La setta degli Eletti

di Beatrix Bonnie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una visita tanto attesa ***
Capitolo 2: *** Villa Maleficium ***
Capitolo 3: *** La proposta del Presidente della Magia ***
Capitolo 4: *** Un nuovo colpo per l'EIF ***
Capitolo 5: *** Piccoli bulli crescono ***
Capitolo 6: *** La setta degli Eletti ***
Capitolo 7: *** Terrore, schemi e pidocchi ***
Capitolo 8: *** Un ritardo quasi fatale ***
Capitolo 9: *** La paura più grande ***
Capitolo 10: *** Et cum spiritu tuo ***
Capitolo 11: *** Cimiteri e ragazze complicate ***
Capitolo 12: *** La storia di sir Percevall ***
Capitolo 13: *** Lealtà e slealtà ***
Capitolo 14: *** Il ladro di ingredienti ***
Capitolo 15: *** La pozione di differenziazione ***
Capitolo 16: *** Il rapimento ***
Capitolo 17: *** La regina degli scacchi ***
Capitolo 18: *** Un aiuto dal medioevo ***
Capitolo 19: *** Il cerchio si chiude ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Una visita tanto attesa ***


CAPITOLO 1

Una visita tanto attesa






La vecchina alla fermata dell'autobus stringeva con fare frenetico il manico del suo ombrellino. «Sssh, buona Roxy...» ordinò alla sua cagnetta, che continuava ad abbaiare contro quei due sconosciuti. In effetti il loro aspetto bizzarro non convinceva nemmeno l'anziana padrona, che riservava loro occhiatacce infuocare con intervalli di pochi secondi. L'uomo indossava un completo verde scuro che sembrava uscito da un romanzo dell'ottocento, con tanto di ghette bianche e bastone da passeggio. Il ragazzino biondo al suo fianco portava una buffa mantellina marrone che lasciava scoperte le ginocchia ossute e un paio di calzettoni verde bottiglia. La vecchia strinse a sé la borsetta con foga, come sa la cosa potesse salvarla da una possibile aggressione.

Non gli piacevano proprio quei due.

«Laughlin, ricordami perché dobbiamo muoverci con questi mezzi Babbani» sibilò l'uomo, rivolto al ragazzino, guardandosi intorno con aria scocciata.

«Papà, Edmund vive in un orfanotrofio di Babbani. Avrebbero seri problemi se uscissimo dal tombino davanti al loro marciapiede!» spiegò animatamente il giovanotto, tenendo d'occhio la strada, per controllare che non arrivasse l'autobus.

Riuscire a salire su quella vecchia scatola di latta con le ruote fu un'impresa epica per Eoin Maleficium, una di quelle che i nonni raccontano ai nipoti, se non fosse che il signor Maleficium non avrebbe mai ammesso ai nipoti di essere salito su un autobus Babbano.

La vecchia con in braccio la sua cagnetta spelacchiata che abbaiava come una gallina strozzata si catapultò verso le porte del pullman non appena quello rallentò davanti alla fermata. Lanciando occhiatacce a chiunque le capitasse sotto tiro, si arrampicò sui due gradini dell'autobus e si piazzò davanti all'entrata.

Gli altri che dovevano salire la guardarono perplessi, ma quella non accennò a muoversi.

Il signor Maleficium era straniato. Rimase immobile davanti alla vecchia acida che, sebbene fosse sopra due gradini, non riusciva ancora a superarlo in altezza. Fu Laughlin a riscuoterlo, strattonandolo per la manica, alla vista degli altri che furibondi si dirigevano verso le porte sul fondo. Queste tuttavia erano destinate alla discesa dei passeggeri, quindi ci fu un cozzare di gente tra chi tentava di scendere e chi spingeva per salire.

Laughlin si intrufolò tra gli spintoni e riuscì a salire sull'autobus, ma il signor Maleficium, troppo poco avvezzo ai mezzi Babbani e troppo di classe per trasformarsi in una belva da ora di punta, rimase a terra. Le porte gli si chiusero davanti al naso e il pullman riprese la sua corsa.

«Si fermi! Si fermi!» strillò Laughlin dal fondo dell'autobus, battendo i pugni contro il vetro, dal quale osservava l'aria costernata del padre, appoggiato con nonchalance al suo bastone da passeggio. L'autista frenò tanto bruscamente che Laughlin si ritrovò con il naso spiaccicato contro la porta a vetri.

«Che succede?» domandò l'uomo allarmato, convinto che ci fosse un guasto al suo mezzo.

«Mio padre è restato giù!» esclamò un ragazzino biondo sul fondo dell'autobus.

L'autista sbuffò scocciato, ma ormai si era dovuto fermare, quindi tanto vale far salire anche il genitore. Schiacciò il pulsante rosso e le porte sul fondo si aprirono: un signore dall'aria indispettita che sembrava essere uscito da un film in costume salì sull'autobus.


Era passato un anno dal giorno in cui il professor Captatio era venuto a dirgli che lui era un mago. Esattamente un anno. Eppure Edmund era ancora lì, nell'angolo più buio dell'orfanotrofio con un libro appoggiato sulle gambe e la stessa divisa grigia che ormai gli era diventata irrimediabilmente corta. Solo una cosa era cambiata, all'apparenza: il libro che stava leggendo parlava di cose che i Babbani non si potevano nemmeno immaginare.

In realtà nel profondo di Edmund erano cambiate molte più cose di quanto non sembrasse: aveva trovato degli amici, aveva scoperto che aiutare gli altri lo faceva stare bene e che sentirsi amato era una sensazione impagabile.

Mancava solo una settimana all'inizio del nuovo anno scolastico e Edmund, al contrario di qualsiasi altro tredicenne del mondo, non vedeva l'ora di ricominciare. Era stato obbligato a fare i compiti che gli avevano assegnato al Trinity nelle sale comuni dell'orfanotrofio, suscitando l'ilarità nei suoi compagni, che si facevano beffe delle pergamene e delle piume d'oca con l'inchiostro o che si divertivano a rubargli gli enormi volumi rilegati sui quali doveva studiare. Per Storia della Magia aveva dovuto svolgere una ricerca sulla battaglia di Mag Tured, tra i mitici abitanti dell'Irlanda, i Tuatha e Danann e i demoniaci Fomori, ma aveva a disposizione delle informazioni così scarse che era stato costretto a recarsi alla biblioteca Babbana, nella speranza di trovarvi qualcosa che gli permettesse di allungare il suo misero tema.

Laughlin gli aveva promesso che sarebbe venuto a prenderlo prima della fine delle vacanze, ma non aveva ancora specificato la data esatta, così Edmund era in febbrile attesa del suo arrivo da giorni. Tutte le volte che qualcuno suonava al cancello, il ragazzino alzava gli occhi dal libro, ma si trattava quasi sempre del lattaio o del postino. Così ogni sera tornava al suo dormitorio con aria sconsolata, cercando di convincersi che Laughlin sarebbe venuto a prenderlo il giorno dopo.

«Rassegnati, non verrà nessuno. Sei solo uno sfigato!»

Edmund non alzò nemmeno gli occhi dal libro: era Shannon, lo riconosceva da quella sua voce odiosa.

«Verrà invece» rispose con tono tagliente.

Sì, Laughlin glielo aveva promesso, ma sarebbe venuto davvero?

Mairead gli aveva mandato un sacco di lettere, ma quando la direttrice dell'orfanotrofio aveva sparato con il suo fucile a sale contro l'ennesimo barbagianni che aveva recapitato la posta ad Edmund, la sua amica si era rassegnata a usare i mezzi Babbani. Per fortuna era cresciuta in un paese Babbano, quindi lei sapeva come spedire una lettera, mentre Laughlin, che aveva smesso di scrivergli dopo l'increscioso incidente con il barbagianni, non sapeva nemmeno da che parte incollare il francobollo. Era arrivata solo una sua lettera, con incollati tredici francobolli, disposti a caso sulla busta, e con l'indirizzo scritto sbagliato. Era in quell'occasione che aveva scritto a Edmund che sarebbe venuto a prenderlo prima della fine delle vacanze, ma da allora erano passati quindici giorni e di Laughlin non si era vista nemmeno l'ombra.

«Sei solo uno sfigato e sfigati sono i tuoi amici!» continuò Shannon, tirandogli addosso manciate di ghiaia del vialetto.

Edmund mise a terra il libro e si alzò di scatto. «Lascia stare i miei amici!» esclamò con veemenza, stringendo i pugni.

Shannon gli mise una mano sulla spalla, come se fingesse di volergli dare un consiglio amichevole. «Quali amici, sfigatello? Dici da giorni che verranno a prenderti, ma io non ho ancora visto nessuno» E poi scoppiò a ridere.

Edmund distolse gli occhi: Shannon aveva sfondato una porta aperta. Laughlin non era venuto.

«Edmund!» esclamò qualcuno alla sue spalle.

Era una voce che conosceva bene. Si voltò incredulo: un ragazzino biondo gli stava rivolgendo un sorrido smagliante. «Laughlin!» strillò pieno di entusiasmo.

Alla fine era venuto! Avrebbe lasciato l'orfanotrofio, sarebbe andato a casa di Laughlin, una vera casa di maghi!

Alle spalle del suo amico, l'elegante signor Maleficium si guardava intorno con aria sospetta. Era buffo vedere un uomo vestito con un frac verde e un bastone da passeggio circondato da agitati ragazzetti Babbani. Sebbene Edmund ora fosse abituato al mondo magico, si rendeva benissimo conto dell'effetto che faceva agli altri l'abbigliamento eccentrico del signor Maleficium.

Arrivò la direttrice dell'orfanotrofio a rompere l'incanto. «Non credo che Edmund possa venire con voi, signore. I ragazzi non possono allontanarsi dall'orfanotrofio per più di ventiquattro ore senza il premesso dell'assistente sociale» disse la donna con un tono incerto. Probabilmente quanto sosteneva la direttrice era vero, e certo sarebbe stata più disposta a chiudere un occhio se il signor Maleficium non si fosse presentato all'appuntamento vestito in quel modo.

Edmund fu preso dallo sconforto: tanto per cominciare l'assistente sociale che lo aveva in cura pensava che non fosse un ragazzino del tutto a posto, e sicuramente se avesse visto chi era venuto a prenderlo, non lo avrebbe mai lasciato andare a casa di Laughlin.

Ma Edmund non aveva tenuto in conto quanto potesse essere influente Eoin Maleficium. Si piantò davanti alla povera direttrice e la fissò con uno sguardo che avrebbe fatto tremare anche il più impavido. «Senta, signora, non ho affrontato un traumatico viaggio in autobus fin qui per sentirmi dire che Edmund non può venire a casa con noi».

La direttrice si allontanò impercettibilmente. «Non dipende da me, signore».

«Non sono qui per negoziare una resa. Ragazzo, vai a prendere il tuo baule. Noi intanto troveremo il modo di contattare questo assistente nosoché».

Non era una proposta amichevole, era un ordine.

Laughlin sollevò un pugno al cielo esultando come se la sua squadra del cuore avesse vinto la coppa di Quidditch. «Andiamo Ed» disse poi, trascinando per un braccio l'amico incredulo.

In realtà il baule di Edmund era già pronto da una settimana abbondante, ma questo evitò di farlo notare all'amico, per non far trapelare l'ansia con cui l'aveva atteso.

«Caspita, e così tu dormi qui?» domandò Laughlin, quando Edmund lo accompagnò fino al suo dormitorio. Era una stanza enorme con le pareti di un tristissimo color grigio: cinque letti su una parte ed altrettanti difronte con una serie di comodini erano l'unico mobilio. Laughlin indovinò subito quale fosse quello del suo amico: innanzitutto era l'unico che era stato rifatto e poi sul comodino c'erano una serie di grossi volumi rilegati in pelle. Edmund li prese e, insieme a quello che stava leggendo in giardino, li ripose nel baule che teneva sotto il letto, dove c'erano tutte le sue cose, perfettamente ordinate.

«Allora, sei pronto?» domandò Laughlin.

Edmund gli rispose con un sorriso. Guardò per un istante solo il suo dormitorio, che non avrebbe più rivisto fino all'anno prossimo.

«Assolutamente sì».



Eccomi di nuovo qui, con il seguito delle avventure del trio irlandese! Spero che vi sia piaciuto il primo capitolo e che continuerete a leggere il resto della storia.

A presto, Beatrix



EDIT: comincia anche per questo racconto la mia (coraggiosa e fiaccante) opera di sistemazione dei dialoghi, che consiste nella sostituzione di – con « e » e nell'andare a capo ogni volta che parla un personaggio diverso, con l'obiettivo di rendere il tutto più leggibile; oltre a ciò, correggerò alcuni piccoli errori qua e là. B.B.

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Capitolo 2
*** Villa Maleficium ***


CAPITOLO 2

Villa Maleficium






Andare in giro per le strade affollate di Dublino trascinando un enorme baule non era certo un'impresa facile per Edmund, ma il signor Maleficium non accennava a rallentare il passo. Edmund era convinto che per persuadere l'assistente sociale a lasciarlo partire, Eoin Maleficium avesse fatto un incantesimo alla direttrice, perché quando lui e Laughlin li avevano raggiunti nel suo ufficio, la donna aveva un'aria stranamente pacifica dipinta sul volto e reggeva in mano la cornetta del telefono con il quale aveva chiamato il distretto comunale. «Allora ci vediamo l'estate prossima Edmund» aveva detto con voce sognante.

Così ora si trovava a trascinare il suo baule per Nassau Street con la prospettiva di passare l'ultima settimana delle vacanze a villa Maleficium. C'era solo un dubbio che frullava nella sua testolina. «Come facciamo ad arrivare a casa tua? Prendiamo ancora l'autobus?» domandò rivolto all'amico.

Laughlin gli riservò un sorriso incoraggiante. «No, certo che no. Un altro viaggio come quello farebbe impazzire papà. Useremo la Metrombino».

«La che?» ripeté Edmund scioccato: non aveva mai sentito parlare di nulla del genere.

«Vedrai» gli rispose Laughlin, battendogli una mano sulla spalla.

Il signor Maleficium li condusse senza indugio verso una viuzza laterale poco frequentata. Edmund non capiva cosa stesse cercando il signor Maleficium con gli occhi fissi a terra, quando quello si accovacciò con aria soddisfatta accanto ad un tombino. Sotto lo sguardo allibito di Edmund, Eoin Maleficium levò la grata che copriva il buco. «Vado prima io, così ti faccio vedere» spiegò con aria seria.

Edmund non aveva la più pallida idea di cosa il signor Maleficium volesse mostrargli, ma non riuscì a trattenere un urlo quando quello si buttò con un salto nel tombino, esclamando nel frattempo “Villa Maleficium!”

«Che cosa...?!» strillò il ragazzino, accucciandosi accanto al tombino e scrutando il fondo con aria spaventata.

Laughilin nel frattempo era scoppiato a ridere come se qualcuno avesse fatto una battuta di spirito particolarmente divertente. Non appena si fu ripreso dalla risata, spiegò all'amico: «Ed, quella è la Metrombino. Tu salti nel tombino e pronunci il luogo dove vuoi arrivare, così sbuchi fuori da un tombino collegato alla rete, esattamente nel luogo che hai richiesto».

Ingegnosi questi maghi!

Edmund osservò ancora il buco, questa volta non per scoprire che fine avesse fatto il signor Maleficium, ma per cercare di capire che magie regolassero quel meccanismo. «Ma... puoi buttarti in qualsiasi tombino?»

Laughlin ridacchiò, perché non si rendeva mai conto di quante cose il suo amico non conoscesse sul mondo magico. Gli spiegò che c'erano una serie di metrombini collocati in tutta l'Irlanda, controllati dal Dipartimento dei Trasporti Magici, di cui più di una ventina nella sola Dublino. Saltandoci dentro, potevi andare in qualsiasi luogo dove ci fosse un altro metrombino collegato alla rete e per averne uno di fronte a casa propria bastava pagare un canone annuo al Dipartimento.

«Avanti, ragazzi. C'è anche altra gente» protestò un mago anziano alle spalle di Laughlin, indicando con il bastone il tombino accanto al quale era ancora accucciato Edmund.

«Certo, mi scusi» rispose Laughlin, incitando l'amico con un cenno del capo a buttarsi nel tombino. «Ti porto io il baule» aggiunse poi, afferrando la maniglia del bagaglio.

Edmund fece un sorrisetto tirato, poi prese un respiro e si tuffò dentro, gridando con quanto fiato aveva in gola la sua destinazione.

L'idea di buttarsi in un tombino non gli piaceva affatto, per questo aveva chiuso gli occhi. Per prima cosa sentì un freddo glaciale che gli penetrava fino alle ossa, ma forse era solo una sensazione: come poteva esserci freddo, in piena estate?

Per qualche secondo ebbe l'impressione di cadere, perché sentiva come se qualcuno si fosse aggrappato alle sue gambe per trascinarlo verso il fondo, poi improvvisamente avvertì un terreno elastico sotto i suoi piedi e aprì gli occhi di scatto. C'era solo buio intorno a sé. In una frazione di secondo la sua caduta si arrestò e l'elasticità del terreno gli restituì uno slancio tale che Edmund cominciò a risalire. Urlò, finché non venne risputato fuori.

Luce e un prato verde.

Atterrò maldestramente sull'erba, con la faccia a pochi centimetri da una formica che trasportava una grossa briciola. Il viaggio in sé non doveva essere durato più di una manciata di secondi, tanto che poco dopo arrivò Laughlin, atterrando con naturalezza in piedi al suo fianco, reggendo tra le braccia il suo baule. Scoppiò a ridere quando lo vide con la faccia a terra.

Edmund si alzò in fretta e cercò di ripulirsi il più possibile la divisa grigia dell'orfanotrofio. La Metrombino non era certo il suo modo preferito di viaggiare.

«Benvenuto a casa» esclamò Laughlin, allargando le braccia.

Edmund non ci aveva nemmeno fatto caso: era arrivato in un giardino molto curato, con aiuole di fiori e il prato tagliato all'inglese. Una stradina di ghiaia bianca conduceva ad un'immensa villa in stile neoclassico, con un colonnato davanti all'ingresso. «Uau...» si lasciò sfuggire Edmund, osservando il tutto a bocca aperta.

Laughlin gli sorrise, poi cominciò a trascinare il suo baule verso l'entrata.

«Ma, Laugh, stai sradicando tutta l'erba!» protestò Edmund allibito, osservando l'effetto disastroso del passaggio del suo baule.

Laughlin si voltò con noncuranza ad osservare la scia che aveva lasciato sul prato: non sembrava eccessivamente preoccupato del danno che aveva provocato. Infatti, sotto gli occhi sgranati di Edmund, l'erba cominciò a ricrescere rigogliosa, cancellando completamente la traccia del passaggio di Laughlin. «Papà utilizza un fertilizzante molto potente» ridacchiò l'amico, facendogli l'occhiolino.

Edmund rimase immobile a fissare il prato che pian piano si riformava dopo il transito del pesante bagaglio. Quel fertilizzante doveva essere una cosa molto comune tra i maghi, ma per Edmund era uno spettacolo. Chissà quante cose non conosceva del mondo magico, cose che non avrebbe mai imparato sui suoi adorati libri!

«Ed, vieni?» lo richiamo Laughlin, che ormai era quasi arrivato davanti alla porta di casa.

Edmund si affrettò a raggiungerlo. Sull'uscio li stava attendendo una bella signora, vestita in modo molto curato, con i capelli rossi legati in un nodo dietro la testa: Daire Maleficium. Edmund l'aveva vista una volta sola, quando a giugno era venuta a prendere Laughlin alla stazione di Dublino.

Li accolse con un sorriso benevolo e aprì loro la porta. «Benvenuto Edmund» lo salutò dolcemente.

«Ehm... grazie. Permesso» bisbigliò nell'entrare in casa. Non era sicuro di sapere che cosa prevedesse l'etichetta dei maghi in situazioni come quelle, ma cercò di essere il più educato possibile.

«Accomodati pure» rispose la signora Maleficium con gentilezza.

La sala d'ingresso era enorme, curata nell'arredamento in ogni minimo dettaglio: mobili d'antiquariato, tappeti dall'aria costosa e quadri raffiguranti vari antenati della dinastia Maleficium, che lo fissavano con aria austera dalle cornici elaborate. Sembrava che il biondo fosse una caratteristica di famiglia, perché tutti i soggetti ritratti avevano lo stesso colore di capelli di Laughlin e di suo padre Eoin. Apparentemente non c'era nulla di magico nella stanza, ad esclusione dei personaggi che si muovevano nei quadri, ma Edmund era sicuro che ogni singolo mattone di quella casa nascondesse un incantesimo di qualche tipo.

«Ehi, ciao!» strillò una vocetta acuta. Edmund alzò gli occhi sulla scalinata di marmo che stava di fronte alla porta d'ingresso e vide un bimbetto biondo dall'aria esagitata che lo salutava con la mano.

«Bearach, mio fratello» lo presentò Laughlin con un cenno del capo. Non sembrava particolarmente entusiasta della presenza del fratellino. «Nove anni ma è una peste. Farà di tutto per intrufolarsi nei nostri divertimenti in questi giorni» sussurrò infatti poco dopo all'orecchio dell'amico.

Edmund ridacchiò sotto i baffi, poi salutò il piccolo Bearach.

«Vieni, ti mostro la stanza degli ospiti, dove dormirai tu, e dopo ti faccio vedere camera mia» disse Laughlin, cominciando a salire la scalinata dalla quale era appena sceso suo fratello.

«Ehi, Laugh, ehi... posso venire con voi, eh, Laugh, posso?» esclamò eccitato Bearach, saltellando da un piede all'altro.

Laughlin si voltò verso di lui con aria contrariata. «No».

«Ma... dai, per favore, per favore!» lo supplicò il fratellino.

Per fortuna intervenne la signora Maleficium. «Bearach, lascia in pace tuo fratello. Vieni qui con me» disse con un tono di voce sereno, ma che non ammetteva la possibilità di disubbidire.

Finalmente liberi dall'esagitato bimbetto, i due amici si recarono al piano di sopra. La stanza degli ospiti era una camera da letto enorme, con il soffitto a cassettoni e una grande vetrata che dava sul giardino. Al centro c'era un letto a baldacchino, ai piedi del quale Laughlin sistemò il baule. «Ora vieni a vedere qualcosa di davvero straordinario!» esclamò poi, trascinando l'amico per la manica verso camera sua.

«I signorini gradiscono dei biscotti?» domandò una vocetta stridula alle loro spalle.

Edmund si voltò, ma trattenne a stento un urlo. «Oddio, e questo cos'è?»

La cosa che aveva parlato era un mostriciattolo verdognolo alto meno di un metro, con due occhi sporgenti e delle spropositate orecchie a punta.

«È Lappy, il nostro elfo domestico» rispose Laughlin, afferrando un biscotto dal vassoio che la creatura reggeva in mano.

«Lappy non voleva spaventare il signorino, no, no, voleva solo portare dei biscotti al padroncino e al suo amico» cantilenò il piccolo elfo, dondolandosi avanti e indietro.

«Tranquillo, Lappy, è tutto a posto. Ed non è abituato a vivere in una casa di maghi» rispose Laughlin, dando un buffetto sulla testa all'elfo. «I biscotti sono ottimi, comunque» aggiunse poco dopo, afferrandone una manciata dal vassoio.

La creaturina si sciolse in un sorriso di ringraziamento. «E l'amico del padroncino non vuole assaggiare i biscotti di Lappy?» domandò poi, porgendo il vassoio con aria estasiata verso Edmund.

Il ragazzo, ancora troppo sorpreso dalla scena, ne prese uno con aria titubante, senza dire una parola.

«Grazie, Lappy, sei stato davvero gentile» lo congedò Laughlin, mentre quello retrocedeva con una serie infinita di inchini.

«Per Lappy è un piacere servire la famiglia Maleficium!» esclamò con entusiasmo, prima di sparire dietro l'angolo.

Vedendo la faccia scioccata dell'amico, Laughlin fu costretto a spiegare la natura del servizio degli elfi domestici e di come fossero attaccati alla famiglia che servivano, soprattutto se venivano trattati con gentilezza.

Dopodiché, finalmente, lo condusse alla sua camera. Entrando nella stanza pareva di essere passati in un'altra dimensione: non c'era più traccia del curato stile neoclassico che permeava tutto il resto della casa. Le pareti erano verdi e appeso c'era lo stendardo e un poster della sua squadra preferita di Quidditch, i Kenmare Kestrels. Il letto era in un angolo, ancora disfatto, e i vestiti che vi erano abbandonati sopra erano talmente tanti che sembrava che l'armadio vi avesse vomitato sopra tutto il suo contenuto. In un altro angolo c'era una scrivania completamente ricoperta di pergamene, libri e boccette di inchiostro lasciate a metà.

La stanza nel complesso era molto luminosa, grazie all'ampia vetrata che si apriva sulla parete davanti a loro. Al centro della camera, venerata come fosse un'antica reliquia, stava l'arpa celtica che Eoin Maleficium aveva regalato al figlio il Natale scorso. L'unica cosa che potesse vagamente ricordare l'appartenenza di Laughlin ad una nobile stirpe di maghi, era lo stemma di famiglia che troneggiava sopra il letto.

«Questo è il mio regno!» esclamò il ragazzino, allargando le braccia.

Edmund sorrise, cercando di reprimere quel vago senso di invidia che faceva capolino nel suo cuore. Dopotutto, lui non avrebbe mai avuto nulla del genere.

«È fantastico, Laugh».



Ecco qui il nuovo capitolo!

Per rinfrescare un po' la memoria, scrivo le pronunce dei nomi irlandesi fin qui citati.

Mairead = Mayreed; Laughlin = Locklin (l'abbreviativo Laugh, si leggerà dunque Lock); Eoin = Owen; Bearach = Barock; Daire = Dora.


@ Salice: grazie mille del commento! Anche a me piace molto la famiglia Maleficium, perché dimostrano che essere purosangue non va necessariamente a braccetto con l'essere cattivi. Ma questo lo sappiamo bene io e te, che scriviamo storie molto simili! ;-) Per la correzione, grazie mille, ho provveduto a cambiare il vocabolo. Se trovi qualche altro errore, segnalamelo pure. Anzi, mi fai un favore se mi correggi, perché quando sarà finita, intendo regalare questa storia alla mia sorellina (è una fan di HP!), quindi meno errori ci sono, meglio è!

Ciao ciao, a presto!




EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi; visto che ci siamo, QUI l'immagine che rappresenta Bearach Maleficium!

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Capitolo 3
*** La proposta del Presidente della Magia ***


CAPITOLO 3

La proposta del Presidente della Magia






La vita a villa Maleficium trascorreva piacevolmente per Edmund. Dopo il disadattamento iniziale, si era perfino abituato alle servizievoli attenzioni di Lappy. Daire Maleficium era sempre gentile e amorevole e soprattutto era l'unica a cui Bearach ubbidisse senza lamentarsi. Lei lavorava come stilista per una casa di moda, ma in quella settimana aveva preso dei giorni di ferie, per poter stare a casa con i ragazzi. Il signor Maleficium, invece, andava a lavorare tutti i giorni, attraverso la Metrombino, a Dublino, dove c'era la sede del Corriere del Mago di cui lui era il direttore, e tornava a casa sempre in tempo per la cena, con sottobraccio una copia in anteprima del giornale che sarebbe uscito giorno successivo. La sera, dopo mangiato, si sedeva in poltrona e ricontrollava con attenzione l'impaginatura e gli articoli, fumando con calma la sua pipa. Quando era soddisfatto, dava il comando ai suoi sottoposti di procedere con la stampa.

Ogni giorno Laughlin inventava qualcosa di nuovo da fare per divertire il suo ospite, come inseguire per tutto il giardino, armati di bombolette di diserbante, le spruzzicavallette, degli insetti enormi che saltavano e spruzzavano liquido tossico, o giocare a lanciarsi la Pluffa di cuoio rosso, correndo nel campo di grano poco lontano da villa Maleficium, di proprietà di un burbero contadino Babbano, che tutte le volte li inseguiva adirato perché gli distruggevano il raccolto.

Come aveva previsto Laughlin, suo fratello Bearach tentò in ogni modo di intrufolarsi, ma Laughlin lo scacciava tutte le volte che poteva. Ogni tanto Daire Maleficium lo costringeva a portarlo con sé, ma il più delle volte Laughlin riusciva a scaricarlo alla mamma. I due battibeccavano sempre, per qualsiasi motivo, e i genitori avevano un gran da fare per tentare di farli andare d'accordo.

Edmund chiese anche all'amico di suonare per lui un pezzo con l'arpa celtica, richiesta che Laughlin accettò di buon grado. Non appena cominciò a suonare, Edmund capì che il suo amico era davvero portato per la musica. Anche Eoin Maleficium era un bravo musicista, anzi, sapeva suonare numerosi strumenti, e ogni sera li deliziava con un pezzo, di volta in volta con l'arpa, il violino, il pianoforte o la cornamusa irlandese. Laughlin confermò che se il padre non fosse direttore del giornale più letto in Irlanda, gli sarebbe piaciuto aprire una scuola di musica.

Infine Eoin Maleficium aveva messo a disposizione di Edmund la sua fornitissima biblioteca, così il ragazzo passava la notte a leggere, accoccolato tra le coperte profumate del suo letto a baldacchino, alla luce fioca di una candela.

Fu l'ultimo giorno di vacanza che i signori Maleficium ricevettero un ospite inaspettato. Laughlin e Edmund si stavano preparando per uscire a giocare a Quidditch, nonostante la pioggia battente, quando qualcuno bussò alla porta. Laughlin andò ad aprire, ma rimase impietrito quando vide chi aveva bussato. C'era un uomo sull'uscio, con uno sguardo penetrante e la mascella contratta. L'unica cosa che spiccava del suo completo blu scuro era una coccarda rossa adagiata sulle spalle e ornata con una enorme spilla dorata.

«Oh, ehm... le chiamo mio padre, signor Presidente. Prego, si accomodi» farfugliò Laughlin, facendo entrare in casa l'uomo. Edmund gli lanciò uno sguardo interrogativo, così lui bisbigliò all'orecchio: «Non la vedi la coccarda rossa?»

«E cosa vuol dire?» sussurrò Edmund di rimando.

Laughlin sgranò gli occhi di fronte all'ignoranza dell'amico sul mondo dei maghi. «È Adolfus McPride, il Presidente della Magia!»

Edmund squadrò l'uomo di sottecchi: emanava un'aurea di potere e autorità anche solo nel modo in cui camminava. Il suo sguardo penetrante ispirava al medesimo tempo sicurezza e terrore. Quell'uomo era nato per comandare.

Laughlin nel frattempo lo aveva fatto accomodare in salotto ed era corso al piano di sopra per chiamare suo padre. Edmund era rimasto impalato in ingresso, ancora con la scopa in mano e gli occhialetti da Quidditch sulla fronte.

McPride gli rivolse un sorriso dal salotto. Non che la cosa riuscì a rassicurare Edmund perché McPride aveva l'aria di uno squalo che sogghigna davanti alla sua preda. Il mago gli fece un cenno del capo perché si avvicinasse. Non c'era l'opzione “rifiuto” nei suoi occhi, così Edmund si accostò alla poltrona dove era seduto il Presidente, come un condannato che va al patibolo.

«Tu non sei il figlio di Eoin Maleficium» disse McPride, non appena Edmund si fu avvicinato.

«No, signore. Sono un amico di Laughlin» replicò sommessamente il ragazzino.

McPride sembrava sapere già come avrebbe risposto Edmund, per cui continuò: «E come ti chiami?»

«Edmund Burke, signore» sussurrò il ragazzo, a disagio. Non capiva perché McPride gli stesse facendo quell'interrogatorio.

Il Presidente osservò per un attimo la delicata fattura del caminetto di fronte a lui, aggiustandosi il monocolo che portava sull'occhio sinistro, come se fosse assorto nei suoi pensieri. Poi disse, nuovamente rivolto verso Edmund: «Burke... non ne ho mai sentito parlare. Non è una famiglia irlandese di maghi molto famosa, vero?»

Edmund si irrigidì e si allontanò di un passo da McPride.

L'uomo, per un attimo, fu sorpreso da quella reazione, ma poi quando vide lo sguardo glaciale del ragazzetto, sfoderò nuovamente il suo sorriso da squalo.

«Che importanza ha la mia famiglia, signor Presidente, quando ciò che rende grande un mago è il modo in cui utilizza la sua intelligenza, non le sue origini?» rispose Edmund con freddezza.

Adolfus McPride contemplò il ragazzino che aveva davanti, con un sorriso lupesco. «Credo che sentirò ancora parlare di te, giovane Burke».

«Signor Presidente» esclamò Eoin Malefiucium entrando in salotto e interrompendo la tacita guerra di sguardi tra Edmund e McPride. L'uomo si alzò dalla poltrona e si fece incontro a Eoin per stringergli la mano.

Edmund ne approfittò per sgattaiolare fuori dalla stanza. Corse su per le scale, diretto alla camera di Laughlin, quando un braccio sbucò da una porta che non c'era mai stata e lo trascinò dentro.

«Ssssh.» fece Laughlin, posandosi l'indice sulle labbra.

Edmund si guardò intorno: sembrava un vecchio stanzino delle scope, pieno di paccottiglia magica. «Che posto è questo?» domandò all'amico, presagendo una risposta che comprendeva incantesimi e losche trame.

«È il nostro ripostiglio. È nascosto alla vista di chiunque, a meno che tu non sappia come entrarci. La casa è piena di stanze del genere e per la maggior parte le usiamo come magazzino, ma a volte possono tornare utili anche per altri scopi» rispose Laughlin con aria cospiratrice.

«E qual è il nostro scopo?» chiese Edmund, temendo che la cosa avesse a che fare con il Presidente della Magia.

«Qui passa la cappa del camino: se appoggi l'orecchio alla parete si sentono le voci della sala» sussurrò Laughlin con un sorrisetto complice. Origliare una conversazione privata tra suo padre e il Presidente della Magia era certamente un'idea sconveniente, ma la curiosità rodeva lo stomaco ai ragazzini. E poi c'era sempre il fascino di fare qualcosa di proibito.

I due amici accostarono le orecchie al muro, ma le voci dei maghi che discutevano al piano di sotto giungevano soffocate.

Edmund allora si allontanò dalla parete scocciato ed estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni. «Spostati» intimò all'amico. «Sonorus!» bisbigliò, puntando il muro.

«Gradisce una tazza di te, Presidente?» la voce di Eoin Maleficium riempì il piccolo stanzino, come se l'uomo fosse proprio lì accanto a loro.

«E questo dove l'hai imparato?» domandò Laughlin con un sorriso di approvazione.

Edmund fece spallucce. «L'ho letto in un libro di incantesimi».

«Non puoi fare magie fuori dalla scuola!» esclamò una vocetta acuta. Bearach, fermo sull'uscio dello stanzino, li fissava con gli occhietti ridotti a due fessure. Evidentemente aveva aperto la porta senza che loro se ne fossero accorti e aveva assistito alla scena dell'incantesimo.

Laughlin avrebbe voluto scagliarsi contro il fratellino, ma il tono sicuro con cui rispose Edmund lo trattenne. «Lo so, tutti i minorenni hanno addosso una Traccia, ma siamo in una casa piena di maghi: il governo saprà solo che qui è stato fatto un incantesimo... non da chi» spiegò in tutta tranquillità.

Il sorrisetto di Edmund era quasi terrificante. Con quel cervello, se si fosse dato al crimine, sarebbe diventato il mago più temuto di tutti i tempi. Per fortuna fino ad allora aveva usato le sue risorse solo a fin di bene.

«E questo come lo sai?» domandò Laughlin, sempre più stupito dalla profonda conoscenza dell'amico.

Ancora una volta Edmund alzò le spalle. «L'ho letto in “Regolamenti e leggi per la restrizione della magia tra i minorenni”. Sai, mi interessava per sapere se avrei potuto fare magie all'orfanotrofio».

«Te l'ho già detto che leggi troppo, Ed?» rispose Laughlin, scuotendo la testa in segno di disappunto.

La questione si sarebbe potuta concludere lì, se Bearach Maleficium non fosse stato un bambino veramente pestifero. «Be', comunque lo dirò alla mamma!» strillò, battendo i piedi a terra e incrociando le braccia al petto con aria indispettita.

Laughlin sospirò sonoramente. «Senti, se non glielo dici, ti facciamo restare qui con noi ad ascoltare».

L'umore di Bearach cambiò improvvisamente. «Uau! Va bene!» esclamò con entusiasmo, poi fece un sorriso smagliante e si avvicinò ai due ragazzini.

«Si lascia corrompere facilmente il mio fratellino» sussurrò Laughlin, strizzando l'occhio al suo amico, con l'aria di chi la sa lunga.

I tre ragazzetti rimasero in religioso silenzio ad ascoltare la conversazione che si svolgeva al piano di sotto, che a quanto pareva stava prendendo una piega interessante.

«... ovviamente in cambio del suo appoggio, la mia fondazione verserà un cospicuo contributo nelle casse del suo quotidiano» stava appunto dicendo McPride. Che cosa poteva attirare l'attenzione del Presidente della Magia, tanto da proporre un accordo a Eoin Maleficium?

«Non sono interessato alla sua proposta» rispose con tono gentile ma fermo il signor Maleficium.

«Non si affretti a prendere una decisione. Si tratta di un accordo importante. Le lascerò qualche giorno per pensarci» esclamò McPride di rimando con un tono che voleva essere gioviale. Edmund se lo immaginò mentre rivolgeva a Eoin lo stesso sorriso da squalo che aveva riservato a lui.

«Ho già riflettuto a sufficienza, signor Presidente. Il mio è un giornale libero e, per quanto il contributo da lei versato possa essere cospicuo, se appoggiassi la sua candidatura alle elezioni di gennaio, mi sentirei obbligato a darle il mio sostegno incondizionato, cosa che mi renderebbe meno obiettivo nel giudicare i fatti. E il mio è un giornale che esprime fatti, non ideologie» rispose la voce ferma di Eoin.

Ci fu un attimo di silenzio, poi McPride riprese: «Molto bene. Se queste sono le sue ultime parole...»

«Sono le mie ultime parole» confermò il signor Maleficium in tono tagliente.

«Allora non mi resta che ritirarmi» completò McPride. Nonostante il rifiuto di Eoin, la sua voce sicura e sempre gentile sembrava mascherare bene la delusione che aveva ricevuto. Era un uomo che sapeva come tramare una fitta rete di relazioni sociali e non lasciar deteriorare i rapporti con nessuno. Era un politico, un uomo di governo fatto per comandare.

«Non c'è che dire, tuo padre è un uomo tutto d'un pezzo» bisbigliò Edmund con ammirazione.

Laughlin sogghignò. «Già, quasi quanto Bearach» rispose, accennando con il capo al fratellino.


Quella sera a cena nessuno fece domande sull'incontro tra Eoin e il Presidente della Magia, perché tutti sapevano cosa era successo: Daire perché glielo aveva raccontato il marito, i tre ragazzini perché avevano origliato di nascosto la conversazione tra i due maghi.

Tuttavia Edmund era curioso di conoscere come funzionavano le istituzioni della Repubblica Magica d'Irlanda e l'unico che potesse rispondere alla sua domanda era proprio il signor Maleficium. Così gli si rivolse leggermente impacciato.

Eoin si mostrò disponibile nei suoi confronti ed era felice di poter soddisfare la curiosità di quel ragazzino così assetato di notizie. «Vedi, Edmund...» cominciò a spiegare, dopo aver bevuto un sorso di vino rosso. «I cittadini eleggono l'Uachtaran na Poblacht Driochta na hEireann, il Presidente della Repubblica Magica d'Irlanda, che resta in carica cinque anni. Una volta eletto, egli sceglie tra i suoi collaboratori chi mettere a capo dei vari Ranna na Aireacht, i Dipartimenti del Ministero».

«Come il Dipartimento dei Trasporti Magici!» esclamò Edmund, ricordandosi delle parole di Laughlin riguardo alla Metrombino.

Eoin fece un cenno d'approvazione con il capo. «Esatto, o come il Dipartimento degli Affari Esteri...» continuò, prima che Laughlin lo interrompesse di nuovo, commentando in tono acido: «E indovina chi è il boss di questo dipartimento? Scipio Diablaiocht, il padre di Ailionora, quella maledetta, odiosa...»

«Ti piace!» strillò Bearach, alzandosi in ginocchio sulla sedia, per poter dominare meglio il tavolo.

Laughlin gli lanciò un'occhiata fulminante. «Che roba dici?»

«Ti piace, ti piace! Quando uno dice che odia qualcuno è perché gli piace!» insistette Bearach, agitando la forchetta in aria come un folle predicatore. Chissà dove aveva sentito quella frase, che ora spacciava come verità assoluta.

Ancora una volta fu necessario l'intervento di Daire Maleficium per calmare il bollente spirito del piccolo Bearach.

Finalmente Eoin poté continuare nella sua spiegazione: «Il Presidente della Magia e il capi dei Dipartimenti formano l'Aireacht na Draiocht, il Ministero della Magia, un collegio che ha il potere esecutivo e quello di proporre le leggi. Tuttavia, queste ultime, per essere approvate, necessitano del voto favorevole dell'Indipendente Parlamento Magico, il Neamhspleach Parlaimint Draiochta. Anche i membri del Parlamento vengono eletti dai cittadini, ma una volta ogni sette anni. Il Parlaimint, oltre a votare le leggi, è l'unico ad avere il potere di destituire il Presidente della Magia, qualora questo si macchi di gravi reati contro la Repubblica» Eoin bevve un altro sorso di vino rosso. «Infine...» continuò, «Il potere giudiziario è nelle mani del collegio di magistrati indipendenti dalla politica, chiamato Breith Cuirt na Draiocht, Corte della Magia».

