuò, fino a che
gli animi non si placarono del tutto e in molti cominciarono a
dimenticare.
La ricerca finì.
Ma il Consiglio non aveva dimenticato e nei secoli aveva continuato a
tramandarsi questa storia e a sperare che un giorno avrebbero
finalmente avute delle notizie, avrebbero finalmente trovato un
discendente e lo avrebbero finalmente ricondotto a loro, non
perché ne avessero realmente bisogno, ma perché
volevano la loro vendetta: tutti quei traditori li avevano abbandonati
e disprezzati, loro si sarebbero vendicati riprendendo, anche con la
forza e a qualsiasi costo, i discendenti di quelle famiglie per
dimostrare che avevano sempre avuto ragione e che nessuno poteva
mettersi contro di loro perché presto o tardi loro avrebbero
comunque dimostrato di essere superiori.
Questa occasione era stata lui ad offrirla, Ted, e senza neppure
rendersene conto.
Ma da quando aveva saputo tutto, si sentiva fiero di sé
stesso e orgoglioso: avrebbe fatto di tutto per portare a termine la
cosa con successo e poi sarebbe diventato un eroe.
Tornando a Fell’Church….
Beh, ne avevano tutti sentito parlare parecchio ed era stata oggetto di
molte discussioni.
Anche se aveva l’aspetto di una piccola ed insignificante
cittadina di provincia piena di gente ignobile e per niente degna di
nota, Fell’Church era uno dei posti più potenti e
pericolosi che avesse mai visto.
Da qualche anno aveva cominciato la sua scalata verso i gradini
più alti della piramide dei posti da evitare e giorno dopo
giorno, mese dopo mese era riuscita ad arrivare ai primi scalini.
Era attraversata da così tante linee energetiche che cercare
di capirci qualcosa era impossibile.
In più, attirava mostri di ogni genere: negli anni si erano
susseguiti vampiri più o meno potenti, licantropi, demoni,
tutti attirati da quell’immenso potere come api sul miele.
Il Consiglio naturalmente era al corrente di tutto e aveva discusso a
lungo su come comportarsi.
Alla fine decisero.
Tutti si aspettavano di andare in battaglia, ma il Consiglio
intimò a tutti di restare alla larga da quel posto.
Ted, come molti altri, aveva trovato inaccettabile l’idea di
non fare nulla contro tutte quelle creature oscure presenti in quella
zona tanto da essere così arditi da chiedere spiegazioni.
Samuel e Samia furono comprensivi e spiegarono tutto con una chiarezza
tale che alla fine tutti, compreso lui stesso, capirono quanto avessero
ragione a lasciar correre.
La loro era una semplice tattica: se due dei tuoi più grandi
e pericolosi nemici si fanno la guerra è inutile
intervenire. Non appena ti vedrebbero dimenticherebbero
all’istante le loro divergenze e si unirebbero per
sconfiggere il loro nemico comune, cioè te. Ma se tu li
lasci fare, lasci che combattano tra di loro, alla fine otterrai un
risultato ottimo senza il minimo sforzo. Insomma, se iniziano a
combattere alla fine uno dei due, o addirittura entrambi, morirebbe,
mentre se anche uno restasse in vita, dopo quello scontro sarebbe
così stremato da diventare per te una facile preda. Ed ecco
che hai preso due piccioni belli grossi con una fava piccolissima.
Il fatto, poi, che in quella cittadina le lotte fra mostri fossero
continue era ancora meglio: gli esseri oscuri si uccidevano
l’un l’altro, e gli esseri magici se ne stavano
seduti in poltrona a guardare lo spettacolo senza muovere un muscolo.
In quegli anni, così, erano sempre stati tutti talmente
convinti che non dovessero preoccuparsi di quell’infelice
luogo, che alla fine era uscito dai loro pensieri.
E invece….guarda un po’ cosa si scopre?
Che la strega era sempre stata lì e che loro non ci avevano
mai fatto caso: erano sempre stati troppo concentrati sui mostri che
infestavano quella cittadina per pensare davvero a chi vi abitasse.
Ma in fondo, pensandoci bene, quale posto migliore per la strega?
- E’ piuttosto
ovvio che stia in un posto del genere per avere quel vampiro intorno,
avrei dovuto pensarci subito! - pensava Ted mentre la
Porta magica alle sue spalle si richiudeva.
Era nell’Old Wood.
Aveva scelto il posto proprio perché sapeva che era il
più carico di Potere in tutta la zona, quindi era ovvio che
il suo labirinto germogliasse lì.
Si guardò intorno con aria curiosa, come faceva ogni volta
che arrivava in un posto nuovo.
La varietà di persone e ambienti che vedeva in ogni sua
missione nel mondo umano era sempre in grado di sconvolgerlo.
Girava la testa a destra e a sinistra, posando lo sguardo ora su
quell’albero ora su quell’altro e la bocca gli si
spalancò per lo stupore.
Era un luogo incantevole, ma allo stesso tempo malvagio.
Ted lo avvertiva forte e chiaro. Era come se intorno a lui tutto
gridasse < PERICOLO >, ma era
esaltante.
- Eh, già!
Scelta ottima - si complimentò con se stesso
con un mezzo sorriso sulle labbra.
Aveva una voglia matta di restare lì e di scoprire tutti gli
angoli più nascosti di quel luogo così
misterioso, ma aveva altro da fare e lo sapeva.
Era il momento di sbrigarsi.
Era mattino presto, ma il sole era già alto nel cielo.
L’aria era fresca e gli uccelli fuori cantavano. Era la
mattina ideale.
Stefan si alzò piano dal divano per non svegliare nessuno:
la sera precedente, dopo la discussine con Bonnie, Matt e Meredith
erano restati con Elena a parlare fino a notte fonda, alla fine erano
così stanchi che avevano quasi cominciato a parlare ad occhi
chiusi, così lui aveva proposto loro di restare
lì, e mentre lui dormiva sul divano e Matt su una poltrona,
entrambi recuperati da altre stanze proprio per l’occasione,
Meredith ed Elena avevano diviso il letto.
Andò alla finestra e guardò fuori, ripensando
alla sera prima.
Bonnie aveva davvero messo paura a tutti.
Era diventata potente anche senza volerlo, forse il Potere nelle
streghe aumentava comunque negli anni anche senza che queste si
esercitassero o ne facessero particolare uso, comunque fatto sta che
Bonnie era riuscita a coprire alla grande il suo bluff.
Inoltre era cambiata. Anche se Elena, Matt e forse anche Meredith non
volevano ammetterlo e continuavano a vederla come la piccolina di casa,
Bonnie era cresciuta, era sbocciata, aveva acquisito maggior sicurezza
in se stessa e tutto da quando stava con suo fratello.
Ma anche Damon, dal canto suo, era cambiato.
All’inizio avevano tutti grossi dubbi su quanto Damon amasse
Bonnie e conoscendo il soggetto erano dubbi più che
giustificati, ma Stefan lo aveva visto diventare diverso sotto i suoi
occhi. Lo aveva visto aprirsi, lo aveva visto preoccuparsi per qualcun
altro più che per se stesso, lo aveva visto innamorarsi per
davvero e, doveva ammettere che quel nuovo Damon gli piaceva.
Persino nei suoi confronti sembrava diverso e questo lo divertiva.
Damon continuava a prenderlo in giro e ad insultarlo, certo, ma ora
Stefan aveva come l’impressione che non lo facesse
più per ferirlo, ma semplicemente perché era
diventata una sorta di abitudine, era il suo modo bizzarro di
rapportasi a lui e Stefan ormai ci si era talmente abituato che, nei
sei mesi in cui Damon era stato lontano con Bonnie, ne aveva quasi
sentito la mancanza.
All’improvviso sentì una risatina alle sue spalle
e si voltò per trovare Elena seduta a gambe incrociate sul
letto che lo fissava sorridendo.
Era così perso nei suoi pensieri che non si era reso conto
che si fosse svegliata.
“Buongiorno!” - la salutò.
“Buongiorno a te!” - rispose lei.
“Non mi ero accorto che eri sveglia!” - le
confessò.
“L’ho notato! A cosa pensavi?” - gli
chiese Elena.
“A Bonnie e a Damon e a quanto siano cambiati
entrambi” - le disse Stefan.
“Sì, credo che tu abbia ragione e credo che sia
ora che noi altri cominciamo a fidarci di Damon, almeno riguardo a come
si comporta con Bonnie…non le farebbe mai del
male!” - disse Elena.
“No, Non lo farebbe mai!” - le rispose Stefan a
conferma delle sue parole.
“Stefan, ascolta, tu credi che…” -
cominciò Elena, ma Stefan la zittì con un segno
della mano.
“Shh! Aspetta!” - le disse Stefan
all’improvviso preoccupato.
“Che succede?” - gli chiese Elena spaventata.
“Ho sentito qualcosa! Sveglia gli altri! Subito!” -
le ordinò e con la coda dell’occhio vide che lei
aveva ubbidito.
Nel giro di pochi minuti sia Matt che Meredith erano svegli:
sapevano che Stefan, per quanto potesse essere costantemente
preoccupato e protettivo, non si mobilitava mai se non avvertiva
qualcosa che lo mettesse davvero sull’attenti, e quando
capitava di solito aveva sempre ragione.
Stefan, nel frattempo, aveva continuato a guardare fuori dalla finestra
in attesa di non capiva bene che cosa, ma all’improvviso lo
vide.
Era un ragazzo. Sembrava un ragazzo comunissimo se si toglieva il fatto
che avanzava con passo sicuro verso il pensionato senza curarsi della
strada e delle poche auto che passavano a quell’ora, ma
tenendo lo sguardo fisso su di lui.
Emanava Potere. E non era di certo venuto lì per una visita
di cortesia.
Stefan stava per saltare dalla finestra, quando lo sconosciuto gli fece
segno di restare dov’era.
Poi scomparve e in un attimo, senza capire come, Stefan se lo
ritrovò in camera.
“Chi sei?” - gli chiese.
“Ted” - rispose l’altro.
“Cosa sei?”.
“Uno stregone!”.
“Cosa vuoi?”.
“Molte cose!”.
“Dimmelo!”- lo incalzò Stefan. Non aveva
mai conosciuto uno stregone e la cosa non gli piaceva.
“La strega e il vampiro, l’altro
vampiro!” - rispose Ted.
“Bonnie e Damon?” - chiese Stefan.
“Non mi interessano per niente i loro nomi!” -
rispose sincero l’altro.
“Cosa vuoi da loro?” - chiese.
“Ho una missione da portare a termine!”.
“Chi te l’ha affidata?”.
“Non sono affari tuoi!”.
“In cosa consiste?”.
“Uccidere lui e rapire lei!” - rispose lo stregone
con un sorriso.
“Cosa? Non ci riuscirai mai!” - Stefan cominciava a
perdere la pazienza.
“Tu dici?”.
“Loro non sono qui, ma tu questo lo sapevi, giusto? Quindi
perché sei qui?” - gli chiese Stefan.
“Beh, perché non posso permettere che voi mi
roviniate i piani! Ho osservato la vita della strega da lontano e devo
dire che voi state un po’ troppo tra le scatole, quindi devo
sistemarvi, ma non preoccupatevi non vi ucciderò!”
- rispose Ted.
“No?” - chiese Stefan scettico.
“No! Io non uccido gli umani, ma solo le creature
oscure!” - spiegò Ted.
“Quindi ti limiterai ad uccidere me!” - disse
Stefan.
“Esatto! Ma non adesso, ora, come ho già detto,
devo occuparmi della strega e dell’altro vampiro, voi nel
frattempo dovete dormire….” - disse abbassando il
tono della voce.
Stefan voleva controbattere o almeno avvertire Damon, ma proprio non ci
riusciva.
Ted continuava a parlare, a dire chissà cosa in una strana
lingua, ma il torpore improvviso che lo aveva preso non gli permetteva
di capire molto.
Intono a lui Matt, Meredith ed Elena erano caduti sul pavimento
addormentati, e sentiva che presto gli sarebbe successo lo stesso.
Ted parlava, parlava, parlava…
Gli occhi si chiudevano e il buio aumentava, aumentava e aumentava
ancora.
Poi all’improvviso la luce sparì del tutto.
Bonnie se ne stava accoccolata tra le braccia di Damon,
sull’altalena alle spalle della casa.
La mattina era bellissima e il vento soffiava leggero, ma fresco e
costante.
Si sentiva felice, sentiva di avere tutto ciò che
desiderava, con Damon lì.
“Grazie streghetta, so bene di essere il sogno di qualsiasi
ragazza, un desiderio costante e appagante!” - le disse lui
divertito.
“Scemo!” - rispose lei sorridendo.
Lui le mise una mano sotto il mento e le girò la testa.
In un attimo le loro labbra si incontrarono in un bacio tenero, ma
carico di significato.
Si scostarono dolcemente e lui le sorrise, ma all’improvviso
si irrigidì.
Nello stesso istante una persona alle loro spalle cominciò
ad applaudire.
“Ma che scenetta romantica!” - disse una voce che a
Bonnie non suonava del tutto nuova.
“Tu!” - ruggì Damon e quando Bonnie si
voltò lo vide.
Era Ted. Quello stregone incontrato a Firenze. Cosa voleva?
“Già, io!” - rispose Ted al ringhio di
Damon.
“Cosa vuoi?” - gli chiese Damon.
“Oggi mi fanno tutti la stessa domanda! Anche
quell’altro vampiro mi ha chiesto cosa volevo!” -
disse Ted.
“Cosa hai fatto a mio fratello?” -
ringhiò Damon alzandosi e tenendo con sé Bonnie
stretta tra le braccia.
“Quindi quello lì sarebbe tuo fratello? Comunque,
per il momento non gli ho fatto nulla, non mi hanno mandato qui per
lui, ma per voi!” - rispose Ted.
“Chi ti ha mandato?”.
“Il Consiglio dei dieci Difensori del regno magico, lo
conosci?” - fece Ted.
“Ne ho sentito parlare!” - rispose Damon.
Consiglio? Difensori? Regno magico? Bonnie non ci capiva più
niente.
“Cosa volete?” - si decise a chiedere allo stregone.
“Mi hanno mandato ad uccidere il tuo lurido vampiro e a
prendere te per riportarti tra le creature magiche come noi, dove tu
dovresti stare!” - spiegò Ted.
“Non voglio! E nessuno farà male a
Damon!” - rispose lei risoluta.
“Oh ma la tua opinione non conta! Vuoi o non vuoi
è questo che succederà, rassegnati!”.
“Dovrai passare sul mio cadavere!” -
tuonò minaccioso Damon.
“Cosa che ho intenzione di fare! Ma voglio proporvi un
patto!” - fece Ted.
“Cosa?” - chiese Damon.
“Voi due venite con me in quell’ incantevole posto
che chiamate Old Wood dove io vi sottoporrò ad una prova che
dovrete affrontare, se riuscite a superarla allora probabilmente tu mi
ucciderai e voi sarete liberi….vi và?”
- propose Ted.
“Cosa mi impedisce di non ucciderti subito?” -
chiese Damon.
“Il fatto che se lo fai i vostri cari amichetti e tuo
fratello non si riprenderanno mai dal mio incantesimo e moriranno.
Vedi, gli ho lanciato un incantesimo per farli dormire che
più o meno funziona così: se io muoio, loro mi
seguono nel sonno eterno, intesi?” - disse Ted.
Damon si immobilizzò.
Bonnie si sentiva persa, aveva appena trovato la vera
felicità ed ora ecco che arrivava un altro pericolo a
minarla.
Ma lei avrebbe lottato, non avrebbe più permesso al destino
o a chicchessia di accanirsi, avrebbe lottato e avrebbe vinto.
“Va bene! Veniamo con te!” - disse rivolta a Ted.
“Bonnie…” - la
richiamò Damon.
“Damon non abbiamo scelta! Facciamo quello che ci chiede,
affrontiamo questa prova, vedrai che la supereremo perché io
non sono disposta a perderti e il nostro amore è troppo
forte, poi gli facciamo sciogliere l’incantesimo sugli altri
e dopo giuro che ti darò una mano ad ucciderlo!” -
disse tutto d’un fiato.
Damon si limitò ad annuire.
“Bene! Facci strada!” - disse a Ted.
“Seguitemi!” - rispose lo stregone con uno strano
ghigno.
Bonnie non sapeva davvero in che guaio si stava cacciando.
NOTE:
Ciao a tutti! Grazie per le recensioni al capitolo precedente!
E' bello sapere di avere dei lettori affezionati *_* *_*
Comunque come vedete Ted è arrivato, si è
sbarazzato degli altri e sta attirando i nostri due eroi nella sua
trappola!
Cosa succederà? Non posso dirvelo! Mi limiterò a
dire che prestissimo sia Bonnie che Damon avrenno a che fare con il
famoso labirinto e non sarà un'esperienza piacevole.
Grazie ancora! Recensite...recensite...recensite...BACIONI...IOSNIO90!
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Capitolo 7 *** Capitolo sesto ***
Capitolo
sesto
In
un attimo tutta la scena intorno a loro era cambiata.
Erano ancora alle spalle di casa sua, Bonnie lo sapeva, ma nello stesso
tempo non erano più lì, o almeno non ci sarebbero
rimasti ancora per molto.
Non appena Ted aveva smesso di parlare una sorta di muro enorme fatto
interamente di vento era comparso alle sue spalle e li aveva avvolti
tutti e tre.
Si era formato una sorta di uragano immobile e loro erano al centro
esatto.
Bonnie non sapeva davvero cosa pensare: era quella la magia? Poteva
farlo anche lei? Era giusto farlo? La magia era un bene oppure un male?
Lei l’aveva sempre considerata un castigo, ma se fosse un
dono?
Aveva mille domande nella testa e a nessuna sapeva dare una spiegazione
coerente.
Sapeva che da quel momento in poi avrebbe dovuto affrontare
chissà cosa per restare con Damon e questo la spaventava da
morire, ma allo stesso tempo vedere la magia all’opera
l’affascinava pur sapendo che era sbagliato, che era proprio
a causa di quella magia che stava per succedere qualcosa di orribile.
Si sentiva terribilmente in colpa.
“Non devi!” - le sussurrò Damon che la
teneva ancora stretta e continuava a tenere lo sguardo fisso sullo
stregone.
“Non devo cosa?” - chiese lei.
“Non devi sentirti in colpa! E’ ovvio che la magia
ti faccia questo effetto, fa parte di te, ma nonostante questo
è forse la prima volta che ne vedi una dimostrazione
così grande. Non devi sentirti in colpa!” - le
disse.
“Tu dici?” - chiese Bonnie dubbiosa.
“Sì! L’importante è che ti
affascini la magia e non chi la usa!” - Damon si
voltò per guardarla negli occhi e le sorrise come per
rassicurarla, per farle capire che tutto sarebbe andato a posto, che
nessuno li avrebbe divisi, che avrebbero salvato loro stessi e gli
altri, che sarebbero stati in pace e felici, di nuovo.
Bonnie sentiva il cuore traboccarle di gratitudine per quel sorriso
così carico di sottintesi: Damon era convinto che ce
l’avrebbero fatta e se ne era convinto lui allora se ne
sarebbe convinta anche lei….loro avrebbero vinto.
Senza curarsi di quello che li circondava, dell’uragano,
della magia, di Ted, Bonnie intrecciò le braccia alla nuca
di Damon e lo baciò.
Non sapeva esattamente perché, ma aveva come
l’impressione che quello sarebbe stato il loro ultimo bacio
per molto tempo, così come sapeva che se le cose fossero
andate male, cosa a cui si sforzava di non pensare e di non credere,
quello sarebbe stato il loro ultimo bacio in tutti i sensi.
Cercò di trasmettergli tutto l’amore che provava,
di fargli capire come si sentiva ogni volta che lui era con lei, che
lui la sfiorava, che lui le parlava, l’abbracciava, la
guardava.
Cercò di ricordare tutti i momenti trascorsi insieme e di
trasmettergli la felicità che aveva provato in ogni attimo
in cui era al suo fianco, così come cercò di
riportare alla mente tutte le volte in cui erano divisi e di
trasmettergli la profonda angoscia che provava in quelle occasioni,
rare, sì, ma non per questo meno dolorose.
Nella sua mente rivedeva ogni bacio, ogni sguardo, ogni carezza, ogni
notte passata con Damon, ma solo dopo un attimo si accorse che quelle
immagini erano viste da una strana prospettiva, da una prospettiva
invertita: non vedeva Damon che la baciava, che la guardava o che la
accarezzava, no, quella al centro di tutti quei pensieri era lei,
quelle immagini non erano frutto della sua memoria, ma di quella di
Damon, era lui che le mostrava le immagini più preziose che
racchiudeva nello scrigno della sua anima.
Stava vedendo se stessa per come Damon la vedeva e ai suoi occhi lei
appariva bellissima, un uccellino rosso, come la chiamava lui, che si
librava libero nel cielo azzurro spigando le sue tenere ali e che
allietava chiunque lo incontrasse con il suo canto carico di gioia, ma
che alla fine, pur potendo andare dove voleva, tornava sempre a posarsi
sulla sua spalla, sulla spalla del vampiro che non meritava il
privilegio che una creatura tanto pura gli aveva fatto scegliendo lui e
continuando a sceglierlo giorno dopo giorno.
Lacrime calde le rigarono il viso senza che lei se ne accorgesse e il
loro sapore salato si mischiò al bacio.
Bonnie non aveva mai pensato che Damon la vedesse così, ma
che soprattutto lui guardasse a se stesso in quel modo.
Come poteva credere che lui non la meritasse?
Come poteva credere che lei meritasse di stare con qualcun altro?
Come poteva credere che lei potesse amare qualcun altro come amava lui?
Come poteva credere che lei potesse essere amata da qualcun altro di un
amore anche solo pari a quello che lui provava per lei?
Non c’era nulla di più totalizzante, di
più potente, di più appagante e di più
profondo e sconfinato dell’amore che lui provava per lei.
Come poteva pensare che lei potesse desiderare altro?
Non c’era nient’altro nella vita, nel mondo,
nell’universo e in tutte quelle dimensioni parallele, che
erano chissà quante, che per lei potesse valere una sola
briciola del loro amore.
Quando si staccarono Damon le asciugò un ultima lacrima
solitaria e Bonnie lesse nei suoi occhi la consapevolezza, la
consapevolezza che lui
aveva visto, sentito e provato ogni singola cosa che lei gli aveva
voluto trasmettere, la consapevolezza che lei aveva visto,
sentito e provato ogni singola cosa che lui le aveva voluto
trasmettere.
Restarono lì a guardarsi senza dire nulla, perché
non c’era nient’altro da dire, avevano
già detto tutto, avevano già visto, sentito e
provato ogni singola cosa.
All’improvviso, come era arrivato, il muro di vento intorno a
loro aveva cominciato a dissolversi.
Solo in quel momento Damon distolse lo sguardo dalla sua streghetta e
si voltò verso quel lurido verme viscido che stava facendo
loro questo.
Ricordò che qualche tempo prima aveva tanto desiderato
ucciderlo e adesso si era pentito di non averlo fatto.
Lo stregone li stava guardando con un aria completamente disgustata,
anche se Damon riusciva a vederci anche qualcos’altro, ci
vedeva invidia.
Damon aveva come la vaga impressione che se stava per succedere
qualsiasi cosa stesse per succedere questo era dovuto al fatto che
quell’idiota aspirante Harry Potter si fosse, diciamo,
risentito per il fatto che Bonnie gli avesse dato un bel due di picche
in Italia, più che per il fatto che lei fosse una strega e
che stesse con un vampiro; no, qui non si trattava di una questione di
appartenenza al mondo della Luce o al mondo delle Tenebre, qui si
trattava di invidia, invidia per il fatto che una strega decisamente
bellissima come Bonnie preferisse il vampiro cattivo al caro sosia del
maghetto Grifondoro o come cavolo si diceva.
E naturalmente lui era pur sempre Damon Salvatore, non poteva farsi
scappare un’occasione così ghiotta di <
marcare il territorio >,
per così dire, a
discapito di qualcun altro.
“Allora? Perché ci guardi così?
Invidioso?” - chiese Damon ad un Ted con i pugni serrati e
con un colorito che ricordava tanto quello di un rospo piuttosto brutto.
“Cosa? Come ti permetti?” - rispose Ted.
“Scusa ma tu sei venuto qui per uccidere me e prendere
Bonnie, se non sbaglio, e questo è di sicuro molto
più grave di una semplice domanda! Avanti, dì la
verità, sei invidioso del fatto che Bonnie ami me e che io,
un lurido vampiro, come mi hai chiamato poco fa, posso addirittura
prendermi tutta la libertà che voglio baciandola!”
- gli disse Damon con un sorriso a dir poco compiaciuto sul viso,
consapevole del fatto che Bonnie lo stesse guardando incuriosita.
“Damon, ma che dici?” - gli chiese lei in un
sussurro.
“Bonnie, quando ti renderai conto dell’effetto che
fai sui maschietti?” - le disse a voce bassa -
“Forse, non ti sei accorta, che questo qui ha scatenato tutto
questo solo perché vorrebbe tanto essere al mio
posto!” - continuò alzando la voce per farsi
sentire dallo stregone.
A Bonnie scappò una leggere risata.
“Ascoltami bene, vampiro! Io sono qui perché il
Consiglio dei Dieci Difensori del Regno magico non può
permettere che una strega stia con un vampiro quando il suo compito
sarebbe quello di ucciderlo. E’ per questo che sono qui,
nient’altro!” - rispose Ted completamente fuori di
sé.
“Sicuro, sicuro, sicuro?” - gli fece il verso
Damon, con una finta aria innocente.
“SMETTILA!” - tuonò l’altro.
“Ok! Non ti scaldare! Non vorrai mica farti venire un
colpo!” - lo schernì Damon.
Ted aprì i pugni, fece due lunghi respiri e
sembrò ritrovare la calma.
- Povero idiota! Eppure
con la faccia che si ritrova dovrebbe essere abituato ad essere
snobbato dalle ragazze! - pensò Damon.
“Ora è giunto il momento di dare il via alla
vostra prova!” - annunciò all’improvviso
Ted.
- Ah già!
- pensò Damon.
Sentì Bonnie irrigidirsi e le strofinò una mano
su un braccio per tranquillizzarla.
Ad un tratto il muro di vento si dissolse del tutto e Damon riconobbe
il luogo in cui si trovavano.
“L’ Old Wood? Tutto quel casino per venire
qui?” - chiese Damon ironico.
“Sì! A piedi ci avremmo messo molto
meno” - constatò Bonnie che solo adesso cominciava
a capire l’assurdità della situazione.
“Vedi? E poi dici che io ho torto? Hai fatto tutta quella
scena con il muro di vento solo per pavoneggiati con Bonnie,
ammettilo!” - gli disse Damon.
“Basta! Ti ho detto di smetterla!” - gli rispose
Ted.
