LA CHIAVE DEI MONDI di WillowG (/viewuser.php?uid=33011)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto inizia così… ***
Capitolo 2: *** I misteri portano altri misteri. ***
Capitolo 3: *** La chiave apre la serratura. ***
Capitolo 4: *** Primo incontro. ***
Capitolo 5: *** Nuove scoperte. ***
Capitolo 6: *** Complotti. ***
Capitolo 7: *** Incendi e presentazioni. ***
Capitolo 8: *** L‘attacco. ***
Capitolo 9: *** Dubbi. ***
Capitolo 10: *** Perdite. ***
Capitolo 11: *** Lupi! ***
Capitolo 12: *** Ovest, ovviamente! ***
Capitolo 13: *** Il villaggio fantasma. ***
Capitolo 14: *** Ricordi di cinquecento anni fa … I ***
Capitolo 15: *** Ricordi di cinquecento anni fa ...II ***
Capitolo 16: *** Un quadro difficile. ***
Capitolo 17: *** Momenti. ***
Capitolo 18: *** Scelte. ***
Capitolo 19: *** Sentimenti e fuochi d'artificio. ***
Capitolo 20: *** Ricatti e draghi volanti. ***
Capitolo 21: *** La scelta. ***
Capitolo 1 *** Tutto inizia così… ***
cap1
Salve a tutti!!! Ho iniziato a scrivere questa storia molto tempo fa,
ed ultimamante, riprendendola a scrivere, ho deciso di darle una
"risistemata". Sperando di averla depurata di errori grammaticali ed
ortografici, o almeno di averla resa leggibile, ecco a voi il primo
capitolo. Ho messo rating giallo, perchè, anche se non
all'inizio, più avanti ci sono scene di lotta non proprio tenere.
Capitolo 1
-Tutto inizia così…-
La costellazione del piccolo carro quella sera era più
splendente del solito, perfettamente visibile nonostante le luci
artificiali della città. Molti si erano fermati per strada a
contemplare quello spettacolo, a cui il più delle volte non si
fa più caso, forse perchè si è troppo concentrati
a guardare per terra.
Anche la diciassettenne Gaia, coricata supina sul suo letto, si era
alzata sui gomiti per godersi quello spettacolo che si ripeteva da
migliaia di anni ogni notte, ma che aveva sempre un enorme fascino. I
corti capelli neri ondulati le ricadevano sugli occhi
verde-azzurri, ma non se ne curava, completamente persa nei suoi
pensieri.
troppo persa nei suoi pensieri, quasi non sentì il telefono
squillare a pochi passi dalla sua camera, e quando la porta si
spalancò fece letteralmente un salto sul letto, il cuore
martellante nel petto e gli occhi quasi fuori dalle orbite. Gaia rimase
paralizzata a fissare la sagoma in controluce di sua madre, sconvolta
quanto lei nel vedere la reazione della figlia.
-Non mi sembrava di fare così paura! ti ho forse svegliata?- La
ragazzina scosse il capo, nel tentativo di recuperare almeno un
briciolo di autocontrollo.
-N-no no, cosa vai a pensare … Bhe, sì, mi hai spaventata, non me l'aspettavo, insomma ecco …-
-Eri di nuovo persa nelle tue fantasticherie.- Sospirò la donna
rassegnata. -Su c'è Lara al telefono che vuole parlarti, non
farla aspettare troppo.-
Ecco le parole magiche: Gaia cambiò di colpo espressione e un
sorriso le si disegnò sul volto: Lara era la sua sorella
maggiore, più grande di lei di circa quattro anni. Nonostante la
differenza d’età, si adoravano, anche se non lo avrebbe
mai detto nessuno, visto le liti che scoppiavano praticamente tutte le
volte che si incontravano. Gaia aveva sofferto molto quando, quasi un
anno prima, Lara aveva preferito andare ad abitare in un appartamento
vicino alla centrale di polizia dove lavorava, con la cugina e collega
Nika, e con Martha, la sorella di Nika, che frequentava la
facoltà di medicina.
-Dille che arrivo subito!- Fece Gaia, prendendo le ciabatte da sotto il letto. La madre sorrise e tornò al telefono.
Gaia attese che la donna fosse uscita dalla stanza, per poi asciugarsi
con una manica del pigiama le gocce di sudore freddo che le imperlavano
la fronte. Per poco non si faceva scoprire ...
Era stata davvero imprudente: se sua madre avesse visto il libro che
ora era nascosto sotto il cuscino chissà quante grane avrebbe
avuto ...
Da cinque anni, ovvero da quando sua nonna e suo padre erano morti in
circostanze a dir poco misteriose, sua madre le impediva tassativamente
di leggere anche uno solo delle decine di libri appartenuti alla
defunta nonna paterna. Addirittura la donna aveva rinchiuso a chiave i
libri in un baule in soffitta. Quasi che fosse colpa loro la morte del
marito e della suocera.
Ma Gaia non era tipo da lasciar scorrere: aveva contattato alcuni
ragazzi poco raccomandabili della sua scuola, che le avevano insegnato
ad aprire porte e lucchetti con il semplice ausilio di una forcina per
capelli. Il tutto in cambio di qualche tema o ricerca. Così
aveva aperto il grosso lucchetto del baule, e aveva letto di nascosto
tutti i famigerati libri, senza trovarvi nulla di strano. Così
aveva concluso che la ragione del comportamento della madre,
nient’altro era che un modo che aveva per autoproteggersi dal
dolore datole dalle morti del marito e della suocera. Doveva esserle
insopportabile, vedersi in giro per casa le cose affettivamente
più care di persone che amava ma che non avrebbe mai più
rivisto.
Gaia scosse la testa e imponendosi di non pensarci più, si infilò le ciabatte e corse a rispondere al telefono.
Si fece passare la cornetta dalla madre, che le fece segno che se ne
tornava in salotto a guardare la TV. Gaia si portò la cornetta
all'orecchio:
-Pronto, Lara?- Le rispose una voce familiare, resa un pò metallica dal telefono:
-Era ora!volevi farmi invecchiare al telefono!?-
-Sempre gentile,eh?- Sibilò Gaia in risposta alla punzecchiatura della sorella.
-Se non fossi gentile non ti porterei con noi in vacanza in montagna, e
non ti telefonerei per ricordarti che domani passiamo a prenderti alle
otto!-
Gaia stava attorcigliando tra le dita il cavo del telefono: in assenza
del collo della sorella, doveva pur sfogare su qualcosa la rabbia che
le stava crescendo dentro!
-Guarda che è stata Martha ad invitarmi ... e poi Nika mi ha già detto a che ora venite!-
-Infatti te l'ho solo ricordato. Il punto è un'altro.- Il tono
voce di Lara era completamente cambiato, e Gaia lo notò subito:
non era più sarcastico e strafottente, ma serio e lievemente
preoccupato.
-Non tenermi sulle spine, parla!- La sentì sbuffare: sicuramente
si stava mordendo il labbro, un'abitudine che aveva sempre avuto, ogni
volta che doveva dire qualcosa che la preoccupava.
Passarono alcuni istanti prima che Lara rispondesse:
-Oggi pomeriggio ha telefonato un tizio, un avvocato, e …- Un
altro sospiro. -... Ha detto che conosceva la nonna e papà, e
che vorrebbe parlarci ... a quanto pare ha qualche oggetto che la nonna
gli aveva affidato prima di morire ... e adesso vuole consegnarcelo.-
Gaia rimase letteralmente basita: era una notizia davvero inaspettata.
-Ma c'è qualcosa che non mi quadra.- La voce di Lara la riscosse
dal suo momentaneo torpore:
-Che cosa vuoi dire?- Senza accorgersene aveva abbassato la voce: non
voleva conoscere la reazione di sua madre se avesse sentito quale era
l'argomento della conversazione.
-Voglio dire.- Anche Lara aveva abbassato la voce. -Che la cosa mi
sembra sospetta: Perchè ha aspettato ben cinque anni per
contattarci? Perchè mai la nonna avrebbe consegnato ad un
perfetto sconosciuto qualcosa che avrebbe potuto consegnare di persona?
Non ha senso …-
-Dove vuoi arrivare, detective?- In realtà Gaia sapeva benissimo dove voleva arrivare Lara.
-Non mi fido, Gaia. Dobbiamo stare attente: Quel tipo sa molte più cose di quel che dà ad intendere.-
Gaia stava per ribattere, quando sua madre le passò davanti per
andare in bagno e le disse che era ora di andare a dormire. Gaia
annuì e salutò la sorella:
-Allora ci vediamo domani alle otto.-
-Vedi di essere puntuale!- Rimarcò Lara.
-Sì, ho capito, ho capito. Non preoccuparti! A domani.- E
così dicendo Gaia riagganciò il telefono. Rimase a
rimuginare un momento su quello che le aveva riferito Lara: "c'è
qualcosa che non mi quadra". Si riscosse solo quando sua madre le
chiese se aveva già finito di preparare la valigia per il
viaggio. -Controllo se ho preso tutto e vado a letto.- Rispose
distrattamente, fiondandosi in camera.
Aveva controllato il contenuto del suo borsone da viaggio più
volte ma aveva sempre l'impressione di aver scordato qualcosa ... ma
cosa? Guardò l'armadio, ma aveva già controllato di aver
preso un buon numero di ricambi; fece vagare lo sguardo sulla
scarpiera, ma era a posto anche con le scarpe; vagò con lo
sguardo su tutta la camera, finché non si bloccò sulla
scrivania,e allora si ricordò di cosa stava per dimenticare.
-Ma certo!che cretina che sono!- Si batté una mano sulla fronte
e afferrò il diario segreto a fiori che stava sulla scrivania.
Lo aveva con sè da quasi dieci anni e da allora ci scriveva i
suoi pensieri e le sue poesie: non se ne sarebbe separata per nulla al
mondo.
Si fermò un momento a sfogliarlo, per poi fermarsi sulla prima
pagina, l'unica che non aveva scritto lei: era una filastrocca che la
nonna le recitava quando era piccola per far addormentare lei, Lara,
Nika e Martha. L’anziana Maya si era sempre vantata di averla
inventata lei stessa, e che era la migliore ninna nanna che avessse mai
sperimentato, prima sui propri figli, e poi sui suoi nipoti.
Gaia si coricò sul letto con il diario tra le braccia e chiuse gli occhi.
"Una bambina correva a perdifiato per il giardino, i capelli neri
ondulati tenuti all'indietro da un cerchietto bianco, gli occhi color
del mare che brillavano per l'eccitazione, in mano teneva un grosso
diario con la copertina a fiori. Finì la sua corsa nella parte
più isolata del giardino, dove una anziana donna stava seduta su
una sedia a dondolo a godersi la vista della fioritura primaverile
degli alberi da frutta.
-Nonna! Nonna! Guarda! Guarda!- La bambina sventolava felice il diario,
mentre la donna sorrideva di fronte all'entusiasmo della nipotina. -Me
l'ha regalato la zia! Ha detto che ci posso scrivere tutto quello che
voglio!- Le parole le uscivano a raffica dalla bocca mentre la nonna la
prendeva in braccio
-E dimmi, cosa vorresti scriverci?- Le chiese la signora.
La bambina ci persò su un momento. -vorrei che mi ci scrivesti la filastrocca.-
-Quale? Quella dei quattro viaggiatori?-
-Oh, sì, nonna, tipregotiprego!- La bambina la fissava con occhi supplichevoli.
-Va bene, ma dovrai aiutarmi, lo sai che ho poca memoria- La bambina
annuì e cominciò a recitare la filastrocca mentre la
nonna scriveva:
"Dove vanno quei quattro viaggiatori,
quattro cuori, una sola auto,
una sola via?
Verso ovest,verso ovest!
Il viaggio è lungo,
gli avversari sono tanti,
i pericoli infiniti.
Ditemi, miei signori,
quali son le vostre intenzioni?
Verso ovest, verso ovest!
La vostra scelta avete fatto,
il dado è stato tratto,
di quattro un solo destino è stato fatto.
Ora andate viaggiatori,
e con voi sia magnanimo il fato.
Verso ovest, verso ovest..."-
Gaia sorrise nel sonno. -Verso ovest, verso ovest…-
-Fine capitolo 1-
Lo so che la filastrocca fa schifo, ma mi serviva per far capire che la
nonna di Gaia, Lara, Nika e Martha in qualche modo sapeva
dell'esistenza dei saiyuki boys e delle loro avventure, e per divertire
le nipotine ha inventato questa roba (neanche io riesco a darle un
nome!^^;;;;;).
Questo capitolo fa un pò pena, ma mi farebbe piacere che mi diceste qualcosa...invierò presto il secondo.
A presto(spero)
Will
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Capitolo 2 *** I misteri portano altri misteri. ***
cap2
Ecco qui il secondo capitolo. Spero vi piaccia ...
Capitolo 2
-I misteri portano altri misteri.-
Non era possibile! Ci era riuscita di nuovo! Ma dove accidenti lo
teneva il cervello, sempre ammesso che ce l'avesse, sua sorella?!
All'incirca erano questi i pensieri che aleggiavano per la testa di
Lara, che, esasperata, si stava passando una mano tra i lunghi capelli
biondi, gli occhi blu chiaro scintillanti di rabbia mentre aspettava la
sorella, che, nonostante le raccomandazioni della sera prima, era in
ritardo mostruoso.
Erano le otto in punto quando era arrivata a bordo del fuoristrada
guidato da Nika davanti al palazzo dove abitava Gaia, e senza perdere
tempo era scesa dalla macchina ed era andata a suonare al citofono. Ma
visto che nessuno si degnava di aprirle, aveva suonato altre due, tre,
quattro volte. Stava per suonare una quinta volta, quando finalmente
una voce impastata dal sonno uscì dal citofono.
-Mh? Sì? ... Chi è?-
-Il mago formaggino! Chi credi che sia?!- Un momento di silenzio. La quiete prima della tempesta.
-NON E' POSSIBILE!!! EPPURE ERO SICURA DI AVER REGOLATO LA SVEGLIA!!!
PERCHE' NON HA SUONATO?! PERCHE'!!!- Lara non sapeva perché la
sveglia di Gaia non aveva suonato, ma avrebbe messo la mano sul fuoco
che era rimasta in uno stato di sordità quasi totale per almeno
cinque minuti, dato che non si era praticamente accorta del tir che le
era passato vicino. Le urla di panico di Gaia avrebbero fatto entrare
in coma le orecchie di chiunque.
Lara stava ancora maledicendo mentalmente la sorella quando questa
sbucò stile proiettile dal portone con il borsone a tracolla e
il fiatone per aver fatto gli scalini a quattro a quattro rischiando
l'osso del collo.
-C... Ciao... sorellina …- Erano le uniche parole che Gaia
riuscì a trovare la forza di dire prima di ricevere un sonoro
pugno in testa da Lara.
-“Sorellina” un corno! Possibile che tu e la sveglia siate
sempre nemici giurati!? Lo sai che oggi abbiamo un impegno!- Gaia aveva
quasi le lacrime agli occhi per il dolore.
-Mi hai fatto male ...T_T-
-E questo è niente! Adesso sali in macchina, che dobbiamo ancora passare a prendere Martha!-
Gaia non se lo fece ripetere due volte, e dopo aver messo nel bagagliaio il suo borsone, si sedette nel sedile posteriore.
-Certo che voi due non potete proprio fare a meno di litigare!- Nika
era rimasta al posto di guida ed aveva assistito a tutta la scena, che
non le era di certo nuova. Incurante dei borbottii contrariati della
cuginetta minore, Nika si passò una mano tra i corti capelli
color ruggine, e non appena Lara si sedette nel sedile accanto al suo
si tolse gli occhiali da sole per fissarla con i propri occhi castani
screziati di verde. -Siamo a posto?- Lara annuì allacciandosi la
cintura.
-A posto. Andiamo a prendere Martha.-
-Agli ordini!- Rise la rossa facendo rombare il motore.
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Si passò più volte le mani sulla gonna di jeans,
scrollandosi di dosso le foglie secche che vi si erano attaccate, per
poi fermarsi a contemplare soddisfatta la sua opera: aveva tolto tutte
le erbacce, annaffiato e potato a dovere le piante di rose, ed aveva
anche acceso un cero: sì, così poteva andare... Anzi, no,
mancava ancora una piccola cosa... il "tocco finale". Prese da una
borsa un fazzoletto e si chinò per pulire il vetro della foto.
Si rialzò e con un gesto meccanico si scostò dalla spalla
la lunga treccia di capelli castano scuri, e si sistemò gli
occhiali da vista sugli occhi color cioccolato dai riflessi ambrati. La
tomba di Andrew ora era proprio perfetta... un pò come lo era la
loro felicità prima dell'incidente...
-Martha!- La ragazza si voltò verso la ragazzina che le veniva incontro sorridendo, seguita da altre due ragazze.
-Ciao, ragazze! Non che non sia felice di vedervi... ma avevate così tanta fretta da venirmi a prelevare fin qui?-
-Non è esatto... volevamo solo fare una visita alla nonna e alo
zio prima di andare, tutto qui.- Rispose Nika tranquilla, mentre
fissava la lapide bianca, alla quale aveva lavorato fino ad allora la
sorella. -Sei sempre l'unica ad occuparti di lui, vero?- Martha
fissò ancora un momento la foto che ritraeva il volto sorridente
di un bel ragazzo moro, e annuì.
-I suoi genitori sono anziani ormai, e loro erano gli unici parenti che aveva …-
-Capisco …- Sospirò la sorella sistemandosi gli occhiali
dalle lenti nere sul naso. Rimasero tutte e quattro in rispettoso
silenzio mentre ognuna pronunciava mentalmente una preghiera.
-Bhe, allora, andiamo?> Chiese Lara muovendo qualche passo verso le tombe a cui dovevano fare visita.
-Sì, subito …- Martha lanciò ancora un'occhiata
alle sue spalle, lasciando alla pace di quella mattinata estiva il
sonno di una persona che aveva amato moltissimo.
-----
-Nika, sei sicura di aver preso la strada giusta? sono quasi due ore che andiamo!- Nika sbuffò contrariata:
-Guarda Lara che mi hai dato tu l'indirizzo, quindi se fosse sbagliato sarebbe solo colpa tua!-
-Ragazze, dai smettetela! tanto anche se avessimo sbagliato strada,
scannarsi a vicenda prima del tempo a cosa servirebbe?-. Erano passate
quasi due ore da quando il quartetto si era accomiato dalla tomba della
nonna, e durante quasi tutto il tempo Martha aveva cercato di sedare
ogni possibile focolaio che avrebbe potuto trasformarsi in una vera e
propria rissa, ma stava diventando di minuto in minuto sempre
più difficile a causa della tensione di Lara, che stava
diventando sempre più intrattabile. Quell'avvocato la faceva
innervosire, anzi, l'intera vicenda la faceva innervosire: c'erano
troppi misteri, troppe cose strane in quella storia, anzi, non solo in
quella, anche nel modo in cui era morto suo padre e la nonna, e poi
perchè mai sua nonna avrebbe dovuto consegnare qualcosa ad
emerito sconosciuto, non poteva darlo direttamente a loro senza tanti
rigiri, senza tanti misteri, senza tante complicazioni? Dopotutto, lei
non aveva nulla da nascondere. O forse sì?
La macchina cominciò a sobbalzare, segno che la strada asfaltata
era finita lasciando posto a quella sterrata.“Fantastico!”
pensò Lara, serrando le mascelle: la sua sopportazione era ormai
al limite. Stava quasi per dire a Nika di fare dietro-front, quando la
voce di Gaia la interruppe:
-Guardate là! Forse stavolta ci siamo!-
E forse aveva ragione: la casa, una vecchia villa restaurata
corrispondeva alla descrizione che l'uomo aveva fatto a Lara: la
facciata in pietra in parte coperta da una lussureggiante pianta
rampicante, la veranda in legno, e il tetto in legno ricoperto da
tegole rosse, tutto il complesso era circondato da un grande giardino
ben curato cintato da una recinzione in metallo.
Dopo aver verificato che l'indirizzo fosse proprio quello, le ragazze
suonarono alla porta, e dopo pochi istanti un uomo di mezz'età
venne ad aprire presentandosi come il custode della casa.
-Prego signorine, entrate. Il signore vi sta aspettando.-
Se dall'esterno la casa appariva maestosa, dall'interno si poteva
definire principesca: non c'era parete a cui non fosse appeso un quadro
o un prezioso arazzo, e i mobili avevano tutti "tarlature" di vecchia
data. Gaia in particolar modo sembrava perdersi nella contemplazione di
quelle ricchezze, non perchè le interessassero di per sè,
ma perchè le ricordavano molto Misseltwhite Manor, la casa dove
si svolgeva la maggior parte de "il giardino segreto". Chissa se dietro
a qualche arazzo si nascondeva la camera del capriccioso e malaticcio
Colin Craven? Le sue fantasticherie vennero bruscamente interrotte
dalla voce del custode che le aveva guidate fino allo studio del
"famoso" avvocato.
-Prego, da questa parte. il signore vi raggiungerà tra poco.-
Gaia, Lara, Nika e Martha si guardarono in giro: le pareti della stanza
erano ricoperte da carta da parati decorata con motivi floreali, o
almeno era così nell'unico muro visibile, su cui si aprivano due
luminose finestre. Le pesanti tende di velluto verde tirate da una
parte, come da vecchio stile. Le altre tre mura erano nascoste da
altrettante librerie in legno massiccio, dove facevano bella mostra di
sè decine di libri, alcuni vecchi con una bella rilegatura in
finta pelle, altri più nuovi con la copertina in cartoncino
colorata. Accanto alle finestre, davanti ad una delle librerie, si
trovava una massiccia scrivania in ciliegio di taglio classico. E,
davanti ad essa, quattro poltrone, foderate di velluto dello verde
delle tende, sembravano aspettare le quattro ragazze.
Non dovettero aspettare molto perchè arrivasse il tanto
decantato avvocato. Un uomo sulla settantina, dagli occhi grigi e lo
sguardo determinato, con pochi capelli argentei alla base del cranio.
Si presentò subito alle ragazze come Bruno Martelli, e dopo aver
stretto la mano ad ognuna, decise di passare subito al dunque: Lara
pensò che la faccenda dovesse essere parecchio incresciosa per
lui se aveva tutta quella fretta: questo sospetto fece rabbuiare ancora
di più la biondina, che non si era accorta dello sguardo
preoccupato che le lanciava la sorella. Gaia si sentiva divisa in tre:
da una parte sua sorella che era così nervosa da sfiorare l'ira,
dall'altra Martha col suo fare tranquillo ma sospettoso, e infine Nika
che non stava più nella pelle dalla curiosità, senza
pensare troppo alle varie incognite della situazione. Gaia non sapeva
esattamente come sentirsi: la sua naturale curiosità la spingeva
ad essere eccitata come Nika, ma d'altra parte non riusciva a non
pensare che quella storia era strana. Uscì dalla complicata rete
dei suoi pensieri giusto in tempo per sentire le parole dell'uomo che
le aveva convocate tanto urgentemente.
-Immagino che già sappiate per quale motivo vi ho chiamato,
vero?- L'avvocato passò in rassegna con lo sguardo i volti delle
sue ascoltatrici. -Oppure devo rispiegarmi?-
-Non sarà necessario.- Lara non era ben sicura di quanto stava
per dire. -Ma, la prego, se ha qualche informazione su cosa è
successo a nostra nonna e mio padre, le sarei grata se me lo dicesse,
signor Martelli.-
-Professor Martelli, signorina, professore. Non ho preso la cattedra
per niente, io.- Lara strinse i pugni rabbiosamente: se non si fosse
trattato di un uomo in età ormai avanzata gli avrebbe già
mollato un pugno: nessuno poteva parlarle con quell'aria di
superiorità!
-Bene professore.- Calcò molto la parola. -Mi vorrebbe gentilmente dire quello che sa?-
-Quanta fretta! Mi spiace molto, ma temo di non poterla aiutare, in
questo frangente.- Le mani di Lara stavano prudendo sempre di
più: presto non sarebbe più stata padrona delle sue
azioni.
-E perchè, di grazia?-
-Ma perchè non è il mio compito!- Rispose quello, come se
fosse stata la cosa più naturale del mondo. Lara stava per
scattare in piedi, ma Martha la trattenne per un braccio e le
schioccò un'occhiata di rimprovero. Il vecchio professore
continuò il suo discorso: -vedete, non mi è stato dato
altro compito, se non quello di consegnarvi questo.- E così
dicendo tirò fuori dal cassetto della scrivania un pacco, che
posò con cura davanti alle ragazze. -Non sta a me dirvi come e
perchè. Il mio compito l'ho svolto. Ora tocca a voi.-
Il professore rimase in silenzio. Nessuno parlava. finchè Nika domandò.
-Tutto qui?- La sua voce aveva un tono deluso, come quello di una
bambina che non ha ricevuto il giocattolo che voleva. Martelli
ridacchiò, quasi intenerito.
-Tutto qui. Credo proprio che non abbiamo più nulla da dirci.-
Lara si arrese: non avrebbe cavato nulla dal vecchietto, quindi tanto
valeva andarsene. Il gruppetto si congedò educatamente
dall'uomo, e si avviarono alla macchina con un forte senso di amaro in
bocca: il mistero invece di svelarsi si era infittito, e anzi, ne aveva
portato di nuovi: Primo fra tutti chi era davvero quell'uomo?
-----
Il professore guardò le sue ospiti allontanarsi dalla villa a
bordo del vecchio fuoristrada. Che gli credessero o no poco importava,
ma era davvero dispiaciuto di non aver potuto spiegare tutto. Dopotutto
erano le sue nipoti... scosse la testa e si voltò per incontrare
gli occhi divertiti della figura nascosta nell'ombra a cui aveva dato
le spalle fino ad allora.
-Non dovreste trovarvi qui, divina Kanzeon Botatsu-
La figura uscì dall'ombra, gli occhi viola scintillanti, i
lunghi capelli corvini raccolti in una coda alta, l'abito semi
trasparente che lasciava poco all'immaginazione e un sorrisetto
divertito sulle labbra. -Se non erro le leggi del Tenkai vietano alle
divinità di venire in questo mondo. Devo pensare che qualcosa
sia cambiato nel regno celeste?- Continuò imperterrito Martelli,
grattandosi il mento.
-Le regole sono fatte per essere infrante, lo sai.- Ribattè la
divinità. -In quanto al regno celeste, non c'è nulla di
nuovo. Nulla che non ci fosse stato già detto.- Precisò
avvicinandosi alla finestra. L’anziano le lanciò
un’occhiata interrogativa.
-Allora posso sapere il motivo per cui siete qui?-
Kanzeon si avvicinò alla finestra dove il professore aveva
assistito alla partenza delle quattro ragazze, col solito sorriso
sornione sulle labbra.
-Volevo assicurarmi che la predizione dell'ultima veggente fosse esatta.-
-Lo è. Sono quattro. Come aveva detto lei.- Al vecchio
balenò in mente una domanda che gli frullava in testa da un
po’. -Per quale motivo due giorni fa mi avete avvertito, in
sogno, di non rivelare nulla a quelle ragazze? Dopotutto ne hanno
diritto!-
Kanzeon non si scompose più di tanto. -Non ti preoccupare, lo verranno a sapere, in un modo o nell'altro.-
-E perchè non adesso?-La divinità ridacchiò, come
se il suo interlocutore avesse fatto una battuta divertente.
-Così non sarebbe divertente, non credi?-
-fine capitolo 2-
|
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Capitolo 3 *** La chiave apre la serratura. ***
cap3
eccomi qua con il terzo capitolo della mia prima fic su saiyuki:
stappiamo la bottiglia di spumante, perchè non avrei mai creduto
seriamente che avrei trovato il coraggio di postarlo! bene, adesso che
mi sono realizzata vi lascio alla lettura.
Capitolo 3
-La chiave apre la serratura.-
-Yawnh!- Gaia si portò la mano alla bocca per cercare di
nascondere uno sbadiglio annoiato: non era esattamente quello il genere
di vacanza che aveva in mente, quando aveva deciso di accettare
l'offerta di Martha: se si concentrava poteva sentire il discorso che
le aveva fatto per convincerla:
“Che ne dici di venire anche tu in montagna con noi? affittiamo
uno schalet per tre mesi! Pensa che bello tutte e quattro sotto lo
stesso tetto per le vacanze estive! Vedrai, ci divertiremo!”
-Sì, certo, come no?- Borbottò indispettita Gaia a se
stessa, dato che al momento la cugina non era presente. Guardò
fuori dal finestrino del fuoristrada verde, e ciò che vide le
fece spazzare via la noia, subito sostituita da una folata di rabbia:
era almeno mezz'ora che Nika se ne stava avvinghiata alle labbra del
ragazzo biondo ossigenato, che le aveva frettolosamente presentato come
Thomas.
Gaia sbuffò. Perlomeno conosceva il nome del motivo per cui
Martha e Lara non erano venute a fare la spesa in paese con Nika, e per
cui avevano deciso di portarsi la cuginetta "piccola" in ferie.
Ripromettendosi di farla pagare in qualche modo alle due traditrici,
Gaia distolse lo sguardo dai due melensi piccioncini (che non
sembravano avere alcuna intenzione di smetterla tanto presto) prima che
le venissero le carie ai denti. Solo allora, fissando la strada e i
passanti si rese conto delle occhiatacce che si convergevano verso di
lei e la coppietta.
“Ma proprio davanti all'unico negozio d’alimentari del
paese devono sbaciucchiarsi?” Sentiva le gote in fiamme, e la sua
immagine riflessa nello specchietto retrovisore dell'auto lo
confermava. La vergogna e l'imbarazzo furono come la benzina gettata
sul fuoco: non volevano smettere da soli? Bene, li avrebbe fatti
smettere lei.
BEEEEEEEEEEEEEEEEP!BEEEEEEEEEEEEEEEP!
Bastarono due sonori colpi di clacson per far tornare le mani a posto
al ragazzo biondo ossigenato, mentre la rossina, pronta per un infarto,
si voltò verso l'auto per capire perchè si fosse messa a
strombazzare. Vide Gaia che dal sedile anteriore, a fianco a quello
dell'autista, la stava salutando con la mano, mentre l'altra era ancora
premuta sul clacson della jeep. Sul viso dipinto un sorrisetto
compiaciuto, prova definitiva che era stata lei a strombazzare. E
doveva anche essersi divertita parecchio a vedere lo spettacolo dei due
che "volavano” per lo spavento.
Nika cercò di riprendere fiato, dopodichè si voltò
sorridendo imbarazzata verso Thomas, che aveva gli occhi sgranati
puntati su Gaia, la quale ridacchiava trionfante nel vedere la sua
reazione.
Nika lanciò un'occhiataccia alla cugina, che si limitò a
rispondergli con un'altra strombazzata. Nika sospirò e si
rivolse al ragazzo ancora scioccato, ma che si stava rendendo conto
della figura che aveva fatto davanti ai passanti che lo stavano
fissando torvi.
-Mi... mi spiace, ma adesso devo andare, le altre mi aspettano …-
Thomas fece segno di sì con la testa, mentre gli occhi
schizzavano dal volto di Nika alle espressioni dei passanti. -Allora ci
vediamo stasera...Ok?- Chiese la ragazza, intimidita dagli sguardi
puntati su di lei, mentre dentro di sè giurava vendetta.
-----
-Eddai, ti ho detto che mi dispiace!- Erano quasi passati venti minuti
dalla figuraccia in paese, e Nika non sembrava ancora intenzionata a
rivolgere la parola a Gaia, che cominciava a pentirsi del tiro che
aveva lanciato alla cugina.
-Era uno scherzetto innocente!- Piagnucolò esasperata davanti al silenzio di Nika, che continuava a guidare impassibile.
Gaia stava ancora cercando le parole giuste per scusarsi, quando Nika
fermò l'auto davanti allo schalet. Concentrata com'era sul modo
migliore di convincere la cugina a parlarle di nuovo, non si era
accorta che erano già arrivate a casa. Nika scese tranquilla
dall'auto seguita da Gaia che teneva lo sguardo basso, non avendo il
coraggio di guardare la cugina negli occhi.
-Vuoi davvero che ti perdoni?- La domanda era arrivata come un fulmine
a ciel sereno, e non sapendo come rispondere, Gaia si limitò a
fare cenno di sì col capo. -Bene.- Nika sembrava soddisfatta
dalla silenziosa risposta della giovane. -Le condizioni sono tre: per
prima cosa mi aiuti a scaricare la macchina.-
Gaia non si fece pregare, e con pacchi e pacchettini sulle braccia,
entrò in casa e posò la spesa sul tavolo della cucina;
dopodichè si diresse in salotto, dove si buttò sul
divano, sbuffando e ansimando leggermente per la fatica. Ma la pace non
durò per molto: neanche dieci secondi dopo infatti, Nika era
già entrata nella stanza, e prendendo alle spalle la cugina
cominciò a farle il solletico. -Seconda condizione: ti faccio un
quarto d'ora di solletico se non giuri che non mi metterai mai
più in imbarazzo davanti ad un ragazzo! Capito?-
Gaia stava collassando dal ridere, le guance rosse e le lacrime agli occhi.
-Prometto, prometto!!! Ma smettila, ti prego!!! HaHaha!!!- Ma Nika era implacabile.
-Giuralo!-
-Giuro, giuro!- Sghignazzò la "vittima", che si teneva la pancia dal ridere.
-Così và meglio!- Sentenziò Nika liberando Gaia,
che si portò subito fuori dalla portata della cugina in fondo al
divano. Il corpo ancora scosso dalle risa.
-Dunque, ora il terzo compromesso.- Ridacchiò la rossina
passandosi una mano tra i capelli: -Non dovrai dire nulla di Thomas a
Lara e Martha, chiaro?-
-Cosa non dovrebbe dirci?- Al suono della voce di Martha Nika si
irrigidì, conscia del fatto di essere stata colta in fragrante.
-E "Thomas" chi sarebbe?- Chiese Lara, che era entrata subito dopo
Martha. Nika cominciava a sudare freddo: sua sorella e sua cugina
sapevano essere davvero testarde quando si trattava di sapere qualcosa.
Specie se questo "qualcosa" era di sesso maschile.
-Ora ci dici tutto! E non provare a scappare!- L'ammonì la
bionda, quasi le avesse letto nel pensiero, avvicinandosi ad una Nika
dalla faccia sconvolta: era in trappola! Senza vie di fuga! O forse no?
la rossina lanciò una rapida occhiata alla porta che dava sul
giardino dietro di lei, e un'altra alle sue assediatrici: avrebbe
dovuto essere veloce, e sfruttare al massimo l'elemento sorpresa.
Doveva fare presto, ma senza avere fretta: doveva aspettare il momento
giusto...
-Adesso!- Gridò correndo via, seguita a ruota da Lara e Martha,
che dopo qualche istante di sorpresa si erano lanciate all'inseguimento
ridendo.
Anche Gaia avrebbe voluto partecipare all'inseguimento, ma non aveva
fatto che pochi passi che inciampò su una scatola messa per
terra accanto al divano, cadendo rovinosamente.
-Che male!- Si lamentò massaggiandosi il naso, che aveva preso
un brutto colpo. -Ma chi è che ha messo qui una scatola?!- Aveva
molte maledizioni da scagliare sul colpevole, ma gli si bloccarono in
gola quando riconobbe la scatola: era quella che il professore aveva
consegnato a lei e alle altre solo pochi giorni prima. Se fosse stato
per lei avrebbe aperto subito la scatola, ma Lara era stata
irremovibile: la scatola sarebbe stata aperta solo alla fine delle
vacanze: non prima. E allora perchè si trovava lì? Forse
Martha e Lara (Nika aveva già tentato una volta di aprirla di
nascosto, ed era stata beccata in flagrante da Lara.) non avevano
ancora trovato un posto dove metterla, e allora l'avevano posata
lì. Mentre la metteva a posto si accorse che l'impatto aveva
sollevato il coperchio. Si diede un'occhiata attorno e tese l'orecchio:
le risate di Nika, Lara e Martha si sentivano anche da lì. Un
sorrisetto dispettoso le si dipinse sul viso: una vocina maliziosa
dentro di lei le stava dicendo di scostare ancora un pochino il
coperchio e dare un'occhiatina dentro la scatola, mentre un'altra le
diceva che doveva rimettere tutto a posto, tanto prima o dopo avrebbe
visto comunque il contenuto. Ovviamente la seconda voce non venne presa
molto in considerazione, e Gaia aprì la misteriosa scatola.
Il cuore le batteva all'impazzata, i muscoli erano tesi, pronti a
chiudere la scatola se qualcuno fosse entrato nella stanza, le orecchie
tese ad ascoltare ogni flebile suono. Si lanciò ancora
un'occhiata alle spalle, poi tirò fuori il contenuto della
scatola: un grosso libro, dall'aspetto antico, la rigida copertina di
pelle marrone, gli angoli in argento con delicate cesellature in oro.
Una spessa e robusta cinghia con una serratura in argento impediva al
libro di aprirsi. Gaia osservò estasiata le decorazioni e la
pelle antica, e dopo aver tentato inutilmente di forzare con la sola
forza delle mani la serratura, guardò nella scatola, dove
trovò una chiave d'argento decorata in ora come la serratura del
libro. Attaccata vi era un biglietto. Impaziente, la ragazza lesse il
biglietto, probabilmente lasciato da sua nonna:
“Alle mie nipoti, perchè lo conservino al sicuro”
-Ma al sicuro da che?! Dalle termiti?!- Scosse la testa annoiata: se
non avesse aperto il libro non l'avrebbe mai saputo. Mandando a quel
paese la paura di essere scoperta, che la faceva voltare di scatto ogni
dieci secondi circa, prese coraggio e infilò la chiave nella
serratura, che si aprì con uno scatto. Rimase a bocca aperta
quando, aprendo il libro scoprì che in realtà questo era
uno scrigno camuffato: aprendo la copertina, infatti, all'interno si
trovava una strana pietra incastonata nel cartone: era una sfera
azzurra, dai colori freddi che cambiavano tonalità a seconda di
come veniva mosso il contenitore. Gli occhi verde acqua di Gaia si
stavano perdendo in quei cambiamenti di colori, quando Lara seguita da
Martha e Nika entrarono nella stanza:
-Gaia cosa …-
Gaia non riuscì a rispondere: non ne ebbe il tempo. I colori
della sfera stavano roteando come un vortice d'acqua, e ad ogni giro
diventavano sempre più scuri, finchè la sfera non divenne
completamente nera, e nero divenne tutto anche agli occhi di Gaia, che
si sentì roteare, e precipitare nel buio, mentre dalla sua bocca
usciva un grido muto, finchè sentì un forte dolore alla
testa e svenne.
-----
Il cielo mattutino era completamente sgombro da nuvole, e un'aria
fresca e frizzante accarezzava ogni cosa, dalle fronde degli alberi,
all'erba dei prati. Quasi a voler dare a tutti il buongiorno. Sarebbe
stato difficile credere che solo fino poche ore prima era piovuto a
dirotto, visto che ormai le uniche testimonianze del temporale erano
rappresentate dalle gocce d'acqua che ricoprivano ogni cosa, pianta o
roccia, scintillanti alla luce del sole, e dalle pozze fangose di una
strada sterrata. Strada sterrata percorsa da una solitaria jeep con a
bordo quattro ragazzi bagnati fradici.
-Sanzoooo! Quand'è che ci fermiamo? Ho fame!- La voce di un
ragazzino dai capelli castani, comodamente seduto sul sedile posteriore
della vettura, non sembrò neppure arrivare alle orecchie del
biondo sul sedile accanto al posto di guida, alla quale stava un'altro
ragazzo moro con un monocolo all'occhio destro, completamente
concentrato sulla guida.
-Allora? Quando arriviamo?- Continuò il più giovane, ma
Sanzo continuò a tenere ostinatamente gli occhi chiusi, fingendo
di dormire, nella vana speranza che forse, una volta stufo, il
ragazzino avrebbe smesso di importunarlo.
-Insomma, Sanzo, potresti almeno rispondermi!- Gli occhi dorati del ragazzino scintillavano, irritati da quel menefreghismo.
-Eddai, Goku, è inutile, lo sai com'è fatto il nostro
bonzo, no?! Piuttosto che darti la soddisfazione di considerarti si
taglia la lingua.- Commentò il rossino che sedeva accanto al
ragazzino dagli occhi dorati.
Come risposta Sanzo si girò su un fianco borbottando qualcosa di
incomprensibile: chi non avesse conosciuto il suo modo di fare avrebbe
potuto pensare che stava semplicemente borbottando nel sonno, ma i suoi
compagni di viaggio sapevano benissimo che quello equivaleva a un:
“Non rompetemi le scatole, o giuro che vi ammazzo!”
Ormai rassegnato, Goku si lasciò cadere sullo schienale
sospirando: Goijo aveva ragione, da Sanzo non avrebbe ottenuto nulla
insistendo, se non delle minacce di morte o un colpo di harisen in
testa. Socchiuse per un istante i grandi occhi d'oro feriti dal sole,
per poi rivolgersi al ragazzo alla guida:
-Hakkai, tu sai quanto manca al prossimo villaggio?- L'interpellato ci
riflettè su un momento, osservando la mappa appoggiata al
cruscotto, momentaneamente distratto dalla guida.
-Secondo la cartina non dovremmo metterci più di un'ora, tutto dipende dalle condizioni della strada.-
Soddisfatto della risposta, Goku si risistemò nel suo sedile godendosi la brezza del mattino.
-Tz! speriamo di arrivare il prima possibile, dopo una notte come
questa, sotto la pioggia e senza uno straccio di rifugio non vedo l'ora
di dormire su un vero letto.- Borbottò Goijo strizzandosi la
cannottiera fradicia, e tentando inutilmente di accendere la sigaretta
bagnata che teneva tra i denti.
-E poi non vedo l'ora di potermi fumare una bella sigaretta! Tutte
quelle che avevo sono ridotte peggio di uno straccio da lavare i
pavimenti!- Continuò esaminando il pacchetto fradicio alla
disperata ricerca di una sigaretta superstite.
Hakkai ridacchiò indulgente mentre l'amico continuava il suo
monologo:-Almeno ci fosse qualcosa da fare! Invece niente! Neanche un
misero gruppo di demoni schizofrenici decisi a farci la pelle! In
più ultimamente non riesco più neanche a fare una
litigata come si deve con questo primate che mi ritrovo qui
vicino…-
-Hey, primate a chi, kappa pervertito? Vuoi botte?!- Ringhiò Goku, punto nel vivo. Gojyo non si lasciò intimidire.
-Mi hai tolto le parole di bocca!-
Mentre i due cominciavano la solita schermaglia a base di insulti e
pugni, Hakkai si rivolse alla figura nel sedile accanto che in quel
momento gli stava dando le spalle.
-A quanto pare siamo alle solite…- Finalmente Sanzo si
degnò di aprire le palpebre, rivelando i penetranti occhi
ametista.
-Sai che gioia…-
Hakkai ridacchiò scuotendo il capo: cosa si sarebbe dovuto
aspettare di diverso dal bonzo? Si costrinse a concentrarsi sulla
guida, ma ciò che vide lo costrinse a sterzare di colpo finendo
fuori strada e rischiando di sbalzare fuori dalla vettura i passeggeri.
-Hakkai ma che diav…-Ma Sanzo non terminò la domanda,
perchè aveva la risposta davanti agli occhi: una ragazza stava
sdraiata in mezzo alla strada con la testa in una pozza di sangue.
-Fine capitolo 3-
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Capitolo 4 *** Primo incontro. ***
cap4
Capitolo quattro ... ecco il primo incontro tra i ragazzi di saiyuki ed una delle mie OC.
ah, poi me lo dimentico ... non possiedo saiyuki (altrimenti ci avrei
aggiunto qualche personaggio femminile in più.) e questa storia
non ha alcuno scopo di lucro. vi lascio alla lettura. ciao!
Capitolo 4
-Primo incontro.-
Tic-tac, tic-tac...
La pendola contava i secondi con il suo monotono ticchettio.
Tic-tac, tic-tac...
Da quanto tempo lo stava ad ascoltare? Minuti? Ore? Non ne aveva la più pallida idea.
Gli ultimi avvenimenti erano successi così rapidamente che
adesso quell'attesa era quasi innaturale. Prima stava discutendo con
Gojyo, poi Hakkai aveva frenato, e avevano prestato soccorso ad una
ragazza che subito credevano morta. L'avevano portata nella prima
locanda che avevano trovato, e mandato la figlia maggiore del
locandiere a chiamare un medico, che adesso si trovava dentro alla
camera con la ragazza ferita.
Confuso. Goku era confuso ... no, non era esatto. Non era confuso,
sapeva esattamente cos'era successo, ma ancora stentava a crederci. Gli
sembrava di aver vissuto un sogno molto agitato, ma di cui conosceva
ogni minimo particolare. E adesso si era svegliato, ma alcuni brandelli
del sogno gli danzavano ancora davanti agli occhi, e non riusciva
ancora a capire se stava ancora dormendo oppure no.
Batté le palpebre e spostò lo sguardo dalle lancette
dell'orologio ai suoi compagni: individuò subito Gojyo che
andava avanti e indietro per il corridoio lasciando dietro di sé
una scia di fumo. Appena la ragazza era stata affidata al medico si era
fiondato a comprare le sigarette, e adesso si stava rifacendo di tutto
il tempo in cui era stato a "digiuno" di nicotina.
Sanzo invece se ne stava con le spalle contro il muro, gli occhiali da
lettura sul naso e il viso seminascosto dalle pagine del quotidiano,
anche se Goku aveva la certezza che in realtà non lo stesse
leggendo: Sanzo poteva essere strano, ma non fino al punto di mettersi
a leggere le ultime notizie al contrario!
Hakkai invece se ne stava seduto su una poltroncina da ingresso ad
accarezzare Hakuryu che pigolava soddisfatto, ma gli occhi del suo
padrone guardavano fissi davanti a sé, senza guardare nulla,
lanciando solo di tanto in tanto un'occhiata all'orologio.
Goku decise di stiracchiarsi un pò gambe e braccia: era da
quando era arrivato il medico, che stava seduto con le gambe
incrociate, la schiena appoggiata contro il muro, e le mani dietro la
testa. Ora i suoi arti cominciavano a fare male e aveva bisogno di
stare un po’ in piedi. Si accigliò leggermente, ripensando
al modo in cui il medico aveva cacciato tutti quanti fuori dalla
stanza, tranne la ragazza che lo era andato a chiamare. Avrebbe voluto
restare, e vedere come se la cavava la ragazzina … Proprio
allora la porta della camera si aprì, e un uomo di
mezz'età coi capelli neri striati di grigio uscì
pulendosi tranquillamente gli occhiali. Hakkai fu il primo a chiedere
informazioni al dottore, che, stavolta, invitò tutti ad entrare:
-Sta per svegliarsi.- Li informò aprendo la porta. Hakkai e
Gojyo entrarono per primi, seguiti da Sanzo, che però venne
tirato per una manica da Goku.
-Che cosa c'è adesso!?- Ringhiò il biondo, voltandosi. Ma
la voce arrabbiata del bonzo non fermò il giovane demone dagli
occhi dorati.
-Posso farti una domanda?-
-Non se è stupida!- Sbuffò il monaco scocciato:
perchè gli chiedeva se poteva fargli una domanda, se tanto poi
gliel'avrebbe fatta lo stesso? Il ragazzino abbassò lo sguardo,
scegliendo con cura le parole da usare.
-Secondo te che cosa le è successo? Hai qualche idea?-
-Tzè! E io cosa ne posso sapere!?- Brontolò il bonzo,
pronto a tornarsene indietro, ma lo sguardo di Goku, interpretabile
come "ma che razza di risposta è questa?", lo convinse a
rivelargli le sue ipotesi: -Le strade da queste parti sono piene di
banditi, forse ha fatto un brutto incontro.-
-Cosa te lo fa pensare?-
Sanzo si mise una mano in tasca e tirò fuori un oggetto
luccicante. Goku non riuscì subito a capire di cosa si
trattasse, ma era d'argento e abbastanza piccola da stare nel palmo
della mano. Quando Sanzo gliela porse vide che si trattava di una
chiave con delle fini decorazioni dorate.
-Ce l'aveva in mano quando l'abbiamo soccorsa.- Goku si rigirò l'oggetto tra le mani, per poi fissare gli occhi su Sanzo.
-Perché gliel'hanno lasciata in mano? Se si aggredisce una
persona per derubarla, è stupido lasciare una cosa così
preziosa!- Sanzo spalancò gli occhi per la sorpresa: da quando
quella stupida scimmia era diventata così perspicace?
Si passò nervosamente una mano tra i capelli biondi, mentre Goku
continuava a parlare: -forse dei banditi l'hanno inseguita e lei ha
cercato di scappare, poi è scivolata e ha sbattuto la testa. I
ladri ci hanno sentito arrivare e sono scappati. Torna tutto, no?-
"Incredibile". Pensò il monaco mentre si lasciava andare ad un
leggerissimo sorriso di soddisfazione nel constatare che la sua
scimmietta portafortuna avesse tanto cervello da pensare ad un'ipotesi
plausibile. Ma questo subito gli scomparve dalla labbra, mentre gli
tornavano in mente particolari a cui Goku non aveva fatto caso: attorno
al corpo della ragazza non c'era la minima impronta di scarpe o ruote,
né sull'erba, né nel fango morbido. Quasi come se fosse
stato il vento a scaraventarla sulla strada. Senza contare che gli
abiti erano asciutti, quindi non poteva aver passato la notte da quelle
parti. Indizi futili, forse, ma che lo lasciavano perplesso.
-Tz! questa zona è piena di disperati che sarebbero disposti a
tutto per una parvenza di bottino... Può essere andata
così. Ce lo dirà lei quando si sveglierà. E adesso
non mi scocciare più, chiaro?- Non era il caso di far partecipe
Goku dei suoi sospetti, ragionò spingendo il ragazzo nella
stanza, dove il medico li avrebbe aggiornati delle condizioni della sua
paziente.
-----
-Come sta?- Di chi era questa voce? La voce di un ragazzo, calda e gentile, ma che non conosceva...
-Non è grave, si rimetterà presto.- Un'altra voce
maschile ... Più matura di quella precedente ... Il tono
rassicurante e comprensivo ... Tipico di un medico ...
-Quando si risveglierà?- Un'altra voce, sempre maschile,
più giovane di quella precedente ma completamente diversa dalla
prima ... Se una era calda e gentile, quella era fredda e distaccata.
Ma nessuna gli era famigliare ... Insomma, chi erano quelle persone?
-Dovrebbe svegliarsi a momenti.- Era di nuovo la seconda voce.
Le voci sconosciute le arrivavano alle orecchie ovattate, come lontane
molte miglia, ma lei voleva vedere chi erano le persone che parlavano,
lei doveva vedere, constatare se stava sognando o meno. Ma le sue
palpebre sembravano incollate, non riusciva ad aprire gli occhi.
No, non si sarebbe arresa. Era anche una questione di orgoglio.
Riprovò ancora, e con uno sforzo maggiore riuscì ad
aprire un pochino gli occhi, ma li richiuse quasi subito: la luce che
rischiarava la camera, anche se non era intensa, le feriva gli occhi.
Aspettò pazientemente che la luce non le desse più
fastidio, poi mise a fuoco le persone che la attorniavano.
-Dove sono?- Sentì la propria voce roca, e poco più di un
sussurro, ma fece comunque sobbalzare tutti i presenti nella stanza,
che smisero subito di parlare.
-Dove sono?- Ripeté la ragazza, cercando di tirarsi su a sedere, ma una mano la bloccò.
-Non dovrebbe alzarsi nelle sue condizioni. Si corichi.- Gaia riconobbe
la voce:era quella calda e gentile, la prima che le era giunta alle
orecchie. Cercò di annuire, ma una fitta alla testa la sorprese,
facendola desistere. Trepidante, si portò una mano al punto dove
le doleva, ma di nuovo la mano del ragazzo la fermò.
-Lasci stare, o rischia di rovinare la fasciatura.- Abbandonando anche
quel proposito, la ragazza volse lo sguardo al suo "infermiere": aveva
riconosciuto la voce, era quella calda e gentile che aveva sentito
prima, e ora poteva dargli un volto: occhi verde smeraldo, capelli
corti scuri, un monocolo all'occhio destro e un sorriso gentile sulle
labbra.
-Bene signorina, bensvegliata. Ti ricordi il tuo nome?- Quello che
senza dubbio era il medico si era avvicinato e osservava attentamente
la sua paziente, che annuì e dopo aver deglutito rispose alla
domanda.
-Gaia …-
-Bene, Gaia, allora segui il mio dito ... Ecco , così, brava.-
L’uomo fece passare qualche volta il dito davanti agli occhi
della ragazza, poi, soddisfatto si rivolse al ragazzo dagli occhi
verdi, invitandolo ad andare a parlare fuori dalla stanza. Gaia li
seguì con lo sguardo finché non furono usciti dalla
porta. Allora guardò le altre persone presenti nella stanza: un
ragazzo dai lunghi capelli rossi stava spegnendo una sigaretta su un
posacenere dall'altra parte della stanza, mentre un'altro stava
appoggiato davanti all’unica finestra, i capelli biondi ribelli e
gli occhi scuri, ma a causa della distanza e della luce che filtrava
dalla finestra, sotto forma di raggi simili a lance dorate, non era
sicura del loro colore, viola scuro probabilmente. Soffermò un
momento di più lo sguardo sugli strani abiti che il ragazzo
indossava, e quando rialzò gli occhi si accorse che il biondino
la stava fissando a sua volta con aria seccata. Subito Gaia
abbassò lo sguardo imbarazzata, ma la voce fredda e distaccata
del ragazzo biondo la costrinse ad alzare di nuovo gli occhi su di lui.
-Che cosa ci facevi lì da sola in mezzo alla strada?-
Gaia spalancò gli occhi verde acqua stupita: lei in mezzo ad una
strada? Quale strada? Lei era a casa, con sua sorella e le sue cugine
... Le sue cugine! Che fine avevano fatto? E sua sorella? Stava quasi
per chiederlo al biondino quando il ragazzo dai capelli rossi si
rivolse all'amico.
-Certo che non ti smentisci mai! Neanche con le ragazze sai essere gentile, eh, bonzo?-
L'altro si voltò seccato puntando le iridi che, Gaia non si era sbagliata, erano color ametista, sul suo interlocutore.
-Ma senti da che pulpito! Proprio da te, che non riesci a non correre dietro a ogni essere di sesso femminile che incontri!-
-Quello si chiama "saperci fare con le donne", ed è una forma di
virilità maschile. Non che mi aspetti che tu capisca …-
-Cosa vorresti dire? Occhio che la risposta potrebbe costarti caro!
Quindi pensaci bene.- Sibilò il bonzo mentre nascondeva una mano
nell'ampia manica della tunica, e una vena cominciava ad ingrossarsi e
pulsargli sulla tempia.
-Mi pare ovvio, no? Che sei gay ... AAAAAAAAARGH!-
A quanto pareva la risposta non era quella giusta e il bonzo
tirò fuori una piccola pistola dalla manica, con la quale
cominciò a sparare al rosso gridando.
-MUORI!-
Gaia si tuffò sotto le coperte, come se queste avessero potuto
in qualche modo difenderla dai proiettili: non bastava trovarsi in
mezzo a persone che non conosceva, con la testa fracassata, e senza
neanche sapere dove fossero Lara, Martha e Nika, ci voleva anche un
pazzo che si mettesse a sparare come un indemoniato! Se quello era un
incubo, non vedeva l'ora di svegliarsi!
Il cuore le mancò un colpo quando una mano le scostò
delicatamente le coperte dal volto. Non volle neanche vedere chi
l'aveva fatto, strappò di mano allo sconosciuto la trapunta e vi
si rannicchiò, come una bambina che cerca di nascondersi. Era
terrorizzata, tremante come una foglia, gli occhi chiusi e con il cuore
che batteva così forte da farle male. In seguito avrebbe trovato
la situazione decisamente ridicola, e ne avrebbe riso, ma in quel
momento l'unica cosa che voleva era che quella storia finisse!
-Non preoccuparti, Sanzo si comporta sempre così, ma in
realtà non farebbe mai del male a Gojyo! Non sul serio. Bhe,
almeno, fino ad oggi non l'ha mai fatto …-
Gaia aprì gli occhi di scatto: la paura si stava mitigando di
fronte alla rabbia: voleva vedere in faccia chi era il malato di mente
che le diceva di non preoccuparsi. Non ci si deve preoccupare quando ci
si sbuccia un ginocchio, quando perde un rubinetto, ma non quando uno
si mette a sparare nella stanza di un malato! Aveva un bel pò di
argomentazioni del genere da esporre ma si bloccò e tese
l'orecchio: le grida continuavano ad echeggiare nell'edificio, ma non
erano più in quella stanza. Si tirò un pò su, quel
tanto che bastava per guardarsi attorno: Non si era sbagliata, i due
litiganti non erano più lì, anche se continuavano a
schiamazzare, e gli spari erano stati sostituiti dal rumore di un
oggetto che colpiva qualcosa.
-Sono andati a litigare fuori, qui rischiavano di fare troppi danni
…- Il "malato di mente" doveva aver intuito i pensieri di Gaia,
che si voltò verso di lui rimanendo un pò sorpresa di
trovarsi davanti un ragazzo più giovane degli altri: poteva
avere suppergiù la sua età, indossava un paio di jeans e
una maglia a mezze maniche, le spalle erano coperte da una sorta di
armatura ed una corta mantella. I capelli castano scuro corti e ribelli
nascondevano in parte un diadema dorato.
-Comunque, io sono Goku. Piacere di conoscerti.- Si presentò
sorridendo e porgendogli la mano che Gaia accettò, sorridendo a
sua volta.
-Gaia.- Un rumore simile al ruggito di una bestia feroce fece ricordare al ragazzino una cosa molto importante.
-Ehm... Dato che ora abbiamo fatto conoscenza ... Che ne dici se mangiamo qualcosa? Ho una fame che non ci vedo …-
Gaia rise ricordandosi che anche lei era affamata da morire e appoggiò entusiasta l'idea di Goku.
-Sììììììì!!! Finalmente si mangia!!!-
-Hey, quella battuta era la mia!- La punzecchiò Goku ridendo.
-Non fare il pignolo... Ho fame!-
Si guardarono un momento negli occhi e scoppiarono a ridere.
-Fine capitolo 4-
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Capitolo 5 *** Nuove scoperte. ***
cap5
Capitolo 5
-Nuove scoperte.-
La pioggia di risate investì Hakkai come un fiume in piena,
caldo e rassicurante, ma completamente estraneo a quello che si
aspettava di trovare nella stanza, specie dopo il casino fatto da Sanzo
e Gojyo. Fu quasi sul punto di chiudere la porta, pensando di aver
sbagliato stanza, ma si bloccò subito, riconoscendo i volti di
Gaia e Goku. Rimase per un pò appoggiato allo stipite della
porta, in silenzio, ad osservarli: era un piacere guardarli ridere e
punzecchiarsi tra di loro.
Vederli lì, intenti a piantare il seme della complicità
tipica dei ragazzi, tra scherzi e confidenze, avvolti dalla luce dorata
che filtrava dalla finestra, era una scena che scaldava il cuore.
Hakkai si ritrovò a sorridere, quasi senza accorgersene. Un
sorriso diverso da quello che sfoggiava sempre, che sembrava quasi gli
fosse stato marchiato a fuoco sulle labbra. Quello di adesso era un
sorriso di piacere, perchè non poteva provare altro a vedere
Goku così sereno assieme ad una sua coetanea.
Goku si accorse per primo della presenza silenziosa di Hakkai, e gli corse incontro, impaziente ed affamato.
-Hakkai, mangiamo? Eddai, ho fame!-
-Anch'io ho fame!- Si unì la morettina. Hakkai rimase
piacevolmente sorpreso nel sentire quelle parole da Gaia. Un po’
perchè avere appetito significava essere sulla via della
guarigione, ed un po’ perché voleva dire che la ragazza
non era rimasta troppo scioccata dalla scenata del bonzo e del kappa.
-Vedo con piacere che la scenata di Sanzo e Gojyo non vi ha spaventata troppo!-
-Umph! Ci vuole altro per spaventare me!- Disse la ragazza con finta
aria strafottente, togliendosi da davanti agli occhi un ciuffo di
capelli corvini libero dalle bende.
-Pffffff! Sì, certo, come no! Ma se ti eri nascosta sotto le
coperte come un gattino spaventato!- Scoppiò a ridere Goku,
dondolandosi sulla sedia dove se ne stava appollaiato, come un
pappagallo sul trespolo.
Gaia lo fulminò con lo sguardo, poi le venne in mente un'ideuzza
per vendicarsi: con un sorriso malignetto stampato sulla faccia, diede
una pacca sulle spalle a Goku. Il ragazzino, a causa della sorpresa e
della precarietà della sua postazione, perse l'equilibrio e
cadde rovinosamente a terra, suscitando le risate di Gaia e Hakkai. La
prima si sganasciava senza ritegno, mentre l'altro cercava con poco
successo di trattenersi.
Per qualche istante Goku rimase imbronciato, ma alla fine
sfoderò un largo sorriso, che si allargò ancora di
più quando Hakkai lo informò che sarebbe andato a
prendere il pranzo.
-Posso venire anch'io? Posso? Posso?- Il ragazzo dagli occhi verdi guardò stupito il suo giovane amico.
-Ti ringrazio per l'offerta, ma non credo di aver bisogno di aiuto. Posso portare tranquillamente da solo il vassoio ...-
-Nonononono, non hai capito: vengo a prendermi il MIO vassoio con la
cena!- Ma certo! Hakkai si battè una mano sulla fronte: avrebbe
dovuto immaginarselo che Goku avrebbe voluto cenare assieme alla sua
nuova amica.
-Come vuoi. Allora a tra poco, signorina Gaia.- Salutò Hakkai
uscendo dalla porta, seguito da Goku, che si attardò un momento
sulla soglia per lanciare un'occhiata a Gaia. Quella ragazza gli
piaceva ogni momento di più, e sentiva che la loro sarebbe stata
una grande amicizia ... Chissà, forse, con un pò di
fortuna (anzi, MOLTA fortuna) avrebbe potuto convincere Sanzo a farla
venire con loro. Certo, sempre che non avesse una famiglia lì da
quelle parti con cui stare ...
-Bhe? Che c'è, non vai?- Ridacchiò Gaia, vedendolo così imbambolato.
Goku si riscosse dai suoi pensieri e le fece una linguaccia. Gaia per
tutta risposta gli tirò un cuscino che fu ben lungi dal colpire
il bersaglio, cosa che fece sbellicare il ragazzo dagli occhi dorati.
-Vado, vado. Non c'è bisogno di scaldarsi tanto! Ma vedi di trovarti ancora qui, quando arrivo!-
-E chi si muove?- Sospirò la ragazza mentre si accasciava sui
cuscini. La testa le faceva un male cane, sentiva la ferita pulsare,
mentre le bende le stringevano il capo come una morsa di ferro. Chiuse
per un momento gli occhi, per vedere se così il dolore si
sarebbe attenuato un pochino. Nessun risultato. Sbuffando riaprì
gli occhi, e notò con gioia che sul comodino accanto al suo
letto c'era una brocca piena d'acqua e un bicchiere. Tirandosi su sui
cuscini a fatica, prese in mano il bicchiere e si versò un
pò d'acqua. Non aveva molta sete, ma fare qualcosa, anche una
cosa semplice come quella, l'aiutava a non pensare al dolore, e quindi
a renderlo più sopportabile. Roteò un paio di volte il
bicchiere pieno, restando quasi incantata ad osservare la propria
immagine riflessa, deformarsi nel piccolo gorgo formato dal movimento
rotatorio dell'acqua.
Quel semplice gesto le fece tornare pian piano in mente cosa le era
successo prima di svenire: la scatola trovata per caso, il libro finto,
la pietra colorata, il vortice, le grida di sua sorella e le altre che
tentavano di chiamarla ...
La vista le si appannò un poco, a causa delle lacrime che le
stavano scivolando lungo le guance, senza che lei neanche se ne
accorgesse. Smise di far roteare l'acqua, e con stizza si
asciugò le lacrime: non aveva alcuna intenzione di piangere, non
proprio quando, da un momento all'altro, sarebbero stati di ritorno
Goku e Hakkai. Doveva molto a quelle persone, anche se non aveva ancora
capito bene che cosa le era successo, a parte il fatto che si era rotta
la testa. Tornò a fissare il bicchiere con l'intenzione di bere
un sorso d'acqua, ma si bloccò prima di portarselo alle labbra:
anche se erano già passati un bel pò di secondi da quando
aveva smesso di muoverla, l'acqua continuava a roteare, senza
rallentare, mentre gli spezzoni della sua immagine riflessa andavano
modificandosi, fino a formare un'altra immagine: una pendola a muro che
segnava le otto, completamente avvolta dalle fiamme. L'immagine si
modificava continuamente sotto i suoi occhi inorriditi, adesso vedeva
Martha: Martha che si voltava e spalancava gli occhi, sorpresa, il
volto sporco di nero e cenere, e stava muovendo le labbra, come per
dire qualcosa ... Ma lei non poteva sentire che cosa ...
-Eccoci qua! Abbiamo fatto in fretta, vero?- L'arrivo improvviso di
Goku la fece trasalire, e questo bastò perchè le immagini
sull'acqua sparissero, come erano venute, lasciando a Gaia il dubbio di
essersele immaginata. Batté più volte le palpebre,
incredula e attonita per quello che le era successo.
-Hey, che hai, ti senti male?- Goku la fissava preoccupato con i grandi
occhi dorati, le mani strette al grande vassoio di legno su cui erano
appoggiati parecchi piatti coperti da cui uscivano piccoli sbuffi di
vapore.
-Eh? Nono, sto bene, davvero!- Rispose la ragazza, imbarazzata e
dispiaciuta di aver fatto preoccupare il suo nuovo amico. Hakkai, che
era entrato subito dopo Goku, la guardò poco convinto, poi
scrollò le spalle e le appoggiò il vassoio sul letto. Ci
sarebbe stato tempo per le spiegazioni, quali esse fossero.
-----
-INSOMMA, VUOI SMETTERLA DI SEGUIRMI!?-
l'urlo echeggiò per tutto il villaggio, facendo voltare molte
delle persone che si trovavano a passare per quella strada in quel
momento. Ma la cosa non sembrò importare alla ragazza dai corti
capelli rossi, che continuava a guardare davanti a sé, gli occhi
verdi che lanciavano scintille di rabbia.
-E piantala, lascialo stare!-
-"Lascialo stare" dovresti dirlo a lui, è da quando siamo
arrivate che mi perseguita!- Rispose la rossina, fulminando la ragazza
bionda dall'espressione scocciata che le si stava avvicinando
velocemente.
-Su, smettetela di litigare, non mi sembra il caso …- Entrambe
si voltarono verso un'altra ragazza con gli occhiali e lunghi capelli
castani raccolti in una treccia, che si guardava attorno, imbarazzata
dagli sguardi seccati dei passanti.
-Io non stavo litigando, Martha, volevo solo spiegare alla nostra
"cara" Lara che non ne posso più di avere questo "coso" alle
calcagna!-
-Così impari a dare da mangiare a tutti i randagi che ti
capitano a tiro!- La sbeffeggiò Lara ridacchiando. Nika
cercò di giustificarsi in qualche modo.
-È che era così carino, tutto triste e solo …-
-Bhe, adesso solo non lo è più, e triste neanche, visto
come scodinzola. Contenta?- Borbottò Lara allontanandosi in
direzione di una locanda poco distante da lì, seguita da Martha
che non riusciva a dissimulare il suo imbarazzo in nessun modo.
-E adesso dove credi di andare?!- La richiamò Nika, esasperata. Lara si voltò sorpresa.
-A cercare informazioni, no?-
-I locali sono i posti migliori dove andare a caccia di notizie-
Annuì Martha avvicinandosi alla cugina. -In un posto piccolo
così le notizie girano in fretta, e l'arrivo di una straniera in
paese dev'essere un evento degno di chiacchiere.-
-Ovviamente non possiamo entrare nella taverna con il tuo nuovo
"amico", dato che è vietato entrare con degli animali nei luoghi
pubblici. Quindi tu rimani qui ad aspettarci buona buona senza
muoverti.- Continuò Lara voltandosi a guardare Nika, che si
guardò un momento attorno: la strada era ormai buia, e i pochi
passanti che ancora si incontravano per la via non si fermavano
neanche, vogliosi di rientrare a casa al più presto. Solo un
gruppetto di persone dall'aspetto poco raccomandabile raccoltosi sotto
un lampione sembrava avere poca fretta di andarsene.
-Non vorrete lasciarmi qui, tutta sola, vero?- Mormorò alla fine
Nika con voce infantile e piagnucolosa, gli occhi lucidi e le mani
strette in una morsa di ferro attorno alla manica della giacca di Lara,
che cominciò a dimenarsi, tentando inutilmente di staccarsi di
dosso la cugina. -Non potete essere così crudeli e senza cuore
…-
La rossina continuò la sua cantilena per parecchio,
finché Lara non ancora rassegnata al fatto che Nika e la sua
giacca erano diventate una cosa sola e sbottò.
