Salto Nel Vuoto

di Hollina
(/viewuser.php?uid=51474)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Rosa ***
Capitolo 3: *** Stranezze ***
Capitolo 4: *** Luce Nel Buio ***
Capitolo 5: *** La Mia Luna ***
Capitolo 6: *** Un Nuovo Mondo ***
Capitolo 7: *** Gocce Di Pioggia ***
Capitolo 8: *** Le Due Metà ***
Capitolo 9: *** Un Sogno ? ***
Capitolo 10: *** Vicolo Cieco ***
Capitolo 11: *** Un Vampiro A Key ***
Capitolo 12: *** Il Primo Giorno ***
Capitolo 13: *** Un Pizzico Di Verità ***
Capitolo 14: *** Fiducia Infranta ***
Capitolo 15: *** Accettazione ***
Capitolo 16: *** Due Destini Intrecciati ***
Capitolo 17: *** L'Imminente Ballo ***
Capitolo 18: *** L'Ultimo Tassello ***
Capitolo 19: *** Un Giorno Diverso ***
Capitolo 20: *** Gelosia ***
Capitolo 21: *** La Fine E Un Inizio ***
Capitolo 22: *** Gioco Del Destino ***
Capitolo 23: *** La Verità Ferisce Sempre ***
Capitolo 24: *** Il Piano ***
Capitolo 25: *** Così Tanto ***
Capitolo 26: *** Sempre Più Vicino ***
Capitolo 27: *** La Fuga ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Si dice che l’unica certezza della vita sia la morte, ma prima del suo arrivo, chiunque ha vissuto. Ci si imbatte in sentimenti forti che ti offuscano la mente e si impossessano del cuore, rendendoti felice, ma allo stesso tempo ti feriscono, inevitabilmente ti straziano dentro.

Ma non era questo ciò che mi importava.

Senza, sarebbe stava una vita vuota e priva di significato. Non bastava continuare a vivere senza la voglia di amare. Ognuno di noi può farlo, ma molti non si sentono pronti per questo: sono spaventati.

Ma io non avevo paura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La Rosa ***


Ho deciso di inserire subito il primo capitolo per attirare la vostra attenzione.
Ringrazio Maruzza per essere stata la prima a recensire.
Siate buoni con me, è la mia prima esperienza.

La Rosa

Non ero assolutamente felice di questo posto. Erano passati circa due anni da quando mi ero trasferita. All’epoca non mi opposi al cambiamento, probabilmente perché volevo che, per una volta, la mia famiglia ritrovasse la felicità perduta. Nella mia precedente città avevo lasciato tutti i miei affetti, la scuola e tanto altro, ed era stata dura ambientarmi nella piccola cittadina di Key, ma non era poi così male in fondo.

-Stai di nuovo ripercorrendo il sentiero dei ricordi?-.

Una voce calda e dolce mi ridestò dai miei pensieri. Era mia madre, Elisabeth Cole Hale. Mi aveva raggiunta su in terrazza, dove, in teoria, avrei dovuto ammirare le stelle cadenti nella famosa notte del 10 Agosto, San Lorenzo. Era una tradizione giunta fino a noi e in particolare alla mia famiglia.

Le sorrisi sinceramente e annuì. Era una bellissima donna, probabilmente la più bella che avessi mai visto e nutrivo un profondo rispetto per lei. Elegante e raffinata in ogni circostanza. Mi guardava dall’alto dei suoi 175 centimetri. I capelli ricadevano sulle sue spalle in piccoli boccoli più chiari del suo colore naturale castano e  i suoi occhi, leggermente più chiari, trasmettevano una tenerezza che, ogni qual volta mi perdevo in quello sguardo, mi sentivo più sollevata.

-Venice-, richiamò nuovamente la mia attenzione, -Ti ho portato del tè-.

-Grazie mamma-.

 Lei mi porse la tazza e io feci attenzione a non versare il contenuto sulla mia nuova camicetta, un suo regalo.

-Ancora nessuna stella?-, mi chiese, scrutando il cielo.

Feci lo stesso. -Nessuna, avevo un desiderio pronto per essere realizzato, ma non sono fortunata, direi-, giunsi alla conclusione più ovvia.

Lei mi si avvicinò cingendomi con le braccia e stampando un bacio sulla mia guancia sinistra.

-In ogni caso non ne avresti bisogno-.

Sbuffai, eccola che ricominciava con le adulazioni, doveva farsi perdonare di aver lavorato anche questa sera.

-Sei tornata tardi-, notai, bevendo un po’ di tè.

Lei sospirò, questo argomento era sempre stato tabù per la famiglia Hale benché mia madre fosse una semplice designer, era fin troppo fuori casa, come mio padre d’altronde. Avevo pensato persino che avesse un’amante, ma non avevo mai proferito parola a riguardo. Mi fidavo di lei e anche di mio padre.

Lei non rispose, ma c’era d’aspettarselo. Rientrò in casa lasciandomi sola.

Appoggiai la tazza sul tavolino lavorato in paglia e mi sporsi dal terrazzo concentrandomi sulla strada.

Una signora cercava il suo gatto, che buffo, era così tutte le sere; un bambino, il mio vicino che forse si chiamava Joshua, non ricordavo, stava giocando con le macchinine nel porticato; infine un uomo stava bussando alla mia porta. Restai a guardare aspettando che il campanello suonasse, ma ciò non avvenne. Mi sporsi nuovamente, ma l’uomo era sparito. Chi era?

Lasciai il terrazzo perplessa e raggiunsi mia madre in salotto. Era bianca in viso e reggeva un pacchetto nero e affusolato.

-Mamma? Che hai?-, chiesi sfiorandole il viso con il dorso della mia mano.

-Non ti senti bene?-.

Lei scosse il capo continuando a fissare la scatola.

Io, delicatamente, presi il pacchetto dalle sue mani.

Lo aprì con decisione. Una rosa rossa con un solo petalo bianco era ciò che conteneva il pacco, ma mia madre alla sua sola vista sussultò spaventata. Non l’avevo mai vista in quello stato. Era una minaccia? Qualcuno odiava mia madre? Ma com’era possibile?! Lei non era in grado di sfiorare nemmeno con una mosca, figuriamoci.

Presi la rosa, non aveva spine, ma solo allora notai un cartoncino nero.

“Strano colore per una dedica”, pensai. Lo voltai per capire chi fosse il mittente e mi si raggelò il sangue.

-Quando te ne accorgerai, sarà troppo tardi-.

Queste parole erano scritte con inchiostro rosso. Guardai mia madre che si era accasciata sul piccolo divanetto stile Ottocento e mi guardai intorno. Provavo un senso di familiarità in tutto questo. Avevo già visto quella rosa. Ma dove? E poi chi era quell’uomo?

-Mamma, che significa?-.

Lei mi guardò, gli occhi spalancati dal terrore.

-Non chiedermi ciò che già sai!-, esclamò alzandosi di scatto e strappandomi la rosa dalle mani.

Attraversò la stanza velocemente e mi lasciò sola, ancora una volta. Aveva lasciato solo il biglietto che rilessi più volte, ma senza capirne il significato.

Che già sapevo? Io non sapevo nulla. Non capivo di cosa parlasse.

Lo piegai e lo infilai nella tasca posteriore dei miei jeans. 

Avevo imparato due cose da quando ricordavo.

La prima: Mai parlare di lavoro.

La seconda: Era inutile fingere.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Stranezze ***


Capitolo 2

Sono tornata il prima possibile. 

Con questo capitolo, la storia inizia a delinearsi e capirete quindi di cosa voglio parlare. 

Spero vi piaccia.

Stranezze

Mio padre non era tornato a casa quella notte ed ero certa che mia madre si fosse rintanata nel suo studio ad aspettarlo per discutere dell’accaduto.

Io feci lo stesso. La mia  camera era il mio regno. Mia madre aveva sempre disapprovato la scelta del colore rosso per le pareti, ma a me dava un senso di protezione. L’arredamento era in legno, un po’ orientale mentre il letto a baldacchino occupava gran parte della camera. Una grande finestra illuminava il mio angolo lettura dove avevo richiesto due divanetti circondati da scaffali per i miei innumerevoli libri. Le mie più grandi passioni erano leggere e allo stesso tempo scrivere, ma non mi ero mai cimentata in questa nuova avventura. Di fronte c’era uno specchio ovale accompagnato dall’ armadio traboccante di vestiti.

Mi guardai allo specchio. Non aveva dormito per tutta la notte, ma il mio viso dimostrava l’esatto opposto.

Indossai una T-shirt nera e un paio di jeans scuri seguiti da scarpette da ginnastica. La poca luce che entrava dalla finestra metteva in risalto la mia pelle olivastra e i miei occhi verdi; i capelli neri cadevano leggeri sulle mie spalle. Mi aggiustai con un tocco la frangia che mi copriva la fronte e mi studiai un po’ allo specchio.

-Sei un disastro!-

Ghignai, voltandomi verso la fonte della voce.

Una ragazza di una bellezza quasi disumana mi stava sorridendo.

-Pe, quando la smetterai di entrare dalla finestra come un gatto?- sbottai, realmente indignata.

Lei, con incredibile grazia, mi raggiunse e mi stampò un bacio sulla guancia.

-Su, non prendertela. Se fai la brava bambina ti regalo le mie scarpe preferite- mi promise, facendo dondolare i suoi lunghi capelli ricci. Non mi spiegavo come riuscisse a donare loro tanta perfezione.

-Ci credo! Hai una stanza solo per le tue converse!- esclamai allontanandomi dallo specchio e sedendomi sul letto.

-Dimentichi un piccolo dettaglio- mi ricordò, avvicinandosi.

-Si, sei dannatamente punk, come faccio a non notarlo?- la canzonai, incrociando le gambe sul letto e lasciandomi trascinare dai ricordi.

Penelope Strauss era la mia migliore amica, l’unica che mi abbia mai capita. Ricordavo ancora come se fosse ieri il primo giorno di scuola quando la incontrai.

Ero tesa, non conoscevo nessuno e i ragazzi non facevano che punzecchiarmi per avere un appuntamento, ma io non li degnavo di uno sguardo, ero semplicemente il nuovo giocattolino. Penelope si fece largo tra la folla, mi prese per mano e mi portò in classe.

-Sei interessante- mi disse girandomi intorno, come per studiarmi.

Non avevo mai capito se quello fosse stato un complimento o uno scherzo. Probabilmente la seconda opzione perché notai subito la nostra somiglianza. Entrambe avevamo la pelle chiara, i capelli neri e occhi verdi. Ma avevamo stile, atteggiamento e carattere completamente differenti.

Da allora non ci eravamo mai separate, nonostante i miei non l’amassero quanto me. Assurdo!

-Ehi!- mi richiamò, prendendo un cuscino e appoggiandosi al mio fianco.

Mi voltai verso di lei - C’è qualcosa che non va-  le dissi ed iniziai a raccontarle della rosa, del biglietto, della strana reazione di mia madre e dell’uomo misterioso.

Lei non mi interruppe, ma sembrò molto interessata alla rosa e quasi ignorò il messaggio che per me era davvero raccapricciante.

-La voglio vedere- insistette, non l’avevo mai vista così decisa.

-Okay- sbuffai scocciata. Cosa poteva avere di tanto interessante?

Feci una corsa giù in salotto e vidi che la rosa era stata messa anche in vaso. Incredibile..

La presi e la portai di sopra. Appena entrai, Penelope scattò velocissima dal letto e si irrigidì. Gli occhi sembravo aver preso una sfumatura rossastra, ma forse era la luce.

-Che hai?- chiesi avanzando con la rosa stretta fra le mani.

Lei inspirò a fatica e raggiunse la finestra in un attimo.

-I tuoi genitori non sono del tutto sinceri con te- sputò acida e sparì così come era venuta.

Mi accasciai sul pavimento nascondendo la testa fra le ginocchia.

Nessuno mi diceva la verità, nemmeno lei. Perchè qualsiasi persona provava timore o addirittura fuggiva da questa rosa?

Sfiorai i suoi petali, erano lisci e vellutati. Era un semplice fiore.

Come una zombie lasciai casa.

Camminai lungo il vialetto che divideva le villette del quartiere. Penelope abitava due isolati più in là, forse era tornata a casa.

La cittadina di Key era coperta da nubi per circa otto mesi all’anno. Era difficile riuscire ad intravedere il sole. Era Agosto, estate, eppure il sole non c’era. Ma non mi dispiaceva. Non lo amavo molto né provavo simpatia per il caldo. Tutt’altro.

Immersa nei miei pensieri, giunsi al parco. Spesso ci andavo con Penelope quando casa mia era davvero un inferno o andavamo a casa sua, essendo Penelope un’autonoma: viveva da sola.

Imboccai il viale alberato.

C’era uno strano gioco di luci e ombre, il che rendeva il tutto molto suggestivo. Alzai lo sguardo verso il cielo, s’intravedeva appena la luna. Uno strano rumore di rami schiacciati giunse fino alle mie orecchie. Mi fermai di botto, mi guardai intorno, ma non c’era nulla. Stavo diventando paranoica. Ripresi la mia passeggiata quando avvertì una presenza alle mie spalle. Mi voltai di scatto alzando i pugni per difendermi o meglio ci provavo, potevo sempre urlare.

Un ragazzo alto e davvero affascinante mi stava guardando incuriosito.

-Volevi farmi del male?- chiese, incrociando le braccia. Notai i  muscoli delle sue braccia tendersi sotto la maglietta blu.

-Ehm.. Tu volevi farmi del male?- chiesi, abbassando la guardia e facendo un passo indietro.

Lui mi sorrise, era davvero bello -Veramente no, che ci fai qui a quest’ora? Una ragazza come te dovrebbe stare a casa a guardare film strappalacrime-.

“Presuntuoso”, pensai, “e anche prevenuto”.

-Una ragazza come me? Scusa, non mi sembra di conoscerti, né tanto meno tu conosci me, anzi direi che non sai nulla di me, quindi, risparmiati la paternale-

 Lo guardai negli occhi. Erano castani. Indugiai sul suo viso, sulla sua fronte ricadevano ciuffi color biondo cenere. Il mio sguardo vagò sul resto del suo corpo. Era davvero un tipo originale e affascinante. Doveva essere non molto più grande di me.

-Sono affascinante, lo so- disse, riportandomi nel mondo reale.

Lo guardai disgustata e sbuffando per la sua presunzione, feci dietro front pronta per tornare a casa.

Lui mi afferrò per il polso con talmente tanta forza da farmi scontrare contro il suo petto.

Indietreggiai indignata e anche imbarazzata.

-Scusa, sono stato scortese-.

 Mi porse la mano. -Mi chiamo Oliver, Oliver James precisamente-.

Indugiai un po’, poi accettai la sua mano. -Venice Hale-

Lui mi sorrise, io cercai di fare lo stesso.

-Ti accompagno a casa- disse, risoluto, indicandomi la strada.

-Grazie, ma ci riesco da sola- conclusi, allontanami da lui e dandogli le spalle.

Sentivo il suo sguardo bruciare su di me. Che tipo strano. Mi massaggiai il braccio. Quando mi aveva tirato a sé, avevo sbattuto contro qualcosa di duro. Cosa poteva portare sotto la maglietta? Un’arma? Era una poliziotto? Qualcosa mi diceva che non l’avrei più rivisto. Mi voltai e lui era sparito. Davvero strano quel James.


 Ringrazio __^

_rosa_ : Spero di riuscire a risvegliare completamente la tua voglia di leggere. Ti assicuro che è straordinario immergersi in un mondo completamente differente dal tuo. Dimmi cosa ne pensi di questo.

Ladia: Ho fatto il più in fretta che ho potuto. Incrocio le dita. Se torni vuol dire che ho catturato la tua attenzione e ne sarei davvero felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Luce Nel Buio ***


Capitolo 3 Non mi aspettavo una massa di recensioni, ma qualcuna in più non avrebbe fatto male :D
Ecco il 3° capitolo. Buona lettura.

Luce Nel Buio

Essere una Hale significava avere alle spalle un vasto albero genealogico e una considerevole eredità. Ciò era chiaramente visibile dalla sontuosità della mia villa, ma questa era tutta opera di mia madre; mio padre era più semplice, un po’ come me.

La villa era costituita da due piani e un giardino. Molte stanze erano relativamente inutili e uno spreco di denaro tanto che io non ci avevo mai messo piede. Oltre alla mia camera, nutrivo una particolare passione per la nostra biblioteca. Era situata nell'ala destra del primo piano, era un luogo molto tranquillo per studiare e spesso, quando mio padre aveva delle riunioni, ospitava più di dieci persone.
Una settimana circa l'episodio della rosa, mi decisi a risolvere il mistero o almeno tentare. All'inizio avevo deciso di lasciar perdere, ma quando anche Penelope aveva reagito male alla sua sola vita, era chiaro che non si trattava solo di una semplice rosa.
La biblioteca era la stanza più grande dell'intera villa, molto illuminata e sempre tranquilla.
Era dipinta di blu. Ricordavo cosa aveva detto mio padre quando decidemmo di comprare questa casa. C'era stata una lunga discussione su che colore utilizzare per ridipingerla, ma lui fu irremovibile.
Aveva detto, -il blu induce alla calma e denota uno stato di soddisfatto adattamento. Fissando a lungo questo colore si produce un effetto di quiete ed armonia. Gli oggetti sembrano più piccoli e leggeri- .
Mi dispiaceva ammetterlo, ma in fondo il blu era un gran colore.
Tutte le pareti erano coperte da altissimi scaffali e al centro c'era un lungo tavolo in legno.
Iniziai a guardare distrattamente i libri, in realtà non sapevo da dove iniziare.
Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi accorsi della voce di mio padre. Era al telefono e non mi aveva vista, infatti continuò a parlare: stava indicando a qualcuno la strada di casa nostra. Lo ignorai e cercai di raggiungerlo, ma nel momento in cui mossi il mio primo passo, inciampai nel risvolto del tappeto. Persi l'equilibrio e mi aggrappai al primo scaffale che avevo sotto mano. Tirai giù un paio di libri. Mio padre s'interruppe all'istante e fu allora che mi vide. Mi guardò come se fossi una stupida, in effetti lo ero, ma avevo detto a mia madre di smetterla di coprire il pavimento con i tappeti. Mi accovacciai per sistemare i libri e fu allora che notai un libricino in pelle con una rosa intagliata sulla copertina. Una strana sensazione mi attanagliò lo stomaco quando vidi la differenza di un petalo sull'intera rosa. Era la mia rosa.

Nascosi il libricino sotto il risvolto del tappeto e raggiunsi mio padre che aveva appena staccato la chiamata. Non sapevo immaginare con che faccia mi presentai a mio padre, perchè lui mi guardò un po’ preoccupato.
-Che ci fai qui?-, mi chiese come se fosse la cosa più naturale del mondo. Nemmeno un -Ti sei fatta male?-
Ma avevo perso le speranze.

Mio padre, Jack Hale, era un noto architetto. Aveva aperto un suo ufficio qui a Key e si occupava anche del futuro di molti collaboratori e tirocinanti. Tutti lo rispettavano o forse, tutti erano intimoriti dal suo modo di fare.

Era più freddo di un iceberg da quando mio fratello Michael aveva lasciato questa casa. Era trascorso ormai un anno senza che io avessi avuto una vera conversazione con lui. Era un uomo sulla cinquantina, molto alto, capelli neri un po’ brizzolati e grandi occhi verdi.
Tutto sommato era un bel uomo.  Invidiavo la sua riservatezza, ma a volte era davvero una mente impenetrabile.
-Dovevo fare una ricerca per la scuola, papà-, risposi sedendomi accanto a lui.
-Ad Agosto?-, mi chiese lui un po’ stranito.
Cavolo..

-Ehm, compiti per le vacanze- conclusi, cercando di essere convincente.
Lui sembrò credere alla mia spiegazione. Calò il silenzio, era davvero imbarazzante. Non potevo lasciare la biblioteca, non ora che avevo scoperto qualcosa, o almeno speravo fosse così.
Mia madre entrò improvvisamente nella stanza portando un ragazzo con sé.
-Jack hai un ospite- disse, sorridendo. Sembrava essere tornata quella di sempre.
Io rimasi impietrita. Tutto credevo, ma non di incontrare quel presuntuoso di James in casa mia.

Mi aggrappai alla sedia per farmi forza. Stranamente il mio cuore iniziò a battere un po’ troppo forte come se avessi corso per un chilometro, ma era il nervosismo, sicuramente.  

In realtà mentivo a me stessa.
-Oh Oliver, accomodati-, lo invitò mio padre. Aveva cambiato voce, era più dolce. Alzai un sopracciglio, ero davvero sorpresa.
-Tu conosci mia figlia Venice?- chiese allungando un braccio per presentarmi. Lui mi sorrise, in un modo da togliere il fiato, ma mi ripresi all'istante quando finse di non avermi mai vista. Non so se mi sentivo più dispiaciuta o indignata.
-Beh, allora è giusto che i giovani facciano amicizia, ti aspetto nel mio studio Oliver- concluse, lasciando la stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.
-Davvero furbo- commentai, arpionando ancora di più la sedia.
Lui mi si avvicinò e mi prese le mani, gesto che mi sorprese.

-Avvertivo il tuo nervosismo dal momento in cui sono entrato, ti ho salvato la vita, ammettilo-.

Io non riuscivo a fare un passo.

-Dovresti ringraziarmi- aggiunse con voce suadente.
-Uhmp, non ero in pericolo di vita, se non erro- risposi prontamente, liberandomi le mani. In realtà non volevo farlo.
-Ma, che ci fai qui?- chiesi improvvisamente, incrociando le braccia.
-Assistente del signor Hale-. Fu la risposta.

Iniziò a guardarsi intorno. -Vi trattate bene qui- disse estraendo un libro a caso dallo scaffale più vicino, "e non vi manca nulla", concluse.
Io lo raggiunsi appoggiandomi allo scaffale. - E' bello sapere che gli estranei la pensino così, ma in realtà ci manca molto, mi manca molto-.
Lui mi guardò come se avessi detto la più grande assurdità del mondo, poi la sua espressione mutò e fu allora che capì che non era poi così un tipo superficiale. I suoi lineamenti divennero più dolci e i suoi occhi più sinceri. Mi sfiorò i capelli con le dita e mi superò velocemente lasciando il libro fra le mie mani. Era già davanti alla porta quando mi disse, -non ti libererai di me, Venice- e uscì dalla biblioteca.

Mi voltai sorpresa, il mio cuore batteva ancora troppo forte. Mi toccai i capelli. Non avevo ancora realizzato cosa mi stesse accadendo.

Quando riacquistai lucidità, corsi nel punto esatto dove avevo nascosto il libro. Mi accovacciai dietro lo scaffale e sfiorai la copertina con i polpastrelli. Lo aprì, non sapevo cosa aspettarmi, ma era giunto il momento di scoprire la verità.
La prima pagina aveva un'intestazione di un'Associazione denominata “Il Consolato”. Ignorando il suo significato, voltai pagina. Mi si fermò il cuore per la sorpresa. Era la calligrafia di mio padre e si trattava quindi di un diario. Risaliva a due anni prima e il diario iniziava esattamente dal primo giorno trascorso qui a Key. Iniziai a leggere pezzi sconnessi e mi resi conto che non si trattava pressoché di un diario, ma di rapporti circa un suo progetto. Ma non aveva nulla a che fare con la professione di architetto. Saltai la parte centrale e scelsi l’ultima pagina. Parlava di un successore e c’era il nome di mio fratello: Michael Hale. Ciò che mi sorprese non fu tanto il suo nome, ma la riga rossa tracciata su di esso. Era stato cancellato.

