Salto Nel Vuoto di Hollina (/viewuser.php?uid=51474)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Rosa ***
Capitolo 3: *** Stranezze ***
Capitolo 4: *** Luce Nel Buio ***
Capitolo 5: *** La Mia Luna ***
Capitolo 6: *** Un Nuovo Mondo ***
Capitolo 7: *** Gocce Di Pioggia ***
Capitolo 8: *** Le Due Metà ***
Capitolo 9: *** Un Sogno ? ***
Capitolo 10: *** Vicolo Cieco ***
Capitolo 11: *** Un Vampiro A Key ***
Capitolo 12: *** Il Primo Giorno ***
Capitolo 13: *** Un Pizzico Di Verità ***
Capitolo 14: *** Fiducia Infranta ***
Capitolo 15: *** Accettazione ***
Capitolo 16: *** Due Destini Intrecciati ***
Capitolo 17: *** L'Imminente Ballo ***
Capitolo 18: *** L'Ultimo Tassello ***
Capitolo 19: *** Un Giorno Diverso ***
Capitolo 20: *** Gelosia ***
Capitolo 21: *** La Fine E Un Inizio ***
Capitolo 22: *** Gioco Del Destino ***
Capitolo 23: *** La Verità Ferisce Sempre ***
Capitolo 24: *** Il Piano ***
Capitolo 25: *** Così Tanto ***
Capitolo 26: *** Sempre Più Vicino ***
Capitolo 27: *** La Fuga ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Si dice che l’unica certezza della vita sia la morte, ma prima del suo arrivo, chiunque ha vissuto. Ci si imbatte in sentimenti forti che ti offuscano la mente e
si impossessano del cuore, rendendoti felice, ma allo stesso tempo ti
feriscono, inevitabilmente ti straziano dentro.
Ma non era questo ciò che mi importava.
Senza, sarebbe stava una
vita vuota e priva di significato. Non bastava continuare a vivere
senza la voglia di amare. Ognuno di noi può farlo, ma molti
non si sentono pronti per questo: sono spaventati.
Ma io non avevo paura.
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Capitolo 2 *** La Rosa ***
Ho
deciso di inserire subito il primo capitolo per attirare la vostra
attenzione.
Ringrazio
Maruzza per essere stata la prima a recensire.
Siate
buoni con me, è la mia prima esperienza.
La
Rosa
Non
ero assolutamente felice di questo posto. Erano passati circa due anni
da
quando mi ero trasferita. All’epoca non mi opposi al
cambiamento, probabilmente
perché volevo che, per una volta, la mia famiglia ritrovasse
la felicità
perduta. Nella mia precedente città avevo lasciato tutti i
miei affetti, la
scuola e tanto altro, ed era stata dura ambientarmi nella piccola
cittadina di
Key, ma non era poi così male in fondo.
-Stai
di nuovo ripercorrendo il sentiero dei ricordi?-.
Una
voce calda e dolce mi ridestò dai miei pensieri. Era mia
madre, Elisabeth Cole
Hale. Mi aveva raggiunta su in terrazza, dove, in teoria, avrei dovuto
ammirare
le stelle cadenti nella famosa notte del 10 Agosto, San Lorenzo. Era
una
tradizione giunta fino a noi e in particolare alla mia famiglia.
Le
sorrisi sinceramente e annuì. Era una bellissima donna,
probabilmente la più
bella che avessi mai visto e nutrivo un profondo rispetto per lei.
Elegante e
raffinata in ogni circostanza. Mi guardava dall’alto dei suoi
175
centimetri. I
capelli ricadevano sulle sue spalle in piccoli boccoli più
chiari del suo
colore naturale castano e i suoi occhi, leggermente
più chiari,
trasmettevano una tenerezza che, ogni qual volta mi perdevo in quello
sguardo,
mi sentivo più sollevata.
-Venice-,
richiamò nuovamente la mia attenzione, -Ti ho portato del
tè-.
-Grazie
mamma-.
Lei
mi porse la tazza e io feci attenzione a non versare il contenuto sulla
mia
nuova camicetta, un suo regalo.
-Ancora
nessuna stella?-, mi chiese, scrutando il cielo.
Feci
lo stesso. -Nessuna, avevo un desiderio pronto per essere realizzato,
ma
non sono fortunata, direi-, giunsi alla conclusione più
ovvia.
Lei
mi si avvicinò cingendomi con le braccia e stampando un
bacio sulla mia guancia
sinistra.
-In
ogni caso non ne avresti bisogno-.
Sbuffai,
eccola che ricominciava con le adulazioni, doveva farsi perdonare di
aver
lavorato anche questa sera.
-Sei
tornata tardi-, notai, bevendo un po’ di tè.
Lei
sospirò, questo argomento era sempre stato tabù
per la famiglia Hale benché mia
madre fosse una semplice designer, era fin troppo fuori casa, come mio
padre
d’altronde. Avevo pensato persino che avesse
un’amante, ma non avevo mai
proferito parola a riguardo. Mi fidavo di lei e anche di mio padre.
Lei
non rispose, ma c’era d’aspettarselo.
Rientrò in casa lasciandomi sola.
Appoggiai
la tazza sul tavolino lavorato in paglia e mi sporsi dal terrazzo
concentrandomi sulla strada.
Una
signora cercava il suo gatto, che buffo, era così tutte le
sere; un bambino, il
mio vicino che forse si chiamava Joshua, non ricordavo, stava giocando
con le
macchinine nel porticato; infine un uomo stava bussando alla mia porta.
Restai
a guardare aspettando che il campanello suonasse, ma ciò non
avvenne. Mi sporsi
nuovamente, ma l’uomo era sparito. Chi era?
Lasciai
il terrazzo perplessa e raggiunsi mia madre in salotto. Era bianca in
viso e
reggeva un pacchetto nero e affusolato.
-Mamma?
Che hai?-, chiesi sfiorandole il viso con il dorso della mia mano.
-Non
ti senti bene?-.
Lei
scosse il capo continuando a fissare la scatola.
Io,
delicatamente, presi il pacchetto dalle sue mani.
Lo
aprì con decisione. Una rosa rossa con un solo petalo bianco
era ciò che
conteneva il pacco, ma mia madre alla sua sola vista
sussultò spaventata. Non
l’avevo mai vista in quello stato. Era una minaccia? Qualcuno
odiava mia madre?
Ma com’era possibile?! Lei non era in grado di sfiorare
nemmeno con una mosca,
figuriamoci.
Presi
la rosa, non aveva spine, ma solo allora notai un cartoncino nero.
“Strano
colore per una dedica”, pensai. Lo voltai per capire chi
fosse il mittente e mi
si raggelò il sangue.
-Quando
te ne accorgerai, sarà troppo tardi-.
Queste
parole erano scritte con inchiostro rosso. Guardai mia madre che si era
accasciata sul piccolo divanetto stile Ottocento e mi guardai intorno.
Provavo
un senso di familiarità in tutto questo. Avevo
già visto quella rosa. Ma dove?
E poi chi era quell’uomo?
-Mamma,
che significa?-.
Lei
mi guardò, gli occhi spalancati dal terrore.
-Non
chiedermi ciò che già sai!-, esclamò
alzandosi di scatto e strappandomi
la rosa dalle mani.
Attraversò
la stanza velocemente e mi lasciò sola, ancora una volta.
Aveva lasciato solo
il biglietto che rilessi più volte, ma senza capirne il
significato.
Che
già sapevo? Io non sapevo nulla. Non capivo di cosa parlasse.
Lo
piegai e lo infilai nella tasca posteriore dei miei jeans.
Avevo
imparato due cose da quando ricordavo.
La
prima: Mai parlare di lavoro.
La
seconda: Era inutile fingere.
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Capitolo 3 *** Stranezze ***
Capitolo 2
Sono tornata il prima possibile.
Con questo capitolo, la storia inizia a delinearsi e capirete quindi di cosa voglio parlare.
Spero vi piaccia.
Stranezze
Mio
padre non era tornato a casa quella notte ed ero certa che mia madre si fosse
rintanata nel suo studio ad aspettarlo per discutere dell’accaduto.
Io
feci lo stesso. La mia camera era il mio regno. Mia madre aveva sempre
disapprovato la scelta del colore rosso per le pareti, ma a me dava un senso di
protezione. L’arredamento era in legno, un po’ orientale mentre il letto a
baldacchino occupava gran parte della camera. Una grande finestra illuminava il
mio angolo lettura dove avevo richiesto due divanetti circondati da scaffali
per i miei innumerevoli libri. Le mie più grandi passioni erano leggere e allo
stesso tempo scrivere, ma non mi ero mai cimentata in questa nuova avventura.
Di fronte c’era uno specchio ovale accompagnato dall’ armadio traboccante di
vestiti.
Mi
guardai allo specchio. Non aveva dormito per tutta la notte, ma il mio viso
dimostrava l’esatto opposto.
Indossai
una T-shirt nera e un paio di jeans scuri seguiti da scarpette da ginnastica.
La poca luce che entrava dalla finestra metteva in risalto la mia pelle
olivastra e i miei occhi verdi; i capelli neri cadevano leggeri sulle mie
spalle. Mi aggiustai con un tocco la frangia che mi copriva la fronte e mi
studiai un po’ allo specchio.
-Sei
un disastro!-
Ghignai,
voltandomi verso la fonte della voce.
Una
ragazza di una bellezza quasi disumana mi stava sorridendo.
-Pe,
quando la smetterai di entrare dalla finestra come un gatto?- sbottai,
realmente indignata.
Lei,
con incredibile grazia, mi raggiunse e mi stampò un bacio sulla guancia.
-Su,
non prendertela. Se fai la brava bambina ti regalo le mie scarpe preferite- mi
promise, facendo dondolare i suoi lunghi capelli ricci. Non mi spiegavo come
riuscisse a donare loro tanta perfezione.
-Ci
credo! Hai una stanza solo per le tue converse!- esclamai allontanandomi
dallo specchio e sedendomi sul letto.
-Dimentichi
un piccolo dettaglio- mi ricordò, avvicinandosi.
-Si,
sei dannatamente punk, come faccio a non notarlo?- la canzonai, incrociando le
gambe sul letto e lasciandomi trascinare dai ricordi.
Penelope
Strauss era la mia migliore amica, l’unica che mi abbia mai capita. Ricordavo
ancora come se fosse ieri il primo giorno di scuola quando la incontrai.
Ero
tesa, non conoscevo nessuno e i ragazzi non facevano che punzecchiarmi per
avere un appuntamento, ma io non li degnavo di uno sguardo, ero semplicemente
il nuovo giocattolino. Penelope si fece largo tra la folla, mi prese per mano e
mi portò in classe.
-Sei
interessante- mi disse girandomi intorno, come per studiarmi.
Non avevo
mai capito se quello fosse stato un complimento o uno scherzo. Probabilmente la
seconda opzione perché notai subito la nostra somiglianza. Entrambe avevamo la
pelle chiara, i capelli neri e occhi verdi. Ma avevamo stile, atteggiamento e
carattere completamente differenti.
Da
allora non ci eravamo mai separate, nonostante i miei non l’amassero
quanto me. Assurdo!
-Ehi!-
mi richiamò, prendendo un cuscino e appoggiandosi al mio fianco.
Mi
voltai verso di lei - C’è qualcosa che non va- le dissi ed iniziai a
raccontarle della rosa, del biglietto, della strana reazione di mia madre e
dell’uomo misterioso.
Lei
non mi interruppe, ma sembrò molto interessata alla rosa e quasi ignorò il
messaggio che per me era davvero raccapricciante.
-La
voglio vedere- insistette, non l’avevo mai vista così decisa.
-Okay-
sbuffai scocciata. Cosa poteva avere di tanto interessante?
Feci
una corsa giù in salotto e vidi che la rosa era stata messa anche in vaso.
Incredibile..
La
presi e la portai di sopra. Appena entrai, Penelope scattò velocissima dal
letto e si irrigidì. Gli occhi sembravo aver preso una sfumatura rossastra, ma
forse era la luce.
-Che
hai?- chiesi avanzando con la rosa stretta fra le mani.
Lei
inspirò a fatica e raggiunse la finestra in un attimo.
-I
tuoi genitori non sono del tutto sinceri con te- sputò acida e sparì così come
era venuta.
Mi
accasciai sul pavimento nascondendo la testa fra le ginocchia.
Nessuno
mi diceva la verità, nemmeno lei. Perchè qualsiasi persona provava timore o
addirittura fuggiva da questa rosa?
Sfiorai
i suoi petali, erano lisci e vellutati. Era un semplice fiore.
Come
una zombie lasciai casa.
Camminai
lungo il vialetto che divideva le villette del quartiere. Penelope abitava due
isolati più in là, forse era tornata a casa.
La
cittadina di Key era coperta da nubi per circa otto mesi all’anno. Era
difficile riuscire ad intravedere il sole. Era Agosto, estate, eppure il sole
non c’era. Ma non mi dispiaceva. Non lo amavo molto né provavo simpatia per il
caldo. Tutt’altro.
Immersa
nei miei pensieri, giunsi al parco. Spesso ci andavo con Penelope quando
casa mia era davvero un inferno o andavamo a casa sua, essendo Penelope
un’autonoma: viveva da sola.
Imboccai
il viale alberato.
C’era
uno strano gioco di luci e ombre, il che rendeva il tutto molto suggestivo.
Alzai lo sguardo verso il cielo, s’intravedeva appena la luna. Uno strano
rumore di rami schiacciati giunse fino alle mie orecchie. Mi fermai di botto,
mi guardai intorno, ma non c’era nulla. Stavo diventando paranoica. Ripresi la
mia passeggiata quando avvertì una presenza alle mie spalle. Mi voltai di
scatto alzando i pugni per difendermi o meglio ci provavo, potevo sempre
urlare.
Un
ragazzo alto e davvero affascinante mi stava guardando incuriosito.
-Volevi
farmi del male?- chiese, incrociando le braccia. Notai i muscoli delle
sue braccia tendersi sotto la maglietta blu.
-Ehm..
Tu volevi farmi del male?- chiesi, abbassando la guardia e facendo un passo
indietro.
Lui
mi sorrise, era davvero bello -Veramente no, che ci fai qui a quest’ora? Una
ragazza come te dovrebbe stare a casa a guardare film strappalacrime-.
“Presuntuoso”,
pensai, “e anche prevenuto”.
-Una
ragazza come me? Scusa, non mi sembra di conoscerti, né tanto meno tu conosci
me, anzi direi che non sai nulla di me, quindi, risparmiati la paternale-
Lo guardai negli occhi. Erano castani.
Indugiai sul suo viso, sulla sua fronte ricadevano ciuffi color biondo cenere.
Il mio sguardo vagò sul resto del suo corpo. Era davvero un tipo originale e
affascinante. Doveva essere non molto più grande di me.
-Sono
affascinante, lo so- disse, riportandomi nel mondo reale.
Lo
guardai disgustata e sbuffando per la sua presunzione, feci dietro front pronta
per tornare a casa.
Lui
mi afferrò per il polso con talmente tanta forza da farmi scontrare contro il
suo petto.
Indietreggiai
indignata e anche imbarazzata.
-Scusa,
sono stato scortese-.
Mi porse la mano. -Mi chiamo Oliver, Oliver
James precisamente-.
Indugiai
un po’, poi accettai la sua mano. -Venice Hale-
Lui
mi sorrise, io cercai di fare lo stesso.
-Ti
accompagno a casa- disse, risoluto, indicandomi la strada.
-Grazie,
ma ci riesco da sola- conclusi, allontanami da lui e dandogli le spalle.
Sentivo
il suo sguardo bruciare su di me. Che tipo strano. Mi massaggiai il braccio.
Quando mi aveva tirato a sé, avevo sbattuto contro qualcosa di duro. Cosa
poteva portare sotto la maglietta? Un’arma? Era una poliziotto? Qualcosa mi
diceva che non l’avrei più rivisto. Mi voltai e lui era sparito. Davvero strano
quel James.
Ringrazio __^
_rosa_ : Spero di riuscire a risvegliare completamente la tua voglia di
leggere. Ti assicuro che è straordinario immergersi in un mondo
completamente differente dal tuo. Dimmi cosa ne pensi di questo.
Ladia:
Ho fatto il più in fretta che ho potuto. Incrocio le dita. Se
torni vuol dire che ho catturato la tua attenzione e ne sarei davvero
felice.
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Capitolo 4 *** Luce Nel Buio ***
Capitolo 3
Non mi aspettavo una massa di recensioni, ma qualcuna in più non avrebbe fatto male :D
Ecco il 3° capitolo. Buona lettura.
Luce Nel Buio
Essere
una Hale significava avere alle spalle un vasto albero genealogico e una
considerevole eredità. Ciò era chiaramente visibile dalla sontuosità della mia villa,
ma questa era tutta opera di mia madre; mio padre era più semplice, un po’ come
me.
La
villa era costituita da due piani e un giardino. Molte stanze erano
relativamente inutili e uno spreco di denaro tanto che io non ci avevo mai
messo piede. Oltre alla mia camera, nutrivo una particolare passione per la
nostra biblioteca. Era situata nell'ala destra del primo piano, era un luogo
molto tranquillo per studiare e spesso, quando mio padre aveva delle riunioni,
ospitava più di dieci persone.
Una settimana circa l'episodio della rosa, mi decisi a risolvere il mistero o
almeno tentare. All'inizio avevo deciso di lasciar perdere, ma quando anche
Penelope aveva reagito male alla sua sola vita, era chiaro che non si trattava
solo di una semplice rosa.
La biblioteca era la stanza più grande dell'intera villa, molto illuminata e
sempre tranquilla.
Era dipinta di blu. Ricordavo cosa aveva detto mio padre quando decidemmo di
comprare questa casa. C'era stata una lunga discussione su che colore
utilizzare per ridipingerla, ma lui fu irremovibile.
Aveva detto, -il blu induce alla calma e denota uno stato di soddisfatto
adattamento. Fissando a lungo questo colore si produce un effetto di quiete ed
armonia. Gli oggetti sembrano più piccoli e leggeri- .
Mi dispiaceva ammetterlo, ma in fondo il blu era un gran colore.
Tutte le pareti erano coperte da altissimi scaffali e al centro c'era un lungo
tavolo in legno.
Iniziai a guardare distrattamente i libri, in realtà non sapevo da dove
iniziare.
Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi accorsi della voce di mio
padre. Era al telefono e non mi aveva vista, infatti continuò a parlare: stava
indicando a qualcuno la strada di casa nostra. Lo ignorai e cercai di
raggiungerlo, ma nel momento in cui mossi il mio primo passo, inciampai nel
risvolto del tappeto. Persi l'equilibrio e mi aggrappai al primo scaffale che
avevo sotto mano. Tirai giù un paio di libri. Mio padre s'interruppe all'istante
e fu allora che mi vide. Mi guardò come se fossi una stupida, in effetti lo
ero, ma avevo detto a mia madre di smetterla di coprire il pavimento con i
tappeti. Mi accovacciai per sistemare i libri e fu allora che notai un
libricino in pelle con una rosa intagliata sulla copertina. Una strana
sensazione mi attanagliò lo stomaco quando vidi la differenza di un petalo
sull'intera rosa. Era la mia rosa.
Nascosi
il libricino sotto il risvolto del tappeto e raggiunsi mio padre che aveva
appena staccato la chiamata. Non sapevo immaginare con che faccia mi presentai
a mio padre, perchè lui mi guardò un po’ preoccupato.
-Che ci fai qui?-, mi chiese come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Nemmeno un -Ti sei fatta male?-
Ma avevo perso le speranze.
Mio
padre, Jack Hale, era un noto architetto. Aveva aperto un suo ufficio qui a Key
e si occupava anche del futuro di molti collaboratori e tirocinanti. Tutti lo
rispettavano o forse, tutti erano intimoriti dal suo modo di fare.
Era
più freddo di un iceberg da quando mio fratello Michael aveva lasciato questa
casa. Era trascorso ormai un anno senza che io avessi avuto una vera
conversazione con lui. Era un uomo sulla cinquantina, molto alto, capelli neri
un po’ brizzolati e grandi occhi verdi.
Tutto sommato era un bel uomo. Invidiavo la sua riservatezza, ma a volte
era davvero una mente impenetrabile.
-Dovevo fare una ricerca per la scuola, papà-, risposi sedendomi accanto a lui.
-Ad Agosto?-, mi chiese lui un po’ stranito.
Cavolo..
-Ehm,
compiti per le vacanze- conclusi, cercando di essere convincente.
Lui sembrò credere alla mia spiegazione. Calò il silenzio, era davvero
imbarazzante. Non potevo lasciare la biblioteca, non ora che avevo scoperto
qualcosa, o almeno speravo fosse così.
Mia madre entrò improvvisamente nella stanza portando un ragazzo con sé.
-Jack hai un ospite- disse, sorridendo. Sembrava essere tornata quella di
sempre.
Io rimasi impietrita. Tutto credevo, ma non di incontrare quel presuntuoso di
James in casa mia.
Mi
aggrappai alla sedia per farmi forza. Stranamente il mio cuore iniziò a battere
un po’ troppo forte come se avessi corso per un chilometro, ma era il
nervosismo, sicuramente.
In
realtà mentivo a me stessa.
-Oh Oliver, accomodati-, lo invitò mio padre. Aveva cambiato voce, era più
dolce. Alzai un sopracciglio, ero davvero sorpresa.
-Tu conosci mia figlia Venice?- chiese allungando un braccio per presentarmi.
Lui mi sorrise, in un modo da togliere il fiato, ma mi ripresi all'istante
quando finse di non avermi mai vista. Non so se mi sentivo più dispiaciuta o
indignata.
-Beh, allora è giusto che i giovani facciano amicizia, ti aspetto nel mio
studio Oliver- concluse, lasciando la stanza e chiudendo la porta alle sue
spalle.
-Davvero furbo- commentai, arpionando ancora di più la sedia.
Lui mi si avvicinò e mi prese le mani, gesto che mi sorprese.
-Avvertivo
il tuo nervosismo dal momento in cui sono entrato, ti ho salvato la vita,
ammettilo-.
Io
non riuscivo a fare un passo.
-Dovresti
ringraziarmi- aggiunse con voce suadente.
-Uhmp, non ero in pericolo di vita, se non erro- risposi prontamente,
liberandomi le mani. In realtà non volevo farlo.
-Ma, che ci fai qui?- chiesi improvvisamente, incrociando le braccia.
-Assistente del signor Hale-. Fu la risposta.
Iniziò
a guardarsi intorno. -Vi trattate bene qui- disse estraendo un libro a caso
dallo scaffale più vicino, "e non vi manca nulla", concluse.
Io lo raggiunsi appoggiandomi allo scaffale. - E' bello sapere che gli estranei
la pensino così, ma in realtà ci manca molto, mi manca molto-.
Lui mi guardò come se avessi detto la più grande assurdità del mondo, poi la
sua espressione mutò e fu allora che capì che non era poi così un tipo
superficiale. I suoi lineamenti divennero più dolci e i suoi occhi più sinceri.
Mi sfiorò i capelli con le dita e mi superò velocemente lasciando il libro fra
le mie mani. Era già davanti alla porta quando mi disse, -non ti libererai di
me, Venice- e uscì dalla biblioteca.
Mi
voltai sorpresa, il mio cuore batteva ancora troppo forte. Mi toccai i capelli.
Non avevo ancora realizzato cosa mi stesse accadendo.
Quando
riacquistai lucidità, corsi nel punto esatto dove avevo nascosto il libro. Mi
accovacciai dietro lo scaffale e sfiorai la copertina con i polpastrelli. Lo
aprì, non sapevo cosa aspettarmi, ma era giunto il momento di scoprire la
verità.
La prima pagina aveva un'intestazione di un'Associazione denominata “Il
Consolato”. Ignorando il suo significato, voltai pagina. Mi si fermò il cuore
per la sorpresa. Era la calligrafia di mio padre e si trattava quindi di un
diario. Risaliva a due anni prima e il diario iniziava esattamente dal primo
giorno trascorso qui a Key. Iniziai a leggere pezzi sconnessi e mi resi conto
che non si trattava pressoché di un diario, ma di rapporti circa un suo
progetto. Ma non aveva nulla a che fare con la professione di architetto.
Saltai la parte centrale e scelsi l’ultima pagina. Parlava di un successore e
c’era il nome di mio fratello: Michael Hale. Ciò che mi sorprese non fu tanto
il suo nome, ma la riga rossa tracciata su di esso. Era stato cancellato.
Ma
non era tutto, c’era un appunto.
-Papà, quando leggerai questo, io avrò già lasciato casa. E’ impensabile ciò
che tu hai fatto in tutti questi anni. Mi hai tenuto nascosto la tua vera
identità e mi chiedo come possa fare la mamma, una persona così dolce, a fare
lo stesso. Non ho nessuna intenzione di seguire le tue orme e spero che Venice
si dimostri intelligente anche in questa situazione. Smettila di fantasticare,
io voglio vivere-
Rilessi più volte quelle parole, ma ciò non faceva che confondermi le idee.
Cosa c’entrava la rosa? E il Consolato cos’era? E mio fratello, di quale
fantasie parlava? Era per questo che era andato via e mio padre lo odiava così
tanto? Ma soprattutto, di quali attività parlava?