Edmund aveva ascoltato affascinato tutta la spiegazione del signor Maleficium. Dunque il potere di McPride era parecchio ampio e bastava guardarlo per capire come aveva fatto a raggiungere quella posizione. Però a Edmund McPride faceva venire i brividi. Gli sembrava una persona che non si sarebbe fatta troppi scrupoli ad eliminare chiunque gli avesse intralciato la strada. Il fine giustifica i mezzi, pareva che dicessero i suoi occhi penetranti. E ciò che più lo faceva raggelare era il fatto che McPride riusciva a nascondere la sua parte animalesca per incantare il popolo con modi affabili e con un'immagine di forza e sicurezza. Era uno squalo, quell'uomo.

«Forza, giuristi, è ora di andare a letto» esclamò Daire, strappandolo ai suoi pensieri. «Domani ci aspetta una giornata faticosa. Avete già preparato i vostri bauli?»

«Certo!» rispose Laughlin con un entusiasmo forse troppo marcato, tanto che il padre gli lanciò un'occhiata di sbieco, intuendo la verità: la camera di Laughlin era nello stesso stato di pietoso disordine da quando Edmund era arrivato e il baule era sommerso da vestiti e cartacce, ben lontano dall'essere pronto.

«Allora a nanna» concluse Daire con un sorriso, dando un buffetto a Bearach che si era lamentato sbuffando e incrociando le braccia al petto.

Mentre Edmund si appollaiava sul suo letto a castello, solo nell'immensa camera degli ospiti, i cupi pensieri su Adolfus McPride lasciarono posto ad un dolce sollievo: l'indomani sarebbe tornato nell'unico posto che aveva mai chiamato casa, il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe.



Ecco qui il terzo capitolo! Scusatemi per questo excursus sull'ordinamento della repubblica, ma il modo in cui la Rowling liquida la situazione mi sembrava troppo semplicistico, e poi queste nozioni mi serviranno anche più avanti. Spero che non sia stato troppo noioso!

@Sydelle: grazie mille dell'interessamento, aspetterò con ansia le tue recensioni!

@Salice: anche io adoro Bearach, è troppo insopportabile! Mi sono divertita un sacco a scrivere di lui. E sì, penso che la Metrombino sia una grande trovata per questi maghi, anche perché esclude le scomodità della Metropolvere, che ti fa uscire dal camino come se avessi fatto un bagno nella cenere! E infine, forza purosangue onesti! Fatevi valere! Ehehe! A presto!!

@quigon89: tranquillo, anche io mi stupisco di aver aggiornato così presto! Ma la pacchia sta per finire... appena ricomincerò le lezioni all'università, sarò sempre più lenta! Anche a me piacciono un sacco i Maleficium, sono una famiglia molto ben assortita. Adoro poi la fermezza di Eoin e mi sono divertita un sacco a parlare di lui in questo capitolo. Per Mairead, arriverà presto, vedrai! Sempre più impulsiva ed esagitata! Ciao ciao

@darllenwr: adoro leggere i tuoi commenti, mi dai sempre un sacco di nuove idee e mi sproni a dare sempre il meglio. In tuo onore, in questo capitolo ho messo tantissime parole in irlandese (ho usato un vocabolario english-irish su internet... speriamo siano corrette le traduzioni!). Che dire del povero Edmund? E sì, tutti lo prendono in giro e avere tredici anni, senza sapere chi sono i suoi genitori ed essendo lo zimbello di tutti i coetanei, per lui non è per niente facile. Ma almeno ha degli amici che lo aiutano! Per la descrizione di Villa Maleficium, mi sono divertita tantissimo a mettere a soqquadro la camera di Laughlin. Insomma, alla sua età ha tutto il diritto di essere disordinato! A presto!


Grazie a tutti per i commenti, o anche sono per aver letto la storia!

Beatrix




EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi; visto che ci siamo, QUI l'immagine che rappresenta Adolfus McPride!

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Capitolo 4
*** Un nuovo colpo per l'EIF ***


CAPITOLO 4

Un nuovo colpo per l'EIF






Erano in ritardo, in spaventoso ritardo. Tanto per cambiare.

Mairead schivò con destrezza i Babbani che affollavano la stazione di Dublino, tenendo stretta al petto la gabbietta del suo furetto Roddy, mentre il padre la seguiva incespicando e trascinandosi dietro l'enorme baule. «Papà! Sbrigati o il treno partirà senza di me!» si lagnò la ragazzina.

Era colpa di Reammon se erano così in ritardo, perché quando stavano per partire, lui si era accorto all'improvviso che non aveva la bacchetta magica e quindi avevano passato almeno un quarto d'ora a cercarla per tutta la casa. Quando finalmente Mairead l'aveva trovata tra i cuscini del divano, aveva minacciato di legargliela al collo perché non la perdesse più. Suo padre era l'uomo più caotico che avesse mai conosciuto. Però le piaceva così com'era.

Si tuffarono entrambi nel minuscolo sgabuzzino che dava accesso al binario dell'espresso per il Trinity e aprirono il varco magico. Tutti i ragazzi erano già sul treno e si sbracciavano per salutare i genitori dal finestrino.

Reammon aiutò la figlia a caricare il bagaglio sul treno. «Fai la brava» le raccomandò con dolcezza.

Tutti gli anni la stessa storia.

«Papà, io sono brava» rispose Mairead, alzando gli occhi al cielo. Tuttavia questa volta il padre la squadrò con occhio critico: l'ultima volta che gli aveva risposto in quel modo, aveva rubato un prezioso manufatto, inseguito una pazza criminale e rischiato di farsi uccidere. Mairead intuì i pensieri del padre, quindi si affrettò a rassicurarlo: «L'incidente dell'anno scorso con la Lancia di Lugh è stato...» ci pensò un attimo. «...un incidente. Quest'anno filerà liscio come l'olio, vedrai».

Il treno cominciò a muoversi. Reammon diede un bacio sulla fronte alla figlia.

«Ti voglio bene, papà» lo salutò Mairead con un sorriso smagliante.

Quando il treno fu finalmente partito, e suo padre non era altro che un puntino in lontananza, Mairead cominciò a trascinare il baule lungo il corridoio, fino a che non individuò uno scompartimento occupato da due ragazzini intenti a chiacchierare.

«Edmund! Laughlin!» esclamò entrando.

I due si voltarono a guardarla.

«Ciao Mairead!» la salutò Laughlin, alzandosi per abbracciarla. Nel frattempo Edmund estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e fece levitare il baule dell'amica fino alla retina sopra i sedili.

«Passato bene le vacanze?» domandò Edmund con un sorriso.

Mairead raccontò dei suoi viaggi in tutta l'Europa al seguito del padre che era alla caccia di chissà quale manufatto magico andato perduto. Avevano studiato siti archeologici di otto diverse nazioni, si erano persi nei dedali di biblioteche di monasteri medioevali e avevano partecipato a riti magici delle popolazioni scandinave del Circolo Polare Artico.

«Io ho assistito alla caccia al barbagianni» disse Edmund, cercando di dare un tono avventuroso all'episodio. «La direttrice sembrava impazzita, continuava a sparare a caso verso l'alto».

Mairead scoppiò a ridere. «Mi dispiace per quell'incidente, Ed. D'ora in poi ti spedirò lettere soltanto con la posta Babbana» gli disse, mettendogli una mano sulla spalla.

Laughlin sbuffò. «Che meccanismo antiquato. Io ti avrò spedito almeno dieci lettere, ma tu mi hai risposto solo una volta» si lagnò, incrociando le braccia al petto, in una posa che a Edmund ricordò terribilmente il fratellino Bearach.

Allora Laughlin gli aveva spedito altre lettere, non l'aveva abbandonato! Evidentemente però, così come l'unica che aveva ricevuto era arrivata a destinazione per intervento divino, le altre dovevano essersi perse, a causa di indirizzi scritti sbagliati o di francobolli incollati in malo modo.

«Tranquillo, Laugh, alla fine di quest'anno dovremmo scegliere i nuovi corsi. Tu potrai fare Babbanologia, se ti interessa» ridacchiò Mairead.

«Scordatelo» rispose Laughlin, offeso.

Fu l'immagine di una enorme croce celtica che si agitava dalla prima pagina del giornale abbandonato sul tavolino che rapì l'attenzione di Mairead. C'era solo una spiegazione per una foto del genere: l'EIF.

«Che è successo?» domandò la ragazzina preoccupata, accennando con il capo al quotidiano.

«Questo?» chiese Laughlin, afferrando il giornale. «Pare che qualche giorno fa l'EIF abbia assalito e rapito un mago, ma la notizia è trapelata solo ieri sera. Papà è stato sveglio tutta la notte per riorganizzare gli articoli».

«Posso?» domandò Mairead, allungando le mani per farsi passare il quotidiano.

Un altro colpo per l'EIF: rapito un pozionista molto noto.” recitava il titolo stampato a caratteri cubitali in prima pagina. Poco sotto, la spettrale croce celtica di fumo verde tremolava sopra una casa buia e cupa.

«Sembra che nessuno abbia visto niente, ad esclusione di un denso fumo blu» commentò in tono piatto Laughlin.

Gli occhi di Mairead furono rapiti da alcune parole sul fondo dell'articolo: Rodolphus Cox non era di origini inglesi, come lo sono invece molte altre vittime dell'EIF. Ma allora nessuno può più stare tranquillo? L'Aireacht na Draiocht dovrà darsi molto più da fare per garantire l'incolumità dei suoi cittadini. A Mairead quelle parole risuonarono nella testa. Le sembravano molto velenose nei confronti dell'inefficienza del Ministero della Magia nel fermare i crimini commessi dall'EIF, che restavano quasi sempre impuniti. D'altronde lei non poteva che condividere quell'accusa, visto che chiunque avesse ucciso sua madre quasi sette anni fa era ancora a piede libero.

Mairead appoggiò il giornale sul sedile vuoto accanto a sé con aria sconsolata. «Chissà perché l'hanno rapito...» si chiese con un sospiro.

Edmund alzò le spalle, come se la risposta fosse ovvia. «Se è un pozionista così bravo, potrebbe far sempre comodo all'EIF» disse con semplicità. «Quello che mi scoccia è che la notizia sia trapelata solo ieri» continuò poi, incupendosi al ricordo dell'interrogatorio di McPride.

Laughlin invece non sembrava eccessivamente stupito dalla cosa. «Il Ministero non avrà voluto dare nessuna informazione, finché non fossero stati sicuri di quello che era successo» commentò, osservando fuori dal finestrino i contorni del paesaggio sfumati dalla pioggia.

Edmund afferrò il giornale e gli piazzò davanti al naso la foto della croce celtica. «Questa non lascia dubbi su cosa sia successo» rispose in tono tagliente.

Laughlin scrollò le spalle, disarmato di fronte alla logica schiacciante dell'amico. «Senti, non so che dirti. Sono i meccanismi di governo» farfugliò, strappando il giornale dalle mani di Edmund e lanciandolo sul sedile.

Edmund incrociò le braccia al petto. «Be', sono meccanismi sbagliati» disse con cocciutaggine.

Mairead gli mise una mano sulla spalla. «Ma Ed, con che scopo avrebbero dovuto tenere nascosta la cosa per qualche giorno?»

Edmund riprese spirito e batté il pugno sul misero tavolino di legno sotto il finestrino. «Perché così la gente pensa inconsciamente che il fatto sia accaduto ieri, mentre invece è avvenuto giorni prima! E in questo modo nessuno arriva a collegarlo a qualche altro crimine che è successo nel frattempo!» protestò con veemenza.

Mairead e Laughlin ridacchiarono. «Dai, Ed, adesso stai esagerando» gli rispose la ragazzina, scuotendo la testa.

Edmund sbuffò e si imbronciò. Era sicuro che ci fosse qualcosa di losco sotto quel caso di rapimento e la bassa stima che provava nei confronti di McPride non migliorava certo la situazione.

Il resto del viaggio trascorse abbastanza tranquillo. Mairead e Laughlin fecero qualche partita a Sparaschioppo e i tre amici chiacchierarono allegramente. Fu verso la fine, quando i ragazzi avevano già indossato le loro divise, che qualcuno aprì la porta dello scompartimento con violenza: una ragazzina dai lunghi capelli neri, con un'espressione di superiorità stampata sul volto. Ailionora Diablaiocht.

«Che vuoi?» le domandò con cattiveria Laughlin, al quale scottava ancora la battuta fatta ieri dal fratellino.

Ailionora alzò una spalla, in segno di disinteresse. «Volevo accertarmene di persona. Sai, credevo che non saresti venuta» commentò in tono di scherno, guardando Mairead.

La ragazzina digrignò i denti. «Perché non sarei dovuta venite?» domandò, perforando la sua avversaria con lo sguardo.

Ailionora indicò il giornale, abbandonato accanto a Laughlin: la croce celtica spiccava in prima pagina. «Sarà un anno pericoloso per voi sasanachfuil».

«Non chiamarmi in quel modo!» strillò Mairead, alzandosi si scatto dal sedile.

Ailionora non fece una piega. «Io me ne starei chiusa in casa, fossi in te. Non si sa mai, di fare la stessa fine della tua cara mammina».

Fu un lampo. Mairead aveva estratto di tasca la bacchetta e aveva spedito contro Ailionora una qualche fattura, prima che i suoi amici riuscissero a fermarla.

La ragazzina rotolò sul pavimento del corridoio, ma non perse tempo: estrasse anche lei la bacchetta e contrattaccò senza esitazione. L'incantesimo mancò per un pelo l'orecchio destro di Mairead.

Qualcuno si aggrappò alla manica della sua camicia e la strattonò.

«Mairead, smettila!» protestò Edmund. A quelle parole la ragazzina si tranquillizzò e abbassò la bacchetta, ma Ailionora ne approfittò per lanciarle un incantesimo di disarmo che la colpì in pieno. La bacchetta di Mairead volò in aria e ricadde rotolando a terra, fino a che qualcuno non la fermò con il piede. Un qualcuno non molto contento di quella scaramuccia nel corridoio del treno. Intorno al collo aveva una coccarda con una spilla d'orata: Nicolaj Connery, il nuovo dictator dei Raloi.

«Che sta succedendo qui?» chiese con tono accusatore, chinandosi a raccogliere la bacchetta di Mairead.

«Ha cominciato lei!» esclamò subito Ailionora, nel tentativo di discolparsi.

«Nicolaj, lei... mi ha provocato!» si giustificò Mairead, sperando che Connery fosse incline al perdono visto che erano della stessa casa e che giocavano insieme nella squadra di Quidditch, entrambi come Cacciatori.

Ma Connery non si lasciò addolcire.

«È vietato improvvisare duelli nei corridoi del treno» sentenziò. Proprio in quel momento le carrozze cominciarono a rallentare. «E ora seguitemi, tutte e due».

Ailionora e Mairead si lanciarono un'occhiata infuocata e poi si affrettarono a seguire Nicolaj Connery verso una probabile punizione.




Ecco qui il quarto capitolo. Spero che vi sia piaciuto come sempre!

Beatrix

@ Salice: grazie mille dei complimenti! Anche io adoro tantissimo Bearach e non vedo l'ora che arrivi anche lui al Trinity... ne combinerà di ogni! Per la trama e gli intrighi non posso rivelare niente, ma ti prometto parecchi colpi di scena e una storia bella complicata, anche perché più vado avanti a scriverla, più mi vengono idee sempre più contorte. Sarà un bel caos! eheheh! Ailionora, eccola comparire in questo capitolo, e, sì, hai ragione, avrà un ruolo da protagonista in questo racconto. ps. Ti ho mandato il disegno di Fabian, non ti è arrivato? Fra poco ti spedisco anche i tre tassorosso. A presto!

@ darllenwr: sapevo che avresti apprezzato sia l'integrità morale di Maleficium Senior, sia la brillante risposta di Edmund. Mi sono divertita tantissimo a scriverle. Per le origini di Edmund... be', devo tenervi sulle spine ancora fino al quinto racconto, mi spiace! Sì, ho pensato la repubblica magica come una repubblica presidenziale (stile quella americana) perché volevo consegnare nelle mani di McPride un discreto potere. Sarà un personaggio chiave per tutta la serie di racconti. Il suo nome poi è tutto un programma: Adolfus riprende Adolf Hitler e Pride è orgoglio in inglese. È un uomo scaltro e saprà sfruttare bene il suo potere, senza far mai sospettare a nessuno che ne stia abusando. Ora cerco di risolvere i tuoi dubbi: i libri sono scritti principalmente in inglese, soprattutto quelli moderni, ma ce ne sono anche molti scritti in gaelico, però nella varietà dell'alfabeto latino. Infine esistono vecchi manoscritti nell'antico gaelico o in latino, soprattutto di epoca medioevale. Ma questi possono essere letti solo da persone con una buona cultura (per quanto siano tradizionalisti e bilingue, non tutti sono in grado di leggere in antico gaelico o latino!). Gli irlandesi dell'Ulster vanno principalmente a Hogwarst (direi che Seamus Finnegan potrebbe essere uno di questi, no?); qualche coraggioso si addentra al Trinity, ma sicuramente non riceve un gentile trattamento: è pur sempre una sorta di sasanachfuil. Comunque è una provocazione interessante... potrei aggiungere un personaggio dell'Ulster! Grazie mille dei commenti e degli stimoli che mi dai! Ciao ciao

@ quigon89: grazie mille!! Mi fai arrossire (e accresci la mia già elevata autostima, il che non so se è un bene! XD). Sono contenta che ti sia piaciuta la descrizione del governo: è stato divertente da creare e poi mi serviva proprio per gli sviluppi futuri della saga. Vorresti candidarti come parlamentare, eh? Allora ti do una piccola anticipazione: anche Mairead coltiva lo stesso sogno, chissà che prima della fine non si realizzi! ;-) E per quanto riguarda la suspance, ho intenzione di farvi trepidare parecchio in questo racconto! A presto, ciao ciao




EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi.

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Capitolo 5
*** Piccoli bulli crescono ***


CAPITOLO 5

Piccoli bulli crescono






Non appena il treno si fermò, Connery fece salire Mairead e Ailionora sulla carrozza insieme a lui e, una volta arrivati al Trinity, le condusse nello studio della professoressa O'Connel. «Ora attenderete qui che torni la vicepreside e lei deciderà la vostra punizione» disse loro, prima di uscire dalla stanza e lasciarle sole.

Le due ragazze si squadrarono in silenzio, con astio. L'attesa divenne snervante. La professoressa ovviamente doveva presiedere lo smistamento nelle tre case degli studenti del primo anno, quindi erano obbligate ad aspettarla per parecchio tempo.

Finalmente, dopo quasi mezz'ora di silenzi e sguardi infuocati, la porta dello studio si aprì ed entrò la professoressa O'Connel. Le squadrò entrambe con freddezza, poi si sedette dietro la scrivania. «Allora, non è ancora cominciato il trimestre e voi due vi siete già messe nei guai» commentò in tono tagliente.

Ailionora e Mairead si scambiarono uno sguardo avvelenato.

«Non mi interessa di chi sia la colpa. Sarete in punizione per una settimana a partire da domani sera: dovrete collaborare nella pulizia dei corridoi del terzo piano».

La parola collaborare fu quella che spaventò maggiormente le due nemiche: niente e nessuno avrebbe mai potuto indurle ad una pacifica cooperazione, ma la professoressa non sembrava preoccuparsene troppo. «E ora andiamo al banchetto» sentenziò, alzandosi dalla sedia.

La professoressa O'Connel condusse le due ragazzine verso la Sala Mor, camminando davanti a loro a passo di marcia. Appena entrati, si diresse senza voltarsi al tavolo degli insegnanti sul fondo dell'immensa sala.

Mairead non rivolse nemmeno uno sguardo alla sua acerrima nemica, mentre si dirigeva verso la lunga tavolata sulla destra, quella dei Raloi.

Edmund le aveva tenuto il posto accanto a sé. Il banchetto era già cominciato: i Lepricani vestiti da camerieri sfrecciavano per tutta la sala, reggendo vassoi carichi di prelibatezze.

«Abbiamo acquistato sette nuovi membri» disse Edmund, accennando con la testa ai Raloi che sedevano a capo del tavolo e si guardavano intorno con aria sperduta.

Mairead sogghignò. «Facevamo la stessa impressione anche noi, l'anno scorso?» domandò ridendo a Edmund.

Lui sorrise con aria furba. «Io no di certo».

L'aveva detto così, senza pensarci, ma quella verità lo colpì come una coltellata: era vero, lui un anno fa era un ragazzo completamente diverso e certamente non assomigliava ai giovani e sperduti Raloi. Lui era stato egoista e solitario, deciso e sicuro di sé. Ma ora era cambiato, era una persona migliore. Guardò Mairead di sottecchi: stava chiacchierando con Beatrix Connery, la Cercatrice del terzo anno. Sì, era stato grazie a lei e a Laughlin, che tanto per cambiare si stava abbuffando al tavolo dall'altra parte della sala, che Edmund ora era una persona diversa.

«Ehi, avete saputo di Codail?» esclamò ad un tratto Brion Brennan, un loro compagno di casa dello stesso anno.

«Codail? Il professor Codail?» gli fece eco Peig, un'alta Raoi del secondo anno, particolarmente incline al pettegolezzo.

Brion annuì con solennità. «Sì, c'era un trafiletto sul giornale qualche giorno fa. Pare che in piena notte Codail abbia chiamato i Tiratori Scelti per una aggressione, che si è rivelata un falso allarme» spiegò il ragazzino alla sua platea di ascoltatori.

Mairead si voltò verso il tavolo degli insegnanti, dove il professor Codail, l'anziano docente di Storia della Magia, stava chiacchierando serenamente con la vicedirettrice. Non aveva proprio l'aria di uno che aveva subito un'aggressione.

«Si sarà un po' rimbecillito per l'età» ridacchiò divertita Ailis, la migliore amica di Peig.

Il resto del banchetto passò piacevolmente, tra una portata succulenta e una chiacchierata con gli amici.

Conclusa la cena, il professor Captatio si alzò da tavola. La punta del suo buffo cappello raggiungeva appena lo schienale dorato della sua sedia, eppure emanava un'aurea di rispetto e serietà. «Miei cari studenti e gentili colleghi» cominciò, non appena tutta la sala si fu zittita. «Spero che abbiate gradito il banchetto. Prima di tutto, vorrei presentarvi il professor Timberlen, che è il nuovo responsabile del Quidditch e delle lezioni di volo».

Captatio indicò un uomo grande e grosso, in fondo al tavolo degli insegnanti, pelato ma con un paio di folti baffoni neri. Un debole applauso attraversò la sala. Non appena si fu spento, Captatio ricominciò: «Come ogni anno, vorrei ricordarvi che non potete uscire dal territorio del Trinity senza la presenza di un professore e che tutte le assenze devono essere giustificate. Inoltre, è vietato compiere magie per i corridoi e soprattutto...» a quelle parole lanciò un'occhiata eloquente a Mairead e Edmund. «...non si deve gironzolare per il castello dopo le undici di sera».

I due ragazzini ridacchiarono e risposero al sorriso divertito di Laughlin dall'altra parte della sala. L'anno scorso ne avevano combinate anche di peggio.

«Per quando riguarda la vostra permanenza al Trinity, vi auguro di passare un buon anno scolastico. Spero che sappiate cogliere tutte le occasioni che vi verranno offerte per arricchirvi nello spirito e nell'intelletto» continuò Captatio, osservando tutta la sala con i suoi occhi penetranti nascosti dietro due spesse lenti. «E ora, tutti a letto! I consoli e i dictatores aiutino i ragazzi di prima a trovare il proprio dormitorio».

Tutti gli studenti cominciarono ad alzarsi e ad accalcasi all'uscita della Sala Mor. Nicolaj Connery, cercò di richiamare l'attenzione dei ragazzini di prima, per insegnare loro la strada verso la sala comune dei Raloi. «Da questa parte, seguitemi!» esclamò per sovrastare il vociare confuso degli studenti.

Mairead e Edmund riuscirono a fare un cenno di saluto a Laughlin, prima che le loro strade si dividessero.

A domani.” lessero sulle labbra dell'amico.

I due ragazzini si lasciarono condurre verso la porta verde con disegnata un'aquila, che dava sulla sala comune dei Raloi. «La parola d'ordine è misneach» disse Nicolaj. «Per quelli di prima: è una parola irlandese, significa coraggio».

La sala comune era esattamente come Mairead se la ricordava: i due caminetti, i tavolini con le poltrone e il verde come colore dominante. Salutò con la mano Edmund e poi si diresse verso la scala a chiocciola sulla sinistra e salì con soddisfazione al primo piano; le stanze del dormitorio erano suddivise per anno: a piano terra c'era quella del primo anno e man mano si saliva si trovavano gli alloggi delle studentesse più grandi. Nella stanza circolare destinata al secondo anno, c'erano i tre letti a baldacchino, ai piedi dei quali erano già stati posizionati i loro bauli. Mairead si distese sul suo letto e si addormentò all'istante, senza nemmeno togliersi la divisa.

Edmund entrò nel dormitorio per ultimo.

«Buonanotte a tutti» disse Iulius McEwan, con un lungo sbadiglio, proprio mentre Edmund stava entrando.

«Notte, notte» rispose Anneus Secula, già sdraiato sul letto.

Edmund si levò la divisa e indossò il pigiama che gli avevano dato all'orfanotrofio: aveva i pantaloni troppo corti e la maglietta eccessivamente larga, ma non aveva molta scelta. O quello, o dormire in mutande. Si arrampicò sul letto a baldacchino e tirò le tende tutte intorno. «Buonanotte» disse mentre si avvolgeva come un bozzolo nelle coperte. Qualcuno, forse Iulius, rispose con un debole “notte”, mentre gli altri mugugnarono qualcosa, troppo assonnati per rispondere.

Ben tornato a casa” si disse Edmund, prima di scivolare nel sonno.


Laughlin non era mai stato un tipo mattiniero, tant'è che il giorno dopo fu l'ultimo ad alzarsi: tutti i suoi compagni di dormitorio erano già usciti. Il suo primo pensiero fu che non sarebbe rimasto più nulla per colazione, così si vestì in tutta fretta e corse fuori dalla stanza. Le sei porte dei dormitori maschili dei Nagard si trovavano nei sotterranei e davano su un corridoio dove si trovava la scala a chiocciola, tramite la quale si poteva raggiungere la sala comune, ormai deserta.

Laughlin era tremendamente in ritardo per la sua colazione di rito, ma quando sentì quel pianto non poté non fermarsi. C'era un ragazzetto raggomitolato in un angolo della sala comune con la testa tra le ginocchia e il corpicino scosso dai singulti. Doveva essere del primo anno, forse aveva perso qualcosa.

Lui non era certo così piagnucolone l'anno scorso.

Provò il terribile impulso di far finta di non vederlo e lasciarlo lì, ma poi la compassione ebbe la meglio e gli si avvicinò sbuffando.

«Ehi, che succede?» chiese con dolcezza, accucciandosi di fronte a lui e mettendogli una mano sulla spalla.

Il ragazzino sollevò la testa e lo guardò con i suoi occhioni azzurri ricolmi di lacrime. Provò a balbettare qualcosa, ma Laughlin non capì una parola. «Ok, andiamo con calma. Perché non mi dici come ti chiami?» gli chiese con un sorriso, passandogli il suo fazzoletto ricamato con le iniziali L.M.

Il ragazzetto lo prese e si asciugò le lacrime. «Mi chiamo... Dominique.» rispose tra i singulti.

«Piacere, io sono Laughlin. Che ti è successo, Dominique?» lo incitò Laughlin, osservando con disgusto il fazzoletto che il piccolino gli aveva restituito.

«È... è stata una ragazza più grande» cominciò Dominique, gli occhi che gli si riempivano nuovamente di lacrime al solo ricordo.

Diablaiocht!” pensò immediatamente Laughlin, ma non osò pronunciare quel nome. «Che ti ha fatto?» chiese invece.

«Lei... lei è entrata nel mio dormitorio con i suoi amici e ha dato fuoco al mio letto. Ha detto che se lo avessi spifferato ad un professore, mi avrebbe fatto anche di peggio» sussurrò Dominique. «Diceva che... che io non merito di studiare al Trinity perché sono dell'Ulster. Io... sì, ho ricevuto la lettera da Hogwarts, ma la mamma mi ha voluto mandare qui perché tutta la mia famiglia ha studiato al Trinity. Noi siamo irlandesi e cattolici...»

«Ehi!» Laughlin interruppe con foga quel piagnisteo. «Dominique, guardami negli occhi!» gli ordinò e il piccolino alzò lo sguardo su di lui. «Chi se ne frega di quello che dicono gli altri! Tu sei irlandese! E sei un Nagard, santo folletto! Noi siamo persone ambiziose, sicure di noi e otteniamo sempre quello che vogliamo! Fatti valere, dimostra loro di che pasta sei fatto!»

Un sorriso di speranza si disegnò sul volto di Dominique. Il discorso di Laughlin gli aveva fatto ritrovare la forza: era vero, era sempre stato un bambino sicuro e ambizioso, aveva sempre sognato il giorno in cui sarebbe arrivato al Trinity e sarebbe diventato un grande mago. «Grazie» sussurrò con un ultimo singhiozzo represso.

Laughlin si alzò da terra con semplicità. «E di cosa?» chiese, allungando la mano verso Dominique per aiutarlo ad alzarsi. «Ora andiamo, la colazione ci aspetta!»

Si recarono insieme verso la Sala Mor. Dominique aveva gli occhi ancora un po' rossi, ma nel complesso era più tranquillo. Laughlin si ritrovò a pensare che l'anno scorso aveva salvato Henry Alabacor dai suoi aguzzini, che lo volevano schiantare solo perché era di origini inglesi, mentre quel giorno aveva consolato il piccolo Dominique, tiranneggiato da Ailionora. Salvare le vittime dei bulli stava diventando una specie di hobby per lui.

Avrebbero dovuto dedicargli una statua, Laughlin, l'eroe del castello.




Eccomi qui con il nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto... ora vorrei proporvi un piccolo gioco: su ispirazione della scena con il piccolo Dominique MacPassel, vi domando... in che casa sareste finiti se foste stati al Trinity? Vi metto qui sotto le descrizioni delle case, e voi rispondere onestamente!

Nagard (QUI il link dello stemma della casa): Sei ambizioso, orgoglioso, sicuro di te e delle tue potenzialità, ottieni sempre quello che vuoi. La tua determinazione nasce da una presa di coscienza della tua superiorità (reale o presunta che sia). Hai una distaccata sicurezza nel fare le cose, come se pensassi sempre “tanto io ce la faccio.” La tua testardaggine può essere un forte incentivo a migliorarti sempre, ma rischia di renderti strafottente e superbo. Guai a ferirti nell'orgoglio, perché potresti diventare davvero vendicativo e perfido. L'animale simbolo della tua casa è un drago, segno di nobiltà e orgoglio, il colore il rosso.

Llapac (QUI il link dello stemma della casa): A volte sei un po' insicuro, ma negli altri trovi la tua forza. Sei onesto, gentile e aperto verso il prossimo e il tuo primo pensiero è sempre quello di aiutare gli amici che sono in difficoltà. Per il tuo essere un po' troppo aperto e bonaccione, spesso si dice di te che sei un sempliciotto e che ti lasci abbindolare facilmente. La tua miglior caratteristica è la lealtà: per quegli amici che consideri come fratelli sei disposto a fare qualsiasi cosa. L'animale simbolo della tua casa è un unicorno, segno di purezza e bontà, il colore il blu.

Raloi (QUI il link dello stemma della casa): Intraprendente, coraggioso ed energico, sei sempre pronto all'azione e a mettersi in gioco. Non ti piace stare in disparte ad osservare: devi entrare in campo in prima persona, altrimenti ti annoi o ti senti inutile. Devi sempre dire la tua su qualsiasi argomento e odi quando qualcuno non ti prende in considerazione. Stai attento, però, perché la tua iperattività può trasformarsi in mania di protagonismo e renderti egocentrico, mentre il tuo coraggio ti può portare ad essere incosciente o beffardo. L'animale simbolo della tua casa è un'aquila, segno di ardore e coraggio, il colore il verde.

Per come sono fatta io, vi dico subito che sarei finita tra i Nagard... e voi?


@ Salice: no, non sarà affatto un anno tranquillo, anzi! Oserei dire quasi peggio del precedente! Ma almeno ho già progettato la prossima risposta di Mairead alla raccomandazione del padre di fare la brava... eheh! Per quando riguarda Reammon, mi diverte troppo descriverlo come un personaggio un po' svampito, con la testa tra le nuvole. D'altronde, il suo stesso lavoro non lo tiene molto con i piedi per terra! A presto!!

@ quigon89: grazie mille! Sono contenta di riuscire a tenere vivo il tuo interesse, capitolo dopo capitolo. Sì, Mairead è comparsa un po' tardi in questo racconto, ma è sempre piena di energie e ne combinerà di belle anche quest'anno. Purtroppo la punizione l'ha decisa la O'Connel: d'altronde è la vicedirettrice, ha sicuramente più voce in capitolo. Ma non temere, Cumhacht arriverà presto. Avrei potuto dimenticare il tuo professore preferito? XD Mairead comunque, più che lavorare al Ministero, punta al Parlamento: più dibattito e politica che potere esecutivo! Ma questo avverrà fra moooolto molto tempo! Ciao ciao!

@ darllenwr: ecco, credo che riconoscerai il tuo zampino in una parte del racconto! Eheheh! In origine Dominique era semplicemente di origini inglesi, poi ho seguito il tuo brillante suggerimento sugli studenti dell'Ulster... spero non mi chiederai i diritti d'autore! E inoltre, avrai notato che Ailionora è contro qualsiasi sasanachfiul: tartassa di più Mairead semplicemente perché i loro padri si conoscono e quindi loro due sono entrare in contatto anche prima di frequentare il Trinity. Ailionora è semplicemente convinta del valore della purezza del sangue celtico e per il suo ideale è disposta a tutto. Anche il padre, d'altronde non è proprio uno stinco di santo. Di McPride... ormai sai quasi tutto! Ehheeh! A presto!


Grazie a tutti quelli che continuano a seguire questa storia.

Beatrix




EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. QUI il link del Trinity College tour (forse l'avevo già messo, ma va be'!), ovvero una serie di disegni su alcuni ambienti del Trinity.

Altra cosa: ho aggiunto la distinzione (presa da interviste della Row) tra Auror, ovvero cacciatori di maghi oscuri e Tiratori Scelti (bruttissima traduzione dall'inglese), ovvero quella che potremmo chiamare polizia magica.

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Capitolo 6
*** La setta degli Eletti ***


CAPITLO 6

La setta degli Eletti






La vita al Trinity riprese i ritmi di sempre. Ora che erano passati al secondo anno, i professori non si fecero riguardo nel caricarli di compiti sin dai primi giorni. Le lezioni di Trasfigurazione con Cumhacht non migliorarono dall'anno precedente: eseguire le istruzioni dell'insegnante era sempre tanto complicato che solo Edmund riusciva a portarle a termine.

Inoltre Mairead doveva passare la sera in compagnia di Ailionora a pulire i corridoi e le aule del terzo piano. La Diablaiocht non aveva alcuna intenzione di collaborare e, anzi, non si sforzava nemmeno di pulire, perché sosteneva che quello fosse un lavoro da elfi domestici.

«Senti, la O'Connel ci ha dato questa punizione. Vedi di metterti a lavorare!» protestò una sera Mairead, esasperata dalle arie da principessina che si dava Ailionora.

«Altrimenti che fai?» la canzonò, senza una minima traccia di preoccupazione.

«Altrimenti vado ad avvertirla» disse una voce roca alle sue spalle.

Ailionora si voltò disgustata verso Armandus, il custode del castello, un mago burbero che viveva in una capanna aldilà del ponte che collegava l'isola dove sorgeva il castello alla terraferma.

Armandus sorrise divertito, scoprendo una serie di denti giallognoli e cariati. «Non si sa mai, magari ti trova una punizione migliore: potresti venire con me a sgusciare le lumache carnivore» disse sogghignando.

Ailionora fece un gesto stizzito con la mano, ma da quel momento cominciò a lavorare sodo, forse per la paura di finire a sgusciare lumache con Armandus.

Verso l'inizio di ottobre, Lucius Connery, scelto dal professor Ballerinus come capitano della squadra di Quidditch dei Raloi, annunciò che presto ci sarebbero state le selezioni per il nuovo Battitore che avrebbe sostituito O'Shalley. Così la squadra si riunì al campo di Quidditch un piovoso sabato mattina. Lucius fece fare a tutti una prova di volo e qualche passaggio con la Pluffa, ma alla fine riconfermò tutti i vecchi giocatori: Beatrix Cercatrice, Leonard Portiere, Milo e Nicolaj Cacciatori di Ala e Mairead Cacciatrice di Punta.

Dopo aver valutato gli aspiranti Battitori, il capitano scelse Seamus O'Sharey, un ragazzone del quarto anno.

Poi fece riunire la squadra a terra e cominciò a spiegare i nuovi schemi tattici. La prima partita, che si sarebbe giocata a novembre, era tra i Raloi e i Llapac, per cui Lucius cominciò a sottoporre la squadra a tre allenamenti a settimana.

Tra gli allenamenti di Quidditch e la marea di compiti assegnati dai professori, Mairead non aveva un attimo di tempo libero. Edmund ogni tanto si offriva di aiutarla con i temi da svolgere per Cumhacht, ma quello che mancava davvero alla ragazzina erano i pomeriggi passati in riva al lago con i suoi amici.

Nel frattempo Laughlin si era affezionato al piccolo Dominique: aveva solo un anno meno di lui, ma era talmente basso che dimostrava molto meno della sua età. Aveva due grandi occhioni azzurri, la carnagione pallida e delle minuscole efelidi sul naso e sulle guance. Dopo il primo giorno non aveva più pianto, e anzi, aveva denunciato Ailionora alla professoressa O'Connel, direttrice della loro casa, cosicché la ragazza si era trovata nuovamente in punizione, questa volta proprio con Armandus.

La sera di Halloween i Lepricani avevano preparato un banchetto di leccornie, così tutti gli studenti si presentarono a cena puntuali. Cumahcht, probabilmente su ordine di Captatio stesso, vista la scarsa propensione del professore ai festeggiamenti, aveva stregato delle zucche di Halloween che ora fluttuavano per tutta la Sala Mor come dei buffi fantasmi.

Laughlin mangiò talmente abbondante che a fine pasto la divisa scolastica rossa gli tirava sul davanti.

Concluso il banchetto, Captatio si alzò da tavola per annunciare come ogni anno l'inizio della stagione di Quidditch e il calendario degli incontri. Infine congedò gli studenti augurando loro buona notte. Tutti i ragazzi si alzarono contemporaneamente, facendo stridere le panche di legno sul pavimento. Usciti dalla Sala Mor, cominciarono a disperdersi, ognuno verso la propria sala comune.

Ma improvvisamente un grido lacerò la tranquillità della serata. Era qualcuno che strillava e chiedeva aiuto, la voce di una ragazza.

«Che succede?»

La domanda rimbalzò di bocca in bocca, riflessa negli occhi sgranati e spaventati degli studenti.

E poi comparve. Una ragazzina Llapac correva disperata giù dalle scale, strillando con quanto fiato aveva in gola. C'era del fumo bianco che riempiva i corridoi del secondo piano dal quale era appena scappata la ragazzina. Per un attimo tutti pensarono che fosse scoppiato un incendio.

E poi una voce, terrificante e spaventosa.

«TREMATE! LA SETTA DEGLI ELETTI È QUI PER PURIFICARE IL SANGUE CELTA! TREMATE SASANACHFUIL


Il panico si sparse tra i presenti come una macchia d'olio.

«La setta degli Eletti?» sussurrò qualcuno.

«Tremate sasanachfuil...» bisbigliò Henry Alabacor, un Llapac paffutello del secondo anno.

«Silenzio!» ordinò la voce ferma di Captatio.

Una strana tranquillità scese sui presenti: il Preside aveva l'incredibile capacità di trasmettere sicurezza. La ragazzina, che era scappata dal secondo piano piangendo, si gettò tra le braccia del professor Captatio e cominciò a singhiozzare rumorosamente.

«I dictatores portino tutti gli studenti nelle rispettive sale comuni. Rian, Scoth e Elan, per favore seguitemi nel mio studio» ordinò il preside.

I tre dictatores cominciarono ad eseguire gli ordini con fare concitato, mentre i direttori delle case, i professori Ballerinus, Blath e O'Connel si affrettarono a seguire Captatio, che stringeva ancora a sé la ragazzina dei Llapac che piangeva sulla sua spalla.

Per quanto Nicolaj Connery tentasse di mantenere l'ordine, non poté evitare che i Raloi cominciassero a parlottare spaventati.

Cos'era successo? Chi era la setta degli Eletti? Che cosa voleva?

«Forza, ognuno nel proprio dormitorio!» ordinò Nicolaj. «Non voglio più sentire fiatare nessuno. Fra dieci minuti, spente tutte le luci».

Gli studenti obbedirono a malincuore.