Ma non era tutto, c’era un appunto.
-Papà, quando leggerai questo, io avrò già lasciato casa. E’ impensabile ciò che tu hai fatto in tutti questi anni. Mi hai tenuto nascosto la tua vera identità e mi chiedo come possa fare la mamma, una persona così dolce, a fare lo stesso. Non ho nessuna intenzione di seguire le tue orme e spero che Venice si dimostri intelligente anche in questa situazione. Smettila di fantasticare, io voglio vivere-
Rilessi più volte quelle parole, ma ciò non faceva che confondermi le idee. Cosa c’entrava la rosa? E il Consolato cos’era? E mio fratello, di quale fantasie parlava? Era per questo che era andato via e mio padre lo odiava così tanto? Ma soprattutto, di quali attività parlava?
Mi sentivo la testa esplodere.
Voltai pagina e mi alzai di scatto quando lessi anche il mio nome, proprio come quello di Michael, ma anche il mio era stato cancellato.

In realtà, era stato bruciato.
Solo una persona poteva aiutarmi a capire e non era mia madre.

 Ringrazio moltissimo maruzza per essere ancora qui :P

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La Mia Luna ***


Non ho ricevuto nessuna recensione e non so cosa aspettarmi ora.
Ma, va bene.
Ecco il quarto capitolo.


La Mia Luna


 -Entra piccola-.
Solo lei poteva liberarmi da queste catene di bugie.
Ero sicura di non aver fatto nessun rumore per farmi sentire da lei, eppure lei già sapeva.
-Accidenti, sei una veggente?- chiesi, un po’ sconcertata.
Penelope era sempre stata diversa agli occhi degli altri e probabilmente ora lo pensavo anche io. 
Lei sbuffò sonoramente e mi fece accomodare nella sua camera.
Lo stile della mia migliore amica punk era davvero unico nel suo genere. Avevamo dipinto insieme le pareti di viola e lei non aveva voluto sentire ragioni sul colore di tutto il resto dell’arredamento, il nero. Diceva che era lo specchio della sua anima contorta e impenetrabile.
Io, allora, non ci avevo creduto, ma forse mi sbagliavo.
-Ti devo parlare.. di una questione urgente, Pe-, le confessai, raccogliendo un cuscino e giocandoci un po’, per alleviare la tensione.
Lei non sembrò sorpresa, anzi, dalla sua espressione seria, sembrava quasi che mi stesse aspettando.
-Ce ne hai messo di tempo, eh?-, commentò.
-Mi chiedevo quanto avrei dovuto aspettare perché tu collegassi i tuoi genitori a me-.
Io la guardai raggiungere l’armadio e prendere un piccolo pacchetto.
-Questo l’ho rubato a casa tua-, sorrise alla mia espressione sconcertata , -è un anello, ma non un semplice anello. Guarda tu stessa-.
Me lo lanciò e per un istante pensai di non riuscire a prenderlo, ma il suo lancio fu perfetto come tutto ciò che faceva.
Me lo rigirai fra le mani e, sotto sue esortazioni, lo aprì. Era un anello d’oro, molto pesante a vedersi e su di esso c’era inciso una rosa. Alzai lo sguardo su Penelope che stava giocando con i suoi capelli annoiata.
-Ah, scusa se non sono un genio come te- sbottai, infastidita.
-E’ di tuo padre- mi informò.
Anche io ne ero sicura dopotutto era un modello prettamente maschile. Ma la domanda era..
-L’ho rubato per avere una prova in più a confermare la mia tesi, Venice-.
Incredibile. Lei aveva una tesi e io un rosa, un anello e un diario.
Non riuscì ad aprire bocca che lei continuò.
-Cosa credevi, che tuo padre fosse un architetto e tua madre una designer?-.
Domanda retorica senza alcun dubbio.
-Lo sono, è vero, ma nel tempo libero e davanti agli occhi di tutti, anche ai tuoi. Avrai sentito parlare del Consolato?-.
Io annuì, ma non sapevo di cosa si occupasse, né tanto meno cosa c’entrassero i miei genitori.
Penelope sembrò aver capito, ormai ero un libro aperto per lei. Iniziò a camminare per la stanza e riprese.
-Il Consolato è un’organizzazione segreta che si occupa di tutto ciò che non è normale-.
Sottolineò bene, con la voce, questa parola.
Ricordai ciò che mio fratello aveva scritto e sentii sempre più di essere sulla strada giusta.
La esortai a continuare, -va avanti-.
-Questa organizzazione esiste da moltissimi anni e con le loro operazioni segrete hanno distrutto e continuano a distruggere altre razze che potrebbero minacciare la pace degli esseri umani-.
La sua voce s’indurì e lo stesso dicasi della sua espressione.
-Gli esseri umani ritengono di essere l’unica razza perfetta di questo mondo, ma in realtà sono i primi a commettere errori spaventosi. Basta accendere la tv per rendersi conto di quanto odio ci sia fra loro. Omicidi, suicidi, vendette, rapimenti.. Non sono tutti fratelli? Non condividono lo stesso sangue? Lo stesso mondo? Gli stessi sentimenti? Eppure si feriscono l’uno con l’altro-.
Mi guardò. Aveva ragione. Mi resi conto che in qualche modo si dissociava da noi, come se non fosse..
-Qualsiasi individuo nasconde in sé due lati, ha due facce, una buona e una cattiva. Gli umani, invece, ritengono di averne una sola, quella buona, ma non è vero-.
Scoppiò a ridere, ma non di gioia come ero abituata a sentirla, sembrava contenere un enorme odio e risentimento dentro di sè.
-E tuo padre lavora per loro-, mi disse.
Io non riuscivo a credere a tutto questo. Ero un’appassionata di libri, avevo letto tante storie di esseri fantastici e a dirla tutta mi affascinavano, ma anche ammettere la loro esistenza, era troppo.
-E io dovrei credere...-. La mia voce si spezzò. Le mie mani tremavano.
Lei mi si avvicinò e mi strinse a lei. Per alcuni minuti restammo così. Il suo corpo mi dava conforto, ma quando riprese a parlare, mi sentì nuovamente sola.
-Il primo giorno di scuola, quando tu sei arrivata qui, io ti aspettavo-.
La guardai confusa.  -Come?-, chiesi.
-Ti avevo sentita, eri interessante per me, avevi un buon odore-.
Quelle parole mi spaventarono, mi alzai di scatto e gettai il cuscino sul pavimento.
-Ma cosa stai dicendo?!- urlai, presa dal panico.
Lei, del tutto normale, non si fece impressionare dalla mia reazione, ma continuò.
-Sentivo le pulsazioni del tuo sangue, lo sentivo scorrere nelle tue vene e mi piaceva-.
Sentì il mio cuore accelerare.
-Proprio come adesso- continuò.
Io indietreggiai spaventata, la mia migliore amica era un.. ma non esistevano. Mi stava prendendo in giro, come suo solito.
-Tu non sei diversa da me e allora già lo sapevo. Hai un destino ben diverso e anche i tuoi genitori ne sono, ormai, convinti-.
Mi avvicinai d’impeto a lei.
-Cosa sanno?-, strillai.
-Che sei diversa e che non potrai mai seguire le loro orme. Te ne renderai conto, Venice-.
Respiravo male e in fretta, ma riuscì a fare la domanda che tanto premeva per uscire dalla mie labbra.
-Cosa sei?-.
Lei mi sfiorò i capelli e dopo una manciata di secondi, con un sorriso leggero dipinto sulle sue labbra, mi disse -non un essere umano-. Ripensai alle sue parole. Ed ecco..
La mia migliore amica era un vampiro. Un vampiro.
Per qualche strana ragione, il mio cuore ritornò a battere come se nulla mi preoccupasse.
La guardai negli occhi, erano gli stessi di sempre.
Sapevo che per me poteva essere pericoloso, ma non riuscivo ad allontanarmi da lei.
Mi sentivo un pezzetto di ferro attratto dalla sua calamita.
-Mi fido di te- le dissi, alla fine. Non stavo commettendo un errore, sentivo di doverla proteggere.
-I miei genitori ti danno la caccia?- chiesi, prendendole la mano.
-Oh, si- confermò, -ma io sono più veloce-.
E saltò dalla finestra per mostrarmelo.
-Allora non era un gatto- sussurrai, abbassando lo sguardo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un Nuovo Mondo ***


Rieccomi con un nuovo capitolo. 

Ringrazio maruzza per il sostegno :D 

Speriamo che ciò che hai detto sia vero :P

Un Nuovo Mondo

Quella notte dormì stretta al braccio di Penelope. Avevamo parlato tutta la notte e Pe aveva risposto a tutte le domande sui vampiri che le rivolgevo.
Scoprì che la maggior parte delle cose che sapevo tramite libri, film e telefilm, non coincidevano con la sua natura.
Prima di tutto, lei non si nutriva di sangue umano, il che non mi sorprese.
E’ sbagliato pensare di conoscere fino in fondo una persona anche se si trascorre il maggior tempo del giorno con essa e a volte, anche quando si parla di fiducia, è in realtà un bisogno di vivere con qualcuno, qualcuno che ti dia sostegno in ogni circostanza.
Penelope mi rivelò che anche nel suo mondo esisteva una gerarchia di sangue.
Ai piedi c’erano i Semi-vampiri, definiti  così perché la trasformazione di un essere umano in vampiro non avveniva soltanto con il famoso gesto del morso, quello non era che l’inizio.
Al centro della piramide erano collocati i Nobili, vampiri nati in famiglie di vampiri. Non sapevo in che modo ciò potesse accadere, poiché una parte di me considerava i vampiri un po’ come corpi morti, ma appresi che la procreazione era l’unico punto che ci rendeva uguali.
Ed infine, al vertice della piramide si trovavano i Purosangue. I vampiri appartenenti a questa casta erano considerati delle vere e proprie divinità. Se un vampiro si trovava nei pressi di un Purosangue, gli era vietato cacciare e ubbidiva a tutto ciò che il Purosangue ordinava.
Penelope mi narrò alcune leggende legate ai Purosangue e rimasi affascinata dai poteri che si credeva avessero. Non si poteva nulla contro un Purosangue e se qualcuno di lui veniva ucciso, ci sarebbero state conseguenze gravi per chiunque fosse collegato in qualche modo alla sua morte.
-Tu ne hai mai incontrato uno?- le chiesi, guardando il soffitto della sua stanza.
Benché fosse ormai mattina, noi eravamo ancora stese sul letto. I miei genitori non si erano nemmeno accorti della mia assenza o forse sapevano dove mi trovassi, ma se ciò che Penelope mi aveva raccontato era vero, non dovevano essere poi così tranquilli sapendo che la loro unica figlia era in compagnia di un vampiro.
-Si-, rispose.
 –E’stata una delle sensazioni più belle che avessi mai provato. Ti senti come se il tuo cuore, la tua anima appartenesse non altro che a lui-, mi spiegò.
Ne sembrava davvero fiera.
Immaginai un Purosangue. La caratteristica principale dei vampiri era la loro straordinaria perfezione dei movimenti, del corpo e dei gesti. Perfezione pura. Erano agili, forti, possedevano sensi più sviluppati degli umani ed erano immortali.
-Come sei diventata un vampiro?-, le chiesi alzandomi appena per guardarla in viso.
Lei ricambiò il mio sguardo e sospirò. -Per me fu terribile-. Chiuse gli occhi, il ricordo doveva essere ancora doloroso. -Sono stata trasformata 10 anni fa, sono ancora una bambina, quindi-, sorrise appena,. Era assurdo pensare che Penelope lo fosse.
-Stavo tornando a casa dai miei, era molto tardi, ero stata ad una festa e mi sentivo anche un po’ brilla, ma lasciamo perdere-, sventolò una mano.
-Sentii qualcuno alle mie spalle quando era, ormai, troppo tardi. Non mi ricordo il suo viso, ma dopo avermi attaccata alle spalle, sentì qualcosa squarciarmi la gola-, s’interruppe e mi guardò, mi prese una mano: mi stavo agitando. Cercavo di immaginare la scena, ma mi resi conto che era impossibile.
Riprese a parlare. -Mi lasciò a terra agonizzante, vedevo il sangue inzupparmi i vestiti, mi sentivo sul punto di svenire se non morire-.
-Forse, sarebbe stato meglio-, concluse con voce atona.
-Ma non ti sei trasformata subito- la distrassi.
-Esatto. Se mi avesse lasciata così, sarei morta dissanguata, ma quel vampiro mi volle rendere una sua consanguinea e si procurò un taglio. Tutto quel sangue mi annebbiò la vista, ero una ragazza molto delicata e il sangue mi faceva uno strano effetto-. Fece una pausa.
Le lasciai un po’ di tempo e poi spinta dalla mia curiosità, -e cosa è successo poi?-.
Lei si sfiorò la gola. -Aveva un taglio profondo sul braccio e il suo sangue colava a vista d’occhio, me lo portò alla bocca e me lo fece.. bere-.
La guardai inorridita. -Funziona così? Uno scambio di sangue?-.
Lei annuì. - E’ l’unico modo per trasformarsi. Il suo sangue era più forte mescolato con quello di un umano e avrebbe aiutato a rimettermi in forze e a nascondere la mia ferita. Noi vampiri guariamo in fretta-.  Altra cosa da tenera a mente.
-E allora perché non ti nutri di sangue umano?-.
Se era necessario un scambio di sangue, significava che la persona morsa non si trasformava o almeno c’erano possibilità che ciò non accadesse, ma molto remote.
Lei saltò giù dal letto e si avvicinò alla finestra.
-Venice, è un gesto orribile anche per un mostro come me. Il dolore è lancinante, ti senti dilaniata, il sangue ribollire nelle vene, senti delle scariche elettriche attraversarti il corpo e la testa esplodere. Non è proprio andare come sulle montagne russe, sai?-.
Che sciocca.
-Scusa, domanda idiota-, borbottai.
Lei scosse il capo e mi sorrise come sempre, -non preoccuparti di me, ma del tipo che si nasconde dietro l’albero e che ti aspetta-.
Spalancai la bocca.
-Chi?-, pensai a mio padre. Penelope era in pericolo.
Mi mossi velocemente, dovevo nasconderla.
Lei mi guardò scettica.
-Ti senti male? Non hai nemmeno fatto colazione, è impossibile- mi prese in giro.
-No!-, esclamai.
-Ti faranno del male, scappa!-.
Lei mi abbracciò, ma cosa faceva? Doveva andare via!
-Sei proprio una sciocca. Non è qui per me, ma per te-, mi spiegò accarezzandomi i capelli, -e ti ringrazio, ma sono grande abbastanza per proteggermi da sola-.
Grande? Ovviamente!
-E allora chi è?- chiesi più a me stessa che a lei, sporgendomi poi alla finestra.
Lei mi raggiunse.
-Dice di chiamarsi Oliver.-.
Sgranai gli occhi.
–Dice?E come lo sai?-.
-Mi sottovaluti, piccola-, scherzò, -ho un udito molto raffinato-.
Guardai ancora fuori, era davvero appostato dietro quell’albero.
Ma cosa voleva da me? E perché proprio me?

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Gocce Di Pioggia ***


Oddio! Ho creato una confusione enorme XD
Il capitolo "Le due metà" segue questo. O__O
Quindi ora dovrebbe essere tutto un pò più chiaro xD Perdonatemi.


Gocce Di Pioggia

Ero indecisa. Non sapevo se andare da lui o fare finta di nulla.
Provavo una punta di fastidio se pensavo che un estraneo mi avesse seguita, ma allo stesso tempo ciò mi rendeva felice, significava che lui mi cercava.
Lasciai Penelope che mi studiava con un’espressione “so-tutto-io” ed era davvero insopportabile. Stava sicuramente ridendo alle mie spalle.
Io, con l’amore, avevo un rapporto conflittuale e lei lo sapeva più di chiunque altro. Non ero mai stata felice, né avevo tentato di esserlo. Mi preoccupavo troppo, non mi lasciavo andare abbastanza e quindi tanto valeva metterci un enorme pietra sopra.
Prima di uscire di casa, mi guardai allo specchio dell’ingresso. Indossavo ancora i vestiti del giorno precedente: T-shirt bianca con “Super heroes” scritta al centro, un jeans chiaro e le scarpette da ginnastica bianche. Il mio trucco era ormai scomparso, eccetto il filo di matita nera che risaltava i miei grandi occhi verdi e i capelli erano un po’ spettinati. Me li lisciai più che potei ottenendo un risultato quasi accettabile.
-Che schifo- bisbigliai prima di chiudermi la porta alle spalle.
Doveva essere mezzogiorno o giù di lì, lo capivo dal mio stomaco che brontolava.
Il sole era nascosto fra una miriade di nubi che a loro volta stavano assumendo un colore grigiastro.
Svoltai l’angolo cercando Oliver con lo sguardo e quando lo vidi, sentì il cuore iniziare a galoppare frenetico nel mio petto. Mi sentivo già nervosa e non ci avevo ancora scambiato una parola.
Mi appiattì la frangia per nascondere il mio viso. Se avessi avuto uno specchio, mi sarei sicuramente accorta del piccolo rossore apparso sulle mie guance.
Alzai lo sguardo verso di lui: finalmente si era accorto della mia presenza.
Era davvero da togliere il fiato. Indossava una semplice camicia blu e un jeans dello stesso colore. Era semplice, ma dannatamente bello.
Mi fermai a pochi passi da lui alzando il mento e incrociando le braccia: stavo aspettando una spiegazione.
-Buongiorno anche a te, Venice- disse ironicamente infilandosi le mani in tasca, come un grande sbruffone.
-Si, si- tagliai corto. -Perché mi hai seguita?-chiesi, nascondendo le mie reali sensazioni.
A volte mi stupivo del mio stesso autocontrollo.
Lui, scalciando un sasso, mi sorrise beffardo. -Che modestia, piccola-.
Alzai un sopracciglio pronta a ribattere, ma lui mi zittì. -Tuo padre, era preoccupato-.
Scrollai le spalle. -Che novità- risposi sarcasticamente.
Non ci credevo minimamente, anzi ora capivo, aveva paura che esponessi il mio collo pronta a farmi mordere da un vampiro?
-Lo ero anche io- sussurrò Oliver guardandomi negli occhi. -Ieri sembravi sconvolta quando sei corsa via e non sei più rientrata-.
Queste parole mi sorpresero non poco. Il mio cervello era andato in tilt e mi sudavano le mani. Allontanai le mie braccia dal corpo e le lasciai cadere lungo i miei fianchi.
Lo oltrepassai dirigendomi ai piedi dell’albero che Oliver aveva usato come copertura.
Mi lasciai cadere appoggiando la schiena ad esso. L’erba era umida.
-Io.. Io non potevo restare in quella casa- sbottai passandomi una mano sul viso. -Come ti sentiresti se qualcuno per diciassette anni non avesse fatto altro che mentirti? Nasconderti la sua vita e mentire sulla tua? Non ce la faccio Oliver-.
Non sapevo perché stavo sfogando le mie frustrazioni su di lui, non era che un estraneo per me.
La verità era che, oltre Penelope, non c’era nessun altro di cui potessi fidarmi. E per Oliver provavo un turbine di sentimenti che mi rendevano imprevedibile persino ai miei stessi occhi.
Lui mi si affiancò e allontanò la mia mano dal viso stringendola nella sua. Guardai l’intreccio delle nostre mani senza trovare una definizione di cosa fossimo. Cosa eravamo?
-Anche mio padre mi ha mentito a lungo sulla sua vita, ma sai, a volte le loro bugie non sono altro che un modo sbagliato di proteggerci. Ai loro occhi, noi saremo per sempre i loro bambini e bambine- mi guardò per poi riprendere. -E sono sicuro che Jack stia facendo lo stesso con te. Tu sei una parte di lui, come lui è una parte di te- concluse, lasciando la mia mano e portando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio.
Era troppo vicino. Sentivo il suo respiro lento sulla mia pelle e non riuscendo a guardarlo negli occhi, notai per la prima volta il suo piccolo tatuaggio sul collo. Era una piccola croce avvolta da un ramo spinoso.
Istintivamente allungai la mano per toccarlo, sfiorai la sue pelle calda, ma la ritrassi all’istante.
-Ops, scusa- arrossì violentemente, ma lui mi sorrise come non mai. Il suo viso era spaventosamente bello.
-Ti piace, vero?- mi chiese. Era forse un suo tentativo per mettermi a mio agio.
Io annuì e rivolsi lo sguardo lungo la strada. Le macchine sfrecciavano veloci ed ero pronta a giurare che Penelope ci stesse spiando. Sorrisi al pensiero, ma Oliver non se ne accorse. Ne ero contenta, avrei dovuto spiegare dettagli troppo imbarazzanti.
Il cielo intanto si era completamente oscurato. Restammo in silenzio per alcuni secondi, poi Oliver si alzò e mi offrì la mano per aiutarmi a fare lo stesso. L’accettai e la strinsi forte. Sospirai e mi rassettai i vestiti per liberarli dalle foglie. Mi voltai a guardarlo e mi scappò un risolino.
Lui mi guardò confuso - cosa c’è?-.
-Hai qualcosa nei capelli!- esclamai, continuando a ridere.
Lui se li spazzolò con le mani e mi chiese conferma sul loro stato attuale.
Storsi il naso e mi alzai sulle punte per aiutarlo. Era una semplicissima foglia.
-Ecco fatto- annunciai, mostrandogliela. Lui mi bisbigliò un imbarazzato –grazie-.
Eravamo ancora una volta troppo vicini. Non seppi esattamente come le sue mani erano finite sul mio viso, mi sentivo in trappola. Mi tremavano appena le gambe, un movimento impercettibile ai suoi occhi. Tutto il resto del mio corpo era però immobile. Una vocina nella mia testa mi suggerì di ricambiare il suo gesto. Affondai le mani nei risvolti della sua camicia. Potevo avvertire il suo respiro, il suo petto abbassarsi e sollevarsi ritmicamente, potevo..
Mi stava baciando?
Il segnale al mio cervello era giunto troppo tardi. Io non.. cioè da quanto ci conoscevamo? Tre giorni? Forse quattro. E mi stava baciando, anzi, ci stavamo baciando.
Cosa sapevo di Lui? Il cognome? Che lavorava con mio padre?
Oh al diavolo..
Mi decisi, le sue labbra erano ad un millimetro dalle mie. Chiusi gli occhi..
Grosse gocce di pioggia caddero su i nostri volti. Ci ritraemmo entrambi nello stesso istante ridendo.
La pioggia cadeva fitta inzuppandoci i vestiti. Lui mi afferrò per i fianchi trascinandomi sotto il nostro albero.
-Ti si arrufferanno i capelli- mi prese in giro giocando con la mia frangia.
-Oh sopravvivrò- risposi perdendomi nei suoi immensi occhi castani.
Ero contenta che mi avesse seguito.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Le Due Metà ***


Buonaseraaaa =)

Sono tornata con un altro capitolo. Spero di aggiornare prima di martedì perchè sono prossima alla partenza. Me ne vado al mare con una mia amica e family.

Ma non vi voglio annoiare. Ecco a voi.


Le Due Metà

Aveva piovuto per un’ora abbondante, ma per me sembrò semplicemente un attimo. Stare in compagnia di Oliver fu indescrivibilmente piacevole. I nostri corpi erano, in qualche modo, sempre in contatto; non mi lasciava mai, la sua mano cercava sempre la mia.
Appresi che era un patito dei miei capelli e mi resi conto di quanto gli fossi schiava, di quanto gli permettessi. Un esempio era proprio questo: non permettevo a nessuno di toccarli, ma con lui non riuscivo a dire “no”.
Questo aspetto di me mi spaventava un po’. Io ero quel tipo di ragazza che si dibatteva per l’autonomia e il rispetto delle donne, il libero arbitrio, ma quando qualcuno era così importante per me, tutti i sensi si offuscavano e perdevo così la mia solita lucidità. Ma era sbagliato abbandonarsi a qualcuno? Era sbagliato dipendere da qualcuno? Era sbagliato sentirsi così attratti da qualcuno? Non conoscevo le risposte a queste mie domande, ma alla fine decisi di preoccuparmene quando l’occasione si fosse presentata e speravo non tanto presto.
L’aria era umida, le strade bagnate e i miei capelli decisamente orribili.
Oliver, invece, era sempre perfetto: lo invidiavo.
Mi prese per mano e mi baciò la fronte, io sorrisi e risposi alla sua stretta. Lasciammo il nostro rifugio camminando lentamente lungo il marciapiede. Mi voltai verso quello che sarebbe stato il nostro primo ed unico luogo; un luogo in cui, Oliver James mi aveva lasciato entrare nel suo mondo e io nel mio. Lui mi strinse al suo fianco passandomi un braccio dietro la schiena.