“Ah, già, certo! I Consiglieri ti hanno mandato
qui per fare grandi cose, scusa se l’ho
dimenticato” - gli fece il verso Damon.
“Non parlare così dei Consiglieri!” -
fece Ted.
“Perché? Chi me lo vieta? Tu?” - chiese
Damon.
Ted non rispose, ma fece di nuovo quella cosa dei respiri per calmarsi
e si portò le mani alle tempie.
- Certo che questo qui
si arrabbia facilmente! Forse dovrebbe seguire un qualche corso di
gestione della rabbia, tipo gli < iracondi anonimi > ,
oppure gli < arrabbiati anonimi > ,
comunque sia una cosa del
genere sono quasi sicuro che esista, forse dovrei consigliarglielo, gli
gioverebbe, se continua così morirà
d’infarto prima dei trent’anni -
pensò Damon continuando a fissare quella strana figura.
All’improvviso quello lì cominciò a
dire strane parole in una strana lingua, forse la lingua magica.
La terra cominciò a tremare, gli alberi venivano scossi dal
forte vento comparso dal nulla e il cielo sull’Old Wood
diventò completamente nero.
Damon strinse ancora più forte Bonnie che aveva cominciato a
tremare.
Alle spalle di Ted la terrà si squarciò, si
creò una voragine enorme e dal suo interno si stava ergendo
lentamente qualcosa, ma la nebbia intorno alla cosa era così
fitta e così difesa dalla magia che neppure Damon riusciva a
vedere attraverso.
L’unica cosa che sapeva era che lo stregone stava creando
qualcosa con la mente, sfruttando non solo il suo Potere, ma anche
quello del posto.
Passarono appena pochi minuti e la terra smise di tremare, il vento
scomparve, il cielo tornò ad essere azzurro e la nebbia
magica si diradò.
Di fronte a loro, alle spalle dello stregone, dove prima non
c’era nulla, adesso si ergeva un muro alto una
decina di metri, sembrava fatto di foglie tenute insieme da una strana
polvere luccicante e magica. Ad altezza d’uomo si stagliavano
due portoni completamente identici, in legno, con la serratura in oro,
uno di fianco all’altro e appese a dei ganci su entrambi i
portoni c’erano le chiavi che li aprivano,
anch’esse in oro.
Quello strano monumento era del tutto spaventoso, avvolto in quella sua
aura di austerità magica.
Damon sentiva il corpo di Bonnie scosso da mille brividi, brividi di
terrore.
“Che ve ne pare?” - chiese Ted rompendo il silenzio
venutosi a creare.
“Cos’è?” - chiese duro Damon.
“Cosa succede? Adesso non scherziamo
più?” - fece Ted.
“Cos’è?” - ripetè
Damon.
“Questo è il Labirinto!” - rispose Ted.
“Cosa?” - Damon aveva sentito parlare di quella
strana arma magica, ma tutte quelle storie erano talmente folli che lui
le aveva semplicemente messe tra le leggende metropolitane del regno
soprannaturale, non credeva che esistesse davvero.
“Vedo che lo conosci!” - constatò Ted.
“Ne ho sentito parlare! Cosa dobbiamo farci?” -
rispose Damon.
“Mi pare ovvio: ci dovete entrare! Ricordate il patto? Quello
che la strega ha accettato poca fa? Bene, voi entrate qui dentro,
arrivate alla fine, cioè al centro del Labirinto dove ci
sarò io ad aspettarvi, mi sconfiggete e poi siete liberi!
Oppure io uccido i vostri amici che vi ricordo essere sotto
l’effetto di un mio incantesimo e quindi strettamente legati
a me, così legati a me che posso mettere fine alla loro vita
da quaggiù, e per inteso, alla vita di tutti, anche a quella
dell’altro vampiro!” - spiegò Ted.
Damon si sentiva come un leone in gabbia: se entravano lì
dentro non sapeva a cosa sarebbero andati incontro, ma se non facevano
nulla sarebbero tutti morti.
Si voltò a guardare Bonnie. Lei guardò quel
terribile luogo appena nato, guardò lo stregone e poi
incrociò il suo sguardo e annuì.
Dovevano farlo, anche se non lo volevano affatto.
“Va bene! Allora noi entriamo!” - disse Damon a Ted.
“Noi?” - chiese Ted.
“Che vuoi dire?” - chiese Damon.
“Voglio dire che lei entrerà e poi tu entrerai!
Non so se vi siete accorti che ci sono due portoni!” - fece
notare Ted sfregandosi le mani.
“Non entreremo separati!”- ribattè Damon.
“Va bene, allora uccido tutti!” - fece Ted
riportandosi le mani sulle tempie.
“No! Va bene!” - fu Bonnie a parlare.
Ted si fermò all’istante e sorrise.
“Streghetta! Lì dentro….ho sentito
delle storie…” - fece Damon, ma Bonnie lo
bloccò.
“Damon io ho paura! Ma dobbiamo entrarci, per gli altri e per
noi! Ce la faremo, non importa se nessuno ce l’ha mai fatta o
chissà cosa, ma noi ci riusciremo!” - gli disse -
“Io entro per prima!” - continuò rivolta
allo stregone che annuì con un lieve inchino.
“Bonnie..” - cominciò Damon stringendole
una mano.
“Ti amo! Qualsiasi cosa accada, ricorda che ti amo, ricorda
il bacio!” - lo interruppe lei.
“Ti amo!” - rispose Damon con un sospiro,
rassegnandosi al destino che li attendeva.
Bonnie sciolse delicatamente la mano dalla sua stretta e poco dopo
Damon la vide correre verso uno dei due portoni, quello di sinistra,
afferrare la chiave e aprire le porte. Lei gli lanciò un
ultimo sguardo carico d’amore e di speranza e poi
entrò richiudendosi le porte alle spalle.
Damon aveva ancora lo sguardo fisso sul portane da dove lei era
entrata, quando questo scomparve.
“Cosa è successo?” - chiese allarmato a
Ted.
“Cosa credevi? L’unica via d’uscita
è raggiungere il centro e sconfiggere me, quindi i portoni,
una volta entrati, non servono più a nulla!” -
spiegò Ted.
“Bene! Allora vado anch’io!” - gli disse
sprezzante Damon mentre si avviava al portone rimasto.
“Dove credi di andare così?” - lo
fermò Ted.
“Che significa?” - chiese Damon.
“Significa che adesso io mi prendo i tuoi Poteri, vampiro,
lì dentro non ti serviranno e poi non voglio che tu mi
imbrogli usando i tuoi poteri mentali o trasformandoti in
chissà cosa! Li riavrai se arriverai alla fine!” -
rispose lo stregone.
“E credo che sia inutile oppormi, visto che adesso, oltre a
mio fratello e agli umani, hai in pugno anche Bonnie, giusto? Mi
complimento! Hai fatto bene i tuoi calcoli avanzando questa richiesta
solo adesso, ma sappi che io arriverò al centro di quel
maledetto posto, ti troverò e poi ti ucciderò nel
modo più atroce possibile!” - lo
minacciò Damon mentre gli si avvicinava fino ad arrivargli
di fronte per poi fermarsi.
“Lo vedremo!” - gli rispose Ted.
Poi lo stregone gli mise il palmo della mano destra sulla fronte, disse
alcune stupide parole magiche e una luce strana avvolse Damon.
Meno di un secondo dopo capì che il suo Potere era stato
bloccato.
“Quando si sbloccherà?” - chiese allo
stregone.
“Non appena io lo farò!” - rispose Ted.
Damon annuì e si avviò verso il portone.
Lo aprì e mise piede nel Labirinto.
NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco a voi un nuovo capitolo! Scusate l'attesa!
Finalmente il Labirinto è comparso e loro vi sono entrati.
Da questo momento in poi dovranno lottare parecchio e vi anticipo che
non sarà una cosa facile.
Grazie a tutti per le recensioni e per le visite.
Continuate così.
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Capitolo 8 *** Capitolo settimo ***
Capitolo
settimo
Finalmente
erano dentro. Ted non riusciva ancora a capacitarsene.
Si era preparato così duramente, e adesso tutto era
cominciato.
Certo quel vampiro con tutte le sue stupide supposizioni lo aveva
agitato parecchio, ma era riuscito a mantenere la calma e il piano
andava a gonfie vele.
Ora che il Labirinto era formato e che gli uccelli erano in gabbia, non
doveva fare altro che posizionarsi al centro della sua creazione e
cominciare a gestire il gioco, pazientemente in attesa di vedere gli
sviluppi.
Aveva preparato parecchie sorpresine per quei due, ed era
più che sicuro che, grazie a lui, quando si sarebbero
rivisti, o meglio…se si sarebbero rivisti, di certo
avrebbero voluto continuare a stare esattamente nella stessa situazione
in cui erano adesso: divisi!
Con un piccolo sforzo mentale si teletrasportò al centro
esatto del Labirinto, sulla grande pedana circolare su cui vi erano due
sfere di cristallo, una per seguire Bonnie, una per seguire il vampiro.
Decise di concentrarsi prima su quest’ultimo e di
lasciare la strega a se stessa: per lei ci sarebbe stato tempo dopo.
Il Labirinto.
Le storie che Damon aveva sentito non facevano esattamente pensare che
quel posto fosse un centro vacanze.
Aveva sentito di persone morte, altre scomparse, altre impazzite,
altre….beh poco importa cosa era successo a quelle altre,
l’importante era che in tutte le storie il protagonista
finiva sempre male.
- E Bonnie è
lì da qualche parte, da sola! E tu non hai il tuo Potere!
Dannato maghetto, appena ti ritrovo io ti distruggo! Ok, Damon, adesso
basta, cerca di ragionare e pensare a qualcosa! - diceva a
sé stesso.
“Bene, vediamo cosa abbiamo qui!” - era entrato da
circa pochi minuti e solo allora aveva cominciato a muovere qualche
passo verso non sapeva cosa.
Dinanzi a lui c’era sempre lo stesso panorama: vie, vicoli e
viuzze fatte sempre di quello strano muro di foglie luccicanti.
La luce all’interno era decisamente forte, di un bianco
purissimo e rischiarava ogni cosa nonostante il Labirinto sembrava
essere coperto da una cappa di denso fumo nero che non faceva
traspirare nulla dal mondo esterno.
Comunque fosse, quella luce gli faceva male agli occhi: buon segno!
- Allora! Facciamo il
punto della situazione: il mio Potere è bloccato, ma
è ancora dentro di me, e il maghetto voleva solo che non mi
trasformassi o usassi giochetti mentali, quindi…Vista? -
pensò continuando a camminare.
Si riparò gli occhi con le mani e aguzzo lo sguardo.
- E’ a posto!
Ci vedo benissimo! Udito? -
Senza neppure sforzarsi, non appena si mise in ascolto sentì
lo scroscio d’acqua di una fontana che doveva trovarsi a
circa un chilometro da lì in direzione nord, più
o meno.
- Una fontana qui
dentro? Ma che….No aspetta concentrati! Quindi, udito
perfetto! Olfatto? -
Alzò leggermente il mento sporgendo il naso e
inspirò forte.
All’istante sentì l’odore
dell’acqua di cui poco prima aveva sentito il rumore.
- L’odore
dell’acqua…non ci sono dubbi, il naso va che
è una meraviglia! In pochi sanno che l’acqua ha un
odore ed in pochi lo avvertono, tra quei pochi ci sono io! Andiamo
avanti….Volo? -
Cercò di concentrarsi per potersi sollevare da terra come
faceva di solito, ma nulla, tentava, tentava, tentava e non succedeva
nulla.
- Ok! Questo
è andato! Trasformazione? -
Si slanciò in avanti, visualizzando la forma del corvo in
cui voleva trasformarsi, ma anche questa volta nulla.
Tentò e ritentò, ma nulla.
- OOOK! Ondate di
Potere? -
Nulla, il Potere non rispondeva, era come se non ci fosse.
- Telepatia? -
Cercò di inviare un messaggio a Bonnie o a chiunque si
trovasse nei paraggi, ma nulla, le parole venivano gridate dalla sua
mente ma restavano confinate lì.
- Bene! Quindi tutti i
miei poteri psichici sono fuori uso, quelli fisici invece sembrano
esserci tutti, almeno per quanto riguarda i sensi, chissà
se…. -
Damon cominciò a spostarsi da una parte all’altra
della stretta via in cui si trovava a velocità vampiresca
per poi fermarsi di colpo, inginocchiarsi a terra e sferrare un pugno
sul pavimento di cemento creando un solco profondo della forma della
sua mano.
- Sì, i
poteri fisici ci sono tutti, anche velocità e forza! Ora
però devo architettare qualcosa per uscire alla svelta di
qui e ritrovare Bonnie - pensò, ma
all’improvviso, un rumore colpì il suo orecchio:
c’era qualcuno alla fontana che aveva avvertito prima,
qualcuno che beveva.
Inutile dire che cominciò a correre alla massima
velocità, ma con tutti i sensi in allerta.
Arrivato a pochi metri dal luogo esatto si fermò.
Il rumore continuò ancora per qualche secondo poi si
bloccò.
Damon era alle spalle della fontana nascosto all’ombra della
via dalla quale era arrivato, quando all’improvviso
sentì una risata allegra e poi una voce.
“Damon! Vieni pure fuori! Voglio vederti!” - era
una voce femminile.
Damon deglutì, strinse i pugni ed uscì allo
scoperto.
All’improvviso tutto lo scenario intorno a lui
cambiò.
Non c’erano più vie e muri di foglie, ma una
grande sala ovale, con al centro una fontana enorme fatta di marmo con
varie statue di animali e piccoli angeli con brocche in mano o fauci
spalancate, da cui uscivano fuori dei sottili getti d’acqua
da cui, a quanto pareva, era possibile bere.
La sala era magnifica con un lampadario in cristallo al centro esatto
che illuminava di una luce calda e rassicurante le pareti dipinte in
oro e il pavimento lucido di marmo di un colore molto simile al rosso,
ma che secondo Damon ricordava più il marrone bruciato.
Lungo la parete di sinistra si stendeva una collezione di quadri di
primissima scelta, raffinati e preziosi.
Lungo la parete destra vi erano le tre enormi finestre dai tendaggi in
rosso con sfumature d’oro.
Sulla parete di fronte a Damon e su quella alle sue spalle non
c’era assolutamente nulla, erano completamente spoglie.
Dinanzi alla fontana c’era la proprietaria della voce che lo
aveva invitato ad entrare così gentilmente.
Era una ragazza sui vent’anni oggettivamente bellissima, con
lunghi capelli castani che le ricadevano in onde soffici sulle spalle.
Aveva gli occhi verdi e grandi e una pelle leggermente abbronzata.
Indossava un tipo particolare di abito che Damon non vedeva
più da molto tempo, un abito tipico delle ragazze durante la
sua gioventù umana. Aveva un corpetto stretto che le
fasciava il busto e metteva in evidenza la vita sottile, corpetto che
poi si apriva in una gonna lunga e morbida che arrivava a terra
coprendole i piedi, molto pomposo e ricco di decori e particolari, con
rifiniture in pizzo, di un verde pallido che le metteva in risalto gli
occhi.
Stava lì a fissarlo con un lieve sorriso.
Damon aveva l’impressione di averla già vista.
“Chi sei?” - le chiese.
“Lisa! Non ti ricordi di me, Damon?” - le rispose
lei.
“Dovrei?”.
“Certo! Sei tu che mi hai creata!” - rispose
schietta la ragazza.
“Cosa?” - chiese incredulo Damon.
“Sì! Non ti ricordi? Non avevi neppure quindici
anni e con tuo fratello parlavate della vostra ragazza ideale. Ti
ricordi cosa desiderasti?” - gli chiese Lisa.
“Doveva essere mora con i capelli lunghi e gli occhi verdi e
doveva chiamarsi….” - cominciò Damon.
“Lisa! Sono io, Damon!” - finì lei.
Damon non ci capiva più niente. Come era possibile? Doveva
saperne di più!
Cominciò ad avanzare, ma più avanzava e
più si sentiva strano: era come se una strana nebbia fosse
calata leggera sulla sua memoria e ora sapeva che c’era
qualcosa o qualcuno che lui doveva ricordare, ma proprio non ci
riusciva.
Nel frattempo un tenue tepore aveva incominciato ad intorpidirgli le
membra: Damon sentiva di non avere la forza per fare nulla, neppure la
forza per sforzarsi di ricordare.
“Cosa vuoi?” - chiese alla ragazza quando fu a meno
di venti centimetri da lei.
“Qualsiasi cosa tu voglia! Sono qui per te, Damon! Sono la
tua ragazza ideale, l’unica davvero degna di te!” -
rispose Lisa facendo un piccolo passo avanti e poggiandogli una mano
sul petto.
Un istante dopo quel contatto una luce argentata avvolse Damon.
Quando la luce scomparve, lui non indossava più i suoi
jeans, la sua maglietta e la sua giacca nera; no, quelli che Damon
aveva ai polsi erano polsini di broccato, non c’erano dubbi:
con chissà quale magia, i suoi abiti erano scomparsi e lui
era ritornato ad indossare gli abiti di un tempo lontano.
Lisa gli accarezzò un braccio e gli sorrise, poi
schioccò le dita esili e, dal nulla, davanti alla parete
vuota di fronte a Damon comparve un' orchestra numerosa e con tanto di
maestro.
Pochi istanti dopo la musica cominciò: era uno di quegli
splendidi balli fatti di sguardi e fugaci sfioramenti che andavano
così di moda a quei tempi così antichi in cui lui
amava presenziare a ricevimenti e feste.
Prese la mano di Lisa e la condusse al centro dell’immensa
sala.
Cominciarono a ballare.
Damon non si sentiva completamente a suo agio, ma continuava ad avere
l’impressione che gli sfuggisse qualcosa, o meglio che non
ricordasse il nome di qualcuno di importante.
Quando la danza finì, Lisa gli si avvicinò
facendo ondeggiare i fianchi e sorridendogli.
A meno di un centimetro da lui, gli sussurrò:
“Dimentica, Damon! Baciami e dimentica!” - e
protese le labbra verso le sue.
Le cinse la vita e si chinò per fare come aveva chiesto, per
baciarla, ma non appena chiuse gli occhi prima di posare le sue labbra
su quelle della ragazza, un flash.
Un volto riempì i suoi occhi: un tenero viso a cuore con
occhi nocciola da cerbiatto, incorniciato da una marea di riccioli
color fragola.
Un nome riempì i suoi pensieri: Bonnie, la sua Bonnie, la
sua streghetta, il suo uccellino.
Un sentimento riempì il suo cuore: amore.
Aveva dimenticato Bonnie, come poteva averlo fatto?
- E’ tutta
colpa della magia! Qui tutto è magia, tutto è
illusione, anche questa sconosciuta! E’ opera del verme, sta
cercando di farmi dimenticare Bonnie! - pensò
Damon e un moto di rabbia lo invase.
Aprì gli occhi di scatto e spinse via Lisa violentemente.
La ragazza fece un volo all’indietro di almeno tre metri e il
suo corpo si scontrò con la fontana, scomparendo.
“Come pensavo…” - disse Damon.
Si fiondò verso gli orchestranti, ma prima che potesse
arrivare ad un metro da loro questi erano già svaniti nel
nulla.
Damon si bloccò di colpo a guardare la parete
all’improvviso vuota, quando qualcosa lo colpì
alla schiena.
Dalla fontana fuoriuscivano grossi schizzi d’acqua, che gli
si scagliavano contro assumendo la forma e la consistenza o di grossi
sassi o piccole lance appuntite.
Damon cominciò a schivarle ad una ad una cercando di
avvicinarsi alla fontana.
Sentiva che se fosse riuscito a toccarla, questa sarebbe scomparsa,
come la ragazza, doveva solo arrivarci.
Una sassata d’acqua lo colpì forte nello stomaco,
ma non gli provocò dolore: aveva la pelle di granito lui!
Continuò così per un po’, quando
all’improvviso la tempesta cessò.
La situazione sembrava essersi calmata, ma Damon non ci credeva molto,
e infatti aveva ragione.
All’improvviso una massa enorme d’acqua si
alzò dalla fontana come se fosse dotata di una propria
volontà e assunse la forma e la consistenza di un enorme
paletto ben appuntito.
- Ok! Se questo mi
becca, forse forse la pelle d granito non servirà poi a
molto! - pensò tra sè.
Doveva agire! Ma cosa poteva fare?
Poi un’idea: e se ci si fosse buttato contro? Non era solo la
fontana un’illusione, ma anche l’acqua. Quindi, se
toccando la fontana questa si presupponeva che scompariva,
perché non presupporre lo stesso anche per l’acqua?
Damon sapeva che poteva essere rischioso, molto, ma era
l’unica idea che aveva e doveva fare qualcosa,
così si scagliò.
Si aspettava il peggio, ma appena entrò in contatto con il
paletto d’acqua, questo si fermò. Damon
restò un secondo a guardare quella forma d’acqua
che galleggiava in aria e che gli accarezzava la mano, prima di
spingerla via in modo bruco, verso la fontana.
Non appena si toccarono sia l’acqua che la fontana svanirono.
Scomparsa la fontana tutto tornò come prima: non
c’erano più le tende, le finestre, il lampadario,
i lussi, l’oro, il rosso, i suoi abiti d’epoca; no,
adesso c’era solo lui, di nuovo, con i suoi vecchi abiti, di
nuovo, in quelle strade fatte di muri di foglie, di nuovo.
- Senza
Bonnie…- pensò e una rabbia
incandascente crebbe dentro di lui al pensiero di quello che Ted aveva
cercato di fargli.
- Ti
ammazzerò, lurido bastardo, puoi giurarci! -
gridò nella sua mente sperando che lo stregone potesse
sentirlo.
Lontano da lì, nel regno magico, Samuel e Samia assistevano
a tutto ciò che succedeva nel Labirinto dalla loro sfera di
cristallo.
“Un po’ mi fa pena!” - disse Samia.
“Lo so! Ma lo sai: è meglio sacrificarne uno bravo
per ottenere qualcuno di meglio piuttosto che restare con le mani in
mano e non ottenere nulla” - rispose Samuel.
“Parole sagge!” - si complimentò Samia.
Ted se ne stava sulla sua pedana ad osservare il vampiro, si era
divertito parecchio anche se non gli era piaciuto per niente il modo
che Damon aveva usato per disfarsi della sua magnifica illusione, per
non parlare delle minacce di morte che gli aveva rivolto.
Credeva che tutto andasse per il verso giusto, non immaginava neppure
lontanamente che il suo destino era già stato scritto, che
il suo venerato Consiglio lo aveva già designato come
vittima sacrificale.
NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie per le recensioni al vecchio capitolo!
Lo so che i miei tempi di aggiornamento si sono allungati e non sono
più quelli di una volta, ma questo perchè sono
impegnata con l'università e il lavoro e non ho molto tempo
per scrivere, infatti, ho finito la scorta di capitoli già
scritti e sia il sesto che questo capitolo li ho scritti a
velocità record per poi postarli qualche minuto dopo.
Ma non vi preoccupate perchè la storia continua eccome!
Come avete letto, questo capitolo ho voluto scriverlo interamente dal
punto di vista di Damon in modo da esplorare al meglio la sua prima
disavventura all'interno del Labirinto.
Per quanto riguarda Bonnie scoprirete nel prossimo capitolo cosa le
è capitato.
Grazie ancora a tutti!
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Capitolo 9 *** Capitolo ottavo ***
Capitolo
ottavo
“Bene,
bene, bene! Adesso veniamo a noi, strega!” - pensò
ad alta voce Ted volgendo lo sguardo dalla sfera che seguiva il
percorso di Damon a quella che seguiva il percorso di Bonnie.
“Il tuo caro vampiro me l’ha fatta, almeno per il
momento! Vediamo cosa sei in grado di fare tu e cosa ti riserva il
Labirinto!” - continuò sentendo ancora dentro di
sé la rabbia bruciante per il fatto che quel lurido vampiro
avesse scoperto la sua illusione e non si fosse fatto ingannare.
Strinse i pugni, digrignò i denti, aguzzò lo
sguardo e si concentrò al massimo sull’illusione
riservata alla strega.
Da quando era entrata nel Labirinto, Bonnie si sentiva sola,
terribilmente, completamente ed inesorabilmente sola.
Quando quella strana costruzione magica era apparsa e lo stregone
l’aveva presentata come il Labirinto, lo sguardo di Damon era
improvvisamente mutato passando dallo scherno e la solita ironia alla
preoccupazione mista all’incredulità e forse anche
alla….paura? Bonnie lo aveva notato e non riusciva a
togliersi lo sguardo di Damon dalla mente.
Come era possibile che Damon avesse paura? Lui non si spaventava per
niente, anzi di solito era lui quello che spaventava gli altri.
Cosa potevano racchiudere quelle storie di cui Damon aveva detto di
aver sentito parlare per potergli far provare paura?
Bonnie non ne sapeva nulla: Damon non le aveva mai parlato di un posto
simile e lei non ne aveva mai letto o sentito dire niente.
In quel momento si maledisse con tutta se stessa per non aver dato
retta a chi le diceva di non contrastare la magia che era in lei e di
accettarla, di studiarla, di capirla, forse a quest’ora
avrebbe saputo qualcosa sul posto in cui si trovava e avrebbe saputo
cosa aspettarsi.
Certo era che aveva paura, una paura folle per il fatto di trovarsi
lì.
Sentiva il suo infallibile sesto senso picchiare nelle sua mente per
avvertirla, lo sentiva governare il suo corpo e dire alle sue gambe di
fuggire immediatamente, e questo la spaventava ancora di più
perché il suo sesto senso era infallibile, non
c’era mai stata una volta in cui non avesse avuto ragione.
Sin da quando Ted era riapparso qualcosa le urlava di andarsene, di
lasciar perdere, di non seguirlo, di non ascoltare nulla di
ciò che diceva, ma Bonnie non poteva farlo: si era imposta
di cercare di stare calma e si era imposta di fare ciò che
andava fatto per il bene di tutti i suoi amici e per Damon e se questo
significava entrare lì dentro da sola ad affrontare
chissà cosa, bè, allora andava fatto, non poteva
rimangiarsi la parola data a se stessa.
Davanti a sé Bonnie vedeva sempre lo stesso
scenario nonostante aveva camminato parecchio, seppur cautamente:
c’erano muri su muri di foglie luccicanti; vie seguite da
altre vie seguite da altre vie che poi andavano a riversarsi
in altre vie che a loro volta si riversavano in altre vie.
Bonnie cercava di mantenere sempre la stessa traiettoria.
Aveva pensato che dato che doveva arrivare al centro di quella cosa,
allora forse era meglio cercare di andare sempre dritto davanti a
sé, per quanto possibile, ma sapeva che sarebbe stata
un’impresa durissima.
- Sono stanca! - pensò
accasciandosi a terra contro una delle pareti di foglie.