Prima di sparire oltre la scaletta a chiocciola, Mairead vide con la coda dell'occhio il professor Ballerinus che entrava nella sala comune con una faccia da funerale. Lui e Nicolaj cominciarono a parlottare sommessamente. Mairead tese l'orecchio per cercare di capire cosa si stavano dicendo, ma poi una ragazza del quarto anno le intimò di continuare a salire per le scale perché stava creando un ingombro. Così Mairead fu costretta a proseguire.

Brion Brennan e Anneus Secula continuarono a discutere tutta la notte, nonostante Iulius avesse chiesto loro ripetutamente di abbassare la voce perché non riusciva a dormire.

Edmund non sapeva che pensare. Appena avesse avuto più informazioni, avrebbe fatto una ricerca in biblioteca, su quella famigerata setta.

«Siamo tutti in pericolo, te lo dico io!» continuava a ripetere Brion, anche se aveva già dichiarato di discendere da una famiglia purosangue irlandese.

«Ti stai fasciando la testa per niente. È stato solo uno stupido scherzo di Halloween» rispose Anneus in tono leggero.

Su quelle parole Edmund si addormentò.

La mattina dopo a scuola non si parlava d'altro. La ragazzina che aveva assistito alla scena era perennemente circondata di curiosi che volevano sapere cosa fosse successo.

«Stavo andando al dormitorio perché volevo andare a prendere una cosa per la mia amica Roxanne che avevo dimenticato» stava appunto raccontando per la milionesima volta, ferma in mezzo al corridoio. «Quando ad un certo punto...» la sua voce si incrinò per il terrore che evocava quel ricordo ancora così vivido nella sua memoria. «... sono emerse dal nulla, cinque figure incappucciate. C'era fumo dappertutto, e loro continuavano ad avanzare verso di me. Non... non sembravano umane. Io sono stata invasa dal terrore... è stato bruttissimo» concluse in tono di voce sommesso.

Mairead, Edmund e Laughlin si allontanarono pensierosi per dirigersi alla lezione di Cumhacht.

«Pensate che sia vero?» domandò Laughlin con tono serio.

Mairead scosse la testa senza sapere cosa dire.

«Devo fare delle ricerche in biblioteca» rispose invece Edmund, pensando che sapeva troppo poco sull'argomento per poter esprimere la propria opinione.

La lezione di Cumhacht quella mattina fu più terribile del solito: il professore pretendeva che i ragazzi trasfigurassero un coniglietto in un vaso di fiori e visto che nessuno riusciva a portare a termine quel compito difficilissimo, l'insegnante si arrabbiava sempre di più. Solo Edmund ottenne un vaso che non aveva zampe e code e delle rose profumate senza peli bianchi. Il disastro peggiore lo provocò Henry, che fece spuntare dei fiori dalle orecchie del suo coniglio. Il professore lo strapazzò così tanto, che a fine lezione Henry corse fuori dall'aula piangendo. Dedalus Consolatus, un suo amico, disse che Henry era preoccupato per quella storia della setta degli Eletti, visto che i suoi genitori erano entrambi inglesi.

Quando finalmente arrivò la pausa pranzo, Edmund decise che era ora di scoprire qualcosa di più su quella setta, quindi si mise in tasca un paio di panini e si ritirò in biblioteca.

Raggiunse i suoi amici davanti alla porta dell'aula di Pozioni, la prima lezione del pomeriggio, con la cartella piena di vecchi volumi polverosi.

«Dove diavolo ti eri cacciato?» domandò Laughlin, visto che l'amico era sparito per tutto il tempo del pranzo.

«Sono andato in biblioteca» rispose Edmund, accennando ai libri che traboccavano dalla sua tracolla.

Il professor Uisce, il druido che insegnava Pozioni, arrivò proprio in quel momento.

«Adesso vi spiego» sussurrò Edmund, mentre i ragazzi prendevano posto dietro ai calderoni. I tre amici scelsero l'ultima fila, per riuscire a parlare senza essere visti dal professore.

«Ho fatto delle ricerche sulla setta degli Eletti» spiegò Edmund rivolto ai suoi due compagni estraendo un pesante volume dalla cartella. Lo aprì dove aveva messo un segno con un pezzetto di carta, proprio mentre il professor Uisce spiegava alla classe le istruzioni per la pozione da eseguire. «Sembra che non sia mai esistito nulla del genere nella storia dell'Irlanda. Ho trovato qualche notizia su una certa setta del Gautrland, un gruppo di goblin riunitisi durante la guerra del 1623, e qualcosa sulla setta dei Progressisti del 1889, ma non hanno niente a che fare con la nostra setta degli Eletti» sussurrò Edmund, scorrendo con il dito le notizie che aveva trovato.

«Quindi?» si informò Mairead con la voce che tradiva la sua preoccupazione.

Edmund alzò gli occhi dal libro. «Quindi non so che pensare. Ci troviamo di fronte ad una setta senza precedenti, un fenomeno del tutto nuovo» rispose con un sospiro.

Laughlin tirò fuori dalla borsa il libro di testo di pozioni e lo posizionò sul banco a fianco del calderone. «Credete che sia vera? Voglio dire, che ci sia davvero un gruppo di pazzi che vuole eliminare tutti coloro che hanno origini inglesi?» domandò con un filo di voce.

Mairead si guardò in giro. «La ragazza che li ha visti, ha detto che non erano umani» sussurrò con la voce incrinata dall'ansia.

Edmund chiuse il libro della biblioteca con uno scatto secco. «Se ci lasciamo spaventare, facciamo il loro gioco! Sono sicuro che ci sia una spiegazione razionale dietro questa storia, e noi la troveremo!»



Ecco qui il nuovo capitolo: il mistero comincia a infittirsi! Spero che abbiate gradito la lettura.

Beatrix

@ quigon89: la punizione non è stata di per sé molto crudele (dopo tutto si erano solo lanciate qualche sciocco incantesimo sul treno, senza fare grandi danni), ma temo che far collaborare Mairead e Ailionora sia quanto di peggio la O'Connel potesse escogitare! Per quanto riguarda il nuovo membro del corpo insegnanti... be', mi serviva solo per rimpiazzare la Trust. Succederà ben di peggio quest'anno! Ma ovviamente non ti posso anticipare niente! E sì, Laughlin è un grande! Sempre molto modesto! Ehehe... per quel che riguarda il sondaggio, molto bene, abbiamo un Llapac! Allora conoscerai Dedalus Consolatus: è troppo simpatico come personaggio e come dirà Edmund “non è tanto a posto con la testa”!! ehehehh! A presto!

@ Salice: sì, anche a me piace molto Laughlin, è un purosangue a posto insomma. Quel minimo di orgoglio e ambizione che non guastano, ma alla fine ha un cuore tenero anche lui. Gli piace fare un po' il “mammo”! XD Ailionora è una tipina tosta che metterà a dura prova la resistenza dell'iperattiva Mairead. Quanto a Dominique... be', porterà a grandi sviluppi, ma non posso anticipare nulla! È un personaggio che mi piace molto e quindi, anche se è fuori dal trio, avrà grande spazio in tutti i racconti. Per il test: a metà tra Nagard e Lapac? Anche io sono lì in mezzo, ma alla fine prevale la sicurezza di sé sulla bontà; alla fine quello che ti caratterizza di una casa è ciò che prevale del tuo carattere, ma non toglie che ci siano tante sfumature. Esistono anche i Llapac coraggiosi come sarà Dedalus, ma l'altruismo resterà sempre la sua caratteristica più importante. Alla prossima!

@ darllenwr: sì, la peggiore penitenza per quelle due è sopportarsi a vicenda. Per quanto riguarda la collaborazione, siamo ben lontani da quell'utopia! È già tanto se riescono a convivere senza tentare di uccidersi a vicenda! Già, meno male che Dominique ha trovato Laughlin e, oserei dire, anche per Laughlin è un bene aver trovato Dominique. Ma tanto tu sai già tutta la storia, che è nata anche per merito tuo! (sempre infinito il mio ringraziamento!). Per Edmund, be' è tanto cambiato dall'anno scorso e tanto cambierà ancora, ma il Trinity resterà sempre e solo la sua prima vera casa, l'unico luogo dove non solo è accettato per quello che è, ma dove addirittura ciò che era motivo di scherno da parte dei suoi compagni babbani, lì è motivo di vanto e orgoglio (ammettiamolo, è il migliore del suo corso, forse persino di tutta la scuola!). È la sua rivincita, alla fine! Oh, bene un altro Llapac! Non immaginavo che questa casa riscuotesse così tanto successo! A presto!

Un grazie a tutti quelli che continuano a leggere e seguire con interesse questa storia!


EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! B.B.


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Capitolo 7
*** Terrore, schemi e pidocchi ***


CAPITOLO 7

Terrore, schemi e pidocchi






In realtà gli studenti del Trinity pensarono a tutto in quei giorni, tranne che a trovare una spiegazione logica al fenomeno: anzi, cominciarono a girare strane voce di creature maligne che avrebbero attaccato gli studenti di origini inglesi, e si sparse il terrore. I più scaltri sfruttarono la situazione per cercare di vendere agli studenti spauriti inutili amuleti che avrebbero dovuto proteggerli dai mostri. I professori tentarono di rassicurare gli alunni, dicendo loro che avevano tutto sotto controllo, ma il fatto che perfino gli insegnanti prendessero la cosa con serietà, non faceva altro che contribuire a spargere il terrore. Non migliorò la situazione quando, a circa una settimana dal primo incidente, un'altra Llapac del secondo anno che aveva un bisnonno inglese, Helwia Bowe, vide cinque figure incappucciate che le venivano incontro aleggiando tra un denso vapore bianco.

La setta degli Eletti aveva colpito ancora.

Gli studenti cominciarono a girare per il castello a gruppetti, lanciando occhiate sospettose dietro ogni angolo e ogni porta.

L'unico che sembrava reggere bene la tensione era Edmund.

«Siate ragionevoli» disse un giorno ai suoi amici, mentre si trovavano in una delle tante aule studio del castello. «Questa setta sarà anche spaventosa, ma è fondamentalmente innocua».

«Innocua?» gli fece eco Laughlin in tono allibito.

Edmund alzò le spalle. «Be', né Helwia, né l'altra ragazza si sono fatte niente» rispose con logica inattaccabile.

«Sì, solo perché sono riuscite a scappare prima che la setta riuscisse a fare qualcosa!» intervenne Mairead. Lei non era certo una ragazza che si faceva impressionare, ma non riusciva ad essere immune al clima di terrore che regnava a scuola, soprattutto considerando che aveva la mamma inglese.

Edmund posò la penna sul tavolo dove stavano svolgendo il tema di Trasfigurazione per il giorno successivo. Capitava raramente che Edmund si distraesse dal fare i compiti: doveva avere qualcosa di serio da dire. «Sentite, l'unica arma che la setta possiede sembra essere la paura, e vi assicuro che può essere una valida alleata. Non dobbiamo fare il loro gioco!»

«Facile per te, tua madre non era inglese!» protestò Mairead, forse un po' troppo ad alta voce, tanto che si beccò un ammonimento dal professor Ballerinus.

Edmund fissò per un attimo il suo foglio di pergamena, poi sussurrò: «Mairead, io non so nemmeno chi fosse mia madre».

La ragazzina si rigirò tra le mani la sua penna d'oca, a disagio. Alla fine, tornò a guardare Edmund dritto negli occhi e gli strinse la mano con una delicatezza. «Scusa, non volevo, è che sono un po' spaventata. Ma hai ragione, come sempre. Ti prometto che non ci lasceremo prendere dal panico».

Aveva parlato con sincerità, e l'intensità del suo sguardo era tale che Edmund si sentì messo a nudo. L'unica cosa che riuscì a fare fu un mezzo sorriso. Quando Mairead gli lasciò andare la mano, gli sembrò che bollisse. Doveva avere anche il volto in fiamme. “Ma che ti prende, idiota?” si domandò. Non era certo la prima volta che Mairead gli prendeva la mano, e certamente non sarebbe stata l'ultima. Non poteva certo reagire in quel modo tutte le volte!

Dopo l'incidente capitato a Helvia Bowe, un altro studente, un Raloi del primo anno, entrò di corsa nella sala comune una sera di metà novembre. Aveva gli occhi sgranati per lo spavento e il cuore che batteva a mille.

«La setta, la setta!» strillò in preda all'ansia.

Una ventata di terrore investì tutti gli studenti che erano in sala comune, come se il suono prodotto da quella parola avesse provocato un'onda che si espanse nella stanza, trascinando nel panico anche i cuori più impavidi.

Nicolaj Connery cercò di riportare l'ordine, senza gradi risultati. «Che cosa è successo?» domandò al ragazzino tremante.

«Io... io stavo semplicemente tornando qui dalla sala studio al secondo piano, quando... sono apparsi dal nulla, usciti dalla parete di fronte a me come fantasmi, cinque figure incappucciate, e... tutto quel fumo! Io sono corso via più veloce che potevo...» balbettò il povero sfortunato.

Nicolaj prese un lungo respiro. «Molto bene, vieni con me: andiamo dal professor Captatio. Voi intanto restate qui tranquilli. Guai a chi si azzarda ad uscire dalla sala comune» disse, mettendo una mano sulla spalla del ragazzino.

Nessuno si fece nemmeno sfiorare dall'idea di uscire, visto che la setta poteva ancora essere in agguato là fuori.

Il fatto che anche i Raloi, famosi per coraggio e intraprendenza, si fossero dimostrati spauriti davanti all'apparizione della setta degli Eletti, non fece altro che peggiorare il clima di terrore che regnava al castello. Ormai erano già avvenute tre apparizioni e non c'era anima viva che riuscisse a venire a capo della situazione, nemmeno i professori. Nessuno che non avesse il sangue puro e non discendesse da stirpi celtiche poteva definirsi al sicuro. Solo Edmund persisteva nella sua cocciuta convinzione che dietro quella faccenda ci fosse qualcosa di logico.

Un giorno si presentò davanti alla serra di Erbologia con il naso incollato ad un enorme foglio di pergamena, fitto di linee e simboli tracciati con sicurezza in inchiostro nero.

«Quello che è, Edmund?» gli domandò perplesso Laughlin.

Il ragazzino alzò gli occhi dal foglio leggermente spaesato, come se avesse percorso tutta la strada dalla biblioteca (dove ormai passava ogni suo minuto libero) alla serra leggendo quello che aveva scritto sulla pergamena. «Questo? Oh, è una mappa del castello» rispose, mostrando il foglio ai suoi amici.

Alcuni compagni si voltarono verso di loro incuriositi. «E questi segni rossi? Sembrano pidocchi salterini del Punchao» domandò incuriosito Dedalus Consolatus, indicando dei pallini sulla cartina.

Tutti si girarono a fissarlo.

«I pidocchi che?» chiese Laughlin alzando un sopracciglio dubbioso.

«I pidocchi salterini del Punchao» rispose quello con un sorriso gioviale, come se stesse parlando del tempo. «Sono creaturine interessanti che vivono in Perù. Vengono utilizzati dalla popolazione locale per curare la Gorgoleosi Sudamericana. Peccato siano molto difficili da catturare, altrimenti si potrebbe debellare per sempre una malattia che fa ancora tante vittime nei paesi del Sud America».

«E questa cosa come la sai?» chiese ancora Laughlin, sempre più certo che a Dedalus mancasse qualche rotella.

Il ragazzino estrasse una rivista dalla borsa che portava a tracolla. «L'ho letto in “Aneddoti magici dal mondo”» rispose, sventolando il giornale sotto il naso di Laughlin. «Ci sono un sacco di notizie curiose che gli altri quotidiani non pubblicano».

Laughlin afferrò la rivista e la scrutò con occhio critico. “In Congo scoperta la dodicesima proprietà magica della foglia di Leosella.” recitava un titolo; sotto, la foto di un vecchio sciamano sdentato che sventolava con soddisfazione una strana foglia oblunga. «Per forza queste notizie non vengono pubblicate» disse poi, restituendo il giornale a Dedalus. «Non interessano a nessuno le foglie del Congo o i pidocchi del Perù» aggiunse in tono da saputello. Dopotutto suo padre era il direttore del quotidiano più letto in Irlanda: doveva pur saperne qualcosa nel campo dell'editoria.

«Comunque, Burke, non ci hai ancora detto che sono quei puntini rossi» chiese Ailis O'Gara, una compagna di stanza di Mairead, indicando il foglio di pergamena.

«Sono i punti dove ci sono stati gli avvistamenti della setta degli Eletti» annunciò Edmund, provocando un brivido di terrore tra i suoi ascoltatori al solo pronunciare quel nome.

«E a che ti servono?» domandò Henry Alabacor, con un filo di voce.

Edmund assunse un'aria saggia. «Per scoprire lo schema che ci sta sotto. Per esempio, nessuno di voi aveva notato che le apparizioni sono avvenute tutte al secondo piano?» domandò, guardando i suoi compagni dritti in volto.

I ragazzi si scambiarono uno sguardo perplesso. Schemi? Apparizioni? Burke era fuori almeno quanto Consolatus.

Peig Kenneth, una Raloi che aveva entrambi i genitori Babbani, scosse la testa. «Tu hai visto troppi film polizieschi, Burke» liquidò la faccenda con tono di superiorità.

Edmund fece una smorfia e, visto che nessuno sembrava condividere le sue idee, ripiegò con cura il foglio di pergamena per farlo stare nella borsa.

«Che cos'è un film?» domandò Laughlin, che discendendo da una famiglia di maghi, non aveva la più pallida idea di cosa fossero quelle diavolerie Babbane.

«Te lo spiego io!» si propose con entusiasmo Dedalus.

Laughlin inorridì. «No, fa niente. Resterò nella mia ignoranza!»

Fu salvato dall'arrivo tempestivo della professoressa Blath, insegnante di Erbologia, che invitò i ragazzi ad entrare nella serra.

«Ti farebbe proprio bene un corso di Babbanologia!» sussurrò Mairead all'orecchio di Laughlin, mentre prendevano posto ognuno dietro una strana pianta che si agitava in modo sinistro.

L'amico le rispose con una linguaccia, ma forse l'idea non era poi così male: avrebbe fatto di tutto pur di evitare una conversazione con quello svitato di Consolatus.


Per fortuna ci fu qualcosa che riuscì a distrarre Mairead al punto da farle dimenticare per un po' la setta degli Eletti: la partita di Quidditch con i Llapac si stava avvicinando. Dopotutto quella era per lei solo la seconda volta, visto che l'anno scorso ne aveva saltata una perché era distesa in fin di vita su un letto dell'infermeria, e l'agitazione per il gioco era ancora forte.

La mattina della partita si svegliò molto presto, tanto che il cielo era ancora scuro e nebbioso. Dopo un paio di ore, siccome non riusciva a riprendere sonno, decise di alzarsi. La giornata si prospettava grigia e piovosa, ma nessun irlandese aveva problemi a giocare a Quidditch con la pioggia, anzi, tutti erano più che abituati, visto che l'isola era tristemente famosa per le sue abbondanti precipitazioni.

Mairead scese a fare colazione di buon mattino, ma molti studenti erano già in Sala Mor, forse per assistere alla prima partita del campionato scolastico.

Laughlin non rinunciò al suo rito mattutino, che comprendeva una serie di procedure infinite, dall'imburrare cinque fette di pane, a bere un bicchiere di succo di arancia e una tazza di latte con due cucchiai e mezzo di zucchero. Poi finalmente si avvicinò al tavolo dei Raloi, dove una tesissima Mairead fissava con aria straniata una fetta di bacon abbandonata nel suo piatto. «La mangi quella?» le chiese Laughlin, sedendosi al suo fianco.

Mairead scosse la testa.

Laughlin allora ingurgitò in un sol boccone la fetta di bacon lasciata indietro dalla ragazza. «Comunque sappi che faccio il tifo per te» disse all'amica, mettendole una mano sulla spalla.

Mairead aveva un nodo allo stomaco. Si voltò verso di lui e fece una specie di sorriso di ringraziamento.

«Che ci fa un Nagard al tavolo dei Raloi?» domandò una voce fredda alle loro spalle.

Mairead non aveva nemmeno bisogno di voltarsi per sapere a chi apparteneva: Oengus Cumhacht non perdeva mai un'occasione per rimproverarli. Quel richiamo specifico non poteva avere altro scopo che allontanare Laughlin e la sua azione consolatrice dalla agitatissima Mairead.

«Mi scusi, signore» farfugliò Laughlin alzandosi dal tavolo. «Ci vediamo in campo. Vedrai che andrai benissimo!» sussurrò invece all'orecchio dell'amica, prima di allontanarsi con una strizzata di occhio.

Mairead lo fissò mentre usciva dalla Sala Mor, sistemandosi il mantello marrone, accompagnato dal suo amico Dominique. Solo allora realizzò che mancava qualcuno: dove si era cacciato Edmund?

Era da ieri sera che non lo vedeva più: dopo cena lui si era ritirato in biblioteca, come ormai faceva da giorni, alla ricerca di notizie sulla setta degli Eletti, ma poi non lo aveva più visto. Che cieca che era stata! Tutta presa dalla sua stupita partita di Quidditch!

«Iulius!» chiamò la ragazzina.

Un compagno di stanza di Edmund si voltò verso di lei con un sorriso gentile. «Dimmi Mairead».

«Dov'è Edmund?» domandò con aria concitata. Che gli fosse successo qualcosa?

Iulius scosse la testa. «Non lo so. Ieri sera mi sono addormentato che non era ancora tornato in camera e stamattina non era nel suo letto quando mi sono svegliato» rispose il ragazzo con tono dispiaciuto.

«Non è tornato in camera?» gli fece eco Mairead, sempre più spaventata.

«Il suo letto non era disfatto questa mattina» si intromise Anneus Secula.

«Mi spiace, non so dove sia.» concluse Iulius, scuotendo la testa.

Mairead non li lasciò aggiungere altro. Si alzò dalla panca come se fosse stata attraversata da una scarica elettrica e corse fuori dalla Sala Mor. Non le importava di essere in ritardo, o di perdere l'inizio della partita di Quidditch: avrebbe cercato Edmund per tutto il castello, setacciandolo palmo a palmo se si fosse reso necessario. E se la setta gli avesse fatto qualcosa?

Per prima cosa si recò in biblioteca, l'ultimo posto dove in teoria il suo amico era stato. La grande sala, suddivisa in sezioni dagli scaffali stracolmi di libri, era vuota e silenziosa. Perfino il bibliotecario era andato ad assistere alla partita di Quidditch.

«Edmund!» chiamò Mairead, girovagando tra i corridoi, il mantello verde della divisa da Quidditch che svolazzava alle sue spalle. Le rispose solo l'eco della sua voce. «Edmund!» chiamò di nuovo.

E poi lo vide: un ragazzino moro con il capo chinato sulle braccia incrociate, appoggiate su un volume aperto.

Mairead si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

«Edmund» sussurrò con dolcezza, sedendosi al suo fianco e scuotendolo leggermente.

Il ragazzo alzò la testa dal tavolo: aveva gli occhi gonfi di sonno e delle righe rosse sul volto, dove le pieghe della sua giacca gli avevano impresso dei segni per la posizione in cui aveva dormito.

«Che?» farfugliò confuso.

«Ti sei addormentato in biblioteca, ieri sera?» chiese Mairead con un leggero tono di rimprovero. Quella fissazione nello scoprire cosa si celasse dietro la setta degli Eletti stava arrivando ai limiti dell'accettabile.

«Oh...» balbettò Edmund, guardandosi intorno spaesato. «Sì, temo di sì».

«Mi hai fatto spaventare, Ed. Credevo ti fosse successo qualcosa!» protestò Mairead fissandolo dritto negli occhi.

Il ragazzino aprì la bocca per rispondere qualcosa, poi notò che la sua amica indossava la divisa di Quidditch. «La tua partita!» esclamò, alzandosi improvvisamente dalla sedia. Proprio in quel momento, l'orologio della torre batté dieci colpi.

Mairead ridacchiò, anche se sapeva che Lucius l'avrebbe spennata viva, perché la partita stava per cominciare e lei aveva saltato tutta la parte degli schemi tattici. «Non avrei mai potuto giocare, se non ci fossi stato tu a fare il tifo per me!» rispose Mairead ridacchiando.

Edmund si sfregò gli occhi e trattenne uno sbadiglio, ma alla fine ricambiò il sorriso. «Ora andiamo, però» disse, mettendo in borsa il libro sul quale si era addormentato e altri volumi che aveva sparso sul tavolo. «Non vorrei essere ritenuto il responsabile, se i Raloi dovessero giocare con un Cacciatore in meno!»



Perdonate il mio terribile ritardo! Spero almeno che ne sia valsa la pena. Come ricompensa, il prossimo capitolo sarà dedicato alla partita Raloi-Llapac! Grazie a tutti quelli che mi seguono nella lettura,

a presto Beatrix

@quigon89: ebbene sì, la setta degli Eletti compare molto presto, ma i nostri tre amici riusciranno a capire cosa sta accadendo fra molto, molto tempo! Ovviamente l'intuizione arriverà da Edmund, ma ho deciso di giocare molto sulla suspance in questo racconto: vi terrò per bene sulle spine. Quanto a Cumhacht sarà sempre molto presente, rigido fino a diventare detestabile da tutti. Ma ho deciso di dare spazio anche ad altri professori, soprattutto Ballerinus, Saiminiu e Codail. Grazie mille del tuo commento, come sempre! Ciao ciao, Beatrix

@darllenwr: ti dirò che non ho mai apprezzato molto Catone (anzi, nessuno dei due Catoni!), e direi che il paragone con Ailionora è piuttosto azzeccato. Un po' di sano patriottismo ci sta, ma lei è davvero folle! Certo non aiuta il clima familiare dove è cresciuta, visto che il padre Scipio non è propriamente ben intenzionato verso i sasanachfuil. Per la tua stima verso Cumhacht, non so proprio che dire! Pensare che volevo renderlo un personaggio odioso, ma a quanto pare sta riscuotendo un enorme successo. Poverino, di per sé non è male a spiegare la sua materia, ma è davvero troppo rigido con gli studenti e soprattutto tartassa in continuazione Mairead. Però in fondo non è malvagio: stima moltissimo il professor Captatio e anche se patteggia per il sangue puro e per le tradizioni celtiche, non arriva agli eccessi dell'EIF. Sono comunque contenta che ti sia piaciuta la descrizione dell'apparizione della setta. Ho cercato di renderla il più spaventosa possibile attraverso frasi brevi e incisive. Quanto a Edmund, è sempre stato abituato a nutrire la sua sete di conoscenza (anche perché all'orfanotrofio, isolato com'era, non poteva fare altro), quindi per lui ogni cosa che accade ha una spiegazione. Rifiuta di lasciarsi guidare da sentimenti irrazionali. Lui vuole scoprire. Non si tratta solo di curiosità, per lui conoscere è una necessità e “la conoscenza è potere” (l'aveva detto in un passo della “Lancia di Lugh”). Ti ringrazio infinitamente per i tuoi complimenti. A presto, Beatrix



EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine di Ed addormentato in biblioteca... non è carinissimo? *-*


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Capitolo 8
*** Un ritardo quasi fatale ***


CAPITOLO 8

Un ritardo quasi fatale






«Si può sapere dove diavolo eri finita?» sbraitò Lucius, nella sua peggiore versione imbestialita che lo rendeva molto simile al vecchio capitano O'Shalley. Evidentemente il potere e le responsabilità corrompono anche l'animo dei più pacifici.

Mairead tentò di scusarsi con un mezzo sorrisetto.

Dagli spalti del campo, tutti gli spettatori fischiavano per il ritardo sull'inizio della partita.

«Mister Timberlen si è spazientito! Stava per farci incominciare anche senza di te!»

Mairead si sistemò gli occhiali da Quidditch e si preparò a cavalcioni della sua Nimbus 1700. «Pronta» esclamò con entusiasmo. L'ansia per la ricerca di Edmund l'aveva caricata di adrenalina e le aveva fatto dimenticare le preoccupazioni per la partita.

Anche gli altri giocatori si misero in posizione, pronti a sollevarsi in aria al fischio di Mister Timberlen.

Nicolaj si posizionò accanto a Mairead e le sussurrò gli schemi tattici che avevano deciso nel pre-partita. «Prima schema a coniglio, poi schema ad ala».

Mairead sorrise a disagio: si ricordava perfettamente lo schema a coniglio perché era uno di quelli che avevano provato anche l'anno scorso con O'Shalley (consisteva nel passare la Pluffa non al compagno più vicino ma a quello più lontano, effettuando così un “salto di uomo”, per disorientare gli avversari), ma non aveva la più pallida idea di quale fosse quello ad ala. Tuttavia non ebbe tempo di chiedere chiarimenti a Connery, perché Timberlen fischiò e i giocatori si sollevarono in aria, pronti a scattare al secondo segnale dell'arbitro.

Anche Timberlen salì a cavalcioni della sua scopa, con la Pluffa sottobraccio, mentre il professor Ballerinus, come suo solito, cominciava la telecronaca della partita presentando i giocatori delle due squadre. «Per i Raloi abbiamo il capitano Connery, il nuovo battitore O'Sharey, Connery, Connery, un altro Connery, Hook e Boenisolius».

Dalla curva verde dietro gli anelli dei Raloi si alzò un'unica ovazione per i propri giocatori.

«Per i Llapac, vi presento la capitana Allen, Judge, Tobin, Wildem, Moran, O'Connor e infine Yates».

I Llapac si sgolarono per la propria squadra.

«I capitani si stringano la mano» ordinò l'arbitro, e Connery si avvicinò con un sorriso smagliante a Cecelia Allen, che aveva il ruolo di portiere ed era considerata dal pubblico maschile all'unanimità la giocatrice più carina di tutte le squadre.

«Pronti a partire!» annunciò Ballerinus.

Non appena Timberlen fischiò, Mairead si gettò all'inseguimento della Pluffa, che l'arbitro aveva lanciato in alto, e riuscì ad afferrarla prima dell'altra punta, O'Connor.

«Presa di Boenisolius, Raloi in possesso di palla».

Mairead stava per lanciare la Pluffa a Milo, che era più lontano di Nicolaj, quando il fischio di un bolide la distrasse. Riuscì a scansarsi appena in tempo, ma le cadde la Pluffa, che venne velocemente recuperata dalla Moran.

«Moran, Wildem, ottimo passaggio a O'Connor, ancora Moran. La Cacciatrice sta risalendo verso i pali. Tira... e Connery para! Magnifica presa del portiere Raloi!» annunciò il professor Ballerinus.

Leonard soppesò il tiro per un attimo, permettendo ai Cacciatori di riposizionarsi, poi lanciò la Pluffa a Milo. Lucius scagliò un bolide contro Wildem, che continuava a zigzagare davanti a Milo per distogliere la sua attenzione dal tiro, con una tale potenza che per poco il Llapac non venne disarcionato dalla scopa.

«Sapiente passaggio a Boenisolius, che sfreccia verso i pali, ma la Pluffa viene intercettata da Moran... no! Ahi, quello fa male!»

Seamus, il nuovo battitore, aveva spedito un altro Bolide conto la Cacciatrice avversaria, colpendola in pieno stomaco.

La Pluffa cominciò a roteare verso il basso. Mairead intercettò la sua caduta prima di Wildem, risalì dalla picchiata che era stata costretta a fare per recuperare la palla, si appiattì sul suo manico di scopa per evitare un Bolide di Judge e infine tirò in uno dei tre anelli.

«Ehi, Allen è sbucata dal nulla! Parata spettacolare!»

Un boato salì dalla curva blu, dove i Llapac osannavano la loro grande capitana. Cecelia Allen era davvero una brava Portiera: per quanto i Cacciatori dei Raloi fossero più veloci e agili di quelli avversari, dopo mezz'ora di partita il risultato era ancora di zero a zero.

I problemi tattici di Mairead si fecero sentire quando, nuovamente in possesso di palla, Nicolaj le fece segno di passare allo schema ad ala. Mairead si trovò spaesata, quando vide i suoi due compagni che zigzagavano per il campo, andando a posizionarsi di volta in volta sull'ala destra e sinistra. Mairead esitò un secondo di troppo e un Bolide la colpì in pieno volto, comprimendole gli occhialetti da Quidditch contro l'occhio sinistro. Un dolore lancinante le fece perdere per un attimo ogni senso. La Pluffa le cadde di mano e venne immediatamente recuperata da Wildem. Tutti gli spettatori trattennero il fiato come un sol uomo: il Cacciatore era solo davanti al portiere.

«E Widem segna! Dieci a zero per i Llapac!»

La curva blu scoppiò in un boato d'esultanza.

«Tempo! Tempo!» chiese Lucius sbraitando e Timberlen concesse cinque minuti di pausa.

Tutti i Raloi si riunirono a terra. Lucius sembrava fuori di sé. «Si può sapere che avete? Non abbiamo mai giocato così male! Non abbiamo ancora segnato una volta!» rimproverò la squadra con furore.

«La Allen sa il fatto suo. Non ne lascia passare nemmeno una» si scusò Milo, in tono sommesso. «Sì, ma noi siamo meglio dei Llapac! Loro hanno solo un buon giocatore, noi ne abbiamo sette! E per la barba di Merlino, Mairead! Gli schemi tattici! Guai a te se ti presenterai ancora in ritardo prima di una partita!»

Come se non bastasse, cominciò anche a piovere. Nel giro di poco, grossi goccioloni d'acqua avevano infradiciato completamente i giocatori. Per fortuna gli occhialetti da Quidditch avevano un incantesimo che respingeva la pioggia, altrimenti giocare, soprattutto in una terra piovosa come l'Irlanda, sarebbe stato impossibile.

Mairead era quasi in lacrime, un po' per il dolore all'occhio, un po' per il pessimo modo in cui stava giocando, un po' per la strigliata di Lucius. Certo, il capitano aveva ragione, ma quando aveva scoperto che Edmund era sparito, la cosa migliore le era sembrata andare alla ricerca del suo amico, soprattutto visto quello che stava succedendo a scuola in quel periodo.

Timberlen fece segno a Connery che il tempo per la pausa era scaduto.

«Forza ragazzi, facciamo vedere quello che sappiamo fare!» li incitò il capitano.

I giocatori salirono nuovamente sulle scope e si sollevarono da terra.

«Mairead, tutto bene?» domandò premuroso Leonard.

La ragazzina si strinse nelle spalle.

«Prima hai preso un bel colpo, ero preoccupato quando ti ha colpito in faccia» continuò, avvicinandosi a lei e togliendole gli occhialetti, per controllare che stesse bene. Aveva uno scuro segno rosso intorno all'occhio sinistro, dove il Bolide l'aveva colpita, imprimendo lo stampo dell'occhiale sulla sua pelle.

«Ehi, voi due, muovetevi! Stiamo per ricominciare!» li richiamò Nicolaj.

Mairead si affrettò a seguire il suo compagno Cacciatore, allontanandosi il più possibile da quella situazione imbarazzante.

La partita rincominciò e l'emozione del gioco fece dimenticare alla ragazza ogni altra cosa.

Ad un certo punto Wildem fece un passaggio in avanti che Mister Timberlen fu costretto a fischiare: la prima mischia della partita.

Mairead si posizionò in fondo al campo tra Milo e Nicolaj, pronta a partire al segno dell'arbitro. Appena sentì il fischio si lanciò in volo seguita dalle ali, ma non spinse al massimo la sua corsa: aveva un'idea in mente. Nicolaj e Milo cercarono di accelerare, ma era lei che, in qualità di Punta, dettava la velocità alla formazione.

I tre Llapac erano visibilmente in vantaggio.

«Desistere!» ordinò Mairead ai suoi compagni, appena vide che O'Connor, la punta dei Llapac era ad un soffio dalla Pluffa.

La formazione si sciolse giusto in tempo da permettere alla ragazzina di schizzare in avanti, intromettersi tra i Cacciatori avversari, e intercettare il passaggio di O'Connor alla Moran.

«Boenisolius in possesso di palla si avvicina minacciosa al portiere!» esclamò Ballerinus. La sua voce era piena di eccitazione: forse avrebbero finalmente segnato!

Mairead tirò la Pluffa con decisione verso l'anello in basso a sinistra... e la Allen non riuscì a parare in tempo.

«Raloi segna! Dieci pari!»

«Yeah!» esultò Mairead, sollevando il pugno al cielo.

Dopo il primo goal della sua giovane Punta, la squadra dei Raloi si riprese dal torpore e segnò altri due punti, per un risultato di trenta a dieci, ma la partita si stava rivelando più sofferta del previsto.

Ad un certo punto Mairead notò che le due Cercatrici, Beatrix e la Yates, si erano lanciate in picchiata: evidentemente avevano avvistato il Boccino.

«Vai Beatrix!» strillò con quanto fiato aveva in gola per incitare la sua compagna.

La giovane Connery era in vantaggio, fra poco avrebbe preso il Boccino.

Tutto lo stadio trattenne il fiato come un sol uomo.

Poi un Bolide sbucò all'improvviso, tagliando la corsa delle due Cercatrici, che furono obbligate ad una brusca frenata. Judge, il battitore dei Llapac, aveva scagliato il Bolide davanti a Beatrix e in quella frazione di secondo il Boccino scomparve.

I Raloi gridarono la loro delusione, mentre i Llapac acclamavano la bravura del loro Battitore. Lucius allora colpì il Bolide con forza, per spedirlo addosso a Judge che, troppo preso dai complimenti della sua casa, non si accorse della palla e fu colpito in piena schiena. «Ben ti sta!» commentò Lucius soddisfatto, vedendo il risultato del suo lancio.

In seguito Nicolaj segnò un altro punto, ma subito dopo O'Connor accorciò le distanze, riportando il punteggio a un più equilibrato quaranta a venti per i Raloi.

Mairead e gli altri cercarono di rendere il gioco più veloce, aumentando il numero dei passaggi tra i Cacciatori e accorciando le distanze dei lanci, visto che i Llapac sembravano eccellere sui tiri lunghi, ma avevano difficoltà a muoversi velocemente. Dopo che la Allen fece un'altra parata spettacolare, la Pluffa tornò in possesso dei Llapac, allora Lucius e Seamus furono costretti ad intervenire con le loro mazze.

«Un bolide fa perdere il tiro a Wildem» commentò Ballerinus.

Milo recuperò la Pluffa e, dopo qualche scambio tra i compagni, si ritrovò da solo davanti al Portiere.

«Hook segna! Cinquanta a venti per i Raloi!» esclamò soddisfatto il professore, segnando i punti sul tabellone dorato alle sue spalle.

In seguito Leonard riuscì a parare un tiro un po' maldestro della Moran e i Cacciatori Raloi, risalirono il campo verso gli anelli avversari con velocità impressionante. Mairead, con la Pluffa sotto braccio, si acquattò sulla scopa per evitare un Bolide e fece un passaggio a Milo.

«Boenisolius, Hook, Connery, di nuovo Boenisolius.»

Lucius spedì un Bolide verso la Allen e Mairead approfittò dell'attimo di distrazione per tirare.

«Un altro goal per i Raloi! Sessanta a venti».

La curva verde dietro Leonard scoppiò in un boato d'esultanza. I Cacciatori della squadra stavano finalmente dimostrando il loro valore.

E poi tutti si voltarono di nuovo verso le due Cercatrici, che avevano cominciato un nuovo testa a testa.

Perfino Mairead riuscì a vederlo: un minuscolo scintillio dorato, poco lontano dai pali dei Llapac, sembrava quasi riflettersi negli enormi goccioloni di pioggia che cadevano dal cielo. Tutto lo stadio, persino gli altri giocatori, si fermarono a guardarle. Beatrix sembrava essere in vantaggio nella corsa: forse ce l'avrebbero fatta!

«Dai, dai, dai!» esclamò Mairead.

E poi Beatrix allungò la mano, distese le dita... e infine alzò il pugno al cielo: l'aveva preso, aveva preso il Boccino!

«Connery prende il Boccino d'Oro! I Raloi conquistano la vittoria con un punteggio di duecentodieci a venti!»

Li avevano stracciati!



Dopo un imperdonabile e indecoroso ritardo, finalmente sono riuscita a completare e pubblicare il nuovo capitolo. Spero che la partita vi sia piaciuta! Grazie della vostra infinita pazienza...

Beatrix

@quigon89: anche a me piace come Dedalus e Laughlin siano in continuo conflitto: dopo tutto Laugh è un purosangue, ambizioso e legato alla tradizione, Dedalus è un ragazzino un po' fuori dal comune, estroverso ed espansivo... non possono cento andare d'accordo! Le tue speculazioni mi interessano davvero. Ti posso solo dire che in un modo o nell'altro, Laughlin comincerà ad apprezzare anche l'espansività di Dedalus, ma questo solo fra parecchio tempo. Quanto alla setta degli Eletti, pazienta, si scoprirà tutto!

@Salice: ipotizza, ipotizza pure! È divertente sapere quello che vi passa per la testa quando leggete quello che scrivo! Ma sarà davvero così pericolosa questa setta? E chi c'è dietro? A tempo debito scoprirai tutto, ma dovrai seguire il percorso che faranno anche i protagonisti. Pian piano capiranno tutto... ma fino ad allora, non ti resta che ipotizzare!