- L’albero starà bene - ridacchiò. Aveva la capacità di rovinare qualsiasi momento romantico.
-Hai un tempismo spaventoso!- sbottai, assestandogli una gomitata che rimbalzò contro i suoi addominali.
Storsi il naso. -Hai rovinato il flusso dei miei ricordi legati a quell’albero- continuai indignata. Lui mi accarezzò la testa, mi faceva sentire una bambina.

-Non hai motivo di ricordare se ora mi hai al tuo fianco- mi disse dolcemente, avvicinando nuovamente il suo viso al mio. Le sue labbra erano fredde a causa dell’umidità e la mia barriera cadde miseramente. Dentro di me cresceva sempre una sensazione di pace quando lui mi sfiorava, il mio cervello era ancora in tilt come se la sua vicinanza creasse un intermittenza con esso. Ad uno dei due non potevo resistere ed era chiaro a chi.
Sorrisi contro le sue labbra. -Hai ragione, ora ti ho qui- ripetei, come se avessi paura di svegliarmi nel letto di Penelope e scoprire che si era trattato solo di un sogno.
Passeggiammo mano nella mano lungo tutta la strada. Avevamo superato già il primo isolato che mi allontanava da Penelope e mi avvicinava alla mia casa. Casa.. Potevo definirla ancora tale?

-E così lavori per il mio vecchio- scherzai, sventolando una mano. -Davvero vuoi fare l’architetto?-. Volevo sapere, volevo tentare di conoscere tutto di lui.
-Mi piace progettare- annuì convinto, ma evitando il mio sguardo. Un po’ mi sorprese perchè io non riuscivo a smettere di guardarlo, ma evidentemente lui era più equilibrato.
Lui mi strinse la mano. -Ho sentito dire che hai un fratello, Venice-.
Quando pronunciava il mio nome, la sua voce assumeva una sfumatura diversa dal solito e il mio cuore lo sentiva.
Io sussultai all’idea. Non avevo più pensato al diario, né tanto meno ai nostri nomi, l’uno cancellato e l’altro bruciato.
-Uhm, si-, sfregai la mano libera contro il jeans. Parlarne mi rendeva nervosa. -Ma non è qui, sta studiando all’università e voleva lasciare questo posto, quindi è scappato il più lontano possibile-. Accennai un sorriso, ma non potevo essere stata convincente, non mi riusciva mai.
-Avrei voluto conoscerlo- commentò, guardandomi con i suoi grandi occhi castani.
Io mi limitai a sorridere.
Con mio grande dispiacere mi accorsi di essere ormai giunti davanti casa. La studiai. Sentivo lo stomaco contorcersi per la rabbia. Oliver mi prese fra le braccia lasciandomi una scia di baci sulla tempia e sulla guancia sinistra. Mi calmai all’istante. Lasciai la sua mano e la ricongiunsi con la mia. Oliver fece un passo in avanti e si volse verso di me. -Andiamo piccola-.
Attraversai il vialetto al suo fianco e bussai alla porta. Cercai Oliver con lo sguardo, lui mi baciò ancora e mi sussurrò all’orecchio: -Andrà tutto bene-.

Nello stesso istante, la porta si aprì di scatto e mi ritrovai fra le braccia di mia madre. Piangeva sulla mia spalla e mi sentì leggermente in colpa per essere andata via senza avvertire almeno lei. Era così dolce. Ricambiai il suo abbraccio tentando di calmarla, ma lei non accennava a farlo.
-Tesoro, ma dove eri finita? Sono stata in pensiero per tutto questo tempo- mi disse fra un singhiozzo e l’altro. Le asciugai le lacrime accarezzandole in volto. -Sto bene, davvero-.
Solo allora notai la presenza di mio padre. Sentivo il suo sguardo bruciare sul mio viso.
-Ciao papà-.
E per la prima volta da quando ricordavo lui mi venne incontro e mi abbracciò. Non so cosa volesse dimostrarmi, ma io cercai lo sguardo di Oliver che ricambiò il mio. I suoi occhi erano privi di espressione, mi sentì ancora più confusa dopo di che attraversò l’ingresso e ci lasciò soli.

Raccontai di essere stata da un’amica e quando loro mi chiesero se si trattasse di Penelope, negai spudoratamente. Accampai mille scuse per salire su in camera a riposare. Dopo circa trenta minuti di terzo grado, riuscì a svignarmela di sopra. Avevo bisogno di una doccia.
Entrai in camera a prendere un cambio e trovai Penelope stesa sul mio letto. Sussultai dallo spavento sibilando un -Tu sei pazza- e chiusi violentemente la porta con doppia mandata.

La incenerì con lo sguardo.
-Ehi, vacci piano- sventolò una mano come se non fosse successo nulla.
-Vacci piano? VACCI PIANO?- domandai furiosa. -Sospettano di te almeno quanto me che sono una ragazza- le feci presente per farle intendere la gravità della cosa. -E tu entri dalla mia finestra?-
La ragazza vampiro sbuffò e poi fece, -Che romantica che sei-.
Risi di gusto. -E tu sei un‘irresponsabile di prima categoria- urlai senza più nessun controllo. Lei mi zittì balzandomi alle spalle e coprendomi la bocca con la mano.
Sentì dei passi indugiare davanti alla mia camera, ma alla fine qualsiasi persona fosse si allontanò tornando di sotto.
-Io mi preoccupo per te, smettila di mettere così a dura prova il mio cuore. Tu sei l’unica che mi rimane e l’unica che proteggerei con la mia stessa vita- le sussurrai abbracciandola.
Penelope non disse nulla, ma mi guardò seria. Aveva capito. La convinsi a restare lì buona nel poco tempo che avrei impiegato per darmi una sistemata.
Il getto della doccia sciolse tutti i miei muscoli, insaponai tutto il mio corpo, massaggiai la testa fino a quando non mi sentì completamente rilassata. Mi asciugai i capelli rapidamente e sgattaiolai nella mia camera. Pe aveva mantenuto la parola. Era lì, nel mio angolo lettura a leggere il mio diario. Cosa??
-Sei proprio una bastarda- commentai acidamente.
Lei annuì convinta. - L’ho sempre detto, ma non mi disturbare, sto leggendo del primo incontro con Oliver -.
Sbuffai inviperita e mi infilai la tuta gettandomi sul letto.
Erano loro le mie due metà: Penelope, l’affascinante vampiro nonché mia migliore amica e Oliver, l’affascinante ragazzo che mi aveva rapito il cuore.

 Voglio ringraziare:

* Maruzza: Sono contenta di aver suscitato della curiosità in te. Spero ti piaccia. :*

* I_Want_to_break_Free: Grazie mille..Figurati, la tua fic mi piace molto.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Un Sogno ? ***


Ciao a tutti. 

Vi lascio questo capitolo un pò per consolazione. Starò via alcuni giorni e non so ancora quando tornerò. E' un mistero. Non mi abbandonate. Un bacio.

Un Sogno ?

Non ricordavo come ci fossi arrivata. Ero nel mio letto, ero sicura.
In una frazione di secondo mi ero ritrovata nel parco, luogo in cui ero cresciuta in questi due ultimi anni al fianco di Penelope. Avevo pianto, avevo riso, avevo sofferto, avevo gioito, avevo vissuto. Mi guardai intorno confusa, era molto buio e anche i lampioni erano spenti. Le foglie degli alberi e dei cespugli frusciavano cullate dal vento, uccelli notturni si chiamavano l’uno l’altro e quel suono, più forte, doveva appartenere ad una civetta.
Mossi un passo lentamente lungo il grande chiosco da giardino costruito in muratura e in legno. Amavo quel posto e ricordavo esattamente dove si trovasse anche senza vederlo.
Lentamente e a tentoni raggiunsi il centro del parco, sfregai con la mano sinistra contro il legno del chiosco. Inciampai nel secondo gradino che faceva da rialzo e persi l’equilibrio trovandomi riversa su un fianco. Avevo sbattuto dolosamente il gomito contro il muro provocandomi qualche graffio, mi bruciava da morire. Tastai la ferita per capirne la gravità e quando mi portai la mano al viso, sentì l’odore del sangue: non era un graffio. Mi rialzai tenendomi il gomito stretto al corpo e raggiunsi la panca all’interno del chiosco. Respirai lentamente cercando di mettere a fuoco le ombre che i miei normalissimi occhi riuscivano a scorgere. Dopo circa un minuto, il mio respiro era tornato normale. Mi stavo calmando.
Feci per alzarmi, ma un qualcosa mi afferrò bruscamente per il braccio dolorante trascinandomi sulla panca. Non riuscì a farmi forza, era troppo doloroso e la stretta mi impediva qualsiasi movimento. Ero paralizzata dal terrore, ma improvvisamente, un lampione più lontano si accese, anche l’altro più vicino, fino a raggiungere quello del chiosco. La stretta si sciolse e quando riaprì gli occhi..

 *

 Mi svegliai di soprassalto. Mia madre mi guardava preoccupata. Che ci faceva nella mia stanza?
Il sangue mi si raggelò nelle vene. Penelope? Era qui accanto a me.
-Tesoro mio, era solo un incubo-, mi disse accarezzandomi il viso.
Mi toccai la testa ripensando.. era un sogno? Mi alzai di scatto e mi guardai il braccio, nessuna ferita. Sospirai massaggiandomi gli occhi.

-Uhm, scusa mamma- mormorai imbarazzata.
Lei mi sorrise e uscendo dalla camera disse, - vieni a fare colazione-.
Annuì poco convinta. Rimasta sola ripensai al mio sogno. Sembrava tutto così reale, ma chiaramente non lo era. Che cos’era quella cosa che mi aveva stretto il braccio? Mi massaggiai quella parte ancora sconvolta.

Entrai in bagno pensando a Penelope, sparavo solo che stesse bene, ma conoscendola era probabilmente fuggita dalla finestra quando aveva sentito mia madre arrivare. Mi sciacquai il viso e mi guardai allo specchio. Avevo gli occhi.. spenti. Diversi dal giorno prima. Evitai ancora di guardami in volto quando iniziai a vestirmi. Scelsi un jeans nero, camicetta bianca con maniche a sbuffo e scarpette bianche da ginnastica. Rovistai nell’armadio e trovai un pacco. Curiosa, lo aprì. Erano delle converse verdi. Sorrisi raggiante. Era sicuramente opera di Penelope e c’era un biglietto. Lo aprì in fretta.
-Ti ho visto come le guardavi, poi non dirmi che non sono carina e che non ti faccio mai regali. La tua grande e migliore amica punk P-.
Scoppiai a ridere e richiusi la scatola. Riusciva sempre a farmi sentire meglio.
Scesi in cucina e saltai sul bancone afferrando una fetta di pane e nutella. Avevo già dimentico il sogno. Presi a canticchiare frasi sconnesse, ero leggermente una frana. Mancava un ultimo morso quando sentì la porta aprirsi.
-Mamma, sto mangiando- sbuffai voltandomi.
Ma non era la mamma..

Non sapevo per quanto tempo il solo guardarlo mi avrebbe provocato quel turbine di sensazioni, ma non riuscivo a calmarmi quando i miei occhi incrociavano i suoi. Il mio cuore prese a galoppare frenetico come se avessi corso per un chilometro. Una maratona, ora che ci pensavo. Bello come sempre, Oliver entrò in cucina. Non mi sarei mai stancata di ripetere quanto fosse splendido il suo viso, il suo andamento, il suo essere Oliver James.
Mi sorrise come solo lui sapeva fare. Indossava una camicia bianca e un pantalone scuro classico. Era molto elegante.
-Ciao-, gli dissi voltandomi verso di lui.
Ero sicura che se fossi scesa dal bancone, le mie gambe non mi avrebbero sorretto. Lui mi si avvicinò e aprendo la bocca, rubò l’ultimo pezzo di pane e nutella. Mi stavo per sentire male.

-Uhm, buono-, confermò avvicinandosi a me.
-Lo penso anche io- bisbigliai, confusa dal suo gesto. Era un dio?
Mi baciò esattamente come la prima volta e le mie mani non resistettero all’impulso di affondare nei suoi capelli. Erano così morbidi: altro punto a suo favore.
-Volevo prepararti la colazione-, mi spiegò, -e salire in camera tua-, aggiunse assumendo un tono malizioso.
Io inspirai a fondo. –Divertente-, commentai. Non stava dicendo sul serio.
-Come credi- ridacchiò, lisciandomi la frangia.
Stava dicendo sul serio?
Sbirciai l’orologio sul suo polso, erano appena le otto del mattino.
-Oliver, sei mattiniero- constatai intrecciando la mia mano con la sua.

-Jack mi adora- rispose, prendendomi chiaramente in giro, -e poi ho fatto bene, se ciò vuol dire incontrarti in cucina tutte le mattine-.
Le sue labbra catturarono nuovamente le mie. Potevo mai avere un attacco cardiaco?
-Uhm, magari anche a pranzo, a cena e ad un spuntino notturno?- chiesi con nonchalance.
-Inizi a capire quanto sei fortunata piccola-, mi accarezzò la guancia. La sua mano era come sempre calda e anche piuttosto piacevole.
Mi prese per i fianchi e mi fece scendere dal bancone.
Poggiai i piedi saldamente sul pavimento. Le gambe non mi tremavano più. Iniziavo ad abituarmi.
Lo abbracciai. Sentivo uno smisurato bisogno di sentirlo al mio fianco, di sentire il suo calore sulla mia pelle, di averlo fra le mie braccia. Non capivo perché non riuscivo a fare a meno di lui.
-Oliver! Stai macinando il caffè con le mani? Il lavoro non si finisce da solo-.
Mi allontanai di scatto da lui. Era la voce di mio padre.
Oliver sospirò rassegnato. -Prima il dovere- mi prese per mano-  -Il piacere aspetterà-, aggiunse baciandomela.
Ero sicura che avrei sentito molte altre volte quella frase. Ridacchiai.
Prese il vassoio sul tavolo che mia madre aveva preparato appositamente per loro e sparì dalla cucina voltandosi a guardarmi. Gli sorrisi.
Quel James mi rendeva veramente e inspiegabilmente felice.

Ringraziamenti:
Miss Woland: Quando scrivo mi sento romantica, nella vita privata un pò meno :D Grazie per la recensione.
Maruzza: Come vedi ti ho accontentata. :P Grazie mille.
I_Want_To_Break_Free: Oliver è il mio personaggio preferito. Diciamo che nella realtà esiste. :Q__  Grazie!

Grazie per chi mi ha inserita fra i preferiti.
- I_Want_to_break_Free 
- MsYuuki 

Fra le ricordate:
- SummerRain

E fra le seguite:
- maruzza
-honeyS

A prestoooooo!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Vicolo Cieco ***


Sono, finalmente, ritornata dalle vacanze.
Si tratta di un capitolo abbastanza importante perchè vengono rivelate delle cose importanti e altre invece possono essere capite con un pò di attenzione.
Buona lettura.


Vicolo Cieco 

Per tre giorni quell’incubo si impossessò dei mie sogni. Erano tre giorni che non dormivo, tre giorni che mi sentivo nervosa e irascibile, tre giorni che desideravo solo la luce.
Non riconoscevo quella figura misteriosa che mi tratteneva per il braccio, ma chiaramente il campo si stava restringendo: non poteva che essere una persona.
Ogni notte mi avventuravo in questo incubo e ogni notte lo vedevo sempre più nitido come se realmente mi trovassi in quel chiosco da giardino in quel momento.
Ben presto scoprì che più restavo in quel sogno e meno particolari mi sfuggivano, nonostante il buio fitto.
Non raccontai a nessuno del mio sogno ricorrente e lasciavo che Penelope si prendesse gioco di me per le mie occhiaie e per il mio “visetto sbattuto” come diceva lei, accompagnando l’espressione con un ghigno “made in Pe”. Era facile per lei, un vampiro, avere sempre il viso perfetto, non aveva nemmeno bisogno di dormire.

Distesa sul letto ripensai alla mia vita. Spesso, quando ero da sola, mi immergevo in questo tour e mi rendevo conto di quante occasioni avevo sprecato, ma anche di aver preso la decisione giusta in molte altre situazioni.
Vivevo a Key da due anni. Il trasferimento era stato molto veloce, il che non è realmente possibile a meno che non fosse tutto preparato alle mie spalle, ma forse era proprio così.
Non era un caso che la scelta fosse ricaduta su questa cittadina, dove il sole persisteva per 3 mesi all’anno, nei mesi estivi.

I coniugi Hale lavoravano presso “Il Consolato”, un’associazione istituita per estirpare la razza dei vampiri. Penelope mi aveva mentito allargando il loro raggio d’azione, ma sapevo che nel centro del loro mirino c’erano solamente i vampiri.
I vampiri a loro volta non erano tanto diversi dagli umani. Non era stata Penelope, con le sue parole, a convincermi, ma ero stata io a scegliere da che parte stare.
Noi, gli umani, eravamo davvero tanto sbagliati.
L’ambizione, l’egoismo, l’indifferenza, la rabbia e l’odio esistevano, ma l’amore, l’amicizia, il rispetto, l’altruismo, dove erano finiti?

I vampiri per quanto esseri, in un certo qual modo, mostruosi, perché basavano la propria esistenza sul sangue, erano molto uniti ed erano pronti ad appoggiarsi l’un l’altro in qualsiasi circostanza.
Gli umani, invece, avevano sempre dei secondi fini, non agivano mai per la voglia di farlo o per il bisogno di aiutare.
La mia visione dei due mondi non era giusta o sbagliata, bianca o nera, c’erano delle sfumature.
In entrambe le parti c’erano le eccezioni. Io non mi ritenevo una persona egoista e malvagia, c’erano molte altre persone come me. Era inutile negare che il mondo era radicalmente cambiato.
Lo stesso era per i vampiri, non tutti dovevano essere come Penelope. Fuori, chissà quanto lontano o quanto vicino, vampiri uccidevano, torturavano o trasformavano umani come me. Ma allora io perché ero un’umana e non un vampiro? Che differenza c’era?
Tirando le somme, i miei due mondi non erano tanto differenti.
Appoggiavo la scelta di mio fratello Michael, ma per le ragioni sbagliate. Io non volevo semplicemente condurre una vita normale, negando l’esistenza di altri esseri; per me non era una guerra giusta e non volevo entrarci. Chi eravamo noi per decidere chi doveva morire e chi sopravvivere? Se i vampiri esistevano, ci doveva essere qualche ragione. Io credevo nel destino ed era sbagliato non seguire la strada da esso spianata.
Mi alzai di scatto dal mio letto. Anche Penelope aveva parlato del destino con me. Aveva detto che io ne avevo un  diverso, in che senso?
Da quando avevo affidato il mio cuore ad Oliver, avevo dimentico in che realtà mi trovassi. Avevo dimenticato molte cose, ma dovevo reagire, le fiabe non esistevano.
Mi infilai un jeans e una camicetta bianca e colsi l’occasione per indossare anche il regalo della mia migliore amica: le sue famose converse.
Lasciai la mia camera e mi diressi velocemente nella biblioteca di famiglia.
Non avevo ancora dimenticato la rosa.
Chiusi la porta alle mie spalle e ripresi il diario di mio padre. Sfogliai frettolosamente le pagine in cerca di una definizione che mi avrebbe finalmente chiarito il dubbio.
Mio padre non era più il suo padrone, quindi, non aveva ancora scoperto che io ne ero a conoscenza. Non avevo detto nulla ad Oliver e lui non aveva insistito. Rispettava le mie scelte: anche fin troppo.
Finalmente trovai qualcosa.
La rosa era l’emblema del Consolato. Gli uomini indossavano un anello, come quello che Penelope aveva rubato a mio padre. Le donne non ne facevano parte, ma se gli uomini erano sposati, le loro mogli dovevano mantenere il segreto. Nel caso in cui la famiglia del membro non avesse eredi maschi, il testimone veniva passato ad un ragazzo che lo stesso membro preparava o alla figlia se ne avesse avuto una.
Non capivo. Io costituivo uno di quei casi, ma allora perché il testimone non era stato passato a me? Significava che mio padre aveva trovato un allievo? Lo stava allenando e preparando a prendere il suo posto?
Continuai a leggere.
Il fiore teneva lontano i vampiri dal luogo in cui era posto. Non tutte le rose, ma solo quella con il petalo bianco, una rarità al mondo.
Collegai la strana reazione di Penelope. Tornava tutto.
La rosa era un divieto per i vampiri, un po’ come la luce del sole.
Ma perché quel giorno un uomo la inviò a casa mia? E mia madre? Perché spaventarsi tanto se era il loro simbolo?
Proprio non capivo.
Qual era il mio destino?

Ringrazio maruzza, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Per quanto riguarda Oliver, certo che esiste :P
Grazie a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Un Vampiro A Key ***


Buongiorno a tutti/e.
Ecco il prossimo capitolo.
In questi giorni ho letto diverse recensioni che mi hanno resa molto felice.
Volevo avvisarvi che la storia è completa, quindi mi serve giusto il tempo necessario per rileggere e modificare qualcosa. Sto già scrivendo la seconda parte. Ma ora, basta. Buona lettura =)


Un Vampiro A Key

Se dovessi descrivere la mia estate in una parola, sceglierei “confusa”. Nella mia vita non c’era mai stata chiarezza, non solo per la famiglia, ma per tante altre cose. Ero una ragazza davvero difficile a volte e non me ne rendevo conto. Invidiavo le mie coetanee che sapevano cosa volessero dalla vita e io ancora no. Certo, potevo essere invidiata per la fama della mia famiglia, per i soldi, per il mio ragazzo, ma in realtà quanto contava davvero? L’estate era davvero una stagione orribile per me, non perché amassi la scuola, ma perché avevo la mente così libera che non facevo altro che pensare, pensare e pensare. Troppo libertà non faceva per me.

Avevo trascorso gli ultimi giorni del mese dividendomi fra Oliver e Penelope, evitando accuratamente i miei. Avevo “preso in prestito” il diario per leggerlo in ogni suo piccolo dettaglio. Non l’avevo rubato, dopotutto era anche la mia biblioteca.
Oliver ed io ci vedevamo a casa fra una pausa e l’altra del suo tirocinio e iniziavo a credere che mio padre sospettasse qualcosa. La verità era che mi terrorizzava e io volevo parlagliene, ma Oliver me l’aveva proibito categoricamente.

-Oh andiamo!- sbottai, seguendolo su per le scale.
Oliver sbuffò a sua volta. -Venice tesoro..- l’adoravo quando mi chiamava così -..ma perché? Non ha senso, non avremo più la nostra libertà.-
In effetti, aveva ragione. Immaginavo già i miei, invadenti come erano, a fare domande su domande, mettendo in imbarazzo me e non tanto lui.
Mi arresi. -Va bene, hai vinto- alzai le mani  in segno di resa.
-Brava ragazza- disse, voltandosi e prendendomi fra le braccia.
Avevo fallito, direi.
Penelope, invece, non mi aveva mai chiesto di incontrare Oliver.
Personalmente in questo mi sentivo un po’ egoista. Volevo tenere separati i miei due mondi. Sbagliavo? Avevo paura di perdere uno dei due?