-Molla la manica, frignona, mi stai facendo venire un braccio lungo due
metri!!! Non possiamo portarti con noi, quindi smettila di fare storie!-
-Cattiva …- Commentò Nika, lasciando finalmente Lara, che
emise un sospiro di sollievo e si allontanò di qualche passo per
evitare altri attacchi di infantilismo acuto da parte della rossa.
-Non ti preoccupare, faremo presto. Il tempo di chiedere se qualcuno ha
visto Gaia e ce ne andiamo, ok?- Cercò di rassicurarla Martha,
appoggiandole una mano sulla spalla. Nika annuì, risentita: la
sua cuginetta era finita chissà dove, in un mondo sconosciuto,
da sola, forse in pericolo. E lei, da quando aveva accettato di
guardare nella pietra del libro, e si erano trovate tutte e tre
catapultate in un boschetto, a soli pochi passi da una cittadina che
non conoscevano; non aveva fatto altro che lamentarsi e fare la
bambina. Si sentì un verme nei confronti di Lara, che nonostante
la preoccupazione per Gaia l'attanagliasse, riusciva a pensare
abbastanza lucidamente da organizzare un piano di ricerca.
Lanciò un'occhiata di sfuggita alla figura bionda che si avviava
verso la porta d'ingresso della locanda, poi si rivolse a sua sorella,
con un'espressione più seria sul viso.
-Va bene, ma mi raccomando, tornate presto.-
Martha annuì e girò i tacchi per raggiungere Lara. Nika
le guardò entrare nel locale, e pregò mentalmente che
riuscissero a scoprire qualcosa. Si sentiva un pò responsabile
di quanto era successo: se lei non avesse fatto la cretina, Gaia non
sarebbe mai inciampata su quella scatola, non avrebbe scoperto il libro
e non sarebbe mai scomparsa. Tirò un calcio ad una pietra,
arrabbiata con se stessa per i suoi stupidi e inutili pensieri. Non
avrebbe risolto nulla con i sensi di colpa: doveva darsi da fare e
concentrarsi sulle ricerche. Ma un movimento tra le sue gambe gli fece
ricordare quale era la sua priorità. Abbassò lo sguardo
per osservare l'animaletto che gli si stava strusciando addosso come un
gatto, ma che di felino non aveva nulla, salvo le effusioni: corpo
completamente nero da rettile, ali e un paio di piccoli corni sulla
testa, non lasciavano dubbi: la creaturina era un draghetto, e un
draghetto molto coccolone, per giunta. La ragazza sospirò
rassegnata: all'inizio era rimasta estasiata dalla strana bestiola che
le si era avvicinata mendicando un pò di cibo, e lei ovviamente,
da brava amante degli animali qual era, non era riuscita a resistere
allo sguardo dolce e triste di quell'esserino. Gli aveva dato un pezzo
di cioccolato che aveva in tasca, e da allora non era più
riuscita a toglierselo di torno.
-Che cosa devo fare con te?-
-Kyu?- Il draghetto la fissò piegando la testa da una parte.
Nika, combattuta, si sedette su un muretto, e l'animaletto le
volò in braccio, in attesa di coccole.
-Non vuoi proprio mollarmi, eh?-
Come risposta, il draghetto socchiuse gli occhi e si acciambellò
sulle sue gambe, pigolando dolcemente. Nika sospirò: era
inutile. Non avrebbe mai avuto il coraggio di mandare via quella strana
e dolcissima creatura. Lara avrebbe dovuto farci l'abitudine, che lo
volesse o no. Oppure avrebbe dovuto pensarci lei a mandarlo via.
Sorrise pensando alla faccia che avrebbe fatto Lara in quel caso:
novantanove su cento alla fine si sarebbe rassegnata e le avrebbe
lasciato il suo drago. Nonostante la scorza da dura, Lara aveva un
cuore d'oro ed una grande sensibilità.
Cominciò ad accarezzare il suo nuovo animaletto sorridendo ogni qual volta questi pigolava soddisfatto.
-Mi sa che adesso devo trovarti un nome …-
Si bloccò di colpo, la mano sulla schiena del draghetto: era
sicura di aver sentito un rumore... Si voltò lentamente,
finché non incontrò il volto di un ragazzo che passava
accanto a lei, i lunghi capelli rossi tenuti su da una fascia, e una
sigaretta spenta tra le labbra.
-Buonasera.-
-Buonasera.- Rispose la ragazza osservandolo attentamente: aveva l'aria
strafottente di chi sa (o vuol far credere) di essere un rubacuori
incallito a cui le donne si attaccano come api al miele, ma tutto
sommato sembrava abbastanza a posto.
-Ha per caso da accendere?- Nika si rovistò qualche istante in
tasca, finché non trovò un accendino e lo porse allo
sconosciuto. Una sigaretta, in fondo, non si rifiuta neppure ad un
condannato a morte.
-Prego.- Si mise una mano davanti al viso per accendersi la sigaretta,
ne prese una lunga boccata e restituì a Nika il suo accendino.
-Mi scuso per la maleducazione, non mi sono ancora presentato: Sha Gojyo.-
-Nika. Piacere di conoscerla.- Si presentò la ragazza porgendo la mano, che il rosso strinse sorridendo.
-Piacere mio.-
-Fine capitolo 5-
Allora, domani parto per le mie ferie, quindi per un pò non mi
sarà possibile postare. A parte il fatto che è stato un
caso che abbia inviato così velocemente questi capitoli. mi
piacerebbe che mi diceste che ne pensate. Lo so che la storia è
solo all'inizio, ed i capitoli abbastanza corti, ma mi piacerbbe avere
qualche parere.
saluti!
Will
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Capitolo 6 *** Complotti. ***
cap6
x erica0501: grazie, sono felice che ti piaccia come scrivo ... anche
se avrai notato che ho fatto un "restauro completo". accidenti,
scrivevo proprio male, all'epoca ... spero di aver "risanato" bene la
storia ... in realtà, sto scrivendo il capitolo 17, ma prima di
continuare, voglio finire di risistemare i vecchi capitoli. in tutto
dovrebbero essere circa 36 capitoli, ma si vedrà mentre scrivo.
ed ora buona lettura!
Capitolo 6
-Complotti.-
-Vuoi?-
Gojyo porse a Nika il pacchetto di sigarette. Lei esitò un
momento, combattuta tra l'istintiva prudenza nei confronti degli
sconosciuti e la tentazione di una sigaretta. Mandò al diavolo
la prudenza e l'istinto: dopo tutto quello che le era capitato una
sigaretta se la meritava! Allungò la mano verso il pacchetto,
ringraziò il suo "benefattore", prese una sigaretta, l'accese e
con un pizzico di emozione ne aspirò una buona boccata.
-Allora sei qui solo di passaggio, giusto?-
La domanda fece andare il fumo di traverso alla rossa, facendola
tossire per un pò: era vero che si sentiva un pesce fuor d'acqua
in quel posto, ma non le sembrava che fosse così evidente! Si
voltò verso il ragazzo, assassinandolo con il pensiero, mentre
cercava di riprendere il controllo della sua gola irritata.
-Si nota così... Cough! Così tanto?-
Forse fu la sua espressione traumatizzata e sorpresa, forse come le era
uscita la voce, roca a tratti acuta, forse era l'effetto combinato di
entrambi, fatto sta che il suo interlocutore cominciò a ridere,
piegandosi in due, facendo morire di vergogna Nika. Era in momenti come
quelli che avrebbe preferito sprofondare di qualche decina di metri
sotto terra.
BONK!!!
-Scusa... ma eri uno spettacolo!- Cercò di scusarsi dopo un
pò Gojyo, ancora con le lacrime agli occhi, mentre un vistoso
bernoccolo cominciava a crescergli in testa. Nika lo fissava con occhi
che lanciavano fiamme e la mano stretta a pugno ancora dolorante. Il
rosso cercò di darsi un minimo di contegno, conscio del fatto di
aver perso, in pochi istanti, tutti i punti che aveva guadagnato agli
occhi della ragazza. Quindi, indicò la bestiola ancora
acciambellata sulle gambe della ragazza.
-Non sono molte le persone sedentarie ad avere un drago come quello!-
Nika spostò subito lo sguardo da Gojyo all'animaletto che
continuava a starsene buono e tranquillo sulle sue gambe: che cavolo
c'entrava quel dolce esserino con il fatto di essere in viaggio o no?
Alzò nuovamente lo sguardo interrogativo sul ragazzo, che si
sentì in dovere di rispondere alla muta domanda della sua
interlocutrice.
-Come non lo sai? Sono indispensabili compagni di viaggio.- Si
abbassò ad accarezzare la testa del draghetto che lo guardava.
-Vero piccolina?-
"Piccolina"? Nika sollevò la draghetta fino a trovarsi il musetto curioso davanti agli occhi.
-E da quando saresti una femminuccia, tu?- Gojyo rise di nuovo.
-Da quando è nata, no?- Nika lo fulminò con uno scatto
delle iridi verdi, per poi ridere anche lei della stupidaggine che
aveva detto.
-Colpito!- Poi Gojyo fissò il draghetto, sospettoso.
-E se fosse un travestito?- Nika per poco non si fece cadere di mano il
drago: la battuta di Gojyo era arrivata fulminea e devastante come un
temporale estivo, facendola ridere fino alle lacrime.
-Come fai a sapere tutte queste cose sui draghi?- Domandò Nika mentre si asciugava una lacrima.
-Un mio amico ne possiede uno.- Rispose Gojyo con una scrollata di
spalle. -Viaggiamo insieme, così ho imparato qualcosa
sull'argomento.-
-Capisco.- Commentò la ragazza, mentre un'ideuzza gli passava
per la testa: dopotutto non aveva idea di come avrebbe potuto allevare
un drago: cosa dargli da mangiare, come accudirlo e quant'altro... E
parlare con qualcuno che aveva un pò di esperienza poteva
esserle davvero di aiuto. Stava aprendo la bocca per formulare la
domanda, ma Gojyo la batté sul tempo.
-Che ne dici se te lo presento?- Nika alzò di scatto la testa
per fissare, tra lo stupito e il felice, il ragazzo, che in quel
momento si stava liberando della cicca di sigaretta.
-Davvero? Ma... non darò fastidio?- La risata di Gojyo era già di per sé una risposta.
-Scherzi? Ovvio che non dai fastidio! Se mi avessi dato fastidio non ti
avrei invitato, no? E poi, così non potrai rifiutare di bere
qualcosa con il sottoscritto.- Gojyo porse una mano a Nika per aiutarla
a scendere.
-Alloggiamo alla locanda qui di fronte, quindi non puoi neanche dire che ti faccio fare tanta strada!-
Il rosso indicò lo stesso locale in cui erano entrate poco prima Lara e Martha. Nika lo fissò dubbiosa.
-Non ci saranno problemi se mi porto dietro il drago?-
-Ma figurati! Se hanno lasciato entrare Goku può entrare qualunque animale!-
Nika fissò Gojyo con gli occhi a forma di punto interrogativo.
-Chi è Goku?- Gojyo alzò le spalle e rispose con non curanza.
-È una stupida scimmia che non si è ancora resa conto di
essere un primate!- Nika lo fissò continuando a non capire.
-È uno che viaggia con me. Te lo presento.- Concluse il rosso
aprendo la porta a Nika. -Prima le signore.-
-----
La luna faceva capolino dietro un gruppo di nuvole sparse, che,
illuminate dai suoi raggi argentei, sembravano veli di pregiata seta
blu scura, dalle sfumature viola e grigie. Ma tanta bellezza era
indifferente per Lei. Per chi passava da quelle parti, Lei altro non
era che un'ombra più buia tra le trame del tetto.
Da tempo era concentrata ad osservare i due ragazzi che parlavano tra
loro. Dalla sua postazione sulla casa di fronte alla taverna poteva
vederli bene: ogni gesto, ogni sorriso non passava inosservato.
Notò che la ragazza aveva in braccio un draghetto nero. Ma era
troppo distante per sentire i loro discorsi. Solo qualche risata fuori
controllo, e qualche incomprensibile bisbiglio arrivavano alle sue
sensibili orecchie. Ma, nonostante il disappunto, l'unico movimento che
fece fu quello di togliersi una ciocca di capelli neri davanti al viso.
Tenne gli occhi incollati sui due ragazzi finché non entrarono
nel locale, poi si voltò di scatto verso la figura al suo
fianco: i capelli argentei mossi dal vento le impedivano di vedere il
suo volto con chiarezza. Almeno finché non si voltò verso
di lei, rivelando i tratti delicati ma maschili del viso.
Non disse nulla neppure lui. Solo un cenno del capo affermativo: la
ragazza è una di loro. Lei sorrise. Finalmente una buona notizia.
Restituì il cenno per informare il suo compagno che aveva
capito. Il sorriso era già sparito dal suo volto, tornato
impassibile. Non mosse un muscolo, ma dentro di sé sentì
un'ondata di gioia malsana, quella del predatore che ha finalmente
trovato la sua preda, mentre questa continua, ignara, a brucare l'erba.
Un fruscio. Il suo compagno era sceso dal tetto con un balzo. Lo
guardò mentre cadeva in piedi come un gatto, senza fare il
minimo rumore. Gettò ancora uno sguardo alla porta del locale,
poi imitò il suo compagno che la stava aspettando. Corsero
veloci, nella notte. Mentre correva si lasciò andare ad un
altro, impercettibile sorriso. Presto, molto presto, la ragazza sarebbe
morta. E con lei le altre.
-----
-Etcì!-
-Che c'è Goku, sei raffreddato?- Chiese Gaia. Il ragazzino tirò un pò su col naso, poi scosse la testa.
-No, non è niente.- Chissà perchè aveva la sensazione che qualcuno stesse parlando di lui...
-Senti, Goku:-
-Sìììì?!-
Gaia abbassò lo sguardo per evitare quello del ragazzo: quella
che stava per fargli era una domanda così infantile che si
vergognava di porgliela.
-Tu pensi che si possa prevedere il futuro?-
Goku ingoiò il suo okonomiyaki e sorrise soddisfatto battendosi una mano sulla pancia, poi divenne serio.
-Sanzo direbbe che è una sciocchezza, e che nessuno può
fare una cosa del genere, neanche una divinità. Perchè il
futuro ce lo costruiamo con le nostre mani, ogni volta che prendiamo
una decisione.- Gaia si afflosciò demoralizzata sulla montagna
di cuscini che Hakkai le aveva dato per stare seduta. Un ragionamento
che non faceva una grinza, quello di Sanzo. Eppure lei era sicura di
aver avuto una visione o qualcosa di molto simile.
O forse no? Dopotutto, anche se non era ancora riuscita a capire come,
si era quasi rotta la testa, e non era da escludere che quello che
aveva visto non fosse altro che un'allucinazione, effetto della botta.
Però era anche finita in un luogo completamente diverso da
quello in cui si trovava, anzi, dopo aver parlato un po’ con
Goku, aveva capito che era proprio capitata in un altro mondo. E senza
aver fatto assolutamente nulla per arrivarci. A parte aprire un libro.
E i libri non sono un mezzo di trasporto comune come gli autobus o i
treni …
-Comunque…- Continuò Goku prendendo in mano un'altro
okonomiyaki. -Io non sono Sanzo e credo che invece esistano persone in
grado di vedere il futuro. Non so se umani, divinità o demoni,
ma di sicuro esistono!- Mentre pronunciava quelle parole il diciottenne
era diventato improvvisamente serio, stupendosi delle proprie parole:
da che cosa gli veniva tanta sicurezza? E poi non era da lui
contraddire ciò che diceva Sanzo in quel modo ...
La mano di Gaia si appoggiò sulla sua distraendolo dalle sue
riflessioni: stupito, Goku alzò lo sguardo fino ad incrociare
quello della ragazza: i suoi occhi chiari erano lucidi e la voce un
pò incrinata.
-Io … io credo che stasera ci sarà un incendio …-
-----
All'interno il locale aveva un aspetto decisamente accogliente, quasi
casalingo: il fuoco scoppiettava nel camino che era un piacere,
inondando la sala con i suoi bagliori rossicci. Dietro al bancone, un
uomo rotondetto, dall'aria cordiale, ingannava il tempo pulendo un paio
di bicchieri. Interrompendosi solo di tanto in tanto, per controllare
la giovane cameriera, probabilmente la figlia, che stava pulendo un
tavolo accanto a quello di alcuni coetanei, con cui stava intrattenendo
un'allegra conversazione.
Oltre a loro non c'erano molti clienti: un gruppetto di uomini
canticchiavano un pò brilli cercando ogni pretesto per brindare,
e nell'angolo più buio del locale se ne stavano appartati due
ragazzi che attirarono subito l'attenzione di Lara: uno, moro, le dava
le spalle e teneva appollaiato su un braccio un draghetto bianco, molto
simile a quello che aveva trovato Nika.
Ma era il suo interlocutore ad infastidirla.Un biondino, vestito come
un monaco. Non lo aveva colto sul fatto, ma era certa che stesse
studiando lei e Martha da quando erano entrate. Era come un formicolio
che la prendeva alla nuca e la faceva girare di scatto, facendola
sempre finire verso il tipo vestito strano. Da quando era entrata si
era già voltata in preda al suo sesto senso almeno quattro
volte, e non una volta era riuscita a cogliere il curioso sul fatto.
Che fosse solo suggestione data dallo stress vissuto nelle ultime ore?
Si impose di non considerare il suo istinto, almeno per il tempo
necessario ad andare a ordinare un paio di birre, mentre Martha cercava
un tavolo a cui sedersi.
-Volete che ve le porti al tavolo?- Si offrì il barista, mentre preparava due boccali di birra alla spina.
-D'accordo.- Acconsentì Lara, lanciando un'occhiata a Martha,
che si era già seduta a un tavolo. Accidenti, proprio davanti al
biondino e al suo amico!
-Allora ve le faccio portare da mia figlia.- Fece il barista, che non
aveva notato il nervosismo della cliente. Lara ringraziò l'uomo
e si avviò verso la cugina, appuntandosi mentalmente di non far
scegliere mai più a Martha dove sedersi al bar. Rassegnata al
sentirsi sotto controllo per tutto il tempo, Lara si sedette, e attese
paziente che la cameriera, una volta lasciata a malincuore i suoi
amici, portasse le birre a lei e Martha.
-----
-Ma sei proprio sicura di aver visto... ciò che hai visto?- Gaia
aveva raccontato a Goku per filo e per segno ogni particolare della sua
visione, e il ragazzo non riusciva a capacitarsene.
-Certo che sono sicura! Di solito non mi metto a sognare da sveglia ... Men che meno a fare incubi!-
-Ma di solito non prendi neanche delle botte da spaccarti la testa!-
Ribatté il ragazzo indicando la fasciatura di Gaia. La morettina
sbuffò indispettita.
-Sarei comunque più tranquilla se tu mi smentissi portandomi al piano di sotto!- Goku scosse la testa.
-Il dottore ha detto che non ti devi alzare da letto per qualche giorno
... MA MI ASCOLTI QUANDO PARLO!?- Gaia, senza neppure degnarsi di
ascoltare le raccomandazioni di Goku, si era liberata dell'involto di
coperte ed era saltata in piedi. Ma ebbe modo di fare appena un paio di
passi, prima che la stanza le cominciasse a ruotare attorno. Le gambe
cedettero sotto il suo peso, e sarebbe crollata a terra come un sacco
di patate, se non fosse stato per il tempestivo intervento di Goku.
Questi, con un sospiro, l’aiutò a sedersi a terra, con la
schiena appoggiata al letto.
-Grazie …- Sussurrò la morettina con un fil di voce. Il
ragazzo si abbandonò accanto a lei, sospirando di sollievo per
averle evitato un caduta rovinosa.
-Accidenti a te,mi procuri un sacco di problemi!-
-Scusa …- Mormorò la ragazzina con aria afflitta, conscia che Goku non aveva tutti i torti. Goku scosse la testa.
-Fa niente, tanto ... Oh no!!!- Sbottò di colpo, facendo preoccupare Gaia.
-Che c'è?cosa succede?- Goku aprì e chiuse un paio di volte la bocca prima di riuscire a farsi tornare la voce.
-Sto cominciando a parlare come Sanzo!!!- Gaia cercò di portarsi
una mano alla bocca per trattenere le risate, con risultati a dir poco
deludenti.
-Non ridere! è una cosa seria!- Sbraitò il ragazzo
,sentendosi un pochino ferito dall'ilarità della sua amica.
-Sì, come no, la sanzite acuta!!!- Rise tra le lacrime Gaia,
mentre Goku, dopo aver tenuto il broncio per pochi istanti, si
unì alle risate della ragazza. Troppo presi dal godersi quegli
istanti di quieta e calda allegria, nessuno dei due ragazzi si accorse
che le lancette dell'orologio scandivano gli ultimi minuti prima delle
otto.
-----
Storse il naso al sentore di quella puzza: la spazzatura abbandonata in
quel vicolo emanava un odore che le dava il voltastomaco. Dopo essere
scesi dal tetto, Lei e il suo silenzioso compagno, si erano inoltrati
tra le ombre del vicolo dietro la locanda.
Avevano smesso di correre. Non era più necessario.
Nell'oscurità della notte, se anche una persona fosse passata
loro accanto, non li avrebbe neppure notati.
A un tratto il suo compagno si fermò. Lei fece altrettanto.
Davanti a loro, due figure incappucciate uscirono dall'ombra, avvolte
in mantelli scuri.
-Rigel. Caleb.- La ragazza abbozzò un ceno di saluto, quando la
voce, maschile e fredda, di una delle due figure, quella più
alta, la chiamò per nome. Stessa cosa fece il suo compagno dai
capelli argentei.
-Allora?- Non c'era bisogno di sapere quale fosse la domanda.
L’unico scopo per cui si trovavano in quel luogo era ben noto a
tutti e quattro.
-Le abbiamo.- Rispose Caleb, anche in vece di Rigel. -Una è entrata adesso. Le altre sono già dentro.-
-Bene.- Commentò freddo l'uomo incappucciato. Poi si rivolse
all'altra figura, che era rimasta seduto in disparte fino a quel
momento. -È ora, Grima.- Questi si tolse il cappuccio, e
regalò un sorriso crudele ai due ragazzi, scoprendo le zanne
scintillanti. Aveva l'aspetto di un uomo sui trent'anni, coi capelli
corti color fango striati di nero. Il mento allungato e il naso adunco.
Senza ulteriori indugi, il primo uomo si diresse verso una porta di
servizio, di cui gli ultimi arrivati notarono solo allora la sagoma. Ma
venne bloccato prima di aprirla.
-Artemius? Seccato, l'uomo si voltò verso Caleb, che lo stava fissando.
-Cosa c'è ancora?- Caleb fece un passo indietro: Artemius gli faceva paura, molta paura, anche se era suo compagno.
-Perché dobbiamo farlo? Perchè dobbiamo uccidere quelle
ragazze?- Domandò il ragazzo, anche se immaginava la risposta.
L'uomo si tolse il cappuccio, per permettere al giovane di guardarlo
negli occhi mentre gli parlava. Caleb si sentì intimorito di
fronte allo sguardo penetrante dell'uomo, i cui lineamenti accentuavano
la durezza degli occhi. I capelli corti, erano neri come quelli di
Rigel, tranne una ciocca bianca sulla fronte.
-Perché loro hanno il potere di rinchiuderlo di nuovo. E noi non
possiamo permetterlo. Non proprio adesso che LUI sta per liberarsi.-
Artemius si fermò per riprendere fiato, e vedere la reazione di
Caleb alle sue parole: non sembrava ancora del tutto convinto. -Lo
hanno rinchiuso per quasi cinquecento anni. È ora che anche lui
torni a vedere la luce del sole. Glielo dobbiamo.- Un'altra pausa.-Se
non fosse per lui non saremmo vivi.- Le sue parole sembrarono
convincere Caleb. Ma Artemius sapeva che in fondo il ragazzo era ancora
pieno di dubbi.
Ma la conversazione era finita. Con un lento cigolio l'uomo aprì
la porticina. Diede un'occhiata dentro. Nessuno. Con un cenno del capo
diede il via libera ai compagni.
Artemius entrò per primo, seguito da Grima e Rigel. Caleb entrò per ultimo, chiudendosi dietro la porta.
I quattro si ritrovarono nella cucina della taverna. In circostanze
normali l'ambiente sarebbe stato in completo fermento, ma quella sera
c'erano pochi clienti, e la naturale attività che governava
nella stanza si era ridotta al garzone che stava lavando i piatti,
fischiettando tranquillamente. Il lavapiatti non si era accorto
dell'intrusione nella cucina.
In un turbine di ombre Artemius arrivò alle spalle dell'uomo, e
senza dargli neppure il tempo di reagire gli spezzò il collo a
mani nude. Uno schiocco secco. E il corpo del garzone cadde a terra con
un tonfo.
L'orrendo suono dell'osso spezzato fece rabbrividire Rigel e Caleb, che
ebbero una prova in più della forza del loro compagno, mentre
sembrò avere l'effetto opposto su Grima: il suo sorriso sadico
si accentuò. Si mise a muoversi, eccitato come un bambino
davanti alla torta di compleanno, lanciando di tanto in tanto occhiate
cariche d'aspettativa ad Artemius. Questi, infine gli diede un cenno
d'assenso.
-Ora è compito tuo, Grima.-
Grima si drizzò in tutta la sua altezza, e tirò fuori dal
mantello alcune sfere, avvolte in fasce bianche. Caleb capì
subito di cosa si trattava. Bombe. Bombe incendiarie.
Grima srotolò lo stoppino delle bombe, fece segno ai compagni di
allontanarsi, accese la miccia e lanciò la sfere verso l'interno
del locale.
Pochi istanti, e la stanza era invasa dalle fiamme.
-fine capitolo 6-
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Capitolo 7 *** Incendi e presentazioni. ***
cap7
Capitolo 7
-Incendi e presentazioni.-
-DIVINA KANZEON BOTATSU! DIVINA KANZEON BOTATSU!- Jiroushin
entrò di corsa nell'elegante sala, dove la divinità stava
tranquillamente leggendo il giornale.
-Divina Kanzeon Botatsu! È successo un fatto terribile!- La foga
era tanta che l’uomo si era a stento ricordato di inchinarsi
davanti alla dea, che lasciò a malincuore la lettura del
quotidiano. Scocciata si sitemò una ciocca di capelli corvini, e
con un sospiro annoiato, invitò il messaggero a parlare: prima
lui riferiva, prima lei avrebbe riavuto la sua tranquillità.
-Non sono sorda ... Cosa c'è?- Jiroushin fece un cenno col capo
per ringraziare la divinità della sua attenzione.
Dopodichè, stavolta senza gridare, ma con tono sempre urgente,
riferì le sue notizie.
-Divina Kanzeon Botatsu.- Proclamò. -Qualcuno ha attraversato la Barriera del Togenkio!!!-
-E allora?- Fece La divinità, per nulla impressionata. Il pover’uomo cadde a terra di fronte a quella risposta.
-Ma ... ma Divina Kanzeon Botatsu!-
-Che c'è da stupirsi tanto? Non è così eccezionale
che qualcuno attraversi la Barriera. Noi divinità ci dirigiamo
spesso nel Togenkio.-
-Veramente ci va solo lei, Divina Kanzeon Botatsu ... eppoi stavolta
non si tratta del mondo delle divinità e del Togenkio …-
-Ma davvero?- Domandò sarcastica la dea della misericordia, rituffandosi tra le pagine di cronaca.
-Ma si tratta di qualcuno proveniente da Gaya! Dalla Terra!!!- Subito
gli occhi violetti della divinità brillarono, abbandonando il
giornale. Un sorrisetto divertito le spuntò sulle labbra.
-Però … hanno fatto in fretta ... Quando è
successo?- Jiroushin la osservò stranito, confuso da
quell'improvviso interesse.
-Poche ore fa ... Perchè?-
-Il professore aveva ragione …- I ricordi di Kanzeon tornarono
al colloquio che aveva avuto, solo qualche tempo prima, con Bruno
Martelli.
-----
-Allora posso sapere il motivo per cui siete qui, Divina Kanzeon
Botatsu, Dea della Misericordia?- Chiese l’anziano professore,
prendendo posto alla sua scrivania. Kanzeon si avvicinò alla
finestra dove avevano assistito alla partenza delle quattro ragazze,
non più tardi di qualche minuto prima.
-Volevo assicurarmi che la predizione dell'ultima veggente fosse esatta.-
-Lo è. Sono quattro. Come aveva detto Lei.- Annuì il
vecchio. Rimase silenzioso per alcuni istanti, finchè non gli
balenò in mente una domanda, che in realtà gli frullava
in testa da un po’. -Per quale motivo. due giorni fa, quando mi
avete contattato in sogno, mi avete ordinato di non rivelare nulla a
quelle ragazze? Dopotutto ne hanno diritto! Si tratta del loro destino,
in fondo …- Kanzeon non si scompose più di tanto.
-Non ti preoccupare, verranno comunque a sapere tutto, in un modo o nell'altro.-
-E perchè non adesso?- La divinità ridacchiò, come se il suo interlocutore avesse fatto una battuta.
-Così non sarebbe divertente, non credi?-
-A volte mi chiedo se siete davvero uno dei Godai Botatsu- Aveva scosso
la testa il vecchio, ridacchiando a sua volta. Poi con un cenno
invitò l'ospite a sedersi, mentre una cameriera, affatto stupita
dal quella visita così fuori dal comune, portava il tè.
-Neppure tu sembri un Dio del Tenkai.- Aveva risposto Kanzeon, alzando una tazza di tè fumante.
-Infatti non lo sono. Non adesso. Non qui.- La dea non ribatté.
Sorseggiò la sua bevanda senza parlare, fissando l'uomo che le
stava davanti. Bruno fissava a sua volta il proprio riflesso sulla
superficie trasparente del tè, roteando con aria assente la
tazza. -Ho smesso di essere una divinità da almeno cinquecento
anni.- Mormorò, rivolto più a se stesso che alla sua
interlocutrice. Alzò il capo e la fissò negli occhi.
-Immagino che lei sia l'unico abitante del mondo celeste che ha creduto
all'ultima veggente.-
-Diciamo che solo io non ho chiuso gli occhi.- Affermò Kanzeon sorridendo.
-Cosa che invece l'imperatore ha deciso di fare dopo che Maya, l'ultima
veggente, cinquant'anni fa, lo ha avvertito che le sue nipoti sarebbero
state tutte e quattro in possesso della Vista!- Ringhiò
Martelli. Fece una pausa, poi continuò; -Stolti. Non ci sono
motivi per cui non possano avere tale potere. Quelle ragazze discendono
tutte da una semi divinità esiliata in questo mondo.-
-Una delle Veggenti del Tenkai.- Annuì Kanzeon. -Erano cinque.
Il loro compito era prevedere il futuro per l'imperatore, grazie al
potere della Vista.-
-Non solo!- La interruppe Martelli. -Il potere della Vista andava ben
oltre. Divideva i tre mondi: il Tenkai, il regno delle divinità,
il Tengiku, dove vivono umani e demoni, e quello in cui ci troviamo
adesso ...-
-Gaya.- Completò la divinità, appoggiando la tazza vuota sul tavolo.
-Indovinato.- Annuì il professore. -Un mondo di cui le
divinità hanno una paura tremenda, tale da essere raramente
nominato. Un mondo in cui la magia, sia essa divina o demoniaca, non
può avere effetto.Tutti coloro che dal Tengiku o dal Tenkai
finiscono in questo mondo, sono condannati a diventare semplici esseri
umani. Per questo alle divinità non è consentito venir
qui. Perderebbero i loro poteri, e la loro immortalità.-
Un'altra pausa. -Lei stessa, Kanzeon Botatsu, in questo momento non
è più una divinità.-
-Certo che tu, però, per essere diventato un essere umano,
cinquecento anni te li porti bene!- Ridacchiò la dea versandosi
dell'altro tè, quasi divertita del fatto di aver momentaneamente
perso le sue facoltà divine.
-Tsk! Il nostro caro imperatore è riuscito a trovare un modo per
impedirmi di invecchiare ulteriormente.- Sbuffò l'uomo alzando
le spalle. Kanzeon sorrise divertita, ma fu con voce seria che pose la
successiva domanda.
-L'antenata delle ragazze ... la semi divinità ... sai
perchè fu esiliata qui?- L'anziano vi rifletté su per
qualche minuto.
-Non lo so di preciso.- Mormorò sconsolato. -Ma scommetto che tu
sai molto più di quel che mi vuoi dare a intendere su questa
storia. Non è così, Dea della Misericordia?-
Sogghignò l'uomo fissando coi suoi occhi grigi quelli violetti
di lei.
-Forse.- Sorrise sorniona Botatsu. -Ma volevo vedere se sapevi
qualcos'altro. Magari qualcosa che possa rendere questo..."gioco",
più divertente, no?- Martelli rise divertito.
-So solo che ciò avvenne quando le altre quattro morirono per
creare, coi loro poteri, una barriera permanente tra i vari mondi. O
almeno, questa è la versione ufficiale.-
-Una mossa stupida. Senza le semi divinità veggenti,
l'imperatore non poteva più conoscere il futuro.- Fece notare
Kanzeon.
-Oh, quello non era un problema.- Esclamò l'uomo. -La semi
divinità esiliata divenne umana. Ma ebbe una discendenza. E
saltando una generazione sì e una no, nasce sempre una ragazza
con poteri divinatori. E il mio compito è sempre stato quello di
portare all'imperatore, ogni volta, la veggente di turno, che dopo aver
fatto le sue predizioni, deve tornarsene su Gaya.-
-L'ultima volta, l'imperatore e le divinità si sono rifiutati di
credere a Maya ... solo perchè ebbe la previsione di un
cambiamento che non sarebbero riusciti a gestire ... un cambiamento di
proporzioni simili a cinquecento anni fa …- Il professore scosse
la testa, rabbioso. -Stolti!-
-Spaventati.- Corresse la dea. -Hanno così paura che qualcosa
disturbi il loro noioso mondo, che anche sapendo in anticipo cosa
può succedere, preferiscono far finta di non vedere.-
-Anche ignorandoli, i fatti si susseguono comunque.- Aggiunse il vecchio bevendo.
-Sempre filosofico, eh?-Lo schernì la divinità,ridendo.
-Maya mi disse la stessa cosa, quando tornò dal Tenkai. L'ultima
volta che la vidi. Mi chiese di dare la chiave per gli altri mondi alle
sue nipoti. Era molto giovane, ed era rimasta traumatizzata dalle sue
visioni. Mi disse di avervi visto la sua morte, e un'enorme nube
addensarsi sul Tenkai e sul Togenkio. Ma vi aveva anche visto i volti
delle sue successici. E quelli di altri quattro ragazzi. Non sapeva
né perchè, né per come, ma era sicura che
sarebbero stati importanti per loro.-
-Stai diventando noioso: Troppo serio! Ma hai solo tè da queste
parti? Gradirei qualcosa di più forte ... Magari alcolico
…- Rise Kanzeon. La discussione ormai diventata troppo seria per
i suoi gusti.
Bruno rise a sua volta, e tirò fuori una bottiglia di scotck invecchiato.
-Non è il sakè raffinato che fanno nel Tenkai, ma si
lascia bere!- Versò il liquido ambrato in due raffinati
bicchieri e alzò il calice. -Alla salute.-
-Sperando che le nuove veggenti non ci mettano troppo a farsi vive!- Sorrise la dea. Il professore scosse la testa.
-Ci scommetto una bottiglia di liquore che non dovrete aspettarle più di tre giorni!-
-Affare fatto!- Aveva brindato Kanzeon, avvicinando il proprio bicchiere a quello dell'ex divinità.
-----
-Bene bene ... hai vinto, prof.- Mormorò tra sé e sé Botatsu, dimentica della presenza di Jiroushin.
-Mi scusi …- Il servitore si fece avanti,richiamando l'attenzione della divinità su di se.
-Ah...sei ancora qui?(sei noioso...)>Borbottò per tutta risposta Kanzeon Botatsu,decisamente infastidita.
-Ehm ... aspetto ordini...^^;;;-
-Ah ... Già ... bene, allora vedi di non parlare con nessuno di
quanto hai scoperto.- Ordinò la dea preparandosi per uscire.
-Neppure all'imperatore?- Chiese timidamente Jiroushin.
-Tsk! Se il pezzo grosso lo venisse a sapere potrei dire addio a tutto
il divertimento!- Sbuffò Kanzeon, passandosi una mano tra i
capelli corvini. -Vai in giro. Smentisci la notizia. Fai in modo che
nessuno sappia, e a chi sa, convincilo che era un falso allarme.-
-Con permesso …- Il servitore stava quasi per uscire, quando la divinità lo richiamò:
-Procurati anche una bottiglia di liquore ... il migliore che riesci a trovare.-
-----
Lara si era appena era seduta vicino a Martha, quando nel locale era
avvenuta un'esplosione: dalla porta della cucina si erano riversate
nella stanza una marea di lingue di fuoco che l'avrebbero investita in
pieno, se il biondino non le si fosse lanciato addosso atterrandola.
Doveva dargliene atto. Anche se gli aveva fatto una pessima
impressione, le aveva appena salvato la vita. E adesso era lì,
coricata sul pavimento, con il volto del ragazzo ad appena qualche
centimetro dal suo.
Lara non poteva fare a meno di guardare negli occhi il suo "salvatore",
mentre il fuoco passava a pochi centimetri dalla loro testa. Aveva
degli occhi stupendi: dello stesso colore delle viole ... quei piccoli
fiori selvatici tra i primi a fiorire in primavera ... Peccato che
avessero quell'espressione così incazzata! Neanche fosse stata
lei a causare quel casino ...
Sentì le guance infiammarsi quanto l’edificio, quando si
rese conto dell’intensità con cui reggeva lo sguardo di
quello sconosciuto. Era passato molto tempo dall’ultima volta che
era stata così vicina a un uomo …
Distolse lo sguardo, sperando che la luce del fuoco nascondesse il suo rossore, o almeno lo mitigasse.
Come in flash le venne in mente sua cugina: dove era finita Martha? Le
fiamme cominciarono a diradarsi, sostituite da una coltre di fumo nero.
Con la vista annebbiata a causa del bruciore agli occhi cercò
l‘amica.
Prima era seduta davanti a lei ... ma l'aveva persa di vista quando era
stata salvata dal biondo ... Stava quasi pensando al peggio, quando,
con sollievo, vide che l’amico del suo salvatore aveva tratto in
salvo Martha.
Si appuntò mentalmente di mettere da parte ogni pregiudizio nei
confronti dei due ragazzi. Appena sarebbe uscita di lì, li
avrebbe come minimo ringraziati e offerto da bere.
-UNA TRAPPOLA!!!- Gridò il moro al di sopra del crepitio delle fiamme. -PENSI CHE CE L’ABBIANO CON NOI,SANZO?-
-E CON CHI, SE NO?- Urlò di risposta il monaco alzandosi in piedi.
Ok. Lara si rimangiò tutto quello che aveva pensato di buono del
suo salvatore. Se era davvero causa SUA tutto quel casino, gli avrebbe
come minimo spaccato la testa.
Stava ripassando mentalmente tutti gli insulti che gli avrebbe urlato
contro, quando questi la prese per un braccio e la tirò su in
piedi, senza sforzo apparente. Avrebbe voluto ribattere qualcosa su
quella mancanza di delicatezza, ma questi la trascinò fuori dal
locale.
-USCIAMO DI QUI!!!- Il moro e Martha li seguirono a ruota, evitando per
poco un lampadario, che crollò avvolto dalle fiamme.
A Lara sembrò un miracolo sentire il vento freddo della notte
sferzargli sul viso. Solo in quell’istante si rese conto di avere
i polmoni in fiamme per il fumo. Cadde in ginocchio e cominciò a
tossire, come a voler espellere il veleno che gli era entrato nelle vie
respiratorie. Accanto a lei, Martha era nella stessa situazione.
-Lara!Martha! Cos’è successo? State bene?- Nika era
corsa incontro alle amiche, il volto trasformato in una maschera di
preoccupazione.
-Tutto … Ok … Cough! Credo!- Rispose la bionda con voce roca.
-Per una volta hai fatto bene a non entrare.- Aggiunse Martha,
regalando alla sorella un sorriso tirato, tra un colpo di tosse e
l’altro.
-Veramente stavo per entrare anch’io.- Scosse la testa la rossa.
-Ma appena prima di mettere piede dentro … Non so, ho avuto una
brutta sensazione … ho fatto qualche passo indietro …
è stato istintivo … e appena mi sono allontanata …
BOOM! Si sono aperte le porte dell’inferno!!!-
-La prossima volta ricordami di portarti dietro come rileva-incendi!-
Ridacchiò Lara mettendosi in piedi. -Ma non ti sei ancora
liberato si quel “coso”?- Sibilò, indicando il
draghetto appollaiato sul capo della cugina.
-È un draghetto, non un “coso”!- Rispose
indispettita Nika. -E poi è una “lei“…- Nel
frattempo anche Gojyo aveva raggiunto i propri compagni, intenti a
riprendere fiato poco distante dalle ragazze.
-Ma che è successo?-
-Tsk! C’è bisogno di chiedere? Sarà il solito
comitato di benvenuto!- Ringhiò Sanzo estraendo la sua fedele
S.&W. Se aveva ragione, e quell’esplosione fosse stato
l’ennesimo espediente dei soliti demoni intenzionati a fargli la
pelle, sarebbero dovuti uscire da un momento all’altro.
-Accidenti! Proprio quando trovo una bella ragazza devono venire a
rovinare tutto? Bastardi!- Esclamò il mezzo demone estraendo la
sua arma, e tirando una boccata di fumo.
Anche Hakkai si mise sulla difensiva: appena i demoni avessero messo il
muso fuori dall’edificio, li avrebbe colpiti con un’onda di
energia.
Tutti e tre i ragazzi erano pronti a colpire. Ma i minuti cominciarono
a scorrere, e dei nemici nessuna traccia. Solo i pochi clienti e i
proprietari del locale uscirono dall’edificio. Una gocciolina di
disappunto si disegnò sulla testa dei tre.
-Non è che magari nessuno ha spiegato a questi qui che
dovrebbero uscire, fare un po’ di scena, minacciare di ucciderci,
condannandosi automaticamente a morte, e infine farsi affettare dal
sottoscritto?- Sbottò sarcastico Gojyo, buttando per terra il
mozzicone di sigaretta, ed abbandonando la posa offensiva.
-Tsk! Forse ci siamo sbagliati ed era solo la bombola del gas che
è esplosa … Succede …- Ipotizzò Sanzo
rinfoderando la pistola.
Anche Hakkai si rilassò, pur non credendo affatto
all’ipotesi del compagno. Forse l’esplosione aveva uno
scopo diverso da quello di farli uscire allo scoperto … Che
fosse solo un diversivo? E poi … c’era quella strana
sensazione … una sorta di prurito alla base del collo. Come
l’impressione di essersi scordato qualcosa …
Ma cosa? Le persone presenti nel locale erano uscite tutte. Non si era
neppure scordato di Hakuryu, perché il draghetto se ne stava
appollaiato su un lampione, pigolando contrariato per tutto quel
casino. Ma allora cosa accidenti era?
-Scusi …- La voce alle sue spalle lo distolse dalle proprie congetture.
-Sì?- Rispose sorridendo cordialmente alla ragazza mora che aveva tratto in salvo poco prima.
-La sua mano. Si è tagliato.- Stupito,Hakkai si guardò la
mano sinistra. Era percorsa da un sottile taglio trasversale che
sanguinava abbondantemente. Nella foga della fuga dal fuoco non se
n’era neppure accorto.
-Non è nulla, non si preoccupi, signorina …?-
-Martha.- Rispose la ragazza sorridendo a sua volta. -Ora tenga la mano ferma …-
-Ma non è necessario …- Protestò il ragazzo, che
venne ignorato dalla morettina, che tirò fuori un fazzolettino
bianco e, a mò di garza, lo avvolse attorno alla ferita. Il
tocco gentile e deciso della ragazza gli provocò una serie di
piacevoli brividi.
-È il minimo per ringraziarla.- Obbiettò sicura Martha, senza smettere per un momento di sorridere.
-Ma tu non puoi stare mai ferma se vedi una ferita?- La prese in giro Nika ridacchiando.
-Sarà la sindrome del dottore …- Ribatté scherzando la sorella.
-Scusate … Ma vi conoscete?- Si intromise Gojyo, spuntando come un fungo tra le ragazze.
-Ah già … mi sono dimenticata di fare le presentazioni
…- Si scusò la rossina, iniziando a indicare Martha al
ragazzo. -Questa crocerossina cronica è mia sorella maggiore,
Martha. Martha, lui è Gojyo, l’ho conosciuto poco fa
…-
-Piacere …- La mora salutò il giovane con un sorriso educato.
BONK!!! WAMP!!!
-AHIA!!! MA DICO, LARA, SEI IMPAZZITA?! MI HAI FATTO MALE!!!-
-AHIA!!! MALEDETTO BONZO VIOLENTO!!!- Le due figure bionde di Lara e
Sanzo si erano mosse simultaneamente, la prima con un pugno,con come
obiettivo Nika, il secondo aveva tirato fuori, come al solito non si sa
da dove, l’harisen, che andò ad abbattersi sul capo dello
sfortunato mezzo demone. I due “aggressori” si fissarono
per qualche istante tra il seccato e lo stupito, prima di scagliarsi
verbalmente contro e rispettive vittime, di nuovo contemporaneamente.
-TI SEMBRA IL MOMENTO DI FARE CONVERSAZIONE?!- I due cominciarono a
studiarsi con aria ostile, mentre sul capo dei presenti si riformarono
degli enormi goccioloni.
-È una mia idea o questi due sono in sincronia?- Borbottò
Gojyo indicando Lara e Sanzo, i cui sguardi facevano scintille.
-Dì pure che sono uguali …- Rincarò Nika, mentre
Martha e Hakkai annuivano depressi. Quest’ultimo dopo un momento
di smarrimento si stava impedendo di ridere. Dopotutto, ci avrebbero
già pensato Goku e Gojyo a prendere in giro il monaco …
Oh no … no … non era possibile …
-DANNAZIONE!!!- L’esclamazione dell’uomo attirò su
di lui l’attenzione dei presenti, compresi i due litiganti,
scocciati per l’interruzione.
-Che c’è?- Chiese il bonzo, prima di lanciare un’altra occhiata fulminante, pienamente ricambiata,a Lara.
-Ci … ci …- Hakkai deglutì, sconvolto. -Ci siamo dimenticati di Goku!!!-
-fine capitolo 7-
Spero che la prima parte si capisca … più avanti
scriverò dei capitoli completamente dedicati alla storia delle
veggenti, anche perché fondamentale per i fini della mia storia
…
Grazie a Aini per il commento!
Ciao
Will
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Capitolo 8 *** L‘attacco. ***
cap8
Tanto per cominciare ringrazie essy chan per avermi lasciato il commento... sono felice che questa fic ti piaccia...
mi scuso in anticipo con tutti, visto che non sarò una saetta
negli aggiornamenti. purtroppo il tempomi è tiranno...
intanto buona lettura!
Capitolo 8
-L‘attacco.-
-Ci siamo dimenticati di Goku!!!- Le parole di Hakkai rimasero sospese
in aria per alcuni istanti: i presenti fissarono l’uomo per
alcuni lunghi istanti, in cui gli unici rumori udibili furono il
crepitio delle fiamme e le grida della gente giunta a spegnere
l’incendio.
-QUELLA STUPIDA SCIMMIA!!!- Urlò Sanzo lanciandosi a capofitto all’interno dell’edificio in fiamme.
-FERMATI! POTREBBE ESSERE UNA TRAPPOLA …- Ma le parole di Hakkai
non raggiunsero le orecchie del monaco, già scomparso tra le
fiamme.
-Andato …- Borbottò Gojyo battendosi una mano sulla testa
desolato. -A volte sa essere più impulsivo di Goku …-
-Già …- Annuì Hakkai sospirando. -Ma dopotutto,
con Goku c’è Gaia … quindi è ancora
più preoccupato …- A sentir pronunciare il nome della
sorella, Lara non ragionò più: non pensò neppure
per un istante che, forse, quella Gaia non era la sua sorellina. Con
uno scatto fulmineo, imitò Sanzo, e ignorando gli avvertimenti
Hakkai, si inoltrò tra le fiamme.
-SI FERMI!!! E’ PERICOLOSO …- Il demone dagli occhi verdi
non riuscì neppure a terminare la frase, che già Lara era
scomparsa alla vista.
-Certo che oggi non ti caga nessuno …- Commentò il
rossino accendendosi un’altra sigaretta. Ma subito un grido
rabbioso gliela fece quasi cadere di bocca.
-LASCIAMI, MARTHA!!! DEVO ANDARE ANCH’IO!!!- Gojyo e Hakkai si
voltarono: Martha stava trattenendo Nika, che lottava con tutte le sue
forze per seguire l’esempio della cugina.
-Smettila!- Cercava di calmarla la sorella, con ben pochi risultati.
-Non sappiamo neppure se è lei … ti prego, calmati!-
-Lei … chi?- Domandò Hakkai, mentre Gojyo prendeva il posto di Martha e tratteneva la rossa per la vita.
-Nostra cugina. La sorella di Lara.- Spiegò la ragazza
ansimando. Nonostante l’aspetto delicato, Nika era fisicamente
piuttosto forte, e Martha non avrebbe resistito molto, se Gojyo non
l’avesse aiutata.
-È il motivo per cui siete qui?- Domandò il mezzo demone,
evitando di poco un pugno in pieno viso da parte di una furibonda Nika.
-Esattamente. La stavamo cercando …- Annuì Martha
abbassando lo sguardo. Come avrebbe potuto spiegare in che modo avevano
perso Gaia? E poi, non si perde qua e là una persona, come una
sciarpa o un ombrello! Chissà cosa avrebbero pensato di loro
…
-Potreste descrivermela?- La ragazza sussultò: il ragazzo che
l’aveva salvata poco prima nel locale le aveva messo una mano
sulla spalla, incoraggiandola a parlare.
-Ha diciassette anni, non molto alta, occhi chiari, e i capelli scuri,
corti ma abbastanza mossi.- Elencò velocemente la morettina,
mentre sentiva crescere dentro di sé emozioni contrastanti: da
una parte la speranza la invadeva come un fiume in piena. Ma
dall’altra era consapevole che non c’era la certezza che le
sue speranze fossero ben disposte.
Hakkai lanciò un’occhiata a Gojyo: la descrizione
corrispondeva perfettamente. -Non ci sono dubbi …-
Sentenziò il demone dagli occhi verdi. I cuori di Martha e Nika
mancarono un battito.
-È proprio lei.- Concluse Gojyo, che si ritrovò le braccia della rossina al collo.
-GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!!!- Urlava Nika mentre Gojyo immaginava che il
paradiso non fosse nulla, in confronto a quanto stava vivendo in quel
momento.
-E come sta? Bene?- Chiese Martha, preoccupata, ad Hakkai.
-Una ferita alla testa.- Vedendo lo sa preoccupazione negli occhi della
giovane donna, aggiunse: -Nulla di grave, il dottore ha detto che
guarirà presto …- Ma la preoccupazione non svanì
dallo sguardo di Martha, che fissò l’entrata di quella che
prima era una locanda.
-----
“Maledizione maledizione maledizione!!!” Forse Gojyo e
Sanzo non avevano tutti i torti a dargli della stupida scimmia …
Dopotutto durante il loro viaggio avevano visto cose così
strane, che in confronto, le visioni della sua nuova amica potevano
considerarsi quasi una banalità!
Se in quel momento avessero potuto darsi un voto per la
stupidità, in scala da uno a dieci, come minimo si sarebbe
meritato voto pieno,e con tanto di lode! Gaia aveva avuto ragione,
accidenti! Alle otto precise, proprio quando la pendola del corridoio
si era messa a suonare, un’esplosione aveva inghiottito ogni
altro rumore.
e, solo dopo pochi istanti, dalle scale e attraverso le assi di legno
del pavimento, era cominciato a uscire il fumo. La baracca stava
andando davvero a fuoco! Con loro dentro!
-Cough! Goku …- La voce di Gaia riportò il ragazzo coi piedi per terra.
-Tranquilla! Ti porto fuori di qui! Intanto … mettiti questo
davanti alla faccia!- Disse passando un fazzoletto umido alla ragazza.
Quello l’avrebbe aiutata a respirare … Ma non avrebbe
resistito per sempre!
Goku si guardò attorno, spaesato: l’unica via di fuga era
la porta che dava sul corridoio. Saltare dalla finestra sarebbe stato
troppo pericoloso per Gaia …
Con fare deciso prese in spalla l’amica, che borbottò imbarazzata.
-Ce … ce la faccio da sola!-
-Tranquilla! Non sei pesante … almeno non quanto pensavo!- Rise
il ragazzo, raggiunto subito da un pugno in testa di Gaia, indispettita
dalla battuta.
-Prova a ripeterlo …-
-Ahia! Certo che hai un bel modo per ringraziare la gente …-
-Un’altra parola e ti riduco la testa come la mia!-
Sentenziò la ragazza agitando il pugno minacciosa. Ma Goku non
la stava più ascoltando: in mezzo al crepitio delle fiamme,
aveva individuato un altro rumore … Fece appena in tempo a
spostarsi, che con un sibilo una falcetta si andò a piantare nel
muro dietro di loro.
Gaia non riuscì a spiccicare una parola: se Goku non si fosse
mosso, sarebbero stati tranciati in due. Il giovane demone si
voltò verso la porta.
-CHI C’E’ LA’? FATTI VEDERE!- Per tutta risposta,
nella stanza fecero la loro comparsa due persone. Goku li
classificò immediatamente come demoni: una giovane donna dai
lunghi capelli neri, ed un uomo altrettanto giovane dai capelli
argentei. Le orecchie a punta li contrassegnavano come demoni.
-Peccato, li ho mancati …- Ridacchiò la mora, vedendo la
sua arma piantata contro il muro. Con una rapidità
impressionante, andò a recuperarla, sotto lo sguardo allibito di
Goku, che era a malapena riuscito a vederla muoversi. Fu solo
grazie ai suoi riflessi che riuscì a evitare il secondo attacco
della donna, salvando se stesso e Gaia.
-Sei abile, ragazzino, te lo concedo.- Ammise la ragazza, per poi
apparire un istante dopo davanti al viso di Goku. Il giovane demone
rimase come pietrificato: stavolta non era riuscita neppure a vederne i
movimenti. Ora erano lì, faccia a faccia, lui che poteva
specchiarsi negli occhi della sua avversaria. Ma fu solo una frazione
di secondo, perché la lotta riprese subito, sotto lo sguardo
impassibile del compagno della donna demone, che non accennava a
muoversi.
-----
Dentro il locale era ancora peggio di prima: le fiamme non erano
più così alte, ma l’aria era irrespirabile. Usando
un lembo della lunga manica della tunica per ripararsi, Sanzo
attraversò di corsa quel che restava della sala principale della
taverna.
E pensare che solo poco prima lui se ne stava tranquillamente leggendo
il giornale in quel posto … almeno finché non era entrata
quella tipa bionda … che aveva attirato totalmente la sua
attenzione. Non che lui fosse tipo da soffermare troppo tempo lo
sguardo su una donna (mica era quello stupido kappa rosso, accidenti!).
Ma quella ragazza aveva scatenato in lui strane sensazioni: aveva come
l’impressione di averla già conosciuta … ed era
certo che avrebbe portato guai. Così aveva cominciato a tenerla
d’occhio, stando ben attento a non farsi scoprire.
All’ultimo istante schivò una trave incandescente, cadendo
a terra. Il soffitto stava per crollare, ormai. Con un grugnito si
rialzò, ma subito si ritrovò a terra, per schivare una
serie di piccole, quanto letali, bombe.
Con la pistola stretta in pugno, scrutò il banco di fumo davanti
a sé: quel burlone che si divertiva a tirare palle esplosive
alla gente doveva essere lì, davanti a lui. Maledì il
fumo che gli impediva di vedere oltre il suo naso. Poi vide un
movimento: veloce, il monaco scartò di lato e sparò. Per
qualche istante non accadde nulla.
-Troppo facile … non mi convinci …- Sibilò tra se
e sé Sanzo, che venne subito raggiunto da un’altra pioggia
di esplosivi, che però venivano da una direzione diversa da
prima. Scartando di lato, il bonzo sparò alcuni colpi nel punto
in cui erano state lanciate le bombe. Un altro istante di silenzio, poi
la scena si ripeté.
-Ti stai divertendo, vero, bastardo?- Ringhiò Sanzo, il braccio
con la pistola teso, mentre ansimava, a corto di fiato.
L’ossigeno nella stanza era davvero rarefatto, e gli sforzi che
stava facendo per non essere ucciso, sommato alla temperatura lavica
della stanza, lo stavano massacrando.
Ad un tratto, quasi inaudibile tra le fiamme, percepì un lieve
rumore di passi. Rapido si voltò nella direzione del rumore e lo
vide: un demone mingherlino, coi capelli marroni striati di nero.
-Non mi scappi più, bastardo!-
CLIK! CLIK! Non era vero! CLIK! CLIK! Ma perché!? Perché
proprio adesso doveva esaurire le pallottole? Perché!?
-Cazzo!- Imprecò il monaco, aggiungendovi anche una serie di
bestemmie indicibili. Il fato non c’entrava, ne era certo. Ma la
sfiga sicuramente sì!!! Si affrettò a prendere di tasca
una manciata di proiettili, ma non fece neppure in tempo a inserirne
uno, che il freddo contatto di una lama sotto la gola lo bloccò.
Lentamente, senza azzardare movimenti veloci, tirò su la testa,
fino ad incontrare lo sguardo glaciale del suo assalitore. Non era
quello che aveva visto prima. Aveva l’aspetto da duro, e i
capelli marroni e bianchi.
-Dove sono le donne?- La domanda del demone stupì Sanzo.
“Dove sono le donne“? Ma chi era questo? Un parente del
kappa pervertito?
-Quali donne?!- Il demone gli tirò un calcio allo stomaco. Il monaco rimase senza fiato, coricato su un fianco.
-Quelle che erano qui, bonzo!- Ringhiò inferocito
l’aguzzino, premendo ulteriormente il coltello sulla gola
dell’uomo.
-Non sono la loro balia …- Mormorò dolorante Sanzo. Quel
tipo gli aveva dato un calcio con una tale forza, che solo per miracolo
non gli aveva rotto una costola.
-Peccato.- Commentò l’aggressore, allontanando la spada
dal collo della sua vittima. Sanzo lo fissò stupito. -Se tu mi
avessi risparmiato la fatica di cercarle ti avrei lasciato perdere
… ma così …- Sghignazzò il demone,
richiamando con un cenno il suo compare, che uscì dalla coltre
di fumo. -È tutto tuo, Grima. Uccidilo come ti pare.- E
scomparì tra le fiamme. L’ordine sembrò eccitare il
tipo mingherlino, che tirò fuori una delle sue bombe. Stavolta
il monaco non sarebbe riuscito a evitarla. Il demone alzò il
braccio per tirare.
Sanzo si aspettò di sentire il sibilo della sfera lanciata, ma
venne preceduto dallo scoppio di uno sparo. Il proiettile tagliò
la barriera di fumo, e colpì preciso la spalla del dinamitardo,
che urlò di dolore.
Sanzo si voltò, e con stupore, vide l’esile figura di Lara
stagliarsi contro la luce arancione delle fiamme, con la pistola
automatica ancora fumante in mano.
-Fermo lì, oppure la prossima volta ti faccio un buco in
fronte!- Sibilò la ragazza, continuando a tenere sotto tiro il
demone. Poi si rivolse al monaco, ancora seduto a terra. -Tutto a
posto?-
-Tsk!- Grugnì Sanzo rialzandosi. Si sentiva ferito
nell’orgoglio: non gli era mai capitato di essere salvato da una
donna … -Siamo pari.- Concluse freddo, ricaricando la pistola,
per evitare lo sguardo della giovane.
Lara sorrise impercettibilmente: se aveva inquadrato bene il tipo,
quello era il massimo del ringraziamento che si poteva aspettare.
-Maledetti!- Sibilò il demone, rimasto per qualche momento in
disparte. Dalla ferita il sangue fuoriusciva copioso, ma non sembrava
darci peso. Vi ammazzerò tutti e due!- Chiuse gli occhi e si
concentrò: al suo fianco si materializzarono quattro sue copie.
-Ora provate a colpire quello giusto!-. Tutti e cinque i demoni
schizzarono per la stanza, confondendo i due pistoleri. Schiena contro
schiena, per meglio difendersi, Sanzo e Lara cercavano di individuare
il vero nemico.
-E adesso?! Quale sarà quello vero?- Esclamò Lara,
sorpresa: non aveva mai creduto possibile una cosa del genere. Credeva
fosse fattibile solo nei cartoni animati!
-Quello che muore per primo!- Rispose il bonzo, sparando a una delle
illusioni, che svanì, per poi riapparire e schizzare via. -Se
vuoi puoi sempre ritirarti.- Azzardò spiando l’espressione
della ragazza.
-Ormai sono in ballo.- Ribatté decisa la bionda. -E vado fino in fondo!-
Se il suo ruolo di imperterrito musone glielo avesse permesso, si
sarebbe messo a ridere. Ma si concesse solo un lieve sorriso: la
ragazza era davvero in gamba …
-Allora diamo il via alle danze!-
-----
-Ci stanno mettendo troppo tempo …- Fece notare Gojyo al compagno dagli occhi verdi.
-Già …- Annuì Hakkai pulendosi il monocolo. Erano
già passati parecchi minuti da quando Sanzo, seguito a ruota da
Lara, era scomparso nella taverna in fiamme. Il tempo necessario
perché ai piedi di Gojyo si formasse un cumulo di cenere e di
sigarette spente.
Le due ragazze, dal canto loro, si erano sistemate poco distante dai
due uomini, in attesa anche loro di un segno di vita da parte degli
intrappolati nell’edificio. Un nutrito gruppetto di curiosi si
era formato davanti alla costruzione in fiamme, che si stagliava contro
il cielo notturno. Ma nessuno osava avvicinarsi per domare
l’incendio per paura dei demoni.
-Speriamo non sia successo niente …- Mormorò Martha
preoccupata, mentre Nika annuiva mordendosi il labbro inferiore. Ma la
mora non aveva ancora finito di parlare, che dall’interno
dell’edificio si udirono distintamente, tra gli scoppiettii del
legno bruciato, il sordo rumore di spari, e di piccole esplosioni.
Immediatamente, Hakkai e Gojyo schizzarono verso l’entrata:
l’unico motivo per cui Sanzo usava la pistola era per combattere
e minacciare Gojyo e Goku. Ma dato che in quel momento il kappa era ben
lontano dal monaco, e sicuramente non era il momento di prendersela
così tanto con la scimmia, non restava che la prima motivazione.
Ma appena prima di riuscire a entrare nella casa in fiamme, i due
vennero bloccati: l’entrata infatti crollò davanti ai loro
occhi, impedendo loro il passaggio.
-MALEDIZIONE!!!- Imprecò il mezzo demone, sputando a terra con
rabbia l’ennesima sigaretta. Hakkai cercò di mantenere la
calma: doveva esserci un altro modo per entrare. Bisognava solo capire
dove: ma il tempo stringeva, e loro non ne avevano abbastanza …
Martha e Nika assistevano, impotenti.
”E’ colpa mia, è colpa mia …”.
Continuava a ripetersi mentalmente la rossina, stringendo i pugni.
Avrebbe voluto fare qualcosa … Al suo fianco, la sorella poteva
benissimo indovinare i suoi pensieri. Avrebbe voluto aiutarla almeno a
non sentirsi più così in colpa … Fece scorrere lo
sguardo da Gojyo e Hakkai, che stavano cercando il modo di aprirsi una
via tra le macerie della porta, fino all’angolo della casa. Fu
allora che le venne un lampo di genio.
”Ma certo! Il retro!” Con un fischio richiamò l’attenzione dei due ragazzi.
-Di qua!- E corse verso l’estremità più lontana dell’edificio.
-Martha! Ma che succede!?- Domandò Nika andandole dietro di corsa.
-Prima non me n’ero accorta.- Rispose la mora senza smettere di
correre. -Era buio e non l’notato. Ma tutte le case sono
attaccate tra loro! Eppure il fuoco non si è diramato agli altri
edifici … perché questa casa non è attaccata alle
altre!- Concluse fermandosi davanti al vicolo, semi soffocato dalle
case circostanti, stretto e lugubre. Le luci dell’incendio lo
illuminavano a giorno.
-Un vicolo! Sei grande, sorellina!- Esclamò Nika, che aveva ripreso determinazione.
-Speriamo ci sia un’entrata secondaria …- Sospirò
Hakkai, arrivato pochi attimi dopo le ragazze con Gojyo. Martha fece un
passo in avanti, e le successe qualcosa di inaspettato: Come flash
beach in serie, le passarono davanti agli occhi immagini di quella via,
di notte. Era praticamente buio, ma vedeva, davanti a sé, il
bagliore di una figura dai capelli argentei. A un tratto apparve un
piccolo spiazzo, con altre persone. Le immagini confuse si soffermano
come foto sfuocate sui volti, sentì che parlavano, ma con voci
irriconoscibili, e una porta veniva aperta.
-Martha! Tutto bene!?-
-Eh? Cosa?- Nika l’aveva strattonata per una spalla, preoccupata.
-Ti eri incantata …- Spiegò la rossa.
Martha scosse la testa:cos’era stato? Era durato pochi istanti,
ma le immagini le erano rimaste impresse nella mente. Forse era stato
solo un dejia-vu, ma riconosceva la strada. Senza pensarci troppo, e
senza ascoltare i richiami della sorella, avanzò di corsa per la
strada. L’odore acre del fumo, mischiato a quello soffocante dei
sacchi di immondizia ai lati della via, le facevano scoppiare i
polmoni. Presto arrivò allo spiazzo sul retro
dell’edificio. Si fermò, e vide ciò che sperava: la
porta, ancora semi aperta.
----
Goku si fermò,ansimante: erano ormai parecchi minuti che
continuava a fuggire dai colpi della sua avversaria. Ad ogni movimento
si sentiva più stanco. E il peso di Gaia sulla schiena non lo
aiutava di certo. Si guardò attorno per l’ennesima volta,
nella speranza di trovare una via di fuga: l’unica
possibilità era data dalla porta, davanti alla quale se ne stava
il demone dai capelli argentei. Non era ancora intervenuto una sola
volta, e Goku si chiedeva perché.
Ma le sue riflessioni lo distrassero un istante di troppo: la ragazza
era saltata, e aveva colpito il giovane demone con un calcio allo
stomaco. Goku rotolò per tutta la stanza, mentre Gaia, che aveva
perso la presa, venne sbalzata a pochi passi dalla donna. Fu allora che
il tipo dai capelli bianchi si svegliò: rapido, si
avvicinò a Gaia, che cercava di rimettersi in piedi. Senza
alcuno sforzo apparente, questi la tirò su di peso. Gaia non
riusciva a muoversi, terrorizzata. Venne costretta a tirare su la
testa. Poi l’uomo tirò su la mano libera. Con orrore, Gaia
vide le unghie allungarsi e diventare artigli affilati. Chiuse gli
occhi quando questi si avvicinarono al suo collo.
-Fine capitolo 8-
Vi chiedo di non mandarmi a quel paese per questo finale di capitolo così ...invierò presto le sorti di Gaia.^^
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Capitolo 9 *** Dubbi. ***
cap9
L'avevo già pronto nel pc, quindi ho pensato fosse un peccato non inviarlo. ^_^
Spero che questa mia bontà d'animo mi faccia arrivare qualche recensione ...
Come sempre, buona lettura!
Capitolo 9
-Dubbi.-
Caleb era come paralizzato: teneva gli artigli a pochi millimetri dal
collo della ragazzina, e non riusciva a colmare quella minima distanza.
Non aveva mai ucciso una persona così, a sangue freddo, che non
fosse in grado di difendersi.
Lui non era un assassino. Anche quando si trattava di combattere, non
si permetteva mai di riflettere. Si lasciava andare alla ferocia dello
scontro. Uccideva perché non poteva farne a meno. O lui o loro
… la legge della sopravvivenza. Uccidere per non essere uccisi.
Maledì Artemius. Doveva aver percepito la sua indecisione.
Appena prima dell’esplosione aveva dato a lui il compito di
uccidere la ragazza. Rigel avrebbe pensato al resto. Lui e Grima
avrebbero cercato le altre.
Era semplice. Così come era semplice affondare gli artigli sul collo tenero della ragazza.
Il suo sguardo vagò sulla gola vellutata, fino ad arrivare al
volto. Se ne pentì subito: se la sola idea di uccidere
così lo ripudiava, adesso ne aveva orrore. Il terrore che lesse
negli occhi della sua giovane vittima fece crollare quella poca
decisione che aveva.
-NON TOCCARLA!- Il grido rabbioso bloccò lo scorrere dei suoi
pensieri, costringendolo a guardare il ragazzino davanti a sé.
Goku si era tirato in piedi, pronto a dar battaglia.
Caleb alzò appena gli occhi su di lui. Nonostante il forte
conflitto interiore, non aveva lasciato trasparire alcuna emozione. Era
come se il suo volto fosse una maschera.
