L'erede dei Riddle

di AlessiaFFWriter3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Alla Tana ***
Capitolo 3: *** Alla Testa di Porco ***
Capitolo 4: *** Contatto ***
Capitolo 5: *** La Guerra alle porte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- L'erede dei Riddle -


PROLOGO

La neonata piangeva nella sua culla.
Non aveva casa e non aveva famiglia, ormai.
L'uomo ferito fece un passo sbilenco nella sua direzione e la prese con il braccio tatuato. Gli occhi assenti vagarono per un momento sul piccolo collo della bambina, dove scintillava una catena d'argento che sosteneva un pesante medaglione.
Le strade di Hogsmeade erano popolate da maghi in festa quella sera. Ma non c'era nulla da festeggiare  per lui, né per la bambina, perché, se avessero saputo chi erano, non ci sarebbe stato scampo per nessuno dei due.
Guardò ancora una volta la neonata e un paio di occhi neri e brillanti le risposero intelligenti. Lui le spostò un ciuffo di soffici capelli dalla fronte e lei gli afferrò il dito con la mano, sorridendo per mostrare una bocca rosea e sdentata.
L'uomo non rispose al sorriso.
Doveva scappare e non essere visto.
Ma le urla di gioia erano dappertutto e non poteva incamminarsi per le strade principali. I segni del suo schieramento erano ben visibili su di lui e lei avrebbe corso dei rischi.
Gli ordini erano stati chiari: proteggi la bambina a costo della vita. Sistemala in un luogo sicuro, dove potrà crescere sviluppando i suoi poteri, e un giorno la troveremo e torneremo a prenderla.
Non si discutevano gli ordini.
La sua scelta era caduta sul villaggio di Hogmeade: un posto così vicino al luogo per loro più pericoloso del mondo in quel momento non sarebbe mai stato sospettato.
Girando l'angolo, vide un orfanotrofio e il suo primo impulso fu quello di abbandonare il fagotto ad una strega e di fuggire il prima possibile. Ma ricordava cosa gli era stato detto: Evita gli orfanotrofi, e così fece.
Le voci si fecero più vicine e il panico si impossessò di lui.
Vide una casa vicina, nascosta a sguardi indiscreti, e lasciò la bambina, assicurandosi che il medaglione piegato e rotto fosse ancora al suo collo. Sarebbe stata l'unica cosa che li avrebbe potuti condurre a lei.
Si affrettò a scrivere il suo nome su un pezzo di carta e pregò chiunque la trovasse di prendersi cura di lei, perché la sua famiglia era morta.
<> Disse, abbandonando sulle scale la piccola, che, infastidita dal gelo del pavimento, si mise a piangere.
Quando l'uomo fu colpito al petto da una maledizione era già lontano, ormai.

*                    *                    *

VENTIDUE ANNI DOPO

Il treno si fermò sbuffando e cigolando al binario di King's Cross.
Era giugno e Hogwarts chiudeva come ogni anno per le vacanze estive, riportando i giovani maghi alle loro famiglie.
Harry e Ginny Potter sorrisero mentre guardavano i loro i loro figli scendere dal vagone trasportando dietro di loro i pesanti bauli.
James stava stuzzicando il fratello Albus, mentre Lily, l'aria molto scocciata a causa dei loro continui litigi, camminava dritta per dritta in direzione dei genitori: le erano molto mancati durante la lunga assenza dalle vacanze natalizie ad ora.
Harry sorrise ripensando ai giorni in cui era stato lui a salire su quel treno: certo, ne aveva passate di avventure.
Anche Ron ed Hermione erano lì con lui ad aspettare che i figli arrivassero.
<> Urlò Ginny abbracciando i loro figli.
Harry sorrise e li abbracciò a sua volta, ma mentre lo faceva una sensazione strana lo avvolse e, per la prima volta dopo anni ormai, la cicatrice bruciò.
Si ritrasse spaventato: nessuno, per fortuna, se ne era accorto e si era trattato solo di una fitta momentanea.
Eppure, c'era stata.
Gli occhi, involontariamente, scivolarono alla sua destra, come richiamati da una forza sconosciuta.
La folla era in movimento, ma lei era ferma in mezzo al flusso.
In un attimo, fu come se niente attorno a lui avesse più colore. C'era solo la ragazza in mezzo alla strada.
Un sorriso malizioso sul bel viso e una scintilla negli occhi neri tanto quanto i capelli lunghi, che le ricadevano morbidi e mossi sulle spalle.
I suoi occhi erano fissi su di lui e Harry si sentì all'improvviso scoperto, inprotetto e sussultò.
La bocca della ragazza si piegò in un sorriso divertito e il dito indice si posò sulle labbra, intimandogli di mantenere il silenzio.
Poi tutto riprese a scorrere e Harry distolse lo sguardo.
In quella frazione di secondo lei era scomparsa.
Nessuno se n'era accorto tranne che lui, a tal punto che, se non fosse stato per un insignificante particolare, avrebbe pensato fosse stato tutto frutto della sua immaginazione. Dopo ventidue anni, la cicatrice bruciava di nuovo.

