Con gli occhi di Bailey

di Bellatrix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 1

 

Biip.

 

Biip.

 

Biip.

 

Perché non rispondeva? Era tutto il giorno che la cercava.

 

Bailey posò la cornetta, amareggiata.

 

Era tanto tempo che non sentiva Maddie, la sua migliore amica, e le avrebbe fatto piacere parlarle. Da quando si era trasferita nel Minnesota non si sentivano più tanto spesso come avrebbe voluto… Maddie, con i suoi genitori, era stata l’unica presenza costante nella sua vita, e adesso che non c’era più Bailey si sentiva sola.

 

Sola e triste, perché significava che non aveva altri amici. Significava che non aveva amato e non si era fatta amare abbastanza.

 

Per una normale ragazza di dodici anni non era poi così grave.

 

Una normale ragazza di dodici anni aveva una vita intera davanti per riparare ai suoi errori.

 

Bailey no.

 

Assorta in questi pensieri, scese in cucina, dove trovò la madre che preparava uno strano intruglio di verdure. Fece una smorfia. L’odore non era dei migliori.

 

La madre la notò e, con un velo di preoccupazione, le chiese: “Tutto bene, tesoro?”

 

“Sì… Cos’è quella roba, mamma?”  domandò scoccando alla pentola uno sguardo di diffidenza.

 

“Questa non è roba, Bailey, questo è un piatto sano che rinforza i muscoli e le ossa. Ti assicuro che è molto meglio dei tuoi soliti hamburger” la rimproverò la signora Graffman.

 

Se lo dici tu…”

 

La ragazza si appoggiò al tavolo con le mani e sollevò lievemente i piedi da terra. Si sentì leggera. Non che non lo fosse: era molto magra. E non perché mangiava poco.

 

Bailey… sicura che vada tutto bene?” le chiese ancora la madre, guardandola. “Sembri… triste. Che c’è? Sei riuscita a parlare con Madelaine?”

 

Bailey valutò per un istante l’idea di dire una bugia a sua madre. No, non valeva la pena.

 

Mmm… Veramente no. Non risponde nessuno. Come al solito.”

 

La madre la guardò apprensiva. Capiva quello che provava la figlia. O perlomeno, lei ne era convinta.

 

“Prova a chiamare più tardi. Saranno fuori. Sicura che non siano già partiti?”

 

“Non credo. Di solito vanno in vacanza a fine luglio. E comunque non importa. Non dovevo dirle nulla di urgente” e senza aspettare una risposta dalla madre, uscì dalla stanza.

 

Tornò in camera sua, aveva voglia di ascoltare un po’ di musica. Non aveva uno stereo, di solito usava il lettore cd portatile. Lo preferiva, perché quando ascoltava una canzone voleva che quella canzone le appartenesse, voleva essere trasportata via dalla melodia, ma da sola. Per questo non aveva bisogno di uno stereo.

 

Inserì un vecchio cd dei Green Day e schiacciò il pulsante fino a quando non arrivò alla sua canzone preferita.

 

Another turning point

A fork stuck in the road

Time grabs you by the wrist…

 

Il lettore si spense. Dovevano essersi scaricate le pile.

 

Bailey, seccata, scese di nuovo in cucina per dire alla madre che andava al Wallman’s a comprare delle pile.

 

Una volta fuori, si impose di non pensare a Maddie. Era una bella giornata di sole, poteva fare un giretto per il quartiere, nonostante Bethesda non fosse certo un panorama così piacevole.

 

Ma era comunque meglio del Wallman’s, constatò entrando nel supermercato pochi minuti dopo. Era come entrare in un enorme frigorifero. Solo che i frigoriferi quando sono chiusi sono completamente bui, mentre quello stanzone, con le pareti così bianche e le luci al neon accecanti era decisamente ben illuminato.

 

Bailey notò anche, come tutte le volte che vi entrava, che il Wallman’s somigliava terribilmente a un ospedale. E di ospedali Bailey ne aveva abbastanza.

 

Si diresse verso il corridoio due, dove presupponeva si trovassero le pile che cercava. Guardava avanti, ma non si rendeva bene conto di quello che vedeva, poiché la sua mente, nonostante gli sforzi, tornava insistentemente ai biip del telefono di Maddie.

 

E fu proprio perché non vedeva dove andava che inciampò in una piramide di deodoranti. Non riuscì a recuperare l’equilibrio, e cadde sul freddo linoleum del supermercato perdendo conoscenza.

 

***

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 2

 

Bailey strizzò gli occhi. Era sdraiata. Le sembrava che qualcosa sotto di lei si stesse muovendo. Aprì leggermente gli occhi, e vide una sagoma verde spuntare sullo sfondo bianco. Sentiva che qualcuno le teneva la mano, e la strinse.

 

Si rese conto di essere su un’ambulanza.

 

Quando aprì definitivamente gli occhi, si accorse che la sagoma era una ragazza di circa quattordici anni con capelli ricci e disordinati, con la divisa di Wallman’s.

 

Sorpresa, si girò e chiese a quello che sembrava essere un infermiere: “Perché questa qui di Wallman’s mi tiene la mano?”

 

***

 

Bailey non si ricordava esattamente cosa fosse successo durante il resto del tragitto, ma una volta arrivata in ospedale era stata portata in una stanza privata, e poco dopo erano arrivati anche i suoi genitori, preoccupati più che mai.

 

Bailey, santo cielo, non sai che spavento ci hai fatto prendere!” esclamò la madre abbracciandola. “Stai bene? Hai male da qualche parte?”

 

“No… Sto bene, mamma, non preoccuparti” rispose Bailey, che non aveva le idee molto chiare su quello che era successo. Era caduta? Dove?

 

In quel momento un dottore entrò nella stanza.