Mi sentivo la testa esplodere.
Voltai pagina e mi alzai di scatto quando lessi anche il mio nome, proprio come
quello di Michael, ma anche il mio era stato cancellato.
In
realtà, era stato bruciato.
Solo una persona poteva aiutarmi a capire e non era mia madre.
Ringrazio moltissimo maruzza per essere ancora qui :P
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Capitolo 5 *** La Mia Luna ***
Non
ho ricevuto nessuna recensione e non so cosa aspettarmi ora.
Ma,
va bene.
Ecco
il quarto capitolo.
La Mia Luna
-Entra
piccola-.
Solo lei poteva liberarmi da queste catene di bugie.
Ero
sicura di non aver fatto nessun rumore per farmi sentire da lei, eppure
lei già
sapeva.
-Accidenti, sei una veggente?- chiesi, un po’ sconcertata.
Penelope
era sempre stata diversa agli occhi degli altri e probabilmente ora lo
pensavo
anche io.
Lei sbuffò sonoramente e mi fece accomodare nella sua camera.
Lo stile della mia migliore amica punk era davvero unico nel suo
genere. Avevamo
dipinto insieme le pareti di viola e lei non aveva voluto sentire
ragioni sul
colore di tutto il resto dell’arredamento, il nero. Diceva
che era lo specchio
della sua anima contorta e impenetrabile.
Io, allora, non ci avevo creduto, ma forse mi sbagliavo.
-Ti devo parlare.. di una questione urgente, Pe-, le confessai,
raccogliendo un
cuscino e giocandoci un po’, per alleviare la tensione.
Lei non sembrò sorpresa, anzi, dalla sua espressione seria,
sembrava quasi che
mi stesse aspettando.
-Ce ne hai messo di tempo, eh?-, commentò.
-Mi chiedevo quanto avrei
dovuto aspettare
perché tu collegassi i tuoi genitori a me-.
Io la guardai raggiungere l’armadio e prendere un piccolo
pacchetto.
-Questo l’ho rubato a casa tua-, sorrise alla mia espressione
sconcertata , -è
un anello, ma non un semplice anello. Guarda tu stessa-.
Me lo lanciò e per un istante pensai di non riuscire a
prenderlo, ma il suo
lancio fu perfetto come tutto ciò che faceva.
Me lo rigirai fra le mani e, sotto sue esortazioni, lo aprì.
Era un anello
d’oro, molto pesante a vedersi e su di esso c’era
inciso una rosa. Alzai lo
sguardo su Penelope che stava giocando con i suoi capelli annoiata.
-Ah, scusa se non sono un genio come te- sbottai, infastidita.
-E’ di tuo padre- mi informò.
Anche io ne ero sicura dopotutto era un modello prettamente maschile.
Ma la
domanda era..
-L’ho rubato per avere una prova in più a
confermare la mia tesi, Venice-.
Incredibile. Lei aveva una tesi e io un rosa, un anello e un diario.
Non riuscì ad aprire bocca che lei continuò.
-Cosa credevi, che tuo padre fosse un architetto e tua madre una
designer?-.
Domanda retorica senza alcun
dubbio.
-Lo
sono, è vero, ma nel tempo libero e davanti agli occhi di
tutti, anche ai tuoi.
Avrai sentito parlare del Consolato?-.
Io annuì, ma non sapevo di cosa si occupasse, né
tanto meno cosa c’entrassero i
miei genitori.
Penelope sembrò aver capito, ormai ero un libro aperto per
lei. Iniziò a
camminare per la stanza e riprese.
-Il
Consolato è un’organizzazione segreta che si
occupa di tutto ciò che non è normale-.
Sottolineò
bene, con la voce, questa parola.
Ricordai ciò che mio fratello aveva scritto e sentii sempre
più di essere sulla
strada giusta.
La esortai a continuare, -va avanti-.
-Questa organizzazione esiste da moltissimi anni e con le loro
operazioni
segrete hanno distrutto e continuano a distruggere altre razze che
potrebbero
minacciare la pace degli esseri umani-.
La
sua voce s’indurì e lo stesso dicasi della sua
espressione.
-Gli esseri umani ritengono di essere l’unica razza perfetta
di questo mondo,
ma in realtà sono i primi a commettere errori spaventosi.
Basta accendere la tv
per rendersi conto di quanto odio ci sia fra loro. Omicidi, suicidi,
vendette,
rapimenti.. Non sono tutti fratelli? Non condividono lo stesso sangue?
Lo stesso
mondo? Gli stessi sentimenti? Eppure si feriscono l’uno con
l’altro-.
Mi guardò. Aveva ragione. Mi resi conto che in qualche modo
si dissociava da
noi, come se non fosse..
-Qualsiasi individuo nasconde in sé due lati, ha due facce,
una buona e una
cattiva. Gli umani, invece, ritengono di averne una sola, quella buona,
ma non
è vero-.
Scoppiò
a ridere, ma non di gioia come ero abituata a sentirla, sembrava
contenere un
enorme odio e risentimento dentro di sè.
-E tuo padre lavora per loro-, mi disse.
Io non riuscivo a credere a tutto questo. Ero un’appassionata
di libri, avevo
letto tante storie di esseri fantastici e a dirla tutta mi
affascinavano, ma
anche ammettere la loro esistenza, era troppo.
-E io dovrei credere...-. La mia voce si spezzò. Le mie mani
tremavano.
Lei mi si avvicinò e mi strinse a lei. Per alcuni minuti
restammo così. Il suo
corpo mi dava conforto, ma quando riprese a parlare, mi
sentì nuovamente sola.
-Il primo giorno di scuola, quando tu sei arrivata qui, io ti
aspettavo-.
La guardai confusa. -Come?-,
chiesi.
-Ti avevo sentita, eri interessante per me, avevi un buon odore-.
Quelle parole mi spaventarono, mi alzai di scatto e gettai il cuscino
sul
pavimento.
-Ma cosa stai dicendo?!- urlai, presa dal panico.
Lei, del tutto normale, non si fece impressionare dalla mia reazione,
ma
continuò.
-Sentivo le pulsazioni del tuo sangue, lo sentivo scorrere nelle tue
vene e mi
piaceva-.
Sentì il mio cuore accelerare.
-Proprio come adesso- continuò.
Io indietreggiai spaventata, la mia migliore amica era un.. ma non
esistevano.
Mi stava prendendo in giro, come suo solito.
-Tu non sei diversa da me e allora già lo sapevo. Hai un
destino ben diverso e
anche i tuoi genitori ne sono, ormai, convinti-.
Mi
avvicinai d’impeto a lei.
-Cosa sanno?-, strillai.
-Che sei diversa e che non potrai mai seguire le loro orme. Te ne
renderai
conto, Venice-.
Respiravo male e in fretta, ma riuscì a fare la domanda
che tanto premeva
per uscire dalla mie labbra.
-Cosa sei?-.
Lei mi sfiorò i capelli e dopo una manciata di secondi, con
un sorriso leggero
dipinto sulle sue labbra, mi disse -non un essere umano-. Ripensai alle
sue
parole. Ed ecco..
La mia migliore amica era un vampiro. Un vampiro.
Per qualche strana ragione, il mio cuore ritornò a battere
come se nulla mi
preoccupasse.
La guardai negli occhi, erano gli stessi di sempre.
Sapevo che per me poteva essere pericoloso, ma non riuscivo ad
allontanarmi da
lei.
Mi sentivo un pezzetto di ferro attratto dalla sua calamita.
-Mi fido di te- le dissi, alla fine. Non stavo commettendo un errore,
sentivo di
doverla proteggere.
-I miei genitori ti danno la caccia?- chiesi, prendendole la mano.
-Oh, si- confermò, -ma io sono più veloce-.
E saltò dalla finestra per mostrarmelo.
-Allora non era un gatto- sussurrai, abbassando lo sguardo.
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Capitolo 6 *** Un Nuovo Mondo ***
Rieccomi con un nuovo
capitolo.
Ringrazio maruzza per il
sostegno :D
Speriamo
che ciò che hai detto sia vero :P
Un Nuovo Mondo
Quella
notte dormì stretta al braccio di Penelope. Avevamo parlato
tutta la notte e Pe
aveva risposto a tutte le domande sui vampiri che le rivolgevo.
Scoprì
che la maggior parte delle cose che sapevo tramite libri, film e
telefilm, non
coincidevano con la sua natura.
Prima di tutto, lei non si nutriva di sangue umano, il che non mi
sorprese.
E’ sbagliato pensare di conoscere fino in fondo una persona
anche se si
trascorre il maggior tempo del giorno con essa e a volte, anche quando
si parla
di fiducia, è in realtà un bisogno di vivere con
qualcuno, qualcuno che ti dia
sostegno in ogni circostanza.
Penelope mi rivelò che anche nel suo mondo esisteva una
gerarchia di sangue.
Ai
piedi c’erano i Semi-vampiri,
definiti così perché la trasformazione
di un essere umano in vampiro non
avveniva soltanto con il famoso gesto del morso, quello non era che
l’inizio.
Al
centro della piramide erano collocati i Nobili,
vampiri nati in famiglie di vampiri. Non sapevo in che modo
ciò potesse
accadere, poiché una parte di me considerava i vampiri un
po’ come corpi morti,
ma appresi che la procreazione era l’unico punto che ci
rendeva uguali.
Ed
infine, al vertice della piramide si trovavano i Purosangue.
I vampiri appartenenti a questa casta erano considerati
delle vere e proprie divinità. Se un vampiro si trovava nei
pressi di un
Purosangue, gli era vietato cacciare e ubbidiva a tutto ciò
che il Purosangue
ordinava.
Penelope
mi narrò alcune leggende legate ai Purosangue e rimasi
affascinata dai poteri
che si credeva avessero. Non si poteva nulla contro un Purosangue e se
qualcuno
di lui veniva ucciso, ci sarebbero state conseguenze gravi per chiunque
fosse
collegato in qualche modo alla sua morte.
-Tu ne hai mai incontrato uno?- le chiesi, guardando il soffitto della
sua
stanza.
Benché
fosse ormai mattina, noi eravamo ancora stese sul letto. I miei
genitori non si
erano nemmeno accorti della mia assenza o forse sapevano dove mi
trovassi, ma
se ciò che Penelope mi aveva raccontato era vero, non
dovevano essere poi così
tranquilli sapendo che la loro unica figlia era in compagnia di un
vampiro.
-Si-, rispose.
–E’stata
una delle sensazioni più belle che
avessi mai provato. Ti senti come se il tuo cuore, la tua anima
appartenesse
non altro che a lui-, mi spiegò.
Ne
sembrava davvero fiera.
Immaginai un Purosangue. La caratteristica principale dei vampiri era
la loro
straordinaria perfezione dei movimenti, del corpo e dei gesti.
Perfezione pura.
Erano agili, forti, possedevano sensi più sviluppati degli
umani ed erano immortali.
-Come sei diventata un vampiro?-, le chiesi alzandomi appena per
guardarla in
viso.
Lei ricambiò il mio sguardo e sospirò. -Per me fu
terribile-. Chiuse gli occhi,
il ricordo doveva essere ancora doloroso. -Sono stata trasformata 10
anni fa,
sono ancora una bambina, quindi-, sorrise appena,. Era assurdo pensare
che
Penelope lo fosse.
-Stavo tornando a casa dai miei, era molto tardi, ero stata ad una
festa e mi
sentivo anche un po’ brilla, ma lasciamo perdere-,
sventolò una mano.
-Sentii qualcuno alle mie
spalle quando era,
ormai, troppo tardi. Non mi ricordo il suo viso, ma dopo avermi
attaccata alle
spalle, sentì qualcosa
squarciarmi la
gola-, s’interruppe e mi guardò, mi prese una
mano: mi stavo agitando. Cercavo
di immaginare la scena, ma mi resi conto che era impossibile.
Riprese a parlare. -Mi lasciò a terra agonizzante, vedevo il
sangue inzupparmi
i vestiti, mi sentivo sul punto di svenire se non morire-.
-Forse,
sarebbe stato meglio-, concluse con voce atona.
-Ma non ti sei trasformata subito- la distrassi.
-Esatto. Se mi avesse lasciata così, sarei morta
dissanguata, ma quel vampiro
mi volle rendere una sua consanguinea e si procurò un
taglio. Tutto quel sangue
mi annebbiò la vista, ero una ragazza molto delicata e il
sangue mi faceva uno
strano effetto-. Fece una pausa.
Le lasciai un po’ di tempo e poi spinta dalla mia
curiosità, -e cosa è successo
poi?-.
Lei si sfiorò la gola. -Aveva un taglio profondo sul braccio
e il suo sangue
colava a vista d’occhio, me lo portò alla bocca e
me lo fece.. bere-.
La guardai inorridita. -Funziona così? Uno scambio di
sangue?-.
Lei annuì. - E’ l’unico modo per
trasformarsi. Il suo sangue era più forte
mescolato con quello di un umano e avrebbe aiutato a rimettermi in
forze e a
nascondere la mia ferita. Noi vampiri guariamo in fretta-. Altra cosa da tenera a mente.
-E allora perché non ti nutri di sangue umano?-.
Se era necessario un scambio
di sangue,
significava che la persona morsa non si trasformava o almeno
c’erano
possibilità che ciò non accadesse, ma molto
remote.
Lei saltò giù dal letto e si avvicinò
alla finestra.
-Venice, è un gesto orribile anche per un mostro come me. Il
dolore è
lancinante, ti senti dilaniata, il sangue ribollire nelle vene, senti
delle
scariche elettriche attraversarti il corpo e la testa esplodere. Non
è proprio
andare come sulle montagne russe, sai?-.
Che sciocca.
-Scusa, domanda idiota-, borbottai.
Lei scosse il capo e mi sorrise come sempre, -non preoccuparti di me,
ma del
tipo che si nasconde dietro l’albero e che ti aspetta-.
Spalancai la bocca.
-Chi?-, pensai a mio padre.
Penelope era in
pericolo.
Mi mossi velocemente, dovevo nasconderla.
Lei mi guardò scettica.
-Ti
senti male? Non hai nemmeno fatto colazione, è impossibile-
mi prese in giro.
-No!-, esclamai.
-Ti faranno del male, scappa!-.
Lei mi abbracciò, ma cosa faceva? Doveva andare via!
-Sei proprio una sciocca. Non è qui per me, ma per te-, mi
spiegò
accarezzandomi i capelli, -e ti ringrazio, ma sono grande abbastanza
per
proteggermi da sola-.
Grande? Ovviamente!
-E
allora chi è?- chiesi più a me stessa che a lei,
sporgendomi poi alla finestra.
Lei mi raggiunse.
-Dice di chiamarsi Oliver.-.
Sgranai gli occhi.
–Dice?E
come lo sai?-.
-Mi sottovaluti, piccola-, scherzò, -ho un udito molto
raffinato-.
Guardai ancora fuori, era davvero appostato dietro
quell’albero.
Ma
cosa voleva da me? E perché proprio me?
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Capitolo 7 *** Gocce Di Pioggia ***
Oddio!
Ho creato una confusione enorme XD
Il
capitolo "Le due metà" segue questo. O__O
Quindi
ora dovrebbe essere tutto un pò più chiaro xD
Perdonatemi.
Gocce Di
Pioggia
Ero
indecisa. Non sapevo se andare da lui o fare finta di nulla.
Provavo
una punta di fastidio se pensavo che un estraneo mi avesse seguita, ma
allo
stesso tempo ciò mi rendeva felice, significava che lui mi
cercava.
Lasciai
Penelope che mi studiava con un’espressione
“so-tutto-io” ed era davvero
insopportabile. Stava sicuramente ridendo alle mie spalle.
Io,
con l’amore, avevo un rapporto conflittuale e lei lo sapeva
più di chiunque
altro. Non ero mai stata felice, né avevo tentato di
esserlo. Mi preoccupavo
troppo, non mi lasciavo andare abbastanza e quindi tanto valeva
metterci un
enorme pietra sopra.
Prima di uscire di casa, mi guardai allo specchio
dell’ingresso. Indossavo
ancora i vestiti del giorno precedente: T-shirt bianca con
“Super heroes”
scritta al centro, un jeans chiaro e le scarpette da ginnastica
bianche. Il mio
trucco era ormai scomparso, eccetto il filo di matita nera che
risaltava i miei
grandi occhi verdi e i capelli erano un po’ spettinati. Me li
lisciai più che
potei ottenendo un risultato quasi accettabile.
-Che schifo- bisbigliai prima di chiudermi la porta alle spalle.
Doveva essere mezzogiorno o giù di lì, lo capivo
dal mio stomaco che
brontolava.
Il
sole era nascosto fra una miriade di nubi che a loro volta stavano
assumendo un
colore grigiastro.
Svoltai l’angolo cercando Oliver con lo sguardo e quando lo
vidi, sentì il cuore
iniziare a galoppare frenetico nel mio petto. Mi sentivo già
nervosa e non ci
avevo ancora scambiato una parola.
Mi
appiattì la frangia per nascondere il mio viso. Se avessi
avuto uno specchio,
mi sarei sicuramente accorta del piccolo rossore apparso sulle mie
guance.
Alzai
lo sguardo verso di lui: finalmente si era accorto della mia presenza.
Era
davvero da togliere il fiato. Indossava una semplice camicia blu e un
jeans
dello stesso colore. Era semplice, ma dannatamente bello.
Mi fermai a pochi passi da lui alzando il mento e incrociando le
braccia: stavo
aspettando una spiegazione.
-Buongiorno anche a te, Venice- disse ironicamente infilandosi le mani
in tasca,
come un grande sbruffone.
-Si, si- tagliai corto. -Perché mi hai seguita?-chiesi,
nascondendo le mie
reali sensazioni.
A volte mi stupivo del mio stesso autocontrollo.
Lui, scalciando un sasso, mi sorrise beffardo. -Che modestia, piccola-.
Alzai un sopracciglio pronta a ribattere, ma lui mi zittì.
-Tuo padre, era
preoccupato-.
Scrollai le spalle. -Che novità- risposi sarcasticamente.
Non
ci credevo minimamente, anzi ora capivo, aveva paura che esponessi il
mio collo
pronta a farmi mordere da un vampiro?
-Lo ero anche io- sussurrò Oliver guardandomi negli occhi.
-Ieri sembravi
sconvolta quando sei corsa via e non sei più rientrata-.
Queste parole mi sorpresero non poco. Il mio cervello era andato in
tilt e mi
sudavano le mani. Allontanai le mie braccia dal corpo e le lasciai
cadere lungo
i miei fianchi.
Lo oltrepassai dirigendomi ai piedi dell’albero che Oliver
aveva usato come
copertura.
Mi
lasciai cadere appoggiando la schiena ad esso. L’erba era
umida.
-Io.. Io non potevo restare in quella casa- sbottai passandomi una mano
sul
viso. -Come ti sentiresti se qualcuno per diciassette anni non avesse
fatto
altro che mentirti? Nasconderti la sua vita e mentire sulla tua? Non ce
la
faccio Oliver-.
Non sapevo perché stavo sfogando le mie frustrazioni su di
lui, non era che un
estraneo per me.
La verità era che, oltre Penelope, non c’era
nessun altro di cui potessi
fidarmi. E per Oliver provavo un turbine di sentimenti che mi rendevano
imprevedibile persino ai miei stessi occhi.
Lui mi si affiancò e allontanò la mia mano dal
viso stringendola nella sua.
Guardai l’intreccio delle nostre mani senza trovare una
definizione di cosa
fossimo. Cosa eravamo?
-Anche mio padre mi ha mentito a lungo sulla sua vita, ma sai, a volte
le loro
bugie non sono altro che un modo sbagliato di proteggerci. Ai loro
occhi, noi
saremo per sempre i loro bambini e bambine- mi guardò per
poi riprendere. -E
sono sicuro che Jack stia facendo lo stesso con te. Tu sei una parte di
lui,
come lui è una parte di te- concluse, lasciando la mia mano
e portando una
ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio.
Era troppo vicino. Sentivo il suo respiro lento sulla mia pelle e non
riuscendo
a guardarlo negli occhi, notai per la prima volta il suo piccolo
tatuaggio sul
collo. Era una piccola croce avvolta da un ramo spinoso.
Istintivamente allungai la mano per toccarlo, sfiorai la sue pelle
calda, ma la
ritrassi all’istante.
-Ops, scusa- arrossì violentemente, ma lui mi sorrise come
non mai. Il suo viso
era spaventosamente bello.
-Ti piace, vero?- mi chiese. Era forse un suo tentativo per mettermi a
mio
agio.
Io annuì e rivolsi lo sguardo lungo la strada. Le macchine
sfrecciavano veloci
ed ero pronta a giurare che Penelope ci stesse spiando. Sorrisi al
pensiero, ma
Oliver non se ne accorse. Ne ero contenta, avrei dovuto spiegare
dettagli
troppo imbarazzanti.
Il cielo intanto si era completamente oscurato. Restammo in silenzio
per alcuni
secondi, poi Oliver si alzò e mi offrì la mano
per aiutarmi a fare lo stesso.
L’accettai e la strinsi forte. Sospirai e mi rassettai i
vestiti per liberarli
dalle foglie. Mi voltai a guardarlo e mi scappò un risolino.
Lui mi guardò confuso - cosa c’è?-.
-Hai qualcosa nei capelli!- esclamai, continuando a ridere.
Lui
se li spazzolò con le mani e mi chiese conferma sul loro
stato attuale.
Storsi il naso e mi alzai sulle punte per aiutarlo. Era una
semplicissima
foglia.
-Ecco fatto- annunciai, mostrandogliela. Lui mi bisbigliò un
imbarazzato –grazie-.
Eravamo ancora una volta troppo vicini. Non seppi esattamente come le
sue mani
erano finite sul mio viso, mi sentivo in trappola. Mi tremavano appena
le
gambe, un movimento impercettibile ai suoi occhi. Tutto il resto del
mio corpo
era però immobile. Una vocina nella mia testa mi
suggerì di ricambiare il suo gesto.
Affondai le mani nei risvolti della sua camicia. Potevo avvertire il
suo
respiro, il suo petto abbassarsi e sollevarsi ritmicamente, potevo..
Mi stava baciando?
Il segnale al mio cervello era giunto troppo tardi. Io non..
cioè da quanto ci
conoscevamo? Tre giorni? Forse quattro. E mi stava baciando, anzi, ci
stavamo
baciando.
Cosa sapevo di Lui? Il cognome? Che lavorava con mio padre?
Oh al diavolo..
Mi decisi, le sue labbra erano ad un millimetro dalle mie. Chiusi gli
occhi..
Grosse gocce di pioggia caddero su i nostri volti. Ci ritraemmo
entrambi nello
stesso istante ridendo.
La pioggia cadeva fitta inzuppandoci i vestiti. Lui mi
afferrò per i fianchi
trascinandomi sotto il nostro albero.
-Ti si arrufferanno i capelli- mi prese in giro giocando con la mia
frangia.
-Oh sopravvivrò- risposi perdendomi nei suoi immensi occhi
castani.
Ero contenta che mi avesse seguito.
|
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Capitolo 8 *** Le Due Metà ***
Buonaseraaaa =)
Sono tornata con un altro capitolo.
Spero di aggiornare prima di martedì perchè sono
prossima alla partenza. Me ne vado al mare con una mia amica e family.
Ma
non vi voglio annoiare. Ecco a voi.
Le Due Metà
Aveva
piovuto per un’ora abbondante, ma per me sembrò
semplicemente un attimo. Stare
in compagnia di Oliver fu indescrivibilmente piacevole. I nostri corpi
erano,
in qualche modo, sempre in contatto; non mi lasciava mai, la sua mano
cercava sempre
la mia.
Appresi
che era un patito dei miei capelli e mi resi conto di quanto gli fossi
schiava,
di quanto gli permettessi. Un esempio era proprio questo: non
permettevo a
nessuno di toccarli, ma con lui non riuscivo a dire
“no”.
Questo
aspetto di me mi spaventava un po’. Io ero quel tipo di
ragazza che si
dibatteva per l’autonomia e il rispetto delle donne, il
libero arbitrio, ma
quando qualcuno era così importante per me, tutti i sensi si
offuscavano e
perdevo così la mia solita lucidità. Ma era
sbagliato abbandonarsi a
qualcuno? Era sbagliato dipendere da qualcuno? Era
sbagliato sentirsi
così attratti da qualcuno? Non conoscevo le risposte a
queste mie domande, ma
alla fine decisi di preoccuparmene quando l’occasione si
fosse presentata e
speravo non tanto presto.
L’aria era umida, le
strade bagnate e i miei
capelli decisamente orribili.
Oliver,
invece, era sempre perfetto: lo invidiavo.
Mi
prese per mano e mi baciò la fronte, io sorrisi e risposi
alla sua stretta. Lasciammo
il nostro rifugio camminando lentamente lungo il marciapiede. Mi voltai
verso
quello che sarebbe stato il nostro primo ed unico luogo; un luogo in
cui,
Oliver James mi aveva lasciato entrare nel suo mondo e io nel mio. Lui
mi
strinse al suo fianco passandomi un braccio dietro la schiena.
