Momenti

di ENS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricominciare ***
Capitolo 2: *** Pensieri nel fondo di un boccale ***
Capitolo 3: *** Le tre anime immortali ***



Capitolo 1
*** Ricominciare ***


Ricominciare

 

Murtagh…, era Castigo, il suo drago, a parlargli. Murtagh…, non pensi, che, ecco…

E’ probabile, Castigo, molto probabile, ma non possiamo farci nulla, lo sai. Il legame tra loro due era troppo forte, Murtagh aveva percepito cosa il suo drago volesse chiedergli. Era inevitabile.

Purtroppo, aveva ragione: erano giorni che Castigo si chiedeva se i Varden li avrebbero uccisi, bollandoli come traditori, se fossero mai riusciti a liberarsi dal giogo di Galbatorix ed a presentarsi al cospetto della loro giovane regina, Nasuada. L’atto scatenante tali dubbi nella mente del giovane drago rosso era l’uccisione del Cavaliere elfo, Oromis, e del suo drago, Glaedr, per mano loro. Prima avevano sperato che i Varden li vedessero come un pericolo fra le loro fila, ma accettabile, nel dubbio. Ma dopo un affronto del genere, nulla avrebbe fatto cambiare idea all’esercito della libertà. In gran  parte era costituito da villici rozzi e bifolchi, senza la più semplice nozione di magia. Come potevano sapere che erano controllati tramite l’Antica Lingua? Per loro non significava nulla. Nasuada non avrebbe mai corso il rischio di accettarli fra le sue fila, oramai, mettendosi contro il volere del suo stesso popolo.

Siamo condannati ad un’esistenza da schiavi sotto Galbatorix, dunque, rifletteva Castigo, o ad una fuga da Alagaesia per evitare che i Varden ci catturino, se mai saremo liberi? Non è vera libertà, questa.

Il suo Cavaliere sospirò: Castigo delle volte si perdeva in riflessioni che portavano, inevitabilmente, dolore e rimpianto. No, non lo è, convenne Murtagh, ma non possiamo farci nulla: è destino. Siamo condannati a vivere così, per l’eternità, forse. L’immortalità ottenuta lo faceva riflettere: e se fosse solo un prolungamento delle loro agonie?

No, ti sbagli, Castigo aveva sentito i suoi pensieri. La nostra immortalità è un dono. Ci dà la possibilità di vivere una vita vera, anche se saremo liberi da Galbatorix solo fra centinaia si anni. Siamo fortunati, chiunque altro avrebbe solo poche miserevoli decine d’anni da vivere, non importa come, ed alla fine, morirebbe. Ma noi no. Possiamo sempre ricominciare.

Certe volte, erano poche ma c’erano, Murtagh si chiedeva chi dei due avesse veramente vissuto tutta la sua vita in schiavitù. In teoria il suo drago, perché lui aveva, suo malgrado, partecipato alla vita di corte, con cacce, banchetti e persino tornei, quando gli andava di essere umiliato da un’idiota con le mutande di ferro, cui piaceva tanto fregiarsi del titolo di “Ser”. Era stato libero, Galbatorix non lo aveva mai segregato nel castello di Urue’baen, visitava la città ed altro, ma, il suo drago… Lui, invece, aveva vissuto la sua intera esistenza imprigionato, una prigionia dorata, vero, rinchiuso nelle enormi stanze dedicate ai draghi, assieme a Shruikan, che lo aveva subito preso in simpatia, a causa della situazione comune. Ma da come Castigo parlava sembrava fosse un vecchio avventuriero, orgoglioso delle sue leghe percorse.

Già, sospirò Murtagh, ricominciare.

 

Note dell’Autore: questo è il primo capitolo di una piccola raccolta di brevi momenti della vita dei personaggi. Verterà su tutti, indiscriminatamente.

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Capitolo 2
*** Pensieri nel fondo di un boccale ***


Pensieri nel fondo di un boccale

 

“Mai, mai dimenticare ciò che i nostri avi ci hanno insegnato, perché è da loro che dobbiamo trarre insegnamenti per il futuro.” Ripeteva Brom, comodamente seduto al bancone della taverna di Morn.  