Sentiva abbattersi su di se tutta la stanchezza che le procuravano la
paura, i brutti pensieri e i turbamenti emotivi di cui era preda, per
non parlare, poi, del fatto che sentiva tutta la magia di quel posto
pesarle sulle spalle come un grosso macigno inamovibile.
Si sentiva oppressa, sola e oppressa.
Appoggiò la testa contro la parete alle sue spalle e
lasciò cadere le mani a terra di fianco alle gambe.
Il cielo sul Labirinto era nero, ma all’interno vi era una
luce chiara, forte, quasi accecante che illuminava tutto annullando
quasi del tutto le ombre che si sarebbero potute formare per effetto di
una luce normale.
Ma quella non era una luce normale, era magica come ogni altra cosa e
come ogni altra cosa anche la luce la spaventava.
Bonnie cercava di calmarsi e allo stesso tempo cercava di buttare via
la tensione accumulatasi facendo lei lunghi respiri profondi.
Non erano di molto aiuto, ma almeno la tenevano occupata quel tanto che
bastava per darle un po’ di tregua dal suo pensiero fisso:
Damon.
Dov’era Damon? Cosa faceva? Stava bene? Gli era successo
qualcosa? La stava cercando? Sarebbe riuscita a vederlo? A tornare tra
le sue freddi braccia?
Tutte questa domande le vorticavano nella testa frenetiche e violente
come un tornado e non accennavano a diminuire, anzi diventavano sempre
di più.
Damon era entrato dopo di lei? Oppure lei era in trappola e lui era
fuori a combattere con Ted? Ted lo avrebbe ucciso? Gli avrebbe fatto
del male? Damon ce l’avrebbe fatta? Sarebbe venuto a salvarla?
Bonnie non si dava pace.
Le lacrime spingevano forte chiedendo di essere liberate, ma Bonnie,
ostinata, le ricacciava indietro.
- Non devo piangere, non
devo! Devo essere forte! Devo combattere! Devo tornare da Damon! Avanti
Bonnie, abbi coraggio! - e con questi pensieri si
alzò con uno scatto e si rimise in piedi tornando poi a
camminare, facendo attenzione ad andare avanti e non a ritornare
indietro per la strada da cui era venuta.
Non aveva neppure fatto cinquanta passi che avvertì
chiaramente che qualcosa intorno a lei stava cambiando.
Si guardò intorno, si voltò indietro, ma non
riusciva a capire cosa stesse succedendo.
All’improvviso un rumore alle sue spalle la colse di sorpresa.
Bonnie, tremante, si voltò, ma non c’era nulla,
dietro di lei non c’era assolutamente nulla a parte le solite
pareti, le solite vie e la solita luce.
- Ok, Bonnie! Calma, non
era nulla! Continua a camminare! - si disse.
Bonnie si voltò di nuovo nelle direzione verso cui stava
procedendo pronta a ripartire, quando le mancò il fiato.
Era tutto cambiato. Niente più pareti, niente più
vie, niente più luce accecante.
Era in un teatro, in un grande, anzi immenso e vuoto teatro.
Bonnie era rimasta a bocca aperta.
Dal nulla si era materializzato un teatro, e che teatro.
Era enorme, con una platea che si allargava a vista d’occhio.
Lei era in piedi, nella via centrale che divide la parte destra della
platea da quella sinistra.
Tutto intorno a lei si ergevano gli spalti con i vari palchetti, e in
alto, molto, molto in alto sulla sua testa vi era un lampadario enorme,
fatto di mille luci e mille cristalli perfetti.
Il colore predominante era il rosso.
Erano rosse le poltrone. Erano rosse le pareti. Erano rossi i
palchetti. Era rossa la moquette su cui stava camminando. Era rosso il
sipario che chiudeva il palco.
Non c’era nessuno in quel teatro, solo lei o almeno
così credeva.
All’improvviso le luci si abbassarono e il sipario si
aprì rivelando la sagoma di una figura di donna solitaria al
centro esatto del palco.
La figura alzò lentamente una mano e d’un tratto
un lungo fascio di luce la illuminò tutta.
Quando la vide a Bonnie mancò il fiato e le lacrime fino ad
allora trattenute iniziarono la loro frenetica corsa sulle sue guance.
“N-Nonna…” - balbettò.
La donna puntò lo sguardo su di lei e le sorrise.
“N-Non è possibile….tu..tu
sei…” - Bonnie non riusciva neppure a parlare tale
era l’emozione che le si era scatenata dentro.
Sua nonna, la sua adorata nonna era lì di fronte a lei, non
era morta, era lì.
“Bonnie, cara, vieni da me!” - le disse.
Bonnie non se lo fece ripetere due volte e corse verso le scale
laterali che la portarono dritta sul palco e poi tra le braccia di sua
nonna.
“Oh, nonna, nonna, tu sei qui, non posso crederci”
- singhiozzava abbracciata all’anziana donna.
Bonnie stringeva convulsamente il corpo esile di sua nonna e continuava
a ripetere frasi sconclusionate e senza senso: non esistevano davvero
frasi e parole che potessero servire in un momento del genere.
Ma la donna non ricambiava l’abbraccio, non rispondeva alle
domande di Bonnie, non parlava affatto e se ne stava lì a
testa china.
Bonnie non riusciva a sopportare quel silenzio.
“Nonna! Nonna, ti prego, parlami! Sono io Bonnie, la tua
nipotina!” - le disse.
Questa volta l’anziana signora alzò lo sguardo e
le rispose, ma quelle che le disse non erano le parole che Bonnie si
aspettava.
“Bonnie lo so che sei tu, lo so che sei mia nipote, ma vorrei
tanto che non lo fossi!”.
Bonnie restò di sasso e la osservò per qualche
secondo prima di parlare.
“Nonna cosa dici? Perché mi parli così?
Cosa ho fatto?” - le chiese.
“E me lo chiedi anche? Mi hai deluso, Bonnie,
profondamente!” - rispose decisa la donne allontanando Bonnie.
“Cosa? Perché nonna, perché?”
- chiese.
“Come hai potuto, Bonnie?”.
“Fare cosa? Io ho sempre cercato di onorare la tua memoria e
di fare cose di cui tu potevi essere fiera guardandomi!” -
rispose Bonnie.
“Onorare la mia memoria? E tu lo chiami < onorare la
mia memoria >
innamorarti di una creatura oscura? Credi che io
possa essere fiera di questo?” - tuonò la voce
severa della nonna.
“E’ per Damon? Nonna io ho fatto solo quello che tu
mi hai insegnato: ho aperto le porte del mio cuore al vero amore! Sei
stata tu a ripetermelo in continuazione ogni giorno della mia
vita!” - rispose Bonnie incredula.
“Sciocchezze! Un creatura oscura non può amare e
non va amata! Come hai potuto fare questo alla nostra famiglia,
Bonnie!” - rispose la donna visibilmente irritata.
“Nonna, io….” - cominciò
Bonnie, ma non riusciva a finire la frase, così come non
riusciva a capire il senso di quel discorso.
- Perché mi
sta dicendo questo? Perché non mi capisce? Perché
non mi appoggia? - pensava e ripensava Bonnie.
“Ma se vuoi c’è un modo per rimediare,
piccola mia!” - le disse ad un tratto la donna addolcendo lo
sguardo e la voce.
“Come?” - chiese Bonnie.
“Dimentica, Bonnie, dimentica!” - le disse con voce
carezzevole la nonna.
“Cosa? Dimenticare Damon? No! Io non posso, io lo
amo!” - ribattè Bonnie.
“Bonnie, vieni da me, lascia che ti mostri!”.
“Che cosa?”.
“Vieni!”.
Bonnie si riavvicinò a sua nonna che la cinse con un braccio
le spalle e la fece voltare verso la platea.
All’improvviso le luci si alzarono e, dove prima non
c’era nessuno, ora c’era una quantità
impressionante di persone di ogni razza e di ogni etnia e tutti
guardavano loro, guardavano col fiato sospeso lo spettacolo della nonna
tornata dalla morte per rimproverare la nipote tanto imprudente da
innamorarsi della persona sbagliata.
“Come è possibile? Prima…” -
cominciò Bonnie, ma la nonna la zittì dicendole
di ascoltare attentamente.
In tutta l’enorme sala bisbigli e sussurri si protendevano
tanto da arrivare chiaramente alle orecchie di lei sul palco.
All’inizio sembrava che tutti parlassero di cose diverse, in
lingue diverse, ma poi, aguzzando l’orecchio, Bonnie si rese
conto che tutti dicevano la stesa cosa, tutti dicevano:
“Dimentica, Bonnie, dimentica!”.
Quell’unanime sussurro crebbe pian piano
d’intensità, fino a diventare un vero grido.
Tutti urlavano: “DIMENTICA, BONNIE, DIMENTICA!”.
Bonnie cominciò a guardarsi intorno, spaesata, fino a che
incontrò gli occhi di sua nonna che con voce vellutata e con
un sorriso sulle labbra le disse: “Dimentica, Bonnie,
dimentica!”.
Bonnie la fissava incantata, le urla intorno a lei non sembravano
cessare, era come se il mondo intero le gridasse di dimenticare e
Bonnie cominciò davvero a dimenticare.
Si chiedeva perché tutte quelle persone le chiedessero di
dimenticare quando lei non ricordava nulla. Cosa doveva dimenticare se
non c’era niente da dimenticare? Era di nuovo con sua nonna,
era questo che contava.
“Nonna!” - le sorrise.
“Bonnie, cara! Dammi la mano, vieni con me!” - le
disse l’anziana donna.
Bonnie annuì e alzò la sua mano pronta a
poggiarla su quella di sua nonna, quando all’improvviso uno
strano rumore, come un tonfo, vibrò nelle sue orecchie e poi
in tutto il suo essere.
- Cosa succede?
- pensò.
Ritornò a guardare sua nonna e di nuovo lo sentì,
quel tonfo.
“Nonna, lo senti?” - chiese.
“Cosa, cara? Non pensarci! Dammi la mano, vieni con
me!” - rispose la nonna.
“Sì, ma…” - di nuovo quel
tonfo.
Questa volta, senza sapere perché, Bonnie si
portò una mano sul cuore.
Un altro tonfo, sotto la sua mano.
- E’ il mio
cuore! - pensò.
Chiuse gli occhi cercando di risentire quel rumore così
assordante, che arrivò presto, ma seguito da delle immagini.
C’erano degli occhi, degli occhi completamente neri che la
fissavano, c’era un corvo, c’era un ragazzo,
c’era….amore.
“Damon!” - esclamò Bonnie.
“Cosa hai detto?” - tuonò terribile la
voce della donna di fronte a lei che Bonnie non riconosceva
più come sua nonna.
- No, questa non
è mia nonna! Lei vorrebbe la mia felicità sempre
e comunque, non mi spingerebbe mai a dimenticare la cosa più
bella della mia vita - pensò.
“Tu non sei mia nonna!” - disse rivolta alla donna.
“Certo che lo sono!” - rispose l’altra.
“No, non lo sei! Tu non sei reale, è tutta opera
di Ted e del Labirinto, tu non esisti proprio come non esistono quelle
persone e questo posto!” - esclamò Bonnie.
“Cosa stai dicendo, Bonnie?” - ribattè
la donna.
“Sparisci, sparite tutti!” - intimò
Bonnie.
“Cosa?”.
“SPARITE!” - urlò.
All’improvviso un vortice la avvolse completamente e tutto
intorno a lei diventò solo un’ indistinta macchia
rossa, fino a che non ritornò tutto esattamente come prima.
Niente più teatro, niente più pubblico, niente
più nonna, niente più lampadario, niente
più rosso: solo le vecchie pareti di foglie brillanti e le
vie e quella strana luce accecante.
- E’ finita,
finalmente! - pensò Bonnie tirando un sospiro
di sollievo e crollando al suolo stringendosi le mani sul cuore, felice
che fosse così pieno d’amore per Damon che era
riuscito ad avvertirla in tempo del tranello dentro cui stava per
cadere.
“NOOOOOOOOOOOOOO!” - l’urlo di Ted si
levò alto nel cielo.
Aveva guardato ogni singola mossa di Bonnie, aveva calcolato tutto e ce
l’aveva quasi in pugno.
“Ok! Calma! Non è ancora finita! Avete superato la
prima prova, ma questo non ere niente in confronto a ciò che
vi aspetta!” - disse guardando le due sfere e digrignando i
denti.
“Anche la strega ce l’ha fatta!” - disse
Samia.
“Sì, era prevedibile che entrambi superassero il
primo scoglio! Lui è uno dei vampiri più potenti
che esistano e lei…bè, sai bene da quale famiglia
discende, anche se non ha mai usato davvero il suo Potere è
già più forte di molti qui nel regno!”
- rispose Samuel.
“E poi si amano!” - aggiunse Samia.
“Questo non conta! L’amore è effimero,
svanirà presto! Hanno appena affrontato la prima prova, ma
ce ne sono delle altre, altre che metteranno a rischio la loro
sanità mentale e altre che li divideranno per
sempre!” - ribattè Samuel.
“Credi che Ted ce la farà?”.
“A sopravvivere? No, ovviamente, ma questo lo sapevamo
già! Se l’amore di quei due resiste alla fine
arriveranno al centro e Ted verrà ucciso dal vampiro, se
l’amore finisse, cosa che mi auguro, Ted verrà
comunque ucciso dal vampiro che lo riconoscerà come la causa
dei suoi mali!” - rispose Samuel.
“In tutte e due i casi Ted muore! Peccato!” - disse
Samia.
“Sì, peccato! Ma a noi non deve importare! Noi
seguiremo tutto ed interverremo solo alla fine per prendere la strega,
che Ted sia morto oppure no!”.
NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco il nuovo capitolo!
Finalmente si scopre cosa è successo a Bonnie.
Diciamo che per il momento il Labirinto ha giocato con loro creando per
entrambi un' illusione che aveva il compito di fare in modo che si
dimenticassero l'uno dell'altra, ma come vedete non ha funzionato.
Vi lascio un piccolo spoiler dicendovi che nei prossimi capitoli il
Labirinto punterà su una nuova carta, punterà
sulle loro paure.
Staremo a vedere cosa succede.
Come sempre: grazie per seguirmi e per le recensioni.
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Capitolo 10 *** Capitolo nono ***
Capitolo
nono
Damon
era fuori di sè dalla rabbia.
Aveva sempre pensato che la pazienza fosse una delle sue
virtù, dopotutto quando sei un vampiro il tempo non
è che conti poi molto e restare pazientemente in attesa di
qualcosa anche per anni interi non faceva nessuna differenza, ma ora
come ora il solo pensiero che dovessero passare più di
cinque secondi prima di mettere le mani su quel lurido viscido bastardo
magico lo faceva impazzire.
Dopo quello che aveva cercato di fargli la morte era il destino
più piacevole che riuscisse ad immaginare per lo stregone,
fosse stato per lui avrebbe creato qualcosa di peggio della morte solo
per il verme.
- Ma ho deciso:
sarò clemente! Mi limiterò a torturarlo, a
frustarlo, a linciarlo e infine a impiccarlo nella pubblica piazza se
riesco a trovarne una qui dentro! Sì, sono decisamente una
brava persona, non c’è che dire! -
pensava Damon mentre camminava furiosamente per le vie del Labirinto,
quelle vie sempre uguali, talmente uguali che aveva come
l’impressione di non muoversi per niente, ma solo di muovere
le gambe continuando a restare fisso nello stesso posto, come se stesse
correndo su un tapis-roulant.
Il paesaggio intorno a lui era fastidiosamente monotono, Damon si
sentiva come una pantera in gabbia, un enorme gabbia maledettamente
magica.
Damon odiava quella situazione: dopo quello che era accaduto poco prima
sapeva che lì dentro tutto poteva cambiare da un momento
all’altro e che poteva ritrovarsi all’improvviso in
un incubo con le apparenze da sogno che non aveva intenzione di
lasciarlo andare senza aver raggiunto il suo scopo, che per quanto
aveva potuto capire era allontanarlo dalla sua streghetta ed
indebolirlo, questo naturalmente a meno che lui non si accorgeva di
quale era l’inganno e lo combatteva.
Tutto questo era più facile a dirsi che a farsi soprattutto
ora che non aveva i suoi poteri telepatici.
I poteri fisici lo aiutavano a distruggere qualsiasi cosa quel
Labirinto creasse per lui, ma non potevano aiutarlo a fiutare subito
l’inganno, la magia, come invece potevano fare i suoi poteri
mentali ora bloccati.
- Ha davvero messo su un
bel piano quel miserabile, ma ho come l’impressione che non
sia tutta farina del suo sacco, mi sembra troppo….come
dire?…troppo…stupido per architettare tutto
questo! Deve esserci qualcosa sotto! - ragionò,
senza neppure sapere quanto avesse ragione.
Damon continuava a muoversi in attesa di qualcosa che sapeva sarebbe
arrivata presto: ormai era passato troppo tempo da quando aveva
distrutto la prima illusione.
Camminò per un’altra manciata di minuti,
quando un fascio di luce blu gli sorvolò la testa a
velocità pazzesca.
- Ecco che si ricomincia!
- pensò mentre il suo sguardo diventava più
circospetto.
Il fascio di luce blu bloccò il suo volo pochi metri dopo
aver oltrepassato il vampiro e, lentamente, cominciò a
tornare indietro.
Damon lo vide avvicinarsi di secondo in secondo per poi fermarsi a
qualche passo da lui.
Era come se la luce lo stesse fissando, lo stesse scrutando.
Passarono così interminabili secondi e poi tutto accadde in
un attimo: il fascio di luce emanò un suono
stridulò e alto, insopportabile per l’udito fine
di un vampiro.
Damon si portò istintivamente le mani alle orecchie per
proteggersele e lanciò un urlo piegando la testa leggermente
in avanti.
La luce indietreggiò di pochi millimetri e poi gli
si scagliò addosso.
Damon sentì che gli toccava la fronte e poi la penetrava,
era un dolore fortissimo, pensò che dovesse equivalere
più o meno al dolore che un umano può provare se
gli trapanano la testa mentre è sveglio, vivo e lucido.
Quando il dolore finì, Damon si ritrovò, come
previsto, in un luogo diverso, ma questa volta quel nuovo posto non gli
era sconosciuto, anzi gli era molto familiare.
Tutto intorno a lui c’erano alberi di ogni genere che
crescevano forti e rigogliosi, poco più in
là una piccola fontana in marmo da cui proveniva acqua
freschissima e limpida, il prato sotto i suoi piedi era di un verde
abbagliante e le siepi svelavano una quantità enorme di
fiori di ogni tipo e colore, alle sue spalle si stagliava la facciata
di una villa gigantesca, una villa d’epoca.
Damon sapeva dove si trovava e sapeva perché quella luce,
per portarlo lì, fosse entrata nella sua mente: quello
lì era un suo ricordo.
Si trovava in un giardino, il giardino che circondava la villa della
sua infanzia umana, ed era bellissimo proprio come lui lo ricordava
ogni volta che negli anni ci aveva pensato.
Damon si guardava intorno riscoprendo mille dettagli di quel posto che
erano stati portati via ai suoi ricordi dal tempo, e
cominciò ad avvertire quell’antico senso di pace
che lo pervadeva ogni volta che da bambino correva libero su quel prato
verde sotto il cielo azzurro di Firenze.
Era ancora perso nella contemplazione di quel luogo, quando una risata
allegra e cristallina, una risata da bambino, raggiunse le sue orecchie
catturando la sua attenzione.
Si voltò nella direzione dalla quale proveniva quel suono e
vide un bambino che gli correva incontro felice.
Il bambino corse, corse, corse a perdifiato fino a gettarsi tra le
braccia di Damon che istintivamente, come fosse un gesto naturale, lo
afferrò al volo e se lo tenne in braccio guardandolo negli
occhi.
Il bambino era molto piccolo, doveva avere all’incirca sei
anni, ma era alto per la sua età, era vestito ovviamente con
vestiti adatti a quell’epoca e non sembrava affatto sorpreso
oppure incuriosito per i vestiti che Damon aveva addosso, aveva i
capelli corti e neri e un viso tenero, bello e vivace su cui erano
incastonati due occhi di un verde intenso e lucente simile a quello
degli smeraldi più preziosi.
Damon lo riconobbe subito.
“Stefan?” - disse rivolto al bambino.
“Certo! Chi credevi che fosse?” - gli rispose il
bambino sorridendogli prima di portargli le braccia al collo e
abbracciarlo forte.
“Finalmente sei venuto, Damon, ti stavo aspettando! Pensavo
che non arrivassi più!” - gli disse il bambino
mettendo il broncio.
“P-Perché mi aspettavi?” - gli chiese
Damon mettendolo a terra.
“Oh, avanti, non scherzare! Come perché? Oggi
è il mio sesto compleanno, Damon, e mi hai
promesso che lo avremmo passato insieme a giocare e divertirci, non
dirmi che te ne sei dimenticato perché mi metto a
piangere!” - rispose il piccolo Stefan.
Il sesto compleanno di Stefan: un giorno orribile, quella maledetta
luce magica gli stava facendo rivivere uno dei giorni più
terrificanti della sua vita.
Durante quel periodo le famiglie ricche, potenti e di successo come
quella dei Salvatore non erano molto ben viste del resto della
popolazione di Firenze, per lo più poveri e mendicanti con
tanti sogni e speranze, ma senza un soldo oppure una buona conoscenza
per realizzarli.
Erano in tanti quelli che cercavano in ogni modo di entrare nelle
grazie dei grandi signori del tempo, ed erano in tanti a cercare di
entrare nelle grazie di suo padre, Giuseppe Salvatore, uno degli uomini
più ricchi della città.
Ma il buon vecchio padre non era un uomo molto affabile o propenso alla
generosità senza nessun guadagno neppure con i suoi figli,
figuriamoci con degli estranei e di estrazione sociale inferiore.
Beh, fatto sta, che ne aveva cacciati fuori a calci parecchi e, tra
questi, mentre alcuni se ne erano semplicemente andati via con la coda
tra le gambe, altri, già arrabbiati e provati nel loro
orgoglio da rifiuti precedenti, cominciarono a desiderare vendetta
contro quell’ultimo signore che gli aveva sbattuto la porta
in faccia.
Suo padre aveva sentito alcune voci in giro e aveva cercato di
stroncare la cosa sul nascere.
Damon a quell’epoca era ancora un bambino anche se di qualche
anno più grande di Stefan, ma questo al padre non
importò ed incaricò Damon di proteggere il
fratello dicendogli che se fosse successo qualcosa al piccolo di casa
allora il colpevole sarebbe stato solo lui e nessun altro.
Damon sentiva il peso di quella responsabilità e il fiato
sul collo di suo padre, ma non ci faceva caso più di tanto
anche perché non era mai successo nulla e le cose stavano
cominciando a tornare come una volta.
Questo fino al giorno del sesto compleanno di Stefan.
Erano soli in giardino a giocare con delle piccole spade di legno e
Damon, naturalmente, faceva di tutto per far divertire il fratello
lasciandolo vincere quando all’improvviso dal nulla
sbucò fuori un uomo grande e grosso vestito di stracci che
si scagliò su entrambi con foga maledicendo loro padre e
giurando che gliel’avrebbe fatta pagare per chissà
cosa vendicandosi sui suoi figli, o qualcosa del genere, Damon non
capì molto bene il linguaggio volgare di
quell’uomo dall’aspetto di un orso e prese per mano
Stefan cominciando a correre.
Ma l’uomo era troppo forte e accecato dall’ira e li
raggiunse in un attimo afferrando Stefan.
Damon non ricordava bene cosa fosse successo dopo, ricordava solo le
urla e il pianto del suo fratellino, ricordava il dolore che aveva
provato ogni volta che quell’uomo lo aveva colpito quando
cercava di liberare Stefan e poi ricordava quell’uomo che
andava via e scompariva nel nulla, ricordava Stefan steso a terra privo
di sensi e sanguinante, ricordava la rabbia che gli era montata in
corpo e ricordava suo padre che senza sentire ragioni gli disse:
“La colpa è solo tua!”.
Dopo quell’episodio si temette per intere settimane per la
vita di Stefan: a quei tempi la medicina non era così
avanzata e le ferite di Stefan sembravano incurabili.
Ma Stefan si riprese e tutto lentamente tornò come prima,
anche se Damon aveva continuato a sentire il senso di colpa,
instillatogli dal padre, per quello che era successo e adesso lo stava
per rivivere per via del Labirinto.
“Stefan, certo che non l’ho dimenticato, ma invece
di stare qui, perché non andiamo a giocare dentro, qui
potresti sporcarti il tuo bel vestito nuovo!” - propose Damon
al bambino sperando che accettasse per cercare di cambiare
quell’orribile giorno.
“No, non voglio! E poi da quando preferisci stare dentro
invece che qui fuori?” - chiese il piccolo Stefan
guardandolo fisso.
Damon si rassegnò: quello era un suo ricordo, quello era
già successo, dovevano restare lì e lo sapeva,
solo doveva stare più attento.
“Va bene, allora!” - rispose con
un’alzata di spalle.
Passarono ore intere a giocare a tra loro.
Damon si sentiva di nuovo bambino, sentiva di nuovo quella gioia che
provava quando erano solo loro due, Stefan e Damon, i due fratelli
Salvatore che giocavano insieme in giardino, prima che il futuro si
abbattesse su di loro incasinando tutto, prima che arrivasse Katherine,
il mondo dei vampiri, l’odio, la competizione, i secoli, a
dividerli e a renderli quasi estranei.
Era da pochi anni che erano tornati a vedersi stabilmente tutti i
giorni, da quando erano arrivati a Fell’Church, ma il loro
rapporto non era ritornato ad essere quello che era prima, neppure
adesso che non c’era nulla a dividerli, adesso che per lui
esisteva solo la sua Bonnie.
Mentre era perso nei suoi pensieri non si era reso conto che il sorriso
del piccolo Stefan era improvvisamente scomparso e che si era
immobilizzato di colpo cominciando a tremare.
- E’
arrivato! - pensò Damon.
Si voltò e a qualche metro da lui vide un uomo alto e con le
spalle larghe, ma non così spaventoso come ricordava, poi
guardò Stefan e vide quanto fosse piccolo in confronto a
quell’omone e capì che era logico che lui lo
ricordasse come una specie di montagna umana: un uomo così
alto può essere mostruoso se visto con gli occhi e con
l’altezza di un bambino, e Damon a quel tempo era un bambino.
Damon si portò davanti a Stefan e gli fece scudo, mentre il
piccolo gli si aggrappava ad una gamba.
“Damon che succede?” - chiese tremante Stefan con
le lacrime che gli rigavano il piccolo viso.
“Non preoccuparti! Ti proteggerò io!” -
rispose Damon accarezzandogli la testa.