Insieme avevamo fatto shopping quasi tutti i giorni per prepararci al nostro ultimo anno di scuola. Era davvero stressante girare nei negozi con lei: le stava bene tutto, ma proprio di tutto. Dopo tre ore intense di autocommiserazione, andammo a casa sua.
-Domani è il grande giorno!- esclamò, chiudendo la porta alle sue spalle.
-Wow- esclamai, senza troppo entusiasmo. -Non vedo l’ora.-
Lei mi guardò male. –Venice, sei proprio incredibile. Questa è la tua vita! Vivila!-.
Okay, era vero. Avevo diciassette anni e potevo dire di avere tutto, eppure mi sentivo ancora a metà, come se la parte più importante di me fosse stata cancellata.
-Non è questa la mia vita- sbuffai, non osando guardarla negli occhi.
Lei rise amara. -E quale sarebbe? Ucciderei per essere ancora umana.-
La guardai, finalmente.
Era la prima volta che Penelope mi confidava un suo desiderio. La mia migliore amica era sempre stata misteriosa con me, ma avevo imparato a capirla e anche a comprenderla quando era necessario. Mi sentivo terribilmente in colpa. Io volevo essere come lei. Ero giunta a questa drastica decisione in seguito al ripetersi insistente del mio sogno. Ero così fragile, così umana.
Ma, sentire quelle parole fu come uno schiaffo in piena faccia.
Evitai di rispondere, accampando una scusa sul fatto che avessi un appuntamento con Oliver, ma dalla mia scarsa recitazione, lei si accorse che mentivo. Ugualmente mi lasciò andare.

Per strada pensai a quanto ero stata stupida. Mi odiavo con tutta me stessa. Mi odiavo talmente tanto che la vista mi si era annebbiata. Camminavo a testa bassa, calciando di tanto in tanto un sassolino che si presentava sulla mia strada, fino a quando non mi ritrovai distesa a terra.
Mi toccai la testa dolorante, avevo sbattuto contro.. contro un bellissimo ragazzo.
Alto, molto alto, castano, occhi azzurri. Mi porse la mano. L’accettai, era forte. Lo guardai bene, quel ragazzo era “grande”.
Scossi la testa, ero confusa. Grande era l’aggettivo sbagliato, era muscoloso, non molto, ma sicuramente più di Oliver. Doveva fare palestra tutti i giorni.

-Scusa- mi disse, sorridendo.
Farfugliai qualcosa e lui scoppiò a ridere. -Devi essere Venice- esclamò sicuro.
Sbottai. -Ce l’ho scritto in faccia per caso? O nel vocabolario sotto “sbadata” c’è la mia foto?-
Lui alzò le braccia a mo’ di scusa. -Mi dispiace, io sono Josh e sono un amico di Penelope.-
Io risi di gusto. -Ah! Un amico.- Ora capivo tutto, era troppo bello per essere vero.
-Perspicace- commentò lui, guardando oltre la mia spalla.
Seguii il mio sguardo e mi voltai, era arrivata anche Penelope. Lei gli si avvicinò e lo strinse a sé.
-La mia Venice sa tutto.-
Il mio sguardo vagava da Penelope a Josh. Stavano insieme quindi?
-Sta arrivando il tuo ragazzo- annunciò Penelope, sorridendo.
Mi voltai di scatto e mi sciolsi in un sorriso. Era davvero bello. Indossava un semplice jeans e una maglietta bianca a maniche corte. Mi circondò con le sue braccia e, appoggiando il capo nell’incavo del mio collo, disse: -Tu devi essere la famosa Penelope- sorrise compiaciuto.
Lei d’altro canto schioccò la lingua in segno di sfida. -E tu devi essere il famoso Oliver.-

-E lui è il tuo ragazzo sconosciuto, Josh-  richiamai la sua attenzione.
Il ragazzo mi sorrise benevolo, mentre Penelope scrollò le spalle.

Eravamo un quartetto davvero strano.
Cadde il silenzio.
Fu Penelope ad interromperlo.

-Ti vengo a prendere domani, piccola- mi comunicò, prendendo Josh per mano e lasciandomi sola con Oliver.
Lui ghignò dandomi un bacio sulla tempia. -Finalmente la conosco.-
Ma io non lo ascoltai.
Se Penelope non avesse voluto rendermi sua eguale, avevo un piano di riserva.
Josh.

==

Josh è uno dei personaggi che amo di più, anche se Oliver è la mia creazione perfetta *sbav*
Prendo spunto un pò dalla realtà, infatti Penelope mi ricorda molto la mia migliore amica e Venice ha qualche lato del mio carattere.
In ogni caso, vi ringrazio ancora, ma singolarmente:

°Maruzza: Sono contenta che tu sia senza parole, ne ho di più per voi XD La rosa, per quanto dettaglio importante, può essere anche allo stesso tempo trascurabile. Più che altro, è da lì che nasce tutto.

°Rosa Di Cenere: Infinitamente Grazie! Sei stata tu a rendermi davvero felice. Ho letto con attenzione tutto ciò che hai scritto. Ricordo che hai chiesto di Oliver. Lui esiste, fisicamente mi sono ispirata a questo ragazzo, ma non lo conosco abbastanza per sapere se il carattere che gli ho attribuito è uguale. Come ho già detto, prendo molto spunto da ciò che ho intorno e anche da me stessa in realtà. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Alla prossima.

°I_Want_To_Break_Free: Grazie ancora, cara. Bentornata. Come vedi anche io sono tornata da poco xD Spero che anche questo capitolo possa definirsi "intrigante".

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il Primo Giorno ***


Sono tornataaa! Buona sera a tutti.
La scuola si avvicina >.<  Niente paura, non vi abbandono ^__^

Il Primo Giorno

Anche quella notte dormii male.
Mi svegliai di soprassalto. Il mio viso era bagnato, non sapevo se di sudore o di lacrime.
Restai sveglia  fin quando non intravidi le prime luci dell’alba.
Era sempre lo stesso sogno, ma questa volta ero così vicina.
Stavo per vedere il viso della persona che mi stringeva il braccio, ma non ci riuscivo. Con tutta me stessa volevo scoprire quel mistero, ma probabilmente una parte di me non era ancora pronta a conoscere la verità.
Mi infilai in bagno e aprii l’acqua della doccia. Dopo essermi accertata che fosse abbastanza calda, mi lasciai cullare dal getto d'acqua accompagnato dal bagnoschiuma. Lavai per bene anche i capelli: mi sentì improvvisamente più rilassata.
Uscii dal bagno avvolta in un asciugamano e scelsi con cura i vestiti per quel giorno, il primo giorno di scuola.
Sinceramente ne ero contenta anche se non amavo particolarmente la scuola, ma almeno, speravo che non avrei più sognato.
Optai per una camicetta a quadroni blu e un jeans.
Asciugai i capelli senza particolare cura. Era questo il lato positivo di averli lisci: sarebbero andati al loro posto comunque.
Mi truccai appena e riordinai la camera. Guardai l’orologio, ero in largo anticipo. Preparai la borsa infilandoci anche il diario di mio padre, non mi fidavo a lasciarlo lì e preferivo portarlo ovunque andassi.
Uscii dalla camera e scesi le scale. In cucina la colazione era già pronta. Afferrai un cornetto al volo e decisi di consumare la mia colazione in giardino. Sedendomi al tavolino sotto il gazebo, non potei non ripensare a quel sogno. Perché mai sarei dovuta andare al parco da sola e di notte?
Non mi accorsi di aver iniziato a tremare fin quando una mano calda non mi sfiorò la guancia. Alzai lo sguardo e non potei fare a meno di sorridere.

-Scusa- borbottò, accarezzandomi il viso. Oliver James era impeccabile nel suo completo da lavoro. Indossava un abito chiaro e una camicia bianca. I suoi occhi brillavano alla fioca luce del sole. Scossi il capo appoggiando il mio viso alla sua mano. Non tremavo più.
-Buongiorno- dissi, alzandomi e sporgendomi verso di lui. Mi cinse il bacino con le sue braccia e mi baciò lentamente. Sfregò il naso con il mio. -Buongiorno. Primo giorno, vero?- domandò divertito, ma nei suoi occhi leggevo anche un po’ di nostalgia.
-Si- risposi, accarezzandogli il viso. Diamine, quanto mi mancava. Non eravamo riusciti a stare soli da quel giorno sotto il nostro albero. Avrei dovuto rimediare. -Ci vediamo dopo scuola? Mi manchi- sussurrai, imbarazzata dalle mie stesse parole.
Lui mi sfiorò la fronte con le sue labbra. -Certo, ti vengo a prendere io, okay?- me la baciò. Scese lungo l’orecchio e mi sussurrò: -Anche tu mi manchi.-
Il mio cuore iniziò a battere forte. Quando avrei preso possesso del mio corpo? Oliver era davvero in grado di scatenare queste emozioni dentro di me?
All’improvviso, un clacson mi risvegliò. Oliver mi lasciò andare e mi sporsi oltre il muretto di recinzione del giardino. Borbottai qualcosa di confuso e dopo aver salutato Oliver con un bacio a fior di labbra, presi la borsa e uscì fuori.
Una Nissan Micra nera decappottabile era parcheggiata davanti al mio vialetto. Mi avvicinai confusa fino a scorgere un’impeccabile Penelope alla guida.
-Sali piccola- mi intimò, suonando ancora il clacson e accendendo lo stereo. Io inarcai un sopracciglio e aprì la portiera. -Wow. Sapevo che saresti venuta a prendermi, ma non con una macchina..- guardai gli interni -..nuova- conclusi, spiando dallo specchio retrovisore.
Lei ghignò. -Ero stufa di camminare e avevo abbastanza soldi da permettermelo. Ti piace?-
- Altrochè - esclamai. -E ciao Josh- salutai, incontrando il suo sguardo attraverso lo specchietto retrovisore.
Josh era un ragazzo di una bellezza straordinaria, ma a differenza di Penelope, la sua non era misteriosa. Lui mi sorrise e ammiccò. Io risi e mi concentrai sulla strada. Allacciai la cintura di sicurezza e mi strinsi ad essa. Penelope mise in moto facendo rombare il motore, schiacciò sull’acceleratore e partì a tutto gas. Era una spericolata. Il freno era un optional. Evitava tutte le auto senza mai accennare a rallentare. Josh se la rideva, io al contrario.

- Penelope non siamo alla Formula 1, dannazione- urlai, spaventata. Non volevo rimetterci la pelle.
Lei sorrise compiaciuta.- Non accadrà nulla- mi disse con voce sicura - Tranquilla.-
Sbuffai sonoramente e quando intravidi la scuola, tirai un sospiro di sollievo. Era la prima volta che ero felice di andarci se questo significava scendere dall’auto. Penelope entrò sgommando nel parcheggio, lasciando una striscia nera sull’asfalto. Si infilò nel primo spazio vuoto e spense il motore. Mi gettai, letteralmente, fuori dalla macchina ignorando accuratamente di guardare Penelope. Sicuramente mi stava prendendo in giro. Josh, al contrario di me, era davvero eccitato per questa corsa e baciò la sua ragazza attirando molti sguardi invidiosi.
La mia migliore amica era la ragazza più desiderata della scuola, ma lei non si degnava minimamente di ricambiare gli sguardi dei suoi ammiratori. Ciò significava che dovevo sorbirmeli tutti io.

Oltrepassai la coppia ed attraversai il parcheggio. Penelope e Josh erano alle mie spalle, parlottavano fra loro e io non capii una sola sillaba. Varcai l’ingresso e mi bloccai sulla soglia. La scuola era addobbata a festa. Si parlava già del primo ballo scolastico. Io odiavo quegli eventi. Emisi un suono, simile ad uno stridio e Penelope ridacchiò dandomi un bacio sulla guancia.
Avevo detto che sarei stata felice di tornare a scuola? Ritiravo tutto, preferivo mille volte il mio incubo e la mia famiglia, anziché partecipare al ballo scolastico e rendermi ridicola davanti a tutti.

 Ringraziamenti:

*Lordgenome: Non vorrei anticipare nulla, ma se proprio insisiti XD Ci saranno due personaggi, uno è più una comparsa, ma a me piace molto; l'altro resterà molto nella seconda parte della storia. Grazie per la recensione. Spero che mi seguirai ancora.

*I_Want_to_break_Free: Grazie mille!! *___* Anche io come te e venice subisco il suo fascino XDXD Cosa possiamo farci :P Un bacioo!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Un Pizzico Di Verità ***


Rieccomi. Ciao a tutti.
Non voglio anticiparvi nulla, farò i miei commenti in basso.


Un Pizzico Di Verità

I
o, Venice Hale, odiavo qualsiasi evento mondano e lo odiavo ancora di più quando ero costretta a parteciparvi. Il ballo scolastico rientrava ampiamente in quella categoria.
Questa vita non era fatta per me. Io amavo la tranquillità, ma non ero la ragazza a cui non piaceva divertirsi, tutt’altro. Il ballo e il divertimento non costituivano per me un binomio indissolubile, ma come mi ricordava la mia amica vampira, lo dovevo fare per lei, ma prima di tutto per me stessa. Avrei rimpianto quei momenti.

Mi guardai intorno. Il corridoio della scuola era tappezzato da festoni e palloncini verdi. Un cartello recitava: -Un pizzico di fortuna non guasta mai.-

Mi voltai verso Penelope -Il tema del ballo è la fortuna?- 

Lei annuì e strappò dalle mani di un ragazzino, una matricola direi, un volantino.
-I partecipanti devono indossare qualcosa di verde- riassunse .
Il suo volto si illuminò all’istante. - E’ una bellissima idea.-

Io la guardai stranita. –Fantastica- borbottai - stavo giusto pensando di assomigliare ad una verdura.-
Lei mi diede una pacca amichevole sulla spalla e scomparve tra la folla portando Josh con sé. Per il vampiro era una novità frequentare il liceo. Speravo di potermi fidare di lui e del suo autocontrollo. Ora che ci pensavo, non avevo chiesto a Penelope se fosse un “vegetariano”.
Scacciai dalla mente questo pensiero, me ne sarei preoccupata in un altro momento. Mi fermai in segreteria per ritirare il mio orario. Stavo già varcando la soglia quando un ragazzo dai capelli rossi mi si presentò davanti.

-Hale!-, urlò divertito. Mi portai le mani all’orecchie. -Ti sento Andrew- borbottai, profondamente irritata.
Lui mi abbracciò, mozzandomi il respiro. -Quanto mi sei mancata.-
Non potevo dire lo stesso di lui.
Andrew era un ragazzo eccentrico, provava qualcosa per me, ma non sapevo se fosse realmente innamorato. Il suo pregio era la profonda premura che mi riservava. Mi faceva sentire amata. Il suo peggior difetto era quello di rompermi le scatole. Lui assunse un’espressione indagatrice, io alzai un sopracciglio confusa.

-Sei diversa- constatò, girandomi intorno.
Io lo seguivo con lo sguardo. -Andrew, non iniziare. Ho appena scoperto che fra meno di un mese ci sarà il primo ballo studentesco. Come mi dovrei sentire?-

Lui ridacchiò e mi strinse a sé. Io feci forza nelle braccia per allontanarmi da lui.
-Se vuoi ci andiamo insieme- propose, con fare da gentiluomo. Stava scherzando?

-Sono impegnata- risposi, parlando vagamente di un ragazzo e lo lasciai impalato e sconvolto al centro del corridoio.
Giunsi in classe e occupai il mio solito banco insieme a Penelope. Non ascoltai una singola parola della lezione e nemmeno di quelle successive. Con le braccia incrociate ripensai al ballo, che mi sconvolgeva non poco; a Penelope, che in presenza di Oliver era diventata strana e a Josh, probabilmente la mia unica via d’uscita. Ero consapevole del fatto che scambiare il mio sangue con quello di Josh significava diventare un vampiro e dire addio alla mia vita, ma alla fine dei conti, non era poi così speciale.
Il mio cuore prese a battere veloce. E’ vero, avevo lui, ma sentivo di dover fare qualcosa. Ciò che mio padre e di conseguenza il Consolato stava facendo, era sbagliato e non riuscivo ad illudermi che tutto sarebbe finito per il meglio. Non potevo pensare alla possibilità sempre più certa, di poter perdere una delle mie metà, una metà che forse non era tanto diversa dalla mia. Fino ad oggi mi ero sentita principalmente la pedina di una grande scacchiera, ma a volte, non proprio il protagonista doveva vincere, poteva essere anche qualcuno di inaspettato. Qualcuno come me.

La campanella diede la notizia che lezioni per quel giorno erano terminate.
-Piccola noi andiamo a casa, tu vieni con noi?-
Penelope mi stava guardando con i suoi occhi splendidi.
Declinai l’invito. -Viene a prendermi Oliver.- Le sorrisi.
Lei fece un’espressione disgustata che io ricambiai con una linguaccia e mi lasciò sola. Josh mi accarezzò la testa e andò via con lei.
Uscii in cortile aspettando Oliver e nell’attesa mi arrampicai su un muretto. Incrociai le gambe e aprii la mia borsa. Presi il diario di papà e iniziai a sfogliarlo. Non avevo trovato ancora il nome del suo successore, qualcuno che avrebbe dovuto addestrare. Rilessi l’appunto di mio fratello Michael e sfiorai con le dita quella pagina. Lui aveva potuto scegliere, io ero stata bruciata!
E se avessi voluto diventare un Cacciatore? Perché non avrei dovuto?
Rassegnata, alzai lo sguardo dal libro e vidi Oliver venire verso di me. Era a dir poco stupendo. Mi aiutò a scendere dal muretto e mi baciò.

-Come è andata stamattina?- mi chiese, prendendomi per mano. Nascosi in fretta il diario e lui con l’altra mano prese la mia borsa. Mi sentivo nervosa.
Sbuffai, -hanno organizzato un ballo studentesco e io lo odio.-
Misi il broncio e volevo tanto che lui non mi chiedessi di..

-Andiamoci insieme-, sorrise raggiante, -non potrai odiare questo ballo se ti accompagno io.-
Lo sapevo. Ora si che ero morta. Acconsentii, non riuscivo a dirgli di “no”.
Lasciammo la scuola e di tanto in tanto lanciavo occhiate furtive alla mia borsa. Perché mi dava così fastidio? Dentro c’era il diario, se lo avesse letto? Gli strinsi la mano. Senza il mio permesso non avrebbe aperto la borsa.
Non mi ero resa conto di essere già arrivati al parco. Probabilmente stavo così bene con lui che il tempo mi sfilava dalle mani. Una morsa mi strinse lo stomaco. Ci stavamo dirigendo al chiosco da giardino, come il mio sogno. La sensazione che provavo era terribile.
Inspirai per farmi coraggio.
-Ti devo parlare.-
Ma non ero stata io a parlare, era stato Oliver. Era esattamente la frase che stavo per pronunciare io.
Gli lasciai la mano.
-Che..cosa?- Mi sentivo la mente offuscata.
-Non sono un semplice tirocinante presso lo studio di tuo padre..-
Continuò lasciando la mia borsa cadere sulle parquet del chiosco.

Immagini confuse si susseguivano veloci nella mia mente. Il nostro primo incontro al parco e il misterioso oggetto sotto la sua felpa, il suo modo ossessivo di proteggermi, sapeva sempre dove trovarmi..
-Tu sei il successore di mio padre- sussurrai. Mi si spezzò la voce. -Tu sei il mio sostituto.Vero?-
Era lui..

 

Capitolo molto importante. Venice si trova a confrontarsi con Oliver. Molte ( si, mi riferisco alle ragazze xD ) di voi odieranno questa parte, perchè è una sorta di tradimento, ma non preoccupatevi. 

Per quanto riguarda il ballo, ho voluto fare una cosa diversa dal solito. Niente balli in maschera e affini. Spero vi piaccia.

Passiamo ai ringraziamenti:

*Rosa di cenere: Si, la scuola è una seccatura. E' il mio ultimo anno, quindi non sono proprio triste, almeno finisco XD In effetti, ci sarà qualche ragazzo *___* Ma non anticipo nulla. Grazie mille.

*Lordgenome: Il ballo ci sarà fra un pò. Ci sono questioni più importanti da chiarire adesso :) Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo. Grazie.

*I_Want_to_break_Free: La famiglia di Venice non sarà molto presente. In verità, sono importanti, ma ho idee diverse per loro, in particolare per il padre. Amate tutti questo ballo vero? xD Grazie. Al prossimo capitolo :)

*Maruzza: I miei capitoli li avrete sempre XD Ora che ho i miei piccoli fan non vi lascio a bocca asciutta. Grazie mille!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Fiducia Infranta ***


Buongiorno a tutti.
Sono tornata con un nuovo capitolo. Il capitolo del Chiarimento.
Questo è l'ultimo sabato di pace O___O Mercoledì tutti a scuola O____O
Mi sono ripromessa di mantenere la calma quest'anno. Vi farò sapere :)



Fiducia Infranta


Non riuscivo a guardarlo negli occhi.
Ripensavo al suo bel discorso sotto il nostro albero e provavo una tale rabbia. Mi aveva preso in giro sin dall’inizio. Mi aveva mentito.
Sentivo il suo sguardo bruciare sul mio viso. Voleva una mia reazione. Voleva che dicessi qualcosa. Incrociai le braccia al petto con lo sguardo sempre puntato sul parquet del chiosco da giardino. Avrei saputo dire quante crepe c’erano, tanto era il mio disprezzo verso Oliver. Non volevo guardarlo.
Lui si mosse verso di me e io non riuscii nemmeno ad arretrare. Mi sfiorò la spalla con la sua mano calda. Rabbrividii al contatto, ma non mi mossi. Finalmente parlai.

-Mi hai usata-, sputai acida, -io ti servivo per arrivare a Penelope. Vuoi UCCIDERE la mia migliore amica?-, lo guardai. Lui lasciò cadere la mano dalla mia spalla e sospirò.
-Io sono un Cacciatore e sì, potrei ucciderla, ma non ti sei chiesta perché non l’ho fatto fino ad ora?- Ricambiò il mio sguardo, ma i suoi occhi erano dolci e allo stesso tempo disperati. La sua domanda mi ronzò nella mente. Perché non l’aveva ancora uccisa? Era chiaro.. Sapeva che io stavo componendo il mio puzzle e mancava poco alla verità. Ero così vicina. E lui lo sapeva o forse..
-Ero la tua pedina e uccidere la migliore amica non era un buon modo per servirsi di me. Avevi capito che avevo scoperto tutto o quasi- gli rinfacciai, allontanandomi di un passo. Ormai riuscivo a guardarlo. Doveva sapere quanto lo disprezzavo. Penelope, in qualche modo, aveva cercato di mettermi in guardia, ma io ero troppo impegnata a fare l’idiota per non rendermene conto. Lui si avvicinò a me.
Venice, sapevo che ci saresti arrivata. Sapevo di ferirti, ma il mio giuramento non mi permetteva di rivelarti nulla. Questa mattina volevo parlarti. E’ per questo che sono qui adesso- mi prese il viso fra le mani.
Sentivo il suo respiro affannato. Era dispiaciuto. Lo potevo leggere dai suoi occhi.
Scossi la testa per quanto mi fu possibile. Non potevo credergli. Dov’erano le mie garanzie? Mi potevo ancora fidare? Lui non mi lasciò possibilità di risposta.

-Questo giuramento è il motivo principale per cui io non potevo permetterti di rivelare a tuo padre che stavamo insieme. Io, in questo preciso istante-, e calcò bene queste parole, -sono un traditore.- E lo credevo bene. Il mio sguardo si indurì.
-Ma non il tuo- riprese. La sua voce era dolce. Il mio cuore  sfuggì dal mio controllo razionale. Stava vincendo ancora. Mi liberai con la forza dalla sua presa e attraversai il chiosco appoggiandomi al lampione. Lui infilò le mani nelle tasche dei  pantaloni e abbassò la testa.

-Io.. Io come..- sospirai. La mia voce era un flebile sussurro. -Perché dovrei fidarmi di te?-
Strinsi il lampione fino a farmi male. Cercai il suo sguardo. Lui sorrise amaro poi, guardò verso di me.

-Perché TU mi hai cambiato la vita. Perché tu hai fatto battere il mio cuore come non mai. Nessuno, nessuno mi aveva mai fatto sentire così importante.-
Fece un passo verso di me. -Da quando mia madre è andata via, lasciandomi solo con mio padre, sono sempre stato trattato con freddezza. Dovevo compiere il mio destino. Dovevo diventare la persona che mio padre desiderava che fossi. Una persona che ha distrutto il suo matrimonio a causa delle menzogne. Non sono stato costretto a diventare un Cacciatore, ma so ancora cosa voglio.-
Lo guardai con aria interrogativa. Era la prima volta che mi parlava così di lui.
-Io voglio te, Venice. E farò qualsiasi cosa per riaverti ancora e ancora. Voglio non dover commettere gli stessi errori, voglio che tu sia la persona per cui vali la pena lottare, voglio la tua fiducia, il tuo amore.-
Era così vicino.. Appoggiai la testa al lampione e scivolai sul pavimento. Mi toccai il viso. Stavo piangendo.
Lui si inginocchiò di fronte a me. Mi baciò entrambi gli occhi e mi asciugò il viso dalle lacrime.