-NYOIBO!- Magicamente tra le mani di Goku apparve il suo fedele
bastone. Con rinnovata energia, il giovane demone si lanciò sul
suo avversario, ma non riuscì neppure a percorrere metà
della distanza che lo separava da Caleb.
-Ti sei scordato di me?- Rigel gli si era già parata davanti,
con un sorriso malefico sulle labbra. -Sei davvero maleducato!-
L’accetta e il bastone si scontrarono con un clangore metallico.
-Non ho tempo da perdere con te, brutta racchia!- Esclamò Goku esasperato.
-Racchia a chi, nanerottolo!?!?- Sbraitò stizzita la donna,
ferita da quelle parole (ne uccide più la lingua che la
spada!n.d.a.), aumentando il ritmo e la potenza degli attacchi. Ma
Goku, libero del fardello di Gaia e col suo nyoibo ben saldo in mano,
contrattaccava agilmente.
-A te! Racchia! Racchia! Racchia! Racchia!- E ad ogni ripetizione dell’insulto accompagnava un attacco.
Caleb seguì lo scontro per qualche istante. Infine prese la sua
decisione. Gaia non osò guardare ancora. Chiuse gli occhi,
pronta a sentire da un momento all’altro il contatto degli
artigli sulla pelle. Ma non avvenne nulla del genere.
Con uno scatto il demone ritrasse gli artigli. Gaia cercò di
aprire gli occhi per capire a cosa doveva quell’improvvisa
fermata della sua morte. Ma le mani di Caleb si posarono sulle sue
palpebre. La ragazzina lo sentì pronunciare qualcosa di
incomprensibile. Subito il suo corpo iniziò a farsi leggero, e
la testa pesante. Tutto cominciò a roteare, finché non
cadde in un profondo sonno senza sogni. Caleb la prese in braccio, e,
senza neppure voltarsi a vedere l’esito dello scontro che si
consumava alle sue spalle, in un fruscio della chioma argentata si
diresse all’uscita della stanza.
-GAIA! BASTARDO, NON SCAPPARE!!!- L’urlo disperato di Goku si perse nel clangore delle armi.
-----
Lara non ne poteva più. Ogni volta che colpiva
un’illusione, subito questa riappariva e si confondeva con le
altre che vorticavano attorno ai due pistoleri. Si sentiva sempre
più scoraggiata. Il vero demone poteva venirgli a pochi passi, e
lei non se ne sarebbe mai accorta. Aveva provato a distinguerlo dagli
altri, ma le copie erano assolutamente perfette. Anche la ferita che
gli aveva procurato solo poco prima era presente in tutti e cinque gli
avversari, veri o finti che fossero.
-Maledizione!- Fece appena in tempo a sollevare la pisola per colpire
l’illusione che le era venuta davanti, quando si accorse di aver
quasi finito i colpi: la sua arma era decisamente più leggera
rispetto a prima. -Ehi, frate, tira fuori un’idea! Qui non
concludiamo niente!-
- Non sono un frate! E zitta e spara!- Ringhiò Sanzo mentre
sparava a sua volta. Lo vedeva benissimo anche da solo che non facevano
progressi. Un forte colpo di tosse alle sue spalle lo fece voltare.
Lara strinse i denti, mentre ulteriori colpi di tosse trattenuti gli
bruciavano la gola già provata dal fumo. Aveva i polmoni in
fiamme, e la vista cominciava a tradirla. Poi accadde qualcosa:
dapprima non vi fece caso, convinta che si trattasse di un effetto del
fumo. Davanti ai suoi occhi la parete in fiamme cambiò: ci mise
qualche istante a riconoscere le travi annerite del soffitto e il
grande lampadario metallico appesovi. Lo vide dondolare, e infine
cadere. Batté le palpebre, aprendo la bocca in un grido muto. Ma
nessun lampadario le cadde addosso. Solo allora si accorse di non
aver mai alzato lo sguardo verso l’alto.
Troppo tardi vide uno dei demoni che le veniva addosso, con gli artigli
sguainati, e un ghigno trionfante sulle labbra. Era sicuramente quello
reale. Non avrebbe mai fatto in tempo a prendere la mira. Vedeva
già la propria morte, quando il braccio di Sanzo spuntò
da sopra la sua spalla con la fida S&W e colpì
l’avversario. Questi, con un grido di dolore si portò a
distanza di sicurezza mescolandosi alle sue copie. Lara si voltò
verso il monaco, che le lanciò un’occhiata carica
d’irritazione.
-Se non ce la fai, almeno non essermi d’intralcio!- Sentiva il
respiro del giovane sul suo collo. E la cosa la metteva in imbarazzo.
La ragazza voleva ribattere, ma con sorpresa realizzò che il
braccio libero di Sanzo la stava tenendo per la vita, mentre lei
poggiava la schiena contro di lui. -Stavi per cadere.- Spiegò il
monaco vedendo lo sconcerto di lei. Lara arrossì: non si era
accorta di stare svenendo. Poi alzò lo sguardo verso il
soffitto: sentiva il bisogno di controllare ciò che aveva visto,
o almeno pensava di aver visto.
Ed era lì. Il lampadario era lì, proprio sopra le loro
teste. Un vecchio lampadario in ottone da saloon, annerito dal tempo e
dal calore dell’incendio. Lo vide dondolare, prima piano, poi
sempre più forte. In quel momento il demone e le sue
controfigure si lanciarono contemporaneamente all’attacco. Sanzo
ne colpì due, poi si fermò: aveva nuovamente esaurito le
pallottole. Sibilò tra i denti una bestemmia, e fece per portare
via la ragazza, ma questa lo fermò, poggiandogli una mano sul
braccio.
-Non ancora.-
-Ma che diavolo stai dicendo!?- Lara per tutta risposta aumentò
la pressione delle dita sul braccio del monaco. Senza sapere il
perché, Sanzo si fidò. Non capiva cosa avesse in mente
quella biondina, ma sembrava piuttosto sicura di sé.
-Schizza indietro al mio via …- Mormorò Lara, mentre col
viso imperlato di sudore monitorava i dondolii del lampadario. Seppur
quasi soffocati dal frastuono del legno divorato dal fuoco, i cigolii
della catena a cui era appeso al soffitto erano udibili. Erano ormai a
portata di tiro degli artigli del demone, quando Lara gridò:
-ORA!-
Con uno scatto da centometrista Sanzo afferrò Lara e entrambi si
portarono fuori dal raggio d’azione del lampadario, che con un
potente schiocco cadde al suolo, travolgendo il demone e le sue copie.
-----
-Che c’è? Sei già stanco, per caso?- Il commento
ironico della ragazza non sfiorò neppure Goku. Era troppo
impaziente di svignarsela per salvare la sua nuova amica.
-Insomma, mi vuoi lasciare in pace?! Maledetta racchia!!!- Ma Rigel non
si spostava dalla porta, impedendogli di uscire dalla stanza.
Esasperato, il giovane demone giocò il tutto per tutto in un
attacco frontale. Ma, com’era prevedibile, l’avversaria lo
bloccò. Ora erano uno di fronte all’altro, i volti a pochi
centimetri di distanza. Entrambi ansimavano, stanchi per il
combattimento, e a corto di ossigeno.
-Lo sai? Se tu avessi qualche anno di più, saresti proprio il
mio tipo!- Ridacchiò Rigel, scostandosi una ciocca di capelli
dal viso con un fluido movimento della testa.
Goku puntò lo sguardo su di lei, pronto a sputargli addosso
qualche altro insulto, ma le parole gli morirono in gola. Fino a quel
momento non aveva prestato molta attenzione alla faccia della sua
avversaria. Certo, aveva notato che in realtà si trattava di una
bella ragazza, e non era affatto una racchia. Ma non era stata la sua
bellezza a sconvolgerlo. Ma gli occhi. Appena aveva alzato lo sguardo
su di essi, gli era sembrato di guardarsi in un uno specchio.
Perché quella creatura aveva i suoi stessi occhi.
Due occhi color dell’oro più puro.
-Bhe?! Ti sei incantato?- La voce tagliente di Rigel lo riscosse,
ricordandogli che la battaglia non era ancora terminata. Rapido, Goku
saltò all’indietro e si mise in guardia. Un turbinio di
interrogativi e di emozioni contrastanti gli annebbiavano la mente,
rendendogli difficile concentrarsi. Per pura forza d’inerzia
parò i successivi due o tre attacchi. Poi scosse la testa: non
era il momento di lasciarsi andare a simili sciocchezze! Ora la sua
priorità era uscire di lì prima di diventare uno
scimmiotto arrosto, portando in salvo anche Gaia. Avrebbe pensato dopo
alla strana coincidenza degli occhi dorati della sua avversaria.
Con un grido battagliero si scagliò contro la sua avversaria,
che barcollò. Il ragazzo esultò dentro di sé, ma
la sua gioia durò poco: Rigel non stava barcollando a
causa del suo attacco … ma era proprio tutto il pavimento a
muoversi!
Con un cigolio molto simile al grido di un’animale ferito, le
assi che sostenevano il pavimento si spezzarono, trascinando con
sé i due combattenti. Goku fece appena in tempo a vedere il suo
stesso terrore nel viso della sua nemica, prima che l’orrenda
sensazione del vuoto abbracciasse il suo corpo come in un incubo.
-----
Caleb rimase immobile sulle scale, con la ragazzina ancora addormentata
tra le braccia. Non l’avrebbe mai creduto possibile. Eppure era
avvenuto proprio davanti ai suoi occhi. Grima era stato sconfitto. E da
due esseri umani, per giunta. Anche se era il più debole del
gruppo, Grima era comunque molto più forte di un comune demone.
Strinse gli occhi fino a farli diventare poco più di due fessure
ardenti di rabbia: non l’avrebbero passata liscia, quei due.
Avevano ucciso un suo compagno, e lui non gliel’avrebbe perdonata
tanto facilmente. Era già pronto a balzare su di loro, quando ad
alcuni metri a lui, attraverso il muro di fuoco dove una volta
c’era la cucina della locanda, un gruppetto di persone
sbucò tra le fiamme, tossendo e riparandosi con le braccia dal
calore. Ringhiò sommessamente: di sicuro si trattava dei
complici degli assassini di Grima.
Un mugolio accanto a lui lo distrasse momentaneamente: Con stupore, si
accorse che la giovane che teneva in braccio si stava svegliando.
Rimase sconcertato: solitamente il suo incantesimo faceva dormire per
ore, mentre quella ragazzina dopo pochi minuti si stava già
svegliando. Ormai non vi erano più dubbi: era una di Loro. Come
un fulmine gli trapassò la mente che poteva ancora farlo: era
ancora in tempo per portare a termine il suo compito. Poteva ancora
uccidere la ragazzina. Aveva già alzato la mano artigliata,
pronto a colpire, ma i suoi sensi lo avvertirono del pericolo come una
scossa. Saltò via giusto in tempo per evitare un’onda di
energia, che spazzò via ciò che le fiamme avevano
risparmiato della scala. Con un ringhio si voltò nella direzione
da cui proveniva l’onda. Ne trovò subito l’origine.
Uno dei nuovi arrivati, un tipo bruno con il monocolo, teneva tra le
mani una sfera di energia, pronto a colpirlo nuovamente.
-Lasciala. Subito.- Il tono di voce calmo dell’uomo e il suo
sorriso lo fece rabbrividire. Gli ricordava Artemius quando si
rivolgeva alle sue vittime. Una maschera fredda e controllata prima
della furia omicida. Guardò ancora una volta la ragazza che
teneva in braccio. Aveva una missione da compiere, e che gli piacesse o
no, doveva portarla a termine. Alzò nuovamente il braccio, ma
venne per l’ennesima volta fermato. Ma non da un ripensamento o
da un rimorso di coscienza. Bensì dalla catena dell’arma
del mezzo demone coi capelli rossi.
-Non ti conviene. Sai, da gentiluomo qual sono non posso vedere una
fanciulla morire davanti ai miei occhi …- Poi Gojyo si volse
verso Sanzo e Lara, che erano ancora stesi a terra, davanti al
lampadario. Entrambi fissavano increduli il grande oggetto, incapaci di
dire come avevano fatto a evitarlo. Il monaco stringeva ancora col
braccio la vita della ragazza, particolare che non sfuggì al
mezzo demone. -NON E‘ VERO!!! Se me lo avessero detto non ci
crederei … Allora ti piacciono le donne!-
I due si staccarono in un lampo. Lievemente rosso in viso, un po’
per l’imbarazzo e un po’ per la rabbia, Sanzo puntò
la pistola verso l’amico.
-IO TI AMMAZZO!!!- Urlò come un indemoniato, mentre una grossa vena rischiava di esplodergli sulla tempia.
-Questa l’ho già sentita, pelato …- Lo
punzecchiò ancora Gojyo con un sorriso da schiaffi sulle labbra,
facendo ulteriormente irritare il monaco.
-MA ALLORA VUOI PROPRIO MORIRE GIOVANE!!!- Sbraitò il biondino muovendo pericolosamente il dito sul grilletto.
-Lara! Va tutto bene?- Gridò Martha al disopra delle fiamme, con
Nika accanto che faceva cenni di saluto alla cugina, nessuna delle due
molto interessate alla possibile terminazione di Gojyo da parte del
bonzo. La biondina fece un cenno d’assenso alzando il braccio
verso Martha:
-Tutto a posto … non preoccuparti!- Poi notò Gaia e il
demone che la teneva prigioniera, allibito di fronte al quasi totale
disinteressamento nei suoi confronti da parte del gruppetto.
BONK!!!
Un silenzio di tomba si diffuse tra i membri del gruppetto: Hakkai e
Gojyo in particolare non avevano parole. Un bernoccolo intanto si
faceva strada tra i capelli di Sanzo. Il monaco non esplose subito: gli
ci volle qualche istante, per realizzare che qualcuno aveva osato
tirargli un pugno in testa. Si voltò lentamente sotto gli occhi
terrorizzati dei suoi compagni, fino a trovarsi di fronte il colpevole.
-Tu …- Lara rimase impassibile, per nulla intimorita dalla voce profonda del bonzo.
-Smettila subito di fare il cretino! Avrai tutto il tempo per litigare
… quando saremo salvi e fuori di qui! E nel caso te lo fossi
dimenticato, c’è un tipo che sta cercando di uccidere la
mia sorellina!- Con una marea di borbottii sommessi che potevano
benissimo essere interpretate come bestemmie di ogni sorta, Sanzo
lasciò cadere l’argomento, ma i suoi occhi violetti
continuavano a lanciare saette all’indirizzo della ragazza.
-Però, che caratterino, la sua amica …- Borbottò
Hakkai a Martha, che annuì con un grosso gocciolone sulla nuca.
-È sempre stata così … Ormai ce la dobbiamo tenere …-
Spazientito, Caleb si liberò in pochi istanti, approfittando
della distrazione del mezzo demone, lasciando Gojyo con un palmo di
naso. Quei seccatori non ci volevano proprio … Poi, un rumore
improvviso: un cigolio più forte degli altri che fece alzare lo
sguardo dei presenti al soffitto. Le travi dondolarono,dapprima
impercettibilmente, dopodichè si inclinarono, fino ad arrivare a
spezzarsi. Con un tonfo, una parte del soffitto precipitò sulla
stanza.
Hakkai prese Martha per un braccio e la tirò via. Una nube di
fumo e detriti gli impediva di vedere le condizioni dei suoi compagni.
Un coro di esclamazioni e colpi di tosse gli fece comunque capire che
tutti stavano bene. Mentre la visuale tornava normale, vide che anche
il demone, abbarbicato in cima agli ultimi gradini sopravissuti della
scala, stava cercando di difendersi dalle polveri del crollo.
Voltandosi nella direzione di Sanzo e Lara, però, vide una cosa
che non si sarebbe davvero aspettato: il monaco stava spiaccicato per
terra, accanto ad una Lara più incuriosita che allibita, con un
Goku semi incosciente sulla schiena. A pochi passi di distanza, una
giovane donna demone era nelle stesse condizioni di Goku.
-Che male …- Mormorò il ragazzino tirandosi su a sedere, ancora ignaro di su cosa, anzi, su CHI era caduto.
-Tutto bene? Hai fatto un bel volo …- Si informò Lara, ignorando del tutto Sanzo.
-Sì … Grazie, signorina …- Rispose Goku
massaggiandosi il capo. Fu allora che il bonzo esplose: balzò in
piedi, facendo rotolare via dalla sua schiena il ragazzino, e scuro in
volto,con un’enorme vena pulsante sulla tempia, si lanciò
col suo harisen addosso a Goku. Solo l’intervento di Lara
riuscì a salvare il ragazzino dal linciaggio.
-Ma ti pare il modo di trattare un bambino?!- Esclamò la bionda
parandosi di fronte a Sanzo, che si bloccò irritato, con
l’harisen a mezz’aria.
-Veramente … ho circa diciotto anni …- Precisò
Goku, ben rannicchiato alle spalle di Lara, attento ad ogni mossa del
monaco.
-Senti, già ti salvo da questo squilibrato, almeno non fare lo schizzinoso!- Esclamò risentita Lara.
-E CHI SAREBBE LO SQUILIBRATO!?- Esplose il monaco, mentre Lara osservava meglio Goku, incurante dell’irato bonzo.
-Ma lo sai che diciotto anni non te li avrei mai dati? Sembri quasi
più giovane di mia sorella …- Lara studiava meglio il
volto di Goku, sempre ignorando le ire del monaco alle sue spalle.
-E TU! ALMENO ABBI LA DECENZA DI CONSIDERARMI, MALEDETTA DONNA!-
Continuò Sanzo, riuscendo finalmente ad attirare su di sé
l’attenzione della bionda.
-Ma guarda che sei davvero un rompiscatole! Non mi stupisco che ti sia
fatto prete … Non può esistere una donna in grado di
sopportarti …- Sanzo aveva deciso. Sarebbe andato contro tutti i
suoi valori morali, sempre che ne avesse, e tutto ciò che
significavano le sue vesti. Poco gli importava che si trattasse di una
semplice umana o di un demone … Ma si sarebbe tolto la
soddisfazione di uccidere quella donna!
-Ma che bel quadretto …- Rigel si era ripresa, e fissava con
disprezzo i tre ragazzi. -Sembrate proprio una famigliola felice, lo
sapete? Mamma, papà e figlioletto …-
Sanzo e Lara si lanciarono un’occhiata torva, della serie
“neanche a morire!”, mentre Goku non sembrava aver colto
molto bene il senso ironico della frase.
-Ma se tu sei mio padre, quanti anni hai allora, Sanzo?- Preciso come
un orologio svizzero, l’harisen precipitò sulla testa del
demonietto. -AHIA!!! Ma perché?!-
-Perché sei un’idiota, distratta, STUPIDA SCIMMIA!!!-
Urlò Sanzo, coi nervi vicini al collasso. Rigel sorrise a quella
vista e raggiunse Caleb sulla scala.
-Ma non l’hai ancora uccisa?!- Ringhiò indicando Gaia.
Caleb sostenne il suo sguardo, fissandola con gli stessi occhi dorati.
-Non mi piace fare le cose di fretta.Volevo essere sicuro.-
-E adesso lo sei?- Sbuffò spazientita la giovane donna.
-Sì. Direi proprio di sì.- Annuì fissando una Gaia nuovamente cosciente.
-----
Gaia si stava svegliando. Era come quando si era risvegliata dopo il
trauma … come allora era come se il suo corpo fosse sospeso, in
una sorta di dimensione liquida. Solo che stavolta uscirne era molto
più difficile, e cercare di riaversi le faceva venire un forte
senso di nausea …
Ma i rumori che provenivano dall’esterno di quel suo mondo
prodotto dall’incoscienza la invogliavano a ribellarsi, a
insistere per tornare in sé. Ad ogni tentativo sentiva il
malessere farsi meno forte, finché riuscì ad aprire gli
occhi.
Dapprima non riuscì a vederci molto bene, e tanto meno a capire
cosa le stesse succedendo attorno. Poi ricordò tutto: Goku, la
visione, l’incendio, e lo strano tipo che mormorava qualcosa di
ancora più strano … e poi il vuoto dell’incoscienza.
La prima cosa che vide quando i suoi occhi ricominciarono a funzionare,
fu anche quella che avrebbe preferito non vedere: il ghigno malefico
dei due demoni che la volevano fare secca. Ma perché?
Perché quando tutto le andava male, le cose si dovevano mettere
ancora peggio?
Uno sparo. E come al rallentatore le sembrò addirittura di
vedere disegnarsi in aria la traiettoria del proiettile, che
passò proprio davanti al volto del suo aggressore. Caleb si
voltò e vide il monaco che lo fissava, con la pistola ancora
fumante in mano, e il giovane demone infuriato accanto. Adesso era
davvero seccato. Quella situazione stava diventando ridicola.
-Rigel. Pensa tu alla ragazza. Sono stufo.- E detto ciò saltò giù dalle scale.
Per un momento Gaia si sentì come sospesa in aria, le braccia
del demone la lasciarono, poi il contatto col pavimento le fece capire
che era stata liberata. Ignorando lo scambio di parole tra i due
demoni, con la forza della disperazione si alzò in piedi, ma non
riuscì a fare che pochi passi. I muscoli erano come intorpiditi,
e le sue gambe si rifiutarono di sostenere il suo peso. Fece forza con
le braccia per tirarsi su, ma le gambe non ne volevano sapere di
muoversi. Indietreggiò, fino a trovarsi con la schiena contro la
balaustra della scala. Vi si aggrappò con tutte le sue forze, e
finalmente riuscì, seppur a fatica, a mettersi in posizione
eretta. Allora si accorse che le scale davanti a lei, la sua unica via
di fuga, erano avvolte dalle fiamme. Ma oltre ad esse, scorse una
figura che le dava le spalle, una figura che conosceva bene.
-MARTHA!!!-
Proprio come nella sua visione, la cugina si voltò sorpresa, col
viso sporco di fuliggine, e diceva qualcosa, ma il rumore delle fiamme
le impediva di capire cosa.
Voleva raggiungerla, ad ogni costo. E scoprire che tutto quello che gli
era successo era solo frutto di una brutta testata. Ma una presenza
alle sue spalle la costrinse a voltarsi, facendola tornare nel buio,
proprio quando aveva trovato uno spiraglio di luce. Rigel era in piedi
dietro di lei, con la sua arma pronta a portare a termine il suo
incarico. Stavolta nulla l’avrebbe fermata.
O forse no. Avvertito da Martha, Hakkai lanciò l’ennesima
sfera di energia. Rigel venne scaraventata lontano, colpita in pieno.
Ma ciò che restava di quelle povere scale finì
sbriciolato. Gaia cadde ancora in ginocchio, poi vide le assi di legno
ripiegarsi su se stesse, facendola finire direttamente sulle fiamme.
-Fine capitolo 9-
Ebbene sì ... adoro scrivere le scene su Lara e Sanzo ... spero che piacciano anche a voi!
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Capitolo 10 *** Perdite. ***
cap10
Uao! vedo che c'è gente a cui piace la mia fic ... bhe, allora vi regalo un altro capitolo ...
x essy chan: grazie dei complimenti! ebbene sì, Hakkai e Martha
sono una delle coppie che ho ideato per questa storia, quindi stai
tranquilla. e Nika saprà darsi da fare, prometto ...^_^
x Lav_92: anch'io adoro Sanzo e Lara! caratteri così simili che mi permettono di fare scenette meravigliose ... ;-D
x FefyNiisan: neppure io ho visto l'anime ...appena una puntata,
perchè una mia amica era stata così gentila da averla
registrata, così me l'ha passata ... purtropo non prendevo MTV,
all'epoca, e quello che so di saiyuki lo so grazie al
manga(stupendo!)ed ad alcune fanfic e siti che ho trovato in giro.
Capitolo 10
-Perdite.-
Il lungo corridoio era silenzioso, polveroso, e completamente buio.
Erano anni che nessuno entrava lì dentro, se non per una fugace
visita. Il silenzio, sconquassato da un rumore di passi, come offeso di
quel disturbo della sua pace, inghiottiva quei suoni, disperdendoli tra
le mura avvolte dall’oscurità. Ma essi non cessarono, come
un ticchettio ritmico, finché Kanzeon non arrivò alla sua
meta. In fondo al corridoio, seduto su un trono dorato, stava un
bambino dai capelli argentei, vestito con abiti sfarzosi. I grandi
occhi dorati sembravano fissarla, con un’espressione troppo
adulta per un ragazzino di quell’età. Ma in realtà
quegli occhi non guardavano la dea della misericordia, né
qualunque altra cosa presente nella stanza. Da cinquecento anni il
piccolo sul trono non fissava altro che l’oscurità in cui
era precipitato.
Con un sorriso, Kanzeon si avvicinò al bambino e gli
accarezzò i capelli. Erano ancora morbidi, seppur ricoperti da
uno strato di polvere. Succede, quando si sta immobili per mezzo
millennio.
-Loro sono tornati. Quei quattro non potranno essere sconfitti neppure
dalla morte … Ma questo te l’avevo già detto
… Vero, principe Nataku?-
Sul volto del principe della guerra non apparve alcun cambiamento.
Rimase nella stessa posizione che aveva assunto per tutti quegli anni.
-Certo che come interlocutore fai pena! Parlare con te o con il muro è la stessa cosa …-
Nataku non cambiò neppure allora espressione. Con un sospiro,
Kanzeon si lasciò andare ad un gesto di affetto.
Accarezzò la maschera d’avorio che era il viso del
principe bambino.
-Ma anche se volessi, tu non potresti rispondermi, vero?-
Alcuni granelli di polvere si sollevarono pigri nell’aria pesante e silenziosa.
-Tu hai deciso di non sentire più nulla … Di non vedere
più nulla … Stai qui, come una bambola rotta … Ma
forse non hai fatto così male … Hai vissuto il periodo
più interessante che questo posto e i suoi noiosi abitanti
avessero mai visto … Ma, dimmi, adesso avrai la forza di
svegliarti per vivere anche questo? Oppure resterai qui, nel tuo sonno
senza sogni, barricato fuori dalla vita?-
Come si aspettava, le sue parole non ebbero modo di scuotere Nataku.
Sospirò nuovamente. Non che ci avesse davvero creduto, ma
guardare da sola l’evolversi di quella faccenda non le
sconfinferava molto … E Nataku era l’unico di sua
conoscenza a cui sarebbe interessata. Senza perdere il suo sorriso, un
po’ più amaro del solito, si apprestò ad andarsene.
-Bhe, visto che sei poco ricettivo, come al solito, mio caro
principino, sappi che sul loro cammino i nostri amici hanno ritrovato
delle vecchie conoscenze … Che tu ricordi bene … Eh
già. Anche loro sono tornate … Non dirmi che non ti
andrebbe di rincontrare i tuoi vecchi compagni di giochi … Tutti
e due …-
Per un istante, uno solo, a Kanzeon parve di aver visto un luccichio
negli occhi vuoti del bambino. Rimase solo pochi istanti, in attesa, ma
non accadde nulla: il principe della guerra era sempre al suo posto,
all’apparenza. Eppure La dea della misericordia era sicura:
qualcosa si era mosso all‘interno di Nataku. Come pure in quel
mondo al limite del morto. Presto, molto presto, ci sarebbe stato un
vero terremoto. Che gli abitanti del Tenkai lo volessero o no. Ma
perché ciò accadesse, adesso doveva intervenire lei.
-Ti saluto, principe della guerra. Adesso ho una piccola questione da
risolvere … Spero di trovarti un po’ più vivace, la
prossima volta …- E detto questo si avviò verso
l’uscita, avvolta dai suoi misteri e dai suoi fini.
-----
La caduta fu tremenda. Come al rallentatore, i presenti avevano visto
il corpo della ragazzina cadere al suolo, inghiottito dalle fiamme. Per
qualche istante, tutti rimasero immobili, aggressori e aggrediti.
Solo il silenzio e il crepitare del fuoco. Hakkai sorresse Martha, che,
come svuotata, rischiava di lasciarsi cadere. Nika, scossa dai
singhiozzi, era finita in ginocchio, incapace di concepire quanto era
appena accaduto. Gojyo tratteneva Goku, che cercava di liberarsi,
gridando a gran voce il nome dell’amica. Lara si lanciò
contro le fiamme, incurante del pericolo: Sentiva nel petto un dolore
fisico, come un taglio. I suoi occhi si rifiutavano di credere a
ciò che avevano visto, mentre lacrime di disperazione spingevano
per scendere. Non poteva finire così. Non dopo tutto quel che
era successo, non dopo aver rischiato così tanto per salvare
Gaia. Era una bugia, la sua sorellina non era lì, non era in
mezzo a quell’inferno.
Sarebbe finita contro il muro incandescente se Sanzo non l’avesse
trattenuta per un braccio. Troppo sconvolta per ribellarsi, Lara non
cercò neppure di liberarsi dalla stretta del bonzo: rimase
immobile, con gli occhi fissi nel punto in cui era scomparsa la sua
sorellina, mentre la vista si faceva sempre più sfocata.
Rigel, dalla sua postazione elevata, non vide altro che lingue di fuoco. Nessuna traccia della ragazzina. Sorrise, malefica.
-Troppo facile …- Poi si rivolse a Caleb -Missione compiuta.
Possiamo andare …- Da una tasca estrasse un sfera. La
lanciò, e in una nuvola di fumo svanì. Stessa cosa fece
il suo compagno, ma non prima di aver incontrato gli occhi del monaco.
Un tacito giuramento di vendetta era leggibile nello sguardo pervinca
di Sanzo. Non se la sarebbero cavata così. Li avrebbe seguiti,
anche fino in capo al mondo, se necessario.
Hakkai mosse anche lui lo sguardo verso il muro di fuoco. Era un
epilogo che non si aspettava. Un forte sentimento di odio
cominciò a crescergli dentro, sostituito pochi istanti dopo
dalla sorpresa. In mezzo alle fiamme intravide la sagoma di una
persona. Strinse gli occhi, pensando che il caldo gli facesse dei
brutti scherzi. Ma non era così: qualcuno stava avanzando tra le
fiamme, reggendo in braccio qualcosa.
-Ehi, guardate …- Davanti agli occhi del gruppo, Kanzeon
Botatsu, la dea della misericordia, fece il suo ingresso reggendo in
braccio Gaia, svenuta ma incolume.(Povera!ormai è
un’abitudine … la faccio sempre svenire…^^;;;)
-----
-Yo!- Il saluto di Kanzeon riscosse i quattro membri del “gruppo
di Sanzo”, che ben conoscevano la dea dagli abiti trasparenti,
mentre la vista della ragazzina salva, fece tirare un sospiro di
sollievo a tutte.
-Tò … La creatura dal sesso indefinito! Era un po’
che non ci si vedeva … Ma devo ammettere che per una volta sono
felice di vederti.- Ridacchiò Gojyo lasciando andare Goku, che
si precipitò a prendere al volo Gaia in braccio, visto che la
divinità la stava già lasciando cadere senza tante
cerimonie.
-Saluti tutti in modo così gentile o solo questa povera dea della misericordia?-
-Dea della misericordia?!- Domandò Nika incuriosita.
-Per quanto possa sembrare la dea della depravazione e dell’amor
proprio, è così …- Spiegò a bassa voce
Hakkai.
Proprio allora Gaia aprì gli occhi, e si guardò attorno
confusa, finché non vide Lara. Un enorme sorriso le si dipinse
sulle labbra, mentre schizzava ad abbracciarla.
-SORELLONA! Mi sei mancata!- Qualche lacrima minacciava ancora di
scendere, ma in quel momento c’era un’altra
priorità. I cigolii delle travi, ormai al collasso, sovrastavano
le voci dei ragazzi
-QUA CROLLA TUTTO!!!- Urlò Gojyo coprendosi la testa da alcune braci che cadevano dal soffitto.
-NON C’E’ BISOGNO CHE ME LO DICI!!!- Ringhiò Sanzo coprendosi con le maniche della tunica.
-PRESTO,VERSO L’USCITA!!!- Gridò Hakkai aiutando Gaia ad alzarsi.
-Oh, quanta fretta … Avete forse dimenticato che siete con una
divinità?- Con uno schiocco di dita, Kanzeon
teletrasportò il gruppetto in una radura poco fuori dal
villaggio, appena prima del crollo definitivo dell’edificio.
Attese qualche istante, sorridendo, gustandosi lo sconcerto misto a
sollievo dei ragazzi. Poi si rivolse a Sanzo, che tossiva in disparte.
-E adesso veniamo a noi …-
-Che cosa vuoi?- Sbottò ruvido il monaco, provocando solo
l’allagamento del sorriso della divinità, il che lo fece
andare in bestia.
-Sei sempre diretto, eh? Ma dopotutto è anche per questo che mi
piaci …- Un brivido di puro terrore attraversò il
biondo, mentre uno di disgusto attraversava Gojyo. -Comunque,
devo chiedere a te e ai tuoi amici di portare con voi queste ragazze
…-
-Non se ne parla.- Il rifiuto categorico di Sanzo e Lara non venne
neppure ascoltato da Kanzeon, che continuò a parlare.
-… Fino al tempio di Giada. Lì troveranno il passaggio per tornare al loro mondo.-
-“Al loro mondo“?- Domandò Goku guardando
interrogativamente prima Hakkai e poi Gaia, più confusa di lui.
-Sì, esatto. Ma penso che te potranno parlare loro …-
Rispose sbrigativamente la divinità tornando a parlare col
monaco. -Là è conservato un libro, il “Libro dei
mondi”.-
-E quale razza di diavoleria sarebbe?- Sibilò il monaco, provocatorio.
-Per ora ti basti sapere che è un portale tra questo e altri
mondi. L’importante è che le nostre ragazze abbiano con
sé la chiave … Altrimenti, addio casa. Bhe, vi saluto
… Ah, dimenticavo … La direzione è sempre ovest.
Ciao ciao.-
In un lieve turbinio di luci la figura di Kanzeon Botatsu svanì, lasciando soli e allibiti i ragazzi.
-----
-Allora, ricapitolando:- Gojyo cercava di capire qualcosa di quella
situazione, ma la sua mente si rifiutava di collaborare. -Voi quattro
venite da … Un’ altro mondo? Che accidenti vuol dire?-
-Che veniamo da un’altra dimensione?- Azzardò Gaia, confusa quanto il mezzo demone.
-A dire il vero non lo sappiamo neanche noi …- Ammise Martha
stringendosi nelle spalle. -È accaduto tutto così in
fretta che non ci abbiamo capito nulla …-
-Andiamo bene, allora …- Commentò Sanzo, con una sigaretta tra i denti.
-Perché non provate a raccontarci cosa vi è successo? A
volte basta ascoltare i fatti per comprendere.- Suggerì Hakkai
con la sua solita gentilezza. Martha guardò Nika, insicura, poi
diresse lo sguardo verso Lara. Al cenno d’assenso della bionda,
Martha iniziò a raccontare ogni avvenimento. Dalla chiamata
dell’avvocato, alla consegna del pacco, e con l’aiuto di
Gaia l’apertura del libro, e il passaggio da un mondo
all’altro.
-Quello che abbiamo fatto dopo il nostro arrivo qui, bhe, lo sapete
…- Concluse il racconto Martha. Il silenzio era calato sul
gruppetto, mentre i ragazzi cercavano di comprendere le parole della
mora, lottando nella loro mente con la razionalità. Anche le
ragazze però non riuscivano a digerire del tutto l’intera
vicenda, ancora incredule che quella che tanto appariva come una storia
fantasy fosse accaduta proprio a loro. Sanzo, da parte sua aveva
trovato qualche risposta ai suoi dubbi: per esempio per la mancanza di
impronte attorno al corpo della ragazzina quando l’avevano
trovata. Entrambi i gruppi erano caduti in un silenzio riflessivo,
quando …
-AAAAAH!!! Non ci capisco nulla!- Sbottò Goku mettendosi le mani
in testa e rotolando sull’erba. -Eppoi ho fame, per pensare!!!-
-DI NUOVO!? Ma tu non sei una scimmia … Sei un tritarifiuti!-
Esclamò Gojyo, dando il via alla solita serie di battibecchi con
il giovane demone.
-Ma ti fai gli affari tuoi, scarafaggio al ketchup?!-
-Certo che Gojyo non ha tutti i torti …- S’intromise Gaia,
ricordando le quantità di cibo che Goku si era spolverato prima
dell’incendio.
-Ti ci metti anche tu?!- Ribatté il ragazzino, punto nell’orgoglio.
-Allora è lui il tipo che dicevi? Quello che non ha ancora
capito di essere un primate?- Domandò Nika al rossino,
scatenando ancora di più le ire di Goku.
-Gojyo! Che accidenti le hai detto di me?!-
-Solo la pura verità … Che non ti sei ancora rassegnato
al fatto che sei una scimmia.- Ridacchiò il rosso scansando un
calcio del ragazzino, e dando vita ad un combattimento semi-giocoso.
-Bhe, l’agilità da scimmia c’è …- Considerò Gaia con la cugina.
-Sono circondato! Non è giusto … IO NON SONO UNA
SCIMMIAAAAAAH!!!- Piagnucolò il ragazzino, scatenando le risate
dei presenti, escluso ovviamente Sanzo, che stava tirando a lucido la
pistola. (chissà per cosa.eh?!nda)
-Allora?- Gli chiese Hakkai, scostandosi dagli altri per parlare da parte con il monaco.
-“Allora” cosa?- Borbottò Sanzo facendo finta di nulla.
-“Allora”… mi pare che Goku e Gojyo abbiano già fatto amicizia …-
-Tsk! La scimmia farebbe amicizia anche con le pietre … E il
kappa anche, se le pietre avessero la gonna …- Sbottò
acido il bonzo, infastidito da quella situazione. -Ed io non ho alcuna
intenzione di fare la guardia a quattro mocciose!- Hakkai ignorò
di ricordare a Sanzo che tre delle “mocciose” avevano
all’incirca la loro età.
-Gli ordini sono ordini, Sanzo … non credo che tu possa ignorare
così gli ordini di una divinità … Anche se si
tratta di una poco seria come la dea della misericordia che conosciamo
…-
-Bene, e dove ce le mettiamo? Hakuryu non può portare otto persone!-
Hakkai non ribatté. Da quel punto di vista l’amico aveva perfettamente ragione.
-Kyu!- Il draghetto candido si appollaiò sulla spalla di Hakkai, pigolando per attirare l’attenzione.
-Ah, Hakuryu! Arrivi al momento giusto … E vedo che hai
compagnia …- La draghetta nera, infatti era arrivata in
contemporanea ad Hakuryu, e volava in cerchio sulle teste del gruppo,
finché non si decise a posarsi sulla spalla di Nika, che
l’accolse accarezzandole il collo sinuoso e lodandola con affetto.
-Ciao, piccolina! Sei venuta a cercarmi? Brava!-
-Che carino! Un draghetto in miniatura! Dove l’hai trovato,
Nika?- Esclamò Gaia, con gli occhi scintillanti alla vista del
graziosissimo e stranissimo animaletto.
-Veramente è stata lei a trovare me …- Ridacchiò la rossina, mentre la mostrava alla cuginetta.
-Un vero colpo di fortuna, non trovi, Sanzo?- Sorrise Hakkai
rivolgendosi al monaco, che per tutta risposta bofonchiò
qualcosa di incomprensibile, forse una maledizione, e si voltò
dall’altra parte.
-Kyuuuuuuu!- Hakuryu cercò di riattirare su di sé l’attenzione del padrone, tirandolo per una manica.
-Hai ragione. Non possiamo restare qui in eterno … Preparati che
andiamo.- Mormorò il demone dagli occhi verdi accarezzandolo. Il
draghetto pigolò soddisfatto, e appena sceso dalla spalla di
Hakkai, si trasformò in una jeep. Sbalordite o e terrorizzate
dall’evento inaspettato, le ragazze fecero un salto indietro.
-Ma che … Che cavolo è successo?! Dov’è il
drago?- Domandò confusa Gaia, passando lo sguardo dalla jeep a
Goku.
-Kyu?- Hakuryu si ritrasformò, confuso da tanta agitazione per la sua metamorfosi.
-Non ci credo!- Esclamò Nika, rivolgendosi poi a Gojyo. -Ecco
cosa intendevi quando avevi detto che i draghi sono indispensabili per
viaggiare …- Gojyo annuì, ridacchiando.
-È la prima volta che vedo una cosa simile …-
Commentò Lara, osservando più da vicino il draghetto
bianco.
-Volete dire che non avete mai visto un drago come Hakuryu?- Goku sembrava quasi più stupito delle ragazze.
-Veramente non avevamo mai visto draghi fino ad oggi … Da noi
non esistono …- Spiegò Martha, imbarazzata. Poi
domandò: -Anche quella di mia sorella potrà farlo?-
-Immagino di sì.- Rispose Hakkai. -Basta che glielo chiediate
…- Nika non perse tempo, e prese in braccio la draghetta nera,
in modo che i loro sguardi potessero incrociarsi.
-Pensi di poter fare come lui?- La piccolina, per tutta risposta
pigolò orgogliosamente, volò via dalle braccia della
rossina, e in un baleno si trasformò in una jeep molto simile ad
Hakuryu, ma con la carrozzeria di un brillante nero, come le scaglie
della creaturina.
-UAO! Sei grande, draghetta!- Urlò Nika al settimo cielo, e come
risposta, la Jeep nera fece rombare il motore, e ritornò della
sua forma originaria.
-Adesso, però, ti ci vuole un nome … Sentenziò Martha accarezzando la testolina nera.
Nika si rivolse a tutti: -Suggerimenti?- Per un po’ ci fu un
silenzio di tomba. Trovare un nome a un drago non era una cosa
così semplice, in fondo. Infine Gaia saltò su, raggiante.
-Ce l’ho! Perché non lo chiamiamo Mushu?-
-Gaia, c’è solo un piccolo particolare … E’ una femmina …- La smontò Lara.
-Eppoi quello del cartone era rosso …- Rincarò la dose
Nika. Il silenzio continuò alcuni istanti, interrotto solo dai
pigolii soddisfatti dei draghetti che venivano accarezzati dai
rispettivi padroni. Alla fine a Nika venne l’idea.
-Sentite, ho trovato! Quando si trasforma diventa una jeep, giusto?-
-Lo abbiamo appena visto …- Convenne Lara, non senza una nota
sarcastica che a Goku e Gojyo sembrava essere stata presa dal
repertorio “Sanzo”.
-Allora il nome più adatto mi sembra proprio
“Suzuki”! Che ne dite?- Un mormorio d’approvazione si
diffuse tra i presenti.
-Sì, mi sembra azzeccato.- Annuì Gaia, sorridendo.
-la draghetta ti ha scelto come padrona.- Confermò Martha.
-È giusto quindi che tu le dia il nome che ritieni più
consono.-
-Allora, tu che ne dici?- Domandò Nika rivolgendosi alla draghetta, che cominciò a svolazzarle attorno felice.
-Bene, adesso possiamo andare, sì o no?- Ringhiò Sanzo, più dispotico del solito.
-Si,sì, non ti preoccupare …- Borbottò a mò
di risposta Gojyo mentre si avviava con Goku in macchina.
Il monaco rimase qualche passo più indietro al gruppo, pensieroso, poi chiamò Lara da parte.
-Questa situazione non mi piace.- Esordì il monaco, facendo innervosire Lara, che però si trattenne.
-Non che per me sia una festa … Non ho neppure capito bene cosa
è successo, e già appare una tipa che sembra uscita da un
bordello che mi dice cosa devo fare, senza neppure darmi spiegazioni
…-Sanzo sorrise suo malgrado: era esattamente quello che pensava
lui. -Comunque non vi daremo fastidio.- Continuò la ragazza,
togliendosi una ciocca di capelli biondi dal viso. -Proseguiremo da
sole … E cercheremo un modo per tornare a casa al più
presto.-
-Io sono l’ultima persona su questa terra che ve lo
vieterà. Ma credo che senza questa, sarebbe un viaggio a vuoto.-
Sanzo tirò fuori un oggetto e lo lanciò a Lara, che con
uno scatto lo prese al volo. Con sorpresa, si accorse che si trattava
della chiave del libro di sua nonna.
-È la chiave di cui parlava la tizia?- Sanzo aspirò lentamente una boccata di fumo prima di rispondere.
-Non lo so.- Un’alzata di spalle appena accennata e
un’altra boccata di fumo. -Ma ce l’aveva tua sorella quando
l’abbiamo trovata.- Lara annuì, pensierosa. Poi si mise la
chiave in tasca. Fece per raggiungere le altre ragazze, ma poi si
bloccò.
-Grazie.-
-Mh?- La parola era stata detta a voce così bassa che il monaco pensò di non aver capito.
-Ho detto grazie!- Ripeté allora la ragazza, visibilmente imbarazzata.
-E per cosa?- borbottò acido il biondo, poco avezzo ai ringraziamenti.
-Per aver aiutato mia sorella … E per aver aiutato me dopo.- Rispose la ragazza, senza voltarsi.
-Tsk! Te l’ho già detto: siamo pari.- Buttò il
mozzicone di sigaretta a terra, calpestandolo con cura. -E per quel che
riguarda tua sorella, se l’avessi lasciata lì, quei
teneroni che mi porto dietro non mi avrebbero dato tregua.-
-Allora siamo a posto.- Concluse Lara, che stando ben attenta a non
farsi vedere, sorrise. Poi, richiamata a gran voce dalla sorella, si
diresse verso la jeep nera. A qualche passo di distanza da lei, Sanzo
si fermò, e la studiò per qualche secondo mentre correva
verso le sue amiche: non aveva ben capito come, ma quella tipa lo aveva
tirato fuori da una brutta situazione. Ripensò alla lotta, e al
momento in cui lei aveva perso i sensi: fu come un dejà
vu…una forte sensazione di … cos’era …
paura. Sì, una sensazione di paura lo aveva invaso. Già
era piuttosto difficile che lui provasse una sensazione simile nei
confronti delle persone a cui era particolarmente affezionato, e
sentire quel terrore improvviso per qualcuno appena incontrato, lo
aveva particolarmente colpito.
-ALLORA, BONZO DEI MIEI STIVALI, TI VUOI DARE UNA MOSSA?!-
-SANZO, SBRIGATI!!! HO FAMEEEEE!!!- Le grida di Goku e Gojyo lo
costrinsero a interrompere le sue riflessioni, e ad impugnare il suo
harisen.
-VOLETE PIANTARLA DI URLARE, BESTIE!?-
-Sanzo, guarda che stai urlando anche tu …- Gli fece notare
Hakkai, mentre una gocciolina di disappunto gli scendeva dal capo. -E
voi ragazze, cosa farete, adesso?- Si rivolse poi alle ragazze,
ignorando la piccola battaglia che si consumava sui sedili posteriori
della macchina.
-Mha … Non sappiamo … Cercheremo una locanda,
possibilmente priva di incendi …- Ridacchiò Nika, per poi
farsi di nuovo seria. -A dire il vero non abbiamo neppure la più
pallida idea di dove ci troviamo o di dove possiamo andare …-
-Capisco.- Sospirò Hakkai. -Vi sconsiglierei di tornare al villaggio, specie dopo quanto successo poco fa …-
-È vero …- Ammise Martha, sospirando.
-Sentite, perché non facciamo un pezzo di strada assieme? Solo
fino al prossimo insediamento. Dopotutto neppure per noi sarebbe troppo
salutare tornare in quel paese …- Propose il ragazzo, senza
perdere il suo sorriso.
-Sei sicuro che a loro vada bene?- Domandò Lara, riferendosi a Sanzo e alle sue vittime.
-Nessun problema! Eppoi il villaggio non dovrebbe distare che poche ore da qui …-
-Allora facci strada!- Acconsentì la bionda, mentre prendeva
posto accanto a Nika, che guidava. Con un rombo, le due auto si misero
in moto, accompagnate dalle minacce di morte del bonzo e dai
battibecchi di Goku e Gojyo.
-----
Ad ogni passo l’aria della grotta si faceva sempre più
umida e fredda. Presto Rigel si pentì di indossare solo il top
nero e i pantaloncini di pelle scura. Caleb, che camminava di fronte a
lei, non sembrava invece risentirne. Da quando erano scappati dalla
taverna in fiamme, non avevano aperto bocca.
-Che freddo! Viene quasi da rimpiangere l’incendio, vero, Caleb?-
Ma il tentativo di attaccare discorso non sembrò raggiungere il
demone, che continuava a camminare senza voltarsi.
-Insomma, Caleb! E’ da prima che non mi dici una parola! Mi vuoi
rispondere?! Cosa c’è che non va?- Sbottò
spazientita la ragazza. La risposta questa volta venne, rapida e
furente. Caleb si voltò di scatto e mise Rigel con le spalle al
muro: gli occhi del demone, anch’essi dorati, la fissavano colmi
di rabbia.
-“Cosa c’è che non va?!” Grima è morto!-
-Lo so benissimo! Cosa credi?!- Urlò Rigel cercando di liberarsi.
-Era un nostro compagno!- Continuò Caleb, furioso. -Ed è morto! E sembra che non te ne importi nulla!-
-Non è vero!- Gridò la ragazza con gli occhi lucidi. Il
demone dai capelli argentei lasciò la presa, e si girò
dall’altra parte. Sentiva un vuoto dentro, e la mente annebbiata.
Con un sospiro, Rigel si appoggiò alla schiena del compagno e lo
abbracciò. -Volevo bene a Grima … ma la missione
comportava dei rischi, lo sapevamo tutti …-
-Lo so … ma non è facile accettarlo …- Rigel
sciolse l’abbraccio e accarezzò il volto di Caleb,
costringendolo a guardarla negli occhi.
-Non è facile per nessuno … Ma adesso andiamo.- Caleb
annuì, ed entrambi si affrettarono a inoltrarsi ancora
più in profondità nella grotta. Le pareti apparivano
tutte uguali, della stesa roccia umida e marrone, finché non si
cominciò a notare alcune venature argentee e verdi , che si
ispessivano man mano che ci si inoltrava. A un tratto, i due demoni
sbucarono in una enorme cavità. Un ambiente enorme, circolare,
col soffitto a cupola completamente di roccia verde , al cui centro
delle stalattiti e stalagmiti unendosi formavano quello che appariva
come il colonnato di un tempio. In fondo a tale costruzione naturale,
una stalagmite di dimensioni enormi formava quello che sembrava un
altare, su cui era incastonato un libro aperto a metà. Al suo
interno, una grossa sfera nera mandava bagliori violetti. Di fronte ad
essa, come in contemplazione, stavano due figure, che Caleb e Rigel
riconobbero subito.
-Artemius! Maya!- La figura altera di Artemius si voltò, libera
del cappuccio che lo aveva reso tanto terrificante al buio del
vicolo, e accolse con un sorriso i due demoni. Accanto a lui, la
piccola figura di una bambina di non più di otto anni, coi
capelli castani e i grandi occhi dorati, corse incontro ai due, ridendo
e chiamandoli a gran voce per nome.
Caleb la prese al volo in braccio, mentre Rigel veniva raggiunta da Artemius.
-Allora? Come è andata la missione?- Domandò il capo, passando un braccio sulle esili spalle della ragazza.
-Bene. Una è morta … Purtroppo c’erano dei tipi tosti con loro …-
-Capisco …- Mormorò l’uomo, poi si guardò
attorno, come alla ricerca di qualcuno. -E Grima? Non è con
voi?- Caleb e Rigel abbassarono lo sguardo, addolorati. Non vi fu
bisogno di parole. La piccola Maya cominciò a singhiozzare,
aggrappandosi con tutte le sue forze al demone dai capelli argentei.
L‘espressione colpevole sui volti dei due sopravissuti fece
innervosire Artemius -Non dovete farvene una colpa, ragazzi!- Gli occhi
dorati del demone più anziano si oscurarono per un istante. -E
ditemi, ancora, chi è stato?-
-Un monaco.- Rispose Caleb, e aggiunse -Con lui c’era anche una
di Loro … credo che c’entri anche lei …-
-Bene. Allora quei due saranno il nostro prossimo obbiettivo …
La morte di un compagno non va mai lasciata impunita!- Detto questo,
Artemius se ne andò, lasciando soli Caleb Rigel a consolare la
piccola Maya.
-Fine capitolo 10-
bhe? che ne dite? i personaggi di Rigel e Caleb stanno uscendo fuori, e
piano piano si ispessiranno sempre di più ... spero che vi
piacciano ...
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Capitolo 11 *** Lupi! ***
cap11
Non ho potuto resistere... così ecco il capitolo 11 ^^
x essy chan: sì, man mano che scrivo Caleb e Rigel mi stanno
prendendo la mano... tieni conto che ho finito di scrivere il
diciasettesimo capitolo, e se non mi dò una calmata, rischiano
di idventare più importanti dei saiyuki boys! bhe, no, magari
fino a quel punto lì no ... ma sono belli importanti!^_^
x lav_92: eh eh ... sapevo che quella battuta era azzeccata ... mi
diverto troppo a creare certe frasi! per quel che riguarda sanzo a lara
...eh eh ... ho in mente parecchie cosine per quei due (sanzo e lara:
-Gulp!- 0_0''')
x FefyNiisan: suzuki mi è uscita per caso: avevo bisogno di
sistemare le mie quattro ragazze: su hakuryu mica ci stavano tutte!
così è nata la draghetta...nera x differenziarla...il
nome...bhe,un mia amico ha una suzuki...ed il nome è venuto
spontaneo!^_^
Capitolo 11
-Lupi!-
La stanza era spaziosa, con le pareti dipinte di bianco. Il mobilio era
in pino, chiaro e solare. Dall’ampia finestra semi aperta una
lieve brezza sembrava divertirsi a sollevare le tende azzurrine. Gaia,
ben accoccolata tra le morbide lenzuola candide, si godeva quella
tranquillità. Era già un po’ che un raggio di sole
l’aveva svegliata con la sua tiepida carezza, ma ancora non si
decideva ad aprire gli occhi. Un sogno persistente le continuava a
danzare davanti agli occhi … Il libro della nonna che si
rivelava un passaggio per un altro mondo, lei che ci era caduta e si
era spaccata la testa, ed era stata salvata da un quartetto che la
parola “normale” neppure sapevano dove stava di casa
… Poi c’era stato un incendio, lei aveva avuto una
visione, poi con uno dei quattro era stata attaccata da una tipa dalla
forza erculea, e un altro tizio l’aveva rapita … Poi erano
apparse dal nulla Nika, Martha e Lara … Poi lei era caduta nel
fuoco ma una strana donna l’aveva salvata … E magicamente
erano finiti in una radura, dove dei draghetti si trasformavano in auto
…
Accidenti se era strano come sogno … e lungo, poi … Non
si ricordava di aver mai fatto un sogno così lungo, e
soprattutto realistico … Con uno sbadiglio alla fine decise di
tirarsi su, e mentre si stiracchiava pigramente si portò una
mano alla testa. Perplessa, sotto le dita sentì , invece della
morbidezza dei capelli, la ruvidità di una benda. La
perplessità si trasformò in orrore quando comprese che
quello che credeva un sogno era la dura realtà, e lei era nella
camera di una locanda che aveva accolto lei, sua sorella, le sue cugine
e i quattro ragazzi, nonostante l’ora indecente in cui si erano
presentati. Il viaggio per raggiungere il villaggio successivo,
infatti, era durato qualche ora, ed erano giunti a destinazione quando
mancavano poche ore all’alba.
Pensando agli ultimi avvenimenti che le avevano segnato la vita, Gaia
lasciò vagare lo sguardo sulla camera. L’arredamento era
semplice, ma molto pulito. Accanto al suo letto stavano, già
messi a posto, altri tre letti. Lara e le altre dovevano già
essere uscite … Chissà dov’erano andate …
Stava per scendere dal letto, quando la porta si aprì, facendo
entrare Martha e Nika, precedute da Suzuki, che atterrò ai piedi
di Gaia.
-Ben svegliata! Hai dormito bene?- Salutò la mora appoggiando
sul comodino una serie di boccette e garze. Gaia annuì, e si
toccò la benda, ormai allentata.
-Questa quando la tolgo?-
-Tra una settimana, come minimo, secondo la prognosi del dottore che ti
ha medicata. Hakkai mi ha descritto esattamente la ferita. Adesso
però stai ferma, che ti cambio la benda e vedo se è
così …>-Martha iniziò a togliere lentamente gli
strati di garza dal capo della cugina, cercando di essere il più
delicata possibile nelle zone in cui il sangue era raggrumato. Nika se
ne stava in silenzio ai piedi del letto, con Suzuki in braccio, attenta
ad ogni movimento della sorella. Gaia da parte sua cercava di far finta
di niente, ignorando il dolore che provava mentre quella che ormai era
come una seconda pelle le veniva tolta. Quando però Martha
raggiunse la carne viva, la ragazzina non poté fare a meno di
sussultare, e ciò non sfuggì alla mora.
-Scusa!-
-Non fa niente!- Mentì Gaia. In realtà la ferita le
pulsava come se fosse stata viva, e odiava con tutta sé stessa
quella situazione. Martha da parte sua scrutava con occhio clinico il
taglio e ogni abrasione che lo circondava, finché, soddisfatta,
diede il suo parere medico.
-È meglio di quel che pensavo.- Ammise. -Non ci sono segni di
infezioni ed è in via di guarigione. Comunque adesso ci do una
passata con il disinfettante, e ti metto delle bende pulite.-
-E quando è che non le metto più?- Domandò Gaia.
Era impaziente di liberarsi di quella seccatura. Aveva sempre avuto una
salute di ferro, e mai si era procurata ferite che necessitassero di
più di un cerotto. E quelle costrizioni la facevano infuriare.
Martha sospirò, indovinando i pensieri della cugina.
-Abbi pazienza. Per almeno altri quattro o cinque giorni sarà
così. Poi partiremo e ce ne torneremo a casa.- Nika si
alzò improvvisamente, sorprendendo sorella e cugina.
-Scusate.- Fece, con una voce incolore che non sembrava appartenerle.
-Vado a fumare una sigaretta.- E uscì dalla stanza chiudendosi
la porta alle spalle, lasciando Martha e Gaia confuse.
Appoggiò la schiena contro la porta per qualche secondo,
spaventata dalla sua stessa reazione. Ma non poteva fare altro. Da
quando aveva avuto modo, la sera prima, di pensare con calma alla loro
situazione, un grosso peso le si era come imposto sullo stomaco. Come
un macigno, questo si faceva più pesate quando pensava al modo
di tornare a casa. Sentiva che non ce l’avrebbero fatta, che
tutte le loro fatiche sarebbero state vane.
Subito non aveva neanche compreso cos’era quella orribile
sensazione, ma poi, aveva capito che quella altro non era che angoscia.
Un’angoscia così grande da toglierle il sorriso, da
bloccarla, come una catena a cui fosse legata una palla da metallo,
come quelle di un carcerato.
Ed era proprio così che si sentiva. Prigioniera. Prigioniera di
un mondo non suo, con regole ben diverse da quelle a cui era abituata.
Si chiese se solo lei avesse quei pensieri, o se anche le altre fossero
nella sua situazione. Sfuggendo ad una lacrima che voleva scendere, la
rossina si diresse verso l’uscita della locanda. Salutò
distrattamente il locandiere e uscì, sperando che l’aria
del mattino riuscisse a restituirle un po’ di serenità.
Camminò per un quarto d’ora buono, curiosando vetrine e
osservando persone. Quelle erano le uniche cose che non apparivano
diverse. Il chiaccericcio di un gruppo di donne a passeggio, i sospiri
e le lamentele dei bambini che a gran voce chiedevano alle madri questo
dolce o quel giocattolo, le grida di qualche mercante che proponeva
questo o quell’articolo alle casalinghe in giro per fare la spesa.
Eppure quel peso sul cuore non voleva saperne di alleggerirsi. Si
fermò nel centro del paese, dove una grande fontana rotonda
permetteva ai suoi cittadini di dissetarsi e incontrarsi. Stufa di
camminare senza una meta, Nika si sedette sul bordo della vasca, e
iniziò a far muovere l’acqua con la mano. Fissava le
increspature sulla superficie trasparente, sorprendendosi di quanto
assomigliassero agli eventi della sua vita … Bastava un
movimento più brusco, o una pausa più lunga, che i cerchi
concentrici variavano totalmente dai primi. La sua esistenza era come
quei cerchi. Imprevedibile, in perenne mutamento a causa di quella mano
capricciosa che è la sorte … Si ritrovò a
sorridere. Doveva avere un aspetto davvero depresso …
Concentrata sulle sue riflessioni quasi non si accorse
dell’arrivo di una persona.
-Heilà!- Salutò Gojyo, che appariva di umore esattamente opposto alla ragazza.
-Ciao.- Un”ciao” smorto e quasi privo di umanità
vivente accolse il rosso, che per poco non fece un balzo indietro.
-Hey, hey! Vedo che siamo tristi qui, eh?- Nika non si diede neanche la
pena di confermare. Perché ribadire l’ovvio? Gojyo si
sedette accanto alla ragazza, amareggiato. Non gli piaceva vedere delle
donne tristi … Alla fine fece ciò che faceva sempre. Mise
la mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette. E senza
dimenticare il galateo, ne offrì una alla ragazza. Nika sorrise,
e accettò l’offerta.
-Grazie …- Certo, non era il più luminoso dei sorrisi, ma a Gojyo andò lo stesso benissimo.
-Ah! Finalmente! Cominciavo a temere che il bonzo musone ti avesse contagiato …-
-Chi? Sanzo? Perché?- Domandò la rossa, accendendosi la sigaretta.
-Come “perché”?! Ma lo hai visto? E’ una delle
persone più imbronciate di questo mondo! Mai una volta che
sorrida o si lasci andare, neanche con le donne!-
-E che c’entrano col sorriso le donne?- Ma l’appunto di
Nika rimase inascoltato, mentre il mezzo demone continuava la sua lista
di lamentele nei confronti dell’amico.
-Se ne sta sempre sulle sue, se non quando c’è da menare
col suo dannato harisen, oppure con la sua stramaledetta pistola!
È una marea di tempo che lo conosco, e non l’ho mai visto
sorridere! Bhe, a parte quando ammazza i demoni, ma non so se posso
considerarlo un sorriso … E’ più un ghigno …-
-Però, che tipi allegri che siete …- Commentò la
rossina, mentre una gocciolina o due le scendevano giù per il
capo. Intanto Gojyo continuava il suo monologo, rivolto ormai
più a sé stesso che a Nika.
-Ora che ci penso, mi farebbe paura vederlo sorridere come persona
normale … La volta che succede potrò pensare solo due
cose: o che è posseduto, o si è trovato una donna. Ma
dato che la seconda cosa mi sembra quasi impossibile perché non
ha mai mostrato interesse per nessuna, propendo per la possessione.
Perlomeno avrei una buona scusa per ammazzarlo …-
-Chi vorresti ammazzare, tu?- La sigaretta di Gojyo finì dritta
in acqua, mentre una figura in tunica bianca faceva il suo ingresso
alle sue spalle. Tossendo fumo anche dalle orecchie, il rosso
cercò di salutare nel modo più naturale possibile Sanzo,
che lo fissava ostile.
-Ah … Ecco … Dicevo … Bella giornata, oggi,
verAAAAAAAAAAAARGH!- Il bonzo aveva già tirato fuori la pistola,
e sotto gli occhi di Nika e degli abitanti del paese, che avevano avuto
la brutta idea di passare da quelle parti, era cominciata la solita
caccia all’uomo.
-TI AMMAZZO PRIMA IO MALEDETTO!!!- Mentre Sanzo e Gojyo si
allontanavano portandosi dietro gli sguardi spaventati della
popolazione locale, Nika venne raggiunta da Goku e Hakkai, seguiti da
Lara. Quest’ultima appariva piuttosto scocciata.
-Ciao!- Salutò Hakkai, con la solita educazione.
-Ciao. Avete fatto compere?- Domandò Nika indicando i sacchi di carta che portavano i due ragazzi.
-Indovinato. Presto dovremo ripartire, e ne abbiamo approfittato per
rifornirci.- Spiegò l’uomo mentre appoggiava tutto vicino
alla fontana. Goku lo imitò, poi si rivolse a Nika, leggermente
imbarazzato.
-E Gaia? Come sta? Si è svegliata?- La rossina sorrise e fece segno di sì col capo.
-Sì, è tutto a posto. Martha le stava cambiando le bende
quando sono uscita. Ma ormai dovrebbe aver finito. Se fai presto la
raggiungi giusto in tempo per fare colazione …- Ecco. Aveva
detto le parole magiche. Goku quasi non salutò per schizzare
alla locanda. Difficile dire se la fretta fosse per Gaia o per la
prospettiva della colazione. Nika si stupì a ridacchiare tra
sé e sé. E pensare che fino a poco prima era di una
vitalità da suicidio … In effetti il suo umore aveva
cominciato a migliorare da quando era arrivato Gojyo. E con la comparsa
degli altri, la sua depressione si era volatilizzata. Osservando Lara
sperò che lo stesso potere terapeutico potesse avere effetto
anche su di lei: la bionda aveva la faccia scura, e i suoi occhi
apparivano più glaciali del solito. Teneva le braccia
incrociate, e di tanto in tanto lanciava occhiate fulminanti al bonzo,
che continuava ad inseguire il rossino.
-Lara? Tutto ok? Mi sembri un po’ nervosa …- Nika per un
istante si pentì di quella domanda: la cugina aveva passato
l’occhiataccia diretta a Sanzo sulla rossina. Un lungo brivido
scese lungo la schiena di Nika prima che l’espressione feroce
abbandonasse gli occhi di Lara. Questa si sedette accanto a lei
ravvivandosi con un sospiro i lunghi capelli biondi.
-Chiunque lo diventerebbe, con quel monaco. E’ più bisbetico di una vecchia zitella …-
“Un po’ come qualcuno di mia conoscenza”
Rifletté Nika, stando ben attenta a non esporre il suo pensiero
alla cugina. Ma anche se lo avesse detto, probabilmente Lara non
avrebbe neppure reagito. Non contro di lei, almeno. Circa due ore prima
si era diretta con le cugine a procurarsi qualche farmaco e benda per
Gaia, e per caso prima di uscire avevano trovato tre dei ragazzi. Gojyo
era già uscito da qualche minuto. Combinazione anche Hakkai e
Goku dovevano uscire per compere. Senza pensarci troppo, Martha e Nika
si erano accodate ai due giovani. E lei le aveva seguite. Decisamente
uno sbaglio. Avrebbe dovuto tornare in camera a dormire, quando anche
Sanzo aveva deciso di venire. E pensare che fino a pochi minuti prima
sembrava ben intenzionato a leggere il giornale in solitudine. I
battibecchi col monaco erano praticamente durati da quando avevano
varcato la porta della locanda fino a quel momento. La ragazza era
stata così impegnata a ribattere col biondino che a malapena si
era accorta che le sue cugine avevano finito le compere e si erano
dirette da Gaia. Adesso, che il monaco se la prendeva col rossino, in
pratica lei faceva una pausa. Con un sospiro di soddisfazione, si
stiracchiò, e si godette il tepore del sole. Era una mattinata
stupenda, ed era inutile rovinarsela con del malumore.
Nika, da parte sua tirò un sospiro di sollievo. Per il momento la sfuriata sembrava, se non annullata, almeno rimandata.
-Sentite, perché non andiamo alla locanda? Tanto non credo che i
due “bambini” finiranno tanto presto di giocare!- Propose
Hakkai raccogliendo la spesa. Con un balzo, Nika si alzò in
piedi, entusiasta della proposta. Perlomeno non avrebbe fatto la strada
di ritorno da sola … Anche perché l’aveva
completamente dimenticata.
Lara stava per fare lo stesso, ma, proprio allora, una valanga
d’acqua la travolse. Sanzo, infatti, cercando di colpire Gojyo a
colpi di pistola, lo aveva stretto contro un carro carico di botti di
vino. Il mezzo demone non sembrava avere scampo, ma con un balzò
saltò sul carro, dove sperava che il bonzo non lo avrebbe
raggiunto. Gojyo non ebbe neppure il tempo di illudersi. Un colpo
vagante del monaco recise una delle funi, e Kappa e barili caddero
nella fontana, trascinandosi dietro anche il Sanzo. E lo spostamento
d’acqua travolse in pieno, neanche a farlo apposta, Lara.
Ci fu un istante di silenzio quasi infinito, in cui Nika e Hakkai
indietreggiarono spaventati, mentre Gojyo e Sanzo uscivano fuori
dall’acqua, scoprendo il disastro combinato.
Solo pochi secondi in cui Lara cominciò a tremare leggermente,
prima di scagliarsi contro i colpevoli della sua doccia fuori programma.
Non ci fu nessuna scenata. Nessun urlo. La bionda si limitò a voltarsi verso i due idioti.
-Ehm … Ciao … Lara, giusto?- Tentò di
sdrammatizzare Gojyo, spostando alcune ciocche di capelli fradici dagli
occhi. Sanzo rimase in silenzio, fissando la ragazza con occhi gelidi
di sfida. Lara non disse nulla. Si “limitò” a
sollevare una delle botti galleggianti e a lanciarla, e solo per poco
non colpì il mezzo demone. Ciò non la fermò, e
svelando una forza non comune, Lara cominciò a tirare tutte le
botti che aveva a portata di mano addosso ai due, che cercavano in
tutti i modi di evitarle.