 

“Salve, sono il dottor Moore. Voi siete i signori Graffman?” chiese. Era un uomo di mezza età, con la faccia un po’ rossa e due gran baffoni. A Bailey venne in mente un personaggio di Futurama, quella specie di aragosta… il dottor Qualcosa.

 

Il padre rispose facendo un cenno affermativo con il capo, mentre la madre continuava a guardare la ragazza apprensiva.

 

“Vostra figlia non si è fatta praticamente nulla, ha solo perso conoscenza per qualche minuto… Può tornare a casa anche subito” continuò il dottore.

 

“è sicuro che stia bene? Avete fatto tutte le analisi?” insistette la signora Graffman.

 

“Non si preoccupi, signora, le assicuro che è tutto regolare. Ora vi lascio” e detto questo, uscì dalla stanza.

 

***

 

Poche ore dopo, Bailey era rientrata a casa con sua madre, mentre il padre era tornato al lavoro.

 

Era stesa sul letto, intenta a fissare le foto sul comodino. Lei e i suoi genitori. Lei e Maddie. Le foto ritraevano tutte gli stessi soggetti.

 

Prima che la ragazza potesse deprimersi ancora di più, il campanello di casa suonò. Non sarebbe certo stato un evento così eccezionale, se non fosse stato per il fatto che il campanello di casa Graffman suonava esclusivamente se il padre dimenticava le chiavi, fatto comunque molto raro.

 

Sentì i passi della madre che si dirigevano verso la porta. Poi sentì una voce che non riconobbe.

 

Pochi secondi dopo, altri passi incerti salivano le scale e si dirigevano verso la camera di Bailey. La porta socchiusa si aprì di qualche centimetro, e ne sbucò una testa arruffata.

 

La testa disse “Ehi, ciao” e avanzò di qualche passo, portandosi dietro il resto del corpo. “, sono Tibby…”

 

Bailey la riconobbe.

 

“Sei la ragazza del supermercato” disse, alzandosi a sedere.

 

“Sì”. Tibby si avvicinò ancora al letto e le porse un portafoglio che Bailey conosceva. Era il suo.

 

“Mi hai sfilato il portafoglio?” chiese strizzando gli occhi. Sapeva di non essere simpatica. Ormai era una abitudine comportarsi così, si divertiva quasi.

 

La ragazza chiamata Tibby la guardò torva. “Non ti ho sfilato il portafoglio. All’ospedale lo hanno usato per chiamare i tuoi genitori e poi per sbaglio è rimasto a me. Eccolo, comunque” e lo lanciò sul letto.

 

Bailey lo afferrò e guardò dentro, contando le banconote. “Secondo me avevo più di quattro dollari”

 

“Io credo di no.

 

Perché li hai presi tu.”

 

Tibby sembrava incredula. “Stai scherzando? Credi davvero che ti avrei rubato i soldi e poi mi sarei fatta tutta questa strada per venire qui a riportarti il tuo patetico portafoglio? Cos’altro c’è che vale la pena di restituire a parte i soldi? Il tuo oroscopo? Rischiamo chissà che disgrazia se dimentichi il tuo segno zodiacale?”

 

Bailey era sorpresa. Le piaceva la gente che diceva apertamente quello che pensava, ma non credeva che Tibby fosse una di quelle.

 

Ovviamente questo non significava che adesso sarebbe stata più gentile.

 

“E cosa c’è invece di importante nel tuo portafoglio? Una patente per guidare la bici? Un tesserino di riconoscimento di Wallman’s?” ribattè, curandosi di pronunciare Wallman’s con quanto più disprezzo riusciva a fare.

 

Tibby la osservò strizzando gli occhi. “Quanti anni hai? Dieci? Chi ti ha insegnato ad essere così tagliente?

 

Bailey la fissò arrabbiata. “Ne ho dodici.” disse gelida. “Quanti anni hai tu? Tredici?”

 

In quel momento la voce di sua madre arrivò dal piano di sotto. “Bailey! È ora di prendere la medicina! Vuoi mandare giù la tua amica?”

 

“Certo” gridò Bailey di rimando. Guardò Tibby con aria divertita. “Ti dispiace?”

 

L’altra scosse la testa. “Certo che no, visto come accetti i favori. e uscì dalla stanza avviandosi giù per le scale.

 

Bailey aspettò che Tibby rientrasse, ansiosa di riprendere la battaglia. Prese le pillole che le porgeva la ragazza. “Allora hai mentito sull’età per avere il posto da Wallman’s? Il minimo non è quindici?”

 

L’altra ragazza aveva assunto un sorriso falso. “Sì, è il minimo. E in effetti ho quindici anni.”

 

Bailey si irritò. Perché era tornata gentile? “Non li dimostri” disse, cercando di provocarla.

 

“Credo di no” rispose piano Tibby.

 

Bailey capì. Aveva quasi voglia di piangere, e in effetti gli occhi le si stavano inumidendo pericolosamente. “Te l’ha detto, vero?”

 

“Mi ha detto cosa?” chiese Tibby praticamente senza espressività.

 

Che sono malata!” esclamò Bailey, cercando di mantenere un’aria da dura.

 

“No” mormorò l’altra, fissando il pavimento.

 

“Non credevo che fossi una bugiarda” ribatté secca Bailey.

 

Tibby era chiaramente a disagio. “è meglio che io vada” disse in un sussurro.

 

“Bene. Esci di qui” disse Bailey, dura.

 

“Okay. Ci vediamo” la salutò la ragazza, andando verso la porta.

 

“Complimenti per il grembiule” le sibilò Bailey alle spalle.

 

Non ne era sicura, ma le sembrava di aver sentito un flebile “Grazie” mentre Tibby usciva.