-Sei bellissima- mi sussurrò, guardandomi negli occhi. I suoi brillavano.
Presi la sua mano e la posai sul mio petto. Poteva sentire il mio cuore.
-E questo l’effetto che mi fai- sospirai rassegnata.

on aria tuo” questeLui mi abbracciò. Il suo orecchio era sul mio cuore. Stava ascoltando. Mi sentivo svuotata. Cosa avrei dovuto fare?
Lo presi per le spalle portandolo al mio livello. -Tu sai perché hai preso il mio posto?-
Lui scosse il capo, dicendo: -No, sono stato semplicemente chiamato.-
Annuii. -Io non posso aspettare che tu la uccida.-

Lui mi prese per mano e se la portò al viso. -Lo so ed è per questo che non l’ho fatto- me la baciò.
-Io non potrei mai ferirti anche se ciò significasse disubbidire ai miei ordini.-
Mi lasciò ed infilò la mano nella sua maglia. Ne estrasse una piccola pistola e la lasciò davanti a me. -Quest’arma è in grado di ucciderla se solo volessi.- sospirò, stanco probabilmente di doversi esporre così tanto.

-Ma Venice, se il tuo vampiro facesse del male ad un’essere umano, non esiterei a..”
Alzai una mano. Avevo capito. Guardai la pistola. Il mio Oliver era un Cacciatore. Chiusi gli occhi.

-Guardami- la sua voce era così.. triste.
Aprii gli occhi. Era bellissimo.. Sempre. E io sarei sempre stata innamorata di lui.
-Ti amo, Hale- mi sorrise.
Il mio cuore non sapeva più come esprimere il suo amore per lui. Oliver mi amava davvero.
Sospirai -Sei la mia metà.-


Ringrazio anche chi mi segue anche senza recensire.
Ma ora passiamo a voi, coloro che mi regalano smepre un sorriso.

*Rosa di cenere: Mi piace che tu sia la mia persecutrice Xd Mi fa sentire importante hahaha Scherzo. In effetti, Oliver è perfetto. Non riesco a trovare difetti a lui. Beh è questo il bello della scrittura. Grazie mille.

*I_Want_to_break_Free: Il ballo..Beh se avessi un cavaliere potrei anche andarci xD Josh piace anche a me, mi trasmette protezione e tenerezza allo stesso tempo. Spero ti piaccia anche questo capitolo. Un bacio.

*Lordgenome: Cavolo sono stata prevedibile allora XD Josh in realtà non è ispirato a nessun personaggio esistente, ma a qualcuno immaginario. Grazie. Lo sai che ci tengo al tuo parere.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Accettazione ***


Buon pomeriggio!
Sono sopravvissuta al secondo giorno di scuola.
Ce la posso fare!
Sono molto contenta di me perchè sto rispettando le scadenze *__*
Ecco a voi un bel capitoletto.
Fatemi sapere!


Accettazione

Non sentivo più le gambe.
Il pavimento del chiosco era freddo.
Nell’aria si sentiva l’umidità crescere sempre più e il buio stava scendendo inesorabilmente.
Non riuscivo più a parlare, mi sentivo così stanca.. Ero stanca di scoprire la verità, aveva davvero un peso insopportabile.
L’unico contatto con la realtà era la mano calda di Oliver che stringeva la mia. Mi stava dando tempo per assimilare la notizia.
Dentro di me avevo già capito tutto, ma speravo vivamente di sbagliarmi. Accadeva raramente. Riaprii gli occhi.
La sua pistola era ancora accanto a me. Era piccola, abbastanza maneggevole e con una stella rossa disegnata sul calcio.
Mi voltai verso di lui, aveva gli occhi chiusi. Mi mossi appena  appoggiando la testa sul suo petto. Lui mi accarezzò i capelli e mi cinse con le sue braccia.
La verità era che io mi sentivo bene. Non m’importava cosa faceva, chi era e per chi lavorava. Fra noi c’era un patto.

-Oliver?- La mia voce aveva riassunto la sua sicurezza.
-Uhm- mi baciò la tempia.
Stavo scegliendo con cura le parole da utilizzare. Avevo deciso..

-Io ti amo e questo non cambierà mai. Non m’importa come ci siamo conosciuti e perché, forse doveva andare così- cercai i suoi occhi.
Lui li riaprì e mi sorrise. Si avvicinò al mio viso e sfiorò le sue labbra con le mie.
Un fremito percorse la mia schiena e mi avvicinai. Il suo tocco innescava in me una pace irreale. Non potevo separarmi da lui. Mai.

Era ormai notte inoltrata e il chiosco si illuminò improvvisamente.
Il passaggio dal buio alla luce mi pizzicò gli occhi.
Oliver mi cullò ancora per qualche minuto fra le sue braccia e poi mi aiutò ad alzarmi.
Si chinò per raccogliere la sua pistola e se la infilò nella tasca interna della giacca.
Mi prese per mano e lasciammo il chiosco. Mi teneva così stretta a lui che sentivo il suo cuore battere forte.

-Un’ultima cosa- dissi, fermandomi davanti la porta di casa mia.
-Tutto quello che vuoi- rispose lui, assumendo un’espressione seria.
Dovevamo essere sinceri l’uno con l’altra e ora toccava a me. Mi portai le braccia lungo i fianchi e mi guardai intorno sicura di non essere spiata.
-Io non ho ancora preso una decisione. Ho vissuto gli ultimi due anni a stretto contatto con un vampiro ed ero completamente all’oscuro. La storia di Penelope mi ha affascinata sin dall’inizio e nonostante tutto, lei è la mia vita.- 
Strinsi i pugni. -Mi avete messo in una posizione scomoda e presto sarò costretta a scegliere. Lo so-, alzai una mano per interromperlo, stava per ribattere, -è così Oliver. Non ho tutto il tempo come invece pensi tu. Io non assisterò a questa guerra. Una parte fra voi due avrà anche me.-

Lui sospirò. -Io non voglio esporti a nessun tipo di pericolo- sussurrò, con fare protettivo. -Non potrei mai perdonarmi se ti accadesse qualcosa. Perchè non lasci che gli eventi seguano il loro corso?-
Sorrisi amara. -Non capisci? Gli eventi non sono proprio ciò che potremmo definire normali e non seguiranno un loro corso. Mi stai chiedendo di aspettarti a casa quando mio padre, una sera, ti ordinerà di uccidere Penelope?-
Inarcai un sopracciglio. -Non posso farlo.-

Mi spostai leggermente in avanti, verso di lui, gli presi una mano e la accarezzai.
-Lo sai anche tu che dovevo essere al tuo posto. Abbiamo la stessa domanda che ci ronza nella testa- sussurrai, convinta delle mie parole.
Lui chiuse gli occhi e inspirò: -Jack voleva proteggerti,-  Tentò la via più semplice per fermarmi.

Scossi la testa. -Mio padre ha sempre rispettato le regole del gioco. Io ho qualcosa di diverso.-
Oliver strinse la mia mano. -Ma che cosa stai dicendo?-
Presi la mia borsa e l’aprii. Presi il diario di mio padre e gli mostrai la pagina con il mio nome.
-Controlla tu stesso.-
Oliver lesse il tutto velocemente.
-Io non ho mai rinunciato al mio addestramento. Io sono stata.. bruciata.-
Gettai via la borsa. Oliver mi guardava incredulo.

-Capisci perché c’è qualcosa che non va?- sbottai, incrociando le braccia.
-Non è possibile..-. bisbigliò il ragazzo, -non è così che funziona il Consolato. Quando Jack mi ha proposto come suo successore credevo di essere la sua ultima chance- spiegò, chiudendo con un colpo secco il diario.
-E invece sei la sua unica chance- dissi, mettendo la mano sulla maniglia della porta.
Con una spinta accennata la aprii.

Stavo entrando in una casa di Cacciatori.
Ed io ero una pedina che li avrebbe condotti a vincere la partita.

Passiamo ai ringraziamenti:

*Lordgenome: Sono una ragazza, cosa potevi aspettarti? :P Josh è totalmente inventato, Andrew invece a volte mi ricorda un compagno di classe ;-) Fra Oliver e Josh è molto difficile uno scontro. Per amore si può fare di tutto :P

*Rosa di cenere: Non cadi nel banale, ma forse esageri. Grazie mille. Mi fai emozionareee *___* Ormai sei entrata nelle mie grazie hahaha Ho una persecutrice personale *___* Una citazione a Twilight? hahaha Grazie ancora.

*I_Want_to_break_Free: Venice gli spezzerebbe le gambe U_U Minimo! hahaha Comunque tutto bene a scuola, almeno per ora :P Che scuola frequenti?

Ringrazio anche i  miei lettori in incognito :) :*

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Due Destini Intrecciati ***


Ciao a tutti.
Ancora una volta riesco a rispettare le mie scadenze.
Questo è un capitolo che vi farà intendere subito ciò che ho in serbo per Venice.
La stesura della seconda parte va un pò a rilento O__O Non riesco mai a trovare del tempo O__O


Due Destini Intrecciati

I giorni che seguirono furono ciò che può essere definita “normalità”.
In poche settimane avevo messo in discussione tutta la mia famiglia, la fiducia che riponevo negli altri e l’amore che provavo per le due persone più importanti della mia vita.
Non riuscivo a stare lontana da Penelope nonostante Josh si fosse ormai stabilito a casa sua.
Bussare alla sua porta era un gesto inutile e ripetitivo perché, anche non ricevendo risposta, io entravo ugualmente, come se fosse casa mia. Era questa la regola.
Il piano inferiore era accogliente, diversamente dalla sua stanza che rispecchiava il suo modo di essere.
Nonostante la mia amica fosse un po’ stramba riusciva a mantenere sempre un ordine impeccabile. Attraversai l’ingresso e salii le scale.
La sua stanza era vuota. Restai impalata a fissare la finestra aperta con le tende viola che svolazzavano al vento. Forse era uscita.
Invertii la rotta entrando nella stanza accanto. Era una copia della sua camera, ma i muri erano occupati totalmente da scaffali bianchi.
Converse di tutti i tipi e colori erano esposte e tenute con grande cura. Adoravo quella stanza.
Dopo qualche minuto rientrai nella sua camera, ma lei non era tornata. Mi mancava così tanto.
Mi stesi sul suo letto pronta ad aspettarla. Ripensai alla nostra ultima conversazione. Ora che anche Oliver era a conoscenza di tutto, mi sentivo più tranquilla. Mi sentivo terribilmente in colpa ogni volta che lui mi era accanto. Mi sentivo una traditrice. Ma, dopo aver scoperto che lui era il mio sostituto, il muro dei sensi di colpa era andato via via sgretolandosi. Ero io quella tradita o quella protetta. A seconda dei casi.
Sbuffai. Ero così inutile.
Si sentivano tutti in dovere di proteggermi, ma da cosa?

Un rumore alla mia destra attirò la mia attenzione. Penelope era appena atterrata sul pavimento.
-Piccola- esclamò, saltando sul letto e abbracciandomi. Non sapevo cosa avesse fatto, ma qualsiasi cosa fosse, non aveva scalfito la sua bellezza.
-Ciao Pe, sono venuta a trovarti. Ti dispiace?- alzai titubante lo sguardo verso di lei.
Penelope mi studiò inclinando appena il capo.

-Che è successo? Hai litigato con James?- mi chiese, stendendosi accanto a me.
Sorrisi. -Diciamo che lasciarsi sarebbe stata la cosa più semplice.-
Era vero. Era tutto un enorme problema.

-E allora cosa?- insistette, incrociando le braccia al petto.
Mi girai sul lato, verso di lei, appoggiando la testa sulla mano. -Era lui il mio sostituto- le dissi piano - è un Cacciatore, Penelope- calcai il suo nome.
Lei, d’altro canto, scese dal letto e si avvicinò all’armadio. Lo aprì e iniziò a rovistarci.
-Cosa fai?- chiesi scettica, alzandomi appena per guardare meglio.
Lei alzò le spalle ed estrasse una felpa grigia. -Mi cambio.-
-Ti cambi?- sbottai. -Io ti dico, fra le righe, che rischi la vita e tu ti cambi?-
Era incredibile!

Lei sghignazzò. -Ma io lo sapevo, piccola. Ti preoccupi troppo.-
Mi alzai stringendo il pugno che puntai verso di lei. -Certo che mi preoccupo, anche perché lui ti stava dando la caccia- le spiegai chiaramente la situazione.
Lei si voltò verso di me e mi sorrise. -E allora? Non si può evitare il proprio destino. Se devo andarmene, lo farò, ma non prima di aver compiuto il mio-.
La ascoltai assottigliando gli occhi.

-E quale sarebbe il tuo destino?-
Cosa c’era più importante di un Cacciatore che voleva squartarla in mille pezzi?
-Trovare il vampiro che mi ha reso sua eguale e ucciderlo- lasciò perdere i vestiti e chiuse l’armadio - e mostrarti la strada.-
Sbarrai gli occhi. -Cosa?-
La mia voce era diventata un flebile sussurro e non sapevo quale risposta volevo avere fra le due.

-Io non volevo essere come sono. La bellezza non mi è mai interessata e nemmeno bere sangue a pranzo, merenda e cena. Non capisci?-
Era la seconda volta in due anni che vedevo odio nei suoi occhi.
-Non mi interessava nemmeno l’immortalità. Essere un vampiro significa convivere esclusivamente con il mostro che si ha dentro. La mia famiglia è morta e io sono rimasta da sola.- Mi diede le spalle.
-Ma non posso cambiarlo- sussurrò duramente. Penelope si disprezzava così tanto..
-E la mia strada..?- chiesi, alzando appena la voce. Ero stanca degli indovinelli.
-Tu vuoi essere come me, vero?-
I suoi occhi scrutavano i miei. Erano così simili..

Ricambiai lo sguardo. -Io voglio restare con te e si, voglio essere come te.-
Quel sogno ricorrente aveva dato luce a tutte le mie paure.
Fuori, il mondo era completamente diverso. Le favole non esistevano e probabilmente neanche i lieto fine. Ero una preda come un’altra. Cosa poteva rendermi diversa dagli altri? Rischiavo la vita tutti i giorni e neanche Penelope e Oliver potevano salvarmi sempre. Anzi, probabilmente era a causa loro che rischiavo la mia.

-Succederà Venice.-
Quello che volevo sentire.

 

Passiamo ai ringraziamenti.

*Lordgenome: Per Jack non ho preso spunto dalla realtà xD Il mio è perfetto é_é 
Per quanto riguarda i genitori di Oliver ne parlerò più in là :) 
Ecco, hai centrato il punto dell'arma. Diciamo che descriverò gli effetti in seguito. 
Nel capitolo precedente volevo solo descrivere l'arma di Oliver: fa parte della bellezza del personaggio. 
Andrew invece si, ma non fisicamente :P 
Grazie!

*I_Want_to_Break_Free: Grazie mille!! Sei sempre così carina con me *__* 
Io frequento il Liceo Scientifico e se potessi tornare indietro non lo rifarei. :) Nessuno è mai contento direi XD 
Alla prossima.

*Rosa di cenere: Non potevi farmi complimenti migliori :) Grazie, sei un tesoro. 
Sono contenta di essere stata d'aiuto.
Un bacio persecutrice.

Ringrazio anche coloro che non recensiscono. Grazie di cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** L'Imminente Ballo ***


Sono tornata! 
Stavo quasi per dimenticare che dovevo postare il nuovo capitolo O___O
Stamattina ho fatto un sacco di cose e devo ancora studiare O__O
Già ho voglia di arrendermi xD
Vi lascio con questo capitolo con la speranza che almeno voi ve la passiate meglio di me :*

L'Imminente Ballo

I giorni che seguirono furono una continua confusione.
A scuola, i corridoi erano sempre intasati da ragazzine urlanti che spettegolavano e analizzavano i profili dei giocatori di basket. Speravano che qualcuno di loro si facesse avanti e, stile telefilm, si inginocchiasse nel corridoio, chiedendo la mano della sua dama.

-Ragazze! Daniel Ross! Mi ha invitata al ballo!-
Una ragazza dai capelli rossi e il viso ricoperto da lentiggini urlò a squarciagola la notizia alle sue amiche.
Sbuffai mentre aggiravo il gruppetto di oche starnazzanti che mi stavano spaccando il timpano sinistro.
Sgattaiolai in bagno chiudendomi  la porta alle spalle. Mi avvicinai al lavandino e mi rinfrescai il viso. Alzai lo sguardo verso lo specchio. Due occhi verdi mi stavano guardando.
Avevo paura e non volevo ammetterlo.
Dopo la promessa di Penelope non ero più riuscita a guardare Oliver negli occhi. Lui mi avrebbe detestata per la mia scelta. I miei genitori non mi avrebbero più rivolto la parola.
Forse stavo esagerando. Forse un semplice umano come me, non c’entrava assolutamente nulla con tutta questa storia. Era solo una dannata coincidenza se la mia migliore amica era un vampiro, la quale credeva che avessi un destino diverso dal resto dei miei coetanei; se avevo un ragazzo Cacciatore di vampiri, dipendente del Consolato e discepolo di mio padre.
Coincidenza? Ma a chi volevo darla a bere?
Circa metà del puzzle era completato, ma gli altri pezzi non riuscivano a trovare un loro ordine.
Mi feci forza sulle braccia appoggiandomi al lavandino e sospirai. Mi guardai nuovamente allo specchio e accennando un misero sorriso, uscii dal bagno affrontando la folla di ragazze inferocite. Il gruppo di ragazze era ancora lì con la ragazza dai capelli rossi che stava raccontando per la millesima volta i dettagli dell’invito.
Sorrisi. Un po’ le capivo. La nostra squadra di basket era la più forte della regione e anche se mi era difficile ammetterlo, avrei voluto essere come loro: spensierata e un po’ oca.
Il liceo capitava una volta nella vita e io non riuscivo ad apprezzare le futilità che mi offriva.
Entrai in classe e mi accomodai al solito posto: banco vicino alla finestra.
Il professore di Storia non era ancora arrivato. Era un uomo davvero affascinante e anche se, obiettivamente, non era una bellezza da mozzare il fiato, aveva un qualcosa di diverso. Uomo colto, spiritoso, premuroso. La moglie di certo non poteva lamentarsi.
Il banco al mio fianco era vuoto. Penelope e Josh non erano venuti.
Guardai fuori. Il cielo era coperto, non c’era nessun motivo per non uscire.
La campanella segnò l’inizio della lezione e io volevo scacciare via tutti i miei pensieri. Prestai la massima attenzione al mio professore preferito.
Tutto il resto della giornata fu tranquillo, in realtà mi ero sentita anche abbastanza sola, ma non volevo pensare alla possibilità che fosse accaduto qualcosa a Penelope o magari a Josh.
Corsi di filato a casa, evitando accuratamente Andrew che non si era dato per vinto.
Cosa di “Io sono impegnata” non aveva capito? A volte i ragazzi erano davvero senza misura.
Saltai l’aiuola di casa mia per attraversare il giardino e guadagnare tempo.
Entrai d’impeto in casa sbattendo la porta. Per un attimo avevo creduto di inciampare nel risvolto del tappeto.
Non sapevo dove cercarlo. Provai la biblioteca, ma era deserta; la cucina, ma c’era mia madre che stava preparando dei tramezzini.

-Tesoro, che succede? Sei pallida- mi disse con la sua impareggiabile dolcezza.
Mi appoggiai allo schienale della prima sedia che vidi sottomano. –Mamma, dov’è Oliver?-
Lei mi guardò stranita. Non sapeva nulla di noi o forse fingeva. Non sarebbe stata la prima volta.
-Nello studio con tuo padre, ma non devi interromperli- mi ammonì.
Risi freddamente. -Stanno preparando un progetto?-
Lei mi guardò confusa. -Ma certo.-
Sventolai una mano come per lasciar correre. Infilai la mano nella tasca posteriore dei jeans e chiamai Penelope. Portai il cellulare all’orecchio. Al primo squillo rispose.
-Stai bene?- dissi semplicemente. Mi bastava un dannato “si”.
Dall’altra parte lei rise.
 -Piantala piccola. Sto facendo shopping per il ballo e sono in compagnia di Josh.- mi spiegò, trattenendo a stento le risate. -A proposito, c’è un regalo per te sul letto.-
Attaccò.

Restai impalata per circa un minuto sotto lo sguardo indagatore di mia madre. Chiusi il cellulare e lo riposi in tasca.
-Fammi un favore, mamma- calcai per bene l’ultima parola.
Lei alzò lo sguardo verso di me pronta ad ascoltare.

-Quando Oliver e papà avranno finito di progettare, puoi dirgli di venire un attimo su? Devo parlargli- tagliai corto.
Lei annuì e prima che potesse dire qualcosa sgattaiolai  nella mia camera.
Un pacco bianco con un fiocco lilla si trovava esattamente sul mio letto.
Lo aprii e sorrisi.
Era un abito.
Lo tirai fuori appoggiandolo al corpo e mi guardai allo specchio.
Era bianco con le bordature verdi. Il corpetto era rigido e la parte finale era a palloncino.
C’era anche un biglietto. Scoppiai a ridere.

-Il verde ti dona, non hai il problema delle scarpe.-
Ai piedi del letto c’erano le converse che lei stessa mi aveva regalato qualche giorno prima. Cominciavo a credere che fosse lei l’autrice del tema per il ballo.

Ringraziamenti:

*Lordgenome: Venice vampiro. Muahaha Adoro dare spazio ai personaggi femminili. Mi dispiace, ma non è proprio come l'hai pensato tu. Conto di dare spazio alla vendetta di Penelope molto molto più tardi :) Andrew è un personaggio che mi è venuto così, come un gioco. Niente di elaborato. E' una comparsa. Grazie.

*Rosa di cenere: Infatti u.u Sei in ritardo cara! Hahaha! L'importante è che mi segui *__* La vicenda di Venice è super complessa, ma se lei vuole questo, anche i pareri contrastanti non saranno un ostacolo per lei. :) Forse solo Oliver potrà frenarla, ma non fermarla. Grazie mille! Un bacio.

*I_Want_to_Break_Free: Mi piace la parola "destino". :P Vediamo come si mette. Siamo arrivati ad un punto importante della storia. Io sono della provincia di Salerno. Tu?

Infine, come sempre, ringrazio tutti coloro che mi seguono in incognito! Un bacio e alla prossima.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** L'Ultimo Tassello ***


Eccomi tornata.
La scuola procede e io non vi lascio soli :P
Ho segnato sul calendario i giorni in cui devo postare il capitolo.
Quindi non vi preoccupate.
Detto questo, vi lascio alla lettura.


L'Ultimo Tassello

Quella notte Oliver venne nella mia camera come avevo chiesto di riferirgli.

Ormai non si usava più bussare e quando entrò, io stavo per andare a letto. Mi bloccai a guardarlo. Era.. stanco.
Cambiai direzione andando verso di lui e lo abbracciai baciandogli il mento. Lui mi prese fra le braccia e mi portò a letto.

-Ehi- sussurrai, accarezzandogli il viso.
Lui mi guardò e mi sorrise. Sembrava dispiaciuto.

