LA CHIAVE DEI MONDI

di WillowG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto inizia così… ***
Capitolo 2: *** I misteri portano altri misteri. ***
Capitolo 3: *** La chiave apre la serratura. ***
Capitolo 4: *** Primo incontro. ***
Capitolo 5: *** Nuove scoperte. ***
Capitolo 6: *** Complotti. ***
Capitolo 7: *** Incendi e presentazioni. ***
Capitolo 8: *** L‘attacco. ***
Capitolo 9: *** Dubbi. ***
Capitolo 10: *** Perdite. ***
Capitolo 11: *** Lupi! ***
Capitolo 12: *** Ovest, ovviamente! ***
Capitolo 13: *** Il villaggio fantasma. ***
Capitolo 14: *** Ricordi di cinquecento anni fa … I ***
Capitolo 15: *** Ricordi di cinquecento anni fa ...II ***
Capitolo 16: *** Un quadro difficile. ***
Capitolo 17: *** Momenti. ***
Capitolo 18: *** Scelte. ***
Capitolo 19: *** Sentimenti e fuochi d'artificio. ***
Capitolo 20: *** Ricatti e draghi volanti. ***
Capitolo 21: *** La scelta. ***



Capitolo 1
*** Tutto inizia così… ***


cap1 Salve a tutti!!! Ho iniziato a scrivere questa storia molto tempo fa, ed ultimamante, riprendendola a scrivere, ho deciso di darle una "risistemata". Sperando di averla depurata di errori grammaticali ed ortografici, o almeno di averla resa leggibile, ecco a voi il primo capitolo. Ho messo rating giallo, perchè, anche se non all'inizio, più avanti ci sono scene di lotta non proprio tenere.

Capitolo 1
-Tutto inizia così…-

La costellazione del piccolo carro quella sera era più splendente del solito, perfettamente visibile nonostante le luci artificiali della città. Molti si erano fermati per strada a contemplare quello spettacolo, a cui il più delle volte non si fa più caso, forse perchè si è troppo concentrati a guardare per terra.
Anche la diciassettenne Gaia, coricata supina sul suo letto, si era alzata sui gomiti per godersi quello spettacolo che si ripeteva da migliaia di anni ogni notte, ma che aveva sempre un enorme fascino. I corti capelli neri ondulati  le ricadevano sugli occhi verde-azzurri, ma non se ne curava, completamente persa nei suoi pensieri.
troppo persa nei suoi pensieri, quasi non sentì il telefono squillare a pochi passi dalla sua camera, e quando la porta si spalancò fece letteralmente un salto sul letto, il cuore martellante nel petto e gli occhi quasi fuori dalle orbite. Gaia rimase paralizzata a fissare la sagoma in controluce di sua madre, sconvolta quanto lei nel vedere la reazione della figlia.
-Non mi sembrava di fare così paura! ti ho forse svegliata?- La ragazzina scosse il capo, nel tentativo di recuperare almeno un briciolo di autocontrollo.
-N-no no, cosa vai a pensare … Bhe, sì, mi hai spaventata, non me l'aspettavo, insomma ecco …-
-Eri di nuovo persa nelle tue fantasticherie.- Sospirò la donna rassegnata. -Su c'è Lara al telefono che vuole parlarti, non farla aspettare troppo.-
Ecco le parole magiche: Gaia cambiò di colpo espressione e un sorriso le si disegnò sul volto: Lara era la sua sorella maggiore, più grande di lei di circa quattro anni. Nonostante la differenza d’età, si adoravano, anche se non lo avrebbe mai detto nessuno, visto le liti che scoppiavano praticamente tutte le volte che si incontravano. Gaia aveva sofferto molto quando, quasi un anno prima, Lara aveva preferito andare ad abitare in un appartamento vicino alla centrale di polizia dove lavorava, con la cugina e collega Nika, e con Martha, la sorella di Nika, che frequentava la facoltà di medicina.
-Dille che arrivo subito!- Fece Gaia, prendendo le ciabatte da sotto il letto. La madre sorrise e tornò al telefono.
Gaia attese che la donna fosse uscita dalla stanza, per poi asciugarsi con una manica del pigiama le gocce di sudore freddo che le imperlavano la fronte. Per poco non si faceva scoprire ...
Era stata davvero imprudente: se sua madre avesse visto il libro che ora era nascosto sotto il cuscino chissà quante grane avrebbe avuto ...
Da cinque anni, ovvero da quando sua nonna e suo padre erano morti in circostanze a dir poco misteriose, sua madre le impediva tassativamente di leggere anche uno solo delle decine di libri appartenuti alla defunta nonna paterna. Addirittura la donna aveva rinchiuso a chiave i libri in un baule in soffitta. Quasi che fosse colpa loro la morte del marito e della suocera.
Ma Gaia non era tipo da lasciar scorrere: aveva contattato alcuni ragazzi poco raccomandabili della sua scuola, che le avevano insegnato ad aprire porte e lucchetti con il semplice ausilio di una forcina per capelli. Il tutto in cambio di qualche tema o ricerca. Così aveva aperto il grosso lucchetto del baule, e aveva letto di nascosto tutti i famigerati libri, senza trovarvi nulla di strano. Così aveva concluso che la ragione del comportamento della madre, nient’altro era che un modo che aveva per autoproteggersi dal dolore datole dalle morti del marito e della suocera. Doveva esserle insopportabile, vedersi in giro per casa le cose affettivamente più care di persone che amava ma che non avrebbe mai più rivisto.
Gaia scosse la testa e imponendosi di non pensarci più, si infilò le ciabatte e corse a rispondere al telefono.
Si fece passare la cornetta dalla madre, che le fece segno che se ne tornava in salotto a guardare la TV. Gaia si portò la cornetta all'orecchio:
-Pronto, Lara?- Le rispose una voce familiare, resa un pò metallica dal telefono:
-Era ora!volevi farmi invecchiare al telefono!?-
-Sempre gentile,eh?- Sibilò Gaia in risposta alla punzecchiatura della sorella.
-Se non fossi gentile non ti porterei con noi in vacanza in montagna, e non ti telefonerei per ricordarti che domani passiamo a prenderti alle otto!-
Gaia stava attorcigliando tra le dita il cavo del telefono: in assenza del collo della sorella, doveva pur sfogare su qualcosa la rabbia che le stava crescendo dentro!
-Guarda che è stata Martha ad invitarmi ... e poi Nika mi ha già detto a che ora venite!-
-Infatti te l'ho solo ricordato. Il punto è un'altro.- Il tono voce di Lara era completamente cambiato, e Gaia lo notò subito: non era più sarcastico e strafottente, ma serio e lievemente preoccupato.
-Non tenermi sulle spine, parla!- La sentì sbuffare: sicuramente si stava mordendo il labbro, un'abitudine che aveva sempre avuto, ogni volta che doveva dire qualcosa che la preoccupava.
Passarono alcuni istanti prima che Lara rispondesse:
-Oggi pomeriggio ha telefonato un tizio, un avvocato, e …- Un altro sospiro. -... Ha detto che conosceva la nonna e papà, e che vorrebbe parlarci ... a quanto pare ha qualche oggetto che la nonna gli aveva affidato prima di morire ... e adesso vuole consegnarcelo.-
Gaia rimase letteralmente basita: era una notizia davvero inaspettata. -Ma c'è qualcosa che non mi quadra.- La voce di Lara la riscosse dal suo momentaneo torpore:
-Che cosa vuoi dire?- Senza accorgersene aveva abbassato la voce: non voleva conoscere la reazione di sua madre se avesse sentito quale era l'argomento della conversazione.
-Voglio dire.- Anche Lara aveva abbassato la voce. -Che la cosa mi sembra sospetta: Perchè ha aspettato ben cinque anni per contattarci? Perchè mai la nonna avrebbe consegnato ad un perfetto sconosciuto qualcosa che avrebbe potuto consegnare di persona? Non ha senso …-
-Dove vuoi arrivare, detective?- In realtà Gaia sapeva benissimo dove voleva arrivare Lara.
-Non mi fido, Gaia. Dobbiamo stare attente: Quel tipo sa molte più cose di quel che dà ad intendere.-
Gaia stava per ribattere, quando sua madre le passò davanti per andare in bagno e le disse che era ora di andare a dormire. Gaia annuì e salutò la sorella:
-Allora ci vediamo domani alle otto.-
-Vedi di essere puntuale!- Rimarcò Lara.
-Sì, ho capito, ho capito. Non preoccuparti! A domani.- E così dicendo Gaia riagganciò il telefono. Rimase a rimuginare un momento su quello che le aveva riferito Lara: "c'è qualcosa che non mi quadra". Si riscosse solo quando sua madre le chiese se aveva già finito di preparare la valigia per il viaggio. -Controllo se ho preso tutto e vado a letto.- Rispose distrattamente, fiondandosi in camera.
Aveva controllato il contenuto del suo borsone da viaggio più volte ma aveva sempre l'impressione di aver scordato qualcosa ... ma cosa? Guardò l'armadio, ma aveva già controllato di aver preso un buon numero di ricambi; fece vagare lo sguardo sulla scarpiera, ma era a posto anche con le scarpe; vagò con lo sguardo su tutta la camera, finché non si bloccò sulla scrivania,e allora si ricordò di cosa stava per dimenticare.
-Ma certo!che cretina che sono!- Si batté una mano sulla fronte e afferrò il diario segreto a fiori che stava sulla scrivania. Lo aveva con sè da quasi dieci anni e da allora ci scriveva i suoi pensieri e le sue poesie: non se ne sarebbe separata per nulla al mondo.
Si fermò un momento a sfogliarlo, per poi fermarsi sulla prima pagina, l'unica che non aveva scritto lei: era una filastrocca che la nonna le recitava quando era piccola per far addormentare lei, Lara, Nika e Martha. L’anziana Maya si era sempre vantata di averla inventata lei stessa, e che era la migliore ninna nanna che avessse mai sperimentato, prima sui propri figli, e poi sui suoi nipoti.
Gaia si coricò sul letto con il diario tra le braccia e chiuse gli occhi.
"Una bambina correva a perdifiato per il giardino, i capelli neri ondulati tenuti all'indietro da un cerchietto bianco, gli occhi color del mare che brillavano per l'eccitazione, in mano teneva un grosso diario con la copertina a fiori. Finì la sua corsa nella parte più isolata del giardino, dove una anziana donna stava seduta su una sedia a dondolo a godersi la vista della fioritura primaverile degli alberi da frutta.
-Nonna! Nonna! Guarda! Guarda!- La bambina sventolava felice il diario, mentre la donna sorrideva di fronte all'entusiasmo della nipotina. -Me l'ha regalato la zia! Ha detto che ci posso scrivere tutto quello che voglio!- Le parole le uscivano a raffica dalla bocca mentre la nonna la prendeva in braccio
-E dimmi, cosa vorresti scriverci?- Le chiese la signora.
La bambina ci persò su un momento. -vorrei che mi ci scrivesti la filastrocca.-
-Quale? Quella dei quattro viaggiatori?-
-Oh, sì, nonna, tipregotiprego!- La bambina la fissava con occhi supplichevoli.
-Va bene, ma dovrai aiutarmi, lo sai che ho poca memoria- La bambina annuì e cominciò a recitare la filastrocca mentre la nonna scriveva:

"Dove vanno quei quattro viaggiatori,
 quattro cuori, una sola auto,
 una sola via?

Verso ovest,verso ovest!

 Il viaggio è lungo,
 gli avversari sono tanti,
 i pericoli infiniti.
 Ditemi, miei signori,
 quali son le vostre intenzioni?

Verso ovest, verso ovest!

 La vostra scelta avete fatto,
 il dado è stato tratto,
 di quattro un solo destino è stato fatto.
 Ora andate viaggiatori,
 e con voi sia magnanimo il fato.

Verso ovest, verso ovest..."-

Gaia sorrise nel sonno. -Verso ovest, verso ovest…-

-Fine capitolo 1-

Lo so che la filastrocca fa schifo, ma mi serviva per far capire che la nonna di Gaia, Lara, Nika e Martha in qualche modo sapeva dell'esistenza dei saiyuki boys e delle loro avventure, e per divertire le nipotine ha inventato questa roba (neanche io riesco a darle un nome!^^;;;;;).
Questo capitolo fa un pò pena, ma mi farebbe piacere che mi diceste qualcosa...invierò presto il secondo.
A presto(spero)
Will

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Capitolo 2
*** I misteri portano altri misteri. ***


cap2 Ecco qui il secondo capitolo. Spero vi piaccia ...

Capitolo 2
-I misteri portano altri misteri.-

Non era possibile! Ci era riuscita di nuovo! Ma dove accidenti lo teneva il cervello, sempre ammesso che ce l'avesse, sua sorella?! All'incirca erano questi i pensieri che aleggiavano per la testa di Lara, che, esasperata, si stava passando una mano tra i lunghi capelli biondi, gli occhi blu chiaro scintillanti di rabbia mentre aspettava la sorella, che, nonostante le raccomandazioni della sera prima, era in ritardo mostruoso.
Erano le otto in punto quando era arrivata a bordo del fuoristrada guidato da Nika davanti al palazzo dove abitava Gaia, e senza perdere tempo era scesa dalla macchina ed era andata a suonare al citofono. Ma visto che nessuno si degnava di aprirle, aveva suonato altre due, tre, quattro volte. Stava per suonare una quinta volta, quando finalmente una voce impastata dal sonno uscì dal citofono.
-Mh? Sì? ... Chi è?-
-Il mago formaggino! Chi credi che sia?!- Un momento di silenzio. La quiete prima della tempesta.
-NON E' POSSIBILE!!! EPPURE ERO SICURA DI AVER REGOLATO LA SVEGLIA!!! PERCHE' NON HA SUONATO?! PERCHE'!!!- Lara non sapeva perché la sveglia di Gaia non aveva suonato, ma avrebbe messo la mano sul fuoco che era rimasta in uno stato di sordità quasi totale per almeno cinque minuti, dato che non si era praticamente accorta del tir che le era passato vicino. Le urla di panico di Gaia avrebbero fatto entrare in coma le orecchie di chiunque.
Lara stava ancora maledicendo mentalmente la sorella quando questa sbucò stile proiettile dal portone con il borsone a tracolla e il fiatone per aver fatto gli scalini a quattro a quattro rischiando l'osso del collo.
-C... Ciao... sorellina …- Erano le uniche parole che Gaia riuscì a trovare la forza di dire prima di ricevere un sonoro pugno in testa da Lara.
-“Sorellina” un corno! Possibile che tu e la sveglia siate sempre nemici giurati!? Lo sai che oggi abbiamo un impegno!- Gaia aveva quasi le lacrime agli occhi per il dolore.
-Mi hai fatto male ...T_T-
-E questo è niente! Adesso sali in macchina, che dobbiamo ancora passare a prendere Martha!-
Gaia non se lo fece ripetere due volte, e dopo aver messo nel bagagliaio il suo borsone, si sedette nel sedile posteriore.
-Certo che voi due non potete proprio fare a meno di litigare!- Nika era rimasta al posto di guida ed aveva assistito a tutta la scena, che non le era di certo nuova. Incurante dei borbottii contrariati della cuginetta minore, Nika si passò una mano tra i corti capelli color ruggine, e non appena Lara si sedette nel sedile accanto al suo si tolse gli occhiali da sole per fissarla con i propri occhi castani screziati di verde. -Siamo a posto?- Lara annuì allacciandosi la cintura.
-A posto. Andiamo a prendere Martha.-
-Agli ordini!- Rise la rossa facendo rombare il motore.

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Si passò più volte le mani sulla gonna di jeans, scrollandosi di dosso le foglie secche che vi si erano attaccate, per poi fermarsi a contemplare soddisfatta la sua opera: aveva tolto tutte le erbacce, annaffiato e potato a dovere le piante di rose, ed aveva anche acceso un cero: sì, così poteva andare... Anzi, no, mancava ancora una piccola cosa... il "tocco finale". Prese da una borsa un fazzoletto e si chinò per pulire il vetro della foto. Si rialzò e con un gesto meccanico si scostò dalla spalla la lunga treccia di capelli castano scuri, e si sistemò gli occhiali da vista sugli occhi color cioccolato dai riflessi ambrati. La tomba di Andrew ora era proprio perfetta... un pò come lo era la loro felicità prima dell'incidente...
-Martha!- La ragazza si voltò verso la ragazzina che le veniva incontro sorridendo, seguita da altre due ragazze.
-Ciao, ragazze! Non che non sia felice di vedervi... ma avevate così tanta fretta da venirmi a prelevare fin qui?-
-Non è esatto... volevamo solo fare una visita alla nonna e alo zio prima di andare, tutto qui.- Rispose Nika tranquilla, mentre fissava la lapide bianca, alla quale aveva lavorato fino ad allora la sorella. -Sei sempre l'unica ad occuparti di lui, vero?- Martha fissò ancora un momento la foto che ritraeva il volto sorridente di un bel ragazzo moro, e annuì.
-I suoi genitori sono anziani ormai, e loro erano gli unici parenti che aveva …-
-Capisco …- Sospirò la sorella sistemandosi gli occhiali dalle lenti nere sul naso. Rimasero tutte e quattro in rispettoso silenzio mentre ognuna pronunciava mentalmente una preghiera.
-Bhe, allora, andiamo?> Chiese Lara muovendo qualche passo verso le tombe a cui dovevano fare visita.
-Sì, subito …- Martha lanciò ancora un'occhiata alle sue spalle, lasciando alla pace di quella mattinata estiva il sonno di una persona che aveva amato moltissimo.

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-Nika, sei sicura di aver preso la strada giusta? sono quasi due ore che andiamo!- Nika sbuffò contrariata:
-Guarda Lara che mi hai dato tu l'indirizzo, quindi se fosse sbagliato sarebbe solo colpa tua!-
-Ragazze, dai smettetela! tanto anche se avessimo sbagliato strada, scannarsi a vicenda prima del tempo a cosa servirebbe?-. Erano passate quasi due ore da quando il quartetto si era accomiato dalla tomba della nonna, e durante quasi tutto il tempo Martha aveva cercato di sedare ogni possibile focolaio che avrebbe potuto trasformarsi in una vera e propria rissa, ma stava diventando di minuto in minuto sempre più difficile a causa della tensione di Lara, che stava diventando sempre più intrattabile. Quell'avvocato la faceva innervosire, anzi, l'intera vicenda la faceva innervosire: c'erano troppi misteri, troppe cose strane in quella storia, anzi, non solo in quella, anche nel modo in cui era morto suo padre e la nonna, e poi perchè mai sua nonna avrebbe dovuto consegnare qualcosa ad emerito sconosciuto, non poteva darlo direttamente a loro senza tanti rigiri, senza tanti misteri, senza tante complicazioni? Dopotutto, lei non aveva nulla da nascondere. O forse sì?
La macchina cominciò a sobbalzare, segno che la strada asfaltata era finita lasciando posto a quella sterrata.“Fantastico!” pensò Lara, serrando le mascelle: la sua sopportazione era ormai al limite. Stava quasi per dire a Nika di fare dietro-front, quando la voce di Gaia la interruppe:
-Guardate là! Forse stavolta ci siamo!-
E forse aveva ragione: la casa, una vecchia villa restaurata corrispondeva alla descrizione che l'uomo aveva fatto a Lara: la facciata in pietra in parte coperta da una lussureggiante pianta rampicante, la veranda in legno, e il tetto in legno ricoperto da tegole rosse, tutto il complesso era circondato da un grande giardino ben curato cintato da una recinzione in metallo.
Dopo aver verificato che l'indirizzo fosse proprio quello, le ragazze suonarono alla porta, e dopo pochi istanti un uomo di mezz'età venne ad aprire presentandosi come il custode della casa.
-Prego signorine, entrate. Il signore vi sta aspettando.-
Se dall'esterno la casa appariva maestosa, dall'interno si poteva definire principesca: non c'era parete a cui non fosse appeso un quadro o un prezioso arazzo, e i mobili avevano tutti "tarlature" di vecchia data. Gaia in particolar modo sembrava perdersi nella contemplazione di quelle ricchezze, non perchè le interessassero di per sè, ma perchè le ricordavano molto Misseltwhite Manor, la casa dove si svolgeva la maggior parte de "il giardino segreto". Chissa se dietro a qualche arazzo si nascondeva la camera del capriccioso e malaticcio Colin Craven? Le sue fantasticherie vennero bruscamente interrotte dalla voce del custode che le aveva guidate fino allo studio del "famoso" avvocato.
-Prego, da questa parte. il signore vi raggiungerà tra poco.-
Gaia, Lara, Nika e Martha si guardarono in giro: le pareti della stanza erano ricoperte da carta da parati decorata con motivi floreali, o almeno era così nell'unico muro visibile, su cui si aprivano due luminose finestre. Le pesanti tende di velluto verde tirate da una parte, come da vecchio stile. Le altre tre mura erano nascoste da altrettante librerie in legno massiccio, dove facevano bella mostra di sè decine di libri, alcuni vecchi con una bella rilegatura in finta pelle, altri più nuovi con la copertina in cartoncino colorata. Accanto alle finestre, davanti ad una delle librerie, si trovava una massiccia scrivania in ciliegio di taglio classico. E, davanti ad essa, quattro poltrone, foderate di velluto dello verde delle tende, sembravano aspettare le quattro ragazze.
Non dovettero aspettare molto perchè arrivasse il tanto decantato avvocato. Un uomo sulla settantina, dagli occhi grigi e lo sguardo determinato, con pochi capelli argentei alla base del cranio. Si presentò subito alle ragazze come Bruno Martelli, e dopo aver stretto la mano ad ognuna, decise di passare subito al dunque: Lara pensò che la faccenda dovesse essere parecchio incresciosa per lui se aveva tutta quella fretta: questo sospetto fece rabbuiare ancora di più la biondina, che non si era accorta dello sguardo preoccupato che le lanciava la sorella. Gaia si sentiva divisa in tre: da una parte sua sorella che era così nervosa da sfiorare l'ira, dall'altra Martha col suo fare tranquillo ma sospettoso, e infine Nika che non stava più nella pelle dalla curiosità, senza pensare troppo alle varie incognite della situazione. Gaia non sapeva esattamente come sentirsi: la sua naturale curiosità la spingeva ad essere eccitata come Nika, ma d'altra parte non riusciva a non pensare che quella storia era strana. Uscì dalla complicata rete dei suoi pensieri giusto in tempo per sentire le parole dell'uomo che le aveva convocate tanto urgentemente.
-Immagino che già sappiate per quale motivo vi ho chiamato, vero?- L'avvocato passò in rassegna con lo sguardo i volti delle sue ascoltatrici. -Oppure devo rispiegarmi?-
-Non sarà necessario.- Lara non era ben sicura di quanto stava per dire. -Ma, la prego, se ha qualche informazione su cosa è successo a nostra nonna e mio padre, le sarei grata se me lo dicesse, signor Martelli.-
-Professor Martelli, signorina, professore. Non ho preso la cattedra per niente, io.- Lara strinse i pugni rabbiosamente: se non si fosse trattato di un uomo in età ormai avanzata gli avrebbe già mollato un pugno: nessuno poteva parlarle con quell'aria di superiorità!
-Bene professore.- Calcò molto la parola. -Mi vorrebbe gentilmente dire quello che sa?-
-Quanta fretta! Mi spiace molto, ma temo di non poterla aiutare, in questo frangente.- Le mani di Lara stavano prudendo sempre di più: presto non sarebbe più stata padrona delle sue azioni.
-E perchè, di grazia?-
-Ma perchè non è il mio compito!- Rispose quello, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. Lara stava per scattare in piedi, ma Martha la trattenne per un braccio e le schioccò un'occhiata di rimprovero. Il vecchio professore continuò il suo discorso: -vedete, non mi è stato dato altro compito, se non quello di consegnarvi questo.- E così dicendo tirò fuori dal cassetto della scrivania un pacco, che posò con cura davanti alle ragazze. -Non sta a me dirvi come e perchè. Il mio compito l'ho svolto. Ora tocca a voi.-
Il professore rimase in silenzio. Nessuno parlava. finchè Nika domandò.
-Tutto qui?- La sua voce aveva un tono deluso, come quello di una bambina che non ha ricevuto il giocattolo che voleva. Martelli ridacchiò, quasi intenerito.
-Tutto qui. Credo proprio che non abbiamo più nulla da dirci.-
Lara si arrese: non avrebbe cavato nulla dal vecchietto, quindi tanto valeva andarsene. Il gruppetto si congedò educatamente dall'uomo, e si avviarono alla macchina con un forte senso di amaro in bocca: il mistero invece di svelarsi si era infittito, e anzi, ne aveva portato di nuovi: Primo fra tutti chi era davvero quell'uomo?

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Il professore guardò le sue ospiti allontanarsi dalla villa a bordo del vecchio fuoristrada. Che gli credessero o no poco importava, ma era davvero dispiaciuto di non aver potuto spiegare tutto. Dopotutto erano le sue nipoti... scosse la testa e si voltò per incontrare gli occhi divertiti della figura nascosta nell'ombra a cui aveva dato le spalle fino ad allora.
-Non dovreste trovarvi qui, divina Kanzeon Botatsu-
La figura uscì dall'ombra, gli occhi viola scintillanti, i lunghi capelli corvini raccolti in una coda alta, l'abito semi trasparente che lasciava poco all'immaginazione e un sorrisetto divertito sulle labbra. -Se non erro le leggi del Tenkai vietano alle divinità di venire in questo mondo. Devo pensare che qualcosa sia cambiato nel regno celeste?- Continuò imperterrito Martelli, grattandosi il mento.
-Le regole sono fatte per essere infrante, lo sai.- Ribattè la divinità. -In quanto al regno celeste, non c'è nulla di nuovo. Nulla che non ci fosse stato già detto.- Precisò avvicinandosi alla finestra. L’anziano le lanciò un’occhiata interrogativa.
-Allora posso sapere il motivo per cui siete qui?-
Kanzeon si avvicinò alla finestra dove il professore aveva assistito alla partenza delle quattro ragazze, col solito sorriso sornione sulle labbra.
-Volevo assicurarmi che la predizione dell'ultima veggente fosse esatta.-
-Lo è. Sono quattro. Come aveva detto lei.- Al vecchio balenò in mente una domanda che gli frullava in testa da un po’. -Per quale motivo due giorni fa mi avete avvertito, in sogno, di non rivelare nulla a quelle ragazze? Dopotutto ne hanno diritto!-
Kanzeon non si scompose più di tanto. -Non ti preoccupare, lo verranno a sapere, in un modo o nell'altro.-
-E perchè non adesso?-La divinità ridacchiò, come se il suo interlocutore avesse fatto una battuta divertente. -Così non sarebbe divertente, non credi?-

-fine capitolo 2-

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Capitolo 3
*** La chiave apre la serratura. ***


cap3 eccomi qua con il terzo capitolo della mia prima fic su saiyuki: stappiamo la bottiglia di spumante, perchè non avrei mai creduto seriamente che avrei trovato il coraggio di postarlo! bene, adesso che mi sono realizzata vi lascio alla lettura.

Capitolo 3
-La chiave apre la serratura.-

-Yawnh!- Gaia si portò la mano alla bocca per cercare di nascondere uno sbadiglio annoiato: non era esattamente quello il genere di vacanza che aveva in mente, quando aveva deciso di accettare l'offerta di Martha: se si concentrava poteva sentire il discorso che le aveva fatto per convincerla:
“Che ne dici di venire anche tu in montagna con noi? affittiamo uno schalet per tre mesi! Pensa che bello tutte e quattro sotto lo stesso tetto per le vacanze estive! Vedrai, ci divertiremo!”
-Sì, certo, come no?- Borbottò indispettita Gaia a se stessa, dato che al momento la cugina non era presente. Guardò fuori dal finestrino del fuoristrada verde, e ciò che vide le fece spazzare via la noia, subito sostituita da una folata di rabbia: era almeno mezz'ora che Nika se ne stava avvinghiata alle labbra del ragazzo biondo ossigenato, che le aveva frettolosamente presentato come Thomas.
Gaia sbuffò. Perlomeno conosceva il nome del motivo per cui Martha e Lara non erano venute a fare la spesa in paese con Nika, e per cui avevano deciso di portarsi la cuginetta "piccola" in ferie. Ripromettendosi di farla pagare in qualche modo alle due traditrici, Gaia distolse lo sguardo dai due melensi piccioncini (che non sembravano avere alcuna intenzione di smetterla tanto presto) prima che le venissero le carie ai denti. Solo allora, fissando la strada e i passanti si rese conto delle occhiatacce che si convergevano verso di lei e la coppietta.
“Ma proprio davanti all'unico negozio d’alimentari del paese devono sbaciucchiarsi?” Sentiva le gote in fiamme, e la sua immagine riflessa nello specchietto retrovisore dell'auto lo confermava. La vergogna e l'imbarazzo furono come la benzina gettata sul fuoco: non volevano smettere da soli? Bene, li avrebbe fatti smettere lei.
BEEEEEEEEEEEEEEEEP!BEEEEEEEEEEEEEEEP!
Bastarono due sonori colpi di clacson per far tornare le mani a posto al ragazzo biondo ossigenato, mentre la rossina, pronta per un infarto, si voltò verso l'auto per capire perchè si fosse messa a strombazzare. Vide Gaia che dal sedile anteriore, a fianco a quello dell'autista, la stava salutando con la mano, mentre l'altra era ancora premuta sul clacson della jeep. Sul viso dipinto un sorrisetto compiaciuto, prova definitiva che era stata lei a strombazzare. E doveva anche essersi divertita parecchio a vedere lo spettacolo dei due che "volavano” per lo spavento.
Nika cercò di riprendere fiato, dopodichè si voltò sorridendo imbarazzata verso Thomas, che aveva gli occhi sgranati puntati su Gaia, la quale ridacchiava trionfante nel vedere la sua reazione.
Nika lanciò un'occhiataccia alla cugina, che si limitò a rispondergli con un'altra strombazzata. Nika sospirò e si rivolse al ragazzo ancora scioccato, ma che si stava rendendo conto della figura che aveva fatto davanti ai passanti che lo stavano fissando torvi.
-Mi... mi spiace, ma adesso devo andare, le altre mi aspettano …-
Thomas fece segno di sì con la testa, mentre gli occhi schizzavano dal volto di Nika alle espressioni dei passanti. -Allora ci vediamo stasera...Ok?- Chiese la ragazza, intimidita dagli sguardi puntati su di lei, mentre dentro di sè giurava vendetta.

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-Eddai, ti ho detto che mi dispiace!- Erano quasi passati venti minuti dalla figuraccia in paese, e Nika non sembrava ancora intenzionata a rivolgere la parola a Gaia, che cominciava a pentirsi del tiro che aveva lanciato alla cugina.
-Era uno scherzetto innocente!- Piagnucolò esasperata davanti al silenzio di Nika, che continuava a guidare impassibile.
Gaia stava ancora cercando le parole giuste per scusarsi, quando Nika fermò l'auto davanti allo schalet. Concentrata com'era sul modo migliore di convincere la cugina a parlarle di nuovo, non si era accorta che erano già arrivate a casa. Nika scese tranquilla dall'auto seguita da Gaia che teneva lo sguardo basso, non avendo il coraggio di guardare la cugina negli occhi.
-Vuoi davvero che ti perdoni?- La domanda era arrivata come un fulmine a ciel sereno, e non sapendo come rispondere, Gaia si limitò a fare cenno di sì col capo. -Bene.- Nika sembrava soddisfatta dalla silenziosa risposta della giovane. -Le condizioni sono tre: per prima cosa mi aiuti a scaricare la macchina.-
Gaia non si fece pregare, e con pacchi e pacchettini sulle braccia, entrò in casa e posò la spesa sul tavolo della cucina; dopodichè si diresse in salotto, dove si buttò sul divano, sbuffando e ansimando leggermente per la fatica. Ma la pace non durò per molto: neanche dieci secondi dopo infatti, Nika era già entrata nella stanza, e prendendo alle spalle la cugina cominciò a farle il solletico. -Seconda condizione: ti faccio un quarto d'ora di solletico se non giuri che non mi metterai mai più in imbarazzo davanti ad un ragazzo! Capito?-
Gaia stava collassando dal ridere, le guance rosse e le lacrime agli occhi.
-Prometto, prometto!!! Ma smettila, ti prego!!! HaHaha!!!- Ma Nika era implacabile.
-Giuralo!-
-Giuro, giuro!- Sghignazzò la "vittima", che si teneva la pancia dal ridere.
-Così và meglio!- Sentenziò Nika liberando Gaia, che si portò subito fuori dalla portata della cugina in fondo al divano. Il corpo ancora scosso dalle risa.
-Dunque, ora il terzo compromesso.- Ridacchiò la rossina passandosi una mano tra i capelli: -Non dovrai dire nulla di Thomas a Lara e Martha, chiaro?-
-Cosa non dovrebbe dirci?- Al suono della voce di Martha Nika si irrigidì, conscia del fatto di essere stata colta in fragrante.
-E "Thomas" chi sarebbe?- Chiese Lara, che era entrata subito dopo Martha. Nika cominciava a sudare freddo: sua sorella e sua cugina sapevano essere davvero testarde quando si trattava di sapere qualcosa. Specie se questo "qualcosa" era di sesso maschile.
-Ora ci dici tutto! E non provare a scappare!- L'ammonì la bionda, quasi le avesse letto nel pensiero, avvicinandosi ad una Nika dalla faccia sconvolta: era in trappola! Senza vie di fuga! O forse no? la rossina lanciò una rapida occhiata alla porta che dava sul giardino dietro di lei, e un'altra alle sue assediatrici: avrebbe dovuto essere veloce, e sfruttare al massimo l'elemento sorpresa. Doveva fare presto, ma senza avere fretta: doveva aspettare il momento giusto...
-Adesso!- Gridò correndo via, seguita a ruota da Lara e Martha, che dopo qualche istante di sorpresa si erano lanciate all'inseguimento ridendo.
Anche Gaia avrebbe voluto partecipare all'inseguimento, ma non aveva fatto che pochi passi che inciampò su una scatola messa per terra accanto al divano, cadendo rovinosamente.
-Che male!- Si lamentò massaggiandosi il naso, che aveva preso un brutto colpo. -Ma chi è che ha messo qui una scatola?!- Aveva molte maledizioni da scagliare sul colpevole, ma gli si bloccarono in gola quando riconobbe la scatola: era quella che il professore aveva consegnato a lei e alle altre solo pochi giorni prima. Se fosse stato per lei avrebbe aperto subito la scatola, ma Lara era stata irremovibile: la scatola sarebbe stata aperta solo alla fine delle vacanze: non prima. E allora perchè si trovava lì? Forse Martha e Lara (Nika aveva già tentato una volta di aprirla di nascosto, ed era stata beccata in flagrante da Lara.) non avevano ancora trovato un posto dove metterla, e allora l'avevano posata lì. Mentre la metteva a posto si accorse che l'impatto aveva sollevato il coperchio. Si diede un'occhiata attorno e tese l'orecchio: le risate di Nika, Lara e Martha si sentivano anche da lì. Un sorrisetto dispettoso le si dipinse sul viso: una vocina maliziosa dentro di lei le stava dicendo di scostare ancora un pochino il coperchio e dare un'occhiatina dentro la scatola, mentre un'altra le diceva che doveva rimettere tutto a posto, tanto prima o dopo avrebbe visto comunque il contenuto. Ovviamente la seconda voce non venne presa molto in considerazione, e Gaia aprì la misteriosa scatola.
Il cuore le batteva all'impazzata, i muscoli erano tesi, pronti a chiudere la scatola se qualcuno fosse entrato nella stanza, le orecchie tese ad ascoltare ogni flebile suono. Si lanciò ancora un'occhiata alle spalle, poi tirò fuori il contenuto della scatola: un grosso libro, dall'aspetto antico, la rigida copertina di pelle marrone, gli angoli in argento con delicate cesellature in oro. Una spessa e robusta cinghia con una serratura in argento impediva al libro di aprirsi. Gaia osservò estasiata le decorazioni e la pelle antica, e dopo aver tentato inutilmente di forzare con la sola forza delle mani la serratura, guardò nella scatola, dove trovò una chiave d'argento decorata in ora come la serratura del libro. Attaccata vi era un biglietto. Impaziente, la ragazza lesse il biglietto, probabilmente lasciato da sua nonna:
“Alle mie nipoti, perchè lo conservino al sicuro”
-Ma al sicuro da che?! Dalle termiti?!- Scosse la testa annoiata: se non avesse aperto il libro non l'avrebbe mai saputo. Mandando a quel paese la paura di essere scoperta, che la faceva voltare di scatto ogni dieci secondi circa, prese coraggio e infilò la chiave nella serratura, che si aprì con uno scatto. Rimase a bocca aperta quando, aprendo il libro scoprì che in realtà questo era uno scrigno camuffato: aprendo la copertina, infatti, all'interno si trovava una strana pietra incastonata nel cartone: era una sfera azzurra, dai colori freddi che cambiavano tonalità a seconda di come veniva mosso il contenitore. Gli occhi verde acqua di Gaia si stavano perdendo in quei cambiamenti di colori, quando Lara seguita da Martha e Nika entrarono nella stanza:
-Gaia cosa …-
Gaia non riuscì a rispondere: non ne ebbe il tempo. I colori della sfera stavano roteando come un vortice d'acqua, e ad ogni giro diventavano sempre più scuri, finchè la sfera non divenne completamente nera, e nero divenne tutto anche agli occhi di Gaia, che si sentì roteare, e precipitare nel buio, mentre dalla sua bocca usciva un grido muto, finchè sentì un forte dolore alla testa e svenne.

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Il cielo mattutino era completamente sgombro da nuvole, e un'aria fresca e frizzante accarezzava ogni cosa, dalle fronde degli alberi, all'erba dei prati. Quasi a voler dare a tutti il buongiorno. Sarebbe stato difficile credere che solo fino poche ore prima era piovuto a dirotto, visto che ormai le uniche testimonianze del temporale erano rappresentate dalle gocce d'acqua che ricoprivano ogni cosa, pianta o roccia, scintillanti alla luce del sole, e dalle pozze fangose di una strada sterrata. Strada sterrata percorsa da una solitaria jeep con a bordo quattro ragazzi bagnati fradici.
-Sanzoooo! Quand'è che ci fermiamo? Ho fame!- La voce di un ragazzino dai capelli castani, comodamente seduto sul sedile posteriore della vettura, non sembrò neppure arrivare alle orecchie del biondo sul sedile accanto al posto di guida, alla quale stava un'altro ragazzo moro con un monocolo all'occhio destro, completamente concentrato sulla guida.
-Allora? Quando arriviamo?- Continuò il più giovane, ma Sanzo continuò a tenere ostinatamente gli occhi chiusi, fingendo di dormire, nella vana speranza che forse, una volta stufo, il ragazzino avrebbe smesso di importunarlo.
-Insomma, Sanzo, potresti almeno rispondermi!- Gli occhi dorati del ragazzino scintillavano, irritati da quel menefreghismo.
-Eddai, Goku, è inutile, lo sai com'è fatto il nostro bonzo, no?! Piuttosto che darti la soddisfazione di considerarti si taglia la lingua.- Commentò il rossino che sedeva accanto al ragazzino dagli occhi dorati.
Come risposta Sanzo si girò su un fianco borbottando qualcosa di incomprensibile: chi non avesse conosciuto il suo modo di fare avrebbe potuto pensare che stava semplicemente borbottando nel sonno, ma i suoi compagni di viaggio sapevano benissimo che quello equivaleva a un: “Non rompetemi le scatole, o giuro che vi ammazzo!”
Ormai rassegnato, Goku si lasciò cadere sullo schienale sospirando: Goijo aveva ragione, da Sanzo non avrebbe ottenuto nulla insistendo, se non delle minacce di morte o un colpo di harisen in testa. Socchiuse per un istante i grandi occhi d'oro feriti dal sole, per poi rivolgersi al ragazzo alla guida:
-Hakkai, tu sai quanto manca al prossimo villaggio?- L'interpellato ci riflettè su un momento, osservando la mappa appoggiata al cruscotto, momentaneamente distratto dalla guida.
-Secondo la cartina non dovremmo metterci più di un'ora, tutto dipende dalle condizioni della strada.-
Soddisfatto della risposta, Goku si risistemò nel suo sedile godendosi la brezza del mattino.
-Tz! speriamo di arrivare il prima possibile, dopo una notte come questa, sotto la pioggia e senza uno straccio di rifugio non vedo l'ora di dormire su un vero letto.- Borbottò Goijo strizzandosi la cannottiera fradicia, e tentando inutilmente di accendere la sigaretta bagnata che teneva tra i denti.
-E poi non vedo l'ora di potermi fumare una bella sigaretta! Tutte quelle che avevo sono ridotte peggio di uno straccio da lavare i pavimenti!- Continuò esaminando il pacchetto fradicio alla disperata ricerca di una sigaretta superstite.
Hakkai ridacchiò indulgente mentre l'amico continuava il suo monologo:-Almeno ci fosse qualcosa da fare! Invece niente! Neanche un misero gruppo di demoni schizofrenici decisi a farci la pelle! In più ultimamente non riesco più neanche a fare una litigata come si deve con questo primate che mi ritrovo qui vicino…-
-Hey, primate a chi, kappa pervertito? Vuoi botte?!- Ringhiò Goku, punto nel vivo. Gojyo non si lasciò intimidire.
-Mi hai tolto le parole di bocca!-
Mentre i due cominciavano la solita schermaglia a base di insulti e pugni, Hakkai si rivolse alla figura nel sedile accanto che in quel momento gli stava dando le spalle.
-A quanto pare siamo alle solite…- Finalmente Sanzo si degnò di aprire le palpebre, rivelando i penetranti occhi ametista.
-Sai che gioia…-
Hakkai ridacchiò scuotendo il capo: cosa si sarebbe dovuto aspettare di diverso dal bonzo? Si costrinse a concentrarsi sulla guida, ma ciò che vide lo costrinse a sterzare di colpo finendo fuori strada e rischiando di sbalzare fuori dalla vettura i passeggeri.
-Hakkai ma che diav…-Ma Sanzo non terminò la domanda, perchè aveva la risposta davanti agli occhi: una ragazza stava sdraiata in mezzo alla strada con la testa in una pozza di sangue.

-Fine capitolo 3-

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Capitolo 4
*** Primo incontro. ***


cap4 Capitolo quattro ... ecco il primo incontro tra i ragazzi di saiyuki ed una delle mie OC.
ah, poi me lo dimentico ... non possiedo saiyuki (altrimenti ci avrei aggiunto qualche personaggio femminile in più.) e questa storia non ha alcuno scopo di lucro. vi lascio alla lettura. ciao!

Capitolo 4
-Primo incontro.-

Tic-tac, tic-tac...
La pendola contava i secondi con il suo monotono ticchettio.
Tic-tac, tic-tac...
Da quanto tempo lo stava ad ascoltare? Minuti? Ore? Non ne aveva la più pallida idea.
Gli ultimi avvenimenti erano successi così rapidamente che adesso quell'attesa era quasi innaturale. Prima stava discutendo con Gojyo, poi Hakkai aveva frenato, e avevano prestato soccorso ad una ragazza che subito credevano morta. L'avevano portata nella prima locanda che avevano trovato, e mandato la figlia maggiore del locandiere a chiamare un medico, che adesso si trovava dentro alla camera con la ragazza ferita.
Confuso. Goku era confuso ... no, non era esatto. Non era confuso, sapeva esattamente cos'era successo, ma ancora stentava a crederci. Gli sembrava di aver vissuto un sogno molto agitato, ma di cui conosceva ogni minimo particolare. E adesso si era svegliato, ma alcuni brandelli del sogno gli danzavano ancora davanti agli occhi, e non riusciva ancora a capire se stava ancora dormendo oppure no.
Batté le palpebre e spostò lo sguardo dalle lancette dell'orologio ai suoi compagni: individuò subito Gojyo che andava avanti e indietro per il corridoio lasciando dietro di sé una scia di fumo. Appena la ragazza era stata affidata al medico si era fiondato a comprare le sigarette, e adesso si stava rifacendo di tutto il tempo in cui era stato a "digiuno" di nicotina.
Sanzo invece se ne stava con le spalle contro il muro, gli occhiali da lettura sul naso e il viso seminascosto dalle pagine del quotidiano, anche se Goku aveva la certezza che in realtà non lo stesse leggendo: Sanzo poteva essere strano, ma non fino al punto di mettersi a leggere le ultime notizie al contrario!
Hakkai invece se ne stava seduto su una poltroncina da ingresso ad accarezzare Hakuryu che pigolava soddisfatto, ma gli occhi del suo padrone guardavano fissi davanti a sé, senza guardare nulla, lanciando solo di tanto in tanto un'occhiata all'orologio.
Goku decise di stiracchiarsi un pò gambe e braccia: era da quando era arrivato il medico, che stava seduto con le gambe incrociate, la schiena appoggiata contro il muro, e le mani dietro la testa. Ora i suoi arti cominciavano a fare male e aveva bisogno di stare un po’ in piedi. Si accigliò leggermente, ripensando al modo in cui il medico aveva cacciato tutti quanti fuori dalla stanza, tranne la ragazza che lo era andato a chiamare. Avrebbe voluto restare, e vedere come se la cavava la ragazzina … Proprio allora la porta della camera si aprì, e un uomo di mezz'età coi capelli neri striati di grigio uscì pulendosi tranquillamente gli occhiali. Hakkai fu il primo a chiedere informazioni al dottore, che, stavolta, invitò tutti ad entrare:
-Sta per svegliarsi.- Li informò aprendo la porta. Hakkai e Gojyo entrarono per primi, seguiti da Sanzo, che però venne tirato per una manica da Goku.
-Che cosa c'è adesso!?- Ringhiò il biondo, voltandosi. Ma la voce arrabbiata del bonzo non fermò il giovane demone dagli occhi dorati.
-Posso farti una domanda?-
-Non se è stupida!- Sbuffò il monaco scocciato: perchè gli chiedeva se poteva fargli una domanda, se tanto poi gliel'avrebbe fatta lo stesso? Il ragazzino abbassò lo sguardo, scegliendo con cura le parole da usare.
-Secondo te che cosa le è successo? Hai qualche idea?-
-Tzè! E io cosa ne posso sapere!?- Brontolò il bonzo, pronto a tornarsene indietro, ma lo sguardo di Goku, interpretabile come "ma che razza di risposta è questa?", lo convinse a rivelargli le sue ipotesi: -Le strade da queste parti sono piene di banditi, forse ha fatto un brutto incontro.-
-Cosa te lo fa pensare?-
Sanzo si mise una mano in tasca e tirò fuori un oggetto luccicante. Goku non riuscì subito a capire di cosa si trattasse, ma era d'argento e abbastanza piccola da stare nel palmo della mano. Quando Sanzo gliela porse vide che si trattava di una chiave con delle fini decorazioni dorate.
-Ce l'aveva in mano quando l'abbiamo soccorsa.- Goku si rigirò l'oggetto tra le mani, per poi fissare gli occhi su Sanzo.
-Perché gliel'hanno lasciata in mano? Se si aggredisce una persona per derubarla, è stupido lasciare una cosa così preziosa!- Sanzo spalancò gli occhi per la sorpresa: da quando quella stupida scimmia era diventata così perspicace?
Si passò nervosamente una mano tra i capelli biondi, mentre Goku continuava a parlare: -forse dei banditi l'hanno inseguita e lei ha cercato di scappare, poi è scivolata e ha sbattuto la testa. I ladri ci hanno sentito arrivare e sono scappati. Torna tutto, no?-
"Incredibile". Pensò il monaco mentre si lasciava andare ad un leggerissimo sorriso di soddisfazione nel constatare che la sua scimmietta portafortuna avesse tanto cervello da pensare ad un'ipotesi plausibile. Ma questo subito gli scomparve dalla labbra, mentre gli tornavano in mente particolari a cui Goku non aveva fatto caso: attorno al corpo della ragazza non c'era la minima impronta di scarpe o ruote, né sull'erba, né nel fango morbido. Quasi come se fosse stato il vento a scaraventarla sulla strada. Senza contare che gli abiti erano asciutti, quindi non poteva aver passato la notte da quelle parti. Indizi futili, forse, ma che lo lasciavano perplesso.
-Tz! questa zona è piena di disperati che sarebbero disposti a tutto per una parvenza di bottino... Può essere andata così. Ce lo dirà lei quando si sveglierà. E adesso non mi scocciare più, chiaro?- Non era il caso di far partecipe Goku dei suoi sospetti, ragionò spingendo il ragazzo nella stanza, dove il medico li avrebbe aggiornati delle condizioni della sua paziente.

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-Come sta?- Di chi era questa voce? La voce di un ragazzo, calda e gentile, ma che non conosceva...
-Non è grave, si rimetterà presto.- Un'altra voce maschile ... Più matura di quella precedente ... Il tono rassicurante e comprensivo ... Tipico di un medico ...
-Quando si risveglierà?- Un'altra voce, sempre maschile, più giovane di quella precedente ma completamente diversa dalla prima ... Se una era calda e gentile, quella era fredda e distaccata. Ma nessuna gli era famigliare ... Insomma, chi erano quelle persone?
-Dovrebbe svegliarsi a momenti.- Era di nuovo la seconda voce.
Le voci sconosciute le arrivavano alle orecchie ovattate, come lontane molte miglia, ma lei voleva vedere chi erano le persone che parlavano, lei doveva vedere, constatare se stava sognando o meno. Ma le sue palpebre sembravano incollate, non riusciva ad aprire gli occhi.
No, non si sarebbe arresa. Era anche una questione di orgoglio. Riprovò ancora, e con uno sforzo maggiore riuscì ad aprire un pochino gli occhi, ma li richiuse quasi subito: la luce che rischiarava la camera, anche se non era intensa, le feriva gli occhi. Aspettò pazientemente che la luce non le desse più fastidio, poi mise a fuoco le persone che la attorniavano.
-Dove sono?- Sentì la propria voce roca, e poco più di un sussurro, ma fece comunque sobbalzare tutti i presenti nella stanza, che smisero subito di parlare.
-Dove sono?- Ripeté la ragazza, cercando di tirarsi su a sedere, ma una mano la bloccò.
-Non dovrebbe alzarsi nelle sue condizioni. Si corichi.- Gaia riconobbe la voce:era quella calda e gentile, la prima che le era giunta alle orecchie. Cercò di annuire, ma una fitta alla testa la sorprese, facendola desistere. Trepidante, si portò una mano al punto dove le doleva, ma di nuovo la mano del ragazzo la fermò.
-Lasci stare, o rischia di rovinare la fasciatura.- Abbandonando anche quel proposito, la ragazza volse lo sguardo al suo "infermiere": aveva riconosciuto la voce, era quella calda e gentile che aveva sentito prima, e ora poteva dargli un volto: occhi verde smeraldo, capelli corti scuri, un monocolo all'occhio destro e un sorriso gentile sulle labbra.
-Bene signorina, bensvegliata. Ti ricordi il tuo nome?- Quello che senza dubbio era il medico si era avvicinato e osservava attentamente la sua paziente, che annuì e dopo aver deglutito rispose alla domanda.
-Gaia …-
-Bene, Gaia, allora segui il mio dito ... Ecco , così, brava.- L’uomo fece passare qualche volta il dito davanti agli occhi della ragazza, poi, soddisfatto si rivolse al ragazzo dagli occhi verdi, invitandolo ad andare a parlare fuori dalla stanza. Gaia li seguì con lo sguardo finché non furono usciti dalla porta. Allora guardò le altre persone presenti nella stanza: un ragazzo dai lunghi capelli rossi stava spegnendo una sigaretta su un posacenere dall'altra parte della stanza, mentre un'altro stava appoggiato davanti all’unica finestra, i capelli biondi ribelli e gli occhi scuri, ma a causa della distanza e della luce che filtrava dalla finestra, sotto forma di raggi simili a lance dorate, non era sicura del loro colore, viola scuro probabilmente. Soffermò un momento di più lo sguardo sugli strani abiti che il ragazzo indossava, e quando rialzò gli occhi si accorse che il biondino la stava fissando a sua volta con aria seccata. Subito Gaia abbassò lo sguardo imbarazzata, ma la voce fredda e distaccata del ragazzo biondo la costrinse ad alzare di nuovo gli occhi su di lui.
-Che cosa ci facevi lì da sola in mezzo alla strada?-
Gaia spalancò gli occhi verde acqua stupita: lei in mezzo ad una strada? Quale strada? Lei era a casa, con sua sorella e le sue cugine ... Le sue cugine! Che fine avevano fatto? E sua sorella? Stava quasi per chiederlo al biondino quando il ragazzo dai capelli rossi si rivolse all'amico.
-Certo che non ti smentisci mai! Neanche con le ragazze sai essere gentile, eh, bonzo?-
L'altro si voltò seccato puntando le iridi che, Gaia non si era sbagliata, erano color ametista, sul suo interlocutore.
-Ma senti da che pulpito! Proprio da te, che non riesci a non correre dietro a ogni essere di sesso femminile che incontri!-
-Quello si chiama "saperci fare con le donne", ed è una forma di virilità maschile. Non che mi aspetti che tu capisca …-
-Cosa vorresti dire? Occhio che la risposta potrebbe costarti caro! Quindi pensaci bene.- Sibilò il bonzo mentre nascondeva una mano nell'ampia manica della tunica, e una vena cominciava ad ingrossarsi e pulsargli sulla tempia.
-Mi pare ovvio, no? Che sei gay ... AAAAAAAAARGH!-
A quanto pareva la risposta non era quella giusta e il bonzo tirò fuori una piccola pistola dalla manica, con la quale cominciò a sparare al rosso gridando.
-MUORI!-
Gaia si tuffò sotto le coperte, come se queste avessero potuto in qualche modo difenderla dai proiettili: non bastava trovarsi in mezzo a persone che non conosceva, con la testa fracassata, e senza neanche sapere dove fossero Lara, Martha e Nika, ci voleva anche un pazzo che si mettesse a sparare come un indemoniato! Se quello era un incubo, non vedeva l'ora di svegliarsi!
Il cuore le mancò un colpo quando una mano le scostò delicatamente le coperte dal volto. Non volle neanche vedere chi l'aveva fatto, strappò di mano allo sconosciuto la trapunta e vi si rannicchiò, come una bambina che cerca di nascondersi. Era terrorizzata, tremante come una foglia, gli occhi chiusi e con il cuore che batteva così forte da farle male. In seguito avrebbe trovato la situazione decisamente ridicola, e ne avrebbe riso, ma in quel momento l'unica cosa che voleva era che quella storia finisse!
-Non preoccuparti, Sanzo si comporta sempre così, ma in realtà non farebbe mai del male a Gojyo! Non sul serio. Bhe, almeno, fino ad oggi non l'ha mai fatto …-
Gaia aprì gli occhi di scatto: la paura si stava mitigando di fronte alla rabbia: voleva vedere in faccia chi era il malato di mente che le diceva di non preoccuparsi. Non ci si deve preoccupare quando ci si sbuccia un ginocchio, quando perde un rubinetto, ma non quando uno si mette a sparare nella stanza di un malato! Aveva un bel pò di argomentazioni del genere da esporre ma si bloccò e tese l'orecchio: le grida continuavano ad echeggiare nell'edificio, ma non erano più in quella stanza. Si tirò un pò su, quel tanto che bastava per guardarsi attorno: Non si era sbagliata, i due litiganti non erano più lì, anche se continuavano a schiamazzare, e gli spari erano stati sostituiti dal rumore di un oggetto che colpiva qualcosa.
-Sono andati a litigare fuori, qui rischiavano di fare troppi danni …- Il "malato di mente" doveva aver intuito i pensieri di Gaia, che si voltò verso di lui rimanendo un pò sorpresa di trovarsi davanti un ragazzo più giovane degli altri: poteva avere suppergiù la sua età, indossava un paio di jeans e una maglia a mezze maniche, le spalle erano coperte da una sorta di armatura ed una corta mantella. I capelli castano scuro corti e ribelli nascondevano in parte un diadema dorato.
-Comunque, io sono Goku. Piacere di conoscerti.- Si presentò sorridendo e porgendogli la mano che Gaia accettò, sorridendo a sua volta.
-Gaia.- Un rumore simile al ruggito di una bestia feroce fece ricordare al ragazzino una cosa molto importante.
-Ehm... Dato che ora abbiamo fatto conoscenza ... Che ne dici se mangiamo qualcosa? Ho una fame che non ci vedo …-
Gaia rise ricordandosi che anche lei era affamata da morire e appoggiò entusiasta l'idea di Goku.
-Sììììììì!!! Finalmente si mangia!!!-
-Hey, quella battuta era la mia!- La punzecchiò Goku ridendo.
-Non fare il pignolo... Ho fame!-
Si guardarono un momento negli occhi e scoppiarono a ridere.

-Fine capitolo 4-

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Capitolo 5
*** Nuove scoperte. ***


cap5 Capitolo 5
-Nuove scoperte.-

La pioggia di risate investì Hakkai come un fiume in piena, caldo e rassicurante, ma completamente estraneo a quello che si aspettava di trovare nella stanza, specie dopo il casino fatto da Sanzo e Gojyo. Fu quasi sul punto di chiudere la porta, pensando di aver sbagliato stanza, ma si bloccò subito, riconoscendo i volti di Gaia e Goku. Rimase per un pò appoggiato allo stipite della porta, in silenzio, ad osservarli: era un piacere guardarli ridere e punzecchiarsi tra di loro.
Vederli lì, intenti a piantare il seme della complicità tipica dei ragazzi, tra scherzi e confidenze, avvolti dalla luce dorata che filtrava dalla finestra, era una scena che scaldava il cuore. Hakkai si ritrovò a sorridere, quasi senza accorgersene. Un sorriso diverso da quello che sfoggiava sempre, che sembrava quasi gli fosse stato marchiato a fuoco sulle labbra. Quello di adesso era un sorriso di piacere, perchè non poteva provare altro a vedere Goku così sereno assieme ad una sua coetanea.
Goku si accorse per primo della presenza silenziosa di Hakkai, e gli corse incontro, impaziente ed affamato.
-Hakkai, mangiamo? Eddai, ho fame!-
-Anch'io ho fame!- Si unì la morettina. Hakkai rimase piacevolmente sorpreso nel sentire quelle parole da Gaia. Un po’ perchè avere appetito significava essere sulla via della guarigione, ed un po’ perché voleva dire che la ragazza non era rimasta troppo scioccata dalla scenata del bonzo e del kappa.
-Vedo con piacere che la scenata di Sanzo e Gojyo non vi ha spaventata troppo!-
-Umph! Ci vuole altro per spaventare me!- Disse la ragazza con finta aria strafottente, togliendosi da davanti agli occhi un ciuffo di capelli corvini libero dalle bende.
-Pffffff! Sì, certo, come no! Ma se ti eri nascosta sotto le coperte come un gattino spaventato!- Scoppiò a ridere Goku, dondolandosi sulla sedia dove se ne stava appollaiato, come un pappagallo sul trespolo.
Gaia lo fulminò con lo sguardo, poi le venne in mente un'ideuzza per vendicarsi: con un sorriso malignetto stampato sulla faccia, diede una pacca sulle spalle a Goku. Il ragazzino, a causa della sorpresa e della precarietà della sua postazione, perse l'equilibrio e cadde rovinosamente a terra, suscitando le risate di Gaia e Hakkai. La prima si sganasciava senza ritegno, mentre l'altro cercava con poco successo di trattenersi.
Per qualche istante Goku rimase imbronciato, ma alla fine sfoderò un largo sorriso, che si allargò ancora di più quando Hakkai lo informò che sarebbe andato a prendere il pranzo.
-Posso venire anch'io? Posso? Posso?- Il ragazzo dagli occhi verdi guardò stupito il suo giovane amico.
-Ti ringrazio per l'offerta, ma non credo di aver bisogno di aiuto. Posso portare tranquillamente da solo il vassoio ...-
-Nonononono, non hai capito: vengo a prendermi il MIO vassoio con la cena!- Ma certo! Hakkai si battè una mano sulla fronte: avrebbe dovuto immaginarselo che Goku avrebbe voluto cenare assieme alla sua nuova amica.
-Come vuoi. Allora a tra poco, signorina Gaia.- Salutò Hakkai uscendo dalla porta, seguito da Goku, che si attardò un momento sulla soglia per lanciare un'occhiata a Gaia. Quella ragazza gli piaceva ogni momento di più, e sentiva che la loro sarebbe stata una grande amicizia ... Chissà, forse, con un pò di fortuna (anzi, MOLTA fortuna) avrebbe potuto convincere Sanzo a farla venire con loro. Certo, sempre che non avesse una famiglia lì da quelle parti con cui stare ...
-Bhe? Che c'è, non vai?- Ridacchiò Gaia, vedendolo così imbambolato.
Goku si riscosse dai suoi pensieri e le fece una linguaccia. Gaia per tutta risposta gli tirò un cuscino che fu ben lungi dal colpire il bersaglio, cosa che fece sbellicare il ragazzo dagli occhi dorati.
-Vado, vado. Non c'è bisogno di scaldarsi tanto! Ma vedi di trovarti ancora qui, quando arrivo!-
-E chi si muove?- Sospirò la ragazza mentre si accasciava sui cuscini. La testa le faceva un male cane, sentiva la ferita pulsare, mentre le bende le stringevano il capo come una morsa di ferro. Chiuse per un momento gli occhi, per vedere se così il dolore si sarebbe attenuato un pochino. Nessun risultato. Sbuffando riaprì gli occhi, e notò con gioia che sul comodino accanto al suo letto c'era una brocca piena d'acqua e un bicchiere. Tirandosi su sui cuscini a fatica, prese in mano il bicchiere e si versò un pò d'acqua. Non aveva molta sete, ma fare qualcosa, anche una cosa semplice come quella, l'aiutava a non pensare al dolore, e quindi a renderlo più sopportabile. Roteò un paio di volte il bicchiere pieno, restando quasi incantata ad osservare la propria immagine riflessa, deformarsi nel piccolo gorgo formato dal movimento rotatorio dell'acqua.
Quel semplice gesto le fece tornare pian piano in mente cosa le era successo prima di svenire: la scatola trovata per caso, il libro finto, la pietra colorata, il vortice, le grida di sua sorella e le altre che tentavano di chiamarla ...
La vista le si appannò un poco, a causa delle lacrime che le stavano scivolando lungo le guance, senza che lei neanche se ne accorgesse. Smise di far roteare l'acqua, e con stizza si asciugò le lacrime: non aveva alcuna intenzione di piangere, non proprio quando, da un momento all'altro, sarebbero stati di ritorno Goku e Hakkai. Doveva molto a quelle persone, anche se non aveva ancora capito bene che cosa le era successo, a parte il fatto che si era rotta la testa. Tornò a fissare il bicchiere con l'intenzione di bere un sorso d'acqua, ma si bloccò prima di portarselo alle labbra: anche se erano già passati un bel pò di secondi da quando aveva smesso di muoverla, l'acqua continuava a roteare, senza rallentare, mentre gli spezzoni della sua immagine riflessa andavano modificandosi, fino a formare un'altra immagine: una pendola a muro che segnava le otto, completamente avvolta dalle fiamme. L'immagine si modificava continuamente sotto i suoi occhi inorriditi, adesso vedeva Martha: Martha che si voltava e spalancava gli occhi, sorpresa, il volto sporco di nero e cenere, e stava muovendo le labbra, come per dire qualcosa ... Ma lei non poteva sentire che cosa ...
-Eccoci qua! Abbiamo fatto in fretta, vero?- L'arrivo improvviso di Goku la fece trasalire, e questo bastò perchè le immagini sull'acqua sparissero, come erano venute, lasciando a Gaia il dubbio di essersele immaginata. Batté più volte le palpebre, incredula e attonita per quello che le era successo.
-Hey, che hai, ti senti male?- Goku la fissava preoccupato con i grandi occhi dorati, le mani strette al grande vassoio di legno su cui erano appoggiati parecchi piatti coperti da cui uscivano piccoli sbuffi di vapore.
-Eh? Nono, sto bene, davvero!- Rispose la ragazza, imbarazzata e dispiaciuta di aver fatto preoccupare il suo nuovo amico. Hakkai, che era entrato subito dopo Goku, la guardò poco convinto, poi scrollò le spalle e le appoggiò il vassoio sul letto. Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni, quali esse fossero.