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Capitolo 2
*** Alla Tana ***


CAPITOLO I

Harry non sapeva se raccontare a qualcuno ciò che gli era accaduto. Sapeva di poter parlare di tutto con Ginny, ma, dopo  quello che avevano trascorso poco più di due decenni prima, dopo ciò che avevano perso entrambi nel corso della guerra, non gli sembrava giusto metterla in ansia per qualcosa che, con molta probabilità, era solo frutto di una sua paranoia.
E poi, non voleva rovinare quella serata: erano alla Tana e la signora Weasley come al solito rimpilzava Lily dicendole che era troppo magra mentre i ragazzi, appena tornati dai lunghi mesi trascorsi ad Hogwarts, raccontavano delle loro avventure.
<< Una cosa spettacolare! >> Diceva Albus, gli occhi che gli luccicavano dallo stupore mentre parlava senza sosta degli incantesimi che aveva imparato nel suo quarto anno.
James, al contrario, era molto meno entusiasta e si stava arrovellando riguardo al suo esame G.U.F.O. appena sostenuto.
<< Papà, eri un bravo cercatore? >> Chiese a un certo punto Lily ad Harry, spezzando il corso dei suoi pensieri.
Harry le sorrise.
<< Così si dice in giro >>, rispose con un mezzo sorriso. Ron gli diede una gomitata e ridacchiò.
<< Sempre il solito modesto >> Commentò, mentre Hermione alzava gli occhi al cielo.
<< Non vedo l'ora di vedere una tua partita, Lily >> Le disse quest'ultima, rivolgendole un sorriso materno, e la ragazza sorrise soddisfatta nel vedere di avere già qualche fan.
Lilian Luna Potter era entrata a far parte della squadra di quidditch dei Grifondoro nelle ultime settimane, dopo che il precedente cercatore era stato costretto a trasferirsi a Durmstrang.
Era stata una bella sorpresa per Harry, che non appena aveva ricevuto la notizia si era riempito di orgoglio al pensiero che uno dei suoi figli avrebbe seguito le sue orme. Tuttavia, ora non riusciva proprio ad essere entusiasta.
Hermione, che per l'ennesima volta dimostrò di conoscerlo bene, si accorse che qualcosa non andava.
<< Harry, ti senti bene? >> Chiese, un cipiglio interrogativo sul viso.
Lui non seppe che dire o fare e si limitò a fare spallucce. Diavolo, saranno stati sedici anni che non faceva spallucce, gli sembrava di essere tornato ragazzo.
Ron ironizzò, come al solito.
<< Avrà solo fatto l'ingordo, come al solito >> Disse, indicando il vassoio di brownies praticamente vuoto al centro della tavolata nel salotto della tana. La signora Weasley, i capelli ormai grigi per l'età ed il viso percorso da una ragnatela di rughe, iniziò a ridere divertita.
<< Sbaglio o sei stato tu ad averne presi più di tutti? >> Rose Weasley rise e concordò con la versione della nonna, mentre Ron si ammutoliva, risentito.
Ma Hermione non sembrava affatto soddisfatto della risposta ottenuta dall'amico e, non appena ne ebbe l'occasione, prese Harry da parte e gli parlò in privato.
<< Che cos'hai? >> Gli chiese, preoccupata.
<< Niente >> Mentì ancora Harry, preoccupato di quella che avrebbe potuto essere la reazione della donna di fronte a lui.
<< Ti comporti in modo strano. Non ti vedo così da... >>
<< Da vent'anni circa >> Completò lui, pentendosi immediatamente delle sue parole.
Hermione per fortuna non capì a cosa si stesse riferendo e lo guardò per qualche secondo spiazzata, senza sapere come rispondere alla sua ultima affermazione.
<< Lo sai che con noi puoi parlare di tutto ciò che vuoi >> Si limitò a dire, mentre nella stanza accanto continuava a risuonare la voce concitata di Ron che stava inutilmente tentando di difendersi dalle accuse di sua figlia Rose e di sua madre.
<< Lo so >> Rispose Harry. << E se ci saranno veri problemi non esiterò a parlarvene. Ma adesso è tutto okay, giuro >> Hermione parve abbastanza soddisfatta dalla promessa ottenuta e annuì prima di andarsene dalla stanza lasciandolo solo.
Harry appoggiò la testa al muro e sospirò, chiudendo gli occhi e massaggiandosi la pelle vicina alla cicatrice a forma di saetta.
Faceva un dannato male. E faceva anche paura.
Chissà cosa aveva fatto risvegliare il vecchio dolore. Non poteva essere Voldemort. Era morto. Morto davvero: nemmeno la sua anima mutilata era rimasta a brancolare da qualche parte in attesa di essere risvegliata o di impossessarsi del corpo di qualche altro mago.
A meno che non fossero i primi dolori della vecchiaia, c'era qualcos'altro là fuori che lo stava facendo impazzire. Per il momento, però, poteva solo fare supposizioni...

