La mia vita dovrebbe essere semplice...

di Cottage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Preparazione! ***
Capitolo 3: *** Sfera ... che? ***
Capitolo 4: *** Incontri alquanto bizzarri ... ***
Capitolo 5: *** Pokèpericoli! ***
Capitolo 6: *** Un tranquillo monologo ***
Capitolo 7: *** Se io ballo scatta l'Apocalisse ***
Capitolo 8: *** Mission: Impossibile ***
Capitolo 9: *** A me quello non sembra un professore ... ***
Capitolo 10: *** Primo Scontro! ***
Capitolo 11: *** Cose da non rifare: buttarsi giù da un albero ... ***
Capitolo 12: *** Wooper: L'inizio di un tormento. ***
Capitolo 13: *** Kakeru! Il Ninja impossibile! ***
Capitolo 14: *** Team Pyro ***
Capitolo 15: *** !Vendetta! ***
Capitolo 16: *** Melma, melma ed ancora … Wooper?! ***
Capitolo 17: *** Penso che se dovessi scegliere se vivere a Melmolandia o in una fogna, sceglierei quest'ultima U.U ***
Capitolo 18: *** E Ancora ... una valanga di Grimer! Q.Q ***
Capitolo 19: *** Di Palestre e Brioche ***
Capitolo 20: *** Birds of Jinx ***
Capitolo 21: *** Bacche, che bontà ~ ***
Capitolo 22: *** ~ Condannata ~ ***
Capitolo 23: *** Addio, Ciondolino! ***
Capitolo 24: *** Prima di tornare alla civiltà ... ***
Capitolo 25: *** Break Up ***
Capitolo 26: *** When Hansome Guys and Freezing Weather are Deathly ***
Capitolo 27: *** Fuga dal freezer ***
Capitolo 28: *** New and Old Acquaintances ***
Capitolo 29: *** Visita al Museo ***
Capitolo 30: *** Looking for the assailants ***
Capitolo 31: *** Chi fa da sè fa per tre. Più o meno... ***
Capitolo 32: *** Mochapoli ***
Capitolo 33: *** A Bordo di un Lapras ***
Capitolo 34: *** Note to Self ***
Capitolo 35: *** Nella Pancia del Gyarados ***
Capitolo 36: *** Pista (in)Ciclabile ***
Capitolo 37: *** Pista (in)Ciclabile II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Salve salvino!
Piccolo avviso: questa fic parte da schifo. E continua da schifo. Ma uno schifo più accettabile. Ecco, diciamo che devo modificare i primi capitoli, perchè li ho scritti quando avevo sì o no 13 anni, quando ancora non sapevo cosa diamine volesse dire scrivere cose decenti e con un senso logico. Quindi chiedo scusa per gli obbrobri ed il nonsense in cui vi imbatterete
all'inizio di questo lungo e pedante viaggio, e grazie per la vostra pazienza ♪


 

Prologo
(ovvero, l'inizio della fine)

 

Non ero mai stata una persona molto avventurosa. Non che provassi paura di fronte ad una grotta buia e misteriosa, o ad una casa creduta infestata da mostri e/o spettri. Probabilmente mi sarei pure divertita ad esplorare quei luoghi. Solo che preferivo rimanere nella mia tranquilla casetta di campagna, a risolvere casi come "chi ha mangiato il mio panino".

Insomma, mi divertivo più dentro alla mia stanza, a guardare film o leggere libri, che fuori, a giocare con gli altri bambini. Magari potevo dare l'impressione della solita ragazzina fredda, arrogante e associale, che preferisce stare lontano dalle persone, piuttosto che farci amicizia.

Nulla di più sbagliato. Non provavo odio verso gli altri, ed anzi, ero molto aperta ed amichevole con la gente. Anche troppo, ora che ci penso. Ma non trovavo divertente rincorrere un pallone, arrampicarsi sugli alberi o dare spettacoli di magia. Ero più una tipa tranquilla, una di quelle a cui piace stendersi per ore sopra al suo letto ed immaginare storie, persone e fatti mai avvenuti prima.


Il giorno in cui nella mia mente ha iniziato a farsi strada l'ipotesi che la mia vita era noiosa ed andava contro ogni morale era un venerdì. Quella mattina, infatti, mi ero svegliata di soprassalto al suono di un urlo. Alzandomi, mi ero chiesta che cavolo ci fosse di così urgente da svegliarmi. Così ero andata alla finestra, dove, a terra, era presente un'enorme folla radunata a cerchio. Al centro di quel cerchio faceva capolino una testa bluastra, con i capelli disordinati ed una bandana gialla sopra alla fronte. Vestiva una T-shirt azzurra e dei pantaloni strappati di colore blu scuro, che terminavano sopra degli scarponi blu da esploratore mezzi strappati. Era un ragazzo dall'aria serena e soddisfatta, che teneva in mano delle specie di palline bianche e rosse mentre degli strani cosi colorati si esibivano per la gente.

La prima cosa a cui ho pensato era stata il perché avevano scelto proprio la stradina sotto casa mia per allestire un circo. Ma poi, guardando meglio, si vedeva che i mostriciattoli stavano sollevando un enorme albero caduto. Più precisamente, caduto sopra alla gamba di un pover'uomo, che, probabilmente, fino a poco tempo fa, stava solo facendo una passeggiata.

Spostato l'albero, alcuni paesani avevano pensato fosse d'obbligo trasportare l'uomo al più vicino pronto soccorso, e così hanno lasciato la scena. Il resto delle persone invece, stava ringraziando, o meglio ammirando il ragazzo dalla testa blu, l'eroe della giornata, ed i suoi esseri strambi alti quanto il loro addestratore. E quindi erano piuttosto bassetti ...


Decidendo che quella era stata la cosa più originale delle ultime due settimane (l'ultima era stata quando un bambino si era perso e tutti nel paesello si erano messi a cercarlo. Alla fine l'avevano trovato nel magazzino di un negozietto di pesca, con un secchio di vermi sopra alla sua testa. Il bambino diceva di star giocando a nascondino ... ), ho pensato di andare a chiedere alla nonna che ne pensava.

"Nonna, cosa ci fanno Grande Puffo ed i suoi seguaci davanti a casa nostra?" Chiesi aggiungendo un tocco di ingenuità alla frase.


Mia nonna, in realtà, non era la mia vera nonna, ma le volevo ugualmente bene. Mi aveva accolto due anni fa nella sua casa, quando non avevo dove andare ed aveva deciso, senza pensarci due volte, di tenermi con sé. Insomma, ero una bambina sperduta in quella cittadina a me sconosciuta, a cui era stata data un'altra occasione. Un'altra opportunità. Un'altra vita.

Non che non pensansi alla mia vera famiglia, al mio vero villaggio ed ai miei vecchi amici, ma… diciamo solo che è successo qualcosa di non-molto-piacevole-da-ricordare che ha messo fine a quei giorni felici.

Ma sono riuscita ad imparare ad andare avanti, grazie all'aiuto del nonno, che con le sue battute mi tirava sempre su il morale, e della nonna, che adesso mi stava guardando come se avessi detto che gli asini volavano.

"No, cara," aveva detto, ridendo di gusto "lui è il Campione, il più forte giovanotto allenatore di Pokémon della regione!", concluse lei, tornando a cucinare quella che sembravano tagliatelle.

Allora erano pokémon quegli animaletti strambi! Ne avevo letto da qualche parte, ma non ne avevo mai visti dal vero. Non c'era da stupirsi, ero sempre chiusa in casa …

Mi era parso di ricordare, dai racconti che avevo letto o di cui nonna mi raccontava, che in giro per la regione ci fossero molti pokémon, e che delle persone, gli allenatori, li catturavano con delle sfere colorate. Poi, se tutto andava bene e loro diventavano amici, i due insieme potevano diventare più forti, combattendo fianco a fianco in battaglie mozzafiato contro altri allenatori, fino a raggiungere il luogo più ambito: la Lega Pokémon. Adesso, era facile capire che sarebbe successo: sarebbero andati fino alla sommità dell'edificio, ed avrebbero distrutto Grande puf--- il campione!

 

Mentre ero intenta ad immaginare la scena, il mio minuscolo, dimezzato ed fino-ad-allora-creduto-inesistente cervello iniziò ad assorbire un piccolo, eccitante ed innocente pensiero. Nervosamente andai a sedermi su una delle sedia scricchiolante e ad appoggiare il gomito sul tavolo circolare in legno.

"Nonna …"

"Sì, cara?" Rispose quella mentre stava sollevando la pentola delle tagliatelle.

Avevo deciso di essere molto delicata ed vaga nell'avvertire mia nonna ...

"Voglio fare l'allenatrice di pokémon!"

 

E fu così la pentola si rovesciò rovinosamente a terra.

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Capitolo 2
*** Preparazione! ***


pkm 1.0

Preparare la borsa ed il look (perché non si può uscire in pigiama, purtroppo T.T).


Di certo, mi aspettavo un qualche tipo di reazione, come un urlo o un'occhiataccia, ma non una pentola rovesciata. Odiavo sprecare il buon cibo, soprattutto se era il mio buon cibo. E adesso chi si sarebbe mangiato quelle deliziose tagliatelle?


"Dobbiamo fare un discorsetto, tesorino. Gerald! Riunione generale! Scendi subito!"


Il nonno era una persona strana. Non perché era un ammasso scheletrico di rughe in cappotto e cappellino, e nemmeno perché si comportava come un bambinone. No. Lui era strano perché ti poteva fissare per ore con il suo sguardo da vecchio saggio, per poi dire cose alquanto assurde. Però, in realtà, era un tenerone.


Sembrava il contrario della nonna, forte e valorosa, vecchia allenatrice, diceva che non voleva mettere fine alla sua vita standosene sempre chiusa in casa a fare ciò che le altre signore di una certa età facevano. Non le era mai piaciuto cucire, ed anzi, l'ultima volta che ci aveva provato si era incastrata il dito nella sciarpa! Non le piaceva nemmeno svolgere le attività di casa, come pulire o lavare. A mio parere, poi, esse erano inutili e faticose: che senso aveva pulire se dopo si risporcava?


Così era mio nonno a curare la casa. Era un'amante dell'ordine, lui. Pareva che si divertisse a lucidare e spolverare i vari mobili e/o oggetti. Tutto questo mentre la nonna (più energica di me, non c'era dubbio) partecipava alle gare di thriathlon. Io non ero mai andata a vederla, odiavo lo sport …


La "riunione generale" consisteva in una semplice chiacchierata attorno al tavolo della cucina. A volte mangiavamo anche il pop corn durante i nostri discorsi!


Il nonno stava probabilmente ronfando sul divano perché era comparso dal nulla in meno di due secondi. Dopo averci rivolto un sorriso di saluto si era seduto e abbiamo potuto iniziare la riunione. La nonna aveva un'aria misteriosa, come i poliziotti dei telefilm quando vogliono interrogare qualcuno.


"Siamo qui riuniti oggi per discutere su un nuovo problema caduto su di noi." Si era concessa anche un sospiro. Come se si era già aspettata che prima o poi io le avrei chiesto di diventare un'allenatrice. Vedendo la mano alzata come-farebbe-un-alunno-con-la-maestra di mio nonno, la nonna aveva domandato: "Gerald?"


"Esatto, le tagliatelle sono tutte sul pavimento, cara, ed io pensavo …"aveva cominciato lui con un tono preoccupato, ma la nonna aveva deciso di interrompere subito quell'argomento, per lei, inutile.


"Il nostro pasticcino ha deciso di andare e trascorrere la sua vita come un allenatore di pokèmon, Gerald. Tu che ne pensi?" Il nonno stava di nuovo per parlare quando la nonna aveva continuato "Io penso che tu sia troppo piccola ed immatura per andare a catturare i pokèmon, dopotutto, non sai nemmeno pettinarti i capelli …"


Quello era stato un colpo basso, davvero. Non era colpa mia se i miei capelli si annodavano ogni tre secondi. E poi esistevano i parrucchieri, no?

Stavo per dirle quanto avevo pensato, ma lei non mi aveva lasciato il tempo.


"E poi, sai cucinare?" Potevo sopravvivere di cereali, se era quello che intendeva ...


"Cara, la minestra … il brodo sta ---"

"Sai lavare i vestiti?" No, ma aveva importanza?


"Dicevo. Il brodo sta bagnando tutti i tappeti e --"

"Sai montare una tenda?" No. E mai lo avrei fatto. Mi ricordava troppo quegli odiosi boy scuot …


"Il gatto è caduto nella pentola del brodo, penso che stia annegando ..."

"Sai tenere in ordine le cose?" Ma era proprio nell'ordine che esse si perdevano!


"Oh, beh, tanto era un gatto vecchio … ma noi abbiamo un gatto?"

"Sai accendere un fuoco?" Per chi mi aveva preso, una piromane?


"Cara, sto iniziando a credere che in realtà il nostro nuovo gatto, sia un topo molto grosso ..."

"Sai quali sono le bacche e i funghi velenosi?" No, ma tanto non le avrei mangiate nemmeno se fossi stata obbligata: non avrei mangiato nulla che fosse potuto entrare in contatto con un insetto.


"Posso chiamarlo Giogio? Ti pregooooo!"

"Sai cosa fare con un kit di primo soccorso? Sai …"


Quando l'avrebbe fatta finita? Non era da lei questa parlantina … allora mi ero decisa a parlare:

" Nonna hai ragione, non so fare nulla! Al massimo riesco a legarmi le scarpe, ok? Ma questa è l'idea più eccitante che mi sia venuta in mente, ed adesso ho voglia di fare molte cose, proprio come tu hai fatto quando eri giovane! Allenare pokemon, battere i …" non mi ricordavo come si chiamavano quindi ho improvvisato " … capominestra, collezionare distintivi … cose così, insomma!" Avevo detto fiera di me stessa.


"Allora sei pronta." Aveva detto la nonna da grande saggio.


"Che? Non ho capito, puoi ripetere?" Avevo quindi chiesto esterrefatta.


"Anche io non sapevo far nulla, lo sai?" Aveva iniziato a raccontare "Quando dissi ai miei genitori di voler diventare un'allenatrice per poter competere nelle gare del Pokeathlon, loro mi chiusero in casa e mi dissero che ero una stupida." Aveva riso di cuore, poi, quasi come se non le importasse. "Allora sai cosa ho fatto? Sono scappata. Io volevo essere libera, e loro non mi potevano fermare. Ed adesso, guarda quanti trofei ho finto! Sono una campionessa nata!" Aveva detto poi, per vantarsi, mentre indicava ed abbracciava i vari trofei. "Per questo, adesso, io posso dire che tu sei pronta. Hai quella scintilla negli occhi … Gerald, smettila di giocare e vai a prepararle la borsa!"


Il nonno, borbottando, si era alzato dal pavimento, con un topo marrone attaccato al suo orecchio e la faccia ricoperta di graffi. Al mio sguardo inquisitore, lui mi aveva risposto " E' il modo di Gigio per dimostrare il suo affetto!" ed era corso via.


La nonna intanto, aveva detto che andava a fare la spesa e mi aveva abbandonato.

Tutta sola, in quella stanza buia e desolata … avevo iniziato a correre in camera mia per decidere cosa portare. Peccato che non avevo tenuto conto del pavimento bagnato dall'olio della precedente minestra, così ero scivolata ed avevo sbattuto la testa contro lo stipite della porta. Lentamente, dopo vari minuti, piangendo per il dolore, mi ero rialzata, maledicendo, lo stipite, la minestra, e la mia stupida scivolata.


Arrivando in camera avevo già deciso cosa portare con me: prima di tutto, il mio Blocco da disegno. Io infatti avevo una vera passione, adoravo disegnare! Soprattutto i miei cartoni animati o manga preferiti. Avevo immaginato che non sarebbe stato molto diverso per disegnare Pokemon. Qualche matita e gomma ed il gioco era fatto.


Dopodiché presi un po' dei miei fiocchetti e me li sistemai in tasca: adoravo i fiocchi! Funzionavano bene come decorazione ed erano molto utili come codini! E poi io ne facevo collezione …


"Uno specchietto … un pettine … un po' di dolcetti … spray anti-zanzare/insetti … tutti i miei soldini … il mio mp3 … cos'altro serve … cos'altro …?" Finito di impacchettare tutto, mi ero decisa a vestirmi. Non vestiti fashion, alla moda o eleganti, e nemmeno da esploratore, con quella specie di imbracatura … no, le due parole magiche erano comodità e praticità.


Insomma, dei pantaloncini-anti-pervertito bianchi sotto alla gonna bianco crema con i bordi a quadretti neri potevano bastare. Comodi e pratici. Poi una camicetta leggera -tanto faceva caldo- con le maniche ed il colletto a quadretti … no, non erano i quadretti a cui state pensando. Non erano dei quadri, erano dei quadretti intrecciati. Sì, esatto, proprio come quelli delle gonne scozzesi. Li adoro!


Ultimo tocco finale? I miei capelli. Per fortuna erano lavati, quindi era facile pettinarli. Per le prime ventiquattro ore. Comunque, i miei nodosi capelli di color castano nocciola mi ricadevano sempre sulla faccia. A volte sui miei occhi Fucsia, accecandoli … era un colore un po' insolito per gli occhi, ma non mi dispiaceva.


E quindi avevo deciso di legare quei ciuffi e renderli due codini ai lati della testa. Però al posto dei codini c'erano dei piccoli (e molto lunghi) fiocchi neri a quadretti bianchi. Il resto della rimanente massa di capelli (ne avevo moltissimi …) ricadeva sulle spalle, libera di muoversi ed ingarbugliarsi ad ogni singolo movimento.


E poi mancava il mio cappello. Era un piccolissimo cilindro con un bel fiocco bianco attorno ad esso. Lo avevo ricevuto in regalo dai miei genitori al mio quinto compleanno e da allora lo mettevo sempre. Però non stava mai al centro della testa, tanto era piccolo. Anzi, ricadeva da un lato …


Benissimo! Adesso ero finalmente pronta per andare incontro alla mia avventura! Nessuno mi avrebbe potuto fermare! Sarei diventata una brava esperta di pokemon ed avrei combattuto fino a farmi conoscere e guadagnarmi il rispetto delle persone!


Tutto questo, mi eccitava, ma una piccolo domanda si faceva largo nella mia mente, distruggendo i miei sogni: … dove cavolo dovevo andare?


Allora, che ve ne pare? Per adesso niente azione, anzi, proprio un capitolo noioso …

Ma ho dovuto scriverlo per due motivi: non potevo lasciare che il nonno e la nonna apparissero senza un grammo di personalità, cioè, un bambinone ed una sportiva per nonni XD darei qualsiasi cosa per averli!

Il secondo scopo per questo capitolo è perché non potevo mica far comparire uno zaino già pronto é_é, insomma, la roba non si mette da sola negli zaini, ed i vestiti non compaiono già addosso T.T cercate di capirmi ...


Devo aggiungere un'altra cosa: la FF è stata tratta dal manga di pokemon, non tanto dall'anime, perché secondo me è troppo infantile. Cioè, come fa' un minuscolo uccellino a trasportare su un essere umano? E poi, quindi, le grandezze dei pokemon saranno un pochino diverse … ed altre cose che scoprirete.


Domandina: Secondo voi il capitolo è troppo lungo o troppo corto?

Ed adesso passo a rispondere ai lettori (grazie mille ragazzi mi avete dato tanta soddisfazione T.T però se vi stancate di leggere potete benissimo abbandonare me triste)

E grazie Asteria 95 per aver messo esta storia fra le seguite!

Birbi: Grazie, tu sì mi hai reso contentissima! La mia prima recensione positiva! In realtà, anch'io sono come lei, sempre in casa, mai all'aperto … simpatica ed imbranata XD

Il grande puffo poi lo caratterizzerò un po', odio mollare i miei personaggi senza un carattere U.U Avevo pensato ad una regione diversa, perché delle altre noi sappiamo già tutto >_< così: nuovi posti=nuove avventure. Però ricompariranno anche dei vecchi personaggi …

Ah, ed il pokemon … beh, ne rimarrai un po' delusa (io sono divertita XD)!


Alaal: grazie per la recensione, ma forse ti stai sbagliando sulla protagonista … lei non è tanto cattiva (a volte), è solo che non si vuol complicare la vita XD


FATEMI SAPERE!

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Capitolo 3
*** Sfera ... che? ***


Pkm 2.0

Sfera … che? (Il primo pokémon!)


Quando avevo detto di voler iniziare immediatamente la mia avventura, non avevo immaginato che sarei potuta finire … qui. Mia nonna, tornando dalla spesa, aveva infilato un sacco di cose impacchettate dentro alla mia borsa, e mi aveva spinto fuori di casa con una lettera, mentre lei, infilandosi la sua tuta da jogging, era corsa verso un punto indefinito. Mio nonno invece, mi aveva salutato dalla finestra, agitando la zampetta di … emh … Gigio, a mo' di ciao. La mia famiglia è strana.


Dopo aver girovagato un po', seguendo la mappa (sì, perché per fortuna la nonna me ne aveva infilata una nella borsa appena in tempo), avevo capito che il puntino rosso con scritto "Topopoli" era la città dove abitavo. Non l'avrei mai riconosciuta se non fosse stato per il disegnino di un topo nero affianco al nome, a mio parere, alquanto imbarazzante. Si chiamava così perché la città era invasa da molti tipi di topolini di campagna, che gironzolavano per le strade mangiucchiando i rifiuti che trovavano in giro. La nostra era la città (se così si poteva dire) più pulita dell'intera regione Rainbow.


Comunque, sarei dovuta proseguire verso un'altra città di cui non mi ricordavo il nome, dove nonna aveva detto che avrei incontrato uno scienziato bravo coi pokémon che mi avrebbe dato qualche dritta. La città aveva il disegnino di una fatina che abbracciava la luna.


Cioè, spiegatemi, perché io dovevo aver la città con i topi e gli altri le fatine? Una fitta di gelosia mi aveva ormai travolto.


Per arrivare in quella città, sarei dovuta camminare a nord per tutto il tempo, fino a trovare … beh, non so che cosa la macchia marrone significasse ma potevo tralasciarla. Durante la camminata avevo deciso di tirare fuori la cartaccia che la nonna mi aveva affibbiato.


Essa in realtà era una lista della spesa tutta spiegazzata, con i nomi di tutti gli oggetti che lei aveva comprato. Fra i pochi che riconoscevo, c'era un nome in particolare che attirava la mia attenzione: Pokéball.


Che fossero quelle strane palline che aveva in mano Grande Puffo? Ed a che servivano? Forse erano da mangiare? Oppure se si rompevano uscivano fuori dei coriandoli? Non ne avevo idea …


Così avevo deciso di tirarle fuori dalla borsa/zaino. Sì, perché piena com'era sembrava più uno zainone da campeggio …

Dentro c'era di tutto, dai vestiti ai sacchi a pelo, dal cibo in scatola ad un gruzzolo di denaro contante … ma per fortuna ero riuscita a trovarle!


Come? Beh, semplicemente, avevo rovesciato tutto il contenuto per terra, ed avevo affinato la vista per poter cercare degli oggetti tondi e rossicci. Dopo aver "rimesso tutto a posto" (cioè dopo aver lanciato gli oggetti nuovamente nella borsa disordinatamente) mi ero messa ad esaminarne una, spaparazandomi nel verde del prato, tanto ero stanca. Non guardatemi male, provate voi a camminare per un'ora intera senza mai fermarvi, dopo aver passato gli scorsi anni sempre chiusa in casa.


La pokéball era più piccola di quanto avessi potuto immaginare, sarebbe potuta entrare benissimo nella mia tasca, ma … perché mi erano sembrate più grosse quelle dello stupido Puffo? Oh, beh.


Si poteva vedere l'interno, dato che era semi-trasparente. Forse dentro si dovevano mettere le bevande ed i cibi?


Mi ero concessa, di toccarla, mordicchiarla e premerla un po' in giro, per vedere se si poteva aprire, ma invano. Dopo pochi minuti mi ero accorta di un bottoncino al centro della sfera, che, luminoso, mi intimava di premerlo. Non ci avevo pensato due volte.


Con un puff, la sfera si era ingrandita.

"Ed allora?" Mi ero chiesta piuttosto seccata.

L'avevo ricliccata ancora, e si era rimpicciolita.


Clik! Ingrandita.

Clik! Rimpicciolita.

Clik! Ingrandita.

Clik! Rimpicciolita.

Clik! Ingrandita.

Clik! Rimpicciolita.

Clik! Ingrandita.


Credetemi se ve lo dico, ma sarei potuta andare avanti per ore continuando in quel modo. Era esilerante! Oh, almeno, così credevo, finché non sentii un fruscio proveniente dal cespuglio dietro di me che mi riportò alla realtà.


Emettendo un'urletto strozzato, raccolsi la borsa e scattai in piedi, indietreggiando. E se era uno di quei pokémon selvatici tremendi, uno di quelli super mega pericolosi che come un camion ti travolgeva? Arretrai distrattamente di altri dieci passi, mentre dal cespuglio, l'essere scattò in avanti raggiungendomi ad una velocità che i miei occhi non potevano sopportare.


Era … un po' imbarazzante. Era un cosino alto all'incirca come il mio piede, con orecchiette ed i bianchi baffetti. Il pelo, ora irto, era viola e la punta coda sollevata era leggermente arrotolata su se stessa. Era un piccolo topolino.


Di norma un topo non mi avrebbe fatto paura, anzi era anche molto carino, solo che i suoi occhietti rossi e la sua smorfia, aggiunti alla sua posizione d'attacco, mi avevano fatto credere di non essere la benvenuta.


"Emh … b-bel topino … tu n-non mi v-v-uoi fare del male, v-vero?" Di risposta mi ringhiò contro, se si poteva dire "ringhio".


Non era nemmeno passata una giornata, che già mi ero ridicolizzata davanti ad un topo … bell'inizio. Stava di nuovo avanzando verso di me, lentamente, stavolta, come se stesse organizzando un piano. Presa dallo stress, avevo alzato in aria la pokéball, e, con tutta la forza (e la mira) che avevo gliel'avevo tirata in testa.


Forse il loro uso non era di antistress, ma era di arma? Probabile, perché a quella mossa, dal topo inaspettata, ero riuscita a sentire il forte rumore metallico del colpo.

L'essere aveva continuato a barcollare per un po', prima di essere risucchiato dentro alla sfera da una luce rossa.


Ero rimasta così a contemplare la sfera, che si agitava e rotolava come impazzita. Poi, finalmente, si era fermata. Strisciai come un soldato nella zona nemica, dove lo strano arnese era appoggiato sull'erbetta, senza nemmeno un'ammaccatura dallo scontro con il topo.


Più tranquilla, decisi di ignorare lo strano fatto e di proseguire il viaggio, questa volta mangiucchiando delle chewin gum prese dalla mia scorta personale. Passando vicino alla sfera, la sollevai, fino a portarmela all'altezza degli occhi. Forse mi ero sbagliata, ma quella sfera mi stava fissando con degli occhietti rossi … ?


"Ahhhhh!" Avevo urlato, mentre la sfera veniva catapultata in aria. Riprendendomi dalla sorpresa inaspettata, avevo afferrato la sfera prima che toccasse terra. Ora che guardavo meglio, mi ero accorta che il topo era finito lì dentro …


Che diavolo stava succedendo? Rianalizzando il mio schemino mentale della giornata, mi fermai su quattro vignette formato-ricordi dell'incontro precedente: me che balbettava per aver visto un topo; me che in preda al panico tirava la pokéball in testa all'animaletto; animaletto che veniva risucchiato; ed animaletto intrappolato nella pokéball, adesso di nuovo piccina.


Dopo un quarto d'ora ero riuscita, più o meno, a capire che avevo appena catturato il mio primo pokémon, che, ironia della sorte, era un topo. Io che venivo da Topolopoli, avevo preso un topo. Io, Madeleyne Hellys, avevo preso il mio primo pokémon. Che era un topo.


Avevo deciso di tirarlo fuori da lì. Un po', perché mi dispiaceva tenerlo dentro alla sfera, un altro po', perché così potevo studiarlo meglio. Ricliccando il bottoncino, il pokémon uscì fuori con il solito fascio di luce rossa.


"Ra!Ratta!" Disse quello, avvicinandosi un po' a me per poi annusarmi la mano.

Beh, per lo meno non mi aveva ancora addentato con quei dentoni bianchi sporgenti.


"… Ciao. Come ti chiami?" Avevo chiesto quindi, un po' insicura. Ma i pokémon avevano un nome, poi?


"Rattata!" Sembrava tutto quello che potesse dire. Magari i mostriciattoli sapevano solamente dire il proprio nome? In che guaio mi ero cacciata?


Adesso il top-- Rattata, stava zampettando sopra al mio braccio, fino alla testa, per poi riscendere giù. Sembrava confuso quasi quanto me. Tutto ciò era … imbarazzante, già. Avevo dovuto distogliere lo sguardo dal suo, per non arrossire. Cosa si faceva quando si aveva un pokémon? Beh, si lottava, era ovvio … ma non mi sembrava portato per le lotte. Ma poi, chi ero io per giudicare?


Anche Rattata sembrava un pochino sotto pressione e forse anche preoccupato, così decisi di rompere il ghiaccio. Dopotutto, se c'era una sola cosa in cui ero brava era parlare. La mia parlantina aveva convinto tutti gli allenatori che passavano per la mia stessa strada, a cambiare direzione. Non avevo voglia di trascinarmi dietro qualcun altro, magari, con già due o tre pokémon. Mi sarei sentita inferiore.


"Rattata" Lo avevo chiamato, ricevendo così tutta la sua attenzione "mi chiamo Madeleyne e dato che ti ho emh, come posso dire, catturato, che ne dici di entrare a far parte della mia squadra? Possiamo andare in giro per la regione, vedere nuovi posti, e battere tutti gli allenatori che potremo per diventare più forti!" Avevo aggiunto, sperando in un qualche segno celeste.


Dapprima, Rattata mi fissò un po', con la testa piegata da un lato e su due zampe, ma poi si liberò dell'espressione precedente e mi corse attorno, con un gran sorriso, prima di saltarmi in braccio. Dovevo ammettere che era davvero molto carino.


Forse, avremo potuto davvero diventare una buona squadra.




Ok, che ve ne pare di questo capitolo? Ho dedicato un'intera parte all'obbiettivo di far introdurre la protagonista (adesso sì che ce l'ha un nome) l'uso di una pokéball. Se ci fossi stata io al suo posto, l'avrei mangiata XD

Comunque, non disperate, poiché non dovrò per sempre annoiarvi con queste spiegazioni d'uso, poi arriverà una specie di enciclopedia ^^ (non si sofferma sul significato di enciclopedia ma sorride misteriosamente)


Alors … ho deciso di dare alla protagonista un Rattatuncolo perché, se giocate ai video game, dovreste sapere che attorno alla prima città ci sono solo pokémon fastidiosi e deboli, come pidgey, sentret, rattata, bidoof (grr.. odio quei cosi), starly...

E poi, cosa credevate, che lei avesse la fortuna di beccare uno shinx od un altro pokémon decente? Magari che se ne andava da un professore? Ma va là, lei è troppo pigra, e poi il prof. Non può avere i pokémon tutto l'anno, no?

Chi avesse qualcosa da dire a riguardo, può scriverla nella recensione. (sinceramente, credo che anche la protagonista si aspettasse qualcosa di un po' più .. esotico)


Birby: ziiii, mi hai recensito anche sto qua! Me contenta!! Però, vedi, se io faccio i capitoli così corti, è perché se io ci mettessi un'altra parte, sarebbero troppo lunghi. Io li divido in parti i miei capitoli, e purtroppo, per adesso, che è l'inizio, questo è il mio massimo. Il nonno mi sta molto simpatico anche a me, ma topo Gigio un po' meno …

La nonna poi l'approfondirò un pochino, perché ha ancora molto da offrire! Grazie per aver continuato a recensire tutto, spero che continuerai! PS: come ti sembra il pkm? Bell'inizio, eh? A me piacciono i rattata (nel manga sono carinissimi) e poi, su soul silver, il mio è una bomba!


Bree_: awwww, una nuova recensitrice! Io non adoro il vecchio Gerald, io lo AMO! Ciò messo una parte di me in quel tizio! Non parlare di capelli a me, però: appena finisco di lavarli si riannodano subito (i miei poveri capelli ricci, csì secchi che si potrebbe accendere un fuoco XD)


Poi ringrazio sempre Birby (che oltre a rece me l'ha messa fra le seguite) ed anche Asteria 95 che m'ha messa fra le seguite ma rimane nell'innominato XD

E poi anche tigre, che mi ha messa fra le storie da ricordare!


Grazie a tutti ragazzi!!!

DOMANDA DEL GIORNO: A chi piacciono i capelli rossi?

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Capitolo 4
*** Incontri alquanto bizzarri ... ***


Pkm 3.0

Incontri alquanto bizzarri


Se c'era una cosa che avevo imparato su Rattata, era che lui era un pokémon tranquillo. Così tranquillo che ti faceva un po' annoiare, a dir la verità. Nonostante ciò, io e lui stavamo andando bene. Per il momento. Gli avevo anche chiesto se aveva già imparato qualche mossa, e lui, come esempio, era corso contro un alberello e gli aveva dato una spallata. Così facendo aveva fatto cadere alcuni, anzi, no, molti frutti.

Naturalmente ne avevo raccolti alcuni.


L'altro attacco, invece, era un po' … particolare. Non lo avevo capito, a dir la verità.

Rattata si era messo di schiena, ed aveva cominciato a muovere la codina avanti ed indietro. Avevo dubitato che potesse servire a qualcosa … però era davvero carino!


Stavamo camminando ormai da ore, in quella distesa d'erba, ma della città ancora non ce n'era traccia. Nonostante ciò, non ci eravamo persi d'animo, poiché eravamo convinti che ci stavamo dirigendo nella direzione giusta. O almeno, così credevo, fino a quando una montagna sassosa si era posizionata fra noi e la nostra meta.


Era così alta, che sembrava raggiungere il cielo. Incredula che quello che stavo vedendo, presi la mappa dalla mia tasca. Continuando a guardare, alternamente la montagna e la cartina, avevo raggiunto la conclusione.


"E' uno scherzo, non è vero?" Avevo chiesto più alla montagna che a me. Alla fine, quella stupida macchietta marrone (che pensavo si trattasse di una macchia di caffè) era un monte!


"Ratta?" Aveva chiesto il mio nuovo compagno, vedendomi prendere la rincorsa e spiccare un balzo sulla parete sassosa.


Continuando a scalare, lo informai:

"Bene, se dobbiamo superarlo lo supereremo scalando!"

A dire il vero la faccenda si stava facendo molto più complicata, poiché io, non avendo mai scalato niente, se non il mio letto, non avevo idea di come fare. Per di più le miei mani stavano scivolando e … no, cancellate la frase precedente. Le mie mani avevano già mollato la presa, causandomi la mia prima caduta di due metri e mezzo.


"Ahia …" Avevo detto, massaggiandomi il sedere, su cui ero caduta con tutta la mia 'dolcezza'. Rattata aveva ridacchiato un po', prima di prendermi la manica con i suoi dentoni e di tirarmi, indicandomi una caverna, anzi, no, un tunnel, a pochi passi da dove ero caduta. Inutile dire che mi ero sentita una stupida.


"Grazie Rattata!" Avevo quindi mormorato, seguendolo all'interno della galleria.

Era un posticino buio e molto bagnato. Pareva essere fatto di melma, quel luogo. Inutile dire che non riuscivo a vedere ad un palmo dal mio naso. Fortunatamente, Rattata sembrava possedere una visione notturna*, che mi aveva permesso di raggiungere un'enorme stanza sotterranea, stavolta illuminata da delle fiaccole sparse qua e là.


"Rattata, sei davvero pieno di risorse!" Avevo commentato, ammirando il mio pokémon che aveva evitato che mi fossi schiantata contro un muro.


Il pokémon però, dopo aver annuito, iniziò a muovere le orecchie in diverse direzioni, come se fossero antenne. Nei documentari avevo spesso visto degli animaletti fare lo stesso movimento, non appena percepivano una presenza, od un rumore, attorno a loro. Li aiutava a sopravvivere, insomma.


Permettendo al topo di salire sulla mia testa, mi ero messa anch'io alla ricerca di alcune voci, che mano a mano che proseguivo, si facevano sempre più forti.


Chi poteva essere? Mi ero chiesta incuriosita. Probabilmente qualche allenatore, avevo pensato. Forse erano stati proprio loro ad aver messo quelle fiaccole, permettendoci di vedere meglio.


Aggirando una roccia, avevo notato che più avanti erano presenti due figure. La prima era di una specie di scavatore, ricoperto interamente di terra e fango. Aveva una mano completamente ricoperta di fanghiglia e … non volevo sapere di cosa si trattasse quell'altra cosa. Avrei benissimo parlato di capelli, se solo ne avesse avuti alcuni. E se ce li aveva, beh, non si sarebbe potuto vedere nulla, tanto il fango lo ricopriva. Nell'altra mano, che adesso stava agitando ferocemente di fronte all'altro, pareva che stesse tenendo qualcosa.


L'altro ragazzo aveva un non so che di .. misterioso. Aveva i capelli neri pettinati ordinatamente** e teneva in mano una specie di valigietta. Era, forse, un po' più basso di me, con la carnagione così pallida che sembrava bianca, ed i suoi vestiti assomigliavano ad un'uniforme scolastica. Molto costosa, fra l'altro. Era composta da pantaloni e scarpe nere, più, appunto, l'uniforme svolazzante (come avrà fatto, mi ero chiesta io, a svolazzare se non c'era vento, era un mistero.) di un nero un po' più pallido, con i bottoni gialli. Gli occhi erano nascosti da degli spessi occhiali, ragion per cui non riuscivo a vederli. In riassunto, era uno di quei ragazzi che, definitivamente, non si poteva ignorare. Semplicemente, anche se volevi, non potevi fare a meno di fissarlo e chiederti …


"Ma sei il figlio di Dracula?!", urlai mentre mi avvicinavo. Ma dai, dico io, mancavano solo i denti appuntiti e gli occhi iniettati di sangue, ed era perfetto. Davvero.


Avevo deciso che per Halloween mi sarei travestita o da lui, oppure dal pagliaccio del McDonald***. Assomigliava in modo impressionante a 'It'****, e secondo una mia teoria sviluppata nei recenti giorni, gli hamburger che noi ingurgitavamo erano fatti di carne umana. Ora che ci pensavo meglio, questo ci avrebbe fatto diventare cannibali … oh beh. C'è sempre una prima volta.


Ritornando al mio discorso di prima, il ragazzo dai capelli neri, che prima se ne stava camminando verso un altro tunnel, per sfuggire, probabilmente, alle urla isteriche dell'omino con lo scalpello, si era voltato, trafiggendomi con un'occhiataccia. Ecco, se c'era un'altra cosa in cui ero brava oltre a raccontare frottole, era sostenere gli sguardi che le persone mi lanciavano. Questo non era da meno, quindi, ricambiai il suo sguardo freddo, nero (avevo infatti scoperto che pure lo sguardo era di quel colore) e glaciale, con uno divertito. Potevamo andare avanti per ore.


Peccato che, sul più bello, il mostro della palude, tanto era conciato male, si mise fra me e Dracula Jr: "Non dirmi che anche tu vuoi uno dei miei fossili!"


Sembrava isterico e delirante, poiché adesso il suo bersaglio ero io. Io, che non avevo fatto nulla per provocarlo. Il mondo era ingiusto.

"No, veramente io stavo passando di qua, e mi ero chiesta se qualcuno di voi sapesse dove sia l'uscita, così …"


"Tutte menzogne! Tutti vogliono qualcosa all'interno di questo posto!" Aveva iniziato lui, puntandomi il dito contro "Chi pokémon, chi pietruzze, chi un rifugio …" aveva fatto una pausa teatrale, prima di sputarmi in faccia (letteralmente) "Chi i fossili! Ma sono tutti, tutti miei ..."


Io, schifata dalla bava che avevo ricevuto 'in dono' sull'intera faccia, mi stavo pulendo con un fazzoletto. Tutto ciò, mentre Rattata, il mio cosiddetto 'primo pokémon-che-avrebbe-dovuto-difendermi' si stava mangiucchiando le bacche che avevo raccolto. Le mie bacche. Se aveva fame, poteva dirlo …


Intanto, l'altro stava letteralmente delirando: urlava parole senza senso, mentre le sue occhiaie si allargavano a dismisura, facendolo apparire un pochino psicopatico. Sembrava non dormire da giorni, poverino.


"Ho dedicato un'intera settimana a cercarli, raccoglierli e proteggerli da tutti quelli come te e quel moccioso di prima, che non si è degnato neppure di parlarmi! Ma ci penserò io …" Oddio, si stava rivolgendo alle sue pietruzze? "ci penserò io a proteggervi, miei cari … sì, proteggerò il mio tessssssorooo!" *****


Quell'ultima frase era stato il colmo. Spintonando il ragazzo, ero corsa, più veloce che potevo, verso la galleria più vicina.


Avrei fatto di tutto, pur di evitare di rincontrarlo un'altra volta. Mi sarei pure impiccata. Cioè, avevo incontrato uno di quei "Fanatici" che trascorrevano il loro tempo a fare cose da dementi ed a leggere i libri come 'Harry Potter' ed il 'Signore degli anelli', cosa avreste fatto voi?! Per di più, chissà se la sua malattia mentale era contagiosa …


Dopo aver verificato che non ci avesse inseguito, ad aver tranquillizzato Rattata che, come me, era rimasto basito dal nostro nuovo incontro, ci eravamo rimessi a camminare per la galleria. Una galleria fangosa e, fra l'altro , in salita.

Inutile dirvi quante volte ero caduta di faccia …


Dopo un certo lasso di tempo, però, avevamo intravisto qualcosa, un luccichio, una luce, un luce tenue. Che il nostro amicone di lassù ci stesse chiamando a sé? Ne dubitavamo assai. Una piccola lampadina si era illuminata nella mia mente da genio malvagio e speranzoso: che fosse la città che stavamo cercando?


Correndo più velocemente di quanto avessi immaginato, come un fuggitivo che fugge dal carcere, avevamo raggiunto la fine della galleria.


Affannata, provai da chiedere a Rattata: "E' … forse è … è proprio …"

Quello che avevo visto, però, mi aveva fatto tacere.




Ok, sto capitolo è ridicolo, scusate, solo che dovevo introdurre un personaggio e, beh, l'umorismo non mi viene quasi mai … non volevo deludervi, sorry T.T

Vabbè, praticamente ci sono delle leggere "somiglianze" con alcuni personaggi famosi XD, non sapevo che scrivere, scusate ancora!

Comunque, si è presentato un nuovo personaggio misterioso, mentre la copia di gollum versione-più-umana si è persa da qualche parte nel monte. Per fortuna.

Chi sarà il nostro impavido, nuovo personaggio/Dracula Jr? Sarà un vero vampiro? O forse uno scolaretto passante di lì? Un nemico od un amico? Boh … si vedrà.

Bree_: grazie per avermi tirato su il morale dicendo che la FF è comica, ma non penso che questo capitolo mi sia venuto bene …
E già, nonno Gerald alla fine non se ne starà più tanto solo, perché avrà Gigione caro a fargli compagnia!!! Poveretto, è molto trascurato lui … Davvero anche tu leggi il manga? E' davvero carinissimo come disegnano, vero? E poi fanno sembrare le cose più realistiche!
PS ti ho rece anche le tue storie, se hai visto ^^ ma non penso che riuscirò a seguirle molto perché ho troppi impegni … O beh, ci proverò.

ShessoamaruJunior: WOW, un nuovo lettore! come hai visto, la tua "amazzone" non si è dimostrata molto coraggiosa (devi vedere nel prossimo capitolo quello che le farò fare … XD) Già, la nostra eroina non sa praticamente nulla su come si diventa allenatore, peccato, ma poi farà una certa conoscenza che l'aiuterà in molti modi! Coordinatrice od allenatrice, è questo il dilemma! Dovrai seguire la serie se vorrai saperlo. Per gli starter … beh, no. Perché normalmente uno dovrebbe richiedere al professore un pokèmon prima di iniziare la propria avventura. E lei non aveva tempo U.U E per ultimo … sì, probabilmente compariranno a volte, alcuni dei personaggi del cartone. Spero che continuerai a seguirci ^^

Birby: Acc, non sei stava veloce, stavolta, sorry ^^ Bree_ ti ha battuto XD
Ho scelto Rattata perché, boh, mi è venuto così, e poi perché è perfetto per un'ignorantona come lei! Un Meowth? Davvero XD Sembriamo una il contrario dell'altra, in un certo senso! Il gatto ed il topo XD spero di veder pubblicata la tua storia, un giorno! Poi vedrai anche qualche Meowth, allora, prometto ^w^


Ringrazio tutti coloro che hanno messo le storie fra le seguite, le ricordate e fra le preferite! Ed anche Bree_ che mi a messo (chissà perché) fra gli autori preferiti ...


Scusate per la schifezza … GloGlo_96


* E' vero, lo giuro, i topi, essendo quasi sempre creature notturne, possono vedere anche al buio

** Insomma, un po' il taglio di capelli di Death the Kid di Soul Eater (bel manga *ç*)

*** Sorry, tutto quello che ho detto del McDonald è una menzogna (penso) però il Clown assomiglia davvero ad 'It' di Stephen King ...

**** Chiedo scusa al maestro Stephen King per la presa in giro del suo personaggio …

***** E per ultimo ma non ultimo chiedo scusa anche allo scrittore del 'Signore degli Anelli' per aver preso in giro anche il suo personaggio …


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Capitolo 5
*** Pokèpericoli! ***


Pkm 4.0

Poképericoli … ciò che non ti aspetteresti mai!


"Ratta!Ra …" Mi aveva risposto lui, deluso. Adesso, voi vi chiederete come avessi fatto a sapere che il mio piccolo Pokémon era deluso. O, beh, le sue piccole orecchiette plus la sua coda si erano mosse verso il basso, come se fosse stato travolto da un'ondata d'acqua … più deluso di così.


Io, d'altro canto, mi ero buttata a terra, distrutta da tanto correre. Non potevo credere a quel che avevo passato nell'altra galleria, ed a quello che stavo vedendo adesso. Prima, c'era un pazzo che sembrava uscito da una pozza di fango. Adesso c'erano … beh, esattamente non sapevo che cosa cavolo erano.


Davanti a noi, erano presenti almeno una trentina di affarini rosa con delle corna marroni al posto delle orecchie ed una codina batuffolosa dietro alla loro schiena. Stavano facendo una specie di balletto attorno ad un'enorme roccia.


"Non dirmi che sono i pokémon di quel fanatico di prima …" Avevo chiesto a Rattata mentre cercavo nello zaino qualcosa da mangiare. Quello mi aveva guardato, ed aveva scosso la testa, raggiungendomi come un cagnolino e posizionandosi accanto a me cercando di capire che cosa stessi prendendo.


"Ecco fatto! Quei tizi non sembrano averci visto, quindi faremo una piccola pausa …" Avevo detto, tirando fuori dallo zaino un pacchetto di noccioline. Chissà poi che cosa ci facevano nel mio zaino, visto che a me non piacevano …


Aprendolo, lo avevo messo di fronte a Rattata, che con fare ghiotto si era intrufolato nel pacchetto. Invece io mi ero dedicata alla mia arte: con una matita HB, stavo ritraendo i pokèmon rosa mentre danzavano attorno al meteorite. Sì, per me poteva benissimo un meteorite perché era enorme e pieno di buchi.


Così eravamo andati avanti per minuti, lui a mangiucchiare ed io a disegnare, mentre il canto dei danzatori riempiva la stanza. Infatti, oltre a ballare, cantavano!

"Ehi Rattata" Avevo chiamato "Secondo te cosa stanno dicendo? Potrebbe essere qualcosa come … 'Claffe'?" Il mio pokémon (che aveva già finito la mia scorta di noccioline), scosse la testolina.


"Calaf?" Avevo chiesto speranzosa.

"Ratta." Aveva risposto lui.

"Clafera, Caefly?"

"Ratta!" Adesso stava ridacchiando. Chissà che avevo detto …

"Claffyre? Cyffle? Cla ---" Avevo detto, pensosa.


"Clefairy …" Aveva continuato una vocina leggiadra e dolce.

"Sì, mi sembra la parola giusta, grazie …" Voltandomi, volevo ringraziare la persona che mi aveva aiutato, ma invece, mi ero ritrovata davanti a due occhietti socchiusi un un sorriso ed a una faccia che aveva poco di umano.


"KYAAAA!" Avevo urlato, allontanandomi velocemente a carponi. Di fronte a me avevo un grande, batuffoloso, sorridente … Clanfery? Niente da fare, non riuscivo a ricordarmelo.


"Cleffa! Clefairy …" Aveva aggiunto poi, continuando a fissarci come se fossimo due gelati in una giornata d'estate.


Stavo pensando di catturarlo, a dir la verità, poiché era molto bello e cantava molto bene, ma … c'era qualcosa che non andava in questo qui. Certo, era carino e tutto, ma c'era qualcosa che non mi convinceva di lui. Emanava un'aura pericolosa.


Troppo pericolosa. Mi ero subito allontanata di un altro paio di metri, prima di ritrovarmi con la schiena contro la parete. Intanto, Rattata si era messo di fronte a me, in posizione di difesa, rizzando il pelo, la coda e le orecchie e mettendo bene in mostra le zanne. Anche lui si era accorto che la situazione era strana.


Il Cleffyra ci stava continuando a fissare con un enorme sorrisino sulla faccia. E se invece che essere un sorriso, quello era un ghigno? E aveva una specie di luccichio negli occhi, quasi avesse in mente qualcosa. Poi, si era avvicinato a me ed a Rattata, ed aveva teso la mano.


Rattata lo guardò, scettico, poi osservò me. Me, che non sapeva cosa fare. Oh, beh, mi ero detta. Una cosa così carina non può essere pericolosa. Oh come mi ero sbagliata.


Quindi, cercando di sorridere, avevo allungato la mano, proprio quando quella del Clifferdy aveva cominciato a brillare. In quel momento i miei sensi-di-ragno-nel-cervello mi avevano avvertito di scappare, ed anche subito.


Con uno scatto, dovuto all'istinto di sopravvivenza che ultimamente stava vegliando su di me, Afferrai Rattata e rotolai da una parte, come avevo visto fare nei film polizieschi. Volgendo di nuovo lo sguardo verso quella specie di folletto, strabuzzai gli occhi: al posto della parete contro la quale mi ero appoggiata, c'era un enorme buco.


Ok, forse fare l'allenatrice non era proprio stata la cosa più intelligente che avessi fatto. Forse potevo tornare indietro e diventare un benzinaio od uno spazzino.


"Rattata!" Aveva esclamato, poi, il mio compagno di sventura, ringhiandomi contro. Beh, non contro di me, ma contro qualcosa che avevo dietro. Girandomi velocemente, mi ero ritrovata a qualche centimetro dal mio naso il ghigno dello stesso Clinfyre mentre nascondeva le zampette dietro alla schiena. Aveva quell'espressione che usano i bambini quando stavano nascondendo qualcosa. La stessa espressione che aveva il protagonista di Shining poco prima di colpire la moglie con la mazza da baseball.


Squadrandolo da capo a piedi con un'espressione di puro terrore dipinto sul viso, mi ero accorta che da sopra alla testa del pokémon erano comparsi degli artigli luccicanti che sembravano fatti di ferro. Prima non c'erano, ne ero sicura.


Urlando come una pazza, con le lacrime agli occhi, ero subito corsa via. Poco prima che il mostro avesse infilzato il punto dove mi trovavo io con gli artigli.


"Rattata, non puoi fare qualcosa?!" Avevo quindi chiesto al mio pokémon, mentre l'altro ci stava inseguendo artigliando di qua e di là l'aria attorno a noi. Per di più quello stupido pokémon poteva anche volare!


"R-rat!" Aveva risposto il topino, con una faccia come dire 'dovresti essere tu a far qualcosa', mentre evitava una sfuriata. Sì, fare qualcosa in una situazione come questa! Avevo pensato, cercando di guardarmi attorno.


Gli altri esseri rosa sembravano disinteressati a noi, ed, anzi, stavano continuando danzare attorno ai meteoriti. C'erano vari cunicoli che portavano in diverse direzioni, ma non sapevamo quale fosse quella giusta. E se qualcuna di quelle portava in un vicolo cieco? Eravamo belli che morti.


"Rattata, là" Gli avevo indicato il cunicolo più vicino. Stavamo per riuscire a raggiungerlo, potevamo salvarci, se non fosse stato che, il piccolo essere dietro di noi,

ci aveva superato. Perché? Semplice, mentre noi dovevamo cercare di non scivolare sul pantano o di non inciampare su ogni sasso, quel Clafferdy poteva volare. Mi sembrava un grosso maiale volante ...


Ed era volato proprio fra noi e la nostra via d'uscita. Con gli artigli spalancati verso di noi. In quei pochi attimi, mentre il coso rosa mi stava per colpire, avevo ringraziato mia madre, mio padre, ed anche i nonni, topo Gigio ed il mio Rattata per tutto quello che avevano fatto per me. Ed avevo chiuso gli occhi, aspettando il colpo. Che non era arrivato.


Perché non era arrivato? Aprendo di nuovo i miei occhi, avevo visto un coso orribile, deforme e violaceo tenere a bada il Ciflery con i suoi artigli. Aveva le sembianze di un folletto viola, con delle gemme incastonate nel corpo, dei denti appuntiti e … dei diamanti al posto degli occhi. O almeno, sembravano diamanti.


"Rattata!" Mi aveva chiamato il pokémon, puntando dritto verso un cunicolo, dove una figura era nascosta nell'ombra. Senza pensarci un attimo, ero corsa laggiù con lui, scoprendo che, con sorpresa, la faccia non mi era nuova.


"Dracula Jr! Che cosa …" Avevo tentato di comunicare. Ma quel tizio aveva ritirato il suo pokémon e si era messo a correre nel cunicolo. Vedendo il Clafarry tornare alla carica, avevo deciso di seguire lo scolaretto.


Quello che non sapevo era, però, che la galleria terminava in uno strapiombo.




Ok, ho fatto il mio primo capitoletto "d'azione". (una vera schifezza ndcoscienza) Peccato che a scriverlo rende poco, dovete proprio immaginare la scena U.U (tutte scuse ndcoscienza) Non è verooo T.T Insomma, sono solo alle prime armi T.T

Comunque, il Clefairy assassino (O.O) ricomparirà ancora, ecco perché avevo bisogno di metterci il capitolo U.U e poi, che ne pensate? La ragazza non poteva difendersi con il suo pokémon, perchè non sapeva il nome di nessun attacco del suo Rattata, se è quello che vi state chiedendo ...

Dracula Jr è ritornato, portando in salvo Madeleyne con il suo pokémon (non è molto difficile da indovinare quale pokémon è) ma chissà come avrà fatto ad ottenerlo? Sono piuttosto rarucci …


Bree_: grazie, è piacevole sapere che almeno a qualcuno la mia storia piace! Questo volta non c'è molto umorismo, ma, ehi, che pretendi? Hai pensato ad ash?! Beh, in effetti, è un po' pallido, ma non riesco a vedermelo in divisa scolastica XD Grazie per continuare a leggere! Ah, e se noti qualcosa che devo migliorare (TUTTO >_< Nd.Coscienza) scrivimelo.

PS: hai scoperto che cos'erano le fatine sulla mappa?


Birby: ma di solito no recensivi verso mezzanotte O.O? Vabbè, comunque XD Hai ragione alla fine vince sempre il topino! Odio anche io questa cosa, perché per esempio in Tom & Jerry vince sempre il robo arancione, quando io tifo per Tom! Ed anche in Grattachecca e Fichetto dei simpson T.T Pensi davvero che diventaranno una bella coppia? Forse, potrei farci qualcosuccia … (faccia da cattiva)

Che ne pensi del chapter? Che dovrei migliorare?


Ringrazio franky9397 e zeldaxyuki per aver messo la storia fra le seguite T.T


DOMANDA DEL GIORNO: Dracula Jr, volete aggiungerlo al gruppo di Madeleyne oppure no? (Per me è uguale)


Vi adoro tutti! GloGlo_96

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Capitolo 6
*** Un tranquillo monologo ***


Pkm 5.0

Uno strano ragazzo & una Maddy depressa


Erano passate ore. O forse minuti. Secondo me potevano essere anche giorni. L'unica cosa che aveva importanza era che io ero viva. Certo, con dolori in tutto il corpo, ma ero comunque riuscita a superare quell'orribile esperienza. Quell'odioso Cliffany ci aveva obbligato a saltare giù dal cunicolo, ed a correre per il pendio. Peccato che dopo i primi tre passi eravamo scivolati, ed avevamo dovuto rotolare fino a valle. Fortuna che non eravamo tanto in alto …


Avevo fatto così tanti sforzi, quel giorno, che avrei potuto dormire per una settimana intera. Ma mi dovevo rialzare, non potevo, purtroppo, dormire in una vallata boscosa. Non fraintendetemi, non ero proprio in vena di muovermi, ma avrei fatto di tutto, di tutto per non dormire in un bosco. In mezzo ai fiori. In mezzo all'erbetta. In mezzo agli insetti. Credevo di possedere una specie di entemofobia, o ancora meglio insettofobia. Quegli occhietti orripilanti … quelle alette trasparenti … mentre zampettavano …


Comunque, ritornando al discorso su dove mi fossi cacciata …

Stavo camminando per il boschetto da ore, in compagnia di quello strano ragazzo/vampiro, con Rattata nella pokéball (sì, anche lui era distrutto). E non ci eravamo detti una sola parola. Per tutto il tempo. Dovevo stargli antipatica …


Colpita da una fitta di depressione, avevo cercato di sciogliere il ghiaccio "… Dove stiamo andando?"


"…" E lui aveva continuato a camminare, ignorandomi.


"Ok, non lo sai. Sei un allenatore?" Avevo chiesto di nuovo.

"…" Questa volta mi aveva concesso un'occhiata, né buona né cattiva.

"Beh, direi che se hai un pokémon sei un allenatore. Ma di preciso, quanti anni hai?"


"…" Ignorata di nuovo.

"Ok, informazione Top Secret. Scusa, mister Men in Black!" Avevo detto, scherzosa.


"Forse non parli la mia lingua …" Avevo iniziato a fantasticare, per stuzzicarlo "Già, probabilmente sei un alieno/vampiro che si è risvegliato dopo chissà quanto tempo!"

"…" Lui aveva spostato un ramo che ostacolava la sua strada, mentre, scettico e tutto serio, mi ignorava. Era molto bravo a sopportarmi, non c'era dubbio.

"Sei sceso da un'astronave a forma di tanga e adesso vuoi conquistare il genere umano per mezzo della tua armata galattica di scoiattoli mannar---" Lui aveva mollato il ramo, che mi era finito dritto in faccia. Sì, questo era l'inizio di una lunga amicizia. Da notare il sarcasmo. Mi stavo deprimendo … e mi stava venendo un'idea!


"Quindi è così …" Avevo iniziato, usando il tono di un bambino a cui erano state rubate le caramelle "Prima ho dovuto camminare per ore in una foresta piena di animali pericolosi" Certo, non gli avrei detto che l'animale pericoloso era un topo, rovinava la scena "… poi, ho camminato all'interno di un monte, inciampando sulle varie rocce. Credendo di trovare un po' di civiltà mi ero avvicinata a voi, con la speranza di capire dove diavolo dovessi andare, ma, che mi ritrovo? Un vampiro a capo di alcuni scoiattoli ed il suo melmoso, psicopatico, amico." Ero davvero brava, wow, forse dovevo fare l'attrice. "Dopo essere stata ricoperta di bava, vengo: attaccata da un maiale volante che non capisce la piramide alimentare, salvata da un folletto da qualche milione di Poké* e distrutta, schiacciata, spazzata via da una corsetta giù per il pendio …" Aria distrutta ed afflitta " … ed adesso sono in compagnia del vampiro di prima che mi ignora, come se non esistessi nemmeno!"


"…" Stavolta, aveva rivolto gli occhi al cielo, annoiato dalla mia commedia.


Odiavo quando le persone mi ignoravano così. Perché doveva farlo? Che gli avevo fatto? Avevo il diritto di parlargli! E la mia rabbia si era trasformata di disperazione. Era inutile, non avevo speranze. Aveva ragione a non ascoltarmi.


Sentivo gli occhi pizzicarmi. Probabilmente, stava pensando che io fossi una noiosa, antipatica, sporca, incapace, incoerente, egoista, ignorante, stupida e paurosa ragazzina! Nessuno potrebbe essere interessato in Madeleyne Hellys. Forse dovevo solo scomparire dalla faccia della terra.

Ed adesso cosa sto facendo? Mi ero chiesta, rallentando l'andatura. Sto piangendo?

Dovevo cambiare il finale della precedente frase, allora: ero una egoista, ignorante, stupida, paurosa e piagnucolosa bambinona viziata! Avevo detto, asciugandomi gli occhi.


"Daisuke.**" Presa com'ero ad autocommiserarmi, non avevo capito cosa poteva aver causato quel suono. Forse il vento?


"Daisuke." Stavo iniziando ad avere dei miraggi? Oppure quella che udivo era davvero una parola proveniente da quel tizio?

Vedendo il mio sguardo confuso, il ragazzo sospirò, mentre mi scrutava con occhi preoccupati. Era preoccupato perché prima stavo piangendo? No, impossibile. Probabilmente aveva solo paura che la mia malattia mentale non lo colpisse.


"Il mio nome è Daisuke." Aveva specificato. Ritornando quello di sempre. Quelle sue piccole parole avevano ridato vita, purtroppo per lui, alla vecchia me. Quella egoista, noiosa ed incoerente! Avevo quindi sorriso: forse non era un vero vampiro succhiasangue, dopotutto.


"Invece, io mi chiamo Madeleyne e vivo nel mio mondo." Avevo detto, come se fosse stata la cosa più normale del mondo. Per me lo era. Per quel che mi ricordavo, mi ero sempre presentata così. Comunque, ero ritornata all'attacco.


"Perché prima non mi parlavi? Ti ero antipatica?" Avevo sperato che non si fosse di nuovo rintanato nel suo guscio. Infatti.


"Era divertente." Risposta semplice e diretta. Poi aveva aggiunto "Non parlo molto con la gente, io." Ah, beh, si vede. Avrei voluto dirgli.


"Comunque, ti volevo ringraziare per quel salvataggio in extremis di prima con il tuo … come hai detto che si chiama?" L'altro aveva aperto la bocca "Vabbè, non mi importa." Aveva richiuso la bocca.

"Ma poi, cosa c'era che non andava in quel …" Come si chiamava più? " ... quel … "


"Clefairy." Aveva detto improvvisamente Daisuke, vedendomi in difficoltà.


"DOVE?!" Avevo urlato, traumatizzata. Strabuzzando gli occhi e sentendo l'adrenalina scorrere nelle mie vene, mi ero immediatamente nascosta dietro a Daisuke, tremando un po'.


Un po' sorpreso, il ragazzo mi aveva squadrato da capo a piedi, per poi dire: "Si chiamano Clefairy."


Ricomponendomi subito, senza badare alla figuraccia che avevo fatto, avevo mugugnato uno 'scusa' ed ero tornata a fare domande. "Bene, e quindi che aveva quel brutto Clarfarfy, perché se la prendeva con me?"


"Forse si era arrabbiato perché non lo chiamavi con il nome giusto." Aveva risposto lui, scrollando le spalle, come se non fosse un problema. Benissimo, quindi, se non conoscevo il nome di tutto i pokémon, ero morta. Sapevo solo il nome di Rattata.


Stavamo passeggiando da un po'. O almeno, così era per me, che lo seguivo. Chissà cosa gli passava per la testa. Sapevo solo che quel silenzio, plus il verso di alcuni pokémon selvatici che echeggiava per la foresta, era inquietante. Ci voleva un po' della buon vecchia Maddy.


"Daikke! Di preciso, dove stiamo andando?" Avevo chiesto, con tono canzonario.


Erano passati altri minuti. Con lui funzionava così. "… Dai … che?" Aveva chiesto, turbato. Bingo.


"Non Daiche, è Daikke!" Avevo risposto io, imbronciata.

"E cosa sarebbe?" Aveva domandato, fingendo indifferenza.

"Il tuo soprannome, Daisuke è troppo lungo." Avevo spiegato quindi, cercando di far apparire la cosa logica. Una logica un po' contorta, che lui non sembrava apprezzare.

"Il mio nome è Daisuke" Si stava iniziando ad arrabbiare.

"Sì, ma anche Daikke!" Avevo enfatizzato.

"Non è vero, chiamami Daisuke!" Aveva detto, tornando serio.

"Chi è Daisuke, Daikke?" Avevo provocato.

"…" Se si poteva uccidere con lo sguardo, a quest'ora sarei morta. Non mi piaceva, lo stavo trovando difficile da contrastare, e poi, non volevo mica farlo arrabbiare.

"Ok, scusa, ti chiamerò con il tuo vero nome" Avevo quindi detto, per poi sussurrare a me stessa "a volte." Non ci si poteva sbarazzare così facilmente di me.


Lui sciolse l'occhiataccia e sospirò, riprendendo a camminare nel silenzio. Poi, un'ondata di fragranze e rumori aveva iniziato a travolgerci, con la potenza di uno tsunami: avevamo trovato il villaggio.




E così facciamo conoscenza di Daisuke (però, quanti daisuke che ci sono al giorno d'oggi NdMe), un ragazzo all'apparenza impassibile, ma capace anche lui di provare emozioni, se gli si da' una spintarella. Che ne pensate? Certo, però, che non ha ancora una carattere ben delineato, ma nel corso dei capitoli lo migliorerò. E chissà, forse, con la nostra Maddy, riuscirà a cambiare un pochino. Peccato, un altro capitolo noioso (l'intera storia è noiosa NdCoscienza) (T.T Ndme) ma dovevo in qualche modo far sì che si sciogliesse il ghiaccio, no? Ma chi voglio prendere in giro ...


Bree_: Nuu, il povero Kira di Death Notes! XD L'ho sempre odiato, in un certo senso, per quello che ha fatto ad Elle! U.U Weee, ma il Clafairy, vedi, ha solamente iniziato di perseguitarla XD Per le altre cose, come ti sembra Dracula?


ShessomaruJunior: Sì, son talmente veloce che devo darci un taglio. Da domani andrò un pelino più lenta per dare il tempo di leggere ogni capitolo. Comunque, Dracula si unirà alla nostra protagonista, sta tranquillo, come potevo mandare quella poveretta a farsi ammazzare? XD


franky9397: WEEEE! Un nuovo recensitore! Grazie per i complimenti ^^ Sì, dracula si unirà alla povera Maddy, perché ha proprio bisogno di un'istruttore XD E poi, il sebleye o come si scrive, beh, non sapevo come altro farlo comparire U.U


Birby: quindi secondo te ci dovrei mettere più tempo? Sì, forse hai ragione, proverò a mettere in pratica il tuo consiglio. Ti va bene se adesso, al posto di aggiornare ogni giorno, aggiorno una volta ogni due giorni? Tanto domani son al mare e non potrò scrivere XD Maddy: Non penso che potrai chiamarla più la tua sosia, per la scenata che ha fatto in questi ultimi due capitoli. O beh, lei si deprime facilmente U.U


*Poké: il nome della moneta di Pkm Mystery Dungeon. L'adoro troppo, come potevo non metterla? XD

** Daisuke: beh, non sapevo come chiamarlo, il poveretto U.U poi ho riletto le vostre recensioni, e mi è venuto in mente questo, che significa, fra l'altro "grande aiuto" XD Un nome più azzeccato di questo XD


DOMANDA DEL GIORNO: Come ve lo immaginate, il carattere di Daikke? (Tnt decido io cosa farne, MUAHAHAHA!)

A dopodomani, allora! GloGlo_96

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Capitolo 7
*** Se io ballo scatta l'Apocalisse ***


Pkm 6.0

Se io ballo, scatta l'Apocalisse (non aspettatevi chissà cosa ndAutrice U.U)


Avevo sentito parlare di grandi mercati, ma era stata la prima volta che ne vedevo uno così … pieno di vita. Sembrava che l'intera regione si fosse radunata in quell'unica città, per dar vita così ad un enorme raduno. Infilandoci furtivamente fra la folla, eravamo riusciti ad entrare nella parte sud-ovest della cittadina. Adesso, però, che avrei dovuto fare?


"Daik--- Daisuke, dove stai andando?" Avevo quindi chiesto, cercando di stargli dietro mentre mi osservavo attorno. Cosa non molto facile perché lui sembrava aver tutta l'intenzione di seminarmi. Basso com'era, mi aveva sorpreso il fatto che non fosse stato ancora schiacciato da uno degli avventurieri che andavano di qua e di là per le bancarelle, alla ricerca di chissà quale arnese.


"Ed aspettami!" Avevo detto, correndo verso di lui in modo da non perderlo. Certo che con quella maglietta era difficile seguirlo, si confondeva con l'ambiente! Quello invece sembrava divertirsi a far finta di non sentirmi …


Proprio quando stavo per raggiungerlo, un energumeno vestito da pesce rosso, con sopra una coroncina mi si era parato davanti, porgendomi un vassoio di … che diavoleria erano? Sapevo solo che quell'uomo puzzava di pesce, e che Daikke stava scomparendo nella folla.


L'uomo, ignorando le mie proteste, aveva iniziato ad urlare alla gente lì attorno: "Comprate i bastoncini di capitan Magikarp, non ve ne pentirete! Bontà, allegria e buon senso, avrete!" Facendo il limbo per passare sotto al suo stupido vassoio pieno di pesce impanato, ero pronta a continuare l'inseguimento.


Dopo un vago giro fra le bancarelle, ero riuscita a ritrovare il ragazzo mentre una donna gli mostrava delle cravatte e dei papillon. Al solo pensiero di vederlo indossare uno di quei fiocchi a pois rossi … ero scoppiata in una risata, mentre l'altro, accorgendosi che ero presente anch'io, rifiutò l'invito della signora e girò sui tacchi, per poi proseguire in un'altra strada. Se non lo conoscessi, direi che era imbarazzato.


"Quindi, che intenzioni hai? Possiamo guardare un po' di bancarelle? La notte è ancora giovane e ---" Mi ero fermata, strattonando il ragazzo, mettendo il broncio.

Quello, guardandomi con un punto interrogativo formatosi sopra alla sua testa, aveva sospirato: "Fa come credi …" e poi aveva ripreso a camminare, questa volta un po' più piano.


"Ma dai, non sai come ci si diverte!" Mi ero quindi lamentata, sperando di ottenere qualche reazione, invano. Avevo quindi ripreso a chiacchierare con me stessa.

"Potremmo cercare dei pezzi metallici per la tua astronave Tanga, che ne dici? E comprare tutte le noccioline che possiamo per i tuoi scoiattoli! A proposito, dove li tieni? Sono dentro alla tua uniforme, dì la verità! E poi, magari riusciremo pure ad ---" Mi ero fermata, attirando l'attenzione dell'indifferente.


"Sento qualcosa … di familiare" L'avevo quindi informato.

Sì, infatti, nell'aria era presente una puzza atroce. Avrei fatto, normalmente, retromarcia, peccato che mi sembrava di averla già sentita da qualche parte. Riuscivo a sentire un po' di terra, e di bagnato. E poi …


"Uhn?" Aveva chiesto lui vedendo la mia faccia terrorizzata, mentre mi nascondevo di nuovo dietro alla sua schiena, sussurrando parole a lui incomprensibili.

"A-ah … se ci trova … se mi trova … n-non ci può trovare …" Volevo continuare a parlare, quando una voce da dietro di me mi aveva fatto sobbalzare.


"Ma io vi conosco!" Aveva detto, mentre io cercavo di ricompormi, ma sempre stando dietro a Daisuke "Voi siete i due ragazzi di oggi pomeriggio! Scusate per come mi sono comportato …" Aveva continuato.

Era un ragazzo con i capelli verdognoli nascosti sotto al cappello, un sorriso stanco e della barbetta sotto il mento. I vestiti erano di un marroncino chiaro, e sembravano fatti apposta per le persone che trascorrevano molto tempo esplorando. Se non l'avessi già conosciuto, avrei detto che fosse un bravo ragazzo. Davvero.


"… ma ero un po' stanco. Sapete, cercare fossili all'interno di una montagna non è un lavoro facile!" Aveva detto ridendo. Sembrava però che io fossi l'unica che lo aveva riconosciuta, perché Dracula aveva ripreso a camminare, ignorandolo.


"Adesso ho un sacco di clienti, che vogliono vedere la mia mostra sui fossili! Ah, e poi, il mio biglietto da visita" Aveva detto, dandomi un biglietto tutto sudaticcio, mentre sul mio viso compariva un sorrisetto nervoso ed iniziavo a sudare freddo.

"Sono il figlio del dirigente del museo a nord della regione, dovrebbe essere facile trovarlo, è l'unico di questo posto! Ah, per voi naturalmente, è gratis, accettate la mia offerta come una risarcimento per la mia emh … aggressione." Aveva concluso, grattandosi dietro alla nuca. "Oh, adesso dovrei andare, sai, le mostre non ---" Ma prima che lui avesse potuto finire la frase, io ero già corsa via.


Potevo ancora sentire la suo voce stridula mentre sgridava un bambino "Non hai letto il cartello!? Non si toccano i fossili! Loro hanno una vita, loro stanno vivendo! Loro vivono" L'aveva detto con un tono così strisciante da far accapponare la pelle.


Ma adesso il mio problema principale era quello di trovare Daikke. Avrei potuto urlare il suo nome hai quattro venti, per sveltire la ricerca, ma non penso che avrei comunque ottenuto risposta. Così mi ero limitata a correre per l'intera via, fino a raggiungere una piazzetta con un'immensa folla.


Per un attimo avevo temuto di rivedere Grande Puffo, ma poi, sentendo della musica classica provenire da un lato, avevo capito che si trattava di una scenografia. Di che cosa? Beh, se rimanevo lì non lo avrei mai potuto scoprire. Quindi avevo cercato di farmi strada fra la folla, urtando e sbattendo parecchie volte contro diverse persone. Fino a quando non ero arrivata davanti ad un enorme palcoscenico.


Al di sopra di esso, si potevano scorgere degli uomini in … calzamaglia? Tutu? Aveva poca importanza. Loro spiccavano balzi e piroette quasi fosse un gioco, si libravano nell'aria come se fossero pesi piuma e riuscivano a ballare perfettamente in sincronia. Il ballerino sulla quale era incentrata tutta l'attenzione, era però, un uomo con la calzamaglia bianca ed una maschera dello stesso colore. Inutile dire che non si riusciva a comprenderne l'età. Quindi, mentre il gruppo ballava in cerchio, l'uomo si esibiva in tutta la sua grinta, in uno slalom danzante fra i ballerini. Tutto questo senza, minimamente, toccarsi. Ero senza parole. Li avevo visti molte volte ballare in TV, ma vederli dal vivo era tutta un'altra cosa. Un altro storia. Un altro mondo. Un'altra dimensione.


"Ed ora, signore e signori, l'ultimo numero per questa sera!" Aveva annunciato un uomo vestito con lo smocking, che teneva in mano un microfono "Il nostro Mr. Dancy ha deciso di invitare a ballare una di voi, belle ragazze! Chi sarà la fortunata?"


Rullo di tamburi. Avevano pure il rullo di tamburi! Avevo iniziato a sudare freddo, mentre quasi tutte le gallinelle presenti nella piazza si erano messe ad urlare ed a spingere per farsi vedere dal ballerino. Che, secondo me, per quanto abile fosse, non poteva aver meno di quarant'anni. A me non piaceva ballare, ero davvero incapace. L'ultima volta che lo avevo fatto, ero: inciampata sui piedi del mio accompagnatore; caduta sopra al tavolo, dove per cercare di frenare la caduta avevo afferrato un candeliere e rovesciato degli stuzzichini al formaggio; scivolata sugli stuzzichini; caduta a terra e dato fuoco alle tende per colpa del candeliere. Bei ricordi …


Il rullo di tamburi era finito. Significava che lui aveva scelto. E stava guardando proprio nella mia direzione …




Ho DAVVERO provato a seguire i consigli di Birby, cioè di rallentare la produzione, ma, accidenti a me, non ci riesco. Preferisco capitoli corti ma pubblicati con frequenza … uffy. Quindi, scusate, ma per adesso vi dovrete accontentare di questo.

OK, quindi i due ragazzi fanno un giretto al mercato, dove hanno incontrato due o tre personaggi piuttosto interessanti. (Dovete stare attenti, ci sono due personaggi che ricompariranno più tardi, nella storia) POI: sto davvero provando a scrivere qualcosa di comico, ma il mio piccolo problema è che le cose comiche che ho in mente (e sono davvero molte) devono avvenire dopo un certo lasso di tempo, che ne so, dopo le prime 2/3 medaglie! Quindi, pazientate, vi prego T.T

Ed adesso alle Recensioni!!!


franky9397: sei stato il primo O.O Zizi, Daikke, poveretto, è costretta a sopportarla ancora per un bel po' XD Penso che, dei tuoi consigli, possa prendere in considerazione il "secchione", e forse il "simpaticone". Solo che non saprei come rendere Daikke simpatico T.T

Bree_: Sì, ci voleva un personaggio apparentemente menefreghista, nella storia. Voglio dire, dopo topo gigio, nonno Gerald, il gollum ed il clayffa della montagna, il ballerino professionista (dopo diventerà molto comico XD Ma solo dopo molti altri capitoli U.U) e l'uomo venditore di magikarp, ci voleva proprio! Per quanto riguarda ash, ho pensato di farlo diventare uno dei personaggi idioti della storia, ma, come per il mister ballerino, ciò deve avvenire più tardi. U.U XD Dovresti sapere ciò che mi sta passando per la testa XD


Birby: Anche secondo me era preoccupato per lei U.U (ma se è un tuo personaggio! Come fai a non sapere cosa pensa! Ndcoscienza) (non è colpa mia, lui è pericoloso quando fa' 'lo sguardo' NdGlo) E poi, maddy è un po' ingenua U.U Ed il soprannome … beh, diciamo che ho preso spunto >__<


Ringrazio Zanna 97 per aver messo la storia fra le preferite ^^


DOMANDA DEL GIORNO: Prossimo compagno (fra un po' di capitoli): maschio o femmina (preferirei maschietto, dato che la maggior parte della storia è narrata secondo Maddy …)


Sorry, GloGlo_96

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Capitolo 8
*** Mission: Impossibile ***


Pkm 7.0

Mission: Impossible


Stupendo. Io, che volevo solo fuggire lontano da quella città, stavo per essere scelta come compagna di danza da un ballerino. Ci doveva essere un errore. Sicuramente. Sperando con tutto il cuore che sviluppassi dei poteri mentali che facessero cambiare idea al tizio in calzamaglia, avevo centrato la mia attenzione sul presentatore, che aveva passato il microfono all'uomo mascherato.


"Ho deciso!" Aveva quindi annunciato, spalancando le braccia ed indicando nella mia direzione, "Quella ragazza!" Ecco, ora era il momento della verità "Quella vestita di nero, con i capelli neri che se ne sta' andando via!"


Avevo spalancato gli occhi, dalla sorpresa. Ed io che credevo mi scegliesse … ero tanto contenta di essere scampata a quella punizione divina! Ora, però, ero curiosa su chi fosse la povera sfortunata che ---


No. Non ci potevo credere. Seguendo il percorso immaginario tracciato dal dito dell'uomo, avevo potuto constatare che l'unica persona che corrispondeva alla sua descrizione era …


"Daikke?" Avevo chiesto, osservandolo bene. Sì, in effetti, se non si badava all'uniforme maschile ed al viso, sembrava proprio una femmina. Alias, se lo si guardava quando era girato, non era difficile scambiarlo per una ragazza. Alias, mi ero messa a ridere così forte, che forse persino i miei nonni avrebbero potuto sentirmi.


"Ahah! Daikke, Ti p-prego" pausa per ridere e riprendere fiato "dimmi c-che non è vero!" Avevo detto, cercando di scorgere la sua espressione. Stavo sbagliando, oppure aveva assunto un colorito diverso dal suo solito pallore? No, era proprio arrossito, ed aveva un'espressione imbarazzata ed umiliata che faceva ricordare proprio una ragazza. Interessante …


"Madeleyne?" Aveva detto lui, uscendo per un millisecondo dalla sua crisi. Il mio cuore aveva perso un battito: si ricordava il mio nome? Poi aveva assunto un colore ancora più rosso. "Ora lo ammazzo" aveva detto, recuperando un po' del suo normale carattere ed avanzando verso il palco mentre la folla rideva. Se rideva di Daikke, che era stato scambiato per una ragazza, o del ballerino, che aveva bisogno di un paio di occhiali, non aveva importanza, era lo stesso sublime!


Una volta salito sul palco (dove ora era rimasto solo Mr. Dancy), stanco, probabilmente, di essere umiliato, aveva voltato lentamente la testa di 90°. Se prima pensavo fosse umiliato, ora mi dovevo ricrede: era infuriato. Sembrava un assassino pronto ad uccidere.


Era bastata una sua occhiata, piena di serietà, odio e freddezza (scommettevo che almeno metà della piazza aveva sentito il proprio sangue gelarsi), a far cambiare l'umore della folla da divertiti, a terrorizzati. Con la coda nell'occhio avevo visto un ragazzo tirare fuori da chissà dove un rosario.


Io, dalla mia parte, ero spaventata come gli altri: Daikke era molto pericoloso. Ma, se si scavava affondo nelle mie sensazioni, sotto valanghe di istinto di sopravvivenza che mi dicevano di lasciare quel posto il prima possibile, sotto kilometri di inettitudine da depressione, sotto una montagna di sollievo nel non essere stata scelta per ballare, ero felice. Super felice. Forse perché era tornato il vecchio Daikke, o forse perché avevo scoperto una delle sue(se ne aveva altre) debolezze, non mi importava.


Intanto, il ragazzo si era diretto verso il vecchio, con ogni cellula del suo corpo che emanava odio. L'uomo, accortosi solo ora del pericolo imminente, ripreso il microfono in mano ed aveva biascicato "Signori, sono spiacente di informarvi, che, a causa di cause esterne e superiori alla mia portata," aveva iniziato, velocemente arretrando verso il fondo del palco (che in realtà era solo un rialzamento), dove iniziava una collinetta "lo spettacolo finirà, adesso!" Aveva detto, tuffandosi nel retro del palco ed iniziando a correre su per la collina.


La folla, rimasta un po' basita dagli avvenimenti, aveva iniziato a disperdersi, mentre Daisuke era corso dietro all'uomo, con una velocità nettamente superiore e con uno sguardo carico di disprezzo "Torna qui, vecchio balordo con manie pervertite, e dopo vedrai quanto potrai ballare!"


Non volendo perdermi lo spettacolo, mi ero messa anche io all'inseguimento dei due, ma invano: non ero mai stata molto veloce. Anzi, probabilmente mi poteva battere un bambino di otto anni.


Ciononostante, ero riuscita a ritrovarli dopo vari minuti, mentre venivano scortati dentro ad un'enorme casa da una donna dai capelli violacei, legati da una coda.

"Aspettate, che vengo anche io!" Avevo quindi urlato, sperando di essere sentita.


Chissà perché, invece, la porta si era chiusa di scatto proprio mentre io stavo per attraversarla, facendomi sbattere con il legno duro.


Tenendomi il naso (la parte che aveva sbattuto più forte) con la mano, e sperando che non si mettesse a sanguinare proprio in quel momento, avevo osservato l'ambiente esterno, cercando un modo per entrare. Odiavo ammetterlo, ma senza Daikke in giro mi sentivo esposta a qualsiasi minaccia. E poi, cosa avrei fatto? Non sapevo nulla del luogo, non riuscivo a difendermi, non avevo alcuna chance. Per questo lo avrei seguito ovunque. Beh, almeno finché non avessi imparato a cavarmela da sola.


Girando attorno all'abitazione, mi ero accorta che per entrare, bisognava o salire su un albero e saltare attraverso la finestra, oppure passare per la porta di servizio, con la porticina del cane. Peccato che quella era chiusa. Ora, c'erano tre cosa che arei potuto fare: buttarmi da un ramo verso la finestra (anche se potevo riuscirci, grazie alle mie conoscenze sui film spionistici, avrei preferito evitarlo), scassinare una delle due porte (idem come per l'albero, ma poi avrei combinato dei casini, come rompere la serratura ecc) oppure … passare attraverso alla porta del cane.


Umiliante ed idiota, non lo avrei mai fatto. Pensando questo, mi ero incamminata per i dintorni della casa, dove ero sicura che avrei trovato qualche altro modo per entrare.


Dopo un quarto d'ora, però, ero di nuovo finita sul retro della casa, a fissare intensamente la porticina. Se non c'era altra scelta …

Abbassandomi fino a livello terra, ed infilando la testa attraverso la porticina, mi ero accertata che non ci fosse nessuno nei paraggi. Fortunatamente, erano tutti in un'altra stanza. Sospirando, avevo cercato di introdurmi prima per le gambe, e poi per il resto del corpo. Ero un po' preoccupata per i fianchi, che forse non sarebbero riusciti a passare. Invece ero tutto andato a finire bene. Stavo per infilare la testa all'interno della casa, quando mi ero accorta di una cosa: ero bloccata.


Perché? O, semplicemente perché la porticina, essendo troppo piccola, non aveva lasciato passare il seno. Mai avrei pensato che quella parte del corpo avrebbe causato problemi. Ecco, se c'era una cosa che odiavo di me, era che tutto il grasso che accumulavo mangiucchiando i dolciumi, andava a finire sul petto, creando due grandi (per la mia età) … protuberanze. O almeno, non erano così tanto grandi, ma nemmeno della taglia di una qualsiasi altra ragazzina di 11 anni. Uffa.


Presa dal panico dal fatto di venire scoperta, mi ero messa a spingermi dentro, senza risultati. A mali estremi, estremi rimedi, no? Cercando di dimenarmi senza rumore, avevo fatto passare le braccia all'interno della casa, aggrappandomi alla porta. "Ok, ce la puoi fare. Uno … due … tre!" Ed avevo spinto, riuscendo a liberarmi, rotolare all'indietro e sbattere contro un tavolino con sopra un vaso di porcellana. Se non si fosse rotto, avrei giurato che almeno duemila Pokè quel vaso li valeva.


Dopo essermi accertato Tempo di rialzarmi, che mi ero resa conto che vari occhi mi stavano fissando. "Salve!" Avevo detto, allegra, mentre dentro di me mi sentivo svenire.




Allora, il capitolo è demenziale lo ammetto, ma dovevo pur far succedere qualcosa. Abbiamo capito che la nostra eroina sa' almeno come ci si infiltra in una casa (io una volta l'ho fatto O.O anche se contro la mia volontà: ho scavalcato la recinzione con degli amici e ci siamo messi ad esplorare la casa T.T paura …). Certo, non è intelligente, non sa difendersi, ma per lo meno lo stile spia ce l'ha! Il che spiega perché è così brava a mentire U.U *viene picchiata da Maddy*

E poi, ho scoperto che il nostro caro dracula prova qualche volta, delle emozioni. Certo, che venire confuso per una ragazza … *viene picchiata da Mr Dancy + Daikke* ma non pensate male, non è che abbia curve o cose del genere, è solo che non ha il fisico da uomo (muscoloso, un po' più alto e più grasso … non pallido ...)


Ma ora le RECENSIONI!

Franky9397: trovato Daisuke! Di personaggi comici già ne ho inventati, solo che non possono comparire ogni tre secondi all'interno della storia, non possono essere ovunque U.U E poi, credo anche io che il prossimo compagno di viaggio sia maschio!


Bree_: capitan magikarp lo adoro anche io XD povero Mr Dancy, non è uno di quelli con la puzza sotto il naso XD ma penso che tu dopo alcuni capitoli lo odierai comunque (ripeto:sapessi come fungono le cose nella mia testolina) XD Ah ah! Così adesso sappiamo una debolezza (forse l'unica >_<) di Daisuke: se non lo si guarda in faccia sembra una femmina O.O No, poveretti, l'ambulanza no! Gli frantumerebbe le orecchie XD

Birby: Daisuke non è abituato a stare con altre persone oltre a se stesso, ma non lo fa apposta a … ok, forse lo fa apposta ad ignorarla. Ma qualche ragione ce l'avrà U.U (ma è il tuo personaggio, tu lo hai inventato, dovresti saper tutto di lui ! Ndcoscienza) (*Glo da un pugno alla coscienza*) E ragazzo sia! Tanto non penso avrei affiancato un'ochetta come le altre ragazze del cartone, alla protagonista (me guarda male Lucinda). E poi, i magikarp sono duri, ma è per questo che li ho scelti! E poi, forse se li cucini in un certo modo …


DOMANDA DEL GIORNO: come immaginate il "rivale" dei protagonisti? Carattere e corporatura, poi vedrò quel che posso fare U.U (se non ne avete voglia, potete benissimo non rispondere)


Grazie mille per seguire la storia! GloGlo_96

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Capitolo 9
*** A me quello non sembra un professore ... ***


Pkm 8.0

A me quello non sembra un professore U.U


Pensavo che, come minimo, mi avrebbero legato come un salame sopra e buttata sul tetto. Invece, si erano dimostrati piuttosto divertiti e mi avevano pure offerto una tazza di the. Così mi ero seduta in un divano di pelle rossiccia di fianco a Daisuke, che, musone come al solito, se ne stava a braccia incrociate e gli occhi chiusi, appoggiato allo schienale. Davanti a noi erano presenti Mr.Dancy, solo che senza maschera, e la ragazza dai capelli violacei, che indossava una tuta rosso/marrone aderente. E quando dico aderente, vuol dire molto aderente.


"Quindi, volendo essere sicura che Daisuke qui presente non mi uccidesse per davvero, ti sei infiltrata in casa nostra … dalla porticina del cane?" Aveva chiesto incredule Mr. Dancy. In effetti, ora che lo vedevo meglio, aveva davvero una quarantina di anni. I capelli marroni tenuti in alto dal gel, due enormi baffoni che gli coprivano la bocca e gli occhi socchiusi. Come quelli dei cartoni. Era molto più muscoloso di quanto avessi pensato. In altre parole, un vecchio che si credeva ballerino. Pieno di bernoccoli e con una maschera spaccata in due. Daisuke c'era andato pesante …


"Sì, ma sono arrivata troppo tardi" Avevo detto, accennando all'occhio nero su cui era stata appoggiata della carne. Ma poi, perché ci devono mettere la carne? Che senso aveva!?


"Oh, cara ragazza, penso di meritarmelo" Aveva detto, con un sorriso allegro "Dopotutto, ho scambiato il mio alunno per una ragazza …" Poi si era proteso in avanti e mi aveva sussurrato "… anche se inizio ad avere dei seri dubbi sul fatto che sia un maschio". Esagerato.


"Ti riesco a sentire, sai?" Aveva quindi detto il diretto interessato, scoccandoci una delle sue occhiate di ghiaccio, anche se meno pericolose.


"Comunque!" Aveva continuato l'uomo, facendo finta di niente "poiché avete rotto il mio preziosissimo vaso ---"

"Copia" L'aveva interrotto Daisuke, studiando i cocci riposti sul tavolo in mezzo ai divani.

"Dettagli, caro il mio allievo. Nessuno di quelli che sono entrati qui sapevano che era una falso e quindi potevo vantarmi di quanto volevo." Aveva spiegato il vecchio, guardando vittoriosamente il suo alunno. In che senso alunno? Alunno di danza? In quel millisecondo, erano passate nella mia mente milioni di immagini di Daikke in tutu.


"Ahahah! Ahah – coff coff …" E mi ero strozzata con il the. Bella figura! Brava Madeleyne, ci si presenta così alle persone! Ricomponendomi, avevo quindi chiesto: "In che senso, 'allievo'?"


"Vedi, io non sono solo un ballerino, io sono un professore. Una delle maggiori autorità di questa regione." Aveva detto, vantandosi.

Solo allora la ragazza dai capelli viola aveva aperto bocca: "Non pensate chissà cosa, adesso. Lui non studia i pokémon come il suo collega Oak, non studia le evoluzioni e le uova come il prof. Elm e Mr. Pokémon. Anzi, a dir la verità, dubito che lui studi davvero qualcosa …"


L'altro aveva quindi borbottato "Non è vero, studiare la danza che i vari pokémon fanno durante la stagione dell'accoppiamento è ---"

"E' solo un pretesto per poter continuare a divertirti come ballerina!" Aveva urlato la ragazza.

"Un ballerino di prima scelta, non una ballerina, se permetti, sorellina." L'aveva corretta lui, incrociando le braccia.

"Certo, andiamo in giro a far spettacoli, al posto di studiare i pokémon!"

"Io li studio, solo quando è la stagione degli amori! Le danze soavi dei Beautifly, le nuotate incrociate dei Seaking …" Aveva detto, con tono sognante.

"Ma se Oak ti ha dato quei pokédex, ci sarà un motivo, no?!" Aveva detto, puntato ad una vetrina piena di arnesi colorati.

"Il professor Oak è la più grande intelligenza mondiale dei pokémon, chi può sapere cosa gli passa per la testa!"

"Allora cerca di scoprirlo, invece di danzare come una ballerina, Mattew!"

"Parli proprio tu, che tutto quel che fai è agitare quella tua stupida corda avanti ed indietro, Celin" Aveva sputato lui, come per aver l'ultima parola.


La sorella, Celin, aveva quindi tirato fuori da una manica un'enorme frusta ed aveva iniziato a sbatacchiarla di qua e di là, cercando di colpire il fratello. Adesso capivo il perché non avevano comprato nulla di autentico. Era davvero spaventosa, Celin. Dopo avergli dato una frustata sulla schiena, i due erano tornati sul divano, facendo finta di niente.


"Emh, emh." Aveva bofonchiato poi, Mattew "Mi è venuta un'idea! Potreste essere voi, a registrare i dati dei vari pokémon nel pokédex!" Aveva assunto un'aria soddisfatta, mentre io ero ancora più confusa. Cos'era un pokédex? Una specie di enciclopedia? "Sì, così, mentre io potrò condurre le mie ricerche in santa pace, voi mi aiuterete con questi cosi." Aveva terminato, mentre la sorella, visibilmente più calma, aveva lanciato a me ed a Daikke i due marchingegni. Il mio era di un bellissimo colore Fucsia, mentre quello di Dracula era nero. Non mi sorprendeva.


"Perché dovremmo farlo?" Aveva chiesto, impassibile il mio vicino di divano.

"Beh, perché dopo avermi rotto un vaso, dopo avermi pestato, e dopo esservi introdotti in casa mia, è il minimo che potreste fare, no?" Aveva detto il professore, lisciandosi i baffoni, con una faccia che non prometteva nulla di buono. Aveva ragione, in un certo senso: ci avrebbe potuto far pagare, o peggio, consegnare alle autorità, per essere entrati in casa sua 'furtivamente' e per aver attentato alla sua incolumità. E poi, sinceramente, non poteva essere così difficile. No? No?!


"…" Daisuke stava ancora fissando il suo pokédex, lindo e pulito su cui ci si poteva specchiare. Poi, ad un certo punto, aveva preso gli occhiali e se li era spinti al di sopra del naso, con una certa luce negli occhi. "D'accordo." Aveva quindi detto, provocando un sobbalzo del vecchio, che chissà da dove, aveva tirato fuori dei coriandoli.


"Lo sapevo, un giovane prodigio come te non poteva resistere ad un'offerta così allettante!" Poi mi aveva sussurrato "Devi sapere che lui adora l'elettronica, e questo, più la possibilità di approfondire le sue conoscenze, deve averlo convinto!"


"Ok, quindi domani mattina partirete insieme, per la vostra nuova missione! Ah, e se voi avrete bisogno di qualche consiglio, non esitate a chiederlo a Celin, lei sa quasi tutto di questa scemen --- di questa avventura." Si era corretto, vedendo lo sguardo della sorella puntato su di lui, minacciosamente.


"Insieme?" Avevamo chiesto io e Daisuke contemporaneamente, io felicemente sorpresa mentre lui impassibile come al solito, anche se un po' corrucciato. Che mi odiasse per davvero?


"Sì, insieme, cari miei. Che pensavate? Sarebbe più difficile ricevere vostre notizie, se foste separati" Quindi gli era più comodo. Sfruttatore! "E poi, pensateci, sarebbe più facile battere le palestre, poiché in questo caso dovrete combattere contro un solo pokémon a testa." Aveva aggiunto poi, come per convincere Daikke.


"…" Lo sguardo di Daisuke passava alternamente fra me ed il professore, me ed il professore, me ed il professore. Solo dopo una manciata di secondi, si era deciso a parlare "Ma non sa nulla."


Mi aveva, in un certo senso, colpito con una freccia, e mi ero messa in un angolino, col chiaro intento di impietosire qualcuno "Non dimenticarti che posso sentirti …." avevo piagnucolato.


"Oh, beh, se è questo che ti preoccupa, basterà che tu la aiuterai, no?" Aveva detto la sorella, mostrandoci un sorrisino enigmatico. Avere Mr Impassibile come maestro? Perché no, tanto scommettevo che pure un sasso poteva insegnarmi qualcosa …


Pensando questo, io e Daisuke eravamo stati spinti in una piccola camera con due letti singoli e qualche mobile. Forse, non sarebbe stato così difficile, diventare allenatrice.




Ok, e così sappiamo chi è il professore della regione e la sua cara sorellina, che, chissà per quale motivo, tiene una frusta U.U Così i due sono stati definiti definitivamente una squadra, ma come andrà a finire il loro rapporto? Daisuke continuerà ad ignorare Maddy per l'eternità? Poveretta, costretta a stare insieme ad una bambolina di ceramica. Di quelle che di fissano. Brr …

Sorry se faceva un po' schifetto ma non ho avuto il tempo di migliore, ho fatto tutto di fretta poiché ho dovuto festeggiare un compleanno …


Recensioni:

Bree_: vedi che finalmente sono riuscita a fare qualcosa di comico? Povero Daikke XD No, il rivale non è il grande puffo, avevo scritto nel prologo che lui era il campione della lega >_> ma forse mi sn spiegata male. Sorry, non posso mette i capelli ricci/rossi al rivale, poiché ce li ha già qualcun altro XD come ti sembra sto capitolo?


Birby: mi ispira come hai descritto il rivale, potrebbe venirmi l'ispirazione U.U e poi, sì, il capitolo precedente è stato proprio un colpo di genioXD


franky9397: grazie, ora hai visto che è successo. A quanto pareva i due avevano già troppi problemi come fratello e sorella per poter punire i due ragazzi ^^' quindi gli hanno solo affidato un incarico U.U


ShesshomaruJunior: ok, sta tranquillo, so' che non lo fai apposta a saltare i capitoli XD posso davvero prendere in considerazione la tua idea di rivale, è ispirevole! In effetti mi chiedo anche io perché dracula è sceso fra i mortali …


Sorry se le risposte sono brevi ma vado di fretta! Bye!

GloGlo_96

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Capitolo 10
*** Primo Scontro! ***


Pkm 9.0

Primo scontro!


Non era tanto male, viaggiare con Daisuke. Non parlava mai, ma nemmeno infilava il naso negli affari degli altri. Quindi io potevo benissimo chiacchierare con Rattata su quel che mi pareva. Il che non era molto. Non mi ero mai sentita più sola di così.

Finché potevamo andare avanti, nel nostro cammino, non proferivamo parola. O almeno, io provavo ad attaccare discorso, ma non era così facile convincerlo. Quando ci sedevamo, invece, per rifocillarci o per riposare, lui prendeva in mano la situazione ed iniziava a spiegare cosa significasse essere un allenatore. Unico difetto? Lui era come Paganini. Paganini non ripeteva. mai.

Quindi era ovvio che dovevo prestare la massima attenzione a tutto ciò che diceva, magari prendendo appunti, o registrando il tutto con il pokédex. Già, quell'arnese era molto utile: non solo era un'enciclopedia dei pokémon che avevo visto, ma, anzi, possedeva anche calcolatrice, un registratore ed uno schermo touch sul quale prendere appunti. Daisuke invece sembrava più interessato a … emh … smontarlo che utilizzarlo. Davvero. Ogni volta che prendeva in mano, smontava sempre più pezzi, per poi rimetterli a posto e trascrivere quel che aveva visto su un blocco per gli appunti.


Era passato solo un giorno. Ed in quel giorno avevo sconfitto il mio primo pokémon selvatico. Un budew, aveva detto il pokédex, mentre Daisuke mi aveva fatto cenno di mettere in pratica ciò che avevo imparato. Avevo pensato che lui era una di quelle persone che pensano che la pratica era meglio della teoria. Comunque, non era stato, poi, così difficile. Avevo solo dovuto dire a Rattata ciò che dovevo fare, e lui lo aveva fatto. Erano piuttosto scarsi, i pokémon in quella zona. Avevo incontrato, subito dopo il Budew, il resto dei suoi compagni (circa sei, ora che ci penso), e mentre cercavano di fuggire io ed il mio pokémon li avevamo stesi e messi K.O. Mi sentivo in pena per loro.


Di certo, non mi sarei mai aspettata di sentire un urlo. Era comparso, da chissà dove, un ragazzo con una specie di pokémon viola. Era un corno quello che aveva sulla testa? Ignorando il mio istinto di chiedergli come aveva fatto a procurarsi quel bernoccolo appuntito, avevo guardato Daikke, che sembrava non turbato da quell'improvvisa comparsa. Il ragazzo, con un bruttissimo cappellino blu in testa, ed una maglietta gialla che diceva "I'm the winner", si era avvicinato a me, e poi, guardando il gruppo dei Budew caduto, aveva chiesto.


"Chi l'ha fatto?!"

"Fatto cosa?" Avevo domandato io.

"Chi ha affrontato quei budew?!" Aveva urlato lui.

"Io." Gli avevo risposto, con nonchalance. Purtroppo, non potevo fare a meno di mettermi nei guai da sola. Odiavo la mia sfacciataggine.

"Hai idea, di quanto tempo ho trascorso in questo posto, per cercare di affrontare quei Budew? Tre giorni! E' da tre, benedettissimi, giorni che sto cercando di catturare questo tipo di pokémon." Aveva iniziato, gesticolando "Ed adesso, che mi ritrovo? Una bamboccia che li ha già sconfitti! Erano gli unici di questo percorso!"

Io ero confusa "Ma non li puoi catturare adesso?"

Quello mi aveva fissato come se fossi un aliena e si era tirato una manata addosso, mentre il suo pokémon lo aveva guardato, preoccupato. Ero davvero così stupida, che mi ero forse persa una parte del discorso? No, impossibile, io sono un genio. Mi ero detta, provando ad auto-convincermi.


"Non formerebbe "il legame"" Aveva detto una voce fuoricampo. Ah, no, era Daisuke. Cavolo, mi sembrava passato un secolo da quando aveva parlato. Probabilmente stava prendendo di nuovo tutto come se fosse una cosa da insegnarmi.


"Un allenatore, forma il legame con il proprio pokémon sconfiggendolo e poi catturandolo. Ma, se il pokémon è stato catturato da un allenatore che non ha partecipato alla lotta, il legame che si forma è debole e pieno di dubbi." Aveva detto, mentre io avevo preso il pokédex per registrami quella sua frase ricca di significato.


"Grazie, o grande maestro" lo avevo preso in giro, inchinandomi fino a toccare terra. Intanto Daisuke mi aveva ignorato, ed era tornato a giocherellare con il pokèdex.


"Adesso dovrò aspettare almeno una giornata, prima che si riprendano! Grazie tante!" Aveva continuato il moccioso, che mi stava diventando più antipatico ogni secondo che passava. Insomma, un po' di rispetto per chi era più grande di lui no, eh?


"Anzi … se proprio vuoi essermi d'aiuto, dovrai combattere contro di me ed il mio Doran, così potrò riacquistare il diritto di catturare quei Budew!" Aveva detto, pensoso. Doran? Cos'era, quel robo con il corno?


Daikke, che aveva tolto un paio di rotelline al suo aggeggio, mi stava per spiegare il significato di cotante parole, quando io lo avevo interrotto "No, Daikke" Occhiataccia "Penso di aver sentito abbastanza. Prima lui arriva qui e mi urla addosso per delle piantine, poi inizia a darmi la colpa per una cosa tanto stupida, e dopo mi invita a perdere un incontro, per poter dimostrare a delle erbacce stecchite di essere meglio di me?! Ma questo lo distruggo! Accetto la sfida, moccioso, preparati!" Avevo detto, con la voglia di prendere a pugni qualcosa. Se c'era una cosa che non tolleravo, era chi urlava. Ma non ero arrabbiata, no. Io non mi arrabbiavo mai.


"Ok, vai Doran!" Aveva detto l'allenatore, mentre il pokèmon scendeva nel campo immaginario. Sembrava un po' stanco, che si fosse allenato fino a quel momento? Meglio per me.


"Rattata, sai cosa fare, dobbiamo dimostrargli chi è il migliore!" Avevo detto, mentre Rattata annuiva, offeso anche lui da così tanta maleducazione, prima di correre in pista. Daisuke guardava la scena, borbottando "Controlla il livello del pokémon avversario."


Io non ci avevo riflettuto due volte ed avevo aperto il pokédex, indicando Doran. Sullo schermo era scritto qualcosa che centrava con le sue orecchie ed il suo corno, e poi il suo nome 'Nidoran'. Saltando la parte noiosa, ero arrivata al livello: 12.

Puntando l'affare su Rattata, avevo letto : 8. Cavolo. Io non avevo visto niente.


"Doran, usa Focalenergia!" Aveva detto, mentre il pokémon, con un piccolo 'nido' aveva iniziato a concentrarsi ed a chiudere gli occhi. Per poi riaprirli. C'era qualcosa di diverso in lui, forse era dovuto al fatto che ora era circondato da una lieve luce che stava diventando sempre più forte? Non avevo intenzione di aspettare per vedere che cosa faceva.


"Rattata, usa azione!" Avevo ordinato, mentre il topino, scattava in avanti, prendendo velocità ad ogni passo. L'altro pokémon era troppo occupato a caricarsi di energia, che quando aveva sentito l'ordine del suo allenatore, di schivare, era stato colpito e mandato contro un albero. Stavo cercando di capire come avesse fatto a sollevare un opponente più pesante di lui, quando il Nidoran, ora del tutto carico, si era rialzato.


"Accidenti! Doran, usa beccata!" Il pokémon stava correndo in direzione del mio Rattata, il quale, un po' intontito dall'effetto di aver sbattuto contro un robo corazzato, stava rizzando il pelo.

"Rattata, schivalo!" Avevo ordinato, mentre il pokémon lo stava per colpire. Il mio topetto da combattimento era scattato all'indietro con una velocità degna di una maestro. Sembrava il suo punto forte. "Ed ora di nuovo azione!" Rattata, così, si era rimesso a correre in direzione del pokémon, che aveva colpito l'aria, colpendolo allo stomaco e facendolo volare per un metro. L'altro allenatore non mi sembrava molto contento.


"Quindi la metti così? Usa di nuovo beccata, Doran!" Che sperava di ottenere?

"Rattata, continua a schivarlo!" E così, Rattata evitava ogni attacco da parte del suo corno scattando di fianco a lui, sopra di lui, di nuovo di fianco a lui … Abbiamo continuato così per un'altra manciata di secondi, finché il mio Rattata non era capitato dietro al Nidoran.

"Ed ora Doppio Calcio!" Accidenti, avrei dovuto aspettarmelo. Avevo pensato, mentre Rattata finiva contro un albero. "Vai, Doran, beccata!" Non avevo nemmeno più la forza di gridare, mentre Rattata era stato colpito dal corno. Se solo fosse stato più grande, avrebbe potuto infilzare il mio pokémon …


A quel mio pensiero, come se non fosse già abbastanza, Rattata si era rialzato con la sua pelle di un colore ancora più viola. E fosforescente. C'era qualcosa che non andava. Cercando sul pokèdex, appariva che la salute del mio pokémon andava scendendo, mentre sulla destra appariva la scritta "Avvelenato". Oh, fantastico. Ma non ero ancora pronta a perdere la sfida.


"Rattata, forza, ce la possiamo fare!" Avevo insistito, aspettando un commento. Infatti, il pokémon si era rimesso in piedi, ed aveva biascicato uno dei suoi 'Ratta', mentre un fuoco gli ardeva negli occhi. No, non aveva preso fuoco. Era la fiamma della determinazione. O rabbia. Boh, in ogni caso.


"Ok, allora non ti arrendi! Usa di nuovo beccata!" Stavo iniziando ad infastidirmi.

"Schivalo, Rattata!" Avevo detto, ritornando al piano precendente-che-stavo-rimordernizzando. Il pokémon topo riusciva ancora a schivare i colpi, per fortuna. Però se continuava così, Nidoran avrebbe di nuovo usato Doppio Sasso. Masso. Calcio. All'improvviso, una lampadina mi si era accesa, sopra alla mia testolina.


Così, quando Rattata era finito nuovamente dietro a Doran, e l'allenatore aveva urlato "Doppio Calcio!" io avevo risposto "Usa Attacco Rapido!" In men che non si dica, Doran aveva dato un calcio all'aria, finendo per perdere l'equilibrio e cadere a terra.


"Ed ora colpiscilo!" Rattata era scattato in avanti e, con un fascio di luce che si lasciava dietro, lo aveva colpito, mandandolo K.O. Però, non immaginavo che potesse essere così portentoso. E faticoso. Però avevo vinto.


Allora, mentre l'allenatore era corso dal suo Nidoran indifeso, facendolo rientrare nella pokéball, io mi ero riavvicinata a lui, e, con un sorrisino innocente che non si voleva staccare sulla mia faccia, gli avevo detto: "Sgancia i soldi."




Il primo incontro di Maddy, finalmente! Ci tengo a precisare che l'allenatore (che non rivedremo più perché mi sta antipatico) NON è IL RIVALE di nessuno, ok? Quelli compariranno più avanti. Se avete qualche dubbio su come diavolo ha potuto sfinire un Nidoran, beh, dovete aspettare il prossimo capitolo. Non avevo molta voglia di far vedere le scene dove Daikke spiegava a Maddy, così le ho riassunte U.U

Daisuke, nel frattempo, si era addormentato sul prato -.- (Daisuke da' un calcio a Gloria) stavo scherzando … ç_ç


Recensioni!

Birby: sei di nuovo prima XD Sì, tecnicamente erano già una squadra, solo, non ufficialmente U.U Il rivale … tecnicamente ce ne saranno due, quindi non saprei quale far saltare fuori prima U.U Vabbè, ci penserò. Le palestre, ah, le palestre … (dice con aria sognante) non lo so. Ma per i pokémon, ho già qualche idea XD


Bree_: Davvero pensi che il Prof. Sia simpatico? Anche io. Poveretto, un prof. Che preferisce fare il ballerino >_< E la sorella, ci hai azzeccato. Solo che al posto del nastro, usa una frusta ^^ … (sorriso nervoso). No, povero Pokedex di Daikke, lui non è lugubre, è sbrilluccicoso! Tutte le cose nere sbrilluccicano! Spero di riceve altre notizie da te, sorella-chan!


Franky9397: Daikke, poveretto, preferisce che Maddy impari con la pratica, altro che lunghe e barbose spiegazione U.U (in realtà non ne ha voglia! Nd.Coscienza) (Daikke calcia coscienza) XD Sì, sarei felice di leggere la tua FF, una volta che l'avrai pubblicata!


DOMANDA DEL GIORNO: ma voi, quante avventure fareste capitare ai nostri eroi, prima che riescano a raggiungere la prossima città?


Spero che il primo incontro vi sia piaciuto! GloGlo_96

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Capitolo 11
*** Cose da non rifare: buttarsi giù da un albero ... ***


Pkm 10.0

Cose da non rifare: buttarsi giù da un albero


Dopo quella assurda vittoria, ed aver strappato dalle mani del moccioso il premio che mi aspettava, eravamo andati avanti per il nostro sentiero, in mezzo ai prati e a qualche albero. Per il resto del pomeriggio non avevamo fatto altro che camminare, combattere contro pokémon selvatici (sempre i soliti, noiosi Sentret o Zigzagoon, purtroppo) e sfidare altri allenatori. O almeno, questo è quello che avevo fatto io. Il cupo e tenebroso Daisuke, invece, durante i miei incontri, poltriva ed osservava la scena, mentre durante i miei lunghi monologhi, montava e rismontava il suo Pokèdex.

Chissà che ci trovava di interessante. Se il Prof. Non mi avesse ordinato di completarlo e di riconsegnarglielo, beh, di certo lo avrei venduto. Per molto. Nessun altro allenatore, a parte noi, per adesso, ne possedeva uno.


Rattata, che adesso dormicchiava sotto al mio cappellino, era salito ancora di livello, circa verso il 10, ed aveva appreso una nuova mossa chiamata "Morso". Non l'avevo ancora provata, ma secondo il Pokédex era la più potente che aveva. Fortunatamente, dopo il mio primo incontro con Doran ed il bullo, Daisuke aveva tirato fuori una specie di siringa e me l'aveva lanciata. Io, temendo che potesse contenere del veleno per sopprimere Rattata, gli avevo chiesto che cos'era. E lui aveva risposto che era un antidoto. Ugh. Mi ero sentita male, quando avevo iniettato al mio Pokémon quella roba. Odiavo fare la dottoressa. Mi faceva senso pure vedere nei telefilm le persone in sala operatoria, con la pancia aperta e le budella che pendevano. Comunque, dopo avergli iniettato il liquido, Rattata era tornato in forma smagliante.


Al momento, stavamo proseguendo per il nostro cammino, lui guardando la mappa nel Pokédex ed io passeggiando contando i bigliettoni che avevo guadagnato in tutto quella giornata.

"Daikke" Avevo quindi chiesto, distrattamente "Nella lotta contro il Nidoran, che cos'è successo, alla fine? Voglio dire, all'inizio non era molto forte, ma poi, dopo essere stato colpito, aveva acquistato tutta quella determinazione …"

Quello, cercando di ignorare il nomignolo, e senza guardarmi in faccia, aveva risposto "Dentistretti. E' un'abilità che consente di aumentare del 50% la potenza delle mosse di un Pokémon se avvelenato, paralizzato oppure---"

"Uffa, solo 150 Poké! Non è giusto, tutta fatica per niente!" Ero sbottata, cambiando discorso. Lui, intuendo che poteva bastare, aveva velocizzato il passo. A volte mi ero chiesto se si offendeva. Ed allora mi erano sempre venuti i sensi di colpa. Come in quel momento.


Dopo alcuni minuti, però, il silenzio e la calma erano stati frantumati da degli urli. E la voce era femminile e disperata. Senza fretta (Io ero molto pigra ed egoista) ci eravamo diretti verso la fonte di cotanta frustrazione, per poi trovare una bambina in lacrime. Era carina: indossava un vestitino con tanto di gonna rosa e bianca, delle scarpette da ballerina ed una collanina d'argento. Un enorme fiocco viola le spuntava da dietro alla testa. Dappertutto, era ricoperta di graffi e terra.


"Torna indietro!" Aveva urlato, di nuovo, verso la cima di un enorme albero "Dobbiamo tornare a casa prima che venga notte!"

Io, vedendo che, come al solito, Daisuke si era chiuso nella sua misantropia, avevo deciso di intervenire. Più che altro perché faceva tenerezza. Non perché volessi davvero aiutarla. Cioè, volevo aiutarla, ma mi sarei complicata la vita. "Cos'è successo?" Le avevo domandato, accucciandomi per vederla meglio in faccia.

Quella, intanto, si stava stropicciando gli occhietti "Palloncino è volato sulla cima di quell'albero e non torna più giù!" Aveva iniziato, puntando un dito contro il tronco del pino. O abete. Ma poi, c'era davvero differenza?

"Io sono Madeleyne, e questo musone qui vicino a me è Daikke. Ignoralo, ha dei complessi di solitudine. Come ti chiami?" Le avevo quindi chiesto, mentre Daisuke sollevava gli occhi al cielo, esasperato, come per dire che non potevamo fermarci ogni tre secondi ad ogni persona che trovavamo.

"Lucy …" Aveva risposto.

"Bene, Lucy, penso che ti aiuteremo a riprenderti i tuo palloncino!" Avevo detto, cercando di sembrare convinta. Non potevo lasciare una bambina sola a piangere, no?

"Veramente? Però non saprei …" Aveva detto, quindi, pensosa "… è molto pericoloso … potrebbe farvi del male …" Aveva mormorato infine.


Ignorandola, avevo guardato in alto. C'era, in effetti, un palloncino violaceo, fra i rami. Avevo quindi guardato Daisuke. "Ok, andiamo a prenderlo!"

Lui mi aveva osservato, scettico e con curiosità, come per prendermi in giro "E come pensi di fare, se posso chiedere?" Oh. A questo non avevo pensato. Prendendo il mio silenzio plus la mia faccia da ebete, il ragazzo aveva fatto un lungo sospiro. E poi mi aveva detto "Prova ad arrampicarti."

"Sicuro, sicché secondo la tua opinione, Io, sarei in grado di compiere cotale gesto?" Gli avevo detto, con una mano sulla fronte, fingendo di essere un'opera teatrale.

"No, ora, davvero, non potresti arrampicarti tu, per favore?" Lo avevo pregato, con le mani a mo' di preghiera. Quello era rimasto impassibile "Per favoreeee!" Avevo continuato, mettendo il broncio. A quel punto lui aveva leggermente cambiato la sua espressione da una impassibile ad una nervosa, e questo l'avevo interpretato come un sì. Quindi, prendendolo per le spalle e spingendolo di getto verso l'albero, aveva preso un fazzolettino bianco e mi ero messa ad agitarlo: "Vai Daikke, sei tutti noi!".

Quello, sbuffando e con un'aria triste da 'chi me l'ha fatto fare', aveva iniziato a salire. Di ramo in ramo. Molto velocemente. Sul serio, era un fenomeno!


Era finalmente arrivato, quando Lucy, aveva cominciato a mormorare: "Mi sono dimenticata di dirgli qualcosa … ma cosa?" Poi aveva scosso la testa ed aveva continuato a guardare Daikke. Avevo un brutto presentimento. Ogni volta che qualcuno non si ricordava qualcosa, succedeva sempre qualcosa di brutto.


Daisuke stava, quindi, borbottando fra sé e sé, mentre, accucciato, cercava di avanzare su un ramo. Era a pochi metri dal palloncino. Stava allungando la mano verso il filo e … proprio in quel momento il palloncino si era voltato. Ed aveva una faccia molto seccata. Lucy quindi, si era illuminata, ed aveva urlato, proprio mentre Daisuke aveva retratto la mano: "Adesso ricordo! Palloncino è un pokémon! Stai attento!" Oh. Bene. Daikke era morto. Iniziando a sudare freddo, avevo continuato a guardare la scena.


Daisuke intanto era partito a lamentarsi, o meglio, a parlare di nuovo fra sé e sé: "Ma i Drifloon non sono pokèmon che si trovano in questa regione!" Il Drifloon non sembrava pensarla allo stesso modo. Anzi, infastidito dalla visione di Daikke, lo aveva afferrato per le braccia e lo aveva trascinato in aria. Quindi si era messo a roteare in tondo come le giostre dei lunapark, avvicinandosi sempre di più verso di noi ed aumentando la velocità. Infine, come colpo di grazie, l'aveva mollato all'altezza di tre metri, facendolo schiantare a terra. Sinceramente? Mi ero messa a correre verso di lui, con un'enorme senso di panico. E se era ferito? E se era in coma? E se era morto? Però, in realtà, stava benone, solo, era molto più pallido del normale, ed aveva gli occhi a ghiri-goro, come quelli dei pokémon messi K.O. Così avevo afferrato il mio fido bastone, ed avevo iniziato ad infastidirlo, finché non aveva ripreso conoscenza.


Sembrava molto stressato "Stupido Drifloon" continuava a ripetere. La bambina stava per dire qualcosa, quando il povero sfortunato aveva biascicato,irritato "Non puoi farlo rientrare nella pokéball?!" Quella però, aveva scosso la testa, affranta "No, è di mio fratello … e obbedisce solo a lui."


Daisuke l'aveva guardata per un po', per poi accucciarsi e tenersi una mano sulla bocca. Si, era molto più pallido del solito. "Credo di star male" Aveva sussurrato.

"Si vede, sta' tranquillo. Non sei mai stato in un luna park, vero?" Gli avevo domandato, riferendomi al giretto con il Drifloon di prima. "Dovrò prendere provvedimenti … ma dov'è la tua valigietta?" Che poi tanto valigietta non era. Era piuttosto uno zaino di forma rettangolare che si poteva portare come una valigia. Ed in questo momento non c'era.


Quello aveva iniziato, sorprendentemente, ad agitarsi ed a guardarsi attorno, per poi biascicare una parolina piccola ed insignificante. "Drifloon …"

Io, sperando di aver capito male, avevo chiesto "Scusa, non ho capito bene …" ed in quel momento, un abbaglio del vecchio Daisuke che mi lanciava occhiatacce mi era ritornato alla mente. Era diverso. Questo era un povero ed in un certo senso malato e nauseato Daisuke, caduto da tre metri di altezza e sbattuto in giro da un pokémon che, a quanto diceva il pokédex era un fantasma. L'altro invece era il freddo e silenzioso (pure menefreghista) Daisuke. Davvero, c'erano molte cose che non capivo di lui.


Ignorando questo fatto, ero tornata alla situazione di partenza. "Ma ti serve davvero questa borsa?" Occhiataccia. Beh, per lo meno era ancora in grado di farle. "Dentro c'è tutto: Pokéball … Pokédex … il mio Computer …" Aveva detto alzandosi. E no, non glielo avrei permesso. Se fosse risalito sull'albero, sarebbe di nuovo svenuto. Ci sarebbe voluto almeno qualche altro minuto, prima che la nausea fosse scomparsa. E noi non avevamo tutto quel tempo, perché quel Drifloon stava aprendo la borsa. E rovistandoci dentro. Daisuke era impallidito.


"Ma non puoi mandare Sableye?" Lui, aveva quindi risposto "No, non gli piace la luce intensa, e poi non potrebbe salire sugli alberi …" Aveva risposto, facendomi, come al solito, sembrare una stupida. Sospirando, mi ero diretta davanti all'albero.


E poi ero partita ad arrampicarmi. Cavolo, per essere una super spia, non sapevo fare proprio nulla. Dopo un paio di scivolate e qualche pausa sui rami, ero arrivata alla sommità. Non ero tanto male, ad arrampicarmi, più che altro, avevo paura dell'altezza. E, essendo impacciata, succedeva spesso che io scivolassi e mi strapazzassi al suolo. Non pensandoci, ero arrivata davanti al Drifloon, che stava facendo il giocoliere con le Pokéball. Vedendomi, però, le aveva ributtate nella valigia e l'aveva sollevata, fluttuando minacciosamente verso di me.

Di sicuro non lo avrei lasciato toccarmi. Nemmeno con un dito fluttuante. Avevo preso in mano il mio cappello, con dentro Rattata, e lo avevo rovesciato. Il pokémon, sonnecchiante, si era guardato attorno, per poi rizzare il pelo verso il fantasma, che avanzava verso noi.


"Rattata, se cadi, non ti preoccupare, che ti prendo con la pokéball." Gli avevo detto, per tranquillizzarlo. "Ok, allora Pallancino, siamo pronti? Usa attacco rapido!" E Rattata era corso verso di lui, aveva spiccato un salto e … gli era passato attraverso. "Che?! Riproviamo di nuovo!" E di nuovo gli era passato attraverso. Come se fosse aria. C'era qualcosa che non andava. Se riusciva a toccare Daisuke e la sua valigia, come mai non potevamo nemmeno sfiorarlo? Un sentimento di paura si era diffuso nelle mie membra. Di sotto le urla di Daisuke e Lucy mi sembravano inesistenti. Tanto non riuscivo a sentirle. Così mi ero affidata al mio Pokédex. C'era scritto: "I pokémon di tipi Spettro sono immuni agli attacchi di tipo normale, terra e lotta." Ah. I pokémon erano suddivisi in tipi? Avevo puntato quindi il pokédex su Rattata: normale. Ahah! Ecco svelato il mistero.