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-INSOMMA, VUOI SMETTERLA DI SEGUIRMI!?-
l'urlo echeggiò per tutto il villaggio, facendo voltare molte delle persone che si trovavano a passare per quella strada in quel momento. Ma la cosa non sembrò importare alla ragazza dai corti capelli rossi, che continuava a guardare davanti a sé, gli occhi verdi che lanciavano scintille di rabbia.
-E piantala, lascialo stare!-
-"Lascialo stare" dovresti dirlo a lui, è da quando siamo arrivate che mi perseguita!- Rispose la rossina, fulminando la ragazza bionda dall'espressione scocciata che le si stava avvicinando velocemente.
-Su, smettetela di litigare, non mi sembra il caso …- Entrambe si voltarono verso un'altra ragazza con gli occhiali e lunghi capelli castani raccolti in una treccia, che si guardava attorno, imbarazzata dagli sguardi seccati dei passanti.
-Io non stavo litigando, Martha, volevo solo spiegare alla nostra "cara" Lara che non ne posso più di avere questo "coso" alle calcagna!-
-Così impari a dare da mangiare a tutti i randagi che ti capitano a tiro!- La sbeffeggiò Lara ridacchiando. Nika cercò di giustificarsi in qualche modo.
-È che era così carino, tutto triste e solo …-
-Bhe, adesso solo non lo è più, e triste neanche, visto come scodinzola. Contenta?- Borbottò Lara allontanandosi in direzione di una locanda poco distante da lì, seguita da Martha che non riusciva a dissimulare il suo imbarazzo in nessun modo.
-E adesso dove credi di andare?!- La richiamò Nika, esasperata. Lara si voltò sorpresa.
-A cercare informazioni, no?-
-I locali sono i posti migliori dove andare a caccia di notizie- Annuì Martha avvicinandosi alla cugina. -In un posto piccolo così le notizie girano in fretta, e l'arrivo di una straniera in paese dev'essere un evento degno di chiacchiere.-
-Ovviamente non possiamo entrare nella taverna con il tuo nuovo "amico", dato che è vietato entrare con degli animali nei luoghi pubblici. Quindi tu rimani qui ad aspettarci buona buona senza muoverti.- Continuò Lara voltandosi a guardare Nika, che si guardò un momento attorno: la strada era ormai buia, e i pochi passanti che ancora si incontravano per la via non si fermavano neanche, vogliosi di rientrare a casa al più presto. Solo un gruppetto di persone dall'aspetto poco raccomandabile raccoltosi sotto un lampione sembrava avere poca fretta di andarsene.  
-Non vorrete lasciarmi qui, tutta sola, vero?- Mormorò alla fine Nika con voce infantile e piagnucolosa, gli occhi lucidi e le mani strette in una morsa di ferro attorno alla manica della giacca di Lara, che cominciò a dimenarsi, tentando inutilmente di staccarsi di dosso la cugina. -Non potete essere così crudeli e senza cuore …-
La rossina continuò la sua cantilena per parecchio, finché Lara non ancora rassegnata al fatto che Nika e la sua giacca erano diventate una cosa sola e sbottò.
-Molla la manica, frignona, mi stai facendo venire un braccio lungo due metri!!! Non possiamo portarti con noi, quindi smettila di fare storie!-
-Cattiva …- Commentò Nika, lasciando finalmente Lara, che emise un sospiro di sollievo e si allontanò di qualche passo per evitare altri attacchi di infantilismo acuto da parte della rossa.
-Non ti preoccupare, faremo presto. Il tempo di chiedere se qualcuno ha visto Gaia e ce ne andiamo, ok?- Cercò di rassicurarla Martha, appoggiandole una mano sulla spalla. Nika annuì, risentita: la sua cuginetta era finita chissà dove, in un mondo sconosciuto, da sola, forse in pericolo. E lei, da quando aveva accettato di guardare nella pietra del libro, e si erano trovate tutte e tre catapultate in un boschetto, a soli pochi passi da una cittadina che non conoscevano; non aveva fatto altro che lamentarsi e fare la bambina. Si sentì un verme nei confronti di Lara, che nonostante la preoccupazione per Gaia l'attanagliasse, riusciva a pensare abbastanza lucidamente da organizzare un piano di ricerca. Lanciò un'occhiata di sfuggita alla figura bionda che si avviava verso la porta d'ingresso della locanda, poi si rivolse a sua sorella, con un'espressione più seria sul viso.
-Va bene, ma mi raccomando, tornate presto.-
Martha annuì e girò i tacchi per raggiungere Lara. Nika le guardò entrare nel locale, e pregò mentalmente che riuscissero a scoprire qualcosa. Si sentiva un pò responsabile di quanto era successo: se lei non avesse fatto la cretina, Gaia non sarebbe mai inciampata su quella scatola, non avrebbe scoperto il libro e non sarebbe mai scomparsa. Tirò un calcio ad una pietra, arrabbiata con se stessa per i suoi stupidi e inutili pensieri. Non avrebbe risolto nulla con i sensi di colpa: doveva darsi da fare e concentrarsi sulle ricerche. Ma un movimento tra le sue gambe gli fece ricordare quale era la sua priorità. Abbassò lo sguardo per osservare l'animaletto che gli si stava strusciando addosso come un gatto, ma che di felino non aveva nulla, salvo le effusioni: corpo completamente nero da rettile, ali e un paio di piccoli corni sulla testa, non lasciavano dubbi: la creaturina era un draghetto, e un draghetto molto coccolone, per giunta. La ragazza sospirò rassegnata: all'inizio era rimasta estasiata dalla strana bestiola che le si era avvicinata mendicando un pò di cibo, e lei ovviamente, da brava amante degli animali qual era, non era riuscita a resistere allo sguardo dolce e triste di quell'esserino. Gli aveva dato un pezzo di cioccolato che aveva in tasca, e da allora non era più riuscita a toglierselo di torno.
-Che cosa devo fare con te?-
-Kyu?- Il draghetto la fissò piegando la testa da una parte. Nika, combattuta, si sedette su un muretto, e l'animaletto le volò in braccio, in attesa di coccole.
-Non vuoi proprio mollarmi, eh?-
Come risposta, il draghetto socchiuse gli occhi e si acciambellò sulle sue gambe, pigolando dolcemente. Nika sospirò: era inutile. Non avrebbe mai avuto il coraggio di mandare via quella strana e dolcissima creatura. Lara avrebbe dovuto farci l'abitudine, che lo volesse o no. Oppure avrebbe dovuto pensarci lei a mandarlo via. Sorrise pensando alla faccia che avrebbe fatto Lara in quel caso: novantanove su cento alla fine si sarebbe rassegnata e le avrebbe lasciato il suo drago. Nonostante la scorza da dura, Lara aveva un cuore d'oro ed una grande sensibilità.
Cominciò ad accarezzare il suo nuovo animaletto sorridendo ogni qual volta questi pigolava soddisfatto.
-Mi sa che adesso devo trovarti un nome …-
Si bloccò di colpo, la mano sulla schiena del draghetto: era sicura di aver sentito un rumore... Si voltò lentamente, finché non incontrò il volto di un ragazzo che passava accanto a lei, i lunghi capelli rossi tenuti su da una fascia, e una sigaretta spenta tra le labbra.
-Buonasera.-
-Buonasera.- Rispose la ragazza osservandolo attentamente: aveva l'aria strafottente di chi sa (o vuol far credere) di essere un rubacuori incallito a cui le donne si attaccano come api al miele, ma tutto sommato sembrava abbastanza a posto.
-Ha per caso da accendere?- Nika si rovistò qualche istante in tasca, finché non trovò un accendino e lo porse allo sconosciuto. Una sigaretta, in fondo, non si rifiuta neppure ad un condannato a morte.
-Prego.- Si mise una mano davanti al viso per accendersi la sigaretta, ne prese una lunga boccata e restituì a Nika il suo accendino.
-Mi scuso per la maleducazione, non mi sono ancora presentato: Sha Gojyo.-
-Nika. Piacere di conoscerla.- Si presentò la ragazza porgendo la mano, che il rosso strinse sorridendo.
-Piacere mio.-

-Fine capitolo 5-

Allora, domani parto per le mie ferie, quindi per un pò non mi sarà possibile postare. A parte il fatto che è stato un caso che abbia inviato così velocemente questi capitoli. mi piacerebbe che mi diceste che ne pensate. Lo so che la storia è solo all'inizio, ed i capitoli abbastanza corti, ma mi piacerbbe avere qualche parere.
saluti!
Will

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Capitolo 6
*** Complotti. ***


cap6 x erica0501: grazie, sono felice che ti piaccia come scrivo ... anche se avrai notato che ho fatto un "restauro completo". accidenti, scrivevo proprio male, all'epoca ... spero di aver "risanato" bene la storia ... in realtà, sto scrivendo il capitolo 17, ma prima di continuare, voglio finire di risistemare i vecchi capitoli. in tutto dovrebbero essere circa 36 capitoli, ma si vedrà mentre scrivo.

ed ora buona lettura!

Capitolo 6
-Complotti.-

-Vuoi?-
Gojyo porse a Nika il pacchetto di sigarette. Lei esitò un momento, combattuta tra l'istintiva prudenza nei confronti degli sconosciuti e la tentazione di una sigaretta. Mandò al diavolo la prudenza e l'istinto: dopo tutto quello che le era capitato una sigaretta se la meritava! Allungò la mano verso il pacchetto, ringraziò il suo "benefattore", prese una sigaretta, l'accese e con un pizzico di emozione ne aspirò una buona boccata.  
-Allora sei qui solo di passaggio, giusto?-
La domanda fece andare il fumo di traverso alla rossa, facendola tossire per un pò: era vero che si sentiva un pesce fuor d'acqua in quel posto, ma non le sembrava che fosse così evidente! Si voltò verso il ragazzo, assassinandolo con il pensiero, mentre cercava di riprendere il controllo della sua gola irritata.
-Si nota così... Cough! Così tanto?-
Forse fu la sua espressione traumatizzata e sorpresa, forse come le era uscita la voce, roca a tratti acuta, forse era l'effetto combinato di entrambi, fatto sta che il suo interlocutore cominciò a ridere, piegandosi in due, facendo morire di vergogna Nika. Era in momenti come quelli che avrebbe preferito sprofondare di qualche decina di metri sotto terra.
BONK!!!
-Scusa... ma eri uno spettacolo!- Cercò di scusarsi dopo un pò Gojyo, ancora con le lacrime agli occhi, mentre un vistoso bernoccolo cominciava a crescergli in testa. Nika lo fissava con occhi che lanciavano fiamme e la mano stretta a pugno ancora dolorante. Il rosso cercò di darsi un minimo di contegno, conscio del fatto di aver perso, in pochi istanti, tutti i punti che aveva guadagnato agli occhi della ragazza. Quindi, indicò la bestiola ancora acciambellata sulle gambe della ragazza.
-Non sono molte le persone sedentarie ad avere un drago come quello!-
Nika spostò subito lo sguardo da Gojyo all'animaletto che continuava a starsene buono e tranquillo sulle sue gambe: che cavolo c'entrava quel dolce esserino con il fatto di essere in viaggio o no? Alzò nuovamente lo sguardo interrogativo sul ragazzo, che si sentì in dovere di rispondere alla muta domanda della sua interlocutrice.
-Come non lo sai? Sono indispensabili compagni di viaggio.- Si abbassò ad accarezzare la testa del draghetto che lo guardava. -Vero piccolina?-
"Piccolina"? Nika sollevò la draghetta fino a trovarsi il musetto curioso davanti agli occhi.
-E da quando saresti una femminuccia, tu?- Gojyo rise di nuovo.
-Da quando è nata, no?- Nika lo fulminò con uno scatto delle iridi verdi, per poi ridere anche lei della stupidaggine che aveva detto.
-Colpito!- Poi Gojyo fissò il draghetto, sospettoso.
-E se fosse un travestito?- Nika per poco non si fece cadere di mano il drago: la battuta di Gojyo era arrivata fulminea e devastante come un temporale estivo, facendola ridere fino alle lacrime.
-Come fai a sapere tutte queste cose sui draghi?- Domandò Nika mentre si asciugava una lacrima.   
-Un mio amico ne possiede uno.- Rispose Gojyo con una scrollata di spalle. -Viaggiamo insieme, così ho imparato qualcosa sull'argomento.-
-Capisco.- Commentò la ragazza, mentre un'ideuzza gli passava per la testa: dopotutto non aveva idea di come avrebbe potuto allevare un drago: cosa dargli da mangiare, come accudirlo e quant'altro... E parlare con qualcuno che aveva un pò di esperienza poteva esserle davvero di aiuto. Stava aprendo la bocca per formulare la domanda, ma Gojyo la batté sul tempo.
-Che ne dici se te lo presento?- Nika alzò di scatto la testa per fissare, tra lo stupito e il felice, il ragazzo, che in quel momento si stava liberando della cicca di sigaretta.
-Davvero? Ma... non darò fastidio?- La risata di Gojyo era già di per sé una risposta.
-Scherzi? Ovvio che non dai fastidio! Se mi avessi dato fastidio non ti avrei invitato, no? E poi, così non potrai rifiutare di bere qualcosa con il sottoscritto.- Gojyo porse una mano a Nika per aiutarla a scendere.
-Alloggiamo alla locanda qui di fronte, quindi non puoi neanche dire che ti faccio fare tanta strada!-
Il rosso indicò lo stesso locale in cui erano entrate poco prima Lara e Martha. Nika lo fissò dubbiosa.
-Non ci saranno problemi se mi porto dietro il drago?-
-Ma figurati! Se hanno lasciato entrare Goku può entrare qualunque animale!-
Nika fissò Gojyo con gli occhi a forma di punto interrogativo.
-Chi è Goku?- Gojyo alzò le spalle e rispose con non curanza.
-È una stupida scimmia che non si è ancora resa conto di essere un primate!- Nika lo fissò continuando a non capire. -È uno che viaggia con me. Te lo presento.- Concluse il rosso aprendo la porta a Nika. -Prima le signore.-

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La luna faceva capolino dietro un gruppo di nuvole sparse, che, illuminate dai suoi raggi argentei, sembravano veli di pregiata seta blu scura, dalle sfumature viola e grigie. Ma tanta bellezza era indifferente per Lei. Per chi passava da quelle parti, Lei altro non era che un'ombra più buia tra le trame del tetto.
Da tempo era concentrata ad osservare i due ragazzi che parlavano tra loro. Dalla sua postazione sulla casa di fronte alla taverna poteva vederli bene: ogni gesto, ogni sorriso non passava inosservato. Notò che la ragazza aveva in braccio un draghetto nero. Ma era troppo distante per sentire i loro discorsi. Solo qualche risata fuori controllo, e qualche incomprensibile bisbiglio arrivavano alle sue sensibili orecchie. Ma, nonostante il disappunto, l'unico movimento che fece fu quello di togliersi una ciocca di capelli neri davanti al viso.
Tenne gli occhi incollati sui due ragazzi finché non entrarono nel locale, poi si voltò di scatto verso la figura al suo fianco: i capelli argentei mossi dal vento le impedivano di vedere il suo volto con chiarezza. Almeno finché non si voltò verso di lei, rivelando i tratti delicati ma maschili del viso.
Non disse nulla neppure lui. Solo un cenno del capo affermativo: la ragazza è una di loro. Lei sorrise. Finalmente una buona notizia.
Restituì il cenno per informare il suo compagno che aveva capito. Il sorriso era già sparito dal suo volto, tornato impassibile. Non mosse un muscolo, ma dentro di sé sentì un'ondata di gioia malsana, quella del predatore che ha finalmente trovato la sua preda, mentre questa continua, ignara, a brucare l'erba.
Un fruscio. Il suo compagno era sceso dal tetto con un balzo. Lo guardò mentre cadeva in piedi come un gatto, senza fare il minimo rumore. Gettò ancora uno sguardo alla porta del locale, poi imitò il suo compagno che la stava aspettando. Corsero veloci, nella notte. Mentre correva si lasciò andare ad un altro, impercettibile sorriso. Presto, molto presto, la ragazza sarebbe morta. E con lei le altre.

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-Etcì!-
-Che c'è Goku, sei raffreddato?- Chiese Gaia. Il ragazzino tirò un pò su col naso, poi scosse la testa.
-No, non è niente.- Chissà perchè aveva la sensazione che qualcuno stesse parlando di lui...
-Senti, Goku:-
-Sìììì?!-
Gaia abbassò lo sguardo per evitare quello del ragazzo: quella che stava per fargli era una domanda così infantile che si vergognava di porgliela.
-Tu pensi che si possa prevedere il futuro?-
Goku ingoiò il suo okonomiyaki e sorrise soddisfatto battendosi una mano sulla pancia, poi divenne serio.
-Sanzo direbbe che è una sciocchezza, e che nessuno può fare una cosa del genere, neanche una divinità. Perchè il futuro ce lo costruiamo con le nostre mani, ogni volta che prendiamo una decisione.- Gaia si afflosciò demoralizzata sulla montagna di cuscini che Hakkai le aveva dato per stare seduta. Un ragionamento che non faceva una grinza, quello di Sanzo. Eppure lei era sicura di aver avuto una visione o qualcosa di molto simile.
O forse no? Dopotutto, anche se non era ancora riuscita a capire come, si era quasi rotta la testa, e non era da escludere che quello che aveva visto non fosse altro che un'allucinazione, effetto della botta.
Però era anche finita in un luogo completamente diverso da quello in cui si trovava, anzi, dopo aver parlato un po’ con Goku, aveva capito che era proprio capitata in un altro mondo. E senza aver fatto assolutamente nulla per arrivarci. A parte aprire un libro. E i libri non sono un mezzo di trasporto comune come gli autobus o i treni …
-Comunque…- Continuò Goku prendendo in mano un'altro okonomiyaki. -Io non sono Sanzo e credo che invece esistano persone in grado di vedere il futuro. Non so se umani, divinità o demoni, ma di sicuro esistono!- Mentre pronunciava quelle parole il diciottenne era diventato improvvisamente serio, stupendosi delle proprie parole: da che cosa gli veniva tanta sicurezza? E poi non era da lui contraddire ciò che diceva Sanzo in quel modo ...
La mano di Gaia si appoggiò sulla sua distraendolo dalle sue riflessioni: stupito, Goku alzò lo sguardo fino ad incrociare quello della ragazza: i suoi occhi chiari erano lucidi e la voce un pò incrinata.
-Io … io credo che stasera ci sarà un incendio …-

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All'interno il locale aveva un aspetto decisamente accogliente, quasi casalingo: il fuoco scoppiettava nel camino che era un piacere, inondando la sala con i suoi bagliori rossicci. Dietro al bancone, un uomo rotondetto, dall'aria cordiale, ingannava il tempo pulendo un paio di bicchieri. Interrompendosi solo di tanto in tanto, per controllare la giovane cameriera, probabilmente la figlia, che stava pulendo un tavolo accanto a quello di alcuni coetanei, con cui stava intrattenendo un'allegra conversazione.
Oltre a loro non c'erano molti clienti: un gruppetto di uomini canticchiavano un pò brilli cercando ogni pretesto per brindare, e nell'angolo più buio del locale se ne stavano appartati due ragazzi che attirarono subito l'attenzione di Lara: uno, moro, le dava le spalle e teneva appollaiato su un braccio un draghetto bianco, molto simile a quello che aveva trovato Nika.
Ma era il suo interlocutore ad infastidirla.Un biondino, vestito come un monaco. Non lo aveva colto sul fatto, ma era certa che stesse studiando lei e Martha da quando erano entrate. Era come un formicolio che la prendeva alla nuca e la faceva girare di scatto, facendola sempre finire verso il tipo vestito strano. Da quando era entrata si era già voltata in preda al suo sesto senso almeno quattro volte, e non una volta era riuscita a cogliere il curioso sul fatto. Che fosse solo suggestione data dallo stress vissuto nelle ultime ore?
Si impose di non considerare il suo istinto, almeno per il tempo necessario ad andare a ordinare un paio di birre, mentre Martha cercava un tavolo a cui sedersi.
-Volete che ve le porti al tavolo?- Si offrì il barista, mentre preparava due boccali di birra alla spina.
-D'accordo.- Acconsentì Lara, lanciando un'occhiata a Martha, che si era già seduta a un tavolo. Accidenti, proprio davanti al biondino e al suo amico!
-Allora ve le faccio portare da mia figlia.- Fece il barista, che non aveva notato il nervosismo della cliente. Lara ringraziò l'uomo e si avviò verso la cugina, appuntandosi mentalmente di non far scegliere mai più a Martha dove sedersi al bar. Rassegnata al sentirsi sotto controllo per tutto il tempo, Lara si sedette, e attese paziente che la cameriera, una volta lasciata a malincuore i suoi amici, portasse le birre a lei e Martha.

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-Ma sei proprio sicura di aver visto... ciò che hai visto?- Gaia aveva raccontato a Goku per filo e per segno ogni particolare della sua visione, e il ragazzo non riusciva a capacitarsene.
-Certo che sono sicura! Di solito non mi metto a sognare da sveglia ... Men che meno a fare incubi!-
-Ma di solito non prendi neanche delle botte da spaccarti la testa!- Ribatté il ragazzo indicando la fasciatura di Gaia. La morettina sbuffò indispettita.
-Sarei comunque più tranquilla se tu mi smentissi portandomi al piano di sotto!- Goku scosse la testa.
-Il dottore ha detto che non ti devi alzare da letto per qualche giorno ... MA MI ASCOLTI QUANDO PARLO!?- Gaia, senza neppure degnarsi di ascoltare le raccomandazioni di Goku, si era liberata dell'involto di coperte ed era saltata in piedi. Ma ebbe modo di fare appena un paio di passi, prima che la stanza le cominciasse a ruotare attorno. Le gambe cedettero sotto il suo peso, e sarebbe crollata a terra come un sacco di patate, se non fosse stato per il tempestivo intervento di Goku. Questi, con un sospiro, l’aiutò a sedersi a terra, con la schiena appoggiata al letto.
-Grazie …- Sussurrò la morettina con un fil di voce. Il ragazzo si abbandonò accanto a lei, sospirando di sollievo per averle evitato un caduta rovinosa.
-Accidenti a te,mi procuri un sacco di problemi!-
-Scusa …- Mormorò la ragazzina con aria afflitta, conscia che Goku non aveva tutti i torti. Goku scosse la testa.
-Fa niente, tanto ... Oh no!!!- Sbottò di colpo, facendo preoccupare Gaia.
-Che c'è?cosa succede?- Goku aprì e chiuse un paio di volte la bocca prima di riuscire a farsi tornare la voce.
-Sto cominciando a parlare come Sanzo!!!- Gaia cercò di portarsi una mano alla bocca per trattenere le risate, con risultati a dir poco deludenti.
-Non ridere! è una cosa seria!- Sbraitò il ragazzo ,sentendosi un pochino ferito dall'ilarità della sua amica.
-Sì, come no, la sanzite acuta!!!- Rise tra le lacrime Gaia, mentre Goku, dopo aver tenuto il broncio per pochi istanti, si unì alle risate della ragazza. Troppo presi dal godersi quegli istanti di quieta e calda allegria, nessuno dei due ragazzi si accorse che le lancette dell'orologio scandivano gli ultimi minuti prima delle otto.

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Storse il naso al sentore di quella puzza: la spazzatura abbandonata in quel vicolo emanava un odore che le dava il voltastomaco. Dopo essere scesi dal tetto, Lei e il suo silenzioso compagno, si erano inoltrati tra le ombre del vicolo dietro la locanda.
Avevano smesso di correre. Non era più necessario. Nell'oscurità della notte, se anche una persona fosse passata loro accanto, non li avrebbe neppure notati.
A un tratto il suo compagno si fermò. Lei fece altrettanto. Davanti a loro, due figure incappucciate uscirono dall'ombra, avvolte in mantelli scuri.
-Rigel. Caleb.- La ragazza abbozzò un ceno di saluto, quando la voce, maschile e fredda, di una delle due figure, quella più alta, la chiamò per nome. Stessa cosa fece il suo compagno dai capelli argentei.
-Allora?- Non c'era bisogno di sapere quale fosse la domanda. L’unico scopo per cui si trovavano in quel luogo era ben noto a tutti e quattro.
-Le abbiamo.- Rispose Caleb, anche in vece di Rigel. -Una è entrata adesso. Le altre sono già dentro.-
-Bene.- Commentò freddo l'uomo incappucciato. Poi si rivolse all'altra figura, che era rimasta seduto in disparte fino a quel momento. -È ora, Grima.- Questi si tolse il cappuccio, e regalò un sorriso crudele ai due ragazzi, scoprendo le zanne scintillanti. Aveva l'aspetto di un uomo sui trent'anni, coi capelli corti color fango striati di nero. Il mento allungato e il naso adunco. Senza ulteriori indugi, il primo uomo si diresse verso una porta di servizio, di cui gli ultimi arrivati notarono solo allora la sagoma. Ma venne bloccato prima di aprirla.
-Artemius? Seccato, l'uomo si voltò verso Caleb, che lo stava fissando.
-Cosa c'è ancora?- Caleb fece un passo indietro: Artemius gli faceva paura, molta paura, anche se era suo compagno.
-Perché dobbiamo farlo? Perchè dobbiamo uccidere quelle ragazze?- Domandò il ragazzo, anche se immaginava la risposta. L'uomo si tolse il cappuccio, per permettere al giovane di guardarlo negli occhi mentre gli parlava. Caleb si sentì intimorito di fronte allo sguardo penetrante dell'uomo, i cui lineamenti accentuavano la durezza degli occhi. I capelli corti, erano neri come quelli di Rigel, tranne una ciocca bianca sulla fronte.
-Perché loro hanno il potere di rinchiuderlo di nuovo. E noi non possiamo permetterlo. Non proprio adesso che LUI sta per liberarsi.- Artemius si fermò per riprendere fiato, e vedere la reazione di Caleb alle sue parole: non sembrava ancora del tutto convinto. -Lo hanno rinchiuso per quasi cinquecento anni. È ora che anche lui torni a vedere la luce del sole. Glielo dobbiamo.- Un'altra pausa.-Se non fosse per lui non saremmo vivi.- Le sue parole sembrarono convincere Caleb. Ma Artemius sapeva che in fondo il ragazzo era ancora pieno di dubbi.
Ma la conversazione era finita. Con un lento cigolio l'uomo aprì la porticina. Diede un'occhiata dentro. Nessuno. Con un cenno del capo diede il via libera ai compagni.
Artemius entrò per primo, seguito da Grima e Rigel. Caleb entrò per ultimo, chiudendosi dietro la porta.
I quattro si ritrovarono nella cucina della taverna. In circostanze normali l'ambiente sarebbe stato in completo fermento, ma quella sera c'erano pochi clienti, e la naturale attività che governava nella stanza si era ridotta al garzone che stava lavando i piatti, fischiettando tranquillamente. Il lavapiatti non si era accorto dell'intrusione nella cucina.
In un turbine di ombre Artemius arrivò alle spalle dell'uomo, e senza dargli neppure il tempo di reagire gli spezzò il collo a mani nude. Uno schiocco secco. E il corpo del garzone cadde a terra con un tonfo.
L'orrendo suono dell'osso spezzato fece rabbrividire Rigel e Caleb, che ebbero una prova in più della forza del loro compagno, mentre sembrò avere l'effetto opposto su Grima: il suo sorriso sadico si accentuò. Si mise a muoversi, eccitato come un bambino davanti alla torta di compleanno, lanciando di tanto in tanto occhiate cariche d'aspettativa ad Artemius. Questi, infine gli diede un cenno d'assenso.
-Ora è compito tuo, Grima.-
Grima si drizzò in tutta la sua altezza, e tirò fuori dal mantello alcune sfere, avvolte in fasce bianche. Caleb capì subito di cosa si trattava. Bombe. Bombe incendiarie.
Grima srotolò lo stoppino delle bombe, fece segno ai compagni di allontanarsi, accese la miccia e lanciò la sfere verso l'interno del locale.
Pochi istanti, e la stanza era invasa dalle fiamme.


-fine capitolo 6-

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Capitolo 7
*** Incendi e presentazioni. ***


cap7 Capitolo 7
-Incendi e presentazioni.-

-DIVINA KANZEON BOTATSU! DIVINA KANZEON BOTATSU!- Jiroushin entrò di corsa nell'elegante sala, dove la divinità stava tranquillamente leggendo il giornale.
-Divina Kanzeon Botatsu! È successo un fatto terribile!- La foga era tanta che l’uomo si era a stento ricordato di inchinarsi davanti alla dea, che lasciò a malincuore la lettura del quotidiano. Scocciata si sitemò una ciocca di capelli corvini, e con un sospiro annoiato, invitò il messaggero a parlare: prima lui riferiva, prima lei avrebbe riavuto la sua tranquillità.
-Non sono sorda ... Cosa c'è?- Jiroushin fece un cenno col capo per ringraziare la divinità della sua attenzione. Dopodichè, stavolta senza gridare, ma con tono sempre urgente, riferì le sue notizie.
-Divina Kanzeon Botatsu.- Proclamò. -Qualcuno ha attraversato la Barriera del Togenkio!!!-
-E allora?- Fece La divinità, per nulla impressionata. Il pover’uomo cadde a terra di fronte a quella risposta.
-Ma ... ma Divina Kanzeon Botatsu!-
-Che c'è da stupirsi tanto? Non è così eccezionale che qualcuno attraversi la Barriera. Noi divinità ci dirigiamo spesso nel Togenkio.-
-Veramente ci va solo lei, Divina Kanzeon Botatsu ... eppoi stavolta non si tratta del mondo delle divinità e del Togenkio …-
-Ma davvero?- Domandò sarcastica la dea della misericordia, rituffandosi tra le pagine di cronaca.
-Ma si tratta di qualcuno proveniente da Gaya! Dalla Terra!!!- Subito gli occhi violetti della divinità brillarono, abbandonando il giornale. Un sorrisetto divertito le spuntò sulle labbra.
-Però … hanno fatto in fretta ... Quando è successo?- Jiroushin la osservò stranito, confuso da quell'improvviso interesse.
-Poche ore fa ... Perchè?-
-Il professore aveva ragione …- I ricordi di Kanzeon tornarono al colloquio che aveva avuto, solo qualche tempo prima, con Bruno Martelli.

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-Allora posso sapere il motivo per cui siete qui, Divina Kanzeon Botatsu, Dea della Misericordia?- Chiese l’anziano professore, prendendo posto alla sua scrivania. Kanzeon si avvicinò alla finestra dove avevano assistito alla partenza delle quattro ragazze, non più tardi di qualche minuto prima.
-Volevo assicurarmi che la predizione dell'ultima veggente fosse esatta.-
-Lo è. Sono quattro. Come aveva detto Lei.- Annuì il vecchio. Rimase silenzioso per alcuni istanti, finchè non gli balenò in mente una domanda, che in realtà gli frullava in testa da un po’. -Per quale motivo. due giorni fa, quando mi avete contattato in sogno, mi avete ordinato di non rivelare nulla a quelle ragazze? Dopotutto ne hanno diritto! Si tratta del loro destino, in fondo …- Kanzeon non si scompose più di tanto.
-Non ti preoccupare, verranno comunque a sapere tutto, in un modo o nell'altro.-
-E perchè non adesso?- La divinità ridacchiò, come se il suo interlocutore avesse fatto una battuta.
-Così non sarebbe divertente, non credi?-
-A volte mi chiedo se siete davvero uno dei Godai Botatsu- Aveva scosso la testa il vecchio, ridacchiando a sua volta. Poi con un cenno invitò l'ospite a sedersi, mentre una cameriera, affatto stupita dal quella visita così fuori dal comune, portava il tè.
-Neppure tu sembri un Dio del Tenkai.- Aveva risposto Kanzeon, alzando una tazza di tè fumante.
-Infatti non lo sono. Non adesso. Non qui.- La dea non ribatté. Sorseggiò la sua bevanda senza parlare, fissando l'uomo che le stava davanti. Bruno fissava a sua volta il proprio riflesso sulla superficie trasparente del tè, roteando con aria assente la tazza. -Ho smesso di essere una divinità da almeno cinquecento anni.- Mormorò, rivolto più a se stesso che alla sua interlocutrice. Alzò il capo e la fissò negli occhi. -Immagino che lei sia l'unico abitante del mondo celeste che ha creduto all'ultima veggente.-
-Diciamo che solo io non ho chiuso gli occhi.- Affermò Kanzeon sorridendo.
-Cosa che invece l'imperatore ha deciso di fare dopo che Maya, l'ultima veggente, cinquant'anni fa, lo ha avvertito che le sue nipoti sarebbero state tutte e quattro in possesso della Vista!- Ringhiò Martelli. Fece una pausa, poi continuò; -Stolti. Non ci sono motivi per cui non possano avere tale potere. Quelle ragazze discendono tutte da una semi divinità esiliata in questo mondo.-
-Una delle Veggenti del Tenkai.- Annuì Kanzeon. -Erano cinque. Il loro compito era prevedere il futuro per l'imperatore, grazie al potere della Vista.-
-Non solo!- La interruppe Martelli. -Il potere della Vista andava ben oltre. Divideva i tre mondi: il Tenkai, il regno delle divinità, il Tengiku, dove vivono umani e demoni, e quello in cui ci troviamo adesso ...-
-Gaya.- Completò la divinità, appoggiando la tazza vuota sul tavolo.
-Indovinato.- Annuì il professore. -Un mondo di cui le divinità hanno una paura tremenda, tale da essere raramente nominato. Un mondo in cui la magia, sia essa divina o demoniaca, non può avere effetto.Tutti coloro che dal Tengiku o dal Tenkai finiscono in questo mondo, sono condannati a diventare semplici esseri umani. Per questo alle divinità non è consentito venir qui. Perderebbero i loro poteri, e la loro immortalità.- Un'altra pausa. -Lei stessa, Kanzeon Botatsu, in questo momento non è più una divinità.-
-Certo che tu, però, per essere diventato un essere umano, cinquecento anni te li porti bene!- Ridacchiò la dea versandosi dell'altro tè, quasi divertita del fatto di aver momentaneamente perso le sue facoltà divine.
-Tsk! Il nostro caro imperatore è riuscito a trovare un modo per impedirmi di invecchiare ulteriormente.- Sbuffò l'uomo alzando le spalle. Kanzeon sorrise divertita, ma fu con voce seria che pose la successiva domanda.
-L'antenata delle ragazze ... la semi divinità ... sai perchè fu esiliata qui?- L'anziano vi rifletté su per qualche minuto.
-Non lo so di preciso.- Mormorò sconsolato. -Ma scommetto che tu sai molto più di quel che mi vuoi dare a intendere su questa storia. Non è così, Dea della Misericordia?- Sogghignò l'uomo fissando coi suoi occhi grigi quelli violetti di lei.
-Forse.- Sorrise sorniona Botatsu. -Ma volevo vedere se sapevi qualcos'altro. Magari qualcosa che possa rendere questo..."gioco", più divertente, no?- Martelli rise divertito.
-So solo che ciò avvenne quando le altre quattro morirono per creare, coi loro poteri, una barriera permanente tra i vari mondi. O almeno, questa è la versione ufficiale.-
-Una mossa stupida. Senza le semi divinità veggenti, l'imperatore non poteva più conoscere il futuro.- Fece notare Kanzeon.
-Oh, quello non era un problema.- Esclamò l'uomo. -La semi divinità esiliata divenne umana. Ma ebbe una discendenza. E saltando una generazione sì e una no, nasce sempre una ragazza con poteri divinatori. E il mio compito è sempre stato quello di portare all'imperatore, ogni volta, la veggente di turno, che dopo aver fatto le sue predizioni, deve tornarsene su Gaya.-
-L'ultima volta, l'imperatore e le divinità si sono rifiutati di credere a Maya ... solo perchè ebbe la previsione di un cambiamento che non sarebbero riusciti a gestire ... un cambiamento di proporzioni simili a cinquecento anni fa …- Il professore scosse la testa, rabbioso. -Stolti!-
-Spaventati.- Corresse la dea. -Hanno così paura che qualcosa disturbi il loro noioso mondo, che anche sapendo in anticipo cosa può succedere, preferiscono far finta di non vedere.-
-Anche ignorandoli, i fatti si susseguono comunque.- Aggiunse il vecchio bevendo.
-Sempre filosofico, eh?-Lo schernì la divinità,ridendo.
-Maya mi disse la stessa cosa, quando tornò dal Tenkai. L'ultima volta che la vidi. Mi chiese di dare la chiave per gli altri mondi alle sue nipoti. Era molto giovane, ed era rimasta traumatizzata dalle sue visioni. Mi disse di avervi visto la sua morte, e un'enorme nube addensarsi sul Tenkai e sul Togenkio. Ma vi aveva anche visto i volti delle sue successici. E quelli di altri quattro ragazzi. Non sapeva né perchè, né per come, ma era sicura che sarebbero stati importanti per loro.-
-Stai diventando noioso: Troppo serio! Ma hai solo tè da queste parti? Gradirei qualcosa di più forte ... Magari alcolico …- Rise Kanzeon. La discussione ormai diventata troppo seria per i suoi gusti.
Bruno rise a sua volta, e tirò fuori una bottiglia di scotck invecchiato.
-Non è il sakè raffinato che fanno nel Tenkai, ma si lascia bere!- Versò il liquido ambrato in due raffinati bicchieri e alzò il calice. -Alla salute.-
-Sperando che le nuove veggenti non ci mettano troppo a farsi vive!- Sorrise la dea. Il professore scosse la testa.
-Ci scommetto una bottiglia di liquore che non dovrete aspettarle più di tre giorni!-
-Affare fatto!- Aveva brindato Kanzeon, avvicinando il proprio bicchiere a quello dell'ex divinità.

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-Bene bene ... hai vinto, prof.- Mormorò tra sé e sé Botatsu, dimentica della presenza di Jiroushin.
-Mi scusi …- Il servitore si fece avanti,richiamando l'attenzione della divinità su di se.
-Ah...sei ancora qui?(sei noioso...)>Borbottò per tutta risposta Kanzeon Botatsu,decisamente infastidita.
-Ehm ... aspetto ordini...^^;;;-
-Ah ... Già ... bene, allora vedi di non parlare con nessuno di quanto hai scoperto.- Ordinò la dea preparandosi per uscire.
-Neppure all'imperatore?- Chiese timidamente Jiroushin.
-Tsk! Se il pezzo grosso lo venisse a sapere potrei dire addio a tutto il divertimento!- Sbuffò Kanzeon, passandosi una mano tra i capelli corvini. -Vai in giro. Smentisci la notizia. Fai in modo che nessuno sappia, e a chi sa, convincilo che era un falso allarme.-
-Con permesso …- Il servitore stava quasi per uscire, quando la divinità lo richiamò:
-Procurati anche una bottiglia di liquore ... il migliore che riesci a trovare.-

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Lara si era appena era seduta vicino a Martha, quando nel locale era avvenuta un'esplosione: dalla porta della cucina si erano riversate nella stanza una marea di lingue di fuoco che l'avrebbero investita in pieno, se il biondino non le si fosse lanciato addosso atterrandola.
Doveva dargliene atto. Anche se gli aveva fatto una pessima impressione, le aveva appena salvato la vita. E adesso era lì, coricata sul pavimento, con il volto del ragazzo ad appena qualche centimetro dal suo.
Lara non poteva fare a meno di guardare negli occhi il suo "salvatore", mentre il fuoco passava a pochi centimetri dalla loro testa. Aveva degli occhi stupendi: dello stesso colore delle viole ... quei piccoli fiori selvatici tra i primi a fiorire in primavera ... Peccato che avessero quell'espressione così incazzata! Neanche fosse stata lei a causare quel casino ...
Sentì le guance infiammarsi quanto l’edificio, quando si rese conto dell’intensità con cui reggeva lo sguardo di quello sconosciuto. Era passato molto tempo dall’ultima volta che era stata così vicina a un uomo …
Distolse lo sguardo, sperando che la luce del fuoco nascondesse il suo rossore, o almeno lo mitigasse.
Come in flash le venne in mente sua cugina: dove era finita Martha? Le fiamme cominciarono a diradarsi, sostituite da una coltre di fumo nero. Con la vista annebbiata a causa del bruciore agli occhi cercò l‘amica.
Prima era seduta davanti a lei ... ma l'aveva persa di vista quando era stata salvata dal biondo ... Stava quasi pensando al peggio, quando, con sollievo, vide che l’amico del suo salvatore aveva tratto in salvo Martha.
Si appuntò mentalmente di mettere da parte ogni pregiudizio nei confronti dei due ragazzi. Appena sarebbe uscita di lì, li avrebbe come minimo ringraziati e offerto da bere.
-UNA TRAPPOLA!!!- Gridò il moro al di sopra del crepitio delle fiamme. -PENSI CHE CE L’ABBIANO CON NOI,SANZO?-
-E CON CHI, SE NO?- Urlò di risposta il monaco alzandosi in piedi.
Ok. Lara si rimangiò tutto quello che aveva pensato di buono del suo salvatore. Se era davvero causa SUA tutto quel casino, gli avrebbe come minimo spaccato la testa.
Stava ripassando mentalmente tutti gli insulti che gli avrebbe urlato contro, quando questi la prese per un braccio e la tirò su in piedi, senza sforzo apparente. Avrebbe voluto ribattere qualcosa su quella mancanza di delicatezza, ma questi la trascinò fuori dal locale.
-USCIAMO DI QUI!!!- Il moro e Martha li seguirono a ruota, evitando per poco un lampadario, che crollò avvolto dalle fiamme.
A Lara sembrò un miracolo sentire il vento freddo della notte sferzargli sul viso. Solo in quell’istante si rese conto di avere i polmoni in fiamme per il fumo. Cadde in ginocchio e cominciò a tossire, come a voler espellere il veleno che gli era entrato nelle vie respiratorie. Accanto a lei, Martha era nella stessa situazione.
-Lara!Martha! Cos’è successo? State bene?- Nika  era corsa incontro alle amiche, il volto trasformato in una maschera di preoccupazione.
-Tutto … Ok … Cough! Credo!- Rispose la bionda con voce roca.
-Per una volta hai fatto bene a non entrare.- Aggiunse Martha, regalando alla sorella un sorriso tirato, tra un colpo di tosse e l’altro.
-Veramente stavo per entrare anch’io.- Scosse la testa la rossa. -Ma appena prima di mettere piede dentro … Non so, ho avuto una brutta sensazione … ho fatto qualche passo indietro … è stato istintivo … e appena mi sono allontanata … BOOM! Si sono aperte le porte dell’inferno!!!-
-La prossima volta ricordami di portarti dietro come rileva-incendi!- Ridacchiò Lara mettendosi in piedi. -Ma non ti sei ancora liberato si quel “coso”?- Sibilò, indicando il draghetto appollaiato sul capo della cugina.
-È un draghetto, non un “coso”!- Rispose indispettita Nika. -E poi è una “lei“…- Nel frattempo anche Gojyo aveva raggiunto i propri compagni, intenti a riprendere fiato poco distante dalle ragazze.
-Ma che è successo?-
-Tsk! C’è bisogno di chiedere? Sarà il solito comitato di benvenuto!- Ringhiò Sanzo estraendo la sua fedele S.&W. Se aveva ragione, e quell’esplosione fosse stato l’ennesimo espediente dei soliti demoni intenzionati a fargli la pelle, sarebbero dovuti uscire da un momento all’altro.
-Accidenti! Proprio quando trovo una bella ragazza devono venire a rovinare tutto? Bastardi!- Esclamò il mezzo demone estraendo la sua arma, e tirando una boccata di fumo.
Anche Hakkai si mise sulla difensiva: appena i demoni avessero messo il muso fuori dall’edificio, li avrebbe colpiti con un’onda di energia.
Tutti e tre i ragazzi erano pronti a colpire. Ma i minuti cominciarono a scorrere, e dei nemici nessuna traccia. Solo i pochi clienti e i proprietari del locale uscirono dall’edificio. Una gocciolina di disappunto si disegnò sulla testa dei tre.
-Non è che magari nessuno ha spiegato a questi qui che dovrebbero uscire, fare un po’ di scena, minacciare di ucciderci, condannandosi automaticamente a morte, e infine farsi affettare dal sottoscritto?- Sbottò sarcastico Gojyo, buttando per terra il mozzicone di sigaretta, ed abbandonando la posa offensiva.
-Tsk! Forse ci siamo sbagliati ed era solo la bombola del gas che è esplosa … Succede …- Ipotizzò Sanzo rinfoderando la pistola.
Anche Hakkai si rilassò, pur non credendo affatto all’ipotesi del compagno. Forse l’esplosione aveva uno scopo diverso da quello di farli uscire allo scoperto … Che fosse solo un diversivo? E poi … c’era quella strana sensazione … una sorta di prurito alla base del collo. Come l’impressione di essersi scordato qualcosa …
Ma cosa? Le persone presenti nel locale erano uscite tutte. Non si era neppure scordato di Hakuryu, perché il draghetto se ne stava appollaiato su un lampione, pigolando contrariato per tutto quel casino. Ma allora cosa accidenti era?
-Scusi …- La voce alle sue spalle lo distolse dalle proprie congetture.
-Sì?- Rispose sorridendo cordialmente alla ragazza mora che aveva tratto in salvo poco prima.
-La sua mano. Si è tagliato.- Stupito,Hakkai si guardò la mano sinistra. Era percorsa da un sottile taglio trasversale che sanguinava abbondantemente. Nella foga della fuga dal fuoco non se n’era neppure accorto.
-Non è nulla, non si preoccupi, signorina …?-
-Martha.- Rispose la ragazza sorridendo a sua volta. -Ora tenga la mano ferma …-
-Ma non è necessario …- Protestò il ragazzo, che venne ignorato dalla morettina, che tirò fuori un fazzolettino bianco e, a mò di garza, lo avvolse attorno alla ferita. Il tocco gentile e deciso della ragazza gli provocò una serie di piacevoli brividi.
-È il minimo per ringraziarla.- Obbiettò sicura Martha, senza smettere per un momento di sorridere.
-Ma tu non puoi stare mai ferma se vedi una ferita?- La prese in giro Nika ridacchiando.
-Sarà la sindrome del dottore …- Ribatté scherzando la sorella.
-Scusate … Ma vi conoscete?- Si intromise Gojyo, spuntando come un fungo tra le ragazze.
-Ah già … mi sono dimenticata di fare le presentazioni …- Si scusò la rossina, iniziando a indicare Martha al ragazzo. -Questa crocerossina cronica è mia sorella maggiore, Martha. Martha, lui è Gojyo, l’ho conosciuto poco fa …-
-Piacere …- La mora salutò il giovane con un sorriso educato.
BONK!!! WAMP!!!
-AHIA!!! MA DICO, LARA, SEI IMPAZZITA?! MI HAI FATTO MALE!!!-
-AHIA!!! MALEDETTO BONZO VIOLENTO!!!- Le due figure bionde di Lara e Sanzo si erano mosse simultaneamente, la prima con un pugno,con come obiettivo Nika, il secondo aveva tirato fuori, come al solito non si sa da dove, l’harisen, che andò ad abbattersi sul capo dello sfortunato mezzo demone. I due “aggressori” si fissarono per qualche istante tra il seccato e lo stupito, prima di scagliarsi verbalmente contro e rispettive vittime, di nuovo contemporaneamente.
-TI SEMBRA IL MOMENTO DI FARE CONVERSAZIONE?!- I due cominciarono a studiarsi con aria ostile, mentre sul capo dei presenti si riformarono degli enormi goccioloni.
-È una mia idea o questi due sono in sincronia?- Borbottò Gojyo indicando Lara e Sanzo, i cui sguardi facevano scintille.
-Dì pure che sono uguali …- Rincarò Nika, mentre Martha e Hakkai annuivano depressi. Quest’ultimo dopo un momento di smarrimento si stava impedendo di ridere. Dopotutto, ci avrebbero già pensato Goku e Gojyo a prendere in giro il monaco …
Oh no … no … non era possibile …
-DANNAZIONE!!!- L’esclamazione dell’uomo attirò su di lui l’attenzione dei presenti, compresi i due litiganti, scocciati per l’interruzione.
-Che c’è?- Chiese il bonzo, prima di lanciare un’altra occhiata fulminante, pienamente ricambiata,a Lara.
-Ci … ci …- Hakkai deglutì, sconvolto. -Ci siamo dimenticati di Goku!!!-

-fine capitolo 7-

Spero che la prima parte si capisca … più avanti scriverò dei capitoli completamente dedicati alla storia delle veggenti, anche perché fondamentale per i fini della mia storia …
Grazie a Aini per il commento!
Ciao
Will


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Capitolo 8
*** L‘attacco. ***


cap8 Tanto per cominciare ringrazie essy chan per avermi lasciato il commento... sono felice che questa fic ti piaccia...
mi scuso in anticipo con tutti, visto che non sarò una saetta negli aggiornamenti. purtroppo il tempomi è tiranno...
intanto buona lettura!

Capitolo 8
-L‘attacco.-

-Ci siamo dimenticati di Goku!!!- Le parole di Hakkai rimasero sospese in aria per alcuni istanti: i presenti fissarono l’uomo per alcuni lunghi istanti, in cui gli unici rumori udibili furono il crepitio delle fiamme e le grida della gente giunta  a spegnere l’incendio.
-QUELLA STUPIDA SCIMMIA!!!- Urlò Sanzo lanciandosi a capofitto all’interno dell’edificio in fiamme.
-FERMATI! POTREBBE ESSERE UNA TRAPPOLA …- Ma le parole di Hakkai non raggiunsero le orecchie del monaco, già scomparso tra le fiamme.
-Andato …- Borbottò Gojyo battendosi una mano sulla testa desolato. -A volte sa essere più impulsivo di Goku …-
-Già …- Annuì Hakkai sospirando. -Ma dopotutto, con Goku c’è Gaia … quindi è ancora più preoccupato …- A sentir pronunciare il nome della sorella, Lara non ragionò più: non pensò neppure per un istante che, forse, quella Gaia non era la sua sorellina. Con uno scatto fulmineo, imitò Sanzo, e ignorando gli avvertimenti Hakkai, si inoltrò tra le fiamme.
-SI FERMI!!! E’ PERICOLOSO …- Il demone dagli occhi verdi non riuscì neppure a terminare la frase, che già Lara era scomparsa alla vista.
-Certo che oggi non ti caga nessuno …- Commentò il rossino accendendosi un’altra sigaretta. Ma subito un grido rabbioso gliela fece quasi cadere di bocca.
-LASCIAMI, MARTHA!!! DEVO ANDARE ANCH’IO!!!- Gojyo e Hakkai si voltarono: Martha stava trattenendo Nika, che lottava con tutte le sue forze per seguire l’esempio della cugina.
-Smettila!- Cercava di calmarla la sorella, con ben pochi risultati. -Non sappiamo neppure se è lei … ti prego, calmati!-
-Lei … chi?- Domandò Hakkai, mentre Gojyo prendeva il posto di Martha e tratteneva la rossa per la vita.
-Nostra cugina. La sorella di Lara.- Spiegò la ragazza ansimando. Nonostante l’aspetto delicato, Nika era fisicamente piuttosto forte, e Martha non avrebbe resistito molto, se Gojyo non l’avesse aiutata.
-È il motivo per cui siete qui?- Domandò il mezzo demone, evitando di poco un pugno in pieno viso da parte di una furibonda Nika.
-Esattamente. La stavamo cercando …- Annuì Martha abbassando lo sguardo. Come avrebbe potuto spiegare in che modo avevano perso Gaia? E poi, non si perde qua e là una persona, come una sciarpa o un ombrello! Chissà cosa avrebbero pensato di loro …
-Potreste descrivermela?- La ragazza sussultò: il ragazzo che l’aveva salvata poco prima nel locale le aveva messo una mano sulla spalla, incoraggiandola a parlare.
-Ha diciassette anni, non molto alta, occhi chiari, e i capelli scuri, corti ma abbastanza mossi.- Elencò velocemente la morettina, mentre sentiva crescere dentro di sé emozioni contrastanti: da una parte la speranza la invadeva come un fiume in piena. Ma dall’altra era consapevole che non c’era la certezza che le sue speranze fossero ben disposte.
Hakkai lanciò un’occhiata a Gojyo: la descrizione corrispondeva perfettamente. -Non ci sono dubbi …- Sentenziò il demone dagli occhi verdi. I cuori di Martha e Nika mancarono un battito.
-È proprio lei.- Concluse Gojyo, che si ritrovò le braccia della rossina al collo.
-GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!!!- Urlava Nika mentre Gojyo immaginava che il paradiso non fosse nulla, in confronto a quanto stava vivendo in quel momento.
-E come sta? Bene?- Chiese Martha, preoccupata, ad Hakkai.
-Una ferita alla testa.- Vedendo lo sa preoccupazione negli occhi della giovane donna, aggiunse: -Nulla di grave, il dottore ha detto che guarirà presto …- Ma la preoccupazione non svanì dallo sguardo di Martha, che fissò l’entrata di quella che prima era una locanda.

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“Maledizione maledizione maledizione!!!” Forse Gojyo e Sanzo non avevano tutti i torti a dargli della stupida scimmia … Dopotutto durante il loro viaggio avevano visto cose così strane, che in confronto, le visioni della sua nuova amica potevano considerarsi quasi una banalità!
Se in quel momento avessero potuto darsi un voto per la stupidità, in scala da uno a dieci, come minimo si sarebbe meritato voto pieno,e con tanto di lode! Gaia aveva avuto ragione, accidenti! Alle otto precise, proprio quando la pendola del corridoio si era messa a suonare, un’esplosione aveva inghiottito ogni altro rumore.
e, solo dopo pochi istanti, dalle scale e attraverso le assi di legno del pavimento, era cominciato a uscire il fumo. La baracca stava andando davvero a fuoco! Con loro dentro!
-Cough! Goku …- La voce di Gaia riportò il ragazzo coi piedi per terra.
-Tranquilla! Ti porto fuori di qui! Intanto … mettiti questo davanti alla faccia!- Disse passando un fazzoletto umido alla ragazza. Quello l’avrebbe aiutata a respirare … Ma non avrebbe resistito per sempre!
Goku si guardò attorno, spaesato: l’unica via di fuga era la porta che dava sul corridoio. Saltare dalla finestra sarebbe stato troppo pericoloso per Gaia …
Con fare deciso prese in spalla l’amica, che borbottò imbarazzata.
-Ce … ce la faccio da sola!-
-Tranquilla! Non sei pesante … almeno non quanto pensavo!- Rise il ragazzo, raggiunto subito da un pugno in testa di Gaia, indispettita dalla battuta.
-Prova a ripeterlo …-
-Ahia! Certo che hai un bel modo per ringraziare la gente …-
-Un’altra parola e ti riduco la testa come la mia!- Sentenziò la ragazza agitando il pugno minacciosa. Ma Goku non la stava più ascoltando: in mezzo al crepitio delle fiamme, aveva individuato un altro rumore … Fece appena in tempo a spostarsi, che con un sibilo una falcetta si andò a piantare nel muro dietro di loro.
Gaia non riuscì a spiccicare una parola: se Goku non si fosse mosso, sarebbero stati tranciati in due. Il giovane demone si voltò verso la porta.
-CHI C’E’ LA’? FATTI VEDERE!- Per tutta risposta, nella stanza fecero la loro comparsa due persone. Goku li classificò immediatamente come demoni: una giovane donna dai lunghi capelli neri, ed un uomo altrettanto giovane dai capelli argentei. Le orecchie a punta li contrassegnavano come demoni.
-Peccato, li ho mancati …- Ridacchiò la mora, vedendo la sua arma piantata contro il muro. Con una rapidità impressionante, andò a recuperarla, sotto lo sguardo allibito di Goku, che era a  malapena riuscito a vederla muoversi. Fu solo grazie ai suoi riflessi che riuscì a evitare il secondo attacco della donna, salvando se stesso e Gaia.
-Sei abile, ragazzino, te lo concedo.- Ammise la ragazza, per poi apparire un istante dopo davanti al viso di Goku. Il giovane demone rimase come pietrificato: stavolta non era riuscita neppure a vederne i movimenti. Ora erano lì, faccia a faccia, lui che poteva specchiarsi negli occhi della sua avversaria. Ma fu solo una frazione di secondo, perché la lotta riprese subito, sotto lo sguardo impassibile del compagno della donna demone, che non accennava a muoversi.

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Dentro il locale era ancora peggio di prima: le fiamme non erano più così alte, ma l’aria era irrespirabile. Usando un lembo della lunga manica della tunica per ripararsi, Sanzo attraversò di corsa quel che restava della sala principale della taverna.
E pensare che solo poco prima lui se ne stava tranquillamente leggendo il giornale in quel posto … almeno finché non era entrata quella tipa bionda … che aveva attirato totalmente la sua attenzione. Non che lui fosse tipo da soffermare troppo tempo lo sguardo su una donna (mica era quello stupido kappa rosso, accidenti!). Ma quella ragazza aveva scatenato in lui strane sensazioni: aveva come l’impressione di averla già conosciuta … ed era certo che avrebbe portato guai. Così aveva cominciato a tenerla d’occhio, stando ben attento a non farsi scoprire.
All’ultimo istante schivò una trave incandescente, cadendo a terra. Il soffitto stava per crollare, ormai. Con un grugnito si rialzò, ma subito si ritrovò a terra, per schivare una serie di piccole, quanto letali, bombe.
Con la pistola stretta in pugno, scrutò il banco di fumo davanti a sé: quel burlone che si divertiva a tirare palle esplosive alla gente doveva essere lì, davanti a lui. Maledì il fumo che gli impediva di vedere oltre il suo naso. Poi vide un movimento: veloce, il monaco scartò di lato e sparò. Per qualche istante non accadde nulla.
-Troppo facile … non mi convinci …- Sibilò tra se e sé Sanzo, che venne subito raggiunto da un’altra pioggia di esplosivi, che però venivano da una direzione diversa da prima. Scartando di lato, il bonzo sparò alcuni colpi nel punto in cui erano state lanciate le bombe. Un altro istante di silenzio, poi la scena si ripeté.
-Ti stai divertendo, vero, bastardo?- Ringhiò Sanzo, il braccio con la pistola teso, mentre ansimava, a corto di fiato. L’ossigeno nella stanza era davvero rarefatto, e gli sforzi che stava facendo per non essere ucciso, sommato alla temperatura lavica della stanza, lo stavano massacrando.
Ad un tratto, quasi inaudibile tra le fiamme, percepì un lieve rumore di passi. Rapido si voltò nella direzione del rumore e lo vide: un demone mingherlino, coi capelli marroni striati di nero.
-Non mi scappi più, bastardo!-
CLIK! CLIK! Non era vero! CLIK! CLIK! Ma perché!? Perché proprio adesso doveva esaurire le pallottole? Perché!?
-Cazzo!- Imprecò il monaco, aggiungendovi anche una serie di bestemmie indicibili. Il fato non c’entrava, ne era certo. Ma la sfiga sicuramente sì!!! Si affrettò a prendere di tasca una manciata di proiettili, ma non fece neppure in tempo a inserirne uno, che il freddo contatto di una lama sotto la gola lo bloccò. Lentamente, senza azzardare movimenti veloci, tirò su la testa, fino ad incontrare lo sguardo glaciale del suo assalitore. Non era quello che aveva visto prima. Aveva l’aspetto da duro, e i capelli marroni e bianchi.
-Dove sono le donne?- La domanda del demone stupì Sanzo. “Dove sono le donne“? Ma chi era questo? Un parente del kappa pervertito?
-Quali donne?!- Il demone gli tirò un calcio allo stomaco. Il monaco rimase senza fiato, coricato su un fianco.
-Quelle che erano qui, bonzo!- Ringhiò inferocito l’aguzzino, premendo ulteriormente il coltello sulla gola dell’uomo.
-Non sono la loro balia …- Mormorò dolorante Sanzo. Quel tipo gli aveva dato un calcio con una tale forza, che solo per miracolo non gli aveva rotto una costola.
-Peccato.- Commentò l’aggressore, allontanando la spada dal collo della sua vittima. Sanzo lo fissò stupito. -Se tu mi avessi risparmiato la fatica di cercarle ti avrei lasciato perdere … ma così …- Sghignazzò il demone, richiamando con un cenno il suo compare, che uscì dalla coltre di fumo. -È tutto tuo, Grima. Uccidilo come ti pare.- E scomparì tra le fiamme. L’ordine sembrò eccitare il tipo mingherlino, che tirò fuori una delle sue bombe. Stavolta il monaco non sarebbe riuscito a evitarla. Il demone alzò il braccio per tirare.
Sanzo si aspettò di sentire il sibilo della sfera lanciata, ma venne preceduto dallo scoppio di uno sparo. Il proiettile tagliò la barriera di fumo, e colpì preciso la spalla del dinamitardo, che urlò di dolore.
Sanzo si voltò, e con stupore, vide l’esile figura di Lara stagliarsi contro la luce arancione delle fiamme, con la pistola automatica ancora fumante in mano.
-Fermo lì, oppure la prossima volta ti faccio un buco in fronte!- Sibilò la ragazza, continuando a tenere sotto tiro il demone. Poi si rivolse al monaco, ancora seduto a terra. -Tutto a posto?-
-Tsk!- Grugnì Sanzo rialzandosi. Si sentiva ferito nell’orgoglio: non gli era mai capitato di essere salvato da una donna … -Siamo pari.- Concluse freddo, ricaricando la pistola, per evitare lo sguardo della giovane.
Lara sorrise impercettibilmente: se aveva inquadrato bene il tipo, quello era il massimo del ringraziamento che si poteva aspettare.
-Maledetti!- Sibilò il demone, rimasto per qualche momento in disparte. Dalla ferita il sangue fuoriusciva copioso, ma non sembrava darci peso. Vi ammazzerò tutti e due!- Chiuse gli occhi e si concentrò: al suo fianco si materializzarono quattro sue copie. -Ora provate a colpire quello giusto!-. Tutti e cinque i demoni schizzarono per la stanza, confondendo i due pistoleri. Schiena contro schiena, per meglio difendersi, Sanzo e Lara cercavano di individuare il vero nemico.
-E adesso?! Quale sarà quello vero?- Esclamò Lara, sorpresa: non aveva mai creduto possibile una cosa del genere. Credeva fosse fattibile solo nei cartoni animati!
-Quello che muore per primo!- Rispose il bonzo, sparando a una delle illusioni, che svanì, per poi riapparire e schizzare via. -Se vuoi puoi sempre ritirarti.- Azzardò spiando l’espressione della ragazza.
-Ormai sono in ballo.- Ribatté decisa la bionda. -E vado fino in fondo!-
Se il suo ruolo di imperterrito musone glielo avesse permesso, si sarebbe messo a ridere. Ma si concesse solo un lieve sorriso: la ragazza era davvero in gamba …
-Allora diamo il via alle danze!-

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-Ci stanno mettendo troppo tempo …- Fece notare Gojyo al compagno dagli occhi verdi.
-Già …- Annuì Hakkai pulendosi il monocolo. Erano già passati parecchi minuti da quando Sanzo, seguito a ruota da Lara, era scomparso nella taverna in fiamme. Il tempo necessario perché ai piedi di Gojyo si formasse un cumulo di cenere e di sigarette spente.
Le due ragazze, dal canto loro, si erano sistemate poco distante dai due uomini, in attesa anche loro di un segno di vita da parte degli intrappolati nell’edificio. Un nutrito gruppetto di curiosi si era formato davanti alla costruzione in fiamme, che si stagliava contro il cielo notturno. Ma nessuno osava avvicinarsi per domare l’incendio per paura dei demoni.
-Speriamo non sia successo niente …- Mormorò Martha preoccupata, mentre Nika annuiva mordendosi il labbro inferiore. Ma la mora non aveva ancora finito di parlare, che dall’interno dell’edificio si udirono distintamente, tra gli scoppiettii del legno bruciato, il sordo rumore di spari, e di piccole esplosioni.
Immediatamente, Hakkai e Gojyo schizzarono verso l’entrata: l’unico motivo per cui Sanzo usava la pistola era per combattere e minacciare Gojyo e Goku. Ma dato che in quel momento il kappa era ben lontano dal monaco, e sicuramente non era il momento di prendersela così tanto con la scimmia, non restava che la prima motivazione. Ma appena prima di riuscire a entrare nella casa in fiamme, i due vennero bloccati: l’entrata infatti crollò davanti ai loro occhi, impedendo loro il passaggio.
-MALEDIZIONE!!!- Imprecò il mezzo demone, sputando a terra con rabbia l’ennesima sigaretta. Hakkai cercò di mantenere la calma: doveva esserci un altro modo per entrare. Bisognava solo capire dove: ma il tempo stringeva, e loro non ne avevano abbastanza …
Martha e Nika assistevano, impotenti.
”E’ colpa mia, è colpa mia …”. Continuava a ripetersi mentalmente la rossina, stringendo i pugni. Avrebbe voluto fare qualcosa … Al suo fianco, la sorella poteva benissimo indovinare i suoi pensieri. Avrebbe voluto aiutarla almeno a non sentirsi più così in colpa … Fece scorrere lo sguardo da Gojyo e Hakkai, che stavano cercando il modo di aprirsi una via tra le macerie della porta, fino all’angolo della casa. Fu allora che le venne un lampo di genio.
”Ma certo! Il retro!” Con un fischio richiamò l’attenzione dei due ragazzi.
-Di qua!- E corse verso l’estremità più lontana dell’edificio.
-Martha! Ma che succede!?- Domandò Nika andandole dietro di corsa.
-Prima non me n’ero accorta.- Rispose la mora senza smettere di correre. -Era buio e non l’notato. Ma tutte le case sono attaccate tra loro! Eppure il fuoco non si è diramato agli altri edifici … perché questa casa non è attaccata alle altre!- Concluse fermandosi davanti al vicolo, semi soffocato dalle case circostanti, stretto e lugubre. Le luci dell’incendio lo illuminavano a giorno.
-Un vicolo! Sei grande, sorellina!- Esclamò Nika, che aveva ripreso determinazione.
-Speriamo ci sia un’entrata secondaria …- Sospirò Hakkai, arrivato pochi attimi dopo le ragazze con Gojyo. Martha fece un passo in avanti, e le successe qualcosa di inaspettato: Come flash beach in serie, le passarono davanti agli occhi immagini di quella via, di notte. Era praticamente buio, ma vedeva, davanti a sé, il bagliore di una figura dai capelli argentei. A un tratto apparve un piccolo spiazzo, con altre persone. Le immagini confuse si soffermano come foto sfuocate sui volti, sentì che parlavano, ma con voci irriconoscibili, e una porta veniva aperta.
-Martha! Tutto bene!?-
-Eh? Cosa?- Nika l’aveva strattonata per una spalla, preoccupata.
-Ti eri incantata …- Spiegò la rossa.
Martha scosse la testa:cos’era stato? Era durato pochi istanti, ma le immagini le erano rimaste impresse nella mente. Forse era stato solo un dejia-vu, ma riconosceva la strada. Senza pensarci troppo, e senza ascoltare i richiami della sorella, avanzò di corsa per la strada. L’odore acre del fumo, mischiato a quello soffocante dei sacchi di immondizia ai lati della via, le facevano scoppiare i polmoni. Presto arrivò allo spiazzo sul retro dell’edificio. Si fermò, e vide ciò che sperava: la porta, ancora semi aperta.

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Goku si fermò,ansimante: erano ormai parecchi minuti che continuava a fuggire dai colpi della sua avversaria. Ad ogni movimento si sentiva più stanco. E il peso di Gaia sulla schiena non lo aiutava di certo. Si guardò attorno per l’ennesima volta, nella speranza di trovare una via di fuga: l’unica possibilità era data dalla porta, davanti alla quale se ne stava il demone dai capelli argentei. Non era ancora intervenuto una sola volta, e Goku si chiedeva perché.
Ma le sue riflessioni lo distrassero un istante di troppo: la ragazza era saltata, e aveva colpito il giovane demone con un calcio allo stomaco. Goku rotolò per tutta la stanza, mentre Gaia, che aveva perso la presa, venne sbalzata a pochi passi dalla donna. Fu allora che il tipo dai capelli bianchi si svegliò: rapido, si avvicinò a Gaia, che cercava di rimettersi in piedi. Senza alcuno sforzo apparente, questi la tirò su di peso. Gaia non riusciva a muoversi, terrorizzata. Venne costretta a tirare su la testa. Poi l’uomo tirò su la mano libera. Con orrore, Gaia vide le unghie allungarsi e diventare artigli affilati. Chiuse gli occhi quando questi si avvicinarono al suo collo.

-Fine capitolo 8-

Vi chiedo di non mandarmi a quel paese per questo finale di capitolo così ...invierò presto le sorti di Gaia.^^

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Capitolo 9
*** Dubbi. ***


cap9 L'avevo già pronto nel pc, quindi ho pensato fosse un peccato non inviarlo. ^_^
Spero che questa mia bontà d'animo mi faccia arrivare qualche recensione ...
Come sempre, buona lettura!