- L’albero
starà bene - ridacchiò. Aveva la
capacità di rovinare qualsiasi momento
romantico.
-Hai
un tempismo spaventoso!- sbottai, assestandogli una gomitata che
rimbalzò
contro i suoi addominali.
Storsi
il naso. -Hai rovinato il flusso dei miei ricordi legati a
quell’albero-
continuai indignata. Lui mi accarezzò la testa, mi faceva
sentire una bambina.
-Non
hai motivo di ricordare se ora mi hai al tuo fianco- mi disse
dolcemente,
avvicinando nuovamente il suo viso al mio. Le sue labbra erano fredde a
causa
dell’umidità e la mia barriera cadde miseramente.
Dentro di me cresceva sempre
una sensazione di pace quando lui mi sfiorava, il mio cervello era
ancora in
tilt come se la sua vicinanza creasse un intermittenza con esso. Ad uno
dei due
non potevo resistere ed era chiaro a chi.
Sorrisi
contro le sue labbra. -Hai ragione, ora ti ho qui- ripetei, come se
avessi
paura di svegliarmi nel letto di Penelope e scoprire che si era
trattato solo
di un sogno.
Passeggiammo
mano nella mano lungo tutta la strada. Avevamo superato già
il primo isolato
che mi allontanava da Penelope e mi avvicinava alla mia casa. Casa..
Potevo
definirla ancora tale?
-E
così lavori per il mio vecchio- scherzai, sventolando una
mano. -Davvero vuoi
fare l’architetto?-. Volevo sapere, volevo tentare di
conoscere tutto di lui.
-Mi
piace progettare- annuì convinto, ma evitando il mio
sguardo. Un po’ mi
sorprese perchè io non riuscivo a smettere di guardarlo, ma
evidentemente lui
era più equilibrato.
Lui
mi strinse la mano. -Ho sentito dire che hai un fratello, Venice-.
Quando
pronunciava il mio nome, la sua voce assumeva una sfumatura diversa dal
solito
e il mio cuore lo sentiva. Io sussultai all’idea.
Non avevo più pensato al diario, né tanto meno ai
nostri nomi, l’uno cancellato
e l’altro bruciato.
-Uhm,
si-, sfregai la mano libera contro il jeans. Parlarne mi rendeva
nervosa. -Ma
non è qui, sta studiando all’università
e voleva lasciare questo posto, quindi
è scappato il più lontano possibile-. Accennai un
sorriso, ma non potevo essere
stata convincente, non mi riusciva mai.
-Avrei
voluto conoscerlo- commentò, guardandomi con i suoi grandi
occhi castani.
Io
mi limitai a sorridere.
Con
mio grande dispiacere mi accorsi di essere ormai giunti davanti casa.
La studiai.
Sentivo lo stomaco contorcersi per la rabbia. Oliver mi prese fra le
braccia
lasciandomi una scia di baci sulla tempia e sulla guancia sinistra. Mi
calmai
all’istante. Lasciai la sua mano e la ricongiunsi con la mia.
Oliver fece un
passo in avanti e si volse verso di me. -Andiamo piccola-.
Attraversai
il vialetto al suo fianco e bussai alla porta. Cercai Oliver con lo
sguardo,
lui mi baciò ancora e mi sussurrò
all’orecchio: -Andrà tutto bene-.
Nello
stesso istante, la porta si aprì di scatto e mi ritrovai fra
le braccia di mia
madre. Piangeva sulla mia spalla e mi sentì leggermente in
colpa per essere
andata via senza avvertire almeno lei. Era così dolce.
Ricambiai il suo
abbraccio tentando di calmarla, ma lei non accennava a farlo.
-Tesoro,
ma dove eri finita? Sono stata in pensiero per tutto questo tempo- mi
disse fra
un singhiozzo e l’altro. Le asciugai le lacrime
accarezzandole in volto. -Sto
bene, davvero-.
Solo
allora notai la presenza di mio padre. Sentivo il suo sguardo bruciare
sul mio
viso.
-Ciao papà-.
E
per la prima volta da quando ricordavo lui mi venne incontro e mi
abbracciò.
Non so cosa volesse dimostrarmi, ma io cercai lo sguardo di Oliver che
ricambiò
il mio. I suoi occhi erano privi di espressione, mi sentì
ancora più confusa
dopo di che attraversò l’ingresso e ci
lasciò soli.
Raccontai
di essere stata da un’amica e quando loro mi chiesero se si
trattasse di
Penelope, negai spudoratamente. Accampai mille scuse per salire su in
camera a
riposare. Dopo circa trenta minuti di terzo grado, riuscì a
svignarmela di
sopra. Avevo bisogno di una doccia.
Entrai
in camera a prendere un cambio e trovai Penelope stesa sul mio letto.
Sussultai
dallo spavento sibilando un -Tu sei pazza- e chiusi violentemente la
porta con
doppia mandata.
La
incenerì con lo sguardo.
-Ehi,
vacci piano- sventolò una mano come se non fosse successo
nulla.
-Vacci
piano? VACCI PIANO?- domandai furiosa. -Sospettano di te almeno quanto
me che
sono una ragazza- le feci presente per farle intendere la
gravità della cosa. -E
tu entri dalla mia finestra?-
La
ragazza vampiro sbuffò e poi fece, -Che romantica che sei-.
Risi
di gusto. -E tu sei un‘irresponsabile di prima categoria-
urlai senza più
nessun controllo. Lei mi zittì balzandomi alle spalle e
coprendomi la bocca con
la mano.
Sentì
dei passi indugiare davanti alla mia camera, ma alla fine qualsiasi
persona
fosse si allontanò tornando di sotto.
-Io
mi preoccupo per te, smettila di mettere così a dura prova
il mio cuore. Tu sei
l’unica che mi rimane e l’unica che proteggerei con
la mia stessa vita- le
sussurrai abbracciandola.
Penelope
non disse nulla, ma mi guardò seria. Aveva capito. La
convinsi a restare lì
buona nel poco tempo che avrei impiegato per darmi una sistemata.
Il
getto della doccia sciolse tutti i miei muscoli, insaponai tutto il mio
corpo,
massaggiai la testa fino a quando non mi sentì completamente
rilassata. Mi
asciugai i capelli rapidamente e sgattaiolai nella mia camera. Pe aveva
mantenuto la parola. Era lì, nel mio angolo lettura a
leggere il mio diario.
Cosa??
-Sei
proprio una bastarda- commentai acidamente.
Lei
annuì convinta. - L’ho sempre detto, ma non mi
disturbare, sto leggendo del
primo incontro con Oliver -.
Sbuffai
inviperita e mi infilai la tuta gettandomi sul letto.
Erano loro le mie due metà:
Penelope, l’affascinante
vampiro nonché mia migliore amica e Oliver,
l’affascinante ragazzo che mi aveva
rapito il cuore.
Voglio ringraziare:
*
Maruzza: Sono contenta di aver suscitato della curiosità in
te. Spero ti piaccia. :*
* I_Want_to_break_Free:
Grazie mille..Figurati, la tua fic mi piace molto.
|
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Capitolo 9 *** Un Sogno ? ***
Ciao a tutti.
Vi
lascio questo capitolo un pò per consolazione.
Starò via alcuni giorni e non so ancora quando
tornerò. E' un mistero. Non mi abbandonate. Un bacio.
Un Sogno ?
Non
ricordavo come ci fossi arrivata. Ero nel mio letto, ero sicura.
In
una frazione di secondo mi ero ritrovata nel parco, luogo in cui ero
cresciuta
in questi due ultimi anni al fianco di Penelope. Avevo pianto, avevo
riso,
avevo sofferto, avevo gioito, avevo vissuto. Mi guardai intorno
confusa, era
molto buio e anche i lampioni erano spenti. Le foglie degli alberi e
dei
cespugli frusciavano cullate dal vento, uccelli notturni si chiamavano
l’uno
l’altro e quel suono, più forte, doveva
appartenere ad una civetta.
Mossi
un passo lentamente lungo il grande chiosco da giardino costruito in
muratura e
in legno. Amavo quel posto e ricordavo esattamente dove si trovasse
anche senza
vederlo.
Lentamente
e a tentoni raggiunsi il centro del parco, sfregai con la mano sinistra
contro
il legno del chiosco. Inciampai nel secondo gradino che faceva da
rialzo e
persi l’equilibrio trovandomi riversa su un fianco. Avevo
sbattuto dolosamente
il gomito contro il muro provocandomi qualche graffio, mi bruciava da
morire.
Tastai la ferita per capirne la gravità e quando mi portai
la mano al viso,
sentì l’odore del sangue: non era un graffio. Mi
rialzai tenendomi il gomito
stretto al corpo e raggiunsi la panca all’interno del
chiosco. Respirai
lentamente cercando di mettere a fuoco le ombre che i miei normalissimi
occhi
riuscivano a scorgere. Dopo circa un minuto, il mio respiro era tornato
normale. Mi stavo calmando.
Feci
per alzarmi, ma un qualcosa mi afferrò bruscamente per il
braccio dolorante
trascinandomi sulla panca. Non riuscì a farmi forza, era
troppo doloroso e la
stretta mi impediva qualsiasi movimento. Ero paralizzata dal terrore,
ma
improvvisamente, un lampione più lontano si accese, anche
l’altro più vicino,
fino a raggiungere quello del chiosco. La stretta si sciolse e quando
riaprì
gli occhi..
*
Mi
svegliai di soprassalto. Mia madre mi guardava preoccupata. Che ci
faceva nella
mia stanza?
Il
sangue mi si raggelò nelle vene. Penelope? Era qui accanto a
me.
-Tesoro
mio, era solo un incubo-, mi disse accarezzandomi il viso.
Mi
toccai la testa ripensando.. era un sogno? Mi alzai di scatto e mi
guardai il
braccio, nessuna ferita. Sospirai massaggiandomi gli occhi.
-Uhm,
scusa mamma- mormorai imbarazzata.
Lei
mi sorrise e uscendo dalla camera disse, - vieni a fare colazione-.
Annuì poco
convinta. Rimasta sola ripensai al
mio sogno. Sembrava tutto così reale, ma chiaramente non lo
era. Che cos’era
quella cosa che mi aveva stretto il
braccio? Mi massaggiai quella parte ancora sconvolta.
Entrai
in bagno pensando a Penelope, sparavo solo che stesse bene, ma
conoscendola era
probabilmente fuggita dalla finestra quando aveva sentito mia madre
arrivare.
Mi sciacquai il viso e mi guardai allo specchio. Avevo gli occhi..
spenti.
Diversi dal giorno prima. Evitai ancora di guardami in volto quando
iniziai a
vestirmi. Scelsi un jeans nero, camicetta bianca con maniche a sbuffo e
scarpette bianche da ginnastica. Rovistai nell’armadio e
trovai un pacco.
Curiosa, lo aprì. Erano delle converse verdi. Sorrisi
raggiante. Era
sicuramente opera di Penelope e c’era un biglietto. Lo
aprì in fretta.
-Ti
ho visto come le guardavi, poi non dirmi che non sono carina e che non
ti
faccio mai regali. La tua grande e migliore amica punk P-.
Scoppiai
a ridere e richiusi la scatola. Riusciva sempre a farmi sentire meglio.
Scesi
in cucina e saltai sul bancone afferrando una fetta di pane e nutella.
Avevo
già dimentico il sogno. Presi a canticchiare frasi
sconnesse, ero leggermente una frana. Mancava un ultimo
morso quando sentì la porta aprirsi.
-Mamma,
sto mangiando- sbuffai voltandomi.
Ma
non era la mamma..
Non
sapevo per quanto tempo il solo guardarlo mi avrebbe provocato quel
turbine di
sensazioni, ma non riuscivo a calmarmi quando i miei occhi incrociavano
i suoi.
Il mio cuore prese a galoppare frenetico come se avessi corso per un
chilometro. Una maratona, ora che ci pensavo. Bello come sempre, Oliver
entrò
in cucina. Non mi sarei mai stancata di ripetere quanto fosse
splendido il
suo viso, il suo andamento, il suo essere Oliver James.
Mi
sorrise come solo lui sapeva fare. Indossava una camicia bianca e un
pantalone
scuro classico. Era molto elegante.
-Ciao-,
gli dissi voltandomi verso di lui.
Ero
sicura che se fossi scesa dal bancone, le mie gambe non mi avrebbero
sorretto.
Lui mi si avvicinò e aprendo la bocca, rubò
l’ultimo pezzo di pane e nutella.
Mi stavo per sentire male.
-Uhm,
buono-, confermò avvicinandosi a me.
-Lo
penso anche io- bisbigliai, confusa dal suo gesto. Era un dio?
Mi
baciò esattamente come la prima volta e le mie mani non
resistettero
all’impulso di affondare nei suoi capelli. Erano
così morbidi: altro punto a
suo favore.
-Volevo
prepararti la colazione-, mi spiegò, -e salire in camera
tua-, aggiunse
assumendo un tono malizioso.
Io
inspirai a fondo. –Divertente-, commentai. Non stava dicendo
sul serio.
-Come
credi- ridacchiò, lisciandomi la frangia.
Stava
dicendo sul serio?
Sbirciai
l’orologio sul suo polso, erano appena le otto del mattino.
-Oliver,
sei mattiniero- constatai intrecciando la mia mano con la sua.
-Jack
mi adora- rispose, prendendomi chiaramente in giro, -e poi ho fatto
bene, se
ciò vuol dire incontrarti in cucina tutte le mattine-.
Le
sue labbra catturarono nuovamente le mie. Potevo mai avere un attacco
cardiaco?
-Uhm,
magari anche a pranzo, a cena e ad un spuntino notturno?- chiesi con
nonchalance.
-Inizi
a capire quanto sei fortunata piccola-, mi accarezzò la
guancia. La sua mano
era come sempre calda e anche piuttosto piacevole.
Mi
prese per i fianchi e mi fece scendere dal bancone.
Poggiai
i piedi saldamente sul pavimento. Le gambe non mi tremavano
più. Iniziavo ad
abituarmi.
Lo
abbracciai. Sentivo uno smisurato bisogno di sentirlo al mio fianco, di
sentire
il suo calore sulla mia pelle, di averlo fra le mie braccia. Non capivo
perché
non riuscivo a fare a meno di lui.
-Oliver!
Stai macinando il caffè con le mani? Il lavoro non si
finisce da solo-.
Mi
allontanai di scatto da lui. Era la voce di mio padre.
Oliver
sospirò rassegnato. -Prima il dovere- mi prese per mano- -Il piacere
aspetterà-, aggiunse
baciandomela.
Ero
sicura che avrei sentito molte altre volte quella frase. Ridacchiai.
Prese
il vassoio sul tavolo che mia madre aveva preparato appositamente per
loro e
sparì dalla cucina voltandosi a guardarmi. Gli sorrisi.
Quel
James mi rendeva veramente e inspiegabilmente felice.
Ringraziamenti:
Miss Woland:
Quando scrivo mi sento romantica, nella vita privata un pò
meno :D Grazie per la recensione.
Maruzza:
Come vedi ti ho accontentata. :P Grazie mille.
I_Want_To_Break_Free:
Oliver è il mio personaggio preferito. Diciamo che nella
realtà esiste. :Q__ Grazie!
Grazie per chi mi ha
inserita fra i preferiti.
- I_Want_to_break_Free
- MsYuuki
Fra le ricordate:
- SummerRain
E fra le seguite:
- maruzza
-honeyS
A
prestoooooo!
|
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Capitolo 10 *** Vicolo Cieco ***
Sono,
finalmente, ritornata dalle vacanze.
Si
tratta di un capitolo abbastanza importante perchè vengono
rivelate delle cose importanti e altre invece possono essere capite con
un pò di attenzione.
Buona
lettura.
Vicolo
Cieco
Per
tre giorni quell’incubo si impossessò dei mie
sogni. Erano tre giorni che non
dormivo, tre giorni che mi sentivo nervosa e irascibile, tre giorni che
desideravo solo la luce.
Non
riconoscevo quella figura misteriosa che mi tratteneva per il braccio,
ma
chiaramente il campo si stava restringendo: non poteva che essere una
persona.
Ogni
notte mi avventuravo in questo incubo e ogni notte lo vedevo sempre
più nitido
come se realmente mi trovassi in quel chiosco da giardino in quel
momento.
Ben
presto scoprì che più restavo in quel sogno e
meno particolari mi sfuggivano,
nonostante il buio fitto.
Non
raccontai a nessuno del mio sogno ricorrente e lasciavo che Penelope si
prendesse gioco di me per le mie occhiaie e per il mio
“visetto sbattuto” come
diceva lei, accompagnando l’espressione con un ghigno
“made in Pe”. Era facile
per lei, un vampiro, avere sempre il viso perfetto, non aveva nemmeno
bisogno
di dormire.
Distesa
sul letto ripensai alla mia vita. Spesso, quando ero da sola, mi
immergevo in
questo tour e mi rendevo conto di quante occasioni avevo sprecato, ma
anche di
aver preso la decisione giusta in molte altre situazioni.
Vivevo
a Key da due anni. Il trasferimento era stato molto veloce, il che non
è
realmente possibile a meno che non fosse tutto preparato alle mie
spalle, ma
forse era proprio così.
Non
era un caso che la scelta fosse ricaduta su questa cittadina, dove il
sole
persisteva per 3 mesi all’anno, nei mesi estivi.
I
coniugi Hale lavoravano presso “Il Consolato”,
un’associazione istituita per
estirpare la razza dei vampiri. Penelope mi aveva mentito allargando il
loro
raggio d’azione, ma sapevo che nel centro del loro mirino
c’erano solamente i
vampiri.
I vampiri a loro volta non
erano tanto diversi
dagli umani. Non era stata Penelope, con le sue parole, a convincermi,
ma ero
stata io a scegliere da che parte stare.
Noi,
gli umani, eravamo davvero tanto sbagliati.
L’ambizione,
l’egoismo, l’indifferenza, la rabbia e
l’odio esistevano, ma l’amore,
l’amicizia, il rispetto, l’altruismo, dove erano
finiti?
I
vampiri per quanto esseri, in un certo qual modo, mostruosi,
perché basavano la
propria esistenza sul sangue, erano molto uniti ed erano pronti ad
appoggiarsi
l’un l’altro in qualsiasi circostanza.
Gli
umani, invece, avevano sempre dei secondi fini, non agivano mai per la
voglia
di farlo o per il bisogno di aiutare.
La
mia visione dei due mondi non era giusta o sbagliata, bianca o nera,
c’erano
delle sfumature.
In
entrambe le parti c’erano le eccezioni. Io non mi ritenevo
una persona egoista
e malvagia, c’erano molte altre persone come me. Era inutile
negare che il
mondo era radicalmente cambiato.
Lo
stesso era per i vampiri, non tutti dovevano essere come Penelope.
Fuori,
chissà quanto lontano o quanto vicino, vampiri uccidevano,
torturavano o
trasformavano umani come me. Ma allora io perché ero
un’umana e non un vampiro?
Che differenza c’era?
Tirando
le somme, i miei due mondi non erano tanto differenti.
Appoggiavo
la scelta di mio fratello Michael, ma per le ragioni sbagliate. Io non
volevo
semplicemente condurre una vita normale, negando l’esistenza
di altri esseri;
per me non era una guerra giusta e non volevo entrarci. Chi eravamo noi
per
decidere chi doveva morire e chi sopravvivere? Se i vampiri esistevano,
ci
doveva essere qualche ragione. Io credevo nel destino ed era sbagliato
non
seguire la strada da esso spianata.
Mi
alzai di scatto dal mio letto. Anche Penelope aveva parlato del destino
con me.
Aveva detto che io ne avevo un diverso,
in che senso?
Da
quando avevo affidato il mio cuore ad Oliver, avevo dimentico in che
realtà mi
trovassi. Avevo dimenticato molte cose, ma dovevo reagire, le fiabe non
esistevano.
Mi
infilai un jeans e una camicetta bianca e colsi l’occasione
per indossare anche
il regalo della mia migliore amica: le sue famose converse.
Lasciai
la mia camera e mi diressi velocemente nella biblioteca di famiglia.
Non
avevo ancora dimenticato la rosa.
Chiusi
la porta alle mie spalle e ripresi il diario di mio padre. Sfogliai
frettolosamente le pagine in cerca di una definizione che mi avrebbe
finalmente
chiarito il dubbio.
Mio
padre non era più il suo padrone, quindi, non aveva ancora
scoperto che io ne
ero a conoscenza. Non avevo detto nulla ad Oliver e lui non aveva
insistito.
Rispettava le mie scelte: anche fin troppo.
Finalmente
trovai qualcosa.
La
rosa era l’emblema del Consolato. Gli uomini indossavano un
anello, come quello
che Penelope aveva rubato a mio padre. Le donne non ne facevano parte,
ma se
gli uomini erano sposati, le loro mogli dovevano mantenere il segreto.
Nel caso
in cui la famiglia del membro non avesse eredi maschi, il testimone
veniva
passato ad un ragazzo che lo stesso membro preparava o alla figlia se
ne avesse
avuto una.
Non
capivo. Io costituivo uno di quei casi, ma allora perché il
testimone non era
stato passato a me? Significava che mio padre aveva trovato un allievo?
Lo
stava allenando e preparando a prendere il suo posto?
Continuai
a leggere.
Il
fiore teneva lontano i vampiri dal luogo in cui era posto. Non tutte le
rose,
ma solo quella con il petalo bianco, una rarità al mondo.
Collegai
la strana reazione di Penelope. Tornava tutto.
La
rosa era un divieto per i vampiri, un po’ come la luce del
sole.
Ma
perché quel giorno un uomo la inviò a casa mia? E
mia madre? Perché spaventarsi
tanto se era il loro simbolo?
Proprio
non capivo.
Qual
era il mio destino?
Ringrazio
maruzza, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Per quanto
riguarda Oliver, certo che esiste :P
Grazie
a tutti.
|
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Capitolo 11 *** Un Vampiro A Key ***
Buongiorno
a tutti/e.
Ecco
il prossimo capitolo.
In
questi giorni ho letto diverse recensioni che mi hanno resa molto
felice.
Volevo
avvisarvi che la storia è completa, quindi mi serve giusto
il tempo necessario per rileggere e modificare qualcosa. Sto
già scrivendo la seconda parte. Ma ora, basta. Buona lettura
=)
Un Vampiro A Key
Se
dovessi descrivere la mia estate in una parola, sceglierei
“confusa”. Nella
mia vita non c’era mai stata chiarezza, non solo per la
famiglia, ma per tante
altre cose. Ero
una ragazza davvero difficile a volte e non me ne rendevo conto.
Invidiavo le mie
coetanee che sapevano cosa volessero dalla vita e io ancora no. Certo,
potevo essere invidiata per la fama della mia famiglia, per i soldi,
per il mio
ragazzo, ma in realtà quanto contava davvero? L’estate
era davvero una stagione orribile per me, non perché amassi
la scuola, ma
perché avevo la mente così libera che non facevo
altro che pensare, pensare e
pensare. Troppo libertà non faceva per me.
Avevo
trascorso gli ultimi giorni del mese dividendomi fra Oliver e Penelope,
evitando accuratamente i miei. Avevo “preso in
prestito” il diario per leggerlo
in ogni suo piccolo dettaglio. Non l’avevo rubato, dopotutto
era anche la mia
biblioteca.
Oliver
ed io ci vedevamo a casa fra una pausa e l’altra del suo
tirocinio e iniziavo a
credere che mio padre sospettasse qualcosa. La verità era
che mi terrorizzava e
io volevo parlagliene, ma Oliver me l’aveva proibito
categoricamente.
-Oh
andiamo!- sbottai, seguendolo su per le scale.
Oliver
sbuffò a sua volta. -Venice tesoro..- l’adoravo
quando mi chiamava così -..ma
perché? Non ha senso, non avremo più la nostra
libertà.-
In
effetti, aveva ragione. Immaginavo già i miei, invadenti
come erano, a fare
domande su domande, mettendo in imbarazzo me e non tanto lui.
Mi
arresi. -Va bene, hai vinto- alzai le mani in segno di resa.
-Brava
ragazza- disse, voltandosi e prendendomi fra le braccia.
Avevo
fallito, direi.
Penelope,
invece, non mi aveva mai chiesto di incontrare Oliver.
Personalmente
in questo mi sentivo un po’ egoista. Volevo tenere separati i
miei due mondi.
Sbagliavo? Avevo paura di perdere uno dei due?
Insieme
avevamo fatto shopping quasi tutti i giorni per prepararci al nostro
ultimo
anno di scuola. Era davvero stressante girare nei negozi con lei: le
stava bene
tutto, ma proprio di tutto. Dopo tre ore intense di autocommiserazione,
andammo
a casa sua.
-Domani
è il grande giorno!- esclamò, chiudendo la porta
alle sue spalle.
-Wow-
esclamai, senza troppo entusiasmo. -Non vedo l’ora.-
Lei
mi guardò male. –Venice, sei proprio incredibile.
Questa è la tua vita! Vivila!-.
Okay,
era vero. Avevo diciassette anni e potevo dire di avere tutto, eppure
mi
sentivo ancora a metà, come se la parte più
importante di me fosse stata
cancellata.