Aveva tutte le mosse inefficaci! Che cavolo potevo fare, adesso? Sputargli in faccia?! Controllando meglio, però, mi ero accorta di un'altra cosa. Una delle mosse era di un colore diverso dal solito grigio, era nero. Ok. Formando un piccolo piano nella mia mente, mi ero accorta che il Driloon stava fluttuando via.

"No, dove stai andando! Ti devo riportare da Lucy, stupido pallone sgonfio!" E, così dicendo, avevo afferrato Rattata ed ero corsa fino alla punta del ramo, dove poi, avevo spiccato un balzo. Avevo capito come mettere K.O. Quel robo. E non sarei scappata. Dopotutto, un misero Drifloon di livello otto, inferiore al mio pokémon, non poteva sconfiggermi. E quindi, mentre avevo saltato, avevo lanciato Rattata contro di lui, urlando "MORSO!".


Ritornando alla mia incolumità, io, non ero mica stupida. Anzi, mi ero appesa alla valigia di Daikke, così che se il pokémon voleva trascinare la valigia, doveva trascinare anche me. In men che non si dica stavamo perdendo quota, non so se era dovuto al fatto che Rattata era riuscito a colpirlo, o che io pesavo troppo. Speravo la seconda, sinceramente. Arrivati a terra, il Drifloon era malconcio e stava ancora lottando contro il topino che lo stava azzannando di qua e di là. Ad occhio e croce, era quasi finito. Infatti, poco dopo era per terra.


Lucy era corsa verso di noi, sognante ed un po' preoccupata, con in mano due corde. Rattata invece, che si meritava del riposo, era rientrato nel cappello. "Tutto a posto? Guarda, con queste corde collegate a quei rami, sarà impossibile per Drifloon, scappare!" Aveva cinguettato allegra, iniziando a legare il Pokémon. Potevo scommettere che era un'idea di Daisuke. Sembrava stare un po' meglio, era solo pallido. "E' una cosa che ti ha detto Daikke? E' una persona molto intelligente, anzi, credo che sia il più intelligente che io abbia mai incontrato!" Mi ero complimentata. Se lo meritava, dopotutto, lui era davvero il più intelligente.

Quello, per tutta risposta, era arrossito, e poi si era voltato di scatto. E' anche carino, quando arrossisce! Aveva detto il mio lato da FunGirl, in modalità attiva. Quello che non mi aspettavo era, però, che il pokémon si era ripreso, ed adesso stava allungando le mani verso di me. In modo molto lugubre.


"Drifloon!" Aveva 'driflaato' lui. Poco prima di essere colpito da un pugno in testa di Daisuke, che, con l'aria di uno molto irritato, aveva continuato a prenderlo a pugni. E a calci. E molte bastonate. "Come fai a colpirlo?" Gli avevo chiesto, voltandomi dall'altra parte per non vedere la brutta fine del Drifloon.

"Semplice, quando Rattata ha usato Morso, gli dev'essere rimasta un po' dell'energia dell'attacco Buio all'interno del suo corpo, ergo, adesso posso toccarlo" Aveva spiegato sbrigativamente. Dopo un altra manciata di secondi, il palloncino (ora scoppiato) era ricoperto di bernoccoli e probabili ematomi. Secondo me c'era andato piano.


Salutando Lucy, che trasportava il mezzo-cosciente Drifloon verso casa sua, vicino alla casa del professore a giudicare di come ne aveva parlato, io e Daisuke ci eravamo avviati verso il boschetto. Non era passato, però molto tempo, che quello si era girato, fissandomi.

"Che c'è?" Gli avevo detto, sotto pressione.

Daisuke allora aveva sorriso (il suo primo sorriso!) ed aveva detto "Volevo ringraziarti per aver recuperato la mia borsa, sai, non posso vivere senza il mio computer e così … grazie." E così dicendo si era di nuovo voltato.


Da parte mia, io ero rossa come un pomodoro, e stavo fissando il terreno. Sembrava molto interessante, in quel momento. Riscuotendomi, ero corsa di nuovo verso Daisuke, che stava entrando nel bosco.





Awww …. quindi, una bambinetta simile ad una ballerina (che proviene dal paese di Mr.Dancy O.O) che portava a spasso un palloncino, si è persa e l'ha fatto volare via. Daikke ha dimostrato vari altri lati del suo carattere (cioè che è geloso delle sue cose, che non è mai andato in un luna park e che è sadico? Ndcoscienza) (esatto U.U NdGlo) (-.- Nddaikke) bene, prossimo capitolo, nuove avventure U.U

Scusate se ci ho messo tanto a pubblicare ma ho trascorso delle giornate al mare NON-STOP e quindi …


Vabbè, passiamo alle recensioni:


Birby: Dai, due o tre avventure vanno bene, ma poi, sennò, non saprei che diavolo fargli fare U.U spero che questo capitolo ti sia piaciuto, perché, sinceramente, avevo proprio bisogno di dare un po' più di personalità a Daisuke. Sennò poteva benissimo starsene a casa U.U Anche a me sta simpatico XD


franky9397: zii, sotto la guida di Daikke, riesce finalmente a battere il suo primo sfidante! Che mi stava, fra l'altro, molto antipatico. Comunque, scusa se non ho ancora recensito la tua storia, è che sono una persona molto occupata e non ho molto tempo per recensire! Al massimo posso, appunto scrivere la mia Fanfic. Sorry, ma in settimana rimedierò.


Bree_: sì, il ratto tenero ha molte abilità! Prima fra tutte, madonna, i suoi attacchi (tipo iperzanna o sgranicchio) sono stra-forti! E poi, e puccio e piccolo. Abbastanza da far ingannare un nemico U.U Io, poi, i budew li detesto! Cioè, in diamante stavo cercando degli abra e cose del genere, quando ogni tre passi mi compariva uno di quei robi verdi! Ora che ci penso, Drew assomiglia ad un budew O.O Tornando seri: sì, Maddy adora i soldi, e lo vedremo più in la' XD La bici, non penso ne avranno bisogno. Tecnicamente il territorio è troppo messo male (monti-ghiacciai-rovine-boschi) e quindi non penso che potrebbero usarle molto ^^'. Ad ash, sinceramente potrei far capitare molte cose. Ma la domanda è: qual'è la peggiore?


ShessomaruJunior: Rallentare il ritmo … ci potrei fare un pensierino U.U Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente, quello con il Nidoran XD Qui ci sarà un miniscontro, ma nulla di importante, sorry. E poi … lo sai che non avevo pensato ai membri della squadra? Forse dovrei fargliene prendere degli altri … grazie per la soffiata!



DOM--- INDOVINELLO DEL GIORNO: il capopalestra della prossima città, di che tipo ci aspettate che si occupi? (per vedere chi si avvina di più)


Spero che vi divertiate! E che possiate andare al mare tutti i giorni!

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Capitolo 12
*** Wooper: L'inizio di un tormento. ***


Pkm 11.0

Pokémon invisibili vs Pokémon viscidi: Morte


Tutto questo era … inquietante. Già. Inquietante. Per non dire spaventoso. Era davvero orribile stare seduti attorno ad un fuoco. Soprattutto se non hai nessuno con cui parlare e distrarti. In altre parole, ero seduta davanti ad un piccolo fuocherello, in mezzo agli alberi, con versi di pokémon (forse) che, arrabbiati, si facevano sentire come un ululato, da tutte le direzioni. Non solo mi sentivo circondata da mostriciattoli, ma adesso ero pure sola. Così sola. La mia anima soffriva di solitudine. Daikke, quel damerino insensibile, se n'era andato chissà dove con la scusa "devo allenare Sey" Sey, naturalmente, doveva essere quel pokemon notturno che mi aveva salvato la vita dal Climberfai.

Comunque, ciò non cambiava il fatto che, da un momento all'altro, un qualcosa avrebbe potuto benissimo saltarmi addosso. Una cosa positiva, però, c'era: i boyscout erano stupidi*. Ma dai, come si poteva dormire all'aperto, fra gli insetti e le bestie lì fuori?! Roba da matti.

Altro ringhio. Forse me ne sarei dovuta andare. Daisuke aveva detto che il fuoco non le avrebbe fatte avvicinare. Ed io mi stavo fidando. Anche se poi aveva sussurrato qualcosa di non molto convincente, ma comunque impossibile da capire. Ok, mi ero decisa. Non appena avessi sentito un solo suono, oltre a quello del mio respiro, me ne sarei andata a cercarlo.


Non erano passati nemmeno pochi secondi, che un oggetto di grandi dimensioni (possibilmente un albero) era caduto lì vicino. Non sarei rimasta lì un secondo di più. Prendendo la mia borsa ed un piccolo accendino, mi ero alzata ed incamminata verso nord, con la chiara intenzione di trovare qualcuno. Qualcuno di umano. Certo, più facile a dirsi che a farsi. Dopo i primi minuti di passo furtivo, mi ero sentita più sicura ed avevo quindi ripreso a camminare naturalmente. Era difficile non inciampare nelle varie radici degli alberi. Ed avrei giurato di vedere qualcosa, sopra ad essi. Lugubre.

Daisuke non era in vista. Ed allora, ho pensato, perché non approfittarne? Avrei potuto fare un paio di giretti, tanto per non annoiarmi, e poi ritornare "all'accampamento". Stupido nome per un fuoco e dei sacchi a pelo. Oh. Beh.

Continuando a camminare, avevo scorso un rumore diverso dagli altri, e l'odore dell'acqua melmosa dei laghetti. Con tanto di ranocchi. Incuriosita, mi ero avvicinata al suono, e, spostato un cespuglio, avevo finalmente intravisto il laghetto. O palude. Naturalmente mi ero spruzzata addosso l'anti-zanzare. Nonna diceva che funzionava anche per i pokémon insetto.

Il lago, in realtà, era un semplice stagno completo di ninfee e di, appunto alghe verdognole. Sotto la sua superficie, si potevano intravedere delle ombre, ma era troppo buio per capire che potevano essere. Erano piccole, però, quindi non avrei dovuto preoccuparmi di nulla. Sedendomi e, tenendo l'accendino fra le gambe, avevo deciso che avrei fatto un piccolo schizzo sul luogo. Era molto rilassante e distendeva i nervi.


Inutile dire che ci persi almeno mezz'ora. Quando mi ero rialzata, comunque, mi era apparso di vedere qualcosa fuori posto. Ero molto brava a notare le differenze, specialità tipica di chi era abituata a disegnare. Anzi, dal musetto sorpreso ed a oltremodo nervoso di Rattata, che era sempre stato nascosto nel cappello, avevo compreso che là, da qualche parte, c'era un pokémon. Illuminando in giro con l'accendino, però, non risultava nulla. Tanto valeva rinunciare e provare a chiamarlo.

"Vieni fuori, non ti faremo nulla!" Ecco, ora sembravo una psicopatica che chiama la su prossima vittima per poi mutilarla. Avevo visto troppi film dell'orrore, non c'era dubbio. Dopo un paio di volte, proprio quando avevo perso la speranza, mi era venuta la splendida idea di tirare fuori il pokédex. Così, puntandolo di qua e di là, avevo captato la direzione giusta. Quello stupido di Dexi (il nome del mio pokédex, che secondo me era troppo lungo) non serviva a nulla. Sullo schermo era scritto : "Mancanza di dati". Ok. Se non ricordava bene, il professore aveva detto di catturare un paio di pokémon e di puntare Dexi agli altri, così si registravano i dati. Ma allora, perché questo qui era differente? Cavolo. Ero sempre più curiosa. Il segnale proveniva, comunque, dall'altra sponda dello stagno. Aguzzando la vista, avevo quindi deciso di osservare meglio. Focalizzando … focalizzando … focalizzando …

Ad un certo punto, quella cosa aveva aperto gli occhi, che, luminescenti, avevano vagato fino a trovare me. Dopodiché era scappato. Tipico. Mi ero fatta scappare una grande opportunità.


Dopo vari minuti al seguito dell'incidente di percorso, avevo deciso di ritornare all'accampamento. Nulla di difficile, tanto bastava proseguire verso sud, ma mi sentivo osservata. Da molte cose. Facendo finta di nulla, avevo continuato a camminare, mentre Rattata si era riaddormentato. Bel pokémon. Grazie Topolonia.

Riuscivo a sentire i loro passi, viscidi e simili a ventose, e le loro vocine che intonavano una musichetta. Ma i pokémon, oltre a ballare, cantavano pure?


Mi ero stancata di essere seguita, e così, mi ero girata di scatto: niente. Ma ero sicura di non stare impazzendo. La vocina, flebile, simile al vento, del mio cervellino, ma stava sussurrando "Se ti giri morirai di infarto, quelle cose sono dietro d te." Avrei veramente assecondato la vocina, ma, purtroppo, l'accampamento era da quella parte, e quindi, lentamente, mi ero girata, con lei che diceva "Te l'avevo detto".


In men che non si dica, un qualcosa di azzurro e simile ad un anfibio, mi si era attaccato alla faccia. Era … viscido. Faceva … schifo. Ero paralizzata dal terrore, e quindi, urlai. Un urlo molto femminile, a dire la verità, e quel coso era ancora appiccicato alla mia faccia. Non vedevo niente. In panico, avevo preso quella roba ed avevo cercato di levarla, senza risultati. Così avevo deciso di sbattere la testa contro un albero. Con tutta la mia decisione, lo avevo colpito. In men che non si dica, mi ero accasciata tenendomi la fronte e trattenendo le lacrime. Perché avevo sbattuto io la testa!? Quello stupido pokémon, non mi sembrava più così stupido. Presa dallo sconforto, avevo aperto gli occhi: undici, piccole faccette sorridenti (e quando avevo detto sorridenti, intendevo dire sorridenti a dismisura, quasi gli si fosse piantato in faccia un tetro sorriso) mi stavano fissando. Non sembravano pericolosi, ma erano comunque terrificanti. Sembrava la marcia dei morti viventi.


Continuando a camminare ed, a volte, guardando dietro di me, mi ero accorta che era difficile seminarli. Continuavano a seguirmi. In fila, uno dietro l'altro. Muovendosi sincronicamente e canticchiando parole come "Woop!Wooper! Woo!" Avevo pensato ad un rito di uno stregone.


"Potreste, per favore, tornare da dove siete venuti?" E quelli mi continuavano a fissare, sorridenti. Il solito Wooper, come mi aveva detto il pokédex, aveva, invece, deciso di attaccarsi nuovamente la mia faccia.

"Adesso, ti puoi levare? Non rivoglio un altro bernoccolo" E chiedere a Rattata di morsicarlo era come rinunciare al mio naso, od al mio occhio. Il Wooper, però, non accennava a levarsi. Sembrava incollato. Arrabbiata, lo avevo afferrato per la pancia (ugh, che schifo) ed avevo preso Dexi: forse, alla fine, si sarebbe rivelato utile. Il Wooper, però, sembrava tranquillo, così, quando avevo cercato di colpirlo con il Pokédex, quello era scivolato via. Come una saponetta. Una saponetta schifosamente viscida. Inutile dire che il pokédex era andato dritto dritto a spaccarmi il naso.


No, quello stupido Wooper (che secondo me poteva benissimo essere il capo, per come agiva) era molto intelligente. Così avevo cercato di colpirlo un un pugno, ma quello, flessibile, sembrava la riproduzione di Matrix. No, non era veloce, ma sembrava una gelatina. Che si piegava di qua e di là. Ed allora mi ero messa a correre di qualche metro. Quando mi ero girata, erano sempre dietro di me. Sempre con quell'aria serena e giocosa dei bambini. Sempre con quel sorriso terrificante. Sempre con quegli occhietti tondi e privi di emozione.


Ed allora era accaduto l'impensabile. Mi sembrava una scena a rallantatore: io che dicevo "No! Ti prego!" come da bambina disperata qual ero, il capogruppo dei Wooper (ormai a me inconfondibile, anche se era identico agli altri) che aveva pronunciato un semplice "Woopa" come ordine, ed una marea di corse azzurro/grigiastre che si buttavano sopra di me, travolgendomi. Ero così piena di anfibi, che facendo un passo indietro, avevo calpestato l'ultimo Wooper, scivolandoci sopra. Da quel momento, mi ero ricordata solo un'enorme discesa, gli anfibi che saltavano via da me, il mio corpo graffiato da sassi, rami e cespugli, la mia testa dolorante quando avevo sbattuto, finalmente, contro il tronco di un pino.


Quando Daisuke aveva sollevato lo sguardo da suo pokédex, per vedere chi ero, mi era sembrato curioso ed anche un po' schifato. Come poteva non esserlo? Avevo il corpo ricoperto di graffi, i capelli spettinati e pieni di rametti, il naso e la fronte totalmente pieni di ematomi e sangue fresco. Per non parlare, poi, del fatto che ero totalmente viscida.

Stava per chiedermi qualcosa, lo sapevo, ma io non ero dell'umore adatto. Ero molto irritabile, in quel momento. Come avevo detto in precedenza, io non riuscivo ad arrabbiarmi. Inutile dire che Daisuke, leggermente intimorito (?) no, forse solo leggermente preoccupato, aveva aperto la bocca per formulare chissà quale domanda. Ed io gli avevo lanciato un'occhiata di carica di negatività. Se le occhiate di Daisuke potevano distruggere una persona, le mie, quando ero in queste condizioni, potevano distruggere una montagna. Guardandomi bene in faccia, e capendo che in quel momento avrei potuto tentare alla sua incolumità, aveva chiuso la bocca, guardandomi però con pieno concerno. Io, per tutta risposta, gli avevo sibilato come un serpente "Non. Dire. Niente." Ed ero andata a dormire.




*Chiedo scusa a chi è boy/girl scout, ma quest'autrice ha una specie di odio represso verso la vostra razza, sorry.


Quindi, Maddy si ritrova a fare i conti, da sola, con un esercito di schifosi (io li ho sempre odiati, con quel loro orribile sorriso) Wooper, ed un misterioso pokémon che si era reso invisibile. Un pokémon psico? Spettro? Chi lo sa? (Tu Ndcoscienza) (No, io per ogni capitolo improvviso U.U Nd.Me) (Adesso si spiega come mai fa schifo U.U NdCoscienza) (T.T Ndme).

Daisuke, di notte passa il tempo ad addestrare il suo pokémon buio/spettro, e quindi ha mollato maddy tutta soletta. Insensibile. Vabbe, alle recensioni:


Bree_: zi, peccato che i soldi sono difficili da trovare al giorno d'oggi U.U Sì, Maddy era così disperata che davvero, avrebbe potuto sputagli in faccia a quel palloncino. E daikke fa pena a tutti, probabilmente. Diciamo che no sa divertirsi? Dobbiamo portarlo a gardaland XD Si che puoi fare la guida delle disrazie di Ash Ketchum XD, sarei felice di leggera XDXDXD Spero che le disgrazie di maddy ti divertino U.U Ciao, Onee-chan-che-sarebbe-bello-avere XD


Birby: sono contenta che ti sia piaciuto il capito! Palestra acciaio? Poveretti, li vuoi mandare al suicidio XD Sì, i miei due personaggi sono molto simpatici in quel capitolozzo U.U ed anche per me è il mio preferito! Purtroppo sono di fretta, quindi ti rispondo velocemente, ciauz!


Franky9397: pensi spettro, eh? Ed invece no! Spero che continuerai a seguirmi!


ShesshomaruJunior: Sto rallentanto il ritmo per te! XD così tutti potranno seguirmi *_* no, io le gare non le capisco, quindi non la farò gareggiare U.U al massimo, si va al pokathlon XD purtroppo, nei giochi non ho mai catturato un singolo pokémon di tipo lotta, quindi penso che nemmeno a maddy ne farò catturare uno U.U Ed il fuoco … beh, ci penserò. Il problema è che ci sono almeno 500 pokèmon ed è difficile sceglierne uno!



PROSSIMO CAPITOLO: il primo rivale. Rivale è una parola grossa, per lui, comunque …


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Capitolo 13
*** Kakeru! Il Ninja impossibile! ***


Pkm 12.0

Kakeru: il Ninja dimenticat --- impossibile!


Fino a qualche ora fa', avevo pensato che l'incontro peggiore che un povero avventuriero poteva fare poteva essere solo un gruppo di Wooper sorridenti. In quel momento, invece, avevo cambiato idea. Dopotutto, i Wooper, sono esseri giocherelloni di natura, quindi avevano un alibi di ferro. Non ci potevano far niente, poverini. Tutto il contrario della situazione in cui adesso mi trovavo.


Ma sarebbe meglio cominciare dall'inizio.

Dopo quella serata d'inferno, avevo dormito come un sasso. Peccato che quando mi ero svegliata mi ero ritrovata piena di lividi e sporca di fanghiglia. Odoravo di pesce. Anzi, no. Odoravo di Wooper. Sopprimendo l'istinto di vomitare, avevo quindi tentato di levarmi i bastoncini e gli aghi di pino dalla mia testa. Dopo mezz'ora, però, avevo dovuto abbandonare l'operazione. Quindi, quando Daikke era ritornato (dove fosse andato, poi, lo sapeva solo lui) mi aveva fissato per un bel pezzo, prima di rigirarsi nuovamente e di iniziare a marciare fra i cespugli.


La giornata era passata normalmente (alias Daisuke continuava a smantellare il suo robo, mentre io facevo dei lunghi monologhi) fino a quando non eravamo arrivati dall'altra parte del lago. Un intero, lungo, noioso giro, per arrivare solo in quel posto?! Per lo meno, i Wooper non erano in vista.


Come stavo quindi dicendo: c'era qualcosa di strano, nell'aria, qualcosa di assolutamente imprevedibile. Ad un tratto, dal nulla, era spuntato un mendicante. Peccato che Daisuke sembrava non avere tempo per lui, e quindi lo aveva sorpassato, pestandogli la mano. A volte mi domandavo se quel ragazzo era tutto normale. Quindi mi rispondevo di no. Però era divertente!


Superato il mendicante, ci eravamo imbattuti in un bivio, con un cartello su cui era scritto che a destra si andava in città, mentre a sinistra si ritornava al lago. Sembrava che quella massa d'acqua stagnante, si trovasse in centro alla foresta. Quindi, se ti perdevi, capitavi nuovamente lì. Dura la vita, eh?


Comunque, non fidandosi, Daisuke aveva tirato fuori la mappa, ed aveva scelto il percorso a sinistra. Io, non potendo contrastare con le sue abilità di cartografo, avevo lasciato perdere ed avevo pasticciato il cartello con qualche disegnino.


Quindi, eravamo incappati in una radura, al cui centro c'era un cestino di frutta. Pure un idiota avrebbe capito che quella era una trappola. Ma a quanto pareva, Rattata era peggio di un idiota, ed era subito corso dalle bacche. Poi il terreno aveva ceduto e si era ritrovato in fondo ad una buca. Coincidenza? Io credevo di no.


Per ultimo ma non ultimo, un paio di minuti dopo, era successo il fatto più sospetto: una banconota da 100 Pokè oscillava costantemente davanti ai miei occhi. "Ecco, questa è una cosa sospetta" avevo quindi detto, a Daisuke, il quale l'aveva già superata, non badandoci e dicendo "Sbrigati che siamo quasi arrivati"

Io, per tutta risposta, avevo sorriso, ridendo della mia distrazione "Hai ragione, scusa, si vede da lontano un miglio che questa è una trappola!" Quindi, dal nulla, erano scese altre banconote da 200 e 300 Pokè.

"Oh, beh, direi che questo è un gran colpo di fortuna" Avevo ammesso, cambiando idea a facendo voltare un Daisuke stupito. Il mio lato taccagno aveva preso il sopravvento. Sembravo una bambina a cui la mamma aveva comprato un sacchetto di caramelle. Tante caramelle.

"Te ne pentirai" Aveva quindi sospirato, prendendo in mano il Pokèdex e filmando la scena "Ok, forza, avanti, sono pronto" Aveva enunciato. Ma io non lo stavo ascoltando, per me esistevano solamente quei soldi. Non fraintendetemi se io adoro i Pokè: non amo fare compre e spenderli in cianfrusaglie. Io …. sono una di quelle persone che lì conservano, aspettando di fare un'enorme somma e poi di spenderli per qualcosa di grande. Era una specie di mania, non potevo farci nulla.


E quindi, a quel punto, avevo giocato d'astuzia. "Ma non posso prendere i soldi di qualcun altro, non mi app---" altre banconote erano cadute da sopra agli alberi. Un totale di 700 pokè. E a quel punto le avevo afferrate tutte. Poi, chissà come, mi ero ritrovata a testa in giù, con le mie piccole banconote strette fra le mie mani. Daisuke era rimasto impassibile, anzi, aveva bofonchiato qualcosa come un rimprovero, mentre chiudeva il Pokèdex.


Ed adesso, proprio in questo presente, era comparso, da sopra ad un ramo, uno svitato, con i capelli arancioni a punta ed un bavaglio/sciarpa ondeggiante attorno alla bocca. Vestiva in maniera davvero originale, con una tuta da ninja verde scuro ed una lunga spada simile ad una katana con delle pokéball incastonate nel manico. Sembrava molto antica. E appuntita. Chissà come sarebbe stata utile alla nonna per sminuzzare le verdure per la sua minestra. Lei, nonostante il nonno glielo ripeteva molte volte, non riusciva a capire che le verdure bisognava, perlomeno, tagliarle. Non lasciare una carota intera. Pensate che orrore ritrovarsela nel piatto …


Non ci era voluto molto a capire che stavo dando di matto per colpa del sangue che stava andando nel cervello. E quindi avevo cercato di tirarmi su, con scarsi risultati.

"Ah ah! Ed adesso, mio caro Daisuke, come la mettiamo? Perché non vai a salvare la tua fidanzatina?" Oddio, se io ero matta, lui era un caso perso.

Aspetta che mi liberi, brutto decerebrato, e vedrai che cosa si prova ad essere appesi come dei salami … avevo quindi pensato, immaginandomi la scena.

Daisuke, ciononostante, non aveva battuto ciglio, e si era messo a camminare nella direzione opposta. Tipico. Così, io ed il tizio con carote al posto dei capelli, gli avevamo urlato, offesi "Ehi, tu! Dove pensi di andare!" Lui era probabilmente arrabbiato perché il suo piano non stava funzionando. Io, invece ero caduta in una fase depressiva, dovuta alla mancanza di attenzioni. Mi era facile diventare depressa, purtroppo …


Daisuke, allora, si era rivoltato, ed aveva detto "Se vuoi tenertela, fai pure, ma devi procurarle del cibo, pulirla e trattarla con affetto." Mi era presa la voglia di ridere ed al contempo piangere: come poteva paragonarmi ad un cane?!

Quello mi aveva guardato, e poi si era rigirato, fissando Daisuke: "Allora proprio non ti importa di nessuno, come ai vecchi tempi …" Aveva pronunciato, sorridente, ma al contempo triste.

Daisuke, allora, aveva detto, con fare innocente "Scusa, come hai detto che ti chiami?" ed allora il ninja era caduto dall'albero, prima di rialzarsi e di urlargli dietro (doveva essere una tipo con poca pazienza): "Lo sai benissimo chi sono!"

"No, non lo so. Chi sei?" Aveva continuato, in maniera canzonaria,

"Ma se proveniamo dallo stesso istituto!" Aveva urlato, disperato ed un poco demoralizzato, il ninja.

"Ma ti avrei riconosciuto, allora." Aveva detto, pensoso, Daikke.

"No! Nononono! Tanto lo so che stai mentendo!" Aveva risposto, facendo una smorfia.

"Quanti anni hai detto che hai?" Aveva quindi continuato, Daisuke.

"Io? Dodici! Come te!"

"Allora devi essere stato bocciato, e rimandato nell'altro corso" Aveva terminato, Daisuke.

"Ma se era nella tua stessa classe, proprio di fianco al tuo banco …" Aveva sussurrato, offeso e con le lacrime agli occhi. Lo so, Daisuke, fa impazzire tutti.


Non sentendomi più le gambe, legate con delle funi, e cercando di slegarle con la mano libera (nell'altra tenevo i soldi), gli avevo quindi chiesto:

"Qual è il tuo nome, allora?"

Lui, riacquistando un tono misterioso, e facendo tornare a far ondeggiare il suo bavaglio, al vento, aveva risposto "I veri ninja non possono rivelare il loro nome".


Wow. Certo che ci sapeva fare con la recitazione. In quel momento, Daisuke, sorridendo innocentemente, come se avesse risolto un difficile problema, aveva urlato: "Adesso ricordo! Tu sei Kakeru Tokimoto! Quello che non riusciva mai a superare i miei voti!" Non l'avrei mai detto …

"…" Kakeru era rimasto silenzioso.


"Quello che si nascondeva nello sgabuzzino dei bidelli, e poi rimaneva chiuso dentro!" No, ma dai?! Questo me lo segno …

"Non è stata colpa mia, quella volta!" Aveva biascicato, l'altro.


"Quello che all'età di sei anni si era versato un secchio di vernice arancione in testa!" Seguì un silenzio tombale. Se prima il Kakeru si ergeva in tutta la sua misteriosità, adesso era barcollante come se lo avessero colpito ripetutamente con un masso in testa. Non c'era voluto molto che io mi ero messa a deriderlo.

"Ma dai, come si può! Nemmeno io ero così idiota!" Quello per tutta risposta si era depresso ancora di più, inginocchiandosi a terra e battendo i pugni sul terreno. Poveretto, iniziavo a provare simpatia per lui.


"Eddai, non ti abbattere …" Avevo detto, sorridendo, mentre Daisuke continuava a ridere. Per quanto fosse incredibile. Sembrava divertirsi a prenderlo in giro. Mi dispiaceva tanto per lui. "Daikke, potresti smetterla, non vedi che è depresso?"

Altro silenzio imbarazzante. Questa volta era Daisuke quello che era arretrato sudando freddo e guardando il terreno con fare depresso. Stavo iniziando a provare pena pure per lui. Davvero non gli piaceva il suo soprannome?

Kakeru intanto era caduto a terra, tenendosi la pancia per le risate, e stava rotolando di qua e di là come un maialino. Oink, oink!

"Daikke!? Oh, ciao Daikke, piacere di conoscerti Daikke?! Che cos'hai Daikke?!" Aveva iniziato a prenderlo in giro. Daisuke, poveretto, sembrava che l'avesse appena investito un camion: era pallido, con uno sguardo molto preoccupato e tremava. Rabbia, imbarazzo, oppure solo paura del suo nome? Che tipo strano. Però sembrava gli facesse bene stare in mia compagnia, stava diventando più … emotivo? Sensibile?


Però, a tutto c'era un limite, quindi, prendendo con me la mia sgarbatezza, gli avevo detto: "E piantala, Carotino" Quindi, i due erano rimasti impassibili. Daisuke si era rialzato ed aveva preso in mano la sua pokéball, mentre quell'altro si era depresso e si era messo in un angolino, sussurrando a sé stesso "Dimentica … dimentica …"

Quindi, il fatto più strano, dalla sua spada era improvvisamente fuoriuscito un raggio di luce rossastro. E da quel momento Umorismo e Voglia di fare la furba erano scomparse, lasciando un depliant su un tavolo della mia mente che diceva 'Hawaii con stile!'.


Davanti a me si era presentato una rivoltante, ma che dite, orripilante mostruosità. Era maggiormente di colore bianco. Piccolo. Con quattro zampette, due bianche e due marroni. Gli occhi erano verdognoli, ma non sembrava vederci molto bene, per come le teneva socchiusi. Aveva due piccole alette verdi e due antenne sul naso. Era uno schifoso insetto. Uno schifoso, orribile e infuriato insetto, che stava, fra l'altro, zampettando sopra alla corteccia dell'albero.


Il mio corpo si era automaticamente paralizzato. I miei occhi puntati sopra quell'affare che stava scendendo la corda a cui ero legata. Il mio battito cardiaco, di colpo accellerato, rimbombava nelle mie orecchie. Per me adesso esisteva solo quella cosa. E con tutto il mio essere stavo disperatamente pensando a come farla arretrare.

Non era colpa mia se ne avevo così paura. Non era colpa mia se provavo ribrezzo anche per il più … carino degli insetti. Qualunque cosa avesse le antenne e delle zampette, era da me temuto. Avrei preferito camminare sui carboni ardenti e bere una bottiglia piena di olio, invece che essere sottoposta a quella tortura.

Le sue antenne, proprio quando era salito sulla mia gamba, erano partite a muoversi all'impazzata, come se impazzite, in tutte le direzioni. Poi, mi ero accorta che anche quelle, erano piccoli occhietti. Sembrava che Nausea stesse avendo la meglio, ma poi Terrore Supremo aveva ripreso il sopravvento. E così avevo chiuso gli occhi. Non volevo vedere il viso di quell'insetto, spuntare da sopra al mio collo.


"Adesso, però, piantala, Kakeru" Aveva enunciato Daisuke. Mi sembrava di aver sentito anche il suono della sua sfera, rilasciare il suo pokémon.

Quello si era ripreso dal suo stato di depressione, e, un po' spaventato, aveva esclamato "Woah! Nin! Scendi subito da lì, non vedi che l'hai fatta piangere?" Aveva detto. Stavo davvero piangendo? Non ero per nulla sorpresa. Ero disperata … Finalmente, le zampette che prima stavano percorrendo il mio corpo se n'erano andate, cadendo poi un metro più in basso con un tonfo.


"Scusate, è solo che lei è un po' … iperprotettiva. Comunque, Daikke" Sentivo il Daisuke arretrare, come se colpito da uno sparo "siccome le mie trappole erano tutte dedicate a te, e mi hai pestato la mano" Ah. Quindi il mendicante era lui?"Tu mi devi un incontro. Fatti sotto!" Aveva detto, lanciando qualcosa sull'erba sotto di me. Non avevo ancora il coraggio di aprire gli occhi.


"Ok, ma finirà in fretta …" Aveva detto Daisuke, sospirando. "Sey, usa Ombra Notturna." L'altro invece aveva urlato "Nin, vai sotto terra!" Che? Ma gli insetti … vabbè, lasciamo perdere …

"Quindi usa sanguisuga" Ed il pokèmon, a quanto pareva, era balzato fuori dalla terra ed aveva morso il povero Sableye.

"Ombra notturna!" Suono di raggi laser che colpivano l'avversario. "Graffio!" Suono dell'aria che veniva colpita, ed un tonfo a terra, mentre Daisuke sospirava "Sfuriate …" Ed il suono di urla insettose. Sì, è un nuovo aggettivo.


Intanto, io mi ero ripresa. Certo, ero ancora terrorizzata da quell'affare, e, certo, stavo ancora un po' tremando, ma perlomeno non ero più così disperata. E poi, ero libera. Sembrava che gli arti del pokèmon insetto fossero così appuntiti, da aver manomesso le corde. Quindi, con un calcio, mi ero liberata. Ed ero caduta a terra. Adesso, però, è l'ora della vendetta.


Daisuke, invece, se la stava cavando benone: continuava a schivare gli attacchi dell'insetto (piuttosto lentuccio, a suo malgrado) ed attaccava con Sfuriate ogni qualvolta fosse possibile. Kakeru sembrava aver capito che non aveva molte chance, ora come ora. "Ok, Nin, Turbosabbia, e poi sottoterra!" Uh-oh. Chissà come avrebbe fatto Daisuke …


Non si riusciva a vedere nulla all'interno del 'campo', ma lo sguardo di Daisuke era abbastanza per comprendere l'esito della battaglia. Era ovvio che il pokémon insetto non aveva nessun vantaggio contro quello Buio, e per di più, era talmente lento che perfino Rattata lo avrebbe potuto battere. L'unico problema però, era la sua difesa: era così alta che dubitavo la battaglia sarebbe potuta finire in fretta.


"Ed adesso usa Sfuriate!" Aveva detto Kakeru. "Anche tu" Aveva sbadigliato Daisuke. Sembrava annoiato. Non si capiva chi dei due stava colpendo l'altro, ma di sicuro il povero sfortunato sarebbe andato K.O Infatti, dopo che la sabbia si era 'diradata' si poteva vedere l'insetto steso a terra, ricoperto di ferite varie. Ma di Sableye nessuna traccia. Che lo avesse polverizzato?


"Che cosa ---" All'improvviso, dal nulla, era sbucato fuori un Sey con la faccia enorme e distorta, più la lingua fuori e circondato da un'aura buia. In più stava urlando. No. Urlare era una cosa da poco, per quello che stava accadendo. Ma come poteva un pokèmon produrre un suono così sgradevole e terrorizzante? Kakeru era, infatti, caduto per lo spavento, mentre ritirava il suo pokémon, Nin, definitivamente svenuto per cause ovvie. Io, invece, mi ero nascosta dietro all'albero, con le mani che si tenevano strette le ginocchia e con gli occhi chiusi a scatto. Era stato peggio di un film dell'orrore.


"Mai sottovalutare il potere di Sgomento" Aveva detto Daisuke, poetico, mentre ritirava lo stanco Sey. "E adesso, potresti andartene?" E gli aveva lanciato un'occhiataccia. Di quelle che facevano paura. Così lo sconfitto aveva urlato "Ci rivedremo, non dimenticatevi mai di Kakeru! Il ninja impossibile!" E poi era scomparso con una nuvola di fumo.


Dopo due o tre ore dall'accaduto, avevamo deciso di accamparci in quel posto. Io avevo quindi iniziato a complimentarmi su come era stato ingegnoso e, beh, pauroso, ma lui mi aveva interrotta.

"Allora?" Aveva chiesto. Non capendo, l'altro aveva detto "Quando il Nincada ti è salito sopra …" Un minuto imbarazzante di silenzio.

"… Nincada? Ah! Nincada! Adesso ho capito!" Avevo detto, realizzando che Nin=Nincada. "Oh, niente …." Era imbarazzante. Mi sentivo stupida ad aver paura per degli insettini.


"Insettofobia?" Io lo avevo quindi osservato, strabuzzando gli occhi "Non era difficile da indovinare, ogni volta che passavamo fra i cespugli, ti guardavi sempre attorno preoccupata. E poi, di notte, di ricopri sempre di anti-zanzare. Per non parlare di quando …" Io però lo avevo interrotto "Ok, lo ammetto, sono un po' banaluccia. Ma non è colpa mia, loro sono così … schifosi … i loro occhi sono enormi, le loro ali ricoperte di … e hai visto le loro antenne? In realtà sono piccoli occhi!" Avevo detto, non rendendomi conto di averlo scosso per tutto il tempo.


Mollandolo, lui aveva continuato, parlando a sé stesso "Dovrò fare qualcosa in proposito …" Poi si era rivolto a me "Posso chiederti perché sei così contenta?"

Infatti, non avevo mai smesso di sorridere. Era da quando mi ero slegata, che continuavo a sorridere. "Oh … niente …" Avevo quindi detto misteriosa, mentre mi ero messa a contare il gruzzolo che avevo guadagnato quel giorno.


Lui aveva strabuzzato gli occhi "Dove hai preso tutti quei …"

"I soldi? Non ricordi? Me li ha dati lui!" Lui aveva sospirato.

"No, intendevo ..." Quindi io gli avevo sorriso. E mi ero messa a ridere.

"Perché ridi?" Aveva quindi chiesto, intuendo solo dopo quel che avevo fatto.

"Oh, credimi, Kakeru avrà una bella sorpresa!"



Intanto, in un'altra zona delle foresta …

"Nin, credo che qualcosa non sia giusto …" Aveva detto Kakeru, appeso da un ramo di un albero, come un pipistrello. Nincada, accanto a lui, lo aveva guardato ed aveva risposto: "Nin! Nin! Cada!"

"No, non importa che tu abbia perso, dopotutto, una volta evoluto diventerai molto più forte di quel Sableye!" Aveva detto con la rabbia negli occhi "Però c'è comunque qualcosa che non mi convince … sarà meglio controllare che ci sia tutto"

"Spada, c'è. Pugnali, Kunai, Shuriken ci sono. Ed anche il cibo. Gadget ci sono. Corde, Pokèball, Pozioni … ci sono. Bibble Bubble c'è." Nincada a quel nome aveva guardato male Bibble Bubble, l'orsacchiotto ninja.

"No, direi che siamo a posto. Adesso, contiamo il bottino delle vittorie di oggi!" Aveva quindi detto, stringendo Bibble Bubble e prendendo il sacco rattoppato che portava. Poi, stranamente, l'aria si era fatta carica di tensione.


Nincada aveva cercato di sciogliere il ghiaccio "… … …. … … Nin?"

Kakeru, quindi, si era alzato ed aveva urlato, al colmo della disperazione "NUOOOOOOOOOOOOOOO!"

Poi era svenuto.




Ta-da! E così, ho finalmente presentato il benedetto rivale di Daikke! Carot --- amh … Kakeru! Che come ninja fa un po' pena. XD

Daikke ha 'scoperto' la più grande paura di Maddy che intanto si è fatta un sacco di soldi U.U Ed avete visto che insensibile? Ha calpestato il povero mendicante! (Sniff T.T NdKakeru) (Aww... povero … NdAutrice)

Che schifo i Nincada, ma come pokèmon ninja XD Un vero colpo di genio U.U insomma: Nincada, Ninjask e Shedinja! Più di così U.U


franky9397: sì, poveretta U.U I Wooper sono piccoli, velici e scivolosi, era impossibile colpirne uno *_* Io li odio! E poi, non era tanto piccolo … e vorrei vederti io lì. Al suo posto, cosa avresti fatto? Sono curiosa O.O


Birby: Ia, Ia, sono Wooper cattivi, zi! No, no, Daikke aveva solo bisogno di una spintarella, come aveva detto io U.U Io ho sempre ragione XD Però ci vuole ancora molto e dico MOOOOOLTOOOO per concludere qualcosa con loro U.U E poi, abbiamo scoperto che Maddy, se irritata, può essere molto pericolosa! Dovresti vedere il prossimo capitolo! E poi, hai visto che lungo questo? Non sei contenta? Più tempo e più lunghezza U.U


ShessomaruJunior: il ritmo è stato rallentato U.U Hai visto! (Me contenta) Ed adesso ho bisogno di farmi perdonare. Per prima cosa, anche a me piace dormire all'aperto, sotto le stesse ed immezzo ai boschi *_* ma non mi piace camminare, fare nodi ecc ecc … poi: gli scout della mia zona, scusa se te lo dico ma: LI ODIO TUTTI. Dovresti vedere come si comportano, tutte ochette e tutti egocentrici. Ma poi, conosco altri scout che mi stanno molto simpatici, anche se sono una minoranza. In altre parole, non dico che io ODIO tutti gli scout, è solo che la maggior parte è da prendere a fucilare U.U Quindi scusa. I wooper poi, loro sono molto malefici XD Ma mi piace la loro evoluzione U.U Eh poi, no, hai sbagliato, il primo rivale è quello di Daikke XD PS: wow, grande! Io invece, quando ero piccola, dovevi vedermi, stupida com'ero ho dovuto farmi un mazzo per battere la lega pokémon (odio lance) con solo il suo meganium XD Non avevo allenato nessun altro XDXDXD Adesso invece ho battuto quella di Platino, Diamante, Zaffiro, Rubino, Cristallo e tra un po' anche Soul Slver!


camilla_rain: … perché hai cambiato il nick? -.- XDXDX Vabbe! Sono un po' in ritardo, perché non ho notato la tua recensione, scusa XD I wooper son piaciuti un po' a tutti XD Anche a me, ogni tre passi che facevo comparivano sempre quegli affari O.o Sì, facciamo incontrare i nostri due Pokèdex!!!! Sarei contentissima! Grande la mia Onee-chan!

PS: il rivale è arrivatoooo!

PSS: io quegli odiosi scout li odio da impazzire! Sopratutto nel gioco *_*

PSSS: dai, io scrivo e tu detti U.U Dovremmo farla!

PSSSS: riprenditi dalla febbre !!!! Non voglio che tu stia male! Vedi la depressione cosa ti fa venire U.U


DOMANDA DEL GIORNO: un nome per il gruppo di super cattivi? Tipo Rocket, magma, idro, galaxi ecc … non riesco a trovarne uno giusto -.- E che pokèmon dovrebbero avere?


Scusate per il capitolo! GloGlo_96

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Capitolo 14
*** Team Pyro ***


Pkm 12.0

Un capitolo molto dolce (♥)

(Per colpa del mio cervello, che è andato alle Bahamas, non posso dare un titolo decente a sto capitolo U.U)


Quel giorno ero molto pensierosa. Infatti, da quando mi ero svegliata non avevo detto una sola parola. Ed erano già passate cinque ore, spese a camminare in mezzo al boschetto. A volte mi chiedevo se Daikke sapeva dove ci stessimo dirigendo. Mi sembrava di girare attorno. Ma poi mi ero ricordata che dovevamo girare attorno. Infatti, per raggiungere la prossima città, si doveva arrivare nella zona nord della foresta, vicino alla parte nord del lago. Ed il lago era molto grande.


Comunque, ero pensosa per vari motivi: innanzitutto, ero preoccupata per le mosse di Rattata. Erano poche e non così tanto potenti. Avrei dovuto compensarle con tanta pratica e velocità. Già, perché secondo Dexi, Rattata aveva molto attacco ed un'enorme velocità … ma la difesa era quasi nulla. E questo era un problema.


Il secondo motivo per cui ero pensosa, erano i soldi che avevo guadagnato. Stranamente, mi sentivo diversa a tenere in mano quei bigliettoni. E provavo una sensazione di felicità, mista ad una gran dose di preoccupazione, paura, ed insoddisfazione. Forse era perché da quando sono nata non ho mai tenuto in mano nemmeno 5 pokè? Probabile. Però una cosa era certa: ne volevo di più. Molti , molti di più. Se con 100 pokè si poteva comprare una pokèball, chissà quante altri oggetti si potevano prendere con 1000 pokè. Ma stranamente, questo mio pensiero mi aveva fatto salire l'agitazione: e se, dopo aver comprato tutte quelle cose, ne arriva un'altra più speciale ed importante? E se avessi finito i soldi, così da non poterla comprare?


La mia mente incominciava a farmi male. Così non mi ero accorta di essere andata a sbattere contro Daisuke. "Perché ti sei fermato?" Gli avevo quindi chiesto, osservandolo attentamente. Sembrava impassibile come sempre, ma il suo sguardo era preoccupato. Dopo quasi una settimana passata insieme, era più facile intuire i suoi stati d'animo.


"Non senti l'odore del fumo?" Mi aveva chiesto. Guardandomi attorno, e camminando un po' in giro, mi ero accorta che lui aveva ragione. Così avevo annuito, come una brava alunna.

"E quindi …?" Aveva continuato, cercando di farmi arrivare alla sua stessa conclusione. Cercando all'interno del mio subconscio qualche segnale, avevo cercato di arrampicarmi sugli specchi.

"Emh" Guardate! Il numero 007, Madeleyne Hellys ha messo la prima mano sulla superficie liscia dello specchio, aggiungendo poi l'altra ed il primo piede! Nessuno ci aveva mai provato! Sarà l'inizio di una grande avvenuta?!

"Potrebbe … dato che c'è il fumo …" Daisuke mi stava guardando paziente. Incredibile! Hellys è riuscita a risalire la superficie di ben trenta centimetri!! Ma, aspettate, sembra che stia scivolando!

"E che noi siamo in un bosco … perché questo è un bosco, vero?" Cavolo! Riuscirà Hellys a superare il record di 3 metri?! O perir--- fallirà nell'intento?!

"Ci dev'essere quindi anche del fuoco …" Ci sta riuscendo! Gente, Hellys 007 è quasi arrivata in superficie! Sta incredibilmente riuscendo a risalire il suo stupido ragionamento! Mancano solo 15 centimetri …

"… un barbecue?" Daisuke a quel punto si era tirato una manata in faccia, poi si era incamminato verso la direzione da cui proveniva l'odore di bruciato. Il presentatore della mia mente stava canticchiando la musichetta di Super-Mario: Accidenti, che peccato! Lo specchio sì è rotto! Dovresti pensare, agente 007! Hai fatto proprio un G-a-m-e-O-v-e-r, Game-Over!


Nella mia mente avevano, quindi, continuato a rimbombare quelle parole, sempre più lentamente, sempre più lentamente, come in TV: GAME OVER … GAME OVER … GAMEE OVERR GAAAMEE OVEERR …

Fino a quando non eravamo arrivato alla causa dell'intoppo. Una manciata di alberi stavano bruciando. In mezzo ad essi, c'erano degli strani tizi vestiti in nero, che portavano agli occhi, una mascherina rossa. Indossavano anche un basco nero. Ma dei guanti rossi. Erano inquietanti, a dir la verità. Dopo qualche secondo, avevo sentito Daisuke dirmi, a bassa voce: "Ci conviene nasconderci" E poi aveva puntato un enorme cespuglio.


In quel momento i miei sensi di ragno si erano attivati ed avevo detto: "Ma sei pazzo? Non possiamo semplicemente fare retromarcia ed andare in città?!"

Lui mi aveva guardato sospirando, come se fossi una povera bimbetta a cui si doveva spiegar tutto. "No, perché l'unico modo per arrivare in città è proseguire in quella direzione" Ed aveva puntato gli uomini in nero "E, a meno che tu non voglia essere abbrustolita, nasconditi. Sennò, va' pure." Aveva quindi detto, entrando nel cespuglio.


Io non sarei entrata in quel coso. Mai. Ed ancora mai. Avrei preferito ritornare da quei Wooper mollicci. "Andiamo, dimenticati per una volta di quegli stupidi insetti, e vieni!" Per quanto lui mi stesse pregando, io continuavo a negare. Così, dato che non potevo fare altro, mi ero messa ad analizzare la scena: c'erano, in tutto, otto uomini, tutti vestiti dello stesso colore. Poi c'era una casetta. O meglio dire, una costruzione fatta di legno, come la casa del nonno di Heidi. Brr, provavo i brividi solo al ricordo.

La casa era ancora rimasta intoccata dal fuoco. Un uomo dallo sguardo duro, con i capelli e la barba folta marroni, veniva trascinato all'interno della casa da uno dei tre, e poi chiuso dentro.


"Chissà perché lo stanno facendo …" Avevo detto fra me e me.

"Già, chissà perché lo stiamo facendo …" Aveva risposto una voce di fianco a me.

Così ci eravamo voltati di scatto, tutti e due, a fronteggiare l'altro, e con un urlo avevamo fatto due passi all'indietro. Io ero finita contro un albero, invece lui era inciampato su una radice.


Era … strano. Aveva un (vestito, cappotto, tunica?) giacca a rombi neri e rossici, con delle maniche molto lunghe che gli coprivano le mani e scendevano fino al ginocchio. Sotto a quello che sembrava un abito bizzarro, si vedeva una camicia bianca, poi le scarpe a punta ed i pantaloni neri. Indossava una benda sempre di color nero sull'occhio sinistro, che lo faceva assomigliare ad un pirata con pessimi gusti in fatto di vestiti. Sulla sua testa era presente un cappello da pagliaccio a rombi rossi e neri che assomigliava al cappello dei joker nelle carte da gioco, solo più piccolo. E non gli ricadeva in faccia, anzi, restava in equilibrio. I suoi capelli erano di un rosso tendente al viola, molto scuri e ribelli. Probabilmente avrà avuto 16 anni. O quindici.


Per quanto fosse carino (se si toglieva quegli assurdi abiti), era ovvio che fosse uno dei cattivi. Anche se non si comportava come tale. Infatti, si era inginocchiato ed aveva cominciato a tossire. Poi aveva preso dalla sua manica, un pacchetto di … beh, non si capiva bene che cosa fossero.


"Pillole, ho bisogno delle mie pillole …" Aveva quindi detto, stappando la confezione ed ingurgitandole come se fossero acqua. Poi, rialzandosi, con il fiatone, si era rivolto a me "Mi hai fatto venire un colpo, cavolo, la prossima volta, sii più delicata." Aveva detto sospirando, scaricando la colpa su di me. "Ho una salute molto cagionevole, per cui non saprei quanti altri colpi il mio povero cuore riuscirà a sopportare …" Mi sembrava un bambino. Che si demoralizzava.


Gli altri del gruppo piromane intanto erano già arrivati. E mi stavano osservando con un ghigno sulle labbra. "Capo, che cosa ne facciamo di lei?" Aveva chiesto quello più robusto, con la sfera pokè già in mano. Se fossero andati avanti così, io mi sarei ritrovata morta ancor prima che la casa fosse bruciata del tutto.


Quello si era voltato verso di loro ed aveva esclamato :"WOAH! Che velocità Ken-kun, avete già completato la missione?" Quell'altro lo aveva quindi guardato scettico. O almeno, così credevo, perché non si riusciva bene a capire come lo guardava, con quella mascherina.

"Mi chiamo Bob. E comunque sì. Quindi?" Aveva chiesto.

"Oh, scusa Bobby-kun. Quindi cosa? ♥" Aveva risposto sorridente il pagliaccio.

"La ragazzina. Che ci facciamo?" Aveva detto Bob, indicandomi. Quello aveva fissato incuriosito il punto indicato, ora vuoto.


Non sono mica stupida! Mi ero detta, mentre mi nascondevo dietro alla casa. Se sto con loro finirò male, me lo sento! I miei sensi di ragno non mentivano mai. Osservando il muro della costruzione, si sentivano dei rumori provenienti dall'interno. Probabilmente l'uomo stava cercando di uscire fuori. Se solo non ci fossero stati quei tizi in calzamaglia …

Spiando gli uomini dall'altra parte della radura, li avevo visti separarsi. Uno andava a destra, un altro a sinistra ed ancora uno da dove io e Daikke eravamo venuti. Chissà cosa stava facendo in quel momento. Si doveva divertire, lì, nascosto fra i cespugli …

Erano rimasti solo tre uomini. Il più muscoloso, Bob e due scagnozzi. Probabilmente dovevano fare di guardia alla casa, in modo da evitare che il tizio uscisse. Ed ora cosa avrei dovuto fare?!


"Non dovrebbe essere sola, cercate il suo compagno!" Wow. E come l'hanno capito?

"E' impossibile che una mocciosa pelle e ossa come quella sia riuscita a superare la foresta da sola! Non l'avete vista? Scommetto che non ha nemmeno un pokèmon!"

Non mi sentivo molto offesa da quel commento. Forse era il signor Terrore che era tornato a farsi sentire, inibinendo i miei sensi, o forse era perché io mi sentivo superiore a quel gorilla. Purtroppo, uno degli uomini si stava avvicinando a me. Pericolosamente. Stava giusto per arrivare dietro alla casa, che un urlo di Bob, lo aveva fatto tornare indietro "AHAH! Sapevo che ti trovavi qua attorno!" Chi? Daisuke? Spiando attentamente, avevo visto una massa di capelli neri sbucare da dietro agli uomini.


Perché cavolo non se n'era rimasto nascosto?! Guardando meglio, si poteva vedere qualche velo di inquietudine nei suoi occhi. Che stavano puntando proprio dove ero nascosta. Poi aveva dovuto distogliere la sua attenzione dal mio nascondiglio, ad un uomo che aveva cercato di afferrarlo. In quel momento Daisuke lo aveva preso per il braccio, tirato in avanti e gli aveva assestato una ginocchiata sotto al mento, prima di sbatterlo a terra. Poco dopo, l'altro uomo, gli era arrivato da dietro, ma Daikke lo aveva afferrato da sopra alla spalla, poi lo aveva tirato verso di lui, abbassandosi. Così il tizio si era ritrovato a volare sopra di lui ed a schiantarsi a terra. Mi domandavo se erano cosa che avesse appreso in qualche corso, oppure improvvisava.


Aveva quindi preso la pokéball di Sey, rilasciandolo. Inizialmente il piccolo mostriciattolo si era coperto gli occhi, poi, vedendo la situazione in cui il suo compagno si trovava, si era arrabbiato. Intanto Bob e Tizio1 avevano già preso i loro pokèmon: uno era … una lumaca. Ok. Una lumaca bavosa di fuoco. Ogni tanto starnutiva. L'altro era un pony. Se questi erano i cattivi, io ero Babbo Natale.


"Slugma!" Aveva urlato Tizio1 "Smettila di perdere tempo ed usa Sassata!" Immediatamente, il povero Slugmachino aveva messo un'espressione afflitta, mentre dal suo corpo stavano fuoriuscendo delle rocce. E di grandi dimensioni, anche. Poi, aveva starnutito. In men che non si dica, tutte le rocce che aveva creato erano schizzate verso Sey, che, velocemente, si era diretto a proteggere il suo allenatore.


Bob, intanto, si era messo ad accarezzare il pony, a gli aveva sussurrato qualcosa al'orecchio. Il Pony, felice per le coccole ricevute, si era messo a correre per la radura, ad una velocità tremenda. Dopo pochi secondi si era tramutato in una palla di fuoco rotolante. Tutto ciò che toccava bruciava all'istante. Eravamo circondati da un muro di fuoco!


Mettendo al sicuro le mie poche cose importarti, avevo osservato il combattimento. Sey se la stava cavando egregiamente contro lo Slugma, che, poveretto, sembrava raffreddato. Tizio1, invece, se ne fregava altamente e continuava ad urlare attacchi. Ed era proprio a quel punto, che una piccola domanda si era fatta strada nella mia mente: dov'era Tizio2?


Come se quello avesse potuto udire le mie parole, dalla cima di uno degli alberi erano fuoriuscite delle palle di fuoco. Che stavano andando addosso a Daisuke. Proprio quando questi si era voltato, proprio ad un pelo dalla sua faccia, un oggetto appuntito gli era passato in mezzo, fermando le palle infuocate. Poi, dall'alto, era atterrata una persona imbavagliata e con i capelli arancioni.


"Kakeru?!" Avevo detto io, a bassa voce. Ero molto sollevata del fatto che Daisuke non si fosse ritrovato la testa in fiamme.

Daisuke aveva detto qualcosa come "Ci siamo già visti?" e Carota aveva risposto "E' così che mi ringrazi?! Dopo che ti salvo la pellaccia tu mi dici che nemmeno ti ricordi che sono?!" Daisuke aveva quindi sospirato, ascoltando le lamentele del ninja. Che non erano durate molto perché un altro paio di attacchi di fuoco erano sbucati dai rami.

"Insomma, io sono il tuo salvatore, io sono … Kakeru, il più attento dei nin--" Daisuke aveva preso Kakeru e l'aveva spinto di lato, causando la sua caduta.


"Oh … questo ci rende di nuovo pari …" Aveva detto sconsolato. Poi si era voltato verso Tizio2 ed assumendo un aria determinata, con la sciarpona svolazzante gli aveva tirato un kunai, facendolo cadere a terra con il secondo Slugma. Il vento, stranamente, sembrava soffiare solo attorno al grande ninja, che, immediatamente, si era diretto verso di loro, con in mano delle freccette. Che fossero dei dardi?


Daisuke, invece si stava occupando di Tizio1, senza troppe difficoltà: dopo che lo Slugma era svenuto, l'uomo aveva cercato disperatamente di colpirlo con dei pugni. Peccato che Sey, utilizzando il suo portentoso sgomento, lo aveva talmente spaventato, che lui aveva fatto retromarcia ed era scappato. Daisuke sospirando, e vedendo che il suo Sableye stava accusando la stanchezza, lo aveva ritirato. Poi si era messo a correre raggiungendo l'uomo e … meglio non descriverlo.

Quello fa' male. Ed anche quello. Sta facendo proprio un bel lavoro. Sì ma adesso esagera. Lo sta ammazzando! Provo pena per lui … sarà meglio non far mai arrabbiare Daikke. Se lui non la smette, non si potrà ritrovare nemmeno il corpo del malcapitato …


Nella direzione del ninja, intanto, si stava diffondendo una colonna sonora: "… Io credo in me, e dico addio! Hai miei giorni grigi! Come un raggio, che ha il coraggio, di lasciarsi il sole dietro sé! Io credo in me, nel cuore mio ..."

Il ninja, non curandosene, ed, anzi, sorridendo, aveva lanciato un paio di dardi allo Slugma, prima di accorgersi che essi si scioglievano al contatto. La colonna sonora si era quindi arrestata, dimostrando la stupidità del ragazzo dai capelli verniciati. Kakeru, depresso, si era tirato una mano sulla fronte. Così aveva cercato di usare gli altri su Tizio2, che, occupato a cercare la fonte della musica, era stato colpito nel braccio, ed ora giaceva a terra, svenuto. Lo Slugma era rimasto sorpreso, poi, si era diretto dal suo padrone. Intanto, vedendo la vittoria, la musichetta aveva ripreso a farsi sentire, mentre Kakeru si ergeva, sopra ad una roccia, con lo sguardo fisso nel vuoto ...


Cercando di ignorare il fatto dell'inquietante colonna sonora, avevo iniziato mentalmente e congratularmi con i due. Se la stavano cavando entrambi egregiamente. Kakeru, con il suo stile ninja, non mi aveva sorpreso. Dopotutto, un ninja che non sapeva combattere, non era un vero ninja. Invece da Daikke non me lo sarei mai aspettato. Forse perché era magrolino come me, forse perché era basso e non aveva molti muscoli … Ma poi, che razza di stile era quello?! Uno "aspetto che tira un pugno e poi lo prendo a calci"?

Tutto ad un tratto mi ero sentita una stupida per averli lasciati là da soli. Avrei potuto aiutarli anch'io, cercare, per lo meno, di non apparire una fifona rincretinita, avrei potuto chiamare fuori Rattata! Anche se probabilmente si sarebbe bruciato a causa del fuoco … probabilmente avrei solo causato ulteriori problemi.

Mi ero sentita un'inetta. Ed il senso di colpa aumentava di minuto in minuto. Forse, se mi fossi nascosta e non avessi fatto la schizzinosa …

Avevo quindi scosso la testa, pensando a che cosa avevo causato.


La colonna sonora era ormai quasi scomparsa, così, Kakeru, annoiato, aveva esclamato "Che caldo! Fortuna che avevo quei robi soporiferi, sennò dubito che Nincada avrebbe potuto sconfiggere il lumacone!" Poi si era messo a ridere, come se fosse stato tutto merito suo.

Daisuke, allora, si era avvicinato, trascinando il primo Tizio ("Uccidetemi subito! Vi prego, mettete fine alle mie sofferenze!" Aveva detto, osservando il mio compagno di viaggio come se fosse un demonio. Non lo biasimavo.) con una corda con cui l'aveva legato "Quanti te ne sono rimasti?"

Il ninja lo aveva guardato male, poi aveva detto, con la faccia di uno innocente "Nessuno!".

"Eppure io non li vedo qui attorno, che fine hanno fatto? Non li avrai sprecati, spero ..." Aveva chiesto minaccioso Daikke, assumendo un'aria di chi aveva a che fare con un'idiota.

"Emh … li ho tirati addosso allo Slugma, ovvio!" Aveva esclamato.

"No! E' ovvio che tu sei stupido!" Era sbottato il più ingegnoso "Se tu non li avessi tirati addosso a quella lumaca, a quest'ora avremmo potuto addormentare questo e quell'altro! Invece adesso dobbiamo combattere ancora!"


A quel punto, Kakeru si era infuriato "A sì!? E allora perché non fai qualcosa tu? Nemmeno ce li hai questi cosi!"

"Dardi."

"Non ha importanza! Tu dici sempre che io sbaglio, ma poi eri proprio tu che stavi per essere bruciato dallo Slugma!"

"Certo, perché naturalmente non è abbastanza combattere contro due di loro, ci voleva anche il terzo." Si era difeso, ricostruendo la sua impassibilità.

"Ed ora non giustificarti! Io avrei benissimo potuto occuparmi di tutto, al contrario di te!"

"Parla quello che si è fatto derubare dei soldi che aveva rubato …" Aveva sorriso falsamente Daisuke.

"Ehi! Io non li ho … TU! Sei stato tu a prendermeli!" E così il ninja lo aveva assalito, mettendosi a perlustrare le tasche dell'altro, mentre questo urlava:
"Idiota! E' stata Madeleyne, aveva deciso di farti 'pagare' per quello che le avevi fatto." Aveva detto, tirandogli un pugno sul naso.

"Non ti credo, come avrebbe potuto se l'avevo legata?!"

"Perché? Sai fare dei nodi?" Aveva risposto, fingendo stupore.


Dalla mia posizione, io avevo assunto uno sguardo disperato "Cosa fanno, adesso? Litigano?!" Avevo chiesto a nessuno in particolare.

"A quanto sembra. Ma lo fate spesso?" A quella risposta, formulata in un tono giocosamente inquietante, mi ero completamente paralizzata. Lo sapevo, sei movta. Aveva detto il mio cervello. Ova, io me ne vado alle Bahamas, non tovnevò finché la situazione non savà accettabile. Avvivedevci.

Ero quindi arretrata di qualche metro: di fianco a me si trovava il pagliac --- capo dell'organizzazione super cattiva che stava bruciando vivo l'uomo e prendendo botte dai miei amici. In un certo senso, lo compativo: non doveva essere facile essere a capo di gente così stupida.

"E-eh? Ah, n-no. Non m-molto." Gli avevo quindi risposto, continuando ad allontanarmi. Lui intanto mi stava guardando con vivo interesse. Ed un sorriso inquietante. Aveva il sorriso di uno che sa molte cose. I Wooper, al confronto, non valevano nulla. Faceva paura … anche perché vedendo la mia reazione, aveva messo il broncio.

"Oh, andiamo! Non vorrai farti scoprire da Jeff, vero?" Aveva domandato. Ma non c'era sarcasmo nella sua voce, piuttosto, un vivo interesse. Chissà a cosa stava pensando.

"Non si chiamava Bob?" Avevo risposto con un'altra domanda, mentre mi accorgevo che lui aveva ragione: se uscivo fuori dal mio nascondiglio, mi sarei messa ancor di più nei pasticci. Dovevo scegliere: rimanere con un pazzo, oppure andare dall'energumeno spaccaossa? Avevo quindi sussurrato "No, non voglio scavarmi la fossa …"

"Brava!" Aveva festeggiato, cercando qualcosa fra le maniche "Jim è pericoloso quando vuole, e non credo che i tuoi amichetti potrebbero farci qualcosa … ah!" Aveva esclamato, tirando fuori una manciata di dolciumi. E di pillole.

"Vuoi una caramella?" Aveva chiesto, ingoiando una pillola grigiastra, seguita da una rossa e blu. Io avevo scosso la testa, e lui aveva detto, sorridendo "Guarda che non sono avvelenate!" E per dimostrazione ne aveva mangiata una.

"Perché non chiami gli altri? Non dovresti essere con loro?" A quel punto mi aveva lanciato in mano una caramella "Insomma, non eri uno dei cattivi? Il capo, per giunta?" Quindi aveva riso.

"Oh … ma io non sono il capo. Sono uno dei tre capi, il capo del gruppo Pyro, ma non sono il capo. Il capo è il capo, ma io sono solo un capo. Anche gli altri sono il capo, ma il loro tipo di capo è un capo che è nettamente inferiore al capo. Ma io sono superiore ai capi, che sono superiori a me. Ho reso l'idea?"

"Uh … S-sì. C-cioè, no! Insomma … non lo so …" Avevo balbettato, guardando il terreno. Adesso lui doveva pensare che io fossi un idiota. Splendido! E non avevo ancora capito da che parte stava! Ma perché la mio vita doveva essere così complicata?!

"Aww … ♥! Quanto è carina Madeleyne-chan quando è confusa!" Aveva quindi detto.


A quel commento, nel mio corpo si erano accese tre sensazioni contranti.

"E' solo un trucco, solo un bluff! Poi ti farà del male!" Aveva detto Diffidenza. Normalmente gli avrei dato ragione, ma in quel momento, Guardachefigocheè e Imbarazzo avevano preso il sopravvento. Picchiandolo. A quel punto avevano iniziato a schiamazzare da fungirl. Mi sentivo sottopressione.


"Ma è più carina quando arrossisce! ♥" Infatti, senza che me ne accorgessi, il mio viso si era trasformato in un pomodoro. Che cosa dovevo fare? Ero intrappolata dietro ad una casa, impossibilitata a far nulla. E vicina ad un pagliaccio (che per qualche arcano motivo portava una benda sull'occhio) contraddittorio ed infantile. E un pochino pervertito. Ma bello. E sembrava anche simpatico …


"Non dovresti andartene?" Avevo quindi domandato, acida, non sopportando più le pressione ed i sensi di colpa per star chiacchierando con il nemico.

Tristemente, aveva sussurrato "Mad-chan è non mi vuole più …" assumendo un'espressione paragonabile solo a quella del più infelice bambino della terra. Mi si stringeva il cuore, poveretto …

"No, è solo che … sono confusa." A quel commento lui era ritornato in modalità giocosa, ed aveva esclamato un "Yuppy!" di felicità.

"Ma come fai a sapere il mio nome?" Avevo chiesto. A quel punto, lui mi aveva lanciato uno sguardo diverso dagli altri. Questo era serio. Poi, come risvegliatosi da un'intorpidimento, aveva affermato, misterioso "So' molte cose che tu non sai …"

Così, io non volendo proseguire, mi ero limitata a sbuffare "Già, ma io non so nemmeno il tuo nome!" Quello mi aveva osservato, questa volta, sorpreso. Era strano, vederlo davvero sorpreso. "Il mio nome?" poi era ritornato normale, allargando un'altro dei suoi sorrisoni "Mi chiamo Hiro!" Poi aveva continuato ad ingoiarsi le sue pillole. Nel frattempo, avevo mangiucchiato la sua caramella, stupendomi: era dolcissima.


La pace però, era durata poco. Infatti, Daikke e Carotinuccio erano talmente immersi nella loro discussione su chi fosse il più … il migliore, che si erano dimenticati dell'esistenza di Bob. Facendo cenno al pagliaccio che mi stava di fronte di zittirsi, avevo esposto la testa, imitata subito, dall'interessato clown. Stranamente, i due avevano molti più bernoccoli e lividi dell'ultima volta che li avevo osservati. Non si potevano essere presi a botte a vicenda, vero?

"Oh … Timothy non sarà contento … " Aveva detto, indicandomi l'omaccione che lentamente, si stava avvicinando a loro "… lui è molto impaziente! Ma penso che si sia trattenuto dal colpirli subito, poiché era interessato alla loro discussione!" Aveva detto, pensando. Forse aveva ragione. Anche io avrei trovavo divertente ascoltare due mocciosi che litigano.

Timo---Bob (accidenti, stavo diventando simile al pagliaccio!), stava, come avevo detto, avanzando verso di loro. Poi, aveva preso le loro teste, e le aveva fatte schiantare fra loro, producendo il suono di un contenitore vuoto. Poi, nonostante i loro tentativi di liberarsi, li aveva spinti all'interno della casa, dandogli un ultimo pugno prima di farli cadere sul pavimento, e chiuderli all'interno.


A quel punto, il Clown mi aveva domandato "Cosa intendi fare? Li salvi o non li salvi?" Io l'avevo guardato scettica "Tu non mi aiuti?!"

Lui aveva scrollato le spalle, assumendo un'aria triste plus un sorriso triste "Non posso, mi spiace. Se non ricordi ti trovi davanti al capo di quell'organizzazione." Ah. Avevo capito il concetto. Dovevo salvarli? O forse no?

"Tanto, che problema c'è?" Avevo detto "Tanto mica muoiono se se ne stanno lì da soli …" Gli avevo risposto.

A quel punto, il pony aveva tirato una palla di fuoco alla casa, che aveva preso fuoco.

Hiro aveva quindi risposto, mangiandosi una caramella, divertito: "Dicevi?"




Hola! Buonanotte! Abbiamo quindi rivisto Kakeru, tornato con le sue tecniche ninja, ad aiutare il povero Daikkuccio. Se si odiano così tanto? Boh …

Di sicuro combattono meglio di quelli di Tekken U.U Se qualcuno sa che cosa intendo. Poi: la povera Maddy, non sapendo, giustamente, cosa fare, si è data alla fuga. Per i due compagni, il combattimento sembra naturale: come mai? Lo scopriremo … prima o poi. Nuovo personaggio!!!

Alors, a quanto avete visto, Hiro è moltooo confuso. Un amico, od un nemico? Sarà sano, o psicopatico? Cosa ne pensate? (Ci fa schifo … Ndtutti)

-.- recensioni, che è meglio …:


Birby: non impazzire, ti prego, mi servi sana! XD Daisuke, naturalmente, si preoccupa molto degli altri … a meno che non si tratti del ninja-capelli-verniciati (T.T NdKakeru)! Pokèmon acciaio … non lo so, ci posso far qualcosa … proverò a far qualcosina!


Camilla_rain: Non capisco perché ti devo rispondere, se ci sentiamo su MSN, ma vabbe. Chiedo scusa perché io sono molto depressa ed ho paura del fallimento U.U Maddy non è proprio la persona che potresti definire 'coraggiosa' ma ci sono alcune cosine che riesce a fare U.U E per gli insetti, hai ragione, sono io che soffro di insettofobia, mia cavaaaa! Non Maddy! Trovi il rivale mitico? Eggià, il rivale di Daikke è pucciooooo! Ultimamento sono impallata con i capelli rossi, quindi devo cercare di non strafare …

Maddy adora i soldi, non ti preoccupare, cercherò di accennare questa sua roba durante i capitoli $.$ Siccome vuoi leggere così tanto il nuovo capitolo, non ti rispondo alle altre sciocchezzuole che hai scritto U.U (sto scherzando, naturalmenteXD) Ciao, Onee_chan! ♥


franky9397: hai ragione, l'abbiamo rivisto! Ma sei un indovino? o.O Magari maddy fosse come te, lei si è lasciata subito sopraffare da quei robi mollicci! Vedrai però nel prossimo capitolo XD ed il nome del team, sì, mi piace qualcosa di oscuro! Grazie!


ShesshomaruJunior: allora, hai visto il vampiro in azione ^^ Non lo so, durante il capitolo mi prende l'ispirazione di qualche battuta, ed allora la scrivo, sennò (come spesso accade) il capitolo rimane noioso … come al solito … la storia è noiosa T.T Ma basta deprimermi! Hai visto? Ti ho messo qualcosina di fuoco, non sei contento?


Allora, un paio di annunci: Odio Heidi, mi ha traumatizzata.

Le battute, purtroppo, mi vengono molto male, e quando me ne viene una sana, non me ne vengono più per almeno dieci capitoli … -.-

La musica di Kakeru è quella di Naruto, italiana, per chi non l'avesse capito ^^

E poi, ancor più importante: IL NOME DELL'ORGANIZZAZIONE, NON è PYRO (quello è solamente il nome di una delle squadre dell'org. Poi vi spiego più avanti)


DOMANDA: che ne pensate di Hiro? Boh, che so, pensate sia buono, cattivo, entrambi, un po' stupido …


Spero che vi sia piaciuto! GloGlo_96

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Capitolo 15
*** !Vendetta! ***


Pkm 13.0

!VENDETTA!


Guardavo la casa. La casa guardava me. Io e la casa ci guardavamo. Quindi mi ero messa a fare dei cerchietti per terra, domandandomi il perché queste cose succedevano sempre e solo a me. Hiro mi aveva fissato curioso, attendendo una risposta, ma vedendo che non mi muovevo, aveva iniziato a darmi dei consigli:

"Allora, potresti, prima liberare i tuoi amici" Io avevo quindi alzato la testa, speranzosa "Ma quindi dovresti combattere contro Rex" avevo preso a battere la testa contro un albero.

"Sennò potresti sempre iniziare col combattere Vick" Mi ero alzata, guardandolo scettico "ma alla fine loro morirebbero bruciati" Aveva continuato, scrollando le spalle.

"Invece, se tu non vuoi correre il rischio, ti conviene scappare..." Questa è una bella idea! Avevo pensato, ansiosa di sapere il seguito "… ma la città è dell'altra parte" Sapevo che c'era l'inghippo … Mi ero detta, sorridendo demoralizzata.

"Oppure …" Aveva detto, mangiucchiando un lecca-lecca alla fragola. Io adesso ero curiosa: cos'altro ci poteva essere oltre a queste tre opportunità?! "… potresti sempre stare qui con me a mangiare zucchero filato!" Aveva detto, sorridendo, mentre tirava fuori da dietro alla schiena, i suddetti dolciumi rosa.


"…" Mi ero sentita molto attratta dall'ultima possibilità, ma poi mi ero ricordata in che situazione eravamo e che lui era uno dei cattivi. Quindi avevo sospirato: "Mi dispiace, ma penso che andrò a cercare un modo per liberare quei due … no, tre con il vecchio".

Hiro mi aveva fissato, con il suo solito sorriso. Poi aveva preso una trombetta (?) di quelle che si usano per i compleanni e, suonandola, mi aveva spinto via dal nascondiglio. Allo scoperto. Esattamente davanti a Bob.

Voltandomi nuovamente verso Hiro, avevo notato che questi non c'era più. Al suo posto era comparsa una bandierina colorata con su scritto un incitamento. Alla fine c'era uno smile. Ed un cuoricino. Probabilmente stavo di nuovo arrossendo. Quanto ero imbarazzante …


"Ehi, tu!" Aveva chiamato l'energumeno, camminando verso di me, con un ghigno che gli torreggiava in volto. Io gli avevo quindi sorriso nervosamente "Ah … ciao Bob …".

"Sapevo che eri ancora nei paraggi, bastava dar fuoco alla baracca per farti uscire allo scoperto" Aveva detto, vantandosi e richiamando il pony. "Ponyta, guarda un po' chi abbiamo qui! Ti ho portato un nuovo giocattolo!" Mi ero sentita rabbrividire. Non volevo finire arrostita. Avevo tirato fuori la mia pokèball, non sapendo cos'altro fare.

"Rattata!" Aveva esclamato il topino, vedendo il Ponyta caricare verso di noi. "Rattata, usa Morso!" Il pokèmon aveva preso a correre verso il cavallo, mentre i suoi denti diventavano ancora più grandi ed appuntiti. Il cavallo, però, non sembrava preoccuparsene. L'allenatore aveva infatti urlato "Ed adesso usa un bel Ruotafuoco!"


Auch. Questo non l'avevo previsto. Mi ero detta, guardando il mio pokèmon volare via, mentre una massa enorme di fuoco correva verso di me alla velocità di un'automobile. Con i riflessi di un felino, ero scattata di lato, schivando il cavallo infuocato. Se c'era una cosa che avevo imparato a scuola, oltre a come scassinare gli armadietti altrui, o a come scappare indisturbate attraverso le finestre del terzo piano, era schivare qualunque oggetto. Se volevi sopravvivere, dovevi avere riflessi. Soprattutto in palestra, quando si giocava a palla avvelenata: era il gioco più temuto. La palla, in realtà, era davvero avvelenata. Alla fine di tutte le giornate, ci ritrovavamo tutti in infermeria. Un'altra minaccia era invece rappresentata dalla stessa classe: se volevi alzarti per buttare qualcosa, od andare in bagno, dovevi eseguire le mosse di Matrix per schivare aereoplanini o gomme-catapulta.


Mi era quindi risultato piuttosto naturale schivare lo stupido Pony. Che mi stava inseguendo senza sosta, come un toro. "Fermalo! Fermalo!" Avevo quindi implorato Bob, che, sorpreso, aveva fatto un cenno a Ponyta, il quale aveva smesso di rincorrermi.

"Vuoi dire le tue ultime parole?" Mi aveva chiesto, grattandosi il mento.

Io intanto riprendevo fiato, ed intanto mi chiedevo che potevo fare. Rattata era scattato vicino a me. Non sembrava essersi fatto tanto male. Ma se avesse subito più di altri tre colpi sarebbe andato K.O.

"Sì." Bob mi guardava sorpreso, mentre io avevo tirato fuori una lista arrotolata. Tossendo per schiarirmi la voce, avevo quindi preso a leggere "Vorrei innanzitutto ringraziare i miei genitori, Mamma e Papa, per avermi dato alla vita. Ringrazio la Nonna ed il Nonno per avermi tenuto compagnia negli ultimi tempi, e per aver provveduto alle mie esigenze senza ricevere nulla in cambio. Ringrazio topo Gigio perché per fortuna è un topo e non un ratto. Ringrazio …" La casa intanto bruciava.

Probabilmente là dentro erano entrati in uno stato di panico, o peggio. Magari erano svenuti. Oppure erano già morti. Speravo solo che stavano bene.


Dentro alla casa …

Daisuke e Kakeru osservavano la porta, silenziosi ed incuriositi. Non si riusciva a sentire niente di quel che stava succedendo oltre al muro, ma non ne sembravano infastiditi. Il silenzio, però, non era durato molto.

"Daisuke?" Aveva chiesto il ninja, continuando a fissare la porta.

Quello intanto non rispondeva. Non sembrava preoccupato, ma nemmeno confidente che qualcuno avrebbe potuto salvarli. In altre parole, era tranquillo. Impassibile come sempre, ma calmo dentro di sé. L'ambiente, poi, lindo e pulito, pieno di mobili in legno e di un tavolino rotondo al centro della stanza, aiutava a dare un senso di calma.

"…?" Quindi si era chiesto: perché quello stupido ninja era insieme a lui? Stava rovinando tutta la tranquillità di quel luogo. Rovinava l'atmosfera, e le sue riflessioni. Ma era comunque una persona bisognosa di aiuto. E lui si sentiva in dovere di aiutare le persone più mentalmente arretrate di lui.

"Inizio a sentire un po' caldo, sai?" Aveva domandato, continuando a fissare la porta, dalla quale poco tempo fa' erano stati scaraventati dentro.

"Dev'essere il tuo cervello che è andato in surriscaldamento a causa della tua stupidità" Aveva quindi affermato, tranquillo. Sì, non poteva fare a meno di aiutare i bisognosi.


Tornando da Maddy …

"… ringrazio il cacciatore della favola di Cappuccetto rosso per averla salvata dal lupo. Ringrazio il becchino per aver scavato una fossa al povero lupo. Ringrazio …"

Era da un paio di minuti che stavo andando avanti così. Era divertente, ma allo stesso tempo spaventoso. Bob, come aveva detto Hiro, si distraeva facilmente. In quel momento stava ascoltando, con degli occhiali da vista tirati fuori da chissà dove, ed una posa da pensatore, tutte le persone che stavo ringraziando. Io iniziavo a preoccuparmi perché se non mi veniva in mente qualcosa, Daisuke, Kakeru ed l'uomo potevano definirsi spacciati.

"… ringrazio il mio Tamagotchi, Ruby, per non essere morto anche se l'avevo lasciato per un intero giorno con le cacchette ed una malattia che gli ronzavano attorno. Ringrazio …" chissà come facevano delle cacche a muoversi. Guardandomi attorno, avevo visto il Ponyta brucare l'erba poco distante, tranquillo. Il top delle mie priorità era salvare i miei amici. Poi sarei fuggita. Con loro oppure no.

"… ringrazio anche lo spray anti-zanzare, mio fido amico. Ringrazio il mio pesciolino, Flippy, che stranamente è scappato via il giorno dopo che l'avevo comprato. Ringrazio …." Già, il mio povero Flippy. Mia nonna ha detto che era scappato. Non si sapeva dove fosse finito.

Rattata si era ormai ripreso. Mancava poco. Sapevo che dovevo agire in fretta.

"Ringrazio …" Però, a quel punto, Bob mi aveva interrotta. Come osava interrompermi?!


"Di preciso, quand'è che hai scritto questa lista?" Aveva detto lui, togliendosi gli occhiali. Ed asciugandosi un po' di sudore che gli aveva procurato il caldo.

"Questa?" Avevo domandato "Oh, in questi ultimi giorni." Lui sembrava comprensivo. Annuiva ogni volta che aprivo bocca "Sai, dopo aver rischiato di morire a causa di piccoli pokèmon striscianti, di un palloncino, di un Fanatico che cerca fossili, di un ragazzo che sembra Conte Dracula in persona e di un orribile Cilaferry assassino, dovevo pur prendere delle precauzioni nel caso mi succedesse qualcosa."

Lui sembrava diventato di pietra, poi aveva balbettato: "Hai … detto … Clefairy?"

Aveva chiesto, in qualche modo inquieto. Io avevo annuito, interessata. In un certo senso, sentivo che pure Hiro ci stava guardando, da qualche parte. Lui aveva continuato. "All'organizzazione, si vocifera, che il braccio destro del capo possegga un Clefairy. E' tremendo, sembra il diavolo in persona. Si dice, che 'lui' abbia sconfitto tutti al quartier generale. Solo gli altri tre capi sono riusciti ad eguagliarlo." Poi si era fermato di colpo, come se risvegliato da un lungo sonno.

"Ma io non dovrei dirti questo. Quindi, hai finito con la lista? Non importa. Ponyta, Ruotafuoco!"

Cercando di rimettere a posto in fretta e furia la lista, in modo che non si bruciasse, mi ero preparata un'altra volta alla grande schivata.


Dentro alla casa …

"E' tutta colpa tua se siamo finiti qua! Adesso moriremo tutti!" Aveva urlato il ninja.

"Allora, se hai così paura, perché non cerchi una via d'uscita?" Aveva detto Daisuke, schivando il vaso di ceramica che Kakeru gli aveva lanciato addosso.

Quindi si era aggiustato la camicia, togliendosi la giacca della sua divisa e asciugandosi un po' di sudore. Effettivamente, se non facevano qualcosa, sarebbero morti bruciati. O forse sarebbero morti per inalazione dei fumi.

"E come pensi che possa fare?! Nincada non sopporta il fuoco, e non possiamo passare dalle finestre perché la casa è come un'enorme falò!" Gli aveva tirato addosso una sedia. Daisuke aveva sospirato: forse, cercare di negoziare gentilmente era inutile con lui. Dopo essere saltato sul tavolo, per evitare di pestare i cocci di ceramica frantumati, aveva tirato un calcio al ninja, che era finito a terra, ancora più arrabbiato di prima.

"Quindi … è così che stanno le cose." Aveva iniziato, tremendamente serio. Con il vento che gli muoveva i capelli. Ed una canzoncina malinconica che riempiva la stanza. Daisuke si era posto l'obiettivo di scoprire da dove provenivano questi effetti scenografici. Ma questo dopo essere usciti da lì.

"…?" Aveva domandato, aspettandosi chissà cosa dal ninja. Probabilmente l'attacco di panico che stava subendo, lo aveva fatto diventare paranoico.

"Adesso mi è tutto chiaro. Tu vuoi uccidermi, per poi scuoiarmi vivo ed utilizzare il mio sangue per spegnere l'incendio!" … infatti. Perché queste cose succedevano sempre a lui?

"Ma se vorrai davvero farlo … allora dovrai prima passare sul mio cadavere e su quello di Bibble Bubble!" Aveva detto, tirando fuori dalla sua sacca un vecchio orsacchiotto di peluche con una benda ed un bavaglio ninja. Avrebbe tanto voluto spaccare la finestra e farsi bruciare vivo …

Proprio quando i due stavano per riprendere il combattimento, un profumo di the nero aveva invaso la stanza. Guardando dietro di loro, i due scorsero un vecchio uomo barbuto che stava, tranquillamente, bevendo il the, seduto dietro ad una scacchiera.


Torniamo da Maddy …

Avevo quindi schivato un'altra caricata. Era difficile tenere il passo. Mi aveva già colpito di striscio due o tre volte, ed ora ero distrutta. Non mi era mai piaciuta l'attività fisica. Rattata stava lottando abilmente, ma era assai difficile arrecargli danno, quando era totalmente ricoperto di fiamme. Se avessimo avuto un po' d'acqua …

"Non riuscirai a scappare!" Aveva urlato Bob. Stavo, infatti, correndo via dal Ponyta verso la foresta, proprio da dove eravamo arrivati. "Sicuro?!" Avevo tentato di rispondere, mentre il cavallo restava un po' più indietro, a causa dei rami.

Sarei riuscito a seminarlo, se solo, un piccolo verso, non mi avesse fatto cambiare idea. Bob, dietro di me, si era fermato anche lui, chiedendosi che cosa avesse causato la mia resa. Si stava sicuramente divertendo a giocare al gatto ed il topo.

Nel mio viso si era formata un'espressione di puro terrore. Il mio cuore aveva perso un battito. Mi ero messa a tremare. Io fissavo dritto davanti a me, dove il mio più grande incubo si era ripresentato alla mia porta. Speravo con tutto il cuore che lui non ci avesse notati. Cosa alquanto impossibile, visto che un ciccione, una mocciosa, ed un pony che aveva preso fuoco non erano proprio gli esseri più passabili della terra. Stavano per andare via, quando Bob, dietro di me, aveva domandato "Che diav--" Ed io gli avevo tappato la bocca. Ma era troppo tardi:

"Woopa?" Il capo dei Wooper ci aveva visti. Ma ero sicura che stesse guardando solo me. Mi fissava. Con quel suo sorriso stampato in faccia. E poi … si era messo a correre con il gruppo, verso di me. Io, non aspettando altro, ero schizzata via come un atleta dei 100 metri. Ma i Wooper erano troppi.

Il ponyta sembrava spaventato da quei cosi, e Bob, invece, guardava curioso la scena. Rattata, si era rifugiato dentro a qualche cespuglio. Io, invece, correvo attorno alla casa, come una scalmanata, inseguita da un'orda di Wooper. Erano davvero troppi.

Ad un tratto, come se mi avessero letto nella mente, i Wooper si erano fermati ed io ero corsa proprio dritta davanti a loro. Il capo Wooper, mi aveva quindi fissato, sorridendo con fare provocatorio. Anche se il suo sorriso era sempre lo stesso.
"Woopa?" Io lo avevo guardato terrorizzata "No … non oserai ..?!"

Lui mi aveva guardata, ancor più contento di prima "Woopa Woopa?"

"No … non farlo … non sai cosa potrei fare …" Avevo detto, minacciosa. Se lui voleva la guerra, allora avrebbe trovato una valida avversaria. Non gli conveniva farmi arrabbiare. No. Assolutamente.


"Wooppa!" Ignorando le mie parole, lui mi era saltato sulla faccia.

Primo, sentivo un senso di nausea risalirmi su per lo stomaco. Vedevo solamente il suo orribile sorriso. Nient'altro. Non sapevo nemmeno da che parte stavo andando. Potevo perdere l'equilibrio da un momento all'altro. Sentivo milioni di 'Woopa!' Che squillavano nell'aria, tutti quanti indirizzati a me. La rabbia aumentava.

Poco distante, sentivo le risate del cavallo e del suo allenatore, martellarmi le orecchie. Stanno ridendo … di me? Non sapevo a cosa pensare. Sapevo solo che se le cose continuavano così, mi sarei spazientita. Pure le reclute che erano state messe K.O da Daikke e Kakeru stavano ridendo. Per forza. Sono ricoperta da schifosi girini che odorano di melma e fango. Mi ero autoconvinta.

Vedendo che la mia reazione non era come quella dell'altra volta, il Wooper si era indispettito, così si era messo a sventolare la codina avanti ed indietro, sul mio naso. Ma potevo ancora resistere, questo non mi avrebbe fatto perdere la mia calma.

"Woopa?" Aveva detto il Wooper, spalmandosi sulla mia faccia, prima di scendere fino a contatto visivo. I miei occhi contro i suoi. Faccia a faccia. Ed allora, il Wooper, aveva perso il suo sorriso.


Dentro alla casa …

"GAH! Come potete stare lì tranquilli a sorseggiare il thè quando qui stiamo andando a fuoco?!" Aveva urlato Kakeru, riacquistando un po' del suo vecchio carattere. Quello era già un miglioramento, e Daisuke lo sapeva. A quanto pareva, il vecchio all'interno della casa era più intelligente di quanto avesse immaginato. Non aveva perso la calma, ed era riuscito a slegarsi da solo, utilizzando i cocci del vaso che il ninja aveva in precedenza rotto. Stranamente, anche se tutto stava bruciando, per loro tutto era tranquillo.

"Andiamo! Come si fa giocare a scacchi in un momento come questo!?" Aveva continuato, indicando la scacchiera davanti agli altri due.

Già. Se c'era una persona che poteva rovinare quell'evento era proprio quello stupido ninja. A dir la verità, anche il suo avversario. Era maledettamente bravo. E ciò lo rendeva nervoso. Avrebbe dovuto terminare in fretta la partita. Se solo quello stupido lo lasciasse pensare, senza urlare scemenza ogni tre secondi …

!CRASH!

Una piccola pallina bluastra si era introdotta nella casa rompendo la finestra. Poi si era schiantata sulla testa di Kakeru, facendolo svenire.

"Un segno divino!" Aveva esclamato il vecchio, congiungendo le mani ed esprimendo ringraziamenti. Anche lui aveva trovato fastidioso il comportamento del ninja.

Guardando meglio, si poteva notare che la piccola pallina blu era un Wooper. Uno bello grande, fra l'altro. Ma c'era un particolare che lo rendeva diverso: non sorrideva.

"…" Daisuke aveva abbozzato un piccolo sorriso. Madeleyne stava combinando qualcosa, la fuori.

Ignorando l'accaduto, i due sfidanti avevano ripreso a giocare, arrostendo, di tanto in tanto, delle salsicce sul fuoco.


Che sta succedendo fuori?

Mi ero stancata. Quello stupido Wooper aveva avuto ciò che si meritava. Ed adesso toccava agli altri. Il gruppetto di pokémon, vedendo che il loro leader era in pericolo di vita, avevano iniziato a sputare getti d'acqua sulla casa. Lentamente le fiamme si stavano ritirando. Ma, non era ancora finita.

"Ponyta, usa Ruotafuoco sulla mocciosa, presto!"

Oh oh … ma io non mi farà prendere in giro un'altra volta.

Prendendo una mangiata di Wooper dal terreno, li avevo lanciati addosso al pony, che aveva rallentato. Poi, ne avevo strizzati altrettanti, facendo uscire getti d'acqua dalla loro bocca, verso il cerchio di fuoco. Di solito, non avrebbero acconsentito all'utilizzazione del loro potere in questa maniera. Figurarsi. Ma forse, con le cose che gli stavo sussurrando, li avevo convinti:

"Se voi non fate quello che vi dico io, non solo vi getterò contro una vetrata, ma, perché no, vi torturerò, vi tagliuzzerò, vi abbrustolirò, e solo quando voi pregherete di non essere mai nati, solo allora porrò fine alle vostre misere esistenze. E vi mangerò. Uno per uno." Questo, misto all'aura tetra che emettevo, ed al sorriso cupo che avevo stampato in faccia da quando avevo lanciato il primo Wooper, erano serviti a convincerli a collaborare.


"Rattata! Usa Morso!" Il topino era scattato davanti al Ponyta, e l'aveva morsicato sul collo. Le fiamme cercavano inutilmente di ricoprire il cavallo, ma i Wooper che tenevo stritolati non glielo permettevano. "Ancora! Ed ancora!" Gli avevo urlato. Rattata l'aveva morso sul dorso e sulla zampa. Il Ponyta, allora, si era dato alla fuga. Stranamente, avevo voglia di inseguirlo e di continuare ad attaccarlo. Stavo per farlo, quando mi ero ricordata il perché ero lì. Ero corsa, quindi, di nuovo verso la casa, ora quasi spenta, a controllare se la porta era aperta. Purtroppo no.

Stavo per prendere una forcina per scassinare la serratura, quando da dietro di me, Bob mi aveva afferrata per le spalle, stritolandomi.

"Ah quanto pare devo sbrigarmela da solo" Si era detto, come se fosse una cosa che faceva tutti i giorni. Ma non ne avevo voglia di aspettare che lui si staccasse, o peggio, mi spaccasse un braccio. Accumulando energia nel mio piede destro, gli ho detto "Conto fino a tre." Lui si era messo a ridere.

"Uno …" il piede era pronto.

"Due …" avevo scaricato la tensione sospirando, mentre l'uomo mi trascinava chissà dove.

"E tre!" Gli avevo tirato un calcio, proprio in mezzo alle gambe.

La reazione non era tardata a farsi sentire. L'uomo aveva subito mollato la presa, ed era caduto a terra, stringendosi la parte ferita. Mentre la sua faccia si contorceva dal dolore, Bob continuava a lanciare urla isteriche e parolacce.

"Quando si afferra qualcuno, bisogna cercare di coprirsi le parti delicate. E' una cosa che si vede in ogni film! Andiamo!" Gli avevo detto, da maestrina, mentre lui entrava in un stato di catalessi.

E' da lì, la rabbia se n'era andata. Sostituita da una calma genuina. Canticchiando una canzoncina inventata, mi ero diretta ad aprire la porta. Finalmente tutto poteva dirsi finito. Con un colpo di forcina, avanti ed indietro, e dopo una trentina di secondi, si era udito un CLACK, e la porta si era aperta.

All'interno, lo spettacolo era discutibile: Daisuke ed il vecchio giocavano a scacchi, mentre sul pavimento giacevano cocci, vetri e pezzi di legno. Kakeru, con un enorme bernoccolo in testa, stava invece scavando una buca nel terreno. Usando un cucchiaino.

"Tocca a te. A, Madeleyne, sei arrivata giusto in tempo per una tazza di the" Aveva detto Daisuke, sorseggiando da una tazzina decorata. Mentre un luccichio inquietante degli occhiali misto ad un sogghigno facevano già intuire come sarebbe finita la partita. L'uomo davanti a lui, invece, sembrava essere percosso da scariche elettriche, quanto si agitava. Quindi, aveva messo la mano sull'alfiere, e l'aveva spostato di uno, due, tre spazi in diagonale. Adesso gli occhiali sembravano i dari delle automobili.

"Scacco Matto, ho vinto" Aveva quindi terminato di dire, Daisuke.

L'uomo non l'aveva presa molto bene. Si era alzato ed aveva lanciato la scacchiera, e tutti i pezzi, contro il muro. Il cavallo assomigliava ad un Ponyta …

Subito dopo si era messo a calciarla per tutta la stanza, mentre calpestava tutti i pezzi da gioco. Poi, respirando affannosamente, si era ricomposto:

"Accetto il mio fallimento e non ne faccio un dramma, complimenti." Aveva quindi stretto la mano a Daisuke, il quale sembrava soddisfatto, ed al contempo, rispettoso.


"Ahah! Avete visto!?" Riecheggiava una voce all'interno del buco "Il grande ninja, Kakeru! Vi ha salvati dalla miseria." Aveva continuato, uscendo fuori, ricoperto di terra. In un braccio stringeva un orsetto di Peluche, nella mano, un cucchiaio ed una pietra rossiccia. E sbrilluccicosa.

"Oltre a salvarvi, sapete che ho trovato? Una Pietrafocaia!" Aveva detto Kakeru, mostrandoci la pietra. All'interno c'era una forma più scura che ricordava una fiamma. E era calda. Molto strano.

Il vecchio, però, sembrava contrariato: "Ah! Ecco dov'eri finita!" L'aveva rubata dalle mani del ninja, che, arrabbiato, aveva detto "Ehi! E' mia, l'ho trovata io!"

Lui invece aveva scosso la testa "No, sta qui è di questa ragazza." Tutti lo guardavamo confusi. "Ovvio, ha salvato la mia casetta! Si merita una ricompensa"

Avrei potuto scommettere che in realtà disprezzava sia Daikke che Kakeru. Meglio per me. Intascata la pietra, eravamo usciti dalla casa.


I Wooper, dopo avermi visto, erano fuggiti. Non mi sorprendeva. Anche gli scagnozzi si erano dati alla fuga. L'unico che si poteva vedere lì attorno era Bob, ora svenuto, sul prato. Ritirando Rattata, il quale aveva giustamente bisogno di riposo, avevamo salutato il vecchio signor Rossi. Era stato gentile, ci aveva offerto qualche spicciolo per averlo aiutato e poi se n'era andato, con la scusa di dover andare a raccogliere un po' d'acqua al lago.

"Allora, cosa pensi di fare?" Avevo chiesto a Kakeru, che, fischiettando, stava raccogliendo le sue cose.

"Credo che me ne rimarrò ancora un po' qui, nella foresta. Devo allenare Nincada, sai?" E aveva quindi spiccato un balzo, fino ad arrivare sopra ad un ramo, urlando "Ma non dimenticatevi di Kakeru, il ninja antipanico!"

Poi c'era stato il silenzio. Daisuke, intanto se n'era altamente fregato, ed era andato a frugare nei cespugli, dove aveva nascosto il suo zaino. Quindi avevo trascorso un paio di minuti immobile, in piedi, ferma come un palo. Era brutto sentirsi dimenticati ...

Avrei continuato così, se non fosse successo che Bob, il mio caro amicone, si era risvegliato, ed era scattato nella mi direzione, chiudendo la mano in un pugno. Io, sorpresa dalla velocità con cui si era ripreso, avevo urlato, e mi ero messa nuovamente a correre, nonostante la stanchezza.

Fra di noi si era intromesso Hiro, comparso da non si sapeva dove. Bob, si era immediatamente fermato.

"Rino-kun ♥ Carissimo! Perché non ce ne torniamo alla base? Dopotutto la nostra missione è completa!" Aveva detto il clown, avvicinandosi a lui.

"M-ma … capo! Questa pesta mi ha---" Aveva balbettato lui.

"E' una cosa ininfluente. Noi dovevamo solo rinchiudere Mr. Rossi in una casa avvolta dalle fiamme. Poi non ci hanno mica detto di controllare se scappava o meno!" Aveva borbottato, mettendo il broncio, come se avesse rispiegato quella cosa almeno un centinaio di volte.

Così Bob si era limitato a sussurrare: "'Lui' non sarà contento …" Chi è 'lui'?

"Sciocchezze, ci parlerò io con 'lui'! Non è da te preoccuparti ♥ Piuttosto … andiamo a cenare! Sono quasi le nove … ed io ho fameee!" Aveva detto, capriccioso, Hiro.

Così si erano incamminati verso la città. Io, vedendo che Bob continuava a fissarmi imbestialito, gli avevo fatto la linguaccia. Non era stata una saggia scelta.

Bob si era nuovamente infuriato ed aveva spiccato un balzo verso di me, con tutta l'intenzione di afferrarmi. Peccato che era subito ricaduto a terra, addormentato e con la bava alla bocca. Pretendendo spiegazioni, mi ero girata verso Hiro, che stava sorridendo. Nascondendo malamente quella che aveva tutta l'aria di essere una cerbottana, dietro alla schiena.

"Ooh! Ma guarda che bel cielo stellato!" Aveva detto, facendo finta di niente, guardando in aria. Io, lo avevo imitato. Ma se gli alberi coprono la vista …

"Comunque, grazie Hiro … " Gli avevo detto.

Lui sembrava confuso "Per lasciarci andare così, e per aver messo la museruola al tuo cane. Ah! Anche per la caramella. Perché era una caramella, vero?" Gli avevo detto, spaventata.

Lui mi aveva guardato, demoralizzato "Maddy-chan pensa che le abbia dato delle pasticche …. perché Maddy-chan non riesce a fidarsi di me …?" E mi aveva fatto gli occhioni. Erano così dolci … mi ero subito sentita in colpa.

"No, no! Io mi fido! Cioè, no che non ---" Mi ero arresa. Non sapevo che pensare.

Quando avevo sollevato nuovamente gli occhi da terra, mi ero ritrovata la faccia di Hiro vicina. Pericolosamente vicina. Questo era bastato a spaventarmi, e, poi, ad imbarazzarmi.

"Awww, Maddy-chan è imbarazzata! ♥" Questo era bastato a farmi arretrare di scatto "Comunque, adesso devo proprio andare …" Aveva detto, afferrando Bob per la gamba e trascinandoselo via. "Ma ci rivedremo!" Poi era scomparso nel boschetto.

Che dovevo pensare? Era un avvertimento, oppure un dato di fatto? Dovevo essere preoccupata? Mentre pensavo ai possibili significati delle sue ultime parole, mi ero accorta che Daisuke mi stava fissando.

"Che c'è?" Gli avevo chiesto, preoccupandomi. Non mi piaceva il suo sguardo.

"… ne parliamo dopo" Aveva detto, incamminandosi verso un sentiero. Cosa c'era, adesso, che non andava?! Perché ogni cosa che facevo era sbagliata? Così, tristemente, mi ero avviata verso di lui, cercando di capire il perché delle sue azioni.





Uffy, non sapevo che inventarmi, lo ammetto. Quindi il chapter è risultato più noioso del previsto … sono disperata! Boh boh boh … quindi il punto della situazione è che i nostri amici hanno salvato un tizio dall'essere bruciato. E Maddy si è beccata una pietrafocaia. Chissà a che potrebbe servirgli …

Kakeru ha dato di matto, ed a perso un po' della sua autostima, quindi ha preferito rimanere ancora in quel luogo pieno di alberi, ad allenarsi. Poveretto, non è colpa sua … non vi fa un po' pena?

Daisuke è, come al solito, un egocentrico sapientone che, non soltanto umilia Carotino, non soltanto batte Rossi a scacchi, ma, anzi, vuole rimproverare pure Madeleyne. Cos'ha fatto lei, per meritarsi quello?!

Hiro, quindi, rimane ancora un personaggio avvolto nel mistero. Secondo alcuni è buono, per altri è cattivo, per altri ancora è uno che cambia parte a seconda della situazione. Per me è soltanto MOLTO puccio ♥


Adesso, però, meglio far parlare voi:


camilla_rain: Allora, che dire di te …. ah, già! Il team dei cattivi! Beh, è un pochetto complicato da spiegare così adesso, penso che lo racconterò nei seguenti capitoli U.U Maddy è solo psicopatica, non dargli retta U.U E non è che voleva stare lì nascosta, solo che … boh, aveva troppa fifa di uscirsene fuori U.U Ma poi, hai visto che ha fatto in sto' capitolo? o.O Lei è fuori U.U

E poi il povero Hiruccio non metterebbe mai delle droghe in … o forse sì? o.O

Kakeru stavolta ha fatto ben poco, ma, ehi, poi ritornerà ancora! Che schifo di capitolo T.T Ah, e scusa se ti ho rimordernizzato la batutta T.T ma ne avevo bisogno XD Spero che non mi chiederai il copyright T.T


franky9397:ti sei molto avvicinato al carattere di Hiro ^^ Davvero, ha bisogno di affetto ♥ No, non penso che potrebbe entrare nel gruppo, per quanto mi sarebbe piaciuto T.T


Birby: il titolo era sarcastico, sorry. E' che non sapevo che metterci U.U Chissà, magari prima o poi succederà qualcosa fra di loro U.U Hiro piace un po' a tutti ♥ Il vero capo … ah, lo scopriremo solo MOLTOOOOOOO più in là! Kakeru, poveretto, è stato derubato XD


ShesshomaruJunior: anche tu ti sei avvicinato al vero carattere di Hiro ♥ E poi son contenta che ti siano piaciuti i pokemon ed il gruppo di tipo fuoco ^^ Ed il rivale di Maddy lo vedremo tra pochissimo ^^


INDOVINELLO DEL GIORNO: per voi di che tipo sarà il prossimo pokémon di Maddy?


Non è venuto bene come volevo, ma vabbè … GloGlo_96

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Capitolo 16
*** Melma, melma ed ancora … Wooper?! ***


Pkm 14.0

Melma, melma ed ancora …. Wooper?!


Ero davvero turbata. Molto seccata, a dirla tutta. Ma potevo resistere. Potevo---

"Woopa!" Ma chi stavo prendendo in giro … era impossibile vincere contro di lui. "Argh!" Avevo quindi detto, spettinandomi i capelli con un fare ossessivo.

Farò un piccolo riassunto di quel che era successo. Dopo aver combattuto contro il team Pyro di chissà quale organizzazione super-cattiva, ci siamo accampati poco distante. Dopodiché, al mio risveglio, mi ero ritrovata sopra al sacco a pelo quell'affare molliccio con il suo solito sorriso. Da quel momento, era calato un silenzio piuttosto deprimente per tutto il viaggio: Daisuke era indifferente come al solito, ed io non volevo iniziare nessun argomento. A quanto pareva, ero scampata alle sue ramanzine. Probabilmente se ne era dimenticato a causa di quel Wooper. Stupido essere … mi ero svegliata talmente disperata, da non voler nemmeno pensare di vestirmi, pettinarmi, in maniera accettabile.


"Woo! Wa! Woopar!" Invece quel coso era di buon umore, ed intonava di tanto in tanto delle patetiche canzoncine. Erano belle, vero, ma se cantate da un Wooper …

"… Potresti, per favore, smetterla di seguirmi, orribile coso perverito?" Mi ero arresa allora io. Non potevo più ignorarlo. Quel gioco era diventato dannatamente stressante.

"Woo … pa!" Aveva detto. "Perché fai sempre quel verso?! Insomma, sei uno stupido Wooper, non un Woopa!" Ma quello sembrava non capire. E pensare che ero perfino stata educata.

"…" Daisuke sembrava non farci caso. A volte mi chiedevo se si comportava così con tutti. Ma poi mi tiravo uno schiaffo mentale: cioè, se lui ti ignora, perché te ne dovrebbe fregare? Avevo sospirato: quel viaggio sarebbe andato di male in peggio, ci potevo scommettere qualsiasi cosa.

Sovrappensiero, non mi ero resa conto di dove stavo andando, ed avevo sbattuto contro un cartello. Un grande cartello di legno. A caratteri cubitali c'era scritto "Melmolandia, la città dove tu, prima che riesca a capire come uscirne, ti ritrovi immersa in---" Poi c'era una parte cancellata e soprascritta da un pennarello blu "cose che tu non vuoi sapere cosa sono!" Il simbolo era quello di un … un … non si riusciva a capire, era tutto pacciugato ...


"Daisuke, potevi dirmi che eravamo arrivati!" "Woopa wo!" Avevamo detto sgridandolo. Per colpa sua avevo sbattuto la testa un'altra volta!

Mi sorprende il fatto che non mi si sia ancora rotta. Infatti, in quegli ultimi giorni, avevo sbattuto la capoccia almeno una decina di volte. Forse se avessi messo un casco …

"…" E lui era già partito ad esplorare la cittadina. Non era questo gran che, a dir la verità. Sembrava piuttosto una massa di case sparse in giro e separata da degli enormi cumuli di … fanghiglia. Tutto lì attorno sembrava essere stato travolto da una tempesta di sabbia. E schifezza. Le case erano le uniche cose intatte. Poi c'erano dei piccoli negozietti in giro per il luogo, ma non c'era nulla di interessante. L'unica buona notizia? Il Wooper sembrava divertirsi a sguazzare nel fango, e quindi si era dimenticato di seguirci. Facendogli una linguaccia, ero corsa via trascinandomi il damerino, afferrandolo per la manica.


"Là." Aveva indicato Daisuke, finalmente spiccicando parola. Probabilmente si era stancato di esser trascinato. Seguendo la direzione del suo sguardo, avevo intravisto un edificio più grande e sporco degli altri. Il simbolo di prima compariva sul suo tetto, solo che era molto, molto più grande. Ma a quanto appariva, la porta era chiusa.

"Splendido, ed adesso che facciamo?" Gli avevo chiesto. Poi, un'idea mi era balenata in mente. "Posso prendere una forcina e …"

"No." Daisuke aveva subito detto, chiudendo il discorso.

"Eddai, sarà veloce …" Aveva cercato di ribattere. Volevo scassinare qualcosa! Volevo rendermi utile!

"No." Aveva risposto, sempre impassibile.

"Ma …" perché rinunciava così facilmente? Credeva che avrei combinato solo pasticci?

"No" Aveva continuato lui imperterrito.

"Oh …" Non ci potevo far nulla. A quanto pare non aveva bisogno delle mie idee. Seppur geniali. Stavo ricominciando a sentirmi non voluta … ma allora perché me ne stavo con questo qui, se lui non mi voleva?

Vedendo il mio cambio di umore così improvviso Daisuke aveva messo una faccia preoccupata. Pareva dispiaciuto. Forse avevo trovato il suo punto debole ...

"No. Aspetteremo che la palestra riapra, e nel frattempo andremo al Centro Pokèmon in fondo alla strada."

"Centro Medico? Ma non c'era nessun –" Poi lui mi aveva afferrato e mi aveva fatto voltare. Un grande edificio con una grande "P" colorata si distingueva dal paesaggio come un pacchetto di caramelle in una fabbrica.

"Sì. In effetti c'è qualcosa di simile, ora che mi fai notare …" Avevo detto, massaggiandomi il mento con la mano. Come avevo fatto a non notarlo prima?

Peccato che per arrivarci avremmo dovuto attraversare, od arrampicarci, su cumuli di roba molliccia. Sembrava molto sporco e non igienico. Stavo per dirlo a Daisuke, quando mi ero resa conto che non era più di fianco a me. Anzi, era già a metà del tragitto. Stava facendo slalom fra i cumuli, e quelli che doveva attraversare, li saltava.

Ma come fa'!? A malapena riesco ad allacciarmi una sca--… no. Nemmeno quello, ora che ci penso … Infatti non riusciva a legarle bene, che già si smollavano. Inspirando a fondo quell'aria puzzolente ed umida, mi ero quindi lanciata all'inseguimento.

"In realtà è piuttosto semplice! Basta prendere bene i tempi e saltare prima di finirci addosso!" Gli avevo urlato, correndo verso di lui. "L'unico problema è che la fanghiglia è molto scivolosa! Ma non è niente di cui preoccuparsi …" Altri salti.

"Non ti conviene andare così veloce …" Aveva detto lui, corrugando la fronte.

"Sta a vedere!" Gli avevo risposto, ormai raggiungendolo. Lui era già arrivato davanti all'entrata e mi stava aspettando.

"Hai visto? Non sono caduta nemmeno una v--" Stranamente, ero inciampata su un mucchio di detriti lasciati lì a marcire. Chissà come, ma non l'avevo notato. Ed era quindi caduta, sul fango fresco. E dire che mancava un passo. Un passo per poter aprire quella porta e fiondarmi dentro. Perché l'unica che fa le figuracce qui, sono io?


Erano passati ormai cinque minuti da quando ero caduta. E non mi ero rialzata. Era comodo stare lì, in mezzo a … chissà cosa. L'unico difetto era che non potevo respirare. Quindi qualche volta sollevavo leggermente la testa per riempirmi i polmoni di aria, e poi riabbassarmi. Volevo solamente scomparire. Volevo che la fanghiglia mi ingoiasse. Poi gli sarei andata di traverso. Poi avrebbe rischiato di strozzarsi e sarebbe iniziata a colpirsi dietro alla schiena con qualcosa. Poi sarei finita nel suo stomaco, ricoperta di … Ma che sto dicendo? Sono davvero così demente?

Non avevo intenzione di rialzarmi: non volevo vedere in che orribile stato ero. E peggio, tutti mi avrebbero preso in giro. Non che mi importasse ma … mica lo facevo apposta ad essere così impacciata! Pura e semplice verità. Lo sapevo che io, oltre a disegnare e scassinare qualche porta, non riuscivo a far nient'altro, eppure … perché tutto mi riesce male!? Ogni volta che cerco di fare qualcosa, succede sempre che la peggioro! Non posso nemmeno aiutare i miei nonni a fare le pulizie, perché l'ultima volta ho messo un pennarello nero dentro alla lavatrice che lavava i capi bianchi … che macello …

Daisuke probabilmente era già entrato da un pezzo. Già. L'unica cosa che facevo per lui era rallentarlo. Mi complimentavo con me stessa. E se pensava che fossi inutile? No, io sono inutile. Mi ero detta, in un modo sinceramente cupo e depresso.


"… Per quanto tempo hai ancora intenzione di stare lì?" Aveva chiesto, quindi, Daikke. Non se n'era andato? Ora mi sentivo pure imbarazzata. Quindi avevo fatto l'offesa.

Gli avevo risposto sbuffando. Seguì un momento di silenzio. Perché mi comportavo così con lui? Dovevo solo essergli grata per non avermi abbandonato. Irriconoscente. Devo aggiungere quest'altra caratteristica alla mia descrizione …

"Ho prenotato una stanza al centro. Dicono che possiamo rimanere per quanto vogliamo. E che il Capopalestra è scomparso nel nulla così si sono formati dei gruppi di ricerca per trovarlo." Wow. Un vero record. Non aveva mai parlato così tanto, prima d'ora.

"Emfheb?" Avevo tentato di chiedere io. Che me ne fregava se un tizio si era perso?

"… hanno detto che hanno un premio per chiunque lo trovi". Ah-ah. Fregatura. Non bisogna mai fidarsi di quello che ti dicono.

"Chi lo riesce a riportare indietro, avrà diritto a ricevere come regalo degli accessori per il viaggio non ancora messi in commercio, ed anche un incontro con il Capopalestra stesso. L'incontro diventerà automaticamente il primo, fra quelli che si erano messi in lista d'attesa." Sembrava che lo stesse leggendo da un volantino.

Ma a me che me ne fregava? Tanto il capopalestra non sarei nemmeno riuscita a sfiorarlo. E poi, come si riconosceva un tizio? Lo perlustravi, rischiando di passare per un maniaco, finché trovavi i documenti o le spill—medaglie?

Vedendo che la mia risposta non era una delle migliori, Daisuke mi aveva quindi detto che all'interno del centro era pieno di gente. E che quindi lui non sarebbe potuto resistere per più di cinque minuti. Era così misantropo …. sembrava odiare davvero i contatti umani. Ma aveva un tono così disperatamente nauseato … poveretto, mi dispiaceva vederlo messo così male.

Così mi ero lentamente alzata. Guardandomi lentamente, mi ero accorta che sembrava un mostro di fango. Come quelli degli episodi di Scooby Doo … Cercando di non perdere nuovamente l'equilibrio, stavo per rivolgere parola al mio compare (appoggiato allo stipite della porta, con una mano che massaggiava all'inizio del naso, come se avesse mal di testa), quando un enorme quantità d'acqua era ricaduta su di me.

"KYAAA!" Avevo urlato "E' freddissima!" Avevo preso quindi a sfregarmi le mani sulle spalle, per riscaldarmi. Alzando gli occhi al cielo, avevo intravisto una macchiolina blu sul tetto dell'edificio.

"Che caz …" Mi ero interrotta dall'imprecare, quando dei versetti misti al suono nauseante di un essere che fa cik-ciack nell'acqua mi avevano fatto capire di chi si trattava.

"… Come ci sei finito lassù?" Gli avevo chiesto, depressa. Che voleva fare? Distruggermi? Pedinarmi? Rendermi la vita più orribile di quanto non lo fosse già?

"Woo----" "No, non dirmelo, non lo voglio sapere …" Dicendo questo mi ero diretta da Daisuke, che mi aveva lanciato un asciugamano con un'occhiata che poteva significare qualunque cosa. Beh, perlomeno non sporcherò il pavimento del centro, dato che quello stupido girino cornuto mi ha sciacquato da tutte quelle schifezze …


L'interno del centro era più spazioso di quanto potessi immaginare. Era tutto lindo e pulito, una cosa davvero sorprendente, dato che l'esterno sembrava una discarica. Su una parete, era presente un'infermiera con i capelli rosa ed un grande pokèmon rosa paffuto. Portavano entrambe un cappello da infermiera con la + rossa, quindi dovevo dedurre che loro erano la dottoressa ed il suo fidato compare. Mi facevano ansia, a me, i dottori. Rapidamente, l'avevo salutata, scusandomi per aver bagnato il pavimento, e le avevo rifilato la pokèball di Rattata. Questa mi aveva quindi avvertito di passare più tardi, e di divertirmi come potevo. Poi si era scusata anche lei, perché quella città non era molto interessante, a parte i lavori che la squadra della palestra stava svolgendo: infatti, la vita di quella cittadina ruotava attorno alla fanghiglia. Dicevano che dentro ad essa, a volte si potevano trovare oggetti e minerali importanti. A volte pure dei fossili.

"Ma la cosa più importante non è quel che c'è dentro, ma la fanghiglia in sé. Infatti, in questo centro, tutti la usano per i bagni di fango, maschere di fango, cosmetici …" Aveva detto, ora con uno sguardo più triste "… ma da quando il capopalestra è scomparso, i lavori per l'estrazione del fango si sono fermati …" Mi chiedo se sia stupida. Fuori da qui c'è più melma di quanta se ne possa trovare in tutto il globo.


Mi stavo stancando di quel discorso, quindi, non appena l'infermiera si era distratta per dare degli ordini a "Chansey", me l'ero squagliata. "Mi domando perché abbia deciso di diventare infermiera, se aveva un talento speciale per essere una guida turistica ..."

Daisuke mi stava aspettando davanti ad una scalinata. Ed era molto più pallido del solito. Provando pena per lui, ed intuendo che l'enorme folla di persone doveva essere da quella parte, avevo preso a salire le scale fino ad arrivare al secondo piano. Tanto non sarebbe potuto essere così traumatico, no?

Esattamente nel momento in cui l'avevo pensato, un enorme suono mi travolse. Era come sentire mille lavagne su cui si erano posate, graffiando, duemila mani. Come quando tu sblocchi un portone che continua ad aprirsi cigolando, facendoti sentire quel suono metallico che ti faceva venire i brividi solo a pensarci. Era … era …

"SIAMO PRONTI?!" era la donna più strillante ed esasperante che avessi mai visto. Mi era già antipatica. Era alta, con i capelli biondi nascosti dietro ad un cappello da esploratore, con un vestito sul marroncino/grigio, che teneva in mano un megafono. Non le davo meno di trent'anni. Perché si tiene un megafono? Non ne ha bisogno! La sua voce è già orribile e terrorizzante anche senza!

Intanto la folla la intimava a continuare. E lei ricominciò a spiegare: "Quindi se vogliamo far tornare Melmolandia allo splendore di un tempo, dobbiamo farci forza e continuare le ricerche! Dobbiamo liberare il mondo dalle persone sporche, che hanno perso la speranza di ritrovare il nostro capo, per poter sopravvivere!" Mi ricordava un certo dittatore Tedesco …. mmm … qual era più il suo nome?

Mi trovavo davanti ad una folla di persone radunate a cerchio attorno ad una donna grassa che la intimava a compiere delle ricerche ecc ecc …

L'unico che sembrava non partecipare, ed anzi, non reagire per nulla al casino che c'era, era un ragazzo di sì o no sedici anni e con i capelli rossi, corti e disordinati. Vestiva con dei jeans e una giacca con il cappuccio da cui, sotto, spuntava una camicia bianca spiegazzata. Sembrava una di quelle persone a cui non importava ciò che la gente pensava di lui. Stava fischiettando tranquillo in attesa che la finissero di discutere. Aveva un sorriso sornione sul volto.

Daisuke, invece, era dietro di me, che si tappava le orecchie con lo sguardo di uno che non sa perché si trova lì. Ed ad esser sinceri, nemmeno a me piaceva molto tutta quella confusione. Tirando un profondo respiro, avevo urlato: "CHE COSA INUTILE!"

Inutile. Già. Era proprio inutile dire che tutti si erano voltati verso di me. E con una faccia per niente amichevole. Daisuke si era allontanato di qualche passo, facendo finta di non conoscermi. E lì mi ero arrabbiata ancor di più.

"Che intendi dire, ragazzina?" Aveva chiesto la signora, anzi no, la grassa signora urlante, arrossendo per la rabbia. Sembrava disprezzarmi.

"Che senso ha urlare? E perché proprio qui? Ci sono persone che vorrebbero raggiungere la loro stanza" Le avevo sbattuto in faccia la dura verità.

"L'avete sentita? Questa bamboccia è così egoista! Non le importa nulla del nostro capo---" ed io l'avevo tagliata a corto "sìsìsì, il capominestra scomparso, blablabla … la città sta decadendo, bla bla … ma finitela, state apparendo ridicoli! Ormai il vostro amato capo sarà morto! E poi la vostra città sprofonderà di sicuro se voi non levate tutto questo fango! Ma dico io, mi sorprende che nessuno di voi se ne sia accorto!" E così dicendo avevo incrociato le braccia, sfidandola. Era calato il silenzio.

"…. tu …. tu ….. come osi!" Ed aveva alzato le mani come per volermi dare uno schiaffo. Se lei me lo dava, allora io le tiravo un pugno e le spaccavo quel megafono sulla sua testa.