Capitolo 9
-Dubbi.-

Caleb era come paralizzato: teneva gli artigli a pochi millimetri dal collo della ragazzina, e non riusciva a colmare quella minima distanza. Non aveva mai ucciso una persona così, a sangue freddo, che non fosse in grado di difendersi.
Lui non era un assassino. Anche quando si trattava di combattere, non si permetteva mai di riflettere. Si lasciava andare alla ferocia dello scontro. Uccideva perché non poteva farne a meno. O lui o loro … la legge della sopravvivenza. Uccidere per non essere uccisi.
Maledì Artemius. Doveva aver percepito la sua indecisione. Appena prima dell’esplosione aveva dato a lui il compito di uccidere la ragazza. Rigel avrebbe pensato al resto. Lui e Grima avrebbero cercato le altre.
Era semplice. Così come era semplice affondare gli artigli sul collo tenero della ragazza.
Il suo sguardo vagò sulla gola vellutata, fino ad arrivare al volto. Se ne pentì subito: se la sola idea di uccidere così lo ripudiava, adesso ne aveva orrore. Il terrore che lesse negli occhi della sua giovane vittima fece crollare quella poca decisione che aveva.
-NON TOCCARLA!- Il grido rabbioso bloccò lo scorrere dei suoi pensieri, costringendolo a guardare il ragazzino davanti a sé. Goku si era tirato in piedi, pronto a dar battaglia.
Caleb alzò appena gli occhi su di lui. Nonostante il forte conflitto interiore, non aveva lasciato trasparire alcuna emozione. Era come se il suo volto fosse una maschera.
-NYOIBO!- Magicamente tra le mani di Goku apparve il suo fedele bastone. Con rinnovata energia, il giovane demone si lanciò sul suo avversario, ma non riuscì neppure a percorrere metà della distanza che lo separava da Caleb.
-Ti sei scordato di me?- Rigel gli si era già parata davanti, con un sorriso malefico sulle labbra. -Sei davvero maleducato!- L’accetta e il bastone si scontrarono con un clangore metallico.
-Non ho tempo da perdere con te, brutta racchia!- Esclamò Goku esasperato.
-Racchia a chi, nanerottolo!?!?- Sbraitò stizzita la donna, ferita da quelle parole (ne uccide più la lingua che la spada!n.d.a.), aumentando il ritmo e la potenza degli attacchi. Ma Goku, libero del fardello di Gaia e col suo nyoibo ben saldo in mano, contrattaccava agilmente.
-A te! Racchia! Racchia! Racchia! Racchia!- E ad ogni ripetizione dell’insulto accompagnava un attacco.
Caleb seguì lo scontro per qualche istante. Infine prese la sua decisione. Gaia non osò guardare ancora. Chiuse gli occhi, pronta a sentire da un momento all’altro il contatto degli artigli sulla pelle. Ma non avvenne nulla del genere.
Con uno scatto il demone ritrasse gli artigli. Gaia cercò di aprire gli occhi per capire a cosa doveva quell’improvvisa fermata della sua morte. Ma le mani di Caleb si posarono sulle sue palpebre. La ragazzina lo sentì pronunciare qualcosa di incomprensibile. Subito il suo corpo iniziò a farsi leggero, e la testa pesante. Tutto cominciò a roteare, finché non cadde in un profondo sonno senza sogni. Caleb la prese in braccio, e, senza neppure voltarsi a vedere l’esito dello scontro che si consumava alle sue spalle, in un fruscio della chioma argentata si diresse all’uscita della stanza.
-GAIA! BASTARDO, NON SCAPPARE!!!- L’urlo disperato di Goku si perse nel clangore delle armi.

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Lara non ne poteva più. Ogni volta che colpiva un’illusione, subito questa riappariva e si confondeva con le altre che vorticavano attorno ai due pistoleri. Si sentiva sempre più scoraggiata. Il vero demone poteva venirgli a pochi passi, e lei non se ne sarebbe mai accorta. Aveva provato a distinguerlo dagli altri, ma le copie erano assolutamente perfette. Anche la ferita che gli aveva procurato solo poco prima era presente in tutti e cinque gli avversari, veri o finti che fossero.
-Maledizione!- Fece appena in tempo a sollevare la pisola per colpire l’illusione che le era venuta davanti, quando si accorse di aver quasi finito i colpi: la sua arma era decisamente più leggera rispetto a prima. -Ehi, frate, tira fuori un’idea! Qui non concludiamo niente!-
- Non sono un frate! E zitta e spara!- Ringhiò Sanzo mentre sparava a sua volta. Lo vedeva benissimo anche da solo che non facevano progressi. Un forte colpo di tosse alle sue spalle lo fece voltare.
Lara strinse i denti, mentre ulteriori colpi di tosse trattenuti gli bruciavano la gola già provata dal fumo. Aveva i polmoni in fiamme, e la vista cominciava a tradirla. Poi accadde qualcosa: dapprima non vi fece caso, convinta che si trattasse di un effetto del fumo. Davanti ai suoi occhi la parete in fiamme cambiò: ci mise qualche istante a riconoscere le travi annerite del soffitto e il grande lampadario metallico appesovi. Lo vide dondolare, e infine cadere. Batté le palpebre, aprendo la bocca in un grido muto. Ma nessun lampadario le cadde addosso. Solo allora si  accorse di non aver mai alzato lo sguardo verso l’alto.
Troppo tardi vide uno dei demoni che le veniva addosso, con gli artigli sguainati, e un ghigno trionfante sulle labbra. Era sicuramente quello reale. Non avrebbe mai fatto in tempo a prendere la mira. Vedeva già la propria morte, quando il braccio di Sanzo spuntò da sopra la sua spalla con la fida S&W e colpì l’avversario. Questi, con un grido di dolore si portò a distanza di sicurezza mescolandosi alle sue copie. Lara si voltò verso il monaco, che le lanciò un’occhiata carica d’irritazione.
-Se non ce la fai, almeno non essermi d’intralcio!- Sentiva il respiro del giovane sul suo collo. E la cosa la metteva in imbarazzo. La ragazza voleva ribattere, ma con sorpresa realizzò che il braccio libero di Sanzo la stava tenendo per la vita, mentre lei poggiava la schiena contro di lui. -Stavi per cadere.- Spiegò il monaco vedendo lo sconcerto di lei. Lara arrossì: non si era accorta di stare svenendo. Poi alzò lo sguardo verso il soffitto: sentiva il bisogno di controllare ciò che aveva visto, o almeno pensava di aver visto.
Ed era lì. Il lampadario era lì, proprio sopra le loro teste. Un vecchio lampadario in ottone da saloon, annerito dal tempo e dal calore dell’incendio. Lo vide dondolare, prima piano, poi sempre più forte. In quel momento il demone e le sue controfigure si lanciarono contemporaneamente all’attacco. Sanzo ne colpì due, poi si fermò: aveva nuovamente esaurito le pallottole. Sibilò tra i denti una bestemmia, e fece per portare via la ragazza, ma questa lo fermò, poggiandogli una mano sul braccio.
-Non ancora.-
-Ma che diavolo stai dicendo!?- Lara per tutta risposta aumentò la pressione delle dita sul braccio del monaco. Senza sapere il perché, Sanzo si fidò. Non capiva cosa avesse in mente quella biondina, ma sembrava piuttosto sicura di sé.
-Schizza indietro al mio via …- Mormorò Lara, mentre col viso imperlato di sudore monitorava i dondolii del lampadario. Seppur quasi soffocati dal frastuono del legno divorato dal fuoco, i cigolii della catena a cui era appeso al soffitto erano udibili. Erano ormai a portata di tiro degli artigli del demone, quando Lara gridò: -ORA!-
Con uno scatto da centometrista Sanzo afferrò Lara e entrambi si portarono fuori dal raggio d’azione del lampadario, che con un potente schiocco cadde al suolo, travolgendo il demone e le sue copie.

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-Che c’è? Sei già stanco, per caso?- Il commento ironico della ragazza non sfiorò neppure Goku. Era troppo impaziente di svignarsela per salvare la sua nuova amica.
-Insomma, mi vuoi lasciare in pace?! Maledetta racchia!!!- Ma Rigel non si spostava dalla porta, impedendogli di uscire dalla stanza.
Esasperato, il giovane demone giocò il tutto per tutto in un attacco frontale. Ma, com’era prevedibile, l’avversaria lo bloccò. Ora erano uno di fronte all’altro, i volti a pochi centimetri di distanza. Entrambi ansimavano, stanchi per il combattimento, e a corto di ossigeno.
-Lo sai? Se tu avessi qualche anno di più, saresti proprio il mio tipo!- Ridacchiò Rigel, scostandosi una ciocca di capelli dal viso con un fluido movimento della testa.
Goku puntò lo sguardo su di lei, pronto a sputargli addosso qualche altro insulto, ma le parole gli morirono in gola. Fino a quel momento non aveva prestato molta attenzione alla faccia della sua  avversaria. Certo, aveva notato che in realtà si trattava di una bella ragazza, e non era affatto una racchia. Ma non era stata la sua bellezza a sconvolgerlo. Ma gli occhi. Appena aveva alzato lo sguardo su di essi, gli era sembrato di guardarsi in un uno specchio. Perché quella creatura aveva i suoi stessi occhi.
Due occhi color dell’oro più puro.
-Bhe?! Ti sei incantato?- La voce tagliente di Rigel lo riscosse, ricordandogli che la battaglia non era ancora terminata. Rapido, Goku saltò all’indietro e si mise in guardia. Un turbinio di interrogativi e di emozioni contrastanti gli annebbiavano la mente, rendendogli difficile concentrarsi. Per pura forza d’inerzia parò i successivi due o tre attacchi. Poi scosse la testa: non era il momento di lasciarsi andare a simili sciocchezze! Ora la sua priorità era uscire di lì prima di diventare uno scimmiotto arrosto, portando in salvo anche Gaia. Avrebbe pensato dopo alla strana coincidenza degli occhi dorati della sua avversaria.
Con un grido battagliero si scagliò contro la sua avversaria, che barcollò. Il ragazzo esultò dentro di sé, ma la sua gioia durò poco: Rigel non  stava barcollando a causa del suo attacco … ma era proprio tutto il pavimento a muoversi!
Con un cigolio molto simile al grido di un’animale ferito, le assi che sostenevano il pavimento si spezzarono, trascinando con sé i due combattenti. Goku fece appena in tempo a vedere il suo stesso terrore nel viso della sua nemica, prima che l’orrenda sensazione del vuoto abbracciasse il suo corpo come in un incubo.

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Caleb rimase immobile sulle scale, con la ragazzina ancora addormentata tra le braccia. Non l’avrebbe mai creduto possibile. Eppure era avvenuto proprio davanti ai suoi occhi. Grima era stato sconfitto. E da due esseri umani, per giunta. Anche se era il più debole del gruppo, Grima era comunque molto più forte di un comune demone.
Strinse gli occhi fino a farli diventare poco più di due fessure ardenti di rabbia: non l’avrebbero passata liscia, quei due. Avevano ucciso un suo compagno, e lui non gliel’avrebbe perdonata tanto facilmente. Era già pronto a balzare su di loro, quando ad alcuni metri a lui, attraverso il muro di fuoco dove una volta c’era la cucina della locanda, un gruppetto di persone sbucò tra le fiamme, tossendo e riparandosi con le braccia dal calore. Ringhiò sommessamente: di sicuro si trattava dei complici degli assassini di Grima.
Un mugolio accanto a lui lo distrasse momentaneamente: Con stupore, si accorse che la giovane che teneva in braccio si stava svegliando. Rimase sconcertato: solitamente il suo incantesimo faceva dormire per ore, mentre quella ragazzina dopo pochi minuti si stava già svegliando. Ormai non vi erano più dubbi: era una di Loro. Come un fulmine gli trapassò la mente che poteva ancora farlo: era ancora in tempo per portare a termine il suo compito. Poteva ancora uccidere la ragazzina. Aveva già alzato la mano artigliata, pronto a colpire, ma i suoi sensi lo avvertirono del pericolo come una scossa. Saltò via giusto in tempo per evitare un’onda di energia, che spazzò via ciò che le fiamme avevano risparmiato della scala. Con un ringhio si voltò nella direzione da cui proveniva l’onda. Ne trovò subito l’origine. Uno dei nuovi arrivati, un tipo bruno con il monocolo, teneva tra le mani una sfera di energia, pronto a colpirlo nuovamente.
-Lasciala. Subito.- Il tono di voce calmo dell’uomo e il suo sorriso lo fece rabbrividire. Gli ricordava Artemius quando si rivolgeva alle sue vittime. Una maschera fredda e controllata prima della furia omicida. Guardò ancora una volta la ragazza che teneva in braccio. Aveva una missione da compiere, e che gli piacesse o no, doveva portarla a termine. Alzò nuovamente il braccio, ma venne per l’ennesima volta fermato. Ma non da un ripensamento o da un rimorso di coscienza. Bensì dalla catena dell’arma del mezzo demone coi capelli rossi.
-Non ti conviene. Sai, da gentiluomo qual sono non posso vedere una fanciulla morire davanti ai miei occhi …- Poi Gojyo si volse verso Sanzo e Lara, che erano ancora stesi a terra, davanti al lampadario. Entrambi fissavano increduli il grande oggetto, incapaci di dire come avevano fatto a evitarlo. Il monaco stringeva ancora col braccio la vita della ragazza, particolare che non sfuggì al mezzo demone. -NON E‘ VERO!!! Se me lo avessero detto non ci crederei … Allora ti piacciono le donne!-
I due si staccarono in un lampo. Lievemente rosso in viso, un po’ per l’imbarazzo e un po’ per la rabbia, Sanzo puntò la pistola verso l’amico.
-IO TI AMMAZZO!!!- Urlò come un indemoniato, mentre una grossa vena rischiava di esplodergli sulla tempia.
-Questa l’ho già sentita, pelato …- Lo punzecchiò ancora Gojyo con un sorriso da schiaffi sulle labbra, facendo ulteriormente irritare il monaco.
-MA ALLORA VUOI PROPRIO MORIRE GIOVANE!!!- Sbraitò il biondino muovendo pericolosamente il dito sul grilletto.
-Lara! Va tutto bene?- Gridò Martha al disopra delle fiamme, con Nika accanto che faceva cenni di saluto alla cugina, nessuna delle due molto interessate alla possibile terminazione di Gojyo da parte del bonzo. La biondina fece un cenno d’assenso alzando il braccio verso Martha:
-Tutto a posto … non preoccuparti!- Poi notò Gaia e il demone che la teneva prigioniera, allibito di fronte al quasi totale disinteressamento nei suoi confronti da parte del gruppetto.
BONK!!!
Un silenzio di tomba si diffuse tra i membri del gruppetto: Hakkai e Gojyo in particolare non avevano parole. Un bernoccolo intanto si faceva strada tra i capelli di Sanzo. Il monaco non esplose subito: gli ci volle qualche istante, per realizzare che qualcuno aveva osato tirargli un pugno in testa. Si voltò lentamente sotto gli occhi terrorizzati dei suoi compagni, fino a trovarsi di fronte il colpevole.
-Tu …- Lara rimase impassibile, per nulla intimorita dalla voce profonda del bonzo.
-Smettila subito di fare il cretino! Avrai tutto il tempo per litigare … quando saremo salvi e fuori di qui! E nel caso te lo fossi dimenticato, c’è un tipo che sta cercando di uccidere la mia sorellina!- Con una marea di borbottii sommessi che potevano benissimo essere interpretate come bestemmie di ogni sorta, Sanzo lasciò cadere l’argomento, ma i suoi occhi violetti continuavano a lanciare saette all’indirizzo della ragazza.
-Però, che caratterino, la sua amica …- Borbottò Hakkai a Martha, che annuì con un grosso gocciolone sulla nuca.
-È sempre stata così … Ormai ce la dobbiamo tenere …-
Spazientito, Caleb si liberò in pochi istanti, approfittando della distrazione del mezzo demone, lasciando Gojyo con un palmo di naso. Quei seccatori non ci volevano proprio … Poi, un rumore improvviso: un cigolio più forte degli altri che fece alzare lo sguardo dei presenti al soffitto. Le travi dondolarono,dapprima impercettibilmente, dopodichè si inclinarono, fino ad arrivare a spezzarsi. Con un tonfo, una parte del soffitto precipitò sulla stanza.
Hakkai prese Martha per un braccio e la tirò via. Una nube di fumo e detriti gli impediva di vedere le condizioni dei suoi compagni. Un coro di esclamazioni e colpi di tosse gli fece comunque capire che tutti stavano bene. Mentre la visuale tornava normale, vide che anche il demone, abbarbicato in cima agli ultimi gradini sopravissuti della scala, stava cercando di difendersi dalle polveri del crollo. Voltandosi nella direzione di Sanzo e Lara, però, vide una cosa che non si sarebbe davvero aspettato: il monaco stava spiaccicato per terra, accanto ad una Lara più incuriosita che allibita, con un Goku semi incosciente sulla schiena. A pochi passi di distanza, una giovane donna demone era nelle stesse condizioni di Goku.
-Che male …- Mormorò il ragazzino tirandosi su a sedere, ancora ignaro di su cosa, anzi, su CHI era caduto.
-Tutto bene? Hai fatto un bel volo …- Si informò Lara, ignorando del tutto Sanzo.
-Sì … Grazie, signorina …- Rispose Goku massaggiandosi il capo. Fu allora che il bonzo esplose: balzò in piedi, facendo rotolare via dalla sua schiena il ragazzino, e scuro in volto,con un’enorme vena pulsante sulla tempia, si lanciò col suo harisen addosso a Goku. Solo l’intervento di Lara riuscì a salvare il ragazzino dal linciaggio.
-Ma ti pare il modo di trattare un bambino?!- Esclamò la bionda parandosi di fronte a Sanzo, che si bloccò irritato, con l’harisen a mezz’aria.
-Veramente … ho circa diciotto anni …- Precisò Goku, ben rannicchiato alle spalle di Lara, attento ad ogni mossa del monaco.
-Senti, già ti salvo da questo squilibrato, almeno non fare lo schizzinoso!- Esclamò risentita Lara.
-E CHI SAREBBE LO SQUILIBRATO!?- Esplose il monaco, mentre Lara osservava meglio Goku, incurante dell’irato bonzo.
-Ma lo sai che diciotto anni non te li avrei mai dati? Sembri quasi più giovane di mia sorella …- Lara studiava meglio il volto di Goku, sempre ignorando le ire del monaco alle sue spalle.
-E TU! ALMENO ABBI LA DECENZA DI CONSIDERARMI, MALEDETTA DONNA!- Continuò Sanzo, riuscendo finalmente ad attirare su di sé l’attenzione della bionda.
-Ma guarda che sei davvero un rompiscatole! Non mi stupisco che ti sia fatto prete … Non può esistere una donna in grado di sopportarti …- Sanzo aveva deciso. Sarebbe andato contro tutti i suoi valori morali, sempre che ne avesse, e tutto ciò che significavano le sue vesti. Poco gli importava che si trattasse di una semplice umana o di un demone … Ma si sarebbe tolto la soddisfazione di uccidere quella donna!
-Ma che bel quadretto …- Rigel si era ripresa, e fissava con disprezzo i tre ragazzi. -Sembrate proprio una famigliola felice, lo sapete? Mamma, papà e figlioletto …-
Sanzo e Lara si lanciarono un’occhiata torva, della serie “neanche a morire!”, mentre Goku non sembrava aver colto molto bene il senso ironico della frase.
-Ma se tu sei mio padre, quanti anni hai allora, Sanzo?- Preciso come un orologio svizzero, l’harisen precipitò sulla testa del demonietto. -AHIA!!! Ma perché?!-
-Perché sei un’idiota, distratta, STUPIDA SCIMMIA!!!- Urlò Sanzo, coi nervi vicini al collasso. Rigel sorrise a quella vista e raggiunse Caleb sulla scala.
-Ma non l’hai ancora uccisa?!- Ringhiò indicando Gaia. Caleb sostenne il suo sguardo, fissandola con gli stessi occhi dorati.
-Non mi piace fare le cose di fretta.Volevo essere sicuro.-
-E adesso lo sei?- Sbuffò spazientita la giovane donna.
-Sì. Direi proprio di sì.- Annuì fissando una Gaia nuovamente cosciente.

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Gaia si stava svegliando. Era come quando si era risvegliata dopo il trauma … come allora era come se il suo corpo fosse sospeso, in una sorta di dimensione liquida. Solo che stavolta uscirne era molto più difficile, e cercare di riaversi le faceva venire un forte senso di nausea …
Ma i rumori che provenivano dall’esterno di quel suo mondo prodotto dall’incoscienza la invogliavano a ribellarsi, a insistere per tornare in sé. Ad ogni tentativo sentiva il malessere farsi meno forte, finché riuscì ad aprire gli occhi.
Dapprima non riuscì a vederci molto bene, e tanto meno a capire cosa le stesse succedendo attorno. Poi ricordò tutto: Goku, la visione, l’incendio, e lo strano tipo che mormorava qualcosa di ancora più strano … e poi il vuoto dell’incoscienza.
La prima cosa che vide quando i suoi occhi ricominciarono a funzionare, fu anche quella che avrebbe preferito non vedere: il ghigno malefico dei due demoni che la volevano fare secca. Ma perché? Perché quando tutto le andava male, le cose si dovevano mettere ancora peggio?
Uno sparo. E come al rallentatore le sembrò addirittura di vedere disegnarsi in aria la traiettoria del proiettile, che passò proprio davanti al volto del suo aggressore. Caleb si voltò e vide il monaco che lo fissava, con la pistola ancora fumante in mano, e il giovane demone infuriato accanto. Adesso era davvero seccato. Quella situazione stava diventando ridicola.
-Rigel. Pensa tu alla ragazza. Sono stufo.- E detto ciò saltò giù dalle scale.
Per un momento Gaia si sentì come sospesa in aria, le braccia del demone la lasciarono, poi il contatto col pavimento le fece capire che era stata liberata. Ignorando lo scambio di parole tra i due demoni, con la forza della disperazione si alzò in piedi, ma non riuscì a fare che pochi passi. I muscoli erano come intorpiditi, e le sue gambe si rifiutarono di sostenere il suo peso. Fece forza con le braccia per tirarsi su, ma le gambe non ne volevano sapere di muoversi. Indietreggiò, fino a trovarsi con la schiena contro la balaustra della scala. Vi si aggrappò con tutte le sue forze, e finalmente riuscì, seppur a fatica, a mettersi in posizione eretta. Allora si accorse che le scale davanti a lei, la sua unica via di fuga, erano avvolte dalle fiamme. Ma oltre ad esse, scorse una figura che le dava le spalle, una figura che conosceva bene.
-MARTHA!!!-
Proprio come nella sua visione, la cugina si voltò sorpresa, col viso sporco di fuliggine, e diceva qualcosa, ma il rumore delle fiamme le impediva di capire cosa.
Voleva raggiungerla, ad ogni costo. E scoprire che tutto quello che gli era successo era solo frutto di una brutta testata. Ma una presenza alle sue spalle la costrinse a voltarsi, facendola tornare nel buio, proprio quando aveva trovato uno spiraglio di luce. Rigel era in piedi dietro di lei, con la sua arma pronta a portare a termine il suo incarico. Stavolta nulla l’avrebbe fermata.
O forse no. Avvertito da Martha, Hakkai lanciò l’ennesima sfera di energia. Rigel venne scaraventata lontano, colpita in pieno. Ma ciò che restava di quelle povere scale finì sbriciolato. Gaia cadde ancora in ginocchio, poi vide le assi di legno ripiegarsi su se stesse, facendola finire direttamente sulle fiamme.

-Fine capitolo 9-

Ebbene sì ... adoro scrivere le scene su Lara e Sanzo ... spero che piacciano anche a voi!

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Capitolo 10
*** Perdite. ***


cap10 Uao! vedo che c'è gente a cui piace la mia fic ... bhe, allora vi regalo un altro capitolo ...
x essy chan: grazie dei complimenti! ebbene sì, Hakkai e Martha sono una delle coppie che ho ideato per questa storia, quindi stai tranquilla. e Nika saprà darsi da fare, prometto ...^_^
x Lav_92: anch'io adoro Sanzo e Lara! caratteri così simili che mi permettono di fare scenette meravigliose ... ;-D
x FefyNiisan: neppure io ho visto l'anime ...appena una puntata, perchè una mia amica era stata così gentila da averla registrata, così me l'ha passata ... purtropo non prendevo MTV, all'epoca, e quello che so di saiyuki lo so grazie al manga(stupendo!)ed ad alcune fanfic e siti che ho trovato in giro.

Capitolo 10
-Perdite.-

Il lungo corridoio era silenzioso, polveroso, e completamente buio. Erano anni che nessuno entrava lì dentro, se non per una fugace visita. Il silenzio, sconquassato da un rumore di passi, come offeso di quel disturbo della sua pace, inghiottiva quei suoni, disperdendoli tra le mura avvolte dall’oscurità. Ma essi non cessarono, come un ticchettio ritmico, finché Kanzeon non arrivò alla sua meta. In fondo al corridoio, seduto su un trono dorato, stava un bambino dai capelli argentei, vestito con abiti sfarzosi. I grandi occhi dorati sembravano fissarla, con un’espressione troppo adulta per un ragazzino di quell’età. Ma in realtà quegli occhi non guardavano la dea della misericordia, né qualunque altra cosa presente nella stanza. Da cinquecento anni il piccolo sul trono non fissava altro che l’oscurità in cui era precipitato.
Con un sorriso, Kanzeon si avvicinò al bambino e gli accarezzò i capelli. Erano ancora morbidi, seppur ricoperti da uno strato di polvere. Succede, quando si sta immobili per mezzo millennio.
-Loro sono tornati. Quei quattro non potranno essere sconfitti neppure dalla morte … Ma questo te l’avevo già detto … Vero, principe Nataku?-
Sul volto del principe della guerra non apparve alcun cambiamento. Rimase nella stessa posizione che aveva assunto per tutti quegli anni.
-Certo che come interlocutore fai pena! Parlare con te o con il muro è la stessa cosa …-
Nataku non cambiò neppure allora espressione. Con un sospiro, Kanzeon si lasciò andare ad un gesto di affetto. Accarezzò la maschera d’avorio che era il viso del principe bambino.
-Ma anche se volessi, tu non potresti rispondermi, vero?-
Alcuni granelli di polvere si sollevarono pigri nell’aria pesante e silenziosa.
-Tu hai deciso di non sentire più nulla … Di non vedere più nulla … Stai qui, come una bambola rotta … Ma forse non hai fatto così male … Hai vissuto il periodo più interessante che questo posto e i suoi noiosi abitanti avessero mai visto … Ma, dimmi, adesso avrai la forza di svegliarti per vivere anche questo? Oppure resterai qui, nel tuo sonno senza sogni, barricato fuori dalla vita?-
Come si aspettava, le sue parole non ebbero modo di scuotere Nataku. Sospirò nuovamente. Non che ci avesse davvero creduto, ma guardare da sola l’evolversi di quella faccenda non le sconfinferava molto … E Nataku era l’unico di sua conoscenza a cui sarebbe interessata. Senza perdere il suo sorriso, un po’ più amaro del solito, si apprestò ad andarsene.
-Bhe, visto che sei poco ricettivo, come al solito, mio caro principino, sappi che sul loro cammino i nostri amici hanno ritrovato delle vecchie conoscenze … Che tu ricordi bene … Eh già. Anche loro sono tornate … Non dirmi che non ti andrebbe di rincontrare i tuoi vecchi compagni di giochi … Tutti e due …-
Per un istante, uno solo, a Kanzeon parve di aver visto un luccichio negli occhi vuoti del bambino. Rimase solo pochi istanti, in attesa, ma non accadde nulla: il principe della guerra era sempre al suo posto, all’apparenza. Eppure La dea della misericordia era sicura: qualcosa si era mosso all‘interno di Nataku. Come pure in quel mondo al limite del morto. Presto, molto presto, ci sarebbe stato un vero terremoto. Che gli abitanti del Tenkai lo volessero o no. Ma perché ciò accadesse, adesso doveva intervenire lei.
-Ti saluto, principe della guerra. Adesso ho una piccola questione da risolvere … Spero di trovarti un po’ più vivace, la prossima volta …- E detto questo si avviò verso l’uscita, avvolta dai suoi misteri e dai suoi fini.

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La caduta fu tremenda. Come al rallentatore, i presenti avevano visto il corpo della ragazzina cadere al suolo, inghiottito dalle fiamme. Per qualche istante, tutti rimasero immobili, aggressori e  aggrediti. Solo il silenzio e il crepitare del fuoco. Hakkai sorresse Martha, che, come svuotata, rischiava di lasciarsi cadere. Nika, scossa dai singhiozzi, era finita in ginocchio, incapace di concepire quanto era appena accaduto. Gojyo tratteneva Goku, che cercava di liberarsi, gridando a gran voce il nome dell’amica. Lara si lanciò contro le fiamme, incurante del pericolo: Sentiva nel petto un dolore fisico, come un taglio. I suoi occhi si rifiutavano di credere a ciò che avevano visto, mentre lacrime di disperazione spingevano per scendere. Non poteva finire così. Non dopo tutto quel che era successo, non dopo aver rischiato così tanto per salvare Gaia. Era una bugia, la sua sorellina non era lì, non era in mezzo a quell’inferno.
Sarebbe finita contro il muro incandescente se Sanzo non l’avesse trattenuta per un braccio. Troppo sconvolta per ribellarsi, Lara non cercò neppure di liberarsi dalla stretta del bonzo: rimase immobile, con gli occhi fissi nel punto in cui era scomparsa la sua sorellina, mentre la vista si faceva sempre più sfocata.
Rigel, dalla sua postazione elevata, non vide altro che lingue di fuoco. Nessuna traccia della ragazzina. Sorrise, malefica.
-Troppo facile …- Poi si rivolse a Caleb -Missione compiuta. Possiamo andare …- Da una tasca estrasse un sfera. La lanciò, e in una nuvola di fumo svanì. Stessa cosa fece il suo compagno, ma non prima di aver incontrato gli occhi del monaco. Un tacito giuramento di vendetta era leggibile nello sguardo pervinca di Sanzo. Non se la sarebbero cavata così. Li avrebbe seguiti, anche fino in capo al mondo, se necessario.
Hakkai mosse anche lui lo sguardo verso il muro di fuoco. Era un epilogo che non si aspettava. Un forte sentimento di odio cominciò a crescergli dentro, sostituito pochi istanti dopo dalla sorpresa. In mezzo alle fiamme intravide la sagoma di una persona. Strinse gli occhi, pensando che il caldo gli facesse dei brutti scherzi. Ma non era così: qualcuno stava avanzando tra le fiamme, reggendo in braccio qualcosa.
-Ehi, guardate …- Davanti agli occhi del gruppo, Kanzeon Botatsu, la dea della misericordia, fece il suo ingresso reggendo in braccio Gaia, svenuta ma incolume.(Povera!ormai è un’abitudine … la faccio sempre svenire…^^;;;)

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-Yo!- Il saluto di Kanzeon riscosse i quattro membri del “gruppo di Sanzo”, che ben conoscevano la dea dagli abiti trasparenti, mentre la vista della ragazzina salva, fece tirare un sospiro di sollievo a tutte.
-Tò … La creatura dal sesso indefinito! Era un po’ che non ci si vedeva … Ma devo ammettere che per una volta sono felice di vederti.- Ridacchiò Gojyo lasciando andare Goku, che si precipitò a prendere al volo Gaia in braccio, visto che la divinità la stava già lasciando cadere senza tante cerimonie.
-Saluti tutti in modo così gentile o solo questa povera dea della misericordia?-
-Dea della misericordia?!- Domandò Nika incuriosita.
-Per quanto possa sembrare la dea della depravazione e dell’amor proprio, è così …- Spiegò a bassa voce Hakkai.
Proprio allora Gaia aprì gli occhi, e si guardò attorno confusa, finché non vide Lara. Un enorme sorriso le si dipinse sulle labbra, mentre schizzava ad abbracciarla.
-SORELLONA! Mi sei mancata!- Qualche lacrima minacciava ancora di scendere, ma in quel momento c’era un’altra priorità. I cigolii delle travi, ormai al collasso, sovrastavano le voci dei ragazzi
-QUA CROLLA TUTTO!!!- Urlò Gojyo coprendosi la testa da alcune braci che cadevano dal soffitto.
-NON C’E’ BISOGNO CHE ME LO DICI!!!- Ringhiò Sanzo coprendosi con le maniche della tunica.
-PRESTO,VERSO L’USCITA!!!- Gridò Hakkai aiutando Gaia ad alzarsi.
-Oh, quanta fretta … Avete forse dimenticato che siete con una divinità?- Con uno schiocco di dita, Kanzeon teletrasportò il gruppetto in una radura poco fuori dal villaggio, appena prima del crollo definitivo dell’edificio. Attese qualche istante, sorridendo, gustandosi lo sconcerto misto a sollievo dei ragazzi. Poi si rivolse a Sanzo, che tossiva in disparte.
-E adesso veniamo a noi …-
-Che cosa vuoi?-  Sbottò ruvido il monaco, provocando solo l’allagamento del sorriso della divinità, il che lo fece andare in bestia.
-Sei sempre diretto, eh? Ma dopotutto è anche per questo che mi piaci …- Un brivido di puro terrore attraversò il biondo,  mentre uno di disgusto attraversava Gojyo. -Comunque, devo chiedere a te e ai tuoi amici di portare con voi queste ragazze …-
-Non se ne parla.- Il rifiuto categorico di Sanzo e Lara non venne neppure ascoltato da Kanzeon,  che continuò a parlare.
-… Fino al tempio di Giada. Lì troveranno il passaggio per tornare al loro mondo.-
-“Al loro mondo“?- Domandò Goku guardando interrogativamente prima Hakkai e poi Gaia, più confusa di lui.
-Sì, esatto. Ma penso che te potranno parlare loro …- Rispose sbrigativamente la divinità  tornando a parlare col monaco. -Là è conservato un libro, il “Libro dei mondi”.-
-E quale razza di diavoleria sarebbe?- Sibilò il monaco, provocatorio.
-Per ora ti basti sapere che è un portale tra questo e altri mondi. L’importante è che le nostre ragazze abbiano con sé la chiave … Altrimenti, addio casa. Bhe, vi saluto … Ah, dimenticavo … La direzione è sempre ovest. Ciao ciao.-
In un lieve turbinio di luci la figura di Kanzeon Botatsu svanì, lasciando soli e allibiti i ragazzi.

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-Allora, ricapitolando:- Gojyo cercava di capire qualcosa di quella situazione, ma la sua mente si rifiutava di collaborare. -Voi quattro venite da … Un’ altro mondo? Che accidenti vuol dire?-
-Che veniamo da un’altra dimensione?- Azzardò Gaia, confusa quanto il mezzo demone.
-A dire il vero non lo sappiamo neanche noi …- Ammise Martha stringendosi nelle spalle. -È accaduto tutto così in fretta che non ci abbiamo capito nulla …-
-Andiamo bene, allora …- Commentò Sanzo, con una sigaretta tra i denti.
-Perché non provate a raccontarci cosa vi è successo? A volte basta ascoltare i fatti per comprendere.- Suggerì Hakkai con la sua solita gentilezza. Martha guardò Nika, insicura, poi diresse lo sguardo verso Lara. Al cenno d’assenso della bionda, Martha iniziò a raccontare ogni avvenimento. Dalla chiamata dell’avvocato, alla consegna del pacco, e con l’aiuto di Gaia l’apertura del libro, e il passaggio da un mondo all’altro.
-Quello che abbiamo fatto dopo il nostro arrivo qui, bhe, lo sapete …- Concluse il racconto Martha. Il silenzio era calato sul gruppetto, mentre i ragazzi cercavano di comprendere le parole della mora, lottando nella loro mente con la razionalità. Anche le ragazze però non riuscivano a digerire del tutto l’intera vicenda, ancora incredule che quella che tanto appariva come una storia fantasy fosse accaduta proprio a loro. Sanzo, da parte sua aveva trovato qualche risposta ai suoi dubbi: per esempio per la mancanza di impronte attorno al corpo della ragazzina quando l’avevano trovata. Entrambi i gruppi erano caduti in un silenzio riflessivo, quando …
-AAAAAH!!! Non ci capisco nulla!- Sbottò Goku mettendosi le mani in testa e rotolando sull’erba. -Eppoi ho fame, per pensare!!!-
-DI NUOVO!? Ma tu non sei una scimmia … Sei un tritarifiuti!- Esclamò Gojyo, dando il via alla solita serie di battibecchi con il giovane demone.
-Ma ti fai gli affari tuoi, scarafaggio al ketchup?!-
-Certo che Gojyo non ha tutti i torti …- S’intromise Gaia, ricordando le quantità di cibo che Goku si era spolverato prima dell’incendio.
-Ti ci metti anche tu?!-  Ribatté il ragazzino, punto nell’orgoglio.
-Allora è lui il tipo che dicevi? Quello che non ha ancora capito di essere un primate?- Domandò Nika al rossino, scatenando ancora di più le ire di Goku.
-Gojyo! Che accidenti le hai detto di me?!-
-Solo la pura verità … Che non ti sei ancora rassegnato al fatto che sei una scimmia.- Ridacchiò il rosso scansando un calcio del ragazzino, e dando vita ad un combattimento semi-giocoso.
-Bhe, l’agilità da scimmia c’è …- Considerò Gaia con la cugina.
-Sono circondato! Non è giusto … IO NON SONO UNA SCIMMIAAAAAAH!!!- Piagnucolò il ragazzino, scatenando le risate dei presenti, escluso ovviamente Sanzo, che stava tirando a lucido la pistola. (chissà per cosa.eh?!nda)
-Allora?- Gli chiese Hakkai, scostandosi dagli altri per parlare da parte con il monaco.
-“Allora” cosa?- Borbottò Sanzo facendo finta di nulla.
-“Allora”… mi pare che Goku e Gojyo abbiano già fatto amicizia …-
-Tsk! La scimmia farebbe amicizia anche con le pietre … E il kappa anche, se le pietre avessero la gonna …- Sbottò acido il bonzo, infastidito da quella situazione. -Ed io non ho alcuna intenzione di fare la guardia a quattro mocciose!- Hakkai ignorò di ricordare a Sanzo che tre delle “mocciose” avevano all’incirca la loro età.
-Gli ordini sono ordini, Sanzo … non credo che tu possa ignorare così gli ordini di una divinità … Anche se si tratta di una poco seria come la dea della misericordia che conosciamo …-
-Bene, e dove ce le mettiamo? Hakuryu non può portare otto persone!-
Hakkai non ribatté. Da quel punto di vista l’amico aveva perfettamente ragione.
-Kyu!- Il draghetto candido si appollaiò sulla spalla di Hakkai, pigolando per attirare l’attenzione.
-Ah, Hakuryu! Arrivi al momento giusto … E vedo che hai compagnia …- La draghetta nera, infatti era arrivata in contemporanea ad Hakuryu, e volava in cerchio sulle teste del gruppo, finché non si decise a posarsi sulla spalla di Nika, che l’accolse accarezzandole il collo sinuoso e lodandola con affetto.
-Ciao, piccolina! Sei venuta a cercarmi? Brava!-
-Che carino! Un draghetto in miniatura! Dove l’hai trovato, Nika?- Esclamò Gaia, con gli occhi scintillanti alla vista del graziosissimo e stranissimo animaletto.
-Veramente è stata lei a trovare me …- Ridacchiò la rossina, mentre la mostrava alla cuginetta.
-Un vero colpo di fortuna, non trovi, Sanzo?- Sorrise Hakkai rivolgendosi al monaco, che per tutta risposta bofonchiò qualcosa di incomprensibile, forse una maledizione, e si voltò dall’altra parte.
-Kyuuuuuuu!- Hakuryu cercò di riattirare su di sé l’attenzione del padrone, tirandolo per una manica.
-Hai ragione. Non possiamo restare qui in eterno … Preparati che andiamo.- Mormorò il demone dagli occhi verdi accarezzandolo. Il draghetto pigolò soddisfatto, e appena sceso dalla spalla di Hakkai, si trasformò in una jeep. Sbalordite o e terrorizzate dall’evento inaspettato, le ragazze fecero un salto indietro.
-Ma che … Che cavolo è successo?! Dov’è il drago?- Domandò confusa Gaia, passando lo sguardo dalla jeep a Goku.
-Kyu?- Hakuryu si ritrasformò, confuso da tanta agitazione per la sua metamorfosi.
-Non ci credo!- Esclamò Nika, rivolgendosi poi a Gojyo. -Ecco cosa intendevi quando avevi detto che i draghi sono indispensabili per viaggiare …- Gojyo annuì, ridacchiando.
-È la prima volta che vedo una cosa simile …- Commentò Lara, osservando più da vicino il draghetto bianco.
-Volete dire che non avete mai visto un drago come Hakuryu?- Goku sembrava quasi più stupito delle ragazze.
-Veramente non avevamo mai visto draghi fino ad oggi … Da noi non esistono …- Spiegò Martha, imbarazzata. Poi domandò: -Anche quella di mia sorella potrà farlo?-
-Immagino di sì.- Rispose Hakkai. -Basta che glielo chiediate …- Nika non perse tempo, e prese in braccio la draghetta nera, in modo che i loro sguardi potessero incrociarsi.
-Pensi di poter fare come lui?- La piccolina, per tutta risposta pigolò orgogliosamente, volò via dalle braccia della rossina, e in un baleno si trasformò in una jeep molto simile ad Hakuryu, ma con la carrozzeria di un brillante nero, come le scaglie della creaturina.
-UAO! Sei grande, draghetta!- Urlò Nika al settimo cielo, e come risposta, la Jeep nera fece rombare il motore, e ritornò della sua forma originaria.
-Adesso, però, ti ci vuole un nome … Sentenziò Martha accarezzando la testolina nera.
Nika si rivolse a tutti: -Suggerimenti?- Per un po’ ci fu un silenzio di tomba. Trovare un nome a un drago non era una cosa così semplice, in fondo. Infine Gaia saltò su, raggiante.
-Ce l’ho! Perché non lo chiamiamo Mushu?-
-Gaia, c’è solo un piccolo particolare … E’ una femmina …- La smontò Lara.
-Eppoi quello del cartone era rosso …- Rincarò la dose Nika. Il silenzio continuò alcuni istanti, interrotto solo dai pigolii soddisfatti dei draghetti che venivano accarezzati dai rispettivi padroni. Alla fine a Nika venne l’idea.
-Sentite, ho trovato! Quando si trasforma diventa una jeep, giusto?-
-Lo abbiamo appena visto …- Convenne Lara, non senza una nota sarcastica che a Goku e Gojyo sembrava essere stata presa dal repertorio “Sanzo”.
-Allora il nome più adatto mi sembra proprio “Suzuki”! Che ne dite?- Un mormorio d’approvazione si diffuse tra i presenti.
-Sì, mi sembra azzeccato.- Annuì Gaia, sorridendo.
-la draghetta ti ha scelto come padrona.- Confermò Martha. -È giusto quindi che tu le dia il nome che ritieni più consono.-
-Allora, tu che ne dici?- Domandò Nika rivolgendosi alla draghetta, che cominciò a svolazzarle attorno felice.
-Bene, adesso possiamo andare, sì o no?- Ringhiò Sanzo, più dispotico del solito.
-Si,sì, non ti preoccupare …- Borbottò a mò di risposta Gojyo mentre si avviava con Goku in macchina.
Il monaco rimase qualche passo più indietro al gruppo, pensieroso, poi chiamò Lara da parte.
-Questa situazione non mi piace.- Esordì il monaco, facendo innervosire Lara, che però si trattenne.
-Non che per me sia una festa … Non ho neppure capito bene cosa è successo, e già appare una tipa che sembra uscita da un bordello che mi dice cosa devo fare, senza neppure darmi spiegazioni …-Sanzo sorrise suo malgrado: era esattamente quello che pensava lui. -Comunque non vi daremo fastidio.- Continuò la ragazza, togliendosi una ciocca di capelli biondi dal viso. -Proseguiremo da sole … E cercheremo un modo per tornare a casa al più presto.-
-Io sono l’ultima persona su questa terra che ve lo vieterà. Ma credo che senza questa, sarebbe un viaggio a vuoto.- Sanzo tirò fuori un oggetto e lo lanciò a Lara, che con uno scatto lo prese al volo. Con sorpresa, si accorse che si trattava della chiave del libro di sua nonna.
-È la chiave di cui parlava la tizia?- Sanzo aspirò lentamente una boccata di fumo prima di rispondere.
-Non lo so.- Un’alzata di spalle appena accennata e un’altra boccata di fumo. -Ma ce l’aveva tua sorella quando l’abbiamo trovata.- Lara annuì, pensierosa. Poi si mise la chiave in tasca.  Fece per raggiungere le altre ragazze, ma poi si bloccò.
-Grazie.-
-Mh?- La parola era stata detta a voce così bassa che il monaco pensò di non aver capito.
-Ho detto grazie!- Ripeté allora la ragazza, visibilmente imbarazzata.
-E per cosa?- borbottò acido il biondo, poco avezzo ai ringraziamenti.
-Per aver aiutato mia sorella … E per aver aiutato me dopo.- Rispose la ragazza, senza voltarsi.
-Tsk! Te l’ho già detto: siamo pari.- Buttò il mozzicone di sigaretta a terra, calpestandolo con cura. -E per quel che riguarda tua sorella, se l’avessi lasciata lì, quei teneroni che mi porto dietro non mi avrebbero dato tregua.-
-Allora siamo a posto.- Concluse Lara, che stando ben attenta a non farsi vedere, sorrise. Poi, richiamata a gran voce dalla sorella, si diresse verso la jeep nera. A qualche passo di distanza da lei, Sanzo si fermò, e la studiò per qualche secondo mentre correva verso le sue amiche: non aveva ben capito come, ma quella tipa lo aveva tirato fuori da una brutta situazione. Ripensò alla lotta, e al momento in cui lei aveva perso i sensi: fu come un dejà vu…una forte sensazione di … cos’era … paura. Sì, una sensazione di paura lo aveva invaso. Già era piuttosto difficile che lui provasse una sensazione simile nei confronti delle persone a cui era particolarmente affezionato, e sentire quel terrore improvviso per qualcuno appena incontrato, lo aveva particolarmente colpito.
-ALLORA, BONZO DEI MIEI STIVALI, TI VUOI DARE UNA MOSSA?!-
-SANZO, SBRIGATI!!! HO FAMEEEEE!!!- Le grida di Goku e Gojyo lo costrinsero a interrompere le sue riflessioni, e ad impugnare il suo harisen.
-VOLETE PIANTARLA DI URLARE, BESTIE!?-
-Sanzo, guarda che stai urlando anche tu …- Gli fece notare Hakkai, mentre una gocciolina di disappunto gli scendeva dal capo. -E voi ragazze, cosa farete, adesso?- Si rivolse poi alle ragazze, ignorando la piccola battaglia che si consumava sui sedili posteriori della macchina.
-Mha … Non sappiamo … Cercheremo una locanda, possibilmente priva di incendi …- Ridacchiò Nika, per poi farsi di nuovo seria. -A dire il vero non abbiamo neppure la più pallida idea di dove ci troviamo o di dove possiamo andare …-
-Capisco.- Sospirò Hakkai. -Vi sconsiglierei di tornare al villaggio, specie dopo quanto successo poco fa …-
-È vero …- Ammise Martha, sospirando.
-Sentite, perché non facciamo un pezzo di strada assieme? Solo fino al prossimo insediamento. Dopotutto neppure per noi sarebbe troppo salutare tornare in quel paese …- Propose il ragazzo, senza perdere il suo sorriso.
-Sei sicuro che a loro vada bene?- Domandò Lara, riferendosi a Sanzo e alle sue vittime.
-Nessun problema! Eppoi il villaggio non dovrebbe distare che poche ore da qui …-
-Allora facci strada!- Acconsentì la bionda, mentre prendeva posto accanto a Nika, che guidava. Con un rombo, le due auto si misero in moto, accompagnate dalle minacce di morte del bonzo e dai battibecchi di Goku e Gojyo.

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Ad ogni passo l’aria della grotta si faceva sempre più umida e fredda. Presto Rigel si pentì di indossare solo il top nero e i pantaloncini di pelle scura. Caleb, che camminava di fronte a lei, non sembrava invece risentirne. Da quando erano scappati dalla taverna in fiamme, non avevano aperto bocca.
-Che freddo! Viene quasi da rimpiangere l’incendio, vero, Caleb?- Ma il tentativo di attaccare discorso non sembrò raggiungere il demone, che continuava a camminare senza voltarsi.  
-Insomma, Caleb! E’ da prima che non mi dici una parola! Mi vuoi rispondere?! Cosa c’è che non va?-  Sbottò spazientita la ragazza. La risposta questa volta venne, rapida e furente. Caleb si voltò di scatto e mise Rigel con le spalle al muro: gli occhi del demone, anch’essi dorati, la fissavano colmi di rabbia.
-“Cosa c’è che non va?!” Grima è morto!-
-Lo so benissimo! Cosa credi?!- Urlò Rigel cercando di liberarsi.
-Era un nostro compagno!- Continuò Caleb, furioso. -Ed è morto! E sembra che non te ne importi nulla!-
-Non è vero!- Gridò la ragazza con gli occhi lucidi. Il demone dai capelli argentei lasciò la presa, e si girò dall’altra parte. Sentiva un vuoto dentro, e la mente annebbiata. Con un sospiro, Rigel si appoggiò alla schiena del compagno e lo abbracciò. -Volevo bene a Grima … ma la missione comportava dei rischi, lo sapevamo tutti …-
-Lo so … ma non è facile accettarlo …- Rigel sciolse l’abbraccio e accarezzò il volto di Caleb, costringendolo a guardarla negli occhi.
-Non è facile per nessuno … Ma adesso andiamo.- Caleb annuì, ed entrambi si affrettarono a inoltrarsi ancora più in profondità nella grotta. Le pareti apparivano tutte uguali, della stesa roccia umida e marrone, finché non si cominciò a notare alcune venature argentee e verdi , che si ispessivano man mano che ci si inoltrava. A un tratto, i due demoni sbucarono in una enorme cavità. Un ambiente enorme, circolare, col soffitto a cupola completamente di roccia verde , al cui centro delle stalattiti e stalagmiti unendosi formavano quello che appariva come il colonnato di un tempio. In fondo a tale costruzione naturale, una stalagmite di dimensioni enormi formava quello che sembrava un altare, su cui era incastonato un libro aperto a metà. Al suo interno, una grossa sfera nera mandava bagliori violetti. Di fronte ad essa, come in contemplazione, stavano due figure, che Caleb e Rigel riconobbero subito.
-Artemius! Maya!- La figura altera di Artemius si voltò, libera del cappuccio che lo aveva  reso tanto terrificante al buio del vicolo, e accolse con un sorriso i due demoni. Accanto a lui, la piccola figura di una bambina di non più di otto anni, coi capelli castani e i grandi occhi dorati, corse incontro ai due, ridendo e chiamandoli a gran voce per nome.
Caleb la prese al volo in braccio, mentre Rigel veniva raggiunta da Artemius.
-Allora? Come è andata la missione?- Domandò il capo, passando un braccio sulle esili spalle della ragazza.
-Bene. Una è morta … Purtroppo c’erano dei tipi tosti con loro …-
-Capisco …- Mormorò l’uomo, poi si guardò attorno, come alla ricerca di qualcuno. -E Grima? Non è con voi?- Caleb e Rigel abbassarono lo sguardo, addolorati. Non vi fu bisogno di parole. La piccola Maya cominciò a singhiozzare, aggrappandosi con tutte le sue forze al demone dai capelli argentei. L‘espressione colpevole sui volti dei due sopravissuti fece innervosire Artemius -Non dovete farvene una colpa, ragazzi!- Gli occhi dorati del demone più anziano si oscurarono per un istante. -E ditemi, ancora, chi è stato?-
-Un monaco.- Rispose Caleb, e aggiunse -Con lui c’era anche una di Loro … credo che c’entri anche lei …-
-Bene. Allora quei due saranno il nostro prossimo obbiettivo … La morte di un compagno non va mai lasciata impunita!- Detto questo, Artemius se ne andò, lasciando soli Caleb Rigel a consolare la piccola Maya.

-Fine capitolo 10-

bhe? che ne dite? i personaggi di Rigel e Caleb stanno uscendo fuori, e piano piano si ispessiranno sempre di più ... spero che vi piacciano ...

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Capitolo 11
*** Lupi! ***


cap11 Non ho potuto resistere... così ecco il capitolo 11 ^^
x essy chan: sì, man mano che scrivo Caleb e Rigel mi stanno prendendo la mano... tieni conto che ho finito di scrivere il diciasettesimo capitolo, e se non mi dò una calmata, rischiano di idventare più importanti dei saiyuki boys! bhe, no, magari fino a quel punto lì no ... ma sono belli importanti!^_^
x lav_92: eh eh ... sapevo che quella battuta era azzeccata ... mi diverto troppo a creare certe frasi! per quel che riguarda sanzo a lara ...eh eh ... ho in mente parecchie cosine per quei due (sanzo e lara: -Gulp!- 0_0''')
x FefyNiisan: suzuki mi è uscita per caso: avevo bisogno di sistemare le mie quattro ragazze: su hakuryu mica ci stavano tutte! così è nata la draghetta...nera x differenziarla...il nome...bhe,un mia amico ha una suzuki...ed il nome è venuto spontaneo!^_^

Capitolo 11
-Lupi!-

La stanza era spaziosa, con le pareti dipinte di bianco. Il mobilio era in pino, chiaro e solare. Dall’ampia finestra semi aperta una lieve brezza sembrava divertirsi a sollevare le tende azzurrine. Gaia, ben accoccolata tra le morbide lenzuola candide, si godeva quella tranquillità. Era già un po’ che un raggio di sole l’aveva svegliata con la sua tiepida carezza, ma ancora non si decideva ad aprire gli occhi. Un sogno persistente le continuava a danzare davanti agli occhi … Il libro della nonna che si rivelava un passaggio per un altro mondo, lei che ci era caduta e si era spaccata la testa, ed era stata salvata da un quartetto che la parola “normale” neppure sapevano dove stava di casa … Poi c’era stato un incendio, lei aveva avuto una visione, poi con uno dei quattro era stata attaccata da una tipa dalla forza erculea, e un altro tizio l’aveva rapita … Poi erano apparse dal nulla Nika, Martha e Lara … Poi lei era caduta nel fuoco ma una strana donna l’aveva salvata … E magicamente erano finiti in una radura, dove dei draghetti si trasformavano in auto …
Accidenti se era strano come sogno … e lungo, poi … Non si ricordava di aver mai fatto un sogno così lungo, e soprattutto realistico … Con uno sbadiglio alla fine decise di tirarsi su, e mentre si stiracchiava pigramente si portò una mano alla testa. Perplessa, sotto le dita sentì , invece della morbidezza dei capelli, la ruvidità di una benda. La perplessità si trasformò in orrore quando comprese che quello che credeva un sogno era la dura realtà, e lei era nella camera di una locanda che aveva accolto lei, sua sorella, le sue cugine e i quattro ragazzi, nonostante l’ora indecente in cui si erano presentati. Il viaggio per raggiungere il villaggio successivo, infatti, era durato qualche ora, ed erano giunti a destinazione quando mancavano poche ore all’alba.
Pensando agli ultimi avvenimenti che le avevano segnato la vita, Gaia lasciò vagare lo sguardo sulla camera. L’arredamento era semplice, ma molto pulito. Accanto al suo letto stavano, già messi a posto, altri tre letti. Lara e le altre dovevano già essere uscite … Chissà dov’erano andate … Stava per scendere dal letto, quando la porta si aprì, facendo entrare Martha e Nika, precedute da Suzuki, che atterrò ai piedi di Gaia.
-Ben svegliata! Hai dormito bene?- Salutò la mora appoggiando sul comodino una serie di boccette e garze. Gaia annuì, e si toccò la benda, ormai allentata.
-Questa quando la tolgo?-
-Tra una settimana, come minimo, secondo la prognosi del dottore che ti ha medicata. Hakkai mi ha descritto esattamente la ferita. Adesso però stai ferma, che ti cambio la benda e vedo se è così …>-Martha iniziò a togliere lentamente gli strati di garza dal capo della cugina, cercando di essere il più delicata possibile nelle zone in cui il sangue era raggrumato. Nika se ne stava in silenzio ai piedi del letto, con Suzuki in braccio, attenta ad ogni movimento della sorella. Gaia da parte sua cercava di far finta di niente, ignorando il dolore che provava mentre quella che ormai era come una seconda pelle le veniva tolta. Quando però Martha raggiunse la carne viva, la ragazzina non poté fare a meno di sussultare, e ciò non sfuggì alla mora.
-Scusa!-
-Non fa niente!- Mentì Gaia. In realtà la ferita le pulsava come se fosse stata viva, e odiava con tutta sé stessa quella situazione. Martha da parte sua scrutava con occhio clinico il taglio e ogni abrasione che lo circondava, finché, soddisfatta, diede il suo parere medico.
-È meglio di quel che pensavo.- Ammise. -Non ci sono segni di infezioni ed è in via di guarigione. Comunque adesso ci do una passata con il disinfettante, e ti metto delle bende pulite.-
-E quando è che non le metto più?- Domandò Gaia. Era impaziente di liberarsi di quella seccatura. Aveva sempre avuto una salute di ferro, e mai si era procurata ferite che necessitassero di più di un cerotto. E quelle costrizioni la facevano infuriare. Martha sospirò, indovinando i pensieri della cugina.
-Abbi pazienza. Per almeno altri quattro o cinque giorni sarà così. Poi partiremo e ce ne torneremo a casa.- Nika si alzò improvvisamente, sorprendendo sorella e cugina.
-Scusate.- Fece, con una voce incolore che non sembrava appartenerle. -Vado a fumare una sigaretta.- E uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Martha e Gaia confuse.
Appoggiò la schiena contro la porta per qualche secondo, spaventata dalla sua stessa reazione. Ma non poteva fare altro. Da quando aveva avuto modo, la sera prima, di pensare con calma alla loro situazione, un grosso peso le si era come imposto sullo stomaco. Come un macigno, questo si faceva più pesate quando pensava al modo di tornare a casa. Sentiva che non ce l’avrebbero fatta, che tutte le loro fatiche sarebbero state vane.
Subito non aveva neanche compreso cos’era quella orribile sensazione, ma poi, aveva capito che quella altro non era che angoscia. Un’angoscia così grande da  toglierle il sorriso, da bloccarla, come una catena a cui fosse legata una palla da metallo, come quelle di un carcerato.
Ed era proprio così che si sentiva. Prigioniera. Prigioniera di un mondo non suo, con regole ben diverse da quelle a cui era abituata.
Si chiese se solo lei avesse quei pensieri, o se anche le altre fossero nella sua situazione. Sfuggendo ad una lacrima che voleva scendere, la rossina si diresse verso l’uscita della locanda. Salutò distrattamente il locandiere e uscì, sperando che l’aria del mattino riuscisse a restituirle un po’ di serenità.
Camminò per un quarto d’ora buono, curiosando vetrine e osservando persone. Quelle erano le uniche cose che non apparivano diverse. Il chiaccericcio di un gruppo di donne a passeggio, i sospiri e le lamentele dei bambini che a gran voce chiedevano alle madri questo dolce o quel giocattolo, le grida di qualche mercante che proponeva questo o quell’articolo alle casalinghe in giro per fare la spesa.
Eppure quel peso sul cuore non voleva saperne di alleggerirsi. Si fermò nel centro del paese, dove una grande fontana rotonda permetteva ai suoi cittadini di dissetarsi e incontrarsi. Stufa di camminare senza una meta, Nika si sedette sul bordo della vasca, e iniziò a far muovere l’acqua con la mano. Fissava le increspature sulla superficie trasparente, sorprendendosi di quanto assomigliassero agli eventi della sua vita … Bastava un movimento più brusco, o una pausa più lunga, che i cerchi concentrici variavano totalmente dai primi. La sua esistenza era come quei cerchi. Imprevedibile, in perenne mutamento a causa di quella mano capricciosa che è la sorte … Si ritrovò a sorridere. Doveva avere un aspetto davvero depresso … Concentrata sulle sue riflessioni quasi non si accorse dell’arrivo di una persona.
-Heilà!- Salutò Gojyo, che appariva di umore esattamente opposto alla ragazza.
-Ciao.- Un”ciao” smorto e quasi privo di umanità vivente accolse il rosso, che per poco non fece un balzo indietro.
-Hey, hey! Vedo che siamo tristi qui, eh?- Nika non si diede neanche la pena di confermare. Perché ribadire l’ovvio? Gojyo si sedette accanto alla ragazza, amareggiato. Non gli piaceva vedere delle donne tristi … Alla fine fece ciò che faceva sempre. Mise la mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette. E senza dimenticare il galateo, ne offrì una alla ragazza. Nika sorrise, e accettò l’offerta.
-Grazie …- Certo, non era il più luminoso dei sorrisi, ma a Gojyo andò lo stesso benissimo.
-Ah! Finalmente! Cominciavo a temere che il bonzo musone ti avesse contagiato …-
-Chi? Sanzo? Perché?- Domandò la rossa, accendendosi la sigaretta.
-Come “perché”?! Ma lo hai visto? E’ una delle persone più imbronciate di questo mondo! Mai una volta che sorrida o si lasci andare, neanche con le donne!-
-E che c’entrano col sorriso le donne?- Ma l’appunto di Nika rimase inascoltato, mentre il mezzo demone continuava la sua lista di lamentele nei confronti dell’amico.
-Se ne sta sempre sulle sue, se non quando c’è da menare col suo dannato harisen, oppure con la sua stramaledetta pistola! È una marea di tempo che lo conosco, e non l’ho mai visto sorridere! Bhe, a parte quando ammazza i demoni, ma non so se posso considerarlo un sorriso … E’ più un ghigno …-
-Però, che tipi allegri che siete …- Commentò la rossina, mentre una gocciolina o due le scendevano giù per il capo. Intanto Gojyo continuava il suo monologo, rivolto ormai più a sé stesso che a Nika.
-Ora che ci penso, mi farebbe paura vederlo sorridere come persona normale … La volta che succede potrò pensare solo due cose: o che è posseduto, o si è trovato una donna. Ma dato che la seconda cosa mi sembra quasi impossibile perché non ha mai mostrato interesse per nessuna, propendo per la possessione. Perlomeno avrei una buona scusa per ammazzarlo …-
-Chi vorresti ammazzare, tu?- La sigaretta di Gojyo finì dritta in acqua, mentre una figura in tunica bianca faceva il suo ingresso alle sue spalle. Tossendo fumo anche dalle orecchie, il rosso cercò di salutare nel modo più naturale possibile Sanzo, che lo fissava ostile.
-Ah … Ecco … Dicevo … Bella giornata, oggi, verAAAAAAAAAAAARGH!- Il bonzo aveva già tirato fuori la pistola, e sotto gli occhi di Nika e degli abitanti del paese, che avevano avuto la brutta idea di passare da quelle parti, era cominciata la solita caccia all’uomo.
-TI AMMAZZO PRIMA IO MALEDETTO!!!- Mentre Sanzo e Gojyo si allontanavano portandosi dietro gli sguardi spaventati della popolazione locale, Nika venne raggiunta da Goku e Hakkai, seguiti da Lara. Quest’ultima appariva piuttosto scocciata.
-Ciao!- Salutò Hakkai, con la solita educazione.
-Ciao. Avete fatto compere?- Domandò Nika indicando i sacchi di carta che portavano i due ragazzi.
-Indovinato. Presto dovremo ripartire, e ne abbiamo approfittato per rifornirci.- Spiegò l’uomo mentre appoggiava tutto vicino alla fontana. Goku lo imitò, poi si rivolse a Nika, leggermente imbarazzato.
-E Gaia? Come sta? Si è svegliata?- La rossina sorrise e fece segno di sì col capo.
-Sì, è tutto a posto. Martha le stava cambiando le bende quando sono uscita. Ma ormai dovrebbe aver finito. Se fai presto la raggiungi giusto in tempo per fare colazione …- Ecco. Aveva detto le parole magiche. Goku quasi non salutò per schizzare alla locanda. Difficile dire se la fretta fosse per Gaia o per la prospettiva della colazione. Nika si stupì a ridacchiare tra sé e sé. E pensare che fino a poco prima era di una vitalità da suicidio … In effetti il suo umore aveva cominciato a migliorare da quando era arrivato Gojyo. E con la comparsa degli altri, la sua depressione si era volatilizzata. Osservando Lara sperò che lo stesso potere terapeutico potesse avere effetto anche su di lei: la bionda aveva la faccia scura, e i suoi occhi apparivano più glaciali del solito. Teneva le braccia incrociate, e di tanto in tanto lanciava occhiate fulminanti al bonzo, che continuava ad inseguire il rossino.
-Lara? Tutto ok? Mi sembri un po’ nervosa …- Nika per un istante si pentì di quella domanda: la cugina aveva passato l’occhiataccia diretta a Sanzo sulla rossina. Un lungo brivido scese lungo la schiena di Nika prima che l’espressione feroce abbandonasse gli occhi di Lara. Questa si sedette accanto a lei ravvivandosi con un sospiro i lunghi capelli biondi.
-Chiunque lo diventerebbe, con quel monaco. E’ più bisbetico di una vecchia zitella …-
“Un po’ come qualcuno di mia conoscenza” Rifletté Nika, stando ben attenta a non esporre il suo pensiero alla cugina. Ma anche se lo avesse detto, probabilmente Lara non avrebbe neppure reagito. Non contro di lei, almeno. Circa due ore prima si era diretta con le cugine a procurarsi qualche farmaco e benda per Gaia, e per caso prima di uscire avevano trovato tre dei ragazzi. Gojyo era già uscito da qualche minuto. Combinazione anche Hakkai e Goku dovevano uscire per compere. Senza pensarci troppo, Martha e Nika si erano accodate ai due giovani. E lei le aveva seguite. Decisamente uno sbaglio. Avrebbe dovuto tornare in camera a dormire, quando anche Sanzo aveva deciso di venire. E pensare che fino a pochi minuti prima sembrava ben intenzionato a leggere il giornale in solitudine. I battibecchi col monaco erano praticamente durati da quando avevano varcato la porta della locanda fino a quel momento. La ragazza era stata così impegnata a ribattere col biondino che a malapena si era accorta che le sue cugine avevano finito le compere e si erano dirette da Gaia. Adesso, che il monaco se la prendeva col rossino, in pratica lei faceva una pausa. Con un sospiro di soddisfazione, si stiracchiò, e si godette il tepore del sole. Era una mattinata stupenda, ed era inutile rovinarsela con del malumore.
Nika, da parte sua tirò un sospiro di sollievo. Per il momento la sfuriata sembrava, se non annullata, almeno rimandata.
-Sentite, perché non andiamo alla locanda? Tanto non credo che i due “bambini” finiranno tanto presto di giocare!- Propose Hakkai raccogliendo la spesa. Con un balzo, Nika si alzò in piedi, entusiasta della proposta. Perlomeno non avrebbe fatto la strada di ritorno da sola … Anche perché l’aveva completamente dimenticata.
Lara stava per fare lo stesso, ma, proprio allora, una valanga d’acqua la travolse. Sanzo, infatti, cercando di colpire Gojyo a colpi di pistola, lo aveva stretto contro un carro carico di botti di vino. Il mezzo demone non sembrava avere scampo, ma con un balzò saltò sul carro, dove sperava che il bonzo non lo avrebbe raggiunto. Gojyo non ebbe neppure il tempo di illudersi. Un colpo vagante del monaco recise una delle funi, e Kappa e barili caddero nella fontana, trascinandosi dietro anche il Sanzo. E lo spostamento d’acqua travolse in pieno, neanche a farlo apposta, Lara.
Ci fu un istante di silenzio quasi infinito, in cui Nika e Hakkai indietreggiarono spaventati, mentre Gojyo e Sanzo uscivano fuori dall’acqua, scoprendo il disastro combinato.
Solo pochi secondi in cui Lara cominciò a tremare leggermente, prima di scagliarsi contro i colpevoli della sua doccia fuori programma.
Non ci fu nessuna scenata. Nessun urlo. La bionda si limitò a voltarsi verso i due idioti.
-Ehm … Ciao … Lara, giusto?- Tentò di sdrammatizzare Gojyo, spostando alcune ciocche di capelli fradici dagli occhi. Sanzo rimase in silenzio, fissando la ragazza con occhi gelidi di sfida. Lara non disse nulla. Si “limitò” a sollevare una delle botti galleggianti e a lanciarla, e solo per poco non colpì il mezzo demone. Ciò non la fermò, e svelando una forza non comune, Lara cominciò a tirare tutte le botti che aveva a portata di mano addosso ai due, che cercavano in tutti i modi di evitarle.
-AAAAAAARGH!!!MA SEI MATTA?!- Ululò il rossino, cercando di sottrarsi alla pioggia di barili che non accennava a smettere.
-ZITTO ED EVITA!!!- Gli urlò Sanzo, scansando una botte indirizzata a lui. Nika e Hakkai si godettero lo spettacolo finché una folla troppo numerosa non si radunò attorno alla fontana, trasformatasi ormai in un’arena acquatica. Sperando di non farsi notare troppo, si diressero verso la locanda , dove Martha, Gaia e Goku li stavano aspettando.