@darllenwr: sì, la paura è il grande alleato della setta, e oserei dire, che alleato! Scatenare un terrore di massa può essere una grandissima arma per chiunque la sappia usare! Quanto a Laughlin, è troppo orgoglioso per ammettere di aver bisogno di un corso di babbanologia: preferisce restare nella sua ignoranza! Edmund è davvero impacciato e timido di natura in certe situazioni e sicuramente non gli giova essere cresciuto in un orfanotrofio, odiato e deriso da tutti, senza sapere nulla delle proprie origini. Per ora è ancora troppo “bambino” per rendersi davvero conto di che cosa significhi non avere un'identità, ma fra qualche anno si troverà a chiedersi chi è, da dove viene e chi erano i suoi genitori. Erano babbani o maghi? E perché l'hanno abbandonato? Domande non da poco, tanto più per un giovane mago molto talentoso. Quanto a Cumhacht, temo che lo possa apprezzare solo chi non è costretto a sopportarlo a lezione: un professore del genere è davvero terribile!

Grazie a tutti dei commenti, a presto

Beatrix




EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Mairead e Beatrix con la divisa di Quidditch.

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Capitolo 9
*** La paura più grande ***


CAPITOLO 9

La paura più grande






Era stata una partita sofferta, ma alla fine i Raloi avevano letteralmente stracciato i Llapac. Lucius si complimentò con la squadra, nonostante l'inizio zoppicante, e andò perfino a scusarsi con Mairead per la strigliata.

«No, avevi ragione: non arriverò più in ritardo, promesso!» lo rassicurò la ragazzina.

La sua euforia per la vittoria schiacciante le fece dimenticare per un po' le ansie legate alle apparizioni della setta, che tra l'altro non si era più fatta viva dopo il terzo incidente.

Le vacanze di Natale si stavano avvicinando e l'aria di festa che cominciava a regnare per i corridoi del castello, contribuì ad alleggerire la tensione tra gli studenti. Che fosse finalmente tornata la tranquillità anche al Trinity?

Una sera Mairead, Edmund e Laughlin si trattennero in giro fino a tardi perché la professoressa Blath, che insegnava Erbologia, chiese loro una mano per appendere il vischio davanti alle porte delle aule. I tre ragazzi si divertirono ad aiutare l'insegnante perché il vischio era stato incantato in modo da lasciar cadere bacche rosse quando qualcuno vi passava sotto, e quindi gli amici si sfidavano a chi riusciva ad evitare di essere colpito.

«Guardate, mi ha sporcato la giacca della divisa!» si lamentò Laughlin, osservando con disappunto la macchia lasciata da una bacca che lo aveva colpito.

«Si vede che non ti sai scansare abbastanza velocemente!» lo scherzò Mairead.

L'orologio della torre aveva già suonato le dieci e mezza, così i ragazzi stavano percorrendo un corridoio del secondo piano, per dirigersi ognuno verso il proprio dormitorio.

«Tre funghetti stan nel bosco...» cominciò a canticchiare Mairead.

«Si avvicina un tipo losco» completò la frase Laughlin.

I due amici si scambiarono uno sguardo complice, poi cominciarono a cantare a squarcia gola: «È un mago che ha fame, ha mangiato solo pane! La bacchetta gli han rubato, quando dormiva là nel prato!»

«Che roba...?» Edmund non riuscì nemmeno a completare la frase, tanto era allibito dalle note stonate che rimbombavano nei corridoi vuoti del castello.

Mairead e Laughlin smisero di cantare e scoppiarono a ridere, mentre il loro amico li squadrava con aria perplessa. «Eddai, Ed... è una stupida filastrocca per bambini. È...»

Ma Mairead non completò mai la frase. Un forte senso di terrore si impadronì di lei, come se all'improvviso avesse realizzato che stava per succedere qualcosa di terribile. Cominciò ad ansimare, in preda ad un attacco di panico. Il corridoio fu invaso da denso fumo bianco e il silenzio si fece irreale. Mairead, Edmund e Laughlin, immobilizzati dal terrore, fissavano impotenti cinque figure incappucciate, sfocate e tremule, che si avvicinavano a loro. Per un attimo sembrò che il tempo si fosse fermato, che sarebbero morti lì, incapaci di muoversi.

E poi Edmund urlò. «Via!»

I tre amici si riscossero e cominciarono a correre disperati alla cieca. Il terrore che fino a poco tempo prima li aveva paralizzati, gli mise le ali ai piedi. Via di lì, il più presto possibile.

La figura di un adulto si stagliò in fondo al corridoio che stavano percorrendo. Chiunque fosse, si aggrapparono alla sua apparizione come ad un'ancora di salvezza. Mairead, che era la più veloce dei tre, si gettò tra le braccia dello sconosciuto e cominciò a singhiozzare. L'uomo rimase impietrito.

«Boenisolius, che diavolo...»

La voce del professor Cumhacht la riportò violentemente alla realtà. Stava abbracciando un professore! Ed era Cumhacht, per di più! Si staccò d'impeto da lui e arrossì dalla punta dei capelli ai piedi.

In quel momento li raggiunsero anche Edmund e Laughlin. Erano ancora terrorizzati e tremanti, ma almeno sembrava che alla vista del professore avessero recuperato le facoltà intellettive di base.

«Che cosa sta succedendo?» domandò Cumhacht in tono tagliente.

Edmund si strinse la milza dolente e, con la voce rotta e il fiato corto, farfugliò: «Signore, la setta!»


La notizia di una nuova apparizione della setta degli Eletti si sparse a scuola con una velocità impressionante. Edmund sembrava aver perso tutto il suo razionale autocontrollo e almeno per un po' lasciò da parte vecchie cartine e schemi astrusi.

In compenso, Mairead evitò di incontrare lo sguardo del professor Cumhacht per l'intera settimana, perché bruciava ancora all'idea di essersi buttata piangente tra le sue braccia.

L'unica cosa che riusciva a distrarre per un po' i ragazzi del secondo anno erano le ore del professor Ballerinus che, per tenere la loro mente occupata, aveva organizzato una serie di lezioni pratiche.

Una mattina entrò in aula appoggiando sulla cattedra una scatola dall'aria sospetta. «Oggi affronteremo un Molliccio» annunciò il professore alla classe.

Un mormorio eccitato percorse gli alunni. «Chi sa dirmi cos'è un Molliccio?» chiese Ballerinus, dando qualche colpetto alla scatola che prese ad agitarsi.

Edmund non alzò nemmeno la mano. «È un mutaforma. Assume l'aspetto di ciò che ci fa più paura, nel tentativo di spaventarci» rispose con naturalezza, gli occhi fissi sulla scatola di cartone.

Il professor Ballerinus fece un segno di assenso con il capo. «Esattamente. Ora, l'incantesimo per combattere un molliccio è Riddikulus, ma ciò che davvero lo sconfigge sono le ristate» spiegò alla classe eccitata. «Tutti in piedi e mano alle bacchette!»

Lo strisciare di una ventina di sedie sul pavimento venne accompagnato da svolazzi di bacchette e da tonfi di libri che venivano maldestramente riposti nelle borse di scuola. Balleriuns fece un veloce gesto con la bacchetta e i tavoli si disposero in modo ordinato ai lati dell'aula.

I ragazzini si accalcarono e si spintonarono per ottenere una migliore visuale sulla cattedra.

«Retrocedete, tutti in fondo alla classe!» ordinò il professore indicando il luogo con il braccio.

I ragazzi si allontanarono a malincuore, ammassandosi in modo disordinato in fondo all'aula.

«Consolatus, vieni avanti, oggi sarai tu il mio assistente.» disse poi Balleriuns, facendo un cenno al Llapac. Dedalus si avvicinò saltellando alla cattedra, con un largo sorriso sul volto, come se qualcuno gli avesse offerto dei dolcetti. «Allora, Dedalus, qual è la cosa che ti fa più paura?» gli chiese il professore.

Il ragazzino ci pensò un po' su, poi esclamò: «I pagliacci!»

«I pagliacci?» gli fece eco Ballerinus con aria perplessa.

Dedalus annuì convinto. «Sì, i pagliacci. Mio papà è Babbano e una volta quando ero piccolo mi portò al circo... è stato terribile!» spiegò, rabbrividendo al solo ricordo.

Il professor Ballerinus si arrese di fronte al largo sorriso di Dedalus. «Bene, vada per i pagliacci. Ora Consolatus, pensa ad un modo per...» il professore si interruppe appena in tempo. Stava per dire “rendere ridicolo”, ma di per sé un clown dovrebbe già essere ridicolo! «Insomma, per rendere meno spaventoso il tuo pagliaccio».

Dedalus si concentrò un attimo, poi annuì con aria decisa.

Il professor Ballerinus non ebbe il coraggio di chiedere all'alunno cosa avesse pensato, perché temeva la risposta. Semplicemente si rivolse alla classe e spiegò il compito: «Voglio che ognuno pensi alla propria paura più grande e trovi il modo di renderla ridicola, perché quando farò uscire il Molliccio dalla scatola, per primo lo affronterà Consolatus, poi chiamerò alcuni di voi a fare la stessa cosa».

Nell'aula scese il silenzio più profondo, tutti i ragazzini concentrati sulle proprie paure.

La prima cosa che pensò Mairead fu “Io non ho paura di niente!”, ma poi un ricordo spaventoso le riempì la memoria. Denso fumo bianco, un silenzio innaturale e delle figure incappucciate che strisciavano verso di lei. Mairead rabbrividì. La setta degli Eletti.

Sì, quella era la sua paura più grande. Ma come avrebbe potuto renderla meno spaventosa?

Laughlin nel frattempo bisbigliava qualcosa a proposito di un cavaliere senza testa, la creatura mostruosa che popolava i suoi incubi fin da bambino, quando la madre lo ammoniva di comportarsi bene, altrimenti un Dullahan sarebbe venuto a prenderlo.

Ma quello più in crisi di tutti era Edmund. Una domanda gli ronzava nel cervello: “qual è la mia paura più grande?” e non sapeva come rispondervi. Ci pensò a lungo, ma non gli venne in mente nulla che lo terrorizzasse veramente. Sì, da piccolo aveva paura dei ragni, ma adesso gli era passata. Non conosceva creature mostruose che gli incutessero terrore, non aveva paura del buio, anzi, gli piaceva starsene nell'oscurità da solo a pensare. In che cosa si sarebbe trasformato il Molliccio, se l'avesse avuto davanti?

«Siete pronti?» domandò il professor Ballerinus.

Un coro di “sì” si levò dal fondo dell'aula.

No, Edmund non era pronto, ma non voleva essere l'unico a chiedere una proroga, visto che i suoi compagni sembravano aver già finito. D'altronde, se il professore l'avesse chiamato, non sarebbe stata la prima volta che si ritrovava ad affrontare situazioni critiche: se la sarebbe cavata, come sempre.

Ballerinus annuì soddisfatto. «Molto bene, allora proviamo la pronuncia corretta. Ripetete con me: Riddikulus

«Riddikulus» gli fecero eco i ragazzi.

«Perfetto. Ora, Dedalus, sei pronto?» chiese il professore, mentre tutti gli alunni estraevano le bacchette.

Dedalus annuì con convinzione. Chissà cosa aveva pensato per rendere ridicolo il suo pagliaccio!

Ballerinus si avvicinò alla scatola di cartone, diede un ultimo sguardo d'incoraggiamento al ragazzino, poi sollevò il coperchio. Un pagliaccio dall'aria minacciosa si eresse dalla misera scatola e avanzò verso Dedalus.

Per un momento parve che il ragazzino fosse rimasto pietrificato dalla paura (sempre che si possa aver paura di un pagliaccio) ma poi alzò la bacchetta con decisione ed esclamò: «Riddikulus!»

Il naso rosso del Molliccio-clown cominciò a gonfiarsi a dismisura, e quando raggiunse le dimensioni di una grossa Pluffa, esplose come una bolla di sapone.

La classe scoppiò in una risata fragorosa e il pagliaccio senza più naso si contorse su se stesso.

«Ottimo, Consolatus! Cinque punti ai Llapac.» esclamò soddisfatto il professor Ballerinus. «Balosky, tocca a te».

Un Nagard smilzo con i capelli biondissimi si fece avanti. Il Molliccio lo osservò per un attimo, poi con un suono sordo si trasformò in una creatura di fuoco. Qualcuno urlò: quell'essere sembrava un demone sputato fuori dall'inferno. Balosky strinse la bacchetta con maggiore forza, poi gridò l'incantesimo con foga. Un getto potente d'acqua investì il molliccio, le cui fiamme si spensero miseramente, lasciando la creatura nuda e rosea come un verme.

«Benisismo! Cinque punti anche ai Nagard. D'arcy, ora tu».

Una ragazzina dei Llapac si fece avanti con aria tremante. Il molliccio si trasformò in un enorme serpente a sonagli. Liadan D'Arcy soffocò un urlo. Sollevò la bacchetta con poca convinzione e sussurrò: «Riddikulus».

Forse l'incantesimo non funzionò a dovere, perché l'unica cosa che ottenne Liadan fu che la coda del serpente si trasformasse in un sonaglio per bebè. Certamente la cosa non lo rese molto meno spaventoso.

«Un po' più di convinzione, la prossima volta, D'Arcy. Boenisolius, ora a te» chiamò il professore.

Mairead si fece avanti con passo deciso. “Sono coraggiosa, sono coraggiosa!” si ripeté mentalmente, mentre il Molliccio-serpente la squadrava. Per un attimo la classe fu invasa da un denso fumo bianco, poi cinque figure incappucciate, tremule come fantasmi, cominciarono ad avanzare verso di lei.

«La setta degli Eletti...» sussurrò qualcuno alle sue spalle, con voce piena di apprensione.

Mairead alzò la bacchetta con decisione. Se solo si fosse dimostrata così sicura anche di fronte alla vera setta. «Riddikulus!» esclamò con foga. Dal nulla comparvero globi luminescenti che sparavano raggi di luce ovunque e la classe risuonò di pessima musica da discoteca anni ottanta. Gli esseri incappucciati si ritrovarono vestiti con tutine bianche piene di strass e paillettes.

Tutti scoppiarono a ridere, compreso Ballerinus, forse perché la visione aveva evocato qualche reminiscenza della sua gioventù. «Magnifico, Mairead, davvero magnifico. Cinque punti ai Raloi» disse battendo le mani divertito, mentre gli improbabili Molliccio-ballerini si agitavano per le risate. «Diablaiocht, tocca a te».

Ailionora si fece avanti e nel passare diede una spallata a Mairead. Le due si scambiarono un'occhiata di fuoco, mentre il Molliccio si trasformava in un vampiro sanguinolento. Ailionora non ci mise nemmeno troppa convinzione, come se affrontare un Molliccio fosse un compito indegno delle sue grandi qualità. «Riddikulus.» disse e il vampiro si ritrovò vestito con l'abito tradizionale irlandese. Leida O'Hara e Finan Best, i due compagni di Ailionora, sogghignarono, ma nel complesso la trasformazione non fece ridere nessuno.

«Bene Diablaiocht, non ti sei fatta spaventare» commentò il professore. «Wollace, a te».

Un'altra ragazzina dei Nagard si fece avanti, ma Mairead non prestò attenzione alla sua prestazione perché era stata rapita dalle parole di Ailionora. «Se quel vampiro fosse stato un purosangue irlandese, non avrei avuto paura di lui» stava dicendo ai suoi amici con un sorrisetto furbo stampato in faccia.

«Se fosse stato un purosangue irlandese, probabilmente sarebbe stato tuo alleato nella caccia ai sassanachfuil» ridacchiò Best.

«Idioti» sussurrò Mairead tra i denti, proprio mentre il professor Ballerinus esclamò: «Burke, è il tuo turno.»

Bene, il momento della verità” pensò tra sé Edmund, facendosi avanti. Il Molliccio lo squadrò per un attimo, poi con un suono sordo si trasformò in una figura incappucciata. Edmund rimase immobile, la bacchetta levata pronta a colpire. I suoi compagni credettero che fosse immobilizzato dal terrore, ma lui era solo curioso di capire in cosa si fosse trasformato il Molliccio.

«Edmund?» lo chiamò il professore in tono dubbioso.

La figura era alta più o meno quanto lui, il corpo sottile e longilineo, ma non si riuscivano ad intravedere i lineamenti del volto.

Avanti, levati il cappuccio!” pensò con foga Edmund.

E quella, come avesse sentito i suoi pensieri, si portò le mani alla testa e calò il copricapo.

Carnagione pallida, capelli neri pettinati di lato e due penetranti occhi azzurri.

I suoi occhi.

Solo che erano illuminati da una luce crudele e diabolica.

Edmund retrocedette spaventato. Il suo io malvagio avanzò verso di lui con la bacchetta levata, pronto a colpirlo. Il ragazzino inciampò e cadde all'indietro. Il ghigno del Molliccio-Edmund si fece ancora più minaccioso, la bacchetta davanti a sé. E poi...con una mossa improvvisa, la sollevò in aria e con la sua stessa voce gridò: «MORSMORDRE

«Riddikulus!» esclamò Ballerinus, nel medesimo istante in cui il Molliccio aveva gridato il suo incantesimo, ricacciandolo così nella scatola.

Un silenzio opprimente scese sulla classe.

Edmund era ancora a terra, ansimante, incapace di spiegare quello che era successo. Perché il Molliccio si era trasformato nella sua versione malvagia? E che incantesimo era quello che il Molliccio-Edmund aveva cercato di scagliare in aria, prima che Ballerinus lo respingesse nuovamente nella scatola?

«Bene la lezione è finita» annunciò il professore con un sorriso tirato.

Edmund si alzò da terra lentamente, ancora scosso.

Ballerinus gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla con aria incoraggiante. «Non temere Edmund, non sei il primo che non riesce ad affrontare un Molliccio» gli disse, nel tentativo di rincuorarlo. Ma la vera preoccupazione di Edmund non era il suo fallimento, bensì scoprire perché la creatura si fosse trasformata in un se stesso malvagio.

La lezione aveva instillato nei ragazzi ancora eccitati il bisogno di confrontarsi, così mentre si dirigevano all'aula di Storia della Magia, cominciarono a chiacchierare.

«Avete visto il mio pagliaccio?» domandò soddisfatto Dedalus.

«Accidenti, sì! Ma il tuo, Sergey, che cosa era?» domandò Henry Alabacor.

«Era un Svarožič, uno spirito del fuoco. In Russia sono molto temuti» spiegò Balosky in tono risoluto, sfidando chiunque a parlar male delle sue radici.

Ma la vera domanda che tutti si ponevano e che nessuno aveva il coraggio di fare ad alta voce era perché Burke avesse paura di se stesso.



Ecco qui, la mia rilettura del magnifico capitolo “Un molliccio nell'armadio”! Spero che abbiate gradito!

ps. scusate la brevità dei commenti, ma sono un po' influenzata... spero che apprezziate lo stoicismo nel voler comunque pubblicare il capitolo! (Ve lo meritate, dopo che vi ho fatto attendere così a lungo!)

@quigon89: non proprio un regalo di Pasqua, ma questa volta ho cercato di essere il più veloce possibile! Sono davvero contenta che ti sia piaciuta la partita di quidditch! Alla prossima!

@darllenwr: sapevo che ti sarebbe piaciuta la Allen: dopo tutto mi sono detta che anche i Llapac meritavano un minimo di gloria e credo che la capitana portiere fosse il giusto idolo per una squadra che diciamocelo, non brilla di luce propria! Purtroppo però i momenti di distensione sono finiti e anzi, si prospetta un gran brutto periodo per il Trinity. A presto!

Beatrix





EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Edmund e il suo Molliccio.

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Capitolo 10
*** Et cum spiritu tuo ***


CAPITOLO 10

Et cum spiritu tuo






Con l'avvicinarsi delle vacanze di Natale, Edmund divenne sempre più taciturno. Prima di tutto, si sarebbe ritrovato nuovamente solo, visto che i suoi amici sarebbero tornati a casa dalle rispettive famiglie, e in secondo luogo aveva mille pensieri che gli ronzavano in testa.

L'incidente con il Molliccio l'aveva incupito, perché non riusciva a spiegarsi quella assurda trasformazione. Cosa voleva dire che aveva paura di se stesso?

Inoltre aveva rincominciato a spremersi le meningi sulla questione della setta degli Eletti. Gli dava sui nervi il fatto di essere scappato davanti al pericolo, di essersi arreso al terrore, di aver fatto il gioco del nemico, proprio lui che aveva osannato il valore della razionalità davanti alla paurosa superstizione dei suoi compagni. Riportando alla mente quell'episodio, non riusciva proprio a capacitarsi di come il terrore lo avesse inchiodato in mezzo al corridoio. E poi ricordò che la sensazione di paura l'aveva invaso ancora prima di vedere la setta, come se qualcosa lo avesse indotto a pensare che doveva spaventarsi ad ogni costo. Tutto ciò era assurdo.

Riprese in mano i suoi vecchi schemi e cominciò a meditare di appostarsi di sera in qualche corridoio del famigerato secondo piano per sperare di rincontrare la setta. Voleva vederci chiaro in quella situazione.

Per fortuna arrivò Laughlin, l'ultimo giorno prima delle vacanze, a distrarlo dai suoi pensieri. «Sai, non torno a casa per Natale» gli annunciò, durante la lezione di Erbologia.

Edmund stritolò con troppa forza la foglia di bicoccus che aveva in mano, tanto che la linfa verdognola schizzò da tutte le parti. «Ah, no?» gli fece eco, fingendo disinteresse. «E come mai?»

Laughlin si strinse nelle spalle. «I miei vanno a trovare una vecchia zia fissata con la storia dei purosangue, e poi non ho affatto voglia di vedere Bearach» rispose, con naturalezza.

Tuttavia Edmund era certo che l'amico avesse deciso all'ultimo di rimanere al Trinity per fargli compagnia. Non ebbe però il coraggio di ringraziarlo a dovere perché si sentiva leggermente in imbarazzo. Si accontentò di fargli un mezzo sorriso.

Fu così che, il giorno successivo, Mairead salutò i suoi amici con affetto e si preparò a tornare a casa da suo padre, che, tanto per cambiare, arrivò in ritardo alla stazione. Mairead aveva ormai fatto l'abitudine alla sua disordinata distrazione, per cui non se ne preoccupava più. Stranamente lei e suo padre non passarono il Natale vivendo una di quelle pazze avventure da archeologo squilibrato in cui la trascinava sempre Reammon, ma anzi, andarono a fare visita ai suoi nonni paterni, due anziani maghi che vivevano in un cottage in mezzo alla campagna. Fu il Natale più tranquillo di tutta la sua vita. E forse fu meglio così, visto quello che aveva passato al Trinity.

Nel frattempo Edmund e Laughlin avevano il castello a loro completa disposizione, perché molti studenti avevano approfittato delle vacanze per allontanarsi dal senso di opprimente terrore che regnava a scuola a causa della setta.

Al pranzo di Natale, Edmund ottenne perfino di sedersi al tavolo dei Nagard, vicino a Laughlin e Dominique, come intese dall'occhiata benevola del preside Captatio: praticamente gli studenti rimasti erano talmente pochi che si poteva anche concedere loro un minimo di libertà in più. Cumhacht distorse il naso quando li vide, ma non poté andare contro un'autorizzazione diretta del Preside. Il banchetto preparato dai Lepricani fu particolarmente piacevole e Laughlin, come suo solito, mangiò fino a scoppiare.

Il giorno successivo, lui e Edmund si ritrovarono in una delle aule studio per fare una partita a scacchi. Quando Laughlin arrivò, vide che il tavolo occupato dal suo amico era stato praticamente invaso da pergamene, carte e vecchi libri polverosi.

«Non starai facendo i compiti, vero?» gli chiese perplesso, sedendosi difronte a lui.

Edmund scosse la testa. «No, sto cercando di capirci qualcosa nell'apparizione della setta».

«Ancora con questa storia?» si lamentò Laughlin, chiudendo i vari volumi che l'amico aveva lasciati aperti sul tavolo.

Edmund, di rimando, lo punse con la sua penna d'oca, sporcandogli di inchiostro il dorso della mano.

«Ahi!» strillò Laughlin, immusonito.

«Devo capire quello che è successo, Laugh!» protestò Edmund. «Voglio dire... la loro apparizione: non parevano esseri umani!»

«Sembravano fantasmi» buttò lì Laughlin, scuotendo le spalle e massaggiandosi la mano che era stata punta.

Edmund lo fissò sollevando un sopracciglio. «Laugh, non esistono i fantasmi» gli disse in tono piatto.

Questa volta toccò al Nagard fissare l'amico con aria allibita. «Stai scherzando, vero? Certo che esistono!»

«Sono cose da film dell'orrore per Babbani troppo impressionabili» rispose Edmund, scuotendo la testa.

Laughlin non sapeva come convincere l'amico che stava delirando. «Ed, i fantasmi e-s-i-s-t-o-n-o. Non c'entrano i Babbani. È roba magica, esistono davvero» gli disse, come se stesse spiegando ad un bambino i primi rudimenti magici.

Edmund si morse un labbro pensieroso: non aveva mai incontrato nelle sue letture la possibilità che esistessero i fantasmi, ma dopo tutto Laughlin veniva da una famiglia Purosangue, doveva necessariamente conoscere più cose del mondo magico. «Davvero esistono?» domandò in tono dubbioso.

Laughlin fece un cenno di assenso con il capo, soddisfatto di aver finalmente convinto l'amico.

«Quindi i componenti della setta potrebbero essere fantasmi?» indagò Edmund.

«Non lo so... è un'ipotesi. Solo che non ne ho mai visti in giro qui al Trinity» rispose Laughlin scuotendo la testa. Certo, anche a lui sarebbe piaciuto vedere chiaro in quella situazione, ma visto l'eccessivo entusiasmo di Edmund, stava rimpiangendo di aver detto la frase sui fantasmi.

«Vado a cercare in biblioteca!» sentenziò infatti Edmund, soddisfatto di aver trovato una nuova prospettiva per analizzare tutta la faccenda.

«Aspetta Ed!» lo richiamò Laughlin: aveva un sorriso complice sulle labbra. «C'è un modo più veloce. Io so a chi possiamo chiedere».

Non aveva voglia di vedere il suo amico defilarsela per l'ennesima volta in biblioteca. Non il giorno di Santo Stefano, almeno.

Edmund ricambiò il sorriso. «Fantastico, andiamo!»


La prima cosa che lo colpì fu l'intenso odore di cera, misto a quello di incenso di scarsa qualità. Edmund non aveva mai visitato tante chiese, ma quella gli ricordava proprio una cripta medioevale dove si consumavano riti antichi, come quelle che si citavano nei libri di storia per Babbani. Niente a che fare con le imponenti abbazie di Dublino, né con le chiesette di campagna che sorgevano tra i prati e i pascoli. Quella era una cappellina sotterranea, con due ordini di colonne longilinee che la dividevano in tre navate, intrisa di puzzo di candele e incenso, risonante di vecchie canzoni liturgiche in latino. Alcuni banchi malridotti, occupati da ben pochi fedeli, riempivano la piccola navate centrale. Il sacerdote dava le spalle all'assemblea, recitando la messa rivolto verso l'altare di pietra che stava sul fondo.

«Come sapevi di questa cosa?» sussurrò Edmund a Laughlin, mentre prendevano posto in uno degli ultimi banchi. Da quasi un anno e mezzo che frequentava il Trinity, Edmund non aveva mai saputo dell'esistenza di quella cripta, né tanto meno della presenza di un sacerdote a scuola che celebrasse le messe.

«Non ne sapevo niente, finché Dominique non me ne ha parlato» rispose Laughlin, indicando con il capo un ragazzetto moro seduto poco più avanti. «Viene a messa tutte le domeniche, impressionante» commentò poco dopo.

Proprio in quel momento, tutta l'assemblea si alzò in piedi e i due amici fecero lo stesso macchinalmente.

«Dominus vobiscum» recitò il sacerdote, e i fedeli risposero: «Et cum spiritu tuo».

A quello scambio di battute, l'uomo si era girato verso l'assemblea. Edmund poté finalmente vederlo in volto: aveva i capelli scuri e portava un paio di occhiali, ma in generale pareva essere molto giovane.

«Oremus».

«Non gli darei più di trentacinque anni» sussurrò Edmund all'orecchio di Laughlin, mentre il sacerdote recitava la preghiera finale.

Laughlin scosse la testa. «Oh, no, ne ha anche meno. Si chiama padre Rafael, se non sbaglio».

«...per omnia secula seculorum».

«Amen».

«Dominus vobiscum» disse padre Rafael, allargando le braccia.

«Et cum spiritu tuo».

«Sei sicuro che sappia quello che ci interessa? Mi sembra troppo giovane» continuò Edmund, rivolto all'amico.

Laughlin si strinse nelle spalle. «Non lo so... Dominique dice che è molto bravo».

«Speriamo bene» concluse Edmund con un sospiro.

«Benedicat vos Onnipotens Deus: Pater, Filius et Spiritus Sanctus» terminò il sacerdote, dando la benedizione all'assemblea.

«Amen»

«Amen» ripeté anche Laughlin, leggermente in ritardo rispetto al resto del coro.

«Ite, missa est».

«Deo gratias».

Il prete si ritirò nella piccola sacrestia a cui si accedeva tramite una porticina dietro l'altare, mentre i fedeli cominciarono lentamente ad abbandonare la cappella. Edmund e Laughlin si risedettero e si misero ad aspettare.

«Laughlin!» chiamò Dominique, in tono di voce sorpreso e felice allo stesso tempo. «Sei venuto a messa!»

Laughlin si voltò verso Edmund con un espressione che pareva dispiaciuta, poi tornò a guardare il piccolo Dominique. «Ehm... veramente no» sussurrò.

Il sorriso di Dominique si spense. «Oh» commentò, senza sapere bene cosa dire.

«Dobbiamo parlare con padre Rafael» spiegò Edmund, in tono pratico. «Puoi presentarcelo?»

Il volto di Dominique tornò ad illuminarsi. Certo, gli sarebbe piaciuto che Laughlin fosse stato lì per ascoltare la messa, visto che non solo era un suo amico, ma era anche uno dei pochi che non lo prendeva in giro per la sua fede. Anzi, l'unico. Comunque, era contento che fosse almeno venuto a parlare con padre Rafael: a suo parere, era il migliore professore della scuola (a partire dal quinto anno insegnava Filosofia della Magia, come materia opzionale), ma nessuno lo prendeva davvero in considerazione, sia perché era un sacerdote, sia perché era molto giovane.

«Sicuro, venite con me» disse ai due ragazzi, che si alzarono dal banco e lo seguirono in sacrestia.

«Padre Rafael?» domandò con cautela Dominique.

L'uomo si voltò. Visto da così vicino, pareva perfino più giovane. Edmund notò anche che aveva gli occhi azzurri, di un azzurro celeste, limpido e luminoso.

«Dominique» esclamò il prete, in tono gioviale e con un sorriso sincero.

«Padre, questi sono dei miei amici: vorrebbero parlarle» spiegò il ragazzino, indicando i due alle sue spalle.

Il prete si rivolse ai ragazzi con sguardo interrogativo, ma pareva essere mosso da sincero interesse.

Dominique uscì dalla sacrestia e fece un cenno a Laughlin, per dirgli che si sarebbero visti in sala comune.

Non appena il ragazzino se ne fu andato, padre Rafael commentò pensieroso, forse più rivolto a se stesso che ai due amici: «Un Nagard e un Raloi».

Laughlin e Edmund si scambiarono uno sguardo perplesso.

«Come, scusi?» domandò Laughlin, non del tutto sicuro che la frase del prete volesse dire qualcosa.

Padre Rafael tornò sorridente. «No, nulla... mi è solo tornata in mente una cosa di quando ero giovane. C'erano due ragazzi, come voi, un Nagard e un Raloi, che erano molto amici... all'epoca era una cosa alquanto strana! Voi mi avete fatto ricordare alcuni episodi che credevo di aver dimenticato» spiegò l'uomo, ma quelle informazioni non dissero nulla ai due ragazzi.

Chissà quali avventure aveva vissuto il giovane prete negli anni in cui aveva frequentato il Trinity, per ritrovarsi a vagare nei suoi ricordi più profondi alla sola vista di qualcosa che potesse riportarglieli alla mente.

«Ma lasciamo stare! Di che mi volevate parlare?» chiese l'uomo, di nuovo sorridente e disponibile.

Fu Edmund a prendere l'iniziativa; si schiarì la voce e disse: «Vorremmo sapere qualcosa sui fantasmi».

«Sui fantasmi?» gli fece eco padre Rafael.

«Sì» intervenne Laughlin. «Perché non se ne vedono qui al Trinity?»

Il prete annuì, per far capire che aveva inteso il problema. «Credo che sappiate che la scuola è stata fondata nel 1317 da un uomo di Chiesa, padre Patrick di Wexford» cominciò poi a spiegare il professore.

Edmund rispose un debole sì, anche se la domanda di padre Rafael era retorica.

«Bene, padre Partick impose certe protezioni al castello, contro intrusi, Babbani e magia oscura. Tuttavia, dovete sapere che i fantasmi non sono ben visti dal Cristianesimo, perché si tratta di persone che hanno rifiutato di andare verso il loro destino, nell'incontro con il Padre dopo la morte, per scegliere di continuare la propria esistenza terrena, seppure in una pallida imitazione di vita. Per questo, tra i vari incantesimi di protezione, padre Partick decise anche di tenere i fantasmi lontani dal castello. Credeva che non fossero un buon esempio di fede per i ragazzi» spiegò il prete.

Edmund scosse la testa, contrariato: quello significava che la setta degli Eletti non era composta da fantasmi.

«In nessun caso possono entrare al Trinity?» chiese Laughlin, che non era disposto ad arrendersi così facilmente.

Padre Rafael rifletté un attimo, poi rispose: «Un modo ci sarebbe...»

Gli occhi di Edmund si illuminarono di una nuova luce e i due ragazzi si fecero più attenti.

«Quale?» sussurrò Laughlin, in preda all'eccitazione.

«Che il corpo del fantasma sia stato seppellito nel territorio del castello».


«Tu credi che sia possibile?» domandò Laughlin, appena furono usciti dalla cappellina sotterranea.

Edmund era pieno di pensieri, perché stava rielaborando tutte le informazioni che padre Rafael aveva dato loro. Alla fine, concluse: «Sì, credo di sì».

Laughlin annuì soddisfatto.

«Voglio dire...» riprese Edmund. «Il castello è stato fondato da un frate animato da troppo entusiasmo per l'educazione e per la sua fede, ma ciò non toglie la possibilità che qui ci siano seppelliti dei corpi».

Per tutto il resto delle vacanze, Edmund rifletté sul modo in cui verificare se le cinque figure incappucciate fossero o meno dei fantasmi. Pensò che il modo migliore fosse ancora cercarlo su qualche libro, ma nuovamente i suoi tentativi si rivelarono infruttuosi. Poi gli venne in mente che, se il castello era stato fondato da un frate, era possibile che in origine ospitasse anche un convento: visto che nel mondo Babbano i frati medioevali erano soliti seppellire i confratelli in un cimitero adiacente al monastero, c'era l'eventualità che anche nel mondo magico avvenisse qualcosa di simile. Magari la setta era formata da fantasmi di frati morti secoli addietro che, mossi da spirito nazionalistico, volevano eliminare tutti gli studenti di origini inglesi. Quello che non capiva, tuttavia, era perché la setta si fosse mossa solo ora.

Che fine avevano fatto questi frati fantasmi in tutti gli anni precedenti?

Nel frattempo, ai primi di gennaio, l'attenzione di tutto il mondo magico fu rapita da un altro evento molto importante: le nuove elezioni del Presidente della Repubblica Magica. McPride, candidato uscente, si era riproposto con il sostegno del Pairti an Tridisiun (Partito della Tradizione), mentre il suo avversario era un certo Rodanus Mowe, sostenuto dal Pairti an Daonlathas (Partito della Democrazia).

Con grande dispiacere di Edmund, che non riusciva a farsi piacere McPride, fu proprio quest'ultimo a vincere le elezioni, con un grande margine di maggioranza.

Con quella spiacevole novità, si conclusero le vacanze natalizie.




E infine eccomi qui, con il nuovo capitolo! Perdonate l'attesa infinita, ma ho avuto un sacco da fare in questo periodo; comunque, per rassicurarvi, voglio confermare a tutti che non ho alcuna intenzione di mollare la mia storia, né di lasciare i poveri Mairead, Laughlin e Edmund nei casini!

Inoltre, vorrei rendervi partecipi di due progetti di “corollari”, per così dire, alla saga del Trinity: il primo riguarda le avventure del giovane Reammon Boenisolius al Trinity, storia che, per la gioia di molti, vedrà comparire molti personaggi noti, quali Oengus Cumhacht, sua sorella Daireen, Mr e Miss Maleficium e tanti altri; il secondo corollario riguarderà invece la mamma di Mairead, Mary Weasley, e la sua frequentazione ad Hogwarts al tempo di Narcissa Malfoy, con la comparizione ovviamente di molti personaggi della saga canon della Rowling. Tuttavia questi due corollari saranno pubblicati sono in seguito al terzo racconto della saga, “La sorella perduta”, perché contengono avvenimenti e personaggi nuovi che saranno noti solo a partire da quel terzo racconto. Non vorrei mai rovinarvi la sorpresa!

Veniamo ora ai ringraziamenti personali:

@ Julia Weasley: sono molto contenta che tu ti sia appassionata alle avventure dei giovani maghi irlandesi! Io ho sempre avuto un debole per l'Irlanda e le sue tradizioni, quindi la mia scelta è stata molto influenzata dalle mie idee. Sì, in effetti avevo seguito anche io la storia “Il mistero del quadro”, trovandola davvero piacevole. Dici che Edmund assomiglia a Tom Riddle? Davvero? Be', potrebbe essere qualcosa che ha a che fare con il suo passato...Un giorno si scoprirà! Quanto all'amicizia tra case diverse, sono davvero stufa che uno debba essere amico solo di qualcuno della propria casa: voglio allargare gli orizzonti! Quanto alla Trust, non sono affatto offesa, anzi! Ho cercato apposta di disseminare qualche indizio lungo il racconto, perché il colpevole deve essere inaspettato, ma non illogico. Venendo alla setta degli Eletti, sono contenta che ti sia piaciuto anche l'inizio di questo secondo racconto. Eoin Malefiucium è uno dei miei personaggi preferiti, per la sua integrità morale che non sfocia comunque in un'intransigenza anche a livello affettivo (vuole davvero bene alla sua famiglia!). Credo comunque che tu sia una lettrice molto attenta, perché riesci a cogliere tutti gli aspetti: sì, Edmund prova qualcosa per Mairead, ma non sa bene ancora che cosa sia, e non lo capirà se non fra qualche anno. Quanto alla setta, sorry, ma non voglio anticipare nulla! Lo scoprirete leggendo! Anche a me piace molto la figura di Edmund ed è un piacere scrivere di lui: ha davvero paura di un suo “lato oscuro”, di una sua tendenza verso la magia nera. L'incantesimo del marchio nero, evoca quello, non la croce celtica (per quella c'è un incantesimo apposta). Non ho scelto a caso il grido del molliccio-edmund, ma il suo vero significato si svelerà molto più avanti. Infine, spero di riuscire a mantenere vivo il tuo interesse per questa saga! Alla prossima! (ps. Sono anche nel forum del quartier generale dei mangiamorte, ma non credo di doverti rivelare il mio nickname!)

@ Meissa_S: grazie mille del tuo voto! Mi ha fatto davvero molto piacere! Spero che continuerai a seguire le mie storie!

@ quigon89: sì, in effetti i Mollicci sono argomento da terzo anno, ma visto che al Tinity gli anni di studio sono 6 e non 7 come in Inghilterra, e visto che la scuola comincia un anno dopo (quindi qui i ragazzi ne hanno 13, come se fossero al terzo anno di Hogwarst), ho deciso di anticiparli qui. Eh, come mai la setta non ha ancora dato un colpo definitivo? Mi spiace, ma la risposta alle tue domande la avrai solo più avanti! La tua passione per Cumhacht è incredibile! Spero che ti piacerà vederlo in versione “young” nel corollario su Reammon! Alla prossima!

@ Salice: carissima, grazie mille per il tuo voto! Mi ha fatto molto piacere! Quanto a Edmund, in un certo senso ha paura del suo io malvagio, perché, diciamocelo, è un mago molto dotato e che è sempre stato abituato ad essere da solo, quindi teme di cadere nel baratro della magia oscura. Se questo accadesse, significherebbe perdere i suoi amici, quindi in un certo senso ha anche paura di restare solo. Tuttavia sente come crescere dentro di sé un “potere oscuro”, una forza negativa, che gli fa paura; se non fosse stato per i suoi amici, non avrebbe mai riuscito a reprimere il suo istinto “cattivo”. Non ti devi affatto preoccupare, comunque! Significa solo che hai capito bene la psicologia di questo personaggio!

@ darllenwr: no, non credo che Lucius si sarebbe scusato, se avessero perso; certo è vero che Lucius non è burbero come O'Shalley, ma è pur sempre il capitano. Quanto a Cumhacht, si potrebbe dire che non ha mai nemmeno abbracciato sua madre, figuriamoci una sua studentessa, che per di più mal sopporta! Sicuramente l'imbarazzo c'è stato da parte di entrambi. Per la lezione di Balleriuns, volevo che Dedalus avesse una paura un po', come dire, particolare, visto che lui non è un tipo tanto a posto! Il demone russo di Balosky mi pareva una citazione necessaria e dovuta, visto che voglio dare un sapore folcloristico al mio racconto. Quanto alla paura di Edmund, è davvero una paura molto umana, ma in Edmund è anche qualcosa di più: egli teme infatti che il suo grande potere, possa sfociare in qualcosa di più oscuro; se non fosse stato per i suoi amici, certo avrebbe ceduto al suo lato malvagio molto prima.

Grazie a tutti voi che continuate a leggere e recensire la mia storia!