La mano stava per finire dritta sulla mia faccia, quando qualcun altro l'aveva fermata. Con mia grande sorpresa. Solo in quel momento mi ero accorta di star trattenendo il fiato. Da dietro alla schiena della donna, intanto, risuonava una voce calma ed innocente: "Non si dovrebbe mai alzare le mani su una bambina, soprattutto se chi le alza è una bella e giusta signora come lei".

E quindi aveva sfoderato un sorriso ammaliante. Non tanto "sexi" e nemmeno troppo fasullo. Sembrava un vero sorriso. Di quelli di ti faceva arrossire e domandare se ti eri già innamorata di lui. Sì, molto astuto.

"O-oh … che sbadata, io, Hadolfa, sono stata proprio maleducata …" Aveva detto leggermente arrossendo mentre quell'altro le rilasciava la mano. "Già, ma anche la mia sorellina qui e la sua amichetta, sono state maleducate, non è forse vero?" Aveva chiesto, strizzandomi l'occhio.

Daisuke intanto era caduto a terra, sulle ginocchia, mentre degli spiritelli si stavano avvicinando all'aura cupa che emanava. Poveretto, non era riuscito a sopportare il colpo.

Non sapendo come rispondere, mi ero limitata ad annuire "Certo, io e Dais ... Daisandrosia siamo state davvero cattive, ci perdoni. Ma non dovrebbe iniziare le ricerche, adesso?" Le avevo chiesto, per velocizzare le cose.

Lei mi aveva guardato uno po', riflettendo, poi aveva detto "Massì, hai ragione cara." Wow, sembrava che l'effetto del teenager qui di fianco avesse avuto effetto "Ma adesso devo ancora costring---- far unire membri alla squadra di soccorso!" Aveva detto, sfoderando il suo megafono. Sbaglio, o dentro c'erano dei dardi? E perchè le persone lì, avevano tutte dei fucili?

"ANDIAMO! I NUOVI MEMBRI CI ASPETTANO!" E con questo, tutti erano corsi giù dalle scale, urlando 'alla carica' e 'non ci devono scappare!'. Il giovane ed io eravamo allo stesso modo sorpresi. Io ero sotto shock, mentre lui sorrideva nervoso.


Daisuke, intanto, sembrava essersi ripreso, e, un pochino imbarazzato, aveva detto "Io non sono una ragazza! Sei cieco?!"

Era passato un minuto di silenzio. Intanto, il ragazzo, si era messo ad osservare bene Daikke, in modo curioso. Poi, all'improvviso, aveva detto: "Eppure a me sembri in tutto e per tutto una ragazza. Sicura di star bene?"

Quella era una scena molto divertente. Adesso volevo proprio vedere quel che avrebbero fatto.

"Non sto affatto bene. Io sono un ragazzo. Non una femmina." Aveva continuato, mostrando il pokèdex, con dentro la sua carta d'identità. L'altro sembrava sorpreso.

"Un travestito?" Aveva domandato. Daisuke a quel commento aveva richiuso la bocca, e se n'era rimasto in silenzio. Era un silenzio deprimente. L'altro ne sembrava spaventato. Anche perché gli stava lanciando una delle sue occhiatacce satiriche. Forse quella che aveva ora era la peggiore che avevo mai visto …

"E-ehi, stavo scherzando, si vede che sei un ragazzo … solo che devi metterti dei vestiti, e magari un'acconciatura diversa da quelli che hai …solo per favore non uccidermi!" Aveva detto, mettendosi in ginocchio e congiungendo le mani. Anche se si vedeva che sotto sotto si stava divertendo. Ed anche io. Stavo ridendo così forte che ormai ero caduta a terra, tenendomi la pancia.

Daisuke sembrava contrariato, perciò aveva aperto la porta della nostra suddetta stanza, era entrato, ed aveva sbattuto la porta, chiudendola a chiave dell'interno.


Io, fregandomene, avevo continuato a ridere, finché non avevo rischiato di strozzarmi. Quindi avevo smesso. Poi mi ero voltata verso il ragazzo e l'avevo guardato, curiosa.

"Mi chiamo Madaleyne! E tu?" Mi ero presentata.

"Ah sì? Io mi chiamo Jack! Ma puoi chiamarmi come vuoi, il nome non ha importanza … l'importante è l'età ... ho sedici anni .... purtroppo …" Aveva detto, assumendo un'aria stanca.

"perché purtroppo?" Iniziavo a preoccuparmi per la sua salute.

"… mi sento vecchio …." Aveva detto, mentre la zona si oscurava, lui si inginocchiava drammatico, ed una luce lo illuminava: "Sono un vecchio rinchiuso in un corpo da giovane!" E dicendo così, aveva preso una barba finta da non so dove, e se l'era attaccata al mento, mentre estraeva una bastone in legno antico. Poi si era alzato, tremante, con gli occhi chiusi come i vecchietti dei cartoni animati, ed aveva iniziato a dire, con la voce, stranamente mutata: "O mia cara, ci sono molte cose che tu non sai. Noi anziani siamo molto saggi, e vi daremo sempre degli ottimi consigli, freschi come la brezza d'estate …"

Io stavo al gioco "Dimmene uno!" Intanto il luogo cambiava nuovamente colore, stavolta era diventato di un azzurrino pallido, adatto al momento carico di filosofia: "Chi tempo aspetta, tempo perde." E così il momento di grande serietà si era distrutto.

"No, aspetta, che vorrebbe dire questo?" Avevo domandato, aspettandomi un proverbio decente e sensato.

Lui mi aveva guardato ed aveva risposto, togliendosi la barba: "Semplice, che più tempo aspetti, più tempo perdi, perché tanto non sarai mai bello come me" Aveva detto, scherzando.

"See … ok, poi vedremo. Comunque …" Ed avevo preso una forcina. "Daisuke, mi fai entrare?" Avevo domandato. Ovviamente nessuno mi aveva risposto. "Ti avverto, sto entrando!" Avevo preso il foro della porta, dove si mettevano le chiavi, e ci avevo messo la forcina. Quindi mi ero messa ad armeggiarci per all'incirca tre minuti, prima di udire un profondo CRACK.

"Uh! Jakko! Parteciperai alla ricerca?" L'altro, prima di entrare nella sua stanza, aveva fatto spallucce "Non penso, sono troppo vecchio per queste cose, lascerò tutto ai giovani … ci sentiamo dopo!" Aveva esclamato, chiudendo la porta.


Io invece, ero entrata nella mia. Non era così grande, ma nemmeno così piccola. C'era una scrivania, un tappetino, un bagno a sinistra … un'enorme finestra e un letto a castello. Ma di Daikke non c'era proprio traccia.

"Oiiii! Daikk-- Daisuke, mi dispiace per prima! Vieni fuori!" Poi, avevo sentito un rumore proveniente da davanti a me. Precisamente dalla finestra. Mi ero affacciata ed avevo visto Daisuke sul tetto. Così gli avevo ripetuto la stessa solfa di quanto ero dispiaciuta. In effetti un po' lo ero. Ma in quel momento ero più preoccupata che lui cadesse giù dal tetto e si spaccasse tutte le ossa. E morisse. Naturalmente.

"Per favore, scendi, mi fai paura lassù!" Era dall'episodio del Drifloon volante che ci stavo pensando, ma temevo di iniziare a soffrire di vertigini. Proprio a me dovevano capitare tutte?

Quello, allora, mi aveva squadrato con un misto di sorpresa e incredulità, poi era ritornato serio come al solito ed era sceso giù. Non sapevo che pensare.

"Grazie al cielo! Mi stavo spaventando … e se fossi caduto? Non volevi suicidarti per quello che ti ho detto, vero?" No, forse non sarebbe morto, ma almeno un braccio rotto se lo portava a casa.

"Non avevo intenzione di cadere" Aveva risposto lui, tranquillo.

"… ok, ma se qualcuno, magari un colpo di vento, ti avesse sbilanciato?" Gli avevo detto, cercando di far valere la mia ipotesi.

"Se ti da tanto fastidio, cercherò di non farlo più …" E così chiudeva il discorso. No, non può sempre far così! Mi faceva sentire come la stupida che lo obbligava a far qualcosa che non voleva …

"Fa niente, lascia stare …. cambiamo argomento! Tu che hai intenzione di fare? Andrai alla ricerca del capominestra?" Gli avevo domandato, pimpante.

"Il capo--. No, non penso che andrò alla sua ricerca ." All'improvviso mi sembrava impallidito. Oh. Era vero. La folla capitanata da Hadolfa* l'aveva molto scosso.

"Sai, penso che dovresti fare più vita sociale." Gli avevo detto noncurante, pensando ad alta voce. Lui mi aveva guardato a sua volta ed aveva commentato "Parla quella che è rimasta in casa per chissà quanti anni …"

"Ehi!" Avevo detto, leggermente offesa "Non avevo niente da fare fuori da casa mia, non vedevo il motivo di uscirne!" E detto questo mi ero diretta dall'infermiera chiacchierona, con Daikke alle spalle. Non mi fidavo di lasciare Rattata da solo, in mano a quella pazza dai capelli rosa.

"Dicono tutti così" Aveva risposto Daisuke, sospirando "Sì, ok, capito l'antifona, ne riparliamo un'altra volta, ok?" E così dicendo mi ero affacciata al balcone del centro.

Subito un piccolo e grassoccio Chansey si era avvicinato "Chan-chansei?"

"Sì, hai presente il mio Rattata? L'ultimo arrivato?" Gli avevo chiesto. Quello era andato nel retro ed era ritornato con la mia pokeball. Come facevo a sapere che era mia? Semplice, quando avevo tentato di morderla, erano rimasti i segni dei miei denti. Un po' schifoso, vero?


"Ok, grazie!" E dicendo quello, mi ero diretta verso l'uscita trascinando Daisuke, il quale, piuttosto disinteressato se non infastidito, attendeva spiegazioni. Appena avevo messo un passo fuori dalla porta, però, i miei sensori pericolo si erano fatti sentire. C'era qualcosa che dovevo fare, prima di andare in palestra. Adesso stavo ferma immobile, aspettando l'occasione giusta. Mi ero lentamente abbassata, così da poter prendere del fango dal terreno e l'avevo appallottolato.

Ancora niente. "O, beh, devo essermelo immaginata." Avevo detto, continuando a trascinare Daisuke fra le collinette melmose. Quindi, avevo sentito un lieve "Waaa" e poi un "Puuu! Woo!" Ed il Wooper stava per lanciare un potente Getto D'acqua.

Non riuscendo a contenere un ghigno malefico, ho urlato, prendendo la posizione di un giocatore di Baseball in procinto di lanciare la palla "ARRIVO!" Ed avevo colpito con la palla di fango il Wooper. Esattamente negli occhi. Inutile dire che era caduto a pochi metri da noi, incapace di vedere a causa delle schifezze sul suo volto.

"Adesso, Daikke, corri!" Gli avevo detto, iniziando a correre verso la palestra il più velocemente possibile, per scappare dal pokemon molliccio.

Dopo qualche secondo ci eravamo ritrovati davanti alla porta blindata della palestra pokémon, io con il fiatone e Daisuke che aveva la faccia di uno che si era perso qualcosa e che non stava capendo quello che accadeva.

Tirando fuori un'altra forcina – sì, io ne avevo una scorta illimitata nascosta dentro una tasca, per le evenienze – avevo velocemente Sbloccato la serratura, ci eravamo introdotti, e l'avevo richiusa. Sbattendola in faccia al maledetto pokémon. Quant'ero cattiva … se poi si pensava a quel che avrei fatto dopo ...


Così mi ero concessa una risata da super-cattiva: "Muahahahah!"

Daisuke aveva sospirato ed aveva detto: "Di la verità, volevi entrare qui per rovistare fra le cose di valore, nevvero?" Cavolo, come faceva ad aver capito?

"Io?" Meglio fare la tinta tonta "Ma che dici … come ti viene in mente!" Avevo detto.

"Beh, tanto per cominciare, hai fatto una risata malefica, secondo, stai continuando a sogghignare, terzo, senza saperlo hai già preso in mano una statuetta di marmo bianco misto ad altre pietre e la stai infilando nella borsa.

Mi ero guarda le mani: era vero. E dire che non me n'ero nemmeno accorta "…. Oh …." Quindi l'avevo posata ed ero entrata nel primo cunicolo che avevo visto. Tanto, lì, non c'era nessuno.


Ci si annoiava lì dentro, tutto era immerso nella più totale solitudine. Le luci, man mano che si proseguiva, si facevano più fioche, finché non eravamo giunti in una stanza completamente buia. Daisuke aveva preso il pokèdex per fare luce. Era un enorme campo. Con l'atmosfera silenziosa che c'era qui dentro, questo luogo sembrava poter nascondere molte sorprese. Non mi sarei sorpresa se da un secondo all'altro, degli zombie sarebbero fuoriusciti dal terreno.

"… Qui non c'è niente da vedere, niente da rubare, torniamo indietro …" Aveva detto il genio, facendo qualche passo indietro. Proprio in quel momento avevo però visto una cosa luccicare. Mi ero avvicinata all'oggetto in questione e l'avevo preso in mano.

Daisuke, borbottando su quanto questo luogo era ininfluente sulle nostre vite, si era avvicinato di qualche passo, abbastanza per poter illuminare bene quello che avevo in mano. Era ricoperto di fango, ma si poteva comunque capire cosa era dalla sola forma: "Una coda … una testolina … niente mani … sorrisino inquietante … corna insensate … " L'avevo ripulito del tutto. Accidenti.

"Non ci credo!" Avevo esclamato, spaventata, mentre avevo lanciato quello schifo di spilla il più possibile lontano da me. "Un Wooper! Cosa ho fatto per meritarmelo, dimmelo Daikke!" Lui aveva scosso la testa, credendomi pazza, ed aveva fatto retromarcia. Insomma, chiedevo solamente di non essere ignorata, e di non essere perseguitata da quell'affare bluastro! Come si poteva, dico io, crearci pure una medaglia, a sua immagine?!


In preda all'ira avevo sbattuto i piedi sul terreno, con la maggior potenza a cui potevo pensare in quel momento. Non l'avessi mai fatto. Subito avevo percepito la sensazione di vuoto farsi sempre più forte, mentre la terra da sotto i miei piedi incominciava a risucchiarmi come in un vortice. Forse avevo frantumato un pezzo di pavimento e stavo cadendo dentro alla buca, forse la terra era sempre stata così 'facilmente affogabile'. Fatto stava, che dal panico l'unica cosa che potevo fare era annegare nel mare di sabbia. Prima che l'oscurità mi inghiottisse, avevo avuto modo di sentire, come ultima cosa, il mio nome, mentre Daikke mi afferrava la mano.





OK, fatto il nuovo capitolo. Allora, qui i nostri amichetti arrivano (finalmente) alla nuova città. Che mi sembra una discarica. Poveretti, proprio lì dovevano capitare …

Daisuke sembrerebbe essersi dimenticato della questione da approfondire dello scorso capitolo, e lascia cadere l'argomento Pyro. Così, proprio quando sperano di aver un po' di pace ed armonia, si scoprono perseguitati dai Wooper, una tizia* pazza da legare, ed un misterioso capopalestra scomparso. Purtropo Maddy precipita dentro ad una buca (che l'ha pure causata lei o.O") e quindi non si saprà che fine farà U.U In più, incontrano sto nuovo personaggio, Jack, che ha dei complessi mentali a proposito della vecchiaia. Ma sarà proprio così? Boh … lo scopriremo più tardi U.U


Innanzitutto vorrei scusarmi, per vari motivi:

1 il capitolo non è comico (son senza ispirazione)

2 son senza originalità U.U

3 non posso più pubblicare regolarmente come prima a causa dell'inizio dell'anno scolastico e della pallavolo (faticosa)

4 …. boh, per tutto il resto che trovate su cui dovrei scusarmi U.U



Recensioni:

camilla_rain: sì, sì, la pergamena di maddy U.U Quello è stato un colpo di genio U.U Shishi, ho usato la tua battutina xk è davvero bellissima xD Ma ultimamente i giorni vanno molto male, mi sono ammalata, nnt ispirazione … capisce che intendo, no? E poi, come dice Shesshomaru, Daikkuccio è un vampiruccio che si alterna fra momenti di insensibilità e sensibilità, per cui non devi avercela con lui se non gliene importa nulla che la casa vada a fuoco xD


franky9397: Hiro è uno dei tanti personaggi misteriosi qui in giro, non ti preoccupare, nessuno sa davvero cosa gli interessi e cosa no U.U Per il vulpix, mi spiace caro, ma hai sbagliato in pieno xD Anzi, no, un pochetto ti sei avvinato U.U


Birby: sìsì, i Wooper le stanno davvero sulle scatole, come avrai capito U.U E Daikke era troppo furbo per non vincere U.U Ti sei avvicinata molto per i pokèmon che Maddy usarà *_* Non è che sei un'indovina? Spero che questo capitoletto, in cui vediamo Daikke che si dibatte per non restare traumatizzato, ti sia, perlomeno, risultato accettabile U.U


ShesshomaruJunior: sì, il gruppo che Maddy & co. Hanno affrontato era davvero deboluccio, fortunatamente U.U E Daisuke, sarà davvero un vampiro? Oppure solo pazzo ed insensibile al dolore? Mi piace che tu abbia elencato i misteri sull'organizzazione, anche perché la pensi molto come me ^^. Ed ovviamente cercerò di non rovinare la suspence U.U


DOMANDA DEL GIORNO: Come vi sembra Jack (anche se l'abbiamo visto per poche righe) e come vi sembra Hadolfa? (xD Mi sta simpatica)


PROX CAPITOLO: comparirà il rivale dei due, e si approfondirà il personaggio di Jack U.U O almeno, cercherò di far entrare questi due eventi nel prossimo capitolo T.T


Scusate ancora … GloGlo_96

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Capitolo 17
*** Penso che se dovessi scegliere se vivere a Melmolandia o in una fogna, sceglierei quest'ultima U.U ***


Pkm 16.0

Camminando per le fogne … ehi, ma perché c'è

un brutto clown con i palloncini

ed una barchetta di carta? o.O"

(It)


Plick! Plick! Plick!


La prima cosa a cui avevo pensato, era che faceva molto freddo. Freddissimo.

Cercando di muovermi con cautela, mi ero messa a gattoni, e stropicciandomi gli occhi, avevo controllato a che livello di difficoltà era il guaio in cui mi ero cacciata. Dopotutto, ogni cosa che facevo si tramutava in un guaio …

In realtà, non si riusciva a vedere molto. Per cui avevo preso la mia borsa – sapientemente legata al mio braccio, in modo da non perderla mai – e ne avevo estratto Dexi. Sì, adesso si vedeva leggermente meglio.

Era simile ad un largo e alto tunnel, con gocce di acqua e quant'altro che cadevano dal soffitto. C'erano pietre, pietruzze, massi … alcune impronte …

Io, invece, avevo avuto la fortuna di capitare su un mucchio di sabbia, scesa probabilmente con me mentre avevo accidentalmente rotto il pavimento della palestra. Avrei dovuto fare una lettera di protesta.

Avevo quindi guardato in alto: c'era un buco. Non si vedeva dove andava a finire, e comunque avrei dubitato che sarei riuscita a raggiungerlo. A meno che non fossi spider-man.

Ma Daikke, dov'è finito di preciso? Mi aveva afferrata, per cui dovrebbe essere qui attorno, e invece … Non c'era. Tipico. Proprio quando si ha bisogno di lui, lui non c'è.

Me ne ero rimasta lì ancora per qualche minuto, a riflettere sul da farsi. A dire la verità, trovarsi lì sotto, senza niente e nessuno, non era poi così diverso dal trovarsi là sopra, con Daisuke che ti ignorava ogni volta. Solo che con lui si stava più tranquilli, e non si aveva paura che ogni due secondi qualcuno, o meglio qualcosa potesse sbucare fuori dal nulla più totale.

"Rattata, esci fuori che non è una bella situazione." Avevo detto, prendendo la sfera da sotto al mio cappello – sapientemente attaccato alla mia testa. Non sapevo nemmeno io come mai non mi cadesse -, che brillando aveva fatto fuoriuscire il piccolo topino. Subito lui si era messo ad osservarsi attorno, per nulla intimorito dal luogo sconosciuto, ma piuttosto, molto confuso.

"Praticamente sono caduta per una buca e sono capitata qua sotto. Hai presente Alice in Wonderland*, con Johnny Depp?" Gli avevo chiesto, facendo una comparazione con il famoso – e costoso – film. Per certi pezzi mi piaceva, per altri, come la "deliranza" mi faceva schifo. Rattata non rispondeva, e mi guardava con fare incuriosito. "No, eh? Lasciamo stare …"

Così ci eravamo messi a camminare dritti davanti a noi, per il cunicolo, sperando che questi non risultasse ad un vicolo cieco.


Da un'altra parte ….

Daisuke guardava in alto, verso quella specie di scivolo da cui era appena caduto. Sapeva di non poter fermare la caduta di Madeleyne, ma sperava perlomeno di capitare poco distante da lei. Invece no, aveva beccato un'altra galleria, silenziosa e monotona come poche. A giudicare da come si stavano mettendo le cose, ci avrebbero messo un po' a rincontrarsi. Se passavano per i condotti giusti, ovviamente.

Grattandosi la testa e pulendosi la giacca, aveva proseguito per un bel po', fino a capitare davanti ad un bivio. Destra o sinistra? Si era messo davanti a quello sinistro e non sentiva niente. Davanti a quello destro sentiva un lieve venticello. Aveva quindi preso quest'ultimo, ben sapendo che, seguendo il tunnel da cui proveniva l'aria, avrebbe raggiunto l'uscita.


Un'altra parte ancora …

Jack avanzava brontolando e lamentandosi per quella strana galleria puzzolente.

"Ho freddo … sto morendo di fame … mi fanno male i piedi … voglio il mio game boy …" Continuava a ripetere all'infinito. Era capitato tutto così in fretta, che non aveva fatto in tempo a pensare alle conseguenze delle sue azioni. In men che non si dica, era ritornato sotto le sembianze di vecchio saggio, con tanto di bastone. Tanto era facile da portare appresso, era pieghevole!

FASHBACK

Jack, sdraiato sul letto della sua stanza del centro pokèmon, stava giocando al suo Nintendo Ds, il tutto mentre nella stanza affianco, la ragazzina di prima urlava all'altro di scendere dalla finestra, disturbando l'intero centro. Tanto lui non poteva sentirli, era troppo occupato a giocare. Ed avrebbe continuato così, se poi, dopo pochi minuti, la finestra della sua stanza non fosse stata sporcata di fango. A quel punto si era voltato, ed aveva visto la schiena e la testa di un Wooper, con attorno il fango, appiccicato alla sua finestra, scivolare verso il basso. Molto lentamente. Prima di cadere a terra. Allora si era incuriosito, ed era andato ad affacciarsi: il Wooper stava inseguendo i due ragazzi di prima, che stavano correndo verso la palestra.

Non avendo, giustamente, nient'altro da fare, aveva completamente aperto la finestra, ed aveva guardato verso il basso. Poi verso le scale. Poi di nuovo verso il basso Mmm … andare per le scale sarebbe troppo faticoso …

Quindi si era buttato, ricadendo in ginocchio su un mucchietto di fanghiglia. Ormai era abituato a fare cose del genere … cosa insegnava la Tv? Ecco, appunto. Qundi li aveva seguiti.

FINE FLASHBACK

"Ohi ohi … la mia povera schiena … come dico sempre, "La Curiosità uccise il gatto." Poco tempo dopo aver detto questo proverbio la barba ed il bastone erano scomparsi, rivelando un po' più giovane Jack disperato. "Non voglio morireeeee!"

Quindi si era messo a correre, andando dritto, prima di schiantarsi contro un muro.

"… " La prossima volta mi porto una torcia.


Tornando da Maddy …

Sì, davanti a me c'era un bivio. Nei videogame di solito ti facevano separare, oppure ti facevano andare in uno e poi sbucare fuori dall'altro. Peccato che non c'era verso che quelle due scelte potevano verificarsi utili nel mondo reale. Così, insicura di me stessa, avevo chiesto consiglio a Rattata. Io faceva schifo nelle scelte …

"Da che parte andiamo?" Avevo chiesto, aprendo bene le orecchie per percepire qualsivoglia suono. "Ratta" Aveva detto lui, indicando il tunnel di sinistra. Ok, che sinistra fosse, allora. Aveva tanta voglia di compagnia ...

Dopo dieci minuti …

"Sai, quando intendevo compagnia, non intendevo questo!" Avevo detto, correndo via da un'orda di cosi mollicci – no, non i Wooper, fortunatamente – e molto puzzolenti.

Eravamo arrivati in una piccola stanzetta, con diverse tubature ed due marciapiedi separati da un torrente rivoltante. Non solo perché puzzava di marcio, ma anche perché all'interno si potevano vedere scarpe, siringhe (probabilmente di droga), un sacchetto della spazzatura da cui fuoriusciva una testa insanguinata con un occhio guercio …

"Aspetta, una testa umana?" Avevo domandato, non credente. Quindi avevo preso il pokédex ed avevo cominciato a far un video, nonostante Rattata battibeccasse e mi tirasse per tornare indietro.

"Sì, dopo Rattata. Devi imparare che quando vedi qualcosa di orribile, devi mettere da parte la paura, lo schifo, e la pena che ti fa, per poterlo usare per guadagnarci. Insomma, pensa se lo mettessimo su Youtube! O se lo diamo alla polizia!" Così mi ero messa all'inseguimento del corpo nel sacchetto galleggiante nell'acqua delle fogne – perché sì, a quanto pareva erano proprio fogne -, finché non avevo pestato qualcosa.

E per quanto mi dibattessi per continuare la mia avanzata, quell'affare mi teneva ancorata al pavimento come colla. O una chewin-gum.

Così, arrabbiata per aver perso l'occasione di filmare un cadavere, avevo iniziato a calpestare furiosamente la Chewing Gum. O almeno, ci saltavo sopra.

"Grii … mar … grime …" Poi mi ero fermata.

"Rattata, questo ti sembra il rumore di una Chewing Gum?" Quello aveva scosso la testa, e poi era arretrato, visibilmente spaventato.

"Cosa c'è adesso? Quest'affare puzza come …" Poi avevo sollevato il piede, liberandomi da quella fastidiosa schifezza. Con mia sorpresa, quell'affare non solo puzzava, ma anzi, aveva pure una faccia. E non era una faccia felice.

"Ah … e tu saresti?" Avevo chiesto. Chissà perché ma avevo uno strano presentimento. Volevo andarmene da quel posto il più in fretta possibile. Rattata aveva iniziato a squittire esasperato, guardandomi con due occhioni preoccupati.

Il robo sotto il mio piede si era spostato, pronunciando paroline incomprensibili, ed era scivolato dietro di me. Illuminando il suo percorso con il pokèdex, avevo iniziato a parlare: "Dove scappi?! Mi hai appena fatto perdere un'occasione unica! Torna –" Quindi si era fermato, mentre io illuminavo la scena. Milioni di robi violacei erano comparsi, sbucando dall'acqua di fogna, mentre avanzavano lentamente verso il compagno ferito. "– qui …"

Ed eccomi qui, a scappare da un ammasso di Grimer – avevo controllato Dexi, nel frattempo – ed urlando scuse insensate.

"Ne possiamo parlare civilmente?! Vi regalerò anche del profumo!" Quindi quelli avevano accelerato il passo "No? Avete ragione, così sembrereste enormi Chewing Gum e le persone vi mangerebbero!" Avevo finito, entrando nell'altro tunnel che avevamo passato in precedenza.


Daisuke intanto sembra che stia facendo una scampagnata …

Si sentiva leggermente osservato, ma giusto giusto poco.

Daikke aveva camminato secondo la strada che aveva scelto, ed adesso iniziava a sentirsi spiato da qualcosa. E non solo per l'odore nauseante. Intanto dietro di lui, un enorme Muk lo stava seguendo, passo per passo. Poi aveva aperto le fauci, spalancandole giusto giusto come l'altezza della persona che aveva davanti.

Proprio in quel momento, Daikke si era voltato, ed il Muk era sgusciato alle sue spalle, e mentre si rigirava, il pokèmon aveva seguito esattamente i suoi movimenti, ritrovandosi nella sua postazione di partenza. Poi aveva allargato la bocca e … Daikke si era rivoltato, osservando adesso il buco nero che era la gola del Muk, che, attendendo una reazione, se n'era rimasto fermo.

"…" Daisuke lo aveva squadrato per qualche secondo, e poi, fregandosene, aveva proseguito, lasciando un Muk parecchio stupito a decidere sul da farsi. Quindi era scivolato davanti a lui, ed aveva velocemente aperto la bocca. Aveva fame, lui.

"..."

Daisuke a quel punto, dopo averlo guardato bene, aveva frugato dentro alle sue tasche ed aveva tirato fuori una molletta ed un deodorante spray. Con la prima, se l'era messa al naso, mentre con il profumo, aveva prima fatto qualche spruzzo nella bocca dell'essere che gli stava davanti, poi, vedendo che non serviva, e che comunque lui, di quel deodorante, non se ne faceva niente, l'aveva buttato all'interno del Muk, passando avanti.

Al Muk non piaceva il sapore della cosa che gli aveva dato, sapeva di borotalco, ed a lui non era mai piaciuto il borotalco, da quando avevano fatto quella stupida pubblicità 'Borotalco, alto là il sudore!'**. Ed ancor di più non sopportava il ragazzo per averlo ignorato, ed, infine, scambiato per un cestino. E così lo aveva preceduto, comparendogli per la terza volta davanti. "…" Daisuke, sospirando, si era fatto avvicinare da quel mucchio di melma.


Jack … o Jack … ma dov'è?

Jack stava procedendo barcollando per quella sassosa galleria da … beh, da tanto. Dopo l'episodio dello schianto, aveva capito che non aveva senso andare alla cieca, ma di supportarsi con la parete di pietra, per sapere dove andava.

Certo, però, che se incontri uno strapiombo, ragazzo mio … Gli aveva detto il vecchio Jack, dentro di lui. "Ah! Non farmici pensare!" Aveva risposto Jack già depresso così com'era. Se solo avesse avuto qualcosa con cui far luce …

Finalmente, sembrava aver calpestato qualcosa di più solido della terra. Intuendo che si trattasse di cemento, e che quindi si stesse avvicinando alla civiltà, si lasciò dal muro e proseguì. Perlomeno aveva un po' di speranza.

Proseguendo, aveva intravisto un fascio di luce. Persone! Aveva pensato, correndo in quella direzione. Aveva ormai svoltato l'angolo, stracolmo di gioia, aveva finalmente raggiunto la luce e ---

"…." Lui stava osservando, con uno sguardo imbambolato, il suo nuovo compagno di sventura, da qualche minuto. Non sapeva a che pensare. Quello davanti a lui, invece, aveva inclinato la testa, ed aveva pronunciato: "Woopa?"


Tornando da Maddy, perché siamo tutti curiosi di sapere come le va' …

Eravamo scampati ai Grimer, questo era vero. Ma avevamo incontrato qualcosa che, stranamente, era peggio. Eravamo capitati in una stanza vagamente illuminata da fiaccole, ed eravamo corsi a nasconderci dietro ad un masso. Proprio quando i Grimer ci saltavano addosso, un tizio era apparso, veloce come un fulmine, e biascicando una manciata di parole al suo pokèmon aveva colpito quasi tutti i Grimer con delle lance di ghiaccio, mettendoli in fuga.


Non mi piaceva quel ragazzo, aveva qualcosa che non andava. Era vestito con pantaloni bianchi, stivaloni azzurri, ed un'enorme giacca a vento senza maniche, di color celeste pallido. I suoi capelli ed i suoi occhi erano azzurri come i suoi abiti. Mi spaventavano. Era palliduccio come Daikke, ma questo qui ti dava l'impressione che fosse a malapena scampato al congelamento. Il suo sguardo sembrava indifferente, ma non come quello di Daikke: questo sembrava superiore. Sembrava una persona sicura di sé, che pensava che le altre persone fossero solo feccia. Non mi piaceva.

Rattata si era messo sull'attenti, pronto ad un qualunque segnale gli facessi. Il ragazzo, intanto, si era voltato verso di noi, e, con la sua conchiglia-pokèmon – probabilmente era quello che aveva creato il ghiaccio – ci osservava tranquillo. Avevo il presentimento che ci stesse reputando dei vegetali. Così mi ero decisa a dire tutto, ma proprio tutto quello che pensavo di lui.


"… Ma tu sei il pinguino del Polaretti di Polarettilandia!*" Gli avevo detto, assumendo un finto stupore. I polaretti, se non ricordavo male, erano dei pinguini che creavano in una fabbrica dei ghiacciolini alla frutta. Facevano schifo.

Il Polaretto mi aveva guardato malissimo, con una faccia che stava a dire 'Dillo un'altra volta e di taglio la lingua': "Il mio nome è Frost." Poi aveva lasciato a me da continuare il discorso:


"Sei sicuro? No, perché per me la prima impressione conta molto! Per esempio, la prima cosa che ho pensato di Daikke era stata che assomigliava ad un vampiro. Ora, dopo una settimana circa che stiamo viaggiando insieme, sai che cosa ti dico? Le possibilità che lo sia davvero sono aumentate del 44%!" e mi ero messa seduta come L di Death Note*, mentre il mio pokèmon e gli altri due mi guardavano non capendo.

"Quindi, c'è il 60% di probabilità che anche tu" e l'avevo indicato "sia quello che tu a me sembri di essere ma che tu neghi di esserlo." E dicendo questo aveva iniziato ad auto-annuire la mia stessa ipotesi, complimentandomi per la mia ingegnosità.

"In altre parole, sei un Po-po-po-polaretto!" Gli avevo sbattuto in faccia.

Seguì un momento di silenzio. Rattata si era messo a ridere, la conchiglia si stava rotolando per terra, e quell'altro sembrava mantenere la stessa freddezza con cui era arrivato. Insomma, un po' di allegria!


Daikke ha trovato un nuovo amichetto …

o forse no?

"Uff" Aveva sospirato Daikke, togliendosi il sudore con un fazzolettino. Si meritava una piccola pausa, prima di continuare. Quindi aveva preso la sua valigia e ne aveva tirato fuori una tovaglia da pic-nic. Sia chiaro, non era stato lui. Era stata Madeleyne che, con la scusa di 'allenarsi perché era fuori allenamento', gli aveva scassinato il lucchetto della valigia e ci aveva infilato dentro cose inutili. Quindi aveva preso il suo spuntino: un tramezzino. Non era sto granchè, ma poteva andare …

"M-muk …" Aveva iniziato il pokèmon puzzolente a qualche metro di distanza. Era disteso a tetta, con gli occhi ad 'X' e con vari bernoccoli un po' ovunque. E dire che lui l'aveva anche perdonato due volte …

Ma lui si sentiva in dovere di dare il buon esempio, per cui, dopo aver spezzato il pane, ne aveva lanciato uno nella bocca del Muk, che sorpreso, lo stava osservando ammirandolo. Fra quanto tempo se ne sarebbe potuto andare?


Jack invece sembra aver perso la retta via ….

"Woopa! Woopapapa!" Continuava a ridere il pokèmon che aveva sulla testa, rovinandogli l'acconciatura. Non che gli importasse, ma non era piacevole avere la sensazione di bagnato. L'aveva trovato con un bocca una torcia elettrica – ma dove cavolo l'aveva trovata?! - ed era subitissimo saltato sulla sua testa, canticchiando canzoni mentre faceva luce. Ed erano finiti in una stanza con due bivi, per quel che aveva visto lui. "Ok, cos'era che mi avevano insegnato …?" Si era chiesto, parlando più con se stesso che con il Wooper. Controlla il vento, figliolo … A volte si domandava perché possedeva quella specie di vecchietto dentro di sé. Però aveva ragione.

"Wooper, controlliamo il vento!" Si era messo a sinistra. Niente, nemmeno una brezza. A destra, si sentiva solo il suo respiro. "… ok, stavo scherzando." Dopo alcuni minuti di rimurginamenti a velocità di una lumaca, aveva finalmente trovato la soluzione ai suoi problemi. "Testa sinistra e Croce a destra." Aveva detto, iniziando a far girare la moneta: Testa. Subito dopo si era sentito bagnare da un liquido sconosciuto, che era sceso fino in

"Lo sai Wooper, questa non è una moneta di cioccolato. Quindi, per favore, potresti non sbavarmi in faccia? Fa schifo …"


Visto che Jack è impegnato, andiamo da Madd-Madd ...


"Immatura, incosciente, inseguita da dei pokèmon di livello infimo … insomma, sei di una stupidità sorprendente. Sai almeno che pokèmon è questo?" Mi aveva domandato. Avevo squadrato la conchiglia. No, niente. Zero. Quindi avevo sbirciato nel pokèdex, ma quello sembrava avere degli occhi di falco.

"Come immaginavo. Scommetto che tu sei una di quelle persone che un giorno, pur non sapendo nulla di questi esserini, decidono di andare ed in men che non si dica, battere la lega." Wow. Iniziava davvero a stupirmi. E tutto ciò l'ha dedotto da …?

"Probabilmente, sei riuscita a raggiungere questa città solo grazie all'aiuto di questo moccioso ---"

"Daikke"

"--- e di quel Pokèdex. Come si fa a dare un oggetto di così tanto valore, ad una come … come te?" Aveva detto, sinceramente schifato dalla mia persona. Eppure non mi sembrava di essere così tanto male, a parte per gli episodi con i Wooper, la casa in fiamme, il Clafairy assassino, Hadolfa, il professore, Rattata ---. No, forse dovevo ricominciare a riflettere sulle mie azioni …

"Già. E scommetto che tu non sai niente di strategie, o di cose simili. Non avrai nemmeno una medaglia. Non sarai nemmeno andata a scuola … ma di preciso, quand'è che hai fatto la scelta di diventare allenatrice?" Mi aveva chiesto, fingendo un minimo di interesse.

"Beh, un giorno mi sono svegliata, mia nonna ha fatto le tagliatelle e …"

Quindi quello si era messo a ridere, ma era una risata arrabbiata, di quelle che ti facevano retrocedere all'istante. Io ormai ero quasi sul fondo della stanzetta …


"Non prendermi in giro. Shell ---"

"Aspetta! Ma la Shell non è quella cose del benzinaio …" Avevo tentato io, cercando di frenare il suo istinto omicida. Certo, insultarlo non poteva che renderlo più furioso, ma, ehi, io ci avevo provato …

"… Sai, è proprio questo che odio di voi allenatori. Pretendete di fare gli spiritosi, quando non vi siete nemmeno impegnati a studiare le basi per divenire allenatori. E poi, dopo che uno studia tutto quello che doveva, se non di più, supera il test della scuola di insegnamento, si procura tutto l'occorrente, e si impegna a fare del suo meglio, sai che succede?" Aveva chiesto, al culmine della sua silenziosa rabbia.

"… quando sei arrivato alla tua prima città, ti accorgi di aver dimenticato il tuo pokèmon a casa tua, sopra al comodino?" Avevo tentato, poco convinta.

"Accade che qualcuno, o perché è il cocco di una persona di potere, o perché, come te, ha avuto un immenso colpo di fortuna ---"

"Mi sa che ti sei perso qualcosa. Hai detto 'fortuna'? Ma allora non mi hai visto in questi ultimi giorni …" Avevo controbattuto, sentendomi in colpa, perché, nonostante tutto, era vero: stavo prendendo in giro gli sforzi di tutti quelli che avevano studiato per tutti questi anni. Sentivo il rimorso farsi strada fra i miei pensieri.


"Adesso, voglio proprio vedere quanta ne avrai di fortuna. Forse potrai risultarmi utile per riscaldarmi il pokèmon … sai, l'ho appena catturato ed oggi vorrei fare molte cose con lui. Hai qualcosa da dire al riguardo?" Ultimamente tutti mi stavano facendo quella domanda, come se fosse l'ultima cosa che potevo dire. D'accordo essere seri, ma dai! Certo che per essere una copia di Daikke chiacchierona, più alta e più grande, parlava molto di più!

"Sì … ma quei capelli sono naturali?"

"Shellder, Ritirata." Aveva detto, mentre il guscio del pokèmon diventava leggermente più brillante. Sempre di più. Se continuava così mi si potevano rovinare gli occhi …

"Rattata, usa azione!" Ed il pokèmon era corso dritto davanti alla conchiglia.

"Continua a usare Ritirata finché non te lo dico io." Aveva risposto lui al suo pokèmon, che, nonostante la preoccupazione, continuava a tenere duro. Rattata allora, lo aveva colpito. Ma il risultato non era proprio quello che avevo previsto …

"Rattata!" Infatti il topo aveva sì, sbattuto contro il guscio, ma … si era fatto mio male lui che il nemico. Per di più adesso si era ferito a causa dell'impatto! "Usa Focalenergia!" Forse così potevo aver più probabilità di vittoria.

"Ed ora morso!" Dopotutto i suoi denti erano portentosi, non potevano fallire. O almeno era quello che speravo. Shellder era ancora intento ad eseguire … chi lo sapeva … la sua quinta Ritirata? Mi stava preoccupando.

Rattata era corso verso il Pokemon e l'aveva azzannato. Solo per ritrovarsi i suoi denti incastrati nel guscio del pokèmon d'acqua. Ahia. Non poteva andar peggio …

"Shellder, prova ad usare azione su quella parte là, voglio vedere che succede." Aveva detto leggermente divertito Frost. Mi pareva leggermente sadico …

Quindi, ricapitolando, mi trovavo davanti ad uno che ce l'aveva con me, senza senso dell'umorismo, sadico, di molte parole quando si lamenta e, purtroppo, pure carino, che mi stava battendo? Non era il mio giorno fortunato.

"E-hm … Ra-rattata! Usa colpo coda su Shellder!" Rattata, non sapendo che fare, si era limitato ad eseguire gli ordini. Ed aveva colpito Shellder in un occhio. Nonostante questo la conchiglia non si era fermata ed aveva fatto sbattere il mio topolino sulla parete rocciosa. Non gli rimaneva molta vita …

"Rattata … usa morso all'interno della conchiglia!" Avevo detto, ormai capendo il trucco. Il topo, seppur con difficoltà, si era alzato, ed stava correndo, seppur non alla sua normale velocità, verso il pokèmon nemico.

"… mi sto annoiando." Aveva detto Frost, il quale mi stava parendo sempre più spaventoso "Shellder, usa confusione." E così dicendo il pokèmon aveva rilasciato delle ondicine azzurrognole verso il mio compagno, che subito si era messo a barcollare in cerchio, come un ubriaco. Poi, era successo il fatto buffo, Rattata si era morso la sua stessa coda. Ed era finito KO.


(attenti, battuta penosa) ---> "Jack, un iceberg!" "… DOH!" ***

"Sì, mi sento fiducioso Wooper, possiamo dirci ormai, quasi belli che arrivati!" Aveva detto uno sprintoso Jack mentre correva – più per esasperazione che per voler fare attività – lungo i corridoi. Si sentiva pronto. Aveva fatto molti sacrifici per arrivare fin lì. Letteralmente: aveva dato tutte le sue monete (che non erano molte, comunque), al Wooper. Temeva infatti che se non gliele avesse date da mangiare, il Wooper si sarebbe messo a mangiargli la testa. Pokèmon strani.

Nonostante ciò, Sentiva di aver preso una strada speciale, diversa dalle altre. E non era solo perché aveva visto precedentemente un cartello con su scritto "Una via è quella giusta".

Il Wooper continuava a far luce, ad illuminare il suo glorioso cammino! Adesso doveva girare l'angolo e ---

Wooper aveva illuminato la sala. Dieci tunnel disposti a cerchio, equidistanti l'uno dall'altro, sembravano circondare i due. Da quelli non proveniva nessun segno, nessun indizio, nemmeno una leggerissima brezza … solo puzza a fetore. Ed il rumore di pokèmon selvatici.

"Wooper …" Aveva iniziato lui, sospirando e mettendosi le mani in tasca.

"Wapu!?" Aveva chiesto lui, stoppando la canzoncina.

"Quante monete ci rimangono?"


Maddy ….

"…"

Avevo perso la mia battaglia. Contro uno che avevo preso in giro fino a quell'istante. Contro una persona che conoscevo a malapena. Contro una conchiglia vivente sponsor di vari benzinai. Contro un Polaretto.

Come dovevo sentirmi io? Triste? Arrabbiata? Depressa? Svogliata?

Non lo sapevo. Proprio, in quel momento non riuscivo a sentire niente. Sì, ero un'idiota. Sì, ero una sfruttatrice. Sì, avevo nullificato tutti gli sforzi che i miei amici avevano fatto per me. Rattata, per esempio. Ogni volta che lo tiravo fuori, lui mi proteggeva ed eseguiva tutti i miei ordini. Guarda un po' cosa ha comportato …

E Daisuke, allora? Perché perdeva tempo ad insegnarmi tutte quelle cose sulle tecniche di base e sugli strumenti necessari? Non aveva capito, che ormai io non avevo possibilità? Mi dispiaceva tanto per loro.


Avevo quindi ritirato il mio piccolo pokèmon, ora ferito un po' dappertutto, e mi ero rivolta verso Frost, pronta ad ascoltare quel che mi aveva detto.

"Quindi, voglio proprio vedere cosa mi dirai adesso." Mi aveva detto.

Ah, molto spiritoso. Mi sentivo uno schifo. Guarda, quasi quasi andavo a buttarmi nella fogna …

"Che me lo sono meritato, di perdere contro di te." Avevo risposto, cercando di riprendermi un po della mia aura filosofica. Non tutto era perduto, forse.

"No, ti sbagli." Aveva detto, sorridendo sarcasticamente e sollevando il dito. Sembrava divertirsi a far sentire la gente uno schifo "Io non ho fatto niente, mi sono solo difeso. Sei tu che hai fatto finire KO il tuo pokèmon."

Quella frase mi aveva colpito. Se ripensavo all'incontro, però, era vero. Sono stata io a scagliare Azione quando la corazza del pokèmon era più dura. Io che aveva fatto incastrare i denti di Rattata nel guscio. Ed ancora io ad ordinare il Morso con Focalenergia. Se avessi detto di sospendere l'attacco, forse …


"Non ti senti leggermente responsabile per quello che è accaduto?" Oh sì, ci puoi giurare. "E non ti senti un'idiota? Che prima prende in giro e poi batte la fiacca? Non ti senti una fallita?"

"Sì, in effet --- cosa? Quindi tu mi hai battuto, e pensi che io stia soffrendo per questo?" No, mi devo essere persa qualcosa. Ero stupita.

"Quindi è questo che prova la maggior parte degli allenatori, dopo la prima batosta? Provano vergogna per se stessi, sensi di colpa per aver fatto schifo?" Quello mi stava guardando come se fosse una cosa che non aveva previsto.

"E' per l'auto-depressione che molti rinunciano? Ma siamo matti?! Io convivo con l'auto-depressione da due anni, eppure non ho mai mollato niente! Cioè, è vero che sono stupida ecc ecc … ma mica son triste per quello!" Avevo finito il mio monologo. Senza accorgermi mi ero messa a ridere, mentre Frost sembrava ritornato più tranquillo e silenzioso. Il sadico Frost era scomparso. Probabilmente l'avevo lasciato senza parole …


"Non posso credere che tu abbia battuto il team Pyro …" Aveva borbottato "Ci rivedremo, sappilo." Dopodiché era sparito nel nulla, con il suo pokèmon che faceva comparire della nebbiolina al suo posto. Sì, un'esperienza leggermente demoralizzante e strana, non c'era che dire. Forse potrei apparire insensibile, ma la realtà era un'altra: a me non dispiaceva mai per me. Solo per le persone a cui arrecavo danno. E lì sentivo molto rimorso.


Dopo qualche minuto, il mio treno di pensieri era stato, letteralmente deragliato, da un urlo proveniente da dietro di me. Voltandomi, ero rimasta accecata da una raggio di luce abbagliante. Stavo quasi per cadere. O almeno, sarei caduta se Daisuke e Jack non mi avessero preso per le braccia e trattenuto. Dopo aver riacquistato il mio senso smarrito, mi ero soffermata a vedere la scena: Daisuke era seguito trotterellando da un Grimer gigante dall'aria molto felice, nonostante i bernoccoli, mentre Jack era .. beh …

"… perché sei ricoperto di bava?" Avevo chiesto, divertita. Daisuke gli aveva porso un fazzoletto.

Jack aveva sorriso. Un sorriso stanco e piuttosto tirato: "Ci servivano monete …"

"Woopa!" Aveva confermato Wooper da sopra alla mia testolina.

"Delle mone --- AHHHHHH!" Avevo urlato esasperata. Dovevo correggermi: io non provavo mai dispiacere per me, a meno che non ci fosse un certo Wooper nei d'intorni.

"Che ci fa' lui qui!?" Avevo domandato, cercando di togliermelo di dosso.

Jack aveva scosso le spalle "Boh, penso vi abbia seguito … non è vero WoopySnoopy?" Aveva domandato, prendendo in giro il pokèmon.

Daikke aveva chiesto, mentre proseguivamo attraverso l'ultimo tunnel rimasto: "Che è successo qui dentro?" Aveva intuito che c'era stato un incontro? E da cosa?

"Oh, ho solo perso per la prima volta durante una battaglia di pokèmon, contro una conchiglia ed un Polaretto di Polarettilandia …" Ed avevo ricevuto un'occhiata mezza curiosa mezza arrabbiata da Daisuke. Ouch.

"E invece, voi due cosa avete fatto per tutto questo tempo?" Avevo domandato, cercando di cambiare argomento. I due mi avevano fissato per un momento, poi si erano fissati a loro volta ed per finire aveva distolto lo sguardo, osservando il tunnel:

"Niente di particolare …"




* Tutte ste robe nn mi appartengono U.U

** Borotalco, la pubblicità, nemmeno. E poi a me piace U.U

*** La battutina di Titanic potevo risparmiarmela >_<

**** Avete presente It (Stephen King)? Ecco, lui è quel pagliaccio che abita nelle fogne, e che all'inizio del libro si vede convincere un bimbo ad allungare un braccio giù per un tombino per potersi riprendere una barchetta di carta. Poi gli mangia il braccio e lui muore U.U


Allora, i tizi si perdono nelle fogne, abbiamo diverse vicende e bla bla bla, chi sono io, quello dei mini riassunti? é_è Abbiamo incontrato il nuovo rivale (tecnicamente non proprio rivale, ma quasi) che rompe molto U.U Son triste xk non è venuto molto bene … devo aver sbagliato le dosi di 'bocca larga' e 'sadismo' …

E poi i Grimer, ooo, ero combattuta se fare i Grimer o gli Zubat, ma penso che quelli li tengo per più tardi xD WEEEE Mi è piaciuto sto chapter!


Franky9397: tu dici? Secondo me Madd-Madd

è solamente un po' sfigata …

ma poi, hai visto che sfortuna che ha

Jack? o.O E' matto …

Hadolfa, la cara vecchia Hadolfa …

sì, probabilmente è dovuto all'età xD


Birby: scs x la lentezza con cui è uscito fuori,

ma sai, iniziano le scuole e (bla bla bla)

la zona safari, perlomeno, è sana -.-"

zizi, capisco che tu sia una fun della coppia

Daikke/Maddy, ma comunque, tu ci vedi ME

a scrivere di un rapporto fra un'undicenne

e un sedicenne? -.-" Prenditela comoda, e preoccupati

piuttosto di Kakeru U.U


Malandrino Ninja: WEEEE! Un nuovo lettore, yuppy!

Benvenuto! Quindi sei un amichetto di Shesshomaru, neh?

Piacere! ^^ E grazie per i complimenti ^^

Mmm, ti piace Hiro? Anche a me, ma sai

essendo che la storia non è proprio il massimo

della romanticità, mi sa che ti dovrai accontentare su ciò

che propongo U.U Bah, per il Wooper poteva anche

starci la pokèball come sasso, ma purtroppo

l'ho già fatto per Rattata >_>

Che billo, spero che continuerai a recensione ^^ ♥


camilla_rain: non ti preoccupare, che di Ash ne

devo scrivere U.U MA! Non so se farlo comparire

nella 2° o 3° città …. devo riguardarmi i film …

oggi non mi sto scusando, viso? U.U xD

Jack, probabilmente, non è come te lo aspettavi

come biasimarti? Anche per lui devo aver

ciccato le dosi di 'intelligenza' …

Ho deciso di farlo di anni 16 perché

così si cambiava un po' … U.U

Boh, anche oggi voglio sentire la tua opinione ^^


Allora, come ho già detto, non mi scuso x niente perché a me questo capitolo è piaciuto U.U E vi posso anche dire che prima che ne vedrete altri passeranno altre settimane, causa scuola >_> Ma non disperate ^^"


DOMANDA: adesso che l'ho approfondito, come vi sembra Jack? Ed il nuovo Polaretto?

SONDAGGIO: faccio catturare Wooper a Maddy (l'altra possibilità sarebbe farlo morire >_>), ed il Muk a Daikkuccio? (nonostante questo non facesse parte del 'grande piano')


♥♥♥ GloGlo_96

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Capitolo 18
*** E Ancora ... una valanga di Grimer! Q.Q ***


Pkm 17.0

Muk, Grimer ed il ritrovamento del capopalestra

(Finalmente -.-)

Stavamo camminando in silenzio, per quelle vie sporche e puzzolenti, da ore, ormai. E non era uno di quei silenzi sopportabili: l'aria era carica di tensione. Mi ero quindi girata verso Daikke, per capire se anche lui, come me, dava cenni di stanchezza.

E invece no: passeggiava tranquillo, fiero e possente, con la faccia che non dava un minimo segno sul suo stato d'animo, con degli occhi troppo profondi per capire quello a cui stesse pensando. In altra parole, aveva l'aria di uno che andava in giro per funghi. Funghi velenosi, a che pensavate?

Voltandomi dall'altra parte, invece, vedevo Jack, bagnato fradicio, con l'aria di uno sfortunato che non sa perché si trova lì, ma deciso comunque a trovare una via d'uscita. Maneggiava, un po' giocherellando, con la piccola torcia nera elettrica, controllando di tanto in tanto se la luminosità dalla luce risultava più fioca oppure normale. Era, comunque, visibilmente preoccupato: non sapeva come, e quando, le batterie si sarebbero scaricate. Ciò nonostante, avanzava rapidamente sorpassando rocce, discese e salite scivolose come se fosse nato per quella vita. Assomigliava ad un avventuriero...

Io, invece, camminavo al centro, come per separarli da eventuali risse, con le mani incrociate, il vestito ed i capelli fradici, sporchissimi e puzzolenti – colpa dei Grimer! – con il viso stravolto: avevo l'aria di una che non dormiva da settimane. E lo stupido Wooper che penzolava, saltellava, girava, canticchiava sulla mia testa non aiutava di certo. Continuavo ad inciampare, scivolare e guardarmi intorno come se avessi paura di ogni singola pietra che sorpassavamo. Dopo l'esperienza con il Claffifferry, non mi fidavo più dei luoghi sotterranei, bui e umidi ...


All'improvviso, le mie orecchie avevano percepito un suono. Che fosse il suono della libertà? Il suono dell'uscita? Dei cittadini in festa? Non lo sapevo. Quel rumore sembrava aver scaturito un'esplosione di emozioni da parte di Jack, che, come se risvegliato da una lunga trance tenuta in piedi solo dalla sua voglia di ritornare in superficie, era partito a razzo a correre verso l'ubicazione della presunta cantilena che riecheggiava nel tunnel. Daikke aveva solamente aumentato il passo, così da non perderlo di vista, e sospirava costantemente, come a lamentarsi dell'esagerazione del teenager. Per quel che mi riguardava, io continuavo a camminare sempre più lentamente: speranza di uscire da quel luogo o no, non ero sicura che le mie gambe avrebbero potuto sopravvivere ad una corsetta. Ed il Wooper sopra di me, che non era certo leggero, continuava a sbattermi la codina in faccia ritmicamente, come per tenere il tempo di una qualche canzoncina.

"Woopa woopa woopa woop! Woo, waa, wowoppa!"

"Grr, stai zitto stupido coso!" Continuavo a ripetergli da chissà quanto tempo. Ma i miei tentativi era inutili, quell'affare aveva una tenacia troppo forte … nemmeno i carro-armati potevano abbatterla …


Ad un certo punto, però, mi ero ritrovata in un luogo super oscuro, tenebroso, con una puzza ancor più tremenda. Che mi fossi persa? Impossibile, c'era solo un percorso da seguire … si sentivano degli strani rumori provenienti da lì dentro. Era tutto molliccio, tutto … si stava restringendo? E c'era una piccola pallina al di sopra di me, violacea, appesa alla parete. Non volendo più restare in quel luogo -che stava anche iniziando a muoversi, ma dico io! - mi ero guardata attorno. Non mi piaceva quel posto era … vivo. Avevo quindi urlato qualche frase insensata, cercando di far arrivare la mia richiesta d'aiuto fino alle orecchie di qualcuno:
"EHI! Dove siete!?" Ma con mia sorpresa, non si era riuscito a sentire nemmeno uno straccio di eco. Stupido eco … ero così esasperata, che avevo dato un calcio al suolo. Solo in quel momento, mi ero accorta che il terreno non era fangoso come quello della caverna su cui ero convinta di star passeggiando, ma bensì era bavoso. Come faceva ad essere bavoso!?

Ed allora una piccola, insulsa e malsanamente pazza ideuccia si era formata nel mio piccolo cervelletto. Io, me magnifica, stavo camminando sopra ad una, seppur enorme, lingua.

"...ora, non essendo del tutto andata, nonostante molta gente me medesima compresa potrebbe pensare, esigo subito che il qui presente Muk mi sputi." Avevo detto acida guardandomi attorno. La sua bocca si stava rimpicciolendo, e l'odore aumentando... che avesse intenzione di mangiarmi?

"Muk! Ho detto di tirarmi fuori! Uno scherzo dura poco!" Avevo urlato, mentre Wooper, accorgendosi anche lui del posto dov'eravamo capitati, aveva interrotto la canzoncina.

Eppure non avevo ricevuto alcuna risposta … ed il terrore di venire divorata da uno schifoso essere molliccio stava crescendo. Dovevo fare qualcosa.

"Va bene Muk … allora dovrò usare le maniere forti..." Innanzitutto, avevo preso dalla mia borsa una pagina di carta, l'avevo appallottolata, e l'avevo tirata a qualche decimetro di distanza, fuori dalla porzione di lingua. E si era sciolto. Oh … forse se rimango qui, ferma e buona, mi mangerà velocemente ….

"Woop, woppa woop!" Aveva esclamato quell'altro, saltandomi su e giù in testa ed iniziando ad accumulare acqua nella sua bocca.

"Ehi, no, che intendi fare?"" Non volevo ritrovarvi mangiata e bagnata. In più si moriva di freddo, e se fossi entrata in contatto con una qualsivoglia forma d'acqua gelata, sarei diventata un ghiacciolo. E il Muk allora sarebbe stato ancor più contento. Non sapendo che altro fare, mi ero preparata al peggio, schermandomi il viso con le braccia e accucciandomi. Con mia sorpresa, però, dallo stupido pokemon non era uscito un enorme getto d'acqua, ma bensì una decina di anelli fosforescenti con attorno delle bolle, che erano finiti addosso alla "parete" di quel posto.

"Wowowooo!" Aveva detto, fermandosi dopo l'inutile tentativo.

"Ma sei scemo?! Non devi colpire lì, devi usare quella tua mossa là!" Ed avevo indicato l'ugola del mostro, la palla schifosa ballonzolante appiccicata al soffitto, con fare disperato. Wooper che, a quanto pare, dimostrava un minimo di intelligenza, aveva recepito il messaggio e si era quindi, preparato a usare la sua mossa, gonfiando le guance "Wooo ---" ed sputando "—paaa!"


Da qualche altra parte, diciamo, una trentina di metri più avanti...

"…" Non sapeva che pensare, solo che era molto sospetto. Aveva da qualche minuto raggiunto quell'idiota di un sedicenne, tutto sudato ed affranto, che stava scavando di scavare, con le sue mani, un buco nella parete. Probabilmente aveva capito che il suo "suono della salvazione" proveniva da dietro alla parete di roccia, piuttosto sottile, a quanto pareva, e si era messo a grattarne la superficie. Secondo l'opinione di Daisuke, lui era stupido se credeva di poter aprire un varco sulla parete solamente usando le mani. Avrebbe dovuto, secondo la sua coscienza, dirglielo, ma … il suo buon cuore gli suggeriva di lasciarlo lì come un povero cretino, a faticare senza ottenere risultati finché non avrebbe raggiunto la piena coscienza di quanto quel suo atto potesse risultare inutile ed imbarazzante. Quant'era generoso!

E il Muk? Si era nuovamente voltato, per osservare meglio il pokemon, da un paio di minuti divenuto sproporzionatamente enorme. Aveva la faccia di uno che stava per vomitare, pallida e sudaticcia. Ma oltre a quello, era anche contratta in posizioni strane, simili a smorfie, ed il suo corpo aveva assunto la forma di una specie di montagnetta. Non aveva mai sentito nominare di un Muk malato che assumesse quelle posizioni strampalate ….

"…" Per qualunque malattia quell'essere avesse, lui non voleva esserne coinvolto. Così si era spostato di qualche metro più indietro, osservando l'affare da distanza.

A questo suo spostamento, Jack si era seduto per riprendere fiato, si era guardato intorno, ed aveva spalancato gli occhi: "Dov'è Madeleyne?" Aveva chiesto, quasi cogliendo Daisuke di sorpresa. Ma quasi. Allorché si era voltato anche lui, per controllare: c'erano solamente lui, lo sfigato rimbambito e il Muk infettivo, che si osservava attorno febbrilmente.

"…?" Il Muk malato aveva spalancato le pupille e si era mosso di circa un metro più indietro, come per scappare molto lentamente. "…!" A da lì era diventato tutto limpido come l'acqua. Non ci voleva molto a far due più due. Quindi si era mosso verso il Muk, seguito a distanza dall'altro mammalucco che non sapeva che cavolo stesse facendo.

"Eh? Daisuke, cosa stai …" Aveva tentato di chiedere Jack, grattandosi la testa con una mano, confuso. Daisuke, che era ormai arrivato di fronte al pokemon - non più violaceo, ma indaco – lo aveva ignorato, e, con guardo di noia e rimprovero, si era tirato su la manica del braccio destro, arrotolandola fino alla spalla. E poi aveva sferrato un destro all'enorme massa del Muk.

Interno del Muk...

"S-sono morta …" Avevo iniziato a mostrare segni di panico "… morta vi dico. Morta!" Il mio stomaco si contraeva in mille posizioni degne di un contorsionista del miglior circo del mondo.
Com'è possibile? Come può essere possibile che la mia vita, non ancora vissuta a pieno, finisca perché … perché …
"Com'è possibile che quel tuo attacco non possa raggiungere l'ugola, esigo spiegazioni!" Avevo urlato al Wooper, che, con la sua solita aria da ebete, continuava a fissare l'enorme palla pendente dal soffitto. Infatti, nonostante il primo attacco fosse andato bene, quando gli avevo chiesto di provare a colpire l'ugola del Muk, quell'idiota di uno stupido e incapace Wooper non era riuscito a portare a termine l'opera: ogni volta che lanciava il suo attacco verso l'alto, le bolle ed i cerchi fosforescenti si scomponevano, e percorsi all'incirca tre o quattro metri, ricadevano a terra come semplice acqua. Ma era possibile?!

"Woopa?" Aveva detto poi, evidentemente non capendo. Tirandomi una manata sulla fronte, ed accorgendomi che, non solo stavo per fare una delle più stupide morti di tutti i tempi, ma che sarei morta insieme al cosino rompiscatole blu, mi ero sentita pervadere da un'imponente, e somma, disperazione. Avevo, quindi, guardato il Wooper, che faceva le capriole sulla lingua del pokemon velenoso. Con quel suo solito. Sorriso. Semplice. E. Felice. Insopportabile.

"Tanto …" Avevo sentenziato, con metà della mia volontà che prendeva il volo per la demenzialità della situazione "… che può succedere di peggio?"
Così avevo afferrato il Wooper, e l'avevo lanciato addosso all'ugola. Dovevo ammetterlo, volava molto bene quell'affare. Se si scioglieva contro l'acido del Muk ... beh, pazienza. Perlomeno era morto prima lui.

Nel momento in cui il pokemon colpiva quella sfera schifosa – nel mentre io stavo filmando la scena con il Pokédex per poterla rivedere, se fossi mai uscita fuori da quella situazione – , mi era sembrato che, qualcos'altro, fosse intervenuto dall'esterno per poterci aiutare. E non l'avevo intuito solo perché la parte (credo la pancia) di Muk si era retratta all'interno, allungandosi di all'incirca un metro, come se colpita da qualcosa. Ma chissenefrega. Poi, il terreno aveva cominciato a tremare, l'enorme bocca si era aperta ed uno schifoso e puzzolente liquido (Fa che non sia vomito, fa che non sia vomito, ti imploro!) ci aveva spinto fuori.


Esterno, finalmente

"Ahi … ahi … male … dolore … mi sarò rotta qualcosa …" Continuavo a ripetere, cercando di capire meglio dove fossi finita. Era un posto più luminoso, di certo. E c'erano voci confuse …

"Sì … però adesso potresti alzarti? Sto soffocando …" ...Ok, forse le voci confuse erano confuse per un motivo. Guardandomi meglio attorno (ero ancora troppo intontita per capire dov'era il sopra e dov'era il sotto) mi ero accorta di non essere del tutto sola. Anzi, un più che indifferente Daisuke mi mi stava squadrando dall'alto in basso, con uno sguardo interessato. Poteva essere divertito?! Non c'era niente di divertente in tutto quello!
Poi avevo controllato la mia posizione. Ero sopra a qualcosa di morbido. E bagnato del vomito del Muk, ovviamente. Poi avevo scorto una macchia di capelli rossicci.

"Ah …" Non avendo nemmeno la forza di fare una battutina, mi ero alzata barcollante e mi ero appoggiata alla parete. Jack, che in quel momento aveva incollato in faccia un sorrisetto di stanchezza, aveva seguito il mio esempio, e, appoggiandosi, aveva scosso le spalle, lamentandosi di qualche vertebra rotta.

"Scusa! Scusami tanto, ti sei fatto male? Sei ferito? Non intendevo, credimi, io non … io non volevo!" Avevo detto, comprendendo meglio di essere stata un peso per lui. Letteralmente. Odiavo fare del male alle persone, o causare problemi … quindi chiedevo di essere perdonata per ore. Non riuscivo ad essere in pace con me stessa, mi sentivo l'idiota della situazione.
"Ma va! Di che ti preoccupi? E' stata un'esperienza!" Aveva detto ridendo "Sono incidenti che possono capitare, non sei tu quella che dovrebbe essere dispiaciuta, ma bensì--"

FlashBack

"Uh? Che sta succedendo Daisuke?" Aveva detto Jack osservando il più giovane e freddo. Brr, gli faceva ansia quel tipo: impassibile, contenuto, sadico e intelligente … doveva avere qualcosa in mente. Poi l'aveva visto tirare un pugno, anzi, una serie di pugni al pokemon, il quale si contorceva come disperato. Non avrebbe proprio voluto essere nei suoi panni. Ma non gli faceva male l'acido del Muk a Daisuke?! Doveva essere un mostro. Comunque … dopo qualche secondo, l'affare aveva aperto la bocca.

Ohoh, non sono mica scemo. Si era detto, mettendosi a correre per scappare dall'ondata di vomito schifoso. Solo che, in quel momento, una mano era comparsa, l'aveva afferrato per il cappuccio della felpa che indossava, e l'aveva buttato esattamente di fronte al pokemon. In tre secondi. Tre miseri secondi, ed era stato travolto, investito, da una massa di bile e due oggetti non identificati. Poco distante, Daisuke che guardava la scena, con gli occhiali che luccicavano di un'aura misteriosa...

Fine FlashBack


"--- no, niente..." Aveva finito, deglutendo alla vista di Daisuke. Che centrasse qualcosa anche lui in quella faccenda?

Il Muk era mezzo morto, ma continuava a fissarci con golosità: "… Muk.""Come sarebbe a dire "Muk"?! Hai cercato di mangiarmi! Ma dico, non potevi ingoiarti Daisuke? Lui è sicuramente più appetitoso e facile da digerire!"

Il Muk era subito impallidito, ed aveva fissato Daisuke per qualche secondo. Poi si era fatto piccolo piccolo e si era messo a tremare. Poveretto … lo capisco benissimo.

"Ma comunque, come mai stai così mal---" In un battibaleno, un enorme quantità d'acqua si era schiantata addosso a me e Jack. Lavandoci via dal vomito, certo. Ma alla fine ... Eravamo, non bagnati: completamente fradici. E faceva freddo!

"E-etchì!" Avevo quindi starnutito, mentre il piccolo Wooper, causa dell'inondazione, era risalito sulla mia testolina, come se non fosse successo nulla. Odioso.

"E-Ehi! Guarda che così ti ammali!" Mi aveva detto Jack, mettendo in evidenza i miei vestiti, leggeri e bagnati fradici, mentre lui se ne stava comodo comodo nella sua felpona morbidosa.

"… impossibile. Io non mi ammalo mai." Gli avevo risposto, facendo una mezza risatina per sciogliere la tensione. "Infatti, gli stupidi non si ammalano." Aveva detto Daisuke, di rimando, continuando a camminare per il cunicolo.

"Crudele! Dopo essere stata rigurgitata da quel Muk, questo è tutto quello che mi dici!?" Gli avevo urlato dietro, seguendolo velocemente. Dietro di me Jack rideva.

Anche se forse ha ragione … Mi ero detta, tirando su col naso, barcollando e facendo una specie di "cik-ciack" ad ogni mio passo, per colpa dell'acqua che era entrata nelle scarpe.


Era da un po' che ci facevo caso, ma solo in quel momento mi sembrava di avvertire uno strano presentimento. C'era qualcosa in quel posto, che non mi piaceva. Puzzava. Ed era una puzza ben conosciuta, un tanfo già sentito … A quanto pareva, pure Daikke aveva compreso che qualcosa non andava, e Jack si limitava a guardarsi attorno con aria di "spero-che-quella-cosa-non-accada". Wooper, però, inutile animaletto viscido senza naso, sembrava non esserne turbato. Ciononostante, il piccolo essere era saltato, sorprendentemente, di sua volontà, giù dalla mia capoccia, ed avanzava saltellando verso il centro della cavernetta in cui eravamo capitati. C'erano tante caverne, purtroppo. Poi aveva alzato la testolina verso il soffitto, allargando il sorriso da ebete che madre natura gli aveva donato in preda ad una crisi di nervi. Così tutti avevamo alzato la testa a nostra volta.

...Lo spettacolo è malsano, schifoso ed orribile...

Sopra di noi dondolava, senza sosta, un bozzolone enorme di vomito e bava di Grimer, appiccicato sul soffitto. Terrorizzata dal bozzolo (così diverso, eppure simile a quello di un insetto), avevo sussurrato a Daisuke: "Ti prego, ti prego andiamocene via!" Mentre quello invece continuava a fissare verso l'alto, osservando i vari Grimer sbucare dalle fessure nella roccia del soffitto e continuare a ricoprire il loro bozzolo.

"…" Daisuke pareva indifferente alle mie preghiere. Perché era sempre indifferente a tutto quel che gli dicevo!? Sapevo solo che senza Daisuke non sarei sopravvissuta per più di venti minuti in quel posto senza impazzire. Jack, tentando di sollevare il morale, aveva biascicato: "Le dimensioni e la forma sono proprio quelle di una persona! Scommetto che noi ci potremmo benissimo entrare dentro!" Quindi avevamo riso. Jack era davvero stupido, ed i suoi paragoni e le sue teorie erano … d'un tratto le nostre risate ed i nostri lievi e stanchi sorrisi erano scomparsi. Aspetta. Stop. Apetta una attimo. Avevo risollevato lo sguardo fino ad incrociare la sagoma violacea di bozzolo. Quindi il mio cervello era andato in black-out



"…" Lo aveva capito subito che quel posto non era normale, ma nonostante questo lui aveva continuato ad avanzare imperterrito. Certo, non poteva immaginare di trovare davanti a sé, nel suo cammino, un'orda di Grimer decerebrati che costruivano un enorme e schifoso involucro con all'interno la loro preda. E naturalmente non era finita lì. No, la preda doveva pure essere un uomo! Iniziava a sudare freddo. Non tanto per la fifa o per che altro, ma piuttosto per l'angoscia: da quando aveva conosciuto quella ragazza, gli succedevano sempre i fatti più strambi e pericolosi. Daisuke non riusciva a capacitarsene.

"...penso che me ne andrò in attimo a vomitare..." Aveva sussurrato Jack, pallidissimo, coprendosi la bocca con una mano mentre cercava di combattere i conati che visibilmente lo stavano intrattenendo. In effetti, era disgustoso.

"Ma è-- è... ch-e … è davve-ero …" Continuava a balbettare Madeleyne nello stato cataconico in cui si era ritrovata. Probabilmente non era in queste condizioni a causa della sua preoccupazione per la persona intrappolata lì dentro … no. Lei era terrorizzata dall'idea che forse, anche lei ci poteva capitare. La sua fobia per le cose che riguardavano gli insetti era già esagerata. Ma per carità, questo bozzolo non era nemmeno stato fatto da un insetto!

"Sey … sfuriate." Aveva quindi detto, sospirando. Non gli piaceva quel posto e se ne voleva andare il più velocemente possibile. Il pokemon, appena uscito dalla sfera, aveva spiccato un balzo, gradualmente confondendosi con l'oscurità che c'era lì intorno. Dopotutto, ogni Sableye che si rispettasse doveva essere in grado di arrivare inosservati fino alle spalle delle prede, per poi colpirli. Non c'era nulla che il suo pokemon non riusciva a fare, nell'oscurità. Uno dopo l'altro, i vari Grimer colpiti dai portentosi graffi del suo pokemon, erano precipitati verso terra, schiantandosi con un sonoro "SPLAT". Ultimo ma non ultimo, pure il bozzolo era precipitato a terra, con Sableye che lo tagliava in diagonale per sfasciare i vari strati che lo componevano. Con loro interesse, i tre si erano quindi avvicinati al bozzolo rotto ed avevano osservato all'interno, per ritrovarci …


"...una statua di fango!? Ma che cavolo …!" Avevo esclamato, esterrefatta: tutta questa fatica per un'inutile e puzzolente statuetta di fanghiglia?

"Non ti lasciare ingannare, questo fango è stato fatto da un pokemon …" Aveva detto Jack, mettendosene in bocca un po', prima di sputarlo, "Infatti, credo che qua dentro ci sia il capopalestra della città." Aveva terminata, congratulandosi con se stesso.

"Il capominestra è qui...? E allora liberiamolo, dai!" Avevo esclamato, disperata. Poi mi ero ricordata di una cosa: "Jakko, ma perché hai assaggiato quello schifo?"

"Eh? Ah … beh, diciamo che è un'abitudine che ho preso da un mio amico …" Aveva detto assumendo un'aria sconfitta "… vedrete, prima o poi lo incontrerete anche voi … è inconfondibile. Quando lo trovate, però, dovete scappare." Aveva terminato con dei lacrimoni agli occhi di disdetta. Questo suo amico non doveva essere normale ..

Avevo quindi pensato.

"Tsk …" Aveva commentato Daisuke "Se volevate parlare un po' sulle vostre vite, potevate benissimo rimanere nelle vostre camere del centro..." Aveva detto, acido, mentre dirigeva gli attacchi di Sableye sulla banda dei Grimer. Sey si stava visibilmente stancando: i Grimer erano dappertutto, continuavano a spuntare uno dopo l'altro.

"Bene … Wooper, sbrigati!" Avevo esclamato io, indicando il fantoccio di fango. Il piccolo pokemon, continuando a fischiettare, aveva sputato un'enorme quantità d'acqua che stava sciogliendo l'involucro di fango del capopalestra.


"Sey, attento!" Aveva esclamato Daisuke, mentre il suo pokemon veniva colpito dai piccoli mostriciattoli, che in meno di due secondi lo avevano ricoperto. Erano davvero in troppi per uno solo. Prendendo a calci l'ammasso di pokemon selvatici, Daisuke aveva ritirato il suo pokemon, intontito a causa dell'enorme puzza che aleggiava in quel luogo, ed aveva lanciato una veloce occhiata agli altri. Il capopalestra era quasi libero, grazie agli sforzi del Wooper, e Jack (a quanto pareva senza sfere pokè) stava calpestando i vari pokemon che osavano avvicinarsi. Non poteva certo dire di essere messo bene, il povero Daisuke. Beh, sempre meglio di niente …


"Qui abbiamo finit--- Wooper!" Avevo esclamato. L'affarino si era lasciato catturare dai Grimer che in quel momento lo stavano risucchiando all'interno del loro corpo.

"Gri, Grimer Gri!" Esclamavano quelli, mentre il Wooper, con una faccetta sorpresa, era per metà già all'interno degli affari schifosi. Jack a quanto pareva non poteva far niente, poiché anche lui era impegnato a pestare e ad accecare con la torcia i vari nemici. Daisuke idem. Anzi, lui era quello messo peggio di tutti: con la faccia sempre inespressiva, se non leggermente affaticata, stava tirando potenti calcio ai vari Grimer, facendoli volare per diversi metri.

Questo è il momento di rimboccarsi le maniche, Madeleyne! Mi ero detta, e, prendendo la rincorsa, avevo spiccato un salto, atterrando proprio sopra alla massa di Grimer che avevano preso il Wooper. Poi, come se non fosse già abbastanza, ero scivolata, schiacciando i Grimer ancor di più. Il girino, perlomeno, era sano e salvo, e mi guardava. In un modo strano. Molto strano. Perché non sorride più? La notizia era meravigliosa, se non si calcolava la posizione in cui ci trovavamo, a decine di metri sotto la superficie terrestre.

"Madeleyne...!" Aveva quindi enunciato, affannato, Daisuke, arrivando dietro di me e tirando una serie di pugni ai vari Grimer che cadevano dall'alto. Dovevano essere arrabbiati perché avevo probabilmente ucciso i loro due compagni … non finivano più! E lì Daisuke aveva fatto una faccia bizzarra, una smorfia, ed aveva lanciato un'occhiata dietro di sé. Esatto, una di quelle occhiate da farti venire i brividi. Poi aveva detto ad un tono di voce alto (perché Daisuke non può urlare) "Muk! Pantanobomba, adesso!"

Muk? E perché quello dovrebbe... Con mia sorpresa, invece, il gigante essere fangoso aveva tirato una quantità enorme di palle di fango, che colpivano veloci ogni singolo Grimer nei paraggi. Fortissimo!

"Wow..." Avevo detto, mentre Daisuke osservava la scena, curioso. C'era qualcosa nel suo sguardo, però, che non me la raccontava giusta. C'era qualcosa che lo turbava, e questo era sicuro. Comunque, non c'era tempo da perdere. Era ora di terminare quella farsa e di tornare indietro, al centro Pokemon. Guardandomi intorno, vedevo solo stanchezza e distruzione: io ero stanca, Daikke aveva qualcosa che lo infastidiva, Jack stava venendo pestato dai Grimer che gli tiravano palle di fanghiglia addoso ("Argh, i miei capelli no! Oddio, la mia maglia nuova! Non nei pantaloni! Lì dentro c'era la mia merenda!"), Wooper mi continuava ad osservare con interesse e Muk lottava affannosamente contro i vari esseri mollicci (ma non erano della stessa razza? Boh …). L'unica persona che non interveniva era quel babbeo di Capopalestra steso a terra, addormentato. A causa del buio non si riusciva a vedere bene com'era fatto, se era vecchio o giovane, se era svenuto o se faceva finta. Magari era morto.

Un sorrisetto di cattiveria si era formato sul mio volto, mentre dei pensieri non molto positivi si andavano costruendo nella mia mente. "…?" Aveva chiesto silenziosamente il mio compagno di viaggio, non avendo mai visto quella mia espressione. "Questo Capopalestra non me la racconta giusta. E' davvero svenuto?" sogghigno allargato "Bene, io adesso farò si che si svegli …" avevo detto, schioccando le dita della mia mano con fare ossessivo.

Qualche secondo dopo...

Daisuke aveva una faccia sorpresa, tanto vero che, mentre tirava dei calci ai vari esserini, mi aveva chiesto "Sei sempre così?" Io l'avevo guardato, tirando un calcio nello stomaco del capopalestra "Non è come stai pensando …" Gli avevo risposto "… in questo momento cerco solo di andarmene di qui, non ho niente di personale contro questo qua …" Infatti era così. Io non picchiavo quasi mai le persone, a meno che queste non mi facessero arrabbiare. Cosa che non avveniva quasi mai, poiché Madeleyne Hellys non era in grado di provare sentimenti come l'ira. Ma in quel caso era necessario svegliare il belL'addormentato. Tirando un ultimo, potente, calcio, in faccia al tizio, si era udito un fragoroso crack.

Dopodichè il fango si era frantumato, mentre la persona che era intrappolata all'interno, aveva afferrato la sua sfera poke, mentre con un'aria determinata e rinvigorita (dopo tutti i calci che gli avevo dato..?) ci aveva detto: "Buenos dias, muchachos! Voi dovrete sfidarmi, vero? E allora dovrò farvi uscire vivi di qui … Tierra, usa fossa!" Subito dopo, il suo pokemon era scoparso, la terra tremava, e noi stavamo nuovamente precipitando, mentre l'uomo, con un sorriso smagliante, si metteva a ballare qualche danza spagnola con tanto di nacchere e maracas.

Proprio a me doveva capitare uno così?



Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace >.<" Per il ritardo catastrofico (no tempo, troppi compiti ed interrogazioni) e perché il capitolo fa schifo. Beh, quel benedetto capopalestra dovevo farglielo trovare primo o poi, no? Ebbene, eccomi qui … oddio, ne è passato di tempo … spero che i lettori non mi abbiano abbandonato (Tatoo: perché, ce li hai mai avuti? -.-) T.T Comunque... passiamo alle recensioni:


Malandrino Ninja: xDDD noti? Vero, Maddy è troppo sfigata,

poi spiegherò pure questo nella storia … Woopa non ama le monete

solo che è un guastafeste -.-

Paul? Boh, forse hai ragione … io gli episodi della 4 serie

li seguo davvero poco, mi dispiace Q.Q

Spero che continuerai a leggere T.T


Taylor_: …. beh, in effetti leggermente simile a Matt lo è …

non ho ancora scelto bene i caratteri di ogni personaggio

è questo il dilemma U.U"

Frost è cattivo .. cioè, c'era bisogno di un tizio cattivo. Credo

Anche se lo volevo fare un po' diverso .. vbb, provvederò poi :)

Tsk, l'importante è k non smetti di mandae avanti la FF. Cioè,

almeno dieci capitoli ce li deve avere Q.Q

Ciaoooo :)


ShesshomaruJunior:

nono, la divoratrice di mondi lasciamola a Stephen,

che io di miei assi nella manica ne ho già U.U

Beh, credo che infondo bisognerebbe allargare un

po' il loro team di pkm, sennò Frost come lo battono? XD

E' stato un piacere sentirti! Alla prossima

se vorrai ancora recensire T.T


La_Giuly: carissima, una nuova lettrice!

Devo ammettere che è stato in parte grazie alla tua

recensione che ho deciso di continuare la storia …

I'm so Happy! =)

Bhe, se ne stai scrivendo una anche tu, e decidi di

puibblicarla, avvertimi che la vado a leggere :)


Scusate ancora … per il capitolo e per tutto Q.Q Sono un'inetta... arrivederci, ora vado a deprimermi T.T

GloGlo_96_Q.Q

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Capitolo 19
*** Di Palestre e Brioche ***


Pkm 0.0

~ Di Palestre e Brioche ~

Wow. Però, che potenza. Magari potrei imparare a farlo anche io, qualche giorno …

Eccomi di nuovo qui, ammaccata ma ancora viva. Aver passato tutto quel tempo in una buia, sperduta, puzzolente grotta a chissà-quanti-cappero-di-metri sotto terra in compagnia, per giunta, di esseri a forma di vomito mi aveva, devo dirlo, decisamente provato. Ma Daisuke a quanto pareva era carico ed impassibile come sempre, tanto che il giorno dopo la 'nostra avventura' era voluto subito andare alla palestra, battere il capominestra ed andarsene da quella città.

In effetti, ne avevo abbastanza anche io. Ma ciò non giustificava quello che in quel momento stavo vedendo: lampi, rumori metallici e palle di energia sbrilluccicanti venivano lanciate a velocità furiosa sul campo di battaglia. Ora, non chiedetemi chi, di preciso, lanciava che cosa. Non ci vedevo un tubo, io. L'intero campo era coperto da una nuvola di sabbia, dovuta alla proprietà dell'Hippodown del capominestra. Stupido ippopotamo con la sabbia nel cervello!

Comunque, gli effetti erano strepitosi, davvero. Avrei potuto sedermi tranquillamente dietro a Daikke, a mangiucchiarmi qualche brioche. Avrei potuto.
Invece no! Ovviamente io non ne ho il diritto!

Quella mattina Daisuke m'aveva trascinata, a forza di occhiatacce minatorie, in palestra, senza nemmeno aver potuto comprare la colazione! Ma un briciolo di umanità ce l'aveva, quel tipo?!


"Il pokemon del capopalestra Juenito Leonides Marcelo non è più in grado di combattere. Il primo round è vinto dallo sfidante proveniente da Hoenn!" Uh? Cosa? Quando?

Guardai rapidamente il campo, dove non c'era più la nuvola di polvere e si potevano i contendenti. Il primo che notai era quello stupido ippopotamo grassone, sdraiato su un fianco, con gli occhi a girandola (?!). Di fronte a lui, Sey: malconcio, stremato, ma soddisfatto, si stava pulendo le gemme del suo corpicino. Le gemme che valevano chissà quanti Pokè. Le gemme che, prima o poi, avrebbero potuto scippare.

Tanto non è un problema mio. Pensai convinta, guardando Daikke curiosa: come si sarebbe comportato alla sua prima vittoria in palestra?
Il capopalestra, sempre sorridente, ritirò il pokemon. Poi, come se ne dipendeva dalla sua vita, attaccò a fare un piccolo balletto con le maracas ed un coro musicale alle sue spalle. Quindi si fermò, drammatico, tendendo in posa un pezzo di metallo. Daisuke lo guardò scettico. Potevo giurare di averlo visto piuttosto corrucciato.

Naturale, quello è uno psicopatico!
Io sarei già scappata! Daisuke, invece, non ancora del tutto convinto, prese la medaglia e se ne tornò indietro dopo un piccolo inchino rispettoso. E bravo Daikke!

Quindi si sedette vicino a me.
Ora, capitemi, non che ci trovassi nulla di male, ma c'era qualcosa che non mi convinceva, nel suo sguardo. Mi stava fissando, e questo non mi metteva a mio agio, dovevo ammetterlo.

"Emh … sì. Che c'è?" Domandai, confusa. Quello alzò gli occhi al cielo, esasperato. Beh, scusa mister come-fai-a-non-sapere-una-cosa-del-genere! Mi dispiace di non essere al tuo elevato livello psicologico!
In quel momento, una piccola, innocente ideuzza mi balenò in mente.
Spalancai gli occhi, guardandolo quasi fosse un criceto assassino con un papillon e un ciuffo alla Elvis.
"Non vorrai dire che …" Daisuke mi guardò quasi fossi tonta, con aria di sufficienza.

Io iniziai a sudare freddo. Non l'avrei fatto manco morta! Cioè, con un capopalestra, con Adolfa nelle tribune che brandiva un mattarello? Ma siamo pazzi!?
"No. Mi rifiuto. Non mi puoi costringere!" Gli dissi, facendo la linguaccia.
Daisuke mi guardò scettico, con un sopracciglio inarcato. Poi sentenziò, da maestrina: "Tecnicamente sì. Io posso."

Oh no. Nonononononono. No! Ora avrebbe usato una leva psicologica, me lo sentivo!
"Io ti ho insegnato le basi e accompagnato in questo viaggio, quando saresti potuta morire in varie occasioni. Il minimo che tu" Sembrò sputare veleno all'articolo, quasi mi dicesse di essere inutile "puoi fare, è quello di aiutarmi a battere le palestre." Dopodichè mi morsi la lingua.

Da quanto avevo capito, per vincere la medaglia si doveva battere due pokemon. Se si era in due, uno solo. Quindi a meno che io non combattessi, quello poteva dire addio alla sua medaglia.
Venni colta da una marea di rimorso e colpevolezza. Quel che aveva detto era davvero la verità? Ero davvero inutile? Lo rallentavo davvero così tanto? D'accordo, a volte mi comportavo in modo stupido, o lo disturbavo, o ancora lo mettevo in situazioni pericolose, ma non pensavo di essere catalogata da lui come inutile. Quel pensiero mi trafisse come una freccia. Mi alzai dalla panchina, demoralizzata. Tanto valeva andare e fare una figuraccia. Tanto io sono inutile.

"Oh! Finalmente la signorina si è decisa a sfidarmi!" Sorrise Juanito, allegro. "Pensavo stessi per scappare o qualcosa di simile …" Ah. Quindi Daisuke non era l'unico a vedermi in quel modo. Che felicità!

Il mio umore sta diventando sarcastico. Se mi reggo in piedi è solo grazie al campo magnetico terrestre. Mi sento depressa.
Quando sono depressa, mi sento come un'inetta. Forse dopo avrei potuto andare fuori ed impiccarmi, chi lo sapeva. Tanto ero inutile …

"La seconda sfidante, una certa Madeleyne Hellys, decide di affrontare il capopalestra! Si scelgano i due pokemon e si dia inizio all'incontro!" Esclamò il commentatore, con il microfono, sputacchiando qua e là. Era un uomo sulla trentina, con occhiali da sole e capelli sparati. Indossava un jilet di pelle nera e dei jeans strappati, e si dimenava come una rock star per indicare la scena al pubblico.
Il capopalestra mandò in campo il suo pokemon, ballando quella che aveva chiamato, più volte, 'la danza della vittoria'. Che ci fosse di differente nelle sue altre danze da quattro soldi, non ne avevo idea. Ugh, dovrei smetterla di essere irritata …

"Ora che Tierra è andata KO, non mi rimani che tu! Fuerza, Niño!"
Niño? Che cavolo voleva dire Niño?! Spagnolo maledetto...
Dalla sfera fuoriuscì una lucina rossa, che andò a formarsi sul pavimento. Quel che avevo visto mi pareva leggermente …patetico. A Daisuke danno come avversario un Hippodown potente e con mosse super, mentre a me mi rifilano un … che cavolo era!? Pareva un bernoccolo gigante, solo che con un brutto nasone rosa e dei piccoli occhietti vivaci. E stava sottoterra. Meno male che mi era già capitata di vedere una marea di cose strampalate, sennò quest'affare l'avrebbe battute tutte. Insomma... far combattere un pidocchio!?

"Umh, sfidante?" Domandò l'arbitro, impaziente. Mi stavo deprimendo.
"Non si può nemmeno pensare in questa palestra? Certa gente ..." Sussurrai, mettendo una mano sulle sfere pokè che avevo appese alla cintura della gonna – dava un tocco di classe, sì. Presi la prima a sinistra, e premetti il pulsante.
"Vai Ratt---" D'un tratto m'accorsi di un piccolo dettaglio. Rattata era sulla mia spalla. Ma allora chi cavolo c'è nella pokèball …?

E come la forma si andava schiarendo, io iniziavo a tremare di terrore. No! Non poteva essere vero! "Rattata, dimmi che è solo un brutto sogno, dimmi che mi risveglierò nel letto del centro pokemon!" Esclamai esasperata. Il topino non poteva far altro che consolarmi, facendomi pat-pat sulla schiena con la codina. Il pokèmon che ne era uscito, si era quindi voltato, sornione, aprendo la boccuccia e sputandomi una palla di fango in faccia. Sì, decisamente era lui.

"D'accordo …" Biascicai, troppo depressa per poter rispondere con rabbia. "Cerca almeno di impegnarti, ok? Wooper?" L'essere molliccio trotterellava per il campo, saltando sopra le varie rocce. Ma guardate come mi ero ridotta. Con un pokémon odioso e irrispettoso da far combattere contro il mio primo capominestra, con un compagno che mi odia e crede che sia inutile e con l'intero pubblico che stava ridacchiando sguaiatamente. Mi rendevo più ridicola ogni secondo che passava.

"Bien! Niño, usa graffio!" Cantò il capopalestra, mentre a ritmo di musica il piccolo coso si avvicinava a Wooper. E ciò non avrebbe causato alcun problema, se non fosse stato per il fatto che dopo alcuni secondi si era nascosto sottoterra.
"Uh, oh … e ora?" Mi chiesi, incuriosita. Se ero preoccupata per la lotta? Certo che sì. Se ero preoccupata del fallimento? Ovvio. Se ero sicura di perdere? Naturalmente. Stupido pokèmon …
Wooper, fra l'altro, se ne stava fregando altamente. Così, quando il pokèmon bernoccolo era sbucato fuori, iniziando a graffiarlo senza sosta, lui era volato in aria senza battere ciglio e, divertito, era partito a canticchiare "Woopa, woop, woopa!"
Non capivo se si era fatto male oppure se era così idiota da avere una soglia della sopportazione del dolore molto alta. O forse era così viscido che il graffio gli era scivolato sopra? No, impossibile: si vedevano chiaramente i segni di ferita.

"Impegnati …" Borbottai, quando Wooper era ricaduto a terra, facendo un salto mortale e sparando un getto d'acqua. Il Niño era però troppo veloce, e sparì di nuovo sotto terra. Era inutile dare comandi al Wooper, se questo poi se ne fregava come un decerebrato. Come c'era finito, poi, nella mia pokèball ancora non lo sapevo! Che avesse osato infilarcisi lui stesso, durante il mio sonno ristoratore?! Il mio odio per lui non faceva che aumentare.

" Niño, voglio una potente Magnitudo!" Esclamò schioccando le dita, Leonides
Magnitudo? E che roba sarebbe? Mi chiesi, osservandomi attorno. Da dove sarebbe arrivato l'attacco? Cercai febbrilmente per il campo, non vedendo traccia del bernoccolo. Wooper non era affatto preoccupato, ed anzi, faceva una fontanella con l'acqua della sua bocca.
"Ti ho detto di concentrarti." Gli avevo detto, chiara e tonda. Non sopportavo quelli che non si impegnavano, specialmente se poi erano altri che ci rimettevano. In altre parole, non sopportavo le persone come
me. Ricominciai a deprimermi, esattamente mentre il suolo iniziava a muoversi furiosamente, facendomi perdere l'equilibrio e cadere a terra. Era questo il potere di Magnitudo?
Il bernoccolo stava facendo qualcosa sotto terra, si capiva. Il demente aveva causato un terremoto. Come, esattamente, non ne avevo idea.

"Woo-per!" Aveva gridato Wooper, preso alla sprovvista. Aveva ormai perso l'equilibrio, ed era finito a terra, mentre alcune rocce che erano sul campo si sgretolavano e gli finivano addosso "Woah! Attento! Usa pistolacqua!" Lo incitai, sperando che perlomeno si togliesse e/o colpisse i massi con un attacco. Ma quel demente si lasciò schiacciare, ignorando il mio ordine.
Inizio a credere che lo faccia apposta …perchè non si impegna!? Perché non mi da una mano?! Che ho fatto per meritarmi questo? Cosa …


Il capopalestra, vedendo che il mio 'compare' era sgusciato fuori dalle rocce, con diversi graffi ed ammaccature, per non dire lesioni più grandi, aveva ordinato al pokemon di finirla con un paio di fangosberla. Finirla. Finirla. Ecco cosa dovevo fare. Che senso aveva continuare a lottare, se poi mi ritrovavo in una situazione così penosa e patetica? Perché ero ancora lì? Non bastava che me ne andassi via, mollando tutto e tornandomene a casa?

Perché non so la strada di casa, forse. Mi risposi, acida. Non sapevo nemmeno dove fosse casa mia. Figuriamoci battere un capopalestra. La mia idea era stata patetica. Ora avevo messo nei guai, non solo Daikke, che contava su di me per arrivare fino alla lega, ma anche Rattata, Wooper e i miei nonni. Cosa avrebbero pensato di me? E i miei pokemon, si sarebbero sentiti traditi, o contenti per il fatto di non dover più sottostare ad una come me?

"Diglett!" Esclamò carico il pokemon, lanciando ondate di fango sul Wooper e colpendolo da sotto terra. E Wooper colpiva il terreno alla rambo, con pistolaqua ovunque, senza nemmeno un briciolo di strategia. E si stava stancando, sì, si vedeva. Aveva sempre il suo sorriso gigante, ma stavolta riuscivo a scorgere qualche traccia di fatica. E se io vedevo la fatica, in uno come Wooper, allora voleva dire che era al limite. Perché. Ditemi solo perché io devo essere così inetta.

"Woopah!" Esclamò il pokemon, colpito da dietro, ricadendo in avanti.
Perché non posso combinarne una giusta? Perché non mi ascolta?
"Woo!" Il girino stava venendo graffiato dal Diglett. O almeno così pensavo che si chiamasse quell'affare. Mi sorprendeva che Wooper fosse ancora in piedi. Controllai il pokedex per capirci meglio qualcosa. Quindi sospirai: la vita era quasi finita, un altro paio di colpi e bye bye Wooper. Era riuscito a sopravvivere solo perché gli attacchi del bernoccolo deluxe erano di tipo terra/roccia, il suo stesso tipo.

Wooper era seduto a terra, stremato. Stavamo perdendo. Il diglett faceva un piccolo balletto con il suo capopalestra. Tanto dovevano avere capito che non valevo nulla.
Iniziai a tremare, mentre varie emozioni si mescolavano violentemente assieme.
Ero in vena di piangere, ma non mi permettevo di farlo. Ero estremamente triste e disperata, ed ero circondata da persone che si facevano beffe di me.
Ero spaventata, perché l'idea della sconfitta avrebbe potuto arrecarmi grossi danni psicologici. E in più Daisuke mi avrebbe mollato sicuramente.
Ero delusa dal mio comportamento passivo, come se non me ne fregasse nulla che Wooper veniva preso a pugni e a calci.
L'emozione più forte che provavo, era di sicuro la confusione. Dov'era finito il Wooper che mi si attaccava testardamente alla faccia? Dov'era finita tutta la sua forza ed energia? Che avesse mollato fin da subito...?


"Eh no! Aspetta un attimo! Questo non è concepibile!"

Fissai il campo febbrilmente, dove il Diglett si era rituffato sottoterra, per l'attacco finale. L'affare melmoso si era arreso? Si era arreso!? Come permetteva di arrendersi, quando quella che poi ne affrontava le conseguenze ero io!? Io non mi arrendevo mai! Mai! Anche se a volte mi deprimevo, il mio senso del dovere mi impediva di mollare. Non potevo. Era .. era …
"Inaccettabile!" Urlai, facendo in modo che lo stupido Wooper mi ascoltasse sopra le sue monotone canzoncine. Se c'era una delle poche cose che mi facevano imbestialire, era quella. Io non avevo mai mollato, non avrei mai mollato! Dentro di me, al vedere il girino mucoso in quello stato afflitto, qualcosa era scattato.

L'intera sala si era fatta silenziosa, mentre io urlavo al pokèmon qualunque cosa mi venisse per la testa.
"Tu! Sembra che tu non mi abbia capito!" Sbraitai, con l'insana voglia di andare nel campo e sbatterlo contro le rocce più massicce che erano sparpagliate per il campo.
"Da quando ti ho visto per la prima volta, non hai fatto altro che menarmi, disturbarmi, seguirmi, sbavarmi, sputarmi getti d'acqua, fango, melma, muco, appenderti alla mia testa e alla mia faccia, tentare di ammazzarmi per ben tre volte in situazioni di pericolo e, per giunta, entrare nella mia sfera pokè senza permesso!" Elencai, pestando forte a terra, per scaricare la rabbia.

"Eppure, quando sei comparso su questo campo, ti ho lasciato fare, incitandoti, anche, cercando di aiutarti. Ma tu che hai fatto? Mi hai ignorato spudoratamente, come il piccolo e ottuso esserino schifoso che sei!" Lo stavo insultando di brutto, come mio solito. Solo che stavolta, non potevo permettermi un no come risposta. Non accettavo un no, come risposta. Il Diglett si stava preparando all'attacco. Si sentiva dalle scosse che si stavano facendo sempre più forti. Avevo notato che fosse lento a fare gli attacchi, e che l'unica cosa che sapeva fare era andare sottoterra per fare attacchi a sorpresa. In quanto a velocità o altro, faceva pena.

"Ma io non mi sono arresa. Io non voglio arrendermi. Io non accetto di arrendermi." Gli dissi, più calma. Sentivo la determinazione accendersi dentro di me, come se fosse stata assopita per la maggior parte della mia vita, e che poi si fosse risvegliata solo ora. "Quindi" lo indicai energeticamente, decidendo che se non lo smuovevo ora, avrei perso l'incontro. "Tu ora collaborerai! Perché non accetto che un essere viscido e ricoperto di melma puzzolente", l'intera popolazione di Melmolandia mi aveva guardato con disprezzo. "Causi la mia sconfitta!"

Seguirono attimi di silenzio e mutismo da parte dell'anfibio. Che non sorrideva più ma bensì mi fissava stralunato. Ma non c'era tempo di discutere, bisognava agire. Se io non avessi fatto qualcosa, avrei perso. E non avrei più potuto guardare in faccia Daisuke, senza fremere di vergogna e sensi di colpa.
Con un forte scossone, le rocce si erano sollevate e stavano ricadendo per l'intero campo, alcune minacciando di colpire Wooper.

E' tempo che prenda in mano le sorti della battaglia.

"Wooper, usa pistolaqua al suolo e vai in aria!" Così le scosse non avrebbero potuto prenderlo, men che meno le rocce. Il pokemon, chissà per quale miracolo, aveva ubbidito al comando, ed era volato in aria con una scia d'acqua lucida, che si era abbattuto al suolo. Mentre volava, controllai il pokedex.
Wooper: HP 13/69; liv. 14
Diglett: HP 43/50; liv 15

In altre parole aveva pochi HP e per giunta, avevamo il vantaggio del tipo di pokemon. Noi potevamo usare mosse di tipo acqua per schiacciarlo, giusto? Bene, allora le avremmo sfruttate.


"Ora, mira in un buco qualunque, e usa di nuovo pistolaqua!" Gli avevo ordinato, indicando le buche che il Diglett si lasciava dietro. Se ero giusta con i calcoli, ognuno si collegava l'uno all'altro, e ben presto il bernoccolo nasuto si sarebbe ritrovato fuori dai tunnel. E allo scoperto. Quando il docile, nuovo Wooper eseguì il comando, il Diglett fu sparato fuori ad una velocità straordinaria.
Sogghignai: la vittoria era mia.
"Wooper, usa colpo di fango!" Esclamai, leggendo l'attacco sul pokedex. Il capopalestra, sorpreso dal suddetto cambio delle sorti della battaglia, non sapeva come reagire, e balbettava in spagnolo frasi che per me non avevano senso.
Diglett, fuori dal suo elemento, non valeva niente. Ed era spaventato. Si vedeva dalla sua faccia terrorizzata, quando le prime palle di melma di Wooper l'avevano colpito, scagliandolo ancora più in aria. Il piccolo girino sputava davanti a se palle di fango, e poi usava la coda come mazza per tirarle a gran velocità.


E bravo Wooper, almeno sei utile a qualcosa. Mi ritrovai a pensare, sollevata. Le cose stavano andando meglio, ora che mi ascoltava.
"¡No! Tiene que resistir!" Il capopalestra Juenito era disperato, sapeva di non poter far niente fuori dalla terra. Mi aveva sottovalutata, quel demente. Ora poteva assaggiare la mia vendetta! Chissà che ha detto, però ...
"Non abbiamo più tempo, o la va o la spacca. Wooper, usa pistolaqua!" Lo incitai con un'energia tale da sorprendermene. Da dove proveniva tutta quella determinazione? Era così che si sentivano gli allenatori di pokemon? Era così che Daisuke si era sentito a portare alla vittoria il suo Sableye?

Mi piace. La vendetta è così dolce ~

Inutile dire che, per il povero Diglett, era la fine. Con l'ultimo getto d'acqua, aveva sbattuto contro la parete dietro al capopalestra, ed era stramazzato al suolo. Occhi a girandola. Capopalestra disperato. Tra un po' non riuscivo a crederci. Rimasi in coma per qualche minuto, non sapendo cosa fare, mentre l'arbitro annunciava la mia vittoria. La mia prima vittoria in palestra. Ero shokkata.
"Woopah!" Gridò il pokemon, lanciandomi un getto d'acqua e sparandomi dritta con il muro, fradicia. Quel gesto, per quanto malsano e raccapricciante, mi aveva reso contenta. Voleva dire che Wooper era felice, e che la mia faccia non era più piena di fango …

"Ah ..usted gana, chica. Felicitaciones." Mi disse il capopalestra, lanciandomi una medaglia e aiutandomi ad alzarmi. Io lo fissai, stringendo il pezzo di metallo.
"Uh ... ceeerto. Naturale. Ovvio. Gracias ... qual è il tuo nome intero?" Domandai, non ricordandolo. Mentre stava per rispondere, lo interruppi "Ma chissene importa, vero Rattata?"

Mi voltai dando le spalle al capominestra, fregandomene della sua aria depressa, e lanciando in aria il topino. Lui era contento per la mia vincita, ma guardava di sottecchi Wooper. Quello era rimasto fermo impalato, a sorridermi sornione. Lo squadrai per un po', prima di dirgli: "Sei stato cocciuto ed egoista. Stavamo perdendo. Ti dovrei crocifiggere per aver mollato." Lui abbassò il musetto, smettendo di sorridere. Da quand'è che aveva sti sbalzi d'umore?!

"Ma non lo farò." Sospirai: non avevo una croce abbastanza grande. "In parte è merito tuo se abbiam vinto, no? E poi sei un mio pokemon, ora …"
Già, il mio secondo pokemon. Che è un viscido e irresponsabile girino. Il mondo mi odia … Piagnucolai inconsciamente, salutando il capopalestra e evitando gli sguardi di odio che mi lanciavano quelli del club di Adolfa. Ma quanti problemi che si faceva quella lì. Uscì fuori, dove mi aspettava Daisuke, che lucidava la sua Medaglia. Naturalmente, sia la mia che la sua erano a forma di Wooper, identiche a quella vista in palestra prima che noi fossimo caduti dentro alla grotta. Pareva l'avessero sigillata, quella trappola mortale! Ed era ora, stupidi cittadini di questa lurida città ...

Sì, stare in quella città non mi piaceva, si era capito. Volevo subito partire, per non tornarci mai più. Mai mai mai mai mai mai mai ---
"Stai disturbando." Mi interruppe freddo il mio compagno.
Oh, lo stavo dicendo ad alta voce? Non pareva ne soddisfatto ne dispiaciuto. Probabilmente, non gliene poteva fregare di meno. E mi sarei anche intristita, se non fossi stata troppo contenta.
Di fianco a lui erano già pronti i nostri zaini con la nostra roba, che mi urlavano 'Libertà! Andiamocene via di qui!'. Mi misi la borsa sulla spalla, e mi abbassai per coccolare i miei due pokemon. Suonava strano considerare Wooper come parte della squadra, dovevo ammetterlo, ma probabilmente ci arei fatto l'abitudine.

"Allora Rattata, Wooper, avete fatto amicizia?" Rattata fulminò con lo sguardo il girino, prima di annuire lentamente. Non sembrava più irritato come prima, ma era diffidente. Che bravo topo da guardia!
Wooper invece mi guardava sornione. Poi si era voltato verso Rattata e gli aveva tirato un piccolo Pistolaqua. Sembrava che lo trovasse divertente, ma il topolino no, affatto: si era messo a scuotersi come un cagnetto, e aveva preso a ringhiare.

"Uff! Wooper, puoi non dare fastidio, almeno per qualche minuto?" Chiesi, seria. In realtà ero divertita – vedere qualcun altro soffrire a causa del girino era impagabile – ma non volevo darlo a vedere. Il sorriso di Wooper si capovolse in un lampo, facendolo apparire triste e depresso. Feci un salto all'indietro per lo spavento. Voi non avete idea di quello che stavo vedendo. Era uno spettacolo raccapricciante: un Wooper, normalmente, aveva già un sorriso da ebete che irritava chiunque lo intravedeva, giusto? Provate a immaginare quando fanno il broncio.

Sì, fa paura. Mi ritrovai a pensare, prima di accarezzarlo: "Comunque, cerca di non ferire nessuno, d'accordo?" Il piccolo pokemon tornò sorridente, e la sua coda iniziò a muoversi felicemente.
Oh no. Questo è un brutto segno. Esattamente quando stava per balzarmi sulla faccia, gli tirai la sfera pokè addosso, e lo rimisi in fretta e furia sulla cintura, esclamando: "Tiè! Stupido girino! Te l'ho fatta!" Poi mi resi conto di chi ero e cosa stavo facendo, e smisi di esultare. Allungai un braccio a Rattata, che lo risalì veloce, prima di raggomitolarsi sulla mia testa. Tanto era piccolo …

"Senti Daikke …" Tentai. Ma Daisuke non c'era. Dove si era cacciato?
Partì a correre d'impulso, mentre un'orribile pensiero si faceva largo nella mia mente: non è che mi avesse abbandonato?! Dopo tutto quello che avevo passato? Non poteva lasciarmi, non così!


Ma Melmolandia era enorme, piena di fango e cumuli, impossibile da esplorarla tutta. Caddi un paio di volte, ma continuai a correre. Avevo una paura becca che se ne fosse andato, disturbato dal mio comportamento. Non che avesse torto, solo che … mi ci ero affezionata.
Più correvo, più perdevo possibilità di ritrovarlo. E lì erano arrivate le lacrime. Ciò che stavo provando era simile a ciò che la maggior parte delle persone prova quando ci si perde: disperazione. Paura. Isteria.

Mi pareva di essere come quei bambini che si perdono al centro commerciale, mercato, spiaggia etc, e che si disperano perché dopo ore di ricerche non trovano più i genitori. Quant'ero ridicola. Mi asciugai il volto con le mani: non dovevo piangere per così poco. Svegliai Rattata con delle carezze, e lo pregai di aiutarmi. Il topo mi squadrò, ma senza che dovessi aggiungere altro, rizzò le orecchie e si mise in ascolto.
Trattenni il fiato, incrociando le dita.

"Ratta!" Il pokemon puntò con la zampetta in una direzione, mentre io ero partita alla carica.


Arrivai ad un piccolo sentiero nascosto da alcuni alberi, al margine del quale vi era Daisuke, seduto su un ceppo. Pareva impaziente. Mi sembrò volesse dirmi qualcosa, ma appena mi vide chiuse la bocca e si rialzò, muto.
"N-non devi sparire così!" Lo rimproverai, con voce tremolante. Avevo da poco superato la paura, ed avevo ancora gli occhi arrossati. Lui scrollò le spalle e si incamminò, giocherellando con il pokedex.
"Ti ho aspettato." Mi rispose, come se fosse una cosa normale.
"…" Decisi di non commentare, sapendo che tanto l'avrebbe avuta vinta lui. La cosa importante era che l'avevo ritrovato, e che ora potevamo proseguire insieme per la prossima città.

"Sei arrabbiato?" Gli chiesi, senza accorgermente.
Quello immediatamente si girò. L'espressione sul suo volto illeggibile.
"...Perchè?" Domandò, ignorando il mio bisogno di informazioni.
"Beh…" Mi rigirai i pollici, ed abbassai lo sguardo a terra. "Prima stavo perdendo. Mi son fatta prendere in giro dall'intera città. Il mio pokemon non mi rispetta. Ti ho fatto aspettare. Ti sto rallentando …"
Spreco il tuo tempo, volevo aggiungere.

Lui tornò a camminare, frugando nella sua valigetta. Dietro di lui, continuavo a fissare per terra, piena di rimorso. Forse dovevo davvero andarmene …


Ad un certo punto, mi volò addosso un pacchetto colorato. Lo afferrai prima che cadesse, e ne guardai il contenuto: due brioche. Ero sorpresa. Due 'brioche al miele di Combee'?! Guardai sbalordita il pacchetto e poi Daikke, che continuava a camminare come se niente fosse. Quindi, andai di fianco a lui e gli ficcai – letteralmente – una brioche in bocca. Quello mi guardò irritato, mentre io, allo stesso modo, mi mangiucchiavo la mia, innocentemente.

"Tieni Daikke ~" Gli cantilenai, mentre lui non poteva rispondere per colpa della brioche che gli tappava la bocca. Quindi risi, vedendo quanto si dibatteva per potermi rimproverare. Daikke si acquietò in pochi secondi, e tornò a guardare la strada, mangiando tranquillamente. Ma, essendo davvero euforica – insomma, ho vinto in una palestra, ho calmato un Wooper assetato di sangue e ricevuto la merenda da Daikke, come poter essere più felici? - volevo manifestare il mio stato d'animo.

"No, davvero!." Iniziai, dando un altro morso alla brioche "Se non fosse stato per quello che tu mi hai insegnato, probabilmente non avrei nemmeno potuto avvinarmi al capominestra. Prima che tu mi spiegassi, non sapevo nemmeno cos'erano il tipo, il livello, gli HP … quelle cose lì!" Tagliai corto, capendo di starmi rendendo ridicola. Ma era una cosa che mi sentivo in dovere di dire.

"Quindi … grazie." Terminai mugugnando imbarazzata, tornandomene a mangiare.
Scorsi con la coda nell'occhio la faccia di Daisuke. Normalmente così pallida e fredda, sulla quale facevano capolino i lucidissimi occhiali da vista, da dietro ai quali si celavano i suoi occhi assassini. Mai una volta aveva sorriso. Ora, con la brioche in bocca e lo sguardo che fissava di fianco a lui, come se ci fosse qualcosa di interessante, era piuttosto buffo. Per di più, aveva le gote arrossate.

Sobbalzai: Daikke e gote arrossate? C'era qualcosa che non andava. Quindi iniziai a battargli una mano sulla schiena "Oh, nono! Non voglio che soffochi ~" Piagnucolai, mentre quello tossiva preso dallo sconforto. Come sospettavo, Daisuke stava soffocando. Menomale che me n'ero accorta appena in tempo.
Daisuke si tolse la brioche dalla bocca, e mi disse, glacialmente:
"Stavi tentando di uccidermi?" Io ridacchiai, prendendogli la mano: sì, era tornato il vecchio Daikke. Quello, quasi fosse stato scottato, la ritrasse, con un'espressione addolorata in volto. Corrucciai le sopracciglia. Prima che potessi pensare a cosa era dovuta tutta quella foga, lui disse, serio:
"Solo tu potresti
strozzarti con una brioche."

Io lo guardai storto, prima di urlargli: "Cattivo! Sei crudele Daikke ~" Piagnucolai, e vedendo come reagiva al suo nomignolo (aka. La sua schiena fu percossa da brividi e iniziava a comparigli un tick all'occhio) mi misi a ridere di buon gusto. A quel punto Daikke si riprese di scatto, lanciandomi un'occhiataccia e aumentando il passo, in silenzio. Io intanto continuavo a sorridere:


Ho vinto la mia prima palestra. Sto viaggiando per l'isola in compagnia di due pokemon. Ho mangiato una 'brioche al miele di Combee'. Tutto è perfetto. No, aspetta.
Corrucciai le sopracciglia, sapendo di aver dimenticato qualcosa. Poi tornai a sorridere, annuendo.

Ma soprattutto, sono con Daikke. Ora davvero è tutto perfetto.






Author's Corner ~

Buaaaaah! *autrice che piagnucola* Ora che sono stata via così tanto tempo, tutti mi odieranno e non continueranno a leggere!
Tatoo/coscenza: No, perché dovrebbero odiarti per la tua assenza, gli hai fatto un favore U.U
GloGlo: Hai ragione -^^- Thank---
Tatoo: ti odieranno perché il capitolo, fa schifo. Ah no, scherzavo.
L'intera tua storia fa cagare!
GloGlo: … *piange*

Ma torniamo a noi. So che sono stata via a lungo, e vi spiegherò il perché: la scena della battaglia. Insomma, che barba! Non ne avevo voglia di scriverla! Troppo lunga, noiosa … a nessuno interessano >.< E quindi mi sono depressa e ho mollato tutto. Spero che comunque mi insultiate, o mi facciate delle critiche. Tanto per sapere che non mi avete dimenticato ^^;
Quindi … mi scuso per l'assensa, mi scuso per la schifezza, mi scuso per essere noiosa e per la pessima grammatica. Scusate ancora tanto
*inchino*

Così Madeleyne si è cuccata la prima medaglia ed un nuovo pokemon, che chissà come è riuscito ad entrare nella sfera. Boh. E poi si è ritrovata con Daikke, assumendo per certo che era infuriato con lei per la schifezza che ha fatto, oppure che se ne fregava di lei. Povera Maddy T.T L'importante è che poi abbia potuto fare colazione, sennò sarebbe svenuta nel mezzo del boschetto -.-
Oh, e il capopalestra ed Adolfa? Uno si è depresso, e non si toglierà da Melmolandia per un po', mentre Adolfa …. chissà che farà. *sogghigno poco rassicurante*
E.... Jack? o.o E' morto? Lo scoprirete se continuerete a seguirmi ~

GloGlo_96 ~ [Gomenasai Q.Q]

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Capitolo 20
*** Birds of Jinx ***


Pkm 1.0

~ Avvertenze

Allora. Ho intenzione di mettere un avvertimento. Specialmente per i lettori 'maschi' ← parolone.
Ho fatto, verso la metà del capitolo, una scena... per me definibile pucciosa. Quindi NON LEGGETE SE NON VOLETE COSE ROMANTICOSE <3 Un fifty fifty fra romanticismo e fluff. Non pestatemi, e leggete a vostro pericolo … [Non sono brava in queste cose. L'ho scritta d'impulso … suppongo sia per la moltitudine di fanfiction drama inglesi che mi sparo u.u Perdonate questa stupida …]



Birds of Jinx
{Uccellacci del Malaugurio}


"Stai scherzando!?" Domandai a Daikke, osservando ciò che mi si parava davanti. Un'enorme collina rocciosa ci bloccava la strada. L'unico modo per avanzare era percorrere il piccolo sentiero che si arrampicava con essa. E quando dico piccolo, intendo dire microscopico. E tutto in salita.

Vi starete chiedendo cosa fosse successo dopo aver divorato le – buonissime, dolcissime, levissime – brioche, giusto? Ebbene, ci siamo incamminati per il boschetto, senza dire una parola – Daikke stava controllando i d'intorni, ed io ero troppo svogliata per iniziare qualunque discorso costruttivo. Me pigra. Oramai era quasi notte, e noi non avevamo quasi più cibo e acqua. Ed io avevo fame. Taaaanta fame. Ed in più lo stress che mi procurava quella stradina non contribuiva a riempirmi lo stomaco.

Daisuke mi fissò impassibile, prima di iniziare a camminare per il sentiero. Io, a mio malgrado, dovetti seguirlo. Non era tanto difficile camminare per il primo pezzo … il sentiero era più o meno stabile, e a meno che non si soffriva di vertigini, non si correvano rischi. O almeno, era quello che io pensavo.
"Crow! Crow!" Sentì gracchiare al di sopra di me. Guardando verso l'alto, notai delle macchioline nere – circa tre – che volteggiavano baldanzose nella parte più elevata della collina. Nulla di anormale, no? Solo qualche uccellaccio pestifero. Si poteva sopportare, giusto?


After 25 minutes ...


"Crow! Crow, crow!"
"AAAH! Basta, non li sopporto più, mi stanno facendo impazzire!" Esclamai, tappandomi le orecchie disperata, mentre gli uccelli non la smettevano di gracchiare. Che c'è, credete fossi esagerata? Daisuke sì. Infatti, quello, senza fermarsi, mi guardò corrucciato, prima di rivoltarsi sospirando. E i corvi – dopotutto gracchiavano, ed erano di colore nero – continuavano. Non avevano mai interrotto quel loro versaccio.
E, ancor più strano, avevo l'impressione di essere stata io ad averli irritati.

"Daikke...?" Iniziai, troppo preoccupata per poter ridere di lui: al suo nomignolo, era inciampato giù dal sentiero, riuscendo però ad aggrapparsi alla parete di roccia prima di precipitare. Corsi – per modo di dire, eravamo in una via strettissima! - velocemente da lui, e lo aiutai a tornare con i piedi per terra. Tanto era leggerissimo...
Lui mi guardò con rabbia, mentre si spolverava i vestiti, battendoci su con le mani.
"Cosa?" Sbruffò, irritato. Io feci tre passi indietro d'istinto. Aveva di nuovo lo sguardo assassino. Quello sguardo assassino.
"Credo che quei corv--"

"Murkrow." Mi interruppe, stringendo i pugni dalla mia ignoranza. Da quand'è che si comporta in maniera così suscettibile? Ho solamente rischiato di ucciderlo, non deve mettere il muso per così poco! Cercai di convincermi. Era da quando eravamo usciti dalla grotta che non faceva che agire in modo irritato. Decisi di ignorare la sensazione, e continuai.
"Sì. Murkrow. Penso mi stiano guardando male." Gli confessai. Daikke parve placarsi; guardò i Murkrow per qualche fugace istante, e mi rispose sospirando: "Sei paranoica. Sono solo pokemon." No, ma davvero?
Eppure, più salivamo, più mi sentivo colpita dalle occhiate che i volatili mi lanciavano sporadicamente. Guardai in basso, per distrarmi: ero abbastanza in alto per vedere un gran pezzo della regione. Riuscivo a vedere il bosco nella quale eravamo appena stati, e il lago più capanna dell'altra foresta. In mezzo ai due, si trovava … ugh. Melmolandia. Spero che sprofondi, una volta per tutte!


Eravamo finalmente giunti nell'ultimo pezzo di tragitto. Superato quello, Daikke aveva accennato a un altro bosco ancora più fitto, e poi la città. Sospirai. Quanto ci avremo ancora impiegato!?

Ad un tratto mi sentii picchiettare una spalla.
Mi girai lentamente, ben conscia che se avessi fatto movimenti bruschi, sarei potuta cadere. E se cadevo sarei morta. Bella vita, vero?
Ma davanti a me non v'era nulla, così, scrollando le spalle, tornai a camminare. Daisuke pareva non avere problemi, anche se agiva in modo strano. Non si reggeva nemmeno alla parete rocciosa, per spostarsi, ma bensì camminava seguendola, ignorando che dietro di lui ci fosse solo il vuoto. Ebbene sì, eravamo in una situazione delicata, da una parte un muro e dall'altra il nulla. Perché sempre a me?
Mi domandai, abbracciando, al contrario di Dracula, la parete, quasi ne fosse – cancellatelo – siccome ne era della mia vita.
Fu allora che risentii qualcosa che mi picchiettava sulla testa. E faceva anche male!
Alzai lo sguardo. E poi sbiancai in un millisecondo.

"D-D-Daikke?" Lo chiamai, balbettando. Quello parve essere colpito da una freccia, ma si voltò lo stesso. Come mi vide, divenne nervoso.
"N-non avevi detto c-che sti cosi non ce l'avevano c-con me?" Lui annuì leggermente, seppur sembrasse aver cambiato opinione. "E allora perché ce ne ho uno in testa!?" Urlai isterica. Se si muoveva, mi beccava, o ancora peggio, defecava – che parolone, stare in compagnia di Daisuke aveva dato i suoi frutti – potevo precipitare di sotto.
"Non agitarti." Consigliò il ragazzo, squadrando il corvo. Ma questi non lo aveva nemmeno calcolato, troppo impegnato a fissarmi negli occhi, inclinandosi sulla mia faccia. Riuscivo a sentire il mio battito accelerare.

Non agitarti, loro non mi vogliono far del male... Pensai. In quel preciso istante, il Murkrow sogghignò, mentre le sue pupille si restringevano furiosamente.
.. Loro mi vogliono uccidere! Urlai inconsciamente, mentre il volatile, aggrappato ai miei capelli, mi aveva trascinato di scatto via dalla parete. Ed ora ero, tecnicamente, in bilico, tenuta su solo dall'uccello.


