Polar Night

di Mr Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0. Prefazione ***
Capitolo 2: *** Parte prima: La sottile linea scura ***
Capitolo 3: *** Interludio: Jacob ***
Capitolo 4: *** Parte seconda: il sapore sbagliato ***
Capitolo 5: *** Interludio: Edward Cullen ***
Capitolo 6: *** Parte terza: Morire dentro ***
Capitolo 7: *** Interludio: Bella ***
Capitolo 8: *** Parte quarta: Come un'ombra ***
Capitolo 9: *** Interludio: Alice ***
Capitolo 10: *** Parte quinta: I sogni sono come i fiori ***
Capitolo 11: *** Interludio: Jacob ***
Capitolo 12: *** Parte sesta: Sfregiata ***
Capitolo 13: *** Interludio: Edward & Bella ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 0. Prefazione ***


PREFAZIONE

Ad un tratto ogni cosa m'era parsa illuminata dal triste splendore della verità nuda e cruda. Due malati e dispersi neuroni nel mio cervello si erano trovati ed era scoppiata la scintilla. Era stato come sentire l'orrendo suono della puntina del giradischi finire fuori.

Ad un tratto mi ritrovai catapultata con prepotenza nella realtà, mentre la favola che avevo vissuto nell'ultimo anno mi lasciava. Volgevo lo sguardo indietro e vedevo i colori splendenti scivolare via. Rimaneva una natura morta, fredda, congelata, scura, tremendamente inguardabile. Quel paradiso di foresta che circondava la casa da sogno dei Cullen mi sembrò improvvisamente così vecchia... e stanca. Sì, proprio stanca.

Io ed Edward ci siamo amati. Direi che questa sia una frase assolutamente perfetta, del tutto precisa, innegabile. Questo non lo metterò mai in dubbio. Mai. Potrei pure passare tutta l'eternità che tanto ho agognato a ripeterlo: io ed Edward Cullen ci siamo amati in maniera del tutto sorprendente, e spontanea, e masochista.

Ad un tratto, però, ho capito, ed è stato come vedere davvero, per la prima volta, il mondo. Il nostro amore – difficile, contrastato, meraviglioso, come la più bella delle favole e delle tragedie – non era altro che dipendenza. Pura dipendenza.

E fu così che mi ritrovai alla soglia dell'eternità con la certezza angosciante che di questa dipendenza io ed Edward saremmo morti prima o poi.

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Capitolo 2
*** Parte prima: La sottile linea scura ***


PARTE PRIMA: LA SOTTILE LINEA SCURA



 

Il mio riflesso allo specchio.

Ciao, sono Isabella Swan, ma tutti mi chiamano Bella e nessuno ha mai osato fare diversamente. Ho diciotto anni. Mi sono appena diplomata con voti promettenti. Alla festa per il diploma ho visto i miei genitori, divorziati, insieme come vecchi amici. E adesso mi godo le vacanze nella bellissima e grande casa del mio meraviglioso, invidiatissimo ragazzo, Edward Cullen. Ho un mucchio di amici, non ho fretta di diventare grande e voglio solo divertirmi.

Probabilmente, se non avessi scoperto che i Cullen sono dei vampiri, che i miei amici d'infanzia Quileute sono dei licantropi, e che il mondo è pieno di esseri soprannaturali che adorano concentrarsi tutti quanti in una dispersa cittadina dimenticata da Dio come Forks e che ce l'hanno sempre con me, o per un motivo o per un altro, avrei optato per tale presentazione.

Mi chiamo Bella Swan. Il mio ragazzo è un diciassettenne immortale e bello più di un angelo. Il mio migliore amico un licantropo alto due metri. E c'è una pazza di nome Victoria che si è messa a capo di una banda di vampiri neonati pur di farmi le feste. La verità è questa ed il primo passo per risolvere i problemi è riconoscerli. Cazzate da psicoanalisti. Sono davanti lo specchio da almeno dieci minuti, sorrido come se fossi una venditrice porta a porta al suo primo giorno di lavoro – e dunque con un mezzo sorriso che mi trasfigura il viso in una smorfia oscena e ridicola – e mi ripeto continuamente la bella presentazione di cui sopra. Una parte di me si aspetta che prima o poi i problemi spariscano da soli. Sarebbe bello vedere Victoria arrivare, tutta inferocita con quel suo bel portamento ed il suo pellicciotto e poi sparire con un sonoro puf! davanti i miei occhi. Ahimé, la parte maggioritaria e almeno vagamente razionale del mio cervello a colabrodo sa benissimo che le cose non stanno così. D'altronde, non posso tirarmi indietro. Né ho intenzione di farlo. Almeno riconoscetemi la coerenza d'acciaio. Sono una carta moschicida per i problemi ed i guai, ma poi li affronto. Possibilmente li risolvo. Anche se fosse, non rinuncerei per nulla al mondo a tutto questo. Se Victoria vuole farmi fuori, è per far impazzire di dolore Edward, perché sa che senza di me, appunto, impazzirebbe. Edward è entrato nella mia vita – o sono io ad esser entrata nella sua? Bel dilemma – e forse sarebbe stato meglio che non l'avesse mai fatto. Ma è successo, e indietro io non ci torno. Meglio una vita in costante pericolo, ma con Edward al mio fianco, sempre, che una normalissima da adolescente neodiplomata.

Abbasso lo sguardo, spontaneamente, più o meno inconsciamente, verso il mio polso sinistro. Scruto nello specchio, sforzo gli occhi per vedere meglio il braccialetto che mi ha regalato Jacob. Lo guardo ancora un attimo. Poi mi rendo conto che l'immagine che guardo fissa nello specchio non è una fotografia ma solo il mio riflesso, e dunque lascio perdere quell'amabile superficie ben incorniciata – il solito pezzo d'arte dei Cullen, messo lì, in un angolo dell'ingresso, come fosse un ombrello in disuso –, alzo il braccio e mi concentro sul braccialetto d'argento e sul ciondolo a forma di lupo. Esattamente dalla parte opposta, brilla il diamante di Edward. Sospiro. Se esiste un inferno di sicuro non ci andrò perché diventerò una vampira, come crede Edward, ma per come mi sto comportando con lui e con Edward. Già mi vedo in un caldo tribunale infernale pieno di diavoletti pronti a divertirsi con me, ed un giudice grande e grosso che mi accusa del più tremendo e terribile reato d'amore. La giuria impallidisce – può un diavolo impallidire? – mentre viene proclamata la mia condanna. Colpevole. Sì, sono colpevole d'amore. Amo Edward e non ne posso fare a meno. Ma amo anche Jacob, e so anche che se non esistesse il mio bel vampiro non mi staccherei più dalle possenti braccia del licantropo.

Sospiro.

Forse sarebbe più saggio e più salutare afferrarmi a degli appigli sicuri. Uno di questi è la promessa di Edward. Di sposarmi, di rendermi immortale e di amarmi per tutta l'eternità. Una volta conclusa questa storia sarò libera. Addio umana Bella, goffa, attira-guai e debole... benvenuta nuova Bella, regina dei vampiri.

Tsk. Ma nemmeno nei miei sogni le cose vanno così. Sogno sempre d'esser un disastro anche da vampira. E sono terrorizzata dall'idea di uccidere. Inconsapevolmente, inconsciamente, sì, ma ciò non toglie mi faccia sentire uno schifo. Come dire, non posso fare a meno di essere me stessa. Diventerò immortale, ma fino a che punto non sarò più la solita Bella?

Forse dovrei smetterla con tutte queste paranoie davanti lo specchio. Torno a scrutare il mio volto. Che disastro. Questa stanchezza, quest'ansia e questa attesa dell'imminente pericolo mi stanno distruggendo. I Cullen ed i licantropi si impegnano con tutte le loro forze in vista della battaglia, io almeno potrei rendermi più carina ed appetibile per Edward...

Appetibile... il mio cervello è un mistero pure per me stessa. Magari nella mia vita precedente ero un attore comico dal sarcasmo al vetriolo. Illuminatissimo Buddha, ovunque tu ti trova, nel caso Victoria dovesse uccidermi fammi rinascere criceto. Te ne prego.

Lasciamo perdere i capelli, và. I poli magnetici dello stesso segno non vanno d'accordo, ed i ciuffi ribelli sono, appunto, ribelli. Tanto, a che serve? Edward è un magnifico leone ed io, bella o non bella, resto comunque una stupida pecora.

Esco fuori casa e il rumore dei miei passi mi accompagna. Mi accoglie l'aria morbida e tiepida del tramonto.

Tra non molto i Cullen torneranno dalla sessione di allenamento con i licantropi. E' sempre uno spettacolo assistere e quando tutta la faccenda è cominciata avevo giurato a me stessa che non avrei mai trascorso un secondo distante da Edward. Eppure eccomi qui sola in questa grandissima casa. La prossima volta mi applico una flebo di caffè. Mi addormento un istante di primo pomeriggio e cosa succede? Tutti se ne vanno, Edward compreso, che si limita a lasciarmi un bigliettino. Non ti ho voluto svegliare, dormivi profondamente! Non sono più abituato alla stanchezza dei mortali... dormi pure, noi andiamo a fare il nostro dovere. Quando ti sveglierai io sarò lì!, aveva detto. Un corno. Mi sono svegliato prima del previsto, evidentemente. Magari Alice ha l'orologio delle visioni sballato di qualche ora. La verità è che il mio inconscio è troppo forte, prepotente ed orgoglioso. Non può fare a meno di urlarmi tutte le mie paure e le mie angosce in sogno. Quando mi sono resa conto che l'ennesimo incubo su Victoria era, appunto, un incubo, mi sono svegliata e a quel punto non ho più voluto riprendere sonno, pur di non ricadere in sogni del genere. Odio il mio inconscio, odio i miei sogni!

Rimango seduta a terra, sull'ingresso, a contemplare il cielo e il mondo circostante. C'è una tale tranquillità... è questa la quiete prima della tempesta? Quanto dovremo attendere ancora? Un paio di giorni? Oppure Victoria ci prenderà alla sprovvista, facendo saltare i nostri piani, e apparirà entro questa sera? Edward, che questa mattina mi ha portato qui, a casa sua, mi ha spiegato con calma e chiarezza il piano e le previsioni di tutti i Cullen. Dovrò rimanere qui tutto il giorno e la sera. Poi, Edward mi riaccompagnerà a casa e domani tornerò di nuovo qui, ma dirò a Charlie che tutti i Cullen sono fuori per il solito week-end lungo di trekking, ad eccezione di Alice, alla quale farò compagnia. E magari troverò un attimo di pace per me stessa e per Edward. La previsione dell'arrivo di Victoria oscilla tra due e quattro giorni. Per quel che ne so io – e vista anche la mia leggendaria capacità di attrarre i guai – potrebbe anche apparire adesso che sono sola. Ed Edward avrà a disposizione un'eternità per rimpiangere di avermi lasciata da sola. E se realmente apparisse adesso? Se fosse successo qualcosa ai Cullen, se fossero stati presi alla sprovvista, mentre io dormivo ignara di tutto? Quasi inconsciamente balzo in piedi, una rapida ed improvvisa scarica di adrenalina galoppa sulla mia schiena.

“Bella! Tutto bene? Sembra che hai visto un fantasma!”

“Emmett?”

“Bella?”

“Alice!”

“Un momento, un momento vi prego.. mi avete fatto prendere un colpo!”. Sospiro. Un gruppo di bellissimi vampiri con espressioni curiose e divertite (Emmett) guarda solo me. “Oh. Siete tornati.”

“Sei sveglia!” mi dice Alice, guardandomi come se avessi fatto qualcosa di spiacevole. “Eppure ho controllato diverse volte... vedevo chiaramente Edward svegliarti!”. Ecco appunto, mi viene da commentare.

“Mi hai tolto il piacere di svegliarti! Che è successo?” La voce calda di Edward mi abbraccia prima delle sue gelide braccia, tra cui mi butto noncurante. “Nulla. Mi sono svegliata da un sogno e non avevo più voglia di dormire.”

“Certo che è proprio strano...” insiste Alice, imbronciata.

“Oh, non farla tanto lunga. Lo sai che Bella è sempre imprevedibile!” Mi lascio dietro le risa di Emmett ed entro in casa, scortata da Edward.

“Veramente Bella è tutto meno che imprevedibile...”

“Come sarebbe a dire?!” dico voltandomi verso Alice.

“Beh, immagino Alice si riferisca alla tua rinomata capacità di attrarre catastrofi!”

“Ah, certo che oggi i complimenti fioccano, eh!”

“Su, ragazzi, basta con questa storia.. entriamo dentro.”

“Scusa, hai ragione, Esme...”

“A proposito, Bella... è andato tutto bene? Qualche avvistamento strano, qualche persona sospetta?”

“No, niente di niente... anzi, è stata una noia mortale senza di voi...” mi volto verso Edward e lo guardo malissimo. Proprio malissimo.

“Ho capito, la prossima volta ti porto con me... se poi ti addormenti nella foresta non lamentarti!”

Chiudiamo la conversazione ed eccoci nell'ampio salotto di casa Cullen. Per un attimo rimango, come al solito, stordita dalla bellezza sfolgorante di questa stravagante famiglia. Sarà nella loro natura, ma quasi spontaneamente sembrano sempre cercare di suscitare più stupore possibile. Li vedo sempre muoversi con grazia assoluta, scegliere le espressioni più corrette, fermarsi in delle pose da fotografia. Ora che li guardo ancora, nel loro salotto, sembrano veramente posare per una foto di famiglia. Rosalie, composta, su una ricca poltrona fa vagare lo sguardo tra i presenti con un'espressione vagamente annoiata, ma molto signorile. Dietro di lei, appoggiato allo schienale della poltrona sta Emmett, ingombrante ed immobile come una statua, eternamente scolpita nella sua espressione divertita. Alla loro sinistra, oltre il caminetto, Alice e Jasper, vicini ma non troppo, seduti sul divano. Accanto a loro Esme, con una mano appoggiata in maniera apparentemente casuale sul tavolo. Al centro del semicerchio, invece, Carlisle, fiero, serio, che parla della prossima mossa. E poi ci siamo io ed Edward, che mi abbraccia stando alle mie spalle –e come sempre, fa uno strano effetto non sentire il suo respiro sul mio collo. Innumerevoli volte mi sono sentita completamente fuori posto in un quadro così perfetto. Ma presto questa sensazione andrà via, entrerò anch'io, a pieno titolo, nel quadro.

Carlisle ha cominciato commentando positivamente gli sviluppi dell'allenamento con i Quileute: la contingenza di lottare insieme contro lo stesso nemico, che sembrava frustrante, all'inizio, si era rivelata fruttuosa a stringere ulteriormente l'alleanza. Soprattutto, malgrado qualche caso particolare, i più giovani non si erano fatti alcun problema a collaborare con il nemico giurato. Tutto vero. Seth, ad esempio, mi sembra abbastanza affezionato ai Cullen. Forse è la giovanissima età, o magari, proprio perché è il più piccolo, e dunque privo di pregiudizi, è più aperto e disponibile nei confronti dei vampiri. Anche Jasper, poi, ha detto la sua. Un'alleanza necessaria, utile e stimolante, l'ho sentito dire. Poi sono passati a parlare di tattiche, a indicare punti strategici e quant'altro. Tra uno sbadiglio e l'altro mi allontano sempre di più con la mente dalla discussione. Mi abbandono del tutto all'abbraccio freddo di Edward, finché un nome attira la mia attenzione. Alzo la testa, mi muovo di scatto, quasi do una gomitata a Edward. Jacob. No, non va affatto bene. Il solo sentire pronunciare il suo nome da Carlisle mi ha fatto venire un infarto. Per di più, Edward l'ha capito benissimo. Chi ha bisogno di poteri di telepatia con una come me?

“Hai capito Bella?”

“Co-come? Mi sono persa un attimo...”

“Bella, mi rendo conto che questo è molto oltre le tue capacità, ma è di te che stiamo parlando...” mi dice Rosalie, aprendo bocca per la prima volta nella discussione. Lascio perdere e chiedo a Carlisle di ripetersi.

“Questa sera verrà Jacob, qui. Secondo Alice, Victoria e i neonati sono stati molto più veloci del previsto. Tu resterai qui, Esme ti presterà qualcosa da mettere per la notte. E' troppo pericoloso permetterti di tornare a casa, di sera, e farti spostare di nuovo, domani mattina. Dobbiamo accelerare i tempi: tu e Jacob partirete proprio domani. Jacob starà sempre insieme a te, così potrà coprire con il suo odore il tuo, come avevamo stabilito.”

“Ah... non pensavo che... di già... Quindi rimango qua? E Charlie?”

“Ci andrà Billy.” Mi dice Edward, soffiandomi le sue parole nelle orecchie, senza smettere di tenermi abbracciata. “Ho parlato con Jacob, prima, è tutto sistemato. Se Billy non riuscirà a convincere Charlie a spostarsi, questa sera, rimarrà lui a casa vostra. E in ogni caso domani andranno a La Push.”

“Purtroppo dobbiamo agire il più rapidamente possibile.” Interviene Alice. “Come hai visto prima, quando si parla di un paio di giorni, o, peggio, ore, le mie visioni non sono proprio precise. Meglio non farci trovare impreparati, comunque vada.”

“Ma pensavo Victoria arrivasse tra almeno tre, quattro giorni!”

“Quello che pensavamo tutti... e speravamo, anche.” Ancora Carlisle, la voce seria, bassa, controllata al massimo da non far trasparire un briciolo di preoccupazione.

“Non hai nulla da temere, Bella.” Interviene Jasper. “Andrà tutto come previsto. Dobbiamo solo anticipare un po'. Meglio così, no? Meglio agire che aspettare ancora...” Come al solito, non so se sono solo le parole di Jasper a rincuorarmi, o è colpa del suo grande potere da vampiro. A ben vedere, però, forse le sole parole sarebbero bastate. In fondo ha ragione. Non ne posso più di aspettare. Almeno affrontiamo la cosa subito.

“Quindi, come deciso, Jacob questa sera verrà direttamente qui. Domani mattina voi due farete un po' di giri a vuoto, nella foresta, mentre noi ci impegneremo nell'ultima sessione di allenamento. Qui rimarranno Esme ed Alice, per precauzione.”

“Ed Edward?”

“Io vado con loro, Bella.” L'espressione cordiale con la quale mi risponde mi irrita più del fatto mi abbia appena annunciato di lasciarmi di nuovo da sola. Peggio: sola con Jacob. Eppure gliel'avevo detto: conosco i miei limiti, e so che non potrò sopportare di rimanere distante da te, di nuovo.

“Edward ci serve come tramite con Alice. Rimarremo vicini abbastanza per permettere ad Edward di leggere il pensiero e le visioni di Alice, in caso di pericolo.” Ha senso. E la cosa mi infastidisce ancora di più. Questa storia comincia a stufarmi sempre di più. Per fortuna grazie a questi imprevisti la faccenda verrà chiusa già domani. O almeno, me lo auguro. Carlisle riprende a parlare, discute con Jasper ed Emmett del loro programma, domani mattina, ed io riprendo a scivolare dentro me stessa. Poi, Edward mi stringe più forte, come per ricordarmi che malgrado tutto lui è ancora qui, insieme a me.

“Hai tutti i motivi per avercela per me...”

“Appunto.”

“Non credere mi diverta al pensiero di te e Jacob da soli per una mattinata intera.”

“... ma non puoi farci niente. Uff...”

“Lo sai. Stiamo lavorando per te. Prima di tutto la tua incolumità.”

“E se il pericolo fosse Jacob?”

“Jacob non è un pericolo... lo sai benissimo. Siamo in una situazione critica ed io sono nella situazione di doverti lasciare per tutta la mattina... e poiché proprio devo farlo, preferisco affidarti a Jacob.”

“Non ha senso!”

“Sì che ne ha, e lo sai. Ma se può farti stare meglio, beh, prenditela con me tranquillamente perché non sono riuscito ad escogitare niente di meglio. E sai che avrei voluto trovare una sistemazione migliore.”

“Uff... con te non si può nemmeno litigare!”

“Lo devo prendere come un complimento?”

“Dici.. dici sempre le cose giuste! Le parole assolutamente esatte, ecco!”

“Direi che questo sia un complimento, almeno...”

“Mi stai facendo passare la voglia di arrabbiarmi!”

“Ed è un male?”

“Guarda che non ho ancora accettato di andare con Jacob!”

“Come se tu avessi scelta!”

“Se avessi un minimo di possibilità di scegliere, mi rifiuterei, ovviamente!”

“Scommettiamo che se anche avessi la possibilità della scelta riuscirei a convincerti?”

“Edward Cullen!! Ti odio!!”

“Oh, sì, mi odi tantissimo...” Ed ovviamente non mi dà nemmeno il tempo di rispondere. Le sue labbra congelate si appiccicano alle mie, procurandomi una serie di brividi di diversa natura. Mi lascio andare al suo bacio. Ogni volta è come baciarlo per la prima volta. E non potrò mai pensare di doverlo baciare un'ultima volta. Ne avrò sempre bisogno. Sempre. Anche nell'eternità, rimarrà forse l'idea di un bisogno impossibile, infinito.

Per tutto il resto della serata mi sento strana. Ho come uno strano sapore in bocca. Un retrogusto che mi è rimasto impresso. Se la mia anima è una lastra di vetro, è come se qualcosa ci fosse rimasto appiccicato. Piano piano, lentamente, il mio maledetto inconscio si fa strada dentro di me. Si muove dalle sue oscure profondità, viene a galla, insieme al sapore amaro della consapevolezza. Cerco di respingerlo, ma è tutto inutile. Ormai non posso sfuggire al pensiero che, sì, ciò che mi lega a Edward è essenzialmente dipendenza. E lo stesso, temo, vale anche per lui. Era ovvio e scontato sin dall'inizio. Per lui era sempre stato un fattore di bisogno e dipendenza. Ed anche per me. Edward Cullen era stato un'ossessione, un chiodo fisso, poi un bisogno ed infine un'abitudine. E rimane pur sempre una dipendenza. L'ho detto io e l'ha ripetuto pure lui mille volte: sarebbe stato meglio non incontrarci. Se non fossi mai arrivata a Forks non solo non mi ritroverei in pericolo, ma nemmeno in dipendenza di Edward, con crisi d'astinenze annesse e concesse. Avrei dovuto capirlo quando è andato via, poco dopo il mio compleanno. Ma se non fossi mai arrivata a Forks non avrei mai rivisto Charlie... non avrei conosciuto i Cullen, ormai mia nuova famiglia, non avrei rivisto Bill e Jacob...

Ed è con un tempismo melodrammatico da film che mentre sfoglio l'album della mia memoria alla ricerca dei ricordi più preziosi condivisi con Jacob, il mio licantropo preferito dal pelo fulvo mi si piazza davanti. Ed io, che sono un'imbranata, con l'abitudine di camminare guardando i miei piedi e di farmi confondere dai miei pensieri, inciampo su di lui e cado... o quasi, perché le sue forti braccia mi fermano a pochi centimetri da terra.

“Se non conoscessi la tua incapacità a camminare in linea retta, direi: oh, Bella, non sapevo che il solo vedermi ti facesse cadere ai miei piedi!” Un secondo. Un paio di istanti. Giusto il tempo di realizzare ed accettare che quello che ha detto effettivamente non è frutto della mia fantasia malata.

“JACOB!!!!! Tanto per cominciare, mettimi giù!” E il pavimento ritorna sotto i miei piedi. “Sei il solito!!” Aggiungo, con una smorfia.

“Anche tu, da quel che vedo.” E scoppia a ridere.

“Mi raccomando, domani, vedi di fare attenzione!” Domani? ... Ah, già. Domani. “Hmmm... vedo che sei entusiasta del programmino di domani mattina, eh?”

“Tu sicuramente avrai fatto i salti di gioia.”

“Oh, Bella, stiamo lavorando tutti per te!” E' un modo poco carino per ricordarmi che tutto quello che sta succedendo è solo per colpa mia?

“Questa l'ho già sentita, grazie.”

“Ciò non toglie sia vero.”

“Infatti.” Aggiunge una voce maschile alle mie spalle.

“Ciao Edward.”

“Jacob.” Sorride educatamente. Che personaggio... “Allora, che fate qui impalati? Jacob, Carlisle ti vorrebbe parlare... giusto due parole su domani.”

“Certo, certo, arrivo!” Mi sorride e si sposta verso il salotto. Io rimango a guardarlo andar via. Edward mi rimane a fianco, in perfetto silenzio, fermo, immobile. A volte mi capita di dovermi ricordare della sua presenza a lato o dietro di me. Non noto i suoi spostamenti e ci finisco addosso un sacco di volte.

“Guardalo! Sta scoppiando di gioia!” Faccio notare, mentre Edward scivola leggiadramente davanti al mio viso.

“Secondo il copione, dovrei essere geloso. Ma lo trovo inutile, e so anche che a te non importano molto le scenate di gelosia. Dunque, ritrovandomi nella situazione di dover rispondere e di accontentarti, scelgo di dirti: logico, è con te che deve trascorrere la mattinata. Chi non sarebbe altrettanto felice?” Rimango spiazzata un istante.

“Basta. Ci rinuncio!”

Sbuffo, giocosamente, e muovo qualche passo verso il salotto. Poi mi fermo ed aspetto che Edward mi raggiunga. Mi tocca per dieci secondi e per quei dieci secondi di contatto freddo mi sento bene, ogni cosa è scomparsa, mi dimentico pure di quei pensieri e quelle titubanze sul mio amore per Edward. Bisogno o non bisogno, io amo Edward, amo ogni singolo istante in cui la mia esistenza sfiora ed incontra la sua. E non m'importa di nient'altro. Nemmeno di morire, forse. Mi lascio guidare verso il salone, Carlisle e Jacob discorrono tranquillamente. Sento pronunciare loro i nomi degli altri licantropi, Seth, Quil, Sam, persino Leah, tutti pronti e assolutamente disponibili a collaborare, tutti pronti e scattanti e desiderosi per l'azione. Edward si introduce nella discussione, ed eccomi, una ragazza, sola, a contemplare tre maschi parlare di battaglie ed azione.

“Non ci stai capendo niente, eh?” Mi volto a sinistra, verso la fonte della voce. Rosalie è ora seduta sulla sua poltrona. Come al solito non mi ero accorta del suo passaggio. “E' naturale...” aggiunse, come se non si aspettasse una mia risposta.

“E tu?” chiedo d'un tratto. Mi guarda perplessa. Ho davvero preso alla sprovvista Rosalie?

“Io cosa?”

“Oh, scusa, non volevo chiederti se ci capissi qualcosa anche tu o meno. E' che... mi chiedevo... diverte anche te così tanto?”

Diverte?”

“Sì, insomma... qui sembra che siano tutti quasi divertiti. Come se si trattasse di un gioco! Nessuno sembra aver preso seriamente la cosa. Eppure Jasper l'ha detto, che non sarà un gioco da ragazzi, e che con i licantropi dalla nostra parte siamo fondamentalmente in parità! Io... non lo capisco! Victoria è me che vuole. Eppure io sto qui, in disparte, mentre gli uomini si preparano alla guerra...” Rosalie ride un istante, con grazia, è una risata molto signorile. Da diva hollywoodiana, veramente.

“Immagino sia roba da... vampiri. L'eternità è lunga e noiosa... pur di svagarti, di trovare interesse per qualcosa... pur di trovare uno stimolo ad andare avanti, ecco, ti aggrappi a qualunque cosa.”

“Ed è lo stesso anche per te?” Forse la rapidità e l'incisività della mia domanda non sono appropriate, ma... ormai ne voglio sapere di più. E' raro avere conversazioni con Rosalie. Di certo è un tipo che evita le conversazioni di circostanza. Quando decide di parlare, in genere va dritto alla questione.

“Avrei preferito annoiarmi da mortale. Ma indietro non si può mai tornare, no? E nell'immortalità non si può morire. Nemmeno di noia. Meglio avere uno scopo, che non averlo. Vedi, io non giudico. Non sono una che giudico. Non m'interessa quale sia lo scopo. Se sia buono o cattivo. L'importante è averlo.” Mi rendo conto che questa conversazione sta sfuggendo al mio controllo. Non riesco nemmeno a capire esattamente dove vuole arrivare Rosalie. Sembra quasi volermi dire che per lei restare o passare dall'altra parte le è indifferente.

“Ti capisco. Sul serio. Sono rimasta umana per un po' di tempo, ed ho continuato a rimpiangerlo per molto di più. Capisco la tua reazione. E' normale. Per questo, ti dico ancora una volta: non farlo. Non diventare immortale.”

“Non è esattamente il genere di consiglio che volevo.”

“Mi dispiace, ma... tu non hai chiesto consigli ed io non ne ho dati. Ho solo detto quello che penso, tutto qua.”

“Ehi, ragazze, di che discutete, così prese?” Grazie, Edward, per avermi sottratta a questa discussione. Ricordati, Bella: la prossima volta che ti fa innervosire, ripensa a questa conversazione con Rosalie.

Edward, Edward, Edward... sai, Edward, credo esistano dei momenti preziosi e particolari in cui una ragazza diviene consapevole realmente di amare ed essere amata. Per me, adesso, è un po' così. Ti guardo parlare con la tua bella sorella, e già una parte di me pensa di ritrovarsi eccezionalmente davanti una delle tante coppie patinate del mondo plastificato e magico dei VIP. Ma è solo un pensiero passeggero dovuto all'abitudine, alla consuetudine di trovarmi davanti il tuo viso e di rimanere sempre stupita della tua bellezza, sempre come se fosse la prima volta. Ma è solo un pensiero, appunto, perché con tutta me stessa io so, in questo preciso istante, di appartenerti. Io ti appartengo, Edward. Quando inciampo e quando rido. Quando mi faccio male e quando stringo i denti e trascino me stessa oltre i miei limiti. E tu mi appartieni. Sì, ora posso dirlo senza paura e senza ombra di dubbio alcuno. Tu mi appartieni. Mi appartengono i tuoi baci freddi, le tue grandi e perfette mani. Mi appartengono i tuoi occhi, la sola parte di te che tradisca sempre le tue emozioni. Mi appartiene il respiro che ha lasciato il tuo corpo troppi anni fa. E mi appartiene la tua anima. Sì, Edward, la tua anima è mia. E se veramente esiste un Inferno per quelli come te, stai certo che prima o poi farò visita a qualche diavolo, laggiù, e mi riprenderò la tua anima.

“Allora, andiamo?”

Ed è con una nota quasi di fierezza, di orgoglio e di totale devozione per quello che siamo, insieme, che prendo la tua mano e ti seguo.

“Sì, andiamo pure all'Inferno.” Ti dico, e non importa se non capisci perché. Grazie a Dio i miei pensieri sono solo per me.

Il buio avanza. Io non ho più paura.

Sono in cucina e l'acqua fresca del rubinetto mi bagna un polso.

“Vediamo un po'.. Bella?”

“Arrivo!”

Chiudo il rubinetto e mi asciugo rapidamente le mani con una tovaglietta che lancio verso il tavolo. Ovviamente la mia mira fa schifo e la tovaglietta cade a terra.

“Lascia stare, faccio io!” dice la voce di Jacob fuori la portata della mia vista. Mormoro un grazie e mi sposto verso Esme, intenta a sistemare le lasagne.

Forse è un po' tardi per cucinare, ma a chi importa? Di certo non ad un gruppo di vampiri, più un licantropo ed un'umana che si preparano per una grande battaglia contro un esercito di infoiati vampiri neonati comandati da una vampira super sexy e pazza furiosa. Il punto è che parlando, ripassando il piano per la millesima volta e così via s'è fatto tardi. E alla buon'anima di Esme è venuto in mente che oltre i vampiri, che di certo non conoscono regolarmente la consuetudine della cena, c'erano almeno due individui possibilmente affamati. In effetti, un certo languorino avevo cominciato a sentirlo, ma voglia di mangiare proprio zero. Ero lì, a sentire tutti quei piani, a sforzare il mio cervello di semplice e nemmeno troppo comune ragazza di diciotto anni a capire le tattiche giuste per sfuggire alla morte, ero lì a sentirmi comunque pronta ad affrontare il mio destino, incoraggiata dall'amore di Edward: chi avrebbe mai pensato a qualcosa di così ovvio come preparare la cena? Esme, chiaramente. E così, con la scusa di insegnarle ancora una volta la mia versione delle lasagne – non perché non fosse capace, ma soltanto per mettermi a mio agio e distrarmi – siamo finite entrambe a lavorare in cucina. Prepara il soffritto, cucina la carne, prendi il pomodoro...

“E tu che ci fai qua?” chiedo a Jacob, magicamente comparso alla mie spalle appena in tempo per raccogliere la tovaglietta caduta.

“Sono stato attratto dall'odorino di quello che preparate! E' così buono che l'avrei sentito anche a La Push, probabilmente.”

“Non è niente di che, scommetto che semplicemente sei mortalmente annoiato e anche abbastanza affamato.” Replico, mentre stendo uno strato di tritato nella teglia. “Non mettercene troppo, o peserà sulle sfoglie di pasta.” Dico inoltre a Esme, attentissima ai miei consigli.

“Bene, un punto alla signorina Swan, allora.”

“Jacob, puoi darmi una mano?” chiede Esme.

“Perché no.” Dice lui, con aria da tenebroso vagamente annoiato. Lo guardo con la coda dell'occhio uscire dalla cucina con una pila di piatti. Come al solito, anche se siamo solamente in due a mangiare tutti i Cullen non si fanno problemi ad accompagnarci a tavola. Ed Esme, soprattutto, non perde l'occasione di usare il suo prezioso servizio.

“E' proprio carino da parte sua, non trovi?” mi chiede Esme, mentre infilo la teglia di lasagne nel forno.

“Cosa?”

“Parlavo di Jacob.” Dice lei, radiosa.

“Beh, come dire, Victoria è un pericolo comune, è una buona occasione per rinsaldare il patto con i lupi, etc etc... no?”

Esme ride e non capisco perché. E' una serata che Jacob fa la sceneggiata – tanto sappiamo benissimo perché è così felice – e già mi sento abbastanza presa per il culo dal destino. Se poi si mette a ridere pure Esme...

“Veramente parlavo dei piatti.”

“Oh.” Eggià. Che sono stupida! Nascondo il mio imbarazzo volgendo le spalle alla donna, mi chino e mi concentro sul forno.

“Sembra proprio che questa vicinanza stia facendo bene un po' a tutti. Nessuno si lamenta più della puzza, ad esempio. Penso sia un'ottima cosa.”

Già, Esme ha ragione, come al solito. Non manca mai di vedere il lato positivo delle cose. Mi viene un'illuminazione e mi alzo di scatto. Pessima idea: sbatto violentemente contro la fila di armadietti, in alto.

“Bella! Ti sei fatta male? Vuoi del ghiaccio?” Nemmeno finisce la domanda e me la ritrovo a fianco, con un sacchetto di ghiaccio in mano. Prendo il ghiaccio e lo appoggio delicatamente sulla testa, poi le rispondo: “Tutto bene, puoi stare tranquilla. La solita imbranata...” Esme mi lancia uno sguardo denso di amore e compassione, quasi un'espressione materna, poi si rimette a rassettare tutti gli utensili e le pentole usate. Io torno alla mia illuminazione. In quell'anno e poco più di conoscenza dei Cullen ho scoperto molte cose sui vampiri. Tra i vari dettagli, mi ha sempre affascinato la cosa dei poteri speciali. La telepatia di Edward, la chiaroveggenza di Alice, la forza di Emmett e l'abilità empatica di Jasper. E anche – ricordo, con una nota di amarezza – il super-fiuto di James e l'arte della fuga di Victoria. Carlisle non sembrava avere super poteri particolari, ma aveva dalla sua un autocontrollo stupefacente. Esme invece non spiccava per alcuna dote particolare. Certo, rimaneva pur sempre una vampira, bella e letale, anche lei straordinaria nel combattimento, alla pari di Alice o Carlisle, ma non aveva strane doti paranormali. A meno che... e questa è l'illuminazione che mi ha fatto scattare, procurandomi un bel futuro bernoccolo. Forse il talento di Esme è vedere sempre quell'immancabile e spesso nascosto risvolto positivo di ogni cosa, anche la più negativa.

Questo pensiero mi rincuora improvvisamente. Mi sento pervadere di calore e sicurezza, e sono sicura che non è del tutto opera di Jasper. Dura tutto il resto della serata. A tavola non manca nessuno. Io mangio la mia porzione di lasagne e riesco a persuadere Esme di essere decisamente sazia. Jacob quasi mangia tutto quel che rimane. Ridiamo, scherziamo. Emmett e Jacob sono una bella coppia di comici. Edward non mi lascia mai un istante la mano e va bene così. Finché Carlisle fa notare che si è fatto decisamente tardi per una certa ragazza umana che domani mattina deve svegliarsi presto e camminare nella foresta per tutta la mattinata. E così inizio a sparecchiare, e mi seguono Esme ed Alice. Insisto con Jacob per farlo rimanere seduto a tavola. E così mentre mi allontano sento il licantropo scherzare ancora una volta con Emmett, facendo ridere Jasper ed Edward.

“E' stata una bella serata, vero?” dice Alice. Io lascio i piatti sporchi nel lavello, mentre Esme rimette a posto quelli puliti.

“Direi di sì.” Rispondo semplicemente, abbozzando un sorriso.

“Ci voleva, per rilassare un po' i nervi. Troppa tensione non fa bene!” Dice Esme, ancora con quello sguardo da madre apprensiva. Mi mette un po' a disagio. Renee è sempre stata una madre straordinaria ed eccezionale, per essere un genitore unico, ma non è mai stato tipico di lei un tale atteggiamento apprensivo. Quand'ero bambina magari lo era, ma da adolescente sono sempre stata io quella apprensiva nei suoi confronti. Mi sorprendo, quasi, nel pensare al mio rapporto con mia madre, a volte rovesciato, ma comunque speciale.

“Mi raccomando, Bella, vedi di riposare bene, questa notte.” Aggiunge la donna.

“Sta' tranquilla... sono sicura Edward non la terrà impegnata a lungo!”

“Alice!” E le due scoppiano a ridere, guardandomi. Evito una qualunque risposta e le seguo ritornare nell'ampia sala da pranzo. I ragazzi si alzano e lasciano la tavola. Edward mi raggiunge immediatamente al mio fianco, in silenzio. Carlisle intanto mi ripete il programma per l'ultima volta. Sveglia alle sette, colazione, e poi si parte. Pur essendo l'ennesima volta che me lo sento ricordare, non riesco a evitare un brontolio nervosissimo allo stomaco. Edward manifesta la sua presenza abbracciandomi da dietro. Sono qui, tra le braccia di Edward, l'unico posto in cui non mi stancherei mai di trovarmi. Eppure domani saremo separati per un'intera mattinata. Io, Jacob, la foresta. Già, Jacob. E a proposito...

“E Jacob? Dove dorme questa notte?”

“Oh, tranquilla, io rimango fuori, trasformato. Faccio la guardia e mi tolgo dai piedi.”

“Che bravo, il nostro cagnolino da guardia!” Scherza Emmett.

“Come?!” E anche Jacob poi si mette a ridere. Ahhh... uomini.

“Bene, questo è tutto, ci vediamo domani mattina, allora. Edward, Bella, buonanotte.” Saluto Carlisle ed Esme, che mi rivolge un ultimo sorriso, prima di allontanarsi insieme al compagno. Alla mia destra Jacob ed Emmett continuano a scherzare.

“Emmett? Basta giocare! Su, andiamo!” Nel sentire le parole secche di Rosalie il vampiro si ferma subito e la segue rapidamente. Sussurro un saluto e rimango imbambolata a seguire con lo sguardo Rosalie, seguita fedelmente dal ragazzo, che sale le scale verso il piano di sopra, con la solita grazia perfetta.

E così rimaniamo io Edward e Jacob. L'immancabile e irriducibile triangolo.

“Jacob.”

“Edward.”

Con la solita controllata educazione i due si salutano. Se non fosse che tra 24 ore potrei pure essere morta, troverei tutto questo alquanto divertente. Come due gentiluomini che si porgono ossequi prima di sfidarsi. Edward indietreggia di qualche passo e poi lo vedo fermarsi.

“Ti aspetto di sopra.” Senza aspettare una mia risposta mi sorride e poi sparisce rapidamente su per le scale.

Io amo il mio ragazzo. Non credo esista su questo pianeta un ragazzo più buono ed altruista di lui. Talmente buono e generoso che finisco col sentirmi sempre in colpa. Sempre.

“E allora... domani ci aspetta una bella giornata, eh?” Dico, per spezzare il silenzio. Jacob si incammina verso l'ingresso di casa ed io lo fiancheggio.

“Immagino si possa dire anche così...” dice lui, sorridendo. Che conversazione stupida.

“Dillo che non vedi l'ora!” lo incalzo. Lui non mi risponde e mi rilancia un sorriso enorme. Come a dire: non è ovvio?

“In fondo questa brutta faccenda non è poi così brutta, dai.” Lo stesso discorso di Esme. Ripesco dalla mia memoria le sue esatte parole e le uso per rispondergli.

“Già. Almeno avete smesso, tutti quanti, di lamentarvi della puzza.”

“Cose che non puoi comprendere, Bella... buon per te!”

“Bah... uomini...”

“Sì, beh, più o meno.” Ridiamo. Lo vedo aprire la porta, con delicatezza, con lentezza. In casa entra l'aria frizzante della sera e non nascondo un brivido.

“Su, vai.” Lo guardo perplesso, non rispondo. “Vai dal tuo uomo, coraggio.”

“Mi lasci andare così? Strano. Mi aspettavo chissà quale scenata...”

“Ehi, che scenata ti aspettavi?! Non faccio mica melodrammi, io!” Sì, come no, penso... “Comunque, sì, ti lascio andare dal tuo Edward,” quasi rido per come imita la mia voce nel pronunciare il nome, “tanto so benissimo che poi torni sempre da me!” E con estrema velocità mi sorride, blatera un ci vediamo e si chiude la porta dietro, lasciando me, instupidita, semi-infreddolita, davanti una porta chiusa.

Non so se Jacob avesse avuto da tempo l'intenzione di dire quella frase, o se si trattasse di qualcosa di assolutamente imprevisto e spontaneo. Non so nemmeno se sua intenzione fosse colpirmi oppure se l'avesse detta senza nemmeno pensare alle mie possibili reazioni. Rimane comunque il fatto che mi ha sconvolta. Punto.

Per una buona parte della notte continuai a rimuginare su quella frase. Ti lascio andare, tanto so che alla fine torni sempre da me. Sul momento avevo fatto ricorso a tutte le mie forze alla mia volontà per cancellare quello scambio di battute, o quanto meno nasconderlo sotto un tappeto immaginario. Volevo solo concentrarmi su quello che sarebbe seguito. Ovvero risalire le scale, raggiungere il bagno, prepararmi per la notte e addormentarmi con Edward a vegliare su di me.

Eppure, sento già che il mio piano è destinato completamente a fallire, grazia ad una serie di piccoli ma significativi imprevisti. E' da giorni ormai che mi ripeto di sentirmi pronta. Pronta per Edward, in ogni senso ed in ogni circostanza. Pronta a diventare una vampira, ad amarlo per sempre, da mortale e da immortale. Cominciando a tutti gli effetti da mortale. Ho passato gran parte della mia adolescenza a lasciarmi scivolare addosso, come se fossi una parete ostile, sentimenti affettivi di ogni sorta. Edward è stato il primo e l'unico ad amarmi e conquistarmi e tormentarmi e a volere nient'altro che il mio amore. Un amore, sia specificato, puramente spirituale e platonico. Forse un contrappasso? Hai diciotto anni, per tutta la tua adolescenza sei stata circondata di ragazzi che da te volevano una cosa sola. Finalmente ne trovi uno diverso e poi ti ritrovi tu stessa a desiderare qualcosa che lui non vuole – perché non può, sostiene Edward – proprio darti. Ma io non mi sono mai sentita più sicura e pronta e certa di volerlo. Essere un'unica cosa con Edward, imprimere il nostro amore sul nostro corpo. E non m'interessa se io sono una mortale debole e fragile e lui un vampiro bellissimo e resistente come un blocco di marmo splendente. Io voglio fare l'amore con Edward, fosse l'ultima cosa che faccio da viva, punto.

Soprattutto ora che il pericolo incombe sempre di più.

Tuttavia, è tutto cambiato. Non è la notte da soli che avevo immaginato. Non c'è romanticismo, ma solo la disperazione di voler rimanere insieme, a tutti i costi, di fronte ad un pericolo mortale. E soprattutto, a rovinare il quadro che credevo perfetto c'è una crepa che minaccia di aprirsi sempre di più. Una crepa chiamata Jacob Black.

Dio... è la notte ideale per fare l'amore con il mio ragazzo per la prima volta e non posso fare a meno di tormentarmi. Dovrei preoccuparmi a come convincere quel vampiro ostinato a lasciarsi andare, ma non ci riesco. Attraverso il corridoio buio che mi porta al bagno, ricordo e rivivo tutte le volte che da bambina camminavo spaventatissima al buio. Ecco qual è il problema, forse. Il buio. Quando la luce sparisce e quel che rimane è solo buio, ogni cosa appare diversa. Di giorno era certa di sapere quello che volevo. Adesso le tenebre sono calate sulle mie convinzioni e non so proprio più nulla.

Nel grande bagno di casa Cullen tengo accese tutte le luci, come a voler scacciare vie tutte le oscurità della mia anima, in agitazione dopo lo scambio di battute con Jacob. Mi lavo i denti con cura. Per un attimo, casualmente, il mio sguardo si posa sullo specchio e vedo il viso del licantropo. Sbuffo, riempiendo l'aria di bolle di dentifricio e scaccio quell'immagine dalla mia testa.

Faccio appello alle mie convinzioni, tutte. Le parole di Jacob possono risuonarmi dentro quanto vogliono, io non mi tirerò indietro. So cosa voglio, so che posso ottenerlo e dunque stringo i denti e combatto contro i miei demoni. E quello che voglio è questo. Volare verso la camera di Edward. Tenere la luce spenta e fare massima attenzione a non inciampare ovunque – e maledizione, questa stanza è troppo grande per pensare di camminarci al buio. Raggiungere Edward sul suo letto e poi semplicemente lasciarmi divorare. Dai suoi baci, dalle sue carezze, dai suoi meravigliosi sussurri, dal suo intero essere. Eppure, mentre mi lascio cullare da tutto ciò che di lui amo incondizionatamente, quella frase non smette di risuonare in un angolino buio della mia mente.

La finestra è socchiusa apposta per far entrare un gentile soffio di aria fresca. Mi solletica i capelli. Io sono distesa sulla mia schiena, Edward incolla le sue dita sul mio viso, sulle mie labbra, e mi sussurra parole rassicuranti sulla giornata di domani. E intanto nel buio vedo il viso di Jacob che mi ripete quella frase.

Ascolto nel silenzio il ticchettio dell'orologio. In genere lo odio, ma cerco di concentrarmi solo sulle labbra di Edward che sfiorano continuamente con le mie. La sua lingua gioca e solletica la mia ed io mi sento piena di lui e del suo amore. Eppure so che malgrado voglia tutto questo duri in eterno, prima o poi finirà. Prima o poi mi addormenterò e quando mi sveglierò sarà mattina ed allora ci sarà solo Jacob, e Victoria, e tutto il resto.

Le dita di Edward sulla mia pelle. Mi attacco con violenza a quest'immagine. Ma per quanto il nostro amore abbia un sapore dolcissimo, non posso ignorare quel retrogusto amaro che l'accompagna sempre.

Io amo Edward e lui ama me. Dovremmo vivere di questo e mandare al diavolo le incertezze e le nostre oscurità. A parlare è la Bella che ha visto un tramonto spettacolare ed indimenticabile. Che ricorda con ostinazione il suo primo bacio. Un bacio freddo ed unico al mondo.

Eppure c'è stato un tempo in cui la luna è scomparsa dal cielo ed io mi sono sentita... persa, vuota, abbandonata, ferita, spezzata, umiliata, stupida, vigliacca. Perché essere donna significa finire col prendersela spesso e volentieri con se stessa, ed io inoltre sono una che amplifica spesso e volentieri la portata delle emozioni devastanti. E questa è la voce della Bella aveva perso se stessa, salvo poi ritrovare la via di casa grazie ad un amico speciale piovuto dal cielo.

Edward strofina le sue labbra fredda sul mio collo. Trasalgo al contatto. E se Edward potesse rabbrividire, sicuramente sarebbe un unico grande brivido, vista la pericolosità del suo gesto. Ma non me ne curo, perché so che in questa stanza non c'è niente che possa farmi male, a parte qualunque oggetto su cui possa inciampare o andare a sbattere. Il mio corpo è pieno di desiderio e di mille altre cose, e mentre Edward mi bacia ancora una volta io cedo all'oceano del mio maledettissimo inconscio. L'oscurità è illuminata e tutto mi diviene chiaro. Vedo la spaccatura oscena che trasfigura la mia coscienza e che lacera l'amore imponente che ho sempre provato nei confronti di Edward.

Una sottile linea scura che si allarga e inghiotte tutto nella sua voragine.

C'è una Bella che ama la notte, che non teme l'oscurità e che quasi masochisticamente ne sfida le pericolosità. Fredda nei confronti dei rapporti umani, ha trovato un amore glaciale nel contatto, ma rovente nell'intensità. Vissuta in una zona morta e grigia della vita, è risorta baciando un vampiro che risplende sotto la luce diretta del sole. E di fronte alla possibilità della scelta non si è tirata indietro ed ha mangiato il frutto del peccato, perché lui le ha promesso la mela avvelenata dell'immortalità.

C'è un'altra Bella che dal buio e della notte si è strappata via. Odiando se stessa e la gravosa assenza che percepiva dentro di sé, ha cercato e trovato il suo opposto. Il vuoto freddo di Edward era stato sostituito dall'immenso ed appagante calore di un licantropo dal pelo fulvo. Jacob Black era stato tutto in poco tempo: un amico d'infanzia, un confidente, un punto d'appoggio, un aiuto sempre presente e fedele, un conforto sicuro, ma soprattutto, era sorto come un macigno pronto a tappare quel buco osceno nella sua anima a brandelli.

Mio bellissimo amatissimo Edward. Una mia mano si incolla ai tuoi capelli e non vuole saperne di andarsene via. Mi seggo sulle tue gambe incrociate e ti avvolgo la schiena con le mie. Le mie dita, con esasperante lentezza, scivolano lungo il tuo viso fino a posarsi sulle tue labbra glaciali e perfette. Tu mordicchi il mio indice ed io sospiro di piacere, poi lo tolgo rapidamente e raggiungo le tue labbra, la tua lingua ruvida. Io ti bacio e finalmente, mio carissimo Edward, lo so.

L'eclissi sono io.

Quando sto con te è così che mi sento, intrappolata in una magnifica e triste eclissi. Da un lato la sfolgorante bellezza del sole. Dall'altro, l'ombra desolante gettata sulla terra.

“Sei solo tu a tenermi unita, Edward...” mormoro ad un tratto, riprendendo fiato dai suoi sfiatanti baci. Lui mi guarda, il viso dipinto in un insieme di emozioni diverse, perplesso e divertito ed eccitato e tremendamente, maledettamente innamorato di me.

Il tempo scorre inesorabile. La finestra continua a soffiare l'aria dentro la camera. Piano piano, con lentezza, io ed Edward ci stacchiamo. Piano piano, con lentezza, mi convinco a dargli un ultimo bacio, prima di mettermi a dormire veramente. Piano piano scivola tutto via. L'eccitazione, il calore, i miei pensieri mi scivolano di dosso. E quel che rimane è solo un dubbio atroce. Che la frase che gli ho detto non sia un'affermazione, una convinzione, ma solo una speranza. E che la sua negazione possa essere ovunque in agguato, pronta ad emergere dalle mie profondità per stupirmi e sconvolgermi e persuadermi alla resa.

Il tempo scorre inesorabile. La finestra viene chiusa. Il vento s'arresta e la mia coscienza pure.

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Capitolo 3
*** Interludio: Jacob ***


INTERLUDIO: JACOB BLACK

 

Bella, ti amo. E voglio che tu scelga me invece che lui.

Finché il tuo cuore batterà, Bella, sarò qui e combatterò.

Le mie cazzutissime parole continuano a risuonarmi in testa ed è una cosa che veramente odio. Si può odiare la propria coscienza? Più mi sforzo di non pensarci e più il mio inconscio me lo ricorda prepotentemente. Che sono inevitabilmente, completamente, pazzamente innamorato di Bella. Che sono pronto a tutto pur di averla. Perché renderla felice non mi basta. Non mi basta più, almeno. Un tempo l'avrei accettato. L'avrei guardata dritta negli occhi, come nel migliore del film romantici, e le avrei sussurrato dolci parole: mi basta la tua felicità. Se tu sei veramente felice lo sono anch'io.

Cazzate!!! Tutte cazzate!!!

Sono un maschio adolescente intossicato di ormoni e paranoie, talmente pieno di desiderio da scoppiarne. Essere un mutaforma licantropo non aiuta affatto, tutto mi sembra molto più amplificato.

Corro lontano nella foresta. Via da tutto, via da La Push e dal branco e dai loro pensieri e soprattutto dai miei pensieri.

Ok, controllo Jacob, controllo. Non vuoi rischiare di trasformarti e fare esplodere i vestiti di nuovo, vero? No che non lo voglio... visto che è verso il succhiasangue che sto correndo.

Diminuisco la velocità del mio passo. Non ho alcun motivo valido per mettermi fretta, e chi se ne frega se Edward starà ad aspettare un po' di tempo.

Bella, ti amo. E voglio che tu scelga me invece che lui.

Nel ripercorrere per l'ennesima volta tutta la conversazione, perfettamente registrata nella mia memoria, mi accorgo di come Bella non abbia mai esplicitamente risposto a questa implicita domanda. Bella, a ben vedere, non ha mai scelto. Posso fargliene una colpa? In fondo forse è meglio questa sua prolungata indecisione rispetto all'imperturbabile evidenza di una scelta pienamente consapevole. Meglio una vana speranza che un netto rifiuto. Sì, magari avrei potuto mettermi il cuore in pace. Ma non è quello che voglio. In nessun caso, in nessuna prospettiva, in nessun universo parallelo Jacob Black si metterà il cuore in pace. Soprattutto ora che Bella si ritrova ad un passo dalla morte. Perché è di questo che si tratta. Se anche dovesse sopravvivere ai vampiri nemici, l'aspetta quel maledetto salto nell'oscurità della vita eterna. Tsk, come se si potesse definirla vita.

La verità è che tutto questo è crudele. Bella è crudele nel suo continuo e ambiguo oscillare tra due bisogni assoluti ed innegabili. L'ha detto chiaramente: ha bisogno di Cullen per essere felice, ma ha bisogno anche di me. E crudele sono anch'io nel metterla sempre davanti a questa contraddizione amara e lacerante. E' crudele, da parte di Bella, costringersi a lasciare il mondo dei vivi solo per amore. Ed è stato crudele da parte mia minacciare di odiarla una volta vampira.

La verità, a ben vedere, è che certe persone non dovrebbero proprio stare insieme. Non dovrebbero nemmeno conoscersi, perché altrimenti sono destinate a ferirsi, anche in eterno.

L'aria fresca, troppo fresca per essere Giugno – e dire che è in arrivo una bufera – mi mozza il respiro. Forse non è proprio un'idea intelligente correre per la foresta a petto nudo. Da lupo non avrei problemi a sopportarlo, ma non ho alcuna intenzione di trasformarmi. Voglio che quando incontrerò Edward sarà lui l'unico mostro.

Penso che se potessi tornare indietro rifarei tutto da capo, non cambierei proprio niente. Schiaffo compreso e peccato per Bella, che s'è praticamente rotta la mano cercando di farmi male e senza scalfirmi minimamente. Per fortuna, tutto aveva preso una piega comica, grazie anche all'arrivo provvidenziale di Charlie, in questo periodo decisamente pro-Jake e anti-Edward. Mi fa piacere, ovviamente, ma in realtà non ho granché bisogno del supporto del padre di Bella. Il suo astio nei confronti del vampiro mi diverte, e basta. Per il resto non mi aiuta. D'altro canto, quale padre è mai stato capace nel ventunesimo secolo di imporre alla figlia le sue scelte in fatto di ragazzi? Ah, se solo fossimo stati all'inizio del 1900...

... Come non detto. Fossimo stati all'inizio del 1900 avrei avuto comunque Edward tra i piedi.

Salto rapidamente un grosso macigno e proseguo lungo la mia strada. Che è essenzialmente la metafora esatta della mia vita, adesso. Salta sopra gli ostacoli e continua testardo ed imperterrito verso la tua meta. A meno di andare a sbattere il muso da qualche parte, ovvio.