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-ETCI’!!!-
-ETCHU’!!!- Sanzo e Gojyo starnutirono contemporaneamente, avvolti  nelle rispettive coperte, mentre Martha offriva loro due tazze di the caldo.
-Però, che bel raffreddore …- La mora non si preoccupava troppo di nascondere una certa ilarità, così come il resto della comitiva. Si erano sistemati nel salottino per gli ospiti, in attesa del pranzo. Gaia aveva dovuto insistere parecchio, ma alla fine, grazie anche al contributo di Goku, aveva ottenuto il permesso di sistemarsi su una poltrona, e di abbandonare per un po’ la camera da letto. Solo Lara non era presente, particolare che Sanzo notò quasi subito. Doveva trovare un modo per fargliela pagare. Ma se lei non c’era, come faceva a vendicarsi? Dire che era offeso era dir poco. Anche se non sapeva se prendersela di più col kappa o con la ragazzina impertinente.
Irritato, fece passare lo sguardo sui presenti. Sembrava che il mondo si fosse diviso a coppie: Goku e Gaia giocavano allegramente a ma jong sul tavolino accanto a lui, Hakkai accompagnava Martha a prendere altro the e qualche biscotto, mentre Gojyo sembrava intento a conversare con Nika. Strano a dirsi, era la prima volta che non subiva un rifiuto secco, e anzi, la ragazza sembrava quasi starci. Sospirando un incomprensibile “vado a cambiarmi”, il monaco prese la direzione delle camere, deciso a stare il più lontano possibile da quelle streghe ammaliatrici. Non fece in tempo a imboccare la scala, che Goku prese a tirarlo per una manica.
-Cosa c’è?- Domandò Sanzo, già conscio che se ne sarebbe pentito. Il ragazzino lanciò un’occhiata verso la postazione di Gaia. In quel momento stava parlando con la cugina, di ritorno con Hakkai e una buona raccolta di cibarie. Qualunque fosse il motivo della conversazione che si sarebbe svolta di lì a poco, doveva essere molto importante per Goku, altrimenti non avrebbe mai ignorato la presenza di cibo.
-Volevo sapere una cosa …- Iniziò titubante Goku, irritando ulteriormente il bonzo.
-Dimmi subito quello che vuoi, che voglio andare in camera a mettere qualcosa di asciutto!- Il giovane demone nascose un mezzo sorriso al pensiero del cosiddetto “incidente” di Sanzo e di Gojyo, come l’avevano soprannominato lui e Gaia. Ma dal tono di voce dell’amico, capì che era meglio arrivare subito al dunque.
-Volevo sapere … bhe ecco, Hakkai mi ha detto che dovremmo partire domani … mi chiedevo se allora Gaia e le altre possono venire con noi …- Domanda sbagliata. In un momento sbagliato. Ma il diciottenne lo aveva capito tardi. Un harisen si era abbattuto con violenza sul suo capo, mentre le urla del monaco invadevano l’ambiente.
-NEANCHE A PARLARNE!!! NON INTENDO FARE LA BALIA A TEMPO PIENO!!! DEVO GIA’ PENSARE A VOI IDIOTI!!! NON VOGLIO IL DOPPIO DEL LAVORO!!!- Un silenzio di tomba avvolse la compagnia, mentre si voltava a vedere il monaco. Questi, a corto di fiato, fissava con gli occhi fuori dalle orbite Goku.
Il demone si teneva la testa con le mani nel punto in cui l’harisen l’aveva colpito. Ma nessun suono era uscito dalla sua bocca. Era rimasto semplicemente fermo lì, con gli occhi lucidi, offeso, sull’orlo delle lacrime, mentre si mordeva il labbro inferiore. Sanzo capì di aver esagerato. Ma lì dove una persona normale avrebbe cercato una riconciliazione, lui fece esattamente il contrario. Fingendo indifferenza, riprese la via delle scale.
-Vedi di crescere, moccioso.- E sparì al piano superiore. Goku si accorse di stare tremando. Non ricordava quando si era arrabbiato così tanto con Sanzo. Ma perché diavolo se l’era presa tanto?! Dopotutto gli aveva fatto solo una domanda … accidenti a lui!!!
-SEI TU L’IDIOTA, SANZO!!! SEI TU!!!- L’insulto echeggiò per la stanza, senza raggiungere le orecchie del monaco, ormai chiusosi in camera. Passarono vari, lunghissimi istanti, prima che nella stanza, avvolta dal silenzio, ritornasse a regnare la relativa serenità di poco prima.

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Ancora avvolta dal vapore del bagno caldo, Lara si tuffò sul letto, avvolta in un soffice asciugamano. Un sorriso soddisfatto le si era disegnato sul volto, scacciando tutta la rabbia che l’aveva accecata solo poco più di mezz’ora prima. Subito dopo la sfuriata con Sanzo e Gojyo, infatti, si era buttata sotto una rilassante doccia calda, che aveva dato i suoi frutti. Ovvero farla sentire leggera come uno sbuffo di vapore acqueo.
Certo, una cosa del genere non era il massimo, in piena estate, ma sembrava che in quello strano mondo, anche le stagioni fossero fuori dal normale: infatti, la temperatura era discretamente rigida, tanto da sconsigliare le maniche corte.
Per un po’ Lara si crogiolò in quella piacevole, tiepida sensazione, ma alla fine si dovette tirare su per asciugare i capelli,che le ricadevano bagnati e gelidi sulla schiena, rei di disturbare quella temperatura ideale raggiunta dal corpo. Armatasi di spazzola e phon, la ragazza iniziò l’operazione di asciugatura di quella che scherzosamente autodefiniva la sua “criniera”.
Una volta finito, con una punta d’orgoglio ammise che aveva proprio dei bei capelli: folti, perfettamente lisci e setosi, di un solare biondo dorato con riflessi color miele. E pensare che per molti anni li aveva portati corti quanto Nika, ovvero praticamente a spazzola. Con un sorrisino malizioso pensò ai suoi colleghi uomini della polizia, che da quando aveva scelto di farsi crescere i capelli, non facevano altro che dirle quanto la rendessero femminile.
Una vaga malinconia la avvolse. Chissà quando li avrebbe rivisti … Con un secco movimento del capo, la cacciò. Era inutile rimuginare su quelle cose … tutto quello che poteva fare era tentare di tutto per tornare a casa, a tutti i costi.
Imbevuta di determinazione fino al midollo, prese alcuni dei vestiti che aveva comprato quella mattina con le cugine, tra cui scelse: una maglietta a maniche lunghe nera, con una cerniera al collo laterale. In perfetto stile orientale, come suggerivano i caratteri cinesi ricamati con filo bianco sul lato destro del petto; scarponcini e un paio di jeans blu scuro a vita piuttosto bassa. Il tutto completato da una candida cintura borchiata. Un abbigliamento semplice e comodo, ma con un vago tocco di eleganza. Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra. La giornata era davvero bella, e per il pranzo mancava ancora un po’ di tempo.
Ma sì. Perché no … Dopotutto una passeggiata solitaria se la meritava, con tutto il nervoso che si era fatta. Doveva approfittare di ogni istante di tranquillità, se voleva sopravvivere al biondino e ai suoi compari … Con passo deciso, Lara si diresse verso l’uscita della locanda.
Nel frattempo, nella sua stanza, Sanzo si rassegnava a indossare abiti civili. Il bagno fuori programma aveva infradiciato totalmente la tunica monastica, e nonostante tutta la buona volontà di questo mondo, aveva proprio bisogno di essere lavata. Così, indossati un paio di pantaloni scuri e una camicia blu, si diresse nella lavanderia più vicina, a pochi passi dalla locanda. Non si prese neppure la briga di salutare gli altri, certo di tornare di lì a poco.

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-Allora, quali sono le condizioni?- Domandò Artemius al demone che gli stava davanti. Questi si limitò a sorridere, mostrando i canini acuminati, mentre gli occhi verdi mandavano scintillii carichi di bramosia.
-Io e i miei fratelli vogliamo saziarci. Da quello che mi hai detto, quei tipi ti accontenti di vederli morti, no? Bene, se non ti spiace, i loro corpi ce li mangeremmo.- Dai cespugli lì vicino una ventina di lupi uscirono, trasformandosi in altrettanti demoni ricoperti di pelliccia grigio-bruna.
-Fatene quello che volete. L’importante è che li uccidiate.- Rispose tranquillamente Artemius, per nulla impressionato dalla trasformazione. Il demone lupo scoppiò in una sonora risata.
-Bene! Un monaco e una fanciulla! Avete sentito, fratelli? Avremo un pranzo da re!- Un coro di uggiolii e risa arrivò in risposta al demone, che poi si rivolse nuovamente verso Artemius. -E perché li vuoi morti, se mi è permesso?- Il demone dagli occhi dorati non fece una piega.
-Ti offro un bonzo e una donna su un piatto d’argento per i tuoi cagnolini. Da parte mia, avrò il piacere di vederli morire. Ti basti questo.-
-Benissimo. Non mi importa altro.- Concluse il demone. -Siete pronti, fratelli miei?- Il coro di risa e latrati si fece risentire, ancora più sonoro. -Si va a caccia.-
-Non prenderla troppo alla leggera. Non sono umani comuni.- Lo avvertì Artemius, scatenando una nuova risata.
-Non preoccuparti. Io e i miei fratelli siamo tipi tosti, non ci faremo sconfiggere facilmente. Parola di Shiba, capo dei demoni lupo.- E detto questo sparì nella vegetazione con i suoi simili.
-Pensi davvero che ce la possa fare?- Rigel era apparsa alle spalle di Artemius, accompagnata da Caleb.
-Ovviamente no.- Rispose tranquillo il capo. -Ma non ho alcuna voglia di sporcarmi le mani con due insetti.- Caleb evitò di ribattere che quegli “insetti” avevano fatto fuori uno dei loro. Probabilmente Artemius avrebbe reagito trucidandolo all’istante. -Comunque un’alleanza può sempre venirci comoda.- Concluse il demone, allontanandosi da quel luogo, seguito da Rigel e Caleb.

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Lara si aggirava ancora per le strade, per un’ultima passeggiata prima di rientrare, quando fece l’ultimo incontro che si aspettava di fare. Quasi non lo riconobbe, vestito con jeans e camicia. Ma, a meno che non avesse un gemello in giro, quello che per poco non scontrò mentre usciva, con aria irritata, da una lavanderia nelle vicinanze della locanda, doveva essere proprio Sanzo. Troppo sulle sue per notare le ragazza, il monaco fece quasi un salto quando questa lo salutò.
-Heilà, prete, come va?-
-Non sono un prete! E non sono affari tuoi.- Lara sorrise perfida. Il suo umore era molto migliorato rispetto al “dopo incidente”, e adesso aveva voglia di divertirsi un po’ alle spalle del monaco, mentre percorrevano la stradina secondaria diretti alla locanda.
-Nervosetti, eh?- Sanzo iniziò a fare fumo.
-IO NON SONO NERVOSO!!!-
-Sé, certo, come no? Vai solo a fuoco …> Lo punzecchiò Lara prevedendo la reazione successiva.
-E COME FA UNO A RESTARE CALMO, QUANDO E’ COSTRETTO DA UNA STUPIDA DONNA A FARE LA CASALINGA PER LAVARE I VESTITI?!-
-Ma se fanno tutto i tipi della lavanderia! Il massimo che devi fare tu è andare a ritirare la roba!-
-E TI PARE POCO!? NON HAI IDEA DI QUANTO SIA UMILIANTE! E’ ROBA DA CASALINGHE … E SMETTILE DI RIDERE, MALEDETTA!!!- Lara se la stava ridendo di brutto, mentre il bonzo stava per mettere mano alla pistola. Ma ad un tratto, esattamente come durante l’incendio, ma con violenza maggiore, tale che Lara riuscì esattamente a capire che le stava accadendo, la vista iniziò a vacillarle.
La testa girava, come le immagini che aveva davanti. Il volto di Sanzo, che da furioso si faceva stupito, si fuse in una macchia di colore con il vicolo in cui camminavano. Le immagini tornarono nitide quasi subito, ma Lara comprese che si trattava di una di quelle visioni: vide un lupo nero, seguito da altri suoi simili, saltare giù dai tetti delle case che li circondavano.
Come un flash back, la prospettiva cambiò improvvisamente, e al posto dei lupi era apparso un gruppo di uomini dall’aspetto muscoloso e feroce. Un altro cambio di scena. E Sanzo era a terra, in una pozza di sangue. E un tipo, lo stesso che aveva quasi ucciso Gaia, il ragazzo dai capelli bianchi e gli occhi dorati, lo stava fissando, inespressivo. Poi tutto divenne buio.
-Ehi, ragazzina, sveglia!- Eh? Ma come? Sanzo la stava chiamando? Solo allora Lara si accorse che quel buio dipendeva dal fatto di avere le palpebre chiuse.
-Che … che c’è? Cos’è successo?- Mormorò con voce impastata, mentre il monaco tirava un malcelato respiro di sollievo.
-Mi sei stramazzata al suolo come un sacco di patate, ecco cos’è successo.- Borbottò risentito. -Ti sono venuti gli occhi bianchi e sei svenuta.-
-Per quanto tempo?- Chiese Lara, incapace di dire per quanto tempo le fosse durata quella visione.
-Una decina di secondi al massimo.- Rispose il bonzo mentre le dava una mano ad alzarsi. La ragazza accettò l’aiuto, nonostante il suo orgoglio urlasse ferito. Ma quel fenomeno le aveva come prosciugato le forze, e il suo corpo tremava per la debolezza. Dieci secondi? Come avevano potuto dieci schifosi secondi ridurla in quello stato pietoso?
-Hai avuto una qualche visione, per caso?- La sfottè il biondo, ignaro di averci azzeccato in pieno.
-Indovinato.- Gli occhi pervinca del monaco si dilatarono leggermente, ma non proferì parola. -E se si dovesse avverare, è meglio togliere le tende da qui. Lo dico per il tuo bene.>
-Al mio bene ci penso da solo.- Ribatté Sanzo. Lara stava per mandarlo a quel paese, quando, esattamente come nella visione, un gruppo di grossi lupi, guidati da un esemplare nero, saltarono giù dai tetti, circondandoli.
“E questi da dove diavolo spuntano?!” si domandò il bonzo, mentre impugnava la sua fidata pistola. Non fece in tempo a sparare il primo colpo, che i lupi presero una forma umana. Non era neppure necessario vedere le orecchie a punta e i simboli sui volti per identificarli come demoni. Si guardò alle spalle, pronto a dire qualcosa a Lara, ma non fu necessario. La ragazza aveva già impugnato la sua pistola, ed era pronta a dar battaglia.
Allora, quello che sembrava essere il capo si fece avanti. Era un tipo robusto, con una pelliccia nera avvolta attorno alla vita. Lara intuì che doveva essere il lupo nero.
-Bene!- Sghignazzò passandosi la lingua sui denti. -Sono tutti vostri, fratelli.- Come un sol uomo, i demoni si avventarono sulla coppia. -Ah, solo una cosa!- Aggiunse Shiba sistemandosi in  un angolo. -Portatemi i loro cuori … Sono la parte più gustosa …- Prima che un grosso tipo con una pelle di lupo sul capo le coprisse la visuale, Lara vide gli occhi verdi del demone fissarla crudeli.

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-Eddai, Goku. Non sarai ancora arrabbiato!- Esclamò Gaia. Era già un bel po’ che il ragazzino se ne stava seduto a gambe incrociate sulla poltrona, con la faccia imbronciata e lo sguardo fisso sulla sua tazza di the, ormai vuota da un pezzo.
-Non fare tante scene! Lo sai com’è fatto il bonzo, no?- Cercò di risollevarlo Gojyo. -Tanto alla fine capitolerà, come sempre.- Ma Goku scosse la testa, caparbio. Ormai era abituato alle sfuriate di Sanzo, ma stavolta non riusciva a mandarla giù.
Vedendo i propri sforzi vani, il mezzo demone si accasciò nel divano dove era seduta Nika, sconfitto. L’insolita depressione del giovane demone fece ammutolire tutta la compagnia, come una malattia contagiosa.
-Che ne dite di fare una partita a ma jong? Dai tu le pedine, Goku?- Tentò come ultima carta Hakkai. Di solito la proposta di un gioco la faceva il ragazzino, ma forse gli avrebbe fatto piacere distrarsi un pò. E soprattutto, l’avrebbe tirato un po’ su di morale.
-Forse più tardi …- Il sorriso si congelò sulla bocca dell’uomo: neppure quella tattica aveva funzionato. Tutti avevano ormai avevano gettato le speranze, finché Martha non fece il suo ingresso con un vassoio carico di biscotti e dolcetti di ogni sorta, e una caraffa di tè.
Con disinvoltura, la ragazza riempì la tazza del ragazzino. Questi alzò uno sguardo interrogativo sulla mora, che per tutta risposta fece un sorriso rassicurante e gli porse il vassoio dei dolci. Dapprima titubante, Goku prese un biscotto e se lo ficcò in bocca.
Bastò sentire il sapore del cibo per farlo tornare di buonumore: Sanzo era un idiota, e non era una novità. Ma farsi il sangue cattivo per le sue isterie era un’idiozia ben maggiore. Quindi tanto valeva godersi il the e biscotti in compagnia, almeno fino alla prossima litigata.
Così, quando Goku cominciò a litigarsi come al solito il cibo con Gojyo e Gaia, Hakkai e le due sorelle tirarono in sospiro di sollievo. Nika pese in mano la sua tazza di tè, palesemente soddisfatta dell’atmosfera creatasi. Meglio un caos allegro che una tranquillità deprimente. Almeno lei la pensava così.
Fece per bere, quando un dolore improvviso le prese la testa. Durò solo un istante, lasciandole addosso una orrenda sensazione. Si versò addosso una notevole quantità di tè, ma quasi non se ne accorse: ciò che quel malessere le stava lasciando non gliene diede né il tempo né la voglia. Come se vedesse attraverso gli occhi di un altro, vide un gruppetto di lupi saltare giù da un tetto, per atterrarle davanti, e trasformarsi in persone. Di nuovo le venne il mal di testa, e appena questo passò, riprese a vedere con i suoi occhi.
-Nika, che hai? Ti sei bagnata?- Martha le stava già passando un fazzoletto per pulirsi, che la rossina non prese, troppo sconvolta per pensare alla maglietta sporca. Era una visione quella che aveva appena avuto? Come a sua sorella e le sue cugine? Ne avevano parlato la sera prima, sporadicamente, prima di andare a letto. Merda, non capiva! Lei non aveva ancora fatto quell’esperienza. L’unico fatto strano che le era capitato fino ad allora, che si poteva classificare tra le cose soprannaturali, era semplicemente una sorta di sviluppo del suo sesto senso. Gojyo intuì ciò che poteva essere accaduto.
-C’è qualcosa che non va?- Nika alzò lo sguardo su di lui, dopodichè annuì, e raccontò la sua esperienza ai presenti, che avevano bloccato le varie attività.
-Sicuramente sta per accadere qualcosa di brutto. Solo che non sappiamo né dove né quando.- Concluse Hakkai, facendo il punto della situazione.
-Non è che potresti provare a … “vedere” meglio? Magari almeno chi ha questo incontro con dei demoni?- Nika scosse la testa, ancora sconvolta per la visione.
-No … non credo che dipenda da me …- Martha annuì.
-Tutto quello che ci succede, quello che … “vediamo”, ci accade all’improvviso. Non abbiamo ancora capito come succede.- Spiegò Martha. Aveva passato tutta la notte a rimuginare sul fatto, ma ancora non era arrivata ad una conclusione razionale. Gaia ripensò a come le era accaduto. Dopo la sua esperienza, aveva guardato ogni superficie liquida con occhi diversi. Anche quella mattina, quando Martha le aveva versato il the, lo aveva bevuto d’un fiato, stando ben attenta a non guardarvi i riflessi, anche se così si era scottata la lingua. Ora la sua tazza era nuovamente piena, e un’idea si era fatta strada nella sua mente. Forse, ricreando le stesse condizioni della prima volta … Trasse un profondo sospiro, e guardò nella tazza. Dapprima non accadde nulla, come in cuor suo sperava. Ma non aveva ancora fatto in tempo ad esultare, che il liquido ambrato cominciò a vorticare, e i giochi di luce sulla superficie vitrea cominciarono a formare immagini sempre più nitide.

-Fine capitolo 11-

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Capitolo 12
*** Ovest, ovviamente! ***


cap12 Allora, ringrazio, come sempre, essy chan,lav_92, e FefyNiisan. Ormai le mie commentatrici fisse ….^_^ ragazze, sono felice che questa fic vi piaccia! Ora, scusatemi se ci ho messo un po’, ma gli esami ed il lavoro non perdonano … comunque, eccovi come si concludono le cose (?) coi demoni lupo!

Capitolo 12
-Ovest, ovviamente!-

Per la prima volta in vita sua, Lara ringraziò il proprio attaccamento maniacale alla pistola. Nonostante le tremassero ancora le gambe per la visione, infatti, aveva colpito almeno un paio di demoni lupo.
Certo, nulla in confronto alla strage che il bonzo stava compiendo alle sue spalle. Uno dopo l’altro, i demoni cadevano sotto i suoi colpi, precisi e micidiali.
Come nella locanda in fiamme, si erano disposti nuovamente schiena contro schiena, per difendersi a vicenda.
Non erano servite parole per mettersi d’accordo. Era stato istintivo. E questo scocciava un po’ alla ragazza. Raramente si fidava di qualcuno, eppure non aveva esitato a mettere la sua vita nelle mani del bonzo. Non poteva sapere che il pensiero era reciproco.
Al terzo lupo caduto per mano sua, il capo sembrò finalmente scuotersi. Da quando era stato evidente che i due biondini non erano una preda facile come aveva previsto, il volto del demone aveva assunto diverse espressioni. Finché non decise di muoversi. Sanzo neppure lo vide. Ma un calcio lo fece volare lontano da Lara.
-Sanzo!- Gridò la ragazza, mentre cercava di accorrere, ma un paio di demoni le si pararono davanti.
-Siete dei buoni a nulla!- Ringhiò Shiba ai suoi sottoposti, che ringhiarono sottovoce, umiliati dalle sue parole. -Finite almeno la ragazza. Al monaco ci penso io.-
Sputando rabbiosamente sangue, il monaco si rimise in piedi. Merda. Si era distratto. Aveva pensato tanto a difendere la ragazza che si era scordato di proteggere sé stesso.
Prima di poter fare qualsiasi cosa, il demone lupo nero gli si era parato davanti. Ciò non lo fece perdere d’animo.
-Vediamo di finirla presto.- Sibilò Sanzo, scatenando le risa del demone.
-“Finirla presto”! Non ho mai conosciuto qualcuno così ansioso di essere divorato. Te lo concedo, monaco. Hai fegato.- Sanzo lanciò una rapida occhiata a Lara. Il resto della banda l’aveva circondata. Per un momento si maledì per non averne uccisi di più, di quegli scarti demoniaci.
Accorgendosi dei pensieri del bonzo, Shiba sorrise.
-Non ti preoccupare. Lei ti raggiungerà subito!- E partì all’attacco. Sanzo riuscì a schivare per un soffio gli artigli affilati del demone, che aveva mirato al petto. Ma il secondo attacco diretto al volto gli graffiò leggermente una guancia. Dopo la prima scarica di attacchi, il demone balzò lontano.
Per alcuni istanti i due avversari si studiarono, immobili. Poi il demone ripartì all’attacco. Ma questa volta il monaco era pronto a riceverlo. Rapido estrasse di tasca tre fuda, e pronunciando una serie di parole incomprensibili, i tre foglietti di carta si librarono in volo, come se avessero avuto vita propria. Shiba li schivò con un salto.
-Hai una mira pessima, bonzo!- Ringhiò il demone. Un sorriso velenoso fece capolino sulle labbra del biondo.
-E chi ha detto che miravo a te?- Una serie di uggiolii raggiunse le orecchie di Shiba, che si voltò, allarmato. E non a torto. Tre dei suoi compagni erano stati colpiti in pieno dai fuda, e adesso si rotolavano in preda ai dolori sul terreno, divorati da fiamme bluastre.
Lara non perse tempo. Approfittando del momento di stupore dei demoni, la ragazza sparò a quelli che aveva più vicino, liberando il mondo di altri demoni divoratori di uomini.
Sanzo, intanto, fissava trionfante Shiba. Il demone si volse verso di lui, il volto sfigurato dall’ira.
-Maledetto bonzo …- Sibilò prima di attaccare. Shiba fu rapido. Molto più rapido di quanto il monaco avesse pensato. Prima di potersi scansare, Sanzo venne colpito da  una profonda artigliata allo stomaco. In qualche modo riuscì a restare in piedi, conscio di aver rischiato grosso. Se non si fosse spostato in tempo, probabilmente la mano del demone lo avrebbe trapassato da parte a parte. --Sei veloce, bonzo. Veloce e fortunato …- Ringhiò il demone, mentre si leccava gli artigli insanguinati. Erano di nuovo in una situazione di stallo.
-Tsk! Tutta bravura …- Fece il monaco, mentre il combattimento riprendeva. Lara, poco distante, non potè fare altro che assistere impotente. Avrebbe preferito mettersi a fare il punto croce, che restare lì, fissa come una statuina a fissare i due tipi che se le davano di santa ragione. Oramai i pochissimi demoni lupo rimasti se l’erano data a gambe, e lei non aveva più nulla su cui fare tiro a segno. Strinse i pugni per il nervoso, mentre il duello tra demone e monaco continuava.

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Dall’alto della sua postazione, il demone dai capelli argentei osservava lo scontro, senza eccessiva preoccupazione. Shiba non era sicuramente in grado di battere il bonzo, nonostante il parere di Artemius. Ciononostante, sarebbe stato istruttivo. Gli occhi dorati si strinsero in due fessure. La morte di Grima bruciava ancora, scatenandogli un forte sentimento di odio. Ricacciò indietro un ringhio scuotendo il capo. Non era da lui farsi prendere così dalle emozioni.
-Voglia di vendetta, eh?- Rigel era apparsa alle sue spalle, quasi come uno spettro. Caleb non vi fece quasi caso, oramai abituato a quel modo di fare.
-Non sai quanto.- Rimasero in silenzio, uno accanto all’altro, apparentemente concentrati sullo scontro che si svolgeva sotto di loro. Fu Caleb il primo a parlare. -Cosa c’è, Rigel?-
-Non ti si può nascondere nulla, eh?- Sorrise la ragazza, togliendosi una ciocca di capelli neri dal volto. Ma subito si fece seria. -Artemius ha deciso che vuole Shiba vivo. E anche il bonzo.- Il demone si voltò di scatto verso la compagna. Lei continuava a guardare la lotta tra il monaco ed il demone.
-Che intenzioni ha, stavolta?- Ringhiò il giovane, più rivolto al cielo che alla donna accanto a lui.
-Non lo so.- Rispose questa. -Mi tiene al corrente dei suoi piani non più di quanto ne tenga te. Ma se vuoi un consiglio, se quel lupachiotto dovesse avere dei problemi, vedi di parargli il culo. Ah, e ricorda: Artemius ha detto che il bonzo lo vuole vivo. Non sano …- Caleb strinse gli occhi.
-I suoi ordini non erano di uccidere lui e la donna?-
-Mha. Sai anche tu com’è fatto. Solo lui sa il perché dei suoi ordini.- Rispose Rigel, con un’alzata di spalle. Poi fece un cenno di saluto. E così com’era apparsa, la ragazza demone sparì. Caleb ritornò a seguire lo scontro.

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-Allora?! Da che parte?- Gojyo prese bruscamente Gaia per le spalle, e solo la mano di Goku stretta attorno al suo polso gli impedì di scuoterla come un tappeto polveroso.
-Non lo so!- Singhiozzò la ragazza. -Le immagini erano confuse e …- La disperazione e l‘abbattimento incisi sul suo volto da bambina. Avvertito da uno sguardo omicida di Goku, Gojyo la lasciò andare. Gaia tirò su col naso, mentre cercava di soffocare un altro singhiozzo. Ogni fibra del suo corpo tremava per la paura. Martha le appoggiò con dolcezza le mani sulle spalle.
-Tranquillizzati. Devi solo mettere ordine in testa. Ora chiudi gli occhi, fai un bel respiro profondo e concentrati.- Gaia decise di seguire il consiglio della cugina.
Chiuse gli occhi. Fece un paio di profondi respiri e fece mente locale.
Aveva avuto di nuovo una visione. Nel riflesso del tè, era riuscita a vedere alcune cose.
Lara, in particolare. E, anche se non ne era completamente sicura, Sanzo. Era stata questione di pochi attimi. Il tè aveva cominciato a vorticare, esattamente come le era successo con il bicchiere d’acqua. Le immagini riflesse sulla superficie liquida si erano frammentate, per ricomporsi in altre.
Gaia riconobbe un vicolo. L’immagine cambiò. E nel vicolo ora c’era Lara, pistola in pugno, che diceva qualcosa ad una persona che gli dava la schiena. Un uomo, piuttosto alto, biondo, vestito di scuro. Non ne era sicura, perché non era riuscita a vederlo in faccia, ma poteva immaginare che fosse Sanzo.
Un altro cambio d’immagine. Il luogo era sempre quello. Ma era come se stesse guardando sui tetti circostanti. E lo vide. Immobile, freddo, i lunghi capelli argentei mossi dalla brezza. Lo stesso demone che aveva cercato di ucciderla. E … Pufffh!
La visione era terminata. Ma un lieve sorrisino di vittoria apparve sulla labbra della morettina.
-Ho ricordato qualcosa!- Gli altri membri del gruppo la circondarono ansiosi.
-Allora?- Fece Gojyo, impaziente.
-Ho visto … Ho visto l’insegna di una lavanderia.- Gaia era soddisfatta di sé. Martha le fece una carezza sul capo, stando attenta a non toccarle la ferita.
-Sei stata bravissima!-
-Benissimo, scricciolo! Allora, dov’è la lavanderia più vicina?- Chiese Nika, mentre l’istinto da poliziotta tornava prepotentemente a galla. Ma i ragazzi erano troppo abituati al tono da generale scazzato di Sanzo per farvi caso.
-Proprio a meno di dieci minuti da qui!> Rispose Hakkai.
-Che diavolo stiamo aspettando? Andiamo!- Ringhiò Gojyo, accendendosi una “sigaretta da battaglia”. -Mica lasceremo tutto il divertimento al pelato, no?- Il boato di risposta di Goku e Nika fece tremare i vetri. Martha e Gaia rimasero dov’erano, mentre il resto del gruppo si precipitava fuori. Erano usciti tutti, quando Hakkai fermò Goku.
-Sarebbe meglio che tu restassi qui.-
-Cosa?! Ma perché, Hakkai! Io voglio venire con voi …- Il demone dagli occhi verdi lo zittì.
-Hanno già cercato una volta di uccidere la signorina Gaia, Goku. Non mi stupirebbe che ci provassero di nuovo.- Un lampo di rabbia fredda attraversò le iridi verdi. -Meglio non correre rischi.- Il ragazzino si morse il labbro, impossibilitato a replicare. Hakkai aveva completamente ragione.
-D’accordo. Ma vedete di fare presto.- Hakkai rispose con un sorriso rassicurante. Goku lo guardò sparire dietro a Nika e Gojyo, mentre le immagini dello scontro coi due demoni alla locanda gli balenavano nella mente. Allora non era riuscito ad impedire al tipo con i capelli argentei di portare via Gaia. Ma stavolta non l’avrebbe permesso. Anzi. Nessuno, neanche la più alta divinità del cielo, avrebbe più osato far del male alla sua amica. Mai più. Era una promessa.

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Erano passati già un bel po’ di minuti da quando lo scontro tra Sanzo e Shiba era iniziato. Ed era ancora in una fase di stallo. Lara cominciava a chiedersi se non fosse davvero il caso di mettersi a fare il punto croce. Si stava annoiando a morte …
-Hey, prete, vuoi che ti dia una mano?-
-IO NON SONO UN PRETE!!! E non ho alcun bisogno di aiuto!- Ringhiò Sanzo scansando un attacco del demone.
-Va bene, va bene … Non fare il permaloso …- Lara intanto si era tranquillamente seduta per terra, sbadigliando di tanto in tanto. La situazione le pareva quantomeno assurda, ma stranamente non ne era spaventata. Dentro di sé, in qualche modo, sapeva benissimo che il bonzo non correva alcun pericolo di morte. Certo, ci stava sempre la sua visione, tutt’altro che rassicurante … Ma fintanto che non fosse sbucato fuori il tipo coi capelli argentei, non si sarebbe realizzata.
Sanzo, intanto, sembrava aver ripreso in pugno la situazione. Non un attacco del demone sembrava voler andare a segno, sempre anticipato dalle contromosse del biondo. Esasperato, Shiba tentò un ultimo affondo. Sanzo si scansò di lato. Lo slancio fece sbilanciare in avanti il demone, lasciandolo alla mercè del monaco. Con la coda dell’occhio vide la canna della pistola puntata alla sua tempia. Un sorrisetto beffardo era dipinto sulle labbra del bonzo.
-Sei troppo prevedibile …- Il dito stava già premendo sul grilletto, quando un tornado biondo investì il monaco, facendolo rovinare a terra. Il proiettile volò a molti centimetri dalla testa del demone lupo.
Shiba non ebbe il coraggio di aprire gli occhi. Solo le bestemmie e gli strepiti del monaco lo convinsero che non era ancora morto. E ciò che vide lo lasciò allibito. A qualche metro da lui, il bonzo era finito a terra, travolto dalla ragazza bionda.
-MALEDETTA STUPIDA!!!MA CHE DIAVOLO TI SALTA IN MENTE!?- Lara non ebbe il tempo di rispondere. Vi pensò una voce fuori campo.
-Tsk … Mancato …- Nel punto in cui era Sanzo, il demone dai capelli argentei stava togliendo dal terreno una lancia, affondata di parecchi centimetri nella terra morbida. Il biondo si dovette mordere la lingua. La ragazza lo aveva salvato. Se non lo avesse spinto, la lancia lo avrebbe trasformato in uno spiedino di monaco. Lara indovinò i pensieri del ragazzo.
-Almeno potresti dirmi grazie …- L’unica risposta che ottenne fu una serie di borbottii seccati, ed una mano per alzarsi. Shiba, euforico per l‘aiuto inaspettato, stava per partire di nuovo all’attacco, ma una voce lo bloccò.
-Hey, bonzo, non vorrai divertirti solo tu, vero?- Lara sorrise. Dal vicolo era spuntato Gojyo, sigaretta in bocca, e arma in mano.
-Non verrei dargli ragione … ma sei il solito egoista!- Fece Hakkai, accanto al rosso.
-Bhe, avranno voluto un po’ d’intimità …- Ridacchiò Nika, mentre Hakkai sorrideva. Il bonzo si era già portato una mano al viso, mentre un paio di vene cominciavano a pulsargli. Lara si chiese se non avesse problemi di pressione … ma tenne per sé le domande, mentre minacciava di morte la cugina per la bestemmia appena detta.
Caleb, dal canto suo, studiava la situazione. Lui era lì per aiutare il demone lupo, ma la storia era decisamente cambiata. Ora, oltre al monaco, erano comparsi altri due avversari piuttosto temibili. Ed entrambe le donne rano armate di pistola. Strinse gli occhi per la rabbia, mentre sibilava l’ordine a Shiba.
-Andiamocene.- E detto questo, balzò via. Shiba rimare fermo per qualche istante, dopodichè, con un ringhio, scappò via anche lui.
-Che dici? Li seguiamo?- Domandò Gojyo, fissando i due demoni con astio.
-No, non è necessario.- Rispose Sanzo, prendendo una sigaretta. -Tanto ci troveranno loro.-
-Dici?- Il rosso sembrava scettico.
-Il tipo coi capelli bianchi …- Fece Nika, la voce seria, ben diversa dal suo solito. -Era lo stesso che aveva cercato di uccidere Gaia …- Il silenzio cadde sul gruppo. Se n’erano accorti tutti. Ma nessuno aveva avuto il coraggio di dirlo.
-Cosa pensate che vogliano, da noi?- Chiese Lara, mentre si avviavano alla locanda.
-A parte la vostra morte? Non ne ho la più pallida idea.- Rispose Sanzo, tirando una boccata di fumo. -Forse ce l’hanno con le vostre visioni.- Lara scosse la testa.
-È difficile. Insomma, le abbiamo da neanche due giorni. Prima, le uniche previsioni che conoscevo erano quelle del meteo …- Il silenzio ripiombò sui ragazzi. La situazione era davvero strana. Nika si passò una mano tra i capelli a spazzola.
-Bhe, siamo tutti vivi. Direi che questo è l’importante.- Tutti annuirono, a parte Sanzo, ma solo per fare il bastian contrario. Erano arrivati davanti alla locanda, quando Gaia e Goku uscirono fuori, agitando le mani in ampi cenni di saluto.
-Heyyy!!! Allora, com’è andata? Li avete presi, quei tipi?- Nika si affrettò ad abbracciare la cuginetta, mentre Lara sorrideva.
-Per ora se ne sono andati.-
-Ma tu, non dovresti essere a riposo?- Rise la rossina. Gaia fece una linguaccia.
-Ormai sto bene! E poi non aveva voglia di stare a letto … Mi annoio!- Lara sospirò. Forse, se anche sua sorella fosse appena uscita da una sparatoria, non si sarebbe di certo annoiata … Anche Martha era uscita, ed aveva accolto tutta la combriccola con un sorriso. Mentre tutti entravano, tra risate e racconti a spezzoni su quanto accaduto, Lara si sentì strana. Anzi, l’atmosfera, era strana. Perché, perché tutto ad un tratto aveva un senso di deja-vu? Perché l’aria aveva un sapore così casalingo? Perché le risate di Gaia e delle sue cugine erano diventate così … Così simili a quando la nonna e suo padre erano ancora vivi? Così … Piene di vita … Una carezza camuffata da scappellotto le arrivò al capo, interrompendo il corso dei suoi pensieri. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere Sanzo abbassare il braccio.
-Grazie.- Un sussurro, che Lara non fu proprio sicura di aver udito. Il monaco infatti le volgeva le spalle, stando ben attento a tenere lo sguardo puntato da tutt’altra parte, purché non fosse verso di lei.
La bionda rimare ferma per qualche istante, completamente imbambolata. Poi si portò una mano sul capo. Un sorriso le illuminò il viso, mentre riprendeva a camminare. In fondo era un passetto in avanti col monaco. Piccolo. Ma pur sempre in avanti. Chissà, di quel passo, nel giro di una decina d’anni sarebbe anche riuscita a farlo sorridere …

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La faccia scura di Artemius non le piaceva. Anzi, la terrorizzava fino all’osso. Da quando il gruppo di Sanzo era entrato nella locanda, non aveva proferito parola. Ma la sua rabbia era chiaramente percepibile.
Rigel si allontanò di qualche passo. Sapeva benissimo che cosa avesse fatto inferocire il suo capo. La ragazzina. Quella che avevano trovato nella locanda, quella che dovevano aver ucciso, era ancora viva. Inutile negarlo. Il bendaggio alla testa era una prova più che sufficiente, per riconoscerla.
All’arrivo di Caleb e Shiba, la ragazza si spaventò ancora di più. Di sicuro il demone aveva atteso il loro ritorno, per esplodere. Il demone lupo, da parte sua, aveva perso ogni briciolo d’arroganza. Si limitava a fissare Artemius, senza capire cosa stesse succedendo. Era ancora troppo felice di essere vivo, per farsi domande.
-Che cosa significa questo, Caleb?- Sibilò il demone, senza neppure voltarsi.
-Cosa intendi dire, Artemius?- Caleb inarcò un sopracciglio, stupito di essere stato accolto da un tono talmente gelido.
-La ragazza. Per quale motivo è ancora viva?-
-Come?- Le parole del ragazzo aleggiavano ancora nell’aria, quando Artemius lo colpì. Un semplice pugno, che però fece rotolare il demone più giovane fino al bordo del tetto. Prima di poter tentare di rialzarsi, Caleb venne agguantato alla gola dal suo capo.
-La ragazzina che mi avevi assicurato di aver ucciso. Sai, l’ho appena vista correre incontro ai suoi amici … Decisamente strano, per una ragazza morta!- Caleb spalancò gli occhi per la sorpresa.
-Non è possibile … L’ho vista precipitare tra le fiamme! Rigel, diglielo anche tu!- La ragazza non riuscì a fare altro che annuire. Era terrorizzata: una sola mossa, ed Artemius avrebbe spezzato il collo a Caleb.
-Ah, davvero? E allora come mai è appena venuta incontro ai suoi amici, fresca come una rosa, proprio davanti ai miei occhi?- Caleb spalancò gli occhi, colto dallo stupore. Non era possibile. Lui l’aveva vista. Le scale erano crollate. Con la ragazza sopra. Non poteva essere sopravvissuta.
-Non è possibile! Solo una divinità avrebbe potuto salvarli …- Mormorò il giovane, ormai a corto di fiato. Qualcosa cambiò nello sguardo di Artemius. Nelle parole di Caleb, qualcosa lo aveva colpito. Di colpo, il demone lasciò andare il ragazzo, che si allontanò massaggiandosi la gola.
-E così ci mettono di nuovo i bastoni tra le ruote, eh?- Rigel e Caleb fissarono confusi il loro capo. Shiba passava lo sguardo da uno dei presenti all’altro, senza capire. Poi Artemius si voltò. -Ti darò modo di rimediare, Caleb.-
-Ordina e sarà fatto.- Rispose il demone dai capelli argentei, fissando negli occhi il suo capo. Neppure il tempo che le parole si disperdessero nel vento, ed Artemius colpì Caleb. Un colpo preciso al ventre. Rigel e Shiba non compresero quanto successo, se non dopo che Artemius aveva ritratto la mano. Gli artigli del demone erano grondanti di sangue. Sul ventre di Caleb si allargò una macchia carminia. Il demone cadde in ginocchio.
Sgomenta, Rigel corse dal suo compagno. Shiba rimase immobile al suo posto. Non aveva ancora compreso molto, ma quanto bastava per capire che non gli conveniva avere quell’Artemius come nemico. Senza cambiare minimamente espressione, Artemius si pulì gli artigli.
-Questo era un avvenimento, Caleb. Fallisci ancora, e la prossima volta, se sopravvivi fino ad allora, ti uccido.- Poi si voltò per andarsene. -Rigel. Shiba. Andiamo.- Uno sbuffo di fumo. Ed il demone scomparse.
La ragazza tentennò. Cingeva il capo di Caleb, inorridita dal gesto del suo capo. Da quando Artemius si era trasformato così? Da quando era diventato un … Mostro? Perché aveva fatto quello? Doveva esserci qualcosa di sbagliato. L’Artemius che li aveva allevati, quello che conosceva lei, non avrebbe mai fatto loro del male. Ad un loro fratello. Ad un suo compagno. E soprattutto abbandonarlo. Perché era quello che aveva appena ordinato anche a lei. Le stava facendo abbandonare un compagno ferito. Abbassò il capo su Caleb, quel tanto che le bastava per sussurragli all’orecchio senza essere sentita.
-Andrà tutto bene. Non ti lascio. Ricordalo.- Il ragazzo annuì appena, ancora incredulo per quanto gli era appena accaduto. Rigel si alzò e raggiunse Shiba. Caleb li vide, attraverso il dolore che gli appannava la vista, sparire in un sbuffo di fumo. Solo su quel tetto, tossì sangue, mentre malediva a denti stretti la propria sorte.

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-Allora, chi si fa un’altra partita?- Alla domanda di Hakkai le mani di Goku e Gaia scattarono scattarono all’unisono, accompagnate da una serie di squittii affermativi. Nika prese una sigaretta e alzò le mani in segno di resa.
-Ah no! Dopo aver perso sette partite di seguito, ho capito che giocare con te è una battaglia persa!-
-Che ti avevo detto? Non esiste miracolo o preveggenza che possa battere a qualsivoglia gioco Hakkai …- Ridacchiò Gojyo, tranquillamente spaparanzato sulla sua poltrona. La combriccola si unì alle risate. Lara, dalla stanza accanto, li guardò pensierosa.
-Qualcosa che non va?- Martha le si sedette accanto, interrompendone la riflessione.
-Cosa te lo fa pensare?- Chiese la bionda, facendo spallucce. La mora sospirò, rassegnata alla finta indifferenza della cugina.
-Sono un medico. Capisco quando c’è qualcosa che non va.-
-Ma io non sono una tua paziente …- Ribatté Lara, beccandosi un’occhiata che non ammetteva repliche. Con un sospiro la bionda si lasciò andare. -E va bene. Sono preoccupata. Molto. Preoccupata.- Martha sorrise. L’ammissione era metà dell’opera.
-Lo siamo un po’ tutte.-
-Tu dici? A me quelle due non me lo sembrano troppo …- Sorrise Lara, indicando Nika e Gaia intente ad una nuova partita a ma-Jong.
-Sono solo più brave di noi a non pensarci …-
-Più la mente è semplice e più è facile evitare i pensieri …- Sibilò velenosa la bionda, mentre Martha sorrideva.
-Forse hai ragione. Ma almeno loro si godono questi momenti …- E detto questo, la mora raggiunse il gruppo, chiedendo chi volesse pranzare. Lara rimase sulla porta, con la mente in subbuglio. Quasi non si accorse di Sanzo, appena entrato nella stanza.
-Allora?-
-“Allora?” … Cosa?- Chiese Lara. Sanzo si mise accanto a lei, dove poco prima c’era stata Martha. Lara gli lanciò un’occhiata. Aveva rimesso la veste monacale. I proprietari della lavanderia erano quasi impazziti per fargliela riavere in così poco tempo.
-Allora … Noi partiamo domani a mezzogiorno. Proseguite il viaggio con noi, o no?-
-Ma non eri tu, che non ci volevi con voi?- Per tutta risposta il monaco sbuffò.
-Allora, venite sì o no?- Lara sorrise.
-A mezzogiorno. Saremo puntuali.- Sanzo annuì, e fece per andarsene. Ma Lara lo fermò.
-E la destinazione?- Il bonzo sospirò, seccato. E senza neppure voltarsi rispose.
-Ovest, ovviamente!-
-Ovviamente.- Sorrise Lara. Sanzo emise un grugnito di saluto e sparì dalla stanza. La bionda passò una mano sulla tasca. Il live rigonfiamento della chiave sotto la stoffa era ben udibile al tatto. E quel lieve gesto la rilassò. Si sentì invadere da un’eccitazione assurda. Quello che avevano vissuto in quei due giorni era solo l’inizio. Solo un assaggio di quanto le aspettava. Oramai ne era sicura. L’indomani sarebbe iniziato il loro vero viaggio.

-Fine capitolo 12-

Allora? Che dite? Ovviamente, mi farebbe piacere saperlo …^_^
Recensite! Commentate! Insultatemi! L’importante è che mi scriviate …
Alla prox!
Will

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Capitolo 13
*** Il villaggio fantasma. ***


cap13 Tredicesimo capitolo. Una pietra miliare. Ringrazio coloro che hanno letto il numero dodici, e assicuro che, anche se lentamente (ho l‘ispirazione ballerina) continuerò a scrivere questa fic. Mi sto impegnando a scrivere il diciottesimo capitolo, e mi piacerebbe riuscire ad inviare un capitolo alla settimana,ma non so se riuscirò. Intanto vi mando questo …
Ah, qui ho fatto un piccolo omaggio a Silent Hill, videogioco che mi ha fatto passare un pomeriggio in casa di una mia amica (peccato fosse in inglese) ma le cui atmosfere mi erano piaciute da matti! Non mi dispiacerebbe vedere il film … qualcuno l’ha già visto? E se sì, com’è?
Abbi, ora passo alle mie più affezionate commentatrici:
xFefyNiisan: ebbene sì, Lara-sanzo (per ora) regna! Sono felice di sapere che continuerai a seguire nonostante la mia lentezza … chiedo scusa, ma prometto che continuerò.
xessy chan: non ti preoccupare,anche se magari stò tanto tempo senza aggiornare, non abbandono mai una storia. Anzi, sappi che sto scrivendo il capitolo 18...
xLav_92: felice che ti piaccia! Eh, dopo questo cap, il viaggio subirà una piccola sosta, ma prometto che sarà una pausa proficua per i nostri amici!
Ed ora …
Buona lettura!

Capitolo 13
-Il villaggio fantasma.-

Ma chi glielo aveva fatto fare? Chi? Quale assurda divinità era riuscito a convincerlo a portarsi dietro quelle terribili calamità naturali, che rispondevano al nome di donne? L’immagine di Kanzeon Botatsu con le dita in segno di vittoria costrinse Sanzo a rinunciare di domandarselo. Cacciò a terra l’ennesimo mozzicone di sigaretta e lo spense con la suola del sandalo, andando a fare compagnia alla mezza dozzina di suoi colleghi appena fumati. Mezzogiorno era passato da un pezzo, e le ragazze non si erano ancora fatte vedere, se non per colazione.
“abbiamo alcune cose da fare …” Aveva detto la biondina, sorridendo diabolicamente, prima di sparire con le sue colleghe per le strade del paese. Tutte e quattro. La più giovane sembrava rinata, e, bendatura a parte, era sana come un pesce.
-Uffaaaa! Ma quanto ci mettono? Io sono stufo …- Brontolò Goku. Sulla sua spalla, Hakuryu pigolò col suo stesso tono.
-Donne! Mai prendere per buono gli orari che dicono …- Ridacchiò Gojyo. Hakkai, accanto a lui, fece spallucce.
-Immagino che sia una peculiarità femminile …- Proprio allora, dal fondo della strada si sentirono le risate delle ragazze. Cariche di pacchi di ogni forma e dimensione, stavano facendo ritorno alla base.
-Ma quanta roba vi siete portate?!- Domandò Gojyo allibito.
-Solo il minimo indispensabile per un viaggio!- Rispose tranquilla Nika. Un enorme gocciolone si disegnò sulle nuche dei quattro ragazzi.
-Cavoli! E se esageravano che si portavano? Anche la locanda?- Fece Il rosso, passandosi una mano tra i capelli. Intanto le ragazze avevano cominciato a sistemare il tutto su Suzuki, che si era già trasformata.
-Siete in ritardo.- Disse Sanzo mentre Lara gli passava accanto.
-Abbiamo avuto un imprevisto ….- Il tono malizioso con cui la bionda rispose non piacque molto al bonzo, ma rimase in silenzio. A rispondere ci pensò Martha.
-Un ladruncolo ha cercato di derubarci …-
-E com’è andata?-
-Vuoi davvero saperlo?- Sospirò rassegnata la mora. -Diciamo che i medici hanno avuto alcune difficoltà ad estrargli i proiettili dal didietro … E c‘è né voluta, per convincere la polizia locale che eravamo noi, le vittime, e non lui!- Martha scoccò un’occhiata significativa a Lara, che però continuò imperterrita a sistemare i bagagli. Da parte loro, i ragazzi ingoiarono ogni obiezione. Sotto quei faccini d’angelo, si nascondevano delle vere belve …
-Fatto!- Cinguettò Nika, soddisfatta della sistemazione di pacchi e pacchetti. -Possiamo partire!-

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Il primo giorno di viaggio passò velocemente, senza troppi intoppi. La notte trascorsa in un piccolo villaggio di pastori, e la mattina di nuovo in marcia, e solo una piccola pausa per pranzare, per la gioia di Goku, e poi ancora in cammino.
Il viaggio durava già da parecchie ore, e l’atmosfera era stranamente tranquilla. Per quanto possa essere tranquilla un’atmosfera imperlata di minacce di morte, litigi, colpi di pistola in aria, e ventagli di carta svolazzanti sulle teste di un certo kappa e di un certo scimmiotto, il tutto per opera di un certo bonzo isterico. Ma per Hakkai, ormai abituato agli strepiti dei suoi chiassosi compagni di viaggio, era solo il naturale sottofondo di un pomeriggio tranquillo. Nella macchina accanto, la combriccola tutta femminile contribuiva a quell’allegro caos con risate e pettegolezzi di varia natura.
Tutto tranquillo, insomma, per il secondo giorno di viaggio. Troppo. Tranquillo. Qualcosa dentro il demone dagli occhi verdi lo urlava, allarmato. Eppure, per una volta, avrebbe tanto voluto non sentirlo. Trincerando i propri presentimenti dietro il suo onnipresente sorriso, Hakkai si concentrò sulla guida. Ma qualcosa del paesaggio lo bloccò. Frenando senza troppe gentilezze, riuscì ad accaparrarsi tutte le ire dei suoi compagni, Sanzo compreso.
-HAKKAI!!! MA CHE DIAVOLO COMBINI?!- Sbraitò Gojyo, che si era preso il sedile anteriore in zona denti, finendo anche contro la canna della pistola di Sanzo, che non sparò, ma lasciò un bel cerchiolino rosso sulla fronte del kappa.
-ZITTO O TI UCCIDO!!! E tu, stupida scimmia, togliti subito di dosso!!!- Esplose il monaco, stufo del modo di guidare che ultimamente usava Hakkai. A causa della frenata, infatti, Goku aveva rischiato di essere sbalzato fuori dall’auto, e per restare a bordo si era dovuto aggrappare al bonzo, finendogli in spalla.
-Ma che succede?- Domandò Nika, frenando accanto alla jeep dei ragazzi. Hakkai indicò qualcosa davanti a sé.
Un cumulo di macerie annerite dal fuoco stavano dove, presumibilmente, prima doveva esserci una casa. Poco più in là, un’altra serie di abitazioni sembravano aver avuto lo stesso destino. Il paesaggio che solo pochi istanti prima aveva scaldato il cuore del demone, ora aveva preso un aspetto terribilmente desolante.
Senza dire una parola, le due vetture ripresero ad andare, ma senza altro rumore che non fosse il rombo dei motori. Nessuno dei loro passeggeri era più in vena di scherzare. Andando avanti, le cose non migliorarono. A poche centinaia di metri dalle prime macerie, apparve un vero e proprio villaggio. Le case, seppur ancora in piedi, erano anch’esse state annerite dal fuoco, e qualcuna non aveva più il tetto.
-Sembra una città fantasma …- Commentò Gaia, passando lo sguardo da una facciata scura all’altra. Ai lati della strada, alcuni resti di carri e mobili semidistrutti, segni di un saccheggio. I vetri delle finestre erano quasi tutti rotti, alcuni dal calore delle fiamme, altri da colpi violenti. La desolazione era un dato di fatto, più che una sensazione, in quel posto. Arrivati al centro del villaggio, un’ampia piazza costruita attorno ad un pozzo, i viaggiatori fermarono la rispettive vetture. Uno dopo l’altro, in religioso silenzio, scesero dalle auto. Goku e Gojyo in particolare, con una compostezza che non sembrava appartenergli.
-Ci sarà ancora qualcuno?- Chiese Goku, più per dire qualcosa che per saperlo davvero.
-Non credo.- Rispose Sanzo. -Qualcuno sarebbe già uscito a darci un benvenuto … Pacifico o meno.-
-Forse si sono nascosti, no?- Ipotizzò Gaia. Lara scosse la testa.
-Questo posto è ridotto troppo male. E poi guarda.- La bionda indicò un carro di frutta, ormai marcescente, abbandonato per strada. -Se ci fosse qualcuno, di sicuro non lascerebbero andare a male così del cibo. Senza contare che qui sembra esserci stata una battaglia.-
-Scusa Hakkai …- Fece Goku, rivolto al demone occhialuto. -Ma non ci abbiamo messo un po’ troppo poco tempo ad arrivare qui? Avevi detto che non saremmo arrivati ad un villaggio prima di stanotte …-
-È vero … Infatti è strano …- Rispose Hakkai, tirando fuori la cartina. -Questo villaggio non è segnato sulla mappa …- Il silenzio scese sulla compagnia. Un sinistro presentimento si appropriò della combriccola. Fu Nika a parlare per prima.
-Ma bene! Direi che se aggiungiamo qualche zombie affamato, possiamo dire di essere finiti sul set di Silent Hill …-
-Silent … Che?- Chiese Gojyo, incuriosito. Lara diede un pugno in testa alla cugina, ignorando il rosso.
-Ma ti sembra il momento di sparare cretinate?!-
-I villaggi non spuntano all’improvviso come i funghi!- Sentenziò Sanzo, che poi si rivolse ad Hakkai. -Dì un po’: a quando risale quella cartina? Magari non è aggiornata.- Il demone moro scosse la testa.
-No, la cartina è a posto. Risale ad appena un anno fa. È il villaggio che non lo è.- Il silenzio riscese sui ragazzi. Un villaggio di quelle dimensioni, più di una cinquantina di complessi di varie dimensioni, non poteva essere sorto in meno di un anno. Le case erano fatte in mattoni e pietra, e solo i tetti in legno.
-Sentite … Perché non ci fermiamo qui? Dopotutto non manca poi molto al tramonto …- Propose Nika, indicando i vari pacchi di provviste nel portabagagli.
-Sìììììì!!! Bello bello bello!!!- Trillarono in coro Gaia e Goku. La prima che si vedeva già attorno ad un fuoco a raccontare storie di paura in una cornice da film horror, il secondo che si vedeva sì davanti ad un fuoco, ma a cuocere spiedini e leccornie di ogni tipo. Decisamente meno entusiasta parve Martha. L’atmosfera di quel posto non le piaceva già in quel momento, pensarlo col buio le faceva venire voglia di urlare. Si lanciò un’occhiata intorno. Una lieve brezza passò tra i muri anneriti, raggiungendola. Si voltò di scatto, rabbrividendo. Il paragone di Nika alla città del videogioco Silent Hill, era davvero azzeccata. Anche troppo, per i suoi gusti.
-Hey! Nika chiama Martha! Sorellina, rispondi!> La mora per poco non saltò in braccio alla sorella, spiccando un balzo che le sarebbe valso almeno una medaglia d’argento nella gara di salto in alto alle olimpiadi. -Nervosetta, eh?- Ridacchiò la rossa. Con un sorriso forzato, Martha cercò di negare.
-Ma no, che dici? Sono solo … Come dire …-
-Dì un po’ …- Nika ora aveva uno sguardo indagatore alla Sherlock Holmes, solo con la sigaretta al posto della pipa. -Non è che hai ancora fifa dei fantasmi, vero?- La trasformazione in statua di granito della mora fece capire a Nika di averci azzeccato in pieno.
-Sei un caso disperato … E meno male che sei una donna di scienza!- Sentenziò Lara, passandosi una mano sul viso.
-Non è colpa mia …- Mormorò la mora, mogia mogia, unendo gli indici, imbarazzata. Gaia intanto, continuava a saltellare da un parte all’altra stile canguro, cinguettando alla prospettiva di passare la serata in un villaggio abbandonato.
Sulle nuche di Gojyo, Sanzo e Hakkai, lievemente in disparte, si formò un’enorme gocciolone.
-Queste sono strane quasi quanto noi …- Mormorò il mezzo demone. Hakkai annuì depresso, e per una volta, Sanzo diede ragione al kappa. Goku e Gaia, intanto, erano schizzati ad esplorare il luogo, con l’entusiasmo di due bambini di fronte ad un parco giochi.
-Certo che i mocciosi sono fatti con lo stampino …- Commentò Sanzo, che, nonostante l’espressione calma, aveva già tirato fuori l’harisen. Tanto, o prima o dopo sarebbe servito di sicuro. Nika intanto cercava di convincere Martha quanto sarebbe stato divertente una seratina a base di paura, con il risultato che la mora stava per mettersi a piangere, già spaventata dalla prospettiva di passare la notte in quel villaggio. Lara, mano che accarezzava la sua fida pistola, stava seriamente pensando se era il caso di far firmare testamento ad entrambe le cugine.
Il grido di Gaia fece rizzare le orecchie a tutti quanti. In pochi istanti i tre ragazzi e le tre giovani donne erano nel vicolo in cui si erano infilati Goku e Gaia. La morettina era impietrita, con Goku che le cingeva le spalle, rassicurante. Entrambi incapaci di distogliere lo sguardo da terra. A quella vista, Nika non potè trattenere un gemito. Supino, inchiodato a terra da una lancia, stava il corpo trafitto di un giovane demone.