-AAAAAAARGH!!!MA SEI MATTA?!- Ululò il rossino, cercando di
sottrarsi alla pioggia di barili che non accennava a smettere.
-ZITTO ED EVITA!!!- Gli urlò Sanzo, scansando una botte
indirizzata a lui. Nika e Hakkai si godettero lo spettacolo
finché una folla troppo numerosa non si radunò attorno
alla fontana, trasformatasi ormai in un’arena acquatica. Sperando
di non farsi notare troppo, si diressero verso la locanda , dove
Martha, Gaia e Goku li stavano aspettando.
-----
-ETCI’!!!-
-ETCHU’!!!- Sanzo e Gojyo starnutirono contemporaneamente,
avvolti nelle rispettive coperte, mentre Martha offriva loro due
tazze di the caldo.
-Però, che bel raffreddore …- La mora non si preoccupava
troppo di nascondere una certa ilarità, così come il
resto della comitiva. Si erano sistemati nel salottino per gli ospiti,
in attesa del pranzo. Gaia aveva dovuto insistere parecchio, ma alla
fine, grazie anche al contributo di Goku, aveva ottenuto il permesso di
sistemarsi su una poltrona, e di abbandonare per un po’ la camera
da letto. Solo Lara non era presente, particolare che Sanzo notò
quasi subito. Doveva trovare un modo per fargliela pagare. Ma se lei
non c’era, come faceva a vendicarsi? Dire che era offeso era dir
poco. Anche se non sapeva se prendersela di più col kappa o con
la ragazzina impertinente.
Irritato, fece passare lo sguardo sui presenti. Sembrava che il mondo
si fosse diviso a coppie: Goku e Gaia giocavano allegramente a ma jong
sul tavolino accanto a lui, Hakkai accompagnava Martha a prendere altro
the e qualche biscotto, mentre Gojyo sembrava intento a conversare con
Nika. Strano a dirsi, era la prima volta che non subiva un rifiuto
secco, e anzi, la ragazza sembrava quasi starci. Sospirando un
incomprensibile “vado a cambiarmi”, il monaco prese la
direzione delle camere, deciso a stare il più lontano possibile
da quelle streghe ammaliatrici. Non fece in tempo a imboccare la scala,
che Goku prese a tirarlo per una manica.
-Cosa c’è?- Domandò Sanzo, già conscio che
se ne sarebbe pentito. Il ragazzino lanciò un’occhiata
verso la postazione di Gaia. In quel momento stava parlando con la
cugina, di ritorno con Hakkai e una buona raccolta di cibarie.
Qualunque fosse il motivo della conversazione che si sarebbe svolta di
lì a poco, doveva essere molto importante per Goku, altrimenti
non avrebbe mai ignorato la presenza di cibo.
-Volevo sapere una cosa …- Iniziò titubante Goku, irritando ulteriormente il bonzo.
-Dimmi subito quello che vuoi, che voglio andare in camera a mettere
qualcosa di asciutto!- Il giovane demone nascose un mezzo sorriso al
pensiero del cosiddetto “incidente” di Sanzo e di Gojyo,
come l’avevano soprannominato lui e Gaia. Ma dal tono di voce
dell’amico, capì che era meglio arrivare subito al dunque.
-Volevo sapere … bhe ecco, Hakkai mi ha detto che dovremmo
partire domani … mi chiedevo se allora Gaia e le altre possono
venire con noi …- Domanda sbagliata. In un momento sbagliato. Ma
il diciottenne lo aveva capito tardi. Un harisen si era abbattuto con
violenza sul suo capo, mentre le urla del monaco invadevano
l’ambiente.
-NEANCHE A PARLARNE!!! NON INTENDO FARE LA BALIA A TEMPO PIENO!!! DEVO
GIA’ PENSARE A VOI IDIOTI!!! NON VOGLIO IL DOPPIO DEL LAVORO!!!-
Un silenzio di tomba avvolse la compagnia, mentre si voltava a vedere
il monaco. Questi, a corto di fiato, fissava con gli occhi fuori dalle
orbite Goku.
Il demone si teneva la testa con le mani nel punto in cui
l’harisen l’aveva colpito. Ma nessun suono era uscito dalla
sua bocca. Era rimasto semplicemente fermo lì, con gli occhi
lucidi, offeso, sull’orlo delle lacrime, mentre si mordeva il
labbro inferiore. Sanzo capì di aver esagerato. Ma lì
dove una persona normale avrebbe cercato una riconciliazione, lui fece
esattamente il contrario. Fingendo indifferenza, riprese la via delle
scale.
-Vedi di crescere, moccioso.- E sparì al piano superiore. Goku
si accorse di stare tremando. Non ricordava quando si era arrabbiato
così tanto con Sanzo. Ma perché diavolo se l’era
presa tanto?! Dopotutto gli aveva fatto solo una domanda …
accidenti a lui!!!
-SEI TU L’IDIOTA, SANZO!!! SEI TU!!!- L’insulto
echeggiò per la stanza, senza raggiungere le orecchie del
monaco, ormai chiusosi in camera. Passarono vari, lunghissimi istanti,
prima che nella stanza, avvolta dal silenzio, ritornasse a regnare la
relativa serenità di poco prima.
-----
Ancora avvolta dal vapore del bagno caldo, Lara si tuffò sul
letto, avvolta in un soffice asciugamano. Un sorriso soddisfatto le si
era disegnato sul volto, scacciando tutta la rabbia che l’aveva
accecata solo poco più di mezz’ora prima. Subito dopo la
sfuriata con Sanzo e Gojyo, infatti, si era buttata sotto una
rilassante doccia calda, che aveva dato i suoi frutti. Ovvero farla
sentire leggera come uno sbuffo di vapore acqueo.
Certo, una cosa del genere non era il massimo, in piena estate, ma
sembrava che in quello strano mondo, anche le stagioni fossero fuori
dal normale: infatti, la temperatura era discretamente rigida, tanto da
sconsigliare le maniche corte.
Per un po’ Lara si crogiolò in quella piacevole, tiepida
sensazione, ma alla fine si dovette tirare su per asciugare i
capelli,che le ricadevano bagnati e gelidi sulla schiena, rei di
disturbare quella temperatura ideale raggiunta dal corpo. Armatasi di
spazzola e phon, la ragazza iniziò l’operazione di
asciugatura di quella che scherzosamente autodefiniva la sua
“criniera”.
Una volta finito, con una punta d’orgoglio ammise che aveva
proprio dei bei capelli: folti, perfettamente lisci e setosi, di un
solare biondo dorato con riflessi color miele. E pensare che per molti
anni li aveva portati corti quanto Nika, ovvero praticamente a
spazzola. Con un sorrisino malizioso pensò ai suoi colleghi
uomini della polizia, che da quando aveva scelto di farsi crescere i
capelli, non facevano altro che dirle quanto la rendessero femminile.
Una vaga malinconia la avvolse. Chissà quando li avrebbe rivisti
… Con un secco movimento del capo, la cacciò. Era inutile
rimuginare su quelle cose … tutto quello che poteva fare era
tentare di tutto per tornare a casa, a tutti i costi.
Imbevuta di determinazione fino al midollo, prese alcuni dei vestiti
che aveva comprato quella mattina con le cugine, tra cui scelse: una
maglietta a maniche lunghe nera, con una cerniera al collo laterale. In
perfetto stile orientale, come suggerivano i caratteri cinesi ricamati
con filo bianco sul lato destro del petto; scarponcini e un paio di
jeans blu scuro a vita piuttosto bassa. Il tutto completato da una
candida cintura borchiata. Un abbigliamento semplice e comodo, ma con
un vago tocco di eleganza. Lanciò un’occhiata fuori dalla
finestra. La giornata era davvero bella, e per il pranzo mancava ancora
un po’ di tempo.
Ma sì. Perché no … Dopotutto una passeggiata
solitaria se la meritava, con tutto il nervoso che si era fatta. Doveva
approfittare di ogni istante di tranquillità, se voleva
sopravvivere al biondino e ai suoi compari … Con passo deciso,
Lara si diresse verso l’uscita della locanda.
Nel frattempo, nella sua stanza, Sanzo si rassegnava a indossare abiti
civili. Il bagno fuori programma aveva infradiciato totalmente la
tunica monastica, e nonostante tutta la buona volontà di questo
mondo, aveva proprio bisogno di essere lavata. Così, indossati
un paio di pantaloni scuri e una camicia blu, si diresse nella
lavanderia più vicina, a pochi passi dalla locanda. Non si prese
neppure la briga di salutare gli altri, certo di tornare di lì a
poco.
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-Allora, quali sono le condizioni?- Domandò Artemius al demone
che gli stava davanti. Questi si limitò a sorridere, mostrando i
canini acuminati, mentre gli occhi verdi mandavano scintillii carichi
di bramosia.
-Io e i miei fratelli vogliamo saziarci. Da quello che mi hai detto,
quei tipi ti accontenti di vederli morti, no? Bene, se non ti spiace, i
loro corpi ce li mangeremmo.- Dai cespugli lì vicino una ventina
di lupi uscirono, trasformandosi in altrettanti demoni ricoperti di
pelliccia grigio-bruna.
-Fatene quello che volete. L’importante è che li
uccidiate.- Rispose tranquillamente Artemius, per nulla impressionato
dalla trasformazione. Il demone lupo scoppiò in una sonora
risata.
-Bene! Un monaco e una fanciulla! Avete sentito, fratelli? Avremo un
pranzo da re!- Un coro di uggiolii e risa arrivò in risposta al
demone, che poi si rivolse nuovamente verso Artemius. -E perché
li vuoi morti, se mi è permesso?- Il demone dagli occhi dorati
non fece una piega.
-Ti offro un bonzo e una donna su un piatto d’argento per i tuoi
cagnolini. Da parte mia, avrò il piacere di vederli morire. Ti
basti questo.-
-Benissimo. Non mi importa altro.- Concluse il demone. -Siete pronti,
fratelli miei?- Il coro di risa e latrati si fece risentire, ancora
più sonoro. -Si va a caccia.-
-Non prenderla troppo alla leggera. Non sono umani comuni.- Lo avvertì Artemius, scatenando una nuova risata.
-Non preoccuparti. Io e i miei fratelli siamo tipi tosti, non ci faremo
sconfiggere facilmente. Parola di Shiba, capo dei demoni lupo.- E detto
questo sparì nella vegetazione con i suoi simili.
-Pensi davvero che ce la possa fare?- Rigel era apparsa alle spalle di Artemius, accompagnata da Caleb.
-Ovviamente no.- Rispose tranquillo il capo. -Ma non ho alcuna voglia
di sporcarmi le mani con due insetti.- Caleb evitò di ribattere
che quegli “insetti” avevano fatto fuori uno dei loro.
Probabilmente Artemius avrebbe reagito trucidandolo all’istante.
-Comunque un’alleanza può sempre venirci comoda.- Concluse
il demone, allontanandosi da quel luogo, seguito da Rigel e Caleb.
-----
Lara si aggirava ancora per le strade, per un’ultima passeggiata
prima di rientrare, quando fece l’ultimo incontro che si
aspettava di fare. Quasi non lo riconobbe, vestito con jeans e camicia.
Ma, a meno che non avesse un gemello in giro, quello che per poco non
scontrò mentre usciva, con aria irritata, da una lavanderia
nelle vicinanze della locanda, doveva essere proprio Sanzo. Troppo
sulle sue per notare le ragazza, il monaco fece quasi un salto quando
questa lo salutò.
-Heilà, prete, come va?-
-Non sono un prete! E non sono affari tuoi.- Lara sorrise perfida. Il
suo umore era molto migliorato rispetto al “dopo
incidente”, e adesso aveva voglia di divertirsi un po’ alle
spalle del monaco, mentre percorrevano la stradina secondaria diretti
alla locanda.
-Nervosetti, eh?- Sanzo iniziò a fare fumo.
-IO NON SONO NERVOSO!!!-
-Sé, certo, come no? Vai solo a fuoco …> Lo punzecchiò Lara prevedendo la reazione successiva.
-E COME FA UNO A RESTARE CALMO, QUANDO E’ COSTRETTO DA UNA STUPIDA DONNA A FARE LA CASALINGA PER LAVARE I VESTITI?!-
-Ma se fanno tutto i tipi della lavanderia! Il massimo che devi fare tu è andare a ritirare la roba!-
-E TI PARE POCO!? NON HAI IDEA DI QUANTO SIA UMILIANTE! E’ ROBA
DA CASALINGHE … E SMETTILE DI RIDERE, MALEDETTA!!!- Lara se la
stava ridendo di brutto, mentre il bonzo stava per mettere mano alla
pistola. Ma ad un tratto, esattamente come durante l’incendio, ma
con violenza maggiore, tale che Lara riuscì esattamente a capire
che le stava accadendo, la vista iniziò a vacillarle.
La testa girava, come le immagini che aveva davanti. Il volto di Sanzo,
che da furioso si faceva stupito, si fuse in una macchia di colore con
il vicolo in cui camminavano. Le immagini tornarono nitide quasi
subito, ma Lara comprese che si trattava di una di quelle visioni: vide
un lupo nero, seguito da altri suoi simili, saltare giù dai
tetti delle case che li circondavano.
Come un flash back, la prospettiva cambiò improvvisamente, e al
posto dei lupi era apparso un gruppo di uomini dall’aspetto
muscoloso e feroce. Un altro cambio di scena. E Sanzo era a terra, in
una pozza di sangue. E un tipo, lo stesso che aveva quasi ucciso Gaia,
il ragazzo dai capelli bianchi e gli occhi dorati, lo stava fissando,
inespressivo. Poi tutto divenne buio.
-Ehi, ragazzina, sveglia!- Eh? Ma come? Sanzo la stava chiamando? Solo
allora Lara si accorse che quel buio dipendeva dal fatto di avere le
palpebre chiuse.
-Che … che c’è? Cos’è successo?-
Mormorò con voce impastata, mentre il monaco tirava un malcelato
respiro di sollievo.
-Mi sei stramazzata al suolo come un sacco di patate, ecco
cos’è successo.- Borbottò risentito. -Ti sono
venuti gli occhi bianchi e sei svenuta.-
-Per quanto tempo?- Chiese Lara, incapace di dire per quanto tempo le fosse durata quella visione.
-Una decina di secondi al massimo.- Rispose il bonzo mentre le dava una
mano ad alzarsi. La ragazza accettò l’aiuto, nonostante il
suo orgoglio urlasse ferito. Ma quel fenomeno le aveva come prosciugato
le forze, e il suo corpo tremava per la debolezza. Dieci secondi? Come
avevano potuto dieci schifosi secondi ridurla in quello stato pietoso?
-Hai avuto una qualche visione, per caso?- La sfottè il biondo, ignaro di averci azzeccato in pieno.
-Indovinato.- Gli occhi pervinca del monaco si dilatarono leggermente,
ma non proferì parola. -E se si dovesse avverare, è
meglio togliere le tende da qui. Lo dico per il tuo bene.>
-Al mio bene ci penso da solo.- Ribatté Sanzo. Lara stava per
mandarlo a quel paese, quando, esattamente come nella visione, un
gruppo di grossi lupi, guidati da un esemplare nero, saltarono
giù dai tetti, circondandoli.
“E questi da dove diavolo spuntano?!” si domandò il
bonzo, mentre impugnava la sua fidata pistola. Non fece in tempo a
sparare il primo colpo, che i lupi presero una forma umana. Non era
neppure necessario vedere le orecchie a punta e i simboli sui volti per
identificarli come demoni. Si guardò alle spalle, pronto a dire
qualcosa a Lara, ma non fu necessario. La ragazza aveva già
impugnato la sua pistola, ed era pronta a dar battaglia.
Allora, quello che sembrava essere il capo si fece avanti. Era un tipo
robusto, con una pelliccia nera avvolta attorno alla vita. Lara
intuì che doveva essere il lupo nero.
-Bene!- Sghignazzò passandosi la lingua sui denti. -Sono tutti
vostri, fratelli.- Come un sol uomo, i demoni si avventarono sulla
coppia. -Ah, solo una cosa!- Aggiunse Shiba sistemandosi in un
angolo. -Portatemi i loro cuori … Sono la parte più
gustosa …- Prima che un grosso tipo con una pelle di lupo sul
capo le coprisse la visuale, Lara vide gli occhi verdi del demone
fissarla crudeli.
-----
-Eddai, Goku. Non sarai ancora arrabbiato!- Esclamò Gaia. Era
già un bel po’ che il ragazzino se ne stava seduto a gambe
incrociate sulla poltrona, con la faccia imbronciata e lo sguardo fisso
sulla sua tazza di the, ormai vuota da un pezzo.
-Non fare tante scene! Lo sai com’è fatto il bonzo, no?-
Cercò di risollevarlo Gojyo. -Tanto alla fine capitolerà,
come sempre.- Ma Goku scosse la testa, caparbio. Ormai era abituato
alle sfuriate di Sanzo, ma stavolta non riusciva a mandarla giù.
Vedendo i propri sforzi vani, il mezzo demone si accasciò nel
divano dove era seduta Nika, sconfitto. L’insolita depressione
del giovane demone fece ammutolire tutta la compagnia, come una
malattia contagiosa.
-Che ne dite di fare una partita a ma jong? Dai tu le pedine, Goku?-
Tentò come ultima carta Hakkai. Di solito la proposta di un
gioco la faceva il ragazzino, ma forse gli avrebbe fatto piacere
distrarsi un pò. E soprattutto, l’avrebbe tirato un
po’ su di morale.
-Forse più tardi …- Il sorriso si congelò sulla
bocca dell’uomo: neppure quella tattica aveva funzionato. Tutti
avevano ormai avevano gettato le speranze, finché Martha non
fece il suo ingresso con un vassoio carico di biscotti e dolcetti di
ogni sorta, e una caraffa di tè.
Con disinvoltura, la ragazza riempì la tazza del ragazzino.
Questi alzò uno sguardo interrogativo sulla mora, che per tutta
risposta fece un sorriso rassicurante e gli porse il vassoio dei dolci.
Dapprima titubante, Goku prese un biscotto e se lo ficcò in
bocca.
Bastò sentire il sapore del cibo per farlo tornare di buonumore:
Sanzo era un idiota, e non era una novità. Ma farsi il sangue
cattivo per le sue isterie era un’idiozia ben maggiore. Quindi
tanto valeva godersi il the e biscotti in compagnia, almeno fino alla
prossima litigata.
Così, quando Goku cominciò a litigarsi come al solito il
cibo con Gojyo e Gaia, Hakkai e le due sorelle tirarono in sospiro di
sollievo. Nika pese in mano la sua tazza di tè, palesemente
soddisfatta dell’atmosfera creatasi. Meglio un caos allegro che
una tranquillità deprimente. Almeno lei la pensava così.
Fece per bere, quando un dolore improvviso le prese la testa.
Durò solo un istante, lasciandole addosso una orrenda
sensazione. Si versò addosso una notevole quantità di
tè, ma quasi non se ne accorse: ciò che quel malessere le
stava lasciando non gliene diede né il tempo né la
voglia. Come se vedesse attraverso gli occhi di un altro, vide un
gruppetto di lupi saltare giù da un tetto, per atterrarle
davanti, e trasformarsi in persone. Di nuovo le venne il mal di testa,
e appena questo passò, riprese a vedere con i suoi occhi.
-Nika, che hai? Ti sei bagnata?- Martha le stava già passando un
fazzoletto per pulirsi, che la rossina non prese, troppo sconvolta per
pensare alla maglietta sporca. Era una visione quella che aveva appena
avuto? Come a sua sorella e le sue cugine? Ne avevano parlato la sera
prima, sporadicamente, prima di andare a letto. Merda, non capiva! Lei
non aveva ancora fatto quell’esperienza. L’unico fatto
strano che le era capitato fino ad allora, che si poteva classificare
tra le cose soprannaturali, era semplicemente una sorta di sviluppo del
suo sesto senso. Gojyo intuì ciò che poteva essere
accaduto.
-C’è qualcosa che non va?- Nika alzò lo sguardo su
di lui, dopodichè annuì, e raccontò la sua
esperienza ai presenti, che avevano bloccato le varie attività.
-Sicuramente sta per accadere qualcosa di brutto. Solo che non sappiamo
né dove né quando.- Concluse Hakkai, facendo il punto
della situazione.
-Non è che potresti provare a … “vedere”
meglio? Magari almeno chi ha questo incontro con dei demoni?- Nika
scosse la testa, ancora sconvolta per la visione.
-No … non credo che dipenda da me …- Martha annuì.
-Tutto quello che ci succede, quello che …
“vediamo”, ci accade all’improvviso. Non abbiamo
ancora capito come succede.- Spiegò Martha. Aveva passato tutta
la notte a rimuginare sul fatto, ma ancora non era arrivata ad una
conclusione razionale. Gaia ripensò a come le era accaduto. Dopo
la sua esperienza, aveva guardato ogni superficie liquida con occhi
diversi. Anche quella mattina, quando Martha le aveva versato il the,
lo aveva bevuto d’un fiato, stando ben attenta a non guardarvi i
riflessi, anche se così si era scottata la lingua. Ora la sua
tazza era nuovamente piena, e un’idea si era fatta strada nella
sua mente. Forse, ricreando le stesse condizioni della prima volta
… Trasse un profondo sospiro, e guardò nella tazza.
Dapprima non accadde nulla, come in cuor suo sperava. Ma non aveva
ancora fatto in tempo ad esultare, che il liquido ambrato
cominciò a vorticare, e i giochi di luce sulla superficie vitrea
cominciarono a formare immagini sempre più nitide.
-Fine capitolo 11-
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Capitolo 12 *** Ovest, ovviamente! ***
cap12
Allora, ringrazio, come sempre, essy chan,lav_92, e FefyNiisan. Ormai
le mie commentatrici fisse ….^_^ ragazze, sono felice che questa
fic vi piaccia! Ora, scusatemi se ci ho messo un po’, ma gli
esami ed il lavoro non perdonano … comunque, eccovi come si
concludono le cose (?) coi demoni lupo!
Capitolo 12
-Ovest, ovviamente!-
Per la prima volta in vita sua, Lara ringraziò il proprio
attaccamento maniacale alla pistola. Nonostante le tremassero ancora le
gambe per la visione, infatti, aveva colpito almeno un paio di demoni
lupo.
Certo, nulla in confronto alla strage che il bonzo stava compiendo alle
sue spalle. Uno dopo l’altro, i demoni cadevano sotto i suoi
colpi, precisi e micidiali.
Come nella locanda in fiamme, si erano disposti nuovamente schiena contro schiena, per difendersi a vicenda.
Non erano servite parole per mettersi d’accordo. Era stato
istintivo. E questo scocciava un po’ alla ragazza. Raramente si
fidava di qualcuno, eppure non aveva esitato a mettere la sua vita
nelle mani del bonzo. Non poteva sapere che il pensiero era reciproco.
Al terzo lupo caduto per mano sua, il capo sembrò finalmente
scuotersi. Da quando era stato evidente che i due biondini non erano
una preda facile come aveva previsto, il volto del demone aveva assunto
diverse espressioni. Finché non decise di muoversi. Sanzo
neppure lo vide. Ma un calcio lo fece volare lontano da Lara.
-Sanzo!- Gridò la ragazza, mentre cercava di accorrere, ma un paio di demoni le si pararono davanti.
-Siete dei buoni a nulla!- Ringhiò Shiba ai suoi sottoposti, che
ringhiarono sottovoce, umiliati dalle sue parole. -Finite almeno la
ragazza. Al monaco ci penso io.-
Sputando rabbiosamente sangue, il monaco si rimise in piedi. Merda. Si
era distratto. Aveva pensato tanto a difendere la ragazza che si era
scordato di proteggere sé stesso.
Prima di poter fare qualsiasi cosa, il demone lupo nero gli si era parato davanti. Ciò non lo fece perdere d’animo.
-Vediamo di finirla presto.- Sibilò Sanzo, scatenando le risa del demone.
-“Finirla presto”! Non ho mai conosciuto qualcuno
così ansioso di essere divorato. Te lo concedo, monaco. Hai
fegato.- Sanzo lanciò una rapida occhiata a Lara. Il resto della
banda l’aveva circondata. Per un momento si maledì per non
averne uccisi di più, di quegli scarti demoniaci.
Accorgendosi dei pensieri del bonzo, Shiba sorrise.
-Non ti preoccupare. Lei ti raggiungerà subito!- E partì
all’attacco. Sanzo riuscì a schivare per un soffio gli
artigli affilati del demone, che aveva mirato al petto. Ma il secondo
attacco diretto al volto gli graffiò leggermente una guancia.
Dopo la prima scarica di attacchi, il demone balzò lontano.
Per alcuni istanti i due avversari si studiarono, immobili. Poi il
demone ripartì all’attacco. Ma questa volta il monaco era
pronto a riceverlo. Rapido estrasse di tasca tre fuda, e pronunciando
una serie di parole incomprensibili, i tre foglietti di carta si
librarono in volo, come se avessero avuto vita propria. Shiba li
schivò con un salto.
-Hai una mira pessima, bonzo!- Ringhiò il demone. Un sorriso velenoso fece capolino sulle labbra del biondo.
-E chi ha detto che miravo a te?- Una serie di uggiolii raggiunse le
orecchie di Shiba, che si voltò, allarmato. E non a torto. Tre
dei suoi compagni erano stati colpiti in pieno dai fuda, e adesso si
rotolavano in preda ai dolori sul terreno, divorati da fiamme bluastre.
Lara non perse tempo. Approfittando del momento di stupore dei demoni,
la ragazza sparò a quelli che aveva più vicino, liberando
il mondo di altri demoni divoratori di uomini.
Sanzo, intanto, fissava trionfante Shiba. Il demone si volse verso di lui, il volto sfigurato dall’ira.
-Maledetto bonzo …- Sibilò prima di attaccare. Shiba fu
rapido. Molto più rapido di quanto il monaco avesse pensato.
Prima di potersi scansare, Sanzo venne colpito da una profonda
artigliata allo stomaco. In qualche modo riuscì a restare in
piedi, conscio di aver rischiato grosso. Se non si fosse spostato in
tempo, probabilmente la mano del demone lo avrebbe trapassato da parte
a parte. --Sei veloce, bonzo. Veloce e fortunato …-
Ringhiò il demone, mentre si leccava gli artigli insanguinati.
Erano di nuovo in una situazione di stallo.
-Tsk! Tutta bravura …- Fece il monaco, mentre il combattimento
riprendeva. Lara, poco distante, non potè fare altro che
assistere impotente. Avrebbe preferito mettersi a fare il punto croce,
che restare lì, fissa come una statuina a fissare i due tipi che
se le davano di santa ragione. Oramai i pochissimi demoni lupo rimasti
se l’erano data a gambe, e lei non aveva più nulla su cui
fare tiro a segno. Strinse i pugni per il nervoso, mentre il duello tra
demone e monaco continuava.
-----
Dall’alto della sua postazione, il demone dai capelli argentei
osservava lo scontro, senza eccessiva preoccupazione. Shiba non era
sicuramente in grado di battere il bonzo, nonostante il parere di
Artemius. Ciononostante, sarebbe stato istruttivo. Gli occhi dorati si
strinsero in due fessure. La morte di Grima bruciava ancora,
scatenandogli un forte sentimento di odio. Ricacciò indietro un
ringhio scuotendo il capo. Non era da lui farsi prendere così
dalle emozioni.
-Voglia di vendetta, eh?- Rigel era apparsa alle sue spalle, quasi come
uno spettro. Caleb non vi fece quasi caso, oramai abituato a quel modo
di fare.
-Non sai quanto.- Rimasero in silenzio, uno accanto all’altro,
apparentemente concentrati sullo scontro che si svolgeva sotto di loro.
Fu Caleb il primo a parlare. -Cosa c’è, Rigel?-
-Non ti si può nascondere nulla, eh?- Sorrise la ragazza,
togliendosi una ciocca di capelli neri dal volto. Ma subito si fece
seria. -Artemius ha deciso che vuole Shiba vivo. E anche il bonzo.- Il
demone si voltò di scatto verso la compagna. Lei continuava a
guardare la lotta tra il monaco ed il demone.
-Che intenzioni ha, stavolta?- Ringhiò il giovane, più rivolto al cielo che alla donna accanto a lui.
-Non lo so.- Rispose questa. -Mi tiene al corrente dei suoi piani non
più di quanto ne tenga te. Ma se vuoi un consiglio, se quel
lupachiotto dovesse avere dei problemi, vedi di parargli il culo. Ah, e
ricorda: Artemius ha detto che il bonzo lo vuole vivo. Non sano
…- Caleb strinse gli occhi.
-I suoi ordini non erano di uccidere lui e la donna?-
-Mha. Sai anche tu com’è fatto. Solo lui sa il
perché dei suoi ordini.- Rispose Rigel, con un’alzata di
spalle. Poi fece un cenno di saluto. E così com’era
apparsa, la ragazza demone sparì. Caleb ritornò a seguire
lo scontro.
-----
-Allora?! Da che parte?- Gojyo prese bruscamente Gaia per le spalle, e
solo la mano di Goku stretta attorno al suo polso gli impedì di
scuoterla come un tappeto polveroso.
-Non lo so!- Singhiozzò la ragazza. -Le immagini erano confuse e
…- La disperazione e l‘abbattimento incisi sul suo volto
da bambina. Avvertito da uno sguardo omicida di Goku, Gojyo la
lasciò andare. Gaia tirò su col naso, mentre cercava di
soffocare un altro singhiozzo. Ogni fibra del suo corpo tremava per la
paura. Martha le appoggiò con dolcezza le mani sulle spalle.
-Tranquillizzati. Devi solo mettere ordine in testa. Ora chiudi gli
occhi, fai un bel respiro profondo e concentrati.- Gaia decise di
seguire il consiglio della cugina.
Chiuse gli occhi. Fece un paio di profondi respiri e fece mente locale.
Aveva avuto di nuovo una visione. Nel riflesso del tè, era riuscita a vedere alcune cose.
Lara, in particolare. E, anche se non ne era completamente sicura,
Sanzo. Era stata questione di pochi attimi. Il tè aveva
cominciato a vorticare, esattamente come le era successo con il
bicchiere d’acqua. Le immagini riflesse sulla superficie liquida
si erano frammentate, per ricomporsi in altre.
Gaia riconobbe un vicolo. L’immagine cambiò. E nel vicolo
ora c’era Lara, pistola in pugno, che diceva qualcosa ad una
persona che gli dava la schiena. Un uomo, piuttosto alto, biondo,
vestito di scuro. Non ne era sicura, perché non era riuscita a
vederlo in faccia, ma poteva immaginare che fosse Sanzo.
Un altro cambio d’immagine. Il luogo era sempre quello. Ma era
come se stesse guardando sui tetti circostanti. E lo vide. Immobile,
freddo, i lunghi capelli argentei mossi dalla brezza. Lo stesso demone
che aveva cercato di ucciderla. E … Pufffh!
La visione era terminata. Ma un lieve sorrisino di vittoria apparve sulla labbra della morettina.
-Ho ricordato qualcosa!- Gli altri membri del gruppo la circondarono ansiosi.
-Allora?- Fece Gojyo, impaziente.
-Ho visto … Ho visto l’insegna di una lavanderia.- Gaia
era soddisfatta di sé. Martha le fece una carezza sul capo,
stando attenta a non toccarle la ferita.
-Sei stata bravissima!-
-Benissimo, scricciolo! Allora, dov’è la lavanderia
più vicina?- Chiese Nika, mentre l’istinto da poliziotta
tornava prepotentemente a galla. Ma i ragazzi erano troppo abituati al
tono da generale scazzato di Sanzo per farvi caso.
-Proprio a meno di dieci minuti da qui!> Rispose Hakkai.
-Che diavolo stiamo aspettando? Andiamo!- Ringhiò Gojyo,
accendendosi una “sigaretta da battaglia”. -Mica lasceremo
tutto il divertimento al pelato, no?- Il boato di risposta di Goku e
Nika fece tremare i vetri. Martha e Gaia rimasero dov’erano,
mentre il resto del gruppo si precipitava fuori. Erano usciti tutti,
quando Hakkai fermò Goku.
-Sarebbe meglio che tu restassi qui.-
-Cosa?! Ma perché, Hakkai! Io voglio venire con voi …- Il demone dagli occhi verdi lo zittì.
-Hanno già cercato una volta di uccidere la signorina Gaia,
Goku. Non mi stupirebbe che ci provassero di nuovo.- Un lampo di rabbia
fredda attraversò le iridi verdi. -Meglio non correre rischi.-
Il ragazzino si morse il labbro, impossibilitato a replicare. Hakkai
aveva completamente ragione.
-D’accordo. Ma vedete di fare presto.- Hakkai rispose con un
sorriso rassicurante. Goku lo guardò sparire dietro a Nika e
Gojyo, mentre le immagini dello scontro coi due demoni alla locanda gli
balenavano nella mente. Allora non era riuscito ad impedire al tipo con
i capelli argentei di portare via Gaia. Ma stavolta non l’avrebbe
permesso. Anzi. Nessuno, neanche la più alta divinità del
cielo, avrebbe più osato far del male alla sua amica. Mai
più. Era una promessa.
-----
Erano passati già un bel po’ di minuti da quando lo
scontro tra Sanzo e Shiba era iniziato. Ed era ancora in una fase di
stallo. Lara cominciava a chiedersi se non fosse davvero il caso di
mettersi a fare il punto croce. Si stava annoiando a morte …
-Hey, prete, vuoi che ti dia una mano?-
-IO NON SONO UN PRETE!!! E non ho alcun bisogno di aiuto!- Ringhiò Sanzo scansando un attacco del demone.
-Va bene, va bene … Non fare il permaloso …- Lara intanto
si era tranquillamente seduta per terra, sbadigliando di tanto in
tanto. La situazione le pareva quantomeno assurda, ma stranamente non
ne era spaventata. Dentro di sé, in qualche modo, sapeva
benissimo che il bonzo non correva alcun pericolo di morte. Certo, ci
stava sempre la sua visione, tutt’altro che rassicurante …
Ma fintanto che non fosse sbucato fuori il tipo coi capelli argentei,
non si sarebbe realizzata.
Sanzo, intanto, sembrava aver ripreso in pugno la situazione. Non un
attacco del demone sembrava voler andare a segno, sempre anticipato
dalle contromosse del biondo. Esasperato, Shiba tentò un ultimo
affondo. Sanzo si scansò di lato. Lo slancio fece sbilanciare in
avanti il demone, lasciandolo alla mercè del monaco. Con la coda
dell’occhio vide la canna della pistola puntata alla sua tempia.
Un sorrisetto beffardo era dipinto sulle labbra del bonzo.
-Sei troppo prevedibile …- Il dito stava già premendo sul
grilletto, quando un tornado biondo investì il monaco, facendolo
rovinare a terra. Il proiettile volò a molti centimetri dalla
testa del demone lupo.
Shiba non ebbe il coraggio di aprire gli occhi. Solo le bestemmie e gli
strepiti del monaco lo convinsero che non era ancora morto. E
ciò che vide lo lasciò allibito. A qualche metro da lui,
il bonzo era finito a terra, travolto dalla ragazza bionda.
-MALEDETTA STUPIDA!!!MA CHE DIAVOLO TI SALTA IN MENTE!?- Lara non ebbe
il tempo di rispondere. Vi pensò una voce fuori campo.
-Tsk … Mancato …- Nel punto in cui era Sanzo, il demone
dai capelli argentei stava togliendo dal terreno una lancia, affondata
di parecchi centimetri nella terra morbida. Il biondo si dovette
mordere la lingua. La ragazza lo aveva salvato. Se non lo avesse
spinto, la lancia lo avrebbe trasformato in uno spiedino di monaco.
Lara indovinò i pensieri del ragazzo.
-Almeno potresti dirmi grazie …- L’unica risposta che
ottenne fu una serie di borbottii seccati, ed una mano per alzarsi.
Shiba, euforico per l‘aiuto inaspettato, stava per partire di
nuovo all’attacco, ma una voce lo bloccò.
-Hey, bonzo, non vorrai divertirti solo tu, vero?- Lara sorrise. Dal
vicolo era spuntato Gojyo, sigaretta in bocca, e arma in mano.
-Non verrei dargli ragione … ma sei il solito egoista!- Fece Hakkai, accanto al rosso.
-Bhe, avranno voluto un po’ d’intimità …-
Ridacchiò Nika, mentre Hakkai sorrideva. Il bonzo si era
già portato una mano al viso, mentre un paio di vene
cominciavano a pulsargli. Lara si chiese se non avesse problemi di
pressione … ma tenne per sé le domande, mentre minacciava
di morte la cugina per la bestemmia appena detta.
Caleb, dal canto suo, studiava la situazione. Lui era lì per
aiutare il demone lupo, ma la storia era decisamente cambiata. Ora,
oltre al monaco, erano comparsi altri due avversari piuttosto temibili.
Ed entrambe le donne rano armate di pistola. Strinse gli occhi per la
rabbia, mentre sibilava l’ordine a Shiba.
-Andiamocene.- E detto questo, balzò via. Shiba rimare fermo per
qualche istante, dopodichè, con un ringhio, scappò via
anche lui.
-Che dici? Li seguiamo?- Domandò Gojyo, fissando i due demoni con astio.
-No, non è necessario.- Rispose Sanzo, prendendo una sigaretta. -Tanto ci troveranno loro.-
-Dici?- Il rosso sembrava scettico.
-Il tipo coi capelli bianchi …- Fece Nika, la voce seria, ben
diversa dal suo solito. -Era lo stesso che aveva cercato di uccidere
Gaia …- Il silenzio cadde sul gruppo. Se n’erano accorti
tutti. Ma nessuno aveva avuto il coraggio di dirlo.
-Cosa pensate che vogliano, da noi?- Chiese Lara, mentre si avviavano alla locanda.
-A parte la vostra morte? Non ne ho la più pallida idea.-
Rispose Sanzo, tirando una boccata di fumo. -Forse ce l’hanno con
le vostre visioni.- Lara scosse la testa.
-È difficile. Insomma, le abbiamo da neanche due giorni. Prima,
le uniche previsioni che conoscevo erano quelle del meteo …- Il
silenzio ripiombò sui ragazzi. La situazione era davvero strana.
Nika si passò una mano tra i capelli a spazzola.
-Bhe, siamo tutti vivi. Direi che questo è l’importante.-
Tutti annuirono, a parte Sanzo, ma solo per fare il bastian contrario.
Erano arrivati davanti alla locanda, quando Gaia e Goku uscirono fuori,
agitando le mani in ampi cenni di saluto.
-Heyyy!!! Allora, com’è andata? Li avete presi, quei
tipi?- Nika si affrettò ad abbracciare la cuginetta, mentre Lara
sorrideva.
-Per ora se ne sono andati.-
-Ma tu, non dovresti essere a riposo?- Rise la rossina. Gaia fece una linguaccia.
-Ormai sto bene! E poi non aveva voglia di stare a letto … Mi
annoio!- Lara sospirò. Forse, se anche sua sorella fosse appena
uscita da una sparatoria, non si sarebbe di certo annoiata …
Anche Martha era uscita, ed aveva accolto tutta la combriccola con un
sorriso. Mentre tutti entravano, tra risate e racconti a spezzoni su
quanto accaduto, Lara si sentì strana. Anzi, l’atmosfera,
era strana. Perché, perché tutto ad un tratto aveva un
senso di deja-vu? Perché l’aria aveva un sapore
così casalingo? Perché le risate di Gaia e delle sue
cugine erano diventate così … Così simili a quando
la nonna e suo padre erano ancora vivi? Così … Piene di
vita … Una carezza camuffata da scappellotto le arrivò al
capo, interrompendo il corso dei suoi pensieri. Si voltò di
scatto, giusto in tempo per vedere Sanzo abbassare il braccio.
-Grazie.- Un sussurro, che Lara non fu proprio sicura di aver udito. Il
monaco infatti le volgeva le spalle, stando ben attento a tenere lo
sguardo puntato da tutt’altra parte, purché non fosse
verso di lei.
La bionda rimare ferma per qualche istante, completamente imbambolata.
Poi si portò una mano sul capo. Un sorriso le illuminò il
viso, mentre riprendeva a camminare. In fondo era un passetto in avanti
col monaco. Piccolo. Ma pur sempre in avanti. Chissà, di quel
passo, nel giro di una decina d’anni sarebbe anche riuscita a
farlo sorridere …
-----
La faccia scura di Artemius non le piaceva. Anzi, la terrorizzava fino
all’osso. Da quando il gruppo di Sanzo era entrato nella locanda,
non aveva proferito parola. Ma la sua rabbia era chiaramente
percepibile.
Rigel si allontanò di qualche passo. Sapeva benissimo che cosa
avesse fatto inferocire il suo capo. La ragazzina. Quella che avevano
trovato nella locanda, quella che dovevano aver ucciso, era ancora
viva. Inutile negarlo. Il bendaggio alla testa era una prova più
che sufficiente, per riconoscerla.
All’arrivo di Caleb e Shiba, la ragazza si spaventò ancora
di più. Di sicuro il demone aveva atteso il loro ritorno, per
esplodere. Il demone lupo, da parte sua, aveva perso ogni briciolo
d’arroganza. Si limitava a fissare Artemius, senza capire cosa
stesse succedendo. Era ancora troppo felice di essere vivo, per farsi
domande.
-Che cosa significa questo, Caleb?- Sibilò il demone, senza neppure voltarsi.
-Cosa intendi dire, Artemius?- Caleb inarcò un sopracciglio, stupito di essere stato accolto da un tono talmente gelido.
-La ragazza. Per quale motivo è ancora viva?-
-Come?- Le parole del ragazzo aleggiavano ancora nell’aria,
quando Artemius lo colpì. Un semplice pugno, che però
fece rotolare il demone più giovane fino al bordo del tetto.
Prima di poter tentare di rialzarsi, Caleb venne agguantato alla gola
dal suo capo.
-La ragazzina che mi avevi assicurato di aver ucciso. Sai, l’ho
appena vista correre incontro ai suoi amici … Decisamente
strano, per una ragazza morta!- Caleb spalancò gli occhi per la
sorpresa.
-Non è possibile … L’ho vista precipitare tra le
fiamme! Rigel, diglielo anche tu!- La ragazza non riuscì a fare
altro che annuire. Era terrorizzata: una sola mossa, ed Artemius
avrebbe spezzato il collo a Caleb.
-Ah, davvero? E allora come mai è appena venuta incontro ai suoi
amici, fresca come una rosa, proprio davanti ai miei occhi?- Caleb
spalancò gli occhi, colto dallo stupore. Non era possibile. Lui
l’aveva vista. Le scale erano crollate. Con la ragazza sopra. Non
poteva essere sopravvissuta.
-Non è possibile! Solo una divinità avrebbe potuto
salvarli …- Mormorò il giovane, ormai a corto di fiato.
Qualcosa cambiò nello sguardo di Artemius. Nelle parole di
Caleb, qualcosa lo aveva colpito. Di colpo, il demone lasciò
andare il ragazzo, che si allontanò massaggiandosi la gola.
-E così ci mettono di nuovo i bastoni tra le ruote, eh?- Rigel e
Caleb fissarono confusi il loro capo. Shiba passava lo sguardo da uno
dei presenti all’altro, senza capire. Poi Artemius si
voltò. -Ti darò modo di rimediare, Caleb.-
-Ordina e sarà fatto.- Rispose il demone dai capelli argentei,
fissando negli occhi il suo capo. Neppure il tempo che le parole si
disperdessero nel vento, ed Artemius colpì Caleb. Un colpo
preciso al ventre. Rigel e Shiba non compresero quanto successo, se non
dopo che Artemius aveva ritratto la mano. Gli artigli del demone erano
grondanti di sangue. Sul ventre di Caleb si allargò una macchia
carminia. Il demone cadde in ginocchio.
Sgomenta, Rigel corse dal suo compagno. Shiba rimase immobile al suo
posto. Non aveva ancora compreso molto, ma quanto bastava per capire
che non gli conveniva avere quell’Artemius come nemico. Senza
cambiare minimamente espressione, Artemius si pulì gli artigli.
-Questo era un avvenimento, Caleb. Fallisci ancora, e la prossima
volta, se sopravvivi fino ad allora, ti uccido.- Poi si voltò
per andarsene. -Rigel. Shiba. Andiamo.- Uno sbuffo di fumo. Ed il
demone scomparse.
La ragazza tentennò. Cingeva il capo di Caleb, inorridita dal
gesto del suo capo. Da quando Artemius si era trasformato così?
Da quando era diventato un … Mostro? Perché aveva fatto
quello? Doveva esserci qualcosa di sbagliato. L’Artemius che li
aveva allevati, quello che conosceva lei, non avrebbe mai fatto loro
del male. Ad un loro fratello. Ad un suo compagno. E soprattutto
abbandonarlo. Perché era quello che aveva appena ordinato anche
a lei. Le stava facendo abbandonare un compagno ferito. Abbassò
il capo su Caleb, quel tanto che le bastava per sussurragli
all’orecchio senza essere sentita.
-Andrà tutto bene. Non ti lascio. Ricordalo.- Il ragazzo
annuì appena, ancora incredulo per quanto gli era appena
accaduto. Rigel si alzò e raggiunse Shiba. Caleb li vide,
attraverso il dolore che gli appannava la vista, sparire in un sbuffo
di fumo. Solo su quel tetto, tossì sangue, mentre malediva a
denti stretti la propria sorte.
-----
-Allora, chi si fa un’altra partita?- Alla domanda di Hakkai le
mani di Goku e Gaia scattarono scattarono all’unisono,
accompagnate da una serie di squittii affermativi. Nika prese una
sigaretta e alzò le mani in segno di resa.
-Ah no! Dopo aver perso sette partite di seguito, ho capito che giocare con te è una battaglia persa!-
-Che ti avevo detto? Non esiste miracolo o preveggenza che possa
battere a qualsivoglia gioco Hakkai …- Ridacchiò Gojyo,
tranquillamente spaparanzato sulla sua poltrona. La combriccola si
unì alle risate. Lara, dalla stanza accanto, li guardò
pensierosa.
-Qualcosa che non va?- Martha le si sedette accanto, interrompendone la riflessione.
-Cosa te lo fa pensare?- Chiese la bionda, facendo spallucce. La mora
sospirò, rassegnata alla finta indifferenza della cugina.
-Sono un medico. Capisco quando c’è qualcosa che non va.-
-Ma io non sono una tua paziente …- Ribatté Lara,
beccandosi un’occhiata che non ammetteva repliche. Con un sospiro
la bionda si lasciò andare. -E va bene. Sono preoccupata. Molto.
Preoccupata.- Martha sorrise. L’ammissione era metà
dell’opera.
-Lo siamo un po’ tutte.-
-Tu dici? A me quelle due non me lo sembrano troppo …- Sorrise
Lara, indicando Nika e Gaia intente ad una nuova partita a ma-Jong.
-Sono solo più brave di noi a non pensarci …-
-Più la mente è semplice e più è facile
evitare i pensieri …- Sibilò velenosa la bionda, mentre
Martha sorrideva.
-Forse hai ragione. Ma almeno loro si godono questi momenti …- E
detto questo, la mora raggiunse il gruppo, chiedendo chi volesse
pranzare. Lara rimase sulla porta, con la mente in subbuglio. Quasi non
si accorse di Sanzo, appena entrato nella stanza.
-Allora?-
-“Allora?” … Cosa?- Chiese Lara. Sanzo si mise
accanto a lei, dove poco prima c’era stata Martha. Lara gli
lanciò un’occhiata. Aveva rimesso la veste monacale. I
proprietari della lavanderia erano quasi impazziti per fargliela
riavere in così poco tempo.
-Allora … Noi partiamo domani a mezzogiorno. Proseguite il viaggio con noi, o no?-
-Ma non eri tu, che non ci volevi con voi?- Per tutta risposta il monaco sbuffò.
-Allora, venite sì o no?- Lara sorrise.
-A mezzogiorno. Saremo puntuali.- Sanzo annuì, e fece per andarsene. Ma Lara lo fermò.
-E la destinazione?- Il bonzo sospirò, seccato. E senza neppure voltarsi rispose.
-Ovest, ovviamente!-
-Ovviamente.- Sorrise Lara. Sanzo emise un grugnito di saluto e
sparì dalla stanza. La bionda passò una mano sulla tasca.
Il live rigonfiamento della chiave sotto la stoffa era ben udibile al
tatto. E quel lieve gesto la rilassò. Si sentì invadere
da un’eccitazione assurda. Quello che avevano vissuto in quei due
giorni era solo l’inizio. Solo un assaggio di quanto le
aspettava. Oramai ne era sicura. L’indomani sarebbe iniziato il
loro vero viaggio.
-Fine capitolo 12-
Allora? Che dite? Ovviamente, mi farebbe piacere saperlo …^_^
Recensite! Commentate! Insultatemi! L’importante è che mi scriviate …
Alla prox!
Will
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Capitolo 13 *** Il villaggio fantasma. ***
cap13
Tredicesimo capitolo. Una pietra miliare. Ringrazio coloro che hanno
letto il numero dodici, e assicuro che, anche se lentamente (ho
l‘ispirazione ballerina) continuerò a scrivere questa fic.
Mi sto impegnando a scrivere il diciottesimo capitolo, e mi piacerebbe
riuscire ad inviare un capitolo alla settimana,ma non so se
riuscirò. Intanto vi mando questo …
Ah, qui ho fatto un piccolo omaggio a Silent Hill, videogioco che mi ha
fatto passare un pomeriggio in casa di una mia amica (peccato fosse in
inglese) ma le cui atmosfere mi erano piaciute da matti! Non mi
dispiacerebbe vedere il film … qualcuno l’ha già
visto? E se sì, com’è?
Abbi, ora passo alle mie più affezionate commentatrici:
xFefyNiisan: ebbene sì, Lara-sanzo (per ora) regna! Sono felice
di sapere che continuerai a seguire nonostante la mia lentezza …
chiedo scusa, ma prometto che continuerò.
xessy chan: non ti preoccupare,anche se magari stò tanto tempo
senza aggiornare, non abbandono mai una storia. Anzi, sappi che sto
scrivendo il capitolo 18...
xLav_92: felice che ti piaccia! Eh, dopo questo cap, il viaggio
subirà una piccola sosta, ma prometto che sarà una pausa
proficua per i nostri amici!
Ed ora …
Buona lettura!
Capitolo 13
-Il villaggio fantasma.-
Ma chi glielo aveva fatto fare? Chi? Quale assurda divinità era
riuscito a convincerlo a portarsi dietro quelle terribili
calamità naturali, che rispondevano al nome di donne?
L’immagine di Kanzeon Botatsu con le dita in segno di vittoria
costrinse Sanzo a rinunciare di domandarselo. Cacciò a terra
l’ennesimo mozzicone di sigaretta e lo spense con la suola del
sandalo, andando a fare compagnia alla mezza dozzina di suoi colleghi
appena fumati. Mezzogiorno era passato da un pezzo, e le ragazze non si
erano ancora fatte vedere, se non per colazione.
“abbiamo alcune cose da fare …” Aveva detto la
biondina, sorridendo diabolicamente, prima di sparire con le sue
colleghe per le strade del paese. Tutte e quattro. La più
giovane sembrava rinata, e, bendatura a parte, era sana come un pesce.
-Uffaaaa! Ma quanto ci mettono? Io sono stufo …- Brontolò
Goku. Sulla sua spalla, Hakuryu pigolò col suo stesso tono.
-Donne! Mai prendere per buono gli orari che dicono …- Ridacchiò Gojyo. Hakkai, accanto a lui, fece spallucce.
-Immagino che sia una peculiarità femminile …- Proprio
allora, dal fondo della strada si sentirono le risate delle ragazze.
Cariche di pacchi di ogni forma e dimensione, stavano facendo ritorno
alla base.
-Ma quanta roba vi siete portate?!- Domandò Gojyo allibito.
-Solo il minimo indispensabile per un viaggio!- Rispose tranquilla
Nika. Un enorme gocciolone si disegnò sulle nuche dei quattro
ragazzi.
-Cavoli! E se esageravano che si portavano? Anche la locanda?- Fece Il
rosso, passandosi una mano tra i capelli. Intanto le ragazze avevano
cominciato a sistemare il tutto su Suzuki, che si era già
trasformata.
-Siete in ritardo.- Disse Sanzo mentre Lara gli passava accanto.
-Abbiamo avuto un imprevisto ….- Il tono malizioso con cui la
bionda rispose non piacque molto al bonzo, ma rimase in silenzio. A
rispondere ci pensò Martha.
-Un ladruncolo ha cercato di derubarci …-
-E com’è andata?-
-Vuoi davvero saperlo?- Sospirò rassegnata la mora. -Diciamo che
i medici hanno avuto alcune difficoltà ad estrargli i proiettili
dal didietro … E c‘è né voluta, per
convincere la polizia locale che eravamo noi, le vittime, e non lui!-
Martha scoccò un’occhiata significativa a Lara, che
però continuò imperterrita a sistemare i bagagli. Da
parte loro, i ragazzi ingoiarono ogni obiezione. Sotto quei faccini
d’angelo, si nascondevano delle vere belve …
-Fatto!- Cinguettò Nika, soddisfatta della sistemazione di pacchi e pacchetti. -Possiamo partire!-
-----
Il primo giorno di viaggio passò velocemente, senza troppi
intoppi. La notte trascorsa in un piccolo villaggio di pastori, e la
mattina di nuovo in marcia, e solo una piccola pausa per pranzare, per
la gioia di Goku, e poi ancora in cammino.
Il viaggio durava già da parecchie ore, e l’atmosfera era
stranamente tranquilla. Per quanto possa essere tranquilla
un’atmosfera imperlata di minacce di morte, litigi, colpi di
pistola in aria, e ventagli di carta svolazzanti sulle teste di un
certo kappa e di un certo scimmiotto, il tutto per opera di un certo
bonzo isterico. Ma per Hakkai, ormai abituato agli strepiti dei suoi
chiassosi compagni di viaggio, era solo il naturale sottofondo di un
pomeriggio tranquillo. Nella macchina accanto, la combriccola tutta
femminile contribuiva a quell’allegro caos con risate e
pettegolezzi di varia natura.
Tutto tranquillo, insomma, per il secondo giorno di viaggio. Troppo.
Tranquillo. Qualcosa dentro il demone dagli occhi verdi lo urlava,
allarmato. Eppure, per una volta, avrebbe tanto voluto non sentirlo.
Trincerando i propri presentimenti dietro il suo onnipresente sorriso,
Hakkai si concentrò sulla guida. Ma qualcosa del paesaggio lo
bloccò. Frenando senza troppe gentilezze, riuscì ad
accaparrarsi tutte le ire dei suoi compagni, Sanzo compreso.
-HAKKAI!!! MA CHE DIAVOLO COMBINI?!- Sbraitò Gojyo, che si era
preso il sedile anteriore in zona denti, finendo anche contro la canna
della pistola di Sanzo, che non sparò, ma lasciò un bel
cerchiolino rosso sulla fronte del kappa.
-ZITTO O TI UCCIDO!!! E tu, stupida scimmia, togliti subito di
dosso!!!- Esplose il monaco, stufo del modo di guidare che ultimamente
usava Hakkai. A causa della frenata, infatti, Goku aveva rischiato di
essere sbalzato fuori dall’auto, e per restare a bordo si era
dovuto aggrappare al bonzo, finendogli in spalla.
-Ma che succede?- Domandò Nika, frenando accanto alla jeep dei
ragazzi. Hakkai indicò qualcosa davanti a sé.
Un cumulo di macerie annerite dal fuoco stavano dove, presumibilmente,
prima doveva esserci una casa. Poco più in là,
un’altra serie di abitazioni sembravano aver avuto lo stesso
destino. Il paesaggio che solo pochi istanti prima aveva scaldato il
cuore del demone, ora aveva preso un aspetto terribilmente desolante.
Senza dire una parola, le due vetture ripresero ad andare, ma senza
altro rumore che non fosse il rombo dei motori. Nessuno dei loro
passeggeri era più in vena di scherzare. Andando avanti, le cose
non migliorarono. A poche centinaia di metri dalle prime macerie,
apparve un vero e proprio villaggio. Le case, seppur ancora in piedi,
erano anch’esse state annerite dal fuoco, e qualcuna non aveva
più il tetto.
-Sembra una città fantasma …- Commentò Gaia,
passando lo sguardo da una facciata scura all’altra. Ai lati
della strada, alcuni resti di carri e mobili semidistrutti, segni di un
saccheggio. I vetri delle finestre erano quasi tutti rotti, alcuni dal
calore delle fiamme, altri da colpi violenti. La desolazione era un
dato di fatto, più che una sensazione, in quel posto. Arrivati
al centro del villaggio, un’ampia piazza costruita attorno ad un
pozzo, i viaggiatori fermarono la rispettive vetture. Uno dopo
l’altro, in religioso silenzio, scesero dalle auto. Goku e Gojyo
in particolare, con una compostezza che non sembrava appartenergli.
-Ci sarà ancora qualcuno?- Chiese Goku, più per dire qualcosa che per saperlo davvero.
-Non credo.- Rispose Sanzo. -Qualcuno sarebbe già uscito a darci un benvenuto … Pacifico o meno.-
-Forse si sono nascosti, no?- Ipotizzò Gaia. Lara scosse la testa.
-Questo posto è ridotto troppo male. E poi guarda.- La bionda
indicò un carro di frutta, ormai marcescente, abbandonato per
strada. -Se ci fosse qualcuno, di sicuro non lascerebbero andare a male
così del cibo. Senza contare che qui sembra esserci stata una
battaglia.-
-Scusa Hakkai …- Fece Goku, rivolto al demone occhialuto. -Ma
non ci abbiamo messo un po’ troppo poco tempo ad arrivare qui?
Avevi detto che non saremmo arrivati ad un villaggio prima di stanotte
…-
-È vero … Infatti è strano …- Rispose
Hakkai, tirando fuori la cartina. -Questo villaggio non è
segnato sulla mappa …- Il silenzio scese sulla compagnia. Un
sinistro presentimento si appropriò della combriccola. Fu Nika a
parlare per prima.
-Ma bene! Direi che se aggiungiamo qualche zombie affamato, possiamo dire di essere finiti sul set di Silent Hill …-
-Silent … Che?- Chiese Gojyo, incuriosito. Lara diede un pugno in testa alla cugina, ignorando il rosso.
-Ma ti sembra il momento di sparare cretinate?!-
-I villaggi non spuntano all’improvviso come i funghi!-
Sentenziò Sanzo, che poi si rivolse ad Hakkai. -Dì un
po’: a quando risale quella cartina? Magari non è
aggiornata.- Il demone moro scosse la testa.
-No, la cartina è a posto. Risale ad appena un anno fa. È
il villaggio che non lo è.- Il silenzio riscese sui ragazzi. Un
villaggio di quelle dimensioni, più di una cinquantina di
complessi di varie dimensioni, non poteva essere sorto in meno di un
anno. Le case erano fatte in mattoni e pietra, e solo i tetti in legno.
-Sentite … Perché non ci fermiamo qui? Dopotutto non
manca poi molto al tramonto …- Propose Nika, indicando i vari
pacchi di provviste nel portabagagli.
-Sìììììì!!! Bello bello
bello!!!- Trillarono in coro Gaia e Goku. La prima che si vedeva
già attorno ad un fuoco a raccontare storie di paura in una
cornice da film horror, il secondo che si vedeva sì davanti ad
un fuoco, ma a cuocere spiedini e leccornie di ogni tipo. Decisamente
meno entusiasta parve Martha. L’atmosfera di quel posto non le
piaceva già in quel momento, pensarlo col buio le faceva venire
voglia di urlare. Si lanciò un’occhiata intorno. Una lieve
brezza passò tra i muri anneriti, raggiungendola. Si
voltò di scatto, rabbrividendo. Il paragone di Nika alla
città del videogioco Silent Hill, era davvero azzeccata. Anche
troppo, per i suoi gusti.
-Hey! Nika chiama Martha! Sorellina, rispondi!> La mora per poco non
saltò in braccio alla sorella, spiccando un balzo che le sarebbe
valso almeno una medaglia d’argento nella gara di salto in alto
alle olimpiadi. -Nervosetta, eh?- Ridacchiò la rossa. Con un
sorriso forzato, Martha cercò di negare.
-Ma no, che dici? Sono solo … Come dire …-
-Dì un po’ …- Nika ora aveva uno sguardo indagatore
alla Sherlock Holmes, solo con la sigaretta al posto della pipa. -Non
è che hai ancora fifa dei fantasmi, vero?- La trasformazione in
statua di granito della mora fece capire a Nika di averci azzeccato in
pieno.
-Sei un caso disperato … E meno male che sei una donna di scienza!- Sentenziò Lara, passandosi una mano sul viso.
-Non è colpa mia …- Mormorò la mora, mogia mogia,
unendo gli indici, imbarazzata. Gaia intanto, continuava a saltellare
da un parte all’altra stile canguro, cinguettando alla
prospettiva di passare la serata in un villaggio abbandonato.
Sulle nuche di Gojyo, Sanzo e Hakkai, lievemente in disparte, si formò un’enorme gocciolone.
-Queste sono strane quasi quanto noi …- Mormorò il mezzo
demone. Hakkai annuì depresso, e per una volta, Sanzo diede
ragione al kappa. Goku e Gaia, intanto, erano schizzati ad esplorare il
luogo, con l’entusiasmo di due bambini di fronte ad un parco
giochi.
-Certo che i mocciosi sono fatti con lo stampino …-
Commentò Sanzo, che, nonostante l’espressione calma, aveva
già tirato fuori l’harisen. Tanto, o prima o dopo sarebbe
servito di sicuro. Nika intanto cercava di convincere Martha quanto
sarebbe stato divertente una seratina a base di paura, con il risultato
che la mora stava per mettersi a piangere, già spaventata dalla
prospettiva di passare la notte in quel villaggio. Lara, mano che
accarezzava la sua fida pistola, stava seriamente pensando se era il
caso di far firmare testamento ad entrambe le cugine.
Il grido di Gaia fece rizzare le orecchie a tutti quanti. In pochi
istanti i tre ragazzi e le tre giovani donne erano nel vicolo in cui si
erano infilati Goku e Gaia. La morettina era impietrita, con Goku che
le cingeva le spalle, rassicurante. Entrambi incapaci di distogliere lo
sguardo da terra. A quella vista, Nika non potè trattenere un
gemito. Supino, inchiodato a terra da una lancia, stava il corpo
trafitto di un giovane demone.
-----
-Non dev’essere morto più di un paio di giorni fa.- Martha
era china sul corpo. Ogni traccia di paura si era volatilizzata,
sostituita dalla fredda lucidità che la contraddistingueva nel
suo lavoro all‘ospedale.
-Sei una tipa strana … Hai paura dei fantasmi, poi davanti ai
cadaveri ti comporti come se niente fosse.- Fece notare Gojyo,
meravigliato da tale cambiamento.
-Sono pur sempre un medico.- Rispose la mora, tirandosi su gli occhiali. -I cadaveri sono parte della mia professione.-
-Capisco. Hai paura solo di quello che non puoi spiegare con la scienza, vero?- Hakkai sorrise gentilmente. Martha annuì.
-Più o meno.- Sanzo passò lo sguardo su tutte e quattro
le ragazze. Nika e Lara, col mestiere di piedipiatti, avevano
già fatto più volte la conoscenza della Nera Signora, e
dei cadaveri che lasciava sulla sua strada. In effetti, l’unica
che sembrava sconvolta alla vista del cadavere era la più
giovane. Se ne stava ancora in un angolo, tremante, lo sguardo fisso
sul corpo, mentre Goku non osava allontanarsi da lei.
Martha intanto si apprestava a togliere la lancia dal corpo, per
potergli così dare una sepoltura. Ma non appena toccò
l’arma, una serie di flash back le apparvero davanti agli occhi,
tanto da rapidamente da lasciarla stordita. In successione vide la
piazza in cui erano appena stati, il carrello della frutta rovesciarsi.
Davanti a lei, molte persone, tutti demoni, donne e bambini di ogni
età, correvano, terrorizzati. Sentì la paura, la
sentì nelle proprie ossa, ed ebbe davvero la sensazione di
correre, ansimare. Era come se stesse vivendo la sua visione. Si
guardò indietro, e vide dei demoni, completamente vestiti in
armature ed armati fino ai denti, venirle dietro. I sorrisi crudeli con
cui la fissavano non lasciavano adito a dubbio su quali fossero le loro
intenzioni. Si voltò di nuovo in avanti, aveva imboccato il
vicolo. Sarebbe stata al sicuro lì, forse. Non aveva fatto che
pochi passi, che alle sue orecchie erano arrivate le urla delle persone
che vi si erano infilate prima di lui. Non fece in tempo a chiedersi
cosa stesse succedendo, che tutto divenne nero.
-Martha! Martha!- Si risvegliò dalla sua visione tremando. Si
asciugò con una mano il sudore che le imperlava la fronte.
Hakkai la scuoteva gentilmente per le spalle. Si guardò attorno,
intontita. tutti si erano messi in cerchio attorno a lei, semi svenuta
accanto al corpo del giovane demone.
-Hey, sorellina … Tutto a posto?- Nika si era chinata su di lei,
chiamandola con un tono affettuoso e maturo che difficilmente si
adattava al suo carattere. Segno che doveva essersi presa un bello
spavento. Martha fece un sorriso forzato.
-Guarda che sono io la maggiore … Torna pure a fare l‘immatura irresponsabile …-
-Ok. Gente, mi prende in giro, quindi sta bene!!!- Rise Nika,
decisamente sollevata. Martha si passò una mano sul viso. Era
successo come nel vicolo. Ma se allora aveva avuto solo
l’impressione di guardare attraverso gli occhi di qualcun altro,
ora era sicura di aver vissuto gli ultimi istanti di vita del giovane
demone. Tutto era accaduto perché aveva toccato la lancia. Un
brivido freddo le scese lungo la schiena. Quelle urla, la paura
… Tutto era stato così dannatamente reale, che …
Guardò davanti a sé. Il vicolo era interrotto da una pila
di ruderi anneriti, ed era impossibile vedere cosa ci fosse dopo. Nika
e Lara, con l’aiuto di Sanzo e Gojyo, si stavano occupando del
corpo, per dargli una sepoltura. Appoggiandosi ad Hakkai, la ragazza si
rimise in piedi. Una volta accertatasi di riuscire a star in piedi da
sola, si avviò verso la fine della via, sotto lo sguardo attento
e silenzioso di Hakkai. Se quello che immaginava era esatto, allora ci
doveva essere più di un cadavere. Si avvicinò, e
guardò da uno spiraglio tra le macerie. Nonostante la sua
preparazione, le venne da vomitare. Si mise una mano davanti alla
bocca, e cominciò a respirare affannosamente. Hakkai le fu
subito accanto.
-Che succede?- Martha indicò lo spiraglio. Il demone
guardò a sua volta. Il suo volto si trasformò in una
maschera d’orrore. A gran voce richiamò i suoi compagni,
che accorsero subito.
-Che c’è, Hakkai?- Chiese Gojyo, sputando un mozzicone di sigaretta.
-Martha ha trovato gli altri abitanti del villaggio.-
-----
Quando Gojyo e Goku, costretti dalla pistola di Sanzo, riuscirono a
ricavare un passaggio in mezzo alle macerie, lo spettacolo che si
trovarono davanti fece impallidire l‘intera compagnia. Quelli che
erano gli abitanti del villaggio, una settantina di cadaveri, erano
stati impilati a formate una sorta ti tumulo di corpi. Alcuni erano
stati trafitti da lance, come quello ritrovato nel vicolo. Altri da
frecce. Alcuni portavano i segni di orribili mutilazioni. Erano tutti
demoni.
-Una vera carneficina …- Commentò Gojyo, stringendo una
nuova sigaretta tra le labbra. Gaia si era rannicchiata contro la
sorella, tremante. Gli occhi invasi dall’orrore.
-Non sei costretta a guardare …- Cercò di consolarla Lara, ma la morettina scosse la testa.
-Sto bene. Davvero.- Poi guardò di nuovo il tumulo di cadaveri.
-Chi può essere stato?- Nessuno del gruppo osò
rispondere. Sanzo scosse la testa e si avvicinò ai corpi,
lasciandosi dietro il lieve filo di fumo della sigaretta.
-Non lo so. Ma adesso non è questo l’importante …-
-Sanzo …- Goku si era avvicinato al bonzo, che gli dava le
spalle. Non sapeva bene neppure lui cosa volesse chiedergli.
Guardò a sua volta le spoglie degli abitanti del villaggio.
Persone comuni. Demoni, sì, ma in alcun modo differenti dalla
gente che viveva nel paese, da cui erano partiti solo quella mattina.
In quel groviglio di cadaveri, quello di una donna stringeva, in un
ultimo, disperato tentativo di proteggerlo, un bambino. Alcuni dei
morti avevano ancora addosso gli abiti da lavoro. Gli occhi, ormai
ciechi, spalancati per la paura ed il dolore. No, non sembravano
davvero i demoni che li attaccavano quasi ogni giorno, privi di
controllo, col solo obbiettivo di uccidere. Quella era gente normale,
assolutamente normale. E per la maggior parte donne o bambini.
Sanzo tirò un’ultima boccata dalla sigaretta, poi la buttò via.