Comunque, rifarei di nuovo tutto, veramente. Pur di baciarla di nuovo. Ok: non era il bacio che avevo immaginato e sperato. Ogni mia singola fibra e cellula e ogni singolo neurone ormai ne sono del tutto consapevoli. L'accetto. Comunque l'ho baciata, e non è stato male. Poi è seguito lo schiaffo e il crack della mano, ma per quei sessanta secondi le mie labbra hanno toccato quelle di Bella. Ora, a ben vedere si pone il problema di come interpretare e giudicare la sua prima immediata reazione. Problema che da quel giorno ho affrontato e rivisto mille volte. Mille volte ho perso il sonno sperando di trovare in Bella un minimo accenno, una minima possibilità che quel bacio le sia piaciuto. Almeno un pochino. Mille volte ho interrogato me stesso alla ricerca di una risposta decente, salvo poi rendermi conto definitivamente che vomitavo le mie insicurezze e le mie illusioni su uno specchio cieco. Forse avrebbe più senso provare ad immaginare mille modi di continuare alla solita formula e se...

E se Bella un giorno si rendesse conto di non amare veramente Edward? Se accettasse l'idea che il suo non era mai stato vero amore, ma solo un insieme di malcelata insicurezza condita da bisogno?

E se invece fosse Edward ad andare incontro ad illuminazione? Magari, se il suo è vero amore, un giorno potrebbe decidere di lasciarla, di nuovo, e questa volta per sempre, perché non c'è felicità nel seguire una cieca volontà che ti spinge verso la dannazione e l'immortalità...

E cosa sarebbe successo, piuttosto, se Bella non avesse mai conosciuto Edward? Magari sarei stato l'unico, io. Il migliore amico e il ragazzo. Ogni forma possibile di amore ed affezione concentrate in una sola persona.

Devo smetterla di illudermi con queste continue domande del cazzo.

Io odio il mio inconscio, punto.

Dovrei concentrarmi su quel che sta per accadere. Ovvero fronteggiare Edward, per la prima volta da soli, per parlare. Aveva detta così. Voleva semplicemente parlare. Di punto in bianco, nel bel mezzo dell'allenamento congiunto, si era fermato. L'avevo visto volgere lo sguardo, rapidamente, alla sorella chiaroveggente, poi scambiare due parole con Carlisle. Finché mi aveva avvicinato e mi aveva detto di allontanarmi e di dirigermi nel luogo verso cui sto correndo, da solo, per incontrarlo. Fortunatamente Sam e gli altri erano parecchio impegnati nell'allenamento e così non avevano posto particolari obiezioni al mio improvviso allontanamento. Sicuramente c'entrava qualcosa la Cullen minore. Doveva aver visto qualcosa d'importante. Ma cosa? Non appena incontro quel succhiasangue lo riempio di domande.

E così mi muovo rapidamente, curioso e sospettoso. E intanto, non posso fare a meno di pensare a Bella, a tutto quello che è successo e a tutto quello che dovrà accadere. E' straordinario come una semplice e goffa ragazza come Bella abbia sconvolto tutto quanto. L'amore di Edward e quello mio, l'alleanza con i vampiri e il costante pericolo che questa cittadina non aveva mai conosciuto. Tutto per una sola ragazza. Eppure so assolutamente che non potrò mai dire: sarebbe stato meglio se non avesse mai lasciato l'Arizona. Bella, che era soltanto una macchia colorata nei ricordi pasticciati della mia infanzia, ora è diventata il mio pensiero costante. Non è un'ossessione, lo so per certo. Non è un'ossessione, non è un bisogno né una dipendenza. E' stupido, ma è semplicemente questo. E' l'unica ragazza che mi abbia costretto a confrontare me stesso, è l'unica ragazza alla quale ho messo a nudo me stesso ed i miei sentimenti. Ed è anche più di questo.

C'è una Bella che io ho conosciuto e scoperto di amare, con lentezza e confusione, che Edward non ha mai conosciuto veramente. Ha solo visto quel che una volta gli ho mostrato nei miei ricordi. Io ho visto quella Bella scivolare sull'orlo della disperazione nera, le ho teso una mano e l'ho salvata. Io l'ho strappata via, con violenza, dall'oscurità che la stava inghiottendo, dalla quale voleva farsi inghiottire. Le ho mostrato il sole. E non posso credere che adesso, di nuovo, sia pronta a gettarsi di sua spontanea volontà nell'oscurità.

Scatto in avanti e salto. Spalanco gli occhi, atterro e faccio una scivolata per frenare la corsa.

“Finalmente, Jacob.”

“Eccomi.”

Sono finalmente qui. Ora non mi resta che scoprire che cosa sta succedendo e perché il succhiasangue vuole parlare proprio con me. Lui è fermo, immobile, una statua di marmo. Qualche debole raggio fa scintillare il suo viso, le sue braccia. I suoi occhi mi si piantano addosso ed i miei fanno altrettanto. Nel silenzio più totale, un alito di vento mi schiaccia sul naso la sua puzza, ma non ho intenzione di arretrare.

...

...

“Abbiamo un problema.”

“Immagino abbia a che fare con la tua sorellina indovina.”

“Esattamente. Ha avuto un'altra visione, che ha anticipato pericolosamente l'arrivo dei neonati.”

“Anticipato di quanto?”

“Arriveranno tra massimo 48 ore.”

“Bel problema. Ma che bisogno c'era di chiamarmi in disparte? Se il piano è saltato, perché non parlarne con tutti?”

“Perché ho elaborato un'alternativa. Carlisle mi ha lasciato libero di parlarne con te, innanzitutto. Se accetterai, il resto del branco sarà chiaramente informato.”

“Quale sarebbe quest'alternativa?”

“Tu questa sera verrai a casa nostra. Bella rimarrà da noi: è troppo pericoloso farla tornare a casa sua. Ti chiedo anche di informare Billy, così che potrà fare compagnia a Charlie.”

“Giusto. Potrebbe convincerlo, magari, ad andare a La Push.”

“Sarebbe meglio.”

“Bene. Ora, che ci veniamo a fare io e Bella a casa tua?”

“Domani mattina voi due soltanto partirete presto. Dovete fare dei giri a vuoto per creare delle false piste aggiuntive. Ti informerò poi sui luoghi selezionati.”

“Aspetta.. noi due... soli?”

“Esattamente. Tu starai trasformato e porterai Bella in giro. Io non vi accompagnerò, ho altri impegni previsti. Sarò comunque nei paragi.”

“E cosa mi assicura non verremo attaccati proprio domani mattina?”

“A questo punto riteniamo impossibile un ulteriore anticipazione dell'arrivo di Victoria. Per domani è previsto un peggioramento delle condizioni atmosferiche. Ti converrà indossare una maglietta, una volta tanto.”

“Ah ah.”

“Al termine del vostro giro mattutino vi raggiungerò e ci accamperemo in un luogo prestabilito, lontano, facile da difendere e difficile da scovare.”

“Bene. Quindi, fammi capire bene. Tu mi chiedi veramente di rimanere solo con Bella? Dov'è il trucco?”

“Nessun trucco. Sai benissimo che farei proprio qualunque cosa per proteggere Bella.”

“Sì, sì, certo...”

“Se proteggerla è quello che ti interessa, dovresti capirmi senza problemi.”

“Non credere, ti capisco perfettamente. Il tuo piano non ha problemi, lo ammetto tranquillamente. E' la tua assoluta calma e tranquillità che non capisco.”

“Prego?”

“Dico.. ma ti ascolti, quando parli? Mi hai chiesto di rimanere solo con Bella, perché tu non ci potrai essere, con tono assolutamente pacato.”

“Ti aspettavi mi mettessi a ringhiare, forse?”

“Bah... Bella comunque non lo permetterà, lo sai bene.”

“Sarò persuasivo.”

“Buona fortuna. Sarà una tragedia, ne sono certo.”

“Sembra quasi ti diverta assistere a tutto questo. Eppure c'è di mezzo la vita di Bella.”

“Tsk. Parli proprio tu.”

“...”

“Oh, non hai bisogno di leggermi il pensiero. Te lo dico pure chiaramente: Victoria sarà pure un pericolo per Bella, ma tanto le spetta comunque la morte, no? Pur di seguirti è pronta a lasciarsi dietro il mondo dei vivi.”

“E' una decisione che non mi rende affatto felice e che comunque riguarda solo Bella. E' una sua libera scelta.”

“Libera scelta?! Come puoi pretendere di lasciarla libera di scegliere?!”

“Tu vorresti forse pretendere di saper scegliere per lei?”

“...”

“E' inutile che mi rifili quello sguardo.”

“Come se avessi pensato, per un solo istante, di poterti fare cambiare idea.”

“Non è me che devi persuadere a cambiare idea, ma Bella.”

“No, no, è proprio te, invece, che devo convincere!”

“Questa discussione non ha senso. Litighiamo pure su chi dovresti provare a convincere di una cosa che comunque è impossibile!”

“E per me è assurdo che stiamo pure a discuterne quando è della vita di Bella che si tratta.”

“Ok, Jacob, allora mettiamola così: non vorresti che Bella fosse comunque felice?”

“Assolutamente. E' per questo che non voglio rinunci alla sua vita per te.”

“...”

“...”

“Sai, in un certo senso sei fortunato, Jacob.”

“Risparmiami il tuo sarcasmo.”

“Non è sarcasmo, Jacob, parlo seriamente. Io ti invidio. Sul serio.”

“Perché dovresti invidiare me, se è te che ha scelto?!”

“Perché almeno non ti ritrovi nella situazione di dover assistere senza poter intervenire. Perché non ti ritrovi nella situazione in cui la tua ragazza, pur di rimanere sempre con te, è pronta a diventare un mostro senz'anima.”

“N-non ha senso!”

“Sai benissimo che è così.”

“No, io a volte mi rendo proprio conto di non sapere niente.”

“Bella sarebbe di gran lunga più felice con te.”

“Smettila!”

“Sarebbe stato meglio non mi avesse incontrato.”

“La finisci?!”

“E' la verità. Vedi, Jacob, noi siamo più simili di quanto tu creda. E non è soltanto perché desideriamo essenzialmente la stessa cosa. Questi sono i pensieri che ti hanno sempre tormentato, non è così? Bene, Jacob, ora dimmi: che effetto ti fa sapere che questi sono anche i miei stessi pensieri, che mi perseguitano dal primo giorno che ho incontrato Bella?”

“... Di una cosa io sono assolutamente certo. Io non sono come te! Chiaro?”

“E se io ti dicessi che è esattamente per questo che ti affido Bella?”

“Io non sono come te! Se ci fossi stato io al posto tuo, non avrei lasciato Bella nemmeno un istante. L'hai già fatto una volta e a me è toccato rimettere insieme i cocci della sua esistenza. Tu non c'eri e non puoi saperlo. Quello che ti ho mostrato è niente in confronto.”

“Sono assolutamente consapevole della mia impossibilità di percepire almeno l'entità del dolore che con quella mia scelta ho inflitto a Bella. La verità è che qualunque cosa faccia finisco col farla soffrire.”

“Ma bravo! Finalmente l'hai capito!”

“E' esattamente per questo che ti dico ho detto di invidiarti. Con te non soffrirebbe, lo so per certo.”

“E tuttavia è te che ha scelto.”

“Cosa vuoi che ti dica. Cercherò d'essere all'altezza delle sue aspettative, sempre.”

“Io non smetterò mai di combattere, Edward. Non smetterò mai di lottare affinché scelga la sua vita.”

“Ed è giusto sia così, Jacob. E' giusto sia così. Ora, se mi vuoi scusare, dobbiamo riunirci agli altri e informare tutti del cambiamento di piano. Sempre che voglia accettare.”

“Come se avessi altra scelta.”

 

...

 

Ehi, che scenata ti aspettavi?! Non faccio mica melodrammi, io!

Comunque, sì, ti lascio andare dal tuo Edward, tanto so benissimo che poi torni sempre da me!

Fisso l'oscurità in cerca di risposte, come al solito, come lo stupido che mi rivelo sempre essere, alla fine. Solo otto ore e poi sarà mattina. Inspira, espira. Piano, con lentezza. Chiudo gli occhi e prendo un altro bel respiro. Cerco di sotterrare tutto ciò che mi devasta e mi angoscia e lascio che il lupo dentro di me venga fuori. Con calma e senza fretta mi trasformo, evitando scatti rabbiosi ed esplosioni assolutamente non volute di pantaloncini.

Ed eccomi qui. Sono un mutaforma licantropo, spaventoso e letale, immerso nel buio della notte. Dentro di me vive, si agita e si contorce un cuore che resta comunque profondamente umano. O almeno è quello che ho sempre creduto. Ma questa notte sento, con questa luna che ricopre di riflessi argentei ogni cosa indistinta della foresta, sento che la verità è un'altra. Io al posto del cuore ho un buco nero.

Posso cercare di raccogliere tutti i miei preziosissimi e luccicanti ricordi di Bella in una sfera luminosa e calda. Posso provare a concentrarmi sui giorni in cui ero io soltanto la ragione per cui quella ragazza devastata decideva, ogni giorno, di svegliarsi la mattina e vivere. Posso provare a tessere una tela pressoché infinita delle risa e dei sorrisi che Bella mi ha sempre rivolto. Ma rimarrà di fondo sempre una consapevolezza amara e triste.

Io sono stato capace di ridare vita a Bella nel momento più brutto e ingiusto della sua esistenza. E' vero. Ma è vero anche che ormai sono destinato alla sofferenza, mia e sua. Io so che pur di averla sarei pronto a tutto. Edward sarà pur capace di lasciarla libera di scegliere l'immortalità, ma io potrei essere capace di costringerla ad una vita mortale di sofferenza, pur di averla sempre davanti gli occhi. Non posso sopportare l'idea di non vederla più muoversi goffamente a La Push, o a casa sua.

Se scavo a fondo, sotto la coltre spessa della mia resistentissima pelle da licantropo, prima o poi arriverò al nucleo centrale. Alla consapevolezza amara, come dicevo, che, sì, non sono altro che un grumo di sentimenti neri, bisogni, illusioni ed incubi.

Io sono un buco nero, e nella mia traiettoria è finita Bella. E come non posso fare a meno di essere me stesso, non posso far altro che guardare mentre finisco progressivamente con l'inghiottirla.

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Capitolo 4
*** Parte seconda: il sapore sbagliato ***


PARTE SECONDA: IL SAPORE SBAGLIATO

 



Nel primo sogno sono avvolta dall'oscurità. Mi guardo intorno per attimi che sembrano millenni e nulla succede. Poi appare una voce incomprensibile, non capisco nemmeno se è di un ragazzo o di una ragazza. Mi chiedo se sia la mia, e a quel punto per la prima volta mi rendo conto di me stessa e del mio corpo. Il mio corpo è assente: sono solo un'opaca coscienza persa nel buio assoluto. Mi muovo, ma non ho braccia. Urlo, ma non ho bocca. Sento soltanto il peso osceno dei miei pensieri che mi inchiodano a me stessa. Passano altri attimi, passano altri millenni. Divento consapevole della respirazione. Anche se non posso vederlo, mi convinco di avere un corpo. Mi muovo, annaspo, cerco di respirare, non ci riesco, quasi soffoco, mi muovo ancora di più, l'oscurità è liquida, nuoto nel buio che si scopre essere acqua. Annaspo nell'acqua oscura. Una mano arriva da chissà dove, mi stringe un braccio – vedo le mie braccia! – esco fuori dall'acqua buia, respiro. Tutto è talmente luccicante che mi fanno male gli occhi. Cerco di tenerli aperti, voglio vedere chi è che mi ha salvato. Vedo per un istante il suo volto. Talmente bello che è inguardabile.

Nel secondo sogno vedo Victoria, ormai per la millesima volta in quest'ultimo periodo. Le sue braccia mi stringono i polsi, la sua voce penetra il mio cervello come un ago affonda nel burro, il suo viso è talmente bello che mi fa schifo ed i suoi capelli incendiano tutto quanto.

Nel terzo sogno apro gli occhi ed è mattina. Un sole glorioso filtra attraverso la finestra ed annuncia la sua imponente presenza nella stanza. Con le dita dei suoi raggi mi sfiora i capelli, mi scivola sulla fronte e si posa sugli occhi. Bussa alle porte del mio mondo onirico ed io mi sveglio – o almeno, sogno di svegliarmi. E' il terzo sogno, ed aprendo gli occhi vedo solo Jacob. Il Jacob che amavo come un fratello, quel Jacob che era ancora solo un ragazzino, quel Jacob che avevo imparato a conoscere mentre piano piano mi salvava dal dolore della perdita di Edward. Jacob parla ma io non sento la sua voce. Jacob continua a parlare, ma io non sento proprio niente. Eppure non sono sorda: sento benissimo ogni singolo rumore provenire fuori la finestra, o da sotto. Jacob non si accorge di quello che mi succede e continua a parlarmi. Devo fermarlo, penso. Apro la bocca e gli chiedo di fermarsi, gli dico che non sento nulla di quello che dice, ma la voce non esce. Tossisco, ci riprovo, la bocca si apre, l'aria esce, ma la voce non c'è.

Faccio un quarto sogno, pieno di... pieno di tutto. Di voci e di urla, di colori, di sangue, di odori, pieno di sofferenza, di angoscia, pieno di tutto quello che ho immagazzinato in questi giorni fino a rischiare il sovraccarico. E' il quarto sogno, ma cosa succede? Mi concentro su Edward ma il suo viso bellissimo sembra scivolare via. Mi guardo altrove, vedo Alice, ferma, corro verso di lei ma non riesco a raggiungerla. E anche lei scivola via.

Mi sveglio e quello che ricordo è soltanto il terzo sogno.

Cinque minuti dopo riaffiorano ricordi sparsi e fuori fuoco degli altri sogni. In mezzo a questo puzzle incomprensibile di immagini e sensazioni, rimane impresso come marchiato a fuoco il sogno con Jacob.

La stanza è immersa in un grigio freddo e sofferente. Nessun disco dorato a splendere nel cielo, nessun raggio di sole gentile a darmi un po' di calore. Mi guardo intorno, la stanza cristallizzata in quel suo ordine perfetto ed eterno. Edward non c'è, si sarà stancato di vegliarmi mentre dormivo. Magari sarà giù insieme agli altri Cullen. Ma che ora è? Penso che non ho alcuna voglia di andare a controllare e di lasciare il letto caldo. Ma un paio di istanti in avanti nel tempo recupero quell'indispensabile lucidità che mi ricorda tutto quel che mi aspetta questo giorno. Una giornata particolarissima e problematica. Meglio cominciare ad affrontarla subito.

Scivolo ancora mezza addormentata verso il bagno. Cerco coraggio e determinazione nell'acqua fresca, ma essa mi dà soltanto una serie di brividi. Sospiro. Mi lavo i denti e ripenso ai miei sogni. Come al solito ci si mettono pure i sogni a darmi problemi, non mi bastano i pericoli mortali e le mie personalissima tragedie d'amore.

Una decina di minuti più tardi esco dalla camera di Edward almeno vagamente presentabile, ma chi se ne frega del look quando sono l'unica umana mortale ed in pericolo in una casa di vampiri belli da far schifo ed immortali. Scendo le scale e per riscaldarmi un po' mi strofino le braccia fasciate dal maglioncino che mi ha prestato Esme. Fortunatamente è della misura giusta.

Dalla cucina proviene un chiacchiericcio sommesso e variegato, denso di sentimenti ed emozioni. Mi avvicino e varco la soglia che mi permette di distinguere, se non le parole, almeno le diverse voci. La voce cordiale di Alice, quella calda di Esme, un sussurro di Jasper... sento la voce di Edward e trasalgo per un paio di microsecondi. Ad un passo dall'ampia cucina sento la voce di Jacob – è così bizzarro sentire proprio quella voce in un luogo come questo – ed immediatamente penso ancora al sogno di prima. Per quanto assurdo, comprendo benissimo il significato e l'intento metaforico del sogno in cui è comparso Jacob. Lui parla ma io non sento la sua voce. Io vorrei parlargli, ma non ho voce. Come dire: sembra proprio sia diventato impossibile persino comunicare.

Una volta era tutto più facile – ed è la Bella ad alto tasso di vigliaccheria che parla, adesso, dentro di me – perché lui era soltanto il mio migliore amico e mi faceva stare bene. Non chiedevo altro ed ero in pace con me stessa e col mondo – malgrado l'assenza di Edward, sia chiaro. Poi l'amore si è infiltrato come umidità nel nostro imponente rapporto e tutto è venuto giù.

“Buongiorno, Bella. Spero tu abbia dormito bene.” Rivolgo ai presenti un abbozzo di sorriso, afferro le dita di Edward e rispondo ad Esme. “Sì, certo, tutto a posto.”

“Pronta per la scampagnata?” Continuo a guardare verso Esme. Fisso un punto poco sopra la sua spalla destra – un angolo di un mobiletto della cucina – perché non ho ancora il coraggio di sostenere lo sguardo di Jacob, e gli rispondo con una specie di smorfia.

“Prenditi pure tutto il tempo che vuoi per la colazione.” Mi dice Edward, attaccato al mio corpo solo tramite un paio di dita strette alle mie.

“Veramente non ho molta fame...”

“Ti consiglio di mangiare, avrai bisogno di energie. Comunque, sapevo avresti opposto resistenza,”mi dice Alice, avvicinandomi, “quindi mi sono presa il permesso di preparare un'abbondante colazione, così ricca ed elaborata da toccare il tuo senso di colpa e costringerti a non rifiutare...”

“Ma che pensiero... gentile, Alice...” Edward camuffa una risatina. Io mi lascio guidare da Alice verso la sala da pranzo, con Edward al fianco e Jacob alle calcagna.

“Ce n'è pure per te, ovviamente... ossia tutto quello che Bella non riuscirà a mangiare giù, ed è veramente tanto, credimi!” Alice si rivolge a Jacob, mentre io prendo posto a tavola. Oltre il tavolo scorgo Emmett e Rosalie intenti a guardare le previsioni del tempo alla tv.

La colazione è durata praticamente mezz'ora. Per la lentezza con la quale ho mangiato giù tutto quello che Alice mi ha propinato, ma soprattutto perché Jacob ha mangiato veramente di tutto e di più, sconvolgendo un po' Edward, suscitando qualche battutina da Emmett e comunque rendendo lieta Alice ed Esme, autrici di quella colazione regale. Le otto sono ormai passate e, come dice Carlisle, che incrocio nella sala da pranzo, è tempo di muoverci. Rivediamo ancora una volta il programma: mentre io e Jacob andiamo a fare una bella passeggiata tra i boschi, Jasper guida l'ultima sessione di allenamento con i lupi, mentre Edward rimane nei paragi a fare da tramite tra Alice e gli altri. Verso ora di pranzo Edward mi raggiungerà portandomi qualcosa da mangiare – nota di Alice – e poi tutti e tre insieme ci sposteremo verso un luogo prestabilito. Così che alla bella passeggiata seguirà un divertente pomeriggio all'insegna del campeggio. La cosa irritante è che tutti i Cullen e Jacob stesso, nell'evidente scopo di tranquillizzarmi, continuano a designare tutto quanto come se fosse un gran divertimento – ok, per i più combattivi lo è sicuramente, da quello che ho visto! –, ma l'unico risultato è quello di farmi sentire presa in giro dal mondo e dal destino. Quale bel campeggio?! Mentre trascorrerò parte del pomeriggio e, chissà, forse anche della sera, chiusa in una tenda, impegnata a respingere un possibile principio di congelamento, tutti gli altri saranno chissà dove ad attendere l'incontro e lo scontro con Victoria e l'esercito di vampiri neonati. Almeno, ci sarà la compagnia di Edward, che per scusarsi dell'abbandono mattutino, rimarrà con me tutto il pomeriggio. Escludendo Seth, certo, che a quanto pare farà a sua volta da tramite, rimanendo nei paragi.

Siamo chiamati tutti a raccolta davanti l'ingresso di Cullen. Non posso credere che sto davvero per lasciare questo luogo così familiare e sicuro per avventurarmi in una foresta fredda e piena di insidie e pericoli. Non c'è tempo per i convenevoli, sì, hai ragione Jasper, ma almeno lasciatemi salutare Edward come si deve.

“Ci vediamo solo tra qualche ora, Bella!” Io gli lancio un'occhiataccia e non gli rispondo. Piuttosto, invece di parlare incollo le mie labbra alle sue. Lo bacio e so che non ne avrò mai abbastanza. Lo bacio e so sarei pronta a vendere l'anima pur di rimanergli attaccato per sempre. Lo bacio e lo bacio ancora e non importa delle risa di Emmett e non m'importa se Jacob ci guarda. Bacio davanti la porta di casa Edward Cullen e mi ci butto addosso, quasi. E' uno di quei baci. Un bacio che significa: ho paura di perderti, quindi imprimo la tua esistenza sulla mia il più a lungo possibile. Passano eoni ed io mi stacco da Edward. Le nostre labbra si allontanano. Le mie dita scivolano via dalle sue. Comincio a camminare seguendo Jacob, lo sguardo sempre rivolto ad Edward. Sforzo il più possibile gli occhi per continuare a mantenere fissa sulla retina la sua immagine. Finché sparisce e mi ritrovo lontano da casa Cullen e da tutto ciò che amo e mi fa stare bene.

A parte Jacob Black, ovviamente.

Per un po' camminiamo in silenzio. Lui cammina a passo lento, certamente sarà frustrante per lui, abituato a passi lunghi e rapidi. Sono certa che lo fa per evitare di aspettarmi. Devo camminare piano se voglio stare attenta a non inciampare da qualche parte.

Sono... annoiata, impaziente, insofferente, stanca, infreddolita, nervosa... sono quasi intossicata dai miei mille stati d'anima, passo dopo passo sono sempre più stravolta dal vortice dei miei pensieri che girano a vuoto cercando di occupare e nascondere il silenzio imbarazzante ed osceno che c'è tra me e Jacob. Ad un certo punto, pur di risparmiarmi, comincio a contare gli alberi che incrociamo. Poi mi concentro sulle rocce, comincio a classificare, conto quelle enormi, finché Jacob si ferma e mette a terra lo zaino che, effettivamente, portava sin dall'inizio ma che solo adesso noto.

“C-ci fermiamo? Guarda che io non sono stanca... posso continuare.”

“No, non è per questo. Sono passati quindici minuti.” Il mio primo pensiero è: è passato così poco tempo? E poi: sono passati quindici minuti, e allora? Lo guardo con un'espressione evidentemente e volutamente interrogativa. Lui intanto non mi risponde, lo vedo chinarsi sullo zaino ed aprirlo. Senza dire ancora una parola, lo vedo togliersi la maglietta e rimanere a petto nudo.

“Ma che fai?!”

“Me la tolgo, così mi posso trasformare tranquillamente.” Si china sullo zaino e ci infila dentro la maglietta. “Arrivati a questo punto io mi trasformo in lupo, così lascerò una scia più forte, mentre il tuo odore sparisce. Dovremo muoverci così per un po'.”

“Aspetta, io a malapena riesco a tenere il tuo passo da umano!”

“Tranquilla, tu sali sulle mie spalle.”

“Cosa?!”

“Hai sentito bene! Tu ti aggrapperai a me, così posso muovermi velocemente.”

“Non se ne discute!” No, e di nuovo no!

“Oh, avanti, non fare storie! Tanto lo so che l'hai già fatto con Edward!”

“Sì, e gli ho fatto promettere di non farlo mai più! Mi ha terrorizzata!”

“Io non ti terrorizzerò!” Dice lui, rivolgendomi uno dei suoi soliti sorrisi. “E poi non hai scelta.” E ovviamente non mi lascia il tempo di risposta, perché come finisce di parlare, chiude la bocca e si trasforma. Un istante prima sbraito contro un ragazzo mezzo nudo ed un istante dopo mi ritrovo davanti un licantropo che mi guarda divertito. Sì, sul serio, malgrado il muso da lupo, il pelo e tutto quanto, i suoi occhi mi guardano divertito.

“Umpf!” Mi volto e incrocio le braccia, in una classica posa indignata. Sento il suo muso toccare la mia schiena. Lo fa sempre, e per quanto sia strano, devo ammettere non mi dispiaccia, tutto sommato. E' un contatto fisico un po' anomalo, ma particolare. E' un modo tutto nostro di comunicare oltre l'incomunicabile.

Mi soffermo un attimo su questi pensieri. Comunicare. Magari è questo che voleva dirmi il sogno. Mah. Chissà.

Mi volto, guardo dritto in quegli occhi da lupo e gli rivolgo un d'accordo non molto convinto. Lui mi indica lo zainetto, che immagino adesso tocchi a me portare, e me lo metto addosso; poi si china e mi aiuta a sistemarsi su di lui. Affondo comodamente nel suo lungo pelo fulvo e cerco di mettermi a mio agio, pronta per la corsa.

“Vedi di non metterti a correre come un matto, però! Tanto non abbiamo nessuna fretta. E non vorrai mica uccidermi di paura, ancora prima di incontrare Victoria, vero?” Jacob-lupo mi risponde con quel solito verso che ho imparato a riconoscere come risata sguaiata, tipica di lui. E così si parte. Subisco l'accelerazione improvvisa e mi attacco violentemente a lui.

Corriamo per la foresta. Io, sempre avvinghiata a lui, supero presto il terrore e mi lascio andare. Dopo un po' Jacob comincia a decelerare, per poi assestarsi su una camminata accelerata che mi permette di mettermi a mio agio e finalmente di tenere gli occhi aperti, senza alcun timore. Jacob sta zitto, tutto concentrato sulla strada, non emette nemmeno alcun ululato o verso particolare. Siamo di nuovo insieme e di nuovo in silenzio. Solo che adesso il silenzio mi pesa sempre di più. Ripenso così a tutto quel discorso sulla comunicazione, al sogno, e così via. Quel dialogo, giunto così alla sprovvista, mi aveva un po' scossa. Mi aveva liberato dal mutismo paranoicale e quando era terminato, con la trasformazione di Jacob, mi era rimasta la voglia di parlare. Così, ritengo allettante l'idea di approfittare della momentanea incapacità comunicativa di Jacob per parlare praticamente da sola a ruota libera.

“Sai, Jacob? Visto che dobbiamo fare ancora un po' di strada e tu sei ancora trasformato, e visto che mi scoccia restare in silenzio, ho pensato che potrei parlare io. Certo, sarebbe una comunicazione a senso unico, ma non importa, sempre meglio di niente.” Trovo come risposta una specie di grugnito non ben comprensibile. Decido di interpretarlo come un vai avanti, ti ascolto. E così continuo.

Un fiume di parole che scorrono su uno sfondo ripetitivo (alberi, rocce, altri alberi, di nuovo rocce...), in un autentico flusso di coscienza di cui perdo ben presto il controllo, al punto da non riuscire più a distinguere, in certi momenti, quel che penso da quello che veramente dico. In altri casi è un mio pensiero di passaggio che mi scatena la parlantina. Mi ritorna in mente – ancora una volta – quel maledettissimo sogno con lui e comincio a parlare di sogni.

“Probabilmente è strano, e magari tu dirai che è tipico di me, ma io odio i miei sogni. Sul serio, Jake, io li detesto e detesto il mio inconscio che deve sempre necessariamente comunicarmi tutto quello che vorrei mettere da parte almeno per una notte... sul serio! Non è frustrante? Che poi io non sono una che non affronta i suoi problemi e fa finta di nulla... eh, no, direi che proprio questo almeno mi si deve riconoscere! Eppure, negli ultimi tempi non c'è una notte che riesca a dormire tranquillamente senza incubi angoscianti. Sogno di tutto, io. In effetti, forse dovrei pure dire grazie alla mia proficua attività onirica – o magari no? D'altronde è proprio grazie ai sogni che io, semplice ragazza appena trasferitasi dall'Arizona mi sono ritrovata travolta da tutto questo. Forse non te l'ho mai detto, ma è con una serie di sogni che tutto è cominciato. Dopo aver visto per la prima volta Edward cominciai a sognarlo regolarmente: ed era stato soprattutto grazie ai sogni che ne ero diventata ossessionata.”

Un grugnito da parte sua.

“Ma magari tutto questo non t'interessa, già... beh, per il resto sogno Victoria e i suoi vampiri malefici in continuazione. Il che non è proprio bello, soprattutto quando sono a casa mia. Spesso e volentieri finisco con l'urlare nei miei sogni. E chi ci va a spiegare a Charlie che cos'è che mi disturba così profondamente?”

Un altro suo grugnito.

“Beh? E' inutile che fai così. Anzi, ora ti faccio vedere come in un colpo solo riesco ad attirare tutta la tua intenzione. Questa notte ti ho sognata, Jake.” E Jacob, come da programma, interrompe improvvisamente il suo passo accelerato. Mi stringo al suo pelo, quasi rischio di cadere in avanti per la brusca frenata. “Sta un po' attento!” gli sbraito contro. Lui mi rivolge un ennesimo grugnito da lupo, ma posso dire di cogliere una certa curiosità nei suoi versi, e se non fosse che mi trovo sulla sua schiena, direi che anche i suoi occhi sono curiosi.

“Sì, ti ho sognata,” dico mentre Jacob riprende a muoversi, “era un sogno strano. Non pensare male, tanto per cominciare. Hai presente quando sogni di svegliarti ed alzarti dal letto e tutto quanto? Ecco, è successo così. Ho sognato che mi svegliavo e c'eri tu nella camera di Edward, ad attendere mi svegliassi. Quindi mi sono alzata ed abbiamo cominciato a parlare. Peccato che, nonostante tu fossi molto loquace, io non riuscivo a sentire la tua voce. E quando ho cercato di fermarti, per farti notare che non sentivo soltanto la tua voce – perché sentivo benissimo tutto il resto – non sono nemmeno riuscita a parlare.” Jacob non risponde e continua lungo la sua strada. Parlare da sola è un'idea malsana che mi è venuta, rispondendo alla necessità di colmare il silenzio, ora naturale con lui trasformato. Però già mi sto irritando. Non ha proprio senso che io mi metta a parlare senza poter comprendere le sue risposte. Ecco, in momenti come questi vorrei proprio possedere il potere di Edward. Non è normale che a qualche ora da uno scontro feroce il mio unico pensiero sia questo. No, non è normale proprio per niente, ma del resto normale è un vocabolo che ho lasciato in disuso dal momento in cui mi sono imbattuta nei Cullen. E salvo qualche raro caso, devo ammettere di non sentirne la mancanza.

Jacob continua a correre ed io in assenza di una risposta non so cosa aggiungere. Trascorrono un paio di minuti, così, in un silenzio meccanico e monotono. Guardo il paesaggio che mi lascio alle spalle, è tutto tremendamente uguale. Ad un certo punto, immersa nei miei pensieri casuali, riprendo a parlare, quasi senza accorgermene.

“Certe persone non dovrebbero nemmeno conoscersi, non trovi, Jake? E' da un po' che ci penso. E' bello credere il destino esista e ci riservi sempre belle cose. E' bello credere che il destino abbia in serbo per noi una persona unica e speciale. Destino o no, ci sono persone che non dovrebbero mai stare insieme, anzi, non dovrebbero affatto conoscersi, eppure non possono fare a meno l'uno dell'altra. I rapporti umani, le relazioni, la comunicazione, è tutto così strano, a volte. Si può parlare per ore senza comunicare veramente. Ecco, forse è questo il senso di quel sogno strano. Negli ultimi tempi mi sembra veramente di non riuscire a comunicare con nessuno, non riesco mai a farmi capire veramente. Io ed Edward discutiamo continuamente, e finiamo sempre col dire devi capirmi, oppure, sai benissimo che è così, e magari non è per nulla così. Ti sto annoiando?” Jacob mi risponde con un verso che riconosco come positivo, e allora continuo. “A volte Edward mi sembra posto in un livello di comprensione irraggiungibile. A volte penso che tra noi ci sia una distanza incolmabile. Forse da vampira tutto mi diverrà chiaro, oppure no. Ma non importa. Non voglio parlare di queste cose proprio con te, visto che sei suscettibile all'argomento.” Jacob replica con un grugnito alquanto acido. Naturale. “So come la pensi e sai benissimo anche come la penso io. Evitiamo di discuterne ancora. Ti parlavo dei sogni, no? Ecco, è anche per questo che non mi faccio problemi a volgere le spalle alla mortalità. Non m'importa se diverrò un mostro o meno. Sarò comunque io, ed avrò Edward. Tutto il resto, ossia ciò che mi caratterizza adesso, la debolezza, ma anche i sogni, ed il costante pericolo, lo lascio volentieri alle spalle. Può sembrare assurdo, ma non m'importa. Non ti chiedo di comprendermi, perché a volte nemmeno capisco veramente me stessa, ti chiedo solo di... di esserci, ecco. Te l'ho già detto. Io ho bisogno di Edward come ho bisogno di te. Almeno per questi ultimi momenti da ragazzina mortale, voglio che tu ci sia. Voglio quel Jacob che assecondava ogni mia follia, in quel periodo buio e triste dell'assenza di Edward. Voglio quel Jacob che mi faceva ridere. Non chiedo altro, e vorrei che sia lo stesso anche per te.”

Alberi, arbusti, sassi, terra. Un tappeto fitto di terra polvere e rocce. Una coperta intricata di rami e foglie, trafitta da qualche solitario e timido raggio di sole. La foresta continua ad incollarsi ai miei occhi con la sua inevitabile ripetitività.

“Probabilmente ero destinata a tutto questo. Non sono mai stata particolarmente normale, io. Che poi, cosa significa esattamente normale? E' una cosa senza senso. Ad ogni modo, mi sono sempre sentita un po' diversa. Non unica, non speciale, solo diversa. Tu non hai conosciuto la Bella prima di Forks. Quella che ero in Arizona, insieme a mia madre. Lì splendeva sempre il sole. Mi manca, ma non posso farci niente. Ci sono sacrifici che nella vita vanno fatti, e questo è uno di essi, temo. Comunque, dicevo, lì c'era sempre il sole, eppure vivevo una vita... grigia. Fondamentalmente all'ombra. Non sono mai stata la ragazza dell'Arizona abbronzata e festaiola che tutti quelli della scuola si aspettavano di vedere, il primo giorno. Forse è che mi bastava quello che avevo. Una vita tranquilla. L'amore di mia madre, le piccole soddisfazioni scolastiche, la scuola di danza accanto casa, il cinema a due isolati. Mi bastava un pacco di pop-corn ed un buon film. Non chiedevo altro. A ben vedere, non so nemmeno cosa mi spinse a venire a Forks. Non cercavo niente, non chiedevo proprio niente. Forse volevo solo sparire un po', spingermi ulteriormente nel mio cono d'ombra mentre mia madre viveva la sua importante e solare storia d'amore. Che coppia male assortita, che siamo sempre state. Due ruoli così stranamente rovesciati, quelli nostri. Comunque, poi ho incontrato Edward, rivisto te, e tutto è stato diverso.

Io non so cosa sia l'amore, Jacob. Non mi sono mai innamorata prima. Non so cosa voglia dire amare una persona e non essere ricambiati. Non ho la più pallida idea di come ci si debba sentire a vedere la persona che ami che vede la sua felicità in qualcuno che non sei tu. Io mi sono buttata per la prima volta con Edward ed ho vinto. Poteva anche andare diversamente. Edward poteva essere soltanto uno strafigo snob che non si sarebbe mai degnato di rivolgermi la parola. Ma la storia non si fa con i se, Jake.

Forse è la situazione critica ad ispirarmi certi pensieri, non so. Ultimamente mi ritrovo a pensare che ci sono ancora così tante cose che vorrei fare, da umana. Ho diciotto anni e nella mia vita non si è distinta per nulla in particolare. Non sarò mai abbastanza grata a Renee per avermi cresciuto da sola con così tanto amore, certo, ma la verità è che a diciotto anni non dovresti fare il punto della tua vita, anche se la tua adolescenza è stata piatta come una tavola da surf. Non se ti trovi ad un passo dall'immortalità, ovviamente.

Ma se anche fosse, cosa dovrei fare? Non ho molti rimpianti o rimorsi. La mia adolescenza è stata una calma piatta, dicevo. Non sono mai stata particolarmente socievole, né tanto meno una festaiola. Dall'album dei miei ricordi mancano eventi significativi che affollano la vita della gente comune. Non conosco la sensazione di leggerezza dell'alcool, né il dolore furente ed umiliante della sbornia. Non conosco il concentrato di imbarazzo che divora tutte le ragazze nel momento di invitare il ragazzo preferito al ballo di fine anno. I cioccolatini regalati a San Valentino hanno avuto, per me, sempre lo stesso sapore di tutti gli altri giorni.

C'è così tanto che manca nella mia vita finora. Eppure, come dicevo, non ho alcun tipo di rimpianto. In un certo senso, è anche opera di Edward. Quello che sento per lui è una specie di amore... totale. Un amore totale, avvolgente, capace di colmare qualunque vuoto. O almeno, è questo quello che ho sentito agli inizi della nostra storia. E' questo quello che si definisce felicità? Una totale, incontrollabile, inesauribile sensazione di pienezza.

Io non ho mai baciato le calde e vive labbra di un ragazzo, sai. Eccetto le tue, quella volta. Ammesso possa esser definito un bacio a tutti gli effetti, un bacio dal significato autentico.“

Jacob si lascia scappare un grugnito di disapprovazione. Forse mi sono lasciata andare un po' troppo, ma non riesco a fermarmi. E' come un fiume in piena. Mi rendo conto che, in un certo senso, è una capacità personale di Jacob. Quando soffrivo l'assenza di Edward, lui era sempre lì, vicino a me, pronto ad ascoltarmi. Io parlavo, parlavo, e lentamente mi svuotavo di ogni cosa negativa, e poi magari mi sentivo meglio. E' questo quello che ho sempre amato in lui, ma immagino non si possa semplicemente accontentare di questo.

“Sai, sarebbe bello se tutti potessero facilmente accontentarsi di quello che hanno. Tutti sarebbero felici di apprezzare quello che hanno, senza desiderare altro. Ma queste sono le sciocche fantasie di una ragazza ingenua, non è così? Tutto è sempre così maledettamente complicato.

Ti capita mai di renderti conto, ad un certo punto, di non aver mai capito nulla veramente? Hai le tue convinzioni, ci credi ciecamente, poi un bel giorno ti svegli e tutto ti sembra cambiato. No, non è questo. Non è che ti sembra tutto sia cambiato. Semplicemente, vedi le cose per come sono veramente, ed allora ti accorgi che le tue convinzioni altro non erano che pure e stupide illusioni. So che è esattamente questo che ci si aspetterebbe da me, ossia una diciottenne che della vita sa ben poco, e che eppure si ritrova continuamente al centro di pericoli mortali con entità soprannaturali e quant'altro, ma è così: io a volte mi rendo conto di non sapere proprio nulla. E non è perché sono stata catapultata in un modo oscuro e sconosciuto fatto di leggende Quileute, di mutaforma, di vampiri antichissimi e potenti. Victoria, i Volturi, loro non c'entrano proprio niente. Sono solo io. Siamo solo io e tu, Jake.“

Non capisco più dove questi miei pensieri e questo discorso debba arrivare, esattamente. Jacob di certo avrà smesso da un pezzo di tentare di capire che diamine intendo dire. La verità è che non lo so nemmeno io. Per un po', rimango frastornata e smarrita dalla mia intensa attività mentale. Parlare così tanto mi ha fatto seccare la gola. Nello zainetto potrebbe esserci una bottiglia d'acqua, ma mi scoccia chiedere a Jacob – che tra l'altro ha rallentato il passo, e la cosa non mi dispiace affatto – di fermarsi. Jake è completamente muto, magari sarà immerso nella dimensione mentale collettiva del branco. Oppure sarà semplicemente stufo di ascoltarmi,e dunque si starà godendo questi minuti di silenzio, chissà.

Ho perso completamente il senso del tempo. Potrebbero essere passate ore, ma anche giorni, per quanto mi riguarda. E poi magari scopro che è passata nemmeno un'ora da quando ci siamo messi in cammino. Comincio a sentirmi stanca, almeno quando camminavo avevo di cosa occuparmi: pensare a camminare in linea retta senza inciampare. Adesso, attaccata alla schiena di Jacob-lupo potrei anche addormentarmi. Il suo lungo pelo è comodo e caldo come la migliore delle coperte. Quasi quasi, mi faccio un sonnellino.

La mia coscienza entra così nella zona intermedia tra la veglia ed il sonno, cullata dal passo costante e tranquillo di Jacob. Il mondo esterno scivola via e rimaniamo soltanto io e la schiena di Jacob.

Ad un certo punto percepisco un cambiamento. Mi rendo conto che Jacob si è fermato. Con un suo verso animalesco cerca di richiamare la mia attenzione: così apro di botto gli occhi e mi riattivo. Jake si china, come per farmi scendere. Cerco di scivolare lentamente dalla sua grossa schiena, evitando di cadere malamente a terra. Sono in piedi e rimango saldamente in questa posizione. Mi tolgo lo zaino e lo lascio cadere a terra con un piccolo tonfo. Vedo Jacob, di spalle, allontanarsi di qualche passo. Lo vedo ululare e poi tornare umano. Mi ricompare davanti agli occhi un Jacob mezzo nudo dall'espressione divertita.

“Brr, che freddino! E' sempre un trauma abbandonare il calore del corpo da lupo!” dice mentre rovista nello zaino. Trovato ciò che cerca, e ossia i suoi indumenti, lo vedo rivestirsi rapidamente.

“Come mai ci siamo fermati?” gli chiedo, e approfittando della pausa prendo la bottiglia dallo zaino e bevo un bel sorso d'acqua.

“Adesso dobbiamo cambiare direzione. Per un po' di strada rimarrò umano. Poi mi trasformo di nuovo, per tornare al punto di partenza, dove ci aspetterà il succhiasangue.” Annuisco e rimetto la bottiglia nello zaino. “Prenditi pure qualche minuto di pausa, non abbiamo fretta.”

“Oh, no, tranquillo, sono a posto. E poi preferisco camminare, anziché stare ferma qui.”

“Non vedi l'ora di tornare dal tuo Edward, non è così?” Dice lui con una smorfia. Io sbuffo ed evito di rispondere. Direi sia lampante, d'altronde. Non sopporto di rimanere lontana da Edward, lo sanno tutti. Anche se, a ben vedere, finora ho sopportato la cosa senza troppi problemi. Forse è il saperlo in compagnia di tutti gli altri licantropi e i Cullen, tutti impegnati nell'allenamento finale prima della grande battaglia.

“Sei rimasto molto tempo trasformato.” Gli faccio notare. “Qualche notizia dagli altri?”

“Mah, niente di che. In realtà ho perso il collegamento da un po' di tempo. Siamo parecchio lontano, sai. Comunque, tutto procede come previsto. Fino all'ultimo istante percepivo chiaramente tutti gli altri lupi del branco concentrati nell'allenamento.”

“Scommetto che un po' ti dispiace non essere là, a divertirti con gli altri.” Dico con lo stesso tono con cui rimprovero sempre lui, Edward e gli altri di prendere la cosa troppo come un gioco.

“Mi sono divertito abbastanza. E poi, in fondo, non mi dispiace fare compagnia ad una piantagrane che parla in continuazione da sola.” Dice con un mezzo sorriso.

“Già, non ti dispiace, in fondo.”

Ci fissiamo, immobili, imbarazzati, per qualche istante. Ho parlato, a lungo, e a sproposito. E' inevitabile riparlarne insieme, visti gli argomenti toccati, ma entrambi sembriamo non aver il coraggio di riprendere il discorso. Io, almeno, non ho proprio intenzione di fare il primo passo. Jacob mi scruta nel profondo, ed io distolgo lo sguardo, quasi infastidita. Eppure la colpa è solo mia, che ho parlato troppo, senza controllarmi.

“Tanto per cominciare, diciamo pure che dopo il tuo profondo monologo un minimo di dialogo ci tocca.”

“Diciamolo pure...”

“Ed immagino anche che, in ogni caso, non cambia proprio nulla, vero?” Lo guardo perplessa, un po' stupita.

“Che dovrebbe cambiare?”

“Ma come! Tutto quel ora che ci penso, ci sono così tante cose che non ho mai fatto nella mia vita vuoi dire forse non cambi nulla?”

“No, non cambia nulla. Se mi hai ascoltato bene, ho concluso che nonostante ciò io non mi fermo, né torno indietro. Quel che è deciso è deciso.”

“Lo sai che non ha senso, vero? Se ti diverte, puoi pure credere esista un destino beffardo e sadico che ti abbia fatto incontrare Edward e tutto quanto. Ma quando si parla di rinunciare alla tua vita, beh, quella è una scelta tua! Non esiste nessun quel che è deciso è deciso, Bella! Mica hai firmato un contratto col diavolo!”

“Forse dovremmo rimetterci a camminare, Jacob.” Gli dico stizzita. Com'è che finiamo sempre a discutere della mia scelta di diventare una vampira?! E' frustrante. Soprattutto perché Jacob finisce sempre col dire proprio ciò che non voglio sentirmi dire. Jacob mi guarda, un misto di rabbia e tristezza pura, ma non aggiunge altro. Si china a raccogliere lo zaino, mi volta le spalle e comincia a camminare, a passo lento. Lo seguo, in assoluto silenzio.

Ma il silenzio dura poco, perché dopo qualche minuto lui tira fuori di nuovo il discorso.

“Sai, hai proprio ragione. Sarebbe più facile se ognuno si accontentasse di quello che ha già. Ma le cose in questo mondo non vanno così.”

“Lo so, me l'hai già detto, non puoi accontentarti di restare mio amico per quel che mi resta da vivere.”

“Infatti. Ma anche tu sei così. Tu sei esattamente come me. Non puoi accontentarti.”

“Che vuoi dire, adesso?!”

“E' evidente, Bella, per quanto tu voglia nasconderlo. Tu hai già Edward, per esempio. Ma non ti basta. Vuoi anche me, ammettilo.”

“Jacob, ti ho già chiarito abbastanza i miei sentimenti.”

“Va bene, allora tralasciamo questo punto. Tu hai Edward, che ti ama con totale devozione. Eppure, non ti basta una vita intera al suo fianco. No, tu vuoi proprio l'eternità.”

“Lo dici come se fosse una cosa brutta.” Dico con totale tranquillità. Jacob si ferma e si volta a guardarmi. Incontro il suo sguardo d'accusa. “Smettila di guardarmi così, non ho mica ucciso qualcuno!”

“Ma lo farai. Tanto per cominciare, ucciderai te stessa. Poi chissà.”

“Grazie tante, Jake. Grazie tante. Più io mi sforzo di non pensare a quello che potrei combinare, una volta vampira neonata e fuori controllo, e più tu me lo rinfacci. Proprio un bell'amico.” Sono irritata, infastidita, ferita. Le emozioni mi travolgono e per un attimo perdo il controllo di quello che succede. Per un attimo, mi dimentico di fare caso alla strada e così inciampo su un masso e finisco a terra, lasciandomi scappare un urletto. Con un braccio cerco di proteggermi la faccia, mentre le dita affondano nella terra umida. Un istante dopo mi rendo conto che il mio piede destro era rimasto incastrato tra due pietre e inizio a percepire dolore di una certa intensità.

“Ed ecco la prima caduta!” commenta Jacob. Mi porge una mano, ma non la prendo. Mi rialzo da sola, cercando di togliermi da dosso la terra appiccicosa. Il piede mi pulsa di dolore. “E ovviamente, mi sono presa una storta. Ci mancava solo questo.” Commento, mentre mi rimetto in piedi, evitando di mettere peso sulla gamba destra.

“Siediti lì.” Jacob mi indica un grosso tronco d'albero, sul quale sedermi.

“Ok, adesso la pausa me la prendo volentieri.” Dico, mentre mi tolgo lo scarponcino e mi massaggio la caviglia. Il dolore è meno intenso di quanto mi aspettassi. Nulla di grave, per fortuna. Dieci minuti e posso rimettermi a camminare. Maledico me stessa per essermi fatta trascinare dalle mie stesse emozioni. Sono sempre così priva di autocontrollo...

Jacob mi si siede accanto, ma lo ignoro, continuando a rimanere concentrata sulla caviglia.

“Strano, mi sarei aspettato un bel gonfiore, o un livido, quanto meno.” Dice, esaminando il mio piede nudo. Mi rimetto la calza, fa troppo freddo per rimanere a piedi nudi.

“Ti dispiace, forse? Preferivi facessi la parte della ragazza sbadata e sofferente, bisognosa d'aiuto? Immagino rientri più facilmente nelle tue aspettative.” Dico senza controllare il mio livello di acidità. Sono stufa, stanca, irritata al massimo, non ho proprio alcuna voglia di dosare le mie emozioni, adesso.

“Ok, scusa.” È la sua replica. “Comunque, non è affatto vero quello che hai detto, sappilo. A me non piace giocare a fare il ragazzo forte e potente sempre pronto a proteggerti. Non sono mica Edward, io. E poi, so benissimo che puoi proteggerti da sola. Sei più forte di quanto non possa sembrare.”

“Non so se devo prenderlo come un complimento, ma siccome non sono in vena di offendermi ulteriormente, lo prendo per un complimento.”

“Meglio così.”

Mi faccio passare lo zaino e bevo ancora un po' d'acqua. Un paio di minuti e sento di poter camminare di nuovo.

“Ora mi alzo, tranquillo, così riprendiamo questa piacevole scampagnata.”

“Non avere fretta. Non mi dispiace rimanere qui seduto, per un po'.”

Ed ecco di nuovo quel silenzio imbarazzante. Non so come tirarmi fuori da questa situazione. Dovrei togliermi l'espressione offesa, tanto per cominciare. La verità è che io voglio troppo bene a Jacob per permettermi di giocare sempre all'offesa. La verità, però, è anche che quello che noi vogliamo ci porta sempre, irrimediabilmente, ad essere in contrasto.

“Sai, a volte ho la sensazione che tu mi preferisca quando sono trasformato.” Dice lui, ad un certo punto, rapendomi dai miei stessi pensieri.

“Jake...”

“Immagino sia perché quando sono lupo puoi parlare a rotazione senza che io ti interrompa.” Jacob parla con assoluta naturalezza e tranquillità, è qualcosa che un po' mi turba.

“Non è questo... è che... Tu mi dici sempre quello che io non voglio sentirmi dire.” Jacob mi guarda sorpreso e stupito. Lo vedo aprire bocca, ma non dire proprio nulla. “E forse, in un certo senso, è anche per questo che ho bisogno di te, Jake.”

“Tutto questo parlare di bisogni è un po' assurdo, non trovi?”

“Già... ma è esattamente questo che io sento, sempre.”

“L'amore non dovrebbe essere una necessità da cui dipendere.”

“L'amore non è altro che questo, forse.” Dico io, senza esserne troppo certa.

“E se io ti fornissi la prova di un'alternativa? L'amore può anche essere diverso. Tu, del resto, non hai mai amato prima di Edward, no? Sono tutte cose che hai detto tu. Che ci sono tante cose che non hai mai provato, sperimentato. Chi ti dice il mondo non possa esser diverso da quello che hai sempre visto? Chi ti dice l'amore non possa essere diverso da quello che ti lega a Cullen?”

“Se anche fosse, non m'importa.” Dico stizzita, un po' turbata dalla sua improvvisa loquacità.

“Eh, no, troppo comodo, Bella.”

“Cosa?”

“E' troppo comodo fermarsi alla prima cosa e pretendere di non voler provare altro, no?”

“Che vuoi dirmi, che dovrei provare ad amare qualcun altro, forse? Tanto per vedere se trovo qualcuno che mi ami più di Edward?”

“Questo lo stai dicendo tu, Bella, io parlavo in generale.”

“Ma per favore!” dico alzandomi, di scatto. Rimango in piedi, lo sguardo fisso su un albero. Anche Jacob si alza, mi gira intorno e poi mi fronteggia.

“Non mentire a te stessa, Bella. Io lo so che te lo sei chiesto almeno una volta. Ti sei chiesta cosa significhi baciare delle labbra umane, veramente. Sentire un corpo umano che tocca il tuo, che ti avvolge.”

“Mi hai già baciata, ricordi?”

“Sbaglio o quello, per te, non era affatto un bacio?”

“Giusto, era un'aggressione, piuttosto.”

Questo è un rapido scambio di battute ad effetto. Io e lui siamo qui, in piedi, uno di fronte l'altro. Le parole si susseguono rapidamente, ma sono solo parole, vane, vuote, sbagliate. Parole che si scontrano in un campo in cui la comunicazione è completamente sballata.

“Io ti odio, Jacob Black.”

“Se quello che provi è odio, Bella, allora feriscimi.” Dice lui, con totale tranquillità, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Io mi specchio nei suoi occhi, riesco a vedere me stessa riflessa e intrappolata nella sua pupilla. E' giusto un attimo, e riesco a vedere me stessa da un'altra prospettiva, la sua. Adesso io so. Vedo quello che vede lui, vedo la Bella che lui vede ed ama, sempre.

Io sono lì. Sono nei suoi occhi che stanno sempre incollati su di me. I suoi occhi mi parlano, e sento chiaramente, finalmente, quel che mi dicono: è qui che dovresti stare, Bella.

Jacob mi bacia e tutto il resto scompare.