Guardai Daikke, indeciso sul da farsi, mentre cercava di afferrare una pokeball. E poi ritornai al corvo, con un'espressione di terrore sul mio volto.
"… non oserai, vero?"
"Mu! Murkrow!" Rispose quello, guardandomi sadico. Allora spostai gli occhi verso il mio compare, sussurrandogli: "Credi ancora che non mi odino?" Lui stette zitto.
"Murkrow!" Gracchiò l'uccello, sganciando una zampa. Ora mi sollevava solo una una. Il mio primo impulso fu quello di chiedere a Rattata o – Dio, dovevo essere proprio disperata – Wooper, di aiutarmi, ma mi immaginavo già la scena. Saremmo caduti come tre cretini. Mondo ingiusto.

"No, 'Murkrow' un corno!" Protestai, dimenticandomi dell'ansia e ringhiando al pokemon. "Tu non mi farai cadere, uccellaccio del malaugurio! Riportami subito ---" Mollò la presa, annoiato dalle mie prediche. L'afferrai d'impulso per una zampa, offesa. Cioè, davvero aveva creduto che sarei caduta senza lottare?
"Non avevo finito!" Stavamo lentamente precipitando. Il Murkrow batteva le ali con tale foga che sembrava creare turbini di vento, ma non ci poteva fermare dal cadere.
"Ohoh" Ridacchiai, sarcastica "Ti piace adesso? Non pensavi mica di poterti liberare così di me!" Quindi mi imbronciai "Cosa ti ho fatto di male, spiegamelo! Anzi no: dimmi perché tutti i pokemon che incontro vogliono uccidermi!" Lo pregai, disperata. Tanto sapevo che non mi avrebbe mai potuto rispondere. In compenso, pareva volesse scuoiarmi con i suoi artigli.

L'uccello si dimenava più che poteva, graffiando e beccando, mentre io lo spiumavo – letteralmente – e gli stritolavo le zampe. Sarebbe andata avanti così, se solo gli altri due suoi compari non mi avessero lanciato delle onde nere, che mi erano andate a colpire la schiena.
Che cavolo di attacco è?! Fa un male assurdo! Pensai, mentre i corvacci erano partiti a beccarmi dappertuto. E più mi beccavano, più la mia confusione aumentava. Era tutto sfocato, non vedevo che becchi, ali, artigli! Tutto era cupo e oscuro. Dov'era il sopra? Dov'era il sotto? Dov'ero io?!

Più la mia confusione aumentava, più la mia presa si indeboliva. E il bello era che non me ne sarei nemmeno accorta, tanto rintontita com'ero, se solo non avessi sentito il mio corpo cadere come un sacco di patate. Non potevo nemmeno urlare, tanto era il mio affanno. Chiusi di scatto gli occhi, non volendo pensare al peggio. Mi ricordava di alcuni sogni che facevo, nella quale ero su un terrazzo. Poi il terrazzo si inclinava, giuro, ed io scivolato giù cadendo all'infinito. Era una sensazione orribile, mi sentivo lo stomaco sottosopra! Peccato solo che, stavolta, non mi sarei svegliata …
Dubito che mi risveglierò mai …Incrociai le dita: non potevo fare altro che sperare.

Ti prego... ti prego! Fa che non sia doloroso!


Quasi come risposta alle mie preghiere, sentì la mia caduta frenata bruscamente, il mio braccio afferrato con violenza. Ansimai dallo spavento, mentre il mio "salvatore" mi tirava su. Solo quando arrivai a toccare terra, aprì lentamente gli occhi. Una faccia familiare, contornata da capelli arancioni sparati, mi squadrava dall'alto.

"Ahah! Sana e salva!" Esclamò lui, ridacchiando sguaiatamente, mentre Daisuke gli lanciava la sciarpa in faccia. Io lo ignorai spudoratamente, guardandomi attorno. Non eravamo più sul sentiero, bensì, eravamo sulla cima della collina. Attorno a noi ricominciava a spuntare l'erbetta.
"Ehi! Non ti distrarre mentre parlo!" Continuò quello, legandosi la sciarpa con fare energetico "Devi ringraziare il meravigliosissimo, granderrimo, ottimissimo, superberrimo Kakeru! Il ninja salvatore!" Schiamazzò, prima di ricevere un pugno in testa da Daisuke. Quello aveva un'espressione cupa sul volto.

"Idiota." Si limitò a sbuffare.
"Che?! Un po' di rispetto! Pretendo rispetto e delle scuse!" S'imbestialì l'altro, fronteggiandolo. Uno con sguardo concentrato, l'altro irato. Mi sembrava di vedere delle scintille nell'aria. Non potevo fare a meno di chiedermi cosa fosse successo, mentre io lottavo contro gli uccellacci.


Kakeru's Pov ~


Come si permetteva quel damerino di insultarlo? Insultare lui, per giunta. Kakeru, il ninja miracolo! Sapeva che Daidiota era davvero senza speranze, ma non pensava fosse così arretrato ed irrispettoso.

"Non sono io quello che è rimasto a guardare mentre lei cadeva." Sentenziò Daidiota, con quell'espressione di superiorità che solo lui riusciva a dimostrare. Non poteva prendersi gioco di lui, l'altissimo e specialissimo ninja Kakeru!
"Io, se non l'hai notato, l'ho salvata!" S'impuntò, aggrottando le sopracciglia ed incrociando le braccia. Lui era un eroe. NO! Anzi. Lui era l'eroe. L'unico ed inimitabile. Come pensò quelle cose, una musica malinconica risuonò nell'aria.

"Io ho rischiato la vita per aiutarvi! E tutto ciò che mi ritrovo è un damerino irriconoscente e sgraziato" Daidiota alzò un sopracciglio "che mi rimprovera per qualcosa che non ho commesso. Come potermi offendere così? I miei sforzi non sono proprio serviti a niente? Quest'inetto rimarrà tale...?" Una fiamma si accese nei suoi occhi, sentiva la forza e l'energia ardergli dentro, fino a potenziarlo. La melodia terminò, facendo spazio alla sua musica a tema prediletta.

-… Io credo in me, e dico addio! Ai miei giorni grigi! Come un raggio, che ha il coraggio, di lasciarsi il sole dietro sé! Io credo in me, nel cuore mio …-

Daidiota – che meraviglioso soprannome che gli aveva trovato! - rilasciò la sua espressione truce e si osservò attorno, interdetto. Lui gli rise in faccia, determinato:
"Non permetterò che tu, oh povero diavolo, rimanga nella tua ignoranza" prese a dire, nemmeno fosse il Messia, mentre lo indicava con forza "Questa musica proviene dal mio cuore impavido e cristallino, e giuro che ti aiuterò a ritrovare la strada per la purificazione!" Daidiota lo guardava incredulo. Sì, lo sapeva, era un genio. Era nato per aiutare le persone, non poteva comportarsi da meno con il suo arci-rivale!

Daidiota non aprì bocca. Poteva giurare di vedere ammirazione nei suoi occhi. Sì, lo avrebbe finalmente riconosciuto come un dio, si sarebbe inchinato di fronte alla sua magnificenza e ---


Madeleyne Pov ~


La musica di magnificenza di Kakeru si era stoppata, nel momento in cui Daikke gli aveva tirato un calcio sulla faccia. Piuttosto forte, aggiungerei anche. E Kakeru era finito sull'orlo del burrone, tenendosi solo con le braccia e insultando il suo rivale. Aveva stampata in faccia l'impronta della scarpa dell'intelligentone.
Andranno mai d'accordo quei due?
Mi chiesi, prendendo tremolante un pacchettino da dentro alla mia borsa. Non riuscivo a smettere di pensare che io sarei potuta crepare. Nonostante fossi sulla terra ferma, l'idea di stare sopra ad una pericolosa collina non mi faceva stare meglio. Supponevo di aver sviluppato un nuovo trauma – sì, sono facilmente impressionabile - grazie a quei Murkrow. Fortunatamente, Sey se ne era già occupato – che pokemon diligente, Daikke e Carota avrebbero dovuto prendere esempio da lui -, mentre i contendenti si dimenavano. Ora i tre uccelli stavano a terra, con gli occhi a ghirigoro, mentre il pokemon gli si era seduto sopra.

"…" Daikke aveva fermamente ignorato gli insulti del ninja – che con un salto mortale era ritornato sulla collina (esibizionista!) - e mi aveva lanciato un'occhiata incomprensibile. Io mi sentii sotto pressione. Dovevo dirgli di essere ancora sotto shock, e che il fatto che loro litigassero non faceva che aumentarlo, o starmene zitta e muta? Decisi di sciogliere la tensione, com'era mio solito fare.
"Credo che mi abbia lussato la spalla …" Ridacchiai non convinta, riferendomi a quando il ninja mi aveva afferrato per il braccio. Daisuke non pareva essersi bevuto la mia scusa – non che mi ero così impegnata, comunque – e ritirò il suo Sableye.
Fra tutte le emozioni che quel tipo cercava di nascondere, non riusciva a evitare di dimostrarsi indispettito da Kakeru, che continuava a parlare di quanto fosse magnifico e di quanto loro fossero dei perdenti.

"--- e quindi, Kakeru, il ninja fenomeno –"
"Da baraccone" Completò Daisuke, con aria di superiorità.

Kakeru non afferrò subito il concetto. Ci mise due minuti per comprendere il significato di quell'affermazione. In quel momento, un forte vento gli soffiò contro, facendo ondeggiare i suoi capelli e i suoi vestiti. Aveva l'aria di uno che stava per cedere. Ma Daikke voleva avere l'ultima parola, e mettere le cose in chiaro.
"Quando era stata trascinata in alto da quei tre Murkrow, tu hai visto la scena e ti sei buttato a capofitto. Se non avessi afferrato la tua sciarpa in tempo, saresti precipitato." Spiegò stile maestrina, sospirando deluso.
Kakeru cercò di ribattere: "Avrei usato uno dei miei gadget!"
"Certo." Risposte Daikke, con una punta di acidità "Come con i dardi e gli slugma! Mi sarei dovuto fidare di una testa calda come te?" Sentenziò, duro. Io ero piuttosto sospettosa. Non era da Daikke arrabbiarsi così. Ok, forse sì, ma l'ultima volta che avevamo incontrato Kakeru non lo aveva insultato così pesantemente. Si era arrabbiato per il fatto che io stavo per crepare, che lui continuava a rompere profetizzando di essere il salvatore di tutti – che manie di protagonismo! - o per qualcos'altro? Scossi la testa: di sicuro era un'altra cosa. Ora dovevo solo capire cosa, di preciso.

"M-ma …" Kakeru guardava per terra, demoralizzato. Ora , che pareva un cucciolo abbandonato. Per quanto il suo complesso di superiorità era fastidioso, era sempre meglio che in quel momento. Ora mi faceva troppa pena.
Gli lanciai tre biscotti al cioccolato, recuperati dalla scatola presa in precedenza.
"Però, anche Kakeru ha contribuito." Borbottai un grazie, ma sapevo di non essere stata sentita. Il ninja aveva ripreso la sua indole iperattiva, urlando: "Biscotti! Miei!" E se li era tracannati. Daisuke scosse la testa, con un'espressione stanca in volto. Prima era solo un sospetto, ora è una certezza. C'è qualcosa di strano in lui.


"Sarà meglio scendere a valle. Non arriveremo alla città, ma almeno potremmo accamparci." Disse Daikke a bassa voce. Sembrava volesse smetterla di parlare.
Per forza! Di solito non dice niente, mi sorprende che si regga ancora in piedi! L'incontro verbale con Kakeru deve averlo stremato …Replicai melodrammatica.

Mi alzai lentamente, e mi diressi verso il prossimo sentiero da prendere. Questo era … più corto, meno tortuoso.
Ma è terribilmente alto! Mi bloccai di scatto, quando Daisuke era già partito a scendere. Kakeru mi guardava – con la faccia piena di briciole – crucciato.

"Oi! Daidio-- Daisuke!" Si corresse Kakeru, indicandomi "Abbiamo un problema!"
Io, per tutta risposta, corrugai le sopracciglia. Non avevo mai avuto paura a stare in alto, giusto? Ero sempre sopravvissuta. Tranne con i Murkrow, d'accordo, ma quello era un dettaglio. Potevo farcela.
Presi a scendere lentamente il sentiero, seguita dal ninja, guardando sempre fissa la parete di roccia. Così era più facile, almeno non sapevo quanto fossimo in alto!

Solo … quanto potrò resistere?


Passarono vari minuti di silenzio, interrotti solo da alcune colonne sonore provenienti da Kakeru. Erano a basso volume, quasi impercettibili, ma con quel silenzio si sentivano a sufficienza. Pareva che cambiassero ad ogni cambio d'umore del ragazzo. Mi venne un sospetto: quando aveva detto che provenivano dal suo cuore, intendeva dire che si era trapiantato un MP3? Scossi la testa – mentalmente, però: troppa paura di cadere. Non era così idiota. O forse sì?

"Ehi, quello là non vi ricorda qualcuno?" Esclamò ad un certo punto Kakeru, zittendo la musichetta. Daisuke scostò lo sguardo nel punto indicato, e s'irrigidì leggermente. Quindi replicò: "Bob dell'organizzazione?"
Kakeru emanava rabbia. Il tipo di rabbia che era stata repressa per molto tempo.
"Proprio lui. Credeva di riuscire a scappare dalla mia vendetta, ma da Kakeru, il ninja dalla vista rapacica--"
"Non esiste quella parola." Sottolineò Daikke.
"Dettagli. Dobbiamo accelerare il passo, scommetto che stanno per fare qualcosa di losco – di nuovo." Illustrò Kakeru, serio. Che avesse intuito la gravità della situazione? Ma erano davvero sicuri che fosse Bob del team Pyro?

Decisi di dare un'occhiatina veloce. Non avrebbe fatto male, no?


Pessima scelta. Al guardare di sotto, non solo non avevo visto nemmeno l'ombra di Bob, ma fra l'altro mi erano ritornate le vertigini: sotto di noi c'era un'enorme foresta di pini, sui quali soffiava un vento così potente da muoverne le chiome.
Eravamo ancora troppo in alto. Rischiavo di cadere. E se cadevo … non avevo dove aggrapparmi, tenermi fissa. Niente sbarre, niente di niente. Il presentimento di non poter far nulla per evitare il rischio, fu il colpo di grazia.

L'immagine della disavventura con i Murkrow mi riaffiorò nella mente, come io mi inginocchiai d'impulso. Strinsi le braccia attorno alle gambe e chiusi gli occhi, rimpicciolendomi più che potevo. Mi sentivo la testa girare, e il mio corpo intorpidirsi. Non riuscivo più a muovermi, per quanto avessi voluto. Sembrava che, se mi fossi spostata, sarei potuta precipitare di nuovo. E quel presentimento mi faceva paura, e quella stessa andava ad alimentare la sensazione di vuoto.

"Madeleyne!" Mi chiamò Kakeru, non aspettandosi la mia reazione. Perfetto, ora non avevo fatto altro che bloccare la sua avanzata. Ero d'impiccio.
Come sempre. Mi dissi, acida. Non solo avevo paura degli insetti – il che era già imbarazzante -, ma ora mi era venuta anche il senso di vertigine! Perfetto! E per di più, in ogni caso, sempre, non riuscivo a fare a meno di causare problemi. A volte mi chiedevo se il mondo avesse voluto farmi così, la rappresentazione della negatività, o se fossi solamente un'errore di natura. Probabilmente la seconda.


Mi sentii picchiettare sulla testa, ma non volevo alzarla. Non volevo vedere. Era tutto troppo confuso, mi sentivo ondeggiare - nonostante sapessi di essere ferma: attribuì la sensazione alle vertigini. Un solo passo falso e avrei spiccato il volo. O almeno, questo era quello che il mio subconscio mi diceva.
Capitemi … sapevo di star facendo una cavolata, che se non mi fossi mossa sarei rimasta bloccata lì. E sapevo che, se fossi stata attenta, non sarei precipitata. Ma provate voi ad essere trascinati su per una strada affacciata su uno strapiombo, con degli uccellacci che ti attaccano, ti feriscono, ti fanno del male e poi ti lasciano cadere verso morte certa. La sensazione era stata più di quanto potessi sopportare.


Presi a tremare inconsciamente, mentre le sensazioni del mio corpo si avvicinavano sempre di più ad assomigliare a quelle di una caduta. Sarei morta lì, nella mia dannosità. Fra gli sguardi d'odio di quelli che mi stavano accanto …

La mano che prima mi picchiettava, ora aveva preso ad accarezzarmi i capelli. Era gentile, era calma, era protettiva. Rimasi a crogiolarmi in quel tocco per un periodo di diversi minuti. Allora alzai gli occhi, acquosi. Senza saperlo mi ero anche messa a piangere. Ero patetica ...
Mi ritrovai a faccia a faccia con Daisuke. I suoi occhi neri mi guardavano, comprensivi. La faccia era rilassata, quasi sapesse che sarebbe finita in quel modo. Che avesse già intuito tutto quando erano sulla cima della collina? Probabile, Daikke era fatto così. Silenzioso ed intelligente. Per tutto quanto il tempo del nostro contatto visivo, non aveva mai smesso di accarezzarmi, incoraggiante.

"… alto …" Biascicai debolmente. Mi sentivo leggermente più tranquilla. Poi per il resto, ero piena di terrore. Lui si rialzò lentamente, ed io mi ritrovai a pensare a quanto mi mancassero le carezze. Ero una ruffiana, io!
Daikke mi tese la mano, attendendo. Io la fissai per qualche istante, insicura. Con un qualcosa su cui tenermi, avrei potuto muovermi. Avrei avuto l'appoggio di cui avevo bisogno. Forse.

O forse saremmo caduti tutti e due nel baratro della morte?

"Fidati." Mi incitò, tranquillo. Sembrava non avesse problemi ad aspettare. Dovevo fidarmi? Dopotutto Daikke era una delle persone più affidabili che avevo mai incontrato …
Gli presi la mano, e lentamente mi alzai. Daisuke annuì, e iniziò a camminare, mentre la mia stretta tremolava. Il terreno sembrava fatto di gommapiuma. Correvo il rischio di sprofondarci dentro. E la mia testa continuava a girare. Ma seguendo Daisuke, era più facile evitare che ondeggiassi come un'ubriaca.


Arrivammo, finalmente, a terra. E come arrivammo a terra, mollai la mano di Daikke, e mi inginocchiai a terra, baciandola febbrilmente.
"Terra, terra! Sono salva! Yuppi! Sopravvissuta!" Ripetevo a raffica. Poi mi accorsi di aver ingoiato dell'erbetta, e smisi di baciare il terreno. Sputacchiai qua e là, e poi trotterellai attorno ad alcuni alberi, euforica.
"Sono così felice ~" Canticchiai, carica di energie. Ritornare con i piedi per terra era stato come una ricarica: Madeleyne Hellys era tornata! E non sarebbe più sparita per un bel po'!
O almeno finché non mi trovo davanti ad un insetto, precipizio, o senso d'inettitudine. Ma chissenefrega! Sono troppo iper-stra-ultra-mega-attiva!

Saltellai dietro a Daikke, felice. Mentre quello proseguiva per una stradina presa, secondo me, a caso, io non mancai di commentare:
"Ma sai che sono strabiliata? Euforica? Non pensavo che camminare su terra ferma fosse così piacevole! Weeee ~" Daikke roteò gli occhi al cielo, sbuffando. L'espressione, comunque, mi pareva divertita.


Naturalmente avrei continuato così per ore – se non fosse intervenuto Kakeru, a testa in giù, con le gambe appese all'albero. Da dove era sbucato? Boh ~
Pareva anche lui carico di determinazione, comunque.
"Più avanti c'è una vecchia casa malconcia … dubito che ci abiti qualcuno! Però ho visto il camion dell'organizzazione parcheggiare lì fuori!" Aggiunse, agitato.
"Ah? Whatty?" Domandai, non ancora ripresa dal mio stato di felicità pura.

"Woah, che cambiamento!" Esclamò lui, notandomi. "Quando mi sono calato giù con la corda, vi avevo mollato piuttosto messi male." Prima che potessi rispondergli, e dirgli che si meritava una tonnellata di biscotti – era strano gli effetti che aveva l'euforia su di me -, si affrettò a continuare.
"Argh! Che stiamo aspettando! Dobbiamo andare ad aiutare il vecchio archeologo –"
"Che archeologo?" Domandai io, confusa.
"Il team Pyro l'ha legato come un salame e trasportato dentro. Suppongo che l'abbiano rapito!" Disse eccitato Kakeru. Sembrava altamente disinteressato per la sicurezza dell'uomo. Secondo me era per l'odore di azione nell'aria.

Daisuke si stava allontanando in un'altra direzione. Pareva stanco di ascoltare le chiacchiere del ninja. Era divertente vederlo crucciato. Mi aggregai a lui, fregandomene di Kakeru.
"Neh, Daikke" Gli venne un tick all'occhio. "Preferisci il gelato alla panna o al ---"
"Ma che fate!" Esclamò Kakeru, afferrandoci per la collottola delle maglie e trainandoci nella direzione da lui voluta. Io m'impuntai, mentre Daikke gli tirò un calcio. Ma Kakeru era troppo esagitato per curarsene.
"Dobbiamo aiutare l'archeologo." Disse determinato.
Io lo squadrai. Davvero voleva andare lì dentro, nel covo dei nemici, ed attaccarli liberamente? Senza precauzioni? Senza contattate nessuno? Davvero voleva rischiare la vita? Lui era pazzo.

"Nah. Perché dovrei farlo? Per quel che ne so, potremmo tutti crepare, là dentro." Gli dissi noncurante, ritornando a camminare. Sentivo però la voce del ninja, che non aveva ancora mollato.
"Ma … perderà la vita!"
"Embè? Non sono problemi miei ~" Cantilenai. Sarebbe morto? Peccato. Mi dispiaceva. Ma non avevo alcuna intenzione di rischiare. Mica scema, io!
"Fra poco farà buio, se riuscissimo a sbarazzarci di loro potremmo dormire al coperto …" Non demordeva.
"In una lugubre casa piena di ragnatele? No, thanky ~"

Kakeru ridacchiò tristemente. "Peccato allora … perché oltre all'uomo, avevano portato dentro anche una cassaforte … bella pesante, sembrava." Disse con nonchalance. Cos'era, un giochino psicologico? Cosa poteva importarmene di una …

"… hai detto cassaforte?" Gli domandai, facendo retromarcia. Lui sogghignava compiaciuto, sfregandosi le mani.
"Oh sì. Una grande e pesante cassaforte. La portavano in tre, pensa un po'."
Ci riflettei. Valeva il rischio? E se poi morivo? La cassaforte misteriosa valeva così tanto? Magari ci sono dentro enormi gruzzoloni ...o diamanti … o qualcosa di importante, comunque. E poi ci sono anche Kakeru e Daikke … magari ci ritorno viva. Non so cosa mi avesse spinto ad accettare. Magari era la mia stupidità risvegliata. Magari era l'euforia del momento.

"Ci sto. Ma entriamo, salviamo il tipo, pigliamo la cassaforte e torniamo indietro. Ok?" Dissi preoccupata al ninja, il quale ridacchiava contento.
"Sicuro! Daidi—Daisuke, andiamo ~" Lo strattonò. Il diretto interessato ci guardava impassibile, ma con una punta di ironia.
"Tu vuoi andare solo per vendicarti di Bob." Ragionò Daikke, inarcando il sopracciglio ma non opponendo resistenza. Kakeru lo fissò per un millisecondo: quindi si mise a ridere come un indemoniato. Avete presente le risate diaboliche? Ecco, più o meno era quello il discorso.


Daisuke non pareva convinto.
E come può essere convinto, se l'altro lanciava urla isteriche a destra e a manca?
Lo guardò come se fosse ubriaco/psicopatico. E in effetti, nel modo in cui si sganasciava dal ridere lo sembrava proprio. Quindi mi lanciò un'occhiata preoccupata. O almeno, credevo fosse tale. Non riuscivo a vederci bene con le mie iridi trasformate a forma di '$' luminosa. Non chiedetemi come fosse possibile.
"… cosa hai messo in quei biscotti?" Daisuke era straordinariamente serio. Faceva ridere.
"Io?" Chiesi innocentemente, indicandomi. "Qualche foglia e erbetta che coltiva mia nonna in giardino. Sono molto grandi e pagate dai giovani, lo sai?" Giocherellai, prendendolo in giro.

"Susu, dobbiamo andare!" Ci spinse Kakeru. Ma davvero fremeva così tanto per vendicarsi di Bob? Non mi sembrava il tipo da vendicarsi, il ninja. Scrollai le spalle: affari suoi. IO avevo una cassaforte di cui preoccuparmi.

Mentre ci avvicinavamo alla 'casa stregata', sussurrai a Daisuke: "Hai davvero intenzione di accompagnarci?"
Quello ci riflettè qualche minuto. Poi sospirò e mi disse, chiaro e tondo.
"Preferisco assicurarmi personalmente che non tentiate di ammazzarvi come oggi..."
Io annuì. Se eravamo veloci e furtivi, non ci avrebbero beccato. Potevamo salvare la cassaforte …
Ed il vecchio. Il vecchio ha la priorità. Caspita, quanto sono egoista …

Arrivammo finalmente davanti alla casucola, il camion davvero parcheggiato lì di fianco. L'enorme casa riempiva la radura. Un aggettivo per descriverla? Pericolante. Un secondo aggettivo?Scura. O forse ero io che non vedevo bene. Era notte, ormai...
Le finestre, nella maggior parte rotte, creavano suspance. La porta era vecchia e logora, come il resto delle pareti. Varie mattonelle erano ai nostri piedi, e potevo scommettere che venivano dal tetto. Le tende, viola scuro, ondeggiavano oltre i vetri, parendo quasi delle entità. In più, gli scricchiolii provenienti dall'interno della casa, non aiutavano di certo a tranquillizzarmi.
Avete mai visto le case degli spettri dei luna park? In qualche film? In qualche manga? Ecco. Moltiplicate l'effetto paura per dieci, ed avrete la villa disastrata che stavo fissando.

Ah. E devo aggiungere un'altra cosa: lì dentro vi sono una decina di criminali/assassini/senza pietà. Stupidi, ma comunque pericolosi.
Stavo per chiedermi cosa cappero m'avesse spinto ad accettare – a quanto pareva la mia euforia di prima si era dissipata – quando notai di essere sola, fuori dalla casa.
Non voglio rimanere qui ...è raccapricciante! E se gli succede qualcosa? E se escono fuori i tipi loschi? Nono, meglio entrare …

Silenziosamente mi diressi verso l'entrata, semichiusa, e sbirciai dentro: il pavimento in legno era bruciacchiato e consumato. Non sembrava stabile. Alcuni muri erano distrutti, e i corridoi si prolungavano nelle tenebre. Non riuscivo a scorgere né Daikke, né Kakeru, ma non avevo dubbi che si fossero già dati all'esplorazione.
Entrai dentro, sentendo il pavimento scricchiolare. Certo che qualche lavoretto di ristrutturazione no, neh? Ora come faccio a trovare gli altri …
Stavo per fare la conta dei pokemon, tanto per scegliere un corridoio, quando avvenne un imprevisto: la porta si chiuse di scatto, lasciandomi al buio più totale e facendomi venire un colpo.


Lumos Maximus!

Recitai, convinta, come nel film Harry Potter. Ma no, a quanto pareva non aveva funzionato.
Scrollai le spalle, ed inspirai a fondo. Ci avevo provato, però.

Che tu sia maledetto, Harry Potter! Lumos un corno! Mi conviene avviarmi alla cieca per questa casa, altro che magie inutili! Ecco, ora me la prendevo pure con un film. Magari c'era davvero qualcosa dentro a quei biscotti ...

Suvvia, devo solo entrare, depredare, liberare, ritrovare, e POI scappare come una furia via dalla casa ...
Feci un passo, ma spaccai una tavola di legno, facendo sprofondare il piede
...Sempre che non mi uccida prima lei.






~ Author's Corner

Aggiornato ^^; Siete stati veloci a recensire, quanto sono felice Q.Q Mi domando come facciate ad avere cotanta pazienza xD Ma, bando alle ciance, ora mi odierete di certo q.q

Quindi, il riassunto del capitolo è che i nostri amichetti sono arrivati ad una collina rocciosa. Con un sentiero strettissimo. E uno strapiombo. Geniale, neh? [Ho preso spunto dalle 'Cinque Terre' in liguria, dove in una gita abbiamo dovuto fare la stessa cosa. Seriamente. Menomale che non soffro di vertigini :'D.] Per un primo tempo tutto va bene, ma l'incontro con dei Murkrow arrabbiati mette in difficoltà Madd Madd, che picchia i corvi in una lotta furiosa e rischia di crepare per un burrone. Ma …. ta-da! Compare Kakeru che helpa e la salva U.U
Ora, la scena è confusa: Daikke dice che sarebbe morto anche lui se non l'avesse preso per la sciarpa; Kake invece dice che avrebbe usufruito di un gadget per salvarsi la pellaccia. Ci sarebbe riuscito? Non lo sapremo mai.
Ah. E poi abbiamo visto un po' di Pov di Kakeru, dove si potevano notare il suo INNOCENTE egocentrismo. Ma vuole solo far del bene, poverello Q.Q Poi Maddy capisce che qualcosa turba Daikke-kun, ma non capisce cosa …
E poi … ugh … la scena smielosa.
Però, ho deciso di farlo adesso il momentino 'aaawww' perché dopo ci sarà un po' d'azione +.+ Sono in una casa stregata con dei criminali, una cassaforte, ed una vittima, gente! Più di così! >.<"


Ora, passerò alle domande del giorno [quanto mi sono mancate!]… per capire cosa pensano i lettori. v.v

Domanda del giorno I: Che ne pensate dell'effetto Pov di Kakeru? Lo pensavate così, o credevate fosse un personaggio diverso? E' importante saperlo.

Domanda del giorno II:Momento awwww. Di più o di meno? [personalmente ne sono imbarazzata ^^; poveri lettori ...]

Domanda del giorno III: Ho bisogno di idee per la storia. Ho all'incirca … una decina di città + percorsi da riempire. Avete idee per alcune scene? Sennò, fa niente …


Grazie per aver continuato a seguirmi, e grazie ai nuovi recensori *.* E ricordate: anche le critiche sono accettate.

~GloGlo_96


PS: Ah, e poi volevo dirvi una cosa: io non soffro molto di vertigini. Ma supponevo che era realistico, che Maddy sviluppasse una sorta di fobia, una volta sperimentata una caduta. Ebbene, non è esattamente la paura dell'altezza. Mentre quella avviene in ogni circostanza [tipo, anche su un'aereo], quella di Maddy è piuttosto una reazione protettiva. Cioè, se andasse su un'aereo, sarebbe tranquilla, perché è circondata da appoggi e un muro le blocca la caduta. Comprendete? La sua è piuttosto una reazione che avviene non appena si trova in alto, e senza potersi stabilizzare. In quel caso la mente fa dei trip e finisce per farti venire l'impressione di cadere, come nei sogni v.v Spero di avere descritto bene la scena ...

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Capitolo 21
*** Bacche, che bontà ~ ***


Pkm 3.0
Bacche, che bontà ~

Stavo camminando a ridosso del muro. Come mai? Perché nella maledetta casucola non c'era uno straccio di luce.
Mi piaceva, però, l'effetto tenebroso che procurava l'abitazione. Era misteriosa e mistica. Se non ci fossero stati quelli del team Pyro, di sicuro mi sarei data alla pazza esplorazione! Insomma, era una casa fantasma, ragazzi! E, con casa fantasma, il mio cervellino creava una catena: 'casa antica = oggetti antichi = oggetti di gran valore = soldi'.

Ma il team Pyro ha dovuto rovinare tutto... Sospirai. Mi conveniva sbrigarmi, sennò altro che cassaforte.
Di Daikke e Carotino non c'era traccia, probabilmente si erano divisi. O persi. Ma l'ipotesi migliore era che Daisuke si fosse talmente irritato della compagnia del ninja, da andarsene. Che poi, non era nemmeno tanto fastidioso, a dirla tutta …
Trovai una porta. Appoggiai un orecchio, per essere sicura che non vi fosse nessuno nella stanza. A quanto pareva, era vuota, così ruotai il pomello ed entrai lentamente.
Ero finita in una cucina. Una cucina.Come avevo fatto a scoprire che era una cucina? Semplicemente perché parte della parete era rasa al suolo e permetteva alla luce della luna di illuminare fiocamente il posto. C'era, a ridosso di uno dei muri, un balcone con fornelli e lavandini, con al di sotto alcune ante. Al centro della stanza c'era un piccolo tavolino quadrato, con tre sedie ai lati. Davanti ai balconi, invece, si trovava il frigorifero e la dispensa.
Senza pensarci due volte, aprì il frigorifero e contemplai l'interno, sognante: c'erano un casino di bacche!
Solo che a seconda del ripiano, cambiava il tipo, di bacca. Personalmente, non ne avevo mai viste di così strane.
Scrollai le spalle ed iniziai a ficcarne alcune dentro alla borsa. E con alcune, intendevo dire un terzo. Tanto era stracolmo, nessuno se ne sarebbe accorto!

Thump! Thump!

Mi fermai e la bacca che tenevo in mano, cadde per terra. Guardai febbrilmente ogni angolo della stanza, alla ricerca della fonte di quel rumore. Poi, scrollai la testa.
E' impossibile che uno dei loro scagnozzi sia entrato, siccome non ho sentito la porta scricchiolare. Devo essermelo immaginato. Quindi decisi di continuare la mia raccolta bacche – giusto un altro paio, e poi me ne sarei andata.

Thump! Thump! THUMP!

Madeleyne, Madeleyne, devi andare in vacanza. Sapevo che il tuo cervello si era folgorato da tutta quest'avventura, però arrivare ad essere allucinate …
Mi dissi, chiudendo il frigorifero e dirigendomi verso la porta. La cassaforte non poteva attendere oltre. Poveretta, la sentivo implorarmi di raggiungerla. Dovevo ascoltare le preghiere di una piccola cassaforte, no?

THUMP! THUMP! THU---

Mi volta di scatto, la borsa di bacche stretta fra le mie mani. Da una delle ante era sbucata fuori una sagoma che si dimenava. Non mi pareva, però, ne un pokemon, ne uno del team Piromani. Così presi Dexi – che stupida che ero stata, a non pensarci prima! Il pokèdex poteva illuminare la zona … - e lo puntai verso la fonte del rumore, intenta a rivelare chi fosse. Vidi solo un ammasso di capelli – il resto era legato come un salame da delle fitte corde - batuffolosi e spumeggianti. Batuffolosi, e di colore fucsia. Per non parlare, poi, della varietà di ciuffi blu elettrico che spuntavano qua e là. E poi, verso la sommità, diventavano di colore giallo evidenziatore e verde fosforescente. Tolsi il pokèdex, presa da un'insana curiosità. Quindi spalancai gli occhi.

"… I tuoi capelli sono davvero fosforescenti! Oh cavolo! Sono in compagnia di una persona che è stata esposta alle radiazioni! L'incredibile Hulk è qui!" Fantasticai sulle varie ipotesi. "No. Aspetta, Hulk è completamente verde. Quindi, non puoi essere niente di meno che una di quelle povere ragazze che hanno assaggiato il gelato di Justin Bieber! Waah! Sapevo che era pericoloso per la salute!" Esclamai, in preda al panico. Come ci si comportava davanti ad una persona radioattiva, senza essere contaminata? Come se mi avesse sentito, la sagoma partì a dimenarsi.
"Ok, forse è meglio fare qualcosa per quelle corde …" Sussurrai, cliccando il pulsante di una delle mie pokèball appese alla cintura. Con un flash di luce bianca, comparve il mio piccolo Rattata, carico come non mai. Forse si era stancato di rimanere per così tanto tempo dentro la pokèball? Lo squadrai, mentre le mie labbra andavano a formare un sorrisetto ironico.
Di sicuro non gli sarebbe piaciuto essere mangiato da dei corvi assatanati.

"Ciao Rattata!" Gli dissi, abbassandomi per accarezzarlo dietro alle orecchie. "Il sunto della situazione è questo. Dopo aver battuto la palestra siamo andati per la foresta, abbiam superato un sentiero che si affacciava su un precipizio, con tanto di Murkrow assassini, e siamo finiti in un'altra casa dentro ad un'altra foresta. E dentro a questa cosa c'è il team Pyro che ha in custodia una cassaforte. Oh, e anche un archeologo rapito. Ma sono dettagli. Ora mi sono infiltrata con Kakeru e Daikke, ma ci siamo persi, e così ho trovato sta cucina, scippato delle bacche, e incontrato quello."
Indicai davanti a noi, dove la persona insalamata stava saltellando in giro come un pesce.

Rattata inclinò la testa di lato, riflettendo su ciò che gli avevo detto. Quindi annuì convinto, come un piccolo soldatino.
"Che bravo topo! Ora, usa morso sulle corde, che non abbiamo tempo da perdere." Dissi con non chalance, mentre Rattata aveva preso a camminare verso la persona. E allora, dopo un po' di annusatine, aveva tagliato le funi.
Passarono alcuni secondi di silenzio, con io che trattenevo il fiato, concentrata, e Rattata che si mangiava la bacca che prima mi era caduta dalle mani. Quindi, con uno scatto, la figura si era liberata, saltando in piedi e calciando inconsapevolmente il mio pokemon. Mentre io lo soccorrevo, prendendolo in braccio, la persona era corsa verso di me, brandendo un matterello. Sentendo il pericolo, decisi di scappare via, andando dalla parte opposta del tavolo. Tanto era facile vedere i movimenti dell'altra persona, dato che aveva i capelli fosforescenti …

"Vieni qui, delinquente!" Esclamò la voce. Era vecchia e gracchiante. Una nonnina, probabilmente. Fra l'altro era anche molto bassa, come persona …
"Ma sei pazza? Butta quel mattarello, e ne riparliamo!" Esclamai, mentre Rattata iniziò a muovere le orecchie. Che qualcuno si stesse avvicinando? Oddio, non sarei riuscita a combattere contro due persone!
"Ah, non fai più il bulletto, ora che sei da solo!" Urlò la vecchia, spiccando un balzo sopra al tavolo. E quando dico balzo, intendevo dire uno enorme. Ma chi era sta qui? Wonder Woman!?
"Ferma, ferma. Io non sono uno dell'organizzazione. Ma se urli così tanto, ci potrebbero trovare." Le dissi gentilmente, alzando le braccia in segno di essere disarmata. Il mio topo da combattimento – caduto per terra – mi guardò di sottecchi, prima di risalire sulla mia spalla.
La vecchina sembrò pensarci su per poi inserire il mattarello nella sua enorme massa di capelli fosforescenti. Pareva convinta dalla mia innocenza. "Ora capisco perché sei così codarda." Rivelò, studiandomi.
"Grazie, lo so benissimo. Ora, in casa sua …"
"Non è casa mia. Prima di raggiungere la mia meta prefissata, avevo intenzione di ristorarmi in un qualche posticino. E questa villa mi era capitata come la baccaliegia sulla torta!" Si affrettò a dire quella, scendendo dalla tavola e remesciando nella dispensa.
"Certamente. Comunque, in questa casa si trova un archeologo, prigioniero del Team Pyro. Io e i miei due amici cercavamo di liberarlo ...sa mica dove potrebbero averlo nascosto?" Domandai, sconcertata quando vidi che la vecchina raggrinzita aveva tirato fuori dall'anta un'enorme zainone da campeggio.
"Al secondo piano c'è un grande buco nel tetto, che fornisce una buona illuminazione, meglio di una Baccaparmen! Probabilmente l'avranno mollato lì." Consigliò la vecchina, ficcandosi sulle spalle lo zainone. Come facesse a trasportarlo con l'età che aveva, proprio non ne avevo idea.
"Ah. Umh. Forse ha ragione." Mormorai. Ora sapevo dove fosse il tizio. Ma che mi diceva della cassaforte? "Ha mica visto una cassaforte, qui in giro?" Chiesi, insoddisfatta.

Quella si voltò di scatto, e, con un turbinio di colori fosforescenti, corse verso la porta, gridando:
"Santa Baccaperina! Sono rimasta chiusa lì dentro per un giorno intero! Devo proseguire nel viaggio!"
Io le corsi dietro, corrucciata. Stavo provando un senso di dejavu, con quella vecchietta. Il modo con cui si esprimeva, la sua Iper Attività … la passione per le bacche ...
"Almeno aiutami a trovare la cassaforte, ne ho bisogno!" La incitai, non volendo esplorare la casa da sola. E poi, in due si trovavano più facilmente le cose. Sempre che quella lì non mi rubasse il bottino, certo …
La vecchia si fermò all'istante, sospirando frasi incoerenti. "Accidenti alla baccafrago. Sei peggio di mia nipote, e lei è una Baccagrana così tirchia …" Mi fermai di scatto. Baccagrana? Baccafrago? Iniziai ad avere qualche sospetto sull'identità della nonnina. Così, presi il pokedex ancora una volta, e glielo puntai addosso.
Quella, una volta che mi vide bene, spalancò la bocca. Io, una volta che la vidi bene, strabuzzai gli occhi. Vedendo che nessuna di noi due voleva decidersi a dire qualcosa, Rattata mi sventolò davanti alla faccia la codina, risvegliandomi dal mio coma auto-indotto. Ero sorpresa. Ero sconcertata. Ero divertita. Ero preoccupata. Ero incredula.
Ma, sentendo la cassaforte che mi chiamava, con voce disperata, decisi di darci un taglio. Schiarendomi la voce, biascicai:

"… Zia Gertrude?"



Daisuke/Third person's Pov ~

Naturalmente. Appena si era liberato del ninja rompiscatole, doveva incontrare l'idiota del Team Pyro! Il mondo non gliela raccontava giusta.
"Allora, mocciosetto. Sei tornato per terminare quello che avevo iniziato la scorsa volta?" Domandò Bob, accarezzando la propria sfera pokè con impazienza. Erano al secondo piano e, grazie ad un buco presente sul soffitto, si riusciva a vedere i d'intorni perfettamente. La il piano superiore comprendeva solamente una enorme stanza, vuota. L'unica cosa interessante che c'era, erano dei balconi che spuntavano dalle pareti, a circa sei metri d'altezza. Pareva un vero e proprio stadio per incontri di pokemon.
"Non puoi liberare Ponyta. Distruggerebbe tutto." Gli rispose lui, zittendolo. Bob grugnì, rimettendo la pokeball in tasca. A quanto pareva aveva ragione. Ciò, però, non l'aiutava molto: lo scagnozzo era più forte degli altri, e non sapeva per quanto avrebbe potuto resistere. Nelle sue condizioni attuali, non molto …
"Ragazzo. Liberami subito. Ho delle rovine da analizzare, io." Disse, severo, l'uomo dietro Daisuke. Era un uomo sulla trentina, capelli che davano sul blu, nascosti sotto un cappellino tipico degli archeologhi. Indossava un jilet beige,con dei pantaloni mimetici e scarponi. Attaccati alla cintura, aveva un piccone e uno scalpello.
Daisuke sospirò. Come poteva pretendere che lui potesse aiutarlo, quando doveva prima fronteggiare Bob?
"Avanti! Non ci vuole molto. Devi solo manomettere il lucchetto di questa catenuccia qui, e distrarre lo scimmione." Ordinò l'uomo. Lui non cercò nemmeno di controbattere, dicendogli che non poteva fare due cose allo stesso tempo: quell'uomo aveva la testa fatta di coccio. Aveva passato gli ultimi dieci minuti a starlo a sentire mentre blaterava di quante scoperte aveva fatto, e di come volesse che lui l'aiutasse a liberarlo. Dieci minuti della sua vita sprecati, ovviamente. Se non fosse stato una vittima, l'avrebbe volentieri lasciato lì a marcire.

"Ehi! Scimmione a chi? Umh?" Rispose il colosso, infuriato. "Ancora mi chiedo perché il capo abbia voluto rapirti. Te, e la tua scoperta! E' solo un cristallo giallognolo, che potrà mai servire all'organizzazione?" Sbottò lui, ragionando.
L'archeologo sbraitò "Stupido ammasso di muscoli, se mi aveste lasciato finire di analizzarla, invece di sequestrarmi, a quest'ora ne saprei di più! E poi, quanto tempo ci metterà il tuo capo ad arrivare? Non sopporterò un altro minuto di più in questo postaccio!"
"Cosa vuoi che ne sappia!? Archeologo, non sei nella posizione di fare richieste. E tu, pidocchio." Iniziò Bob.

Daisuke sollevò un sopracciglio, scettico. Voleva solo andarsene di lì, e fregarsene dei due. Uno era peggio dell'altro.
"Ora ti darò il bis di botte!" Esclamò l'uomo, caricando verso di lui. Daisuke posò la sua valigetta ai piedi della sedia alla quale era legato l'archeologo, e schivò il colpo.
Bob continuò a colpire l'aria, in quanto lui era nettamente più veloce e minuscolo. Per non parlare dei riflessi: quelli li aveva rinforzati con anni d'allenamento in palestre di judo e karate. L'unico problema, stava nella resistenza. Bob non pareva voler mollare: calcio, pugno, pugno, calcio, pugno …
Daisuke schivò, gli scivolò dietro alla schiena e lo colpì alla testa con un pugno. Brutta mossa. Ora si sentiva la mano in fiamme. Era un dolore orribile, fortissimo! Ritrasse la mano un una smorfia, come Bob cercò di afferrargliela. Odiava doverlo ammettere, ma si stava stancando.
"Sey, sfuriate!" Sibilò Daisuke, mentre il fedele pokemon, manifestandosi con una luce bluastra, si scagliava verso l'avversario. Bob, però, non pareva spaventato: con un ghigno beffardo, liberò il suo compagno.
"Flame, usa braciere!" Esclamò, come il suo pokemon – un piccolo Flareon – attaccava il Sableye. Prima che Daisuke potesse dargli un altro comando, lo scagnozzo del team Pyro lo colpì con una ginocchiata nello stomaco. Rimanendo in piedi a stento, cercò di schivare due pugni di Bob. Sableye, nel frattempo, stava avendo vita dura con la volpe infuocata: questa, sfruttando il fuoco del suo manto, cercava in ogni modo di colpirlo con l'attacco rapido. E ci stava anche riuscendo, diamine! Sey non era abituato alla luce, quindi si sentiva confuso ad avere una palla infuocata che gli girava attorno.

"Andiamo, arrenditi, prima di farti male!" Gli disse Bob, tirandogli un calcio. Daisuke saltò e lo colpì in pieno petto con il suo calcio. Bob arretrò di qualche centrimetro, prima di tornare all'attacco. Pugno, calcio, altro calcio. Come lui stava per colpirlo allo stomaco, Daisuke slittò di lato e gli tirò un pugno. Pessima scelta, di nuovo: Bob l'aveva afferrato.
"Oh, toh guarda. Ti sei fatto la bua?" Lo prese in giro l'uomo. Quindi sogghignò nel vedere la sua espressione dolorante, quando strinse la stretta attorno al suo braccio. Così Daisuke tentò di colpirlo con l'altra mano, per avere anche quella bloccata dal nemico. Non doveva essere il suo giorno fortunato, già.

"Ah, che bella questa sensazione. Mi ricorda i giorni in cui malmenavo i miei insegnanti ~" Canticchiò lo scagnozzo, stritolandogli le braccia. Era una morsa di ferro, quella. Peggiorata dal fatto che gli aveva conficcato dentro anche le sue unghie. La sensazione arrivò in un istante, con la potenza di uno tsunami: si sentiva gli arti in fiamme! Era un dolore lancinante. Chiuse gli occhi, come se quello potesse aiutarlo a sopportare meglio il dolore.

Scrash, scrash, scrasch …

"…?" Si chiese Daisuke, come l'uomo davanti a lui impallidì di botto ed abbassò lo sguardo.

CRASH!

Il pavimento sotto di lui era franato, liberando il ragazzo dall'uomo e permettendogli di riprendersi. Studiò il buco. Doveva essere stato causato da un pokemon, per come era preciso. Guardò al piano di sotto. L'unico che possedeva un pokemon che potesse sfruttare di un'esperienza da scavatore era …
"Salve Daidiota ~"
"… preferivo la compagnia di Bob." Mentì. Quello gli aveva massacrato gli arti, ed ora lui doveva vedersela con pulsazioni strazianti. Per una volta, era contento che fosse arrivato Kakeru.
"Chi è stato a...! Tu! Maledetto tu ed il tuo Nincada!" Tentò di lamentarsi Bob, inciampando su alcuni detriti. Aveva visto che il pavimento aveva ceduto, ed aveva capito anche chi era il colpevole.
"Oh, non ti preoccupare di lui, me ne occupo io." Iniziò col dire il ninja, facendo schioccare i pugni.

"Non sai da quanto tempo volevo incontrarti …" Kakeru assunse un tono truce, mentre una smorfia sogghignate si dipingeva sul suo viso. L'aria si riempì di una musica cupa e tenebrosa. Daisuke poté riconoscerla come la 'Carmina Burana' di Carl Orff*. Quella, più l'espressione di puro sadismo che indossava Kakeru più si avvicinava allo scagnozzo, contribuivano a renderlo leggermente inquieto. Ma leggermente. Daisuke non si spaventava per così poco.
"N-no! Stammi lontano, mostro con le colonne sonore pre-registrate!" Annaspò Bob, terrorizzato, correndo per un altro corridoio. Daisuke sospirò alla sua mancanza di coraggio. O almeno, tentò di sospirare: una vampata di dolore lo aveva fatto quasi strozzare.
"Yu-uuuh ~ Bob carissimo? Vieni fuori, dai … non ti voglio fare niente!"

Sì, e vallo a dire alla musica. Pensò, sarcastico, il moro, come vide il ninja andare all'inseguimento.
Sey stava ancora lottando con il Flareon. Ma sembrava aver capito il ritmo, e se ne stava occupando autonomamente. A Daisuke non rimaneva altro che tornare dal vecchio archeologo, e cercare di guadagnare informazioni.
"Ah, eccoti qui, piccolo sbruffoncello. Quanto intendi ancora stare lì impalato, uh? Liberami! Non dovrebbe essere difficile per un delinquente come te!"

Se, e sempre se, non l'ammazzava prima.



Madeleyne's Pov ~

"… e quindi l'infuso di Baccapesca può essere usato come antidoto al veleno di alcuni pokemon. Oh, e non ti ho ancora parlato della torta alle Baccabane!"
Annuì a mia zia, mentre farneticava su quanto erano utili e buone le bacche. Lei era seduta sopra alla cassaforte – che nel frattempo avevamo trovato – mentre io cercavo disperatamente di scassinarla. Non mi importava niente sulle ricette da poter fare con le bacche, a dir la verità. Ma ero così concentrata che sentivo solo alcuni stralci del suo discorso.
Ebbene sì. Avevo ritrovato mia zia, la sorella di mio nonno. Era da quando ero piccola che non la vedevo. Le avevo chiesto che aveva fatto ai capelli, e lei mi aveva risposto che si era lasciata tingere i capelli da alcuni ragazzi che facevano i graffiti sulle pareti. Questo spiegava tutto.
Gertrude era sempre stata, a quanto ricordo, una grandiosa Giramondo, sempre con quel suo zainone pieno di accessori strampalati. Amava il mondo, amava la natura, ed amava le bacche. Al contrario di mia nonna, però, lei spendeva le sua energia nel vagabondare alla ricerca di nuove avventure. E pareva averne trovate anche tante …

Click!

"Yep, perfetto!" Esclamai, aprendo il contenuto della cassaforte. Non volevo più sentire parlare di quante punte avessero le Baccapitaya! Era noioso!
"Oh, e cosa hai trovato, Baccagranina cara?" Baccagranina. Sì, il mio soprannome. A quanto pareva, le piaceva paragonarmi a quella bacca per il mio attaccamento alla 'grana'. Ma non mi lamentavo …
"Sembrerebbe una pietra preziosa … ma non l'ho mai vista prima." Analizzai.
"Non l'hai mai vista prima?! Strano …" Ragionò mia zia, stupita. In effetti, da piccola leggevo – a seconda di quanto fosse forte la mia sete per verdoni – libri interi sulle pietre preziose. Ma a quanto pareva ne avevano tralasciata una. Questa era di colore giallognolo, simile all'ambra, che aveva la forma di un cristallo lavorato malamente. La presi in mano, stupendomi di quanto fosse pesante. Quindi, la contemplai per qualche minuto, analizzando la forma e la lucidità della pietra. Era strana. Misteriosa. Potente. Più la fissavo, e più mi convincevo che quello era un cristallo carico di potere. O forse ero solo paranoica?

"Baccagranuccia? Non pensi che se rimaniamo qui, qualcuno potrebbe trovarci?"
Domandò mia zia, saltando giù dalla cassaforte e marciando verso la porta dalla quale eravamo entrate. Io infilai la pietra nella tasca interna della mia maglia - dove tenevo tutti i soldi e le cose preziose, del resto – e la seguii.
Zia Gertrude, con i suoi capelli, faceva abbastanza luce da illuminare l'intero corridoio, quindi con lei mi sentivo più sicura.
Almeno non sbatterò contro un muro …

"AAAAH! No! Lasciami in pace!"
Mi fermai, e guardai alla mia destra. Lì, oltre un piccolo corridoio, si vedevano due figure lottare. O almeno, uno lottava, tirando calci e pugni, mentre l'altro fuggiva inciampando ogni secondo. Ma non era tanto la forza impiegata nei vari attacchi, a spaventare me, mia zia ed il povero Bob – sì, l'avevo riconosciuto. No. La cosa preoccupante era …
"...'Carmina Burana'? Davvero? Cioè, Kakeru, non sapevo che ascoltassi questo tipo di musica." Mia zia mi guardava senza capire. Io guardavo la scena interessata, ascoltando la musica di distruzione e disperazione. Quella, mista alle urla dello scagnozzo gorillesco, era ancora più raccapricciante.
"Sono amici tuoi, Baccagranuccia?" Chiese Zia Gertrude, senza battere ciglio.
"Mah .." Cambiai direzione, e arrivai alla piccola scaletta che portava al piano superiore. Sì, mia Zia l'aveva trovata. Che brava Giramondo! "...si potrebbero definire così." E quindi, trascinando l'appassionata di bacche su per le scale – insomma, mica volevo cadere e/o inciampare su un gradino! I suoi capelli mi servivano! - arrivai a un'enorme stanza, sul fondo della quale ci trovai Daisuke ed un vecchio signore. Con i baffoni. Ed un piccone. Sì, doveva essere lui l'archeologo.
Ma dai, genio! Mi dissi, sarcastica, avvicinandomi a loro.
Rattata trotterellava in giro per la stanza, annusando qua e là, mentre mia zia si pettinava i capelli, intricandoli, se possibile, ancora di più.

"Daikke! Da quanto tempo ~" Cantilenai, alternando lo sguardo fra lui e l'incatenato archeologo. Quest'ultimo aveva in viso un'espressione seria, cupa ed altezzosa.
"Oh, ma certo, portiamo anche la fidanzatina! Ragazzo, non posso credere di averti chiesto di liberarmi. Sei irresponsabile e irritante! Mi libererò da solo." Commentò, sibilando ogni singola parola. Io guardai Daisuke, il quale sembrava completamente disinteressato. Era appoggiato ad una parete poco distante dalla sedia, e guardava dalla parte di mia zia e Rattata. Aveva la fronte corrugata, e il viso sudato. Pareva dolorante. Che si fosse fatto male? Che Bob l'avesse ferito?
"Daikke –" Quello cadde a terra all'uso del nomignolo, ma poi si riprese "– c'è qualcosa che non va?" Domandai. Era da un po' che volevo chiederglielo.
Lui mi lanciò un'occhiata, quindi disse, a monosillabi: "No."

Ahi ahi... è ripartito a parlare in linguaggio cifrato! Proprio come nei primi giorni del viaggio. Notai. Quindi sgranai gli occhi. Che non si fidasse ancora di me?

"Baccagrana cara!" Chiamò mia zia. Daisuke la guardò impassibile, mentre l'archeologo pareva diventare ancora più cupo di prima. "Ho messo a posto la corda! Si può scendere velocemente, così." Mi indicò la corda spessa, da scalatore, inchiodata al pavimento.
Sospirai, e mi avvicinai all'archeologo, prendendo fra le mani una forcina per capelli. Ne avevo a bizzeffe nella borsa.
"Mocciosetta, lascia perdere." Borbottò il vecchio "Questo è un lucchetto pesante, scommetto che nel girare con quell'arnese finirai per bloccarlo completamente. Lo scassinatore è un lavoro da uomini, non femminucce schizzinose e ---"

Clunck!

"Dicevi?" Gli dissi, fregandomene di quel maschilista, facendo cadere le catene. Però, prima di andare da mia zia, gli rivolsi un'occhiataccia.
"Ah, eccoti qui!" Esclamò tutta contenta la donna fosforescente. "Vedi … la casa è costruita al margine di questa piccola foresta. Poi, dietro alla casa – cioè davanti a noi – è presente uno strapiombo. Se noi scendiamo per questa corda e camminiamo contro la parete di legno non correremo rischi, e potremo tornare all'interno della foresta dove il terreno sarà un po' più … stabile." Io annuì sovrappensiero, troppo occupata ad osservare davanti a me. Attraverso la buca nella parete – davvero, la casa era una rovina – si estendeva il vuoto. Per il buio non era possibile vedere né quanto fosse profonda, né cosa ci fosse lì sotto. E, per giunta, fra la casa e lo strapiombo c'era solo una piccola lingua di terra. Un passo falso e saremmo caduti … perché mi dava un effetto deja-vu?
"Su, su! Sbrigati a scendere, vecchio!" L'archeologo fu strattonato da mia zia, che gli dava del vecchio nonostante fosse lei la più anziana. Mentre i due discendevano la fune, io mi guardai attorno, alla ricerca di Rattata. Quello aveva rizzato il pelo, in direzione delle scale.
"Rattata, cosa –" In meno di un secondo, mi ritrovai una palla di pelo in faccia "KYA! Levati, levati!" Esclamai, dimenandomi. Rattata, dimenticandosi delle scale, azzannò la palla rossa alla coda, e ricaddero a terra insieme. Quindi presero a rotolare sul pavimento, graffiandosi e ringhiando. Presi Dexi, e vidi che sullo schermo compariva una piccola volpina di fuoco, dal nome di Flareon. Sentivo l'impulso di lanciare un urletto da Fan-girl, ma mi trattenni.
Quant'è carino! Esclamai nella mia mente. Ero pur sempre una ragazza, insomma. E la maggior parte delle ragazze è attratta dalle cose carine. O costose. Per me non faceva differenza.

"… Aww! Tenero! Daikke, non credi anche tu che --- livello 26? LIVELLO 26!? Ma siamo pazzi? Rattata ---" Il mio topino era finito K.O quando il – tenero, adorabile, impetuoso- Flareon gli aveva lanciato contro un turbinio di fiamme. Rattata, oltre che bruciato, era andato a sbattere contro un muro, perdendo conoscenza.
Ora, Flareon era davanti a noi, ringhiando, messo in posizione per spiccare un balzo.
"… oh. Piano B, Daikke?" Gli chiesi, ritirando il mio pokemon.
"…" Lui fu percorso da un tremito al sentire il suo soprannome "Wooper."

Mi ritrovai spiazzata. Wooper. Come ho fatto a non pensarci prima? Daisuke mi fissava come se fossi una bambina di 3 anni.
"Hey!" Cercai di giustificarmi, tenendo il broncio "Si è introdotto lui nella pokèball, non mi ricordavo di averlo ancora con me!" Lui scosse la testa e ritirò il suo Sableye, accucciato contro una parete. Era pieno di scottature e respirava malamente, ma almeno era ancora cosciente. Povero Sey …
Prima che potessi lanciare la ball di Wooper, un oggetto-non-identificato dalle sfumature arancioni comparve con un balzo da un buco circolare nel pavimento – che, potevo scommetterci, era stato fatto dal suo Nincada, con quelle sue chelette schifose e … brr .. - e corse come un ossesso nella nostra direzione.

"WAH! No! Il pazzo ha dato fuoco alla casa, stiamo andando a fuoco!" Esclamò Kakeru, investendo – letteralmente – il piccolo Flareon ed avvicinandosi a noi. Daisuke aveva una vena pulsante sul capo, segno d'irritazione, mentre io strabuzzavo gli occhi, sorpresa dalla velocità degli eventi.
"Spiegati meglio." Ringhiò Daisuke, tetro.
"Oh? Ah, Daidiota ~" Kakeru era passato dal suo stato disperato, ad uno sbeffeggiatore.
"Parla quello con i capelli verniciati." Daisuke alzò gli occhi al cielo.
"Hey!" Kakeru spalancò le braccia, esattamente mentre Flareon lo stava per attaccare. Quello si prese un pugno in faccia, e cadde a terra. "E' successo più di sette anni fa!"
Daisuke fece finta di asciugarsi una lacrima.
"?" Chiesi io, non capendo che stava succedendo.
"Oh, quanto sono fiero! Finalmente Carotino ha imparato a contare!" Terminò, sarcastico. Kakeru pareva essere stato investito da un camion.
"Tu … TU!" Aveva pestato violentemente un piede a terra, proprio nello stesso istante in cui la volpe di fuoco aveva tentato di mordergli la gamba. Ora la piccola creaturina era stata spiaccicata dal piede del ninja, che non se n'era accorto. Infatti era troppo intento a sbraitare con il damerino per notarlo.


Ad un tratto, il rumore di zoccoli al galoppo e l'aumentare del calore nella stanza li avevano fatto smettere.
Io ero corsa verso la fune, pronta a scendere. Non volevo farmi uccidere, ovviamente.
"Ninja da strapazzo! Finalmente, eccoti qui!" Urlò una voce, sprezzante. Dalle scale galoppò nella stanza Ponyta, completamente ricoperto dal Ruotafuoco. Sopra di lui, Bob ci indicava furiosamente, impartendo ordini al cavallo di attaccare. Una palla di fuoco volò dritta davanti a me, incendiando la corda ed impedendoci di scappare.

Per le mutande di Merlino. Brontolai inconsciamente, cercando di prenderla con filosofia. Non potevo farmi prendere dal panico, un'altra volta.

Feci la cosa che sapevo fare meglio: parlare a vanvera.
"… sicuro di non lavorare in un circo?" Gli chiesi, stupita, mentre il cavallo inseguiva Kakeru per la stanza. Il ninja correva sulle pareti, saltava il cavallo e tentava in ogni modo di non farsi toccare – per forza, quell'affare poteva carbonizzarti!
"Si guadagnerebbe anche, in un circo, lo sai?" Continuai, mentre Daisuke mi fissava esterrefatto. "E poi, tu e la tua tuta ignifuca diventereste famosi … ancora più fan … telecamere … tv … ancora più soldi!" Terminai il mio flusso incoerente di pensieri con la bava alla bocca. Avevo la tendenza di borbottare fra me e me parole insensate, e nessuno riusciva a capirci un cavolo.
"Tu sei malata …" Mormorò Daikke, tirando un calcio al Flareon – già K.O per colpa di Kakeru – che andò a volare in faccia a Bob. Kakeru scattò nella nostra direzione, ansante. "La prossima volta ricordatemi di non colpirlo a suon di colonne sonore, per favore." Strascicò, grattandosi imbarazzato la nuca.

Quindi, Bob ripartì alla carica, ancora più infuriato, con il suo Flareon stretto fra le braccia: "La pagherete! Vendicherò il mio piccolo Flame! Pony, massima potenza!"
Dal cavallo fuoriuscirono enormi lingue di fuoco che lo resero, ora, un'enorme palla di fiamme. Che si stava avvicinando a velocità incredibile. Che ci avrebbe uccisi.
Dovevo usare Wooper, lui avrebbe potuto fare qualcos--

All'improvviso, quando l'involucro di fiamme ci stava per sfiorare, Kakeru aveva messo un braccio attorno al busto mio e di Daisuke. Ed era saltato nel vuoto.
Con la coda nell'occhio, mentre precipitavamo, vidi mia zia urlare cose tipo 'La mia Baccagrana! No!', l'archeologo fregarsene altamente e camminare in direzione della foresta, e Bob fermarsi all'improvviso mormorando un 'Oh-oh …'

"Afferrala!" Esclamò la voce del ninja, mentre quello lanciava un qualcosa verso la parete rocciosa. Io, d'impulso, cercai di prenderla: andai a sbattere contro il muro di pietra. Su di esso si era conficcato il kunai che reggeva la corda alla quale mi ero aggrappata. Sotto di me, Kakeru mi aveva afferrato la caviglia con una mano, mentre con l'altra tratteneva Daisuke per un braccio. Erano pesanti. Molto pesanti.
"Kakeru...?" Domandai, con tono dolce e carino.
"Vorrai dire Kakeru il ninja salvat---"
"Cretino!" Sbottai, sentendo le mie mani iniziare a sudare "Cerca di fare qualcosa per tirarci fuori da questa situazione! Com'è possibile che fra tutti i ninja possibili, ci capiti proprio tu? Saremmo potuto morire, capisci? Mo­-ri-re!" Allungai una mano per aggrapparmi più saldamente alla fune. Era colpa sua se mi ritrovavo lì, a penzolare per un burrone. Se mai fossimo usciti vivi di lì, gliene avrei dette quattro.
"… uffy .." Commentò lui, lagnandosi. "Hai dei pantaloncini sotto la gonna! Ed io che speravo di –"
"Idiota!" Gli diedi un piccolo calcio in faccia.
Almeno ora so che i pantaloncini-anti-perverso funzionano. Uno a zero per me!

"Scusa, scusa, lo ammetto! Non era un commento da fare e mi dispiace .." Si scusò. Poi sembrò accorgersi di qualcosa, e guardò in basso.
"...Daisuke?" Domandò infine, sinceramente preoccupato. Io abbassai lo sguardo, cercando di resistere: il mio fisico era teso e dolorante dal peso che doveva trattenere. Le mie mani tremolavano sulla corda, per quanto cercavo di tenermi ancorata.
"T-tsk .." Gli rispose lui, pallido, con un occhio chiuso dall'affanno e un respiro irregolare. Non riuscivo a vederlo molto bene, era troppo buio e poi i capelli scompigliati di Kakeru coprivano la scena meglio di un ombrello.
"Sei ferito?" Chiese ancora il ninja, frettoloso.
"N-non perdere tempo." Biascicò quello. Era la voce di uno in preda al dolore.
"Ah, scusa se mi preoccupo per te. La prossima volta, non venire a implorare Kakeru, il –"

"Murkrow!" Una voce gracchiante rispose.

"No! Non il Murkrow. Kakeru, il ninja scalato--- oh." Si fermò, osservandomi. "Madeleyne, sarebbe meglio che tu ti voltassi. Molto lentamente. Solo … non ti spaventare. Non vorrei che tu mollassi la presa all'improvviso …"
Il suo tono non mi piaceva. Non mi piaceva affatto. Me ne fregai dei suoi avvisi, e voltai la testa di scatto: sul Kunai si era seduto un orribile, assatanato, omicida …
"Mur! Murkrow!" L'uccellaccio si mise a beccare incessantemente le mie mani, cercando di staccarle dalla corda. "Che ho fatto di male, ditemelo!" Io urlavo, sconvolta.
"Non lo so, ma non mollare la presa! Fuuu! Fuuu!" Continuò Kakeru, cercando di soffiare via il corvo.
"Patetico..." Sussurrò acido Daisuke.
"Hey! Prova a fare di meglio tu che … sei ridotto ad uno straccio …" Kakeru, dapprima arrabbiato, si ritrovò a usare nuovamente un tono preoccupato. Al sentire le mie urla – cioè, se quell'uccellaccio vuole uccidermi, io come minimo lo renderò sordo – tornò a consigliarmi:

"Wah! No! Non mollare, ti prego! Non voglio morire, sono troppo giovane, bello e aitante per poter lasciare questo mondo!" Piagnucolò.
"Non essere isterico! Se perdi il controllo, rischierai di far disperare anche me!" Lo rimproverai. Come se non fossi già disperata.
"Murkrow! Krooow!" Il Murkrow non attese un secondo di più. Stancandosi del nostro farneticare, diede un'ultima, forte beccata – cavolo, il suo becco era peggio di un trapano! - e io, nel panico e nella confusione, mollai la presa.

La sensazione di vuoto si rifece sentire, ed io chiusi gli occhi di scatto. La mia testa pulsava, ed io mi sentivo – di nuovo – impotente. Le vertigini non si fermavano, ed anzi, andavano ad ampliare la mia confusione. Non capivo più nulla.
Persi i sensi, in preda alla terrore.





~ Author's Corner

. che capitolo lungo. o.o"
Sinceramente, mi faccio paura da sola … ma non potevo mollarlo a metà. Mi sarebbe sembrato inconsistente. Prima di iniziare con il riassunto/commento, volevo chiarire due cose:
- Gli incantesimi/personaggi/termini presenti nei libri/film/videogame di Harry Potter sono proprietà della J.K Rowling.
- La musica della 'Carmina Burana'* appartiene a Carl Orff. Ascoltatela xD [L'avrò usata un sacco di volte a scuola, nei momenti tragici … ]

Riassunto: I tizi entrano nella casuccia [vi aspettavate qualche fantasma, neh? Neh?] e si dividono: Kakeru si prende cura degli scagnozzi più deboli, Daisuke incontra Bob e l'archeologo, Madeleyne ritrova sua zia Giramondo e si cucca una pietruzza gialla di indefinito valore. Poi, mentre Bob da del filo da torcere a Daikke, Kakeru arriva e traumatizza il povero nemico. Madeleyne libera l'archeologo burbero, che scappa dalla casa con la zia Gertrude e i suoi capelli radioattivi, e si ritrova ad affrontare un Bob tutto arrabbiato con un Kakeru-assassino-di-Flareon [e che Flareon! Ha messo fuori gioco sia Rattata che Sey!] e un Daisuke-che-sta-male. Il colmo poi, è quando cadono – ancora, poveri cristi – per un burrone [sono sulle colline, dopotutto v.v] e un Murkow assassino getta i nostri disperati eroi nell'abisso. Fine x3

Mi fanno pena, i poverelli … specialmente Kakeru, però xD Ed il povero Bob … sempre pestato T.T
Mmm … poi niente... ah già! Kakeruccio caro è stato creato in parte dalla fantasia dell'autrice, e in parte seguendo il personaggio di Black Star in Soul Eater [di cui non possiedo i diritti, purtroppo]. Cioè, in realtà all'inizio ci avevo pensato io, poi ho letto il manga ed ho deciso di affidarmi a quello. *pigra*
Che succederà? Dove capiteranno? E i Murkrow, quando mai si stancheranno di uccidere Madeleyne? E Maddy, che pietra avrà trovato? E Daikke, come ha fatto a farsi male? E Kakeru, quando avrà imparato a contare? E i biscotti saranno davvero infestati di Mari-- emh ...^^;

Domanda del giorno: Capitoli troppo lunghi? [Per me sì …]

Grazie ancora a tutti quelli che mi seguono, e che recensiscono! Mi fanno piacere <3 Ci vediamo al prossimo chapter!
~ GloGlo_96

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Capitolo 22
*** ~ Condannata ~ ***


Pkm 0.0

{Spero che voi leggiate la note dell'autrice a fondo capitolo. E' importante per me}

~ Condannata ~


Ora è la volta che ammazzo quel Ninja.”
Sapete quando, dopo essere svenuti, una persona ci mette cinque o dieci minuti per connettere i neuroni e comprendere dove fosse finito, come ci fosse arrivato e cosa fosse successo? Ecco, io ci avevo messo meno di 10 secondi.

Ero seduta su un prato rinsecchito, a ridosso di un fiume. E siccome ero bagnata fradicia, doveva dedurre di essere precipitata nel corso d'acqua e che, per qualche miracoloso caso, questo mi trasportato fino alla terra ferma. Attorno a me c'era l'oscurità più totale, e non riuscivo a distinguere nient'altro che la forma di alcuni alberi. Secchi. Senza foglie. Il che era strano, perché faceva ancora abbastanza caldo e pioveva con regolarità. Mi alzai in piedi, leggermente barcollante, e cercai nella mia borsa l'unica mia fonte di luce disponibile. Fortunatamente non avevo perso niente.
Auch!” Sussurrai. La prima cosa che illuminai con Dexi, furono le mie mani. O almeno, quello che rimaneva di esse. Su tutte e due erano presenti un'infinità di graffi e tagli di dimensione variabile e alcuni 'buchi' poco profondi da cui fuoriusciva ancora del sangue. Andai al fiume e, cercando di non finirci dentro, sciacquai le ferite: nei manga di sopravvivenza almeno due o tre personaggi crepavano a causa di infezioni.
Dimenticati di Kakeru, Madeleyne. Tu hai dei conti in sospeso con quel dannatissimo uccellaccio fuligginoso!” Mugugnai, cercando dei cerotti – ah, mia nonna è proprio il massimo! - e mettendoli sulle ferite. Preferivo usare le bende in casi peggiori. Perché ce ne sarebbero stati, ne ero assolutamente sicura.
Con la fortuna che mi ritrovo …

Passai all'esplorazione. Se i miei calcoli erano esatti, Daikke e Kakeru dovevano essere non troppo distanti. Ora che mi muovevo, potevo notare meglio la foresta in cui ero capitata. Piena di alberi secchi, salici piangenti che si muovevano col vento, fruscii di foglie provenire da dietro, sopra, davanti a me. Il luogo era illuminato da una verdastra, tenue luce.
Nemmeno fossi in un cimitero di zombie. Ma esiste un pokèmon zombie?
Evitando di pensarci per il bene della mia incolumità mentale, giunsi all'entrata di un … qualcosa. Sì, un grande, secchissimo, qualcosa. Alla mia destra e alla mia sinistra non si vedeva altro che una muraglia di siepi marroni. E io non avevo voglia di andare verso il nulla, per chissà quanti chilometri. Davanti a me, un cartello con su scritto: 'Di qui per raggiungere il Lago Fantasma e il suo ciondolo di diamanti' e un po' più sotto '213 entrati, 4 usciti' e ancora più sotto 'R.I.P. In memoria del 209 mangiati dai Fantasmi che non hanno trovato l'uscita.'

Fantasmi, uh?” Ora sapevo che non c'erano pokèmon zombie dopo l'entrata. C'erano solo piccoli, innocui, mangiatori di uomini, fantasmi. “La fortuna deve proprio girare dalla mia parte!” Esclamai, sarcastica, verso nessuno in particolare. “Ora, facciamoci un pensierino. Ho due opzioni: primo, tornare indietro e vagabondare in attesa che qualche pokèmon zombie abbia pietà di me e mi sbrani; e secondo, entrare dentro a quello che si prospetta un labirinto inzuppato di pokèmon fantasma, per raggiungere un Lago Fantasma, per prendere un Ciondolo di Diamanti ed essere divorata da uno spettro all'ultimo secondo. Magari ci becco anche Daikke e Kakeru, dentro ...” Volevo avere, dovevo avere quel gioiello. Ma non avevo intenzione di morire nell'intento. Non volevo ferirmi.
Sospirai: la mia vita era una contraddizione. Ed io ero incapacitata a scegliere.

Haunter ...”
Mi voltai di scatto scoprendo che dietro di me non c'era niente. Oramai, però, ero diventata esperta in queste faccende e avevo confidenza nel dire che non mi ero immaginata quel suono. O almeno, il mio sesto senso me lo diceva.

Haunter.”
Guardai alla mia destra, ma non vidi niente di particolare: solo un mucchio di foglie secche che volavano in aria. Non avevo voglia di essere la vittima 'passiva', se dovevo essere ferita tanto valeva affrettare i tempi.
Perché il tempo è denaro. E anche perché se qualcosa sbuca all'improvviso potrei svenire.

Ok. Basta con i giochetti. Ne ho passate troppe in quest'ultimo mese, e non ho intenzione di essere qui tutta buona e tranquilla per farmi mangiare da un'entità ectoplasmatica.” Ci furono un paio di minuti di silenzio, nei quali iniziai ad avere qualche dubbio. “A meno che tu non sia uno zombie. In quel caso, scapperei per la foresta, sbattendo contro gli alberi in preda al panico ed emettendo urla così fastidiose che dopo gli ultrasuoni non vi farebbero un baffo.” Rivelai velocemente. Se proprio dovevo morire -inutile, mi ero già convinta - tanto valeva farlo con stile. Vedendo che il mio discorso non aveva ottenuto risultati, mi rivoltai verso il labirinto.

Solo che questo non c'era più. Al suo posto erano comparsi due enormi occhi, con la pupilla ristretta, che mi fissavano e una bocca aguzza e gigante contorta in un sogghigno raccapricciante. Il mio primo istinto fu quello di urlare: cioè, con una mostruosità del genere che ti compare a centimetri di distanza dalla tua faccia, cosa si doveva fare? Ma alla fine non feci niente, se non rimanere a fissare il pokèmon, leggermente impallidita. Dopo un po' che lo si guardava, non era poi così spaventoso. Era l'effetto a sorpresa che ti traumatizzava. Vedendo che non accennava ad attaccarmi, scelsi di fare io la prima mossa. Con un gesto fulmineo misi le mani (incerottate) a croce, quindi urlai:
Esci da questo corpo!”
...” Lo spirito mi guardava con un sopracciglio alzato.
...” Rimasi in posa per alcuni secondi. Magari mi usciva anche un piano per fuggire. Se usavo Rattata, avevo una buona possibilità di sconfiggerlo. Ma era anche vero che non conoscevo la differenza di livello fra i due, e che forse mi avrebbe mangiato ancora prima di poter chiamare il mio pokèmon … ero un caso disperato. Proprio mentre stavo per far uscire Rattata, il fantasma attirò la mia attenzione.
Gastly, è tua. Non ho voglia di mangiare questa qui.” Disse con voce depressa il pokèmon, ignorandomi completamente e tornando a una dimensione più ridotta. Anche io abbandonai la posa, per ragionare.
Benissimo, pure i pokèmon adesso mi ignorano. Non mi vuole nemmeno mangiare. Eppure non penso di essere tanto malaccio. Ma quanto sono inutile da 1 a 10? Presi a compatirmi, mentre una palla di gas al completo di di due occhi e una bocca comparve sopra alla mia testa, di fianco al primo spettro.

Scherzi fratello? E' una preda facile per te, no?” Incoraggiò la palla fluttuante.
Sì ma ...” Mi scoccò qualche occhiatina veloce “Non vedi l'aura negativa che emana?”
In effetti …” La palla di fumi diede corda al fratello “Caspita, dietro all'iniziale strato di emozioni positive si nasconda una persona così vuota.” Prese a psicanalizzare l'altro, osservando interessato qualche punto dentro di me. I fratelli cominciarono a commentare.
E delusa”
E confusa”
E patetica”
Ma sopratutto ...”
Con un così gran complesso d'inferiorità!” Conclusero in coro i due fratelli.

Ad ogni insulto ero sprofondata sempre più nell'oblio della mia depressione, tanto che i due si dovettero allontanare di qualche metro per poter respirare più liberamente. Davvero ero così messa male? Mi sembrava di essere meglio di così. No, no, anzi: ero sicura di poter essere positiva. Cioè, molto spesso mi divertivo, ridevo, incoraggiavo … non mi appariva di essere come loro mi avevano descritto. Avevo bisogno di svagarmi.
Grazie mille per il supporto psicologico ...” Rimbeccai sarcastica, tirando fuori il mio blocco da disegno. Forse quello non era il momento più adatto, ma se non mi distraevo in qualche modo, rischiavo di perdere la concentrazione sui miei attuali obiettivi: trovare i due tizi e il ciondolo. E poi, i due pokèmon erano buffi: continuavano ad assumere pose da esseri umani, grattandosi il mento e corrugando lo sguardo. In un'altra situazione sarei scappata a gambe levate ma, siccome avevano espresso così apertamente il loro disgusto per la mia personalità, potevo star certa di non essere in pericolo.
Wow, non sono in pericolo. Mi inseguono Cincinfairy, Wooper mollicciosi, Grimer puzzolenti e uccellacci assassini, e quando capito davanti a dei pokèmon che uccidono per natura, questi provano ribrezzo ad attaccarmi? Mi sento quasi sollevata. Feci una breve risata, sinceramente divertita.

... che sta facendo, fratello?” Commentò la voce del pokèmon rotondo, sopra di me. La comparsa del pokèmon non mi preoccupò più di tanto, dato che ormai ero a mio agio con quei due. Avevo sempre saputo di essere piuttosto adattabile ...
Ignora quello che sta facendo, e guarda la sua anima!” Anima? Possono anche vedere la mia anima? Ma perché non sono nata sotto forma di pokèmon spettro!? Che figata pazzesca!
! Il vuoto inizia a dissiparsi … magari c'è ancora speranza. Magari, fra qualche decennio, diventerà una normale umana e potremmo mangiarla!” Decennio? Non ero mica così disperata ...
Certo che in questo momento la sua anima fa proprio sch---” Eh no. Adesso basta.
Chiusi il block notes e lo tirai in testa al più grande, colui che aveva due manone appuntite. Quello piagnucolò, fluttuando lentamente verso terra. Il fratello lo guardò, commentando che forse avrebbe fatto meglio a diventare incorporeo come gli aveva già detto altre volte.
Quando mi resi conto di quello che avevo fatto, indietreggiai di qualche passo e mi inginocchiai a terra, congiungendo le mani. “Oh, scusa, mi spiace, non volevo farti male. O forse sì. Ma ora sono piena di sensi di colpa, e quindi, per cortesia, perdonami!” Ero seriamente dispiaciuta. E leggermente innervosita. Dopotutto, non era saggio far arrabbiare gli spiriti, anche quelli che non ti trovavano appetitosa. Sospirai mentalmente: inoltre quello lì non mi aveva fatto nessun danno, ed io l'avevo colpito contro la mia natura pacifista.

Ugh. D'accordo. Smettila, che mi fai venire da vomitare.” Mugugnò il fantasma, nauseato.

Mi rialzai, stiracchiandomi. Questi due erano interessanti, e li trovavo anche carini da ritrarre. Ma era venuto il momento di agire. Se loro non volevano mangiarmi, allora nemmeno gli altri mi avrebbero voluto pappare, no? E quindi potevo andare a prendere il ciondolo di diamanti, senza alcun problema! Ciondolo con cui avrei benissimo arricchirmi, comprare una casetta in un paradiso tropicale e vivere nel lusso, con tanto di maggiordomi con il papillon. E uno di quelli si sarebbe chiamato Alfred, un altro Turiddu e un altro ancora Ermenasdrubalcibaldo! Mi fermai, d'un tratto sospettosa: il maggiordomo era sempre il colpevole. Non era che poi mi avrebbe ucciso? Scossi la testa, sognante: tanto sarei stata straricca, sarei crepata felice ~
Emh, fratello… perché ha delle $, negli occhi?” Azzardò il più piccolo, svolazzandomi attorno e distogliendomi dalla mia immagine mentale di me straricca. Tossì imbarazzata, e mi avventurai all'interno del labirinto. “Perché fra un po' sarò ricca! Ricca, ricca, ricca ~” Canticchiai, trotterellando.
Gastly, sta qui è strana.” Iniziò il più grande, svolazzando alla mia sinistra.
E perch---”
Io lo interruppi “Dovrei considerarlo un complimento?” I due smisero di seguirmi, ed io mi fermai a guardarli. Mi stavano fissando con l'aria da intenditori. Poi, Gastly sbottò:

Come ti chiami?”
Dovevo rispondere? Magari dargli informazioni su me stessa poteva compromettere la mia salvezza. Magari avevano un Death Note. Magari erano dei 'pokèmon Shinigami'. O magari ero solo paranoica.

Madeleyne Hellys. Voi?”
...avevi ragione, fratello, è stana forte. Ma forse è solo una coincidenza …” Tentò Gastly, guardandomi incuriosito. Che avevo di così tanto strano, a parte un'anima 'vuota e cupa' e un'innata sfortuna?
Tu. Riuscire. A. Capire. Me?” Bofonchiò, molto lentamente, il maggiore. A quel punto mi ero irritata:
Sì. Complimenti, Sherlock.” Quindi intervenni prima di un'altra inutile domanda “Sentite, io devo trovare un ciondolo di diamanti – perché c'è, giusto? - e quei due idioti dei miei amici. Potreste cortesemente condurmi a questo fantomatico 'Lago Fantasma' e smetterla di insultarmi ad ogni occasione? Siete rudi e maleducati.” Misi il broncio, aspettando una risposta. I due dissero 'Un attimo' e poi si allontanarono a confabulare su qualcosa. A volte mi lanciavano qualche sguardo preoccupato, a volte qualcuno eccitato. Io, invece, non sapevo se mostrarmi incuriosita (essere in compagnia di due fantasmi mangiatori di uomini era originale), felice (Un ciondolo di Diamanti ~) o triste (Mi faccio schifo fa sola … faccio pena anche ai fantasmi … se avessi usato Wooper nella lotta avremmo potuto essere altrove … magari Daisuke è morto …). Optai per la seconda e tornai a percorrere a caso il labirinto, fantasticando sui miei possibili schiav--- maggiordomi.
Abbiamo deciso. Ci davi un senso di dejavu all'inizio, ma ora ne siamo convinti.” Gastly comparve sopra di me.
Con il tuo carattere,” Arrivò l'altro. “il potere di capire i pokèmon Fantasma e la tua anima piuttosto … beh, non molto allegra,” Strano, perché in quel momento ero euforica … “abbiamo concordato che tu ...”
Sei un fantasma ~” Terminarono in coro.
Dapprima risi, prendendoli per idioti. Poi mi convinsi, vedendoli estremamente seri. Smisi di ridere, mentre un assurdo pensiero (E se fossi davvero morta, cadendo dal burrone? Non è possibile, dato che posso toccare ancora le mie cose, giusto...?) si faceva largo nella mia mente. Prima che iniziassi a sprofondare nel panico, decisi di vedere tutto da un altro punto di vista.
Che farebbe Daikke? Dopo un po' di rimurginamenti, mi illuminai, e iniziai a tastare il polso. Passato qualche secondo, sospirai sollevata: “No, il mio cuore batte ancora. Sono viva e vegeta, mi spiace.”
Gli altri due scrollarono le spalle “Beh, allora sei un'umana psicopatica con un'anima che fa schifo.”

Avevo chiesto niente insulti ...” Biascicai, demoralizzata.

Haunter – finalmente mi ero ricordata il suo nome! - e suo fratello si innervosirono: “No, no! Ti porteremo lo stesso al Lago, e magari ti faremo strada verso i tuoi compagni di viaggio, ma ti preghiamo! Non emettere quell'aura cupa!” Quindi m'illuminai. Avevano detto che mi avrebbero fatto da scorta? Ottimo: prima uscivo di lì, meglio era. In quel momento ringraziai di avere un carattere così schifoso.
E che ne sapete voi di Daisuke e Kakeru?” Chiesi, sospettosa. Non è che se li erano pappati, vero?
Io ho visto uno che, al vedere un'orda di Duskull si era arrampicato sulla siepe del labirinto ed aveva preso a saltarlo, delirante.” Disse Gastly, pensoso. Quello è Kakeru. Non ci sono dubbi. Dapprima fui spaventata, e iniziai a chiedermi se fosse sopravvissuto oppure no, ma poi feci un piccolo sorriso: finalmente dei pokèmon che non mi volevano ammazzare. Ora capirà quanto è faticosa avere la mia vita.
Invece io ne ho visto un altro, estremamente composto, usare un Sableye per farsi strada tagliando fra i rovi. Era appetitoso, sì, ma nessuno l'ha attaccato per paura di finire avvelenato.” Concluse l'Haunter, leccandosi i baffi.
Perché avvelenato?” Ero perplessa. Che Daikke avesse del veleno al posto del sangue? Quello avrebbe spiegato molte cose …
Noi pokèmon percepiamo più cose degli esseri umani” Si vantò Haunter, sogghignando.
Tranne gli Slowpoke, loro sono ottusi.” Commentò Gastly.
E quell'umano” Riprese lo spettro “Odorava di veleno. Nelle braccia, forse.” Precisò.
Uh … d'accordo ...” Non ero spaventata. Per una volta sapevo cosa fare. Mia Zia mi aveva parlato delle bacche e ora avevo la conoscenza di un'enciclopedia. Presi quattro baccapesca e iniziai a schiacciarle – cavolo, se erano dure! 

“Quindi, da quel che ho capito, la mia anima è 'vuota', 'lugubre' e 'simile a quella di un fantasma'. Perciò riesco a comprendervi. Inoltre voi sembrate cibarvi di quelle più felici ed emotive, come quella di Kakeru, giusto? E quindi non corro pericoli?” Loro annuirono, volteggiando in aria. Se mai un giorno crepassi, vorrei diventare un fantasma ~
E ora ci stiamo dirigendo verso il lago, neh?” Altra scrollata di capo. “Non potreste, allora, sollevarmi e trasportarmi fino a lì volando?” Chiesi, con tono giocoso.
Certo.” Disse Gastly. Io sorrisi vivamente “Ma non lo faremo.” Terminò, e con esso anche il mio sorriso. “Cioè, perché dovremmo farlo? Ringrazia che ci fai schifo, sennò ti avremmo già mangiato.”
Beh” sospirai “almeno c'ho provato.” Quindi cambiai argomento, per non annoiarmi. Decisi di raccontare una storiella.
Sapete come ho fatto a finire in questo posto pullulante di noiose, crudeli e schizzinose entità spiritiche?”


~ Daisuke's Pov

Scendi, idiota.”

Daisuke era davanti al lago. Un'enorme lago con tanto di nebbia. E gli piaceva. Era il posto più tranquillo e desolato in cui fosse mai stato, e la calma e la placidità di quel luogo lo rallegravano. Se solo non avesse avuto gli arti inzuppati di veleno, avrebbe anche potuto godersi quella pace. Ah, e poi c'era da contare nella lista anche il ninja da strapazzo, nascosto fra i rami del gigantesco albero che cresceva al centro del lago. E con gigante, intendeva dire che era alto quanto un palazzo di 10 piani. Certo che di stramberie ce n'erano un sacco, disseminate nel mondo.
Come faceva a sapere che Kakeru si trovava lassù? Semplicemente perché alla base dell'albero questi aveva inciso con un kunai la frase “Non sono qui, cercate altrove”. L'idiozia non aveva limiti.

Non ci sono!” Esclamò una voce. Daisuke stava per tirarsi uno schiaffo in faccia, quando si ricordò del veleno. “Dobbiamo andarcene. Scendi.”
N-no! Mai! E v-vai via, c-che potrebbero scoprire il m-mio nascondiglio!” Balbettò Kakeru che, con tutta la probabilità, stava abbracciando il tronco dell'albero. Riusciva anche a sentire i versetti del suo Nincada che tentava di consolarlo. Daisuke sospirò, affaticato.
Sapevi che i pokèmon Spettro adorano i bersagli impauriti?” Tentò. Voleva farlo scendere di lì. Voleva trovare Madeleyne e andarsene velocemente da quel posto.
N-non ho p-paura!” Piagnucolò il 'Grande e Possente Ninja'. Daisuke avrebbe volentieri fatto la fatica di salire quell'albero solo per poterlo strozzare. Lo irritava. Lo infastidiva. Metteva a dura prova la sua pazienza.

Era stupida, la situazione. Resa ancora più stupida dalla comparsa di un fantasma che, fluttuando lentamente, cercava di scovare il ninja. L'entità vide Daisuke, e si mise un dito sulle labbra, come per dirgli di stare zitto.
Ma lui ne aveva abbastanza di giochetti: “C'è un Gen--”
"Smettila!” Lo interruppe l'altro, urlante. “Io non cederò ai tuoi trucchetti!”
E così, Daisuke si azzittì. Se l'altro non voleva capire con le buone – e lui davvero stava provando a fare il buono – avrebbe capito con le cattive. In questo caso un grande e sogghignante Gengar che era scomparso dalla sua visuale, preso a cercare la merenda. Osservò l'albero, in attesa.

GAHHHH! NON MI PRENDERAI!” Il ninja era saltato giù, senza nemmeno darsi la briga di arrampicarsi, da uno dei rami più alti, per poi correre verso il lago, tuffarsi – più che altro era una panciata – e scomparire nelle profondità. Magari era morto, a causa della foga della panciata. Ma dopo qualche minuto lo stesso Kakeru sbucò fuori dall'acqua con un salto, si scrollò l'acqua di dosso come un Growlithe e corse verso di lui – inciampando qualche volta, per giunta. Quindi si nascose dietro Daisuke, tremante e paranoico.
N-non lasciare che mi prendano!” Supplicò Daisuke. Questi pareva avere una sorta di dejavu, come quando si erano ritrovati nella casa che andava a fuoco, senza vie di fuga. E, anche se faticava ad ammetterlo, gli dispiaceva un po' per lui. Gli piaceva vedere il ninja meno presuntuoso ed irritante, ma forse così era un po' troppo. D'un tratto sbucarono tre mani dal terreno dietro di loro. Kakeru saltò in braccio a Daisuke, il quale lo lasciò cadere immediatamente, sentendo come se delle lance gli avessero infilzato la mani.

Kakeru, quando realizzò che tre Dusclops erano appena spuntati dal terreno e camminavano velocemente verso di lui. rizzò in piedi e partì a correre a destra e a manca. Daisuke arrivò alla conclusione che il giovane ninja era più appetitoso di lui, e quindi si tranquillizzò. Dall'alto, però, erano comparsi anche diversi Gastly che si erano messi a ronzare attorno a Kakeru, distraendolo e facendolo sbattere contro un alberello. Questo si ruppe per il colpo e cadde all'indietro, trapassando un Dusclops e strappando la parte centrale del pokèmon. Kakeru lo vide (o meglio, vide che effettivamente al suo interno non c'era niente) e, dopo un urlo, aveva fatto due o tre salti nella sua direzione. Poi l'aveva superato, proseguendo spedito.
Daisuke notò che il terreno sulla quale stava per mettere piede non era altri che l'enorme bocca spalancata del Gengar di prima, pronto ad inghiottire il ninja. Allarmato, il più pallido lo afferrò per la sciarpa e, nonostante la nuova ondata di dolore, lo trasse a sé, proprio mentre il pokèmon era rapidamente levitato verso l'alto, inghiottendo l'aria. Kakeru rabbrividì e si nascose dietro di lui, stringendogli la giacca.
Dopo poco tempo si ritrovarono circondati dai tre pokemon-mummia. Subito Daisuke pensò ad un piano. Poteva usare Sey e aprire un varco, quindi sperare di seminare gli abomini passando per il labirinto. O forse era un po' troppo utopistico? Sey era ancora distrutto a causa della lotta contro il Flareon. Non sarebbe riuscito a tenere testa a così tanti pokèmon.
Rimaneva solo una cosa da fare. Daisuke aprì la valigetta e ne estrasse due torce. Quando uno dei pokèmon si avvicinò, il ragazzo prese la prima torcia, la puntò contro l'occhio dello spettro e l'accese. Il raggio di luce – più potente di quello che si era aspettato, doveva ammetterlo – prese alla sprovvista il pokèmon che indietreggiò all'istante, finendo contro gli altri due e tenendosi l'unico occhio, dolorante. Anche gli altri due tentarono di attaccarli, ma Daisuke li colpì entrambi allo stesso modo, accecandoli e facendoli vagabondare verso di loro alla cieca, muovendo le mani per cercare i loro corpi. Inutile dire che le loro 'vittime' avevano già preso a correre. Dopo qualche secondo, i pokèmon ripresero la loro facoltà visiva e li superarono con facilità, circondandoli un'altra volta. Daisuke aveva quindi rifatto la stessa operazione, ma ma in meno di tre minuti erano di nuovo sotto tiro. Per quanto avrebbero continuato così? Finché le pile non si scaricavano? Finché i pokèmon non si abituavano alla luce? Daisuke non aveva intenzione di volerlo scoprire. Con molta calma, prese a formulare un altro piano.
Quando ne trovò uno convincente, però, i pokèmon iniziarono ad emettere dei versi lamentosi coprendosi l'inesistente bocca. Successivamente il gruppo fece spazio per far passare qualcuno. Kakeru, che sventolava ai quattro venti il suo stupido peluche, sembrò rinsavire per qualche millisecondo, prima di rintanarsi di nuovo contro di lui alla vista degli spettri. Una voce nobile e arrabbiata tuonò nell'aria.

Non sono venuta qui per darvi da mangiare, branco di fenomeni ectoplasmatici! Sono venuta qui per il mio ciondolo di diamanti, e lo voglio adesso!”
Forse il piano non gli sarebbe più servito ...


~ Madeleyne's Pov {Five minutes before}

Ah, i Murkrow. Creature orribili e seccanti. Forse ti ha preso di mira perché tu emanavi un'aura spettrale? Le creature del Buio odiano quelle di tipo Spettro, e viceversa.” Commentò Haunter alla fine del mio racconto. Nel frattempo avevo preparato un bel purea di bacche, ed avevo messo il tutto dentro ad una scatolina. Ascoltare le chiacchiere di Zia Gertrude mentre io mi impegnavo a scassinare una cassaforte mi era servito, a quanto pareva.
Mah …” Dissi, distratta. Avevo visto qualcosa di più interessante. “Ehi, quell'enorme alberone laggiù. Sì, quello che spunta al centro del lago immerso nella nebbia manco fossimo in un film horror. Che cos'è?” Fai che non sia il nido degli insetti giganti, fai che non sia il nido degli insetti giganti...
Quello è un albero sacro. Là avvengono le riunioni con il nostro Signore.” Divagò Gastly. Dal suo tono di voce si sentiva che non voleva parlarne. Stavo per chiedere spiegazioni, quando la nostra attenzione fu catturata da una serie di urla provenienti da una massa arancione in fuga.
Ecco lì la cena ...” Borbottarono i due fratelli contemporaneamente. Io li osservai, in allarme. E se ora si vogliono pappare Kakeru e Daikke? Oddio, ho portato altri fantasmi assassini verso i miei due compagni …
Guh! Mi si è chiuso lo stomaco …” Disse Gastly, verdognolo.
Un'altra ondata di sensi di colpa e giuro che ti tiro addosso una Palla Ombra!” Biascicò affranto Haunter, seguendomi a malavoglia. Forse i due erano solo curiosi di sapere come andava a finire. “Non potrei mai mangiare in tua compagnia, umana.” Commentò Gastly, tirando fuori la lingua e sputacchiando di qua e di là.

Mi misi a camminare verso i due – ora circondati. Sarò pur in pensiero, ma mica mi metto a correre. E poi mi pare che Daikke abbia la situazione sotto controllo. A quel punto mi ritrovai davanti ad un pokèmon Fantasma Mummificato. Incuteva paura, dovevo ammetterlo … ma se il mio piano non funzionava, bastava scappare, no? Oppure mi avrebbero inseguito? Comunque, tentai, schiarendomi la voce.
Wow. Un pokèmon Carta-Igienica. Scommetto che gli allenatori vi cercano dappertutto!” Il pokèmon si voltò lentamente, mostrando un grande ed enorme occhio fosforescente, leggermente sfocato per colpa della luce della torcia. Continuai con la mia parlantina “Sei anche di carta riciclata? Wow!” Quello annusò l'aria e poi mugugnò un qualcosa che suonava come “... anima ... orribile …” E si mise da parte. Non appena mi avvicinavo ad uno di loro, questi indietreggiavano, cupi. Quindi una folla di spettri che prima non avevo notato – erano tutti appollaiati sopra di noi, a metri e metri da terra – iniziò a commentare.
Chi è?” “Non è mangiabile!” “Un altro spirito? No, ma lo sembra ...” “Rovina la scena, rovina l'appetito!”
Più mi avvicinavo a Daikke e Kakeru più i commenti disgustati aumentavano. E io mi stavo spazientendo. Non mi importava della loro cenetta. Non m'importava di quanto fosse orribile la mia povera anima. Io dovevo avere quel gioiello. Così dichiarai ad alta voce: “Non sono venuta qui per darvi da mangiare, branco di fenomeni ectoplasmatici! Sono venuta qui per il mio ciondolo di diamanti, e lo voglio adesso!”

I vari fantasmi ammutolirono di colpo, poi la maggior parte scemò. Rimasero soltanto Gastly, Haunter e i tre esseri cartaigenicosi. Quindi intravidi Kakeru, Daisuke ed un orsacchiotto con tanto di bavaglio e katana. Un tenero e puccioso orsetto ninja. Aww, non sapevo che Kakeruccio fosse un tenerone ~ ♥
Ma non potevo farmi distrarre: “...allora, sto ciondolo? Io sto aspettando.” Ordinai, voltandomi verso i fantasmi ed ignorando completamente i due: Kakeru era troppo sconvolto ed ero interessata a vedere come avrebbe fatto Daikke a farlo staccare. Mi misi a battere il piede sul terreno, mostrandomi impaziente. Dov'era il mio premio?

Duskn...” Bofonchiò la terza mummia, strappata in più parti, con qualche foglia di qua e di là.
Eh? Non borbottare, non comprendo. Comprendi?”
Ho detto che non ce l'abbiamo. E anche che tu, umana, saresti morta se non fosse per la tua ---”
Sì, sì, anima 'vuota, ripugnante, piena zeppa di vergogna e complesso d'inferiorità' e blablabla.” Quindi mi fermai. “Hai detto che non l'avete? Ma nel cartello … il labirinto … voi avete scritto quelle cose solo per costringere la persone ad entrare!” Giunsi alla rivelazione, indicando la mummia con fare isterico. “Quindi tutta la mia fatica non è valsa niente? Tutto il mio dolore, tutti gli insulti … proprio niente!?” Le mie esclamazioni finirono col diventare brontolii e commenti confusi. E quindi passai al vittimismo, su come la mia vita fosse ingiusta e la mia fortuna nulla, e su come una come me dovrebbe trovarsi sotto terra.
Oi.” Chiamò una delle mummie, ignorandomi completamente. “Gastly, Haunter. Sta qui parla la nostra lingua?” Io sono qui … ma tanto non importa a nessuno, neh?
I due sospirarono “A quanto pare. Dovremmo chiedere agli anziani, loro conoscono.

Quindi non possiamo colpirla con un Palla Ombra?” Arrivò un pupazzetto volante, avvilito.
Hey, hey. Un po' di quiete, per favore. C'è qualcuno che si vuole demoralizzare in pace.” Ringhiai, andando contro un albero qualsiasi. Quindi iniziai a prenderlo a piccole testate, non abbastanza forti da farmi provare dolore figurarsi da provocare un reale danno. “Me tapina. Buu-hu. Me inutile. Wah ...”
Ecco, visto? Ora l'aria è pestilenziale ...” Commentò Haunter, scacciando il peluche volante.

Seguirono diversi minuti di silenzio. Io mi dovetti staccare dall'albero, con qualche graffio qua e là sulla fronte, per controllare la situazione. In realtà, stavo solo esagerando il mio malumore.
C'era una cosa, infatti, che avevo capito. Se volevo evitare di essere colpita/mangiata/attaccata dagli Spettri, dovevo emettere onde negative. Queste demoralizzavano i pokèmon, perché la preda non provava paura, e in più facevano venire il voltastomaco agli spiriti. Non avevo una spiegazione scientifica, al fenomeno, ma potevo sfruttarlo a mio vantaggio. Mi diressi da Daikke e Kakeru con il broncio – avevo perso, dopotutto, una miniera d'oro!


Da quanto tempo ~” Commentai. Poi rubai il peluche che Kakeru teneva in mano quasi ne dipendesse della sua vita e lo spupazzai, in preda ad un attacco di tenerezza. Era morbidoso!
Mi ripresi solo al vedere Daisuke: sciupato, con la maglia stropicciata e un'espressione concentrata. Tipico. Lui era sempre concentrato! Spiaccicai l'orsacchiotto in faccia al ninja, che mi guardò irritato, prima di riprenderlo e stringerlo al petto. Sembrava volere piuttosto bene al peluche, uh?

Dovevate vedervi mentre scappavate dai fantasmi!” Sussurrai d'un tratto, non sopportando la tensione. Cercai di non farmi vedere dai fantasmi, però. “Insomma, Kakeru era completamente andato! Kakeru, il Ninja Terrorizzato!” Lo presi in giro. L'effetto fu positivo.
Non è 'Kakeru il Ninja Terrorizzato'!” Comparve una musichetta eroica “Il mio nome è: Kakeru, il ninja Illusione! Era solo una finta, per far abbassare la guardia al nemico! Non ho paura dei f-fa-fantasmi!” Squadrai Daisuke, finalmente liberatosi dal pazzoide, che scrollò le spalle stancamente. Stava mettendo in tasca le due torce, pronte all'evenienza. Kakeru, invece, continuava a blaterare delle sue tecniche ingannevoli – cioè a giustificarsi – ma nonostante la musica di sottofondo, teneva ancora stretto l'orsetto. Faceva tenerezza. Presi dalla borsa una decina di biscotti, quindi gliene misi uno in bocca mentre parlava e gli altri in mano. La sua espressione si tranquillizzò, e si mise a canticchiare “Biscotti, Biscotti, Biscotti ~” Con una musichetta giocosa remixata.

Messo a posto Kakeru presi dalla borsa delle bende e la poltiglia di bacchepesca, e le feci vedere a Daisuke. Quello le guardò alla veloce, per poi soffermarsi sulle mie mani. O meglio, l'ammasso di cerotti che coprivano le mie mani. Erano piuttosto sanguinolenti, ma potevo scommettere che la maggior parte avesse smesso di sanguinare … forse.
Murkrow?” Domandò, incuriosito.
Grimer?” Chiesi io, con lo stesso tono di voce. Ebbene sì: dopo ore e ore di rimuneramenti ero giunta alla conclusione che il damerino si era avvelenato durante il nostro unico incontro con dei pokèmon velenosi. A parte il primo Nidoran, ovviamente …
Daisuke scrollò le spalle, prese – molto lentamente – la crema nella scatola e iniziò a spalmarsela su mani e braccia. Quindi, non potendo sostenere il silenzio di tomba, raccontai un paio di cose a vanvera.

Mia zia è un genio con le bacche, non fa altro che parlarne. Giuro, è spaventosamente ossessionata. Ma almeno si è rivelata utile, stavolta ...” Poi lo rimproverai. “Certo che però potevi anche andare a farti curare al centro pokèmon, no? Perché l'hai evitato? Non ti fa male, scusa?” Lo guardai, torva. Beh, non veramente torva, piuttosto ero divertita: non capitava tutti i giorni la possibilità di prendere in giro il perfettino.
Troppa gente.” Si limitò a dire, impassibile, Daisuke, continuando a spalmare il purea. Prima che potessi canzonarlo con il suo soprannome e dirgli quanto fosse esagerato, il ragazzo sputò un piccolo commento velenoso. “Io avevo programmato di arrivare in città in un giorno.” Uh? “Ma tu hai rallentato tutti sulla collina, tu sei voluta entrare nella casa, e ancora tu ti sei dimenticata di usare il Wooper, causando l'attacco di Bob e la nostra caduta qua sotto.” Se non fossi stata distratta da un altro pensiero, mi sarei congratulata con Daikke per il suo passo avanti nel campo della socializzazione. Mi ritrovai senza poter ribattere, il che era preoccupante data la mia bravura a svignarmela con le parole. Prima che potessi evitarlo, presi ad ascoltare il mio flusso di pensieri. Mi sedetti a terra, contro un albero rinsecchito, e abbassai lo sguardo.

Ha ragione. Ha pienamente ragione. Sulla collina potrei anche dire che non è stata colpa mia, ma mentirei. Dopotutto ero io quella che si era trasformata in una bamboccia frignona, litigando con dei Murkrow. E come se non bastasse, ero stata sempre io a voler andare nella casa. Sapevo benissimo che la cassaforte poteva contenere qualcosa di deludente, sapevo del pericolo di incontrare Bob – il quale, ne sono convinta, ha peggiorato la situazione di Daisuke -, sapevo che rifiutando avrei scoraggiato Kakeru e lui avrebbe evitato di andare. Ma la cosa peggiore che ho fatto, è stata senz'altro dimenticarsi di Wooper. Dimenticarsi della differenza dei tipo. Dimenticarsi di tutte le cose che Daisuke mi aveva insegnato nel corso dei giorni, dimenticarsi di tutto il tempo che lui aveva passato a farmi capire, e dimenticarsi di tutto il suo sacrificio, spreco di tempo per aiutare una come me. Dovevo averlo deluso. Non mi merito di averlo come compagno di squadra … lui non si merita una troglodita come me. Se scomparissi, lui starebbe sicuramente meglio. Sarebbe al sicuro. Non dovrebbe sopportarmi e sprecare il suo tempo.

Mi sentii pizzicare gli occhi alla nuova prospettiva. Davanti a me, Haunter mi urlava qualcosa, ma io non ci feci caso. Ecco, anche lui ora era arrabbiato per colpa mia. Tornai a concentrarmi sul mio attuale dibattito psicologico: magari, se avessi smesso di seguire Daisuke, e avessimo intrapreso strade diverse, lui sarebbe divenuto più felice. Bastava solo che ci separassimo, giusto?

Ma io non voglio! Una nuova ondata di tristezza mi percosse. Quant'ero egoista. Tante parole per poi far nulla. Però era vero: io non volevo abbandonare Daisuke. Se solo potessi essergli utile in qualche modo, allora ---


BASTA!”

Tuonò una voce nell'aria, che mi fece ricordare dov'ero, chi ero e in che situazione mi trovavo. Alzai gli occhi, e vidi il più grande, il più potente, il più cupo pokémon fantasma che avessi mai visto: simile alle mummie, ma senza piedi, di colore grigio, con diversi anelli dorati sul corpo. Sullo stomaco aveva un'enorme bocca dorata, con tanto di finti (?) occhi. Il vero e unico occhio rosso sangue era puntato su di me.
Mi alzai di scatto e andai vicino a Kakeru e Daikke, che si era messo, in qualche modo, le bende.

Umana, la tua aura sta contaminando l'intero lago! Il vederla ci crea problemi. Hai due possibilità: soccombere o andartene.” Disse, fiero. Kakeru aveva smesso di mangiare biscotti, e si era rintanato – di nuovo – dietro a Daisuke. Questo aveva una mano sulla sua pokeball, e un'altra su una torcia elettrica. Io, non volendo dar inizio ad una battaglia, già persa non appena cominciata, mi scusai. Era molto convincente, questo tipo.
Mi scusi, cercherò di contenere la mia … depressione, sotto controllo.” Quindi notai una cosa: mentre i pokèmon più piccolo accusavano solo affaticamento, quelli più grandi erano andati molto, molto distanti, leggermente verdognoli. Nausea, dovevo dedurre?

Il pokémon parve essersi calmato, ma era ancora cauto. Decisi di pensare a un qualcosa di felice, per evitare un'altra catastrofe. In un lampo mi ritrovai nella mia villa ai tropici, con Ermenasdrubalcibaldo che mi portava un cocktail mentre io rimiravo il mio …
... dov'è il mio ciondolo di diamanti?” Sibilai, fregandomene se quello era il più potente pokèmon lì in giro.
La mia domanda comportò un verso strozzato da parte di Daisuke (che mi guardava come per dire 'ma sei idiota a chiedere della collana a un pokèmon infuriato che potrebbe farci fuori in un istante?') e un attimo di sbigottimento da parte dello Spettro. Se avesse avuto un sopracciglio, scommetto che l'avrebbe alzato, esterrefatto. Quindi, assurdamente, si mise a ridere.

Nessuno, da quanto mi sono evoluto in un Dusknoir, ha avuto il coraggio di pretendere qualcosa da me! Sei divertente, piccola umana.” Si rivolse a qualcuno “Hey, Priscilla ce l'hai ancora il ciondolo, no?”
Certo che ce l'ho.” Strillò una voce sopra di me. Il mio sguardo scattò in altro, ed incrociai uno spirito viola con la testa che culminava a forma di cappello. Sembrava una strega, ma si muoveva in maniera elegante. E poi, al collo, portava il mio ciondolo. “Ma …”
Niente ma. Non ho voglia di attaccare questi esseri. Sprecherei energie. Invece, se tu le dai il gingillo, se ne andranno sicuramente.” La incitò, incrociando le braccia. La strega, con voce spacca timpani, ribatté:
Non osare usare quel tono con me, Luvick!” Il Dusknoir indietreggiò, davanti a tanta rabbia. Poi, Priscilla volò sopra di lui e gli sibilò di seguirla, e che dovevano fare un discorsetto. Quando furono abbastanza in alto, riuscì a respirare più liberamente e mi sedetti per terra. Kakeru, ugualmente distrutto, si sdraiò, per terra. Boccheggiava come un pesce fuord'acqua. Gli spiriti ci osservavano da molto distante, borbottando cose che non riuscivo a comprendere.

Tu ---” Iniziò Daisuke, in disappunto. Totalmente in disappunto. Sembrava irritato.
Sei stata grande! Un genio! Ma come hai fatto?!” Si esaltò Kakeru, saltellandomi attorno. Non volendo sentire i rimproveri di Daikke, incitai Kakeru a spiegarsi meglio. “Massì, con quel coso volante. Gli hai praticamente ordinato di darti la collana.”
Ciondolo.” Precisai.
Non ha importanza. Ora possiamo darci alla fuga!” Iniziò ad andarsene. Ma Daikke gli pestò la sciarpa, e il ninja finì col cadere per terra, dolorante.
Andarcene? No, no. Io volevo il ciondolino. Io volevo la casa. Io volevo i tropici. E volevo Alfred, Turiddu e Ermenasdrubalcibaldo.

Ma loro non ci attaccheranno. Non più, al meno.” Kakeru mi guardava con disappunto. Mi stava praticamente dicendo 'e tu come fai ad esserne certa?', così gli risposi. “Perché io ---”

Umana. Abbiamo una proposta.” Disse la voce bassa di Luvick. I due erano tornati più in fretta del previsto.
Ah.” Biascicai. Non mi piacevano le 'proposte'. Specialmente se provenivano da uno spettro mangia-umani. “E se non accettassi?” Non l'avessi mai fatto.
Se tu non l'accetti io mi assicurerò personalmente che la tua, le vostre morti siano le più cruente e sanguinarie che si siano viste qui in più di due secoli!” Urlò la stregaccia. Lei sì che fa paura. Deglutì.
... allora ...” Mi sorpresi della mia stessa voce. Era rauca e tremolante. Piccola piccola. Mi schiarii la voce. “Allora sentiamo.”

Daisuke pareva esasperato, ma era difficile da capire sotto la sua fredda apatia. Il suo sguardo passava da me, ai fantasmi, corrucciato, come se cercasse di risolvere un enigma. Probabilmente non ci avrebbe messo molto prima di capire che potevo comunicare con gli ectoplasmi. Lui era un genio, dopotutto.
Prima che il Dusknoir potesse parlare, la donna prese il controllo del discorso, ritenendo il pokèmon non opportuno ad esporlo. In un certo senso mi dispiaceva per Luvick. Ogni volta che la megera apriva bocca, fuoriuscivano dei suoni simili a delle unghie sulla lavagna. Brr, che pensieri fastidiosi.

Ti daremo la collana e ti lasceremo andare, per il momento. Anche se vorrei ucciderti con tutta la mia volontà. In cambio, mocciosa, dovrai promettere di compiere la missione che noi ti appiopperemo non appena il tempo sarà giunto.” Tentai di ribattere, di dirle che non volevo sottostare a loro. “E se solo provi a ribellarti, ti colpirò con questa!” Sibilò la strega. In un lampo, sopra al suo cappello, comparve un occhio.
Uno schifoso, orribile, oscuro, minaccioso, pauroso, occhio rosso. Sto per sentirmi male …
Iniziai a sentirmi nauseata. Misi davanti a me una mano aperta, che nella mia lingua significava 'un attimo che ci penso'.

Avevo varie opzioni. Potevo dire di no, e finire uccisa. Potevo scappare, e finire – ovviamente – uccisa. Potevo combattere, ma con i nostri pokèmon al massimo potevamo stendere Luvick. Potevo supplicare di lasciarci andare, ma quella megera ci avrebbe spediti all'altro mondo. Potevo … accidenti … non sapevo che fare.
Guardai Daikke e Kakeru, che mi stavamo guardando confusi. Ah, già, loro non capiscono quello che sti qui urlano...

Posso sapere qual è la 'missione', almeno?” Domandai, non sapendo che altro fare.
No.” Rispose Luvick, fissandomi intensamente.
Se c'era una cosa che non sapevo fare, come avevo già detto in precedenza, era scegliere. Io odiavo le scelte. E se poi mi avrebbero ucciso comunque? E se sta' missione era una cosa da kamikaze? Lanciai uno sguardo all'occhio rosso. Qualunque cosa avessi scelto di dire se non il semplice 'ok', avrebbe procurato una Priscilla infuriata e un occhio assassino. E dubitavo che una torcia avrebbe aiutato.
Era ingiusto. Anche se ero inutile, avevo dei diritti. Senza poter fare altro, sospirai.

Oky ...” Borbottai, astiosa. Priscilla ghignò, dopodiché mi lanciò il ciondolo di diamanti, ora non più molto appetibile.
Spero solo per voi che ai Tropici ci sia un maggiordomo chiamato Ermenasdrubalcibaldo ...”




~ Author's Corner

ho paura di farmi vedere. Sinceramente. Provo vergogna … quindi provvedo alle scuse [sembro Madeleyne o.o']
- Per la mancanza di comicità nel capitolo.
- Per la schifezza del capitolo.
- Per la LUNGHEZZA del capitolo.
- Per il fatto di aver introdotto un cliché [Una tipa che parla con i fantasmi! Ce ne sono un casino nelle storie …]
- Per aver fatto, forse, passare per fifone Kakeruccio, e per sempre-inca**to Daikke …
- Per aver incentrato un capitolo su Madd-Madd, dimenticandomi degli altri due, tecnicamente.
- Per altre cose che, se volete, potermi far notare nelle recensioni negative/neutre/positive che farete.

Mi rendo conto che ho scritto una cagata, ma posso sempre cancellare il capitolo e fare accadere qualcos'altro di più … 'normale/eccitante' V.V'
Mi è venuta l'idea dei pokemon fantasma parlanti, leggendo una bellissima FF su fanfiction.net di cui, purtroppo, ho perso il link. E anche perchè mi ricordo che Sabrina era molto magica. Nel cartone, e suppongo anche nel manga. E poi c'era una tizia che aveva trasformato Ash in un Pikachu … e mi son detta: “Perchè non mettere un tocco fantasy? Dopotutto, non sarebbe troppo anormale vedere dei fantasmi parlare. Lo fanno gli psichici, nella mente, e allora perchè non i fantasmi?”

Ma se ho fatto un'errore, potete benissimo dirlo x__X” Cioè, posso sempre trovare altre cose entusiasmanti da scrivere … basta solo che lo diciate. Se la maggioranza dirà di voler cancellare il chapter, allora sarà così. E mi riferisco anche a VOI, lettori che non recensite. Anche voi ne avete diritto, sapete? Quindi …

Domanda del giorno: Cancellare il capitolo perchè troppo stupido/noioso/c'èstatotroppopocoKakeru-Daisuke/infantile etc?

Se invece siete incuriositi, mi devo scusare per le lacune del capitolo. Per le cose che non riuscire a comprendere bene, chiedete pure, v.v … Ah. E poi un consiglio. Ho bisogno di un'altro consiglio.

Domanda del giorno 2#: Come fare a rendere più 'vivide' le emozioni/depressioni dei personaggi?

Mentre nei film/anime/manga ci sono le immagini, che fan vedere le espressioni facciali dei personaggi, io non ne ho la possibilità. L'unica cosa che posso fare è mettere i flussi di pensieri a Madd-Madd, che occupano un'infinità di spazio e alla lunga annoiano …

Vi lascio così, con un'infinità di scuse. Gomenasai Q.Q
GloGlo_96
PS: Il mio portatile s'è rotto T.T E ora sto lottando per aver il PC di mia sorella >.<” Potrei avere difficoltà a postare/rispondere.

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Capitolo 23
*** Addio, Ciondolino! ***


Pkm 3.0

Addio, Ciondolino



Posso almeno sapere cosa dovrei fare?”
No.”
“Come dovrei fare?”

Ti piacerebbe.”
Quando dovrei farlo?”
Troppo facile.”

Quei due fratelli iniziavano ad infastidirmi. Era da quando avevamo lasciato il Lago che continuavano a fare i misteriosi! Eppure non chiedevo molto, solo qualche informazione. Ma a quanto pareva erano tutte Top-Secret. O almeno, così loro la facevano sembrare: secondo me, quei due, così come il resto degli Spettri, ne sapevano meno di me.
Dite la verità, volete che al giorno X, a mezzanotte, durante la luna piena, vi porti 3 vergini da mangiare!” Fantasticai, traendo spunto da alcuni film horror che mi vedevo a casa durante i weekend.
Gastly e Haunter fluttuavano tranquillamente sopra di noi, conducendoci ad una strada che ci avrebbe – a quanto pareva – riportato in città. Al sentire la mia storiella, i due s'incuriosirono.

E perché mai vorremmo il tuo aiuto per mangiare qualcosa? Mica siamo così affamati … noi preferiamo spaventare la gente, anche se le anime più succose ce le teniamo per noi ...” Bofonchiò, pensoso. “E poi con il trucchetto del cartello arrivano un sacco di Avventurieri!” Terminò il maggiore, con un po' di bava alla bocca.

Fratello, cosa sono le vergini?” Chiese Gastly. Haunter si strozzò con la bava, iniziò a tossire, e parve sull'orlo di un collasso. Poi si voltò verso di me, con uno sguardo che era un misto fra rabbia e richiesta d'aiuto. Io feci finta di non averlo notato, trattenendo una risata di vendetta.
... vedi Gastly, è quando gli umani … cioè si … disgustoso ... e quindi … tecnica masochistica … perciò non è … ergo hanno … capito, no?” Spiegò (?) Haunter, nervoso. Ma Gastly lo guardava come un idiota, così Haunter sbottò. “Te lo spiegheranno i tuoi genitori quando sarai più grande, d'accordo!?”
Ma, fratello, tu hai solo un anno più di me! E abbiamo gli stessi genitori!” Commentò confuso il minore. Quindi continuarono a battibeccare sulla questione, ignorando completamente noi comuni mortali.

Eravamo nel bel mezzo della smilza foresta, con alberi che a mano a mano ci allontanavamo dal Lago, ricominciavano a presentare del fogliame. Kakeru e Daisuke stavano di qualche passo dietro di me, l'uno nervoso in compagnia dei due fantasmini, l'altro supponevo volesse solo un po' di pace. Il ninja, vedendo che non eravamo più sorvegliati da Gastly e Haunter, fece su un lungo sorrisone, si avvicinò e …

Cosa sono le vergini, Madeleyne?”
Dalla sorpresa il ciondolino che stavo facendo roteare sul dito con fare tranquillo, partì in aria e trapassò Gastly. Vedendo che quelle due entità non parevano essersene accorte, e ispezionando il cielo alla ricerca del mio tesoro, spiegai alla veloce.

E' quando una donna delicata e pura – probabilmente non una piena di piercing, tatuaggi e circondata da un harem maschile,” Commentai, serena. Dopotutto era solo una cosa biologicamente normale. Non avevo mai compreso il perchè di tutta la segretezza sulla questione. Continuai a raccontare, corrucciando la fronte. Dove si è cacciato? “Beh, puoi avere un 33% di possibilità di riconoscerne una se questa è senza un ragazzo, perché senza un uomo loro non ...” Mi fermai a mezza frase, smettendo di camminare e fissando il cielo con fare irrequieto. “Dove cavolo è finito?” Iniziavo a sudare freddo. In tutta la mia impotenza misi le mani attorno agli occhi, a mo' di binocolo, tentando di riconoscere il bagliore del gioiello in mezzo a quello delle poche stelle presenti.
Come ...” Daikke, che finalmente aveva deciso di unirsi a noi, sollevò un sopracciglio al mio 'binocolo umano'. “... sapevi che loro avevano un ciondolo?”