-Non
è questa la mia vita- sbuffai, non osando guardarla negli
occhi.
Lei
rise amara. -E quale sarebbe? Ucciderei per essere ancora umana.-
La
guardai, finalmente.
Era
la prima volta che Penelope mi confidava un suo desiderio. La mia
migliore
amica era sempre stata misteriosa con me, ma avevo imparato a capirla e
anche a
comprenderla quando era necessario. Mi sentivo terribilmente in colpa.
Io
volevo essere come lei. Ero giunta a questa drastica decisione in
seguito al
ripetersi insistente del mio sogno. Ero così fragile,
così umana.
Ma,
sentire quelle parole fu come uno schiaffo in piena faccia.
Evitai
di rispondere, accampando una scusa sul fatto che avessi un
appuntamento con
Oliver, ma dalla mia scarsa recitazione, lei si accorse che mentivo.
Ugualmente
mi lasciò andare.
Per
strada pensai a quanto ero stata stupida. Mi odiavo con tutta me
stessa. Mi
odiavo talmente tanto che la vista mi si era annebbiata. Camminavo a
testa
bassa, calciando di tanto in tanto un sassolino che si presentava sulla
mia
strada, fino a quando non mi ritrovai distesa a terra.
Mi
toccai la testa dolorante, avevo sbattuto contro.. contro un bellissimo
ragazzo.
Alto, molto alto,
castano, occhi azzurri. Mi
porse la mano. L’accettai, era forte. Lo
guardai bene, quel ragazzo era “grande”.
Scossi
la testa, ero confusa. Grande era
l’aggettivo sbagliato, era muscoloso, non molto, ma
sicuramente più di Oliver.
Doveva fare palestra tutti i giorni.
-Scusa-
mi disse, sorridendo.
Farfugliai
qualcosa e lui scoppiò a ridere. -Devi essere Venice-
esclamò sicuro.
Sbottai.
-Ce l’ho scritto in faccia per caso? O nel vocabolario sotto
“sbadata” c’è la
mia foto?-
Lui
alzò le braccia a mo’ di scusa. -Mi dispiace, io
sono Josh e sono un amico di
Penelope.-
Io
risi di gusto. -Ah! Un amico.- Ora
capivo tutto, era troppo bello per essere vero.
-Perspicace-
commentò lui, guardando oltre la mia spalla.
Seguii
il mio sguardo e mi voltai, era arrivata anche Penelope. Lei gli si avvicinò e lo
strinse a sé.
-La
mia Venice sa tutto.-
Il
mio sguardo vagava da Penelope a Josh. Stavano insieme quindi?
-Sta
arrivando il tuo ragazzo- annunciò Penelope, sorridendo.
Mi
voltai di scatto e mi sciolsi in un sorriso. Era davvero bello.
Indossava un
semplice jeans e una maglietta bianca a maniche corte. Mi
circondò con le sue
braccia e, appoggiando il capo nell’incavo del mio collo,
disse: -Tu devi
essere la famosa Penelope- sorrise compiaciuto.
Lei
d’altro canto schioccò la lingua in segno di
sfida. -E tu devi essere il famoso
Oliver.-
-E
lui è il tuo ragazzo sconosciuto, Josh- richiamai
la sua attenzione.
Il
ragazzo mi sorrise benevolo, mentre Penelope scrollò le
spalle.
Eravamo
un quartetto davvero strano.
Cadde
il silenzio.
Fu
Penelope ad interromperlo.
-Ti
vengo a prendere domani, piccola- mi comunicò, prendendo
Josh per mano e
lasciandomi sola con Oliver.
Lui
ghignò dandomi un bacio sulla tempia. -Finalmente la
conosco.-
Ma
io non lo ascoltai.
Se
Penelope non avesse voluto rendermi sua eguale, avevo un piano di
riserva.
Josh.
==
Josh
è uno dei personaggi che amo di più, anche se
Oliver è la mia creazione perfetta *sbav*
Prendo spunto un pò dalla realtà, infatti
Penelope mi ricorda molto la mia migliore amica e Venice ha qualche
lato del mio carattere.
In ogni caso, vi ringrazio ancora, ma singolarmente:
°Maruzza:
Sono contenta che tu sia senza parole, ne ho di più per voi
XD La rosa, per quanto dettaglio importante, può essere
anche allo stesso tempo trascurabile. Più che altro,
è da lì che nasce tutto.
°Rosa Di Cenere:
Infinitamente Grazie! Sei stata tu a rendermi davvero felice. Ho letto
con attenzione tutto ciò che hai scritto. Ricordo che hai
chiesto di Oliver. Lui esiste, fisicamente mi sono ispirata a questo
ragazzo, ma non lo conosco abbastanza per sapere se il carattere che
gli ho attribuito è uguale. Come ho già detto,
prendo molto spunto da ciò che ho intorno e anche da me
stessa in realtà. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto.
Alla prossima.
°I_Want_To_Break_Free:
Grazie ancora, cara. Bentornata. Come vedi anche io sono tornata da
poco xD Spero che anche questo capitolo possa definirsi "intrigante".
|
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Capitolo 12 *** Il Primo Giorno ***
Sono tornataaa! Buona sera a tutti.
La
scuola si avvicina >.< Niente paura, non vi
abbandono ^__^
Il Primo Giorno
Anche
quella notte dormii male.
Mi
svegliai di soprassalto. Il mio viso era bagnato, non sapevo se di
sudore o di
lacrime.
Restai
sveglia fin quando non intravidi le prime luci
dell’alba.
Era
sempre lo stesso sogno, ma questa volta ero così vicina.
Stavo
per vedere il viso della persona che mi stringeva il braccio, ma non ci
riuscivo. Con tutta me stessa volevo scoprire quel mistero, ma
probabilmente
una parte di me non era ancora pronta a conoscere la verità.
Mi
infilai in bagno e aprii l’acqua della doccia. Dopo essermi
accertata che fosse
abbastanza calda, mi lasciai cullare dal getto d'acqua accompagnato dal
bagnoschiuma. Lavai per bene anche i capelli: mi sentì
improvvisamente più
rilassata.
Uscii
dal bagno avvolta in un asciugamano e scelsi con cura i vestiti per
quel
giorno, il primo giorno di scuola.
Sinceramente
ne ero contenta anche se non amavo particolarmente la scuola, ma
almeno,
speravo che non avrei più sognato.
Optai
per una camicetta a quadroni blu e un jeans.
Asciugai
i capelli senza particolare cura. Era questo il lato positivo di averli
lisci:
sarebbero andati al loro posto comunque.
Mi truccai appena e riordinai
la camera.
Guardai l’orologio, ero in largo anticipo. Preparai la borsa
infilandoci anche
il diario di mio padre, non mi fidavo a lasciarlo lì e
preferivo portarlo
ovunque andassi.
Uscii
dalla camera e scesi le scale. In cucina la colazione era
già pronta. Afferrai
un cornetto al volo e decisi di consumare la mia colazione in giardino.
Sedendomi al tavolino sotto il gazebo, non potei non ripensare a quel
sogno.
Perché mai sarei dovuta andare al parco da sola e di notte?
Non
mi accorsi di aver iniziato a tremare fin quando una mano calda non mi
sfiorò
la guancia. Alzai lo sguardo e non potei fare a meno di sorridere.
-Scusa-
borbottò, accarezzandomi il viso. Oliver James era
impeccabile nel suo completo
da lavoro. Indossava un abito chiaro e una camicia bianca. I suoi occhi
brillavano alla fioca luce del sole. Scossi il capo appoggiando il mio
viso
alla sua mano. Non tremavo più.
-Buongiorno-
dissi, alzandomi e sporgendomi verso di lui. Mi cinse il bacino con le
sue
braccia e mi baciò lentamente. Sfregò il naso con
il mio. -Buongiorno. Primo
giorno, vero?- domandò divertito, ma nei suoi occhi leggevo
anche un po’ di
nostalgia.
-Si-
risposi, accarezzandogli il viso. Diamine, quanto mi mancava. Non
eravamo
riusciti a stare soli da quel giorno sotto il nostro albero. Avrei
dovuto
rimediare. -Ci vediamo dopo scuola? Mi manchi- sussurrai, imbarazzata
dalle mie
stesse parole.
Lui
mi sfiorò la fronte con le sue labbra. -Certo, ti vengo a
prendere io, okay?-
me la baciò. Scese lungo l’orecchio e mi
sussurrò: -Anche tu mi manchi.-
Il
mio cuore iniziò a battere forte. Quando avrei preso
possesso del mio corpo?
Oliver era davvero in grado di scatenare queste emozioni dentro di me?
All’improvviso,
un clacson mi risvegliò. Oliver mi lasciò andare
e mi sporsi oltre il muretto
di recinzione del giardino. Borbottai qualcosa di confuso e dopo aver
salutato
Oliver con un bacio a fior di labbra, presi la borsa e uscì
fuori.
Una
Nissan Micra nera decappottabile era parcheggiata davanti al mio
vialetto. Mi
avvicinai confusa fino a scorgere un’impeccabile Penelope
alla guida.
-Sali
piccola- mi intimò, suonando ancora il clacson e accendendo
lo stereo. Io
inarcai un sopracciglio e aprì la portiera. -Wow. Sapevo che
saresti venuta a
prendermi, ma non con una macchina..- guardai gli interni -..nuova-
conclusi,
spiando dallo specchio retrovisore.
Lei
ghignò. -Ero stufa di camminare e avevo abbastanza soldi da
permettermelo. Ti
piace?-
-
Altrochè - esclamai. -E ciao Josh- salutai, incontrando il
suo sguardo
attraverso lo specchietto retrovisore.
Josh
era un ragazzo di una bellezza straordinaria, ma a differenza di
Penelope, la
sua non era misteriosa. Lui mi sorrise e ammiccò. Io risi e
mi concentrai sulla
strada. Allacciai la cintura di sicurezza e mi strinsi ad essa.
Penelope mise
in moto facendo rombare il motore, schiacciò
sull’acceleratore e partì a tutto
gas. Era una spericolata. Il freno era un optional. Evitava tutte le
auto senza
mai accennare a rallentare. Josh se la rideva, io al contrario.
-
Penelope
non siamo alla Formula 1, dannazione- urlai, spaventata. Non volevo
rimetterci
la pelle.
Lei
sorrise compiaciuta.- Non accadrà nulla- mi disse con voce
sicura - Tranquilla.-
Sbuffai
sonoramente e quando intravidi la scuola, tirai un sospiro di sollievo.
Era la
prima volta che ero felice di andarci se questo significava scendere
dall’auto.
Penelope entrò sgommando nel parcheggio, lasciando una
striscia nera
sull’asfalto. Si infilò nel primo spazio vuoto e
spense il motore. Mi gettai,
letteralmente, fuori dalla macchina ignorando accuratamente di guardare
Penelope. Sicuramente mi stava prendendo in giro. Josh, al contrario di
me, era
davvero eccitato per questa corsa e baciò la sua ragazza
attirando molti
sguardi invidiosi.
La
mia migliore amica era la ragazza più desiderata della
scuola, ma lei non si
degnava minimamente di ricambiare gli sguardi dei suoi ammiratori.
Ciò
significava che dovevo sorbirmeli tutti io.
Oltrepassai
la coppia ed attraversai il parcheggio. Penelope e Josh erano alle mie
spalle,
parlottavano fra loro e io non capii una sola sillaba. Varcai
l’ingresso e mi
bloccai sulla soglia. La scuola era addobbata a festa. Si parlava
già del primo
ballo scolastico. Io odiavo quegli eventi. Emisi un suono, simile ad
uno
stridio e Penelope ridacchiò dandomi un bacio sulla guancia.
Avevo
detto che sarei stata felice di tornare a scuola? Ritiravo tutto,
preferivo
mille volte il mio incubo e la mia famiglia, anziché
partecipare al ballo
scolastico e rendermi ridicola davanti a tutti.
Ringraziamenti:
*Lordgenome: Non
vorrei anticipare nulla, ma se proprio insisiti XD Ci saranno due
personaggi, uno è più una comparsa, ma a me piace
molto; l'altro resterà molto nella seconda parte della
storia. Grazie per la recensione. Spero che mi seguirai ancora.
*I_Want_to_break_Free:
Grazie mille!! *___* Anche io come te e venice subisco il suo fascino
XDXD Cosa possiamo farci :P Un bacioo!
|
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Capitolo 13 *** Un Pizzico Di Verità ***
Rieccomi.
Ciao a tutti.
Non
voglio anticiparvi nulla, farò i miei commenti in basso.
Un Pizzico Di
Verità
Io, Venice Hale, odiavo
qualsiasi evento mondano e lo odiavo
ancora di più quando ero costretta a parteciparvi. Il ballo
scolastico
rientrava ampiamente in quella categoria.
Questa
vita non era fatta per me. Io amavo la tranquillità, ma non
ero la ragazza a
cui non piaceva divertirsi, tutt’altro. Il ballo e il
divertimento non
costituivano per me un binomio indissolubile, ma come mi ricordava la
mia amica
vampira, lo dovevo fare per lei, ma prima di tutto per me stessa. Avrei
rimpianto
quei momenti.
Mi
guardai intorno. Il corridoio della scuola era tappezzato da festoni e
palloncini verdi. Un cartello recitava: -Un pizzico di fortuna non
guasta mai.-
Mi
voltai verso Penelope -Il tema del ballo è la fortuna?-
Lei
annuì e strappò dalle mani di un ragazzino, una
matricola direi, un volantino.
-I
partecipanti devono indossare qualcosa di verde- riassunse .
Il
suo volto si illuminò all’istante. - E’
una bellissima idea.-
Io
la guardai stranita. –Fantastica- borbottai - stavo giusto
pensando di
assomigliare ad una verdura.-
Lei
mi diede una pacca amichevole sulla spalla e scomparve tra la folla
portando
Josh con sé. Per il vampiro era una novità
frequentare il liceo. Speravo di
potermi fidare di lui e del suo autocontrollo. Ora che ci pensavo, non
avevo
chiesto a Penelope se fosse un “vegetariano”.
Scacciai
dalla mente questo pensiero, me ne sarei preoccupata in un altro
momento. Mi
fermai in segreteria per ritirare il mio orario. Stavo già
varcando la soglia
quando un ragazzo dai capelli rossi mi si presentò davanti.
-Hale!-,
urlò divertito. Mi portai le mani all’orecchie.
-Ti sento Andrew- borbottai,
profondamente irritata.
Lui
mi abbracciò, mozzandomi il respiro. -Quanto mi sei mancata.-
Non
potevo dire lo stesso di lui.
Andrew
era un ragazzo eccentrico, provava qualcosa per me, ma non sapevo se
fosse
realmente innamorato. Il suo pregio era la profonda premura che mi
riservava.
Mi faceva sentire amata. Il suo peggior difetto era quello di rompermi
le
scatole. Lui assunse un’espressione indagatrice, io alzai un
sopracciglio
confusa.
-Sei
diversa- constatò, girandomi intorno.
Io
lo seguivo con lo sguardo. -Andrew, non iniziare. Ho appena scoperto
che fra
meno di un mese ci sarà il primo ballo studentesco. Come mi
dovrei sentire?-
Lui
ridacchiò e mi strinse a sé. Io feci forza nelle
braccia per allontanarmi da
lui.
-Se
vuoi ci andiamo insieme- propose, con fare da gentiluomo. Stava
scherzando?
-Sono
impegnata- risposi, parlando vagamente di un ragazzo e lo lasciai
impalato e
sconvolto al centro del corridoio.
Giunsi
in classe e occupai il mio solito banco insieme a Penelope. Non
ascoltai una
singola parola della lezione e nemmeno di quelle successive. Con le
braccia
incrociate ripensai al ballo, che mi sconvolgeva non poco; a Penelope,
che in
presenza di Oliver era diventata strana e a Josh, probabilmente la mia
unica
via d’uscita. Ero consapevole del fatto che scambiare il mio
sangue con quello
di Josh significava diventare un vampiro e dire addio alla mia
vita, ma
alla fine dei conti, non era poi così speciale.
Il
mio cuore prese a battere veloce. E’ vero, avevo lui, ma
sentivo di dover fare
qualcosa. Ciò che mio padre e di conseguenza il Consolato
stava facendo, era
sbagliato e non riuscivo ad illudermi che tutto sarebbe finito per il
meglio.
Non potevo pensare alla possibilità sempre più
certa, di poter perdere una
delle mie metà, una metà che forse non era tanto
diversa dalla mia. Fino ad
oggi mi ero sentita principalmente la pedina di una grande scacchiera,
ma a
volte, non proprio il protagonista doveva vincere, poteva essere anche
qualcuno
di inaspettato. Qualcuno come me.
La
campanella diede la notizia che lezioni per quel giorno erano terminate.
-Piccola
noi andiamo a casa, tu vieni con noi?-
Penelope mi stava guardando
con i suoi occhi
splendidi.
Declinai
l’invito. -Viene a prendermi Oliver.- Le sorrisi.
Lei
fece un’espressione disgustata che io ricambiai con una
linguaccia e mi lasciò
sola. Josh mi accarezzò la testa e andò via con
lei.
Uscii
in cortile aspettando Oliver e nell’attesa mi arrampicai su
un muretto.
Incrociai le gambe e aprii la mia borsa. Presi il diario di
papà e iniziai a
sfogliarlo. Non avevo trovato ancora il nome del suo successore,
qualcuno che
avrebbe dovuto addestrare. Rilessi l’appunto di mio fratello
Michael e sfiorai
con le dita quella pagina. Lui aveva potuto scegliere, io ero stata
bruciata!
E se
avessi voluto diventare un Cacciatore? Perché non avrei
dovuto?
Rassegnata,
alzai lo sguardo dal libro e vidi Oliver venire verso di me. Era a dir
poco
stupendo. Mi aiutò a scendere dal muretto e mi
baciò.
-Come
è andata stamattina?- mi chiese, prendendomi per mano.
Nascosi in fretta il
diario e lui con l’altra mano prese la mia borsa. Mi sentivo
nervosa.
Sbuffai,
-hanno organizzato un ballo studentesco e io lo odio.-
Misi il broncio e volevo tanto
che lui non mi
chiedessi di..
-Andiamoci
insieme-, sorrise raggiante, -non potrai odiare questo ballo se ti
accompagno
io.-
Lo
sapevo. Ora si che ero morta. Acconsentii, non riuscivo a dirgli di
“no”.
Lasciammo
la scuola e di tanto in tanto lanciavo occhiate furtive alla mia borsa.
Perché
mi dava così fastidio? Dentro c’era il diario, se
lo avesse letto? Gli strinsi
la mano. Senza il mio permesso non avrebbe aperto la borsa.
Non
mi ero resa conto di essere già arrivati al parco.
Probabilmente stavo così
bene con lui che il tempo mi sfilava dalle mani. Una morsa mi strinse
lo
stomaco. Ci stavamo dirigendo al chiosco da giardino, come il mio
sogno. La
sensazione che provavo era terribile.
Inspirai
per farmi coraggio.
-Ti
devo parlare.-
Ma
non ero stata io a parlare, era stato Oliver. Era esattamente la frase
che
stavo per pronunciare io.
Gli
lasciai la mano.
-Che..cosa?-
Mi sentivo la mente offuscata.
-Non
sono un semplice tirocinante presso lo studio di tuo padre..-
Continuò
lasciando la mia borsa cadere sulle parquet del chiosco.
Immagini
confuse si susseguivano veloci nella mia mente. Il nostro primo
incontro al
parco e il misterioso oggetto sotto la sua felpa, il suo modo ossessivo
di
proteggermi, sapeva sempre dove trovarmi..
-Tu
sei il successore di mio padre- sussurrai. Mi si spezzò la
voce. -Tu sei il mio
sostituto.Vero?-
Era
lui..
Capitolo
molto importante. Venice si trova a confrontarsi con Oliver. Molte (
si, mi riferisco alle ragazze xD ) di voi odieranno questa parte,
perchè è una sorta di tradimento, ma non
preoccupatevi.
Per quanto riguarda
il ballo, ho voluto fare una cosa diversa dal solito. Niente balli in
maschera e affini. Spero vi piaccia.
Passiamo ai
ringraziamenti:
*Rosa di cenere: Si,
la scuola è una seccatura. E' il mio ultimo anno, quindi non
sono proprio triste, almeno finisco XD In effetti, ci sarà
qualche ragazzo *___* Ma non anticipo nulla. Grazie mille.
*Lordgenome: Il
ballo ci sarà fra un pò. Ci sono questioni
più importanti da chiarire adesso :) Fammi sapere cosa pensi
di questo capitolo. Grazie.
*I_Want_to_break_Free:
La famiglia di Venice non sarà molto presente. In
verità, sono importanti, ma ho idee diverse per loro, in
particolare per il padre. Amate tutti questo ballo vero? xD Grazie. Al
prossimo capitolo :)
*Maruzza:
I miei capitoli li avrete sempre XD Ora che ho i miei piccoli fan non
vi lascio a bocca asciutta. Grazie mille!
|
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Capitolo 14 *** Fiducia Infranta ***
Buongiorno a tutti.
Sono tornata con
un nuovo capitolo. Il capitolo del Chiarimento.
Questo
è l'ultimo sabato di pace O___O Mercoledì tutti a
scuola O____O
Mi sono
ripromessa di mantenere la calma quest'anno. Vi farò sapere
:)
Fiducia Infranta
Non
riuscivo a guardarlo negli occhi.
Ripensavo
al suo bel discorso sotto il nostro albero e provavo una tale rabbia.
Mi aveva
preso in giro sin dall’inizio. Mi aveva mentito.
Sentivo
il suo sguardo bruciare sul mio viso. Voleva una mia reazione. Voleva
che
dicessi qualcosa. Incrociai le braccia al petto con lo sguardo sempre
puntato
sul parquet del chiosco da giardino. Avrei saputo dire quante crepe
c’erano,
tanto era il mio disprezzo verso Oliver. Non volevo guardarlo.
Lui
si mosse verso di me e io non riuscii nemmeno ad arretrare. Mi
sfiorò la spalla
con la sua mano calda. Rabbrividii al contatto, ma non mi mossi.
Finalmente
parlai.
-Mi
hai usata-, sputai acida, -io ti servivo per arrivare a Penelope. Vuoi
UCCIDERE
la mia migliore amica?-, lo guardai. Lui lasciò cadere la
mano dalla mia spalla
e sospirò.
-Io
sono un Cacciatore e sì, potrei ucciderla, ma non ti sei
chiesta perché non
l’ho fatto fino ad ora?- Ricambiò il mio sguardo,
ma i suoi occhi erano dolci e
allo stesso tempo disperati. La sua domanda mi ronzò nella
mente. Perché non
l’aveva ancora uccisa? Era chiaro.. Sapeva che io stavo
componendo il mio
puzzle e mancava poco alla verità. Ero così
vicina. E lui lo sapeva o forse..
-Ero
la tua pedina e uccidere la migliore amica non era un buon modo per
servirsi di
me. Avevi capito che avevo scoperto tutto o quasi- gli rinfacciai,
allontanandomi di un passo. Ormai riuscivo a guardarlo. Doveva sapere
quanto lo
disprezzavo. Penelope, in qualche modo, aveva cercato di mettermi in
guardia,
ma io ero troppo impegnata a fare l’idiota per non rendermene
conto. Lui si
avvicinò a me.
Venice,
sapevo che ci saresti arrivata. Sapevo di ferirti, ma il mio giuramento
non mi
permetteva di rivelarti nulla. Questa mattina volevo parlarti.
E’ per questo
che sono qui adesso- mi prese il viso fra le mani.
Sentivo
il suo respiro affannato. Era dispiaciuto. Lo potevo leggere dai suoi
occhi.
Scossi
la testa per quanto mi fu possibile. Non potevo credergli.
Dov’erano le mie
garanzie? Mi potevo ancora fidare? Lui non mi lasciò
possibilità di risposta.
-Questo
giuramento è il motivo principale per cui io non potevo
permetterti di rivelare
a tuo padre che stavamo insieme. Io, in questo preciso istante-, e
calcò bene
queste parole, -sono un traditore.- E lo credevo bene. Il mio sguardo
si
indurì.
-Ma
non il tuo- riprese. La sua voce era dolce. Il mio cuore
sfuggì dal mio
controllo razionale. Stava vincendo ancora. Mi
liberai con la forza dalla sua presa e attraversai il chiosco
appoggiandomi al
lampione. Lui infilò le mani nelle tasche dei
pantaloni e abbassò la
testa.
-Io..
Io come..- sospirai. La mia voce era un flebile sussurro.
-Perché dovrei
fidarmi di te?-
Strinsi
il lampione fino a farmi male. Cercai il suo sguardo. Lui sorrise amaro
poi,
guardò verso di me.
-Perché
TU mi hai cambiato la vita. Perché tu hai fatto battere il
mio cuore come non
mai. Nessuno, nessuno mi aveva mai fatto sentire così
importante.-
Fece
un passo verso di me. -Da quando mia madre è andata via,
lasciandomi solo con
mio padre, sono sempre stato trattato con freddezza. Dovevo compiere il
mio
destino. Dovevo diventare la persona che mio padre desiderava che
fossi. Una
persona che ha distrutto il suo matrimonio a causa delle menzogne. Non
sono
stato costretto a diventare un Cacciatore, ma so ancora cosa voglio.-
Lo
guardai con aria interrogativa. Era la prima volta che mi parlava
così di lui.