 

***

 

Hola! E così è andato anche il secondo capitolo… ora… ringraziamenti!

 

Elychan: Sono contenta che ti piaccia il personaggio di Bailey, ha colpito molto anche me! Continua a recensire, eh! ^__^

 

Alla prossima! Baci Bellatrix

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 3

 

Quella sera, a cena, Bailey si sentiva stanca. Non aveva voglia di mangiare. Aveva solo voglia di dormire.

 

A un certo punto la madre di Bailey ruppe il silenzio. “Bailey, quella ragazza che è venuta oggi… mi sembrava simpatica. Potreste uscire insieme qualche volta, no?”

 

Bailey non rispose subito. Non voleva pensare a Tibby. Quel pomeriggio l’aveva delusa, nonostante si fossero conosciute per pochi minuti. Aveva già catalogato Tibby nella lista Persone Sincere, quando Puff! Bastava mettere in mezzo la sua malattia e cambiava tutto. Non era certo la prima volta che succedeva.

 

“Non so, mamma… vedrò”

 

, a me sembrava una ragazza simpatica. Insistette la madre.

 

“Senti mamma, non mi va di parlarne, okay?” disse scocciata Bailey, alzandosi da tavola.

 

Salì le scale di corsa, ma non andò in camera. Si diresse invece verso il bagno.

 

Piazzatasi davanti allo specchio, Bailey si osservò attentamente. Dimostrava dieci anni?

 

Forse sì. D’altronde era piatta, bassina e molto magra. Non biasimava Tibby per quello che le aveva detto. Neanche sul fatto che era così tagliente. Ma era il suo modo di mettere alla prova alla gente. Non sapeva neanche lei se lo faceva perché era malata o no.

 

Tibby in questo era stata sincera.

 

Forse sua madre aveva ragione.

 

Forse lei e Tibby potevano andare d’accordo.

 

***

 

Il girono dopo, prima di uscire, si preparò con cura. Aveva intenzione di andare a trovare Tibby da Wallman’s,  e voleva sembrare più grande. Indossò dei pantaloni militari simili a quelli che aveva Tibby il giorno prima, e tracciò una linea di eye-liner nero sotto gli occhi.

 

Arrivata davanti al supermercato, aspettò per circa cinque minuti prima di decidere di entrare piuttosto che aspettare fuori.

 

Appena la vide, Tibby esclamò “Che diavolo ci fai qui?” Era chiaro che non si aspettava di rivederla.

 

“Pensavo di concederti una seconda opportunità” disse Bailey con naturalezza.

 

“In che senso?”

 

Bailey roteò gli occhi, irritata. “Una seconda opportunità di dimostrare che non sei una stronza

 

“Chi sarebbe la stronza qui?” esclamò arrabbiata Tibby.

 

Bailey sorrise. “Ehi, senti, ma quel grembiule è il tuo vestito per tutte le occasioni?”

 

“Sì, se vuoi te lo presto” rispose ironica Tibby.

 

Nooo, è bruttino” ribattè Bailey.

 

Inaspettatamente l’altra scoppiò a ridere. “è ben foderato, ed è fatto di petrolio.” Si mise a impilare scatole di assorbenti interni.

 

“Carino. Hai bisogno di una mano?” chiese Bailey.

 

“Stai cercando un impiego da Wallman’s?

 

“No, mi dispiace solo di aver distrutto quell’espositore di deodoranti”

 

“Antitraspiranti” precisò Tibby.

 

“Giusto” disse Bailey, e cominciò ad accatastare le scatole di assorbenti. “Insomma, te lo levi ogni tanto quel grembiule? O lo porti ventiquattr’ore su ventiquattro?”

 

“Ti dispiace lasciar perdere l’argomento?”

 

Bailey si sentiva bendisposta, e rispose “Okay, per un po”. Respinse una ciocca di capelli biondi dagli occhi. “Quando finisci il turno, posso offrirti un gelato o qualcos’altro? Sai, come ringraziamento per non avermi rubato tutti i soldi.

 

L’altra esitò. “Certo, perché no?” disse infine.

 

“Grande” esclamò Bailey “A che ora?”

 

“Finisco alle quattro”

 

“Passo a prenderti” propose Bailey, e si voltò per andare. “Ma sei carina con me solo perché ho il cancro?” chiese, voltandosi indietro.

 

Tibby parve soppesare la domanda per qualche istante. Alzò le spalle. “Credo di sì”

 

Bailey annuì “Okay”

 

Per il momento andava bene così.

 

***

 

Ciao a tutti!

Che dire… lo so che è una storia triste ma io l’ho trovata molto bella!

Grazie a tutti quelli che hanno letto, ma soprattutto a Elychan!!! Grazie mille!

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 4

 

Bailey era affascinata da ciò che Tibby le stava raccontando davanti a un gelato al cioccolato con biscotti. A quanto pare, aveva intenzione di girare un piccolo documentario sulle persone che la colpivano o divertivano di più. Anche Bailey avrebbe voluto farlo, ma non aveva nemmeno una videocamera!

 

Considerando il modo in cui l’altra le parlava, Bailey si chiese se Tibby non avesse altri amici con cui passare il tempo.

 

“Ma hai degli amici?” chiese a un certo punto.

 

“Sì” rispose Tibby sulla difensiva, e cominciò a raccontare delle sue fantastiche, meravigliose amiche. C’era Lena, bellissima e molto timida, che stava passando le vacanze a Oia, sull’isola di Santorini dove erano nati i suoi genitori, poi c’era Carmen, per metà portoricana, che aveva raggiunto suo padre in South Carolina per passare con lui le vacanze, e infine Bridget, la biondissima atleta che era ad un campo di calcio in Messico, a Baja California.