Sì, lo avrebbe protetto! Non poteva permettere che
succedesse ciò che sapeva che stava per succedere.
Stefan non avrebbe vissuto quell’incubo, non sarebbe rimasto
confinato tanto a lungo in un letto e in fin di vita, non sarebbe
successo perché lui lo avrebbe impedito, era un vampiro
adesso, non un bambino umano.
Quell’uomo cominciò a urlare frasi senza senso,
senza capo né coda e si avventò su di loro.
Damon spinse il piccolo Stefan e insieme cominciarono a correre, come
da copione.
All’improvviso Stefan emise un urlo straziante e quando Damon
si voltò vide che quell’ uomo lo aveva preso per
una gamba e lo aveva avvicinato a lui dandogli, poi, uno schiaffo
violentissimo in pieno viso tanto da fargli sanguinare un labbro.
Damon non ci vide più tanta era l’ira e si
avventò sull’uomo.
Ma sentiva che qualcosa non andava, le sue gambe non si muovevano alla
velocità che lui voleva, erano più lente e
più deboli.
Quando arrivò dall’uomo provò a dargli
un pugno nello stomaco, ma il risultato fu che quello a farsi male fu
lui e non l’altro che invece lo spinse via come se niente
fosse continuando a picchiare Stefan.
- Che sta succedendo? -
pensò Damon.
Provò a scagliarsi di nuovo sull’uomo, ma il
risultato fu lo stesso di poco prima: Damon con i suoi colpi non gli
aveva fatto perfettamente nulla, era come se quei colpi non venissero
inferti all’uomo da un vampiro potentissimo come lui, ma da
un umano, anzi neppure da un umano perché, se anche lui,
Damon, fosse stato umano con la sua stazza sarebbe riuscito a far del
male a quel farabutto, ma invece niente, sembrava che quei colpi
venissero sferrati da un….
- Un bambino! Sono un
bambino! - pensò Damon e allora
tutto gli fu chiaro.
Capì perché il piccolo Stefan non aveva battuto
ciglio quando lo aveva visto la prima volta, era semplice: Stefan non
si era incuriosito perché ai suoi occhi Damon appariva come
un bambino, appariva come era davvero all’epoca di quel
ricordo e appariva così anche a quell’uomo venuto
fuori dal nulla, probabilmente sarebbe apparso un bambino anche a
sè stesso se si fosse riflesso in uno specchio per questo si
muoveva come un bambino e aveva la forza di un bambino.
In quel preciso istante Damon capì che non avrebbe potuto
fare nulla per sistemare le cose: quello era un suo ricordo, quello era
già successo e niente sarebbe cambiato, niente.
Tentò un altro paio di volte di intervenire, ma fu tutto
inutile, poi all’improvviso l’uomo sparì.
Stefan era a terra pieno di ferite.
Da lontano accorsero dei domestici seguiti da suo padre.
Mandarono a chiamare il medico.
Stefan era privo di sensi e coperto di sangue.
Tutti cercavano di darsi da fare intorno al piccolo ferito, ma
già si sentivano i primi sussurri di tristezza da parte di
coloro che non erano sicuri che Stefan sarebbe sopravvissuto.
Un uomo, il primo che si era accorto di ciò che era
accaduto, stava raccontando a suo padre, chino sul piccolo corpo di
Stefan, cosa era successo, gli raccontava dell’uomo che li
stava picchiando e che era sparito.
Alcuni corsero all’inseguimento di quella persona che Damon
sapeva che non sarebbero riusciti a trovare e che lui non avrebbe mai
più rivisto.
Due uomini annunciarono l’arrivo del medico e presero
delicatamente Stefan avviandosi verso la villa.
Suo padre si alzò e gli si parò di fronte.
Damon alzò gli occhi e lo guardò.
Giuseppe Salvatore, senza sentire ragioni, si limitò a dire
la frase che avrebbe perseguitato Damon per molto, troppo tempo.
“La colpa è solo tua!”.
Poi il mondo cambiò.
Damon sentì di nuovo quel dolore fortissimo alla testa e in
pochi istanti si ritrovò di nuovo nel Labirinto con quella
luce che sembrò fissarlo prima di sparire.
Damon lasciò cadere la testa sul petto e si
accasciò a terra con gli occhi persi nel vuoto.
Non aveva fatto nulla, non aveva potuto fare nulla perché
era troppo debole per combattere con quell’uomo che come
unico vantaggio aveva solo l’altezza.
E adesso l’unica cosa che si chiedeva era come potesse
sperare di essere abbastanza forte da sconfiggere Ted che come
vantaggio aveva molto di più, aveva la magia, aveva le
illusioni, aveva il Labirinto.
Damon si sentiva scoraggiato, perso, senza speranza….si
sentiva vuoto.
NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie per le recensioni al vecchio capitolo e per i complimenti,
siente tutti fantastici come sempre.
Beh, questo capitolo è un pò diverso dagli altri,
qui non si parla della coppia, ma solo di Damon.
Ho voluto metterlo per varie ragioni.
Primo: volevo raccontare qualcosa di diverso.
Secondo: nello scorso capitolo ho detto che il Labirinto avrebbe
giocato con le loro paure perchè voleva indebolirli per poi
dividerli, e mi piaceva l'idea che una delle paure di Damon riguardasse
il non poter difendere Stefan.
Terzo: mi piaceva l'idea e l'ho inserita nella storia.
E poi lo credo piuttosto funzionale ai fini della storia stessa: nella
mia mente Ted ha capito, con le prime illusioni, che dividere Damon e
Bonnie non era per niente facile, quindi l'unica cosa da fare per
riuscire ad avere una speranza era minare la loro stabilità
mentale ed emotiva facendoli vivere esperiente per loro traumatiche, e
come vedete, alla fine del capitolo, Ted è riuscito nel suo
intento visto che Damon è ridotto così male da
aver quasi perso ogni speranza.
Vedremo cosa accadrà in seguito, ma vi anticipo che qualcosa
di destabilizzante succederà anche a Bonnie nel prossimo
capitolo, perchè sto cercando di rendere il percorso dei due
più o meno simmetrico:
Illusione per Damon - illusione per Bonnie.
Paura per Damon - Paura per Bonnie.
E così via....
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate di questa mia idea, spero che
non vi deluda.
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Capitolo 11 *** Capitolo decimo ***
Capitolo
decimo
Bonnie
era ancora seduta a terra con le spalle appoggiate ad una parete quando
lentamente aprì gli occhi: non si era neppure accorta di
essersi addormentata e chissà per quanto tempo, ma
ciò che le era successo l’aveva spossata
lasciandola senza forze.
- E’ stato
ingiusto e crudele - pensò Bonnie rivedendo
nella sua mente l’illusione di cui era stata vittima.
Rivedere l’immagine di sua nonna l’aveva resa
davvero felice, ma adesso sapere che era stato tutto un trucco di Ted,
che lui aveva usato sua nonna per i suoi sporchi scopi…beh,
questo la mandava in bestia.
A quel punto se prima aveva qualche remora sul lasciare oppure no che
Damon uccidesse lo stregone, adesso non ne aveva più: Ted
doveva morire per tutto quello che le stava facendo e per tutto quello
che stava facendo a Damon.
- Oh Damon ,
chissà cosa ti starà facendo passare -
Bonnie sapeva che Damon ne aveva tanti di scheletri
nell’armadio, di ricordi strazianti ed era preoccupata, si
sentiva tremendamente preoccupata perché se Ted aveva
trovato il modo di accedere ai suoi ricordi e di usarli contro di lei,
chissà cosa poteva fare con i ricordi di Damon che erano
infinitamente più dei suoi.
Con una mano poggiata sul cuore, chiuse gli occhi e cercò di
inviare a Damon tutto il suo amore e il suo appoggio sperando che lui
potesse sentirla, inconsapevole del fatto che lui non aveva
più i suoi poteri psichici e che quindi il suo messaggio non
gli sarebbe mai giunto.
Dopo qualche istante passato a rimuginare sul da farsi e a ripetersi
mentalmente che doveva trovare la forza di proseguire, aprì
nuovamente gli occhi e si alzò cautamente.
Quando si guardò intorno una tremenda angoscia le fece
tremare le gambe: tutto era sempre uguale, spaventosamente uguale.
Deglutì rumorosamente e poi cominciò a camminare
mettendo lentamente un piede davanti all’altro.
Dentro di lei sentiva crescere la paura anche se non ne sapeva il
motivo, ma era come se nel profondo sentisse che qualcosa di orribile
stava per accadere e ormai aveva imparato che doveva sempre dar retta a
quel tipo di sensazioni, soprattutto se quelle sensazione erano sue.
- Il mio sesto
senso…..cosa farei se non l’avessi? -
pensò con un certo orgoglio.
Camminò, camminò e continuò a
camminare per metri o forse kilometri, Bonnie questo non lo sapeva:
perdere la cognizione dello spazio e del tempo era facile lì
dentro, con quelle mura sempre uguali.
- Beh Bonnie non
dovresti lamentarti, anzi dovresti essere contenta del fatto che qui
non cambi nulla, perché hai visto tu stessa a cosa porta il
cambiamento qui dentro: porta guai, porta paure e porta incubi. E tu
non vuoi nessuna di queste cose, giusto? Quindi spera che tutto resti
uguale e continua a camminare! - le disse una voce nella
sua testa, ma Bonnie non riusciva proprio ad assecondarla: la paura era
troppo forte.
Continuò così per altri pochi metri
più o meno, quando all’improvviso la luce
sparì, tutto intorno a lei diventò buio.
Bonnie restò immobile per alcuni secondi mentre il suo
respiro cominciava ad accelerare.
Cercò di ritrovare la parete alla sua destra portando le
mani davanti a lei e cercando nel buio, ma niente.
Fece lo stesso con la parete di sinistra, ma il risultato fu lo stesso.
Era come se quel buio improvviso avesse inghiottito tutto lasciandola
in un vuoto immenso e totale.
Bonnie cominciò a sudare freddo.
Il buio non lo aveva mai sopportato, ne era sempre stata terrorizzata e
se fino a qualche anno prima se ne vergognava un po’, adesso
sapeva che la sua paura era più che fondata: aveva
visto con i suoi occhi tutti gli orrori che si possono nascondere nel
buio e nelle tenebre: demoni, fantasmi, licantropi, vampiri e chi
più ne ha più ne metta….
Sì, non tutti erano malvagi, ma per uno che si salvava ce ne
erano mille crudeli e spietati….lo stesso Damon, anche se
adesso era cambiato, nei secoli precedenti era stato malvagio.
Quella situazione non le piaceva per niente, avrebbe tanto voluto
gridare, ma non sapeva se quella era esattamente una buona idea: non
aveva nessuna certezza del fatto che in quel buio lei fosse sola.
Cominciò a camminare con le braccia in avanti cercando si
non fare rumore.
Non seppe mai quanto tempo vagò nel buio, ma
all’improvviso un sorriso le si aprì sul volto: di
fronte a lei c’era una luce, una debole luce lontana.
- Al diavolo tutto! -
Bonnie cominciò a correre verso quella luce a perdifiato e
senza preoccuparsi di nulla.
Più si avvicinava e più correva veloce, il suo
cuore andava all’impazzata, era troppo impegnata a correre
per chiedersi cosa ci fosse davvero in quella luce, ma il buio le
faceva così paura che l’unica cosa che voleva era
fuggire.
Così arrivata davanti a quella che ormai era una porta di
luce e non più un semplice puntino lontano, vi si
gettò dentro a capofitto, certa di aver trovato la salvezza.
Quello che non sapeva era che l’incubo era solo iniziato.
Oltrepassata la porta di luce Bonnie si fermò ansimante con
la testa bassa e le mani appoggiate sulle ginocchia e cercò
di riprendere fiato dopo la corsa.
Con la coda dell’occhio si accorse che dietro di lei la porta
si richiudeva e il buio scompariva.
Quando scompare del tutto tirò un sospiro di sollievo e si
mise dritta guardando per la prima volta ciò che aveva
davanti a sè.
Si aspettava di rivedere le mura del Labirinto, invece ciò
che vide la lasciò di stucco: era a Fell’s Church,
davanti all’ingresso del liceo Robert E. Lee.
- Ma cosa sta
succedendo? - pensò Bonnie, sapeva che era
impossibile che fosse uscita dal Labirinto, perché Ted era
stato chiaro riguardo all’unico modo che avevano per uscire
cioè arrivare al centro e combattere con lui, ma allora
cos’era quello? Un’altra illusione?
Bonnie era sconcertata e confusa, non sapeva cosa stava succedendo,
quando all’improvviso sentì delle urla e vide che
tutti gli studenti del liceo cominciavano a correre via
dall’edificio terrorizzati.
Una frazione di secondo e dalle porte del liceo Bonnie vide uscire un
mostro, ma un mostro molto familiare.
Era enorme e verde e pieno di scaglie marroni, aveva le fattezze di un
uomo alto circa due metri e mezzo, ma la testa era quella di un toro,
con corna lunghe e minacciose di un verde più chiaro con
striature nere.
I suoi occhi erano gialli e la posto delle dita aveva artigli arcuati e
taglienti.
Era vestito di stracci.
Bonnie restò completamente paralizzata.
Era anni che non lo vedeva, o meglio era da anni che aveva smesso di
fare quel sogno, quell’ orrendo sogno di morte che aveva
fatto tutte le notti per tre lunghi anni.
Aveva dodici anni quando quel sogno aveva cominciato a tormentarla ed
era sempre lo stesso: era di fronte al liceo, quel mostro veniva fuori
e cominciava a rincorrerla per tutta la cittadina, non importava quanto
lei corresse, non importava a quante porte bussasse in cerca di aiuto,
non importava cosa dicesse o cosa cercasse di fare, il sogno finiva
sempre allo stesso modo, con lei a terra, bloccata dal mostro che le
dilaniava la carne.
A chiunque lo aveva raccontato le avevano risposto che la sua era solo
paura del liceo e che capitava spesso nelle ragazzine della sua
età, ma lei sapeva che non era così che stavano
le cose, che doveva esserci dell’altro.
Bonnie non aveva mai avuto paura del liceo, anzi era esattamente il
contrario: lei moriva dalla voglia di andarci al liceo.
Ricordava perfettamente quando un giorno sua sorella maggiore Mary la
portò con sé al liceo perché doveva
fare chissà cosa, e mentre lei era in una stanza a parlare
con una donna anziana, Bonnie era rimasta in corridoio seduta su una
sedia di legno a guardare quel mondo nuovo che le si apriva davanti
agli occhi.
Guardava le ragazze che uscivano dalle classi e ne rimaneva incantata
perché loro erano così grandi, così
belle.
Guardava i ragazzi e pensava che un giorno loro avrebbero guardato lei
come guardavano quelle ragazze, avrebbero tenuto lei per mano,
avrebbero abbracciato lei.
Già si vedeva con i libri stretti tra le braccia a camminare
con passo sicuro tra quei corridoi, ormai grande, bella, intelligente,
con una vita diversa e più interessante.
No, la sua non era paura del liceo.
Ma non sapeva cos’era e quel sogno aveva continuato a
tornarla per anni fino a che un giorno era scomparso e non era
più tornato….fino a quel momento.
Bonnie ormai ne era certa: lei non era uscita dal Labirinto, lei era
ancora lì dentro e stava rivivendo quel sogno, quel suo
sogno, era all’interno di un sogno.
Tutto quel buio non nascondeva nulla era solo buio, ma Ted sapeva che
lei ne aveva paura e ne aveva approfittato per mandarla dritta in un
posto dove non avrebbe mai messo piede di sua spontanea
volontà.
E lei era stata stupida a non chiedersi prima verso cosa stava correndo.
Ma adesso era tutto inutile.
Ormai era lì e sapeva cosa stava per accadere.
Appena un attimo dopo quel mostro la vide e cominciò a
correrle contro con un ghigno malefico sul volto, allungando gli
artigli davanti a se, pronto ad afferrarla.
Bonnie si voltò di scatto e cominciò a correre.
“Allontanati da me! Vattene! Tu sei solo un sogno!”
- gridava, ma era inutile.
Il mostro continuava a seguirla distruggendo qualsiasi cosa si trovasse
sul suo cammino.
Bonnie sapeva che non si sarebbe fermato per nulla al mondo, lui voleva
lei, voleva ucciderla e avrebbe continuato a rincorrerla per anni se
fosse stato necessario.
Ed era inutile che lei fuggisse perché sapeva che lui
l’avrebbe presa presto, ma non poteva farne a meno: doveva
fuggire, ricordava il dolore che provava in sogno quando lui la
prendeva e non voleva riviverlo, inoltre non sapeva cosa sarebbe
successo nella vita reale se fosse morta in sogno, perché
quello non era un sogno normale, quel sogno era stato indotto dalla
magia, da Ted e non sapeva se lui avesse oppure no fatto in modo che se
lei moriva in sogno sarebbe morta anche nella realtà, non lo
sapeva e non voleva fare nessun tentativo per scoprirlo, le cose in
gioco erano troppe, c’era lei, la sua vita, c’erano
i suoi amici, ma soprattutto c’era Damon, lei doveva arrivare
fino in fondo, doveva sconfiggere qualsiasi cosa avesse incontrato
sulla sua strada perché lei doveva rivederlo, doveva
riabbracciarlo, doveva tornare ad essere felice, con lui.
E così correva, correva, correva e continuava correre
lanciando qualche sguardo all’indietro, di tanto in tanto,
per capire dove fosse il mostro.
Adesso era sulla strada principale, e davanti a lei non c’era
nulla.
Stava correndo verso il cimitero, lo sapeva, ma non gliene importava.
Doveva resistere: era questa l’unica cosa importante.
Di tanto in tanto urlava o correva a dare calci e pugni a qualche porta
sperando di ricevere aiuto, ma sapeva che era inutile: faceva quel
gesto solo perché era scritto sul copione di quel sogno,
copione che conosceva a memoria e che sapeva che si stava avviando al
termine.
Aveva messo da poco piede nel cimitero, nella parte vecchia, quando
all’improvviso un dolore lancinante la colpì alla
schiena facendola cadere a faccia in giù: il mostro
l’aveva ferita con i suoi artigli.
Fu questione di un attimo e si sentì afferrare per una
caviglia e trascinare.
Ad un certo punto il mostro si fermò e le lasciò
il piede solo per andarle di lato e darle un calcio nel fianco destro
per farla girare.
Bonnie adesso lo vedeva da vicino.
Lui era lì e se la rideva, mentre lacrime disperate
cominciarono a straripare dagli occhi di Bonnie.
Lui cominciò a riempirla di calci e pugni e lei era troppo
debole per riuscire a difendersi.
Sentiva che stava per cedere, tutto stava per finire, anche la sua vita.
E, con quella consapevolezza, Bonnie urlò con tutto il fiato
che aveva in gola: “Vattene! Non può finire
così! Io devo rivedere Damon!”.
Solo allora il mostro si fermò e fece una cosa che non aveva
mai fatto in sogno: parlò.
“Rassegnati! Non lo rivedrai più! Come credi di
riuscire ad arrivare alla fine di tutto questo? Sei troppo debole per
riuscirci! Sei patetica! Credi davvero di riuscire a farcela? Beh ti
sbagli! Non rivedrai mai più Damon ed è tutta
colpa tua, perché sei troppo debole!” - le disse e
poi si lanciò su di lei con le fauci spalancate.
Bonnie chiuse istintivamente gli occhi e attese di sentire gli artigli
e i denti del mostro lacerarle la carne e farle a pezzetti, ma non
accadde nulla.
I minuti passavano e continuava a non accadere nulla.
Era strano, molto strano.
Bonnie lentamente riaprì gli occhi e si tirò a
sedere di scatto.
Non era più nel cimitero, non era più a
Fell’s Church, non era più nel sogno e non
c’era più il mostro.
Era tutto scomparso.
Adesso c’era soltanto il Labirinto con lei sue vie verdi e la
sua luce accecante, e poi c’era lei.
Si guardò e sembrava che tutto fosse a posto, ma quando
cercò di mettersi in piedi, ricadde al suolo mentre un
dolore mai sentito le attanagliava una gamba.
Guardò nel punto in cui faceva più male e
ciò che vide la stordì.
Sul suo polpaccio sinistro, quello che il mostro aveva afferrato per
trascinarla c’era una scritta, la sua pelle era stata
lacerata fino a formare una scritta, una scritta che diceva: <
TROPPO DEBOLE >.
Bonnie la osservò con gli occhi spalancati e il cuore che
batteva a mille per alcuni minuti, poi la scritta lentamente scomparve
mentre la sua carne si rimarginava e il dolore scompariva.
Troppo debole, c’era scritto troppo debole.
Lei era troppo debole, il mostro glielo aveva detto, le aveva detto che
era troppo debole per riuscire ad arrivare di nuovo a Damon.
All’improvviso tutta la verità di quelle parole si
abbattè su Bonnie.
Ma chi pensava di prendere in giro? Era vero che era debole.
Lei non aveva forza né nel corpo, né nel
carattere, non l’aveva mai avuta, si era sempre aggrappata a
qualcun altro, a Meredith, ad Elena, a Stefan e adesso a Damon, non
aveva mai affrontato niente da sola, niente, non perché non
volesse, ma perché sapeva di non esserne in grado, e non ne
era in grado perché lei era troppo debole, erano gli altri
quelli forti, non lei, lei era solo la ragazzina piagnucolosa che si
trascinavano dietro per amicizia o per amore, nient’altro,
non era indispensabile in battaglia, non lo era mai stata e non lo era
adesso.
Lei non poteva davvero credere che questa volta poteva farcela, non
poteva perché non era vero,senza nessuno al suo fianco, da
sola, lei non poteva farcela, non poteva fare nulla perché
era troppo debole.
Con questi pensieri che le vorticavano ancora nella testa, e con il
senso di impotenza che le colmava il cuore, Bonnie si lasciò
andare distesa al suolo.
Si sentiva scoraggiata, persa, senza speranza….si sentiva
vuota.
NOTE:
Ciao a tutti!
Scusate l'assenza prolungata, in questa settimana sono stata parecchio
impegnata tra l'università e il lavoro.
Ma da questa settimana vi assicuro che i tempi di aggiornamento si
faranno più brevi.
Comunque sono contenta che vi sia piaciuto il nono capitolo e spero che
vi piaccia anche questo, anche se, mai come questa volta, questo
capitolo non mi convince per niente!
Quindi, mi raccomando, se fa schifo ditemelo!
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Capitolo 12 *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo
undicesimo
In
piedi sulla sua piattaforma, con gli occhi fissi sulle sfere davanti a
sè e con un sorriso a trentadue denti sul volto, Ted se la
rideva guardando la strega e il vampiro.
Sembravano entrambi così persi, così scoraggiati,
così intimoriti,
così…così…così
depressi, ecco, questa era la parola giusta: il vampiro e la strega
sembravano depressi.
A detta di Ted, naturalmente, quei due se l’erano cercata,
insomma, avevano fatto fuori le sue belle illusioni come se
non fossero nulla, con tutto il lavoro che ci aveva messo per
realizzarle e aveva pure perso tempo a studiare la loro vita.
Ma quando tutto era andato in fumo, bè…a quel
punto a mali estremi, estremi rimedi.
Usare la loro mente era stato un colpo veramente basso, degno dei
più grandi bastardi della storia di tutti i bastardi, ma era
l’unica maniera che aveva avuto per abbatterli.
Doveva indebolirli per riuscire a spezzarli e Ted sapeva per esperienza
diretta che nulla indebolisce, terrorizza e svuota come la propria
mente e tutto ciò che c’è dentro: gli
incubi, i ricordi dolorosi, le situazioni traumatiche vissute in
passato.
Ted ricordava ancora con orrore quando a lui era toccata la loro stessa
sorte.
Aveva circa quindici anni, era un ragazzino e come tutti i ragazzini
del regno magico ogni giorno aveva lezioni di magia e allenamenti
estenuanti.
In quel particolare periodo della sua vita era stato un vero idiota: se
ne andava in giro terrorizzando i più piccoli o quelli meno
in gamba di lui solo perché grazie alla formidabile memoria
che aveva sempre avuto gli risultava più facile imparare i
vari incantesimi oppure grazie alla sua facilità con le rime
che gli permetteva di scrivere velocemente nuovi incantesimi personali.
A volte rispondeva male persino agli insegnanti e puntualmente veniva
allontanato per giorni o anche settimane, ma lui non prendeva le
sospensioni come dei castighi, anzi era fermamente convinto che fossero
una specie di riconoscimento da parte delle alte sfere, come a dire: ok, Ted, noi siamo i professori,
ma riconosciamo che tu sei uno stregone migliore di noi, quindi ogni
tanto abbiamo bisogno di allontanarti dagli altri per non
fare la figura dei fessi.
A quel tempo si sentiva una specie di dio della magia, questo fino al
fatidico giorno del terrore.
Era in classe e non ascoltava per niente il professore che spiegava
come fare una certa pozione, quando il professore gli dice: “
Ted, presta attenzione!”.
Naturalmente lui non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di
mettere in ridicolo l’uomo e rispose: “E
perché mai dovrei? Cosa può insegnarmi uno
stregone decisamente non degno di questo nome, come è lei, a
me, che invece sono un prodigio!”.
Per il professore quella era stata l’ultima goccia.
All’improvviso pronunciò parole strane ed
incomprensibili e Ted venne colpito da un dolore lancinante alla testa.
Pochi secondi dopo stava rivivendo l’incubo peggiore che
avesse mai fatto, con la sola differenza che adesso non sembrava per
niente un sogno, anzi era tutto dannatamente reale.
Quando tutto finì Ted si era ritrovato in
ginocchio a terra, tutto tremante, con le lacrime agli occhi, e con gli
sguardi di tutti i suoi compagni puntati a dosso.
Il professore gli andò incontro e lo aiutò a
risedersi, poi lo guardò e gli disse: “Sei in
grado di farlo, Ted?”.
Ted fece di no con la testa, così il professore
continuò: “Bè, allora non sei
un vero stregone! Lo sarai solo quando sarai capace di fare
una cosa del genere, se sarai mai in grado di farlo!”.
Da quel giorno quelle parole si erano impresse a fuoco nella mente di
Ted che cambiò radicalmente e cominciò ad
applicarsi sul serio, con l’unico obiettivo di tornare un
giorno da quel professore e mostrargli che lui aveva imparato, che era
diventato un vero stregone.
Ma non ne aveva avuto il tempo perché era successo quello
che era successo con la strega e allora aveva dovuto usare questo
trucco, per la prima volta, con loro.
Non che si lamentasse, anzi…ne era valsa la pena.
Vederli camminare come due zombie nel Labirinto era estasiante.
- Bene Ted! Il piano
era: indebolisci e dividi! Con la prima parte ci siamo, si sono
palesemente indeboliti, ora si passa alla seconda! Adesso ci vuole una
bella illusione, e se tutto va per il verso giusto, allora non ci
sarà neppure bisogno di usare l’arma segreta! -
disse una voce nella testa di Ted e aveva ragione, non era questo il
momento di perdersi nei ricordi, adesso aveva ben altro da fare.