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Capitolo 3
*** Alla Testa di Porco ***


CAPITOLO II

Jane rientrò a casa molto tardi e fu avvolta dal solito odore di cucinato che c'era sempre dove abitava.
Non fece in tempo a rimettere piede in casa e prendere qualche candela, però, che qualcuno le parlò.
<< Dove sei stata? >> La voce la colse impreparata e sobbalzò. La stanza era buia, ma lei riconosceva senza ombra di dubbio chi l'avesse sorpresa.
I capelli argentei dell'uomo nella penombra erano inconfondibili e sentiva sul suo viso i suoi occhi di un blu penetrante.
<< Ho ventidue anni, Aberforth, non ti dovrebbe interessare più da tempo dove vado >> Rispose, insolente.
L'uomo sorrise: si era aspettato una risposta del genere. Jane non era mai stata un tipetto facile da trattare. Eppure, alla luce degli ultimi avvenimenti, aveva sperato che la sua abitudine di uscire durante la notte fosse stata scoraggiata.
<< Non hai paura? >> Le chiese, sperando di ottenere da lei almeno un minimo di timore.
Ma lei rise di cuore.
<< Ci sono poche cose che possono spaventarmi, Aberforth. Loro non sono una di queste >> Rispose invece, gettandosi di peso sulla poltrona più vicina e gettando la borza a terra.
Aberforth Silente si alzò dalla sedia dove era rimasto seduto fino a quel momento e annuì.
<< Torno al locale. Non fare altre cose insensate mentre sono via >> La implorò, senza speranza tuttavia che lei seguisse il suo consiglio.
<< Va bene >> Gli rispose Jane, continuando a fissare il soffitto.
Prima di varcare la porta d'ingresso, però, l'uomo fu preso dalla curiosità e non riuscì a fare a meno di porre l'ultima domanda alla ragazza.
<< L'hai visto? >> Chiese, trattenendo il respiro in attesa della risposta.
Jane lo guardò negli occhi e sorrise, soddisfatta.
<< Sì. L'ho visto finalmente >>