-Io
voglio te, Venice. E farò qualsiasi cosa per riaverti ancora
e ancora. Voglio
non dover commettere gli stessi errori, voglio che tu sia la persona
per cui
vali la pena lottare, voglio la tua fiducia, il tuo amore.-
Era
così vicino.. Appoggiai la testa al lampione e scivolai sul
pavimento. Mi
toccai il viso. Stavo piangendo.
Lui
si inginocchiò di fronte a me. Mi baciò entrambi
gli occhi e mi asciugò il viso
dalle lacrime.
-Sei
bellissima- mi sussurrò, guardandomi negli occhi. I suoi
brillavano.
Presi
la sua mano e la posai sul mio petto. Poteva sentire il mio cuore.
-E
questo l’effetto che mi fai- sospirai rassegnata.
on aria tuo”
questeLui mi
abbracciò. Il suo orecchio era sul mio cuore. Stava
ascoltando. Mi sentivo svuotata. Cosa avrei dovuto fare?
Lo
presi per le spalle portandolo al mio livello. -Tu sai
perché hai preso il mio
posto?-
Lui
scosse il capo, dicendo: -No, sono stato semplicemente chiamato.-
Annuii.
-Io non posso aspettare che tu la uccida.-
Lui
mi prese per mano e se la portò al viso. -Lo so ed
è per questo che non l’ho
fatto- me la baciò.
-Io
non potrei mai ferirti anche se ciò significasse disubbidire
ai miei ordini.-
Mi
lasciò ed infilò la mano nella sua maglia. Ne
estrasse una piccola pistola e la
lasciò davanti a me. -Quest’arma è in
grado di ucciderla se solo volessi.-
sospirò, stanco probabilmente di doversi esporre
così tanto.
-Ma
Venice, se il tuo vampiro facesse del male ad un’essere
umano, non esiterei
a..”
Alzai
una mano. Avevo capito. Guardai la pistola. Il mio Oliver era un
Cacciatore. Chiusi gli occhi.
-Guardami-
la sua voce era così.. triste.
Aprii
gli occhi. Era bellissimo.. Sempre. E io sarei sempre stata innamorata
di lui.
-Ti
amo, Hale- mi sorrise.
Il
mio cuore non sapeva più come esprimere il suo amore per
lui. Oliver mi amava
davvero.
Sospirai
-Sei la mia metà.-
Ringrazio anche chi mi
segue anche senza recensire.
Ma ora passiamo
a voi, coloro che mi regalano smepre un sorriso.
*Rosa di cenere:
Mi piace che tu sia la mia persecutrice Xd Mi fa sentire importante
hahaha Scherzo. In effetti, Oliver è perfetto. Non riesco a
trovare difetti a lui. Beh è questo il bello della
scrittura. Grazie mille.
*I_Want_to_break_Free:
Il ballo..Beh se avessi un cavaliere potrei anche andarci xD Josh piace
anche a me, mi trasmette protezione e tenerezza allo stesso tempo.
Spero ti piaccia anche questo capitolo. Un bacio.
*Lordgenome:
Cavolo sono stata prevedibile allora XD Josh in realtà non
è ispirato a nessun personaggio esistente, ma a qualcuno
immaginario. Grazie. Lo sai che ci tengo al tuo parere.
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Capitolo 15 *** Accettazione ***
Buon
pomeriggio!
Sono sopravvissuta al secondo giorno di scuola.
Ce la posso fare!
Sono molto contenta di me perchè sto rispettando le scadenze
*__*
Ecco a voi un bel capitoletto.
Fatemi sapere!
Accettazione
Non
sentivo più le gambe.
Il
pavimento del chiosco era freddo.
Nell’aria
si sentiva l’umidità crescere sempre
più e il buio stava scendendo
inesorabilmente.
Non
riuscivo più a parlare, mi sentivo così stanca..
Ero stanca di scoprire la verità,
aveva davvero un peso insopportabile.
L’unico
contatto con la realtà era la mano calda di Oliver che
stringeva la mia. Mi
stava dando tempo per assimilare la notizia.
Dentro
di me avevo già capito tutto, ma speravo vivamente di
sbagliarmi. Accadeva raramente.
Riaprii gli occhi.
La
sua pistola era ancora accanto a me. Era piccola, abbastanza
maneggevole e con
una stella rossa disegnata sul calcio.
Mi
voltai verso di lui, aveva gli occhi chiusi. Mi mossi appena
appoggiando
la testa sul suo petto. Lui mi accarezzò i capelli e mi
cinse con le sue
braccia.
La
verità era che io mi sentivo bene. Non m’importava
cosa faceva, chi era e per
chi lavorava. Fra noi c’era un patto.
-Oliver?-
La mia voce aveva riassunto la sua sicurezza.
-Uhm-
mi baciò la tempia.
Stavo
scegliendo con cura le parole da utilizzare. Avevo deciso..
-Io
ti amo e questo non cambierà mai. Non m’importa
come ci siamo conosciuti e
perché, forse doveva andare così- cercai i suoi
occhi.
Lui
li riaprì e mi sorrise. Si avvicinò al mio viso e
sfiorò le sue labbra con le
mie.
Un
fremito percorse la mia schiena e mi avvicinai. Il suo tocco innescava
in me
una pace irreale. Non potevo separarmi da lui. Mai.
Era
ormai notte inoltrata e il chiosco si illuminò
improvvisamente.
Il
passaggio dal buio alla luce mi pizzicò gli occhi.
Oliver
mi cullò ancora per qualche minuto fra le sue braccia e poi
mi aiutò ad
alzarmi.
Si
chinò per raccogliere la sua pistola e se la
infilò nella tasca interna della
giacca.
Mi
prese per mano e lasciammo il chiosco. Mi teneva così
stretta a lui che sentivo
il suo cuore battere forte.
-Un’ultima
cosa- dissi, fermandomi davanti la porta di casa mia.
-Tutto
quello che vuoi- rispose lui, assumendo un’espressione seria.
Dovevamo
essere sinceri l’uno con l’altra e ora toccava a
me. Mi portai le braccia lungo
i fianchi e mi guardai intorno sicura di non essere spiata.
-Io
non ho ancora preso una decisione. Ho vissuto gli ultimi due anni a
stretto
contatto con un vampiro ed ero completamente all’oscuro. La
storia di Penelope
mi ha affascinata sin dall’inizio e nonostante tutto, lei
è la mia vita.-
Strinsi
i pugni. -Mi avete messo in una posizione scomoda e presto
sarò costretta a
scegliere. Lo so-, alzai una mano per interromperlo, stava per
ribattere, -è
così Oliver. Non ho tutto il tempo come invece pensi tu. Io
non assisterò a
questa guerra. Una parte fra voi due avrà anche me.-
Lui
sospirò. -Io non voglio esporti a nessun tipo di pericolo-
sussurrò, con fare
protettivo. -Non potrei mai perdonarmi se ti accadesse qualcosa.
Perchè non
lasci che gli eventi seguano il loro corso?-
Sorrisi
amara. -Non capisci? Gli eventi non sono proprio ciò che
potremmo definire
normali e non seguiranno un loro corso. Mi stai chiedendo di aspettarti
a casa
quando mio padre, una sera, ti ordinerà di uccidere
Penelope?-
Inarcai
un sopracciglio. -Non posso farlo.-
Mi
spostai leggermente in avanti, verso di lui, gli presi una mano e la
accarezzai.
-Lo
sai anche tu che dovevo essere al tuo posto. Abbiamo la stessa domanda
che ci
ronza nella testa- sussurrai, convinta delle mie parole.
Lui
chiuse gli occhi e inspirò: -Jack voleva proteggerti,- Tentò la via
più semplice per fermarmi.
Scossi
la testa. -Mio padre ha sempre rispettato le regole del gioco. Io ho
qualcosa
di diverso.-
Oliver
strinse la mia mano. -Ma che cosa stai dicendo?-
Presi
la mia borsa e l’aprii. Presi il diario di mio padre e gli
mostrai la pagina
con il mio nome.
-Controlla
tu stesso.-
Oliver
lesse il tutto velocemente.
-Io
non ho mai rinunciato al mio addestramento. Io sono stata.. bruciata.-
Gettai
via la borsa. Oliver mi guardava incredulo.
-Capisci
perché c’è qualcosa che non va?-
sbottai, incrociando le braccia.
-Non
è possibile..-. bisbigliò il ragazzo, -non
è così che funziona il Consolato.
Quando Jack mi ha proposto come suo successore credevo di essere la sua
ultima
chance- spiegò, chiudendo con un colpo secco il diario.
-E
invece sei la sua unica chance- dissi, mettendo la mano sulla maniglia
della
porta.
Con
una spinta accennata la aprii.
Stavo
entrando in una casa di Cacciatori.
Ed
io ero una pedina che li avrebbe condotti a vincere la partita.
Passiamo
ai ringraziamenti:
*Lordgenome:
Sono una ragazza, cosa potevi aspettarti? :P Josh è
totalmente inventato, Andrew invece a volte mi ricorda un compagno di
classe ;-) Fra Oliver e Josh è molto difficile uno
scontro. Per amore si può fare di tutto :P
*Rosa
di cenere: Non cadi nel banale, ma forse esageri. Grazie mille. Mi fai
emozionareee *___* Ormai sei entrata nelle mie grazie hahaha Ho una
persecutrice personale *___* Una citazione a Twilight? hahaha Grazie
ancora.
*I_Want_to_break_Free:
Venice gli spezzerebbe le gambe U_U Minimo! hahaha Comunque tutto bene
a scuola, almeno per ora :P Che scuola frequenti?
Ringrazio
anche i miei lettori in incognito :) :*
|
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Capitolo 16 *** Due Destini Intrecciati ***
Ciao
a tutti.
Ancora una volta riesco a rispettare le mie scadenze.
Questo è un capitolo che vi farà intendere subito
ciò che ho in serbo per Venice.
La stesura della seconda parte va un pò a rilento O__O Non
riesco mai a trovare del tempo O__O
Due Destini Intrecciati
I
giorni che seguirono furono ciò che può essere
definita “normalità”.
In
poche settimane avevo messo in discussione tutta la mia famiglia, la
fiducia
che riponevo negli altri e l’amore che provavo per le due
persone più importanti
della mia vita.
Non
riuscivo a stare lontana da Penelope nonostante Josh si fosse ormai
stabilito a
casa sua.
Bussare
alla sua porta era un gesto inutile e ripetitivo perché,
anche non ricevendo
risposta, io entravo ugualmente, come se fosse casa mia. Era questa la
regola.
Il
piano inferiore era accogliente, diversamente dalla sua stanza che
rispecchiava
il suo modo di essere.
Nonostante
la mia amica fosse un po’ stramba riusciva a mantenere sempre
un ordine
impeccabile. Attraversai l’ingresso e salii le scale.
La
sua stanza era vuota. Restai impalata a fissare la finestra aperta con
le tende
viola che svolazzavano al vento. Forse era uscita.
Invertii
la rotta entrando nella stanza accanto. Era una copia della sua camera,
ma i
muri erano occupati totalmente da scaffali bianchi.
Converse
di tutti i tipi e colori erano esposte e tenute con grande cura.
Adoravo quella
stanza.
Dopo
qualche minuto rientrai nella sua camera, ma lei non era tornata. Mi
mancava
così tanto.
Mi
stesi sul suo letto pronta ad aspettarla. Ripensai alla nostra ultima
conversazione. Ora che anche Oliver era a conoscenza di tutto, mi
sentivo più
tranquilla. Mi sentivo terribilmente in colpa ogni volta che lui mi era
accanto. Mi sentivo una traditrice. Ma, dopo aver scoperto che lui era
il mio
sostituto, il muro dei sensi di colpa era andato via via sgretolandosi.
Ero io
quella tradita o quella protetta. A seconda dei casi.
Sbuffai.
Ero così inutile.
Si
sentivano tutti in dovere di proteggermi, ma da cosa?
Un
rumore alla mia destra attirò la mia attenzione. Penelope
era appena atterrata
sul pavimento.
-Piccola-
esclamò, saltando sul letto e abbracciandomi. Non sapevo
cosa avesse fatto, ma
qualsiasi cosa fosse, non aveva scalfito la sua bellezza.
-Ciao
Pe, sono venuta a trovarti. Ti dispiace?- alzai titubante lo sguardo
verso di
lei.
Penelope
mi studiò inclinando appena il capo.
-Che
è successo? Hai litigato con James?- mi chiese, stendendosi
accanto a me.
Sorrisi.
-Diciamo che lasciarsi sarebbe stata la cosa più semplice.-
Era
vero. Era tutto un enorme problema.
-E
allora cosa?- insistette, incrociando le braccia al petto.
Mi
girai sul lato, verso di lei, appoggiando la testa sulla mano. -Era lui
il mio
sostituto- le dissi piano - è un Cacciatore, Penelope-
calcai il suo nome.
Lei,
d’altro canto, scese dal letto e si avvicinò
all’armadio. Lo aprì e iniziò a
rovistarci.
-Cosa
fai?- chiesi scettica, alzandomi appena per guardare meglio.
Lei
alzò le spalle ed estrasse una felpa grigia. -Mi cambio.-
-Ti
cambi?- sbottai. -Io ti dico, fra le righe, che rischi la vita e tu ti
cambi?-
Era
incredibile!
Lei
sghignazzò. -Ma io lo sapevo, piccola. Ti preoccupi troppo.-
Mi
alzai stringendo il pugno che puntai verso di lei. -Certo che mi
preoccupo,
anche perché lui ti stava dando la caccia- le spiegai
chiaramente la
situazione.
Lei
si voltò verso di me e mi sorrise. -E allora? Non si
può evitare il proprio
destino. Se devo andarmene, lo farò, ma non prima di aver
compiuto il mio-.
La
ascoltai assottigliando gli occhi.
-E
quale sarebbe il tuo destino?-
Cosa
c’era più importante di un Cacciatore che voleva
squartarla in mille pezzi?
-Trovare
il vampiro che mi ha reso sua eguale e ucciderlo- lasciò
perdere i vestiti e
chiuse l’armadio - e mostrarti la strada.-
Sbarrai
gli occhi. -Cosa?-
La
mia voce era diventata un flebile sussurro e non sapevo quale risposta
volevo
avere fra le due.
-Io
non volevo essere come sono. La bellezza non mi è mai
interessata e nemmeno
bere sangue a pranzo, merenda e cena. Non capisci?-
Era
la seconda volta in due anni che vedevo odio nei suoi occhi.
-Non
mi interessava nemmeno l’immortalità. Essere un
vampiro significa convivere
esclusivamente con il mostro che si ha dentro. La mia famiglia
è morta e io
sono rimasta da sola.- Mi diede le spalle.
-Ma
non posso cambiarlo- sussurrò duramente. Penelope si
disprezzava così tanto..
-E
la mia strada..?- chiesi, alzando appena la voce. Ero stanca degli
indovinelli.
-Tu
vuoi essere come me, vero?-
I
suoi occhi scrutavano i miei. Erano così simili..
Ricambiai
lo sguardo. -Io voglio restare con te e si, voglio essere come te.-
Quel
sogno ricorrente aveva dato luce a tutte le mie paure.
Fuori,
il mondo era completamente diverso. Le favole non esistevano e
probabilmente
neanche i lieto fine. Ero una preda come un’altra. Cosa
poteva rendermi diversa
dagli altri? Rischiavo la vita tutti i giorni e neanche Penelope e
Oliver
potevano salvarmi sempre. Anzi, probabilmente era a causa loro che
rischiavo la
mia.
-Succederà
Venice.-
Quello
che volevo sentire.
Passiamo ai
ringraziamenti.
*Lordgenome: Per
Jack non ho preso spunto dalla realtà xD Il mio è
perfetto é_é
Per quanto riguarda i genitori di Oliver ne parlerò
più in là :)
Ecco, hai centrato il punto dell'arma. Diciamo che
descriverò gli effetti in seguito.
Nel capitolo precedente volevo solo descrivere l'arma di Oliver: fa
parte della bellezza del personaggio.
Andrew invece si, ma non fisicamente :P
Grazie!
*I_Want_to_Break_Free:
Grazie mille!! Sei sempre così carina con me *__*
Io frequento il Liceo Scientifico e se potessi tornare indietro non lo
rifarei. :) Nessuno è mai contento direi XD
Alla prossima.
*Rosa di cenere: Non
potevi farmi complimenti migliori :) Grazie, sei un tesoro.
Sono contenta di essere stata d'aiuto.
Un bacio persecutrice.
Ringrazio anche
coloro che non recensiscono. Grazie di cuore.
|
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Capitolo 17 *** L'Imminente Ballo ***
Sono
tornata!
Stavo quasi per dimenticare che dovevo postare il nuovo capitolo O___O
Stamattina ho fatto un sacco di cose e devo ancora studiare O__O
Già ho voglia di arrendermi xD
Vi lascio con questo capitolo con la speranza che almeno voi ve la
passiate meglio di me :*
L'Imminente Ballo
I
giorni che seguirono furono una continua confusione.
A
scuola, i corridoi erano sempre intasati da ragazzine urlanti che
spettegolavano e analizzavano i profili dei giocatori di basket.
Speravano che
qualcuno di loro si facesse avanti e, stile telefilm, si inginocchiasse
nel
corridoio, chiedendo la mano della sua dama.
-Ragazze!
Daniel Ross! Mi ha invitata al ballo!-
Una
ragazza dai capelli rossi e il viso ricoperto da lentiggini
urlò a squarciagola
la notizia alle sue amiche.
Sbuffai
mentre aggiravo il gruppetto di oche starnazzanti che mi stavano
spaccando il
timpano sinistro.
Sgattaiolai
in bagno chiudendomi la porta alle spalle. Mi avvicinai al
lavandino e mi
rinfrescai il viso. Alzai lo sguardo verso lo specchio. Due occhi verdi
mi
stavano guardando.
Avevo
paura e non volevo ammetterlo.
Dopo
la promessa di Penelope non ero più riuscita a guardare
Oliver negli occhi. Lui
mi avrebbe detestata per la mia scelta. I miei genitori non mi
avrebbero più
rivolto la parola.
Forse
stavo esagerando. Forse un semplice umano come me, non
c’entrava assolutamente
nulla con tutta questa storia. Era solo una dannata coincidenza se la
mia
migliore amica era un vampiro, la quale credeva che avessi un destino
diverso
dal resto dei miei coetanei; se avevo un ragazzo Cacciatore di vampiri,
dipendente del Consolato e discepolo di mio padre.
Coincidenza?
Ma a chi volevo darla a bere?
Circa
metà del puzzle era completato, ma gli altri pezzi non
riuscivano a trovare un
loro ordine.
Mi
feci forza sulle braccia appoggiandomi al lavandino e sospirai. Mi
guardai
nuovamente allo specchio e accennando un misero sorriso, uscii dal
bagno
affrontando la folla di ragazze inferocite. Il gruppo di ragazze era
ancora lì
con la ragazza dai capelli rossi che stava raccontando per la millesima
volta i
dettagli dell’invito.
Sorrisi.
Un po’ le capivo. La nostra squadra di basket era la
più forte della regione e
anche se mi era difficile ammetterlo, avrei voluto essere come loro:
spensierata e un po’ oca.
Il
liceo capitava una volta nella vita e io non riuscivo ad apprezzare le
futilità
che mi offriva.
Entrai
in classe e mi accomodai al solito posto: banco vicino alla finestra.
Il
professore di Storia non era ancora arrivato. Era un uomo davvero
affascinante
e anche se, obiettivamente, non era una bellezza da mozzare il fiato,
aveva un
qualcosa di diverso. Uomo colto, spiritoso, premuroso. La moglie di
certo non
poteva lamentarsi.
Il
banco al mio fianco era vuoto. Penelope e Josh non erano venuti.
Guardai
fuori. Il cielo era coperto, non c’era nessun motivo per non
uscire.
La
campanella segnò l’inizio della lezione e io
volevo scacciare via tutti i miei
pensieri. Prestai la massima attenzione al mio professore preferito.
Tutto
il resto della giornata fu tranquillo, in realtà mi ero
sentita anche
abbastanza sola, ma non volevo pensare alla possibilità che
fosse accaduto
qualcosa a Penelope o magari a Josh.
Corsi
di filato a casa, evitando accuratamente Andrew che non si era dato per
vinto.
Cosa
di “Io sono impegnata” non aveva capito? A volte i
ragazzi erano davvero senza
misura.
Saltai
l’aiuola di casa mia per attraversare il giardino e
guadagnare tempo.
Entrai
d’impeto in casa sbattendo la porta. Per un attimo avevo
creduto di inciampare
nel risvolto del tappeto.
Non
sapevo dove cercarlo. Provai la biblioteca, ma era deserta; la cucina,
ma c’era
mia madre che stava preparando dei tramezzini.
-Tesoro,
che succede? Sei pallida- mi disse con la sua impareggiabile dolcezza.
Mi
appoggiai allo schienale della prima sedia che vidi sottomano.
–Mamma, dov’è
Oliver?-
Lei
mi guardò stranita. Non sapeva nulla di noi o forse fingeva.
Non sarebbe stata
la prima volta.
-Nello
studio con tuo padre, ma non devi interromperli- mi ammonì.
Risi
freddamente. -Stanno preparando un progetto?-
Lei
mi guardò confusa. -Ma certo.-
Sventolai
una mano come per lasciar correre. Infilai la mano nella tasca
posteriore dei
jeans e chiamai Penelope. Portai il cellulare all’orecchio.
Al primo squillo
rispose.
-Stai
bene?- dissi semplicemente. Mi bastava un dannato
“si”.
Dall’altra
parte lei rise.
-Piantala piccola.
Sto facendo shopping per il
ballo e sono in compagnia di Josh.- mi spiegò, trattenendo a
stento le risate.
-A proposito, c’è un regalo per te sul letto.-
Attaccò.
Restai
impalata per circa un minuto sotto lo sguardo indagatore di mia madre.
Chiusi
il cellulare e lo riposi in tasca.
-Fammi
un favore, mamma- calcai per bene l’ultima parola.
Lei
alzò lo sguardo verso di me pronta ad ascoltare.
-Quando
Oliver e papà avranno finito di progettare, puoi dirgli di
venire un attimo su?
Devo parlargli- tagliai corto.
Lei
annuì e prima che potesse dire qualcosa sgattaiolai nella mia camera.
Un pacco bianco con un fiocco
lilla si trovava
esattamente sul mio letto.
Lo
aprii e sorrisi.
Era
un abito.
Lo
tirai fuori appoggiandolo al corpo e mi guardai allo specchio.
Era
bianco con le bordature verdi. Il corpetto era rigido e la parte finale
era a
palloncino.
C’era
anche un biglietto. Scoppiai a ridere.
-Il
verde ti dona, non hai il problema delle scarpe.-
Ai
piedi del letto c’erano le converse che lei stessa mi aveva
regalato qualche
giorno prima. Cominciavo a credere che fosse lei l’autrice
del tema per il
ballo.
Ringraziamenti:
*Lordgenome:
Venice vampiro. Muahaha Adoro dare spazio ai personaggi femminili. Mi
dispiace, ma non è proprio come l'hai pensato tu. Conto di
dare spazio alla vendetta di Penelope molto molto più tardi
:) Andrew è un personaggio che mi è venuto
così, come un gioco. Niente di elaborato. E' una comparsa.
Grazie.
*Rosa
di cenere: Infatti u.u Sei in ritardo cara! Hahaha! L'importante
è che mi segui *__* La vicenda di Venice è super
complessa, ma se lei vuole questo, anche i pareri contrastanti non
saranno un ostacolo per lei. :) Forse solo Oliver potrà
frenarla, ma non fermarla. Grazie mille! Un bacio.
*I_Want_to_Break_Free:
Mi piace la parola "destino". :P Vediamo come si mette. Siamo arrivati
ad un punto importante della storia. Io sono della provincia di
Salerno. Tu?
Infine,
come sempre, ringrazio tutti coloro che mi seguono in incognito! Un
bacio e alla prossima.
|
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Capitolo 18 *** L'Ultimo Tassello ***
Eccomi
tornata.
La scuola procede e io non vi lascio soli :P
Ho segnato sul calendario i giorni in cui devo postare il capitolo.
Quindi non vi preoccupate.
Detto questo, vi lascio alla lettura.
L'Ultimo Tassello
Quella
notte Oliver venne nella mia camera come avevo chiesto di riferirgli.
Ormai
non si usava più bussare e quando entrò, io stavo
per andare a letto. Mi
bloccai a guardarlo. Era.. stanco.
Cambiai
direzione andando verso di lui e lo abbracciai baciandogli il mento.
Lui mi
prese fra le braccia e mi portò a letto.
-Ehi-
sussurrai, accarezzandogli il viso.
Lui
mi guardò e mi sorrise. Sembrava dispiaciuto.
-Che
succede?- incalzai, avvicinandomi a lui.