-Bhe, diamoci da fare.-
-Eh?-
-Non vorremo mica lasciarli qui così, no?- Fece, rivolgendosi a tutti i presenti. Hakkai sorrise.
-Certo che no …- Il demone dagli occhi verdi si voltò
verso l’edificio alle spalle del gruppo. -… Ma certo un
po’ di aiuto farebbe comodo …- Un momento di silenzio.
Nika diede una lieve gomitata a Gojyo, per attirarne l’attenzione.
-Hey … Ma a chi sta parlando? Che siete un po’ tocchi
l’ho capito, però, parlare con una casa …- Una
venuzza spuntò tra il cuoio capelluto del rosso, che però
si trattenne. “Un po’ tocchi?” Ma tu guarda da che
pulpito …
-Tranquilla … Parla con quelli che stanno SOPRA la casa
…- Il suono di una risata fendette l’aria. Una risata ben
conosciuta ai quattro del gruppo di Sanzo … Lara e Nika avevano
già portato la mano alle loro pistole. Martha si era posta
davanti a Gaia, in un atteggiamento protettivo. Già troppe volte
avevano ricevuto visite poco piacevoli da tizi che si spostavano sui
tetti come i gatti.
-Ben detto, fratello!- Con un balzo, Dokugakuji, subito seguito da
Yaone e Kogaiji, finirono davanti alla combriccola. Nika si girò
verso Gojyo.
-Sbaglio o ha detto “fratello”?-
-Sì … Perché?-
Il demone sorrise, divertito.
-Cominciavamo a chiederci quando vi sareste accorti di noi …-
-Non siete arrivati prima di due minuti fa …- Borbottò Sanzo, insofferente.
-Simpatico come sempre, eh?- Sbottò Dokugakuji. Gojyo alzò la spalle.
-Come uno scorpione …-
-Vuoi morire?- Sibilò il bonzo, punto sul vivo. Le ragazze, dal
canto loro, vennero rassicurate dal comportamento dei loro compagni di
viaggio, e, soprattutto, dalla gentilezza di Yaone.
-Mi sa che dovete darci qualche spiegazione …- Fece Lara, rinfoderando la pistola.
In pochi minuti vennero fatte le dovute presentazioni.
-Conosci questo villaggio?- Domandò poi Sanzo. Kogaiji annuì.
-Era sotto la mia tutela. Ci vivevano soprattutto donne e bambini, o
gente che non aveva ancora perso il suo “Io”. Avevo creato
una barriera per renderlo invisibile agli umani, e per impedire che gli
abitanti impazzissero. L’attacco deve averla dissolta.-
-Questo spiega perché il villaggio non apparisse sulla mappa.- Annuì Hakkai.
-Allora … Sapete per caso com’è accaduto?- Chiese
Kogaiji, guardando la pila di cadaveri. Una furia a malapena repressa
era udibile nella sua voce. Gli occhi dei Saiyuki Boys si puntarono su
Martha. In fondo, era stata lei a trovare i corpi.
-Più o meno … Ma non chiedetemi come faccio a saperlo,
perché non sono riuscita a capirlo neppure io …- In poche
parole, la mora descrisse la sua visione. Il panico,
l’inseguimento, l’imboscata. I volti feroci degli
assalitori. Kogaiji ascoltò in silenzio.
-Demoni che uccidono altri demoni. Non mi sembra molto logico …-
Commentò Gojyo, tirando fuori una nuova sigaretta. Hakkai si
rivolse al principe demone, pensieroso come non mai.
-Tu hai qualche idea?-
-So che nella zona circolavano un gruppo di demoni mercenari. Senza
scrupoli. Nessuna importanza che da depredare fosse un villaggio di
umani o demoni. L’importante era saccheggiare. Ma avevo anche
saputo che erano stati tutti uccisi. A quanto pare non erano voci
veritiere.-
-Capisco.- Commentò Hakkai.
-Bhe? Vogliamo metterci al lavoro? Qua si fa notte … Gojyo ,
Hakkai e la scimmia a scavare, le ragazze pensino ai corpi …-
Fece Sanzo, buttando un mozzicone di sigaretta.
-Ma sei sempre a dare ordini, tu?!- Sibilò Gojyo, che come tutta
risposta si trovò la canna della pistola del bonzo premuta sulla
fronte.
-Qualcosa in contrario?-
-… Vado a cercare una pala …- Mormorò il kappa
prima di sparire. Nika si avvicinò leggermente a Gaia.
-Mi ricorda tanto Lara quando ci costringe a pulire la casa …- La morettina annuì.
-Solo che invece della pistola usa l’agenda coi numeri di
telefono dei tuoi ex …- Yaone si avvicinò incuriosita.
-E … Cos’avrebbe di così spaventoso?-
-Diciamo solo che in confronto “guerra e pace” è un
saggio di poche pagine …- Spiegò Gaia. Nika
ridacchiò nervosamente, mentre una gocciolina scivolò
dalla nuca della ragazza demone.
-Ah …-
-----
Lavorarono fino a tarda sera. Gojyo, Goku e Hakkai a scavare le buche,
aiutati da Dokugakuji, Lara, Yaone e Martha a ricomporre i cadaveri,
Nika e Gaia a cercare lenzuoli in cui avvolgerli, mentre Sanzo e
Kogaiji pensavano ai riti funebri. A lavoro compiuto, i due gruppi
rimasero fermi sulle tombe appena costruite. Il primo a muoversi fu
Kogaiji. Mentre se ne andava, lanciò un avvertimento a Sanzo.
-Oggi è andata così. E ti ringrazio per aver mostrato
rispetto ai miei morti. Ma sappi che la prossima volta ci rivedremo da
nemici …-
-Se così sarà, allora ricordati che sarai sulla
traiettoria della mia pistola. Io distruggo ogni ostacolo che mi si
para di fronte. E non m’importa se è di sangue blu.-
-E sia.- In un istante, i tre demoni svanirono.
Correndo veloci, Dokugakuji si affiancò al suo capo.
-Troveremo quei bastardi, Ko.-
-Puoi contare sul nostro aiuto, principe.- Aggiunse Yaone. Kogaiji strinse le palpebre.
-Non gli lascerò il tempo di urlare …-
-----
Stanchi e provati per la giornata giunta al termine, il gruppo di Sanzo
decise di prepararsi per la notte. Si sistemarono in una delle poche
case aventi ancora il tetto. Infagottati in coperte e sacchi a pelo,
nessuno ebbe la forza di parlare. Solo Gaia sembrava non riuscire a
concedersi un sonno senza sogni, dettato dalla stanchezza fisica. Aveva
lasciato la sorella e gli latri a dormire, per stare nella stanza
accanto. In piedi davanti all’unica finestra, guardava il cielo
stellato.
-Non dormi?- La voce di Goku fendette l’oscurità, raggiungendo la ragazza.
-No. Non ci riesco.- Silenziosamente, il giovane demone le si
affiancò. Rimasero per qualche minuto in silenzio, a guardare
fuori dalla finestra. Poi Goku chiese.
-È per oggi?- Gaia Annuì.
-Sai …- Fece una pausa, poi continuò. -… Fino ad
oggi non avevo mai visto cadavere di una persona uccisa. È stato
terribile.- Era vero. Non le era stato permesso neppure di vedere i
corpi di suo padre e sua nonna, prima del funerale. Sua madre
l’aveva ritenuta troppo giovane, per quello spettacolo.
Voltò le spalle al vetro, e sedette sul pavimento con la schiena
apoggiata al muro.
-Adesso come ti senti?- Gaia sembrò pensarci un po’ su.
Poi si rannicchiò, le ginocchia contro il petto, e le braccia a
cercare un abbraccio che voleva essere auto rassicurante.
-Malissimo.- Il silenzio ritornò padrone, ma solo per poco. Goku
si sedette accanto all’amica, alla ricerca delle parole giuste.
-Io non so cosa dirti per farti stare meglio, ma … Se conosco
bene Sanzo, probabilmente ti direbbe che è inutile che tu ci
stia male. Non sei stata tu a uccidere quelle persone. E comunque non
potevi fare nulla per loro. Erano già morte. Gli abbiamo dato
una sepoltura, e questo è quanto eravamo in potere di fare.-
-Pensi davvero che direbbe così?- Goku ci pensò un poco.
-No.- Rispose alla fine, scuotendo la testa. -Probabilmente mi direbbe
di smetterla di dire stupidaggini, e mi picchierebbe con
l‘harisen, ma credo che questo sia quello che mi vorrebbe far
capire.-
-Uao. Quante cose si possono capire da una ventagliata in testa …- Una risata riempì la stanza.
-----
Dalla porta Sanzo ascoltava, non visto dai due ragazzi.
L’intenzione era quella di fumarsi una sigaretta in santa pace.
Ma alla fine si era fermato ad ascoltare tutta la conversazione.
Attento a non farsi notare, si dileguò fuori
dall’edificio. L’aria era pungente, ed il cielo limpido. La
luna illuminava i ruderi e le case in abbandono, tingendo tutto di una
luce argentea. Un paio di passi alle sue spalle fece voltare il bonzo.
-Poca voglia di dormire, stasera?- Lara si fece avanti, stiracchiandosi.
-Non sono l’unica, vedo.- I due rimasero per qualche tempo
immobili, senza parlare. Lara intenta ad osservare le stelle, Sanzo a
fumare. Alla fine la bionda si decise a dire qualcosa. -Secondo te dove
siamo finiti?-
-Ha qualche importanza?-
-Siamo in un villaggio che non dovrebbe esistere, e di cui abbiamo
trovato la gente massacrata. Forse una qualche importanza ce l’ha
…- Sospirò Lara con rassegnazione. -magari Nika ha
ragione, e siamo davvero finiti a Silent Hall …-
Ridacchiò. Sanzo tirò un’altra boccata di fumo,
prima di parlare.
-La cosa che mi stupisce di più, è che gli abitanti
fossero tutti demoni.- Lanciò un’occhiata alla ragazza.
-Sai cosa intendo, vero?- Lara annuì.
-Hakkai mi ha accennato la cosa. L’improvvisa violenza dei demoni
e lo scopo del vostro viaggio. Fermare la resurrezione del re demone e
quant’altro.- Un fruscio fece scattare i sensi dei due ragazzi.
-Cos’è stato?- Chiese Lara, a bassissima voce. La mano
portata a cercare la pistola dietro la schiena. Sanzo aveva abbandonato
la sua sigaretta, le dita già sul grilletto della sua S&W.
-Non lo so. Forse qualcuno che ha voglia di morire …-
-O forse i mostri di Silent Hill che si risvegliano …-
Borbottò Lara, senza essere troppo scherzosa. Il bonzo
cominciò a seccarsi.
-E basta con questa storia! E poi, che diavolo è “Silent Hill”?!-
-Si vede che in questo mondo non esiste la play station, eh?- Sanzo
stava per ribattere, ma altri fruscii lo fecero desistere. Al primo
fruscio se ne aggiunsero altri, regolari. Presto si trasformarono in
passi. Sanzo e Lara si appiattirono nell’ombra. I rumori si
facevano sempre più vicini. Un ansimare sconnesso si unì
al suono di passi, ora molto più lenti ed irregolari. Sanzo
aumentò la pressione sull’impugnatura della pistola. Il
loro uomo era ferito. Ma non era un buon motivo per diminuire la
prudenza. Un lieve tonfo, a pochi metri dalla loro postazione. Sanzo e
Lara schizzarono fuori dal loro rifugio, puntando le pistole contro il
loro “ospite” notturno. Lo spettacolo che si trovarono
davanti gli tolse ogni minaccia dalla bocca.
-Tu …- Fu l’unica cosa che Lara riuscì a dire.
Inginocchiato, una mano premuta sul ventre, i capelli argentei
spettinati. Alzò lo sguardo su di loro. Gli occhi dorati di
Caleb li fissarono.
-Voi …- Una smorfia gli si disegnò sul viso. Mormorò, prima di
svenire.
Mentre cadeva, Caleb vide solo buio. Buio ovunque. La mente come
avvolta da una fastidiosa ragnatela, ad impedirgli ogni ragionamento.
Ovattato, un suono di voci gli giunse alle orecchie. Ma non
riuscì a capire cosa dicessero. Le ragnatele serrarono ancora di
più la loro presa, e cadde nell’incoscienza.
-----
Rigel fissava l’altare, senza in realtà vederlo davvero.
Davanti agli occhi solo la vista degli artigli di Artemius, rossi del
sangue di Caleb. Ancora non si capacitava di tale gesto. Era fuori da
ogni sua comprensione. Serrò le palpebre, rifugiandosi nei
ricordi. Ricordi neppure troppo lontani. Lei e Caleb, ancora bambini.
Artemius, un po’ padre ed un po’ fratello maggiore. I
capelli più lunghi, e lo sguardo meno freddo. Il sorriso sulle
sue labbra era vero, senza crudeltà.
Rigel riaprì gli occhi. Li sentiva bruciare. Una calda lacrima
le scese sulla guancia chiara. Quando? Quando tutto quello era finito?
Quando Artemius aveva perso quel sorriso, ed i suoi occhi erano
diventati gelidi? Portò il suo sguardo su Maya, intenta ad usare
i suoi poteri sulla sfera scura. Rigel strinse le palpebre. Era
cresciuta. Prima non vi aveva fatto caso. Ma la sfera si era
decisamente ingrossata. Ormai, quasi usciva dal libro. Un brivido
gelido le percorse la schiena. Si chiese se non dovesse aver paura.
Artemius le aveva detto decine di volte che era tutto assolutamente
sicuro. “Basta solo che vi fidiate di me …”
Sospirò, affranta. Il problema era che non sapeva più se fidarsi di lui o no …
-Fine capitolo 13-
Ringrazio ancora coloro che hanno commentato lo scorso capitolo, spero
di ricevere altri commenti … ah, ed un appunto: i prossimi due
capitoli, saranno più che altro delle spiegazioni sul periodo
Gaiden … e ci sarà qualche piccola spiegazione sulle
origini delle “mie ragazze”, e sui loro poteri.^^
A presto!
Will
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Capitolo 14 *** Ricordi di cinquecento anni fa … I ***
cap14
Tanto per cominciare … Non conosco molto bene i fatti di Saiyuki
Tenkai, quindi spero che mi perdonerete qualche nome o fatto
errato. Comunque per evitare caos, ho messo i fatti come se fosse un
fatto avvenuto nel periodo in cui Goku era un bambino e viveva nel
Tenkai, evitando ciò che può essere accaduto quando
Nataku è finito in letargo e Goku imprigionato e privo di
memoria. Spero sia tutto chiaro.
Ah, lo so, sono in ritardissimo: ma non volevo inviare nulla
finchè non avessi finito di scrivere il capitolo 18, a cui stavo
lavorando da troppo tempo, causa modifiche di trama in corso
d’opera. A quanto pare Caleb sta piacendo molto, quindi …
ho deciso di aggiungere qualcosa di lui.
Capitolo 14
-Ricordi di cinquecento anni fa …-
Prima parte
La sala era silenziosa, come sempre. Eppure Kanzeon Botatsu
sentì che qualcosa era cambiato. Una sensazione, nulla di
più. Eppure, quel silenzio opprimente, prima così ostile,
ora le appariva differente. In attesa. Sì, il palazzo, il trono
dorato: tutto era in un’attesa quasi fremente, come di un
inevitabile cambiamento. Solo i granelli di polvere continuavano a
cadere, come avevano fatto per cinquecento lunghi anni, ricoprendo ogni
cosa, arredamento, o persona in quella stanza. Le poche guardie che
facevano la ronda in quel luogo, non potevano non sentirsi addosso
quella coltre setosa e sporca, che li portava, ancora di più
dello sguardo gelido del principe addormentato, ad evitare la zona.
La stessa Kanzeon non era immune a quella sensazione. Ed anche se era
tutt’altro che una simpatizzante della pulizia, quello strato
grigio e vellutato le dava fastidio. Per quanto sottile e semplice da
togliere, la polvere continuava a posarsi, come l’apatia in quel
mondo. Kanzeon soffiò su un piatto, facendo volare via una
nuvoletta di polvere.
-Visto, Nataku? Basta poco. Pochissimo, per smuovere cose rimaste
immutate da tempo. Questa polvere era qui da molto, molto tempo. Eppure
mi è bastato un respiro, per farla volare via. Ma qualcuno deve
dare il via, fare per primo un soffio, perché il velo di polvere
voli via.- Gli occhi dorati del bambino rimasero immobili, come sempre.
Ma alla divinità poco importava. Con passo leggero, andò
a sedergli accanto.
-Ti ricordi, com’era cominciato tutto? Chi e quando aveva
soffiato via la polvere da questo mondo, da questa noia totale? Forse
sì … Ma io te lo racconterò lo stesso, dato che
non potrai zittirmi … O forse sarà la volta buona che ti
deciderai a parlare di nuovo.- Lo osservò per un lungo istante
negli occhi. Ma alcun cambiamento avvenne. Il volto di Nataku era
rimasto immobile, come una bellissima maschera di porcellana.
-Allora … Che il racconto abbia inizio … Tutto risale a circa cinquecento, lunghi, anni fa …-
-----
Goku sbadigliò, annoiato. Per poco alcuni petali di ciliegio non
gli finirono in bocca. Si stiracchiò, osservando le fronde
fiorite degli alberi. Lì, nel Tankai, fiorivano tutto
l’anno. Privilegi da divinità. Era già qualche ora
che ci si era coricato sotto, alla ricerca di un po’
d’ombra, troppo annoiato e depresso per trovare di meglio da fare.
Nataku non era di nuovo riuscito a scappare. E Konzen aveva troppo
lavoro, per giocare con lui. Per non parlare di Tempou e Kenren
… Il primo occupato a riordinare i suoi libri, battaglia persa
in partenza, ed il secondo costretto ad addestrare nuove reclute.
In parole povere: era completamente solo. Nessun altro abitante del
Tenkai, infatti, avrebbe mai voluto passare del tempo con lui. Con
l’Eretico.
Si gingillò con le sue catene, osservandone i riflessi di luce.
Anche se non erano il massimo della comodità, per lui non erano
troppo pesanti. Ritornò a guardare lo sprazzo di cielo visibile
tra i rami fioriti. Si chiese se non avesse fatto meglio a schiacciare
un pisolino, quando una serie di lamenti attirò la sua
attenzione. Senza neppure pensarci, il piccolo eretico scattò in
piedi e si diresse nella direzione della voce. Non dovette cercare a
lungo. La fonte dei lamenti era a poca distanza dal suo albero,
nascosta tra dei cespugli.
Una bambina, non molto più piccola di Goku, vestita con un
semplice kimono bianco e azzurro, se ne stava rannicchiata a
piangere. Il ragazzino non ricordava di averla mai vista, prima. E
questo era davvero strano, visto che possedeva, a dire di Konzen, una
sorta di sesto senso, per trovare possibili compagni di giochi.
-Perché piangi?- Domandò d’istinto, curioso ed allo
stesso tempo speranzoso che la piccola accettasse di giocare con lui.
La bambina si voltò, gli occhi chiari gonfi di lacrime. I
riccioli neri le ricadevano sulla fronte, nascondendo, anche se solo in
parte, il Chakra, testimone della sua natura divina. Un Chakra che
però, notò Goku, era ben diverso da quello di Konzen. Tre
puntini blu disposti a triangolo rovesciato, invece di uno singolo
rosso. Tra la braccia stringeva una bambola di pezza. Non rispose. Si
limitò a stringersi più forte alla sua bambola. Goku
ripeté la domanda.
-Perché piangi?-
-----
-Allora ti chiami Ayumi, giusto?-
-Sì, esatto!- La piccola aveva smesso di piangere subito dopo
l’arrivo di Goku, e senza pensarci troppo, avevano fatto
conoscenza.
-Perché piangevi?> Chiese di nuovo Goku.
-Ero sola, e mi sentivo tanto triste … Ma adesso ci sei tu, e
quindi non lo sono più!- Gli occhi color acquamarina della
piccola brillarono di felicità, mentre Goku arrossiva
leggermente. -E tu, come ti chiami?-
-Io sono Goku …-
-Goku … È un nome buffo!- Rise Ayumi. Goku si
imbronciò, ma la bambina gli porse la sua bambola. -Lei invece
è Pao Chan!- Il bambino, già dimentico dell’offesa
al suo nome, sorrise.
-Piacere di conoscerti, Pao Chan!- Nel giro di pochi istanti, i due
bambini iniziarono a giocare, ignorando lo scorrere del tempo.
Solo quando il cielo cominciò a tingersi dei colori del
tramonto, l’idillio dei due bambini venne interrotto da due voci,
egualmente seccate, una maschile ed una femminile, che li chiamavano
per nome. La prima voce ad avere corpo, fu quella femminile, cha
apparve davanti a Goku e Ayumi. Capelli biondo scuro sciolti, e occhi
azzurro ghiaccio, la giovane donna indossava un kimono piuttosto simile
a quello che aveva Ayumi, e lo stesso tipo di Chakra. Dallo sguardo
furioso che aveva, non sembrava di buon umore.
-Ayumi …- Più che un saluto a Goku parve un vero ringhio. Accanto a lui, Ayumi deglutì.
-Ciao, sorellona cara Akane …- La piccola si esibì in un
sorrisone slogamascella, nel tentativo di accattivarsi la nuova
arrivata. Con sorpresa di Goku, la cosa sembrò funzionare. Un
sorriso apparve sulle labbra della donna. Ma subito si rivelò
falso. Rapida, la mano della divinità prese Ayumi per un
orecchio, mentre cominciava la predica.
-“Sorellona cara” un corno! Hai la più vaga idea di
quanto ti ho cercata?! Eppure mi sembrava di averti detto di non
allontanarti MAI senza prima avvertire …- Continuò per un
po’, poi sembrò accorgersi della presenza di Goku, che
aveva tentato di fondersi con un cespuglio, con pochissimi risultati.
-E tu chi saresti?- La risposta non arrivò dal bambino. Da un
punto imprecisato, spuntò fuori in ventaglio di carta, che si
abbattè con forza sul capo del bambino.
-STUPIDA SCIMMIA!!! È UN’ORA CHE TI CERCO!!!- Konzen, vena
e nervi in subbuglio, era uscito, impaziente di scaricare il suo
nervoso sulla causa dei suoi attacchi isterici. Istintivamente, per
evitare altri sfoghi rabbiosi da parte della divinità, Goku si
andò a rifugiare dietro le gambe di Akane. -Donna, spostati.
Devo “insegnare” una cosa a quella peste …-
Minacciò Konzen. Goku si vide già sfracellato al suolo da
un altro colpo di ventaglio, ma stranamente, la nuova arrivata prese le
sue difese.
-Ma dico! Che vorreste fare a questo povero bambino?! E comunque, io da
qui mi sposto quando più mi aggrada! Non accetto ordini dal
primo arrivato …- I due si fissarono per un tempo indefinito.
Poi, alla fine, Konzen rimise via il ventaglio.
-Tsk! Lasciamo perdere.-
-Molto bene. Signor …?- Fece Akane.
-Konzen.- Ringhiò il biondo.
-Bene, signor Konzen.- Gli occhi azzurrini della giovane divinità lanciavano scintille.
-Bene.- Sibilò Konzen.
-Bene.- Ribattè Akane. I due finirono per fissarsi in cagnesco.
Almeno finché Ayumi tirò timidamente la manica di Akane.
-Sì?-
-Domani posso venire a giocare qui con Goku, sorellona?-
-Konzen, posso?- Chiese a sua volta il piccolo eretico, strattonando l’abito della divinità.
-Perfavooooore!!!- Supplicarono in contemporanea i due bambini. Con un sospiro simultaneo, i due adulti cedettero.
-Basta che non mi scocci …- Bofonchiò Konzen, staccandosi a forza Goku dai vestiti.
-E sia. Ma adesso andiamo. Domani avrete tutto il giorno per giocare,
va bene?- Concluse Akane, prendendo la bambina per mano e
allontanandosi. Goku salutò la sua nuova amica con la mano
finchè non sparì dalla sua vista.
-Allora, andiamo anche noi, sì, o no?- Sbuffò Konzen,
ancora insofferente, ma decisamente meno seccato di poco prima. Senza
scomporsi più di tanto, Goku gli trotterellò dietro
fischiettando. Senza farsi notare dal piccolo, Konzen lanciò
un’altra occhiata dietro di sé. Goku era troppo giovane
per saperlo. Ma la donna e la bambina che avevano appena conosciuto,
non erano comuni divinità. Quel Chakra, così particolare,
era il simbolo delle Veggenti, semi divinità che mettevano i
loro poteri divinatori al servizio dell’Imperatore Celeste. Ne
esistevano cinque, in tutto il Tenkai. E fino ad allora lui conosceva
solo Kaede, la veggente personale dell’Imperatore. Strinse gli
occhi violetti. Qualcosa non gli quadrava. Perché le altre
quattro Veggenti si trovavano lì? Era un fatto decisamente
atipico.
Sbuffò, lasciando perdere i propri quesiti. Assillato da un Goku
affamato che insisteva nel volere okonomiyaki per cena, sperò
solo di arrivare presto a casa.
-----
-Dunque … “Geroglifici e scrittura cuneiforme”
… Da questa parte …- In precario equilibrio su una
scaletta, Tempou cercava, inutilmente, di fare un po’
d’ordine tra i suoi volumi. Non appena appoggiò il libro
sulla pila che aveva davanti, l’intera torre cartacea cadde,
sommergendolo di pagine e polvere di ogni secolo. Miracolosamente
illeso, si tolse di dosso lo sporco, rassegnato. Mentre si sistemava
gli occhiali sul naso, qualcuno suonò alla porta. Incuriosita,
la divinità andò ad aprire. Kenren non poteva essere.
Aveva le chiavi, e non sarebbe tornato prima di sera. Goku neppure,
perché avrebbe contornato gli squilli con grida impazienti.
Konzen, a meno che non fosse stato trascinato da Goku, non si sarebbe
proprio presentato.
Fu molto sorpreso, quando si trovò davanti una giovane donna dai modi gentili.
-Buongiorno. È qui che abita il signor Tempou?- La voce della
ragazza era dolce e leggermente intimidita. Tempou sorrise, gentile
come il suo solito.
-Sono io. Cosa posso fare per lei?-
-Oh, ecco … Mi hanno detto che lei ha una libreria molto
fornita, e mi chiedevo se per caso fosse disposto a prestarmi alcuni
volumi che sto cercando …- Tempou evitò di precisare che
dire che la sua libreria era “fornita”, era un misero
eufemismo.
-Ma certo! Anzi, se mi dà i titoli, vedrò di trovarglieli subito, signorina …-
-Kaori, la ringrazio. Un momento, ho la lista proprio qui …-
Mentre la ragazza rovistava nella sua borsetta, Tempou si diede il
tempo di osservarla meglio. I capelli raccolti sulla nuca alla
orientale, dello stesso colore degli occhi, castano scuro, con
straordinari riflessi ambrati, lasciavano scoperti, sulla fronte, tre
Chakra blu a triangolo rovesciato. Indossava un kimono azzurro e
bianco, semplice ma di ottimo taglio. I colori delle semi
divinità veggenti. Aveva capito da subito che era una di loro.
Ma non ricordava di averla mai vista in giro. Anche se, si doveva dire,
che lui era quasi come un’eremita …
Rimase affascinato dai tratti del viso. Gentili, impossibile
immaginarli in un’espressione arrabbiata. -Ecco, tenga!- Tempou
si riscosse dalla sua osservazione appena in tempo per prendere la
lista.
-Farò in un momento … Prego.- Fece, invitandola ad
entrare. -So che non è il massimo dell’ordine, ma …-
-UAO!!!- Gli occhi della ragazza brillarono, alla vista dei mucchi di
libri che sembravano strabordare dall’abitazione. -Che meraviglia
… Non avevo mai visto una biblioteca così ben fornita in
tutta la mia vita …-
-Ehm … Veramente questo è solo l’ingresso …-
Precisò Tempou, con una gocciolina sul capo. Per un lungo,
allibito istante, Kaori rimase in silenzio.
-Ah … Bhe, è comunque la biblioteca più fornita
che io abbia mai visto!- Si riprese all’istante la
divinità, entrando con un sorriso sulle labbra.
-Per il coraggio appena dimostrato, signorina, non posso non offrirle
almeno una tazza di tè!- Rise Tempou. La visita si protrasse
molto più a lungo del previsto, ed era ormai il tramonto, quando
Kaori lasciò l’abitazione di Tempou, carica di libri.
-La ringrazio ancora …- S’inchinò la ragazza. Tempou sorrise, scuotendo la testa.
-Al contrario! Sono io che devo ringraziare … È stato un
vero piacere parlare con lei. E sarei altrettanto felice di poterla
invitare anche domani per una tazza di tè …-
-Molto volentieri!- Rispose felice Kaori prima di allontanarsi.
-----
Kenren si stiracchiò, facendo scricchiolare un paio di ossa.
Aveva menato di spada per tutto il santo giorno, e non vedeva
l’ora di affogare la stanchezza fisica in una bottiglia di
sakè. Sulla via di casa, ripensando alla giornata appena
trascorsa, non potè fare a meno di sorridere. Per una volta,
durante una sessione di addestramento, aveva avuto una piacevole
sorpresa.
“Era davanti alla fila di nuovi soldati. Reclute appena arrivate,
alcune spavalde e troppo sicure di sé, altre eccessivamente
intimorite. Le aveva studiate sbrigativamente, poi aveva deciso di
metterle alla prova.
-Uno alla volta, voglio vedere come ve la cavate con la spada. Avanti.
Comincia tu.- Chiamò il primo della fila, un tipo estremamente
agitato. In poche stoccate finì disarmato. Kenren era
consapevole che nessuna recluta avrebbe mai potuto batterlo, ma
confrontandosi con ognuno di loro, avrebbe potuto decidere chi aveva un
minimo di stoffa, e chi era meglio che si dedicasse ad altre
attività.
-Avanti un altro.- Aveva ormai selezionato la metà delle
reclute, quando gli capitò davanti una particolare. Una figura
esile, sottile. Un ragazzino, immaginò. Il volto coperto da un
passamontagna azzurro, e gli abiti bianchi. Ben diversi dalle divise
delle reclute. Una lunga treccia ramata gli scendeva fino alla vita.
-Tu non sei una recluta. Chi sei?- Chiese, fissando negli occhi fissi
su quelli del giovane dal volto coperto. Le pagliuzze verdi
incastonante nelle iridi castane brillarono.
-No, signore. Sono solo qualcuno che vuole misurarsi con buon
spadaccino, signore.- La voce restava alterata dalla stoffa, ma
appariva giovane, come dava ad intendere il resto della sua figura.
-Nome?- Chiese Kenren. Un momento di silenzio. Poi la risposta.
-Sora, signore.-
-E per quale motivo, Sora, vorresti misurarti con il sottoscritto?-
-Se vuoi imparare a giocare a scacchi, devi giocare con un esperto.
È inutile confrontarsi con un principiante. Non ne trarresti
alcun vantaggio. Lo stesso è con la spada. Battersi con dei
principianti è inutile. È solo combattendo coi migliori,
che si può migliorare.- Kenren sorrise, soddisfatto ed
orgoglioso della risposta. Dunque il nuovo arrivato lo considerava uno
dei migliori. Bene bene …
-D’accordo. Allora vediamo di cosa sei capace.- E capace il nuovo
arrivato lo era davvero: agile e attento ai movimenti
dell’avversario, con una tecnica che, sì, aveva qualche
pecca, ma, in fondo, era ottima. Kenren si stava divertendo un mondo.
Dopo tutte quelle reclute che sapevano sì e no tenere in mano
una spada, un avversario abile era una manna dal cielo.
Il duello durò quasi quanto il tempo che ci aveva impiegato a
selezionare la metà delle reclute, ma alla fine il generale
decise di mettere fine al combattimento. Con un movimento rapido,
tagliò il passamontagna, attento a non danneggiare il portatore.
-Peccato. Fine dei giochi …- Ridacchiò Kenren. Ma quando
la stoffa azzurra cadde a terra, per poco non gli venne un infarto.
-Eh, già. È proprio un vero peccato …- Rise la
voce, decisamente femminile, di Sora, ora non più distorta dal
panno. Kenren aveva occhi ovunque, tranne nelle orbite. Davanti agli
occhi aveva una bellissima donna, dai lunghi capelli rossi raccolti in
una treccia sottile, e occhi castani screziati di verde. Sulla fronte
scoperta, sfavillavano tre Chakra blu disposti a triangolo rovesciato.
Si vergognò profondamente di sé stesso. Anche se in parte
nascoste dagli abiti leggermente infagottati, le curve tutte femminili
della giovane erano visibili. Stava decisamente perdendo colpi.
Cercando di ricomporsi in qualche modo, fece l’unica cosa che
sapeva fare davanti al gentil sesso: fargli la corte.
-Allora … Sei brava, davvero. Che ne diresti di discutere della
tua abilità con la spada a cena, Sora?- Chiese sfoderando il suo
miglior sorriso da seduttore. Ma l’unica risposta che ebbe fu una
linguaccia.
-Spiacente! Ma non esco mai con chi mi distrugge i vestiti …-
Sibilò la ragazza, mostrando il passamontagna affettato. A
Kenren parve che un masso di qualche tonnellata gli fosse caduto in
testa. Sora si voltò per andarsene, ma prima rivolse un sorriso
malizioso al generale.
-Ah, comunque voglio la rivincita. Domani, vieni a palazzo, e chiedi di
Sorame …- E detto ciò, sparì, lasciando Kenren
beffato, ma stranamente felice.”
La divinità guerriera aveva ancora un sorriso ebete sulla
faccia, quando vide Tempou salutare alla porta una ragazza. Quasi perse
i bulbi oculari per strada: una donna in casa loro?! E per di
più con Tempou?!? Lasciò che la ragazza si fosse
allontanata, per schizzare dall’amico, che si era appena accorto
della sua presenza.
-Heilà!- Lo salutò il moro, ignorando la faccia allibita
di Kenren. -Hai fatto tardi, oggi …- Il generale ci mise qualche
minuto, per riprendere la parola.
-Ma … Ma che … Qui c’era una donna!- Tempou lo fissò incuriosito.
-Bhe … Sì …-
-UNA DONNA VERA!!! A CASA NOSTRA!!!-
-Esatto. Si chiama Kaori …-
-E SAI ANCHE COME SI CHIAMA?!?- Kenren appariva sempre più
allibito, mentre Tempou cominciava a preoccuparsi per l’amico.
Anche se era una divinità, non era possibile che qualcuno
potesse far sporgere così tanto gli occhi dalle orbite.
-Mi pare logico … Abbiamo chiacchierato per tutto il pomeriggio
… E potresti allontanarti un pochino? Mi stai sputacchiando
addosso …- Kenren non diede risposta, ma si limitò ad
entrare in casa, borbottando qualcosa sulla fine del mondo.
-----
Kanzeon fece una pausa, accarezzando il volto impassibile del principe
guerriero. Un sorriso quasi materno fece capolino sulle sue labbra,
come se per un momento si fosse ricordata il suo ruolo di dea della
misericordia.
-Ricordi quando Goku ti presentò Ayumi? La piccola, dolce Ayumi.
Siete diventati amici subito. Sempre insieme, tutti e tre. E le urla di
Konzen e Akane … Sempre a farli disperare … Eravate uno
spruzzo di vita, l’unico, in questo mondo così piatto e
monotono …-
-----
-Avanti, Goku! Dove mi stai portando?- Nataku seguiva accigliato
l’amico, che non sembrava intenzionato a smettere di camminare.
-È quasi un’ora che camminiamo tra questi alberi …
Sono stufo!-
-Dai, siamo quasi arrivati … Eccoci!- Goku si arrestò
proprio nel punto in cui aveva incontrato Ayumi un paio di giorni
prima. Nataku si guardò intorno.
-Bhe? Cosa c’è? Non vedo nulla …- Nataku non fece
in tempo a finire di parlare, che un tornado in kimono azzurro e bianco
si fiondò sull’amico.
-GOKU!!! Sei in ritardo! Io e Pao Chan cominciavamo a pensare che non
venivi …- Il piccolo eretico bloccò la nuova arrivata,
prendendo nataku per le spalle e facendolo stare davanti a sé,
come se stesse mostrando un lenzuolo o qualcosa di simile.
-Guarda! Ti presento il mio amico: Ayumi, lui è Nataku! Nataku,
lei è Ayumi!- La bimba si inchinò davanti al principe,
per poi regalargli un enorme sorriso.
-Ciao, Nataku.- Lievemente stordito per l’improvvisa apparizione
della bambina, il giovane eretico rimase basito per qualche istante,
rispondendo al saluto a monosillabi.
-C … Ciao.- Goku ingoiò a vuoto. Non sapeva
perché, ma riusciva a sentire una sorta di tensione tra i suoi
due amici. Cominciò a chiedersi se non avesse avuto una brutta
idea, presentando Ayumi a Nataku … Improvvisamente, Ayumi porse
la sua bambola a Nataku.
-Lei è Pao Chan! Ti va di giocare con noi?-
-Io … Veramente non ho pupazzi …- Rispose timidamente il bambino.
-Non importa! Vuol dire che giochiamo tutti insieme, e Pao Chan la
usiamo a turno!- Rise Ayumi. Goku sentì la tensione
volatilizzarsi in un secondo, e l’enorme sorriso di Nataku ne era
la prova.
-Allora giochiamo!- Come se si fossero conosciuti da una vita, e non da
meno di dieci minuti, i tre bambini cominciarono a scorazzare tra gli
alberi, forti di una vivacità sconosciuta ormai agli adulti.
-----
Nascosta dietro un albero poco distante, Akane controllava la
situazione, non vista. Un sorriso le distese i muscoli del viso, fino
ad allora contratti in una smorfia preoccupata.
-Non c’era bisogno di stare a controllarli.- Fece Konzen, un paio
di alberi più in là, sigaretta in bocca e aria da
menefreghista. -Sono mocciosi, hanno più vite dei gatti.-
-Ed allora perché sei qui da circa due pacchetti di sigarette?-
Sibilò la semidivinità, indicando la pila di mozziconi ai
piedi dell’uomo. Per tutta risposta gli arrivarono un paio di
grugniti scocciati. Ridacchiando tra sé, Akane riportò
l’attenzione sui tre bambini, che cominciarono ad allontanarsi.
-Meglio seguirli.- Fece Konzen, buttando via l’ennesima sigaretta esaurita. Akane lo fissò stupita.
-Ma non hai appena detto che hanno più vite di un gatto, e non è necessario controllarli?-
-Quando si tratta di un moccioso per volta. O di due. Ma quelli sono
tre. Hai la più pallida idea di cosa possono combinare,
insieme?- Senza neppure dargli una riposta, Akane lo precedette,
avanzando nella boscaglia.
-Li ho visti andare per di qua. Andiamo!-
-----
-Voglio la rivincita!- Esplose Kenren, furioso. -Quella mossa non è valida!-
-Ah si? E chi lo dice?- Sorrise maliziosa Sorame, aggiustandosi il
kimono. La spada di Kenren ad un paio di metri dal suo proprietario,
mentre quella di Sorame era ben salda nella sua mano.
-Non è valido slacciarsi il kimono nel bel mezzo del combattimento!-
-Non me lo sono slacciato di proposito, capita con quelli da
combattimento … E poi la colpa è tua. Un guerriero non
deve mai distrarsi, no? E poi sotto ero vestita …-
Ridacchiò la ragazza, mostrando il top azzurro, invisibile sotto
un kimono perfettamente legato.
-Sì, ma me lo hai fatto vedere solo dopo che ho cercato di sbirciarti in ogni modo!- Ringhiò Kenren.
-E secondo te io vado a combattere in kimono senza essere vestita
sotto? Con TE come avversario?- La risata di Sorame si espanse per
l’arena dedita ai combattimenti, completamente vuota, se non per
loro due. Kenren rimase fumante per qualche secondo. La ragazza aveva
ragione, ma … Non lo avrebbe mai ammesso. Piuttosto la morte!
-Va bene, ma … Voglio lo stesso la rivincita!- Sorame fece una linguaccia.
-Domani. Ora voglio festeggiare con un buon sakè … Che mi offrirai tu!-
-Io? E chi l’ha deciso questo?-
-Chi perde paga … È la regola, no?- Kenren si
passò una mano tra i capelli corti. Il giorno prima aveva
tentato in ogni modo di convincerla ad andare a bere qualcosa insieme
… ma doveva ammettere che la cosa ora non gli dispiaceva
affatto! Le regole vanno rispettate, no?
-----
Tempou osservò compiaciuto la libreria. Era la prima volta da
secoli che ne vedeva gli intagli in legno, nascosti dalle pile di libri
accumulati nel tempo.
-Sa Kaori, se non fosse che lei è una dea, direi che tutto
ciò ha del divino …- Le ragazza sorrise, posando alcuni
volumi.
-Oh, non ho fatto poi molto. Semplicemente, qui mancava un …
Come dire, un tocco femminile. Tutto qui!- Tempou ritornò ad
ammirare la libreria. Avrebbero dovuto venderlo a bottiglie, quel
“tocco femminile”, per la gioia di tutti gli uomini single.
Si voltò verso Kaori, intenta a sistemare alcune pergamene,
finite, non si sa come, in mezzo ad un volume a sé stante.
-Vado a preparare del tè. Ha voglia di farmi un po’ di compagnia?-
-Ben volentieri …- Sorrise la semi divinità, abbandonando il suo lavoro di catalizzazione.
-----
Il sorriso di Kanzeon divenne improvvisamente malinconico, mentre
interrompeva il racconto. Come se ricordare fosse diventato
improvvisamente doloroso.
-Poi, però, è accaduto quello che è accaduto …-
-Fine capitolo 14-
Il capitolo mi veniva chilometrico, e dato che non ho avuto molto tempo
e devo ancora concluderlo, vi mando questa prima parte, spero di
riuscire a mandarvi il sequel al più presto. Ringrazio chi mi
commenterà, ciao ciao
Will
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Capitolo 15 *** Ricordi di cinquecento anni fa ...II ***
cap15
Accidenti … ho appena finito di leggere il volume 8 di Saiyuki
Reload … gente, con quest’autrice i fazzolettini di carta
non bastano mai … lacrime lacrime lacrime! Povero Goku! Cucciolo!
Vabbè … non che il capitolo che vi sto per presentare non
lo sia …lo so già, mi beccherò qualche minaccia!
Ma mi serviva triste! Quindi abbiate pietà!
Non so se l’ultima volta era stato chiaro, così lo scrivo adesso:
Ayumi=Gaia
Akane=Lara
Kaori=Martha
Sorame=Nika
Capitolo 15
-Ricordi di cinquecento anni fa …-
Seconda parte.
Kanzeon era ancora accanto a Nataku, gli occhi violetti velati dalla tristezza.
-A volte i ricordi possono fare male, Principe. Ma tu lo sai anche
troppo bene. Tu ne sei la prova vivente. Eppure anche i ricordi
più dolorosi, nascondono momenti felici. I giorni che passaste
tu e Goku con la piccola Ayumi, per esempio … O Konzen con Akane
… Kenren e Sorame … Tempou e Kaori. Forse, fu già
allora che il tuo cuore venne ferito. Ma finché si è in
due, a portare il dolore, si può andare avanti. Quando si
è da soli, invece … Tutto diventa più terribile
…-
-----
Goku correva per il boschetto di alberi di ciliegio, i petali rosati
gli piovevano addosso come una nevicata odorosa. Era in ritardo, e
sicuramente Ayumi lo stava già aspettando con Pao Chan.
-Hey, Goku!- Nataku spuntò da una via laterale. Goku sorrise.
-Allora sei riuscito a scappare!-
-Non è stato per niente facile …- Fece Nataku, continuando a correre accanto all’amico.
-Andiamo, oppure Ayumi ci costringerà di nuovo a giocare alle
casalinghe!- I due proseguirono, mentre le loro risate si perdevano tra
i rami fioriti.
-----
-Ma dov’è? Ayumi, dove sei?- Goku chiamò più
volte l’amica. Nataku controllò ogni millimetro della
radura. Poi scosse la testa, rassegnato.
-È inutile, Goku. Non c’è. Non è venuta.- La
delusione era ben udibile nella voce del principe della guerra. Ma Goku
era testardo. Non poteva accettare che Ayumi fosse mancata al loro
quotidiano appuntamento.
-No, sono sicuro che verrà!- Un lieve movimento provenne da un
cespuglio lì vicino li fece voltare entrambi di scatto. Un
rimestare di foglie, e spuntò fuori Ayumi, con la sua Pao Chan
in braccio. Ma bastò uno sguardo per capire che non era la
solita Ayumi. Era pallida, e due grosse occhiaie contornavano gli occhi
acquamarina, che non erano neanche lontanamente luminosi come al solito.
-Scusatemi … Sono … In ritardo …- Mormorò
debolmente, per poi svenire proprio ai piedi dei suoi due amici.
-----
Quando Ayumi si svegliò, due paia di occhi dorati la fissavano preoccupati.
-Come va? Stai meglio?-
-Cosa …?- Riuscì solo a mormorare, mentre Goku rispondeva alla domanda pronunciata solo a metà.
-Sei svenuta! Hai chiesto scusa per il ritardo, e sei caduta! Non ti
svegliavi più … Ci siamo preoccupati …- Goku e
Nataku cominciarono a parlare a raffica, e Ayumi non ebbe quasi il
tempo di rispondere, perché Konzen e Kenren li avevano presi per
la collottola. Come con dei gattini troppo molesti.
-Siete in presenza di una convalescente. Quindi o vi date una regolata,
o vi sbattiamo fuori!- Ringhiò la divinità bionda. Mentre
i bambini protestavano, Akane, appena entrata nella camera, si
avvicinò al letto in cui era stata adagiata Ayumi. La bimba si
rese subito conte dell’espressione preoccupata sul volto stanco
della sorella. Poco dopo entrarono anche Sorame e Kaori, entrambe
agitatissime, seguite poco dopo da Kaede, la semi divinità
Veggente alla corte dell’Imperatore. Konzen la fissò a
lungo. Indossava abiti molto simili a quelli delle altre
semidivinità, un kimono bianco e azzurro. L’aveva vista
spesso, durante le manifestazioni ufficiali. Capelli scuri, raccolti in
un’elaborata acconciatura, e occhi violetti. Eppure appariva del
tutto diversa dalle altre. Forse era la sua espressione. Preoccupata,
sì. Ma non stanca, come quella della altre.
-Ayumi! Come stai, sorellina?- Chiese la rossa, accarezzando i capelli
neri della piccola. Kaori le poggiò una mano sulla fronte.
-Meno male che non hai la febbre …-
-Ci hai fatto prendere un bello spavento, sai?- Fece Akane, sorridendo
rassicurante. La voce sfumata in una tonalità carica di
dolcezza, che raramente mostrava. Ayumi abbassò lo sguardo,
colpevole.
-Lo sapevo che non dovevo andare. Me lo avevi detto, che non stavo
bene. Ma non avevo avvertito Goku e Nataku, così … Sono
andata lo stesso.- Alzò di sottecchi lo sguardo. -Sei
arrabbiata?- Akane scosse la testa. Un sorriso indecifrabile le lambiva
le labbra, amaro e materno al tempo stesso.
-No, non lo sono. Ma vorrei che la prossima volta mi obbedissi.- Tempou
entrò nella stanza con un vassoio stracolmo di ogni genere di
cibarie. Kenren e Konzen liberarono i due bambini, che schizzarono
verso il moro.
-Ecco qui. Ho pensato che potessi avere fame. Mangia quello che
più preferisci.- Sorrise gentile Tempou porgendo il vassoio ad
Ayumi, mentre cercava di tenerlo fuori della portata delle due piccole
voragini viventi che rispondevano ai nomi di Goku e Nataku.
Akane lasciò la sorellina a mangiare, mentre Goku e Nataku
rivendicavano a gran voce la loro parte. Uscì silenziosamente,
senza dare nell’occhio. Tranne ad una persona.
Konzen la seguì fuori dalla casa. Era buio, e nessuna luce
illuminava il giardino, se non le stelle e le luci all’interno
della casa di Konzen. Akane si fermò vicino ad un albero.
-Brutti pensieri?- Chiese Konzen, facendo voltare di scatto la semidivinità.
-Nulla che ti possa interessare …- I due rimasero in silenzio
per un tempo indefinito, ma che bastò a Konzen per fumarsi, in
tutta calma, una sigaretta.
-La bambina … Non è la sola malata, vero?- Akane
spalancò gli occhi, fissando la divinità. Konzen
buttò il mozzicone. aveva fatto centro. Akane abbassò lo
sguardo, combattuta.
-Cosa sai, esattamente?-
-Non più di quello che vedo.- Si limitò a dire il biondo,
prendendo un’altra sigaretta. -E vedo che non è solo la
bambina a non stare bene. Tutte e quattro avete un aspetto stravolto.
Kaori lo nasconde bene col trucco, e Sorame con gli allenamenti di
scherma. Ma tu e la mocciosa … Bhe, ve lo si legge in faccia.-
Akane sospirò. Konzen continuò ad osservarla. Attraverso
le loro schermaglie verbali, avevano creato una sorta di rapporto
confidenziale, se così lo si poteva chiamare.
Un’affinità. Che obbligava uno a sapere quello che
accadeva all’altro.
-Io … Non so se posso parlartene …- Mormorò Akane.
Konzen rimase sorpreso. Akane aveva esitato. E, da quando la conosceva,
la bionda non aveva mai esitato. Neppure una volta. Stava per
aggiungere qualcos’altro, me un brivido le attraversò il
corpo, e le forze le vennero a mancare. Sarebbe finita a terra, se
Konzen non avesse coperto in un istante la distanza che li separava e
l’avesse sorretta. Il biondino quasi tremò, quanto
sentì quanto fosse esile il corpo di Akane tra le sue braccia.
-Sicura di non potermelo dire?- Chiese ancora Konzen, non appena Akane
riuscì a rimettersi di nuovo in piedi. Gli occhi azzurri di lei
lo fissarono, duri e decisi. Konzen quasi sorrise, interiormente
sollevato di rivedere la solita luce fiera e combattiva negli occhi di
lei.
-Sicura.- Un momento di silenzio.
-C’entrano i vostri poteri?- Akane annuì. Un altro momento
di silenzio. Poi un piccolo sorrisetto fece capolino sulle labbra della
ragazza.
-Sai? Sembra quasi che tu ti stia preoccupando per noi … Sappi
che se è così, non ti potrò dire nulla.-
-Tsk. Preoccuparmi per voi? Ma neanche a pensarci! Non sono affari
miei.- Fece l’uomo. Una venuzza si disegnò sulla tempia di
Akane, che aveva improvvisamente assunto un’espressione troppo
simile a quella di Konzen.
-Ed allora cosa me lo chiedi a fare! Sottospecie di burocrate ammuffito!- Ringhiò, tirando un orecchio al biondino.
-AHIA!!! “Burocrate ammuffito” a chi?!- Esplose lui, tenendosi l’orecchio leso.
-A te, isterico!-
-Pazza furiosa!-
-Schizofrenico!- Gli insulti andarono avanti per parecchi minuti,
finché entrambi non smisero di parlare. Il silenzio calò
nuovamente sui due. La brezza del vento filtrava tra le foglie, come
una musica. Unico rumore udibile in quel punto del giardino.
-Perché se fossi preoccupato non mi diresti nulla?- Chiese
Konzen. Akane rimase in silenzio, ma quando fece per andarsene, si
voltò di nuovo a fissare Konzen negli occhi.
-Perché cercheresti di fermarci. E ti metteresti contro
l’Imperatore. E se tu lo facessi, ti ucciderebbe. E anche gli
altri.-
-Lo hai visto nelle tue visioni?- Volle sapere il biondo. Sapeva bene dei poteri di Akane.
-Quello che io vedo può sempre essere cambiato. È il mio
potere. Vedo la parte labile del futuro. So che se tu e gli altri
cercaste di fare qualcosa, vi vedrei morire. Quindi, non posso lasciare
che lo facciate.- Con un movimento inaspettato, Konzen afferrò
Akane per un braccio, costringendola a guardarlo in volto.
-Se quello che vedi può essere cambiato, allora si può anche cambiare in un altro modo.- Akane scosse la testa.
-Non stavolta. Non possiamo sempre cambiare il futuro come piace a noi.-
-Forse no. Ma posso giurarti, che nessuna visione potrà mai
decidere il mio destino. O quello di chicchessia abbia a che fare con
me.- Akane sorrise tristemente, e passò una mano sulla guancia
di Konzen. Un contatto semplice, eppure intimo allo stesso tempo.
L’uomo ne rimase sorpreso, quel tanto da permettere ad Akane di
liberarsi della sua presa.
-Se tu avessi detto questa cosa in modo più cavalleresco,
saresti stato davvero romantico. Ma ora ti devo lasciare. Forse
… Forse sarà l‘ultima volta che ci vediamo.- E si
voltò, mentre Konzen sembrava aver perso momentaneamente
l’udito e la capacità di muoversi. Mentre se ne andava, la
donna si volse ancora una volta verso di lui. -Sappi solo che stiamo
eseguendo gli ordini dell’Imperatore. La nostra vita è
nelle sue mani. E non credo gliene importi molto di salvarla.- Il
biondo parve finalmente riprendersi dal suo stato di semi incoscienza.
-Noi ci rivedremo ancora. E questa è la MIA predizione.- La
ragazza sorrise nell’oscurità, ma non accennò a
rallentare il passo. Konzen rimase immobile, mentre la figura ammantata
di Akane scompariva nell’oscurità. Sulla sua guancia, il
calore di quella carezza non accennava a sparire.
-----
Tutti erano andati a dormire. Solo Goku era rimasto a vegliare Ayumi.
Nessuno era riuscito a schiodarlo dal letto dell’amica. Anche
Nataku sarebbe voluto restare, ma una missione lo aveva costretto ad
allontanarsi per almeno un giorno.
I suoi occhi dorati passarono sul volto della bambina, profondamente
addormentata. Lui ne era sicuro. Ayumi era malata. Anche se tutti si
rifiutavano di confermarglielo. A volte gli adulti sottovalutavano i
bambini. Erano già alcuni giorni, che la sua amica non stava
bene. Ogni volta che veniva a giocare con lui e Nataku era sempre
più stanca. Ed anche le sue sorelle.
Un brivido attraversò la schiena del piccolo eretico. A tanto
arrivava la sua preoccupazione per l’amichetta. Si chiese se quel
malessere non fosse collegato agli impegni che Ayumi e le altre
semidivinità avevano a palazzo. Più volte Akane era
venuta a prenderla nel bel mezzo dei giochi, e Goku l’aveva
sempre vista piangere ogni volta che doveva andare. Ma a nulla erano
valse le domande sue e di Nataku. La destinazione di Ayumi era rimasta
top secret.
-Goku?- Ayumi si era svegliata. La sua mano, timidamente, cercava quella dell’amico.
-Sì, sono qui.- Rispose il bambino.
-Ho sete …- In pochi istanti, Goku porse ad Ayumi un bicchiere colmo di liquido arancione.
-Tieni. Tempou e Kaori immaginavano che ti sarebbe venuta sete,
così hanno lasciato un’intera brocca di spremuta
d‘arancia.-
-Grazie …- Ayumi non fece in tempo a prendere in mano il
bicchiere, che il suo potere si attivò. Goku vide solo la
superficie della spremuta vorticare, ma la piccola semidivinità
vide molto di più. Lasciò cadere il bicchiere con un
grido. Goku, con una prontezza di riflessi invidiabile, riuscì a
prendere al volo il bicchiere, versando solo un po’ di succo.
Ayumi si era rannicchiata sul letto, tremante.
-Ayumi, cos’hai?-
-Ho paura.-
-Di cosa?-
-Di una cosa che ho visto.-
-E che cosa hai visto?- Ayumi ingoiò a vuoto, mentre le lacrime cominciavano a farsi spazio tra le lunghe ciglia.
-Noi … Noi moriremo tutte! Io, Akane, Kaori, Sorame …
tutte!- Goku rimase immobile per alcuni istanti, troppo scioccato dalla
rivelazione.
-Non … Non è possibile …-
-ED INVECE LO È!!! LO È ECCOME!!!- Urlò Ayumi, il
piccolo cuore come schiacciato da una mano maligna. -TUTTO QUELLO CHE
“VEDO”, SUCCEDE SEMPRE!!! SEMPRE!!!- Con il corpo scosso da
singhiozzi, la piccola Veggente si accasciò sul letto. Prendendo
il coraggio a due mani, Goku le si avvicinò, titubante. Non
sapeva ancora se credere o no a quanto Ayumi gli aveva detto. Ma questo
non lo avrebbe fermato dal consolarla. L’abbracciò, e
rimase a consolarla fino a quando non si addormentarono.
-----
Il sole filtrava attraverso i vetri della finestra, e gli uccelli
cantavano ormai da tempo, quando Goku si svegliò. Si
stiracchiò come un gatto, arrotolandosi nei lenzuoli candidi.
Ancora parzialmente incastrato nel mondo dei sogni, il piccolo eretico
si chiese cosa ci facesse in quella camera, decisamente non sua.
Fulmineo, il ricordo della sera prima arrivò, svegliandolo del
tutto. Balzò seduto sul letto, e vide che, a parte lui, era
vuoto.
-AYUMI!!!- Chiamò forte l’amica, ma non giunse alcuna
risposta. Rapido, saltò giù dal letto, e corse fuori
dalla stanza, continuando a chiamarla. Finchè non andò a
sbattere contro Tempou.
-AHIA!!!-
-Goku? Tutto a posto?- Chiese la divinità, aiutando il piccolo a rialzarsi.
-Ayumi! Tempou, Ayumi Chan è scomparsa! Non la trovo da nessuna
parte!!!- Gli occhi verdi dell’uomo si spalancarono per la
sorpresa. Ma subito un’espressione preoccupata ne prese il posto.
Proprio allora arrivò Kenren, ansimante come se avesse appena
fatto una corsa mostruosa. E dal sudore che gli colava dalla fronte,
forse era proprio così.
-Niente! Sorame non è all’arena, e all’armeria non
l’hanno vista!- L’espressione preoccupata di Tempou si fece
più profonda.
-Anche lei …-
-Anche lei? Che vuol dire “anche lei“? Insomma, volete
spiegarmi?!- Esplose Goku, esasperato. Tempou si voltò verso di
lui, sospirando.
-Non è sparita solo Ayumi, Goku! Anche Kaori e Sorame si sono volatilizzate!-
-E … e Akane?- Chiese il bambino con un filo di voce. Nella testa continuavano a rimbombargli le parole di Ayumi.
“Noi moriremo tutte!”
-Konzen e Kaede sono andati a cercarla.- Spiegò Tempou.
-È stata lei ad avvertirci che le altre Veggenti erano sparite.-
Con un tempismo incredibile, Konzen e Kaede fecero il loro ingresso,
trafelati come non mai.
-Trovato nulla?- Chiese Kenren. Il biondo scosse la testa.
-Niente. Sono sparite.-
-Dove … dove possono essere?- Mormorò Kaede, rivolta
più a sé stessa che agli altri.
-Rito? Che rito?!- Chiese Konzen, piantandosi davanti alla
semidivinità. Questa non potè resistere a lungo sotto il
suo sguardo di ghiaccio.
-Il rito di confinamento. Eon, secondo gli ordini
dell’imperatore, deve essere rinchiuso.- I tre uomini
spalancarono gli occhi per lo stupore. Goku li fissava ad uno ad uno,
senza capire.
-Chi è Eon?- Konzen lo ignorò.
-E dimmi, sai dove si terrà questo rito? Parla!- Kaede rimase titubante per qualche secondo, prima di rispondere.
-Al … al palazzo dell’Imperatore.-
-----
Con un cigolio mostruoso, il grande portale si aprì. Konzen,
Tempou, Kenren e Goku, seguiti da kaede, entrarono, ignorando i brusii
della corte imperiale.
Seduto sul suo trono dorato, l’Imperatore Celeste passò lo
sguardo sui nuovi venuti. Sapeva che sarebbero arrivati. Le sue
Veggenti lo avevano avvertito.
Konzen avanzò verso il sovrano, ignorando le guardie che gli
intimavano d’inginocchiarsi. L’Imperatore fece segno ai
suoi uomini di lasciarlo fare. Comprendeva i suoi sentimenti. Ed ancora
di più ne comprendeva la ragione.
-Vecchio.- Esordì Konzen. Un brusio indignato si propagò
per la corte. -Tu sai perché sono qui, vero?- L’Imperatore
annuì appena.
-Sapevo che saresti venuto, ben prima che tu imboccassi la via per
arrivare sin qui.- Ribattè. Gli occhi violetti di Konzen
scintillarono.
-Allora è inutile spiegare. Dimmi dove sono.- L’imperatore indicò una porta alla sua destra.
-Lì. Nella stanza del Tempo e del Sigillo. Ma questo non ti
servirà a nulla. Il rito è già cominciato. E nulla
e nessuno può interromperlo, ormai.- Tempou, Goku e Kenren si
fiondarono dalla massiccia porta dorata, nel tentativo di forzarla.
Nessuna guardia si mosse per fermarli. L’Imperatore sorrise,
crudele. -I vostri sforzi sono inutili. La porta si riaprirà
solo a rito concluso.- Kaede irruppe, sconvolta.
-Il rito non può iniziare! Le Veggenti non sono tutte riunite!-
-Mia cara …- Fece l’Imperatore. -Il rito è iniziato.-
-Ma per il rito occorrono cinque Veggenti!!! Là dentro ve ne
sono soltanto quattro! Il loro potere non sarà sufficiente
…-
-Il rito andrà a buon fine.- La interruppe il dio, mentre con un
cenno invitava la corte ad andarsene, guardie comprese. Kaede riprese a
parlare non appena nella stanza non rimasero altri che Goku, Konzen,
Tempou e Kenren, oltre all’imperatore.
-Cosa le dà tanta sicurezza? In tutte le prove fatte fino ad
oggi, abbiamo visto che il solo potere di quattro Veggenti non
può creare un sigillo di tale entità! Sarebbe troppo
rischioso, non sopravvivrebbero! Non è …-
-E rinunciare ai poteri divinatori di tutte le mie Veggenti? No, mai!- Esplose l’Imperatore.
-Un piccolo prezzo da pagare … Per creare il sigillo occorre
sacrificare i nostri poteri …- Mormorò la semi
Divinità, intimidita.
-Ho trovato un modo migliore.- Disse il dio. -Non piacevole, ma meno dannoso.-
-E quale sarebbe, maledetto vecchiaccio?!- Ringhiò Konzen, gli
occhi sprigionanti fulmini di odio. Kaede cominciò a tremare.
Aveva compreso.
-Voi … Non potete averlo fatto … No …-
-Che cos’ha fatto? A che diavolo ti stai riferendo!!!- Esplose il
biondo. Kaede cadde in ginocchio, mentre le lacrime gli riempivano gli
occhi.
-Ha … Compensato la mancanza di potere della quinta Veggente
… Con la vita della altre quattro. Le ha mandate a morire
…- Il viso di Konzen si trasformò in una maschera
cerulea. Tempou e Kenren finirono coi loro inutili tentativi di
forzatura della porta. Solo Goku continuò il suo lavoro, sordo
alle parole di Kaede, che fissava con occhi colmi di lacrime il suo
sovrano. -Anche la piccola Ayumi … Ed è solo una
bambina!!!- L’Imperatore resse lo sguardo accusatore della semi
Divinità con una freddezza inumana.
-Bastava che mi restasse una sola Veggente. Le altre erano pedine sacrificabili.- Konzen strinse i pugni.
-“Pedine sacrificabili”? Come diavolo ti permetti,
vecchio?- Una serie d’immagini passarono davanti alle iridi viola
della divinità. Akane che lo sfotteva in ogni modo. Goku e Ayumi
pieni di cerotti dopo averne combinata una delle loro. Kaori che si
prodigava nel preparare un pranzetto per tutti loro, con la
supervisione di Tempou. Sorame che freddava i bollenti spiriti di
Kenren, puntandogli la spada ai gioielli di famiglia. Ricordi. Vicini,
eppure in quel momento così lontani. L’Imperatore non si
impressionò neppure per un istante.
-È come una partita a scacchi. Per salvare la regina, devi sacrificare qualcosa.-
-Perché … Perché non ha mandato anche me?- Chiese Kaede con un filo di voce.
-Mia cara … Sei stata al mio fianco per così tanto tempo
… Perché mai avrei dovuto rinunciare ai tuoi servigi
proprio ora?- Konzen stava per attaccare il vecchio, quando Goku lo
chiamò a gran voce.
-KONZEN!!! LA PORTA!!! SI STA APRENDO!!!-
-Non troverai altro che cadaveri, Konzen.- Lo avvertì
l’Imperatore. Ma il biondino non stette ad ascoltare, ed
entrò per primo nella stanza del Tempo e del Sigillo. Con lui
entrò Kenren, mentre Tempou tratteneva Goku.
Quello che le due divinità videro li lasciarono impietriti.
Dall’orrore. In cerchio attorno ad un piedistallo, stavano i
corpi senza vita delle quattro sorelle Veggenti. Sopra al piedistallo,
il risultato delle loro fatiche. Un libro fluttuante, dalle rifiniture
argentee, con una chiave. Il potere che emanavano era forte.
Kenren si precipitò in lacrime verso Sorame, ignorando ogni
etica militare. Konzen era come in trance. I suoi occhi erano fissi sul
volto cereo di Akane, che ancora teneva per mano la piccola Ayumi. Goku
si divincolò dalla presa di Tempou, ed entrò. Fu come se
il mondo crollasse sotto i suoi piedi di bambino, così abituato
a vederlo come un immenso parco giochi, dove la morte non era neppure
considerata. Rimase fermo, immobile, troppo scioccato per fare
qualunque cosa che non fosse piangere e gridare.
Tempou si diresse verso Kaori, il dolore impresso nelle iridi verdi. Ci
vollero alcuni minuti. Poi i quattro uscirono dalla stanza. Goku teneva
in mano la bambola di Ayumi. Konzen e gli altri una parte del proprio
cuore.
Sfilarono sotto gli occhi sbarrati di Kaede e quelli freddi
dell’Imperatore Celeste, senza degnare il sovrano di una sola
occhiata. Fuori dal palazzo, Nataku li raggiunse, scombussolato. In
qualche modo era riuscito ad arrivare prima dalla sua missione. Vari
tagli ed escoriazioni gli coprivano il volto.
-Goku che è successo? Ayumi …- Non finì la frase.
La presenza di Pao Chan tra le braccia dell’amico, ed i suoi
occhi gonfi di lacrime, erano una risposta più che sufficiente.
Il giovane principe della guerra cominciò a tremare. -Oh, no
… No, no, no, NO!!!- Prima ancora che le prime lacrime potessero
scendergli dagli occhi, Goku gli aveva teso la bambola di pezza. Un
messaggio silenzioso, ma forte. Come solo i gesti più spontanei
potevano esserlo.
-P … penso che … la terrai meglio di me … io
… sono troppo maldestro … potrei rovinarla …-
-----
Non v’era stata cerimonia. Non v’era stata sepoltura.
Perché nel Tenkai, la morte non doveva esistere. Oppure le
Divinità avrebbero dovuto ammettere la propria fragilità.
Come quella degli Uomini o dei Demoni. Nel regno dell’Imperatore
Celeste, non doveva esistere la fragilità. Per lui e la sua
corte, semplicemente, le quattro giovani semi Divinità non erano
mai esistite.
Ma per alcuni abitanti di quel mondo, le quattro fanciulle erano
esistite eccome, ed avevano vissuto, avevano gioito, avevano pianto.
Di tacito accordo, senza che nessuno avesse detto nulla, Konzen,
Tempou, Kenren, Goku e Nataku si erano riuniti nel bosco di ciliegi
perennemente in fiore. Nella stessa radura in cui i due bambini si
incontravano con la loro amichetta scomparsa. Un luogo diventato
improvvisamente, da ludico, sacro. Nataku strinse più forte Pao
Chan. Aveva chiesto più volte a Goku se non volesse tenerla lui.
Ma l’eretico aveva sempre rifiutato.
“Penso che la terrai meglio di me …”
Era stata la motivazione. Nataku promise a sé stesso che
l’avrebbe sempre tenuta al suo fianco. Guardò i piccoli
tumuli di pietra che i tre adulti avevano costruito. Uno per ognuna
delle semi Divinità morte. Una specie di tomba, un simbolo per
impedire a sé stessi di dimenticarle, come aveva fatto
l’intero Tenkai.
Goku tirò una manica a Konzen.
-Konzen … Mi mancano tanto …- Con un gesto, tanto
improvviso quanto strano per la sua persona, Konzen posò la mano
sul capo del bambino, in una ruvida carezza.
-Non fare il triste. Un giorno le rincontreremo. Non so quando, non so
come … Ma le rincontreremo, puoi starne certo.- Goku tirò
sul col naso, ed annuì. Se Konzen lo diceva, allora doveva
essere vero. Nataku guardò il suo amico. Le iridi dorate
scintillavano di fiducia. Guardò anche la bambola che teneva in
braccio. All’improvviso volle crederci. Con tutto sé
stesso. Avrebbe aspettato quel giorno in cui sarebbero stati di nuovo
tutti quanti assieme. Avrebbe conservato Pao Chan fino a quando non
avesse rivisto Ayumi per restituirgliela.