Damon vagava per quelle strade sempre uguali con le parole di suo padre
che ancora gli vorticavano, frenetiche ed insistenti, nella mente.
“La colpa è solo tua!” - era questo che
aveva detto e aveva avuto tutte le ragioni per farlo.
La colpa era solo sua, la colpa era sempre stata solo sua.
Se i rapporti con Stefan erano quelli che erano la colpa era solo sua.
Se tutti lo odiavano la colpa era solo sua.
Se tutti avevano rischiato la vita più volte la colpa era
solo sua.
Se Shinichi e Misao avevano attaccato Fell’s Church la colpa
era solo sua.
Se Stefan era stato fatto prigioniero nello Shi no shi la colpa era
solo sua.
Se Bonnie, la sua Bonnie, aveva rischiato di essere uccisa da Chen la
colpa era solo sua.
Se si trovavano lì dentro, adesso, mentre gli altri erano
fuori immersi in un sonno dal quale potevano non svegliarsi mai
più la colpa era solo sua.
Tutto era colpa sua.
Damon si sentiva debole e spossato, non riusciva a pensare lucidamente
a nulla, vagava per quelle vie senza curarsi di dove stesse andando,
l’unica cosa con lo spingeva ad andare avanti era la
consapevolezza che lì, da qualche parte, c’era
Bonnie e che lui voleva rivederla almeno per una volta.
Era immerso nei suoi tristi pensieri, quando improvvisamente si
sentì afferrare per un braccio.
Si voltò e lì a sorridergli trovò una
bambina.
Aveva lunghi capelli castani sciolti sulle spalle fatta eccezione per
quelli davanti che teneva legati indietro con un fiocco enorme.
Gli occhi erano azzurri e aveva la pelle candida e le guance rosate.
Aveva un vestito davvero bello in stile Alice nel paese delle
meraviglie, solo che il suo era di velluto verde.
Lo guardava sorridendo e con un espressione dolcissima.
“Chi sei?” - chiese Damon.
“Vieni con me!” - rispose candidamente la bambina
che avrà avuto all’incirca dieci anni.
Damon la prese per mano e si lasciò guidare.
Si fermarono di fronte ad una parete e dal nulla comparve una porta,
quando la attraversarono Damon restò sbalordito da
ciò che vide: era all’interno di una stanza piena
di tv al plasma e ogni singola tv proiettava quello che era un suo
ricordo, un suo ricordo dei momenti con Bonnie.
Bonnie era ancora stesa per terra e teneva gli occhi chiusi.
Tutta quella storia dell’incubo l’aveva
terrorizzata, per non parlare di ciò che aveva fatto alla
sua sicurezza.
Adesso sapeva che non poteva farcela, non poteva fare nulla
perché era troppo debole.
A dirglielo era stato il mostro, quindi doveva essere vero.
Sì, perché quel mostro non era stato creato da
Ted, era parte di lei, del suo subconscio, della sua coscienza, e se
persino la sua coscienza le diceva che era troppo debole, allora come
poteva fare a non crederci?
E se era troppo debole perché continuare a lottare?
Perché andare avanti? Non ce ne era motivo.
- Oh, avanti Bonnie, che
scemenze dici, sì che c’è un motivo e
si chiama Damon, tu devi rivedere Damon almeno una volta, poi potrai
lasciarti andare in pace! - le disse una voce nella sua
mente.
Non appena il nome di Damon tornò nei suoi pensieri, Bonnie
sentì che doveva proseguire, sapeva che non ce
l’avrebbe fatta, ma non importava, lei doveva rivedere Damon.
Si alzò lentamente in piedi tenendosi una mano sulla fronte
come a bloccare il dolore del terribile mal di testa che quei cupi
pensieri in cui si era crogiolata fino ad un attimo prima le avevano
causato.
Sentiva la testa pulsare e credeva di stare impazzendo, quando un
rumore attirò la sua attenzione.
Era come un ticchettio continuo, tic-tic-tic-tic, e si avvicinava
sempre di più.
Mano a mano che si avvicinava quel rumore diventava sempre
più forte e più familiare, fino a che Bonnie non
lo vide: davanti a lei un bambino le stava andando incontro facendo
rimbalzare una palla marrone di cuoio sul suolo provocando quel
continuo ticchettio.
Il bambino all’improvviso si fermò,
alzò lo sguardo e non appena la vide le corse incontro
posizionandosi a meno di un metro da lei e sorridendole.
Era un bambino bellissimo, di circa dieci anni.
Aveva i capelli corti, castani e due occhi azzurri fantastici, la pelle
era candida e le guance rosate.
Era vestito come un piccolo principino, con un bellissimo vestito di
velluto verde.
La guardava teneramente.
Poi le allungò una mano e le disse: “Vieni con
me!”.
Quel bambino era così bello che Bonnie non potè
fare altro che accontentarlo: gli afferrò la manina e lo
seguì.
Si fermarono poco dopo e dal nulla venne fuori una porta.
Bonnie era terrorizzata da quella apparizione improvvisa, ma il bambino
la esortò ad entrare con un favoloso sorriso e lei non
potè fare altro che cedere.
Oltrepassò la porta e si ritrovò in una stanza
piena di tv che proiettavano i suoi più bei ricordi con
Damon.
Damon era ancora lì, imbambolato a fissare tutti quegli
schermi.
C’era davvero tutto lì: la prima volta che
l’aveva vista quando era ancora troppo stupido per capire che
aveva davanti la donna della sua vita, il loro primo bacio alla festa
di Alaric, la prima volta che l’aveva salvata, il loro
secondo bacio quello che gli diede lei mentre lui era posseduto, il
momento in cui non ricordava nulla e poi quello in cui aveva ricordato
tutto, quando l’aveva rivista con Lucas, quando aveva capito
di amarla, quando l’aveva baciata nel bosco, la lotta con
Chen, quando si erano detti “ti amo”, la loro prima
volta insieme, il primo morso, il loro viaggio…era tutto
davanti ai suoi occhi.
Damon fissava ogni singolo schermo e riviveva quei momenti, era
incredibile ciò che sentiva.
Ma all’improvviso la bambina che era rimasta sempre accanto a
lui, si allontanò, andò davanti alle tv e
cominciò a spegnerle una ad una, e ogni volta che una tv
veniva spenta un dolore fitto alla testa lo colpiva e Damon si
ritrovava a guardare quello schermo ormai vuoto sforzandosi di
ricordare cosa c’era dentro, ma senza nessun risultato: la
bambina stava cancellando la sua streghetta.
Le fitte di dolore erano fortissime.
Bonnie non riusciva a capire perché il bambino si
comportasse così.
Un attimo prima era lì che riviveva tutti i suoi momenti con
Damon e un attimo dopo il bambino spegneva le tv e le faceva
dimenticare tutto senza una ragione apparente.
Ma Bonnie doveva fare qualcosa perché sentiva i ricordi
svanire ad uno ad uno come se semplicemente non fossero mai esistiti.
“Fermati! Perché lo stai facendo?” -
gridò, ma il bambino non le rispose e lento e inesorabile
continuò tranquillamente a fare ciò che stava
facendo prima.
Bonnie allora gli andò incontro, lo voltò
bruscamente e scollandogli le spalle cominciò ad urlargli in
pieno viso.
“Perché lo fai? Perché cancelli Damon
dalla mia mente? Rispondimi subito!” - gridò.
Il bambino la guardò per qualche istante e poi le rispose
serenamente: “Perché è questo quello
che tu vuoi che io faccia!”.
“COSA?” - Damon non poteva credere alle sue
orecchie, eppure il suo udito era praticamente perfetto.
Quella bambina gli aveva appena detto che stava cancellando Bonnie
perché era lui a volere che lo facesse.
- Ma è pazza?
- pensò Damon sentendo la rabbia crescere
sempre più.
Se fino a qualche istante prima credeva che quella bambina fosse una
specie di piccolo angelo, ora credeva solo che fosse una piccola
psicopatica.
Come le era saltato in mente di dire una cosa simile? A lui, poi?
“Ok, ascoltami, piccoletta! Voglio concederti il beneficio
del dubbio e quindi farò finta di non aver capito quello che
hai appena detto. Ora tu mi spieghi perché diamine spari
cavolate colossali come questa!” - disse Damon.
“Io ti dico che hai sentito benissimo e che non dico nulla
che non sia vero! Sono una bambina, io, non posso mentire
perché sono troppo innocente per farlo!” - rispose
la piccola.
“E quindi?” - fece Damon.
“E quindi ho detto la verità! Sei tu che la vuoi
cancellare. Pensaci, Damon, tu ti senti perso, senza speranza, vuoto,
sai che non potrai mai vincere, quindi perché lottare? E se
non puoi vincere perché soffrire continuando a restare
attaccato al ricordo di qualcuno che sai non rivedrai più e
con la quale non potresti mai essere felice perché non
vincerai e quindi morirai?” - chiese la bambina.
Damon non poteva crederci, stava succedendo di nuovo: la magia era di
nuovo entrata nella sua mente e non solo stava manipolando i ricordi
che aveva di Bonnie, ma era stato lui stesso a farla entrare e lui
stesso non stava facendo nulla per bloccare quell’ orribile
processo di distruzione.
Bonnie era scioccata.
Il bambino le aveva chiaramente ripetuto parola per parola quello che
lei aveva pensato fino a qualche istante prima mentre i ricordi
continuavano a svanire, ormai ne restavano davvero pochi.
Era lì , ferma, e non sapeva cosa fare.
Doveva reagire? E a che scopo? Era troppo debole per poter lottare e
vincere quindi perché continuare a soffrire tentando di
raggiungere Damon sapendo che non sarebbe servito a nulla, che avrebbe
perso comunque.
Doveva lasciar perdere tutto? Doveva lasciare che il bambino
continuasse a cancellare ricordo dopo ricordo? Forse sì e
doveva augurarsi che a Damon capitasse lo stesso, che la dimenticasse
così come lei stava lentamente dimenticando lui.
I secondi passavano e Damon non faceva nulla.
Ma perché doveva fare qualcosa?
Lui era il responsabile di tutto quello che stava accadendo
perché se non fosse stato con Bonnie lo stregone non
l’avrebbe presa di mira e non avrebbe fatto qualsiasi cosa
avesse fatto a suo fratello e agli altri umani.
Doveva dimenticare? Sì, sarebbe stato più facile
lasciar perdere tutto e permettere a Bonnie di avere una vita felice e
normale senza di lui.
Si sentiva sicuro, era convinto che la sua scelta fosse quella giusta,
la colpa di tutto era solo sua e avrebbe pagato a caro prezzo: avrebbe
cancellato dalla sua vita l’unica fonte di
felicità.
Bonnie era sicura, era convinta che la sua scelta fosse quella giusta.
Guardava il bambino procedere e non faceva nulla.
Le tv erano ormai tutte spente, ne restava solo una, Bonnie la
guardò e poi tutto accadde così velocemente.
Guardando l’ultima tv accesa Damon sentì qualcosa
che si risvegliava nel profondo del suo essere.
Quel ricordo non era uno dei tanti, era IL ricordo: lui era quasi in
fin di vita per via di Chen, Bonnie era lì ed era pronta a
sacrificare se stessa per loro due e poi lo disse, disse che lei lo
amava e che lo avrebbe amato per sempre e Damon
sentì qualcosa dentro di sé, come se il suo cuore
morto avesse ricominciato a battere di nuovo e le aveva risposto, le
aveva detto che anche lui l’amava, quel giorno era cominciata
la sua nuova vita, la sua vera vita, con Bonnie.
- Oh, che idiota! Come
posso fare una cosa simile! Che importa se la colpa è mia,
Bonnie mi amerà sempre e comunque me lo ha promesso lei
stessa quella sera di un anno fa! - gridò a se
stesso Damon.
In quell’ istante una nuova consapevolezza nacque in lui:
stava per perdere tutto, ma non era ancora troppo tardi, si sarebbe
ripreso tutto, i suoi ricordi e Bonnie.
Persa nel ricordo della loro dichiarazione di un anno prima, Bonnie
capì che non era vero nulla di tutto quello che aveva
pensato fino ad allora.
Non era vero che era troppo debole, forse lo era stata in passato, ma
non adesso, adesso aveva Damon e aveva il suo amore per lui, era quello
che le dava forza, l’amore, lei era forte perché
amava Damon con tutta se stessa e al diavolo tutto il resto.
“Fermati” - urlò e il bambino si
girò di scatto.
“Cosa?” - le chiese.
“Mi hai sentito! Fermati e vai via! VIA!” -
gridò e dal nulla una luce accecante avvolse tutto.
Damon li sentiva tornare, aveva urlato alla bambina di fermarsi e
adesso, avvolto in una luce abbagliante, sentiva i ricordi tornare ad
uno ad uno.
Quando la luce si dissolse, Damon era di nuovo solo, di nuovo nel
Labirinto, ma adesso un nuovo sentimento era nato in lui, in lui
c’era la voglia di farcela.
I ricordi erano tornati, c’erano tutti, Bonnie aveva fatto
l’inventario completo nel momento esatto in cui la luce era
scomparsa e con lei l’illusione e il bambino cancella-ricordi.
Era di nuovo sola, lo sapeva, ma adesso un nuovo sentimento era nato in
lei, in lei c’era speranza.
“AHHHHHHHHHHHH!” - l’urlo di Ted si
alzò alto e si propagò all’interno del
Labirinto.
Era furioso.
Erano così angosciati sia la strega che il vampiro e lui era
sul punto di farcela quando entrambi lo hanno battuto di nuovo,
capovolgendo la situazione a loro favore per l’ennesima volta.
Ormai Ted non aveva nessuna alternativa, doveva usare la sua arma
segreta perché, anche se non lo sapevano, quei due erano
pericolosamente vicini al centro e lui non poteva permettere che vi
arrivassero forti e sicuri come erano adesso, doveva dividerli e
c’era un unico modo per farlo: metterli l’uno
contro l’altra.
Si mise le mani sulle tempie e si concentrò.
Una nebbia improvvisa avvolse tutto e due turbini di vento si
stagliavano davanti a Ted formando due colonne che dal cielo
raggiungevano la terra.
Quando il vento si placò e la nebbia si diradò,
al posto dei turbini apparvero due figure, entrambe create da Ted con
la sua magia.
Uno era un ragazzo vestito di nero, con i capelli neri e gli occhi
dello stesso colore, era un vampiro.
L’altra figura era quella di una ragazza con il viso a cuore,
una cascata di boccoli rosso fuoco e gli occhi nocciola, era una strega.
Ted aveva creato una copia esatta di Damon e di Bonnie.
NOTE:
Ciao a tutti!
Come promesso ecco postato prestissimo un nuovo capitolo, spero vi
piaccia.
Vi confesso che non è stato facile scriverlo
perchè Damon e Bonnie vivono la stessa esperienza nello
stesso momento e i POV si alternano molto velocemente, è una
cosa nuova che mi è uscita così, spero di essere
stata abbastanza chiara con quello che ho scritto.
Fatemi sapre il vostro parere anche perchè ho ancora delle
perplessità proprio per questo fatto del rapido alternarsi
dei POV.
Quindi...grazie per le recensione al vecchio capitolo, vi adoro.
Recensite...recensite...recensite...BACIONI...IOSNIO90!
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Capitolo 13 *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo
dodicesimo
Le
due copie erano lì davanti a lui, pronte per l’uso.
Ted già pregustava il momento in cui quella terribile
sciagura si sarebbe abbattuta, per mano sua, sui due tragici eroi.
Fisicamente le copie erano perfette, non mostravano nessun difetto, ma
Ted sapeva che non era quello il vero problema con incantesimi del
genere.
Creare la copia di qualcosa era estremamente facile perché
bisognava solo riprodurre l’immagine fisica di quella cosa,
ma con le persone era diverso.
Quando si trattava di persone l’immagine fisica non bastava,
serviva ricreare i movimenti, le espressioni e questo richiedeva
parecchia forza e concentrazione.
Ted sapeva che la forza necessaria a farli muovere come si deve non ce
l’aveva in quel momento perché il suo Potere era
già impegnato a tenere su troppe cose: c’era il
Labirinto, c’erano tutte quelle illusioni che avevano
coinvolto Damon e Bonnie e che gli avevano prosciugato energia e poi
c’era quella piccola parte del suo Potere ancora impegnata al
di fuori di quelle mura magiche per tenere l’altro vampiro e
gli umani immersi in quel sonno magico.
No, decisamente le copie non potevano muoversi più di tanto,
ma non era poi un grande problema.
Per quanto riguardava il vampiro, bè, lui era un vampiro e
in quanto tale anche se restava completamente immobile nessuno ci
badava più di tanto, dopotutto
l’immobilità assoluta era una caratteristica di
quella sua infima razza.
Per quanto riguardava la strega….ecco, con lei la questione
era più spinosa, perché era umana, non era
proprio pacata da quello che aveva visto e gesticolava parecchio, ma
forse limitandosi a farla muovere, ma non troppo, non ci si sarebbe
accorti di nulla, insomma poverina ne aveva passate così
tante che era evidentemente spossata…..sì, poteva
reggere come scusa.
Ma i movimenti e le espressioni non erano poi questo gran problema se
li si paragonava al problema della voce.
Far parlare delle copie era impossibile, per questo nelle maggior parte
dei casi, quando si desiderava che parlassero, proprio come desiderava
ora Ted, si faceva in modo di scegliere soggetti con un certo livello
di potere psichico in modo da usare la loro voce mentale senza destare
sospetti nella persona contro cui la copia era scatenata.
Usare la voce mentale era decisamente più semplice del farli
parlare, ma si preoccupava proprio di questo: usare la voce mentale, in
questa occasione, poteva destare sospetti nel vampiro.
Sì, perché era vero che lui aveva i poteri
psichici bloccati dalla magia di Ted e che quindi non poteva
né parlare mentalmente, né ascoltare nulla che
non provenisse da qualcuno tanto potente da arrivare alla sua mente, ma
la strega non ne era a conoscenza, lei non c’era quando lui
aveva avanzato quella richiesta al vampiro, quindi, per quanto ne
sapeva lei, il suo caro vampiro era ancora in possesso di tutti i suoi
poteri, anche della voce mentale, quindi con lei e la copia di Damon il
problema non si poneva.
Il guaio veniva fuori con lui e la copia di Bonnie.
In quell’ occasione doveva stare davvero attento.
Ted sapeva che la strega non era né particolarmente potente,
né particolarmente avvezza alla magia e sapeva che il
vampiro lo sapeva, quindi la questione era rischiosa.
Era vero che il vampiro era stato destabilizzato dalle sue illusioni e
di certo si sarebbe destabilizzato di più rivedendo
l’immagine della strega, ma era vero anche che, nonostante a
Ted costasse parecchio ammetterlo, quel Damon non era per niente
stupido e avrebbe fiutato l’inganno se lui non fosse stato
accorto a tutto.
Quindi…..cosa fare?
Di certo Damon sapeva che con il tempo il Potere di una strega
aumentava anche se lei non lo usava e di sicuro si era accorto che
anche il Potere della sua strega era cresciuto, inoltre c’era
il fatto che se un essere magico sta a contatto per molto tempo con un
altro essere magico o comunque con una manifestazione di magia, come ad
esempio il Labirinto, il Potere cresceva anche in quel caso, e quasi
sicuramente il vampiro sapeva anche questo.
Se tutte queste < conoscenze > del vampiro potevano, in
una situazione normale, infastidirlo parecchio, in quell’
occasione Ted ne fu felice, perché questo giocava a suo
favore rendendo meno sospettoso il vampiro nel momento in cui avesse
sentito la strega parlare nella sua mente.
E se invece non conosceva un bel niente, cosa poco probabile, Ted
poteva sempre giustificarsi, o meglio, la copia di Bonnie poteva sempre
giustificarsi dando la colpa alla magia.
Questo risolveva la cosa, ma l’attenzione era comunque
d’obbligo.
- Sarà
sicuramente meglio non usare una voce chiara e comprensibile, ma una
voce bassa e diciamo….disturbata, come quando si parla al
cellulare e c’è poco campo -
riflettè Ted e subito si convinse che quella era la scelta
giusta.
Per essere sicuro che la cosa andasse a buon fine e per togliersi
quella fastidiosa spina dal fianco decise che era meglio utilizzare una
copia alla volta e partire prima con quella della strega da inviare a
Damon.
Si concentrò, riportò le mani alle tempie e in
pochi attimi la copia della ragazza venne avvolta da una strana luce
che la fece scomparire.
Subito dopo, riportando le braccia lungo i fianchi, Ted si
voltò verso la sfera di cristallo che gli mostrava
l’avventura di Damon all’interno del Labirinto
magico e lo vide lì, confuso, mentre fissava incredulo
l’immagine della strega appena apparsa.
- Povero idiota
- pensò Ted con un sorriso sadico sulle labbra.
Dopo l’ultima illusione e dopo il modo in cui si era
conclusa, Damon si sentiva rinato.
Camminava per il Labirinto a testa alta e con lo sguardo fiero rivolto
dritto davanti a sé.
In quel momento nulla lo avrebbe fermato, il suo obiettivo era uno,
anzi no, aveva due obiettivi: ritrovare Bonnie e uccidere Ted.
- Niente di
più facile! - pensò Damon senza la
minima ombra di sarcasmo.
Si sentiva più forte del solito, si sentiva euforico, si
sentiva un dio in terra.
Aveva una voglia matta di prendere a calci quel brutto verme
strisciante e viscido di uno stregone che si era anche solo permesso di
fare quello che aveva fatto poco prima.
Passi la prima illusione con quella tizia di cui non ricordava neppure
il nome, passi anche l’incubo rivissuto del sesto compleanno
di Stefan, ma mandarlo quasi nel baratro spingendolo a cancellare i
ricordi di Bonnie, no, quello non doveva farlo.
Come poteva pensare di cancellarla dalla sua vita? Significava
cancellare lui stesso: ormai l’amore della sua streghetta era
diventato una parte tanto importante del suo essere che si svegliava al
mattino solo per sentire il cuore del suo uccellino battere forte
intonando per lui un canto meraviglioso.
Avvolto in questi pensieri, Damon continuava imperterrito ad avanzare,
passo dopo passo, aumentando sempre più la
velocità.
Sentiva crescere dentro di se una strana ansia, l’ansia che
precede la battaglia, ansia che in fondo non è vera ansia,
ma più una sorta di eccitante trepidazione per qualcosa che
si è aspettato a lungo e che si sente ormai vicino.
Damon aveva la forte impressione di esserci quasi, di essere arrivato,
seppure inconsapevolmente, molto vicino al centro del Labirinto, molto
vicino a Ted, ma soprattutto molto vicino a Bonnie.
Nel momento esatto in cui il nome di Bonnie si affacciò nei
suoi pensieri, l’attenzione di Damon venne rapita da uno
strano bagliore che andava formandosi dinanzi a lui, bloccandogli il
passaggio.
Damon restò fermo a fissare quel bagliore ormai diventato
luce, ma era una luce davvero strana: era rossa, brillante e in un cero
senso sembrava materiale, sembrava fatta da una enorme
quantità di grossi rubini, sembrava una vortice di rubini,
era sorprendente.
Ma Damon sapeva che non doveva lasciarsi incantare, qualunque cosa si
celasse oltre quell’ uragano rosso era stata mandata da Ted
come ultimo tentativo di difesa, Damon lo sentiva.
Cominciò a ringhiare furioso e si portò
istintivamente in posizione d’attacco con i canini ben
sporgenti, pronto ad azzannare qualsiasi cosa si ritrovasse davanti.
Ma quando il vortice scomparve rivelò dinanzi a Damon
l’unica figura che non avrebbe mai, e dico mai potuto
attaccare.
Davanti a lui c’era lei, c’era la sua streghetta,
il suo uccellino, c’era Bonnie.
Era lì in piedi, con le braccia lungo i fianchi, a
circa tre metri da Damon e lui non riusciva a crederci.
Ritrasse i canini e rimase con gli occhi fissi sulla figura che aveva
davanti.
Da quanto tempo non la vedeva? Ore? Giorni? Mesi? Anni?
Damon non lo sapeva e neppure gli interessava perché quando
si trattava di lei il tempo perdeva ogni importanza: se era con lui era
infinito e dolce, se erano divisi era altrettanto infinito, ma amaro.
Dopo pochi istanti Damon fece lentamente un passo avanti come se avesse
timore che lei fosse solo un bellissimo miraggio e che se si fosse
avvicinato troppo sarebbe svanita nel nulla.
Arrivò a circa un metro da lei, la vedeva così
vicina, voleva solo stringerla a sé, quando successe
qualcosa che lo spiazzò: Bonnie si mosse per la
prima volta da quando era ricomparsa e lo fece per alzare un braccio e
protenderlo davanti a sé per indicare a Damon di fermarsi
subito e non avanzare più.
Damon si gelò lì dov’era.
Erano così vicini eppure così lontani, quel
braccio, il braccio esile e perfetto di Bonnie li divedeva come se
fosse un’ oceano, e Damon non capiva il perché.
Dentro di sé sapeva che c’era qualcosa che non
andava, la vedeva strana, sì, lei era decisamente strana.
Lo guardava dritto negli occhi ma non mostrava nessun sintomo del
turbamento che la sua vicinanza le provocava dentro come succedeva di
solito, non c’erano le mani sudate, il cuore accelerato, il
respiro affannato, il tremore alle gambe, quell’espressione
adorante e persa che le compariva sul viso ogni volta che si guardavano
negli occhi, già gli occhi...quelli erano davvero strani,
erano spenti, vuoti, non c’era la scintilla che li animava di
solito.
A Damon quella situazione non piaceva per niente.
Tentò di avanzare di nuovo ma una voce gli arrivò
nella mente: “Fermati”
- gli ordinò lei.
Aveva parlato con lui telepaticamente, e lui era riuscito a sentirla
nonostante i suoi poteri psichici fossero bloccati…era
impossibile!
Sapeva che la sua streghetta diventava inconsciamente più
potente di giorno in giorno, ma non si era mai esercitata ed un potere
del genere di certo non ce lo aveva ancora.
“Bonnie, come…?” -
tentò di chiedere, ma la voce mentale di Bonnie lo
interruppe: “La
magia!” - rispose.
La magia….
Sì, Damon ricordò di aver sentito dire una volta
che il Potere degli esseri magici come streghe e stregoni aumentava se
stavano a contatto con qualcun altro come loro o con qualcosa di
magico, ed in quel caso Damon, guardandosi intorno, si rese conto che
tutto intorno a loro era magia, era ovvio che il Potere di Bonnie
aumentasse.