A presto, Beatrix





EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine di padre Rafael Majestis.

Visto che ci sono, aggiungo anche una nota sulla Chiesa Magica Ecumenica (dato che la mia idea ha suscitato parecchio scandalo e opposizioni! ^^):

è una chiesa di rito cattolico pre concliliare (visto che i maghi sono parecchio legati alle tradizioni), riconosciuta anche dalla Chiesa Cattolica Babbana (un po' come il rito ambrosiano della diocesi di Milano); infatti, così come il Primo Ministro Babbano conosce quello Magico, così anche il Papa e i suoi più stretti collaboratori sono a conoscenza di questa chiesa parallela, governata da un Patriarca che ha sede a Roma, dove si trova anche la Scuola di Teologia; esistono dunque seminari, preti, vescovi (a capo delle diocesi) e cardinali.

Ora, lo so... scandalo! Religione e Magia non sono mai andate d'accordo! Va bene, ma mi sembra francamente impossibile pensare che, nel momento di diffusione ed espansione del cristianesimo (nel primi secoli d.C, quando, ricordo, non c'era in vigore nessuno statuto di segretezza), nessun mago abbia ricevuto la buona novella e che non si sia formata nessuna comunità magico-cristiana; vi ricordo infatti che il messaggio più importante del Cristianesimo è la Resurrezione di Gesù e tornare dal mondo dei morti nemmeno la magia (stando alla Rowling) può farlo. Inoltre mi pare giusto offrire anche ai maghi la possibilità di credere in qualcosa.

Non voglio convincere nessuno: semplicemente, mi sembrava corretto giustificare la mia scelta.


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Capitolo 11
*** Cimiteri e ragazze complicate ***


CAPITOLO 11

Cimiteri e ragazze complicate






Edmund bussò alla porta con poca convinzione: dopotutto, i professori gli mettevano sempre una certa soggezione. Non avendo trovato le notizie che gli interessavano in biblioteca, aveva deciso di rivolgersi direttamente all'insegnante di Storia della Magia, l'anziano Codail; magari avrebbe potuto consigliargli qualche libro specifico in cui poter trovare le risposte sui frati fantasmi del Trinity.

Mairead non aveva affatto gradito il suo nuovo entusiasmo per quella faccenda e Edmund non poteva certo biasimarla, visto che lei era di origini inglesi, ma non riusciva proprio a lasciar perdere: doveva andare a fondo, doveva vederci chiaro.

Laughlin, dal canto suo, lo incoraggiava solo se questo riusciva a trascinarlo fuori dalla biblioteca, come quando lo aveva portato a parlare con padre Rafael. Edmund era convinto che l'interesse del suo amico avesse a che fare con una certa dose d'incoscienza e di noia: per lui doveva essere un'avventura un po' come origliare la conversazione tra suo padre e McPride.

Edmund sentì il rumore di chiavistelli che venivano schiusi, come se qualcuno armeggiasse dentro allo studio per aprire la porta. Poco dopo, da un minuscolo spiraglio, sbucò l'occhio critico e indagatore del professor Codail.

«Sì?» domandò con voce incerta.

Edmund si sentì uno sciocco nel parlare davanti alla porta chiusa se non per una fessura. «Ehm, professore, dovrei chiederle una cosa. Posso entrare?» farfugliò, stropicciandosi le mani.

L'anziano insegnante strizzò gli occhi per vedere meglio, come se non fosse in grado di riconoscerlo. Eppure, nonostante la sua età, tutti gli studenti si meravigliavano sempre della sua memoria infallibile, che ricordava di ogni singolo avvenimento storico la precisa data. C'era addirittura chi malignava che il professore avesse compiuto un incantesimo per ampliare la sua capacità di memorizzare. Ora invece scrutava Edmund come se non avesse la più pallida idea di chi fosse.

«Non è il momento migliore, ragazzino» disse poi, richiudendo la porta con un forte colpo.

«Ma professore...» cominciò a dire Edmund, allibito.

«Torna domani!» sbraitò il vecchio mago.

Edmund rimase interdetto davanti alla porta chiusa per parecchi minuti, incapace di muoversi, poi, alla fine, si avviò meditabondo al suo dormitorio.

La mattina seguente, alla fine della lezione di Storia della Magia, Edmund aspettò che tutti i suoi compagni se ne fossero andati, poi si avvicinò con cautela alla cattedra.

Nel vederlo, il professor Codail alzò gli occhi dal registro e gli sorrise benevolo. «Oh, Burke».

Bene, almeno l'aveva riconosciuto.

Edmund trasse un profondo respiro, poi cominciò: «Professore, mi dispiace per ieri sera, non volevo disturbarla».

Il vecchio Codail lo scrutò in silenzio per qualche secondo, infine fece un cenno di assenso con il capo, ma in realtà sembrava non aver afferrato bene a cosa si riferissero quelle parole. «C'è qualcosa che desideri chiedermi?» domandò poi, soprassedendo alle scuse dell'alunno.

«Oh, sì, certo» rispose Edmund, riprendendosi dallo smarrimento che gli aveva causato lo strano comportamento del professore. «Avrei bisogno di un consiglio».


«Si può sapere dove ti eri cacciato?» lo aggredì Mairead non appena lo vide arrivare.

Edmund fece un sorrisetto a mo' di scusa e mostrò ai suoi amici un vecchio volume polveroso rilegato in pelle.

«Vuoi dirmi che hai saltato il pranzo per quello?» domandò allibito Laughlin, che non era in grado di concepire come qualcuno potesse rinunciare ad una bella costoletta ai ferri per un libro.

«Me lo sono fatto dare da Codail» spiegò Edmund, ignorando la domanda di Laughlin. Delle lettere rosso cupo recitavano la scritta: Medioevo irlandese: contatti tra magia e religione.

«Parla anche dei conventi, magari riesco a scoprire qualcosa su quello del Trinity».

«Tu sei fissato, Ed» commentò Mairead scuotendo la testa, proprio mentre entrava in classe il professor Saiminiu.

Edmund passò i due giorni successivi con il naso incollato al grosso volume che gli aveva dato il professor Codail, alla ricerca di qualche informazione che potesse tornargli utile per smascherare la setta. Alla lezione di Incantesimi, entrò in aula con il libro tra le braccia e lo appoggiò aperto sul banco di Mairead.

«Cholaiste na Trionoide» lesse la ragazza a mezza voce il titolo che troneggiava in rosso sulla pagina.

«Ecco perché non riuscivo a trovare alcuna informazione sul convento del Trinity» spiegò Edmund con voce eccitata.

Mairead e Laughlin si scambiarono un'occhiata perplessi.

«Trinity College è il nome moderno! Cholaiste na Trionoide è invece quello che veniva comunemente utilizzato nel medioevo» continuò il ragazzo, indicando la pagina del libro. «Solo che...» cominciò, ma si interruppe.

«Solo che?» gli fece eco Laughlin, incuriosito.

«Solo che non è il caso di discutere di storia nella mia ora, Maleficium» concluse la professoressa O'Connel, apparendo dietro a Laughlin.

«Mi scusi» bofonchiò il ragazzino, ritraendo la testa nelle spalle, mentre Edmund andava a sedersi all'ultimo posto rimasto vuoto in prima fila. Sfidando la sorte, Laughlin appoggiò il libro sulle ginocchia e, nascondendosi bene dietro Anneus Secula, cominciò a leggere la pagina che aveva indicato Edmund, mentre la professoressa cominciava la lezione.


Il Trinity College per giovani maghi e streghe fu fondato nel 1317 da padre Patrick di Wexford, monaco domenicano particolarmente incline all'educazione giovanile. Originariamente il nome era Cholaiste na Trionoide, e tale scelta è indicativa di come padre Patrick fosse mosso da intenti anche religiosi: non solo Teologia era una materia integrata nel corso di studi dei giovani maghi, ma addirittura ogni singolo aspetto della vita degli studenti era scandito e regolato dalle preghiere giornaliere, come se si trattasse di un monastero.


Laughlin fece scorrere velocemente le pagine in cui si parlava di come la religione era integrata all'interno della vita scolastica, perché non era interessato; anzi, in situazioni normali non gli sarebbe passato nemmeno per l'anticamera del cervello di leggersi quel mattone, per lui buono solo per fare spessore tra la malta. Ma quella storia della setta egli Eletti lo stava eccitando, come se ti trattasse di una divertente marachella tra amici.

Finalmente notò un punto che gli interessava:


Tuttavia i monaci non venivano seppelliti nel territorio del Trinity, perché quando diventavano troppo vecchi per l'insegnamento, si trasferivano nella vicina abbazia di Calmouth, e lì passavano il resto dei loro giorni in meditazione e preghiere.


«Accidenti!» borbottò Laughlin deluso, chiudendo il libro di scatto: anche quell'ipotesi era da scartare.

«Signor Maleficium, qualche problema?» domandò indispettita la professoressa O'Connel.

Laughlin nascose velocemente il libro sotto il banco, mentre Mairead gli lanciava un'occhiataccia. «No, niente» rispose il ragazzino, con un sorriso innocente.

Alla fine dell'ora di lezione, Laughlin corse da Edmund con il libro sotto braccio. «Non venivano seppelliti qui!» esclamò con costernazione, come se avessero ripreso un discorso interrotto da poco.

«Già...» rispose Edmund in tono piatto.

«Piantatela con questa storia! State diventando paranoici!» protestò Mairead, battendo i piedi a terra con aria corrucciata.

I tre si avviarono lentamente verso la lezione successiva, ma nonostante l'ammonimento della ragazza, i due amici non parevano affatto intenzionati a lasciar perdere.

«Sai...» buttò lì d'un tratto Laughlin.

Mairead gli lanciò un'occhiataccia, ma lui la ignorò.

«Magari c'è qualcun altro seppellito in questa zona, qualcuno... che ne so, che era seppellito qui prima della costruzione della scuola».

Il volto di Edmund si illuminò: certo, che sciocco che era stato! Poteva essere una soluzione anche quella!

«Ma come possiamo scoprirlo?» domandò, di nuovo eccitato all'idea di smascherare la setta. Certamente non potevano setacciare tutti gli ettari di proprietà della scuola alla ricerca di vecchie tombe abbandonate.

«Un modo ci sarebbe...» sussurrò Laughlin abbassando la voce in tono da cospiratore.

Edmund tese l'orecchio e sporse la testa verso di lui, come se stesse per essergli rivelato un segreto impensabile.

«...potremmo evocare i fantasmi».

«Evocare i fantasmi? Che idea stupida!» protestò Mairead ad alta voce, facendo voltare verso di loro un gruppo di studenti del quinto anno che li squadrò sospettoso.

«Che idea stupenda!» sussurrò invece Edmund, con gli occhi che brillavano.

Si poteva davvero evocare i fantasmi? Sembrava molto una fandonia inventata dai film esoterici dei Babbani, ma a quanto pareva nel mondo magico erano reali tante cose che i Babbani potevano solo immaginare nella loro fantasia.

«Allora, come si fa? Quando lo facciamo? Dove lo facciamo?» cominciò Edmund eccitato.

Ma prima che Laughlin potesse rispondere, Mairead scattò come una vipera: «Non faremo nulla del genere!»

«Ma come?» protestarono i due amici in coro.

Gli occhi di Mairead mandavano scintille nella loro direzione: sembrava infuriata. «Ma siete diventati matti? Avete idea di quanto potrebbe essere pericoloso?»

«E da quando ti preoccupi della pericolosità delle cose?» domando Laughlin sospettoso, ricordando come l'anno scorso Mairead fosse stata la prima ad accettare la sfida di buttarsi nel lago, o come non avesse esitato a tentare di fare da Punta in una mischia senza aver mai giocato a Quidditch in vita sua.

«Non è questo il punto!» strillò esasperata la ragazzina. Stringeva convulsamente i pugni e aveva il volto arrossato dalla rabbia. Non l'avevano mai vista in quello stato.

«Mairead, che succede?» domandò preoccupato Edmund.

La ragazza trasse un profondo respiro, e poi vomitò loro addosso tutte le sue ansie. «È che... tutta questa storia... sono preoccupata, va bene? Mi spaventa, con... con questa cosa dei Nati Inglesi. Insomma, non so cos'è. E voi continuate a voler scoprire a tutti i costi di che si tratta, come se fosse uno scherzo. E poi fra dieci giorni c'è la partita contro i Nagard e io non riesco più nemmeno ad afferrare una Pluffa. E... e dobbiamo anche scegliere le materie nuove per l'anno prossimo, e io non so neppure cosa voglio fare da grande! Insomma... è tutto così... complicato!»

E poi scoppiò a piangere e scappò via.

Edmund e Laughlin rimasero immobilizzati in mezzo al corridoio.

«Ma che diavolo ha?» domandò alla fine Edmund, scioccato dalla reazione dell'amica.

Laughilin scoppiò a ridere. «Sai cos'è, ad un certo punto le ragazze impazziscono» spiegò in tono risaputo.

«Impazziscono?» gli fece eco Edmund.

«Ma sì, è come se improvvisamente fossero colpite da un gazzullo...» disse Laughlin, anche se non poteva sapere che l'amico non fosse affatto avvezzo con quei modi di dire da mago. «Cominciano a chiederti se stanno bene con quella nuova pettinatura, se ti piace il vestito che hanno appena comprato, e se tu dici loro qualsiasi cosa si arrabbiano perché vorrebbero sentirsi dire il contrario; quando dicono no, intendono sì e quando dicono sì, intendono no; e poi quando ti fanno una domanda, sanno già prima cosa vogliono sentirsi rispondere e se tu sbagli, ti assicuro che preferiresti essere chiuso in casa con un lupo mannaro in una notte di luna piena, piuttosto che subire la loro ira. Insomma, diventano complicate» concluse Laughlin con aria di chi la sa lunga.

«Uau...» commentò Edmund. Nessuno gli aveva mai spiegato così tante cose sulle ragazze e si chiese dove il suo amico le avesse imparate, ma non ebbe il coraggio di domandarglielo. Invece sussurrò titubante: «E con i fantasmi che facciamo?»

«Sai che ti dico? Li evochiamo noi, senza dirle niente».




Eccomi qui (oserei dire finalmente!). Perdonate il ritardo, ma se tutto va bene, la settimana prossima avrò finito gli esami e quindi tornerò ad aggiornare regolarmente. Spero che abbiate goduto del nuovo capitolo; il periodo di crisi di Mairead è più che giustificato: dopo tutto ogni ragazza ha diritto ad averlo, soprattutto una che ha due amici maschi con cui non si può confidare e che certamente non la capiscono (si veda in proposito il discorso alquanto misogino di Laughlin!). Comunque non temete, le passerà presto e tornerà quella di una volta!

Alla prossima!

@ Julia Weasley: sei gentilissima, fingerò che il tuo voto ci sia! Comunque, credo proprio che tu sia una lettrice molto acuta... scoprirai il perché andando avanti con la storia! Sinceramente non so come la Rowling avesse immaginato l'incantesimo del marchio nero, ma io ho arbitrariamente deciso che “morsmordre” evochi solo quello; ce ne sarà uno specifico anche per la croce celtica dell'EIF, ma devo ancora decidere quale. Poi il motivo del fatto che il molliccio-Edmund abbia evocato il marchio nero si scoprirà solo molto più avanti. Anche a me piace tantissimo Reammon! È uno dei miei personaggi preferiti! Per Mairead e Edmund... be', sarà una storia ben sofferta e molto, molto lunga! A presto

@ darllenwr: sì, direi proprio che Laughlin è mosso da una certa leggerezza di spirito: insomma, è un po' superficiale e crede di essere in un'avventura divertente. Quanto alle domande sulla religione, ti risponderò nella prossima mail (in fase di elaborazione)! Infine era doverosa la menzione alla vincita di McPride, anche se a Edmund non sta particolarmente simpatico! Alla prossima

@ quigon89: oh, il povero padre Rafael non ha voluto nascondere nulla ai due amici, ma ben presto i due saranno costretti a sconvolgenti scoperte! Quanto alla ff su Mary, sarà intrisa di famiglia Weasley, in ogni campo! Soprattutto per quel che riguarda Arthur (il mio Weasley preferito, dopo i gemelli!). A presto

@ Salice: grazie della comprensione! Non ci saranno cimiteri nei prossimi capitoli, ma scene di evocazioni, coronate da uno spirito parodistico che mi ha colto in questo periodo (ho già scritto il dialogo tra i due amici e il fantasma che evocheranno)! Ormai la storia sarà sempre più frenetica per le nuove scoperte del trio: non manca molto a capire che cosa sia la setta e cosa voglia! Alla prossima

Un grazie a tutti coloro che continuano a leggere questa storia!

Beatrix





EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 12
*** La storia di sir Percevall ***


CAPITOLO 12

La storia di sir Percevall






Il problema che assillò per i giorni successivi Laughlin e Edmund fu quello di trovare un luogo adatto per l'evocazione. Serviva loro un posto che non fosse frequentato da nessuno e sufficientemente ampio per poter procedere con il rito.

Edmund era rimasto sconcertato dal fatto che il procedimento per evocare un fantasma si trovasse tranquillamente descritto in uno dei libri sulla Difesa dalle Arti Oscure nella biblioteca della scuola: la facilità con cui si potevano reperire tali informazioni era scioccante.

«Ma sì, chi vuoi che sia interessato a questo genere di cose, oltre a noi e qualche pazzo invasato di queste cose erotiche?» gli disse Laughlin un giorno, mentre vagavano nei piani più alti del castello alla ricerca di una stanza che facesse al caso loro.

«Esoteriche, vorrai dire?» precisò Edmund, guardando l'amico con aria scioccata.

«Sì, e io che ho detto?»

Per caso si ritrovarono davanti ad una porta chiusa. I due si scambiarono un'occhiata d'intesa, poi Edmund estrasse la bacchetta e sussurrando la formula fece scattare il chiavistello. Si aprì ai loro occhi una stanza abbandonata, con qualche vecchio banco e delle sedie accostate al muro. Sulle pareti c'erano appese delle consunte cartine geografiche, su cui erano state segnate alcune date di battaglie famose: doveva essere un'aula dismessa di Storia della Magia.

«Sai, credo che questa potrebbe fare al caso nostro» buttò lì Laughlin, con un sorriso complice.

«Credo anche io» asserì Edmund, guardandosi attorno: uno strato di polvere ricopriva ogni cosa e quello era un buon segno perché significava che nessuno entrava più lì da molto tempo. «Direi che potremmo farlo stasera» sentenziò poi, sfiorando con l'indice la copertina del libro di evocazioni che si trovava al sicuro nella sua borsa.

«Stasera, è deciso».


«Dove vai?» gli domandò Mairead, finita la cena, quando vide che Edmund non si dirigeva alla sala comune dei Raloi.

«Ehm, devo chiedere una cosa al professor Ballerinus» inventò Edmund sul momento.

Mairead si scurì in volto e fissò il suo amico con uno sguardo indagatore. Che avesse intuito qualcosa?

«Va tutto bene?» le chiese Edmund, in un sussurro.

Il “sì” che rispose Mairead fu talmente tagliente che Edmund quasi rabbrividì. Aveva ragione Laughlin quando diceva che ad un certo momento le ragazze diventavano complicate: con quel sì, Mairead intendeva certamente dire no, proprio come aveva spiegato il Nagard.

«Ehm, io vado... a dopo» bisbigliò Edmund, squagliandosela seguito dallo sguardo perforante di Mairead.

«Ce ne hai messo di tempo!» lo aggredì Laughlin quando lo vide arrivare.

Edmund sbuffò e rispose una sola parola: «Mairead».

«Capisco» ridacchiò Laughlin, estraendo la bacchetta per sbloccare il chiavistello della porta.

Una volta entrati, Edmund bisbigliò: «Colloportus» e la porta si richiuse nuovamente. «Così nessuno entrerà senza che noi ce ne accorgiamo» spiegò, strizzando l'occhio all'amico. Poi estrasse dalla borsa il libro che aveva preso in biblioteca e lo aprì alla pagina dove aveva messo un segnalibro.

Lanciò uno sguardo a Laughlin, per avere la conferma: erano pronti, stavano per evocare un fantasma.

Trasse un profondo respiro, poi incominciò a leggere: «Tracciate un cerchio in terra, con il sale. Hai preso il sale, vero?»

Laughlin, con un sorriso smagliante, estrasse dalla borsa una saliera, che evidentemente aveva sgraffignato da tavolo dei Nagard e cominciò a versarlo per terra in forma di cerchio.

Edmund guardò il lavoro eseguito dall'amico con occhio critico. «Non sembra un cerchio, sembra una banana...» commentò in tono piatto.

«Oh, non rompere! Va benissimo!» gli rispose Laughlin con uno spintone.

Edmund scosse la testa rassegnato, e poi riprese a dare le istruzioni: «Ora iscrivi un triangolo equilatero nel cerchio».

Laughlin rimase immobile con il salino sollevato in aria e l'aria perplessa. «Che dovrei fare?»

Edmund gli strappò di mano il sale, sbuffando scocciato, poi eseguì lui stesso l'istruzione. «Passami le candele» ordinò poi all'amico, che gli porse un pacchettino di tela contenente tre candele bianche che avevano rubato da un candeliere del corridoio. Edmund le accese con un semplice incantesimo, fece colare un po' di cera sul pavimento che poi utilizzò per farle stare in piedi, una per ogni vertice del triangolo.

«Bene, la formula è: oramus ut venias, spirite e va ripetuta finché non appare lo spirito» disse poi, guardando Laughlin dritto negli occhi.

L'amico annuì con aria decisa.

«Lo sai, vero, che se l'incantesimo funziona, potrebbe apparire un membro della setta?»

«Sono pronto» rispose Laughlin, estraendo la bacchetta.

Ora la faccenda diventava seria. I due ragazzini si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi cominciarono a ripetere all'unisono la formula.

«Oramus ut venias, spirite. Oramus ut venias, spirite!»

Inizialmente non accadde nulla, poi cominciò ad apparire un fumo grigio al centro del triangolo.

«Oramus ut venias, spirite!»

Lentamente il fumo grigio si delineò in una figura umana.

«Credo che basti» sussurrò Edmund, interrompendo la cantilena, con voce roca ma ferma.

Era il momento della verità.

I due amici strizzarono gli occhi per scorgere meglio i tratti dell'uomo che stava apparendo: aveva uno strano cappello a punta da cui fuoriuscivano le due orecchie di una buffa cuffietta, e indossava quella che pareva una casacca con un pettorale di cuoio.

«Chi mi ha evocato?» domandò il fantasma, guardandosi attorno, con una voce che sembrava provenire da una lontana caverna. Come... dall'Oltretomba.

Sgranò le sue argentee e fumose pupille, quando vide i due ragazzini. «Ahi mali cavalieri, la vostra fatal ora è giunta!» strillò poi, agitando una spada immaginaria verso i suoi evocatori.

Edmund e Laughlin si scambiarono uno sguardo perplesso: avevano immaginato di evocare terribili fantasmi assetati di sangue, non uno spiritello squilibrato che parlava come se stesse recitando versi di una vecchia e scadente commedia.

«E tu chi diavolo saresti?» domandò Laughlin, sollevando un sopracciglio con aria sorpresa.

Il fantasma si sporse verso Laughlin, fino a che i loro visi non si sfiorarono. «Se tuo disio è di saver di me e di mia vita, nobil cavaliere, dì prima chi tu sei e chi furon li maggior tui».

Laughlin si voltò verso Edmund con la faccia allibita. «Ma questo è fuori!» disse, con gli occhi sgranati.

Edmund si morse un labbro: l'aspetto buffo del fantasma e il suo modo antiquato di parlare gli ricordavano un libro di ballate medioevali Babbane che aveva letto una volta alla biblioteca di Dublino. Che l'uomo fosse un mago del medioevo, un cavaliere morto e sepolto nel territorio del Trinity prima della costruzione della scuola?

«Sei un cavaliere medioevale?» chiese cauto il ragazzo.

Il fantasma si voltò allora verso di lui. «Io non omo, omo già fui. Cavaliere fui, e son sir Percivall. Al vostro servizio» rispose con un inchino rivolto a Edmund.

«Il tuo corpo è seppellito qui al Trinity?» domandò ancora il ragazzo.

A quelle parole sir Percivall fece una smorfia come un attore di tragedie di basso livello. «Ahi mal giorno in cui io nacqui! Non ebbi l'onor di sepoltura, lo corpo mio giacque in una selva abbandonata. Lo mio più fedel amico mi tradì e m'uccise, ma io tornai per far vendetta a la sua colpa» raccontò poi, alternando toni pieni di fervore con voce dimessa.

Al di là della toccante storia del cavaliere, i ragazzi avevano ricevuto tutte le informazioni per poter dire che sir Percivall aveva le carte in regola per essere uno dei pochi fantasmi della scuola.

«Ci sono altri spiriti al Trinity?» chiese poi Edmund.

Era ovvio che sir Percivall non era un membro della setta degli Eletti, ma forse poteva conoscere i fantasmi che ne facevano parte. «Oh, no, io son il solo. Quando il nobile padre Patrick costruì la sua schola impose una magia però che nessun fantasma quivi entrasse. Io son il solo perché già morto fui quando questa magia fece».

Quella notizia stroncò ogni possibile ipotesi che la setta fosse composta da fantasmi. I due amici si scambiarono uno sguardo deluso: erano daccapo nella risoluzione di quel mistero. Tanta fatica per niente. Si erano ritrovato con un pugno di mosche in mano.

«Non sai niente della setta degli Eletti?» provò a chiedere Edmund. Magari, visto che il fantasma poteva andare tranquillamente in giro per tutto il perimetro del castello, aveva visto qualcosa di sospetto.

«Non so di che favelli» rispose invece sir Percivall, scuotendo il capo.

Edmund sbuffò per la delusione e si lasciò cadere a terra, con le gambe incrociate. Si prese la testa tra le mani e cominciò a riflettere: fantasmi non erano, ma apparivano come tali. Quindi, se si trattava di persone reali, dovevano usare qualche incantesimo per modificare il loro aspetto. Ma con che scopo? Solo per apparire più terrificanti? Ma in effetti, quale altra arma aveva usato la setta fino ad allora, oltre alla paura? La paura, la migliore alleata di chi vuole tenere in pugno un'intera popolazione, in questo caso di studenti facilmente impressionabili.

«Che accadde al nobil cavaliere?» domandò sir Percivall a Laughlin, accennando con il capo a Edmund, ancora seduto in terra con le game incrociate.

«Sta pensando» rispose Laughlin in tono serio. «È una cosa che fa spesso, forse anche troppo».

«Guarda che ti ho sentito» sibilò Edmund, senza tuttavia alzarsi da terra o cambiare posizione.

Laughlin ridacchiò, ma proprio in quel momento sentirono un rumore che fece rabbrividire entrambi.

«Alohomora!» esclamò con veemenza una voce fuori dalla stanza. La porta si spalancò e sull'uscio apparve Mairead con la bacchetta levata e lo sguardo infuocato.

«Oh, Morgana, che spavento!» si lasciò sfuggire Laughlin con un sospiro, ma la faccia di Mairead non lasciava comunque presagire nulla di buono.

«Come hai fatto a trovarci?» domandò Edmund con un filo di voce, alzandosi da terra.

«Ero andata a cercare Laughlin ma Dominique mi ha detto che lo aveva visto venire in questa direzione, poi ho sentito le vostre voci» rispose la ragazzina. Non si sarebbe potuto dire se fosse più minacciosa l'espressione della faccia o il tono della voce, sebbene le parole fossero gentili.

«Quello chi è?» chiese poi Mairead, agitando la bacchetta con fare intimidatorio verso il fantasma.

«Madonna, io son sir Percivall, servo vostro» esclamò lo spettro, in una profusione di inchini.

«È un fantasma, è un fantasma! Oddio, avete evocato un fantasma!» strillò la ragazzina, battendo i piedi a terra.

Edmund le si avvicinò e la prese per le spalle, nel tentativo di calmarla. «Tranquilla, Mairead. Sir Percivall è un tipo a posto» le disse, guardandola dritta negli occhi.

Insomma, più o meno a posto, ma forse era meglio non parlare delle stranezze del fantasma cavaliere.

Mairead fece un lungo respiro, poi sussurrò: «Ho paura, Ed. voi due vi caccerete nei guai, prima o poi. La setta è pericolosa».

Edmund fece un mezzo sorrisetto: lui non credeva affatto che la setta fosse realmente pericolosa, ma non gli sembrava il caso di spiegare le sue teorie proprio in quel momento. «È proprio per questo, Mairead, che dobbiamo impegnarci a scoprire che cosa stia succedendo, prima che accada qualcosa di davvero spiacevole. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare quei pazzi che ci stanno rovinando l'anno scolastico. Tu sei con noi?»

La ragazzina sospirò: era spaventata per quella storia della setta e non sapeva che cosa l'avesse presa in quel periodo. Era tutto così complicato! Mille problemi avevano cominciato a turbinarle nella testa, e ognuno di essi pareva insormontabile. Però Edmund aveva ragione, la sua codardia stava rasentando i limiti del ridicolo. Che c'era poi di così spaventoso in cinque fanatici incappucciati? La ragazzina rabbrividì al solo ricordo del loro incontro. Sì, certo, aveva paura, ma nessuno poteva permettersi di spaventarla, senza pagarne le conseguenze!

«Sono con voi» sussurrò alla fine, con ritrovata determinazione.





Ecco qui il nobile sir Percevall! Spero che abbiate gradito la sua apparizione! Perdonate il suo modo antiquato di favellare, ma sono i postumi dell'esame di letteratura italiana... da qualche parte ci sono anche un paio di versi danteschi! Un premio a chi li scova! Eheheh!

Alla prossima, Beatrix

@Julia Weasley: e brava alla nostra Julia! Avevi ragione, i fantasmi non c'entravano nulla! Te l'ho detto che sei una lettrice acuta... ora vedremo se ci hai azzeccato anche con il professor Codail! La povera Mairead si è abbastanza ripresa, dai. Non deve essere facile per lei avere 13 anni con un padre come Reammon e due amici maschi! Sì, Laughlin è l'elemento allegro del gruppo, un po' incosciente e spensierato, forse anche troppo, con questa storia della setta. Ma almeno riesce a tirare Edmund fuori dalla sua adorata biblioteca! Quanto alla tresca tra Edmund e Mairead, ti farò sudare sette camice! A presto!

@elliepotter: grazie mille dei complimenti! Sono contenta che la storia ti abbia intrigato a tal punto! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! Alla prossima, e benvenuta!

@darllenwr: mi spiace deluderti, ma le ragioni del cambiamento di Codail si scopriranno solo più avanti! Vi devo tenere un po' con il fiato sospeso, no? Il nome gaelico è in tuo onore, ovviamente, che in uno dei tuoi primissimi commenti alla Lancia di Lugh mi avevi consigliato di dare un nome anche irlandese al Trinity. Come vedi, i tuoi preziosi suggerimenti mi sono sempre utili! Non smetterò mai di ringraziarti abbastanza! Laughlin è uno di quei tanti studenti che decidono che la lezione non li interessa e quindi fanno altro: chissà quanti ce ne sono come lui! Gli è andata bene che la O'Connel non l'ha beccato, altrimenti non si sarebbero stati santi! Sono molto interessanti tutte le tue ipotesi su Mairead, ma la questione è molto più semplice: 13 anni sono un periodo critico un po' per tutte le ragazze, tanto più per una come lei che è praticamente circondata da maschi (il padre e i due amici) e quindi non ha nessuno con cui confidarsi. Quanto al discorso di Laughlin, credo proprio che molti maschi la pensino davvero così, e anche lui rimarrà della stessa opinione per parecchio tempo, fino a quando una bella studentessa del medio oriente non gli farà perdere la testa! Allora si dovrà ricredere! Grazie mille dei tuoi complimenti, a presto!

@Salice: guarda, temo che i maschietti non saranno mai in grado di capire gli stati d'animo di una ragazza! Tanto meno quelli così grezzi e insensibili come Laughlin! Eheheh! Scherzi a parte, Mairead non potrà di certo cercare aiuto da quei due... per fortuna c'è almeno Beatrix Connery! Spero che ti sia piaciuto il nuovo capitolo: l'evocazione non è proprio così mistica, ma mi sono divertita tantissimo con sir Percevall! Grazie mille per gli auguri, a presto!!

Beatrix Bonnie



EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine di sir Percivall!

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Capitolo 13
*** Lealtà e slealtà ***


CAPITOLO 13

Lealtà a slealtà






Mairead e Edmund stavano rientrando nella propria sala comune, dopo aver salutato sir Percivall, che aveva giurato loro di aiutarli nella lotta contro i malvagi (senza bene sapere di che cosa si trattasse), quando sentirono delle voci provenire dallo studio del professor Uisce; una pareva quella del preside Captatio.

«Ed, non possiamo origliare!» sussurrò Mairead, quando vide che il suo amico si era fermato davanti alla porta socchiusa.

Edmund si mise un dito sulle labbra, e si accostò allo spiraglio con sguardo beffardo e con un sorriso perfido, che a Mairead fece quasi paura.

«Da quanto tempo, Pol?» stava chiedendo il preside a Uisce.

«Quasi dall'inizio dell'anno» rispose il druido. Ci fu un attimo di silenzio, poi il professore di pozioni riprese: «All'inizio non me ne sono reso conto, perché si tratta sempre di piccole porzioni, ma ora la mancanza è troppo evidente».

Un altro attimo di silenzio, poi Captatio chiese: «Ne sei proprio sicuro?»

«Assolutamente sì, Caius. Scaglie di dente di drago e foglie di erborella sono ingredienti molto rari e insieme servono solo per quel tipo di pozione» rispose il professor Uisce.

Edmund si morse il labbro: qualcuno rubava dall'inizio dell'anno dei rari ingredienti per produrre una pozione? Perché Uisce non ne ripeteva il nome? Magari era qualcosa che aveva a che fare con la setta!

«La faccenda è molto seria, Pol. Ho bisogno di tempo per riflettere» sussurrò il preside Captatio.

«Edmund!» bisbigliò Mairead con fare concitato, gesticolando per farlo allontanare dalla porta. «Stanno uscendo!»

Edmund si allontanò in silenzio e appena raggiunse Mairead, i due si misero a correre. Rallentarono solo quando furono sufficientemente distanti dallo studio del professor Uisce. Mairead si strinse la milza che doleva per la corsa e tentò di riprendere fiato, mentre Edmund si appoggiò al muro con un sorriso soddisfatto.

«Cosa fai quella faccia? Mancava poco che ci facevamo beccare!» protestò Mairead, gesticolando verso il corridoio che avevano appena attraversato di corsa.

Edmund scoppiò a ridere.

«Tu sei pazzo» commentò la ragazzina, ma alla fine la risata del suo amico la contagiò a tal punto che fu presa da un attacco di ridarella e si ritrovò accasciata a terra con le lacrime agli occhi.

«Ma la smetteremo mai di cacciarci nei guai?» domandò poi, in tono rassegnato.

Edmund fece un sorrisetto sarcastico. «Dove sta il divertimento, se no?»


Il giorno successivo raccontarono a Laughlin della conversazione che avevano origliato tra il professor Uisce e il preside Captatio. Il ragazzino era tanto estasiato quanto eccitato. «Quindi credete che qualcuno rubi degli ingredienti dalla scorta personale di Uisce per produrre chissà quale pozione?» domandò in preda all'euforia.

«Esatto» confermò Edmund in tono serio. «E sono quasi certo che il ladro di ingredienti abbia a che fare con la setta. Questa scuola è troppo piccola per ospitare due casi del genere, senza che siano in qualche modo collegati».

«Se solo sapessimo che pozione si produce con quegli elementi...» bisbigliò Mairead, scuotendo la testa.

«Ma per questo c'è la biblioteca!» rispose prontamente Edmund, battendo le mani.

Laughlin gli riservò uno sguardo di sufficienza. «Finirai per farci la muffa, là dentro, Ed» commentò in tono piatto.

In quel momento passò per il corridoio Ailionora, spalleggiata come sempre da Leida O'Hara e Finan Best. La ragazzina si voltò verso i tre amici con un sorriso beffardo sulle labbra. «Tremate, sasanachfuil! La setta è vicina!» esclamò in tono divertito, suscitando le risate dei suoi compagni.

«Idiota» sussurrò Mairead, con una smorfia di disgusto.

«Lascia perdere, Mairead. Quando avremo smascherato la setta, avrà ben poco da ridere» rispose Edmund, perforando con lo sguardo la schiena di Ailionora che si si allontanava per il corridoio.

Per fortuna Mairead ebbe ben altro a cui pensare in quei giorni: la partita con i Nagard si stava avvicinando e Lucius aveva deciso di mettere la squadra sotto torchio.

«Se vinciamo anche questa, abbiamo buone possibilità di conquistare la coppa, quest'anno» disse loro all'ultimo allenamento. Un buon modo per metterli sotto pressione.

La notte prima della partita Mairead dormì male, perché non aveva affatto voglia di incontrare in campo Blake Finnegan, la punta dei Nagard. L'anno scorso aveva vinto la mischia contro di lui, ma aveva come l'impressione che quest'anno Finnegan non gliela avrebbe lasciata passare facilmente.

La mattina si svegliò presto, quasi più stanca di quando era andata a dormire, ma decise lo stesso di alzarsi, per evitare di arrivare in ritardo anche questa volta. Lucius l'avrebbe uccisa!

Quando scese in Sala Mor, non c'era quasi nessuno seduto ai tavoli, tranne qualche studente assonnato. Mairead si versò un bicchiere di latte e prese una fetta di torta, quando una voce squillante la riscosse dal suo torpore. «Io tiferò per i Raloi!»

Mairead alzò lo sguardo verso il ragazzino che aveva parlato: Dedalus Consolatus indossava una sciarpa verde sopra la sua divisa blu e sventolava una bandierina con disegnata un'aquila. Aveva un sorriso che arrivava da un orecchio all'altro, come se tifare per una casa che non era la sua, fosse assolutamente entusiasmante.

«Uau, Dedalus. Ehm... grazie» rispose Mairead titubante.

«Mi spiace per Laughlin, anche lui mi è simpatico, ma gli altri Nagard proprio no» aggiunse poi il ragazzino.

Mairead trattenne a stento una risata, perché Laughlin non si sarebbe certo dispiaciuto per la perdita di Dedalus come tifoso. «Ehm, glielo dirò, ok?»

«Sì, grazie, saresti molto gentile» rispose Dedalus con un sorriso bonario.

Mairead si ficcò in bocca l'ultimo boccone di torta, poi esclamò: «Ora dovrei proprio andare... sai, per la partita».

Era un po' nervosa e non le andava di chiacchierare con nessuno, tanto meno con quello sballato di Dedalus.

«Certo, certo, vai pure. E forza Raloi!»

Mairead corse a rintanarsi negli spogliatoi, ma era talmente presto che dovette aspettare quasi mezzora prima che arrivasse il resto della squadra.

«Ah, già qui?» le domandò Lucius, quando la vide seduta sulla panca con la Nimbus 1700 appoggiata sulle gambe. M

airead fece una smorfia che non aveva bisogno di essere commentata.

Dopo che anche gli altri si furono cambiati, Lucius spiegò gli ultimi schemi tattici e Mairead questa volta prestò bene attenzione. Infine, ad un cenno del capitano, la squadra si avviò verso il campo con le scope in spalla.

«Ecco i Nagard, alla loro prima partita del campionato: il capitano Finnegan, seguito da Nott, Patterson, Xadom, O'Malley, O'Daren e il nuovo battitore MacQuote» annunciò il professor Ballerinus, come al solito adibito alla telecronaca, quando sette frecce rosse comparvero in campo.

I Nagard accolsero esultando la loro squadra.

Lucius fece un cenno ai suoi e i Raloi salirono in sella alle loro scope e fecero il giro del campo per salutare gli spettatori, mentre il professore annunciava i loro nomi.

«I capitani si stringano la mano» ordinò mister Timberlen, quando la squadra ebbe completato il giro. Lucius e Blake Finnegan si stritolarono le mani a vicenda, nel tentativo di far male all'avversario, lanciandosi fulmini dagli occhi.

«Pronti a partire» disse Timberlen. Quattordici giocatori si prepararono a volare in alto al fischio dell'arbitro.

«Partiti!» annunciò Ballerinus.

Mairead si buttò a capofitto per recuperare la Pluffa, ma Finnegan fu più veloce.

«Mangia i rametti della mia scopa, sasanachfuil!» ghignò il Nagard, sfrecciando verso i pali.

Mairead si appiattì sulla Nimbus per aumentare l'accelerazione e cominciò a tallonare Finnegan.

«Nagard in possesso di palla, O'Malley, Finnegan, Bolide!» esclamò Ballerinus, quando Seamus O'Sharey scagliò la pensate palla contro il capitano avversario.

Milo si tuffò a recuperare la Pluffa e cominciò a risalire verso i pali dei Nagard. Fece un passaggio a Nicolaj che tentò un tiro, ma Lucy Patterson, la Cacciatrice dei Nagard, intercettò la palla. Mairead, che era rimasta indietro, bloccò la strada all'avversaria, per questo costretta ad una brusca virata che le fece sbagliare il tiro.

«Connery afferra la Pluffa e si dirige minaccioso verso il portiere. Tira... e segna! Dieci a zero per i Raloi!» annunciò soddisfatto Ballerinus, segnando i punti sul tabellone alle sue spalle.

Dopo pochi minuti di partita, avevano già fatto il primo centro. Mairead e Nicolaj si scambiarono il cinque.