-----
Poco distante, nascosta dietro un albero, Kaede guardava quella sorta
di silenzioso funerale. Era sfibrata. In meno di una giornata, era
rimasta l’unica semi Divinità Veggente del Tenkai. E
sarebbe anche stata l’ultima.
-Sei sicura di ciò che farai?- Kanzeon Botatsu era spuntata alle sue spalle. Nessun sorriso ad illuminarle il volto.
-Sicurissima.- Fece Kaede, mentre distoglieva lo sguardo dal gruppetto
di ragazzi. -Non posso più stare qui, amica mia, lo sai.-
-Sarà triste qui, senza di te.-
-Non più di adesso.- Rise la Veggente, scostandosi una ciocca di
capelli dal volto. -Andrò a Gaya. Lì non sarò
più nulla. Né semi Divinità né Veggente.
Solo una donna umana. Porterò con me la Chiave ed il libro. E
l’Imperatore avrà perso su tutta la linea.-
-Capisco.- Fece la Divinità della misericordia. -In tal caso, non posso che augurarti buona fortuna.-
-Grazie Kanzeon. Addio.- Botatsu rimase a guardare Kaede allontanarsi.
Quella era l’ultima volta che vide Kaede, l’Ultima semi
Divinità Veggente del Tenkai.
-----
-Gli altri disordini che accaddero dopo li conosciamo bene. Tu
più di me. La Veggente andò a vivere su Gaya, il mondo
ove la magia non poteva esistere, e divenne umana. La progenie di Kaede
ereditò i suoi stessi poteri divinatori, saltando una
generazione sì ed una no. E per cinquecento anni,
l’Imperatore chiamò a sé l’erede di tali
poteri, per prevenire altri disordini.- Concluse Kanzeon. Il volto di
Nataku non cambiò neppure allora. La divinità non vi fece
caso. Prese una bambola sistemata dietro il trono, e la mise in braccio
al principe guerriero.
-Forse presto potrai restituirla alla sua proprietaria …- Un lungo luccichio passò sulle iridi dorate di Nataku.
-Fine capitolo 15-
Uao! Ho finito la parte legata al Tenkai … Spero che le cose
fossero abbastanza chiare … dal prossimo capitolo
riprenderò a parlare del presente, prometto. Vi dirò che
fine ha fatto Caleb ed il viaggio riprenderà. Volevo ringraziare
Lav_92 per aver commentato lo scorso capitolo … Attendo
suggerimenti, commenti, critiche. Gli insulti verranno rispediti
indietro ;-P
Scherzi a parte, scrivetemi!!!
Ciao ciao
Will
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Capitolo 16 *** Un quadro difficile. ***
cap16
Tanto per cominciare … grazie come sempre a Lav_92, ormai
commentatrice fissa ^_^ cara, tra un po’ mi toccherà darti
uno stipendio fisso … XD
Scherzi a parte … siamo tornati al presente e a Caleb. Per un
po’ di tempo Kanzeon resterà fuori dalla storia, ma devo
dire che mi è stata davvero utile come narratrice. Questo
personaggio è davvero un jolly … e poi non so che farci, la
adoro! ^^
Bhe, ora vi lascio alla lettura … e se siete così buoni
da farmi sapere che ne pensate, e se avete suggerimenti, mi fareste un
doppio piacere!^_^
A voi!
Capitolo 16
-Un quadro difficile-
-Dimmi solo perché no.- Sanzo era più seccato del solito.
Lara sospirò, esasperata dalla testaccia dura del bonzo. Da
quando avevano trovato Caleb, più morto che vivo, Sanzo non
aveva mai messo via la pistola. Anche quando, con l’aiuto di
Hakkai e Martha, Lara aveva prestato i primi soccorsi al demone. E pure
in quel momento, che il ragazzo dai capelli argentei era stato bendato
e sistemato su un letto, il bonzo continuava a sventolare la sua
S&W, impaziente di sparare.
-Sei duro di comprendonio, prete! Lui ci serve vivo. Me lo dici come fa
a darci le informazioni che vogliamo, se lo uccidi? E poi guardalo
bene! È già più di là che di qua!-
-IO NON SONO UN PRETE!!!-
-Va bene, frate …- Sanzo stava per spostare i suoi intenti
omicidi da Caleb a Lara, quando Hakkai decise di fare da paciere.
-Sanzo, Lara non ha tutti i torti … Lui può darci molte
informazioni. Per esempio chi vuole uccidere le ragazze. Oppure dove
possiamo trovare il Tempio di Giada …- Sbuffando, il bonzo
uscì dalla stanza, imprecando per ogni dove. Con un sospiro di
rassegnazione collettivo, Lara, Hakkai e Martha si sedettero su alcune
sedie malconce.
-Non lo sopporto …- Mormorò Lara, con gli occhi al cielo, stravolta.
-Benvenuta nel club …- Fece Gojyo, seguito da Nika, mentre una svolazzante Suzuki si posava sulla testa della bionda.
-Sì è svegliato?- Chiese la rossa. Martha scosse la testa.
-No … E comunque gli ho dato un sedativo. Dormirà fino a domani.-
-Capisco …- Fece Nika, prendendosi anche lei una sedia. Il suo
sguardo si posò sul volto del demone addormentato. In quel
momento non sembrava così pericoloso. Anzi. Non sembrava un
ragazzo diverso da lei, colore dei capelli e orecchie a punta a parte.
Gli pareva impossibile che fosse la stessa persona che aveva tentato di
uccidere le sue cugine. Ma, lei lo sapeva bene, le persone appaiono
molto diverse da quel che sono, quando dormono. Lo aveva provato sulla
sua pelle …
-Allora, Gaia è ancora con Goku?- Chiese Lara, interrompendo il
filo dei pensieri di Nika. Gojyo rispose in sua vece, fissando
malinconico un pacchetto di sigarette vuoto.
-Sì. Lei e la scimmia sono ancora nell’altra stanza, e non
credo che ne usciranno presto. La piccola sembrava sconvolta …-
-Non me ne stupisco.- Fece Hakkai, sistemandosi il monocolo. -Sì
è trovata davanti la persona che ha cercato di ucciderla. Ne ha
tutto il diritto.- I presenti annuirono.
Per tutto il resto della notte, e buona parte del giorno seguente, a
turno, Lara, Martha e Nika, scortate da Hakkai e Gojyo, si diedero il
cambio al capezzale del demone.
A metà mattinata, Lara si offrì di dare il cambio a Nika,
che ringraziò, tra uno sbadiglio e l’altro. La bionda
prese una sedia e vi si sedette a cavalcioni. Passarono alcuni minuti.
-Guarda che lo so benissimo che sei lì dietro, prete …-
Con un grugnito, Sanzo uscì dal suo nascondiglio dietro la porta
e si avvicinò.
-Non. Sono. Un. Prete.- Puntualizzò. Lara fece un’alzata di spalla.
-Cambia qualcosa?-
-Non molto.- Rispose il bonzo, dopo qualche istante di riflessione.
-Capito.- Rimasero così. Lara seduta a vigilare su Caleb, e Sanzo appoggiato al muro a vigilare su Lara e Caleb.
-----
In un’altra stanza, Gaia si era rannicchiata su sé stessa.
Si era messa una coperta in testa, come a cercare di nascondersi dal
resto del mondo. Goku, a pochi passi da lei, non sapeva che fare. Da
quando Lara e Sanzo avevano portato il tipo dai capelli argentei, la
sua amica non sembrava più volerne sapere di uscire da quella
stanza.
Hakuryu e Suzuki, rannicchiati in un angolo, pigolavano piano, risentiti da quell’atmosfera.
-Gaia?- Goku tentò di chiamare l’amica, ma fu come se
l’atmosfera pesante della stanza risucchiasse ogni parola. Non
ottenendo risposta, il demone si avvicinò alla ragazza, e, senza
dire una sola parole, le cinse le spalle con un braccio.
-È lui.- Mormorò Gaia. -È quello che ha cercato di farmi fuori …-
-Sì, lo so. L’ho riconosciuto anch‘io.- La mora si rannicchiò di più contro Goku.
-Ho paura.-
-Bhe … è normale. Quello ha cercato di farti fuori
…- Cercò di consolarla il ragazzo. Gaia si lasciò
scappare un lieve singhiozzo.
-Sono … sono proprio un essere inutile!-
-Ma no, che dici …-
-Guarda mia sorella! E le mie cugine! Loro si danno da fare, non si
spaventano di fronte a niente! Mentre io mi nascondo come un topo!-
Quasi urlò Gaia, alzando di scatto gli occhi acquamarina su
quelli di Goku. Rimasero a fissarsi per qualche istante, poi Gaia
riabbassò lo sguardo. -Io … Non voglio essere un peso
…- Mormorò alla fine. Goku rimase pensieroso per un
po’. Poi alla fine disse.
-Potresti … Potresti sempre imparare a combattere …- Gaia lo fissò a lungo. Poi scosse la testa.
-Non credo di essere adatta …-
-Avanti! Un po’ d’allenamento, e ti prometto che diventerai
fortissima!!!- Gli occhi dorati del ragazzo scintillavano, mentre
già si vedeva nei panni di “sensei”. Gaia scosse il
capo.
-No. Non credo proprio … però …-
-Però cosa?- Domandò Goku, sgonfiato di tutto il suo
entusiasmo. Gli occhi acquamarina di Gaia scintillarono diabolicamente.
-Dimmi, Goku: qual è quell’arma mortale, che anche chi non
ha una grande forza fisica può usare, a patto di avere una
discreta mira?-
-----
Caleb si risvegliò solo a mezzogiorno passato. Dapprima si
guardò attorno, spaesato. Poi, non appena i suoi occhi misero a
fuoco i volti di Lara e Sanzo, il suo volto si fece di pietra. Non un
solo sibilo uscì dalle sue labbra. Ed anche quando Martha e Nika
irruppero, iniziando ufficialmente l’interrogatorio, il demone
rimase in silenzio.
Nika aveva esaurito tutto il suo repertorio da sbirro, quando Lara pose la sua prima domanda.
-Ti chiami Caleb, giusto?- Il demone parve sorpreso. Lara sorrise. -Ti
chiedi come faccio a sapere il tuo nome? Era inciso su una medaglietta
che avevi al collo.- Un momento di silenzio. Lara mostrò
l’oggetto. Martha glielo aveva tolto quando lo aveva bendato. Era
ricoperto di sangue, esattamente come gli abiti del demone. -Tu non
c’entri con quello che è successo qui, vero?- Gli occhi di
Caleb si strinsero in due fessure, nel tentativo di ricordare.
-La carneficina. Le case bruciate.- Gli suggerì Nika. Ormai
aveva capito la tattica della cugina. Le domande dirette erano inutili.
Al ricordo, gli occhi del demone si spalancarono di colpo.
Digrignò i denti, mentre dalla gola gli usciva un ringhio
soffocato.
-Quei … maledetti bastardi …- Una mano si strinse attorno
alla coperta. Sanzo Gojyo e Hakkai, a pochi passi dalle ragazze, fecero
intervenire, ma Lara li fermò.
-Non è il caso. Abbiamo sentito abbastanza.- Senza aggiungere
altro, i sei ragazzi uscirono dalla stanza, lasciando Caleb da solo.
-A cosa è servita, allora, questa pagliacciata?- Ringhiò Sanzo.
-Intanto, abbiamo capito che Caleb non c’entra con la
carneficina.- Fece Nika. -Si capiva dallo sguardo. E forse sa anche chi
è stato.-
-E forse aveva un qualche legame coi demoni di qui. Anzi, sono sicura
che sia venuto qui in cerca di aiuto per le sue ferite … e poi
si vede dalla reazione. Ha sete di vendetta. La sua rabbia è per
la morte di questa gente.- Aggiunse Lara. L‘istinto da sbirro che
la faceva da padrone. -Anche se non credo che ci dirà molto
altro …-
-Bhe … Qualunque sia la verità, temo che dovremo comunque
partire al più presto. Abbiamo quasi esaurito le provviste, ed
il prossimo villaggio non è a più di mezza giornata di
viaggio da qui.- Informò Hakkai. Nika lo interruppe.
-Ed il nostro prigioniero? Non è che sia proprio fresco come una
rosa …- Martha ci pensò su qualche istante.
-Ho controllato le sue ferite. Guarisce in fretta, e sono quasi tutte
rimarginate. Mi preoccupa un po’ quella al ventre, che potrebbe
riaprirsi. Ma, se non gli facciamo prendere degli scossoni eccessivi,
lo possiamo portare anche in capo la mondo.-
-Hey! Un momento, fermi tutti! Mi sembra che qui ci sia qualcosa che
non quadra … per caso avete intenzione di portarvi dietro quel
pazzo omicida?!?- Spuntò fuori Gojyo. Nika, Martha e Lara lo
guardarono.
-Certo!-
-Ci mancherebbe …-
-Ovvio!- Il rosso, esasperato si rivolse ad Hakkai.
-Hakkai, dimmi che è uno scherzo …- Il demone dagli occhi verdi scosse il capo.
-Bhe … mica possiamo lasciarlo qui, ti pare?-
-Bonzo?- Mormorò il kappa supplichevole, rivolto a Sanzo, che per tutta risposta fece un’alzata di spalle.
-Non me lo lasciano uccidere …-
-MA DICO, SIAMO DIVENTATI PAZZI!?!?- Urlò Gojyo, al limite di una crisi di nervi.
-Senti. Neanche a me fa piacere, però così lo possiamo
tenere d’occhio, e magari, con un po’ di fortuna, gli
tiriamo fuori anche tutto quello che ci serve. E se solo fa un passo
falso, cosa che spero ardentemente, lo faccio secco prima che se ne
renda conto. Fine della storia.- Concluse il bonzo, uscendo dalla
stanza. Pochi istanti dopo, fecero lo stesso anche le ragazze e Hakkai.
Gojyo rimase lì, da solo e basito. Alla fine sospirò,
rassegnato, e si prese una sigaretta dalla sua scorta d‘emergenza.
-Bhe, tanto, un pazzo omicida in più o in meno, che differenza fa?-
-----
L’indomani mattina, il gruppo di Sanzo riprese il viaggio. Caleb
era stato sistemato, legato come un salame, in mezzo a Goku e Gojyo su
Hakuryu. E come precauzione supplementare, Martha gli aveva
somministrato una dose talmente massiccia di sedativo da far dormire
anche un cavallo. Le ragazze si sistemarono su Suzuki, assieme ad una
parte del bagaglio maschile.
Il tragitto fu silenzioso, e solo quando furono in vista del villaggio, la combriccola cominciò ad animarsi.
-Siamo arrivati …- Avvertì Hakkai, mentre entravano nella via principale.
-Sììììì!!! ARRIVO, OKONOMIYAKI,
RAMEN, POLPETTE, BRACIOLE …- Goku cominciò a saltellare
impaziente sull’auto, sfoderando un’inaspettata conoscenza
di nomi di cibi, almeno finché Sanzo non lo spiaccicò sul
sedile con un colpo di harisen.
-STAI ZITTO, MALEDETTO ANIMALE!!!- Hakkai ignorò, ormai
rassegnato, le occhiate preoccupate che gli abitanti del villaggio
lanciavano al gruppetto. Nell’auto dietro, Nika si guardava
attorno febbrilmente, incantata dai numerosi banchi che affollavano i
lati della strada.
-Guardate! C’è mercato!- Poi si rivolse a Lara, sfoderando
un paio di occhioni stile shojo manga. -Facciamo shopping?-
BONK!!! La risposta della biondina fu chiara, breve e concisa. Un
bernoccolo si formò sul capo della rossa, che cominciò a
brontolare come una caffettiera. -Bastava dire no …-
-Altre proposte idiote?- Sibilò Lara, lasciando scorrere lo
sguardo su Martha e Gaia. La risposta fu scontatamente negativa.
Alla prima locanda che trovarono sulla loro strada, il gruppo si
fermò. Solo dopo aver sistemato a dovere il loro prigioniero, ed
aver deciso i turni di guardia, i ragazzi si concedettero un momento di
tregua. Martha e Hakkai avrebbero fatto il primo turno.
La mora aveva già preparato il necessario per fare le medicazioni, quando Gaia e Goku la salutarono.
-Ciao. Dove andate di bello?- Gaia fece un cenno vago.
-In giro …-
-A comprare una pist … UMPH!!!- Prima che Goku potesse finire la
frase, Gaia gli aveva tappato la bocca. Poi, sfoderando un sorriso che
più finto solo una Barbie, la morettina salutò.
-Bhe … allora ciao, Martha. Ci vediamo dopo!- E senza dare il
tempo alla cugina di ribattere anche solo una sillaba, i due ragazzi
sparirono dalla porta.
Martha sospirò. Non aveva bisogno di avere visioni, per capire che quei due stavano per combinare qualcosa …
-----
-Ma volevi farci scoprire?- Sibilò Gaia, mentre trascinava Goku per le vie affollate del villaggio.
-Mi è scappato …- Brontolò il demone, offeso. Gaia
lasciò perdere il discorso, ma solo perché erano arrivati
a destinazione. Gaia aveva notato il negozio mentre passavano in auto.
Piccolo, con la merce esposta nelle vetrine luccicanti, ben curate. La
ragazza trattenne il fiato, estasiata: non aveva mai visto
un’armeria così bella …
-----
Gojyo bussò educatamente alla porta.
-Hey. È permesso?- la voce di Nika arrivò nitida, nonostante lo spessore del legno.
-Vieni pure …- Sicuro di sé, il mezzo demone
entrò. E per poco non si prese un infarto. Nika se ne stava,
tranquilla, seduta sul letto, con la pistola tesa davanti a sé.
Poi l’abbassò, e riprese a pulirla, senza notare lo
sbiancamento del rossino.
-Tu … tu …-
-Che hai? Sembri un citofono …- Fece Nika, mentre Gojyo si dava da fare per completare la frase.
-Tu non hai rispetto per il mio povero cuore!- La rossa piegò la testa da una parte, smettendo di lavorare sulla pistola.
-Eh?-
-Passo più della metà del mio tempo a scansare
pallottole! Non puoi puntarmi una pistola quando entro in camera tua!
È … è spaventoso, ecco!-
-Ma mica volevo spararti …- Nika sfoderò lo sguardo
più innocente che conosceva. Gojyo si passò una mano sul
volto, esasperato.
-Ci rinuncio …- Si lasciò cadere su una poltroncina,
mentre la ragazza terminava di sistemare la sua pistola. Gojyo
notò che era diversa da quella di Lara. Più grande.
Probabilmente conteneva anche più proiettili. Ma non era del
tutto automatica.
-Bella pistola.- Commentò. Nika fece un mezzo sorriso.
-È una Glock. Più pesante delle altre, ma molto
più potente.- Gojyo sentì un brivido freddo corrergli
lungo la schiena. Anche se non era la S&W del bonzo, ormai il suo
cervello era abituato a registrare ogni cosa con un grilletto ed una
canna come un pericolo.
-Che carina …- Commentò con una voce un po’ tremula. Nika ebbe il buon gusto di fingere di non notarlo.
-Carina … e pericolosa. Una fredda compagna.- Gli occhi
screziati di verde si rattristarono visibilmente. Gojyo se ne accorse.
Ma non disse nulla. Non fece comunque in tempo, perché Nika
sfoderò un sorrisone a trentadue denti.
-Allora? Andiamo?-
-Andiamo … dove?- Domandò il rosso, stupito da quel
repentino cambiamento d’umore. La ragazza fece un sorriso
malizioso.
-Non lo indovini?- L’espressione ebete che si disegnò sul
volto del mezzo demone faceva capire che aveva capito … eccome
se aveva capito …
-----
-Davvero ci fareste questo favore?- Martha quasi non riuscì a
formulare la domanda per lo stupore. Ma Nika sorrise, sicura di
sé.
-Certo! Tu e Hakkai andate a fare un giro, al prigioniero ci pensiamo
noi due!- Martha lanciò un’occhiata dubbiosa a Gojyo, che
se ne stava alle spalle della rossina, con un ghigno che doveva
assomigliare ad un sorriso. A denti stretti, il ragazzo fece un cenno
affermativo. Martha sorrise.
-Allora va bene. Vado a chiamare Hakkai e andiamo!-
-Ciao!- Cinguettò Nika, mentre entrava nella camera di Caleb.
Gojyo attese un momento. Accidenti se aveva capito. Aveva capito troppo
bene … che non aveva capito un cazzo!!!
-----
-FUORI DI QUI!!!- Un gruppo di passanti scansarono per un pelo i due
proiettili umani che vennero lanciati fuori dal negozio. -E FATEVI
RIVEDERE SOLO TRA ALMENO TRE ANNI!!! SCANSAFATICHE!!!- Il proprietario
del negozio chiuse la porta sbattendola. Con alcuni mugolii di dolore,
Goku e Gaia si rimisero in piedi.
-Vecchio bastardo …- Sibilò la ragazza, massaggiandosi il fondoschiena.
-Dovevi aspettartelo … siamo ancora minorenni …-
Borbottò Goku, massaggiandosi il capo, dove troneggiava un
bernoccolo luminescente.
-Tutte scuse! È che non avevamo il denaro in più per
quella pistola! Altrimenti, se ne fregava, della minore età!
Schifoso bastardo! Non ti si rizzasse più!-
-Chi ti ha insegnato a parlare così?- Tuonò una voce
fuori campo, più furiosa che scandalizzata. Goku sbiancò
alla vista di Lara, in quel momento molto simile ad una dea guerriera.
Gaia non battè ciglio.
-Tu, sorellina.-
-Quanto ti ha chiesto, in più?- Chiese Sanzo, spuntato quasi dal nulla, sigaretta tra le dita e aria annoiata.
-E tu che ci fai qui, Sanzo?!- Goku era stupefatto, e passava lo sguardo dal bonzo a Lara. -E senza uccidervi …-
-Guarda che gli adulti possono anche controllarsi ogni tanto …
al contrario dei mocciosi …- Fece il biondo, tirando una boccata
di fumo.
-Cosa volevi insinuare?!- Ringhiò il piccolo demone, ma un colpo
di harisen ben assestato lo fece tornare a più miti
temperamenti. Poi il bonzo si rivolse di nuovo alla morettina.
-Comunque. Quanto voleva farti pagare?- Gaia lanciò
un’occhiata all’amico, sprofondato nel terreno di qualche
centimetro buono.
-Dato che eravamo minorenni, il doppio. E lui avrebbe chiuso un occhio sull’età.- Lara fischiò.
-Caruccio. Ma giusto.- Lo spirito dello sbirro venne fuori in un sol
colpo, trasformando gli occhi cristallini di Lara in una lama gelida.
-Il porto d’armi per i minorenni è illegale. E soprattutto
molto, molto nocivo per la salute. La tua, salute.- Marcò
l’ultima frase con uno scricchiolio di nocche, fissando negli
occhi la sorella minore. Gaia deglutì suo malgrado. Ma
perché non poteva avere una sorella normale, che al massimo
minacciavano di fare la spia alla mamma?
-Comunque … che ci fate qui?- Domandò la ragazzina, cercando di lasciarsi alle spalle la conversazione.
-Tsk! Dillo a lei …- Grugnì Sanzo, indicando Lara. Questa divenne paonazza.
-Ma come! È a causa tua se sono scappati!!!-
-Chi, scusa?- Domandò educatamente Goku.
-Martha e Hakkai.- Rispose Lara, mentre lei e il monaco facevano a gara
a chi lanciava l’occhiata più gelida. Gaia e Goku potevano
indovinare il perché della fuga … era esattamente come
stare tra due lanciafiamme. Per giunta entrambi armati di pistola. Alla
fine, con un grugnito seccato, Sanzo lasciò cadere la questione.
-Sai almeno usarla, una pistola?- Gaia ci mise qualche istante per capire che il bonzo stava parlando con lei.
-Bhe … in effetti no …-
-Capisco …- Fece il bonzo, tirando una boccata di fumo.
-Vorrà dire che ti darò qualche lezione.- Lara gli si
parò davanti, minacciosa.
-Scordatelo!-
-E perché?-
-Non insegnerai a mia sorella come diventare una pistolera psicotica!!!- Sanzo la fissò a lungo.
-Paura che diventi come te?- Lara dovette far ricorso a tutto il suo
buon senso per non uccidere il biondo sull’istante. Poi un
sorriso bastardo le piegò le labbra.
-E va bene. Provaci pure. Ma voglio proprio vedere se sopravvivrai
…- Improvvisamente Sanzo non si sentì più tanto
sicuro. L’espressione della ragazza non gli piaceva proprio per
niente. E quel sorrisetto … gatta ci covava … Ma non
aveva alcuna intenzione di darle una soddisfazione.
-Molto bene. Allora andiamo.- Gaia e Goku cominciarono a saltellare,
felici come pasque, mentre Lara assaporava già la sua vendetta
… c’era un motivo, per cui a Gaia non faceva mai tenere in
mano neanche una pistola ad acqua …
-----
-Hanno già iniziato?- Chiese Gojyo, mentre Nika guardava curiosa
fuori dalla finestra. Nel parchetto lì sotto, lontano dalla
strada e da possibili vittime, Sanzo, Goku e Gaia, sorvegliati a
distanza da Lara, stavano preparando un piccolo poligono di tiro, con
bottiglie messe in fila su un muretto.
-Non ancora. Ma quando sentirai gridare, vorrà dire che hanno
iniziato.- Gojyo preferì non indagare sul significato di quelle
parole. Lanciò un’occhiata di sbieco a Caleb, che se ne
stava ancora nel letto, all’apparenza tranquillamente
addormentato.
-Senti … prima mi è sembrato che avessi detto una cosa
strana … insomma, hai fatto una faccia …- Nika
inarcò un sopracciglio, confusa.
-Quando?- Gojyo si grattò il capo, imbarazzato. Non era abituato a fare il sensibile.
-Prima, mentre parlavi della pistola … so che non sono affari miei, ma …- Nika fece cenno di non preoccuparsi.
-No, tutto a posto. Solo una brutta storia. Tutto lì …-
-Ti andrebbe di raccontarmela?- Il mezzo demone si stupì da solo
della propria curiosità. Nika si accese una sigaretta. Prese un
paio di boccate, prima di rispondere.
-E perché no? In fondo, non abbiamo di meglio da fare.- Gojyo in
realtà aveva in mente un ‘altra attività, ben
più piacevole in testa, ma non osò dar fiato ai suoi
pensieri. Non davanti ad una donna armata e decisamente avezza
all’uso delle pistole.
Nika si sedette, ed una volta messasi comoda, iniziò il suo racconto.
àÈ successo tutto un po’ di tempo fa. Come ti ho
già detto, sono una poliziotta, e la storia inizia quando ho
finito l’accademia. Ero da poco stata messa in coppia con Kurt,
un brav’uomo di mezz’età, che mi avrebbe fatto da
mentore. Allora mi piaceva andare alle feste, ed una sera avevo
conosciuto un tipo. Un bel ragazzo, gentile, romantico. Sembrava uscito
da qualcuno di quegli assurdi telefilm romantici, da quanto era
perfetto. Ed insomma, dopo qualche appuntamento, ci siamo messi
insieme.- Gli occhi verdi della rossa si strinsero in due fessure. -Al
diavolo. Avrei dovuto capirlo che uno così perfetto doveva
essere troppo strano, per essere vero. Ma mi ero presa proprio una
bella sbandata, e non ragionavo molto bene. Comunque, siamo stati
insieme per un bel po’. Sembrava una storia seria. Poi, una sera,
mentre stavo di pattuglia con Kurt, ci è arrivata la
segnalazione di una rapina in banca. Ovviamente siamo corsi sul posto.
Quando siamo arrivati, due rapinatori stavano caricando il bottino in
macchina. Li avevamo presi con le mani nel sacco. Uno si arrese subito.
Ma l’altro cercò di scappare. Ci sparò addosso, e
se la diede a gambe a piedi.-
-E cos’avete fatto?-
-Lo abbiamo inseguito. E lo abbiamo incastrato in un vicolo cieco.
Aveva accennato ad arrendersi. Così ci siamo avvicinati,
abbassando la pistola. Ma era solo un trucco. Voleva solo che
abbassassimo le pistole. Appena ci avvicinammo, tirò fuori la
sua arma, il bastardo, e sparò a sangue freddo a Kurt.-
Nika strinse le palpebre. Gli occhi divennero una sottile scheggia
verde. -Risposi al fuoco. E lo beccai. Cadde a terra come uno straccio.
Mi avvicinai e gli tolsi il passamontagna. Avrei voluto urlare, quando
vidi il suo volto. Era il mio tipo da sogno. Fu come se il mondo mi si
frantumasse sotto i piedi. Il mio principe azzurro, il ragazzo
così perfetto da non sembrare reale … in effetti non lo
era. Era solo un ladro bastardo, che aveva sparato a Kurt, e se non
fossi stata più veloce di lui, anche a me.- Un silenzio di tomba
si posò sulla stanza. Gojyo, come poche volte gli era capitato
in via sua, non sapeva che dire. Nika si era chiusa nel silenzio. Lo
sguardo basso, in un modo che le ciocche ribelli della fronte le
nascondevano gli occhi.
L’aria nella stanza era diventata improvvisamente pesante,
nonostante la finestra aperta. Gojyo si sentiva da schifo. Aveva fatto
riaffiorare una brutta ferita, e solo per uno stupido schizzo di
curiosità. In un momento simile, non gli sarebbe dispiaciuto che
il Pelato lo prendesse a colpi di harisen. Se lo sarebbe meritato.
Si passò una mano tra i capelli rossi. Ma che diavolo stava
pensando?! Di colpi da quel dannato bonzo ne prendeva anche troppi! Era
quel silenzio teso che lo stava facendo sragionare.
-A-ehm, senti …- Cercò di schiarirsi la voce,
avvicinandosi a Nika. Ma questa sembrava non averlo neppure sentito.
Era ancora immobile, con lo sguardo basso. Lanciandosi
un’ulteriore maledizione mentale, le si avvicinò
ulteriormente. -… mi dispiace di averti fatto tornare in mente
brutti ricordi …- Ancora nessuna risposta. -Ma mi stai
ascoltando?!- Ringhiò con una venuzza in rilievo sulla tempia.
Indeciso tra l’incazzarsi come una iena per il totale
menefreghismo della rossina, o preoccuparsi seriamente, fece per
metterle una mano sulla spalla, ma un grido li fece sobbalzare entrambi.
-Ma che diav …- Gli occhi verdissimi di Nika spalancati dalla sorpresa.
-Veniva da fuori!- Fece Gojyo, schizzando a vedere dalla finestra.
Subito Nika lo raggiunse. Ciò che videro fece scendere copiosi
una serie di goccioloni dalle loro nuche.
-Dovevo aspettarmelo …- Sospirò la rossina, rassegnata.
-----
Goku se ne stava seduto con la schiena appoggiata al muro
dell‘edificio, gli occhi fuori dalle orbite e più tremante
di una foglia. Appena tre centimetri sopra la sua testa, il foro di un
proiettile. Davanti a lui, a qualche metro di distanza, Gaia teneva in
mano la pistola fumante, con uno sguardo stile
ho-davvero-fatto-io-questo? Sanzo, alle sue spalle, dopo qualche
istante di smarrimento, tirò fuori il suo harisen. Lo schiocco
che fece sulla testa della ragazzina arrivò distintamente alle
orecchie di Gojyo e Nika.
-LA PISTOLA DEVI PUNTARLA DALL’ALTRA PARTE!!! SULLE BOTTIGLIE!!!
NON SULLA SCIMMIA!!! MALEDETTA MOCCIOSA!!! E TU COSA RIDI!!!- Lara,
poco dietro il maestro e l’allieva, si stava tenendo la pancia
dal ridere.
-Io ti avevo avvertito.- Fece, in un momento di autocontrollo, per poi
riprendere a sganasciarsi. Sanzo, con il viso ridotto ad un unico vaso
sanguigno, scaricò la sua frustrazione su qualunque cosa si
trovasse nei paraggi, a portata di harisen. Compresi Gaia e Goku.
-Hey!!! Sono ferita!- Cercò di lamentarsi la brunetta, tenendosi la testa fasciata.
-Ed io che c’entro!? È lei che ha sparato!!!- Fece Goku.
Per tutta risposta ad entrambi arrivò un altro fendente.
-ZITTI O VI AMMAZZO DAVVERO!!!-
-----
Rassegnati alla scena, Gojyo e Nika si allontanarono dalla finestra.
-Dì, ma davvero quello è un monaco?- Chiese la ragazza,
riferendosi a Sanzo, pur indovinando già la risposta.
-Purtroppo sì. Ed è anche un pezzo grosso.- Rispose il
Kappa grattandosi la testa. -Ma non chiedermi come sia possibile che
tra tutti i brav’uomini che esistano, sia stato scelto proprio
lui …-
-Forse perché ha una forte personalità …- Fece
Hakkai, aprendo la porta. Sulle labbra il solito sorriso, gentile ed
educato. -Scusate se irrompo così, ma è ora di cambiare
le bende al nostro ospite/prigioniero …-
-Siamo venuti a darvi il cambio.- Continuò Martha, entrando a sua volta nella stanza. Nika sorrise alla sorella.
-Era quasi ora! Dove siete stati per tutto questo tempo?-
-A fare provviste ed a raccogliere qualche informazione.- Rispose
Hakkai, prendendo alcune bende e medicinali da una borsa. Lo sguardo di
Gojyo si fece improvvisamente serio.
-Scoperto nulla sui demoni che abbiamo trovato?- Il demone dagli occhi verdi scosse il capo.
-Non molto, purtroppo. Nessuno qui sapeva dell’esistenza di quel
villaggio di demoni. Solo qualche voce su un gruppo rintanatosi nei
dintorni, ma dato che non davano fastidi di alcun genere, nessuno si
è mai interessato più di tanto. E comunque, risalgono a
molti anni fa. Ben prima che i demoni cominciassero a perdere il loro
“Io“. La gente di qui considera queste voci come una
leggenda. La barriera di Kogaiji, probabilmente, impediva a chiunque di
incappare nel villaggio.-
-E sui mercenari?- Domandò Nika, a cui premeva molto di più. Hakkai sospirò, la delusione fatta a persona.
-Nulla di nulla. Da queste parti in effetti c’era un gruppo di
mercenari demoni senza scrupoli, ma ho trovato solo conferme a quanto
ci ha detto Kogaiji. Sono stati trovati tutti morti, uccisi, non
più di tre mesi fa.-
-Ma c‘è qualche voce.- Aggiunse Martha. -Portata dagli
abitanti dei villaggi vicini. Sembra che in giro ci sia un nuovo gruppo
di demoni, molto feroci, che hanno fatto parecchi danni. Ma non ci sono
molte conferme … da come ne parlano, sembravo più spettri
che demoni.-
-Forse vogliono impossessarsi del territorio dei demoni mercenari
uccisi.- Ipotizzò Nika. La mente da sbirro al lavoro. -Forse
sono stati proprio loro ad ucciderli. Sì, insomma, come in una
guerra tra bande.-
-Tutto è possibile.- Fece Gojyo, alzando le braccia. -I
particolari non c’interessano. L’importante è che
non ci diano fastidi. Tanto …- Gli occhi rossi del mezzo demone
si strinsero in due fessure. -Se Kogaiji è sulle loro tracce,
non vivranno a lungo.-
-Più che vero.- Annuì Hakkai. La voglia di vendetta del
principe demone era più che sufficiente. Ma dopo lo spettacolo
che si erano trovati davanti, i membri del gruppo di Sanzo non
riuscivano a non provare un forte risentimento. Per qualche istante i
quattro giovani rimasero in silenzio. Poi Nika cominciò a
stiracchiarsi.
-Peccato che tutto ciò non ci dica niente di utile sulla nostra
situazione o sul nostro amico.- Con un cenno del capo indicò
Caleb, ancora addormentato sotto gli effetti dei farmaci. -Quindi,
visto che ora ci pensate tu e Hakkai a lui, cara sorellina, io e Gojyo
ce ne andiamo a fare un giro tra le bancarelle!- Cinguettò,
dando una pacca sulle spalle di Martha, che sospirò rassegnata.
Quando mai sua sorella dimenticava lo shopping? Con un paio di saluti
gioiosi, le due teste rosse se ne andarono, chiudendosi la porta alle
spalle.
Non appena i passi della coppia non furono più a portata di
udito, Hakkai si voltò verso la figura immobile di Caleb.
-Sono usciti. Può anche smettere di fingere di dormire, se
vuole.- Lentamente, il ragazzo dai capelli argentati aprì gli
occhi, e fissò il demone moro. Nessuna espressione
trapelò dalle iridi dorate. Né stupore, né paura.
Ma neanche rabbia od odio. Solo l’indifferenza più totale.
Martha sorrise rassicurante, tendendogli la mano.
-Noi non ci siamo ancora presentati. Io sono Martha.-
-Io Cho Hakkai.- La imitò l’uomo dagli occhi verdi. Caleb
non reagì. Li fissò per qualche istante, per poi voltarsi
dall’altra parte.
-So chi è lei. È una di Quelle. Mentre lui è un
demone.- Chiuse gli occhi. -Uno dei pochi a non aver perso il
controllo, vedo.- Hakkai strinse impercettibilmente le labbra.
-Ne sa di cose, vedo …- Caleb si girò di nuovo, gli occhi dorati fissi in quelli di giada dell’uomo.
-Ho solo un buon fiuto. Tutto qui. Hai lo stesso odore di un demone, ma
non sai di rabbia e violenza, come i demoni che hanno perso l’Io.
Hai un odore molto simile a …- La gola gli si richiuse prima di
finire la frase. Una mano poggiata sulle lenzuola tremava in maniera
convulsa.
-… Simile alla gente del villaggio?- Concluse per lui Martha,
prendendogli la mano. Il gesto in qualche modo calmò Caleb, che
a poco a poco smise di tremare.
-Sì. È così.- Un momento di silenzio. -Era l’unico posto in cui ci trattavano da pari …-
-Sai chi può aver fatto quella carneficina?- Chiese Hakkai,
piano, odiandosi per quelle parole. Caleb sembrò valutare la
domanda. Gli occhi, anche se solo per un istante, scintillarono di pura
furia. Poi emise un sospiro, e rispose.
-No. Non ne ho idea.- Hakkai non parve convinto. Ma non indagò
oltre. Era riuscito ad avere una conversazione civile col loro
“prigioniero”, e senza che questo tentasse anche una sola
volta di aggredire Martha. Poteva ritenersi soddisfatto. A cavargli
altre informazioni ci avrebbero pensato gli altri. Le labbra piegate in
un sorriso tranquillo, rimase ad osservare Martha mentre cambiava le
bende e ripuliva le ferite del ragazzo. Una calma apparente. Ogni suo
muscolo pronto a scattare in caso di pericolo per la brunetta.
-Finito!- Annunciò Martha, una volta finito il suo lavoro. -Va meglio, vero?- Caleb la fissò.
-Perché fate questo?-
-Cosa?- Chiese lei, genuinamente stupita.
-Questo.- Il ragazzo dagli occhi dorati indicò il proprio corpo
fasciato. -Perché mi aiutate? Il mio compito era uccidervi
…-
-“Era”, appunto.- Un sorriso illuminò il volto di
Martha. -Quindi non lo è più. Che motivo avremmo allora
di farti del male?- E, senza aggiungere altro, lei e Hakkai uscirono
dalla stanza, lasciando Caleb da solo.
-----
-Ci ha mentito?- Chiese Hakkai, una volta fuori dalla porta. Si era
accorto che Martha non teneva la mano di Caleb solo per rassicurarlo.
Le dita sensibili della ragazza erano premute sul polso, pronte a
captare ogni variazione del battito, come una rudimentale macchina
della verità. Si può mentire con gli occhi e con le
parole, ma non con il cuore.
-Non su tutto.- Fece lei, controllando alcuni flaconi. -Ciò che
diceva sulla gente del villaggio era vero. Ma per quanto riguarda gli
assalitori …- Hakkai si accigliò.
-Pensi che lo sappia?-
-Perlomeno lo immagina.- Rispose Martha. -Ci ha mentito
deliberatamente. Eppure quando si era svegliato, ieri, ha detto
“quei bastardi“. Quindi sa chi è stato.- Poi si
volse verso Il demone dagli occhi verdi. -Non avremo commesso
un’imprudenza a lasciarlo da solo?-
-No. Non è nelle condizioni di fare del male a chicchessia.
Né fisicamente, né mentalmente. È confuso. Ma
credo che ormai abbia capito che non ha nulla da temere da noi.- Una
serie di bestemmie e spari fece sapere che Sanzo aveva perso la
pazienza con Gaia, e che Gojyo aveva raggiunto l’improvvisato
poligono. Una gocciolona scese dal capo dei due mori. -Almeno, non da
noi. Sanzo è una cosa a sé …-
-----
Che diavolo gli stava succedendo? Perché si era messo a parlare
con loro? Che si fosse rammollito? La donna era una di Quelle. Una
delle quattro che Artemius gli aveva ordinato di uccidere. Avrebbe
dovuto saltarle alla gola, ucciderla, farla a pezzi. Ed invece No. Le
aveva permesso di curarlo, e addirittura di tranquillizzarlo.
Una fitta al ventre.
Il ricordo di come si era procurato quella ferita.
Artemius … Che diavolo gli era preso? Perché lo aveva aggredito in quel modo?
Chiuse gli occhi. Non riconosceva più il suo capo. Da quando era
diventato così spietato? Nella loro vita la violenza era stata
sempre una costante, ma mai Artemius si era comportato così.
Chiuse ancora gli occhi. I dubbi, che da tempo lavoravano a corrodere
la sua fede nella causa di Artemius, adesso avevano aperto una breccia.
Solo qualche giorno prima, li avrebbe ricacciati indietro. Ma adesso,
circondato dai suoi nemici, ferito dal suo compagno, non oppose loro
alcuna resistenza.
-Fine capitolo 16-
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Capitolo 17 *** Momenti. ***
cap17
Sinceramente, non avevo idea di che titolo dare a questo capitolo. Ma,
dato raccoglie alcuni simpatici momenti che approfondiscono i rapporti
tra i personaggi, l’ho chiamato “momenti”. so che
è banale, ma non sono per nulla brava coi titoli … chiedo
scusa, e vi auguro buona lettura!
Capitolo 17
-Momenti.-
Era passata ormai una settimana. Caleb era quasi del tutto guarito, ed
il gruppo di Sanzo e Co. avevano allentato la sorveglianza. Raramente
andavano a controllarlo in due, e lo lasciavano anche per lunghi
periodi da solo.
Da parte sua, Caleb era molto tranquillo. Neppure una volta aveva
mostrato segno di aggressività, e non era raro che si lasciasse
coinvolgere in qualche conversazione.
-Chi l’avrebbe mai detto?- Rise Gojyo, fuori dalla stanza con
Hakkai, mentre Martha e Nika chiacchieravano allegre, durante il solito
cambio delle bende. Caleb seguiva il discorso in silenzio, gli occhi
dorati tranquilli e genuinamente interessati. -Non sembra davvero la
belva che ci voleva far fuori qualche tempo fa …- Hakkai fece
un’alzata di spalle, sorridendo come al solito.
-Probabilmente non è di natura cattiva. Forse è come quei
cani che vengono costretti a combattere, ma che se messi in mano a
delle brave persone possono essere recuperati …-
-Guarda che stiamo parlando di una persona …- Cercò di
fargli ricordare il mezzo demone, ottenendo solo un’alzata di
spalle dal moro.
-Il discorso non cambia molto. Se ad una persona, come ad un cane,
insegni solo violenza, quella imparerà solo a comportarsi in
maniera violenta. Ma se gli farai assaggiare il sapore degli affetti e
della gentilezza, molto probabilmente ne sarà attratta.
Chiunque, cane o persona, capisce che è più piacevole
essere accarezzato, invece che picchiato.- Il rosso alzò le
braccia in segno di resa.
-Stai facendo discorsi troppo complicati per il sottoscritto.
Sarà meglio che me ne vada a fare un giro … sono a corto
di sigarette.- Ed a dimostrazione delle sue parole, sventolò il
pacchetto vuoto.
-Uffa! E dire che volevo chiedertene una!- Sbuffò Nika, mentre
usciva dalla stanza, seguita da Martha. Gojyo sfoderò il suo
sorriso più affascinante.
-I negozi sono pur sempre aperti, no?-
-Giusto! Allora valle a comprare!- Fece la rossa, causando l’affiorare di una venuzza sulla tempia del kappa.
-Non era esattamente questa la conclusione a cui volevo arrivare …-
-Poche storie! Fila! Il mio sistema circolatorio funziona a nicotina,
esattamente come il tuo!- Gojyo aprì la bocca per ribattere, ma
Nika gli posò un dito sulle labbra, e con voce bassa e sensuale,
tanto da far rabbrividire il mezzodemone, mormorò: -Per favore!-
Gli occhi venati di pagliuzze verdi, profondi e languidi della ragazza
a pochi centimetri da quelli carmini di lui. Rimasto assolutamente
senza parole, con la gola improvvisamente secca, e quindi impedito a
ribattere, il kappa si defilò a capo chino verso l’uscita,
borbottando di tanto in tanto qualcosa d’incomprensibile, in
perfetto stile Sanzo.
Appena fu uscito, Nika, Martha e Hakkai scoppiarono in una risata.
-Vedo che i tuoi trucchi funzionano sempre, eh, sorellina?- Fece
Martha, senza nascondere una nota di giocoso rimprovero. Nika fece
un’alzata di spalle.
-Che vuoi: a volte, con gli uomini, basta un po’ di tattica e spudoratezza.-
-Spero proprio di non dover mai finire vittima delle sue tattiche
…- Fece Hakkai, interiormente preoccupato. La rossa rise.
-Oh, non preoccuparti, Cho: tu sei il genere d’uomo su cui non mi
sprecherei a tentarli. Non sei tipo da cascarci …- Un ghignetto
le si disegnò sulle labbra. -Gojyo, invece …- Ridendo
allegramente, il terzetto si avviò per le sue faccende, ignaro
che dalla sua stanza, Caleb non si era perso una sola parola.
Coricato sotto le lenzuola pulite, il demone dal capelli argentei
pensava. Pensava a come aveva passato gli ultimi giorni. Accantonando
la rabbia, concentrandosi sul comprendere quelle persone che gli
stavano attorno. Che nonostante ciò che era, lo stavano curando,
con le stesse cure che avrebbero usato per uno di loro. Li aveva
studiati, dapprima nel tentativo di scovare, nei loro volti e nei loro
gesti, un qualche segno di odio e ribrezzo nei suoi confronti. Ma mai,
neanche una volta, ne aveva vista traccia. Dapprima se ne era stupito.
Aveva prestato maggiore attenzione, ai volti, alle parole, ai gesti.
Nulla. Nessuna reazione di tipo negativo verso di lui. Solo la
ragazzina più giovane, Gaia, quella che aveva tentato di
uccidere la prima volta, sembrava titubante. Spaventata, intimidita. Ma
mai astiosa. Neanche una volta, in quegli occhi color mare, aveva visto
una scintilla d’odio. Eppure era da lei che lui se ne aspettava
di più. E non ne aveva visto traccia.
E lui, certo di essersi sbagliato, aveva messo ancora più
attenzione della sua muta osservazione, cominciando ad interagire,
partecipando alle conversazioni, cercando quasi di scuoterli.
Ma nulla. Nessuno dei suoi … come poteva definirli? Carcerieri?
No. Nemici? Come poteva chiamare nemico chi si prendeva cura di lui in
quel modo, come neanche i suoi compagni avevano mai fatto? Presunti
Nemici? Sì. Forse questa era la definizione giusta, per quanto
ridicola suonasse. Sì, nessuno dei suoi Presunti Nemici diede il
minimo segno di aggressività nei suoi confronti. E più
lui li osservava, li studiava, e più imparava a conoscerli. E ad
apprezzarli. La cosa lo spaventava. Ma lo incuriosiva anche.
Sorrise tra sé. Rigel probabilmente si sarebbe arrabbiata, se lo
avesse saputo. Aveva lasciato che il suo spirito d’osservazione
prendesse il sopravvento sulle sue certezze. Si passò una mano
sul ventre, dove le bende pulite, appena cambiate, ricoprivano la
ferita. Il motivo scatenante della sua confusione, prima di allora
sempre tenuta a bada.
Sapeva di trovarsi davanti ad un bivio: e sapeva che avrebbe dovuto
fare una scelta, di lì a poco. Il vero problema era: sarebbe
riuscito a capire quale strada avrebbe dovuto percorrere? La nebbia dei
dubbi si sarebbe dissolta abbastanza da mostrargli la via? Chiuse gli
occhi dorati, e si girò su un fianco, dando le spalle alla
finestra, e ad un cielo oscurato da grandi nubi di pioggia.
-----
Un fulmine illuminò la stanza. Ma il monaco non si mosse di un
solo millimetro. Da quando era iniziato il temporale, si era rinchiuso
nella sua stanza, senza permettere a nessuno di entrare. Non era
dell’umore adatto per avere gente in giro.
Seduto sul pavimento, con la schiena appoggiata alla sponda del letto, attendeva solo che il temporale finisse. Che la pioggia, finisse.
Ricordi che con il cielo scoperto sembravano sepolti, con le lacrime
delle nuvole riaffioravano, quasi beffardi, per nulla intenzionato a
lasciarlo in pace.
La sigaretta mezza consumata che teneva tra le dita, versò un
pezzo di cenere sul pavimento. Proprio allora, qualcuno bussò
alla porta.
-Hey, Sanzo! Noi andiamo a mangiare! Vieni?- L’allegra irruenza di Goku fece solo aumentare il malumore del bonzo.
-Lasciami in pace.- Sibilò, senza rendersi conto di aver parlato
a voce troppo bassa, perché il ragazzino potesse sentirlo,
dall’altro lato della porta.
-Eh? Cos’hai detto? Sanzo …-
-HO DETTO DI LASCIARMI IN PACE, CHIARO, MOCCIOSO!?- Urlò il
monaco, di scatto, irato. Dall’altra parte della porta ci fu
qualche istante di silenzio. Poi Goku parlò di nuovo. Ogni
traccia di vitalità sparita dalla voce, sostituita da una fredda
rassegnazione.
-Va bene. Dirò ad Hakkai di metterti da parte qualcosa.- Sanzo
non rispose. Ascoltò i passi del giovane demone sparire, per poi
prendersi una boccata di fumo. La sigaretta, già moribonda, si
sgretolò del tutto. Con un gesto meccanico, prese il
portacenere, e vi buttò il mozzicone consumato, dove andò
a fare compagnia a molti suoi simili.
La rabbia di pochi istanti prima svanita, come quella sigaretta. Non
avrebbe davvero voluto reagire in quel modo. Ma era più forte di
lui. I suoi stessi spettri si divertivano a torturarlo, uscendo dal suo
subconscio, manovrandolo a loro piacere.
Si voltò a guardare il vetro della finestra, percorso da lacrime
di pioggia. Strinse le palpebre, fino a che i suoi occhi non
diventarono due sottili lame d’ametista. Lui odiava la pioggia.
La odiava con tutto sé stesso. Odiava il modo in cui gli faceva
tornare alla mente i ricordi, in cui liberava i demoni più
oscuri del suo subconscio.
Lievissimo, quasi inaudibile tra lo scrosciare insistente della
pioggia, un canto femminile arrivò all’orecchio del
monaco. Impossibile comprenderne le parole, ma la melodia era
perfettamente udibile. Fresca, allegra. Decisamente diversa dallo stato
d’animo del biondo.
Sanzo si alzò, senza un reale motivo. Le sigarette erano
appoggiate sul pavimento accanto a lui, a portata di mano. La sua
schiena scricchiolò, a causa della lunga immobilità.
Percorse la stanza a grandi passi, osservando il soffitto. Poi
tornò a fissare la finestra. Il canto continuava, allegro come
prima.
Per un momento aveva creduto di esserselo sognato. Ma adesso che era
certo che quella voce non era un parto della sua mente,
l’irritazione cominciò a montargli su. Con uno scatto
rabbioso, aprì la finestra, e si costrinse a guardare fuori.
L’intenzione era di urlarne quattro a quella sciagurata, che
osava andarsene a cantare in giro con quel tempo, e, soprattutto,
disturbarlo.
Le sue corde vocali erano già pronte a dare il meglio di
sé, ma si bloccò prima di emettere un solo sibilo.
Indifferente all’acqua che la stava bagnando, Lara guardava la
pioggia cadere, pacificamente appoggiata al muro della locanda,
canticchiando allegra. Una visto che stupì talmente il monaco,
che ogni suo proposito battagliero andò a farsi benedire. Che
diavolo ci faceva quella fastidiosa donna sotto la pioggia a cantare?
Allibito, il biondo chiuse la finestra, senza avere il fiato di dire
nulla.
-----
La pioggia continuava a scendere, inzuppandole gli abiti e i lunghi
capelli biondi. Ma la cosa non le dava fastidio. Affatto. Lara amava la
pioggia. Da sempre. Amava sentire l’acqua fresca scorrerle sul
viso, come una doccia naturale. Poco importava che le bagnasse i
vestiti.
Un sorriso le sbocciò sulle labbra, mentre ricordava le volte
che sua nonna ed i suoi genitori le gridavano di prendere almeno un
ombrello, oppure si sarebbe presa un malanno. Non gli aveva mai dato
ascolto. E neppure una volta si era presa un raffreddore.
Chiuse gli occhi. La pioggia lavava via tutto. Compresa la sua anima.
Era una sensazione strana. Ma era così che la pioggia la faceva
sentire. Come depurata. Cominciò a canticchiare una vecchia
canzone, di cui a malapena ricordava la parole, ma di cui amava la
melodia.
Con le palpebre abbassate, poteva già vedere l’erba e le
fronde degli alberi scintillare, come fatti di smeraldo, ricoperte da
perle luccicanti. Uno spettacolo che sarebbe apparso allo spuntar del
sole, regalando agli occhi un verde differente, più vivo di
quanto si possa credere possibile.
Persa nei suoi pensieri contemplativi, fece un balzo di sorpresa,
quando un asciugamano le cadde in testa. Stupita, ci mise un paio di
secondi per capire da dove e chi glielo avesse gettato addosso.
-Asciugati. Non ho intenzione di viaggiare con una malata.
C’è già il tipo coi capelli bianchi.- Sanzo stava a
pochi passi da lei. Ombrello gigante in mano e sguardo irritato. Subito
tutto il buonumore che Lara aveva ricevuto dalla pioggia svanì.
-Io non mi ammalo. Mai.- Il monaco fece un’alzata di spalle.
-Buon per te.- Sanzo si avvicinò alla ragazza, perché
potesse stare anche lei sotto l’enorme ombrello. Istintivamente
Lara avrebbe subito cacciato il bonzo, che le impediva così di
godere della sua amata doccia naturale, ma i gesti gentili del biondo
erano così rari, che lei non se la sentì di rifiutare.
Rimasero in silenzio per qualche lungo minuto. Lara con
l’asciugamano sulla testa, e Sanzo con l’ombrello in mano.
Alla fine, il monaco tirò fuori da una manica un pacchetto di
sigarette ed un accendino, e cominciò a fumare. Il fumo
azzurrognolo si librò nell’aria umida, rilassando
visibilmente il monaco.
-Che diavolo ci fai qua fuori con un tempo del genere? Donna, sei molto più idiota di quel che credevo …-
-Parla lo psicopatico che si rinchiude in camera, come un coniglio
nella sua buca, appena vengono giù due gocce.- Ribattè
pronta Lara, cominciando a frizionarsi i capelli con
l’asciugamano. Sanzo accusò il colpo tossendo un po’
di fumo andatogli di traverso. Le iridi violacee si voltarono verso di
lei, irritate e vendicative. Lara continuò il suo lavoro di
asciugatura, ignorando la vena pericolosamente gonfia sulla tempia del
monaco.
-Almeno non sono una rana come te! Che diavolo ci trovi a stare sotto
questa pioggia da incubo? Sembra di essere in qualche girone
dell‘inferno …-
-Guarda che la pioggia dell’inferno è fatta di fiamme …- Lo corresse la ragazza.
-Sempre pioggia è.- Sbottò il monaco, vicino a perdere la
pazienza, e mettere mano alla S&W. -Ma non mi hai risposto. Che
diavolo ci fai sotto la pioggia a prenderti una polmonite?- Lara
sospirò, lo sguardo perso sulle gocce che cadevano a catinelle.
-Mi piace. Semplicemente.- L’occhiata allibita e dubbiosa del
monaco la costrinse a spiegarsi meglio. -È come una doccia. Lava
via tutto. Non ti sei mai accorto quanto tutto sia più bello,
più vivido, dopo un temporale? E poi … non so, ma mi fa
stare bene. Mi sembra di venire lavata anch’io.- Sanzo la
fissò un momento, senza trovare parole per controbattere. Da una
parte avrebbe preso a bastonate la bionda per le stupidate appena
dette. Dall’altra sentiva, in fondo, di apprezzarle. Non aveva
mai pensato alla pioggia in certi termini.
Lara si tolse l’asciugamano dalla testa. I capelli color miele le
scivolarono sulle spalle, umidi, con ancora alcune gocce imprigionate
in mezzo. Un fulmine squarciò il cielo, facendo apparire quelle
gocce delle perle, inserite in un’acconciatura complicata ed
elegante. Sanzo non si accorse di star fissando quella piccola magia,
se non quando Lara si gettò sotto la pioggia, scomparendo
improvvisamente alla sua vista.
-Avanti, prete, rientriamo, oppure la polmonite te la prendi tu!-
-IO NON SONO UN PRETE!!!- Ruggì il monaco, partendo
all’inseguimento della bionda, abbandonando l’ombrello per
impugnare il suo harisen.
-----
Dalla finestra della stanza di ritrovo, Hakkai sorrise alla scena a cui
aveva assistito. Era la prima volta che vedeva Sanzo fare una cosa del
genere in un giorno di pioggia. Di solito, niente e nessuno avrebbe
convinto il bonzo a lasciare la sua stanza con un tempo simile. Demoni
da uccidere a parte, ovviamente.
Di solito. Ma ormai, il demone dagli occhi verdi aveva davvero perso il
filo di quello che era da considerarsi “di solito”, per lui
ed i suoi compagni di ventura. Ma, per una volta, quello che era caduto
loro sulla testa, sotto forma di quattro ragazze, non appariva
così negativo.
Lasciò vagare lo sguardo sulla stanza. Goku, Gaia, Nika e Gojyo
erano partiti a cercare qualche gioco di società per il dopo
cena, lasciando l’ambiente come svuotato delle loro irruente ma
allegre presenze. Ad Hakkai parve che la stanza fosse diventata
addirittura più grande.
Le uniche presenze riscontrabili al momento, oltre ad egli stesso,
erano Hakuryu e Suzuki, placidamente acciambellati sul divano, e
Martha, intenta a rammendare una camicia. La ragazza aveva sciolto i
lunghi capelli scuri, che ora le ricadevano ondulati sulle spalle. Gli
occhiali abbandonati sul tavolino, ai piedi della poltrona su cui era
seduta. Hakkai rimase ad ammirarla, lasciando che un sorriso gli
nascesse sulle labbra. Quell’immagine, così semplice e
casalinga, lo faceva stare bene. La sua fantasia non faceva fatica a
contornare la figura della ragazza di bambini di ogni età. Una
parte di lui avrebbe voluto ridere al pensiero: probabilmente la mora
gli avrebbe tirato dietro la poltrona, se avesse saputo dei suoi
pensieri. Molte ragazze non amavano certe cose, ritenendole maschilismo
allo stato puro. Ma per lui, che una vera famiglia non l’aveva
mai avuta, quelle erano alcune tra le più belle e dolci immagini
che la sua mente potesse creare.
Per un momento, uno solo, sulla figura di Martha si sovrappose quella
di un’altra donna. Hakkai fu svelto a cancellarla. Spesso anche
Kanan rammendava le sue camicie. Barlumi di una felicità che a
volte il ragazzo considerava un sogno.
-Finito!- Cinguettò Martha, esponendo il suo lavoro: la camicia
era tornata ai suoi antichi splendori, senza più alcun segno di
scucitura. Suzuki emise un educato pigolio d’approvazione, mentre
Hakuryu fissò l’indumento con fare dubbioso. Quanto
sarebbe resistito un abito integro con quella combriccola? Hakkai
battè educatamente le mani.
-Un lavoro meraviglioso. Ma non era necessario che vi deste tanta pena …-
-Ma si figuri! Io amo cucire. E … per favore, signor Hakkai,
può smetterla di darmi del Lei? Sono la più grande, tra
mia sorella e le mie cugine, ma non sono vecchia!- Hakkai rise.
-Mi pare più che giusto. In fondo, ormai è già un
po’ che le nostre strade si sono incrociate. E, se vogliamo
essere parte dello stesso gruppo, certe formalità possono
considerarsi inutili.-
-Io lo avrei detto in modo meno arzigogolato, ma credo che il punto sia
quello.- Fece Martha, cominciando a ripiegare ordinatamente la camicia.
Hakkai continuò ad osservarla, finché un luccichio alla
mano sinistra non attirò la sua attenzione.
-Siete fidanzata, vero?- Martha alzò il capo per fissare
interrogativamente l’uomo, per poi ricordarsi dell’elegante
anello con diamante che indossava. Lo fissò per qualche istante,
mentre le memorie cominciavano a cadere come la pioggia fuori dalla
finestra.
-No … non proprio.- Mormorò. Hakkai la fissò
confuso. Martha si morse il labbro inferiore, mentre il volto
sorridente di Andrew si faceva strada davanti ai suoi occhi. Come il
rumore delle lamiere. Delle ruote che frenano inutilmente. Degli occhi
di Andrew, di solito così pieni di luce e vita, che si
spegnevano davanti ai suoi.
Semplicemente guardare l’anello che portava al dito le aveva
già appesantito in maniera insopportabile il cuore. E lei sapeva
bene a cos’avrebbe portato ciò. La gola iniziò a
bruciare, come gli occhi. Presto sarebbe scoppiata in una della sue
crisi di pianto. E né Nika, né Lara, né Gaia erano
nei paraggi per aiutarla come al solito. Come quando si era risvegliata
all’ospedale, ed aveva scoperto che l’incidente in auto non
era solo un incubo, ma la dura e fredda realtà, e che non
avrebbe mai più rivisto Andrew. Mai più.
Lo sguardo interrogativo e preoccupato di Hakkai la costrinse a parlare.
-Io … è una storia vecchia e …- Non le
riuscì di continuare. Le lacrime le stavano appannando la vista.
-Scusa.- Mormorò, togliendosi gli occhiali, e cercando di
asciugarsi gli occhi. Hakkai le porse un fazzoletto. Martha
fissò quel sorriso gentile e rassicurante, senza avere il
coraggio di accettarlo.
-Su. Si asciughi gli occhi. Non ha bisogno di spiegarmi nulla. Non avrei dovuto essere così invadente …-
-No no no!- Martha scosse la testa. -Non è colpa tua! Sono io
che … che …- Di nuovo non le riuscì di terminare
la frase. Le labbra di Hakkai erano dolcemente appoggiate alle sue,
calde e morbide. Le ci volle qualche istante, prima che il cervello
registrasse ciò che stava accadendo. Era tanto tempo che un
ragazzo non la baciava …
Si separarono solo pochi istanti dopo, senza fiato per
l’emozione, turbati come adolescenti al primo bacio, insicuri
della reazione l’uno dell’altra. Hakkai, in particolare,
era atterrito. Cosa diavolo gli era preso? Lui, sempre così
tranquillo e riflessivo, forse unico del gruppo di Sanzo a riflettere
prima di agire, aveva fatto una delle mosse più azzardate ed
immature della sua vita. Almeno come Cho Hakkai … Cho Gono era
un’altra storia …
Martha teneva lo sguardo basso, ed un riflesso sugli impediva al ragazzo di vederne l’espressione degli occhi.
-Io … non so che mi è preso … io … volgiate
scusarmi se … sono stato così …- Mormorò il
moro, incapace di formulare una frase di senso compiuto. Il cervello in
totale subbuglio emozionale. Le labbra di Martha tremarono leggermente,
mentre rispondeva.
-Non … non …- Il sangue si gelò nelle vene di
Hakkai. -Non eravamo d’accordo che avresti smesso di darmi del
voi?- Martha alzò il viso, rivendo le guance rosse e gli occhi
lucidi, regalandogli un dolcissimo sorriso. Hakkai non poté fare
a meno di sorridere a sua volta, annuendo col capo, troppo emozionato
per dire qualcosa. Asciugò gentilmente una lacrima dalla guancia
cremisi della ragazza, senza smettere un momento di sorridere. Forse si
sarebbero baciati di nuovo, o forse no, quando la porta si
spalancò di colpo, facendo entrare Gaia e Goku, ignari di aver
appena rovinato, con la loro irruenza, una romantica scena da film.
-TORNEO DI MONOPOLI!!!- Cinguettò la morettina, sventolando una
vecchia scatola di cartone. Goku, non meno agitato, saltellava come un
grillo su e giù.
-MANCATE SOLO VOI!!!- Troppo stupiti per essere infastiditi da
quell’interruzione, Martha e Hakkai si lasciarono trascinare al
piano di sotto dai due ragazzini.
Quando la porte fu chiusa alle spalle dei quattro umani, Suzuki e
Hakuryu si fissarono con occhi sbarrati: che diavolo stava succedendo
ai loro compagni umani? Cos’era questa esplosione ormonale?!
Rimasero allibiti a guardarsi per un po’ di tempo. Poi, scuotendo
le piccole teste, pigolarono depressi. C’erano domande che era
meglio non farsi.
-----
-Bonzo, tu come hai fatto a farti beccare?- Chiese Gojyo, seduto
attorno al tavolo della sala comune, accanto a Nika. Sanzo e Lara erano
seduti lì vicino, Lara ancora coi capelli umidi. Sanzo
sbuffò.
-Sono passato dalla porta principale e mi hanno beccato subito
…- Gaia e Goku si erano messi in testa di giocare una partita a
monopoli tutti assieme. E, come due perfette vedette, avevano
intercettato e costretto ad accettare ogni singolo membro del gruppo.
Ultimi arrivati Martha e Hakkai, che si sedettero davanti a Nika e
Gojyo.
- Allora, a che si gioca?- Chiese il moro, sorridendo come al solito.
-Monopoli! Monopoli!- Saltellò Goku, gioioso come un bambino.
-Va bene, MA STAI FERMO!!!- Ruggì Sanzo, frenando il giovane
demone con un colpo ben piazzato di harisen. Le ragazze, ormai avezze
ai modi di fare del monaco, cominciarono a preparare le schede ed il
piano di gioco, chiacchierando allegramente. Sanzo non si lasciò
sfuggire le occhiate che si lanciavano di tanto in tanto Hakkai e
Martha. Come non si era fatto scappare il sorriso che vestiva il demone
dagli occhi verdi da quando era entrato nella stanza: caldo, sereno.
Davvero felice. Un sorriso che non ricordava di aver mai visto prima
sulle labbra dell’amico.
-Allora, iniziamo? Tiro io per primo!- Fece Goku, prendendo in mano i dadi. Gojyo lo prese per la collottola.
-E chi lo ha deciso, eh, scimmia?!-
-Hey! Lasciami, stupido kappa pervertito! Aspetta il tuo turno!-
-Niente storie! Sono più vecchio di te, quindi ho diritto ad
iniziare per primo!- Pochi istanti, ed i due ragazzi si erano tuffati a
capofitto in una delle loro solite baruffe. Sanzo cominciò a
mettere mano alla S&W. Tra un calcio e un pugno, Goku riuscì
ad impossessarsi dei dadi, quando Gaia glieli prese di mano.
-HEY!!!- Ruggirono in contemporanea i due litiganti, offesi che qualcun
altro si fosse appropriato dell’oggetto della loro contesa. Gaia
li fissò male, bloccando ogni protesta.
-Siete proprio dei maleducati! Non ci siamo ancora tutti, quindi non possiamo ancora giocare!-
-E chi diavolo sarebbe che manca?- Sbuffò Goku, offeso. Gaia indicò le scale.
-Allora, ti decidi a scendere? Manchi solo tu!- Caleb scese lentamente
i gradini, titubante. Gli occhi dorati saettavano da uno
all’altro dei suoi “sequestratori”, indeciso sul da
farsi. Notandone il turbamento, Nika e Lara fecero un po’ di
spazio al tavolo, mentre Gaia e Goku recuperavano una sedia. Seppur
intimidito, Caleb si avvicinò, e prese posto al tavolo. E dopo
pochi istanti di silenzio, Goku e Gaia si erano lanciati nella
spiegazione del gioco.
-----
Rigel osservava Shiba, ben attenta a non mostrarsi. Anche se Artemius
lo aveva preso come loro alleato, lei non si fidava. E Shiba lo sapeva
bene. Per questo il demone lupo non calava mai la guardia, in presenza
della ragazza. Anche adesso che stava seguendo una pista, olfatto e
occhi concentrati sul terreno, alla ricerca di tracce. Le sue sensibili
orecchie monitoravano ogni rumore, nel tentativo di anticipare un
eventuale attacco.
E non faceva male. Rigel aveva già soppresso più volte il
desiderio di usare la sua falce sul collo del demone, e non era del
tutto sicura che ci sarebbe riuscita ancora per molto.