Lasciò perdere tutta quella storia della magia e del Potere
di lei e tornò a concentrarsi solo su Bonnie, su di se e su
loro due vicinissimi.
“Bonnie, mi sei mancata, non sai quanto!” - le
disse sincero, ma la risposta che ricevette non era quella che si
aspettava.
“Tu
no!” - rispose secca lei sempre mentalmente.
Damon non riusciva a credere a quello che aveva sentito.
Bonnie gli aveva davvero appena detto che non aveva sentito la sua
mancanza o era stato solo un brutto sogno?
Damon non capiva.
“Bonnie, cosa stai dicendo?” - le chiese
scioccato.
“Quello che ho
detto! Non mi sei mancato per niente, anzi!” -
rispose lei.
“Come puoi dire una cosa del genere? Lo so che è
colpa mia tutto questo e se sei arrabbiata lo posso capire, ma come
puoi dire che sei stata bene senza di me? Io ho passato
l’inferno!” - le disse.
“Fatti
tuoi!” - ribattè lei.
- No, non è
possibile, questa non è Bonnie - si ripeteva
Damon.
“Bonnie, avanti, perché fai così, non
ricordi? Noi siamo destinati a rimanere sempre insieme,
sempre!” - disse Damon.
“Io non sono
destinata a fare un bel niente con te!” -
affermò sprezzante lei.
Damon non ci vide più.
“COSA? Come puoi dire una scemenza simile? Dopo tutto quello
che abbiamo passato per stare insieme! Non ti ricordi di Lucas? Del
matrimonio? Chen?!” - le urlò contro Damon.
Bonnie non rispose per diversi minuti, poi parlò:
“Stando qui ho
capito una cosa, ho visto la magia in azione, sono stata vittima di
illusioni e di incubi e grazie a questo ho capito una cosa e voglio che
tu la sappia!”.
“Dimmi!” - disse Damon che era pronto a tutto, ma
non a quello che stava per sentire.
“Ho capito
qual è il mio posto, cioè il regno magico e ho
capito che….” - lasciò la
frase in sospeso.
“Che?” - la esortò Damon.
“Ho capito che
non ti amo!” - disse sicura la voce nella mente
di Damon e a quel punto tutto fu nero, fu spento, fu senza valore,
privo di ogni significato.
Damon si accasciò lentamente al suolo, sulle ginocchia e
lasciò cadere la testa in avanti, sul petto.
Ciò che aveva sentito, detto con così tanta
sicurezza, l’aveva ucciso dentro, completamente annientato.
Bonnie non lo amava, non lo amava.
Ma se lei non lo amava che bisogno c’era di vivere?
Se lei non lo amava….
Lei non lo amava, non lo amava.
“Non ti
dirò che mi dispiace, perché non è
così! Forse non ti ho nemmeno mai amato per
davvero!” - continuò lei.
No, questo era troppo, troppo doloroso da sopportare.
Il peso di quelle parole si abbattè ancora di più
su Damon, che se prima era distrutto adesso sentiva di essere sul punto
di smettere di esistere e di dissolversi semplicemente
nell’aria.
All’improvviso un bagliore rosso lo costrinse ad alzare lo
sguardo.
Il vortice di rubini era tornato ed in pochi secondi
l’immagine di Bonnie era scomparsa.
- Scomparsa per sempre -
pensò Damon in un misero momento di lucidità e
poi nulla più.
Damon restò lì, immobile, con il fiato corto,
fatto a pezzi, calpestato, annientato.
Dentro di sé sentiva solo ghiaccio, freddo e appuntito
ghiaccio, che lo lacerava.
Aveva perso ogni percezione della realtà, l’unica
cosa che percepiva era il silenzio, quel silenzio che da quando aveva
ammesso di amare Bonnie non aveva più sentito: il silenzio
del suo cuore morto.
Il suo cuore non poteva battere davvero, lo sapeva, ma da quando
c’era lei, Damon aveva cominciato a sentire come una sorta di
formicolio nel petto e poteva giurare che quel suo ridico cuore muto
avesse ricominciato a battere pur rimanendo immobile.
Era una sensazione bellissima che lo faceva sentire vivo, ma adesso era
sparita, trascinata a forza via da lui da quelle parole - IO NON TI AMO
-.
Adesso l’unica cosa che sentiva nel petto era un rumore
strano, stridente e…pesante: era il rumore della roccia
fredda che non si stava limitando ad avvolgergli il cuore, no!, ne
stava prendendo il posto.
NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco un nuovo capitolo!
Ci avviciniamo alla fine e tra poco Damon e Bonnie si rivedranno per
davvero, ma visto come stanno andando le cose, cosa
succederà?
Questo non posso dirvelo, me se volete potete provare ad
indovinare!XDXDXDXDXD
Grazie di cuore per le recensioni e grazie anche ai lettori silenziosi
che noto con immenso piacere che aumentano di giorno in giorno...grazie!
Ora vi lascio, ma mi raccomando voglio sapere cosa ne pensate!
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Capitolo 14 *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo
tredicesimo
Ted
guardava compiaciuto e con la testa leggermente inclinata di lato la
copia di Bonnie.
Aveva fatto proprio un bel lavoro, non c’era
nient’altro da dire se non che era stato tutto perfetto.
Certo quello stupido vampiro lo aveva spiazzato con le sue
farneticazioni su matrimoni e nomi cinesi, era vero che aveva studiato
la vita di entrambi, ma aveva solo cercato e visto quello che
più gli interessava per creare le sue illusioni, mica si era
preso il disturbo di setacciare ogni minima parte della loro miserabile
vita, però se l’era cavata alla grande comunque
cambiando discorso e focalizzandosi sul colpo di grazia da dare al
vampiro.
E la reazione dei Damon era stata
così…così….
Oh accidenti, non c’erano parole belle abbastanza per
esprimere come era stata la reazione del vampiro.
Sublime? Meravigliosa? Estasiante? No, erano parole troppo misere per
quel contesto, non riuscivano nemmeno lontanamente ad esprimere quello
che aveva provato Ted quando aveva visto il vampiro e tutta la sua
sicurezza accasciarsi al suolo completamente privo di forza, privo di
speranza, privo di tutto.
- Già! Ora
prova a riprenderti da questo! - pensò Ted
sorridendo mentre dava uno sguardo veloce e carico d’ odio
alla sfera che mostrava ancora l’immagine di Damon a terra.
- Ma adesso basta Ted!
Hai ancora altro lavoro da fare, non crogiolarti troppo nella tua
vittoria! - lo rimproverò la voce della sua
razionalità.
E aveva ragione: Ted aveva un’altra cosa da fare.
Guardò un’ultima volta la copia di Bonnie e poi
schioccò le dita, mentre la copia si dissolveva nel nulla.
- Incredibile! Tanta
fatica e tanto Potere per farla e poi usarla a dovere, quando bastano
meno di due secondi per farla sparire! -
pensò Ted un attimo prima di spostare la sua attenzione
sulla figura identica a Damon.
La copia era sempre lì, davanti a lui, dove era stata
tutto il tempo da quando era stata creata, e
dopotutto….dopo sarebbe potuta andare?
Ted già pregustava il momento in cui anche la strega sarebbe
stata annientata e da quella che sembrava essere la persona che amava
di più sulla faccia della terra.
Doveva ammettere che infondo, ma molto infondo, gli dispiaceva un
pochino ridurre così la strega.
Insomma, il vampiro se lo meritava eccome il trattamento che gli era
stato riservato, e non solo per come aveva trattato Ted o per
l’aria di superiorità che lo mandava in bestia, ma
proprio perché era un vampiro.
Ted odiava i vampiri molto più di quanto odiasse tutte le
atre creature oscure.
Non avevano diritto alla vita.
Erano dei morti che camminavano disseminando altra morte e altro dolore.
Erano degli abomini che invece di starsene dove dovevano stare,
cioè tre metri sotto terra, pretendevano di andarsene in
giro ad uccidere senza che nessuno facesse nulla.
No, Ted non lo aveva mai accettato.
Per lui quello che era morto, era morto e basta.
Potevano passare i licantropi, che sì uccidevano, ma per lo
meno erano vivi.
Potevano passare anche i fantasmi che sapevano di essere morti, ma non
pretendevano nulla, anzi spesso cercavano qualcuno che li aiutasse ad
andarsene definitivamente.
Ma i vampiri no.
Loro erano gli esseri più viscidi che Ted avesse mai visto,
erano morti, ma non se ne curavano, anzi, facevano in modo da
mischiarsi con i vivi, soggiogarli e imbrogliarli solo per poi bere da
loro ciò che gli dava più forza, più
forza per continuare a mischiarsi, a soggiogare e ad imbrogliare.
Era ignobile.
Ma questo riguardava Damon, la strega non c’entrava nulla.
L’unica colpa di Bonnie era che non riusciva davvero a capire
cosa fosse Damon, o comunque lo capiva ma non se ne importava, lei non
dava importanza al fatto che lui fosse morto e che dovesse continuare
ad esserlo senza andarsene tranquillamente in giro.
No, questo a Bonnie non importava, anzi lei proteggeva il vampiro, lo
amava, lo baciava, si donava lui anima e corpo e forse voleva
addirittura diventare come lui un giorno per potere andarsene in giro
insieme a succhiare sangue per l’eternità come se
fosse la cosa più normale e ovvia del mondo.
Ma adesso il problema stava per essere risolto, perché ci
avrebbe pensato lui, Ted, a mettere le cose a posto e ad aprirle gli
occhi, l’avrebbe fatta soffrire, ma poco importava, tanto,
prima o poi, sarebbe passata.
- Bene è ora
che il gioco riprenda - si disse.
Come poco prima, si rimise le mani sulle tempie e in poco tempo una
sorta di luce, ma questa volta oscura avvolse la copia di Damon che
lentamente scomparve.
Ted continuò a tenersi le dite premute ai lati della testa
per continuare a tenere tutto sotto controllo, anche
l’entrata di Damon, perché la strega non doveva
vedere come arrivava, doveva sembrare che fosse apparso da nulla e
senza il minimo rumore, come farebbe un vampiro vero, altrimenti se lei
avesse visto la luce che lo avvolgeva forse avrebbe capito qualcosa
senza lasciarsi trarre in inganno.
Bonnie se ne andava tranquillamente in giro per il Labirinto, a volte
proseguiva persino saltellando come una bambina tanta era la gioia che
aveva dentro.
Il suo sesto senso la stava avvertendo che, in qualche modo, era molto
vicina al centro e quindi molto vicina anche a Damon, e questo la
rendeva ancora più euforica.
Sapeva che una volta raggiunta la meta non sarebbe stata comunque una
cosa piacevole, perché c’era Ted da affrontare, ma
questo non riusciva proprio a guastarle l’umore.
Ora sentiva dentro di sé la forza, sentiva che avrebbe
potuto spaccare una montagna se fosse servito a raggiungere Damon.
Ma la cosa più eccezionale di tutte era che sentiva anche di
non essere cambiata per niente, di essere sempre la stessa Bonnie di
prima e questo significava che si era fatta un sacco di paranoie per
niente, perché la forza di combattere lei l’aveva
sempre avuta, lei non era debole, lei poteva farcela.
La sua felicità era alle stelle, anche se pensare poco prima
a Ted l’aveva un po’ scossa.
Non aveva paura perché sapeva che con lei ci sarebbe stato
Damon quando avrebbe rivisto lo stregone, ma quel Ted proprio non le
piaceva, non le era mai piaciuto, ma dopo tutto quello che le aveva
fatto e dopo chissà cosa aveva fatto a Damon,
lei….insomma, non solo non le piaceva, lei lo detestava,
anzi no, lei non lo detestava, lei lo odiava proprio, di un odio puro e
irrazionale.
Sapeva bene che Damon voleva uccidere Ted, ma questo non le creava
alcun problema anche se Ted pur essendo uno stregone era comunque un
umano.
No, per lei non c’erano problemi se Damon lo ammazzava
atrocemente, anzi forse poteva addirittura dare una mano se ce ne fosse
stato bisogno.
L’unica cosa che le interessava ora era fare in modo che Ted
lasciasse liberi gli altri da quel sonno magico in cui li aveva
indotti, ma naturalmente la sua massima priorità era
ritrovare Damon.
Con lui Bonnie sentiva di poter fare qualsiasi cosa, sentiva di essere
invincibile, l’importante era che lui stesse al suo fianco e
non l’abbandonasse mai.
Mentre era persa nei suoi pensieri, Bonnie avvertì una sorta
di vento gelido provenire dalle sue spalle e istintivamente si
voltò indietro.
Tutto sembrava a posto, non c’era niente e non
c’era nessuno.
Dopo un attimo di spavento Bonnie trasse un respiro profondo e
tornò a voltarsi nella direzione dove stava andando poco
prima, ma restò completamente immobile per la sorpresa e
l’incredulità.
Davanti a lei, a non più di due metri, c’era Damon.
Bonnie non riusciva a muoversi tanta era la felicità che la
invase completamente.
L’unica cosa che riuscì a fare fu lasciare libere
le lacrime che le vennero istantaneamente agli occhi.
Erano lacrime di gioia, di pura gioia, di una gioia tanto grande come
lei non aveva mai provato.
Damon era lì e la guardava.
Bonnie si asciugò frettolosamente le lacrime e, ancora
troppo scossa per riuscire a muoversi, alzò semplicemente la
testa per far scontrare i loro sguardi, ma subito capì che
qualcosa non andava.
Lui la guardava e lei lo guardava, ma non era come al solito, gli occhi
di Damon non erano come al solito.
Era difficile per chiunque scorgere qualcosa negli occhi neri di Damon,
ma per lei era diverso.
Ogni volta che lo sguardo di Damon si posava su di lei, Bonnie vedeva
come una scintilla, come una luce che rischiarava quel buio.
Negli occhi di Damon, Bonnie ci vedeva le stelle più
luminose, ci vedeva i diamanti più preziosi, ci vedeva il
sole.
Più volte aveva cercato di spiegarlo alle sue amiche o a
Stefan, ma nessuno di loro era mai riuscito a confermare quelle sue
affermazioni, perché per loro gli occhi di Damon erano neri
e basta, neri come la pece, a volte addirittura spaventosi tanto erano
neri, e non capivano davvero come lei potesse dire di vederci
addirittura il sole.
Ma Bonnie quella luce la vedeva davvero.
Ricordò che allora mise tutta se stessa e la sua attenzione
per riuscire a svelare quel mistero, il mistero degli occhi di Damon.
Era davvero poco tempo che Chen era morto e per via di quella specie di
periodo di prova di sei mesi a cui erano stati sottoposti, lei e Damon
passavano davvero un’infinità di tempo con Stefan
e gli altri al pensionato.
Lei era tutta presa da questa sua specie di missione e passava tutto il
tempo a guardare Damon e a guardare come lui guardava gli altri e come
lui guardava lei.
Passò così circa una settimana prima che lei
capisse.
Quando Damon guardava qualcun altro, chiunque altro, i suoi occhi erano
spenti, bui, neri ed impenetrabili, ma quando guardava lei era tutta
un’ altra storia, quando guardava lei c’erano
davvero le stelle, i diamanti e il sole nei suoi occhi, e fu solo
allora che Bonnie capì che quella luce era una luce che
Damon riservava solo a lei, forse inconsapevolmente, ma era
così.
Dopo un po’, Damon, che non era stupido, le fece notare che
si era reso conto che lei stava sempre lì a fissarlo e volle
sapere il perché.
Bonnie, imbarazzata, confessò tutto e gli disse pure della
conclusione a cui era arrivata.
Damon le sorrise e l’abbracciò, mentre con un
sussurro tra i suoi capelli le disse: “E ti ci è
voluto tutto questo studio per capirlo? A me sembrava abbastanza ovvio,
streghetta!”.
In quel momento Bonnie capì di aver avuto ragione tranne che
per una cosa: la luce negli occhi di Damon c’era solo quando
lui guardava lei, questo era vero, ma non era vero che lui ne era
inconsapevole, anzi, lui lo sapeva eccome, ma non gli importava e
illuminava il suo sguardo solo per lei, per invitarla a guardare la sua
anima, a toccarla e farne quella che più desiderava.
Per Bonnie quella era la caso più bella del mondo e la
più romantica, ma adesso era diverso.
Il Damon davanti a lei era diverso.
Nei suoi occhi non c’era luce, non c’erano le
stelle, non c’erano i diamanti e non c’era il sole.
I suoi occhi erano neri ed impenetrabili, come se stesse guardando un
estranea.
“Damon…Damon che ti succede?” - chiese
Bonnie con voce tremante.
“Niente!”
- le rispose Damon mentalmente e con una voce che dava i brividi tanto
era fredda, tagliente e distaccata.
“Come sarebbe a dire niente? Damon sei strano! Cosa
succede?” - chiese Bonnie dopo aver fatto appello a tutto il
suo coraggio: aveva come l’impressione che stava per
succedere qualcosa che non le sarebbe piaciuto per niente.
“Ascoltami
bene strega, perché non mi ripeterò due volte!”
- cominciò lui.
- Strega? Damon non mi
chiama mai strega! Lui mi chiama streghetta, ma lo fa con affetto come
a prendermi in giro e a me piace, ma non mi ha mai chiamato strega e
con quel tono poi….sembrava…..Oddio che sta
succedendo? - pensò Bonnie in preda al panico.
“Io me ne
vado!” - annunciò Damon.
“Cosa? Che significa? Come sarebbe che te ne vai?”
- disse Bonnie quasi urlando.
“Sarebbe che
me ne vado! Mi sono stancato di tutta questa storia, della magia, del
Labirinto, ma più di tutto mi sono stancato di dover sempre
rischiare di morire per te, mi sono proprio stancato di te!”
- disse Damon.
“C-Che vuoi dire?” - chiese Bonnie sperando che lui
intendesse dire qualcosa di diverso da quello che lei pensava e che
semplicemente avesse sbagliato ad esprimersi.
“Esattamente
quello che pensi! Avanti, Bonnie, tu hai davvero pensato che io ti
amassi? Io? Se lo hai pensato sei stata un tantino arrogante, credi di
essere davvero così speciale da riuscire ad imbrigliare me?
Lo ammetto, è stato divertente con te, è stato
qualcosa di decisamente diverso dalla solita routine, lo definirei un
esperimento interessante, ma adesso mi sono stancato. Già
una volta ho rischiato di morire, ma andava bene perché
eravamo agli inizi e dovevo conquistarti, ma adesso no, adesso mi sono
stancato, quindi….” -
lasciò in sospeso Damon.
“Quindi?” - chiese Bonnie con un filo di voce.
“Quindi…
addio ragazzina, io me ne vado, ma è stato un vero piacere
averti!” - finì lui prima di
scomparire nel nulla.
E dopo quelle parole il cuore di Bonnie si spezzò
definitivamente andando in milioni, anzi miliardi di pezzi.
Bonnie restò lì, con lo sguardo perso nel vuoto,
non aveva la forza per fare nulla, neppure per piangere cosa che di
solito le riusciva più che facilmente.
Era tanto sconvolta che non si accorse neppure che Damon era sparito,
lo capì quando non sentì più la sua
voce nella sua testa.
Lui se ne era andato, l’aveva abbandonata, non la aveva mai
amata, era stato tutto un imbroglio, un esperimento come lo aveva
chiamato lui e adesso si era stancato.
Non si accorse che era caduta a terra fino a che non sentì
il suo viso schiacciato contro il pavimento.
Pensò che forse si era fatta male con la caduta, che forse
stava sanguinando, che forse doveva sentire dolore, ma era tutto
inutile, era diventata completamente insensibile a tutto.
Non sentiva nulla, nulla eccetto i pezzi del suo cuore che si
dissolvevano all’interno del suo stesso corpo, ma non se ne
curava.
A cosa le serviva un cuore se lui non c’era?
Non sarebbe mai più stata in grado di amare, ma questo non
la preoccupò, non la turbò, non la
spaventò.
Bonnie ormai non sentiva più nulla.
NOTE:
Ciao a tutti!
Come và? A me tutto abbastanza bene fatta eccezione per il
caldo che proprio non sopporto.
Ecco il nuovo capitolo con cosa succede a Bonnie.
Ted è stato proprio un bastardo con questa storia delle
copie.
Comunque sperò vi piaccia anche perchè siamo
quasi in dirittura d'arrivo.
Grazie per le recensioni e anche a chi legge soltanto.
Mi raccomanodo, come sempre...ditemi sinceramente cosa ne pensate!
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Capitolo 15 *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo
quattordicesimo
“E’
veramente un peccato!” - esclamò Samia sfregando
le mani che teneva elegantemente unite sul grembo.
“Di cosa parli? Cosa è un peccato?” -
chiese Samuel che le era seduto di fianco nella grande sala da cui
stavano assistendo a ciò che avveniva nel Labirinto tramite
una sfera di cristallo.
“E’ un peccato che Ted morirà! Si
è dimostrato molto abile!Forse
potremmo….” - cominciò Samia ma venne
interrotta dal fratello.
“No, non possiamo salvarlo, lo sai! E poi quando arriveremo
lì avremo da fare qualcosa di immensamente più
importante che non salvare la vita ad un giovane stregone senza
esperienza!” - disse Samuel.
“Sì, ma hai visto tu stesso cosa ha appena fatto
con la creazione di quelle copie!” - ribattè Samia
decisa a fare di tutto per far cambiare idea al fratello.
“Ho visto, ma questo non importa!” - rispose Samuel.
“Come sarebbe che non importa?” -
replicò Samia perdendo un po’ del solito controllo
e della solita calma che la contraddistingueva.
“Samia, lo so che ti è difficile accettarlo, ma le
cose spesso non sono giuste e spesso bisogna fare delle scelte
difficili, ma necessarie, soprattutto per gente come noi che abbiamo
tutto il peso del Regno magico sulle nostre vecchie spalle!”
- le disse Samuel posizionandosi in ginocchio davanti a lei e
afferrandole delicatamente le braccia.
“Ma è così giovane!” -
riuscì a dire Samia prima che un lacrima solitaria le
solcasse il viso.
“Lo so, credimi, lo so!Ma non possiamo fare nulla e lo
sapevamo benissimo quando abbiamo deciso di mandarlo laggiù!
Quando arriveremo per lui forse sarà troppo tardi, ma noi
dobbiamo concentrarci solo sulla strega e dobbiamo lasciarlo perdere.
Ma tirati su col morale, forse mi sbaglio e quando arriviamo il vampiro
è quello nei guai e Ted sta per vincere!” - disse
Samuel con un leggero sorriso sulle labbra.
“Non riuscirà mai ad uccidere il vampiro, lo sai!
Se dovesse combattere contro un altro vampiro, come ha fatto in passato
forse ce la farebbe, ma non con quel
vampiro, con lui Ted non ha scampo!” - rispose sicura Samia.
“Lo so!” - si limitò a dire Samuel.
“Ma Ted non lo sa! Lui crede che quello sia come tutti gli
altri vampiri che ha incontrato, ma non è così.
Non si rende conto che ha di fronte un essere molto più
forte e potente di qualsiasi cosa lui abbia mai incontrato!”
- affermò Samia.
“Se ne renderà conto!” -
ribattè Samuel.
“Sì, se ne renderà
conto….quando sarà in punto di morte!”
- controbatté Samia guardando il fratello dritto negli occhi.
“Samuel…”.
“Samia, no! Te l’ho già
detto!” - la interruppe di nuovo Samuel alzandosi e tornando
a sedersi al suo posto.
“Ma…” - tentò Samia.
“Niente ma! Non ci sono né se né ma che
tengano! Abbiamo una missione e la porteremo a termine anche lasciando
Ted lì a morire! Intesi?” - chiese Samuel.
“Allora? Rispondi!” - continuò quando
vide che Samia non accennava a rispondere.
“Sì, ho capito!” - si arrese Samia.
“Bè, me lo auguro! Altrimenti alla fine
dovrò lasciarti qui e sai bene che il resto del Consiglio ci
chiederà una spiegazione se questo dovesse accadere e a quel
punto io non potrei mentire e dovrei dire la verità,
cioè che tu non sei venuta perché eri contraria a
lasciar morire lo stregone e che lo avresti aiutato anche a rischio di
mandare a monte la missione!” - disse Samuel.
“Sì, ho capito!” - ripetè
Samia.
“Alla fine sai che ci faresti uccidere entrambi!” -
continuò Samuel.
“HO CAPITO!” - urlò Samia -
“Non farò nulla e ci atterremo al piano
originale!”.
“Bene” - annuì Samuel leggermente
sorpreso dalla reazione della sorella che di solito era sempre
così pacata, ma forse lui aveva tirato un pò
troppo la cinghia questa volta e non c’era da meravigliarsi
che Samia avesse reagito in quel modo se si calcolava in fatto che non
le era mai piaciuto uccidere nessuno e a volte provava addirittura pena
per le creature oscure che dovevano affrontare.
Si voltarono verso la sfera.
“Dovremmo cominciare a prepararci!” - disse Samia
rompendo il silenzio.
“Sì! Tra poco tocca a noi! Dobbiamo cominciare a
creare un portale che ci porti direttamente nel cuore del
Labirinto!” - confermò Samuel.
“Bene!” - fece Samia alzandosi.
“Bene!” - disse Samuel imitando la sorella e
addentrandosi nel buio della sala.
- Sono un genio, un
genio, un genio, un genio, un genio! - continuava a
ripetersi Ted esultando di gioia e guardando soddisfatto, dalle sue
sfere, il dolore della strega e del vampiro.
Le copie avevano funzionato alla grande.
Damon non si era ancora ripreso, e Bonnie era appena piombata in uno
stato catatonico magnifico, che era tutto un programma.
Anche la copia del vampiro era svanita e anche quella era stata
perfetta come la copia della strega.
Bonnie non si era minimamente resa conto di ciò che avveniva.
Certo all’inizio era sembrata sospettosa, ma poi quattro
parole in croce dette con il tono giusto avevano avuto il potere di
distruggerla e svuotarla così istantaneamente che i dubbi
erano subito scomparsi.
Come previsto l’immobilità totale della copia non
era stata un problema: molto probabilmente la strega era abituata a
vedere il suo caro vampiro in versione statua ogni dieci secondi,
quindi vedere la copia ferma non le era sembrato nulla di strano.
Lo stesso era valso per la voce mentale: Bonnie non aveva la minima
idea del fatto che Damon in quel momento non potesse comunicare
perfettamente nulla con la mente perché i suoi poteri
mentali erano bloccati, quindi, anche in quel caso, lei doveva essere
così abituata a cose del genere quando si trattava del
vampiro che non le era sembrato strano che lui avesse portato avanti
un’intera conversazione senza mai aprire bocca.
Oh, le cose non potevano andare meglio!
Ora Ted era pronto ad accoglierli nel suo spiazzo al centro esatto del
Labirinto.
- Anzi, quasi
quasi li aiuto a farli arrivare qui prima e contemporaneamente. Sono
troppo curioso di sapere come reagiranno quando si vedranno.