Oliver
chiuse gli occhi e si distese sul mio letto. Io feci lo stesso, ma
usando il
suo petto come cuscino. Iniziò a lisciarmi i capelli e dopo
quello che
sembrarono ore interminabili mi rispose.
-C'è
un altro Cacciatore in città. Si chiama Federic e si
occuperà di Josh. E' uno
famoso nel nostro campo.-
Io
mi mossi appena, mi sentivo una morsa allo stomaco.
-Non
so come lo abbia scoperto- si riferiva a mio padre.
Io
gli presi la mano e la strinsi per incoraggiarlo. -Immagino che
lavorerete
insieme- conclusi.
Era
la soluzione più ovvia.
-No, Jack non
vuole- sentì un po’ di
risentimento nella sua voce.
Mi
alzai di scatto guardandolo. -E se trovasse prima Penelope?-
Lui
ricambiò il mio sguardo preoccupato. Era per questo che era
stanco, aveva
combattuto fino alla fine per lavorare con Federic. In questo modo
l'avrebbe
tenuto sotto controllo.
-Scusa-
dissi. A volte ero davvero senza tatto e senza misura. Un po’
egoista.
-Posso
restare qui?- mi stupì la sua richiesta. Evitai il suo
sguardo. Non avevo mai
dormito con nessuno. Nessun ragazzo.
-S-si-
risposi, cercando di controllare la voce. Il mio cuore mi stava
avvisando,
stava per esplodere. Lui mi baciò, un bacio serio. Ne
sentivo la mancanza, ma
prima che potessi pensare a qualsiasi cosa, lui si alzò. Mi
diede le spalle.
Iniziò a sbottonarsi la camicia beige. Per ogni
bottone aperto, il mio
cuore perdeva un battito. Si tolse la camicia e l'appoggiò
alla sedia, lo
stesso per i jeans e le scarpe.
Non volevo
parlare, non volevo rovinarmi quella visione celestiale. Era stupendo.
Il suo
corpo era ancora più bello di ciò che
credessi. Mi alzai e chiusi la porta
a chiave. Non volevo che mio padre o mia madre entrassero
all'improvviso. Lui
ghignò e mi venne incontro. Mi baciò e
sentii tutto il suo corpo sul mio.
Mi irrigidii. Alzai lo sguardo: i suoi occhi brillavano. Mi
prese per mano
e mi portò nel mio letto. Scivolò sotto le
coperte stringendomi a lui. Il mio
cuore non accennava a fermarsi. Lui mi sussurrò qualcosa
all'orecchio.
-Mm?- mi
sentivo confusa. Non avevo capito nulla.
-Ti
amo, Venice- mi ripeté piano, avvicinando la
bocca al mio orecchio.
Io
tremai, non per il freddo. Gli baciai quelle sue splendide labbra rosee.
-Ti
amo anche io.-
Incastrò
il suo viso nell'incavo del mio collo. Potevo sentire il suo
respiro caldo
e rilassato. Iniziai a toccargli i capelli biondi e mi addormentai dopo
di lui.
*
Il
giorno dopo, le lezioni era state annullate per la preparazione della
scuola e
della palestra per la famosa serata.
Quando
mi svegliai verso le nove del mattino, Oliver era ancora
lì. Lo osservai
dormire. Conoscevo molte sue espressioni, ma mi resi conto che
preferivo in
assoluto il suo viso quando era rilassato: sembrava in pace
con il mondo.
Gli baciai la guancia e mi alzai piano.
Entrai
in bagno per ottenere qualche minuto di privacy e quando uscii ritrovai
Penelope sul mio letto accanto ad Oliver. Inarcai un
sopracciglio.
-Buongiorno-
dissi, incrociando le braccia.
Lei
alzò lo sguardo verso di me e ghignò. Stava
già pensando male. Scossi la testa
e mi vestì.
Lei
di tanto in tanto punzecchiava il viso di Oliver con le dita e
lui
sussurrava qualcosa nel sonno. Infastidita, le lanciai un cuscino, ma
sbagliai
di molto la mira.
Oliver
scattò guardandosi intorno, sgranò gli occhi non
appena vide Penelope e guardò
me a mo di scuse.
-Che ci
fai qui?- chiese Oliver, guardando Penelope che sghignazzava
soddisfatta.
-Potrei
dire lo stesso di te- rispose lei di rimando.
Io
sbuffai ed entrambi mi guardarono. –Buongiorno- ripetei
scocciata.
-Vi
rendete conto che è il giorno più brutto della
mia vita? Non mi rovinate il
risveglio- mugugnai, saltando addosso ad Oliver e cercando le sue
labbra. Lui trovò le mie e
mormorò su di esse un
"scusa".
Io
sorrisi. Penelope si alzò dal letto e andò a
sedersi sulla poltroncina di
fronte.
-Federic
è molto esperto- commentò,
guardandosi le unghie.
Sentii
Oliver irrigidirsi. -Vi ha già trovati?-
-Esattamente-
rispose - ma stiamo bene- aggiunse, guardandomi.
Stavo
per chiedere proprio la stessa cosa.
Oliver
sospirò e si alzò trascinando con sè
il lenzuolo.
Penelope
lo prese in giro. -Ti vergogni James?-
Lui
schioccò la lingua. -Non vorrei che ti venissero strane
idee, sai.-
Io roteai
gli occhi. Sempre i soliti.
-Bene,
andiamoci a preparare. Alle otto in punto vi veniamo a prendere-
esordì lei,
puntando l'indice contro noi due.
Io
annuii disperata e Oliver
ridacchiò. Si volse verso di lei. -Jack e
Elisabeth?-
Lei
scosse il capo. -Hai la strada spianata, amico-
Lui
sorrise falsamente e sparì in bagno.
Restammo
da sole, Penelope mi scrutava, io la guardai scettica.
-Che
c'è?- chiesi, alzando appena la voce.
Lei
mi fece una linguaccia. -Bella mercanzia.-
Riconoscevo
il suo sguardo. -Ehi giù le mani- ordinai, lanciandomi su di
lei. Lei ridacchiò
soddisfatta.
-Sono
più bella, lo sai- disse, scuotendo i capelli.
-Mi
stai sfidando?- scherzai, facendo lo stesso.
Lei
mi guardò. -Hai già vinto.-
Era
seria, si alzò e mi stampò un bacio sulla
guancia.
Quella
volta non capii.
Ringraziamenti:
*I_Want_To_Break_Free:
Grazie!
Il casino è inevitabile, non sono per i balli tranquilli
u.u
Oliver è insostituibile :Q__
Bellissima Roma, complimenti *____*
Sono contenta e come si intitola?
*Lordgenome:
Andrew ha meno riferimenti alla realtà rispetto il
professore di storia :P
Ti è piaciuto il progetto? hahaha
Venice è Venice..Non potevo crearla senza qualcosa che la
rendesse speciale.
I tempi li sto rispettando come vedi prrr
Grazie!
*Rosa di cenere: Che
bellooo! Di nuovo prima.
Hahhaha mi hai dato un'idea..Strage di massa hahaha
Il ballo è una delle mie parti preferite. Mi appassionai
proprio quando la scrissi.
Grazie mille cara, come vedi ci riesco riesco ancora a coinciliare
tutto.
Un bacione enorme persecutrice <3
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Capitolo 19 *** Un Giorno Diverso ***
Lo
so, sono in terribile ritardo, ma non sono riuscita a postarlo prima.
Non
mi odiate..!
Un Giorno Diverso
Inesorabilmente
la sera in cui mi sarei resa ridicola davanti a tutti era arrivata.
Oliver
era tornato a casa sua per prepararsi e aveva incontrato mia
madre sulle
scale.
Lei
lo aveva guardato male, ma lui aveva sfoggiato il suo sorriso da
togliere il
fiato e l'aveva praticamente confusa.
Io,
d'altro canto, mi ero chiusa in camera per prepararmi.
Guardai
l'orologio: erano le sei del pomeriggio.
Presi
il vestito bianco bordato di verde e lo disposi sul letto, lo
stesso feci
con le converse che misi sul pavimento ai piedi del letto.
Guardai
il tutto ancora indecisa sul da farsi, ma ormai lo avevo promesso a
tutti.
Dopo
una doccia ristoratrice, indossai il vestito e le scarpe. Mi andava
tutto a
pennello.
Non
c'era che dire, Penelope era una maestra quando si parlava di shopping.
Mi
studiai allo specchio indecisa su come acconciare i capelli.
La
mia preferenza era chiaramente portarli così, liberi da
clips, elastici, lacca,
brillantini; ma, era pur sempre un ballo.
Mi
lisciai la frangia e raccolsi i capelli in una crocchia
lasciando che
qualche capello libero ricadesse sul viso.
Storsi
il naso e rientrai in bagno per trovare l'arricciacapelli. Lo
misi in
caldo e nell'attesa iniziai a dare un po’ di colore al mio
viso. Non volevo
esagerare, ma neanche essere impresentabile. Sarei sicuramente
sfigurata al
fianco di Penelope e magari anche al fianco di Oliver.
Immaginavo già le
facce delle mie compagne quando l'avrebbero visto. Altro che giocatore
di
basket.
Ghignai
divertita mentre imprigionavo le ciocche libere nell'arricciacapelli.
Il
risultato fu più che soddisfacente.
Sospirai
nervosa. Si, ero nervosa.
Stavo
per lasciare la camera quando il campanello suonò.
Mi
precipitai di sotto anticipando di molto mia madre che mi
guardò estasiata. La
ignorai.
Aprii
con il cuore a mille. Era mio padre. Lo guardai delusa, ma mi ridestai
all'istante quando notai il suo sguardo preoccupato.
Guardò me e poi
mia madre e sparirono entrambi nello studio.
-Wow-
bisbigliai, chiudendo la porta alle mie spalle.
Iniziai
a strofinarmi le mani e alzai lo sguardo lungo il vialetto di casa.
Oliver
James stava arrivando con la sua impeccabile eleganza.
Trattenei il
respiro e gli sorrisi. Indossava un abito nero dal taglio
semplice e una
camicia bianca sbottonata al collo, senza cravatta. Ora si che lo
preferivo.
I
capelli biondi erano perfettamente in ordine eccetto qualche ciuffo che
gli
ricadeva sulla fronte. Era irresistibile.
I
suoi occhi castani incontrarono i miei verdi. Mi prese le mani e mi
guardò come
per studiarmi. Inarcai un sopracciglio, ma mi sciolsi in un grande
sorriso
quando lui mi guardò soddisfatto.
-Dire
che sei bellissima è la metà di ciò
che penso- mi baciò la fronte.
-Grazie,
ma tu mi superi James- mi stavo sciogliendo.
Lui
ridacchiò e con voce profonda disse: -Modestamente.-
Io
ghignai, prendendo la sua mano.
Oliver
infilò la mano libera nella tasca interna della sua giacca e
ne estrasse una
scatolina blu. Me la porse.
Lo
guardai e gli strinsi l'altra mano. Lui mi esortò
sorridendomi e mi
decisi a prenderla. La aprii. Conteneva un bracciale rigido in
argento.
Era liscio ad eccezione della chiusura che portava un incisione.
L'avvicinai
al viso per guardare meglio. Era una foglia.
Lo
guardai incuriosita. Lui lo prese dalle mie mani e
me lo fece
indossare. Mi accarezzò il polso.
-E'
semplice come te, puro come il tuo cuore- mi accarezzò il
viso. -La foglia
ricorda il nostro albero. Dove è cominciato.-
Abbassai
lo sguardo sul mio polso.
-E'
bellissimo- sussurrai appena. Non riuscivo a controllare la mia voce.
-Oliver..tu sei- inspirai -Tu sei la parte di me che stavo
cercando e ti
amo, talmente tanto, da non riuscire più a stare senza te,
ad immaginarmi senza
te.-
Mi
sporsi per baciarlo. Lui mi imprigionò fra le sue braccia.
Fu una delle poche
volte che sentii il suo cuore accelerare più del mio.
Sorrisi sulle sue labbra
quando lui le avvicinò alle mie.
-Ti
amo anche io piccola. Sono totalmente innamorato di te, lo sono sempre
stato-
mi confidò.
Mi
strinsi a lui. Come ero stata così fortunata?
Perchè lo amavo così tanto?
La
serata stava prendendo una piega che iniziava a piacermi.
Aveva ragione
Pe, come sempre.
Oliver
infilò nuovamente la scatolina vuota nella sua
tasca e mi prese per mano.
Insieme attraversammo il vialetto.
Giunti
alla fine, la Nissan Micra nera di
Penelope era già parcheggiata.
Alla
guida c'era Josh, bellissimo come sempre e al suo fianco, Penelope.
Scese
dall'auto per abbracciarmi. L'ammirai in tutta la sua impareggiabile
bellezza.
Indossava
un abito nero lungo e scollato. I capelli erano legati sul lato destro
in una
coda lasciando gran parte della schiena scoperta. Il suo viso era..non
sapevo
più come esprimermi. Penelope era unica.
-Scusate,
ma perchè solo io seguo il tema del ballo?- chiesi guardando
i tre.
Penelope
ghignò e alzò appena il vestito
per farmi notare i suoi tacchi
vertiginosi. Il tacco era laccato di verde.
Schioccai
la lingua. -Ah scusa, non era molto visibile- feci indispettita.
Josh
scese dall'auto e strinse la mano di Oliver, poi mi baciò la
guancia.
Sentii
Oliver trattenere il respiro. Era anche geloso? Lo guardai di
sottecchi.
Penelope
aprì la sua borsetta, rigorosamente nera, e prese due
nastrini verdi. Li legò
alle giacche dei due uomini.
-Perfetto-
commentò, guardandoli entrambi.
Oliver
ghignò e aprì la portiera dell'auto.
Salimmo
tutti a bordo e Josh inchiodò sull'acceleratore.
-Pronti?
Sarà una serata indimenticabile!- esclamò.
Sembrava un bambino.
Io
risi di gusto. -Mai stata così pronta- lo imitai,
sorridendogli.
Mi
stavo lasciando trasportare dagli eventi.
Ringraziamenti:
*Lordgenome:
Il mio amatissimo prof di storia *___* Forse devo dirglielo che compare
in un capitolo della mia storia..Che ne dici? hahaha
Uno scontro mm Chi può dirlo? u.u :P
Grazie mille.
*I_Want_to_Break_Free:
Grazie mille! Non potevi farmi complimento migliore.
Oliver sfiora la perfezione e Penelope è il mio capolavoro
hahaha
Salerno è molto bella, invece il mio è un paese
piccolino.
Alla prossima.
*Rosa di cenere: E a me piace
essere perseguitata :P
Siamo tutte invidiose di Venice muahahah
Beh Federic è uno tosto, lo vedrai con il tempo.
Un bacione!
|
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Capitolo 20 *** Gelosia ***
Ok, sono imperdonabile, ma proprio non
riuscivo a trovare del tempo per rivedere questo capitolo.
Spero di non essere linciata per questo mostruso ritardo.
Gelosia
La
scuola era irriconoscibile. Era ben diversa dal giorno precedente.
Il
corridoio principale era tappezzato da festoni verdi, ghirlande di
palloncini e
cartelloni. Nastrini e coriandoli pendevano dal soffitto.
Il
corridoio era buio, solo sul fondo c'era una luce. Indicava l'ingresso.
-Mi
piacerebbe tornare a scuola- mormorò Oliver al mio orecchio.
Io
mi voltai verso di lui. -Non è sempre così- lo
informai.
Penelope
e Josh ci superarono andando verso la fonte di luce, io e Oliver li
seguimmo. Con
una leggera spinta, Penelope aprì la porta.
Le
luci colorate colpirono in pieno i nostri volti. Musica a
palla rimbombava
nelle mie orecchie. Ragazzi e ragazze con i loro abiti eleganti si
scatenavano
in pista. Altri avevano già attaccato il buffet. Riconobbi
Andrew fra loro.
Oliver
mi prese per mano e ci addentrammo nella mischia. Persi subito di vista
Penelope e Josh, ma se restavo con Oliver il problema era nullo.
Salutai
tute le mie compagne che avevano occhi solo
per Oliver.
Quando
ce ne fummo liberate, gli assestai una gomitata allo stomaco che non
ebbe
l'effetto sperato. -Spiegami, perchè sei così
bello? Ti mangiavano con gli
occhi.-
Anche
con le luci accecanti, il suo viso era sempre splendido. Lui mi sorrise
malizioso. -Peccato che a me interessi una sola dama di questo ballo.-
Io
risposi confusamente, non mi doveva sorridere così, ero
già in tilt.
-E
ce l'ho di fronte- si avvicinò ancora.
Io
annui indecisa su come comportarmi.
-Ed è anche la più bella.-
Alzai
lo sguardo. -Ok, sono gelosa.-
Lui rise di gusto. -Non ne hai
motivo, piccola- mi accarezzò il viso.
Io lo guardai scettica. Come
non avevo motivo? Era pazzo..
Ci avvicinammo al buffet per bere qualcosa.
Mi
ero completamente dimenticata che Andrew era lì.
Il ragazzo si avvicinò.
-Ma come ti sei conciato?- chiesi, piegandomi in due dalle
risate.
Lui mi sorrise. -Sapevo che ti sarebbe piaciuto.-
Oliver mi strinse
la mano. Sorrisi a mia volta. -Beh anche se il tema del ballo era il
verde
non era necessario indossare uno smoking completamente verde- gli feci
notare, sistemandogli la giacca. Il suo viso assunse una
tonalità rossastra.
L'avevo imbarazzato. Era così carino quando faceva
così, ero abituata alle sue
stranezze. In fin dei conti poteva essere un buon amico per me, se lui
l'avesse
accettato.
Oliver si mosse appena. -Andrew, lui è Oliver. E Oliver,
lui è Andrew- li presentai. Oliver gli strinse la mano e
vidi comparire
sul volto di Andrew una piccola smorfia di dolore. Allontanai la mano
di
Oliver.
-Sempre spaccone- sussurrai. Lui mi ignorò.
Andrew si
massaggiò la mano e mi sorrise, come se nulla fosse
accaduto. -Era lui il
tuo impegno.- Calcò bene l'ultima parola.
Annuii, ma lui riprese. -Hai
un amico interessante.-
La sua voce aveva assunto una tonalità aspra,
impensabile se riferito ad Andrew. Mi schiarii la voce. Mi sentivo in
imbarazzo.
-Vado a bere qualcosa- dissi e me la svignai. Ok, non era molto saggio
lasciare il mio ragazzo in compagnia di un.. mio amico.
Mi versai
dell'acqua, l'unica cosa che vidi ancora intatta e bevvi una lunga
sorsata per
calmarmi. Li vidi parlare, ma grazie al cielo, non erano passati alla
violenza.
Buon segno. Andrew si allontanò senza degnarmi di uno
sguardo e guardai
incuriosita Oliver che si avvicinava. Si accomodò sul
divanetto dietro di me
e mi prese per il vestito. Lasciai il
bicchiere e lui mi
fece sedere sulle sue gambe.
Sospirò. -Ok, sono geloso- ammise,
chiudendo gli occhi.
Io ghignai e gli baciai le labbra. -Non ne hai
motivo- lo assicurai, trattenendo un sorriso. Questa conversazione mi
divertiva.
-Certo certo- tagliò corto non del tutto convinto.
Mi
guardai il bracciale. Era cominciato tutto così,
improvvisamente. Le cose
inaspettate erano sempre le più belle. Lo strinsi a me
baciandogli la testa.
Lui mi circondò con le sue braccia. Con la coda dell'occhio
mi guardai intorno
e riconobbi la ragazza dai capelli rossi che urlava qualche giorno
prima in
corridoio. Era sola. Inarcai un sopracciglo. Quell'imbecille le aveva
dato
buca.
Non mi accorsi di Penelope che si era seduta accanto ad
Oliver. Josh
mi sorrise e mi baciò la guancia. -Andiamo a ballare?- mi
chiese.
Oliver sospirò, guardai lui e poi Penelope,
come per essere sicura di
non sbagliare. Josh mi prese per mano e mi tirò via. Sentii
le braccia di Oliver
lasciarmi andare, era il suo "si". Io e Josh entrammo a fatica
nella folla e iniziammo a ballare. Cominciai a divertirmi e Josh era
anche
bravo. Ovviamente. Una canzone, due canzoni, alla terza mi arresi. Josh
ridacchiò. -Vieni, andiamo a sederci.-
Annuii decisa e mi lasciai
trasportare. Oliver e Penelope stavano parlando come due
persone civili.
Sorrisi e mi gettai fra le braccia di Oliver.
-Josh è un ballerino
provetto!- esclamai senza fiato. Penelope ghignò
maliziosa. Le feci
una linguaccia e con le labbra mimai un "ho capito". Circondai
con le braccia le spalle di Oliver, lui mi sorrise e mi
annunciò: -Il
prossimo lento è il nostro.-
Sorrisi, non vedevo l'ora. Tutti e quattro
iniziammo un po' a parlare di argomenti futili, ma quando iniziarono a
nominare
i miei genitori, mi alzai di scatto. Fortunatamente
nessuno si
accorse del mio gesto perchè il dj aveva appena
cambiato traccia. Trascinai
Oliver in pista prima che Penelope potesse rispondere alle sue domande.
Era
egoista da parte mia, ma non volevo pensare ad altro per quella
sera. Cinsi il suo collo con le braccia e lui mi prese per la
vita. Mi
appoggiai alla sua spalla e iniziammo a muoverci
lentamente, a passo
di musica. Lui mi accarezzava la nuca e ad ogni suo tocco
sentivo un
brivido scendere lungo la schiena. Mi spostai appena per
guardarlo negli
occhi.
-Grazie di essere qui. Non ci sarei mai venuta senza di te e hai
reso questa serata la più bella della mia vita.-
Lui mi baciò piano
stringendomi a lui. -Non c'è di che-
sussurrò al mio orecchio
abbracciandomi. Sentivo il suo profumo invadermi le narici. Era
delizioso. Lo
strinsi più a me come per paura di perderlo da un momento
all'altro.
Improvvisamente lui si irrigidì, sentii i suoi muscoli
tendersi e la mano
sinistra che si allontanava dalla mia schiena. Mi
voltai seguendo la
direzione del suo sguardo. Penelope e Josh avevano lasciato la sala.
Studiai il suo viso. Aveva quello sguardo.
*Ringraziamenti:
*I_Want_to_Break_Free:
Il ballo era d'obbligo *___*
Mi è piaciuto molto scrivere di Oliver..Di questo capitolo
cosa ne pensi? :P
La scena del bracciale è, insieme a quella dell'albero, la
mia preferita insieme ad un'altra che poi leggerai :P
Grazie <3
*Rosa
di cenere: Io amo tutto hahaha Allora, soddisfatta del ballo? ^^
Grazie mille, come sempre e spero che stavolta sarai la prima prrr!
*Lordgenome: Invece di
studiare hahaha
E' il mio stile
!! ^^
Grazie milleeee!
|
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Capitolo 21 *** La Fine E Un Inizio ***
Perdoooono!
Non riesco a conciliare tutto. Perdonatemi.
Non ho scusanti.
Voglio dirvi che leggere questo capitolo, a distanza di mesi, mi fa
ancora commuovere. Spero di suscitare lo stesso in voi.
La
Fine E Un Inizio
Oliver
sparì nello stesso istante in cui vidi la chioma riccia di
Penelope scomparire oltra la porta. Era l'uscita secondaria che dava
sul parco, al limitare del bosco che costeggiava la scuola.
Mi guardai intorno. Tutti si divertivano, tutti vivevano la propria
vita, come se nulla li potesse fermare.
A fatica riuscii ad attraversare la folla spintonando una paio di
ragazzi. Stavo per farcela quando mi sentii trascinare indietro:
qualcuno mi aveva presa per il polso. Mi voltai di scatto
assottigliando gli occhi. Dovevo andare.
-Andrew, dannazione, mollami!-
esclamai, dando uno strattone.
Lui mi guardò confusa, abbozzai un sorriso. Avevo esagerato.
-Scusami, vado di fretta- mi
scusai, massaggiandomi il polso.
Gli diedi le spalle e riuscii a raggiungere la porta. Con una leggera
pressione della mano, la maniglia scattò verso il basso e mi
ritrovai ad assaporare l'aria fresca serale. Scrutai gli alberi. Era
tutto buio e non vedevo assolutamente nulla. La porta alle mie spalle
si richiuse limitando così la mia unica fonte di luce. Mi
guardai intorno. Dov'erano finiti tutti? Ma soprattutto, cosa stava
succedendo?
Alla mia sinistra c'era il parcheggio, alla mia destra un piccolo
spazio libero utilizzato dagli studenti per pranzare
quando il sole
si degnava di comparire nelle loro
giornate.
Optai per la seconda strada. Mi mossi seguendo la
linea del muro. Sembrava completamente deserto. L'unica fonte
di rumore era il dj che aveva appena messo un pezzo remixato.
Sospirai. Avevo cantato vittoria troppo presto.
Svoltai l'angolo e per quanto i miei occhi al buio potessero
vedere, riconobbi una figura al centro del prato. Non potevo
nascondermi in nessun luogo. Era totalmente spoglio.