Era quasi una settimana che la ragazza ed il demone lupo viaggiavano
assieme, seguendo le tracce di Caleb. Artemius li aveva mandati a
spiare. E Rigel non aveva mai sentito così forte il desiderio di
disobbedire.
I suoi occhi dorati scrutarono il demone, la mano tentata a muoversi verso la cintura, dove stava la sua arma.
Sapeva la storia di Shiba. Artemius stesso gliel’aveva
raccontata. Un demone lupo cacciato dal proprio branco, per aver ucciso
un compagno. Un crimine dei più orrendi, per i demoni lupo.
Gente per cui il branco è tutto, e tutto deve essere fatto per
il suo bene. Il branco è famiglia, compagni, e sicurezza.
Uccidere un membro del branco, era come uccidere un fratello. Un
crimine gravissimo, che porta la peggiore delle punizioni, per un
demone lupo: lasciare il branco, per sempre.
Un demone lupo da solo, non sopravvive a lungo. La forza di quel genere
di demoni era il lavoro di squadra ed il numero. Singolarmente, un
demone lupo non vale molto. Lasciare il branco, è come essere
condannati a morte.
Ma Shiba non si era arreso, e si era costruito un suo branco, radunando
altri reietti della sua specie. Lupi cacciati dal loro branco per
questo o quel crimine, carichi di rabbia e voglia di vendetta. Tutti
esseri subdoli, dal primo all’ultimo.
Così la vedeva Rigel. E non si fidava. Non ci si poteva fidare
di chi colpisce un proprio compagno. Per questo non poteva abbassare al
guardia con Shiba.
Una tenaglia sembrò serrarle il cuore. Gli occhi di Caleb,
dorati come i suoi, che fissavano stupiti Artemius, mentre il sangue
gli colava dalla ferita al ventre.
“Andrà tutto bene. Non ti lascio. Ricordalo.”
Non poteva fidarsi di Shiba. Per lo stesso motivo per cui, ora, non poteva fidarsi neppure di Artemius.
-Fine capitolo 17-
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Capitolo 18 *** Scelte. ***
cap18
Natale è passato, ma ho deciso di farvi un regalo lo stesso...
ecco il capitolo 18! credetemi, per me è un record... ed il 19
è in corso... ringrazio Lav_92, da qualche capitolo mia unica
commentatrice...^_^ grazie milleeeee!!! Hey, ma non c'è nessun
altro che mi voglia dire qualcosa su stà storia? vi piace, non
vi piace, mi devo dare al punto croce? fatemi sapere!!!
bhe, auguri ancora, e buona feste!!!
Capitolo 18
-Scelte.-
La mattina, la pioggia aveva smesso cadere. Un sole leggermente malato,
faceva scintillare le gocce d’acqua che ornavano come perle
alberi ed erba, trasformandoli in gioielli verdi e trasparenti.
Uno spettacolo che sarebbe sparito una volta che il sole fosse diventato più forte.
Caleb lo osservava dalla finestra della sua stanza, le sopracciglia,
dello stesso colore argenteo dei capelli, aggrottate. Il pensiero
rivolto alla sera prima, ed alla prima partita a monopoli della sua
vita. Non ricordava da quanto non si era divertito così. Anche
se non aveva mai riso apertamente, per quasi tutta la serata aveva
sorriso. Cosa inusuale per uno come lui, che di solito non mostrava mai
apertamente le sue emozioni.
Un passero, inzuppato fino alle ossa, cercò rifugio sul
davanzale, tutt’altro che spaventato dalla presenza del demone.
Caleb rimase a guardarlo, attento a non fare movimenti bruschi che
avrebbero potuto spaventarlo.
Non ricordava più né da quando, né perché
avesse iniziato a nascondere le sue emozioni. Eppure, lui e Rigel, da
bambini, erano un continuo coro di risate. Risate a cui si univa anche
la piccolissima Maya, che sapeva appena camminare. Consapevoli di
essere demoni diversi dal comune, a causa dei loro occhi dorati, ma mai
affranti da ciò.
Ricordi, felici, sereni, di un’infanzia passata, gli
attraversarono la mente. Lui che rincorreva Rigel nel cortile del
grande palazzo, sotto lo sguardo attento e protettivo di Artemius e
Grima. I loro fratelli maggiori. Gli unici altri membri della loro
specie. L’unica famiglia che avesse mai conosciuto. Da quando era
cambiato tutto? Da quando …
Il passero cominciò a cantare, felice del sole che gli asciugava le piume.
Da quando Artemius era diventato una belva senza scrupoli, disposta ad
uccidere i propri fratelli? Il volto sorridente di Rigel gli
passò davanti, assieme a quello innocente della piccola Maya.
Il passero volò via, come spaventato dal turbamento interiore di Caleb.
Il demone strinse il pugno. Doveva fare qualcosa. Finché era ancora in tempo.
-----
-Ecco fatto! Ora puoi guardarti allo specchio, se vuoi.- Martha
gettò le bende nella bacinella, e passò una mano tra i
capelli di Gaia. La ragazzina prese un piccolo specchio in mano, ed
emise un gridolino di gioia: non avrebbe mai creduto di potersi
rivedere senza bende in testa. Finalmente, sarebbe riuscita a
pettinarsi senza rischiare di sradicare l’intero cuoio capelluto
…
-A me una spazzola!- Rise, scatenando anche l’ilarità di Nika, che si trovava nella stessa stanza.
-Ah, mi mancherà il tuo look da Rei di Evangelion …-
-Dovresti guardare meno cartoni animati …- Commentò Lara,
dando un’ultima sistemata alla sua borsa. La sera prima, di
comune accordo, i quattro ragazzi e le loro nuove compagne di viaggio,
avevano deciso di ripartire. Martha aveva dato il suo benestare anche
per Caleb: le sue ferite erano ormai quasi del tutto guarite, non
c’era motivo per non continuare il viaggio.
Il rumore di qualcuno che bussava alla porta interruppe la replica
della rossina. Pochi istanti, e Hakkai e Sanzo entrarono nella stanza.
-Pronte per la partenza?- Chiese il moro, mentre Gaia cinguettava come un fringuello, mostrando i capelli liberi dalle bende.
-Hakkai! Guarda! Guarda!- Il demone dagli occhi verdi sorrise di fronte alla felicità della ragazzina.
-Sta molto bene, signorina Gaia. E credo che anche Goku sarà
felice di vederla così …- Gli occhi azzurro mare di Gaia
s’illuminarono.
-Dov’è? Voglia fargli vedere come sto adesso!-
-Non fare la vanitosa, adesso …- La rabbonì dolcemente
Lara, in realtà bene felice di rivedere sua sorella
completamente sana. Quelle bende erano come una prigione per la
diciasettenne …
-La scimmia è con il kappa a sistemare le cose su Hakuryu.- Fece
Sanzo. Neppure il tempo di finire la frase, che Gaia era schizzata
fuori dalla stanza. Si portò esasperato una mano sulla fronte.
-Tsè! Mocciosi …-
-Bhe … uhm … vado anch’io giù a …
sistemare i bagagli.- Borbottò Nika, nascondendo molto male un
certo imbarazzo colpevole. Non appena Sanzo aveva nominato la parola
“kappa“, le si erano come rizzate le antenne. -Vieni,
Suzuki!- La draghetta nera, fino ad allora appollaiata sulla testata di
un letto, pigolò felice, e precedette la padrona in volo. Nika
stava per uscire dalla porta, ma la voce di Lara la fermò.
-Nika?-
-Sì?-
-I bagagli.- La bionda indicò le borse e le valigie pronte, che la rossa neanche aveva sfiorato. Nika arrossì.
-Ehm … sì, certo, li prendo subito.- Preso in fretta e
furia quanto poteva trasportare, la ragazza si fiondò fuori
dalla camera, quasi investendo Caleb. Il demone dagli occhi dorati
fissò stupito la rossina, finché non sparì alla
sua vista. Poi entrò nella stanza.
-Hey. Vedo che ti sei già svegliato. Come va la ferita?- Lo
salutò Lara, regalandogli un mezzo sorriso. Lui rispose con un
cenno del capo.
-Molto bene. Grazie.-
-Noi partiremo tra poco.- Annunciò Martha, mentre chiudeva
l‘ultima borsa. -Vuoi che ti dia un’ultima occhiata alla
fasciatura o …-
-No, no, davvero. La medicazione è a posto. Il motivo per cui
sono qui è un altro …- Rispose Caleb, voltandosi poi
verso Hakkai e Sanzo. -So come potervi aiutare …-
-----
L’ordine era stato chiaro. Illogico, ma chiaro. Rigel e Shiba
dovevano tornare al tempio nella caverna. Rigel avanzava per il tunnel,
dietro al demone lupo, la mente rivolta all’ultima volta che lo
aveva percorso. Era con Caleb, di ritorno dalla missione in cui avevano
perso Grima.
Una stretta al cuore. Grima poteva essere viscido, infido e mentalmente
disturbato con le esplosioni, ma aveva cresciuto lei e Caleb, e gli era
affezionata. Parlava raramente il demone mingherlino. Gli occhi dorati
grandi, sempre spalancati, con una lieve luce di follia. Ma era lui che
raccontava storie divertenti a lei e Caleb prima di andare a letto, e
creava loro giochi sempre nuovi, da animaletti di legno, a bambole di
pezza. Era comunque un membro della famiglia.
Le pareti rocciose erano venate di verde, e presto entrarono nel tempio
sotterraneo. Maya corse subito incontro alla ragazza, i grandi occhi
dorati felici di vedere quella che considerava la sua sorella maggiore.
Rigel al prese in braccio, sorridendo suo malgrado. La più
giovane rappresentante della loro specie. La sua sorellina,
l’unica cosa che ora riusciva a donarle un sorriso.
-Hai fatto la brava mentre non c’ero, Maya?- La piccola annuì.
-Sì. Ho fatto tutto quello che mi ha detto Artemius …-
Subito arrivò anche lui. Gli occhi dorati freddi ed illeggibili.
-Avete fatto presto.- Commentò, facendo passare lo sguardo da Rigel a Shiba. La ragazza annuì.
-Perché ci hai richiamati? Ormai lo avevamo quasi trovato
…- Artemius la bloccò con un cenno della mano. Poi si
rivolse alla bambina che lei teneva in braccio.
-Non è bello parlare di lavoro davanti ai bambini. Maya,
perché non vai a giocare per qualche minuto? Poi Rigel
potrà stare un po’ con te.- La piccola fece scorrere
più volte lo sguardo da Artemius a Rigel, per poi soffermarsi
sulla giovane donna.
-Forza.- Si sforzò di sorridere questa. -Artemius ha della cose
molto importanti da dirmi. Ti raggiungerò tra poco.-
-Promesso?-
-Promesso. Ora vai.- Pur non del tutto convinta, la bambina scese, e
sgambettò via. Rigel la seguì con lo sguardo,
finché non scomparve in una delle stanze che contornavano il
tempio sotterraneo. Poi si rivolse di nuovo al suo capo.
-Allora? Perché ci hai interrotto? Avevamo quasi trovato Caleb!-
-Non l’ho più ritenuto necessario.- Sorrise freddo il
demone. Rigel non poté non rabbrividire di fronte al tono di
voce gelido e privo di emozioni del demone. -Sarà lui a venire
da noi.- Gli occhi dorati della ragazza si spalancarono per la
sorpresa, per poi tornare normali non appena questa rimise sotto
controllo le proprie emozioni.
-Cosa dobbiamo fare?-
-Tu, cosa devi fare.- Sottolineò il demone dai capelli marroni e
neri. Rigel rabbrividì, mentre un‘orribile presentimento
si faceva strada dentro di lei. -Ucciderlo.- Gli occhi sbarrati della
giovane donna demone lo fecero sorridere. -Non si lascia in vita un
traditore. Neppure se si tratta di un nostro fratello.- Finalmente,
Rigel esplose.
-Ma … che stai dicendo? Caleb … lui … non è
un traditore! È nostro fratello! È uno della nostra
specie è …-
-È diventato un grande amico del gruppo del bonzo e di Quelle.-
Sibilò il demone più anziano. La voce, solitamente
fredda, tagliata in due, tra il disprezzo e la rabbia. -Ora è
solo un traditore della nostra causa. Ed è compito tuo non
lasciarlo impunito.- E, detto ciò, si allontanò,
lasciando Rigel da sola con le sue emozioni in tumulto.
-----
-E tu vorresti andare da quelli che ti hanno ridotto in quello stato
pietoso, dirgli che il tuo capo è pazzo, e convincerli a non
romperci più le scatole?- Gojyo era quantomeno esterrefatto.
Tutto il gruppo di Sanzo e le quattro ragazze si era riunito, e aveva
ascoltato la proposta di Caleb. Ovvero andare nel suo rifugio, e
convincere i suoi compagni dello sbaglio che stavano commettendo
seguendo Artemius.
-Sì.- Rispose Caleb, come se si fosse trattata della cosa
più naturale di questa terra. Il mezzo demone si batté
una maso sulla faccia.
-Ma solo a me questa cosa pare ridicola!?- Hakkai fissò il demone dai capelli argentei negli occhi.
-Sei certo di avere qualche possibilità?- Caleb annuì.
-Rigel ha sempre eseguito alla lettera gli ordini di Artemius …
ma anche lei ha cominciato ad avere dei dubbi. Abbiamo sempre seguito
le istruzioni di Artemius, in ogni frangente. Non avevamo scelta. Ma
adesso … i suoi ordini sono sempre più strani, e lui
… è sempre più violento. Ed io ne sono la prova.-
Fece una pausa. -Non so se Rigel finirà con lo stare dalla
nostra parte … ma è l’unica persona vicina ad
Artemius di cui mi posso ancora fidare … spero. Se non altro,
credo di riuscire ad ottenere qualche informazione sui piani di
Artemius.- Il solo pensiero di non potersi fidare neppure della ragazza
che considerava una sorella, era come una pugnalata al cuore del demone.
-Ma chi ci dice che ci possiamo fidare di te?- Sibilò Sanzo,
schiacciando una sigaretta nel portacenere. Gli occhi di Caleb
scintillarono.
-Nessuno. Ma di certo la mia lealtà non sarà più verso qualcuno che ha cercato di uccidermi.-
-Ancora una cosa.- Fece il monaco. Gli occhi violetti freddi e
taglienti. -Il villaggio dei demoni. Tu sai chi li ha attaccati, vero?-
Caleb sospirò. I pugni stretti con forza.
-Non ne sono sicuro. Ma conosco solo due demoni che farebbero una cosa
del genere al loro stesso popolo …- Gli occhi dorati si
assottigliarono, minacciosi. - … e posso giurarvi che, se mi
capitassero tra le mani, non vivrebbero tanto da vedere la luna
nuova.- Il primo cenno di aggressività che la compagnia avessero
visto, dal giorno in cui lo avevano ritrovato nel villaggio distrutto.
Una rabbia più che comprensibile, e che sentivano anche loro. La
domanda, però era un’altra: potevano fidarsi davvero di
Caleb? Sanzo lanciò un’occhiata ai suoi compagni. Hakkai
fece un cenno d’assenso. In fondo, che avevano da perdere?
-----
-Allora ci lasciamo qui?- Domandò Gaia, decisamente rattristata
dalla partenza di Caleb. Il demone dai capelli argentei la fissò
stupito. Sia lei che Goku si erano davvero affezionati a lui, e questo
non faceva altro che stupirlo sempre di più. Specie se pensava
all’ambito in cui si erano conosciuti … cercare di
uccidere una persona al primo incontro, non era esattamente la migliore
premessa per un’amicizia. Caleb sorrise suo malgrado. In quel
gruppo le contraddizioni sembravano essere la norma … bastava
guardare chi lo guidava.
-Sì. Voi continuate col vostro viaggio. Io cercherò di
contattare Rigel.- Rispose il demone. -Se avrò fortuna …
ci rincontreremo presto.- Sanzo annuì. Lara tese una mano a
Caleb.
-Buona fortuna, allora.- Il demone esitò un momento, poi la strinse con decisione.
-Anche a voi.- Un ultimo eco di “in bocca al lupo”, e Caleb
scomparve alla vista del gruppo, ormai allargato, di Sanzo.
-Dite che abbiamo fatto bene? A lasciarlo andare via da solo, intendo
…- Chiese Nika, senza nascondere una nota di preoccupazione.
-Se la caverà.- Fece Gojyo, portandosi le mani dietro la nuca. -E poi è stata una sua scelta.-
-Speriamo che questa scelta non gli faccia rischiare troppo le penne
…- Borbottò Lara, legando i lunghi capelli biondi in una
coda. Tutti rimasero fermi per qualche minuto, pensando a quello che
ormai consideravano un nuovo amico.
-Bhe, direi che è ora di partire.- Sospirò alla fine
Hakkai, lasciando che Hakuryu volasse giù dalla sua spalla per
trasformarsi. Suzuki ne seguì subito l’esempio. Seppure
leggermente a malincuore, gli otto viaggiatori salirono sui propri
mezzi. Ma, come a voler suggellare il mescolamento dei due gruppi,
Martha prese il posto di Sanzo accanto ad Hakkai su Hakuryu, mentre
Gaia e Goku sedevano nei due posti dietro. Lara e Sanzo, invece, si
sistemarono su Suzuki, pronti a soffocare gli ormoni di Nika e Gojyo,
ogni qualvolta rischiavano di prendere il sopravvento. Con sommo
dispiacere dei due pel di carota.
-----
Caleb lanciò un ultimo sguardo alle due jeep, per poi avviarsi
per la sua strada. Rapido come il veno, saltava da un albero
all’altro, da una roccia ad ramo, poco più di un’
ombra nella boscaglia. Sperava ardentemente che le speranze dei suoi
nuovi alleati fossero ben riposte.
Si sforzò di scacciare indietro il pessimismo: Rigel non avrebbe rifiutato di aiutarlo.
“Andrà tutto bene. Non ti lascio. Ricordalo.”
No. Se esisteva una sola persona, al mondo, che lo avrebbe ascoltato,
quella era Rigel. E Maya, ovviamente. La sua sorellina. Il suo
batuffolo di allegria. Le avrebbe portate via. Le avrebbe salvate,
prima che Artemius pensasse di fare del male anche a loro. La ferita al
ventre pulsò dolorosamente. Come aveva fatto a lui.
Aumentò la velocità.
E poi … c’era anche un altro particolare: la gente del
villaggio demone. Lui aveva un’idea molto precisa, di chi
potevano essere i colpevoli di quella strage. Coi demoni lupo di Shiba
sterminati, restavano solo “quei” demoni …
Perso nei suoi propositi, non si accorse del lupo che lo stava spiando tra i cespugli del bosco …
-----
Viaggiarono a lungo, Suzuki che precedeva Hakuryu sulla strada
sterrata. La jeep nera sembrava apprezzare molto di più del suo
“collega” il brivido della strada selvaggia. Un po’
come la sua autista. L’aria era molto calda, più che
estiva. E, per una volta, Sanzo usava il suo Harisen non solo sulle
teste dure, ma anche come vero e proprio ventaglio. Il solito allegro
caos regnava attorno alle due vetture, accompagnato dalle solite
minacce di morte e colpi di pistola del monaco. Almeno finché
Suzuki non frenò di colpo.
Sanzo andò a sbattere il naso contro il sedile anteriore, ed iniziò a bestemmiare in più lingue.
-MA COSÈ QUESTA, UN’ABITUDINE?!- Nel posto a fianco, Lara
gli fece gentilmente compagnia, avendo a sua volta fatto la conoscenza
del duro sedile anteriore. Hakkai fermò Hakuryu, mentre Gaia si
alzava in piedi, nel tentativo di capire cosa avesse frenato Nika. Le
bastò un’occhiata. Gli alberi che costeggiavano la strada
si aprivano su un’incantevole prato, attraversato da un largo e
tranquillo fiume, le cui acque cristalline rispecchiavano il colore
stesso del cielo, così placide e lente da apparire immobili.
Farfalle variopinte svolazzavano su fiori dai colori altrettanto
sgargianti, di specie a Nika, Lara, Gaia e Martha completamente
sconosciuti.
Un piccolo angolo di paradiso, che sembrava stato buttato lì per
sbaglio. Nessuna sorpresa che Nika vi si fosse impalata davanti.
Senza neanche dare il tempo agli altri di obbiettare, Nika, Gaia e
Goku, eccitato quanto le due ragazze, schizzarono fuori dalle auto,
verso il fiume.
-Tsk! Mocciosi …- Ghignò Gojyo, spostando
l’onnipresente sigaretta da una parte all’altra delle
labbra. Ma non appena vide Nika sfilarsi la maglietta per tuffarsi tra
le placide acque del fiume, partì talmente veloce da lasciare il
mozzicone sospeso per aria. Inutili i richiami di Martha e Hakkai, e
ancora meno le minacce di Sanzo e Lara. I quattro erano come persi nel
piccolo paradiso terrestre.
Suzuki, senza autista, pigolò confusa, quasi a voler chiedere
cosa dovesse fare. Lara si sporse verso il posto di guida, e le diede
una pacca consolatrice sul volante.
-Scusa piccola … ripartiremo appena la tua padrona si
sarà ripresa dall’attacco d’infantilismo acuto.-
Hakkai fece affiancare Hakuryu, sul viso un sorriso divertito.
-Potremmo anche non ripartire … tra meno di un’ora
calerà il sole, tanto vale accamparsi.- Lara osservò il
cielo. L’azzurro diurno stava già iniziando ad assumere
tonalità bluastre, mentre i raggi di sole avrebbero garantito
ancora per un po’ la luce.
-E sia.- Fece la bionda, scendendo da Suzuki. Sanzo la seguì
borbottando, ed entrambi si diressero a recuperare i rispettivi pel di
carota. Lara fece una bella lavata di capo alla cugina, piantandole in
testa, con qualche sonoro pugno, quanto fosse inappropriato fare un
bagno a quell’ora. Mentre il bonzo si “limitò”
a mettere la testa del kappa sott’acqua “quel tanto da
raffreddare i bollenti spiriti”. una volta inviati i due
depravati della compagnia ad aiutare Hakkai e Martha coi bagagli, i due
biondi riversarono la loro attenzione sui due membri più giovani
del gruppo.
Goku e Gaia stavano saltellando da una roccia all’altra del guado
del fiume, rischiando più volte di finire a mollo. Esattamente
come bambini.
-Hey, sorellina!- Chiamò Lara, più esasperata che
arrabbiata. -Torna qui! Rischi di cadere …- la morettina fece
appena in tempo a voltarsi verso Lara.
-Cosa?-
SPLASH!
Gaia perse l’equilibrio, e nella foga di trovare un appiglio,
agguantò Goku, ed entrambi finirono a bagno. Lara si
batté una mano sulla fronte.
-Lo avevo detto io …- I due ragazzini schizzarono fuori
dall’acqua ad un tempo di record, tremando e battendo i denti.
-FreddoFreddoFreddoFreddo!!!- Sanzo non si scompose di una virgola. Per
una volta, poteva anche evitare di punire la scimmia: il freddo era
già di per sé un’ottima punizione.
-Mocciosi …- Si limitò a commentare, seguendo con lo
sguardo i due ragazzini che sfrecciavano dalle jeep, alla disperata
ricerca di coperte e abiti asciutti. Lara, intanto, fissava
l’acqua. Fredda. Calma, quasi immobile … come quella di
una fontana. Una vena si disegnò in rilievo sulla fronte della
biondina, mentre le tornavano alla mente alcuni ricordi …
piuttosto bagnati. Di una fontana, un kappa e un monaco pistolero.
Sanzo sentì un dito ticchettargli su una spalla. Scocciato, si voltò.
-Sì?- Non ottenne risposta: solo due mani che gli diedero una
spinata secca, facendolo cadere a mollo. Gli occhi violetti spalancati
quasi fuori dalle orbite, più per la sorpresa che per il freddo
dell’acqua. Lara, da parte sua, aveva iniziato a ridere come
un’idiota. Smise solo per rispondere alla muta domanda delle
iridi del bonzo.
-Questa è per il bagno in fontana. O credevi che me ne fossi già scordata?-
-Allora dovevi prendertela anche col kappa! È stata anche colpa
sua!- Ringhiò il bonzo, ancora troppo stupito del gesto della
ragazza, per essere furioso. Lara scosse il capo, sempre cercando di
non ridere.
-Ma la colpa maggiore è stata comunque la tua. Sei stato tu a
metterti a sparare e fare tutto quel casino.- Sanzo sbuffò come
un toro, ben consapevole della propria colpevolezza, almeno in quel
frangente. Fischiettando e ridacchiando, Lara fece per andarsene dagli
altri, un paio di braccia la presero di peso. -YEP!!! Lasciami subito,
prete! LasciamiLasciamiLasciami!!!- Sordo alle grida di protesta della
bionda, e, per una volta, non curandosi di correggerla, Sanzo la prese
di peso, e la buttò a sua volta in acqua. Soddisfatto,
strofinò una mano con l’altra.
-Fatto. Ora siamo pari.- I lunghi capelli biondi di Lara, ora fradici,
impedivano di vederne il viso. Ma il flebile ruggito che uscì
dalle sue labbra avrebbe terrorizzato un orso.
-GRANDISSIMO BASTARDO!!!- Urlò, cominciando a tirare acqua al
bonzo. Preoccupati per le grida, Hakkai, Martha, Gojyo e Nika erano
accorsi. E solo per lo stupore s’impedirono di scoppiare a
ridere. Sanzo e Lara si erano lanciati in una battaglia di spruzzi
d’acqua, cercando di bagnare il più possibile
l’altro, condita da insulti e bestemmie di ogni tipo.
Un enorme gocciolone di disappunto scese dalle nuche dei ragazzi, raggiunti anche da Goku e Gaia, ben imbacuccati in coperte.
-Non è giusto! E poi danno a noi dei mocciosi …- Sbuffarono, mentre Nika e Gojyo ringhiavano, risentiti.
-Ma come?! Loro possono e noi no?!?- E, senza perdere tempo, si
lanciarono anche loro nella battaglia acquatica, seguiti anche da Goku
e Gaia. Hakkai si sistemò il monocolo, che gli era quasi caduto,
e sorrise, rivolgendosi a Martha.
-Quanti raffreddori pensi che si beccheranno?-
-Molti.- Rispose la mora, raccogliendo le coperte lasciate dai due
ragazzini. -Per questo sarà meglio che andiamo ad accendere il
fuoco.- Suzuki e Hakuryu, in versione drago, pigolarono depressi dal
ramo di un albero.
-----
Non gli ci volle molto, per trovare l’entrata del tempio
sotterraneo. In fondo, ci aveva vissuto per lungo tempo. Caleb avrebbe
potuto entrare in centinaia di grotte, ma sarebbe sempre riuscito a
trovare l’entrata del tempio.
Accarezzò una delle venature verdi della roccia, ricordando
l’ultima volta che era stato lì. Il dolore per la morte di
Grima ancora pulsante, come una ferita aperta.
Arrivò ad una svolta, ed un sibilo secco lo mise all’erta,
appena in tempo per evitare una falce. Una falce che conosceva anche
troppo bene …
-Hai sempre avuto una pessima mira al primo colpo, Rigel.- La ragazza
demone uscì dall’ombra. Gli occhi dorati riverberanti nel
buio del lungo corridoio. Con uno strattone alla catena della falce,
recuperò la sua arma.
-Vero. Ma al secondo non sbaglio mai.- Rapida, si scagliò contro il suo compagno, che scansò agilmente il colpo.
-Dovresti rimetterti ad allenarti un po’, sorellina … sei fuori allenamento.-
-Non accetto critiche da un traditore!- Ruggì Rigel, inferocita.
Le mani le tremavano vistosamente, la rabbia appena tenuta a freno. I
canini aguzzi luccicanti nella penombra. Caleb strinse le palpebre,
fino a far diventare gli occhi poco più di schegge dorate. Si
aspettava un’accoglienza simile, doveva ammetterlo. Meno,
però, si aspettava di trovare Rigel così sconvolta. In
silenzio, la giovane donna demone attaccò ancora, più e
più volte. Ed ogni volta, Caleb scansava, senza mai
contrattaccare.
Poi, Rigel si fermò, ansimante più per le emozioni che le
opprimevano il petto, che per lo sforzo fisico. Si sentiva quasi
soffocare, la gola le doleva per quanto aveva trattenuto il pianto.
Voleva piangere. Urlare al mondo, e, soprattutto, al demone dai capelli
argentei che aveva di fronte.
“Perché?!”
Perché, perché Caleb li aveva traditi? Perché si
era unito ai loro nemici, ed era venuto sin lì, esattamente come
predetto da Artemius? Se almeno non si fosse presentato … se se
ne fosse rimasto coi suoi nuovi amici, e non fosse venuto fin lì
… lei non sarebbe stata costretta ad ucciderlo.
-Stai peggiorando, sorellina …- Sibilò il giovane, provocatorio.
-NON CHIAMARMI COSI’!!!- Ruggì la ragazza, infuriata,
lanciandosi nell‘ennesimo assalto. -SOLO IL MIO COMPAGNO POTEVA
FARLO!!! E TU NON LO SEI PIU’!!! SEI SOLO UN MALEDETTO TRADITORE
…-
-Traditore?- Ringhiò Caleb, bloccandole un polso, e fermando il
suo attacco. -Io sarò un traditore, ma vedo che Artemius
continua a far fare agli altri il lavoro sporco!-
-N … non è vero …- Mormorò la ragazza, con
un filo di voce. Le pupille di Caleb si fecero più sottili per
la rabbia, mentre la mano si stringeva più forte attorno al
polso di Rigel.
-Ah sì? E allora perché ci sei tu, qui a combattere
contro di me, e non lui? Eh?- Le parole di Caleb erano dure. E vere.
Rigel non riuscì a rispondere. Le lacrime, trattenute fino ad
allora, cominciarono a rigarle il volto.
-… Perché? Perché ci è dovuto accadere
tutto questo?- L’espressione furiosa di Caleb si addolcì.
Il mondo di Rigel le stava letteralmente crollando sotto i piedi. Come
era successo a lui, quando Artemius lo aveva ferito quasi a morte. E
lui non era lì per lasciarla cadere in quel baratro. Ma per
tirarla fuori. Per aiutarla. La presa sul polso della ragazza si
allentò.
-Artemius è cambiato.- Mormorò, mentre Rigel alzava
appena gli occhi su di lui. -Non so che gli sia preso. Ma ormai
è chiaro che la sua è un’ossessione. Ho parlato con
quelle ragazze. Sono comuni donne umane, né più né
meno. E non hanno nulla contro di noi. Artemius sbaglia. Non saranno
loro a causare la nostra fine. E neppure di Lui.-
-Ma … Artemius ha detto che …-
-Lo so. Ha detto anche che hanno il potere di sigillare Lui di nuovo.
Ma non lo faranno.- Caleb sospirò. -Loro neppure sanno chi sia
Eon … e tanto meno come rinchiuderlo. Sanno a malapena di avere
dei poteri … Rigel, loro non sono nostre nemiche!- Gli occhi
dorati di Rigel si spalancarono a dismisura. Com’era possibile?
Artemius aveva ripetuto, per mesi, anni, che le quattro ragazze venute
da Gaya sarebbero state la loro rovina. Che l’unico scopo che
avevano, fosse quello di sigillare di nuovo Eon, il loro creatore, la
creatura che aveva dato loro la vita, proprio ora che stavano per
liberarlo. Che stavano per vedere, per la prima volta, il loro vero
padre in volto … Rigel scosse il capo.
-Ma … allora … perché Artemius …-
-È eccessivamente ossessionato.- Fece Caleb. -O forse,
l’anomalia che ha colpito i demoni comuni, ha colpito anche lui.-
Un altro sospiro gli scappò dalle labbra. -In fondo, sappiamo
ben poco di quel che siamo. Non siamo umani, ma neanche demoni
normali.- I demoni si riproducono come gli esseri umani. Ma per loro,
era stato diverso. Erano nati dalle rocce, durante particolari notti di
luna piena. La mano che teneva il polso della ragazza era ormai una
stretta rassicurante. -Rigel, non possiamo combatterci …
dobbiamo restare uniti. Devo saperlo. Sei con me … o contro di
me?-
-Io …- Mormorò Rigel, troppo shockata dalle rivelazioni del suo ex compagno.
-Ma guarda guarda …- La voce maligna di Shiba echeggiò
per la grotta, interrompendo il filo logico dei pensieri dei due
ragazzi.
-Shiba.- Sibilò Rigel, lo shock momentaneamente dimenticato in
favore del suo odio verso il demone lupo. -Che diavolo ci fai qui?-
Questi Ridacchiò.
-Artemius immaginava che non avresti avuto il fegato di fare fuori il
tuo ex compagno. Così mi ha mandato a … darti una mano.-
-Non ce n’era bisogno.-
-Davvero?- Sghignazzò Shiba. -A me sembra proprio di sì
… il tuo amico è ancora vivo … forse devo
darti una mano?-
-Non osare interferire!- Ringhiò la mora di rimando,
interiormente disperata. Lo sapeva da quando Artemius le aveva dato
quell’ordine, che non sarebbe mai riuscita ad uccidere Caleb.
Adesso, davanti al nuovo lecchino del suo capo, che diavolo poteva fare?
Shiba, dal canto suo, sfoderò i lunghi artigli.
-Non ti preoccupare. Mi ringrazierai dopo!- Ed in un istante, Shiba era
partito all’attacco di Caleb. Il demone dai capelli argentei non
si fece trovare impreparato. Rapido, evitò l’attacco, e
tutti gli altri che seguirono.
Rigel rimase bloccata, come in trance. I suoi occhi vedevano il
combattimento, ma il suo cervello non riusciva a funzionare, troppo
combattuto tra due volontà. Aiutare il compagno di giochi di una
vita, o eseguire gli ordini del suo capo.
La falce cadde a terra, mentre si portava le mani alla testa.
Che diavolo doveva fare? Che diavolo doveva fare?
Si lasciò cadere in ginocchio.
Aiutare o ubbidire?
Il cervello come diviso in due, mentre quelle tre parole le rimbalzavano nella testa.
Aiutare o ubbidire?
La lotta intanto continuava.
Caleb iniziò a cedere. Le ferite ricominciarono a dolere,
rimarginate, ma non del tutto guarite. Rigel era sempre immobile.
Aiutare o ubbidire?
Shiba si era subito reso conto della perdita di velocità del suo
avversario, ed aveva iniziato ad attaccare con ancora più foga.
I graffi sul corpo del demone dagli occhi dorati si moltiplicavano di
secondo in secondo.
Aiutare o ubbidire?
Un pugno, infine, colpì Caleb in pieno stomaco, facendogli
sputare sangue. Rotolò a terra, mentre ogni fibra del suo corpo
urlava di dolore. Con orrore, vide Shiba troneggiare su di lui,
trionfante.
-Finalmente hai smesso di correre …- Rigel continuava a fissare
il terreno, le mani tra i capelli, tremante. Alcune lacrime
cominciarono a rigarle il volto.
Aiutare …
-Sai che ora è, vero?- Ghignò il demone lupo, fissando
negli occhi Caleb. -L’ora che MUORI!- Ruggì, alzando gli
artigli in aria.
… o ubbidire?
-Fine capitolo 18-
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Capitolo 19 *** Sentimenti e fuochi d'artificio. ***
cap19
Heilà! Ecco qui un nuovo capitolo! Lo so mi ci è voluta
una vita per scriverlo … la verità è che
l’ho modificato moltissimo, specie in relazione a quello che
intendevo fare all’inizio. Ho tagliato e aggiunto molte cose,
specie per quel che riguarda il rapporto tra i personaggi, ed ho
inserito due nuovi personaggi, ce incontrerete a fine capitolo …
;-P
Buona lettura!
Capitolo 19
-Sentimenti e fuochi d’artificio.-
Caleb si aspettava di sentire gli artigli di Shiba trafiggerlo. Ma non
arrivarono mai a sfiorargli la pelle. Il demone lupo era rimasto in
piedi per alcuni, lunghi, ghiacciati secondi. Il ghigno trasformato in
un’espressione di dolore e sorpresa. Gli occhi puntati sulla
punta della falce che gli trapassava il petto da parte a parte.
Aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma invece che parole,
dalle sue labbra uscì sangue. Il demone dai capelli argentei
fissò, impotente e quasi sollevato, gli occhi verdi di Shiba
spegnersi, mentre la vita volava via dal suo corpo. E mentre scivolava
a terra, un semplice movimento della catena collegata alla falce,
staccò l’arma dal torace del demone. Caleb alzò gli
occhi, giusto in tempo per vedere la falce tornare nelle mani della sua
proprietaria. Rigel lo fissava impassibile, le guance ancora rigate
dalle lacrime. Neppure un’occhiata al cadavere di Shiba. La morte
del demone lupo non le pesava sulla coscienza. Aveva agito per salvare
il suo compagno. Il suo amico d’infanzia, il suo fratellino, una
delle pochissime persone che amava. Non aveva avuto scelta. Eppure il
suo corpo tremava.
Il demone dai capelli argentei le si avvicinò. La ragazza
continuava a tremare. Il sangue sulla lama della falce, che gocciolava
sul pavimento era l’unico rumore udibile nella grotta. Non appena
Caleb le fu di fronte, Rigel si rifugiò nel suo abbraccio. Le
braccia del ragazzo la circondarono, riscaldandola, e facendola sentire
protetta.
-Ed ora? Cosa faremo?- Sussurrò Rigel. Aveva appena firmato la
sua condanna a morte. E questo lo sapeva anche troppo bene. Aveva
disobbedito ad un ordine, ucciso un alleato, e, soprattutto, tradito ed
al tempo stesso sfidato Artemius. Ora lei e Caleb erano entrambi dei
traditori agli occhi del demone più anziano.
-Shhh.- Sussurrò Caleb, accarezzandole gentilmente la schiena. -Andrà tutto bene …-
-Troppo ottimista. Come sempre, Caleb.- Sibilò una voce fuori
campo. I due giovani demoni s’irrigidirono al riconoscerla.
-Artemius …- Ringhiò il demone dai capelli argentei. Gi
occhi dorati fiammeggianti di rabbia, mentre si metteva in posa di
difesa, davanti ad una terrorizzata Rigel. Il demone più anziano
fissava i due membri più giovani della specie, senza rivelare
alcuna emozione. I suoi occhi, dorati come quelli di Caleb, non
possedevano alcuna luce. Se non fosse stato per il fatto che stava in
piedi e respirava, Caleb avrebbe temuto di parlare con lo zombi del suo
ex capo.
-E per questo tuo eccessivo ottimismo finirai per morire.- Caleb non
ebbe il tempo neppure di urlare, che due paia di occhi, verdi e blu,
spuntarono dall’oscurità. Il grido di Rigel fu
l’unica cosa che udì, prima che tutto diventasse buio.
-----
C‘era voluta un‘altra mezza giornata di viaggio, per
arrivare alla nuova città. Ma, in qualche modo, Sanzo e
compagni, vecchi e nuovi, erano riusciti ad arrivarvi. Tra uno sparo e
l‘altro. Da parte di due biondi isterici.
-Eccoci arrivati …- Sospirò Hakkai, felice di annunciare
la fine della traversata. Martha, seduta sul sedile accanto, si
stiracchiò appena, e lanciò un’occhiata
all’auto accanto alla loro, dove Nika era alla guida. La rossa
sembrava divorare la nuova cittadina con gli occhi, e gli altri
passeggeri di Suzuki non sembravano da meno. E non avevano torto.
Il nuovo villaggio era tutto un fermento: luci, decorazioni varie,
festoni di ogni colore riempivano le strade, mentre le voci felici
degli abitanti risuonavano per la città in festa. Ovunque era un
tripudio di bancarelle e merci.
Lara lanciò un’occhiata ad alcune ragazze che passavano in
kimono. Non aveva mai visto molta gente indossarne uno, e la cosa non
poteva fare altro che incuriosirla.
-Una festa tradizionale.- Borbottò Sanzo, vedendo lo sguardo confuso della bionda.
-Lo avevo intuito.- Sibilò questa di rimando, mentre alcuni
uomini trasportavano dei tamburi. L’irritazione lasciò
subito la ragazza. Anche se ancora non lo comprendeva bene, le piaceva
questo mondo. Lo aveva notato da subito, ma trovandosi davanti a quella
che sembrava una festa giapponese, non potè fare a meno di
ammetterlo: questo mondo in cui era precipitata, era molto orientale,
sia per mentalità, che per cultura. E per lei, che veniva da un
mondo … più occidentale, era un po’ come sentirsi
un pesce fuor d’acqua. Ulteriormente.
Le due jeep si fermarono di fronte alla prima locanda. Neanche il tempo
di scaricare i bagagli, e Gojyo e Nika erano svaniti, mescolati alla
folla che girava per la fiera.
-Quei due … non ci si può girare un attimo …-
Ringhiò Lara, decisamente infastidita dalla facilità con
cui la cugina riusciva ad imboscarsi. Martha le posò una mano
sulla spalla, sorridendo.
-Avanti … non è il caso di prendersela. Anzi, perché non andiamo anche noi a divertirci un po’?-
-Mi sembra un’ottima idea.- Annuì Hakkai. -E poi, tanto
dobbiamo comunque andare a fare rifornimenti. Tanto vale approfittare
del mercato.- Lara lanciò un’occhiata al bonzo, in cerca
di consiglio.
-Non ha torto …- Sanzo sospirò, rassegnato. La logica di
Hakkai era un nemico contro cui non si poteva sperare di vincere. Lara
sbuffò a sua volta.
-E va bene.-
-Perfetto! Allora ci vediamo più tardi alla locanda!- Fece
Martha, accettando il braccio che Hakkai le stava galantemente
porgendo, e sparendo nella folla, esattamente come la sorella, senza
lasciare il tempo ai due biondi di ribattere.
-Credo che siamo appena stati scaricati …- Mormorò Lara,
dopo un lungo momento di silenzio allibito. Martha quando diavolo si
era data da fare con il moro dagli occhi verdi? I membri del gruppo di
Sanzo rimasti annuirono appena. Gaia e Goku a mascella a penzoloni per
il comportamento da fidanzatini dei rispettivi amici. Nessuno dei due
ragazzini aveva minimamente pensato che tra loro ci fosse qualcosa
… Sanzo stranito per la naturalezza con cui Hakkai manifestava
il suo affetto per la mora. Ma, tutti e quattro segretamente felici di
quella unione, dato che sapevano delle ferite che entrambi i giovani si
portavano nel cuore.
-E adesso?- Fece Goku, indeciso. Lara sospirò.
-Bhe … potremmo andarci a prendere qualcosa di commestibile, e poi fare un giro nella fiera …-
-Basta che non mi diate noia, va bene tutto …- Sbuffò Sanzo, accendendosi un sigaretta.
-Sììììì!!! Dai, Lara, andiamo!-
Cinguettò Gaia, improvvisamente regredita all’età
di tre anni, alla vista di un carretto dello zucchero filato.
-Okonomiyaki …- Sbavò Goku, vedendo passare un altro
carretto di cibo. Era già schizzato in quella direzione, quando
Sanzo lo prese per la collottola, e stessa cosa fece Lara con Gaia.
-Fermi qui.- Sibilò il monaco, ignorando le proteste dei due
giovani prigionieri. -Non ho intenzione che ci combiniate qualche altro
guaio. Quindi, voi due venite con noi!- I due ragazzi mugolarono
depressi, ma una volta raggiunti i carretti del cibo, dimenticarono
ogni cosa.
-----
Martha si avviò nella sua camera a passo felpato. Strano a
dirsi, lei e Hakkai erano arrivati alla locanda per ultimi. Tutti gli
altri erano nella stanze a cambiarsi per la cena. Martha
sospirò, felice. Aveva passato delle ore stupende, con il demone
dagli occhi verdi. Avevano passeggiato e parlato fino a qual momento,
senza mai smettere di tenersi a braccetto. Era molto tempo che non si
sentiva così … e sapeva bene che il sorriso ebete che
aveva stampato in faccia, e le guance rosse, non sarebbero passate
inosservate alle sue amiche …
Quindi, piano piano, un passo alla volta, cercando di non far rumore,
cercò di entrare in camera senza farsi notare, nella speranza di
evitare le inevitabili domande dettate dalla curiosità
femminile. Infilò delicatamente la chiave nella toppa, ben
attenta a non far scattare la serratura troppo forte. Ad ogni istante
ispezionava il corridoio con lo sguardo, nel terrore che qualcuno
potesse aver sentito dei rumori. Aprì la porta con delicatezza,
e lentamente se la chiuse alle spalle. Trasse un lungo sospiro di
sollievo. Era …
-Ciao, sorellona! Com’è andata la passeggiata?-
Fregata.
Sedute sul letto, stavano Nika e le due cugine, evidentemente ad
aspettarla. Martha si diede mentalmente della stupida: era ovvio che
non poteva sperare di fuggire alle sue compagne di ventura …
-B … benissimo … grazie …- Sorrise, imbarazzata,
cercando di far buon viso a cattivo gioco. Gli occhi verdi di Nika la
fissavano, felini. Per un momento, la sorella le fece venire in mente
il grosso gatto rosso che avevano da piccole, quando si apprestava a
balzare su un uccellino … accidenti, quanto si sentiva un
passerotto, in quel momento!!!
-E con Hakkai?- Martha deglutì, cercando di mantenere la calma,
mentre il sorriso della sorella si faceva più sadico.
Dannazione. Possibile che la pel di carota di famiglia fosse
così impicciona?
-Che … che vuoi sapere?- Chiese la mora, incerta. Gli occhi di Nika scintillarono.
-Diciamo … tutto!- La figura di Martha perse la consistenza di
statua di granito, mentre il viso prendeva una tonalità rosso
fluorescente. Gaia, che stava sbocconcellando alcuni dolci presi alla
fiera, le porse la confezione.
-Dolcetto, cuginetta?- Lara lanciò un’occhiata quasi
disgustata alla sorella, Martha era troppo in preda all’imbarazzo
per rispondere, comunque.
-Gaia! Come diavolo fai a mangiare ancora! Tu e Goku non avete fatto
altro per tutto il pomeriggio!- Sospirò. -Mi chiedo dove te la
metti tutta quella roba …- Gaia fece un’alzata di spalle.
-Non avevo mai mangiato roba così etnica! È buonissima,
vuoi assaggiare?- Lara indietreggiò di fronte alla scatola che
la sorella le porse.
-Urgh! No, grazie! Mi sono bastati i due zuccheri filati, i tre
spiedini, i due okonomiyaki e i due tè freddi … voglio
riuscire a cenare, grazie!-
-E poi è lei che dice “ dove te la metti tutta quella roba
…”- Commentò Nika, con un’enorme gocciolone
sul capo. “Bhe, in fondo“, pensò dentro di
sé, “sono sorelle …”
-A proposito di okomiyaki …- Fece Gaia, finendo il suo dolce.
-Quando eravamo da quella bancarella, tu e Sanzo siete spariti per un
po’. Dove vi eravate cacciati?- Un silenzio di tomba scese nella
stanza. Nika prese a fissare Lara con occhi da predatore, le labbra
piegate nello stesso sorriso felino che prima aveva rivolto a sua
sorella. La bionda iniziò a sudare freddo.
-N … non è tuo interesse.-
-Ooooh … ma davvero, cugi cara?- Cinguettò la rossa,
sprizzando malizia da ogni poro. Lara fece per defilarsi, ma Nika
l’aveva già raggiunta, agguantandola per la manica.
-Non. Sono. Affari. Tuoi.- Sibilò la bionda, le iridi azzurre
fisse in quelle castano-verdi della cugina. -E comunque, allora, tu e
il kappa, Gojyo?- Continuò, nel disperato tentativo di
distogliere l’attenzione di Nika dai suoi affari.
Mica poteva ammettere di aver sfidato il bonzo a prenderle il classico
pesce rosso con un retino di carta. E che il suddetto monaco avesse
fallito miseramente. E che, ovviamente, irritato per aver perso, si
fosse messo a minacciare il proprietario della bancarella con la
pistola. Le ci era voluto parecchio per evitare al poveraccio di finire
crivellato. Ed alla fine, l’uomo era stato ancora così
gentile da dare loro un piccolo portachiavi di pezza, a forma di
coniglietto, come “premio di consolazione“. Sanzo, irritato
altre ogni dove, glielo aveva tirato, sibilando: “Tò! Ora
sai dove attaccare la vostra chiave …” Non le aveva
neppure dato il tempo di ringraziare, o fare un commento sarcastico,
che si erano già riuniti a Gaia e Goku. Ed ora, la chiave
d’argento che aveva aperto il libro della nonna, e che avrebbe
dovuto riportarle a casa, stava attaccata al coniglietto di pezza,
nella tasca di Lara.
-Non posso parlare.- Fece Nika, tranquilla. -Ci sono minorenni nella stanza.-
-Hey!- Sbottò Gaia, indignata. -Questa è una scusa bella e buona!-
-Fidati, Gaia. Conoscendo mia sorella, non vorresti sapere.- La
rassicurò Martha, dentro di sé ben felice che
l’attenzione generale fosse caduta su qualcun altro. Lara, al
contrario, era in trappola. E ne era orrendamente consapevole. Nika era
la creatura più testarda del creato, quando si trattava
dell’argomento “ragazzi e affini”. Ma Lara non
avrebbe ceduto senza combattere.
-Non parlerò neppure sotto tortura.- Sibilò la bionda,
con voce più fredda del ghiaccio. Ma la cugina non si scompose
di una virgola. Anzi. Il suo sorriso divenne ancora più
accentuato. E Le paure di Lara ancora più reali.
-Ed allora … tortura sia!-
-----
Sanzo, Hakkai, Goku e Gojyo si stavano dirigendo alle proprie stanze.
Stranamente senza né litigare, né minacciarsi di morte,
quando un tornado umano esplose da una delle stanze delle ragazze,
rischiando si investirli. Goku schizzò in braccio a Gojyo per lo
spavento, ed il kappa non ebbe nulla da ribattere per lo shock.
-Ma che diavolo …-
Sanzo e Hakkai, dal canto loro, erano già in posizione da
battaglia, pistola in mano il primo, e sfera di energia il secondo. Ma
subito si rilassarono, quando videro che il tornado umano, altro non
erano che Lara in un disperato tentativo di fuga, e Nika che impartiva
la sua “tortura” alla cugina. Ovvero un feroce attacco di
solletico.
Entrambe caddero a terra, dove si svolse una lotta furiosa, fino a
quando Nika non ebbe il sopravvento, e Lara non poté fare a meno
di soccombere alle risate. Inutili ogni tentativo di scollarsi la
cugina di dosso, avvinghiata come un polipo.
Le risa incontrollate della bionda echeggiarono nel corridoio, tra una
minaccia di morte a Nika e l’altra. Il suo volto, di solito
piuttosto serio, se non per qualche sorrisetto ironico, travolto dalle
risa, appariva molto più giovane. Sanzo sbuffò
esasperato, mentre i suoi compagni osservavano la scena shoccati. Ma,
per una volta, non se la sentì d’intervenire a suon di
harisen. Qualcosa lo aveva spiazzato, e non era solo la scena di due
donne adulte che, come bambine, si mettevano a fare una guerra di
solletico, ma l’espressione di Lara. Era davvero assurdo. A prima
vista, non era riuscito a cogliere una gran somiglianza tra lei e Gaia,
ma ora, mentre la bionda rideva apertamente, il volto rilassato e non
teso nella solita espressione fredda, o nel ghigno calcolato, Sanzo
riusciva a vedere benissimo la somiglianza tra le due sorelle.
I quattro ragazzi rimasero ancora alcuni istanti a fissare la scena allibiti, poi fecero dietro front.
-Io non ho visto nulla …- Fece Sanzo. Hakkai annuì.
-Non sei il solo …-
-Io non ti considero più un moccioso, scimmia …- Disse Gojyo, rivolgendosi a Goku.
-Grazie …- Rispose il ragazzino. Martha e Gaia uscirono dalla
stanza, e, dopo qualche istante a guardare le rispettive sorelle,
seguirono l’esempio dei ragazzi.
-Vi seguiamo!- Fecero all’unisono, mentre Lara, momentaneamente
libera dalle grinfie di Nika, sibilò, col poco fiato che le era
rimasto:
-Traditrici!-
-----
-Non c’è proprio altro da fare?- Chiese Nika, fissando
Hakkai con occhi imploranti. Il demone dagli occhi verdi scosse il capo.
-Mi spiace. Ma temo che fino a dopo domani non sarà in grado di
viaggiare.- Nika puntò gli occhi sulla sorella. Martha fece
segno di diniego.
-Spiacente, sorellina: ma stavolta hai davvero esagerato … non
ha retto.- La rossina abbassò lo sguardo, colpevole.
-Mi sa che hai ragione… non dovevo torturarla così …-
-Se quella la chiami tortura …- Sbottò Sanzo, seccato
oltre ogni dove. I mozziconi consumati uscivano fuori dal posacenere
che aveva davanti. -Comunque ottimo lavoro: ci hai bloccato qui per un
giorno in più rispetto al previsto!- Lo scatto della mano di
Nika verso la propria Glock costrinse Hakkai ad intervenire.
-Avanti, sappiamo bene che non lo ha fatto apposta. A tutti può capitare di farsi prendere un po’ la mano …-
-Ma certo far mangiare quattro scatole di biscotti al cioccolato ad un
draghetto grosso come un gatto, non è la cosa più
intelligente del mondo!- Ringhiò Lara, seduta su una poltrona,
dall’altra parte della stanza comune della locanda. La guerra a
colpi di solletico ancora fresca nei ricordi. Nika le lanciò
un’occhiata assassina, ma un pigolio proveniente da Suzuki
attirò subito la sua attenzione. Coricata di schiena sul tavolo,
la piccola draghetta si teneva il ventre, ben più rigonfio del
solito. Il muso ancora sporco di briciole scure. Accanto a lei, come un
guardiano, stava Hakuryu, preoccupato e vigile.
-Povera piccolina! Ti fa tanto male il pancino, vero?- Cinguettò
dolce la rossina, accarezzando il ventre della bestiola, come una mamma
con un bimbo con le coliche. Poco distante, Goku si accasciò sui
morbidi cuscini del divano a due posti che condivideva con Gaia.
-Uffa! E adesso, che cosa facciamo?-
-Se ti annoi.- Fece Gojyo dalla sua postazione, con la schiena
appoggiata al muro, soffiando una nuvoletta di fumo dalla bocca.
-Possiamo sempre uscire un po’. La sagra durerà ancora
stanotte e domani. Approfittiamone.- Goku lanciò
un’occhiata al monaco biondo.
-Sanzo?-
-E perché no?- Sbuffò, rassegnato. -Almeno passiamo il tempo …-
-E magari riesci anche a pescare un pesce rosso, stavolta …-
Ghignò Lara, subito raggiunta da un’occhiataccia feroce
del monaco.
-Non dire un’altra parola, se ci tieni alla pelle, donna …-
-Altrimenti cosa?- Lo sfidò lei. -Mi spari?-
-Non è una cattiva idea …- La tensione tra i due biondi
cominciava ad arrivare a livelli poco salubri, così Hakkai e
Martha corsero subito ai ripari. Bastò un’occhiata per
intendersi al volo.
-Stasera in programma ci sono danze e fuochi d’artificio!- Fece
la mora, con un volume di voce che sfiorava l’urlo. Appena
sufficiente, comunque, a far sì che sua cugina ed il bonzo si
voltassero nella sua direzione.
-Dalla musica che viene da fuori, le danze sono già iniziate, ma
se ci sbrighiamo, non dovremmo avere problemi a trovare un buon posto
per vedere i fuochi …- Aggiunse Hakkai, interiormente già
pronto a prendere Martha e metterla al sicuro da un’eventuale
sparatoria.
-I fuochi!!! Che bello!!!- Squittirono Gaia e Goku, che schizzarono ad
afferrare per le maniche Lara e Sanzo. -Andiamo? Andiamo? Per
favore!!!- I due ragazzini sfoderarono i loro sguardi più dolci
e cucciolosi, di quelli che avrebbero fatto concorrenza a Bambi.
-E VA BENE, MA SMETTETELA DI FARE I MOCCIOSI O VI AMMAZZO!!!-
Ruggì il monaco, vene che gli nascevano sulle tempie a ritmo
forsennato.
-----
Neanche un paio di minuti, e la combriccola era trascinato fuori dai
due membri più giovani del gruppo, esageratamente eccitati alla
prospettiva dei fuochi d’artificio. E senza che venisse sparato
neppure un proiettile, con enorme sollievo di Hakkai e Martha, e dei
gestori della locanda, ovviamente.
Se possibile, le strade erano ancora più affollate che nel
pomeriggio. Famigliole e coppiette si sprecavano, in mezzo ai gruppi di
ragazzini festanti. Quasi tutte le donne, bambine o adulte, indossavano
kimono sgargianti e sandali tradizionali, e questo, assieme alle
lampade di carta che illuminavano le vie, contribuiva a far apparire il
villaggio un angolo di antico Giappone. Almeno agli occhi di Lara,
Nika, Gaia e Martha. Per i ragazzi, non era altro che una colorata e
comune sagra di paese.
Al centro della fiera, alla luce di un enorme falò, erano
già iniziate le danze. Donne e uomini in abiti tradizionali
ballavano, a ritmi talmente antichi da essere ancestrali.
Per i fuochi d’artificio mancava ancora tempo, ed il gruppo si separò a coppie.
Sanzo tentò nuovamente la sua fortuna con le bancarelle dei
giochi, costringendo Lara ad intervenire di nuovo in difesa dei
malcapitati proprietari; Gaia e Goku si avventarono a provare cibarie
che gli erano sfuggite nel pomeriggio; Martha e Hakkai rimasero a
godersi lo spettacolo dei danzatori ai piedi del falò; Nika e
Gojyo … e chi li aveva più visti?
Solo quando ormai mancavano pochi minuti all’inizio dello
spettacolo pirotecnico, si ritrovarono tutti ai piedi del falò.
In scena, ancora l’ultimo spettacolo di danza.
-Accidenti, non vedo un cavolo!- Si lamentò Gaia, saltellando
nel tentativo di vedere oltre le spalle di alcune persone, decisamente
troppo alte per i suoi gusti. Goku non era di certo in condizioni
migliori.
-Ma tutti gli spilungoni si sono radunati qui?! Saaaanzo! Mi prendi in cavalluccio?- Fece, rivolgendosi al monaco.
WHAM!!!
-Ti è chiara la risposta, stupida scimmia?!- Ringhiò il
biondo, harisen fumante in mano. Gaia continuò a fissare mogia
le schiene che le ostruivano la vista, fino a quando Goku, bernoccolo
lampeggiante sulla testa, la prese per mano e la trascinò via.
-Andiamo, tanto di qua non si vede niente …- Forse era ancora lo
shock della botta in testa, forse il fatto che Sanzo gli aveva dato sui
nervi, ma lo scimmiotto neppure si rese conto, nella sua
ingenuità, della potenziale importanza del suo gesto. Ma Gaia
sì. Anche se non era sicura di saperlo interpretare. Il suo
cervello sembrò andare in tilt, le orecchie a malapena
registrarono le voci di Lara e Martha che le raccomandavano di non
allontanarsi troppo.
Tutta la sua concentrazione era assorbita dalle mani. La sua e quella
di Goku. Le dita intrecciate, quasi come se fossero state create per
quello, con una naturalezza che aveva dell’incredibile. Nella
loro marcia a spintoni tra la gente, per cercare di arrivare sotto al
palco, non sentiva neppure i corpi della gente attorno a loro, solo il
calore rassicurante della mano di Goku attorno alla sua.
-Eccoci! Guarda, appena in tempo, i fuochi stanno cominciando!- Le
prime esplosioni riempirono l’aria, ma Gaia non era del tutto
certa che fossero i giochi pirotecnici. Il suo cuore batteva con una
tale furia da fare concorrenza ai botti. Anche se erano arrivati in
prima fila, Goku non aveva lasciato andare la sua mano. Ed alla
morettina la cosa non pesava affatto.
Lanciò un’occhiata al volto del giovane eretico: i suoi
occhi dorati scintillanti nelle variopinte luci dei fuochi
d’artificio.
Gaia strinse impercettibilmente più forte la mano di Goku, le
guance in fiamme. Ad un tratto le parve di essere tornata una bambina
dell’asilo. Quando si teneva per mano con il bimbo che le piaceva
tanto. L’innocenza del gesto era la stessa. Ma le emozioni che le
stava dando … quello era un altro mondo.
Sorrise, felice, decisa a godersi il momento. Non le importava molto,
se quello era solo un gesto insignificante e che era lei che si stava
facendo dei castelli. Le sensazioni che le stava facendo provare erano
meravigliose … e si acuirono ancora di più quando Goku le
si fece più vicino, permettendole di appoggiare la testa sulla
sua spalla.
Eh già. La vita era proprio bella … sospirò tra sé, soddisfatta.
La giovane coppia era però ignara di essere osservata: una fila
dietro la loro, due teste rosse li fissavano, ghigno malefico stampato
in volto.
-E bravo lo scimmiotto …- Sogghignò Gojyo, tenendo ben
saldo un braccio attorno alla vita di Nika. -Era ora che facesse
qualcosa anche lui in quel senso … cominciava ad aver paura che
il bonzo lo avesse fatto diventare gay come lui …-
-Ma hai visto quanto sono carini!?- Cinguettò questa, mentre le
pagliuzze verdi dei suoi occhi scintillavano maliziose. Quello era
tutto materiale pro “molestiamo-la-cuginetta-minore”. Il
kappa, intanto, aveva già dei progetti.
-Domattina, per prima cosa, io e la scimmia facciamo un bel discorsetto tra uomini …-
-Domattina, per prima cosa, ti trovi un becchino …-
Sibilò una voce anche troppo conosciuta alle spalle della
coppia. Gojyo deglutì rumorosamente, per poi girarsi molto
lentamente, pregando di non aver riconosciuto la voce. Ovviamente le
furiose iridi viola che si trovò davanti uccisero tali
preghiere. Sanzo era lì assieme a Lara, con alle spalle Martha e
Hakkai, che erano andati a cercare con loro i due membri più
giovani del gruppo.
-Hey … c … ciao bonzo … anche tu a vedere i
fuochi?- Il click della fedele S&W sarebbe già stata di per
sé una risposta. Con il sudore che colava dalla fronte, il Kappa
lasciò la sua presa su Nika, giusto in tempo per
l’esplosione del monaco.
-A CHI HAI DATO DEL GAY!?!? IO TI AMMAZZO!!!-
Era appena esploso uno dei fuochi più belli, quando Goku voltò la testa di scatto, sospettoso.
-Che c’è?- Sussurrò Gaia, preoccupata dal movimento brusco del giovane demone. Goku scosse il capo.
-No, nulla … solo … non so, ma mi è sembrato di
sentire di sentire spari si S&W … come quella di Sanzo
…-
-Ma no, dai ti sarai sbagliato coi botti dei fuochi d’artificio!-
Fece Gaia, scuotendo il capo. -Avanti! Neppure Sanzo può essere
così matto da mettersi a sparare senza senso nel bel mezzo di
uno spettacolo pirotecnico, circondato da centinaia di persone!- Il
ragazzo annuì, poco convinto.
-Sì, forse hai ragione …- E tornò a godersi lo
spettacolo di fiori luminosi nel cielo, il rumore delle esplosioni a
coprire le urla rabbiose di un certo bonzo che inseguiva un certo kappa
…
-----
Quel luogo era vecchio. Molto vecchio. Le sbarre della piccola cella
avevano un inizio di ruggine, e sul pavimento, uno strato di polvere
piuttosto spesso, tanto da lasciarvi il segno delle impronte. Anche
l’aria sapeva di vecchio. Non di umido, come ci si sarebbe potuto
aspettare in una grotta, ma di vetusto. L’impressione era quella
di respirare polvere, mescolata a ruggine. Colpa della natura calcarea
delle pareti. E del fatto che da anni nessuno posava piede da quelle
parti.
Non che ai demoni presenti l’odore dell’aria importasse
molto. A due perché nel corso della loro vita avevano respirato
di molto peggio, agli altri due, perché semplicemente erano
svenuti, incatenati all’interno della cella arrugginita.
Uno accanto all’altra, Rigel e Caleb erano sprofondati in un
sonno senza sogni, dal quale si sarebbero risvegliati con la testa
dolorante, e la certezza che, presto, non avrebbero più avuto
una testa.
Gli occhi verdi di uno dei due svegli erano fissi sulla figura
addormentata della ragazza. I capelli azzurri arruffati gli scappavano
a ciuffi dalla fascia legata alla fronte. L’armatura nera
scintillante nella fioca luce dell’unica fiaccola accesa, mentre
allungava una mano verso il mento della prigioniera. La pelle diafana
di Rigel quasi luminosa contro la stoffa scura del guanti del demone.
Un sorriso predatore si disegnò sulle labbra sottili del guerriero, quando la ragazza emise un gemito nel sonno.
-Non è tempo di fare giochetti, Cain.- Sibilò
l’altro demone sveglio, disturbando la contemplazione
dell’altro. Questi emise un ringhio sordo, rivolgendo la sua
attenzione al suo compagno.
-Mai capace di farti gli affari tuoi, eh, Abel? Mi rovini sempre il
divertimento …- Abel si avvicinò di un passo. Iridi
azzurre e capelli verdi si dipingevano su un volto uguale a quello di
Cain, sin nei minimi particolari. Come l’armatura che indossava,
che però riluceva di un colore bianco argenteo. Sorrise appena,
un leggero piegamento delle labbra in un volto altrimenti illeggibile.
-Sono tuo fratello. Ed è questo quello che fanno i fratelli, no?-
-Sai essere irritante, lo sai?- Sibilò Cain, allontanandosi da
Rigel. Come tutta risposta, Abel si limitò ad un’alzata di
spalle.
-Mi hai detto di peggio. Sforzati un pochino, almeno.- Il demone dai capelli azzurri rise.
-Hai ragione fratello! Sai, deve essere la noia. È già un
bel pezzo che Artemius ci ha lasciati a fare la guardia ai suoi
cuccioli …- Gli occhi verdi si strinsero in due fessure, mentre
la voce scendeva di alcune ottave. -Sono stufo di aspettare.-
-Pazienza, Cain. Pazienza.- Lo rassicurò Abel. -Finora, Artemius
ci ha sempre ripagato per la nostra tolleranza. Questa volta non
sarà differente.-
-Sarà meglio.- Ringhiò Cain. -L’ultimo lavoro mi ha
lasciato insoddisfatto. Un villaggio pieno di deboli donne e bambini!
Ed avevano il coraggio di farsi chiamare demoni! Ah!- Un sorriso
maligno e folle si fece strada sul volto corrucciato. -Quei mercenari,
invece … quelli si che erano stati un bel lavoro! Degno di noi
…-
-Smettila con questi discorsi, o finirai per perdere il controllo.- Lo
ammonì Abel, gli occhi chiari attraversati da un lampo
minaccioso.
-Non preoccuparti. So ancora tenermi a freno, quando voglio.- Ribatté Cain. -In fondo, siamo dei professionisti, no?-
-È bello sentirtelo dire. Perché non mi va di sapere come
la prenderebbe Artemius per una cosa del genere.- Un lieve rumore di
passi zittì i due fratelli, mentre nella stanza faceva il suo
ingresso Artemius. Gli occhi dorati imperscrutabili, mentre un
indecifrabile mezzo sorriso lo rendeva solo più spaventoso. Sia
Cain che Abel fecero un passo indietro al suo cospetto. La sua
imponente statura troneggiava sui due demoni, rendendoli ulteriormente
guardinghi.
Con un cenno del capo, il demone più anziano indicò i due prigionieri.
-È ora. Svegliateli.-
-Fine capitolo 19-
Ed ecco Cain e Abel … mi ci è voluto un po’ per far
uscire questi personaggi dalla mia testa … la verità
è che amo i gemelli, ed anche se non sono molto originali,
volevo inserirli in questa storia …
Lo so, non hanno fatto ancora molto, ma mi piacerebbe sapere che ne
pensate di questi due … e magari anche quale destino volete che
gli faccia avere in questa storia …
Nel prossimo capitolo: Artemius ha una proposta per Caleb …
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Capitolo 20 *** Ricatti e draghi volanti. ***
20
È molto tempo che non posto più un capitolo di questa
fic… ma sappiate che, nonostante ciò, non è
stata abbandonata. Ho avuto un blocco nello scrivere enorme, e solo in
questi ultimi tempi, con la vita che ha deciso di rimettersi un pochino
in sesto, ho ritrovato la voglia di pigiare i pulsanti della tastiera.
A voi la lettura!
Capitolo 20
-Ricatti e draghi volanti.-
Caleb ammise a sé stesso che questo risveglio non era dei
migliori. La testa gli pulsava, come se un’ape impazzita vi si
fosse persa dentro, ed ogni centimetro quadrato del suo corpo era
dolorante, in primis il punto in cui la ferita al ventre era quasi
guarita.
Ma, in effetti, dopo aver passato giorni e giorni in convalescenza, non poteva dire di non esservi un poco rassegnato.
Fece per stiracchiarsi, le ossa scricchiolarono in protesta per lo
scomodo giaciglio su cui era stato costretto a riposare. Solo allora si
accorse delle catene.