“Brom, d’accordo,” il tono del taverniere era scettico “l’hai già detto a mezza Carvahall, vuoi ripeterlo ancora?” Era vero: come ogni anno, Brom sfruttava l’arrivo degli Erranti, capaci di far affluire una buona quantità di pubblico, e narrava dei tempi dei Cavalieri.

“Non saprei, Morn, mi ascolterebbero? Sono solo un vecchio cantastorie che narra di eventi ormai andati, superati, la gente non vuole saperne nulla del passato, a loro importa solo del presente. Pensano: ‘A che mi può servire conoscere il passato? E’ passato, ormai.’” Nel tono di Brom c’era una sorta di disprezzo, mista a tristezza.

            Morn non aveva intenzione di continuare ad ascoltare i rimpianti e le riflessioni di un vecchio, soprattutto se c’era gente da servire. Gli balenò in mente un’idea per concludere la discussione senza apparire maleducato. “Ma, scusa, tu che ne sai di Draghi e Cavalieri, eh? Anche tu sei un cosiddetto ‘giovane’, non sai nulla su di loro. Potrei capire se a dire certe cose fosse qualcuno appartenente a quell’epoca, ma tu, sei di questo tempo, che senso ha riflettere su cose totalmente al di fuori della propria portata?” sospirò “non capirò mai i cantastorie…”

Detto ciò, il taverniere si allontanò, in direzione di un tavolo dove due avventori si stavano lamentando del servizio lento, causato, a detta loro, dal taverniere pigro.

Un tempo, un tempo ormai passato. E se avesse ragione Morn? Dovrei forse lasciar perdere il mio passato di Cavaliere, scrutò nel fondo del suo boccale, pieno, forse proprio dentro a questo bicchiere? Pensarci lo faceva solo sentire male: a nessuno importava più che Galbatorix avesse sterminato l’ordine dei Cavalieri. Si, certo, a parole erano tutti bravi: quelle sporadiche volte di cui si discuteva ciò, nessuno osava dichiararsi simpatizzante del Re. Ma, la verità era crudele: a nessuno più importava. Perché, poi, avrebbe dovuto importare? Contadini, mercanti, marinai, pescatori, allevatori, gente onesta, perché sarebbe dovuto seriamente importare loro di chi siedesse sul trono d’Alagaesia? Cosa ci guadagnavano, gli umili, con questi infiniti giochi di potere? A loro sarebbe bastato vivere in pace, che Re ed alti Lord li lasciassero stare, ma raramente accadeva. Si, in realtà Alagaesia era popolata da menefreghisti, menefreghisti che inneggiavano ora all’Impero ora ai Varden, ma in realtà a loro nulla di tutto ciò importava. Tasse, costo del pane e dei beni di prima necessita, vivere in tranquillità, ecco cosa preoccupava i semplici e gli umili. Cosa cambiava loro se regnasse questo o quello? Perché avrebbero dovuto armarsi per combattere questo o quell’usurpatore? ‘Perché ha compiuto gesta orribili’, risponderà l’altra fazione, certo, ma, di questo all’umile cosa può importare? Lui vuole sopravvivere, pensare a sé stesso. Ecco perché parlare dei Cavalieri non provocava nel popolo rabbia o indignazione, ma indifferenza.

            “Brom, la vuoi bere quella birra o no?” La sgridata di Morn scosse il cantastorie. Si rese conto che la taverna era semi-deserta, i pochi avventori mezzi ubriachi, in cerca di qualche puttana. Si era perso nelle sue riflessioni.

            Brom gli rispose. “ Taverniere, tranquillo, ora me ne vado!” Trangugiò in un sorso la birra, e, pagatala, uscì dal locale, avventurandosi nella notte.

 

Secondo “momento”. Non sono molto allegri, eh? Comunque, ringrazio chi mi ha recensito:

 

Dreaming_Archer: troppo gentile, non merito una recensione così buona. Un continuo di Brisingr? Vedremo.