Hey, non vale! Maddy doveva spiegarmi delle ver---” Una piccola palla violacea emanante fumi mistici si schiantò sulla faccia di Kakeru, che cadde a terra come un pupazzo.
Silenzio! Qui stiamo dibattendo su una questione più importante di quella!” Sgridò Haunter, dall'alto, dimenticandosi a quanto pareva che il ninja non poteva capirlo.
Già, fratello ...” il piccolo Gastly aveva un atteggiamento cupo e velenoso “Per esempio, come faceva mamma a sapere della mia collezione di parrucche, mh?”
Oh, quello, beh … un Pidove le ha sussurrato ---” Haunter era a corto di parole.
Avevi bisogno di guadagnarti il favore di mamma per andare a terrorizzare con i tuoi amici un gruppo di sporchi e rozzi Avventurieri!” Lo incolpò il più giovane, torvo.
D'accordo, sì, hai ragione tu.” Rivelò Haunter, irritato. “Ma a che ti servivano poi quelle parrucche!? Non so se hai notato ma tu sei fatto di gas, Gastly! G-A-S! Anche il tuo nome dice che non puoi nemmeno mettertele in testa!”

La discussione pareva poter andare avanti per le lunghe. Specialmente perché Kakeru – troppo offeso per ricordare il suo nervosismo davanti agli ectoplasmi – si era messo ad urlare dietro agli spettri. Anche se avesse saputo di cosa stavano parlando, dubitavo che se ne sarebbe stato buono. Uff, le crisi familiari erano una gran seccatura.

Tornai a concentrarmi su Daisuke, che aveva scelto di ignorare la situazione molesta che si era creata. “Quindi?” Pareva visibilmente più tranquillo di qualche ora fa, e non mi stava mettendo fretta. Rimuginai un po' su quello che mi aveva chiesto in precedenza, ed arrivai alla conclusione che lui non voleva sapere solo del gioiellino, ma anche di tutto il resto.
Optai per raccontargli tutta la mia vicenda – aggiungendo qualche commento ogni tanto, per fare più enfasi. Non aveva senso mentire a Daikke. Lui era furbo, oramai l'aveva capito che potevo capire gli ectoplasmi (di Kakeru non ero ancora sicura, però). Non pareva nemmeno tanto stupito quando gli avevo dato la confermazione delle sue ipotesi …

E questo perché la tua ...” Cercò un termine per completare la sentenza “...anima, è oscura?” Domandò, con un'espressione disinteressata.
Yep. A quanto pare ~” Risposi io, distratta. Non ero per nulla toccata dalla faccenda. Dopotutto, che ci potevo fare se ero fatta così? Prendere un po' di pennelli e dipingere il mio cuoricino di bianco fosforescente con tanti cuoricini rosa e stelline che si illuminano al buio? Bleah … troppo dolce. Nono, stavo bene con la mia anima deprimente. Oh forse no. In quel momento avevo altre cose a cui pensare. Daisuke pareva averlo notato, cosicché non mi chiese più niente.
Mi stavo spaventando. Macché. Io ero terrorizzata. Dov'era il ciondolo? Dov'era l'oggetto che avrebbe realizzato i miei sogni? Non potevo averlo mandato fuori dall'orbita, no? E se trapassando il Gastly si fosse sciolto?! Ma i Gastly erano velenosi? Magari era solo caduto più indietro ...

Stop. Aspettate. Fermi. Buh.” Esplosi io, frettolosa, fregandomene degli sguardi da 'non vedi che siamo occupati' dei fantasmi, dell'espressione confusa di Kakeru e del corrucciamento di Daisuke. “Qualcuno ha idea di dove possa essere la chiave per la mia casa ai tropici e Ermenasdrubalcibaldo?” Domandai, iniziando a vagabondare fra gli alberi, alla ricerca del gioiello.
Ermena-- che?” Avevano chiesto in coro i fratelli, semplicemente confusi. Ma non avevo tempo per rispondergli.
Umh … suvvia, era solo un ciondolo di diamantucoli!” Cercò di consolarmi, inquieto, Kakeru. Pareva sorpreso dalla mia serietà. Io gli scoccai uno sguardo carico pericoloso. Per tutta risposta, nell'aria si diffuse una melodia strumentale che non conoscevo. Daisuke a quanto pareva sì, perché sbatté le palpebre più volte. E poi si mise alla ricerca dei fantomatici effetti speciali del ninja, che nel frattempo aveva continuato, confortato dalla musica triste e commovente. “Cioè, ci sono cose più importanti, no?”
Come gli amici” Io e Daisuke ci guardammo scettici, concordando che Kakeru si stava arrampicando sugli specchi.
I pokèmon” Per tutta risposta presi la mia pokèball e ne guardai l'interno: Rattata stava roteando gli occhi. Haunter e Gastly si lanciavano sguardi nervosi.
La famiglia …” I due fantasmi avevano gli occhi lucidi. Kakeru invece si guardava attorno, alla ricerca dell'ispirazione. Quando l'ebbe trovata, s'illuminò.
Oh! E anche i biscotti!” Poi s'incupì, e la musica si spezzò a mezz'aria. “Specialmente i miei biscottini ...” Si mise a sfregolare le mani, come un cattivo dei cartoni animati.

I due Haunter, commossi da tutto il suo discorso, si erano abbracciati, piangenti. O meglio, Haunter tentava di abbracciare Gastly – il quale non aveva le mani – ma quest'ultimo era intangibile e l'aveva fatto passare attraverso. Questo non li aveva però fermati dallo scusarsi per tutte le cose cattive che si erano fatti a vicenda, e di come si volessero bene.
Io li fissavo sbalordita. Avrei volentieri lanciato dei delicati petali rosa per dare più enfasi. Ma in quel momento mi ricordai di dov'ero: un'orribile foresta rinsecchita con tanto di fiume macabro che passava accanto a noi. Niente fiori, solo rami. E dubitavo che tirandogli dei rami li avrei fatti contenti. E se avessi dipinto gli shuriken di Kakeru di rosa?

Tecnicamente sarebbero i miei biscotti.” Gli feci notare. Altre volte avrei ridacchiato, ma in quel momento non ero proprio in vena. “Ora, non hai un qualche strumento ninja che mi possa aiutare? O un metal detector, o un robo simile?” Reclamai, facendo sì che gli altri mi lanciassero sguardi torvi.
E poi mi chiedo perchè tutti mi detestano …
Mi dissi. Osservai Daikke, con la coda nell'occhio. Lui era tranquillo e indifferente. Certo, mi guardava come se fossi idiota, ma quello era un dettaglio. Decisi di ascoltare la mia voce della coscienza (Perché sì, tutti hanno una voce della coscienza). Tirai un lungo sospiro, per calmarmi, e voltai lo sguardo verso gli altri.


Scusate, so che dovrei essere più positiva.” I fantasmi annuirono. Io misi il broncio “E' solo che … cavolo, un ciondolo di diamanti! Ce l'avevo e poi, PUFF! Sparito.” Kakeru accettò il mio ragionamento, ma allo stesso tempo frantumò le mie speranze.
Beh, sono d'accordo, ma non credi che andare a cercare un oggetto così piccolo in un posto così grande, sia senza speranze?” Se possibile, mi afflosciai su me stessa. “Kakeru, il ninja Detector! Potrebbe anche, ma sarebbe troppo lunga la ricerca!” Esclamò il ragazzo, giustificandosi.

Nemmeno per uno Scooby-Snack?” Dissi, senza riflettere, presa dallo sconforto.

Avevi detto niente più sentimenti negativi! Ci hai ignorato?!” Esclamarono all'unisono i due fantasmi.
Sospirai nuovamente, più forte, per far intuire quanto mi stavano chiedendo. Ma poi un ideuzza mi balenò in mente: ignorare. Quella era una cosa facile. Bastava far finta di non aver mai avuto un ciondolo, ignorare la sua esistenza, e l'intera questione poteva definirsi risolta.
Sì … ormai è perso. Non si può più far niente. E' come se non fosse mai esistito, quindi, praticamente, nulla è cambiato da com'era in precedenza.
Spalancai gli occhi all'improvviso. Come avevo fatto a dimenticarmene? Iniziai a sogghignare maleficamente, presa dall'orgoglio.
E poi, ho ancora la pietra che ho trovato nella cassaforte del team Pyro. Ecco, quella è una cosa interessante.

Sì, avete ragione, sorry.” Dissi, sorniona, tastando nelle tasche interne la forma della grande pietra ambrata. “Ci sono cose più importanti di un piccolo ciondolino con attaccati due granelli di diamante.” Beh, no, non era affatto, vero, ma non c'era bisogno di dirglielo, giusto? Giusto.
Questo è lo spirito!” Kakeru mi batté una mano sulla schiena, così forte che mi mancò il respiro. “Ci son molte cose più importanti. Per esempio la giustizia ~” Esclamò il ninja, annuendo alla propria sentenza. Io mi limitai a sorridergli, mentre la mia mente divagava su a quanto avrei potuto vendere la pietra. Daisuke non sembrava essere molto d'accordo con il ninja, e, anzi, lo guardava scettico.
Giustizia? Vorrai dire vendetta.” Commentò il pallido, riferendosi palesemente all'episodio con Bob. E devo anche ammettere che ha ragione. Kakeru è stato tremendo quella volta …
La vendetta è una forma di giustizia.” Ribatté Kakeru con le mani ai fianchi. Daisuke sospirò, facendo intuire che il ninja era una causa persa.


Eppure, se non ricordo male ...” Mi misi un dito sulle labbra, e guardai verso l'alto, cercando di apparire innocente “Anche tu ti sei vendicato un paio di volte. Sì sì, avevi proprio menato a sangue il povero Drifloon, mi ricordo come se fosse ieri.” I due fantasmi spalancarono gli occhi e fissarono Daikke, probabilmente chiedendosi come aveva fatto a malmenare uno spirito.
Ma io non avevo ancora finito “Per non parlare poi di Mr. Dancy, quando ti aveva scambiato per una femmina. Poveretto, non si meritava quel pugno ...” Rivelai quasi fosse la cosa più naturale del mondo. In realtà il 'povero Mr. Dancy' si sarebbe meritato anche di più, ma quella parte avevo deciso di sorvolarla. Ci fu un attimo di silenzio, l'aria carica di tensione.

Poi Haunter aveva messo le mani in modo da formare una finestrella, congiungendo pollice-indice, per visualizzare meglio il più pallido. Gastly interruppe il suo momento di contemplazione. “Non ha mica tutti i torti.”
Io lo vedrei benissimo in tacchi e gonna.” Aggiunse il maggiore.
Specialmente tacchi, fratello. E' un tappetto!”
E che ne pensi di un parasole?” Chiese Haunter, iniziando a fare delle immagini mentali.
Direi che non starebbe poi tanto male … e delle treccine?” Gli diede corda Gastly.
Direi che l'hanno presa meglio del previsto. Sapevo che i due fratelli non erano tipi da risata, ma vederli giocare al 'Vesti la bambola Daikke' era divertente. Specialmente perchè non perdevano un momento per poterlo insultare … anche se loro parevano non accorgersene. Potevo solo dire che loro erano fatti così, e che adesso anche Daisuke poteva capire cosa avevo passato io in loro compagnia.
Oh no. Un attimo. Lui non può comprenderli! Tsk, e ti pareva. Ma se non fosse così, scommetto che li avrebbe già esorcizzati dalla faccia della Terra!
Il ragazzo parve comprendere, però, che i fantasmi lo stavano prendendo in giro, e s'irrigidì.

Kakeru rimase un po' sbigottito. Andò davanti a Daisuke – molto cupo - e lo ispezionò da tutti i lati. Pareva indeciso sulla questione. Poi, mise su un piccolo broncio, e biascicò:
Vuoi dire che per tutta la mia vita scolastica sono stato battuto da una ragazza?” Se i fantasmi accettavano il fatto che Daikke poteva sembrare una donna, il ninja aveva trovato così tante somiglianze da iniziare a sospettare che il ragazzo, fosse in effetti una femmina. Daisuke nel frattempo iniziava ad emettere un'aura pericolosa. Si vedeva che stava per esplodere, ma che si stava contenendo. Velocemente, feci dieci passi indietro. Quindi mi nascosi dietro l'albero. Che avessi sbagliato a introdurre l'argomento?
Oh cavoli!” Esclamò Kakeru, indicando il damerino, con uno sguardo sconcertato “E quando dovevamo metterci in tuta per Educazione Fisica?”

Inizio a credere che Kakeru abbia un forte desiderio di morte. Meglio prendere Dexi e registrare un video, poi gli farò un Tribute su Youtube ~
Oddio, tutti noi ci siamo cambiati con una femmina che ci guard--” Daisuke aveva tirato un unico, potente calcio, in mezzo alla faccia del ninja. Fu un attimo. E poi Kakeru scomparve dalla mia vista. Sentì un forte frastuono, e scoprì che il ragazzo era volato fino a due alberi dietro di me, schiantandosi. Guardai lui, e quindi Daisuke, con la gamba ancora alzata. Stava scrutando tutti con gli occhiali scintillanti.

Qualcuno” Sibilò. “Vuole aggiungere qualcosa?” Impassibile, riabbassò la gamba. I due fantasmi lo fissavano atterriti, Kakeru aveva gli occhi ad X come i pokemon K.O. Toccava a me sciogliere la tensione, a quanto pareva.
Vedi, vedi? Questa è vendetta.” Lo canzonai, ignorando i miei sensi-di-ragno e riavvolgendo il video del Pokédex. Quando lo vidi, sbottai in una risata per niente trattenuta, e mi avvicinai a Kakeru, aiutandolo a mettersi seduto. Quindi lo feci vedere anche a lui.
Nel video si vedeva l'impatto con il calcio di Daikke sulla faccia terrorizzata del ninja, la faccia deformata di questo, e il volo che aveva fatto, rimbalzando sul prato un paio di volte. Ma la cosa comica stava nella faccia: guance paffute, occhi spalancati e qualche goccia di saliva che volava come contorno. Adoravo gli zoom. E adoravo i rallenty!
Hey, magari potrei ricattarlo …
Pensai, mentre salvavo il file in memoria.

Adesso Daidiota me la paga!” Esclamò Kakeru, dopo essersi visto, e saltando in piedi, pronto a lottare. Ma non volevo fargli iniziare uno dei loro battibecchi, così lo trattenni per una manica e gli sorrisi, divertita.
Tecnicamente lui aveva tutto il diritto per tirarti quel calcio.” Gli spiegai.
Umh …non è il calcio, non mi affatto male." Sicuro. "E' per la sua sfrontatezza nel colpire Kakeru, il ninja Intoccabile!” Si lamentò, facendo una smorfia e incrociando le braccia.
Sospirai. Alla fin fine era un ragazzo infantile. Presi dalla borsa i miei ultimi biscotti – il ninja me li aveva pappati tutti – e glieli porsi. Quello mise su un sorriso da ebete, e s'ingozzò di biscotti, dimenticandosi del suo tentativo di vendetta. Ma avvertivo ancora una sensazione di pericolo. Mi avviai verso Daisuke, con il ninja che mi saltellava dietro.

Ah, Daik--” Daisuke era molto minaccioso. Mi aveva lanciato uno sguardo assassino, freddo e rancoroso. Deglutì, facendomi forza. “Lo sai che facendo così hai ucciso un milione di neuroni di Kakeru? L'hai reso più stupido!” Tentai di calmarlo.
Neurocookies?” Chiese Kakeru, non proprio ascoltando. Io lo indicai, trionfante.
Ah-ah! Visto?” Gli domandai. L'espressione di Daisuke si fece meno dura ed aprì la bocca per dire qualcosa, ma temendo che potessero nascere insulti, decisi di continuare. “E poi, avete visto cosa procura la vendetta? Nient'altro che dolore e rabbia. Perchè, mi chiedo io, bisogna farsi del male? Come mai tutti sono così masochisti? Sarebbe più facile vivere felici, nel rispetto delle altre persone. Insomma, ritrovate il vostro senso di umanità perduto! Noi dovremmo ---”

Mi fermai. Avevo sentito qualcosa. Qualcosa di estremamente familiare. Guardai verso l'alto, dietro di me, mentre gli altri cercavano di capire cosa stessi cercando.
E poi lo vidi. Lui, con quegli occhi rossi che mi sfidavano, che svolazzava silenziosamente dietro di noi da chissà quanto tempo. Ci aveva seguiti. Mi aveva seguito. Probabilmente era venuto per finire il lavoro. Ricambiai lo sguardo, con un'espressione decisa. Avrei potuto fissarlo con odio per l'eternità. Ma poi i suoi occhi si assottigliarono, sadici, alzando la zampa e mostrandomi cosa stava trasportando: il mio ciondolo di diamanti perduto.
No, non perduto. Apparentemente rubato. Ero scioccata. Non potevo far altro che strabuzzare gli occhi.

Oh. Fratello, guarda, è quel Murkrow della storia.” Commentò Gastly, ma venne azzittito dal maggiore, deciso a diventare uno spettatore silenzioso.
Kakeru aveva spalancato la bocca, facendo cadere il biscotto al cioccolato che stava mangiando. Quando se ne accorse se ne ficcò subito un altro in bocca, masticandolo come i pop-corn che si comprano prima di vedere un film. Dovrebbero fare della mia vita una commedia. Sarebbe famosa, perlomeno.
Daisuke, calmato, alternava lo sguardo da me al corvo. Poi decise di ignorare la faccenda, andando a sedersi su una roccia lì vicino e giocando a smontare il Pokédex. Di nuovo.
Per quel che mi riguardava, io ero sconvolta. E non solo perchè nessuno si degnava di darmi una mano – begli amici! Il Murkrow era velocemente sceso fino ad essere due metri sopra le nostre teste, facendo tintinnare il gioiello. Mi stava istigando, e lo sapevo. Solo che non potevo resistere. L'affare mi dondolava a pochi metri, ed io non potevo prenderlo!

Iniziai a sudare freddo. Quella creatura voleva giocare con la mia sanità mentale, di quello ne ero certa. Sapevo che non appena avrei provato a toccarlo, avrebbe fatto qualcosa di irrecuperabile. Chiamando a me tutta la mia indole pacifista – mi divertivo a creare scompiglio, vero, ma preferivo evitare liti – cercai di contrattare.
D'accordo. Io non piaccio a te e tu non piaci a me. Ma quello” Indicai il ciondolo “è mio. Dammelo, pollo arrosto.” Non riuscì a trattenermi.
Mur-murkrow!” Gracchiò, rispondendo al mio insulto. Quindi volò verso il fiume.
Oh no. Non oserai.” Il volatile tese la zampa al di sopra della corrente, lasciando l'oggetto di valore penzolare. Aveva la testa inclinata, come se si aspettasse che io dicessi qualcosa. Sapevo cosa voleva. Voleva vedermi in ginocchio. Mi mordicchiai il labbro, optando per un discorso basato sulla pietà. “Per favore. Mi sono fatta in quattro per l'affare. Ho pure accettato una missione kamikaze per averlo. Non credi che distruggendomi le mani” Gli feci vedere i segni “Farmi cadere in non uno, ma due burroni e torturarmi psicologicamente sia già abbastanza?” Il Murkrow parve pensarci su. Poi mi allungò l'oggetto.

Sapevo che c'era un trucco. Quel coso era troppo intelligente. Ma cos'altro potevo fare? Mi avvicinai lentamente alla cornacchia. La cornacchia si avvicinò lentamente a me. Quindi presi in mano il ciondolo, delicatamente …
Il Murkrow sogghignò: dopodiché, in un secondo, mi aveva nuovamente beccato la mano, e aveva gettato il gioiello dietro di sé, facendolo finire in acqua.

Presa dal panico corsi verso la riva del fiume, guardando l'oggetto sprofondare sott'acqua. Tentai di non sembrare disperata quanto lo ero.
Ahah!” Ridacchiai, sfacciata “Dopo lo andrò a riprendere a nuoto, stupido ---”

Ma poi accadde l'imprevisto.

Magi ~” Un pesce rosso di dimensioni gigantesche era saltato fuori dall'acqua, pappandosi lungo la strada il mio gioiellino, e ricadendo in acqua in tutta la sua pesciosità, rendendomi fradicia per colpa degli schizzi. Kakeru e i fantasmi avevano spalancato gli occhi, mentre Daikke era troppo occupato con i suoi ingranaggi.

In quel momento rimpiangevo di non aver comprato i bastoncini di Capitan Magikarp quando ne ebbi l'occasione.






~ Author's Corner
Mah, sono confusa riguardo alle vostre recensioni del chapter precedente, ma ho deciso di andare avanti senza cancellare il capitolo. In compenso ho cercato di ascoltare le vostre richieste, riuscendo ad eseguirne alcune [più corto il capitolo, più grande il testo (sembra lungo come l'altro, ma è più corto, in mia opninione ;)), più scene comiche (anche se di questo non ne sono sicura xP) …] mentre altre, come scrivere più scene con le POV degli altri personaggi, in questo capitolo non ci sono riuscita. @.@

Questo capitolo sarebbe, tecnicamente, la metà di un ipotetico capitolo. Cioè, volevo finire tutta la scena [il viaggio verso la prossima città, per l'appunto] ma mi sono accorta che veniva troppo lungo. Posso solo dire che ci saranno delle battute [il brutto della comicità è che tutti la prendono in modo differente] che trarranno riferimento da questo capitolo. U.U

E che nessuno mi venga a dire qualcosa per aver introdotto un argomento sulle donne vergini. Insomma, è rating giallo, gente. Ed inoltre non ci vedo nulla di male o.o

Disclaimer
I sensi di ragno non mi appartengono.
Gli Scooby-Snack non mi appartengono.
Youtube non mi appartiene xP.

Curiosità
La musica commovente che Kakeru usa nel suo discorso, è la canzone “If I Could See You Again” by Yiruma. No, sinceramente, tutti i suoi brani sono meravigliosi ♥ Avevo intenzione di rivelare il titolo nella prossima parte, ma magari me lo dimentico ^^;

Riassunto
I fantasmi lasciano Maddy & co. A vagabondare con due fantasmi alla ricerca della città. Maddy perde il gioiellino, Kakeru cerca di consolare, i fantasmi litigano e poi fanno la pace, ma alla fine tutti insultano il povero Daikke [*Daikke prende a calci l'autrice*]. Alla fine Maddy fa un video per ricattare Kakeru, lui finisce i biscotti, e il damerino è arrabbiato con Madd (o almeno, così pensa lei) per la rivelazione del suo 'problema'. Alla fin fine ritorna il Murkrow ladruncolo, che getta il ciondolo nel fiume, e un magikarp se lo pappa. Direi che Maddy è un po' sfortunata.

Come reagirà Maddy? Gli altri sono davvero così disinteressati riguardo alla sua capacità di capire gli Spettri? Kakeru riuscirà a capire cosa sono le vergini? E il Murkrow, riusciranno a liberarsene?
Il tutto al prossimo capitolo ~

Grazie per aver letto, o sacri lettori! Vi sarò eternamente grata! ♥
~GloGlo_96

PS: Guardate un po' qui e ditemi se non vi sembra un mangiatore di uomini o.o
----> http://bulbapedia.bulbagarden.net/wiki/Black_Fog

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Capitolo 24
*** Prima di tornare alla civiltà ... ***


Pkm 24.0
Prima di tornare alla civiltà ...

Crow! Crow!” L'uccellaccio mi stava volteggiando attorno da chissà quanti minuti, gracchiando quel che pareva essere un insulto alla mia persona. Non ci voleva un genio a capire che voleva vedere i risultati della sua 'opera di disperazione'. Peccato per lui che non ero della stessa intenzione.
... sput.” Sputai l'acqua che il pesce mi aveva rovesciato addosso. Me ne stavo inginocchiata e con lo sguardo fisso nel vuoto, la mente bianca. Addio, mia piccola fonte di ricchezza. Gli dissi con la telepatia.
I pokèmon spettro si stavano riavvicinando con precauzione, quasi fossi una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Il Murkrow, troppo impegnato a farmi reagire in qualche modo, li ignorò spudoratamente.

Fratello, credo che sia entrata in una fase di shock ...” Commentò il più giovane, rompendo il totale silenzio. Ma da cosa l'hai capito? Gli avrei voluto dire. In quel momento, però, la mia mente non era delle più sane.
Oh, non ti preoccupare di quello. Tutti gli umani fanno così, è solo per attirare l'attenzione.” Rispose Haunter, con aria da intenditore.
Anche quello?” Chiese sarcastico il piccolo Gastly, indicandomi con lo sguardo. Infatti, senza rendermene conto, avevo iniziato a boccheggiare.
Ciondolo. Gnam. Baccagrana. Trota -”
Carpa” Corresse Daisuke, ignorando il mio stato mentale e continuando a gingillare con il pokèdex. Forse era ancora offeso.
“ – gigante. Fradicia. Wooper. Stalker. Ermenasdrubalcibaldo. Gigio. Corvo. Tortura. Disperazione. Bastoncini di Capitan Magikarp.” La mancanza di denaro mi aveva reso leggermente incoerente.

No, le persone normali non fanno così. E' solo lei che è priva di materia grigia.” Sospirò lo spettro. Poi mi lanciò uno sguardo pieno di pietà. “Dovremmo aiutarla.”
Già. Non è mica colpa sua se è un essere così patetico.”
E esagerato.”
E con vedute così negative.”
“Mi da fastidio anche solo starle accanto.”

Per la sua anima?”
Io in realtà mi riferivo alla puzza di pesce marcio.”
“Concordo. Che incivile.”

Mentre i miei amiconi cercavano di 'tirarmi su il morale', io riflettevo sul da farsi.
Non potevo andare a riprendere il gioiello, perché il branco se n'era ormai andato e lo stupido pesce con la scaglia dorata - Ma poi, come faceva ad avere una scaglia gialla? Magari era un pesce radioattivo! - con loro. Umh. Un pesce radioattivo. Magari se lo catturavano mi avrebbero ripagato ...
Compiangermi per la mia sfiga e perdita dava troppo poco sollievo.
Usare i miei pokèmon - come se un topo e un girino potessero far qualcosa! Sarebbero finiti mangiati! -
o menare con le mie stesse mani quell'odioso pennuto – sarebbe sicuramente volato più in alto per schivare, e poi mi avrebbe preso a beccate. Ed io avevo finito i cerotti già da un pezzo, con tutte le volte che i pokémon mi avevano attaccato - sarebbe stato inutile.

Non sapendo cosa fare, decisi che per il momento me ne sarei rimasta lì, con la faccia che faceva nettamente intravedere, attraverso un potente tic nervoso, il mio stato d'animo. O almeno, avrei voluto far così, ma dopo qualche secondo mi si era avvicinato Kakeru di soppiatto, con il viso euforico come al solito. Su di esso c'erano ancora delle briciole di biscotti.
Maddy + depressa=Maddepressa!” Uh? “Ho deciso. Daidiota e Maddepressa. Che soprannomi geniali!” Sganciò un sorrisone a trentadue denti, assumendo una posa da intelligentone, con la mano sotto al meno e lo sguardo meditabondo.
... devo chiedere a mia nonna cos'ha messo nei biscotti.” Biascicai debolmente. Non avevo più la forza di competere con l'allegria indistruttibile del ninja.
Il segreto sta nello sfogarsi ogni volta! Fa' come me, e ti sentirai molto meglio!” Mi tirò su in piedi – letteralmente, aveva fatto tutto lui – e mi diede una colossale pacca sulla schiena, a puro intento di incoraggiarmi. L'unica cosa che sentii, invece, era stato il fragoroso 'crack' di qualche osso. “Ascolta la mia magnificente persona, e liberati dei tuoi affanni!”
Lo guardai stranita: “Intendi dire che ti devo prendere a calci?” Quello, offendendosi, si affrettò a dire:

Cavoli, no! Urla, prendi a calci un albero, lancia sassi agli stupidi fantasmi violacei che ci fluttuano sopra, ma non osare metterti contro: Kakeru! Il ninja divino!”
Ehi!” Esclamarono in coro i due suddetti spettri, offesi dalle sue parole. Avevano persino interrotto l'enumerazione delle mie doti negative, per poterlo insultare. Io, d'altro canto, non facevo altro che roteare gli occhi davanti alla sue manie: prendere a calci un albero? Lanciare sassi? Era questo quello che fanno i ninja nel tempo libero?
Ma Kakeru non aveva prestato attenzione alle nostre implicite lamentele, e, anzi, aveva continuato. “Anche se ti sfogassi su di me, io non sentirei niente, sia chiaro. Prendi come esempio Daidiota: quella femminuccia è da anni che continua a colpirmi, senza risultati!” Daikke aveva sollevato lo sguardo dal pokèdex, guardandolo cupo. Ma il ninja stava dimostrando di avere l'intelligenza di un bradipo, ed aveva continuato imperterrito.

Ora che ci penso, stare in vostra compagnia è un vero e proprio sforzo. Siete ... siete imbarazzanti!” Io e Daisuke concentrammo la nostra attenzione su quella frase, increduli. Noi eravamo gli imbarazzanti? Ma per favore!
I fantasmi sghignazzavano divertiti, godendosi la scena. Pure il Murkrow pareva voler vedere cosa succedeva – ma continuava comunque a girarmi attorno, gesto che, ne era consapevole, mi aveva fatto venire un mal di testa allucinante.

Non è vero.” mi imbronciai, cercando di allontanare il corvo sventolando il braccio: naturalmente me lo graffiò con gli artigli. Stupido uccello.
Sì invece. Anzi, con la mia magnificenza voglio mostrarvi la via della redenzione, da iniziare con l'ammissione dei vostri peccati” Il ninja aveva detto con tono risoluto, gonfiando il petto. Daisuke ed io, completamente abituati a quel suo tono altezzoso e profetico, decidemmo di non dargli molta importanza. Così, fra sospiri e alzate al cielo di occhi, Kakeru continuò:
Maddepressa, sei codarda, impacciata, odiata da tutti i pokèmon e, come dice il nome, troppo negativa.” Mi mordicchiai il labbro abbassando lo sguardo, riconoscendo che le cose che aveva detto, dopotutto, erano vere. Anche se non era colma mia se ogni singolo pokèmon tentava di uccidermi! Al Murkrow, Wooper, Rattata, Grimer, Muk e Nincada non avevo fatto proprio nulla!
I fantasmini sono ridicoli: litigano, si commuovono, piangono e si abbracciano.” Kakeru, dopo qualche secondo, aggiunse “Non fate tanta paura.” Quelli si erano incupiti, diventando sempre più tetri e con gli occhi fluorescenti. Mi pareva di udirli borbottare “Ma chi si crede di essere?” e “Vuole la paura? Allora l'avrà.”
Perfetto,Carotino si è fatto dei nuovi amici! Scossi la testa, sarcastica. I due fantasmi erano scomparsi dalla visuale, ma potevo scommetterci che sarebbero ritornati. E qualcosa mi diceva che non sarebbe stato un ritorno tranquillo.
Kakeru ignorava tutto ciò che gli accadeva intorno. Se anche gliel'avessi sbattuto in faccia, lui non avrebbe recepito il messaggio. Non c'era da stupirsi se era ancora a farneticare.

E infine Daidiota.” E lì il ninja si accigliò. “Freddo, macabro, impassibile, menefreghista, fai paura, sembri una ragazza…” Daikke si stava irritando “...insomma, sei completamente sbagliato! Un caso perso!” Sorriso smagliante “Menomale che hai incontrato: Kakeru! Il ninja misericordioso! Che ti aiuterà. Sarà pur difficile, ma …”

Decisi di tapparmi le orecchie. Mi dispiaceva dirlo, ma quando gli venivano i suoi attacchi di super-ego, diventava difficile da sopportare. E in più, il Murkrow non aveva ancora mollato il girotondo: per quanto mi spostassi, sventolassi le mani – con tanto di beccate – e lo minacciassi, quello non faceva una piega. Mi fissava con un ghigno e gli occhi, rossi, avevano un riflesso maligno.
Questo pennuto è un demonio. Non ho mai creduto in creature totalmente crudeli, ma questa è un'eccezione. “Forse, con un esorcismo...” Commentai, sovrappensiero. Nei film funzionava, di solito. Certo, poi il demone veniva liberato e si mangiava tutti i protagonisti, ma quello era un dettaglio.

Crow! Murkrow!” Mi gracchiò quello, di rimando, artigliandomi i capelli come un pipistrello. Con un gesto di stizza e dolore, gli conficcai le mie unghie nella zampa, e quello mollò la presa, tornando a girarmi attorno, sempre più arrabbiato. La mia pazienza si stava dileguando. Per distrarmi, guardai a che punto erano Kakeru e gli altri.

I pokemon spettro erano ricomparsi dietro di lui, astiosi, e gli avevano lanciato uno un pugno e l'altro una sfera oscura. Con mia sorpresa, il ninja aveva interrotto i suoi discorsi e, senza nemmeno voltarsi, aveva schivato prima il pugno – salto mortale di lato - e poi la palla oscura – stile Matrix. Appena mi libero del pennuto scocciatore, gli chiedo di rifarlo. Solo che, stavolta, con più sfere e attacchi. Pensai.
Come avete osato! Io stavo solo facendo un'opera buona, per aiutarvi!” Musichetta tristissima, vento in faccia e sciarpone ondulante, “E voi attaccate Kakeru, il ninja volontario, con Palla Ombra e Pugnodombra.” Gli spettri erano leggermente esterrefatti per l'agilità del ninja. Lo fissavano a bocca aperta.
Quindi, dopo qualche attimo, gli sferrarono altri attacchi, prontamente schivati dal ninja che si stava scaldando.

Adesso basta! Nin,” L'insetto uscì fuori dalla pokèball, con tanto zampette e antenne che si muovevano. Trattenni un conato, e mi allontanai dalla scena di qualche passo. “Usa sanguisuga!” Il piccolo insetto si scagliò verso i fantasmi, conficcando i suoi artigli su Haunter e bevendone il sangue uscente. Rabbrividii d'impulso, deglutendo. E poi dicono che gli insetti non sono pericolosi!
Gastly era andato in aiuto del fratello maggiore, ed ora i tre combattevano con grande foga.

Lo sai già che il Nincada non ha chances.” Commentò Daikke, con solita indifferenza.
Sciocchezze! Il mio Nin può sconfiggere qualsiasi pokémon!” Ribattè Kakeru, offeso. “E poi non intrometterti, Daidiota. Prima devi pensare a diventare meno imbarazzante.” Gli ricordò.
Eppure” Daikke voleva avere sempre l'ultima parola “Sei tu quello che se ne va in giro con un orso di peluche.”
E' … è … un portafortuna!” Si giustificò Carotino, guardando nervoso la lotta con i fantasmi: Nin era in netto svantaggio e gli spettri non ci andavano leggeri.
Ma insomma, cosa avete tutti contro di me!” Gridò, facendolo assomigliare a un qualche bimbo cocciuto e viziato. Le nostre facce, però, dicevano chiaramente 'e ce lo chiedi anche?'.
Ci hai insultato, decerebrato.” Gli ricordò Daisuke, spingendosi gli occhiali più in alto.
Vi stavo facendo un favore, idioti!” Si difese Kakeru. Pareva stranamente convinto delle sue idee, e il fatto che nessuno riconosceva il suo altruismo l'aveva avvilito. Ora che ci ragionavo meglio, il ninja era sempre stato uno che dava voce ai suoi pensieri. Se ci avesse davvero voluto scagliare affronti, l'avrebbe detto senza tanti giri di parole.
Idiota sarai tu!”
Digliene quattro, fratello!”
“Esatto, se lo merita per aver disonorato la famiglia.” Haunter parò con le mani un colpo di Nincada, poi usò Assorbipugno – Dexi si stava rivelando utile. Il povero insetto mi volò addosso, ed io mi dovetti abbassare per poterlo schivare. La cosa sta diventando pericolosa. Non possono risolvere il tutto a parole? Per diamine!

Basta! Piantatela un po', che assomigliate a una banda di bambinoni permalosi!” Esclamai, ma non abbastanza forte da essere sentita. Normalmente mi sarei divertita a vedere persone prendersi a calci e/o insultarsi. Però quella discussione stava assumendo dei caratteri troppo seriosi, e avevo la vaga sensazione che se non si fossero fermati in tempo, avrebbero continuato per ore.
Il Murkrow, però, non pareva dello stesso avviso. Gracchiando in continuazione – quel verso mi avrebbe perseguitato per sempre, ne ero convinta – sollevò un enorme cumulo di sabbia muovendo le ali. Questa poi mi si abbatté contro come una valanga: la polvere, attaccandosi addosso ai miei vestiti fradici, era diventata difficile da togliere, ed ora ne avevo fin dentro le mutande. Ecco perché non vado mai in spiaggia …
Da lontano sentivo ancora le voci dei vari litiganti, il tutto mentre il povero Nin veniva preso a pugni dagli spettri e io stavo letteralmente impazzendo per tenere a bada il corvo.

Esagerati!” Si stava difendendo Kakeru.
Sfrontato.” Aveva detto tranquillamente il vampiro.
Già! Umano fifone!” Gli si unirono i due fantasmi, respingendo ancora una volta il Nincada – poveretto! Se non fosse stato un insetto, mi sarei precipitata ad aiutarlo. Dexi diceva che i due erano di livello 22 e 28. decisamente troppo forti per uno di livello 19.
Non ci capisco nulla dei vostri 'Haunt' e 'Gaas'! Ignoranti!”
...” Daikke roteò gli occhi alla scena.
Il ninja parve notarlo: “Insensibile!” E si rimisero a farneticare.

Ne avevo abbastanza. Tutte quelle urla erano inutili e senza senso, se non quello di avere l'ultima parola. La mia pazienza stava finendo. Non ne potevo più. Ero sempre stata una persona pacifica, che preferiva risolvere le questioni a parole, ma in quel momento stavo provando una forte irritazione verso la scena. Prima che potessi urlare di piantarla, il Murkrow iniziò a beccarmi con il becco fluorescente, non abbastanza da provocare delle ferite serie, ma sufficiente a farmi molto male.
C-coff, coff! Smettila! Coff! Ahia!” Splendido, la sabbia mi è andata anche di traverso!
L'uccello se ne fregò altamente della mia incapacità respiratoria, e continuò a beccare, graffiare, gracchiare. E nessuno faceva niente per fermarlo.

Peccatori!”
Umano svitato”
...” Daisuke lanciò un'occhiata nella mia generale locazione. Quindi sembrò voler dire qualcosa, ma dovette schivare un calcio che il ninja gli aveva tirato, dicendo 'non fare il superiore!'.

Kakeru stava reagendo così perché gli altri lo avevano interpretato male, credendo che voleva davvero insultarli – anche lui però, se avesse governato la sua altezzosità non ci saremmo ritrovati in questa situazione. Per giunta, i fantasmi si erano davvero offesi e avevano cercato di dimostrare chi comandava. Daisuke dopo un po' s'era stancato del battibecco, ma la sua malavoglia era stata interpretata come un insulto.
In altre parole era tutto un grande e grosso malinteso. La cui vera vittima ero io.
E il baccano continuava. E il dolore continuava. E ad ogni secondo che passava, avevo la netta impressione che il castello di sabbia che si stava formando nelle mie mutante aggiungesse un altro piano. E lo stupido Murkrow mi aveva ormai distrutto, sia fisicamente che psicologicamente – il rimorso dell'aver perso il ciondolo mi avrebbe perseguitato fino alla morte. E ancora non gli bastava! La mia pazienza era davvero, davvero a rischio.
Tranquilla Madeleyne, tranquilla. Fai la tranquilla e pacifica persona che sai di essere. Tutto si risolverà, dovrai solo ignorare il trambusto e buttarti nel fiume. Se non muori per l'acqua gelata,i crampi, e i probabili pokémon pesciosi che ti potrebbero mangiare, allora te ne tornerai a casa. In caso contrario amen, c'hai provato.

Mi alzai di scatto, e presi a correre verso il fiume. Sì, forse era un buon piano. Addio ai litiganti, addio alla sabbia, addio al pennuto. Avrei conservato la mia capacità mentale.
Crow.” Di nuovo quel verso. Quell'odioso, pomposo e insopportabile verso. Mi si parò davanti il corvo, visibilmente irritato dalla fuga del suo giochino prediletto.
... ti avverto.” Lo guardai con stizza, sfidandolo. Se solo avesse fatto un'altra qualsiasi azione per infastidirmi, l'avrei zittito per sempre. Ma quello pareva non possedere neuroni a sufficienza, o avere troppo odio dentro di sé: mi guardò con sguardo torvo, contraccambiando la mia sfida. Ricordati del tuo voto pacifista, Madeleyne ...
Il polletto spalancò gli occhi e aprì il becco, sbattendomi in faccia, a meno di dieci centimetri, il gracchio più violento e tormentoso che potesse riuscire a fare, tanto che il mio udito andò a farsi benedire.

Crow! CROOOOW! CROO---!”

In uno scatto d'ira, presi l'uccello per il collo, e dopo averlo percosso e preso a schiaffi fino a fargli venire gli occhi a girandola – Al diavolo i pensieri pacifici! - lo lanciai con tutta la mia forza verso i litiganti, urlando dalla rabbia. Kakeru lo schivò con non troppa facilità, e così il pennuto s'imbattè in Gastly e Haunter. E tutti e tre si andarono a schiantare contro un albero, mezzi incoscienti.


~ Daisuke's POV ~

Madeleyne era (finalmente) esplosa.
In realtà era già da un po' che mi domandavo quanto tempo ci avrebbe impiegato. Sapevo che aveva una pazienza enorme – in tutto il viaggio che avevamo compiuto assieme, si era infuriata solo un paio di volte – ma non mi aspettavo che ne avesse così tanta.
Ed ora era ricoperta di graffi sanguinosi, alcuni grandi altri più piccoli, e sabbia. Non ero un esperto di medicina, ma molto probabilmente correva il rischio di di contrarre un'infezione, restando in quello stato.

Quell'idiota di un ninja fece un fischio lunghissimo, per enfatizzare ciò che aveva appena visto. Quindi, ritrovata una nuova energia, si congratulò.
Stepitoso, Madeleyne! Davvero magnifico!” Poi si fermò, sovrappensiero. “Certo, non come il sottoscritto” E ti pareva. “Però ugualmente meraviglioso! Ti senti più sollevata, dopo questo sfogo, vero, vero?” Domandò, felice di 'aver aiutato'. Io sarei stato felice solo se gli avessero messo un pezzo di scotch sulla bocca.
La ragazza invece cercava di controllarsi, ma era rossa dalla rabbia.

Col cavolo! L'avevo avvertito, VI avevo avvertito di smetterla!” Ecco, ora iniziava un monologo da voce della coscienza “Ma voi no! Naturalmente! Litighiamo fino al mattino, mandiamo un N-nincada” Rabbrividì quasi impercettibilmente “verso morte certa! Tanto Madeleyne si diverte a farsi prendere a beccate da una cornacchia con l'alitosi!”
Kakeru la guardava corrucciato, realizzando solo allora di quello che avevano fatto per ore. Dietro di noi, i fantasmi si erano completamente ripresi, e osservavano la scena. Il Murkrown, svenuto, aveva diversi bernoccoli sulla testa e la sua ala era contratta da degli spasmi. Se lo meritava per aver abbassato le difese.

Sono fradicia, ricoperta di graffi, ho mal di testa, è da troppo che non mangio qualcosa, dentro le mie mutande si è costruito il Taj Mahal – il Taj Mahal! - e per che cosa poi? Per un ottuso che si crede un dio, e altri tre idioti che si offendono per quello che dice! Io, io, io ---”

Si accucciò, non potendo più sopportare la tensione. Sì, il babbeo aveva ragione – dopo aver trattenuto le sue emozioni, farle uscire tutte in un botto l'aveva ridotta in uno stato d'iperventilazione. Respirava faticosamente, con inspirazioni corte e troppo frequenti. Frettolosamente mi avvicinai a lei, e prendendole la borsa, iniziai a cercare l'oggetto che mi serviva.

Haunt … Haunter, Haunt ...” Mugolò il fantasma. Madeleyne, nello stato pietoso in cui era, riuscì a schioccargli un'occhiataccia di rimprovero. “...Haunter.” Sospirò quindi quello, avvicinandosi a Kakeru. Non sapendo poi che fare, spinse il Gastly in avanti, cogliendolo di sorpresa.
Gaaastly, Gas!” Pareva si lamentasse.
Haunter ...” L'altro, cocciuto, si era tappato le orecchie con le mani giganti.
Gast ...” Il pokémon, leggermente irritato con l'Haunter, si rivolse a Kakeru, guardando altrove. “Gas, Gas, Gaastly.”

Dopo vari minuti di ricerche – cavolo, la sua borsa era piena di cianfrusaglie! - avevo trovato il sacchetto di carta delle brioche, ora appallottolato malamente, che le avevo comprato. Non so ancora bene perché gliele avessi prese – dovevo ammettere, però, che mi dispiaceva vederla così triste – fatto sta che in quel momento la mia scelta si era rivelata utile. Le misi il sacchetto davanti al volto, in attesa.
Respirando sempre affannosamente, guardò il sacchetto come se avesse visto un Crabby a due teste. Trattenni l'impulso di alzare gli occhi al cielo. “Per respirare.” Le diedi un indizio.
Allora corrucciò le sopracciglia, ma accettò lo stesso il sacchetto e se lo mise attorno alle labbra. Il sacco si contraeva e si espandeva ad una velocità inaudita.

Se non parlate la mia lingua, non vi riesco a comprendere.” Il ninja aveva borbottato.
Gastly, Gaas!” “Haunt!” I due si lamentavano, guardandolo infastiditi. Onde evitare scoppiasse una nuova guerra, provai ad esporre la mia teoria:
“Ti avevano chiesto scusa.” Haunter incrociò le braccia, superiore, mentre Madeleyne mi diede l''ok' con il pollice in su. Pareva essersi calmata un pochetto.

Oh.” Proferì Kakeru, d'un tratto più nervoso. “Sì, beh … anche se volevo solamente illustrarvi la via della perfezione … direi che vi devo anche io delle scuse.” Divenne paonazzo, e si gratto la nuca per sciogliere la tensione.

Io e Madeleyne strabuzzammo gli occhi. Beh, lei li strabuzzò, io semplicemente sollevai un sopracciglio. Per dare voce ai miei pensieri, la ragazza si rialzò lentamente e, sempre con il sacchetto sulla faccia, mugugnò: “Chi sei tu e che fine ha fatto il vero Kakeru?”
Che c'è? Anche io so chiedere scusa, ogni tanto.” Borbottò il ninja. Io e Madeleyne ci scambiammo uno sguardo non convinto.
“E poi” Ammiccò “Questo mi rende ancora più glorioso e magnifico ~”
Gastly ed Haunter caddero per terra, Madeleyne rischiò di strozzarsi e io mi massaggiai le tempie.

Ma … c'è ancora una persona a cui devo fare le mie scuse.” E, dicendo ciò, comparve nell'aria la colonna sonora del film 'Titanic'.
Titanic. Non so se essere infastidito dalla comparsa misteriosa delle sue canzoni, o inquietato dalla sua scelta di film. Fra l'altro, il ninja non pareva nemmeno riconoscere la provenienza della suddetta colonna sonora!

Nuovo appunto mentale: scoprire da dove provengono le colonne sonore del babbeo ninja.

Kakeru si era inginocchiato davanti al suo Nincada, e gli aveva mormorato delle parole in tono così fievole da renderle impossibili da capire. Probabilmente altre scuse – e faceva bene a farle. L'aveva mandato verso sconfitta certa, ed ora era ricoperto di graffi ed ematomi.
L'insetto, commosso, strabuzzò gli occhi colmi di gioia. “Nin ~”.
Madeleyne, nel pieno delle sue facoltà respiratorie, guardava la scena con una punta d'impazienza. “Beh, mi fa davvero mooolto piacere che tutto si sia risolto in un Happy Ending, ma direi che, dopo essere rimasti qui per tipo …” Fece finta di guardare un orologio da polso “... quattro ore, sarebbe anche ora di tornare alla civiltà e ---”
Una luce abbagliante ci costrinse a socchiudere gli occhi. Le parole morirono in bocca alla ragazza, che, non avendo mai visto nulla di simile – Mi chiedo dove sia vissuta tutti questi anni - stette a guardare.
Il Nincada era diventato fosforescente. Haunter e Gastly avevano preso qualche bacca dai cespugli, e se le mangiavano come davanti ad uno spettacolo da baraccone. Il pokèmon insetto smise di emettere luce, e al suo posto era comparsa una crisalide morrone. Kakeru aveva una strana luce negli occhi, come se era da un po' che aspettasse quel momento, e sfregava malignamente le mani.
Dopo una manciata di secondi, sul bozzolo si erano formate delle aperture, e, con tanto di lucine abbaglianti, ne uscì fuori, al rallentatore e ricoperto di un liquido semitrasparente, il Ninjask.

U-ugh ...” Guardai alla mia destra, per vedere una Madeleyne schifata, spaventata … non sapevo come definirla. Era pallida come un cadavere e aveva le pupille dilatate, puntate verso l'essere che era appena uscito dal bozzolo. La trovavo leggermente esagerata. Se avesse visto lo Shedinja, avrebbe avuto di certo un collasso.
Scrollai le spalle, e mi rivolsi a lei: “Faresti meglio a chiudere gli occhi.”
Mi lanciò uno sguardo fulmineo, confuso, per poi ritornare a vedere la scena, con tanto di sacchetto anti-panico. E, come previsto da me, il bozzolo scricchiolò. Silenziosamente, questo allungò la propria ombra, fino ad arrivare di fronte a noi tre – Kakeru ci trotterellava attorno dalla gioia - e alla sinistra del Ninjask. Quindi, usando quella che doveva essere Furtivombra, saltò fuori da essa ad una velocità portentosa, ritrovandosi a faccia a faccia con Madeleyne. Doveva averla riconosciuta come quella che aveva insultato e derubato il suo allenatore, diversi giorni fa. Aveva un aspetto piuttosto minaccioso.
La ragazza tornò in stato di iperventilazione, colta alla sprovvista. Vedevo benissimo le gambe e le spalle, tremanti dalla paura, e non mi era difficile capire cosa sarebbe avvenuto da lì a poco.

...Shedinja!” Sussurrò il pokèmon in modo rabbioso.

BAAM!

Il sacchetto di carta scoppiato, ormai inutilizzabile, fluttuò delicatamente verso terra, senza fare rumore. Lo stesso non si poteva dire di Madeleyne, la quale, impacciata anche da svenuta, era collassata a terra sonoramente.
...” Ci fu un attimo di silenzio generale nella quale tutti la guardammo impietositi.
... neh, Daisuke ...” Commentò Kakeru.
...?” Cosa voleva adesso quell'idiota? E cos'era saltato in mente a quell'altra di svenire, mollandomi qui con lui, da solo?!
... Guarda qui! Adesso ho ben due pokèmon! Non sono carini? Una squadra perfetta per me!” Il ninja strinse in una potente presa di Wrestl-- abbraccio i suoi nuovi pokèmon – Shedinja per fortuna era già morto, mentre Ninjask aveva assunto un colorito verdognolo.

Mi battei una mano sulla fronte, avendo già capito l'antifona.
Si sarebbe preannunciata una lunga, lunghissima nottata.








~ Author's Corner
Si ripulisce dalla ragnatele Emh … suppongo che adesso vi siete dimenticati chi io sia, o che cavolo ci faccia questa orrenda – lo riconosco – storia fra le vostre seguite/preferite/ricordate. Beh, salve a tutti, sono la cretina che ha deciso di sparire per un paio di mesi per cause maggiori (si è rotto prima il portatile, poi il router che mi connetteva ad internet, e poi c'è stato l'avvento della scuola o.o) e che adesso vorrebbe continuare (o almeno tentare di continuare) questa fanfiction malata.
Per tutti coloro a cui interessa, invece, il mio ritorno (e dubito che ce ne siano), beh, grazie molte T.T

Sensi di colpa:
Il capitolo è una delusione, lo riconosco:
- Manca di comicità [come al solito]
- Maddy pare senza spina dorsale [ma, come avevo forse già specificato, è nel suo carattere non menare se non strettamente necessario]
- La POV di Daisuke è una rovina totale [secondo me, almeno. Fatemelo sapere se fa davvero così schifo...?]
- E poi boh, in generale è una pena da leggere. Mi spiace se ho condannato i vostri bulbi oculari a morte certa.

L'unica mia giustificazione plausibile è, però, che sono fuori allenamento. Il nostro modo di scrivere cambia, ed è difficile ritornare sulla stessa linea d'onda di una FF vecchia di 2 mesi fa o.o' Ma è un problema che si risolverà a tempo :)
Scusate ancora per l'obbrobrio [sono ben accette le critiche costruttive Q.Q] Ci si vede al prossimo [a meno che non mi deprima e molli/cancelli di nuovo la storia] chapter. Bye ~ ♪
~GloGlo_96

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Capitolo 25
*** Break Up ***


Pkm 0.0

Break Up


Si parte fra cinque minuti.”
Sputai la cioccolata calda che stavo amabilmente consumando. Questa finì addosso a Wooper che, fino a tre secondi prima, stava pappando le sue crocchette. Sempre se erano crocchette. Non avevo mai capito cosa ci mettessero nel cibo per pokémon.

What?! Siamo stati nel Centro Pokémon per soli quattro giorni, le tue braccia non sono ancora guarite!” Mi affrettai a fargli notare, cercando di ripulire il girino azzurro con il tovagliolo.
E per questo siamo già piuttosto in ritardo.” Sentenziò Daisuke, aprendo la pagina di un giornale che si trovava sul nostro tavolo della colazione. Prese dalla sua valigetta una penna nera. “Se non sei pronta prima che io finisca il sudoku, me ne vado senza di te.” Terminò risoluto, usando un tono che non ammetteva repliche.
Dopo ciò che era successo pochi giorni fa, preferivo evitare di farlo arrabbiare di nuovo, quindi mi alzai di corsa, abbandonando il tovagliolo (ora ricoperto di muco) sopra al tavolo.

In cinque minuti non riuscirò nemmeno a salire le scale!” Mi lamentai, costringendo il mio corpo a sbrigarsi, mentre ragionavo sull'insensibilità di Daisuke. Per tutta la conversazione non aveva alzato lo sguardo nemmeno una volta: anzi, era da quando eravamo usciti dalla foresta che non interagiva più con me …

Gammon City si era rivelata la più normale delle città che avevamo visitato. Niente capipalestra scomparsi, concorsi di danza, ondate di melma, fantasmi minacciosi. Era un semplice paesello nella quale gli abitanti passeggiavano per le strade con il sorriso sulle labbra, i pokemon convivevano pacificamente con gli umani e l'infermiera Joy di turno si dilettava a regalare kit di pronto soccorso alla prima sfigata che entrava.
Cioè me. Infatti, giorni prima, ero stata lanciata dal non-molto-delicato Kakeru, all'interno del Centro Pokemon. Aveva molto probabilmente mirato il divanetto accanto alla parete, e mi aveva buttato verso di esso. L'unico problema stava nel fatto che quell'idiota aveva completamente mancato il bersaglio, e io mi ero schiantata contro il muro. Lo so per certo perché a quel punto mi ero svegliata di colpo, dolorante dalla caduta. L'infermiera Joy, durante la mia confusione post risveglio traumatico, aveva visto l'idiota svanire in una nuvola di fumo, urlando che “Un vero eroe come ...Kakeru! Il ninja sopravvissuto!, non ha bisogno di riposare!”. Notando il mio stato fisico (graffi, beccate, mani lacerate, bernoccoli ovunque, vestiti putridi) mi spinse a raccontare le mie disavventure nella foresta, mentre lei applicava unguenti, cerotti e bende sopra le ferite provocate dal Murkrow infernale. Naturalmente non le dissi nulla riguardo ai fantasmi del lago gigante o al mio adorabile gioiello perduto. Mica scema, io.
Mentre Kakeru era andato ad inseguire le sue avventure fino alla svenimento ed io avevo subito un rapido trattamento medico, Daisuke non se l'era cavata con poco. Il poveretto era stato condotto in una stanza del cui interno era a me ignoto, e vi era rimasto dentro fino a mattina inoltrata. La sera dopo mi aveva informato, apaticamente, che gli avevano iniettato molti sieri e fatto diversi controlli per verificare se la situazione diventava stabile.
Aveva rischiato grosso, il mio compagno di viaggio. A quanto pareva, però, sarebbe guarito dopo pochi giorni di riposo. Lo stesso non si poteva dire del suo umore: non mi rivolgeva quasi mai la parola, e quando lo faceva, aveva sempre una serietà pazzesca.
Spero si rallegri presto...così potrò tornare a scassinargli la valigia senza che se la prenda troppo. Muahaha! Pensai, mettendomi il mio nuovo cappello – un sublime (che scelta di parole!) basco beige dotato di visiera, contornato da un nastro bianco - in testa. Avevo fatto nuovi, economici acquisti nel periodo del mio soggiorno.

Trottai giù per le scale e saltai gli ultimi tre gradini, prima di correre di nuovo all'ingresso. Ringraziai distrattamente Joy per il kit e le sue cure, e quella mi salutò augurandomi buon fortuna.
Una semplice chiacchierata con una persona simpatica, niente di speciale... In quel momento non me ne resi conto, troppo occupata a sbrigarmi, ma quel breve augurio aveva creato una strana sensazione dentro di me. Stavo per rifletterci, quando intravidi Daikke, valigia in mano, che mi aspettava davanti ad un bivio, appoggiato ad un cartello.

Anf … anf … scusa per il ritardo ...” Biascicai, prendendo la strada di sinistra, che il cartello indicava con 'Centro città – Palestra'. Riprendendo fiato, osservai la persona di fianco a me, cercando un segno, un avvertimento su quel che stava pensando.
peccato che il segno non esiste. Sibilai a me stessa, pensando che Daisuke era una vera cripta: o ti faceva intendere le cose di propria iniziativa, o restavi tagliato fuori da tutto. Il che era molto irritante. Così irritante che, in preda allo sconforto, presi una delle mie pokéball vuote, e iniziai a cliccarla all'impazzata. Ad ogni click questa s'ingrandiva e rimpiccioliva, provocando uno strano rumore metallico.

Click.

Rattata, che fino a quel momento aveva trascinato Wooper -che stava ancora sgranocchiando gli ultimi croccantini da seduto- per la coda, mi guardò stranamente, non riuscendo a comprendere la fonte della mia ansia.

Click.

Ra?” Chiese, inclinando la testolina viola/bianca.

Click! “Nulla, nulla. Non posso farci niente se il mio compagno di viaggio è diventato muto come una mummia, tanto per restare in tema di bende.” Ammisi, osservando la mano sinistra di Daikke, completamente fasciata.

Woop?” Chiese Wooper, con un restante rivolo di bavetta (o muco) che gli colava. Al contrario di Rattata, che rendeva piuttosto chiare le sue emozioni attraverso il linguaggio del corpo, ciò che diceva Wooper era come arabo per me. Aveva sempre la stessa identica, preoccupante espressione. Scrollai le spalle, rispondendo alla sua ipotetica domanda.

Click! Click! “E-emh...no Wooper, le mummie non si mangiano.”

Woopah.” Il pokemon rispose, ignorando il fatto che Rattata stesse facendo fatica a trascinarlo. Decisi di porre fine alla sua tortura mettendo entrambi i pokemon nelle sfere.
Mi osservai attorno, notando che la città brulicava di vita. Giovani coppie entravano ed uscivano dai ristoranti più vari, i bambini si divertivano assieme ai propri pokemon nel parco ed uno studente aiutava una signora anziana a portare le borse della spesa. Che vite felici. Quasi quasi mi sentivo gelosa!

Click... Click... Click...

...Eppure... c'è qualcosa che non torna. Qualcosa di sbagliato.
Stavo per arrivare alla cause del mio sconforto, quando le mie riflessioni sulla città furono di nuovo interrotte dal damerino, che si era improvvisamente fermato. Eravamo giunti davanti ad un imponente edificio bianco panna, di forma circolare, con due porte con le vetrate fatte con del vetro a mosaico. Il disegno su entrambe le vetrate era a forma di mezzaluna.
La riconobbi come la palestra di pokemon di Gammon City. Tipo Psico, mi sembrava. L'avevo intravista mentre andavo a fare shopping (i miei vestiti si erano completamente rovinati e, in più, stava iniziando a fare freddo), ma c'era un particolare che il giorno precedente non avevo notato. Sulla porta vi era un pezzo di carta, decorato da strani ghirigori dorati. Mi avvicinai e, segnando le parole con l'indice man mano che le vedevo, lo lessi ad alta voce:

Io, Kassandra, mi sono assentata per svolgere degli impegni che non possono essere rimandati. Resterò lontana dalla palestra per un periodo di tempo indeterminato. Cordiali saluti, la capopalestra.”

Riflettei un attimo su quello che avevo letto, sbigottita. “... tempo indeterminato? Che vuol dire tempo indeterminato!”
Daisuke, ugualmente corrucciato, rispose: “Significa che---”

Ero sarcastica.” Tagliai corto. “In altre parole avrei scalato una montagna, sarei sopravvissuta alla caduta da uno strapiombo e ad un cavallo infuocato, avrei rischiato di venire uccisa dal team Pyro, tre Murkrow, dei fantasmi mangia uomini e infine un insetto che si è sdoppiato, solo per ritrovarmi davanti a un pezzo di carta che, fregandosene della mia instabilità fisica e mentale, mi dice di tornare fra qualche giorno?” Blaterai, esterrefatta. Era mia consuetudine parlare a vanvera nei momenti più tesi, ormai dovreste averlo capito.
Tecnicamente potrebbero essere anche settimane. Mesi. Nel caso peggiore anni.” Commentò Daisuke, facendo il solito precisino realista.
Fissai il ragazzo con aria tetra. Quindi mi voltai a guardare la porta e, più precisamente, la serratura. Nulla che una buona forcina non potesse risolvere. Leggendomi nel pensiero, Daikke s'intromise fra me è l'ingresso, con sguardo duro.

Non vorrei il ripetersi di qualche altro... incidente.” Disse, riferendosi all'episodio di Melmolandia. Gli ho lasciato un trauma, poverino … sghignazzai nella mia mente, riponendo l'arnese.
E allora, come vorresti fare, genio? Non abbiamo la minima idea di quando potrebbe tornare.” Sospirai, stanca “Non potevamo arrivare prima?” Di certo non mi aspettavo una risposta.
Se fossimo arrivati qualche giorno fa, come avevo programmato, l'avremmo potuta combattere.” ...Sbaglio, o qualcuno sta dirigendo parte della colpa verso di me?
Uh... io ieri ero disponibile. Eri tu, Daikke, a recitare la parte della bella addormentata...”
...” Mi squadrò con un'aria di sufficienza. Un'aria che spiegava quanto banale e inconsistente era la mia giustificazione. Sapevo benissimo che lui era stanco morto. Stavo quasi per arrendermi alle sue accuse, quando mi ricordai di una cosa. Corrucciai le sopracciglia e continuai.
Sai, se mi avessi avvertito sul tuo avvelenamento”, indicai le sue bende, “e non avessi recitato quella tua parte mistica e misteriosa, a quest'ora non saresti conciato come una mummia.”
Se tu non fossi entrata nella casa con il decerebrato, avrei potuto trovare un Centro Pokémon una sett--.”

Non ti ho mai obbligato a seguirmi! Potevi dare retta al tuo buon senso e non impicciarti!”
Conoscendo entrambi, sareste stati catturati in meno di due ore.” Ribatté. Dopo settimane di viaggio in sua compagnia, potevo considerarmi pazza se credevo che Daisuke si sarebbe arreso.
Come puoi esserne così sicuro? Non siamo mica così cre--” Sollevò un sopracciglio sarcastico “--io non sono così incapace!”
...ho dei seri dubbi al riguardo.” Vedendo la mia faccia incredula e vagamente offesa, continuò. “Ricordi l'episodio dei Murkrow? Stavi per cadere nel burrone. E quello del Muk? Ingoiata viva. Il team di psicopatici? Quasi catturata. Il claifairy? Mezza uccisa.” I suoi occhi erano fissi su di me, per la prima volta da quando eravamo arrivati in città, in un modo molto simile a come guardava perennemente Kakeru. In questo momento vorrei scomparire...
Oltre all'enorme ritardo sul piano di marcia, ho ottenuto che dei fantasmi mi hanno quasi mangiato, sono precipitato nelle fogne, ho contratto un avvelenamento, mi hanno rinchiuso in una casa in fiamme--”
Hey! Cos'avrebbe a che fare con --” Tentai di difendermi. Smisi non appena sentì ciò che aveva dichiarato.
-- e mi sono ritrovato una ragazzina che, da quando l'ho incontrata, non ha fatto altro che portarmi guai!”

Mi fermai a metà sentenza, come strozzata da una forza invisibile. Spalancai gli occhi e, lentamente, li portai verso il terreno, cercando una sola frase contestabile o fasulla nelle congetture del ragazzo. Ma, d'altronde, era impossibile: Daisuke era il miglior attaccante verbale.
Questi si accorse di ciò che aveva detto non appena mancò la mia risposta. Lanciò uno sguardo nei dintorni, prima di tornare a me, sistemandosi gli occhiali con il medio.
In un certo senso, avevo sempre avuto la certezza di essere una fonte di pasticci. O meglio, ero leggermente sfigata. Ciò non aveva però attutito il dolore di avere questa mia caratteristica sbattuta in faccia. Specialmente se da colui che consideravo al pari di un amico. Ma evidentemente la pensa diversamente...mi sussurrò una vocina. Mi restava solamente una cosa da dire

...se ti ho sempre dato così fastidio ... perchè non mi molli qui?”

Attesi qualche minuto. Poi, stufa, alzai la testa: Daisuke non c'era più.
Sentì gli occhi pizzicare. Li strabuzzai e mi morsi il labbro, cercando di darmi un contegno. M'incamminai nella direzione opposta a quella ipotetica presa dal mio ex compagno. Decisa a lasciarmi il dolore alle spalle.

Mi fermai solo dopo alcune ore, con il sole che stava tramontando. Ugh. Le mie gambe mi stanno uccidendo …
Avevo infatti continuato a camminare a vuoto, a ritmo sostenuto, svoltando un po' di là e un po' di qua. Tanto non avrei saputo cosa fare, dato che la palestra era chiusa, in città c'ero già stata ed ero una frana a leggere le mappe. Ormai mi ero inoltrata in una piccola foresta, poco distante dal resto della città. Tutto, per ore, era rimasto uguale.
E sarebbe rimasto tale, se non avessi sentito un forte rumore metallico provenire di fianco a me. Mi appostai dietro ad un albero, cercando di capire che cosa potesse averlo provocato. Spalancai gli occhi: davanti a me si trovava un piccolo edificio a due piani, scuro e mezzo diroccato. Il rumore proveniva dal portone principale, che si stava aprendo. Di fronte ad esso, stavano cinque o sei persone in vestiti azzurri pallido …

Ho già visto quelle divise. Erano di un altro colore, però. Non riuscivo però a collegare dove. Allora, un antro misterioso, divise misteriose, aria sospetta … ah! Il mio caro team Pyro! Osservai meglio. Non c'erano né Bob, né Hiro, solo le reclute. Queste avevano ormai varcato la soglia, e avevano richiuso il portone.
Definitivamente sospetto.

Se fossi stata la protagonista di un libro, o un film, probabilmente mi sarei buttata all'avventura, decisa a salvare chissà chi o che cosa. Ma io, essendo me, non ci pensavo nemmeno a entrare in un palazzo mezzo distrutto e pullulante di guardie. Nono, meglio filarsela. Mi lasciai, però, fuggire un piccolo commentino.

Tsk! 'Sti qui mi perseguitano!” Ero esterrefatta. “Beh, non entrerò anche stavolta. Non voglio altri problemi. Ho già abbastanza drammi psicologici per potermi occupare anche di alcuni psicopatici in calzamaglia.” Annuì alla mia logica, e feci per voltarmi e tornare indietro.
Feci. Ciò che non avevo previsto, era stata l'improvvisa freddezza al collo, tipica degli oggetti metallici. Mi irrigidii. All'orecchio, una voce mi domandò divertita:

Non mi definirei uno 'psicopatico in calzamaglia'. Non trovi che sia un po' offensivo?”
OH. MERDA. Era ufficiale: quello non era un giorno fortunato.
Annuì con la testa, sperando che assecondandolo avrei potuto salvarmi la pellaccia.

Beh, sai cosa credo? Che sarebbe meglio sapere cosa ne pensano gli altri!” Ridacchiò, prendendomi la spalla sinistra e conducendomi nel palazzo, mentre con la destra continuava a puntarmi il coltello addosso. Cercai di rallentare il passo, ma quello non mollava la presa: mollando un calcio alla porta, mi spinse dentro. La stanza era simile ad un sotterraneo: buio e polveroso.
L'uomo staccò la mano dalla spalla solo per poter digitare un codice in uno strumento appeso alla parete, sui cui comparve la scritta 'CLOSED'. Sfruttando l'occasione, riutilizzai il vecchio trucco del calcio ai gioielli di famiglia, urlando:

Fuggi come il vento, Bullseye!” Partii a correre verso la porta a sinistra come un'ossessa, abbandonando il mio rapitore mezzo in coma. Mi si aprì un corridoio lungo e vuoto, con diverse stanze ai lati. Procedetti dritta, andando verso la scala che portava ai piani superiori. Se non avessi constatato l'umanità di quella recluta, avrei potuto scommettere che questo palazzo è l'antro degli zombi di Silent Hill …

Il secondo piano era molto diverso. Appena arrivai, fui stesa da una fortissima luce. Letteralmente. Per l'intensità, ero inciampata sull'ultimo gradino e mi ero fiondata sul pavimento, scivolando come i pinguini di Super Mario. Completai l'opera spalmando il mio povero viso su un muro. Rotolai sulla mia schiena, massaggiandomi il setto nasale.
Riaprì gli occhi, e mi trovai di fronte ad un brutto e, dovrei aggiungere, molto arrabbiato, muso viola.

Loudred...!” Esclamò, con un vocione stridulo ma allo stesso tempo possente.
Ssssh! Fai silenzio, massacratore di timpani!” Gli dissi a mia volta, scattando in piedi per lo spavento. Il pokemon (più basso di quel che mi aspettassi) aumentò il volume.
Smettila, che non voglio farmi scoprire!” Il mio cervello, altamente crudele, mi rispose interpretando lo sguardo divertito dell'affare. Senti, cara. L'ho sempre saputo che eri una causa persa, ma forse dovresti renderti conto che lui vuole farti beccare!
Come?! Eccheccavo--”
LOUDRED! LOUDRED!” Sbiancai. E no, non era dovuto all'incredibile dolore che stavano subendo le mie orecchie. Quelle le avevo già perse al secondo urlo. E non era nemmeno l'incredibile fifa che s'insinuava nelle mie ossa. Trattenni un conato.
“D'accordo, urla quanto vuoi, ma perlomeno copriti quella fogna!” Gli lanciai una Dit-Babol in bocca, sperando che gli coprisse l'alito fetido.
Il pokèmon smise incredibilmente di urlare, per cercare di non strozzarsi e masticare la chewing gum. Io sospirai di sollievo, intontita da tutto quel rumore stridulo e assolutamente infernale. Come il coro di venti lavagne sulle quali passano delle unghie.

Il luodred mi fissò arrabbiato, ingoiò la Dit -Babol e spalancò la bocca di nuovo. Ciò che ne derivò, non furono però le stesse urla di prima: si era formata un'enorme bolla rosa, che si gonfiava a vista d'occhio.
...perdente..” Mi complimentai, prima di passare alla prossima stanza. Il goffo affare cercò di seguirmi, ma nel muoversi aveva pestato la chewing gum, e, con uno scoppio, ne fu totalmente ricoperto. E incollato al pavimento, se per questo. Non c'era una parte del suo corpo che era fuori dalla gomma.
Sai, forse potrei aiutarti...” Gli sorrisi dolcemente. Il loudred mi fissò chiedendo pietà, con gli occhietti lucidi e felici. “...naaah! Buona fortuna!” Gli sbattei la porta in faccia, sibilando.
Muahahah! Così impara a dare l'allarme e a distruggermi due dei miei cinque sensi!

Ora, dovevo solo svoltare alcune porte, per allontanarmi dalla zona di pericolo in cui sarebbero arrivate le reclute del team. Feci un passo all'indietro, e mi trovai la schiena contro qualcosa di morbido. Morbido e peloso.
Quindi, dato che mi sono rovinata la vista, l'udito e l'olfatto, e che il tatto è ancora funzionante, devo dedurre che, o questo è un super, enorme, peluche, oppure un qualche pokèmon pulcioso. Alzai gli occhi al cielo. O magari, c'è sempre la possibilità di un uomo che non si è fatto la ceretta, un Big Foot vivente.

Mi voltai di scatto, per vedere un basso e grassoccio pokemon fissarmi con aria superiore. Aveva due lunghi denti che sbucavano fuori dalla bocca, e le unghione così lunghe che potevano benissimo tranciarmi un dito. Ma la cosa che mi stupiva di più, era un'altra.
...Ahahah! Perché hai un ciuffo emo? Non pensavo che fosse una moda fra i pokemon!” Per qualche motivo, era una strana visuale: la codona dell'animale viola gli ricopriva l'intera schiena e fronte. L'essere digrignò i denti, e fece per ribattere.
No, no! Lascia stare. Vado di fretta, perciò darò solo una controllatina al pokèdex per capire se sei veramente un pokèmon emo ...” Il pokèmon quietò, soddisfatto.

Skuntank, il pokèmon moffetta. Skuntank vive---” Chiusi di scatto Dexi.

Pokemon moffetta. Uh, esistono pure quelli. Un pokemon moffetta...
Realizzai ciò che comportava quel termine solo dopo che il suddetto pokemon mi lanciò un inquietante sogghigno a trentadue denti. Molto inquietante.

AH! NO, TI SUPPLICO, NON FAR---”

PROOOOOT!

Credo di essere rimasta svenuta per almeno dieci minuti, prima di tornare in mé. Lo skuntank, bello tranquillo, si stava facendo le unghie sulla mia borsa. Io corrucciai gli occhi, sentendo che qualcosa non andava. Tirai su con il naso e mi alzai traballante. La puzzola, vedendo che mi ero svegliata, prese a ridere maligna.
Fu allora che sentii il più schifoso, disgustoso, nauseabondo, repellente, fetido, ripugnante odore che avessi mai sentito. Rigettai quel poco che avevo mangiato a colazione. Sopra lo skuntank.
Questo, scioccato, smise immediatamente di ridere.
Sollevai le braccia al cielo, con i pugni chiusi tranne indice e medio. Con aria da vincente, gli sussurrai, con voce roca: “...ora siamo pari.”

Mi trascinai fuori dalla stanza e controllai che, almeno stavolta, non ci fosse nessuno. Il corridoio – di cui avevo l'impressione che la carta da parati si arricciasse al mio passaggio – si dimostrò vuoto, perciò, stanca di avere il liquido-di-cui-non-volevo-sapere-la-provenienza addosso, aprì la pokeball di Wooper.
Il pokèmon senza naso non mostrava di riconoscere la mia nuova acqua di colonia. Anche se avesse il naso, l'impulso non arriverebbe da nessuna parte, dato che non ha cervello. Mi dissi, convinta. Quindi chiesi al pokemon se mi potesse fare una doccia.

Woopah!” Molto felice della richiesta, il girino sputò un getto d'acqua così forte da spedirmi contro il muro dietro di me.
Idiota! Sbrigati, che se ci trovano, qui ci fanno fritti!”
Wooper restò in contemplazione per vari istanti. Quindi gli si formò un rivolo di bava. Nota per il futuro: non comunicare più con Wooper usufruendo di metafore sul cibo. Soddisfatta che, perlomeno, mi ero sbarazzata del liquido puzzolente – sparito, come il mio olfatto -, m'incamminai verso la prossima porta. Quindi, non sentendo niente oltre ad essa, la aprì lentamente.


Cacciai un urlo. No, un secondo, io non sto urlando. Guardai la figura davanti a me e le tappai la bocca. Quindi la portai dentro al corridoio e richiusi la porta.
Mentre cercava di calmarsi dall'infarto che probabilmente io le avevo procurato, la osservai. Aveva dei luminosissimi capelli biondi, lisci, che le ricadevano per tutta la schiena. Indossava una camicetta bianca e dei pantaloncini rosa confetto. Teneva una borsetta a tracolla che, dall'aspetto, potevo dire che doveva essere costata molto. Mi guardò con degli azzurri così puri, che mi venne un capogiro.

... non sei una di loro, vero?” Chiesi, interrompendo il silenzio.
Quella ci rimuginò un po' sopra. Sembrava combattuta su qualcosa. Alla fine, però, sorrise: “No, non lo sono. Sto scappando, in verità ...”
Cercando di non fissare il suo sorriso – c'era un non so che, nei suoi tratti dolci, che mi faceva venire i brividi – le confidai, “Anche io. Solo... non sto avendo molta fortuna.”

Wooper ciondolava sopra la mia testa, imbrattando il mio nuovo cappellino di muco. Siccome era già stato rovinato dallo skuntank, lo lascia fare.
Oh. Immagino che tu abbia attraversato le stanze di guardia. Mi spiace ...” Le vennero i lacrimoni agli occhi, non so se per la puzza o per la tristezza.
Non è stato tanto male, dai …” Infatti è anche peggio “Ma, toglimi una curiosità. Chi sei tu?” Non riuscivo a spiegarmi come potesse esserci finita una ragazza delicata come lei, in un postaccio come quello.
Oh?” Smise di lacrimare. Quindi tossicchiò un po', per dare autorità alla voce.

Io sono Kassandra, la capopalestra di pokemon Psico della città di Gammon City.”






~ Author's Corner

Salve, EFP fanfiction! Sono tornata a torturarvi tutti con la mia fic, perchè sinceramente non me la sentivo di mollarla. Perciò, se volete leggete, sennò amen. Spero che il chapter non vi deluda o robe simili, perchè l'ho fatto d'impulso (non sapevo come liberarmi del blocco dell'autore) … sono ben accettate critiche (specialmente critiche) e le lodi *ma avara*  *.*

...spero che non mi abbiate dimenticato ^^;

Voglio solo dire che non ho nulla contro gli emo, e mi scuso se vi ho offeso.
Oh, e scusa anche ai miei personaggi, perchè ogni volta riesco sempre a fargli succedere dei casini orribili (Madeleyne) o non li caratterizzo abbastanza precisamente (Daisuke). No, un attimo. Daikke è caratterizzato. o.o Solo che è incompreso u.u"

Aww, voglio più tempo libero >.<”
~ GloGlo_96

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Capitolo 26
*** When Hansome Guys and Freezing Weather are Deathly ***


pkm 1.0

When Handosome Guys and Freezing Weather are deathly



Sì. Una capominestra. Certo...”
Lei era una capopalestra. Lei era la capopalestra. Lei, che non aveva fatto altro che piangere da quando l'avevo incontrata. Era strano e a dir poco incredibile.
La mia reazione monosillabica doveva avere insospettito Kassandra, che pareva aver percepito il mio scetticismo. Inclinò la testa – facendo ricadere i suoi perfetti capelli biondi su un lato – e, mettendo il broncio, trattenne un singhiozzo.

Che c'è? Dubiti che io possa disputare fenomenali incontri di pokémon? Reputi che io sia senza esperienza, capacità!?”
Oh no. Non di nuovo! Dovevo agire in fretta. Il mio diciassettesimo senso (già, quello che mi avvertiva non appena c'erano dei guai in vista) mi stava avvertendo del pericolo imminente. Dalla mia enorme esperienza - tratta dalle soap opera che guardava nonno Gerald - la fanciulla ipersensibile sarebbe scoppiata in un grande pianto, che avrebbe causato la perdita del nostro nascondiglio.

Ma no, che hai capito!” Esclamai, fingendo un tono serio. “Intendevo dire 'certo che è proprio una bella coincidenza, essere finita qui con una del tuo calibro!'”. Quindi le diedi un ben delineato – e falso – sorriso.


Kassandra, che pareva averla bevuta, si asciugò le lacrime con un fazzolettino rosa, con delle gestualità che potevano far concorrenza ad una nobildonna. Mentre lei si riprendeva, io presi a giocherellare con Wooper. Lui era così scivoloso, che se lo stringevi riusciva sempre a guizzare fuori. Un altro ottimo antistress.
Perciò,”, incominciai, “cosa ti porta qui?”
B-beh...” - singhiozzo - “Mia sorella è stata rapita e … e ---” Si coprì la faccia con le mani, affranta. Non avevo alcun dubbio che avesse ricominciato a piangere.
Sbuffai, non potendo trattenere il mio fastidio. Kassandra si stava mostrando alquanto drammatica. Troppo. Sua sorella era finita in mano a dei criminali, e quella passava il tempo a piangersi addosso?
Non feci in tempo ad inventarmi delle parole che potesse ritenere di conforto, che oltre la porta si sentirono echeggiare dei passi. Smettendo di giocare ad 'acchiappa il Wooper', mi voltai verso la porta.

Senti, non vorrei interrompere la manifestazione del tuo sfogo indotto da stress,”, deglutii alla vista della porta che veniva spalancata, “ma qui abbiamo un piccolo problemino!”


All'uomo appena entrato, vestito come tutte le reclute dell'organizzazione, s'illuminarono gli occhi dall'eccitazione. Perciò, dopo aver urlato un bel “L'ho trovata! Accorrete, la fuggitiva è qui!” caricò come un toro.
Nutro una grande considerazione, a quanto pare. Si è completamente dimenticato di me... Pensai, notando come avesse articolato la frase al singolare, intendendo Kassandra. Credevo. Se io fossi stata un malvagio – avrei sicuramente recitato quella parte, se fossi stata in un film – mi sarei riferita alla persona più pericolosa, no? E in quel caso, odiavo ammetterlo, ma era la capopalestra. La stessa che, in quel momento, pareva intenta a piagnucolare, mentre le labbra si erano incurvate in un sorrisetto.

Aspetta: un sorriso, in questa situazione?

Spostai lo sguardo nuovamente su di lei, tenendo sempre conto della nostra situazione: no, niente sorriso. Solo una bocca contorta, a causa del pianto, nelle più tristi delle forme. L'esaurimento nervoso non ti si addice, Maddy. Dovresti prenderti una settimana di vacanze e --- OH CAVOLO, GLI MANCANO DIECI PASSI E SIAMO FRITTE!


Non mi sfuggirai!” Esclamò, venendo verso di noi con una pokèball alzata, minacciosa.
N-non è giusto! Cosa vi abbiamo mai fatto di male!.” Kassandra cercava irrimediabilmente di asciugarsi gli occhi, ma ovviamente non riusciva a focalizzare bene la scena. In quanto a me, il mio umore era fin troppo demoralizzato per potermi disperare come lei.
Sono già fuggita da un Loudred ed uno Skuntank, credi che tu faccia qualche differenza?!” Bluffai, mentre in cuor mio non sapevo che cacchio fare.
In preda all'esasperazione, strinsi la presa attorno al mio pokemon girino, e lo tirai contro all'assalitore, urlando “Attacca Wooper, attacca!” come se mi stessi riferendo ad un cane. Il girino, non riuscendo a recapitare l'ordine al suo cervellino bacato, atterrò sul pavimento e, continuando a scivolare dritto, esclamò estasiato:

WOOOOOPAAAH!”.
Dal tono di voce pareva la fotocopia di Ivan Braginski mentre precipitava dall'aeroplano urlando solo la parola 'vodka'. Proprio non gli entrava in testa il pericolo che stava vivendo, vero?
La cosa positiva era che nemmeno la recluta se n'era accorta, e, puntualmente, aveva pestato la palla di muco urlante, scivolando e schiantando la faccia contro il pavimento.


Restai qualche secondo interdetta, non so se dal colpo di insolita fortuna o dall'idiozia del mio pokèmon. Al mugolio dell'uomo, scattai come una molla in avanti, afferrai la capopalestra per la mano e la costrinsi a correre, mentre con l'altra mano richiamai Wooper nella sfera pokè. Passammo la porta e ci ritrovammo in un labirinto di stanze-laboratorio.
Veloce, veloce, che non voglio ritrovarmi inseguita da potenziali assassini!” La implorai. Ma quella era un caso perso. Non volevo essere eccessivamente cattiva con lei, ma la situazione che stavo vivendo era decisamente troppo irritante: Kassandra stava inciampando sui suoi stessi piedi, dico!
Sperando che almeno questo le potesse restituire un po' di buon senso e coraggio, le ricordai, “Non vuoi aiutare tua sorella?”
Imitare le frasi da cinema aveva avuto l'effetto desiderato. La donna mutò immediatamente espressione e, carica di una determinazione che non avevo mai visto in lei fino a quel momento, partì a correre a piena velocità. Ora ero io quella ad essere trascinata.

La mia sorellina! Dev'essere al piano di sopra!” Kassandra saltò gli scalini a due a due, seminandomi quasi completamente. Non ero mai stata una persona molto rapida, se non a schivare le cose. La corsa non faceva per me. Fortunatamente i lunghi capelli della fanciulla mi aiutavano a non perderla di vista...


Nella mia lunga, interminabile corsa per starle dietro, mi sorpresi che non c'era nessuna mandria di criminali ad inseguirci. Non ci aveva trovato nessuno, nemmeno al suono di tutti i becker e le provette che spaccavo nella corsa, rovesciando sul banco, o addirittura per terra, il contenuto. Rabbrividii, notando con la coda nell'occhio che alcune pozzanghere di sostanza scioglievano pure il pavimento …
Hey, queste cose sembrano difficili da fare. Ci devono essere voluti molti ingredienti strani ... Commentò una vocina, con una punta di malizia.
Sì, difficili e pericolose! Andiamocene via, Maddy! Mi avvertì un'altra voce, più piccola e innocente dell'altra.
Perché correre dietro alla frignona? Lascia che finisca in mano ai nemici, e concentrati su quante ampolle fosforescenti ci sono in questo laboratorio. Sono artistiche e frutteranno un sacco di quattrini! La vocina maliziosa si era eccitata, costringendomi a interrompere la corsa e a contemplare seriamente ciò che stava dicendo. Sembrava piuttosto allettante ...
Ah no, signorinella. Segui la lady e non perderti per il palazzo. Prendere quelle cose è pericoloso. Kassandra ha bisogno di aiuto! I miei sensi di colpa avevano fermato la mia mano, che si stava pericolosamente avvicinando al ripiano pieno di provette etichettate.
Non darle ascolto, che sta facendo la sciupafeste.
E tu cerchi di ammazzarla!
No, IO cerco di farla diventare RICCA. C'è differenza.
Disse superiore la mia taccagneria. Inutile dire che era nettamente superiore al mio buon senso.
Maddy, non corromperti ancora! Tu sei qui per aiutare quella fanciulla, no? Fai del bene al prossimo, è questo ciò che conta! Il denaro non è fonte di felicità! Mi urlò isterico il senno.
Per un attimo ponderai la cosa. L'attimo dopo avevo già afferrato una boccetta verdognola, e me l'ero ficcata in tasca.

... tu non stai bene mentalmente.” Scossi la testa, mentre io e Taccagneria calpestavamo mentalmente il buon senso.


Il dialogo mentale era durato solo un minuto, ma ciò era stato sufficiente a farmi perdere le tracce di Kassandra. Tanto non mi preoccupava molto: nessuna recluta era in vista.
Sistemandomi il cappello – il mio adorato, nuovo cappello – feci uscire fuori dalla pokèball Rattata, il quale, dopo così tanto tempo passato in immobilità, si stiracchiò.

Rattata!” Trattenni a stento un sorriso. “Ecco, la mia fonte di salvezza, l'unico essere in grado di aiutarmi. Tu non mi abbandoneresti per nessun motivo. Siamo troppo legati l'uno all'altra. Combatteremo assieme questa battaglia, ci guarderemo le spalle, e allora, torneremo alla libertà.”, annunciai, mentre Rattata annusava l'aria. Mi ero commossa al mio discorso e, a quanto pareva, pure il topino tratteneva a stento le lacrime.
Mi avvicinai per abbracciarlo: il piccolo topo divenne dapprima pallido come uno spettro, poi assunse una colorazione verdastra sul viso. Non gli diedi peso.

Saremo sempre insieme, nel bene e nel male, vero?” Domandai, felice.
Ciò che non mi sarei mai aspettata era che il mio starter, prima ancora di toccarlo, era schizzato via a razzo, abbandonandomi come una pirla.

...TRADITORE!”


Quando ritrovai Rattata, dovetti trattenermi dallo sbattere la testa contro il muro: il topo, durante la corsa, aveva trovato Kassandra. E ora quella stava fuggendo piangente via dal ratto, traumatizzata. Richiamai il mio pokèmon e presi a correre verso la capominestra, chiamando il suo nome.
Solo dopo mezz'ora d'inseguimento, la lady si fermò di colpo. Ovviamente, la mia capacità di comprendonio non era abbastanza elevata da permettermi di fermarmi assieme a lei: mi schiantai sulla sua schiena, costringendola a cadere per terra assieme a me. Chi ci avesse visto in quel momento, avrebbe paragonato i nostri tentativi di rialzarci a quelli di una tartaruga capovolta sul guscio.

Ugh, tutto ok?” Che, tradotto nella mia mente, era “Ti prego, fa che non si metta a piangere, fa che non si metta a piangere, fa che non si metta--”
Sì, non ti preoccupare. Sei così gentile ...” Kassandra parve pronta allo scoppio emotivo.
Perchè ti sei fermata?” Chiesi, troncando la sua sensibilità. “Hai sentito qualcuno che si avvicinava?”
No, niente del genere.” La lady adocchiò la fine del corridoio. Vi era una piccola porta grigia, la cui parte superiore contornava una piccola finestrella mezza opaca, dalla quale era impossibile vederci attraverso. Kassandra continuò, deglutendo: “Lei … lei è lì dentro. Ha così tanta paura ...”
Non più di quanta ne ho io! Si lamentò la mia mente, mentre io mi limitai a mettermi a posto il cappello. Non volevo entrare nella porta – avevo già giocato abbastanza videogame da sapere che, all'interno della stanza, ci avrebbe aspettato non solo la “donzella in difficoltà”, ma anche un bel gruppo di nemici.

Dobbiamo andare ad aiutarla, non posso sopportare di rimanere qui un minuto di più!” Kassandra era pronta ad afferrare la maniglia, presa dalla sua impazienza, quando io la trattenni per un braccio. Poteva sembrare maleducato – era pur sempre una capominestra! - ma non volevo rischiare la pellaccia.
Aspetta! Come fai a dire che lei è lì?” Le bisbigliai velocemente, sperando di distrarla. Kassandra mi guardò confusa per un momento. Si mordicchiò il labbro, come indecisa se rivelarmi le sue conoscenze, o se fregarsene ed aprire la porta. Alla fine, optò per la prima opzione.


Alleno pokèmon psico per una ragione un po' particolare.” La lady sospirò, “Infatti, sono in grado di percepire le emozioni altrui. O almeno, delle persone più estroverse: è difficile rivelare i sentimenti di coloro che scelgono di estraniarsi. Potrei chiamarla ...” Schioccò le dita, cercando di farsi venire in mente il termine adatto, “...una sorta di empatia.”
Io stavo ancora cercando di comprendere ciò che aveva detto, quando lei, imbarazzata, balbettò, “M-ma non s-sono l'unica! C-ci sono altri c-che hanno capacità del genere!”

Altri...che hanno dei poteri?” Quello sì, che era interessante. Decisi di approfondire la questione. “Soltanto riguardo il tipo psico? Che so... non ci potrebbe essere una persona con capacità relative a pokèmon d'acqua, terra o spettro?” Misi particolare enfasi sull'ultimo tipo. Volevo saperne di più riguardo alla mia peculiarità, dato che non capita tutti i giorni di poter parlare con dei pokèmon potenzialmente morti.
Oh, certo che sì!” Cinguettò la ragazza, “Per esempio, mia sorella può ---”, spalancò gli occhi, “--mia sorella! Come ho potuto dimenticarmi di lei!”
La fanciulla mi afferrò per la mano e mi strattonò via dalla mia postazione, permettendomi solo di prendere le mie sfere poké e di urlarle “Ma se fuori? Lì dentro ci potrebbero essere ---”
Senza ascoltarmi, si precipitò ad aprire la porta, senza che potessi far nulla per fermarla.

---degli ... psicotici …?”


Davanti a noi, si apriva una grande stanza a forma di semicerchio. Nella parte curva, alla nostra sinistra, vi erano alcune finestre incrinate, che davano sulla foresta nella quale era fondato l'edificio. Oltre al verde degli alberi, si poteva osservare una buona vista sul paese, Gammon City. Nonostante le dimensioni del posto, la mobilia era scarna, logora e quasi inesistente: due divani dalla quale sbucavano delle molle si affacciavano verso il vetro, un lungo bancone per i drink disposto contro il muro rettilineo e qualche sgabello.
Qualche sgabello su cui sono sedute una quindicina di reclute visibilmente arrabbiate. Cos'è che manca nel quadretto?

Eh eh! Siete circondate!” Sogghignò un tizio in tutina blu, alzandosi molto lentamente, assieme agli altri.
Oh, giusto.


Hey tu, emh ...” Tentò Kassandra, guardandosi attorno preoccupata.
Mi chiamo Madaleyne Hellys. Altrimenti detta Maddepressa. O sfigata. Dipende dai punti di vista ...” Le dissi, premendo le mie pokèball. Da due raggi di luce, uno sul rosso e l'altro sul bianco, fuoriuscirono Wooper e Rattata, ripresosi dalla traumatica puzza di puzzolente puzzosa puzzola.
... Miss Hellys.” Disse d'un tratto, liberando anche lei il suo pokémon.
Non era niente di grande o mistico, come avevo creduto. Anzi, se potevo dirlo, rispecchiava un po' la capopalestra: un vestitino bianco ricopriva il corpo umanoide verde. Sulla testa aveva una specie di casco color foglia, da cui sbucavano due corna rosse, come i grandi occhi del pokèmon. Pareva una ballerina in tutù.
Kassandra non perse tempo: “Io mi occupo di mia sorella! Dividiamoci gli avversari!” Quindi, corse verso un ammasso di reclute. Il suo pokémon, imitando i suoi movimenti in perfetta sincronia, all'ordine “Fogliamagica!” fece comparire un enorme quantità di foglie fosforescenti. Sì, fosforescenti. Non chiedetemi come, ma sbrilluccicavano come le uniformi delle Mew Mew prima della trasformazione.
Dexi, il mio fido aiutante, mi disse che la ballerina dotata di clorofilla si chiamava Kirlia. Quindi, prima di potermi dire le sue caratteristiche, rilevò gli altri pokèmon che le reclute avevano tirato fuori dalle sfere, non senza un grido di battaglia. Questi avevano la forma di piccole capanne mangia-uomini, dagli occhietti blu assatanati.

Snorunt, il pokèmon Cappelneve. Secondo alcune leggende delle regioni fredde, uno Snorunt porta prosperità alla casa in cui vive.”

Prosperità! Questi stanno cercando di uccidermi, idiota!” Urlai al pokèdex, ficcandolo malamente nella borsa. La mia disdetta non era però compresa a pieno, a quanto pareva: una recluta piuttosto superba, mi indicò con rabbia.
Snorunt, la mocciosa ha parlato abbastanza. Usa morso!”
Di fianco a me, un altra capanna ambulante stava caricando verso il mio Rattata, in quello che avevo riconosciuto come l'attacco azione. O bottintesta. Chissene, sono quasi uguali!

Non c'è più rispetto per una persona in vena di suicidarsi?” Domandai, seccata. “Rattata, usa inseguimento! Wooper usa schiant--- no, lo Snor-coso non è un Onigiri bruciato!” Esclamai, sbattendomi una mano sulla faccia. Questa sarà una luuunga battaglia …


In effetti, eravamo riuscite a sconfiggere tutte le reclute solo dopo un'ora. Rattata aveva la coda ed i baffi mezzi congelati – una capannina gli aveva lanciato addosso della neve. Neve! - e Wooper … beh, lui aveva tentato di mangiare i mantelli di alcune capanne. Poi, dopo aver capito che no, non era commestibile, si era deciso a combattere decentemente. Ed ora, finalmente, potevamo andar---
Snorunt!” Una vocina striminzita esclamò dietro di me, cercando di mordermi. E ci sarebbe anche riuscito, se soltanto Wooper non gli avesse lanciato una palla di faccia, stendendolo definitivamente. Wow. Wooper mi ha salvata. Devo segnarmelo sul calendario!
D'accordo, bravi ragazzi!” Ringraziai i miei pokémon, facendogli pat pat sulla testa ed ignorando che, intorno a noi, era tutto un macello: non soltanto il pavimento si era allagato, ma i mobili erano ricoperti di fanghiglia semi liquida. Sì, Wooper non era un pokèmon molto pulito e ancora sì, Wooper non aveva molta mira.
Non notando altre reclute nelle vicinanze, ma solo gli Snor-affari per terra, KO, mi tranquillizzai.


Oi! Kassandra ~” Chiamai, non sapendo dove si trovasse.
Kirlia sbucò da dietro il divano e mi chiamò, tutta allegro, sventolandomi la manina davanti alla faccia. Intenerita, permisi a Rattata di salirmi sulla spalla e, mollando Wooper a gironzolare per la stanza, mi avvicinai.
Dall'altra parte del divano giaceva una ragazza più giovane di Kassandra, ma con aspetto simile. I capelli, per esempio, erano mossi e di un biondo tendente al rosa pesca. Aveva sulla faccia quelle fattezze giovanili – guanciotte rosa, lunghe ciglia … - che le irradiavano il volto. Indossava un unico vestito, bianco candido, troppo leggero per la stagione, sulla quale stava un coprispalle rosa. Di fianco a lei giaceva un ombrellino rosa pesca, contornato da merletti. Pareva una Biancaneve del Ventunesimo Secolo.
Kassandra aveva finalmente terminato di tagliare le funi che tenevano legata la sorella, e, dando un'ultima controllata, si rivolse a me. “Fortunatamente è solo svenuta.” Solo allora notò la condizione della stanza, e si lasciò sfuggire un singhiozzo intristito: “Oh, quale disastro! Tutti questi poveri Snorunt sul pavimento sporco ...”

Ah, sì. Gli Snorunt, certo ...” In qualche modo avevo il sospetto di sapere cosa stava per accadere. E non mi sarebbe molto piaciuto.
S-sono t.tutti doloranti e t-tristi e s-soli e..:!” Iniziò a lacrimare, inginocchiata di fianco alla sorella, mentre Kirlia, come avesse ricevuto alcune sensazioni dalla padrona, piangeva assieme a lei.
Mi misi a posto il cappello, non sapendo cosa fare.

Non è colpa tua … stanno male perché i loro allenatori sono senza spina dorsale e li usano per scopi illeciti.” Le sussurrai. “Ora dobbiamo occuparci delle nostre priorità.” Adocchiai sua sorella, che necessitava di essere trasporta in una zona non pericolosa.
Non saprei ...” Kassandra si asciugò le lacrime con lo stesso fazzoletto di stoffa rosata. Kirlia, come lei, era visibilmente più calma di prima.
E poi,” continuai “puoi sempre tornare dopo ad occuparti di loro.”
Kassandra rimase a contemplare la mia proposta. Continuava a fissare la porta, con quella che pareva essere dispiacere, titubanza e impazienza. Molta impazienza. La ragazza pareva, ora che osservavo meglio il modo in cui alternava lo sguardo fra me e la porta, in attesa di qualcosa. Notando il mio sguardo confuso, la capominestra mi sorrise dolcemente.

Sì, hai ragione. Grazie Miss Hellys!” Poi si rivolse a Kirlia, “Un aiutino, Clarence?”
Il piccolo pokèmon ballerina – che ora avevo scoperto essere un maschio, nonostante l'aspetto potesse dare qualche dubbio – annuì, felice di poter aiutare. I suoi occhi s'illuminarono di una luce azzurrina, come i cyborg dei film. Feci qualche passo indietro, abbastanza da potermi ritenere fuori pericolo. Nel frattempo, una luce azzurrina, molto difficile da notare se non si prestava attenzione, aveva circondato il corpo della ragazza svenuta, che, come di vita propria, si sollevò di colpo.
Mentre io dovevo ancora riprendermi dallo shock (“M-ma quella vola... perchè sta volando? E' contro le leggi della fisica!”), Kassandra si rialzò in piedi, dotata di una nuova e ritrovata calma.

Ora, Miss Hellys, credo che sarebbe opportuno andarcene da questo luogo macabro.”


Non credo proprio, mie care ragazze.”
A quella voce mi si gelò il sangue nelle vene. Mi voltai lentamente, mentre Kassandra si mise protettiva davanti alla sorella fluttuante.

Credevi davvero di potermi tirare un calcio a tradimento e di scamparla liscia?” La recluta appena entrata, quella a cui avevo riservato un calcio nei gioiellini, si tolse velocemente la tuta – una calzamaglia con passamontagna, interamente blu – per poi rivelare la sua vera uniforme. Indossava dei pantaloni con chiazze mimetiche con le tonalità azzurre e una canottiera bianca. Toltosi il passamontagna, si passò una mano fra i biondi capelli, che terminavano con dei riccioli delicati. Quindi, prese dalla tasca dei pantaloni uno specchietto portatile, lo aprì, e si controllò il viso.
Ah, sciocca fanciulla...” Sospirò stancamente, mentre con soddisfazione riponeva lo specchio. “Con il tuo tentativo di rovinare il mio splendido aspetto, hai segnato la tua fine.” Si stampò sulla faccia un sorrisetto ammaliante, sussurrando “Mai combattere la perfezione.” Socchiuse gli occhi grigi, concentrato sulla mia figura, schioccando le dita con fare misterioso.
In una normale situazione mi sarei ritrovata a ridere in faccia al tizio che mi stava minacciando e a scappare come un fulmine. Ma quello, quel tipo, aveva un non so che di … beh, attraente, che aveva trasformato le mie gambe in un molle budino. Accidenti a me ed ai miei ormoni adolescenziali! Non soltanto si esalta – con una voce ammaliante come poche - e si muove come un dio in terra, ma devo anche dargli ragione!
Sarei rimasta volentieri a fissare il suo aspetto come una fangirl della peggior specie, se dietro di lui non fosse apparso un pokèmon bianco come la neve, vestito di un kimono con tanto di fioccone rosso. Ed uno sguardo arrabbiato. Molto arrabbiato.


In un attimo, la temperatura della stanza scese precipitosamente. Riuscivo persino a vedere il vapore che usciva ad ogni mio respiro! E, da come Kassandra stava tremando, simile ad una foglia, dovevo dedurre che non era solo una mia impressione.
D'accordo, Madeleyne. Vuoi continuare a sbavare sopra il tipo? Allora scattagli una foto! Annuì velocemente alla mia genialità. Poi, sotto la sorpresa di tutti, mi tirai un grande ed enorme schiaffo sulla guancia. Non posso credere di essermi ridotta in questo stato …

S-senti, p-perché non c-ci dimentichiamo l'accaduto?” Presi a scaldarmi furiosamente gli arti superiori, abbracciandomi e facendo passare le mani sopra alle braccia. “N-non hai v-visto i t-tuoi a-a-a---” Inutile, non riuscivo a smettere di battere i denti. Stupida me, che non si è comprata un giubbotto!
Perfetto, ora, oltre a dover morire d'ipotermia, mi sto rendendo ridicola davanti al nemico ed alla capopalestra! Cos'altro può andare storto?


Intendi dire la plebaglia che è appena scappata? No, non mi relaziono con la feccia.” Disse in modo arrogante. Quindi, ammiccò nella nostra generale direzione. “Vi rivelerò, nel caso non sappiate l'importanza del ruolo che investo nell'organizzazione, con chi state parlando.”
S'inchinò molto regalmente, mentre con l'angelica faccia ci sorrise stuzzicante. E, se devo dirla tutta, riuscivo a combattere il congelamento facciale solo per l'affluire del sangue alla testa dovuto alla sua estrema attraenza. Ormai sono un caso perso …

Vi grazio di farvi conoscere il vice capo del Team Blyzzard, Frederick Wolff.”
Sospirò, come se la sua bellezza fosse una maledizione per lui. “Peccato solo che devo sbarazzarmi di due belle delizie come voi due.” Il suo sguardo si fece duro, mentre le sue labbra si mossero per ordinare “Lexie, vai con Ventogelato.”
Il pokèmon aveva smesso di fluttuare in aria per andare a controllare le condizioni delle piccole capanne KO. E non erano in buona salute. La sua espressione addolorata e vicina al pianto si era tramutata, dopo il comando, in quella di una bestia furibonda.

Lass! FROSLASS!” Urlò, mentre con una bracciata aveva emanato una raffica di vento glaciale. Se la stanza prima era fredda, beh, ora la temperatura era di certo sotto i -10 gradi. Kassandra, dietro di me, cercava di riscaldare il corpo della sorella, mentre Kirlia la teneva sollevata. Entrambe erano troppo impegnate per aiutare …
Fra tutti i capipalestra che potevano capitarmi, proprio questa mi è toccata?


Vedendo che il kimono vivente si stava pericolosamente avvicinando, e con lei la sua rabbia furiosa e il vento glaciale, esclamai: “W-wooper, Pantanob-- oh, cacchio! Wooper!”
Ciò che non avevo visto, però, era che il mio pokèmon mucoso si era trasformato in un ghiacciolo. Letteralmente. Una sottile lastra di ghiaccio aveva ricoperto il suo corpo umido, rendendolo una perfetta statua senza vita. In preda al panico, cambiai pokemon.

R-rattata,” Nel modo in cui stava battendo i dentoni, si vedeva che non sopportava la temperatura. “I-inseguimento!”
Il topo saltò giù dalla mia spalla e prese a correre a gran velocità, con il corpo che si ricopriva di energia oscura ad ogni passo. Quando arrivò davanti al nemico, fece un enorme balzo e si schiantò sul nemico, facendolo arretrare malamente.
“WOO-HOO, R-Rattata!” Esclamai, rabbrividendo per la temperatura. Smisi di esultare quando vidi un piccolo sogghigno sulle labbra di Frederick – come potermi dimenticare il suo nome? - e, di conseguenza, il mio topo cadere a terra, con il corpo che si stava lentamente coprendo di ghiaccio. Puntai Dexi verso il coso volante, incredula:

Froslass, il pokèmon Suolnevoso. Congela i nemici con un alito glaciale a -50 °C. Il suo corpo è vuoto”

Il mondo deve avercela con me, non c'è altra spiegazione.
Imprecando più per preoccupazione che per rabbia, feci ritornare Rattata dentro la pokèball. Con Wooper, però, non fu possibile, dato che il ghiaccio, troppo spesso, non faceva che riflettere il raggio della sfera.
Kassandra, vedendo l'incubo che stavo vivendo, si decise a liberare un altro pokèmon.

Oh? È-è c-congelata!” Esclamò, impallidendo.
Mi rivolsi quindi al ragazzo che mi stava di fronte, che si guardava le unghie, fischiettando. “N-non puoi f-farlo!” Sbuffai.
Quello mi sorrise piacevolmente, per niente toccato dal clima polare del posto. “Aw, che carina! ♥” Ridacchiò “E perchè non potrei?” Io ero interdetta: come diamine faceva a non morire d'ipotermia, vestito solo con la canotta!?
Gonfiai le guance, distogliendo lo sguardo. “P-perchè non è g-giusto!” Mi lagnai come una marmocchia di tre anni. In effetti, mi sarei potuta inventare una giustificazione più intelligente, ma con i miei neuroni congelati non ero al massimo delle prestazioni.


Analizzai la situazione: c'era un gran pezzo di figo davanti a me, che stavo segretamente riprendendo con Dexi. C'era una capopalestra che, piuttosto inutilmente, non poteva far altro che guardare il suo pokemon – che era appena stato colpito da Polvoneve - cercare di tenere calda, attraverso poteri a me sconosciuti, la sorella. C'era un pokèmon che, in preda alla furia materna di chi vede i propri cuccioli feriti, aveva deciso di darsi al pazzo congelamento e di avvicinarsi pericolosamente a me. Oh, e senza dimenticare Wooper, il quale, se non lo andavo a recuperare, avrebbe sicuramente fatto una brutta fine.
Froos--” Il kimono avvicinò le braccia al petto, pronto a rilasciare il suo attacco.
Io, d'altro canto, scattai di lato e, raggirando il pokèmon, afferrai la statua di Wooper. Superfluo dire che con quel cubetto di ghiaccio stretto al mio petto, la mia temperatura corporea stava scendendo molto più rapidamente di prima. Il kimono mi lanciò una folata di vento con tanto di ghiaccioli appuntiti, che schivai a malapena saltando di lato.
Corsi fino alla porta e abbassai la maniglia:

V-vi r-ricorderete di questo g-giorno c-come il giorno in c-cui avete quasi c-catturat--!” Sbattei la faccia contro la porta. Stranamente, non si era aperta al mio comando. Guardandola meglio, potevo notare che la serratura era stata incidentalmente ghiacciata.
M-ma allora lo f-fai a-apposta!” Mi sentivo patetica. Patetica ed in trappola. Il pokèmon ghiacciato mi costrinse a girare a vuoto per la stanza, evitando uno dopo l'altro i suoi attacchi. Meno male che è lento come lumaca! Se continua finirà presto le energie...
Mi ricredetti dopo pochi attimi, quando il pokèmon sganciò una potentissima raffica di neve nella mia direzione. Io mi abbassai di scatto e sgattaiolai via come un felino. Rimaneva un'unica cosa da fare.

Hey, K-Kassandra!” La capopalestra aveva ritirato Kirlia, troppo congelato, e stava procedendo a riscaldare sia la sorella che le pokèball, invano. “P-propongo di b-buttarci dalla f-f-finestra!” Allora feci una risatina, che era un misto fra pazzia e pianto.
Kassandra, per tutta risposta, cercò di spaccare la finestra lanciandoci contro uno sgabello: non apparve nemmeno un graffietto. Era ovvio che anche quella era stata congelata.


C'è q-qualcosa c-che n-non hai ricoperto di g-ghiaccio!?” Chiesi a Frederick. Il fusto distolse la sua attenzione dal suo ciuffo ribelle, e mi rivolse un'occhiata magnetica, assumendo una posa da modello. È superfluo descrivere il modo in cui, troppo distratta dalla bellezza del vice capo, inciampai su uno Snorunt e mi rovesciai sul pavimento. Ci sono di nuovo cascata! Idiota, idiota, idiota ---
Smisi d'insultarmi alla sua risposta implicatoria.

Beh, mia cara … manchi tu.
Fu come se qualcuno avesse cambiato la lampadina dei miei neuroni.
Ero appena caduta nel suo banale, prevedibile, e stranamente riuscito disegno. Ma cos'altro aspettarsi da una come me? Cercai freneticamente di alzarmi, ma il pokèmon avversario aveva appena sventolato gli arti, liberando un'enorme quantità di neve nella mia direzione.

Ci misi un secondo di troppo a rialzarmi: un secondo nella quale il mio piede era stato irreversibilmente intaccato dal freddo polare e stava diventando paurosamente blu.

Normalmente, un piccolo piede congelato non avrebbe costituito un grande dilemma. Anche perché non riuscivo a sentire niente, se capite cosa intendo.
Ciò che realmente costituiva un problema era che il ghiaccio stava risalendo l'intera gamba.







~ Author's corner

Hola, amigos! *Si chiede se si scrive davvero così*

Avevo programmato questo capitolo come il capitolo che avrebbe chiuso l'avventura nel palazzo del team Blyzzard, ma … sapete quando si inizia un capitolo senza idee su come arrivare a riempire un tot di pagine, e poi ci si ritrova alla fine che dobbiamo contenerci sennò diventa troppo lungo? Ecco. Quindi, mi sa che l'ultimo spezzone lo farò in un capitolo a parte, sigh …
Ho notato solo ora che tutti i nuovi personaggi sono biondi, anche se di tonalità diverse v.v

Kassandra è la tipica persona influente, con una potenza che potrebbe fare molte cose. Solo che, con il carattere che si ritrova, non riesce ad usarla. Sigh, direi che nessuno è perfetto.
La sorella, il cui nome presto verrà rivelato, è un pelino più giovane di lei. Entrambe sono vestite come delle lady inglesi, eleganti e delicate e sensibili … forse troppo. E, ugh, rosa. Ma i gusti son gusti …
Ed ora si passa a Frederick: diciamo che, all'inizio non esisteva. Poi mia sorella mi ha rotto le scatole continuando a ripetere <> e per farla star zitta, l'ho accontentata. E direi di essere anche piuttosto soddisfatta =D.
E a voi, vi hanno suscitato qualcosa questi personaggi? Oppure li trovati troppo 'piatti'?

Cosa accadrà a Maddy, nel prossimo capitolo ♪? Lo saprete solo leggendo!
(Sì, poveretta, si è appena ripresa dall'essere mangiata da fantasmi e corvi, ed ora la rendi un ghiacciolo gigante -.-” nd. Tatoo/coscienza) (Lo so, sono geniale ♥ nd. Me) (… -.- nd.Tatoo)

Grazie e alla prossima ~
GloGlo_96

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Capitolo 27
*** Fuga dal freezer ***


Pkm 3.0

Fuga dal freezer


D'accordo, mantieni la calma! C'è già una persona ipersensibile qui, e basta per entrambe!
Urlò la mia indole cauta e ragionevole, ma inutilmente: la mia maschera di contegno si stava sgretolando per il panico crescente. Non solo riuscivo a percepire lo spaventoso cambiamento di temperatura del mio piede, ma ora aveva anche perso la possibilità di muoversi!
Deglutii sonoramente, imponendomi di inspirare enormi boccate d’aria (gelida) per calmare lo spirito.

Con la coda nell’occhio, vidi Frederick ordinare al suo meschino Pokémon di attaccare Kassandra. Fortunatamente, la lady lo aveva preceduto, facendo uscire di nuovo il Kirlia – che aveva bloccato in tempo il congelamento – e gridandogli di fare una piccola, ma resistente, barriera attorno a loro. E la neve si era schiantata sulla loro protezione, per poi scivolare, innocua, verso il pavimento, lasciando sorpresi sia il Froslass che il suo allenatore. Kassandra, al contrario, ghignò, divertita.
Kassandra è riuscita a difendersi? Ma allora non è del tutto in—
Sentii un acuto dolore all’arto congelato, che mi costrinse a stringere i denti per non gridare. Mi ricordai che, anche se la capopalestra era riuscita a difendersi, io non ero nelle sue stesse condizioni.
Forse, riscaldando il piede, un po’ di ghiaccio si potrebbe sciogliere…
Annuii lentamente al piano formulato, cercando di ricavarne una qualche sicurezza: valeva la pena tentare.
Prima di poter ispezionare i danni, però, dovevo rimuovere la neve ghiacciata che mi aveva ricoperto la gamba. Che sia maledetto quel Froslass!


M-miss Hellys! Tenga duro!” La donna mi gridò, all’interno della sua bolla. “Stiamo arrivando!” Prima che potesse spostarsi, però, il kimono vivente sbucò dall’alto, lanciando un urlo distorto. La sua orribile espressione – che secondo le mie ipotesi era dovuta alla mossa ‘sgomento’ – fece indietreggiare di scatto la capopalestra, che si accucciò, ponendosi le mani sulla testa.
Per combattere lo spavento che anche io mi ero presa, strinsi debolmente i pugni e distolsi lo sguardo. Quindi lo riportai, agitata, sulla mia mano.
Cavolo, non riesco nemmeno a stringere decentemente un pugno… se continua così, il freddo…!
Osservai la situazione. Frederick, notando che oramai i suoi nemici erano stati ben tartassati, chi fisicamente, chi psicologicamente, aveva preso ad ammirare il proprio fisico, mentre Froslass, a corto di ordini dall’allenatore, abbandonò a malincuore l’attacco per potersi dedicare al compianto dei propri parenti.

Quella era la nostra occasione. Usando le mani per togliermi la neve dal piede, mi rivolsi alla mia compagna di sventura.
K-Kassandra!” Mi schiaffeggiai la faccia per fermare il battere – non sapevo se per la fifa o il freddo - dei miei denti. “Sei una capominestra, no?” Le chiesi, mascherando con rabbia l'inquietudine che stavo vivendo. “Fai qualcosa, insomma! Usa un coso… come si chiama … un antifreezer! Antigelato! Uno scongelatore, in breve!”
M-ma n-non ho un antigelo con m-me …!”
Ok, questo è davvero il colmo!
Mi trattenni dallo sbattermi una mano sulla fronte, limitandomi a insultarla mentalmente.
Prima o poi scoprirò chi ti ha permesso di diventare il capo della palestra … e quando lo scoprirò …!
Passai a minacciare silenziosamente i decerebrati responsabili.

Kassandra, che in un primo momento non aveva fatto altro che scaldare la sorella, vedendo che i suoi sforzi erano vani, l'aveva deposta sul divano. Asciugandosi le ultime lacrime, cercò nella borsa il suo solito fazzolettino merlettato. Non appena lo trovò, si soffiò il naso e guardò con tristezza la sua borsetta firmata. Quindi mise su un'espressione realizzata, di chi ha capito cosa fare: si rimise a cercare nella borsa, stavolta tirandone fuori un cellulare bianco panna. Di ultima generazione. Naturalmente costosissimo.
Mi vennero i crampi allo stomaco, sapendo che il mio istinto da cleptomane sarebbe rimasto insoddisfatto.
Se solo non fossi bloccata qui per terra …
Angosciata per l'opportunità perduta, fui costretta a reprimere i miei sensi affaristici per focalizzarmi nuovamente sulla scena che mi stava davanti.
Allora mi ricordai dell'idiozia di Kassandra e presi a sbattere la testa contro il divano. Come poteva essersi dimenticata di aver sempre avuto con sé uno strumento così importante per la nostra fuga?! La diretta interessata si voltò verso di me, indicando la divinit—Frederick con l’indice. Capendo il suo piano, le diedi l'OK con due pollici rivolti verso l'alto.

Cercai con lo sguardo il nostro nemico comune e lo trovai che si stava pettinando i capelli dorati con una serenità spaventosa. I suoi occhi, adocchiando la sua immagine riflessa sul pavimento ghiacciato – per colpa degli attacchi ripetuti di Lexie – s'accesero di gioia, come se avesse visto un miracolo discendere in terra. Prima di parlargli, mi asciugai con la manica il rigolo di saliva che era 'inspiegabilmente' comparso sul mio mento.
Hey F-Frederick!” L'altro mi guardò, fra l'irritato e il confuso. “C-com'è c-che non s-sei già c-crepato?” Per fargli capire quel che intendevo, smisi di sbarazzarmi della neve sulla mia gamba e mi strofinai le spalle.
Mmm?” Mi squadrò, sospettoso. Poi scrollò le spalle. “Beh, essendo il vice capo del Team Blyzzard, specializzato in tipo ghiaccio, sarebbe imbarazzante se non fossi in grado di resistere a certi livelli di temperatura.”
Ripensai al Team che popolava quel palazzo. Ora che me l’aveva fatto notare, erano estremamente diversi dal Team Pyro, con le loro tutine blu e i pokemon a capanna...
Mi chiedo come abbia fatto a confondermi, prima di entrare nell'edificio. Era ovvio che i Pyro non centravano niente, stavolta.
Però …,
riflettei, Però, Hiro aveva detto che era uno dei tre capi dell'organizzazione. Questo vorrebbe dire che ci sono tre team, in tutto. O forse sono solo due, ma che fusi assieme ne formano un altro? Argh! Troppe possibilità! Non resta che provare …
A-ahaha!” Feci una risatina nervosa. “Hiro e l-la sua s-squadra non v-valgono n-niente in confronto a v-voi...” Bluffai con nonchalance. Con la coda nell'occhio vidi il narcisista sorridere soddisfatto, prima di rabbuiarsi.
Quell'idiota di un clown...”
Clown? “Se l'hai incontrato, vuol dire che sei stata tu a salvare il vecchio delle pokèpietre!” Mi indicò, ispezionando da cima a fondo il mio stato pietoso.

Mentre lui rifletteva, io lanciai un'occhiata supplicante a Kassandra. La fanciulla, però, era ancora al punto dove l'avevo lasciata. Anzi, a giudicare dal cellulare rotto in mille pezzettini ai piedi della finestra, potevo essere sicura che la nostra situazione era passata da 'patetica' a 'senza speranza'. Gesticolando, le chiesi perchè diamine avesse voluto rompere la nostra unica fonte di speranza …
e denaro. Tutti quei soldi … svaniti! Evaporati! Buff! Tutto per quella cr---
S-senza s-segnale ...” Sussurrò lei, scocciata. Il suo tono di voce interruppe le mie lamentele, lasciando spazio alla sorpresa.
Wow, una Kassandra scocciata. Che miracolo è mai questo?

B-beh, a-allora usa il mi---” Mi fermai, ricordandomi che non avevo nessun numero salvato in memoria.

Prima che potessi deprimermi ulteriormente per il mio status sociale,il ragazzo dalla bellezza divina terminò la sua riflessione e mise su un sorriso sincero…
Sono felice che tu riconosca la grandezza del team Blyz--” … che cambiò subito in un'espressione preoccupata, quando vide la mia faccia, imbambolata e completamente rossa. Si avvicinò quanto bastava per sventolarmi una mano davanti alla faccia, ma ero tanto incantata da non poter focalizzare bene i suoi tentativi di riportarmi alla realtà.
Umfh.... il ghiaccio deve aver fatto effetto.” Sospirò, un po' dispiaciuto “Forse non avrei dovuto attaccarla subito. Sembrava divertente ...” Si incamminò verso il suo pokemon, che era impegnato a commiserare i suoi discendenti svenuti.
Però, gli ordini non si possono discutere … ” Terminò con un sorrisetto amaro, quasi non credesse nemmeno lui alle sue stesse parole. Cosa alquanto strana, per un tipo dei 'cattivi'. Sorvolai sulla faccenda e mi rivolsi a Kassandra.


Questa aveva assunto una faccia determinata. Pareva sapesse cosa fare.
R-resista, Miss Hellys, c-cerco di c-chiamare aiuto!” Dopo averlo balbettato, si mise in ginocchio, congiunse le mani a mo' di preghiera e chiuse gli occhi, corrugando le sopracciglia.
Sembra la fotocopia di Lucia dei Promessi Sposi...
A coronare l'immagine ci pensò un tenue fascio di luce, spuntato da non si sapeva dove, che le avvolse il capo come una grande aureola. Che fosse opera del suo potere psichico?
Ma non avevo tempo di studiare i suoi fenomeni paranormali. Distolsi la mia attenzione dalla lady, per concentrarmi meglio sul mio arto paralizzato. Finalmente tolta la neve che il kimono volante mi aveva sparato addosso, sfilai la scarpa ed il calzino, rivelando il piede ferito sotto un sottile strato di ghiaccio.
L'immagine che mi si parò davanti mi parve così surreale, che dovetti sfregarmi gli occhi più volte per assicurarmi della sua concretezza: la pelle aveva assunto un colorito pallido, spettrale, che diventava azzurrino nelle zone vicine alle dita, che invece erano già bluastre. Queste erano le più preoccupanti, in quanto oltre al colore innaturale, presentavano in zone sparse dei rigonfiamenti più o meno grandi, simili a delle vesciche.
Deglutii e strizzai gli occhi, imponendomi di non distogliere lo sguardo da quello che era diventato il piede colpito. Riluttante, iniziai a sfregare le mani sopra al ghiaccio, sperando di poterne squagliare un po'.