Siamo qui, due ragazzi dispersi nella foresta, in piedi, l'uno di fronte all'altra. Capelli lunghi mossi dal vento. Le sue dita mi sfiorano il mento. Siamo qui, e ci baciamo, e tutto il resto perde di significato. Io sento solo l'immenso calore delle sue labbra, soffici, morbidi, vive. Sento la sua lingua avida nella mia bocca, sento il mio respiro diventare più intenso, sento il suo respiro infrangersi sul mio viso.

Quando Jacob si stacca non smettiamo di fissarci.

“Dillo.” Mi dice, assolutamente certo che io sappia cosa rispondergli. Ed è così. Mi guarda con immenso amore e io non posso dirgli di no. E se posso anche continuare a mentire a me stessa, almeno a lui devo dire la verità.

“Io... lo so. Io ti amo, Jacob Black, e ti odio, perché so che è così. Io so che con te sarei la donna più felice di questo pianeta. Io so che con te non soffrirei un amore che è essenzialmente un bisogno profondo ed incontrollabile. Io lo so, Jake, e ti amo. E ti odio, perché non posso amare proprio te.”

“Siamo solo noi, Bella. Siamo solo io e te.” Mi dice lui, ad un centimetro dal mio viso. Le sue parole si abbattono su di me con violenza ed io so già cosa succederà ancora.

Tendo la mano ed incontro il suo viso. I miei polpastrelli scivolano sulla sua pelle sempre così caldissima. Con entrambe le mani tocco il suo viso, seguo linee immaginari che scivolano dagli occhi, al naso, alla bocca. Le mie labbra premono sulle sue ed io svanisco, inghiottita del tutto dalla sua essenza. Io bacio Jacob e non sono più Bella. O almeno, non sono più la Bella Swan innamorata di un vampiro bellissimo ed immortale.

Baciare Edward è come baciare una statua bellissima e perfetta. Baciare Jacob è tutt'altro. Sento il suo odore, completamente diverso. Nella mia bocca sento il suo sapore, completamente diverso. E proprio mentre Jacob mi conduce verso una grande roccia piatta, e scivolo dolcemente con la schiena sulla pietra, me ne rendo conto. Che quel sapore non è soltanto diverso. E' un sapore sbagliato.

E non ne posso fare a meno.

Io e Jacob smettiamo completamente di parlare. Non ha più senso usare le parole, che sono così diverse da quel che vogliono comunicare, sempre. Io sono qui, distesa su questa grande roccia, lo sguardo rivolto su, in alto. Ma il cielo è coperto ed oscurato dalla presenza ingombrante di Jacob, che mi bacia le labbra, il mento, mentre una mano resta posata sulla mia gola. Si stacca di nuovo e si tira indietro. Lo vedo togliersi la maglia, e rimanere a petto nudo, ed io so di voler soltanto toccare quel corpo caldissimo. Jake riprende a baciarmi, una sua mano scivola lungo il mio collo, la gola, la spalla, mentre le mie fanno altrettanto sul suo corpo. E' così alto, e grosso, che in questa posizione mi sovrasta completamente. Non avrei possibilità di sottrarmi a tutto questo, se volessi. Ma il punto è che proprio non lo voglio: il buon senso è stato rinchiuso in un angolino disperato e disperso della mia coscienza. Tutto il resto è fuoco, il fuoco denso ed accecante delle mie sensazioni, delle mie mani sul suo corpo bollente, del suo fiato e del mio. Si stacca di nuovo, ha lo sguardo vagamente perplesso. Lo seguo con gli occhi, del tutto rapita, mentre lascia scivolare una mano lungo il mio petto, scendere lungo la vita e fermarsi lì, sull'orlo del mio maglioncino. La seguo ancora, seguo la sua mano scomparire senza paura sotto il mio maglioncino. Non c'è il solito brivido per il contatto freddo: la sua mano è un fuoco che si insinua dentro di me. Mi sorprendo a non essere affatto spaventata, nemmeno titubante, quando lo sento giungere al mio seno.

La mia coscienza è inghiottita e scomparsa come in un buco nero. Ciò che rimane è solo un istinto, un insieme di impulsi e sensazioni che non credevo di possedere veramente. Ed è questo istinto che mi spinge a cambiare posizione. Faccio per alzarmi e Jake mi guarda vagamente preoccupato,mentre lascia scivolare via la sua mano da sotto il mio maglioncino. Lo guardo e non so nemmeno che espressione ho in viso, quando lo spingo sulla roccia e mi ci piazzo sopra. Ora sono io a sovrastarlo, per quanto possa sovrastare uno come lui. Riprendiamo a baciarci, le sue mani avvinghiano i miei fianchi, ed io mando via l'ultima titubanza, mi tolgo di dosso l'ultima briciola di decenza, insieme al maglione e alla maglietta. Il contatto del mio corpo caldo con l'aria mi fa sussultare, ma non mi fermo, non ora, non posso più tornare indietro. Jacob mi guarda come a chiedermi un'ultima conferma, conferma che gli restituisco guidando le sue dita sul gancio del mio reggiseno.

E' una scena totalmente assurda e surreale, una scena che forse non sarebbe mai dovuta accadere, una scena assolutamente non prevista, eppure sta accadendo sul serio. Io sono qui, le mie dita intrecciate a quelle di lui, io sono qui, avvinghiata al suo corpo caldissimo, e non sono più io, non sono più Bella. Non siamo più Bella e Jake, siamo diventati qualcos'altro. Siamo un'entità unica, imprevedibile, inconcepibile. In questa unità ho smarrito me stessa, ho perso il mio punto di vista. E' davvero così che mi sento, e, davvero, mi sembra di poter vedere tutta la scena da tanti, diversi punti di vista. E come me, così anche lui sembra essersi trasformato. E' più un lupo, a ben vedere, per la voracità con cui mi bacia le labbra, il collo, il seno. I suoi baci diventano progressivamente dei morsi, quasi, ma io non sento dolore, non sento niente, anzi, sento solo un insieme indistinto di sensazioni fortissime, troppo intense per poterle identificare.

I suoi occhi, sempre più da lupo, mi guardano fissi e nel riflesso della sua pupilla vedo un'anticipazione di quel che vuole fare: uno scatto rapido, quasi inumano, e cambiamo di nuovo posizione. Sono di nuovo inchiodata sulla roccia, le sue mani stringono forte i miei polsi, mentre lui si avventa sul mio corpo così stranamente stracolmo di desiderio. Lo guardo, assetato, quasi impazzito, intossicato dal desiderio di me e del mio corpo. Sono anch'io, così?

Jake mi morde quasi con violenza la piega tra il collo e la spalla, ed io mi lascio sfuggire una serie di gemiti che si perdono nella foresta. Scivola, sento la sua lingua di fuoco sul mio corpo scendere verso il seno, sento i suoi denti attorno al mio capezzolo turgido. Una sua mano scivola oltre l'ombelico e scompare sotto i miei pantaloni per raggiungere la mia femminilità.

Non avrei mai potuto immaginare la totale intensità di un contatto così intimo e profondo.

Lottando contro me stessa alzo la schiena e afferro il suo viso, lo sguardo completamente perso chissà dove. “Jacob.” Sussurro, e la mia voce mi sembra così strana, così diversa. “Jake!” dico di nuovo, mentre i suoi occhi risalgono il mio corpo per poi posarsi sui miei. Ci baciamo di nuovo, questa volta piano, con lentezza, senza rapidi scatti, senza voracità alcuna. Io bacio Jake e riacquisto consapevolezza, man mano che sento e riconosco di nuovo quel sapore così particolare, quel sapore irrimediabilmente sbagliato.

I suoi occhi ed i miei comunicano e quel che si dicono è chiaro ad entrambi: non possiamo continuare. No, Jake, non possiamo continuare, perché tutto comincia a sembrarmi così sbagliato.

Jacob mi afferra le spalle e mi aiuta a rialzarmi. Mi guarda, ed il suo sguardo è del tutto rapito, rapito dal mio corpo che vedo riflesso nei suoi occhi. Lo vedo chiudere gli occhi, piano, avvicinare le sue labbra, posarle con dolcezza sulle mie. Io tengo chiusi gli occhi anche quando lo sento allontanarsi. Il suo respiro si allontana ed io so che questo momento così strano è ormai terminato.

Quando riapro gli occhi il mondo torna alla normalità. Sono di nuovo Bella, mi rendo conto d'esser seminuda. Imbarazzata – ma che senso ha, proprio adesso, essere imbarazzata?! – mi volto e mi rivesto rapidamente. Lui, alle mie spalle, fa altrettanto. Mi sistemo i capelli e mi strofino le mani sugli occhi. Sospiro. Sono pronta a voltarmi ed affrontare il suo sguardo.

“Dovremmo rimetterci in cammino.” Dice lui, e di nuovo sembra dire la cosa più giusta e naturale del mondo.

“Sì, certamente.” Dico io, perché non sono capace di dire altro.

“E' mezzogiorno inoltrato, dobbiamo fare presto. Sarà meglio che mi trasformi. Dovrai attaccarti bene, questa volta, andrò più veloce del solito.”

“Se è proprio necessario, vorrà dire che cercherò di sopportarlo.” Dico io, la voce del tutto neutra.

“Ok.” Jake si allontana, si volta e si trasforma.

Siamo di nuovo noi. Bella Swan, in pericolo di vita, e Jacob Black, il licantropo. Un paio di istanti dopo sono attaccata alla grossa schiena di Jacob, terrorizzata dalla velocità pazzesca della sua corsa. Gli occhi serrati, per evitare di incontrare sempre tutti gli alberi che mi sfiorano troppo rapidamente. Tutti i miei sensi, tutti i miei neuroni sono concentrati in questa posizione di difesa, ma già sento qualcosa che si contorce dentro di me. Sento ancora, nella mia bocca, quel sapore sbagliato. Lo sento spandersi nella mia bocca e poi intaccare tutto quanto. Come una macchia scura d'inchiostro che si spande su un foglio di carta.

Quel che so per certo è che fra poco incontrerò Edward, e poi dovremo camminare ancora, montare la tenda, metterci in comunicazione con tutti gli altri e prepararci all'imminente battaglia. C'è tanto di cui occuparsi. Eppure, so per certo che c'è sempre spazio per il senso di colpa.

Il viaggio di ritorno è stato molto più breve del previsto. Nonostante ciò, immersa nel tempo dilatato della mia coscienza, ho rivissuto due, tre, mille volte quello che è da poco successo. Ma non l'ho digerito. Affatto.

Sono sola nella foresta, seduta su un'altra ennesima roccia, circondata da un vuoto freddo ed opprimente. Malgrado l'orario, malgrado sia giugno, fa freddo. Mi stringo nella giacca a vento che Jacob mi ha dato, prima di sparire un attimo. “Sai che non ti lascerei mai da sola, soprattutto in un momento come questo, ma ho bisogno di allontanarmi... mi servono solo cinque minuti”, ha detto, prima di sparire e lasciarmi sola. La cosa però non mi dispiace. Sono frastornata, confusa, scossa: almeno non devo subire lo sguardo di Jake. Cerco di pensare a tutto quello che è successo e a tutto quello che mi aspetta. Affrontare Edward, tanto per cominciare. Superare lo scoglio di quello che ho fatto. Cercare il suo perdono. E poi tornare al problema originale, ossia la battaglia imminente.

Ma cosa dire dei miei sentimenti? Più e più volte ho pensato ad un'immagine che potesse descriver Edward. E, salvo quel periodo di cielo buio senza luna, Edward mi è sempre apparso come una stella sicura e luminosa. La più bella e luminosa del cielo. Edward è sempre stato, soprattutto, una certezza. In maniera del tutto diversa, ma ugualmente importante, anche Jacob lo è diventato. Adesso, tuttavia, tutto mi sembra perdere di significato.

Mi manca la lucidità di comprendere quel che è successo, posso solo soffermarmi su solitari dettagli, su pensieri sconnessi. Lungi dal metabolizzare il tutto, sento solo una serie indistinta di sensazioni sbagliate e riprovevoli, e faccio fatica a darvi un nome. A dominare il tutto, un senso spaventoso e disorientante di nausea. La testa mi gira, vortica, mentre il mio stomaco si contorce, sbattuto e sconvolto ancora da quella corsa pazzesca. In bocca, quel maledettissimo sapore sbagliato. Ed un profondo disgusto per me stessa, per quello che sono diventata.

“Teni duro, Bella, Edward è vicino. Sento il suo odore.” Sono così presa dal vortice dei miei pensieri che nemmeno mi accorgo del ritorno di Jacob. Rimango qui, seduta, con le mani intorno alla fronte imperlata di sudore, mentre lui mi si avvicina.

“Ti dico che sto bene, Jake...” mormoro. Vorrei avere la forza di continuare questa ridicola sceneggiata, ma non so proprio dove andare a cercarla. Vorrei parlare ancora, ma temo che se apro bocca non saranno le parole a venirne fuori. Chiudo gli occhi e mi sento come... sì, mi sento come al centro di un buco nero. Tutto è nero. Io vortico, sempre più velocemente. Piano piano, pezzo dopo pezzo, cellula dopo cellula, finisco inghiottita. La mia coscienza viene tirata, si tende, prima o poi si strapperà, lo sento.

“Bevi un po'.” Mi dice ancora Jacob, porgendomi la bottiglietta. La prendo senza guardarlo. Al di là del malessere, non ho proprio il coraggio di guardarlo negli occhi. Non so cosa potrei vedere riflesso nelle sue pupille. Di certo, non la Bella che sono sempre stata. La Bella perseguitata dai pericoli ed innamorata di Edward. Bevo e sento l'acqua ghiacciata scivolarmi dentro come una pioggia di chiodi. Almeno un po' di sollievo per la mia gola riarsa e sicuramente già infiammata. Ciò che mi rimane addosso da quello che è successo con Jacob è una sensazione febbricitante, una sensazione mista, di calore intollerabile che scema gradualmente verso un freddo umido ed appiccicaticcio. O magari non è soltanto la confusione dovuta a quel momento, ma semplicemente un raffreddore che comincia la sua corsa dentro di me. Conoscendo la mia fortuna, la cosa non mi stupirebbe.

Mi sforzo di concentrarmi, di fissare un punto fermo e di ordinare al mondo di fermarsi.

“Dobbiamo parlare.” Dico. La mia voce tradisce tutto il nervosismo che ho in corpo. Non è bene. Proprio per niente.

“Hmm... diciamo pure che è quello che aspettavo di sentirmi dire.” Mi dice Jake, posizionandosi davanti a me, chinato abbastanza da fronteggiarmi. Il suo volto è un puzzle di sentimenti diversi. Preoccupazione, angoscia, rimpianto, speranza. Io so cosa vuole sentirsi dire e so che non posso dirlo.

“Non è come credi. Il punto è un altro.” Gli dico, cercando di evitare accuratamente i suoi occhi. “Dobbiamo parlare di Edward. Io sarò pure immune al suo potere, ma tu no. E conosciamo tutti benissimo la tua abitudine ad urlare praticamente i tuoi pensieri.”

“Puoi stare tranquilla.” Più delle parole, mi stupisce la sua espressione sorridente e convinta. Troppo sorridente, troppo convinta.

“Che vuoi dire?”

“Ti ho detto che mi servivano cinque minuti per sistemare una faccenda, no? Beh, diciamo che non hai più motivo di temere di incontrare Edward. Sta arrivando, ed è unicamente preoccupato della tua condizione fisica attuale, credo.”

Scatto in piedi. Barcollo, ma tengo duro. Ho i piedi piantati per terra. Faccio appello a tutte le mie forze per rimanere saldata al suolo. Alzo il volto, sospiro, guardo Jacob.

“Che hai combinato, Jake?!”

“Gli ho semplicemente parlato. Beh, non propriamente parlato, sai com'è.” Mi dice lui, lo sguardo assolutamente fiducioso. “Abbiamo comunicato, insomma. Abbiamo risolto tutto. Ho... gli ho fatto leggere una sorta di mio monologo. Gli ho spiegato tutto e mi sono assunto la colpa di quello che è successo. Gli ho chiesto, per capire se era infuriato, di scattare verso di me e darmi un pugno. Ho aspettato cinque minuti e non è successo niente. Allora gli ho fatto presente la necessità di una ulteriore tregua, perché il viaggetto ti ha scombussolato lo stomaco. E ti è pure venuta la febbre, forse.”

Lo guardo incapace di parlare. Vorrei dirgli: perché ti sei presa la colpa? Potevi darla benissimo a me. Ma anche: bene, perché la colpa è solo tua. O ancora: perché gli hai parlato tu?! Spettava a me. E mille altre cose insieme. Ma non riesco a dirgli nulla e dunque lo guardo con un'espressione sconvolta che lo fa scoppiare a ridere.

“Non c'è proprio nulla da ridere!” Lui mi guarda, le sue risa scemano in un sorriso che comunque rimane incastrato sul suo volto. E' assurdo. “Non doveva accadere, ecco.” E via con la prima banalità da dire.

“Eppure è successo.” Prevedibile replica ad un'affermazione ridicola.

“N-non doveva accadere e basta! Sono stata una sciocca.”

“Indietro non si può tornare, Bella. Lo sai.”

“Chi lo dice? Guarda che per me non è cambiato proprio nulla.”

“Io non ci giurerei.”

Sono stizzita. Confusa, arrabbiata, intossicata dalle mie emozioni. Tutto questo non doveva accadere, sul serio. Dovrei essere terrorizzata dall'idea dello scontro con Victoria, e invece sono qui, a discutere con Jacob di qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere e che la mia mente comincia a negare prepotentemente.

“Ascolta, Edward sarà qui tra un paio di istanti. Per cui o te lo dico ora o non te lo dico mai più...”

“Benissimo, non dirmi niente, allora.” Replico acida.

“Puoi odiarmi quanto ti pare. Davvero. Puoi farlo, te ne do il permesso. Odiami pure, ma io non mi tirerò mai indietro. E comincio col chiederti scusa sin da adesso, perché io non rinnego assolutamente quello che è successo, e sono pronto a ricordartelo in tutti i modi possibili.”

“Quello che è successo non cambia proprio niente.”

“Puoi convincerti sia così, per te. Ma non è altrettanto per me. Io, almeno, mi sentirò con la coscienza a posto.”

“Con la coscienza a posto?!” Non credo alle mie parole. Mi scopro furente, piena di rabbia, mi manca il respiro.

“Sì, perché io, almeno, ti ho dato la scelta.”

“Ma di che diavolo stai parlando?!” Mi sorprendo ad urlare.

“Tu eri pronta a lasciarti alle spalle la vita, Bella, perché non l'hai mai vissuta veramente. Nessuno si è curato di farti capire a cosa stai per dire addio, nessuno tranne me. Mi hai baciato, Bella. Hai baciato delle labbra diverse da quelle morte del tuo succhiasangue. Io ti ho mostrato la vita, Bella, e mi sembra che ti sia piaciuta almeno un po'. Ed ora è il momento di scegliere.”

E' tutto così assurdo, così sbagliato... sembra un incubo malato, ed invece è la realtà. Non posso credere la mia vita abbia preso veramente questa direzione. Annaspo, cerco di uscire fuori dalle nebbie della mia mente, ma è inutile, temo.

“Jake.” Dico piano. Stringo i denti. Sospiro. “Jake, per me non cambia proprio niente. Rispetto a prima c'è in più la consapevolezza di aver fatto qualcosa di sbagliato.”

“Oh, avanti, Bella! Non dirmi che non ti è piaciuto!” Lo fisso negli occhi, sbalordita, e vi scorgo un insieme di sentimenti complessi. Ora capisco. Quella di prima non era un'espressione convinta, sinceramente felice, soddisfatta. Le sue parole non sono spavalde, sicure di sé. Sono disperate. “Pensaci, Bella! Tu sei viva, io sono vivo! Siamo due corpi fatti di carne e di calore! Possiamo amarci, se lo vogliamo. Possiamo essere felici, insieme, ed accontentarci del tempo limitato ed umano che ci è destinato. Puoi amarmi, senza aver l'impressione di baciare una statua che puzza di sangue, Bella! Ed io posso amarti tranquillamente, senza la preoccupazione di farti del male!” Le sue parole mi feriscono, perché so che ha ragione. Vedo di nuovo la crepa che è in me, si allarga sempre di più. Jacob ha ragione, io lo so. Ma sento di dover negare tutto, a costo di fare male a lui e ad una parte fondamentale di me stessa.

E' con una sorprendente lucidità che lo capisco e lo accetto. Io sono crudele. Il mio amore per Edward è crudele. La Bella che ama Edward è pronta a calpestare un tappeto di cadaveri pur di non allontanarsi dall'uomo di cui ha bisogno. Amare Jacob sarebbe forse troppo facile.

“Cosa vuoi che ti dica, Jake? Che mi è piaciuto? Che ho bisogno di te? Che hai fatto vacillare tutte le mie convinzioni, forse? Che con te sarei più felice?”

“Dimmi solo quello che senti e credi veramente, Bella.” Mi parla di nuovo e mi ferisce di nuovo. Una volta lui era quello da perdonare ed io quella che perdona. Adesso so che è esattamente il contrario. Non posso continuare ad ingannarlo. Meglio ingannare me stessa, piuttosto. Meglio uccidere una parte di me, che continuare ad illuderlo e a tenerlo in bilico. Se non posso darmi completamente a lui, forse, è meglio io smetta di averne bisogno.

“Allora ti dico questo, Jacob. Io sono colpevole. Colpevole d'amare senza logica e senza coraggio. Sono colpevole e vigliacca. Ho sempre avuto bisogno di te, e questo è sempre stato sbagliato, perché ho continuato a ferirti, ignorando i tuoi sentimenti e pensando solo alle mie necessità.” Le parole escono senza controllo. Nel momento stesso in cui lo dico, non sono più me stessa. Non sono più nel mio corpo, mi vedo da fuori, da una prospettiva del tutto rovesciata. Le mie parole mi suonano così estranee... “Se è il nostro legame a farti soffrire, Jake, allora lo taglierò via, per sempre. Io ho sbagliato a starti sempre vicino, ho sbagliato ad entrare nella tua vita, a prendere sempre e solo quello di cui avevo bisogno, ignorando tutto il resto.” Guardo nel vuoto, lontana dallo sguardo di Jacob. Prendo fiato e riprendo a parlare. “Io sono crudele, anzi, il mio amore è crudele. Ora l'ho capito. Io non amo semplicemente Edward. Io ne ho bisogno. Io ne sono del tutto dipendente. Sono già rimasta una volta senza di lui, e tu hai visto quel che mi è successo. Per vivere, io ho bisogno di Edward, e non gli permetterò mai più di lasciarmi. Non gli permetterò di vivere l'eternità senza di me sempre al suo fianco.” Che senso ha, ormai, trattenersi? Fingere? Sperare in un cambiamento? Lottare, stringere la verità per non farla scappare? Niente. Nessun senso. “Io ti amo, Jake. Se è questo che vuoi sentirmi dire, te lo dico, ed è vero. Io ti amo. Ed è proprio perché ti amo che devo lasciarti andare. E' proprio per l'amore profondo che nutro nei tuoi confronti che non posso permetterti di rimanere incatenato a me. Non puoi. Non te lo meriti. Tu una volta hai cercato di salvarmi da una dipendenza che mi stava uccidendo. Io ora voglio fare lo stesso con te.”

Fisso gli occhi di Jacob e percepisco l'ondata immensa e straripante delle sue emozioni. Rimango ferma, piantata su quel punto del suolo, e lo vedo avvicinarsi a me. Lo fisso e non mi muovo, devo rimanere incatenata a queste mie ultime e definitive convinzioni. Non posso volger lo sguardo altrove, non posso muovermi, non devo girarmi, non devo scappare.

“Lascia che ti dica anch'io una cosa, Bella.” E' così vicino che sento prima il suo respiro sul mio viso e poi le sue parole. “Non puoi decidere tutto da sola. La cosa riguarda anche me, non ti lascerò decidere per entrambi. Non mi tirerò mai indietro. Odiami pure, non m'importa.” Mi perdo nello sguardo di Jacob. Mi perdo nel suo volto, nella linea dei suoi occhi, scivolo lungo il suo naso, cado e muoio nelle sue labbra. “Non ti permetterò di essere l'unica a sacrificarsi, Bella.”

“Che vuoi dire? Che intendi fare?” Dico, la voce si spezza.

“Ti dico cosa succederà adesso.” La sua voce è ferma, perfettamente stabile, sicura. Non posso dire altrettanto dei suoi occhi. “Io andrò via, tra poco. Mi unirò allo scontro, combatterò per te, mentre tu rimarrai qui, con il tuo vampiro. Io combatterò ed ucciderò con le mie mani chiunque voglia farti del male. Quanto a te, ti conviene sperare rimanga ucciso anch'io. Perché se sopravvivo, se sopravviviamo, dopo, sarà tutto diverso.”

Sono incastrata, intrappolata in me stessa. Jacob indietreggia ed io rimango qui. Incapace di pensare, di agire. Di volere, di capire. Incapace di tutto.

E' solo quando lo vedi girarsi, darmi le spalle, che mi permetto di urlare. “Jake! Ti prego, non andare! Non deve andare per forza così! Jake!” urlo ancora più forte. “Non andare, ti prego! Ho ancora bisogno di te! Te lo chiedo per l'ultima volta, Jake! E' l'ultima cosa che ti chiedo... per favore... non andare. Rimani qui. Con me.” La gola brucia e bruciano pure le lacrime sul mio volto.

“Non ci sono alternative. A questo punto, Bella, non rimane più spazio per un'alternativa.” Mi parla senza voltarsi. Cammina ancora, a passo lento. Ogni centimetro che si allontana da me mi fa soffrire. Non sopporto la vista delle sue spalle, sempre più distanti.

Ho toccato quelle spalle, ho toccato ed amato quel corpo bollente e forte e sicuro e vivo. Va contro tutto ciò che credo di volere e desiderare, ma adesso, lo so, ho ancora bisogno di lui.

“Dimmi solo cosa posso fare per trattenerti! Mi bastano altri pochi minuti, te ne prego! Chiedimi qualunque cosa, Jake, qualunque cosa!”

Lo vedo fermarsi. Con estrema lentezza si volta e mi trovo di nuovo ad annegare nell'immagine del suo volto.

“Un ultimo bacio. Che ne dici, Bella? Ci sta bene. Come nelle migliori tragedie. Vuoi darmi un ultimo bacio?”

“Non l'ultimo, Jake. Non l'ultimo.” Non so più quello che dico, ma non importa. Non importa più. Cammino, completamente svuotata di buon senso e ragione, verso di lui. Mi viene incontro. Il vento soffia e non m'importa. Vedo soltanto una distanza da colmare. Siamo due punti uniti da una linea, che allo stesso tempo ci lega e ci tiene distanziati.

Sono io a cercare la sua lingua, mentre le sue mani possenti si posano sulle mie spalle. Non le stringe, non cerca di trattenermi, perché sa che non fuggirò. Ci baciamo e di nuovo il calore esplode e mi inghiotte. Una sua mano risale lungo la gola, e lì si posa di nuovo. Sento i miei battiti accelerati ripercuotersi sulla sua mano. Sento la sua pelle infuocata sulla mia gola. Mi stacco, prendo fiato, chiudo gli occhi e mi abbandono del tutto. Di nuovo, il cervello si spegne: sono solo un animale guidato dall'istinto. Ad un certo punto apro gli occhi e vedo i suoi, due ossidiane nere, che ardono. Li fisso, non smettiamo di baciarci, li fisso e sono travolta da tutto il suo dolore, tutta la sua sofferenza, ed il suo amore, la sua rabbia, la sua disperazione. Li conosco, perché sono anche i miei.

Siamo una cosa sola.

Siamo in ogni perla di lacrima che inondano le mie guancie e bagnano le sue. Siamo insieme, un'entità unica ed indistinta, immersi fino ad affogare nel calore soffocante dei nostri corpi. So di non potermi più allontanare, so di non poter tornare indietro, io so di avere sempre mentito ad una parte di me stessa, io so di amare, io so di soffrire.

Ora comprendo quel sapore sbagliato che sentivo in bocca. Ora so cos'è. E' Jacob. E' il suo sapore. Il sapore dei suo sentimenti dannati, del suo tormento, della sua sofferenza. Questo è il gusto del dolore perfetto che ho inflitto continuamente a Jake. E' un dolore che dovrei provare io, piuttosto. E allora lo bacio con più convinzione, mentre le lacrime non arrestano il corso. Mi abbandono alle braccia di Jacob, che mi stringono, mi carezzano i capelli, il viso, il collo. Baciami, Jake. Dammi tutto il tuo dolore immenso.

“Dimmi di tornare...” dice lui, piano, riprendendo fiato. Mi parla ad un centimetro dal viso, una mano ancora sulla mia gola, sotto il mento, l'altra sulla spalla.

“Torna, Jake... torna da me.” Gli dico io, la voce sicura oltre il ritmo del mio inarrestabile pianto.

La mia mente annebbiata, che lotta disperatamente per riassumere il controllo, registra l'immagine di Jacob che si trasforma e si allontana rapidamente. Rimango intrappolata a fissare il vuoto. Il calore che ho appena provato mi abbandona rapidamente. Torna il freddo che mi fa seccare le lacrime sul volto. Lo sento impadronirsi di me, progressivamente. Parte dai piedi e poco a poco va salendo, e quando arriva al cuore lì si posa. Io sento il mio cuore gelare.

Le nuvole si addensano, su, nel cielo.

So che dovrei darmi una mossa, ma mi sento così stupida, incastrata tra le pieghe contraddittorie del mio animo.

Riprendo a respirare quando mi compare davanti la figura di Edward. Ho in testa mille domande: cosa gli ha detto Jacob? E' arrabbiato? Mi ama ancora? E dov'era finito, mentre parlavo con Jacob? Forse era nei paragi ed ha seguito il pensiero di Jacob, forse sa esattamente cosa è successo. O magari era già qui, ed ha visto tutto?

Edward mi guarda, un misto di tenerezza, preoccupazione e devozione. Mi incammino verso di lui, ma sento la testa pesante. Faccio un passo, barcollo. Ne faccio un altro, perdo l'equilibrio. La nebbia cala sulla mia coscienza. Appena un attimo prima di svenire sento le braccia di Edward che mi afferrano.

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Capitolo 5
*** Interludio: Edward Cullen ***


INTERLUDIO: EDWARD CULLEN


Ci vediamo solo tra qualche ora, Bella!

Sono le mie parole che suonano a vuoto. Parole di circostanza, che non comunicano niente, perché nessuno ci crede. Di certo non Bella, che mi risponde con un'occhiataccia, di certo nemmeno io. Non è per me che parlo, ma forse, a ben vedere, non è nemmeno per Bella che parlo. Forse semplicemente parlo per fare finta tutto sia normale. Che non ci sia un esercito di vampiri in arrivo, per esempio.

Che cosa stupida.

Bella mi bacia. E' uno di quei baci. Quei baci che vogliono dire: ho paura di perderti. Quanto vorrei che fosse possibile negare l'evidenzia, ma non è così, ed è stupido pure starci a pensare, cullarsi, anche solo per un attimo, con l'idea, la possibilità che tutte le cose brutte del mondo e della vita possano sparire. A sparire invece è solo Bella. La vedo allontanarsi sempre di più. Lei non si volta più a guardarmi: sono troppo lontano per la portata del suo occhio umano. E lei non sa, o forse sa, o magari ignora volutamente, che io posso continuare a vederla. Così come posso sentire i pensieri incerti, imbarazzati, volutamente imbavagliati del cane che l'accompagna.

Devo essere forte, devo essere sicuro, devo essere convinto, fiducioso, realista.

Non devo essere geloso, non devo essere preoccupato, non devo essere titubante, sospettoso, impulsivo.

Devo, devo.. e non devo.

Che senso ha la vita se in ogni fibra del tuo essere risulta sempre, a chiare lettere, il contrasto eterno tra quello che vuoi e quello che devi.

E' quello che mi sono sempre chiesto. Ogni volta che la mia essenza scattava, sollecitata ed eccitata dal richiamo innegabile del sangue. Controllati, Edward, controllati... L'insegnamento di Carlisle contro la mia natura mostruosa ed impulsiva.

Che senso ha la vita, se le cose stanno così?, dicevo. Ora conosco la risposta.

La risposta è una ragazza maldestra, insicura, ma allo stesso tempo determinata, che mi ha sconvolto l'esistenza. E allora so che devo controllarmi, solo per lei. Allora so che non ci sono catene più dolci del suo amore.

E' per questo che la lascio andare, con una superficiale e pacata tranquillità. Nel profondo, com'è ovvio, si agitano mille mostri marini e maledetti. Che si agitino pure: io so di essere molto più di un nodo di sentimenti ed impulsi e bisogni e frustrazioni. E tutto grazie soltanto a lei. Lei. Così ingenua così testarda da amarmi, da inchiodarsi davanti alle mie fauci, come a dire: mangiami, se vuoi puoi pure mangiarmi, divorarmi, basta che sono tua.

Io e Bella ci apparteniamo. Se chiunque mi chiedesse di parlare dell'amore che mi lega a Bella, risponderei così. Ci apparteniamo, punto.

Per questo lasciarla sola mi fa bruciare l'anima che sono abbastanza certo di aver perso, e che tuttavia c'è, perché ci crede lei.

“Hai fatto la cosa giusta, Edward.” Le parole calde di Carlisle mi giungono un istante prima della sua voce. Nel suo pensiero sono già chiare, perfette, luminose. Mi riscaldano come mai riuscirà a fare la sua mano sulla mia spalla. Io scelgo di non rispondere, semplicemente perché a volte non ci sono parole da usare. Gli rivolgo un mezzo sorriso e mi preparo anch'io ad uscire. Mi muovo rapidamente, con gesti rapidi, e quasi mi sembra assurdo. Sono talmente abituato a muovermi piano, avendo sempre intorno Bella, che muovermi con la naturale e spontanea velocità da vampiro mi sembra strano, troppo strano. E' anche questo l'effetto che Bella ha su di me? E' fino a questo punto che, davvero, come dice Alice, stare con lei mi ha cambiato?

“Vedrai, andrà tutto bene.” Alice. “Ne sono sicura. Non sono le previsioni... come dire, è un sesto senso. Una certezza assoluta, malgrado tutte le variabili e malgrado tutte le previsioni.”

“Alice...”

“A più tardi, Edward! Noi andiamo a riscaldarci.”

“Ciao Emmett...”

“A più tardi.” Esme si allunga verso di me e mi bacia la fronte. Sorrido ancora, mi volto, esco definitivamente da casa.

Ed eccomi. Solo con i miei pensieri, nella foresta. Solo con i miei sentimenti, le mie convinzioni, e un brusio di pensieri altrui sullo sfondo.

Per una volta decido di camminare, lo zaino in spalla. Piano, a passi lenti, quasi inconsistenti sul terriccio della foresta. Non ho alcun motivo di mettermi a correre e saltellare: nemmeno per godere delle mie stesse potenzialità da vampiro. Ciò che mi aspetta è una mattinata di attesa solitaria. Ciò che devo fare non è altro che girare in tondo, la testa immersa nell'aria piena di bisbigli e pensieri soffocati, in attesa di un segnale di pericolo che potrebbe anche non arrivare. O arrivare troppo presto.

 

...

 

Tutto procede come previsto. A pochi chilometri da questo spiazzo stranamente luminoso, verso Nord, la mia famiglia ed il branco si stanno allenando. In un punto imprecisato a diversi chilometri, verso Nord-ovest, Bella e Jacob. Abbastanza lontani per essere fuori la mia portata. Abbastanza lontani, forse, per essere anche al sicuro.

Una parte della mia mente continua insistentemente a pensarci e ripensarci. Per una volta mi ritrovo a dire che odio essere un vampiro. Questi pensieri a vari livelli sono stancanti. A cominciare da questa parte della mia mente che continua ad immaginare Bella e il licantropo. Un'altra parte della mia mente cerca di calcolare esattamente la loro posizione. Ma a che serve? E in fondo è meglio così. Se non riesco a trovarli io non dovrebbe trovarli nemmeno Victoria.

Inevitabilmente finisco con il pensare alla mia conversazione con Jacob. E' strano come questo nuovo pericolo – ossia Victoria e i vampiri neonati – abbia avuto un effetto assolutamente non previsto. Non è la vita di Bella ad essere messa in pericolo, quanto piuttosto è... tutto: io, Bella. Noi Cullen e i licantropi di La Push. Può un evento come questo dare luogo ad un effetto completamente diverso e per nulla previsto? Se tutto ciò ha una logica, mi sfugge. E sfido persino Alice a trovarla, questa logica. Il punto è che questo evento ha messo in discussione tutto quanto. Senza Victoria non avrei mai dovuto lasciare Bella sola con Jacob, non mi sarei ritrovato a parlare con lui, forse non avrei mai ammesso tutte le difficoltà nel mio rapporto con Bella, non avrei ammesso questa verità triste e che però è ormai innegabile: e cioè che per quanto io sia pronto ad immolarmi per rendere felice, per quanto lei stessa sia pronta ad immolarsi per rimanere per sempre accanto a me, non riusciremo mai a trovare un equilibrio. Non ci basteremo mai.

Forse Victoria non c'entra niente, ed è tutto molto più ineluttabile ed inevitabile di quanto credessi. Forse, semplicemente, tutti i nodi sono venuti al pettine. Prima o poi sarebbe accaduto.

Negli ultimi tempi lo sguardo di Bella è cambiato. Il suo sguardo, rivolto a me, è diverso. Inizialmente era un misto di sentimenti che non capivo e che non tolleravo, e che mi facevano impazzire. Poi ho accettato me stesso ed i suoi sentimenti e mi sono lasciato andare. Per me i suoi sono diventati gli occhi dell'amore puro. Oggi, invece, sono gli occhi della dipendenza. Del bisogno.

C'era un tempo – sembrano passati eoni, eppure a chi è abituato ad avere l'eternità davanti sono soltanto un paio di battiti di ciglia – in cui quando ci lasciavamo, quando lasciavo la sua casa, sapendo di rivederci l'indomani, lei mi guardava colma d'amore e felicità, perché sapeva che ci saremmo rivisti presto. I suoi occhi mi dicevano: ti lascio andare, perché so che tornerai da me. Adesso ogni volta che i suoi occhi si posano su di me sembrano dirmi: ti prego, non andare, non posso resistere nemmeno un istante senza di te. Non sono gli occhi di un'innamorata, sono gli occhi di una drogata.

Pensare, comprendere ed accettare mentalmente quanto detto mi fa male. E' un dolore sbagliato, un dolore che non dovrebbe esistere, un dolore senza senso. E' un dolore tutto mio, ed è odio puro distillato nei miei confronti. Io, io, io. Che sono troppo per lei, sono eccessivo, sono ingombrante, enorme, incomprensibile, incontenibile. E nonostante ciò, non le basto mai. Non potrò mai bastarle.

L'aria ha un odore frizzante e variegato. Riconosco una miscela di odori familiari. Mi sono lasciato prendere dai miei pensieri, ho camminato e ora sono troppo vicino a Jasper e agli altri. Devo tornare indietro, Esme e Alice sono fuori la mia portata.

Dannazione.

Mi sento così stupido. Datemi dell'impulsivo, del mostruoso, dell'animale. E' quello che sono, è la mia reale natura, soffocata negata incatenata giornalmente dal mio autocontrollo. Ciò che non mi appartiene è l'essere emotivo, tuttavia. E distratto.

Io sono uno che non si distrae mai e proprio adesso, nel momento del pericolo, mi sono lasciato prendere dai miei odiosi pensieri e mi sono distratto.

Forse c'è un po' di Bella anche in me. Forse è questo che lei ha fatto. Ha scovato il mio nucleo centrale, ha raggiunto il nucleo della mia essenza e l'ha conquistato. Come un virus, mi ha contagiato, mi ha intossicato. Non c'è timore nelle mie parole, né sospetto, o rimorso. Va bene così. Prendimi tutto, Bella. Prendimi tutto. Pur di bastarti. Pur di sfamarti per l'eternità, divorami.

L'amore è proprio assurdo.

Ed io sono solo uno stupido che gioca con le parole per nascondere, dissimulare. Oh, in questo sono un campione. Pur di negare l'evidenza e trarre in inganno, sono pronto a costringere le mostruosità più terrificanti dell'Universo in una bella confezione. E' quello che sono, un vampiro, un assassino, una trappola mortale, un veleno in una bellissima confezione. Sono fatto per ingannare, attrarre, ipnotizzare, uccidere. E' quello che ho sempre ripetuto, all'inizio. A me stesso e a Bella. Ma soprattutto a me stesso: per costringermi a non cedere all'amore, per costringermi a rifiutare le briciole di salvezza che lei mi ha sempre offerto, in maniera del tutto ingenua, e masochista, e determinata. Com'è esattamente lei, Bella.

Ma che senso ha ormai rivangare il passato, ricordare le parole inutili spese? E le convinzioni infrante, i timori soffocati, i desideri soddisfatti.

E' che io ci ho creduto,e ci credo davvero... che anche per quelli come me possa esserci la salvezza. E che questa via verso la salvezza passa proprio per Bella.

E' che io ci ho provato, e ci provo ancora a far funzionare tutto.

E' che io non so più che fare... perché per ogni cosa che faccio, per ogni azione e possibilità che prendo in considerazione finisco col ferirla. Se mi costringo – e la costringo – a fare a meno di me, andando via, le procuro del male. Se mi arrendo, mi consegno all'evidenza –e ciò che Bella ormai non può più fare a meno di me –, rimane la sensazione di continuare a procurarle del male.

E poi c'è lui.

Soffoco un ringhio. Inghiottisco, come a buttar giù questo gusto acido.

E poi c'è lui. Il cane. Che l'ama, di un amore giusto e salutare. Che l'ama come è giusto che lei debba essere amata.

Tutto fila liscio, Edward. Nessun cambiamento. Vedi di tranquillizzarti. Non ho bisogno dei tuoi poteri per sapere cosa ti sta passando per la testa. Su, vedi di darti una calmata.

Alice. E' rientrata nel mio campo. Il suo pensiero mi arriva forte e chiaro. Mi rincuora. Ma giusto un pochino. Tuttavia ha ragione. Non c'è proprio nulla che possa fare, adesso.

Rimango fermo, una statua abbandonata in mezzo alla foresta. Alzo lo sguardo al cielo: gli occhi mi si riempiono di nuvole, di giochi di luce, di ombre e di chiaroscuri.

Il cielo, con le sue nuvole, è sempre al suo posto. E così sarò io. Al mio posto. Così che Bella, quando vorrà cercarmi, saprà sempre dove trovarmi. Al mio posto. Solo per lei. E mi va bene così.

Alla fine me ne rendo conto, che è per questo che l'amo, soprattutto. Perché lei mi ha assegnato un ruolo. Perché lei mi ha chiesto di stare fermo ad aspettarla. Ed io allora lo so. Adesso, posso vivere tutta l'eternità sapendo che quando lei avrà bisogno io ci sarò sempre.

 

...

 

Qui tutto bene, Edward. Carlisle. Abbiamo concluso l'allenamento. I licantropi sono carichi, ma non agitati. C'è una strana tranquillità, qui. Comunque sia, adesso ci spostiamo. Tu va' pure da Bella. Ci vediamo più tardi nel luogo prestabilito. Ah, Alice ed Esme dovrebbero mettersi in cammino proprio adesso.

Ok, diamo pure una controllatina. Dalla casa provengono solo sussurri incomprensibili, sospiri, pensieri secchi e brevi. Sicuramente si staranno preparando ad uscire. Mi incanto un paio di minuti e quasi cedo al torpore di questo brusio di sottofondo, quando una voce squillante attira la mia attenzione.

Edward, sei in ascolto, vero? Alice. E' mezzogiorno: noi cominciamo a muoverci verso gli altri. Non ho avuto alcuna visione. Possiamo stare tranquilli, insomma.

Non preoccuparti, caro. Esme. Vai da Bella, adesso. Ti starà aspettando, ne sono certa.

Annuisco, soltanto per me stesso, afferro lo zaino e poi scatto. Mi sento leggero, più leggero del vento stesso. Corro, salto, plano. Non è tanto per la fretta ed il desiderio di vedere Bella: so che lei è là ad aspettarmi e so che è lì che la troverò. E' che... ho come una brutta sensazione. Qualcosa, nell'aria... è successo qualcosa. Qualcosa è cambiato. Forse è la stessa sensazione che percepisce Alice ogni volta che si trova davanti una visione che contraddice la precedente. Ecco, è l'idea che sia accaduto qualcosa di sbagliato. Come se la storia avesse preso una piega sbagliata, una deviazione. E' come un brivido. Una sensazione spiacevole che mi si è incollata addosso e scivola lentamente sulla mia essenza, mi contamina, mi scava nel profondo. Non ci metto molto a rendermi conto che è il dubbio. E' il dubbio che mi sta lentamente divorando, come una sanguisuga che si nutre delle mie convinzioni, delle mie speranze e dei miei ricordi più belli. Il dubbio, che tra Bella e Jacob sia successo qualcosa. Scatto in alto, comincio a salire, sempre più in alto, saltando tra un ramo e l'altro, come a volermi sottrarre a tutto questo. Soffoco un ringhio, scavo dentro me stesso e mi aggrappo al mio autocontrollo. Mi aggrappo al bene immenso che provo per Bella. Devo mantenere la calma, devo mantenere il controllo.

Mi distraggo, inciampo, perdo l'equilibrio, cerco di frenare e vado a sbattere violentemente contro un albero. Dannazione. La botta è stata fortissima: l'albero sta cadendo a terra. E dire che mi ero ripromesso di mantenere la calma e di non fare danni. Speriamo il contenuto dello zaino non si sia danneggiato, altrimenti Bella dovrà ritrovarsi con dei sandwich formato carta da lettere.

Dannazione.

E' stato un attimo. Ero così concentrato a mantenere saldi i nervi ed il controllo che non facevo caso ai pensieri sempre più chiari che si sono insinuati dentro di me. E quando ho sentito quello è stato come un urlo, un pugno in faccia.

Per la prima volta nella mia esistenza da immortale odio veramente la mia capacità empatica. Perché posso sopportare tutto, posso sopportare l'ipocrisia delle persone, il fastidio dei pensieri irritanti degli altri ragazzi, i pensieri più brutti e nascosti della gente, ma non questo.

Bella e Jacob, avvinghiati, una cosa sola. Persino gli stessi pensieri, profondamente umani, anzi, del tutto animaleschi, impulsivi, istintivi.

Che stupido.

In un certo senso, ho sempre saputo che sarebbe successo. Mi sono sempre aspettato qualcosa del genere. E proprio perché tutti i giorni avevo davanti gli occhi l'idea che, sì, in un modo o l'altro avrei trovato Bella attaccata alle labbra del cane, mi ci ero quasi abituato, al punto da nemmeno crederci veramente. Siccome lo temevo, sempre, mi aspettavo che non sarebbe mai accaduto. Come una paura irrazionale che è anche irrealizzabile.

Che stupido.

La verità non è mai stata così evidente.

Rallento il passo, fino a fermarmi del tutto. Controllo. Ho bisogno di controllo.

E intanto, in quanto stupido quale sono, prendo a pugni una grossa roccia. Non m'importa: non esiste dolore più grande di quello che sto sentendo adesso, sintonizzato su questi pensieri.

La mia mente è al lavoro. Una parte della mia coscienza è concentratissimo sulle immagini che il pensiero di Jacob rielabora in continuazione: Bella che dice di amare me e di amare anche lui, Bella che si fa baciare, Bella che si tira indietro, Bella che si lascia andare e travolge Jacob, Bella che si attacca con violenza a quel corpo così caldo così umano così maledettamente... giusto.

Un'altra parte della mia coscienza è in fiamme: brucia l'orgoglio di un fuoco nero, nerissimo, il fuoco di un veleno dato alle fiamme, che si consuma e mi consuma.

Un angolino della mia coscienza, ormai sempre più ridimensionato e soffocato, mi chiede controllo, mi chiede sicurezza.

Il braccio penzola verso terra, il pugno violentemente chiuso e stretto. Davanti a me una massa di detriti, polvere e schegge di pietre. Il braccio oscilla, privo di volontà e di coscienza, come se non mi appartenesse più. Come a dire che se non provo dolore allora non è mio. Dovrei provare dolore per aver distrutto a pugni una roccia. No. Non dovrei. Vorrei provare dolore, ora ne sono più che sicuro.

In un altro, ennesimo livello di coscienza, penso al da farsi. Cosa accadrà adesso? E' ovvio che non posso lasciarmi prendere dalle emozioni. Non ora. Tuttavia, il tempismo non è mai stato migliore. La verità è che davvero tutti i nodi sono venuti al pettine. Se c'è un momento in cui tutto questo deve accadere, beh, è proprio adesso.

Stringo i denti, pronto per un nuovo affondo contro me stesso. Sento il loro odore. Completamente mischiato. E' una sensazione orrenda e disgustosa. Lotto contro me stesso per ignorarlo, mentre qualcos'altro mi sta intossicando. La gelosia. L'invidia.

“Sai, in un certo senso sei fortunato, Jacob.”

“Risparmiami il tuo sarcasmo.”

“Non è sarcasmo, Jacob, parlo seriamente. Io ti invidio. Sul serio.”

Mi ritornano in mente proprio adesso le parole mie e di Jacob. La conversazione di ieri. Bruciano le parole come marchiate a fuoco sulla mia coscienza e sul mio orgoglio.

E' vero, dannazione. Io lo invidio, perché è fatto di carne e sangue, perché è fatto di calore.

Proprio ora mi ritrovo a immedesimarmi nei pensieri di Jacob. Mentre il cane rievoca il suo bacio appassionato con Bella io lo rivivo, in lui, come se fossi lui. Come se volessi essere lui, almeno una volta sola. Per poter baciare Bella e sentirne il calore. Per sentire le sue mani che strofinano la mia pelle, che ne cercano il calore, anziché discostarsene, con un brivido. Jacob bacia Bella e anch'io bacio Bella. La mia mano calda è sulla sua gola bollente, e sento tutto: sento il suo battito sulle labbra, e sento anche il mio, sulle sue labbra. Ma lei continua a chiamare il nome sbagliato.

Dannazione, dannazione, dannazione!

Stringo i denti e stringo i pugni, stringo finché mi è possibile, stringo oltre il dolore che non sento, stringo a voler farne uscire fuori il sangue, ma non esce. Non esce.

Ok, Edward, ora basta. Torna te stesso. Tu sei più forte di tutto questo.

Secondo dopo secondo spengo il fuoco che brucia in me e riacquisto il controllo.

Sono stato uno stupido a lasciarmi andare a queste emozioni stupide, così tremendamente umane. Devo ricordarmi chi sono. Sono il vampiro freddo che Bella ama. E' esattamente questo il mio ruolo, è esattamente questo l'Edward che lei vuole. Anche se non riuscirà mai a bastarle.

Torno in me e mi ricordo del tempo che trascorre. Mi rimetto in cammino. Chiudo gli occhi e mi chiudo al mondo. Tutto, pur di non vedere di nuovo quello che è successo.

Tra un salto e l'altro le cose cambiano ancora una volta. Continuo a tenere gli occhi chiusi, il solo istinto mi basta a guidarmi. E l'odore misto di Bella e del licantropo si fa sempre più forte: anche volendo, non potrei sbagliare. Dentro di me, però, tutto cambia. Sento qualcosa scivolare via, abbandonare per sempre il mio corpo. Mi sento... vuoto. Freddo. Spento. Dopo l'incendio di quelle emozioni, ora percepisco una totale desolazione. Le mie emozioni sono esplose e ora si sono volatilizzate. La rabbia è scemata, il dolore pure... e ciò che rimane è una triste e amarissima consapevolezza.

Io.. non saprei dire quando tutto è cominciato. Non so se c'è stato un cambiamento, se c'è una causa logica, o se tutto era sbagliato sin dall'inizio.

Io so solo che un tempo credevo veramente che io e Bella potessimo vivere felici. Accontentandoci di noi stessi. Adesso le cose non stanno più così. Le sue parole, filtrate dal pensiero di Jacob, mi risuonano ancora nella mente, e mai se ne andranno.

Io so che con te sarei la donna più felice di questo pianeta. Io so che con te non soffrirei un amore che è essenzialmente un bisogno profondo ed incontrollabile.

Così gli ha detto, nel momento in cui mai e poi mai avrebbe potuto continuare a mentire. Alla fine, la verità viene sempre a galla.

Ora che sono così svuotato, a parlare, dentro me stesso, è forse un certo senso pratico. O forse è semplicemente lo smisurato affetto che provo nei confronti di Bella. Quasi mi stupisce la tranquillità stoica, apatica, con cui dico a me stesso che sono pronto a rinunciare a Bella, pur di renderla felice. Se è il nostro legame che la fa soffrire, molto più di quanto la renda felice... che posso fare, se non tagliare via questa catena?

E' vero, ci ho provato una volta. Perché ero stupido e vigliacco. Ma non posso fare a meno di essere me stesso. Come tutti, del resto. E' vero: l'ho fatta soffrire. Ma questa volta ci sarà Jacob, con lei. Sin dall'inizio.

A volte la cosa più giusta da fare – non la più sensata.. ma la più giusta – è lasciare che tutto prosegua secondo natura. La nostra storia è assurda, impossibile, una forzatura. La vera deviazione non è stato il suo bacio con Jacob. La vera deviazione siamo noi. Ora lo so, e ora posso farmene una ragione.

Mi fermo. Sono vicini. Spingo lo sguardo su, in alto. Il cielo, una distesa plumbea e pesante, è trafitto dalle cime degli alberi più alti. Mi viene quasi da ridere. Visto così, sembra più che altro siano gli alberi a reggere il cielo. Se non ci fossero gli alberi potrebbe venire giù, tutto d'un colpo.

Rido di me stesso, rido dei miei pensieri, della mia mente annebbiata, rido dei processi mentali con il quale rispondo a qualcosa che non avrei mai voluto sentire e vedere, e che tuttavia non posso proprio ignorare.

Mi arrampico su un grosso albero. Salgo, supero uno, due, tre, quattro rami. Al quinto, un ramo bello solido e lungo, mi fermo e mi ci siedo sopra, le gambe penzoloni.

Dovrei scendere, dovrei andare da Bella, dovrei pensare a quale reazione indossare, dovrei pensare a quali parole usare, dovrei convincermi che l'unico mio problema è salvare Bella da Victoria.

E mentre lo penso rimango quassù.

Sento un brusio di pensieri. Mi sforzo a non concentrarmi, non voglio sentirne esattamente le parole. Mi limito a percepire il ritmo di quei pensieri così aspri. Tra una serie di pensieri e l'altra ci sono un paio di istanti di silenzio. Jacob starà sicuramente parlando con Bella.

Ad un certo punto c'è un silenzio di tomba. Uno, due, tre secondi di silenzio. Finché...

Edward.

La sua voce – la voce che solo io posso sentire, dentro di me, e che è leggermente diversa da quella reale, fisica – è troppo chiara e troppo insistente per pretendere di non sentirla.

Edward, so che puoi sentirmi. Sento vagamente il tuo odore, ma tu dovresti sentirmi molto più facilmente, no?

Jacob. Rimango appollaiato sul ramo e continuo ad ascoltarlo.

Devo parlarti.

Ma non mi dire!

Beh... ecco, non so da dove cominciare. Magari ti interesserebbe sapere perché anziché venire a cercarti mi sto limitando a questa conversazione mentale.

Eh, magari.

Ho lasciato Bella da sola, giusto per un attimo. Lei non sa che sto parlando con te, e non voglio che lo sappia. E, se mi ascolterai fino in fondo, so che nemmeno tu vorrai che Bella sappia. So che hai... visto. Per quanto sia possibile uno non può spegnere completamente il proprio cervello, eh? Penso che tu abbia visto abbastanza. Non sono qui per negare quello che è successo...

Ci mancherebbe!

Né, tuttavia, per giustificarlo. E' successo, punto e basta. Non lo rinnego. Mi pare ovvio, no? Ora. Tu sai come stanno le cose. Sai che io farei di tutto per avere Bella, per averla tutta per me, e che sono pronto a lottare pur di non lasciarla morire per te. Questo lo sai e io non ti ho mai mentito, quindi ti chiedo di credere anche a quello che sto per dirti. Non ho alcun motivo per mentirti, no? Bene. Hai visto quello che è successo. Puoi credere, se ti fa sentire meglio, che sia tutta la mia colpa, che ho costretto e persuaso Bella, e che lei è una vittima inconsapevole. Ma, come hai visto, al momento di tirarsi indietro Bella non l'ha fatto proprio. Hai sentito benissimo le sue parole. Lei ama te ed ama me. E con me sarebbe molto più felice che con te. So che l'hai pensato anche tu, almeno una volta.

Sgrunt. E' intelligente, il cagnaccio. In questo modo lui può parlare a ruota libera indisturbato, mentre io non posso rispondergli.