Decisi di uscire allo scoperto. Strinsi i pugni, sentii le unghie
infilarsi nella carne. Mi avvicinai piano verso quella figura che mi
dava le spalle. Non sembrava essersi accorta di me.
Ad ogni passo, sentivo il mio cuore accelerare. Non ne avevo motivo,
cioè, io non avevo paura del buio, ma c'era qualcosa di
misterioso, per l'ennesima volta, nel comportamento della mia migliore
amica e del mio ragazzo. A meno di dieci passi riconobbi la figura come
quella di Josh. Lo chiamai ad alta voce. Lui mi ferì con il
suo solo sguardo. I suoi occhi non erano più
azzurri, ma rossastri. I suoi lineamenti non erano più
dolci, ma forti. Sembrava.. Doveva essere affamato.
Arretrai in fretta rischiando di inciampare, ma lui non mi
degnò di uno sguardo anzi, scattò in avanti come
un bolide.
Lo vidi sparire oltre le siepi
che dividevano il parco dal bosco. Con il cuore a mille, iniziai a
correre verso il punto in cui era sparito. Mi impigliai in un ramo, ma
con la forza riuscii a liberarmi strappando l'orlo del
vestito. Feci una smorfia e continuai a correre. Mi annotai
mentalmente di ringraziare Penelope per avermi consigliato le converse
anziché tacchi vertiginosi: sarebbe stato un problema
correre così liberamente. Un altro ramo sporgente
mi procurò un taglio sul braccio, ma lo ignorai.
-Josh, dove ti sei
cacciato?- bisbigliai, fermandomi per riprendere fiato.
Improvvisamente sentii una voce. Una voce dura, tagliente, carica
d'odio.
Mi acquattai dietro un grande
cespuglio e cercai di mettere a fuoco la nuova figura a pochi
metri da me. Era un ragazzo non molto più grande.
Non riuscii a distinguere il suo volto, ma ciò che
attirò la mia attenzione furono i suoi
capelli: non erano molto lunghi e li aveva raccolti in una
coda. Indossava un abito da cerimonia, forse si era imbucato al ballo.
Mi spostai sulla sinistra e solo allora notai che stava
impugnando una pistola. Rabbrividii.. Lo sentii ridere. Ero troppo
lontana per distinguere le parole. Mi avvicinai
restando nascosta. Dalla mia nuova postazione riuscii
a riconoscere una nuova figura, questa volta era una ragazza..
-Oh no- sussurrai,
riconoscendo Penelope. Quel ragazzo era Federic, il cacciatore
di Josh.
-Dov'è la
tua dolce metà?- chiese lui, puntando la pistola
verso Penelope.
Lei lo guardò con
aria di sfida. Non era il giusto approccio da riservare ad un
cacciatore di vampiri che ti stava puntando una pistola alla testa.
-Avanti, PARLA!-
urlò, togliendo la sicura.
Guardai ancora Penelope, non
dava segno di cedere. Dovevo fare qualcosa. Stavo per alzarmi
quando sentii la voce di Oliver. Restai nascosta. Stava avanzando verso
Federic puntando l'arma contro di lui. Federic non lo
degnò di uno sguardo.
-E' mia, Face-
ruggì, facendo partire un colpo. Non l'avevo mai visto
così. Ero sicura che lo avesse sparato, ma invece, aveva
mirato a poca distanza dal suo piede.
Federic ruotò
appena il capo per guardarlo negli occhi.
-Non mi ostacolare. Era tuo
compito uccidere questo vampiro, ma probabilmente Jack ha sbagliato.
Non potrai mai essere il suo erede. Provi compassione per queste
creature.-
Oliver non si lasciò impressionare, strinse ancora di
più l’impugnatura della sua pistola.
-La prossima volta non ti
mancherò- lo minacciò.
Federic tentennò poi alzò il braccio lasciando
cadere la pistola sul prato.
Guardai Penelope ed ero sicura che lei mi avesse già visto.
Lei si avvicinò ai due lentamente e Oliver si
abbassò per prendere la pistola. Era finita. Stavo per
uscire allo scoperto, ma Penelope alzò una mano e mi fece
segno di non uscire. Federic la studiò
attentamente.
-Il grande Face si lascia
comandare così- lo canzonò Penelope accorciando
la distanza fra i due. Un metro li divideva. Lui sorrise soddisfatto.
-Non è finita.-
Io iniziai a correre ignorando
l'avvertimento della mia migliore amica. Federic aveva appena estratto
un'altra pistola. Afferrai Penelope per un braccio. Lui
sparò.
Un dolore straziante esplose
nel mio petto. Mi toccai dove sentivo bruciare. Mi sentivo infuocata.
Avvicinai la mano al viso. Era ricoperta di sangue. Le gambe non mi
sorreggevano. Mi abbandonai fra le braccia di Penelope. Il proiettile
mi aveva sfiorato il cuore, sentivo il sangue inzupparmi il vestito, lo
sentivo per il suo odore.
-No!- esclamò
Oliver. Era la sua voce.
Sentii un rumore, qualcuno era
a terra. Federic?
Cercai di alzarmi, ma non ci
riuscivo. Ero stanca.
-Venice..Venice!- Era sempre
lui. Volevo rispondere.
-Uhm- tossii. Altro sangue.
-O mio dio-
sussurrò questa volta Penelope.
-Chiama un'ambulanza!-
esclamò lui in preda la panico.
Era così che ci si
sentiva? Quando si stava per morire? Quando si stava per
superare il confine della vita?
Così leggeri?
Tossii ancora e ancora. Era
troppo tardi.
Oliver piangeva e mi stringeva
la mano. Quanto lo amavo e stavo per lasciarlo solo.
Aprii gli occhi a fatica. Due
occhi verdi mi stavano guardando. Lei, la mia metà.
-E'
il tuo destino-.
Fu ciò che mi disse prima di
sentire un dolore ancora più forte alla gola. Cercai di
allontanarmi con le poche forze che mi erano rimaste. Mi sentivo
invadere dalle fiamme, la testa esplodere, desideravo che finisse. Non
avrei più voluto risvegliarmi. Mi aveva morsa.
..?
La stretta alla mia mano si
fece ancora più forte. Calde lacrime cadevano su di essa.
Oliver non si ero opposto, ma conoscevo già la sua scelta.
Il
dolore aumentò. Respiravo a fatica, poi il nulla.
*Ringraziamenti:
*I_Want_To_Break_Free:
Grazie!
La gelosia è in qualsiasi tipo di rapporto. Ci tengo a
sottolineare che anche Venice è molto gelosa, ma non solo di
Oliver, anche di Penelope.
Sono contenta di averti accontentata. Che gioco di parole muahaha
Questo capitolo ha soddisfatto la tua curiosità? :P
*Rosa
di cenere: Grazie di cuore! Non fa niente che non riesci a battere il
tuo record personale, l'importante è che sei qui a darmi
sostegno ^_^
Lo scontro tra titani? Beh, Oliver parte molto in vantaggio haha!!
*Lordgenome:
Era un confronto u.u
Avevi ragione tu? u.u O ti ho sorpreso? haha!
Grazie mille!
|
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Capitolo 22 *** Gioco Del Destino ***
Mi vergogno. E' passato
troppo tempo dall'ultimo capitolo. Scusatemi. Vi sto abbandonando
proprio quando la storia si fa più interessante. Spero che
vi piaccia <3
Gioco
Del Destino
Tante
voci e suoni distinti, ma sconosciuti, occupavano la mia testa. Non
sentivo il bisogno di respirare e mi sentivo diversa. Era difficile da
descrivere.
Un forte odore di incenso mi colpii l'olfatto. Dov'ero? Non ricordavo
molto.
Federic mi aveva sparato, qualcuno aveva urlato e Oliver stava
piangendo.. Dov'era ora? E Penelope? Josh? Stavano tutti bene?
Riaprii gli occhi. Non
riuscivo a vedere bene, era come se avessi un velo trasparente
davanti agli occhi. Li richiusi e li aprii più velocemente.
Riuscii a mettere a fuoco una finestra. Una fioca luce
riusciva a penetrare nonostante le pesanti tende viola che erano state
chiuse. Mi erano familiari. Mi voltai sul lato. La luce mi disturbava.
Mi concentrai su i suoni. Potevo distinguere i clacson delle
auto lungo il vialetto, il semaforo che scattava all'angolo
e lo strusciare delle ruote di una macchinina sul porticato..
Joshua.
I miei sensi erano
più sviluppati di un essere umano. Ma.. allora era tutto
vero?
Mi alzai con naturalezza, ma andai a sbattere contro la sedia
sgretolandola in mille pezzi. Ero anche troppo veloce. Raggiunsi a
tentoni il bagno in camera e mi guardai allo specchio.
I capelli erano setosi come
quelli di Penelope. I miei occhi non erano verdi come sempre.
Rabbrividii: una piccola sfumatura rossastra era comparsa alterando il
mio colore naturale. Mi accorsi all'istante del forte bruciore alla
gola. Mi ressi al lavandino. Ero affamata. Inspirai a
fatica. Un'abitudine inutile. Non avevo
più bisogno di respirare, ma mi sentii subito
meglio.
Non indossavo più il vestito del ballo, ma un semplice jeans
e una camicetta rossa.
Cercai di controllare la fame. Non potevo farmi vedere in questo stato.
Più mi concentravo e più sembrava che i miei
occhi ritornassero al loro colore naturale.
Lentamente, per quanto mi fu
possibile, uscii dalla camera di Penelope. Sentivo
delle voci provenire dalla cucina.
Sorrisi, Penelope non ci
metteva mai piede.
La raggiunsi. Lei mi vide
all'istante e mi venne incontro con sguardo apprensivo.
-Piccola, come ti senti?- mi
chiese.
Io guardai Oliver che
ricambiò. Non mi sembrava contento. Abbassai la
testa.
-Venice?- mi chiamò
lui. Alzai lo sguardo. Mi fece segno di raggiungerlo.
Penelope si
accomodò sulla sedia di fronte a me, Oliver era al
mio fianco.
Non riuscivo a guardarlo. Come
avrebbe reagito? Lui odiava i vampiri quindi odiava anche me. Strinsi i
pugni. Perchè per raggiungere un qualsiasi obiettivo
bisognava sempre rinunciare a qualcuno?
Mi ero totalmente isolata.
Perchè dovevo scegliere sempre?
Sentii una mano caldissima
sfiorarmi appena la spalla. Scattai dalla sedia.
-Ehi- era Oliver. Lo guardai
dispiaciuta.
-Scusa- borbottai. La mia
voce..era più dolce.
Lui mi prese la mano e la
strinse fra le sue. Abbozzai un sorriso.
-Sta attenta- mi
ammonì Penelope - sei troppo forte, potresti fargli del
male.-
Non mi mossi. Oliver non
sembrava spaventato dalla cosa.
-Lo so, dovrei comprarti
un'altra sedia- sorrisi furbamente.
Lei ghignò -Tanto
non mi piaceva.-
Improvvisamente sentii il
cuore di Oliver per la prima volta. Era diverso dalle altre occasioni.
Era forte, molto forte. I battiti erano più scanditi.
Sentivo il sangue scivolare nelle vene. Mi sentii male. La stessa
sensazione di poco prima. Chiusi gli occhi. Ignorai la voce di
Penelope. Inspirai più volte. Io non potevo fargli del male,
io lo amavo. Non potevo fare del male a nessuno. Non ero un mostro, non
ero un'assassina.
La fame si
acquietò. Oliver non mi aveva lasciata un attimo. Riaprii
gli occhi e mi ritrovai una Penelope che mi guardava stupita.
-Riesci a controllarti-
sussurrò, guardandomi negli occhi.
Annuii. -E' un pò
difficile, ma ce la faccio- confermai. La mia voce mi suonava ancora
strana.
Lei si alzò.
Sembrava preoccupata o più che altro sorpresa.
Ne avremmo parlato dopo.
-Venice, amore- mi
sussurrò Oliver, avvicinandosi a me -sei sempre
più bella.-
Io ghignai. -Sono anche un
mostro- obiettai.
Lui cambiò
espressione. -Mi fido di te.-
Sorrisi. -Che cosa mi
è successo?- chiesi.
Oliver divenne improvvisamente
teso e Penelope non dava cenno di risposta.
-Per favore- incalzai,
alzandomi e avvicinandomi a lei.
Lei sospirò,
sconfitta. -Cosa ricordi?-
Non dovetti pensarci molto.
-Federic mi ha sparato- mi
toccai il petto.
-Lui voleva sparare lei-
intervenne Oliver.
Lo guardai freddamente. -Non
potevo permetterlo.-
Era arrabbiato, era chiaro.
-Perdevi molto sangue, era una
ferita mortale. Per un soffio non ti ha preso il cuore. Avremmo potuto
portarti in ospedale, ma non ci saresti mai arrivata viva. Ti ho morso
alla gola. Avevo paura di ucciderti, Venice. Non l'avevo mai fatto
prima d'ora. L'emorragia si era fermata, ma sarebbe stato solo
questione di tempo, dovevamo fare lo scambio. Oliver mi ha aiutato a
procurarmi un taglio e a farti bere il mio sangue. Dopo di che, la tua
ferita si è rimarginata. Sei stata in stato di incoscienza
per una settimana- spiegò lei.
-Dannazione- commentai,
portandomi una mano alla fronte. -Federic sa che mi
sono trasformata?-
Penelope scosse il capo.
-Oliver l'ha steso con un pugno- ghignò, guardando lui e io
feci lo stesso. Lui scrollò le spalle. -Se lo meritava-
commentò con nonchalance.
-Bene, e i miei genitori?-
chiesi.
Le mie stesse parole mi stupirono. Ero preoccupata per
loro. Gli volevo bene nonostante tutte le bugie che mi avevano
raccontato per diversi anni.
Oliver sospirò. -Lo
sanno- si limitò a dire.
-COSA?- strillai.
-Cosa dovevo fare? Ti ho
portata al ballo sotto ai loro occhi, non potevo mentirgli-
spiegò. Tutto sommato non aveva tutti i torti.
-Il Consolato ha in mente una
guerra, Venice. Tu sei una rarità nella storia della nostra
organizzazione. Penelope ha infranto il patto. Non poteva trasformare
la figlia di un Cacciatore.-
-Ma lui mi ha rinnegata! Ha
scelto te! So come funziona! Non potevo mai diventare una Cacciatrice!-
strillai ancora una volta.
Oliver si alzò e mi
venne incontro. -Lo so, ma sapevano di noi. Eri vincolata sia
come figlia e sia come donna.-
Incredibile..
Guardai Penelope.
-E c'è dell'altro-
disse, guardando Oliver. -Ti ricordi la scala dei vampiri?-
Annuii. Era successo subito
dopo la scoperta che la mia migliore amica era un vampiro.
-Se qualcuno ti uccidesse,
anche dalla nostra parte ci sarebbe una guerra.-
Non capivo. -In che senso?-
I Cacciatori volevano una
guerra perchè il patto era stato infranto ben due volte. I
Vampiri volevano una guerra perchè io..
-No- sospirai. Ricordavo bene quelle parole che tanto mi fecero
rabbrividire.
Lei annuii. -Vedo che hai
capito.-
Ci scambiammo sguardi
preoccupati.
Era
impossibile fermare l'inevitabile.
*Ringraziamenti:
*I_Want_to_break_Free: Siiiiiiiiiiiii!!! E' un vampiro a tutti gli
effetti ^^
Beh Venice ha una grande forza di volontà. ormai dovresti
averlo notato.
Grazie, alla prossima.
*Rosa di cenere: Io pensavo di essere stata prevedibile e invece
nessuno se lo aspettava haha Bene u.u
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio persecutrice
personale ^^
*Lordgenome: Non solo stavolta ti ho sorpreso prrrr
Allora...che ne dici?
|
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Capitolo 23 *** La Verità Ferisce Sempre ***
Suppongo
che dovrei scusarmi..Sono quasi due mesi che non do notizie di me. Gli
impegni sono tanti ragazzi u.u
Beh..Dovrei dirvi anche BUON ANNO! Mi tocca.. :P
Bando alle ciance..Vi lascio il capitolo tanto atteso haha!!
La Verità
Ferisce Sempre
In una settimana la mia vita era
profondamente e radicalmente cambiata.
Mi ero trasferita a casa di Penelope e
Oliver mancava saltuariamente al lavoro. Mio padre iniziava ad essere
irascibile, mia madre era irriconoscibile.
I Cacciatori erano sempre
all’erta, sentivo la loro presenza fuori casa Strauss.
Penelope mi controllava ogni secondo.
Le sue parole riecheggiavano
ancora nella mia testa. Sette giorni prima avevo finalmente capito la
gravità della situazione in cui ci trovavamo.
-Sei un Purosangue- mi aveva
detto.
Ma a me era già tutto chiaro. Non potevo fuggire dal mio
destino e potevo fare solo una scelta: salvare le persone che amavo.
Rimpiangevo la mia vita da umana e oggi mi sentivo una sciocca se
ripensavo quanto avevo desiderato essere come Penelope. Cosa ci avevo
guadagnato? Solo sofferenza.
Uscii di soppiatto dalla casa
tenendo ben all’erta vista e udito. Ero affamata.
Era la prima volta che
cacciavo e non sapevo assolutamente come muovermi.
Penelope mi aveva rassicurato
dicendo che sarebbe stato tutto molto naturale, un po’ come
lavarsi i denti. Ghignai passando la lingua su i canini sporgenti.
Sentii una folata di vento scompigliarmi i lunghi capelli neri e un
forte odore di rose mi colpii, bloccandomi. Mi sentii invadere dalle
fiamme. I cacciatori erano davvero disposti a tutto. Presi a correre
rapida fra le case dei vicini attraversando i giardini. Mi ritrovai al
limite della strada dove si apriva un immenso bosco. Amavo la natura.
Chiusi gli occhi pronta a captare qualsiasi suono o odore.
-Bingo!- esclamai
acquattandomi dietro un cespuglio.
Socchiusi gli occhi. Una
piccola lepre fece capolino fra gli alberi. La osservai. Era la mia
unica fonte di cibo. La mia vita era già cambiata e non
volevo che ciò fosse radicale. Volevo restare il
più umana possibile. Inchiodai il piede sinistro sul
terriccio e scattai in avanti. La lepre mi lanciò
un’occhiata spaventata, deglutii. Ero troppo veloce persino
per lei. L’agguantai. Aveva un buon odore. Non riuscivo
ancora a controllare bene la mia forza. La lepre muoveva frenetica le
zampette per fuggire, accentuai la stretta sul suo collo e smise di
muoversi. Feci una smorfia e affondai i canini nella sua carne. Sentii
il sangue fresco scivolare nella mia gola. Una sensazione unica. Mi
guardai intorno furtivamente, ero sola. Adagiai il corpicino
dell’animale su un letto di foglie.
Alzai il capo verso il cielo,
il sole stava tramontando. Mi passai la lingua sui denti per
assicurarmi di essere presentabile, mi strattonai i jeans scuri e la
polo nera e mi ripulii le mani sfregando su di essa. Restai un
po’ in quel luogo. Non mi andava di tornare a casa. Non
riuscivo a guardare il viso stanco di Oliver, i suoi occhi dispiaciuti.
Si sentiva in colpa e una parte di lui non si sarebbe mai perdonata, si
sentiva responsabile della mia trasformazione. La nostra storia stava
cambiando. Portai una mano sul cuore, non batteva più. Ma il
mio amore per lui cresceva giorno per giorno. Lo amavo come mai avevo
amato. E dovevo separarmi da lui.
Uscii dal bosco e attraversai
la strada normalmente. Mi infischiavo dei Cacciatori. Non mi avrebbero
mai uccisa. Un manipolo di uomini mi puntarono le loro armi addosso.
Ero nel loro mirino. Alzai lo sguardo verso di loro e riconobbi Federic.
-Abbassate le armi!-
ordinò separandosi da loro per avvicinarsi a me.
Attraversò la
strada. Sentivo almeno venti cuori battere. Aveva con sé un
esercito?
-Buonasera Face-
salutai cordialmente inclinando il viso.
-Hale Hale- ripetè
inserendo la pistola nella fondina. -Sai che non vogliamo ucciderti.-
Spostai il peso del corpo
sulla gamba sinistra, era ormai una questione di abitudine. Non mi
stancavo mai.
-Non puoi uccidermi- lo
corressi. -Ma non credevo ti importassero le regole- aggrottai la
fronte.
-In effetti no, ma sono un
Cacciatore serio, a me interessano la Strauss e il suo fedele compagno.-
-E cosa ti aspetti? Tu stavi
per uccidermi.- Gli ricordai con voce atona.
-Se questa la chiami vita.-
Colpita e affondata.
-Lascialo decidere a me. Hai
infranto anche tu una regola. Io ero un essere umano e mi hai sparato.-
Lui sorrise freddamente. -Non
ho sparato con l’intenzione di prendere te. Dovresti
smetterla di sentirti protagonista.-
Colpita e affondata. Di nuovo.
Mi girai di scatto verso la
porta di casa. Oliver ne uscì infuriato, con uno strattone
il caricatore della pistola tornò a posto e la
puntò contro la testa di Federic.
-Non toccarla-
sibilò avanzando velocemente.
Venti pistole erano puntate su
di noi.
Si frappose fra me e Face.
Sentivo
l’eccitazione dei Cacciatori. Erano pronti a sparare ad un
solo segno del Cacciatore capo. Mi sentivo invadere
dall’odio.
-Non voglio toccare la tua
bambolina- disse Federic abbassando la pistola. Sentivo il cuore di
Oliver accelerare ad ogni suo respiro.
-Sei un traditore, James-
continuò ferendolo nell’orgoglio.
L’odio cresceva, a
dismisura. Stavo perdendo il controllo.
-Non lo sono- rispose. -Sto
solo facendo la cosa giusta.-
-Abbiamo due visioni diverse
della storia- commentò Face inclinando il collo. Sentii le
sue ossa scricchiolare.
-Il vampiro ha infranto il
patto.- Face indicò la casa alludendo a Penelope.
Oliver non accennò
a muoversi. Era ancora davanti a me.
-Le ha salvato la vita. Stava
morendo!- ruggì.
-A causa tua-
continuò Face.
Colpita e affondato..Ancora.
-NON E’ VERO!-
Tremavo tutta, non riuscivo a
controllarmi.
E Penelope l’aveva
sentito. La vidi saltare dalla finestra del pianterreno seguita da Josh.
I Cacciatori spararono a
vista. Eravamo tutti nel mirino. Si avvicinò a me
stringendomi un braccio. Oliver si voltò verso di me.
Mi sentivo svuotata. Aprii gli
occhi. Pungevano dall’odio.
Sfumature rossastre mi
offuscavano la vista, come la prima volta. Strinsi pugni.
Un’aura
s’imprigionò del mio corpo.
Una serie di esplosioni, a
catena. Un rumore assordante.
Si voltarono tutti verso
il manipolo di Cacciatori.
Tutte le armi erano esplose
insieme ai loro proiettili. Disintegrati.. Solo polvere.
Urla di dolore si alzarono
nell’isolato. L’esercito di Face era a terra.
I vicini si affrettarono ad
uscire dalle loro case terrorizzati e confusi.
Le auto del vicinato
iniziarono ad infiammarsi, i furgoni dei Cacciatori esplosero.
Federic mi guardò
negli occhi. Era terrorizzato.
Il fuoco e l’odio..
-Hai già perso-
sibilai facendo un passo in avanti.
Oliver mi strinse la mano.
Un senso di pace
scacciò l’odio. I miei occhi tornarono normali e
l’aura sparì.
Mi guardai intorno..Era un
inferno. Il mio inferno. L’avevo scatenato io. Era questa la
grandezza di un Purosangue.
Federic mise una mano sulla
pistola, ma Oliver gliela puntò nuovamente sul viso.
-Venice Hale, ti avevo
sottovalutato- ammise dandomi le spalle e raggiungendo i suoi.
Nessuno era ferito gravemente.
Soltanto piccole ustioni alle mani.
Penelope, Josh e Oliver mi
circondavano.
-Andiamo via.-
Penelope interruppe il
silenzio.
-Sei fenomenale!-
urlò Josh completamente eccitato.
Oliver ghignò.
-Lei è mia-
precisò, stringendomi a lui.
Non potei far a meno di
sorridere.
Ma sapevo che non sarebbe
stato più così e gli occhi verdi di Penelope mi
comunicarono ciò di cui io stessa era convinta.
Dovevamo sparire al
più presto.
*Ringraziamenti:
*I_Want_to_Break_Free:
Hai ragione, Venice è fantastica ma a volte le
attribuisco un lato troppo cattivo.. O___O
Il finimondo penso proprio che continuerà..Nessuno ama la
vita tranquilla haha
Sono ancora viva hahaha Grazie!
*Lordgenome:
Per la tua felicità eccomi quaaaa! Mi hai fatto notare che
la mia assenza si stava prolungando a dismisura u.u Ragazze ringraziate
lui u.u Il mio segretario haha
*Rosa
di cenere: Perdonooooo! Immagino e spero che ora ti sia
mancata di più :P Che ne dici di questo capitolo?
|
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Capitolo 24 *** Il Piano ***
Buongiorno!