 

Per finire, dedico questo “momento” proprio a Dreaming_Archer, essendo stata l’unica a recensire. Grazie.

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Capitolo 3
*** Le tre anime immortali ***


Le tre anime immortali

 

I rumori della foresta erano musica per le sue orecchie. Ascoltò gli uccelli preparare il nido, scoiattoli saltare da un ramo ad un altro degli alberi in cerca di cibo, gioiosi di quelle presenze.

Gli animali si sentivano al sicuro, lontani da ogni male. Sapevano che quelle curiose creature non avrebbero fatto loro alcun male. Erano estremamente simili a quegli esseri malvagi che li cercavano e li uccidevano, per mera fame. Ma l’aura di pace e benessere emanata dai nuovi arrivati non lasciava alcun dubbio. Elfi.

“Guardate gli animali, ci guardano come se fossimo Dei scesi in terra, pronti a salvarli da ogni male.” Uno degli elfi era divertito.

Una donna elfica, al suo fianco, sbuffò. “Faolin, silenzio” lo rimbeccò “Galbatorix avrà certamente sguinzagliato i suoi servitori per catturarci.”

Il volto di Faolin si adombrò. “ Certo” sospirò “Scusami, Arya.”

Gli elfi erano tre. Cavalcavano cavalli dal pelo fine e le gambe agili, perfetti per lanciarsi al galoppo. Gli occhi lucenti ed intelligenti delle fiere cavalcature guizzavano placidi da una parte all’altra del sentiero tracciato nella foresta. La donna aveva disposti sui due lati gli altri due compagni di viaggio. Essa aveva una fine cascata di splendidi capelli corvini, luminosi alla luce lunare. Il viso perfetto e sottile rivelava una ragazza, forse da poco divenuta donna. Ma, si sa’, spesso l’aspetto degli elfi è ingannevole. I suoi due occhi brillavano come smeraldi. Il corpo flessuoso e sottile, dalle forme dolci e proporzionate nulla rivelava della sua enorme e sovrannaturale forza. Cavalcava con fare imperioso, come se lei fosse la regina di tutto ciò che si potesse vedere fino all’orizzonte ed oltre. I due cavalieri non erano da meno: quello alla destra della dama (non credo infastidisca nessuno se utilizzo il termine di Cristopher Paolini. ndA), Faolin, era giovane, come la dama, snello e robusto. Portava una larga tunica, arrivantegli fin sotto le ginocchia. I capelli, lunghi fino alle orecchie a punta, erano castani. Cavalcava con impeto, a stento represso dalle occhiatacce che la donna gli lanciava. Il cavaliere di sinistra era il più alto. Raramente gli elfi potevano considerarsi massicci. Costui poteva: la grandezza, robustezza e forza del suo busto venivano rivelati dalla pesante armatura grigia che portava. Il pettorale era un unico pesante pezzo, con l’allacciatura su un fianco. I proteggi-spalle erano enormi e mobili, per lasciare una media possibilità di movimento. Una falda rossa di semplice velluto gli cingeva i fianchi. Il suo cavallo era estremamente massiccio in confronto a quelli degli altri due elfi, per sostenere quel peso. I tre erano armati. La dama portava una spada sottile ad una mano al fianco sinistro ed un arco con relativa faretra piena agganciata alla sella. Faolin una spada ad una mano più massiccia di traverso sulla schiena, assieme ad uno scudo rotondo di legno di quercia di media grandezza. L’elfo corazzato portava di traverso sulla schiena una pesante spada lunga.

L’enorme elfo si accigliò. “Silenzio, entrambi.” poi la sua espressione si addolcì, ed un sorriso benevolo apparì su quelle labbra precedentemente corrucciate in una smorfia di disappunto “Litigate come due sposini.”

L’elfa avvampò fino alle lunghe orecchie, poi ribbattè irritata: “Glenwing, come ti permetti?  Non sarebbero affari tuoi, se la tua affermazione fosse vera, inoltre” prese un lungo respiro “ il matrimonio non rientra nelle tradizioni elfiche, sei per caso rimasto troppo a contatto contatto con gli umani a tal punto da dimenticare una cosa del genere?”chiese l’elfa, con una punta di acidità.