In sostanza, sono qui per chiederti di continuare la nostra tregua, ancora per poco. Io tengo a Bella quanto te, e con i succhiasangue in arrivo dobbiamo darci da fare. Dopo, però, le cose possono pure essere diverse. So che è quello che vuoi anche tu. E' più facile per tutti e due, no? Una volta venuto meno il pericolo, siamo liberi di scontrarci per Bella. Sono certo che anche tu la pensi così. Ma, nel caso che non è così, fammelo pure notare. Avanti. Io sono qui. Puoi localizzarmi facilmente, seguendo il mio odore. Facciamo così. Ti aspetto. Se quello che ti ho detto non ti va bene, vieni, colpiscimi. Fai quello che vuoi.

Ancora prima che finisca la frase so già che non ho alcuna intenzione di spostarmi, perché ha ragione. Ha maledettamente ragione: mi ha detto ciò che ho sempre cercato di nascondere a me stesso. E' vero. Con Victoria morta, sarà tutto più facile per noi. Non dovremmo continuare questa tregua.

Conto fino a dieci, ok? Se non succede niente, beh, lo prendo come un sì.

Stringo la mano sul ramo, lotto contro me stesso. Controllo, controllo, controllo. Non spezzare il rame. Non scattare. Rimani fermo, ancorato al ramo e alle tue convinzioni.

La verità è che vorrei scattare, saltare sul suo muso da cane, e dirgli quello che penso. Che potrei anche farmi da parte.

Eppure, rimango qui, ancorato al mio ramo, ancorato al mio ruolo. Non voglio tradire le aspettative di Bella. Faccio ciò che si aspetterebbe Bella.

Bene, noto con piacere che siamo d'accordo. Ti chiedo un'altra cosa, Edward. Dammi altri cinque minuti, per parlare a Bella. Poi mi allontanerò, e Bella sarà tutta tua. Ah, tra l'altro Bella non è in ottima forma... mi sa che le sta venendo un po' di febbre. E' un po' stordita e infreddolita niente di più. Abbine cura. Ci becchiamo nella mischia, allora.

L'aria ritorna silenziosa, a parte un fastidioso brusio di sottofondo. Jacob torna da Bella ed io non posso fare a meno di immaginarli insieme.

Scendo dal ramo, atterro elegantemente sul terriccio, come una piuma muta e silenziosa. Comincio a camminare, a passi lenti. Cinque minuti ha detto, eh? Bene. Che si prenda i suoi cinque minuti. Non ho intenzione di arrivare e interrompere qualcosa. Così procedo lentamente, inevitabilmente immaginando ogni singolo istante che loro due trascorrono insieme.

Un passo in avanti. Jacob che la rassicura, lei che sorride, magari imbarazzata.

Un altro passo. Jacob la riempie di bugie e lei scuote la testa.

Un passo ancora. Jacob la saluta e lei... cosa fa lei? Lo chiama? Gli chiede di aspettare? O lo lascia andare, impaziente di rivedere me?

Ed è così che mi ritrovo a porvi una domanda fondamentale, una domanda alla quale, veramente, non saprei rispondere. Chi stai aspettando veramente, Bella? Chi, di noi due?

Sono vicino, molto vicino. L'odore del cagnaccio si fa più forte. E' intenso, al punto di stordirmi: ma a ben vedere c'è qualcosa di più forte ed intollerabile. I suoi dannatissimi pensieri. Li sento intrufolarsi dentro di me, intossicarmi, contaminarmi. Sento la sua rabbia, il suo dolore, sento la sua disperazione che lo spinge a ricorrere e delle sporche menzogne, sento le sue parole prendere corpo nella sua mente e poi uscire fuori, così aspre. E quando me ne accorgo è troppo tardi: non posso più tirarmi indietro, ora che questa scena mi si incolla violentemente sulla retina.

“Dimmi solo cosa posso fare per trattenerti! Mi bastano altri pochi minuti, te ne prego! Chiedimi qualunque cosa, Jake, qualunque cosa!”

Vedo Bella, il volto trasfigurato da un'emozione sbagliata, ingannata da una menzogna.

“Un ultimo bacio. Che ne dici, Bella? Ci sta bene. Come nelle migliori tragedie. Vuoi darmi un ultimo bacio?”

“Non l'ultimo, Jake. Non l'ultimo.”

Ciò che è peggio del semplice vedere con i miei occhi quello che accade, è sentire tutto quanto dentro la mia testa. I pensieri di Jacob si fondono con i miei. Vedo Bella baciare con passione il licantropo e sento le sue labbra sulle mie. Lui la bacia con voracità, io la bacio con voracità. Io/lui le poggiamo una mano sulla gola: lui ama il suo calore, ama sentire la sua pulsazione, e anch'io. Il desiderio mi urla nelle orecchie, mi pulsa in testa, mentre Bella lo bacia e lo divora e mi divora, mi prosciuga.

Sono una statua di freddo marmo, e dentro di me brucia l'Inferno.

“Torna, Jake... torna da me.” Bella gli/mi dice, guardando lui e guardando me piena di desiderio e compassione. Lui/io pensiamo che possiamo anche morire per quello sguardo e quelle parole che ci chiedono di tornare da lei.

Quando Jacob si trasforma sono ancora legato ai suoi pensieri, ma l'ingresso nella mente collettiva del branco è come un urto che mi spinge via. Ho le vertigini: riapro gli occhi e mi appoggio ad un tronco vicino. Riprendo a camminare, piano, pianissimo, scivolo sul terriccio senza far alcun rumore. Passo dopo passo sono sempre più vicino a Bella, che aspetta, ferma in piedi, lo sguardo perso nel vuoto. Ancora un passo, e sono sicuro di entrare nel suo campo visivo. Mi guarda, è sempre lo stesso sguardo, quello della Bella che mi ama. Mi guarda, mi vedo riflesso nei suoi occhi, mi chiedo: come mi vede, adesso, Bella? Forse mi vede preoccupato, forse mi vede ansioso, forse, non so, ho uno sguardo arreso, rassegnato, che rimane incastrato sul mio volto nonostante il mio autocontrollo. E mentre mi avvicino, capisco. Ora che fisso i suoi occhi, io so che le cose saranno diverse, io so che adesso non sarò più l'Edward che lei ha sempre amato con totale devozione e bisogno, no, io sono un impostore. Quello che lei vede, o che almeno dovrebbe vedere, è l'Edward che mente. Ora che la vedo e che mi preoccupo soltanto stia bene, io so che dovrò mentire, per la prima volta, dovrò mentire davvero. E tutto sarà diverso.

Il volto di Bella si irradia di luce. Accenna un passo verso di me, barcolla, perde l'equilibrio, e rapido come il vento sono accanto a lei. Le mie braccia la reggono, mentre la sua coscienza si spegne.

 

...

 

Scruto il cielo e non vi trovo nessuna risposta. Fa ancora abbastanza freddo, e più di questo non possiamo chiedere: è ora di pranzo. Questa sera si congelerà, penso, mandando un'occhiata a Bella, sdraiata sul mio cappotto, adagiato a terra. Non ha uno sguardo sereno, il suo viso è appena corrucciato. Le sue dita inconsciamente si stringono al cappotto, forse nel tentativo di cercare calore, o forse solo sicurezza, o chissà che altro.

Rimango ancora un istante in ascolto. Seth è vicino, riesco a sentire il vociare di sottofondo, confuso ed ammassato, del branco, chiaro e preciso nei suoi pensieri. Ripasso mentalmente la conversazione di una decina di minuti fa. La mia famiglia ed l branco si stanno muovendo, verso lo spiazzo in cui contano di intercettare ed affrontare Victoria ed i neonati. Alice ed Esme li hanno raggiunti, ed Alice ha confermato il piano e le visioni. Tutto prosegue come deve andare. Io, in realtà, non riesco a scollarmi di dosso la sensazione fredda e spiacevole che qualcosa sia andata storto, e per l'ennesima volta faccio appello al mio autocontrollo e metto a tacere i miei demoni interiori. Anche Jacob è con loro. Non so cosa abbia detto – o non detto, piuttosto – a tutti gli altri, ma non ho registrato alcuna particolare reazione. Forse sono tutti abbastanza concentrati sullo scontro sempre più imminente da ignorare completamente tutto il resto. Com'è giusto che sia. Peccato non sia lo stesso per me: le immagini di quello che ho visto, sentito, provato e vissuto non mi danno tregua, nemmeno per un istante soltanto. So solo che devo prendermi cura di Bella, adesso. Da solo, anche se gli altri hanno pensato bene di mandarmi Seth, a fare da tramite. Ho come la sensazione ci sia altro dietro questa idea. Se è stato veramente Jacob ad avanzare la proposta – ed è questo che mi suggerisce l'istinto – non ho dubbi su cosa possa esserci dietro. Ma non importa, mi dico. Non importa, non deve importare. Seth comunque mi sarà utile, per essere informato attentamente sugli sviluppi. E magari, chissà, Bella potrebbe anche evitare un qualche tipo di imbarazzo legato al dover stare sola con me, proprio con me, dopo quello che è appena successo.

Bella singhiozza nel sonno, singhiozza appena. Devo sbrigarmi. Ho sistemato tutta l'attrezzatura per la tenda. E' una piccola tenda, va bene per una, massimo due persone, ed è esattamente ciò che ci serve. Dentro una scatola c'è pure un grande foglio con le istruzioni illustrate. Lo guardo rapidamente, con un'occhiata superficiale, una lettura di massima e lo ripiego, per poi farlo sparire nell'oscurità dello zaino, ormai praticamente vuoto.

Mentre monto la tenda – ed ho quasi finito – arriva Seth. Stacco appena gli occhi dal tessuto della tenda, ampiamente dispiegato sul prato, e incontro gli occhi da lupo del ragazzino, che mi scrutano, curiosi ed intimoriti e anche spavaldi.

“Ciao, Seth.” Dico piano, con tono educato. Lui non risponde, nemmeno si lascia andare un qualche verso. Afferro i lembi del rivestimento della tenda e la sistemo, mentre lo sento trasformarsi e tornare ad una forma umana.

“Cavolo, fa proprio freddino.” dice lui

“Già. E considera pure che siamo nell'ora più calda della giornata.”

Ecco, la tenda è sistemata. Torno verso lo zaino e tiro fuori i sandwich un po' mal ridotti, ma comunque passabili. Seth segue i miei movimenti in silenzio, così, per spezzare il silenzio, mi volto e gli indico la busta con il cibo. “Sei affamato? Ce n'è anche per te. Mia sorella si è lasciata andare un po' troppo, e Bella non credo vorrà mangiare molto... Serviti pure.”

Il ragazzino si avvicina, titubante. Rovista nel sacchetto e poi tira fuori un sandwich ben confezionato.

“Grazie..” mi dice, per poi spostarsi, sedersi a terra ed addentare il pane.

E anche questa è fatta, mi dico. Ora devo occuparmi di Bella. Mi avvicino a lei, ancora profondamente addormentata. La afferro senza sforzo alcuno e la sollevo. Inconsciamente si stringe a me, mugugnando qualcosa di incomprensibile.

“Jake ci ha detto che ha un po' di febbre.” Esordisce il ragazzino.

“Sì, niente di preoccupante. E' stanca, infreddolita e profondamente stressata da tutto questo.” Gli rispondo, mentre sistemo Bella dentro la tenda. Le lascio il mio cappotto, al quale si riattacca subito. “Non è proprio una cosa da tutti i giorni per una ragazza come lei.” Dico ancora.

“Eggià, è proprio una ragazza...” Lo guardo incuriosito. Il suo sguardo ed il suo tono intendevano dire non è come noi, eppure non è sull'essere licantropo o umano che pone l'accente.

“Qualcosa mi dice che tu ti stai divertendo pure troppo.” Gli dico con un tono un po' finto, un tono scherzoso da ramanzina.

“E perché no. Come hai detto tu, non è una cosa che capita tutti i giorni, nemmeno a me.” Con lo sguardo gli dico: già. “Di un po'. Tu ci sarai abituato a cose del genere, no? Ora però sei esattamente dall'altra parte. Chissà quante volte ti sarai ritrovato al posto di quella, come si chiama, Victoria...”

Manifesto un briciolo di sorpresa e curiosità per le sue parole.

“Non esattamente.” Gli dico con tono neutro. “Carlisle ci ha sempre tenuti fuori da guai, sai com'è. E non dimenticare il patto con i tuoi antenati.”

Il ragazzino mi rivolge uno sguardo vagamente annoiato, posso facilmente immaginare il perché, ed i suoi pensieri mi danno la conferma. Sta pensando a tutte le volte che ha sentito parlare delle storie degli antenati, tutte quelle leggende e quella roba da vecchi – così la pensa lui.

Non aggiungiamo altro. Seth torna a concentrarsi ai sandwich – ne ha già fatto fuori un altro – ed io torno da Bella. Poi mi torna in mente, per caso... “Che altro vi ha detto Jacob?”

“Oh, niente di che. Che la passeggiatina con la ragazza è andata come previsto e che non ci sono stati intoppi. E poi... semplicemente che vi siete incrociati e che vi siete così scambiati di posto. Che altro doveva dirci?”

“Ok, riformulo la domanda: che cosa avete sentito?”

“Oh.” Dice lui, ricordandosi improvvisamente di qualcosa che comincia a prendere forma, lentamente, nella sua mente. “Oh.” Ripete ancora. “In effetti siamo stati investiti da una serie di ricordi e pensieri che hanno a che fare con la ragazza... ma, sai com'è, nessuno ci ha fatto molto caso. Io, almeno, ho smesso di ascoltare. Non so cosa si sono detti e non voglio proprio saperlo... paranoie da adolescenti.” Sbuffa, atteggiandosi da ragazzino quale è. “A me interessa solo l'azione, ovvio.”

“Ovvio.” Ripeto, non molto convinto.

Sono quasi propenso ad insistere, ma poi mi convinco a lasciar cadere il discorso. E un istante dopo già è relegato in un cantuccio della mia coscienza, perché Bella si sveglia e sussurra il mio nome.

 

 

/ * * * \


Note dell'Autore

Ormai è passato un mese dall'inizio della storia, mi pare giusto concedermi un intervento. Innanzittutto un sentito ringraziamento verso la più fedele lettrice Marpy, grazie per le tue puntuali recensioni! Scrivere una storia e pubblicarla risponde anche ad un'esigenza di comunicazione, trovare un lettore che mostra di capire pienamente quanto si vuole comunicare è gratificante per l'autore.
Per quanto riguarda la storia, siamo quasi a metà. Pensando inizialmente alla struttura avevo scelto una storia con pochi capitoli, ma molto corposi. Il prossimo capitolo, infine, sarà il vero punto di svolta, che stravolgerà la storia così come l'avete conosciuta da Eclipse in poi.
A questo punto della storia, mi piacerebbe conoscere più largamente il parere di chi legge. Non siate timidi, insomma! La pagina delle recensioni aspetta solo di essere riempita a dovere!

E questo è tutto, non mi resta che augurarvi buona lettura!

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Capitolo 6
*** Parte terza: Morire dentro ***


PARTE TERZA: MORIRE DENTRO

 


Mi sveglio. L'aria è calda e piacevole, soffice, mi sfiora dolcemente il viso. I miei occhi sono ancora chiusi, li apro piano, pianissimo, lentamente, per abituarli alla luce. Ancora non riesco ad abituarmi di nuovo a tutta questa luce. Sbadiglio. Guardo la sveglia, ma sono ancora intontita, fisso la sveglio e in realtà nemmeno leggo con attenzione e consapevolezza i numeri. Quindi mi alzo. Sbadiglio. Da giù proviene un mormorio unito a un odore dolciastro. Di nuovo frittelle, forse. Passo dal bagno, mi guardo allo specchio ma non mi vedo veramente. La mia mente entra in buco nero, mentre mi lavo e mi preparo per la mattina. Quando chiudo la porta del bagno e me la lascio alle spalle riprendo a pensare. E mentre penso alla giornata che mi aspetta, comincia ad affiorare una sensazione strana. La sensazione di aver dimenticato qualcosa. Ma cosa? Qualcosa, forse, di molto importante. Metto a tacere la mia voce interiore e mi preparo ad entrare nella cucina. Un bagno di luce. Ben svegliata, cara, mi dice mia madre. Mi metto a sedere e mangio le frittelle con un certo appetito. 'Giorno, dice Phil, entrando in cucina, una tazza in una mano e un giornale nell'altra. Molto pittoresco, penso. Continuo a mangiare e per un po' non so che succede: il tempo sembra dilatarsi e poi restringersi e poi strapparsi e procedere per salti. Ma per quanto mi sforzi di farci caso, mi passa di mente. Ed eccomi mentre decido quale camicetta indossare. Sbrigati Bella, mi dice mia madre, ancora in cucina, Jake è già arrivato!, oh, penso io, Jake è già arrivato, devo sbrigarmi. Qualcuno gioca di nuovo col telecomando del tempo: ed eccomi sulla porta di casa, i miei occhi incollati sul mio ragazzo. Buongiorno!, mi dice lui, raggiante, anche più del solito. Lo bacio sbrigativamente, mi volto verso mia madre, le lancio un saluto, saluto anche Phil ed esco.

E poi che succede?

Cammino, la mia mano stretta a quella di Jacob. Ho di nuovo quella sensazione. Ne parlo a Jake, anche se in realtà preferirei ignorare la cosa. Sei la solita, Bella!, mi dice lui ridendo. Sicura di aver preso tutto?, mi chiede. Sìsì, gli rispondo, sicura. Ok, facciamo un rapido conto, suggerisce lui. Cellulari portafogli chiavi? Presi. La borsa c'è... I libri li hai presi tutti?, chiede. Sì, dico io, un po' perplessa. Ripasso mentalmente il momento in cui avevo preparato lo zaino. Sì, concludo, è tutto a posto. Ah, vedrai, magari salterà fuori nel momento meno opportuno!, ride ancora. O magari è solo una sensazione, niente di più, aggiunge. Chissà... però è strano. Insomma. Mi sento strana. Non ha senso, vero?

Camminiamo ancora, lungo la strada alberata, profumata e luminosissima che ci conduce verso il College. E' ancora abbastanza presto, quindi camminiamo con calma. Forse anche con troppa calma. A ben vedere, questa strada sembra molto più lunga del solito. Mi sembra di non arrivare mai a destinazione. Eppure siamo messi che camminiamo, e camminiamo. Parlando e ridendo e scherzando e ripassando l'ultima lezione. Jacob come al solito ha dormito per buona parte delle lezioni pomeridiane, ieri, e così mi tocca ripetergli tutto. E quindi camminiamo, camminiamo.

Un messaggio mi fa vibrare tutta la borsetta. Alice. Ehi, coppietta felice, vi aspettiamo al bar per un caffè! Leggo ad alta voce. Jacob commenta con una battuta stupida e ridacchia, di nuovo. Ora che ci penso, dice poi, ho un certo appetito. Non hai fatto colazione?!, gli chiedo. Sì, ma... abbassa lo sguardo. Come dire... ho di nuovo fame. Io rimango sconvolta, fintamente sconvolta – ormai ci sono abituata. Sei incorreggibile, Jake! Gli dico con finto tono da ramanzina. Poi scoppio a ridere, ride anche e lui e ci fermiamo a ridere come due cretini innamorati qualunque, in una lunga e bellissima e luminosissima strada verso il College e verso il nostro presente. Ad un certo punto, però, la strada scompare. Vivo per un attimo in una bolla bianca, lattiginosa. Poi sono al bar, seduta al tavolo insieme ai miei amici e tutto sembra normale.

E quindi gli ho detto così... ma che tipo, eh? Eggià, è strano forte quel prof. Frammenti di conversazioni che mi attraversano. Mi sembra di essere completamente diafana. Magari trasparente. Chissà. Magari Jasper, che è seduto di fronte a me, riesce a vedere il caffè che sto bevendo scorrere lungo il mio esofago. Quindi che lezione hai adesso? Eh, Bella? Alice mi chiede, io sono completamente intontita. Ahh, niente, oggi è fuori uso! Le risponde Jacob. Già, lo sono del tutto: che lezione ho adesso?, mi chiedo. Incredibile. Non me lo ricordo. Non riesco a ricordarmelo. Intanto ci passano accanto Rosalie ed Emmett e mentre tutti si salutano io mi ritrovo a pensare: ma che ci faccio qui? Io non dovrei essere qui!

Io non dovrei essere qui!

Un altro strappo del tempo e sono a lezione. Ho in bocca ancora il sapore del caffè, e nelle orecchie il saluto di Alice che mi ridà appuntamento per il pranzo. Sono sola, Jacob è in un'altra aula. Ci incontreremo alla lezione successiva. E così, come potete vedere, dice il professore, mentre io mi perdo completamente. Seguo senza volontà e senza consapevolezza il suo discorso, seguo la sua mano scrivere parole sulla lavagna – ma tanto non riesco a leggerle – seguo il movimento della sua bocca e intanto ripenso a come sono arrivata qui. Ogni tanto mi capita di ripensare a Forks, al suo freddo buio e grigio. Ma non disdegno del tutto l'essere tornata in quella cittadina. Se non fossi andata lì non avrei rivisto Charlie, ma soprattutto, non avrei incontrato Jacob. Non me ne sarei innamorata. Non l'avrei costretto a venire con me, al College. Ed è così che sono tornata di nuovo a stare con mia madre e Phil, in questa grande e luminosissima città, lontana dal freddo di Forks.

Forks. Quella strada perennemente congelata verso la scuola.

Forks. Gli alberi morti che svettano verso il cielo plumbeo e triste.

Forks. Monotonia grigia.

Forks, e la Push. Jacob, Bill, Seth, Leah, Sam. Chissà che fanno tutti quanti.

Forks... c'è una casa. Una grande casa ai limiti della foresta. Ci sono delle persone...

E questo è tutto! Ci vediamo domani. L'aula si svuota ed io rimango imbambolata come una stupida. Prendo le mie cose in fretta e furia ed esco dall'aula. Cerco di uscire andando controcorrente, fendendo la massa di studenti che entra per la lezione di adesso. Devo sbrigarmi anche a raggiungere Jacob, dall'altra parte del campus. Cammino, cammino, cammino, l'edificio che si fa più vicino, cammino, cammino e cammino, l'edificio si allontana. Parole, voci, frasi, saluti. E' ora di pranzo e insieme a Jake andiamo verso il café. Speriamo che gli altri hanno già preso il tavolo, mi dice lui, ho una fame! A me invece è passata, penso, ma non lo dico a lui. Non voglio farlo preoccupare inutilmente. Alla fine ordino un hamburger e patatine. Mi ricorda tutte le volte che lo prendevo in compagnia di Charlie. Oggi ci sono con noi anche Emmett e Rosalie. Emmett mi fa ridere, fa una bella coppia con Jake, sempre a pizzicarsi... Rosalie mi mette sempre un po' in soggezione. Sarà che quando è seduta con noi tutti si voltano sempre a guardarla. Oggi il prof. Carlisle è stato fantastico!, dice Alice, entusiasta. E via a raccontare e commentare la sua lezione. Chissà perché ho come l'impressione che se le chiedo il contenuto della lezione non saprà dirmi niente... E pensa un po'! Ad un certo punto mi ha dato della veggente!, dice lei, sconvolta e divertita. Sì, proprio così! Aggiunge. Jacob ride all'idea di Alice veggente. Mi unisco alla risata. Alice continua a parlare del professore, mentre io cedo di nuovo a quella sensazione. E' più forte, è più dolorosa, e amara. Ho come la sensazione, ecco, di aver dimenticato non qualcosa... ma qualcuno. Ma chi? Siamo tutti qui. Chi avrei dimenticato? Mi accorgo che Jacob mi guarda perplesso e vagamente preoccupato. Bella, sveglia! Mi dice Emmett, a voce alta, con il suo solito tono vivace. Niente, scusatela, oggi è un po' così, dice Jacob. Alice annuisce. Io mi dipingo sul volto un mezzo sorriso. Mah, avrò dormito male, chissà, dico poco convinta. Su, perché non interroghi la qui presente veggente?, propone Emmett divertito. Avanti, vediamo di che si tratta! Ridiamo tutti, pure Alice, che non manca di fulminare Emmett con lo sguardo. Poi Jasper, che in genere parla poco, prende la parola: dicci, Bella, cos'è che non va? Cos'è che senti? Le sue parole, la sua calma, mi suscitano una reazione a catena di dejavu, ma li ignoro. Li ingoio e li caccio nel profondo, mentre con tutte le mie forze cerco di sdrammatizzare. Non è niente di che, veramente, dico. Alice insiste. E' solo che... ho come la sensazione di aver dimenticato qualcosa. Il che non è strano, certo, però in genere me ne accorgo presto. Invece è una mattinata che continuo a pensarci, eppure non mi viene in mente niente. Alice mi sorride, fa per rispondermi, ma viene interrotta. Mike e Jessica. Ci salutiamo e li vediamo sparire subito dopo. Intanto, arrivano le nostre ordinazioni. Grazie, prendo il mio piatto. Alzo lo sguardo, per caso, ed incontro il volto della ragazza delle ordinazioni. Capelli rosso fuoco, una bellezza sensuale e travolgente, e la maledettissima sensazione di averla già vista. Victoria, puoi venire un momento?, dice un ragazzo dalla coda di cavallo, qualche tavolo più in là. Scuoto la testa, mangio. La sensazione di stranezza, tuttavia, mi divora.

Che mangiata...!, commenta un Jacob soddisfatto. Sei proprio una fogna!, gli dice Emmett, provocando il solito che hai detto?! da copione, e così ricomincia il battibecco tra i due. Il solito teatrino che ci intrattiene in situazioni come queste. Allora, Bella, ti senti ancora strana?, mi chiede Jasper, ad un certo punto. In realtà, gli dico, ho ristretto il campo di ricerca. Credo di aver dimenticato qualcuno. Hmmm, commenta lui, serio ed attento. Qualche appuntamento dimenticato?, chiede. Oh, hai bidonato qualcuno? Mi chiede Alice, intervenendo. Chi è il mal capitato? Nessuno, Alice, nessuno... o almeno credo.

Continuiamo a parlare anche dopo che siamo usciti dal café. Rosalie ci saluta e si allontana, con la sua solita grazia. Emmett e Jacob fissano l'appuntamento per una partita di basket, mentre io continuo a parlare con Alice e Jasper della mia sensazione strana. Arriviamo comunque alla conclusione che la mente è misteriosa, ogni tanto fa le bizze, soprattutto in periodo di stress. Ma io non sono stressata, penso, ma rinuncio a controbattere ai due. Stiamo ancora parlando quando qualcosa cattura la mia attenzione. Tra la folla che torna a lezione vedo un ragazzo. Per un istante vedo il suo volto, mi sembra scintillare. E'... è bellissimo, è la creatura più bella e perfetta abbia mai visto. Bella, mi stai ascoltando?, mi dice Jacob, ma io lo ignoro. Inconsapevolmente avanzo verso quel ragazzo, che cammina piano, con eleganza, verso l'ingresso dell'edificio più vicino. Mi incanto a vederlo camminare, sembra quasi sfiorare il pavimento. Non so cosa mi succeda. Questa è una giornata così strana. Eppure non riesco a trovare l'autocontrollo: il mio cuore batte impazzito contro la mia volontà.

Sono di nuovo a lezione, questa volta insieme a Jacob. Non riesco a stare attenta e continuo a pensare a tutto: alla sensazione strana, alla ragazza del café – Victoria, mi pare si chiami – e infine al ragazzo di poco fa. Sì... anche lui, credo di averlo conosciuto. Mi ricorda qualcuno. Ma chi? La lezione finisce ed io finalmente ottengo parte della soluzione. Nel momento in cui mi alzo dal banco lo so: che tutto ha a che fare con quel ragazzo. Io ho conosciuto quel ragazzo, ma me ne sono dimenticato. Devo ritrovarlo, lui ha le risposte che cerco. Ne sono sicura. Io e Jacob saliamo le scale. Lui saluta qualche amico che va incrociando. Ad un certo punto, però, lo vedo di nuovo. Il ragazzo dal volto che scintilla, è lui! Mi fermo, rimango incastrata tra il desiderio irrazionale di inseguirlo e il tentativo di autocontrollo. Ma non so come mi ritrovo nell'atrio, che corro, da sola, inseguendo quel ragazzo. Fermati!, mi urla una voce ignota dietro di me. Di riflesso mi volto: la ragazza del café mi sta inseguendo. Dovrei chiedermi: perché? Che cosa vuole? Come ha fatto a trovarmi? Ma invece lascio perdere e corro più velocemente, inseguendo il ragazzo. L'atrio è affollato di gente, però, faccio fatica a rimanergli dietro. Inciampo una volta, inciampo una seconda volta. Mi scontro con un ragazzo, finisco a terra, ma mi rialzo, nonostante Victoria continui ad inseguirmi, urlando come una pazza. La cosa più assurda è che il ragazzo non ha capito nulla di quel che sta accadendo, continua a camminare con l'aria più tranquilla del mondo. Quando sono fuori c'è ancora più folla che dentro l'edificio. Non trovo più il ragazzo. In compenso, Victoria è sempre più vicina a me. E' vicina, troppo vicina, io mi immobilizzo e non so più che fare. Di qua, mi dice una voce. Qualcuno mi afferra per un polso e mi trascina. Faccio un balzo, trascinata dall'individuo ignoto e mi ritrovo in un punto nascosto, dietro l'edificio. Prendo fiato. Non ci troverà, stai tranquilla, dice il ragazzo. Alzo lo sguardo. E' lui! Io.. io ti conosco..? Gli dico, con tono incerto, non so nemmeno se la mia è un'affermazione o piuttosto una domanda. Sì, Bella, dice lui. Ricordo la sua voce. La sento dentro di me. Ma mi hai dimenticato, continua, non è così? Io.. io... sono confusa, non so che dire, non so che pensare. Devi decidere, Bella, dice ancora lui. Devi deciderti. Ricordami, oppure abbandonami, per sempre.

Deciditi, Bella.

Io mi ricordo di te!

Il mondo viene inghiottito dall'oscurità.

Io mi ricordo di te!! Urlo più forte, ma lui mi sembra sempre più lontano. Irraggiungibile. Ed ho caldo, troppo caldo.

Ed-Edward!

Edward.. Edward.. Edward... mi sveglio e mi accorgo di stare ripetendo il suo nome. Apro gli occhi. Confusa, stordita, mi colpisce la luce arancione della tenda in cui mi trovo. Sento un peso su di me: il cappotto di Edward, che profuma di lui.

“Buongiorno, Bella.”

La testa di Edward fa capolino dall'entrata della tenda.

“Edward...” dico ancora una volta. Mi passo una mano sulla faccia. Dentro questa tenda fa pure troppo caldo, adesso.

“La passeggiatina mattutina nel bel mezzo della foresta ha dato i suoi frutti, eh?”

“Come?” Per un momento temo sappia tutto quello che è successo, proprio tutto. Mi tranquillizzo quando vedo il suo sguardo contento e contemporaneamente preoccupato.

“Jacob mi ha detto che forse ti sta venendo un po' di febbre. Sei svenuta, Bella, te lo ricordi? Ti ho lasciato dormire un po'.”

“Oh. Oh, già.” Mi metto a sedere. Mi sposto di lato, così che Edward può venire a sedersi accanto a me.

“Sicura di stare bene?”

“Sì... sono solo un po' intontita, ma sto bene. Due minuti e mi riprendo.” Dico poco convinta. Sono ancora stordita dal sogno. Il mio stomaco si contrae al ricordo di quello che è successo con Jacob, poi mi ricordo che ci sono cose più importanti. “Victoria? E gli altri? Aggiornami.”

“Gli altri sono tutti insieme, appostati in attesa dell'arrivo del nemico. Io non andrò con loro, d'accordo? Resto qui, con te. Aspettiamo. Ah, quasi dimenticavo...” lo vedo uscire dalla tenda rapidamente, continuare a borbottare fuori, poi rientrare con un sacchetto in mano. “Ecco qui. Alice ed Esme hanno preparato dai sandwich. Beh, sono un po' ammaccati, e buona parte se li è fatti fuori Seth, ma sempre meglio di niente...” Prendo il sacchetto senza pensarci, senza pensare, effettivamente, di mangiare.

“Seth, hai detto?”

“Oh, sì. E' qua fuori. Ci farà da tramite con gli altri.”

Decido di uscire fuori, all'aria aperta, l'aria dentro la tenda è soffocante. Edward mi porge il suo cappotto, che giaceva ancora sul fondo della tenda. Lo afferro e, una volta fuori, lo indosso. L'aria qui è abbastanza fredda, ma le mie percezioni sono completamente sballate. Non avendo nulla da fare decido di mettermi a mangiare, almeno per fare qualcosa, per tenermi occupata e sveglia e non pensare ad altro. Rimango così seduta su una grande roccia piatta, avvolta nel giaccone di Edward, mentre lui scambia qualche occasionale parole con Seth. Edward gli chiede nuovamente se ha notizie, e così lui si trasforma in lupo. Parlano, o almeno così mi sembra, Edward si lascia andare giusto a qualche grugnito di commento o assenso. Quanto a me, a metà sandwich mi sento già piena. Riavvolgo il cibo nella carta e lo conservo, magari lo mangerò dopo. Ora come ora non mi si può proprio chiedere di stare seduta tranquilla e mangiare in silenzio.

Mi perdo nei miei pensieri. Ad un certo punto penso a Jacob: dov'è, che starà facendo, che starà pensando. Tornerà? Tornerà veramente, da me? Ed io cosa dovrei dirgli? Mi viene voglia di chiedere a Seth se ha notizie di Jacob, ma mi manca il coraggio di farlo davanti a Edward. E con Seth ancora trasformato in lupo – sembra voglia rimanere così: si è placidamente accucciato a terra, come a prendere il sole – dovrei necessariamente chiedere la mediazione di Edward. Meglio lasciar perdere. Edward, ancora in silenzio – comincia e pesarmi troppo questo silenzio – mi si avvicina. Mi guarda con uno sguardo che non mi tranquillizza del tutto, mi guarda quasi con... compassione. E con tristezza. Mi guarda, abbozza un sorriso, mi sistema il cappotto, mi dice di proteggermi la gola. Le sue mani fredde sfiorano la pelle del mio collo ed io cerco di reprimere un brivido. Poi si siede accanto a me, ancora in silenzio. C'è fin troppo silenzio: è chiaramente la quiete prima della tempesta.

Io gli prendo una mano e la stringo a me. E intanto, sento qualcosa che mi scivola dentro. Non ci metto molto a capire che è il senso di colpa. Che cosa stupida, e inutile. Mi chiedo se ormai sia tardi, tardi per qualunque cosa. Ripenso all'ultima conversazione con Jacob: ricordo di esser rimasta imbambolata a guardarlo svanire, inghiottito dalla foresta, e di aver visto poi Edward. Ricordo di essermi chiesta se per caso avesse assistito a tutto quello. E ora torno a chiedermelo di nuovo. Alzo lo sguardo, titubante, verso il suo volto: è questo il volto di chi ha visto e si è sentito tradito?

“Dobbiamo parlare...” dico io, piano, per niente convinta delle mie parole e delle mie intenzioni. “No, ecco... sono io che ti devo parlare, soltanto.” Dico ancora. Edward mi guarda in silenzio, un'espressione placida, anzi, un'espressione completamente rassegnata. Faccio una pausa, cerco il coraggio, non lo trovo, ma vado avanti lo stesso. “Io e Jacob ci siamo baciati.” E questo è un fatto innegabile, dico a me stessa. “Ci siamo baciati... non è andata come l'altra volta. Io l'ho baciato. Non so perché l'ho fatto, o forse sì, e magari non riesco ad ammetterlo a me stessa, o magari era semplicemente inevitabile, non so. Sai, credo ormai di aver passato il punto di non ritorno.” Faccio un'altra pausa. Edward mi invita a continuare a parlare, tranquillamente. “Forse è cominciato tutto da quanto te ne sei andato. Non voglio fartene una colpa. Solo che... lui è sempre stato lì, a darmi una mano. Se non ci fosse stato lui io sarei impazzito completamente. La verità è che lui mi serviva solo come un ripiego, perché è te che volevo veramente. Jacob era una distrazione, ecco. E mi sono abituata ad averlo sempre tra i piedi. Mi sono abituata ad avere te ed avere lui. Non chiedermi di scegliere anche tu, perché non ha senso. Io ho già scelto, Edward, nel momento in cui ho deciso con totale convinzione che ti avrei seguito nell'eternità.” Mi fermo, dovrebbe essere solo una pausa, ma non so più come continuare. Apro la bocca un paio di volte ma non so più cosa dire. Così aspetto in silenzio il verdetto.

“Sai... mi è capitato di pensare una cosa su te e Jacob. E gliel'ho detto. Io... lo invidio. Perché con lui tu potresti essere felice senza sentire il bisogno di diventare un mostro.”

“Edward... ne abbiamo parlato mille volte, il punto non è questo...”

“No, Bella, il punto è proprio questo. Io non so più cosa fare... io... Io non ti basto mai, Bella. Non so più cosa fare per accontentarti. Non so più cosa fare per bastarti.”

Quello che cala è un silenzio osceno, terrificante, mostruoso. E' un'oscurità dell'anima che mi intacca e si espande e mi corrode nel profondo.

Dopo istanti che mi sembrano eoni, riprendo a parlare.

“Cosa ti ha detto Jacob? Prima, quando siamo arrivati qui, si è allontanato. Quando è tornato mi ha detto di averti parlato.”

“E' vero. Mi ha detto di fare presto, perché stavi male e volevi me. Non mi ha detto altro, Bella. Che altro doveva dirmi?”

“Pensavo... niente, giusto, hai ragione. Che altro doveva dirti?” Pausa. Riprendi a parlare, Bella, riprendi a parlare. Niente da fare...

“Io non so cosa sia successo tra di voi. Non ne ho la più pallida idea. So soltanto quello che mi stai dicendo tu, adesso. Ho visto nei suoi pensieri che vi siete baciati, e basta. Quindi... se c'è qualcosa che vuoi dirmi, Bella, dimmela. Sentiti libera di dirmi tutto. Te ne prego.”

E' quel suo te ne prego che mi fa scogliere e invece di darmi coraggio mi spinge sempre più nella direzione di mentirgli, ferendolo, ferendo me stessa, ferendo anche Jacob.

“Io amo te, solo e soltanto te, Edward. Non osare mettere in dubbio una cosa del genere!” Pausa. Sospiro. “Io non amo Jacob... no, io non lo amo. Non credo sia vero amore, dopotutto. E' che... lo sai come sono fatta. Non riesco a dirgli di no, non voglio che soffra. Mi sembra che così sia più felice, ecco. Meglio questo che niente, no?”

Edward scatta in piedi. Mi sorprende questa sua reazione improvvisa ed impulsiva, mi sorprende e mi inquieta.

“Mi pare che a Jacob non hai detto esattamente la stessa cosa!”

“Come?!” Scatto anch'io in piedi, nemmeno me ne rendo conto. Il cappotto mi scivola via e finisce a terra. Edward ha un'espressione confusa, stupita, a tratti infuriata. Lo vedo aprire bocca per parlare, ma poi richiuderla. “Che ne sai di quello che ho detto a Jacob?” Edward mi guarda, fisso negli occhi, non parla. Poi capisco. “Mi hai mentito! Che cosa hai visto?”

“Anche tu mi hai mentito, Bella.” Le sue parole mi colpiscono come lapidate. “E continui a mentire a te stessa.”

Ci guardiamo fissi per un attimo. In piedi, l'uno di fronte all'altra. Siamo due grandi falsi. Siamo due vigliacchi, due sciocchi, due innamorati che non riescono a non ferirsi. E' questo che siamo veramente, ora lo so, ora lo comprendo, l'accetto.

“Ho visto, Bella. I pensieri di Jacob sono inequivocabili. Vi ho visti baciarvi, in quel punto lontano, ti ho vista perplessa, titubante, ti ho visti dirgli tutte quelle parole. Ho visto io tuo vero io, profondamente afflitto e dilaniato.” Edward continua a parlare ed io non riesco a fermarlo. Non riesco e non voglio, non voglio più opporre alla verità un insieme di menzogne sciocche e infantili. “Io l'ho sentito, Bella. Ho sentito a chiare lettere dirgli che con lui saresti la donna più felice del mondo. E ti ho sentito dirgli che lo ami, e che ami anche a me. Che non ti basto mai, che il tuo amore nei miei confronti è solo bisogno, dipendenza. Ed è vero, Bella. E' assolutamente vero. Se non altro, dovrei ringraziare Jacob per averti spinto a riconoscere la verità. E' ironico, non trovi?”

“Io... io non so cosa dirti, davvero. Immagino che proporti giustificazioni sarebbe ancora più sbagliato, quindi... che ti devo dire? E' successo. E' la verità. Forse. Non lo so. Non sono più sicura di niente.”

Ancora silenzio, maledetto silenzio. Poi, decido di porgli la domanda che più mi spaventa.

“Hai visto anche quello che è successo prima di andare via?”

Edward non parla e mi guarda, un'espressione impenetrabile, inespressiva.

“Ascolta bene, Bella...”

“Dimmelo, Edward! Hai visto tutto?” Insisto.

“Non importa. Davvero, non importa.”

Edward!” Urlo a pieni polmoni, completamente scossa e frustrata e disperata e confusa.

“No.” Sento che sto per accasciarmi a terra. Resisto, cerco di mantenermi salda al terreno. “Ma so che Jacob ti ha mentito. Non ti ha detto di cosa mi ha parlato veramente. Io so quello che vuole fare, adesso. Una volta chiusa questa storia, vuole sfidarmi. Vuole rompere la tregua.”

“Che cosa... cosa ne sarà adesso, di noi?”

“Ascoltami, Bella. Te lo dico chiaramente: non ho intenzione di condannarti all'Inferno perché non riesci ad amarmi completamente. Piuttosto, ti lascio viva, umana, ti lascio mortale nelle mani di Jacob.”

“No! Assolutamente no! Io ho già deciso, e tu hai accettato!”

“Le cose sono cambiate, Bella!”

“No, non è cambiato assolutamente niente! E poi è di me che si tratta, sono io a dover decidere!”

“E allora deciditi, Bella! Una buona volta, deciditi!”

Le sue parole mi trafiggono, ed io rimango muta e cieca nell'animo. In questo spazio di silenzio è Seth a parlare. Non mi ero accorto che si fosse avvicinato, che si fosse anche trasformato in forma umana.

“Sono arrivati.” Dice lui, lapidario.

“Sei sicuro?!” gli dico io, completamente sorpresa. Tra tutti i momenti, perché proprio adesso? Edward dal canto suo non gli dice nulla, preferendo un tipo di comunicazione più immediato. Vedo il suo volto concentrato, gli occhi vacui, momentaneamente assenti.

“Dannazione...” sibila, ad un certo punto.

“Che c'è?! Che è successo?!”

“Victoria non c'è. Non è insieme a tutti gli altri vampiri. Jacob sta venendo, teme che Victoria ti abbia scovato.”

“Scusate, ma io mi ritrasformo”. Guardo Seth tornare in forma di lupo, pronto a combattere, e mi rendo conto soltanto adesso del pericolo. Tutte queste discussioni assurde con Edward, con Jacob... e Victoria nei paragi, sempre più vicina. Mi sembra di essere in uno dei miei tanti sogni. Ma è la realtà. Non ci sarà alcun risveglio, nessun Edward a consolarmi per il brutto sogno.

Il tempo scorre in maniera oscenamente lenta. Rimango aggrappata alle mie poche convinzioni e al cappotto di Edward, seduta su una grossa roccia, lo sguardo basso, le braccia che si stringono. Ho freddo, mi gira leggermente la testa, e non so se è colpa della febbre o delle insicurezze che mi stanno devastando poco a poco.

Intanto, Edward si allontana, sparisce nel buio del bosco, poi ritorna, lo vedo parlare con Seth, poi rimanere fermo, immobile come una statua, quindi allontanarsi di nuovo. Ogni tanto sibila qualche imprecazione, mantenendo però sempre la sua solita raffinatezza d'altri tempi. E' in agitazione, lo so, lo capisco, anche se non vuole darlo a vedere. Riesco a scorgerlo nel tremolio dei suoi occhi, nei suoi gesti fin troppo secchi, nella voce che si mantiene terribilmente neutra.

Non è solo Edward, ovviamente: sono tutti in agitazione. Capto frammenti di conversazioni con Seth, ma non mi sforzo nemmeno di capire. Mi sento solo una stupida. Una povera scema. Incapace di intervenire responsabilmente nel corso degli eventi. E dire che sono io la causa di tutto.

“Jacob sta arrivando.” Dice ad un tratto Edward, scambiandosi uno sguardo d'intesa con Seth. Come sento nominare il nome del licantropo ho un sussulto. Allora mi scuoto. Cerco di mettermi in piedi. Voglio essere presente. Basta fare la ragazzina. Potrei morire. Potremmo morire tutti quanti. E intanto penso solo ai miei sentimenti confusi. Basta, Bella, piantala di autocommiserarti e datti una mossa.

“Che succede?” chiedo con un filo di voce. Edward mi dà le spalle, forse intento a scrutare – chissà perché – le profondità della foresta.

“I ragazzi stanno combattendo contro i neonati. Ma Victoria manca all'appello. Jacob sta tornando, cercando anche di spargere il suo odore qui tutto attorno.” Mi spiega Edward, sempre più neutro ed indifferente. “Spero solo non si faccia seguire.”

Accenno un sì con la testa, e il mio sguardo ricade verso il basso. Jacob sta tornando. Ora saremmo tutti e tre insieme. Scuoto la testa, scaccio il pensiero. Getto lo sguardo di lato, vedo Seth, ancora trasformato, all'erta, il pelo rizzato. E' così giovane, e guarda in che situazione è venuto a trovarsi...

Uno spostamento d'aria, un insieme di rumori, un ringhio soffocato. Jacob.

Mi volto, e lo vedo ritrasformarsi in forma umana. Mi accorgo che è nudo, arrossisco violentemente e mi volto, mentre Edward gli lancia qualcosa da mettersi addosso.

“Non abbiamo tempo.” Dice Jacob, con il fiatone.

“Dobbiamo portare Bella via da qui.” Gli dice Edward, alla mia sinistra. Mi accorgo di essere esattamente in mezzo tra i due, che si guardano e parlano come se io non ci fossi.

“No, è troppo rischioso.”

“Non spetta a te deciderlo.”

Capto l'ostilità nei loro fieri sguardi, e decido di intervenire.

“Piantatela! State parlando di me, ed io sono esattamente qui, davanti ai vostri occhi! Smettetela di ignorarmi, e spiegatemi la situazione!”

“Non abbiamo tempo, Bella!” sibila Jacob. “Non riusciamo a trovare Victoria. Ho cercato di seguire le sue tracce, ma non ci sono riuscito. Si muove troppo velocemente.”

“Lo sapevo!” interviene Edward. “Ti sei fatto seguire, stupido cagnaccio!”

“Ehi!” ribatte l'altro. Di nuovo a fronteggiarsi ignorando la mia evidentissima presenza.

“BASTA!!” Sbraito, e la potenza del mio urlo quasi mi scuote, facendomi perdere per un istante l'equilibrio. Mi volto verso Edward.

“Smettetela di fronteggiarvi, di parlarvi nel pensiero, o quello che fate voi, insomma! Lo so, è successo un casino, colpa mia che sono confusa, ma non è il momento per —”

“La colpa è unicamente del cagnaccio, che non sa stare al suo posto!” ribatte Edward, interrompendomi. Jacob ringhia, ed io urlo di nuovo.

“Perché non le dici tutta la verità, a questo punto? Eh, Jacob?” lo incalza Edward. Tutta la verità? Ancora menzogne, ancora mezze verità, ancora inganni...

“Che cosa... che cosa vuoi dire, Edward?”

“Chiedilo al tuo amico Jake, Bella.”

Mi volto verso Jacob, vedo il suo sguardo duro, gli occhi orgogliosi.

“Direi che il momento non poteva essere più appropriato.” Dice Jacob, ma ancora io non capisco.

“Cosa devi dirmi, Jake?!”

“Ma sì, a questo punto meglio dirla tutta, la verità... troppi inganni, oggi, non è vero?” per un attimo una smorfia beffarda si dipinge sul suo volto, e per quell'attimo io non riesco più a riconoscerlo. Poi passa, ed il suo sguardo si fa di nuovo duro, e aspro. “Vuoi sapere cosa ho detto al tuo caro succhiasangue? Gli ho detto che trascorsa la tregua, sarà guerra aperta. Te l'ho detto più volte, Bella. Non ti lascerò andare via tanto facilmente.”

“Il cagnaccio ha la tragedia nel sangue, evidentemente.” Commenta sarcastico Edward. Persino nel sarcasmo possiede una certa classe, un fascino che non manca d'intossicarmi ancora una volta.

Rimango stizzita, apro la bocca, ma rimane lì, sospesa, senza alcun suono ad uscire.

Nel silenzio improvviso, appare come una saetta il ringhio di Seth. Edward e Jacob si voltano di scatto verso di lui. Ancora una volta una conversazione che non posso comprendere. Mi sento così stupida ed inutile.

“Hanno localizzato Victoria.” Dice finalmente Jacob. “A quanto pare, ti ha scovato, Bella. Muove da Ovest, ed è sempre più veloce.”

“Dobbiamo andare. Adesso.”

“No, succhiasangue, ho un'idea migliore. Victoria è da sola, scommetto che entrambi saremmo capaci di abbatterla da soli.”

Seguo il suo sguardo, il sorriso beffardo che trasfigura il suo volto e di nuovo non lo riconosco più, il mio Jake, il mio migliore amico, la mia metà giusta, calda e buona.

“Ti sfido, Edward. Chi uccide Victoria per primo avrà Bella.”

Un istante di silenzio gelido.

“Come osi dire una cosa del genere, Jacob!” ribatte Edward, la voce feroce e glaciale. “Davvero reputi Bella un oggetto, un premio da vincere? Non dire assurdità, non è proprio il momento!” Sono grata ad Edward di aver detto ciò che avrei dovuto dire io, e che invece non ho osato dire, sconvolta, stizzita, congelata.

“Sempre meglio che volerla un succhiasangue come te.” Sibila Jacob. Il suo sguardo si accende, si infiamma, i suoi muscoli si tendono, pronto a scattare. “Ricorda, Bella, ricorda sempre che lo faccio per te.”

“SMETTILA!” Urlo. “Smettila, smettila subito! Basta, Jacob, basta con queste storie assurde! Non sono un premio, e non ho bisogno di eroi!”

Ed è allora che incontro il suo sguardo duro, ricolmo d'amarezza.

“Non hai bisogno di eroi. Però di assassini sì, non è vero, Bella? Io vado. La farò fuori io, quella pazza assetata di sangue. E se poi non mi vorrai... sarà un problema tuo, Bella.”

“Jake!” chiamo il suo nome, ma le parole si perdono nell'aria, leggere come la cenere e altrettanto inutili, mentre Jacob si trasforma in lupo e scatta via. Rimango ancora un istante a fissare la sua sagoma che scompare presto, poi mi volto verso Edward, che è rimasto al suo posto, immobile come una statua perfetta.

“... dobbiamo fare qualcosa.” Mormoro.

“Sì. Dobbiamo andare via, adesso.”

“Non possiamo lasciarlo andare!”

“Almeno tratterrà Victoria, mentre pensiamo a farti fuggire il più lontano possibile.”

No. Basta fuggire. Basta persone che vanno via, basta addii. Basta, basta, basta!

“Seth, portami da lui!” ordino, evitando lo sguardo di Edward.

“Bella, cosa diamine vuoi fare —”

“Voglio prendere in mano la situazione, una volta per tutte.” Dico convinta, mentre avanzo verso Seth.

“Non possiamo abbandonare Jacob, Seth. Portami da lui.”

“Bella, non compiere idiozie, ti prego!” mi chiede ancora Edward. “Cosa pensi di poter fare, da sola?!”

“Non sarò sola.” Gli dico, fissandolo negli occhi per un istante. Perché tu verrai con me, penso. Come sempre.

Ed è così. Seppur riluttante, Edward accetta. “Ma ti porto io. E niente storie.” E così mi ritrovo sulla schiena fredda di Edward, mentre sfrecciamo ad alta velocità incontro a Victoria. Paradossalmente, dopo tutti i piani messi a punto, sto correndo come una sciocca incontro alla morte. Ma mi sembra davvero la cosa più giusta da fare.

Ogni tanto, durante questa folle corsa, di cui io non vedo nulla perché tengo gli occhi serrati, Edward scambia qualche battuta – si fa per dire – con Seth. Lo so perché almeno questa volta decide di ripassarmi tutte le informazioni. Il gruppo di neonati è stato quasi sbaragliato del tutto, e alcuni dei nostri – Emmett, Carlisle e qualche licantropo – si stanno muovendo nella nostra stessa direzione. Io continuo a tenere gli occhi chiusi e a sperare di arrivare il più presto possibile, e che Jacob non faccia qualche pazzia.

Ad un tratto, Edward mi dice che siamo vicini. Seth sente l'odore di Victoria. Ho un tuffo al cuore e mi stringo ad Edward, che accelera la corsa.

Quando arriviamo si ferma di botto, ed io quasi rischio di volare oltre la schiena di Edward. Apro gli occhi, mi guardo intorno, siamo in una radura. Smonto da Edward, mi guardo intorno. A qualche metro di distanza vedo Victoria combattere furiosamente con un lupo. Jacob.

“Jake!” urlo, e questo fa sì che Victoria noti la mia presenza.

I due combattenti vengono così distratti. Jacob mi rivolge il suo sguardo, ma Victoria non perde tempo e ne approfitta per scattare verso di me.

“Dannazione, Bella!” sbraita Edward, afferrandomi e trascinandomi di lato, mentre Seth scatta verso Victoria.

“Aspetta...” mormora Edward, che mi tiene ancora stretta a sé. “Emmett...” aggiunge, e vedo il suo sguardo focalizzarsi verso un punto alla sua sinistra.

Intanto, Seth e Jacob lottano contro Victoria. Li osservo, intimorita, ed un brivido mi attraverso tutto il corpo. Victoria è forte, più forte e furente di quanto avessi immaginato. Con un colpo fa volare Seth di lato. Vedo Jacob saltarle addosso alle spalle, ma è troppo veloce, e riesce a liberarsi anche di lui.

“Edward... fa qualcosa.” Mormoro.

“Non ho intenzione di mollarti, Bella!”

Continuo a seguire la scena, sconvolta, il cuore che va a mille.

“Attento, Jake!” Urlo, quando noto il movimento di Victoria che con un calcio coglie di sorpresa Jacob. Fa un volo pazzesco, e quando atterra non si muove più. Lancio un urlo strozzato. Seth torna all'attacco, ma i miei occhi sono su Jacob.

“Lasciami, Edward!” urlo, cercando di liberarmi dalla sua stretta. Ma lui rimane impassibile.

Il lupo ha un fremito. Cerca di rialzarsi, ma non ci riesce e ricade a terra. Poi accade: Jacob torna umano. Troppo debole per rimanere trasformato. Vedo il suo corpo nudo ricoperto di ferite giacere a terra.

“Jaacoob!” urlo ancora, e il mio urlo sembra scuoterlo. Jake si rialza, riesce a stare in piedi, lo sguardo furente. Sbraita, ringhia, si mette a correre, pronto a saltare verso Victoria, impegnata da Seth. Trattengo il respiro... Jake salta... Victoria viene colta alle spalle, mentre le braccia di Jacob stringono il suo collo fino a spezzarlo. Victoria ricade a terra, senza più alzarsi, la faccia sprofondata nella terra. Seth, poco distante, torna in forma umana e si lascia ricadere sul terreno, sfinito.

Edward lascia la presa, ed io corro verso Jacob.

“Dannazione, no!” urla improvvisamente Edward. Me lo ritrovo addosso in un istante, mentre urla “Ce n'è un altro!”. Rotoliamo a terra, Edward mi sovrasta, la terra mi finisce in bocca, vedo tutto nero e non capisco più nulla. Un istante dopo Edward mi solleva e mi trascina via, mentre con la coda dell'occhio vedo l'inevitabile. Un altro vampiro, un ragazzo, apparentemente sbucato dal nulla, si lancia verso Jacob, che è ancora in forma umana. Jacob viene colto di sorpresa, ed inutilmente Seth tenta di partire all'attacco. Il vampiro finisce addosso a Jacob, che si dimena, finché il vampiro azzanna il suo collo, inondando di sangue tutto quanto. Il viso di Jacob, gli occhi che si spengono, l'erba circostante.

Ed ho un tuffo al cuore.

E mi sento morire dentro.

Cado in ginocchio.

“Jake...” provo a urlare, mentre Edward mi trascina via. “Jacob...” mormoro di nuovo, ma è inutile, sento che le forze stanno abbandonando il mio corpo. Jake... dico ancora, con la sola forza del pensiero, ma anche il pensiero si fa più labile. I miei occhi però continuano a registrare tutto. Seth che si ritrasforma, scatta sul vampiro, ma Jacob rimane lì, a terra, gli occhi inutilmente rivolti verso il cielo, immerso in una pozza di sangue.