Spalancò gli occhi di colpo, improvvisamente conscio di cosa gli
fosse capitato. Lo scontro con Shiba. La morte del demone lupo per mano
di Rigel. La disperazione di lei. La comparsa di Artemius. E
l’attacco dei due demoni gemelli.
Spalancò gli occhi, e si guardò freneticamente attorno,
fino a quando il volto di Artemius non finì nel suo raggio di
visione.
-Ma bene. Vedo che hai già ripreso conoscenza …- Disse
questi, sorridendo appena. Uno di quei sorrisi gelidi e privi di
emozioni che ormai Caleb conosceva bene. -Meglio così. Risparmi
fatica ai miei due nuovi aiutanti. Ti presento Cain e Abel.- Artemius
continuò a parlare, indicando i due demoni in armatura alle sue
spalle. Uguali identici, ma speculari nei colori degli occhi e dei
capelli. La testa di Caleb ne ricordava bene la forza fisica,
mascherata dall’esilità della loro muscolatura, e dai
volti da ragazzini. I due Demoni che avevano distrutto il villaggio.
-Vorrei poter dire che è un piacere conoscervi.- Ringhiò
il demone dai capelli argentei, la voce venata di sarcasmo rabbioso. Un
pugno lo raggiunse ancora prima di poter aggiungere una battuta. Il
mondo divenne come in bianco e nero per qualche istante, mentre si
riprendeva dal colpo. Poi, il volto di Artemius tornò ben
visibile agli occhi di Caleb. Il sorriso sparito, sostituito da
un’espressione rabbiosa.
-Ti avevo mandato ad uccidere, Caleb.- Sibilò il demone
più anziano, il pugno ancora stretto. -Ed invece? Sei stato
così debole non solo da farti curare dai nostri nemici. Ma ti
sei anche unito a loro … ed hai persino spinto Rigel a
rivoltarsi contro di me, e ad uccidere il povero Shiba … Dimmi,
Caleb, c’è un qualche motivo che possa impedirmi di
ucciderti?- Le iridi dorate del demone più giovane
scintillarono, rabbiose quanto quelle di Artemius.
-Va all’inferno. Quello che stai facendo è sbagliato, e lo
sai!- Artemius s’irrigidì, ma non colpì di nuovo il
ragazzo. Si chinò più vicino, fino ad arrivare a
sussurrargli in un orecchio.
-Cosa c’è di sbagliato, nel voler conoscere il proprio
creatore? L’essere che ci ha permesso di venire al mondo?- Un
istante di silenzio, nel quale Caleb non ribatté. Ciò
incitò il demone più anziano a riprendere a parlare.
-Siamo vicini, Caleb. Molto. Vicini. Abbiamo faticato ed aspettato
troppo tempo, perché quelle donne ci fermino. Quelle quattro
donne sono le sole creature in grado di vanificare ogni nostro sforzo.
Solo loro hanno il potere di tenere il nostro creatore prigioniero.-
Gli occhi dorati si tinsero di follia. Pura, paranoica, febbrile
follia. Un brivido scese lungo la schiena di Caleb.
-Devono morire, Fratellino. Quelle quattro devono morire. È
l’unico modo per impedire loro di nuocerci. A noi e a Lui.
Abbiamo lavorato troppo, ci siamo spinti troppo lontani. Abbiamo
risvegliato poteri e conoscenze troppo grandi per lasciarci fermare.
Ormai, la nostra è una via senza ritorno.- Il demone dai capelli
argentei resse lo sguardo del suo ex capo, il cuore invaso di triste
consapevolezza. Ora lo aveva capito. Quello che aveva davanti non era
più l’Artemius che lo aveva cresciuto. Era solo un corpo
che gli somigliava. Poteva vederlo, in quelle iridi una volta piene di
affetto e tenerezza, ma ora vuote, colorate solo da odio alternato a
follia.
Si chiese solo come diavolo avesse fatto a non accorgersene prima. In
qualche modo, il potere che stava corrodendo la barriera che teneva
rinchiuso il loro creatore, aveva corroso anche Artemius. Il demone dai
capelli argentei chiuse gli occhi, impedendosi di piangere.
-Non a questo prezzo …- Mormorò, con voce incrinata.
Artemius rimase in silenzio per qualche lungo istante, come indeciso su
cosa fare. Alla fine sbuffò, deluse ed esasperato.
-In tal caso.- Disse, alzandosi in piedi. Caleb ne seguì i
movimenti, attento. -Dovrò trovare qualcosa che per te renda
questo prezzo più ragionevole.- Si chinò davanti a Rigel,
ancora priva di sensi. Il bellissimo viso rilassato nel sonno. Simile
ad una maschera di porcellana. Artemius le sollevò appena il
mento con una mano, facendo sì che Caleb ne potesse vedere bene
il profilo.
-Dimmi, Caleb.- Continuò il demone moro, con un tono quasi
conviviale. -La Sua vita è un prezzo abbastanza ragionevole per
te?-
-Non oserai …- Ringhiò il giovane, combattendo contro le catene. Artemius sorrise appena.
-Lei mi ha tradito, come te, Fratellino. Non potrei comunque farmene
più nulla di lei. Non potrei fidarmi. Ma, se tu sei così
legato a Rigel … potrei anche decidere di tenerla in vita
… in cambio di quel piccolo favore. E chissà: se sarai
bravo, magari potrei anche decidere di perdonarvi entrambi.- Caleb
continuò a restare in silenzio. Il volto contratto nel tentativo
di restare impassibile. Artemius si alzò in piedi, lasciando
andare Rigel. Le striature argentee dei capelli scintillanti alla luce
delle torce. -Pensaci bene, Caleb. Potrebbe tornare tutto come prima.
Io, tu e Rigel, e la piccola Maya. Potremmo riavere la nostra famiglia
… Potremo ricongiungerci al nostro Creatore, a nostro Padre.
Oppure … solo io e Maya avremo questo onore. Certo, sarà
un po’ penoso spiegare a Maya perché la sua sorella
maggiore è morta … ma come tutti i bambini, se ne
farà una ragione …-
-Non … non voglio farlo …- Sussurrò Caleb. Ma le parole suonavano inutili anche a lui.
-Tu e Rigel siete i più legati, tra tutti noi. Siete nati nello
stesso istante, dallo stesso ceppo. Neppure io e Grima avevamo un
legame simile, e lui era nato solo poco dopo di me. Converrai che le
vite di quattro umane non possono essere più importanti, per te,
della Sua, vero?- Caleb abbassò lo sguardo. -Siete stati creati
nello stesso momento. Nella stessa notte di luna. Siete inscindibili.
Legati indissolubilmente.- Di nuovo i suoi occhi dorati
s’incontrarono con quelli uguali, eppure così diversi di
Artemius. Dal loro angolo, i due demoni gemelli si sussurrarono
qualcosa tra loro. Ma il demone più anziano non vi fece neppure
caso. Un sorriso trionfante era tornato a rivestirgli le labbra.
-Molto bene. Mi sembra che ci siamo messi d’accordo.- Caleb non
rispose. Artemius aveva vinto. Ed era bastato guardarsi negli occhi per
comprenderlo. Ma in realtà, Artemius sapeva già da tempo
di aver vinto. Non appena aveva minacciato la vita di Rigel. Lo aveva
compreso ben prima dello stesso Caleb.
Artemius Si alzò in piedi in silenzio, rompendo il contatto
visivo con il demone più giovane, ormai spezzato. Fece un cenno
a Cain e Abel di seguirlo, poi parlò di nuovo.
-Molto bene. Domattina ti lascerò andare dai tuoi amici …
per l’ultima volta. Qualunque cosa tu faccia. Ma spero, per il
bene di Rigel, che farai la scelta più saggia.- E, senza
voltarsi più indietro, il demone uscì dalla stanza,
seguito dai suoi nuovi guerrieri.
Passarono alcuni minuti, prima che Caleb riuscisse a trovare la forza
di fare un qualunque movimento. Chiuse gli occhi, per frenare un paio
di lacrime di sconforto. Ma questo gli fece solo vedere più
chiaramente i volti dei suoi nuovi amici. Le sue vittime designate. Di
nuovo.
-Perdonatemi …- Mormorò, con le corde vocali strozzate da
singulti appena trattenuti. Accanto a lui, Rigel si mosse appena nel
sonno, come a percepire lo stress del suo compagno.
-----
Sulla soglia del tempio sotterraneo, dove la roccia assumeva le
più svariate sfumature verdi, Artemius si fermò in
contemplazione. Sull’altare di roccia, il libro era aperto, come
sempre. La sfera al suo interno, mandava bagliori. Davanti ad esso, la
piccola Maya, teneva le manine alzate sulla boccia scura. Il demone
sorrise.la sfera altro non era che un passaggio. La concretizzazione
della barriera invisibile tra i tre mondi: il Tenkai, il Tengiku e
Gaya. Una barriera che cinquecento lunghi anni avevano indebolito, e
che ora stava soccombendo di fronte ai poteri di una bambina. Unica
creatura in grado di sciogliere quel sigillo.
-Fratellone!- Gridò la piccola, non appena si accorse della presenza del demone più anziano.
Non appena questo entrò nella caverna, un razzo dai capelli
castani gli schizzò incontro. Il demone sorrise appena, e si
piegò su un ginocchio, per meglio vedere in viso la piccola
Maya. Grandi occhi dorati ancora innocenti e curiosi, ma in quel
momento trapassati da dolore.
-Qualcosa non va, sorellina?- Chiese delicatamente, per non
spaventarla. La piccola annuì veemente, ed indicò il
libro sull’altare.
-Non voglio più fare questa cosa!- Fece la piccola, con voce decisa. Artemius represse a stento un ringhio.
-E per quale motivo? Pensavo che quella bella palla ti piacesse …- Maya scosse il capo, irremovibile.
-Adesso non più! Quando la uso mi fa male!- E per dare
più forza alla sua affermazione, la bambina mostrò i
palmi delle mani: delle brutte ustioni le arrossavano la pelle morbida.
Il demone sorrise amabilmente, e soffiò delicatamente sulle
manine ferite.
-Ecco, adesso non fa più male, vero?- Maya lo fissò con
un’espressione scettica. Artemius fece finta di nulla, e
continuò a parlare. -Adesso vai, e continua col tuo compito, va
bene?-
-No!- Urlò decisa la piccola. Gli occhioni colmi di lacrime rabbiose. L’uomo dei capelli striati emise un sibilo.
-Vedi di non fare i capricci, Maya … Vai subito a fare il tuo lavoro.-
-No! No, no e NO!- S’impuntò la piccola, pestando i
piedini per terra. Artemius strinse le labbra. Un’ondata
d’ira lo stava invadendo, ma non lasciò che ciò
intaccasse il suo autocontrollo. Le sue classiche tattiche di
persuasione non avrebbero avuto successo. Maya era una bambina, e
minacce o punizioni fisiche non sarebbero servite a nulla, se non a
renderla più ingestibile. I bambini possono essere ingenui, ma
anche testardi.
Il demone posò una mano sulla testa della piccola, mentre un finto sorriso rassicurante gli curvava le labbra.
-Lo sai perché ti ho portato qui Maya? Ormai è passato un po’ di tempo …-
-Per farmi vedere la palla.- Annuì la bimba, con calma, ma senza
perdere il tono arrabbiato, segnale che non aveva di certo cambiato le
sue posizioni. Artemius continuò.
-Sì. E che altro?-
-Per farmi far cambiare colore alla palla. Mi hai detto che era un
gioco.- Gli occhi dorati di Maya lanciarono scintille accusatrici. -Non
mi hai detto che faceva male!- Le palpebre si strinsero sugli occhi
dorati del demone adulto. Sapeva che sarebbe potuto accadere qualcosa
di simile. Le ferite che Maya si stava procurando erano,
paradossalmente, un buon segno. Significava che la barriera stava
cedendo, ed usava la sua ultima arma di autodifesa, ferendo la creatura
che la stava corrodendo.
Artemius lasciò che il suo sorriso diventasse un lieve ghigno.
Il muro eretto cinquecento anni prima tra i tre mondi dalle quattro
semidivinità veggenti del Tenkai stava per essere abbattuto. E
con esso, la Sua prigione. La prigione senza tempo e spazio in cui era
stato rinchiuso l’essere che aveva dato il dono della vita a lui
ed ai suoi fratelli.
Il ghigno divenne più marcato. E quando Egli fosse stato libero,
allora avrebbero punito gli Dei, per essere stati così stolti.
Ed anche gli Uomini ed i Demoni. Per averli respinti. Ed avrebbero
costruito un nuovo mondo, estraneo al tormentato Tengiku, al
privilegiato Tenkai, ed allo sterile e privo di magia Gaya.
Ma perché ciò potesse avvenire, dovevano prima essere
portati a termine due compiti: distruggere la barriera tra i tre mondi,
ed eliminare le ragazze col potere di restaurare la barriera. Erano le
condizioni principali, perché tutto ciò potesse accadere.
E c’era un prezzo da pagare. Una gran parte era già stato
pagato, con la morte di Grima. Ma Artemius era ben consapevole che non
era che la prima rata del pagamento. Si abbassò a dare un lieve
bacio sulle manine di Maya, che sussultò.
-Tu vuoi conoscere il tuo vero papà, vero, Maya?- La piccola non
rispose, ma abbassò lo sguardo, trovando improvvisamente le
punte delle scarpe particolarmente degne di attenzione. Poi
annuì, incerta. Artemius non si lasciò scappare quello
spiraglio di debolezza.
-E lo sai che anche io, Rigel e Caleb vogliamo tanto conoscerlo, vero?-
Maya annuì di nuovo. Ogni traccia della rabbiosa determinazione
di poco prima sparita. Consapevole di ciò, il Demone più
anziano continuò a parlare. -Però l’unica che
può liberarlo dalla sua gabbia sei tu. Ma se non continuerai a
fare il tuo lavoro con la palla, non potremo mai incontrarlo. E
chissà quanto ci resteranno male Rigel e Caleb …- Maya
tirò su col naso. Calde lacrime le rigavano le guance. Lacrime
non più di capriccio e rabbia, ma di sconfitta. Artemius aveva
vinto.
-Però … però mi fa male!- Mormorò ancora
debolmente la bambina, portandosi le mani al petto. Una supplica,
più che una protesta.
-Sono sicuro che una bimba coraggiosa come te può sopportare un
po’ di dolore, vero?- Fu la risposta dell’uomo.
Poggiò una mano sul capo della giovane demone, e le
indicò l’altare. -Ora vai. Hai ancora molto lavoro da fare
…- Senza fiatare, Maya si diresse alla sua postazione. Artemius
la seguì con lo sguardo, finché non fu certo che le mani
della piccola fossero di nuovo sulla sfera, a passare il suo potere
corrosivo sulla barriera. Allora imboccò l’uscita della
grotta verde, il solito ghigno sulle labbra sottili.
Era ben consapevole di aver appena condannato a morte il più
giovane dei suoi simili, la sua sorellina minore. Ma ora che era
così vicino al suo obbiettivo, non gli pareva neppure un gran
sacrificio.
-----
Seppure ritardata, la partenza era stata tranquilla. Suzuki si era
ripresa alla grande, ed ora, sotto forma di Jeep, faceva rombare il
motore che era una meraviglia, accompagnata da Hakuryu, che pareva
provare un gran divertimento ad avere un’altra auto senziente
come compagna di viaggio.
Le due auto viaggiavano di pari passo, una a fianco all’altra,
tanto da permettere ai due gruppi, quello delle ragazze, e quello dei
Saiyuki Boys di parlare tra di loro.
-Davvero sei stato rinchiuso in una grotta per cinquecento anni?- Gli
occhi blu-verdi di Gaia erano spalancati dalla sorpresa, mentre
ascoltava Goku raccontare il suo incontro con Sanzo. Il ragazzo
annuì.
-Già, ma proprio non so perché …-
-Magari avevi divorato tutte le provviste del Tenkai …-
Buttò lì Gojyo. Sigaretta stropicciata tra le labbra, e
vena pulsante sulla tempia, del tutto simile a quella perennemente
presente sul viso del monaco biondo. Questi sintomi, uniti ad un
malumore misterioso che lo aveva colpito dalla sera dei fuochi
d’artificio, lo avevano reso argomento di discussioni più
o meno serie tra Goku e Gaia per buona parte della mattinata. Che la
Sanzite fosse davvero una malattia contagiosa?
-Ahh, maledetto Kappa pervertito, perché non ti fai gli affari
tuoi?!- Ruggì Goku, cercando di tirare un calcio al rosso.
-Paura di far brutta figura con la tua bella?- Sibilò questi,
abbastanza piano da non farsi sentire dalle passeggere della Jeep nera,
ma abbastanza forte da farsi capire dai suoi vicini.
-Ma di che stai parlando, scarafaggio al sugo!- Esplose il ragazzino,
genuinamente senza capire la frecciata di Gojyo, ma intuendo dal tono
che non poteva essere qualcosa di positivo.
-Su, su, ragazzi … non è il caso d’iniziare una
rissa in una giornata così bella e tranquilla …-
Tentò, seppur già rassegnato, d’intervenire Hakkai.
-Tsk! Lasciali fare … il Kappa non ha altri modi per scaricare
tutta la frustrazione repressa …- Hakkai dovette guardare due
volte al suo fianco, e pulire ben bene il monocolo, per essere certo
che nel sedile accanto al suo vi fosse seduto proprio Sanzo. E che
fosse proprio lui a dirgli di non fermare la rissa che si svolgeva nei
sedili posteriori di Hakuryu.
-Sicuro di stare bene, Sanzo?- Chiese timidamente il moro, il cui
solitamente tranquillo sorriso appariva quantomeno tremante. La lieve,
sadica risatina che venne dal monaco gli fece venire i brividi lungo la
schiena.
-Perdi tempo a parlare con quel sadico.- Fece Lara, seduta accanto a
Nika, che guidava. Hakkai notò che anche la rossina appariva
tutt’altro che serena. Anzi, se i lampi che scaturivano dalle
iridi verdi erano di qualche significato, non doveva essere di umore
migliore di Gojyo. Lara comprese la domanda non detta, e fornì
la risposta.
-Ieri sera, mentre tu e Martha andavate alla locanda con Gaia e Goku,
il prete qua presente …- Disse, indicando il biondino.
-Quante volte devo ripeterti che NON SONO UN PRETE!!!- Lara
ignorò le lamentele di Sanzo e continuò la sua
spiegazione.
-… Grazie alla sua geniale trovata di inseguire Gojyo per tutta
la durata dei fuochi d‘artificio, sparando tra la folla come un
forsennato, è riuscito nell’impresa di farsi arrestare. E
per salvarsi il culo, il signorino si è fatto riconoscere come
Monaco Sanzo, ed ha detto di star inseguendo un infedele, mettendo nei
casini anche Gojyo. Risultato? Sono stati sbattuti in galera tutti e
due. Così io e Nika abbiamo dovuto provvedere a pagare la
cauzione, ma intanto, Gojyo è rimasto dentro tutta la notte come
lui …-
-Notte che io e Gojyo avevamo in programma di passare DA SOLI!!!-
Concluse in vece della cugina Nika, lanciando alcuni sguardi-saetta a
Sanzo. Un lieve rossore avvolse le guance di Hakkai. Conoscendo i due
soggetti, e vedendo il grado di nervosismo della coppia, non era
difficile immaginare quali fossero i progetti dei due …
-Certo che mi sembra davvero assurdo che voi ragazzi siate dei Demoni
…- Cambiò prudentemente discorso Martha.
L’argomento era venuto fuori la mattina stessa, per richiesta
delle ragazze, che ancora non avevano bene a mente la definizione di
“Demoni”.
-Vero?- Rispose con un sorriso Hakkai, mentre ringraziava ogni
entità soprannaturale che aveva fatto cadere dal cielo quella
dolce creatura che era Martha. Essere proprio sulla traiettoria degli
sguardi omicidi che Nika stava lanciando a Sanzo non era esattamente la
cosa più tranquillizzante di questo mondo. Soprattutto
perché la ragazza aveva una deliziosa glock e sapeva usarla.
-Gli apparecchi di controllo dell’energia demoniaca funzionano
molto bene …- E, come per sottolineare la sua affermazione, si
sfiorò con una mano i piercing che gli adornavano
l’orecchio.
-Veramente non mi riferivo solo all’aspetto …- Scosse il
capo la brunetta, facendo così danzare anche i suoi lunghi
capelli mossi. -È che tra tutti voi, l’unico che, a prima
vista, direi che è un Demone mimetizzato, è Sanzo
…- Una vena cominciò a disegnarsi sulla tempia di Sanzo.
-Caratterialmente, ci puoi giurare …- Annuì Lara. Goku e
Gojyo cominciarono a trattenere le risatine. La vena continua a
gonfiarsi.
-Per me lui è peggio di un Demone … ha uno sguardo molto
più crudele …- Continuò Nika. Ormai la vena era ad
un passo dall’esplosione, mentre Goku e Gojyo, si tenevano una
mano sulla bocca a vicenda: scoppiare adesso a ridere, equivaleva a
morte certa.
-Pensa che quando sono arrivata in questo mondo, lui è stato
quello che da subito mi ha messo più paura …-
Ricordò Gaia, dando la bastonata finale alla pazienza del bonzo.
-MALEDETTE STREGHE!!! VE LO DO’ IO IL DEMONE …- Harisen
già in mano, Sanzo era già lì lì per
schizzare sull’altra jeep, quando notò con la coda
dell’occhio i due passeggeri del sedile posteriore che si
sbellicavano, ormai senza ritegno.
TONK! BONK!
-AHIO! Maledetto monaco violento!!!- Ululò Gojyo, tenendosi il capo, esattamente come Goku.
-AHIA! Sanzo, ma perché!? Stavolta noi non abbiamo fatto nulla!-
Borbottò il ragazzino, più offeso che dolorante.
Un’occhiata gelida del biondo, fece morire ogni ulteriore
lamentela.
-Perché voi eravate più vicini. E perché stavate
ridendo.- Le passeggere della jeep nera ridacchiarono, divertite dalla
situazione.
Anche Hakkai si lasciò andare ad una breve risata, ma subito
divenne serio. Troppa allegria. Troppa pace e tranquillità.
Troppo. Strano …
-Hey, Hakkai, tutto bene? Mi sembri un po’ pensieroso …-
Chiese Goku, sfuggito agli attacchi del monaco biondo. Anche Sanzo e
Gojyo fermarono la loro disputa, e indirizzarono la loro attenzione al
demone dagli occhi verdi. Anche le ragazze smisero di ridere, attente
ad ogni parola. Hakkai sorrise, leggermente imbarazzato da tutta
l’attenzione che aveva attirato su di sé.
-No, non è nulla davvero!- Rise, concentrandosi sulla guida. Poi
aggiunse. -È solo che … insomma, è già un
po’ che non incontriamo problemi sul loro cammino. O almeno,
problemi armati e con istinto omicida. Da quando Caleb se ne era andato
per la sua strada, non abbiamo più subito alcun genere di
attacco. E questo mi preoccupa un po’ … non vorrei che
… ecco, fosse la classica “quiete prima della
tempesta” …-
-YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!- Neppure il tempo di terminare il
discorso, che un razzo con le ali, della stazza di un cavallo o pco
meno, volò rasoterra tra le due jeep, e solo per pura prontezza
di riflessi, tutti abbassarono la testa in tempo.
-MA CHE DIAVOLO …- Ruggì Gojyo, sigaretta spezzata in due penzolante dalla bocca, e capelli ovunque.
-HAKKAI, TU ZITTO NO, EH?!- Esplose Sanzo, dando voce al pensiero collettivo.
-Scusatemi …- Fece il demone moro, decidendo che non era il
momento di sottolineare che lui, proprio, non poteva avere colpa alcuna.
-Un drago?!- Esclamò Gaia, tirandosi su, quel tanto da vedere che cosa era quasi precipitato sulle teste del gruppo.
-Ha qualcosa sulla schiena!- Notò Martha, risistemandosi gli
occhiali, cadutigli nella confusione generale. Nika piegò la
testa da un lato con fare critico.
-È molto più grande della mia Suzuki …-
-Guardate! Torna indietro!- Avvertì Lara. - TUTTI GIU’!!!-
Di nuovo il grosso drago sfiorò le teste dei ragazzi, che di
nuovo si abbassarono appena in tempo. Ma, a questo punto, troppo
spaventati per restare nella loro forma di auto, Hakuryu e Suzuki
ripresero le loro forme normali, lasciando cadere sulla strada bagagli
e passeggeri. Quest’ultimi bestemmianti e doloranti.
-È un Hiryu! Un drago da viaggio! Ed ha un passeggero in
groppa!- Notò Hakkai, tirandosi in piedi. Sanzo ringhiò
appena, sfoderando la S&W, mentre un ghigno sadico si faceva largo
sul volto solitamente corrucciato.
-Grazie per la lezione di biologia. Ora facciamo fuori questo scocciatore.-
-Dal tono di voce sembra quasi che ti stia divertendo …-
Commentò Lara, gocciolone sulla nuca. Ma qualcosa non quadrava:
il cavaliere del drago volante sembrava più interessato a fare
acrobazie aeree, che ad attaccare. E le urla che lanciava di certo non
facevano pensare a nulla di aggressivo. Anzi.
-AIUUUUTOOOOOO!!!-
Un momento di silenzio sbigottito passò tra i ragazzi, mentre il
drago performava un altro paio di piroette fuori controllo.
-Per cavalcare a quel modo un Hiryu, il nostro amico deve essere come
minimo ubriaco …- Fece Gojyo, goccia allibita sul capo, mentre
si ficcava in bocca una nuova sigaretta. Hakkai si portò una
mano sul mento, meditabondo.
-Eppure quella voce mi è familiare …-
-OCCHIO CHE RITORNA!!!- Urlarono in contemporanea Gaia e Goku,
schizzando di lato, imitati da Hakkai, Nika, Lara e Martha, giusto in
tempo per evitare una nuova picchiata fuori controllo. Non così
tanta fortuna la ebbero Sanzo e Gojyo, che in una nuvola di polvere,
finirono letteralmente investiti da bestia e passeggero, scomparendo
dalla vista dei loro compagni.
Per qualche istante, le ragazze e i due Demoni non riuscirono a
scorgere nulla dei loro compagni, se non quando il polverone sollevato
dall’Hiryu iniziò a dissiparsi.
-Cavoli, che atterraggio …- Fece una voce femminile,
appartenente al cavaliere del drago. Gli occhi di Hakkai e Goku si
spalancarono a dismisura.
-Non ci credo …- Mormorò Cho. La polvere lasciò
intravedere la sagoma del drago, poi quella della proprietaria della
voce: una sagoma di donna, non più alta di Goku o Gaia, con
orecchie a punta e capelli mossi raccolti in una coda.
-La conoscete?- Chiese Lara, mentre i contorni del volto della ragazza
caduta dal cielo (letteralmente!) si facevano sempre più
distinti. Gli occhi già grandi di Goku si trasformarono in due
vassoi dorati.
-L … Lirin?!- Con un sorriso ed una linguaccia, la sorella minore di Kougaiji salutò il gruppo di Sanzo allargato.
-Salve a tutti! Sono venuta a portarvi un messaggio del mio fratellone …-
-Fine capitolo 20-
Lo so, come capitolo non era granché, ma dopo tanto tempo che
non scrivevo più, cercate di chiudere un occhio, ok? Poi, non so
come mai, ma quando scrivo dei saiyuki boys con le mie ragazze, mi
escono sempre fuori delle cavolate al confine del ridicolo, quando
scrivo di Artemius, Caleb e compagnia, divento drammatica. Che volete
farci … prendetemi così come sono, se potete ..
I commenti sono sempre ben accetti ^_^
ciao
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Capitolo 21 *** La scelta. ***
cap21
Uno dei capitoli più difficili e forse più lungo
che mi sia mai capitato di scrivere! Perché poi non lo so, dato
che non è nulla di eccezionale … ma ci sono stata sere e
sere a scervellarmi su cosa scrivere, pur avendo una traccia ben
(più o meno) delineata nella testa. Forse è perché
ci sono Kougaiji e compagni, che ho sempre difficoltà a scrivere
… comunque ecco il nuovo capitolo di “La chiave dei
mondi”.
Buona lettura!
Capitolo 21
-La scelta.-
-Ho già detto che mi dispiace, vero?- Pigolò appena
appena Lirin. I grandi occhi spalancati nel tentativo di apparire il
più tenera possibile.
-Sì.- Rispose Sanzo, senza degnarsi di aprire gli occhi,
tranquillamente stravaccato sul sedile di Hakuryu accanto a Hakkai,
come al solito.
-Che sono mortificata di avervi recato disturbo?- Continuò la
piccola demone. Gli occhi ormai delle dimensioni di due palle da
tennis, ed un visino così tenero che avrebbe fatto
l’invidia di un gattino.
-Hai già detto anche questo.- Ammise il bonzo, sempre tenendo le palpebre sigillate.
-E che sarò buona buona finchè non arriveremo all’appuntamento con il mio fratellone?-
-Lo hai fatto fino a dieci minuti fa.-
-E ALLORA PERCHE’ NON POSSO SALIRE IN MACCHINA ANCHE IO!?!-
Ruggì Lirin, che seguiva di corsa le due jeep del gruppo di
Sanzo, sotto gli occhi divertiti della combriccola. L’Hiryu che
l’aveva portata a destinazione, si stava godendo un bel periodo
di riposo ai piedi di un albero, ben felice della sua meritata vacanza.
Subito dopo l’eccentrica entrata in scena, infatti, la sorellina
di Kougaiji era stata costretta dal monaco e dalla sua S&W a
seguire il gruppo a piedi. Punizione che, almeno secondo i piani di
Sanzo, sarebbe durata fino all’arrivo sul luogo
dell’incontro con Kougaiji.
Ma Lirin non era dello stesso parere.
-NON VOGLIO FARE TUTTA LA STRADA A PIEDI!!!-
-Avanti, Sanzo … non pensi che la si potrebbe accontentare?
Ormai siamo a metà strada …- Si arrischiò Goku,
pronto a nascondersi sotto il sedile posteriore. Stava facendo la parte
dell’avvocato del Diavolo, e con Sanzo non era cosa da
sottovalutare. E stavolta, Gojyo si era fatto cambiare posto con Lara,
quindi l’unico bersaglio dell’ira del monaco, in caso di
perdita di controllo, sarebbe stato lui solo.
-No.- Si limitò a rispondere il bonzo, sempre ad occhi chiusi.
Aveva deciso di ignorare il mondo ed ogni sua richiesta, e non aveva
alcuna intenzione di cambiare idea.
-Accidenti prete, quanto sei crudele … se sei così con i
bambini, non oso pensare con nemici e peccatori …- Sbuffò
Lara. Una venuzza si manifestò sulla tempia del biondo, che si
volse in direzione della ragazza, ma senza sollevare le palpebre.
-Non sono un prete, maledetta donna! E poi quella peste merita una punizione!!!-
-SEI CRUDELE!!! CRUDELE E PELATO!!!- Ruggì Lirin, con
un’enorme quantità di fiato nei polmoni, nonostante la
corsa. La vena di Sanzo si gonfiò di più.
-E ridagli … Io non sono calvo …-
-Che cavolo c’entra l’essere pelato con essere crudele!?-
Borbottò Goku, punto interrogativo danzante sulla testa. Le mani
del monaco cominciarono a contorcersi dal nervoso. Qualcosa che di
certo non si può dire che sia bene … specie quando si ha
in mano una S&W carica. Ma, appena prima che iniziasse la solita
sparatoria, una mano sottile si posò delicata sulla spalla del
biondo. Un gesto affettuoso e delicato, in grado di fermare, ma senza
alcun bisogno di forza. Come solo una donna sa fare.
Finalmente Sanzo spalancò gli occhi. La sorpresa lampante nelle
iridi violette. Si volse di scatto, per incrociare quelle cristalline
di Lara. La ragazza sorrise dolcemente. E Sanzo si ritrovò di
nuovo a stupirsi per la somiglianza esistente tra lei e Gaia, quando
rilassava i muscoli del viso, perdendo la solita espressione seria e
seccata.
Le dita affusolate di Lara giocherellarono teneramente con la stoffa
della tunica, senza staccarsi dalla sua spalla. Sanzo sentì un
leggero brivido percorrergli la schiena. Era un gesto da nulla, ma per
lui era nuovo. Allevato in un monastero, ed orfano dalla più
tenera età, non aveva ricordo di alcuna figura femminile nella
sua vita. E comunque nessuna abbastanza vicina da arrivare ad un
contatto fisico di qualunque genere. Neppure casto e semplice come
quello.
I combattimenti con donne demoni ed altri nemici simili non valevano, ovviamente.
Eppure aveva reagito. Il suo corpo aveva reagito d’istinto,
bloccandosi a quel tocco, riconoscendo all’istante che non era il
tocco di uno dei suoi soliti compagni di viaggio. Il suo stesso corpo,
si era ricordato di essere un Uomo, e che quello che lo aveva toccato
era il corpo di una Donna. Una consapevolezza che lo colpì
duramente, perché in realtà mai ci aveva pensato. E i
discorsi da pervertito di Gojyo di certo non l’avevano
incuriosito in quell’ambito. Lo avevano solo irritato.
Nel suo attimo di stupore, il monaco quasi non si accorse che Lara stava continuando a parlare.
-Tranquillo. La calvizie non è un problema per te. Almeno
nell’immediato. Tra qualche anno, magari sì. Ma per ora,
non è il caso di pensarci …-
Sdeng! Addio al momento di stupore e umanità.
-Come sarebbe a dire, “tra qualche anno“!??! Io non sto
diventando calvo, chiaro!?- Ringhiò Sanzo, mentre gli occhi
violetti mandavano scintille. Lara, dal canto suo, trovava la
conversazione divertente. E poi, la sua pistola automatica era molto
più potente della piccola S&W …
-Certo, certo … speraci …- Sanzo emise un nuovo ruggito,
ma la bionda gli bloccò le parole in gola posandogli un dito
sulle labbra, il sorriso da malignamente divertito, a malizioso. -Ma
sappi che saresti carino lo stesso …-
Silenzio di tomba.
Tutti i passeggeri di Hakuryu rimasero silenziosamente basiti. Statue
di sale allo stato puro. Anche il motore di jeep emise per errore un
pigolio. Sanzo, poi, cosa assolutamente assurda, non sembrava riuscire
più a spiaccicare parola. E neanche a tirare fuori il suo
Harisen. Lara sospirò, senza perdere il sorriso, lasciò
la spalla del bonzo, e si risedette comodamente al suo posto, contenta
del risultato ottenuto: un silenzioso, scioccato, e quindi calmo Sanzo.
E, per una volta, senza dover usare armi, se non la seduzione femminile.
Sentendo uno sguardo fisso su di sé, la bionda si volse a
guardare nel sedile accanto al suo: Goku la fissava con enormi occhi
dorati simili a due palle da tennis, e la mascella a livello ginocchia.
Solo allora, Lara si rese conto di quanto la sua affermazione potesse
suonare ambigua.
“Ambigua un corno!!!“ Le gridò una voce nella testa.
“Manco fossi stata posseduta da Nika!!!“. Con le guance
tinte leggermente di rosa, Lara si piegò in avanti, in modo da
essere a livello occhi con il giovane eretico.
-Una sola parola di questo alle mie consanguinee, e ti giuro che non
potrai mangiare mai più nulla di solido.- Sibilò,
più minacciosa di un cobra. Goku annuì entusiasticamente,
facendo silenziosamente segno di giuramento con le mani. La voce di
Lara si addolcì decisamente.
-Molto bene. E adesso chiudi quella bocca, stai diventando una trappola per mosche.-
-----
Il baccano del gruppo di Sanzo e Lirin segnalò il loro arrivo
molto prima che apparissero alla vista. Kougaiji si complimentò
con sé stesso per la saggia scelta del luogo d’incontro.
Un luogo isolato, lontano da occhi e orecchie indiscrete: una fitta
boscaglia in cima ad una collina, poco frequentata e poco visibile, ma
abbastanza vicina alla strada percorsa dal gruppo di Sanzo.
Appoggiato al muro di un grosso albero, attendeva. I suoi compagni
facevano lo stesso, a pochi passi da lui. Yahonne fissava la strada,
intenta a scorgere ogni segno delle persone che stavano aspettando. Un
po’ più distante, Dokugakuji se ne stava seduto a gambe
incrociate contro un masso, apparentemente addormentato. Ma il subdolo
movimento delle orecchie a punta mostrava quanto fosse in realtà
vigile.
Abbandonarono le proprie posizioni solo quando le due jeep della compagnia di Sanzo arrivarono a pochi passi da loro.
-Era ora.- Furono le uniche parole di saluto che il principe demone sprecò per i nuovi arrivati.
-Mamma mia, quanto sei freddo!- Fece Nika, scendendo agilmente dalla
jeep nera. Gojyo, Martha e Gaia la seguirono a ruota, permettendo a
Suzuki di prendere la sua forma originale.
-Fratellone!!!- Cinguettò Lirin, mentre anche gli altri membri
del gruppo scendevano da Hakuryu. Ignorando ogni convenevole, il monaco
e Kougaiji si guardarono negli occhi.
-Volevi parlarmi?- Domandò Sanzo. La voce profonda e lo sguardo
deciso. Il demone lo fissò con un’occhiata di pari
intensità.
-Ho delle informazioni che possono interessarvi.- Poco dopo, i due
gruppi erano seduti a semicerchio nella radura, intenti ad ascoltare
Kougaiji.
-Ho fatto domande in alcuni dei villaggi sotto la mia protezione. Le
storie che abbiamo sentito sono le stesse. Un gruppo di banditi Demoni
che colpisce anche villaggi demoni, depredando tutto il possibile.-
-Ma a quanto pare negli ultimi tempi sono peggiorati. Sono diventati
più violenti, e non si accontentano solo di rubare. Uccidono.
Umani o Demoni non gli importa. Dove vanno, fanno piazza pulita. Donne,
vecchi, bambini … Non lasciano testimoni.- Aggiunse Dokugakuji.
Il principe Demone annuì e continuò.
-I racconti arrivano da pochi superstiti. Quasi tutti abbastanza
fortunati da essere scappati durante la carneficina, mentre nessuno
badava loro. L’unica cosa che ricordano erano le urla dei loro
compagni e … L’assoluto silenzio dei loro carnefici. Quei
banditi non fiatano durante la battaglia. Silenziosi. Metodici.
Sanguinari. Se non fosse per le grida delle vittime, quelli che sono
scappati non si sarebbero neppure accorti dell’attacco.-
-Storia strana.- Commentò Gojyo, osservando il filo di fumo salire della sua sigaretta fino al cielo.
-Ma vera.- Aggiunse Yahonne. A nessuno scappò il brivido che le
aveva attraversato il corpo. Ascoltare un racconto simile da qualcuno
che lo aveva davvero vissuto, non doveva essere stata una passeggiata.
-E non è ancora finita.- Fece Kougaiji. -A quanto pare,
c’è anche un reclutatore di sbandati, in giro. Molti
raccontano di un tipo che va in giro ad assumere bande di scapestrati
violenti perché lavorino per lui. Non sappiamo ancora molto su
questo di lui, ma ci stiamo lavorando.-
-Risparmiati la fatica.- Sbuffò Sanzo. Lara annuì.
-Probabilmente si tratta di Artemius.-
-E chi sarebbe?- Ringhiò Kougaiji, gli occhi scintillanti. Il
monaco spiegò brevemente ciò che Caleb aveva raccontato,
e dei Demoni Lupo di Shiba. Il principe sospirò.
-Abbiamo saputo della banda dei Demoni Lupo. È stato il primo
gruppo che si dice sia stato assoldato. Ma a quanto pare questo
Artemius si è messo in contatto con altri. Ma non abbiamo ancora
scoperto con chi. Molti dicono il gruppo che va a distruggere villaggi.-
-Chissà perché, la cosa non mi stupirebbe.-
Sospirò Gojyo, buttando a terra un mozzicone di sigaretta. Era
chiaro che nessuno dei due gruppi avesse altro da aggiungere. E senza
sprecarsi troppo in parole, tutti cominciarono a prepararsi per
riprendere la propria strada.
-Grazie per le informazioni.- Sbuffò Sanzo mentre prendeva posto su Hakuryu. Kougaiji scosse il capo.
-Non vi ho fatto un favore. Ma qui c’è in ballo la mia
gente. Non m’importa chi sia questo tipo, o se quei banditi
c’entrano con lui. Devono morire. Per mano mia. Solo questo.- Il
monaco sorrise impercettibilmente.
-Non mi aspettavo altro.- Il principe Demone si volse per andarsene, ma prima di sparire tra gli alberi, aggiunse.
-Cerca di non farti ammazzare troppo presto. Quello è un onore che spetta solo a me.-
-Sè, certo, come no!- Ringhiò il bonzo, mostrando il dito
medio. -Sappi che non ho alcuna intenzione di farmi uccidere. Né
da te, né da altri.-
-Accidenti, ma che persone gentili e solari che siete da queste parti
…- Ironizzò Lara, sarcasmo grondante da ogni poro.
Braccia incrociate sul petto e sguardo sardonico.
-Soprattutto pacifiste …- Annuì Gaia, che appariva la versione mora della sorella. Stessa posa e stesso tono.
-Farò finta che non esistiate …- Sibilò il bonzo, con venuzza in espansione sulla tempia.
-----
Caleb correva veloce. Una scia argentea che sfrecciava tra alberi
e prati. Se qualcuno lo avesse visto, lo avrebbe scambiato per uno
spiritello del vento. Da quando Artemius lo aveva liberato, non si era
fermato un solo istante. Avrebbe dovuto partire subito alla ricerca del
Gruppo di Sanzo, e, soprattutto, delle ragazze. Ma, anche se dalla
velocità di marcia non si sarebbe detto, aveva preso tempo.
Imboccando una via più lunga, e tralasciando deliberatamente di
seguire la direzione in cui i viaggiatori si erano diretti, si era
concesso alcune ore di tempo per riflettere.
Conosceva la sua missione. Artemius era stato più che chiaro. Anche troppo.
“La Sua vita è un prezzo abbastanza ragionevole per te?”
Un ringhio, e l’andatura aumentò ancora di
velocità. La rabbia ribollente nel sangue del demone dagli occhi
dorati, mentre ripensava alla sua compagna. Rigel era una sorella per
lui. E non solo perché Lui li ha creati assieme, nello stesso
istante, dalla stessa roccia. Ma per gli anni, le esperienze e le
speranze condivise.
Si fermò un momento su un albero. Il corpo, ancora debole
per le ferite, dolorante per lo sforzo della marcia. Rimase fermo,
respirando profondamente, i polmoni in protesta per il bisogno urgente
di ossigeno. Gocce di sudore gli imperlano il viso, i capelli arruffati
e impolverati. Piano piano, il respiro si fece regolare, e il cuore
riprese a battere regolarmente.
La corsa avrebbe dovuto schiarirgli le idee, ma invece lo aveva
reso ancora più confuso. Cosa Diavolo doveva fare? Non voleva
uccidere le ragazze. Né Lara, né Martha, né Nika,
e tanto meno la giovane Gaia. Ma non aveva molta scelta. Rigel era un
pezzo troppo importante della sua vita.
Ad un tratto, le orecchie a punta captarono un rumore familiare.
Si mise in ascolto. Un rombo di motore. Anzi, di due. E voci. Parecchie
voci. Risate, scherzi. Ma tutte vengono improvvisamente sovrastate da
grida irate e colpi di pistola. Persone normali avrebbero pensato a dei
banditi, come minimo. Ma non Caleb, che aveva riconosciuto
perfettamente i proprietari delle voci. La comitiva di Sanzo era
vicina. Con stupore si rese conto del sorriso che gli era spuntato
sulle labbra, e dell’improvvisa leggerezza al petto, pesante come
un macigno da quando Artemius lo aveva lasciato andare.
Un altro colpo di pistola sparato in aria, e grida inferocite di
donna. Sanzo doveva aver passato il segno, e Lara lo stava mettendo in
riga. Le voci si erano fatte più vicine. Con un sospiro felice,
il demone scese dall’albero e iniziò a correre, impaziente
di rivedere i suoi amici. Ma subito si pentì di tali sentimenti.
La sua missione. Rigel. Il piano di Artemius. La leggerezza
svanì subito. Smise di correre. Il cuore gonfio di sensi di
colpa e dubbi. Ma nonostante il tumulto interiore, continuava a
camminare verso la strada percorsa dalle due auto. Si accorse della
direzione presa dai suoi passi solo quando sentì un clacson a
meno di un metro da sé. Era nel bel mezzo della strada, di
fronte alla jeep guidata da Hakkai, che aveva frenato per non
investirlo.
-Allora? Hai deciso di morire o cosa?- Il ringhio di Sanzo lo fece uscire dalla sua trance.
-Neanche un benvenuto, prima? Sei proprio un insensibile, Venerabile
Sanzo …- Si sforzò di sorridere il demone dagli occhi
dorati, sfoderando un sarcasmo che non gli si addiceva.
-Tu sei stato troppo tempo con quelle donne.- Sibilò il monaco,
indicando la jeep nera guidata da Nika, a pochi passi da Hakuryu.
-E questo cosa vorrebbe dire, prete?- Ringhiò Lara, udito fine
come un pipistrello. Specie nei confronti dei commenti poco gentili del
biondo.
-NON. SONO. UN. PRETE!!! Sono un monaco buddista!!! Quando lo capirai,
donna?!?!- Ruggì Sanzo, scavalcando Goku sul sedile posteriore,
solo per avvicinarsi di più a Lara.
-Tanto non segui granché le regole né di uno né
dell’altro ordine religioso. Quindi, perché puntualizzare
tanto?- Ribatté la ragazza con noncuranza, infischiandosene del
tremore alla mano del bonzo.
-Ha centrato il punto, Sanzo …- Fece Hakkai.
-E A TE CHI HA CHIESTO NIENTE?!- Urlò il monaco, senza neppure
distogliere lo sguardo dagli occhi color ghiaccio di Lara, che lo
fissava con pari intensità.
-Awww!!! Ma non sono carini?- Pigolò Gojyo, fingendo un sospiro
da film romantico, e al tempo stesso rivolgendo a Caleb un occhiolino
d‘intesa. -Da quando sei partito non fanno altro che trovare ogni
scusa per stare vicini. Sono coooosì teneri …- Due spari
echeggiarono a pochi millimetri dalla scatola cranica del mezzo demone.
Le pistole sia di Lara che di Sanzo fumanti.
-Piuttosto mi suicido!-
-Piuttosto mi faccio suora!-
-E qui apriamo un bel monastero … Il tempio della Pace e dell‘Amore …- Sospirò Martha, esasperata.
-Con quei due? Più che altro il tempio della Guerra e
dell’Odio, sorellona …- Obiettò Nika, appoggiando
demoralizzata la fronte al volante. Suzuki emise un pigolio di
conforto. Gaia intanto era schizzata fuori dall’auto, e insieme a
Goku era corsa a dare il benvenuto a Caleb, che si trovò
sbattuto a terra da un’ondata di affetto.
-Sei tornato!!!-
-Eravamo preoccupati!!!- Goku e Gaia erano avvinghiati al povero demone
come due pitoni, e lo stavano lentamente soffocando. Fortuna volle che
Hakkai prendesse i due membri più giovani della compagnia per la
collottola, giusto in tempo per salvare Caleb, ormai con le labbra blu.
-Le manifestazioni di affetto a dopo. Adesso andate ad aiutare gli altri. Ci accampiamo.-
-Ma come? Non cerchiamo una locanda dove dormire?- Protestò Gaia. Goku le diede man forte.
-Io volevo mangiare carne!- Il demone dagli occhi verdi sorrise di fronte all’infantilismo dei due ragazzini.
-Ormai è tardi, non faremmo in tempo ad arrivare al prossimo
villaggio. Ma vedrò di convincere Sanzo a pranzarci domani. Va
bene?- Pur con qualche borbottio, Goku e Gaia accettarono la proposta,
e si diressero ad aiutare Nika e Martha, che si dividevano i compiti
tra impedire a Sanzo e Lara di freddare Gojyo, e scaricare le auto.
Caleb riprese fiato, per una volta nella sua vita felice di essere quasi ucciso per soffocamento. Poi si rivolse a Hakkai.
-Grazie del salvataggio.-
-Di nulla.- Di fronte al sorriso gentile di Hakkai, il giovane dai
capelli argentei abbassò lo sguardo, cercando di trovare
qualcosa da dire.
-Io … senti, ho delle informaz … Off!!!- Un borsone
collise col suo stomaco, facendogli perdere quel poco fiato che aveva
recuperato. Gli occhi dorati del demone cercarono, stupiti, quelli
verdi dell’uomo. Questi sorrise come al solito, prendendo un
altro bagaglio da Hakuryu.
-Ce ne parlerai più tardi. Ora dacci una mano a preparare
l‘accampamento per stanotte.- Ancora stupito, Caleb si
sistemò il borsone tra le braccia, e fece come gli era stato
detto. In poco tempo, il fuoco era acceso, e una pentola borbottava
allegramente, espandendo profumo di spezzatino, sotto lo sguardo
famelico di Goku e Gaia.
-Sanzoooo! Ci vorrà ancora tanto? Io ho fame!- Si lamentava lo
scimmiotto, rotolando sullo stomaco. Sanzo sbuffò appena.
-Sai che novità …-
-Ho fame anch’io …- Mugolò Gaia, rotolando anche
lei sulla pancia. E, come a sottolineare la cosa, sia lo stomaco della
ragazza che del giovane demone, emisero una sorta di ruggito. Un paio
di venuzze presero forma sulla tempia del bonzo.
-Tenetevela! Non posso far cuocere il cibo più velocemente solo
perché voi avete delle voragini al posto dello stomaco!!!-
-Siamo nella fase della crescita! È normale che abbiamo fame!-
Esclamò la mora, scattando seduta. Goku annuì
vigorosamente.
-A me quella della crescita pare una scusa bella e buona …-
Borbottò Nika. Gli altri membri del gruppo, rigorosamente seduti
attorno al fuoco, annuirono. Caleb, seduto un poco in ombra, sorrise
divertito. Finora non aveva detto nulla sul suo incontro con Rigel. E
nessuno gli aveva chiesto nulla.
-Più che nella fase della crescita, se continui così
finirai nella fase dell’ingrassatura!- Stuzzicò Lara,
sorridendo alla faccia orripilata della sorellina.
-Non è vero! Diglielo anche tu., Goku!- Il giovane eretico la guardò senza saper che rispondere.
-Bhe … non sei proprio un dolce peso, ma …- Gli occhi
azzurro mare di Gaia divennero due sottili fessure maligne. Segno per
Goku che la sua risposta era tremendamente sbagliata. -P …
Però Gojyo dice che le ragazze un po’ più formose
sono più carine!- Un ruggito sembrò levarsi dalle
profondità della gola della diciasettenne.
-Io. Non. Sono. Grassa.- E mentre Goku cercava di strisciare il
più lontano possibile da quell’improvvisa divinità
della guerra che aveva preso possesso di Gaia, Gojyo se la rideva di
gusto. Ma un dito cominciò a tappettargli sulla spalla.
-Sì, cosa …- Ogni domanda fuggì di corsa davanti
agli occhi verdi da pantera di Nika. Un lieve ringhio sembrava essere
emesso dalle corde vocali della ragazza. Ora. C’era una sola cosa
che poteva far offendere Nika. Ed era ricordare, anche solo vagamente,
che tra lei e le sue compagne di ventura, esisteva una differenza di
taglia. Nel particolare, di taglia di reggiseno. Da quando anche la
piccola Gaia era entrata nell’età dello sviluppo, la
rossina era rimasta la più piatta del quartetto. Non che fosse
una tavola da surf, anzi. Il suo corpo era più che femminile, e
molti uomini se ne erano accorti. Ma dentro la sua testa, il fatto di
avere una taglia in meno rispetto a Lara e Gaia, e quasi due rispetto a
Martha, era un brutto nervo scoperto. E Gojyo stava per scoprire quanto
davvero la rossa sapesse essere crudele, quando arrabbiata.
-”Le ragazze un po’ più formose sono più
carine”, eh?- Sibilò la ragazza, con un tono che fece
gelare il sangue nelle vene al Kappa. Gojyo avrebbe anche iniziato a
ribattere, ma la vista della glock di Nika gli fece rapidamente
scordare le inutili scuse per un commento assolutamente innocente, ma
che solo una mente femminile poteva vedere collegata a sé in
forma di insulto.
E mentre Goku e Gojyo venivano inseguiti rispettivamente da Gaia
e Nika, il resto della comitiva osservava la scena con un enorme
gocciolone allibito sulla nuca.
-Dite che dovremmo fermarli?- Domandò Caleb. Hakkai si
sistemò il monocolo sul naso. Un paio di spari echeggiarono nel
silenzio della notte.
-Non credo che sia una cosa saggia, al momento …-
-Tsk! Lasciamoli fare. Se dopo il viaggio di oggi hanno ancora energie
da spendere … Meglio che le usino ammazzandosi tra loro che
rompendo a me.- Sbuffò Sanzo, accendendosi una sigaretta.
-… Tu non ti sei fatto frate per vocazione, vero?- Fece Lara. I nervi del monaco cominciarono a vibrare.
-Quante. Volte. Devo. Ripeterlo … IO NON SONO UN FRATE! O UN
PRETE! O NON SO QUALE ORDINE SACERDOTALE!!! IO SONO UN MONACO BUDDISTA!
UN BONZO!- Lara osservò tranquilla le varie vene in rilievo
sulle tempie del biondo.
-Ordine francescano o cappuccino?-
-AAAAAAARGH!!!-
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Le liti tra le varie coppie ebbero fine solo quando Martha
annunciò che la cena era pronta. Il gruppo mangiò tra
risate e scherzi, dimentico dei battibecchi avvenuti solo pochi minuti
prima di avere una ciotola di spezzatino in mano. Caleb era ormai
sicuro che le liti non servissero ad altro che a fare un po’ di
movimento prima di cena per stuzzicare l’appetito. Ma a fine
pasto era chiaro che nessuno avrebbe avuto la lucidità di
pensiero per ascoltare le notizie portate dal demone dai capelli
argentei. Le teste di Goku e Gaia ciondolavano dal sonno, e anche gli
altri membri del gruppo non sembravano molto svegli. Perfino Hakkai non
riusciva a soffocare qualche sbadiglio.
-Allora, Caleb. Dicci quello che hai da dire.- Disse Sanzo, appena
prima di uno sbadiglio spaccamascella. Il demone dai capelli argentei
tentennò un momento, indeciso: quanto era saggio riferire? Alla
fine optò per un compromesso: raccontò l’incontro
con Rigel. Il suo iniziale rifiuto, e la morte di Shiba, per mano della
stessa ragazza.
-Uno in meno di cui non mi dispiaccio!- Ringhiò Sanzo alla notizia. Lara, per una volta, fu d’accordo con lui.
-Anch’io. Ma che non diventi un’abitudine!- Chiarì
subito la bionda. Bonzo e ragazza si lanciarono un’occhiata
feroce, come per consolidare la dichiarazione.
-Bhe, a quanto pare la tua amica starà dalla nostra. Ma
perché non è venuta con te?- Chiese Nika, portandosi una
sigaretta tra le labbra. Caleb cominciò a pensare freneticamente
a cosa rispondere. Non aveva intenzione di raccontare la parte in cui i
due nuovi scagnozzi di Artemius avevano catturato lui e Rigel. E ancora
meno di spiegare la storia del ricatto. La sua mente stava
disperatamente cercando un modo di cavarsela senza dover mentire ai
nuovi amici, quando qualche buona stella decise di brillare su di lui.
O meglio. Sandman decise di dargli una mano (per chi non lo sapesse,
Sandman = Morfeo. Scusate, ma Neil Gaiman mi ha contagiata ^^). Goku,
ormai già da un po’ seduto in equilibrio precario, cadde a
terra, addormentato. Solo la pietra che andò a beccarsi in piena
fronte gli impedì di continuare a viaggiare nel Regno dei Sogni,
facendolo gridare di dolore, tanto da svegliare Gaia, anche lei ormai
più di là che di qua nel mondo reale. Solo molto
più brava a mantenere l’equilibrio dello scimmiotto.
-Ok. Direi che è ora di andare a dormire. Ne parleremo
domattina. Forza. Tutti a nanna.- Fece Martha, con un tono tranquillo
ma che non ammetteva repliche. Pur con qualche mugolio di protesta, il
gruppo iniziò a prepararsi per la notte, tra uno sbadiglio e
l’altro.
-Se lo dici tu, mammina …- Sbuffò Nika, alzandosi
comunque in piedi e affrettandosi a prendere il proprio sacco a pelo.
Caleb, unico a non essere davvero stanco, si offrì di fare il
primo turno di guardia. Nessuno si oppose, ben contento di lasciare
l’incombenza al demone dagli occhi dorati, e potersi godere
qualche ora di sonno.
Nel silenzio della notte, interrotto solo ogni tanto dal russare
del gruppo di Sanzo, e dallo scoppiettio del fuoco, Caleb riuscì
finalmente a rilassarsi. Per tutta la durata della cena, il demone dai
capelli argentei era stato agitato e insicuro.
Non che adesso non lo fosse. Ma almeno poteva evitare la fatica
di fingere. Gli occhi dorati fissi sul fuoco da campo, il pensiero
rivolto alle parole di Artemius.
“La Sua vita è un prezzo abbastanza ragionevole per te?”
No. Non lo era. Per quanto amasse Rigel.
Lanciò un’occhiata alla figura dormiente di Gaia. La
più giovane del gruppo, la vittima da cui sarebbe dovuto
iniziare il massacro ordita da Artemius. Così vicina.
Così indifesa. Al demone dagli occhi dorati sarebbe bastato
allungare una mano, e far scattare gli artigli. E la vita di Rigel
sarebbe stata salva. Sempre che Artemius avesse mantenuto la parola.
Fino a qualche settimana prima, Caleb non avrebbe esitato. Ma
adesso, il solo pensiero di avvicinare i suoi artigli alla giovane
umana gli rivoltava lo stomaco. Rabbrividì al ricordo del loro
primo incontro. Quando solo per capriccio aveva esitato a terminare la
vita della ragazza. Un grosso senso di sollievo lo pervase, alla
realizzazione di non essere ancora diventato un assassino senza
scrupoli. Ma allo stesso tempo, si sentì schiacciare da un altro
peso: se non riusciva a portare a termine la missione affidatagli da
Artemius, che poteva fare? Di certo non presentarsi a mani vuote.
Forse poteva lasciare che Sanzo o uno del gruppo lo uccidesse.
Aggredendo una qualunque delle ragazze avrebbe di certo scatenato una
reazione violenta da parte degli uomini del Gruppo di Sanzo. Non
sarebbe stato troppo difficile lasciarsi colpire, e perdere di
proposito contro di loro. Tutti e quattro i ragazzi erano più
che esperti guerrieri. Ma non gli andava di ferire Gaia o le altre.
Non che non lo avesse sfiorato l’idea di chiedere a Sanzo o a
qualcun altro del gruppo di ucciderlo, senza dover combattere. Ma
nessuno, a parte forse proprio il bonzo, gli avrebbe mai dato il colpo
di grazia così, a sangue freddo, senza una motivazione. E anche
ammesso che i suoi amici avessero accettato una cosa del genere
… che ne sarebbe stato di Rigel? Artemus era stato chiaro: che
fallisse o si ribellasse, il destino di Rigel sarebbe stato segnato.
No. Fallire la missione di proposito non era un’opzione. E
neppure uccidersi o farsi uccidere. Perché sempre di fallimento
si sarebbe trattato. Ed Artemius avrebbe comunque ucciso Rigel. Da
qualunque parte girasse la situazione, pareva proprio senza via
d’uscita.
Un movimento lo fece voltare di scatto, i muscoli tesi, pronti ad
un eventuale combattimento. Ma subito il demone si rilassò
quando vide che era solo Gaia. La ragazza si avvicinò al fuoco,
sorridendo.
-Non riesco a dormire. Posso farti un po’ di compagnia?-
Sussurrò, attenta a non svegliare gli altri, profondamente
addormentati nei loro sacchi a pelo. Caleb annuì e fece spazio
alla morettina, che sussurrò un “grazie” appena
percepibile. Rimasero in silenzio per lunghi minuti, trovando,
chissà come, conforto nella presenza l’uno
dell’altra. Gaia in particolare trovò la cosa quasi
divertente. Per molte notti, il ricordo di Caleb e dei suoi artigli
l’aveva svegliata in un bagno di sudore freddo, impedendole di
riprendere sonno. Ma adesso, nel buio della notte, con i capelli
argentei rossi e gli occhi arancione scuro per la luce delle fiamme, la
sua presenza calma e silenziosa la rassicurava.
-Come mai sveglia? Prima mi sembravi abbastanza stanca. Brutti sogni?-
Chiese improvvisamente il ragazzo, facendo leggermente sussultare la
diciassettenne. Subito il demone se ne pentì. Se la sua
esperienza con Rigel era comune anche al resto del genere femminile,
umana o demone che fosse, Gaia avrebbe iniziato a raccontargli i suoi
più rosa e romantici segreti. In fondo, cos’altro
può tenere una ragazza sui diciassette anni lontano dal mondo
dei sogni?
Gli occhi acquamarina della ragazzina divennero quasi grigio
tempesta, mentre ricordava il motivo che la teneva lontana dal sacco a
pelo. Non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessuno, ancora. Neppure a
Lara. Le sue visioni erano diventate molto frequenti negli ultimi
tempi. Piccole cose, non eclatanti come quelle avute in precedenza.
Schegge di vita futura che le apparivano su ogni superficie liquida che
le si parava davanti. A volte era un’immagine di Lara e Sanzo che
litigavano, a volte un gesto di affetto tra Martha e Hakkai, altre
volte semplicemente Gojyo che si accendeva una sigaretta, o Nika che
accarezzava Hakuryu e Suzuki. Piccoli fatti, scene che poco dopo aver
visto riflesse da qualche parte, a volte anche in una pozzanghera,
vedeva avverarsi poco dopo attorno a lei. La cosa la confondeva, e un
po’ la preoccupava. Già non conosceva l’origine di
questi poteri, e non averne alcun controllo la stava letteralmente
facendo impazzire. Con un sospiro, decise di approfittare della
presenza calmante di Caleb e aprirsi con lui.
-Le visioni. Non posso bere un bicchier d’acqua, che ne ho una!-
Il demone dagli occhi dorati rimase spiazzato. Sollevato, dato che il
mistero della giovane morettina non era una pena d’amore, ma
spiazzato comunque. Sapeva che le ragazze venute dall’altro mondo
avevano il potere di ricreare la barriera in cui Lui era rinchiuso, che
si stava sgretolando giorno dopo giorno. E sapeva anche dei poteri
divinatori delle quattro giovani donne. Ma che questo rappresentasse
per loro un problema, proprio … non se lo era mai neppure
chiesto.
-Ma non … Puoi smettere di averle, bloccarle, o qualcosa di simile?- I grandi occhi di Gaia lo fissavano straniti.
-Non credi che se potessi, non ci perderei delle ore di sonno?-
-G … giusto …- Ammise il ragazzo, improvvisamente
rimpiangendo che l’argomento non fosse una cottarella
dell’età. Ma ormai aveva dato la sua disponibilità
all’ascolto, e non poteva tirarsi indietro. -E cosa vedi?-
-Di tutto. Mia sorella che litiga con Sanzo, Gojyo che fuma, Goku che s’ingozza …-
-Scusa, ma queste sono cose che non servono visioni, per saperle
…- La interruppe Caleb, gocciolone sul capo. Gaia sbuffò,
esasperata.
-Lo so anch’io … sono inutili e fastidiose! Come la
pubblicità in TV!!! Però …- Il viso ancora da
bambina assunse un’espressione seria e triste. -Non posso fare a
meno di guardarle. E se ci dovessi vedere qualcosa di importante? Non
posso sapere quando mi vengono, ogni volta potrei
…”vedere” qualcosa di importante! Non so davvero
come comportarmi!- Caleb ascoltò lo sfogo senza interromperla.
Le iridi acquamarina della ragazzina ora velate da lacrime desiderose
di uscire. -Però … ne sono capitate così tante
… tutti hanno cose molto più importanti a cui pensare,
che non a me e alle mie visioni impazzite!- Istintivamente, il demone
dagli occhi dorati cinse le spalle di Gaia con un braccio. Subito, la
ragazza si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Non appena i
singhiozzi si calmarono, Caleb le diede una stretta affettuosa, e la
lasciò andare. Subito, sul volto rigato di lacrime apparve un
sorriso. Ancora titubante, ma già molto vicino a quelli che di
solito illuminavano la più giovane della quattro ragazze di Gaya.
-Grazie.- Il demone dagli occhi dorati non poté trattenersi dal
sorridere a sua volta, orgoglioso di essere riuscito a farla sta meglio.
-Di nulla.-
-Ora il tuo turno.-
-Eh?- Caleb non capiva.
-Di sfogarti.- Disse la morettina, con un’espressione che
sembrava dire “come fai a non capire quello che ho detto?
È semplice!”.
-Non ho nulla per cui sfogarmi …- Cercò di deviare il demone, ma Gaia era irremovibile.
-Ma smettila! È tutta la sera che sei così teso che se
uno ti pizzica suoni come una corda di violino!- Caleb sospirò,
sconfitto. Aveva davvero creduto di aver messo su una buona maschera. A
quanto pare non era stato sufficiente.
-Non è semplice …-
-Nessuno ha mai detto che lo sia!- Caleb sospirò. Arrendersi a
quanto pare era l’unica opzione disponibile, davanti a Gaia. Lara
e Nika avevano insegnato bene le tecniche di interrogatorio alla
piccola …
-Non vi ho detto tutto, stasera …-
-Lo sospettavo.- Annuì Gaia. -Eri troppo depresso per le belle
notizie che avevi portato.- Rise Gaia, asciugandosi le ultime tracce di
lacrime, e portandosi le ginocchia contro il petto, in attesa, pronta
ad ascoltare. Caleb ridacchiò suo malgrado.
-È … è così difficile … io …-
Il demone fece un respiro profondo. -Non so da dove cominciare …-
-Da l’inizio sarebbe gentile!- Caleb sobbalzò: la voce che
aveva parlato non era di Gaia. Solo allora, lui e Gaia si accorsero di
non essere più gli unici svegli del gruppo. Sanzo, Lara, Hakkai
e Gojyo erano in piedi anche loro, e fissavano il demone dagli occhi
dorati, in attesa.
-Voi … voi da quanto tempo siete svegli?- Domandò Gaia,
arrossendo al pensiero di aver lasciato che sua sorella vedesse il suo
momento di debolezza.
-Un bel po’.- Ammise Lara, avvicinandosi alla sorella.
-Direi più o meno da quando il nostro amico qui ti ha chiesto se
non puoi bloccare le visioni.- Precisò Gojyo, beccandosi un
ringhio e un’acchiataccia risentita da parte di Caleb. Hakkai
offrì un sorriso colpevole per aver origliato. Gaia
abbassò lo sguardo, colpevole. Era pronta a ricevere un bel
pugno in testa da Lara, ma invece la bionda la strinse in un abbraccio
stritola costole. -Scema. Dovevi dirmelo subito delle tue visioni.-
-Ma … ma con tutti i casini che abbiamo già a cui pensare
… come fare a tornare a casa, i demoni assassini, le
divinità transessuali …- Lara sentì Gojyo e Hakkai
ridacchiare. E anche lei non poté trattenersi dal sorridere,
mentre decideva di non ricordare alla sorellina che la divinità
della Misericordia era dalla loro parte, e che sì, era di
cattivo gusto e più che dubbia moralità, ma non era un
pericolo. In fondo, Kanzeon Botatsu era una vista che avrebbe
traumatizzato chiunque. Nel Tenkai, una certa dea starnutì
davanti al suo quotidiano preferito.
-Sei proprio una scemotta …- Rise Lara, accarezzando i capelli
corti ma morbidi di Gaia. -Sei la mia sorellina. Ho sempre tempo per
pensare a te.- La mora non poté resistere. E una nuova serie di
lacrime le uscì dagli occhi. Trovando la scena delle due sorelle
troppo tenera e dolce per i suoi gusti, Sanzo spostò
l’attenzione su Caleb. Nel frattempo, attirate dalle voci e dai
rumori fatti dai loro compagni, anche Nika e Martha si erano svegliate,
e avevano raggiunto il resto del gruppo davanti al fuoco. Ormai,
l’unico a russare indisturbato era Goku. Caleb si lasciò
andare ad un sospiro carico di senso di sconfitta. Non aveva intenzione
di fare parola del ricatto di Artemius, anche se non avesse accettato
la proposta. Ma a questo punto, non se la sentiva più di mentire.
-Va bene.- Sospirò, prima di iniziare il racconto dove a cena lo aveva interrotto.
-Fine Capitolo 21-
Ecco qui! un'altro capitolo andato! lo so, succede poco o niente,
ma era un passaggio necessario. Da qui si parte per svelare i vari
segreti (o meglio: gli scleri che mi sono inventata) della fic: sia
sulle ragazze, che sulla creatura che ha dato vita a Caleb, Rigel
Artemius e gli altri. ^_^
Alla prossima, e fatemi sapere che ne pensate!
Will
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