Intanto il giovane Faolin non aveva neppure avuto l’ardore per controbattere, ed era rimasto con il viso rosso dall’imbarazzo affondato nella criniera del suo palafreno.

“Sarà, Arya” Glenwing si era rivolto all’elfa “ma vi conosco entrambi da parecchio tempo, e non è la prima volta” evitò volutamente l’argomento del matrimonio, conscio che non l’avrebbe aiutato in quel discorso “Inoltre, non crediate che io non abbia notato che Faolin, quando crede che io stia dormendo da un po’, sgattaioli nell’unica tenda dell’accampamento” i due uomini dormivano avvolti dalle coperte sotto le stelle “Che, curiosamente, è proprio dove tu dormi.” L’uomo terminò il discorso compiaciuto.

Arya stava già per ribattere che quelle erano tutte calunnie, ma Faolin, rosso in viso, cedette all’eloquenza del compagno e la battè ul tempo: “Va’ avanti da trentatré anni.” Un sussurro, solo un sussurro nella notte.

Glenwing si sorprese. “Arya, e non sei ancora rimasta incinta? Comunque,dobbiamo festeggiare!

Arya, che fin dalla rivelazione del suo amato era rimasta in silenzio, con la bocca spalancata ed estremamente sioccata dal fatto che Faolin avesse ceduto così facilmente, riuscì a fatica a smozzicare una domanda del perché festeggiare. Glenwing, come se non si stesse rendendo conto che aveva costretto al mutismo i due giovani, spiegò. “Bhè, non è forse tradizione fra gli elfi festeggiare l’amore di due individui con un banchetto in loro onore? O forse tu hai dimenticato le tradizioni degli elfi?” Non c’era cattiveria nella sua voce, solo gioia.

Arya, recuperata la proverbiale calma, disse: “D’accordo, ma lo faremo in privato, solo noi tre” precisò, non voleva che la gente sapesse “Quando saremo arrivati dai Warden e avremo consegnato loro l’uovo di drago per l’ennesima volta.” Tagliò corto.

Il giovane elfo sembrò rasserenarsi, e si limitò a fissare diritto davanti a se’, ignorando i due compagni.

Glenwing fu’ felice della decisione, a tal punto che si zittì.

Cavalcarono nella foresta per qualche altro minuto, con il silenzio che regnava sovrano. Ed il vento cambiò direzione. I cavalli percepirono un odore a loro non nuovo, e voltatisi, partirono al galoppo.

 

Angolo dell’Autore

 

Ringrazio i recensori e chi si limita semplicemente a leggere. Un avvertimento, io non scrivo d’Estate, difatti questo capitolo è un evento raro. Però, per farmi perdonare da chi non lo sapeva, ho scritto un “Momento” più lungo del solito. Un’ultima precisazione: i personaggi non sono affatto OOC, perché i tre si conoscono da più di cinquant’anni, essendo ambasciatori. Naturale che avessero raggiunto un livello d’amicizia e complicità elevato. Inoltre mi sono preso la libertà di inventare i caratteri di Faolin e Glenwing, non essendo minimamente caratterizzate del Ciclo dell’Eredita. Nota: ricordate in Brisingr (per chi l’ha letto) quando Arya dice che prima della sua cattura rideva e combatteva come tutti quelli della sua razza? Appunto. E per finire: i tre sono vissuti in bilico fra due civiltà, era naturale che assorbissero un poco di sana “umanità”. Inoltre credo che gli elfi con gli ospiti siano cortesi e gentili, ma che fra di loro, se si conoscono bene, siano così, basti pensare a Vanir, che offende implicitamente Eragon in continuazione anche se non lo conosce ed è un Cavaliere dei Draghi; E a Runon, anche se per un motivo del tutto diverso.

Come sempre, dedico questo “Momento” ai miei recensori.

 

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