*                *               *

Ted Lupin uscì dalla sua abitazione di Hogsmeade di gran carriera, un cipiglio preoccupato sul bel viso. Quel giorno aveva l'esame per seguire le orme della sua famiglia e diventare finalmente auror, ma piccoli imprevisti lo avevano portato ad essere in un enorme ritardo.
Uno di quei piccoli imprevisti era quella palla al piede di Victoire Weasley, che ancora una volta lo rimproverava perché trascorrevano poco tempo assieme. Come se avesse tempo per badare a tutti i suoi sbalzi d'umore.
La valigia dove teneva la bacchetta e tutto ciò che gli serviva sballottava contro la sua coscia mentre correva in direzione della Testa di Porco.
Oltre tutto il resto, doveva consegnare un messaggio al proprietario del locale da parte di Madama Rosmerta entro quella mattina, o l'avrebbe licenziato.
Dopo una corsa disperata, il ragazzo riuscì ad arrivare a destinazione e riprese fiato mentre entrava nel pub.
Ma in quel momento si fermò, sorpreso.
Il barman stava chiacchierando e ridendo con una ragazza, non il genere di persona che ti saresti mai aspettato varcare la porta de "La Testa di Porco".
Era molto, molto bella e qualcosa nei suoi atteggiamenti gli lasciava presumere che fosse anche molto sicura di sé ed orgogliosa.
Continuò a fissarla mentre consegnava la lettera all'uomo al di là del bancone, che, accorgendosi di dove tutte le sue attenzioni fossero puntate, gli lanciò un'occhiata divertita.
<< Hai notato l'effetto che hai sugli uomini, Jane? >> Chiese l'uomo alla ragazza, i cui occhi neri per qualche istante si fermarono sul ragazzo alle sue spalle.
<< Oh, sì... >> Rispose, senza vergogna.
Ted arrossì e guardò l'ora, vedendo se aveva ancora qualche minuto per restare a guardarla. Maledì la sua sfortuna quando vide che era già troppo in ritardo per esitare ancora.
Mentre se ne andava continuò a guardarla attraverso la vetrata colorata del locale finché gli fu possibile e si chiese se l'avrebbe mai rivista. Si chiamava Jane.

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Capitolo 4
*** Contatto ***


CAPITOLO III

Mentre Aberforth serviva Burrobirra boccale dopo boccale ai clienti de La Testa di Porco pensava. Sapeva che presto, per ovvi motivi, Jane se ne sarebbe andata, ma l'idea di doverla perdere proprio non gli piaceva: vuoi o non vuoi, le era affezionato.
Quando la vide scendere le scale dell'appartamento da lei occupato, si sentì abbastanza sollevato nel pensiero che per una volta l'avrebbe avuta sotto gli occhi. Gli rivolse un grande sorriso, come non faceva quasi mai, e si mise a sedere sullo sgabello al bancone, proprio di fronte a lui.