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-Non dev’essere morto più di un paio di giorni fa.- Martha era china sul corpo. Ogni traccia di paura si era volatilizzata, sostituita dalla fredda lucidità che la contraddistingueva nel suo lavoro all‘ospedale.
-Sei una tipa strana … Hai paura dei fantasmi, poi davanti ai cadaveri ti comporti come se niente fosse.- Fece notare Gojyo, meravigliato da tale cambiamento.
-Sono pur sempre un medico.- Rispose la mora, tirandosi su gli occhiali. -I cadaveri sono parte della mia professione.-
-Capisco. Hai paura solo di quello che non puoi spiegare con la scienza, vero?- Hakkai sorrise gentilmente. Martha annuì.
-Più o meno.- Sanzo passò lo sguardo su tutte e quattro le ragazze. Nika e Lara, col mestiere di piedipiatti, avevano già fatto più volte la conoscenza della Nera Signora, e dei cadaveri che lasciava sulla sua strada. In effetti, l’unica che sembrava sconvolta alla vista del cadavere era la più giovane. Se ne stava ancora in un angolo, tremante, lo sguardo fisso sul corpo, mentre Goku non osava allontanarsi da lei.
Martha intanto si apprestava a togliere la lancia dal corpo, per potergli così dare una sepoltura. Ma non appena toccò l’arma, una serie di flash back le apparvero davanti agli occhi, tanto da rapidamente da lasciarla stordita. In successione vide la piazza in cui erano appena stati, il carrello della frutta rovesciarsi. Davanti a lei, molte persone, tutti demoni, donne e bambini di ogni età, correvano, terrorizzati. Sentì la paura, la sentì nelle proprie ossa, ed ebbe davvero la sensazione di correre, ansimare. Era come se stesse vivendo la sua visione. Si guardò indietro, e vide dei demoni, completamente vestiti in armature ed armati fino ai denti, venirle dietro. I sorrisi crudeli con cui la fissavano non lasciavano adito a dubbio su quali fossero le loro intenzioni. Si voltò di nuovo in avanti, aveva imboccato il vicolo. Sarebbe stata al sicuro lì, forse. Non aveva fatto che pochi passi, che alle sue orecchie erano arrivate le urla delle persone che vi si erano infilate prima di lui. Non fece in tempo a chiedersi cosa stesse succedendo, che tutto divenne nero.
-Martha! Martha!- Si risvegliò dalla sua visione tremando. Si asciugò con una mano il sudore che le imperlava la fronte. Hakkai la scuoteva gentilmente per le spalle. Si guardò attorno, intontita. tutti si erano messi in cerchio attorno a lei, semi svenuta accanto al corpo del giovane demone.
-Hey, sorellina … Tutto a posto?- Nika si era chinata su di lei, chiamandola con un tono affettuoso e maturo che difficilmente si adattava al suo carattere. Segno che doveva essersi presa un bello spavento. Martha fece un sorriso forzato.
-Guarda che sono io la maggiore … Torna pure a fare l‘immatura irresponsabile …-
-Ok. Gente, mi prende in giro, quindi sta bene!!!- Rise Nika, decisamente sollevata. Martha si passò una mano sul viso. Era successo come nel vicolo. Ma se allora aveva avuto solo l’impressione di guardare attraverso gli occhi di qualcun altro, ora era sicura di aver vissuto gli ultimi istanti di vita del giovane demone. Tutto era accaduto perché aveva toccato la lancia. Un brivido freddo le scese lungo la schiena. Quelle urla, la paura … Tutto era stato così dannatamente reale, che … Guardò davanti a sé. Il vicolo era interrotto da una pila di ruderi anneriti, ed era impossibile vedere cosa ci fosse dopo. Nika e Lara, con l’aiuto di Sanzo e Gojyo, si stavano occupando del corpo, per dargli una sepoltura. Appoggiandosi ad Hakkai, la ragazza si rimise in piedi. Una volta accertatasi di riuscire a star in piedi da sola, si avviò verso la fine della via, sotto lo sguardo attento e silenzioso di Hakkai. Se quello che immaginava era esatto, allora ci doveva essere più di un cadavere. Si avvicinò, e guardò da uno spiraglio tra le macerie. Nonostante la sua preparazione, le venne da vomitare. Si mise una mano davanti alla bocca, e cominciò a respirare affannosamente. Hakkai le fu subito accanto.
-Che succede?- Martha indicò lo spiraglio. Il demone guardò a sua volta. Il suo volto si trasformò in una maschera d’orrore. A gran voce richiamò i suoi compagni, che accorsero subito.
-Che c’è, Hakkai?- Chiese Gojyo, sputando un mozzicone di sigaretta.
-Martha ha trovato gli altri abitanti del villaggio.-

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Quando Gojyo e Goku, costretti dalla pistola di Sanzo, riuscirono a ricavare un passaggio in mezzo alle macerie, lo spettacolo che si trovarono davanti fece impallidire l‘intera compagnia. Quelli che erano gli abitanti del villaggio, una settantina di cadaveri, erano stati impilati a formate una sorta ti tumulo di corpi. Alcuni erano stati trafitti da lance, come quello ritrovato nel vicolo. Altri da frecce. Alcuni portavano i segni di orribili mutilazioni. Erano tutti demoni.
-Una vera carneficina …- Commentò Gojyo, stringendo una nuova sigaretta tra le labbra. Gaia si era rannicchiata contro la sorella, tremante. Gli occhi invasi dall’orrore.
-Non sei costretta a guardare …- Cercò di consolarla Lara, ma la morettina scosse la testa.
-Sto bene. Davvero.- Poi guardò di nuovo il tumulo di cadaveri. -Chi può essere stato?- Nessuno del gruppo osò rispondere. Sanzo scosse la testa e si avvicinò ai corpi, lasciandosi dietro il lieve filo di fumo della sigaretta.
-Non lo so. Ma adesso non è questo l’importante …-
-Sanzo …- Goku si era avvicinato al bonzo, che gli dava le spalle. Non sapeva bene neppure lui cosa volesse chiedergli. Guardò a sua volta le spoglie degli abitanti del villaggio. Persone comuni. Demoni, sì, ma in alcun modo differenti dalla gente che viveva nel paese, da cui erano partiti solo quella mattina. In quel groviglio di cadaveri, quello di una donna stringeva, in un ultimo, disperato tentativo di proteggerlo, un bambino. Alcuni dei morti avevano ancora addosso gli abiti da lavoro. Gli occhi, ormai ciechi, spalancati per la paura ed il dolore. No, non sembravano davvero i demoni che li attaccavano quasi ogni giorno, privi di controllo, col solo obbiettivo di uccidere. Quella era gente normale, assolutamente normale. E per la maggior parte donne o bambini.
Sanzo tirò un’ultima boccata dalla sigaretta, poi la buttò via.
-Bhe, diamoci da fare.-
-Eh?-
-Non vorremo mica lasciarli qui così, no?- Fece, rivolgendosi a tutti i presenti. Hakkai sorrise.
-Certo che no …- Il demone dagli occhi verdi si voltò verso l’edificio alle spalle del gruppo. -… Ma certo un po’ di aiuto farebbe comodo …- Un momento di silenzio. Nika diede una lieve gomitata a Gojyo, per attirarne l’attenzione.
-Hey … Ma a chi sta parlando? Che siete un po’ tocchi l’ho capito, però, parlare con una casa …- Una venuzza spuntò tra il cuoio capelluto del rosso, che però si trattenne. “Un po’ tocchi?” Ma tu guarda da che pulpito …
-Tranquilla … Parla con quelli che stanno SOPRA la casa …- Il suono di una risata fendette l’aria. Una risata ben conosciuta ai quattro del gruppo di Sanzo … Lara e Nika avevano già portato la mano alle loro pistole. Martha si era posta davanti a Gaia, in un atteggiamento protettivo. Già troppe volte avevano ricevuto visite poco piacevoli da tizi che si spostavano sui tetti come i gatti.
-Ben detto, fratello!- Con un balzo, Dokugakuji, subito seguito da Yaone e Kogaiji, finirono davanti alla combriccola. Nika si girò verso Gojyo.
-Sbaglio o ha detto “fratello”?-
-Sì … Perché?-
Il demone sorrise, divertito.
-Cominciavamo a chiederci quando vi sareste accorti di noi …-
-Non siete arrivati prima di due minuti fa …- Borbottò Sanzo, insofferente.
-Simpatico come sempre, eh?- Sbottò Dokugakuji. Gojyo alzò la spalle.
-Come uno scorpione …-
-Vuoi morire?- Sibilò il bonzo, punto sul vivo. Le ragazze, dal canto loro, vennero rassicurate dal comportamento dei loro compagni di viaggio, e, soprattutto, dalla gentilezza di Yaone.
-Mi sa che dovete darci qualche spiegazione …- Fece Lara, rinfoderando la pistola.
In pochi minuti vennero fatte le dovute presentazioni.
-Conosci questo villaggio?- Domandò poi Sanzo. Kogaiji annuì.
-Era sotto la mia tutela. Ci vivevano soprattutto donne e bambini, o gente che non aveva ancora perso il suo “Io”. Avevo creato una barriera per renderlo invisibile agli umani, e per impedire che gli abitanti impazzissero. L’attacco deve averla dissolta.-
-Questo spiega perché il villaggio non apparisse sulla mappa.- Annuì Hakkai.
-Allora … Sapete per caso com’è accaduto?- Chiese Kogaiji, guardando la pila di cadaveri. Una furia a malapena repressa era udibile nella sua voce. Gli occhi dei Saiyuki Boys si puntarono su Martha. In fondo, era stata lei a trovare i corpi.
-Più o meno … Ma non chiedetemi come faccio a saperlo, perché non sono riuscita a capirlo neppure io …- In poche parole, la mora descrisse la sua visione. Il panico, l’inseguimento, l’imboscata. I volti feroci degli assalitori. Kogaiji ascoltò in silenzio.
-Demoni che uccidono altri demoni. Non mi sembra molto logico …- Commentò Gojyo, tirando fuori una nuova sigaretta. Hakkai si rivolse al principe demone, pensieroso come non mai.
-Tu hai qualche idea?-
-So che nella zona circolavano un gruppo di demoni mercenari. Senza scrupoli. Nessuna importanza che da depredare fosse un villaggio di umani o demoni. L’importante era saccheggiare. Ma avevo anche saputo che erano stati tutti uccisi. A quanto pare non erano voci veritiere.-
-Capisco.- Commentò Hakkai.
-Bhe? Vogliamo metterci al lavoro? Qua si fa notte … Gojyo , Hakkai e la scimmia a scavare, le ragazze pensino ai corpi …- Fece Sanzo, buttando un mozzicone di sigaretta.
-Ma sei sempre a dare ordini, tu?!- Sibilò Gojyo, che come tutta risposta si trovò la canna della pistola del bonzo premuta sulla fronte.
-Qualcosa in contrario?-
-… Vado a cercare una pala …- Mormorò il kappa prima di sparire. Nika si avvicinò leggermente a Gaia.
-Mi ricorda tanto Lara quando ci costringe a pulire la casa …- La morettina annuì.
-Solo che invece della pistola usa l’agenda coi numeri di telefono dei tuoi ex …- Yaone si avvicinò incuriosita.
-E … Cos’avrebbe di così spaventoso?-
-Diciamo solo che in confronto “guerra e pace” è un saggio di poche pagine …- Spiegò Gaia. Nika ridacchiò nervosamente, mentre una gocciolina scivolò dalla nuca della ragazza demone.
-Ah …-

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Lavorarono fino a tarda sera. Gojyo, Goku e Hakkai a scavare le buche, aiutati da Dokugakuji, Lara, Yaone e Martha a ricomporre i cadaveri, Nika e Gaia a cercare lenzuoli in cui avvolgerli, mentre Sanzo e Kogaiji pensavano ai riti funebri. A lavoro compiuto, i due gruppi rimasero fermi sulle tombe appena costruite. Il primo a muoversi fu Kogaiji. Mentre se ne andava, lanciò un avvertimento a Sanzo.
-Oggi è andata così. E ti ringrazio per aver mostrato rispetto ai miei morti. Ma sappi che la prossima volta ci rivedremo da nemici …-
-Se così sarà, allora ricordati che sarai sulla traiettoria della mia pistola. Io distruggo ogni ostacolo che mi si para di fronte. E non m’importa se è di sangue blu.-
-E sia.- In un istante, i tre demoni svanirono.
Correndo veloci, Dokugakuji si affiancò al suo capo.
-Troveremo quei bastardi, Ko.-
-Puoi contare sul nostro aiuto, principe.- Aggiunse Yaone. Kogaiji strinse le palpebre.
-Non gli lascerò il tempo di urlare …-

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Stanchi e provati per la giornata giunta al termine, il gruppo di Sanzo decise di prepararsi per la notte. Si sistemarono in una delle poche case aventi ancora il tetto. Infagottati in coperte e sacchi a pelo, nessuno ebbe la forza di parlare. Solo Gaia sembrava non riuscire a concedersi un sonno senza sogni, dettato dalla stanchezza fisica. Aveva lasciato la sorella e gli latri a dormire, per stare nella stanza accanto. In piedi davanti all’unica finestra, guardava il cielo stellato.
-Non dormi?- La voce di Goku fendette l’oscurità, raggiungendo la ragazza.
-No. Non ci riesco.- Silenziosamente, il giovane demone le si affiancò. Rimasero per qualche minuto in silenzio, a guardare fuori dalla finestra. Poi Goku chiese.
-È per oggi?- Gaia Annuì.
-Sai …- Fece una pausa, poi continuò. -… Fino ad oggi non avevo mai visto cadavere di una persona uccisa. È stato terribile.- Era vero. Non le era stato permesso neppure di vedere i corpi di suo padre e sua nonna, prima del funerale. Sua madre l’aveva ritenuta troppo giovane, per quello spettacolo. Voltò le spalle al vetro, e sedette sul pavimento con la schiena apoggiata al muro.
-Adesso come ti senti?- Gaia sembrò pensarci un po’ su. Poi si rannicchiò, le ginocchia contro il petto, e le braccia a cercare un abbraccio che voleva essere auto rassicurante.
-Malissimo.- Il silenzio ritornò padrone, ma solo per poco. Goku si sedette accanto all’amica, alla ricerca delle parole giuste.
-Io non so cosa dirti per farti stare meglio, ma … Se conosco bene Sanzo, probabilmente ti direbbe che è inutile che tu ci stia male. Non sei stata tu a uccidere quelle persone. E comunque non potevi fare nulla per loro. Erano già morte. Gli abbiamo dato una sepoltura, e questo è quanto eravamo in potere di fare.-
-Pensi davvero che direbbe così?- Goku ci pensò un poco.
-No.- Rispose alla fine, scuotendo la testa. -Probabilmente mi direbbe di smetterla di dire stupidaggini, e mi picchierebbe con l‘harisen, ma credo che questo sia quello che mi vorrebbe far capire.-
-Uao. Quante cose si possono capire da una ventagliata in testa …- Una risata riempì la stanza.

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Dalla porta Sanzo ascoltava, non visto dai due ragazzi. L’intenzione era quella di fumarsi una sigaretta in santa pace. Ma alla fine si era fermato ad ascoltare tutta la conversazione. Attento a non farsi notare, si dileguò fuori dall’edificio. L’aria era pungente, ed il cielo limpido. La luna illuminava i ruderi e le case in abbandono, tingendo tutto di una luce argentea. Un paio di passi alle sue spalle fece voltare il bonzo.
-Poca voglia di dormire, stasera?- Lara si fece avanti, stiracchiandosi.
-Non sono l’unica, vedo.- I due rimasero per qualche tempo immobili, senza parlare. Lara intenta ad osservare le stelle, Sanzo a fumare. Alla fine la bionda si decise a dire qualcosa. -Secondo te dove siamo finiti?-
-Ha qualche importanza?-
-Siamo in un villaggio che non dovrebbe esistere, e di cui abbiamo trovato la gente massacrata. Forse una qualche importanza ce l’ha …- Sospirò Lara con rassegnazione. -magari Nika ha ragione, e siamo davvero finiti a Silent Hall …- Ridacchiò. Sanzo tirò un’altra boccata di fumo, prima di parlare.
-La cosa che mi stupisce di più, è che gli abitanti fossero tutti demoni.- Lanciò un’occhiata alla ragazza. -Sai cosa intendo, vero?- Lara annuì.
-Hakkai mi ha accennato la cosa. L’improvvisa violenza dei demoni e lo scopo del vostro viaggio. Fermare la resurrezione del re demone e quant’altro.- Un fruscio fece scattare i sensi dei due ragazzi. -Cos’è stato?- Chiese Lara, a bassissima voce. La mano portata a cercare la pistola dietro la schiena. Sanzo aveva abbandonato la sua sigaretta, le dita già sul grilletto della sua S&W.
-Non lo so. Forse qualcuno che ha voglia di morire …-
-O forse i mostri di Silent Hill che si risvegliano …- Borbottò Lara, senza essere troppo scherzosa. Il bonzo cominciò a seccarsi.
-E basta con questa storia! E poi, che diavolo è “Silent Hill”?!-
-Si vede che in questo mondo non esiste la play station, eh?- Sanzo stava per ribattere, ma altri fruscii lo fecero desistere. Al primo fruscio se ne aggiunsero altri, regolari. Presto si trasformarono in passi. Sanzo e Lara si appiattirono nell’ombra. I rumori si facevano sempre più vicini. Un ansimare sconnesso si unì al suono di passi, ora molto più lenti ed irregolari. Sanzo aumentò la pressione sull’impugnatura della pistola. Il loro uomo era ferito. Ma non era un buon motivo per diminuire la prudenza. Un lieve tonfo, a pochi metri dalla loro postazione. Sanzo e Lara schizzarono fuori dal loro rifugio, puntando le pistole contro il loro “ospite” notturno. Lo spettacolo che si trovarono davanti gli tolse ogni minaccia dalla bocca.
-Tu …- Fu l’unica cosa che Lara riuscì a dire. Inginocchiato, una mano premuta sul ventre, i capelli argentei spettinati. Alzò lo sguardo su di loro. Gli occhi dorati di Caleb li fissarono.
-Voi …- Una smorfia gli si disegnò sul viso. Mormorò, prima di svenire.
Mentre cadeva, Caleb vide solo buio. Buio ovunque. La mente come avvolta da una fastidiosa ragnatela, ad impedirgli ogni ragionamento. Ovattato, un suono di voci gli giunse alle orecchie. Ma non riuscì a capire cosa dicessero. Le ragnatele serrarono ancora di più la loro presa, e cadde nell’incoscienza.

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Rigel fissava l’altare, senza in realtà vederlo davvero. Davanti agli occhi solo la vista degli artigli di Artemius, rossi del sangue di Caleb. Ancora non si capacitava di tale gesto. Era fuori da ogni sua comprensione. Serrò le palpebre, rifugiandosi nei ricordi. Ricordi neppure troppo lontani. Lei e Caleb, ancora bambini. Artemius, un po’ padre ed un po’ fratello maggiore. I capelli più lunghi, e lo sguardo meno freddo. Il sorriso sulle sue labbra era vero, senza crudeltà.
Rigel riaprì gli occhi. Li sentiva bruciare. Una calda lacrima le scese sulla guancia chiara. Quando? Quando tutto quello era finito? Quando Artemius aveva perso quel sorriso, ed i suoi occhi erano diventati gelidi? Portò il suo sguardo su Maya, intenta ad usare i suoi poteri sulla sfera scura. Rigel strinse le palpebre. Era cresciuta. Prima non vi aveva fatto caso. Ma la sfera si era decisamente ingrossata. Ormai, quasi usciva dal libro. Un brivido gelido le percorse la schiena. Si chiese se non dovesse aver paura. Artemius le aveva detto decine di volte che era tutto assolutamente sicuro. “Basta solo che vi fidiate di me …
Sospirò, affranta. Il problema era che non sapeva più se fidarsi di lui o no …

-Fine capitolo 13-

Ringrazio ancora coloro che hanno commentato lo scorso capitolo, spero di ricevere altri commenti … ah, ed un appunto: i prossimi due capitoli, saranno più che altro delle spiegazioni sul periodo Gaiden … e ci sarà qualche piccola spiegazione sulle origini delle “mie ragazze”, e sui loro poteri.^^
A presto!
Will

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Capitolo 14
*** Ricordi di cinquecento anni fa … I ***


cap14 Tanto per cominciare … Non conosco molto bene i fatti di Saiyuki Tenkai, quindi spero che  mi perdonerete qualche nome o fatto errato. Comunque per evitare caos, ho messo i fatti come se fosse un fatto avvenuto nel periodo in cui Goku era un bambino e viveva nel Tenkai, evitando ciò che può essere accaduto quando Nataku è finito in letargo e Goku imprigionato e privo di memoria. Spero sia tutto chiaro.
Ah, lo so, sono in ritardissimo: ma non volevo inviare nulla finchè non avessi finito di scrivere il capitolo 18, a cui stavo lavorando da troppo tempo, causa modifiche di trama in corso d’opera. A quanto pare Caleb sta piacendo molto, quindi … ho deciso di aggiungere qualcosa di lui.

Capitolo 14
-Ricordi di cinquecento anni fa …-
Prima parte

La sala era silenziosa, come sempre. Eppure Kanzeon Botatsu sentì che qualcosa era cambiato. Una sensazione, nulla di più. Eppure, quel silenzio opprimente, prima così ostile, ora le appariva differente. In attesa. Sì, il palazzo, il trono dorato: tutto era in un’attesa quasi fremente, come di un inevitabile cambiamento. Solo i granelli di polvere continuavano a cadere, come avevano fatto per cinquecento lunghi anni, ricoprendo ogni cosa, arredamento, o persona in quella stanza. Le poche guardie che facevano la ronda in quel luogo, non potevano non sentirsi addosso quella coltre setosa e sporca, che li portava, ancora di più dello sguardo gelido del principe addormentato, ad evitare la zona.
La stessa Kanzeon non era immune a quella sensazione. Ed anche se era tutt’altro che una simpatizzante della pulizia, quello strato grigio e vellutato le dava fastidio. Per quanto sottile e semplice da togliere, la polvere continuava a posarsi, come l’apatia in quel mondo. Kanzeon soffiò su un piatto, facendo volare via una nuvoletta di polvere.
-Visto, Nataku? Basta poco. Pochissimo, per smuovere cose rimaste immutate da tempo. Questa polvere era qui da molto, molto tempo. Eppure mi è bastato un respiro, per farla volare via. Ma qualcuno deve dare il via, fare per primo un soffio, perché il velo di polvere voli via.- Gli occhi dorati del bambino rimasero immobili, come sempre. Ma alla divinità poco importava. Con passo leggero, andò a sedergli accanto.
-Ti ricordi, com’era cominciato tutto? Chi e quando aveva soffiato via la polvere da questo mondo, da questa noia totale? Forse sì … Ma io te lo racconterò lo stesso, dato che non potrai zittirmi … O forse sarà la volta buona che ti deciderai a parlare di nuovo.- Lo osservò per un lungo istante negli occhi. Ma alcun cambiamento avvenne. Il volto di Nataku era rimasto immobile, come una bellissima maschera di porcellana.
-Allora … Che il racconto abbia inizio … Tutto risale a circa cinquecento, lunghi, anni fa …-

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Goku sbadigliò, annoiato. Per poco alcuni petali di ciliegio non gli finirono in bocca. Si stiracchiò, osservando le fronde fiorite degli alberi. Lì, nel Tankai, fiorivano tutto l’anno. Privilegi da divinità. Era già qualche ora che ci si era coricato sotto, alla ricerca di un po’ d’ombra, troppo annoiato e depresso per trovare di meglio da fare.
Nataku non era di nuovo riuscito a scappare. E Konzen aveva troppo lavoro, per giocare con lui. Per non parlare di Tempou e Kenren … Il primo occupato a riordinare i suoi libri, battaglia persa in partenza, ed il secondo costretto ad addestrare nuove reclute.
In parole povere: era completamente solo. Nessun altro abitante del Tenkai, infatti, avrebbe mai voluto passare del tempo con lui. Con l’Eretico.
Si gingillò con le sue catene, osservandone i riflessi di luce. Anche se non erano il massimo della comodità, per lui non erano troppo pesanti. Ritornò a guardare lo sprazzo di cielo visibile tra i rami fioriti. Si chiese se non avesse fatto meglio a schiacciare un pisolino, quando una serie di lamenti attirò la sua attenzione. Senza neppure pensarci, il piccolo eretico scattò in piedi e si diresse nella direzione della voce. Non dovette cercare a lungo. La fonte dei lamenti era a poca distanza dal suo albero, nascosta tra dei cespugli.
Una bambina, non molto più piccola di Goku, vestita con un semplice kimono bianco e azzurro, se ne stava rannicchiata  a piangere. Il ragazzino non ricordava di averla mai vista, prima. E questo era davvero strano, visto che possedeva, a dire di Konzen, una sorta di sesto senso, per trovare possibili compagni di giochi.
-Perché piangi?- Domandò d’istinto, curioso ed allo stesso tempo speranzoso che la piccola accettasse di giocare con lui. La bambina si voltò, gli occhi chiari gonfi di lacrime. I riccioli neri le ricadevano sulla fronte, nascondendo, anche se solo in parte, il Chakra, testimone della sua natura divina. Un Chakra che però, notò Goku, era ben diverso da quello di Konzen. Tre puntini blu disposti a triangolo rovesciato, invece di uno singolo rosso. Tra la braccia stringeva una bambola di pezza. Non rispose. Si limitò a stringersi più forte alla sua bambola. Goku ripeté la domanda.
-Perché piangi?-

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-Allora ti chiami Ayumi, giusto?-
-Sì, esatto!- La piccola aveva smesso di piangere subito dopo l’arrivo di Goku, e senza pensarci troppo, avevano fatto conoscenza.
-Perché piangevi?> Chiese di nuovo Goku.
-Ero sola, e mi sentivo tanto triste … Ma adesso ci sei tu, e quindi non lo sono più!- Gli occhi color acquamarina della piccola brillarono di felicità, mentre Goku arrossiva leggermente. -E tu, come ti chiami?-
-Io sono Goku …-
-Goku … È un nome buffo!- Rise Ayumi. Goku si imbronciò, ma la bambina gli porse la sua bambola. -Lei invece è Pao Chan!- Il bambino, già dimentico dell’offesa al suo nome, sorrise.
-Piacere di conoscerti, Pao Chan!- Nel giro di pochi istanti, i due bambini iniziarono a giocare, ignorando lo scorrere del tempo.
Solo quando il cielo cominciò a tingersi dei colori del tramonto, l’idillio dei due bambini venne interrotto da due voci, egualmente seccate, una maschile ed una femminile, che li chiamavano per nome. La prima voce ad avere corpo, fu quella femminile, cha apparve davanti a Goku e Ayumi. Capelli biondo scuro sciolti, e occhi azzurro ghiaccio, la giovane donna indossava un kimono piuttosto simile a quello che aveva Ayumi, e lo stesso tipo di Chakra. Dallo sguardo furioso che aveva, non sembrava di buon umore.
-Ayumi …- Più che un saluto a Goku parve un vero ringhio. Accanto a lui, Ayumi deglutì.
-Ciao, sorellona cara Akane …- La piccola si esibì in un sorrisone slogamascella, nel tentativo di accattivarsi la nuova arrivata. Con sorpresa di Goku, la cosa sembrò funzionare. Un sorriso apparve sulle labbra della donna. Ma subito si rivelò falso. Rapida, la mano della divinità prese Ayumi per un orecchio, mentre cominciava la predica.
-“Sorellona cara” un corno! Hai la più vaga idea di quanto ti ho cercata?! Eppure mi sembrava di averti detto di non allontanarti MAI senza prima avvertire …- Continuò per un po’, poi sembrò accorgersi della presenza di Goku, che aveva tentato di fondersi con un cespuglio, con pochissimi risultati. -E tu chi saresti?- La risposta non arrivò dal bambino. Da un punto imprecisato, spuntò fuori in ventaglio di carta, che si abbattè con forza sul capo del bambino.
-STUPIDA SCIMMIA!!! È UN’ORA CHE TI CERCO!!!- Konzen, vena e nervi in subbuglio, era uscito, impaziente di scaricare il suo nervoso sulla causa dei suoi attacchi isterici. Istintivamente, per evitare altri sfoghi rabbiosi da parte della divinità, Goku si andò a rifugiare dietro le gambe di Akane. -Donna, spostati. Devo “insegnare” una cosa a quella peste …- Minacciò Konzen. Goku si vide già sfracellato al suolo da un altro colpo di ventaglio, ma stranamente, la nuova arrivata prese le sue difese.
-Ma dico! Che vorreste fare a questo povero bambino?! E comunque, io da qui mi sposto quando più mi aggrada! Non accetto ordini dal primo arrivato …- I due si fissarono per un tempo indefinito. Poi, alla fine, Konzen rimise via il ventaglio.
-Tsk! Lasciamo perdere.-
-Molto bene. Signor …?- Fece Akane.
-Konzen.- Ringhiò il biondo.
-Bene, signor Konzen.- Gli occhi azzurrini della giovane divinità lanciavano scintille.
-Bene.- Sibilò Konzen.
-Bene.- Ribattè Akane. I due finirono per fissarsi in cagnesco. Almeno finché Ayumi tirò timidamente la manica di Akane.
-Sì?-
-Domani posso venire a giocare qui con Goku, sorellona?-
-Konzen, posso?- Chiese a sua volta il piccolo eretico, strattonando l’abito della divinità.
-Perfavooooore!!!- Supplicarono in contemporanea i due bambini. Con un sospiro simultaneo, i due adulti cedettero.
-Basta che non mi scocci …- Bofonchiò Konzen, staccandosi a forza Goku dai vestiti.
-E sia. Ma adesso andiamo. Domani avrete tutto il giorno per giocare, va bene?- Concluse Akane, prendendo la bambina per mano e allontanandosi. Goku salutò la sua nuova amica con la mano finchè non sparì dalla sua vista.
-Allora, andiamo anche noi, sì, o no?- Sbuffò Konzen, ancora insofferente, ma decisamente meno seccato di poco prima. Senza scomporsi più di tanto, Goku gli trotterellò dietro fischiettando. Senza farsi notare dal piccolo, Konzen lanciò un’altra occhiata dietro di sé. Goku era troppo giovane per saperlo. Ma la donna e la bambina che avevano appena conosciuto, non erano comuni divinità. Quel Chakra, così particolare, era il simbolo delle Veggenti, semi divinità che mettevano i loro poteri divinatori al servizio dell’Imperatore Celeste. Ne esistevano cinque, in tutto il Tenkai. E fino ad allora lui conosceva solo Kaede, la veggente personale dell’Imperatore. Strinse gli occhi violetti. Qualcosa non gli quadrava. Perché le altre quattro Veggenti si trovavano lì? Era un fatto decisamente atipico.
Sbuffò, lasciando perdere i propri quesiti. Assillato da un Goku affamato che insisteva nel volere okonomiyaki per cena, sperò solo di arrivare presto a casa.

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-Dunque … “Geroglifici e scrittura cuneiforme” … Da questa parte …- In precario equilibrio su una scaletta, Tempou cercava, inutilmente, di fare un po’ d’ordine tra i suoi volumi. Non appena appoggiò il libro sulla pila che aveva davanti, l’intera torre cartacea cadde, sommergendolo di pagine e polvere di ogni secolo. Miracolosamente illeso, si tolse di dosso lo sporco, rassegnato. Mentre si sistemava gli occhiali sul naso, qualcuno suonò alla porta. Incuriosita, la divinità andò ad aprire. Kenren non poteva essere. Aveva le chiavi, e non sarebbe tornato prima di sera. Goku neppure, perché avrebbe contornato gli squilli con grida impazienti. Konzen, a meno che non fosse stato trascinato da Goku, non si sarebbe proprio presentato.
Fu molto sorpreso, quando si trovò davanti una giovane donna dai modi gentili.
-Buongiorno. È qui che abita il signor Tempou?- La voce della ragazza era dolce e leggermente intimidita. Tempou sorrise, gentile come il suo solito.
-Sono io. Cosa posso fare per lei?-
-Oh, ecco … Mi hanno detto che lei ha una libreria molto fornita, e mi chiedevo se per caso fosse disposto a prestarmi alcuni volumi che sto cercando …- Tempou evitò di precisare che dire che la sua libreria era “fornita”, era un misero eufemismo.
-Ma certo! Anzi, se mi dà i titoli, vedrò di trovarglieli subito, signorina …-
-Kaori, la ringrazio. Un momento, ho la lista proprio qui …- Mentre la ragazza rovistava nella sua borsetta, Tempou si diede il tempo di osservarla meglio. I capelli raccolti sulla nuca alla orientale, dello stesso colore degli occhi, castano scuro, con straordinari riflessi ambrati, lasciavano scoperti, sulla fronte, tre Chakra blu a triangolo rovesciato. Indossava un kimono azzurro e bianco, semplice ma di ottimo taglio. I colori delle semi divinità veggenti. Aveva capito da subito che era una di loro. Ma non ricordava di averla mai vista in giro. Anche se, si doveva dire, che lui era quasi come un’eremita …
Rimase affascinato dai tratti del viso. Gentili, impossibile immaginarli in un’espressione arrabbiata. -Ecco, tenga!- Tempou si riscosse dalla sua osservazione appena in tempo per prendere la lista.
-Farò in un momento … Prego.- Fece, invitandola ad entrare. -So che non è il massimo dell’ordine, ma …-
-UAO!!!- Gli occhi della ragazza brillarono, alla vista dei mucchi di libri che sembravano strabordare dall’abitazione. -Che meraviglia … Non avevo mai visto una biblioteca così ben fornita in tutta la mia vita …-
-Ehm … Veramente questo è solo l’ingresso …- Precisò Tempou, con una gocciolina sul capo. Per un lungo, allibito istante, Kaori rimase in silenzio.
-Ah … Bhe, è comunque la biblioteca più fornita che io abbia mai visto!- Si riprese all’istante la divinità, entrando con un sorriso sulle labbra.
-Per il coraggio appena dimostrato, signorina, non posso non offrirle almeno una tazza di tè!- Rise Tempou. La visita si protrasse molto più a lungo del previsto, ed era ormai il tramonto, quando Kaori lasciò l’abitazione di Tempou, carica di libri.
-La ringrazio ancora …- S’inchinò la ragazza. Tempou sorrise, scuotendo la testa.
-Al contrario! Sono io che devo ringraziare … È stato un vero piacere parlare con lei. E sarei altrettanto felice di poterla invitare anche domani per una tazza di tè …-
-Molto volentieri!- Rispose felice Kaori prima di allontanarsi.

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Kenren si stiracchiò, facendo scricchiolare un paio di ossa. Aveva menato di spada per tutto il santo giorno, e non vedeva l’ora di affogare la stanchezza fisica in una bottiglia di sakè. Sulla via di casa, ripensando alla giornata appena trascorsa, non potè fare a meno di sorridere. Per una volta, durante una sessione di addestramento, aveva avuto una piacevole sorpresa.

“Era davanti alla fila di nuovi soldati. Reclute appena arrivate, alcune spavalde e troppo sicure di sé, altre eccessivamente intimorite. Le aveva studiate sbrigativamente, poi aveva deciso di metterle alla prova.
-Uno alla volta, voglio vedere come ve la cavate con la spada. Avanti. Comincia tu.- Chiamò il primo della fila, un tipo estremamente agitato. In poche stoccate finì disarmato. Kenren era consapevole che nessuna recluta avrebbe mai potuto batterlo, ma confrontandosi con ognuno di loro, avrebbe potuto decidere chi aveva un minimo di stoffa, e chi era meglio che si dedicasse ad altre attività.
-Avanti un altro.- Aveva ormai selezionato la metà delle reclute, quando gli capitò davanti una particolare. Una figura esile, sottile. Un ragazzino, immaginò. Il volto coperto da un passamontagna azzurro, e gli abiti bianchi. Ben diversi dalle divise delle reclute. Una lunga treccia ramata gli scendeva fino alla vita.
-Tu non sei una recluta. Chi sei?- Chiese, fissando negli occhi fissi su quelli del giovane dal volto coperto. Le pagliuzze verdi incastonante nelle iridi castane brillarono.
-No, signore. Sono solo qualcuno che vuole misurarsi con buon spadaccino, signore.- La voce restava alterata dalla stoffa, ma appariva giovane, come dava ad intendere il resto della sua figura.
-Nome?- Chiese Kenren. Un momento di silenzio. Poi la risposta.
-Sora, signore.-
-E per quale motivo, Sora, vorresti misurarti con il sottoscritto?-
-Se vuoi imparare a giocare a scacchi, devi giocare con un esperto. È inutile confrontarsi con un principiante. Non ne trarresti alcun vantaggio. Lo stesso è con la spada. Battersi con dei principianti è inutile. È solo combattendo coi migliori, che si può migliorare.- Kenren sorrise, soddisfatto ed orgoglioso della risposta. Dunque il nuovo arrivato lo considerava uno dei migliori. Bene bene …
-D’accordo. Allora vediamo di cosa sei capace.- E capace il nuovo arrivato lo era davvero: agile e attento ai movimenti dell’avversario, con una tecnica che, sì, aveva qualche pecca, ma, in fondo, era ottima. Kenren si stava divertendo un mondo. Dopo tutte quelle reclute che sapevano sì e no tenere in mano una spada, un avversario abile era una manna dal cielo.
Il duello durò quasi quanto il tempo che ci aveva impiegato a selezionare la metà delle reclute, ma alla fine il generale decise di mettere fine al combattimento. Con un movimento rapido, tagliò il passamontagna, attento a non danneggiare il portatore.
-Peccato. Fine dei giochi …- Ridacchiò Kenren. Ma quando la stoffa azzurra cadde a terra, per poco non gli venne un infarto.
-Eh, già. È proprio un vero peccato …- Rise la voce, decisamente femminile, di Sora, ora non più distorta dal panno. Kenren aveva occhi ovunque, tranne nelle orbite. Davanti agli occhi aveva una bellissima donna, dai lunghi capelli rossi raccolti in una treccia sottile, e occhi castani screziati di verde. Sulla fronte scoperta, sfavillavano tre Chakra blu disposti a triangolo rovesciato. Si vergognò profondamente di sé stesso. Anche se in parte nascoste dagli abiti leggermente infagottati, le curve tutte femminili della giovane erano visibili. Stava decisamente perdendo colpi. Cercando di ricomporsi in qualche modo, fece l’unica cosa che sapeva fare davanti al gentil sesso: fargli la corte.
-Allora … Sei brava, davvero. Che ne diresti di discutere della tua abilità con la spada a cena, Sora?- Chiese sfoderando il suo miglior sorriso da seduttore. Ma l’unica risposta che ebbe fu una linguaccia.
-Spiacente! Ma non esco mai con chi mi distrugge i vestiti …- Sibilò la ragazza, mostrando il passamontagna affettato. A Kenren parve che un masso di qualche tonnellata gli fosse caduto in testa. Sora si voltò per andarsene, ma prima rivolse un sorriso malizioso al generale.
-Ah, comunque voglio la rivincita. Domani, vieni a palazzo, e chiedi di Sorame …- E detto ciò, sparì, lasciando Kenren beffato, ma stranamente felice.”

La divinità guerriera aveva ancora un sorriso ebete sulla faccia, quando vide Tempou salutare alla porta una ragazza. Quasi perse i bulbi oculari per strada: una donna in casa loro?! E per di più con Tempou?!? Lasciò che la ragazza si fosse allontanata, per schizzare dall’amico, che si era appena accorto della sua presenza.
-Heilà!- Lo salutò il moro, ignorando la faccia allibita di Kenren. -Hai fatto tardi, oggi …- Il generale ci mise qualche minuto, per riprendere la parola.
-Ma … Ma che … Qui c’era una donna!- Tempou lo fissò incuriosito.
-Bhe … Sì …-
-UNA DONNA VERA!!! A CASA NOSTRA!!!-
-Esatto. Si chiama Kaori …-
-E SAI ANCHE COME SI CHIAMA?!?- Kenren appariva sempre più allibito, mentre Tempou cominciava a preoccuparsi per l’amico. Anche se era una divinità, non era possibile che qualcuno potesse far sporgere così tanto gli occhi dalle orbite.
-Mi pare logico … Abbiamo chiacchierato per tutto il pomeriggio … E potresti allontanarti un pochino? Mi stai sputacchiando addosso …- Kenren non diede risposta, ma si limitò ad entrare in casa, borbottando qualcosa sulla fine del mondo.

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Kanzeon fece una pausa, accarezzando il volto impassibile del principe guerriero. Un sorriso quasi materno fece capolino sulle sue labbra, come se per un momento si fosse ricordata il suo ruolo di dea della misericordia.
-Ricordi quando Goku ti presentò Ayumi? La piccola, dolce Ayumi. Siete diventati amici subito. Sempre insieme, tutti e tre. E le urla di Konzen e Akane … Sempre a farli disperare … Eravate uno spruzzo di vita, l’unico, in questo mondo così piatto e monotono …-

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-Avanti, Goku! Dove mi stai portando?- Nataku seguiva accigliato l’amico, che non sembrava intenzionato a smettere di camminare. -È quasi un’ora che camminiamo tra questi alberi … Sono stufo!-
-Dai, siamo quasi arrivati … Eccoci!- Goku si arrestò proprio nel punto in cui aveva incontrato Ayumi un paio di giorni prima. Nataku si guardò intorno.
-Bhe? Cosa c’è? Non vedo nulla …- Nataku non fece in tempo a finire di parlare, che un tornado in kimono azzurro e bianco si fiondò sull’amico.
-GOKU!!! Sei in ritardo! Io e Pao Chan cominciavamo a pensare che non venivi …- Il piccolo eretico bloccò la nuova arrivata, prendendo nataku per le spalle e facendolo stare davanti a sé, come se stesse mostrando un lenzuolo o qualcosa di simile.
-Guarda! Ti presento il mio amico: Ayumi, lui è Nataku! Nataku, lei è Ayumi!- La bimba si inchinò davanti al principe, per poi regalargli un enorme sorriso.
-Ciao, Nataku.- Lievemente stordito per l’improvvisa apparizione della bambina, il giovane eretico rimase basito per qualche istante, rispondendo al saluto a monosillabi.
-C … Ciao.- Goku ingoiò a vuoto. Non sapeva perché, ma riusciva a sentire una sorta di tensione tra i suoi due amici. Cominciò a chiedersi se non avesse avuto una brutta idea, presentando Ayumi a Nataku … Improvvisamente, Ayumi porse la sua bambola a Nataku.
-Lei è Pao Chan! Ti va di giocare con noi?-
-Io … Veramente non ho pupazzi …- Rispose timidamente il bambino.
-Non importa! Vuol dire che giochiamo tutti insieme, e Pao Chan la usiamo a turno!- Rise Ayumi. Goku sentì la tensione volatilizzarsi in un secondo, e l’enorme sorriso di Nataku ne era la prova.
-Allora giochiamo!- Come se si fossero conosciuti da una vita, e non da meno di dieci minuti, i tre bambini cominciarono a scorazzare tra gli alberi, forti di una vivacità sconosciuta ormai agli adulti.

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Nascosta dietro un albero poco distante, Akane controllava la situazione, non vista. Un sorriso le distese i muscoli del viso, fino ad allora contratti in una smorfia preoccupata.
-Non c’era bisogno di stare a controllarli.- Fece Konzen, un paio di alberi più in là, sigaretta in bocca e aria da menefreghista. -Sono mocciosi, hanno più vite dei gatti.-
-Ed allora perché sei qui da circa due pacchetti di sigarette?- Sibilò la semidivinità, indicando la pila di mozziconi ai piedi dell’uomo. Per tutta risposta gli arrivarono un paio di grugniti scocciati. Ridacchiando tra sé, Akane riportò l’attenzione sui tre bambini, che cominciarono ad allontanarsi.
-Meglio seguirli.- Fece Konzen, buttando via l’ennesima sigaretta esaurita. Akane lo fissò stupita.
-Ma non hai appena detto che hanno più vite di un gatto, e non è necessario controllarli?-
-Quando si tratta di un moccioso per volta. O di due. Ma quelli sono tre. Hai la più pallida idea di cosa possono combinare, insieme?- Senza neppure dargli una riposta, Akane lo precedette, avanzando nella boscaglia.
-Li ho visti andare per di qua. Andiamo!-

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-Voglio la rivincita!- Esplose Kenren, furioso. -Quella mossa non è valida!-
-Ah si? E chi lo dice?- Sorrise maliziosa Sorame, aggiustandosi il kimono. La spada di Kenren ad un paio di metri dal suo proprietario, mentre quella di Sorame era ben salda nella sua mano.
-Non è valido slacciarsi il kimono nel bel mezzo del combattimento!-
-Non me lo sono slacciato di proposito, capita con quelli da combattimento … E poi la colpa è tua. Un guerriero non deve mai distrarsi, no? E poi sotto ero vestita …- Ridacchiò la ragazza, mostrando il top azzurro, invisibile sotto un kimono perfettamente legato.
-Sì, ma me lo hai fatto vedere solo dopo che ho cercato di sbirciarti in ogni modo!- Ringhiò Kenren.
-E secondo te io vado a combattere in kimono senza essere vestita sotto? Con TE come avversario?- La risata di Sorame si espanse per l’arena dedita ai combattimenti, completamente vuota, se non per loro due. Kenren rimase fumante per qualche secondo. La ragazza aveva ragione, ma … Non lo avrebbe mai ammesso. Piuttosto la morte!
-Va bene, ma … Voglio lo stesso la rivincita!- Sorame fece una linguaccia.
-Domani. Ora voglio festeggiare con un buon sakè … Che mi offrirai tu!-
-Io? E chi l’ha deciso questo?-
-Chi perde paga … È la regola, no?- Kenren si passò una mano tra i capelli corti. Il giorno prima aveva tentato in ogni modo di convincerla ad andare a bere qualcosa insieme … ma doveva ammettere che la cosa ora non gli dispiaceva affatto! Le regole vanno rispettate, no?

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Tempou osservò compiaciuto la libreria. Era la prima volta da secoli che ne vedeva gli intagli in legno, nascosti dalle pile di libri accumulati nel tempo.
-Sa Kaori, se non fosse che lei è una dea, direi che tutto ciò ha del divino …- Le ragazza sorrise, posando alcuni volumi.
-Oh, non ho fatto poi molto. Semplicemente, qui mancava un … Come dire, un tocco femminile. Tutto qui!- Tempou ritornò ad ammirare la libreria. Avrebbero dovuto venderlo a bottiglie, quel “tocco femminile”, per la gioia di tutti gli uomini single. Si voltò verso Kaori, intenta a sistemare alcune pergamene, finite, non si sa come, in mezzo ad un volume a sé stante.
-Vado a preparare del tè. Ha voglia di farmi un po’ di compagnia?-
-Ben volentieri …- Sorrise la semi divinità, abbandonando il suo lavoro di catalizzazione.

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Il sorriso di Kanzeon divenne improvvisamente malinconico, mentre interrompeva il racconto. Come se ricordare fosse diventato improvvisamente doloroso.
-Poi, però, è accaduto quello che è accaduto …-

-Fine capitolo 14-

Il capitolo mi veniva chilometrico, e dato che non ho avuto molto tempo e devo ancora concluderlo, vi mando questa prima parte, spero di riuscire a mandarvi il sequel al più presto. Ringrazio chi mi commenterà, ciao ciao
Will

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Capitolo 15
*** Ricordi di cinquecento anni fa ...II ***


cap15 Accidenti … ho appena finito di leggere il volume 8 di Saiyuki Reload … gente, con quest’autrice i fazzolettini di carta non bastano mai … lacrime lacrime lacrime! Povero Goku! Cucciolo!
Vabbè … non che il capitolo che vi sto per presentare non lo sia …lo so già, mi beccherò qualche minaccia! Ma mi serviva triste! Quindi abbiate pietà!
Non so se l’ultima volta era stato chiaro, così lo scrivo adesso:
Ayumi=Gaia
Akane=Lara
Kaori=Martha
Sorame=Nika

Capitolo 15
-Ricordi di cinquecento anni fa …-
Seconda parte.

Kanzeon era ancora accanto a Nataku, gli occhi violetti velati dalla tristezza.
-A volte i ricordi possono fare male, Principe. Ma tu lo sai anche troppo bene. Tu ne sei la prova vivente. Eppure anche i ricordi più dolorosi, nascondono momenti felici. I giorni che passaste tu e Goku con la piccola Ayumi, per esempio … O Konzen con Akane … Kenren e Sorame … Tempou e Kaori. Forse, fu già allora che il tuo cuore venne ferito. Ma finché si è in due, a portare il dolore, si può andare avanti. Quando si è da soli, invece … Tutto diventa più terribile …-

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Goku correva per il boschetto di alberi di ciliegio, i petali rosati gli piovevano addosso come una nevicata odorosa. Era in ritardo, e sicuramente Ayumi lo stava già aspettando con Pao Chan.
-Hey, Goku!- Nataku spuntò da una via laterale. Goku sorrise.
-Allora sei riuscito a scappare!-
-Non è stato per niente facile …- Fece Nataku, continuando a correre accanto all’amico.
-Andiamo, oppure Ayumi ci costringerà di nuovo a giocare alle casalinghe!- I due proseguirono, mentre le loro risate si perdevano tra i rami fioriti.

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-Ma dov’è? Ayumi, dove sei?- Goku chiamò più volte l’amica. Nataku controllò ogni millimetro della radura. Poi scosse la testa, rassegnato.
-È inutile, Goku. Non c’è. Non è venuta.- La delusione era ben udibile nella voce del principe della guerra. Ma Goku era testardo. Non poteva accettare che Ayumi fosse mancata al loro quotidiano appuntamento.
-No, sono sicuro che verrà!- Un lieve movimento provenne da un cespuglio lì vicino li fece voltare entrambi di scatto. Un rimestare di foglie, e spuntò fuori Ayumi, con la sua Pao Chan in braccio. Ma bastò uno sguardo per capire che non era la solita Ayumi. Era pallida, e due grosse occhiaie contornavano gli occhi acquamarina, che non erano neanche lontanamente luminosi come al solito.
-Scusatemi … Sono … In ritardo …- Mormorò debolmente, per poi svenire proprio ai piedi dei suoi due amici.

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Quando Ayumi si svegliò, due paia di occhi dorati la fissavano preoccupati.
-Come va? Stai meglio?-
-Cosa …?- Riuscì solo a mormorare, mentre Goku rispondeva alla domanda pronunciata solo a metà.
-Sei svenuta! Hai chiesto scusa per il ritardo, e sei caduta! Non ti svegliavi più … Ci siamo preoccupati …- Goku e Nataku cominciarono a parlare a raffica, e Ayumi non ebbe quasi il tempo di rispondere, perché Konzen e Kenren li avevano presi per la collottola. Come con dei gattini troppo molesti.
-Siete in presenza di una convalescente. Quindi o vi date una regolata, o vi sbattiamo fuori!- Ringhiò la divinità bionda. Mentre i bambini protestavano, Akane, appena entrata nella camera, si avvicinò al letto in cui era stata adagiata Ayumi. La bimba si rese subito conte dell’espressione preoccupata sul volto stanco della sorella. Poco dopo entrarono anche Sorame e Kaori, entrambe agitatissime, seguite poco dopo da Kaede, la semi divinità Veggente alla corte dell’Imperatore. Konzen la fissò a lungo. Indossava abiti molto simili a quelli delle altre semidivinità, un kimono bianco e azzurro. L’aveva vista spesso, durante le manifestazioni ufficiali. Capelli scuri, raccolti in un’elaborata acconciatura, e occhi violetti. Eppure appariva del tutto diversa dalle altre. Forse era la sua espressione. Preoccupata, sì. Ma non stanca, come quella della altre.
-Ayumi! Come stai, sorellina?- Chiese la rossa, accarezzando i capelli neri della piccola. Kaori le poggiò una mano sulla fronte.
-Meno male che non hai la febbre …-
-Ci hai fatto prendere un bello spavento, sai?- Fece Akane, sorridendo rassicurante. La voce sfumata in una tonalità carica di dolcezza, che raramente mostrava. Ayumi abbassò lo sguardo, colpevole.
-Lo sapevo che non dovevo andare. Me lo avevi detto, che non stavo bene. Ma non avevo avvertito Goku e Nataku, così … Sono andata lo stesso.- Alzò di sottecchi lo sguardo. -Sei arrabbiata?- Akane scosse la testa. Un sorriso indecifrabile le lambiva le labbra, amaro e materno al tempo stesso.
-No, non lo sono. Ma vorrei che la prossima volta mi obbedissi.- Tempou entrò nella stanza con un vassoio stracolmo di ogni genere di cibarie. Kenren e Konzen liberarono i due bambini, che schizzarono verso il moro.
-Ecco qui. Ho pensato che potessi avere fame. Mangia quello che più preferisci.- Sorrise gentile Tempou porgendo il vassoio ad Ayumi, mentre cercava di tenerlo fuori della portata delle due piccole voragini viventi che rispondevano ai nomi di Goku e Nataku.
Akane lasciò la sorellina a mangiare, mentre Goku e Nataku rivendicavano a gran voce la loro parte. Uscì silenziosamente, senza dare nell’occhio. Tranne ad una persona.
Konzen la seguì fuori dalla casa. Era buio, e nessuna luce illuminava il giardino, se non le stelle e le luci all’interno della casa di Konzen. Akane si fermò vicino ad un albero.
-Brutti pensieri?- Chiese Konzen, facendo voltare di scatto la semidivinità.
-Nulla che ti possa interessare …- I due rimasero in silenzio per un tempo indefinito, ma che bastò a Konzen per fumarsi, in tutta calma, una sigaretta.
-La bambina … Non è la sola malata, vero?- Akane spalancò gli occhi, fissando la divinità. Konzen buttò il mozzicone. aveva fatto centro. Akane abbassò lo sguardo, combattuta.
-Cosa sai, esattamente?-
-Non più di quello che vedo.- Si limitò a dire il biondo, prendendo un’altra sigaretta. -E vedo che non è solo la bambina a non stare bene. Tutte e quattro avete un aspetto stravolto. Kaori lo nasconde bene col trucco, e Sorame con gli allenamenti di scherma. Ma tu e la mocciosa … Bhe, ve lo si legge in faccia.- Akane sospirò. Konzen continuò ad osservarla. Attraverso le loro schermaglie verbali, avevano creato una sorta di rapporto confidenziale, se così lo si poteva chiamare. Un’affinità. Che obbligava uno a sapere quello che accadeva all’altro.
-Io … Non so se posso parlartene …- Mormorò Akane. Konzen rimase sorpreso. Akane aveva esitato. E, da quando la conosceva, la bionda non aveva mai esitato. Neppure una volta. Stava per aggiungere qualcos’altro, me un brivido le attraversò il corpo, e le forze le vennero a mancare. Sarebbe finita a terra, se Konzen non avesse coperto in un istante la distanza che li separava e l’avesse sorretta. Il biondino quasi tremò, quanto sentì quanto fosse esile il corpo di Akane tra le sue braccia.
-Sicura di non potermelo dire?- Chiese ancora Konzen, non appena Akane riuscì a rimettersi di nuovo in piedi. Gli occhi azzurri di lei lo fissarono, duri e decisi. Konzen quasi sorrise, interiormente sollevato di rivedere la solita luce fiera e combattiva negli occhi di lei.
-Sicura.- Un momento di silenzio.
-C’entrano i vostri poteri?- Akane annuì. Un altro momento di silenzio. Poi un piccolo sorrisetto fece capolino sulle labbra della ragazza.
-Sai? Sembra quasi che tu ti stia preoccupando per noi … Sappi che se è così, non ti potrò dire nulla.-
-Tsk. Preoccuparmi per voi? Ma neanche a pensarci! Non sono affari miei.- Fece l’uomo. Una venuzza si disegnò sulla tempia di Akane, che aveva improvvisamente assunto un’espressione troppo simile a quella di Konzen.
-Ed allora cosa me lo chiedi a fare! Sottospecie di burocrate ammuffito!- Ringhiò, tirando un orecchio al biondino.
-AHIA!!! “Burocrate ammuffito” a chi?!- Esplose lui, tenendosi l’orecchio leso.
-A te, isterico!-
-Pazza furiosa!-
-Schizofrenico!- Gli insulti andarono avanti per parecchi minuti, finché entrambi non smisero di parlare. Il silenzio calò nuovamente sui due. La brezza del vento filtrava tra le foglie, come una musica. Unico rumore udibile in quel punto del giardino.
-Perché se fossi preoccupato non mi diresti nulla?- Chiese Konzen. Akane rimase in silenzio, ma quando fece per andarsene, si voltò di nuovo a fissare Konzen negli occhi.
-Perché cercheresti di fermarci. E ti metteresti contro l’Imperatore. E se tu lo facessi, ti ucciderebbe. E anche gli altri.-
-Lo hai visto nelle tue visioni?- Volle sapere il biondo. Sapeva bene dei poteri di Akane.
-Quello che io vedo può sempre essere cambiato. È il mio potere. Vedo la parte labile del futuro. So che se tu e gli altri cercaste di fare qualcosa, vi vedrei morire. Quindi, non posso lasciare che lo facciate.- Con un movimento inaspettato, Konzen afferrò Akane per un braccio, costringendola a guardarlo in volto.
-Se quello che vedi può essere cambiato, allora si può anche cambiare in un altro modo.- Akane scosse la testa.
-Non stavolta. Non possiamo sempre cambiare il futuro come piace a noi.-
-Forse no. Ma posso giurarti, che nessuna visione potrà mai decidere il mio destino. O quello di chicchessia abbia a che fare con me.- Akane sorrise tristemente, e passò una mano sulla guancia di Konzen. Un contatto semplice, eppure intimo allo stesso tempo. L’uomo ne rimase sorpreso, quel tanto da permettere ad Akane di liberarsi della sua presa.
-Se tu avessi detto questa cosa in modo più  cavalleresco, saresti stato davvero romantico. Ma ora ti devo lasciare. Forse … Forse sarà l‘ultima volta che ci vediamo.- E si voltò, mentre Konzen sembrava aver perso momentaneamente l’udito e la capacità di muoversi. Mentre se ne andava, la donna si volse ancora una volta verso di lui. -Sappi solo che stiamo eseguendo gli ordini dell’Imperatore. La nostra vita è nelle sue mani. E non credo gliene importi molto di salvarla.- Il biondo parve finalmente riprendersi dal suo stato di semi incoscienza.
-Noi ci rivedremo ancora. E questa è la MIA predizione.- La ragazza sorrise nell’oscurità, ma non accennò a rallentare il passo. Konzen rimase immobile, mentre la figura ammantata di Akane scompariva nell’oscurità. Sulla sua guancia, il calore di quella carezza non accennava a sparire.

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Tutti erano andati a dormire. Solo Goku era rimasto a vegliare Ayumi. Nessuno era riuscito a schiodarlo dal letto dell’amica. Anche Nataku sarebbe voluto restare, ma una missione lo aveva costretto ad allontanarsi per almeno un giorno.
I suoi occhi dorati passarono sul volto della bambina, profondamente addormentata. Lui ne era sicuro. Ayumi era malata. Anche se tutti si rifiutavano di confermarglielo. A volte gli adulti sottovalutavano i bambini. Erano già alcuni giorni, che la sua amica non stava bene. Ogni volta che veniva a giocare con lui e Nataku era sempre più stanca. Ed anche le sue sorelle.
Un brivido attraversò la schiena del piccolo eretico. A tanto arrivava la sua preoccupazione per l’amichetta. Si chiese se quel malessere non fosse collegato agli impegni che Ayumi e le altre semidivinità avevano a palazzo. Più volte Akane era venuta a prenderla nel bel mezzo dei giochi, e Goku l’aveva sempre vista piangere ogni volta che doveva andare. Ma a nulla erano valse le domande sue e di Nataku. La destinazione di Ayumi era rimasta top secret.
-Goku?- Ayumi si era svegliata. La sua mano, timidamente, cercava quella dell’amico.
-Sì, sono qui.- Rispose il bambino.
-Ho sete …- In pochi istanti, Goku porse ad Ayumi un bicchiere colmo di liquido arancione.
-Tieni. Tempou e Kaori immaginavano che ti sarebbe venuta sete, così hanno lasciato un’intera brocca di spremuta d‘arancia.-
-Grazie …- Ayumi non fece in tempo a prendere in mano il bicchiere, che il suo potere si attivò. Goku vide solo la superficie della spremuta vorticare, ma la piccola semidivinità vide molto di più. Lasciò cadere il bicchiere con un grido. Goku, con una prontezza di riflessi invidiabile, riuscì a prendere al volo il bicchiere, versando solo un po’ di succo. Ayumi si era rannicchiata sul letto, tremante.
-Ayumi, cos’hai?-
-Ho paura.-
-Di cosa?-
-Di una cosa che ho visto.-
-E che cosa hai visto?- Ayumi ingoiò a vuoto, mentre le lacrime cominciavano a farsi spazio tra le lunghe ciglia.
-Noi … Noi moriremo tutte! Io, Akane, Kaori, Sorame … tutte!- Goku rimase immobile per alcuni istanti, troppo scioccato dalla rivelazione.
-Non … Non è possibile …-
-ED INVECE LO È!!! LO È ECCOME!!!- Urlò Ayumi, il piccolo cuore come schiacciato da una mano maligna. -TUTTO QUELLO CHE “VEDO”, SUCCEDE SEMPRE!!! SEMPRE!!!- Con il corpo scosso da singhiozzi, la piccola Veggente si accasciò sul letto. Prendendo il coraggio a due mani, Goku le si avvicinò, titubante. Non sapeva ancora se credere o no a quanto Ayumi gli aveva detto. Ma questo non lo avrebbe fermato dal consolarla. L’abbracciò, e rimase a consolarla fino a quando non si addormentarono.

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Il sole filtrava attraverso i vetri della finestra, e gli uccelli cantavano ormai da tempo, quando Goku si svegliò. Si stiracchiò come un gatto, arrotolandosi nei lenzuoli candidi. Ancora parzialmente incastrato nel mondo dei sogni, il piccolo eretico si chiese cosa ci facesse in quella camera, decisamente non sua. Fulmineo, il ricordo della sera prima arrivò, svegliandolo del tutto. Balzò seduto sul letto, e vide che, a parte lui, era vuoto.
-AYUMI!!!- Chiamò forte l’amica, ma non giunse alcuna risposta. Rapido, saltò giù dal letto, e corse fuori dalla stanza, continuando a chiamarla. Finchè non andò a sbattere contro Tempou.
-AHIA!!!-
-Goku? Tutto a posto?- Chiese la divinità, aiutando il piccolo a rialzarsi.
-Ayumi! Tempou, Ayumi Chan è scomparsa! Non la trovo da nessuna parte!!!- Gli occhi verdi dell’uomo si spalancarono per la sorpresa. Ma subito un’espressione preoccupata ne prese il posto. Proprio allora arrivò Kenren, ansimante come se avesse appena fatto una corsa mostruosa. E dal sudore che gli colava dalla fronte, forse era proprio così.
-Niente! Sorame non è all’arena, e all’armeria non l’hanno vista!- L’espressione preoccupata di Tempou si fece più profonda.
-Anche lei …-
-Anche lei? Che vuol dire “anche lei“? Insomma, volete spiegarmi?!- Esplose Goku, esasperato. Tempou si voltò verso di lui, sospirando.
-Non è sparita solo Ayumi, Goku! Anche Kaori e Sorame si sono volatilizzate!-
-E … e Akane?- Chiese il bambino con un filo di voce. Nella testa continuavano a rimbombargli le parole di Ayumi.
“Noi moriremo tutte!”
-Konzen e Kaede sono andati a cercarla.- Spiegò Tempou. -È stata lei ad avvertirci che le altre Veggenti erano sparite.- Con un tempismo incredibile, Konzen e Kaede fecero il loro ingresso, trafelati come non mai.
-Trovato nulla?- Chiese Kenren. Il biondo scosse la testa.
-Niente. Sono sparite.-
-Dove … dove possono essere?- Mormorò Kaede, rivolta più a sé stessa che agli altri. -Rito? Che rito?!- Chiese Konzen, piantandosi davanti alla semidivinità. Questa non potè resistere a lungo sotto il suo sguardo di ghiaccio.
-Il rito di confinamento. Eon, secondo gli ordini dell’imperatore, deve essere rinchiuso.- I tre uomini spalancarono gli occhi per lo stupore. Goku li fissava ad uno ad uno, senza capire.
-Chi è Eon?- Konzen lo ignorò.
-E dimmi, sai dove si terrà questo rito? Parla!- Kaede rimase titubante per qualche secondo, prima di rispondere.
-Al … al palazzo dell’Imperatore.-

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Con un cigolio mostruoso, il grande portale si aprì. Konzen, Tempou, Kenren e Goku, seguiti da kaede, entrarono, ignorando i brusii della corte imperiale.
Seduto sul suo trono dorato, l’Imperatore Celeste passò lo sguardo sui nuovi venuti. Sapeva che sarebbero arrivati. Le sue Veggenti lo avevano avvertito.
Konzen avanzò verso il sovrano, ignorando le guardie che gli intimavano d’inginocchiarsi. L’Imperatore fece segno ai suoi uomini di lasciarlo fare. Comprendeva i suoi sentimenti. Ed ancora di più ne comprendeva la ragione.
-Vecchio.- Esordì Konzen. Un brusio indignato si propagò per la corte. -Tu sai perché sono qui, vero?- L’Imperatore annuì appena.
-Sapevo che saresti venuto, ben prima che tu imboccassi la via per arrivare sin qui.- Ribattè. Gli occhi violetti di Konzen scintillarono.
-Allora è inutile spiegare. Dimmi dove sono.- L’imperatore indicò una porta alla sua destra.
-Lì. Nella stanza del Tempo e del Sigillo. Ma questo non ti servirà a nulla. Il rito è già cominciato. E nulla e nessuno può interromperlo, ormai.- Tempou, Goku e Kenren si fiondarono dalla massiccia porta dorata, nel tentativo di forzarla. Nessuna guardia si mosse per fermarli. L’Imperatore sorrise, crudele. -I vostri sforzi sono inutili. La porta si riaprirà solo a rito concluso.- Kaede irruppe, sconvolta.
-Il rito non può iniziare! Le Veggenti non sono tutte riunite!-
-Mia cara …- Fece l’Imperatore. -Il rito è iniziato.-
-Ma per il rito occorrono cinque Veggenti!!! Là dentro ve ne sono soltanto quattro! Il loro potere non sarà sufficiente …-
-Il rito andrà a buon fine.- La interruppe il dio, mentre con un cenno invitava la corte ad andarsene, guardie comprese. Kaede riprese a parlare non appena nella stanza non rimasero altri che Goku, Konzen, Tempou e Kenren, oltre all’imperatore.
-Cosa le dà tanta sicurezza? In tutte le prove fatte fino ad oggi, abbiamo visto che il solo potere di quattro Veggenti non può creare un sigillo di tale entità! Sarebbe troppo rischioso, non sopravvivrebbero! Non è …-
-E rinunciare ai poteri divinatori di tutte le mie Veggenti? No, mai!- Esplose l’Imperatore.
-Un piccolo prezzo da pagare … Per creare il sigillo occorre sacrificare i nostri poteri …- Mormorò la semi Divinità, intimidita.
-Ho trovato un modo migliore.- Disse il dio. -Non piacevole, ma meno dannoso.-
-E quale sarebbe, maledetto vecchiaccio?!- Ringhiò Konzen, gli occhi sprigionanti fulmini di odio. Kaede cominciò a tremare. Aveva compreso.
-Voi … Non potete averlo fatto … No …-
-Che cos’ha fatto? A che diavolo ti stai riferendo!!!- Esplose il biondo. Kaede cadde in ginocchio, mentre le lacrime gli riempivano gli occhi.
-Ha … Compensato la mancanza di potere della quinta Veggente … Con la vita della altre quattro. Le ha mandate a morire …- Il viso di Konzen si trasformò in una maschera cerulea. Tempou e Kenren finirono coi loro inutili tentativi di forzatura della porta. Solo Goku continuò il suo lavoro, sordo alle parole di Kaede, che fissava con occhi colmi di lacrime il suo sovrano. -Anche la piccola Ayumi … Ed è solo una bambina!!!- L’Imperatore resse lo sguardo accusatore della semi Divinità con una freddezza inumana.
-Bastava che mi restasse una sola Veggente. Le altre erano pedine sacrificabili.- Konzen strinse i pugni.
-“Pedine sacrificabili”? Come diavolo ti permetti, vecchio?- Una serie d’immagini passarono davanti alle iridi viola della divinità. Akane che lo sfotteva in ogni modo. Goku e Ayumi pieni di cerotti dopo averne combinata una delle loro. Kaori che si prodigava nel preparare un pranzetto per tutti loro, con la supervisione di Tempou. Sorame che freddava i bollenti spiriti di Kenren, puntandogli la spada ai gioielli di famiglia. Ricordi. Vicini, eppure in quel momento così lontani. L’Imperatore non si impressionò neppure per un istante.
-È come una partita a scacchi. Per salvare la regina, devi sacrificare qualcosa.-
-Perché … Perché non ha mandato anche me?- Chiese Kaede con un filo di voce.
-Mia cara … Sei stata al mio fianco per così tanto tempo … Perché mai avrei dovuto rinunciare ai tuoi servigi proprio ora?- Konzen stava per attaccare il vecchio, quando Goku lo chiamò a gran voce.
-KONZEN!!! LA PORTA!!! SI STA APRENDO!!!-
-Non troverai altro che cadaveri, Konzen.- Lo avvertì l’Imperatore. Ma il biondino non stette ad ascoltare, ed entrò per primo nella stanza del Tempo e del Sigillo. Con lui entrò Kenren, mentre Tempou tratteneva Goku.
Quello che le due divinità videro li lasciarono impietriti. Dall’orrore. In cerchio attorno ad un piedistallo, stavano i corpi senza vita delle quattro sorelle Veggenti. Sopra al piedistallo, il risultato delle loro fatiche. Un libro fluttuante, dalle rifiniture argentee, con una chiave. Il potere che emanavano era forte.
Kenren si precipitò in lacrime verso Sorame, ignorando ogni etica militare. Konzen era come in trance. I suoi occhi erano fissi sul volto cereo di Akane, che ancora teneva per mano la piccola Ayumi. Goku si divincolò dalla presa di Tempou, ed entrò. Fu come se il mondo crollasse sotto i suoi piedi di bambino, così abituato a vederlo come un immenso parco giochi, dove la morte non era neppure considerata. Rimase fermo, immobile, troppo scioccato per fare qualunque cosa che non fosse piangere e gridare.
Tempou si diresse verso Kaori, il dolore impresso nelle iridi verdi. Ci vollero alcuni minuti. Poi i quattro uscirono dalla stanza. Goku teneva in mano la bambola di Ayumi. Konzen e gli altri una parte del proprio cuore.
Sfilarono sotto gli occhi sbarrati di Kaede e quelli freddi dell’Imperatore Celeste, senza degnare il sovrano di una sola occhiata. Fuori dal palazzo, Nataku li raggiunse, scombussolato. In qualche modo era riuscito ad arrivare prima dalla sua missione. Vari tagli ed escoriazioni gli coprivano il volto.
-Goku che è successo? Ayumi …- Non finì la frase. La presenza di Pao Chan tra le braccia dell’amico, ed i suoi occhi gonfi di lacrime, erano una risposta più che sufficiente. Il giovane principe della guerra cominciò a tremare. -Oh, no … No, no, no, NO!!!- Prima ancora che le prime lacrime potessero scendergli dagli occhi, Goku gli aveva teso la bambola di pezza. Un messaggio silenzioso, ma forte. Come solo i gesti più spontanei potevano esserlo.
-P … penso che … la terrai meglio di me … io … sono troppo maldestro … potrei rovinarla …-

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Non v’era stata cerimonia. Non v’era stata sepoltura. Perché nel Tenkai, la morte non doveva esistere. Oppure le Divinità avrebbero dovuto ammettere la propria fragilità. Come quella degli Uomini o dei Demoni. Nel regno dell’Imperatore Celeste, non doveva esistere la fragilità. Per lui e la sua corte, semplicemente, le quattro giovani semi Divinità non erano mai esistite.
Ma per alcuni abitanti di quel mondo, le quattro fanciulle erano esistite eccome, ed avevano vissuto, avevano gioito, avevano pianto.
Di tacito accordo, senza che nessuno avesse detto nulla, Konzen, Tempou, Kenren, Goku e Nataku si erano riuniti nel bosco di ciliegi perennemente in fiore. Nella stessa radura in cui i due bambini si incontravano con la loro amichetta scomparsa. Un luogo diventato improvvisamente, da ludico, sacro. Nataku strinse più forte Pao Chan. Aveva chiesto più volte a Goku se non volesse tenerla lui. Ma l’eretico aveva sempre rifiutato.
“Penso che la terrai meglio di me …”
Era stata la motivazione. Nataku promise a sé stesso che l’avrebbe sempre tenuta al suo fianco. Guardò i piccoli tumuli di pietra che i tre adulti avevano costruito. Uno per ognuna delle semi Divinità morte. Una specie di tomba, un simbolo per impedire a sé stessi di dimenticarle, come aveva fatto l’intero Tenkai.
Goku tirò una manica a Konzen.
-Konzen … Mi mancano tanto …- Con un gesto, tanto improvviso quanto strano per la sua persona, Konzen posò la mano sul capo del bambino, in una ruvida carezza.
-Non fare il triste. Un giorno le rincontreremo. Non so quando, non so come … Ma le rincontreremo, puoi starne certo.- Goku tirò sul col naso, ed annuì. Se Konzen lo diceva, allora doveva essere vero. Nataku guardò il suo amico. Le iridi dorate scintillavano di fiducia. Guardò anche la bambola che teneva in braccio. All’improvviso volle crederci. Con tutto sé stesso. Avrebbe aspettato quel giorno in cui sarebbero stati di nuovo tutti quanti assieme. Avrebbe conservato Pao Chan fino a quando non avesse rivisto Ayumi per restituirgliela.