“Resisti, Bella, resisti...” sento, lontana e distante, la voce di Edward. “Non andartene, Bella, non...” mi sussurra, mentre tutto diviene oscuro.

E mentre la mia coscienza si spegne progressivamente, i miei occhi rimangono oscenamente aperti. E l'ultima immagine che rimane registrata, impressa in eterno sulla retina, è quella del prato macchiato di sangue.

Che rumore fa una coscienza che si spezza?




/ * * * \


Note dell'Autore

Ci siamo! Siamo arrivati al momento di rottura! Da adesso abbandoneremo lo scenario di Eclipse per avventurarci in nuovi luoghi (letteralmente)! Rinnovo i miei ringraziamenti verso l'instancabile Marpy: grazie per la segnalazione nelle storie scelte!
Adesso cosa accadrà? Sono curioso di sentire le vostre supposizioni e previsioni.
E questo è tutto... buona lettura!

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Capitolo 7
*** Interludio: Bella ***


INTERLUDIO: ISABELLA SWAN

 

 

A volte mi ritrovo a pensare che odio sognare. Odio i miei sogni, sì, perché spesso e volentieri sono incubi terrificanti che mi fanno svegliare di soprassalto, tra le urla (mie) e l'ansia (di Charlie o Edward). Ma non è solo questo. I miei sogni sono chiarissimi. Mi basterebbe raccontare i sogni di una settimana per dire tutto di me ad una persona sconosciuta, del tutto estranea. A che vale avere un cervello stranamente immune ai poteri paranormali, se poi con un sogno ti illustro tutto il mio contorto inconscio.
C'è stato un periodo, nella mia breve esistenza – finora– a Forks, in cui dominava un brutto cielo nero senza luna. In quel periodo non facevo altro che sognare. L'assenza di Edward aveva un peso intollerabile anche nei miei incubi.
Adesso, per lo più, faccio dei bei sogni. Sogni veramente carini. Roba proprio da mettersi a cantare “i sogni son desideri.. di felicità...”, e tanti saluti a Cenerentola.
Ho fatto un sogno lunghissimo. Lungo quanto un'eternità agognata. Era tutto così bello, così vivo e vivido. Forsk, in questo sogno, non è mai stata una cittadina così piena di luce, di colori, di vita.
Io ed Edward ci siamo finalmente sposati. Eggià. Ricordo tutto, a cominciare dal matrimonio. Il tradizionale “la sposa non deve vedere lo sposo prima delle nozze!”, che mi ha costretta a patire le pene dell'Inferno senza Edward... il vestito che mi ha prestato Alice, qualcosa che non avrei mai chiesto in vita mia, solo solo perché non sarei mai stata capace di pensare un abito simile. Ricordo il suono martellante del mio cuore, poco prima quel fatidico lo voglio. La tensione era salita alle stelle, mi era esplosa in gola, finché avevo sentito qualcosa di dolce e caldo scivolarmi dentro e posarsi poi sul cuore... la consapevolezza d'essere la moglie del vampiro di cui stringevo la fredda mano... poi tutto era successo molto rapidamente. Saluti, sorrisi, abbracci. Lacrime trattenute e risatine composte. Ero una bianca regina attorno cui sciamavano un gran numero di persone.. i miei amici del liceo, i Cullen, mia nuova famiglia, Charlie e Renee, i vampiri di Danali.. persino alcuni licantropi. C'era Seth e famiglia. Ad un certo punto, era arrivato pure lui... il mio lupo dal lungo pelo fulvo. E come al solito, sono stata una stupida sbadata e l'ho fatto scoppiare d'ira... Era tutto così straordinario, ma anche.. normale. Era... giusto. Perché era esattamente così che le cose dovevano andare. Che altro era successo, poi? Ah, sì... la misteriosa luna di miele.. direzione: l'isola Esme.
C'è stato un momento, lo ricordo benissimo, in cui mi sono fermata in mezzo al mare. Il tramonto stava lentamente morendo. L'acqua caldissima mi bagnava per metà. Mi sono fermata, sono rimasta imbambolata e, con la cornice di qul bellissimo luogo, ho pensato una sola frase di senso compiuto, dal significato importantissimo. Finalmente, io ed Edward abbiamo fatto l'amore. Certo: c'era il problema dei lividi sul mio corpo – non che m'importasse granché: farlo con un vampiro dalla consistenza granitica era comunque un'esperienza strepitosa –, ma Edward insisteva a volersi sentire in colpa. Certo: mi stavo lentamente abituando ai piaceri umani propri quando mi aspettava il grande salto. In quel preciso istante, tuttavia, mi sentivo felice. La felicità era avere un singolo e solitario pensiero in testa, e sapere che quello mi poteva bastare per tutta l'eternità. Io ed Edward, insieme, sempre. Forse era l'acqua – così credevo – ma sentivo un calore improvviso diffondersi dentro di me, un calore rassicurante. Se non fosse stato che mi trovavo ad un emisfero di distanza, avrei giurato fosse Jasper, ed il suo brillante potere. Più tardi, ci avrei ripensato. Era lei. Renesmee. La mia piccola Nessie, frutto del nostro amore, che mi diceva di stare tranquilla...
I giorni passarono... tutto divenne dolore, speranza e di nuovo dolore, molto dolore, e l'amaro retrogusto della rassegnazione. Poi il dolore s'era incendiato. Poi tutto era diventato pura luce. E poi, finalmente, avevo aperto gli occhi per la prima volta ed avevo visto sul serio. Quella era la dirompente alba della mia nuova vita da immortale. Bellissima, potente, a fianco di Edward.
Ed era solo un'illusione.
...
...
...
Non faccio altro che ripetere gli stessi sogni ed ormai, francamente, lo trovo pure stancante. Prima – non saprei esattamente dire quanto “prima” fosse – era solo dolore. Il dolore perfetto. Sognare un'eternità radiosa e svegliarsi in un'eternità di buio nero, nerissimo.
Altro che alba dirompente... la mia vita è più una notte polare. Anche di giorno, c'è sempre buio. Il sole non sorge mai.
Il sole non sorgerà mai più.
Nei miei sogni sono una vampira bellissima e letale. Combatto contro i miei nemici, difendo i miei amici. Ma nella triste realtà, sono solo una piccolissima parte della mia coscienza sconvolta e strasfigurata da un dolore che non avrei mai immaginato possibile. Sono diventata l'ombra di ciò che ero. Fuori, il mondo è buio e triste. Edward giornalmente scuote il mio corpo, nella speranza di farmi sputare fuori il veleno che ha soffocato la mia coscienza. Lo vedo rivolgermi occhiate colme d'un dolore denso. Sento che sta impazzendo, piano piano. Lo vedo interrogare disperato gli occhi di Carlisle, e lui gli risponde sempre la stessa cosa. Una scrollata di spalle, un cenno di diniego con la testa appena accennato. Fuori il mondo è buio e triste, e mi dispiace per tutti quelli che ci vivono. Tuttavia, io sono rimasta inghiottita dal dentro... dove tutto è nero pece ed ogni cosa non ha più senso. Ci vuole un minimo di luce per vedere le cose, distinguerle, dare loro un'identità. Ed io, effettivamente, ho anche perso la mia identità. Io non sono più niente, ormai.
Anzi.
Sono solo una piccola cosa.
Quel che rimane di Bella Swan è questo: una frase che si ripete all'infinito. Jacob Black – il mio Jacob – è morto. Ed io non posso farci proprio niente.

...

Che rumore fa una coscienza che si spezza?

...

Il vampiro chiamato Riley sorprende alle spalle il licantropo chiamato Jacob. Il vampiro chiamato Riley atterra il licantropo chiamato Jacob. Il vampiro chiamato Riley azzanna il collo del licantropo chiamato Jacob.
Sempre. Sempre, sempre la stessa scena, di nuovo, di nuovo e di nuovo ancora.

...

Perdita dei sensi. Down emotivo. Calo delle funzioni vitali. Sindrome depressiva psicotica. Deliri notturni. Distacco dalla realtà. Progressivo deterioramento della sfera cognitiva. Coma. La morte della coscienza.

...

Tutti parlano sempre dell'inconscio come di un luogo buio e oscuro. Le profondità della coscienza, il buio dell'inconscio, e così via... anch'io credevo vi avrei trovato uno spazio buio e amorfo. Ma non è andata esattamente così. Per molto, molto tempo – posto che il tempo ha semplicemente smesso di esistere – il mio inconscio è rimasto incastrato in un luogo ben definito. Una radura, altrimenti insignificante, con una vistosa macchia di sangue su una porzione di prato. Nulla di più.
E' in questo luogo che sono rimasta intrappolata, chissà quanto a lungo.
Un istante. Mille anni. Magari non ci sono mai stata realmente, me lo sono solo immaginata. Magari è solo un sogno. O magari ho sempre vissuto in questo luogo, chi lo sa. Forse la realtà non è mai esistita. Forse ci sono nata, in questo pezzo di terra macchiata di sangue denso e colloso.
All'inizio ricordavo ancora qualcosa. Possedevo dei ricordi, che mi attraversavano come una pioggia di particelle debolmente interagenti. Mi passavano attraverso, davvero, in perfetta casualità.
Jacob che mi regala il braccialetto.
Jessica che mi passa una coca, durante il pranzo alla mensa scolastica.
Un esercizio di matematica.
La voce al telefono di mia madre.
Le lasagne di Esme.
Uno sguardo casuale di Edward.
Un inutile film al cinema.
Il bagliore singolare del sole in una domenica serena e silenziosa.
La pesantezza dell'ansia poco prima di un compito in classe.
Cose così.
Senza ordine.
Un oceano di eventi sottratti allo spazio-tempo.
Ricordo le lezioni di fisica. Einstein, la relatività, l'ordine, il kosmos, il disordine, l'entropia, lo spazio-tempo, le fluttuazioni quantistiche. Forse mi sono rimpicciolita. Piccola quanto un neutrone. Così piccola da percepire le increspature dello spazio-tempo. Vedo l'universo schiumare nel caos. O forse è solo la mia coscienza. Forse l'universo è la mia coscienza, forse la mia coscienza è un universo.
Forse, forse, forse.
In questo mondo fatto di terra che non sa di terra, di erba che non ha più il colore dell'erba, e di sangue, sangue fin troppo vero per essere reale – in questo mondo non esiste più alcuna certezza.
Ma quand'è successo? Quand'è cominciato tutto?
Di chi è quel sangue?
Forse è il mio.

...

Bella, dannazione, Bella, svegliati, svegliati Bella, te ne prego, ti imploro Bella, svegliati, non lasciarmi così, non lasciarmi così, non lasciarmi così, Bella, Bella Bella Bella!, svegliati, ti prego, svegliati, Bella, svegliati, ti scongiuro, Bella, non osare lasciarmi così, Bella, sistemerò tutto, Bella, sistemerò tutto, vedrai, Bella, svegliati svegliati svegliati...
E' inutile, Edward. Mi dispiace.
Carlisle.
Abbiamo fatto il possibile... ma la situazione sta peggiorando. Lo sai. E non voglio mentirti.
Se solo fossi in grado di entrare nella sua testa... potrei aiutarla, lo so, ci riuscirei, ne sono certo.
Non prendertela con te stesso, Edward.
Svegliati svegliati svegliati...

...

Un cono di luce illumina malamente ciò che è rimasto del mio mondo: un metro quadrato di erba chiazzata di sangue. Io vi sto sdraiata sopra. Mi guardo dall'alto, in piedi. Mi guardo di lato, in ginocchio, ricordandomi di essermi già inginocchiata, esattamente in questo punto. Continuo a guardare me che guardo il prato irrorato di sangue.
Vuoi sognare ancora?
Un fantasma senza volto e senza occhi mi guarda e mi parla, mi invita a sognare, a chiudere gli occhi e dimenticare.
Ma qui qualcuno... qualcuno è... qui è successo qualcosa. Qualcosa di importante, credo.
Non importa. Puoi andare via. Ora niente è più importante. Niente potrà farti del male.
Niente potrà farmi del male.
E allora sogno.

...

Ho nove anni. A Phoenix splende il sole. Charlie e Renee ci guardano giocare in giardino. Me e Jake. Jake mi ha bagnata tutta, rovesciandomi addosso un secchiello pieno d'acqua. Ma io sono più furba. Ed ho l'appoggio di papà, che mi fa vedere come aprire il tubo dell'acqua e inondare Jacob, che ricade a terra travolto dal getto impetuoso.

...

E' il mio undicesimo compleanno. Mamma ha organizzato una festa colossale. E' la prima festa nella nuova casa. Papà è stato promosso, e quindi abbiamo comprato una casa molto più grande. Alla festa ci sono proprio tutti. Mi reca piacere e allo stesso tempo imbarazzo vedere la mole di regali depositati sul tavolo. Tagliamo la torta. La mia fetta è grossa. Pesante. Troppo pesante per il piattino di plastica molle e deforme, la torta cade. Jacob mi passa il suo piatto. Puoi mangiare la mia.

...

Ho tredici anni. Io e Jacob giochiamo ad un videogioco stupido. Mi annoio.

...

Ho diciassette anni. A scuola è arrivato uno nuovo. Sembra un modello. Si chiama Edward.

...

Edward mi fa stare bene. Mi fa sentire protetta. Anche Jacob mi fa sentire protetta, e mi diverte. Ma Edward mi fa sentire speciale. E stare con loro due è un po' come un eclissi. Perché è un evento bellissimo, speciale, ma anche piuttosto raro. Perché è avere il giorno e la notte insieme. Il sole e la luna.

...

Jacob mi bacia, gli tiro uno schiaffo, mi faccio male. Litighiamo. Ma facciamo pace.
Anche Edward mi bacia. Ma è diverso. E' il tramonto. Il tramonto visto da un posto speciale, un luogo segreto nel bosco.
Un momento.
Ma ci sono boschi a Phoenix?

...

E' notte. E' buio. Fa freddo. Succede qualcosa. Una striscia luminosa di fari d'automobile rimane incollata sulla mia retina. Poco dopo, vi si imprime una macchia di sangue. E le mie orecchie si riempiono di urla.
Chi è che sta urlando?
No.
No.
Questa non è la mia voce.

...

Lasciami entrare, Bella, ti prego, lasciami entrare, posso salvarti solo io, Bella, ti prego, devi solo lasciarmi entrare, lo so che ce la puoi fare, lo so che mi puoi sentire, quindi fallo, te ne prego, Bella, rimuovi il tuo scudo, Bella, rimuovilo, e lasciami entrare...
Edward... So che continuo a perdere fiato, con te, ma come non ti rassegni tu non mi rassegno nemmeno io.
Lasciami in pace, Alice.
Edward.
Vattene, Alice, e lasciami in pace!
...
Per quanto ancora vuoi incolparmi, Edward?
Avresti dovuto prevederlo, avresti potuto...
Lascia perdere i condizionali, Edward.
...
Mi dispiace così tanto, Alice...
Non fa niente, Edward. Non fa niente.
Io però... lo so. Io potrei salvarla... se solo mi lasciasse entrare dentro...

...

Continuo a smarrirmi, a spezzarmi ad infrangermi in un dedalo di incubi e visioni. Per ogni sogno tramutato in incubo, c'è una diversa Bella che prende ad esistere, affollando questo mondo ristretto eppure infinito.
Eppure io so che sono tutte fittizie.
Ma come faccio a capire se lo sono anch'io? Dov'è quella vera?
Ma esiste una vera Bella?
E intanto continuo a dimenticare. A ricordarmi che devo ricordare qualcosa.
Gratto via la superficie di questo mondo. Scarifico la mia coscienza. Forse prima o poi arriverò al nucleo. Forse, continuando ad uccidermi, ad annientare i miei fantasmi, a cancellarmi via, forse, prima o poi rimarrà qualcosa. Quel qualcosa che ho dimenticato e che devo assolutamente ricordare.
Cos'è successo in questo luogo? Qualcuno... qualcuno è...

...

La notte è sempre uguale a se stessa. La luna è sempre lì, immobile ed eterna. Non si muove mai, potrei persino credere che non esista. Eppure, ricordo che c'era qualcosa oltre la notte.
Se solo riuscissi a ricordare...

...

Continuo ad annientarmi. A strappare via i miei sogni che diventano sempre incubi. Crosta dopo crosta, affondo le unghia nella carne e tiro.
Siamo rimaste in quattro.
C'è una Bella che ha diciassette anni. Vive in un cielo senza luna. E' triste. E' cattiva.
C'è una Bella che ha quattordici anni. Non ha mai conosciuto il sole, né la luna, né l'eclissi. Si è persa. Non sa come sia arrivata in questo luogo senza nome.
C'è una Bella che è uguale a me. E' buona, la sua mano è calda. Anche se non ha volto, non ha bocca e non ha occhi.
E poi ci sono io.
Le prime due non parlano mai. Sono spaventate. La terza è più coraggiosa. Mi parla continuamente.
Qui ci sono fin troppe voci. Qualcuno continua a chiamarmi. Ma la voce della terza Bella è più forte e chiara.
Mi chiede di nuovo di fare cambio.
Posso starci io al posto tuo. Così non soffrirai più. Ti proteggo io.
Prima c'era qualcuno a proteggermi. Qualcuno...
Dimentica. Il passato è passato. Rimane il presente. Ed il futuro. Ed io ti prometto che ci penserò io, sempre.
E allora accetto.
Facciamo cambio.
Adesso ci starà lei al posto mio.

...

Dovresti riposare, Edward.
Come se i vampiri si riposassero.
Avanti, Edward... sai cosa intendo. Ti stai sottoponendo ad uno sforzo estremo.
Risparmiami i dettagli clinici, Carlisle.
Ormai stento a riconoscerti, Edward.
Lo so. Non sono più l'Edward di una volta. Non fate altro che ripeterlo tutti.
...
E' solo questione di tempo. Lo so. Prima o poi il suo scudo cederà, e allora io riuscirò ad entrare.
Edward... so bene di non poterti convincere a lasciar perdere... ma almeno ascolta il consiglio di tuo padre. Riposati. Se anche riuscissi a fare breccia nella sua coscienza, in queste condizioni non riusciresti a fare niente. Anzi. Potresti rimanerne travolto. L'inconscio è come un universo. Ognuno ha il suo, con le sue regole personali. Non sappiamo cosa ci troverai, là dentro. Non credere di poterci trovare la tua Bella tanto facilmente.
Credi che non lo sappia, tutto questo? E credi che comunque mi fermerà?
No... non ti fermerà. Ti conosco bene.
...
...
Qual è il problema?
E' il suo scudo mentale... se possibile, sembra essersi fortificato.
Temo che le cose diverranno allora ancora più difficili. Sono mesi ormai che ha azzerato tutte le sue funzioni cognitive. Alice ed Esme continuano a prendersene cura, ma... potrebbe essere inutile.
Non dirlo!
E' la verità, Edward. Devi accettarla, prima o poi.
No!
Non è come noi, Edward, lo vuoi capire?! E' un'umana. E' fragile, è debole. Guarda in che stato si è ridotta: potrebbe non svegliarsi mai più. Concedile almeno la dignità del riposo eterno!
No! Non te lo permetterò, Carlisle! Tu credi di avere sempre ragione, credi di aver il diritto di poter gestire la vita degli altri, cedi e togli la morte, ma io, io...!
...
Scusami. Non era mia intenzione. Scusami...
Continua pure a vegliarla, allora... vedremo chi vincerà questa battaglia dell'inconscio.

...

Vivo eternamente ciclicamente in un ripetersi infinito, al punto da apparire statico, di sogni ed illusioni. Lei, il mio scudo, ha preso il mio posto. Io non sono più nulla. Sto per sparire.
Eppure, una voce continua a chiamarmi.

...

Ad un tratto mi sveglio, e allora mi rendo conto che per tutto questo tempo ho dormito. Alzo lo sguardo e vedo la Bella quattordicenne. Dietro di lei, un cielo nero e freddo.
Come mi hai trovato?
Devi mandarla via.
Cosa?
Devi mandarla via! Solo così possiamo essere salvate. Solo così possiamo essere liberate.
Ma... cosa...
Lei, hai capito? Devi mandarla via! E allora, finalmente, potrai ricordare.
Ma ho paura.
Anch'io ho paura. Ma devi farlo.
Non so cosa dire. Mi metto in piedi, mi guardo attorno.
Coraggio, andiamo da lei.
E andiamo da lei. Siamo in tre. Io, la Bella che ha preso il mio posto, e la Bella quattordicenne. Non so dove sia la Bella diciassettenne. Forse è ancora intrappolata nel suo cielo senza luna.
La Bella quattordicenne parla per prima: devi andartene.
L'altra Bella replica: no. Lei ha bisogno di me. Di me e nessun altro.
La Bella quattordicenne ribatte: non è vero, lei non ha bisogno di te. Ha bisogno di sentire la sua voce. E di ricordare.
Io guardo le due parlare tra loro, senza capire.
Poi la Bella quattordicenne mi dice: vieni con me, ti mostro un posto.
L'altra cerca di fermarci, ma scompariamo. E magicamente ricompariamo in un posto che non avevo mai visto. O forse sì. O forse lo vedrò in futuro. Un futuro che è già avvenuto.
La Bella quattordicenne richiama la mia attenzione.
Guardati attorno. Ricordi questo posto?
Il tramonto. Il prato.
Ricordo qualcosa di... scintillante.
Ricordi la sua voce?
E ad un tratto la sento. Mi chiede di farlo entrare.
Lui è... un leone. Dico. Un leone masochista. Non è così?
Poi compare l'altra Bella. Lo scudo.
No! Non dargli retta! Dimenticalo!
Ma non l'ascolto. Cerco di ricordare.
Le due Bella cominciano a lottare tra loro. Ma non m'importa. Guardo dritta davanti a me. Guardo il paesaggio. Il tempo riprende a scorrere. Vedo una foglia volare via. Una nuvola passare. Abbasso lo sguardo e lo vedo... vedo il sole che tramonta.
Lasciami entrare, Bella. Penserò io a tutto.
E allora lo lascio entrare.

...

Il cielo senza luna è eterno. La foresta è buia. Tutto è immobile.
Finché lui mi compare davanti.
Io lo amavo. Ma ora lo odio. Perché mi ha abbandonato.
Tu! Urlo. Cosa ci fai qui!
Bella... tu... tu chi sei?
Vattene!
Ma certo... ora capisco. La coscienza umana è davvero complessa e stratificata...
Ti odio! Vattene! Non ti voglio più!
Mi dispiace, Bella. Mi dispiace averti abbandonato. E' stato un errore, lo so.
No! Tu non sai niente, niente!! Come hai potuto, dannazione, come hai potuto abbandonarmi così!!
Lui si avvicina, io indietreggio.
Ti prego... devi farmela vedere. La Bella attuale.
Mi afferra un braccio.
Vai via! Lasciami! Non abbiamo bisogno di te!!
Ti scongiuro, Bella... sono qui per liberarti... anzi, per liberarvi. Tutte quante. Una di voi mi ha fatto entrare... devi portarmi da lei!
No! Cado in ginocchio. Non voglio più ascoltare nessuna tua parola! Devi sparire, sparisci! Non voglio più vederti!
Mi dispiace averti abbandonato. Ma ora devi andare. Dobbiamo andare.
No! Stringo la terra nel pugno. Non posso. Non posso andare via. Alzo lo sguardo. Tu mi hai abbandonato! Non puoi fare più nulla, ormai! Non puoi liberarmi! Non puoi liberarci!
Dimmi cosa posso fare... vi libererò, farò tutto il possibile e anche di più.
Mi offre la sua mano. Non ho più parole. L'accetto e mi rialzo. Lo guardo. Guardo il suo corpo, mi ricordo di come brillasse alla luce del sole... Ma ormai non potrei più guardarlo, il sole. Ormai i miei occhi si sono abituati a vivere in un cielo senza luna.
Te lo chiedo di nuovo, Bella. Dimmi cosa devo fare per salvarti.
Uccidimi.
Cosa?
Uccidimi, Edward, uccidimi! Noi, noi tutte, non possiamo più vivere così! Non potrò vivere con questo ricordo, con questo dolore, sapendo che tu mi hai abbandonato! E che l'hai lasciato morire! Uccidimi, Edward, uccidimi! Non voglio più soffrire. Non voglio più provare nulla. Uccidimi!
Bella...
Uccidimi, uccidimi, uccidimi Edward, uccidimi! Annientami! Cancellami per sempre!!!
Urlo ancora, ad occhi chiusi, quando accade. Edward mi salta al collo, ed io finalmente cesso di esistere. Io, i miei ricordi, i miei rimorsi ed i miei incubi. Sparisce tutto. Sparisce il primo bacio con Edward, sparisce la morte di Jacob, sparisce tutto.

...

Mi sveglio. Ho mal di testa. Gli occhi... cerco di aprire gli occhi. Vedo forme confuse, prive di colore. Sbatto le palpebre più volte, metto a fuoco. Riconosco una sagoma.
Ho la nausea.
Cos'è successo?
Mi passo le mani sugli occhi.
Sono a letto.
Ma dove sono?
Riapro gli occhi.
Vedo il volto di Edward.
Ma la prima cosa che dico è: dov'è Jacob?



/***\

Note dell'autore:
Per la vostra felicità, un aggiornamento decisamente anticipato! Ma c'è poco da festeggiare: tanto per cominciare ho preferito aggiornare adesso, a così breve distanza dall'ultimo capitolo, perché questa settimana sarò via. Quindi per il prossimo capitolo dovrete aspettare la settimana prossima... ma soprattutto, questo interludio non avrà fatto altro che complicare le cose! Le domande sono tante, ma a tempo debito avrete le risposte, una ad una, proprio come toccherà a Bella nel corso della sua riabilitazione.
Questo è stato un capitolo davvero difficile. In realtà ci ho messo poco a scriverlo, avevo delle idee ben precise in mente, il problema è stato piuttosto rendere il tutto comprensibile e non allo stesso tempo, scavare nell'animo di Bella, ma senza rendere il tutto incomprensibile. E' indubbiamente il capitolo più azzardato e più sperimentale, ma non abbiate paura! Dal prossimo si torna (lentamente) alla normalità...
A chi continua a sperare nel ritorno magico di Jacob: mi dispiace, ma Jacob è a tutti gli effetti deceduto. Ciò non vuol dire non lo vedremo ancora, in qualche modo!
Infine, come di consueto, grazie alla paziente Marpy e anche alle nuove voci che finalmente si fanno sentire!

Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Parte quarta: Come un'ombra ***


PARTE QUARTA: COME UN’OMBRA

 

 

 

“Alice... Carlisle! Presto!”

Sento la voce di Edward spandersi per tutta la stanza. Cerco di mettermi seduta, e subito mi raggiunge la mano di Edward, pronto a sorreggermi. Come mi tocca ho un brivido, e istintivamente mi allontano dal contatto.

Sbatto gli occhi ancora, riuscendo finalmente a mettere a fuoco l'immagine della stanza. Stanza che non mi sembra di aver mai visto. Ma ora come ora, non mi sembra poi così importante. Anzi. Nulla mi sembra davvero importante.

Mi sembra di aver dimenticato per sempre qualcosa di molto importante.

“Bella!” un istante prima che la sua voce mi raggiunge, mi ritrovo stretta tra le braccia di Alice. “Tieni, ti ho portato qualcosa di caldo da bere, fai attenzione, mi raccomando!” Abbasso lo sguardo e vedo la grande tazza celeste. La fisso, non capisco cosa debba farci.

“Fatele spazio, avanti...” la voce cordiale di Carlisle si mette in mezzo a questa gran confusione. Letteralmente. “Anzi, lasciateci soli. Anche tu, Edward.”

Edward. Seguo con gli occhi il suo profilo mentre esce dalla camera, senza dire nulla, seguito a ruota da Alice. Un istante di calma e di silenzio. Sento l'odore del the caldo alla mia destra, la tazza posata su un comodino. Alzo lo sguardo e incontro gli occhi di Carlisle.

“Lo so. Sei confusa. Hai così tante domande da non sapere da dove cominciare. E ti mancano pure le parole.”

Annuisco, poco convinta. Non mi sembra poi così importante, pronunciare qualche parola.

“So che è difficile, ma ti chiedo lo stesso di ascoltarmi molto attentamente. Se sei stanca, vuoi riposare, basta dirlo, intesi?”

Annuisco di nuovo. Lo sguardo vaga per la camera. Un'ampia stanza, una grande parete di vetro dà su un paesaggio per nulla familiare. Vedo possenti montagne innevate, piramidi bianco sporco che appena si riescono a distinguere dal cielo.

“Cominciamo con il dato clinico... sei rimasta a lungo in uno stato di profonda incoscienza. Il termine è sbagliato, ma rende benissimo l'idea: sei stata in una specie di coma emotivo. A lungo. Ti abbiamo nutrita e ci siamo presi cura di te, ciò non toglie il tuo organismo sia profondamente debilitato.”

Abbasso lo sguardo, mi guardo le mani, la pelle tirata, asciutta.

“Non voglio intimorirti. Non è nulla di irreparabile. In poco tempo tornerai quella che sei sempre stata. Ma non devi affrettare i tempi. E' importante concedere al tuo corpo il tempo giusto per riprendersi e tornare a funzionare come si deve. Quindi... non strafare.”

“Capisco.” Dico con un filo di voce. E' davvero la mia voce? Porto le mani alla gola, mentre Carlisle riprende a parlare.

“Ora. Per quanto riguarda la tua coscienza... la questione è delicata, molto delicata. Qualunque cosa abbia fatto Edward, interagendo con il tuo subconscio, sembra aver funzionato. Ma temo che porterai dentro di te i segni di quel che è avvenuto. Di nuovo, non voglio spaventarti, Bella. Ma dobbiamo evitare forti shock emotivi che potrebbero scatenare nuovamente quell'estrema reazione che ti ha portato all'oblio. Dobbiamo essere molto cauti. Per questo motivo, Bella, sarà opportuno che mi concedi un po' del tuo tempo, ogni giorno, per... parlare.”

“Capisco.” Dico di nuovo.

“Ho letto molti trattati di psicologia, preparandomi a questo momento. Posso darti tutto il supporto di cui hai bisogno. E per prima cosa, Bella... so che hai mille domande da farmi, ma non posso risponderti. Nessuno può risponderti. Ho dato precise istruzioni agli altri di come comportarsi con te. Tutto questo per il tuo bene, lo capisci, vero?”

Annuisco. Evito il suo sguardo, mi volto verso destra, vedo la tazza, la afferro, me la porto alle labbra. Mi lascio inondare dolcemente dal calore del the. E Carlisle riprende a parlare.

“Per oggi ti concedo due risposte. Due risposte a due domande fondamentali, che sicuramente sono quelle che ti preoccupano di più. Le altre, mi dispiace dirtelo, dovranno attendere, e ti prego di non insistere.”

“Tranquillo,” dico distrattamente, “non è importante.” Nulla è più importante, dice una voce nelle profondità del mio animo.

“Immagino la tua prima domanda sia: dove mi trovo? Ebbene... siamo in Alaska.”

Ora capisco le montagne bianche.

“Alaska?”

“Sì. Un piccolo paese di pescatori, da qualche parte nel nord-ovest dell'Alaska. Qui siamo al sicuro. Anche tu, Bella, qui puoi stare al sicuro. Ho comprato questa grande casa solo per noi, e anche per te, naturalmente. Vedrai, ti piacerà. Più tardi sicuramente le ragazze ti sottoporranno ad una visita guidata! Comunque sia, rimarremo qui per un bel po' di tempo. Spero ti troverai bene. La cittadina, beh, a sentire i ragazzi è pure più orrenda di Forks... ma è meglio così, credimi.”

“Ok.” Dico annuendo.

“Andiamo avanti. Immagino uno dei tuoi primi pensieri sia rivolto ai tuoi genitori. Cominciamo col dire che stanno tutti bene. Sono ognuno dove li hai lasciati. Tuo padre Charlie è ancora a Forks. Li puoi vedere? Temo di no. Per il momento è meglio di no.”

“Ma... ecco...” comincio a mormorare, mentre in me si risveglia la fiamma dell'apprensione. Ha un sapore strano. “Loro sanno dove mi trovo?”

“No. Non lo sanno. Mi dispiace. Ma questo è un argomento che conviene affrontare successivamente.”

Annuisco ancora. Vuoto la tazza, la poso dov'era. Osservo i miei movimenti, mi sembrano così lenti.

“Ho sonno.” Dico ad un tratto. Incontro lo sguardo dolce di Carlisle, e subito dopo mi addormento.

Quando mi sveglio la stanza è immersa in un grigio buio. Sono sola. A quanto pare è sera. La sera dell'Alaska.

Mi metto a sedere. Mi passo le mani sugli occhi, sbadiglio, fisso le coperte pesanti che mi sovrastano. Rimango per un po' al buio, così, a guardare le linee degli oggetti scolpiti nell'immobilità della sera.

Ad un tratto si apre la porta, all'angolo in fondo a destra della camera. Esme.

“Ciao, cara.”

Esme si avvicina, si siede sul bordo del letto, le faccio spazio. Parliamo, mi carezza un braccio, mi sistema i capelli. Il tempo passa e me ne accorgo a stento.

“Sei pronta per una buona cena?” Mi chiede poi, gli occhi intrisi di un calore tutto materno. E allora mi ci lascio avvolgere, e rispondo di sì.

Esme mi fa alzare, e mi aiuta a cambiarmi, mi fa indossare degli abiti molto pesanti. Ma non ho freddo. Non sento freddo. Non sento nulla, in effetti.

Con calma, attraversiamo insieme il lungo corridoio del piano superiore della casa. Scendiamo le scale, passiamo un altro corridoio, e infine ci ritroviamo nella splendida stanza da pranzo. Mentre camminiamo mi soffermo sui dettagli, è davvero una bella casa, non quanto quella a Forks, forse, ma davvero bella.

La tavola è apparecchiata a puntino. Ci sono diversi piatti da portata. Eppure sono la sola a mangiare.

“Ho cucinato forse un po' troppo... ma dovevo fare qualcosa, quindi non importa.” Mi dice Esme, indicandomi poi il mio posto a tavola. Edward è di fronte a me, Alice alla mia destra. Mi guardo intorno, vedo due posti vuoti.

“Rosalie... Emmett. Dove sono?” chiedo, mentre Edward mi versa dell'acqua.

“Rosalie ed Emmett stanno bene.” Carlisle. “Sono andati via. Ma stanno bene. Non ti preoccupare. Parleremo anche di questo. Coraggio, mangia, adesso, e non pensare ad altro.”

 

Dopocena ci troviamo tutti nell'ampio salone. Edward suona il piano, Carlisle legge un libro, così come Jasper, mentre io mi trovo seduta sul divano in mezzo ad Esme e Alice, che parlano. Ma le loro parole mi attraversano, come se fossi diafana. Come un'ombra.

 

Quando mi sveglio la stanza è inondata di luce. Il primo dato che registro è la totale assenza di sogni. Faccio sempre molti sogni, e al risveglio ne ricordo parecchi. Oggi, invece, non sento proprio nulla.

La stanza è inondata di luce. Credo sia mattina, ma con l'Alaska è difficile da dire. Potrebbe essere ancora notte, in effetti.

Lascio vagare lo sguardo su dettagli inutili della camera, immersa in una bolla temporale piacevolmente indefinita.

Quando sento un rumore, mi risveglio dalla trance. Decido di alzarmi. Mi guardo, ho addosso una camicia da notte. Non ricordo di averla indossata. In effetti non ricordo proprio di essermi coricata.

Esco fuori la stanza, con ancora addosso la camicia da notte. Che importa.

Trovo Edward nel salotto. E' solo. E' seduto accanto ad un'ampia finestra, guarda fuori, gli occhi fissi senza mai sbattere le palpebre. Come una statua.

“Bella!” esclama, accorgendosi della mia presenza, e sciogliendo la sua marmorea posizione.

“Che ore sono?”

“Le sei del mattino. Lo so, dovrai farci l'abitudine...”

Edward si alza e mi si avvicina. Posa il suo sguardo su di me.

“Vai da Alice, ti starà aspettando.”

Esco allora dal soggiorno, rendendomi conto per la prima volta che da quando mi sono risvegliata Edward non mi ha mai toccato.

Entrando in cucina vengo trafitta da dei raggi di luce. Mi faccio scudo con una mano, mentre cerco dell'acqua. Bevo, con calma, cercando di percepire il liquido fresco scorrere dentro di me. Ma non sento niente.

“Oh, eccoti qua!”

Mi lascio condurre dal sorriso di Alice verso uno dei bagni. “Hai proprio bisogno di un bel bagno!” mi ha detto, e così mi lascio convincere. Anche il bagno non è da meno, rispetto allo splendore delle altre stanze. C'è una grande vasca da bagno in stile coloniale.

“Coraggio, aspetta solo te!”

E di nuovo mi lascio convincere da Alice, abbandono i miei vestiti ed entro nell'acqua piena di schiuma profumata e colorata.

“Non è troppo calda, vero?”

“No, tranquilla.” Non è troppo calda.

Per un po' rimaniamo in silenzio. Mi lascio travolgere dalla dolcezza della schiuma, mentre Alice pensa ai miei capelli. L'ho lasciata fare, perché so che le fa piacere, e devo dire che non mi dispiace affatto.

Ad un tratto mi rendo conto veramente del contatto fisico che ho instaurato con Alice. Alice, che mi bagna i capelli e mi massaggia la testa, e allora torno a pensare ad Edward, ad Edward che ancora non mi ha toccato.

Ma con un colpo d'acqua, che mi arriva a cascata sulla testa piena di shampoo, anche i pensieri vengono lavati via.

 

Lo studio di Carlisle è esattamente come si potrebbe immaginare lo studio di Carlisle. Una stanza piccola arredata con molto gusto, piena di libri, ma ordinatissima.

Sono sdraiata su un divanetto sotto una finestra. Guardo fuori, mentre Carlisle mi parla. Bevo qualcosa che sembra the. “Ti farà sentire più rilassata.”, ha detto Carlisle.

Dopo dieci minuti buoni di conversazione di circostanza, Carlisle cambia tono e decide di andare al sodo.

“Sei pronta per un'altra domanda, Bella?”

Annuisco. Del resto, non ho molto altro da fare. E' lui che seleziona le domande alle quali rispondere.

“Prima di cominciare... ti ricordi di Victoria, dell'esercito dei neonati, vero?”

Victoria... i capelli violentemente rossi, lo sguardo da assatanata.

“Sì, mi ricordo. Ricordo che mi inseguiva sempre, nei miei sogni... ora non sogno più. O almeno, non ricordo più alcun sogno.”

“E' inevitabile... ma prima o poi anche questo si sistemerà, vedrai.”

“La battaglia... stavamo preparando una battaglia, non è vero? Carlisle?”

“Sì. La battaglia. Lo scontro contro i neonati di Victoria.”

“Beh... abbiamo vinto, non è vero? Voglio dire... altrimenti non saremmo qua. Anche se... perché siamo finiti in Alaska, se abbiamo vinto?”

“Ottima osservazione, Bella. Purtroppo, non posso ancora darti una risposta completa. Parliamo della battaglia. Non voglio costringerti a scavare nella tua memoria, non ancora. Dimmi soltanto se ricordi qualcosa della battaglia, o meno.”

“No... non mi sembra. Ricordo solo che ci stavamo preparando. Ricordo intere discussioni e preparazioni, a Forks...”

“Va bene, fermati qui.” Dice Carlisle, frettolosamente. Allora spengo il cervello e mi concentro soltanto ad ascoltarlo. “Noi abbiamo vinto la battaglia, Bella. Victoria è morta, così come i suoi seguaci. Li abbiamo uccisi tutti. Rimanere a Forks, tuttavia, non era più opportuno. E così abbiamo deciso di trasferirci in Alaska. Non contiamo di restare qui per sempre... solo lo stretto necessario.”

“Perché siamo venuti in Alaska?”

“E'... complicato. Le ragioni sono diverse.”

“Forks non è più sicura? E allora perché avete lasciato là Charlie?”

“No, Bella, tranquilla, non è così. Forks è sicura più che mai. Per tutti coloro che sono rimasti lì, Forks è sempre una cittadina sicura. Ancora di più, considerato che noi non ci siamo più. Capisco le tue difficoltà a comprendere tutto questo, ma abbi pazienza, a tempo debito ti sarà chiara ogni cosa.”

 

A tempo debito ti sarà chiara ogni cosa, diventa un ritornello che si ripete nei giorni, e che ogni volta si pone come conclusione delle conversazioni tra me e Carlisle.

 

E' pomeriggio. Oggi fa molto freddo, così ha detto Alice, insistendo affinché indossassi qualcosa di più pesante. Carlisle, dal canto suo, ha acceso il camino del salotto. Siamo di nuovo io e lui, a parlare.

“Rosalie ed Emmett. Vuoi sapere di loro, non è vero?”

“Sì. Mi mancano.”

“Mancano a tutti noi. Ma non devi stare in pensiero per loro. Stanno bene, devi credermi.” Prende una pausa, forse per cercare le parole giuste, le parole più semplici. Mi sento una stupida incapace di comprendere anche le cose più banali. “Dopo la battaglia, siamo rimasti qualche giorno a Forks. In quei pochi giorni abbiamo discusso a lungo sul nostro futuro. Alla fine, abbiamo preso la decisione di trasferirci qui. Rosalie, tuttavia, ha manifestato la sua decisa opposizione. Rosalie, come dire... ha sempre mantenuto una latente insofferenza per il suo essere un vampiro. Così, ha deciso di lasciarci, e andare via. Come poi scoprirai, tra qualche giorno ancora, c'è ancora qualche problema in sospeso. Siamo vampiri, in una società occulta di vampiri, ci sono sempre affari da sistemare. Ma Rosalie... lei non ha mai gradito tutto ciò. Dunque è andata via, per stare da sola, fuori dal nostro mondo. Ed Emmett, per amore, non ha potuto fare a meno di seguirla. Non so dove siano, ma sappiamo che sono al sicuro e stanno bene. Ci sentiamo sporadicamente. Ti mandano i loro più cari saluti. E' tutto.”

E' tutto.

 

Il tempo trascorre lentamente in Alaska, con la stessa lentezza e svogliatezza con cui i fiocchi di neve scivolano fino al suolo. In questo tempo allungato ed annoiato, proseguono i miei incontri con Carlisle, i pranzi, le cene, i bagni con Alice, ma Edward ancora non mi tocca.

 

“Oggi è un giorno importante, Bella.”

Di nuovo lo studio di Carlisle. Nella sua voce c'è esaltazione, ma anche preoccupazione.

“Edward ed Esme non sono d'accordo con me, ma abbiamo votato, e con il favore di Jasper ed Alice sono pronto a rispondere ad un'altra domanda importante. Hai fatto molti progressi, il tuo corpo si sta riprendendo molto bene. Davvero, ti vedo in buona forma. Sei pronta?”

Annuisco, come mille altre volte.

“Questa è la seconda risposta alla domanda perché siamo fuggiti in Alaska.” Prendo la tazza e comincio a bere, gli occhi attenti a seguire lo sguardo di Carlisle. “Come sai, lo scontro si è risolto con una nostra netta vittoria. La minaccia di Victoria è stata debellata. Tuttavia, poco tempo dopo lo scontro, in quella stessa giornata, abbiamo ricevuto una visita inaspettata e non esattamente gradita... i Volturi.”

I Volturi... i vampiri incappucciati... l'Italia.

“I Volturi hanno espresso profonda ostilità nei nostri confronti. Ci hanno visto come una potenziale minaccia per la sicurezza di tutti i vampiri. Abbiamo discusso, e sono state proposte delle condizioni, per la nostra libera esistenza, e soprattutto per la tua salvaguardia, che non abbiamo ritenuto opportuno accettare. Dunque siamo fuggiti, lontano dai loro sguardi. Ci troveranno? Non sappiamo dirlo. Alice continua a scrutare il futuro, ma tutto sembra essere fin troppo incerto. Io mi auguro che si accontentino di vederci isolati, incapaci dunque di alcuna azione di disturbo.”

“E' me che vogliono.” Dico ad un tratto, mentre tornano a galla una serie di ricordi. E' sempre me che vogliono.

“Tranquilla. Qui sei al sicuro.”

Al sicuro.

 

Mi sveglio nel cuore della notte. Ormai ho imparato a riconoscere le ore notturne dell'Alaska. Mi sveglio, ho sete, mi alzo dal letto e mi dirigo verso la cucina, camminando lentamente, per non farmi sentire e soprattutto per non inciampare, sbattere su qualcosa, e così via.

Mi disseto.

Mentre compio il tragitto di ritorno, mi accorgo casualmente di una conversazione in atto nella stanza da pranzo.

Per qualche ragione, mi fermo ad ascoltare.

“Come puoi chiedermelo, Carlisle! Io... io davvero non so più cosa fare.”

“Sei l'unico, Edward, che può farlo. L'unico.”

“Ho già fatto abbastanza! E non mi pare sia servito a qualcosa!”

“Non dire così.”

“E cosa dovrei dire, allora?! Che va tutto alla perfezione? Che tutto tornerà come prima?!”

“Abbi fede, Edward.”

“No, Carlisle, non ne ho più! Guardala, Carlisle, guardala! Ti ostini, giorno dopo giorno, a giocare allo psicanalista, e con quale risultato! E' un'ombra, ormai, Carlisle! E' un'ombra!”

“La preferivi ancora in coma? La preferivi morta, forse?”

“...”

“E' vero, è come dici tu, è come un'ombra. Ciò che mi preoccupa è questa sua apatia. Anche Alice me l'ha fatto notare... è un'apatia sia fisica che emotiva.”

“...”

“C'è solo un modo... e lo sai. Spetta a te.”

“No, io ho chiuso. Non voglio più vederla soffrire.”

“E' necessario, Edward... devi farla soffrire. Solo così tutto tornerà come prima.”

“Ma niente tornerà come prima!”

“Sempre meglio di com'è adesso, allora, non trovi?”

Non capisco. Sento il sonno tornare prepotente. E allora mi strappo a quel luogo, a quella conversazione origliata, e torno alle profondità del sonno.

 

“Come ha fatto a svegliarmi?”

“Come?”

“Edward... come ha fatto a svegliarmi?”

Siamo di nuovo nel suo studio. Ho tagliato corto con i suoi discorsi di circostanza. Questa volta voglio scegliere io la domanda.

Vedo Carlisle alzarsi dalla sua poltrona preferita, vagare per la stanza, gettare uno sguardo oltre la finestra.

“Non so tutto... Edward non mi ha detto tutto. Posso solo darti la spiegazione tecnica.”

Mi accontento. Lo invito a proseguire, mentre bevo dalla mia solita tazza.

“Ti sei mai chiesta perché Edward non riesce a leggerti il pensiero?”

“Perché non c'è nulla da leggere?”

Carlisle abbozza un sorriso. “A quanto abbiamo capito, tu hai un dono, Bella. Alcuni umani, in effetti, hanno in sé delle potenzialità nascoste, che poi, se mai diventano dei vampiri, vengono allo scoperto. Edward, probabilmente, sarà stato un ragazzino dalla forte empatia, capace di una grandissima compassione, nel senso più letterale del termine. Quanto a te, hai una notevole capacità di schermarti dagli altri. Una sorta di, come dire, scudo che il tuo ego possiede e che spesso usa per proteggersi dal contatto con gli altri. Sei sempre stata una ragazza riservata, non è vero? Ecco, tu hai un fortissimo scudo mentale. Uno scudo profondamente radicato nell'inconscio, e che spesso agisce per sua volontà.”

Si ferma, mi chiede se riesco a seguirlo, sì, non ho problemi, vai avanti.

“Il tuo scudo mentale ti ha protetto, facendoti sprofondare in uno stato di incoscienza prolungata. Edward, a quanto pare, dopo moltissimi tentativi è riuscito a penetrare nel tuo inconscio, convincendo quello scudo a farsi da parte. Ma qualunque cosa abbia visto, dentro la tua testa, e fatto, è un bel mistero. Non me l'hai mai voluto dire. E credo sia meglio così, dopotutto.”

Ha senso. Eppure non capisco. C'è qualcosa che non mi torna... inseguo i miei pensieri sfuggenti, poi afferro il dubbio.

“Perché il mio, ecco, il mio scudo ha agito così? Cos'è successo?”

Carlisle mi rivolge un sorriso caldo e triste allo stesso tempo.

“Ecco, Bella, è questa la grande domanda. E ora che sei riuscita a formularla, non ti resta che trovare la risposta. Devi trovarla da sola, Bella. E' ben nascosta dentro di te... ma confido nel fatto ci riuscirai. Ti chiedo solo di non affrettarti. Non accelerare i tempi. Procedi con calma, e al momento giusto, la verità salirà a galla, e tu sarai ormai pronta per accettarla, ed andare avanti.”

Andare avanti.

 

Ad un tratto mi sveglio in piena notte, di nuovo. Ho sognato. Stringo gli occhi i pugni e cerco di ricordare, di mantenere quelle poche immagini confuse che affollano la mia mente svuotata.

Vedo dei lupi nella foresta. Grossi lupi. No, non sono lupi.

Rapidamente mi alzo dal letto, esco, scendo di sotto, inciampo in corridoio ma mi rialzo subito. Arrivo nello studio di Carlisle col fiatone.

“Bella! Che succede...”

Lo vedo posare il libro che stava leggendo, mettermi un braccio sulle spalle e farmi accomodare sul divanetto.

Quando mi torna il fiato e la voce, allora comincio a parlargli.

“Mi ricordo. Mi ricordo dei licantropi. C'erano anche loro, durante la battaglia, non è vero?”

Carlisle annuisce. “Sì, è così. Ma non sforzare la memoria, ti prego, lascia che faccia il suo corso.”

“Ricordo... c'era qualcuno. Non so... non riesco a spiegarmi!”

“Non ti preoccupare, Bella... presto lo capirai. Piuttosto, hai visto? La tua memoria funziona bene. Hai ricordato i licantropi. Ma ora non è il momento di continuare a sforzarti... devi dormire, è notte fonda.”

“No!” urlo, senza accorgermene. Mi metto a sedere sul divano, lancio il mio sguardo sul vampiro. “Che fine hanno fatto? Sono rimasti a Forks?”

Carlisle mi guarda, un paio di istanti, è perplesso, poi risponde.

“La tregua tra noi e i Quileute è finita, Bella. La battaglia, i Volturi... e tanto altro. Tutti buoni motivi per costringere i tuoi amici di La Push a rompere la tregua con noi. Anche per questo siamo andati via da Forks. Ma non li biasimo. Dopotutto, forse è meglio così.”

La tregua... finita?

“Ora, Bella, faresti bene a tornare a letto.” Mi rialzo e Carlisle mi accompagna fino alla porta. “Ma tieni duro. Sei sulla strada giusta.”

Sulla strada giusta.

 

Passano i giorni. Io e Carlisle non parliamo più. Carlisle dice di avermi detto tutto quello che aveva da dirmi, e che non c'è davvero nient'altro. Non ci sono più domande alle quali rispondere. Ciò che rimane, ha detto, è la sola cosa veramente importante. E devo essere io stessa, da sola, a ricordarla.

Ma passano i giorni, ed i continuo a non capire, a non ricordare, a non sentire nulla.

 

Un pomeriggio Esme decide di preparare un dolce, e allora l'aiuto. Mentre ci diamo da fare in cucina, mescolando ed impastando, mi sporco tutta la maglietta. Esme mi dice di toglierla rapidamente, e di passare la macchia sotto l'acqua fredda, così da pulirla via facilmente. E così, mentre le rivolgo la schiena nuda, concentrata a lavar via la grande macchia di cioccolato, Esme si accorge di una mia cicatrice sulla schiena. L'ennesima cicatrice, l'ennesima caduta e l'ennesima ferita.

“Sai... questa è un'altra caratteristica dei vampiri?”

“Quale?”

“Non abbiamo cicatrici. E anche quelle che avevamo da umani, spariscono.”

“Oh.”

“Un po' mi mancano. Sono importanti le cicatrici, sai.”

“Importanti?”

“Beh, secondo me sì... ti permettono di ricordarti. Sono dei ricordi. Ti ricordano di esserti fatta male, ma anche di essere guarita.”

Cicatrici. Forse qualunque cosa mi abbia fatto così tanto male mi ha lasciato una cicatrice, dentro.

 

Mentre i giorni passano, le mie notti si fanno più inquiete. I sogni tornano ad affollare la mia mente. Ma non ci capisco più nulla. Ne parlo con Carlisle, ma è inutile, non vuole dirmi nient'altro. Devo essere io a capire da sola, continua a ripetermi.

 

Succede tutto un pomeriggio.

Oggi sono particolarmente stanca. Dopo pranzo mi metto a letto, ma non riesco a dormire bene. Mi agito nel sonno, la mia mente s'incastra tra mille sogni e visioni.

Mi sveglio di soprassalto con un pensiero fisso.

Un braccialetto...

Ricordo che qualcuno mi ha regalato un braccialetto.

Comincio a rovistare tra le mie cose, apro i cassetti, scruto negli armadi, metto la stanza a soqquadro. Non lo trovo, eppure so che dev'esserci, devo trovarlo. Sento che se riuscissi a trovarlo allora capirei tutto. Lancio i cassetti vuoti, spargo vestiti in giro, faccio abbastanza rumore al punto che prima Alice e poi Edward entrano nella stanza.

“Ma che...”

“Il braccialetto!” continuo ad urlare, cercando, senza spiegare nulla.

“Bella! Bella, per favore, fermati un momento e lasciami capire...”mi dice Edward, ma lo ignoro. Apro un altro armadio pieno di coperte, le lancio via, quasi rischio di venire travolta da una torre di piumoni.

“Ragazzi, ma cosa sta succedendo...”

“Jasper, va' a chiamare Carlisle!”

In fondo all'armadio trovo un bauletto, un piccolo scrigno, non ricordo di averlo mai avuto. Mi fermo, il bauletto in mano.

“Dove sono tutte le mie altre cose?!” urlo rivolta agli altri, che dal canto loro sono rimasti davanti la porta a guardarmi. “Dannazione, qui non ci capisco più nulla!” urlo ancora, e lancio lo scrigno di lato, piena di rabbia. Lo scrigno vola, finisce a terra, si apre, ne escono fuori un paio di collane, orecchini e braccialetti. Finché intravedo la forma di un lupo. Mi ci butto, cercando freneticamente, e finalmente lo trovo.

“Ora capisco...” sento Edward dire.

Sgrano gli occhi, mentre fisso il braccialetto sul palmo della mia mano.

Tengo fissi gli occhi davanti a me, mentre il mondo viene fatto a pezzi. Guardo avanti, vedo le pareti della casa sfracellarsi, vedo degli squarci aprirsi nell'aria, vedo la stanza sparire.

“Bella! Bella, stai bene? Dimmi qualcosa!”

La voce di Edward mi giunge lontana, come da un altro universo. Sposto lo sguardo sul suo viso, lo vedo trasfigurarsi in una maschera indescrivibile.

Comincio a sentire le voci, troppe voci. Mi lascio cadere a terra in ginocchio, mi tappo le orecchie, chiudo gli occhi, e tutto attorno a me sento il mondo vorticare come impazzito. Qualcosa si avvicina, si china su di me, vedo una mano sfiorare il mio ginocchio. Guardo la mano di Edward, la vedo sparire e ricomparire, la vedo trasformarsi, sfigurarsi, farsi a pezzi nell'aria, poi ricompattarsi. Poi la mano di Edward non è più la mano di Edward. Alzo lo sguardo e capisco. E' la mano di Jacob, di Jacob, di Jacob che mi porge un braccialetto con un ciondolo a forma di lupo.

“Carlisle, fai qualcosa!” urla qualcuno, mentre rimango impietrita, inginocchiata a terra.

“No! Non toccatela, lasciatela stare!”

“Io... io mi ricordo.” Dico ad un tratto. E ad un tratto tutto diventa più chiaro. Non più semplice, ma più chiaro. Vedo di nuovo tutto, adesso. Vedo Jacob darmi il braccialetto, vedo Jacob baciarmi, vedo me stessa schiantarmi la mano sul suo viso, vedo me stessa baciare Jacob, una, due, mille volte. E poi...

“Devo andare... devo andare nel bosco.” Dico piano, rialzandomi.

“Bella!” urla invano Edward.

“Fatemi uscire... fatemi uscire!” mi faccio largo tra gli altri, mi lancio fuori, oltre la porta, inciampo sulle scale, ma non importa, devo uscire, devo uscire da questa casa, devo raggiungere il bosco.

“Sta morendo! Qualcuno nel bosco sta morendo!” dico, e non mi accorgo di urlare. Correndo, vado a sbattere contro la porta d'ingresso. Strepito, stritolo la maniglia, e alla fine riesco ad aprirla.

Fuori m'invade la luce dell'Alaska. Socchiudo gli occhi e inizio a correre, corro via, seguendo il sentiero che si perde nel bosco.