Gli fece anche strano vedere molti dei clienti fissarla in uno stato di trance: era bella, su questo non c'era dubbio. Ma, da quanto ne sapeva, non c'erano mai stati uomini nella sua vita. O almeno amava pensarlo.
Un ragazzo appena entrato dalla porta principale gli aveva consegnato una lettera da parte di Madama Rosmerta ed era rimasto lì a fissarla incantato.
<< Una burrobirra, barman >> Chiese scherzosa Jane, mantenendo il sorriso. Aberforth continuava ad osservare divertito il ragazzo.
<< Hai mai notato l'effetto che hai sugli uomini, Jane? >> Chiese  a bruciapelo, sperando di ottenere in lui una reazione divertente.
Lei rise di cuore a quella domanda.
<< Oh, sì... >> Rispose, ridacchiando come se stesse pensando di nuovo a qualche particolare accaduto. Il ragazzo, probabilmente imbarazzato, se ne andò di corsa.
Anche Aberforth rise: Jane era piacevole quando era di buon umore.
<< Raccontami del tuo incontro >> Chiese il vecchio, curioso.
<< Era con la sua famiglia. Mi ha vista tra la folla e ci ho un po' giocato >>
<< Era necessario contattarlo? >> Lei si lasciò sfuggire un sorriso amaro e sviò lo sguardo.
<< Sta per succedere qualcosa. Più tardi nel prossimo futuro capirai >> A quel punto Abertforth rimase in silenzio ed anche Jane seguì il suo esempio.
Presto fu un'altra voce a riempire il vuoto, seguita da un'altra e un'altra ancora, tutte rivolte al vecchio barista.
Finché Jane non ne riconobbe una in particolare tra le altre.
<< Idromele >> Grugnì una voce attraente accanto a lei.
Aberforth fu veloce a seguire il nuovo cliente, ma quando fece per andarsene con la bottiglia quest'ultimo gli trattenne il braccio e alzò lo sguardo nella sua direzione, minaccioso.
<< Lascia la bottiglia e rimani a parlare con me, vecchio. Ho bisogno di qualche informazione>> Jane lo avrebbe riconosciuto ovunque.
Doveva avere una cinquantina d'anni, ma i capelli erano lunghi e scuri e coprivano un viso duro, smunto, cosparso di una barba rada. Gli occhi verdi erano penetranti e cattivi. Era uno di loro.
Si nascose dietro i capelli folti e rimase ad ascoltare.
Aberforth accettò la proposta ignaro e si mise a sedere dall'altra parte del bancone.
<< Da dove vieni? >> Chiese, curioso.
<< Sono qui per domandare, non per rispondere >> Affermò l'uomo con voce roca.
<< Sto cercando qualcuno. Una ragazza. Deve avere almeno ven'tanni e si chiama Jane. È mai passata di qui? >> Jane ebbe un tuffo al cuore, ma si calmò presto.
Aberforth si sforzava di non guardare nella sua direzione, ma presto, in un modo o nell'altro, si sarebbe tradito, lo sapeva.
Quindi, sperando che nessuno avrebbe collegato Aberforth a lei, parlò.
<< Vi avevo detto di andarvene >> L'uomo sobbalzò sul suo sgabello e voltò lo sguardo penetrante alla sua sinistra, incredulo. Poi un sorriso compiaciuto si aprì sul suo viso.
<< Ciao, Jane >>