Sarà uno spasso! - pensò Ted con un
sorrisino sadico sulle labbra.
Ted aveva come l’impressione che forse, sì,
avrebbe dovuto lottare, ma sentiva che quella lotta non sarebbe
avvenuta proprio subito, anzi aveva la sensazione che sarebbe stato
messo da parte per un bel po’ mentre quei due si scagliavano
l’uno contro l’altra.
Ted già se li vedeva: lui da un lato, lei
dall’altro, a dirsi cose che non si sarebbero mai detti se
lui non ci avesse messo lo zampino.
- Oh, sì!
Sarà proprio uno spasso! - di nuovo il sorriso
sadico.
Ted allora si portò le mani alle tempie e con la forza del
pensiero creò una sorta di fuoco verde galleggiante proprio
davanti a lui.
Con un altro piccolo sforzo il fuoco si divise in tante piccole
fiammelle che poi si alzarono in cielo e si dispersero sul Labirinto.
Avrebbero guidato la strega e il vampiro dritti nella tana del lupo.
Era passata un’infinità di tempo o forse solo
qualche millesimo di secondo da quando Bonnie era scomparsa
all’interno di quel vortice di rubini.
Era passata un’infinità di tempo o forse solo
qualche millesimo di secondo da quando lei gli aveva detto di non
amarlo.
Era passata un’infinità di tempo o forse solo
qualche millesimo di secondo da quando la vita di Damon era stata
distrutta.
Era passata un’infinità di tempo o forse solo
qualche millesimo di secondo da quando il suo cuore era diventato di
fredda e dura pietra tagliente.
Damon, che era ancora accasciato a terra, si tirò lentamente
su.
Quando alzò gli occhi puntandoli davanti a se non era
più quello di prima.
Se Stefan aveva creduto che lui in passato fosse un essere sadico e
senza scrupoli, incapace di qualsiasi sentimento, bè, non
sapeva quanto si era sbagliato.
Tutto quello che era stato in passato e tutto quello che aveva fatto
non erano nulla in confronto a quello che era adesso e che aveva voglia
di fare adesso.
Neanche nei suoi periodi più bui, neanche mentre era stato
posseduto dai malach di Shinichi e Misao era stato più
freddo e spietato di come si sentiva adesso.
Ora era davvero senza scrupoli, privo di cuore, malvagio, sadico e
incapace di qualsiasi sentimento o emozione.
Tutto dentro di lui era pietra.
Tutto dentro di lui era tenebra.
Tutto dentro di lui era morte.
L’unica cosa che voleva davvero era trovare lo stregone e
ucciderlo lentamente, per poi andarsene via, lontano da quel posto che
gli aveva portato solo torture e sofferenze.
Malediceva con tutto se stesso il giorno in cui era tornato e con tutto
se stesso malediceva il momento in cui aveva capito di
amarla….lei…Bonnie.
Bonnie….
Come aveva potuto?
Lei lo aveva ingannato: gli aveva detto che non lo amava e che forse
non lo aveva mai amato per davvero.
Se solo ne avesse avuto la forza sarebbe andato a cercarla,
l’avrebbe trovata e, se fosse stata un’altra, lui
l’avrebbe uccisa per quello che gli aveva fatto.
Ma non poteva, non poteva uccidere lei, nonostante tutto Damon
semplicemente non poteva.
Lei era stata l’unica, l’unica in grado di
cambiarlo per davvero, di entrargli nell’anima e adesso se ne
era andata.
Forse non lo aveva mai amato.
Adesso non lo amava.
Mentre pensava queste cose un gruppo di piccole fiamme verdi
catturò la sua attenzione.
Quelle gli si pararono davanti e formarono per aria la scritta: Ted.
Poi si disposero in gruppo a formare una freccia e cominciarono a
muoversi.
Damon intuì subito dove volevano condurlo.
Quella era magia, lo sapeva.
Non avrebbe dovuto fidarsi perché molto probabilmente era
stato Ted ad inviare quelle fiamme, ma nulla aveva più
importanza oramai, tranne uccidere Ted.
Fissò la freccia di fiamme verdi ancora per qualche secondo,
poi la seguì.
Bonnie era ancora stesa a terra, con la guancia destra che premeva sul
pavimento.
Da qualche parte stava sanguinando, forse aveva un taglio sulla fronte.
Pensò che forse a sanguinare fosse il suo cuore, ma era
impossibile: come poteva sanguinare un cuore che ormai non esisteva
più?
Come era possibile che lei fosse ancora viva se non aveva
più un cuore?
Come aveva potuto?
Come aveva potuto Damon trattarla così?
Ma forse non era quella la domanda giusta da fare, la domanda giusta
era: Come aveva fatto lei ad essere così dannatamente
stupida da cascarci?
Era scritto che Damon l’avrebbe imbrogliata.
Damon stesso era tutto un grande imbroglio.
Ma nonostante questo lei ci aveva creduto, aveva creduto davvero che
lui la amasse, ci aveva creduto ogni singolo giorno che avevano passato
insieme.
Ma era anche vero che lui aveva fatto di tutto per guadagnarsi la sua
fiducia, da grande imbroglione che era.
Era stato geloso di Lucas: imbroglio.
Aveva fatto in modo da farle annullare il matrimonio: imbroglio.
Aveva rischiato la vita per salvarla da Chen: imbroglio.
Aveva accettato le condizioni degli altri pur di stare con lei:
imbroglio.
Il viaggio in Europa: imbroglio.
Era stato tutto un lurido, gigantesco imbroglio.
E lei ci era cascata, ci era cascata perché lo amava, lo
aveva sempre amato e non aveva smesso mai di farlo.
Ma forse era solo lei che era una vera masochista: lui le aveva fatto
male ogni volta, ma non le era importato mai e appena lo aveva rivisto
aveva colto al volo la possibilità di farsi far male di
nuovo da Damon pur di averlo accanto.
Doveva essere così o la soluzione era che lei era
semplicemente molto stupida, così stupida da credergli e da
dimenticare il passato.
Ma adesso non aveva più nessuna importanza di chi era colpa.
Non aveva importanza che lei fosse masochista o stupida.
Nulla aveva importanza.
Lui se ne era andato, l’aveva abbandonata.
Bonnie poteva reggere tutto, tutto tranne questo, tutto tranne
l’abbandono di Damon.
Era decisa a restare stesa sul quel pavimento ed in quel preciso punto
per sempre, quando successe qualcosa.
All’improvviso un bagliore verde la circondò e
Bonnie sentì una strana forza che lentamente la rimetteva in
piedi.
Quando riuscì a reggersi sulle sue gambe, Bonnie vide
davanti a se delle fiamme verdi che si erano unite a formare la
scritta: Ted.
Passarono pochi attimi e le fiamme cambiarono forma e crearono una
luminosa freccia verde che a quanto pareva voleva mostrarle la via per
arrivare allo stregone.
Ripensare a Ted le fece venire un conato di vomito, ma si trattenne.
Non sapeva perché, ma i suoi piedi cominciarono a camminare
seguendo la direzione indicata dalla freccia.
- Bene, bene, continuate
ad avanzare! - ripeteva Ted con lo sguardo fisso sulle
sfere consapevole che alle sue spalle due aperture una di fianco
all’altra davano direttamente sul grande spiazzo circolare
dove si ergeva il suo piedistallo.
Ted li sentiva, ormai erano vicinissimi.
Mancavano soli pochi passi, lo sapeva.
Attese, attese, attese mentre l’ansia cresceva.
All’improvviso un rumore, poi un altro e un altro ancora, un
tenue rumore di passi.
Poi più nulla.
Fu quando calò il silenzio che Ted si voltò e fu
allora che li vide.
Erano arrivati.
Damon continuava a seguire la freccia, continuava e continuava mentre
nella sua mente vagliava ogni possibile modo in cui poteva uccidere Ted.
Poi ad un tratto la vide: davanti a lui c’era una sorta di
apertura.
Quando la varcò Damon si ritrovò in una spazio
circolare enorme e completamente spoglio fatta eccezione per il
piedistallo di pietra che sorgeva al centro esatto di quel cerchio e su
cui c’era lo stregone, il suo obiettivo.
Stava fissando Ted quando un odore intenso gli colpì le
narici: odore di sangue, ma non sangue qualsiasi, Damon conosceva quel
profumo.
Si voltò e ad una decina di passi da lui c’era
lei, c’era Bonnie.
Avrebbe tanto voluto restare impassibile, ma quando il suo sguardo di
posò su di lei non potè trattenersi e
sentì il suo sguardo che si illuminava.
Si sentiva totalmente ridicolo e si aspettava che Bonnie, vedendolo
così, mettesse ancora più in fondo il dito nella
piaga, ma non fu ciò che accadde.
Accadde ben altro e si sentì confuso.
Quello che ora Damon non capiva era: perché Bonnie aveva
cominciato a piangere quando lo aveva rivisto?
Bonnie aveva seguito quasi inconsapevolmente la freccia verde, ormai
era vicina alla fine e voleva rivedere Ted almeno per chiedergli
perché aveva fatto tutto quello che aveva fatto e poi voleva
cercare almeno di fargli lasciare liberi gli altri.
Fu con questi pensieri che varcò la strana apertura che
aveva incontrato alla fine di quel percorso.
Era arrivata, era al centro esatto del Labirinto e Ted era
lì, ma non era solo.
Con la coda dell’occhio Bonnie aveva visto qualcuno arrivare
in quello spiazzo enorme nello stesso istante in cui ci era arrivata
lei.
Quando si voltò Damon era lì.
Calde lacrime le solcarono il viso senza che lei riuscisse a
controllarle nonostante si ordinasse di farlo perché non
voleva che lui la credesse davvero così patetica, ma fu
tutto inutile e le lacrime continuarono a venire giù copiose.
Bonnie si aspettava che lui la insultasse, la offendesse, la prendesse
in giro, ma nulla di tutto ciò accadde.
Accadde ben altro e si sentì confusa.
Quello che ora Bonnie non capiva era: perché gli occhi di
Damon si erano illuminati quando l’aveva rivista?
NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco un altro capitolo, diciamo che è un capitolo di
transizione che ci porta direttamente alle battute finali: ormai
mancano solo due capitoli alla fine che posterò quanto prima.
Prima però vorrei sapere una cosa da voi.
Vedete io mi sono troppo affezionata a questi due personaggi e non ci
riesco proprio a lasciar perdere la loro storia e a finirla
definitivamente, almeno non per il momento.
Quindi ho pensato ad un finale per questa seconda parte che necessita
per forza di una terza parte per la quale ho già una
vagonata di idee soprattutto ora che ho più tempo libero e
la mia fantasia và a briglia sciolta.
Ora, quello che volevo chiedervi è questo: vi piacerebbe che
scrivessi una terza parte de Il linguaggio della resa, oppure vi siete
stancate e preferite che la chiuda qui?
Dalle vostre risposte dipenderà l'epilogo di questa storia:
Se vorrete un seguito allora farò come avevo pensato di fare.
Se non volete nessun seguito allora dovrò modificare le cose
per fare una finale decente e definitivo.
Aspetto le vostre risposte.
Grazie a tutti.
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Capitolo 16 *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo
quindicesimo
Il
tempo passava e correva via velocemente.
Una leggera brezza fresca attraversava l’immenso spiazzo.
Non c’era nessun rumore.
Solo silenzio.
“Ben arrivati!” - disse una voce che probabilmente
doveva essere quella di Ted, ma a Damon non importava.
In quel momento l’unica cosa che aveva importanza era che lei
era lì, davanti a lui.
Ogni volta che aveva provato ad immaginare quel momento, il momento in
cui sarebbero stati di nuovo insieme, di certo non lo aveva immaginato
così.
Quello era uno dei momenti più strazianti che avesse mai
vissuto, era doloroso, era angosciate.
E Damon era furioso: furioso con se stesso perchè a quanto
pare aveva deciso di mettersi sotto i piedi anche l’ultima
briciola di orgoglio che gli restava restando imbambolato come un
cretino a guardarla, e furioso con Bonnie per quello che gli aveva
fatto.
Damon si costrinse a chiudere gli occhi e a scuotere la testa per
cercare di placare quell’istinto che gli diceva di
avvicinarsi subito e baciarla.
Quando tornò ad aprire gli occhi la sua espressione era
colma di furia fredda, così come quella di Bonnie che aveva
asciugato frettolosamente le lacrime e adesso lo stava guardando con
astio.
Damon decise che doveva prendere in mano la situazione e aveva
principalmente tre cose da fare:
Primo: doveva fare in modo che lo stregone liberasse Stefan.
Secondo: doveva dirgliene quattro a Bonnie.
Terzo: doveva uccidere Ted o andarsene, dipendeva
dall’inclinazione del momento.
Si voltò verso Ted e notò che Bonnie fece lo
stesso, non che tenesse d’occhi tutto quello che lei faceva,
no, lo aveva visto casualmente.
“Liberali!” - ordinò allo
stregone.
“Come scusa?” - rispose questo.
“Ho detto libera mio fratello e gli altri!” -
chiarì Damon.
“Mmmm, non vuoi fare prima quattro chiacchiere con la
strega?” - chiese Ted senza il minimo ritegno.
“Liberali!” - disse Damon sentendo la
rabbia e l’odio raggiungere quasi il colmo.
“Ok, ok” - disse Ted alzando le mani in segno di
resa, poi Damon lo vide portarsi le dita alle tempie e lo
sentì pronunciare parole senza senso e poi:
“Fatto!” - disse Ted.
“Come faccio a sapere che è la
verità!” - chiese sospettoso Damon.
“Guarda qui!” - fece Ted e fece svolazzare in aria
una sfera di cristallo che si posizionò a pochi passi da
Damon e Bonnie.
All’improvviso una strana luce si sprigionò dalla
sfera e tutto a un tratto si formarono delle immagini via via sempre
più nitide.
Si vedeva il pensionato, la camera di Stefan, e poi i corpi di suo
fratello e degli altri che venivano colpiti da una specie di raggio
luminoso e che lentamente si svegliavano.
- Bene! Primo obiettivo
raggiunto! - pensò Damon.
Avanzò verso la sfera di cristallo, la prese e la
scaraventò al suolo, riducendola in mille pezzi, poi si
voltò verso Bonnie che per tutto il tempo non aveva fatto,
né detto nulla.
“Perché sei qui?” - le chiese.
“Perché io sono qui? La domanda giusta
è: perché tu sei qui?” - rispose lei e
la sua voce era tagliente come mai lo era stata.
“E questo starebbe a significare?” - chiese Damon.
“Mi sembra ovvio: poco fa mi hai detto che ti eri stancato di
me e di tutta questa situazione e che te ne andavi,
quindi….cosa ci fai tu qui, Damon?” -
spiegò lei.
- Ma è pazza?
- pensò Damon.
“Si può sapere che assurdità stai
dicendo? Io non ho mai detto nulla del genere, quella che ha detto
tutto poco fa sei stata tu!” - le rinfacciò Damon.
“Cosa? Ma se non ho detto nulla!” -
ribattè lei.
“E per te il fatto di avermi detto di non amarmi significa
non dire nulla?” - Damon sentiva la furia aumentare.
“Cosa avrei detto? Damon è inutile che continui a
cercare di imbrogliarmi perché questa volta non ci riesci.
Vuoi prendermi in giro di nuovo? Stai cercando di farmi credere che la
colpa di quello che hai detto, che la colpa del fatto che mi hai
abbandonata, che ti sei stancato di me è mia? Sapevo che eri
subdolo, ma non credevo fino a questo punto. Non ti sembra di avermi
ferita già abbastanza?” - sbottò Bonnie.
“Io ti avrei ferita? Qui se c’è qualcuno
che ha imbrogliato l’altro sei tu! Sei tu che mi hai fatto
credere di amarmi e ora vieni e mi di dici che non mi ami
più e che forse non lo hai mai fatto. Sei tu quella che ha
mentito!” - rispose Damon.
“Io? Sei tu ad essere una sottospecie di imbroglio vivente,
non io! Come hai chiamato tutto il tempo passato con me? Ah,
sì, un esperimento interessante, è
così che hai detto. Per te è stato tutto un
esperimento, un < proviamo a vedere cosa si prova a
fare il bravo vampiro, tanto per fare qualcosa di diverso
>, è stato solo un imbroglio, una menzogna e io ci
sono cascata, avevo una vita quasi felice e ho buttato
all’aria tutto per te, perché mi sono andata ad
innamorare proprio di te, tra tanti!” - disse Bonnie.
“No, ti sbagli! Non ricordi? Tu non mi hai mai amato, Bonnie!
Sei stata tu stessa a dirlo. Ed è inutile che continui a
ripetere questa scemenza dell’esperimento, che io ti ho preso
in giro, perché non è vero nulla e lo sai! Sei tu
quella che ha capito qual è la sua vera strada!” -
fece Damon.
“Cosa diavolo stai dicendo?” - domandò
Bonnie con una risatina isterica.
“Che c’è? Ti è forse passato
di mente? Perché io lo ricordo benissimo! Aspetta,
com’è che hai detto? Se non sbaglio hai detto
qualcosa del tipo: qui dentro ho visto la vera magia e ho capito che il
mio posto è nel mondo magico!” - rispose Damon.
“Ti sbagli, perché io non ho mai detto nulla del
genere!” - fece Bonnie.
“Certo, no a voce alta!” - ribattè Damon.
“Che significa?” - chiese Bonnie.
“Che hai usato la telepatia!” - affermò
sicuro Damon.
“Cosa avrei usato io? Primo: io non so usare la telepatia,
non riesco a parlare telepaticamente come fai tu, al massimo posso
lanciare qualche messaggio ma sempre andando in trance. Secondo: questa
è la conferma che stai mentendo anche questa volta
perché quello che ha usato la telepatia sei tu, io ho
parlato a voce alta!” - controbatté Bonnie.
“Io ho parlato a voce alta, non tu!”- fece Damon.
“Sì, certo. E ti aspetti che ti creda?”-
disse Bonnie.
“Sai una cosa? Non ti facevo così!” -
disse Damon.
“Così come?” - chiese Bonnie.
“Così bugiarda e così perfida! Come hai
potuto prendermi in giro per tutto questo tempo? Ma sai una cosa? Mi
sono stancato!” - fece Damon.
“Questo lo hai già detto! Aggiorna il tuo
repertorio, Damon! E come ti permetti di dire che io sono perfida! Io?
Qui se c’è qualcuno che non si è curato
minimamente dei sentimenti dell’atro sei tu! Io ti odio,
Damon!” - rispose Bonnie ormai al limite.
“Ti odio anch’io, Bonnie, con tutto me
stesso!” - rispose Damon che si era sentito ferito
più del dovuto dalle parole di Bonnie.
Restarono a fissarsi per ancora qualche secondo senza dire
nient’altro, e dopotutto, dopo quello che si erano appena
detti, cos’altro c’era da aggiungere?.
- Devo andarmene via da
qui! - pensò Damon e tornò a
voltarsi verso lo stregone che era rimasto nella sua posizione tutto il
tempo, immobile e a godersi lo spettacolo.
“Io me ne vado, con lei fai quello che ti pare, ma prima
sblocca i miei poteri mentali, ora!” - disse.
“Ok!” - rispose Ted.
Bonnie era rimasta immobile.
Si erano detto di tutti, addirittura che si odiavano. Era finita.
Poi però la sua mente registrò distrattamente le
parole < sblocca i miei poteri mentali
> dette da Damon e sentì Ted che acconsentiva e dopo
un attimo uno strano fascio di luce si era abbattuto su Damon e poi si
era dissolto.
Adesso Damon sembrava sollevato.
- Sblocca i miei poteri
mentali, ma che significa? - pensava Bonnie.
Non ci capiva più nulla.
Come poteva essere che i poteri psichici di Damon fossero bloccati se
poco tempo prima le aveva detto quelle cosa orribili parlando solo
telepaticamente?
Possibile che avesse detto la verità?
Possibile che tutto questo faceva parte del suo piano per sbarazzarsi
di lei e per questo fosse in combutta con Ted?
Bonnie era confusa, terribilmente confusa, ma se voleva saperne di
più doveva farlo ora, perché Damon si stava
allontanando, stava andando via per sempre.
“Damon, che significa quello che è appena successo
con Ted e quel fascio di luce?” - chiese.
Damon si bloccò al suono della sua voce e si
voltò verso di lei.
“A te che importa?” - le chiese.
“Rispondi e sii sincero!” - disse Bonnie.
“Te l’ho detto che io avevo parlato ad alta voce.
Ted ha bloccato i miei poteri prima di entrare qui dentro, quando tu
eri già nel Labirinto, quindi io non potevo dire nulla
mentalmente!” - chiarì Damon.
“Davvero? E allora come è possibile che io abbia
sentito la tua voce nella mia testa, chiara e forte?” -
chiese Bonnie.
“Te lo dico io: è impossibile! E poi sei stata tu
a parlare telepaticamente!” - ribattè Damon.
“Sì? E come avrei fatto?” -
chiese Bonnie.
“Opera della magia, così hai detto!” -
rispose Damon.
- Opera della magia? -
si chiese Bonnie.
“Io me ne vado!” - fece Damon e tornò a
voltarsi, ma Bonnie gli corse dietro e lo bloccò per un
braccio: aveva avuto una folgorazione, un ricordo le si era affacciato
alla memoria, una possibilità.
“Aspetta, Damon!” - fece lei.
“Perché? Che altro c’è da
dire?” - rispose lui voltandosi di nuovo verso di lei e
scrollandosi la mano di Bonnie dal braccio.
“Solo un’ ultima cosa! Voglio fare il punto di
tutta questa situazione!” - fece Bonnie.
“A che scopo?”.
“Vedrai! Ora assecondami, poi potrai fare qualsiasi cosa tu
voglia, anche andartene!”.
Damon annuì svogliatamente.
“Allora, io sostengo di averti visto poco fa, prima di
arrivare qui e che tu, parlandomi telepaticamente, mi hai detto che
è stata tutta una bugia e che ti sei stancato di me, ma tu
dici che è impossibile perché i tuoi poteri
psichici erano bloccati!” - cominciò Bonnie.
“Sì, e io sostengo di aver visto te poco prima di
arrivare qui e che tu mi hai parlato telepaticamente per dirmi che non
mi hai mai amato, ma tu dici che è impossibile
perché non sai parlare telepaticamente neppure con tutta
questa magia qui intorno! Ora, cos’ altro
c’è da dire?”- finì Damon.
Ma Bonnie non lo ascoltò, credeva che la soluzione stesse
nei dettagli, quindi doveva chiedere un’altra cosa a Damon.
“Damon, io mi sono mossa?”.
“Cosa?”.
“Quando mi hai vista, io mi sono mossa molto, come faccio di
solito, oppure ho fatto solo qualche gesto o due? Rispondi,
è importante!” - chiese Bonnie.
“Hai solo mosso un braccio! Ma che
c’entra?” - fece Damon.
- Lo sapevo!
- pensò Bonnie e si voltò verso lo stregone senza
rispondere all’ultima domanda di Damon.
Bonnie sentiva la rabbia dentro di sé crescere di secondo in
secondo, ormai stava per esplodere.
“Tu!” - fece puntando il dito contro Ted.
“Non dirmi che hai capito?” - chiese stupito Ted.
“Tu!” - ripetè Bonnie.
“Ok, hai capito!” - fece Ted.
“Si può sapere che succede e cose avresti capito,
Bonnie?” - chiese Damon.
Bonnie tornò a voltarsi verso Damon.
“Damon quello che tu hai visto era vero così come
era vero quello che ho visto io, ma nel frattempo era tutta pura
illusione, era magia, era Ted!” - spiegò Bonnie.
“Cosa significa?” - chiese Damon.
“La Bonnie che tu hai visto non ero io e il Damon che ho
visto io non eri tu, erano due copie magiche create da Ted!”
- cominciò Bonnie, ma sapeva che doveva spiegare tutto
perché si vedeva lontano un miglio che Damon era incredulo.
“Damon tu sai che io non mi sono mai applicata più
di tanto alla magia, ma questo non vuol dire che non sappia proprio
nulla. Mia nonna mi ha lasciato una quantità enorme di
libri, soprattutto di magia e a volte ne leggo qualcuno. Una volta mi
è capitato di leggere di queste copie magiche. Con la magia
si possono ricreare copie esatte di paesaggi, luoghi, oggetti, animali
e anche persone, ma per ricreare le persone bisogna allenarsi molto ed
essere potenti, ma per quanto potenti si possa essere le copie non
saranno mai uguali all’originale perché ricreare
una persona è quasi impossibile, si può ricrearne
l’aspetto fisico, ma per i movimenti e la voce è
tutta un’altra storia. Per questo le copie stanno per lo
più immobili e per questo parlano sempre telepaticamente,
perché la voce mentale non è uguale a quella
effettiva che ha una persona quando parla ad alta voce e anche se
è diversa nessuno ci fa caso. Credimi Damon quella che hai
visto non ero io, ma la mia copia!” - spiegò
Bonnie.
Damon si limitò a guardarla per qualche istante senza dire
nulla.
Bonnie sapeva che doveva essere difficile per lui, perché
Damon poteva sembrare duro, freddo e privo di sentimenti, ma non era
così, infondo era fragile soprattutto nei sentimenti
e capitava raramente che si aprisse con qualcuno totalmente,
ma quando capitava riponeva in quelle poche persone tutta la sua
fiducia e una di quelle poche persone era lei e ora a causa di Ted era
stato ferito.
- Ma Damon
deve credermi, deve! -
“Damon?” - azzardò Bonnie.
“Tu…tu mi hai detto che non…non mi
amavi!” - fece Damon.
“Non ero io! Damon guardami, guardami negli occhi, tu puoi
vederlo! Io ti amo e da cocciuta quale sono mi sa che
continuerò ad amati per sempre! Non importa ciò
che ci siamo detti prima, era tutto dettato dalla delusione che
sentivamo per via di quelle copie ed eravamo delusi perché
ci amiamo! Credimi! Io ti amo!” - rispose Bonnie.
- Oh, ti prego!
Credimi, credimi, credimi! - pregava Bonnie mentre cercava
di trasmettere a Damon tutto il suo amore, con ogni fibra del suo
essere.
Damon la fissò per qualche altro istante e poi tutto
cambiò.
Bonnie vide quegli occhi neri accendersi di nuovo di quella fiamma e
quella luce che tanto amava e che tanto le era mancata.
Fu un attimo e si ritrovò di nuovo fra le braccia di Damon,
l’unico posto in cui si sentiva davvero protetta.
E quando le loro labbra si incontrarono fu come se fosse la prima volta.
Non fu un bacio dolce, né tenero.
Fu violento e quasi doloroso.