Corro tra i sassi e gli alberi e gli arbusti, corro e inciampo ed ignoro le abrasioni sul ginocchio, e mi rialzo e riprendo a correre, a saltare tra le radici, seguendo la voce che mi parla.

Ad un tratto arrivo ad una radura.

Sento qualcuno alle mie spalle, ma lo ignoro.

“E' qui... è successo qui. O in un posto simile... è successo... ma... sì, ormai è tardi.” Mormoro a me stessa, confusa, mentre mi guardo intorno, girando e girando su me stessa fino a rischiare di perdere l'equilibrio.

Poi mi volto verso Edward, perché non ho dubbi sia lui la persona ferma alle mie spalle, in silenzio ad aspettare.

“E' successo in un posto come questo.” Allora dico, ad Edward ma soprattutto a me stessa. “Jacob è morto.”

“Bella...”

“Non importa. Non fa male... non ricordo cosa ha provato. Ma ricordo che è successo. Sì, è così... è proprio così. Come una cicatrice.”

E la verità è semplicemente questa: sto in piedi in questa radura, ricordandomi della morte di Jacob, Edward si lancia su di me e mi abbraccia, ed io mi lascio abbracciare, e lui recita una serie di scuse e di promesse, ed io rimango lì, tra le sua braccia, in silenzio, e davvero io non sento nulla, proprio nulla.

 

Ricordarmi della morte di Jacob è stato l'obiettivo primario della mia coscienza, così ha detto Carlisle, che si è detto soddisfatto della cosa, ma ad esser sincera non credo sia cambiata qualcosa. Anzi. Quando non ricordavo, non sapevo ancora cosa ci fosse di così importante da ricordare, credevo che quando fosse accaduto allora tutto si sarebbe sistemato.

E invece non si è sistemato nulla.

Perché non provo più niente? Perché, nell'istante in cui ho ricordato la morte di Jacob, non ho pianto nemmeno una lacrima? Ma soprattutto: perché mentre Edward mi abbracciava, io non sono riuscita a ricordare cosa significa stare tra le sue braccia?

I giorni passano ancora, e se anche tutte le domande hanno avuto una risposta, la mia vita sembra esser rimasta oscenamente fuori binario.

 

Poi una mattina accade che mi sveglio con un pensiero in testa. Quand'è che mi sono innamorata di Edward? Com'è stato possibile? Mi sono chiesta. Allora ho pensato al nostro primo bacio. E a quel punto ho scoperto che non riuscivo più a ricordarlo.

 

E' tardi. Questa sera non ho avuto molta fame. E' da qualche giorno che mi è passata la fame, e non è che ne avessi molta, prima. Esme e Alice hanno cercato di convincermi a mangiare ugualmente, ma almeno questa sera Carlisle ha detto loro di lasciar stare e rispettare le mie volontà.

Siamo in salotto, come tante altre sere. Ogni giorno si ripete sempre uguale a se stesso. Carlisle dice che adesso sono pronta per sistemare la mia vita, trovarmi qualcosa da fare. Finire la scuola, innanzitutto. Ma a me non sembra più importante.

Nulla, in effetti, sembra avere alcuna importanza. Eppure ricordo che un tempo ero in grado di dare alle cose il loro giusto e meritato valore.

Sto leggendo un libro. Carlisle dice che fa bene alla mia mente. Ma mi annoio. Alzo lo sguardo e vedo Alice e Jasper, sul divano di fronte a me. Ammiro la loro unione, il loro legame, la tenerezza dei loro sguardi e dei loro gesti.

Non c'è nessun altro, oltre noi tre. Esme Edward e Carlisle sono a caccia. E allora, lo dico.

“Siete molto teneri, insieme. Lo eravamo anche io ed Edward, non è vero?”

Jasper si immobilizza, muto, completamente inespressivo. Alice assume una postura composta sul divano, la vedo pensare a come rispondermi mentre si sistema i capelli, si passa la lingua sulle labbra.

“Edward ti ama più di ogni altra cosa, Bella, non te lo ricordi?”

“Forse. Eppure non mi tocca più, almeno, non come stavate facendo voi.”

Jasper mormora un flebile “scusate” e si allontana, lasciando me ed Alice sole.

“Lo sai com'è fatto... ha sempre paura di farti del male. E poi devi considerare che Carlisle gli ha detto di essere molto cauto, con te, per non scatenare, sai, estreme reazioni emotive, e...”

“Può stare tranquillo. Estreme reazioni emotive...” e lascio morire la frase in un sorriso sarcastico. Almeno, credo sia un sorriso. “Alla fine ho ricordato tutto, no? Tutto è tornato come prima...

“Bella, va tutto bene?” Alice si avvicina rapidamente, la sua mano raggiunge il mio ginocchio. Ripete la domanda.

“Sì, sì, va tutto bene. E' che...” mi blocco. Pronunciare quelle parole significa costringermi a riconoscerle per vere, ed il mio inconscio non sembra volerlo. Ma mi faccio forza, e continuo la frase. “Non ricordo più com'era stare con lui. Questa mattina pensavo alle prime volte che ci siamo conosciuti... e non sono riuscita a ricordare. Ho come la sensazione, come dire, la sensazione che ci sia qualcosa che è stato cancellato. Edward mi ha portato in un posto, credo, non so quando sia successo, è solo una sensazione... ma non mi ricordo più.”

“Credo che dovresti parlarne con Carlisle.”

“No.” Ribatto, secca. “Carlisle non farebbe altro che dirmi che la mia memoria ha bisogno di tempo per mettersi a posto, ma non è questo il punto!” Senza nemmeno accorgermene salto in piedi, alzando anche il tono della voce. “Non è questo il punto, Alice!” quasi urlo. “Non è la memoria, non c'entra niente la memoria! E' questo il problema, è questo!” dico mettendomi una mano sul petto all'altezza del cuore. “E' questo che non va più!”

“Bella, io...”

“Come posso aver dimenticato come mi sono innamorata di Edward?!”

“Dovresti calmarti, Bella, non ti fa bene...”

Resisto, urlo ancora, ma poi Alice mi stringe e allora mi lascio sprofondare nel suo abbraccio, cercando di cancellare tutti i miei pensieri.

 

Più tardi giaccio a letto, stanca, spossata, ma senza alcuna voglia di dormire. La tazza sul comodino è ancora piena di tisana non più fumante. Rimango ferma, seduta sul letto, le ginocchia raccolte tra le braccia, mentre immobilizzo la mia mente in pensieri vuoti ed inutili.

La porta della camera si apre, la testa di Edward fa capolino.

“Posso entrare?” mi chiede, il sorriso caldo.

Senza guardarlo gli rispondo, la voce neutra, accogliendolo nella mia camera.

“Sapevo non avresti bevuto quella tisana. Così, ho pensato bene di prepararti qualcosa di più appetibile...” volgo lo sguardo nella sua direzione, vedo che mi porge un'altra tazza. “Cioccolata calda.” Senza pensarci, e senza nemmeno dire qualcosa, l'afferro e la porto alle labbra. Mi basta un sorso per sentirmi già meglio.

Edward si allontana dal letto, si muove verso la finestra. Guarda fuori. Mi parla, dandomi le spalle.

“Alice mi ha detto di 'stasera.”

Non rispondo. Bevo la mia cioccolata.

“Ho parlato con Carlisle. Abbiamo discusso un po'. E così eccomi qua.”

Non voglio che rimanga lì, lo sguardo fisso sulla finestra, a parlare di lui ed Alice e Carlisle e delle loro discussioni. Voglio che venga qui, sul mio letto, che mi stringa, come una volta, che mi faccia ricordare tutto, cosa significa essere amata da uno come lui, tutto quanto.

E poiché continuo a stare zitta, finalmente Edward si volta e si avvicina.

“Cos'è che non va?”

“Cos'è che va!” rispondo, stizzita.

“E' vero. Perdonami. Domanda stupida. Posso?” mi chiede, prima di sedersi sul bordo del letto. Vorrei che la smettesse di chiedermi e che semplicemente agisse.

Vuoto la tazza e la poso sul comodino.

“Voglio sapere tutto, Edward.”

Edward mi guarda, perplesso, preoccupato.

“Voglio sapere tutto.” Ripeto. “Voglio sapere come hai fatto ad entrare nella mia testa. Che cosa hai visto, che cosa hai fatto, cosa ti ho detto. Cos'è successo qua dentro?” gli dico, indicandomi la testa. “Che cosa è successo?!”

“Carlisle te l'ha già spiegato, no? Il tuo scudo...”

“Lascia perdere il mio scudo!” lo interrompo, il tono della voce che cresce sempre di più. “Perché, a questo punto mi chiedo, perché farmi svegliare? Perché non farmi morire, piuttosto?! Ho impiegato così tanto tempo a ricordarmi di Jacob, e cos'è cambiato?! Niente!”

“Bella, stai straparlando, lascia che ti spieghi...”

“Io non sento niente, Edward!” comincio a sbraitare, la voce spezzata. “Non sento più niente!” Mi stringo il petto, il cuore. “Qui, qui dentro, non c'è più niente! Io sono morta dentro, Edward! Che cosa mi hai fatto?!”

“Ti prego, Bella, non fare così...”

“Spiegamelo, Edward, spiegamelo!” continuo ad urlare, tendendo la voce fino ai suoi limiti. “Perché mi hai fatto dimenticare cosa significa amarti?! Perché io non riesco più a ricordarmi il nostro primo bacio?!”

“Davvero, tu, non...”

Per un attimo, lo sguardo di Edward, ora triste, si posa su di me, e lo sento scavare dentro il mio animo trasfigurato, e allora cedo, mi lascio al silenzio.

Rimaniamo in silenzio.

Edward mi prende una mano, è così fredda.

“Vieni con me.” Mi dice, ed io mi alzo e lo seguo, in silenzio. Lo seguo giù per le scale. Lo seguo fino al salotto, fino al pianoforte. Mi fa accomodare sul divano, mentre lui si mette al piano. Non capisco, ma lo lascio fare.

Edward comincia a suonare. Una melodia dolce, vagamente triste. La suona, le note mi attraversano, ed io sento appena il gusto dolceamaro della nostalgia.

“L'ho scritta per te.”

Mi dice, quando finisce di suonare. Si alza, si sposta dal piano e mi raggiunge.

“Perché non sento quello che dovrei sentire, Edward? Perché questa musica non mi fa impazzire il cuore, come penso che abbia fatto in passato?”

Edward mi prende una mano, mi fa alzare. Si avvicina, mi sfiora il mento con due dita gelide.

“Ho dovuto farlo. Quel qualcosa che tu ancora non riesci a ricordare... ti ha sfregiato l'anima. Ed io ho scoperto che dentro di te portavi già un dolore immenso e mai digerito. Io l'ho sempre saputo, ho sempre saputo di averti procurato un dolore immenso, abbandonandoti, ma...”

“Sì... ricordo... tu mi hai abbandonato, una volta. Ma poi sei tornato.” Mormoro, mentre lui continua a parlare.

“Ma non credevo davvero ti avesse distrutto così in profondità. E quel che è successo, dopo, ti ha dato il colpo di grazia... Ho dovuto farlo, Bella.” Avvicina il suo viso al mio, le sue labbra al mio orecchio. “Ho dovuto. Mi dispiace. Mi dispiace tanto.” Mi sussurra all'orecchio. “Ho cancellato tutto. Con i ricordi brutti sono andati via anche i ricordi belli...”

Rimaniamo in silenzio, abbracciati, in un istante infinito. Finché finalmente le lacrime tornano a bagnare i miei occhi, e allora affondo il viso sul suo petto.

“Vieni con me.” Ad un tratto mi dice, staccandosi con me. Mi porge la sua mano ed io l'afferro senza pensarci. Mi porta fuori, nella notte chiara dell'Alaska.

“Aggrappati alla mia schiena.”

“Edward, cosa vuoi fare?”

“Fallo e basta. Niente domande.”

Un istante dopo essere salita, mi ricordo che questa cosa mi terrorizzava. Ma ormai è tardi per protestare: Edward comincia a correre ad alta velocità. Chiudo gli occhi ed urlo di paura, stringendo la presa.

“Ricordi quanto ti ha spaventato la prima volta?”

Apro gli occhi, e non riesco a credere che siamo davvero in cima ad un albero, come forse è successo una volta.

“Mi manca l'aria.” Dico, stringendomi a lui.

“Bella!”

“Mi manca... l'aria...” comincio a respirare rapidamente, troppo rapidamente, la paura per l'altezza mi assale, insieme a tutto, tutto il resto, tutti i ricordi dimenticati, le emozioni sopite, tutto quanto.

“Ce la... ce la faccio.” Dico ancora, lasciando la sua presa, ansimando pesantemente. Mi stringo al grosso tronco dell'albero, attenta a non cadere dal ramo.

“Vieni qui.” Edward mi offre la sua mano. L'accetto, e mi lascio stringere nel suo abbraccio.

“Aggiusterò tutto, Bella. Lascia fare a me. Rifaremo tutto da capo, vedrai. Ti farò innamorare di nuovo di me, e questa volta non sbaglierò più nulla.”

E voglio crederci, voglio crederci davvero, e finalmente avvicino le mie labbra a quelle di Edward, ricordandomi in quell'istante quanto sono glaciali.

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Capitolo 9
*** Interludio: Alice ***


INTERLUDIO: ALICE CULLEN



Alice Cullen vive in un tempo tutto suo.

A lungo ha vissuto fuori dal tempo, in uno spazio della dimensione di una bolla amorfa che si dilata e si restringe senza alcun criterio logico. Alice Cullen non conosce il passato. La sua vita da umana è sempre stata, per lei, un mistero. A lungo ne ha cercato le tracce, aggrappandosi con forza e disperazione ai brandelli di una vita passata e dimenticata.

Alice Cullen vede il futuro. Il futuro determinato dalle scelte della gente. Vede le diramazioni, pressoché infinite, che la vita può prendere, seguendo la caleidoscopica moltitudine degli impulsi umani, razionali ed irrazionali. Vede sempre se stessa vedere il futuro.

Probabilmente si è sempre sentita così. Sconnessa dal mondo e dal tempo. Forse per questo è stata rinchiusa, da piccola, in un manicomio. E forse per questo, una volta diventata un vampiro, ha vagato per il mondo e per la vita, smarrita, senza punti di riferimento stabili, una linea, un punto da cui partire.

Il passato, in effetti, non è altro che questo. Un punto di riferimento stabile che ci ricorda sempre in che direzione stiamo andando.

Forse è per questo che ha deciso, tanto tempo fa, di iniziare un diario. Un diario personale in cui narra tutta la sua vita. Così da avere, anche lei, un punto di inizio. Così da poter scorgere, finalmente, una linea, fatta di tanti piccoli punti preziosi.

E dunque, come ogni sera, Alice Cullen scrive sul suo diario.

 

20 Giugno

E' successo l'impensabile... non capisco, proprio non riesco a capire, per quanto mi sforzi non ci riesco, mi sento così frustrata, confusa, sconvolta... e maledettamente staccata dal mondo, da tutto quello che è successo. Sono stati giorni frenetici, ho avuto così tante visioni che davvero mi è sembrato il mondo e la storia stessero per impazzire. E poi, è successo l'impensabile...

Lo so, lo so. Me l'hanno detto tutti, a partire da Jasper, ma davvero non riesco a smettere di darmi la colpa di tutto questo. Lo so, i licantropi sono fuori dalla mia premonizione, ma davvero avrei voluto poterlo vedere, ed evitare. La morte di Jacob Black, e tutto quel che ne è venuto in seguito.

 

21 Giugno

Mi procura un dolore immenso scriverlo, ma so di doverlo fare. Forse cambierà qualcosa, chissà. Forse se lo scrivo, se lo metto sulla carta, il dolore smetterà di intossicarmi.

Bella è caduta in un profondo stato di shock. Carlisle ha detto che è una specie di coma. Ed io non ci capisco più niente.

 

23 Giugno

Oggi sono arrivati i Volturi. Come se non avessimo già abbastanza problemi con i licantropi (la tregua rischia seriamente di saltare, dice Carlisle). E' tutto così ingarbugliato che non riesco ad avere uno straccio di visione, nemmeno lontanamente chiara.

Eppure non va via la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato. Non è così che dovevano andare le cose. Proprio no. Il tempo sembra davvero aver deviato dal suo corso.

Ho visto chiaramente, più e più volte, Bella ed Edward correre insieme, entrambi vampiri. Li ho visti sposarsi. Avevo visto persino Jacob al matrimonio.

Che cos'è successo?

Che cos'è successo?!

 

24 Giugno

Dobbiamo fuggire. Non possiamo più rimanere qui a Forks. I Quileute non ci vogliono più, Bella ormai è andata, ed i Volturi non hanno cessato di mostrare le loro ostilità. Si fermeranno qui ancora qualche giorno, hanno detto. Le trattative andranno avanti ancora a lungo. Carlisle però non è affatto fiducioso. Fuggiremo, sì, è così.

 

26 Giugno

I Volturi si sono ritirati, ma torneranno presto. E' il momento di andare via, ha detto Carlisle. Mi addolorare lasciare questo posto. Sono stati tre anni fantastici, dopotutto. Tre anni sono niente in rapporto all'eternità, alla mia eternità fuori dal tempo, eppure mi mancheranno davvero.

 

27 Giugno

A rendere il tutto ancora più doloroso, oggi, giorno della partenza, Rosalie ed Emmett ci hanno lasciati. Abbiamo passato buona parte del pomeriggio a discutere. Non ho mai visto Carlisle così arrabbiato, Esme così disperata. Io sono rimasta in disparte, incapace di proferire una sola parola, avvinghiata alle braccia di Jasper, terrorizzata come se avessi potuto sprofondare in un oblio oscuro.

Oblio. Quello in cui è caduta Bella. La porteremo con noi, ma ormai mi chiedo cosa ne sarà di lei. A suo padre abbiamo detto che è morta insieme a Jacob in un incidente. E' stato Carlisle in persona a dirglielo. Edward non ha avuto nemmeno il coraggio di stare a guardare.

E' tutto così difficile.

Eppure siamo vampiri.

Quand'è che le cose hanno cominciato a mettersi così male? Forse è stata colpa di Bella. Basta guardare l'effetto che ha su Edward. Forse la sua vicinanza ci ha umanizzato tutti.

 

2 Luglio

Sono stati giorni faticosi e confusi, ma ora il tempo sembra essersi rallentato. Chissà, forse è a causa del paesaggio dell'Alaska.

L'Alaska.

Il luogo preferito da Edward per le sue fughe.

Lo guardo, scruto l'ombra che cala sul suo viso, e mi chiedo davvero cosa stia provando. Qui, in esilio, con Bella in quelle condizioni.

 

10 Luglio

Esme cerca di tenere su il morale della famiglia, fantasticando sul nostro futuro. Dobbiamo provvedere ed inserirci in questa piccola comunità. Quando sarà il momento, noi ragazzi potremmo iscriverci a scuola. Ma Edward non ne vuole sapere. Carlisle parimenti non ha intenzione di allontanarsi.

Il futuro... Esme pensa al futuro, cercando di trovarne uno. Io, però, non ne trovo più alcuno. Sembra che, tutt'assieme, il mondo abbia smesso di desiderare di andare avanti.

Non vedo più niente.

 

13 Luglio

E' passato così tanto tempo dall'ultima volta, dall'ultima volta che ho scritto, inondando questo stupido ma in fondo utile diario personale di parole. A ben vedere, è proprio di queste ultime che maggiormente sento la mancanza. Prima la nostra era una grande casa piena di parole. Anche quando non c'era Bella, con noi, le parole non mancavano mai. Mi manca Emmett, me ne rendo conto solo adesso, mi manca veramente. E anche Rosalie, lo devo ammettere. Per quanto sia sempre stata più legata ad Esme, non posso negare di sentire la mancanza del particolare rapporto che avevo con Rosalie, quel gioco di sguardi, quello strano senso di solidarietà femminile. Lei è alta, imponente, dallo sguardo raffinato e neutro, io sono piccola e, come spesso mi dicono tutti, aggraziata. Siamo molto diverse, ma anche molto simili.

E mi manca Bella, e mi manca Edward. Mi mancano quel che sono stati, loro due, insieme. Nemmeno Carlisle ed Esme sono più gli stessi. E non posso far a meno di interrogarmi pure su me stessa, su me stessa e Jasper. Jasper, i suoi occhi imperscrutabili, ma dolci in profondità.

La verità è che è scomparso il futuro. Non riesco più ad avere visioni. Ed allora non mi resta che rifuggire nel passato.

Com'è maledettamente ironico, tutto ciò.

 

18 Luglio

Edward ha cominciato a reagire. Bella sembra non doversi più risvegliare, ma lui ha deciso, finalmente, di fare qualcosa, di svegliarsi, almeno lui, dalla trance che l'ha colpito. Oggi l'ho sentito parlare con Bella. Parlarle con dolcezza e disperazione, chiederle, insistente, di svegliarsi, di tornare tra noi, di essere forte e sconfiggere i suoi fantasmi interiori.

Domani andremo a caccia. Io, Esme ed Edward. Ci farà bene, spero.

 

20 Luglio

Edward non è più lo stesso. Non è solo per quel che è successo a Bella... non mi parla più come una volta. Qualunque mio tentativo di approccio si scontra con la durezza granitica del suo sguardo. Non posso biasimarlo, no davvero. Avrei potuto prevederlo, avrei potuto intuirlo, avrei potuto fare qualcosa.

Ecco la risposta. Il futuro è stato cancellato per sempre. Non ci resta che vivere in un continuo condizionale passato.

 

21 Luglio

Oggi è stata una giornata incredibilmente lunga e noiosa.

E' una cosa assurda.

Sono una vampira, non dovrei essere in grado di provare noia.

Che cosa mi sta succedendo?

 

23 Luglio

Oggi ho sorpreso Edward mentre parlava, di nuovo, con Bella. Ha rivolto contro di me di nuovo quello sguardo, ma almeno si è sfogato. Mi ha chiesto di perdonarlo, come se ci fosse bisogno di chiederlo. La sua ultima frase, però... credo di aver capito cosa ha in mente. Dovrei parlarne con Carlisle.

 

24 Luglio

Ho parlato con Carlisle. Poi è rimasto a parlare da solo, a lungo, con Edward. Li ho sentiti urlare più volte. Esme ha cercato di tenersi distratta, ma io non ci sono riuscita. Non c'è riuscito nemmeno Jasper, a distrarmi.

Quando sono usciti dallo studio di Carlisle era ormai sera. Così, ha convocato una riunione in salotto.

Le mie supposizioni, dunque, si sono mostrate giuste. Edward vuole risvegliare Bella penetrando nella sua mente. Ma sarà dura, sarà davvero dura. Solo uno sciocco potrebbe pensare che, in quello stato, Bella possa aver abbassato i suoi schermi mentale. No, non è così. Il suo inconscio ora è più forte e ostile che mai.

 

27 Luglio

Altra nottata di caccia. Questa volta siamo andati io, Carlisle ed Edward. Abbiamo parlato a lungo, soprattutto Edward e Carlisle non hanno mai smesso di discutere. Carlisle ha cominciato a leggere trattati di psicologia per assistere Edward, e magari per poi assistere Bella, se mai dovesse riprendersi.

Non è che siano speranzosi... no, il loro non è per niente ottimismo. Quella di Edward è una speranza cieca e disperata.

 

30 Luglio

Continuo a non vedere più niente. Ancora nessuna visione. So che dovrei parlarne con Carlisle, ma...

 

2 Agosto

Continuo a ripetermi che devo parlare con Carlisle, ma non ci riesco. Carlisle è così preso dai suoi manuali di psicologia. Edward è completamente concentrato su Bella. Tutti sembrano presi da qualcosa. Persino Jasper si dà da fare. Ed io non riesco nemmeno a vedere il futuro.

 

6 Agosto

Oggi mi sono fatta forza. Ho parlato con Esme. Carlisle è stato occupato tutto il giorno, così ho preferito ripiegare su Esme. Non posso pentirmi di questa scelta, affatto. Avrei dovuto farlo prima, davvero. Esme è una donna fantastica, riesce sempre a riscaldare le persone, persino quelli come noi, congelati nel nostro tempo fuor di sesto.

 

8 Agosto

Ora anche Carlisle è al corrente della mia situazione. Abbiamo parlato per un po', io, lui ed Esme. Il suo sguardo, serio, ma un po' rilassato, mi ha risollevato l'umore. Sostiene non ci sia da preoccuparsi più di tanto. E' evidente che questa situazione, che doveva essere solo provvisoria, rimarrà tale ancora a lungo. Quanto a Bella, ha detto, siamo entrati nel regno dell'inconscio, e lì non c'è nulla da fare.

Insomma, non posso prevedere cosa accadrà nell'inconscio di Bella.

Insomma, il fatto non riesca ad avere più visioni, non vuol dire che Bella rimarrà per sempre così. Potrebbe anche essere, ma non è una certezza assoluta.

Preferisco aggrapparmi a quel brandello di speranza.

 

22 Agosto

Finalmente torno a scrivere. Non potevo più sostenere il triste vuoto di queste pagine. Ma la verità è che non c'è poi molto da dire...

I giorni passano uguali. Ma non voglio abbandonare la speranza che il futuro possa tornare a farmi visita, prima o poi.

 

29 Agosto

Sono passati ormai più di due mesi da quando ci siamo trasferiti qui in questa cittadina. Oggi Carlisle ha convocato un'altra riunione. A breve riprenderà la solita vita umana. Il lavoro, la scuola. Abbiamo discusso per buona parte della serata. Jasper è stanco di recitare la parte dello studente, preferisce andare a lavorare. Edward non ha alcuna intenzione di lasciare la stanza di Bella. Quanto a me... forse tornare a vestire i panni della studentessa liceale potrebbe esser un buon modo per distrarsi, per ricominciare ad avere una routine, soprattutto.

Qualcosa la dobbiamo pur fare. Anche a non voler tenere conto i nostri problemi, la noia e tutto il resto, dobbiamo preoccuparci della nostra copertura.

Sono parole di Carlisle. So che ha ragione, so che è importante, ma qualcosa, dentro di me, mi dice che nulla ha più importanza.

 

2 Settembre

Alla fine abbiamo rinunciato ai nostri buoni propositi. Alice la studentessa modello mancherà quest'anno. E' una decisione che alla fine abbiamo preso tutti quanti insieme. Lo stesso Carlisle non sembrava poi così convinto dell'idea iniziale. Ormai in casa sono tutti rivolti al futuro, tutti convinti che prima o poi Bella riuscirà a svegliarsi, e che dovremmo pensare a cosa fare quando accadrà.

Forse, se mai si sveglierà, allora riavrò le mie visioni.

Per questo, devo lottare e tenere duro.

 

5 Settembre

Oggi ho parlato con Edward, sostiene di essere ad un passo dal penetrale l'inconscio di Bella. Insieme a Carlisle è riuscito a capire un po' la topografia del suo subconscio. Secondo Edward, c'è qualcosa che la tiene sospesa in un sogno infinito e che gli impedisce di entrare. C'è sempre stato qualcosa che gli ha impedito di leggerle il pensiero, ma quel qualcosa adesso si è rafforzato. E' una sorta di scudo mentale che è intervenuto in seguito allo shock per la morte di Jacob. Eppure, Edward è convinto di potercela fare, di trovare qualche angolo lasciato scoperto dallo scudo, e di entrare dentro.

 

13 Settembre

Oggi è il compleanno di Bella. Sarebbe stato bello se proprio per il suo diciannovesimo compleanno si fosse risvegliata. Talmente bello da sembrare impossibile. E infatti...

 

14 Settembre

Abbiamo superato lo scoglio del compleanno di Bella, senza di lei. Il suo mancato risveglio sembra aver gettato tutti quanti nello sconforto più nero. Oggi Edward è uscito per una passeggiata ed ha fatto ritorno solo in tarda serata, scuro in volto. Carlisle e Jasper invece hanno discusso a lungo sul problema dei Volturi. L'abbiamo messo da parte, è vero, ed è stato un errore. Prima o poi dovremmo fare seriamente qualcosa.

 

18 Settembre

Non ci posso credere. Se fossi umana, direi che mi tremano le dita, che riesco a stento a scrivere. Non è così, ovviamente, ma mi piacerebbe davvero, per un attimo, assaporare le emozioni umane, lasciarmi travolgere dallo stupore, dallo sgomento e del sapore duro della felicità improvvisa ed inaspettata.

No, no, basta con questi inutili giri di parole. Bella si è svegliata.

E' successo nel primo pomeriggio. Edward ha passato buona parte della mattinata a tentare, ancora una volta, di penetrare lo scudo mentale di Bella. E finalmente ci è riuscito. E' rimasto chiuso nella sua camera davvero a lungo, e quando ne è uscito ha voluto parlare subito con Carlisle. Io ed Esme siamo rimaste dietro la porta dello studio in attesa, in eterna attesa. Jasper era fuori a caccia. Quando ne sono usciti ci sono state però ben poche parole. Era evidente la cautela di Carlisle. Ma Edward... non sembrava contento, no, niente affatto, era visibilmente sconvolto.

Nessuno sa cosa sia successo ad Edward, una volta entrato nell'inconscio di Bella. Non l'ha detto nemmeno allo stesso Carlisle, nonostante la sua insistenza di carattere puramente psicologico.

Quando siamo entrati, tutti quanti insieme, nella sua stanza, Bella dormiva ancora, ma finalmente il suo viso era rilassato. Sì, dormiva ancora, ma non sembrava più una persona caduta in stato di coma, come a lungo è stata, ma solo una persona stanca che si concede un meritato momento di riposo.

Abbiamo aspettato, e aspettato.

Alla fine Edward è rimasto solo, a vegliare ancora Bella. Finché lei si è svegliata.

Siamo accorsi io e Carlisle subito dopo. Le ho portato una tazza di the caldo, mi sono gettata tra le sue braccia. Ma quel momento di riunione è durato poco. Un cenno di Carlisle, ed ho lasciato la stanza insieme ad Edward.

Più tardi, ci siamo riuniti tutti quanti, mentre Bella riposava. Carlisle ci ha spiegato i suoi propositi: accompagnare Bella, con pazienza e calma e cautela, nel recupero cognitivo. Le concederà delle risposte a tutte le sue domande poco a poco, un problema al giorno. Edward ha accettato, seppur riluttante, l'ordine di starle lontano. Carlisle non ha torto, del resto. Se la sua coscienza, ora che si è risvegliata, è davvero così debole, la vicinanza di Edward potrebbe non farle poi così bene.

Credere che, una volta risvegliatasi Bella, possa tornare tutto come prima, subito, è un grosso errore, ne siamo tutti pienamente consapevoli. C'è bisogno di tempo, di molto tempo. E non oso pensare a quanto sarà difficile dirle della morte di Jacob.

Se crollasse di nuovo? E se poi, questa volta, non si risvegliasse più?

Quant'è fragile e misera la vita umana. Che valore può avere una simile vita?

Tutte le mie convinzioni stanno cedendo, poco a poco.

Posso solo sperare che da adesso riuscirò di nuovo ad avere le mie visioni.

...

Rileggendo quanto ho scritto mi accorgo di quanto sia assurdo. Bella si è ripresa, starà meglio, presto o tardi. Dovrei scoppiare di gioia... ma continuo a vedere buio.

 

19 Settembre

Questa mattina ho fatto un bagno a Bella. L'idea è stata di Carlisle, che sostiene Bella abbia bisogno di riabituarsi, con la dovuta cautela, al contatto umano. E' decisamente presto per permetterle di avvicinarsi ad Edward, quindi la scelta è ricaduta su di me.

E' stato piacevole, devo ammetterlo, finalmente sono tornata a sentirmi utile, dopo tanto tempo.

Ma non sono soddisfatta. Mi ripeto che devo avere pazienza, come dice sempre Carlisle, ma Bella sembra davvero un'altra persona. Tornerà mai la ragazza di una volta?

 

21 Settembre

Proseguono gli incontri tra Carlisle e Bella. Poco a poco, Carlisle va ricostruendo il quadro degli ultimi eventi. Ma non vedo grandi miglioramenti in Bella. E so di non essere l'unica a pensarlo. Edward la guarda come fosse un'estranea. L'ho sentito mormorare, a se stesso, che non ha più il suo vecchio odore.

Questa sera, mentre preparavo la cena, mi sono sfogata un po' con Esme. Anche lei è piena di dubbi, eppure riesce a mantenere sempre una certa calma. Avrei potuto sfogarmi con Jasper, è vero, ma non me la sono sentita. Volevo che fosse il calore delle parole di Esme a darmi conforto, non l'abilità innata di Jasper. Qualcosa di semplicemente ed umilmente umano, ecco.

 

24 Settembre

Oggi abbiamo discusso. Carlisle ha messo ai voti la proposta di dire a Bella dei Volturi. Edward e Jasper si sono subito opposti. Esme ha espresso il suo voto favorevole. Alla fine è toccato a me fare da ago della bilancia, ed esprimere il mio favore.

Ho fatto bene a dire di sì? Non lo so. Ma qualcosa doveva pur essere fatta.

 

28 Settembre

Dieci giorni dal risveglio di Bella. Carlisle ormai le ha spiegato parecchio, eppure Bella continua ad essere come un fantasma. E' davvero come dice Edward, è diventata l'ombra di se stessa.

Che vita è mai questa?

 

1 Ottobre

Qualcosa comincia finalmente a muoversi. Bella ha ricordato dei licantropi, sembra ormai vicina a ricordarsi della morte di Jacob. Quanto a me... questa notte ho avuto un mucchio di visioni. Ci dev'essere sicuramente un collegamento. Anche Carlisle lo pensa. Peccato che non si tratti di visioni decenti... è stato una girandola di visioni diverse e contraddittorie, frammenti di dialoghi, paesaggi che continuavano a mutare. Ho passato l'intera giornata a pensarci, a cercare di capirne qualcosa. Ma continuo a non riuscirci.

Meglio non pensarci. Magari col passare del tempo avrò visioni più chiare.

 

4 Ottobre

Altre visioni. Continuano ad essere eccessivamente ingarbugliate e sfuggenti per vederci un disegno stabile e preciso. Ma dopo quelle di oggi ho preferito parlarne con Carlisle, perché sono riuscita a cogliere dei dettagli che andrebbero analizzati.

In un frammento, ho visto Rosalie ed Emmett a Forks.

In un altro frammento, ho visto Bella ed Edward dialogare in uno spazio vuoto privo di connotazioni. Sembrava un addio.

Ho visto poi me stessa compiere una serie di azioni piuttosto comuni, ma la peculiarità è che erano sempre sdoppiate. Ho visto me stessa prendere un libro dallo scaffale del salotto, qui in questa casa in Alaska, e fare la stessa cosa a Forks.

E poi... credo di avere visto Jacob. Ma questo non è decisamente possibile.

Carlisle mi ha consigliato di non sforzarmi eccessivamente, è fiducioso che le cose verranno da sé. Me lo auguro fortemente.

 

5 Ottobre

Assistendo una Bella che è come un'ombra, mi rendo conto, forse per la prima volta davvero, che non è la sola ad essere cambiata. Edward è sconvolto, anche Carlisle non è più lo stesso. E' più duro, più freddo. Quanto a me stessa, ricordo d'essere stata una persona molto più ottimistica. Così mi ha detto Jasper, oggi pomeriggio. E non ho saputo replicare. Non posso volgere lo sguardo indietro. Il passato mi appare sempre troppo sfuggente.

Ho paura che potrei dimenticare me stessa, chi sono stata, chi sono veramente. E il futuro nemmeno mi aiuta.

 

8 Ottobre

L'ultimo passo è stato finalmente compiuto. Ho avuto molta paura, ma sono felice anche questo scoglio sia stato superato.

Bella ha ricordato la morte di Jacob.

E' stata una giornata molto stancante per lei, ora dorme, forse finalmente serena.

Eppure c'è qualcosa che mi preoccupa. Quando è scappata nella foresta, e poi l'abbiamo raggiunta, l'abbiamo vista avvinghiata alle braccia di Edward, ma non sembrava provare davvero nulla.

 

10 Ottobre

Nulla cambia davvero. I miracoli non esistono.

Bella continua ad essere un fantasma.

E intanto, discutiamo, senza però farci sentire da Bella, del problema dei Volturi. Carlisle ha proposto di mandare Jasper a intavolare una nuova trattativa, ma io mi sono ferocemente opposta. Non può portarmi via Jasper. E' l'unica cosa che mi ancora in questo spazio-tempo così estraneo, è l'unica costante della mia vita.

 

13 Ottobre

Questa mattina ho avuto una visione stranissima. E' stato un gran caos di voci, facce ed immagini. Tutto ruotava attorno ad Edward e Bella. E' stata una delle più lunghe visioni abbia mai avuta, mi ha sciupato fino al midollo, sballottandomi tra tutti quei frammenti e scenari che si sovrapponevano, finché, inaspettatamente, si è stabilizzata su una visione chiarissima: Bella ed Edward, insieme in cima ad un albero, abbracciati, avvinghiati, che si baciano.

Allora ho capito che sarebbe successo qualcosa che finalmente li avrebbe riavvicinati, che avrebbe fatto risplendere la fiamma del loro amore, offuscato da tutto quel che è successo.

Ho continuato a chiedermi, per tutta la giornata, cosa avrei potuto fare per portare la visione a compimento, che ruolo avessi in tutto questo. Ho cercato indizi in ogni singolo gesto ed in ogni singola parola.

Arrivati alla sera, avevo quasi rinunciato, quand'è successo. Ho scatenato in Bella uno sfogo improvviso, allora ho capito che era al momento. Ho capito cos'era successo dentro di lei. Qualunque cosa abbia fatto Edwad alla sua coscienza, ha portato via i suoi ricordi più preziosi, quelli legati al suo amore per Edward. E' questo che l'ha resa un fantasma, un'ombra, un essere senza volontà, senza impulsi vitali. Ho mandato subito Edward da lei, e sono rimasta ad aspettare.

Poi li ho visti dalla finestra, fuori, in mezzo alla foresta, in cima ad un albero, baciarsi di nuovo, come fosse stata la prima volta. E mentre guardavo fuori ho avvertito la presenza di Jasper alle mie spalle, l'ho sentito avvicinarsi, cingermi, toccarmi, baciarmi il collo, e finalmente mi sono resa conto che era questo che mancava in questo mondo. Semplicemente un po' di amore.

 

15 Ottobre

Le visioni sono tornate, ricche, variegate, ma ancora confuse e contraddittorie. Ma va bene così, davvero. Il mondo sembra essere tornato un posto caldo, colorato ed accogliente. Bella si sta riprendendo a gran velocità. Era solo di questo che aveva bisogno: riscoprire l'amore per Edward. Ha ripreso a sorridere, a scherzare, a parlare, e parlare ancora... Sono passati solo due giorni, ma non sembra, davvero.

Ma ciò che mi preme analizzare, al momento, sono le mie visioni. Sin dal momento della morte di Jacob ho avuto in mente un'idea, un'idea debole, un po' insensata, ma che mi è rimasta attaccata addosso, e ora sta cominciando a farsi valere. Qualcosa è andato storto, e il tempo è deviato dal suo normale corso. Prima lo pensavo solo perché non riuscivo ad accettare quell'esito così fortemente negativo ed imprevisto. Ma ora... le mie visioni parlano chiaro.

C'è un tempo in cui le cose sono andate diversamente.

C'è un tempo in cui Jacob è vivo, Bella ed Edward non hanno mai dimenticato di essere innamorati. Si sono persino sposati. Vedo Bella rimanere incinta.

Sono visioni così chiare, come possono essere false?

Certo, è vero, io ho spesso visioni che poi non si avverano, perché vedo le molteplici potenzialità del corso degli eventi, le molteplici diramazioni. Ma queste non sono diramazioni possibili. Jacob non tornerà in vita. Bella ed Edward non si sono mai sposati.

Eppure...

Forse, da qualche parte, le cose sono veramente andate così.

Forse, in un altro tempo, Bella ed Edward si sono sposati e sono andati in luna di miele.

Qualunque sia quel tempo, non è quello in cui sto attualmente vivendo.

 

17 Ottobre

Oggi i Volturi sono apparsi nelle mie visioni. Vedo i Volturi programmare un attacco, vedo noi stessi prepararci. Ma è tutto ancora poco chiaro, potrebbe accadere ora come tra qualche anno.

 

19 Ottobre

Le visioni si fanno sempre più numerose. Carlisle è ufficialmente in stato d'allerta. Devo riconoscere che il tempismo è proprio pessimo. Proprio ora che Bella ha ritrovato la sua tranquillità, la sua quotidianità... ma forse è meglio così. La vedo reagire prontamente. Forse è meglio così.

Siamo pronti.

Ormai nessuno di noi ha più paura.

 

20 Ottobre

Oggi ho visto un emissario dei Volturi venire a cercarci. La visione si è ripetuta più volte, presto ci troverà. Ma almeno non sembra avere intenzioni eccessivamente ostili.

Durante la solita riunione della sera, Esme ha proposto di cercare di contattare Rosalie ed Esme. Finora sono stati sempre loro a contattarci. A voler prendere noi l'iniziativa incontriamo fin troppe difficoltà. L'unica possibilità è puntare sulle mie visioni. Così l'ho fatto, ho cercato di gettare uno sguardo, ma non sono riuscita ad ottenere altro che visioni di loro due, insieme, in buona salute, che continuano a spostarsi da un luogo all'altro.

A questo punto non ci resta che aspettare.

 

21 Ottobre

L'emissario dei Volturi è vicino. Ignoriamo come abbia fatto a localizzarci. Abbiamo iniziato i preparativi, siamo pronti a fronteggiarlo, ma confidiamo nel fatto che non ce ne sarà bisogno.

 

23 Ottobre

Il vampiro dei Volturi è appena andato via. Una volta giunto ha chiesto di conferire unicamente con Carlisle. Edward si è opposto ed ha rischiato di scatenare una lotta, ma Jasper è intervenuto appena in tempo.

In sostanza, i Volturi hanno ripetuto la richiesta espressa già un anno fa. Vogliono che io, Edward e Bella passiamo alle loro dipendenze. Quanto al nostro clan, l'ordine è quello dello scioglimento. Credo proprio vogliano sbarazzarsi di Carlisle. Almeno, non hanno chiesto nulla riguardo Emmett e Rosalie.

Carlisle ha chiesto del tempo per discutere, e sembra averlo ottenuto.

Cosa accadrà, adesso, è un bel mistero.

 

24 Ottobre

Le mie visioni si fanno incontrollabili. Già due volte, oggi, sono finita in preda ad una profonda trance. E' toccato a Jasper decifrare le mie visioni, mentre disegnavo e blateravo parole senza senso. Io non ricordo nulla.

A quanto pare, ho avuto visioni diametralmente opposte. Da un lato, ho visto noi tutti andare dai Volturi a Volterra. D'altra parte, li ho visti giungere fino a qui, con intenzioni chiaramente ostili.

Pare proprio che dobbiamo prepararci ad un'altra battaglia.

 

25 Ottobre

E' fuori discussione l'idea di andare dai Volturi. Comunque vada nelle mie visioni, il messaggio è chiaro: è sempre una trappola. Su cinque visioni, vedo Carlisle morire almeno tre volte. In una muore persino Edward.

A questo punto rimane solo da chiarire quanto dovremo aspettare l'arrivo dei Volturi.

 

26 Ottobre

E' stata... è stata una giornata assurda. Temo di essere ancora sotto shock. E' difficile definire qualcosa di così umano, capitata a qualcuno che, come me, non è per niente umano.

Ho avuto un lunghissimo attacco. Visioni una dopo l'altra mi hanno bombardato il cervello, fino a sfinirmi completamente. Sono stati attimi di terrore.

Ho visto l'arrivo dei Volturi, una, dieci, cento e mille volte.

Ho visto, tutti insieme, i molteplici esiti di una possibile battaglia.

E finiva sempre in tragedia.

Solo una visione non contemplava la strage del nostro clan. Ci ho pensato tutta la sera, ma alla fine l'ho fatto. Ho accettato il mio destino. L'unico modo per evitare quell'inevitabile strage è ricreare le condizioni di quell'unica singolare visione.

Io devo morire.



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Note dell'Autore:
Ebbene, dopo un'imprevista ma necessaria lunga pausa, torno ad aggiornare questa storia. Gli ultimi sono stati dei capitoli decisamente strani, scritti proprio con l'intenzione di suscitare un profondo straniamento nel lettore, abituato alla familiare ambientazione di Forks: d'altro canto, è lo stesso straniamento che Bella si è ritrovata a sentire. Spero però che questo non vi abbia spaventato, visto il notevole calo di attenzione nei confronti di questa storia!
Non lasciatevi intimidire, dunque, dal prossimo capitolo si cambia regime.
Annuncio, inoltre, che questa pausa mi è ritornata utile. Ho fatto qualche modifica nella storia, allungato un paio di capitoli e ne ho aggiunto un altro, con l'effetto di allungarla più del previsto. Ma sono finalmente soddisfatto, spero lo sarete anche voi!

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Capitolo 10
*** Parte quinta: I sogni sono come i fiori ***


PARTE QUINTA: I SOGNI SONO COME I FIORI



L'autunno dell'Alaska non è come l'avrei mai immaginato. E' decisamente peggio.
Forks, finché vi avevo vissuto, mi era sempre sembrata una cittadina grigia, buia e polverosa. Anche l'autunno mi sembrava spento. Ma ora che mi trovo qui, in questo posto dimenticato da Dio e, si spera, anche dai Volturi e da tutti gli altri pericoli mortali, Forks mi appare più viva e colorata che mai. Ricordo con una dolce punta di nostalgia i colori dell'autunno di Forks, che c'erano davvero, ne sono sicura.
Ma il tempo della nostalgia e dei rimpianti, il tempo del passato insomma è proprio finito.
E' mattina, tarda mattinata. Il salone è pieno della luce spenta tipica dell'Alaska: quella luminosità un po' opaca, tangibile, come una sorta di nebbia molto chiara e luminosa, che però non è vera luce, non ti dà proprio l'idea di essere frutto dell'energia solare. Edward suona il piano, vagamente annoiato dal lento scorrere del tempo. Io vago per il salone, come un'anima in pena inconsolabile. Guardo fuori la finestra, torno a sedermi, prendo un libro, lo rimetto a posto, accendo la tv e un istante dopo cambio idea. Non mi va proprio di guardare la tv, è faticoso dover rientrare nel mondo comune e civilizzato. Sentir parlare nuovamente di inflazione, film in uscita, cronaca nera, le novità del campionato... no, non fa più per me. In questo mondo lontano dal mondo ho rinunciato alla mia vita passata. Non che avessi una grande possibilità di scelta. Sono morta e risorta, come una fenice, sono tornata a nuova vita dalle ceneri del mio passato. Ormai ho smesso di pensare al passato, a quella che ero e quella che sono adesso, ho smesso di chiedermi se mai tornerò come prima, e cosa c'era di così diverso nel prima e perché l'adesso mi sembra così strano e diverso.
Il pendolo suona un'altra volta. E' passata un'altra ora.
Edward continua a suonare Debussy.
Se il tempo scorre lentamente non è per noia e mancanza di occupazioni e distrazioni, anzi. E' la tipica noia ed impazienza dell'attesa.
Le cose adesso si stanno movimentando, e anche parecchio.
Ho passato mesi in uno stato catatonico. A stento, tutt'ora, riesco a credere di aver saltato, così, un paio di mesi della mia esistenza, mentre il mio inconscio riviveva gli incubi della morte di Jacob. Jacob. Raramente mi soffermo su questo pensiero: che Jacob, il mio Jake, non c'è più. Che nelle nostre ultime 24 ore insieme è successo di tutto: abbiamo scherzato, litigato, ci siano baciati, me ne sono pentita, ci siamo detti ti amo, e me lo sono rimangiata, e poi, così, improvvisamente, è scomparso dalla mia vita, e non tornerà mai più. Lui e tutti i problemi annessi. Niente più indecisione, niente più senso di essere strappata a metà, niente più eclisse. Mai più sentirò il calore del suo pelo lupesco.
Scaccio il pensiero.
E anche una volta che mi sono svegliata, le cose non sono cambiate. Ho ricordi confusi e assottigliati di quel periodo di riabilitazione. Ricordo di aver quasi odiato Carlisle, che però è stato con me infinitamente paziente, ricordo il senso di vuoto totale, un vuoto che non è mai stato leggero, però, ma incredibilmente pesante. I ricordi sono tornati, poco a poco, ma non tutti. Quelli con Edward sono andati via, ma ora lo so: ne creeremo insieme di nuovi.
Ogni tanto però qualcosa riaffiora come per magia. Davvero l'inconscio è un pozzo senza fondo governato da leggi sconosciute ed insondabili.
E adesso?
Nemmeno il tempo di pensare a come costruire una nuova vita, qui, che già un nuovo problema è alle porte. Carlisle mi aveva già raccontato dei Volturi, ma nessuno di noi, forse, temeva realmente un simile esito della problematica. Del resto la minaccia dei Volturi da quando sono tornata con Edward e Alice dall'Italia sembrava essersi affievolita e dunque dimenticata, perché sostituita da minacce più impellenti. Ma il passato non ha mai finito con te.
Così siamo in attesa. Carlisle e Jasper sono partiti questa notte in cerca di aiuto. Se è inevitabile lo scontro con i Volturi, ha detto, allora è il caso di preparasi e raccogliere tutto il malumore nei confronti del vecchio ancestrale clan. A riguardo sono parecchio curiosa, vorrei proprio conoscere altri vampiri che non siano i Cullen o pazzi assetati di sangue come James e Victoria. Ad esser sincera, più che curiosità è disperazione. Sono appena sopravvissuta al casino scatenato dalla sete di vendetta di Victoria e ora mi tocca vedermela con i Volturi. Come se non bastasse, sono rimasta umana, debole ed impotente. L'unica distrazione è, appunto, la curiosità. Penso anche a Emmett e Rosalie, ma ormai ho perso le speranze di poterli vedere. Del resto, è meglio così, per tutti quanti. Se fossi in loro forse agirei allo stesso modo, tenendomi alla larga da tutto quanto. Rosalie ha Emmett, e questo sicuramente le basta, non può chiedere di meglio. Se fossi io a dover scappare, sola con Edward...
Scaccio il pensiero, è una fantasia inutile.
Ieri pomeriggio è riaffiorato un altro ricordo. Io ed Edward avevamo intenzione di sposarci. Cosa ne è stato di quel proposito? E cosa ne sarà adesso? Guardo Edward, bello come un David di Michelangelo, un tutt'uno con l'elegante pianoforte, un'opera d'arte vivente. Guardo me stessa, così evidentemente ed inevitabilmente umana, io, le mie occhiaie, i miei graffi ed i miei lividi.
E allora lo dico.
“Sposiamoci.”
“Scusa?” dice Edward, continuando a suonare, senza nemmeno voltare lo sguardo nella mia direzione.
“Mi sono ricordata. Dovevamo sposarci. Perché non lo facciamo?”
Edward continua a suonare. Le note di Debussy sono l'unica risposta che ho.
Poi, finalmente si decide a rispondermi, lo sguardo fisso sul pianoforte, la voce neutra. “E' davvero quello che vuoi?”
L'eco delle sue parole risuona dentro di me come se fossi una grande ed inutile cassa armonica. E' davvero quello che voglio?
“Io... ricordo che lo volevo. Lo volevamo davvero. Non è così?”
Edward smette di suonare improvvisamente, finalmente incontro i suoi occhi.
“Ricordi anche qual era l'altro proposito? La condizione imprescindibile affinché tu mi sposassi?”
“Cosa... di cosa stai parlando?”
Edward è scattato in piedi e mi fissa, lo guardo duro, mentre io sono rimasta seduta sul divano, dall'altra parte del salone, incapace di muovermi e raggiungerlo, incatenata dannatamente a me stessa, ai vuoti della mia memoria.
“Se non lo ricordi... è meglio così.”
“No! Non ci provare, Edward! Sono stanca di sbattere sempre contro questa realtà, che tutti sapete molte, troppe cose che io non ricordo più, e che evidentemente per me erano importanti!”
“Non era importante, dopotutto. Non ci pensare più. Concentriamoci su questo. Vuoi sposarmi? Sarebbe un po' affrettato, ho promesso di darti il più bel matrimonio possibile, ma qualcosa si può fare...”
Rimango in silenzio, confusa, stizzita.
“Bella.”
Continuo a rimanere inghiottita nel mio silenzio.
“... non parliamone più, allora. Abbiamo altro a cui pensare.”
Già. I Volturi, il nuovo pericolo mortale, e tutto quanto. Ho un deja-vù che mi scuote terribilmente. E' la stessa situazione di parecchi mesi fa, l'incombente minaccia dei neonati, ed io riuscivo solo a pensare ai miei problemi sentimentali. C'era qualcosa che volevo...
Poi accade. Accade che ricordo.
“Volevo diventare una vampira.”
“...”
“Non è così, Edward?”
Edward mi guarda e non risponde. Continuiamo a guardarci e a non risponderci. Questa non comunicabilità è davvero diventata lo specchio della nostra relazione. Continuiamo a sbagliare sempre i tempi e i modi. Siamo in ritardo uno sull'altra.
“E' tornata Alice, devo andare.”
Lo vedo uscire dal salone, velocemente, troppo velocemente, il mio occhio lo vede, ma il mio cuore no, rimane intrappolato alla sua immagine evanescente, davanti il piano, mentre si fa strada, lentamente, dentro di me, la sua assenza.
E così rimango sola.

Mentre Alice ed Esme mettono a posto la spesa, aiutate da Edward, io mi occupo dei fiori.
E' stata Esme ad iniziarmi al giardinaggio, e come sempre si è rivelata un'ottima idea. Curare un piccolo giardino fa bene al corpo e all'animo, tiene occupati, aiuta a dare un senso alle giornate, ti fa sentire in qualche modo utile. Tutte parole di Esme, tutta sacrosanta verità. Non credevo d'esser così brava nel giardinaggio, non credevo di poter trovare – in questo contesto, poi – un hobby al quale dedicarmi con passione, costanza e dedizione. All'inizio Esme mi dava una mano, elencandomi istruzioni passo dopo passo, ma ora riesco a cavarmela da sola. Così, quando mi annoio, quando sono un po' giù di morale, o stanca, ed Edward non c'è, o semplicemente ha di meglio da fare che starmi appresso, esco fuori dalla porta sul retro e mi dedico al mio giardinetto. Curo fiori, piante sempreverdi, anche qualche ortaggio.
Mi fa piacere rifugiarmi in questo piccolo pezzo di terra colorata. Ed è vero che fa bene all'animo: la vita, attraverso questi delicatissimi fiori, riesce a vincere ed imporsi persino qui, in questo luogo inospitale e freddo.
A volte mi sorprendo a pensare ad Esme come ad una seconda mamma. E' inevitabile. A volte mi invade, come un fiume in pena, la mancanza di mia madre, e di Charlie. Mi mancano tremendamente i miei genitori, ma il più delle volte cerco di non pensarci. Evito di pensare anche solo alle dimensioni del dolore straziante che hanno provato alla notizia della mia morte. Vorrei poter tornare da loro. Mi basterebbe anche soltanto poter alzare la cornetta e sentire di nuovo la voce di mia madre, ma non posso, lo so. Ne abbiamo parlato, io e Carlisle, e abbiamo deciso insieme di aspettare. Quando tutto sarà sistemato, potrò finalmente tornare dai miei genitori, forse tornare ad avere la mia solita vecchia vita a Forks, chissà.
Sono solo sogni. Forse. Ma i sogni vanno accuditi, con tenerezza ed ottimismo, proprio come i fiori.
Continuo a lavorare alla terra, a strappare erbacce, appianare il terriccio, perdendo il senso del tempo, finché Edward esce fuori e mi raggiunge, rientrando nella mia vita.
“Stanno venendo su bene.” Dice, avvicinandosi rapidamente. Lo vedo inginocchiarsi vicino ad una piantina, sfiorarla con le sue dita perfette, con dolcezza e cautela.
“Già.”
“Tutto merito di Esme.” Aggiunge, ed io mi limito ad annuire. Continuo a lavorare, tolgo le ultime erbacce ed aggiungo un altro po' di terriccio nell'ultima piantina, quindi mi lascio riposare in ginocchio, sul terreno, mi tolgo i guanti da giardinaggio e mi asciugo la fronte, vagamente imperlata di sudore.
“Secondo Alice, Carlisle e Jasper saranno di ritorno per cena. Con un ospite, a quanto pare.”
Cena. Il momento della giornata in cui raduniamo tutte le nostre ipocrisie intorno ad una tavola. Io sola a mangiare, mentre gli altri mi accompagnano con i loro sguardi e le loro parole. Come un'impossibile famiglia felice.
“Dai, rientriamo. Le ragazze ti aspettano in cucina.”
Mi rialzo, annuisco di nuovo e seguo Edward dentro casa, pronta a rispettare il mio ruolo, la mia parte.