-Che succede?- incalzai, avvicinandomi a lui.
Oliver chiuse gli occhi e si distese sul mio letto. Io feci lo stesso, ma usando il suo petto come cuscino. Iniziò a lisciarmi i capelli e dopo quello che sembrarono ore interminabili mi rispose.
-C'è un altro Cacciatore in città. Si chiama Federic e si occuperà di Josh. E' uno famoso nel nostro campo.-
Io mi mossi appena, mi sentivo una morsa allo stomaco.
-Non so come lo abbia scoperto- si riferiva a mio padre.
Io gli presi la mano e la strinsi per incoraggiarlo. -Immagino che lavorerete insieme- conclusi.
Era la soluzione più ovvia.
 -No, Jack non vuole- sentì un po’ di risentimento nella sua voce.
Mi alzai di scatto guardandolo. -E se trovasse prima Penelope?-
Lui ricambiò il mio sguardo preoccupato. Era per questo che era stanco, aveva combattuto fino alla fine per lavorare con Federic. In questo modo l'avrebbe tenuto sotto controllo.
-Scusa- dissi. A volte ero davvero senza tatto e senza misura. Un po’ egoista.

-Posso restare qui?- mi stupì la sua richiesta. Evitai il suo sguardo. Non avevo mai dormito con nessuno. Nessun ragazzo.
-S-si- risposi, cercando di controllare la voce. Il mio cuore mi stava avvisando, stava per esplodere. Lui mi baciò, un bacio serio. Ne sentivo la mancanza, ma prima che potessi pensare a qualsiasi cosa, lui si alzò. Mi diede le spalle. Iniziò a sbottonarsi la camicia beige. Per ogni bottone aperto, il mio cuore perdeva un battito. Si tolse la camicia e l'appoggiò alla sedia, lo stesso per i jeans e le scarpe. 
Non volevo parlare, non volevo rovinarmi quella visione celestiale. Era stupendo. Il suo corpo era ancora più bello di ciò che credessi. Mi alzai e chiusi la porta a chiave. Non volevo che mio padre o mia madre entrassero all'improvviso. Lui ghignò e mi venne incontro. Mi baciò e sentii tutto il suo corpo sul mio. Mi irrigidii. Alzai lo sguardo: i suoi occhi brillavano. Mi prese per mano e mi portò nel mio letto. Scivolò sotto le coperte stringendomi a lui. Il mio cuore non accennava a fermarsi. Lui mi sussurrò qualcosa all'orecchio.

-Mm?- mi sentivo confusa. Non avevo capito nulla.
-Ti amo, Venice- mi ripeté piano, avvicinando la bocca al mio orecchio.
Io tremai, non per il freddo. Gli baciai quelle sue splendide labbra rosee.

-Ti amo anche io.-
Incastrò il suo viso nell'incavo del mio collo. Potevo sentire il suo respiro caldo e rilassato. Iniziai a toccargli i capelli biondi e mi addormentai dopo di lui.

 

 

Il giorno dopo, le lezioni era state annullate per la preparazione della scuola e della palestra per la famosa serata.
Quando mi svegliai verso le nove del mattino, Oliver era ancora lì. Lo osservai dormire. Conoscevo molte sue espressioni, ma mi resi conto che preferivo in assoluto  il suo viso quando era rilassato: sembrava in pace con il mondo. Gli baciai la guancia e mi alzai piano.
Entrai in bagno per ottenere qualche minuto di privacy e quando uscii ritrovai Penelope sul mio letto accanto ad Oliver. Inarcai un sopracciglio.

-Buongiorno- dissi, incrociando le braccia.
Lei alzò lo sguardo verso di me e ghignò. Stava già pensando male. Scossi la testa e mi vestì.
Lei di tanto in tanto punzecchiava il viso di Oliver con le dita e lui sussurrava qualcosa nel sonno. Infastidita, le lanciai un cuscino, ma sbagliai di molto la mira.
Oliver scattò guardandosi intorno, sgranò gli occhi non appena vide Penelope e guardò me a mo di scuse. 

-Che ci fai qui?- chiese Oliver, guardando Penelope che sghignazzava soddisfatta.
-Potrei dire lo stesso di te- rispose lei di rimando.
Io sbuffai ed entrambi mi guardarono. –Buongiorno- ripetei scocciata.
-Vi rendete conto che è il giorno più brutto della mia vita? Non mi rovinate il risveglio- mugugnai, saltando addosso ad Oliver e cercando le sue labbra. Lui  trovò le mie e mormorò su di esse un "scusa".
Io sorrisi. Penelope si alzò dal letto e andò a sedersi sulla poltroncina di fronte.
-Federic è molto esperto- commentò, guardandosi le unghie.
Sentii Oliver irrigidirsi. -Vi ha già trovati?-  

-Esattamente- rispose - ma stiamo bene- aggiunse, guardandomi.
Stavo per chiedere proprio la stessa cosa.
Oliver sospirò e si alzò trascinando con sè il lenzuolo.
Penelope lo prese in giro. -Ti vergogni James?-
Lui schioccò la lingua. -Non vorrei che ti venissero strane idee, sai.-
Io roteai gli occhi. Sempre i soliti.

-Bene, andiamoci a preparare. Alle otto in punto vi veniamo a prendere- esordì lei, puntando l'indice contro noi due.
Io annuii disperata e Oliver ridacchiò. Si volse verso di lei. -Jack e Elisabeth?-
Lei scosse il capo. -Hai la strada spianata, amico-
Lui sorrise falsamente e sparì in bagno.
Restammo da sole, Penelope mi scrutava, io la guardai scettica.
-Che c'è?- chiesi, alzando appena la voce.
Lei mi fece una linguaccia. -Bella mercanzia.-
Riconoscevo il suo sguardo. -Ehi giù le mani- ordinai, lanciandomi su di lei. Lei ridacchiò soddisfatta.

-Sono più bella, lo sai- disse, scuotendo i capelli.
-Mi stai sfidando?- scherzai, facendo lo stesso.
Lei mi guardò. -Hai già vinto.-
Era seria, si alzò e mi stampò un bacio sulla guancia.
Quella volta non capii.

 

Ringraziamenti:

*I_Want_To_Break_Free: Grazie! 
Il casino è inevitabile, non sono per i balli tranquilli u.u 
Oliver è insostituibile :Q__ 
Bellissima Roma, complimenti *____* 
Sono contenta e come si intitola? 

*Lordgenome: Andrew ha meno riferimenti alla realtà rispetto il professore di storia :P 
Ti è piaciuto il progetto? hahaha 
Venice è Venice..Non potevo crearla senza qualcosa che la rendesse speciale. 
I tempi li sto rispettando come vedi prrr 
Grazie!

*Rosa di cenere: Che bellooo! Di nuovo prima.
Hahhaha mi hai dato un'idea..Strage di massa hahaha
Il ballo è una delle mie parti preferite. Mi appassionai proprio quando la scrissi. 
Grazie mille cara, come vedi ci riesco riesco ancora a coinciliare tutto.
Un bacione enorme persecutrice <3



Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Un Giorno Diverso ***


Lo so, sono in terribile ritardo, ma non sono riuscita a postarlo prima.
Non mi odiate..!


Un Giorno Diverso

Inesorabilmente la sera in cui mi sarei resa ridicola davanti a tutti era arrivata.
Oliver era tornato a casa sua per prepararsi e aveva incontrato mia madre sulle scale.
Lei lo aveva guardato male, ma lui aveva sfoggiato il suo sorriso da togliere il fiato e l'aveva praticamente confusa.
Io, d'altro canto, mi ero chiusa in camera per prepararmi. 
Guardai l'orologio: erano le sei del pomeriggio.
Presi il vestito bianco bordato di verde e lo disposi sul letto, lo stesso feci con le converse che misi sul pavimento ai piedi del letto.
Guardai il tutto ancora indecisa sul da farsi, ma ormai lo avevo promesso a tutti.
Dopo una doccia ristoratrice, indossai il vestito e le scarpe. Mi andava tutto a pennello.
Non c'era che dire, Penelope era una maestra quando si parlava di shopping.
Mi studiai allo specchio indecisa su come acconciare i capelli.
La mia preferenza era chiaramente portarli così, liberi da clips, elastici, lacca, brillantini; ma, era pur sempre un ballo.
Mi lisciai la frangia e raccolsi i capelli in una crocchia lasciando che qualche capello libero ricadesse sul viso.
Storsi il naso e rientrai in bagno per trovare l'arricciacapelli. Lo misi in caldo e nell'attesa iniziai a dare un po’ di colore al mio viso. Non volevo esagerare, ma neanche essere impresentabile. Sarei sicuramente sfigurata al fianco di Penelope e magari anche al fianco di Oliver. Immaginavo già le facce delle mie compagne quando l'avrebbero visto. Altro che giocatore di basket.
Ghignai divertita mentre imprigionavo le ciocche libere nell'arricciacapelli. Il risultato fu più che soddisfacente.
Sospirai nervosa. Si, ero nervosa. 
Stavo per lasciare la camera quando il campanello suonò.
Mi precipitai di sotto anticipando di molto mia madre che mi guardò estasiata. La ignorai.
Aprii con il cuore a mille. Era mio padre. Lo guardai delusa, ma mi ridestai all'istante quando notai il suo sguardo preoccupato. Guardò me e poi mia madre e sparirono entrambi nello studio.

-Wow- bisbigliai, chiudendo la porta alle mie spalle. 
Iniziai a strofinarmi le mani e alzai lo sguardo lungo il vialetto di casa.
Oliver James stava arrivando con la sua impeccabile eleganza. Trattenei il respiro e gli sorrisi. Indossava un abito nero dal taglio semplice e una camicia bianca sbottonata al collo, senza cravatta. Ora si che lo preferivo.
I capelli biondi erano perfettamente in ordine eccetto qualche ciuffo che gli ricadeva sulla fronte. Era irresistibile.
I suoi occhi castani incontrarono i miei verdi. Mi prese le mani e mi guardò come per studiarmi. Inarcai un sopracciglio, ma mi sciolsi in un grande sorriso quando lui mi guardò soddisfatto.

-Dire che sei bellissima è la metà di ciò che penso- mi baciò la fronte.
-Grazie, ma tu mi superi James- mi stavo sciogliendo.
Lui ridacchiò e con voce profonda disse: -Modestamente.-
Io ghignai, prendendo la sua mano.

Oliver infilò la mano libera nella tasca interna della sua giacca e ne estrasse una scatolina blu. Me la porse.
Lo guardai e gli strinsi l'altra mano. Lui mi esortò sorridendomi e mi decisi a prenderla. La aprii. Conteneva un bracciale rigido in argento. Era liscio ad eccezione della chiusura che portava un incisione.
L'avvicinai al viso per guardare meglio. Era una foglia.
Lo guardai incuriosita. Lui lo prese dalle mie mani  e me lo fece indossare. Mi accarezzò il polso.

-E' semplice come te, puro come il tuo cuore- mi accarezzò il viso. -La foglia ricorda il nostro albero. Dove è cominciato.-
Abbassai lo sguardo sul mio polso.

-E' bellissimo- sussurrai appena. Non riuscivo a controllare la mia voce. -Oliver..tu sei- inspirai -Tu sei la parte di me che stavo cercando e ti amo, talmente tanto, da non riuscire più a stare senza te, ad immaginarmi senza te.-
Mi sporsi per baciarlo. Lui mi imprigionò fra le sue braccia. Fu una delle poche volte che sentii il suo cuore accelerare più del mio. Sorrisi sulle sue labbra quando lui le avvicinò alle mie.

-Ti amo anche io piccola. Sono totalmente innamorato di te, lo sono sempre stato- mi confidò.
Mi strinsi a lui. Come ero stata così fortunata? Perchè lo amavo così tanto?
La serata stava prendendo una piega che iniziava a piacermi. Aveva ragione Pe, come sempre. 

Oliver infilò nuovamente la scatolina vuota nella sua tasca e mi prese per mano. Insieme attraversammo il vialetto.
Giunti alla fine, la Nissan Micra nera di Penelope era già parcheggiata.
Alla guida c'era Josh, bellissimo come sempre e al suo fianco, Penelope.
Scese dall'auto per abbracciarmi. L'ammirai in tutta la sua impareggiabile bellezza.
Indossava un abito nero lungo e scollato. I capelli erano legati sul lato destro in una coda lasciando gran parte della schiena scoperta. Il suo viso era..non sapevo più come esprimermi. Penelope era unica. 

-Scusate, ma perchè solo io seguo il tema del ballo?- chiesi guardando i tre.
Penelope ghignò e alzò appena il vestito per farmi notare i suoi tacchi vertiginosi. Il tacco era laccato di verde. 
Schioccai la lingua. -Ah scusa, non era molto visibile- feci indispettita.
Josh scese dall'auto e strinse la mano di Oliver, poi mi baciò la guancia.
Sentii Oliver trattenere il respiro. Era anche geloso? Lo guardai di sottecchi.
Penelope aprì la sua borsetta, rigorosamente nera, e prese due nastrini verdi. Li legò alle giacche dei due uomini.

-Perfetto- commentò, guardandoli entrambi.
Oliver ghignò e aprì la portiera dell'auto.
Salimmo tutti a bordo e Josh inchiodò sull'acceleratore.

-Pronti? Sarà una serata indimenticabile!- esclamò. Sembrava un bambino.
Io risi di gusto. -Mai stata così pronta- lo imitai, sorridendogli.
Mi stavo lasciando trasportare dagli eventi.

Ringraziamenti:

*Lordgenome: Il mio amatissimo prof di storia *___* Forse devo dirglielo che compare in un capitolo della mia storia..Che ne dici? hahaha
Uno scontro mm Chi può dirlo? u.u :P
Grazie mille.

*I_Want_to_Break_Free: Grazie mille! Non potevi farmi complimento migliore. 
Oliver sfiora la perfezione e Penelope è il mio capolavoro hahaha 
Salerno è molto bella, invece il mio è un paese piccolino. 
Alla prossima.

*Rosa di cenere: E a me piace essere perseguitata :P
Siamo tutte invidiose di Venice muahahah 
Beh Federic è uno tosto, lo vedrai con il tempo. 
Un bacione!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Gelosia ***


Ok, sono imperdonabile, ma proprio non riuscivo a trovare del tempo per rivedere questo capitolo.
Spero di non essere linciata per questo mostruso ritardo.

Gelosia


La scuola era irriconoscibile. Era ben diversa dal giorno precedente.
Il corridoio principale era tappezzato da festoni verdi, ghirlande di palloncini e cartelloni. Nastrini e coriandoli pendevano dal soffitto.
Il corridoio era buio, solo sul fondo c'era una luce. Indicava l'ingresso.

-Mi piacerebbe tornare a scuola- mormorò Oliver al mio orecchio.
Io mi voltai verso di lui. -Non è sempre così- lo informai. 
Penelope e Josh ci superarono andando verso la fonte di luce, io e Oliver li seguimmo. Con una leggera spinta, Penelope aprì la porta.
Le luci colorate colpirono in pieno i nostri volti. Musica a palla rimbombava nelle mie orecchie. Ragazzi e ragazze con i loro abiti eleganti si scatenavano in pista. Altri avevano già attaccato il buffet. Riconobbi Andrew fra loro.
Oliver mi prese per mano e ci addentrammo nella mischia. Persi subito di vista Penelope e Josh, ma se restavo con Oliver il problema era nullo.
Salutai tute le mie compagne che avevano occhi solo per Oliver.
Quando ce ne fummo liberate, gli assestai una gomitata allo stomaco che non ebbe l'effetto sperato. -Spiegami, perchè sei così bello? Ti mangiavano con gli occhi.-
Anche con le luci accecanti, il suo viso era sempre splendido. Lui mi sorrise malizioso. -Peccato che a me interessi una sola dama di questo ballo.-
Io risposi confusamente, non mi doveva sorridere così, ero già in tilt.
-E ce l'ho di fronte- si avvicinò ancora.
Io annui indecisa su come comportarmi.
-Ed è anche la più bella.-
Alzai lo sguardo. -Ok, sono gelosa.-
Lui rise di gusto. -Non ne hai motivo, piccola- mi accarezzò il viso.
Io lo guardai scettica. Come non avevo motivo? Era pazzo.. 
Ci avvicinammo al buffet per bere qualcosa. 
Mi ero completamente dimenticata che Andrew era lì. 
Il ragazzo si avvicinò. 
-Ma come ti sei conciato?- chiesi, piegandomi in due dalle risate. 
Lui mi sorrise. -Sapevo che ti sarebbe piaciuto.-
Oliver mi strinse la mano. Sorrisi a mia volta. -Beh anche se il tema del ballo era il verde non era necessario indossare uno smoking completamente verde- gli feci notare, sistemandogli la giacca. Il suo viso assunse una tonalità rossastra. L'avevo imbarazzato. Era così carino quando faceva così, ero abituata alle sue stranezze. In fin dei conti poteva essere un buon amico per me, se lui l'avesse accettato. 
Oliver si mosse appena. -Andrew, lui è Oliver. E Oliver, lui è Andrew- li presentai. Oliver gli strinse la mano e vidi comparire sul volto di Andrew una piccola smorfia di dolore. Allontanai la mano di Oliver. 
-Sempre spaccone- sussurrai. Lui mi ignorò. 
Andrew si massaggiò la mano e mi sorrise, come se nulla fosse accaduto. -Era lui il tuo impegno.- Calcò bene l'ultima parola. 
Annuii, ma lui riprese. -Hai un amico interessante.-
La sua voce aveva assunto una tonalità aspra, impensabile se riferito ad Andrew. Mi schiarii la voce. Mi sentivo in imbarazzo.
-Vado a bere qualcosa- dissi e me la svignai. Ok, non era molto saggio lasciare il mio ragazzo in compagnia di un.. mio amico. 
Mi versai dell'acqua, l'unica cosa che vidi ancora intatta e bevvi una lunga sorsata per calmarmi. Li vidi parlare, ma grazie al cielo, non erano passati alla violenza. Buon segno. Andrew si allontanò senza degnarmi di uno sguardo e guardai incuriosita Oliver che si avvicinava. Si accomodò sul divanetto dietro di me e mi prese per il vestito. Lasciai il bicchiere e lui mi fece sedere sulle sue gambe. 
Sospirò. -Ok, sono geloso- ammise, chiudendo gli occhi. 
Io ghignai e gli baciai le labbra. -Non ne hai motivo- lo assicurai, trattenendo un sorriso. Questa conversazione mi divertiva. 
-Certo certo- tagliò corto non del tutto convinto. 
Mi guardai il bracciale. Era cominciato tutto così, improvvisamente. Le cose inaspettate erano sempre le più belle. Lo strinsi a me baciandogli la testa. Lui mi circondò con le sue braccia. Con la coda dell'occhio mi guardai intorno e riconobbi la ragazza dai capelli rossi che urlava qualche giorno prima in corridoio. Era sola. Inarcai un sopracciglo. Quell'imbecille le aveva dato buca. 
Non mi accorsi di Penelope che si era seduta accanto ad Oliver. Josh mi sorrise e mi baciò la guancia. -Andiamo a ballare?- mi chiese. 
Oliver sospirò, guardai lui e poi Penelope, come per essere sicura di non sbagliare. Josh mi prese per mano e mi tirò via. Sentii le braccia di Oliver lasciarmi andare, era il suo "si". Io e Josh entrammo a fatica nella folla e iniziammo a ballare. Cominciai a divertirmi e Josh era anche bravo. Ovviamente. Una canzone, due canzoni, alla terza mi arresi. Josh ridacchiò. -Vieni, andiamo a sederci.- 
Annuii decisa e mi lasciai trasportare. Oliver e Penelope stavano parlando come due persone civili. Sorrisi e mi gettai fra le braccia di Oliver. 
-Josh è un ballerino provetto!- esclamai senza fiato. Penelope ghignò maliziosa. Le feci una linguaccia e con le labbra mimai un "ho capito". Circondai con le braccia le spalle di Oliver, lui mi sorrise e mi annunciò: -Il prossimo lento è il nostro.- 
Sorrisi, non vedevo l'ora. Tutti e quattro iniziammo un po' a parlare di argomenti futili, ma quando iniziarono a nominare i miei genitori, mi alzai di scatto. Fortunatamente nessuno si accorse del mio gesto perchè il dj aveva appena cambiato traccia. Trascinai Oliver in pista prima che Penelope potesse rispondere alle sue domande. Era egoista da parte mia, ma non volevo pensare ad altro per quella sera. Cinsi il suo collo con le braccia e lui mi prese per la vita. Mi appoggiai alla sua spalla e iniziammo a muoverci lentamente, a passo di musica. Lui mi accarezzava la nuca e ad ogni suo tocco sentivo un brivido scendere lungo la schiena. Mi spostai appena per guardarlo negli occhi.
-Grazie di essere qui. Non ci sarei mai venuta senza di te e hai reso questa serata la più bella della mia vita.-
Lui mi baciò piano stringendomi a lui. -Non c'è di che- sussurrò al mio orecchio abbracciandomi. Sentivo il suo profumo invadermi le narici. Era delizioso. Lo strinsi più a me come per paura di perderlo da un momento all'altro. Improvvisamente lui si irrigidì, sentii i suoi muscoli tendersi e la mano sinistra che si allontanava dalla mia schiena. Mi voltai seguendo la direzione del suo sguardo. Penelope e Josh avevano lasciato la sala. Studiai il suo viso. Aveva quello sguardo.

*Ringraziamenti:

*I_Want_to_Break_Free: Il ballo era d'obbligo *___*
Mi è piaciuto molto scrivere di Oliver..Di questo capitolo cosa ne pensi? :P
La scena del bracciale è, insieme a quella dell'albero, la mia preferita insieme ad un'altra che poi leggerai :P
Grazie <3

*Rosa di cenere: Io amo tutto hahaha Allora, soddisfatta del ballo? ^^
Grazie mille, come sempre e spero che stavolta sarai la prima prrr!

*Lordgenome: Invece di studiare hahaha 
E' il mio stile !! ^^
Grazie milleeee!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** La Fine E Un Inizio ***


Perdoooono! Non riesco a conciliare tutto. Perdonatemi.
Non ho scusanti.
Voglio dirvi che leggere questo capitolo, a distanza di mesi, mi fa ancora commuovere. Spero di suscitare lo stesso in voi.

La Fine E Un Inizio

Oliver sparì nello stesso istante in cui vidi la chioma riccia di Penelope scomparire oltra la porta. Era l'uscita secondaria che dava sul parco, al limitare del bosco che costeggiava la scuola. 
Mi guardai intorno. Tutti si divertivano, tutti vivevano la propria vita, come se nulla li potesse fermare. 
A fatica riuscii ad attraversare la folla spintonando una paio di ragazzi. Stavo per farcela quando mi sentii trascinare indietro: qualcuno mi aveva presa per il polso. Mi voltai di scatto assottigliando gli occhi. Dovevo andare.

-Andrew, dannazione, mollami!- esclamai, dando uno strattone. 
Lui mi guardò confusa, abbozzai un sorriso. Avevo esagerato.

-Scusami, vado di fretta- mi scusai, massaggiandomi il polso. 
Gli diedi le spalle e riuscii a raggiungere la porta. Con una leggera pressione della mano, la maniglia scattò verso il basso e mi ritrovai ad assaporare l'aria fresca serale. Scrutai gli alberi. Era tutto buio e non vedevo assolutamente nulla. La porta alle mie spalle si richiuse limitando così la mia unica fonte di luce. Mi guardai intorno. Dov'erano finiti tutti? Ma soprattutto, cosa stava succedendo? 
Alla mia sinistra c'era il parcheggio, alla mia destra un piccolo spazio libero utilizzato dagli studenti per pranzare quando il sole si degnava di comparire nelle loro giornate. 
Optai per la seconda strada. Mi mossi seguendo la linea del muro. Sembrava completamente deserto. L'unica fonte di rumore era il dj che aveva appena messo un pezzo remixato. Sospirai. Avevo cantato vittoria troppo presto. 
Svoltai l'angolo e per quanto i miei occhi al buio potessero vedere, riconobbi una figura al centro del prato. Non potevo nascondermi in nessun luogo. Era totalmente spoglio. 
Decisi di uscire allo scoperto. Strinsi i pugni, sentii le unghie infilarsi nella carne. Mi avvicinai piano verso quella figura che mi dava le spalle. Non sembrava essersi accorta di me. 
Ad ogni passo, sentivo il mio cuore accelerare. Non ne avevo motivo, cioè, io non avevo paura del buio, ma c'era qualcosa di misterioso, per l'ennesima volta, nel comportamento della mia migliore amica e del mio ragazzo. A meno di dieci passi riconobbi la figura come quella di Josh. Lo chiamai ad alta voce. Lui mi ferì con il suo solo sguardo. I suoi occhi non erano più azzurri, ma rossastri. I suoi lineamenti non erano più dolci, ma forti. Sembrava.. Doveva essere affamato. Arretrai in fretta rischiando di inciampare, ma lui non mi degnò di uno sguardo anzi, scattò in avanti come un bolide.