«Facciamogli vedere chi siamo!» la incitò il suo compagno.

Mairead esultò e da quel momento nessuna preoccupazione le impedì di concentrarsi sul gioco. Caricati dal primo punto fatto da Nicolaj, i Cacciatori dei Raloi segnarono altre quattro volte, per un punteggio di cinquanta a zero. La ragazza che faceva da portiere ai Nagard, Äoife Xandom, entrò in crisi e cominciò a sbagliare ogni parata. Tutti sapevano che, sebbene non fosse l'ultima partita del campionato, era quella decisiva per sapere che avrebbe vinto. I Battitori iniziarono a scagliare i loro Bolidi con forza inaudita, soprattutto contro i Cacciatori dei Raloi, che sembravano imbattibili.

«Bolideee!» gridò Milo.

Mairead lo evitò per un soffio, ma le cadde la Pluffa, che venne recuperata da Finnegan.

«I Nagard risalgono verso i pali. Patterson, O'Malley, di nuovo Patterson, tira...»

Leonard fu troppo lento.

«... e segna! Cinquanta a dieci per i Raloi» annunciò Ballerinus.

Leonard recuperò la Pluffa con costernazione, poi la lanciò a suo fratello.

I Nagard erano bravi ad intercettare i passaggi, ma non veloci e agili come i Raloi, così, quando Mairead fu di nuovo in possesso di palla, cominciò a zigzagare per il campo, a cambiare direzione di frequente e fa fare brusche accelerate. Finnegan tentava di inseguirla, ma non era sufficientemente scattante per starle dietro. «Mangia i rametti della mia scopa, se ci riesci, sangiunista!» lo schernì Mairead, avvicinandosi ai pali.

«Boenisolius segna! Sessanta a dieci!»

Dopo il tiro di Mairead, O'Malley segnò un altro punto per i Nagard, ma immediatamente Nicolaj fece altri due centri, e il punteggio arrivò ottanta a venti. I Raloi capirono di fare meno passaggi possibili, per evitare di essere intercettati dai Cacciatori avversari, ma questo gioco era rischioso perché si diveniva facili prede dei Bolidi. Milo fu colpito in pieno petto da O'Daren, ma non appena Finnegan recuperò la Pluffa, Lucius gli spedì contro lo stesso Bolide che gli fece perdere l'equilibrio e cadere la palla.

Appena Mairead riuscì ad afferrarla al volo, si diresse senza esitazione verso i pali. Tutti e tre i Bolidi della partita furono scagliati contro di lei dai Battitori Nagard, ma Mairead si scansò e si appiattì sulla scopa, tanto che riuscì ad evitarli. I Raloi scoppiarono in un boato di incitamento per la loro Cacciatrice. E Mairead tirò.

«Altro punto per Boenisolius! Novanta a venti!» esultò Ballerinus.

I Raloi non avevano mai giocato così bene.

«Beccati questo, Finnegan!» gridò Mairead, levando il pungo al cielo in segno di vittoria.

Non appena il Cacciatore dei Nagard fu di nuovo in possesso di palla, scagliò la Pluffa con violenza contro Mairead, colpendola in piena nuca.

Mister Timberlen fischiò. La curva verde dei Raloi scoppiò in un boato di fischi e imprecazioni.

«Fallo, fallo questo è un vile fallo!» protestò Ballerinus con veemenza, dimenticando di dover essere imparziale.

Mister Timberlen si avvicinò minaccioso a Blake Finnegan. «Non si può scagliare la Pluffa contro un giocatore avversario! Non è mica un Bolide! Rigore per i Raloi» ordinò con voce dura.

Gli spettatori dietro Leonard esultarono.

Mairead prese la Pluffa e si posizionò davanti alla Xandom. Fece un lungo respiro, soppesò il tiro e poi lanciò.

«Ah! Boenisolius segna ancora! Cento a venti per i Raloi».

Mairead rivolse un sorriso beffardo a Finnegan e poi andò ad accogliere le grida di giubilo dei suoi compagni.

Fu in quel momento che Finnegan afferrò la Pluffa e fece un passaggio che era vistosamente in avanti. Mister Timberlen fischiò la mischia. La Punta dei Nagard lanciò un sorrisetto di sfida alla sua avversaria: finalmente si sarebbero incontrati sul campo della mischia.

«L'ha fatto apposta!» gridò Mairead, in preda al furore. L'aveva fatto apposta, quel passaggio in avanti, per poter fare una mischia contro di lei!

«Arbitro, l'ha fatto apposta!» strillò ancora la ragazza, ma mister Timberlen alzò le spalle e scosse la testa.

Le due squadre si prepararono in formazione in fondo al capo.

«Nicolaj, Finnegan l'ha fatto apposta!» protestò nuovamente Mairead.

«Senti, non lo puoi dimostrare. E poi non c'è nessun regolamento che lo vieta» le rispose il ragazzo.

Mairead si rassegnò alla mischia, ma non gliela avrebbe mai fatta vincere. L'arbitro posizionò la Pluffa in mezzo al campo e poi si preparò a fischiare.

Non appena sentirono il segnale, i tre Cacciatori Raloi si tuffarono nella corsa. Mairead spinse la sua scopa al massimo della velocità, ma anche Finnegan non sembrava voler demordere.

Stavano volando a grandissima rapidità, si avvicinavano sempre di più.

Resisti e sangue freddo” si disse Mairead.

«Blake, desisti!» gridò Lucy Patterson, in ansia.

Si sarebbero schiantati.

«Mairead?» la richiamò preoccupato Milo.

Ma né lei né Blake ordinarono nulla.

E poi ci fu l'impatto. Tremendo.

Finnegan sfiorò la Pluffa con la punta delle dita, ma non riuscì ad afferrarla, perché Mairead si schiantò con la faccia contro la sua scopa.

Un dolore lancinante al naso la investì in pieno. Mairead si portò le mani al volto, mentre un fiume di sangue le scendeva dal naso: doveva essere rotto. Il male fu tale che la ragazza cominciò a perdere quota e zigzagò verso il terreno.

«Mairead!» esclamò preoccupato Lucius, inseguendo la sua Cacciatrice. «Arbitro, tempo! Giocatore ferito!» gridò quando vide il sangue che sporcava le mani e la divisa di Mairead. Le volò incontro e la sostenne, per evitare che cadesse dalla scopa. «Arbitro, tempo!»

Ma mister Timberlen non lo sentì: lo sguardo di tutti era rapito dalla figura dei due Cercatori che stavano inseguendo il Boccino: la giovane Cercatrice Raloi era in testa. Poi un Bolide lanciato da MacQuote sbucò dal nulla e colpì in peno Beatrix.

Nott superò la sua avversaria e strinse le dita intorno al Boccino d'Oro.

«Nott prende il Boccino! I Nagard vincono la partita per centosettanta a cento.»


Avevano perso.

Lucius volò verso terra, sempre sostenendo Mairead. «Tutto bene?» le domandò preoccupato.

La ragazzina mugugnò qualcosa di incomprensibile.

Anche gli altri giocatori atterrarono.

E Lucius divenne una bestia. «Arbitro! Avevo chiesto tempo! C'era la mia cacciatrice ferita, questa vittoria non è valida!»

«Niente scuse, Connery. Abbiamo vinto onestamente» gli rinfacciò Finnegan.

«Stai zitto tu! Arbitro! Avevo chiesto tempo!» si appellò all'autorità di mister Timberlen.

L'uomo si avvicinò ai due capitani e scosse la testa. «Mi dispiace Connery, ma i Nagard hanno preso il Boccino lealmente. I giocatori feriti sono cose che capitano, non potevo interrompere la partita in quel momento» disse l'arbitro in tono fermo.

Lucius aprì la bocca per protestare, ma mister Timberlan lo zittì con lo sguardo.

«Rassegnati, abbiamo vinto noi» gli rispose Blake Finnegan con aria beffarda.

E poi i Nagard se ne andarono a festeggiare, lasciando lì gli avversari sconfitti e delusi.

«Lugius, bi disbiace.» farfugliò Mairead, cercando di ignorare il dolore al naso. Se non avesse perso la mischia, Lucius non avrebbe dovuto soccorrerla e avrebbe potuto evitare che MacQuote spedisse il Bolide contro Beatrix.

«Lascia perdere, non è colpa tua. Sono i Nagard che giocano sporco» rispose Lucius, incamminandosi verso gli spogliatoi pieno di rancore.




Ecco qui il nuovo capitolo! Mi dispiace per i Raloi, ma non possono vincere sempre tutto loro! Laughlin avrebbe tutto il diritto di protestare con me! XD

Comunque, ecco la soluzione dei versi di Dante del capitolo precedente:

  • chi furon li maggior tui” è Farinata a Dante, canto X dell'Inferno

  • io non omo, omo già fui” è Virgilio a Dante, canto I dell'Inferno

  • Cesare fui e son Giustiniano” (ripreso in cavaliere fui e son sir Percevall) è Giustiniano a Dante, canto VI del Paradiso.

In realtà “non ebbi l'onor di sepoltura” è sì un ricordo di Manfredi (canto III del Purgatorio), ma non è un verso dantesco, è mio! Mi onora sapere che il mio favellar è arrivato a tali livelli da essere confuso con i versi del Sommo Vate! Comunque, complimenti a Julia e Erika che li hanno individuati quasi tutti!

Inoltre, vi comunico ufficialmente che ho finito di scrivere il racconto, quindi da adesso tenderò ad aggiornare ogni 2-3 giorni! Grazie a tutti,

Beatrix Bonnie


@Julia Weasley: bene cara collega, li hai azzeccati quasi tutti i versi! Sir Percevall è uno dei personaggi più divertenti: ho la tendenza a creare esseri schizzati e simpaticoni... anche Dedalus non è del tutto a posto! Comunque, sì, avevi ragione: niente fantasmi. Ma allora chi sarà? Ora si entra nel vivo dell'azione!! A presto!

@Erika91: sì, direi che sei pronta per la maturità! Eheheheh! Grazie mille per i complimenti, comunque! Alla prossima!

@darllenwr: lo so, sono stata un po' lenta ad aggiornare, ma ora sono tornata in piena attività! Mi fa piacere che ti sia piaciuto l'episodio dell'evocazione. Quanto alla parlata di sir Percevall, è stata una delle cose più divertenti da scrivere: purtroppo per Dante ho una profonda ammirazione, quindi mi sembrava giusto fare un divertente lavoro di intertestualità, citando il mio autore preferito! Tra l'altro, grazie per il nome gaelico di padre Patrick! Non lo sapevo! Sei sempre una fonte inesauribile di ispirazione e io non finirò mai di ringraziarti! Quanto all'apnea, non ho intenzione di far soffocare nessuno di voi, ma ho giocato molto sulla suspance in questo racconto, soprattutto interrompendo i capitoli dopo frasi sensazionali o dopo grandi rivelazioni... lo so, sono sadica! Ahahah! Ma non temere, aggiornerò con frequenza questi ultimi capitoli! Infine, come al solito, grazie per le tue stuzzicanti domande. In realtà non avevo pensato a come avvenissero le elezioni: comunque credo che venga allestito un seggio a Doolin, e che gli interessati al voto vi si dirigano! Se hai altre curiosità, non esitare a chiedere, perché mi stimolano sempre tantissimo le tue domande! A presto!

@elliepotter: è sempre un piacere scoprire di avere una nuova lettrice! Diciamo che Edmund ha avuto ragione fino ad adesso, ma poi chissà... comunque spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!

@Salice: in realtà è strano che sir Percevall parli ancora da medioevale: dopo tutto ha attraversato tutte le epoche da fantasma, ma ho immaginato che abbia vissuto una vita un po' da randagio, pellegrinando per le foreste, e che quindi gli sia rimasto il modo di parlare antiquato. Quanto alla brevità del capitolo, ti assicuro che sono tutti tra le 3-4 pagine di word... sei tu che leggi troppo velocemente! Ahahah! Spero che la partita ti abbia divertito, alla prossima!

Grazie a tutti! Beatrix



EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Blake Finnegan e Lucy Patterson.

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Capitolo 14
*** Il ladro di ingredienti ***


CAPITOLO 14

Il ladro di ingredienti






In realtà, i Nagard avevano vinto la partita lealmente, ma nessuno della squadra lo fece notare a Lucius: meglio che la sua ira si scagliasse contro gli avversari sleali, che contro di loro.

Anzi, Lucius era ancora pieno di entusiasmo. «Ragazzi, abbiamo giocato bene!» li incitò in spogliatoio. «I nostri Cacciatori sono stati spettacolari e i Nagard ci hanno battuto per poco. Tutto dipende dalla prossima partita: se i Llapac riescono a vincere sui Nagard, anche con un minimo margine, noi potremmo conquistare la coppa! Voglio dire, abbiamo più di trecento punti! Voglio vedere i Nagard a superarci!»

La squadra esultò, ma nessuno credeva davvero alle parole di Lucius: Cecelia Allen era una brava capitana e un'ottima giocatrice, ma non sarebbe mai stata in grado di trasformare i Llapac in campioni e farli vincere contro i Nagard di Finnegan.

La primavera arrivò in anticipo, quell'anno, e già a metà marzo le verdi colline che circondavano il castello si riempirono di fiori di campo. Mairead passava delle ore a guardare il panorama dalla finestra, cercando di godersi il leggero tepore che cominciava a invadere l'isola smeraldo.

Durante una lezione di fine marzo, la professoressa O'Connel, in qualità di vicepreside, annunciò ai ragazzi del secondo anno l'importanza della scelta delle nuove materie, di cui i direttori delle varie case avrebbero consegnato ai propri studenti un elenco.

Edmund, ancora con la testa presa dall'enigma della setta, cominciò a passare ogni suo momento libero in biblioteca, alla ricerca dell'utilizzo del dente di drago e delle foglie di erborella, senza troppi risultati.

Un giorno, disperato, si ritrovò a chiedere aiuto alla professoressa Blath, che insegnava Erbologia.

Dopo lezione, attese nella serra che gli altri compagni fossero usciti, poi si avvicinò all'insegnante. «Mi scusi...» domandò esitante.

«Dimmi pure, Burke» gli sorrise la professoressa Blath, mentre riponeva al sicuro i semi di girostrato in un panno di cotone.

«Volevo chiederle una delucidazione su una pianta che ho trovato nelle mie letture» rispose Edmund, stropicciandosi le mani.

L'insegnante era una strega molto gioviale e non per niente era la direttrice della casa dei Llapac, ma Edmund temeva che potesse poco gradire la sua richiesta d'aiuto, visto che non era mai stato particolarmente attento alle lezioni di Erbologia.

«Che pianta?» domandò invece la professoressa.

«Erbosella» rispose con sicurezza Edmund.

La strega fece una faccia perplessa. «Non esiste nessuna pianta con quel nome, Burke. Devi esserti sbagliato».


La notizia che la pianta di nome erbosella non esisteva, aveva completamente sconvolto Edmund. Che cos'altro poteva avere le foglie, oltre ad una pianta? Possibile che il professor Uisce si fosse sbagliato?

Edmund era frustrato, perché tutte le informazioni gli giravano vorticosamente in testa, ma lui non riusciva ad afferrarne il senso, come se dovesse risolvere un rebus complicatissimo. Il fatto, poi, che la setta non si fosse più manifestata, Edmund era certo che dipendesse dai turni di guardia che i professori avevano organizzato per tenere d'occhio il castello. Dopotutto, se non si trattava di fantasmi, dovevano essere delle persone in carne e d'ossa, persone che come tali vivevano a scuola perché era impossibile entrare di nascosto nel territorio del Trinity, visti gli incantesimi di protezione imposti da Captatio stesso. Forse erano studenti un po' troppo nazionalisti.

Ma come facevano ad apparire come fantasmi? Come facevano a terrorizzare in quel modo chiunque li vedesse? E come avrebbero fatto a smascherarli?

Una sera Edmund prese una decisione drastica. Se le informazioni di cui aveva bisogno non si trovavano in biblioteca, avrebbe cercato nella dispensa personale di Uisce. Farsi beccare a peregrinare per il castello di notte, non doveva essere una buona idea, ma non aveva altra scelta. Così una sera aspettò che tutti i suoi compagni si fossero addormentati, poi scivolò silenziosamente fuori dalla stanza. In sala comune non c'era più nessuno e le braci che si stavano spegnendo nei camini donavano alla stanza un barlume rossastro. Edmund strinse la bacchetta e, dopo un profondo respiro, uscì in corridoio.

Il castello era buio e silenzioso. I passi di Edmund risuonavano fino alle volte degli alti soffitti, per quanto il ragazzino cercasse di non fare rumore. «Lumus» sussurrò, nel tentativo di farsi un minimo di luce.

Era poco distante dall'ufficio del professor Uisce, quando sentì dei passi. «Nox» bisbigliò con il cuore che batteva a mille. Si appiattì contro la parete, nella speranza che chiunque fosse non lo vedesse.

Il suono di passi si arrestò.

Edmund trattenne il respiro, convinto che anche solo il rumore del suo torace che si alzava e si abbassava l'avrebbe tradito.

«Ti ho beccato».

Una bacchetta era puntata contro il suo petto.

«Diultach!»

Edmund fece a tempo solo a sgranare gli occhi, poi del fumo blu lo avvolse e infine tutto divenne nero.


«Hai preso il ladro, Niall» disse una voce che Edmund era certo di aver già sentito, ma non sapeva riconoscere.

«Così sembrerebbe» rispose un'altra con aria un po' seccata, la stessa che gli aveva lanciato l'incantesimo.

«Ma si può sapere che gli hai fatto?» chiese la prima.

Edmund sentì che qualcuno gli metteva una mano sulla fronte, ma non ebbe il coraggio di aprire gli occhi.

«Oh, nulla di serio. Ho usato l'incantesimo stordente: fa svenire chiunque nel raggio di parecchi metri. È molto utile, peccato che non lo conoscano in molti».

«Credo che dovremmo portarlo da Caius. Lui deciderà se espellerlo».

A quelle parole Edmund spalancò gli occhi spaventato: non potevano buttarlo fuori dalla scuola! Il Trinity era la sua casa!

«Oh, Burke, ti sei svegliato» disse in tono severo il professor Uisce, che era chino su di lui.

Gli occhi di Edmund saettarono da lui alla figura in piedi che lo sovrastava.

«Siamo in grossi guai, mio caro ladruncolo» disse il professor Codail, con un ghigno divertito.


Il preside Captatio si presentò nel suo ufficio in camicia da notte, con in testa una terribile cuffietta bianca con tanto di pon-pon. «Grazie, Pol, Niall. Lasciateci soli» ordinò ai due professori, che con un cenno del capo lasciarono la stanza. Captatio si sedette sulla poltrona dietro alla sua scrivania e fissò Edmund con uno sguardo perforante.

Il ragazzino si stritolò le mani a disagio e cominciò a guardare le venature delle piastrelle di cotto del pavimento.

«Siediti, Edmund» sospirò infine il preside.

Il ragazzino si lasciò cadere sulla sedia, poi incominciò: «Signore, non voglio essere espulso, io non stavo... non ho...»

Captatio sollevò una mano e Edmund fu costretto a tacere. Per un attimo si sentì solo il suo deglutire affannoso.

«Non ho intenzione di espellerti, Edmund. E non credo che sia tu il ladro che ruba dalla dispensa del professor Uisce» disse infine il preside.

Il ragazzino si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. «Ti dirò che non voglio nemmeno sapere che ci facevi in giro per il castello a notte fonda. Ciò non toglie che non posso ignorare l'accaduto e sarò costretto a levare cinquanta punti ai Raloi e a metterti in punizione per un mese» continuò Captatio in tono serio.

Paragonati al pensiero dell'espulsione, quei provvedimenti parevano sciocchezze. «Sissignore» fu l'unica cosa che Edmund riuscì a dire.

Nel piccolo e incasinato ufficio calò il silenzio. Lo sguardo di Captatio sembrava perforare il ragazzino, alla ricerca di chissà quale verità.

«C'è una cosa di cui vorrei parlare con te, Edmund» disse ancora il preside, sempre in tono grave.

«Cosa, signore?» chiese Edmund, con la gola secca. In quegli ultimi mesi aveva combinato parecchie cose di cui il preside avrebbe potuto voler parlare: tanto per fare un esempio, l'evocazione di sir Percevall.

Captatio invece si concesse un piccolo sorriso, che increspò gli angoli della sua bocca, nascosta dai giganteschi baffi bianchi. «Ho saputo che il tuo Molliccio assume una forma abbastanza singolare. Ti sei mai chiesto il perché?»

Edmund non riuscì a evitare di fare una faccia stupita: certo che si era chiesto il perché, ma non gli era mai passato per la testa di parlarne con qualcuno, tanto alle tre del mattino, con il preside Captatio vestito in camicia da notte.

«Ci ho pensato, signore, ma non saprei spiegarne il motivo» rispose infine, con voce titubante.

Il mago si sporse dalla sedia verso di lui. «Non riesci a capire perché la tua paura più grande è di diventare malvagio?»

Edmund scosse lentamente la testa. Captatio avrebbe potuto spiegargli quella cosa che nemmeno lui riusciva a capire?

Il preside si appoggiò nuovamente allo schienale della sedia e sorrise. «Edmund, tu sei un ragazzo estremamente dotato e credo che potresti diventare uno dei maghi più potenti che io abbia mai conosciuto. Sai che cosa succederebbe se tu decidessi di usare le tue capacità per scopi malvagi?»

«Io...» farfugliò Edmund a disagio. Non era abituato a ricevere dei complimenti, ma soprattutto non aveva mai pensato ai risvolti etici delle sue azioni.

«Edmund, tu potresti tenere il mondo intero nelle tue mani, far calare un'oscurità di terrore tale da spegnere il sole» disse Captatio con convinzione.

Edmnund abbassò lo sguardo, riflettendo sulle parole del preside. Lui...? tenere il mondo nelle sue mani? Non aveva mai pensato di essere tanto potente. Avrebbe potuto davvero...?

«È molto saggio che tu tema tutto questo» commentò Captatio, riportandolo bruscamente alla realtà.

Sì, lui aveva paura di diventare malvagio perché sapeva di avere un potere tale da terrorizzare il mondo, ma era anche terribilmente affascinato da quella prospettiva. Forse era la stessa oscura attrazione che provava per quella possibilità che lo spaventava tanto.

«Signore, lei sa che effetto ha l'incantesimo che pronunciò il mio molliccio? La parola era “Morsmordre”, se non ricordo male» chiese il ragazzino, nella speranza di capirti qualcosa.

Il Preside esitò una frazione di secondo. «No, non saprei. Comunque il fatto stesso che tu tema questa eventualità, significa che hai già scelto da che parte stare» gli disse Captatio, con un sorriso.

Il problema era che, sì, la temeva, ma anche lo affascinava. Edmund represse quei pensieri in fondo al suo animo: ora aveva ben altro a cui pensare. Come smascherare la setta, tanto per cominciare. Doveva trovare il modo, doveva farlo per Mairead. Se solo avesse potuto ricevere una mano dal professor Captatio: sicuramente lui doveva sapere cosa fosse l'erbosella. Ma come avrebbe potuto chiederglielo, senza ammettere di aver origliato la conversazione tra lui e Uisce?

«Ah, c'è una cosa che volevo darti!» esclamò poi Captatio, con un sorriso giovale, come se non stesse discutendo con uno studente indisciplinato a notte fonda. Il Preside si alzò dalla sedia e prese un libro dalla copertina violacea da un piccolo scrittoio affollato di pergamene e vecchi volumi polverosi. «Questo libro mi è stato mandato di recente dal suo autore, per sapere un mio parere» disse il mago, nel porlo a Edmund.

Pozioni complesse dalla dubbia utilità.” recitava il titolo a lettere dorate. Il ragazzino prese il volume e ne sfogliò le prime pagine.

«Io non sono d'accordo con alcune sue posizioni» spiegò Captatio. «Mi chiedevo se ti andava di leggerlo e di farmi sapere che ne pensi».

«Perché io, signore?» Edmund, sorpreso, non riuscì a trattenersi dal domandarlo. Il Preside avrebbe potuto chiederlo a mille altre persone, a cominciare del professore di Pozioni. Chissà quanti maghi molto più qualificati conosceva che potessero dargli un parere su quel libro.

Captatio sorrise divertito. «Sei un ragazzo brillante, Edmund, sempre a chiederti il perché delle cose. Be', se non sbaglio c'è una sedia con scritto sopra il tuo nome, in biblioteca: chi meglio di un lettore esperto come te potrebbe farmi sapere che ne pensa di un libro appena pubblicato?»



Ecco il nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto: ho deciso che era il momento di far riflettere un po' il giovane Burke sulle sue potenzialità. A presto,

Beatrix

@ Julia Weasley: eh, insomma, era giusto che perdessero un po' anche loro! Altrimenti il loro orgoglio si sarebbe gonfiato a dismisura! Come vedi, questo capitolo era incentrato su Edmund, quindi non si parla dei festeggiamenti di Laughlin, ma credo che si sia comunque moderato per rispetto dell'amica ferita. Sì, Dedalus è un po' ispirato a Luna, volevo anche io il mio Lovegood! Quanto alla trama, si sta complicando sempre di più, ma ci avviciniamo a grandi passi allo svelamento del mistero! A presto!

@ darllenwr: dopo tutto, ogni protagonista che si rispetti, deve essere al posto giusto nel momento giusto! Per la partita, immagino che se c'è tensione anche per semplici amichevoli, deve esserci necessariamente un clima teso per quella che è la partita più attesa del campionato studentesco! Meno male davvero che non possono portarsi la bacchetta in campo! Anche io penso che questa sconfitta abbia fatto bene ai Raloi, dopo tutto. Quanto alle tue domande, spero di poterti rispondere in modo esauriente:

a) l'indipendenza dell'Irlanda magica è avvenuta un po' prima, verso fine ottocento, ovviamente in seguito a rivoluzioni spesso anche violente e manifestazioni nazionalistiche poco raccomandabili. I Michael Collins irlandesi erano tutti esponenti dell'EIF (il corrispettivo dell'IRA, dopo tutto, anche se è stato fondato nel 1600 circa), ma come tali, il loro “glorioso” ricordo è stato cancellato dalle azioni successive dell'EIF, che continuano il loro terrorismo xenofobo, dimenticando l'antico (e nobile, oserei dire) obiettivo che aveva mosso i loro predecessori.

b) il Trinity in quanto tale, accetta tutti, ma i nazionalisti vorrebbero un sangue puramente celta. Ovvio che il loro odio si manifesta maggiormente contro chi ha origini inglesi, visto che l'Inghilterra è la malvagia dominatrice, ma in generale chiunque è “straniero” è malvisto. Spero di aver soddisfatto tutti i tuoi dubbi, se hai altre domande, chiedi pure! Alla prossima!




EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine!

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Capitolo 15
*** La pozione di differenziazione ***


CAPITOLO 15

La pozione di differenziazione






L'intenso odore di candela e incenso era uguale a come se lo ricordava e gli studenti presenti alla funzione erano sempre pochi. Eppure c'era qualcosa di spirituale e affascinante in quella cappella sotterranea che nemmeno conosceva la luce del sole. Non sapeva dire se l'impressione che fosse presente in quel posto una sorta di spirito divino derivasse dalla coscienza che quello era un luogo sacro o dall'aspetto stesso della cripta, così oscuro e mistico.

«Dominus vobiscum» disse padre Rafael, allargando le braccia verso i suoi pochi fedeli.

«Et cum spiritu tuo» rispose in coro tutta l'assemblea. Con quelle parole, i ragazzi cominciarono ad uscire dalla piccola chiesetta.

«Laughlin!» esclamò Dominique, quando vide il suo amico seduto all'ultimo banco. «Sei venuto a parlare ancora con padre Rafael?» gli chiese con un sorriso.

Anche Laughlin sorrise. «Veramente sono venuto a messa» rispose, scrollando le spalle.

Dominique non poté evitare di sgranare gli occhi per la sorpresa: si poteva dire di tutto del suo amico, ma non che fosse cristiano o anche solo interessato alle questioni religiose.

«Davvero?» domandò scioccato, dopo qualche secondo di silenzio. L

aughlin alzò le spalle, come se stesse parlando del tempo o di qualche altro argomento banale. «Tu mi hai detto che Pasqua è la festa più importante per i cristiani, no? Ero curioso di scoprirne il motivo» rispose con naturalezza.

In realtà non sapeva spiegarsi nemmeno lui perché avesse scelto di andare a messa il giorno di Pasqua, con tutte le cose interessanti che avrebbe potuto fare quella mattina. Forse era per condividere con Dominique un'esperienza che per lui era così importante, forse davvero per curiosità e interesse o forse perfino per uno stimolo implicito di dubbio e fede che lo spingeva verso il luogo dove teoricamente si trovavano le risposte a tutte le domande.

«Sei stato gentile» rispose Dominique, con un sorriso di gratitudine.

Laughlin era davvero una grande persona.

E insieme si incamminarono verso la Sala Mor.

«Laughlin! Dov'eri finito?» lo chiamò una voce squillante, non appena entrarono nella Sala Mor.

«Oh, Ed...» esclamò sorpreso Laughlin, mentre il suo amico gli correva incontro con un libro dalla copertina violacea sottobraccio.

«Ciao, Dominique» disse Edmund, con un cenno di saluto verso il ragazzino.

«Ciao, Edmund. Buona Pasqua» rispose Dominique sorridendo. Gli piaceva Edmund, era un ragazzo serio e pieno di buoni propositi, sempre pronto a mettersi in gioco. Ogni tanto si offriva di aiutarlo con i compiti di Trasfigurazione, visto che lui in quella materia era un completo disastro.

«Grazie, anche a te» gli rispose, poi si rivolse a Laughlin: «Laugh, ti devo parlare, è importante».

«Ehm, va bene. Scusaci, Dominique» disse Laughlin, salutando il suo amico e seguendo Edmund verso il tavolo dei Raloi, dove li stava attendendo Mairead.

«Cerchiamo un posto tranquillo.» sussurrò Edmund ai suoi amici, venendo che in Sala Mor troppa gente avrebbe potuto ascoltare i loro discorsi. Visto che quel giorno un tiepido sole si era affacciato da dietro le nubi, i tre decisero di andare in riva al lago.

«Di che volevi parlarci, Ed?» domandò Mairead, sedendosi sull'erba, di fronte alla distesa d'acqua che circondava l'isola del Trinity.

Edmund guardò i suoi amici con aria risoluta. «Ho scoperto i segreti della setta» annunciò in tono serio.

«Che cosa?» esclamarono in coro Mairead e Laughlin.

Edmund mostrò loro il libro che aveva sottobraccio.

«Pozioni complesse dalla dubbia utilità» lesse Mairead, dalla copertina.

«Me l'ha dato Captatio una settimana fa» spiegò Edmund, aprendo il volume alla pagina che aveva segnato. «Non ne capivo bene il motivo, finché non ho trovato questa: la pozione di differenziazione. Indovinate gli ingredienti?»

«Scaglie di dente di drago e foglie di erbosella» rispose Laughlin, con sicurezza.

Edmund annuì. «Esatto. Tra l'altro la professoressa Blath aveva ragione: erbosella non è una pianta, ma un uccello che si mimetizza tra i rami più alti degli alberi e per questo le sue piume sono verdi e simili a foglie, tanto che vengono comunemente chiamate “foglie di erbosella”»

«Che effetto ha questa pozione?» domandò Mairead, sbirciando sul libro che teneva in mando Edmund.

«Un effetto molto interessante: praticamente ti consente di proiettare una tua immagine sbiadita a parecchi metri di distanza da dove ti trovi. Di solito viene usata per disorientare i nemici, ma può avere anche altri scopi» spiegò Edmund.

«Quindi... vuoi dire che la setta la usa per apparire in quel modo?» chiese Laughlin, allibito da quella faccenda.

Edmund annuì un'altra volta.

Immaginare cinque studenti che bevevano una pozione tanto inutile solo per assomigliare a dei fantasmi, non era poi così terrificante. Alla fine Edmund aveva ragione: c'era una spiegazione razionale dietro quel fenomeno apparentemente spaventoso.

«E non è tutto!» esclamò il ragazzino, sempre più eccitato, estraendo dalla borsa un secondo libro. «Una volta che ho capito che la setta faceva uso di pozioni, ho scoperto anche come fanno a terrorizzare chiunque» Edmund aprì l'altro volume e lesse ad alta voce: «Pozione del terrore, comunemente chiamata “terrore liquido”: provoca in chi la beve una sensazione paralizzante di terrore; solitamente deve essere bevuta, ma anche inalata ottiene un certo effetto, seppure minore».

Ecco perché ancora prima di vedere la setta, i tre amici erano stati invasi da una sensazione di puro panico.

«E come fanno a spargerla per i corridoi?» chiese Mairead, sempre più coinvolta da quella storia.

«Semplice» rispose Edmund. «Attraverso queste altre pozioni: la pozione del fumo, che produce quel denso fumo bianco, e la pozione di effusione, per cui basta metterne una goccia in un'ampolla contenente un'altra pozione e quest'ultima si effonde in tutto l'ambiente. Solitamente si usa per i profumi, ma può avere mille altre finalità».

«Accidenti...» commentò Laughlin sottovoce.

Ora era tutto così chiaro, così semplice ed evidente. La setta non faceva più tanta paura, dopo che erano stati svelati i suoi trucchi.

Mairead scosse la testa. «Pensi che il professor Captatio lo sappia?» domandò incerta.

«Sì, credo di sì» rispose Edmund con un sospiro.

«Ma allora perché non fa nulla? Perché non li ferma? Perché ha dato questo libro a te? Cosa pensava che potessi fare contro la setta?» esclamò in tono frustrato la ragazzina.

Edmund la guardò dritta negli occhi per cercare di tranquillizzarla. «Il problema è che sappiamo cosa fanno e come lo fanno, ma non sappiamo chi sono».

«Oh, be', qualche nome io ce l'avrei» intervenne Laughlin.

Mairead e Edmund si voltarono simultaneamente verso di lui.

«La Diablaiocht, tanto per cominciare, e Deamundi: sono dei sanguinisti spudorati» rispose il ragazzino, alzando le spalle.

«Chi è questo Deamundi?» domandò Edmund. L'aveva visto un paio di volte, era un tipo del quarto anno dei Nagard, moro con gli occhi scuri e lo sguardo torvo, uno di quelli perennemente con la puzza sotto il naso.

«È uno dei figli del Conte Deamundi, l'ultimo nobile discendente di una delle più famose famiglie celtiche di maghi. Sono della stirpe di Con Cetchthach, una delle più antiche, che fa risalire la sua origine alla fondazione di Eriu. Sono tutti fissati con il sangue puro e quelle idiozie lì» spiegò Laughlin, storcendo il naso.

Certo, persone come quelle avevano tutte le carte in regola per far parte della setta, ma non avendo prove di nessun tipo, non potevano accusarle. Edmund fece un lungo sospiro. «Sentite, non so perché Captatio ha dato il libro proprio a me, ma evidentemente sospetta qualcosa e pensa che noi possiamo riuscire a smascherare la setta. Inoltre, credo che Captatio tema che sia coinvolto anche un'insegnate, perché la pozione di differenziazione è troppo difficile per essere preparata da degli studenti. Altrimenti, perché non si sarebbe fatto aiutare dai professori nello scoprire chi c'è dietro tutta questa storia?»

Mairead e Laughlin annuirono con serietà.

«Hai ragione, se Captatio non può fidarsi del suo corpo docenti, ci deve essere una grave ragione» asserì Mairead. «Dobbiamo capire come smascherare i colpevoli».

Proprio in quel momento sentirono provenire dal castello quello che pareva un urlo di terrore. I tre amici si scambiarono uno sguardo pieno di apprensione: nessuno osò pronunciare quelle parole, ma tutti sapevano che cosa stava succedendo. E poi, nel medesimo istante, come se qualcuno avesse suggerito loro che cosa fare, cominciarono a correre verso il castello. Arrivati nel salone d'ingresso, ebbero la conferma dei loro timori: un denso fumo bianco riempiva i corridoi del secondo piano.

«Beato Merlino...» sussurrò Laughlin sgranando gli occhi davanti a quello spettacolo terribile. La setta non aveva mai attaccato di giorno né con tanto clamore. Anche sapendo tutto quello che ci stava dietro, era comunque spaventoso.

«Andiamo!» esclamò Edmund, trascinando i suoi amici verso le scale: dovevano smascherarli approfittando dell'occasione in cui si erano rifatti vivi. Salendo verso il secondo piano, una crescente sensazione di terrore invase i loro cuori, ma i tre ragazzi non si fermarono. Non c'era niente di cui aver paura, in fondo.

A metà della seconda rampa di scale, Edmund, che era in testa al gruppo, cadde a terra in ginocchio, paralizzato. Razionalmente voleva continuare a salire, ma il panico che aveva invaso il suo cervello gli impediva di pensare lucidamente. Anche Laughlin, poco dietro di lui, si immobilizzò, incapace di proseguire.

«Nooo!» gridò Mairead. Con una forza d'animo che non credeva di possedere, continuò a salire i gradini che la separavano dal secondo piano, bacchetta alla mano. Il denso fumo le impediva di vedere dova stava andando, ma il peggio era il puro terrore che le attanagliava le membra. Cominciò a piangere per la paura, ma non smise di avanzare. Doveva farlo, doveva smascherare la setta.

E poi inciampò su qualcosa e cadde. C'era un ragazzino con una divisa blu, che si contorceva a terra.

«Henry...» sussurrò Mairead, riconoscendo i tratti paffuti del Llapac. Aveva la bava alla bocca e gli occhi torti all'indietro.

Mairead non riuscì ad alzarsi da terra, ma non solo per la paura: sentiva i polmoni bruciare, come se avesse un fuoco che le divorava le membra. “Sciocca coraggiosa...” si disse, mentre cominciava schiumare dalla bocca.

«Morte ai sasanachfiul!» disse una voce roca alle sue spalle. Fu l'ultima cosa che sentì, poi tutto divenne buio.


«Mairead, ti sei svegliata?» le chiese una voce preoccupata, quando la ragazzina aprì lentamente gli occhi.

Era in infermeria. Aveva un lieve mal di testa, ma soprattutto sentiva come se i polmoni le bruciassero ad ogni respiro.

«Ohi...» fu l'unica cosa che riuscì a dire con voce flebile.

«Ti sei presa una bella avvelenata» commentò Laughlin, con un mezzo sorriso.

Improvvisamente Mairead ricordò tutto: l'apparizione della setta, la salita impossibile verso il secondo piano, il fumo bianco che circondava ogni cosa, Henry a terra e poi il bruciore ai polmoni. Doveva aver inalato qualche veleno, sparso per l'ambiente tramite la pozione di effusione.

«Henry?» domandò con un filo di voce, preoccupata.

«È stato portato al St. Bartleby Hospital di Dublino: ha rischiato di brutto. Pare che dovrà restare ricoverato per almeno un mese» spiegò Laughlin in tono sommesso.

Lentamente Mairead stava riprendendo lucidità. Si mise a sedere e guardò le facce spaesate dei suoi amici. «Cos'è successo?» chiese, anche se temeva già la risposta.

Edmund prese un profondo respiro e poi cominciò a raccontare: «Quando è arrivato Captatio tu eri a terra insieme a Henry: hanno chiamato i medimaghi e hanno portato via lui, mentre tu sei stata portata in infermeria».

«E la setta?»

Edmund scosse la testa. «Se l'era già defilata».

«Maledizione!» imprecò Mairead, tirando un pugno al cuscino.

Edmund le lanciò uno sguardo sommesso. «E ora le cose si complicano.»

Il ragazzino aveva ragione: le cose si complicarono parecchio. Non appena la notizia che due Nati Inglesi erano quasi morti avvelenati si sparse nella comunità magica, la Corte della Magia, su incitamento dell'opinione popolare, citò in giudizio il Preside Captatio, perché rispondesse del suo operato in qualità di dirigente e delle misure di precauzione prese contro la setta degli Eletti. Essendo sotto processo, Captatio fu costretto a dimettersi dal ruolo di Preside, che fu momentaneamente occupato dalla professoressa O'Connel. Ma in realtà, con Captatio lontano dal Trinity, il rischio delle aggressioni da parte della setta si moltiplicava.

Mairead restò in infermeria per solamente per qualche giorno, visto che aveva inalato troppo poco veleno per avere delle gravi conseguenze. All'interno della scuola furono prese una serie di precauzioni per evitare altri incidenti: a tutti gli studenti era proibito uscire dalla propria sala comune dopo le nove, per quanto possibile i movimenti dovevano essere limitati e ogni spostamento tra le aule doveva essere accompagnato da un'insegnante. Ovviamente il torneo di Quidditch fu annullato, con grande dispiacere di tutti. Ma, d'altronde, come si poteva permettere ai giocatori di allenarsi in tutta sicurezza?

Edmund era frustrato: ora che gli era impedita ogni libertà di movimento, era assolutamente impossibile smascherare i componenti della setta. Non poteva permettere che restassero impuniti! Non ora che aveva scoperto tutti i loro segreti, il modo in cui apparivano, le pozioni che utilizzavano.

Eppure c'era qualcosa che ancora gli sfuggiva: un pensiero oscuro che vagava nella sua mente, ma ogni volta che cercava di afferrarlo, gli sgusciava via come una nuvola di fumo. C'era qualcosa che non quadrava in tutta quella storia. Era come se il professor Captatio, consapevole che prima o poi sarebbe stato allontanato dal castello, avesse voluto lasciargli un messaggio in codice, nascosto tra le pagine del libro dalla copertina violacea. Edmund continuava a sfogliarle, tanto che ormai le conosceva a memoria, senza tuttavia ottenere nulla.