Vedendo il mio tentativo patetico, Frederick – che stavo ancora riprendendo, a sua insaputa – smise di rincuorare il kimono (che pareva soffrire di disturbi di personalità) e mi guardò con un'aria interrogativa. Sembrava seriamente curioso di sapere cosa stavo cercando di fare. Abbandonando la sua espressione superiore ed assumendone una da ragazzo normale, mi rivolse parola.
Guarda, emh … E' inutile che tenti di scioglierlo … il ghiaccio dei pokèmon, specialmente quelli potenti, è più resistente di quello in natura...”
O-oh, g-grazie, questo m-mi fa sentire m-molto meglio!” Terminai la sentenza sarcastica facendogli la linguaccia. Staccai le mani dallo strato ghiacciato del mio piede, e m'infilai nuovamente il calzino, sperando di poter rallentare il congelamento. Prima che Frederick mi distraesse nuovamente, notai a malincuore che il ghiaccio si era propagato fino a metà del polpaccio.
Il belloccio si era messo una mano sotto il mento, contemplando la sua opera. A un certo punto battè il pugno sopra la mano spalancata, folgorato da un'idea geniale. “Magari potrei esporvi nella mia sala trofei! Sì, siete abbastanza carine.” Decise, annuendo alla sua iniziativa, notando con piacere che l'espressione della mia faccia si alternava fra rossore e disprezzo.
Datti una calmata, Maddy!
Mi urlai, sbalordita dalla mia reazione da fangirl impazzita. M'imposi del contegno, ma in cuor mio sapevo che era futile: oltre a non essere abituata ai complimenti, il mio cervellino, da piccolo com'era, sembrava essersi congelato con il resto del corpo. Iniziavo a sentire la spossatezza delle mie membra e le mie energie prosciugarsi.
Lexie ~” Battendo le mani richiamò l'attenzione del pokèmon. Allora, il suo volto ritornò rigido e freddo, facendo scomparire ogni traccia di allegria. “Prima di passare alla madama illuminata da una luce misteriosa come un albero di Natale, finisci questa fanciulla.”

C-che?! P-perché t-tanta fretta? D-devo ancora a-aggiornare il t-testamen--” Mi morsicai la lingua e dovetti coprirmi la bocca con la mano per evitare di sputacchiare in giro. “U-uffidete p-plima l'albeo 'i N-natae!” Mi lamentai, indicando la lady estraniata dal mondo.
Frederick scrollò le spalle, vagamente dispiaciuto “La regola è ‘attacca prima chi potrebbe causare un problema’.” Quindi sibilò il reale motivo della sua scelta, con un sorrisetto irritato “E prima o poi quella barriera si dissolverà …”

Mentre Frederick era distratto, mi alzai di scatto ignorando il lamento di dolore proveniente dal mio arto e appoggiandomi con tutto il peso sul divano dietro di me. Intontita e goffa, tentai di muovermi, di saltellare da un lato, di ripararmi dietro al mobile: di spostarmi da quel punto, insomma. Ma fu tutto inutile: riuscii persino a perdere l'equilibrio ed a cadere miseramente sulla faccia!
Allora compresi il mio errore.
Per tutto il tempo che ero rimasta a contemplare Frederick o a scaldare il piede, non avevo mai tenuto in alta considerazione l'effetto che la bassa temperatura aveva avuto sul resto del mio corpo. I miei riflessi erano diventati quelli di un bradipo e il resto dei miei sensi era un turbinio confuso. In altre parole, avrebbe avuto più possibilità di scappare un bèbè con gli arti amputati. Lui, almeno, sarebbe stato in grado di rotolare vi--.
Mi fermai, meditando per qualche secondo su quello che avevo appena pensato, e rabbrividii alla mia perversione mentale. O
ra ne sono sicura, il congelamento deve avere seriamente intaccato qualcosa all'interno della mia scatola cranica…

Kassandra pareva più concentrata che mai, niente poteva dissuaderla dalla preghiera. Se mai fossi rinata come fantasma, gliel'avrei fatta pagare cara.
Frederick, invece, aveva un'espressione apatica sul viso. Non era presente nemmeno la sua solita aria narcisista: sembrava perso nei suoi pensieri. Il pokèmon, Lexie, al vedere il mio capitombolo, fece risuonare per la stanza una risata vuota, da incubo, che mi fece mancare il respiro. Impaurita, riuscii a gattonare – su tre arti - per quattro metri, prima di scivolare su una parte di pavimento ghiacciato e ritornare esattamente nella stessa posizione iniziale, solo più dolorante. Avrei sicuramente riso, se non fossi stata io quella in pericolo.
Il Froslass pareva finalmente pronto. Con un'aura malvagia emanata dal suo corpo, prese a ridere come le vecchie streghe dei film, solo in modo molto, molto più tetro. Sembravano urla di dolore e pazzia: non avevo mai sentito un suono più raccapricciante e pauroso. Con quella risata, l'ultimo mio briciolo di speranza si dissolse, rimpiazzato dal puro terrore.
E allora il pokemon prese a roteare vorticosamente su se stesso, illuminandosi con una luce più forte via via che la velocità aumentava. Attorno a lui si formarono decine di schegge di ghiaccio che guardavo nel panico, chiedendomi se davvero aveva intenzione di infilzarmi con quelle. Raggiunto il culmine della potenza, il kimono si fermò bruscamente rivolto verso la mia direzione e le schegge schizzarono contro il mio corpo inerme. Di riflesso, impotente, serrai gli occhi e mi raggomitolai su me stessa, riparando la testa con le braccia, aspettando il dolore lancinante della perforazione delle mie membra.

Sentì il rumore di qualcosa venire tagliato. Socchiusi un occhio e notai con sorpresa che i proiettili di ghiaccio erano stati divisi a metà ed erano caduti tutti, dal primo all’ultimo, sul pavimento. Mi misi a sedere, con l’intenzione di ringraziare di cuore il mio salvatore. Osservai davanti a me: due occhi grandi di colore rosso sangue mi stavano adocchiando con fare accigliato e divertito. Due occhi rossi che, per quanto mi avessero appena aiutato, non potevo fare a meno di ricordare con orrore.

“…FREDERICK!”

Il diretto interessato, scocciato per l’esito che aveva avuto il suo attacco, mi prestò ascolto. Al vedere il pallore della mia faccia – non dovuto al freddo, stavolta – e la mia espressione febbrile, divenne nervoso e impensierito.
T-ti prego, ammazzami s-subito! Subito, p-prima che debba s-sopportare a-ancora una v-volta questo essere m-mostruoso! Risparmiami q-questo t-tormento e sopprimimi!” Ciò che lo fece preoccupare, era il fatto che le mie intenzioni erano delle più serie.

La causa della mia angoscia prese a ridacchiare, dapprima più piano, poi sempre più forte. Provava gusto alla mia sofferenza.
Mur! Murkrow! Crooow!”
P-perché mi perseguiti!” Urlai disperata, recuperando il Wooper-ghiacciolo e tirandoglielo in testa. L’uccellaccio venne colpito in pieno e si spalmò sul pavimento, massaggiandosi con fare arrabbiato la parte dolorante.
Froslass era infuriato con il Murkrow ed attendeva ordini dall’allenatore. Il vicecapo del team Blyzzard, invece, aveva assunto un’espressione fredda e rifletteva silenziosamente su tematiche che non riuscivo ad individuare, dato che ero troppo concentrata sul pennuto.
Questo si rialzò traballante e si avvicinò pericolosamente a me, con il becco che diventava sempre più luminoso ed appuntito. Io arretrai fino a quando non fui con la schiena contro la finestra. Il Murkrow fu davanti a me in un lampo, deciso a conficcarmi il becco in faccia,
Ma si fermò, seccato, quando sopraggiunse un’altra voce.

Sai, devo dire di essere in disaccordo con te.”
Frederick si voltò con un gesto fulmineo verso la porta. Al vederne la serratura sciolta, assunse una smorfia adirata e guardò sprezzante il colpevole, appoggiato sullo stipite della porta con la spalla.

Lei”, fece una pausa per studiare lo stato in cui ero, volto illeggibile, “non causa problemi. Lei
è il problema.”
Mi si inumidirono gli occhi. Non so se per il sollievo di non avere un buco in mezzo alla fronte, o per la malinconia di aver trovato qualcuno mi considerasse esattamente come mi consideravo io: uno sbaglio ambulante.

Mi fu posata una mano sulla spalla. Sopra di me, si ergeva una Kassandra che sorrideva dolcemente. “Ho t-trovato l’aiuto.” Quindi notai che, di fianco a lei, Clarence si sorreggeva sulle sue ginocchia, riprendendo fiato. E la barriera che aveva permesso a Kassandra di usufruire delle sue capacità, si era appena dissolta.
In altre parole, era grazie a lei che ci avevano trovato. E dire che era sembrata patetica per tutto il tempo …

K-Kassandra …” Iniziai io, non trovando le parole adatte ad esprimere il mio imbarazzo.
N-non è un p-problema, Miss Hellys.” Poi, lanciò un’occhiata alla porta aperta. “D-Dobbiamo uscire di q-qui, in f-fretta. Questo s-se lei r-riesce a m-muoversi, certo …”
Senza rifletterci troppo, le feci il Pollice – denominazione affibbiata al segno OK che facevo con il dito – e le feci cenno di aspettare finché non mi fossi rialzata.

“…” Frederick, intanto, stava combattendo una battaglia oculare con il nuovo arrivato. Gelidi occhi grigi contro sprezzanti occhi neri.
Poi, il vicecapo domandò con voce carica di rabbia inespressa: “Come hai fatto a sapere in che stanza cercare?”

Chiedilo alla donna là in fondo.” Si limitò l’interrogato.
Beh …” Frederick fece scrocchiare il collo, muovendosi in modo tanto ammaliante che terrificante. “… Una vittima in più non fa differenza.”Non l’avevo mai visto così gelido e distaccato. Per la prima volta riuscii a considerarlo come il vicecapo del team Blyzzard: una macchina spietata. Inconsciamente mi abbracciai le spalle.
Vorrei vederti provare.” Sfidò l’altro.
“… Lexie, Ventogelato.”
Il pokémon spalancò le braccia e una tempesta di neve si scagliò sul nemico.

Ombra Notturna, Yoru.”
Yoru? Chi diamine –
Il Murkrow pestifero mi lanciò un’ultima occhiata, prima di prendere il volo e falciare l’aria con le ali. Dal movimento fuoriuscirono due tagli violacei, che si scontrarono contro l’attacco del kimono e lo fermarono con una piccola esplosione.
Non ci posso credere. Non ci
voglio credere! Daisuke, come hai osata catturare quel … quel …!
Inseguimento…” Il mostro si librò in aria e, con le ali circondate da un alone di energia oscura, si schiantò contro l’obiettivo, sbattendo il Froslass contro il muro. “… e beccata”.
Riuscì solo a colpirlo due volte, prima che Frederick ordinasse: “Funestovento.” Murkrow fu colpito da delle onde viola provenienti dalle corna del kimono e si allontanò di qualche metro.
Erano alla pari. Due gelidi e distaccati nemici.

M-miss Hellys, o-ora!” Sussurrò Kassandra, aiutandomi ad alzare. “E, Clarence, per f-favore t-trasporta m-mia s-sorella!” Il piccolo pokèmon annuì e rifece il suo spettacolino, sollevando il corpo della sorella dal divano.
Non so dirvi come riuscii a rimanere in equilibrio e non cadere. Al solo gesto di alzarmi mi era venuto un enorme capogiro. Se non mi fossi appoggiata al vetro, mi sarei ritrovata per terra. Una volta che la stanza smise di ondeggiare, indicai la porta a Kassandra.
Lentamente, facendo attenzione a non essere colpite né da pezzi di ghiaccio né da onde oscure, arrivammo all’uscita. Proprio prima di uscire, mi ricordai di una cosa.

Accidenti, ho d-dimenticato la p-palla d-di muco!” Feci retromarch e presi a saltellare come una svampita verso il divano, dove Wooper era finito quando lo avevo tirato contro il pennuto.
S-se muoio t-ti uccido! Se m-muoio ti u-uccido!” Continuavo a ripetere a mo' di nenia ad ogni colpo che mi capitava di schivare. Anche se, dopotutto, non avevano molto senso le mie parole.
Era difficile muoversi saltellando, figurarsi scappare da dei pokèmon infuriati. Ma alla fine, l’avevo recuperato. Lo sistemai alla meglio nella mia borsa, sperando che il ghiaccio non bagnasse troppo il mio album da disegno, e ripartii. Miracolosamente, ero riuscita a fare avanti-indietro per la sala senza un graffio. Il mondo doveva avere pietà per me. Raggiunsi Kassandra e le dissi che potevamo finalmente andarcene.

Le fanciulle normalmente non scappano davanti a me, anzi!” Non appena si rivolse a noi il volto di Frederick riprese un po’ della sua iniziale umanità. Era più delicato che con Daikke. “Credevate che con voi avrei fatto una qualche eccezione?” Sorrise, divertito.
Lexie, polvo -- ”
Ombra Notturna, Yoru!”
Il pokèmon dovette rinunciare all’attacco per poter schivare il colpo del Murkrow.

Tsk,” Frederick strinse i denti, innervosito “Non potrò far niente prima di essermi occupato di te, giusto?”
Scusa, stavi parlando?”, chiese beffardo Daisuke, sollevando lo sguardo dalla pokèball che stava esaminando – alla ricerca di una qualche ammaccatura, credevo.
Basta con questa buffonata!” Sbottò Frederick.
Stordiraggio!” Esclamarono assieme Daikke e Frederick.
Dalle corna di Froslass fuoriuscì un’onda multicolore che si diresse verso Murkrow. Questo, prima di essere colpito, aveva fissato con i propri occhi fosforescenti il nemico, che, una volta che li aveva visti, aveva preso a traballare con lo sguardo a spirale. Entrambi erano stati confusi.
Frederick esitò qualche secondo in più dell’avversario, che invece diede un ultimo ordine.

Nube!”
Dal nulla, comparve un tenue strato di fumo. Poi, questo si intensificò fino a diventare nero pece e riempire la stanza. Io, Clarence e Kassandra ci precipitammo fuori, osservando con curiosità la coltre fumogena, tanto compatta da sembrare un muro.
Ne sbucò fuori Daisuke, frettoloso, che, con un gesto fulmineo, richiuse la porta.

Sey, Ombra notturna.” L’esserino, appena uscito dalla pokèball, colpì l'ingresso con il proprio attacco. Dopo qualche secondo, seppure non era calda quanto una fiamma, l’energia sprigionata fuse la porta al suo stipite. Allora Daikke ritirò nuovamente il compare e si rivolse alla capopalestra, ignorandomi completamente.
Riesce a correre?”
Sì, i-io s-sono illesa ...” Balbettò la lady, con lo sguardo che passava continuamente da me a Daisuke, come se cercasse di risolvere un puzzle.
Allora --”
Si udirono dei tonfi provenire dalla porta. Ci voltammo tutti, nervosi.
Non può liberarsi dell'ostacolo tanto in fretta … vero?

Fortunatamente, il battere finì. Al suo posto era comparso un rumore meccanico, come di un cellulare o un telecomando.
Fanciulle ...” Ci chiamò in tono seducente, per poi assumere un tono più astioso, “... e marmocchio pestifero. Vi sarete pure liberati di me, per ora ...” Sottolineò il 'per ora', facendo intendere la sua promessa: ci saremmo rincontrati ancora una volta. “Ma non pensate di poter fuggire nello stesso modo con cui siete entrati. Ho appena serrato tutte le porte e solo chi conosce il codice può sbloccarle.”
Mi ricordai allora del nostro primo incontro, quando mi aveva portato dentro al palazzo. Mi pareva che avesse premuto qualche pulsante per richiudere la porta, ma non avevo fatto caso a quali … accidenti!

Vediamo un po' chi riuscirà a liberarsi per primo. Buon fortuna ♪” Si congedò.

Passarono vari secondi in cui nessuno osò dire niente. Allora, Daikke riprese il discorso che stava facendo alla capopalestra.
Se non si è fatta nulla, potrebbe aiutarmi a trasportarla?” Disse, indicando dietro di sé la mia posizione con il pollice. Manco fossi un mobile da appartamento.
La lady si sistemò la borsa sorridendo e si affrettò a venirmi affianco.

Non c'è problema! Per quello che miss Hellys ha fatto per me, questo è nulla!”
Se non fossi depressa per come mi stava trattando il damerino lì presente, mi sarei quasi commossa. Per una volta non ero stata del tutto inutile. Anche se, oltre a farle da balia e assicurarmi che nessuno l'accoppasse, non avevo fatto proprio un bel niente.
Entrambi ai miei fianchi, mi passarono le braccia dietro la schiena mentre io appoggiavo le mie sopra le loro spalle. Era un po' difficile muoversi all'inizio, specialmente perché fra i due c'era una sostanziale differenza di altezza. Dopo qualche minuto di vagabondaggio, però, se ne faceva l'abitudine.
Ma in realtà, la cosa che più mi opprimeva in quel momento era un'altra.
Non sono un'inferma, cappero! Non mi serve tutto questo aiuto! È tutto così imbarazzante … questo momento mi rimarrà impiantato a vita, ne sono sicura. Patetico …
Ma non osai dire niente, nemmeno quando era sorto il dilemma della scalinata. Dopotutto, ero ben conscia delle mie capacità fisiche attuali: anche se non si contava il piede inutilizzabile, ero stremata. Tutte le mie corse, l'adrenalina e le schivate mi avevano completamente prosciugato di ogni forza. Se non mi avessero sostenuto, sarei capitombolata al suolo in pochi minuti.
Inoltre, il piede, dopo essere uscito dall'ambiente gelido, aveva iniziato a farmi male. Molto male. Mi sembrava di avere un crampo perenne. Yep, sono davvero patetica.

Arrivammo in una delle stanze che avevo percorso all'inizio dell'avventura, quella con l'illuminazione intensa come mille soli. E, con mia sorpresa e irritazione, ritrovai i miei due amiconi davanti alla seconda scalinata, mentre stavano ancora cercando di ripulirsi.
Sk-skunt!” La puzzola si mise in posizione difensiva, pronto all'attacco. Riuscivo a vedere nel suo pelo qualche impronta verdognola lasciata dal mio rigurgito, ma il resto se lo doveva essere lavato via con uno dei rubinetti del laboratorio.
Loudred! Lou!” Si alzò in piedi l'altro, anche lui cauto. Il mezzo ippopotamo si era liberato il corpo dalla Dit-Babol, ma non riusciva ancora a urlare come prima. Probabilmente aveva ancora un po' della chewing gum in bocca.
Oh no! Non altri pokemon!” Kassandra guardava preoccupata Clarence, che ci aveva seguito silenziosamente fino a quel momento. Stava ancora trasportando la bella addormentata e a giudicare dall'inquietudine dell'allenatrice potevo dedurre che non poteva condurre una battaglia, in quel momento.
Daisuke, non vedendo altra scelta, cercò in tasca una delle sue pokeball.
Per quel che mi riguardava, all'imbarazzo era sopravvenuto un forte stimolo minatorio. Non avevo voglia di combattere, io volevo solo spaparanzarmi da qualche parte e dormire. E quei due babbei mi stavano intralciando la strada.

Hey, voi due.” Parlai per la prima volta, attirando l'attenzione di tutti su di me. Daisuke smise di cercare.
Siete in uno stato pietoso.” Li insultai, molto diretta. “IO sono in uno stato pietoso. Ma non pensate che per questo rinunci a farvi provare le pene dell'inferno. Anzi, se volete sapere la verità, ho un'intensa voglia di usarvi come punching ball per quello che mi avete fatto prima.” Sollevai gli occhi da terra, rivolgendo ai due pokemon lo sguardo più sfinito e feroce che potei fare. Ero un fascio di nervi, e non gli conveniva scherzare con me in quello stato.
I pokèmon parvero averlo capito e così si limitarono a farci largo, molto prudentemente. Dovevano anche loro essere troppo demotivati e intimoriti per provare ad attaccarci. Cautamente, cambiammo piano e richiudemmo la porta assicurandoci di essere finalmente soli. Continuammo a camminare fino a quando non raggiungemmo il portone principale, attraverso il quale Frederick mi aveva fatto passare quel pomeriggio.

Fiuu, che sollievo! Miss Hellys, come ha fatto?” Kassandra era piuttosto giuliva di non aver dovuto combattere. Mi limitai a sospirare profondamente, spossata. “Ora, però, dobbiamo uscire.” Riflettè, cinguettante. “Qualcuno sa la password?” Domandò, ingenua. Al vedere che la sua domanda era stata seguita da un enorme silenzio, trillò da ottimista qual era, “Allora dovremmo abbattere la porta!”
Non è facile.” Ecco il realista pronto con la sua predica. “Sey non può creare un passaggio in un portone così spesso.” Quindi ipotizzò, “Potrei provare a modificare i circuiti … ma sarebbe un processo lungo.”
E allora … allora cerchiamo qualche finestra e --”
Non ce ne sono in questo piano. Prima di entrare ho esplorato la zona.” Spiegò Daikke, sistemandosi gli occhiali.
Oh.” Kassandra si rattristì. Stava per ripiombare il silenzio, ma la capopalestra esclamò d'un tratto: “E' un bel guaio!”
...what?” Domandai flebile io, esitante.
Il vicecapo si è liberato. Posso sentire la sua superbia colmare il suo spirito!” Esclamò rapida la fanciulla, entrando nel panico. “Che si fa, che si fa?!”
La password ha quattro cifre. Anche tentando la sorte, ci metteremmo giorni.”
Allora nascondiamoci! Ormai è arrivato al secondo piano, e con lui ci sono due pokèmon!” Avvertì Kassandra, frettolosa.
E aspettare che ci trovino?” Daisuke lasciò trapelare una nota di ironia.
Ma allora ...”

Mentre i due erano presi ad argomentare le nostre possibili soluzioni, io mi ero seduta contro la parete, riprendendo fiato. Wow, non sapevo che a schivare colpi di neve e ghiaccio in un mega frigorifero ci si riduceva in uno stato così debilitato. Capendo l'antifona, presi a cercare nella borsa il mio famoso testamento, che avevo ampliato per l'ultima volta quando l'avevo letto a Bob, settimane fa. Quello era un buon momento per terminarlo.
Chissà … magari se ci metto anche Frederick, potrebbe uccidermi in modo indolore?
Riflettei qualche istante sull'idiozia che avevo pensato. Quindi scrollai le spalle e scribacchiai sul foglio pure quello. Cercai nello zaino una penna rossa, pronta a firmare il documento, ma, al suo posto, mi imbattei in un oggetto cilindrico di dimensioni poco maggiori: confusa, tirai fuori l'affare, cercando di focalizzare la mia attenzione su ciò che poteva essere. E allora sogghignai.

F-Frederick è quasi arrivato! Gli mancano quattro porte!” Kassandra prese a piagnucolare, soffiandosi il naso con il suo fazzoletto.
...” Daisuke era a corto di idee. Guardò prima la capopalestra, poi lanciò un'occhiata nella mia direzione. Assunse un'espressione quasi confusa – quasi – al vedermi mettere a posto in fretta e furia le cose nella borsa, e cercare di alzarmi senza cadere.
Mi venne ad aiutare, mentre Kassandra esteriorizzò quello che entrambi stavano pensando “Perchè sorride, miss Hellys?” S'illuminò subito dopo, “Ah, capisco. Il freddo deve averle dato alla testa.”
A quella mancanza di comprensione rischiai di cadere, presa alla sprovvista. Adocchiai Kassandra con sguardo critico, per poi sussurrare: “Molto meno di te, credimi.”

Sentite, conosco una via di fuga.” Gli occhi della capopalestra s'illuminarono, mentre Daikke pareva sospettoso. “Dobbiamo però correre in fondo alla stanza.”
Dopo un po' di dibattito interiore, i due acconsentirono a trasportarmi sul fondo.

Ed ora ...” Tesi l'oggetto che avevo trovato a Daisuke.
... una provetta?” Chiese quello, squadrandomi come se avessi perso qualche rotella.
Prova a tirarla addosso al portone ~” Cantilenai, misteriosa.
Due porte di distanza!” Soggiunse Kassandra, supplicandolo di sbrigarsi.
Daisuke, non avendo altra scelta, scagliò la provetta contro l'ingresso principale. Alla rottura del flacone, tutti ci girammo di schiena, non volendo che qualche frammento di vetro colpisse i punti più delicati. Quando ci rivoltammo, notai con soddisfazione che nella porta era comparso un enorme buco, che lasciava intravedere l'esterno. Scippare il liquido strambo è stata un'ottima idea! Taccagneria 1, Buon senso 0!
Esterrefatti, i presenti si voltarono verso di me, pretendendo spiegazioni.

Beh, che c'è?” Dissi con nonchalance. “Andiamo, orsù!”

Ci ritrovammo così all'esterno, allontanandoci alla massima velocità consentita.
Con la coda nell'occhio, intravidi Frederick comparire sulla soglia, freddo e determinato. Per un attimo, temetti che ci avrebbe inseguiti per un altro scontro. Poi, però, il vicecapo mise su una faccia sinceramente divertita, seguita dal suo sorrisetto tanto ammaliante da farmi tornare il rossore in volto. Tornò all'interno dell'edificio, e non lo vidi più.

Dopo esserci allontanati abbastanza dalla zona pericolosa, Kassandra e Daikke mi rilasciarono ed io fui libera di sedermi contro il tronco di un albero. Dopo aver controllato che non ci fossero possibili pokemon insetto, certo.
Umh, forse è meglio che vada a chiamare aiuto. Non credo che miss Hellys possa camminare per tutto il tragitto...” Kassandra guardò impensierita la mia gamba.
Scusate ...” Biascicai io, dispiaciuta.
Non si preoccupi, non è colpa sua! Farò in un attimo!” Detto ciò, prese a correre, seguita dal suo Kirlia e dalla propria sorellina.

Mi aveva lasciato da sola con un apatico che non accennava a prestarmi attenzione. Questo, lentamente, si mise a sedere di fianco a me, con gli occhi chiusi. Probabilmente non aveva intenzione di sprecare fiato con me. Tipico di Daikke. Ma io, al contrario, non riuscivo più a contenermi: avevo bisogno di giustificarmi. Per cui, iniziai il discorso con una domanda innocente.
Che ore sono?” Domandai, fissando l'albero di fronte a noi.
...” Daikke si prese la briga di mostrarmi il suo pokèdex, sul quale lampeggiava la scritta “Nove e quarantasette.”
Tre ore e un quarto.” Calcolai io.
...” Daisuke pareva disinteressato.
Sono riuscita a sopravvivere senza il tuo aiuto per tre ore e un quarto.” Specificai. Daikke, senza voltare la testa, passò lo sguardo sulla mia figura.
Tu avevi detto che in meno di due ore sarei stata spacciata.” Continuai amaramente.
...”
E poi, stavolta non hai scusanti. Sei entrato di tua spontanea volontà … non ti ho trascinato io all'interno.” Stavo ripassando mentalmente ciò che mi aveva detto l'ultima volta. “In più, ti ho trovato la capopalestra, così potrai sfidarla senza grandi ritardi.”
...” Ancora nessuna risposta.
Umh ...” Mi grattai la nuca, cercando di nascondere il mio rammarico. “Però, non è stata colpa mia stavolta. Io volevo solo andarmene, è stato Frederick a spingermi nel palazzo. Quindi non sono io il problema.” Mi accorsi che ciò che avevo detto non era la pura verità, così aggiunsi in fretta. “O meglio, è vero che dove ci sono io accadono sempre sciagure - quasi peggio di detective Conan – e chi è presente rischia grosso, ma è solo … cioè … io non ...” Sussurrai a bassa voce, non molto convinta io stessa. “... non è che io voglia essere una calamità ambulante ...” Mi sono trasformata in una balbuziente, perfetto. Per una volta che potevo discolparmi … forse è destino ...

Lo so.” Sospirò Daisuke, rispondendomi per la prima volta. Mi sorpresi: mi ero aspettata una negazione, o uno dei suoi commenti acidi. Mi voltai verso di lui.
Sei un magnete che attrae imprevisti. E ciò mi da' sui nervi. Ma ...” Scostò lo sguardo di fianco a sé, per fissare un punto imprecisato. “Non dipende da te. Anche tu sei una vittima.”
Oggi pomeriggio non sembravi pensarla così.” Gli ricordai, dubbiosa.
Ero arrabbiato.” Asserì con prontezza.
L'avevo intuito.” Deglutii e gli posi la domanda che mi stava ronzando in testa da quando era venuto a liberarci. “E' per quello che te ne sei andato?”
No. Sei tu che me l'avevi chiesto.” Chiarì.
Io lo fissai, sconcertata. Ponderai su cosa cavolo stesse dicendo e alla fine inarcai un sopracciglio:

Non mi dire che hai inteso la mia domanda come una richiesta!”
Perciò non era una pretesa?” Si voltò anche lui, con una faccia vagamente incerta.
Lo adocchiai per qualche secondo, prima di esplodere in una grande risata, sbalordita.

Non ci sai proprio fare con le persone!” Presi a deriderlo.
Eri adirata!” Si giustificò, incrociando le braccia e attendendo un'esplicazione.
Certo!”, gli ripetei, stizzita, “Non mi avevi detto nulla sul veleno, rischiavi di perdere ambedue le braccia!” Ero offesa. “Credevo che dopo un po' di tempo assieme, ti fidassi abbastanza per potermi avvertire di certe cose, ma a quanto pare non ---”
Perché te ne sarebbe dovuto importare?” Ribatté lui, brusco.
Come 'perché' ...” Strinsi debolmente i pugni, “Noi siamo amici, no?!” Gli gridai.

Seguì il silenzio. Solo al vedere la faccia sbigottita di Daikke mi resi conto di ciò che avevo appena fatto. Mi diedi mentalmente dell'idiota per essere stata così diretta e attesi il verdetto finale con agitazione.
Perché con Daikke risulta tutto più difficile!?
Da quel che mi pare aver compreso, non è abituato ai rapporti umani. Probabilmente per lui non sono altro che ---

Al vedere la mia faccia crucciata, Daikke prese la parola.

'Amici' .” Socchiuse gli occhi, passandosi una mano fra i capelli. “Potrei farci l'abitudine...”
Rilasciai il respiro che non sapevo di avere trattenuto. Quindi bofonchiai, lieta: “Mmh ~”

In lontananza riuscivo a sentire il rumore di persone che si avvicinavano, capitanati dagli ordini di Kassandra. Sbadigliai con stanchezza: finalmente avrei potuto riposarmi un po'.
Credo che dovresti allontanarti, prima che arrivi la folla.” Lo avvertii, riferendomi alla sua proverbiale difficoltà.
Se credi di potertela sbrigare da sola ...” Daisuke si alzò, guardando per un millisecondo la mia gamba, congelata fin sopra al ginocchio. Io gonfiai le guance, fingendo di aver subito un affronto.
Dubiti delle mie capacità di sopportazione? Tsk, ce l'ho fatta fino a qui, cosa vuoi che sia qualche ora in più?”
Daikke sospirò, vagamente dilettato.

Allora, potresti farmi una cortesia?”
Io annuì, non sapendo cosa aspettarmi. Lui fece un sorrisetto innocente.

Fatti un lungo, lunghissimo bagno: puzzi di fogna.”

....” Ero rimasta spiazzata. Lo guardai mentre s'incamminava con noncuranza in direzione est. Allora nelle mie guance ci fu un'esplosione di porpora.
C-c-c-cretino!” Gli urlai, imbarazzata per quella che doveva essere una battuta.
Ma Daisuke era già sparito in mezzo alla boscaglia.





~ Author's Corner
Hi :) Da quanto tempo!
Il capitolo alla fine è venuto davvero lungo … Aww, volevo rientrare nei limiti di 9 pagine, ma alla fine ho sforato e sono diventate 13! Gomennasai >.<”
Comunque, Frederick ha dimostrato di avere diverse sfumature di personalità, un po' come il suo pokemon, insomma ù.ù Anche Kassandra, alla fine, è servita a qualcosa. Ma è tutto qui quello che è capace di fare? Si vedrà solo in futuro.
Daisuke, come la maggior parte dei lettori ha naturalmente intuito, è tornato in scena, chiamato (?) dai poteri di Kassandra, mentre il poveraccio si stava aggirando nella zona. Non avevo intenzione di mandarlo via, era solo una cosa passeggera. Nessuno scampa alla mia tortura *.*
Maddy, invece, si è ritrovata con un pezzo di ghiaccio per gamba. Ho cercato di rendere la sua situazione più realmente possibile, ma non essendomi (fortunatamente) mai congelata niente, non posso esserne certa ^^;
Perciò, scusate per aver messo alla prova la vostra pazienza. Potrebbe non essere un chapter molto entusiasmante per molti, dopotutto … E Scusate se ci sono errori di battitura, ma sono di fretta! Procederò alla correzione in un altro momento D:

Grazie per aver letto il capitolo ~
GloGlo_96

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Capitolo 28
*** New and Old Acquaintances ***


Pkm 28.0

~ New and Old Acquaintances ~


Gli ospedali erano posto opprimente. Già da prima ne avevo qualche sospetto, ma dopo aver avuto il 'privilegio' di starci per quasi due settimane, mi ero convinta definitivamente. La routine pareva quello di un prigioniero: ti svegliavi, ti cibavi, facevi i soliti controlli e quindi la riabilitazione. Il resto della giornata? Lo passavi su un letto che puzzava di medicinali, senza aver la possibilità di accedere alla radio (unica fonte di comunicazione con l'esterno e proprietà indiscussa delle vecchiette con cui condividevo la stanza) e, in generale, di intrattenerti in alcun modo. Le infermiere erano molto sbrigative: le solite domande (“Come si sente oggi? Avverte qualche dolore all'arto?”), un falso sorriso, due o tre chiacchiere e la stessa serie di raccomandazioni.

La vita da ricoverata è astrusa, e non azzardatevi a dirmi il contrario. Voi non sapete cos'ho provato a sopportare quelle tre mummie resuscitate delle mie coinquiline. Fin dal primo momento in cui avevano posato lo sguardo l'una sull'altra, si erano implicitamente dichiarate guerra. Una era la tipica ipocondriaca: rompeva le scatole a chiunque le passasse sotto tiro e non riusciva a passare una notte senza chiamare rumorosamente l'infermiera di turno, presa da improvvisi attacchi di panico. Ogni volta che perdeva un singolo capello, la cara Rosetta lo considerava un sintomo inequivocabile che avesse un cancro al cervello. Era a lei che dovevo le mie notti insonni. La seconda vecchietta era una so-tutto-io della peggior specie. Ex-chirurga andata in pensione, non sopportava le stupidaggini che uscivano dalla bocca di Rosetta e puntualmente le assicurava che l'unico modo – vecchiaia a parte – con cui avrebbe potuto lasciare il mondo era per l'inaffidabilità dei medici di quell'ospedale. Tutti stolti che non riuscivano a capire niente di niente, perché tanto era lei quella con più esperienza. La più grande nemica di Rosetta ed Erinna era Maria, l'apocalittica. Aveva una visione molto negativa della sua malattia, tanto che se le infermiere volevano farla mangiare, dovevano attaccarle la flebo. Si rifiutava di seguire le cure prescritte dal dottore perché secondo lei non c'era più speranza, avrebbe lasciato quel mondo in poco tempo. “Ma non senza Erinna e Rosetta”, aveva votato sogghignante dopo due giorni in loro compagnia.

L'ospedale dona nuova vitalità e speranza!” Era stato pronunciato una volta in una pubblicità sentita alla radio. Sì, ed io sono una Winx, mi ero detta di rimando. In tutta la mia vita non avevo mai provato un tale senso di disdetta e d'incapacità: parevo senza vita, consumata giorno e notte da quelle tre racchie indemoniate. Da Rosetta avevo imparato che non c'era scampo, ogni cosa era simbolo di una qualche malattia micidiale per la quale non avevano ancora trovato una cura. Per Erinna, ogni cosa che dicevo o facevo – anche solo andare in bagno- era da considerare pericoloso, in quanto, secondo le sue 'accuratissime diagnosi', avevo buone probabilità d'avere una tenia. Maria, invece, si era limitata ad aumentare le mie visioni nel campo della depressione, facendomi chiudere nel mutismo e nell’apatia più assoluta.
Ma in realtà era stato lo stesso ospedale a darmi il colpo di grazia: per cercare di tirarmi fuori dal mio inspiegabilmente tetro stato d'animo, avevano ricorso alla Clownterapia. Un giorno era sbucato fuori questo tizio in camice, stetoscopio e cartellino, che aveva la faccia completamente pasticciata di colori e disegnini insulsi. Aveva passato l'intera giornata a cercare di farmi ridere, esibendosi nella stanza e raccontando barzellette, mentre allo stesso tempo si accertava che le mie capacità mentali non si erano danneggiate.

E poi si chiedono ancora perché avessi cercato di calarmi giù dalla finestra con la gamba ingessata.

Solo dopo undici giorni di tremenda agonia riconobbero la mia effettiva guarigione e mi rilasciarono dalla tortura. Per la gioia salutai persino le vecchiette - prima che loro potessero mettersi a litigare - mentre alla sola vista del giovane dottore truccato da Ronald McDonald, me l'ero data a gambe, traumatizzata...
solo per schiantarmi contro Kassandra all'uscita dell'ospedale.


Kassandra!” Feci la prima mossa, spolverandole meticolosamente i vestiti. “Non sai quanto sono felice di rivederti!”
Oh, miss Hellys! A quanto pare è tornata in piena salute. Se fossero successe delle complicazioni... ” La donna fece un sorriso dispiaciuto, prima di continuare. “Non avrei mai potuto perdonarmi.”
Nah, non ti preoccupare! Avere una gamba congelata non è niente, rispetto a quello che ho dovuto passare da quando ho intrapreso il mio viaggio. Piuttosto, è di questo che ti volevo parlare!” Le feci pressione, afferrandola per un braccio e spingendola con una certa forza fuori dal cancello dell'edificio delle mie oppressioni.
Veramente, anch’io volevo comunicarle una notizia …” Mi fece l'occhiolino. “Una bella notizia.”
Non credo che riuscirà a battere quella che ho ricevuto stamattina.” Cinguettai, girandole attorno: parevano secoli dall'ultima volta che mi ero sentita così libera!
Ahah!” Ridacchiò elegantemente, empatizzando con il mio entusiasmo. “Forse no, ma di certo ti renderà felice.”
Scusi, ma possiamo lasciare il meglio per dopo? Ho un'insana voglia di combattere con lei in palestra, sa?” Le dissi, contenendo un sogghigno. Sdraiata perennemente su un lettino, per cercare di non impazzire, avevo focalizzato le mie attenzioni su qualcosa di utile. Avevo formulato almeno quattro strategie per appiopparmi la vittoria, e non vedevo l'ora di metterle in pratica.
Rattata e Wooper saranno felici di combattere!
Ridetti mentalmente. Non li avevo più visti da quando eravamo fuggiti dall'ibernazione, e, anche se non meditavo di dirglielo, avevo sofferto terribilmente la loro mancanza. Beh, del girino non proprio. Più che altro mi mancava la sensazione di Rattata sulla mia spalla, appisolato. Meditai, più realista. M'interruppe dai miei pensieri la delicata capopalestra, la quale aveva fino a quel momento trafficato nella sua borsetta griffata. Mi lanciò uno sguardo eccitato.
Ma, vede miss Hellys --” Estrasse dalla borsa una piccola custodia lilla, porgendomela. “Lei non ha bisogno di combattere contro di me.”
Le presi lentamente la scatola e ne sbirciai l'interno, non sapendo cosa aspettarmi. All'interno c'era un sottile pezzo di metallo colorato di viola, che raffigurava un gatto con la coda biforcuta e un rubino trapiantato in testa. Un … gatto alieno?

La medaglia Espeon è sua, ora.” Incredula, mi cedette la mascella. “Ho visto come ha tenuto testa al team Blyzzard -- spettacolare. Non mi occorre vedere un'altra prova delle sue doti. Sono debitrice a lei e al suo amico, questo è il minimo che possa fare.”.
M-medaglia? Espeon … che cacchio è un Espeon?!” Blateravo, non sapendo che dire.
Ho passato undici giorni a meditare su come poterla sconfiggere, e non è servito a nulla!?
Non sapevo se essere felice, perché almeno mi ero tolta un impiccio, o esasperata. “Kassandra ...” Sospirai, cercando di essere compiaciuta. “Sei un angelo!”

Eheh ...” Lei si grattò la guancia, imbarazzata. “No, non è vero. Se l'è meritata. Però, vorrei solo un ultimo servizio da lei ...” D'un tratto si fece seria. Le parole che lasciarono la sua bocca furono molto chiare e coincise. Alla fine del discorso, strabuzzai gli occhi, non essendo sicura di averla compresa a pieno.
Scusa, puoi ripetere...?”

~ ♪ ~


Rattata! Topastro mio! Sostegno della mia carriera!” Esclamai esaltata, trotterellando verso il centro pokèmon, incurante della gente che mi osservava come se avessi dei problemi. Secondo le mie previsioni, il topo si sarebbe precipitato fuori dal centro, lacrime agli occhi, e mi avrebbe fatto le feste. Come un chihuahua.
Solo che, dopo cinque minuti, ancora non c'era traccia di nessuna macchia viola. Riprovai, non dandomi per vinta. “Sono tornata dall'inferno, Ratt! Sono tornata ...”. Misi il broncio, cercando nella mia borsa se avevo qualcosa da mangiare. “... ed ho delle bacche.”
Le porte del centro si aprirono di scatto e ne uscì il pokémon che, correndo come una scheggia, mi raggiunse in un lampo. Maledetta pantegana! Pusillanime! Ingrato! Preferisce delle bacche alla sua allenatrice? Corrugai le sopracciglia, accigliata.

Ratta! Rattata!” Squittiva il topo, strusciando la testa sopra la mia caviglia. Per quanto fossi arrabbiata, non riuscii a resistere ai suoi tentativi di lecchineria e, con un sospiro, lo feci arrampicare sulla spalla, dandogli un buffetto e una baccapesca.

'Sono tornata dall'inferno' ?”
Sobbalzai e misi una mano sul petto, facendo pat-pat nel tentativo di calmare il mio povero cuore. Mi voltai innervosita verso la causa del mio infarto, solo per ritrovarmi davanti un damerino dai capelli neri perfettamente ordinati e valigia alla mano. Rimasi per un po' a fissarlo, ragionando sul modo migliore per approcciarlo. Quindi gli feci un sorriso a quarantadue denti.

Chissene della logica!
Daikkeee ~” Gli gridai, facendo un balzo in avanti per afferrarlo. Dopo aver vissuto senza veri rapporti umani per più di una settimana, avevo bisogno di sfogarmi. Solo che Daisuke non sembrava essere dello stesso avviso e, mentre io ero sospesa in aria, si era velocemente spostato di lato, facendomi cadere sul marciapiede.
Un giorno ce la farò, mio caro 'amico'. Un giorno riuscirò a varcare la tua barriera personale, che ti piaccia o no!

Felice di avere il tuo cordiale benvenuto. Sei proprio felice di vedermi, uh?” Mi alzai, leggermente offesa. Lui, per tutta risposta, alzò un sopracciglio.
Rallegrarmi del tuo ritorno ed essere soffocato a morte sono cose diametralmente opposte.”
Sempre il solito esagerato.” Replicai, sbuffando. Lui e la sua logica. Questo però vuol dire che, almeno un po', gli sono mancata. Giusto? Mi chiesi, dubbiosa.
Kassandra?” Chiese. Una domanda che, nel linguaggio asocialiano, implicava 'Sai già tutto? La medaglia ce l'hai? Sei pronta alla partenza, o devo ancora attendere?'
Gli feci Il Pollice.

Ora è tornata in palestra. Mi ha detto che sua sorella ci sta aspettando all'uscita della città.”
Annuì, frugando nella sua tasca sinistra. Mi lanciò quindi una pokèball.
O almeno, credo che sia una pokèball.

Perché è ricoperta di catenacci?” Gli chiesi, non sapendo cosa aspettarmi.
Daisuke fece un breve sospiro. “Ha allagato il centro pokemon.”, lanciò uno sguardo irritato in direzione della pokèball, “E solo nel giro di un quarto d'ora.”

Ah. Wooper. Già.” Annuii, sapendo ormai cosa si provava in compagnia del mio pokèmon. Era sorprendente il fatto che nessuno l'avesse ucciso in mia assenza. “Scusa per averti mollato un compito così apocalittico.” Ridacchiai nervosa, mettendo la sfera al suo posto.
Dovere.” Replicò lui, sconfortato. Sembrava sovrappensiero. Alla fine, però, si limitò a passarmi di fianco, dicendomi di voler riprendere il viaggio.
Che volesse dirmi qualcosa d'importante?
Mi chiesi. Poi scrollai le spalle: me l'avrebbe detto a tempo debito. Era così che funzionava, con lui.


~ ♪ ~


L'obiettivo era una ragazza dai capelli biondo pesca che indossava un lungo e semplice vestito bianco. Oltre a quello, aveva un coprispalle verde mela e un ampio cappello di paglia al quale era legato un nastro dello stesso colore, che pendeva con delicatezza. I suoi occhi erano di un rosa tenue, dolci e gentili. Fattore Kawaii? 120%.
P-pensi davvero queste cose di me?” Domandò l'obiettivo, le cui gote si tingevano di rosso.
Ovviamente. Senza tutto quel rosa, sei molto più carina ~” Le spiattellai, passeggiandole affianco. Già, Désirée si stava dimostrando di piacevole compagnia, a dispetto di quanto mi fossi aspettata. Dopo averla incontrata nel posto previsto e aver fatto le normali presentazioni – o meglio, io facevo le presentazioni, Daisuke dava prova del proprio disinteresse – ci eravamo incamminati verso la prossima città. Il nostro ruolo era di accompagnare Désirée al museo lungo la via. Così ci aveva detto Kassandra, sua sorella maggiore. Non riuscivo a capacitarmi, però, del perché avesse bisogno di una scorta. Sarebbe probabilmente entrato a far parte della mia lista dei misteri irrisolti …
Emh, in realtà è perché in questa strada ci sono molte zone di erba alta.” Disse Désirée, serena. In effetti, pare di essere in una giungla. “E non ho pokèmon con me per proteggermi da eventuali animaletti selvatici.” Si grattò la guancia, giustificandosi.
E allora perché non portare una falciatrice? Con tutti i soldi che hanno …
Désirée sussultò, intimorita. “E uccidere tutti i piccoli ed innocenti pokèmon che ci abitano dentro?” Per un attimo la sua faccia mi parve assumere lo stesso colore del suo coprispalle, da quanto era nauseata.

Giusto. Non ci avevo pensato, scusa.” Le confidai.
Volevi fare una strage?” Domandò Daisuke, con una lieve impronta divertita. Era la prima volta che parlava, da quando avevamo incontrato Désirée.
...con una motofalciatrice...” Mugolai, imbarazzata.
Mph.” Daikke studiò la mappa, prima di sussurrare. “Chissà quando lo capirà ...”

Io gli feci la linguaccia di nascosto, non sapendo a che si riferiva e importandomene gran poco. Di solito, quando nei film facevano un'osservazione del genere, significava che un personaggio era attratto ad un altro. Ma c'era differenza fra la vita reale e quella hollywoodiana. E poi, quale potrebbe essere la coppia? Daikke e Désirée?
Madeleyne? Dovrei dirti una cosuccia ...” Mi avvertii Désirée. Ma io ero troppo impegnata.
Me e Daikke?
Mi s'infiammarono le gote e, prima che potessi iniziare a riflettere su quello che avevo provato nel pensarlo, scacciai violentemente l'ipotesi.
Eheheh … Madeleyne?” Désirée cercava di farmi ragionare, ma stavolta con del sangue che le colava dal naso e un'espressione da fangirl.
Forse, me e Désirée?
Corrucciai le sopracciglia, mentre un filmato che rappresentava la possibile scena - che non è concepibile descrivere perché rischia di traumatizzare le menti di ragazzi innocenti – affiorava nella mia mente. Perché, ammettiamolo, leggere i manga comportava l'acquisizione di una mente perversa. Anche troppo, nel mio caso. Prima che potessi passare alla prossima scena – ed io cercavo invano di evitarlo – la fonte dei miei pensieri sbottò, con il sangue che le usciva a frotte dal naso.

Madeleyne, sono una telepatica!” Mi fermai sul posto, sorridendo come un'idiota, mentre la piena realizzazione di quel che era appena successo mi colpiva come un'onda.
...” OH MERD-- Per gli slip più consunti di Merlino! “Hai visto --” Ogni mia più recondita fantasia?
Sì.”
Anche --” Il pezzo in cui i miei ormoni adolescenziali abusano di te?
Mmh mmh.”
Beh, sappi che in realtà non intendo assolutamente --” Avere rapporti di QUEL genere con te.
Mi fido.” Assicurò lei, calmatasi un po'. Il massimo che potei fare fu regalarle un pacchetto di fazzoletti per arrestare la perdita di sangue.
Continuammo il viaggio in silenzio, con io che maledicevo continuamente la nostra guida. Lo stupido avrebbe almeno potuto dirmi 'Attenta a non pensare nulla di compromettente', no?! Cretino, maledetto, astruso ed enigmatico Daisuke! Scommetto che si stava divertendo, sotto sotto, il dannato!

Non è colpa sua. Non è colpa di nessuno.” Lo giustificò Désirée, attirando allo stesso tempo la sua attenzione.
Mi sta incolpando solo perché non riesce ad accettare la sua imbecillità.”
Ehi, ma è vero! Potevi almeno accennare al suo potere, se lo sapevi!”
Stava continuando a parlare da sola tutto il tempo. Solo un idiota non se ne sarebbe accorto.” Alzò gli occhi al cielo.
M-mi stai dando dell'idiota?” Balbettai, pronta a demoralizzarmi.
Daikke pareva averlo intuito, perché dopo aver rimuginato un po' sui pro e i contro di quello che avrebbe potuto dire, si limitò a dichiarare: “Forse.”

Siete tutti contro di me! Prima Polaretto, poi Wooper e Rattata, ed ora voi due!” Mi feci venire le lacrime agli occhi. Non era difficile, bastava concentrarsi su episodi tristi della propria vita – ed io ne avevo avuti tanti.
Polaretto?” Si era limitato a chiedere Daikke, che per qualche motivo non cadeva nei miei trucchetti. Désirée invece cercava di rincuorarmi in ogni modo, chiedendo scusa per aver invaso la mia mente e cose simili.

Le mie lamentele furono interrotte quando vidi che in fondo al sentiero faceva capolino un imponente vecchio edificio. Era in buone condizioni, ma emanava un’aria rustica, antica. Questo era circondato da aiuole e siepi, che sprigionavano mille colori sia per le bacche che per i fiori che esponevano. Persino un muro del palazzo era ricoperto dalla natura, in quanto una pianta di edera si era arrampicata per l'intera parete, fino a raggiungere una finestra fatta a mosaico. Il sole penetrava fra le chiome degli alberi illuminando l'area a tratti, creando così una luce soffusa.
Era come un'oasi in mezzo alla giungla di erbacce: in altre parole, era spettacolare.

Wow! Che bello, è tutto così colorato!” Esclamò d'un tratto Désirée, correndo ad annusare ogni cespuglio. “Sembra di essere in una favola!” Continuò, esaminando con aria sognante la zona. La sua spontaneità ed i suoi sorrisi mi ricordarono quelli di una bambina.
Anche io, però, ero stupefatta. Non mi sarebbe dispiaciuto trascorrerci le mie vacanze estive. Guardavo i dintorni con fare indeciso: volevo andare ad esplorare la zona, o meglio, l'interno del museo … ma c'era qualcosa che mi fermava. Come se il mio subconscio mi stesse urlando di non entrare lì dentro, dato che me ne sarei pentita.

Beh, venite o no?” Domandò Daikke, davanti al portone d'ingresso, rovinando puntualmente l'atmosfera magica che si era creata.
Certo che sei proprio indifferente a tutto …
Pensai, sorridendo debolmente.
Non saprei. Penso che ci farebbe bene stare qualche minuto in più in un posto del genere. Specialmente a te!” Mascherai il mio sorriso con una linguaccia, riferendomi alla svalutazione che dava a quel luogo.
Daisuke fece una faccia leggermente sorpresa. “Strano, detto da te. Conoscendo il tuo 'problema' ...” Assunse una faccia stanca. “Non ti spaventare troppo.” Si avviò all'interno del museo.
Non ti --- eh?
Ero confusa. Cosa intendeva dire con 'non ti spaventare'? Decisi di non pensarci troppo, così mi misi a trotterellare verso Désirée – che stava ammirando un enorme narciso con gli occhi illuminati di gioia fanciullesca – quando dal narciso uscì un'apina, che volò fino al suo alveare, sull'albero dietro alla ragazza. Arretrai di scatto, decidendo che forse non era una buona idea raggiungerla.
Mi sentii prudere un polpaccio. Vidi che c'era una formica: seccata, me la tolsi colpendola come una biglia. Quando atterrò, notai che di fianco ad un'aiuola ce n'era un intero formicaio, con tanto di formiche volanti. Mi allontanai anche da quella zona.

Credo di aver intuito quello a cui si riferiva...” Biascicai, nervosa. Non che un paio d’insetti potessero spaventarmi! Finché stavo attenta --
Schivai una farfalla bianca che si stava avvicinando traballando. Non ci si può mai fidare delle farfalle. Mi ricordai, sudando freddo. Volano come delle ubriache, è difficile prevedere la loro direzione. Infatti, dopo qualche secondo mi ripassò davanti agli occhi, facendomi trasalire. Dovetti usare tutto il mio contegno per non urlare. Mi guardai attorno, col cuore in mano, notando per la prima volta come quel posto fosse pieno di creaturine svolazzanti. La zona era passata dall'essere la 'bellissima casa di Biancaneve' alla 'demoniaca casa degli orrori'.

Respira, Maddy. Fai ricevere ossigeno al tuo cervellino.” Mi rincuorai. “Se tutte le persone normali riescono a stare all'aperto senza problemi, perché non ce la dovresti fare anche tu?” Feci una risatina, cercando di apparire un po' più convinta. Dopotutto, quel posto era davvero artistico. Non mi sarebbe successo niente di male.
Ad un tratto scorsi con la coda nell'occhio un movimento sospetto. Sentendomi un improvviso nodo alla gola, deglutii a fatica, mentre gli occhi si avvicinavano lentamente ad inquadrare la mia spalla. Spalancai gli occhi, vedendo una macchietta rossa a pois neri che risaliva la mia pelle.
Ragionai, imponendomi lucidità: se fossi stata abbastanza rapida avrei potuto colpirla e togliermela di dosso. Ma, quando c'erano di mezzo gli insetti, ero tutto fuorché veloce. Con la mano tremolante, mi avvicinai molto lentamente alla coccinella. Che nello stesso momento si fermò, causando, in preda al panico, l'arresto della mia mano.
Ti prego non ti alzare in volo! Ti supplico, risparmiami!
E, prima che potessi anche solo pensare di colpirla, quella prese, stiracchiò le ali e, dal nulla, si librò in aria, dirigendosi verso la mia faccia.

Aaaaaaaaaah!” Urlai a squarciagola, scattando in direzione del museo con la prontezza di un velocista olimpionico. Prima che potessi, però, abbattere la porta, questa si aprì spontaneamente, facendomi raggiungere l'interno sana e salva. Mi fermai, mani sulle ginocchia, sudata e annaspante. L'esterno è pericoloso. Ho deciso: diventerò un hikikomori.
Daisuke, sogghignando compiaciuto, richiuse la porta.

Quale?” Chiese, osservando interessato l'effetto che poteva avere su di me un invertebrato volante.
Anf … ah … c-coccinella ...” Annaspai io, cercando di tranquillizzarmi. Per la paura, avevo preso a lacrimare.
...” Daikke si era fatto serio, meditando su questioni che non m'importavano. Avevo rischiato la pellaccia. Come faceva la gente a venerare le coccinelle, non lo avrei mai capito. Erano piccole, si potevano infilare dappertutto, avevano sei paia di zampette pelose, un muso del tutto inquietante e, specialmente, due alette che –
Mi tirai uno schiaffo, riuscendo solo in quel modo a smettere di tremare e a scacciare quel ricordo. Daisuke, intanto, mi aveva passato un fazzoletto. Feci un passo per prenderlo, quando la gamba mi cedette, come se il muscolo fosse fatto di gelatina. Caddi sulle ginocchia arrecandomi non poco dolore, subito cancellato però dallo sbigottimento che stavo provando.

Uh … ?” Tentai di rialzarmi, ma prima ancora di potermi sollevare, ricadetti a terra. “Strano ...”
Senti dolore?” Daikke aveva addosso la mia stessa espressione perplessa.
No, affatto. Solo … pare che la mia gamba non riesca a supportare il mio peso. E non perché sono grassa.” Precisai. Daisuke spinse i suoi occhiali vicino alla faccia, meditando una possibile ipotesi.
Probabilmente non si è del tutto ristabilita.” Commentò, facendomi ricordare del ghiaccio di Lexie. Il suo sguardo si fece infastidito. “Non avresti dovuto correre in quel modo.” Cioè, fammi capire. Adesso è colpa mia?!
Mica l'ho fatto apposta! Ero in punto di morte, là fuori!” Mi discolpai. Prima che il mio 'caro' compagno di viaggio avesse potuto contraddirmi, ci interruppe una voce che mi pareva di aver già sentito.

Guarda guarda chi ho trovato … Maddy!” Dalla porta di fianco a me era sbucato fuori un ragazzo alto, vestito in tenuta da lavoro, dai fulvi capelli rossicci e l'espressione piacevolmente sorpresa.
Jackpot!” Esclamai, altrettanto felice di rivederlo. E un po' confusa.
Ahahah!” Ridacchiò di gusto, prima di tendermi la mano. “Che ci fai lì per terra? Su, su, che non è salutare.”
Non riesco a stare in piedi. Daikke qui--” Daikke, in preda allo sconforto per il suo soprannome, si massaggiò furiosamente le tempie. Alzai gli occhi al cielo, divertita. “--crede che io abbia sforzato troppo il muscolo.”
Oh, nessun problema, allora.” Assicurò, con un sorrisetto stampato in faccia. Quindi, al posto di prendermi la mano per tirarmi su, mi afferrò per i fianchi... “Oooh issa!” … per poi buttarmi con delicatezza sulla sua spalla.
Wow, è alto da quass-- mettimi giù!” Gli ordinai, scalciando e tirando pugni come una bambina. L'altro pareva addolorato.
Ti poso, ti poso, giovinastra piena di energie ...” Mi gettò su una poltrona, tossicchiando per lo 'sforzo'. “Ouch, la schiena! Non dovrei sforzarmi così tanto, alla mia età ...”
See, ok Jackpot, come dici tu. Ora, mi spieghi perché sei vestito come --”
Un barbone.” S'intromise Daisuke, che si teneva a qualche distanza da noi.
-- un bidello?” Mi voltai verso il terzo incomodo, sguardo arrendevole. “Gentile come al solito, vero?” Sospirai.
Oh, buon pomeriggio anche a lei, signorina. E' da molto che non la vedevo. Ancora problemi con la crisi d’identità?” Jack strizzò l'occhio a Daikke, che per risposta emise un piccolo ringhio di avvertimento. Ignorandolo, continuò imperterrito, col puro desiderio di aizzarlo. “Aww, che carina ~”
Non appena vide a pieno lo sguardo omicida di Daisuke, si fermò di botto. L'atmosfera si raggelò. Se non avessi già provato una sensazione simile in passato, avrei pensato che F-Frederick – arrossii al nome, presa da sentimenti contrastanti - fosse tornato.
Jack fece una risatina nervosa, grattandosi il retro della nuca. Quindi cambiò discorso, preso da dei brividi di paura. “E' il mio camice da lavoro. Tengo pulito e in ordine questo posto dimenticato dal mondo.”

Lavori qui?” Mi guardai attorno, spaesata. In effetti, anche lì dentro c'era un'atmosfera rustica. Essendo solo l'ingresso, c'erano poche teche contenenti alcuni vasi antichi. E un enorme scheletro di un lucertolone dotato di chele, alette e piume. Mi avrebbe fatto venire gli incubi, ne ero certa.
Sì, faccio anche il receptionist, sai? Per qualche strano motivo, le ragazze mi trovano irresistibile...” Si mise in posa da modello, in modo da farmi vedere che non diceva menzogne. Cercando di fargli abbassare la cresta, lo ignorai, guardandomi le unghie.
...Sto perdendo il mio fascino. Lo sapevo. E' colpa della vecchiaia.” Sospirò, sconfortato. “Comunque, volevate entrare? Sono 250 Pokè a testa.”
250 Pokè!? Ma è un furto!” Prorompetti, oltraggiata. Mi alzai su una sola gamba, decisa ad andarmene di lì. “Robe da matti. In che modo siamo finiti? Mi vogliono dissanguare.” Incrociai le braccia, iniziando a saltellare su un piede. Se ero ridicola? Forse. Ma non me ne importava un accidente. Il mio portafoglio era stato minacciato! E poi, cosa mai ci sarà di tanto interessante in delle stupide ossa rinsec--

Mi fermai di scatto, percependo qualcosa nell'aria.
Sniff, sniff.” Ispezionai, non capendo dove avessi già sentito quell'odore. Aveva un qualcosa di metallico e terroso. Annusai ancora un po', registrando anche un distinto sapore di sorgente d'acqua dolce. Daisuke aveva il solito sopracciglio alzato con espressione scettica, mentre Jack, dilettato, gli stava chiedendo se mi fossi scordata di aver preso qualche medicinale.
Sento … sento ...” Aggrottai la fronte, incerta. Fiutai nuovamente la scia d'odore, concentrata, cercando cosa mi fosse sfuggito e trovandolo poco dopo: c'era un fioco profumo di fiori di pesco.
Jackpot si grattò una barba immaginaria, studiando il mio comportamento. “La giovane ha perso qualche rotell--”.

BILIA!” I miei occhi sfavillarono come due gemme, improvvisamente illuminata. Feci qualche balzo verso la porta da cui era comparso Jack, commentando. “Precisamente, una Bilia tersa!”. Sbattei aperta la porta. “Di grandezza …” Mi ripulii un rivolo di saliva. “... fra i 40 ed i 60.”
Al centro della stanza - con le pareti interamente ricoperte di mappe raffiguranti i sotterranei di regioni diverse - vi era un piedistallo illuminato da una luce artificiale. Mi diressi lì ammirando la mia scoperta: su un morbido cuscinetto rosso, giaceva un'enorme gemma sferica. Sulla sua superficie liscia, erano riflessi sette colori differenti. Che la rendono una delle Bilie più ricercate dei sotterranei!
Senza pensarci, allungai la mano, presa dal desiderio morboso di toccarla.

Sei pazzesca, Maddy! Come hai fatto ad azzeccare tutte quelle cose? Eri già venuta qui?” Esclamò Jack, frapponendosi fra me ed il mio tesoro.
E' naturale, stolto! Come si può confondere questo profumo sublime!” Sbraitai, sbracciandomi per raggiungere la Bilia dei miei desideri. Spalancando gli occhi, Jack si allarmò. Mi afferrò per le spalle, cercando di allontanarmi da lui e la gemma.
ALT! Non puoi toccare le proprietà del museo! E poi, non potete stare qui senza aver pagato il bigliett--”
Chissenefrega delle regole!” Mi sfogai io, non del tutto lucida.
Non sono le regole a preoccuparmi! È il capo che ...” Deglutì. “Se lui ti vede toccare anche uno dei 'suoi tesssssori', sei spacciata!”

D'un tratto, mi si accese una piccola lampadina, che mi urlava “Pericolo!” ad intermittenza.
Perché ho come la sensazione di deja-vu?
Dovevo fermarmi un attimo dal mio 'attacco' e pensarci. Era da quando avevo visto il museo, che mi sembrava rischioso. Prima che potessi arrestarmi, però, colpii accidentalmente Jack nel punto centrale della colonna vertebrale. Quello cadde su tre zampe, la quarta usata per massaggiarsi la parte indolenzita.
La schiena! La mia povera, povera schiena!” Pigolò Jackpot, agonizzante.
Il problema era che, poiché Jack, che mi aveva sostenuto fino a quel momento, era crollato al suolo, io mi ero ritrovata a cadere addosso al piedistallo. Che si era messo a traballare. Facendo cadere la Bilia.

NUOOO!” Esclamai, gettandomi a pesce verso la pietra colorata, e prendendola con entrambe le mani, mentre io stramazzavo al suolo.
Non appena la toccai, la stanza s'illuminò di rosso, mentre una voce meccanica si mise a starnazzare: “Allarme, allarme! Tentativo di furto nella zona 2! Allarme, allarme! Tentativo di ...”

Fhe ohsa!?” Mugugnai, con la faccia ancora stampata contro il parquet del museo. Daikke, che fino ad allora aveva fatto da spettatore, si sbatté una mano sulla faccia davanti al casino che avevamo combinato. Jack, invece, si era fatto il segno della croce, sussurrando preghiere di altre lingue.

Chi ossssa rubare il mio tesssssoro!!?”
La porta di sinistra si spalancò esattamente nello stesso momento in cui io avevo deciso di filarmela, lasciandomi completamente allo scoperto. Tremando per la paura, mi voltai lentamente verso i nuovi arrivati. Uno, dai capelli bluastri, aveva un jilet beige e dei pantaloni mimetici, completi di stivaloni da minatore. Aveva una faccia scorbutica e seria. Posso giurare di aver visto del fumo fuoriuscire da quelle narici …
L'altro, invece, aveva dei vestiti da esploratore sul marroncino chiaro, con tanto di cappello sciupato dai probabili molti anni di utilizzo. Sotto di esso, facevano capolino del capelli verdi palude, che coprivano – senza successo – il volto ringhiante del ragazzo.

Barbetta, sguardo assatanato, schiuma alla bocca, 'S' strascicata, sensazione di avere davanti uno psicopatico … no, non può essere lui ...!
Dietro di me, Daisuke – che nel frattempo aveva contratto un feroce tic all'occhio - mostrava i chiari segni di un esaurimento nervoso. Io, concentrandomi per non far tremolare la voce, esclamai, assieme ai proprietari del museo.

TU! Che ci fai qui!?”







~ Author's corner
Salve. Non so cosa dirvi, giuro, per giustificare il mio comportamento. È da mesi che non scrivo T.T. Anyway, continuerò comunque a scrivere, anche se ad intervalli irregolari ù.ù Che vi piaccia o no!
PS: so che la prima parte del chap è noiosa … [Come il resto nd.Tatoo], ma l'avevo già scritta e mi pareva un peccato cancellarla! è.é Oh, e spero di non avervi traumatizzato con l'inconscia perversione mentale di Maddy ^^;

Note importanti
Non intendevo, con la prima parte del capitolo, offendere o provocare disagio alle persone affette dalle malattie sopracitate, al personale ospedaliero od ai meritori dottori che, praticando la clownterapia, cercano di rincuorare i pazienti. Se vi ho causato fastidio, per favore non esitate a dirmelo che provvederò a modificare/eliminare del tutto la causa della vostra sofferenza, in quanto non è, era e sarà mia intenzione procurare dolore attraverso i miei scritti. Mi scuso in anticipo.

Riassunto
Maddy si riprende dall'ospedale e incontra Kassandra, che le da la medaglia a patto che scorti sua sorella, Désirée, al museo, perché è senza alcun pokemon. Désirée però possiede un potere speciale: infatti è telepatica, e causa motivo di ulteriore imbarazzo per Maddy. Arrivati al museo, Maddy ha un infarto e abbandona la tizia nel giardino, mentre lei e Daikke ritrovano Jack, che cerca di fargli pagare il biglietto, facendo arrabbiare Maddy. Inoltre, con il suo fiuto, trova una Bilia, e, nonostante Jack provi a fermarla, attiva l'allarme che chiama i proprietari del museo. Che sia Madd-Madd e Daisuke conoscono.

Disclaimer
Ronald McDonald is not my property.
Biancaneve nemmeno.
Il signore degli anelli manco.
Altre-cose-che-potrebbero-essermi-sfuggite, non sono di mia proprietà.


Commenti
Ammettiamolo, quello di introdurre le Bilie è stato un colpo di genio! Oh almeno, a me piace come idea o.o”
Vediamo un po' quanti di voi sanno chi sono i due personaggi comparsi nelle ultime righe ~ Spero non ve li siate scordati >:D
E, dulcis in fondo, quali sono le vostre impressioni su Désirée? Avete qualche consiglio per renderla un personaggio 'a tutto tondo'? ;)

Grazie per la pazienza, e scusate per tutto (dopotutto non è uno dei miei chapter migliori, fa proprio pena...-.-)!
Ringrazio chi segue/preferisce/ricorda la fic, e specialmente coloro che recensiscono. Weee ~
Love, GloGlo96

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Capitolo 29
*** Visita al Museo ***


Pkm 29.4
~ Visita al museo ~
 
 
TU! Che ci fai qui!?
 
Passò circa un minuto di silenzio, dato che nessuno di noi voleva iniziare a dare spiegazioni. Alla fine, il tizio dai capelli blu – l'unico adulto presente – sbraitò:
Mocciosa impertinente! Non ti bastava aver messo in pericolo la mia persona alla casa diroccata, ora vuoi anche derubarmi!” Mi puntò il dito contro, mentre il minatore al suo fianco spalancò gli occhi.
Allora era lei quella che perdeva tempo a mancarti di rispetto, al posto di trovare una soluzione per fuggire?” Marciò verso di me minaccioso, tirandosi su le maniche. “Ebbene, sappi che non mi sono dimenticato di quella volta al Monte Meteora! Credevo di essermi sbagliato a reputarti una criminale, ma ora ne ho la certezza!”
Per la brutta piega che stava prendendo la situazione, decisi di mantenere le distanze fra me e il ragazzo dai capelli fotosintetici, prendendo a rotolare in direzione opposta come un tronco. Mentre stringevo l'enorme Bilia come un peluche, per proteggerla da eventuali urti, presi a ribattere.
“Hey! Almeno ti ho liberato dalle catene, mentre tu non hai fatto altro che lamentarti!” L'uomo s'irrigidii, digrignando i denti per l'offesa.

E poi, non ho mai pensato di rubarvi niente!” --per ora. Ma questo non devono saperlo, no?
Il più giovane si bloccò sul posto, mettendosi le mani sui fianchi e battendo sul pavimento con lo stivale. “No? Allora cosa ci stai facendo con la mia Bilia, scovata nelle più remote profondità dei sotterranei di Sinnoh?” Il suo tono era sospettoso e pieno di ironia. Mi fermai a pancia all'aria, voltandomi verso di lui.
Oh.” Vero. Come fare a spiegargli che era stato a causa di un'ossessione incontrastabile? Alle mie spalle, Jackpot aveva iniziato a muoversi furtivamente in punta di piedi, per fuggire da quella situazione. Daikke, leggermente inquietato dalla quantità di persone con cui aveva a che fare, aveva deciso di mimetizzarsi nell'ombra della sala per osservare come sarebbe finita la vicenda. Anche lui pareva detestare i due minatori.
Mmh, beh ...” Qualunque cosa tu dica, non raccontare la verità. Non ti mettere in ulteriori pasticci! Mi avvertirono i miei neuroni, sperando di contenere la mia idiozia.
Vedi ...” Peccato che io, fra i miei numerosi difetti, ero anche estremamente sfacciata. “Volevo prendere la Bilia, ma per sbaglio ho urtato il piedistallo e questa è caduta. Così, per evitare di ammaccarla, mi sono lanciata per afferrarla!” Raccontai spudoratamente.
L'altro aumentò il ritmo del battere del piede, allargando le narici. Pretendeva spiegazioni. “E perché volevi La Mia Adorata, se non era per sgraffignarla?”
Senza pensare, mi tirai su di scatto, con l'impressione di avere delle scintille che ronzavano attorno al mio volto illuminato. Strinsi al mio petto la gemma, come per evidenziare il punto. Quindi, assumendo inconsapevolmente un tono dolce come lo zenzero, annunciai, convinta:
Perché aveva bisogno di affetto!”
 
Calò un silenzio tombale. Jack era inciampato sui suoi piedi ed ora giaceva a terra, percosso da un risolino disperato. “Condannati … siamo tutti condannati ...” Biascicava, cercando di strisciare, con le ultime forze, verso l'uscita.
Daisuke, allibito dalla cretinata che avevo appena sparato, pareva indeciso se sprofondare nella delusione o andare a prendere a testate il muro.
I due davanti a me, invece, ebbero due reazioni contrastanti. Il primo, ancor più infuriato di quanto lo era da appena arrivato, decise di andarsene commentando: “Ragazzo, occupatene tu. Vado a chiamare l'ospedale psichiatrico.”
Ma l'altro era troppo assorto nei suoi pensieri. Era diventato più pacifico rispetto a prima, tanto che smise di battere sul pavimento e si concentrò per osservarmi attentamente. Sotto pressione e leggermente imbarazzata per quello che mi ero fatta scappare dalla bocca – non molti riuscivano a comprendere il mio puro amore per le cose preziose – abbassai il volto sulla Bilia, guardando meravigliata le varie sfumature che prendeva a seconda della luce.
Quindi udii un lieve sospiro, seguito da un “Mh.” di decisione. Il ragazzo che fino a poco fa mi aveva sbraitato contro, si avvicinò a passo tranquillo, tendendomi la mano. Gliela presi, non del tutto convinta, e in un batter d'occhio mi ritrovai in piedi. Con lui che mi stava ancora tendendo la mano, espressione noncurante.
What?” Corrugai la fronte, non capendo cosa volesse.
Mi restituisci La Mia Adorata spontaneamente, o devo prenderla con la forza?” Domandò poi, seccato. Pareva ancora un po' dubbioso delle mie intenzioni.
... C'è un'opzione di riserva?” Non voglio abbandonare la poveretta in questo museo polveroso!
Sì.” Rispose quello, meccanicamente. “Se ti piace la prigione ...”
Uff.” Misi il broncio, restituendogli a malincuore la Bilia. Ma la mia anima stava piangendo. Tornerò per te, figliola! Non ti preoccupare, a dispetto di quanti anni ci metterò, riuscirò a sottrarti alle grinfie di questo schizofrenico!
Ed ora … Jack, per quale motivo pensi che ti abbia assunto?” Lanciò al rosso una veloce occhiata annoiata. “Non certo per vederti imitare i lombrichi.”
Jack, alla fine, non era riuscito ad abbandonare la sala nemmeno strisciando. Lo guardai, notando il suo leggero tremolio e il suo sorriso nervoso. “M-mi rimetto subito all'opera, capo. S-solo, aspetti che mi riprenda dal crampo ...” E te pareva. Jack ha proprio tutte le grane possibili. Mi dissi, ormai abituata alle sue difficoltà fisiche.
Il minatore aveva appena finito di posizionare la Bilia nell'inclinazione da lui decisa, ed ora era passato ad esaminarla con sguardo critico, alla ricerca di qualche incrinatura.
Perciò, cosa volete?” Domandò, spolverando la gemma con delicatezza.
In realtà, noi dovevamo solo accompagnare una nostra conoscenza … ma si è persa nel giardino.” Chissà che fine aveva fatto Désirée. Fortunatamente non aveva partecipato alla scenata.
Incantevole, vero? È uno dei punti forti di questo museo. Io e mio padre ci abbiamo messo secoli, prima di ultimarlo.” Commentò, facendo un piccolo sorriso compiaciuto.
Err … già.” 'Incantevole' solo se non contiamo tutti i disgustosi mostriciattoli che vi hanno trovato abitazione. “Comunque, che ne dici di --”
 
Madeleyne! Daisuke!” Sentii la porta alle mie spalle aprirsi. Ne sbucò fuori un'ansimante matassa di capelli biondi. “M-mi spiace, non volevo arrivare in ritardo! Scusatemi!”
Oh, Désirée.” Bofonchiai, sperando che la sua comparsa poteva rendere la situazione meno imbarazzante. “Bentornata!” Non ti scusare. Hai fatto molto bene a restare nel giardino, se devo dirla tutta: qui ne sono successe di tutti i colori! Pensai, volendo mettere alla prova i suoi famigerati poteri.
Sul serio?” Inclinò la testa da un lato, perplessa. Quindi fece un enorme sorriso, mostrandoci ciò che teneva in mano. “Beh, per avervi rallentato, vi ho fatto queste collane di fiori!” Trillò, trottando verso di me per prima. Nella sua mano teneva due collane tenute insieme da un sottile filo, una fatta di margherite, l'altra di un fiore indaco che non riuscivo ad identificare. Erano un vero spettacolo.
Al vederle tanto vicino, feci inconsciamente un passo indietro. “Non sono sicura. Mi piace quella lì...” Indicai quella di margherite, grandi e candide. “Ma potrebbero esserci degli ins-insetti.” Incespicai, nervosa.
Désirée, però, replicò: “Non ci sono! Ho preso quelle della migliore qualità!”. Prese a rigirare la collana che le avevo indicato, facendomi effettivamente vedere che non c'erano creaturine alate. Ero ancora un po' dubbiosa, ma al vedere i grandi occhi pieni di aspettativa della ragazza, decisi di indossarla come braccialetto.
Yay!” Esclamò, prima di voltarsi e andare verso Daisuke. Peccato che è una causa persa. Spero non ci rimanga male quando rifiuterà freddamente l'offerta. Scossi la testa.
Désirée parve aver sentito ciò che avevo appena pensato, dato che si era voltata con espressione confusa, senza fermarsi. Proprio allora inciampò sul cadavere di Jack, cadendogli sopra come una pera cotta.
 
Ouch! Ti sei fatta male?” Domandò il responsabile, dimenticandosi dei suoi dolori articolari per preoccuparsi della ragazza. Che in quel momento era diventata color porpora. “S-s-s-s-s --” Balbettò, allontanandosi a quattro zampe, per poi mettersi in ginocchio di fronte a lui. “S-s-scusa! M-mi dispiace tanto!”
Jack, con qualche difficoltà, si tirò su a sedere, ridacchiando. “L'importante è che non ti sei fatta nulla.” Désirée, ancora rossa, scosse energicamente la testa. “Meno male! Se ti --”
Jack, vuoi ritrovarti senza lavoro?” Ricattò una voce atona, proveniente dal minatore fotosintetico. Dall'espressione annoiata, sembrava non fosse la prima volta che glielo dicesse.
N-no! Ahaha! Vado subito!” Prima che potesse rialzarsi, Désirée la afferrò per la t-shirt, costringendolo a prestarle attenzione.
“A-almeno, accetta questa come s-scusa.” Gli tese l'ultima collanina di fiori.

Jack la prese senza esitazione, mettendosela in testa in modo che pendesse da un lato. Sul suo capo, pareva l'aureola di un angelo. “E' davvero meravigliosa. Di raffinata bellezza ...” Le sorrise calorosamente, prima di fare una frase ad effetto. “...ma non quanto la persona che l'ha creata.” Lasciò la stanza mormorando un piccolo 'A dopo!' ed abbandonando Désirée in stato comatoso.
Che carini. Mi ritrovai a pensare. Mi chiedo se Jackpot sapesse ciò che stava facendo. Non credo che si renda conto del suo potenziale fascino... era fin troppo sincero. Ma forse è per quello che risulta così carismatico.
Misi il broncio. Ma non può nulla contro l'appassionante freddezza di Frederick!
 
Daisuke decise di introdursi nella scena. Era logico che volesse farla finita in fretta.
Non avevi niente da fare qui?” Domandò a Désirée, ancora per terra.
Quella si alzò di scatto, abbandonando temporaneamente l'espressione imbarazzata per rivolgersi al minatore. Credo che avesse già capito qual era il ruolo che occupava nell'edificio. “Ah, già! Me ne ero scordata!” Prese a frugare nella borsa. “Mia sorella, durante uno dei suoi viaggi alla ricerca di pokémon da catturare, ha sentito la malinconia di questo piccoletto, trovandolo dopo alcune ore di scavo.” Tirò fuori un oggetto marrone. “Mi ha detto: 'Dés, hai bisogno di un pokèmon. Ho sentito che i ragazzi del museo donano nuova vita ai fossili. Potremmo provare ~'.”
Tutti ci eravamo avvicinati a lei, incuriositi da ciò che aveva in mano. Era grande quanto la mia Bilia, solo di forma irregolare. La maggior parte era composta da un guscio spesso che ricopriva due paia di zampe a spillo – due ben visibili e due mezze sprofondate nella base di roccia in cui era imprigionato. Se non fosse stato terroso – e tecnicamente morto - avrei fatto qualche passo indietro, dato che assomigliava ad uno scarafaggio gigante.
E-emh … mi fa' venire il mal di testa. Potrebbe smetterla di pensare con quei paroloni scientifici?” Supplicò la telepatica, rivolgendosi al ragazzo con i capelli verdi, il quale la ignorò. Era troppo concentrato sul fossile. Abbandonando la sua espressione perennemente annoiata, le prese il fossile dalle mani, contemplandolo come se fosse una divinità.
... zampe raptatorie acuminate, sclerite evoluta in modo da formare un impenetrabile carapace … questo è un Domofossile in perfette condizioni. Spettacolare ...” Sussurrava. Ad ogni caratteristica che elencava, la sua espressione si faceva sempre più estasiata. Scommetto che se avesse la coda, a quest'ora lo vedremmo scodinzolare come un dissennato. Alla mia destra sentii Désirée fare una risatina, complice di ciò che avevo pensato.
 
L'elencazione sarebbe potuta andare avanti all'infinito, ma fortunatamente Daisuke tagliò corto.
Sì o no?”
Per un po' era rimasto ad ascoltare il minatore, come se stesse concordando sulla classificazione che stava offrendo quest'ultimo, ma poi si era reso conto di star perdendo tempo. Beato lui che ci capiva qualcosa di quel che stava blaterando il tizio dai capelli fotosintetici. Tsk, secchioni.
Il minatore sembrò fare uno sforzo enorme solo per smettere di fissare il fossile.
Scusa?” Domandò, non seguendo il discorso.
Sei in grado di riportarlo in vita?” Chiese scocciato il più giovane.
Certamente!” Sbraitò il secchione numero due, prendendo delicatamente il fossile e facendoci cenno di seguirlo. “Ragazzini che dubitano della mia competenza ...” Scoccò un'occhiata nella nostra direzione. Ad ogni passo perdeva un po' del suo astio, per ritornare un apatico dall'espressione seccata. I suoi sbalzi d'umore m'intrigavano.
In ogni caso...” Riprese dopo alcuni minuti di cammino attraverso varie sale dedicate ai sotterranei di Sinnoh. “L'altra volta vi avevo promesso degli ingressi gratuiti.”
A-ah! Ma è giusto che paghi il biglietto, non posso accettare questa gentilezza!” Farfugliò Désirée, tirando fuori il portafoglio. I miei occhi automaticamente s'incollarono a quella visione, mentre la mia mente conteneva il mio bisogno primario da kleptomane.
Non ti preoccupare.” Comunicò il minatore, prendendo i Poké senza ripensamenti. Aveva la stessa espressività della segreteria telefonica. “Per te non esisteva alcuno sconto.” Terminò sfrontato, ignorando quando il volto della sua cliente si tinse di vergogna. Mi dispiaceva vederla in quello stato. Le diedi una pacca sulla schiena, in modo da calmare sia lei, che i miei bollenti spiriti: se non cambiava approccio, il tizio con i capelli vegetali sarebbe precipitato nella mia 'Lista delle Persone Incontrate Più Insopportabili'.
 
Il museo era estremamente silenzioso. Dopotutto era logico: immerso nell'erba alta, era difficile raggiungerlo se non si sapeva dove cercare. Si camuffava bene con l'ambiente.
L'unico suono che era possibile sentire, di tanto in tanto, erano le esclamazioni di meraviglia di Désirée. Ne faceva almeno uno in ogni stanza, spesso esagerato rispetto al suo reale contenuto. Cioè, davvero si poteva essere così esaltati per un museo?
La risposta mi arrivò poco dopo, quando, varcata la sesta stanza, giungemmo finalmente in quella dei fossili. O meglio, in quella degli scheletri dei pokemon fossilizzati. Avevo già visto quello dell'enorme aragosta alata che trionfava nell'atrio principale, ma mi faceva rabbrividire per la sua somiglianza ad un insettone gigante. In questa stanza, invece, dovetti lustrarmi gli occhi.
Wah ~” Esclamò Désirée, dimenticandosi del suo fossile e correndo a spalmare la faccia e le mani contro il vetro della teca centrale. Assomigliava ad una bambina. “Magnifici! Guarda Maddy, guarda!” Le brillavano gli occhi.
Inconsciamente mi avvicinai alla sua stessa teca, osservandone meglio l'abitante. Era un colossale ammasso di ossa che si prolungava dal capo – su cui era presente una placca liscia a forma di cono che era, fra l'altro, estremamente spessa – alla coda. Sei enormi ossa appuntite sbucavano attorno alla placca, facendomi pensare che potessero essere state usate come armi, per trafiggere la preda. E poi, dopo averla smembrata con i suoi artigli sulle zampe anteriori, l'avrebbe sbranata con i suoi denti aguzzi, ingoiando le interiora golosamente, banchettando con il sangue che --
Madeleyne, credo di star male ...” Sussurrò Désirée, impallidita. La fissai per qualche istante, non capendo a che si riferiva. Quindi mi sbattei una mano sulla fronte, allontanandomi dalla bacheca e biascicando: “Me n'ero scordata, sorry.”
 
L'animale era eccezionale, certo, ma secondo la mia impressione, era sopravvalutato. Sinceramente, preferivo i dinosauri affusolati, leggeri e rapidi. Il predatore veloce e spietato, insomma. Cercai con i miei occhi qualcosa di simile alla mia descrizione, trovandola in un angolo ampio della sala, sospeso in aria, appeso al muro grazie a dei fili trasparenti. Era l'unico dinosauro – ma era giusto chiamare i pokemon fossili in quel modo? - volante presente, dotato di enormi ali scheletriche alla cui fine c'erano due mani. Il capo mi sembrava quello di un demone, forse a causa delle due piccole corna che spuntavano a mo' di orecchie e dei piccoli, ma numerosi denti che sbucavano dalla sua mandibola allungata. La parte che mi piaceva di più? La coda. Era sottile, lunga, formata da svariati ossicini fino a culminare a punta di freccia. Feci una veloce fotografia con Dexi, in modo da poterlo ridisegnare più tardi.
Niente foto all'interno del museo.” Mi avvertì la solita voce seccata.
Sospirai, lamentosa. “Ma volevo usarla come modello per un possibile ritratto … per essere un mucchio di ossa, è così aggraziato ...” Mi lasciai scappare.
Pensavo se ne fosse andato, ma quando mi voltai per andarmene, lo vidi dietro di me, che mi osservava perplesso. “Aggraziato? Certo, è leggiadro. Ma l'Aerodactyl è anche una feroce macchina da guerra.” Mi ricordò, monotono.
Io scossi la testa e tornai a guardare il fossile. “Eppure è avvenente. La sua struttura sinuosa, le sottili ossa che sporgono dalla colonna vertebrale, la fragilità degli arti...” Riportai il mio sguardo sul ragazzo-pianta, sorridendo, affascinata. “Non credo bisogna essere artisti, per notarlo.”
Lo vidi fissarmi in modo contemplativo, ma siccome non ero telepatica come Désirée, non potevo sapere a cosa stesse pensando. A quel punto alzò lo sguardo verso l'Aero-coso.
Aerodactyl, pokémon preistorico derivato dal Ranforincoide, sottordine degli Pterosauri. Alto un metro e ottanta circa, era onnivoro, anche se preferiva nutrirsi di prede catturate piombando su di loro e lacerandogli la gola attraverso le sue zanne acuminate.”
Continuò a parlare dell'animale per un altro paio di minuti, ma io ascoltavo la metà di ciò che diceva. Ero stupita da quante cose conosceva, per essere uno schizofrenico dalla dubbia razza. L'unica cosa che mi tratteneva dall'interromperlo – dopotutto, Désirée doveva resuscitare la sua pietruzza – era il fatto che, per quanto fosse noioso ciò che stava raccontando, lui riusciva a renderlo interessante. E questo perché, per la seconda volta di quella giornata, il suo solito tono annoiato era stato sopraffatto dall'intensa passione che provava per le esposizioni del museo. Quando parlava di fossili sembrava trasformarsi.
 
Ah-emh.” Richiamò Daisuke alla mia sinistra, con tono irritato. Affianco a lui vi era Désirée che sorrideva misteriosamente: sembrava conoscere qualcosa che nessun altro sapeva. I suoi occhi passavano da Daikke a me.
Concordo sul fatto che Madeleyne abbia bisogno di qualche lezione di cultura generale per riempire la sua testa vuota.” Misi su un piccolo broncio. Il damerino si spinse gli occhiali sul naso. “Ma converrebbe determinare le priorità.”
Il ragazzo-pianta smise di raccontare le vicissitudini dell'Aerodactyl – aveva continuato a ripetere quel nome per almeno cinque minuti, come potevo non ricordarlo? - ed il bagliore che prima aveva occupato i suoi occhi si spense.
Concordo. Passiamo oltre ...” Lo seguimmo titubanti mentre questo apriva una delle tre porte della sala. Io lanciavo delle occhiate a Daikke e Désirée, cercando di decifrarne i pensieri. Ma uno era il solito apatico menefreghista, mentre l'altra era tornata a cinguettare su quanto fossero emozionanti le esposizioni.
 
Ad un tratto la nostra guida si fermò, mostrandoci un'enorme macchina dalla quale sbucavano almeno una dozzina di fili di svariati colori. Era a forma di cilindro trasparente, con all'interno una piattaforma di metallo. Il tizio fotosintetico – sì, mi ero impallata con quel nomignolo – posizionò il fossile della nostra compagna all'interno dell'apparecchio. Quindi, con molta attenzione, iniziò a collegarlo al congegno con diversi cavi che terminavano a ventosa. Se potevo dirla tutta, il marchingegno sembrava l'opera di qualche scienziato pazzo. Iniziavo ad essere sospettosa.
Che sia tipo Resident Evil? Non è che ci sono altri macchinari nascosti che producono creature mostruose dalle lunghe lingue e dai forti intenti omicidi? Non mi piace questa storia. Nononono.
Incominciai a guardarmi attorno, alla ricerca di possibili armi da fuoco per combattere … o una motosega. Già, avevo una forte predilezione verso le motoseghe.
Non credo che ci siano zombie qua attorno, Maddy.” Mi rassicurò Désirée, attirando sguardi curiosi da parte degli altri due.
Il ragazzo-pianta tornò al lavoro, chiudendo il fossile all'interno del marchingegno e digitando dei codici sul display collocato di fianco ad esso. Annoiata, iniziai a farneticare sulle prime cose che mi venivano in mente. Potevo essere logorroica, a volte.
Forse non ci sono zombie ...” Schioccai la lingua, con l'aria da intenditrice. “Ma che mi dici dei mucchi di ossa in quella stanza? Potrebbero venire resuscitati come in 'Una notte al museo'! E allora saremmo tutti fregati. Desideroso delle nostre carni, l'Aero-coso ci precipiterebbe addosso--”
Aerodactyl.” Mi corresse Daikke, che ormai non tentava più di fermare i miei treni di pensieri. Si era arreso dopo la prima settimana di viaggio.
Giusto!” Commentai, facendogli Il Pollice. “Per non parlare dell'enorme T-Rex!”
Désirée stava ridacchiando senza sosta, divertita dalla mia immaginazione. Il minatore, che aveva appena terminato di attivare il processo di risurrezione, uscì dalla stanza, entrando in una specie di sala d'aspetto con tanto di poltrone e macchinette per le merendine. Biascicò che ci sarebbe voluto almeno un'ora per il completamento dell'operazione.
 
A dir la verità, quei fossili sono troppo antichi per essere resuscitati.” Rivelò, sedendosi sulla poltrona più vicina alla sala rianimazioni. Imitandolo, prendemmo anche noi a sederci. “Hanno perso quel piccolo grammo di vita che potevano ancora contenere.” Aggiunse.
Oh. Peccato. Povero T-Rex.” Blaterai distratta, non facendo più caso alla conversazione: stavo fissando il distributore delle merendine con aria molto ambigua.
I Rampardos non provengono dai Tirannosauri.” Spiegò Daikke, con tono da maestrina. Stava per aggiungere qualcos'altro, quando notò che la mia coscienza non era più con loro. Dedusse le mie intenzioni riguardo la macchinetta delle cibarie e, di conseguenza, si massaggiò il setto nasale, deciso a non immischiarsi.
Al suo posto continuò la voce annoiata del minatore fotosintetico: “Infatti, discendono dai Pachicefalosauri.” Sospirò tediosamente. “Strano come la gente possa confonderli. Dovrebbero riconoscere il tipico ispessimento osseo della testa a cupola ...” Prese il caffè che aveva appena ordinato dalla macchinetta alla sua sinistra e si mise a fissarlo a vuoto. La sua espressione passiva mi faceva venire i brividi.
 
Passarono dei minuti di silenzio, durante i quali avevo cercato di comprendere quale potesse essere l'approccio più adatto per svaligiare una macchinetta. Non l'avevo mai fatto, ma non poteva essere più complesso che aprire una cassaforte. Ad occhio e croce era un meccanismo semplice, nulla che con un paio di forcine non si potesse dischiudere. Ora, avevo semplicemente bisogno di una qualche distrazione. Non potevo mettermi all'opera se il tizio dal perenne stato vegetativo era nelle vicinanze. Mi scrocchiai le dita, desiderosa di mettermi all'opera. E poi, ci sono le telecamere. Maledette! Prima le localizzo e prima le –
Pss! Madeleyne!” Mi chiamò Désirée, dall'espressione incerta, che si era seduta su una poltrona vicino alla mia. Le lanciai uno sguardo confuso. “Stai scherzando, vero? Cioè, non puoi pensare veramente di derubare questo museo. È contro la legge ...”
Non potevo credere a quello che avevo appena sentito. Mi presi la faccia fra le mani, disperatamente spossata. “E' proprio per questo che è eccitante.” Le risposi di rimando, decidendo allo stesso tempo che era meglio condurre la conversazione in privato. L'ebbrezza che si ottiene quando si termina positivamente un furto... la sensazione di controllo e potere … ci si sente realizzati al vedere il proprio bottino. È una cosa che va oltre la sfera morale. Va oltre il semplice essere. Varcare il proibito …
Mi fermai: ciò che pensavo era allarmante. Era ovvio che il rubare fosse sbagliato ed era ovvio che a dispetto di ciò ne traessi lo stesso piacere. Ma arrivare fino a venerarlo? Forse avevo davvero un problema.
Però …
Guardai nuovamente la mia nuova vittima, osservandone il contenuto e il lucchetto di sicurezza. Percepii un formicolio di eccitazione risalirmi la schiena.
I-io --” Désirée distolse lo sguardo dalla mia faccia incantata. “Non mi piace quel che stai architettando.” Sussurrò. “Trafugare è sbagliato. Preferirei che non ti mettessi nei guai ...”
Per favore!” Sospirai. “Se proprio non ce la fai a sopportarlo, mettiti da parte, come ha imparato a fare Daikke!” Più o meno. A volte mi vieta categoricamente di condurre azioni illecite. Ma io l'ascolto? Pfff!
No! Non starò a guardare mentre tu infrangi la legge... non cedere ai tuoi impulsi!” Dichiarò, cercando di farmi forza. I miei impulsi? Ormai non la stavano più ad ascoltare.
Daikke si era esiliato nel suo mondo, ed ora procedeva a controllare i dati del pokédex. Il vegetale umano aveva smesso di fissare il fumo che usciva dal caffè ed ora procedeva a berlo con molta calma. Il posto era di una noia mortale. Incrociai le braccia, mormorando fra me e me. “Avrei bisogno di una distrazione. E dubito che possa cadere dal cie --”
 
BOOOM!
 
Si sentì un enorme frastuono. In men che non si dica ci alzammo tutti in piedi, chi con preoccupazione e chi con rabbia. Ed io, stranamente, facevo parte di quest'ultima fazione.
Un attimo di tregua per me è un optional, vero?” Per tutta risposta, il terreno iniziò a vibrare.
Poche lamentele.” Ordinò il minatore, che oltre al suo peculiare passivismo mostrava un po' di frettolosità. “L'uscita più vicina è da quella parte. Basta seguire le indicazioni.” Additò la porta opposta a quella da dove eravamo entrati. “Vi conviene --”
Ragazzo!” La suddetta porta si spalancò, rivelando il proprietario del museo che prima ci aveva lasciato. Si era appoggiato allo stipite della porta, annaspando senza sosta. Mentre gridava, dimenava il proprio braccio destro, nella quale stringeva un grosso piccone. “Hanno attaccato l'area 7 e l'area 11! Le telecamere li hanno registrati per un breve istante e ad occhio e croce sono due gruppi di cinque persone!”
Sgomento, il minatore dai capelli verdi spalancò gli occhi: “L'area 7?! Ma in quella zona ci sono i fossili di …!” Scosse la testa violentemente, assumendo un insolito atteggiamento risoluto. “Io vado!” Corse nella direzione opposta, scomparendo nella sala dei macchinari.
Il suo compagno, l'archeologo perennemente infuriato, annuì. Scuotendo pericolosamente il piccone, incoraggiò: “Vai ragazzo! Fagli vedere di che pasta sono fatti gli Scoprirovine!” Quindi si voltò verso di noi. Désirée si era fermamente ancorata al mio braccio, temendo il peggio. Notai con piacere che, in confronto alla sorella, era molto più coraggiosa. Io, invece, cercando di mantenere la calma, ricorsi al mio solito trucchetto della parlantina. Mi lamentavo del destino, mi lamentavo degli archeologi psicopatici, mi lamentavo della mia sfortuna …
 
Ma cosa ho fatto di male? Non potremmo andare d'accordo, Dea Bendata? Perché mi odi così tanto?” Bofonchiavo, osservando il lampadario che oscillava rischiosamente. Le scosse si stavano intensificando, come per prendersi gioco di me. Assunsi un tono arrendevole. “Ho capito. Devo aver combinato qualcosa di imperdonabile nella mia vita passata. Maledetto karma!”
Daikke teneva sollevato il sopracciglio. La sua imperturbabilità era un vero mistero per me. Esasperante, certo, ma comunque utile, in situazioni del genere.
Ogni volta che comparite voi, succede sempre un disastro!” L'archeologo si rivolse a noi, con gli occhi accecati dalla furia. “Spero che non centriate qualcosa in questa faccenda, perché sennò --” Fece un suono strozzato, massaggiandosi le meningi con fare violento. “Ne riparleremo in seguito. Seguitemi, vi condurrò al sicuro!”
Noi tre ci guardammo diffidenti. Io e Daisuke avevamo già incontrato questo tizio, ed era inutile dire che non aveva fatto una buona impressione su di noi. Era lo stesso archeologo che il team Pyro aveva rapito sulle montagne e che, da quando eravamo comparsi, non aveva fatto altro che inveirci contro. Avrei preferito essere divorata dai dinosauri, piuttosto che fidarmi di quello lì.
Maddy, Daisuke!” Chiamò Désirée, correndo verso l'uomo. Sembrava decisa. “Non ha intenzioni malvagie, vuole davvero aiutarci! Parola d'onore!” E se una telepatica diceva così, non poteva che essere la verità.
Daikke scrollò le spalle, incamminandosi tranquillamente verso i due.
Per quel che mi riguardava, ero ancora dubbiosa. Ma una nuova, più potente scossa mi fece cambiare idea. “Sapevo che in questo posto si annidavano gli zombie!” Mi lagnai, facendo qualche passo verso gli altri. Non potevo correre, in quanto mi sentivo ancora cedere la gamba. Stupido Frederick! Lui e il suo fascino che freddava!
Dal soffitto erano prese a scendere piccole scaglie d'intonaco che accompagnavano pezzi più grandi di muratura. Riuscivo a sentire la rottura delle tubature fra le pareti, ed il rumore delle tegole frammentarsi. Aumentai il passo, guardandomi attorno con aria preoccupata. Poi il terremoto si fermò, lasciando tutto in un silenzio tombale.
 
Madeleyne, forza, sbrigati!” Esclamò Désirée, scomparendo con l'archeologo in un corridoio. Daisuke li seguiva a ruota, un po' più distaccato.
Perché mai dovrei?” Le dissi, ritrovando un po' di pace. “Le scosse si sono assestate, no? Quindi non c'è più peri--”
 
Crack.
 
Prima che potessi capire da dove provenisse il minaccioso suono, Daikke si era già voltato verso di me, occhi allarmati. Un orribile presentimento s'impossessò dei miei pensieri.
Nello stesso attimo guardai in alto con espressione inconsapevole. Fu allora che notai la crepa presente sul soffitto, che si allargava sotto il mio sguardo ingenuo. La fenditura attraversava la parete in diagonale, facendomi presupporre che ci fosse qualcosa, una trave forse, che stesse esercitando una maggiore pressione rispetto al resto del soffitto, causandone il repentino spezzamento.
 
Ci misi un secondo per fare quell'analisi. Ce ne misi due per comprendere la grandezza del pericolo e catalogare l'intera situazione come ironicamente assurda - come potevano esserci simili incidenti ogni volta che mettevo piede in un nuovo luogo!?
Ma al sesto secondo, proprio quando le mie gambe erano appena riuscite a ricevere gli impulsi nervosi dal cervello, proprio quando, in preda al panico, avevo appena fatto un passo indietro per fuggire dal pericolo, la breccia si ruppe.
 
Dal soffitto, come a rallentatore, vidi precipitare un cumulo all'apparenza infinito di tubature, assi in legno, calcinacci e blocchi di muratura.
Per la quantità di polvere sollevata fui costretta a chiudere gli occhi, mentre il rumore assordante di valanga travolse il resto dei miei sensi.
 
La catasta di macerie si rovesciò sul pavimento.

 
 




 
 
 
~ Author's corner
Buondì! Sigh, a volte mi chiedo why, WHY abbia scelto di ambientare la mia FF in una regione inventata. Sembra facile, perché così si può plasmare tutta la vicenda come si vuole, ma in realtà rende le cose più difficili da scrivere. Si devono fare un sacco di descrizioni ed inventare numerosi personaggi (non che mi dispiaccia, adoro idearne di nuovi ~).
Però da un sacco di soddisfazione vedere che i miei sforzi non sono sprecati ♪ Thanks guys!!
 
Riassunto
Dentro al museo, i due Scoprirovine se la prendono con Maddy. L'archeologo decide di dissociarsi, in modo da preservare i pochi neuroni sani che gli rimanevano, mentre il secondo, il minatore, riacquista il suo carattere perennemente annoiato e scorta i tizi all'interno del museo per poter resuscitare il fossile (indovinate qual'è?) di Désirée. Jack è sparito dalla scena per evitare di essere licenziato, ma chissà se tornerà dai nostri protagonisti, per aiutarli a scampare all'attacco del museo? Chi ha causato quelle scosse? Il crollo del soffitto quali danni ha causato?
 
Disclaimer
'Resident Evil' is not my property. Anzi, dato che per scrivere il chapter mi sono informata sul gioco, stavo pensando se giocarci o meno. Voi che mi dite? È troppo spaventoso? *codarda*
'Una notte al museo' non è di mia proprietà. Stupendo il film, comunque.
Altre-cose-che-potrebbero-essermi-sfuggite, non sono di mia proprietà. (perché sono troppo sbadata)
 
Commenti
Alors, ho deciso che per i prossimi chapters, a meno che non sia necessario, manterrò una lunghezza di massimo 10 pagine. Sennò diventa troppo lungo da leggere, e mi darebbe fastidio darvi fastidio. L'unico problema è che così potrei farvi leggere dei capitoli inconsistenti … *realizzazione* Questo capitolo è inconsistente? T.T
Però è anche giusto far succedere qualcosa fra una città e l'altra, no? :)
 
Se qualcuno se lo stesse chiedendo, sì: Madeleyne e il suo gruppetto saranno sempre al centro di qualche disgrazia. È il loro destino. Perché? Perché senza un po' di BUM! BAM! BADABUM! Non si può dire di aver avuto una giovinezza colma di esperienze! [Ma se ci ammazzi prima, non avremmo mai una 'giovinezza' completa! Nd. Maddy] [Silenzio! Viva il sadismo! Nd. Moi]
Tutti si ricordavano del minatore incontrato nella montagna e dei suoi piccoli .. emh … scatti di pazzia. Qui si scopre un po' di più sulla sua personalità. Mi spiace per il vecchio archeologo, ma volevo approfondire più il suo figliolo ^^;
 
Tanto per farvi sapere, secondo me i pokémon convivono con gli animali. Esistono assieme, anche se non interagiscono molto. Mi sembrava carino fargli avere un'origine comune, collegandoli attraverso i dinosauri! Oh, e se qualcuno non ci capisce molto dei paroloni scientifici che usa il ragazzo-pianta, non si deve preoccupare xD. Suppongo siano corretti (mi sono informata), ma non sono uno scienziato o.o
Chiudo il lungo e noioso monologo con la seguente dichiarazione: scrivendo FF s'imparano molte cose che a scuola si dimenticano – per esempio, stavolta ho approfondito le mie conoscenza in archeologia *.*
 
Scusate per … beh … capitolo non soddisfacente? Cerco di scrivere qualcosa di decente, ma recentemente sono sempre impegnata >.<
~ Bye! GloGlo96

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Capitolo 30
*** Looking for the assailants ***


Pkm 28.0 [NB: nell’author’s corner c’è una cosuccia su cui vorrei avere un parere, vi pregherei di leggerlo…]
 
 
~ Looking for the assailants ~
 
 
Non appena le macerie raggiunsero il pavimento, i presenti furono costretti a chiudere gli occhi per evitare che la moltitudine di polvere e intonaco potesse causare qualche danno. Erano ancora in stato d’allerta, pronti a scappare nel caso di una nuova scossa o di un crollo. Ma il museo era silenzioso. Se ci fosse stato qualche altro pericolo, non sarebbe avvenuto in un tempo prossimo.
La prima a muoversi fu Désirée, che dall’uscita della stanza si era precipitata verso il suo centro, appoggiando l’orecchio sui detriti. L’archeologo era rimasto sullo stipite della porta,  studiando la scena.
“Madeleyne, rispondi!” La faccia di Désirée era pallida dal panico.
Dall’altro capo del muro non si sentiva un bel niente. Da quel che aveva visto Daisuke, ciò che era crollato non poteva che essersi ammassato in un muro spesso almeno due metri. Fra gli oggetti dalla stazza più preoccupanti vi erano, fra l’altro, un’enorme trave di legno e lunghissimi tubi d’acciaio. Era una struttura fragile, annosa, non era stato sorpreso del suo improvviso cedimento.
“Maddy! Maddy!” Chiamava senza sosta la ragazza bionda, provando a togliere qualche blocco di muratura, senza riuscirci. In effetti, l’ammasso di detriti doveva essere, oltre che largo, molto compatto.
 
Nella sua mente iniziò ad infiltrarsi un piccolo dubbio. Era arrivato troppo tardi? Magari Madeleyne era rimasta sepolta sotto strati e strati di cemento. Ne sarebbe stata capace, per quanto la sfortuna la perseguitava …
“Non dirlo neanche per scherzo! Maddy non può-” Lo rimbeccò Désirée, lanciandogli uno sguardo incredulo. Scosse la testa, continuando testardamente a gridare. “Maddy! Per favore!”
L’archeologo, che aveva cercato di contenere – senza riuscirci – la propria impazienza, sbraitò: “Mi pare inutile continuare ad urlare, ragazzina. Se proprio volete vedere com’è la situazione, dovremmo fare il giro ed arrivare dall’altra parte!” Persino Daisuke non riuscì a contenere un senso di disgusto per l’insensibilità che dimostrava l’uomo.
“Madeleyne! Dai, rispondi!” Lo ignorò Désirée, concentrata. Dalla sua posizione riusciva a vedere il suo labbro tremolare. L’archeologo, offeso, digrignò i denti, voltandosi di lato.
“Maddy--”
“Dés!” Non sapeva come, ma Daisuke era riuscito a sentire una flebile voce proveniente dall’altro capo del muro. Immediatamente dopo, si udì il rumore di qualche tubo e calcestruzzo cadere sulle piastrelle della sala. “Coff! coff! Cough!” Seguirono una moltitudine di colpi di tosse e starnuti.
“Madeleyne!” Alla telepatica le si illuminarono gli occhi. Fece una linguaccia all’archeologo girato di spalle e riprese a parlare. “Sei tutta intera?”
“Che ne so! Mi sono trovata in mezzo a tubi arrugginiti e affari pesantissimi! Non ci vedo una mazza perché la polverina bianca che stava cadendo-”
“Intonaco.” Specificò Daisuke di rimando, troppo abituato a correggere la ragazza per realizzare che tanto non l’avrebbe potuto sentire. Se lei doveva lamentarsi, tanto valeva che lo facesse usando una grammatica corretta.
“- e mi sento prudere dappertutto!” Désirée ridacchiò, sollevata. Allo stesso tempo, Daisuke fece un profondo sospiro, liberandosi dell’oppressione che aveva provato fino a qualche secondo fa. Se aveva ancora la forza di blaterare scempiaggini, allora stava perfettamente bene. La sua logorreicità non aveva limiti.
“… Daisuke ha appena detto che sei logorroica!” Riferì Désirée, a pappagallo. Il suddetto interessato la guardò molto scocciato, mentre quella aveva le labbra sollevate in quel che sembrava un sorrisino angelico.
“Tsk, è da un mese che lo ripete. Non capisce che quel che dico ha perfettamente senso. Solo, è troppo filosoficamente avanzato per la sua capacità cerebrale, troppo legata alle regole ed ai libri, priva di elasticità!” Dietro la parete di detriti, la sua voce era confusa e distante, ma facilmente distinguibile.
“Sì, certo.” Commentò, senza alzare la voce. Non sapeva se considerarla una cosa positiva, ma cercava sempre di aver l’ultima parola su tutto. “Lagnarsi del proprio prurito è davvero filosofico.”
Désirée, che si era, a quanto pareva, proclamata l’intermediaria fra i due – Daisuke non avrebbe mai sprecato la sua voce per un discorso inutile come quello – ripeté parola per parola.
“… sono un genio incompreso. Tutta invidia, la tua.” Gli parve di sentire anche un ‘umpf’ di offesa. Riconobbe quella come una vittoria, ma non riuscì ad evitare di alzare i propri occhi al cielo.
“Ed ora, tizio Scoprimummie-”
“Scoprirovine! Rovine! Per diamine, mocciosa!”
“See, quel che dici tu.” Aveva un tono incurante. Tipico di lei. Non riusciva a fare a meno di essere impulsiva, riguardo a ciò che diceva o faceva. Daisuke fu colto da un senso d’inquietudine, pensando a tutte le volte che aveva cercato di stritolarlo in una di quelle morse che lei chiamava ‘abbracci’.
“Ora tirami fuori di qui, che ho visto un ragnetto scendere dal soffitto.”
“Ma guarda te che-” L’archeologo era rosso di rabbia. Era estremamente orgoglioso, e il comportamento della sua compagna di viaggio non era certo dei più cordiali.
“La prego, è un’emergenza!” Supplicò Désirée, esibendo due occhi speranzosi. “Ci aiuti…!”
“Mmh …” L’uomo parve contare mentalmente fino a dieci. Inspirò ed espirò profondamente. Quindi andò verso la parete e tastò in giro.
“Il ragnetto sta discendendo le macerie. Muoviti!” Continuò Madeleyne, facendo quel che parevano essere dei saltelli. Daisuke socchiuse gli occhi, riflessivo. La gamba, come sospettava, non si era ancora del tutto ripresa. Il pazzoide con il Frosslass le aveva indebolito i muscoli ed i legamenti, era ovvio che non poteva ancora correre. Il che, per quanto ridicolo, causava un problema: se si fosse imbattuta negli uomini che avevano violato il museo …
“Non posso farci niente, piaga!” Sbottò l’uomo, incrociando le braccia.
“Come niente?” Era molto più difficile distinguere ciò che diceva. Probabilmente si era allontanata dalle macerie per colpa dell’aracnide. Daisuke resistette al desiderio di tirarsi una manata in faccia. “Hai un accidenti di piccone, perdiana! È vero, oppure lo usi come fermacarte!?”
“Modera le tue parole!” L’archeologo si strinse l’arnese al petto, come per difenderlo. “È un utensile fenomenale, la vecchia Kassy!”
“Kassy.” Si sentì una risata trattenuta malamente. “O-ok. Tizio, spacca questi detriti!”
“Sei sorda? Ti ho detto che non posso!”
“Che cosa cavolo c’è? Devi chiederle il permesso?”
“Argh!” L’uomo era furibondo. Sulla sua tempia era comparsa un’enorme vena pulsante. “Se colpissi questa catasta, non farei altro che …!” Si fermò, rabbia completamente dimenticata. Quindi sul suo volto si allungò un sogghigno malsano. “Beh, se proprio vuoi …” Portò dietro le spalle il piccone, caricando il colpo.
“No, cosa fa!” Désirée glielo rubò da dietro le spalle. Probabilmente aveva visto nella mente dell’archeologo ciò che aveva in mente di fare. “È impazzito?!”
L’uomo si voltò di scatto, avvicinandosi con la forza di un toro. Voleva il suo piccone. “Kassy! Grr! Credevo che almeno te, ragazzina, fossi normale!” Ma ciò che né Désirée né l’uomo avevano potuto prevedere, era che l’arnese fosse troppo pesante per la bionda: in meno di due secondi mollò la presa, facendo cadere la testa metallica di ‘Kassy’ sul lato piatto, che aveva schiacciando il piede dell’archeologo.
Daisuke cercò di contenere il proprio fastidio. Come sospettava, stare in mezzo a tante persone era psicologicamente prostrante. Si massaggiò le meningi: aveva disperatamente bisogno di un po’ di quiete.
 
“Uh… Daikke?” Sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Si chiese il perché avesse spinto via la ragazza, prima che il soffitto le crollasse addosso. “Quand’è che nella stanza è entrato un gorilla urlatore?” Un’altra delle sue domande idiote. Perfetto.
“Non esistono ‘gorilla urlatori’.” Sospirò stancamente.
“Oh, andiamo, un po’ d’immaginazione!” Sbuffò, cambiando posizione, avvicinandosi leggermente di più. “Quel rompiscatole … cosa ci vuole per fare un buco fra i detriti!” Borbottò, lamentandosi.
“Ottusa. Avrebbe solo peggiorato la situazione.” Sibilò Daisuke, stufo di sorbirsi l’ingenuità di Madeleyne.
“In che senso?” Per l’appunto.
“ ‘Un po’ d’immaginazione!’ ” Imitò parola per parola ciò che gli aveva raccomandato prima la ragazza. Quella fece un verso di impazienza. Poi ci fu un minuto di silenzio – se non si contavano le urla dell’archeologo e le disperate scuse di Désirée. E il silenzio non era mai un buon segno, quando centrava Madeleyne.
“… Daikke ~” Gli venne un brivido.
“Daikke! Dai, Daikke ~” Iniziava a sentirsi nauseato. Cosa c’era di male nel suo nome? Che diritto aveva per storpiarlo in un modo così – così mostruoso!?
“Daikke, Daikke, Daikke ~?” Le gambe gli divennero molli, rischiava di stramazzare a terra. Non ce la poteva fare. Odiava il nomignolo. Non l’aveva mai sopportato. Punto.
Era peggio di un’allergia: se non avesse fatto qualcosa, gli sarebbe venuto uno shock anafilattico.
“Dai-”
“Ugh, finiscila!” Le ordinò Daisuke, voce colma di aggressività. “Stai! Zitta!”
Avvertì un suono simile ad un guaito. Sapeva di aver tentato la sua pazienza, massacrandogli l’orgoglio. Aveva solo assaggiato la conseguenza delle sue azioni.
“Emh… ah …” Dal muro non provenivano altro che sillabe incerte. “Ho esagerato.” Ammise, con voce a malapena udibile.
“… mph.”
“Mi dispiace.” Continuò. Non c’era bisogno di Désirée per sapere che era vero: Madeleyne era fin troppo spontanea. Non faceva niente che non le andasse di fare.
Decise di portar pazienza, e lasciar scorrere tutta la sua frustrazione. Forse anche lui, aveva esagerato.
“Se fossi rimasta in quella zona quando il ‘gorilla’ avrebbe colpito i detriti, sarebbe crollato tutto.” Specificò, facendo un lungo sospiro.
Madeleyne, capendo che il pericolo era passato, recuperò il suo umore di sempre. “Oh. E questo non sarebbe stato piacevole, deduco.” Ipotizzò, sovrappensiero.
 
La loro conversazione fu interrotta da Désirée, che era appena riuscita a domare il gorilla fumante di rabbia. Si avvicinò al muro – anche Daisuke, inconsciamente, si era approssimato ad esso – ed esclamò: “Non possiamo far altro che raggirare il muro! Ci metteremo un attimo, ok?”
Non arrivò alcuna risposta. La telepatica tese l’orecchio, corrugando le sopracciglia.
“Maddy?”
“…eh? Oh! Oh, sì, un attimo. No problem.” Era distratta. Con la testa fra le nuvole. Daisuke ci mise pochi attimi per capirne il motivo: quindi si massaggiò il setto nasale.
“Maddy? Non dirmi che stai-! No, non ti avvicinare alla macchinetta!”
“N-non r-riesco! L’attrazione è ingovernabile!” Madeleyne fece una voce sforzata. Probabilmente si stava divertendo. D’altronde, ora che non c’era nessuno che potesse fermarla o controllarla, poteva rubare ciò che voleva. A volte riusciva persino ad inquietarlo. Una Madeleyne con in testa solo il profitto? Decisamente pericolosa.
“Metti giù la spranga! Da buona!”
“Spranga? Io vedo solo un’adorabile tubo di acciaio inox!”
“Dico sul serio! Non lanciarlo contro quella macchinetta!”
Per tutta risposta si udì il vetro andare in frantumi.
“Il lato oscuro è troppo potente ~” Sghignazzò per l’ultima volta Madeleyne, riuscita nel suo intento.
Désirée, che Daisuke aveva scoperto avere un enorme senso della giustizia, corse via dalla stanza, seguita dall’archeologo. Anche lui, scuotendo la testa in disapprovazione, decise di mettersi in marcia.
Prima usciva da quel manicomio, meglio era.
 
~ ♪ ~
 
Ero delusa. Molto, molto delusa.
Diedi un morso alla merendina che avevo ‘preso in prestito’: una tavoletta di cioccolato al latte Miltank. Avevo controllato Dexi, e finalmente avevo scoperto cosa diamine fosse, un Miltank.
Ogni giorno che passa mi rendo conto di quanto sia stata ottusa a non accorgermi prima dell’esistenza dei pokemon, quando ne avevo le prove proprio sotto il naso.
“Beh, meglio tardi che mai.” Annuii, prendendo una manciata di dolciumi dalla macchinetta.
Era l’unica cosa che c’era da scippare, dato che i Poké che avevo trovato erano solo 200 …
Corrugai le sopracciglia, pensando a quanto fosse ingiusto che un museo artistico come quello fosse così ignorato dalla gente. Cioè, davvero a nessuno fregava degli scheletri dei Pokésauri – quanto era geniale – e delle pietre preziose che offriva quel luogo?
Mi alzai in piedi, felice di aver introdotto altri grassi eccessivi nel mio corpo. Désirée aveva detto che avrebbero fatto il giro per venirmi a trovare. Era molto preoccupata. Strinsi i pugni, frustrata.
Cos’è, pensano che sia una patetica inferma? D’accordo che sono appena uscita da un ospedale – che mi ha più traumatizzato che aiutato – però tutto questo è esagerato!
Mi sentivo in forma. Anche se mi era crollato addosso un quintale di muratura, ero perfettamente sana.
Carica di determinazione per la mia insolita dose di fortuna, decisi di andare all’esplorazione del museo: non avevo bisogno di una balia. Aprii la porta, ripercorrendo i miei passi. Sarei stata capace di cavarmela, in qualche modo.
Ero una persona nuova, diversa. Questo viaggio mi aveva fatto cambiare, ne ero consapevole. Sentivo l’ardente desiderio di rendermi utile, l’inspiegabile brama di aiutare i più deboli. Avrei assistito quegli smidollati a salvare il loro amato museo. Era la cosa giusta da fare. Se ci impegnavamo, avremmo sconfitto il gruppo di criminali. Avrei dato tutta me stessa!
“… naaa!” Ridacchiai: ero sembrata uno di quegli insensati personaggi con manie di protagonismo che infestavano i videogames. “Tsk, mille volte più sensato starsene fuori dai pasticci. Seriamente, perché dovrei fare la parte dell’eroe? Mica ho un inconscio desiderio auto-lesivo!”
Mi misi a canticchiare, di buon umore, mentre camminavo per un piccolo corridoio. Aprii l’ennesima porta, occhi che cercavano oggetti potenzialmente di valore.
“Si parte con l’operazione S&S!” Mi fregai le mani.
 
 “ ‘Operazione S&S’…?”
Per lo spavento feci un suono strozzato, guardandomi freneticamente attorno. Un ladro? Un assassino?
Poi intravidi una ciocca di capelli verdi. Feci un’espressione indispettita, dandomi della stupida per essere saltata alle conclusioni.
“Sì. Operazione S&S.” Risposi, controllando ciò che il tizio fotosintetico stava facendo. Eravamo nella strana sala dei macchinari alla Resident Evil. Solo, era pieno di crepe e pezzi di muro caduti per terra. Non doveva essere una delle stanze più resistenti …
“Cosa stai architettando?” Domandò, staccando un cavetto dal fossile di Désirée. Il suo tono era sempre il solito annoiato, però si riusciva a percepire una nota di sospetto. Gli diedi istantaneamente una risposta convincente.
“Operazione Sconfiggi & Salva. Che ti aspettavi, scusa?” Feci finta di niente, sorridendo ingenuamente.
Non poteva certo sapere che S&S stava per ‘Scippa & Scappa’ …
Il ragazzo scosse la testa, concentrandosi di nuovo sul proprio lavoro. Sulla sua spalla era appoggiata un’enorme sacca nera di stoffa. Pareva pesante.
“Neh, che stai facendo?” Avevo voglia di rompergli le scatole.
“Ho preso i fossili da riportare in vita: non vorrei che gli succedesse qualcosa.” Spiegò meccanicamente. Mi guardai attorno, notando che tutti i fossili attaccati ai macchinari erano spariti. L’ultimo era quello con cui stava armeggiando il minatore.
“Credevo fossi furbo.” Mi lasciai scappare, guadagnandomi un’occhiata irritata da parte dell’altro. “Insomma, non vedi che questo posto cade a pezzi?” Come per dimostrare la veridicità del mio punto, qualche metrò più in là piombò dal soffittò un pezzo di … qualcosa. Qualcosa di molto grande. Mi attraversò un brivido.
“Perché stacchi filo per filo? Andiamo, strappa via tutto! Non stai mica maneggiando vasi di cristallo!” Gli feci fretta.
L’altro ignorò completamente la mia sollecitazione, continuando la sua opera con enorme delicatezza. Ma io ero preoccupata: era la mia impressione, o la stanza aveva preso a tremare?
Gli strattonai una manica del suo giubbetto beige, intimandogli nuovamente di muoversi.
“Non posso.” Fu la semplice risposta che ricevetti.
“Certo che puoi! Guarda, ti faccio vedere come si f-” Prima che potessi toccare il fossile, il ragazzo mi afferrò saldamente il braccio, sguardo duro e … apprensivo? C’era qualcosa che mi sfuggiva, ne ero certa. Silenziosamente ritrassi la mano, lasciandolo al suo lavoro.
Se aveva paura anche lui, perché mai doveva andare ad una velocità che imbarazzava le lumache?
Dopo quello che pareva essere stata un’eternità, il tizio prese in mano l’ultimo cavo, pronto a liberare il sasso scheletrico.
“Finito. content-”
 
Per tutto il museo echeggiò un possente ululato che mi fece rizzare i peli. Contemporaneamente l’edificio prese a tremare come se ci fosse stato un terremoto, facendo aumentare la quantità di cemento che stramazzava a terra, distruggendo le apparecchiature.
Venni afferrata con forza per la mano e in men che non si dica mi ritrovai trascinata in avanti, verso l’uscita.
“Parli tanto di aver fretta e poi ti paralizzi al primo cenno di pericolo. Sei un po’ ipocrita, non credi?” Mi rimproverò il ragazzo, cercando di apparire calmo quando in realtà, non lo era.
“Sono l’ipocrisia in persona.” Gli diedi ragione, sorridendo debolmente mentre quello apriva la porta per entrare nel corridoio.
“E ne sono fiera, perché— Attento!” Dal soffitto si era staccato un blocco di muratura dalle dimensioni decisamente preoccupanti.
Prima che il minatore dai capelli fotosintetici potesse sollevare la testa, chiusi gli occhi e mi scagliai contro di lui tirandogli una spallata sul fianco. Atterrammo dentro al corridoio, a due metri di distanza da dove eravamo prima.
 