 

Bailey ascoltò affascinata, fino a quando non fu il suo momento di descrivere Maddie. Tralasciò il particolare che non la vedeva da sei mesi e non la sentiva da due.

 

A un certo punto, Tibby guardò oltre le spalle di Bailey e fece una faccia strana.

 

Perché fai quella faccia?”

 

Tibby le lanciò un occhiata incandescente. “Cosa intendi?”

 

“Così, con tutte le guance risucchiate in dentro” rispose Bailey esibendosi in un’imitazione esagerata.

 

La ragazza avvampò violentemente. “Ti sbagli, non stavo facendo nulla”

 

Bailey seguì il suo sguardo, a capì cosa aveva attirato l’attenzione dell’amica.  Accanto al balcone, c’era un ragazzo di circa sedici anni.

 

“Ti piace?”

 

Tibby esitò. “è okay” disse infine.

 

Bailey non era molto convinta. “Credi? Che cosa ti piace di lui?”

 

Che cosa mi piace di lui?”  Tibby era un po’ irritata. “Guardalo”

 

Bailey lo fissò apertamente, sapendo di mettere Tibby in imbarazzo. Il ragazzo non era granché, agli occhi di Bailey. Aveva i capelli lucidi tenuti su con una quantità industriale di gel, e degli orecchini luccicanti al lobo destro.

 

“Secondo me ha l’aria stupida” sentenziò.

 

“Davvero?” domandò Tibby, pur non essendo particolarmente interessata al suo giudizio.

 

Ma crede sul serio che quegli orecchini siano carini? E poi, insomma, guardagli i capelli. Quanti chili di gel ci ha messo?”

 

Tibby la guardò seccata. “, non offenderti Bailey, ma tu hai dodici anni. Non sei nemmeno entrata nella pubertà. Perdonami dunque se non accetto il tuo esperto parere sui ragazzi”

 

Bailey non era affatto offesa, anzi, si stava divertendo. “Non mi offendo per nulla” assicurò. “Ti dirò una cosa. Prima o poi troverò un ragazzo che ne vale la pena, e tu mi dirai se non sei d’accordo.”

 

“Bene” concordò Tibby, anche se non particolarmente entusiasta.

 

***

 

Quella sera, Bailey prese una decisione. Le sarebbe piaciuto molto girare un filmino come Tibby, ma visto che non aveva l’attrezzatura adatta, avrebbe aiutato l’amica come assistente.

 

Che lei l’avesse voluta o no.

 

***

 

Il mattino dopo, Bailey arrivò davanti a casa Rollins (aveva letto il cognome sul cartellino di Wallman’s di Tibby e aveva cercato l‘indirizzo sull’elenco) e suonò il campanello.

 

Venne ad aprire una donna di chiare origini latino-americane. Bailey si presentò come un’amica di Tibby e chiese se poteva salire. Mentre attraversava il corridoio, notò che una bambina di circa un anno stava giocando sul divano con degli animali colorati di plastica.

 

Pochi secondi dopo era già nella camera della ragazza. “Ciao”

 

Tibby la guardò sorpresa. Non era entusiasta di vederla. “Bailey, ma cosa ci fai qui?”

 

Bailey si sedette sul letto disfatto. “Non riesco a non pensare al tuo film. È un’idea fantastica. Voglio aiutarti.”

 

“Non puoi. Non ho nemmeno cominciato” protestò l’altra.

 

Quindi hai assolutamente bisogno d’aiuto” dedusse. “Sarò il tuo cameraman, il tuo tecnico del suono, il tuo capo-elettricista… Il tuo uomo tuttofare” concluse.

 

“Non sembri esattamente un uomo” puntualizzò Tibby.

 

“Potrei essere la tua assistente. Il tuo ufficio stampa. O una portaborse”

 

“Grazie, ma davvero non ho bisogno d’aiuto” ripeté Tibby.

 

Bailey si era rialzata e si era avvicinata a una gabbietta di plastica contente un piccolo e cicciotto porcellino d’India. “Chi è questo qui?” chiese.

 

“è Mimì. Ce l’ho da quando avevo sette anni” spiegò l’altra.

 

“è tenera. Posso prenderla?”

 

Tibby la guardò, un po’ stupita. “Certo.”

 

Con cautela, Bailey estrasse Mimì dalla gabbietta, tenendola in una mano a cucchiaio. “Oh, com’è calda. Io non ho nemmeno un animale.”

 

Mimì non fa molto. È abbastanza vecchia e dorme un mucchio.”

 

“Si annoia lì dentro, secondo te?” chiese Bailey.

 

Tibby scrollò le spalle. “Non lo so. Credo che sia abbastanza felice. Non credo che senta nostalgia della vita selvaggia.

 

Bailey si sistemò su una sedia, sempre tenendo in mano Mimì. “Hai già deciso chi sarà il tuo prossimo intervistato?” chiese.

 

“Probabilmente Duncan, lo svitato di Wallman’s” rispose vaga l’amica.

 

“In che senso, svitato?”

 

“Mio Dio, è che… è che parla un’altra lingua: “dirigentese”. Si sente così importante… ed è ridicolo.”

 

“Ah” commentò Bailey, grattando la pancia di Mimì.

 

“Poi c’è una con delle unghie incredibili” continuò Tibby. “E credo che anche Brianna meriti qualche attimo di gloria per la sua pettinatura che sfida la forza gravitazionale! Poi mi piacerebbe intervistare la donna che lavora al multisala Pavillion: sa recitare intere scene di film, ma solo quelli idioti.

 

Bailey era sempre più entusiasta. “Io ho sempre voluto fare un documentario.

 

Perché non ne fai uno?” chiese Tibby.