La previsione di Alice si è dimostrata perfettamente corretta. Carlisle e Jasper sono arrivati poco prima di cena, quando stavamo finendo il lavoro in cucina. Edward aveva menzionato la possibile presenza di un ospite, ed ovviamente la cosa non aveva mancato di stimolare la mia curiosità e fantasia. Sono davvero curiosa di conoscere altri vampiri, e non sapendo nemmeno se si trattasse di un uomo o di una donna, ho cominciato a creare mentalmente una variegata galleria di personaggi.
Ma trovarmi davanti l'ospite è ben altra cosa.
Davanti la porta ho trovato, tra Jasper e Carlisle, una donna dalla bellezza straordinaria. Molto alta, un'aria regale. Si chiama Siobhan, ed è il leader del clan irlandese.
Così ci è stata presentata.
A quanto pare, è una grande amica di Carlisle. E' una vampira notevolmente longeva e potente, tanto da esser considerata con un certo riguardo dagli stessi Volturi. Un alleato prezioso, insomma.
Inizialmente Carlisle non si è perso in tante cerimonie, così sono dovuta tornare in cucina a dare man forte ad Alice ed Esme. Siobhan si è detta sorpresa della nostra singolare abitudine, dei vampiri che cucinano e si siedono a tavola solo per fare compagnia ad un'umana, ma il suo volto non traspirava sorpresa, né qualunque altra emozione.
Non vedevo l'ora di metterci a tavola, divorata dalla curiosità.
E così finalmente ci troviamo tutti quanti nell'elegante sala da pranzo di casa Cullen. Alice ha di nuovo esagerato con il cibo, mi pare uno spreco assurdo, ma non voglio offenderla né dare l'impressione alla nostra ospite d'essere un'ingrata schizzinosa, quindi mangio tutto quanto mi viene offerto, seguendo la vivace conversazione che vede protagonisti Carlisle e la sua amica.
Dalle parole che i due si scambiano, dalle leggere inflessioni della loro voce, si riesce a vedere l'entità e l'intimità del loro rapporto. Esme siede davanti a Carlisle, ma non sembra per nulla disturbata dalla cosa. Mi chiedo se possa esistere, anche tra i vampiri, un'emozione così fortemente umana come la gelosia.
Edward, alla mia destra, rimane completamente in silenzio, attento a seguire la conversazione. Alice, che sta alla mia sinistra, parla sottovoce con Jasper, per nulla disturbati.
Per un po' la cena continua in questo modo.
Finalmente finisco di mangiare, sentendomi sazia oltre ogni limite e decenza, e allora Carlisle ci concede la verità.
“Vi ho già detto che nel mondo dei vampiri c'è un certo malcontento nei confronti dell'amministrazione, per così dire, dei Volturi. Eppure, non immaginavo ci fossero clan in attesa di un mero pretesto per poterli sfidare apertamente. A questo punto, non solo lo scontro è inevitabile, ma necessario.”
“E' così.” Dice Siobhan, attirando l'attenzione di tutti. Carlisle lascia che si prenda il suo spazio e le concede il suo momento. “Tutti i clan sono autosufficienti e, in genere, governati da principi per lo più egoistici ed indifferenti verso gli altri, ma questo non vuol dire che non valgano i rapporti personali di amicizia, come nel caso mio e di Carlisle, ma soprattutto, ciò non vuol dire non siano tutti pronti ad unirsi per una causa comune. La sfida al potere millenario dei Volturi è una causa comune eccellente, da questo punto di vista. E, lo ammetto, era solo questione di tempo. Se anche il vostro destino non avesse preso l'attuale piega – sì, Carlisle non ha risparmiato i dettagli su quanto vi sia accaduto – sono certa che, in un altro tempo e in un altro universo, i Volturi avrebbero trovato un altro pretesto per manifestarvi le loro ostilità e le loro mire di potere.”
Siobhan ha una bella voce, calda ma decisa, ha uno sguardo serio, convinto, sembra una persona capace di ottenere sempre ciò che desidera.
“Certo, ciò non vuol dire tutti i clan siano spinti dalle medesime motivazioni. Come ho già suggerito a Carlisle, c'è un clan che potrebbe fare al caso vostro – anzi, al nostro, perché ormai ci siamo dentro anche noi. Il clan rumeno di Vladimir e Stefan. E' un clan molto potente e molto antico, un ottimo alleato in battaglia, tuttavia, quanto alle loro motivazioni... sbarazzarsi dei Volturi per poi ritrovarci i rumeni al potere non credo sia un'ottima idea. Ma staremo a vedere.”
“Insomma, volete reclutare più clan possibili per scontrarci contro i Volturi.” Interviene Edward, lo sguardo serio, ma che non fa una piega.
“Sì, è così.” Asserisce Carlisle.
“E' troppo pericoloso.”
“Edward?”
“Non voglio che vengano coinvolte così tante persone per un capriccio dei Volturi. Perché è un capriccio, in fondo, no?”
“Edward, ne abbiamo già parlato...”
“Andrò io. Mi consegnerò io ai Volturi, è me che vogliono.”
Sgrano gli occhi. Quando gli è venuta questa idea, e perché la sta dicendo solo adesso con totale naturalezza?! Sono esterrefatta, non riesco nemmeno a dire qualcosa. Guardo i visi degli altri Esme ed Alice preoccupate, Siobhan impassibile.
“Edward, non essere sciocco. Non si tratta più di capricci, lo sai. E poi, non credere di poter risolvere tutto, così. E' soprattutto me, che vogliono.” Interviene Alice.
“Non mi pare il caso di mettersi a discutere su chi è il più favorito dai Volturi.” Dice Esme, interrompendo la diatriba.
“E' questo che vuoi, Carlisle?” dice Edward, dopo un istante di imbarazzato silenzio. “Vuoi la guerra universale vampirica?” dice, con una buona dose di ironia, sfoggiando il suo tipico sorriso sghembo.
“E' ciò che vogliamo tutti, a questo punto.” Sibila Siobhan. “E' già stato deciso.”
“E a Bella non ci pensi? Che colpa ha, lei? Perché dovrebbe ritrovarsi coinvolta nelle nostre guerre vampiriche?”
“Perché è coinvolta, Edward.”
Per l'ennesima volta sento Edward e Carlisle discutere di me, mentre io non riesco a proferire parola.
“Perché non fate parlare la ragazza? Ormai è coinvolta, è evidente, ma ritengo debba avere la sua parte di responsabilità così come di scelta, non vi pare?” chiede Siobhan, rivolgendomi improvvisamente il suo magnetico sguardo.
“Io... ecco...” mi faccio coraggio, non voglio più il ruolo della stupida ragazza umana da salvare. “Ormai ho accettato il mio destino. E voi, beh, mi avete accettato nella vostra casa, nella vostra famiglia. Non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro, e farò la mia parte.” E a questo punto... mi viene un pensiero, ma esito un istante.
“Allora è deciso.” Dice Siobhan, soddisfatta.
“E se dovesse succedere come con Victoria?”
“Non accadrà, Edward. Staremo attenti.”
“Risparmiami le frasi di circostanza, Carlisle.”
No, non accadrà di nuovo. Non andrà a finire come contro Victoria. Non sarò più la ragazza umana, bersaglio dei cattivi, da proteggere e per la quale sacrificarsi.
“Devo diventare una vampira.” Dico a voce troppo alta, naturale, spontaneo ed incontrollato esito dei miei impetuosi pensieri.
Alle mie parole segue un silenzio inaspettato, che qualche istante più tardi viene spezzato da Edward.
“Bella, ne abbiamo già discusso.”
“No!” lo interrompo. “Non ricominciamo. Ascoltami. Ha senso. Così, in questa forma, sarò di impiccio. Da vampira potrei tornarvi utile.”
Edward apre bocca per ribattere, ma viene interrotto da Siobhan. “Mi dispiace, ma ritengo sia fuori discussione. E' vero, da umana non puoi esser di alcun aiuto, ma da vampira neonata saresti decisamente d'intralcio.” Ecco. Di bene in meglio.
“Siobhan ha ragione.” Mi dice Carlisle, lo sguardo comprensivo. “I tempi sono troppo stretti. Rimanderemo la decisione a quando tutto sarà finito.” Rimandare, rimandare, rimandare. Non sento dire altro, ultimamente. Ma so di non potermi opporre.
Mi volto a guardare Edward, i suoi occhi sono come quelli di una statua, fermi, maledettamente inespressivi.
Siobhan e Carlisle riprendono a discutere. Di nuovo a parlare di clan, di alleati e possibili nemici, li sento elencare tutti i clan che conoscono, fare programmi, previsioni, interrotti puntualmente da Esme, Jasper, Alice. Sento un'infinità di nomi diversi, non credevo conoscessero così tanti vampiri. Mi rendo conto di sapere veramente poco di questo mondo. Sono entrata a forza nella loro vita, nella loro casa e nella loro famiglia, solo per inseguire il sogno d'amore di un'adolescente quale ora forse non sono più, ed improvvisamente mi ritrovo catapultata in un intero cosmo estraneo. Ma mi basta volger lo sguardo alla mia destra per scorgere il profilo di Edward, per ricordarmi che è grazie a lui che tutto questo acquisisce un senso, e che non ho alcuna intenzione di tornare indietro.

Più tardi, dopocena, salutiamo la partenza di Siobhan, con la certezza di rivederla presto. Ci concediamo dunque un momento di relax in salone. Edward suona, come sempre, riempiendo l'aria di dolci note. Io lascio che il mio cervello sistemi e metabolizzi tutte le novità. Carlisle ed Esme continuano a parlare per un po', così come Jasper ed Alice. Finché Alice richiama l'attenzione di tutti: ha una nuova visione.
Le sue visioni ultimamente si fanno sempre più frequenti, ma anche confuse e pesanti. Spesso finisce in vero e proprio stato di trance. Sono ormai diversi giorni che appare profondamente spossata e stanca, è anche più silenziosa del solito. Ho sempre l'impressione ci sia qualcosa sotto, ma mi dico , ogni volta, che è l'effetto delle sue visioni. Del resto, si tratta di qualcosa di insolito che soltanto lei conosce, e che io non posso nemmeno lontanamente immaginare, provare.
Dunque, Alice ha un'altra visione. Molto chiara e molto precisa, ma anche molto breve. Niente di traumatico, per fortuna.
“Sta arrivando Emmett.”
E rimaniamo tutti spiazzati.
Dice di aver visto Emmett in viaggio, subito dopo lo ha visto entrare in casa, e ha visto tutti noi parlare. Niente di preoccupante, Emmett sembrava perfettamente in salute e non sembrava portare cattive notizie. Alice cerca di tranquillizzarci, ma rimane la domanda: e Rosalie?
Quando si fa tardi vado a letto. Edward mi accompagna e mi dà la buonanotte, poi mi lascia sola con i miei pensieri. Oggi ho conosciuto un'altra vampira, Siobhan, è stata una grossa novità. E domani dovrebbe arrivare Emmett. Stanno succedendo così tante cose, e così tanto velocemente, che comincio ad avere anch'io qualche brutto presentimento... e alla fine mi addormento, persa in un sonno stranamente senza sogni, ma molto, molto pesante.

Quando mi risveglio mi accorgo che è mattinata inoltrata. Sento delle voci provenire da basso. Rapidamente passo dal bagno, mi sciacquo, e scendo in cucina ancora in camicia da notte. Dalla cucina provengono voci piuttosto alte. Spalanco la porta e mi accorgo di Emmett, in piedi davanti il frigorifero, che chiacchiera con Alice, radioso in volto.
La prima cosa che mi colpisce è l'enorme imbarazzo dell'essermi mostrata ad Emmett, dopo così tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti, in pigiama. Arrossisco violentemente, mormoro una scusa e torno veloce come un fulmine nella mia camera, a cambiarmi.
Quando ritorno giù tutti quanti si sono spostati nell'ampio salotto, e lì li raggiungo. Ci sono proprio tutti. Emmett parla, tutti gli altri ascoltano. Come varco la soglia, però, Emmett s'interrompe e tutti si voltano a guardarmi. Alice reprime una risatina, Emmett mi rivolge un gran sorrisone.
Arrossisco di nuovo, pensando all'incontro di pochi minuti prima, ma Emmett avanza e, senza nemmeno darmi il tempo di rendermene conto, si avventa su di me e mi stritola in un grosso abbraccio.
“Sono così contento di rivederti!”
Blatero qualcosa, cercando di sciogliere la sua stretta. Finalmente mi lascia andare.
“Ops. Scusa. Sai... la forza dei vampiri, e tutto quanto. Non sono più abituato ad averti tra i piedi!” altro sorrisone di Emmett. “Sono proprio felice, Bella. Vedo che sei tornata la solita ragazza goffa che tutti abbiamo imparato ad amare!”
“Emmett!” esclamo, arrossendo ancora. E l'aria si riempie delle risa di tutti i presenti.
E' straordinario. E' bastato tornasse Emmett per dimenticare tutti i pensieri più cattivi e tornare a ridere spensieratamente.
Finalmente prendo posto sul divano accanto ad Edward, che subito afferra la mia mano per stringerla e non lasciarla più. Carlisle mi fa un breve riassunto di quanto Emmett ha raccontato finora: elenca i luoghi in cui hanno viaggiato, i clan di vampiri da cui sono stati ospiti.
“Rosalie ha sempre voluto viaggiare per il mondo. Così per un po' l'ho accontentata.” Aggiunge Emmett.
Proprio grazie ai continui contatti con i vari clan ha sentito la notizia della controversia con i Volturi. E così è deciso di venire e vedere che succede.
“Rosalie, beh... ne è all'oscuro. Non sa che sono venuto qui. Quando abbiamo sentito dei Volturi si è impaurita. Certo, è preoccupatissima per tutti voi, ma proprio per questo non vuole tornare. Io però non potevo andare avanti così, senza sapere nulla di voi... non ho potuto far altro che inventare una scusa e raggiungervi il più velocemente possibile.”
“Quindi non rimani.” Interviene Esme.
“Mi dispiace.” Risponde Emmett. “Davvero. Ma non posso lasciare Rosalie. Credetemi... mi piacerebbe, davvero, unirmi a voi e prendere a calci nel sedere quei vecchi raggrinziti dei Volturi! Ma...”
“Ti capiamo, Emmett.” Dice Jasper, prendendo la parola. “Non preoccuparti.”
“Sì, è così... l'importante è che voi due stiate bene.” Aggiunge Esme.
“Ci ho pensato a lungo, ho riflettuto sulle varie possibilità... ma ormai ho deciso.”
“E' meglio così, Emmett.” Alice. “Credimi.”
Non posso far a meno di notare la strana voce di Alice, le sue parole... rimaniamo un attimo in silenzio, guardo Alice, il volto basso, serio, gli occhi assenti. E poi suona il telefono, risvegliandoci tutti quanti. Carlisle va a rispondere, dice che è Siobhan, ed Emmett riprende a parlare.
Emmett si fa aggiornare sulle novità, gli raccontiamo di Siobhan e della guerra che verrà, ma ben presto la conversazione scivola su argomenti più semplici e tranquilli. Emmett ha poco tempo ancora a disposizione, presto dovrà tornare, evidentemente vuole trascorrere questo poco tempo con la sua famiglia come ha sempre fatto, senza sentir parlare di guerre e strategie, di alleanze e nemici.
E così il tempo vola, e senza che me ne renda veramente conto si fa pomeriggio, e mi ritrovo davanti l'ingresso principale a salutare Emmett, di nuovo in partenza.
“Stammi bene, piccola. Vedi di stare lontana dai guai!” mi dice, rivolgendomi ancora una volta il suo sorrisone, anche se i suoi occhi sembrano velati dalla tristezza. Resiste ancora alle insistenze di Esme, che gli chiede un recapito, rifiuta di darglielo ma promette di farsi sentire presto e di rimanere in contatto, e poi si allontana, scomparendo dal mio sguardo, una macchia scura che annega nel grigio luminoso dell'Alaska.

La sera stessa mi ritrovo da sola, nell'ampia veranda della nuova casa Cullen. Fa molto freddo, ma il mio pesante maglione mi tiene abbastanza calda. E la tazza di tisana fumante fa anche la sua parte.
Edward Carlisle e Alice sono a caccia. Da quando Emmett è ripartito la casa è nuovamente sprofondata nel silenzio. La cena è stata sbrigativa, ho mangiato poco. Alice non ha nemmeno insistito affinché assaggiassi il dolce che ha preparato. E' così strana... più passano le ore e più me ne rendo conto. Ma poi accade sempre qualcosa, un pensiero, un dialogo, una visione, e me ne dimentico. Com'è labile la mia mente, per ora. Come'è debole. Si lascia trasportare con grande facilità dallo scorrere degli eventi.
E' proprio una bella e fredda serata di fine autunno. Il cielo è sereno, si vedono moltissime stelle, molte di più di quante se ne vedevano a Forks. Forse potrei anche abituar mici seriamente, a vivere qui. In incognito, in attesa, in una perenne fase di transizione. Chissà.
Sono sola con i miei pensieri quando sento la porta aprirsi sulla veranda.
“Oh. Scusa.” Mi volto, vedo Jasper, i capelli leonini gli coprono parte del volto. “Ti lascio sola.”
“No, no, figurati.” Rispondo, alzandomi di scatto dalla sedia a sdraio sulla quale stavo. “Nessun disturbo.”
Jasper fa spallucce, mi passa oltre e si piazza alla parte opposta da me.
“Scusa... sei controvento. Il tuo odore mi ha investito.”
“Oh, certo. Capisco.”
Già, il mio odore. Jasper continua ad avere qualche difficoltà a sopportare la mia vicinanza.
“Mi dispiace.” Sussurro.
“No, ma no. Non devi scusarti. Non è mica colpa tua!” ribatte Jasper, gesticolando. “Sono io a dovermi scusare. Dopo tutto questo tempo ancora non riesco ad abituarmi, a resistere. Le vecchie abitudini sono sempre dure a morire.” Abbozza un sorriso, e già sento il calore liquido del suo sguardo scivolarmi dentro. La sua abilità speciale.
Lo guardo bene, è di una bellezza accecante, estrema. Ma è diverso da Edward. Edward è di una bellezza perfetta, canonica, sarebbe l'idolo degli antichi scultori greci. Ma Jasper è tutt'altra cosa, è una bellezza diversa, più pesante, più esagerata, più estrema, davvero. Così come Rosalie. Non per niente ha sempre retto la loro copertura di essere gemelli: sono belli allo stesso modo, talmente belli quasi da disgustarti.
Guardo dunque Jasper, la sua bellezza assurda, il volto eternamente giovane e pulito, e stento a credere, come ogni volta, sia stato fino a poco tempo fa un vampiro crudele e sanguinario, una perfetta macchina da guerra. Una macchina da guerra ancora perfettamente in funzione, come mi è stato mostrato tempo fa, ai tempi di Victoria e dei neonati.
Mentre formulo questi pensieri, non mi accorgo dell'inevitabile scorrere del tempo, del silenzio che si è posato su di noi, come la neve leggera che ti sfiora e nemmeno te ne accorgi: ma quando se ne raccoglie fin troppa, eccome se la senti.
“Allora, Jasper, ti vedremo combattere di nuovo, a quanto pare.”
“A quanto pare.” Replica lui, con un sussurro, la voce incredibilmente magnetica e penetrante.
Lo vedo rivolgere lo sguardo verso un punto impreciso dell'oscurità, mormorare qualcosa tra sé, come se fosse indeciso, dubbioso e pensoso.
“Qualcosa che non va? Vuoi che... insomma... mi allontano?”
“Oh no, Bella, non è per te, puoi stare tranquilla.” Altro sorriso, altro calore liquido che mi scorre nelle vene. “Stavo pensando... non ti sembra strana, Alice?”
“Come?”
“Le sue visioni. Temo fortemente abbia visto qualcosa... forse più di qualcosa. Noi abbiamo un legame unico e indissolubile, ci diciamo sempre tutto. Non so se è perché siamo dei vampiri, ma abbiamo sempre un'empatia estrema. L'avrai visto, no? Non abbiamo nemmeno bisogno di parlare, ci intendiamo senza dover ricorrere alle parole, senza doverci esprimere. Eppure, ho come la sensazione ci sia qualcosa che non va. Ma non riesco a capire. E' proprio strano. Magari a te ha detto qualcosa.”
Per un attimo rimango stordita. Tanto per cominciare, non ho mai avuto una conversazione simile con Jasper, e non l'ho mai sentito parlare così tanto. A scuotermi, però, è il fatto stia parlando di Alice. Anche lui ha notato che c'è qualcosa di strano.
“Sinceramente... sì, ho anch'io questa sensazione. Ma non mi ha detto nulla. Se non si è aperta nemmeno con te...”
“Non promette bene, già.”
“Ma non temere... forse quando sarà il momento lo farà.” Aggiungo, senza nemmeno rendermene conto.
Restiamo di nuovo in silenzio, il vento a sussurrarci i suoi movimenti.
Finché tocca a lui riprendere a parlare.
“E... tra te e Edward? Tutto bene?”
Per un momento mi viene quasi da ridere, per l'alto tasso di assurdità in tutto questo. Siamo un vampiro ed un'umana, a parlare insieme. Ci attende un altro pericolo mortale,eppure perdiamo tempo in conversazioni di circostanza, come due vecchi amici che si rivedono dopo tanto tempo e chiedono notizie.
“Mentirei se ti dicessi che è una meraviglia, e che è tutto come prima. A volte... a volte mi vengono improvvisamente dei ricordi, a volte credo di avere dei ricordi. Io... prima che, insomma, prima che succedesse quel che è successo... le cose tra me ed Edward erano complicate, a quanto ne so. Io volevo diventare una vampira, e lui voleva sposarmi. Me lo sono ricordato da poco.” Parlo, continuo a parlare senza accorgermi delle parole che sfuggono al mio controllo, mentre m'invade una sensazione di piacere, di liberazione da un peso, mi sento più leggere. Com'è riposante parlare con Jasper...
“Però, sai una cosa?, ho capito come posso reagire. La prenderò come una prova, una prova per me ed Edward, per il nostro amore.”
“Sono sicuro che la supererete brillantemente, insieme.”
E così continuiamo a parlare, spargendo la nostra voce nell'aria fredda della notte che si attarda con dolcezza, finché vediamo tornare Alice ed Edward, e tutti e due, io e Jasper, mettiamo fine alla nostra conversazione e ai nostri pensieri, pronti a riunirci ai nostri rispettivi compagni.

Un paio di giorni più tardi, casa Cullen diventa un crocevia di vampiri. La casa non è mai stata così affollata, e forse proprio per la presenza di tutti questi vampiri che vanno e vengono, vampiri che si muovono a velocità superiori della norma umana, mi sembra di essere troppo lenta per gli eventi, lenta al punto da sembrare ferma, immobile, mentre tutto muta.
Carlisle e Siobhan arrivano e partono di nuovo. Anche gli altri si allontanano un pomeriggio per poi fare ritorno la sera. Edward, Jasper, persino Esme. Mi chiedo cosa facciano e dove vadano in così poco tempo, spostandosi freneticamente più volte al giorno. Soltanto Alice resta, ma è come se non ci fosse. Chiusa in un silenzio innaturale, travolta dalle sue visioni. Vorrei poter fare qualcosa, anche soltanto starle accanto, ma mi rendo conto che quei piccoli gesti che a noi umani sembrano tanto importanti, stare ad ascoltare, una mano sulla spalla, una parola di conforto, per i vampiri sono più che superflui. Alice rimane a casa, chiusa nella sua stanza, a catalogare e studiare tutte le sue continue visioni, una dopo l'altra, dando precisi indirizzi a Carlisle e agli altri. Non uscire di pomeriggio, ha detto ieri a Carlisle, non lasciare Edward solo a casa, questa mattina, ma anche, non andare con gli egizi dagli irlandesi, o evita l'autostrada e prendi la statale XX. E sono tutti così presi da quel che accade, da non chiederle minimamente le ragioni di quelle sue istruzioni, guidati da una fiducia cieca verso la sua abilità innata. Ma io continuo a temere ci sia qualcosa dietro, e la cosa non mi rassicura affatto.
Ciò che è ormai certo, è che avrà luogo una grande battaglia tra noi ed i Volturi. Alice ha visto una gran varietà di esiti diversi della battaglia, e suggerisce a Carlisle ogni singolo vampiro da reclutare, così da ottenere una vittoria sicura. E Carlisle esegue, spostandosi alla velocità della luce.
Ciò che continua ad essere incerto è il quando. Se fino a qualche giorno prima l'arrivo dei Volturi era previsto per il mese prossimo, adesso l'incontro si fa sempre più vicino. Probabilmente i Volturi sanno che Alice continua a scrutare il futuro, e dunque cercano in tutti i modi di camuffare le loro intenzioni.
E' in momenti come questi che mi manca tutto quel che mi dà stabilità. Mi mancano i miei genitori, mi mancano le telefonate di mia madre, i silenzi di mio padre, mi manca persino la scuola, a Forks. Mi mancano gli abbracci di Edward, troppo preso dagli eventi e dai compiti che Carlisle gli affida. E non voglio nemmeno pensare a tutto quel che è rimasto a La Push. No, davvero.
E così i giorni passano, allungandosi e restringendosi in uno spazio-tempo che ha dimenticato le sue leggi.

E' la metà di Novembre quando avviene il primo ufficiale consiglio di guerra. Secondo le ultime previsioni di Alice, l'arrivo dei Volturi è previsto in un paio di giorni.
In questi ultimi giorni ho fatto la conoscenza di tantissimi vampiri: e la possibilità di conoscere persone nuove, vampiri antichi e provenienti da paesi lontani, mi ha un po' risollevata e tenuta occupata, distratta da pensieri funesti e visioni di morte. Certo, in un angolino nascosto della mia mente ho continuato a pensare che se questa volta dovesse accadere un imprevisto, come la morte di Jacob, impazzirei del tutto, e nemmeno Edward potrebbe più salvarmi.
E' una buia mattina, e il salone è affollatissimo. I clan stanno tutti raggruppati allo stesso modo: ogni leader seduto elegantemente su una bella poltrona, e tutti gli altri membri attorno, in piedi. Soltanto il clan dei Cullen si presenta diverso. Carlisle sta in piedi, al centro della sala. Io sto in disparte, insieme a Edward, così come Jasper, Alice ed Esme.
Carlisle parla, continua a parlare già da parecchio, tiene un bel discorso motivazionale, e tutti lo seguono attentamente, anche se i volti di tutti questi vampiri non tradiscono alcuna emozione.
Mi guardo attorno, guardo i visi che ormai ho imparato a distinguere e riconoscere.
Siobhan sta alla mia sinistra, accomodata su una poltrona vicino il pianoforte di Edward. Il suo compagno, Liam, sta alle sue spalle, appoggiato allo schienale della poltrona. Accanto, in piedi, la giovane del gruppo, Maggie. Anche lei ha un'abilità speciale molto appetitosa: sa riconoscere le menzogne altrui. In questi giorni è spesso intervenuta, sempre su ordine perentorio di Siobhan, a sedare le controversie individuando i mentitori. Molti diverbi sono scoppiati infatti con il clan rumeno: che non a caso stanno dalla parte opposta della sala, vicino ad Alice, Jasper ed Esme (seduti sul divano). Vladimir e Stefan sono due vampiri antichissimi, e il loro aspetto lo rende alquanto evidente. Sono del tutto inespressivi. Sono i più determinati a rovesciare il governo dei Volturi, perché interessati a prenderne il posto. Malgrado ciò, secondo Carlisle non c'è nulla da temere, e Maggie ha provato la veridicità delle loro buone intenzioni.
Tra gli egizi spicca Benjamin: un bel ragazzo di giovane aspetto, creatura del leader Amun. Carlisle sta proprio parlando di lui, indicandolo come punta di diamante della formazione principale. Il discorso sta diventando un po' troppo tecnico, si parla di prima e seconda linea. Carlisle sta facendo i nomi di tutti coloro sono invitati a combattere in prima linea. Jasper, i rumeni, Siobhan e Benjamin, capace di controllare gli elementi della natura.
“A guidare la seconda linea saranno Zafrina e Alice.” Dice Carlisle, attirando la mia attenzione. “Le loro specifiche abilità le rendono fondamentali come azione di supporto e di regia.” Mi volto verso Zafrina, il leader dell'Amazzone: una bellezza da mozzare il fiato. Edward mi ha detto che la sua abilità è quella di creare illusioni. Una controparte ideale della guardia personale dei Volturi.
A completare il quadro, un bel numero di vampiri nomadi. Tra le grandi conquiste di Carlisle spiccano due vampiri: Charles e Makenne. Due vampiri europei che Alice ha visto nelle sue visioni al fianco dei Volturi. E' anche una sua conquista: è riuscita a interpretare in maniera giusta l'inflessione di alcune sue visioni, indovinando il malcontento dei due vampiri verso i Volturi, e così Carlisle è riuscito a sottrarli agli antichi vampiri italici giusto per un soffio. Jasper, dal canto suo, ha contattato due vecchie conoscenze: Peter e Charlotte. Due vampiri – inutile dirlo – giovani e bellissimi, dai capelli di platino.
Quando il discorso di Carlisle giunge al termine, è Siobhan a prendere la parola. Ma progressivamente la mia attenzione viene rapita da dettagli insignificanti e pensieri momentanei. Sono solo una ragazza umana, non chiedetemi di comprendere le vostre strategie di guerra!, vorrei dire a tutti loro, ma sarebbe inutile. Non può esserci alcuna comprensione reciproca. Sento tra me e questi clan una distanza incolmabile. Non sembrano nemmeno registrare la mia presenza. Eppure mi sarei aspettata delle resistenze, delle affermazioni di scetticismo, anche qualche reazione violenta. I Cullen eccellono nel loro stile di vita vegetariano, altrettanto non può dirsi dei clan più esotici, come quello rumeno o egizio. Sicuramente Carlisle li avrà preparati a dovere, prevenendo qualunque ostilità o reazione sopra le righe, ma vedo in loro una totale diffidenze ed indifferenza.
Del resto, sono vampiri che si preparano ad una guerra, senza che il loro volto faccia una grinza. Perché mai dovrebbero concedersi il lusso di una reazione alla presenza di una ragazza umana?
Così, mentre continuo a lasciarmi trasportare dai miei pensieri, il tempo scorre, le parole si ammassano. Siobhan smette di parlare, mettendo fine alla parte dei monologhi, e il salone si riempie di un acceso dibattito tra tutti i vampiri presenti. Tutti partecipano, discutono, soltanto io rimango ferma in silenzio. Anzi. Non solo io. Guardo bene, vedo Alice, è rimasta in disparte, silenziosa, lo sguardo basso. E' completamente immobile.
“Alice...” mormoro, senza nemmeno tentare di farmi udire oltre il gran vociare dei vampiri. Avanzo verso di lei, spostandomi tra i vampiri che, adesso in piedi, affollano la sala. “Cosa succede, Alice?”
Un istante dopo Alice urla e si scuote. La vedo cadere in ginocchio, stringersi la testa tra le mani, urlare “No, no, no!”.
Il silenzio piomba sulla sala. Prima che il mio occhio lo registri, Jasper scatta e si china su di lei.
“Alice... Alice!” urla Jasper, ma la ragazza continua a stringersi la testa, finché improvvisamente la visione cessa. Alice si rialza, lo sguardo stravolto.
“Puoi dirmi cosa hai visto?” Le chiede Carlisle, una mano sulla sua spalla. “Ce la fai?”
Alice annuisce, e poi risponde: “Sono già qui. Questa notte. Accadrà tutto questa notte.”
E si scatena il caos.

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Capitolo 11
*** Interludio: Jacob ***


INTERLUDIO: JACOB BLACK

 

 

Di tutti i personaggi coinvolti in questa storia, umani e non umani, licantropi e vampiri e vampiri neonati e vampire amazzoni, Jacob Black è quello che ha avuto la vita più breve e singolare. Nei suoi sedici anni di vita ha subito le esperienze più disparate. Soprattutto, è l'unico ad aver avuto almeno tre vite.

C'è un Jacob Black nato e cresciuto come un Quileute, che ha conosciuto una Bella bambina e, una volta ritrovatala adolescente, se ne è innamorato perdutamente.

C'è un Jacob Black rinato come licantropo nel suo sedicesimo anno di età, che ha continuato ad amare Bella malgrado tutto e tutti.

C'è un Jacob Black che infine è rinato come fantasma, come spettro, come materializzazione del senso della mancanza, come frutto dell'immaginazione di Bella, come personaggio dei suoi sogni.

Così, grazie a Bella, alla sua disperazione, al suo dolore, alle lotte quotidiane della sua coscienza martoriata, Jacob Black ha preso a vivere la sua terza vita.

Jacob è rinato come fantasma per la prima volta in un sogno di Bella, quando la sua coscienza si era lasciata inglobare completamente dalle mostruosità dell'inconscio. Ha vissuto come fantasma cieco e senza identità, perché di tutti quei sogni Bella non aveva memoria né consapevolezza. E i fantasmi non sono tali per se stessi, ma per gli altri che li invocano. Questo Jacob fantasma non vive per se stesso, ma per il desiderio inconscio di Bella: e in quei giorni di oblio, ha vissuto cieco e privo d'identità, in attesa che il cielo si squarciasse e facesse entrare un po' di luce in quel piccolo mondo piegato su se stesso.

Anche quando, con l'aiuto di Edward, Bella si è risvegliata, il destino di questo Jacob non è cambiato. Bella continuava a sognarlo, ad invocarlo, a gridare il suo nome la notte, ma senza mai rendersene conto davvero. Era ancora resa cieca dal suo dolore.

Soltanto in un secondo momento, quando la sua memoria ha ripreso a funzionare, inondandola progressivamente di ricordi rimpianti e desideri, ecco, finalmente Jacob cominciò a vivere, conscio di sé, come creatura mentale propria di Bella.

Con dolcezza e lentezza e segretezza, con una sorta di infantile bisogno, Bella cominciò ad immaginare conversazioni con Jacob. Cominciò ad immaginarlo vivo, presente fisicamente in una stanza insieme a lei. Immaginava di vederlo, di specchiarsi nei suoi occhi, di sentirne il calore del corpo, immaginava di sentirlo parlare, le domande e le risposte che le dava.

E', questo, un bisogno del quale ha sempre provato una sottile vergogna, ma anche una inevitabile dipendenza. Jacob, questo Jacob fantasma, vive per lei, per il suo bisogno. Ancora una volta, anche da fantasma, da pura creazione dell'immaginazione, Jacob si ritrova a vivere in funzione di Bella.

E così accade anche questa sera. Bella è sola nella sua stanza, stravolta dagli ultimi eventi, stordita e per certi versi resa finanche insensibile. E allora sente di averne nuovamente bisogno, e allora lo chiama, chiama il suo Jacob, che così appare, in piedi accanto all'ampia finestra, sinistramente illuminato dai bagliori serali dell'Alaska, adornato del triste sorriso proprio dei fantasmi.

Ciao, Bella.

“Jacob...”

Allora... cosa sta succedendo, questa volta?

“Domanda topica, Jacob... così tante cose, così tanti eventi, rischio veramente il sovraccarico, da dove comincio?”

Non avere fretta, Bella, vai con calma. Lo sai. Io sono qui per te. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo.

“Sta succedendo tutto così in fretta...”

... procedi con calma, Bella. Una cosa alla volta.

“Alice ha avuto un'altra visione.”

E?

“I Volturi saranno qui questa notte.”

Mi ricorda qualcosa, questa situazione di visioni che anticipano gli eventi.

“Anche a me.”

E sei spaventata per questo motivo.

“Non dovrei esserlo?”

Ovviamente hai tutte le buone motivazioni di questo mondo per esserlo.

“Dimmi qualcosa che non so.”

Come potrei?

“Già. Che stupida che sono.”

Jacob vede Bella rinchiudersi per un attimo nel suo silenzio, e per un po' smette di esistere anche lui, ma poi Bella sembra riprendersi, ed ecco che torna a vivere, soltanto per lei, solo perché lei ne ha bisogno.

“Ci sono così tanti pensieri che mi affollano... ma non voglio pronunciarli. Tutte quelle frasi mi sembrano così stupide, così dannatamente stupide... ed inutili.”

A volte però è meglio buttarle fuori, le parole, invece di tenersele dentro.

“Hai ragione di nuovo. E' che... è ovvio. Ho paura, sono terrorizzata, e mi manchi, mi mancano i miei genitori... vorrei che tutto sparisca come per magia. Vorrei che tu fossi di nuovo vivo, e che Edward tornasse ad amarmi come faceva prima, senza esitazioni e senza tristezza. E... No, ok, basta. Mi sento così stupida a dire queste cose.”

Ma è la verità, Bella, è la verità. E la verità, a volte, ha anche il dono di farci sentire un po' stupidi.

“E poi c'è Alice, è così strana... vorrei proprio sapere cos'è che vede continuamente. Ma non ne parla nemmeno a Jasper... tutto ciò mi intristisce, davvero. Ho sempre visto quei due come un'unica entità, due persone capaci di dirsi sempre tutto. E guarda adesso...”

Vedila come una prova, una prova anche per loro.

“Ultimamente sembra ci siano prove per tutti.”

Così è la vita.

“...”

Vuoi ancora diventare una vampira?

“Io... non so. Non credo. So che lo volevo disperatamente. Ma a volte mi chiedo perché. Ma poi mi chiedo: è davvero così sbagliato desiderare, semplicemente, di passare l'eternità insieme all'uomo che ami?”

Sai come la pensavo al riguardo.

“Umpf. Anche da fantasma continui a dirmi quel che non voglio sentirmi dire.”

E di cui forse hai bisogno.

“Già...”

Dove sono gli altri? Ed Edward?

“E' successo il finimondo, ovviamente... Immaginati la scena. Il consiglio di guerra riunito nel salone. Tutti i vampiri lì a parlare, finché Alice ha una visione ed annuncia che i Volturi sono vicini. Il caos!”

E' il minimo...

“Per almeno dieci minuti non si è capito nulla. Tutti hanno cominciato ad urlarsi contro, ad impartire ordini. E' emerso subito, a quel punto, che ci voleva un leader generale, e finalmente Carlisle è riuscito ad imporre l'ordine. A quel punto Alice è stata interrogata, finché ha detto a Carlisle quel che voleva sentirsi dire, e poi è andata via. Si è chiusa nella sua stanza, esausta come non credevo un vampiro potesse essere. Jasper non l'ha mollata un solo istante.”

E tu hai assistito a tutto questo?

“In parte. Edward voleva tirarmi fuori dalla situazione, ma io volevo capire. Per un po' ho avuto la meglio, ma quando la calma è tornata Edward mi ha praticamente chiuso qua dentro. Per il mio bene e la mia salvaguardia, ovviamente.”

Ovviamente.

“E così sta per scoppiare la guerra. Ed io ancora non ho capito che parte abbia tutto questo nella mia vita.”

Dipende da cosa vedi nel tuo futuro.

“E' questo il punto... io non vedo più alcun futuro.”

Le tue certezze sono venute via, è normale.

“O forse semplicemente sto crescendo. Sai una cosa, Jacob? Una cosa che forse nemmeno a me stessa riesco ad ammettere... mi sono sentita così stupida, così maledettamente stupida. Prima, prima che succedesse tutto questo, prima di Victoria e dei Volturi io mi sentivo felice. E mi sentivo una ragazza fortunata, ma soprattutto, mi credevo una persona matura. Mi sentivo diversa dalle mie compagne di classe, preoccupate solo da che vestiti indossare sabato sera e che ragazzo portare al ballo. Io mi sentivo diversa, e forse mi sentivo pure migliore di loro, perché credevo di avere trovato l'amore della mia vita e di essere pronta a compiere il grande balzo, a diventare una vampira, sposare Edward e tutto quanto. Solo adesso mi rendo conto di come sia stata solo una ragazzina troppo accecata dai suoi sogni... ora tutto mi sembra così assurdo!”

Sei solo sconvolta per l'imprevisto corso degli eventi.

“Sì, è questo, ma... no, quello che voglio dire è che grazie a tutto questo casino, adesso me ne sto rendendo conto. Io ho vissuto un sogno, il più bel sogno potessi mai desiderare, e adesso mi sono svegliata. Tutto qua.”

E adesso cosa vuoi fare?

“Sopravvivere?”

Direi sia già qualcosa.

“E non è poco. Sopravvivere non è così facile... ma tu che ne sai, tu te ne sei andato. Non sai cosa significa per noi, per quelli che, come noi, sono rimasti.”

No, infatti, non lo so.

“Forse dovrei pensare positivo, dovrei cominciare a pensare seriamente al mio futuro. Che cosa ne sarà di me ed Edward, una volta sconfitti i Volturi? Potrò tornare a Forks? E riabbracciare mia madre? Non sai quanto mi manca... eppure, finché rimango qui, mi sembra di essere fuori dal mondo. Ho come l'impressione che soltanto quando tornerò allora sì che ne sentirò la mancanza. Ho paura proprio di questo, ho paura che se mai dovessi tornare a Forks mi cadrebbe addosso il peso di tutte le mancanze.”

E che mi dici di Edward?

“... Ecco la domanda che temevo di sentire.”

Ehi, ricorda che sono solo una proiezione del tuo inconscio. Evidentemente volevi sentirla, questa domanda, davvero.

“Sì, è così. Non lo so, non so cosa più pensare.”

Sembra che da quando non ci sono più io, non riesci più a calibrare il tuo rapporto con Edward.

“Non avrei saputo dirlo meglio.”

In realtà le hai pensate... ma non importa.

“Appunto. Risparmiamoci i dettagli freudiani.”

C'è ancora una cosa che però rimane a galleggiare nel tuo inconscio.

“Lo so. Non ho cosa farci. Penso che potrebbe pure rimanere lì tutta la vita.”

E allora dillo, no?

“Cosa vuoi che dica, Jacob, cosa vuoi che dica? Che lo ammetta con tanta naturalezza, come se stessi parlando del tempo? Il rimorso ed il senso di colpa non mi abbandoneranno mai. Una parte di me continuerà a credere che tutto questo è opera di un dio crudele e sadico, che ha volutamente modificato il nostro universo. Perché tu, davvero, non avresti dovuto morire. Ecco tutto.”

Bella riaffoga nel suo silenzio, e di nuovo Jacob si spegne per un po'. La mente di Bella viaggia in luoghi familiari, che però nel profondo del suo subconscio si presentano distorti: la casa di Charlie, la casa dei Cullen a Forks, i corridoi della scuola, la sala mensa affollata... tutti si ripresentano in lei, ma distorti, come un oggetto visto attraverso l'acqua.

Ad un tratto una voce si fa sentire oltre la porta. Esme pronuncia un paio di frasi di circostanza, Bella risponde, Esme prende atto che Bella è viva e tranquilla e la lascia sola con i suoi pensieri, finché Jacob si rimaterializza accanto la finestra, ancora una volta chiamato a fare da testimone invisibile dei dolori di Bella.

Cosa succede?

“Era Esme, voleva solo accertarsi stessi bene.”

Esme è sempre molto premurosa. Me lo ricordo bene.

“Già. Non so come farei senza di lei. Non che gli altri siano da meno, ma ho come l'impressione che in lei, più di tutti gli altri, si sia conservato qualcosa di umano.”

Magari è perché non ha strani poteri speciali, come Edward o Alice.

“Oh, e non solo loro! Dovresti vedere tutti quegli altri vampiri stranieri... ognuno ha qualcosa che li contraddistingue. A volte, sai... a volte m'immagino una vampira anch'io, penso a che potere potrei mai avere... sempre che ne possa avere uno, ovviamente. Ma non mi vedo una supervampira come Alice o Jane, per dire, no, davvero, non mi ci vedo proprio.”

Io non ti ci vedo proprio come vampira e basta, lo sai.

“Sì, lo so. Ma questo è un altro problema, e ora come ora non ho voglia di pensarci.”

Eppure prima non vedevi l'ora.

“Adesso mi trovo nuovamente in pericolo mortale. Diventare una vampira neonata assetata di sangue proprio in questa situazione non mi pare il massimo. Ci ho pensato, è vero, ne ho discusso, ma mi sono lasciata convincere da tutti gli altri. Hanno ragione.”

Benissimo.

Bella si richiude nei suoi silenzi, ma giusto un attimo. Si alza in piedi, passeggia per la stanza, si guarda intorno senza alcuna apparente ragione. Getta lo sguardo fuori la finestra, la sera che avanza.

E' tempo di andare.

“Già. Sono stanca di aspettare.”

Coraggio, allora. Vai a riprenderti il tuo Edward.

“Jacob?”

Sì?

“Non sono mai riuscita a dirti grazie.”

Per cosa?

“Per tutto.”

Non importa.

“Vorrei poter fare qualcosa, vorrei poterti parlare, davvero, ma...”

Il passato è passato, Bella. Indietro non si torna. Ed io qui non me la passo mica male. Il tuo inconscio è parecchio affollato, sai?

“Sì. E meno male che Edward ha messo un po' di ordine...”

Dai, vai adesso. E mi raccomando. Vedi di sopravvivere. Fallo anche per me.

“Lo farò, Jake. Lo farò.”

 

E così Jacob Black torna ad essere un ricordo prezioso custodito nella memoria di Bella.

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Capitolo 12
*** Parte sesta: Sfregiata ***


PARTE SESTA: SFREGIATA

 

 

Quando esco dalla camera, che ha ospitato il mio immaginario dialogo con Jacob, il primo dettaglio che mi colpisce è il profondo silenzio. Un silenzio decisamente innaturale, come innaturali sono gli esseri che, escludendo me, occupano questa grande abitazione. Mi muovo nei lunghi corridoi, bui e silenziosi, scivolando sul parquet con la stessa consistenza di un fantasma, scivolo giù lungo l'elegante scalinata mogano, e per un attimo mi chiedo se non stia sognando. E' tutto così tremendamente irreale da sembrare un sogno. O forse sono solo morta, e questo è il mio personale oltretomba: una casa piena di spettri. Ma quando entro nel salone vedo il volto di Edward, duro come quello di una statua ed altrettanto espressivo. Sta in piedi, vicino il camino, assolutamente immobile.

“Dove sono tutti?” chiedo con un filo di voce, ma il silenzio è tale da far rimbombare per tutta la sala la mia voce.

“Fuori. Beh, Alice è ancora di sopra, insieme a Esme. Carlisle e Siobhan sono fuori con gli altri.”

Mentre Edward parla io mi guardo intorno, indecisa, inconsapevole come un'anima in pena, ascolto Edward parlare, mi perdo nei miei pensieri e senza nemmeno accorgermene prendo posto su un divano, lontano da Edward.

“Mi stavi... aspettando? Perché nessuno non mi ha detto niente?”

Edward abbassa lo sguardo, sbatte più volte le palpebre, quasi come recitasse una parte. Ma quando rialza la testa lo vedo, vedo il suo sguardo afflitto, leggo il dolore sui suoi occhi, e mi rendo conto che finalmente riesco di nuovo a leggere il suo sguardo.

“Edwa—”

“Fammi parlare.” Mi interrompe, avanza di un passo, gesticola chiedendomi di lasciarlo fare. “Te ne prego.”

Non ho nulla da aggiungere, obbedisco alla richiesta di Edward e mi sistemo meglio sul divano.

“Sembrano passati millenni dall'ultima volta che abbiamo parlato.” Mi dice, e sembra proprio il discorso introduttivo che conduce ad un lungo discorso, ad un monologo. Una piccola parte di me si sente confusa, non capisce perché sta accadendo tutto questo, rimane intrappolata dall'evidente contraddizione: fuori tutti gli altri pronti a scontrarsi con i Volturi e noi qui, a fissarci senza parlarci come una volta, lontani, senza stare abbracciati come una volta. Ma la soffoco, soffoco quell'inutile piccola parte di me stessa e mi ordino di fare silenzio, ordino al mio cuore di zittirsi, ordino ai miei sensi di mettersi in riga e di stare ad ascoltare quel che Edward ha da dirmi.

Così lui riprende.

“Potrei cominciare dicendo che è tutto frutto del caso, del destino, della Moira, del gioco perverso di qualche sprovveduta divinità sadica, perché da quando è morto Jacob tutto è precipitato, come se si fosse aperto uno squarcio nello spaziotempo e noi fossimo finiti sul binario sbagliato. Ma risulterebbe un vano e patetico tentativo di giustificarmi, e trovare delle giustificazioni è esattamente ciò che voglio evitare con tutto me stesso.

Potrei proseguire dicendoti che, come dicono i grandi saggi, il passato è passato e non si torna più indietro e dobbiamo solo guardare avanti e pensare al nostro futuro. Ma queste sono solo le fantasie di un dispensatore quotidiano di sciocchezze nella forma di immangiabili biscotti della fortuna da ristorante cinese – e nient'altro.

La verità, Bella, è che non posso esser quello che non sono – ovvero un ragazzo, un ragazzo umano, il tuo ragazzo. Così come tu non puoi non esser quella che sei, una ragazza umana catapultata in un mondo che le è estraneo ed ostile.

Non voglio tediarti ripetendoti tutti i vani discorsi e convincimenti che ti feci la prima volta che ci siamo conosciuti, io sono un leone pazzo e masochista e tu l'agnello stupido, è vero, è verissimo, ma rimane comunque quel fondo di irriducibile ed amara verità che abbiamo finto di ignorare, costruendoci sopra il castello perfetto delle nostri illusioni.

Un castello di illusioni perfette che è crollato giù nel momento in cui ti sei veramente svegliata. Anzi, ci siamo svegliati, per scoprire finalmente la nostra inevitabile natura. Una natura profondamente diversa. Non è trasfigurando la tua che risolveremo i nostri problemi.

Vedi, questa è la nostra natura. Siamo degli assassini provetti in una bella confezione, sempre in lotta per il potere. Siamo condannati ad una vita di finzione e maledizione. Siamo costretti a fuggire, ad occultarci, occultare noi stessi e la nostra natura e i nostri bisogni. Come puoi chiedermi di farti diventare così?

No, Bella, non è questa la soluzione, ora ne sono più convinto che mai. E il problema... il problema non è solo questo. Il problema non è solo questo, i Volturi e la loro sete di vendetta, e gli occasionali ma non infrequenti pazzi sadici che ogni tanto si fissano con te e ti danno la caccia.

Il problema, alla fine, siamo solo noi. Io e te.

L'ho capito prima, molto tempo fa.

L'ho capito quando Victoria ha cominciato a minacciarti. Ma l'ho accettato solo quando è morto Jacob, e quando sei finita in quello stato.

Io ti sto uccidendo, Bella. E' proprio come ti dissi molto tempo fa: sono puro veleno in una seducente confezione. Lentamente, goccia dopo goccia, ti sto uccidendo.

Io ho visto cosa si nasconde nelle profondità del tuo animo, Bella. Sono penetrato nella tua coscienza, sono rimasto invischiato nei grumi del tuo dolore, nel dolore per quell'abbandono che ti procurai, denso e colloso come la pece, vi sono rimasto invischiato, intrappolato, soffocato, ed ho capito che è esattamente così che ti sei sentita, per colpa mia, esclusivamente per colpa mia, per colpa del mio amore.

Ti prego, Bella, lasciami continuare, altrimenti non avrò più il coraggio di andare avanti, andare fino in fondo e rivelarti tutto, ma proprio tutto, perché ho visto quel che si nasconde nel futuro, ho visto quel che si nasconde oltre la sfolgorante bellezza del tramonto. L'ho visto, Bella.

Lo so. Non sono più l'Edward che ricordavi, anche se i tuoi ricordi sono andati via perché li ho presi, ma mi ricordavi, lo so, e non sono più quell'Edward che adoravi fino a sentirti male, di cui sentivi la mancanza fino a farti del male. Prima era diverso, prima era tutto diverso, perché tu non smettevi, mai, nemmeno un istante, di starmi appiccicata, di starmi addosso, così come io non ti lasciavo mai sola, nemmeno quando dormivi. E adesso tutto questo è venuto via, Bella. I nostri sogni sono evaporati, lasciandoci vigili sulla terra arida della nostra realtà. Noi non siamo più un'unica cosa, Bella, il nostro rapporto non è altro che questo, la triste somma di due solitudini inconciliabili.

Vuoi saperlo, Bella? Vuoi sapere tutto? Vuoi sapere cos'è che è andato veramente storto, cos'è che si è guastato, che mi ha tenuto lontano da te? Te lo dirò, Bella, perché non posso più sfuggire alla verità, non ne sono più in grado. Mi sono sforzato, ci ho provato, Bella, davvero, ci ho provato a tenere in piedi il teatrino del nostro rapporto, l'illusione del nostro amore da favola, pronto ad estendersi sull'eternità. Ma alla fine ho dovuto cedere. Non sono perfetto, Bella, sono immortale, ma anch'io posso soffrire, anch'io posso conoscere la stanchezza. La verità è sempre più forte di te, Bella. E' sempre più forte.

Io ho visto, Bella.

Non ho potuto farne a meno, perché tale è la mia condizione, la condizione di chi ha un potere che è allo stesso tempo una maledizione.

E' successo che ho intercettato, per sbaglio, contro la mia volontà, nonostante tutti i miei sforzi di tenermi schermato, è successo che ho intercettato le visioni di Alice. Tantissime visioni, il che spiega il suo strano comportamento e la sua altrimenti inspiegabile stanchezza. Ho visto un'incredibile moltitudine di futuri diversi, tutte le possibili e anche inimmaginabili ramificazioni che il nostro futuro può intraprendere. Eppure, nonostante questa grande varietà di visioni e futuri alternativi, mi sono subito accorto di un filo conduttore.

Il nostro futuro è cambiato, Bella.

Ricordi la visione di Alice dai Volturi? Quella che Aro ha visto. Io e tu, insieme, entrambi vampiri. Io e tu, una splendida coppia di vampiri bellissimi e potentissimi.

Ecco. Non c'è più.

Quel futuro, Bella, non esiste più. In nessuna di tutte quelle centinaia di diramazioni di futuro ne ho trovato traccia. Nessuna.

Ed allora ho capito che non c'era niente di vero. Chissà... forse era autosuggestione di Alice stessa. Qualunque sia la risposta, non ha più importanza. Quel futuro è andato per sempre, Bella. Quel futuro, forse, non è mai esistito. Era solo una favola. Una bella favola, ma decisamente e inevitabilmente lontana dalla realtà.

C'è dell'altro, e te lo devo, chiaramente, perché quanto detto finora non può minimamente bastare a farti comprendere le mie ragioni.

Alice non sa che io ho letto nel suo pensiero e visto le sue visioni. Probabilmente finirà col disprezzarmi per una buona fetta dell'eternità che ci spetta, ma so di non potermi più tirare indietro e rivelarti quel che Alice ha visto. In tutti quei futuri alternativi lei ha visto la morte. Ha visto la morte di tutti noi. Alice ci ha visto morire, ha visto morire me e te insieme, o me soltanto, o te soltanto, un innumerevole insieme di volte. Io non so come andrà a finire e non so quale decisione sembra aver preso Alice. Da quando è successo, ho cercato con tutto me stesso di evitare Alice ed i suoi pensieri, perché temevo di poter peggiorare ancora di più la situazione. Il destino è ostile, Bella, sta al di sopra di noi e non vuole che interferiamo con i suoi piani. Non potevo non posso e non potrò far niente per cambiare le cose, o andrà sempre peggio. Il destino sa sempre come punirci.

Per questo ho agito in questo modo. Nel mio piccolo, ho cercato di spingere il destino verso certe diramazioni. Piccoli gesti quotidiani per un futuro più certo e meno tragico di quelli che ho visto.

Non ti chiedo di capirmi, Bella, non posso e non voglio chiederti di provare a metterti nei miei panni, davvero, Bella. Ti chiedo solo di ascoltarmi, di accettare queste mie brutte parole: ti ho visto morire un'infinità di volte. Ho visto me stesso morire, lasciarmi uccidere o uccidermi per andare oltre il dolore della tua perdita. Ho visto me stesso sacrificarmi per salvare la tua vita un milione di volte, salvo poi vederti ricadere in un oblio senza più alcuna uscita.

Mi sono interrogato a lungo, davvero, del resto mi conosci, non mi arrendo facilmente, eppure non sembrava davvero esserci nulla che potessi fare. Mi sono detto che doveva esserci per forza un modo per salvarti, per salvare te e me, e che avrei dovuto trovarlo. Ma non ho potuto far altro che starti lontano, evitare in tutti i modi di farti del male, scrutare il cielo in cerca di un segno.

E ora forse dovrei anche mettere fine a questo stupido monologo. Stupido, sì, perché è così che mi sento: stupido, patetico, impotente, costretto ad usare soltanto le parole, incapace a proteggerti, a salvarti, in attesa che il futuro si compia anche per noi.“

Quando Edward finisce di parlare il silenzio piomba sulla sala come un macigno. Edward ha parlato a lungo, ed io sono stata qui ad ascoltare, sempre attenta, senza mai perdermi una sola parola, come fossi assetata e non avessi voluto lasciarmi sfuggire nemmeno una goccia. Edward mi ha investito con le sue parole e le sue verità nascoste, dovrei sentirmi scossa, frastornata, ed un po' forse lo sono, ma in realtà sono tranquilla, salda, ferma al mio posto e stranamente sicura delle mie convinzioni, certa di quel che voglio. E quel che voglio, adesso, è che Edward mi abbracci, e basta. Solamente questo. E quando Edward mi abbraccia, mandando via il silenzio e tutto il resto, sento che davvero mi basta.