Faccio pena..Vi ho abbandonato :( Spero di rimediare con questo
capitolo :D
Il Piano
Fuggire..
Non era esattamente ciò che avevo in mente.
Aprii l'armadio con forza,
l'anta scricchiolò minacciosamente. Mi gettai dentro
estraendo a caso i vestiti lanciandoli sul letto.
Avvertii una presenza davanti
alla porta aperta della mia camera provvisoria. Sorrisi appena.
-Stai tranquilla- mi
sussurrò avvicinandosi a me. Serrai la presa su una gruccia
di legno.
-Non posso stare tranquilla-
sbuffai. Nemmeno mi resi di conto di stringere troppo forte. -Potevo
ucciderli- sussurrai appena. Avevo un groppo in gola. Non avevo
intenzione di ferire nessuno, non volevo causare danni. Era stato un
incidente. O forse, la voglia di proteggere le persone che amavo
offuscava la mia lucidità?
Oliver mi prese le
mani liberandole dalla gruccia e se le portò al
viso. Le sfiorò con le sue labbra calde. Incrociai il suo
sguardo.
-Stai tranquilla- mi
ripetè -"Penelope si occuperà del tuo potere- mi
comunicò sorridendo benevolo.
Sospirai. Oliver era la mia
camomilla.
Avanzai di un passo giungendo
al letto e mi lasciai cadere su di esso. Oliver mi seguì.
-Sei stata brava-
sghignazzò, sfiorandosi il tatuaggio sul collo.
Lo guardai sognante. Dio,
quanto lo amavo. Gli circondai il collo con le braccia e lo avvicinai a
me. Lo sentì sospirare sconfitto sulle mie labbra prima di
congiungerle alle mie.
-Dove andremo?-chiesi,
staccandomi da lui quanto bastava per guardarlo negli occhi.
Mi sentii raggelare, almeno se
avessi potuto. I suoi occhi si erano incupiti all'istante.
-Venice- pronunciò
il mio nome diversamente dalle volte precedenti. -Io non
verrò-
Cercai dei segnali sul suo
volto. Mi stava prendendo in giro? Io non potevo stare senza di lui.
Non ora.
-Cosa?- chiesi con voce atona.
Ma lui non scherzava.
Perchè?
-Non posso- chiuse gli occhi
evitando accuratamente di guardami.
-Non puoi..O non vuoi?- Le mie
insicurezze stavano prendendo il sopravvento. Un senso di vuoto si
impossessò di me. Mi stava.. abbandonando.
Lui riaprì gli
occhi. -Io ti amo, Venice. Ti amo e non riuscirei mai a lasciarti
così, ma è ciò che devo fare. Io sono
un Cacciatore. E' tutta colpa mia.-
Non credevo ad una sola
parola. Non era colpa sua. L'incosciente ero stata io. Ero invidiosa di
Penelope,della sua bellezza e notorietà. Volevo essere come
lei, volevo essere lei. E avevo fatto l'eroina al momento sbagliato. Mi
ero presa la pallottola in pieno petto. Sarei dovuta morire. Non poteva
essere peggio di perdere Oliver. No.
Abbassai lo sguardo. -Non
posso.. Io non ce la faccio.- Strinsi i pugni. Stavo per riperdere il
controllo. Non doveva succedere. Era lui..
-Venice..Devo combattere la
mia guerra- sentenziò con voce dura.
Quelle parole mi sconvolsero.
-Qual è la tua guerra? Uccidermi?-
Calò il silenzio.
*
Una
civetta cantava nascosta fra i rami degli alberi. Lo stesso
suono. Notte fonda. La luna si intravedeva appena.
Penelope mi guardava sottecchi.
-Piantala- conclusi, caricando
l'ultima borsa e chiudendo il portabagagli della sua Nissan Micra.
Lei mi si avvicinò
giocherellando con un ricciolo.
-Come stai?-
Risi amara. -Splendidamente.-
Tagliai corto. Lui era andato via, senza una parola di più.
Avevo perso la mia metà. Il suo silenzio mi aveva
ferita più di qualsiasi altra parola avesse potuto
dirmi. Cosa eravamo stati? Niente. Tutto. Troppo. O troppo poco?
Sentivo di non essere stata
del tutto esauriente per la mia migliore amica, ma non mi importava.
Aveva capito. Era inutile fingere.
-Partiremo al tramonto- mi
comunicò. Annuii decisa. Lui aveva scelto e io non potevo
che accettare le conseguenze anche se mi straziavano dentro,
mi logoravano.
Attraversammo il garage
rientrando in casa. Josh era comodamente disteso sul divano con un
cuscino che gli copriva il viso. Mi accomodai vicino alle sue gambe.
Penelope di fronte a me.
-Lasceremo Key e ci rifugeremo
nel bosco. Josh ha trovato una piccola radura dove non avremo problemi.-
Penelope aveva già
un piano.
-Ma non potrete cacciare con
me nelle vicinanze.- Le feci notare. I Purosangue erano come delle
divinità nel mondo dei vampiri.
Josh si scoprì il
viso. Mi sorrise bellissimo.
-Ci abbiamo pensato. Ci
allontaneremo a turno per non lasciarti sola. Dovrai imparare a
controllare i tuoi poteri. E' importante Venice.-
Annuii convinta. -E'
inevitabile?-
Penelope annuì. -I
Cacciatori sono pronti a tutto. Federic è il miglior
stratega che hanno fra le loro schiere.-
Face aveva dimostrato
ampiamente le sue qualità, il suo sangue freddo e la sua
preparazione.
-Siamo in minoranza- dissi
preoccupata.
Josh sorrise soddisfatto.
-Abbiamo dei contatti Hale.-
Inarcò un sopracciglio.
Scoppiai a ridere. -Beh non vi
servo allora- feci per andarmene.
-Stai scherzando?-
sbottò. -Sei una bomba ad orologeria!- esclamò
allargando le braccia.
Penelope accavallò le gambe perfette fasciate da un jeans
nero e stretto.
-Stanno
scherzando con il fuoco, piccola.-
*Ringraziamenti:
*Rosa
di cenere: Spero di esserti mancata ancora una volta. Mi sa
che questo capitolo ti sconvolgerà O_O resisti!
*Lordgenome:
Dopo tue insistenze, stamattina mi sonod ecisa. Ti aspettavi questa
decisione da parte di Oliver?
*I_Want_to_Break_Free:
Grazie. Penso comunque di non saper descrivere molto bene xD In ogni
caso, il rapporto cambierà, ma non radicalmente. Come
facevo? u.u
|
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Capitolo 25 *** Così Tanto ***
Questo
capitolo mi piace molto! Spero sia lo stesso anche per voi.
Così Tanto
Partimmo al tramonto come stabilito.
Entrai in auto coprendomi il capo con il cappuccio della felpa. Non
sapevo cosa provavo. Mi aveva lasciata in quella camera senza una
parola né una risposta concreta. Eravamo stati
così poco? Le nostre erano state parole dette con
superficialità? Lui non era innamorato di me come io lo ero
di lui?
Josh salì in auto
dopo di me, Penelope era alla guida. Mi passai una mano sulla fronte e
mi raggomitolai in un angolo del sedile posteriore.
Ecco cose sentivo.. Niente.
Ero vuota. Alzai lo sguardo e notai due occhi verdi che mi scrutavano
dallo specchietto retrovisore. Ricambiai lo sguardo. Penelope
sospirò e inserì le chiavi nel cruscotto.
Guardai fuori. Sull'asfalto
c'erano ancora segni di bruciatura. La prima manifestazione
dei miei poteri. Ero proprio potente.
Dovevo reagire. Oliver mi
aveva lasciata, ma non dovevo arrendermi. Dovevo aiutare lei, la mia
metà. Non era tutto finito.
Mi sfilai il cappuccio
scuotendo i capelli.
-Siamo pronti?- chiesi
schiarendomi la voce. Lo facevo per lei e per me stessa. Avevo
desiderato questa vita. Lo volevo così tanto e
ora dovevo dimostrare che le mie non erano state solo parole. C'era la
volontà.
Josh si voltò verso
di me con sguardo sognante. -Ora ti riconosco.-
Inspirai. Probabilmente
ero sembrata un automa in queste ore, ma questa era la mia rinascita.
-Non mi rivedrai
più così- speravo fosse vero. Penelope mi sorrise.
-Partiamo allora- concluse
facendo rombare il motore. Mi voltai indietro per
gettare l'ultima occhiata probabilmente. I miei occhi notarono
un piccolo movimento sotto il porticato di casa Strauss.
Era..? Chiusi gli occhi, lo sentivo. I finestrini erano abbassati, un
profumo a me familiare. Era il suo odore. Un'ondata mi invase il corpo,
mi sentivo stritolata da una morsa, straziata. Gli occhi mi pungevano.
Mi rivoltai e Penelope lasciò con la mano sinistra il
volante fino a toccare la mia. Una lacrima scivolò sul mio
viso marmoreo, lei aumentò la stretta. In un millesimo di
secondo aveva lasciato il volante e mi ritrovai fra le sue braccia.
Josh, che aveva inteso le sue azioni, aveva preso il suo posto al
volante. Quando mi sarebbe passata? Se fosse mai accaduto. Era ancora
presto, era questa la verità.
Avrei voluto dormire per
evitare di pensare, ma io non ne avevo bisogno. Penelope non mi
lasciò per tutto il tragitto. Era calato un silenzio
irreale. Smisi di piangere quando non percepii più il suo
odore. Dovevo chiedere scusa a Penelope. Le avevo distrutto lo
stereo in una crisi di pianto. Non avevo ancora veramente appreso come
"accendermi", non sapevo come attivarmi.
-Siamo arrivati- ci
informò Josh accostando la Nissan Micra lungo il
limitare del bosco. Scesi dall'auto seguita da
Penelope e mi guardai intorno. Era uno spettacolo
della natura. Sentivo lo scrosciare dell'acqua, probabilmente c'era una
cascata, l'odore di fresco dei pini e avevo sete.
Guardai Penelope supplichevole. Lei rise sonoramente. -Vai
piccola, divertiti-
Le stampai un bacio sulla guancia e corsi nel bosco con il
vento che mi accarezzava il viso. Ero libera.
*
Tornai dai due vampiri solo quando la
luna era ormai alta nel cielo trapuntato di stelle. Josh era seduto
sull'erba del giardino appartenente alla piccola casa rustica di
Penelope. Non ero a conoscenza di questa
proprietà. La ragazza era davvero ricca di
sorprese. Josh alzò il suo sguardo tenero su di me e mi
sorrise. Allungò un braccio e io, un pò
imbarazzata, strinsi la sua mano.
-Come ti senti?- mi chiese
attirandomi al suo fianco. Mi passò il muscoloso e forte
braccio sulle spalle accennando una piccola stretta, come per
confortarmi.
Mi strinsi nelle spalle
incapace di trovare delle parole che avrebbero riassunto il mio stato
d'animo, le mie sensazioni. La verità era che, forse
presuntuosamente, ero convinta che nessuno mai mi
avrebbe lasciata. Non nel senso vero del termine, ma di essere
realmente abbandonata. Era difficile e addirittura impossibile colmare
il vuoto lasciato da una persona così importante. Ero una
stupida, questa era la cruda realtà. In pochi mesi mi ero
affezionata e concessa ad un ragazzo che, avendomi nascosto per un
periodo la sua vera vita, non era proprio l'incarnazione della
sincerità.
Nemmeno io.
Sfiorai con l'indice
il bracciale che lui mi aveva regalato
la sera del ballo. Il simbolo che ancora ci teneva uniti. Non riuscivo
a toglierlo e a metterlo via. Era ancora così dentro me.
Oliver era ancora un'impronta indelebile che non sarebbe mai andata via
dal mio cuore.
-Ti ringrazio- risposi infine
spiazzando completamente Josh. Sorpreso inclinò il viso
verso di me. Mi ricordò un bambino che sperimentava cose
nuove. -Continui ad essermi accanto nonostante sia stata io a
trascinarti in questa storia. Potresti prendere Penelope con te e
sparire, vivere la vostra lunga esistenza insieme e invece sei qui, a
consolare una bambina in preda a delle crisi di pianto- sorrisi amara.
Mi rendevo conto del mio pessimismo smisurato.
Lui sorrise e scosse il capo.
-Non ti lascerei mai da sola ad affrontare tutto questo. Mai. Non lo
faccio per Penelope, sia chiaro. Io la amo, mi ha reso un uomo
migliore, un uomo pienamente cosciente del dolore inferto a degli
innocenti prima del suo arrivo. Ma se c'è una cosa che
l'uomo deve saper fare è migliorare. Non si smette mai.
Nessuno deve pentirsi del suo luogo di provenienza, ma deve
essere pronto a cambiare in seguito a delle circostante e
perchè no, per un nuovo amore.-
Le sue parole mi sorpresero
molto. Non avevo mai considerato Josh in questo modo. Credevo fosse un
vampiro sprovveduto e semplicemente in cerca di avventure e invece, mi
ero sbagliata, ancora una volta.
-Non odiarlo-
continuò, stringendomi a lui.
La voragine nel mio petto si
riaprì. Io non odiavo Oliver, non avrei potuto, ma non
capivo. Non avevo più certezze.
-Non lo odio- sussurrai
giocando con un filo d'erba -ma mi ha illusa, non puoi negarlo. Io mi
sono sentita tradita. Non sto dicendo che doveva proteggermi o venire
meno ai suoi doveri, ma io non sono una minaccia eppure lui vuole..-
non riuscivo a concludere la frase. Oliver alla fatidica
domanda non aveva risposto, era questo che mi provocava rabbia e
alimentava i miei dubbi.
Josh sospirò -Stai
dicendo un mucchio di sciocchezze.-
Alzai lo sguardo verso di lui.
Che significava?
Mi lasciò andare e
rassettandosi i jeans neri e la camicia del medesimo colore mi disse:
-Domani iniziamo ad allenarci Hale e niente scuse. Vediamo se hai tutto
questo potenziale come credo. Dimostramelo.-
Inarcai un sopracciglio. Mi
sentivo investita di grande responsabilità e non potevo
deluderlo.
Anche se, il discorso "Oliver"
continuava a scuotermi profondamente.
-All'alba-
annuii convinta e decisamente pronta.
*Ringraziamenti:
*I_Want_to_Break_Free:
Io non amo le tragedie, perchè se ne vedono già
tante in giro, quindi preferisco solo suspance. Cosa ne dici di questo
capitolo?
*Lordgenome:
Ma che bella sorpresa ti ho fatto oggi :) Chissà a cosa stai
pensando mm
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Capitolo 26 *** Sempre Più Vicino ***
Dopo
un periodo di assenza, eccomi qui per voi. Inoltre, vorrei invitare i
miei seguaci silenziosi a dirmi cosa ne pensano. Grazie, è
importante per me.
Sempre
Più Vicino
Le prime luci dell'alba mi spinsero a
lasciare la mia camera per incontrarmi con Josh. Avevo trascorso la
notte chiusa in me stessa senza neanche scambiare una parola con
Penolope. Per quanto ne sapevo, poteva essere accaduto qualsiasi cosa
senza che io me ne accorgessi. Trovai Josh al centro della piccola
radura alle spalle della casa. Indossava un tuta mimetica che lo
rendeva quasi un vero e proprio soldato. Mi scappò un
risolino che fu momento di ilarità anche per il vampiro
maestro.
-Buongiorno- dissi
raggiungendolo e parandomi davanti a lui.
Lo sguardo di Josh si
indurì e incrociando le braccia, mi sentì
attraversare da un brivido non appena vidi i
muscoli delle sue braccia tendersi sotto la T-shirt.
-Tu sei un Purosangue-
iniziò guardandomi negli occhi -ti assicuro che
è difficile per me usare questo tono autoritario nei tuoi
confronti. La mia natura me lo vieta, ma non abbiamo abbastanza tempo
per i convenevoli.-
Non avevo pensato a questo
particolare. Mi chiedevo dove fosse Penelope e se provasse lo stesso
disagio.
-La situazione è
grave. Tu hai grandi potenzialità, ma non possiamo aspettare
che i tuoi poteri prendano il sopravvento su di te. Devi
essere pronta ad utilizzarmi al momento giusto. Domande?-
Mi dondolai da una
gamba all'altra, poi incrociando le braccia, risposi: -I Purosangue,
cioè noi abbiamo.. hanno le stesse
potenzialità?-
-Generalmente potete fare
esplodere, spostare ciò che
volete e controllare le azioni altrui-
spiegò con voce atona e distaccata.
-E' orribile- esclamai
inorridita. Lui annuì. -Motivo per cui siete così
rari. Le restanti due classi, i Semi-vampiri e i Nobili,
più di 200 anni fa, si coalizzarono per estinguere
totalmente la tua razza. Credo che, proprio in
concomitanza di ciò, nacquero le associazioni
quali "Il Consolato". Gli umani non sono
più forti di noi, ma hanno trovato dei giusti modi per
difendersi e noi li temiamo per questo.-
-Come puoi aiutarmi?-
Josh si avvicinò a
me e toccandomi la fronte mi rispose: -E' tutto qui. La tua mente deve
accettare ciò che ha sempre avuto dentro di sè,
ma è una luce troppo esigua per risplendere e
quindi essere visibile. Ora che il tuo corpo si è rafforzato
in seguito alla trasformazione, puoi sforzarla. Io non sarò
di molto aiuto, ma ho le giuste conoscenze per sanare tutti i tuoi
dubbi. Ma questo sta a te. Vuoi che questa guerra includa innocenti?-
Scossi il capo chiudendo gli
occhi.
-Bene, diamoci da fare-
battè le mani costringendomi ad aprire gli occhi.
-Hai notato che per difendere
Oliver hai usato il tuo primo potere?-
Annuii ancora una volta. Face
era pronto a sparare e io avrei potuto perdere lui o qualcuno di loro e
non potevo permetterlo. Mi ero sentita me stessa come mai lo
ero stata da umana. Era questo che mi mancava.
-Sapresti ricreare quel
momento?- chiese. Non c'era esigenza nella sua voce, ma un
pò di incertezza.
-Potrei provare- risposi
semplicemente. Non mi allettava molto l'idea di chiudere gli occhi
e vedere Oliver.
-Devi riuscirci- Non accettava obiezioni.
Strinsi i punti e inclinai
appena il busto in avanti. Mi immaginai nuovamente la scena. Venti
persone che circondavano me e Oliver e un prontissimo Face che
inveiva contro di lui.. Sentì nuovamente la sensazione di
torpore partire dalla mia testa e scendere lungo la gola, giungere al
petto. Aprii di scatto gli occhi infuocati e mi slanciai in avanti come
per liberarmi da quell'ondata di Potere. Josh mi scrutava sulla
difensiva. Aveva paura di me. Distolsi lo sguardo e lo
indirizzai su un tronco e l'odio, che mi ribolliva dentro, lo
sentì pulsare nelle vene. Ero un mostro. Una scintilla si
materializzò davanti ai miei occhi e raggiunse, con una
velocità imparagonabile, il tronco di pino a 10 metri
più avanti. La fiamma si propagò lungo il tronco.
Più spingevo con la mente e più
aumentavano le fiamme. Non riuscivo a fermarmi.
Josh cercava di avvicinarsi a
me, ma il mio potere non lo permetteva. Stava urlando, ma non
lo sentivo.
Il Potere mi stava consumando
dall'interno, mi stava logorando. Avevo troppo odio dentro di
me.
Persi l'equilibrio e caddi
carponi sull'erba.
Quello che volevo era solo
lui. Nient'altro.
Chiusi
gli occhi e lasciai che la nebbia oltrepassasse il confine
della mia mente.
*Ringraziementi:
*Lordgenome: Spero che la
mia sia una vera e propria sorpresa. Poi non dirmi che non ti voglio
bene :*
*I_Want_to_break_Free:
Mi scuso per l'abbandono, ma spero che questo capitolo ti piaccia.
Grazie per tutto.
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Capitolo 27 *** La Fuga ***
Buongiorno
a tutti e buona domenica. Vi lascio alla lettura del capitolo.Ringrazio
tutti coloro che mi seguono.
La Fuga
Mi rendevo conto di quanto fossi
patetica, di quanto fossi stupida perchè in fondo ero solo una
ragazzina. Cosa pretendevo di sapere della vita e dei sentimenti? Ora
che il mio cuore si era fermato, avevo visto la mia vita sbriciolarsi
davanti ai miei occhi, sgretolarsi. Avevo perso tutto..
Alzai gli occhi verso la
finestra della mia provvisoria camera che non reggeva il confronto con
l'originale e sentii Penelope arrivare.
O quasi..
La sentii indugiare sulla
porta, ma infine l'aprì. Io davo le spalle all'entrata, ma
non mi occorreva guardarla per scoprire le sue emozioni.
-Venice- pronunciò
il mio nome e una scarica elettrica mi percorse la schiena. Da quanto
non sentivo la sua voce con così tanta dolcezza?
-Ho saputo del tuo primo
allenamento- rise, coinvolgendo anche me in un sorriso.
-Lo so che svenire non era
ciò che desideravi- le andai incontro voltandomi verso di
lei. Indossava un jeans nero e una camicia attillata dello
stesso colore. I capelli ricci le circondavano il viso
splendido e gli occhi verdi erano così pieni di
vitalità.
-In effetti no, ma
non conosco la vastità del Potere che hai dentro.
E' doloroso?- mi chiese raggiungendomi sul letto.
Le strinsi la mano sinistra.
-Un pò-
Mentivo. Il dolore era
indescrivibile. Quando lo sentivo oltrepassare le barriere, era come se
mille lame mi infilzassero all'unisono, ma speravo che con l'andare del
tempo, mi sarei abituata anche a questo tipo di
dolore.
Lei mi accarezzò la
guancia protettiva e le sorrisi, l'abbracciai forte e sentii il suo
disagio crescere. Non poteva più nascondermi niente, ci
conoscevamo da una vita..o da un'esistenza.
-Che hai?- chiesi
allontanandomi appena per guardarla negli occhi.
Penelope mi lanciò
uno sguardo minaccioso che mi fece rabbrividire.
-L'hai fatto-
sussurrò inclinando il viso.
-Fatto cosa?- Non capivo.
Avevo sbagliato qualcosa?
-Hai usato il tuo potere-
annuì convinta.
Inarcai un sopracciglio
confusa. Non vedevo fiamme, nè esplosioni e non avevo
controllato le sue azioni. Ne ero sicura.
-Manipoli le sensazioni, i
sentimenti, riesci a sentirli..a vederli-
-Io.. Non ho fatto nulla. Era
questo il potere supplementare che potevo avere?- chiesi sorpresa.
Penelope annuì.
-Non ho provato dolore,
è stato automatico- Ero pronta, forse.
-Si, chiederò a
Josh, ma probabilmente, essendo un potere innato e non acquisito ti
risulta più facile da utilizzare. Dovevo aspettarmelo da te-
ridacchiò soddisfatta.
La sua mi sembrava una
risposta più che soddisfacente, ma non avevo dimenticato
quel disagio crescente in lei.
-Non hai risposto alla mia
domanda, però- calcai bene le parole. Non volevo essere
costretta ad utilizzare i poteri su di lei, ma se fosse risultato
necessario..
Lei abbassò lo
sguardo e iniziò a giocherellare con un buco della trapunta.
Il disagio aumentava.. Per
favore Penelope, pensai affranta.
-Oliver è..
diverso- Le sue parole furono un flebile sussurro che probabilmente da
umana non avrei afferrato.
-Come? Sta bene?- Che stava
succedendo?
-Si, o almeno si direbbe, ma
è così pieno di odio. Lavora con Face e sembra
sempre sul punto di scoppiare. Ho paura che possa commettere qualche
errore di cui poi si pentirà-
Ascoltai in silenzio.
-Dovresti parlarci-
Risi amara. -Ti ricordo che mi
ha lasciata per il suo lavoro, non vedo perchè dovrei. Non
sono niente per lui-
-Sei proprio ottusa. Ti ha
lasciato andare, il che rende le cose diverse. Tu che avresti fatto?
Sapevi sin dall'inizio che avresti dovuto scegliere e lui sapeva
già su cosa eri orientata, ti ha solo semplificato il
compito-
Quelle parole
ebbero l'effetto di un'onda gelata su un corpo caldo.
Io ero una stupida. Io ero
troppo accecata dal dolore dell'abbandono per rendermi conto di tutto
ciò che c'era dietro. Ma in fondo cosa cambiava? Avrei
scelto sempre Penelope. Io dovevo salvarla dai Cacciatori ora che lei
aveva salvato me dalla morte. Oliver non mi poteva chiedere questo..
Non l'aveva fatto.
-Sta male senza di te. Sta
odiando anche il suo lavoro. Eri tu la sua ancora
di salvezza e ora che ti ha lasciato andare per il tuo destino, si
sente solo. Ti ama proprio tanto, Hale-
Penelope mi baciò
la fronte.
-Pensaci-
Detto questo mi
lasciò sola in camera.
-Lo amo anche io- sussurrai.
Lacrime fredde caddero sulla
trapunta bucherellata.
Dovevo
raggiungerlo.
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