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Capitolo 5
*** La Guerra alle porte ***


CAPITOLO IV

<< Sei una ragazza difficile da trovare, Jane. Non sai quanto abbiamo faticato >> Lei rimase a nascondersi dietro la barriera dei suoi capelli scuri.
<< Se ti alzerai e te ne andrai non ti succederà nulla, altrimenti considerati morto >> Gli rispose, la voce spietata.
Lui rise, come se dubitasse delle parole della ragazza, ma poi sentì qualcosa puntellargli lo stomaco e notò che la bacchetta della ragazza era puntata dritta su di lui.
<< Non vorrai colpirmi? >> Chiese, dubitoso.
<< Credi esiterei? >>
<< Sì >>
<< Anche sapendo chi sono? >> Lui sfoggiò la sua migliore espressione strafottente e fece spallucce.
<< Non saresti capace di colpire una mosca. Il pacifico ambiente di Hogsmeade ti ha rammollita >> Lei rise di cuore e gli diede una pacca sulla spalla con la mano libera, come fossero vecchi amici.
<< Ma io non ti voglio colpire >> Disse, tra le risate.
<< Cos--? >>
<< Imperio... >> Sussurrò Jane cambiando espressione. In un attimo  gli occhi dell'uomo divennero vacui.
Aberforth, che aveva assistito alla scena, perse un battito.
<< Cosa hai fatto?! >> Chiese agitato alla ragazza, dalla quale non ricevette risposta: era troppo concentrata sul suo burattino.
Si avvicinò all'orecchio dell'uomo sotto incantesimo e sussurrò qualche parola.
<< Adesso te ne andrai e non tornerai più qui a cercarmi. Tu non mi hai mai vista e il barman non è in alcun modo collegato a me >> L'uomo seguì le istruzioni con la massima attenzione e presto fu via.
Jane mise vi la bacchetta, mentre il vecchio suo tutore ancora cercava di capacitarsi di ciò che aveva visto. << Cosa hai fatto? >> Le chiese di nuovo, sconvolto. Lei aveva un'espressione assente: era pentita di aver dovuto usare un incantesimo del genere di fronte ad Aberforth.
<< Non potevo fare altro >> Si giustificò candidamente.
<< Però non è la prima volta, vero? >> Chiese l'uomo in tono accusatorio. Jane rise di cuore, come se non potesse credere alle sue orecchie per la domanda che le era appena stata posta.
<< Cosa ti aspettavi, Aberforth? Mi pare tu conosca la mia storia. Non dovrebbe stupirti >> Ora era arrabbiata. Lui scosse la testa, sconfortato.
<< Ma io non ti ho cresciuta così >>
<< Puoi anche allevare un rovo come fosse una rosa, Aberforth. Alla fine avrai sempre il rovo >> Detto ciò, la ragazza svanì come era apparsa, una foga diversa ad alimentare i suoi passi. Lui la seguì: già presentiva ciò che stava per accadere, ma non voleva proprio credere che fosse arrivato il momento. Non così presto.
<< Cosa fai? >> Le chiese quando vide che prendeva le sue cose. Jane non lo guardò negli occhi emntre rispondeva.
<< Sanno che non mi sono trasferita come gli avevamo fatto credere. Sanno che sono a Hogsmeade. Devo andarmene: se Kyle sa già dove sono e che sono viva, la guerra è alle porte, ormai >> Il vecchio non parlò e rimase a fissarla. Lei si fermò e lo guardò, avvilita. Gli voleva bene, ma non avrebbe rischiato che lui facesse una brutta fine per rimanere con lui. Corse nella sua direzione e lo abbracciò forte, come non faceva da molto tempo, poi lo prese per le spalle e lo guardò negli occhi.
<< Ascoltami bene, Aberforth. Finché la McGrannitt è in vita, Hogwarts è un posto sicuro. Hogsmeade non lo è più, ormai. Devi andartene >>
<< Dove andrai? >> Le chiese il vecchio, preoccupato più per lei che per sé stesso.
<< È arrivato il momento di mettere in guardia i Potter >> Rispose, semplicemente. << Ma non posso farlo se non so che almeno tu sei al sicuro. La guerra di vent'anni fa non sarà nulla in confronto a quella che si combatterà adesso. Lui ha insegnato tutto a Kyle. Era l'unico che considerava come suo pari e l'allievo è diventato almeno tanto bravo quanto il maestro, ormai. Se scopre che tu sai di me e che mi hai allevata ti ucciderà >> Gli disse, scansandosi da lui per andare a cercare qualcosa in un cassetto.
Aberforth la vide prendere tra le mani la pesante catena d'argento e posare il medaglione sul tavolo più vicino.
<< Reparo! >> Urlò Jane, puntando la bacchetta in direzione dell'oggetto.
In un attimo, lo squarcio al cuore del medaglione fu riparato e la S di smeraldi fu ben visibile tra gli intricati ricami argentei. << Con questo mi crederanno >> Disse più a sé stessa che all'uomo.
Indossò l'oggetto nascondendolo sotto i vestiti e continuò a mettere via i propri effetti.
Aberforth scosse la testa.
<< I Potter ti uccideranno >> Jane rise.
<< Non ne hanno il potere >> Affermò, senza un briciolo di paura negli occhi scuri. E il vecchio sapeva che avesse ragione. Ma non loro avevano degli alleati. Lui lo sapeva: c'erano i Weasley, tutti gli auror, i sopravvissuti... non sapeva se sarebbe stata in grado di affrontarli tutti assieme.
Dopo tutto quello che aveva fatto per mantenerla in vita... Albus non sarebbe mai stato d'accordo con lui. Albus l'avrebbe fata uccidere subito, quando ancora non poteva difendersi. Ma lui non aveva avuto la forza di compiere un atto tanto efferato e, al contrario, col tempo aveva protetto la bambina da coloro i quali avrebbero dovuto essere i buoni.
Ed ora lei stava andando dritta dritta nella tana del lupo.
Lei gli sorrise e prese la bacchetta e il resto delle sue cose.
<< Starò bene >> Promise. << Ma tu mettiti al sicuro >>
E, detto ciò, svanì sotto i suoi occhi.

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