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Poco distante, nascosta dietro un albero, Kaede guardava quella sorta di silenzioso funerale. Era sfibrata. In meno di una giornata, era rimasta l’unica semi Divinità Veggente del Tenkai. E sarebbe anche stata l’ultima.
-Sei sicura di ciò che farai?- Kanzeon Botatsu era spuntata alle sue spalle. Nessun sorriso ad illuminarle il volto.
-Sicurissima.- Fece Kaede, mentre distoglieva lo sguardo dal gruppetto di ragazzi. -Non posso più stare qui, amica mia, lo sai.-
-Sarà triste qui, senza di te.-
-Non più di adesso.- Rise la Veggente, scostandosi una ciocca di capelli dal volto. -Andrò a Gaya. Lì non sarò più nulla. Né semi Divinità né Veggente. Solo una donna umana. Porterò con me la Chiave ed il libro. E l’Imperatore avrà perso su tutta la linea.-
-Capisco.- Fece la Divinità della misericordia. -In tal caso, non posso che augurarti buona fortuna.-
-Grazie Kanzeon. Addio.- Botatsu rimase a guardare Kaede allontanarsi. Quella era l’ultima volta che vide Kaede, l’Ultima semi Divinità Veggente del Tenkai.

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-Gli altri disordini che accaddero dopo li conosciamo bene. Tu più di me. La Veggente andò a vivere su Gaya, il mondo ove la magia non poteva esistere, e divenne umana. La progenie di Kaede ereditò i suoi stessi poteri divinatori, saltando una generazione sì ed una no. E per cinquecento anni, l’Imperatore chiamò a sé l’erede di tali poteri, per prevenire altri disordini.- Concluse Kanzeon. Il volto di Nataku non cambiò neppure allora. La divinità non vi fece caso. Prese una bambola sistemata dietro il trono, e la mise in braccio al principe guerriero.
-Forse presto potrai restituirla alla sua proprietaria …- Un lungo luccichio passò sulle iridi dorate di Nataku.

-Fine capitolo 15-

Uao! Ho finito la parte legata al Tenkai … Spero che le cose fossero abbastanza chiare … dal prossimo capitolo riprenderò a parlare del presente, prometto. Vi dirò che fine ha fatto Caleb ed il viaggio riprenderà. Volevo ringraziare Lav_92 per aver commentato lo scorso capitolo … Attendo suggerimenti, commenti, critiche. Gli insulti verranno rispediti indietro ;-P
Scherzi a parte, scrivetemi!!!
Ciao ciao
Will

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Capitolo 16
*** Un quadro difficile. ***


cap16 Tanto per cominciare … grazie come sempre a Lav_92, ormai commentatrice fissa ^_^ cara, tra un po’ mi toccherà darti uno stipendio fisso … XD
Scherzi a parte … siamo tornati al presente e a Caleb. Per un po’ di tempo Kanzeon resterà fuori dalla storia, ma devo dire che mi è stata davvero utile come narratrice. Questo personaggio è davvero un jolly … e poi non so che farci, la adoro! ^^
Bhe, ora vi lascio alla lettura … e se siete così buoni da farmi sapere che ne pensate, e se avete suggerimenti, mi fareste un doppio piacere!^_^
A voi!

Capitolo 16
-Un quadro difficile-

-Dimmi solo perché no.- Sanzo era più seccato del solito. Lara sospirò, esasperata dalla testaccia dura del bonzo. Da quando avevano trovato Caleb, più morto che vivo, Sanzo non aveva mai messo via la pistola. Anche quando, con l’aiuto di Hakkai e Martha, Lara aveva prestato i primi soccorsi al demone. E pure in quel momento, che il ragazzo dai capelli argentei era stato bendato e sistemato su un letto, il bonzo continuava a sventolare la sua S&W, impaziente di sparare.
-Sei duro di comprendonio, prete! Lui ci serve vivo. Me lo dici come fa a darci le informazioni che vogliamo, se lo uccidi? E poi guardalo bene! È già più di là che di qua!-
-IO NON SONO UN PRETE!!!-
-Va bene, frate …- Sanzo stava per spostare i suoi intenti omicidi da Caleb a Lara, quando Hakkai decise di fare da paciere.
-Sanzo, Lara non ha tutti i torti … Lui può darci molte informazioni. Per esempio chi vuole uccidere le ragazze. Oppure dove possiamo trovare il Tempio di Giada …- Sbuffando, il bonzo uscì dalla stanza, imprecando per ogni dove. Con un sospiro di rassegnazione collettivo, Lara, Hakkai e Martha si sedettero su alcune sedie malconce.
-Non lo sopporto …- Mormorò Lara, con gli occhi al cielo, stravolta.
-Benvenuta nel club …- Fece Gojyo, seguito da Nika, mentre una svolazzante Suzuki si posava sulla testa della bionda.
-Sì è svegliato?- Chiese la rossa. Martha scosse la testa.
-No … E comunque gli ho dato un sedativo. Dormirà fino a domani.-
-Capisco …- Fece Nika, prendendosi anche lei una sedia. Il suo sguardo si posò sul volto del demone addormentato. In quel momento non sembrava così pericoloso. Anzi. Non sembrava un ragazzo diverso da lei, colore dei capelli e orecchie a punta a parte. Gli pareva impossibile che fosse la stessa persona che aveva tentato di uccidere le sue cugine. Ma, lei lo sapeva bene, le persone appaiono molto diverse da quel che sono, quando dormono. Lo aveva provato sulla sua pelle …
-Allora, Gaia è ancora con Goku?- Chiese Lara, interrompendo il filo dei pensieri di Nika. Gojyo rispose in sua vece, fissando malinconico un pacchetto di sigarette vuoto.
-Sì. Lei e la scimmia sono ancora nell’altra stanza, e non credo che ne usciranno presto. La piccola sembrava sconvolta …-
-Non me ne stupisco.- Fece Hakkai, sistemandosi il monocolo. -Sì è trovata davanti la persona che ha cercato di ucciderla. Ne ha tutto il diritto.- I presenti annuirono.
Per tutto il resto della notte, e buona parte del giorno seguente, a turno, Lara, Martha e Nika, scortate da Hakkai e Gojyo, si diedero il cambio al capezzale del demone.
A metà mattinata, Lara si offrì di dare il cambio a Nika, che ringraziò, tra uno sbadiglio e l’altro. La bionda prese una sedia e vi si sedette a cavalcioni. Passarono alcuni minuti.
-Guarda che lo so benissimo che sei lì dietro, prete …- Con un grugnito, Sanzo uscì dal suo nascondiglio dietro la porta e si avvicinò.
-Non. Sono. Un. Prete.- Puntualizzò. Lara fece un’alzata di spalla.
-Cambia qualcosa?-
-Non molto.- Rispose il bonzo, dopo qualche istante di riflessione.
-Capito.- Rimasero così. Lara seduta a vigilare su Caleb, e Sanzo appoggiato al muro a vigilare su Lara e Caleb.

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In un’altra stanza, Gaia si era rannicchiata su sé stessa. Si era messa una coperta in testa, come a cercare di nascondersi dal resto del mondo. Goku, a pochi passi da lei, non sapeva che fare. Da quando Lara e Sanzo avevano portato il tipo dai capelli argentei, la sua amica non sembrava più volerne sapere di uscire da quella stanza.
Hakuryu e Suzuki, rannicchiati in un angolo, pigolavano piano, risentiti da quell’atmosfera.
-Gaia?- Goku tentò di chiamare l’amica, ma fu come se l’atmosfera pesante della stanza risucchiasse ogni parola. Non ottenendo risposta, il demone si avvicinò alla ragazza, e, senza dire una sola parole, le cinse le spalle con un braccio.
-È lui.- Mormorò Gaia. -È quello che ha cercato di farmi fuori …-
-Sì, lo so. L’ho riconosciuto anch‘io.- La mora si rannicchiò di più contro Goku.
-Ho paura.-
-Bhe … è normale. Quello ha cercato di farti fuori …- Cercò di consolarla il ragazzo. Gaia si lasciò scappare un lieve singhiozzo.
-Sono … sono proprio un essere inutile!-
-Ma no, che dici …-
-Guarda mia sorella! E le mie cugine! Loro si danno da fare, non si spaventano di fronte a niente! Mentre io mi nascondo come un topo!- Quasi urlò Gaia, alzando di scatto gli occhi acquamarina su quelli di Goku. Rimasero a fissarsi per qualche istante, poi Gaia riabbassò lo sguardo. -Io … Non voglio essere un peso …- Mormorò alla fine. Goku rimase pensieroso per un po’. Poi alla fine disse.
-Potresti … Potresti sempre imparare a combattere …- Gaia lo fissò a lungo. Poi scosse la testa.
-Non credo di essere adatta …-
-Avanti! Un po’ d’allenamento, e ti prometto che diventerai fortissima!!!- Gli occhi dorati del ragazzo scintillavano, mentre già si vedeva nei panni di “sensei”. Gaia scosse il capo.
-No. Non credo proprio … però …-
-Però cosa?- Domandò Goku, sgonfiato di tutto il suo entusiasmo. Gli occhi acquamarina di Gaia scintillarono diabolicamente.
-Dimmi, Goku: qual è quell’arma mortale, che anche chi non ha una grande forza fisica può usare, a patto di avere una discreta mira?-

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Caleb si risvegliò solo a mezzogiorno passato. Dapprima si guardò attorno, spaesato. Poi, non appena i suoi occhi misero a fuoco i volti di Lara e Sanzo, il suo volto si fece di pietra. Non un solo sibilo uscì dalle sue labbra. Ed anche quando Martha e Nika irruppero, iniziando ufficialmente l’interrogatorio, il demone rimase in silenzio.
Nika aveva esaurito tutto il suo repertorio da sbirro, quando Lara pose la sua prima domanda.
-Ti chiami Caleb, giusto?- Il demone parve sorpreso. Lara sorrise. -Ti chiedi come faccio a sapere il tuo nome? Era inciso su una medaglietta che avevi al collo.- Un momento di silenzio. Lara mostrò l’oggetto. Martha glielo aveva tolto quando lo aveva bendato. Era ricoperto di sangue, esattamente come gli abiti del demone. -Tu non c’entri con quello che è successo qui, vero?- Gli occhi di Caleb si strinsero in due fessure, nel tentativo di ricordare.
-La carneficina. Le case bruciate.- Gli suggerì Nika. Ormai aveva capito la tattica della cugina. Le domande dirette erano inutili. Al ricordo, gli occhi del demone si spalancarono di colpo. Digrignò i denti, mentre dalla gola gli usciva un ringhio soffocato.
-Quei … maledetti bastardi …- Una mano si strinse attorno alla coperta. Sanzo Gojyo e Hakkai, a pochi passi dalle ragazze, fecero intervenire, ma Lara li fermò.
-Non è il caso. Abbiamo sentito abbastanza.- Senza aggiungere altro, i sei ragazzi uscirono dalla stanza, lasciando Caleb da solo.
-A cosa è servita, allora, questa pagliacciata?- Ringhiò Sanzo.
-Intanto, abbiamo capito che Caleb non c’entra con la carneficina.- Fece Nika. -Si capiva dallo sguardo. E forse sa anche chi è stato.-
-E forse aveva un qualche legame coi demoni di qui. Anzi, sono sicura che sia venuto qui in cerca di aiuto per le sue ferite … e poi si vede dalla reazione. Ha sete di vendetta. La sua rabbia è per la morte di questa gente.- Aggiunse Lara. L‘istinto da sbirro che la faceva da padrone. -Anche se non credo che ci dirà molto altro …-
-Bhe … Qualunque sia la verità, temo che dovremo comunque partire al più presto. Abbiamo quasi esaurito le provviste, ed il prossimo villaggio non è a più di mezza giornata di viaggio da qui.- Informò Hakkai. Nika lo interruppe.
-Ed il nostro prigioniero? Non è che sia proprio fresco come una rosa …- Martha ci pensò su qualche istante.
-Ho controllato le sue ferite. Guarisce in fretta, e sono quasi tutte rimarginate. Mi preoccupa un po’ quella al ventre, che potrebbe riaprirsi. Ma, se non gli facciamo prendere degli scossoni eccessivi, lo possiamo portare anche in capo la mondo.-
-Hey! Un momento, fermi tutti! Mi sembra che qui ci sia qualcosa che non quadra … per caso avete intenzione di portarvi dietro quel pazzo omicida?!?- Spuntò fuori Gojyo. Nika, Martha e Lara lo guardarono.
-Certo!-
-Ci mancherebbe …-
-Ovvio!- Il rosso, esasperato si rivolse ad Hakkai.
-Hakkai, dimmi che è uno scherzo …- Il demone dagli occhi verdi scosse il capo.
-Bhe … mica possiamo lasciarlo qui, ti pare?-
-Bonzo?- Mormorò il kappa supplichevole, rivolto a Sanzo, che per tutta risposta fece un’alzata di spalle.
-Non me lo lasciano uccidere …-
-MA DICO, SIAMO DIVENTATI PAZZI!?!?- Urlò Gojyo, al limite di una crisi di nervi.
-Senti. Neanche a me fa piacere, però così lo possiamo tenere d’occhio, e magari, con un po’ di fortuna, gli tiriamo fuori anche tutto quello che ci serve. E se solo fa un passo falso, cosa che spero ardentemente, lo faccio secco prima che se ne renda conto. Fine della storia.- Concluse il bonzo, uscendo dalla stanza. Pochi istanti dopo, fecero lo stesso anche le ragazze e Hakkai. Gojyo rimase lì, da solo e basito. Alla fine sospirò, rassegnato, e si prese una sigaretta dalla sua scorta d‘emergenza.
-Bhe, tanto, un pazzo omicida in più o in meno, che differenza fa?-

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L’indomani mattina, il gruppo di Sanzo riprese il viaggio. Caleb era stato sistemato, legato come un salame, in mezzo a Goku e Gojyo su Hakuryu. E come precauzione supplementare, Martha gli aveva somministrato una dose talmente massiccia di sedativo da far dormire anche un cavallo. Le ragazze si sistemarono su Suzuki, assieme ad una parte del bagaglio maschile.
Il tragitto fu silenzioso, e solo quando furono in vista del villaggio, la combriccola cominciò ad animarsi.
-Siamo arrivati …- Avvertì Hakkai, mentre entravano nella via principale.
-Sììììì!!! ARRIVO, OKONOMIYAKI, RAMEN, POLPETTE, BRACIOLE …- Goku cominciò a saltellare impaziente sull’auto, sfoderando un’inaspettata conoscenza di nomi di cibi, almeno finché Sanzo non lo spiaccicò sul sedile con un colpo di harisen.
-STAI ZITTO, MALEDETTO ANIMALE!!!- Hakkai ignorò, ormai rassegnato, le occhiate preoccupate che gli abitanti del villaggio lanciavano al gruppetto. Nell’auto dietro, Nika si guardava attorno febbrilmente, incantata dai numerosi banchi che affollavano i lati della strada.
-Guardate! C’è mercato!- Poi si rivolse a Lara, sfoderando un paio di occhioni stile shojo manga. -Facciamo shopping?-
BONK!!! La risposta della biondina fu chiara, breve e concisa. Un bernoccolo si formò sul capo della rossa, che cominciò a brontolare come una caffettiera. -Bastava dire no …-
-Altre proposte idiote?- Sibilò Lara, lasciando scorrere lo sguardo su Martha e Gaia. La risposta fu scontatamente negativa.
Alla prima locanda che trovarono sulla loro strada, il gruppo si fermò. Solo dopo aver sistemato a dovere il loro prigioniero, ed aver deciso i turni di guardia, i ragazzi si concedettero un momento di tregua. Martha e Hakkai avrebbero fatto il primo turno.
La mora aveva già preparato il necessario per fare le medicazioni, quando Gaia e Goku la salutarono.
-Ciao. Dove andate di bello?- Gaia fece un cenno vago.
-In giro …-
-A comprare una pist … UMPH!!!- Prima che Goku potesse finire la frase, Gaia gli aveva tappato la bocca. Poi, sfoderando un sorriso che più finto solo una Barbie, la morettina salutò.
-Bhe … allora ciao, Martha. Ci vediamo dopo!- E senza dare il tempo alla cugina di ribattere anche solo una sillaba, i due ragazzi sparirono dalla porta.
Martha sospirò. Non aveva bisogno di avere visioni, per capire che quei due stavano per combinare qualcosa …

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-Ma volevi farci scoprire?- Sibilò Gaia, mentre trascinava Goku per le vie affollate del villaggio.
-Mi è scappato …- Brontolò il demone, offeso. Gaia lasciò perdere il discorso, ma solo perché erano arrivati a destinazione. Gaia aveva notato il negozio mentre passavano in auto. Piccolo, con la merce esposta nelle vetrine luccicanti, ben curate. La ragazza trattenne il fiato, estasiata: non aveva mai visto un’armeria così bella …

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Gojyo bussò educatamente alla porta.
-Hey. È permesso?- la voce di Nika arrivò nitida, nonostante lo spessore del legno.
-Vieni pure …- Sicuro di sé, il mezzo demone entrò. E per poco non si prese un infarto. Nika se ne stava, tranquilla, seduta sul letto, con la pistola tesa davanti a sé. Poi l’abbassò, e riprese a pulirla, senza notare lo sbiancamento del rossino.
-Tu … tu …-
-Che hai? Sembri un citofono …- Fece Nika, mentre Gojyo si dava da fare per completare la frase.
-Tu non hai rispetto per il mio povero cuore!- La rossa piegò la testa da una parte, smettendo di lavorare sulla pistola.
-Eh?-
-Passo più della metà del mio tempo a scansare pallottole! Non puoi puntarmi una pistola quando entro in camera tua! È … è spaventoso, ecco!-
-Ma mica volevo spararti …- Nika sfoderò lo sguardo più innocente che conosceva. Gojyo si passò una mano sul volto, esasperato.
-Ci rinuncio …- Si lasciò cadere su una poltroncina, mentre la ragazza terminava di sistemare la sua pistola. Gojyo notò che era diversa da quella di Lara. Più grande. Probabilmente conteneva anche più proiettili. Ma non era del tutto automatica.
-Bella pistola.- Commentò. Nika fece un mezzo sorriso.
-È una Glock. Più pesante delle altre, ma molto più potente.- Gojyo sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena. Anche se non era la S&W del bonzo, ormai il suo cervello era abituato a registrare ogni cosa con un grilletto ed una canna come un pericolo.
-Che carina …- Commentò con una voce un po’ tremula. Nika ebbe il buon gusto di fingere di non notarlo.
-Carina … e pericolosa. Una fredda compagna.- Gli occhi screziati di verde si rattristarono visibilmente. Gojyo se ne accorse. Ma non disse nulla. Non fece comunque in tempo, perché Nika sfoderò un sorrisone a trentadue denti.
-Allora? Andiamo?-
-Andiamo … dove?- Domandò il rosso, stupito da quel repentino cambiamento d’umore. La ragazza fece un sorriso malizioso.
-Non lo indovini?- L’espressione ebete che si disegnò sul volto del mezzo demone faceva capire che aveva capito … eccome se aveva capito …

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-Davvero ci fareste questo favore?- Martha quasi non riuscì a formulare la domanda per lo stupore. Ma Nika sorrise, sicura di sé.
-Certo! Tu e Hakkai andate a fare un giro, al prigioniero ci pensiamo noi due!- Martha lanciò un’occhiata dubbiosa a Gojyo, che se ne stava alle spalle della rossina, con un ghigno che doveva assomigliare ad un sorriso. A denti stretti, il ragazzo fece un cenno affermativo. Martha sorrise.
-Allora va bene. Vado a chiamare Hakkai e andiamo!-
-Ciao!- Cinguettò Nika, mentre entrava nella camera di Caleb. Gojyo attese un momento. Accidenti se aveva capito. Aveva capito troppo bene … che non aveva capito un cazzo!!!

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-FUORI DI QUI!!!- Un gruppo di passanti scansarono per un pelo i due proiettili umani che vennero lanciati fuori dal negozio. -E FATEVI RIVEDERE SOLO TRA ALMENO TRE ANNI!!! SCANSAFATICHE!!!- Il proprietario del negozio chiuse la porta sbattendola. Con alcuni mugolii di dolore, Goku e Gaia si rimisero in piedi.
-Vecchio bastardo …- Sibilò la ragazza, massaggiandosi il fondoschiena.
-Dovevi aspettartelo … siamo ancora minorenni …- Borbottò Goku, massaggiandosi il capo, dove troneggiava un bernoccolo luminescente.
-Tutte scuse! È che non avevamo il denaro in più per quella pistola! Altrimenti, se ne fregava, della minore età! Schifoso bastardo! Non ti si rizzasse più!-
-Chi ti ha insegnato a parlare così?- Tuonò una voce fuori campo, più furiosa che scandalizzata. Goku sbiancò alla vista di Lara, in quel momento molto simile ad una dea guerriera. Gaia non battè ciglio.
-Tu, sorellina.-
-Quanto ti ha chiesto, in più?- Chiese Sanzo, spuntato quasi dal nulla, sigaretta tra le dita e aria annoiata.
-E tu che ci fai qui, Sanzo?!- Goku era stupefatto, e passava lo sguardo dal bonzo a Lara. -E senza uccidervi …-
-Guarda che gli adulti possono anche controllarsi ogni tanto … al contrario dei mocciosi …- Fece il biondo, tirando una boccata di fumo.
-Cosa volevi insinuare?!- Ringhiò il piccolo demone, ma un colpo di harisen ben assestato lo fece tornare a più miti temperamenti. Poi il bonzo si rivolse di nuovo alla morettina.
-Comunque. Quanto voleva farti pagare?- Gaia lanciò un’occhiata all’amico, sprofondato nel terreno di qualche centimetro buono.
-Dato che eravamo minorenni, il doppio. E lui avrebbe chiuso un occhio sull’età.- Lara fischiò.
-Caruccio. Ma giusto.- Lo spirito dello sbirro venne fuori in un sol colpo, trasformando gli occhi cristallini di Lara in una lama gelida. -Il porto d’armi per i minorenni è illegale. E soprattutto molto, molto nocivo per la salute. La tua, salute.- Marcò l’ultima frase con uno scricchiolio di nocche, fissando negli occhi la sorella minore. Gaia deglutì suo malgrado. Ma perché non poteva avere una sorella normale, che al massimo minacciavano di fare la spia alla mamma?
-Comunque … che ci fate qui?- Domandò la ragazzina, cercando di lasciarsi alle spalle la conversazione.
-Tsk! Dillo a lei …- Grugnì Sanzo, indicando Lara. Questa divenne paonazza.
-Ma come! È a causa tua se sono scappati!!!-
-Chi, scusa?- Domandò educatamente Goku.
-Martha e Hakkai.- Rispose Lara, mentre lei e il monaco facevano a gara a chi lanciava l’occhiata più gelida. Gaia e Goku potevano indovinare il perché della fuga … era esattamente come stare tra due lanciafiamme. Per giunta entrambi armati di pistola. Alla fine, con un grugnito seccato, Sanzo lasciò cadere la questione.
-Sai almeno usarla, una pistola?- Gaia ci mise qualche istante per capire che il bonzo stava parlando con lei.
-Bhe … in effetti no …-
-Capisco …- Fece il bonzo, tirando una boccata di fumo. -Vorrà dire che ti darò qualche lezione.- Lara gli si parò davanti, minacciosa.
-Scordatelo!-
-E perché?-
-Non insegnerai a mia sorella come diventare una pistolera psicotica!!!- Sanzo la fissò a lungo.
-Paura che diventi come te?- Lara dovette far ricorso a tutto il suo buon senso per non uccidere il biondo sull’istante. Poi un sorriso bastardo le piegò le labbra.
-E va bene. Provaci pure. Ma voglio proprio vedere se sopravvivrai …- Improvvisamente Sanzo non si sentì più tanto sicuro. L’espressione della ragazza non gli piaceva proprio per niente. E quel sorrisetto … gatta ci covava … Ma non aveva alcuna intenzione di darle una soddisfazione.
-Molto bene. Allora andiamo.- Gaia e Goku cominciarono a saltellare, felici come pasque, mentre Lara assaporava già la sua vendetta … c’era un motivo, per cui a Gaia non faceva mai tenere in mano neanche una pistola ad acqua …

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-Hanno già iniziato?- Chiese Gojyo, mentre Nika guardava curiosa fuori dalla finestra. Nel parchetto lì sotto, lontano dalla strada e da possibili vittime, Sanzo, Goku e Gaia, sorvegliati a distanza da Lara, stavano preparando un piccolo poligono di tiro, con bottiglie messe in fila su un muretto.
-Non ancora. Ma quando sentirai gridare, vorrà dire che hanno iniziato.- Gojyo preferì non indagare sul significato di quelle parole. Lanciò un’occhiata di sbieco a Caleb, che se ne stava ancora nel letto, all’apparenza tranquillamente addormentato.
-Senti … prima mi è sembrato che avessi detto una cosa strana … insomma, hai fatto una faccia …- Nika inarcò un sopracciglio, confusa.
-Quando?- Gojyo si grattò il capo, imbarazzato. Non era abituato a fare il sensibile.
-Prima, mentre parlavi della pistola … so che non sono affari miei, ma …- Nika fece cenno di non preoccuparsi.
-No, tutto a posto. Solo una brutta storia. Tutto lì …-
-Ti andrebbe di raccontarmela?- Il mezzo demone si stupì da solo della propria curiosità. Nika si accese una sigaretta. Prese un paio di boccate, prima di rispondere.
-E perché no? In fondo, non abbiamo di meglio da fare.- Gojyo in realtà aveva in mente un ‘altra attività, ben più piacevole in testa, ma non osò dar fiato ai suoi pensieri. Non davanti ad una donna armata e decisamente avezza all’uso delle pistole.
Nika si sedette, ed una volta messasi comoda, iniziò il suo racconto.
àÈ successo tutto un po’ di tempo fa. Come ti ho già detto, sono una poliziotta, e la storia inizia quando ho finito l’accademia. Ero da poco stata messa in coppia con Kurt, un brav’uomo di mezz’età, che mi avrebbe fatto da mentore. Allora mi piaceva andare alle feste, ed una sera avevo conosciuto un tipo. Un bel ragazzo, gentile, romantico. Sembrava uscito da qualcuno di quegli assurdi telefilm romantici, da quanto era perfetto. Ed insomma, dopo qualche appuntamento, ci siamo messi insieme.- Gli occhi verdi della rossa si strinsero in due fessure. -Al diavolo. Avrei dovuto capirlo che uno così perfetto doveva essere troppo strano, per essere vero. Ma mi ero presa proprio una bella sbandata, e non ragionavo molto bene. Comunque, siamo stati insieme per un bel po’. Sembrava una storia seria. Poi, una sera, mentre stavo di pattuglia con Kurt, ci è arrivata la segnalazione di una rapina in banca. Ovviamente siamo corsi sul posto.
Quando siamo arrivati, due rapinatori stavano caricando il bottino in macchina. Li avevamo presi con le mani nel sacco. Uno si arrese subito. Ma l’altro cercò di scappare. Ci sparò addosso, e se la diede a gambe a piedi.-
-E cos’avete fatto?-
-Lo abbiamo inseguito. E lo abbiamo incastrato in un vicolo cieco. Aveva accennato ad arrendersi. Così ci siamo avvicinati, abbassando la pistola. Ma era solo un trucco. Voleva solo che abbassassimo le pistole. Appena ci avvicinammo, tirò fuori la sua  arma, il bastardo, e sparò a sangue freddo a Kurt.- Nika strinse le palpebre. Gli occhi divennero una sottile scheggia verde. -Risposi al fuoco. E lo beccai. Cadde a terra come uno straccio. Mi avvicinai e gli tolsi il passamontagna. Avrei voluto urlare, quando vidi il suo volto. Era il mio tipo da sogno. Fu come se il mondo mi si frantumasse sotto i piedi. Il mio principe azzurro, il ragazzo così perfetto da non sembrare reale … in effetti non lo era. Era solo un ladro bastardo, che aveva sparato a Kurt, e se non fossi stata più veloce di lui, anche a me.- Un silenzio di tomba si posò sulla stanza. Gojyo, come poche volte gli era capitato in via sua, non sapeva che dire. Nika si era chiusa nel silenzio. Lo sguardo basso, in un modo che le ciocche ribelli della fronte le nascondevano gli occhi.
L’aria nella stanza era diventata improvvisamente pesante, nonostante la finestra aperta. Gojyo si sentiva da schifo. Aveva fatto riaffiorare una brutta ferita, e solo per uno stupido schizzo di curiosità. In un momento simile, non gli sarebbe dispiaciuto che il Pelato lo prendesse a colpi di harisen. Se lo sarebbe meritato.
Si passò una mano tra i capelli rossi. Ma che diavolo stava pensando?! Di colpi da quel dannato bonzo ne prendeva anche troppi! Era quel silenzio teso che lo stava facendo sragionare.
-A-ehm, senti …- Cercò di schiarirsi la voce, avvicinandosi a Nika. Ma questa sembrava non averlo neppure sentito. Era ancora immobile, con lo sguardo basso. Lanciandosi un’ulteriore maledizione mentale, le si avvicinò ulteriormente. -… mi dispiace di averti fatto tornare in mente brutti ricordi …- Ancora nessuna risposta. -Ma mi stai ascoltando?!- Ringhiò con una venuzza in rilievo sulla tempia. Indeciso tra l’incazzarsi come una iena per il totale menefreghismo della rossina, o preoccuparsi seriamente, fece per metterle una mano sulla spalla, ma un grido li fece sobbalzare entrambi.
-Ma che diav …- Gli occhi verdissimi di Nika spalancati dalla sorpresa.
-Veniva da fuori!- Fece Gojyo, schizzando a vedere dalla finestra. Subito Nika lo raggiunse. Ciò che videro fece scendere copiosi una serie di goccioloni dalle loro nuche.
-Dovevo aspettarmelo …- Sospirò la rossina, rassegnata.

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Goku se ne stava seduto con la schiena appoggiata al muro dell‘edificio, gli occhi fuori dalle orbite e più tremante di una foglia. Appena tre centimetri sopra la sua testa, il foro di un proiettile. Davanti a lui, a qualche metro di distanza, Gaia teneva in mano la pistola fumante, con uno sguardo stile ho-davvero-fatto-io-questo? Sanzo, alle sue spalle, dopo qualche istante di smarrimento, tirò fuori il suo harisen. Lo schiocco che fece sulla testa della ragazzina arrivò distintamente alle orecchie di Gojyo e Nika.
-LA PISTOLA DEVI PUNTARLA DALL’ALTRA PARTE!!! SULLE BOTTIGLIE!!! NON SULLA SCIMMIA!!! MALEDETTA MOCCIOSA!!! E TU COSA RIDI!!!- Lara, poco dietro il maestro e l’allieva, si stava tenendo la pancia dal ridere.
-Io ti avevo avvertito.- Fece, in un momento di autocontrollo, per poi riprendere a sganasciarsi. Sanzo, con il viso ridotto ad un unico vaso sanguigno, scaricò la sua frustrazione su qualunque cosa si trovasse nei paraggi, a portata di harisen. Compresi Gaia e Goku.
-Hey!!! Sono ferita!- Cercò di lamentarsi la brunetta, tenendosi la testa fasciata.
-Ed io che c’entro!? È lei che ha sparato!!!- Fece Goku. Per tutta risposta ad entrambi arrivò un altro fendente.
-ZITTI O VI AMMAZZO DAVVERO!!!-

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Rassegnati alla scena, Gojyo e Nika si allontanarono dalla finestra.
-Dì, ma davvero quello è un monaco?- Chiese la ragazza, riferendosi a Sanzo, pur indovinando già la risposta.
-Purtroppo sì. Ed è anche un pezzo grosso.- Rispose il Kappa grattandosi la testa. -Ma non chiedermi come sia possibile che tra tutti i brav’uomini che esistano, sia stato scelto proprio lui …-
-Forse perché ha una forte personalità …- Fece Hakkai, aprendo la porta. Sulle labbra il solito sorriso, gentile ed educato. -Scusate se irrompo così, ma è ora di cambiare le bende al nostro ospite/prigioniero …-
-Siamo venuti a darvi il cambio.- Continuò Martha, entrando a sua volta nella stanza. Nika sorrise alla sorella.
-Era quasi ora! Dove siete stati per tutto questo tempo?-
-A fare provviste ed a raccogliere qualche informazione.- Rispose Hakkai, prendendo alcune bende e medicinali da una borsa. Lo sguardo di Gojyo si fece improvvisamente serio.
-Scoperto nulla sui demoni che abbiamo trovato?- Il demone dagli occhi verdi scosse il capo.
-Non molto, purtroppo. Nessuno qui sapeva dell’esistenza di quel villaggio di demoni. Solo qualche voce su un gruppo rintanatosi nei dintorni, ma dato che non davano fastidi di alcun genere, nessuno si è mai interessato più di tanto. E comunque, risalgono a molti anni fa. Ben prima che i demoni cominciassero a perdere il loro “Io“. La gente di qui considera queste voci come una leggenda. La barriera di Kogaiji, probabilmente, impediva a chiunque di incappare nel villaggio.-
-E sui mercenari?- Domandò Nika, a cui premeva molto di più. Hakkai sospirò, la delusione fatta a persona.
-Nulla di nulla. Da queste parti in effetti c’era un gruppo di mercenari demoni senza scrupoli, ma ho trovato solo conferme a quanto ci ha detto Kogaiji. Sono stati trovati tutti morti, uccisi, non più di tre mesi fa.-
-Ma c‘è qualche voce.- Aggiunse Martha. -Portata dagli abitanti dei villaggi vicini. Sembra che in giro ci sia un nuovo gruppo di demoni, molto feroci, che hanno fatto parecchi danni. Ma non ci sono molte conferme … da come ne parlano, sembravo più spettri che demoni.-
-Forse vogliono impossessarsi del territorio dei demoni mercenari uccisi.- Ipotizzò Nika. La mente da sbirro al lavoro. -Forse sono stati proprio loro ad ucciderli. Sì, insomma, come in una guerra tra bande.-
-Tutto è possibile.- Fece Gojyo, alzando le braccia. -I particolari non c’interessano. L’importante è che non ci diano fastidi. Tanto …- Gli occhi rossi del mezzo demone si strinsero in due fessure. -Se Kogaiji è sulle loro tracce, non vivranno a lungo.-
-Più che vero.- Annuì Hakkai. La voglia di vendetta del principe demone era più che sufficiente. Ma dopo lo spettacolo che si erano trovati davanti, i membri del gruppo di Sanzo non riuscivano a non provare un forte risentimento. Per qualche istante i quattro giovani rimasero in silenzio. Poi Nika cominciò a stiracchiarsi.
-Peccato che tutto ciò non ci dica niente di utile sulla nostra situazione o sul nostro amico.- Con un cenno del capo indicò Caleb, ancora addormentato sotto gli effetti dei farmaci. -Quindi, visto che ora ci pensate tu e Hakkai a lui, cara sorellina, io e Gojyo ce ne andiamo a fare un giro tra le bancarelle!- Cinguettò, dando una pacca sulle spalle di Martha, che sospirò rassegnata. Quando mai sua sorella dimenticava lo shopping? Con un paio di saluti gioiosi, le due teste rosse se ne andarono, chiudendosi la porta alle spalle.
Non appena i passi della coppia non furono più a portata di udito, Hakkai si voltò verso la figura immobile di Caleb.
-Sono usciti. Può anche smettere di fingere di dormire, se vuole.- Lentamente, il ragazzo dai capelli argentati aprì gli occhi, e fissò il demone moro. Nessuna espressione trapelò dalle iridi dorate. Né stupore, né paura. Ma neanche rabbia od odio. Solo l’indifferenza più totale.
Martha sorrise rassicurante, tendendogli la mano.
-Noi non ci siamo ancora presentati. Io sono Martha.-
-Io Cho Hakkai.- La imitò l’uomo dagli occhi verdi. Caleb non reagì. Li fissò per qualche istante, per poi voltarsi dall’altra parte.
-So chi è lei. È una di Quelle. Mentre lui è un demone.- Chiuse gli occhi. -Uno dei pochi a non aver perso il controllo, vedo.- Hakkai strinse impercettibilmente le labbra.
-Ne sa di cose, vedo …- Caleb si girò di nuovo, gli occhi dorati fissi in quelli di giada dell’uomo.
-Ho solo un buon fiuto. Tutto qui. Hai lo stesso odore di un demone, ma non sai di rabbia e violenza, come i demoni che hanno perso l’Io. Hai un odore molto simile a …- La gola gli si richiuse prima di finire la frase. Una mano poggiata sulle lenzuola tremava in maniera convulsa.
-… Simile alla gente del villaggio?- Concluse per lui Martha, prendendogli la mano. Il gesto in qualche modo calmò Caleb, che a poco a poco smise di tremare.
-Sì. È così.- Un momento di silenzio. -Era l’unico posto in cui ci trattavano da pari …-
-Sai chi può aver fatto quella carneficina?- Chiese Hakkai, piano, odiandosi per quelle parole. Caleb sembrò valutare la domanda. Gli occhi, anche se solo per un istante, scintillarono di pura furia. Poi emise un sospiro, e rispose.
-No. Non ne ho idea.- Hakkai non parve convinto. Ma non indagò oltre. Era riuscito ad avere una conversazione civile col loro “prigioniero”, e senza che questo tentasse anche una sola volta di aggredire Martha. Poteva ritenersi soddisfatto. A cavargli altre informazioni ci avrebbero pensato gli altri. Le labbra piegate in un sorriso tranquillo, rimase ad osservare Martha mentre cambiava le bende e ripuliva le ferite del ragazzo. Una calma apparente. Ogni suo muscolo pronto a scattare in caso di pericolo per la brunetta.
-Finito!- Annunciò Martha, una volta finito il suo lavoro. -Va meglio, vero?- Caleb la fissò.
-Perché fate questo?-
-Cosa?- Chiese lei, genuinamente stupita.
-Questo.- Il ragazzo dagli occhi dorati indicò il proprio corpo fasciato. -Perché mi aiutate? Il mio compito era uccidervi …-
-“Era”, appunto.- Un sorriso illuminò il volto di Martha. -Quindi non lo è più. Che motivo avremmo allora di farti del male?- E, senza aggiungere altro, lei e Hakkai uscirono dalla stanza, lasciando Caleb da solo.

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-Ci ha mentito?- Chiese Hakkai, una volta fuori dalla porta. Si era accorto che Martha non teneva la mano di Caleb solo per rassicurarlo. Le dita sensibili della ragazza erano premute sul polso, pronte a captare ogni variazione del battito, come una rudimentale macchina della verità. Si può mentire con gli occhi e con le parole, ma non con il cuore.
-Non su tutto.- Fece lei, controllando alcuni flaconi. -Ciò che diceva sulla gente del villaggio era vero. Ma per quanto riguarda gli assalitori …- Hakkai si accigliò.
-Pensi che lo sappia?-
-Perlomeno lo immagina.- Rispose Martha. -Ci ha mentito deliberatamente. Eppure quando si era svegliato, ieri, ha detto “quei bastardi“. Quindi sa chi è stato.- Poi si volse verso Il demone dagli occhi verdi. -Non avremo commesso un’imprudenza a lasciarlo da solo?-
-No. Non è nelle condizioni di fare del male a chicchessia. Né fisicamente, né mentalmente. È confuso. Ma credo che ormai abbia capito che non ha nulla da temere da noi.- Una serie di bestemmie e spari fece sapere che Sanzo aveva perso la pazienza con Gaia, e che Gojyo aveva raggiunto l’improvvisato poligono. Una gocciolona scese dal capo dei due mori. -Almeno, non da noi. Sanzo è una cosa a sé …-

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Che diavolo gli stava succedendo? Perché si era messo a parlare con loro? Che si fosse rammollito? La donna era una di Quelle. Una delle quattro che Artemius gli aveva ordinato di uccidere. Avrebbe dovuto saltarle alla gola, ucciderla, farla a pezzi. Ed invece No. Le aveva permesso di curarlo, e addirittura di tranquillizzarlo.
Una fitta al ventre.
Il ricordo di come si era procurato quella ferita.
Artemius … Che diavolo gli era preso? Perché lo aveva aggredito in quel modo?
Chiuse gli occhi. Non riconosceva più il suo capo. Da quando era diventato così spietato? Nella loro vita la violenza era stata sempre una costante, ma mai Artemius si era comportato così.
Chiuse ancora gli occhi. I dubbi, che da tempo lavoravano a corrodere la sua fede nella causa di Artemius, adesso avevano aperto una breccia. Solo qualche giorno prima, li avrebbe ricacciati indietro. Ma adesso, circondato dai suoi nemici, ferito dal suo compagno, non oppose loro alcuna resistenza.

-Fine capitolo 16-

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Capitolo 17
*** Momenti. ***


cap17 Sinceramente, non avevo idea di che titolo dare a questo capitolo. Ma, dato raccoglie alcuni simpatici momenti che approfondiscono i rapporti tra i personaggi, l’ho chiamato “momenti”. so che è banale, ma non sono per nulla brava coi titoli … chiedo scusa, e vi auguro buona lettura!

Capitolo 17
-Momenti.-

Era passata ormai una settimana. Caleb era quasi del tutto guarito, ed il gruppo di Sanzo e Co. avevano allentato la sorveglianza. Raramente andavano a controllarlo in due, e lo lasciavano anche per lunghi periodi da solo.
Da parte sua, Caleb era molto tranquillo. Neppure una volta aveva mostrato segno di aggressività, e non era raro che si lasciasse coinvolgere in qualche conversazione.
-Chi l’avrebbe mai detto?- Rise Gojyo, fuori dalla stanza con Hakkai, mentre Martha e Nika chiacchieravano allegre, durante il solito cambio delle bende. Caleb seguiva il discorso in silenzio, gli occhi dorati tranquilli e genuinamente interessati. -Non sembra davvero la belva che ci voleva far fuori qualche tempo fa …- Hakkai fece un’alzata di spalle, sorridendo come al solito.
-Probabilmente non è di natura cattiva. Forse è come quei cani che vengono costretti a combattere, ma che se messi in mano a delle brave persone possono essere recuperati …-
-Guarda che stiamo parlando di una persona …- Cercò di fargli ricordare il mezzo demone, ottenendo solo un’alzata di spalle dal moro.
-Il discorso non cambia molto. Se ad una persona, come ad un cane, insegni solo violenza, quella imparerà solo a comportarsi in maniera violenta. Ma se gli farai assaggiare il sapore degli affetti e della gentilezza, molto probabilmente ne sarà attratta. Chiunque, cane o persona, capisce che è più piacevole essere accarezzato, invece che picchiato.- Il rosso alzò le braccia in segno di resa.
-Stai facendo discorsi troppo complicati per il sottoscritto. Sarà meglio che me ne vada a fare un giro … sono a corto di sigarette.- Ed a dimostrazione delle sue parole, sventolò il pacchetto vuoto.
-Uffa! E dire che volevo chiedertene una!- Sbuffò Nika, mentre usciva dalla stanza, seguita da Martha. Gojyo sfoderò il suo sorriso più affascinante.
-I negozi sono pur sempre aperti, no?-
-Giusto! Allora valle a comprare!- Fece la rossa, causando l’affiorare di una venuzza sulla tempia del kappa.
-Non era esattamente questa la conclusione a cui volevo arrivare …-
-Poche storie! Fila! Il mio sistema circolatorio funziona a nicotina, esattamente come il tuo!- Gojyo aprì la bocca per ribattere, ma Nika gli posò un dito sulle labbra, e con voce bassa e sensuale, tanto da far rabbrividire il mezzodemone, mormorò: -Per favore!- Gli occhi venati di pagliuzze verdi, profondi e languidi della ragazza a pochi centimetri da quelli carmini di lui. Rimasto assolutamente senza parole, con la gola improvvisamente secca, e quindi impedito a ribattere, il kappa si defilò a capo chino verso l’uscita, borbottando di tanto in tanto qualcosa d’incomprensibile, in perfetto stile Sanzo.
Appena fu uscito, Nika, Martha e Hakkai scoppiarono in una risata.
-Vedo che i tuoi trucchi funzionano sempre, eh, sorellina?- Fece Martha, senza nascondere una nota di giocoso rimprovero. Nika fece un’alzata di spalle.
-Che vuoi: a volte, con gli uomini, basta un po’ di tattica e spudoratezza.-
-Spero proprio di non dover mai finire vittima delle sue tattiche …- Fece Hakkai, interiormente preoccupato. La rossa rise.
-Oh, non preoccuparti, Cho: tu sei il genere d’uomo su cui non mi sprecherei a tentarli. Non sei tipo da cascarci …- Un ghignetto le si disegnò sulle labbra. -Gojyo, invece …- Ridendo allegramente, il terzetto si avviò per le sue faccende, ignaro che dalla sua stanza, Caleb non si era perso una sola parola.
Coricato sotto le lenzuola pulite, il demone dal capelli argentei pensava. Pensava a come aveva passato gli ultimi giorni. Accantonando la rabbia, concentrandosi sul comprendere quelle persone che gli stavano attorno. Che nonostante ciò che era, lo stavano curando, con le stesse cure che avrebbero usato per uno di loro. Li aveva studiati, dapprima nel tentativo di scovare, nei loro volti e nei loro gesti, un qualche segno di odio e ribrezzo nei suoi confronti. Ma mai, neanche una volta, ne aveva vista traccia. Dapprima se ne era stupito. Aveva prestato maggiore attenzione, ai volti, alle parole, ai gesti.
Nulla. Nessuna reazione di tipo negativo verso di lui. Solo la ragazzina più giovane, Gaia, quella che aveva tentato di uccidere la prima volta, sembrava titubante. Spaventata, intimidita. Ma mai astiosa. Neanche una volta, in quegli occhi color mare, aveva visto una scintilla d’odio. Eppure era da lei che lui se ne aspettava di più. E non ne aveva visto traccia.
E lui, certo di essersi sbagliato, aveva messo ancora più attenzione della sua muta osservazione, cominciando ad interagire, partecipando alle conversazioni, cercando quasi di scuoterli.
Ma nulla. Nessuno dei suoi … come poteva definirli? Carcerieri? No. Nemici? Come poteva chiamare nemico chi si prendeva cura di lui in quel modo, come neanche i suoi compagni avevano mai fatto? Presunti Nemici? Sì. Forse questa era la definizione giusta, per quanto ridicola suonasse. Sì, nessuno dei suoi Presunti Nemici diede il minimo segno di aggressività nei suoi confronti. E più lui li osservava, li studiava, e più imparava a conoscerli. E ad apprezzarli. La cosa lo spaventava. Ma lo incuriosiva anche.
Sorrise tra sé. Rigel probabilmente si sarebbe arrabbiata, se lo avesse saputo. Aveva lasciato che il suo spirito d’osservazione prendesse il sopravvento sulle sue certezze. Si passò una mano sul ventre, dove le bende pulite, appena cambiate, ricoprivano la ferita. Il motivo scatenante della sua confusione, prima di allora sempre tenuta a bada.
Sapeva di trovarsi davanti ad un bivio: e sapeva che avrebbe dovuto fare una scelta, di lì a poco. Il vero problema era: sarebbe riuscito a capire quale strada avrebbe dovuto percorrere? La nebbia dei dubbi si sarebbe dissolta abbastanza da mostrargli la via? Chiuse gli occhi dorati, e si girò  su un fianco, dando le spalle alla finestra, e ad un cielo oscurato da grandi nubi di pioggia.

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Un fulmine illuminò la stanza. Ma il monaco non si mosse di un solo millimetro. Da quando era iniziato il temporale, si era rinchiuso nella sua stanza, senza permettere a nessuno di entrare. Non era dell’umore adatto per avere gente in giro.
Seduto sul pavimento, con la schiena appoggiata alla sponda del letto, attendeva solo che il temporale finisse. Che la pioggia, finisse.
Ricordi che con il cielo scoperto sembravano sepolti, con le lacrime delle nuvole riaffioravano, quasi beffardi, per nulla intenzionato a lasciarlo in pace.
La sigaretta mezza consumata che teneva tra le dita, versò un pezzo di cenere sul pavimento. Proprio allora, qualcuno bussò alla porta.
-Hey, Sanzo! Noi andiamo a mangiare! Vieni?- L’allegra irruenza di Goku fece solo aumentare il malumore del bonzo.
-Lasciami in pace.- Sibilò, senza rendersi conto di aver parlato a voce troppo bassa, perché il ragazzino potesse sentirlo, dall’altro lato della porta.
-Eh? Cos’hai detto? Sanzo …-
-HO DETTO DI LASCIARMI IN PACE, CHIARO, MOCCIOSO!?- Urlò il monaco, di scatto, irato. Dall’altra parte della porta ci fu qualche istante di silenzio. Poi Goku parlò di nuovo. Ogni traccia di vitalità sparita dalla voce, sostituita da una fredda rassegnazione.
-Va bene. Dirò ad Hakkai di metterti da parte qualcosa.- Sanzo non rispose. Ascoltò i passi del giovane demone sparire, per poi prendersi una boccata di fumo. La sigaretta, già moribonda, si sgretolò del tutto. Con un gesto meccanico, prese il portacenere, e vi buttò il mozzicone consumato, dove andò a fare compagnia a molti suoi simili.
La rabbia di pochi istanti prima svanita, come quella sigaretta. Non avrebbe davvero voluto reagire in quel modo. Ma era più forte di lui. I suoi stessi spettri si divertivano a torturarlo, uscendo dal suo subconscio, manovrandolo a loro piacere.
Si voltò a guardare il vetro della finestra, percorso da lacrime di pioggia. Strinse le palpebre, fino a che i suoi occhi non diventarono due sottili lame d’ametista. Lui odiava la pioggia. La odiava con tutto sé stesso. Odiava il modo in cui gli faceva tornare alla mente i ricordi, in cui liberava i demoni più oscuri del suo subconscio.
Lievissimo, quasi inaudibile tra lo scrosciare insistente della pioggia, un canto femminile arrivò all’orecchio del monaco. Impossibile comprenderne le parole, ma la melodia era perfettamente udibile. Fresca, allegra. Decisamente diversa dallo stato d’animo del biondo.
Sanzo si alzò, senza un reale motivo. Le sigarette erano appoggiate sul pavimento accanto a lui, a portata di mano. La sua schiena scricchiolò, a causa della lunga immobilità. Percorse la stanza a grandi passi, osservando il soffitto. Poi tornò a fissare la finestra. Il canto continuava, allegro come prima.
Per un momento aveva creduto di esserselo sognato. Ma adesso che era certo che quella voce non era un parto della sua mente, l’irritazione cominciò a montargli su. Con uno scatto rabbioso, aprì la finestra, e si costrinse a guardare fuori. L’intenzione era di urlarne quattro a quella sciagurata, che osava andarsene a cantare in giro con quel tempo, e, soprattutto, disturbarlo.
Le sue corde vocali erano già pronte a dare il meglio di sé, ma si bloccò prima di emettere un solo sibilo. Indifferente all’acqua che la stava bagnando, Lara guardava la pioggia cadere, pacificamente appoggiata al muro della locanda, canticchiando allegra. Una visto che stupì talmente il monaco, che ogni suo proposito battagliero andò a farsi benedire. Che diavolo ci faceva quella fastidiosa donna sotto la pioggia a cantare? Allibito, il biondo chiuse la finestra, senza avere il fiato di dire nulla.

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La pioggia continuava a scendere, inzuppandole gli abiti e i lunghi capelli biondi. Ma la cosa non le dava fastidio. Affatto. Lara amava la pioggia. Da sempre. Amava sentire l’acqua fresca scorrerle sul viso, come una doccia naturale. Poco importava che le bagnasse i vestiti.
Un sorriso le sbocciò sulle labbra, mentre ricordava le volte che sua nonna ed i suoi genitori le gridavano di prendere almeno un ombrello, oppure si sarebbe presa un malanno. Non gli aveva mai dato ascolto. E neppure una volta si era presa un raffreddore.
Chiuse gli occhi. La pioggia lavava via tutto. Compresa la sua anima. Era una sensazione strana. Ma era così che la pioggia la faceva sentire. Come depurata. Cominciò a canticchiare una vecchia canzone, di cui a malapena ricordava la parole, ma di cui amava la melodia.
Con le palpebre abbassate, poteva già vedere l’erba e le fronde degli alberi scintillare, come fatti di smeraldo, ricoperte da perle luccicanti. Uno spettacolo che sarebbe apparso allo spuntar del sole, regalando agli occhi un verde differente, più vivo di quanto si possa credere possibile.
Persa nei suoi pensieri contemplativi, fece un balzo di sorpresa, quando un asciugamano le cadde in testa. Stupita, ci mise un paio di secondi per capire da dove e chi glielo avesse gettato addosso.
-Asciugati. Non ho intenzione di viaggiare con una malata. C’è già il tipo coi capelli bianchi.- Sanzo stava a pochi passi da lei. Ombrello gigante in mano e sguardo irritato. Subito tutto il buonumore che Lara aveva ricevuto dalla pioggia svanì.
-Io non mi ammalo. Mai.- Il monaco fece un’alzata di spalle.
-Buon per te.- Sanzo si avvicinò alla ragazza, perché potesse stare anche lei sotto l’enorme ombrello. Istintivamente Lara avrebbe subito cacciato il bonzo, che le impediva così di godere della sua amata doccia naturale, ma i gesti gentili del biondo erano così rari, che lei non se la sentì di rifiutare. Rimasero in silenzio per qualche lungo minuto. Lara con l’asciugamano sulla testa, e Sanzo con l’ombrello in mano.
Alla fine, il monaco tirò fuori da una manica un pacchetto di sigarette ed un accendino, e cominciò a fumare. Il fumo azzurrognolo si librò nell’aria umida, rilassando visibilmente il monaco.
-Che diavolo ci fai qua fuori con un tempo del genere? Donna, sei molto più idiota di quel che credevo …-
-Parla lo psicopatico che si rinchiude in camera, come un coniglio nella sua buca, appena vengono giù due gocce.- Ribattè pronta Lara, cominciando a frizionarsi i capelli con l’asciugamano. Sanzo accusò il colpo tossendo un po’ di fumo andatogli di traverso. Le iridi violacee si voltarono verso di lei, irritate e vendicative. Lara continuò il suo lavoro di asciugatura, ignorando la vena pericolosamente gonfia sulla tempia del monaco.
-Almeno non sono una rana come te! Che diavolo ci trovi a stare sotto questa pioggia da incubo? Sembra di essere in qualche girone dell‘inferno …-
-Guarda che la pioggia dell’inferno è fatta di fiamme …- Lo corresse la ragazza.
-Sempre pioggia è.- Sbottò il monaco, vicino a perdere la pazienza, e mettere mano alla S&W. -Ma non mi hai risposto. Che diavolo ci fai sotto la pioggia a prenderti una polmonite?- Lara sospirò, lo sguardo perso sulle gocce che cadevano a catinelle.
-Mi piace. Semplicemente.- L’occhiata allibita e dubbiosa del monaco la costrinse a spiegarsi meglio. -È come una doccia. Lava via tutto. Non ti sei mai accorto quanto tutto sia più bello, più vivido, dopo un temporale? E poi … non so, ma mi fa stare bene. Mi sembra di venire lavata anch’io.- Sanzo la fissò un momento, senza trovare parole per controbattere. Da una parte avrebbe preso a bastonate la bionda per le stupidate appena dette. Dall’altra sentiva, in fondo, di apprezzarle. Non aveva mai pensato alla pioggia in certi termini.
Lara si tolse l’asciugamano dalla testa. I capelli color miele le scivolarono sulle spalle, umidi, con ancora alcune gocce imprigionate in mezzo. Un fulmine squarciò il cielo, facendo apparire quelle gocce delle perle, inserite in un’acconciatura complicata ed elegante. Sanzo non si accorse di star fissando quella piccola magia, se non quando Lara si gettò sotto la pioggia, scomparendo improvvisamente alla sua vista.
-Avanti, prete, rientriamo, oppure la polmonite te la prendi tu!-
-IO NON SONO UN PRETE!!!- Ruggì il monaco, partendo all’inseguimento della bionda, abbandonando l’ombrello per impugnare il suo harisen.

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Dalla finestra della stanza di ritrovo, Hakkai sorrise alla scena a cui aveva assistito. Era la prima volta che vedeva Sanzo fare una cosa del genere in un giorno di pioggia. Di solito, niente e nessuno avrebbe convinto il bonzo a lasciare la sua stanza con un tempo simile. Demoni da uccidere a parte, ovviamente.
Di solito. Ma ormai, il demone dagli occhi verdi aveva davvero perso il filo di quello che era da considerarsi “di solito”, per lui ed i suoi compagni di ventura. Ma, per una volta, quello che era caduto loro sulla testa, sotto forma di quattro ragazze, non appariva così negativo.
Lasciò vagare lo sguardo sulla stanza. Goku, Gaia, Nika e Gojyo erano partiti a cercare qualche gioco di società per il dopo cena, lasciando l’ambiente come svuotato delle loro irruente ma allegre presenze. Ad Hakkai parve che la stanza fosse diventata addirittura più grande.
Le uniche presenze riscontrabili al momento, oltre ad egli stesso, erano Hakuryu e Suzuki, placidamente acciambellati sul divano, e Martha, intenta a rammendare una camicia. La ragazza aveva sciolto i lunghi capelli scuri, che ora le ricadevano ondulati sulle spalle. Gli occhiali abbandonati sul tavolino, ai piedi della poltrona su cui era seduta. Hakkai rimase ad ammirarla, lasciando che un sorriso gli nascesse sulle labbra. Quell’immagine, così semplice e casalinga, lo faceva stare bene. La sua fantasia non faceva fatica a contornare la figura della ragazza di bambini di ogni età. Una parte di lui avrebbe voluto ridere al pensiero: probabilmente la mora gli avrebbe tirato dietro la poltrona, se avesse saputo dei suoi pensieri. Molte ragazze non amavano certe cose, ritenendole maschilismo allo stato puro. Ma per lui, che una vera famiglia non l’aveva mai avuta, quelle erano alcune tra le più belle e dolci immagini che la sua mente potesse creare.
Per un momento, uno solo, sulla figura di Martha si sovrappose quella di un’altra donna. Hakkai fu svelto a cancellarla. Spesso anche Kanan rammendava le sue camicie. Barlumi di una felicità che a volte il ragazzo considerava un sogno.
-Finito!- Cinguettò Martha, esponendo il suo lavoro: la camicia era tornata ai suoi antichi splendori, senza più alcun segno di scucitura. Suzuki emise un educato pigolio d’approvazione, mentre Hakuryu fissò l’indumento con fare dubbioso. Quanto sarebbe resistito un abito integro con quella combriccola? Hakkai battè educatamente le mani.
-Un lavoro meraviglioso. Ma non era necessario che vi deste tanta pena …-
-Ma si figuri! Io amo cucire. E … per favore, signor Hakkai, può smetterla di darmi del Lei? Sono la più grande, tra mia sorella e le mie cugine, ma non sono vecchia!- Hakkai rise.
-Mi pare più che giusto. In fondo, ormai è già un po’ che le nostre strade si sono incrociate. E, se vogliamo essere parte dello stesso gruppo, certe formalità possono considerarsi inutili.-
-Io lo avrei detto in modo meno arzigogolato, ma credo che il punto sia quello.- Fece Martha, cominciando a ripiegare ordinatamente la camicia. Hakkai continuò ad osservarla, finché un luccichio alla mano sinistra non attirò la sua attenzione.
-Siete fidanzata, vero?- Martha alzò il capo per fissare interrogativamente l’uomo, per poi ricordarsi dell’elegante anello con diamante che indossava. Lo fissò per qualche istante, mentre le memorie cominciavano a cadere come la pioggia fuori dalla finestra.
-No … non proprio.- Mormorò. Hakkai la fissò confuso. Martha si morse il labbro inferiore, mentre il volto sorridente di Andrew si faceva strada davanti ai suoi occhi. Come il rumore delle lamiere. Delle ruote che frenano inutilmente. Degli occhi di Andrew, di solito così pieni di luce e vita, che si spegnevano davanti ai suoi.
Semplicemente guardare l’anello che portava al dito le aveva già appesantito in maniera insopportabile il cuore. E lei sapeva bene a cos’avrebbe portato ciò. La gola iniziò a bruciare, come gli occhi. Presto sarebbe scoppiata in una della sue crisi di pianto. E né Nika, né Lara, né Gaia erano nei paraggi per aiutarla come al solito. Come quando si era risvegliata all’ospedale, ed aveva scoperto che l’incidente in auto non era solo un incubo, ma la dura e fredda realtà, e che non avrebbe mai più rivisto Andrew. Mai più.
Lo sguardo interrogativo e preoccupato di Hakkai la costrinse a parlare.
-Io … è una storia vecchia e …- Non le riuscì di continuare. Le lacrime le stavano appannando la vista. -Scusa.- Mormorò, togliendosi gli occhiali, e cercando di asciugarsi gli occhi. Hakkai le porse un fazzoletto. Martha fissò quel sorriso gentile e rassicurante, senza avere il coraggio di accettarlo.
-Su. Si asciughi gli occhi. Non ha bisogno di spiegarmi nulla. Non avrei dovuto essere così invadente …-
-No no no!- Martha scosse la testa. -Non è colpa tua! Sono io che … che …- Di nuovo non le riuscì di terminare la frase. Le labbra di Hakkai erano dolcemente appoggiate alle sue, calde e morbide. Le ci volle qualche istante, prima che il cervello registrasse ciò che stava accadendo. Era tanto tempo che un ragazzo non la baciava …
Si separarono solo pochi istanti dopo, senza fiato per l’emozione, turbati come adolescenti al primo bacio, insicuri della reazione l’uno dell’altra. Hakkai, in particolare, era atterrito. Cosa diavolo gli era preso? Lui, sempre così tranquillo e riflessivo, forse unico del gruppo di Sanzo a riflettere prima di agire, aveva fatto una delle mosse più azzardate ed immature della sua vita. Almeno come Cho Hakkai … Cho Gono era un’altra storia …
Martha teneva lo sguardo basso, ed un riflesso sugli impediva al ragazzo di vederne l’espressione degli occhi.
-Io … non so che mi è preso … io … volgiate scusarmi se … sono stato così …- Mormorò il moro, incapace di formulare una frase di senso compiuto. Il cervello in totale subbuglio emozionale. Le labbra di Martha tremarono leggermente, mentre rispondeva.
-Non … non …- Il sangue si gelò nelle vene di Hakkai. -Non eravamo d’accordo che avresti smesso di darmi del voi?- Martha alzò il viso, rivendo le guance rosse e gli occhi lucidi, regalandogli un dolcissimo sorriso. Hakkai non poté fare a meno di sorridere a sua volta, annuendo col capo, troppo emozionato per dire qualcosa. Asciugò gentilmente una lacrima dalla guancia cremisi della ragazza, senza smettere un momento di sorridere. Forse si sarebbero baciati di nuovo, o forse no, quando la porta si spalancò di colpo, facendo entrare Gaia e Goku, ignari di aver appena rovinato, con la loro irruenza, una romantica scena da film.
-TORNEO DI MONOPOLI!!!- Cinguettò la morettina, sventolando una vecchia scatola di cartone. Goku, non meno agitato, saltellava come un grillo su e giù.
-MANCATE SOLO VOI!!!- Troppo stupiti per essere infastiditi da quell’interruzione, Martha e Hakkai si lasciarono trascinare al piano di sotto dai due ragazzini.
Quando la porte fu chiusa alle spalle dei quattro umani, Suzuki e Hakuryu si fissarono con occhi sbarrati: che diavolo stava succedendo ai loro compagni umani? Cos’era questa esplosione ormonale?! Rimasero allibiti a guardarsi per un po’ di tempo. Poi, scuotendo le piccole teste, pigolarono depressi. C’erano domande che era meglio non farsi.

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-Bonzo, tu come hai fatto a farti beccare?- Chiese Gojyo, seduto attorno al tavolo della sala comune, accanto a Nika. Sanzo e Lara erano seduti lì vicino, Lara ancora coi capelli umidi. Sanzo sbuffò.
-Sono passato dalla porta principale e mi hanno beccato subito …- Gaia e Goku si erano messi in testa di giocare una partita a monopoli tutti assieme. E, come due perfette vedette, avevano intercettato e costretto ad accettare ogni singolo membro del gruppo. Ultimi arrivati Martha e Hakkai, che si sedettero davanti a Nika e Gojyo.
- Allora, a che si gioca?- Chiese il moro, sorridendo come al solito.
-Monopoli! Monopoli!- Saltellò Goku, gioioso come un bambino.
-Va bene, MA STAI FERMO!!!- Ruggì Sanzo, frenando il giovane demone con un colpo ben piazzato di harisen. Le ragazze, ormai avezze ai modi di fare del monaco, cominciarono a preparare le schede ed il piano di gioco, chiacchierando allegramente. Sanzo non si lasciò sfuggire le occhiate che si lanciavano di tanto in tanto Hakkai e Martha. Come non si era fatto scappare il sorriso che vestiva il demone dagli occhi verdi da quando era entrato nella stanza: caldo, sereno. Davvero felice. Un sorriso che non ricordava di aver mai visto prima sulle labbra dell’amico.
-Allora, iniziamo? Tiro io per primo!- Fece Goku, prendendo in mano i dadi. Gojyo lo prese per la collottola.
-E chi lo ha deciso, eh, scimmia?!-
-Hey! Lasciami, stupido kappa pervertito! Aspetta il tuo turno!-
-Niente storie! Sono più vecchio di te, quindi ho diritto ad iniziare per primo!- Pochi istanti, ed i due ragazzi si erano tuffati a capofitto in una delle loro solite baruffe. Sanzo cominciò a mettere mano alla S&W. Tra un calcio e un pugno, Goku riuscì ad impossessarsi dei dadi, quando Gaia glieli prese di mano.
-HEY!!!- Ruggirono in contemporanea i due litiganti, offesi che qualcun altro si fosse appropriato dell’oggetto della loro contesa. Gaia li fissò male, bloccando ogni protesta.
-Siete proprio dei maleducati! Non ci siamo ancora tutti, quindi non possiamo ancora giocare!-
-E chi diavolo sarebbe che manca?- Sbuffò Goku, offeso. Gaia indicò le scale.
-Allora, ti decidi a scendere? Manchi solo tu!- Caleb scese lentamente i gradini, titubante. Gli occhi dorati saettavano da uno all’altro dei suoi “sequestratori”, indeciso sul da farsi. Notandone il turbamento, Nika e Lara fecero un po’ di spazio al tavolo, mentre Gaia e Goku recuperavano una sedia. Seppur intimidito, Caleb si avvicinò, e prese posto al tavolo. E dopo pochi istanti di silenzio, Goku e Gaia si erano lanciati nella spiegazione del gioco.