Lo vidi sparire oltre le siepi che dividevano il parco dal bosco. Con il cuore a mille, iniziai a correre verso il punto in cui era sparito. Mi impigliai in un ramo, ma con la forza riuscii a liberarmi strappando l'orlo del vestito. Feci una smorfia e continuai a correre. Mi annotai mentalmente di ringraziare Penelope per avermi consigliato le converse anziché tacchi vertiginosi: sarebbe stato un problema correre così liberamente. Un altro ramo sporgente mi procurò un taglio sul braccio, ma lo ignorai. 
-Josh, dove ti sei cacciato?- bisbigliai, fermandomi per riprendere fiato. Improvvisamente sentii una voce. Una voce dura, tagliente, carica d'odio.   
Mi acquattai dietro un grande cespuglio e cercai di mettere a fuoco la nuova figura a pochi metri da me. Era un ragazzo non molto più grande. Non riuscii a distinguere il suo volto, ma ciò che attirò la mia attenzione furono i suoi capelli: non erano molto lunghi e li aveva raccolti in una coda. Indossava un abito da cerimonia, forse si era imbucato al ballo. Mi spostai sulla sinistra e solo allora notai che stava impugnando una pistola. Rabbrividii.. Lo sentii ridere. Ero troppo lontana per distinguere le parole. Mi avvicinai restando nascosta. Dalla mia nuova postazione riuscii a riconoscere una nuova figura, questa volta era una ragazza..
-Oh no- sussurrai, riconoscendo Penelope. Quel ragazzo era Federic, il cacciatore di Josh.
-Dov'è la tua dolce metà?- chiese lui, puntando la pistola verso Penelope.
Lei lo guardò con aria di sfida. Non era il giusto approccio da riservare ad un cacciatore di vampiri che ti stava puntando una pistola alla testa.
-Avanti, PARLA!- urlò, togliendo la sicura.
Guardai ancora Penelope, non dava segno di cedere. Dovevo fare qualcosa. Stavo per alzarmi quando sentii la voce di Oliver. Restai nascosta. Stava avanzando verso Federic puntando l'arma contro di lui. Federic non lo degnò di uno sguardo.
-E' mia, Face- ruggì, facendo partire un colpo. Non l'avevo mai visto così. Ero sicura che lo avesse sparato, ma invece, aveva mirato a poca distanza dal suo piede.
Federic ruotò appena il capo per guardarlo negli occhi.
-Non mi ostacolare. Era tuo compito uccidere questo vampiro, ma probabilmente Jack ha sbagliato. Non potrai mai essere il suo erede. Provi compassione per queste creature.- 
Oliver non si lasciò impressionare, strinse ancora di più l’impugnatura della sua pistola.

-La prossima volta non ti mancherò- lo minacciò. 
Federic tentennò poi alzò il braccio lasciando cadere la pistola sul prato. 
Guardai Penelope ed ero sicura che lei mi avesse già visto. Lei si avvicinò ai due lentamente e Oliver si abbassò per prendere la pistola. Era finita. Stavo per uscire allo scoperto, ma Penelope alzò una mano e mi fece segno di non uscire. Federic la studiò attentamente.  

-Il grande Face si lascia comandare così- lo canzonò Penelope accorciando la distanza fra i due. Un metro li divideva. Lui sorrise soddisfatto.
-Non è finita.-
Io iniziai a correre ignorando l'avvertimento della mia migliore amica. Federic aveva appena estratto un'altra pistola. Afferrai Penelope per un braccio. Lui sparò.
Un dolore straziante esplose nel mio petto. Mi toccai dove sentivo bruciare. Mi sentivo infuocata. Avvicinai la mano al viso. Era ricoperta di sangue. Le gambe non mi sorreggevano. Mi abbandonai fra le braccia di Penelope. Il proiettile mi aveva sfiorato il cuore, sentivo il sangue inzupparmi il vestito, lo sentivo per il suo odore.
-No!- esclamò Oliver. Era la sua voce.
Sentii un rumore, qualcuno era a terra. Federic?
Cercai di alzarmi, ma non ci riuscivo. Ero stanca.
-Venice..Venice!- Era sempre lui. Volevo rispondere.
-Uhm- tossii. Altro sangue.
-O mio dio- sussurrò questa volta Penelope.
-Chiama un'ambulanza!- esclamò lui in preda la panico.
Era così che ci si sentiva? Quando si stava per morire? Quando si stava per superare il confine della vita?
Così leggeri?
Tossii ancora e ancora. Era troppo tardi.
Oliver piangeva e mi stringeva la mano. Quanto lo amavo e stavo per lasciarlo solo.
Aprii gli occhi a fatica. Due occhi verdi mi stavano guardando. Lei, la mia metà.

-E' il tuo destino-.
Fu ciò che mi disse prima di sentire un dolore ancora più forte alla gola. Cercai di allontanarmi con le poche forze che mi erano rimaste. Mi sentivo invadere dalle fiamme, la testa esplodere, desideravo che finisse. Non avrei più voluto risvegliarmi. Mi aveva morsa.

..?
La stretta alla mia mano si fece ancora più forte. Calde lacrime cadevano su di essa. Oliver non si ero opposto, ma conoscevo già la sua scelta.

Il dolore aumentò. Respiravo a fatica, poi il nulla.

*Ringraziamenti:

*I_Want_To_Break_Free: Grazie! 
La gelosia è in qualsiasi tipo di rapporto. Ci tengo a sottolineare che anche Venice è molto gelosa, ma non solo di Oliver, anche di Penelope.
Sono contenta di averti accontentata. Che gioco di parole muahaha
Questo capitolo ha soddisfatto la tua curiosità? :P

*Rosa di cenere: Grazie di cuore! Non fa niente che non riesci a battere il tuo record personale, l'importante è che sei qui a darmi sostegno ^_^
Lo scontro tra titani? Beh, Oliver parte molto in vantaggio haha!!

*Lordgenome: Era un confronto u.u
Avevi ragione tu? u.u O ti ho sorpreso? haha!
Grazie mille!

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Gioco Del Destino ***


Mi vergogno. E' passato troppo tempo dall'ultimo capitolo. Scusatemi. Vi sto abbandonando proprio quando la storia si fa più interessante. Spero che vi piaccia <3

Gioco Del Destino

Tante voci e suoni distinti, ma sconosciuti, occupavano la mia testa. Non sentivo il bisogno di respirare e mi sentivo diversa. Era difficile da descrivere. 
Un forte odore di incenso mi colpii l'olfatto. Dov'ero? Non ricordavo molto. 
Federic mi aveva sparato, qualcuno aveva urlato e Oliver stava piangendo.. Dov'era ora? E Penelope? Josh? Stavano tutti bene?

Riaprii gli occhi. Non riuscivo a vedere bene, era come se avessi un velo trasparente davanti agli occhi. Li richiusi e li aprii più velocemente. Riuscii a mettere a  fuoco una finestra. Una fioca luce riusciva a penetrare nonostante le pesanti tende viola che erano state chiuse. Mi erano familiari. Mi voltai sul lato. La luce mi disturbava. Mi concentrai su i suoni. Potevo distinguere i clacson delle auto lungo il vialetto, il semaforo che scattava all'angolo e lo strusciare delle ruote di una macchinina sul porticato.. Joshua. 
I miei sensi erano più sviluppati di un essere umano. Ma.. allora era tutto vero?
Mi alzai con naturalezza, ma andai a sbattere contro la sedia sgretolandola in mille pezzi. Ero anche troppo veloce. Raggiunsi a tentoni il bagno in camera e mi guardai allo specchio.

I capelli erano setosi come quelli di Penelope. I miei occhi non erano verdi come sempre. 
Rabbrividii: una piccola sfumatura rossastra era comparsa alterando il mio colore naturale. Mi accorsi all'istante del forte bruciore alla gola. Mi ressi al lavandino. Ero affamata. Inspirai a fatica. Un'abitudine inutile. Non avevo più bisogno di respirare, ma mi sentii subito meglio. 
Non indossavo più il vestito del ballo, ma un semplice jeans e una camicetta rossa. 
Cercai di controllare la fame. Non potevo farmi vedere in questo stato. Più mi concentravo e più sembrava che i miei occhi ritornassero al loro colore naturale. 

Lentamente, per quanto mi fu possibile, uscii dalla camera di Penelope. Sentivo delle voci provenire dalla cucina.
Sorrisi, Penelope non ci metteva mai piede.
La raggiunsi. Lei mi vide all'istante e mi venne incontro con sguardo apprensivo.
-Piccola, come ti senti?- mi chiese.
Io guardai Oliver che ricambiò. Non mi sembrava contento. Abbassai la testa. 
-Venice?- mi chiamò lui. Alzai lo sguardo. Mi fece segno di raggiungerlo. 
Penelope si accomodò sulla sedia di fronte a me, Oliver era al mio fianco. 
Non riuscivo a guardarlo. Come avrebbe reagito? Lui odiava i vampiri quindi odiava anche me. Strinsi i pugni. Perchè per raggiungere un qualsiasi obiettivo bisognava sempre rinunciare a qualcuno?
Mi ero totalmente isolata. Perchè dovevo scegliere sempre?
Sentii una mano caldissima sfiorarmi appena la spalla. Scattai dalla sedia.
-Ehi- era Oliver. Lo guardai dispiaciuta.
-Scusa- borbottai. La mia voce..era più dolce.
Lui mi prese la mano e la strinse fra le sue. Abbozzai un sorriso.
-Sta attenta- mi ammonì Penelope - sei troppo forte, potresti fargli del male.-
Non mi mossi. Oliver non sembrava spaventato dalla cosa.
-Lo so, dovrei comprarti un'altra sedia- sorrisi furbamente.
Lei ghignò -Tanto non mi piaceva.-
Improvvisamente sentii il cuore di Oliver per la prima volta. Era diverso dalle altre occasioni. Era forte, molto forte. I battiti erano più scanditi. Sentivo il sangue scivolare nelle vene. Mi sentii male. La stessa sensazione di poco prima. Chiusi gli occhi. Ignorai la voce di Penelope. Inspirai più volte. Io non potevo fargli del male, io lo amavo. Non potevo fare del male a nessuno. Non ero un mostro, non ero un'assassina.
La fame si acquietò. Oliver non mi aveva lasciata un attimo. Riaprii gli occhi e mi ritrovai una Penelope che mi guardava stupita.
-Riesci a controllarti- sussurrò, guardandomi negli occhi.
Annuii. -E' un pò difficile, ma ce la faccio- confermai. La mia voce mi suonava ancora strana.
Lei si alzò. Sembrava preoccupata o più che altro sorpresa.
Ne avremmo parlato dopo.
-Venice, amore- mi sussurrò Oliver, avvicinandosi a me -sei sempre più bella.-
Io ghignai. -Sono anche un mostro- obiettai.
Lui cambiò espressione. -Mi fido di te.-
Sorrisi. -Che cosa mi è successo?- chiesi.
Oliver divenne improvvisamente teso e Penelope non dava cenno di risposta.
-Per favore- incalzai, alzandomi e avvicinandomi a lei.
Lei sospirò, sconfitta. -Cosa ricordi?-
Non dovetti pensarci molto.
-Federic mi ha sparato- mi toccai il petto.
-Lui voleva sparare lei- intervenne Oliver.
Lo guardai freddamente. -Non potevo permetterlo.-
Era arrabbiato, era chiaro.
-Perdevi molto sangue, era una ferita mortale. Per un soffio non ti ha preso il cuore. Avremmo potuto portarti in ospedale, ma non ci saresti mai arrivata viva. Ti ho morso alla gola. Avevo paura di ucciderti, Venice. Non l'avevo mai fatto prima d'ora. L'emorragia si era fermata, ma sarebbe stato solo questione di tempo, dovevamo fare lo scambio. Oliver mi ha aiutato a procurarmi un taglio e a farti bere il mio sangue. Dopo di che, la tua ferita si è rimarginata. Sei stata in stato di incoscienza per una settimana- spiegò lei.
-Dannazione- commentai, portandomi una mano alla fronte. -Federic sa che mi sono trasformata?-
Penelope scosse il capo. -Oliver l'ha steso con un pugno- ghignò, guardando lui e io feci lo stesso. Lui scrollò le spalle. -Se lo meritava- commentò con nonchalance.
-Bene, e i miei genitori?- chiesi. 
Le mie stesse parole mi stupirono. Ero preoccupata per loro. Gli volevo bene nonostante tutte le bugie che mi avevano raccontato per diversi anni.

Oliver sospirò. -Lo sanno- si limitò a dire.
-COSA?- strillai.
-Cosa dovevo fare? Ti ho portata al ballo sotto ai loro occhi, non potevo mentirgli- spiegò. Tutto sommato non aveva tutti i torti.
-Il Consolato ha in mente una guerra, Venice. Tu sei una rarità nella storia della nostra organizzazione. Penelope ha infranto il patto. Non poteva trasformare la figlia di un Cacciatore.-
-Ma lui mi ha rinnegata! Ha scelto te! So come funziona! Non potevo mai diventare una Cacciatrice!- strillai ancora una volta.
Oliver si alzò e mi venne incontro. -Lo so, ma sapevano di noi. Eri vincolata sia come figlia e sia come donna.-
Incredibile..
Guardai Penelope.
-E c'è dell'altro- disse, guardando Oliver.  -Ti ricordi la scala dei vampiri?-
Annuii. Era successo subito dopo la scoperta che la mia migliore amica era un vampiro.
-Se qualcuno ti uccidesse, anche dalla nostra parte ci sarebbe una guerra.-
Non capivo. -In che senso?-
I Cacciatori volevano una guerra perchè il patto era stato infranto ben due volte. I Vampiri volevano una guerra perchè io..
-No- sospirai. Ricordavo bene quelle parole che tanto mi fecero rabbrividire.

Lei annuii. -Vedo che hai capito.-
Ci scambiammo sguardi preoccupati.

Era impossibile fermare l'inevitabile.

*Ringraziamenti:

*I_Want_to_break_Free: Siiiiiiiiiiiii!!! E' un vampiro a tutti gli effetti ^^
Beh Venice ha una grande forza di volontà. ormai dovresti averlo notato.
Grazie, alla prossima.

*Rosa di cenere: Io pensavo di essere stata prevedibile e invece nessuno se lo aspettava haha Bene u.u
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio persecutrice personale ^^

*Lordgenome: Non solo stavolta ti ho sorpreso prrrr
Allora...che ne dici?

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** La Verità Ferisce Sempre ***


Suppongo che dovrei scusarmi..Sono quasi due mesi che non do notizie di me. Gli impegni sono tanti ragazzi u.u
Beh..Dovrei dirvi anche BUON ANNO! Mi tocca.. :P
Bando alle ciance..Vi lascio il capitolo tanto atteso haha!!

La Verità Ferisce  Sempre

In una settimana la mia vita era profondamente e radicalmente cambiata.

Mi ero trasferita a casa di Penelope e Oliver mancava saltuariamente al lavoro. Mio padre iniziava ad essere irascibile, mia madre era irriconoscibile.
I Cacciatori erano sempre all’erta, sentivo la loro presenza fuori casa Strauss. Penelope mi controllava ogni secondo.
Le sue parole riecheggiavano ancora nella mia testa. Sette giorni prima avevo finalmente capito la gravità della situazione in cui ci trovavamo.
-Sei un Purosangue- mi aveva detto. 
Ma a me era già tutto chiaro. Non potevo fuggire dal mio destino e potevo fare solo una scelta: salvare le persone che amavo. Rimpiangevo la mia vita da umana e oggi mi sentivo una sciocca se ripensavo quanto avevo desiderato essere come Penelope. Cosa ci avevo guadagnato? Solo sofferenza.

Uscii di soppiatto dalla casa tenendo ben all’erta vista e udito. Ero affamata.
Era la prima volta che cacciavo e non sapevo assolutamente come muovermi.
Penelope mi aveva rassicurato dicendo che sarebbe stato tutto molto naturale, un po’ come lavarsi i denti. Ghignai passando la lingua su i canini sporgenti. Sentii una folata di vento scompigliarmi i lunghi capelli neri e un forte odore di rose mi colpii, bloccandomi. Mi sentii invadere dalle fiamme. I cacciatori erano davvero disposti a tutto. Presi a correre rapida fra le case dei vicini attraversando i giardini. Mi ritrovai al limite della strada dove si apriva un immenso bosco. Amavo la natura. Chiusi gli occhi pronta a captare qualsiasi suono o odore.
-Bingo!- esclamai acquattandomi dietro un cespuglio.
Socchiusi gli occhi. Una piccola lepre fece capolino fra gli alberi. La osservai. Era la mia unica fonte di cibo. La mia vita era già cambiata e non volevo che ciò fosse radicale. Volevo restare il più umana possibile. Inchiodai il piede sinistro sul terriccio e scattai in avanti. La lepre mi lanciò un’occhiata spaventata, deglutii. Ero troppo veloce persino per lei. L’agguantai. Aveva un buon odore. Non riuscivo ancora a controllare bene la mia forza. La lepre muoveva frenetica le zampette per fuggire, accentuai la stretta sul suo collo e smise di muoversi. Feci una smorfia e affondai i canini nella sua carne. Sentii il sangue fresco scivolare nella mia gola. Una sensazione unica. Mi guardai intorno furtivamente, ero sola. Adagiai il corpicino dell’animale su un letto di foglie.
Alzai il capo verso il cielo, il sole stava tramontando. Mi passai la lingua sui denti per assicurarmi di essere presentabile, mi strattonai i jeans scuri e la polo nera e mi ripulii le mani sfregando su di essa. Restai un po’ in quel luogo. Non mi andava di tornare a casa. Non riuscivo a guardare il viso stanco di Oliver, i suoi occhi dispiaciuti. Si sentiva in colpa e una parte di lui non si sarebbe mai perdonata, si sentiva responsabile della mia trasformazione. La nostra storia stava cambiando. Portai una mano sul cuore, non batteva più. Ma il mio amore per lui cresceva giorno per giorno. Lo amavo come mai avevo amato. E dovevo separarmi da lui.
Uscii dal bosco e attraversai la strada normalmente. Mi infischiavo dei Cacciatori. Non mi avrebbero mai uccisa. Un manipolo di uomini mi puntarono le loro armi addosso. Ero nel loro mirino. Alzai lo sguardo verso di loro e riconobbi Federic.
-Abbassate le armi!- ordinò separandosi da loro per avvicinarsi a me.
Attraversò la strada. Sentivo almeno venti cuori battere. Aveva con sé un esercito?
-Buonasera Face- salutai cordialmente inclinando il viso.
-Hale Hale- ripetè inserendo la pistola nella fondina. -Sai che non vogliamo ucciderti.-
Spostai il peso del corpo sulla gamba sinistra, era ormai una questione di abitudine. Non mi stancavo mai.
-Non puoi uccidermi- lo corressi. -Ma non credevo ti importassero le regole- aggrottai la fronte.
-In effetti no, ma sono un Cacciatore serio, a me interessano la Strauss e il suo fedele compagno.-
-E cosa ti aspetti? Tu stavi per uccidermi.- Gli ricordai con voce atona.
-Se questa la chiami vita.-
Colpita e affondata.
-Lascialo decidere a me. Hai infranto anche tu una regola. Io ero un essere umano e mi hai sparato.-
Lui sorrise freddamente. -Non ho sparato con l’intenzione di prendere te. Dovresti smetterla di sentirti protagonista.-
Colpita e affondata. Di nuovo.
Mi girai di scatto verso la porta di casa. Oliver ne uscì infuriato, con uno strattone il caricatore della pistola tornò a posto e la puntò contro la testa di Federic.
-Non toccarla- sibilò avanzando velocemente.
Venti pistole erano puntate su di noi.
Si frappose fra me e Face.
Sentivo l’eccitazione dei Cacciatori. Erano pronti a sparare ad un solo segno del Cacciatore capo. Mi sentivo invadere dall’odio.
-Non voglio toccare la tua bambolina- disse Federic abbassando la pistola. Sentivo il cuore di Oliver accelerare ad ogni suo respiro.
-Sei un traditore, James- continuò ferendolo nell’orgoglio.
L’odio cresceva, a dismisura. Stavo perdendo il controllo.
-Non lo sono- rispose. -Sto solo facendo la cosa giusta.-
-Abbiamo due visioni diverse della storia- commentò Face inclinando il collo. Sentii le sue ossa scricchiolare.
-Il vampiro ha infranto il patto.- Face indicò la casa alludendo a Penelope.
Oliver non accennò a muoversi. Era ancora davanti a me.
-Le ha salvato la vita. Stava morendo!- ruggì.
-A causa tua- continuò Face.
Colpita e affondato..Ancora.
-NON E’ VERO!-
Tremavo tutta, non riuscivo a controllarmi.
E Penelope l’aveva sentito. La vidi saltare dalla finestra del pianterreno seguita da Josh.
I Cacciatori spararono a vista. Eravamo tutti nel mirino. Si avvicinò a me stringendomi un braccio. Oliver si voltò verso di me.
Mi sentivo svuotata. Aprii gli occhi. Pungevano dall’odio.
Sfumature rossastre mi offuscavano la vista, come la prima volta. Strinsi pugni.
Un’aura s’imprigionò del mio corpo.
Una serie di esplosioni, a catena. Un rumore assordante.
Si voltarono tutti verso  il manipolo di Cacciatori.
Tutte le armi erano esplose insieme ai loro proiettili. Disintegrati.. Solo polvere.
Urla di dolore si alzarono nell’isolato. L’esercito di Face era a terra.
I vicini si affrettarono ad uscire dalle loro case terrorizzati e confusi.
Le auto del vicinato iniziarono ad infiammarsi, i furgoni dei Cacciatori esplosero.
Federic mi guardò negli occhi. Era terrorizzato.
Il fuoco e l’odio..
-Hai già perso- sibilai facendo un passo in avanti.
Oliver mi strinse la mano.
Un senso di pace scacciò l’odio. I miei occhi tornarono normali e l’aura sparì.
Mi guardai intorno..Era un inferno. Il mio inferno. L’avevo scatenato io. Era questa la grandezza di un Purosangue.
Federic mise una mano sulla pistola, ma Oliver gliela puntò nuovamente sul viso.
-Venice Hale, ti avevo sottovalutato- ammise dandomi le spalle e raggiungendo i suoi.
Nessuno era ferito gravemente. Soltanto piccole ustioni alle mani.
Penelope, Josh e Oliver mi circondavano.
-Andiamo via.-
Penelope interruppe il silenzio.
-Sei fenomenale!- urlò Josh completamente eccitato.
Oliver ghignò.
-Lei è mia- precisò, stringendomi a lui.
Non potei far a meno di sorridere.
Ma sapevo che non sarebbe stato più così e gli occhi verdi di Penelope mi comunicarono ciò di cui io stessa era convinta.
Dovevamo sparire al più presto.

*Ringraziamenti:

*I_Want_to_Break_Free: Hai ragione,  Venice è fantastica ma a volte le attribuisco un lato troppo cattivo.. O___O
Il finimondo penso proprio che continuerà..Nessuno ama la vita tranquilla haha
Sono ancora viva hahaha Grazie!

*Lordgenome: Per la tua felicità eccomi quaaaa! Mi hai fatto notare che la mia assenza si stava prolungando a dismisura u.u Ragazze ringraziate lui u.u Il mio segretario haha

*Rosa di cenere: Perdonooooo! Immagino  e spero che ora ti sia mancata di più :P Che ne dici di questo capitolo?