 

“Non ho la videocamera. Non so come fare. Mi piacerebbe davvero che tu mi permettessi di aiutarti” disse Bailey con un sorriso angelico.

 

Tibby sospirò. “Stai cercando di farmi sentire in colpa perché hai la leucemia, vero?”

 

“Sì. Abbastanza.” Strinse a sé Mimì. “Senti,  quella al piano di sotto era la tua sorellina?”

 

Tibby annuì.

 

“Bella differenza di età, eh?”

 

“Quattordici anni. Ho anche un fratellino di due. Sta dormendo.”

 

“Uno dei tuoi genitori si è risposato?”

 

“No. I genitori sono gli stessi. Hanno sposato un nuovo stile di vita.”

 

Bailey era interessata. “Cosa intendi?”

 

, non saprei.” Tibby si lasciò cadere sul letto. “Quando i miei genitori hanno avuto me, abitavamo in un appartamento minuscolo sopra un ristorante della Wisconsin Avenue e mio padre scriveva per un quotidiano socialista mentre studiava legge. Poi, quando non ne ha potuto più di lavorare come un pazzo come pubblico difensore, siamo andati a vivere in una roulotte su due acri di terreno oltre Rockville, e mio padre ha imparato le regole dell’agricoltura biologica, mentre mia madre scolpiva piedi. Un’intera primavera l’abbiamo passata in tenda in Portogallo. Tibby si guardò in giro. “Ora lo vedi, come viviamo.”

 

Bailey si incuriosì ancora. “Erano giovani, quando hanno avuto te?”

 

“Diciannove anni.”

 

“Una specie di esperimento” commentò Bailey cullando Mimì addormentata.

 

Tibby si girò a guardarla. “Credo di sì”

 

Bailey rifletté. “Poi sono diventati adulti e hanno voluto avere figli sul serio.

 

Tibby distolse lo sguardo da lei e Mimì. Si era rattristata, forse. “, devo uscire, tra poco. È meglio che tu vada” disse.

 

Bailey decise di non insistere. Si alzò per rimettere Mimì nella gabbia e uscì.

 

***

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 5

 

Bailey sapeva cosa doveva fare.

 

Doveva convincere Tibby che sarebbe stata un’ottima assistente durante le riprese del suo film.

 

Per questo si stava dirigendo al Seven-Eleven, per convincere un ragazzo di nome Brian a farsi intervistare per il documentario di Tibby. Sapeva che Brian era la persona più adatta.

 

Accelerò il passo, felice come non lo era stata da molto tempo.

 

***

 

Mezz’ora dopo, tornata a casa, chiamò Tibby.

 

“Ho fissato la prima intervista per il nostro film” esclamò eccitata.

 

Tibby sbuffò nel ricevitore. “Il nostro film?”

 

“Scusa. Il tuo film. Quello per cui ti do una mano.”

 

“Chi ha detto che mi dai una mano?” chiese Tibby.

 

“Per favore, per favore…” la supplicò Bailey.

 

“Dai, Bailey. Ma non hai niente di meglio da fare?”

 

Bailey non rispose subito. Decise di evitare la domanda. “Ho fissato l’intervista per le quattro e mezza, dopo che esci dal lavoro” disse invece. “Se vuoi posso fare un salto a casa tua a prendere la roba.

 

E chi dovremmo intervistare?” chiese ormai rassegnata Tibby.

 

“Quel ragazzino che gioca sempre ai giochino elettronici al Seven-Eleven di fronte al Wallman’s. Ha occupato tutti e dieci i primi posti della classifica del gioco più difficile.”

 

“Effettivamente suona disperato quanto basta” borbottò Tibby.

 

“Allora ci vediamo più tardi?”

 

“Non so ancora che ho progetti ho.”

 

Ovviamente per Bailey era un sì.

 

***

 

Alle quattro, quando Tibby finiva il turno, Bailey si fece trovare proprio davanti all’entrata del Wallman’s.

 

Aveva in mano la telecamera e le altre attrezzature che aveva preso a casa di Tibby poco prima. Loretta, la domestica latinoamericana, l’aveva lasciata entrare senza problemi.

 

“Come va?” chiese Bailey all’amica non appena la vide uscire.

 

“Sto morendo di morte lenta” rispose quella, prima di sussultare rendendosi conto troppo tardi di quello che aveva detto.

 

Bailey invece non ci fece caso più di tanto. “Allora andiamo, non c’è tempo da perdere!” esclamò, brandendo la telecamera.

 

***

 

Quando entrarono nel Seven-Eleven, Bailey si convinse ancor di più che aveva scelto la persona giusta.

 

Probabilmente se ne convinse anche Tibby, appena fatte le presentazioni con Brian McBrian. Quel ragazzo era davvero la caricatura del perdente: pelle chiarissima, ossuto, sindrome del monosopracciglio, capelli unti color cacca di cane, apparecchio per i denti muschiato e un modo di parlare a sputacchio davvero disgustoso.

 

In una parola, perfetto.

 

Bailey cominciò a montare le attrezzature, improvvisando una giraffa per il microfono esterno, Brian iniziò a giocare a Dragon Master, come richiesto dalle intervistatrici, e Tibby prese a filmare.

 

Prima di inquadrare Brian, voleva prendere il locale. Puntò la telecamera sul ragazzo dietro al bancone che, neanche Tibby fosse stata una reporter di 60 Minutes, si coprì il viso con le mani. “Niente telecamere! Niente telecamere!” gridò.

 

Bailey scoppiò a ridere, proprio mentre Tibby spostava l’inquadratura su di lei, per poi finire con un’inquadratura di spalle di Brian. Poi interruppe, per iniziare le riprese vere e proprie.

 

“Pronto?” chiese al ragazzo.

 

Lui si voltò. Bailey sistemò meglio il microfono.