Le scosse terminarono dopo alcuni secondi.
Sollevai le palpebre, sorpresa di essermela cavata senza un graffio.
“Ma cosa vado a dire. Sono un genio! E’ ovvio che mi sia salvata ~” Gongolai, non potendo fare a meno di imitare la superbia di Carotino. Era forse contagiosa?
Sentii dei mugolii incomprensibili provenire da molto vicino.
“… nngh ... di chi era il corposcontro che mi ha abbattuto? Uno Snorlax …?”
Corrugai le sopracciglia ed abbassai lo sguardo. Avevo non solo causato un trauma cerebrale al tizio clorofilliano, ma lo stavo anche usando come cuscino.
Il ragazzo si ridestò, per poi rimanere sbigottito dalla mia sconcertante vicinanza. Stavo per levarmi, quando inavvertitamente il mio sguardo si contrappose al suo.
Verde. Non un verde stagnante come i suoi capelli, no: quello era un verde intenso. Mi ricordava quando, durante il viaggio, mi ero ritrovata ad alzare lo sguardo per vedere i raggi del sole che filtravano fra le fronde degli alberi. O, per fare un altro esempio decisamente più sentimentale, mi ricordavano uno smeraldo.
“… emh …”
Sbattei le palpebre, risvegliata dai miei ragionamenti profondi. Quindi rotolai di lato, sbuffando e mormorando un “Tanto eri scomodo.”.
“…” Con mia sorpresa, il tizio non proferì parola. Invece, una volta alzato, prese a camminare velocemente per il corridoio. Che fosse imbarazzato per quel che era successo?
Femminuccia. Si dovrebbe inchinare davanti alla mia grandezz – no, no Madeleyne! Niente pensieri Carotiniani!
 
Presi a seguirlo, massaggiandomi la spalla.
“Perciò, cos’è uno snorcolo?”
Il minatore clorofillico mutò la sua faccia da concentrata – chissà cosa gli era preso – in una stupita. Solo quando vide la mia espressione ingenua, si convinse della mia totale ignoranza.
“Pfft!” Fece un riso soffocato, che mi fece mettere il broncio.
“Davvero, che cos’è!?”
“Scusa, scusa …” Ma al posto di smettere, prese a ridere di gusto.
Arrossii in preda alla confusione. Non capivo cosa c’era di sbagliato in quello che avevo detto.
“Se non la pianti torno nella prima stanza e ti rubo la Bilia!”
Il mio tono non doveva essere stato molto convincente, perché dietro alla sua mano chiusa a pugno riuscivo ancora a sentirlo ridacchiare.
Ora che ci penso è la prima volta che lo sento ridere … decisamente meglio del solito tono annoiato. Pensai inconsciamente.
“Lo Snorlax è un pokémon, ovviamente.” Il ragazzo, più calmo, entrò nella stanza. Sentivo ancora un po’ del suo tono divertito.
Snorcolo?! Pensavo di essere uscita illesa dal crollo del soffitto, ma a quanto pare …
“Mpfh! Potevi dirlo prima!” Borbottai, offesa, seguendo il tizio mentre mi conduceva chissà dove, attraverso le varie stanze.
Spalmai la faccia sul pokédex per leggere sulla nuova specie che avevo scoperto … e per nascondere l’imbarazzo.
 
~ ♪ ~
 
Jack sbadigliò. Da quando il suo capo lo aveva spedito a ripulire ogni angolo del museo, non aveva fatto altro che ronfare. Cioè, aveva anche lui diritto ad un po’ di pausa, no?
E poi, per noi vecchi saltare la siesta di metà pomeriggio può essere letale, non dimentichiamocelo.
Il rosso roteò gli occhi, domandandosi il perché doveva sottostare ad un tipo come quello.
Se non ci fossi io, saresti già morto di fame, ingrato!
Jack chiuse un occhio, infastidito: dopotutto aveva ragione.
Pigramente saltò giù dal bancone d’ingresso, dove aveva appena pisolato.
E se non fosse stato per quell’accidenti di ululato da film dell’orrore, probabilmente avrebbe continuato a farlo. Deglutì, indeciso sul da farsi.
“Ah … ma il lavoro è il lavoro …” Si lamentò, incamminandosi in una direzione presa a caso.
Non aveva mai avuto un buon senso dell’orientamento, doveva ammetterlo, ma quel museo era un vero e proprio labirinto. Ci si poteva perdere, con tutte quelle sale. Inoltre, era da una settimana che lavorava lì, e non aveva ancora capito dove stava il bagno: informazione vitale per il nonnetto che albergava nei suoi pensieri.
 
Quando iniziarono le scosse, Jack si ritrovò impreparato e puntualmente spalmò il volto per terra.
Muoviti decerebrato! Striscia sotto lo stipite della porta!
“Subito, signore!” Il rosso si alzò, pronto per scattare verso la zona sicura. Fece quasi subito retromarcia, però, quando vide che il fossile di Armaldo al centro della sala era minacciato da un pezzo di muro crollante. Immediatamente Jack impugnò la sedia del bancone e la lanciò verso il pericolo, facendogli deviare il percorso.
Sollevato, fece un lungo respiro.
“Fiuu! Missione compiuta!” Quindi fece un sorrisetto arrogante. “Visto che precisione? I videogame servono a qualcosa, nonnetto!
Non darti troppe arie, lattante.
Jack assunse un’aria afflitta, mentre le scosse si calmavano.
“Ogni tanto vorrei un po’ di supporto, lo sai …”
E io vorrei che tu avessi un po’ di spina dorsale. Ma non si può aver tutto nella vita, quindi accontentati e fai qualcosa, o ti licenzieranno di nuovo!
Cos’aveva mai fatto di male? Era carino, era sempre gentile con tutti…
Eppure si ritrovava sempre calpestato da chi gli stava attorno. Il suo capo, la sua seconda-forse-temporanea personalità, il mocciosetto che non voleva ammettere di essere una femmina …
“Sigh …” Jack trattenne delle lacrime di coccodrillo, offeso da tanta crudeltà.
 
Continuò a camminare per almeno cinque minuti, esplorando stanza dopo stanza, corridoio dopo corridoio, solo per giungere ad una conclusione: chiunque stesse facendo tutto quel trambusto, lo voleva licenziare.
Vittimista.
“Andiamo, lo vedi anche tu lo stato in cui è ridotto questo posto!” Jack aprì l’ennesima porta, e si trovò davanti ad una stanza di tre pareti. La quarta non poteva essere considerata tale, in quanto era stata rasa al suolo per tre quarti, sparpagliando macerie dappertutto.
“Ah … a-ah …” Non poteva far altro che aprire e chiudere la bocca, una sensazione di angoscia che gli cresceva nel petto. Cadde in ginocchio, di fronte al buco nel muro. Riusciva a vedere degli uccellini, da quella posizione--
“Perché diavolo hanno distrutto la parete!?”
Che dici, credo sia artistico-
“Ma sei matto? E non è solo quello! Tutte le stanze sono piene di detriti, brecce nel muro-”
Si lagnò come un marmocchio. Il monde era ingiusto. Probabilmente era geloso del suo innato fascino.
Poi si fermò. Aveva sentito dei rumori. Silenziosamente avanzò verso la porta, per poi accucciarsi davanti al pomello: osservò attraverso la serratura.
“Sono in quattro …”
Chiama la polizia, allora, perditempo!
“Saranno già scappati, prima che arrivino. C’è un motivo del perché nessuno entra mai in questa catapecchia: manca un’accidenti di segnaletica.”
E allora entra lì dentro e combatti, no? O tuo padre non ti ha insegnato niente?
“... non voglio …” La sua voce si fece piccola piccola.
Scusa?
“Vacci tu lì dentro!” Fece un sorrisetto disperato. “Facile parlare per te, che non rischi niente. Ti rendi conto? Sono dei criminali … ed io sono troppo giovane per morire …”
… ti vorrei prendere a calci. Ma perché, perché dico io, mi devo sorbire un piagnucolone come te!?
“Sigh …”
 
“Sei buffo!”
Jack sobbalzò: per l’improvviso movimento batté la testa contro la maniglia. Si voltò, massaggiandosi la nuca, lacrima che rischiava di scivolare giù dall’occhio.
“…come?”
“È da un po’ che ti guardo, e non fai altro che parlare da solo. Sei strano!” Il ragazzo – che doveva avere all’incirca la sua età – sorrise.
Jack lo analizzò, notando i suoi stravaganti vestiti, le maniche troppo lunghe, il motivo a quadri, gli stivaletti e la benda sull’occhio. Per non parlare del ridicolo cappello, certo. Il rosso sollevò un sopracciglio.
“Un cliente?”
Cretino, ma quanto sei ottuso? Sto qui è uno dei criminali!
L’altro fece una breve risata.
“Mi piaci, sei simpatico. Stupidotto e leggermente psicopatico, ma comunque carino ~ ♥”
“Senti chi parla …” Jack iniziava ad essere irritato. Si alzò in piedi prendendo cercando nel suo marsupio la locazione delle sue pokéball. Ma l’unica cosa che riusciva a sentire, era la cinquantina di slot per la sua console. Accidenti alla sua pigrizia, che non metteva mai a posto niente!
“Invece a me non stai simpatico. Affatto.” Quel tipo era troppo eccentrico, non riusciva a capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Era inquietato.
“… uh? Perché mai?” Gli tremolò il labbro, occhi lucidi. Jack dovette combattere per non farsi assalire dai sensi di colpa.
“Tanto per cominciare, ora l’intero posto è un macello. Per colpa vostra mi toccherà ripulire tutto!” Indicò la quarta ‘parete’. “Secondo, avete distrutto il muro.” Il clown mise il broncio.
“Oh. E dire che a noi è piaciuto così tanto che l’abbiamo rifatto nella prossima stanza …”
“Che?!” Jack voleva morire. “Perché non avete usato la porta d’ingresso …?” Aveva un’espressione di puro shock in volto, che fece solo divertire di più il suo interlocutore.
“Perché dovevamo fare un’entrata di scena! ♪” Esclamò convinto, alzandogli il pollice. Il rosso non poteva fare a meno di notare che i suoi ragionamenti erano al livello di quello di un bimbo di tre anni.
 
“Aw, ora Jack-kun è triste …” Frugò nelle sue enormi maniche. “Ma so io cosa ci vuole!”
Jack riuscì a trovare una pokéball e la tirò fuori nell’esatto secondo in cui il ladro gli tese la mano.
“Vuoi una caramella? ♪”
“… eh?” Jack impallidì. Non solo conosceva il suo nome e diceva cose che potevano essere interpretate in modo erroneo, ma ora tentava anche di drogarlo!
“Sono ottime, te l’assicuro! Anche Maddy-chan le ha provate! ♥” Il clown si avvicinò pericolosamente al suo volto, caramella rossa fra lui e Jack. Quest’ultimo spalancò gli occhi.
“AAAH! Stammi lontano, stalker pedofilo dalle dubbie preferenze sessuali!” Terrorizzato, Jack aprì la porta, scaraventandosi nella stanza colma di nemici. Si accorse troppo tardi di ciò che aveva fatto, ma ciò non gli impedì di fare un sorrisetto distratto.
“Oh-oh …”
In men che non si dica, uno del team nemico aveva ordinato al suo pokèmon, un brufoloso e bavoso Slugma, di attaccarlo con Lanciafiamme. Il rosso, finalmente con aria risoluta, lanciò in campo il suo fido alleato, direttamente fra lui e le fiamme.
“Roy, salvami! Almeno tu!”
Con un ringhio, il pokémon corse attraverso le fiamme, assorbendole lungo il processo. Jack sogghignò, felice di aver al suo fianco un pokémon con Fuocardore. Poco dopo sospirò, preparandosi alla battaglia:
“Non posso credere di star facendo questo, per quanto mi pagano!”
 
~ ♪ ~
 
“Tizio.”
Nessuna risposta. Era troppo impegnato a guardarsi attorno, controllare i danni del museo. Non demorsi.
“Tizio fotosintetico.” A quel punto, senza distrarsi dalla perlustrazione, rispose.
“Che c’è, snorcola?” Inciampai sui miei piedi e per poco non mi schiantai contro il muro. Corrugai la fronte, guance infervorate. Cos’era quella sensazione che gorgogliava nel mio stomaco? Rimpianto? Autodenigrazione?
… che vuol dire autodenigrazione? Daikke ed i suoi termini aulici! Scossi la testa, ritornando al discorso originario.
“Devi viaggiare molto: in questo museo ci sono un casino di robe eccentriche e voodoo-ose! Per non parlare di tutti i Pokésauri! Sbaglio o alcuni provengono da Hoenn e Kanto?”
“Da cosa l’hai intuito?” Domandò, passando alla prossima stanza: non era stato rubato niente.
“Ho letto le targhette.” Scrollai le spalle. Ero una persona molto franca: se sapevo una cosa, me ne vantavo; se non la sapevo, chiedevo.
 “Ah …” Commentò, tono apatico. “Non sai proprio nulla di fossili, eh?”
“Non sono i fossili.” Spiegai, crucciata. “Sono i pokémon.”
“E te ne vanti?” Aveva usato una leggera nota sarcastica.
“Beh, sì.” Gonfiai il petto.
“Perché?”
“Perché questo mi rende anomala. Particolare. È sbagliato desiderare di essere unici?” Domandai, colta da un dubbio.
“No, ma basterebbe famosi, diventando un capopalestra o pokéatleta. Il tuo modo di essere ‘unica’ è un piuttosto patetico.” Riflettè.
“Ho detto unica, non ‘speciale’. Voglio solo una vita tranquilla …” Sospirai, sognante. “Anche se una bella villa con un’armata di Ermenasdrubalcibaldo non sarebbe malaccio.” Mi venne in mente un’idea. “Hey, con quelli potrei conquistare il mondo!”
“Non avevi appena detto--” Ma ormai ero partita per Maddyland, e non sarei tornata in me per un po’.
“Mpfh.” Mormorò il ragazzo, dopo un veloce sospiro. “Se non sei unica tu …”
 
D’un tratto si fermò, facendomi schiantare addosso a lui.
“Hey, snorcola …” Riprese, catapultandomi nel mondo reale con la forza di un tir. Lo stesso tir che, in meno di un istante, aveva pestato una decina di volte il mio cervello quasi inesistente. Ed il mio orgoglio. Forse ora capivo cosa provavano le vittime dei miei soprannomi …
“Mi chiamo Madeleyne, tizio clorofilliano!”
“Okay.” Roteò gli occhi. Mi avvicinò la sua sacca, colma dei fossili che aveva salvato in precedenza. Io la presi, guardandolo come se avessi visto un lombrico con rossetto che lanciava banane radioattive.
“Sei stato conquistato dal mio immensurabile fascino ed ora mi regali questi fossili come tributo?”
“N-no! Che domande sono!” Farfugliò il tizio, distogliendo lo sguardo. Dopo qualche secondo si schiarì la voce, ritornando il solito menefreghista. “Zitta e ascolta.”
Confusa, mi concentrai sui suoni che percepivo, immaginando di potenziare la barra virtuale del mio udito. Quindi battei le palpebre, sentendo dei tonfi, versi bestiali e urla confuse.
“… Jurassic Park!” Provai, lanciandogli un’occhiata che stava a dire ‘te l’avevo detto!’.
“È una lotta, cretina.” Sospirò stancamente, passandomi la sacca, che presi alla buona, gonfiando le guance.
“Stai qui. Tieni al sicuro i fossili. Evita che qualcuno passi attraverso questa porta.” Diede le direttive, girandosi di spalle.
“Ragazzo-pianta-palustre.” Gli afferrai di nuovo la manica.
“Nome piuttosto creativo …” Commentò, sarcastico. “… peccato che mi chiami Kaseki. Se vuoi unirti alla lotta, ti devo contraddire.” Aggiunse con tono piatto.
“Ma sei scemo?” Fece un’espressione cinica. “Primo: non sono masochista. Secondo: non ci guadagnerei nulla.” Incrociai le braccia. Quel suo comportamento impassibile mi faceva venir voglia di agire come una mocciosa.
“Qual è il problema, allora, snorcola?” Chiese meccanicamente, non seguendo il discorso. Prima di rispondergli, dovetti contare fino a dieci, aspettando che l’imbarazzo per il soprannome sparisse – maledetta la mia memoria a breve termine!
“Chi ti dice che nell’attesa non ti scippi questi mucchietti d’ossa?”
Rimase in silenzio, posandosi le nocche di una mano sulle labbra, pensoso. Sembrava non sapesse trovare un responso al mio quesito. Posò i suoi occhi sui miei, e gli angoli della sua bocca si piegarono in un microscopico sorriso.
“Semplicemente, il mio istinto da Scoprirovine.” Aveva un’espressione risoluta.
“Oh. Che schifo d’istinto!” Gli feci la linguaccia, non so bene per quale motivo.
L’altro sospirò, estraendo dalla tasca del suo giubbetto una pokéball.
Lanciandomi un ultimo sguardo, si catapultò nell’altra stanza.
 
~ ♪ ~
 
“Prendetelo!”
Jack sbuffò, corrugando la fronte.
“Ragazzi, andiamo! Ho già messo a K.O. due dei vostri amici”, indicò dietro le sue spalle, mostrando i corpi di due sgherri con i rispettivi Slugma. “Perché invece di combattere non--”
Fu costretto ad abbassarsi come se partecipasse a un limbo, in quanto un Numel piuttosto cicciottello aveva appena usato Pirolancio sopra la sua testa.
“Attento ai capelli!” Sbottò Jack, controllando di non essere diventato improvvisamente pelato.
Altro che capelli! Se non ti dai una mossa, perderai la testa!
“Sempre a lamentarti, tu.” Sbuffò. “Roy, morso!” Il piccolo cagnolino scattò in avanti, pronto a lottare con il pokémon giallognolo.
 
“Chi. È. Ssstato.”
A Jack parve di essere stato trafitto da una decina di siringhe, tutte puntate al suo debole cuore. La esse strascicata compariva solo quando l’animo dell’altro era accecato dall’ira. Si voltò lentamente, diventando più nervoso quando intravide l’aura di potere oscuro che circondava il suo datore di lavoro.
“S-salve cap-”
“Avete idea di quanto ssia antico quesssto palazzo?!” Urlò, cancellando ogni briciolo di apaticità che normalmente lo contraddistingueva. Infatti, c’erano solo due cose che potevano fargli provare qualche emozione: reperti archeologici, ed il museo di suo padre. “Quesssta parete…!”
Kaseki era infuriato.
“Infatti io-” Dopo aver ordinato a Roy di schivare l’attacco Azione del Numel – pokémon leeento – e di massacrarlo con un bel Riduttore, Jack cercò di salvare il recuperabile. Non riuscendoci affatto.
“Ah, Jack. Sei licenziato.” Il suddetto interessato rimase pietrificato.
La sua carriera era finita in soli sette giorni. Un record da annotare nella sua lista. Era sconvolto.
 
“Aww, guarda cos’hai fatto! Ora Jack-kun è depresso…” Jack tremò, voltandosi immediatamente di lato ed impallidendo: si era completamente dimenticato del pagliaccio maniaco!
“So io cosa ci vuole! Una zuccherosa caramella alla fragola! Ti sentirai meglio ~ ♥” Il clown, sorridendo amorevolmente, si avvicinò con le mani – no, maniche – piene di caramelle colorate.
Ma Jack era sempre stato una persona paranoica, dietro a quel suo comportamento così rilassato. Scappò velocemente in direzione del suo Growlithe, decidendo che era meglio essere esposti al combattimento pokémon, che non a quella persona.
Quella voce gli faceva venire i brividi. Jack non aveva mai sentito la propria vita più in pericolo di quel momento. Decise di giocare d’astuzia.
“Capo! È stato lui a distruggere la parete!”
 
Kaseki lanciò la sua pokéball verso la fonte dei futuri incubi di Jack, visibilmente più calmo. All’apparenza. Il suo sguardo era colmo di una furia selvaggia.
Senza che lui impartisse alcun ordine, dalla luce bianca che precedeva l’apparizione del pokémon fuoriuscì una sfera energetica ad altissima velocità. Jack e le reclute dovettero chiudere gli occhi per non restare accecati dell’esplosione che seguì, esattamente dove prima si trovava il pagliaccio.
“Oh, un Carracosta ~” Una volta che il fumo si fu diradato, Jack vide che il clown era riuscito a schivare l’attacco con facilità. Pareva divertito, ma per nulla impressionato. “Guarda un po’ chi ho trovato. Una delle persone che volevo incontrare …”
“Archee, Forzantica.” Un’altra sfera, un’altra scansata.
L’attacco era servito solo per allargare il sorrisetto perenne del nemico. Kaseki s’irritò:
“Andatevene dal museo: non abbiamo niente che possa interessare al team Pyro.”
“Ah! E proprio qui che ti sbagli! Abbiamo una missione molto importante …” La tartaruga marina lanciò un altro dei suoi attacchi. Il capo del team – Jack non poteva ancora crederci, ma era troppo impegnato nella sua lotta per poterci ragionare sopra – schioccò le dita. Una vampata di fuoco, proveniente da un angolo della stanza, ne fece deviare il corso.
Jack spalancò gli occhi: da dov’era spuntato quell’Houndoom!?
“Che volete?” Ringhiò il secondo proprietario del museo, iniziando a sudare freddo.
“Una cosa che avremmo dovuto avere da un bel po’ di tempo, ma che, sfortunatamente, sembra essere sparita.” Fece uno sguardo malizioso. “Tuo padre dovrebbe avertene parlato, no?”
“Non ne sappiamo nulla.”
L’espressione dubbiosa di Kaseki, però, parve solo dire il contrario.
“Fai il finto tonto, eh? Non è affatto carino ~ ♪” Cantilenò il capo del team Pyro. “Forse, se ti dessi un piccolo incoraggiamento, saresti più stimolato a collaborare …”
Jack avrebbe tanto voluto tramortirlo.
 
Il clown fece un ghigno sadico, lanciando un’occhiata dietro di lui. Kaseki si allarmò, notando la direzione che aveva preso il suo sguardo.
“… quante settimane hai impiegato per ricostruire questo Rampardos?” La voce del maniaco era allegra. Ma in maniera diversa dalla precedente. Ora era … quasi distorta.
L’Houndoom, come se avesse ricevuto un segnale, corse verso il dinosauro all’interno della gabbia di vetro, la bocca che traboccava di fiamme pronte a—
“NO!” Il Carracosta colpì il cane demoniaco con un forte Acquagetto, mentre il suo padrone era corso fra lo psicopatico e l’esposizione principale della stanza. “Smettila, non ti permetterò di sfiorare questi fossili nemmeno con un dito!” Dichiarò Kaseki, col cuore in gola.
Anche Jack l’aveva notato, e senza scomodarsi ad usare il pokédex. Era impossibile da ignorare il livello di combattimento di quell’Houndoom. Completamente di un’altra lega, rispetto agli idioti con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento.
 
“My, my …” Il pagliaccio sospirò, riferendosi all’interlocutore come se fosse un bambino capriccioso. “Mi pareva di avertelo detto, no? Devi solo consegnarmela.”
“Ti ho detto-!” Ma l’altro non credeva alle sue giustificazioni. L’Houndoom diede un feroce morso alla pinna della tartaruga, che venne percossa da delle potentissime scariche elettriche. Crollò a terra, con le scariche che le strappavano urla di dolore. Il lupo, mostrando le zanne, balzò agilmente sul guscio dell’avversario e, scuotendo impetuosamente la coda, lanciò un ululato straziante.
Jack, che aveva appena finito di sistemare l’allenatore con il Numel, si ritrovò paralizzato dalla paura. Esattamente come il resto della stanza.
 
L’allenatore dell’abominio, invece, si leccò le labbra.
“Consegnami l’oggetto che tuo padre aveva scoperto nelle rovine di Sinnoh. L’oggetto che gli abbiamo sottratto. L’oggetto che ci è stato rubato.” Sorrise macabramente.
Consegnami la Grigiosfera.”

 
 
 
 




 
 
~ Author’s Corner
Ciao. Umh. Il capitolo è estremamente lungo e noioso … ma mi piace variare un po’. E poi credo di essere incapace di far durare un incidente meno di tre capitoli. Scusate T.T
Voglio ringraziare chiunque abbia messo questa fan fiction e fra le storie Seguite e le Preferite. Mi rendete fiera Q.Q
 
Riassunto
Daisuke, Désirée e l’archeologo, dopo essersi accertati che la nostra protagonista fosse tutta intera, si devono fare il giro di tutto il museo per cercare di riunirsi a lei. La suddetta interessata, invece, si ritrova a far da balia ad un minatore (a quanto pare dotato di nome) che, nonostante voglia fermare gli intrusi, deve prima accertarsi di quali cose siano state rubate. Oppure è lui a fare da balia e lei?
A Jack, poveretto, non ne va una giusta. L’incontro con Hiro, lo lascerà profondamente scosso. Ma riusciranno Kaseki ed il rosso a sconfiggere il temibile Houndoom del clown? E la Grigiosfera, a cosa gli servirà?
 
Commenti
In riassunto, ci sono solo tre cose che posso dire.
1.        Capitolo troppo lungo e con probabili errori di grammatica: scusate…
2.        …però mi piace scrivere di questi piccoli intermezzi. Cioè, se non li facessi, non potrei entrare nell’ottica dei personaggi.
3.        Scrivendo, non posso far a meno di notare che le paure di Jack riguardo ad Hiro risultano … fondate. *sguardo malizioso*
 
Cose imbarazzanti/importanti
Err… che ne pensare di una fic di missing moments che riguarda questa fic? Cioè, per fare delle pause da un capitolo e l’altro, in attesa di ispirazione >//////< *si nasconde*
 
Ho finito, andate in pace. Come al solito, gradirei molto le critiche, perché è difficile migliorare da soli :) Certo, anche i complimenti sono ben accetti >.>
Thanks for all, guys ♥
GloGlo ~

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Capitolo 31
*** Chi fa da sè fa per tre. Più o meno... ***


Pkm 31.6
~ If you want something done right, you have to do it yourself ~
 
 
“Consegnami l’oggetto che tuo padre aveva scoperto nelle rovine di Sinnoh. L’oggetto che gli abbiamo sottratto. L’oggetto che ci è stato rubato.” Sorrise macabramente.
Consegnami la Grigiosfera.”
 
 
 
Trattenni il fiato, esattamente come gli altri. Ad essere sinceri, non ci stavo capendo molto della situazione. Anzi, proprio nulla. Quel che sapevo era che se Kaseki fosse stato davvero a conoscenza della Grigiosfera, gliel’avrebbe già consegnata. Sarebbe stato stupido rischiare la sicurezza di tutti i reperti per un singolo oggetto…
Grigiosfera, uh? Che sia un tipo di sfere pokè? Daikke ha detto che ce ne sono molte in giro …
Corrugai la fronte, riprendendo a respirare normalmente. Ma a che gli servirebbe?
Ripresi ad adocchiare all’interno della serratura, più confusa che mai.
 
“Grigiosfera? Tsk, anche se ce l’avessi, dovresti passare sul mio cadavere prima di poterci mettere le tue manacce addosso!” La porta dell’altra parete si sfondò, rivelando un energumeno armato di piccone con il piede alzato. Che l’avesse calciata con i suoi stivaloni?
“Oh ~ Salve Signor Proprietario!” Hiro ritornò alla sua solita aria innocente, salutando con la manica – era così lunga che non si riusciva a vedere la mano. “Il suo cadavere?” Mise il broncio. “Noi non vorremmo arrivare a tanto … siete voi che non ci volete accontentare, comportandovi come marmocchi impertinenti.”
King Kong – sì, non era il momento per trovare soprannomi idioti, ma non sapevo come indicarlo – si prese un momento per riprendere fiato, osservando la stanza. Dietro di lui comparvero Désirée, con i vestiti leggermente impolverati e bruciacchiati, e Daisuke, con la solita aria indifferente. Il fatto che Sey dietro di lui avesse un occhio sporco di fuliggine e una gamba rossiccia, però, significava che il loro viaggetto non era andato del tutto liscio come l’olio.
Ero così concentrata a cercare eventuali segni di lotta sui miei compagni, che quasi non sentii il borbottio del gorilla. Fortunatamente, ripeté ciò che aveva detto, stavolta esibendo un sorriso spavaldo.
“Ah! Ma ora sei da solo! Ti abbiamo braccato, maledetto furfante!”
Effettivamente era vero: Jack aveva steso tutti quanti i suoi seguaci. Il rosso ora respirava affannosamente, appoggiandosi sulle ginocchia; fui felice di notare che, oltre alla stanchezza, pareva illeso.
Mi fregai le mani, compiaciuta: Tié, clown da strapazzo! Ti sta bene!
“Mmh…” Il suddetto interessato non pareva aver ascoltato la minaccia dello scimmione, o almeno, non gli dava molta importanza. Era più che altro concentrato sulle due persone che gli stavano affianco.
“EHI! Ascoltami quando ti parlo!” L’uomo alzò un pugno, minaccioso. Ma il pagliaccio doveva essere davvero sicuro di sé, perché sorrise, deliziato.
“Tu, ragazzino.” Daikke gli lanciò uno sguardo gelido. Hiro allargò il sorriso. “Ci siamo già incontrati, vero? Sì … eri quello che Tommy aveva mollato nella casetta in fiamme!”

Bob, Hiro! Si chiama Bob! Normalmente l’avrei trovato divertente, ma la tensione era alle stelle. Mi venne l’impulso di sbattere la testa contro la porta, ma mi trattenni per evitare di far rumore.
“E se tu sei qui, ciò vuol dire che in questo museo, da qualche parte, c’è anche Maddy-chan … neh ~ ♥?”
 
Mi si strozzò il respiro, tanto che dovetti tossire per evitare di soffocare.
Mi parve di vedere Hiro spostare lo sguardo verso la mia direzione, ma il movimento era stato troppo fulmineo per esserne certi. Quel tizio mi metteva i brividi, certe volte.
Sia Jackpot che Désirée si scambiarono uno sguardo sorpreso, realizzando solo allora che effettivamente non ero lì con loro.
Grazie per la considerazione, ‘amici’…
 
“Adesso è troppo! Preparati, moccioso, perché fra poco ti ritroverai con un bel buco su quel tuo faccino strafottente!” King Kong brandì il suo piccon-- emh … Kassy, e caricò come un toro verso il nemico. Hiro mise il broncio.
“Aw, non ho tempo per gingillarmi, adesso ♪!” Fece un veloce applauso, molto rumoroso. “Ma per farti contento, ti regalo dei compagni di giochi ~” Prendendo quel suono come un segnale, dal buco del muro irruppero altri cinque scagnozzi con i loro pokèmon, che si erano probabilmente nascosti fra i cespugli fin dall’inizio.
King Kong ruggì, prendendo dalla propria tasca una pokèball: con un fascio di luce bianca, entrò in campo un … volatile? Corrugai le sopracciglia, puntando il coso con Dexi, sul cui schermo comparve la scritta: Archeops, Pokèmon Paleouccello. L’enciclopedia elettronica non era riuscita, però, a cancellare i miei sospetti.
Un uccello. Quell’affare, secondo loro, doveva essere un uccello. Cioè, sembrava piuttosto che avessero tagliato la testa ad un serpente per poi avvitarla nel corpo di un pappagallo troppo cresciuto. Un esperimento di organismo geneticamente modificato andato male?
Mi grattai il capo, decidendo di ignorare i miei pregiudizi pignoli ed osservare come andavano i combattimenti.
Sey era un po’ malridotto, quindi Daikke aveva deciso di scambiarlo con il M-mur … Murk-- con il maledettissimo essere assetato di sangue. Jack, da bravo cavaliere qual era, si era messo davanti a Désirée, ordinando al suo cagnolino rosso di azzannare tutti i nemici che gli venivano appresso. Se fossi lì con loro, commenterei su quanto siano adorabili assieme, giusto per metterli in imbarazzo. Muahahaha!
E poi c’era il … coso. Che non stava volando, contrariamente alle mie aspettazioni. No, stava attaccando i nemici correndo veloce come un jet.
Ma che razza di uccello sei!? Sbatti le ali, gracchia, fai qualcosa! Provavo antipatia verso il coso. Non tanto perché sfidava le leggi della natura, ma più che altro perché mi ricordava Beep Beep dei Looney Tunes. E a nessuno piaceva Beep Beep. L’avrei volentieri voluto vedere allo spiedo, quello struzzo.
 
Decidendo che i miei amici potevano benissimo cavarsela da soli, ritornai a guardare Kaseki, che si stava muovendo furtivamente verso il pagliaccio, con in mano un badile.
Da dove l’ha tirato fuori? Mi chiesi, studiando il luogo. Alla fine, notai che affianco ai fossili, nelle teche, erano stati messi degli attrezzi per abbellire le esposizioni. Che l’avesse preso da lì?
“Mmh, dov’ero rimasto?” Hiro si picchiettò il mento, prima di voltarsi di scatto verso Kaseki e tirargli un calcio nello stomaco. Questo fu scaraventato due metri più indietro, dove cadde, tenendosi la pancia e tossendo convulsamente. Il badile con cui aveva cercato di colpirlo alle spalle era caduto a terra, di fronte a Hiro. Gli diede un calcio, facendolo scivolare al centro della stanza.
“Non è leale colpire gli avversari da dietro, specialmente mentre riflettono!” Si lamentò il pagliaccio, facendogli la ramanzina, ignorando il dolore dell’altro. “Oltre a non collaborare sei anche indisciplinato, proprio come tuo padre.”
Adocchiò il T-Rex di ossa con fare curioso. Quindi gli brillarono gli occhi, ricordandosi di quel che voleva fare.
“Ti meriti una punizione.”
Kaseki, intuendo le sue intenzioni, lanciò un veloce sguardo verso Archee, giacente a terra, senza energie. Non riuscii a sentire quel che disse, ma dalla sua smorfia si vedeva che fossero imprecazioni.
 
Controllai velocemente come se la stavano cavando gli altri, e ciò che vidi mi lasciò di stucco.
L’enorme Beep Beep era intrappolato in quella che pareva una super gomma alla Willy Wonka, che non gli permetteva di muoversi. Aveva le piume completamente impiastricciate di quella sostanza, e, per levarsela di torno, se l’era appiccicata anche sulle zampe e sul volto. Era stata creata dall’attacco di un pokèmon, o era un marchingegno ideato dal Team Pyro?
King Kong, per la rabbia, lanciò il piccone verso un lumacone bavoso di lava – Smagma? Slagma? – ma questo si sciolse immediatamente a contatto con la sua pelle.
L’archeologo cadde in ginocchio, come se avesse perso trent’anni di vita, e batté il possente pugno sul pavimento, incrinandolo.
“Maledizione, Kassy! Noooo!”
“Tsk!” Daisuke, anche se in difficoltà, alzò gli occhi al cielo, per poi correre davanti all’uomo ed al suo pokèmon, deciso a difenderlo.
Le cose non stavano andando meglio per Jack, che era troppo occupato a combattere contro due sgherri mentre cercava di tenere d’occhio anche Désirée. La ragazza, nel frattempo, rivelava le prossime mosse dei loro nemici, rendendo loro impossibile l’uso di eventuali tattiche.
 
D’un tratto mi sentii soffocare, schiacciata da un peso sullo stomaco. Scivolai lentamente a terra,  schiena appoggiata alla porta. Mi portai le mani sul volto.
Daisuke, Jack, persino Désirée ... tutti stavano combattendo. Invece io ero lì nascosta, al sicuro da qualsiasi pericolo, a girarmi i pollici.
Rischiavano grosso, là fuori. Eppure continuavano ad aiutare, nonostante la disparità di forze. Nonostante non ricevessero nulla in cambio.
Io … avevo mai fatto qualcosa per gli altri?
Sentivo la mia mente pervasa dai sensi di colpa, che urlavano cosa avrei dovuto fare per rimediare. Dove sarei dovuta essere. Fin dall’inizio.
Più il rimorso s’espandeva, più mi tappavo le orecchie, schiacciando i miei palmi ai lati della testa, senza notare l’inutilità di quel gesto.
Sapevo di essere egoista e, a dirla tutta, non mi meritavo nulla di quello che mi era stato dato.
Forse il ragazzo delle fogne, il Polaretto, aveva ragione, i miei pokèmon sarebbero stati meglio senza di me. Chi avrebbe mai voluto un’allenatrice viziata e codarda? Li stavo lentamente portando alla condanna, tenendoli con me.
Ma che avrei potuto fare? Avrei peggiorato la situazione. Un’altra persona di cui preoccuparsi.
Non sapevo nemmeno quali erano gli attacchi dei miei pokèmon, a meno che non li leggessi nel pokedex! Non avevo nemmeno un motivo sensato per voler diventare un’allenatrice! Non avevo fatto altro che portare sfortuna ovunque andassi! Ero solo una sfruttatrice, ipocrita, patetica, schifosa scusa di essere umano!
 
Sentii un urlo.
Automaticamente, osservai attraverso il buco della serratura.
Il cane demoniaco aveva colpito con il dorso la schiena di Kaseki, che era caduto in ginocchio. Quindi era sparito momentaneamente, per poi comparire davanti a lui e caricarlo con le corna ricurve, colpendogli il petto. La sua vittima cadde sul pavimento, mentre un rivolo di sangue gli scendeva da un lato della bocca.
“Aw, ancora non ti arrendi? Ti avverto, mi annoiano i giochi che vanno per le lunghe.” Hiro fece un lungo sbadiglio. “Ti darò un’ultima possibilità. Se mi dirai cosa sapete della Grigiosfera, vi lasceremo stare, in caso contrario, causeremo dei danni irreparabili. E non solo al museo”, precisò.
Poi, quasi stesse trattando con un bambino cocciuto, sospirò: “E non ricominciare con la predica da finto tonto, perché gli unici al corrente della sua presenza in questa regione siamo noi dell’organizzazione e voi due archeologi.”
 
Kaseki si alzò, barcollante. Si passò la manica della divisa sul labbro, per pulire il sangue.
“Ora conterò alla rovescia. Fai il bravo, ok ~ ♥?” Fischiettò Hiro, iniziando a contare da dieci.
Ma il tizio con i capelli radioattivi non sembrava voler far niente, se non guardare l’avversario con determinazione. Io, nel frattempo, mi volevo strappare i capelli.
Scappa idiota, cosa fai lì impalato?! E se non vuoi fuggire, almeno racconta qualche balla, prendi tempo!
Ma il ragazzo non era telepatico, e di certo non aveva intenzione di lasciare il suo posto.
Smisi di urlargli mentalmente contro per corrugare la fronte, lo stomaco ingarbugliato in un nodo di nausea.
Perché stava accadendo tutto questo? Perché lo faceva?
 
“Tre…due…uno…zero.” La faccia di Hiro mutò considerevolmente. Non c’era più alcuna traccia di sorriso, solo un’espressione irritata. Schioccò le dita, sibilando: “Mi hai annoiato.”
L’Houndoom corse verso il fossile, ma vedendo che Kaseki si era mosso a sua volta per difendere il reperto, si schiantò sul suo fianco, facendogli perdere l’equilibrio. Prima che potesse cadere, però, i lupo si fermò di scatto e lo colpì all’altro fianco, per farlo stare in piedi. E così continuò, ripetutamente, quasi per gioco.
Con un’ultima zampata sul capo lo stese a terra, ringhiandogli come per intimarlo di non muoversi, mentre nella sua bocca si creavano fiammate rossicce pronte per essere lanciate al T-Rex fossilizzato.
Kaseki, su un ginocchio, afferrò la coda del cane e lo tirò all’indietro, facendogli perdere la mira e colpire la parete. Ovviamente il cane non fu affatto felice. Più furente che mai, diede un forte morso alla mano del minatore, facendogli lanciare un urlo dal dolore.
Ogni volta che il cane cercava di colpire uno dei fossili, Kaseki era sempre lì per distrarlo. Ma lui era solo un umano, e con una resistenza quasi nulla per attacchi di quel genere. Non sarebbe resistito ancora per molto …
Strinsi i pugni e mi morsi il labbro.
Non è giusto.
Perché Hiro doveva ricorrere a tanto violenza? Non era onesto usare i pokèmon per attaccare persone indifese! E Kazeki era ancora più stupido perché non la piantava di difendere delle cose morte!
Passai lo sguardo su di lui, che ancora non si arrendeva. Si reggeva in piedi per miracolo e sanguinava abbondantemente dalla mano. Non aveva l’aria di un eroe, anzi, pareva piuttosto spaventato dalla bestia contro cui stava lottando. Ma più forte della paura, era la sua determinazione, riflessa negli occhi verdi.
Non è giusto.
 “Quei fossili sono così importanti per te …?” Sussurrai inconsciamente, fissando il sacco di reperti che mi aveva affidato, realizzando per la prima volta quello che stava accadendo. Kaseki non stava lottando per la sua vita, e nemmeno per le esibizioni della stanza. No, lui stava combattendo per far sì che i suoi sforzi non fossero stati sprecati. Per realizzare il suo sogno. Per difendere ciò che più gli stava a cuore.
Non è giusto.
L’Houndoom lo colpì alla gamba, facendolo cadere a terra per l’ennesima volta. Cercò di alzarsi, ma non aveva abbastanza forza. Dalle labbra gli uscì fuori un suono strozzato, non sapevo se per il dolore, o per rimpianto di non poter far abbastanza.
 
Non è giusto.
Non è giusto!
Non è giusto!
 
Posai delicatamente i fossili a terra e misi la mano sul pomello. In realtà non avevo preso nessuna decisione importante, non avevo nessun nobile ideale in mente. Le catene di terrore che mi tenevano incatenata c’erano ancora, e nella mia testa non avevano mai smesso di ronzare i sensi di colpa. Forse la mia incoscienza era dovuta al forte istinto omicida che mi aveva improvvisamente sopraffatto. Non persi tempo a rifletterci sopra. Per aprire la porta dovetti mettere a tacere ogni sentimento che si opponeva, fregandomene del pericolo.
C’erano cose più importanti che scendere a patti con la mia personalità:
avevo un Houndoom da massacrare.
 
~ ♪ ~
 
“Costyana, cosa posso fare ora? Senza Kassy, la mia vita è terminata! Non sono nemmeno in grado di difendere il museo, figurarsi mio figlio!”
Daisuke cercò di frenare il tic all’occhio che da un quarto d’ora lo stava assillando. Era una reazione spontanea, causata da una particolare forma di allergia che lo colpiva quando era nei pressi di cause perse. E l’archeologo era una delle peggiori che avesse mai incontrato.
Da quando aveva stupidamente lanciato il suo piccone nella lava di uno Slugma, si era tramutato in una fontana ambulante. E senza pokèmon in grado di combattere – uno del team nemico aveva fatto invischiare l’Archeops ‘Costyana’ in una sostanza appiccicosa – era davvero inutile.
Ciò che Daisuke non poteva sopportare era sentire incessantemente le sue lamentele.
“Yoru, Ombra Notturna!” Un fascio di luce uscì dagli occhi del Murkrow per dirigersi verso uno dei lumaconi rimasti e metterlo definitivamente K.O.
I suoi incantevoli occhi color cremisi…
Daisuke sistemò i propri occhiali sul naso, cercando di non distrarsi troppo e di dimenticarsi del suo interesse verso i pokémon buio. Non era il momento più adatto.
Sospirò: alla fine della giornata avrebbe davvero avuto bisogno di un terapista.
 
“Yo, signorina, ha bisogno di una mano? Non mi sembra al massimo della forma …” Scherzò l’idiota dai capelli rossi, con un sorrisetto ammaliante. Daisuke gli lanciò una delle sue occhiate gelide, prendendo in considerazione l’idea di ignorare i vari nemici e indirizzare i suoi pokemon verso Jack. Solo perché aveva un Growlithe con l’abilità Fuocardore con cui stava nettamente sbaragliando i suoi avversari, non significava che poteva permettersi di prenderlo in giro.
“S-scusa! Ehehe, la mia memoria a breve termine dev’essere peggiorata con la vecchiaia…” Si giustificò il rosso, ordinando al suo pokemon di mordere un Magcargo.
“Jack, dietro di te!” Urlò Désirée, avvertendo in tempo il ragazzo perché potesse schivare una palla di fuoco lanciata da uno Slugma. La ragazza telepatica si era rivelata un’ottima aggiunta alla squadra: con i suoi poteri erano riusciti ad evitare numerose trappole – come quella lanciata all’Archeops – e attacchi a sorpresa. Senza contare che Jack, senza di lei, sarebbe già stato catturato diverso tempo fa.
Daisuke non sopportava il rosso, lo trovava troppo simile ad uno stupido ninja di sua conoscenza. Troppo distratto e con la testa sempre fra le nuvole.
 
Le sue lamentele vennero interrotte da un ringhio violento, proveniente dall’Houndoom  del clown. Per quanto si sforzasse, non riusciva ad odiare il cane – dopotutto era di tipo buio. Chi poteva odiare i pokèmon buio? Si giustificò, adocchiando nel frattempo la situazione.
Il pokèmon aveva finalmente terminato la sua ‘lotta’ con il figlio del proprietario del museo, che pareva essere svenuto, e poteva finalmente procedere secondo gli ordini del suo padrone, senza altri intoppi. O così credeva.
Daisuke potè comprendere l’ululato di collera dell’Houndoom – fiero, slanciato, dotato di un potere spaventoso ed allo stesso tempo affascinante – quando il suo attacco verso una delle esposizioni del museo venne, un’altra volta, intralciato da un getto d’acqua comparso dal nulla. Daisuke scosse la testa per disperdere i suoi favoritismi verso l’Houndoom ed analizzare la scena: non poteva essere stato Archee - l’attacco era stato troppo debole - per cui la mossa doveva appartenere ad un altro pokémon acquatico.
Pokemon che individuò senza molta fatica davanti ad una porta semiaperta, mentre intonava una canzoncina incomprensibile.
“Wooper Woop! Wooper Woopah ~ ♪”. Intonò il girino, sorridendo ingenuamente in faccia al pokémon stizzito, che, per quanto volesse lanciarsi all’attacco, doveva attendere gli ordini del padrone.
 
“… Adesso inizio proprio a stufarmi.” Annunciò Hiro, la cui maschera di calma furia iniziava a dissiparsi per lasciar spazio ad un’espressione di pura stizza. Poi, proprio come si era formata la rabbia, il suo volto s’illuminò d’allegria non appena guardò alle sue spalle, dove i suoi occhi lanciarono un’occhiata divertita a una figura che Daisuke aveva già riconosciuto.
Madeleyne era infatti sgattaiolata fuori dal suo nascondiglio e, indugiando leggermente, si era fatta strada verso il badile che Hiro aveva calciato diversi minuti prima. Daisuke assottigliò lo sguardo, cercando di capire l’uso dello strumento nel piano della ragazza. Ma notando lo sguardo confuso della sua compagna, che voltava la testa di qua e di là con espressione disorientata, il ragazzo capì che quella non aveva alcun dannatissimo piano.I casi erano due: o aveva agito d’impulso, secondo la sua tendenza a dare poca importanza alle situazioni pericolose, o si era immersa così profondamente nelle sue fantasie idiote – il che accadeva spesso, purtroppo – da essere entrata senza rendersi conto della baraonda che c’era.
Ad ogni modo, era un’idiota.
Daisuke, massaggiandosi il setto nasale per calmare la propria amarezza, aprì la bocca per rimproverarla della sua ottusità, ma fu preceduto dal pagliaccio che, senza indugio, aveva abbandonato la belva ed il ragazzo morente per attraversare il campo di battaglia, incurante degli attacchi che gli volavano sopra la testa.
 
“Maddy-chan ~ ♥!!”
All’udire il suo nome, la ragazza s’irrigidì, mentre la sua faccia assumeva un colore spettrale.
Non poté formulare una risposta decente che il pagliaccio le si era avvinghiato attorno, stringendola in un abbraccio – trappola mortale? – soffocante.
“Yoru,Ombra Notturna.” Sibilò indispettito Daisuke, indicando i due qualche metro più in là. La visuale gli aveva fatto saltare i nervi, ma non per la semplice apprensione verso la sua compagna: era più che altro un pizzicore fastidioso che cresceva nel suo petto. Decidendo che qualsiasi fosse la causa essa era trascurabile, si limitò a fare un gesto di stizza quando vide che il suo attacco non andò a buon termine, dato che il bersaglio lo schivò senza molta fatica.
Perlomeno aveva separato i due. Madeleyne gli aveva sorriso con aria imbranata, per poi sollevare nervosamente un pollice in alto. La reazione non era invece piaciuta al nemico, che mise il broncio al vedere che Daisuke accennava ad avvicinarsi a loro.
“Uff, che ho fatto di male?” Si lagnò, grattandosi la nuca ostentando confusione. “Comunque, non voglio altre interruzioni. Tobias, Jin, vi spiacerebbe occuparvi del damerino con gli occhiali?”
I due malcapitati a cui si stava riferendo stavano per lamentarsi di qualcosa a che fare con i loro nomi, ma tacquero non appena Hiro gli lanciò due revitalizzanti che aveva estratto dalle sue infinite maniche. Un altro mistero che Daisuke non riusciva a spiegarsi, proprio come le colonne sonore di Kakeru. Non ebbe il tempo per pensare a possibili soluzioni, che i due del Team Pyro lo accerchiarono, con i pokèmon completamente rigenerati.
 
~ ♪ ~
 
Ero totalmente spaesata. Mi ero data un semplice obiettivo – cioè trovare qualcosa con cui difendermi ed evitare di morire – ma in meno di dieci secondi Hiro aveva avuto un’altra delle sue splendide idee e aveva oltrepassato i limiti del mio spazio personale. Sembrava provasse un insano piacere a vedermi confusa, a trastullarsi con i suoi giocattoli.
Guardai Daikke, che, dopo avermi lanciato uno sguardo raccomandante, era ritornato alla sua battaglia, e decisi che non appena l’incubo fosse giunto al termine, l’avrei ringraziato per bene del salvataggio. Se fossi sopravvissuta, certo …
“Avevo intenzione di venire a fare quattro chiacchiere con te non appena avessi finito la missione, sai? Ora però rendi tutto più semplice ~ ♪” Commentò il pagliaccio, dedicandomi un sorriso che la mia mente aveva tradotto in ‘Yep, sapevo dove ti trovavi, non sono bravo?’. Rabbrividii, stringendo il badile che avevo in mano.
“Doom! Houndoom!” Abbaiò il pokemon satanico, scuotendo la coda imbizzarrita. Mi sarei sentita piuttosto disgustata dal filo di bava lucente che scendeva dalle sue fauci, se non fossi stata così preoccupata dalla sua stazza. Dal buco della serratura pareva più piccolo! Quello non è un cane, è un’abominazione!
“Ops, me n’ero quasi scordato!” Si scusò il clown, facendo poi spallucce. “Massì, puoi fracassare quel che ti pare ~”
 
“Wha? A-aspetta!” Esclamai, ignorando l’espressione confusa del capo del team, osservando con trepidazione le fiamme che il cane stava indirizzando verso il centro del museo, dove Kaseki giaceva davanti al T-Rex gigante. “Wooper, Colpo di fango!”
Sospirai di sollievo nel vedere che il girino aveva spento completamente la palla di fuoco del nemico. Corsi velocemente dinanzi all’uomo dai capelli color muffa, allargando le braccia un po’ esitante. Valeva la pena esporsi al pericolo? Ne valeva davvero la pena?
“Quindi…” Mormorò Hiro, guardandomi con un misto di divertimento e pietà. “Anche tu contro di noi, mmh? Credevo fossi più furba degli idioti presenti in questa stanza.” Guardò tristemente Kaseki, facendo intuire a chi si stava riferendo. D’impulso iniziai a difenderlo, mossa da un qualche ideale di giustizia che aveva preso ad affiorare:
“Il tizio con uno zerbino trapiantato in testa” Mi parve di notare un leggero movimento dell’interessato, a simboleggiare la sua ripresa di coscienza “non è un idiota! Lui è solo un po’ invasato. E soffre di un leggero disturbo mentale che lo costringe a trattare i fossili come fossero suoi amanti, ma questo è un dettaglio trascurabile.” Alle mie spalle sentii un mugolio di risentimento. “Però non è stupido.” Feci il mio punto, incrociando le braccia.
“Avresti quindi una denominazione migliore per un moccioso che, rifiutando di collaborare, si spinge sul punto di morte pur di proteggere un posto di cui non si ricorderà comunque nessuno?”
“Sì!” Annunciai, con il solo desiderio di contraddirlo. “Perché ciò che ha fatto non è stato vano!” Presi tempo, gonfiando il petto e lasciando che la mia lingua agisse indipendentemente dagli impulsi nervosi. “Infatti ha guadagnato tempo, lasciandoci prima sconfiggere i maniaci di lumache bavose andate a fuoco, così che ora potremmo dedicarci su te ed il tuo cagnetto!”
Il mio interlocutore, fingendosi impressionato ed allo stesso tempo incuriosito, sorrise soavemente.
“Se posso permettermi di chiedere, chi sarebbe quindi il mio avversario, colui che dovrebbe farmi scappare a casa con la coda fra le gambe?”
Congelai sul posto, osservando i dintorni con fare irrequieto. La mia aria da grande profeta si dissolse nel nulla al vedere che i miei alleati erano ancora impegnati a lottare contro gli immortali lumaconi. Biascicando maledizioni al mondo intero, alzai lentamente la mano. L’altro scoppiò a ridere.
“Aww, che adorabile! Credi di poter contrastare la mia amica con un girino appena uscito dall’uovo! ~ ♥” Ridacchiò intenerito Hiro, coprendosi il sorrisetto con la manica del suo vestito. Quasi sobbalzai, però, quando i suoi occhi penetranti si soffermarono sui miei, accertandomi della serietà dei suoi intenti. Quindi schioccò le dita.
 
Riuscii a malapena a intravedere una scia nera passarmi di fronte, prima di sentire il distinto lamento di Wooper che era stato schiacciato contro la parete. L’Houndoom, come una bestia, l’aveva morso selvaggiamente, e stava procedendo a scrollarlo come fosse un peluche. Solo che, al posto del cotone, fuoriuscivano gocce di sangue.
“Wooper, colpo di fango!” Strillai febbrilmente, sorpresa dall’improvviso assalto. Il girino sputò direttamente nella gola dell’Houndoom delle ondate di melma, costringendo questo a lanciarlo sul pavimento per poi tossire furiosamente, in preda al disgusto. Se non fossi rimasta traumatizzata dalle ferite sul mio pokemon, probabilmente avrei trovato divertente il fatto che i due avversari si fossero scambiati un bacio indiretto.
“Ed ora pistolacqua!” Mi affrettai ad ordinare, spalancando gli occhi quando vidi il pagliaccio oscillare il dito a mo’ di negazione.
“Tsk, tsk, troppo lenta ~”
Il pokèmon di fuoco gli era di nuovo balzato addosso, bloccandolo a terra in modo da avere la sua bocca rivolta verso il pavimento; lanciando un ululato, eruttò una fiammata devastante.
 
Oddio, ora me lo ammazza! Era tutto ciò che il mio cervello poteva registrare, finché, automaticamente, non urlai: “Rattata! Punta al collo!”
Correndo come una saetta il topo uscì dal suo nascondiglio, saltando addosso al lupo e trapiantando i denti nella sua carne, strappando un lamento di dolore alla sua vittima. L’Houndoom prese a muoversi come un toro imbizzarrito, costringendo il topo viola ad allentare la presa e volare qualche metro più in là. Mentre metà del mio essere soffriva per il mio compagno, l’altra fu sollevata nel vedere che Wooper era solo un po’ scottato – forse per la resistenza del tipo, forse per lo strato di muco che lo ricopriva. Sfruttando l’occasione, ordinai a Wooper di attaccare con l’onda d’acqua più forte che riusciva a creare.
 
“Questo non l’avevo previsto…” Dopo un primo momento di sbigottimento, Hiro fece un veloce applauso. “Tu non pianifichi mai niente e t’inventi tutto sul momento, ecco perché mi piaci. Sei imprevedibile, piena di sorprese!”
Udii uno squittio di dolore, e, rivoltandomi verso il combattimento, vidi Wooper urtato dalla carica dell’Houndoom, Rattata abbrustolito da una fiammata.
“Ma non è abbastanza per poter vincere, spiacente.” Sogghignò, vedendo il lupo esibire un feroce morso su Rattata, quasi volesse strappargli via le carni.
“Wooper, Pistolacqua!” Mentre il cane lupo fu sbalzato via dal topo a causa di un getto d’acqua, Hiro continuò, compassionevole:
“È inutile, Maddy. Quello che voi state facendo è rimandare l’esito del combattimento, che terminerà con la vostra sconfitta.”
“Potresti smetterla di parlare? È difficile concentrarsi sui tuoi monologhi strizzacervelli quando si cerca di— SCHIVA Rattata! Wooper, vomita un po’ di fango!”
Mentre l’Houndoom veniva accecato da fanghiglia puzzolente, Rattata aveva ripreso a morderlo agli arti, lottando contro il dolore e i movimenti aggressivi dell’avversario. All’improvviso i suoi denti si ingrandirono, divenendo più acuminati e sprigionando un insolito fascio di luce bianca: slanciando la testa all’indietro, conficcò le zanne nella zampa posteriore del lupo, da cui si udì un malsano ‘crack’, seguito da un guaìto.
 
“Non so chi ti ha lucidato i dentoni, ma quello è stato fighissimo! Magnifico Rattata!”
Nemmeno a dirlo che attorno all’Houndoom si sprigionò un turbine di fiamme, intrappolando entrambi i miei pokèmon in un vortice senza fine.
“Perché non la smetti di intralciarci? La differenza fra i nostri livelli è palese, no?” Commentò il clown, prendendo dalle sue maniche un paio di pillole ed ingoiandole con nonchalance. “Non vedi che i tuoi pokèmon stanno soffrendo?”
Guardai il campo di battaglia, dove Wooper era appena riuscito a annullare la trappola di fuoco e ad inzuppare il cane d’acqua, istigandolo. Questo si voltò verso di lui, piantando delle fauci circondate da scariche elettriche nel corpo del girino, che venne attraversato da spasmi violenti prima di fermarsi del tutto.
Rilasciato dall’Houndoom, Wooper stramazzò a terra privo di coscienza.
 
Cercai di richiamarlo ai suoi sensi, ma le parole mi morirono in gola. Il fatto che Wooper fosse andato K.O. mi aveva svuotato di ogni sicurezza che prima mi tratteneva dall’arrendermi. Per me ora non esistevano più gli scagnozzi del Team Pyro, e nemmeno Kaseki ed il suo museo: c’era solo il piccolo, ustionato corpicino di Wooper. Ferito per colpa della mia stupida iniziativa eroica. Ferito per colpa della mia incompetenza come allenatrice. Ferito per colpa mia.
“Visto? Ne rimane solo uno. E quando anche il Rattata sarà impossibilitato a combattere, ti accorgerai che tutto quello che hai fatto è stato inutile, di come le tue idee non erano altro che utopistiche.” Commentò Hiro, scartando la carta di un leccalecca alla ciliegia. Ogni sua parola non faceva altro che aumentare il mio rimorso. Sapevo fin dall’inizio che le probabilità di vittoria erano inesistenti. Non soltanto non avevo allenato i miei pokèmon adeguatamente, ma avevo preteso che combattessero una battaglia al di fuori delle loro capacità. Mi sentii disgustata dal mio stesso egocentrismo.
Hiro parve intuire i miei pensieri, perché gli si formò un piccolo sorriso dispiaciuto, “Per proteggere cosa, poi? Un edificio con cui non avete nulla a che fare, che non ospita un visitatore da anni. Ossa dimenticate dal mondo, di cui nessuno rimpiangerà la scomparsa.” Si portò il dolcetto alla bocca.
Ma ormai non lo ascoltavo più. Meccanicamente ritirai Wooper dalla battaglia, per poi abbassare lo sguardo. Mi sentii pizzicare gli occhi.
E ora … ora cosa faccio?
 
Un gemito di dolore riuscì ad attirare parzialmente la mia attenzione, e, gettando uno sguardo alle mie spalle, mi ritrovai a fissare Kaseki. Aveva sentito tutto, glielo si leggeva in faccia. Eppure, i suoi occhi smeraldo brillavano di un fervore travolgente, quasi non avesse mai smesso di lottare, e non avesse mai intenzione di smettere.
Fu quella passione a farmi ritornare in me.
Mi ero scordata del vero motivo per cui stavo combattendo.
Delle persone che volevo difendere.
Della mia immensa collera.
 
“Non è vero!” Gridai, all’improvviso, carica di energie, quasi facendo strozzare Hiro nel suo chupa-chupa. “Kazeki e suo padre amano questo museo più della loro stessa vita! Hanno impiegato anni a trovare ed assemblare ogni più piccolo ossicino! Questi fossili sono il loro bene più prezioso, il loro sogno più grande …” Gli lanciai un’occhiata carica d’odio “…e tu glieli stai portando via!”
Kazeki sbarrò gli occhi, colpito. Hiro, invece, sembrava a corto di battutine.
“I miei pokèmon non stanno combattendo per vincere. I miei pokèmon lottano per difendere le speranze di queste persone!” Rattata, che utilizzava la sua agilità per schivare gli attacchi del nemico, rallentò, catturato dal mio impeto. “Magari hai ragione, singolarmente non hanno possibilità, ma loro non sono soli! Siamo un team!” Rattata si fermò, spalancando gli occhi. Il suo manto sprigionò dapprima qualche scintilla, poi venne pervaso totalmente da un bagliore accecante, quasi magico.
Non sapevo cosa stava succedendo. Non sapevo quali stupefacenti avessi trangugiato per vedere Rattata come un bonsai di natale, e, a dir la verità, non me ne importava granché. C’era qualcosa di più urgente: L’Houndoom, notando che il suo avversario si era immobilizzato, si scagliò verso di lui, preparando una fiammata. Scattai in avanti.
Quella era la goccia che fece traboccare il vaso.
 
“Non importa quante volte ci metterai con le spalle al muro” Annunciai, carica d’adrenalina e decisione.
“Noi non ci arrenderemo alla prima difficoltà” L’Houndoom, vedendo che io sarei arrivata prima di lui, spiccò un balzo; per tutta risposta diedi un calcio al mio Rattata, togliendolo dal pericolo.
“Perché quello che stai facendo …” Eravamo io e l’Houndoom, faccia a faccia: lui sospeso in aria con la bocca cosparsa di fiamme, io con sguardo truce e aria di sfida. Strinsi il badile e portai indietro le braccia, caricando il colpo.
“Non è giusto!”
 
Un forte ‘sdong’ risuonò nella stanza.
Tutti smisero di combattere, appena in tempo per vedere l’Houndoom crollare a terra. Lasciai cadere il badile per terra, prendendo a massaggiarmi le braccia tremanti per il contraccolpo. Uno degli sgherri, Jin mi pareva, mi puntò il dito contro, farfugliando:
“C-come hai fatto a--”
“ARGH! Rattata!” Lo congedai, inginocchiandomi vicino al mio pokèmon e scrollandolo rozzamente. La luce del suo manto stava sparendo, rivelando gli occhi a spirale simbolo del K.O.
Misi su un gran broncio.
Stupendo, per cercare di proteggere il mio pokèmon, io stessa gli ho azzerato i punti vita! Bella mossa Madeleyne, a trattarlo come un pallone da calcio!
 
I miei pensieri si interruppero non appena udii il suono di una sirena che si stava avvicinando. La sirena della polizia. Diverse reclute deglutirono.
“Direi che la disputa è giunta al termine, manigoldi.” Proclamò King Kong, che era in qualche modo riuscito a liberare il suo Beep Beep multicolor. “Non vi resta che consegnarvi alla giustizia, o con le buone …” Scrocchiò i pugni “O con le cattive.” Sogghignò cupamente, facendo rabbrividire lo scagnozzo che gli stava più vicino, che cercò di mostrarsi incurante.
“Non è detta l’ultima parola! Il nostro capo sta per-- capo?”
Hiro, ciucciando il bastoncino di plastica del leccalecca, stava accarezzando con tranquillità il suo pokèmon, dandogli da mangiare qualcosa che sembrava una stella a dieci punte. Contrariamente alle mie aspettative, al posto di strozzarsi o, perlomeno, bucarsi la bocca, l’Houndoom riprese conoscenza. Controllai il pokèdex, e per poco non svenni al vedere che aveva riacquistato tutta la sua salute iniziale.
Maledetti steroidi!
 
Le reclute sghignazzarono. “Questo è il nostro capo! Ora vi mostrerà la sua vera poten--”
“Basta lottare! Noi non sappiamo nulla riguardo a ciò che volete! Perché non lo capite?” Sbottò Désirée, fiancheggiandomi con le guance rosse di rabbia. “Fate semplicemente del male ai pokèmon!”
Hiro la fissò intensamente. Mi parve di vedere un rapido sguardo d’intesa fra i due, ma era stato troppo veloce perché potessi processarlo. Quindi, senza indugio, s’alzò, ritirando il pokèmon e sospirando deluso, come un bambino a cui era stato proibito di giocare con il suo nuovo balocco.
“La fanciulla ha ragione: seppure abbia ancora qualche asso nella manica,” Alzò una delle sue maniche, mostrando ‘accidentalmente’ un set di pokèball nascosto. Spalancai la bocca al pensiero di dover lottare contro un esercito di mostruosità. “non è produttivo continuare questa lotta.”
Con un cenno zittì tutti i sottoposti che si stavano lamentando della scelta.
“E poi,” Sorrise misteriosamente nella mia direzione. “La Grigiosfera è in buone mani.” Estrasse un contenitore cilindrico dalle sue maniche-più-profonde-della-tasca-di-Doraemon, che poi sbatté a terra.
“Bye bye ~ ♪”
 
“No, aspetta!” Esclamai in preda alla confusione, allungando un braccio. Lo ritrassi quando il fumo proveniente dal cilindro si espanse per tutta la stanza, costringendoci a coprirci la bocca con le mani per soffocare i colpi di tosse.
Il fumo si diradò in pochi secondi grazie al buco nella parete, ma il Team Pyro era ormai scomparso.
 
~ ♪ ~
 
“Dai, ammettiamolo: sono stata mitica!”
Mi complimentai con me stessa, non riuscendo a capacitarmi di aver fatto qualcosa di giusto.
“Certo, ho condannato il mio Rattata al K.O. e forse ho provocato danni irrecuperabili al cervello del lupo bavoso, ma è stato comunque epico!”
Jack ridacchiava spensieratamente, mentre Désirée mi osservava con occhi sbrilluccicanti dall’ammirazione. Eravamo fuori dal museo - i poliziotti avevano insistito dell’importanza dello ‘sgombrare il campo’ - aspettando che i medici di un’ambulanza finissero di occuparsi delle ferite di tutti, compresi i pokémon. In realtà, l’unico conciato male era Kaseki, del quale solo una gamba, un braccio ed il volto si erano salvati dalle bende.
“Gli unici danni irrecuperabili di cui ti dovresti preoccupare sono del tuo cervello.”
Disse Daisuke, l’unico non colpito dalle mie gesta eroiche. Sbuffai scherzosamente.
“Andiamo, non sono così gravi … hai sentito il monologo che ho proferito, quello sugli ideali di giustizia? Sono o non sono poetica?”
“Era piuttosto profondo, devo ammetterlo.” Alzò un sopracciglio. “Da dove spunta fuori?”
“Eheh” Gonfiai il petto, orgogliosa “Derivano da una lunga e sudata esperienza nel mondo anime e manga!” Ma Daikke non pareva in vena di rallegrarsi – se ne era capace, perlomeno.
“Gli allenatori non combattono direttamente i pokémon. Usufruiscono di quelli che hanno catturato.” Spiegò con sguardo scocciato.
“Ma-ma ma noi siamo una squadra!” Balbettai, usando inconsciamente un tono infantile. Quindi, a mo’ di coreografia, Rattata sbucò fuori dal mio cappello e Wooper - il cui corpo eccetto gli occhi era imbozzolato nelle bende – rotolò giù dalla mia spalla, precipitando per terra con un sonoro ‘splat’.
 
Daisuke si sbatté una mano sulla fronte, ma prima ancora di potermi ulteriormente correggere, fu interrotto da Kaseki, rilasciato dagli infermieri.
“Non è proprio così che funziona una ‘squadra’.” Commentò, barcollando fino a noi su una stampella. Mi lanciò un sorriso radiante, che mi stupì: dov’era finita la sua aria inespressiva, annoiata e robotica? “Ad ogni modo, è solo grazie a te che il museo è salvo. Ti devo un favore … anzi, la mia vita.” Nei suoi occhi balenava un sentimento, ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a riconoscerlo. Mi rendeva nervosa.
“Che melodrammatico.” Scherzò Jack, adocchiando il suo ex-datore di lavoro con amarezza.
“Non sono affari che ti riguardano.” Gli comunicò meccanicamente Kaseki, ritornando inespressivo.
“Chiedimi qualsiasi cosa, e cercherò di realizzarla.” Mi promise docilmente, abbandonando il tono da robot. Già, c’era qualcosa di strano. Ma al momento ero troppo occupata per rifletterci su.
“Qualsiasi cosa?” Riaprì il dispenser delle mie fantasie mentali, dentro cui stava il documento intitolato ‘Villa piena di verdoni e servitù’. Mi asciugai la bava con la manica.
“Che sia nell’ambito delle mie capacità economiche, però.” Sospirò, comprendendo ciò che avrei voluto chiedergli. “Sono mortificato.” Si affrettò a scusarsi, passandosi nervosamente una mano fra i capelli verdognoli. Con la coda nell’occhio vidi Jack, a qualche metro di distanza, spalancare la bocca con aria quasi spaventata.
“Chi sei tu? Che ne hai fatto di Kas- Ouch!” Désirée gli pestò leggermente il piede.
“Ma è vero! Qualcosa deve averlo posseduto per essere così … così emotivo!” Il suddetto interessato gli rivolse un’occhiata menefreghista, per poi decidere che l’argomento non era di suo interesse e tornare a squadrarmi.
“Insomma, è quasi umano!” Concluse Jack, beccandosi in pieno un’occhiataccia da parte della sua nuova conoscenza. Questa, sospirando, gli fece cenno di avvicinarsi, per poi sussurrargli qualcosa all’orecchio. Doveva essere qualcosa di molto divertente, perché il volto di Jack all’improvviso s’illuminò, leggermente imbarazzato. Gli sfuggì un ‘Ooh, ora ho capito’ di esclamazione.
 
Scrollai le spalle e, decidendo che non era nulla d’importante, tornai agli affari.
“Beh, se non puoi fare nulla per quello, non ho niente da chiederti, per ora.”
“Umh…” Si era fatto titubante, quasi stesse ragionando su come porre la sua prossima frase. “Allora che ne dici di scambiarci i numeri di telefono? In quel modo potremmo tenerci in contat-- accordarci meglio non appena ti viene in mente qualcosa.” Avrei prestato più attenzione all’errore verbale di Kaseki, se non fossi stata concentrata nel tradurre l’espressione infastidita di Daikke.
Guardai il mio telefono con aria interrogativa. C’era qualcosa che non andava nel mio cellulare?
Ad ogni modo accettai, ottenendo il mio primo numero salvato in memoria. Che apparteneva ad uno squilibrato feticista di cadaveri scheletrici. Trovare qualcuno di normale no, eh?
 
Sopra la mia testa, Rattata si era appisolato, facendo oscillare al codina. Controllai Dexi per la seconda volta, confermando ciò che avevo scoperto e congratulandomi mentalmente con i miei pokèmon, saliti entrambi di livello. Rattata, inoltre, aveva imparato due nuovi attacchi: il primo, ‘Iperzanna’, doveva essere il dentone fosforescente che aveva indebolito di molto l’Houndoom di un’ora fa, mentre il secondo, ‘Sbigoattacco’, non l’avevo mai visto. Accarezzai il topino, sovrappensiero.
“Però è proprio un peccato che Rattata non si sia evoluto.” Commentò Jack, che stava facendo ‘pat pat’ sulla testa del suo cagnetto rosso … un Groah-qualcosa. “Ma immagino sia meglio che essere mummificati come Wooper”.
“Evoluto? Come nei Digimon?” Domandai a nessuno in particolare. Désirée, Kaseki e Jack mi fissarono come se gli avessi appena rilevato la locazione sotterranea della città segreta degli uomini-talpa. Che esistevano. Dovevo solo scoprire dove avevano la loro base eh…
“Sveglia Madeleyne! Rattata si stava evolvendo!” M’informò il ragazzo dai capelli rossi, sconcertato. Il mio sguardo doveva assomigliare a quello di un pesce morto. Era una bella o una brutta cosa? Da dove diamine spuntava fuori quest’ ‘evoluzione’?
“Maddy …” Désirée strabuzzò gli occhi “Non hai idea di cosa sia un’evoluzione, vero?”
Tutti avevano preso a studiarmi come se fossi un animale esotico. Sentendomi sotto pressione, mi s’imporporarono le guance. Scossi velocemente la testa: era forse un crimine essere un po’ ignoranti?
 
Accaddero varie reazioni contemporanee: Désirée mi tastò la fronte, controllando se avessi la febbre; Jack mi girava attorno, commentando riguardo ad alieni, rapimenti e vuoti di memoria, mentre Kaseki, espressione sofferente – aveva già avuto un assaggio della mia ignoranza mentre parlavamo di fossili – si lasciò sfuggire un ‘Sigh, Snorcola…’.
Daikke, lucidandosi gli occhiali, rientrò nei panni della maestrina, costringendo gli altri a zittirsi.
“Ti ricordi Nin il Nincada?” Assunti un colorito vagamente famigliare ai capelli di Kaseki. “Ti ricordi Il coleottero che ti ha fatto svenire vicino al lago degli spettri?” Annuì, un po’ offesa dal fatto che stesse parlando molto, molto lentamente. Non sono mica stupida!
“Sono lo stesso pokémon.” … Ok, ritiro tutto. La mia espressione di scetticismo parlava molto chiaro. Daikke alzò gli occhi al cielo, ma si rifiutò di abbandonare la spiegazione.
“Un’evoluzione può accadere non appena il pokèmon raggiunge un determinato livello. Serve, però, una grande intesa con l’allenatore e il raggiungimento di un certo grado di maturità in entrambi. A volte, un pokèmon, seppur del livello adatto, non riuscirà mai ad evolversi.”
“Wait! Vuoi dire che Rattata stava per diventare un insetto schifoso?” Trattenni un conato.
Daisuke mi lanciò un’occhiata ambigua. Poi s’irrigidì, lanciandomi una delle sue occhiatacce gela-anima. Fui costretta ad abbassare lo sguardo e a ridacchiare nervosamente.
“No,” Rise invece Désirée, cercando di allietare la tensione. “Ogni pokémon ha una forma evoluta differente. Solo i pokèmon coleottero possono trasformarsi in coleotteri, sta’ tranquilla!”
Annuì rincuorata, guardando la mia nuova insegnante – decisamente più paziente e buona e gentile e allegra di Daikke – con ammirazione.
 
C’era ancora qualcosa che mi lasciava dubbiosa, però. Come una brava alunna domandai:
“E perché non si è evoluto?”
La risposta mi venne data da Kaseki, che sollevò un sopracciglio.
“Forse, Snorcola, perché l’hai mandato K.O.?”
“… oh.” Impallidii. L’intervento successivo di Jack non servì a migliorare la situazione.
“Già, ora ci metterà un po’ prima di evolversi.”
“Oh.”
“È anche possibile che quella fosse la sua unica chance.” S’intromise Désirée, pensosa, con pugno posato sulle labbra. Non s’accorse che il suo commento mi aveva messo in crisi.
“Probabilmente non si evolverà mai più.” Il colpo di grazia me lo diede proprio Daikke, facendo spallucce, come se la questione non gli importasse.
 
Per un attimo fui tentata di farmi prendere dall’agitazione, ma poi mi accorsi che le labbra di Jack tremolavano convulsamente, quasi stesse cercando di trattenersi dal ridere di gusto.
“Non è divertente!” Gonfiai le guance, intuendo di essere stata presa in giro.
Il rosso, non riuscendo più a trattenersi, mi contraddisse, scoppiando a ridere. “Invece sì! D-dovevi, dovevi vedere la tua faccia! Era … era … ahahahah!”
“Invece no! Mi avete fatto prendere un colpo!” Per non dire che ci stavo quasi per credere … che idiota!
“Pfft!” Ridacchiò Désirée dolcemente. “Non te la prendere.” Non sapevo perché, ma Désirée aveva un effetto calmante sul gruppo. Aveva un non so che di carismatico e sereno, che ti faceva venire voglia di vedere il mondo da un punto di vista ottimistico.
“Ti stavamo solo un po’ prendendo in giro!” Alla fine cedetti, unendomi anche io alle risate…
“Io no.” … che mi morirono in gola quando notai l’espressione placida, ma seria, di Daisuke.
Se non fosse stato per Kaseki, sarei probabilmente caduta a terra per la rivelazione.
 
“Daikke!” Guaii, minacciando di colpirlo con il Wooper mummificato.
Forse, se non avessi avuto la mente colma di piani di vendetta, avrei potuto notare che sul volto del mio compagno di viaggio si aggirava l’ombra di un sorrisetto.
 
 
 
 
 
 
 
~ Author’s Corner
MERRY CHRISTMAS! ♪
Credevo che quest’anno la scuola sarebbe stata clemente. Dicevano ‘il secondo anno è quello peggiore, dopo è più facile’. E sapete cosa? Tutte menzogne ç.ç. Quindi prendetevela con la scuola, stavolta >.>
Perciò mi ero promessa di aggiornare se fossimo sopravvissuti al 21 dicembre. Cosa che abbiam fatto. Per cui eccomi qua :3 Sperando che interessi a qualcuno, certo …
 
Riassunto
Madeleyne riesce a uscire fuori dalla propria vigliaccheria, e riesce in qualche modo a sconfiggere l’Houndoom, compromettendo però l’evoluzione del suo primo pokèmon.  Il team Pyro e Hiro scompaiono, ma pare che questo abbia scoperto qualcosa riguardo all’attuale posizione della Grigiosfera. Kaseki è mezzo morto, il museo in fase di ricostruzione, e Madeleyne è presa in giro per la sua ignoranza. FIN.
… Accidenti che capitolo inutile.
 
Commenti
Non ho molte cose da dire (potete già notare che è un chap lungo e noioso, ma andava fatto), tranne queste:
Prima di tutto la battaglia è verosimile. Non venitemi a dire che non è possibile che con un colpo fracassa cranio un cane non svenga. In più, era stato indebolito sia da Rattata, che da Wooper, che dal Carracosta, ‘kay? Secondo me è fattibile.
Secondo, Madeleyne potrebbe sembrare OOC. Perché, andiamo, lei non è proprio una ‘paladina della giustizia Winx/PowerRanger/AshKetchup e robe simili’. Nope. Però, in realtà, non lo è. È solo un’altra delle sue sfaccettature.
Kaseki, dato che è comparso poco, forse non si riesce ad inquadrare bene, per farò delle delucidazioni: è generalmente apatico e senza vita, ma non appena vede fossili diventa una fangirl possessiva. Per cui il suo interessamento a Maddy è alquanto pazzesco.
 
Direi che il mio compito è finito, per ora. Se notate qualcosa di stupido/sbagliato/noioso avvertite :)
GloGlo ~

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Capitolo 32
*** Mochapoli ***


Pkm 32.0
~ Mochapoli ~
 
 
Mochapoli era considerata dagli allenatori come una città raggiante. Si ergeva su una collinetta verde, circondata da fiori e giardini profumati che rilasciavano un senso di serenità a tutti coloro che arrivavano dalla via principale. Le case parevano brillare, tanti erano i colori sgargianti con i quali erano state verniciate. Un’allegra musica di sotto fondo aleggiava per le vie, coinvolgendo ogni abitante. I più anziani, che avevano un sorriso compiaciuto stampato in faccia, osservavano dalle proprie panchine i bambini che, urlando, schizzavano verso un’unica meta comune, al centro della città. Meta comune che ebbe lo strano potere di sopprimere totalmente la mia capacità intellettiva, ipnotizzandomi con la sua seducente alternanza di luci e colori.
 
Luna Park. Luna Park. Luna Park. Luna Park. Luna P-
“Andiamo al Luna Park!” Esclamò Désirée, i cui occhi brillavano più di dieci Soli ardenti. “Jack! Jack! Ci accompagni?” Il ragazzo sorrise, ma prima ancora di poter spiccicare parola, la ragazza si lanciò verso la sua schiena, appendendosi al cappuccio della sua felpa. “Per favore ~”
Qualcosa, però, mi diceva Jackpot non stava passando un bel momento: non solo la sua schiena era arcuata in una posizione innaturale, ma stava anche assumendo un colorito bluastro.
Non che Désirée se ne fosse resa conto.
Avrei potuto fare qualcosa. Ma facendo un veloce controllo, mi accorsi di non essere in possesso di sufficiente volontà per ricordarle che uccidere le persone era considerato un reato.
“Ci saranno le tazzine rotanti, le case infestate, le montagne russe e …” Aw. Era così adorabile. Se si ignorava il fatto che, ad ogni strattone che dava, Jack emetteva dei raccapriccianti suoni gutturali. Mmh. Forse quello non era un buon segno.
Corrugai la fronte. Naah! Lui è un ragazzo robusto. Se fosse davvero in pericolo dovrebbe essere in grado di ribellarsi, no?
Ma, puntualmente, il fato si affrettò a ricordarmi della mia perpetua ingenuità.
Désirée, che rideva innocentemente, non sospettando che a causa della sua gioia qualcuno stava varcando la soglia dell’oltretomba, diede un’ultima tirata, più forte delle altre, per poi mollare la presa. Nessuna di noi due si poteva aspettare che il rosso, per contraccolpo, si sfracellasse a terra, con tanto di sangue dal naso.
Désirée lo osservò con confusione.
“… Jack?”
Ancora non riuscivo a capire come avesse fatto a non notare Jackpot diventare blu. Da quel che mi ricordavo, Désirée non aveva mai mostrato segni di essere daltonica. E di certo Jack non era mai stato un Avatar…
… a meno che non ci abbia mentito per tutto questo tempo. Chi mi assicura che in realtà non sia venuto sul nostro pianeta per studiare un modo con cui schiavizzarci e usare il nostro sangue per nutrire il loro albero radioattivo?
Sconcertata, feci alcuni passi indietro, allontanandomi da Désirée che, in preda alla confusione, si era inginocchiata davanti a lui, brandendo il suo ombrello. Prese a punzecchiarlo, ma l’unica risposta che ottenne fu un’eloquente rigurgito di bolle e bava dalla bocca.
 
Decisa a lasciare che i due piccioncini se la sbrigassero da soli, mi osservai attorno, fino a trovare chi cercavo. Ergo il mio asociale compagno di viaggio che, rinchiusosi nella sua consueta misantropia, se ne stava a dieci metri di distanza, limitandosi a guardarci. Lo raggiunsi trotterellando, con il volto plasmato in una pura maschera di allegria.
Maschera, per l’appunto; in realtà, dentro di me sentivo la tensione e la determinazione che si provavano negli incontri di pokémon. Strinsi un pugno: ero pronta alla missione.
“Luna Park?” Scelsi con prudenza di usare un tono vagamente esortativo. Ma non è un invito. È un diamine di ordine: dopo tutte le disavventure che ho passato, è mio diritto avere un po’ di divertimento.
“…” L’altro si limitò a fissarmi con aria critica, come se avessi dovuto già conoscere la risposta. Certo che la conosco. La conosco e me ne frego. Stavolta non avrei ceduto alla sua rigidità. Indicai l’ingresso che era alle mie spalle, risoluta.
“Luna Park.”
Per essere più chiaro, scosse la testa un paio di volte. Ma non mi sarei fermata: quella era un’occasione unica, per me, e non l’avrei sprecata. Avrei ricorso a tutta la mia fino-ad-allora-inesistente energia psichica pur di convincerlo.
“Luna Park!”
“No.” Quella volta fu Daikke ad essere deciso, con tanto di aria stizzita.
Uh, oh. Presi fiato; era l’ora di ricorrere al mio potere sovrannaturale. Lasciai che i miei occhi s’indurissero, si rispecchiassero nei suoi.
Tuuuuu. Ioooo. Luuuna Pparrrrrrrrrk!
L’aria cupa che aveva circondato Daikke si dissolse, lasciando posto ad un’altra più interrogativa. Mi fermai, percependo alcune vene gonfiarsi dallo sforzo. Dopotutto, come sarei potuta andare sulle montagne russe se prima fossi morta di emorragia cerebrale?
Studiai i risultati del mio faticoso lavoro, portando la mano a massaggiare il mento. Daisuke, non pare più intenzionato a ribattere. Ha funzionato?
Il mio volto s’illuminò di soddisfazione. Daisuke sollevò il sopracciglio.
“Stai male?”
Oh. Il mio sorrisetto crollò miseramente. É semplicemente rimasto traumatizzato dalle facce che devo aver fatto mentre lanciavo il mio sortilegio.
Beh, rimaneva sempre il piano B. Abbandonai la maschera di determinazione, assumendo l’aspetto che meglio rappresentava il mio stato d’animo. Ovvero quello di un cane bastonato. Misi le mani a mo’ di preghiera.
“Park! Luna Park! Luun! Lun!”
Passarono pochi secondi di totale silenzio, durante i quali non potevo che sperare in qualche miracoloso cambio di programma. Ma fui costretta ad assistere a un altro fallimento, quando lui, prendendo il suo Pokèdex (opportunamente modificato nel passato mese), iniziò a dettare:
“Giorno XX. Sono testimone di una scoperta impensabile. Cambierà per sempre la storia del mondo pokèmon.” Prese a girarmi attorno, ispezionando la mia figura come se fosse la prima volta che mi vedeva. “Ebbene sì: gli umani possono regredire allo status mentale dei pokèmon.”
Spalancai la bocca, congelandomi sul posto. Potevo sentire il venticello accarezzare incurante la mia pelle. Incurante come il mio tecnicamente-amico, che, dopo aver scritto un paio di cose sul mio aspetto (“Il soggetto qui descritto è un giovane esemplare di sesso femminile. Altezza: nella norma.” Pausa per lanciarmi un’occhiata indagatrice. “Taglia: grossa.”), ripose il materiale nella sua valigetta.
Iniziavo a credere di essere un chewing-gum. Un chewing-gum spiaccicato sulla strada. Che tutti quanti calpestavano, senza dargli molto peso o preoccuparsi per i suoi sentimenti.
 
“Hey, Maddy!”
“Sto avendo un lungo soliloquio mentale sul maltrattamento delle gomme da masticare. Gradirei di essere lasciata alla mia demoralizzazione.” Mormorai, sentendomi cedere le gambe. Perché le chewing-gum non le avevano. Erano molli e senza spina dorsale.
Sorrisi debolmente, fissando il vuoto.
Ecco, finalmente ho trovato il mio scopo vitale. Se fossi rimasta ferma immobile, senza mangiare o bere, lasciando che gli agenti esogeni compissero il loro lavoro, forse anche io, un giorno, mi sarei liquefatta, ricadendo sul marciapiede sotto forma di poltiglia rosa. Un chewing-gum alla fragola.
“Maddy, guarda!” Sollevai debolmente la testa, sentendomi incompresa. Cosa c’era di così importante da distrarmi dal corso della mia vita?
“Ora che Jack è a posto, possiamo andare!” Davanti a me, Désirée mi fece il segno dell’OK.
Guardai per terra, senza molta vitalità. Jack non era più un Avatar, vero, e stava respirando …
… Ma non è che giacere in una pozzanghera rosa sia molto salutare.
“Oh, non badare al liquido che c’è per terra. È uscito fuori quando gli sono saltata sopra.”
What?
“Sì, vedi, ho visto che gli uscivano delle bolle dalla bocca.” Sorriso orgoglioso “Quindi ho dedotto che doveva avere i polmoni pieni d’acqua!”
Ah. Ecco, ora è tutto- COSA?!
“Jackpot, sei vivo?!” Gli urlai, preparandomi ad uno sprint nella sua direzione.
Fortunatamente, non dovetti compiere un tale sforzo fisico – le chewing-gum non avevano muscoli – poiché il rosso si rialzò, traballante, accennando ad un debole sorriso.
“T-tutto ok. Ci vuol ben altro per togliermi di mezzo.” Sagge parole, per uno che sembra più morto che vivo.
“Allora non ti spiacerà se andiamo al parco dei divertimenti, giusto?” Désirée fece inconsciamente gli occhi dolci. Un’espressione che risollevò completamente il mio spirito, e fece riacquistare forza a Jack.
“Aww, certo che non mi dispiace! Ci andrei anche subito …” Esclamò, facendole fare un salto di gioia. Al contrario, io mi scordai completamente della mia brama di diventare una Dit-Babol. Incrociai le braccia, mettendo su un broncio invidioso. Perché lei ha un accompagnatore mentre io sono costretta ad essere sola come un cane?
“… se avessi almeno un pokè.” Continuando a sorridere – un sorriso più triste e rassegnato – dai suoi occhi sgorgarono pian piano piccole lacrime di coccodrillo. Per dimostrarci la verità delle sue parole, prese il portafoglio e lo scrollò. Anche da quella distanza riuscivo ad intravedere tracce di ragnatele e polvere.
“M-ma ...” Désirée lo afferrò per la collottola, con un’aria che doveva apparire triste, ma che agli occhi di Jack doveva apparire lievemente minacciosa. Probabilmente era rimasto traumatizzato dagli eventi precedenti. “Ci deve essere qualcosa che possiamo fare!”
Il rosso scosse la testa di riflesso, temendo per la sua – ormai esaurita – salute. Ma ad un tratto s’illuminò.
“Ci sono! Ho un’idea geniale!” Prese Désirée per le mani, causandole un lieve arrossamento delle gote. “Désirée, vieni con me! Madeleyne, ci si vede dopo l’incontro in palestra!” Carico come non mai, prese a correre via …
“Jack, attento!”
… per poi scivolare sopra la pozzanghera del suo stesso sangue misto a bava e schiantarsi a terra, fra gli occhi stupiti dei passanti.
 
Questo è un buon momento per far finta di non conoscerlo e rifugiarsi in palestra.
Annuii fra me e me. Non fui sorpresa quando scoprii che di Daisuke non c’era più traccia – doveva essersi dileguato ore fa. Facendo ambarabà ciccì coccò m’incamminai in una direzione presa a caso, decidendo di ricorrere all’aiuto dei passanti nel caso mi fossi persa.
Prima trovavo e sconfiggevo il capopalestra, prima mi sarei tolta quell’impiccio.
 
~ ♪ ~
 
No. Mi ero per forza sbagliata. Dovevo essermi sbagliata.
“Scusi …?” Sventolai una mano di fronte ad una delle due guardie del cancello. Erano vestite alla maniera inglese, con le divise rosse ed un colbacco peloso. Quando l’uomo posò gli occhi sulla mia figura, continuai.
“Mi potrebbe dire dove trovare la palestra pokémon di Mochapoli?”
La guardia sollevo un sopracciglio, per poi rispondere, piattamente: “Le sta proprio davanti.”
Lo guardai. E poi guardai di fronte a me, come avevo fatto precedentemente per ben cinque minuti. Ma il mio cervello non voleva accettarlo. Non era possibile accettarlo.
“Chi ha avuto la brillante idea di costruire un campo di battaglia dentro ad un castello medievale?”
La guardia borbottò qualcosa, ma non lo sentii, troppo impegnata a guardare l’antica costruzione: avevo sperato fosse tutto solo uno scherzo, ma eccolo lì, in tutta la sua pietrezza.
C’erano diversi motivi che mi portavano a giudicare negativamente quell’edificio.
Un palazzo così enorme, ricco, storico, ridotto a misera palestra? Senza contare che con un paio di attacchi ben assestati potrebbe crollare! E’ un enorme spreco di soldi! Chissà quanti ragni e ratti e scarafaggi!
Ma la verità era un’altra. Avevo una sola preoccupazione al momento. Mi rivolsi per un’ultima volta alla guardia.
“Umh. E, di preciso, a che piano è collocato il campo di battaglia?”
“Torre centrale, ultimo piano.”
… come sospettavo, il mondo mi odia.
 
~ ♪ ~
 
Ansimavo pesantemente. Intravedevo lievi fasci di luce provenire dalle vetrate colorate della torre. Il mio sguardo era fisso in un punto, dritto davanti a me. Presi fiato, guardando come i piccoli granelli di polvere danzavano alla luce del sole.
C’era un’atmosfera così rilassante …
Era un peccato che il mio cadavere avrebbe rovinato quel posto magico.
Ma non avevo intenzione di andarmene senza aver pronunciato le mie ultime parole.
“Nonno, credo che è solo merito tuo se la nonna ha scelto di adottarmi. Doveva essersi abituata alla tua mania di salvare gli animali randagi, come Gigio. Ho sempre sospettato che tu, per un certo lasso di tempo, mi avessi considerato uno di quegli animali. Dopotutto, quando ero piccola, mi facevi mangiare dalle ciotole sul pavimento …” Feci un profondo sospiro.
 “Nonna, non ho mai voluto dirtelo per non offendere i tuoi sentimenti ma … la tua cucina fa proprio schifo.” I lati della mia bocca s’incresparono per la nausea. “Io e il nonno lo rifilavamo sempre al cane di turno. Chiediti perché sono tutti morti.” Tossii, sentendomi perdere le forze di minuto in minuto. Sapevo della futilità di tale gesto, ma non ero riuscita comunque a contenermi.
“Nonna, Nonno, Gigio...”
Sentii gli occhi inumidirsi.
“Mi mancheret-”
 
“Eccola lì.”
Senza un briciolo di delicatezza, un paio di guardie mi afferrarono per le braccia e le gambe, trasportandomi frettolosamente verso la meta.
Sbuffai: perché non mi lasciavano semplicemente morire?
Venni sbattuta dentro ad una stanza senza molte cerimonie. Rotolai sul pavimento, finché la forza d’attrito non compì il suo dovere, fermandomi a pancia in giù. Lo spettacolo che vidi quando aprii gli occhi si poteva dire alquanto stravagante.
Era una palestra di pokèmon circolare, illuminata da potenti lampade che parevano inusuali per quell’ambiente medievale. Ai lati si trovavano, da una parte, Daikke, dall’altra, una bambina.
Correzione: bambina che, non soltanto indossava un vestito multicolore pieno di merletti, ma indossava pure una tiara. E tacchi. E uno scettro. E un’espressione accigliata.
 
“… è lei?” Inquisì questa, battendo il piede con fare irritato sul pavimento.
Daisuke accennò con la testa ad un sì, ma la bambina non pareva convinta.
“Questa larva?”
Al sentire quell’insulto bello e buono, mi drizzai in piedi, ergendomi con un portamento che quasi mai mi sentivo in dovere di mostrare. Iniziai la conversazione in maniera piuttosto pacifica.
“Sei una vera principessa?”
“In questa palestra, sì.” Rispose quella, con superiorità. Abbandonai completamente l’aria nobile, optando per un’altra più inasprita.
“E allora ritira quel che hai detto, se non vuoi che questa larva venga lì e ti sbavi tutto il vestito.”
Una vena pulsante le comparse sulla tempia.
“Che affronto! Tale gesto è punibile con la decapitazione!” Strillò lei, facendo cenno alle guardie di portarle una grossa poltrona. O trono. Quel che era. “Ma dato che sei la mia cosiddetta sfidante, e che io sono la principessa più magnanima fra tutte, ti concederò l’onore del perdono.”
“Ma senti tu …” Mi morsi la lingua per non andare oltre. I bambini insolenti non riuscivo proprio a sopportarli. Avevano un brutto effetto su di me.
“Scegli un pokémon!” Annunciò con tono autoritario, spalancando le braccia.
 
Mi posizionai al limite del campo di battaglia. La mocciosa schioccò le dita, facendo sì che una delle guardie alla sua destra lanciasse per lei la pokéball. Alzai gli occhi al cielo, ma prima di poter commentare fui sorpresa da una voce alle mie spalle, che assunsi essere Daisuke.
“Ti ho aspettato per due ore”. Beh, forse ciò dipende dal fatto che mi hai abbandonato nel bel mezzo della città, senza nemmeno concedermi un briciolo d’informazione. Ma questa è solo l’ipotesi di una Dit-Babol in via di formazione, non ci far caso.
Mi morsi la lingua, contenendo la mia stizza: dovevo ricordarmi che non era lui l’oggetto della mia rabbia, ma solo la marmocchia.
“Scusa, ero impegnata a dire le ultime parole alla mia famiglia.” Frugai nella borsa alla ricerca delle sfere poké. “Le scale, sai, sono un avversario troppo potente.”
Quella volta fu il suo turno di alzare gli occhi al cielo.
Ma non avevo tempo da perdere: avevo una babbuina da ammaestrare.
 
La luce rossa del pokèmon della capominestra si ampliò, fino ad arrivare al soffitto. Con un ruggito poderoso, la figura oscura aprì gli occhi, fissandoli su di me con aria minacciosa. Il pavimento prese a tremare. Mi domandai se l’essere poteva sentire la mia paura. Onde evitare rischi, presi in un lampo la pergamena del mio testamento, pronta a segnare gli ultimi dettagli.
La luce si dissolse, rivelando una gigantesca mostruosità, nata dalla profondità del centro della terra, dalle fattezze simili a quelle di un demoniaco dragone grigio. Riuscivo a percepire il suo potere anche senza averlo mai visto: era un pokèmon devastante. Un pokémon che non mi avrebbe lasciato scampo.
Pokémon che si era appena incastrato fra il soffitto e il pavimento del campo.
“A-AGGRON!” Piagnucolò il gigante, dovendosi piegare per non distruggere il piano.
Nella stanza scese il silenzio.
Con molta nonchalance, la capominestra prese la pokéball e lo fece rientrare. Socchiuse gli occhi, porpora in volto.
“… ti preferivo quando eri ancora un Aron.” Quindi si ricordò di me.
“Ahah! Sei stata fortunata! In queste circostanze non posso usare il mio più fido alleato… ma non ce ne sarà nemmeno bisogno.”
In fretta, sottrasse a una guardia un altro pokèmon, e lo spedì in campo.
 
Questo era decisamente molto più piccolo e, se dovevo dire la verità, più carino. Aveva una specie di lungo codino grigio, mentre il resto del suo corpo era giallo e grazioso.
Riprendendomi dallo shock dell’Aggron – seriamente, che era successo? – mandai in campo Rattata. Era solo giusto: Wooper aveva già lottato in palestra, mentre lui no.
Al sentire il suo avversario scendere in pista, il pokèmon nemico aprì gli occhi rossi, attendendo gli ordini dell’allenatrice.
“La prima mossa allo sfidante.” Decretò questa, sogghignando.
E no, non mi faccio ingannare da questo gesto di fasulla gentilezza. La faccenda puzzava.
“Rattata, su, inizia a corrergli incontro.” Lo incitai, prelevando rapidamente il pokèdex per controllare gli attacchi che avevo a disposizione. Perché sì, ero una frana con i nomi.
Uno di questi, in particolare, aveva attirato la mia attenzione; una delle ultime mosse che aveva imparato, ma che non avevo ancora capito bene come sfruttare. L’idea che mi dava la sua descrizione, però, era piuttosto appagante.
“Mph, stolta! Mawy, mordilo!” Urlò senza preavviso la bambina, nello stesso istante in cui io avevo ordinato il mio attacco.
“Sbigoattacco!”
La sequenza fu rapida: il pokèmon giallo, ancora prima di voltarsi, venne colpito alla pancia da una velocissima schienata. L’avversario perse l’equilibrio, e, volendo cogliere l’occasione al volo, decisi un altro attacco.
“Iperzanna!” Quando il topo cercò di mordere il nemico, si udì un forte rumore metallico. Controllando Dexi, notai con sorpresa che l’attacco non aveva avuto il solito effetto prodigioso. Approfittando della mia confusione, il coso con il codino si rialzò in un batter d’occhio, facendo cadere Rattata a terra.
“Mawy, sgranocchio!” Ah! Come se quel cosino possa riuscire a battere il dente miracoloso di Rattata! Pensai, piena di orgoglio.
 
Orgoglio che mi ritrovai a sputare dallo shock, quando vidi il mio pokèmon essere librato in aria e masticato come una caramella da niente meno che una pianta carnivora.
“Che diavolo ci fa una pianta su quel pokèmon!? Gliel’avete impiantata voi? Lo sta controllando? Le radici sono penetrate fin nel cervello?” Quella era stata una mossa che non mi sarei mai aspettata, ma non avevo il tempo di scandalizzarmi sull’abuso del pokèmon. Dovevo già salvare il mio.
“Uh ...” Che potevo fare? “Prova a usare di nuovo Sbigoattacco.”
Il topino eseguì l’ordine, ma non riuscì comunque a liberarsi da tale morsa. Iniziai a sudare freddo.
“Attacco rapido?” Oltre a sprecare energie, non fu in grado nemmeno di scalfire i suoi denti d’acciaio.
“Azione!” Prima ancora che potesse eseguire, il pokemon pseudo-pianta strinse le fauci attorno a lui, impedendogli il movimento.
“Ahahahah!” Risuonò dall’altra parte del campo. “Il mio Mawy ha una difesa impenetrabile! La sua bocca può masticare persino l’acciaio!”
“Perché mai dovrebbe mangiare dell’acciaio?!” Mi misi le mani fra i capelli, frustrata, guadagnandomi un paio di occhiate stranite dalle guardie.
 
“Argh! Ce l’avrà pure un punto debole quel coso!”
Lo osservai rapidamente, e, guardando il pokèdex, compresi che se non fossi riuscita a liberare Rattata sarebbe stato tutto finito in un attacco. E non volevo perdere contro una bambina così altezzosa.
Ragiona, Maddy. Sei incapace come allenatrice, questo lo sanno tutti. Ma considera questa battaglia da un altro punto di vista. Come si fa nei videogames a sconfiggere un boss impenetrabile dall’esterno, e che mangia gli opponenti?
Sollevai un sopracciglio. Beh, Zelda ci butta una bomba dentro e –
“Muahaha.” Feci una piccola risatina, fregandomi le mani.
“D’accordo Rattata, mordi la sua bocca!”
“Ti ho appena detto che--” La zittii, aggiustando l’ordine che avevo dato al pokèmon.
“Usa Iperzanna dall’interno!”
Ugh, che schifo! Dopo questa battaglia, passerò almeno un’ora a lustrare i denti del mio pokèmon!
Qualcosa comunque dovette accadere, perché in men che non si dica il pokemon con le zanne sputò il mio, iniziando a correre di qua e di là in preda al dolore. Rattata, notai con preoccupazione, era ricoperto da graffi e ferite più profonde. Inoltre, sembrava incredibilmente stanco, con quel suo pelo arruffato e ricoperto da bava.
Strinsi i denti: quella pianta affamata si meritava una bella lezione.
I miei pensieri furono interrotti dalla voce stridula della bambina.
“H-hey! Non fuggire dal campo di battaglia per una simile sciocchezza!”
Non me ne sarei stata a guardare mentre lei riacquistava il controllo dell’incontro. Ordinai al topo di usare Inseguimento, e questo scattò in avanti, dapprima barcollante, ma poi più deciso. In pochi secondi raggiunse l’avversario e gli si schiantò addosso, facendolo rotolare contro una delle pareti della torre.
Ma questo aveva ancora un buon vantaggio su di noi. Prima di stenderlo definitivamente, avrei dovuto usare almeno una decina di mosse, e di certo non avevo così tanto tempo a disposizione. Seriamente, di cosa era fatto quel mostriciattolo? Pareva indistruttibile!
Ci dev’essere qualcosa che posso fare, oltre ad attaccarlo! Pensa Maddy, in cosa è bravo il tuo primo pokèmon? Ormai dovresti conoscer- Oh.
 
Non avevo molto tempo.
Il nemico si era ormai rialzato, e Rattata non avrebbe potuto reggere un altro colpo.
“Rattata, vai sulla sua testa e usa colpo-coda!”
Mi ero aspettata un lungo sospiro da parte di Daikke, ma questi, incredibilmente, decise di lasciarmi fare come mi pareva. La sfida era mia dopotutto.
La principessa non era però dello stesso parere e, anzi, ci tenne molto a farmelo sapere.
“C-colpo coda? Ma è l’attacco più inutile che-..!” Prese a ridere, battendo lo scettro per terra. “Ah, beh, attacco inutile da padrona inutile. Mawy, usa di nuovo sgranocchio! Mangia quell’odioso parassita!”
Durante il lungo discorso della mia avversaria, ebbi tutto il tempo necessario per gridare, pregando ad un qualche dio pokèmon (chissà se ne esisteva uno) che la tattica funzionasse.
“Attacco Rapido! Vattene da là!”
E, mentre il topo schizzò via grazie alla sua velocità, la testa del pokémon giallo venne inglobata dalla pianta carnivora che, senza preavviso, diede una sequenza di morsi poderosi. Ma, per quanto incuriosita, non avevo il tempo di stare a guardare il mio primo atto di cannibalismo. Rattata, intuendo le mie intenzioni, prese la rincorsa ed abbatté l’avversario con un altro Sbigoattacco.
“Ipeeeerzanna!” Cavolo, quando fa bene sfogarsi.
Ergendosi con energia sopra il nemico, allargò per un’ultima volta i denti fosforescenti, e, producendo per l’ennesima volta un suono metallico che rimbombò sulle pareti, colpì.
 
In un primo momento non accadde nulla. Alla fine, però, Mawy crollò a terra privo di grazia, con le fauci ancora attorno alla sua testa ma abbastanza allentate da potergli intravedere gli occhi a girandola.
Mi asciugai il sudore dalla fronte, immensamente sollevata. Rattata si sedette sulla sua vittima, annusandosi le ferite riportate. Le guardie deglutirono, come se fossero in attesa di qualcosa. Qualcosa che non tardò a farsi sentire.
“N-no … NO! Non posso credere di aver perso contro un essere così insolente!”
Con la velocità di un fulmine, ripose Mawy nella pokéball e rovesciò il trono – sotto il quale c’era un piccolo passaggio segreto - cercando di nascondere le lacrime di rabbia e imbarazzo. Quindi, facendomi un’ultima pernacchia, saltò nella cavità.
 
Le guardie, imbizzarrite, scattarono fuori dalla porta, alla ricerca della loro padrona.
Sorpresa e a dir poco arrabbiata, corsi a vedere lo strano passaggio: sembrava una semplice buca scavata nella terra, troppo profonda per poterne vedere l’uscita.
“Dove cavolo è andata adesso?” Domandai con tono seccato fermando una delle guardie, che tossicchiò.
“Se non sbaglio, il condotto porta da suo nonno.”
“E donde sta questo vecchietto?”
“Gestisce una piccola attrazione nel Luna Park, anche se adesso è chiusa per restauro.”
Ma non lo stavo più ascoltando: avevo smesso da quando questo aveva pronunciato le fatidiche parole. Capendo di non essere più richiesto, se ne andò via, lasciandoci da soli con il passaggio.
 
“Luna Park!” Mi voltai verso Daikke, più decisa che mai.
“Te lo già detto, non ci voglio mettere piede.” Incrociò le braccia, difensivo.
“Ma ha le nostre medaglie!” Mi lamentai, sapendo che Daisuke non avrebbe rinunciato a una medaglia solo per una misera avversione al divertimento.
A quello spalancò gli occhi, realizzando solo allora quel che avrebbe dovuto fare. Abbassò leggermente lo sguardo, contemplativo.
“… le medaglie.”
“Yep, sai, quelle cosucce luccicanti e di ferro colorato, che non servono a niente se non per vantarsi?” Lo aiutai, facendo leva sul suo senso del dovere.
Non ricevetti risposta.
Corrugai la fronte, non sopportando l’idea di essere ignorata.
“Grazie per la considerazione …”
Daisuke, però, non pareva nemmeno avermi sentito. Si limitava a fissare il vuoto con il volto che andava via via impallidendo.
Iniziai ad agitarmi.
 
Mi avvicinai lentamente, studiando il suo comportamento alquanto inconsueto. Daisuke che si estraniava dalla realtà? Non era un buon segno.
“… Daikke?” Chiamai, maledicendomi per il mio tono incerto. L’altro parve riscuotersi dai suoi pensieri e strabuzzò gli occhi. Rialzò di poco il volto, corrugando un sopracciglio inquisitorio.
Era il momento per provare a distrarlo. Qualsiasi cosa andava bene, per non vederlo rientrare nello stato di smarrimento in cui era prima. Non avrei saputo come reagire con un Daisuke smarrito.
“Se vuoi, possiamo fregarcene della faccenda.” Provai. “Possiamo andare al Centro Pokèmon, farci una bella dormita, e ripartire domani. Possiamo tornare dopo aver sconfitto le altre palestre.” A quello socchiuse gli occhi, distogliendo lo sguardo.
“Le medaglie. Per sfidare gli altri capipalestra ci servono le medaglie.” Non aveva usato un tono particolare, pareva una semplice constatazione. Ma ero riuscita a sentirla lo stesso. Quella piccola nota esitante, che aveva fatto tremare la sua voce. Titubanza? Era come se avesse pronunciato quelle parole contro la sua volontà. Solo perché era la cosa logica da dire.
 
“Allora andiamo.” Non sapevo bene cosa avrei dovuto consigliargli. Incoraggiarlo a fare qualcosa che ovviamente non voleva fare, o impuntarmi e trascinarlo via, abbandonando i nostri dovuti premi?
Immediatamente dopo aver pronunciato l’esortazione, lo notai stringere con forza le maniche della sua giacca, fino a sbiancar le nocche. Corrugò la fronte, ma non per esprimere disappunto o critica. Sembrava piuttosto un gesto spontaneo, come se cercasse di convincersi di qualcosa. Qualcosa che lo stava angosciando. Qualcosa che in quel momento mi ritrovai a odiare.
Perché mai si sentiva in dovere di fare qualcosa che evidentemente non voleva fare?! Che c’era di tanto terrificante in un parco dei divertimenti?! Perché quella stupida mocciosa non ci aveva consegnato le medaglie, al posto di fuggirsene via in quel modo?!
No, no, no. Calmati Madeleyne. Ci sono altre cose di cui preoccuparsi.
Daisuke stava infatti fissando il tunnel con aria tormentata, quasi morbosa. Sul suo viso notai la comparsa di piccole gocce di sudore.
Al vederlo in quello stato, mi sentii quasi in colpa. Era ovvio che non voleva farsi vedere così, e che in quel momento stessi assistendo ad una dimostrazione di emozioni che sarebbe dovuta rimanere nascosta. Ma era anche ovvio che non mi avrebbe mai rivelato nulla, nemmeno se gliel’avessi chiesto.
Per la prima volta mi resi conto che, in effetti, non conoscevo proprio niente di lui: non sapevo dove abitasse, quali erano i suoi interessi, perché aveva intrapreso il viaggio …
Non conoscevo nemmeno il suo cognome.
Percepii la formazione di un nodo alla gola. Come avevo fatto per tutte quelle settimane a viaggiare insieme a lui, quando praticamente era come uno sconosciuto? Come avevo potuto affermare di essere sua amica, senza sapere nemmeno cose importanti come il suo cognome?!
Gli lanciai una fugace occhiata, ma poi fui costretta a distogliere lo sguardo, disprezzandomi con tutta me stessa. Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi.
 
Avvertii una leggera pressione sulla mia gamba. Aprendo gli occhi, mi ritrovai a fissare quelli rossi di Rattata, che, seppur ricoperto di ferite, sembrava fermo e determinato. A quanto pareva, voleva dirmi qualcosa. Lo presi fra le mani, portandolo a livello del mio viso. Quello mosse le orecchiette, guardandomi con disapprovazione.
E no, non l’avevo capito guardandolo: Rattata era sempre piuttosto indifferente, nel dimostrare le sue emozioni. Semplicemente, lo sapevo. Come sapevo che sopportava a stento Wooper, adorava mangiarmi le provviste e non avrebbe esitato a comportarsi in maniera insensibile con me, pur di salvarsi da situazioni scomode.
Quello era Rattata, e non avevo bisogno che lui mi parlasse, per conoscerlo.
Un po’ come Daikke... Riflettei automaticamente.
A quel punto, il topino, raddolcendosi, indicò il mio compagno di viaggio con la coda.
Ritrovandomi ad osservarlo, notai che non stava affatto migliorando. Infatti, non si era mai mosso di un millimetro da dove l’avevo lasciato.
Presi una decisione.
Afferrai la pokéball e guardai Rattata, annuendo con energia. Quello chiuse gli occhi e, non avendo nient’altro da dirmi, si lasciò risucchiare nella sfera.
 
Tornai da Daisuke, desiderosa di far qualcosa, qualunque cosa, per farlo tornare come prima.
Per prima cosa mi intromisi fra lui e il passaggio, chiamandolo per nome. Quando vidi che quello non funzionava, ritentai, allarmata.
“Daikke!”
Fui enormemente sollevata al vederlo tornare in sé. Così tanto, infatti, che non riuscii a trattenere un sospiro. Lui, nel frattempo, impiegò alcuni secondi per riconoscere l’ambiente circostante.
“Bentornato fra i comuni mortali.” Cercando di attirare l’attenzione su di me, schioccai le dita. O almeno, tentai. Non ero mai stata brava a schioccare. Ma il gesto era bastato.
Lentamente, sollevò gli occhi neri fino ad incontrare i miei.
Riconoscevo quell’espressione: la facevo anche io ogni volta che notavo degli insetti. Erano gli occhi di una persona intimorita. Di qualcuno pronto a fuggire da una situazione spiacevole. Di qualcuno che era incredibilmente insicuro sul da farsi.
In qualche modo, l’idea di andare al Luna Park era riuscita a destabilizzarlo.
Mi morsi il labbro, concentrata, per poi inspirare profondamente: se non era in grado di prendere una decisione, per una volta l’avrei presa io.
 
Perché era vero.
Io non sapevo nulla di Daisuke, e probabilmente non l’avrei mai compreso appieno.
Ma ciò non era importante. Non avevo bisogno di quelle informazioni, per poterlo aiutare.
Ci sono certe cose che non si imparano dialogando. Non conoscevo Daisuke …
Ma conoscevo Daikke.
 
Le labbra mi s’incresparono in un sorrisetto maligno.
“Daikke, Daikke, Daikke ~” Mi fissò, confuso.
“Daikketto ~” Gli ritornò un po’ di colore.
“Daikkellino ~” Corrugò la fronte.
“Daikkuccio ~” Smise di incrociare le braccia e stritolare la giacca.
“Daikke bau bau ~” Gli occhi s’indurirono, acquistando una freddezza e una ferocia tali che, se non mi fossi ricordata di star compiendo un’azione kamikaze per il suo bene, mi sarei probabilmente buttata giù dalla finestra della torre. Ma la mia lingua era ormai posta sull’automatico: dovevo continuare, nonostante non mi fosse sfuggito il tremore rabbioso del suo pugno.
“Daik-”
 
ZITTA.” Si vedeva da lontano un miglio che stava usando tutte le sue forze per controllare il suo temperamento. “Se non vuoi diventare una razza estinta, sta zitta.”
E così feci. Per circa quattro secondi, ma era un tempo più che sufficiente. Non si poteva aver tutto dalla vita, no?
Aprii la bocca, gesto non passato inosservato.
“Ti avevo av-” E no. Non poteva dirmi di stare zitta dopo che mi aveva fatto quasi venire un colpo. Avremmo dovuto fare un lungo discorsetto su quello che era successo … dopo aver recuperato le medaglie, certo.
“Sono felice di vedere che stai meglio, ma, nel caso non te ne fossi accorto, ci terrei alla preservazione della mia specie.” Lo informai, incrociando le braccia. Quindi, con più pacatezza, cercando di mascherare l’agitazione che fino a poco fa avevo provato, aggiunsi, “Credevo ti stesse per venire un collasso nervoso, prima.” Credevo te ne saresti andato.
Fortunatamente riuscii a fermarmi, prima che dettagli imbarazzanti potessero essere rivelati.
“Sei tornato al pianeta Terra, o il tuo cervello è ancora attraversato dalle radici di pianta carnivora mutante?” Scherzai, ricordandomi dell’incontro di poco fa.
L’altro, il cui rossore stava finalmente abbandonando il viso – era ancora arrabbiato? – lasciò ammansire il suo sguardo, facendolo tornare alla normalità. Si sistemò gli occhiali.
“Non era una pianta. Erano le sue corna.”
“Gli hanno conficcato delle corna nel cervello!?” Trillai, shockata. “Se questo è vero, dichiaro il mondo dei pokémon troppo violento per i miei standard e me ne torno dritta a casa.”
“… Perché perdo ancora tempo a parlare con te?” Si massaggiò il setto nasale, sconfortato.
“Perché senza di me, ti annoieresti.”
L’altro roteò gli occhi.
Non sapeva quanto quel gesto mi avesse tranquillizzato.
Good, everything is back to normal. Meglio non perdere altro tempo. Devo salvare le medaglie da quella befana.
Corrugai le sopracciglia.
Ok, bene. Ma come faccio a convincere Daikke ad andare nel passaggio?
 
Lasciai passare dieci secondi. Dieci secondi nei quali Daisuke si era pulito gli occhiali. Dieci secondi nei quali mi si allargò un ghigno sulla faccia. Dieci secondi al termine dei quali, senza preavviso, ero andata dietro al mio compare. Che si voltò, fra l’apatico e il sospettoso. Per poi sbarrare gli occhi dalla realizzazione e cercare di correre via dalla sua locazione. Non che gliene concessi la possibilità.
Prima che potesse far qualcosa, gli diedi uno spintone, buttandolo nel passaggio.
Ascoltando per un attimo l’eco delle sue minacce, scossi la testa ridacchiando e saltai dentro anche io.
 
~ ♪ ~
 
Jack riusciva a sentire le giunture delle sue ossa supplicargli di mettere fine al loro supplizio.
Era riuscito a trovare un lavoro temporaneo in uno dei ristorantini appena dentro il parco dei divertimenti – quel giorno c’era il pienone ed il direttore si era dimostrato piuttosto felice di avere qualche braccio in più. Aveva deciso di lavorare per permettere a Désirée di svagarsi con le attrazioni del parco, ma questa aveva testardamente rifiutato di lasciarlo solo, asserendo che non avrebbe sfruttato il suo ‘sacrificio’ per andare a divertirsi. Così entrambi si erano ritrovati a correre avanti ed indietro, portando vassoi pieni di profumate pietanze che non potevano nemmeno sognarsi di assaggiare. Ma quella non era la peggiore tortura.
Per un certo periodo, infatti, tutto era filato liscio: diverse signore erano state molto generose e, dopo aver trascorso qualche minuto a chiacchierarci assieme, avevano lasciato a Jack una cospicua mancia. Ma più passava il tempo, più sentiva le sue vecchie ossa scricchiolare. Non era che non avesse un fisico atletico: semplicemente non aveva un briciolo di resistenza.
Ciò non aiutava affatto la solitudine che provava in quel momento. Perché sì, Jack era, per la prima volta dopo mesi, libero dai continui rimproveri del vecchietto che abitava in lui:  da quando aveva incontrato il Team Pyro, infatti, il nonno non s’era più fatto vivo. All’inizio era stato felice – un po’ di riposo per i suoi nervi! – ma ora era seriamente preoccupato. Non era raro che l’altro si assentasse per un po’, nei meandri della sua coscienza (o meglio, che si addormentasse senza motivo), ma mai per più di qualche ora.
Jack iniziò a chiedersi se non fosse andato in letargo. Dopotutto l’inverno era alle porte, e non era effettivamente sicuro che il suo coinquilino fosse umano. In fondo non l’aveva mai visto. Poteva essere un orso. O un dinosauro. Ogni volta che parlava, si riferiva sempre alla sua saggezza e vecchiaia ...
Scosse la testa, andando ad aprire la porta ad una coppietta.
 
C’era solo un’unica cosa che lo poteva distrarre dai suoi problemi personali. Ovvero, la sua preoccupazione per Désirée. O, se si voleva essere più precisi, per i clienti che flirtavano con lei.
Facendo lo slalom fra i tavoli, Jack si lasciò scappare un sospiro impensierito: la ragazza, pur essendo molto perspicace – a volte gli era quasi sembrato che riuscisse a leggergli nella mente – era anche estremamente ingenua. Chissà cosa le avrebbero potuto chiedere, camuffando tutto da semplice conversazione …
Ma, per quanto fosse guardingo, doveva ignorare i propri impulsi protettivi per concentrarsi sul lavoro.
O almeno, così avrebbe voluto fare.
 
“KYAH!” Posando i piatti su un tavolo a caso, Jack scattò in direzione dell’urlo di sorpresa, proveniente da dentro un grande sgabuzzino per le provviste. Fece per entrare nella stanza, pieno di apprensione.
Non poteva prevedere che la porta lo attaccasse.
Cadendo a terra, la sentì quasi ridacchiare. Ma quasi. Doveva essere stata colpa del trauma che aveva appena subito al teschio.
Non fece in tempo a riprendersi, che venne scosso, senza grande rispetto per la sua salute, da una voce frettolosa.
“Jackpot! Hai mica visto una mocciosa con un vestito multicolor?” Riconosceva quella voce.
“Madel-” Quella fece un gesto d’irritazione, per poi rilasciarlo senza troppi complimenti.
“Argh! Abbiam già perso troppo tempo! Daik- Daisuke, andiamo!”
 
E così, in un lampo, se n’erano andati, correndo via senza che lui potesse chiedergli da dove diamine fossero spuntati. Si affrettò nello sgabuzzino, confuso e dolorante. Quello che vide lo risvegliò dall’atmosfera sognante dovuta allo stordimento, per lanciarlo in un vero e proprio incubo.
“Jack? T-ti posso spiegare! Maddy e Daisuke sono usciti dal condotto d’areazione! So che sembra impossibile ma-” Il rosso perse la calma.
“Sì, ma perché proprio i piatti!” Jack s’inginocchiò con aria nevrotica davanti ai cocci, cercando futilmente di rincollarli con lo sputo.
“Mi sono caduti addosso! Come avrei potuto salvarli?” La ragazza gesticolava con irrequietezza, volendosi scusare decentemente ma non avendo idea di come fare.
“… è una maledizione …” Vedendo che la sua tattica non funzionava, Jack lasciò cadere, affranto, i cocci – ora sbavati – sul pavimento.
Ma non ebbe il tempo per compiangersi adeguatamente.
“Uuh, Jack? Sta arrivando il direttore!”
“Ogni volta … ogni singola volta …” Prese a lacrimare, arresosi al destino.
“Ja-”
 
“JACK!” Il suddetto interessato prese a tremare, ma non si girò.
Lo fece solo quando sentì due mani afferrargli le spalle, in una morsa che pareva chiudersi direttamente sulle sue ossa. Il proprietario del ristorante, alto e possente, aveva fin da subito intimorito il giovane cameriere.
“Lo sai cosa facciamo a chi rompe?” L’uomo strinse la presa, conficcandogli le dita nella carne.
Jack aprì un paio di volte la bocca, ma la richiuse subito dopo. Fece un piccolo sorriso di disperazione.
“Glielo facciamo pagare.” Il sorrisetto di Jack traballò. Lanciò una veloce occhiata a Désirée, che lo fissava con un lieve sorriso, come ad incoraggiarlo. Con la bocca, pareva aver sillabato una qualche rassicurazione.
Solo allora il ragazzo si voltò, con il cuore leggermente speranzoso. Si voltò, e impallidì: il suo capo, con sguardo severo, gambe divaricate a mo’ di barriera, stava impugnando un lucido, pesante mattarello … ricoperto da un liquido rosso.
Lentamente, si alzò in piedi.
“Allora Jack. Lo farai adesso? Oppure dopo? Sappi che più aspetti, più la punizione diventerà cara … Ahahah!” Jack ignorò la risata da brivido, e fece di sì con la testa. Sì a cosa, poi, non lo sapeva. La vista del sangue l’aveva scosso troppo in profondità.
Con rispetto, fece un veloce inchino, facendo sì che il proprietario lo fissasse stranito.
E, con uno scatto che prima di allora non aveva mai creduto di poter realizzare, gli passò in mezzo alle gambe con una capriola, fuggendo via.
 