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Il Piano ***


Buongiorno!
Faccio pena..Vi ho abbandonato :( Spero di rimediare con questo capitolo :D

Il Piano

Fuggire.. Non era esattamente ciò che avevo in mente.
Aprii l'armadio con forza, l'anta scricchiolò minacciosamente. Mi gettai dentro estraendo a caso i vestiti lanciandoli sul letto.
Avvertii una presenza davanti alla porta aperta della mia camera provvisoria. Sorrisi appena.
-Stai tranquilla- mi sussurrò avvicinandosi a me. Serrai la presa su una gruccia di legno.
-Non posso stare tranquilla- sbuffai. Nemmeno mi resi di conto di stringere troppo forte. -Potevo ucciderli- sussurrai appena. Avevo un groppo in gola. Non avevo intenzione di ferire nessuno, non volevo causare danni. Era stato un incidente. O forse, la voglia di proteggere le persone che amavo offuscava la mia lucidità?
Oliver mi prese le mani liberandole dalla gruccia e se le portò al viso. Le sfiorò con le sue labbra calde. Incrociai il suo sguardo.
-Stai tranquilla- mi ripetè -"Penelope si occuperà del tuo potere- mi comunicò sorridendo benevolo.
Sospirai. Oliver era la mia camomilla.
Avanzai di un passo giungendo al letto e mi lasciai cadere su di esso. Oliver mi seguì.
-Sei stata brava- sghignazzò, sfiorandosi il tatuaggio sul collo.
Lo guardai sognante. Dio, quanto lo amavo. Gli circondai il collo con le braccia e lo avvicinai a me. Lo sentì sospirare sconfitto sulle mie labbra prima di congiungerle alle mie.
-Dove andremo?-chiesi, staccandomi da lui quanto bastava per guardarlo negli occhi.
Mi sentii raggelare, almeno se avessi potuto. I suoi occhi si erano incupiti all'istante.
-Venice- pronunciò il mio nome diversamente dalle volte precedenti. -Io non verrò-
Cercai dei segnali sul suo volto. Mi stava prendendo in giro? Io non potevo stare senza di lui. Non ora.
-Cosa?- chiesi con voce atona.
Ma lui non scherzava. Perchè?
-Non posso- chiuse gli occhi evitando accuratamente di guardami.
-Non puoi..O non vuoi?- Le mie insicurezze stavano prendendo il sopravvento. Un senso di vuoto si impossessò di me. Mi stava.. abbandonando.
Lui riaprì gli occhi. -Io ti amo, Venice. Ti amo e non riuscirei mai a lasciarti così, ma è ciò che devo fare. Io sono un Cacciatore. E' tutta colpa mia.-
Non credevo ad una sola parola. Non era colpa sua. L'incosciente ero stata io. Ero invidiosa di Penelope,della sua bellezza e notorietà. Volevo essere come lei, volevo essere lei. E avevo fatto l'eroina al momento sbagliato. Mi ero presa la pallottola in pieno petto. Sarei dovuta morire. Non poteva essere peggio di perdere Oliver. No.
Abbassai lo sguardo. -Non posso.. Io non ce la faccio.- Strinsi i pugni. Stavo per riperdere il controllo. Non doveva succedere. Era lui..
-Venice..Devo combattere la mia guerra- sentenziò con voce dura.
Quelle parole mi sconvolsero. -Qual è la tua guerra? Uccidermi?-
Calò il silenzio.

 

*

Una civetta cantava nascosta fra i rami degli alberi. Lo stesso suono. Notte fonda. La luna si intravedeva appena.
Penelope mi guardava sottecchi.
-Piantala- conclusi, caricando l'ultima borsa e chiudendo il portabagagli della sua Nissan Micra.
Lei mi si avvicinò giocherellando con un ricciolo.
-Come stai?-
Risi amara. -Splendidamente.- Tagliai corto. Lui era andato via, senza una parola di più. Avevo perso la mia metà. Il suo silenzio mi aveva ferita  più di qualsiasi altra parola avesse potuto dirmi. Cosa eravamo stati? Niente. Tutto. Troppo. O troppo poco?
Sentivo di non essere stata del tutto esauriente per la mia migliore amica, ma non mi importava. Aveva capito. Era inutile fingere.
-Partiremo al tramonto- mi comunicò. Annuii decisa. Lui aveva scelto e io non potevo che accettare le conseguenze anche se mi straziavano dentro, mi logoravano.
Attraversammo il garage rientrando in casa. Josh era comodamente disteso sul divano con un cuscino che gli copriva il viso. Mi accomodai vicino alle sue gambe. Penelope di fronte a me.
-Lasceremo Key e ci rifugeremo nel bosco. Josh ha trovato una piccola radura dove non avremo problemi.-
Penelope aveva già un piano.
-Ma non potrete cacciare con me nelle vicinanze.- Le feci notare. I Purosangue erano come delle divinità nel mondo dei vampiri.
Josh si scoprì il viso. Mi sorrise bellissimo.
-Ci abbiamo pensato. Ci allontaneremo a turno per non lasciarti sola. Dovrai imparare a controllare i tuoi poteri. E' importante Venice.-
Annuii convinta. -E' inevitabile?-
Penelope annuì. -I Cacciatori sono pronti a tutto. Federic è il miglior stratega che hanno fra le loro schiere.-
Face aveva dimostrato ampiamente le sue qualità, il suo sangue freddo e la sua preparazione.
-Siamo in minoranza- dissi preoccupata.
Josh sorrise soddisfatto.
-Abbiamo dei contatti Hale.- Inarcò un sopracciglio.
Scoppiai a ridere. -Beh non vi servo allora- feci per andarmene.
-Stai scherzando?- sbottò. -Sei una bomba ad orologeria!- esclamò allargando le braccia. 
Penelope accavallò le gambe perfette fasciate da un jeans nero e stretto.

-Stanno scherzando con il fuoco, piccola.-

 *Ringraziamenti:

*Rosa di cenere:  Spero di esserti mancata ancora una volta. Mi sa che questo capitolo ti sconvolgerà O_O resisti!

*Lordgenome: Dopo tue insistenze, stamattina mi sonod ecisa. Ti aspettavi questa decisione da parte di Oliver?

*I_Want_to_Break_Free: Grazie. Penso comunque di non saper descrivere molto bene xD In ogni caso, il rapporto cambierà, ma non radicalmente. Come facevo? u.u

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Così Tanto ***


Questo capitolo mi piace molto! Spero sia lo stesso anche per voi.

Così Tanto

Partimmo al tramonto come stabilito. Entrai in auto coprendomi il capo con il cappuccio della felpa. Non sapevo cosa provavo. Mi aveva lasciata in quella camera senza una parola né una risposta concreta. Eravamo stati così poco? Le nostre erano state parole dette con superficialità? Lui non era innamorato di me come io lo ero di lui?
Josh salì in auto dopo di me, Penelope era alla guida. Mi passai una mano sulla fronte e mi raggomitolai in un angolo del sedile posteriore. 
Ecco cose sentivo.. Niente. Ero vuota. Alzai lo sguardo e notai due occhi verdi che mi scrutavano dallo specchietto retrovisore. Ricambiai lo sguardo. Penelope sospirò e inserì le chiavi nel cruscotto.
Guardai fuori. Sull'asfalto c'erano ancora segni di bruciatura. La prima manifestazione dei miei poteri. Ero proprio potente.
Dovevo reagire. Oliver mi aveva lasciata, ma non dovevo arrendermi. Dovevo aiutare lei, la mia metà. Non era tutto finito.
Mi sfilai il cappuccio scuotendo i capelli.
-Siamo pronti?- chiesi schiarendomi la voce. Lo facevo per lei e per me stessa. Avevo desiderato questa vita. Lo volevo così tanto e ora dovevo dimostrare che le mie non erano state solo parole. C'era la volontà.
Josh si voltò verso di me con sguardo sognante. -Ora ti riconosco.-
Inspirai. Probabilmente ero sembrata un automa in queste ore, ma questa era la mia rinascita.
-Non mi rivedrai più così- speravo fosse vero. Penelope mi sorrise.
-Partiamo allora- concluse facendo rombare il motore. Mi voltai indietro per gettare l'ultima occhiata probabilmente. I miei occhi notarono un piccolo movimento sotto il porticato di casa Strauss. Era..? Chiusi gli occhi, lo sentivo. I finestrini erano abbassati, un profumo a me familiare. Era il suo odore. Un'ondata mi invase il corpo, mi sentivo stritolata da una morsa, straziata. Gli occhi mi pungevano. Mi rivoltai e Penelope lasciò con la mano sinistra il volante fino a toccare la mia. Una lacrima scivolò sul mio viso marmoreo, lei aumentò la stretta. In un millesimo di secondo aveva lasciato il volante e mi ritrovai fra le sue braccia. Josh, che aveva inteso le sue azioni, aveva preso il suo posto al volante. Quando mi sarebbe passata? Se fosse mai accaduto. Era ancora presto, era questa la verità.
Avrei voluto dormire per evitare di pensare, ma io non ne avevo bisogno. Penelope non mi lasciò per tutto il tragitto. Era calato un silenzio irreale. Smisi di piangere quando non percepii più il suo odore. Dovevo chiedere scusa a Penelope. Le avevo distrutto lo stereo in una crisi di pianto. Non avevo ancora veramente appreso come "accendermi", non sapevo come attivarmi. 
-Siamo arrivati- ci informò Josh accostando la Nissan Micra lungo il limitare del bosco. Scesi dall'auto seguita da Penelope e mi guardai intorno. Era uno spettacolo della natura. Sentivo lo scrosciare dell'acqua, probabilmente c'era una cascata, l'odore di fresco dei pini e avevo sete. Guardai Penelope supplichevole. Lei rise sonoramente. -Vai piccola, divertiti-
Le stampai un bacio sulla guancia e corsi nel bosco con il vento che mi accarezzava il viso. Ero libera.

*

Tornai dai due vampiri solo quando la luna era ormai alta nel cielo trapuntato di stelle. Josh era seduto sull'erba del giardino appartenente alla piccola casa rustica di Penelope. Non ero a conoscenza di questa proprietà. La ragazza era davvero ricca di sorprese. Josh alzò il suo sguardo tenero su di me e mi sorrise. Allungò un braccio e io, un pò imbarazzata, strinsi la sua mano.
-Come ti senti?- mi chiese attirandomi al suo fianco. Mi passò il muscoloso e forte braccio sulle spalle accennando una piccola stretta, come per confortarmi.
Mi strinsi nelle spalle incapace di trovare delle parole che avrebbero riassunto il mio stato d'animo, le mie sensazioni. La verità era che, forse presuntuosamente, ero convinta che nessuno mai mi avrebbe lasciata. Non nel senso vero del termine, ma di essere realmente abbandonata. Era difficile e addirittura impossibile colmare il vuoto lasciato da una persona così importante. Ero una stupida, questa era la cruda realtà. In pochi mesi mi ero affezionata e concessa ad un ragazzo che, avendomi nascosto per un periodo la sua vera vita, non era proprio l'incarnazione della sincerità.
Nemmeno io.
Sfiorai con l'indice il bracciale che lui mi aveva regalato la sera del ballo. Il simbolo che ancora ci teneva uniti. Non riuscivo a toglierlo e a metterlo via. Era ancora così dentro me. Oliver era ancora un'impronta indelebile che non sarebbe mai andata via dal mio cuore.
-Ti ringrazio- risposi infine spiazzando completamente Josh. Sorpreso inclinò il viso verso di me. Mi ricordò un bambino che sperimentava cose nuove. -Continui ad essermi accanto nonostante sia stata io a trascinarti in questa storia. Potresti prendere Penelope con te e sparire, vivere la vostra lunga esistenza insieme e invece sei qui, a consolare una bambina in preda a delle crisi di pianto- sorrisi amara. Mi rendevo conto del mio pessimismo smisurato.
Lui sorrise e scosse il capo. -Non ti lascerei mai da sola ad affrontare tutto questo. Mai. Non lo faccio per Penelope, sia chiaro. Io la amo, mi ha reso un uomo migliore, un uomo pienamente cosciente del dolore inferto a degli innocenti prima del suo arrivo. Ma se c'è una cosa che l'uomo deve saper fare è migliorare. Non si smette mai. Nessuno deve pentirsi del suo luogo di provenienza, ma deve essere pronto a cambiare in seguito a delle circostante e perchè no, per un nuovo amore.-  
Le sue parole mi sorpresero molto. Non avevo mai considerato Josh in questo modo. Credevo fosse un vampiro sprovveduto e semplicemente in cerca di avventure e invece, mi ero sbagliata, ancora una volta.
-Non odiarlo- continuò, stringendomi a lui.
La voragine nel mio petto si riaprì. Io non odiavo Oliver, non avrei potuto, ma non capivo. Non avevo più certezze.
-Non lo odio- sussurrai giocando con un filo d'erba -ma mi ha illusa, non puoi negarlo. Io mi sono sentita tradita. Non sto dicendo che doveva proteggermi o venire meno ai suoi doveri, ma io non sono una minaccia eppure lui vuole..- non riuscivo a concludere la frase. Oliver alla fatidica domanda non aveva risposto, era questo che mi provocava rabbia e alimentava i miei dubbi.
Josh sospirò -Stai dicendo un mucchio di sciocchezze.-
Alzai lo sguardo verso di lui. Che significava?
Mi lasciò andare e rassettandosi i jeans neri e la camicia del medesimo colore mi disse: -Domani iniziamo ad allenarci Hale e niente scuse. Vediamo se hai tutto questo potenziale come credo. Dimostramelo.-
Inarcai un sopracciglio. Mi sentivo investita di grande responsabilità e non potevo deluderlo.
Anche se, il discorso "Oliver" continuava a scuotermi profondamente.

-All'alba- annuii convinta e decisamente pronta.

*Ringraziamenti:

*I_Want_to_Break_Free: Io non amo le tragedie, perchè se ne vedono già tante in giro, quindi preferisco solo suspance. Cosa ne dici di questo capitolo?

*Lordgenome: Ma che bella sorpresa ti ho fatto oggi :) Chissà a cosa stai pensando mm

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Sempre Più Vicino ***


Dopo un periodo di assenza, eccomi qui per voi. Inoltre, vorrei invitare i miei seguaci silenziosi a dirmi cosa ne pensano. Grazie, è importante per me.

Sempre Più Vicino

Le prime luci dell'alba mi spinsero a lasciare la mia camera per incontrarmi con Josh. Avevo trascorso la notte chiusa in me stessa senza neanche scambiare una parola con Penolope. Per quanto ne sapevo, poteva essere accaduto qualsiasi cosa senza che io me ne accorgessi. Trovai Josh al centro della piccola radura alle spalle della casa. Indossava un tuta mimetica che lo rendeva quasi un vero e proprio soldato. Mi scappò un risolino che fu momento di ilarità anche per il vampiro maestro.
-Buongiorno- dissi raggiungendolo e parandomi davanti a lui.
Lo sguardo di Josh si indurì e incrociando le braccia, mi sentì attraversare da un brivido non appena vidi i muscoli delle sue braccia tendersi sotto la T-shirt.
-Tu sei un Purosangue- iniziò guardandomi negli occhi -ti assicuro che è difficile per me usare questo tono autoritario nei tuoi confronti. La mia natura me lo vieta, ma non abbiamo abbastanza tempo per i convenevoli.-
Non avevo pensato a questo particolare. Mi chiedevo dove fosse Penelope e se provasse lo stesso disagio.
-La situazione è grave. Tu hai grandi potenzialità, ma non possiamo aspettare che i tuoi poteri prendano il sopravvento su di te. Devi essere pronta ad utilizzarmi al momento giusto. Domande?-
Mi dondolai da una gamba all'altra, poi incrociando le braccia, risposi: -I Purosangue, cioè noi abbiamo.. hanno le stesse potenzialità?-
-Generalmente potete fare esplodere, spostare ciò che volete e controllare le azioni altrui- spiegò con voce atona e distaccata.
-E' orribile- esclamai inorridita. Lui annuì. -Motivo per cui siete così rari. Le restanti due classi, i Semi-vampiri e i Nobili, più di 200 anni fa, si coalizzarono per estinguere totalmente la tua razza. Credo che, proprio in concomitanza di ciò, nacquero le associazioni quali "Il Consolato". Gli umani non sono più forti di noi, ma hanno trovato dei giusti modi per difendersi e noi li temiamo per questo.-
-Come puoi aiutarmi?-
Josh si avvicinò a me e toccandomi la fronte mi rispose: -E' tutto qui. La tua mente deve accettare ciò che ha sempre avuto dentro di sè, ma è una luce troppo esigua per risplendere e quindi essere visibile. Ora che il tuo corpo si è rafforzato in seguito alla trasformazione, puoi sforzarla. Io non sarò di molto aiuto, ma ho le giuste conoscenze per sanare tutti i tuoi dubbi. Ma questo sta a te. Vuoi che questa guerra includa innocenti?-
Scossi il capo chiudendo gli occhi.
-Bene, diamoci da fare- battè le mani costringendomi ad aprire gli occhi.
-Hai notato che per difendere Oliver hai usato il tuo primo potere?-
Annuii ancora una volta. Face era pronto a sparare e io avrei potuto perdere lui o qualcuno di loro e non potevo permetterlo. Mi ero sentita me stessa come mai lo ero stata da umana. Era questo che mi mancava.
-Sapresti ricreare quel momento?- chiese. Non c'era esigenza nella sua voce, ma un pò di incertezza.
-Potrei provare- risposi semplicemente. Non mi allettava molto l'idea di chiudere gli occhi e vedere Oliver.
-Devi riuscirci- Non accettava obiezioni.

Strinsi i punti e inclinai appena il busto in avanti. Mi immaginai nuovamente la scena. Venti persone che circondavano me e Oliver e un prontissimo Face che inveiva contro di lui.. Sentì nuovamente la sensazione di torpore partire dalla mia testa e scendere lungo la gola, giungere al petto. Aprii di scatto gli occhi infuocati e mi slanciai in avanti come per liberarmi da quell'ondata di Potere. Josh mi scrutava sulla difensiva. Aveva paura di me. Distolsi lo sguardo e lo indirizzai su un tronco e l'odio, che mi ribolliva dentro, lo sentì pulsare nelle vene. Ero un mostro. Una scintilla si materializzò davanti ai miei occhi e raggiunse, con una velocità imparagonabile, il tronco di pino a 10 metri più avanti. La fiamma si propagò lungo il tronco. Più spingevo con la mente e più aumentavano le fiamme. Non riuscivo a fermarmi. 
Josh cercava di avvicinarsi a me, ma il mio potere non lo permetteva. Stava urlando, ma non lo sentivo.
Il Potere mi stava consumando dall'interno, mi stava logorando. Avevo troppo odio dentro di me.
Persi l'equilibrio e caddi carponi sull'erba.
Quello che volevo era solo lui. Nient'altro.

Chiusi gli occhi e lasciai che la nebbia oltrepassasse il confine della mia mente. 

*Ringraziementi:

*Lordgenome: Spero che la mia sia una vera e propria sorpresa. Poi non dirmi che non ti voglio bene :*

*I_Want_to_break_Free: Mi scuso per l'abbandono, ma spero che questo capitolo ti piaccia. Grazie per tutto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** La Fuga ***


Buongiorno a tutti e buona domenica. Vi lascio alla lettura del capitolo.Ringrazio tutti coloro che mi seguono.

La Fuga

Mi rendevo conto di quanto fossi patetica, di quanto fossi stupida perchè in fondo ero solo una ragazzina. Cosa pretendevo di sapere della vita e dei sentimenti? Ora che il mio cuore si era fermato, avevo visto la mia vita sbriciolarsi davanti ai miei occhi, sgretolarsi. Avevo perso tutto..
Alzai gli occhi verso la finestra della mia provvisoria camera che non reggeva il confronto con l'originale e sentii Penelope arrivare.
O quasi..
La sentii indugiare sulla porta, ma infine l'aprì. Io davo le spalle all'entrata, ma non mi occorreva guardarla per scoprire le sue emozioni.
-Venice- pronunciò il mio nome e una scarica elettrica mi percorse la schiena. Da quanto non sentivo la sua voce con così tanta dolcezza?
-Ho saputo del tuo primo allenamento- rise, coinvolgendo anche me in un sorriso.
-Lo so che svenire non era ciò che desideravi- le andai incontro voltandomi verso di lei. Indossava un jeans nero e una camicia attillata dello stesso colore. I capelli ricci le circondavano il viso splendido e gli occhi verdi erano così pieni di vitalità.
-In effetti no, ma non conosco la vastità del Potere che hai dentro. E' doloroso?- mi chiese raggiungendomi sul letto.
Le strinsi la mano sinistra. -Un pò-
Mentivo. Il dolore era indescrivibile. Quando lo sentivo oltrepassare le barriere, era come se mille lame mi infilzassero all'unisono, ma speravo che con l'andare del tempo, mi sarei abituata anche a questo tipo di dolore.
Lei mi accarezzò la guancia protettiva e le sorrisi, l'abbracciai forte e sentii il suo disagio crescere. Non poteva più nascondermi niente, ci conoscevamo da una vita..o da un'esistenza.
-Che hai?- chiesi allontanandomi appena per guardarla negli occhi.
Penelope mi lanciò uno sguardo minaccioso che mi fece rabbrividire.
-L'hai fatto- sussurrò inclinando il viso.
-Fatto cosa?- Non capivo. Avevo sbagliato qualcosa?
-Hai usato il tuo potere- annuì convinta.
Inarcai un sopracciglio confusa. Non vedevo fiamme, nè esplosioni e non avevo controllato le sue azioni. Ne ero sicura.
-Manipoli le sensazioni, i sentimenti, riesci a sentirli..a vederli-
-Io.. Non ho fatto nulla. Era questo il potere supplementare che potevo avere?- chiesi sorpresa.
Penelope annuì.
-Non ho provato dolore, è stato automatico- Ero pronta, forse.
-Si, chiederò a Josh, ma probabilmente, essendo un potere innato e non acquisito ti risulta più facile da utilizzare. Dovevo aspettarmelo da te- ridacchiò soddisfatta.
La sua mi sembrava una risposta più che soddisfacente, ma non avevo dimenticato quel disagio crescente in lei.
-Non hai risposto alla mia domanda, però- calcai bene le parole. Non volevo essere costretta ad utilizzare i poteri su di lei, ma se fosse risultato necessario..
Lei abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con un buco della trapunta.
Il disagio aumentava.. Per favore Penelope, pensai affranta.
-Oliver è.. diverso- Le sue parole furono un flebile sussurro che probabilmente da umana non avrei afferrato.
-Come? Sta bene?- Che stava succedendo?
-Si, o almeno si direbbe, ma è così pieno di odio. Lavora con Face e sembra sempre sul punto di scoppiare. Ho paura che possa commettere qualche errore di cui poi si pentirà-
Ascoltai in silenzio.
-Dovresti parlarci-
Risi amara. -Ti ricordo che mi ha lasciata per il suo lavoro, non vedo perchè dovrei. Non sono niente per lui-
-Sei proprio ottusa. Ti ha lasciato andare, il che rende le cose diverse. Tu che avresti fatto? Sapevi sin dall'inizio che avresti dovuto scegliere e lui sapeva già su cosa eri orientata, ti ha solo semplificato il compito-
Quelle parole ebbero l'effetto di un'onda gelata su un corpo caldo.
Io ero una stupida. Io ero troppo accecata dal dolore dell'abbandono per rendermi conto di tutto ciò che c'era dietro. Ma in fondo cosa cambiava? Avrei scelto sempre Penelope. Io dovevo salvarla dai Cacciatori ora che lei aveva salvato me dalla morte. Oliver non mi poteva chiedere questo.. Non l'aveva fatto.
-Sta male senza di te. Sta odiando anche il suo lavoro. Eri tu la sua ancora di salvezza e ora che ti ha lasciato andare per il tuo destino, si sente solo. Ti ama proprio tanto, Hale-
Penelope mi baciò la fronte.
-Pensaci-
Detto questo mi lasciò sola in camera.
-Lo amo anche io- sussurrai.
Lacrime fredde caddero sulla trapunta bucherellata.

Dovevo raggiungerlo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=537524