 

“Si gira” annunciò Tibby.

 

Bailey notò che Brian non cambiò posizione o fece strane mosse come fa di solito la gente inesperta davanti a una telecamera. Rimase fermo, a fissare Tibby senza battere ciglio.

 

Dunque, Brian, sappiamo che sei un habituè qui al Seven-Eleven” cominciò Tibby. Bailey la ammirava per come riusciva a tenere ferma la telecamera, nonostante dietro di lei ci fosse una folla di persone esagitate che discuteva per qualcosa, come d’altronde si fa sempre nei bar.

 

Brian annuì.

 

“Che orari fai?”

 

, più o meno dall’una alle undici.”

 

Ma perché, il negozio chiude alle undici?”

 

“No, le undici sono il mio coprifuoco” spiegò lui.

 

E durante l’anno scolastico?”

 

“Durante l’anno vengo qui solo dalle tre alle cinque.”

 

“Capisco. Niente doposcuola, niente sport, niente attività?”

 

Brian indicò il parcheggio che si intravedeva oltre la vetrina. “Un mucchio di gente passa la sua vita là fuori” disse. Poi puntò il dito verso il videogioco: “Io vivo qui.

 

Bailey vide che l’amica era interdetta dallo sguardo fermo di Brian.

 

“Allora, raccontaci di Dragon Master” continuò Tibby.

 

“Ti faccio vedere” disse lui infilando due monetine da un quarto di dollaro nella fessura. “Il livello uno è la foresta. Siamo nel 436 d.C., l’anno della prima grande spedizione in cerca del Santo Graal.”

 

“Ci sono in totale ventotto livelli, che vanno dal quinto al venticinquesimo secolo d.C.. Soltanto una persona è riuscita finora ad arrivare al livello ventotto su questa macchina.”

 

“Tu?” chiese Tibby.

 

“Sì, io. Il 13 febbraio.”

 

A Bailey venne da ridere. Si era segnato la data?

 

“Magari oggi riesci a farcela di nuovo” disse Tibby.

 

“Possibile” confermò Brian.

 

Bailey si sporse con Tibby oltre la spalla del ragazzo per vedere l’alter ego virtuale di Brian, un enorme guerriero muscoloso, radunare truppe di fedeli e una donna tutta curve perché combattessero al suo fianco.

 

“Di draghi non ne incontri neanche uno fino al livello sette” spiegò.

 

Al livello quattro ci fu una battaglia navale. Al livello sei i barbari diedero alla fiamme il villaggio di Brian e lui riuscì a salvare donne e bambini. Bailey osservava affascinata le mani di Brian muoversi con destrezza tra leve e bottoni, mentre lui non abbassava mai gli occhi dallo schermo. Sentì uno scatto alla sua destra, e si accorse che la telecamera di Tibby si era spenta, ma l’amica non ci fece caso più di tanto.

 

Dopo il lungo assedio di un castello medievale, Brian mise il gioco in pausa e si voltò sul suo sgabello.

 

“Mi sa che hai finito la batteria” disse a Tibby.

 

“Sì, hai ragione” rispose lei. “Era la terza e non ne ho più. Magari possiamo finire l’intervista più tardi.

 

“Certo” annuì Brian.

 

“Puoi continuare a giocare, se vuoi” propose Tibby.

 

“D’accordo.”

 

Bailey comprò per sé e per Tibby una crostatina di frutta Hostess Snowball e rimasero entrambe a guardare l’alter ego eroico di Brian superare ventiquattro livelli prima di finire incenerito dalla vampata del drago.

 

***

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 6

 

Bailey passeggiava verso il Wallman’s di Tibby. Era uscita un po’ prima del solito, perché aveva voglia di fare un giretto da sola.

 

Pensava alle amiche di Tibby. Era affascinata da loro… provò a immaginarsi una bella ragazza mora che dipingeva tranquilla il mare della Grecia, Lena. E una ragazza dalla pelle scura e i riccioli folti che si arrabbiava con la nuova fidanzata del padre e i suoi figli biondi e silenziosi che la guardavano perplessi, Carmen. E, infine, quella che la affascinava di più, una ragazza biondissima che giocava a calcio lanciando occhiate languide al suo bell’allenatore messicano, Bridget.

 

Si chiese se conoscendole di persona sarebbe rimasta delusa, e sorrise tra sé. Magari Lena non era tanto bella, Carmen non era così cattiva e Bridget non era tanto bionda. Poteva anche essere che Tibby avesse esagerato nel descriverle per impressionarla. O magari lei le vedeva proprio così, perché erano le sue migliori amiche e per lei erano perfette.

 

Bailey sospirò. Tibby si rendeva conto di essere incredibilmente fortunata?

 

Bailey ammise a sé stessa che un po’ la invidiava. Era sempre piena di progetti grandiosi, aveva tre grandi amiche con cui aveva un rapporto anche più che fraterno, cosa provata dai Pantaloni.

 

Già, i Pantaloni. Erano i jeans di cui le parlava in continuazione. Tibby le aveva raccontato che, l’ultimo giorno prima che le amiche partissero, aveva trovato dei blue jeans in fondo all’armadio di Carmen e aveva insistito per provarli. Le amiche l’avevano guardata ammirata. Lei, la timida pallida Tibby, con quei jeans stava benissimo. Le andavano un po’ sotto i piedi, ma pazienza. Allora aveva proposto che li provasse anche Bridget, la più alta. Ancora una volta, i pantaloni si adattavano perfettamente alle gambe forti e muscolose di Bridget. Allora li provò anche Lena. Lena stava bene con qualsiasi cosa, le aveva detto Tibby, ma quei pantaloni erano incantevoli su di lei. Mancava solo Carmen. Lei non voleva provarli, convinta che non le sarebbero andati, perché era decisamente la più voluttuosa delle quattro, con il tipico fisico delle portoricane. Ma i pantaloni non avevano trovato resistenza sulle cosce, e avevano avvolto perfettamente il corpo morbido di Carmen. Se i jeans andavano bene a tutte e quattro avevano qualcosa di magico, aveva detto. E così erano nati i Pantaloni Viaggianti.