Avevano aspettato troppo tempo divisi e ne avevano passate troppe per
indugiare nella dolcezza. Avevano un disperato bisogno di quel
contatto, avevano bisogno di toccarsi, di fondersi in un solo essere,
di sentirsi di nuovo avvolti in quella nuvola rossa di amore, desiderio
e passione che li avvolgeva ogni volta che erano insieme.
Poco distante Ted aveva assistito a tutta la scena.
Prima aveva liberato l’altro vampiro e gli altri umani dal
suo incantesimo, ma andava bene così visto che cominciava a
sentirsi stanco e che aveva bisogno di quanto più Potere
possibile per il combattimento che sicuramente lo aspettava di
lì a poco.
Poi c’era stata quella lite fantastica, così
fantastica che non ci aveva pensato due volte quando il vampiro gli
aveva chiesto di ridargli i suoi poteri.
Certo non poteva sapere che la strega fosse così informata
sulla magia, ma comunque avrebbe dovuto fare più attenzione,
ma quella lite lo aveva divertito così tanto che per un
attimo aveva perso di vista tutti i suoi piani e aveva commesso un
passo falso.
- Bè, poco
importa! Lo scontro ci sarebbe stato comunque e adesso che sanno tutto
sarà solo più divertente! Tanto non potrei
tirarmi indietro comunque e comunque non ne ho nessuna intenzione!
- pensò Ted mentre guardava i due avvinghiati
l’uno all’altra.
- Godetevi
quest’ultimo momento felice! - pensò
senza avere la più pallida idea che quello che avrebbe
dovuto godersi a pieno i suoi ultimi istanti doveva essere proprio lui,
Ted.
NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco il nuovo capitolo!
Quasi sicuramente il prossimo sarà l'ultimo!
Per quanto riguarda la terza parte, ho deciso di metterla e di
continuare questa serie che ormai mi ha preso troppo per poterla
lasciare, almeno non ora, ci sono ancora un sacco di cose che voglio
far fare a questi due.
Spero che sarete felici della mia decisione almeno quanto lo sono io!
Grazie a tutti! E spero di non avervi deluso con l'incontro tra Damon e
Bonnie!
Fatemi sapere la vostra opinione!
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Capitolo 17 *** Epilogo ***
Epilogo
Samuel e Samia non avevano visto ciò che era successo nel
Labirinto negli ultimi minuti, non avevano visto la lite tra Damon e
Bonnie, non avevano visto il loro chiarimento, non avevano visto Bonnie
smascherare ciò che Ted aveva fatto.
L’unica cosa che sapevano era che il vampiro e la strega
erano arrivati al centro del Labirinto e questo a loro bastava, era
quello il momento che aspettavano, era lì che volevano che i
due fossero per poter finalmente agire e ora che tutto era andato come
previsto loro si apprestavano a fare il loro trionfale ingresso in
gioco.
Per loro non aveva importanza che ci fosse uno scontro, che Ted potesse
morire, che Bonnie avesse capito delle copie e che ora lei e il vampiro
fossero uniti più di prima.
Loro stavano comunque per raggiungere il loro obiettivo che non era
esattamente quello che avevano detto a Ted.
Ted credeva che loro volessero Bonnie, e questo era vero, ma era vero
anche che Ted credeva che era a quello che servissero lui e il
Labirinto, per dividere Bonnie da Damon e poterla prendere, ma non era
esattamente così.
Non avevano di certo bisogno del Labirinto per strappare la strega al
vampiro.
Il Labirinto non era servito a questo scopo, il Labirinto era servito
per il vampiro, non per Bonnie.
Il compito del Labirinto era dare un avvertimento a Damon del tipo:
‘Per quanto tu
possa essere potente, per quanto tu possa fare, la magia ti
batterà. Per quanto tu possa rivendicare chissà
quale diritto sulla strega per chissà quale romantico
sentimento nei suoi confronti, lei è un essere magico e in
quanto tale la magia se la riprenderà senza che tu possa
fare nulla’.
E sembrava che fosse servito.
Damon aveva capito fin da subito che non poteva distruggere il
Labirinto, ma al massimo poteva fare qualcosa solo contro le illusioni.
Adesso gli mancava solo il colpo di grazia, quello che gli avrebbe
mostrato, in tutta la sua interezza, la superiorità della
forza magica.
Per quanto riguardava la strega, il piano era semplice:
l’avrebbero presa e avrebbero usato su di lei la potentissima
magia nera e con quella le avrebbero cancellato dalla mente e dal cuore
tutto, per poi instillarle nella memoria una nuova vita, una vita
diversa, una vita che non aveva mai vissuto per davvero, una vita
falsa, ma che per quanto ne avrebbe saputo lei sarebbe stata
l’unica vita che avesse mai vissuto. Una vita senza umani,
senza innamorati vampiri.
Una vita devota alla magia, vissuta nel Regno magico, in mezzo a
stregoni e streghe.
Era questa che l’aspettava.
Era questo che avrebbe dovuto essere da sempre.
Era questo che stava per accadere, finalmente.
E il vampiro, anche se l’avesse avvicinata, non avrebbe
potuto riportarla indietro, lei non lo avrebbe riconosciuto e forse
l’avrebbe addirittura denunciato per fare in modo che lo
uccidessero, come le era stata insegnato nella sua falsa vita.
Era un piano perfetto e Samuel e Samia stavano per metterlo in atto.
Tutto quello che era successo, il Labirinto, Ted, era solo la punta
dell’ iceberg, da lì in avanti ci sarebbe stata la
vera storia.
I due anziani fratelli Consiglieri superiori si presero per mano e si
concentrarono.
Dinanzi a loro una porta luminosa, che più che essere una
porta ricordava una stupenda cascata di zaffiri blu, apparve dal nulla.
Era il portale.
Di lì a breve sarebbero arrivati nel cuore del Labirinto
magico di Ted, dove tutto avrebbe, finalmente, avuto inizio.
Damon teneva ancora Bonnie stretta a sé, teneva ancora la
sua bocca incatenata a quella di lei.
Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che fosse stato realmente
tanto stupido da lasciarsi incantare e credere che lei non lo amasse.
Ma quella copia era stata così dannatamente convincente che
nessuno poteva biasimarlo.
E poi anche lei ci era cascata, anche lei aveva creduto che lui si
fosse stancato e che volesse abbandonarla, come se questo potesse
essere possibile.
Ciò che doveva ammettere era che di tutta quella roba magica
non è che ci avesse capito poi molto e inizialmente era
stato titubante.
Aveva dovuto davvero leggere la mente e il cuore di Bonnie per capire
se le mentisse oppure no, ma lei glielo aveva lasciato fare, era stata
Bonnie stessa a dirgli di farlo.
Lei lo conosceva, sapeva che per lui era difficile fidarsi e sapeva che
si era sentito tradito.
Lei glielo aveva permesso.
Si era aperta completamente e lo aveva lasciato vagare nei suoi occhi,
nel suo cuore, nella sua mente e nella sua anima.
E ciò che Damon aveva visto era stato troppo.
Ogni parte del corpo di Bonnie, ogni fibra della sua anima, ogni
battito del suo cuore gli raccontavano il suo amore per lui.
Damon non credeva possibile che qualcuno potesse amare lui, proprio
lui, così tanto e così in condizionatamente, ma
lei lo faceva, la sua streghetta era lì e lo amava di un
amore puro e assoluto.
E come non fidarsi dopo aver visto questo?
Come non stringerla, non baciarla, non perdersi in lei?
Erano ancora immersi in quel bacio che sembrava infinito, ma che
finì troppo presto quando, per forza di cose, Damon dovette
scostarsi per lasciare che Bonnie respirasse, dopotutto lei era
soltanto umana, ma per Damon era davvero facile dimenticarsene dal
momento che la considerava molto di più, un essere
superiore, magnifico, puro, luminoso, una dea, la sua dea.
Restarono lì a guardarsi senza dire nulla e in fondo
sapevano che non c’era nulla da dire, sapevano già
tutto nonostante la costante paura di non sapere nulla.
E dopotutto è anche questo l’amore: la certezza di
vivere nella costante incertezza dell’amore
dell’altro.
Questo momento così perfetto nella sua intimità
venne spezzato da una mossa piuttosto azzardata, a detta di Damon, da
parte di Ted: lo stregone cominciò ad applaudire.
Quando Damon si voltò a guardarlo, lo stregone aveva dipinta
sulla faccia un’ espressione che forse voleva essere di
minacciosa sicurezza, ma a Damon ricordava più quella che
avevano gli stupidi umani con cui aveva avuto a che fare in passato
che, trovandoselo davanti, non capivano quale rischio corressero e
cercavano di comportarsi da cacciatori quando in realtà
erano prede.
Ed era così che Damon vedeva Ted in quel momento: come una
preda.
Era vero che Ted era uno stregone, che poteva usare la magia, ma
infondo era sempre una umano, nelle sue vene scorreva sangue, sangue
che Damon bramava.
A nulla sarebbe servito usare illusioni o stupidi trucchetti alla mago
Merlino, perché, contro Damon, Ted non poteva nulla e usando
la magia non avrebbe fatto altro che dare un gusto più
eccitante alla caccia, alla lotta, all’uccisione.
Ted era la preda.
Damon era il cacciatore.
Ted sarebbe morto.
Damon l’avrebbe ucciso.
Perso in questi pensieri di morte, Damon ricordò solo
all’improvviso della promessa fatta qualche tempo prima a
Bonnie: le aveva promesso che non avrebbe più ucciso, che
non avrebbe più influenzato nessuno per avere sangue.
Damon aveva tenuto fede a quella promessa da che l’aveva
fatta.
Non si era nutrito di sangue animale, questo era ovvio, ma non aveva
neppure più ucciso o influenzato.
Aveva trovato altri modi: beveva ‘sangue in bottiglia’
cioè quello che rubava agli ospedali o alle banche del
sangue e poi c’era il sangue che scambiava con Bonnie, quello
lo teneva in forze a lungo, era potente il sangue della sua streghetta
e questo era un motivo per amarla di più.
Ma adesso?
Ted era umano, poteva infrangere la sua promessa?
Per quanto avessero sofferto, Bonnie voleva davvero che lui uccidesse?
Preoccupato, si voltò verso Bonnie ad incontrare i suoi
occhi.
Lo sguardo di lei non era impaurito o velato dalle lacrime, come si
aspettava, ma era uno sguardo deciso e fiammeggiante.
“Non preoccuparti, Damon! Ted non è umano,
è un mostro! Solo un mostro avrebbe fatto ciò che
lui ha fatto a noi due!” - disse Bonnie.
Aveva capito tutto, soltanto guardandolo, lei aveva capito tutto.
Ora Damon era sicuro, sicuro di se stesso, sicuro di Bonnie e sicuro di
ciò che stava per fare: l’ora di Ted era giunta.
“Allora, è finito l’idillio oppure
continuerà ancora a lungo?” - Ted stava
cominciando a perdere la pazienza.
- Forse quei due non si
rendono conto di chi hanno di fronte - pensava guardando
Damon e Bonnie, ancora abbracciati, che lo snobbavano altamente.
Ted si sentiva una furia, un leone in gabbia che stava per essere
liberato.
Voleva combattere, voleva uccidere, voleva combattere e voleva uccidere
il vampiro.
Aveva aspettato così a lungo che adesso non resisteva
più.
Le pareti del Labirinto cominciarono a tremare leggermente in risposta
alla sua impazienza.
Poi, finalmente, il vampiro si voltò.
Ted notò con disgusto che aveva i canini ben allungati:
evidentemente voleva intimidirlo.
Ma la cosa che lo disgustava di più era che la strega
continuava ad accarezzare un braccio di quella creatura rivoltante. Non
sembrava spaventata o disgustata, come era giusto che fosse, no, lei,
una creatura magica, era perfettamente a suo agio accanto ad un
vampiro, uno stupido, rivoltante vampiro con i suoi stupidi, rivoltanti
canini.
Ted stava per vomitare: mai visione era stata più assurda e
mai visione lo aveva mandato più in bestia.
Ted stava cominciando a perdere la testa.
“Sta calmo, Harry Potter! Non dovresti agitarti
così con un vampiro di fronte pronto ad attaccare! Sento il
tuo sangue che corre nelle tue vene fin da qui e…sai una
cosa? Sono piuttosto affamato!” - lo schernì il
vampiro, mentre la strega si allontanava e si metteva in un angolo per
lasciare campo libero ai due combattenti.
“Ci morirai affamato!” - lo sfidò Ted.
“Vedremo” - rispose Damon inclinando la testa di
lato con un lieve sorriso e guardando Ted con occhi curiosi.
Ted sentiva perfettamente le ondate di puro Potere emanate dal vampiro
ancora immobile di fronte a lui, ma non se ne preoccupava.
- Tanto sono
più forte! Ne ho uccisi a decine di vampiri -
pensò.
“Peccato che io non sia come gli altri!” - rispose
Damon al suo pensiero.
“Non mi leggere la mente!” - sbraitò Ted.
“Non è mica colpa mia! Sei tu che urli, forse nel
tentativo di autoconvincere te stesso che puoi farcela” -
rispose Damon del tutto calmo.
“Non ho bisogno di autoconvincermi di nulla! Io so
perfettamente che ti ucciderò” - fece Ted, ma si
accorse che stava parlando con l’aria.
Damon era sparito.
- Ma dove
cavolo…? - pensò Ted quando si
sentì afferrare per un braccio e venne costretto a girarsi.
“Qui!” - disse il vampiro a pochi centimetri dalla
sua faccia.
Damon era stato così veloce che Ted non aveva neppure notato
subito che fosse sparito.
Lo stregone trasse un respiro profondo e puntò gli occhi in
quelli del vampiro.
“Questi trucchetti non attaccano con me!
Rassegnati!” - disse, ma Damon non sembrò per
niente scalfito dalla sua provocazione, si limitava a fissarlo con
occhi divertiti, poi, improvvisamente, si scostò leggermente
da Ted e cominciò a ridere fragorosamente: se avesse potuto
avrebbe pianto tante erano le risate.
- E’ il
momento! - Ted pensò di approfittare di
quell’attimo di distrazione del vampiro per poterlo attaccare.
Si concentrò e richiamò a sé il potere
del fuoco, ma proprio mentre stava per scagliare il suo incantesimo,
Damon tornò improvvisamente serio, si mosse velocissimo e
con un unico movimento fluido si portò alle spalle di Ted e
gli bloccò le braccia con una mano mentre con
l’altra lo teneva per il collo.
“Brutta mossa , stregone! E anche piuttosto codarda da parte
di uno che si dice così sicuro di uccidermi! Se è
così non cercare di cogliermi in fallo, anche
perché non ci riusciresti, e vedi di attaccarmi guardandomi
dritto in faccia!” - gli ringhiò Damon
all’orecchio e subito dopo lo lasciò andare e lo
buttò a terra con una spinta.
Ted ci vedeva rosso: il vampiro aveva appena osato dargli del vigliacco.
“Quella non era vigliaccheria, ma semplice
strategia” - ribattè Ted rimettendosi in piedi.
“Io continuo a pensare che tu sia un codardo!” -
rispose Damon con un ghigno sadico.
“Non mi importa ciò che pensi!” -
urlò Ted sull’orlo dell’esasperazione.
“E allora perché ti scaldi tanto: è un
mio pensiero e a te non importano i miei pensieri, giusto? Comunque sei
un codardo!” - fece Damon con una lieve risata.
“Aaaaaahhhh!” - urlò Ted e si
scagliò contro Damon.
Pessima mossa: Ted aveva una buona preparazione fisica
perché faceva parte del suo addestramento per poter
combattere contro le creature oscure e aveva lottato con parecchi
vampiri, ma questa volta fu una pessima mossa.
Damon non sembrava per nulla intimidito e nemmeno leggermente stupito
da Ted, anzi, era divertito.
Il bastardo se la rideva e Ted si arrabbiava ancora di più.
Ted cercò di colpire Damon con un pugno, ma Damon lo
schivò
Provò con un calcio, schivato anche questo.
Andarono avanti così per un po’, con Ted che
attaccava e Damon che schivava, fino a che Ted non si sentì
a corto di fiato.
“Stanco?” - lo schernì il vampiro.
“MALEDETTO!” - urlò Ted e
ripartì all’attacco.
Questo gioco di colpi e schivate continuò per un bel pezzo,
e mai una volta che Damon avesse anche solo cercato di
attaccare.
- Ma a che gioco sta
giocando? - pensò Ted fermandosi a riprendere
fiato.
“A nessun gioco! Sto semplicemente aspettando il momento
giusto, io! E poi hai aspettato così a lungo questo momento
che mi sembra una cattiveria fin troppo gratuita non lasciartelo godere
a pieno!” - rispose Damon al suo pensiero.
- Dannazione! Possibile
che ogni volta che apre bocca mi fa saltare i nervi? -
pensò Ted.
“Che vuoi farci: il mio è un dono naturale! Mi
piace far arrabbiare le persone e tu rendi tutto così
semplice! Davvero, secondo me hai dei seri problemi con la gestione
della rabbia, lo penso già da un po’ e credo di
avere ragione! Ma dopotutto, quando mai io non ho ragione?” -
fece Damon.
Ted non ci pensò due volte e cominciò a scagliare
contro Damon ogni sorta di incantesimo offensivo che conosceva, ma
sembrava che il vampiro fosse protetto da una specie di scudo di
Potere: i suoi incantesimi andavano sempre a vuoto.
- Questa situazione non
la sopporto più - pensò.
“Allora siamo in due!” - disse Damon diventando
improvvisamente serio.
Ted si preparò.
Il vampiro aveva detto che stava aspettando il momento giusto e quel
momento sembrava essere arrivato.
Erano a qualche metro di distanza.
Si fissavano, immobili.
Un vento gelido sferzava l’aria tra di loro.
Il silenzio era assoluto.
E poi successe.
Ted cominciò con la sua sequela di incantesimi cercando di
usare maggior Potere.
Damon avanzava lentamente schivando ogni colpo.
Ma ad un tratto il vampiro scomparve.
Ted si guardò intorno, cercandolo.
Si voltò a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e
poi eccolo lì: Ted se lo ritrovò ad un palmo dal
naso.
“Dì addio al mondo, Ted!” - disse
minaccioso Damon.
Poi Ted lo sentì: il dolore.
Damon aveva affondato i canini nella sua gola e beveva avidamente il
suo sangue.
Ted sentiva le forze mancare, non riusciva a fare nulla, non riusciva a
pensare: questo era il dolore più atroce che avesse mai
provato.
Ma all’improvviso un moto di speranza si accese in lui: vide
una luce e percepì un nuovo Potere, un Potere forte e
familiare.
- I Consiglieri! -
pensò e Damon si scostò all’istante
guardandolo fisso.
Poi alla loro desta una cascata di zaffiri blu comparve dal nulla e
rivelò due figure che si tenevano per mano.
Samuel e Samia li stavano fissando.
- Sono salvo!
- pensò Ted.
Damon guardava i due nuovi arrivati: era immobile.
- Ha paura
- pensò Ted, poi si rivolse ai Consiglieri.
“Samuel, Samia, grazie per essere venuti ad
aiutarmi!” - disse, ma nessuno dei due rispose.
“Samuel, Samia!” - li chiamò Ted:
sentiva crescere l’ansia.
Perché non facevano nulla?
Poi uno sei due si mosse: Samuel.
Samuel scosse la testa come a dire di no.
- No! -
pensò Ted.
“Mi dispiace!” - lo schernì Damon che
era tornato a fissarlo.
Un attimo dopo i canini erano di nuovo nella sua gola.
Il dolore era tornato più forte di prima.
Ted continuava a guardare Samuel e Samia, immobili che fissavano la
scena.
- Perché?
Perché? - era l’unico pensiero di Ted.
Poi il dolore raggiunse l’apice e lentamente
cominciò a diminuire.
La stanchezza stava prendendo il sopravvento e aumentò,
aumentò, fino a che Ted non resistette più e si
lasciò andare al buio eterno.
L’ultima cosa che Ted vide prima di morire furono i canini di
Damon sporchi del suo sangue.
Ted era morto.
Bonnie da lontano aveva assistito a tutta la scena.
Aveva tenuto il fiato sospeso per tutta la durata della scontro e
quando aveva finalmente tirato un sospiro di sollievo vedendo Damon
uccidere Ted, tutto era andato in frantumi.
All’improvviso era apparsa una luce e poi quelle due nuove
figure.
Bonnie non sapeva chi fossero, molto probabilmente esseri magici,
l’unica cosa di cui era certa era che aveva paura di loro.
Il loro sorriso così cordiale e le loro espressioni
così rassicuranti la inquietavano molto più
dell’ira minacciosa che aveva sprigionato Ted fino a poco
prima di morire.
Damon sembrava essere dello stesso parere perché
lasciò andare a terra il corpo privo di vita di Ted e con un
solo salto all’indietro arrivò a pochi metri da
Bonnie che fece per andargli incontro uscendo da dietro la colonna di
pietra dietro cui si era nascosta, ma Damon la bloccò.
“Ferma dove sei, Bonnie!” - le disse e il cuore di
Bonnie andò a mille.
- Damon ha paura!
- lo aveva chiaramente sentito dal tono di lui e questo la scosse
ancora di più: non aveva visto quasi mai Damon avere paura.
Chi erano queste due strane figure?
“Chi siete?” - chiese Damon.
“Samuel e Samia! I Consiglieri superiori del Regno
magico!” - rispose l’uomo.
I Consiglieri superiori del Regno magico: Ted ne aveva parlato, aveva
detto che erano stati loro ad inviarlo lì.
Ma allora, se Ted era un loro inviato e aveva eseguito i loro ordini,
perché lo avevano lasciato morire?
Se Damon aveva davvero paura di loro questo significava che aveva una
vaga idea di chi fossero già prima che l’uomo
parlasse e li temeva, e se li temeva questo significava che loro
potevano fare qualcosa per fermarlo, che non erano come Ted che non
aveva nessuna speranza.
Ma allora perché non avevano agito?
Bonnie non capiva, si sentiva tremendamente confusa.
- Perché
deve succedere tutto questo? Perché proprio ora che io e
Damon eravamo insieme e felici? - si chiedeva, ma non
riusciva a darsi una risposta, mentre sentiva l’ansia
crescere: il suo sesto senso le stava urlando che stava per succedere
qualcosa di orribile.
“Cosa volete?” - chiese minaccioso Damon.
“Mi sembra ovvio: la strega! Lei ci appartiene!” -
rispose l’uomo rispondente al nome di Samuel.
“Non l’avrete! Lei è mia!” -
disse Damon e Bonnie sentì che mai parole furono
più giuste o avessero più senso.
Lei era sua, di Damon, nel corpo e nell’anima, lei era di
Damon.
“Non ne sarei così sicuro, vampiro!” -
rispose Samuel con una leggera risata.
“Lei è mia!” - ripetè Damon.
Samuel questa volta non rispose, ma si voltò verso la donna,
Samia, e le prese entrambe le mani e poi insieme chiusero gli occhi.
Un vento freddo avvolse, all’improvviso, ogni cosa.
Bonnie sentiva le gambe e la testa che si facevano sempre
più pesanti.
Riuscì a malapena a vedere una strana corda di luce viola
che la avvolgeva e la sollevava da terra spostandola verso i due
stregoni.
Tentò di muoversi, ma fu inutile: non riusciva
più a controllare il suo corpo.
Sentì la voce di Damon che la chiamava, ma non riusciva a
rispondere, poi lo vide: era stato intrappolato in una gabbia di legno
comparsa da nulla, cercava di uscire, ma ogni volta che si muoveva da
una della sbarre di legno della gabbia spuntavano decine di paletti
pronti a trafiggerlo e se lo trafiggevano lui sarebbe morto.
Bonnie si ritrovò a pregare che Damon non si muovesse.
All’improvviso si sentì afferrare per le braccia:
il suo braccio destro era tenuto da Samuel, il braccio sinistro da
Samia.
“Non puoi fare nulla, vampiro! Lei adesso viene con noi e
ricorda che è meglio se non la cerchi, perché
anche se un giorno dovresti ritrovarla lei ti avrebbe
dimenticato!” - disse Samuel a Damon.
“Non ci contare troppo!” - rispose Damon.
“Invece è proprio così che
andrà perché sarò io a farle
dimenticare ogni cosa con la magia! Le darò una nuova vita,
una vita di cui tu non avrai mai fatto parte!” - disse Samuel.
“Che vuoi dire?” - chiese Damon.
“Addio!” - rispose Samuel.
E Bonnie, nel suo stato di semicoscienza, riuscì soltanto a
vedere molta luce che li avvolgeva e a sentire la voce di Samuel e
quella di Samia che all’unisono invocavano un canto che lei
non conosceva, ma che la accompagnò verso il buio della
totale incoscienza.
Era sparito tutto.
Il corpo di Ted era sparito.
I due Consiglieri erano spariti.
Il Labirinto era sparito.
La magia era sparita.
Damon, ormai solo al centro dell’Old Wood, si
lasciò cedere in ginocchio a terra.
Non c’era più nulla.
Aveva l’impressione di essersi appena svegliato da un sogno:
un momento prima era in un posto, ora era in un altro.
Ma quello non era un sogno, era la realtà,
un’orrenda realtà.
Lui era solo e Bonnie non c’era, era stata portata via, era
stata rapita.
Bonnie, la sua Bonnie, era sparita.
NOTE:
Ciao a tutti!
Eccoci arrivati alla fine di questa seconda parte de "Il linguaggio
della resa".
Spero che questo epilogo vi sia piaciuto, bè a me
è piaciuto scriverlo anche se devo ammettere che
è stato piuttosto impegnativo visto che succedono molte cose
e dovevo spiegarne un altro casino.
Vi ringrazio per la costanza con cui mi avete seguito e recensito, ma
ringrazio anche infinitamente tutti i lettori silenziosi: vi adoro
tutti incondizionatamente e senza distinzioni!
Ringrazio di cuore chi mi ha aggiunto tra le storie seguite, tra quelle
da ricordare e tra le preferite.
E ringrazio tantissimo chi mi ha addirittura aggiunto tra gli autori
preferiti, cosa da non crederci.
Prima di lasciarvi vorrei farvi qualche domanda:
Primo: Come credete che si stia evolvendo la storia dalla prima alla
seconda parte? E i personaggi?
Secondo: C'è qualcosa che vi piacerebbe vedere nella terza
parte?
Terzo: Qual è il momento che vi è piaciuto di
più sia nella prima che nella seconda parte?
Sono curiosissima anche perchè non ho mai fatto un sondaggio
del genere tra le mie lettrici, quindi mi auguro che mi rispondiate.
Prima di lasciarvi vi darò, come ho fatto l'altra volta, un
piccolo spoiler: la terza parte della mia storia si chiamerà
"IL LINGUAGGIO DELLA RESA: IL SIGILLO".
E come ultimo avviso vi dico che sicuramente il prologo della nuova
parte verrà pubbblicato DOMENICA 25 LUGLIO di sera.
A presto.
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