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Rigel osservava Shiba, ben attenta a non mostrarsi. Anche se Artemius lo aveva preso come loro alleato, lei non si fidava. E Shiba lo sapeva bene. Per questo il demone lupo non calava mai la guardia, in presenza della ragazza. Anche adesso che stava seguendo una pista, olfatto e occhi concentrati sul terreno, alla ricerca di tracce. Le sue sensibili orecchie monitoravano ogni rumore, nel tentativo di anticipare un eventuale attacco.
E non faceva male. Rigel aveva già soppresso più volte il desiderio di usare la sua falce sul collo del demone, e non era del tutto sicura che ci sarebbe riuscita ancora per molto.
Era quasi una settimana che la ragazza ed il demone lupo viaggiavano assieme, seguendo le tracce di Caleb. Artemius li aveva mandati a spiare. E Rigel non aveva mai sentito così forte il desiderio di disobbedire.
I suoi occhi dorati scrutarono il demone, la mano tentata a muoversi verso la cintura, dove stava la sua arma.
Sapeva la storia di Shiba. Artemius stesso gliel’aveva raccontata. Un demone lupo cacciato dal proprio branco, per aver ucciso un compagno. Un crimine dei più orrendi, per i demoni lupo. Gente per cui il branco è tutto, e tutto deve essere fatto per il suo bene. Il branco è famiglia, compagni, e sicurezza. Uccidere un membro del branco, era come uccidere un fratello. Un crimine gravissimo, che porta la peggiore delle punizioni, per un demone lupo: lasciare il branco, per sempre.
Un demone lupo da solo, non sopravvive a lungo. La forza di quel genere di demoni era il lavoro di squadra ed il numero. Singolarmente, un demone lupo non vale molto. Lasciare il branco, è come essere condannati a morte.
Ma Shiba non si era arreso, e si era costruito un suo branco, radunando altri reietti della sua specie. Lupi cacciati dal loro branco per questo o quel crimine, carichi di rabbia e voglia di vendetta. Tutti esseri subdoli, dal primo all’ultimo.
Così la vedeva Rigel. E non si fidava. Non ci si poteva fidare di chi colpisce un proprio compagno. Per questo non poteva abbassare al guardia con Shiba.
Una tenaglia sembrò serrarle il cuore. Gli occhi di Caleb, dorati come i suoi, che fissavano stupiti Artemius, mentre il sangue gli colava dalla ferita al ventre.
“Andrà tutto bene. Non ti lascio. Ricordalo.”
Non poteva fidarsi di Shiba. Per lo stesso motivo per cui, ora, non poteva fidarsi neppure di Artemius.

-Fine capitolo 17-

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Capitolo 18
*** Scelte. ***


cap18 Natale è passato, ma ho deciso di farvi un regalo lo stesso... ecco il capitolo 18! credetemi, per me è un record... ed il 19 è in corso... ringrazio Lav_92, da qualche capitolo mia unica commentatrice...^_^ grazie milleeeee!!! Hey, ma non c'è nessun altro che mi voglia dire qualcosa su stà storia? vi piace, non vi piace, mi devo dare al punto croce? fatemi sapere!!!
bhe, auguri ancora, e buona feste!!!

Capitolo 18
-Scelte.-

La mattina, la pioggia aveva smesso cadere. Un sole leggermente malato, faceva scintillare le gocce d’acqua che ornavano come perle alberi ed erba, trasformandoli in gioielli verdi e trasparenti.
Uno spettacolo che sarebbe sparito una volta che il sole fosse diventato più forte.
Caleb lo osservava dalla finestra della sua stanza, le sopracciglia, dello stesso colore argenteo dei capelli, aggrottate. Il pensiero rivolto alla sera prima, ed alla prima partita a monopoli della sua vita. Non ricordava da quanto non si era divertito così. Anche se non aveva mai riso apertamente, per quasi tutta la serata aveva sorriso. Cosa inusuale per uno come lui, che di solito non mostrava mai apertamente le sue emozioni.
Un passero, inzuppato fino alle ossa, cercò rifugio sul davanzale, tutt’altro che spaventato dalla presenza del demone. Caleb rimase a guardarlo, attento a non fare movimenti bruschi che avrebbero potuto spaventarlo.
Non ricordava più né da quando, né perché avesse iniziato a nascondere le sue emozioni. Eppure, lui e Rigel, da bambini, erano un continuo coro di risate. Risate a cui si univa anche la piccolissima Maya, che sapeva appena camminare. Consapevoli di essere demoni diversi dal comune, a causa dei loro occhi dorati, ma mai affranti da ciò.
Ricordi, felici, sereni, di un’infanzia passata, gli attraversarono la mente. Lui che rincorreva Rigel nel cortile del grande palazzo, sotto lo sguardo attento e protettivo di Artemius e Grima. I loro fratelli maggiori. Gli unici altri membri della loro specie. L’unica famiglia che avesse mai conosciuto. Da quando era cambiato tutto? Da quando …
Il passero cominciò a cantare, felice del sole che gli asciugava le piume.
Da quando Artemius era diventato una belva senza scrupoli, disposta ad uccidere i propri fratelli? Il volto sorridente di Rigel gli passò davanti, assieme a quello innocente della piccola Maya.
Il passero volò via, come spaventato dal turbamento interiore di Caleb.
Il demone strinse il pugno. Doveva fare qualcosa. Finché era ancora in tempo.
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-Ecco fatto! Ora puoi guardarti allo specchio, se vuoi.- Martha gettò le bende nella bacinella, e passò una mano tra i capelli di Gaia. La ragazzina prese un piccolo specchio in mano, ed emise un gridolino di gioia: non avrebbe mai creduto di potersi rivedere senza bende in testa. Finalmente, sarebbe riuscita a pettinarsi senza rischiare di sradicare l’intero cuoio capelluto …
-A me una spazzola!- Rise, scatenando anche l’ilarità di Nika, che si trovava nella stessa stanza.
-Ah, mi mancherà il tuo look da Rei di Evangelion …-
-Dovresti guardare meno cartoni animati …- Commentò Lara, dando un’ultima sistemata alla sua borsa. La sera prima, di comune accordo, i quattro ragazzi e le loro nuove compagne di viaggio, avevano deciso di ripartire. Martha aveva dato il suo benestare anche per Caleb: le sue ferite erano ormai quasi del tutto guarite, non c’era motivo per non continuare il viaggio.
Il rumore di qualcuno che bussava alla porta interruppe la replica della rossina. Pochi istanti, e Hakkai e Sanzo entrarono nella stanza.
-Pronte per la partenza?- Chiese il moro, mentre Gaia cinguettava come un fringuello, mostrando i capelli liberi dalle bende.
-Hakkai! Guarda! Guarda!- Il demone dagli occhi verdi sorrise di fronte alla felicità della ragazzina.
-Sta molto bene, signorina Gaia. E credo che anche Goku sarà felice di vederla così …- Gli occhi azzurro mare di Gaia s’illuminarono.
-Dov’è? Voglia fargli vedere come sto adesso!-
-Non fare la vanitosa, adesso …- La rabbonì dolcemente Lara, in realtà bene felice di rivedere sua sorella completamente sana. Quelle bende erano come una prigione per la diciasettenne …
-La scimmia è con il kappa a sistemare le cose su Hakuryu.- Fece Sanzo. Neppure il tempo di finire la frase, che Gaia era schizzata fuori dalla stanza. Si portò esasperato una mano sulla fronte. -Tsè! Mocciosi …-
-Bhe … uhm … vado anch’io giù a … sistemare i bagagli.- Borbottò Nika, nascondendo molto male un certo imbarazzo colpevole. Non appena Sanzo aveva nominato la parola “kappa“, le si erano come rizzate le antenne. -Vieni, Suzuki!- La draghetta nera, fino ad allora appollaiata sulla testata di un letto, pigolò felice, e precedette la padrona in volo. Nika stava per uscire dalla porta, ma la voce di Lara la fermò.
-Nika?-
-Sì?-
-I bagagli.- La bionda indicò le borse e le valigie pronte, che la rossa neanche aveva sfiorato. Nika arrossì.
-Ehm … sì, certo, li prendo subito.- Preso in fretta e furia quanto poteva trasportare, la ragazza si fiondò fuori dalla camera, quasi investendo Caleb. Il demone dagli occhi dorati fissò stupito la rossina, finché non sparì alla sua vista. Poi entrò nella stanza.
-Hey. Vedo che ti sei già svegliato. Come va la ferita?- Lo salutò Lara, regalandogli un mezzo sorriso. Lui rispose con un cenno del capo.
-Molto bene. Grazie.-
-Noi partiremo tra poco.- Annunciò Martha, mentre chiudeva l‘ultima borsa. -Vuoi che ti dia un’ultima occhiata alla fasciatura o …-
-No, no, davvero. La medicazione è a posto. Il motivo per cui sono qui è un altro …- Rispose Caleb, voltandosi poi verso Hakkai e Sanzo. -So come potervi aiutare …-

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L’ordine era stato chiaro. Illogico, ma chiaro. Rigel e Shiba dovevano tornare al tempio nella caverna. Rigel avanzava per il tunnel, dietro al demone lupo, la mente rivolta all’ultima volta che lo aveva percorso. Era con Caleb, di ritorno dalla missione in cui avevano perso Grima.
Una stretta al cuore. Grima poteva essere viscido, infido e mentalmente disturbato con le esplosioni, ma aveva cresciuto lei e Caleb, e gli era affezionata. Parlava raramente il demone mingherlino. Gli occhi dorati grandi, sempre spalancati, con una lieve luce di follia. Ma era lui che raccontava storie divertenti a lei e Caleb prima di andare a letto, e creava loro giochi sempre nuovi, da animaletti di legno, a bambole di pezza. Era comunque un membro della famiglia.
Le pareti rocciose erano venate di verde, e presto entrarono nel tempio sotterraneo. Maya corse subito incontro alla ragazza, i grandi occhi dorati felici di vedere quella che considerava la sua sorella maggiore.
Rigel al prese in braccio, sorridendo suo malgrado. La più giovane rappresentante della loro specie. La sua sorellina, l’unica cosa che ora riusciva a donarle un sorriso.
-Hai fatto la brava mentre non c’ero, Maya?- La piccola annuì.
-Sì. Ho fatto tutto quello che mi ha detto Artemius …- Subito arrivò anche lui. Gli occhi dorati freddi ed illeggibili.
-Avete fatto presto.- Commentò, facendo passare lo sguardo da Rigel a Shiba. La ragazza annuì.
-Perché ci hai richiamati? Ormai lo avevamo quasi trovato …- Artemius la bloccò con un cenno della mano. Poi si rivolse alla bambina che lei teneva in braccio.
-Non è bello parlare di lavoro davanti ai bambini. Maya, perché non vai a giocare per qualche minuto? Poi Rigel potrà stare un po’ con te.- La piccola fece scorrere più volte lo sguardo da Artemius a Rigel, per poi soffermarsi sulla giovane donna.
-Forza.- Si sforzò di sorridere questa. -Artemius ha della cose molto importanti da dirmi. Ti raggiungerò tra poco.-
-Promesso?-
-Promesso. Ora vai.- Pur non del tutto convinta, la bambina scese, e sgambettò via. Rigel la seguì con lo sguardo, finché non scomparve in una delle stanze che contornavano il tempio sotterraneo. Poi si rivolse di nuovo al suo capo.
-Allora? Perché ci hai interrotto? Avevamo quasi trovato Caleb!-
-Non l’ho più ritenuto necessario.- Sorrise freddo il demone. Rigel non poté non rabbrividire di fronte al tono di voce gelido e privo di emozioni del demone. -Sarà lui a venire da noi.- Gli occhi dorati della ragazza si spalancarono per la sorpresa, per poi tornare normali non appena questa rimise sotto controllo le proprie emozioni.
-Cosa dobbiamo fare?-
-Tu, cosa devi fare.- Sottolineò il demone dai capelli marroni e neri. Rigel rabbrividì, mentre un‘orribile presentimento si faceva strada dentro di lei. -Ucciderlo.- Gli occhi sbarrati della giovane donna demone lo fecero sorridere. -Non si lascia in vita un traditore. Neppure se si tratta di un nostro fratello.- Finalmente, Rigel esplose.
-Ma … che stai dicendo? Caleb … lui … non è un traditore! È nostro fratello! È uno della nostra specie è …-
-È diventato un grande amico del gruppo del bonzo e di Quelle.- Sibilò il demone più anziano. La voce, solitamente fredda, tagliata in due, tra il disprezzo e la rabbia. -Ora è solo un traditore della nostra causa. Ed è compito tuo non lasciarlo impunito.- E, detto ciò, si allontanò, lasciando Rigel da sola con le sue emozioni in tumulto.

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-E tu vorresti andare da quelli che ti hanno ridotto in quello stato pietoso, dirgli che il tuo capo è pazzo, e convincerli a non romperci più le scatole?- Gojyo era quantomeno esterrefatto. Tutto il gruppo di Sanzo e le quattro ragazze si era riunito, e aveva ascoltato la proposta di Caleb. Ovvero andare nel suo rifugio, e convincere i suoi compagni dello sbaglio che stavano commettendo seguendo Artemius.
-Sì.- Rispose Caleb, come se si fosse trattata della cosa più naturale di questa terra. Il mezzo demone si batté una maso sulla faccia.
-Ma solo a me questa cosa pare ridicola!?- Hakkai fissò il demone dai capelli argentei negli occhi.
-Sei certo di avere qualche possibilità?- Caleb annuì.
-Rigel ha sempre eseguito alla lettera gli ordini di Artemius … ma anche lei ha cominciato ad avere dei dubbi. Abbiamo sempre seguito le istruzioni di Artemius, in ogni frangente. Non avevamo scelta. Ma adesso … i suoi ordini sono sempre più strani, e lui … è sempre più violento. Ed io ne sono la prova.- Fece una pausa. -Non so se Rigel finirà con lo stare dalla nostra parte … ma è l’unica persona vicina ad Artemius di cui mi posso ancora fidare … spero. Se non altro, credo di riuscire ad ottenere qualche informazione sui piani di Artemius.- Il solo pensiero di non potersi fidare neppure della ragazza che considerava una sorella, era come una pugnalata al cuore del demone.
-Ma chi ci dice che ci possiamo fidare di te?- Sibilò Sanzo, schiacciando una sigaretta nel portacenere. Gli occhi di Caleb scintillarono.
-Nessuno. Ma di certo la mia lealtà non sarà più verso qualcuno che ha cercato di uccidermi.-
-Ancora una cosa.- Fece il monaco. Gli occhi violetti freddi e taglienti. -Il villaggio dei demoni. Tu sai chi li ha attaccati, vero?- Caleb sospirò. I pugni stretti con forza.
-Non ne sono sicuro. Ma conosco solo due demoni che farebbero una cosa del genere al loro stesso popolo …- Gli occhi dorati si assottigliarono, minacciosi. - … e posso giurarvi che, se mi capitassero tra le mani,  non vivrebbero tanto da vedere la luna nuova.- Il primo cenno di aggressività che la compagnia avessero visto, dal giorno in cui lo avevano ritrovato nel villaggio distrutto. Una rabbia più che comprensibile, e che sentivano anche loro. La domanda, però era un’altra: potevano fidarsi davvero di Caleb? Sanzo lanciò un’occhiata ai suoi compagni. Hakkai fece un cenno d’assenso. In fondo, che avevano da perdere?

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-Allora ci lasciamo qui?- Domandò Gaia, decisamente rattristata dalla partenza di Caleb. Il demone dai capelli argentei la fissò stupito. Sia lei che Goku si erano davvero affezionati a lui, e questo non faceva altro che stupirlo sempre di più. Specie se pensava all’ambito in cui si erano conosciuti … cercare di uccidere una persona al primo incontro, non era esattamente la migliore premessa per un’amicizia. Caleb sorrise suo malgrado. In quel gruppo le contraddizioni sembravano essere la norma … bastava guardare chi lo guidava.
-Sì. Voi continuate col vostro viaggio. Io cercherò di contattare Rigel.- Rispose il demone. -Se avrò fortuna … ci rincontreremo presto.- Sanzo annuì. Lara tese una mano a Caleb.
-Buona fortuna, allora.- Il demone esitò un momento, poi la strinse con decisione.
-Anche a voi.- Un ultimo eco di “in bocca al lupo”, e Caleb scomparve alla vista del gruppo, ormai allargato, di Sanzo.
-Dite che abbiamo fatto bene? A lasciarlo andare via da solo, intendo …- Chiese Nika, senza nascondere una nota di preoccupazione.
-Se la caverà.- Fece Gojyo, portandosi le mani dietro la nuca. -E poi è stata una sua scelta.-
-Speriamo che questa scelta non gli faccia rischiare troppo le penne …- Borbottò Lara, legando i lunghi capelli biondi in una coda. Tutti rimasero fermi per qualche minuto, pensando a quello che ormai consideravano un nuovo amico.
-Bhe, direi che è ora di partire.- Sospirò alla fine Hakkai, lasciando che Hakuryu volasse giù dalla sua spalla per trasformarsi. Suzuki ne seguì subito l’esempio. Seppure leggermente a malincuore, gli otto viaggiatori salirono sui propri mezzi. Ma, come a voler suggellare il mescolamento dei due gruppi, Martha prese il posto di Sanzo accanto ad Hakkai su Hakuryu, mentre Gaia e Goku sedevano nei due posti dietro. Lara e Sanzo, invece, si sistemarono su Suzuki, pronti a soffocare gli ormoni di Nika e Gojyo, ogni qualvolta rischiavano di prendere il sopravvento. Con sommo dispiacere dei due pel di carota.

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Caleb lanciò un ultimo sguardo alle due jeep, per poi avviarsi per la sua strada. Rapido come il veno, saltava da un albero all’altro, da una roccia ad ramo, poco più di un’ ombra nella boscaglia. Sperava ardentemente che le speranze dei suoi nuovi alleati fossero ben riposte.
Si sforzò di scacciare indietro il pessimismo: Rigel non avrebbe rifiutato di aiutarlo.
“Andrà tutto bene. Non ti lascio. Ricordalo.”
No. Se esisteva una sola persona, al mondo, che lo avrebbe ascoltato, quella era Rigel. E Maya, ovviamente. La sua sorellina. Il suo batuffolo di allegria. Le avrebbe portate via. Le avrebbe salvate, prima che Artemius pensasse di fare del male anche a loro. La ferita al ventre pulsò dolorosamente. Come aveva fatto a lui.
Aumentò la velocità.
E poi … c’era anche un altro particolare: la gente del villaggio demone. Lui aveva un’idea molto precisa, di chi potevano essere i colpevoli di quella strage. Coi demoni lupo di Shiba sterminati, restavano solo “quei” demoni …
Perso nei suoi propositi, non si accorse del lupo che lo stava spiando tra i cespugli del bosco …

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Viaggiarono a lungo, Suzuki che precedeva Hakuryu sulla strada sterrata. La jeep nera sembrava apprezzare molto di più del suo “collega” il brivido della strada selvaggia. Un po’ come la sua autista. L’aria era molto calda, più che estiva. E, per una volta, Sanzo usava il suo Harisen non solo sulle teste dure, ma anche come vero e proprio ventaglio. Il solito allegro caos regnava attorno alle due vetture, accompagnato dalle solite minacce di morte e colpi di pistola del monaco. Almeno finché Suzuki non frenò di colpo.
Sanzo andò a sbattere il naso contro il sedile anteriore, ed iniziò a bestemmiare in più lingue.
-MA COSÈ QUESTA, UN’ABITUDINE?!- Nel posto a fianco, Lara gli fece gentilmente compagnia, avendo a sua volta fatto la conoscenza del duro sedile anteriore. Hakkai fermò Hakuryu, mentre Gaia si alzava in piedi, nel tentativo di capire cosa avesse frenato Nika. Le bastò un’occhiata. Gli alberi che costeggiavano la strada si aprivano su un’incantevole prato, attraversato da un largo e tranquillo fiume, le cui acque cristalline rispecchiavano il colore stesso del cielo, così placide e lente da apparire immobili. Farfalle variopinte svolazzavano su fiori dai colori altrettanto sgargianti, di specie a Nika, Lara, Gaia e Martha completamente sconosciuti.
Un piccolo angolo di paradiso, che sembrava stato buttato lì per sbaglio. Nessuna sorpresa che Nika vi si fosse impalata davanti.
Senza neanche dare il tempo agli altri di obbiettare, Nika, Gaia e Goku, eccitato quanto le due ragazze, schizzarono fuori dalle auto, verso il fiume.
-Tsk! Mocciosi …- Ghignò Gojyo, spostando l’onnipresente sigaretta da una parte all’altra delle labbra. Ma non appena vide Nika sfilarsi la maglietta per tuffarsi tra le placide acque del fiume, partì talmente veloce da lasciare il mozzicone sospeso per aria. Inutili i richiami di Martha e Hakkai, e ancora meno le minacce di Sanzo e Lara. I quattro erano come persi nel piccolo paradiso terrestre.
Suzuki, senza autista, pigolò confusa, quasi a voler chiedere cosa dovesse fare. Lara si sporse verso il posto di guida, e le diede una pacca consolatrice sul volante.
-Scusa piccola … ripartiremo appena la tua padrona si sarà ripresa dall’attacco d’infantilismo acuto.- Hakkai fece affiancare Hakuryu, sul viso un sorriso divertito.
-Potremmo anche non ripartire … tra meno di un’ora calerà il sole, tanto vale accamparsi.- Lara osservò il cielo. L’azzurro diurno stava già iniziando ad assumere tonalità bluastre, mentre i raggi di sole avrebbero garantito ancora per un po’ la luce.
-E sia.- Fece la bionda, scendendo da Suzuki. Sanzo la seguì borbottando, ed entrambi si diressero a recuperare i rispettivi pel di carota. Lara fece una bella lavata di capo alla cugina, piantandole in testa, con qualche sonoro pugno, quanto fosse inappropriato fare un bagno a quell’ora. Mentre il bonzo si “limitò” a mettere la testa del kappa sott’acqua “quel tanto da raffreddare i bollenti spiriti”. una volta inviati i due depravati della compagnia ad aiutare Hakkai e Martha coi bagagli, i due biondi riversarono la loro attenzione sui due membri più giovani del gruppo.
Goku e Gaia stavano saltellando da una roccia all’altra del guado del fiume, rischiando più volte di finire a mollo. Esattamente come bambini.
-Hey, sorellina!- Chiamò Lara, più esasperata che arrabbiata. -Torna qui! Rischi di cadere …- la morettina fece appena in tempo a voltarsi verso Lara.
-Cosa?-
SPLASH!
Gaia perse l’equilibrio, e nella foga di trovare un appiglio, agguantò Goku, ed entrambi finirono a bagno. Lara si batté una mano sulla fronte.
-Lo avevo detto io …- I due ragazzini schizzarono fuori dall’acqua ad un tempo di record, tremando e battendo i denti.
-FreddoFreddoFreddoFreddo!!!- Sanzo non si scompose di una virgola. Per una volta, poteva anche evitare di punire la scimmia: il freddo era già di per sé un’ottima punizione.
-Mocciosi …- Si limitò a commentare, seguendo con lo sguardo i due ragazzini che sfrecciavano dalle jeep, alla disperata ricerca di coperte e abiti asciutti. Lara, intanto, fissava l’acqua. Fredda. Calma, quasi immobile … come quella di una fontana. Una vena si disegnò in rilievo sulla fronte della biondina, mentre le tornavano alla mente alcuni ricordi … piuttosto bagnati. Di una fontana, un kappa e un monaco pistolero.
Sanzo sentì un dito ticchettargli su una spalla. Scocciato, si voltò.
-Sì?- Non ottenne risposta: solo due mani che gli diedero una spinata secca, facendolo cadere a mollo. Gli occhi violetti spalancati quasi fuori dalle orbite, più per la sorpresa che per il freddo dell’acqua. Lara, da parte sua, aveva iniziato a ridere come un’idiota. Smise solo per rispondere alla muta domanda delle iridi del bonzo.
-Questa è per il bagno in fontana. O credevi che me ne fossi già scordata?-
-Allora dovevi prendertela anche col kappa! È stata anche colpa sua!- Ringhiò il bonzo, ancora troppo stupito del gesto della ragazza, per essere furioso. Lara scosse il capo, sempre cercando di non ridere.
-Ma la colpa maggiore è stata comunque la tua. Sei stato tu a metterti a sparare e fare tutto quel casino.- Sanzo sbuffò come un toro, ben consapevole della propria colpevolezza, almeno in quel frangente. Fischiettando e ridacchiando, Lara fece per andarsene dagli altri, un paio di braccia la presero di peso. -YEP!!! Lasciami subito, prete! LasciamiLasciamiLasciami!!!- Sordo alle grida di protesta della bionda, e, per una volta, non curandosi di correggerla, Sanzo la prese di peso, e la buttò a sua volta in acqua. Soddisfatto, strofinò una mano con l’altra.
-Fatto. Ora siamo pari.- I lunghi capelli biondi di Lara, ora fradici, impedivano di vederne il viso. Ma il flebile ruggito che uscì dalle sue labbra avrebbe terrorizzato un orso.
-GRANDISSIMO BASTARDO!!!- Urlò, cominciando a tirare acqua al bonzo. Preoccupati per le grida, Hakkai, Martha, Gojyo e Nika erano accorsi. E solo per lo stupore s’impedirono di scoppiare a ridere. Sanzo e Lara si erano lanciati in una battaglia di spruzzi d’acqua, cercando di bagnare il più possibile l’altro, condita da insulti e bestemmie di ogni tipo.
Un enorme gocciolone di disappunto scese dalle nuche dei ragazzi, raggiunti anche da Goku e Gaia, ben imbacuccati in coperte.
-Non è giusto! E poi danno a noi dei mocciosi …- Sbuffarono, mentre Nika e Gojyo ringhiavano, risentiti.
-Ma come?! Loro possono e noi no?!?- E, senza perdere tempo, si lanciarono anche loro nella battaglia acquatica, seguiti anche da Goku e Gaia. Hakkai si sistemò il monocolo, che gli era quasi caduto, e sorrise, rivolgendosi a Martha.
-Quanti raffreddori pensi che si beccheranno?-
-Molti.- Rispose la mora, raccogliendo le coperte lasciate dai due ragazzini. -Per questo sarà meglio che andiamo ad accendere il fuoco.- Suzuki e Hakuryu, in versione drago, pigolarono depressi dal ramo di un albero.

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Non gli ci volle molto, per trovare l’entrata del tempio sotterraneo. In fondo, ci aveva vissuto per lungo tempo. Caleb avrebbe potuto entrare in centinaia di grotte, ma sarebbe sempre riuscito a trovare l’entrata del tempio.
Accarezzò una delle venature verdi della roccia, ricordando l’ultima volta che era stato lì. Il dolore per la morte di Grima ancora pulsante, come una ferita aperta.
Arrivò ad una svolta, ed un sibilo secco lo mise all’erta, appena in tempo per evitare una falce. Una falce che conosceva anche troppo bene …
-Hai sempre avuto una pessima mira al primo colpo, Rigel.- La ragazza demone uscì dall’ombra. Gli occhi dorati riverberanti nel buio del lungo corridoio. Con uno strattone alla catena della falce, recuperò la sua arma.
-Vero. Ma al secondo non sbaglio mai.- Rapida, si scagliò contro il suo compagno, che scansò agilmente il colpo.
-Dovresti rimetterti ad allenarti un po’, sorellina … sei fuori allenamento.-
-Non accetto critiche da un traditore!- Ruggì Rigel, inferocita. Le mani le tremavano vistosamente, la rabbia appena tenuta a freno. I canini aguzzi luccicanti nella penombra. Caleb strinse le palpebre, fino a far diventare gli occhi poco più di schegge dorate. Si aspettava un’accoglienza simile, doveva ammetterlo. Meno, però, si aspettava di trovare Rigel così sconvolta. In silenzio, la giovane donna demone attaccò ancora, più e più volte. Ed ogni volta, Caleb scansava, senza mai contrattaccare.
Poi, Rigel si fermò, ansimante più per le emozioni che le opprimevano il petto, che per lo sforzo fisico. Si sentiva quasi soffocare, la gola le doleva per quanto aveva trattenuto il pianto. Voleva piangere. Urlare al mondo, e, soprattutto, al demone dai capelli argentei che aveva di fronte.
“Perché?!”
Perché, perché Caleb li aveva traditi? Perché si era unito ai loro nemici, ed era venuto sin lì, esattamente come predetto da Artemius? Se almeno non si fosse presentato … se se ne fosse rimasto coi suoi nuovi amici, e non fosse venuto fin lì … lei non sarebbe stata costretta ad ucciderlo.
-Stai peggiorando, sorellina …- Sibilò il giovane, provocatorio.
-NON CHIAMARMI COSI’!!!- Ruggì la ragazza, infuriata, lanciandosi nell‘ennesimo assalto. -SOLO IL MIO COMPAGNO POTEVA FARLO!!! E TU NON LO SEI PIU’!!! SEI SOLO UN MALEDETTO TRADITORE …-
-Traditore?- Ringhiò Caleb, bloccandole un polso, e fermando il suo attacco. -Io sarò un traditore, ma vedo che Artemius continua a far fare agli altri il lavoro sporco!-
-N … non è vero …- Mormorò la ragazza, con un filo di voce. Le pupille di Caleb si fecero più sottili per la rabbia, mentre la mano si stringeva più forte attorno al polso di Rigel.
-Ah sì? E allora perché ci sei tu, qui a combattere contro di me, e non lui? Eh?- Le parole di Caleb erano dure. E vere. Rigel non riuscì a rispondere. Le lacrime, trattenute fino ad allora, cominciarono a rigarle il volto.
-… Perché? Perché ci è dovuto accadere tutto questo?- L’espressione furiosa di Caleb si addolcì. Il mondo di Rigel le stava letteralmente crollando sotto i piedi. Come era successo a lui, quando Artemius lo aveva ferito quasi a morte. E lui non era lì per lasciarla cadere in quel baratro. Ma per tirarla fuori. Per aiutarla. La presa sul polso della ragazza si allentò.
-Artemius è cambiato.- Mormorò, mentre Rigel alzava appena gli occhi su di lui. -Non so che gli sia preso. Ma ormai è chiaro che la sua è un’ossessione. Ho parlato con quelle ragazze. Sono comuni donne umane, né più né meno. E non hanno nulla contro di noi. Artemius sbaglia. Non saranno loro a causare la nostra fine. E neppure di Lui.-
-Ma … Artemius ha detto che …-
-Lo so. Ha detto anche che hanno il potere di sigillare Lui di nuovo. Ma non lo faranno.- Caleb sospirò. -Loro neppure sanno chi sia Eon … e tanto meno come rinchiuderlo. Sanno a malapena di avere dei poteri … Rigel, loro non sono nostre nemiche!- Gli occhi dorati di Rigel si spalancarono a dismisura. Com’era possibile? Artemius aveva ripetuto, per mesi, anni, che le quattro ragazze venute da Gaya sarebbero state la loro rovina. Che l’unico scopo che avevano, fosse quello di sigillare di nuovo Eon, il loro creatore, la creatura che aveva dato loro la vita, proprio ora che stavano per liberarlo. Che stavano per vedere, per la prima volta, il loro vero padre in volto … Rigel scosse il capo.
-Ma … allora … perché Artemius …-
-È eccessivamente ossessionato.- Fece Caleb. -O forse, l’anomalia che ha colpito i demoni comuni, ha colpito anche lui.- Un altro sospiro gli scappò dalle labbra. -In fondo, sappiamo ben poco di quel che siamo. Non siamo umani, ma neanche demoni normali.- I demoni si riproducono come gli esseri umani. Ma per loro, era stato diverso. Erano nati dalle rocce, durante particolari notti di luna piena. La mano che teneva il polso della ragazza era ormai una stretta rassicurante. -Rigel, non possiamo combatterci … dobbiamo restare uniti. Devo saperlo. Sei con me … o contro di me?-
-Io …- Mormorò Rigel, troppo shockata dalle rivelazioni del suo ex compagno.
-Ma guarda guarda …- La voce maligna di Shiba echeggiò per la grotta, interrompendo il filo logico dei pensieri dei due ragazzi.
-Shiba.- Sibilò Rigel, lo shock momentaneamente dimenticato in favore del suo odio verso il demone lupo. -Che diavolo ci fai qui?- Questi Ridacchiò.
-Artemius immaginava che non avresti avuto il fegato di fare fuori il tuo ex compagno. Così mi ha mandato a … darti una mano.-
-Non ce n’era bisogno.-
-Davvero?- Sghignazzò Shiba. -A me sembra proprio di sì … il tuo amico è ancora vivo … forse  devo darti una mano?-
-Non osare interferire!- Ringhiò la mora di rimando, interiormente disperata. Lo sapeva da quando Artemius le aveva dato quell’ordine, che non sarebbe mai riuscita ad uccidere Caleb. Adesso, davanti al nuovo lecchino del suo capo, che diavolo poteva fare?
Shiba, dal canto suo, sfoderò i lunghi artigli.
-Non ti preoccupare. Mi ringrazierai dopo!- Ed in un istante, Shiba era partito all’attacco di Caleb. Il demone dai capelli argentei non si fece trovare impreparato. Rapido, evitò l’attacco, e tutti gli altri che seguirono.
Rigel rimase bloccata, come in trance. I suoi occhi vedevano il combattimento, ma il suo cervello non riusciva a funzionare, troppo combattuto tra due volontà. Aiutare il compagno di giochi di una vita, o eseguire gli ordini del suo capo.
La falce cadde a terra, mentre si portava le mani alla testa.
Che diavolo doveva fare? Che diavolo doveva fare?
Si lasciò cadere in ginocchio.
Aiutare o ubbidire?
Il cervello come diviso in due, mentre quelle tre parole le rimbalzavano nella testa.
Aiutare o ubbidire?
La lotta intanto continuava.
Caleb iniziò a cedere. Le ferite ricominciarono a dolere, rimarginate, ma non del tutto guarite. Rigel era sempre immobile.
Aiutare o ubbidire?
Shiba si era subito reso conto della perdita di velocità del suo avversario, ed aveva iniziato ad attaccare con ancora più foga. I graffi sul corpo del demone dagli occhi dorati si moltiplicavano di secondo in secondo.
Aiutare o ubbidire?
Un pugno, infine, colpì Caleb in pieno stomaco, facendogli sputare sangue. Rotolò a terra, mentre ogni fibra del suo corpo urlava di dolore. Con orrore, vide Shiba troneggiare su di lui, trionfante.
-Finalmente hai smesso di correre …- Rigel continuava a fissare il terreno, le mani tra i capelli, tremante. Alcune lacrime cominciarono a rigarle il volto.
Aiutare …
-Sai che ora è, vero?- Ghignò il demone lupo, fissando negli occhi Caleb. -L’ora che MUORI!- Ruggì, alzando gli artigli in aria.
… o ubbidire?

-Fine capitolo 18-

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Capitolo 19
*** Sentimenti e fuochi d'artificio. ***


cap19 Heilà! Ecco qui un nuovo capitolo! Lo so mi ci è voluta una vita per scriverlo … la verità è che l’ho modificato moltissimo, specie in relazione a quello che intendevo fare all’inizio. Ho tagliato e aggiunto molte cose, specie per quel che riguarda il rapporto tra i personaggi, ed ho inserito due nuovi personaggi, ce incontrerete a fine capitolo … ;-P
Buona lettura!

Capitolo 19
-Sentimenti e fuochi d’artificio.-

Caleb si aspettava di sentire gli artigli di Shiba trafiggerlo. Ma non arrivarono mai a sfiorargli la pelle. Il demone lupo era rimasto in piedi per alcuni, lunghi, ghiacciati secondi. Il ghigno trasformato in un’espressione di dolore e sorpresa. Gli occhi puntati sulla punta della falce che gli trapassava il petto da parte a parte.
Aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma invece che parole, dalle sue labbra uscì sangue. Il demone dai capelli argentei fissò, impotente e quasi sollevato, gli occhi verdi di Shiba spegnersi, mentre la vita volava via dal suo corpo. E mentre scivolava a terra, un semplice movimento della catena collegata alla falce, staccò l’arma dal torace del demone. Caleb alzò gli occhi, giusto in tempo per vedere la falce tornare nelle mani della sua proprietaria. Rigel lo fissava impassibile, le guance ancora rigate dalle lacrime. Neppure un’occhiata al cadavere di Shiba. La morte del demone lupo non le pesava sulla coscienza. Aveva agito per salvare il suo compagno. Il suo amico d’infanzia, il suo fratellino, una delle pochissime persone che amava. Non aveva avuto scelta. Eppure il suo corpo tremava.
Il demone dai capelli argentei le si avvicinò. La ragazza continuava a tremare. Il sangue sulla lama della falce, che gocciolava sul pavimento era l’unico rumore udibile nella grotta. Non appena Caleb le fu di fronte, Rigel si rifugiò nel suo abbraccio. Le braccia del ragazzo la circondarono, riscaldandola, e facendola sentire protetta.
-Ed ora? Cosa faremo?- Sussurrò Rigel. Aveva appena firmato la sua condanna a morte. E questo lo sapeva anche troppo bene. Aveva disobbedito ad un ordine, ucciso un alleato, e, soprattutto, tradito ed al tempo stesso sfidato Artemius. Ora lei e Caleb erano entrambi dei traditori agli occhi del demone più anziano.
-Shhh.- Sussurrò Caleb, accarezzandole gentilmente la schiena. -Andrà tutto bene …-
-Troppo ottimista. Come sempre, Caleb.- Sibilò una voce fuori campo. I due giovani demoni s’irrigidirono al riconoscerla.
-Artemius …- Ringhiò il demone dai capelli argentei. Gi occhi dorati fiammeggianti di rabbia, mentre si metteva in posa di difesa, davanti ad una terrorizzata Rigel. Il demone più anziano fissava i due membri più giovani della specie, senza rivelare alcuna emozione. I suoi occhi, dorati come quelli di Caleb, non possedevano alcuna luce. Se non fosse stato per il fatto che stava in piedi e respirava, Caleb avrebbe temuto di parlare con lo zombi del suo ex capo.
-E per questo tuo eccessivo ottimismo finirai per morire.- Caleb non ebbe il tempo neppure di urlare, che due paia di occhi, verdi e blu, spuntarono dall’oscurità. Il grido di Rigel fu l’unica cosa che udì, prima che tutto diventasse buio.

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C‘era voluta un‘altra mezza giornata di viaggio, per arrivare alla nuova città. Ma, in qualche modo, Sanzo e compagni, vecchi e nuovi, erano riusciti ad arrivarvi. Tra uno sparo e l‘altro. Da parte di due biondi isterici.
-Eccoci arrivati …- Sospirò Hakkai, felice di annunciare la fine della traversata. Martha, seduta sul sedile accanto, si stiracchiò appena, e lanciò un’occhiata all’auto accanto alla loro, dove Nika era alla guida. La rossa sembrava divorare la nuova cittadina con gli occhi, e gli altri passeggeri di Suzuki non sembravano da meno. E non avevano torto.
Il nuovo villaggio era tutto un fermento: luci, decorazioni varie, festoni di ogni colore riempivano le strade, mentre le voci felici degli abitanti risuonavano per la città in festa. Ovunque era un tripudio di bancarelle e merci.
Lara lanciò un’occhiata ad alcune ragazze che passavano in kimono. Non aveva mai visto molta gente indossarne uno, e la cosa non poteva fare altro che incuriosirla.
-Una festa tradizionale.- Borbottò Sanzo, vedendo lo sguardo confuso della bionda.
-Lo avevo intuito.- Sibilò questa di rimando, mentre alcuni uomini trasportavano dei tamburi. L’irritazione lasciò subito la ragazza. Anche se ancora non lo comprendeva bene, le piaceva questo mondo. Lo aveva notato da subito, ma trovandosi davanti a quella che sembrava una festa giapponese, non potè fare a meno di ammetterlo: questo mondo in cui era precipitata, era molto orientale, sia per mentalità, che per cultura. E per lei, che veniva da un mondo … più occidentale, era un po’ come sentirsi un pesce fuor d’acqua. Ulteriormente.
Le due jeep si fermarono di fronte alla prima locanda. Neanche il tempo di scaricare i bagagli, e Gojyo e Nika erano svaniti, mescolati alla folla che girava per la fiera.
-Quei due … non ci si può girare un attimo …- Ringhiò Lara, decisamente infastidita dalla facilità con cui la cugina riusciva ad imboscarsi. Martha le posò una mano sulla spalla, sorridendo.
-Avanti … non è il caso di prendersela. Anzi, perché non andiamo anche noi a divertirci un po’?-
-Mi sembra un’ottima idea.- Annuì Hakkai. -E poi, tanto dobbiamo comunque andare a fare rifornimenti. Tanto vale approfittare del mercato.- Lara lanciò un’occhiata al bonzo, in cerca di consiglio.
-Non ha torto …- Sanzo sospirò, rassegnato. La logica di Hakkai era un nemico contro cui non si poteva sperare di vincere. Lara sbuffò a sua volta.
-E va bene.-
-Perfetto! Allora ci vediamo più tardi alla locanda!- Fece Martha, accettando il braccio che Hakkai le stava galantemente porgendo, e sparendo nella folla, esattamente come la sorella, senza lasciare il tempo ai due biondi di ribattere.
-Credo che siamo appena stati scaricati …- Mormorò Lara, dopo un lungo momento di silenzio allibito. Martha quando diavolo si era data da fare con il moro dagli occhi verdi? I membri del gruppo di Sanzo rimasti annuirono appena. Gaia e Goku a mascella a penzoloni per il comportamento da fidanzatini dei rispettivi amici. Nessuno dei due ragazzini aveva minimamente pensato che tra loro ci fosse qualcosa … Sanzo stranito per la naturalezza con cui Hakkai manifestava il suo affetto per la mora. Ma, tutti e quattro segretamente felici di quella unione, dato che sapevano delle ferite che entrambi i giovani si portavano nel cuore.
-E adesso?- Fece Goku, indeciso. Lara sospirò.
-Bhe … potremmo andarci a prendere qualcosa di commestibile, e poi fare un giro nella fiera …-
-Basta che non mi diate noia, va bene tutto …- Sbuffò Sanzo, accendendosi un sigaretta.
-Sììììì!!! Dai, Lara, andiamo!- Cinguettò Gaia, improvvisamente regredita all’età di tre anni, alla vista di un carretto dello zucchero filato.
-Okonomiyaki …- Sbavò Goku, vedendo passare un altro carretto di cibo. Era già schizzato in quella direzione, quando Sanzo lo prese per la collottola, e stessa cosa fece Lara con Gaia.
-Fermi qui.- Sibilò il monaco, ignorando le proteste dei due giovani prigionieri. -Non ho intenzione che ci combiniate qualche altro guaio. Quindi, voi due venite con noi!- I due ragazzi mugolarono depressi, ma una volta raggiunti i carretti del cibo, dimenticarono ogni cosa.

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Martha si avviò nella sua camera a passo felpato. Strano a dirsi, lei e Hakkai erano arrivati alla locanda per ultimi. Tutti gli altri erano nella stanze a cambiarsi per la cena. Martha sospirò, felice. Aveva passato delle ore stupende, con il demone dagli occhi verdi. Avevano passeggiato e parlato fino a qual momento, senza mai smettere di tenersi a braccetto. Era molto tempo che non si sentiva così … e sapeva bene che il sorriso ebete che aveva stampato in faccia, e le guance rosse, non sarebbero passate inosservate alle sue amiche …
Quindi, piano piano, un passo alla volta, cercando di non far rumore, cercò di entrare in camera senza farsi notare, nella speranza di evitare le inevitabili domande dettate dalla curiosità femminile. Infilò delicatamente la chiave nella toppa, ben attenta a non far scattare la serratura troppo forte. Ad ogni istante ispezionava il corridoio con lo sguardo, nel terrore che qualcuno potesse aver sentito dei rumori. Aprì la porta con delicatezza, e lentamente se la chiuse alle spalle. Trasse un lungo sospiro di sollievo. Era …
-Ciao, sorellona! Com’è andata la passeggiata?-
Fregata.
Sedute sul letto, stavano Nika e le due cugine, evidentemente ad aspettarla. Martha si diede mentalmente della stupida: era ovvio che non poteva sperare di fuggire alle sue compagne di ventura …
-B … benissimo … grazie …- Sorrise, imbarazzata, cercando di far buon viso a cattivo gioco. Gli occhi verdi di Nika la fissavano, felini. Per un momento, la sorella le fece venire in mente il grosso gatto rosso che avevano da piccole, quando si apprestava a balzare su un uccellino … accidenti, quanto si sentiva un passerotto, in quel momento!!!
-E con Hakkai?- Martha deglutì, cercando di mantenere la calma, mentre il sorriso della sorella si faceva più sadico. Dannazione. Possibile che la pel di carota di famiglia fosse così impicciona?
-Che … che vuoi sapere?- Chiese la mora, incerta. Gli occhi di Nika scintillarono.
-Diciamo … tutto!- La figura di Martha perse la consistenza di statua di granito, mentre il viso prendeva una tonalità rosso fluorescente. Gaia, che stava sbocconcellando alcuni dolci presi alla fiera, le porse la confezione.
-Dolcetto, cuginetta?- Lara lanciò un’occhiata quasi disgustata alla sorella, Martha era troppo in preda all’imbarazzo per rispondere, comunque.
-Gaia! Come diavolo fai a mangiare ancora! Tu e Goku non avete fatto altro per tutto il pomeriggio!- Sospirò. -Mi chiedo dove te la metti tutta quella roba …- Gaia fece un’alzata di spalle.
-Non avevo mai mangiato roba così etnica! È buonissima, vuoi assaggiare?- Lara indietreggiò di fronte alla scatola che la sorella le porse.
-Urgh! No, grazie! Mi sono bastati i due zuccheri filati, i tre spiedini, i due okonomiyaki e i due tè freddi … voglio riuscire a cenare, grazie!-
-E poi è lei che dice “ dove te la metti tutta quella roba …”- Commentò Nika, con un’enorme gocciolone sul capo. “Bhe, in fondo“, pensò dentro di sé, “sono sorelle …”
-A proposito di okomiyaki …- Fece Gaia, finendo il suo dolce. -Quando eravamo da quella bancarella, tu e Sanzo siete spariti per un po’. Dove vi eravate cacciati?- Un silenzio di tomba scese nella stanza. Nika prese a fissare Lara con occhi da predatore, le labbra piegate nello stesso sorriso felino che prima aveva rivolto a sua sorella. La bionda iniziò a sudare freddo.
-N … non è tuo interesse.-
-Ooooh … ma davvero, cugi cara?- Cinguettò la rossa, sprizzando malizia da ogni poro. Lara fece per defilarsi, ma Nika l’aveva già raggiunta, agguantandola per la manica.
-Non. Sono. Affari. Tuoi.- Sibilò la bionda, le iridi azzurre fisse in quelle castano-verdi della cugina. -E comunque, allora, tu e il kappa, Gojyo?- Continuò, nel disperato tentativo di distogliere l’attenzione di Nika dai suoi affari.
Mica poteva ammettere di aver sfidato il bonzo a prenderle il classico pesce rosso con un retino di carta. E che il suddetto monaco avesse fallito miseramente. E che, ovviamente, irritato per aver perso, si fosse messo a minacciare il proprietario della bancarella con la pistola. Le ci era voluto parecchio per evitare al poveraccio di finire crivellato. Ed alla fine, l’uomo era stato ancora così gentile da dare loro un piccolo portachiavi di pezza, a forma di coniglietto, come “premio di consolazione“. Sanzo, irritato altre ogni dove, glielo aveva tirato, sibilando: “Tò! Ora sai dove attaccare la vostra chiave …” Non le aveva neppure dato il tempo di ringraziare, o fare un commento sarcastico, che si erano già riuniti a Gaia e Goku. Ed ora, la chiave d’argento che aveva aperto il libro della nonna, e che avrebbe dovuto riportarle a casa, stava attaccata al coniglietto di pezza, nella tasca di Lara.
-Non posso parlare.- Fece Nika, tranquilla. -Ci sono minorenni nella stanza.-
-Hey!- Sbottò Gaia, indignata. -Questa è una scusa bella e buona!-
-Fidati, Gaia. Conoscendo mia sorella, non vorresti sapere.- La rassicurò Martha, dentro di sé ben felice che l’attenzione generale fosse caduta su qualcun altro. Lara, al contrario, era in trappola. E ne era orrendamente consapevole. Nika era la creatura più testarda del creato, quando si trattava dell’argomento “ragazzi e affini”. Ma Lara non avrebbe ceduto senza combattere.
-Non parlerò neppure sotto tortura.- Sibilò la bionda, con voce più fredda del ghiaccio. Ma la cugina non si scompose di una virgola. Anzi. Il suo sorriso divenne ancora più accentuato. E Le paure di Lara ancora più reali.
-Ed allora … tortura sia!-

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Sanzo, Hakkai, Goku e Gojyo si stavano dirigendo alle proprie stanze. Stranamente senza né litigare, né minacciarsi di morte, quando un tornado umano esplose da una delle stanze delle ragazze, rischiando si investirli. Goku schizzò in braccio a Gojyo per lo spavento, ed il kappa non ebbe nulla da ribattere per lo shock.
-Ma che diavolo …-
Sanzo e Hakkai, dal canto loro, erano già in posizione da battaglia, pistola in mano il primo, e sfera di energia il secondo. Ma subito si rilassarono, quando videro che il tornado umano, altro non erano che Lara in un disperato tentativo di fuga, e Nika che impartiva la sua “tortura” alla cugina. Ovvero un feroce attacco di solletico.
Entrambe caddero a terra, dove si svolse una lotta furiosa, fino a quando Nika non ebbe il sopravvento, e Lara non poté fare a meno di soccombere alle risate. Inutili ogni tentativo di scollarsi la cugina di dosso, avvinghiata come un polipo.
Le risa incontrollate della bionda echeggiarono nel corridoio, tra una minaccia di morte a Nika e l’altra. Il suo volto, di solito piuttosto serio, se non per qualche sorrisetto ironico, travolto dalle risa, appariva molto più giovane. Sanzo sbuffò esasperato, mentre i suoi compagni osservavano la scena shoccati. Ma, per una volta, non se la sentì d’intervenire a suon di harisen. Qualcosa lo aveva spiazzato, e non era solo la scena di due donne adulte che, come bambine, si mettevano a fare una guerra di solletico, ma l’espressione di Lara. Era davvero assurdo. A prima vista, non era riuscito a cogliere una gran somiglianza tra lei e Gaia, ma ora, mentre la bionda rideva apertamente, il volto rilassato e non teso nella solita espressione fredda, o nel ghigno calcolato, Sanzo riusciva a vedere benissimo la somiglianza tra le due sorelle.
I quattro ragazzi rimasero ancora alcuni istanti a fissare la scena allibiti, poi fecero dietro front.
-Io non ho visto nulla …- Fece Sanzo. Hakkai annuì.
-Non sei il solo …-
-Io non ti considero più un moccioso, scimmia …- Disse Gojyo, rivolgendosi a Goku.
-Grazie …- Rispose il ragazzino. Martha e Gaia uscirono dalla stanza, e, dopo qualche istante a guardare le rispettive sorelle, seguirono l’esempio dei ragazzi.
-Vi seguiamo!- Fecero all’unisono, mentre Lara, momentaneamente libera dalle grinfie di Nika, sibilò, col poco fiato che le era rimasto:
-Traditrici!-

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-Non c’è proprio altro da fare?- Chiese Nika, fissando Hakkai con occhi imploranti. Il demone dagli occhi verdi scosse il capo.
-Mi spiace. Ma temo che fino a dopo domani non sarà in grado di viaggiare.- Nika puntò gli occhi sulla sorella. Martha fece segno di diniego.
-Spiacente, sorellina: ma stavolta hai davvero esagerato … non ha retto.- La rossina abbassò lo sguardo, colpevole.
-Mi sa che hai ragione… non dovevo torturarla così …-
-Se quella la chiami tortura …- Sbottò Sanzo, seccato oltre ogni dove. I mozziconi consumati uscivano fuori dal posacenere che aveva davanti. -Comunque ottimo lavoro: ci hai bloccato qui per un giorno in più rispetto al previsto!- Lo scatto della mano di Nika verso la propria Glock costrinse Hakkai ad intervenire.
-Avanti, sappiamo bene che non lo ha fatto apposta. A tutti può capitare di farsi prendere un po’ la mano …-
-Ma certo far mangiare quattro scatole di biscotti al cioccolato ad un draghetto grosso come un gatto, non è la cosa più intelligente del mondo!- Ringhiò Lara, seduta su una poltrona, dall’altra parte della stanza comune della locanda. La guerra a colpi di solletico ancora fresca nei ricordi. Nika le lanciò un’occhiata assassina, ma un pigolio proveniente da Suzuki attirò subito la sua attenzione. Coricata di schiena sul tavolo, la piccola draghetta si teneva il ventre, ben più rigonfio del solito. Il muso ancora sporco di briciole scure. Accanto a lei, come un guardiano, stava Hakuryu, preoccupato e vigile.
-Povera piccolina! Ti fa tanto male il pancino, vero?- Cinguettò dolce la rossina, accarezzando il ventre della bestiola, come una mamma con un bimbo con le coliche. Poco distante, Goku si accasciò sui morbidi cuscini del divano a due posti che condivideva con Gaia.
-Uffa! E adesso, che cosa facciamo?-
-Se ti annoi.- Fece Gojyo dalla sua postazione, con la schiena appoggiata al muro, soffiando una nuvoletta di fumo dalla bocca. -Possiamo sempre uscire un po’. La sagra durerà ancora stanotte e domani. Approfittiamone.- Goku lanciò un’occhiata al monaco biondo.
-Sanzo?-
-E perché no?- Sbuffò, rassegnato. -Almeno passiamo il tempo …-
-E magari riesci anche a pescare un pesce rosso, stavolta …- Ghignò Lara, subito raggiunta da un’occhiataccia feroce del monaco.
-Non dire un’altra parola, se ci tieni alla pelle, donna …-
-Altrimenti cosa?- Lo sfidò lei. -Mi spari?-
-Non è una cattiva idea …- La tensione tra i due biondi cominciava ad arrivare a livelli poco salubri, così Hakkai e Martha corsero subito ai ripari. Bastò un’occhiata per intendersi al volo.
-Stasera in programma ci sono danze e fuochi d’artificio!- Fece la mora, con un volume di voce che sfiorava l’urlo. Appena sufficiente, comunque, a far sì che sua cugina ed il bonzo si voltassero nella sua direzione.
-Dalla musica che viene da fuori, le danze sono già iniziate, ma se ci sbrighiamo, non dovremmo avere problemi a trovare un buon posto per vedere i fuochi …- Aggiunse Hakkai, interiormente già pronto a prendere Martha e metterla al sicuro da un’eventuale sparatoria.
-I fuochi!!! Che bello!!!- Squittirono Gaia e Goku, che schizzarono ad afferrare per le maniche Lara e Sanzo. -Andiamo? Andiamo? Per favore!!!- I due ragazzini sfoderarono i loro sguardi più dolci e cucciolosi, di quelli che avrebbero fatto concorrenza a Bambi.
-E VA BENE, MA SMETTETELA DI FARE I MOCCIOSI O VI AMMAZZO!!!- Ruggì il monaco, vene che gli nascevano sulle tempie a ritmo forsennato.

-----

Neanche un paio di minuti, e la combriccola era trascinato fuori dai due membri più giovani del gruppo, esageratamente eccitati alla prospettiva dei fuochi d’artificio. E senza che venisse sparato neppure un proiettile, con enorme sollievo di Hakkai e Martha, e dei gestori della locanda, ovviamente.
Se possibile, le strade erano ancora più affollate che nel pomeriggio. Famigliole e coppiette si sprecavano, in mezzo ai gruppi di ragazzini festanti. Quasi tutte le donne, bambine o adulte, indossavano kimono sgargianti e sandali tradizionali, e questo, assieme alle lampade di carta che illuminavano le vie, contribuiva a far apparire il villaggio un angolo di antico Giappone. Almeno agli occhi di Lara, Nika, Gaia e Martha. Per i ragazzi, non era altro che una colorata e comune sagra di paese.
Al centro della fiera, alla luce di un enorme falò, erano già iniziate le danze. Donne e uomini in abiti tradizionali ballavano, a ritmi talmente antichi da essere ancestrali.
Per i fuochi d’artificio mancava ancora tempo, ed il gruppo si separò a coppie.
Sanzo tentò nuovamente la sua fortuna con le bancarelle dei giochi, costringendo Lara ad intervenire di nuovo in difesa dei malcapitati proprietari; Gaia e Goku si avventarono a provare cibarie che gli erano sfuggite nel pomeriggio; Martha e Hakkai rimasero a godersi lo spettacolo dei danzatori ai piedi del falò; Nika e Gojyo … e chi li aveva più visti?
Solo quando ormai mancavano pochi minuti all’inizio dello spettacolo pirotecnico, si ritrovarono tutti ai piedi del falò. In scena, ancora l’ultimo spettacolo di danza.
-Accidenti, non vedo un cavolo!- Si lamentò Gaia, saltellando nel tentativo di vedere oltre le spalle di alcune persone, decisamente troppo alte per i suoi gusti. Goku non era di certo in condizioni migliori.
-Ma tutti gli spilungoni si sono radunati qui?! Saaaanzo! Mi prendi in cavalluccio?- Fece, rivolgendosi al monaco.
WHAM!!!
-Ti è chiara la risposta, stupida scimmia?!- Ringhiò il biondo, harisen fumante in mano. Gaia continuò a fissare mogia le schiene che le ostruivano la vista, fino a quando Goku, bernoccolo lampeggiante sulla testa, la prese per mano e la trascinò via.
-Andiamo, tanto di qua non si vede niente …- Forse era ancora lo shock della botta in testa, forse il fatto che Sanzo gli aveva dato sui nervi, ma lo scimmiotto neppure si rese conto, nella sua ingenuità, della potenziale importanza del suo gesto. Ma Gaia sì. Anche se non era sicura di saperlo interpretare. Il suo cervello sembrò andare in tilt, le orecchie a malapena registrarono le voci di Lara e Martha che le raccomandavano di non allontanarsi troppo.
Tutta la sua concentrazione era assorbita dalle mani. La sua e quella di Goku. Le dita intrecciate, quasi come se fossero state create per quello, con una naturalezza che aveva dell’incredibile. Nella loro marcia a spintoni tra la gente, per cercare di arrivare sotto al palco, non sentiva neppure i corpi della gente attorno a loro, solo il calore rassicurante della mano di Goku attorno alla sua.
-Eccoci! Guarda, appena in tempo, i fuochi stanno cominciando!- Le prime esplosioni riempirono l’aria, ma Gaia non era del tutto certa che fossero i giochi pirotecnici. Il suo cuore batteva con una tale furia da fare concorrenza ai botti. Anche se erano arrivati in prima fila, Goku non aveva lasciato andare la sua mano. Ed alla morettina la cosa non pesava affatto.
Lanciò un’occhiata al volto del giovane eretico: i suoi occhi dorati scintillanti nelle variopinte luci dei fuochi d’artificio.
Gaia strinse impercettibilmente più forte la mano di Goku, le guance in fiamme. Ad un tratto le parve di essere tornata una bambina dell’asilo. Quando si teneva per mano con il bimbo che le piaceva tanto. L’innocenza del gesto era la stessa. Ma le emozioni che le stava dando … quello era un altro mondo.
Sorrise, felice, decisa a godersi il momento. Non le importava molto, se quello era solo un gesto insignificante e che era lei che si stava facendo dei castelli. Le sensazioni che le stava facendo provare erano meravigliose … e si acuirono ancora di più quando Goku le si fece più vicino, permettendole di appoggiare la testa sulla sua spalla.
Eh già. La vita era proprio bella … sospirò tra sé, soddisfatta.
La giovane coppia era però ignara di essere osservata: una fila dietro la loro, due teste rosse li fissavano, ghigno malefico stampato in volto.
-E bravo lo scimmiotto …- Sogghignò Gojyo, tenendo ben saldo un braccio attorno alla vita di Nika. -Era ora che facesse qualcosa anche lui in quel senso … cominciava ad aver paura che il bonzo lo avesse fatto diventare gay come lui …-
-Ma hai visto quanto sono carini!?- Cinguettò questa, mentre le pagliuzze verdi dei suoi occhi scintillavano maliziose. Quello era tutto materiale pro “molestiamo-la-cuginetta-minore”. Il kappa, intanto, aveva già dei progetti.
-Domattina, per prima cosa, io e la scimmia facciamo un bel discorsetto tra uomini …-
-Domattina, per prima cosa, ti trovi un becchino …- Sibilò una voce anche troppo conosciuta alle spalle della coppia. Gojyo deglutì rumorosamente, per poi girarsi molto lentamente, pregando di non aver riconosciuto la voce. Ovviamente le furiose iridi viola che si trovò davanti uccisero tali preghiere. Sanzo era lì assieme a Lara, con alle spalle Martha e Hakkai, che erano andati a cercare con loro i due membri più giovani del gruppo.
-Hey … c … ciao bonzo … anche tu a vedere i fuochi?- Il click della fedele S&W sarebbe già stata di per sé una risposta. Con il sudore che colava dalla fronte, il Kappa lasciò la sua presa su Nika, giusto in tempo per l’esplosione del monaco.
-A CHI HAI DATO DEL GAY!?!? IO TI AMMAZZO!!!-
Era appena esploso uno dei fuochi più belli, quando Goku voltò la testa di scatto, sospettoso.
-Che c’è?- Sussurrò Gaia, preoccupata dal movimento brusco del giovane demone. Goku scosse il capo.
-No, nulla … solo … non so, ma mi è sembrato di sentire di sentire spari si S&W … come quella di Sanzo …-
-Ma no, dai ti sarai sbagliato coi botti dei fuochi d’artificio!- Fece Gaia, scuotendo il capo. -Avanti! Neppure Sanzo può essere così matto da mettersi a sparare senza senso nel bel mezzo di uno spettacolo pirotecnico, circondato da centinaia di persone!- Il ragazzo annuì, poco convinto.
-Sì, forse hai ragione …- E tornò a godersi lo spettacolo di fiori luminosi nel cielo, il rumore delle esplosioni a coprire le urla rabbiose di un certo bonzo che inseguiva un certo kappa …

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Quel luogo era vecchio. Molto vecchio. Le sbarre della piccola cella avevano un inizio di ruggine, e sul pavimento, uno strato di polvere piuttosto spesso, tanto da lasciarvi il segno delle impronte. Anche l’aria sapeva di vecchio. Non di umido, come ci si sarebbe potuto aspettare in una grotta, ma di vetusto. L’impressione era quella di respirare polvere, mescolata a ruggine. Colpa della natura calcarea delle pareti. E del fatto che da anni nessuno posava piede da quelle parti.
Non che ai demoni presenti l’odore dell’aria importasse molto. A due perché nel corso della loro vita avevano respirato di molto peggio, agli altri due, perché semplicemente erano svenuti, incatenati all’interno della cella arrugginita.
Uno accanto all’altra, Rigel e Caleb erano sprofondati in un sonno senza sogni, dal quale si sarebbero risvegliati con la testa dolorante, e la certezza che, presto, non avrebbero più avuto una testa.
Gli occhi verdi di uno dei due svegli erano fissi sulla figura addormentata della ragazza. I capelli azzurri arruffati gli scappavano a ciuffi dalla fascia legata alla fronte. L’armatura nera scintillante nella fioca luce dell’unica fiaccola accesa, mentre allungava una mano verso il mento della prigioniera. La pelle diafana di Rigel quasi luminosa contro la stoffa scura del guanti del demone.
Un sorriso predatore si disegnò sulle labbra sottili del guerriero, quando la ragazza emise un gemito nel sonno.
-Non è tempo di fare giochetti, Cain.- Sibilò l’altro demone sveglio, disturbando la contemplazione dell’altro. Questi emise un ringhio sordo, rivolgendo la sua attenzione al suo compagno.
-Mai capace di farti gli affari tuoi, eh, Abel? Mi rovini sempre il divertimento …- Abel si avvicinò di un passo. Iridi azzurre e capelli verdi si dipingevano su un volto uguale a quello di Cain, sin nei minimi particolari. Come l’armatura che indossava, che però riluceva di un colore bianco argenteo. Sorrise appena, un leggero piegamento delle labbra in un volto altrimenti illeggibile.
-Sono tuo fratello. Ed è questo quello che fanno i fratelli, no?-
-Sai essere irritante, lo sai?- Sibilò Cain, allontanandosi da Rigel. Come tutta risposta, Abel si limitò ad un’alzata di spalle.
-Mi hai detto di peggio. Sforzati un pochino, almeno.- Il demone dai capelli azzurri rise.
-Hai ragione fratello! Sai, deve essere la noia. È già un bel pezzo che Artemius ci ha lasciati a fare la guardia ai suoi cuccioli …- Gli occhi verdi si strinsero in due fessure, mentre la voce scendeva di alcune ottave. -Sono stufo di aspettare.-
-Pazienza, Cain. Pazienza.- Lo rassicurò Abel. -Finora, Artemius ci ha sempre ripagato per la nostra tolleranza. Questa volta non sarà differente.-
-Sarà meglio.- Ringhiò Cain. -L’ultimo lavoro mi ha lasciato insoddisfatto. Un villaggio pieno di deboli donne e bambini! Ed avevano il coraggio di farsi chiamare demoni! Ah!- Un sorriso maligno e folle si fece strada sul volto corrucciato. -Quei mercenari, invece … quelli si che erano stati un bel lavoro! Degno di noi …-
-Smettila con questi discorsi, o finirai per perdere il controllo.- Lo ammonì Abel, gli occhi chiari attraversati da un lampo minaccioso.
-Non preoccuparti. So ancora tenermi a freno, quando voglio.- Ribatté Cain. -In fondo, siamo dei professionisti, no?-
-È bello sentirtelo dire. Perché non mi va di sapere come la prenderebbe Artemius per una cosa del genere.- Un lieve rumore di passi zittì i due fratelli, mentre nella stanza faceva il suo ingresso Artemius. Gli occhi dorati imperscrutabili, mentre un indecifrabile mezzo sorriso lo rendeva solo più spaventoso. Sia Cain che Abel fecero un passo indietro al suo cospetto. La sua imponente statura troneggiava sui due demoni, rendendoli ulteriormente guardinghi.
Con un cenno del capo, il demone più anziano indicò i due prigionieri.
-È ora. Svegliateli.-

-Fine capitolo 19-

Ed ecco Cain e Abel … mi ci è voluto un po’ per far uscire questi personaggi dalla mia testa … la verità è che amo i gemelli, ed anche se non sono molto originali, volevo inserirli in questa storia …
Lo so, non hanno fatto ancora molto, ma mi piacerebbe sapere che ne pensate di questi due … e magari anche quale destino volete che gli faccia avere in questa storia …
Nel prossimo capitolo: Artemius ha una proposta per Caleb …

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Capitolo 20
*** Ricatti e draghi volanti. ***


20 È molto tempo che non posto più un capitolo di questa fic…  ma sappiate che, nonostante ciò, non è stata abbandonata. Ho avuto un blocco nello scrivere enorme, e solo in questi ultimi tempi, con la vita che ha deciso di rimettersi un pochino in sesto, ho ritrovato la voglia di pigiare i pulsanti della tastiera.
A voi la lettura!