 

Se li sarebbero tenuti a turno, ogni settimana circa. Bailey era curiosa di vederli addosso a Tibby.

 

***

 

Bailey entrò nel Wallman’s e individuò subito Tibby che attaccava i prezzi sulle confezioni di matite colorate.

 

“Pantaloni da paura” commentò Bailey, vedendo l’amica. Erano quelli i famosi jeans?

 

“Questi sono i Pantaloni” disse Tibby orgogliosa.

 

Bailey ora capiva perché li riteneva magici. Per quanto ammirasse Tibby, doveva ammettere che i pantaloni che indossava di solito la rendevano simile a tutto fuorché a una ragazza… ma quei jeans le stavano proprio bene, la rendevano più femminile.

 

“Ti stanno benissimo” disse ammirata.

 

“Dovresti vederli sulle mie amiche” rispose Tibby.

 

“è già successo qualcosa con i jeans?” chiese Bailey. Ormai anche lei si era convinta del fatto che fossero magici.

 

, sì e no. Un ragazzo ha visto Lena nuda e il nonno di lei ha cercato di prenderlo a pugni” disse l’amica con un sorrisetto. “Se tu conoscessi Lena, sapresti che per lei è un bel problema.

 

Bailey rifletté. “Lena è quella che sta in Grecia.”

 

“Esatto”

 

Bridget li ha già avuti?” domandò curiosa.

 

“No, la prossima è Carmen. Poi tocca a Bridget.”

 

“Vorrei sapere cosa ci farà lei” meditò Bailey.

 

“Qualche follia” scherzò Tibby. Ma poi parve esitare.

 

Bailey osservò il suo viso. “Sei preoccupata per Bridget, vero?”

 

L’amica era pensierosa. “Forse” considerò lentamente. “Forse lo siamo tutte un pochino.”

 

“Per sua madre?” chiese Bailey. Tibby le aveva raccontato che la madre di Bridget era morta pochi anni prima, e Bridget era rimasta a vivere con il fratello gemello e il padre. Praticamente viveva da sola, aveva detto Tibby.

 

“Sì. Soprattutto per quello.”

 

“Era malata?” domandò Bailey. Tibby non le aveva detto in che circostanze era morta.

 

“No… non fisicamente, perlomeno. Aveva… una brutta depressione.”

 

“Ah” disse Bailey. Capì che era meglio cambiare argomento. “Insomma… e a te è già successo qualcosa da quando hai i Pantaloni?”

 

“Ho rovesciato una Sprite e Duncan mi ha accusato di tenermi gli scontrini.

 

Bailey sorrise. “Ossia?”

 

“Ho dimenticato di dare lo scontrino a una cliente” spiegò l’altra.

 

“Ah” commentò Bailey. “Brutto” scherzò.

 

“Allora, sei pronta ad andare al Pavillion?” chiese Tibby.

 

“Certo. Ho portato la roba e caricato tutte le batterie. Bailey aveva preso l’abitudine di passare a casa di Tibby per lavorare sul film mentre lei non c’era. Tibby le aveva spiegato le cose principali, tipo come aggiungere la colonna sonora e montare le varie riprese, e ormai Loretta la lasciava sempre entrare.

 

“Bene. Andiamo!” esclamò Tibby.

 

***

 

Quando arrivarono al Pavillion Margaret, la donna che dovevano intervistare, stava ancora lavorando alla cassa, per cui dovettero aspettare qualche minuto.

 

Entrate nell’atrio del cinema, Bailey riconobbe il ragazzo per cui Tibby aveva una cotta. Thomas, o qualcosa del genere. Anche Tibby lo vide, a giudicare dalla sua espressione sognante.

 

Ma cosa ci trovi in quello lì?” esclamò Bailey.

 

“Niente, a parte il fatto che è uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto” rispose Tibby aspra.

 

Il ragazzo le notò, e si diresse verso di loro. “Ehi, Tibby. Come te la passi?”

 

Tibby ci mise un attimo a capire quale doveva essere la risposta. “Bene” disse rigida.

 

A Bailey venne da ridere. L’amica era piuttosto ridicola in quel momento.

 

“Lavori da Wallman’s?” chiese ancora il ragazzo. Uno dei suoi amici scemi ghignò.

 

“No, porta quel grembiule solo perché è stupendo” intervenne Bailey, senza riuscire a trattenersi.

 

Tibby sussultò. “Ci vediamo” disse rivolta al ragazzo e ai suoi amici, e trasportò l’amica fuori dal cinema. “Bailey, tieni la bocca chiusa, ti spiace?” disse arrabbiata.

 

Perché dovrei?” ribatté Bailey.

 

In quel momento, apparve Margaret. “Ragazze, ci siete?”

 

Bailey lanciò un’occhiataccia a Tibby, e quella rispose “Sì, siamo pronte”

 

Qualche minuto più tardi, l’intervista era cominciata. Margaret sedeva su uno sgabello davanti a una parete con il poster di Ragazze a Beverly Hills.

 

Margaret, da quanto tempo lavori qui?” domandò Tibby.

 

, vediamo…” la donna ci pensò su. “Doveva essere il 1971”

 

“Quanti film credi di aver visto?”

 

“Più di diecimila, direi”

 

E il tuo preferito?”