Proprio in quel libro, aveva anche scoperto una pozione inventata dal dottor Cox, il pozionista che era stato rapito dall'EIF a settembre: si chiamava pozione del controllo e se fatta bere a qualcuno, permetteva a chi l'aveva preparata di prendere possesso del corpo dell'altro dal tramonto del sole fino all'alba. Una pozione fondamentalmente inutile, sia perché esisteva già una maledizione che otteneva lo stesso risultato, sia perché il preparato andava bevuto regolarmente ogni sera, infine anche perché il suo effetto durava solo la notte.

«Be', se sei innamorato della moglie del tipo di cui prendi il controllo, allora ha senso...» buttò lì Laughlin, un pomeriggio, mentre ascoltavano annoiati la lezione di Storia della Magia.

«Che idiota» bofonchiò Mairead scuotendo la testa.



Ecco a voi il nuovo capitolo! Finalmente si scoprono i segreti della setta! Ma ora riusciranno i nostri amici a smascherare i colpevoli? Ai posteri l'ardua sentenza! O meglio... ai prossimi capitoli!

Un grazie a tutti,

Beatrix

@ Julia Weasley: te l'ho detto che sei una lettrice molto acuta! Avevi ragione, l'erbosella è un animale! Cos'è adesso riesci anche a scoprire tutto il mistero? Vuoi battere anche Edmund? Lui ci arriverà solo fra un po'...XD Sono contenta che ti piaccia Edmund, anche a me affascina molto. Poi mi diverto tantissimo a descrivere il suo “lato oscuro”! Mi piacciono i personaggi tentati dal male. Captatio poi è la versione “buffa” di Silente: volevo farlo un po' folle insomma! Credo che solo lui potrebbe presentarsi in camicia da notte! Sono felice di averti coinvolto! A presto!

@ darllenwr: Lucius cerca di incitare i suoi compagni di squadra, ma probabilmente non crede nemmeno lui a quello che dice: è solo dispiaciuto perché quello è il suo ultimo anno al Trinity e credo che ci tenesse a vincere la coppa. Sì, Edmnund ha rischiato grosso, ma alla fine Captatio ha un occhio di riguardo per quel talentoso ragazzo quindi credo che non arriverebbe mai ad espellerlo. Captatio sa che Edmund è un mago molto dotato e vorrebbe in un certo senso tenerlo sotto la sua ala, per evitare che si lasci tentare “dal lato oscuro”, cosa assai probabile, essendo così potente. Anche perché Edmund è oltretutto orfano e quindi senza un terreno solido, che gli insegni valori morali. L'incantesimo in gaelico è fatto apposta: in Irlanda non ci sono solo gli incantesimi tradizionali in latino, ma anche alcuni in gaelico propri dell'isola. Per questo i ragazzi studiano sia Latino che Irlandese. Sapevo che avresti apprezzato la scelta! ;-) A presto!

@ quigon89: sì, la professoressa Blath è disponibile verso tutti gli alunni, cosa non da poco visti gli insegnanti che girano (anche nel mondo babbano!). Eheee... diciamo che Captatio sospetta qualcosa, che però non può rivelare a Edmund! E che io non posso rivelare a te! Altrimenti ti rovinerei tutto il gusto di leggere. =) Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto: in questo nuovo si scoprono un sacco di cose sul libro violetto di Captatio... ma saranno a sufficienza? Ti lascio con questo interrogativo! Alla prossima!




EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Mairead che tenta di smascherare le setta.

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Capitolo 16
*** Il rapimento ***


CAPITOLO 16

Il rapimento






Edmund entrò titubante in sala insegnanti. Sedute in un angolo c'erano solo la professoressa O'Connel e la professoressa Dorcha, che insegnava Astronomia; le due stavano chiacchierando tranquillamente.

«Codail ti ha invitato a bere il tè da lui?» stava chiedendo Dorcha con una risata tintinnante.

«Assurdo, vero?» rispose la O'Connel, scuotendo la testa.

Edmund si fece avanti impacciato.

«Burke, che ci fai in giro da solo?» esclamò la vicedirettrice, non appena notò il ragazzino.

«Ehm, cercavo il professor Ballerinus» sussurrò Edmund in tono dimesso.

La O'Connel si alzò con aria rassegnata. «È nel suo ufficio, vieni che ti accompagno».

La strada fu percorsa in un silenzio quasi imbarazzante. Edmund farfugliò un “grazie”, quando la professoressa gli indicò la porta dello studio di Ballerinus.

«Avanti» rispose la voce dell'insegnante, non appena Edmund bussò timidamente sul legno. «Oh, Burke. Dimmi pure» gli disse Ballerinus, quando lo vide entrare.

Ormai andare a colloquio con i professori stava diventando una specie di passatempo per lui. «Io... ehm, volevo chiederle un consiglio sulle materie da scegliere per l'anno prossimo» rispose Edmund tutto d'un fiato.

Alla lezione precedente, Ballerinus aveva consegnato a tutti i suoi studenti un foglio con l'elenco di nuovi insegnamenti: Babbanologia, Cura delle Creature Magiche, Divinazione, Artimanzia, Antiche Rune, e Magicologia Irlandese. Edmund sapeva quanto fosse importante quella decisione, ma non aveva la più pallida idea di cosa scegliere.

Mairead e Laughlin avevano deciso di optare per le stesse materie, così almeno avrebbero frequentato il corso assieme, ma Edmund era convinto che avessero tirato a caso, perché alla fine si erano iscritti a Magicologia Irlandese e Cura delle Creature Magiche. Nonostante le insistenze di Mairead, Laughlin si era categoricamente rifiutato di scegliere Babbanologia.

«Sono un mago, che senso ha studiare i Babbani? Non ho mica bisogno di scoprire come funzionano tutte le loro diavolerie tecnologiche!» aveva detto in tono stizzito ai suoi amici.

«Siediti pure, Edmund. Vediamo, che cosa ti piacerebbe fare?» gli chiese il professore in tono gentile.

«Ehm... io non lo so» rispose il ragazzino, fissandosi le mani.

«Be', in tal caso, cominciamo ad escluderne qualcuna. Babbanologia la eliminerei, tu sei cresciuto tra i Nabbani, no?» cominciò Ballerinus, leggendo l'elenco che Edmund gli aveva prestato.

Il ragazzino accennò un segno affermativo con la testa.

«Bene, ti piace stare all'aria aperta, a contatto con la natura e gli animali?» chiese ancora il professore.

Questa volta Edmund fece un cenno negativo.

«Allora via anche Cura delle Creature Magiche. Divinazione... non saprei, è una scienza piuttosto imprecisa» continuò l'insegnante.

Ma questa volta Edmund lo interruppe con tono deciso: «A me piacciono le scienze esatte, quelle fondate sulla logica, sulla razionalità, sui dati certi, sull'evidenza».

Il professor Ballerinus sorrise a quelle parole. «Molto bene, allora ti consiglio assolutamente Artimanzia e Antiche Rune. Ti direi anche di iscriverti a Magicologia Irlandese: è un corso molto interessante, tenuto sempre dal professor Saiminiu» propose l'insegnante.

«Va bene» rispose Edmund con un cenno di assenso.

Ballerinus sorrise e gli restituì il foglio, dal quale aveva depennato le materie scartate. «Visto che non era difficile?»

Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta: era il professor Codail con in mano una teiera decorata da una fantasia di fiori e farfalle. «Ti ho portato un assaggio del mio famoso tè, spero non ti dispiaccia» esclamò gioviale l'insegnante, sventolando la teiera.

Ballerinus sorrise. «Affatto, Niall, affatto. Aspettami qui, che riaccompagno Burke alla sua sala comune».


Dopo l'incidente accaduto a Henry e Mairead, non ci furono altre apparizioni a scuola, ma il clima era comunque teso. Gli studenti di seconda dovevano consegnare entro la fine di aprile l'elenco delle materie nuove che avevano scelto per l'anno successivo, quelli del quinto anno dovevano prepararsi ad affrontare la P.R.O.B.A.T.I.O. (Prova Regolare Ordinaria Basata sull'Apprendimento Totale Inizialmente Ottenuto), mentre quelli del sesto avevano davanti il difficile ostacolo della D.I.M.I.S.S.I.O. (Diploma Immutabile Maturato da Insigni Stregoni Stimati Idonei ad Ottenerlo). Il nervosismo era alle stelle e il fatto che gli studenti non si potessero muovere liberamente, non faceva altro che aumentare il clima di tensione.

L'unica cosa che sollevò un po' il morale degli alunni di seconda fu l'assenza del professor Codail ad una lezione di un bel pomeriggio di maggio, cosicché i ragazzi avevano guadagnato un'ora libera. In realtà, come al solito, furono costretti a passarla chiusi in sala comune, il che era un vero peccato, visto che il sole aveva stranamente deciso di affacciarsi anche sull'Irlanda e il lago era così invitante.

«Dai, Ed, usciamo! Chi se ne importa del coprifuoco!» protestò Mairead, strapazzando l'amico per la giacca della divisa. «Tanto noi non abbiamo paura delle setta, noi conosciamo i suoi segreti» lo incitò, strizzandogli l'occhio.

Edmund non era più tanto sicuro che la setta fosse innocua, dopo quello che era successo a lei e Henry, ma anche lui aveva voglia di uscire. «Va bene» rispose, con l'incoscienza tipica di quell'età.

I due uscirono di soppiatto dalla sala comune e poi si diressero verso quella dei Nagard per andare a chiamare Laughlin. In realtà si incrociarono a metà strada, perché anche a Laughlin era venuta in mente l'idea di uscire e quindi stava andando a cercarli.

«Dai, andiamo in riva al lago» propose Mairead, prendendo per le spalle i suoi due amici.

«Fermi voi tre!» ordinò una voce alle loro spalle, non appena misero piede nel salone d'ingresso. I ragazzini si voltarono lentamente, per trovarsi difronte la vicedirettrice.

Bene, beccati ancora prima di uscire dal castello.

«Maleficium, vieni con me nel mio ufficio. E voi due immediatamente nella vostra sala comune!» disse la professoressa O'Connel in tono tagliente. Nessuno si fece ripetere quell'ordine una seconda volta.

Per tutto il resto del pomeriggio, Mairead e Edmund rimasero in apprensione per il loro amico. Quanto l'aveva strapazzato la professoressa? E perché se l'era presa solo con lui?

Finalmente, quando gli studenti si mossero verso la Sala Mor per andare a cena, ai due amici fu concesso di uscire dalla sala comune.

Trovarono Laughlin in atrio. Aveva le spalle curve il volto rivolto verso il basso. C'era il suo baule accanto a sé.

Lo volevano espellere?

«Laughlin!» gridò Mairead correndogli incontro. «Che è successo?»

Il ragazzino alzò il viso verso i suoi amici. Restò in silenzio per un attimo, poi rispose in un sussurro: «L'EIF ha rapito Bearach. Io torno a casa. I miei genitori si stanno accordando con la vicepreside».

«Oh Morgana, è terribile!» esclamò Mairead, portandosi le mani alla bocca.

«Ma Bearach... voglio dire, è un purosangue...» farfugliò Edmund, incapace di credere a quello che era successo.

Laughlin scosse la testa. «Papà ha detto che erano mesi che riceveva minacce dall'EIF, perché lasciasse la direzione del giornale. Ma sapete come è fatto mio papà, non gli ha dato peso...» la sua voce si spense in un sussurro.

Mairead allora lo strinse a sé in un abbraccio. «Vedrai che gli Auror lo ritroveranno» gli disse nel tentativo di consolarlo.

«Come è potuto succedere?» chiese Edmund, scuotendo la testa.

La sua non era una vera domanda, ma Laughlin la prese come tale e rispose: «Mamma era in casa con Bearach... poi è stata avvolta da tantissimo fumo blu ed è svenuta. Quando si è ripresa lui non c'era più e sulla casa c'era la Croce Celtica».

Fumo blu... quelle parole accesero una lampadina nel cervello di Edmund. Era tutto collegato! C'era un unico schema! Il fumo blu, la setta, l'EIF e...

«Laughlin!» esclamò in preda all'eccitazione.

«Cosa?» domandò il ragazzino, senza capire. Ma proprio in quel momento arrivarono i signori Maleficium.

«Andiamo, Laugh caro?» domandò Daire in voce sommessa, mettendo una mano sulla spalla al figlio.

Laughlin annuì tristemente.

Eoin prese il suo baule e cominciò ad incamminarsi verso l'uscita con la moglie per lasciargli il tempo di salutare i suoi amici.

«Laugh!» esclamò Edmund afferrandogli il braccio. «Io so chi ha rapito tuo fratello!»

«Cosa?»

Eoin si voltò verso di loro per incitare il figlio a seguirli. «Laugh, non andare. Convincili a partire domani mattina, di' che hai bisogno di stare un po' con noi!» gli disse Edmund con voce concitata.

«Laughlin?» domandò Eoin con voce ferma.

«Avanti, vai a chiederglielo. Ti aspettiamo su, nella stanza dove abbiamo evocato Percivall!» sussurrò Edmund, lasciandogli andare il braccio. «Fidati di me!»

Laughlin si avvicinò con passo dubbioso verso i suoi genitori, mentre Edmund e Mairead correvano verso la vecchia aula di Storia della Magia. Era ancora come l'avevano lasciata, con il disegno fatto con il sale sul pavimento e le tre candele consumate poste ai vertici del triangolo.

«Si può sapere che ti prende?» domandò Mairead, con il fiato corto per la corsa.

Edmund era agitato e su di giri come se la nazionale di Quidditch avesse vinto il campionato. Fece segno a Mairead di tacere, poi le rispose: «Quando arriva Laughlin».

Dovettero aspettare parecchi minuti, che sembrarono durare un'eternità.

Finalmente Laughlin entrò come un tornado nella stanza. «Abbiamo due ore. È tutto quello che sono riuscito a contrattare» disse, afferrandosi la milza che doleva per la corsa.

«Basteranno» rispose Edmund, con un cenno del capo.

«Ora ci vuoi dire che succede?» gli chiese Mairead, in tono di rimprovero.

«So chi è il colpevole: è Codail! Ha rapito il dottor Cox e tuo fratello!» annunciò Edmund con sicurezza.

Mairead e Laughlin lo guardarono con gli occhi sgranati. «Codail?» gli fece eco la ragazzina stupita.

Edmund non vacillò. «Sì, Codail».

«Ma Ed, come puoi sospettare del professore?» domandò Laughlin allibito.

«Anche l'anno scorso nessuno pensava alla Trust, e invece...» rispose Edmund con foga.

«Ma...» provò ad obiettare Mairead.

«Niente ma! Sono come tanti tasselli di un puzzle e Codail è la chiave di lettura! State a sentire...» cominciò a spiegare con tono di voce animato. «Quando Cox venne rapito, l'unica cose che fu vista era del fumo blu. Tua madre ha visto del fumo blu quando hanno preso Bearach. Fumo blu, capite?» Mairead e Laughlin si scambiarono un'occhiata perplessi. «È l'incantesimo stordente, quello che Codail ha usato su di me! E lui aveva detto che non è un incantesimo che conoscono in molti, sebbene sia così utile».

«Ed, non puoi accusare il professor Codail sulla base di supposizioni!» protestò Mairead.

Edmund scosse la testa senza demordere. «Non sono supposizioni! È tutto collegato! Cox, la setta, Bearach! L'artefice è un'unica persona e Codail non era al Trinity oggi! E non è tutto! Riflettete: un noto pozionista viene rapito e guarda caso al Trinity accadono strani fatti che implicano l'utilizzo di una complessa pozione! Non vi pare un po' strana la cosa? E Codail è la chiave che scioglie tutti i nodi: io so dove sono il dottor Cox e Bearach» spiegò animatamente Edmund, gesticolando e fissando le facce allibite dei suoi amici.

Era tutto così strano, eppure...

«Come sai dove sono?» domandò Laughlin con un filo di voce. Dopo tutto Edmund era un genio e non aveva mai sbagliato. Possibile che fosse riuscito a capire dov'era nascosto suo fratello?

«Sono qui al Trinity, per forza! La pozione di differenziazione deve essere preparata e bevuta costantemente: qui sono spariti gli ingredienti al professor Uisce e il dottor Cox deve essere qui a prepararla» rispose con sicurezza Edmund, ma Mairead sembrava ancora dubbiosa.

«Va bene, Cox è qui. Ma Bearach? Come fai ad essere sicuro che sia anche lui al Trinity?» domandò la ragazzina con voce incerta.

Edmund le prese un braccio e la fissò dritto negli occhi. «Pensaci Mairead: i due delitti sono collegati dal fumo blu, come una firma. Significa che sono stati compiuti dalla stessa persona, Codail. Dove nasconderesti un ostaggio, se fossi il professore? Io lo porterei nello stesso luogo dove ho tenuto prigioniero un altro mago per quasi nove mesi senza che nessuno si accorgesse di nulla».

«Al Trinity» sussurrò Mairead improvvisamente consapevole del vero significato di quelle parole.

«Già» le rispose Edmund, lasciandole andare il braccio. Aveva un'aria risoluta e sicura.

Laughlin prese un lungo respiro. «Dobbiamo avvertire la professoressa O'Connel» disse con un filo di voce.

I tre amici si scambiarono sguardi d'intesa, carichi di tensione, poi Edmund fece un cenno di assenso con il capo e a quel gesto i ragazzini si mossero come un sol uomo.

Si diressero a passo svelto verso lo studio della vicepreside, ma non appena passarono davanti alla sala insegnanti, un ricordo affiorò inconsciamente nella testa di Edmund: la professoressa O'Connel che parlava del tè con Codail e poi l'insegnante che si presentava con lo stesso tè anche da Ballerinus. E improvvisamente si ricordò di Brion Brennan che rideva del falso allarme dato da Codail, alla fine dell'estate.

In questo modo nessuno arriva a collegarlo a qualche altro crimine che è successo nel frattempo.”

Le sue stesse parole riguardo al rapimento di Cox gli rimbombarono in testa. Il dottor Cox e la sua pozione del controllo, Codail con il suo incantesimo stordente, gli articoli di giornale, il tè della professoressa O'Connel, il libro che gli aveva lasciato Captatio... era tutto collegato! Le varie informazioni che prima gli vorticavano caoticamente nella testa, pian piano cominciarono a formare un quadro completo di quello che era successo fin dall'inizio.

E Edmund capì tutto.




La mia crudeltà ha raggiunto il limite! Vi lascerò per il fiato sospeso ancora per un paio di capitoli! Chissà che cosa ha capito Edmund... lo scoprirete fa un po'! Nel frattempo, godetevi la sensazione di frenesia che ha colto i nostri protagonisti.

Alla prossima,

Beatrix

@ Julia Weasley: altro che colpi di scena! Mi sto divertendo un mondo a complicare sempre di più la faccenda! E come vedi, avevi ragione ancora una volta: il colpevole è proprio Codail, ma non è tutto finito come sembra... la parte più complessa (quel “tutto” che ha capito Ed) deve ancora arrivare! Ovvio che Mairead è la più coraggiosa: dopo tutto è una Raloi a pieno titolo! Al prossimo capitolo!

@ darllenwr: la scelta di allontanare Captatio è stata obbligata: in Irlanda il potere politico è molto più opprimente che in Inghilterra e la storia della setta non poteva passare inosservata. Quello che dirà Reammon, si coronerà all'inizio del prossimo racconto, quando, rassegnato, per l'ennesima volta, le raccomanderà di fare la brava: ma non ti voglio anticipare la risposta che darà Mairead! È troppo divertente e ti toglierei il gusto della lettura!

Quanto alle tue domande:

a. sì, l'Irlanda ha un proprio corpo specializzato di auror, ma ho deciso di dare loro lo stesso nome della controparte inglese per la vicinanza e l'influenza della Gran Bretagna sull'isola. Probabilmente il corpo degli auror è stato importato in luogo proprio durante la dominazione inglese.

b. sinceramente non ci ho mai pensato (ma la tua proposta è davvero interessante, magari ci penserò ad inserirli in un prossimo capitolo della saga). Certo che ci sono anche dei gruppi di maghi tra loro, ma visto che si tratta di popoli nomadi l'istruzione dei loro bambini non avviene in nessuna scuola, ma direttamente in famiglia; proprio per questo sono molto più attaccati alle tradizioni e alle superstizioni locali; solitamente bazzicano un po' in tutta l'isola, sia magica che non. Grazie mille per le tue domande, che arricchiscono sempre di più la mia storia!

Alla prossima!

@ quigon89: le novità sono appena cominciate, in realtà! Questi ultimi capitoli sono il momento cruciale di tutta la storia. Sono contenta che l'idea delle foglie di erbosella ti sia piaciuta: in realtà non so come mi sia venuta, perché in origine non era affatto un uccello. Solo che poi ho pensato che facevo fare a Edmund la figura dello stupido se non fosse riuscito a trovare la pozione partendo da quei due ingredienti, allora ho avuto la trovata delle foglie di erbosella! Credo comunque, che dovrai scervellarti ancora un po', perché fino alla fine non si sveleranno tutti i misteri! A presto!





EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Laughlin e il suo baule davanti al portone d'ingresso.

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Capitolo 17
*** La regina degli scacchi ***


CAPITOLO 17

La regina degli scacchi






«Fermi!» strillò Edmund, con gli occhi sgranati.

I suoi amici si bloccarono in mezzo al corridoio.

«Che succede adesso?» domandò Mairead preoccupata.

«Non possiamo andare dalla professoressa O'Connel» annunciò Edmund in tono serio.

«Perché?»

«Vi fidate di me?» chiese il ragazzino.

Mairead e Laughlin annuirono convinti.

«Allora seguitemi» disse Edmund e cominciò a correre verso il dormitorio del Raloi.

Quando arrivarono, la sala comune era deserta, perché tutti gli studenti erano a cena, ignari della gravità della situazione. Fosse stato un momento più tranquillo, Laughlin avrebbe ammirato con interesse la sala comune della casa sua avversaria, ma l'agitazione frenetica di Edmund l'aveva completamente rapito.

Il suo amico era sparito lungo le scale che portavano al suo dormitorio, ed era tornato poco dopo con un foglio spiegazzato di pergamena, che aprì appoggiandolo su un tavolo. Era la sua vecchia mappa del castello, con segnati i puntini rossi per ogni apparizione della setta. «Non è molto aggiornata» si scusò il ragazzo, che dopo il loro primo incidente aveva smesso di ragionare sugli schemi della setta.

«L'ultimo avvistamento è avvenuto qui» disse Mairead, indicando un punto sulla cartina, dove Edmund fece un segno rosso con la bacchetta.

«E quello che è capitato a noi a Natale, era successo qui» aggiunse Laughlin, facendo un secondo puntino.

Edmund allora prese una matita e collegò tutti i vertici in una figura informe.

«A che serve tutto questo, Ed?» domandò Mairead, perplessa.

«La pozione di differenziazione permette di proiettare un'immagine ad una distanza non troppo grande. Significa che il luogo dove si nasconde la setta non può essere molto lontano da dove sono avvenute le apparizioni» spiegò Edmund con fare concitato, cercando di tracciare il baricentro della figura. «Il punto centrale è esattamente qui» disse poi, segnando con la bacchetta una stanza vuota.

I tre ragazzi si avvicinarono con il naso alla cartina, per capire di che aula si trattasse.

«Io so cos'è: ci sono stato un paio di volte con Dominique.» annunciò Laughlin in tono serio.

I suoi amici si voltarono verso di lui.

«È l'aula del club di scacchi».


Senza un attimo di esitazione i tre ragazzini erano accorsi al secondo piano. Ora si trovavano davanti alla porta chiusa dell'aula del club di scacchi. Si scambiarono uno sguardo d'intesa e di incoraggiamento, poi Edmund aprì la porta. La stanza era silenziosa e avvolta nella penombra, visto che entrava poca luce dalle finestre in alto, sopra le volte, perché ormai il sole era tramontato dietro le colline. Una serie di serie e di relativi tavolini in marmo, con incastonata per ogni piano una scacchiera, erano l'unico arredamento.

«Ci deve essere un passaggio segreto, o qualcosa del genere» commentò Edmund guardandosi intorno.

Per un attimo i tre ragazzi rimasero fermi al centro della stanza, circondati dal silenzio e dall'immobilità.

E poi a Laughlin venne un'idea. «Là, quella scacchiera nell'angolo» disse, indicando un tavolino in fondo a sinistra.

I ragazzini si avvicinarono al posto che aveva indicato Laughlin.

«Che cos'ha di strano?» domando Mairead che, non essendo esperta del gioco, non notava nulla di particolare.

«È inutilizzabile perché i pezzi non rispondono ai tuoi comandi e poi, guardate, il re e la regina neri sono invertiti di posto» spiegò Laughlin, indicando i due pezzi: la regina stava sul quadratino bianco, il re su quello nero.

Edmund annuì pensieroso. «Se ti chiedessi quale delle delle due pedine è nel posto sbagliato, tu cosa risponderesti?» chiese poi rivolto a Laughlin.

Il ragazzino si strinse nelle spalle. «Non saprei... sono invertiti».

«Ma istintivamente?» insistette Edmund, con l'aria crucciata.

«Be', direi la regina, di solito si posiziona prima quella» rispose Laughlin di getto.

Edmund annuì soddisfatto, poi sfiorò la regina nera con la bacchetta. Non accadde nulla.

Forse ci voleva una parola d'ordine o qualcosa di simile.

«Io proverei con “purosangue”» disse Mairead, come leggendo i pensieri di Edmund.

«No, non può funzionare. Voglio dire, la stanza non l'hanno creata quelli della setta, doveva esserci già nel castello» rispose il ragazzino in tono pensieroso.

Poi ebbe un'intuizione. «Laugh, tu hai detto che i pezzi non obbediscono, vero?» chiese eccitato.

Laughlin annuì, senza capire dove volesse andare a parare l'amico.

Edmund sorrise beffardo. «Forse è perché non gli si danno gli ordini giusti».

Mairead e Laughlin si scambiarono un'occhiata senza capire.

«Regina nera in E-7» ordinò Edmund con sicurezza.

Laughlin stava per rispondergli che di solito si muovono prima i bianchi, e certamente non si comincia dalla regina, quando il pezzo si scrollò dalla sua immobilità e andò a posizionarsi nella casella indicata da Edmund. Nel medesimo istante in cui la regina si fermò, nella parete alla loro destra si aprì un'arcata su un lungo e buio corridoio, sufficientemente ampio da permettere il passaggio di due persone accostate.

Mairead e Laughlin si guardarono con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta.

«Come cavolo hai fatto?» chiese Mairead, stupita dal colpo di genio dell'amico.

Edmund sorrise soddisfatto. «Semplice, tra le tante combinazioni possibili, ho accostato la E di enigma e il 7, numero che secondo l'Artimanzia rappresenta il mistero e l'intuizione» spiegò ai suoi amici che lo guardavano con aria scioccata.

«Ma Artimanzia la farai solo l'anno prossimo!» protestò Mairead.

Edmund scrollò le spalle. «Appunto, ho letto dei libri in biblioteca per prepararmi».

Laughlin scosse la testa con rassegnazione, poi attraversò l'arcata e entrò nel corridoio buio.

«Lumus» sussurrò Edmund alle sue spalle, per fare un po' di luce.

Il percorso sembrava non terminare mai, ma probabilmente era solo una sensazione dovuta all'ansia di raggiungere l'altro capo. Alla fine si ritrovarono davanti ad una porta chiusa.

«Credete che siano qui? Voglio dire, Cox e mio fratello?» chiese Laughlin titubante.

Edmund annuì con convinzione.

«Va bene» rispose Laughlin, deglutendo sonoramente.

Era il momento della verità.

«Alohomora».

E la porta si aprì davanti ai loro occhi.


«Laughlin!» strillò una vocetta acuta.

«Bearach!» gridò Laughlin, quando riconobbe il fratellino che gli correva in contro.

I due si abbracciarono stretti.

«Oh, Merlino, Bearach, stai bene? Sei tutto intero?» gli chiese, strapazzandolo avanti e indietro.

«Laugh, sì, sto bene, calmati!» rispose il piccolo Bearach, ridendo. «Visto, signor Rodolphus? Glielo avevo detto che mio fratello sarebbe venuto a liberarmi!»

Solo allora, superato il primo momento di euforia, Laughlin si rese conto di essere entrato in un'ampia stanza dall'alto soffitto a volta. In un angolo, un vecchio materasso sgualcito e delle coperte ammuffite avevano rappresentato per mesi l'unico giaciglio del prigioniero lì confinato. Tre grossi calderoni ribollivano al centro della stanza, ognuno contenente una diversa pozione. Dietro ad essi, un uomo magro, con gli occhi infossati e una lunga barba incolta: il dottor Cox sopravvissuto a mesi di prigionia.

Edmund si avvicinò ad uno dei calderoni e ne scrutò contenuto. «Quante porzioni al giorno di questa, dottor Cox?» chiese, sollevando il mestolo e annusando la pozione.

«Di solito una, ultimamente quattro» rispose l'uomo, come se fosse la cosa più naturale del mondo che tre ragazzini piombassero all'improvviso nella sua prigione a fargli strane domande sulle pozioni da lui preparate.

Edmund lasciò cadere il mestolo nel calderone con aria pensierosa. «Bene, credo che sia il caso di andarcene da qui» disse poi, rivolto ai suoi improbabili compagni di avventura. Il gruppetto lasciò la stanza senza farselo ripetere.

Non appena si ritrovarono nella sala delle scacchiere, il passaggio nel muro si chiuse alle loro spalle e la regina nera ritornò al suo posto sulla casella bianca. Edmund si fermò in mezzo alla stanza.

«Che c'è, Ed?» domandò Mairead, preoccupata. Era andato tutto liscio, avevano salvato Bearach e il dottor Cox, che altro problema c'era?

Edmund deglutì. «Voi andate alla cappella, da padre Rafael. Io devo fare una cosa».

«Ma, Ed...»

«Niente ma, Mairead. Dovete fidarvi di me. Non date retta a nessuno, non deviate strada e non muovetevi da là. Se incontrate un professore, chiedetegli il vostro nome e se non lo sa, datevela a gambe» disse il ragazzino in tono grave.

Era tutto così assurdo, così complicato. Mairead sospirò, ma alla fine annuì. «Ve bene» sussurrò e le loro strade si divisero.

Laughlin condusse Mairead, suo fratello e il dottor Cox nei sotterranei, fino alla cappella del Trinity.

Padre Rafael era seduto nei primi banchi, e al suo fianco stava una figura scura, con le spalle curve.

«Non lo so, Rafael, è che... è complicato. Io vorrei anche perdonarlo e riallacciare i rapporti, ma non ce la faccio. E poi vedere continuamente sua figlia...» stava dicendo la figura di spalle, con voce roca.

«Be', Septimius, ne sono passati di anni, ormai. E poi lo sai, fu un incidente...» cominciò padre Rafael, ma quando si accorse che qualcuno era entrato in chiesa si interruppe.

«Non dovreste andare in giro per il castello di sera» disse nel voltarsi verso i nuovi arrivati, ma alla vista di quel bizzarro gruppetto si bloccò.

«Padre, noi...» iniziò a dire Laughlin, ma quando la figura in nero si voltò, rivelando i tratti del professor Saiminiu, l'insegnante di Latino e Irlandese, il ragazzino cambiò frase. «Professore, come mi chiamo?» chiese con forza, così come aveva detto Edmund.

L'insegnante lo guardò stupito, poi osservò i suoi compagni: quella scalmanata della Boenisolius, un bambino troppo piccolo per frequentare il Trinity e un uomo con la barba sfatta e l'aria provata. «Maleficium, Boenisolius, non so cosa stiate combinando voi due, ma temo proprio che dovrete seguirmi dalla professoressa O'Connel» disse Saiminiu in tono di rimprovero.

«No!» esclamò Mairead con foga. «Signore, non sappiamo cosa stia succedendo, ma Ed ci ha detto di restare qui».

«Ed?» le fece eco il professore, sempre più stupito.

Proprio in quel momento, la voce della vicedirettrice risuonò in tutto il castello: «Tutti gli studenti e i professori sono pregati di radunarsi in Sala Mor immediatamente!»

«Avanti, avete sentito che ha detto la professoressa?» esclamò Saiminiu e fece per muoversi, ma Mairead gridò ancora: «No, la prego! È importante che restiamo dove siamo!»

«Ma, si può sapere che vi prende?» chiese il professore, scioccato. Probabilmente era successo qualcosa di grave, se la vicepreside aveva richiamato tutti in Sala Mor. In che modo erano coinvolti quei due, e chi erano quelli che erano con loro?

Mairead scosse la testa con cocciutaggine. «Non so che stia succedendo, ma io mi fido di Edmund. Lui ci ha detto di restare».

Padre Rafael e il professor Saiminiu si scambiarono un occhiata perplessi.

«Padre, la prego! Ci dia ascolto» intervenne Laughlin con veemenza, mentre stringeva a sé il bimbetto biondo, come per volerlo proteggere.

«Io...» cominciò padre Rafael, titubante. Si ricordava di quello studente: era l'amico di Dominique, che era venuto a chiedergli dei fantasmi insieme a quel ragazzetto dei Raloi, e poi era venuto anche a messa per Pasqua. Doveva essere successo qualcosa di molto grave. «Facciamo così: Septimius, tu vai in Sala Mor a vedere cosa sta accadendo, noi ti aspettiamo qui, va bene?» propose il sacerdote, in tono pratico.

Il professor Saiminiu annuì, non del tutto convinto, ma quando fece per uscire dalla chiesetta, la porta si spalancò all'improvviso.

«Ah, non abbiamo sentito l'ordine, qui?» disse la voce del professor Ballerinus. Eppure non poteva essere lui: non aveva mai utilizzato quel tono così beffardo e sarcastico. E poi entrò nella cappella con la bacchetta levata verso di loro e lo sguardo malvagio. Li scrutò tutti, uno ad uno, mentre un sorriso divertito gli saliva alle labbra. Cosa stava succedendo? Anche il professor Ballerinus era coinvolto?

«Rian, cosa...?» provò a dire padre Rafael, scioccato, ma Ballerimnus lo zittì con lo sguardo.

«Il dottor Cox, immagino? E tu devi essere il piccolo Maleficium» disse il professore, guardando prima Cox e poi Bearach.

Laughlin strinse più forte il braccio intorno alle spalle del fratellino e squadrò con tutta la cattiveria di cui era capace il professore. La situazione rimase congelata per parecchi secondi.

Saiminiu allora si portò lentamente una mano verso la tasca della veste. «Oh, non ci provare! Expelliarmus!» gridò Ballerinus e la bacchetta di Saiminiu gli volò via dalle dita, prima ancora che potesse reagire.

Nel medesimo istante in cui Mairead e Laughlin estrassero le loro bacchette, due figure apparvero alle spalle di Ballerinus, entrando nella chiesetta con le armi levate verso di loro. Indossavano una tunica di colore bianco sporco, coronata da una sopraveste nera con cappuccio e una fascia nera in vita. A coprire i loro volti, avevano una maschera bianca, con solo due fori scuri per gli occhi. Sul petto, una croce celtica verde, l'unico elemento colorato, che spiccava sul nero della sopraveste.

Erano due membri dell'EIF.

«Vi prego, questa è la casa di Dio!» esclamò padre Rafael, alzando le mani verso gli assalitori.

«Oh, Dio non si offenderà se la sporchiamo un po' di sangue, no?» ghignò il professor Ballerinus.

Bearach sgranò gli occhi spaventato e si aggrappò alla giacca del fratello.

«Avanti, abbassate le bacchette, non potete fare niente voi due da soli» disse il professore, in un tono falsamente amichevole.

Mairead aveva il cuore che le batteva all'impazzata e la gola secca per la paura, ma non voleva desistere.

«Avanti...» li incitò ancora Ballerinus.

Mairead e Laughlin strinsero ancora di più le loro bacchette, consapevoli che non avrebbero potuto competere conto tre adulti.

«Fate come vi dice» sussurrò infine il professor Saiminiu. Nemmeno lui avrebbe voluto cedere, ma non poteva mettere a rischio la vita dei suoi due studenti.

Mairead e Laughlin abbassarono lentamente le bacchette, di fatto sconfitti, ma con gli sguardi pronti ad una nuova lotta. I due membri dell'EIF disarmarono loro e padre Rafael, poi li condussero insieme a Ballerinus verso la Sala Mor.

«Ah, ecco i ritardatari!» esclamò il professor Codail quando li vide entrare.

C'era Codail dietro tutta quella storia: Edmund aveva ragione! Ma al suo fianco c'erano anche la professoressa O'Connel e la professoressa Blath, oltre ad altri due membri dell'EIF. Gli altri insegnanti erano stati disarmati e sedevano ai tavoli insieme a tutti gli studenti, che si lanciavano sguardi ora di paura, ora di puro terrore.

«Ah, c'è anche lei dottor Cox? Che piacere rivederla! Come ha fatto a scappare?» chiese Codail.

Ma non ottenne alcuna risposta, perché Laughlin gridò: «Mamma, papà!»

Aveva riconosciuto i suoi genitori seduti tra i Nagard.

Eoin Maleficium si alzò dal tavolo. «Laughlin! Bearach!» esclamò, perdendo per un attimo tutta la sua aurea di dignità. Corse incontro ai suoi figli e li abbracciò, scacciando con le lacrime tutta la tensione che aveva accumulato nelle ultime ore.

«Oh, ma che quadretto commuovente» ridacchiò Codail, dall'alto del tavolo insegnanti. «Ora, seduti!» ordinò in tono imperioso.

Eoin si sedette al tavolo del Llapac, che era il più vicino, sempre tenendo in braccio i suoi figli.

Mairead, il dottor Cox, padre Rafael e Saiminiu lo imitarono, obbedendo con maggiore riluttanza.

E ora? Mairead scrutò verso il tavolo dei Raloi, ma non riuscì ad individuare Edmund. Dove si era cacciato?

«Bene, ho in ostaggio tutta la scuola. Finalmente il comando dell'EIF sarà mio e soltanto mio!» gridò il mago, sollevando le braccia al cielo come un pazzo furioso. «Chi oserà fermarmi ora? Chi?»

Dal fondo della sala si levò una voce sicura e beffarda.

«Io».



Ecco qua! La suspance è alle stelle! Chi ha capito quello che sta succedendo? Di chi è la voce che si alza dal fondo della Sala Mor?? Al prossimo capitolo tutte le risposte, promesso! Nel frattempo, spero che vi sia piaciuto anche questo,

alla prossima!

@ quigon89: Eoin non avrebbe mai ceduto ai ricatti dell'EIF, non è proprio il tipo! Lui è l'uomo integro per eccellenza! Quanto a Bearach, non sentirà troppo i postumi del rapimento: per quelle poche ore in cui è rimasto in cella con il dottor Cox, ha già fatto amicizia con lui. Sono contenta che hai capito la storia del molliccio: è esattamente quello che intendevo! Codail, evidentemente, è stato più stupido di quanto pensi, ma siamo sicuri che ci sia proprio lui dietro tutto questo? XD Al prossimo capitolo!

@ Julia Weasley: eh, già, Codail ha distribuito troppi tè... ma per fare cosa? Bearach sta simpatico anche a me, mi diverto troppo a scrivere di lui e non vedo l'ora di farlo arrivare al Trinity! Ma come vedi, non ha sofferto troppo per il rapimento. Laughlin finge di odiare il fratellino, ma in realtà non potrebbe stare senza di lui ed è molto protettivo nei suoi confronti. Sì, l'anno prossimo cercherò di dare un po' di spazio alle nuove materie, soprattutto quella tenuta dal professor Saiminiu. Ideare le sigle è stata una bella impresa, ma alla fine sono soddisfatta del mio risultato! Ci sentiamo presto!

@ darllenwr: Edmund dopo tutto è cresciuto tra i babbani e nonostante sia un mago, non può non privilegiare l'aspetto logico e razionale delle cose (esattamente come cercava di farlo scoprendo lo schema che stava dietro le apparizioni della setta). Sono molto soddisfatta delle mio sigle: è stato un lavoraccio, ma alla fine ce l'ho fatta! Ovviamente doveva essere Edmund l'unico in grado di capire il mistero che si celava dietro tutta quella storia, ma credo che non sia stato affatto difficile convincere i suoi amici a seguirlo nell'impresa, visto che i due non si sono mai tirati indietro quando c'era l'occasione di intraprendere qualche avventura. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! A presto!

Un grazie a tutti coloro che continuano a leggere la storia dei giovani irlandesi,

Beatrix




EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI due membri dell'EIF con le loro meravigliose divise (ispirate ai monaci cistercensi, perché mi piacciono troppo i loro abiti!)

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Capitolo 18
*** Un aiuto dal medioevo ***


CAPITOLO 18

Un aiuto dal medioevo






Edmund aveva capito tutto passando davanti all'aula insegnanti, quando gli era tornato a mente l'episodio con la professoressa O'Connel. Si era ricordato del fatto che il rapimento del professor Cox era arrivato alla stampa solo qualche giorno dopo l'accaduto, e così come aveva già detto lui, nessuno l'aveva collegato ad un fatto che era avvenuto prima, ovvero lo strano incidente a casa del professor Codail.

Significava che prima era stato rapito Cox: questo aveva permesso al rapitore di costringerlo a preparare la pozione del controllo, pozione che poi era stata somministrata a Codail. Certo che quando gli auror erano arrivati, Codail aveva detto che si trattava di un falso allarme: avendo bevuto la pozione del controllo, non era più il professore a comandare il suo corpo, ma qualcun altro!