Capitolo 20
-Ricatti e draghi volanti.-

Caleb ammise a sé stesso che questo risveglio non era dei migliori. La testa gli pulsava, come se un’ape impazzita vi si fosse persa dentro, ed ogni centimetro quadrato del suo corpo era dolorante, in primis il punto in cui la ferita al ventre era quasi guarita.
Ma, in effetti, dopo aver passato giorni e giorni in convalescenza, non poteva dire di non esservi un poco rassegnato.
Fece per stiracchiarsi, le ossa scricchiolarono in protesta per lo scomodo giaciglio su cui era stato costretto a riposare. Solo allora si accorse delle catene.
Spalancò gli occhi di colpo, improvvisamente conscio di cosa gli fosse capitato. Lo scontro con Shiba. La morte del demone lupo per mano di Rigel. La disperazione di lei. La comparsa di Artemius. E l’attacco dei due demoni gemelli.
Spalancò gli occhi, e si guardò freneticamente attorno, fino a quando il volto di Artemius non finì nel suo raggio di visione.
-Ma bene. Vedo che hai già ripreso conoscenza …- Disse questi, sorridendo appena. Uno di quei sorrisi gelidi e privi di emozioni che ormai Caleb conosceva bene. -Meglio così. Risparmi fatica ai miei due nuovi aiutanti. Ti presento Cain e Abel.- Artemius continuò a parlare, indicando i due demoni in armatura alle sue spalle. Uguali identici, ma speculari nei colori degli occhi e dei capelli. La testa di Caleb ne ricordava bene la forza fisica, mascherata dall’esilità della loro muscolatura, e dai volti da ragazzini. I due Demoni che avevano distrutto il villaggio.
-Vorrei poter dire che è un piacere conoscervi.- Ringhiò il demone dai capelli argentei, la voce venata di sarcasmo rabbioso. Un pugno lo raggiunse ancora prima di poter aggiungere una battuta. Il mondo divenne come in bianco e nero per qualche istante, mentre si riprendeva dal colpo. Poi, il volto di Artemius tornò ben visibile agli occhi di Caleb. Il sorriso sparito, sostituito da un’espressione rabbiosa.
-Ti avevo mandato ad uccidere, Caleb.- Sibilò il demone più anziano, il pugno ancora stretto. -Ed invece? Sei stato così debole non solo da farti curare dai nostri nemici. Ma ti sei anche unito a loro … ed hai persino spinto Rigel a rivoltarsi contro di me, e ad uccidere il povero Shiba … Dimmi, Caleb, c’è un qualche motivo che possa impedirmi di ucciderti?- Le iridi dorate del demone più giovane scintillarono, rabbiose quanto quelle di Artemius.
-Va all’inferno. Quello che stai facendo è sbagliato, e lo sai!- Artemius s’irrigidì, ma non colpì di nuovo il ragazzo. Si chinò più vicino, fino ad arrivare a sussurrargli in un orecchio.
-Cosa c’è di sbagliato, nel voler conoscere il proprio creatore? L’essere che ci ha permesso di venire al mondo?- Un istante di silenzio, nel quale Caleb non ribatté. Ciò incitò il demone più anziano a riprendere a parlare. -Siamo vicini, Caleb. Molto. Vicini. Abbiamo faticato ed aspettato troppo tempo, perché quelle donne ci fermino. Quelle quattro donne sono le sole creature in grado di vanificare ogni nostro sforzo. Solo loro hanno il potere di tenere il nostro creatore prigioniero.- Gli occhi dorati si tinsero di follia. Pura, paranoica, febbrile follia. Un brivido scese lungo la schiena di Caleb.
-Devono morire, Fratellino. Quelle quattro devono morire. È l’unico modo per impedire loro di nuocerci. A noi e a Lui. Abbiamo lavorato troppo, ci siamo spinti troppo lontani. Abbiamo risvegliato poteri e conoscenze troppo grandi per lasciarci fermare. Ormai, la nostra è una via senza ritorno.- Il demone dai capelli argentei resse lo sguardo del suo ex capo, il cuore invaso di triste consapevolezza. Ora lo aveva capito. Quello che aveva davanti non era più l’Artemius che lo aveva cresciuto. Era solo un corpo che gli somigliava. Poteva vederlo, in quelle iridi una volta piene di affetto e tenerezza, ma ora vuote, colorate solo da odio alternato a follia.
Si chiese solo come diavolo avesse fatto a non accorgersene prima. In qualche modo, il potere che stava corrodendo la barriera che teneva rinchiuso il loro creatore, aveva corroso anche Artemius. Il demone dai capelli argentei chiuse gli occhi, impedendosi di piangere.
-Non a questo prezzo …- Mormorò, con voce incrinata. Artemius rimase in silenzio per qualche lungo istante, come indeciso su cosa fare. Alla fine sbuffò, deluse ed esasperato.
-In tal caso.- Disse, alzandosi in piedi. Caleb ne seguì i movimenti, attento. -Dovrò trovare qualcosa che per te renda questo prezzo più ragionevole.- Si chinò davanti a Rigel, ancora priva di sensi. Il bellissimo viso rilassato nel sonno. Simile ad una maschera di porcellana. Artemius le sollevò appena il mento con una mano, facendo sì che Caleb ne potesse vedere bene il profilo.
-Dimmi, Caleb.- Continuò il demone moro, con un tono quasi conviviale. -La Sua vita è un prezzo abbastanza ragionevole per te?-
-Non oserai …- Ringhiò il giovane, combattendo contro le catene. Artemius sorrise appena.
-Lei mi ha tradito, come te, Fratellino. Non potrei comunque farmene più nulla di lei. Non potrei fidarmi. Ma, se tu sei così legato a Rigel … potrei anche decidere di tenerla in vita … in cambio di quel piccolo favore. E chissà: se sarai bravo, magari potrei anche decidere di perdonarvi entrambi.- Caleb continuò a restare in silenzio. Il volto contratto nel tentativo di restare impassibile. Artemius si alzò in piedi, lasciando andare Rigel. Le striature argentee dei capelli scintillanti alla luce delle torce. -Pensaci bene, Caleb. Potrebbe tornare tutto come prima. Io, tu e Rigel, e la piccola Maya. Potremmo riavere la nostra famiglia … Potremo ricongiungerci al nostro Creatore, a nostro Padre. Oppure … solo io e Maya avremo questo onore. Certo, sarà un po’ penoso spiegare a Maya perché la sua sorella maggiore è morta … ma come tutti i bambini, se ne farà una ragione …-
-Non … non voglio farlo …- Sussurrò Caleb. Ma le parole suonavano inutili anche a lui.
-Tu e Rigel siete i più legati, tra tutti noi. Siete nati nello stesso istante, dallo stesso ceppo. Neppure io e Grima avevamo un legame simile, e lui era nato solo poco dopo di me. Converrai che le vite di quattro umane non possono essere più importanti, per te, della Sua, vero?- Caleb abbassò lo sguardo. -Siete stati creati nello stesso momento. Nella stessa notte di luna. Siete inscindibili. Legati indissolubilmente.- Di nuovo i suoi occhi dorati s’incontrarono con quelli uguali, eppure così diversi di Artemius. Dal loro angolo, i due demoni gemelli si sussurrarono qualcosa tra loro. Ma il demone più anziano non vi fece neppure caso. Un sorriso trionfante era tornato a rivestirgli le labbra.
-Molto bene. Mi sembra che ci siamo messi d’accordo.- Caleb non rispose. Artemius aveva vinto. Ed era bastato guardarsi negli occhi per comprenderlo. Ma in realtà, Artemius sapeva già da tempo di aver vinto. Non appena aveva minacciato la vita di Rigel. Lo aveva compreso ben prima dello stesso Caleb.
Artemius Si alzò in piedi in silenzio, rompendo il contatto visivo con il demone più giovane, ormai spezzato. Fece un cenno a Cain e Abel di seguirlo, poi parlò di nuovo.
-Molto bene. Domattina ti lascerò andare dai tuoi amici … per l’ultima volta. Qualunque cosa tu faccia. Ma spero, per il bene di Rigel, che farai la scelta più saggia.- E, senza voltarsi più indietro, il demone uscì dalla stanza, seguito dai suoi nuovi guerrieri.
Passarono alcuni minuti, prima che Caleb riuscisse a trovare la forza di fare un qualunque movimento. Chiuse gli occhi, per frenare un paio di lacrime di sconforto. Ma questo gli fece solo vedere più chiaramente i volti dei suoi nuovi amici. Le sue vittime designate. Di nuovo.
-Perdonatemi …- Mormorò, con le corde vocali strozzate da singulti appena trattenuti. Accanto a lui, Rigel si mosse appena nel sonno, come a percepire lo stress del suo compagno.

-----

Sulla soglia del tempio sotterraneo, dove la roccia assumeva le più svariate sfumature verdi, Artemius si fermò in contemplazione. Sull’altare di roccia, il libro era aperto, come sempre. La sfera al suo interno, mandava bagliori. Davanti ad esso, la piccola Maya, teneva le manine alzate sulla boccia scura. Il demone sorrise.la sfera altro non era che un passaggio. La concretizzazione della barriera invisibile tra i tre mondi: il Tenkai, il Tengiku e Gaya. Una barriera che cinquecento lunghi anni avevano indebolito, e che ora stava soccombendo di fronte ai poteri di una bambina. Unica creatura in grado di sciogliere quel sigillo.
-Fratellone!- Gridò la piccola, non appena si accorse della presenza del demone più anziano.
Non appena questo entrò nella caverna, un razzo dai capelli castani gli schizzò incontro. Il demone sorrise appena, e si piegò su un ginocchio, per meglio vedere in viso la piccola Maya. Grandi occhi dorati ancora innocenti e curiosi, ma in quel momento trapassati da dolore.
-Qualcosa non va, sorellina?- Chiese delicatamente, per non spaventarla. La piccola annuì veemente, ed indicò il libro sull’altare.
-Non voglio più fare questa cosa!- Fece la piccola, con voce decisa. Artemius represse a stento un ringhio.
-E per quale motivo? Pensavo che quella bella palla ti piacesse …- Maya scosse il capo, irremovibile.
-Adesso non più! Quando la uso mi fa male!- E per dare più forza alla sua affermazione, la bambina mostrò i palmi delle mani: delle brutte ustioni le arrossavano la pelle morbida. Il demone sorrise amabilmente, e soffiò delicatamente sulle manine ferite.
-Ecco, adesso non fa più male, vero?- Maya lo fissò con un’espressione scettica. Artemius fece finta di nulla, e continuò a parlare. -Adesso vai, e continua col tuo compito, va bene?-
-No!- Urlò decisa la piccola. Gli occhioni colmi di lacrime rabbiose. L’uomo dei capelli striati emise un sibilo.
-Vedi di non fare i capricci, Maya … Vai subito a fare il tuo lavoro.-
-No! No, no e NO!- S’impuntò la piccola, pestando i piedini per terra. Artemius strinse le labbra. Un’ondata d’ira lo stava invadendo, ma non lasciò che ciò intaccasse il suo autocontrollo. Le sue classiche tattiche di persuasione non avrebbero avuto successo. Maya era una bambina, e minacce o punizioni fisiche non sarebbero servite a nulla, se non a renderla più ingestibile. I bambini possono essere ingenui, ma anche testardi.
Il demone posò una mano sulla testa della piccola, mentre un finto sorriso rassicurante gli curvava le labbra.
-Lo sai perché ti ho portato qui Maya? Ormai è passato un po’ di tempo …-
-Per farmi vedere la palla.- Annuì la bimba, con calma, ma senza perdere il tono arrabbiato, segnale che non aveva di certo cambiato le sue posizioni. Artemius continuò.
-Sì. E che altro?-
-Per farmi far cambiare colore alla palla. Mi hai detto che era un gioco.- Gli occhi dorati di Maya lanciarono scintille accusatrici. -Non mi hai detto che faceva male!- Le palpebre si strinsero sugli occhi dorati del demone adulto. Sapeva che sarebbe potuto accadere qualcosa di simile. Le ferite che Maya si stava procurando erano, paradossalmente, un buon segno. Significava che la barriera stava cedendo, ed usava la sua ultima arma di autodifesa, ferendo la creatura che la stava corrodendo.
Artemius lasciò che il suo sorriso diventasse un lieve ghigno. Il muro eretto cinquecento anni prima tra i tre mondi dalle quattro semidivinità veggenti del Tenkai stava per essere abbattuto. E con esso, la Sua prigione. La prigione senza tempo e spazio in cui era stato rinchiuso l’essere che aveva dato il dono della vita a lui ed ai suoi fratelli.
Il ghigno divenne più marcato. E quando Egli fosse stato libero, allora avrebbero punito gli Dei, per essere stati così stolti. Ed anche gli Uomini ed i Demoni. Per averli respinti. Ed avrebbero costruito un nuovo mondo, estraneo al tormentato Tengiku, al privilegiato Tenkai, ed allo sterile e privo di magia Gaya.
Ma perché ciò potesse avvenire, dovevano prima essere portati a termine due compiti: distruggere la barriera tra i tre mondi, ed eliminare le ragazze col potere di restaurare la barriera. Erano le condizioni principali, perché tutto ciò potesse accadere.
E c’era un prezzo da pagare. Una gran parte era già stato pagato, con la morte di Grima. Ma Artemius era ben consapevole che non era che la prima rata del pagamento. Si abbassò a dare un lieve bacio sulle manine di Maya, che sussultò.
-Tu vuoi conoscere il tuo vero papà, vero, Maya?- La piccola non rispose, ma abbassò lo sguardo, trovando improvvisamente le punte delle scarpe particolarmente degne di attenzione. Poi annuì, incerta. Artemius non si lasciò scappare quello spiraglio di debolezza.
-E lo sai che anche io, Rigel e Caleb vogliamo tanto conoscerlo, vero?- Maya annuì di nuovo. Ogni traccia della rabbiosa determinazione di poco prima sparita. Consapevole di ciò, il Demone più anziano continuò a parlare. -Però l’unica che può liberarlo dalla sua gabbia sei tu. Ma se non continuerai a fare il tuo lavoro con la palla, non potremo mai incontrarlo. E chissà quanto ci resteranno male Rigel e Caleb …- Maya tirò su col naso. Calde lacrime le rigavano le guance. Lacrime non più di capriccio e rabbia, ma di sconfitta. Artemius aveva vinto.
-Però … però mi fa male!- Mormorò ancora debolmente la bambina, portandosi le mani al petto. Una supplica, più che una protesta.
-Sono sicuro che una bimba coraggiosa come te può sopportare un po’ di dolore, vero?- Fu la risposta dell’uomo. Poggiò una mano sul capo della giovane demone, e le indicò l’altare. -Ora vai. Hai ancora molto lavoro da fare …- Senza fiatare, Maya si diresse alla sua postazione. Artemius la seguì con lo sguardo, finché non fu certo che le mani della piccola fossero di nuovo sulla sfera, a passare il suo potere corrosivo sulla barriera. Allora imboccò l’uscita della grotta verde, il solito ghigno sulle labbra sottili.
Era ben consapevole di aver appena condannato a morte il più giovane dei suoi simili, la sua sorellina minore. Ma ora che era così vicino al suo obbiettivo, non gli pareva neppure un gran sacrificio.

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Seppure ritardata, la partenza era stata tranquilla. Suzuki si era ripresa alla grande, ed ora, sotto forma di Jeep, faceva rombare il motore che era una meraviglia, accompagnata da Hakuryu, che pareva provare un gran divertimento ad avere un’altra auto senziente come compagna di viaggio.
Le due auto viaggiavano di pari passo, una a fianco all’altra, tanto da permettere ai due gruppi, quello delle ragazze, e quello dei Saiyuki Boys di parlare tra di loro.
-Davvero sei stato rinchiuso in una grotta per cinquecento anni?- Gli occhi blu-verdi di Gaia erano spalancati dalla sorpresa, mentre ascoltava Goku raccontare il suo incontro con Sanzo. Il ragazzo annuì.
-Già, ma proprio non so perché …-
-Magari avevi divorato tutte le provviste del Tenkai …- Buttò lì Gojyo. Sigaretta stropicciata tra le labbra, e vena pulsante sulla tempia, del tutto simile a quella perennemente presente sul viso del monaco biondo. Questi sintomi, uniti ad un malumore misterioso che lo aveva colpito dalla sera dei fuochi d’artificio, lo avevano reso argomento di discussioni più o meno serie tra Goku e Gaia per buona parte della mattinata. Che la Sanzite fosse davvero una malattia contagiosa?
-Ahh, maledetto Kappa pervertito, perché non ti fai gli affari tuoi?!- Ruggì Goku, cercando di tirare un calcio al rosso.
-Paura di far brutta figura con la tua bella?- Sibilò questi, abbastanza piano da non farsi sentire dalle passeggere della Jeep nera, ma abbastanza forte da farsi capire dai suoi vicini.
-Ma di che stai parlando, scarafaggio al sugo!- Esplose il ragazzino, genuinamente senza capire la frecciata di Gojyo, ma intuendo dal tono che non poteva essere qualcosa di positivo.
-Su, su, ragazzi … non è il caso d’iniziare una rissa in una giornata così bella e tranquilla …- Tentò, seppur già rassegnato, d’intervenire Hakkai.
-Tsk! Lasciali fare … il Kappa non ha altri modi per scaricare tutta la frustrazione repressa …- Hakkai dovette guardare due volte al suo fianco, e pulire ben bene il monocolo, per essere certo che nel sedile accanto al suo vi fosse seduto proprio Sanzo. E che fosse proprio lui a dirgli di non fermare la rissa che si svolgeva nei sedili posteriori di Hakuryu.
-Sicuro di stare bene, Sanzo?- Chiese timidamente il moro, il cui solitamente tranquillo sorriso appariva quantomeno tremante. La lieve, sadica risatina che venne dal monaco gli fece venire i brividi lungo la schiena.
-Perdi tempo a parlare con quel sadico.- Fece Lara, seduta accanto a Nika, che guidava. Hakkai notò che anche la rossina appariva tutt’altro che serena. Anzi, se i lampi che scaturivano dalle iridi verdi erano di qualche significato, non doveva essere di umore migliore di Gojyo. Lara comprese la domanda non detta, e fornì la risposta.
-Ieri sera, mentre tu e Martha andavate alla locanda con Gaia e Goku, il prete qua presente …- Disse, indicando il biondino.
-Quante volte devo ripeterti che NON SONO UN PRETE!!!- Lara ignorò le lamentele di Sanzo e continuò la sua spiegazione.
-… Grazie alla sua geniale trovata di inseguire Gojyo per tutta la durata dei fuochi d‘artificio, sparando tra la folla come un forsennato, è riuscito nell’impresa di farsi arrestare. E per salvarsi il culo, il signorino si è fatto riconoscere come Monaco Sanzo, ed ha detto di star inseguendo un infedele, mettendo nei casini anche Gojyo. Risultato? Sono stati sbattuti in galera tutti e due. Così io e Nika abbiamo dovuto provvedere a pagare la cauzione, ma intanto, Gojyo è rimasto dentro tutta la notte come lui …-
-Notte che io e Gojyo avevamo in programma di passare DA SOLI!!!- Concluse in vece della cugina Nika, lanciando alcuni sguardi-saetta a Sanzo. Un lieve rossore avvolse le guance di Hakkai. Conoscendo i due soggetti, e vedendo il grado di nervosismo della coppia, non era difficile immaginare quali fossero i progetti dei due …
-Certo che mi sembra davvero assurdo che voi ragazzi siate dei Demoni …- Cambiò prudentemente discorso Martha. L’argomento era venuto fuori la mattina stessa, per richiesta delle ragazze, che ancora non avevano bene a mente la definizione di “Demoni”.
-Vero?- Rispose con un sorriso Hakkai, mentre ringraziava ogni entità soprannaturale che aveva fatto cadere dal cielo quella dolce creatura che era Martha. Essere proprio sulla traiettoria degli sguardi omicidi che Nika stava lanciando a Sanzo non era esattamente la cosa più tranquillizzante di questo mondo. Soprattutto perché la ragazza aveva una deliziosa glock e sapeva usarla. -Gli apparecchi di controllo dell’energia demoniaca funzionano molto bene …- E, come per sottolineare la sua affermazione, si sfiorò con una mano i piercing che gli adornavano l’orecchio.
-Veramente non mi riferivo solo all’aspetto …- Scosse il capo la brunetta, facendo così danzare anche i suoi lunghi capelli mossi. -È che tra tutti voi, l’unico che, a prima vista, direi che è un Demone mimetizzato, è Sanzo …- Una vena cominciò a disegnarsi sulla tempia di Sanzo.
-Caratterialmente, ci puoi giurare …- Annuì Lara. Goku e Gojyo cominciarono a trattenere le risatine. La vena continua a gonfiarsi.
-Per me lui è peggio di un Demone … ha uno sguardo molto più crudele …- Continuò Nika. Ormai la vena era ad un passo dall’esplosione, mentre Goku e Gojyo, si tenevano una mano sulla bocca a vicenda: scoppiare adesso a ridere, equivaleva a morte certa.
-Pensa che quando sono arrivata in questo mondo, lui è stato quello che da subito mi ha messo più paura …- Ricordò Gaia, dando la bastonata finale alla pazienza del bonzo.
-MALEDETTE STREGHE!!! VE LO DO’ IO IL DEMONE …- Harisen già in mano, Sanzo era già lì lì per schizzare sull’altra jeep, quando notò con la coda dell’occhio i due passeggeri del sedile posteriore che si sbellicavano, ormai senza ritegno.
TONK! BONK!
-AHIO! Maledetto monaco violento!!!- Ululò Gojyo, tenendosi il capo, esattamente come Goku.
-AHIA! Sanzo, ma perché!? Stavolta noi non abbiamo fatto nulla!- Borbottò il ragazzino, più offeso che dolorante. Un’occhiata gelida del biondo, fece morire ogni ulteriore lamentela.
-Perché voi eravate più vicini. E perché stavate ridendo.- Le passeggere della jeep nera ridacchiarono, divertite dalla situazione.
Anche Hakkai si lasciò andare ad una breve risata, ma subito divenne serio. Troppa allegria. Troppa pace e tranquillità. Troppo. Strano …
-Hey, Hakkai, tutto bene? Mi sembri un po’ pensieroso …- Chiese Goku, sfuggito agli attacchi del monaco biondo. Anche Sanzo e Gojyo fermarono la loro disputa, e indirizzarono la loro attenzione al demone dagli occhi verdi. Anche le ragazze smisero di ridere, attente ad ogni parola. Hakkai sorrise, leggermente imbarazzato da tutta l’attenzione che aveva attirato su di sé.
-No, non è nulla davvero!- Rise, concentrandosi sulla guida. Poi aggiunse. -È solo che … insomma, è già un po’ che non incontriamo problemi sul loro cammino. O almeno, problemi armati e con istinto omicida. Da quando Caleb se ne era andato per la sua strada, non abbiamo più subito alcun genere di attacco. E questo mi preoccupa un po’ … non vorrei che … ecco, fosse la classica “quiete prima della tempesta” …-
-YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!- Neppure il tempo di terminare il discorso, che un razzo con le ali, della stazza di un cavallo o pco meno, volò rasoterra tra le due jeep, e solo per pura prontezza di riflessi, tutti abbassarono la testa in tempo.
-MA CHE DIAVOLO …- Ruggì Gojyo, sigaretta spezzata in due penzolante dalla bocca, e capelli ovunque.
-HAKKAI, TU ZITTO NO, EH?!- Esplose Sanzo, dando voce al pensiero collettivo.
-Scusatemi …- Fece il demone moro, decidendo che non era il momento di sottolineare che lui, proprio, non poteva avere colpa alcuna.
-Un drago?!- Esclamò Gaia, tirandosi su, quel tanto da vedere che cosa era quasi precipitato sulle teste del gruppo.
-Ha qualcosa sulla schiena!- Notò Martha, risistemandosi gli occhiali, cadutigli nella confusione generale. Nika piegò la testa da un lato con fare critico.
-È molto più grande della mia Suzuki …-
-Guardate! Torna indietro!- Avvertì Lara. - TUTTI GIU’!!!- Di nuovo il grosso drago sfiorò le teste dei ragazzi, che di nuovo si abbassarono appena in tempo. Ma, a questo punto, troppo spaventati per restare nella loro forma di auto, Hakuryu e Suzuki ripresero le loro forme normali, lasciando cadere sulla strada bagagli e passeggeri. Quest’ultimi bestemmianti e doloranti.
-È un Hiryu! Un drago da viaggio! Ed ha un passeggero in groppa!- Notò Hakkai, tirandosi in piedi. Sanzo ringhiò appena, sfoderando la S&W, mentre un ghigno sadico si faceva largo sul volto solitamente corrucciato.
-Grazie per la lezione di biologia. Ora facciamo fuori questo scocciatore.-
-Dal tono di voce sembra quasi che ti stia divertendo …- Commentò Lara, gocciolone sulla nuca. Ma qualcosa non quadrava: il cavaliere del drago volante sembrava più interessato a fare acrobazie aeree, che ad attaccare. E le urla che lanciava di certo non facevano pensare a nulla di aggressivo. Anzi.
-AIUUUUTOOOOOO!!!-
Un momento di silenzio sbigottito passò tra i ragazzi, mentre il drago performava un altro paio di piroette fuori controllo.
-Per cavalcare a quel modo un Hiryu, il nostro amico deve essere come minimo ubriaco …- Fece Gojyo, goccia allibita sul capo, mentre si ficcava in bocca una nuova sigaretta. Hakkai si portò una mano sul mento, meditabondo.
-Eppure quella voce mi è familiare …-
-OCCHIO CHE RITORNA!!!- Urlarono in contemporanea Gaia e Goku, schizzando di lato, imitati da Hakkai, Nika, Lara e Martha, giusto in tempo per evitare una nuova picchiata fuori controllo. Non così tanta fortuna la ebbero Sanzo e Gojyo, che in una nuvola di polvere, finirono letteralmente investiti da bestia e passeggero, scomparendo dalla vista dei loro compagni.
Per qualche istante, le ragazze e i due Demoni non riuscirono a scorgere nulla dei loro compagni, se non quando il polverone sollevato dall’Hiryu iniziò a dissiparsi.
-Cavoli, che atterraggio …- Fece una voce femminile, appartenente al cavaliere del drago. Gli occhi di Hakkai e Goku si spalancarono a dismisura.
-Non ci credo …- Mormorò Cho. La polvere lasciò intravedere la sagoma del drago, poi quella della proprietaria della voce: una sagoma di donna, non più alta di Goku o Gaia, con orecchie a punta e capelli mossi raccolti in una coda.
-La conoscete?- Chiese Lara, mentre i contorni del volto della ragazza caduta dal cielo (letteralmente!) si facevano sempre più distinti. Gli occhi già grandi di Goku si trasformarono in due vassoi dorati.
-L … Lirin?!- Con un sorriso ed una linguaccia, la sorella minore di Kougaiji salutò il gruppo di Sanzo allargato.
-Salve a tutti! Sono venuta a portarvi un messaggio del mio fratellone …-

-Fine capitolo 20-

Lo so, come capitolo non era granché, ma dopo tanto tempo che non scrivevo più, cercate di chiudere un occhio, ok? Poi, non so come mai, ma quando scrivo dei saiyuki boys con le mie ragazze, mi escono sempre fuori delle cavolate al confine del ridicolo, quando scrivo di Artemius, Caleb e compagnia, divento drammatica. Che volete farci … prendetemi così come sono, se potete ..
I commenti sono sempre ben accetti ^_^
ciao

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Capitolo 21
*** La scelta. ***


cap21  Uno dei capitoli più difficili e forse più lungo che mi sia mai capitato di scrivere! Perché poi non lo so, dato che non è nulla di eccezionale … ma ci sono stata sere e sere a scervellarmi su cosa scrivere, pur avendo una traccia ben (più o meno) delineata nella testa. Forse è perché ci sono Kougaiji e compagni, che ho sempre difficoltà a scrivere … comunque ecco il nuovo capitolo di “La chiave dei mondi”.
Buona lettura!

Capitolo 21
-La scelta.-

-Ho già detto che mi dispiace, vero?- Pigolò appena appena Lirin. I grandi occhi spalancati nel tentativo di apparire il più tenera possibile.
-Sì.- Rispose Sanzo, senza degnarsi di aprire gli occhi, tranquillamente stravaccato sul sedile di Hakuryu accanto a Hakkai, come al solito.
-Che sono mortificata di avervi recato disturbo?- Continuò la piccola demone. Gli occhi ormai delle dimensioni di due palle da tennis, ed un visino così tenero che avrebbe fatto l’invidia di un gattino.
-Hai già detto anche questo.- Ammise il bonzo, sempre tenendo le palpebre sigillate.
-E che sarò buona buona finchè non arriveremo all’appuntamento con il mio fratellone?-
-Lo hai fatto fino a dieci minuti fa.-
-E ALLORA PERCHE’ NON POSSO SALIRE IN MACCHINA ANCHE IO!?!- Ruggì Lirin, che seguiva di corsa le due jeep del gruppo di Sanzo, sotto gli occhi divertiti della combriccola. L’Hiryu che l’aveva portata a destinazione, si stava godendo un bel periodo di riposo ai piedi di un albero, ben felice della sua meritata vacanza. Subito dopo l’eccentrica entrata in scena, infatti, la sorellina di Kougaiji era stata costretta dal monaco e dalla sua S&W a seguire il gruppo a piedi. Punizione che, almeno secondo i piani di Sanzo, sarebbe durata fino all’arrivo sul luogo dell’incontro con Kougaiji.
Ma Lirin non era dello stesso parere.
-NON VOGLIO FARE TUTTA LA STRADA A PIEDI!!!-
-Avanti, Sanzo … non pensi che la si potrebbe accontentare? Ormai siamo a metà strada …- Si arrischiò Goku, pronto a nascondersi sotto il sedile posteriore. Stava facendo la parte dell’avvocato del Diavolo, e con Sanzo non era cosa da sottovalutare. E stavolta, Gojyo si era fatto cambiare posto con Lara, quindi l’unico bersaglio dell’ira del monaco, in caso di perdita di controllo, sarebbe stato lui solo.
-No.- Si limitò a rispondere il bonzo, sempre ad occhi chiusi. Aveva deciso di ignorare il mondo ed ogni sua richiesta, e non aveva alcuna intenzione di cambiare idea.
-Accidenti prete, quanto sei crudele … se sei così con i bambini, non oso pensare con nemici e peccatori …- Sbuffò Lara. Una venuzza si manifestò sulla tempia del biondo, che si volse in direzione della ragazza, ma senza sollevare le palpebre.
-Non sono un prete, maledetta donna! E poi quella peste merita una punizione!!!-
-SEI CRUDELE!!! CRUDELE E PELATO!!!- Ruggì Lirin, con un’enorme quantità di fiato nei polmoni, nonostante la corsa. La vena di Sanzo si gonfiò di più.
-E ridagli … Io non sono calvo …-
-Che cavolo c’entra l’essere pelato con essere crudele!?- Borbottò Goku, punto interrogativo danzante sulla testa. Le mani del monaco cominciarono a contorcersi dal nervoso. Qualcosa che di certo non si può dire che sia bene … specie quando si ha in mano una S&W carica. Ma, appena prima che iniziasse la solita sparatoria, una mano sottile si posò delicata sulla spalla del biondo. Un gesto affettuoso e delicato, in grado di fermare, ma senza alcun bisogno di forza. Come solo una donna sa fare.
Finalmente Sanzo spalancò gli occhi. La sorpresa lampante nelle iridi violette. Si volse di scatto, per incrociare quelle cristalline di Lara. La ragazza sorrise dolcemente. E Sanzo si ritrovò di nuovo a stupirsi per la somiglianza esistente tra lei e Gaia, quando rilassava i muscoli del viso, perdendo la solita espressione seria e seccata.
Le dita affusolate di Lara giocherellarono teneramente con la stoffa della tunica, senza staccarsi dalla sua spalla. Sanzo sentì un leggero brivido percorrergli la schiena. Era un gesto da nulla, ma per lui era nuovo. Allevato in un monastero, ed orfano dalla più tenera età, non aveva ricordo di alcuna figura femminile nella sua vita. E comunque nessuna abbastanza vicina da arrivare ad un contatto fisico di qualunque genere. Neppure casto e semplice come quello.
I combattimenti con donne demoni ed altri nemici simili non valevano, ovviamente.
Eppure aveva reagito. Il suo corpo aveva reagito d’istinto, bloccandosi a quel tocco, riconoscendo all’istante che non era il tocco di uno dei suoi soliti compagni di viaggio. Il suo stesso corpo, si era ricordato di essere un Uomo, e che quello che lo aveva toccato era il corpo di una Donna. Una consapevolezza che lo colpì duramente, perché in realtà mai ci aveva pensato. E i discorsi da pervertito di Gojyo di certo non l’avevano incuriosito in quell’ambito. Lo avevano solo irritato.
Nel suo attimo di stupore, il monaco quasi non si accorse che Lara stava continuando a parlare.
-Tranquillo. La calvizie non è un problema per te. Almeno nell’immediato. Tra qualche anno, magari sì. Ma per ora, non è il caso di pensarci …-
Sdeng! Addio al momento di stupore e umanità.
-Come sarebbe a dire, “tra qualche anno“!??! Io non sto diventando calvo, chiaro!?- Ringhiò Sanzo, mentre gli occhi violetti mandavano scintille. Lara, dal canto suo, trovava la conversazione divertente. E poi, la sua pistola automatica era molto più potente della piccola S&W …
-Certo, certo … speraci …- Sanzo emise un nuovo ruggito, ma la bionda gli bloccò le parole in gola posandogli un dito sulle labbra, il sorriso da malignamente divertito, a malizioso. -Ma sappi che saresti carino lo stesso …-
Silenzio di tomba.
Tutti i passeggeri di Hakuryu rimasero silenziosamente basiti. Statue di sale allo stato puro. Anche il motore di jeep emise per errore un pigolio. Sanzo, poi, cosa assolutamente assurda, non sembrava riuscire più a spiaccicare parola. E neanche a tirare fuori il suo Harisen. Lara sospirò, senza perdere il sorriso, lasciò la spalla del bonzo, e si risedette comodamente al suo posto, contenta del risultato ottenuto: un silenzioso, scioccato, e quindi calmo Sanzo. E, per una volta, senza dover usare armi, se non la seduzione femminile.
Sentendo uno sguardo fisso su di sé, la bionda si volse a guardare nel sedile accanto al suo: Goku la fissava con enormi occhi dorati simili a due palle da tennis, e la mascella a livello ginocchia. Solo allora, Lara si rese conto di quanto la sua affermazione potesse suonare ambigua.
“Ambigua un corno!!!“ Le gridò una voce nella testa. “Manco fossi stata posseduta da Nika!!!“. Con le guance tinte leggermente di rosa, Lara si piegò in avanti, in modo da essere a livello occhi con il giovane eretico.
-Una sola parola di questo alle mie consanguinee, e ti giuro che non potrai mangiare mai più nulla di solido.- Sibilò, più minacciosa di un cobra. Goku annuì entusiasticamente, facendo silenziosamente segno di giuramento con le mani. La voce di Lara si addolcì decisamente.
-Molto bene. E adesso chiudi quella bocca, stai diventando una trappola per mosche.-

-----

Il baccano del gruppo di Sanzo e Lirin segnalò il loro arrivo molto prima che apparissero alla vista. Kougaiji si complimentò con sé stesso per la saggia scelta del luogo d’incontro. Un luogo isolato, lontano da occhi e orecchie indiscrete: una fitta boscaglia in cima ad una collina, poco frequentata e poco visibile, ma abbastanza vicina alla strada percorsa dal gruppo di Sanzo.
Appoggiato al muro di un grosso albero, attendeva. I suoi compagni facevano lo stesso, a pochi passi da lui. Yahonne fissava la strada, intenta a scorgere ogni segno delle persone che stavano aspettando. Un po’ più distante, Dokugakuji se ne stava seduto a gambe incrociate contro un masso, apparentemente addormentato. Ma il subdolo movimento delle orecchie a punta mostrava quanto fosse in realtà vigile.
Abbandonarono le proprie posizioni solo quando le due jeep della compagnia di Sanzo arrivarono a pochi passi da loro.
-Era ora.- Furono le uniche parole di saluto che il principe demone sprecò per i nuovi arrivati.
-Mamma mia, quanto sei freddo!- Fece Nika, scendendo agilmente dalla jeep nera. Gojyo, Martha e Gaia la seguirono a ruota, permettendo a Suzuki di prendere la sua forma originale.
-Fratellone!!!- Cinguettò Lirin, mentre anche gli altri membri del gruppo scendevano da Hakuryu. Ignorando ogni convenevole, il monaco e Kougaiji si guardarono negli occhi.
-Volevi parlarmi?- Domandò Sanzo. La voce profonda e lo sguardo deciso. Il demone lo fissò con un’occhiata di pari intensità.
-Ho delle informazioni che possono interessarvi.- Poco dopo, i due gruppi erano seduti a semicerchio nella radura, intenti ad ascoltare Kougaiji.
-Ho fatto domande in alcuni dei villaggi sotto la mia protezione. Le storie che abbiamo sentito sono le stesse. Un gruppo di banditi Demoni che colpisce anche villaggi demoni, depredando tutto il possibile.-
-Ma a quanto pare negli ultimi tempi sono peggiorati. Sono diventati più violenti, e non si accontentano solo di rubare. Uccidono. Umani o Demoni non gli importa. Dove vanno, fanno piazza pulita. Donne, vecchi, bambini … Non lasciano testimoni.- Aggiunse Dokugakuji. Il principe Demone annuì e continuò.
-I racconti arrivano da pochi superstiti. Quasi tutti abbastanza fortunati da essere scappati durante la carneficina, mentre nessuno badava loro. L’unica cosa che ricordano erano le urla dei loro compagni e … L’assoluto silenzio dei loro carnefici. Quei banditi non fiatano durante la battaglia. Silenziosi. Metodici. Sanguinari. Se non fosse per le grida delle vittime, quelli che sono scappati non si sarebbero neppure accorti dell’attacco.-
-Storia strana.- Commentò Gojyo, osservando il filo di fumo salire della sua sigaretta fino al cielo.
-Ma vera.- Aggiunse Yahonne. A nessuno scappò il brivido che le aveva attraversato il corpo. Ascoltare un racconto simile da qualcuno che lo aveva davvero vissuto, non doveva essere stata una passeggiata.
-E non è ancora finita.- Fece Kougaiji. -A quanto pare, c’è anche un reclutatore di sbandati, in giro. Molti raccontano di un tipo che va in giro ad assumere bande di scapestrati violenti perché lavorino per lui. Non sappiamo ancora molto su questo di lui, ma ci stiamo lavorando.-
-Risparmiati la fatica.- Sbuffò Sanzo. Lara annuì.
-Probabilmente si tratta di Artemius.-
-E chi sarebbe?- Ringhiò Kougaiji, gli occhi scintillanti. Il monaco spiegò brevemente ciò che Caleb aveva raccontato, e dei Demoni Lupo di Shiba. Il principe sospirò.
-Abbiamo saputo della banda dei Demoni Lupo. È stato il primo gruppo che si dice sia stato assoldato. Ma a quanto pare questo Artemius si è messo in contatto con altri. Ma non abbiamo ancora scoperto con chi. Molti dicono il gruppo che va a distruggere villaggi.-
-Chissà perché, la cosa non mi stupirebbe.- Sospirò Gojyo, buttando a terra un mozzicone di sigaretta. Era chiaro che nessuno dei due gruppi avesse altro da aggiungere. E senza sprecarsi troppo in parole, tutti cominciarono a prepararsi per riprendere la propria strada.
-Grazie per le informazioni.- Sbuffò Sanzo mentre prendeva posto su Hakuryu. Kougaiji scosse il capo.
-Non vi ho fatto un favore. Ma qui c’è in ballo la mia gente. Non m’importa chi sia questo tipo, o se quei banditi c’entrano con lui. Devono morire. Per mano mia. Solo questo.- Il monaco sorrise impercettibilmente.
-Non mi aspettavo altro.- Il principe Demone si volse per andarsene, ma prima di sparire tra gli alberi, aggiunse.
-Cerca di non farti ammazzare troppo presto. Quello è un onore che spetta solo a me.-
-Sè, certo, come no!- Ringhiò il bonzo, mostrando il dito medio. -Sappi che non ho alcuna intenzione di farmi uccidere. Né da te, né da altri.-
-Accidenti, ma che persone gentili e solari che siete da queste parti …- Ironizzò Lara, sarcasmo grondante da ogni poro. Braccia incrociate sul petto e sguardo sardonico.
-Soprattutto pacifiste …- Annuì Gaia, che appariva la versione mora della sorella. Stessa posa e stesso tono.
-Farò finta che non esistiate …- Sibilò il bonzo, con venuzza in espansione sulla tempia.

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 Caleb correva veloce. Una scia argentea che sfrecciava tra alberi e prati. Se qualcuno lo avesse visto, lo avrebbe scambiato per uno spiritello del vento. Da quando Artemius lo aveva liberato, non si era fermato un solo istante. Avrebbe dovuto partire subito alla ricerca del Gruppo di Sanzo, e, soprattutto, delle ragazze. Ma, anche se dalla velocità di marcia non si sarebbe detto, aveva preso tempo. Imboccando una via più lunga, e tralasciando deliberatamente di seguire la direzione in cui i viaggiatori si erano diretti, si era concesso alcune ore di tempo per riflettere.
 Conosceva la sua missione. Artemius era stato più che chiaro. Anche troppo.
“La Sua vita è un prezzo abbastanza ragionevole per te?”
 Un ringhio, e l’andatura aumentò ancora di velocità. La rabbia ribollente nel sangue del demone dagli occhi dorati, mentre ripensava alla sua compagna. Rigel era una sorella per lui. E non solo perché Lui li ha creati assieme, nello stesso istante, dalla stessa roccia. Ma per gli anni, le esperienze e le speranze condivise.
 Si fermò un momento su un albero. Il corpo, ancora debole per le ferite, dolorante per lo sforzo della marcia. Rimase fermo, respirando profondamente, i polmoni in protesta per il bisogno urgente di ossigeno. Gocce di sudore gli imperlano il viso, i capelli arruffati e impolverati. Piano piano, il respiro si fece regolare, e il cuore riprese a battere regolarmente.
 La corsa avrebbe dovuto schiarirgli le idee, ma invece lo aveva reso ancora più confuso. Cosa Diavolo doveva fare? Non voleva uccidere le ragazze. Né Lara, né Martha, né Nika, e tanto meno la giovane Gaia. Ma non aveva molta scelta. Rigel era un pezzo troppo importante della sua vita.
 Ad un tratto, le orecchie a punta captarono un rumore familiare. Si mise in ascolto. Un rombo di motore. Anzi, di due. E voci. Parecchie voci. Risate, scherzi. Ma tutte vengono improvvisamente sovrastate da grida irate e colpi di pistola. Persone normali avrebbero pensato a dei banditi, come minimo. Ma non Caleb, che aveva riconosciuto perfettamente i proprietari delle voci. La comitiva di Sanzo era vicina. Con stupore si rese conto del sorriso che gli era spuntato sulle labbra, e dell’improvvisa leggerezza al petto, pesante come un macigno da quando Artemius lo aveva lasciato andare.
 Un altro colpo di pistola sparato in aria, e grida inferocite di donna. Sanzo doveva aver passato il segno, e Lara lo stava mettendo in riga. Le voci si erano fatte più vicine. Con un sospiro felice, il demone scese dall’albero e iniziò a correre, impaziente di rivedere i suoi amici. Ma subito si pentì di tali sentimenti. La sua missione. Rigel. Il piano di Artemius. La leggerezza svanì subito. Smise di correre. Il cuore gonfio di sensi di colpa e dubbi. Ma nonostante il tumulto interiore, continuava a camminare verso la strada percorsa dalle due auto. Si accorse della direzione presa dai suoi passi solo quando sentì un clacson a meno di un metro da sé. Era nel bel mezzo della strada, di fronte alla jeep guidata da Hakkai, che aveva frenato per non investirlo.
-Allora? Hai deciso di morire o cosa?- Il ringhio di Sanzo lo fece uscire dalla sua trance.
-Neanche un benvenuto, prima? Sei proprio un insensibile, Venerabile Sanzo …- Si sforzò di sorridere il demone dagli occhi dorati, sfoderando un sarcasmo che non gli si addiceva.
-Tu sei stato troppo tempo con quelle donne.- Sibilò il monaco, indicando la jeep nera guidata da Nika, a pochi passi da Hakuryu.
-E questo cosa vorrebbe dire, prete?- Ringhiò Lara, udito fine come un pipistrello. Specie nei confronti dei commenti poco gentili del biondo.
-NON. SONO. UN. PRETE!!! Sono un monaco buddista!!! Quando lo capirai, donna?!?!- Ruggì Sanzo, scavalcando Goku sul sedile posteriore, solo per avvicinarsi di più a Lara.
-Tanto non segui granché le regole né di uno né dell’altro ordine religioso. Quindi, perché puntualizzare tanto?- Ribatté la ragazza con noncuranza, infischiandosene del tremore alla mano del bonzo.
-Ha centrato il punto, Sanzo …- Fece Hakkai.
-E A TE CHI HA CHIESTO NIENTE?!- Urlò il monaco, senza neppure distogliere lo sguardo dagli occhi color ghiaccio di Lara, che lo fissava con pari intensità.
-Awww!!! Ma non sono carini?- Pigolò Gojyo, fingendo un sospiro da film romantico, e al tempo stesso rivolgendo a Caleb un occhiolino d‘intesa. -Da quando sei partito non fanno altro che trovare ogni scusa per stare vicini. Sono coooosì teneri …- Due spari echeggiarono a pochi millimetri dalla scatola cranica del mezzo demone. Le pistole sia di Lara che di Sanzo fumanti.
-Piuttosto mi suicido!-
-Piuttosto mi faccio suora!-
-E qui apriamo un bel monastero … Il tempio della Pace e dell‘Amore …- Sospirò Martha, esasperata.
-Con quei due? Più che altro il tempio della Guerra e dell’Odio, sorellona …- Obiettò Nika, appoggiando demoralizzata la fronte al volante. Suzuki emise un pigolio di conforto. Gaia intanto era schizzata fuori dall’auto, e insieme a Goku era corsa a dare il benvenuto a Caleb, che si trovò sbattuto a terra da un’ondata di affetto.
-Sei tornato!!!-
-Eravamo preoccupati!!!- Goku e Gaia erano avvinghiati al povero demone come due pitoni, e lo stavano lentamente soffocando. Fortuna volle che Hakkai prendesse i due membri più giovani della compagnia per la collottola, giusto in tempo per salvare Caleb, ormai con le labbra blu.
-Le manifestazioni di affetto a dopo. Adesso andate ad aiutare gli altri. Ci accampiamo.-
-Ma come? Non cerchiamo una locanda dove dormire?- Protestò Gaia. Goku le diede man forte.
-Io volevo mangiare carne!- Il demone dagli occhi verdi sorrise di fronte all’infantilismo dei due ragazzini.
-Ormai è tardi, non faremmo in tempo ad arrivare al prossimo villaggio. Ma vedrò di convincere Sanzo a pranzarci domani. Va bene?- Pur con qualche borbottio, Goku e Gaia accettarono la proposta, e si diressero ad aiutare Nika e Martha, che si dividevano i compiti tra impedire a Sanzo e Lara di freddare Gojyo, e scaricare le auto.
 Caleb riprese fiato, per una volta nella sua vita felice di essere quasi ucciso per soffocamento. Poi si rivolse a Hakkai.
-Grazie del salvataggio.-
-Di nulla.- Di fronte al sorriso gentile di Hakkai, il giovane dai capelli argentei abbassò lo sguardo, cercando di trovare qualcosa da dire.
-Io … senti, ho delle informaz … Off!!!- Un borsone collise col suo stomaco, facendogli perdere quel poco fiato che aveva recuperato. Gli occhi dorati del demone cercarono, stupiti, quelli verdi dell’uomo. Questi sorrise come al solito, prendendo un altro bagaglio da Hakuryu.
-Ce ne parlerai più tardi. Ora dacci una mano a preparare l‘accampamento per stanotte.- Ancora stupito, Caleb si sistemò il borsone tra le braccia, e fece come gli era stato detto. In poco tempo, il fuoco era acceso, e una pentola borbottava allegramente, espandendo profumo di spezzatino, sotto lo sguardo famelico di Goku e Gaia.
-Sanzoooo! Ci vorrà ancora tanto? Io ho fame!- Si lamentava lo scimmiotto, rotolando sullo stomaco. Sanzo sbuffò appena.
-Sai che novità …-
-Ho fame anch’io …- Mugolò Gaia, rotolando anche lei sulla pancia. E, come a sottolineare la cosa, sia lo stomaco della ragazza che del giovane demone, emisero una sorta di ruggito. Un paio di venuzze presero forma sulla tempia del bonzo.
-Tenetevela! Non posso far cuocere il cibo più velocemente solo perché voi avete delle voragini al posto dello stomaco!!!-
-Siamo nella fase della crescita! È normale che abbiamo fame!- Esclamò la mora, scattando seduta. Goku annuì vigorosamente.
-A me quella della crescita pare una scusa bella e buona …- Borbottò Nika. Gli altri membri del gruppo, rigorosamente seduti attorno al fuoco, annuirono. Caleb, seduto un poco in ombra, sorrise divertito. Finora non aveva detto nulla sul suo incontro con Rigel. E nessuno gli aveva chiesto nulla.
-Più che nella fase della crescita, se continui così finirai nella fase dell’ingrassatura!- Stuzzicò Lara, sorridendo alla faccia orripilata della sorellina.
-Non è vero! Diglielo anche tu., Goku!- Il giovane eretico la guardò senza saper che rispondere.
-Bhe … non sei proprio un dolce peso, ma …- Gli occhi azzurro mare di Gaia divennero due sottili fessure maligne. Segno per Goku che la sua risposta era tremendamente sbagliata. -P … Però Gojyo dice che le ragazze un po’ più formose sono più carine!- Un ruggito sembrò levarsi dalle profondità della gola della diciasettenne.
-Io. Non. Sono. Grassa.- E mentre Goku cercava di strisciare il più lontano possibile da quell’improvvisa divinità della guerra che aveva preso possesso di Gaia, Gojyo se la rideva di gusto. Ma un dito cominciò a tappettargli sulla spalla.
-Sì, cosa …- Ogni domanda fuggì di corsa davanti agli occhi verdi da pantera di Nika. Un lieve ringhio sembrava essere emesso dalle corde vocali della ragazza. Ora. C’era una sola cosa che poteva far offendere Nika. Ed era ricordare, anche solo vagamente, che tra lei e le sue compagne di ventura, esisteva una differenza di taglia. Nel particolare, di taglia di reggiseno. Da quando anche la piccola Gaia era entrata nell’età dello sviluppo, la rossina era rimasta la più piatta del quartetto. Non che fosse una tavola da surf, anzi. Il suo corpo era più che femminile, e molti uomini se ne erano accorti. Ma dentro la sua testa, il fatto di avere una taglia in meno rispetto a Lara e Gaia, e quasi due rispetto a Martha, era un brutto nervo scoperto. E Gojyo stava per scoprire quanto davvero la rossa sapesse essere crudele, quando arrabbiata.
-”Le ragazze un po’ più formose sono più carine”, eh?- Sibilò la ragazza, con un tono che fece gelare il sangue nelle vene al Kappa. Gojyo avrebbe anche iniziato a ribattere, ma la vista della glock di Nika gli fece rapidamente scordare le inutili scuse per un commento assolutamente innocente, ma che solo una mente femminile poteva vedere collegata a sé in forma di insulto.
 E mentre Goku e Gojyo venivano inseguiti rispettivamente da Gaia e Nika, il resto della comitiva osservava la scena con un enorme gocciolone allibito sulla nuca.
-Dite che dovremmo fermarli?- Domandò Caleb. Hakkai si sistemò il monocolo sul naso. Un paio di spari echeggiarono nel silenzio della notte.
-Non credo che sia una cosa saggia, al momento …-
-Tsk! Lasciamoli fare. Se dopo il viaggio di oggi hanno ancora energie da spendere … Meglio che le usino ammazzandosi tra loro che rompendo a me.- Sbuffò Sanzo, accendendosi una sigaretta.
-… Tu non ti sei fatto frate per vocazione, vero?- Fece Lara. I nervi del monaco cominciarono a vibrare.
-Quante. Volte. Devo. Ripeterlo … IO NON SONO UN FRATE! O UN PRETE! O NON SO QUALE ORDINE SACERDOTALE!!! IO SONO UN MONACO BUDDISTA! UN BONZO!- Lara osservò tranquilla le varie vene in rilievo sulle tempie del biondo.
-Ordine francescano o cappuccino?-
-AAAAAAARGH!!!-

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 Le liti tra le varie coppie ebbero fine solo quando Martha annunciò che la cena era pronta. Il gruppo mangiò tra risate e scherzi, dimentico dei battibecchi avvenuti solo pochi minuti prima di avere una ciotola di spezzatino in mano. Caleb era ormai sicuro che le liti non servissero ad altro che a fare un po’ di movimento prima di cena per stuzzicare l’appetito. Ma a fine pasto era chiaro che nessuno avrebbe avuto la lucidità di pensiero per ascoltare le notizie portate dal demone dai capelli argentei. Le teste di Goku e Gaia ciondolavano dal sonno, e anche gli altri membri del gruppo non sembravano molto svegli. Perfino Hakkai non riusciva a soffocare qualche sbadiglio.
-Allora, Caleb. Dicci quello che hai da dire.- Disse Sanzo, appena prima di uno sbadiglio spaccamascella. Il demone dai capelli argentei tentennò un momento, indeciso: quanto era saggio riferire? Alla fine optò per un compromesso: raccontò l’incontro con Rigel. Il suo iniziale rifiuto, e la morte di Shiba, per mano della stessa ragazza.
-Uno in meno di cui non mi dispiaccio!- Ringhiò Sanzo alla notizia. Lara, per una volta, fu d’accordo con lui.
-Anch’io. Ma che non diventi un’abitudine!- Chiarì subito la bionda. Bonzo e ragazza si lanciarono un’occhiata feroce, come per consolidare la dichiarazione.
-Bhe, a quanto pare la tua amica starà dalla nostra. Ma perché non è venuta con te?- Chiese Nika, portandosi una sigaretta tra le labbra. Caleb cominciò a pensare freneticamente a cosa rispondere. Non aveva intenzione di raccontare la parte in cui i due nuovi scagnozzi di Artemius avevano catturato lui e Rigel. E ancora meno di spiegare la storia del ricatto. La sua mente stava disperatamente cercando un modo di cavarsela senza dover mentire ai nuovi amici, quando qualche buona stella decise di brillare su di lui. O meglio. Sandman decise di dargli una mano (per chi non lo sapesse, Sandman = Morfeo. Scusate, ma Neil Gaiman mi ha contagiata ^^). Goku, ormai già da un po’ seduto in equilibrio precario, cadde a terra, addormentato. Solo la pietra che andò a beccarsi in piena fronte gli impedì di continuare a viaggiare nel Regno dei Sogni, facendolo gridare di dolore, tanto da svegliare Gaia, anche lei ormai più di là che di qua nel mondo reale. Solo molto più brava a mantenere l’equilibrio dello scimmiotto.
-Ok. Direi che è ora di andare a dormire. Ne parleremo domattina. Forza. Tutti a nanna.- Fece Martha, con un tono tranquillo ma che non ammetteva repliche. Pur con qualche mugolio di protesta, il gruppo iniziò a prepararsi per la notte, tra uno sbadiglio e l’altro.
-Se lo dici tu, mammina …- Sbuffò Nika, alzandosi comunque in piedi e affrettandosi a prendere il proprio sacco a pelo. Caleb, unico a non essere davvero stanco, si offrì di fare il primo turno di guardia. Nessuno si oppose, ben contento di lasciare l’incombenza al demone dagli occhi dorati, e potersi godere qualche ora di sonno.
 Nel silenzio della notte, interrotto solo ogni tanto dal russare del gruppo di Sanzo, e dallo scoppiettio del fuoco, Caleb riuscì finalmente a rilassarsi. Per tutta la durata della cena, il demone dai capelli argentei era stato agitato e insicuro.
 Non che adesso non lo fosse. Ma almeno poteva evitare la fatica di fingere. Gli occhi dorati fissi sul fuoco da campo, il pensiero rivolto alle parole di Artemius.
“La Sua vita è un prezzo abbastanza ragionevole per te?”
No. Non lo era. Per quanto amasse Rigel.
 Lanciò un’occhiata alla figura dormiente di Gaia. La più giovane del gruppo, la vittima da cui sarebbe dovuto iniziare il massacro ordita da Artemius. Così vicina. Così indifesa. Al demone dagli occhi dorati sarebbe bastato allungare una mano, e far scattare gli artigli. E la vita di Rigel sarebbe stata salva. Sempre che Artemius avesse mantenuto la parola.
 Fino a qualche settimana prima, Caleb non avrebbe esitato. Ma adesso, il solo pensiero di avvicinare i suoi artigli alla giovane umana gli rivoltava lo stomaco. Rabbrividì al ricordo del loro primo incontro. Quando solo per capriccio aveva esitato a terminare la vita della ragazza. Un grosso senso di sollievo lo pervase, alla realizzazione di non essere ancora diventato un assassino senza scrupoli. Ma allo stesso tempo, si sentì schiacciare da un altro peso: se non riusciva a portare a termine la missione affidatagli da Artemius, che poteva fare? Di certo non presentarsi a mani vuote.
 Forse poteva lasciare che Sanzo o uno del gruppo lo uccidesse. Aggredendo una qualunque delle ragazze avrebbe di certo scatenato una reazione violenta da parte degli uomini del Gruppo di Sanzo. Non sarebbe stato troppo difficile lasciarsi colpire, e perdere di proposito contro di loro. Tutti e quattro i ragazzi erano più che esperti guerrieri. Ma non gli andava di ferire Gaia o le altre.
Non che non lo avesse sfiorato l’idea di chiedere a Sanzo o a qualcun altro del gruppo di ucciderlo, senza dover combattere. Ma nessuno, a parte forse proprio il bonzo, gli avrebbe mai dato il colpo di grazia così, a sangue freddo, senza una motivazione. E anche ammesso che i suoi amici avessero accettato una cosa del genere … che ne sarebbe stato di Rigel? Artemus era stato chiaro: che fallisse o si ribellasse, il destino di Rigel sarebbe stato segnato.
 No. Fallire la missione di proposito non era un’opzione. E neppure uccidersi o farsi uccidere. Perché sempre di fallimento si sarebbe trattato. Ed Artemius avrebbe comunque ucciso Rigel. Da qualunque parte girasse la situazione, pareva proprio senza via d’uscita.
 Un movimento lo fece voltare di scatto, i muscoli tesi, pronti ad un eventuale combattimento. Ma subito il demone si rilassò quando vide che era solo Gaia. La ragazza si avvicinò al fuoco, sorridendo.
-Non riesco a dormire. Posso farti un po’ di compagnia?- Sussurrò, attenta a non svegliare gli altri, profondamente addormentati nei loro sacchi a pelo. Caleb annuì e fece spazio alla morettina, che sussurrò un “grazie” appena percepibile. Rimasero in silenzio per lunghi minuti, trovando, chissà come, conforto nella presenza l’uno dell’altra. Gaia in particolare trovò la cosa quasi divertente. Per molte notti, il ricordo di Caleb e dei suoi artigli l’aveva svegliata in un bagno di sudore freddo, impedendole di riprendere sonno. Ma adesso, nel buio della notte, con i capelli argentei rossi e gli occhi arancione scuro per la luce delle fiamme, la sua presenza calma e silenziosa la rassicurava.
-Come mai sveglia? Prima mi sembravi abbastanza stanca. Brutti sogni?- Chiese improvvisamente il ragazzo, facendo leggermente sussultare la diciassettenne. Subito il demone se ne pentì. Se la sua esperienza con Rigel era comune anche al resto del genere femminile, umana o demone che fosse, Gaia avrebbe iniziato a raccontargli i suoi più rosa e romantici segreti. In fondo, cos’altro può tenere una ragazza sui diciassette anni lontano dal mondo dei sogni?
 Gli occhi acquamarina della ragazzina divennero quasi grigio tempesta, mentre ricordava il motivo che la teneva lontana dal sacco a pelo. Non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessuno, ancora. Neppure a Lara. Le sue visioni erano diventate molto frequenti negli ultimi tempi. Piccole cose, non eclatanti come quelle avute in precedenza. Schegge di vita futura che le apparivano su ogni superficie liquida che le si parava davanti. A volte era un’immagine di Lara e Sanzo che litigavano, a volte un gesto di affetto tra Martha e Hakkai, altre volte semplicemente Gojyo che si accendeva una sigaretta, o Nika che accarezzava Hakuryu e Suzuki. Piccoli fatti, scene che poco dopo aver visto riflesse da qualche parte, a volte anche in una pozzanghera, vedeva avverarsi poco dopo attorno a lei. La cosa la confondeva, e un po’ la preoccupava. Già non conosceva l’origine di questi poteri, e non averne alcun controllo la stava letteralmente facendo impazzire. Con un sospiro, decise di approfittare della presenza calmante di Caleb e aprirsi con lui.
-Le visioni. Non posso bere un bicchier d’acqua, che ne ho una!- Il demone dagli occhi dorati rimase spiazzato. Sollevato, dato che il mistero della giovane morettina non era una pena d’amore, ma spiazzato comunque. Sapeva che le ragazze venute dall’altro mondo avevano il potere di ricreare la barriera in cui Lui era rinchiuso, che si stava sgretolando giorno dopo giorno. E sapeva anche dei poteri divinatori delle quattro giovani donne. Ma che questo rappresentasse per loro un problema, proprio … non se lo era mai neppure chiesto.
-Ma non … Puoi smettere di averle, bloccarle, o qualcosa di simile?- I grandi occhi di Gaia lo fissavano straniti.
-Non credi che se potessi, non ci perderei delle ore di sonno?-
-G … giusto …- Ammise il ragazzo, improvvisamente rimpiangendo che l’argomento non fosse una cottarella dell’età. Ma ormai aveva dato la sua disponibilità all’ascolto, e non poteva tirarsi indietro. -E cosa vedi?-
-Di tutto. Mia sorella che litiga con Sanzo, Gojyo che fuma, Goku che s’ingozza …-
-Scusa, ma queste sono cose che non servono visioni, per saperle …- La interruppe Caleb, gocciolone sul capo. Gaia sbuffò, esasperata.
-Lo so anch’io … sono inutili e fastidiose! Come la pubblicità in TV!!! Però …- Il viso ancora da bambina assunse un’espressione seria e triste. -Non posso fare a meno di guardarle. E se ci dovessi vedere qualcosa di importante? Non posso sapere quando mi vengono, ogni volta potrei …”vedere” qualcosa di importante! Non so davvero come comportarmi!- Caleb ascoltò lo sfogo senza interromperla. Le iridi acquamarina della ragazzina ora velate da lacrime desiderose di uscire. -Però … ne sono capitate così tante … tutti hanno cose molto più importanti a cui pensare, che non a me e alle mie visioni impazzite!- Istintivamente, il demone dagli occhi dorati cinse le spalle di Gaia con un braccio. Subito, la ragazza si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Non appena i singhiozzi si calmarono, Caleb le diede una stretta affettuosa, e la lasciò andare. Subito, sul volto rigato di lacrime apparve un sorriso. Ancora titubante, ma già molto vicino a quelli che di solito illuminavano la più giovane della quattro ragazze di Gaya.
-Grazie.- Il demone dagli occhi dorati non poté trattenersi dal sorridere a sua volta, orgoglioso di essere riuscito a farla sta meglio.
-Di nulla.-
-Ora il tuo turno.-
-Eh?- Caleb non capiva.
-Di sfogarti.- Disse la morettina, con un’espressione che sembrava dire “come fai a non capire quello che ho detto? È semplice!”.
-Non ho nulla per cui sfogarmi …- Cercò di deviare il demone, ma Gaia era irremovibile.
-Ma smettila! È tutta la sera che sei così teso che se uno ti pizzica suoni come una corda di violino!- Caleb sospirò, sconfitto. Aveva davvero creduto di aver messo su una buona maschera. A quanto pare non era stato sufficiente.
-Non è semplice …-
-Nessuno ha mai detto che lo sia!- Caleb sospirò. Arrendersi a quanto pare era l’unica opzione disponibile, davanti a Gaia. Lara e Nika avevano insegnato bene le tecniche di interrogatorio alla piccola …
-Non vi ho detto tutto, stasera …-
-Lo sospettavo.- Annuì Gaia. -Eri troppo depresso per le belle notizie che avevi portato.- Rise Gaia, asciugandosi le ultime tracce di lacrime, e portandosi le ginocchia contro il petto, in attesa, pronta ad ascoltare. Caleb ridacchiò suo malgrado.
-È … è così difficile … io …- Il demone fece un respiro profondo. -Non so da dove cominciare …-
-Da l’inizio sarebbe gentile!- Caleb sobbalzò: la voce che aveva parlato non era di Gaia. Solo allora, lui e Gaia si accorsero di non essere più gli unici svegli del gruppo. Sanzo, Lara, Hakkai e Gojyo erano in piedi anche loro, e fissavano il demone dagli occhi dorati, in attesa.
-Voi … voi da quanto tempo siete svegli?- Domandò Gaia, arrossendo al pensiero di aver lasciato che sua sorella vedesse il suo momento di debolezza.
-Un bel po’.- Ammise Lara, avvicinandosi alla sorella.
-Direi più o meno da quando il nostro amico qui ti ha chiesto se non puoi bloccare le visioni.- Precisò Gojyo, beccandosi un ringhio e un’acchiataccia risentita da parte di Caleb. Hakkai offrì un sorriso colpevole per aver origliato. Gaia abbassò lo sguardo, colpevole. Era pronta a ricevere un bel pugno in testa da Lara, ma invece la bionda la strinse in un abbraccio stritola costole. -Scema. Dovevi dirmelo subito delle tue visioni.-
-Ma … ma con tutti i casini che abbiamo già a cui pensare … come fare a tornare a casa, i demoni assassini, le divinità transessuali …- Lara sentì Gojyo e Hakkai ridacchiare. E anche lei non poté trattenersi dal sorridere, mentre decideva di non ricordare alla sorellina che la divinità della Misericordia era dalla loro parte, e che sì, era di cattivo gusto e più che dubbia moralità, ma non era un pericolo. In fondo, Kanzeon Botatsu era una vista che avrebbe traumatizzato chiunque. Nel Tenkai, una certa dea starnutì davanti al suo quotidiano preferito.
-Sei proprio una scemotta …- Rise Lara, accarezzando i capelli corti ma morbidi di Gaia. -Sei la mia sorellina. Ho sempre tempo per pensare a te.- La mora non poté resistere. E una nuova serie di lacrime le uscì dagli occhi. Trovando la scena delle due sorelle troppo tenera e dolce per i suoi gusti, Sanzo spostò l’attenzione su Caleb. Nel frattempo, attirate dalle voci e dai rumori fatti dai loro compagni, anche Nika e Martha si erano svegliate, e avevano raggiunto il resto del gruppo davanti al fuoco. Ormai, l’unico a russare indisturbato era Goku. Caleb si lasciò andare ad un sospiro carico di senso di sconfitta. Non aveva intenzione di fare parola del ricatto di Artemius, anche se non avesse accettato la proposta. Ma a questo punto, non se la sentiva più di mentire.
-Va bene.- Sospirò, prima di iniziare il racconto dove a cena lo aveva interrotto.

-Fine Capitolo 21-

 Ecco qui! un'altro capitolo andato! lo so, succede poco o niente, ma era un passaggio necessario. Da qui si parte per svelare i vari segreti (o meglio: gli scleri che mi sono inventata) della fic: sia sulle ragazze, che sulla creatura che ha dato vita a Caleb, Rigel Artemius e gli altri. ^_^
Alla prossima, e fatemi sapere che ne pensate!
Will

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