 

Più tardi ci raggiungono Jasper ed Alice. Esme è andata a raggiungere Carlisle, così siamo rimasti noi quattro in tutta la casa, in una casa che fino a poco tempo fa era straordinariamente affollata. Siamo rimasti noi quattro, due coppie, scosse, sconvolte dagli eventi, pronte a buttarsi giù nell'abisso del futuro, insieme. Comunque vada, siamo qui, insieme, ed è quel che conta.

Queste sono le poche ma fondamentali certezze che mi sono rimaste in corpo, ed è tutto merito di Edward. Ho ascoltato il suo lungo monologo, una vera e propria confessione, lasciandomi piegare – mai trascinare via – dalle molteplici emozioni che le sue parole mi hanno suscitato: rabbia, tristezza, amore, rassegnazione, consapevolezza, rimpianto, speranza. Speranza. Speranza, dopo tutto. Speranza.

Edward ha vuotato il sacco con Alice. Mentre stavamo tutti e quattro seduti qui, su questo divano, le ha raccontato di aver intercettato per sbaglio le sue visioni, e di aver agito di conseguenza. Ma le ha anche detto di essersi rifiutato di controllare, in seguito, l'esito di quelle visioni. Così come Alice si è rifiutata di rivelare le sue ultime visioni e le sue decisioni. Ho guardato il volto di Jasper, e vi ho letto una pura rassegnazione. Ma anche un'incontrollabile speranza. Ho soffocato i miei sentimenti più neri e i pensieri più ottimisti, lasciandomi riscaldare dal calore che Jasper ha ben presto cominciato ad infondere in tutti noi.

Per un po' siamo rimasti in silenzio. La mano di Alice in quella di Jasper, la mia in quella di Edward, pronti e in attesa come al patibolo.

In realtà aspettiamo il ritorno di Esme.

Il pendolo suona un'altra volta.

La notte prosegue, mentre l'arrivo dei Volturi si fa sempre più vicino. Fuori, la casa è accerchiata dai vampiri guidati da Carlisle e Siobhan, impegnati in esercitazioni, prove tattiche. Esme e Jasper, prima, si sono occupati di mettere la casa in sicurezza, di preparare dei piani di fuga. Jasper mi ha mostrato il loro kit d'emergenza: un gran numero di documenti falsi. In caso di bisogno, io ed Edward potremmo fuggire e ricominciare una nuova ennesima vita, in incognito. Così come Alice e Jasper, Esme e Carlisle.

Mi sorprendo, ad un certo punto, a pensare a Emmett e Rosalie. Mi chiedo cosa farebbero se fossero qui. Come si comporterebbe Emmett, cosa direbbe Rosalie. Mi chiedo se anche loro stessero qui, insieme a noi, terza coppia pronta al patibolo.

E poi, finalmente, Esme compare nel salone. Le sue parole sono rapide, riesco appena a distinguerle, la voce è fioca ed il tono piatto e neutro. Dice soltanto: i Volturi sono arrivati.

 

Ci troviamo in una radura poco distante da casa. Un ampio spazio di natura immacolata ed immobile, cristallizzata nel deserto dell'inverno. E' notte, il cielo è straordinariamente sereno, fa un freddo pazzesco, e quelle stelle lassù nel cielo mi sembrano fiocchi di neve incatenati alla volta celeste, in attesa di cadere giù.

Questo lo sfondo ideale del nostro campo di guerra, che in realtà sembra tutto meno che un campo di guerra. Quando arrivo nella radura, scortata da Edward e gli altri Cullen, sento subito su di me il peso degli sguardi dei presenti. Mi guardo intorno: mi sarei aspettata una contrapposizione netta tra i due schieramenti, ma così non è. Insieme ad Edward raggiungo un gruppetto composto da Esme, Liam, Meggie e le Amazzoni. I due rumeni stanno in disparte, accanto a noi. Davanti a noi stanno Carlisle, Jasper, Benjamin e Siobhan e, sorprendentemente, Aro, seguita fedelmente da una ragazza dallo sguardo neutro. Edward mi dice che si chiama Renata, ed è la guardia del corpo di Aro, un vero e proprio scudo fisico che gli sta sempre attorno. Tutti quanti stanno discutendo animatamente. Dietro di noi, infine, stanno Alice e Zafrina, mentre gli altri Volturi stanno in fondo, dall'altra parte della radura.

Improvvisamente la voce di Aro si spande per l'area, mentre lo vedi staccarsi dal gruppo e camminare, sempre seguito dalla ragazza, verso il centro del campo.

“Buonasera, miei pallidi compagni. E' un piacere vedervi tutti riuniti, qui, in questa radura sotto il cielo meraviglioso dell'Alaska.” La sua voce è fredda e pesante, ma allo stesso tempo squillante. “E' stato un lungo viaggio, ma credo ne sia valsa la pena.” Risatina. “Carlisle e Siobhan, devo riconoscere che avete messo su un bel comitato d'accoglienza! Quanti bei vampiri, possenti e gloriosi! Il meglio del meglio, gli esponenti più degni della nostra nobile stirpe!” Mentre parla, Aro rimane completamente fermo, come una statua parlante, gli occhi rivolti a nessuno in particolare, certo comunque di avere l'attenzione di tutti i presenti. Istintivamente stringo la mia mano attorno a quella di Edward. Alzo lo sguardo, il suo viso è impassibile, non tradisce la minima emozione.

“Spero di non avervi messo fretta, nell'allestire questo benvenuto. Del resto, la nostra visita non era certamente una sorpresa. Alla piccola e graziosa Alice non sarebbe mai sfuggito il nostro convinto proposito di lasciare le nostre antiche dimore e spostarci qui, in questo luogo remoto ed esotico, pur di incontrarvi, o possenti clan della nostre nobile stirpe! Saluti a voi tutti, dunque! A nome dei Volturi tutti è con estremo piacere che saluto la presenza dei gloriosi rumeni e delle aggraziate Amazzoni, nonché del prestigioso clan egizio e del clan di Siobhan, mia antica amica. E saluti a voi, graziosi Cullen, che ospitate questo nostro inevitabile rendez-vous.

Questa sera mi avete fatto un piccolo, grande regalo: mai vista una così impressionante collezione di individui! Fratelli, ricordiamoci tutta della nostra natura, figli della notte e del sangue. Non c'è motivo alcuno di rinnegare le nostre ancestrali origini, di soffocare la nostra vera identità! Per quanto sia lodevole il tentativo del nostro carissimo Carlisle di ammansire il suo clan, non dobbiamo mai dimenticarci chi siamo veramente. Ma soprattutto, non dimenticate mai chi siamo noi, gli antichi Volturi, e ciò che voi ci dovete! E' per questo che vi chiedo, dunque, di prestare orecchio alle mie parole, di aprire il vostro cuore oscuro alla richiesta del vostro più affezionato padre: unitevi a noi! Siobhan, Liam, la piccola Maggie, e le possenti amazzoni, e Benjamin, signore degli elementi: voi tutti siete come i diamanti più preziosi, la prova inevitabile che la nostra è la razza eletta! Unitevi a noi, non sprecate i vostri doni, non dividetevi, ma unitevi!“

Alle parole di Aro segue un silenzio tremendamente carico di tensione. Il vento soffia tra gli alberi producendo un suono del tutto irreale.

“O signore dei Volturi, padre tra i padri”, inizia Siobhan, “accettiamo con orgoglio i tuoi elogi, ma ci ritroviamo costretti a rifiutare la tua gentile offerta. Credo di parlare a nome di tutti, quando dico che stiamo bene dove siamo.”

Aro non mosse un solo muscolo della faccia, e lasciò che il silenzio si posasse come risposta alle parole dell'irlandese.

“I nostri doni sono tali per una ragione.” Interviene Benjamin, lo sguardo fiero. “E di certo questa non è aumentare la tua privata collezione di giocattoli, Aro.”

“Che fiero orgoglio leggo nei tuoi giovani occhi, ragazzo!” risponde Aro, con un'assurda espressione di piacere.

“Basta, Aro. E' tempo di spogliare i tuoi discorsi dell'inutile retorica.” Alta, prepotente ed ancestrale, si fa sentire la voce di Vladimir, uno dei due vampiri del clan rumeno.

“I vostri giorni sono finiti, ormai. E' tempo di cambiare pagina.” Interviene l'altro rumeno, Stefan.

“Ma guarda, i nostri cari antichi rumeni... e sentiamo, sarebbe proprio vostro il volto del nuovo? Se non erro avete già tentato la conquista del potere... tutti conosciamo la storia, non è così, fratelli?”

“Basta così, Aro!” Dal fondo si erge minacciosa la voce di Caius. “Basta con le chiacchiere!”

“Caius, fratello, non c'è fretta alcuna. Sto negoziando, e come sai le trattative possono richiedere tempi lunghi. Tanto più è prezioso l'oggetto...”

“Finiscila, Aro!” Per la prima volta interviene Carlisle, la voce ferma, decisa, mentre avanza di qualche passo. “La tua veneranda età non giustifica e non giustificherà mai il tuo uso sconsiderato dei vampiri che pure oggi continui a chiamare tuoi fratelli!”

“Carlisle, perché ti scaldi tanto?”

“E' ora di voltare pagina!” anche Amun, del clan egizio, interviene. Avanza anche lui, fianco a fianco con Carlisle. “E' tempo di voltare pagina, siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità!”

“Se è la guerra che vogliono, diamine, dagliela subito, Aro!” tuona ancora la voce di Caius.

“E' questo che vuoi, Carlisle? La guerra? Vuoi davvero macchiare la nostra storia, costringerci ad un'assurda ed immotivata guerra fratricida solo per soddisfare la tua cieca sete di potere?”

“Ma quale sete di potere, Aro?!” più veloce dei miei occhi e delle mie orecchie, Edward si muove, scatta rabbioso verso Aro, in atteggiamento ostile e provocatore. Edward finge un attacco, salvo poi piazzarsi davanti all'antico vampiro, che dal canto suo non fa una piega. “Il vostro strapotere sta per terminare, Aro!”

“Edward, Edward, Edward... sempre così furente e determinato. Saresti stato un bel giocattolino, è vero, ma sai cosa penso? Che sei rotto... proprio così. Sei un giocattolino difettoso, e hai finito col tediarmi. No, non m'interessi più... del resto, ho trovato qualcosa di più succulento.” Ed è allora che sento il gelido sguardo di Aro finirmi addosso ed entrarmi dentro, in profondità.

“Non la toccherai, Aro!”

“Calmati, Edward!” Carlisle interviene prontamente, bloccando un tentativo di aggressione da parte di Edward. Dietro Aro, alla sua destra, però, vedo subito scattare Jane. Urlo il nome di Edward, ma la vampira è troppo veloce, Edward lancia un urlo e cade al suolo agonizzante.

“Maledetto!” urla Jasper, dietro di me, e prima che me ne renda conto è già in volo, pronto ad atterrare su Aro. Mi guardo intorno: sta per scatenarsi un putiferio! Esme mi trascina via per un braccio, mentre con la coda dell'occhio vedo Alec scattare e colpire Jasper.

“In formazione!” urla Siobhan, che insieme ai rumeni, Benjamin e Jasper si allineano. Io intanto mi ritrovo a terra, sono inciampata mentre Esme mi ha trascinato di lato.

“Ce la fai a rialzarti?” mi chiede.

“Sì, tranquilla.” Prendo la sua mano e mi rialzo. Alle mie spalle sento urla e ringhi, mentre Esme corre via insieme a me verso Alice e Maggie.

“Qui starai al sicuro.” Dice Maggie. Mi piego sulle ginocchia, riprendo fiato, e quando rialzo la testa vedo Alice, ferma in piedi, il volto concentrato.

“Jasper, girati!” urla ad un tratto, appena in tempo per permettere a Jasper di evitare l'assalto di Alec.

Mi guardo di nuovo intorno, c'è il caos della battaglia in corso. E' stato tutto troppo improvviso, troppo rapido: la provocazione di Aro, l'ira di Edward, il suo tentato attacco e la pronta risposta di Jane.

Ad un tratto arriva una delle Amazzoni, Zafrina, che ha il potere di creare delle illusioni. Compagna ideale in lotta di Alice: ed è qui che si piazza. A fare da regia, Esme, con l'aiuto anche di Maggie. Ed io? Io cosa ci sto a fare in mezzo a queste donne bellissime, potentissime ed immortali? Io non sono in grado di difendermi da sola, figurarsi fare da supporto e aiutare gli altri. Vedo Alice dare indicazioni a Jasper ed Edward, vedo Esme gridare ordini e Zafrina colpire gli avversari, e provo ad immaginarmi anch'io una vampira combattente. Chissà cosa potrei fare. Ma poi penso al discorso di Edward, a tutte quelle parole cui non so come rispondere. Essere una vampira non risolverebbe niente, comincio ad esserne sempre più convinta.

“No, dannazione, no, no no!”

“Alice, cosa succede?!” subito ci allarmiamo. Alice scuote la testa, si inginocchia a terra. Esme la scuote, ma lei rimane ferma, a terra, la testa stretta tra le mani.

“Alice! Alice!” la chiamo anch'io, senza pensare ad altro, senza pensare a nulla, nemmeno ad Edward che è là in mezzo a combattere.

“Bella... attenta!” Ed è tutto ancora troppo veloce, è tutto dannatamente veloce ed è con un insopportabile ritardo umano che me ne accorgo: un vampiro, uno dei Volturi che ruzzola a terra, insieme a Zafrina.

“Dannazione!” Esme impreca e mi afferra, trascinandomi via di nuovo, e solo allora mi rendo conto che quell'attacco era mirato a me. Credevo di non entrarci niente con questa guerra tra vampiri, ma ancora una volta c'è qualcuno che vuole la mia testa. Mentre corriamo in mezzo ai vampiri che lottano sento la mia testa pesante, la vista mi si sfoca, mi sembra di tornare indietro nel tempo, mi aspetto quasi di rivedere i capelli fiammeggianti di Victoria, e se seguissi questo sentiero mentale forse riuscirei anche a veder Jacob...

“Resisti, Bella!” Esme mi scuote, e rapidamente riprendo conoscenza. Sono a terra, credo di essere svenuta. “Benjamin, pensaci tu.” Mi rialzo lentamente, vedo Esme che si allontana, ed io rimango con il bel vampiro egiziano, la pelle abbronzata, i lineamenti allungati, un po' femminili.

“Non lo dico per allarmarti, ma a quanto pare sei diventata un obiettivo primario dei Volturi. Forse vogliono usarti come merce di scambio, chissà.”

“No.” Lo interrompo, sicura, rassegnata e pronta al mio destino. “E' me che vogliono. Aro vuole me, vuole farmi diventare una vampira e aggiungermi alla sua collezione.”

Benjamin mi scruta impassibile, poi replica: “Capisco. Beh, non hai nulla da temere. Ci penso io!” Ed aggiunge un fiero sorriso pieno di orgoglio.

Un istante dopo lo vedo all'opera: Felix si lancia all'attacco, e lui innalza una barriera direttamente dal terreno. Sapevo possedesse il potere di controllare gli elementi della natura, ma non capivo esattamente come. Tutt'ora, mentre lo vedo creare un vortice d'acqua dal nulla, non capisco come.

Siamo nel bel mezzo della battaglia. Ovunque mi giri, vedo vampiri combattere. Cerco con lo sguardo Edward, e finalmente lo scorgo, molto lontano. Sta combattendo da solo contro Jane ed Alec. Perché è da solo, perché nessuno se ne è accorto?!

“Edward!” urlo, ma non mi sente. Benjamin mi dice di calmarmi e rimanere ferma, ma io non posso far a meno di muovermi, di saltare e allungare le braccia, pur di attirare la sua attenzione. “EDWARD!” Urlo più forte, fino a bruciarmi i polmoni, e finalmente lui mi vede, ma si distrae quanto basta per cadere vittima di un altro attacco da parte di Jane. “NOOOO! EDWAAAARD!” Urlo, e scatto verso di lui, accecata dalla preoccupazione.

“No, ferma!” sento qualcuno urlare, poi un urto, e tutto diviene nero.

Mi rialzo, vedo Maggie a terra, immobile, il volto spento, la testa in una posizione innaturale. “Attenta!” Siobhan mi spinge di lato, mentre realizzo che il collo di Maggie è stato spezzato, che Maggie è morta per salvarmi la vita. Spingo lo sguardo in profondità, riconosco Heidi, la bionda vampira che ho incontrato a Volterra, la “cacciatrice” dei Volturi. Lei è la cacciatrice, io sono la preda. Un muro di terra si erge dal terreno, facendomi urlare per la sorpresa. Benjamin continua a tenermi d'occhio, ma dov'è Edward? E dov'è finita Esme? Mi guardo intorno, ma non posso muovermi, Benjamin continua ad innalzare barriere tutt'attorno a me. Alla mia destra riconosco i due rumeni, in soccorso di Carlisle che vedo a terra, dolorante e ferito. I suoi vestiti sono sporchi di sangue, ma le ferite si sono già richiuse.

Tutto diventa insopportabile. Vedo Maggie a terra, la testa piegata in modo innaturale, vedo Carlisle ferito e distrutto, vedo Liam cadere sotto i colpi di Felix. E' troppo per me, la testa comincia a girarmi, mi lascio ricadere in ginocchio.

Ad un tratto vedo una debolissima ombra lunare su di me. Alzo lo sguardo e vedo gli occhi cattivi di Jane. Faccio per aprire bocca, ma i vampiri sono sempre più veloci di me: una barriera di legno mi compare davanti, sento un urlo, l'urlo di Benjamin e la barriera scompare. Mi volto, vedo Benjamin a terra, dolorante, e Jane che mi sorride, il più sadico dei sorrisi.

“Tu sei proprio una cosa strana, sai?” mi dice, continuando a sorridermi perversa, mentre io cerco di allontanarmi, strisciando a terra indietro. “Eppure, prima o poi riuscirò a capire come funzioni, dentro, e allora sì che sentirai dolore...”

Un istante dopo vedo una grande macchia chiara inghiottire Jane. Mi rimetto in piedi, sgrano gli occhi: Senna, l'altra Amazzone, si è lanciata su Jane, mentre Zafrina l'ha seguita, costringendo Jane entro una delle sue illusioni.

“Lascia stare subito mia sorella!” Dal nulla appare Alec, il volto trasfigurato in una smorfia di odio. Compare alle spalle di Zafrina, le urlo di stare attenta, ma la mia voce umana è troppo debole e troppo lenta, e prima che io possa finire la frase vedo l'Amazzone stramazzare al suolo, finché Alec non solleva una gamba e... serro gli occhi e mi volto, ma non posso far a meno di sentire il suono del suo collo che viene spezzato.

“E adesso... pensiamo alla bambolina...” sussurra Alec, alle mie spalle, divertito. Ma nemmeno lui può ferirmi, e non mi resta che provare a scappare. Provo a fuggire, in qualunque direzione, ma subito Jane mi si para davanti.

“Togliti di mezzo!” le urlo, cercando di sembrare meno spaventata e più sfrontata di quanto non sia. Ovviamente non provo nemmeno a voltarmi e correre nella direzione opposta, so già che c'è Alec alle mie spalle.

Rimaniamo così, io in mezzo ai letali fratelli, per qualche istante. Finché non compare Aro.

“Avanti, lasciatemi spazio. Su, spostatevi, tanto la nostra bambolina non andrà da nessuna parte, vero?” mi dice, piazzandosi davanti a me. Lo vedo muovere le dita, avanzarle lentamente nella mia direzione.

“Non credere che Edward ti lascerà fare quello che vuoi.”

“Oh, avanti, mi aspettavo qualcosa di meglio da te, che un'insulsa frase fatta.”

“Cosa vuoi che ti dica? Mi fai schifo. Mi fai pena. Questo ti va bene?”

Jane ringhia alla mia sinistra, ma la ignoro. So che Edward o qualcuno prima o poi se ne accorgerà, dunque devo prendere più tempo possibile.

“Ma fammi capire. Perché me? Perché proprio me?”

Aro sorride, compiaciuto. E' quando sorride compiaciuto che c'è da temere.

“Mia cara innocua e ingenua ragazza, cos'è che non riesci a capire? Dovresti ricordare il nostro primo incontro, perché io lo ricordo molto bene. Non mi sbaglio mai sulle persone. Sì, sì, lo ricordo perfettamente: tu, il tuo amato Edward e la piccola Alice... un bel trio, davvero.”

“Ma perché? Che senso ha? E' davvero così noiosa la tua vita, da dover ripiegare sul collezionismo umano?!”

“Sciocca, debole umana... speri davvero di comprendermi? Di comprendere me? Ma vedrai... tra poco sarai anche tu una di noi!” Il sorriso di Aro si fa ancora più consistente. Il pericolo aumenta, ed io non so più che inventarmi. Cerco con lo sguardo qualcuno, cerco Edward, Esme, Carlisle, ma niente, vedo solo Volturi in piedi che combattono, mentre i nostri alleati stramazzano al suolo.

“Ora, Heidi, se non ti dispiace...” dice Aro, rivolgendosi alla bellissima vampira che compare dietro di sé. Vedo il suo sguardo, mi guarda come se stesse guardando qualcosa di appetitoso. Devo fare qualcosa, devo fare qualcosa, ma non so cosa!

Ed è mentre sono persa nei miei pensieri che accade. Vedo Heidi avvicinarsi troppo velocemente, ringhiare ed aprire la bocca, scoprire i lucenti canini pronti ad affondare nel mio collo...

Sento un urlo, un botto, e qualcosa mi spinge di lato.

“Fermatela!” grida qualcuno. Tossisco, riapro gli occhi ma vedo solo buio. Cerco di rialzarmi, ma non ci riesco, rimango malamente in ginocchio. Quando riapro gli occhi finalmente lo vedo, vedo tutto: Heidi, una vistosa ferita sul volto che si rimargina, a terra, sputa sangue. C'è qualcun altro, però. Vedo una sagoma a terra, la sento tossire. Dove sono Alec e Jane?, mi chiedo. Mi guardo intorno, li vedo impegnati da Jasper ed Edward. Torno a guardare a terra, e finalmente la riconosco, è Alice. Si alza, scatta in avanti, verso Aro, io urlo il suo nome, ma anche Heidi scatta, e anche Aro si muove, e tutto avviene troppo velocemente, ancora una volta: il braccio di Heidi che scatta sulla faccia di Alice, Felix che compare e l'afferra da dietro, Alice che urla di dolore, mentre il sangue viene versato dal suo volto, e infine Aro, che urla.

“No, fermi! Lei mi serve!”

Guardo il volto di Alice ricoperto di sangue, mentre Felix lascia la presa, Alice ricade a terra, Aro l'afferra per un braccio ed allora urla. Urla Aro ed urla Alice, urlano di un urlo innaturale.

Ciò che segue è un silenzio altrettanto innaturale.

Tutti si fermano. Tutti.

Aro ha il volto trasfigurato da una smorfia di puro orrore. Lascia andare il braccio di Alice, che ricade malamente sul terreno, grondando ancora sangue. Perché ancora tutto quel sangue?, riesco a chiedermi. Jasper, Esme e tutti gli altri scattano verso di lei, mentre gli altri vampiri rimangono fermi. Sposto lo sguardo su Aro, ancora sconvolto. Si guarda intorno, ordina ai suoi di non muoversi. Poi comincia a camminare, avanza di qualche passo, raggiungendo di nuovo il centro ideale di questo campo di battaglia.

“Ho visto.” Dice, un filo di voce. “Ho visto il futuro, e ciò non è buono. Ho visto la distruzione della nostre stirpe. Ho visto molteplici futuri, ho visto sempre la disgrazia. Ho visto a cosa conducono le nostre azioni, le nostre scelte.” Sposta lo sguardo e si rivolge a Siobhan, accerchiata da Liam e Benjamin. “Fratelli. Fermiamo questo massacro. Sarà una rovina, una rovina per tutti.”

Aro continua a parlare, infarcendo come al solito il suo discorso di retorica. Riesco finalmente a scuotermi, a distrarmi, e subito mi fiondo verso Alice, ancora a terra, accerchiata da tutta la sua famiglia.

“La ferita è troppo profonda, ecco perché non si rimargina... sarà arrivata al cervello.” Dice Carlisle, tamponando la testa di Alice con un brandelli di vestiti. “Benjamin, ho bisogno di acqua, presto!” dice rivolgendosi al ragazzo, che prontamente obbedisce. Aro continua a parlare indisturbato.

Il mondo sembra cominciare ad allontanarsi. O sono io che comincio a prendere le distanze da tutto questo. Ma per fortuna, sento subito la mano di Edward stringere la mia, e allora ce la faccio, resto in questo mondo, aggrappata alla sua mano.

“Sta cominciando a rimarginarsi... ma ha perso troppo sangue, dobbiamo fare qualcosa.” Dice ancora Carlisle. Subito vedo Jasper mordersi un polso e farne sgorgare sangue. Lo vedo avvicinare il polso alla bocca di Alice, che però rimane ferma, immobile, priva di volontà.

“Dannazione... dannazione, dannazione, dannazione!” sbraita Edward, scattando in piedi.

“Aro! Dicci cos'è che hai visto! Che visione ha avuto Alice?!” urla, attirando l'attenzione del vampiro.

Aro si volta, fissando Edward con un'espressione, per la prima volta, seriamente spaventata.

“Ho visto la morte. Ho visto noi tutti, morti. E' a questo che conducono le nostre azioni, alla morte! La tua morte, Edward, o la sua, la morte di Bella, avrebbe scatenato il caos. Avrebbe scatenato una spirale di morte che ci avrebbe stritolato tutti quanti.”

“Nessuno vuole questo futuro, Aro.” Interviene Siobhan. “Né noi, né voi. Dovremmo prenderci questa lezione del destino, ed imparare. Imparare a costruire una nuova società per noi, per tutti quanti.”

Aro, però, sembra ignorare la donna. Vedo il suo sguardo posarsi su Edward e poi scivolare fino a me.

“Eppure, voi... no. Non doveva andare così... non capisco.” Aro sussurra tra sé parole senza senso, fino a spazientire i suoi stessi fratelli.

“E' tempo di andare, Aro. Tutto ciò non ci porterà da alcuna parte.”

“Hai ragione, Marius. Andiamo.”

Ed è così: senza parole, profondamente senza parole che i Volturi abbandonano il campo di battaglia. Senza più alcuna retorica, senza alcun discorso, senza alcun accordo. I Volturi si allontanano, lasciandosi alle spalle un'inutile ed indelebile scia di sangue.

 

E' notte. La notte non sembra finire più. Credo di avere già vissuto un incubo simile, una notte che non finiva mai, un cielo nero come la pece.

Sono di nuovo nella mia stanza, rannicchiata sul letto, una tazza fumante tra le mie mani tremanti. Il tempo sembra essersi fermato insieme ai miei pensieri. Mi sento svuotata di ogni cosa, tranne una piccola parte della mia mente che resiste. Sento che prima o poi accadrà, tutti i ricordi mi esploderanno dentro, tutti insieme. Ma fino a quel momento, continuo a galleggiare in questo torpore amorfo.

Un istante dopo – o anche un milione di istanti dopo, chi può dirlo – la porta si apre. Edward avanza, si avvicina, non fiata una parola. Più veloce della mia retina, più veloce del mio pensiero, Edward è già qui, le sue labbra sono sulle mie, le sue mani attorno la mia schiena.

Ci baciamo per un numero indefinibile di istanti.

Finché, ad un tratto, le labbra di Edward si allontanano, schiudendosi così da lasciar uscire le parole.

“Alice sta bene.” Mi dice, lo sguardo basso. E' una buona notizia, ma la sua voce trema, trema come mai l'ho sentita tremare. Il mio cuore manca un colpo, lo guardo piena di dubbi e insicurezze, bisognosa di certezze e convinzioni salde. “Tuttavia ha riportato delle lesioni, beh, inguaribili. Carlisle dice che tutto dipende dal cervello, e per questo il cervello è incapace di rimarginarsi come il resto del corpo.” Non capisco, le parole scientifiche e neutre di Carlisle non mi interessano, non mi aiutano. Lo guardo affamata di verità, e finalmente l'ammette. “Ha perso la vista. Non la riacquisterà mai più.”

E questo è un altro macigno sullo stomaco, un altro colpo al cuore. Mi sento ancora più debole, la testa riprende a girarmi. Edward mi stringe il viso con le sue mani, inchioda i suoi occhi ai miei, senza dire altro, come a volermi tenere ferma, qui, con lui, e io allora mi ci aggrappo con tutta me stessa. Le labbra di Edward tornano a baciare le mie, sempre più voracemente.

Mi sistemo meglio sul letto, mi distendo completamente, mentre Edward fa aderire il suo corpo al mio. I suoi baci mi tolgono il fiato, le sue mani gelide mi danno i brividi, ed io intanto sento le mie vene pulsare sotto la mia pelle. Sotto la mia pelle, insieme a tutto quel che vi è rimasto incastrato.

Non ci diciamo niente, lasciamo che siano gli occhi a parlare, e le labbra, e le dita, e ciò che si comunicano non è altro che un bisogno disperato. Ho un disperato bisogno di lui, voglio che Edward imprima se stesso su di me, sul mio corpo e sulla mia coscienza. Voglio che mi riempia di se stesso, così da scacciare via tutto il resto. Leggo il desiderio negli occhi di Edward e allo capisco che è quello che vuole anche lui: perdersi completamente in me. Svuotarsi in me.

E' così che le mie stupide fantasie romantiche sull'amore e sul sesso vengono strappate via, con violenza ed amarezza. Il sesso non è altro che questo: un gioco di pieni e vuoti. Un incontro tra due irriducibili egoismi.

Non sento freddo quando Edward mi aiuta a spogliarmi e rimango nuda sotto di lui, la sua mano fredda scivola sul mio seno, ma io non percepisco freddo né altro. Non mi danno i brividi nemmeno le sue labbra, quando si schiudono intorno al mio capezzolo.

Chiudo gli occhi e stringo la mano di Edward nella mia. Per tutto il tempo teniamo strette le mani, senza mai lasciarle.

Sento le labbra di Edward attorno al mio capezzolo, sento i suoi denti sfiorare il turgido bottoncino, mentre la sua mano libera raggiunge il mio sesso già umido ed accogliente.

Non ho paura, non ho rimorsi, non ho brividi.

E presto se ne va anche la consapevolezza.

La consapevolezza se ne va via poco a poco, fino a svanire del tutto, mentre Edward si muove sempre più freneticamente. Le sue dita mi scivolano dentro senza dolcezza né calore, ed io lo lascio fare, lascio che mi entri dentro. Edward mi penetra una volta, passando per quella porta che è sempre rimasta chiusa in attesa che lui l'aprisse. E mi penetra una seconda volta, quando sento i suoi canini affondare nella mia carne, pungere la piega tra il collo e la spalla. Ma non lo fermo, non protesto, non proferisco parola. Nemmeno lui parla, muovendosi freneticamente nella piena non consapevolezza.

Quello con Edward è un amplesso intimo e un po' animalesco, profondamente intimo come quel nucleo nascosto di inconscio che è dentro di noi, e animalesco come la fiera che si nasconde in Edward, nei suoi denti che bucano la mia pelle e nelle labbra che assaporano il sangue che esce.

E mentre Edward continua a penetrarmi, io non so più chi sono e cosa sento. Non capisco se è dolore o piacere quello che provo. Non so più nemmeno quello che sto facendo, non so perché lo sto facendo. Ma Edward continua a sovrastarmi, a tenermi in gabbia tra le sue braccia, tra le sue fauci, gli occhi spenti, il volto quasi estraneo, trasfigurato in una smorfia di dolore, o forse piacere, in una smorfia di qualcosa di indefinibile, di poco umano ed incredibilmente antico.

Insieme all'orgasmo, poi, arriva tutto quanto. Il piacere estremo, ma soprattutto, il dolore. Ritorna la consapevolezza, mentre Edward si butta di lato, duro ed immobile come un macigno, e mi lascia sfiatata e sconvolta, il collo ancora un po' sanguinante. Ma ritornano anche i ricordi della battaglia, la vista del corpo morto di Maggie, il sorriso sadico di Jane, l'espressione di orrore di Aro e il volto sfregiato di Alice.

Ed è allora che tutto mi sembra diverso, che Edward mi sembra un estraneo e nemmeno io stessa riesco a riconoscermi.

Ed è allora che quella piccola e insignificante parte della mia mente comincia ad urlare: che cosa ho fatto?!

 

Alla fine arriva il giorno. Torna la mattina, torna il sole, che appare tiepido e timido oltre le nuvole chiare dell'Alaska. Mi sveglio sul mio letto, stordita, confusa, un senso di disgusto amaro che mi parte dalla bocca e giunge alle profondità della mia anima. Mi tocco il collo, ora protetto da una garza. E' stato Carlisle, o Edward, non ricordo. E' successo dopo... dopo quello che abbiamo fatto. Le voci di questa notte mi affollano la mente confusa, e li lascio volentieri lì, a galleggiare nel mare profondo della mia coscienza.

Mi alzo, esco dalla camera, vado in bagno. Mi guardo allo specchio, vedo le occhiaie, gli occhi stanchi, i capelli scombinati. Apro delicatamente la garza, vedo lo sfregio che l'amore di Edward mi ha impresso addosso, come un marchio, il marchio di una condanna.

Condanna. Ma qual è la colpa? Una piccola parte di me risponde: l'amore.

Ed ora lo so, lo so con assoluta certezza. Sfregiata è Alice, privata della vista, lei che può vedere dove nessun altro può. Sfregiato è il mio collo, dalla bestia che dorme in Edward, adesso divorato dai sensi di colpa. Ma soprattutto, sfregiato è il nostro amore.

Ho creduto in un amore perfetto, da favola, perfetto come può essere l'eternità.

Quell'amore era un sogno, e questo sogno è adesso sfregiato per sempre.



/***\

Note dell'Autore:
Siamo quasi giunti alla fine! Colgo l'occasione per ringraziare KiryBlack per le sue bellissime parole, e vi invito a rimanere sintonizzati, mancano solo due capitoli!

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Capitolo 13
*** Interludio: Edward & Bella ***


INTERLUDIO: EDWARD E BELLA



Permettimi di cominciare, Bella...
Edward...
No, non voglio far credere di avere la presunzione di conoscere le parole giuste per tutto questo... è che non posso più tenerle dentro. Le parole, intendo. Per questo, ti imploro, lasciami cominciare...
...
Vedi? Guardaci, Bella, guardaci. Guarda questo assurdo rovesciamento di ruoli... ora è mia la voce che trema, ora sono io che non riesco a tenermi tutto dentro. Ma tu lo sai. Sai quello che sono, sai cosa si nasconde dentro di me.
Se è per quello che è successo te l'ho già detto...
No, Bella, te ne prego... No, davvero, non credo di meritare il tuo perdono. E se anche fosse, di certo non riuscirei a perdonare me stesso.
Ma quello che è successo...
Non è solo per quello che è successo l'altra notte... No, è per tutto, per tutto questo.
Edward, ti prego...
E' tutto sbagliato.
Non dirlo!
E' sempre stato sbagliato.
Non dirlo!
E' tutto completamente sbagliato, Bella!
Ti prego...
La verità, Bella, è talvolta così semplice, e così letale... la verità è che ci sono persone che non dovrebbero mai stare insieme.
Ma noi siamo diversi!
Non è così...
...
...
Hai ragione, Edward. Hai ragione. La verità è che io sono troppo debole per ammetterlo.
Lo so. Lo faccio per te. Dico la verità al posto tuo. Ed odiami pure, se questo può esserti in qualche modo di conforto.
Niente può essermi di conforto.
...
...
...
Sta accadendo ancora.
Cosa?
Stiamo rimanendo senza parole.
E quando si rimane senza parole è davvero la fine, non è così?
Già. Proprio così.
Posso dire che mi dispiace?
Sarebbe inutile.
Mi sento inutile. Vorrei esserti utile, se possibile.
Credo non ci sia più nulla che tu possa fare. A parte, beh, forse riavvolgere lo spazio-tempo e farmi tornare nel passato.
Bella...
Ma sai una cosa? Se anche trovassimo il momento in cui tutto è andato in pezzi, ho la vaga sensazione che non cambierebbe nulla. Forse eravamo davvero destinati a questo. Perché è quello che siamo, Edward. E non possiamo fare a meno di essere noi stessi.
E dire che volevi diventare una vampira.
Forse non l'ho mai voluto veramente, chissà. Non lo so, non lo so più. Se ripenso a quei giorni, mi sembra di essere un'altra. Sai una cosa? I primi tempi dal mio risveglio mi sentivo ovviamente strana, diversa. Mi sentivo proprio questo, un'altra persona. Avevo la convinzione che non fossi più la persona che ero stata, che non ero più dunque l'autentica Bella. Adesso è diverso. Adesso io mi sento l'autentica Bella. E' quella del passato che mi sembra diversa, mi sembra un'altra persona, mi sembra completamente falsa, e sbagliata, e...
Bella...
No, ti prego, fammi finire, Edward, fammi finire. Io... questa sensazione non se ne andrà mai via, e forse vuol dire solo una cosa. Forse, semplicemente, è la verità. Perché è questo che fa la verità, no? Rimane sedimentata sul fondo. Quando togli tutto, ciò che rimane è semplicemente la verità. Ed è così. La verità, Edward, è che io non so come ho fatto ad innamorarmi di te. Ricordo di essermi innamorata di te, ricordo di averti amato in un modo innaturale, masochistico, insensato. E non so più perché. Perché proprio noi, Edward? Perché proprio noi...
Mi dispiace non esserti di qualche utilità, Bella, ma... non ho le risposte che cerchi, perché sono le stesse domande che io mi pongo. Per tutta la mia vita da vampiro non mi sono mai posto il problema di una relazione... Emmett e Rosalie, Jasper ed Alice, sono sempre stati accoppiati e mi sono sembrati così, come dire, giusti. Giusti per loro stessi. Poi sei arrivata tu, ed allora ho capito che era te che aspettavo, senza saperlo. Ma ora quella convinzione è andata via.
...
Jacob era quello giusto.
Non dirlo!
Ma è vero.
Non osare dirlo, Edward!
Era lui quello giusto. L'ho sempre saputo. E sai una cosa? Prima o poi avrei ceduto. Ti avrei ceduto, a lui.
Jacob è morto, Edward, e non c'è niente che possa farlo tornare da me. Quindi non osare dirmi, adesso, che è quello giusto!
Ma lo era.
Ed è morto! E nessuno è giusto, da morto.
... Mi dispiace, Bella.
...
Mi dispiace di tutto. Mi dispiace non esser quello giusto. Mi dispiace averti trasportata nel nostro mondo, averti esposta a tutti questi pericoli, averti ingannata con visioni di felice eternità.
Non hai di che scusarti. Le cose si fanno in due. Ed io sono la prima che dovrebbe accusarsi. Sono io ad essermi lasciata convincere da quelle illusioni.
Forse, dopotutto, sei cresciuta.
Sì, dopotutto sono cresciuta. Ma questo è grazie a te.
Grazie a me?
Sì, grazie a te. E' grazie a te se sono cresciuta, anche se questo ha portato alla fine di quel che siamo stati, insieme. Grazie a te e a tutto quel che è successo. Alla fine mi sono svegliata, mi sono svegliata veramente. Sono cresciuta, ecco tutto. Solo ora mi rendo conto di quanto fossi stata una stupida ragazzina, convinta di essere migliore di tutte le altre, più matura di tutte le mie coetanee. Erano solo menzogne, ed illusioni... Che stupida che sono stata.
No, stupida no. Chi chiameresti stupido, solo perché ha creduto in un sogno bellissimo?
...
...
Non credevo di poter arrivare a questo, davvero. Ne ero convinta... di essere destinata ad un futuro di radiosa eternità insieme a te. Un'eternità da vampira. Ma ora, francamente, non c'è cosa più che mi terrorizzerebbe. Sono grata di essere umana e di avere una vita finita. No, non potrei mai e poi mai sostenere il peso dell'eternità...
E allora facciamolo. Facciamo quel che dobbiamo.
Sì... addio, Edward.
Addio, Bella.

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


EPILOGO


 

Sono passati moltissimi anni da quando lasciai casa Cullen, eppure si presenta nei miei ricordi ancora ricca di dettagli, stranamente luminosa, piena di voci e, nonostante sia stata abitata da non-morti, piena di vita. Non è uno di quei ricordi che riappare subito, con grande facilità, perché è ben custodito in un angolino remoto della mia memoria. Così è tutta la mia parte di vita che ho condiviso con i Cullen: ben conservata, ma relegata in un anfratto della mia coscienza.

Allora non credevo la mia vita sarebbe mai potuta essere diversa. Non credevo che sarebbe mai cambiata. A diciassette anni avevo trovato Edward, e con lui l'illusione di un futuro certo. Un futuro certo e luminoso come l'eternità. A diciotto anni ho vissuto momenti slegati e contraddittori di presente, con qualche spruzzo di passato e alcun futuro. Ma se anche erano venute meno le convinzioni, almeno c'erano le intenzioni. E poi... poi, beh, è cambiato tutto.

Non so quando sia realmente successo, ma ad un certo punto compresi davvero che quello non era più il mio posto. Ma ci ho messo del tempo ad ammetterlo a me stessa, il tempo di metabolizzare tutto quello che era successo: la battaglia contro i Volturi, la ferita di Alice, il mio rapporto con Edward... non potevo far a meno di pensare che con loro non avevo proprio nulla a che vedere. E se l'anno prima mi rispondevo che andava bene, mi andava bene tutto, purché avessi Edward, anche questa giustificazione era andata via.

Lo sapevo io, lo sapeva Edward, lo sapevamo tutti. E ognuno di noi ha solo richiesto il tempo necessario per riconoscerlo ed ammetterlo.

Così, un po' di tempo dopo, l'abbiamo fatto. Ci siamo detti addio. E sono tornata a Forks.

In un certo senso, devo ringraziare il caos drammatico che la mia vita aveva conosciuto in quel periodo, perché la preoccupazione di tornare a Forks, ritrovare mio padre, imbastire il teatrino che mi voleva miracolosamente scampata all'incidente che avrebbe ucciso Jacob, ma colpita dall'amnesia e dunque curata dai Cullen, insomma, dover mantenere tutto questo castello di carte pronto a cadere mi ha tenuto occupata, distratta abbastanza. E questo mi ha salvata, mi ha salvata dal dolore profondo che il distacco da Edward mi avrebbe certamente causato.

Ma alla fine, anche a questo, sono sopravvissuta. Sono sopravvissuta al punto da ritrovami adesso una donna adulta e consapevole, moglie e madre, cittadina onesta e grande lavoratrice.

Ma è meglio andare con calma.

Sono rimasta a Forks il necessario. Rivedere mio padre, permettergli di superare il dolore per la mia perdita, permettergli, soprattutto, di tornare a fidarsi di me. Rivedere i vecchi amici, ritornare a La Push. Piangere la morte di Jacob. A La Push incontrai un'ostilità che non avrei mai creduto, ma in fondo anche questo mi ha salvata. Mi ha salvata, almeno, dalle mille domande che mi avrebbero altrimenti bersagliato. I licantropi non volevano più avere a che fare con i freddi, e anche con me, che ne ero stata a contatto. Così riuscii a risparmiarmi domande scomode.

Rividi i Cullen? No, o quasi. Una volta ricevetti la telefonata di Esme. Una telefonata frettolosa e brusca, una conversazione a senso unico. Esme chiedeva: stai bene, cosa fai, ti hanno fatto domande, cosa farai; chiedeva ma non rispondeva. Non seppi mai nulla dei Cullen, e in fondo è stato meglio così. Anni dopo mi capitò di incontrare Emmett. Ma anche in quel caso, oltre al suo vigoroso abbraccio e al suo buon sorriso non ci fu altro, non ci furono parole né spiegazioni.

Presto cominciai a chiedermi: cosa ci facevo a Forks? Cosa ci facevo in questa terra fredda, ora che non c'era più nessuno di cui m'importasse? Sì, c'era Charlie, è vero, e non potrò mai rendere la misura della gratitudine che, in quanto figlia, gli riconosco. Ma non c'era più Jake, non c'era più La Push, non c'erano i Cullen e nemmeno c'erano più i miei vecchi compagni di scuola. Ed io ero lì: una diciannovenne che non sapeva cosa farsene della propria vita, mentre tutti si erano buttati a capofitto nelle loro nuove vite, tra college e quant'altro. Agli occhi della gente qualunque ero appunto questa: una ragazza smarrita, rimasta indietro rispetto ai suoi vecchi compagni di scuola.

Giunta la primavera, approfittai della situazione per cambiare aria. Accolsi dunque le proposte dei miei genitori e lasciai Forks. Ma non tornai in Arizona. Mi mancava mia madre, mi mancava come non avrei mai creduto, ma non potevo tornare. La vita mi stava mettendo nuovamente alla prova, e questa volta volevo farcela da sola. Fu così che scelsi la California. Un college mediano, di quelli famosi localmente, ma senza ambizioni transnazionali. La California: sole, mare, ampi ed erbosi college, feste e spring break. Sarei riuscita nell'impresa impossibile? Avrei ingannato tutti nel mio geniale travestimento da Isabella, la ragazza che viene dal nord?

Per un po' lasciai che la vita facesse il suo corso. E lentamente, mi lasciai trasportare dal suo corso. Dividevo una stanza con una ragazza che presto sarebbe diventata la mia migliore amica, frequentai qualche ragazzo, partecipavo occasionalmente alle feste e mi davo da fare con lo studio. Scelsi botanica, chissà perché. Tutti mi chiamavano Isabella, oppure Ella. Bella non esisteva più, era andata via insieme ai suoi giorni freddi e ai suoi amici vampiri. Adesso c'era Isabella, le calde giornate della California, le soporifere lezioni di mattina ed i party in spiaggia di sera.

Di Edward era rimasto un ricordo appannato... ed un paio di cicatrici che, al massimo, destavano una fugace curiosità e niente più. C'era, però, una cicatrice ben vistosa. Ma nessuno la poteva vedere, perché nessuno la cercava mai nel posto giusto: dentro di me. Apparentemente nessuno si chiese mai perché, se pure frequentassi diversi ragazzi, non ne avevo mai una relazione stabile. Ma come mai avrei potuto? Non è che non lo facessi per Edward. Non lo facevo per me. Era una cosa inconscia, spontanea. Scattava un meccanismo e subito mi ritrovato a chiudere una storia che avrebbe potuto diventare seria. Senza nemmeno pensarci, senza nemmeno accorgermene.

Soltanto anni dopo accadde. Accadde che qualcuno, di nuovo, riuscì a penetrare le mie difese, le difese del mio io, e a conquistarmi. E quel qualcuno fu Mike Newton.

Sembra assurdo, però è così che sono andate le cose. Io era rimasta in California, impiegata all'Università come ricercatrice di discreto successo, e tra tutte le persone appena trasferitesi in quella media e anonima città, beh, trovai proprio lui. Mike aveva conosciuto anni di College un po' turbolenti, ma aveva deciso di mettere la testa a posto, cambiare città e darsi da fare.

Fu lui a trovarmi, in realtà, mentre ero in coda ad uno Starbucks. Vederlo mi scatenò un'estrema reazione emotiva che a stento soffocai. Il solo vedere Mike, che pure era cresciuto – i suoi capelli erano più scuri, gli occhi si erano fatti più scaltri, ed i lineamenti più duri – mi aveva bombardato il cervello di tutti i ricordi di Forks. Lui aveva riso della mia confusione, cavolo, ti faccio proprio un bell'effetto!, aveva commentato, ed io, confusa e senza difese, dovetti accettare il suo invito a cena. Cena che, come puntualizzò, era tra vecchi amici ritrovatisi per caso.

Fu una bella serata. C'ero andata un po' per curiosità ed un po' per noia, ma rimasi piacevolmente sorpresa dell'esito della serata. Per lo più era lui a parlare, e, sorprendentemente, non mi aveva annoiata nemmeno un istante! Io continuavo ad esser un tipo che s'annoia facilmente, e questo aveva indubbiamente aumentato la sorpresa. Insomma, gente, stiamo parlando di Mike Newton!

Ma la verità è che era profondamente cambiato. Non ci saranno stati vampiri e licantropi in mezzo, ma la vita aveva fatto la sua parte anche con Mike, che davvero non era più il ragazzino che mi sbavava e scodinzolava dietro. E di questo ne ridevamo, ne rideva lui stesso, rievocando i suoi ricordi. Ed io? Io non ero da meno. Avrei mentito se avessi detto che non mi sentivo cambiata e cresciuta rispetto agli anni liceali. Parlare con Mike mi fece anche questo effetto: mi guardai dentro, dall'alto, e mi vidi profondamente cambiata. Provai quasi ribrezzo a rivedere la ragazza che ero stata al liceo, così convinta di esser diversa dalle altre, salvo poi aver scatenato un casino per l'illusione di un amore bellissimo ed eterno.

Un po' per la sorpresa, un po' per la curiosità ed un po' perché rivedere una faccia amica non mi dispiaceva, cominciai ad uscire con Mike, accettando sempre i suoi inviti.

Mike era l'unico legame che mi restava con il passato. Ci misi un po' di tempo a capire che era per questo, forse, che lo frequentavo: perché mi ricordava i bei tempi andati. Mi sentii sciocca e anche un po' stronza, quando me ne resi conto. Cercai allora di tagliare questo rapporto che già sembrava pronto ad avventurarsi in territori sconosciuti e pericolosi, ma Mike non me lo permise. Furono la sua tenacia e la sua determinazione a conquistarmi.

A volte, ancora oggi, penso che sia questo il vero motivo. Che mi innamorai di Mike soltanto perché era riuscito ad entrarmi dentro, come solo Edward aveva saputo fare, facendo scattare dunque in me il meccanismo del bisogno, della dipendenza. Ma era diverso, lo so, era ben diverso. Mike mi piaceva, mi piace, per mille e più ragioni che da adolescente non avrei mai pensato. Eppure era così.

Ciò che successe dopo fu uno sviluppo inevitabile e spontaneo, sul quale avevo pure smesso di riflettere, consegnandomi definitivamente alla vita, senza più rimpianti e rimorsi.

L'incarnazione del sogno americano: abbiamo trovato una bella casa in cui andare a vivere insieme, abbiamo iniziato a fare carriera, ci siamo sposati. E dopo qualche anno è arrivato. E' arrivato Jacob. Perché, era ovvio, non avrei potuto dar altro nome al mio primogenito.

L'esperienza della maternità è qualcosa di totalmente trascendentale ed indefinibile, e che finalmente mi aveva colta, facendomi scoprire un mondo che non conoscevo ma del quale non potevo avere paura.

A trent'anni avevo dunque un marito, un lavoro, una bella casa, dei genitori che non mancavano di farsi vedere per la festa del Ringraziamento, e soprattutto, un figlio che per me era tutto. Da adolescente, credevo non potesse esistere niente di più potente dell'amore di due ragazzi che si amano – e, in quell'ambito, quello tra me ed Edward, destinato a durare in eterno, mi sembrava il più perfetto. Una volta madre, mi ritrovai a dovermi ricredere. Non esiste niente di più potente ed implacabile dell'amore di una madre per il proprio figlio.

Ho vissuto così interi anni soltanto per lui, persa in un sentimento totale che un po' ricordava quell'amara dipendenza che avevo avuto per Edward, ma che, questa volta, mi sembrava perfettamente giusto.

Forks, i Cullen e tutto il resto erano solo un ricordo. Se feci visita a mia madre, in Arizona, non tornai mai più a Forks. Non avrei mai potuto.

Passarono gli anni.

Jake cresceva, ed io con lui. Ogni suo piccolo passo nel mondo era un mio nuovo passo. A Mike non aveva mai dato alcun fastidio la mia scelta di chiamare nostro figlio col nome di un morto, di qualcuno che per me aveva significato molto. E' solo un nome, aveva detto. E poi sempre meglio che chiamarlo Edward!

Jake comunque cresceva, cresceva mentre io invecchiavo. In mio figlio vedevo il riflesso rovesciato della mia vita. Cresceva sempre più velocemente, e da che facevo i salti mortali per prenderlo a scuola, lasciarlo alle feste di compleanno e accompagnarlo alla piscina (Jake aveva da subito mostrato una particolare predilezione per l'acqua, chissà da chi l'aveva presa!), senza nemmeno accorgermene mi ritrovai a proferire raccomandazioni genitoriali, torna presto, non fare tardi, guida piano...

E nel mentre Edward e Bella vivevano ancora da qualche parte nella mia coscienza, per sempre giovani. Io non ero più Bella, ormai, per tutti, ero la dottoressa Swan-Newton, la botanica, la madre di Jacob e la moglie di Mike Newton. Eppure, malgrado fossero soffocati dal peso della vita quotidiana, i ricordi c'erano ancora.

Accadde il giorno del diploma di mio figlio. C'eravamo io e Mike, c'era suo padre e c'erano entrambi i miei genitori. Tutta la famiglia riunita nel campus scolastico, pronta a riempirsi di orgoglio per il diploma del giovane e promettente Jacob.

“Guarda quanti bei giovani! Queste nuove generazioni sono venute su proprio bene!” Fu il commento di mia madre, che incontrò la risatina di Dwyer ed il grugnito di disapprovazione di Charlie. E' vero, dissi a me stessa: la classe di Jacob ci sfilava davanti, quanti bei volti giovani, mi ci specchiai e mi sentii un po' vecchia. Poi guardai meglio, qualcosa mi aveva colpito, ma non capivo cosa. Scrutai quei volti ansiosi e felici, e lo vidi. Due file dietro Jacob, che sorrideva, mentre parlottava con il suo migliore amico, vidi un ragazzo. Un ragazzo alto, i capelli in un'acconciatura da divo, il volto sereno, disteso, sorridente, e la pelle chiara, chiarissima, come se brillasse.

Mi sentii mancare.

Intanto, la preside della scuola aveva cominciato a chiamare i ragazzi, uno ad uno, per la consegna del diploma. Quando fu il turno di Jacob ci lasciammo andare con applausi ed urla. Non vedevo l'ora di abbracciare mio figlio, ma al momento c'era un solo pensiero che mi tormentava, che mi ossessionava. Un'ossessione che non provavo più da tantissimo tempo. Aspettai ancora un po', altri due ragazzi vennero chiamati, e poi toccò a lui.

Chiamarono un nome che non avevo mai sentito, ma sapevo che era lui. Il mio cuore lo sapeva, lo sapeva bene.

E fu così che lo rividi, dopo tutti quegli anni.

Alla fine lo trovai lì, splendente sotto la luce del sole, luccicante come mai era stato nei miei ricordi. Dopo tutti quegli anni passati, lui era ancora lì, uguale a se stesso, a splendere di una luce accecante che non si sarebbe mai spenta, ed i suoi occhi guardavano ancora me, solamente me. Me ne accorsi, ma non spostai lo sguardo. Non avrei potuto. Sostenni il suo sguardo, sentendomi penetrare all'interno. Ed allora capii. Capii che era questa la vera beatitudine, era questa la vera eternità: il ricordo sarebbe vissuto in eterno. Sarei vissuta, io stessa, in eterno, nei suoi occhi e nella sua memoria.

La vita era andata avanti. Eravamo sopravvissuti a noi stessi. E mentre io ero cambiata, trasformandomi in una brava madre e in una brava moglie, lui era rimasto uguale e, forse, era rimasto uguale anche il suo amore nei miei confronti. Non avevo bisogno di chiederlo, lo sapevo, lo sentivo dentro, che non avevo avuto alcuna dopo di me. Che era rimasto a cullarsi con il mio ricordo.

Lo vidi avanzare, prendere il diploma, sorridere come un divo e poi farsi da parte. Mi lanciò un'occhiata, un ultimo sguardo che diceva tutto. Che dentro di lui sarebbe vissuto, per sempre, il mio ricordo. Che mi avrebbe fatto un po' di spazio, consentendomi di vivere in quella piccola ma perfetta parte della sua eternità.



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Note dell'Autore:
E così la fine è giunta! Probabilmente qualcuno sarà meravigliato di questo sviluppo, ma devo confessare di credere che questo sia l'unico possibile. Nella storia, nella mia versione della storia ogni singolo evento ha portato inevitabilmente a questa fine, non poteva esser altrimenti. Spero comunque di aver reso giustizia ai personaggi, malgrado averli trasportati in un universo alternativo ingiusto. E spero di avervi divertito abbastanza!
Infine, un sentito ringraziamento a chiunque mi abbia letto e commentato, soprattutto la mia riconoscenza va a Marpy e KiryBlack! Grazie di cuore per avermi fatto sentire un autore compreso!
E questo, beh, è davvero tutto. Alla prossima!

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