Aveva capito che Codail era sotto l'effetto della pozione di Cox, ricordandosi di come l'avesse trattato quando era andato a chiedergli un consiglio sulla religione medioevale: possibile che la sera non riuscisse nemmeno a dire il suo nome, mentre il giorno successivo si era dimostrato così disponibile?

In effetti il professor Codail era sempre stato un'adorabile vecchietto, mentre quando l'aveva catturato quella famosa notte, sembrava che fosse stato mosso da un sadico senso di piacere. Non poteva essere davvero lui.

E poi, perché portare al Trinity il dottor Cox? Solo per la pozione di differenziazione? Quella avrebbe potuto prepararla Codail anche da solo. Mentre il pozionista era indispensabile per la preparazione della pozione del controllo, di cui era l'inventore, dopotutto.

Tramite le pozioni preparate da Cox, il professor Codail aveva convinto cinque studenti ad organizzare le apparizioni della setta. Laughlin aveva ragione: Diabliaiocht e Deamundi erano certamente coinvolti.

Inoltre Edmund era convinto che Captatio non solo sospettasse del coinvolgimento di un insegnante, ma che sapesse anche che uno dei suoi professori era sotto il controllo della pozione. Per quello gli aveva lasciato il libro in cui si trovavano sia la pozione di differenziazione, sia quella del controllo.

Come avrebbe fatto, poi, il Preside a smascherare il colpevole? Evidentemente, nel momento in cui si era dimesso dal ruolo di dirigente, aveva cominciato a fare delle ricerche fuori dalla scuola, per scoprire chi si celasse tutte le notti dietro il volto raggrinzito del vecchio professore di Storia della Magia.

Infine Edmund aveva capito che, attraverso il pretesto di bere insieme una tazza di tè, Codail, o meglio, chiunque fosse a comandarlo, aveva irretito anche il professor Ballerinus e la professoressa O'Connel. E forse anche qualcun altro.

Per quello aveva detto ai suoi amici che non potevano correre ad avvertire la vicepreside: prima doveva scoprire quante porzioni di pozione erano state fatte preparare dal dottor Cox.

Quando aveva visto l'intruglio giallastro bollire in uno dei calderoni, aveva capito immediatamente che si trattava della pozione di controllo, perché quella color prugna era la pozione di differenziazione, mentre l'ultima verdognola era terrore liquido. Così aveva chiesto il numero delle porzioni e la risposta di Cox aveva confermato i suoi timori: quattro, una per Codail e una per ogni direttore delle tre case.

Aveva ordinato a Mairead e Laughlin di andare a nascondersi nella cappellina della scuola, mentre a lui restava ancora una cosa da fare: doveva avvertire il professor Captatio.

Non appena i suoi amici scomparvero dietro l'angolo, Edmund corse all'ultimo piano, nella vecchia aula di Storia della Magia. Prese la bacchetta ed accese le tre candele ai vertici del triangolo e cominciò a recitare la formula. «Oro ut venias, oro ut venias!»

Esattamente com'era accaduto la prima volta, un denso fumo grigiastro apparve al centro della figura, finché non si condensò a formare l'immagine di sir Percevall. «Oh, nobil cavaliere! Sir Percevall al vostro servizio!» esclamò il fantasma, quando vide il ragazzino che lo aveva evocato.

«Chiamami Edmund» disse sbrigativo il giovane. «Ho bisogno del tuo aiuto».

«Sir Edmund, se io non tegno fede alla mia parola, al fondo dell'inferno ir mi convegna!» esclamò allora lo spirito, ricordandosi di aver giurato di aiutare i suoi giovani amici nella lotta contro i malvagi.

«Prefetto» rispose Edmund, con fare frenetico. «Devi chiamare a raccolta tutti i fantasmi che conosci e dovete cercare il professor Captatio per recapitargli un mio messaggio. Sai chi è?»

«Ovvio! Uomo molto savio, sir Captatio. Ben lo conosco» rispose sir Percevall, con un moto di orgoglio.

«Bene, ho la massima urgenza. Devi dirgli che ho scoperto il colpevole di tutto e che deve venire subito al Trinity. Digli che lo aspetto davanti al portone d'ingresso. Va', fa presto!» gli ordinò Edmund, con un tono di voce agitato.

Sir Percevall fece un inchino e scomparve.

Edmund si concesse il lusso di un lungo respiro: sperava davvero che tutto andasse secondo i piani.

Improvvisamente la voce della professoressa O'Connel rimbombò in tutto il castello: «Tutti gli studenti e i professori sono pregati di radunarsi in Sala Mor immediatamente!»

Per la barba di Merlino, era successo! Codail voleva impossessarsi della scuola!

Niente di più semplice, avendo dalla sua parte la vicepreside e gli altri direttori delle case. Avrebbe persino potuto far entrare nel castello altri membri dell'EIF.

Edmund sperò vivamente che Mairead e Laughlin ascoltassero il suo consiglio e non si muovessero dalla cappella.

Mentre tutti gli studenti, con l'aria spaesata e preoccupata si dirigevano verso la sala Mor, Edmund corse giù dalle scale, verso il pesante portone d'ingresso. Con tutto quel movimento, nessuno si accorse della sua assenza. Edmund si nascose dietro una delle due ante del portone e attese in silenzio.

Sbirciando da una fessura vide il professor Ballerinus, seguito da due figure incappucciate che si incamminava verso i sotterranei. Da un lato esultò, perché il professore aveva sicuramente bevuto la pozione del controllo, proprio come lui aveva sospettato, dall'altro lato temette che il drappello stesse andando alla ricerca dei suoi amici e di padre Rafael, di cui si era evidentemente notata l'assenza.

L'attesa si fece snervante. E se Percevall non fosse arrivato in tempo? E se non avesse trovato Captatio?

Represse l'impulso di aggredire Ballerinus, quando lo vide tornare dalla sua spedizione insieme ai suoi amici, Bearach, Cox, padre Rafael e il professor Saiminiu. Se anche fosse riuscito a coglierlo di sorpresa, poi cosa avrebbe potuto fare lui da solo contro tutti quei maghi molto più esperti di lui? Doveva sperare nell'arrivo di Captatio.

E poi, finalmente, un gruppo di maghi fece il suo ingresso nel castello: a guidarli era il Preside in persona, al suo fianco aleggiava in modo piuttosto sinistro sir Percevall.

«Professore!» bisbigliò Edmund, uscendo dal suo nascondiglio.

Captatio si bloccò in mezzo alla sala e si voltò verso di lui. Sorrideva.

«È Codail, signore, è sotto l'effetto della pozione del controllo!» esclamò il ragazzino, agitato.

«Sapevo che saresti riuscito a risolvere il mistero, Edmund. Hai anche scoperto il colpevole, cosa che io non sono stato in grado di fare. Però, come vedi, mentre sono stato via, anche io mi sono dato da fare» rispose il Preside accennando al gruppo di persone che lo seguiva. Indossavano tutti una divisa blu scuro, ma alcuni di essi sostenevano quattro corpi di persone che parevano svenute.

«Questi sono tutti Auror del Ministero, ma lascia che ti presenti chi ha manovrato il povero Niall nelle notti degli ultimi otto mesi» continuò il preside, accennando al corpo di un uomo piuttosto corpulento. «Il signor Xavier O'Costal, non ha avuto delle serate particolarmente entusiasmanti un quest'ultimo periodo».

«Come ha fatto a scoprirlo, signore?» chiese Edmund, incuriosito.

Captatio sorrise e Edmund per un attimo temette che non volesse rispondergli. Era sempre lì a chiedergli il perché delle cose, prima o poi il Preside si sarebbe stancato di soddisfare la sua curiosità.

Invece Captatio disse: «È stato più semplice di quello che sembra. Il signor O'Costal lavora al Ministero, e non sono molti i dipendenti che ogni sera prima del tramonto scappano dall'ufficio e non escono di casa fino alla mattina dopo. Vedi, Edmund, chi utilizza la pozione del controllo, la sera abbandona il proprio corpo e abita in quello dello sfortunato che ha bevuto il terribile intruglio. Quanto agli altri, per prevenire la tua prossima domanda, non so chi siano, ma erano tutti a casa di O'Costal questa sera. Non credo che si trattasse di un semplice pigiama party».

Alla conclusione del racconto, Captatio gli strizzò l'occhio e, pur nella situazione tragica in cui si trovavano, Edmund non riuscì a trattenere un sorriso.

«Finalmente il comando dell'EIF sarà mio e soltanto mio!» gridò una voce, all'interno della Sala Mor.

«Credo che sia ora di sventare i piani grandiosi del signor O'Costal, che ne dici?» sussurrò Captatio all'orecchio di Edmund.

Improvvisamente il ragazzino capì che cosa avrebbe dovuto fare.

«Chi oserà fermarmi ora? Chi?»

Edmund entrò in Sala Mor con la bacchetta levata, e in tono sicuro e beffardo disse semplicemente: «Io».


«Tu?» gracchiò O'Costal con la voce del professor Codail. «Ah, sì, mi ricordo di te: sei quello che ho beccato vicino alla dispensa di Uisce. Cos'è, già allora pensavi di catturarmi tutto da solo?» sghignazzò divertito il mago.

Edmund sorrise, un sorriso che faceva venire i brividi. «No» sussurrò. «Non da solo».

E nel medesimo istante in cui lo disse, apparvero alle sue spalle gli Auror guidati da Captatio.

«Cosa, com'è possibile? Chi vi ha avvertiti? Come sapevate?» gridò O'Costal, in preda alla rabbia.

«Buonasera, signor Xavier» disse gentilmente Captatio, come se fosse stato invitato a cena da un vecchio amico.

O'Costal sgranò gli occhi allibito, incapace di proferir parola. Come avevano fatto a scoprirlo?

«Xavier, avevi detto che sarebbe filato tutto liscio!» protestò il mago che occupava il corpo di Ballerinus, cedendo al panico.

O'Costal si infuriò.

«Anche se avete scoperto tutto, non potete fare niente! Ho in pugno la scuola!» gridò esasperato, agitando la bacchetta verso gli Auror.

«Oh, io non credo, invece. Vedi, prima di venire qui ho avuto la premura di passare da casa sua e sa cos'ho trovato?» chiese il professor Captatio, sempre in tono affabile, indicando i quattro corpi svenuti.

Sulla faccia rugosa di Codial comparve un'espressione indecifrabile, a metà tra il terrore e la sorpresa.

«Vi conviene arrendervi immediatamente, altrimenti dove andranno le vostre anime, quando all'alba saranno costrette a lasciare i corpi degli insegnanti?» chiese ancora Captatio, puntando la sua bacchetta contro il massiccio corpo di O'Costal.

«Voi... non potete farlo!» esclamò il mago, terrorizzato.

L'espressione di Captatio divenne glaciale. «Oh, sì che posso. Lei ha rapito un pozionista, aggredito un mio insegnante, rinchiuso un uomo per otto mesi in una stanza, convinto cinque studenti ad organizzare agguati contro i Nati Inglesi e ha quasi ucciso due ragazzi, solo per fare un colpo militare e conquistare il comando di un'associazione di terroristi xenofobi! Ho tutto il diritto di farlo!»

«Nooo!!» gridò O'Costal, scagliando un incantesimo contro Captatio.

Ma il Preside fu più veloce: con un rapito movimento della bacchetta, bloccò la fattura di O'Costal e nello stesso momento evocò una serie di bolle dentro in cui rinchiuse i quattro professori e i membri dell'EIF.

«Nooo!» gridò ancora O'Costal, ma il suo urlo fu attutito dalla parete trasparente che lo circondava.

«È finito, è tutto finito» sussurrò Captatio con un sospiro. «Grazie, Edmund. Non ce l'avrei mai fatta senza il tuo aiuto».




Ecco finalmente svelato tutto il mistero! In realtà nel prossimo capitolo (nonché ultimo, purtroppo) Edmund avrà anche dei chiarimenti da parte di Captatio, ma credo che già adesso la spiegazione abbia soddisfatto la vostra curiosità. Chi era riuscito a capirlo?

A presto, Beatrix

@ Julia Weasley: e brava la nostra sibilla! Come vedi, sebbene Bearach sia un tipino poco tranquillo, ha fatto breccia anche nel cuore del fratello; spero che ti sia piaciuta anche la reazione di Eoin nel rivedere i suoi figli. Visto che le tue folli teorie, non erano poi tanto lontane dalla realtà?! In realtà, avevi già tutti gli elementi per scoprire il mistero come Edmund (la pozione del controllo l'avevo citata di sfuggita in qualche capitolo precedente), ma come hai giustamente notato gli indizi spesso paiono insignificanti. Quell'”io” è stato detto da Edmund, perché Captatio non avrebbe mai usato un tono beffardo. Quanto ad un probabile coinvolgimento di McPride... be', anche Edmund sospetterà qualcosa del genere, dopo tutto... chissà! A presto!

@ darllenwr: il dottor Cox è un personaggio un po' strano: non si è ribellato particolarmente alla sua prigionia a non ha nemmeno seriamente cercato di scappare. Non è che sia debole, ma semplicemente è passivo difronte agli eventi. Per questo quando arrivano Ed & co a liberarlo non fa una piega. Sono contenta comunque che ti sia piaciuta la scena ambientata nella sala degli scacchi. Descrivere poi l'irruzione di Ballerinus nella piccola chiesetta è stato per me molto piacevole, quindi sono felice che apprezzi il risultato. Quanto alle tue domande:

a- sinceramente non ci ho mai pensato, ma non credo che ci siano celebrazioni del genere: dopo tutto, nel mondo della Rowling la religione non ha questo grande rilievo, quindi credo che l'Ulster magico non sia poi così attaccato al protestantesimo.

b- no, i sasanachfiul non hanno una loro organizzazione: per quello che possono, sperano nell'aiuto del governo, ma più che altro si lasciano andare al ruolo di “vittime” perché spesso anche il governo, non dà tutto l'aiuto che dovrebbe. Inoltre nessun sasanachfiul ha avuto la forza e il coraggio necessari per reagire e formare un proprio gruppo. Ma non è detto che la situazione resti per sempre così... a buon intenditore poche parole! A presto!

@ quigon89: aaargh! Errori di grammatica! Scusami, mi devono proprio essere sfuggiti... non esitare a farmeli notare la prossima volta, perché io leggo e rileggo, ma spesso non lo vedo! XD Le tue supposizioni non erano affatto sbagliate, come vedi! C'era di mezzo la pozione del controllo. Comunque, povero padre Rafael... che ti ha fatto?A me pare così carino come personaggio! Quanto al dialogo tra lui e Saiminiu... è un'anticipazione di quello che sarà scoperto nel terzo racconto, quindi temo proprio che dovrai aspettare ancora un po' prima di soddisfare la tua curiosità! Eeheheh! Alla prossima!





EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI due Auror in divisa con il corpo di Xavier O'Costal.

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Capitolo 19
*** Il cerchio si chiude ***


CAPITOLO 19

Il cerchio si chiude






Aspettare sveglio l'arrivo dell'alba, fu una delle esperienze più strane, per Edmund. Teoricamente gli studenti erano stati invitati a tornare nei propri dormitori, ma Captatio permise a chi l'avesse voluto di restare in piedi. Così la Sala Mor si era trasformata in una specie di raduno di maghi minorenni stanchi e provati, ma troppo elettrizzati per andare a dormire. Pochi in realtà riuscirono a passare tutta la notte in bianco. Se le chiacchiere e le risate erano durate fino alle prime ore del mattino, tempo che arrivasse l'alba, molti avevano ceduto ed erano andati a dormire nei propri comodi letti.

Dominique, che aveva insistito per restare sveglio in Sala Mor, alla fine si era addormentato con la testa sul tavolo, mentre il piccolo Bearach russava beatamente steso su una panca. I professori nel frattempo avevano ripreso le proprie bacchette e, pur non approvando l'idea di Captatio, si erano dimostrati disponibili a pattugliare il castello e controllare gli studenti che avessero voluto passare la notte in piedi.

I membri dell'EIF che Captatio aveva imprigionato nelle bolle si erano rassegnati alla propria sconfitta e attendevano nelle loro prigioni, come dei sinistri oggetti esposti in una teca di un museo, l'arrivo dell'alba, momento in cui sarebbero ritornati nei propri corpi, che erano già stati portati al sicuro in cella dagli Auror. Gli altri quattro che avevano aiutato O'Costal erano già stati arrestati.

Edmund, dopo la frenetica successione degli eventi, non aveva affatto voglia di dormire, così era rimasto in Sala Mor con i suoi amici. All'arrivo dell'alba si sentiva gli occhi pesanti e le membra spossate, ma non cedette al sonno.

Mairead versava in uno stato comatoso, con la testa sostenuta dalle braccia appoggiate al tavolo, mentre Laughlin era in piedi per tentare di restare sveglio, ma in realtà dondolava avanti e indietro, come se fosse sul punto di crollare.

Edmund sorrise e si alzò dal tavolo facendo il meno rumore possibile. Proprio in quel momento i primi raggi del sole sbucarono da dietro le colline e illuminarono la Sala Mor attraverso le ampie vetrate. I quattro professori racchiusi nelle loro bolle si contorsero debolmente e poi ognuno acquisì nuovamente possesso del proprio corpo. Captatio allora fece scomparire le prigioni con un sorriso.

«Che è successo?» domandò l'anziano Codail, portandosi una mano alla testa e guardandosi intorno con aria spaesata.

Captatio ridacchiò. «È una lunga storia, Niall».

«Siamo sicuri che questa notte quei pazzi non torneranno ad occupare i loro corpi?» chiese il professor Cumhacht con occhio critico.

«Oh, no, Oengus, non temere. Non hanno bevuto la pozione la scorsa notte: dormiranno sogni tranquilli. Ora ti dispiacerebbe accompagnarli in infermeria? Credo che si sentano un po' spossati» rispose Captatio, sempre con il suo sorriso tranquillo.

Cumhacht annuì e aiutò i suoi quattro colleghi a raggiungere l'infermeria.

«Non trovi che sia meraviglioso il sole che sorge, Edmund?» chiese il Preside, osservando l'orizzonte con sguardo perso.

Edmund fece un debole segno di assenso con il capo, ammirando quello spettacolo naturale. C'erano ancora un sacco di domande che gli frullavano in testa, alcuni passaggi non chiari di tutta quella vicenda, ma non era sicuro che il professore avesse ancora intenzione di rispondergli.

«Hai delle domande da farmi, Edmund? Dei perché che ti sfuggono?» gli chiese allora Captatio, voltandosi verso di lui con un sorriso, come se avesse letto nei suoi pensieri. Ma forse aveva davvero letto nei suoi pensieri. Avrebbe potuto farlo, no?

«Sì, signore» rispose flebilmente il ragazzino.

«Dimmi pure» lo incoraggiò il preside, tornando a guardare l'orizzonte.

Edmund prese un profondo respiro. «Mi chiedevo, signore, perché O'Costal non abbia utilizzato la maledizione Imperius.»

«Saggia domanda, Edmund. Ma, vedi, io non sono d'accordo con il libro che mette la pozione di Cox tra quelle di dubbia utilità: innanzitutto si prepara con ingredienti comuni e facili da reperire, e in secondo luogo è sempre efficace. Al contrario, la maledizione Imperius, se viene usata a lungo, rischia di perdere la propria efficacia, soprattutto sulle menti più forti. Invece, se tu occupi il corpo di una persona, è impossibile che questa non ti obbedisca» spiegò Captatio in tono pratico.

Edmund rifletté su quelle parole e si ritrovò d'accordo con il Preside. «Ma dove stava la coscienza del professor Codail, mentre O'Costal occupava il suo corpo?» chiese ancora il ragazzino.

Captatio sorrise benevolo. «Credo che per il povero Niall sia stata un'esperienza alquanto spiacevole: restava sempre nel proprio corpo, in uno stato di trance. Probabilmente non si accorgeva di quello che stava succedendo, ma anche se si fosse accorto, non avrebbe potuto comandare il proprio corpo».

Al solo pensiero, Edmund rabbrividì: sarebbe impazzito all'idea di non poter decidere liberamente della propria sorte. Rimase un attimo in silenzio, infine sussurrò: «Un'altra cosa, signore».

«Dimmi».

«Pensa che fosse questo il piano, fin dall'inizio? Voglio dire, rapire Bearach e tutto il resto?»

Captatio fece un lungo sospiro prima di rispondere. «No, Edmund, non credo. Penso che l'obiettivo dell'EIF fosse semplicemente quello di avere un punto d'appoggio all'interno della scuola, per organizzare la setta e tramite essa terrorizzare tanto gli studenti e la comunità magica da spingermi alle dimissioni, così come le minacce al signor Maleficium avevano come scopo quello di costringerlo a rinunciare alla carica di direttore del Corriere. Insomma, eliminare due personaggi scomodi. Credo che poi O'Costal e i pochi che lo appoggiavano, meditarono di sfruttare la situazione a proprio vantaggio e di prendere due pixie con una trappola. Rapirono il piccolo Maleficium e lo portarono qui al Trinity e nello stesso momento organizzarono questa messa in scena per tentare di prendere il potere all'interno dell'EIF stesso. Ma forse questo è un bene, perché se non fosse stato per la sventatezza di O'Costal e dei suoi allegri compagni, non avremmo mai fermato la setta degli Eletti».

«E gli studenti che ne facevano parte? Scopriremo mai chi erano?» chiese ancora Edmund.

Finalmente Captatio distolse gli occhi dal sole, ormai completamente sorto, e si rivolse al ragazzino con un sorriso dispiaciuto. «Temo di no».

Non era giusto! Edmund avrebbe facilmente potuto nominare i colpevoli: tanto per cominciare Deamundi, e poi Diablaiocht con le sue due spalle, Best e O'Hara. Ma Captatio aveva ragione: non avevano le prove per incastrarli, sarebbero rimasti impuniti.

Proprio in quel momento, una figura che era appena entrata in Sala Mor, seguita da altri maghi e Auror, richiamò l'attenzione di Edmund: un passo sicuro, un lungo mantello scuro, uno sguardo rassicurante e un sorriso da squalo.

L'Uachtaran na Poblacht Driochta, il Presidente della Repubblica Magica in persona. Adolfus McPride.

«Scusami, Edmund. Ci sono certe noiose procedure che richiamano la mia attenzione» disse Captatio, con uno sguardo d'intesa.

«Certo, signore» rispose Edmund, che non aveva affatto voglia di rivedere McPride. Forse il Presidente si era anche dimenticato del loro incontro. Edmund lo sperava vivamente. Con un cenno di saluto verso il professor Captatio si congedò e raggiunse i suoi amici, che all'apparizione di McPride sembravano essersi risvegliati.

Con grande disappunto di Edmund, il Presidente della Magia, con lo stuolo di maghi al seguito, si avvicinò a Eoin Maleficium, poco distante da dove si trovavano loro tre.

«Signor Maleficium, è terribile quello che è successo» disse McPride in tono dispiaciuto.

«L'importante è che ora tutto si sia risolto» rispose Eoin con un cenno di saluto verso il Presidente.

McPride sorrise. «Avrà parecchie notizie per la prossima edizione del giornale» disse in tono affabile, così, per fare due convenevoli con uno dei personaggi più illustri d'Irlanda.

«Non credo proprio, signor Presidente. Mi sono dimesso dalla carica di direttore giusto un paio di ore fa» rispose Eoin con un'espressione indecifrabile sul volto.

McPride rimase spiazzato. O comunque interpretò bene la parte di una persona rimasta spiazzata.

A Edmund sembrava così falso.

«Come sarebbe? Ora che tutto si è sistemato e i colpevoli sono stati arrestati?»

«Appunto, non avevo alcuna intenzione di cedere a degli squallidi ricatti, ma non voglio nemmeno che la mia famiglia sia messa nuovamente in pericolo» rispose Eoin con sicurezza, senza abbassare lo sguardo. «E poi ho un vecchio sogno da realizzare» concluse, lanciando un'occhiata d'intesa a Laughlin.

Edmund e Mairead osservarono il loro amico perplessi, senza capire a che si riferisse il signor Maleficium.

Ma prima che qualcuno potesse commentare quella frase sibillina, sopraggiunse il professor Captatio. «Signor Presidente» salutò cortesemente Captatio.

Quei due uomini messi uno a fianco dell'altro erano veramente ridicoli: uno autoritario e sicuro di sé, alto, con lo sguardo deciso e la mascella contratta, l'altro che gli arrivava sì e no alla spalla, con un sorrisetto gioviale e un ridicolo cappello a punta. Eppure erano i due uomini più potenti d'Irlanda.

«Preside Captatio» rispose McPride, sempre con quel suo tono irrimediabilmente affabile.

E assolutamente falso, a parere di Edmund.

«Il suo contributo è stato fondamentale per la risoluzione di tutta la faccenda. La ringrazio a nome della Repubblica Magica d'Irlanda. Sono anche sicuro che si potranno eliminare tutte le accuse a suo carico: certamente non c'è preside migliore di lei, per questa scuola» disse McPride, in tono pomposo.

«Bazzecole, semplice come mangiare dei finocchi fritti» rispose Captatio lo stesso fare altezzoso di McPride, che rimase spiazzato da quella risposta assurda detta in tono epico.

Edmund ridacchiò sotto i baffi, convinto che Captatio l'avesse fatto apposta per prendersi gioco di McPride.

«Comunque non è tutto merito mio» continuò il Preside, sempre con fare pomposo. «Mi permetta di presentarle gli artefici della vittoria».

Con quelle parole, indicò Edmund, Mairead e Laughlin.

I tre ragazzini, colti di sorpresa per quel coinvolgimento improvviso, sorrisero a disagio.

«Sono tre studenti molto brillanti e senza il loro contributo, O'Costal non sarebbe stato catturato» disse ancora Captatio.

McPride si avvicinò loro. Uno squalo che si avvicina alla preda.

«E così abbiamo tre giovani eroi» disse McPride, osservandoli uno ad uno, con un sorriso.

Era affabile, ma Edmund sentì un brivido percorrergli la schiena.

«Credo che meritiate un Encomio della Repubblica, con una cerimonia ufficiale nel Palazzo del Ministero» esclamò il presidente.

Mairead e Laughlin si scambiarono un'occhiata estasiati: caspita, un Encomio della Repubblica! Edmund continuò a scrutare McPride con sguardo ostile.

Proprio in quel momento il presidente si voltò verso di lui. I due si fissarono negli occhi.

Era una dichiarazione di guerra.

Un leggero sorriso beffardo increspò le labbra di Adolfus McPride.

«Giovane Burke».

«Signor Presidente».

«Lo sapevo che ci saremmo rivisti».



Ecco qui, il capitolo conclusivo di questo secondo racconto! La settimana prossima pubblicherò l'epilogo e poi dovremmo salutarci per un mesetto, temo. Spero comunque che i chiarimenti di questo capitolo vi siano piaciuti. Alla fine dell'epilogo, grazie all'aiuto di Julia Weasley (che non finirò mai di ringraziare), ci sarà anche una sorpresa!

A presto!

@ quigon89: la divisa blu è quella degli auror irlandesi: visto che sono una specie di corpo di polizia, mi sembrava giusto che avessero una divisa. In particolare consiste in gonna o pantaloncini al ginocchio neri, maglietta nera, stivali neri e mantello blu con l'arpa celtica sul petto, a sinistra. Be', una novità c'era, anche se non so se era proprio quella che speravi: Eoin si è dimesso, ma che lavoro andrà a fare? Eheheh... lo saprai nell'epilogo! A presto!

@ Julia Weasley: ecco la mia fata madrina! XD Sono contenta che la trama si capisca bene, avevo paura che fosse poco chiara. Spero che con le ultime rivelazioni di questo capitolo, il quadro generale sia anche più chiaro! L'entrata di Edmund è stata meditata a lungo, ma penso che alla fine il risultato sia molto ganzo e proprio nel suo stile! A presto!

@ darllenwr: Sir Percevall è un cavaliere di altri tempi, quindi mi sembrava giusto che fosse rimasto legato ai suoi ideali di nobiltà e cortesia anche post-mortem. Sì, il fatto che Captatio e Edmund si siano incontrati, è stata una fortuna per entrambi: il preside ha trovato un ottimo allievo su cui fare affidamento, e il ragazzo una figura di mentore che lo aiutasse nelle difficoltà del suo essere orfano eppure geniale.

Quanto alle tue domande:

a- la bandiera dell'Irlanda magica è verde, con due bacchette incrociate e davanti l'arpa celtica. Per lungo tempo si è anche meditato di mettere, al posto dell'arpa, la croce celtica, che era il simbolo di quel gruppo di combattenti, l'EIF appunto, che erano stati artefici della liberazione, ma per fortuna alla fine si è optato per un segno che fosse più “neutro”, visto che già allora l'EIF aveva fatto parecchio uso della violenza per ottenere le proprie rivendicazioni, mentre lo stato che stava per nascere era improntato ad ideali di pace e fratellanza. Quindi l'arpa celtica è il segno del Governo, insieme ovviamente al trifoglio che è il simbolo tradizionale dell'isola.

b- all'epoca delle lotte per l'indipendenza, l'EIF non si risparmiava dal provocare disordini e violenza anche in Gran Bretagna, ma una volta liberati dal morbo inglese, i difensori del sangue puro celtico si sono arroccati nella linea difensiva, cercando di scacciare dall'isola chiunque avesse contatti con il mondo inglese. Per loro sarebbe motivo di disonore anche solo poggiare piede in Inghilterra, figuriamoci andare là a combattere! Meno contatti hanno con quell'isola, meglio è. Nell'epilogo si parlerà anche del periodo in cui Voldemort era al potere e di come si è reagito in Irlanda. Grazie mille per le tue domande sempre così stuzzicanti! Alla prossima!





EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 20
*** Epilogo ***


EPILOGO






Il resto delle lezioni fu poco seguito dagli studenti del Trinity, visto quello che era successo quella fatidica notte di maggio. I professori O'Connel, Balleriuns, Blath e Codail erano finalmente tornati in sé, anche se soprattutto l'insegnante di Storia della Magia risentiva ancora degli effetti della pozione, con frequenti vuoti di memoria e pessima capacità di concentrazione.

Henry tornò dal St. Bartleby Hospital poco prima che finissero le lezioni e il suo ritorno fu accolto gioiosamente da tutti.

L'ultimo giorno di scuola arrivò in un baleno.

Grazie ai duecento punti a testa che Captatio aveva conferito a Laughlin, Edmund e Mairead, i Raloi avevano vinto l'Arpa Celtica per il secondo anno di fila. Nicolaj, in qualità di dictator, andò a ritirare l'ambito premio, sotto uno scroscio di applausi provenienti dall'ala verde della Sala Mor.

In generale prevaleva un clima di allegria e rilassatezza, anche se alcune facce al tavolo dei Nagard non parevano particolarmente inclini ai festeggiamenti: Ailionora e il conte Deamundi, seduti uno di fianco all'altro, passarono tutta la serata con lo sguardo torvo e il capo chinato sul piatto.

La mattina della partenza arrivò anche troppo presto per Edmund: gli pareva incredibile che fosse già finito il suo secondo anno al Trinity, quando sembrava solo ieri il giorno in cui Captatio gli aveva rivelato di essere un mago. E invece eccolo lì, sulla banchina della stazione di Doolin, ad aspettare il treno che lo avrebbe riportato a Dublino.

Non appena arrivò l'espresso, i tre amici si scelsero uno scompartimento vuoto tutto per loro. Per la prima parte del viaggio Mairead e Laughlin giocarono a Sparaschiocco, mentre Edmund osservava pensieroso il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.

Ad un certo punto Mairead esclamò: «Laugh, non ci hai più detto che pensa di fare adesso tuo padre!»

Laughlin sorrise compiaciuto. «Oh, già. Papà aprirà una scuola di musica» annunciò tutto soddisfatto.

«Che bello!» commentò Mairead entusiasta. «Che ne dici, Ed?»

«Oh, sì, grandioso» rispose Edmund, riscuotendosi dai suoi pensieri.

«Che c'è?» gli chiese la ragazzina, in tono preoccupato.

«No, è che... pensavo.»

«A cosa?»

«A McPride e a tutta la faccenda della setta. Non vi sembra che McPride potrebbe essere in contatto con l'EIF?» rispose Edmund, esprimendo i suoi dubbi agli amici.

Laughlin e Mairead si scambiarono un'occhiata perplessa.

«Ma, Edmund, che dici?» gli chiese Laughlin, guardandolo con la faccia stranita.

«Be', insomma, tuo padre riceve da McPride una proposta che rifiuta, e poco dopo l'EIF lo minaccia di lasciare la direzione del giornale. La cosa non vi pare un po' strana?» spiegò Edmund, in tono convinto.

«Saranno coincidenze» rispose Laughlin alzando le spalle. Non gli sembrava affatto possibile che McPride avesse qualcosa a che fare con l'EIF.

«Be', sono coincidenze fin tanto che non si trova un qualcosa che le unisce» rispose Edmund imbronciato.

Mairead scosse la testa con veemenza. «Non può essere malvagio! Era un fervido cacciatore di maghi oscuri al tempo di Tu-sai-chi».

«Chi?» le fece eco Edmund.

«McPride» rispose Mairead, come se fosse ovvio: stavano parlando di lui o no?

«No, io so chi, chi?»

«Tu-sai-chi!»

«Chi?»

«Tu-sai-chi! Non sai chi è Tu-sai-chi?» intervenne Laughlin con tono sorpreso.

Edmund scosse lentamente la testa.

Mairead e Laughlin si scambiarono uno sguardo allibito.

«È il più terribile mago oscuro di tutti i tempi!» esclamò il ragazzino, scioccato.

«Be' scusa se non lo sapevo» rispose Edmund, incrociando le braccia al petto, imbronciato.

Laughlin scoppiò a ridere: Edmund conosceva così tanti incantesimi, che ogni tanto lui si dimenticava che il suo amico veniva dal mondo Babbano. Al vederlo con il broncio, si commosse e cominciò a spiegare: «Il suo nome non lo pronuncia nessuno, perché fa paura anche solo quello. Prese il potere in Inghilterra negli anni Settanta e terrorizzò il paese per moltissimi anni insieme ai suoi seguaci, chiamati Mangiamorte, finché non perse tutto quando tentò di uccidere un bambino di un anno, Harry Potter, l'unico essere mai sopravvissuto ad un anatema che uccide».

Edmund sembrava affascinato da quella storia. «E poi che ne fu di lui, voglio dire, del mago oscuro?» chiese con interesse: non aveva mai sentito parlare di quelle cose, perché non si interessava molto ai libri di storia contemporanea.

«Alcuni dicono che sia morto, ma io non credo: un mago tanto potente non si lascia fregare così facilmente» rispose Laughlin con una scrollata di spalle.

«Comunque anche in Irlanda, sebbene Tu-sai-chi non estese mai ufficialmente il suo dominio fin qui, c'era il finimondo in quel decennio» si intromise Mairead. «Alcuni si schieravano dalla parte dei Mangiamorte, alcuni con l'Ordine della Fenice, il gruppo di maghi capeggiato da Silente che combatteva i maghi oscuri, mentre l'EIF acquisiva sempre più seguaci, facendo leva sulla paura che causava Tu-sai-chi; spesso c'erano dei rastrellamenti sommari o si scatenava la caccia all'inglese, perché tutto ciò che veniva da quell'isola era visto come qualcosa che avesse a che fare con Tu-sai-chi. Così il governo si trovava a fronteggiare due minacce: i Mangiamorte e la xenofobia dell'EIF. A quell'epoca McPride era un giovane Auror che catturò numerosissimi Mangiamorte».

«Caspita, non ne sapevo nulla. E qual era il nome di Tu-sai-chi?» chiese cauto Edmund.

Mairead guardò Laughlin, senza avere il coraggio di rispondere a quella domanda. Alla fine, il ragazzino, preso un profondo respiro, sussurrò: «Lord Voldemort».

«Lord Voldemort...» ripeté Edmund tra le labbra, quasi ammaliato da quel nome. Quanto doveva essere stato potente quel mago, quanto terrificante doveva essere stato nel periodo in cui era all'apice del suo dominio, perché a più di dieci anni di distanza la gente avesse ancora timore nel pronunciare il suo nome? Aveva fatto calare sul mondo un'oscurità di terrore tale da far spegnere il sole. Come avrebbe potuto fare lui.

Il treno cominciò a rallentare, segno che ormai dovevano essere arrivati a Dublino. Edmund smise di fantasticare su Voldemort e ritornò bruscamente alla realtà: lo attendeva un'altra terribile estate all'orfanotrofio.

Quando i ragazzi si ritrovarono sulla banchina, Mairead e Laughlin corsero incontro alle rispettive famiglie.

«Buongiorno, Edmund» lo salutò con gentilezza Eoin.

«Signor Maleficium» rispose il ragazzino in tono educato.

«Ciao Ed! Ciao Ed! Ciao Ed!» cominciò a strillare Bearach, saltellando da un piede all'altro.

Evidentemente aveva già superato lo shock del rapimento ed era tornato esagitato ed euforico proprio come prima.

«Ciao, Bearach» lo salutò Edmund, nella speranza che smettesse di strillare.

Anche Mairead e suo padre si avvicinarono. «Ed, quando ci sarà la cerimonia per l'Encomio della Repubblica, ti verremo a prendere all'orfanotrofio e poi passerai il resto dell'estate con noi!» esclamò la ragazzina entusiasta.

Edmund non riusciva a credere alle sue orecchie: la cerimonia ufficiale era stata fissata per l'inizio di agosto e quello significava che avrebbe passato un intero mese di vacanze a casa di Mairead!

«Uau, è... fantastico! Grazie!» disse, leggermente a disagio. Mairead gli sorrise di rimando, poi afferrò i suoi amici per le spalle e insieme attraversarono la barriera magica per ritrovarsi nella stazione Babbana di Dublino.

Forse quell'estate non si sarebbe rivelata poi così male.




Eccoci qui, giunti alla fine della seconda avventura dei giovani maghi irlandesi! Ora che il racconto è finito, spero che possiate dire che vi sia piaciuto davvero. Un po' mi dispiace, ma verso settembre arriveranno i primi capitoli de “La sorella perduta”, perciò vi chiedo solo un po' di pazienza.

Come promesso, c'è anche una sorpresa! Ecco a voi, grazie all'incomparabile aiuto di Julia Weasley, i banner per i membri delle case del Trinity College! Potete metterli nella vostra firma o dove volete, scegliendo ovviamente la casa a cui preferite appartenere! Spero che vi piaccia l'idea.

Nagard : ambiziosi, sicuri di sé, testardi, ottengono sempre quello che vogliono; a volte sono un po' stronzi e strafottenti.

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Raloi: intraprendenti, coraggiosi ed energici, sempre pronti all'azione e a mettersi in gioco; spesso il loro coraggio li porta ad essere incoscienti o addirittura beffardi.

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Llapac: fondamentalmente buoni ed onesti, gentili e aperti verso il prossimo, leali fino alla morte ai propri amici e alla causa in cui credono; a volte rischiano di essere troppo buoni e finiscono per essere considerati dei boccaloni sempliciotti.

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Grazie a tutti coloro che hanno seguito questa storia, che l'hanno commentata, che l'hanno inserita tra le preferite o tra quelle da ricordare. Spero solo che i miei racconti vi abbiano ripagato per il vostro interesse.

Un saluto e a presto,

Beatrix

Ora passiamo ai ringraziamenti personali:

@ Julia Weasley: innanzitutto non finirò mai di ringraziarti per il tuo lavoro sui banner! Sei stata gentilissima. Un indizio su quale fosse il prossimo lavoro di Eoin l'avevo già lanciato nei primi capitoli, ma forse era sfuggito: una scuola di musica! Io adoro Eoin Maleficium! Anche McPride è un personaggino niente male... tutti lo considerano un grande mago e un bravo presidente, tutti tranne Edmund che lo considera un falso e Captatio che annusa più verità di quanta non voglia dare a vedere. Ma chi avrà ragione? Spero nel frattempo che l'epilogo sia stato di tuo gradimento! Alla prossima!

@ darllenwr: anche a me piace molto l'immagine di Bearach che dorme sulla panca: mi sembrava il simbolo del fatto che sia finalmente tornata la tranquillità. Purtroppo Diablaiocht, Deamund e gli altri sono riusciti a farla franca, ma anche Captatio sa benissimo che loro sono implicati, quindi li terrà d'occhio e non permetterà loro di fare altri “scherzi” del genere. McPride sa di essere la persona giusta per la massa (dopo tutto è stato votato, no?) e come vedi, anche Mairead, il cui padre sicuramente non ha votato per McPride, non può fare a meno di considerarlo una “brava persona”. Solo Edmund (e anche Captatio, dopo tutto) sente che c'è qualcosa che non va in lui e nei suoi modi sempre affabili. Anche McPride comunque ha capito fin dal suo primo incontro con il ragazzo, che era il caso di tenerlo d'occhio perché non sembrava uno che si sarebbe lasciato facilmente incantare dal suo fascino. Grazie mille per i complimenti e a presto!

@ quigon89: sì, c'è molto dei due che vi tengo nascosto, ma le rivelazioni arriveranno a tempo debito, temo! Sono contenta che ti piacciano le divise degli auror: mi sembrava giusto che ne avessero una, visto che sono più o meno come i nostri poliziotti. Spero che l'epilogo ti abbia soddisfatto. A presto!





EDIT: finalmente finita anche per questo secondo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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