 

“Non saprei, veramente. Sono così tanti! Questo lo adoro” disse indicando il poster alle sue spalle. “E anche Fiori d’acciaio è uno dei miei preferiti”

 

“è vero che sai recitare scene intere?”

 

Margaret arrossì. “Certo. , non voglio esagerare. Riesco a ricordare solo qualche parte. In questo momento ce n’è una davvero carina di Sandra Bullock. Volete sentirla?” propose entusiasta.

 

A Bailey venne un’idea. “Possiamo guardare un film insieme?

 

“Vuoi dire se possiamo entrare e guardarne uno ora? Tutte e tre insieme?” chiese la donna stupita.

 

“Esatto” confermò la ragazza.

 

Margaret fece un gran sorriso. “Sì, credo che possiamo. Ce n’è uno davvero carino che sta iniziando in sala quattro.

 

Entrarono nella sala.

 

“Di solito io sto in piedi in fondo” disse la donna. “Ma questi posti sono davvero carini, non vi pare?”

 

Si sedettero in tre posti vicini. Durante tutta la commedia, Margaret si girò a guardare le ragazze così tante volte che sia Tibby che Bailey si chiesero quanti di quei diecimila film avesse visto in compagnia di qualcuno.

 

***

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Con gli occhi di Bailey

Con gli occhi di Bailey

 

 

Capitolo 7

 

Bailey quel giorno si svegliò agitata.

 

Aveva preso un impegno con Tibby, e di certo l’avrebbe mantenuto, ma non sapeva come se la sarebbe cavata.

 

Mentre si dirigeva verso casa dell’amica, si chiese come si sarebbe comportata Tibby. Diretta e naturale? O timida e impacciata?

 

Sperava di non averla messa in difficoltà con quell’idea, sapeva che Tibby era meno sicura di quello che voleva dimostrare. , entro poco l’avrebbe scoperto.

 

***

 

Afferrò una sedia, posizionandola accanto alla gabbia di Mimì. “Io mi siedo qui” affermò.

 

Tibby guardò lei poi la gabbia “Maledizione” esclamò.

 

Cosa?” domandò Bailey.

 

“Ieri mi sono completamente dimenticata di darle da mangiare!” rispose la ragazza afferrando il pacchetto di semini.

 

“Posso farlo io?” propose Bailey.

 

Tibby la guardò sorpresa “Certo”.

 

Bailey ne approfittò per coccolare il porcellino d’India, e quando ebbe finito si sedette al suo posto.

 

L’amica la guardò titubante. “Pronta?”

 

Bailey trasse un respiro profondo. “Credo di sì.”

 

All’improvviso si ricordò di una cosa. “Aspetta!”

 

Che c’è?” disse Tibby seccata.

 

Posso… Posso mettermi i Pantaloni?”

 

“I Pantaloni?” chiese l’altra stupita.

 

“Sì, posso prenderli in prestito?”

 

“Dubito che siano della tua misura.”

 

Bailey fece spallucce. “Non importa. Posso provarli? Non li terrai ancora molto, giusto?”

 

Tibby acconsentì, ma non era particolarmente entusiasta. “Ecco”  disse, e glieli passò.

 

Bailey li indossò, e finalmente fu pronta. Erano grandi per lei, ma andava bene così.

 

Si sedette di nuovo, e l’amica accese la telecamera. “Allora, raccontami qualcosa.”

 

Bailey si sistemò meglio sulla sedia. Tibby sembrava sicura di sé, ma lei sapeva che era solo un modo per nascondere quello che provava. “Fammi una domanda” la sfidò.

 

“Di cosa hai paura?” chiese la ragazza senza esitazioni.

 

Bailey dovette rifletterci. Non se lo era mai chiesta. “Credo… del tempo. Ho paura del tempo” disse infine risoluta. “Insomma, ho paura di non averne abbastanza. Non abbastanza per capire la gente, come sono davvero, o di essere capita a mia volta. Ho paura dei giudizi prematuri e degli errori di valutazione dovuti alla fretta. Non puoi correggerli, se non hai abbastanza tempo. Ho paura di… vedere solo i trailer e non i film.

 

Tibby la guardava incredula.

 

Cosa c’è?” chiese Bailey.

 

“Niente. È solo che mi sorprendi ogni giorno.”

 

Bailey sorrise, divertita. “Mi piace che tu ti lasci sorprendere.”

 

***

 

Il giorno dopo,  Bailey era diretta come sempre al Wallman’s. Era in largo anticipo, così decise di sedersi nelle panchine del retro. Notò che c’era un’altra persona, una donna. Singhiozzava. La ragazza si avvicinò, e riconobbe Angela, la commessa del supermercato.

 

Si sedette accanto a lei, e disse, dolcemente: “Qualcosa non va?”

 

“Sì” rispose la donna tirando su con il naso. “Sì, non ti preoccupare.”

 

“Sei… sicura?” domandò ancora Bailey, titubante.

 

“Sì… è solo che… quell’idiota del mio ex marito! Vuole farmi causa perché ritiene gli debba dei soldi!” esclamò Angela arrabbiata.

 

La ragazza si ritrasse. Non si aspettava una reazione del genere! Angela sembrava davvero distrutta, e Bailey si sentì in dovere di fare qualcosa per aiutarla.

 

“Vuoi parlarne?” propose.

 

Angela non sembrava molto convinta, quindi aggiunse “Magari davanti a una coppa di gelato? Offro io.”

 

La donna la guardò, riconoscente. “Mi piacerebbe molto, grazie. Ma non vorrei annoiarti”

 

Bailey le sorrise “Non c’è problema, davvero”

 

Angela esitò ancora un attimo. “Okay, d’accordo!” disse infine.

 

La ragazza le tese una mano per alzarsi e, insieme, si incamminarono verso la gelateria.

 

***

 

 

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