Nessuno dei due lo rincorse. Désirée si limitò a massaggiarsi le meningi, mentre l’uomo si grattava la testa con il mattarello.
“Cosa gli è preso? Gli avrei solo detratto un po’ dello stipendio. Non pensavo che quei soldi fossero così importanti, per lui …”
“Lo scusi, è un po’ impressionabile.” Sospiro.
“L’ho notato, mia cara, l’ho notato …” L’uomo prese un gran respiro. “Peccato, però. Era un ottimo dipendente. Metà delle ragazze del luna park è venuta qui solo per vederlo.”
“Già.” Désirée fece una piccola smorfia infastidita. Quindi abbassò lo sguardo, pensierosa.
Il suo capo, che oltre ad essere il proprietario del luogo era anche il suo chef più importante, comprese all’istante. Stampandosi in faccia un enorme sorriso, decise di batterle con energia una mano sulla schiena.
“Hey, la serata non è ancora finita: ci sono una sacco di clienti che aspettano.”
Désirée, sorpresa dal gesto, spalancò i grandi occhi puerili.
“E poi, ho appena messo una bella torta di forno, con tanto di farcitura alla marmellata di Cherrim!” L’uomo, giocherellando con il mattarello, le strizzò l’occhio. “Se lavorerai con costanza, te la potrei anche regalare tutta.”
“M-ma-!” Non poteva accettare un regalo così grande da un perfetto sconosciuto. Désirée arrossì, non sapendo come rifiutare senza essere scortese.
“Consideralo un bonus. Te lo sei guadagnato!” Detto ciò, il proprietario s’incamminò fuori dallo sgabuzzino, dove le cucine e i suoi colleghi lo attendevano con impazienza. Désirée si affrettò a ringraziarlo, alzando la voce.
“Non so come ringraziarla! Se solo tutte le persone fossero gentili come lei, il mondo sarebbe un posto decisamente migliore!”
Come risposta, ottenne solamente una fragorosa, ma distante, risata.
 
Una volta rimasta completamente sola, il guizzo di infantile felicità che Désirée aveva sentito, seppur per pochi istanti, riempirle l’animo, si dissolse.
Estrasse il suo cellulare dalla tasca, aprendolo. Sull’immagine di sfondo c’erano una bambina dai capelli biondi, che seppur aveva le labbra contorte in un broncio non poteva fare a meno di arrossire, mentre veniva abbracciata da un altro bambino castano, leggermente più alto di lei, con un sorriso da furbastro.
“Già …”
Lasciò che un sorriso malinconico le affiorasse sulle labbra.
 “Sarà un posto decisamente perfetto.”

 
 
 
 
 
~ Author’s Corner
Scusate. Davvero. Chiedo venia. Scegliete voi per cosa.

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Capitolo 33
*** A Bordo di un Lapras ***


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~ A Bordo di un Lapras ~

 

 
 
 
"Cosa ti è saltato in mente?!"
Daisuke era arrabbiato.
"E' stato un gesto estremamente irresponsabile. Ti rendi conto di quel che poteva esserci, alla fine di quel tunnel?  Certo che no, tu non ti fermi mai a pensare!"
Correzione: era fuori di sé dalla collera.
"Grazie alla tua idea geniale abbiamo causato dei danni al ristorante!"
Normalmente avrei ribattuto, ma in quelle condizioni particolari avevo deciso di lasciar correre.
Da quando eravamo sgattaiolati dentro all'attrazione, Daisuke non aveva fatto altro che lamentarsi di come l’avevo praticamente sequestrato, facendogli compiere azioni illecite a sua volta. Il che era un’esagerazione, a dir la verità; cosa c’era di male nell’irrompere in un parco dei divertimenti senza pagare, rompere una pila di piatti, cadere addosso ad una cameriera ed innervosire un paio di clienti?
"Per non parlare delle persone che hai fermato per strada! Non ho mai visto nessuno di più sfrontato-"
"E da quando fare dei complimenti è considerato maleducato?" Borbottai con noncuranza, tastando la parete. La giostra era ancora in fase di prova e quindi la sicurezza aveva deciso di bloccare l’accesso al pubblico, chiudendo a chiave l'entrata. Nulla che un paio di forcine non avessero potuto risolvere.
L’unico impiccio era, pertanto, l’oscurità che regnava in quel posto, completamente separato dal resto del parco.
 
Ahah! Fortuna che ho il mio fido Dexi ad aiutarmi! Gongolai e, ficcata una mano nella borsa, iniziai a rovistare fra gli oggetti. Il Pokédex che il professor Mattew ci aveva imprestato si era rivelato una vera e propria manna dal cielo: non solo era stato capace di riconoscere ed analizzare ogni pokèmon che aveva tentato di uccidermi, ma era anche un distributore d’informazioni sullo stato dei miei piccoli alleati – il che era utile se mi dimenticavo il loro livello. E loro mosse. E il loro tipo.
Ecco come mai, quando la mia mano si ritrovò a sfiorare la sua superficie liscia, non riuscii a reprimere un moto di orgoglio. Orgoglio, e possessività.
Sentii le labbra incresparsi in un ghigno.
Dexi non mi avrebbe mai abbandonato per uno stupido litigio.
Non mi avrebbe mai lasciato sola nel bel mezzo del pericolo.
Non avrebbe tentato di—
 
"Erano degli sconosciuti!"
"Cosa centra?" Per tutto il tempo, il mio tono era rimasto indifferente. Stavo ancora cercando di capire se l'enorme flusso di coscienza del mio compagno di viaggio fosse una buona o una cattiva novità. Era la prima volta che parlava così tanto, e, a dir la verità, ero incuriosita.
"Hai detto a quella signora che ti piacevano i suoi capelli."
Strabuzzai gli occhi, cercando di ricordare la donna di mezza età a cui avevo chiesto informazioni.
Una volta usciti dal ristorante, mi ero resa conto che non avevo la minima idea di dove dirigermi. Sapevo solamente che se mi fossi fermata il padrone del locale avrebbe potuto catturarci e costringerci di risarcire i piatti rotti.
Così mi ero messa a chiedere informazioni a chiunque mi passasse sotto tiro, alla ricerca di qualcuno che potesse indicarmi la locazione dell'unica giostra fuori uso del Luna Park. Non molte persone l'avevano notata, e i pochi che effettivamente ne erano a conoscenza non erano stati affatto efficienti ad indicarci la strada.
"Certo che mi piacevano, erano stupendi. Hai visto quanto erano luminosi i suoi boccoli biond-"
"Era una parrucca." Tagliò a corto lui, dandomi il tempo di rifletterci su.
Per un minuto rimasi in silenzio, concentrandomi solo sul rumore dei nostri passi. A mano a mano che ci allontanavamo dall'entrata il brusio delle persone, gli schiamazzi dei bambini e le musichette gioviali delle altre attrazioni apparivano sempre più ovattate.
"... ma era una bella parrucca, no?"
Daisuke, non riuscendo a contenersi, ricominciò a borbottare maledizioni contro di me e le mie idee strampalate. Lo lasciai fare, convinta che quel suo chiacchiericcio avrebbe servito la funzione benefica di valvola di sfogo. E Daisuke, di sfogarsi, secondo me ne aveva veramente bisogno.
 
Capii di essere arrivata al capolinea non appena mi scontrai con qualcosa di gelido, alto fino ai miei fianchi. Mi ritrovai a fare una capriola in avanti e, non riuscendo ad aggrapparmi a niente, ricaddi dolorosamente sulla schiena, soffocando un gemito.
Non ebbi nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo, che sentii una scarpa schiacciarmi la spalla. Presi a strepitare; non tanto per il dolore, bensì per il timore che il piede potesse esercitare una maggior pressione e dislocarmi definitivamente l’articolazione.
Daisuke si scostò istantaneamente. Mi raggomitolai, indolenzita, cercando di ripararmi da eventuali altri attacchi.
“Cos’è successo?”
Decisi di ignorarlo, rispondendo invece all’effettiva domanda che lui, come essere umano, avrebbe dovuto pormi.
"Se non contiamo che sette delle mie vertebre dorsali stanno andando incontro allo sbriciolamento, che la mia spalla sta bruciando più ardentemente di quanto non possa una strega sul rogo e che la mia autostima sta ancora cercando di sviluppare anticorpi per combattere tutto il veleno che hai continuato a rifilarmi da quando siamo qui…” Avevo la strana impressione che Daisuke stesse alzando gli occhi al cielo. “Beh, direi di stare benone.”
“Come sei finita a terra?” Ripeté più espressamente.
"Sono inciampata su… qualcosa.”
“Grazie, ora sì che mi sento illuminato.”
A quel tono sarcastico gli scoccai un’occhiataccia. “So solo che è rigido e molto, molto freddo. Un palo, forse. Scommetto che qualcuno l’ha messo qui per impedirci di proseguire. Potrebbe essere stato un pokèmon di tipo ghiaccio, a costruirlo." Venni colpita da una rivelazione. "E se ci fosse lo zampino del Team Blyzzard?!”
Sentii distrattamente Daikke che frugava nelle sue tasche.
“No, a quest'ora ci avrebbero già beccati.” Ammisi. "Ma allora devo essere per forza inciampata su un robot! No, no, su un UFO! Finalmente riuscirò dimostrare che Jack è un Avatar, venuto sulla Terra per— ARGH! I MIEI OCCHI!"
 
Avvertii le mie pupille prendere fuoco e di conseguenza presi a rotolare di qua e di là. Non riuscivo a vedere nient’altro che il bianco più totale. Fra i vari rantolii maledissi il bagliore che era penetrato all’interno dei miei bulbi oculari fino ad arrivare ai nervi ottici, carbonizzandoli.
“UFO scellerato, non mi avrai mai!” Esclamai d’un tratto, cercando di alzarmi per tentare la fuga.
Nell’aria riecheggiò un rumore, sordo e allo stesso tempo raccapricciante, che per qualche bizzarro motivo mi ricordò di quella volta che zia Gertrude, dopo una feroce disputa con mia nonna, si era messa a fracassare senza pietà cumuli e cumuli di Baccastagne con un martello da campeggio.
Solo dopo mi sorse il dubbio che il suono avesse preso origine dalla mia testa.
Cessato quello, parve che qualcuno avesse premuto il tasto ‘mute’, facendo cadere il mondo nel silenzio.
Un piccolo capogiro. Daisuke che muoveva le labbra, espressione urgente. Sbattei le palpebre; gli oggetti avevano dei contorni confusi. Quand’ero finita sul pavimento?
Tentai di sbatterle ancora una volta, ma fra la testa leggera e un’insolita stanchezza, gli occhi rifiutarono di aprirsi di nuovo.
 


~ ♪ ~
 
 
Daisuke restò per un momento immobile, colto alla sprovvista.
Madeleyne era svenuta.
Madeleyne aveva sbattuto la testa contro un palo di acciaio. Ed era svenuta.
Trovava la situazione alquanto surreale, fin troppo stupida.
Notando che però la sua compagna non accennava a riprendersi, s’inginocchiò vicino a lei.
"Madeleyne?" Nessuna risposta.
Provò a chiamarla un'altra volta, solo per ottenere lo stesso risultato. Risultato che poteva implicare una miriade di effetti secondari, di cui nessuno dei quali poteva essere definito piacevole.
 
Si rese improvvisamente conto di essere l'unica persona – cosciente, almeno – a sapere della loro ubicazione. Nessuno sarebbe venuto a cercarli, men che meno in una zona che era ipoteticamente vietata al pubblico.
Daisuke realizzò per la prima volta la gravità della situazione: se la ragazza non si fosse risvegliata entro qualche minuto, implicando pertanto ripercussioni più gravi di un semplice mal di testa, sarebbe toccato a lui cercare aiuto.
Fuori.
Nel Luna Park.
Fra centinaia di sconosciuti.
Si sentì trapassare da un brivido; la sensazione durò un istante, ma gli lasciò appresso uno sgradevole senso d’urgenza. Si concesse una manciata si secondi, per poi scuotere la testa: non doveva saltare alle conclusioni.  Decretando che restare con le mani in mano non avrebbe condotto a niente di positivo, iniziò a controllare i segni vitali della ragazza.
 
Ma, a dir la verità, non c’era molto da appurare: a prima vista, infatti, non pareva aver perso una sola goccia di sangue e, considerando il ritmo regolare con cui si alzava e abbassava il suo petto, non doveva aver sviluppato alcun tipo di problema respiratorio. Ora sarebbe semplicemente bastato accertarsi che non vi fossero irregolarità nelle contrazioni cardiache…
Daisuke si voltò adagio, individuando con lo sguardo la mano della sua compagna. La stessa mano con cui lei l’aveva energicamente trascinato, spintonando la gente e correndo a perdifiato, attraverso la folla di persone. Fece una piccola smorfia.
Per un attimo indugiò. Poi scrollò la testa e, con un gesto deciso ma allo stesso tempo riguardoso, le sollevò la mano con la destra, mentre con l’indice e il medio della sinistra prese a tastarle il polso.
“Battito normale…” Constatò a bassa voce, ritrovandosi a rilasciare un respiro che non si era accorto di star trattenendo.
 
Quasi lo avesse udito, la mano che stava tenendo elevata s’irrigidì debolmente. Daisuke l’appoggiò a terra, sollevando il Pokédex, in precedenza lasciato sul pavimento, e lo rivolse verso Madeleyne. Questa dapprima mugugnò qualcosa, poi strizzò le palpebre un paio di volte. Daisuke riuscì a malapena ad intravedere i suoi occhi, che questi si chiusero con violenza.
“Ugh…” Bofonchiò, alzando fiaccamente un braccio per schermarsi dalla luce. “Fantastico… ho sempre desiderato essere dissezionata dagli alieni.” Daisuke abbassò lo schermo del congegno elettronico, ma prima di parlare si costrinse a contare fino a dieci.
“È il mio Pokédex.” Si limitò a riferirle, osservando mentre questa riapriva cautamente gli occhi.
“Oh. Daikke.” Daisuke represse un conato, ma l’altra continuò, imperterrita. “È da quando ti ho incontrato che sospettavo non fossi di questo mondo.”
Daisuke si massaggiò il setto nasale, percependo l’arrivo di un’emicrania.
“Se non hai niente d’intelligente da dire, limitati a tacere.” Risollevò il Pokédex, puntandoglielo negli occhi. “Guarda la luce.” Aggiunse poi, vedendo come la ragazza si era precipitata a schermarsi con il braccio.
“Ho già visto questa scena innumerevoli volte e ti posso assicurare che no, non ci voglio andare verso la luce.” Ribatté lei, con una punta di nervosismo.
“La luce.” Daisuke socchiuse gli occhi a due fessure minacciose.
“Se non ricordo male è proprio colpa di quell’affare che mi sono ritrovata ad arrancare a terra. Cosa ti fa pensare che voglia ripetere l’esperienza?”
“Sto cercando di assicurarmi che tu, con la tua ‘esperienza’, non abbia subito alcun trauma cranico.” Sbottò, impaziente. “Ma a quanto vedo non lo reputi necessario, quindi…”
Il ragazzo fece per allontanarsi, quando l’altra discostò entrambe le braccia, guardandolo con espressione sorpresa. Prese a farfugliare un misto di parole confuse, come non sapesse nemmeno lei cosa volesse dire. Alla fine, si limitò a un semplice ‘Scusa’. Le sue guance avevano acquistato una colorazione rosata.
 
Daisuke si passò una mano fra i capelli, attento a non arruffarli, e, a malavoglia, si rimise all’opera. Mentre la ragazza si costringeva a fissare lo schermo dell’enciclopedia elettronica senza sbattere le ciglia, lui fece un respiro profondo: era difficile restare calmi quando la propria compagna di viaggio non faceva altro che blaterare idiozie a ripetizione, che si trovassero in una situazione di pericolo o che lei fosse ferita gravemente. Non c’era via di scampo.
“Quindi, per quanto sono rimasta svenuta?” Daisuke diresse la luce da un occhio all’altro, verificando con sollievo che le pupille sembravano rispondere agli stimoli luminosi.
“Circa un minuto. Forse meno.”
“Così poco? Ma nei film-“
“Questa è la realtà.” Tagliò corto lui, abbassando il Pokédex. “Se una persona non si sveglia entro pochi minuti, deve essere immediatamente portata al pronto soccorso.”
“Altrimenti muore?” Chiese Madeleyne, con uno strano tono di voce. Daisuke decise di non indagare, limitandosi ad alzarsi in piedi.
“A volte si corre il rischio di rimanere paralizzati a vita. Altre si hanno disfunzioni a livello mentale o intellettuale.” Fece spallucce, per poi confermare: “Altrimenti il soggetto decede.”
 
Madeleyne scorse sopra la sua testa il cancello metallico girevole, costituito da quattro pali di ferro piantati orizzontalmente alla sommità di un palo identico, ma verticale e poggiante a terra. Era una di quelle piccole strutture che si trovavano abitualmente al termine delle code, prima di poter salire su una giostra. Gli dedicò uno sguardo pieno di risentimento, riconoscendolo come la causa principale della sua perdita di coscienza, ma alla fine lo afferrò saldamente, usandolo per tirarsi su.
A Daisuke non sfuggì la smorfia che le attraversò i lineamenti.
 
Dopo aver scavalcato il cancello con un salto, fece qualche passo avanti, ritrovandosi davanti ad un Lapras di legno che presentava, al posto del guscio grigio, dei sedili dotati di sbarre. Si guardò attorno, ma per sua sfortuna la stradina che avevano percorso s’interrompeva proprio in quel punto. Capendo che non c’erano altri modi per proseguire, salì sul mezzo di trasporto, che traballò. Evidentemente avrebbero attraversato un canale d’acqua.
Madeleyne si lasciò cader di peso di fianco a lui, abbassando la sbarra metallica sulle loro ginocchia. La giostra partì quasi immediatamente, trasportandoli attraverso il condotto privo di luce.
Più si allontanavano dal cancello, più l’aria acquistava una nota umida e calda.
 
“Perciò, inabilità degli arti o istupidimento celebrale?” Domandò la ragazza, stravaccandosi sul sedile in modo da combattere la variazione di temperatura. Pareva disinteressata, ma con la coda dell’occhio la vide sbirciare nella sua direzione.
Daisuke fece del suo meglio per ricordarsi i sintomi di una possibile lesione cerebrale. “Provi nausea, giramenti di testa?”
“No.” Replicò, pensandoci su.
“Vuoti di memoria, vertigini, affaticamento?”
“Mmh-mmh.” Scosse il capo. A giudicare dal sussulto che seguì, doveva essersene pentita.
“Allora no, non morirai, se è questo che ti preoccupa.” Concluse, dissolvendo i timori che la ragazza non aveva espresso esplicitamente.
E quello era il momento giusto per smettere di interagire. Daisuke era vagamente cosciente della secchezza della sua gola, dovuta probabilmente a tutte le maledizioni che aveva sferrato alla ragazza poco prima. Dubitava di essere mai dovuto ricorrere a così tante parole in un solo giorno. Era più che comprensibile che egli desiderasse un po’ di quiete, dopo tutto quell’affanno.
Perciò non riuscì a trattenere la sua sorpresa quando si ritrovò a voltarsi verso di lei, le parole che non avevano mai smesso di affiorare nella sua mente già sulla punta della sua lingua.
“Ti fa male la testa?” Gli scappò dalle labbra, facendogli sbattere diverse volte le palpebre in preda alla confusione. Che senso aveva chiedere qualcosa di cui sapeva già la risposta?
Madeleyne non ci fece caso, troppo impegnata a passarsi delicatamente una mano sulla testa. Trasalì quasi immediatamente. “Sembra in procinto di spaccarsi in due. Appena usciremo da qui la gente arriverà a calche per chiedermi se il Digglet che ho in testa è frutto di un esperimento genetico o di qualche incidente avvenuto durante il mio periodo embrionale.”
Daisuke sospirò, preferendo non commentare. “Quando torneremo al Centro Pokémon cercheremo di farti avere un sacchetto di ghiaccio. Prima, però, dobbiamo trovare la capopalestra.” Le scoccò un’occhiata di avvertimento. “Cerca di non ucciderti, nel frattempo.”
“Accidenti, e dire che mi era venuta una gran voglia di— qualcosa si è mosso!” Esclamò con urgenza, allontanandosi immediatamente dal parapetto del suo sedile e schiacciandosi – con gran fastidio dell’altro – addosso a Daisuke. Questo puntò il Pokédex oltre la ragazza, ma non riuscii a vedere niente a eccetto una parete vetro trasparente.
 
Come se si fossero rese conto di essere state scoperte, le pareti presero a lampeggiare, per poi stabilizzarsi ad un livello di illuminazione né troppo debole, né accecante.
Daisuke, a mano a mano che i suoi occhi si abituavano alla luce, comprese perché l’aria era diventata soffocante. Il Lapras meccanico stava difatti nuotando attraverso una minuscola galleria, con la sola differenza che, al posto di normali muri, erano circondati da un coloratissimo acquario che pareva andare avanti all’infinito. Seguendo con lo sguardo le pareti, notò che esse si congiungevano sopra di loro in una sorta di arco trasparente - sopra cui stava sguazzando allegramente un branco di Goldeen – per poi scomparire sotto di loro, lasciando il posto ad un tranquillo, ma profondo fiume d’acqua, sulla quale stavano navigando.
 
Daisuke corrugò la fronte, pensieroso. Sebbene fosse un’opera impressionante, non si poteva ignorare che fosse attualmente chiusa al pubblico. Ciò significava che i costruttori non avevano ancora verificato la sicurezza dell’attrazione e che quindi, se qualcosa fosse andato storto, si sarebbero ritrovati in un mare di guai.
“Questo, cioè… questo…” Ma a quanto pareva era l’unico a pensarla in quel modo.  Madeleyne non riusciva a venire a capo di una proposizione di senso compiuto. Per lei esistevano solo il turbinio di colori, le bolle d’aria che per un gioco di luci brillavano di colori accesi, e, naturalmente, i Pokémon acquatici.
“Solo, wow … è-“
“Un acquario.” Completò lui, osservando un Buizel che, nuotando ad alta velocità, passò in mezzo ad un branco di Remoraid, lasciandoli in stato confusionale.
“Sei decisamente a corto di spirito poetico.” Madeleyne spostava lo sguardo ovunque, senza fermarsi un attimo. Sembrava non volersi perdere niente dello spettacolo.
Daisuke alzò gli occhi al cielo. “E allora come lo chiameresti?”
“Beh, probabilmente...” Per un attimo, Daisuke temette che la ragazza potesse insistere, fornendogli una delle sue incoerenti supposizioni. Si accorse di essersi sbagliato solo quando Madeleyne, ormai, si era lanciata verso di lui, afferrando con forza il bordo del Lapras e puntando un dito verso il vetro.
UNA SIRENA!” Strillò, seguendo con l’indice i movimenti della presunta creatura.
Daisuke, cercando di risparmiarsi quella dose di contatto fisico, aveva finito con lo schiacciarsi contro l’imbottitura del suo sedile. Quell’improvvisa vicinanza lo soffocava. Era come se qualcuno si fosse introdotto a casa sua sfondando porta e finestre. Avrebbe dato una lavata di capo alla ragazza, se solo non fosse stato distratto dall’assurdità di quel che andava dicendo.
 
Aggrottò la fronte. “… quello è un Vaporeon.” E, fra sé e sé, anche Daisuke era intrigato. Dopotutto, i Vaporeon erano rari, e il proprietario del parco doveva essere davvero molto benestante per potersi permettere un esemplare così in salute.
Il Vaporeon, come se avesse intuito di essere stato chiamato in causa, piroettò a gran velocità verso di loro. Per un istante Daisuke credette che il pokémon Bollajet si sarebbe schiantato, rompendo il vetro e causando la fuoriuscita di tonnellate e tonnellate d’acqua che, inevitabilmente, avrebbero finito per annegarli. Ma questo, arrivato a pochi centimetri di distanza dall’unica barriera di protezione che lo separava dall’esterno, rivolse loro un sorrisetto derisorio, per poi dissolversi in un turbinio di molecole d’acqua, dapprima fluorescenti, poi completamente indistinguibili dalle altre.
Daisuke arricciò il naso a quel pomposo sfoggio di abilità.
 
A pericolo scampato, il ragazzo concentrò la sua attenzione su Madeleyne, che stava fissando il vetro con lo sguardo perso nel vuoto. Era l’occasione perfetta per dirle di ritornare al suo posto. Non avrebbe sopportato un minuto di più quella vicinanza indesiderata.
“Madeleyne …” Non sono un cuscino, spostati. Avrebbe voluto dirle.
Ma le parole gli morirono in gola non appena i loro occhi s’incontrarono, facendogli rendere conto di quanto, effettivamente, i loro volti fossero vicini.
A quella distanza poteva facilmente discernere le lunghe, ricurve ciglia che contornavano le pupille della ragazza; poteva fare un computo dei pochi, ma pur sempre in rilievo, capillari scarlatti che le attraversavano le cornee arrossate, dovuti probabilmente alla fatica di quegli ultimi giorni; poteva registrare ogni cambiamento di espressione da parte della ragazza, un momento impensierita, con la fronte leggermente corrugata, un altro confusa, con le labbra che andavano via via dischiudendosi, come se nemmeno lei fosse sicura di ciò che stesse succedendo. Il volto della ragazza era così vicino...
 
Troppo vicino.
 
Distolse rapidamente lo sguardo, sentendosi attanagliare lo stomaco da un’ansia familiare; ma il gesto non lo aiutò a scrollarsi di dosso la soffocante consapevolezza di essere osservato.
Scrutato.
Si aggrappò al bordo del sedile con le mani sudate, nel flebile attento di ristabilire un contatto con la realtà. Si sentiva stordito, disorientato dal ritmo frenetico con cui aveva preso a battergli il cuore.
Giudicato.
Un’ondata di panico gli attraversò il corpo, dalla testa ai piedi.
No. Lei non l’avrebbe fatto. Lei non poteva farlo. Aveva detto di essere sua amica…
Ma quanto valeva la sua parola?
Essere amici? Essere compagni di squadra? Cosa gli assicurava che quel rapporto non celasse altro che scherno e pietà? Che quella relazione non si fondasse sul misero sfruttamento, mirato a prosciugarlo di tutte le cose che aveva da offrire? Che tutto ciò non fosse altro che una cupa e rivoltante farsa?
Daisuke cercò di schiacciarsi ancor di più contro lo schienale.
Si rese vagamente conto di stare tremando.
Poteva davvero fidarsi di lei?
 
“Come ti sembra?”
Sussultò, distolto dai pensieri che lo stavano logorando. Sollevò lentamente lo sguardo.
Trovò la ragazza addossata con entrambi i gomiti sulla sbarra di sicurezza, la testa adagiata sui palmi delle mani. Aveva un’espressione assorta, quasi tormentata. Poi, registrando di aver ottenuto la sua attenzione, quest’ultima si dissolse, lasciando che uno sfavillio pericolosamente sospetto si facesse strada per i suoi lineamenti.
Daisuke strabuzzò gli occhi, disorientato; gesto che Madeleyne interpretò come una sorta di domanda inespressa.
“Berenice Reidcett.” Le sue labbra s’incresparono in un sorrisetto. “Il tuo nuovo nome.”
Daisuke per tutta risposta si chiese se le sue angosce alla fine non si fossero evolute in visioni allucinogene prive di senso.
“Personalmente lo trovo piuttosto elegante.” Completamente all’oscuro della sua apprensione, quella prese a massaggiarsi il mento, come se nella sua testa stesse compiendo un’importante decisione. “Ma se cerchi qualcosa di più familiare, beh, possiamo sempre recuperare dal bidone della spazzatura il caro, vecchio Daisandrosia.”
 
Daisuke impallidì, sconvolto. Doveva aver sentito male. Era sicuramente opera di una qualche ripercussione dovuta all’offuscamento mentale che aveva subito, ripercussione che rendeva distorta e agghiacciante ogni parola che giungeva al suo orecchio.
Sì, deve essere quello. Razionalizzò, cercando di ignorare il crescente senso di nausea che si stava rapidamente andando a sostituire al suo precedente stato confusionale.
 
Ma, Berenice? Daisandrosia?
 
“Sono … sono nomi da femmina.” Registrò, e in cuor suo sperava ancora di sentire la sua compagna scoppiare in una fragorosa risata, dicendogli che era stato tutto un terribile scherzo.
“Idea geniale, vero?” Gli angoli della bocca di Madeleyne parvero arricciarsi in un sogghigno compiaciuto. “L’unica cosa mancante per completare la tua nuova identità è una parrucca con le trecce. Oh, e una gonna. Ma a quello penseremo più tardi…”
“Non indosserò mai una gonna!” Sbottò lui, avvampando, agitazione completamente dimenticata.
Madeleyne scrollò le spalle, rivolgendosi a lui con un tono amareggiato e arreso al tempo stesso. “Hey. Non sei tu che dovrai convivere con barba e basettoni per il resto dei tuoi giorni.”
Seguì alla dichiarazione un silenzio colmo di aspettative.
Daisuke stava avvertendo dentro di sé il montare di un turbinio di emozioni contrastanti, ma cercò di imporsi un minimo di controllo. Doveva trattare il problema con mente lucida.
Madeleyne si era rivelata una continua fonte di guai fin dal loro primo incontro, ancor prima che iniziassero a viaggiare assieme – i motivi per i quali aveva accettato la folle richiesta del Professore, poi, se li era da tempo dimenticati. Ormai credeva di essere riuscito ad abituarsi alle sue eccentriche conversazioni, dalla logica tanto ingegnosa quanto distorta.
E invece, rimaneva ogni volta spiazzato.
Però sapeva come conviverci. E sapeva anche che, sotto quegli strati di ironia, impulsività e sano egoismo, Madeleyne era tremendamente insicura.
 
Daisuke corrugò la fronte, scegliendo accuratamente le sue prossime parole e ponendole nel modo più delicato possibile.
“Hai inghiottito dell’inchiostro di Octillery?”
La risposta non tardò ad arrivare.
“… Octochè?”
Daisuke si sbatté una mano in faccia, per poi indicare con l’altra un grosso esemplare della suddetta specie, nascosto all’ombra di una roccia artificiale. L’Octillery li salutò con un versetto, agitando uno dei suoi lunghi tentacoli rossi. Madeleyne, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, sventolò a sua volta un braccio in aria.
“Comunque”, riprese, “Sai dov’è il porto più vicino? Dobbiamo imbarcarci per Sinnoh, stasera.”
“Aspetta. Sei seria?” Daisuke spalancò gli occhi.
Lei sbuffò, chiaramente offesa. “Certo, che credevi? Sbarcando in un’altra regione sarà molto più facile iniziare la nuova vita come Rufus e Berenice. Senza contare che a Sinnoh ci sono le Bilie… ” La sua voce aveva assunto un tono così roco che di riflesso gli venne da rabbrividire.
Daisuke aveva semplicemente voglia di scoccarle un’occhiataccia, scuotere la testa e rivolgersi verso la sua sinistra, in modo tale da poter ignorare completamente le cospirazioni della sua compagna.
Eppure non fece nulla di ciò, sorpreso per la seconda volta dall’incapacità delle sue labbra di trattenere parole che avrebbero solo condotto ad ulteriori discorsi futili.
“Da quando questo improvviso interessamento al travestitismo?”
Daisuke detestava immischiarsi in discorsi frivoli, bislacchi o senza alcuno scopo utilitario. Ciononostante, odiava ancor di più non essere al corrente di ciò con cui aveva a che fare: il senso d’inferiorità che derivava dalla sua ignoranza riguardo in un determinato argomento, l’impossibilità di prendere il controllo della situazione, erano per lui intralci troppo gravosi per non arrecargli disturbo.
Anche in quel momento; era come se si trovasse davanti ad un enorme puzzle mancante solo di un singolo, piccolo, vitale pezzo. Un pezzo capace di dare un senso all’intero quadro.
E se c’era una cosa che lo infastidiva, era non essere in grado di trovare quel pezzo.
 
“In vista dei recenti avvenimenti, che domande.” La sua espressione si fece crucciata. “Insomma, se ci facciamo beccare dal proprietario di questo posto passeremo guai seri. Potrebbe pensare che siamo stati noi a causare l’incidente. Potrebbe chiamare la polizia, oppure spedirci direttamente in galera.” Sussultò, realizzando qualcosa. “O ancora peggio, potrebbe chiederci il risarcimento dei danni!”
“Di quali danni stai parlando?” Domandò lui, terminando con una spiccata punta di frustrazione.
Madeleyne alzò la voce, indignata.
“Te lo sei già dimenticato? È successo non più di qualche minuto fa!”
“Magari se la smettessi di girare attorno alla questione e rispondessi alla domanda-“
“Non sto girando attorno alla questione!”
“L’hai appena fatto.”
“Sentilo, il genio! Dato che sei così intelligente, perché non adoperi il tuo IQ per capire quel che è successo?“
“Questo è il punto, non è successo proprio niente!”
Niente?“ Spalancò gli occhi, mentre il suo volto si tingeva gradualmente di rosso. “Un Vaporeon è morto davanti a noi, e questo lo chiami niente?!”
Daisuke si fermò di colpo, la voglia di risponderle per le rime completamene evaporata.
Fissò il volto oltraggiato della sua compagna, ripetendo nella mente ciò che lei gli aveva appena sbraitato, riuscendo quasi a sentire il suono del moto proveniente dagli ingranaggi del suo cervello.
 
D’un tratto, incastrò l’ultimo pezzo del puzzle. Risolse il mistero. Raggiunse il Nirvana.
“Fammi capire. Tu … tu credi che il Vaporeon sia morto?
Madeleyne esitò, cercando di mantenere un’espressione arrabbiata, nonostante non capisse dove lui volesse arrivare. Poi annuì.
Lui non rispose: qualsiasi cosa avesse detto non sarebbe comunque riuscita a convogliare il appieno il suo messaggio.
 
Possibile che fosse così ingenua?
Momenti di quella giornata presero ad affiorargli alla mente. Madeleyne che lo assillava per andare al Luna Park. Lui, incapacitato a entrare nel passaggio. Madeleyne che lo trascinava fra la folla, perché le sue gambe non volevano saperne di muoversi. Il Vaporeon e le sue manie di protagonismo. L’improvvisa vicinanza, la sensazione di inadeguatezza, la nausea, il panico.
E ora Madeleyne, che organizzava piani degni degli evasi di prigione perché era convinta di aver contribuito alla morte di un pokémon.
 
Daisuke provò una sorta di leggerezza al petto.
Poi scoppiò a ridere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~ Author’s Corner (with spiderwebs too!)

Salve fanciulli e fanciulle. Chiedo venia.
E congratulo dal profondo del mio cuoricino chiunque abbia avuto il coraggio e la pazienza di continuare a leggere questa fanfiction *veloce applauso*.
Vi dico solo che pubblicare questo capitolo è stato alquanto difficile, sia perché lo trovo assolutamente inutile ai fini della trama (ma tremendamente importante per l’evoluzione e lo sviluppo dei personaggi), ma anche perché, beh… è imbarazzante. Non so se andrà bene.
Siete liberi di lamentarvi e di chiedere spiegazioni, dato che, in effetti, ci sono certi pezzi che potrebbero apparire confusi. Come ad esempio l’affare sul quale Maddy prima inciampa, poi contro cui si sfracella la testa. Ecco. Emh. Non so come diamine si chiami, nonostante le varie ricerche che ho fatto. In pratica, sono quella sottospecie di pali d’acciaio rotanti che fanno sì che dalla fila di gente passi solo una persona alla volta. Si trovano negli autogrill, prima delle varie giostre, per entrare nei musei e nei castelli etc…
Ho parlato fin troppo, ma vi lascio così:

Buone Vacanze di Pasqua!

~ Cottage (precedentemente GloGlo_96)

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Capitolo 34
*** Note to Self ***


Note to Self
~ Rinnegare i cellulari in favore dei piccioni viaggiatori ~


Dovevo essere capitata in un universo parallelo, dove i Miltank saettavano nel cielo, i fossili di Kazeki si riunivano ogni notte per giocare a briscola e mia nonna aveva imparato a cucinare.
Non c’era altra spiegazione.
Perché Daisuke stava ridendo.
 
All’inizio a malapena udibile, poi, a dispetto di alcuni flebili tentativi per trattenerla, la sua risata era aumentata d’intensità.
La voce era inequivocabilmente sua, eppure faticai a riconoscerla: ero talmente abituata al suo tono serio, irritato e leggermente sarcastico, che ormai avevo dato per certo che quelli fossero gli unici di cui si potesse avvalere.
Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare da quel suono.
 
A dirla tutta, non aveva nulla di particolarmente interessante.
Non assomigliava a quella chiassosa ed a tratti molesta di Kakeru. Non esprimeva inquietudine come quella di Jack. Non risuonava melodica come quella di Désirée.
La risata di Daisuke era sommessa, sollevata. Aveva un effetto calmante, quasi fosse una nenia che ripeteva ‘Va tutto bene, andrà tutto bene.’
 
Non sapevo se fosse riferito a me, o a lui stesso.
Sapevo solo che avrebbe dovuto ridere più spesso.
 
“Accidenti!” Daikke si portò una mano davanti alla bocca, cercando di calmarsi, ma ottenendo solamente l’effetto opposto. “Credo… credo di avere sbagliato…”
“Eh?” Stridetti, presa alla sprovvista.
“Il colpo alla testa…” Cercando invano di riprendere un po’ di fiato, sollevò il braccio libero fino a tenersi la pancia.  “D-deve averti guastato i pochi neuroni che ti restavano!”
“Credimi, in questo momento non sono io quella che necessita di uno psicologo.” Bofonchiai, gonfiando le guance.
 
Daisuke, che era riuscito a calmarsi abbastanza da non morire soffocato, prese in mano il suo Pokédex, premette un paio di tasti e lo rivolse verso di me.
“Guarda qui.”
Sullo schermo c’era l’immagine del pokémon sirena e, incuriosita, presi a leggerne la didascalia ad alta voce.
“Vaporeon, pokémon Bollajet. Si è evoluto per adattarsi alla vita acquatica. Si può sciogliere nell’acqua—” Mi fermai. Rilessi. E poi mi fermai di nuovo.
Che?
 Non poteva essere. Doveva trattarsi di un errore dovuto alla stanchezza, all’esaurimento nervoso derivante dal fare da balia perenne ad un Wooper dal quoziente intellettivo di un carciofo, al mio povero stomaco che non riscuoteva alcun sacrificio da quella mattina. Dopo aver stropicciato gli occhi con energia, tentai di nuovo, pronunciando ogni sillaba al meglio delle mie capacità. Ma il risultato finale fu sempre lo stesso.
… Si può sciogliere nell’acqua diventando quasi completamente invisibile.”
Ed il mio cervello si prese una pausa.
 
C’era da chiederselo: cosa c’era di così stratosferico riguardo a pokémon (che per me equivalevano ad animali magici dai colori improbabili) capaci di liquefarsi? Dopotutto, avevo incontrato creature ben più bizzarre. Non mi sarei dovuta preoccupare per una questione del genere – specie perché per una volta non minacciava di attentare alla mia incolumità.
 
Ma… acqua?
 
Ebbi un breve flash mentale comprendente vari episodi della mia vita: io che andavo al mare per vedere Nonna gareggiare nelle gare di Triathlon; Nonno Gerald che, riempito il suo annaffiatoio, si dirigeva verso il suo piccolo orticello dietro casa; io che durante i giorni di pioggia uscivo per le strade di Topolonia saltando in tutte le pozzanghere che incrociavo; io che mi facevo il bagno; io che avvicinavo alle mie labbra un bicchiere di vetro colmo fino all'orlo…
 
Un pokémon che può sciogliersi in acqua?
 
Mi comparve davanti l'immagine del Vaporeon, con le branchie che si alzavano e si abbassavano a ritmo del suo cuore, con le scaglie spigolose e viscide, con gli occhi neri e lucidi simili a quelli di un alieno e--
Mi tappai la bocca con le mani, strizzando gli occhi e sperando di riuscire a contenere la bile che inevitabilmente si stava facendo strada fra le pareti del mio esofago.
 
"Hey."
Daisuke, dal canto suo, respirava con affanno, cercando di riprendersi dal suo precedente stato di euforia.
"Ugh." Risposi io, piuttosto eloquentemente. Mi appoggiai al parapetto alla mia destra, sperando che la corrente su cui stava viaggiando il Lapras aiutasse a lavar via le immagini raccapriccianti che mi turbinavano sulle palpebre ogni qual volta chiudessi gli occhi.
 
Come diamine avevano fatto a non estinguersi?
 
Il mio compagno di viaggio emise un lungo, modulato sospiro; ma ebbi come l'impressione che, in quel gesto, mancasse la solita punta di frustrazione.
"E adesso cosa c'è che non va?"
Preferendo restare in quella posizione per calmare il tumulto nel mio stomaco, lo guardai con la coda dell’occhio.
"Tante cose. Troppe cose. Ad esempio--” Feci una piccola pausa, combattendo l'arrivo di un conato. "Come faccio a sapere di non aver mai bevuto un Vaporeon?”
Daisuke cessò di ansimare. E, a giudicare dal modo con cui si era irrigidito, anche di respirare. Trascorsero una manciata di secondi, durante i quali apparve combattuto ed indeciso sul da farsi. Prese a massaggiarsi con insistenza il setto nasale.
Infine portò gli occhi, aventi ormai acquisito una sfumatura tetra e sciupata, sui miei.
Mi sentii trapassare da un brivido, riconoscendo quella come una versione più mite dell'Occhiataccia Daisukiana.
"Se sento un’altra scempiaggine lasciare l’anticamera del tuo cervello bacato, giuro che ti annego.”
Presi a grattarmi la nuca, ridacchiando nervosamente, nausea ormai del tutto dimenticata di fronte alla sensazione di pericolo che aveva preso ad aleggiare nell'aria.
 
Era giunta l’ora di cambiare argomento – dopotutto non avevo idea di quanto ci volesse per arrivare al termine del giro, e di certo non avevo intenzione di trascorrere il tempo rimanente in compagnia di un Daisuke dalle tendenze omicide. Perciò mi guardai in giro, e, in men che non si dica, notai di fianco a me due cavallucci marini impegnati in una disputa. Uno aveva rilasciato, con un versetto di sfida, un turbinio di bolle in direzione dell'altro, il quale rispose gonfiando il petto con espressione accigliata.
In meno di un secondo il mio lato di acquario venne completamente ricoperto dalle tenebre.
Lanciai qualcosa che poteva solamente essere paragonabile ad uno squittìo, e, strofinandomi gli occhi con fare nervoso, cercai di determinare il problema.
"Lascia stare." Intervenne Daisuke, con voce annoiata. "I Seadra sembrano non saper far altro che risolvere tutto a suon d'inchiostro."
"Aaah." Inchiostro. Certo . Ora i cavallucci marini sputavano pure inchiostro.
Il buio al di là del vetro aveva già cominciato a diradarsi, lasciandomi intravedere i due Seadra, che nel frattempo erano stati accerchiati da altri pokémon acquatici per niente felici. Ben gli stava.
 
La navetta proseguiva lungo i binari con una lentezza tale da rendere impossibile stimare quanto mancasse al termine del viaggio. Era passato molto tempo dall'ultima volta che mi era stata data l'occasione di rilassarmi, senza dovermi preoccupare di essere uccisa da pokémon selvatici, organizzazioni misteriose o insetti abominevoli. Il che era piacevole. Fantastico. Una vera e propria pacchia.
 
Diedi un'occhiata alla mia destra, dove il mio compare sedeva con il gomito sul parapetto e la testa fiaccamente sostenuta dalla sua mano. Osservava la scena con fare distratto, facendo passare lo sguardo sui vari pokémon che gli sguazzavano davanti, senza davvero vederli.
Emisi un piccolo sospiro: anche se per me la situazione era considerabile una sorta di vacanza in miniatura, per Daikke doveva essere una noia mortale. Forse perché lui, al contrario di me, già conosceva quei pokémon. Forse perché considerava l'intera situazione una perdita di tempo. Forse perché era stanco. Forse perché stava rimuginando riguardo a ciò che era avvenuto prima.
Distolsi immediatamente lo sguardo, in modo da non farmi beccare mentre lo fissavo. Non volevo rischiare di scatenare un altro attacco di... di...
Qualunque cosa fosse, non volevo che si ripetesse; non dopo la mia improvvisazione degna dell’Oscar.
Non sapevo se sarei stata ancora una volta capace di inventarmi una storiella abbastanza assurda da poterlo distrarre in tempo, e di certo non sarei stata in grado di resistere ancora al senso d’impotenza che mi aveva attanagliato il petto nel vederlo perdere il controllo.
Non quando sospettavo di esserne io la causa.  Scossi la testa, facendo una promessa con me stessa.
 
Finché gli fossi stata accanto, avrei cercato di impedirgli di tornare in quello stato.
 
Firmai il contratto mentale sulla tavola mentale imbandita di tè e pasticcini mentali. Strinsi la mano mentale di una me mentale indossante mentali abiti ottocenteschi. Mi lanciai in bocca un bonbon mentale alla panna. Sbagliai mentalmente il tiro e il dolcetto finì con il sfracellarsi sul mentale drago da compagnia della mentale me ottocentesca; ciò che avvenne dopo fu così drammatico che la mia mente si rifiutò di mostrarmi la scena.
 
Risoluta, seppure leggermente scossa, decisi di dimenticarmi dell’accaduto dedicandomi fin da subito alle mie buone intenzioni.
"Hey, Daikke?" Il sopracitato perse l'equilibrio e rischiò di battere il mento contro il ferro del parapetto.
Uh. Forse un po’ troppo risoluta.
"Cosa..." Guardati attorno, Maddy; cerca qualcosa di altamente interessante, originale, speciale— "…cosa sono quei cosi?" Indicai due puntini colorati che stavano risalendo un arco di pietra ricoperto di muschio. Man mano che ci avvicinavamo, notai che il primo, quello rosa, aveva delle strane punte sulla schiena, mentre l'altro, azzurro, aveva delle alucce gelatinose. Erano così lenti che, nel tempo che ci avrebbero impiegato a raggiungere la sommità dell’arcata, Nonna avrebbe imparato a cucinare, sarebbe stata ammessa a Pokéchef e avrebbe portato a casa il primo premio. Nel loro pigro avanzare portavano stampati in faccia dei sorrisi da ebeti, lasciandosi addietro una scia di bavetta traslucida di cui davvero facevo a meno di speculare la provenienza.
Resistetti all’impulso di lanciarmi davanti al Lapras e farmi schiacciare dalle rotaie. Non avrei potuto scegliere dei pokémon più ‘speciali’ di quelli nemmeno avendo avuto il depliant dell'acquario tatuato sulla parte interna delle palpebre.
Venni distolta dall’autocommiserazione da uno dei soliti commenti acidi di Daisuke, che, lanciandomi un’occhiata di puro risentimento, sibilò qualcosa di simile a “Guarda il Pokédex."
Ah. Comportamento da vipera venefica ferita nell’orgoglio. Probabilmente colpa del nomignolo.
"M-ma…" Balbettai, cercando di interpretare il ruolo di ragazza ingenua e innocente. E già che c’ero, anche un poco ruffiana. "Ma tu sai sempre tutto! E Dexi è noioso—“ Non è vero, Dexi. Ti amo. Mi salvi sempre la vita. Mi sei sempre fedele. Se fossi un essere umano, ti sposerei. “—e lento. E chi mi dice che non invii radiazioni ai pokémon che analizza?" Gasp drammatico. "Potremmo averli condotti verso la loro morte senza nemmeno essercene resi cont—". L'altro, avendo ben presto realizzato che l'unico modo per farmi tacere era accontentarmi, non perse tempo ad interrompermi, del tutto ignaro – o forse no? – del mio losco giochetto.
"Shellos. Provengono da Sinnoh. Sono di vari tipi. Se si schiacciano esce fuori un fluido viola, usato per alcuni medicinali." Daisuke incrociò le braccia. "Contenta?"
Mi portai l’indice alle labbra.
"Shellos, giusto?"
Come risposta ricevetti uno sbuffo.
"Sono lumache."
Alzata di occhi al cielo.
"Sputano inchiostro?"
Daikke sollevò un sopracciglio, guardandomi come se provenissi dal Pianeta Scemoidi. “Cosa ti fa pensare che possano sputare inchiostro?”
 
Ma, anziché fornirgli spiegazioni, decisi di passare in rassegna un'altra zona, decidendo che era giunto il momento di trovare un nuovo soggetto.
Lo trovai poco distante in un serpentone blu e arancione dalla bocca enorme, intento a strangolare una sorta di pokémon-lampione dal corpicino tondo blu e due antennine ricadenti davanti alla sua faccia, luminose come lucine di Natale.
"E quelli?" Puntai l'indice verso di loro: intanto le antenne del pokemon blu avevano preso a lampeggiare.
Daisuke, irritato dalla mia mancanza di chiarimenti, si limitò a bofonchiare due frasette striminzite.
"Huntail. Usa la sua coda per attirare le prede." Prima che potessi rendergli presente che il pokémon pareva più intenzionato ad usare la coda per stritolarlo che non per attirarlo subdolamente, continuò. "Chinchou. Un'antenna produce energia elettrica positiva, l'altra negativa. Questo per--"
Il Chinchou in questione toccò l'Huntail con ambedue le protuberanze, e in men che non si dica il pokémon serpente venne trapassato da una scarica elettrica tanto potente che dovetti schermarmi gli occhi per non venire accecata. Quando ricontrollai, l'Huntail pareva bacon a pois e la lucciola acquatica stava nuotando traballante via dalla scena. Mi grattai il mento, fingendo pensierosità.
"Penso di aver capito." In realtà, ero ancora piuttosto scettica su alcune questioni. Per esempio, com’era possibile che l'elettricità non si fosse propagata per tutto l'acquario, folgorando tutti i pesci e condannandoli all'oblio eterno? Scacciando dalla mia testa la - più che lecita - domanda, la sostituii con un'altra che sarebbe meglio servita ai miei scopi.
"E loro lo sputano? Inchiostro, dico."
Il damerino aggrottò la fronte, comprendendo le mie intenzioni.
"...stai cercando di farmi arrabbia-"
 
Il resto della sua frase si perse in un coro di vocine squillanti provenienti dall’alto. Alzai il capo, osservando la scena in preda alla confusione: i pokémon si stavano ammassando alle estremità dell’acquario, disponendosi in modo da far spazio a una marea di pesci rosati che turbinavano nell’acqua in modo caotico, cambiando spesso direzione ma restando sempre all’interno del branco.
Ben presto inondarono l’intero tratto di tunnel.
Ed il mondo si tinse di rosa.
 
Sgusciai fuori dalla sbarra di sicurezza – facendo uno sforzo immane per trattenere il fiato – e mi alzai in piedi sul sedile, circondandomi gli occhi con le mani poste a mo’ di binocolo.
“Sono… cuori labbrosi?”
I cosiddetti cuori si misero a danzare in cerchio, sfruttando i raggi emessi dalle lampade artificiali per creare un gioco di luci sempre cangiante, conferendo all’ambiente un’impronta gioconda. Li vidi disporsi in modo da formare onde sfasate, anelli concatenati, e numerose altre figure bizzarre, fino a riunirsi in un vortice risalente verso l’alto. Quando una loro colonna riusciva a raggiungere la cima, i suoi membri si sparpagliavano a raggiera, abbandonando la configurazione.
Notando che lo spettacolo sarebbe presto giunto al termine, emisi un verso di disappunto. Poi, ostentando nonchalance – ero troppo grande per essere impressionata da cuoricini rosa sbaciucchiosi e ronzanti – tossicchiai: “Carucci. Come si chiamano? Non mi dispiacerebbe averne un po’ nella piscina della mia futura villa.”
La me ottocentesca sollevò un pollice di approvazione.
 
Daikke s’irrigidì leggermente, quasi come se fosse stato colto alla sorpresa. Voltò la testa, fingendo di concentrarsi su un punto a caso dell’acquario in cui però non figurava un bel niente, eccetto l’acqua bollicinosa.
Strabuzzai gli occhi. Che non li riconoscesse?
Mi portai ad annuire, convintami della mia ipotesi: doveva essere difficile ammettere di essere ignorante su qualcosa, per un so-tutto-io come Daisuke.
Mi passò sulle labbra l’ombra di un sorrisetto diabolico, ma presi la decisione di non infierire sulla questione. Per quel giorno aveva già avuto la sua bella dose di problemi.
Tirai fuori Dexi, pronta a puntarlo contro uno dei cuoricini pesciosi.
 
“Ludvisc!” Esclamò il mio compagno di viaggio, inspiegabilmente irrequieto. Si schiarì la voce, nel – piuttosto vano – tentativo di parere più rilassato. “Si chiamano Ludvisc.”
Corrugai la fronte. “Se lo sapevi, perché non l’hai detto prima?” Lui aprì la bocca per contestare, ma non gliene lasciai il tempo. “Beh, ormai ho il pokédex in mano. Torna pure a rilassarti; chiederò a lui.”
Daisuke spalancò gli occhi, come se avesse qualcosa da ridire, ma fosse allo stesso tempo troppo riluttante per agire. Si guardò rapidamente attorno; poi, resosi conto di qualcosa, lasciò rilassare la propria postura.
Uh. Strano.
Feci spallucce e premetti il pulsante di accensione di Dexi, sul cui schermo comparve la scritta ‘Bentornato allenatore!’.
Aaah, il caro vecchio Dexi. Lui che sapeva come rendermi di buon umore!
Colma di determinazione, puntai l’aggeggio verso i Ludvisc.
O almeno, nella direzione in cui li avevo visti l’ultima volta: non ne era rimasto nemmeno uno.
 
Non ebbi neanche il tempo di lamentarmi, che il Lapras s’incagliò.
Dalla mia posizione in piedi sul sedile venni sbalzata in avanti e, con un urletto, presi a ruzzolare giù come un’idiota, urtando nel processo la mia spalla contro il lungo collo metallico del mezzo di trasporto. Ma invece di precipitare nell’acqua pullulante di pokémon potenzialmente-evolutisi-dalle-seppie-o-dalle-penne-a-sfera, mi ritrovai a sbattere la faccia su qualcosa di solido, bagnato e assurdamente freddo, che mi costrinse a spalancare gli occhi.
 
Correzione: solido, bagnato, assurdamente freddo e pure ricoperto di sangue.
 
Feci trazione sulle braccia con l’intenzione di alzarmi, o perlomeno arretrare, ma l’unico risultato che ottenni fu quello di scivolare e picchiare il mento a terra.
Rotolai di lato, tastandomi il volto in fiamme. Provai quasi inconsciamente a dimenarmi in preda al panico, ma i miei sforzi andarono solo ad alimentare il dolore. I miei occhi erano così pieni di lacrime che a malapena riuscivo a distinguere il sangue che mi macchiava le mani.
Che diamine era successo?
Mi lasciai scappare un singulto. Il mio volto sarebbe rimasto deturpato? I miei nonni sarebbero riusciti a riconoscere la loro cara nipote, ridotta in quello stato?
Acqua!
Ecco di cosa avevo bisogno. Iniziai a rotolare in una direzione presa a caso, sperando di incappare in un buco, in una frattura, che mi avrebbe poi permesso di raggiungere la salvezza, di calmare il demone infuocato, di—
 
“Finiscila di fare la melodrammatica, ti esce solo un po’ di sangue dal naso.”
Mi bloccai, prendendomi tutto il tempo per esaminare le nuove informazioni.
E mi accorsi che, in effetti,  ciò che avevo scambiato come ‘fuoco’ non era altro che un dolore pungente protrattosi per tutto il volto. Da cui stava colando qualcosa. Nel tirare su col naso, percepii in tutta la sua chiarezza un sapore ferroso che in poco tempo si trovò a mettere a dura prova la sanità delle mie papille gustative. La mia bocca si contrasse in una smorfia amareggiata.
Mi misi a sedere, asciugandomi gli occhi. Una volta che ebbi riacquistato la visione, mi tolsi le mani dal volto, osservando come dei piccoli rivoli rossicci si facessero strada fra le mie dita.
 
Nel tentativo di esporre il mio scetticismo, mi scappò un piccolo singhiozzo.
Solo un po’…?”
Daikke, estraendo un fazzoletto di stoffa e una bottiglietta d’acqua dalla sua valigetta, la richiuse con un secco clack. Rilasciò un sospiro, preparandosi psicologicamente a rifilarmi un’altra ramanzina… per poi bloccarsi alla vista del mio stato.
Strabuzzò gli occhi, studiandomi. Poi, corrugando la fronte in quella che speravo potesse essere apprensione, emise il suo verdetto finale.
“…un bel po’.”
Quindi versò l’acqua sul fazzoletto e me lo passò.
 
Mentre ero impegnata a ripulirmi da tutto quel sangue, passai ad adocchiare i dintorni. La cosa che più attirava l’attenzione erano senz’altro le macchie carminie che mi ero lasciata dietro durante i miei rotolamenti in stato delirante. Queste portavano ad una minuscola pozza davanti al Lapras, che fissai con rimprovero. Era colpa sua se in quel momento il mio povero naso si ritrovava a zampillare similmente ad un geyser di PokéCola in cui erano stati immersi dieci pacchetti di Mentos.
La navetta, dal canto suo, pareva aver già ricevuto un’adeguata punizione: il collo del pokemon si era infatti ammaccato, mentre due lunghi squarci ne adornavano l’addome, la cui vernice era stata grattata via dall’urto con la terra ferma. Ora il Lapras giaceva immobile, illuminato dalla tenue luce dei riflettori del condotto come una sorta di soldato caduto in onore della propria causa, abbandonato in un sonno da cui non potrà più risvegliarsi, fra le spaccature cristalline della riv— Aspetta.
Cristalline?
Voltai la testa di qua e di là, boccheggiando.
“G-ghiaccio …?” Perché o eravamo su una lastra di ghiaccio, o il sangue doveva essermi finito negli occhi arrecandomi danni tali da rendermi daltonica.
Mi alzai in piedi, attenta a non scivolare, adocchiando il resto del tunnel. Tutto era silenzioso; di pokémon non vi era più traccia. Un’occhiata alle pareti del condotto mi fece capire il perché: esse erano infatti ricoperte da una coltre di ghiaccio che si stava estendendo a velocità moderata lungo tutto il canale, congelando l’acqua presente nell’acquario. I pokémon dovevano probabilmente essere fuggiti verso l’entrata del condotto.
 
Tirai su col naso, pentendomene subito quando ondate di muco misto a sangue rischiarono di farmi strozzare. Poi dichiarai dignitosamente:
“Sento puzza di Team Blyzzard.”
Daikke alzò gli occhi al cielo, riprendendo il cammino.
 
E fu così che passammo il quarto d’ora rimanente traballando pericolosamente per il condotto ghiacciato. Mai prima di allora avevo provato una paura tale nei confronti del semplice atto del posare un piede a terra.
Grazie alla nostra andatura a velocità di cetriolo di mare, però, evitammo di scivolare per terra, spaccare il ghiaccio e morire annegati nel canale. Certo, Daikke durante il viaggetto si era preso la briga di spiegarmi che no, il ghiaccio causato dai pokèmon non era così facile da infrangere, ma preferivo comunque non correre rischi.
Dopotutto io e il ghiaccio non avevamo mai avuto un rapporto amichevole.
 
“Daikke”, sussurrai dopo aver perso l’equilibrio per l’ennesima volta, “Ci dobbiamo prendere un pokèmon di fuoco. O un lanciafiamme, ma solo come ultima risorsa; costano troppo.”
Il diretto interessato – che al sentire il suo nomignolo si era aggrappato, per restare in equilibrio, agli spuntoni azzurrini della parete che lo affiancava – mi rivolse un’occhiata seccata.
“Se ne incontreremo uno, sarai libera di catturarlo.”
“Ma—“ Il mio piede slittò, ed il mondo si inclinò di 180°. Reagendo piuttosto in fretta e con più agilità di quella che, conoscendomi, mi sarei potuta aspettare, sbattei le mani sul terreno, salvandomi per un soffio.
Ma per una persona della mia stazza mantenere una posizione precaria come quella del ponte avrebbe comportato fin troppi legamenti strappati, perciò, prendendola con filosofia, mi lasciai stramazzare al suolo.
“Ma se andiamo avanti così prima o poi rischieremo di morire surgelati. Di nuovo.” Mi sollevai in piedi, asciugando le mani sulla camicetta.
“Non costringermi a ripetere ciò che ti ho detto.” Emise un breve sospiro, che nell’aria fredda si materializzò sotto forma di nuvoletta di vapore. Pensosa, inspirai tanta aria quanta i miei polmoni potessero contenere ed esalai con forza, sorridendo soddisfatta di fronte alla fiammata nebbiosa che ne uscì fuori.
Diamine, se solo fossi nata drago…
No, aspetta un attimo. Sii più realista.
Se erano in circolazione pokémon sirene capaci di liquefarsi, significava che potevano esistere anche degli ordinari draghi, no?
Eheh. Me la dovevo segnare come una delle future domande da porre a Daikke… per rompere il ghiaccio.
Sghignazzai fra me e me. Nonostante la situazione disastrosa, il mio umore si era mantenuto piuttosto positivo.
 
“Eddai, scommetto che se ci impegnassimo potremmo trovarne uno in un paio di giorni--”
“Che non possiamo permetterci di sprecare.”
E il mio buon umore inciampò in un fosso, si spezzò una gamba e, rantolando dal dolore, esalò il suo ultimo respiro.
Mi portai davanti a lui, nella speranza che egli riconoscesse i miei diritti da essere umano. Daisuke si era dimostrato puntiglioso riguardo alla nostra velocità di marcia fin dall’inizio della nostra collaborazione. Personalmente, ero stufa di sostenere un ritmo del genere, e ben presto avremmo dovuto affrontare il discorso.
“Sarebbe solo una piccola deviazione! Non stiamo partecipando ad una corsa contro il tempo.”
Rimanemmo in silenzio, lanciandoci occhiate di sfida. Poi lui mi superò, accelerando il passo. Sentendolo bofonchiare qualcosa a bassa voce, corrugai la fronte, intenzionata a chiedere spiegazioni.
Ma non appena lo raggiunsi, fui costretta a lasciar perdere, percependo la mia risolutezza afflosciarsi.
 
Eravamo infatti giunti alla fine del condotto, e quindi alla ricompensa per i nostri sforzi, il nostro sudore, e le nostre – beh, più che altro le mie – lacrime. Ebbene, di cosa si trattava?
Altro. Dannatissimo. Ghiaccio.
Ciò che in passato doveva essere stato un lago navigabile dotato di tetto a cupola, era adesso più somigliante ad una grotta in cui sarebbero felicemente abitati un branco di pinguini. Le pareti circolari erano in balìa del gelo, che proseguiva incontrastato nella sua arrampicata, lenta ma costante. In alcuni punti aveva già raggiunto il soffitto, da cui penzolavano stalattiti la cui mole mi fece istintivamente voltare la testa di qua e di là nella speranza di trovare una sorta di protezione.
Per mia sfortuna vi era solo un posto adatto al piano ‘evita di diventare un Emmental’: su una duna di sabbia dorata posta al centro della stanza si ergeva, infatti, una massiccia torre di pietra perlacea, decorata da intricati disegni di pesci, conchiglie ed alghe.
 
Era uno spettacolo magnifico.
E letale.
Ma comunque magnifico.
 
 “Laggiù.” Daisuke indicò una zona a qualche metro dalla spiaggia, dove il ghiaccio presentava un’apertura circolare di alcuni metri. Al centro di essa vi era un unico pezzo di ghiaccio, piuttosto instabile, sopra cui stava la capopalestra. Aveva le braccia incrociate, sprizzante snobbosità da tutti i pori.
Per qualche istante ebbi l’impressione che il gelo, oltre ad espandersi sulle pareti, stesse risalendo pure per le mie vene. E non tanto per il fatto che se avesse fatto anche un solo passo falso sarebbe sicuramente scivolata, battendo la testa, precipitando in acqua ed annegando.
Mi morsi il labbro.
D’accordo. Forse avevo un po’ a cuore il destino di quel piccolo demonio, ma non era lei la mia preoccupazione principale; no, la creatura che più mi impensieriva stava comodamente appostata dall’altra parte dell’acqua, sulla riva sicura. I suoi colori caratterizzanti erano solo un misero bianco ed alcune gradazioni di azzurro, ma mi venne comunque da rabbrividire; e chi non l’avrebbe fatto, alla vista dell’aura di oscuro potere che lo circondava, e dei suoi denti, digrignati in un’espressione feroce e sprezzante, quasi domandasse sacrifici umani per poter calmare la sua collera perpetua?
Non c’era via di scampo.
Non se Frost era lì.
 
Fu Daisuke ad esplicitare ciò a cui pensavamo entrambi.
“Siamo nei guai.”
Annuii, non osando staccare gli occhi dalla scena.
“Yep. Mi sa che stavolta Frost mi farà fuori.”
Ci fu una piccola pausa.
“Ti riferisci al Beartic… giusto?”
Ridussi gli occhi a due fessure, mettendo a fuoco la cosa su cui Frost era comodamente appoggiato: un orso polare delle dimensioni di un camioncino dei gelati intento a raschiare il ghiaccio con i suoi artigli, giusto per rendersi più comodo il lettuccio provvisorio.
“Nah. Parlo di Frost.”
Altro momento di pausa.
“E dove—“
“Mi ha costretto ad affrontarlo nelle fogne di Melmolandia, ma non ricordo bene il perché. Forse non gli piaceva essere chiamato ‘Polaretto’.” Spallucce. “Mi ha massacrato. E con solo uno Shellder. ”
Daisuke studiò il tizio dai capelli azzurri per qualche minuto, poi mi scrollò brevemente la spalla, segnalandomi di voler avanzare fino alla torre. Fece qualche passo, per poi arrestarsi, come se si fosse appena ricordato di qualcosa di vitale importanza. E infatti si voltò, ma solo per mettersi l’indice di fronte alla bocca, contraendo le labbra in una linea austera.
Sbattei le ciglia, processando.
Ah. È  quella la cosa che più lo impensierisce? La mia possibile mancanza di furtività?!
Aprii la bocca per lamentarmi, per fargli notare che forse avrebbe dovuto prestare più attenzione alla furia animalesca che avevamo a pochi metri di distanza— o, ancora peggio, a quel sadico di un Polaretto con le manie di persecuzione— ma Daikke, sfoggiando un’espressione frustrata quanto la mia, mi fece cenno di star zitta e proseguire.
E così feci, ma solo dopo aver fatto un’imitazione del suo tono patronizzante, scimmiottando ‘blah blah blah’ con la mano.
 
Arrivammo senza grossi intoppi fino alla torre, dietro alla quale ci acquattammo per tenere d’occhio la situazione. Polaretto ed Orso-Balù-Candegginato non si erano mossi di un millimetro, mentre la bambinetta era troppo impegnata a guardarsi le unghie con aria di superiorità per accorgersi della nostra presenza.
“Quindi,” Sussurrai, rabbrividendo al contratto con le pietre fredde che costituivano l’edificio. “Vie di fuga?”
Daikke puntò il dito alla sua destra, dove, parallelamente all’ingresso del tunnel, si trovava un’apertura nella parete. Sopra di essa vi era un’insegna, riportante le parole ‘Grazie e Arrivederci!’ scritte con pitture di diversi colori. Sicuramente un’uscita accogliente, non fosse stato per i metri di acqua che la separavano dal resto del lago ghiacciato.
Il brutto ceffo doveva aver pensato proprio a tutto, prima di trasformare la giostra-acquario in una pista da pattinaggio deluxe.
 
Tornai al mio socio, che nel frattempo stava studiando lo schermo del proprio cellulare; ma a giudicare dalla sua fronte corrugata, non doveva esserci alcun segnale. E se l’apparecchiatura tecnologica di un mago dell’elettronica come Daikke falliva a connettersi con la civiltà, era inutile che io provassi con il mio aggeggio antiquato.
 
Feci un piccolo sospiro, osservando con monotonia l’aria calda che risaliva verso l’alto, dissipandosi lungo il tragitto.
“Già. Un pokémon di fuoco sarebbe stato l’ideale per toglierci da questo pastic—”.
“Sssh!” Ribatté lui, facendo intuire di voler ascoltare la conversazione che si stava svolgendo ad una decina di metri più in là.
Misi il broncio, passando una mano attorno alle pokéball che avevo in tasca. Man mano che le avvolgevo, avevo come l’impressione che un peso andasse a premere sulla bocca del mio stomaco. Socchiusi gli occhi.
Forse non erano pokémon di fuoco, ciò di cui avevo bisogno.
 
“Hey, non ti avvicinare!” La voce abbatti-timpani della capopalestra mi riscosse dal mio rimuginare, costringendomi a sporgere la testa dal nascondiglio. L’allenatore infatti pareva essersi stufato di conversare con la mocciosa – come mai non l’avesse ancora trasformata in granita era ancora un mistero – e stava accorciando lo spazio che li distanziava marciando sull’acqua a passo spedito.
Era come uno schifo di gerride.
Inclinai la testa, incuriosita.
“E’ il Beartic...” Sussurrò il mio compare, appostatosi vicino a me. Scoccai un’occhiata al pokémon nemico, ma la poca visibilità di cui disponevo era aggravata da una coltre di foschia bianca che aleggiava sospesa a raso terra, nei pressi dell’animale. Perciò fui costretta, sospirando per l’ennesima volta, a chiedere spiegazioni.
“Il ghiaccio...” Il suo tono di voce si era fatto leggero, quasi distratto. “Il Beartic congela le superfici liquide mediante il suo respiro. Quindi basterebbe farlo avvicinare all’acqua vicino alla via d’uscita per…” lasciò la frase a metà, impegnato probabilmente a valutare il miglior piano d’azione. Il significato era comunque chiaro: se fossimo riusciti a sfruttare l’alito a temperatura freezer dell’orso, avremmo facilmente potuto raggiungere la nostra via di fuga.
“E questo vuol dire…” Questa volta Daikke si degnò di voltarsi e di puntare i suoi occhi sui miei, costringendomi istantaneamente a prestare attenzione. “…che qualcuno di noi dovrà fare da esca.”
 
Eh no.
 
A quel punto fu il mio turno di voltare la faccia e distogliere lo sguardo, lanciando occhiate disperate a qualunque cosa fosse nei paraggi ad eccezione del mio compagno di viaggio.
Lo sentii emettere dei versi lamentosi, ma ero troppo agitata per rispondergli a modo.
Il freddo doveva avergli montato alla testa. Perché qualcosa doveva essersi rotto nel suo cervello da so-tutto-io per avergli fatto venire in mente un’idea tanto suicida. Presi a sfregarmi nervosamente il braccio con la mano.
 
Che fosse stata la sua –senz’altro senza precedenti— risata di poco fa? Forse si poteva essere allergici alle risate. O alla felicità. O— spalancai gli occhi, fissandolo con aria allarmata: o forse voleva solo avere un pretesto per poter interagire col Beartic. Che non pensasse che non avessi notato l’inquietante scintilla che gli balenava negli occhi quando gli capitava di controllare la pagina dei tipi Buio nel Pokédex – cosa piuttosto frequente.
“I Beartic sono di tipo Buio?” Sbottai, cercando nelle sue pupille il familiare barlume di fanatismo che s’impossessava di lui quando erano coinvolti quei mostriciattoli assassini e particolarmente Madeleynnibali. Ma lui si limitò a corrugare le sopracciglia prima con fare confuso, poi con indignazione.
“Cosa? No!”
“Vuoi davvero affrontare quel coso?” Tagliai corto. “Non potremmo, che so, nuotare fino all’uscita? Saranno solo una decina di metri!” Continuai, cercando di fargli cambiare idea.
“Madeleyne,” Daisuke prese a massaggiarsi il setto nasale, richiamando tutta la pazienza di cui sembrava poter disporre. “L’acqua è ghiacciata. Sai cosa succede quando le persone si gettano nell’acqua ghiacciata?”
Rinunciai a commentare sul suo atteggiamento da essere superiore, decidendo che forse non fosse il momento più adatto. Mi strinsi nelle spalle.
“Diventano ghiaccioli?”
 
Daikke decise di sorvolare sulla mancanza di sofisticatezza della mia replica ed annuì sbrigativamente; ma prima di poter continuare venne interrotto da un altro urlo da parte della bambinetta. Lanciandoci una breve occhiata nervosa, tornammo ad osservare la scena. Il Polaretto, spazientito, aveva afferrato bruscamente le spalle della mocciosa, che si stava dimenando.
“Te l’ho detto, non lo so! Non so dove sia mio nonno!”
“E…” Una serie di parole indecifrabili. “…darmi la pietra. In caso contrario…” Brusio confuso. “…ucciderti.”
Il resto della conversazione tornò ad un volume contenuto, e quindi impossibile da afferrare.
 
Cacciando un piccolo ‘tch’ di impazienza, Daisuke si alzò.
“Io penso a distrarre il Beartic. Tu cerca di portare in salvo la capopalestra.”
Quindi mentre io avrei fatto una scampagnata sul ghiaccio verso il sociopatico locale, Daisuke sarebbe dovuto andare a combattere contro un Camper Peloso con il solo ausilio di un puffo del colore sbagliato e un piccione fuligginoso?
No, no, no.
Balzai in piedi, assalita da un’ondata di panico.
“No, aspetta! Tu ti occuperai del Polaretto, mentre io andrò a giocare con il suo animaletto da compagnia.”
Daisuke mi scoccò un’occhiata alla ‘Ho sempre saputo che ti mancassero delle rotelle, ma non pensavo fossi anche suicida.’ Feci spallucce.
“Ho preservato abbastanza rotelle da sapere che sarebbe più difficile uscire vivi da un incontro con quello lì che non da uno con quel Beartic. Legati. Con la testa fra le sue zanne.” Daikke alzò gli occhi al cielo, per nulla convinto.
Il silenzio fu interrotto dal ‘ring ring’ di un cellulare. Trasalii, cercando in fretta e furia il mio, prima di ricordare di aver impostato una suoneria diversa. Alzai lo sguardo verso il mio compare, che si limitò a scuotere la testa, mostrandomi il suo, ancora privo di connessione.
 
La mia perplessità si dissolse quando Frost estrasse dalla tasca del giubbotto una scatoletta grigia che aveva tutta l’aria di essere uscita fuori da un film degli anni Novanta.
“Cosa c’è adesso?” Iniziò a picchiettare il terreno col piede. “Spero che sia importante, altrimenti…”
Daikke indicò prima me, poi il Polaretto. Poi mi mollò lì come uno stoccafisso, raggirando l’edificio nella direzione opposta alla mia.
Non avevo idea di cosa diamine si fosse inventato, ma parve funzionare: il Beartic si sollevò su due zampe e, dopo aver annusato l’aria, si diresse verso la parte di torre dietro a cui si era nascosto.
 
Ammirare un pokémon del genere da distante e farlo mentre si avvicinava erano due cose completamente diverse. Dalla mia posizione riuscivo a vedere tutto: il modo in cui l’orso, camminando, raschiava il terreno con artigli grossi quanto il mio naso; il modo in cui la sua pelliccia si alzava ed abbassava; seguendo la contrazione muscolare dei suoi movimenti; gli occhi neri e lucidi, dalle pupille dilatate, che rendevano impossibile prevedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Qualcosa all’interno della mia cassa toracica prese a vibrare, tanto che se avessi aperto bocca, se avessi continuato a soffermarmi sulle immagini che mi stavano bombardando la mente (molte riguardanti il mio nefasto destino, alcune quello di Daisuke), mi sarei sicuramente messa a singhiozzare.
 
Perché dovevo sempre finire in situazioni del genere?
Era normale? Anche gli altri allenatori erano costretti a vivere questo genere di incubo?
 
Mi passai le mani alla rinfusa sul volto, sugli occhi, sui capelli. Con difficoltà, presi a respirare in modo più regolare.
Avevo tanta voglia di riflettere sulle scelte da me fatte che mi avevano lentamente condotto a questo momento.
Avevo tanta voglia di sbattere la testa contro il muro, stendermi a terra e morire.
Ma il dovere mi chiamava.
 
Attesi che il Beartic sparisse oltre il muro, per avviarmi poi verso il Polaretto, che sembrava in preda ad una crisi di nervi.
“Allora, perché c’è tutto questo silenzio? Conoscendo voi smidollati, per essere riusciti a racimolare il coraggio necessario per telefonarmi dovreste essere almeno una dozzina.”
Ecco, avanti così. Urla pure alla cornetta. Non badare alla ragazza dietro di te che quando cammina incrina il ghiaccio.
“Questo- questo non vi dà il permesso di parlare tutti assieme!“ Fece un verso di stizza, passandosi una mano fra i capelli. “Stop. Zitti. Passatemi Frederick.”
Rischiai di scivolare. Frederick?
Il Frederick delle cui foto avevo pieno il cellulare e che, quando venivano visualizzate, sprigionavano così tanta fighezza ancestrale da rischiare di fondermi lo schermo? M’incupii, asciugandomi un rivoletto di saliva con la manica.
In effetti, aveva menzionato di essere il secondo in comando di un’organizzazione; ma, se lui era solo il vice…
 
“Insomma, cosa vogliono da me quegli imbecilli?”
 
…questo voleva dire che Frost era il capo.
La mia schiena fu percorsa da un lungo brivido, che mi costrinsi da ignorare. Mancavano solo cinque metri.
 
“Sì, sì, prometto di restare calmo. Come rimarrò calmo quando ti staccherò i denti ad uno ad uno con un paio di pinze roventi, se non arrivi al punto.” Ouch. Definitivamente il suo capo.
 
Ero riuscita ad arrivare ad un metro da lui senza farmi scoprire – beh, tranne che dalla capopalestra, ma quella aveva almeno avuto la decenza di ignorarmi, onde evitare di insospettire Frost. Era il momento perfetto per—
Per cosa?
Mi massaggiai il mento. L’avrei potuto buttare in acqua. Frost non era così alto, e per giunta sembrava anche mingherlino. Beh, in confronto a me un po’ tutti lo erano. Dannati salutisti. La loro vita non dipendeva da una scorta di merendine preconfezionate nascoste sopra l’armadio. Loro non dovevano fare i conti con la cucina di mia nonna, capace di portare all’anoressia un lottatore di sumo pluripremiato.
 
“Mi stai dicendo che Hiro, il fannullone dal quoziente intellettivo equivalente a quello dello zucchero filato che trangugia, ha già scoperto l’ubicazione della Grigiosfera…” Frost strinse il cellulare con così tanta forza che, anche da lì, riuscivo a sentire gli scricchiolii di protesta dei materiali di cui era costituito. “…e nessuno si è degnato di dirmelo?!
Il ghiaccio attorno agli stivali del ragazzo si crepò. Forse era dovuto alla pestata che gli aveva appena dato, ma la mia immaginazione preferiva attribuire la colpa all’aura assassina che stava emanando.
Al diavolo la premura, se non avessi agito al più presto ero sicura che Frost avrebbe mostrato la sua vera forma. Già me lo immaginavo: corna, ali da pipistrello, capelli che gli svolazzavano attorno anche senza un filo di vento e, dulcis in fundo, piedi palmati e becco dentato. Un perfetto Draculguino.
 
“’Prendila con filosofia’? Hai idea di quanto tempo ho sprecato per poter trovare uno straccio di pista? Certo che no, eri troppo impegnato a fare la corte alle tue maledette statue di ghiaccio per rendertene conto.”
Mi abbassai, mettendomi in posizione di partenza, decisa a colpirlo alla schiena con una poderosa spallata.
“E non cercare di difendere quei pezzi di carne surgelata! Lo sai cosa penso del tuo ‘innocuo’ passatempo.”
Tirai fuori la lingua, prendendo la mira. Così imparava a tenere acceso il telefono – se quell’obbrobrio uscito degno dei Flintstones si poteva definire tale – durante le missioni.
 
Che idiota…
 
~ It's all about the money, money, money
We just need your money, money, money ~
 
“Frederick?”
 
~ We just wanna make lots of cash
Forget about life sentence ~
 
 “Ti richiamo più tardi.”
 
…che sono.
 
Tastai il mio giubbotto alla ricerca del – maledetto, stupido, dannatissimo – cellulare, sperando di metterlo a tacere in pochi istanti. Naturalmente non lo trovai, e la suoneria continuò a rimbombare nella stanza. Mi sarei anche sentita imbarazzata, se solo la mia pancia non avesse deciso di fare gli scooby doo con i miei intestini.
Seguendo lo sguardo scocciato della bambina, il Polaretto voltò lentamente la testa, quel che bastava per potermi puntare addosso un singolo occhio. Venni percossa da una scarica di brividi, dovuti sia al suo colore – un azzurro così chiaro che per un attimo mi venne da pensare di star osservando l’interno di un cubetto di ghiaccio – che per il disgusto che vi lessi dentro.
Riuscii a deglutire solo dopo quattro tentativi. Quindi, ritrovandomi a sorridere più per la consapevolezza di aver commesso il mio ultimo errore che per il bisogno di essere garbata, sollevai mollemente un mano, a mo’ di saluto.
 
La suoneria continuava.
 
Buffo come negli ultimi istanti della tua vita il tempo paia come rendersi conto di aver corso senza sosta attraverso gli anni, e decida di rallentare; di concedersi un attimo di riposo, carico di tensione, prima di recuperare l’andatura di sempre con uno sprint talmente brusco e doloroso, da poterlo scambiare per un colpo di frusta.
 
Durante quegli attimi, presi improvvisamente coscienza del mio corpo. Del cuore che palpitava ad un ritmo di poco più veloce del normale; dei soffi gelidi che al loro passaggio pizzicavano le vie aeree del mio apparato respiratorio; di un minuscolo, quasi impercettibile ristagno situato nella parte superiore del mio petto.
Con la stessa chiarezza riuscivo ad avvertire il mondo esterno. Riuscivo a sentire il ghiaccio sotto i miei piedi pulsare, come se stesse lui stesso respirando. Riuscivo a vedere il Beartic come se ce l’avessi avuto di fronte, sollevato com’era sulle proprie zampe posteriori, mentre fissava nella mia direzione con fare quasi curioso. E, con altrettanta chiarezza, riuscivo a scorgere Daikke, posizionato dietro ai suoi pokémon: era leggermente sudato nonostante le basse temperature, e i capelli gli si erano appiccicati alla fronte in modo scomposto. Espressione congelata in una smorfia esasperata, occhi che distrattamente guardavano nella mia generale direzione, si era lasciato scappare qualcosa di molto simile ad un ‘dannazione’.
 
Il mondo intero si era fermato.
Frost no.
 
Non riuscii nemmeno a vedere il colpo: le prime cose che registrai furono invece il bruciore alle costole e il dolore alla bocca dello stomaco. Seguirono poi il ghiaccio su cui stavo scivolando priva di ogni controllo e la visione della gamba che Frost stava riabbassando con calma.
 
Oh, e nel sottofondo riuscivo pure a sentire i richiami confusi della bamboccia e di Daisuke. A cui naturalmente non potevo rispondere dato che quel gesto sarebbe risultato quasi sicuramente in me che svuotavo lo stomaco di ogni contenuto. E nella mancanza intollerabile di ossigeno. E nello scoppiare a piangere senza alcuna dignità, peggiorando così la situazione.
Priorità. Dovevo pensare alle priorità.
Perciò, raggomitolata su me stessa, tenendomi la pancia con la cura con cui avrei stretto l’assegno vincente della Lotteria Pokémon, presi una serie di piccoli respiri. E poi risposi al telefono.
 
“-erald, è da cinque minuti che provo e non ha ancora risposto! Chi lo sente poi quel bacucco di Theodore?”
“N-nonna...” Sussurrai, trasalendo per la fiammata di dolore che quel piccolo gesto aveva provocato al mio addome.
“Imbranata com’è, non mi sorprenderei se fosse caduta da un dirupo per scappare da dei Butterfree!” Riconobbi nel sottofondo la voce serena di mio nonno, presto però interrotta da quella possente ed infastidita di sua moglie. “Certo che non mi fido di lei! L’unico motivo per cui le ho permesso di intraprendere il viaggio è che così facendo avrei potuto far vedere a quei buffoni che si definiscono ‘triatleti’ qual è il vero posto che gli spetta nella maratona— dietro al mio deretano incallito!”
Ok. Le cose stavano decisamente degenerando.
“Nonna.”
“E invece di portare il primo premio a casa, mi toccherà portarlo in prigione!”  Ci fu un commento da parte di nonno Gerald, a cui seguì un verso esasperato della nonna. “Figuriamoci se Theodore me la farà passare liscia. Lo sai che quell’avvocataccio ha sempre avuto da ridire su come alleviamo nostra nipote… oh beh.” Un sospiro. “Gerald, aiutami a cercare il salvadanaio di Madeleyne. Tirchia com’è, forse c’è qualche speranza di poter pagare la cau—“
Oddio. No, i miei bellissimi, profumatissimi, preziosissimi risparmi no!
“Nonna!” Esclamai, in preda al panico. Me ne pentii quasi subito, in quanto venni trapassata da una serie di colpi di tosse.
“—zione. Oh. Madeleyne, cara? Da quanto tempo sei in linea...?”
Presi un piccolo respiro. “Non azzardarti a toccare i miei soldi. Se lo farai, venderò tutti i tuoi trofei su KeckleonBay. Con tanto di autografo falsificato.” A giudicare dal fragore che investì il mio orecchio, Nonna doveva aver fatto cadere il telefono.
Bingo.
“Toccare i tuoi soldi? Io che ti ho insegnato le tabelline, che ti ho preparato i pasti degli ultimi dieci anni, che ti amo dal profondo del mio cuore di tigre? Ah! Che sciocchina, devi avere sentito male!” Dall’altro capo della linea risuonò una fragorosa risata. Dopodiché i suoni divennero confusi ed ovattati, facendomi venire il sospetto che la nonna stesse cercando di tappare il microfono. Non riuscì, però, ad ammutolire il ‘Gerald, smettila di smontare le assi del pavimento della stanza di nostra nipote!’ che gracchiò  ad alto volume.
Alzai gli occhi al cielo. Ora sapevo cosa provava Daikke ogni qualvolta combinassi qualcosa di stupido.
“Niente Butterfree, qualsiasi cosa siano. Solo un altro potenziale assassino dal discutibile colore di capelli accompagnato dal suo fido Beartic rabbioso.”
“E’ forse un tizio dai capelli verdi? Perché è da stamattina che osserva la nostra casa, appostato fra i cespugli.”
Strabuzzai gli occhi.
“…che tipo di verde?”
“Non saprei. Mi ricorda il colore della mia zuppa di verdure con sorpresa.” Mi passò un brivido lungo la schiena, più per il ricordo della brodaglia fangosa che per la possibilità che Kazeki, in quel momento, potesse trovarsi accovacciato sul prato del giardino di casa mia.
“Nonna, lascia perdere quel tipo e stammi ad ascoltare! Sono intrappolata in un luna park, ed un hipster mancato sta cercando di—!”
“Tesoro, non riesco a sentirti. E non osare dare la colpa alla mia vecchiaia, che le urla dei miei nemici caduti le riesco ancora a sentire benissimo. Muovi le chiappe e spostati dove c’è più campo.”
Okay, mi sarei messa a piangere lo stesso. Tanto nessuno poteva biasimarmi.
“Nonna—”
 
Vedendo un’ombra calare su di me, rotolai maldestramente verso destra, fermandomi a pochi metri di distanza per una nuova fiammata allo stomaco, che mi costrinse a increspare le labbra in una smorfia. Quando mi voltai, vidi che il punto in cui prima ero raggomitolata era stato pestato dal Polaretto, e che la liscia superficie di ghiaccio si era frantumata a raggiera attorno al suo piede. Quando i nostri occhi si incontrarono, fu come se il mio corpo venisse travolto da una secchiata di acqua gelata.
Stringendo la presa sul cellulare, mi schiarii la voce.
“—ti richiamo dopo.”
Riagganciai; quel semplice gesto parve essere il segnale che il ragazzo stava attendendo, poiché in men che non si dica mi ritrovai il suo stivale conficcato nel ghiaccio di fianco alla mia faccia.
 
“Guarda guarda. Chi abbiamo qui?”
Polaretto non era contento.
“Un maleducato che interrompe le chiamate, direi. Io almeno ti stavo lasciando finire.”
Polaretto non era affatto contento. Ma, beh, questa era solo una mia supposizione; era difficile riconoscere lo stato emotivo di una persona quando si aveva la propria visuale bloccata dalla suola di uno stivale in discesa. Una suola adornata da spilloni di metallo dalla lunghezza delle mie falangi.
Fortunatamente parve ricordarsi del suo amore per le domande retoriche e l’abuso psicologico, perciò si limitò ad arrivare ad un centimetro dal mio bellissimo naso rosso e gocciolante.
 
“Quando lo capirai che non ti conviene impicciarsi negli affari altrui?”
Tentai di allontanarlo, spingendo lo stivale con le mani; invece di spostarsi, cosa che avrebbe fatto qualunque essere umano dotato di una coscienza – e un normale senso dell’equilibrio – iniziò a premere verso il basso.
“Eppure mi pareva di averti detto di stare alla larga.”
Frost aveva la peculiare capacità di alimentare la sua rabbia ad ogni parola che pronunciava. Il che lo rendeva piuttosto imprevedibile, e, cosa ancora più importante, pericoloso per la mia persona.
“Mmh.” Spostai lo sguardo alla mia destra, cercando di guadagnare tempo. “No, devi essertene dimenticato. Eri troppo impegnato a denunciare ai Grimer quanto facessi pena e fossi destinata al fallimento.”
Risposta sbagliata. Conseguenza? Una pestata sulla faccia, miracolosamente evitata grazie ai miei sensi di ragno. Quand’è che avrei imparato a mettere un freno alla mia lingua?
“E vedo che non sei affatto cambiata. Sei sempre logorroica.”
“Nemmeno tu, del resto. Sempre così…”, veloce, dovevo trovargli un nomignolo chic e originale e—“…pinguinoso.”
 
Diamine, perdevo colpi.
 
Le labbra del ragazzo dal cuore surgelato si incurvarono in una smorfia disgustata.
Con la coda dell’occhio notai una saetta bluastra piombare sul pavimento, seguita dal rumore di qualcosa che s’infrangeva. Non ci diedi peso, preferendo non staccare il contatto visivo con il robot che mi sovrastava.
Ma alla saetta ne seguì un’altra. E poi ancora una. Finché non ci ritrovammo circondati da una pioggia di stalattiti che per metà si conficcavano nel terreno e per metà s’infrangevano in una miriade di schegge potenzialmente mortali.
 
“Senti.” Cercai di essere diplomatica. “Ti piace l’emmenthal?”
La risposta che ottenni non fu altrettanto diplomatica, ma la ignorai.
“Presupporrò che la risposta sia negativa. Dubito che ti piaccia qualcosa…” Lo squadrai, inarcando un sopracciglio. “…eccetto l’azzurro.” Allargai gli angoli della mia bocca in un sorriso smagliantemente fasullo. “Ebbene, nemmeno a me piace l’emmenthal! Vedi? Abbiamo qualcosa in comune! Allora, dato che nessuno di noi apprezzerebbe essere trasformato in tale pietanza bucherellata, perché non—“
Frost mi tirò un altro calcio, stavolta al fianco.
 
Già mi immaginavo davanti allo specchio, senza maglietta, a giocare con un pennarello a ‘collega gli ematomi’. Chissà quale figura avrei ottenuto. Come minimo Frost stava prendendo la mira ad ogni calcio in modo da formare il suo nome.
 
Non potendone più di venire malmenata, mi sollevai sulle mie povere gambe tremolanti – o era il terreno, a tremare?—, tenendomi l’addome. Puntai un dito verso il Polaretto, pronta a spolverare la sezione ‘sproloqui e minacce di morte’ del mio cervello, quando il punto in cui prima giacevo si squarciò.
 
Da esso fuoriuscì qualcosa di immensamente oblungo.
Sfrecciando verso l’alto, ci ritrovammo di fronte ad una creatura dalla faccia per niente amichevole. Forse era dovuto agli occhi, privi di emozione ed illuminati da un bagliore sinistro; forse era colpa della bocca perennemente spalancata, che lasciava intravedere i denti acuminati; forse tale antipatia era causata dal fatto che quella mostruosità si era scagliata immediatamente contro di me, costringendomi a slittare sul ghiaccio e ad abbandonare i miei propositi di vendetta.
Il pavimento cedette senza la minima resistenza al passaggio del mostro marino – un serpente? – ed esso scomparve dalla mia vista.
 
Per qualche secondo nessuno osò muoversi.
Poi la capopalestra ne ebbe abbastanza, e, messasi le mani ai fianchi, urlò: “Svelti, portatemi fuori da qui!”, proprio come una principessina viziata.
Frost marciò verso la marmocchia, seguito a ruota dal suo Beartic, che aveva subito abbandonato il suo combattimento contro la squadra di Daisuke. Dubitavo che quell’orso sarebbe potuto servire a mettere k.o. una creatura del genere, ma di certo dava l’idea di poter offrire una maggior protezione da attacchi di enorme portata. Non come i miei pokémon, o quelli di Daikke.
Localizzai in fretta Sey e Yoru; il primo era appoggiato contro il muro della torre, l’altro stava passando il becco fra le piume delle sue ali, cercando di capire la gravità delle sue ferite.
Al contrario dell’orso bianco, il cui pelo era rimasto immacolato, i due pokémon avevano i loro corpicini ricoperti di graffi e lividi piuttosto gonfi. Nulla che un po’ di superpozione non potesse aggiustare.
Sarebbero tornati come nuovi. O forse no. Era Daikke il medico di bordo, io mi limitavo a—
Il mio stomaco eseguì una serie di salti mortali da dieci punti l’uno.
Dov’è finito Daikke?
 
Perlustrai con lo sguardo l'intera area, ma del mio collega minion non vi era alcuna traccia. Il mio organo digestivo si sentì libero di portare i carpiati al livello successivo.
Il serpente marino non poteva averlo afferrato – non era ancora riemerso, e poi mi era parso abbastanza goffo da poter essere schivato senza grosse difficoltà. Che il Beartic se lo fosse pappato mentre il suo allenatore non guardava...?
 
Scivolai sul ghiaccio – o meglio, barcollai sbattendo le braccia come un dodo ubriaco – verso Frost e il suo divoratore di uomini, che nel frattempo, all'ordine del suo padrone, aveva formato col suo fiato gelido una nuova lastra di ghiaccio – quella di prima doveva essere crollata durante la pioggia di stalattiti – collegante l'isolotto su cui aspettava la bambina con la terra ferma.
La capopalestra sgranò gli occhi, ma non esitò nemmeno un istante a percorrere il ponte. Arrivata di fronte al nemico, provò a scappare di lato, ma l'orso le tagliò la strada, permettendo a Frost di afferrarla saldamente per le spalle.
"Ragazzina—“
“Mi chiamo Momoka, stolto!”
Il Polaretto doveva aver sfogato tutta la sua rabbia su di me, perché non ribattè.
“Momoka, è tuo il Gyarados?” La principessina cercò dapprima di divincolarsi, ma vedendo che il ragazzo non accennava ad allentare la presa, squittì un veloce 'No'.
"Se non è tuo, allora di chi è?"
Frost era crucciato. Lo si vedeva dal modo in cui si guardava attorno, cercando di cogliere qualunque forma di movimento sotto la superficie ghiacciata. Presi a sfregarmi sbrigativamente le mani sulle braccia, cercando non tanto di scaldarmi, quanto di calmare il caro Terrore e Senso Di Morte Certa che avevano iniziato a fare un picnic nelle mie budella. Perché se lui  era preoccupato, allora avevo il presentimento che le cose non si sarebbero risolte con solo un paio di ematomi.
"No, cioè, sì, ma--!"
"E’ di tuo nonno?"
"Doveva essere solo parte dell'attrazione, una decorazione!" Cercò di spiegare la bambina.
"Parte dell'attrazione...?" Il Polaretto staccò gli occhi dal pavimento per dedicarsi allo studio delle pareti della stanza.
"Ehi." Mi intromisi, stando attenta a rimanere a distanza di sicurezza dal Beartic. "Sicura che tuo nonno non sia in realtà un pazzo omicida e che abbia ideato il Gyarados per—"
Ricevetti un’occhiataccia.
"Hai dei problemi di udito? Ho detto che doveva essere solo una statua meccanica!"
"Da quel che mi risulta le statue non sguazzano nelle profondità di un lago in attesa del momento giusto per potersi gustare giovani ed ingenui allenatori."
"D-da quel che mi risulta gli unici allenatori qui presenti sono il t-tuo compare tappo e il b-bruto che mi sta bloccando la circolazione." Tirò su col naso.
Strinsi i pugni. Inspirai. Esalai. E poi allungai una mano verso il Beartic, facendogli un pat pat sulla testa.
"Sicuro che il tuo bestione non la possa mangiare?" Il pokémon inclinò la testa con fare confuso, sbuffando aria calda dal naso. Momo mutò la propria faccia in una smorfia sgraziata, ma prima di potermi insultare fu presa da un attacco di starnuti.
"No." Aprii la bocca per lamentarmi, ma il tono di Frost non ammetteva repliche. "Però se ti sembra  così denutrito potresti sempre offrirti volontaria."
Scossi la testa, decidendo di lasciar perdere la questione. Tanto nel più probabile dei casi la capopalestra sarebbe morta in meno di due ore— come tutti noi, del resto.
 
Come se il robot avesse percepito di essere stato chiamato in causa, il terreno venne nuovamente percorso da scosse, che ci costrinsero a barcollare per non cadere.
"D'accordo. Ascolta attentamente." Frost si tolse il giubbetto e, senza indugio, lo posò sulle spalle della bambina. "Dentro c'è una pokéball. Corri sulla torre e resta lì. Non ti sporgere troppo. Non farti vedere. Usa la pokéball solo come ultima risorsa."
Momoka, che fino a qualche secondo prima si era limitata a sbattere le ciglia con fare confuso, squadrò Frost con sospetto. Ma la nuova ondata di tremori sembrò farle mandare a quel paese la prudenza, per cui accettò senza tante lamentele e prese a correre  verso la torre.
 
Posai una mano sul mio fianco, stufa di non contribuire.
"Aspetta. Io dovrei lasciarti fare senza confiscare la pokéball contenente quasi sicuramente un pokemon dalle tendenze omicide perché...?"
Lo sguardo che Frost mi rivolse mi fece rimpiangere di aver anche solo pensato di aprire la bocca.
"Perché?" Per un attimo mi parve di vedere del fumo uscirgli fuori dalle narici. "Come diamine pensi di proteggerla, nel caso in cui la situazione si evolvesse per il peggio?"
"E' una capopalestra, saprà--"
"Appunto. Questa non è una palestra. Questa è una situazione reale con un pericolo reale, e se compiamo un solo errore saremo spacciati." Il suo tono acquisì una nota sibilante che mi fece accapponare la pelle. Mi grattai la nuca, cercando di mascherare i tremiti che mi stavano percorrendo le spalle. Non sapevo dove posare lo sguardo.
"Toglimi una curiosità." Frost socchiuse gli occhi, concentrando la sua attenzione sui miei movimenti, studiando ogni mia reazione. "Tu. Cosa proponevi di fare?"
Dischiusi le labbra, pronta a contrattaccare. Ero ferita nell’orgoglio. Se pensava di potermi sminuire ulteriormente, si sbagliava di grosso. Non avevo affrontato mesi di avventure e pericoli senza imparare qualche lezione. Senza imparare a cavarmela, a reagire agli imprevisti.
Sapevo di poter aiutare.
(Davvero?)
Sapevo di esserne capace.
(Ne sei certa?)
Sapevo di…
(Non sai niente.)
Sapevo…
 
Sentivo la testa pesante. Si era fatto difficile respirare.
Chiusi la bocca.
 
Frost emise uno sbuffo soddisfatto.
"Come pensavo." Senza perdere tempo, si voltò, percorrendo a passo deciso la superficie ghiacciata in direzione della torre. "Non sei adatta a far parte del mondo dei pokémon. E' giunta l'ora che tu riconosca i tuoi limiti, e te ne ritorni a casa."
Allungai una mano per fermarlo, per dirgli che no, era lui che non capiva una rapa secca di come funzionasse il mondo e che sì, ero in grado di cavarmela con le mie forze.
Potevo contribuire.
Aumentarono le scosse. Un pezzo di ghiaccio sbalzò in aria, minacciando di cadere su Frost. Prima che potessi avvertirlo del pericolo, il suo Beartic allungò gli artigli e, con una sola zampata, trasformò l'iceberg in una dozzina di cubetti innocui.
Abbassai la mano.
Potevo contribuire…
… giusto?
 
Il Gyarados spaccò il terreno, schiantandosi contro la torre. Nell’aria risuonò l'urletto soffocato di Momoka, che dopo poco tempo si spense. Il robot tornò nelle profondità del lago, provocando un altro paio di tremori e fratture nel ghiaccio.
"Hey, nanerottolo." Per un attimo credetti che Frost si stesse riferendo a me, ma poi intravidi Daisuke fare capolino da dietro l’edificio. E, da come aveva stretto i denti, mi pareva di capire che non fosse affatto felice del nomignolo.
"Il Gyarados è solo una macchina meccanica. Dovrebbero esserci dei cavi elettrici qui attorno. Vai a--"
Daikke lo interruppe, sbuffando.
"Già fatto. Non si spegne." Frost spalancò di poco gli occhi. Probabilmente era stato colto alla sprovvista dall'efficienza di Daisuke.
Le mie labbra tremolarono, riconoscendo il mio fioco desiderio di sorridere come avrebbe fatto una madre fiera del proprio figlioletto; poi questo venne risucchiato da qualche misteriosa forza presente nel mio torace, in cui sprofondò senza più riemergere.
"Bene, allora." Frost strinse la presa sulla sua pokéball. "Io penso ad attaccare l'automa, tu ad aprire un varco per fuggire."
Non aveva ancora capito che Daisuke non avesse alcuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa.
"No." Nonostante l'elevata differenza di altezza, il mio compare non era affatto intimidito. "Se ci scambiamo i ruoli, ci metteremo meno." Dicendo ciò, scoccò un'occhiata di sfida al Polaretto, che ricambiò senza indugio.
Non era affatto un brutto piano. I pokémon di Daikke erano stremati a causa degli incontri di quella giornata, ma erano comunque più agili di un Beartic, e quindi gli sarebbe stato più facile schivare gli attacchi del colosso metallico. Nel frattempo, grazie alla distrazione, Frost avrebbe avuto abbastanza tempo per creare uno dei suoi soliti ponti e squarciare il ghiaccio che bloccava l’uscita.
Un buon piano. Però...
 
Dal mio stomaco iniziavo a percepire vaghe ondate di nausea.
"Aspettate!" Mi intromisi, sventolando una mano fra di loro. Daisuke sollevò un sopracciglio; Frost non si sforzò nemmeno di trattenere un piccolo 'tsk'. "In tutto questo, io che faccio?"
 
Sembrò che Daikke avesse sviluppato un profondo interesse per i pavimenti in ghiaccio.
Frost invece doveva essere rimasto immune a tale fascino, perché, come se la risposta fosse ovvia, sentenziò con monotonia: “Il tuo ‘compito’, è quello di restare fuori dai piedi.”
Il mio volto doveva riflettere un certo sbigottimento, perché l’altro si sentì in dovere di chiarificare con una punta di acidità.
“Cosa pensi di poter fare con ratto alto quanto un fungo?” Si diresse verso l’uscita, dandomi una spallata nel processo. “Levati di torno.”
Daisuke ci mise un po’ di più a scollarsi dal suo posto, ma quando lo fece se ne andò subito dai suoi pokémon, evitandomi con lo sguardo.
 
Ah.
 
Il Gyarados frantumò la superficie, catapultando pezzi di ghiaccio dallo spessore sconcertante in tutte le direzioni. Feci un paio di passi di lato, evitando di venire schiacciata da un blocco grosso quanto un armadio, ma cadendo subito dopo a causa delle ormai perpetue scosse sismiche.
 
Quindi contribuire non era nemmeno un’opzione.
 
Le vibrazioni fecero cadere altre stalattiti; rotolai per un paio di metri, schivandone alcune, e mi fermai solo quando la mia schiena andò a sbattere contro i gradini della torre.
 
Come al solito.
 
Salii le scale, fissandomi le mani, come se una delle increspature dei miei palmi potesse contenere la soluzione al mio problema. Man mano che proseguivo per la rampa, mi sembrava di perdere il contatto con il mio corpo. I miei pensieri erano come dei fili colorati, che ad un certo punto, non saprei ben dire quando, avevano preso a volteggiare, sospinti da corpulente raffiche di vento. Ogni volta che allungavo la mano per catturarne uno, questo mi scappava via dalle mani, come se fosse tutta un’enorme beffa.
Mi chiesi da quando al posto dei piedi avessi due blocchi di cemento.
Giunta in cima alla torre, andai a sedermi vicino ad un fagotto azzurro che si stava affacciando dal parapetto. Fagotto che una delle poche parti non ancora annebbiate del mio cervello andò ad identificare come ‘Momoka’. Fissai il muretto di pietra, sopra al quale spuntava, ogni tanto, la testa dell’automa.
 
“No, così non ce la faranno mai…” Sussurrò, stringendosi nel giubbotto di Frost.
Avrei voluto sospirare, ma anche quello avrebbe richiesto fin troppa energia, che al momento non disponevo.
“Dov’è finita quella pezzente?”
La bamboccia si scostò dal cornicione per cambiare posizione, ma nel farlo inciampò su di me. La vidi spalancare gli occhi, sorpresa.
“Tu…”
Un attimo dopo, però, aveva già sostituito la sua espressione con una smorfia accigliata.
Tu! Cosa ci fai qua a poltrire? Dovresti essere giù ad aiutarli!”
 
Dovresti.
 
Sentii il mio ultimo briciolo di sensibilità dissolversi dal mio petto.
Stupendo. Stavo venendo sgridata pure da una bambina di al massimo tredici anni.
“Li sto aiutando.” Borbottai. “Mi sono ‘tolta dai piedi’.” Scandii meglio le ultime parole aprendo e chiudendo la mano a mo’ di bocca, e dando a mini-Frost una vocina deforme e lamentosa.
Momoka sbatté il piede sul pavimento di pietra, facendo risuonare il tacchetto in modo piuttosto minaccioso.
“E li abbandoni così, senza nemmeno aver provato a far qualcosa? Codarda!”
“Ascolta, non…” Scrollai la testa, sconfortata. “Okay, sono una codarda. Ma credi seriamente che io possa combattere contro quel coso?”
“Sei un’allenatrice!” Curioso. Mi sembrava di averla sentita decretare il contrario, non molto tempo prima. “Dovresti almeno provarci!”
 
Dovresti.
 
“Ho un topo viola ed un girino dalla salivazione eccessiva.” Sbuffai, appoggiando il gomito su una gamba e sostenendo il mio mento col palmo della mano.
“…un’allenatrice scadente, ma pur sempre un’allenatrice. Dovresti amare le avventure ed i pericoli che derivano da esse!”
 
Dovresti.
 
C’erano un po’ troppe cose che avrei dovuto fare. Che avrei dovuto essere.
Iniziavo a sospettare di aver compiuto una scelta sbagliata, quando decisi di andare via di casa. Forse la via dell’allenatore era al di là delle mie capacità. Dopotutto, non faceva alcuna differenza se fossi rimasta reclusa in casa o meno. Non se tutto ciò che potevo fare era stare in panciolle e litigare con una bambina dal carattere più forte del mio. Con anni di esperienza nei combattimenti, ed una squadra decisamente più forte della mia.
La fissai senza alcuna espressione particolare.
“Per ora non ho le capacità di affrontare pericoli del genere.”
“Sei solo una—“
“Ma tu sì.”
Si bloccò, senza riuscire a continuare la frase. Scosse frettolosamente la testa, facendo oscillare la matassa di molle dorate che aveva per capelli.
“Non posso usare Reginald. Con il suo peso, se provasse a lottare, precipiterebbe nel fondo del lago.”
Con Momoka fattasi improvvisamente sconsolata, la conversazione raggiunse un punto morto.
Si udì un forte scricchiolio metallico, e la bambina, imbozzolata in un giubbotto di almeno tre taglie in più della sua, corse a sporgersi di nuovo per il parapetto, quasi fosse felice di avere una giustificazione per abbandonare il discorso.
Ma avevo ormai imparato che i silenzi, a volte, valevano più di un intero dibattito.
 
A ridosso del mio pezzo di muretto, infilai le mani nelle tasche, andando a tastare le pokéball. Erano gelide, perciò passai a rigirarmele nelle mani. O forse presi a farlo solo perché loro costituivano una delle poche ancore che mi permettevano di non perdermi nella mia nebbia di pensieri.
Non ero una brava allenatrice. Beh, diciamo pure che ero pessima. Ma sentendo i miei pokemon così vicini, non potevo fare a meno di appoggiarmi a loro, di aggrapparmi alla piccola scheggia di speranza che seppur in modo flebile, ripeteva senza sosta ‘Ci dev’essere un modo.’
Gli angoli delle mie labbra s’incurvarono verso il basso.
 
Glielo dovevo, dopotutto.
 
Ai capopalestra che mi avevano conferito le loro medaglie.
Se fossi morta in un modo simile, senza nemmeno provare a lottare, avrei senz’altro disonorato ciò che quei pezzi di metallo stavano a significare: tutta la strada che avevo fatto, tutta la gente che avevo incontrato, gli allenatori contro cui avevo combattuto, i pokémon e le disavventure che avevo affrontato…
 
A Daisuke, che ogni giorno si preoccupava di tenere d’occhio le riserve di medicinali e rimedi di cui disponevamo e di stabilire il tragitto migliore per giungere alla nostra meta, guidandomi attraverso una regione, un mondo, a me sconosciuti.
 
Ai miei pokémon.
Lo dovevo ai miei pokémon, che mi avevano seguito senza mai contestare le mie decisioni o il modo in cui li trattassi, e senza i quali non sarei potuta sopravvivere fino a quel punto.
Chissà cosa dovevano pensavano di me; un’allenatrice solo di nome, ma non di spirito.
 
Le pokéball avevano assorbito un po’ del mio calore e risultavano tiepide. Sperai che tale differenza fosse tangibile anche per i miei piccoli compari.
Per quanto patetico, quel pensiero mi fece sorridere e, d’un tratto, ebbi l’impressione che si fosse sollevato un grosso peso a livello del mio sterno.
 
Decisi che glielo avrei chiesto.
E che avrei cercato di migliorare. Di diventare più forte, in modo da aver più possibilità di proteggere ciò che meritava di essere protetto.
La torre tremò di nuovo, più come un monito che una minaccia. Feci un bel respiro, stringendo per un attimo le sfere poké.
 
Perché ovviamente i miei nobili propositi sarebbero finiti nel cesso se non fossi riuscita a uscire viva da lì.
 
“Marmocchia.” L’altra sbuffò, ma con meno astio del solito. Era nervosa.
“Mi chiamo Momoka, plebea.”
Mi alzai, raggiungendola. “Madeleyne. Ora, vuoi fermare quel coso?”
“Certo che sì!” Momoka spalancò gli occhi, la cui grandezza, evidenziata anche da quel poco di trucco che si era fatta applicare, mi ricordò quelli delle tante bambole che Nonno Gerald teneva disposte ordinatamente sulla mensola del salotto. Non avevo idea del perché fossero lì, ma fin da piccola non avevano fatto altro che inquietarmi.
“Perfetto.” Compiaciuta, presi a sfregarmi le mani, non riuscendo a trattenere una risata ben poco rassicurante. “Ci sono due possibilità. Nella prima, tu rimani qui a distrarre il serpente evitando di farti mangiare, in modo da permettere a noi tre di aprire un varco nel muro e sgattaiolare via.”
“Pusillanime, manigolda--!” Cercò di schiacciarmi il piede usando il tacco della scarpa, ma mi ritrassi appena in tempo. Seriamente, cosa ci trovavano le persone a pestarmi a suon di tallonate?
“Okay, okay, diciamo addio al piano più semplice.” Momoka incrociò le braccia, cercando di contenersi. “Ora, secondo l’altro piano, dovrai dire al tuo gigantesco e grigio amico di tenere fermo il robot e…”
Nell’aria riecheggiarono dei versi di dolore, che mi costrinsero ad abbandonare il discorso.
 
Avanzai fino al parapetto, sentendo la fronte imperlarsi di sudore. Perché sapevo perfettamente a chi appartenessero. Dopotutto, solo un pokémon, lì dentro, era capace di gracchiare.
Feci appena in tempo a vedere la coda del Gyaridos sparire sotto al ghiaccio, che subito dopo la mia attenzione fu catturata da una macchia nera che si era appena sfracellata al suolo.
Yoru…
Daisuke, che in un primo momento era rimasto immobile, con le mani sulle ginocchia – come se stesse faticando anche solo per restare in piedi – scattò verso il suo compagno, evitando i buchi lasciati dal serpente marino durante i suoi precedenti attacchi. Una volta arrivato sul posto, la sua mano, che era già andata ad infilarsi nella borsa che portava al fianco, si immobilizzò, lasciandomi perplessa.
Ma nel vedere lo stato del pokémon buio, capii.
Dopotutto, le ali dei pennuti non potevano normalmente piegarsi di un’angolatura simile.
Trattenendo a stento un conato, decisi di passare temporaneamente ad un altro soggetto.
 
Nemmeno Frost se la stava cavando così bene. Il ghiaccio dell’ingresso recava segni di tartassamento, ma non abbastanza da poter essere eliminato. Il Beartic non riusciva a concentrarsi per più di una manciata di secondi sul creare una via di fuga che il Gyarados, come se avesse compreso le sue intenzioni, prendeva di mira il suo allenatore, costringendo l’orso ad interrompere il suo lavoro.
La superficie di ghiaccio attorno a loro assomigliava in modo impressionante ad un colabrodo, simbolo dei numerosi attacchi ricevuti. Ma dal canto suo, il Polaretto era perfettamente illeso.
 
Mi chiesi se fosse bravo a pattinare.
E se i Gyarados reali evocassero lo stesso livello di terrore.
Mi risposi che, in entrambi i casi, avrei preferito non scoprirlo.
 
E poi accadde.
Il Sableye di Daikke, che non era ancora capitolato, ricevette una codata in pieno petto che lo fece volare di diversi metri più indietro. Il Gyarados, finalmente liberatosi di quella seccatura, si girò verso il vero problema.
Frost piegò le gambe, pronto a scattare.
Daisuke gli gridò qualcosa, ma le sue parole vennero coperte dal lamento del pokémon meccanico. Mi strinsi nelle spalle, sentendo come se un milione di spilli mi perforassero la pelle.
E poi il mostro, come una molla, si lanciò su Frost, spalancando le fauci.
 
Il Beartic fu abbastanza veloce da poter spingere via in tempo il suo padrone; ma non abbastanza da poter anche contrattaccare. Sotto gli occhi di tutti, l’orso polare venne schiacciato da tonnellate di metallo.
Il Gyarados si ritrasse come se nulla fosse, cercando la sua vittima originaria; nel punto in cui fino a pochi secondi prima s’ergeva il Beartic, ora si trovava un semplice buco nel ghiaccio.
Feci un passo indietro.
Ma fu solo allora, nel vedere Frost che si lanciava in acqua mentre il Gyarados abbatteva in un unico colpo l’unico pokémon rimasto a Daisuke, lasciandolo privo di ogni difesa, che capii di non avere alcuna speranza.
Che mi ero illusa.
 
Qualcuno… qualcuno deve aiutarci!
Con la mano tremante, recuperai il cellulare dalla tasca, adocchiando la barra della connettività.
Due secondi dopo quasi non mi accorsi del tonfo prodotto dal pezzo di plastica contro la pietra.
 
“Madeleyne… il piano?”
La voce di Momoka mi riportò alla realtà. Mi accorsi con vergogna che le mie gambe stavano tremando. La bambina notò il mio disagio, ma invece di prorompere in un’esplosione di pura furia, si limitò a scuotere flebilmente il capo, come se non volesse credere a ciò che stava accadendo, e ripetere:
“M-Madeleyne…”
Il suo tono era quasi timido, quasi disperato; come se mi stesse supplicando di risolvere magicamente tutto, ben sapendo quanto quella richiesta fosse impossibile da realizzare. Sbatté più volte le ciglia, facendomi intravedere il velo umido che stava iniziando a rivestirle gli occhi.
 
Serrai le palpebre, rifiutandomi di piangere assieme a lei. Abbassai la testa.
Non c’era modo di avvertire i soccorsi, ma avevamo bisogno che qualcuno, chiunque, ci aiutasse: il campione della Lega, un altro capopalestra, un allenatore…
 
Riaprii gli occhi. Davanti a me c’erano le mie mani.
Stavo ancora tenendo in mano le pokéball.
 
Strinsi i denti.
 
“C’è sempre una possibilità.” Ripetei, facendomi forza.
Non aveva senso pensare al negativo; se avessi continuato così, non avrei mai trovato ciò che stavo cercando.
Momoka tirò su col naso, stringendo il cappotto di Frost come se fosse in grado di proteggerla da tutto il male del mondo. “Davvero?”
“Certo.” Credo. ”Dobbiamo solo trovarla.”
Adocchiai la buca in cui erano spariti Frost e il suo pokémon.
“Magari potremmo iniziare coll’immobilizzare il bestione. Così forse Frost potrà tornare a galla senza rischiare di essere tramortito.”
La capopalestra prese a giocherellare con le sue dita.
“Forse Reginald può fare qualcosa. Se resta vicino alla torre, dove il terreno è più solido...”
Le dedicai un pollice in su, facendole coraggio.
“Ottimo! E poi, se anche cadesse in acqua, potresti sempre farlo rientrare nella…”
Non ebbi il tempo di terminare la frase, che mi morì il sorriso sulle labbra.
La mia espressione si fece identica a quella di un Magikarp appena pescato.
 
Perché Daisuke era appena scivolato, e il Gyarados, sfruttando l’occasione, si stava proiettando a fauci spalancate verso di lui.
 
“Bloccalo!”
 
Il mostro si fermò, circa ad un metro di distanza dal mio compagno di viaggio, che restò del tutto illeso.
Il mio cuore riprese a pompare sangue.
“Bravo Reggie! Ora portalo qui!” Distolsi lo sguardo da Daikke per osservare la scena: Reginald – il colosso che la capopalestra aveva fatto uscire per primo durante lo scontro in palestra – dopo aver tirato il Gyarados per la coda, lo aveva stretto in una morsa di ferro, limitando i suoi movimenti.
 
“E adesso?” Momoka rimase immobile, spostando nervosamente lo sguardo da me al suo pokémon, che iniziava già ad accusare segni di stanchezza.
Già. E adesso?
Ero riuscita a guadagnare un po’ di tempo, ma se non mi fossi inventata qualcosa, e alla svelta, il Gyarados sarebbe riuscito a liberarsi e niente si sarebbe concluso.
Ma cosa fare?
Frost aveva ragione. I miei pokemon non erano abbastanza forti per affrontarlo, e dubitavo potessero anche solo scalfire quella corazza metallica. Mandare a combattere il pokémon di Momoka sarebbe stato come mandarlo ad affogare, dato che era ovvio che il ghiaccio non avrebbe retto il peso del gigante d’acciaio. E se il Beartic non era ancora riemerso dall’acqua, figuriamoci se ce l’avrebbe fatta lui.
 
“Sinceramente, non ne ho idea.” Cercai di sospirare, ma a causa del groppo che avevo in gola ne uscì fuori un gorgoglio tremante. “Quella corazza è fin troppo resistente. Nonostante tutti gli attacchi che ha ricevuto, non sembra essere minimamente stanco. Forse se avessimo un pokemon elettrico…” Scossi la testa. Quel posto era pieno di acqua e ghiaccio: se avessi provato a mandare in cortocircuito il robot, avrei rischiato di folgorare anche gli altri.
 
Abbassai inconsciamente gli occhi sulla superficie del lago.
Daisuke stava avvolgendo l’ala del Murkrow demoniaco con delle bende pulite. Nonostante sapesse benissimo del pericolo in cui si trovava, procedeva metodicamente, con estrema delicatezza e precisione, seguendo istruzioni che solo lui era in grado di leggere. Terminato il lavoro – palesemente insufficiente, ma impossibile da migliorare in quelle condizioni – sollevò la testa fino ad incrociare il mio sguardo e per qualche secondo restammo in silenzio, a studiarci. Poi lui scosse la testa ed io feci spallucce, entrambi incapaci di formulare uno straccio di piano d’azione.
 
Eravamo una grande squadra.
 
E il Gyarados di certo non stava aiutando, con tutti gli stridii che emetteva da quel buco che si ritrovava per bocca. Stridii piuttosto feroci.
Sembrava arrabbiato.
Il che era illogico, dato che era conoscenza comune che i robot fossero incapaci di provare emozioni.
Ma d’altronde non avrebbero nemmeno dovuto essere capaci di muoversi senza corrente, né avere abbastanza coscienza per dedicarsi all’uccisione di quattro poveri esseri umani…
 
Beh. Non che rifletterci sopra avrebbe cambiato qualcosa: quell’affare era indistruttibile. Non era possibile attaccarlo direttamente sperando di combinarci qualcosa. Occorreva vedere le cose da un punto di vista differente. Iniziai a rovistare fra i cassetti impolverati della mia mente.
Se ci fossimo ritrovati di fronte ad un essere in carne ed ossa, avremmo avuto la vita più semplice. E non mi riferivo alla possibilità di poterci ragionare assieme da un punto di vista emotivo – quel piano si era rivelato fallimentare in fin troppe situazioni. Mi portai inconsciamente una mano alla pancia, facendo una smorfia.
No. Contro un vero pokémon avremmo semplicemente potuto lanciargli contro tutte le pokéball in nostro possesso. E nemmeno con l’intento di catturarlo; essere ficcati a forza in una pallina dai pochi centimetri di diametro e dibattersi per uscirne liberi doveva essere un’esperienza disorientante, se non addirittura frustrante. E soprattutto, ci avrebbe fatto acquistare minuti preziosi.
Mi massaggiai una tempia. Stupido robot.
C’era sempre l’opzione di ingannare il Gyarados, per… farlo schiantare contro una parete?
Come minimo ci sarebbe caduta addosso l’intera struttura, mentre quello ne sarebbe uscito fuori solo ammaccato. Stupido, stupido robot.
Quel suo fisico da serpente doveva pur avercelo un punto debole. Mi balenarono in testa immagini di Snake, il gioco retrò per cellulari di vecchia generazione. Se gli avessimo fatto ingoiare la sua stessa coda…?
Emisi dei suoni nasali non molto regali. Stavo perdendo il senno.
Avevo bisogno di una spinta nella giusta direzione. Di un segno.
 
Mi sentii tirare per una manica, ed abbassai lo sguardo, crucciata.
Mi ritrovai davanti una Momoka intenta nel rigirarsi fra le mani sudate la pokéball del suo pokémon. “Reggie non resisterà ancora per molto…” La sua voce tremava.
“Lo so, ma…” Non mi viene in mente niente. “… ho bisogno ancora di un po’ di tempo. Quel coso è—“
“Va bene.”
Strabuzzai gli occhi. “Come?”
Non mi sarei mai aspettata un atteggiamento così ben disposto da parte sua. La bambina, come se mi avesse letto nella mente, alzò il mento, recuperando un po’ della sua immagine dignitosa.
“Non sembri una persona intelligente.”
“Beh, suvvia—” Battè un piede per terra, zittendomi.
“Lasciami finire!” Tirò su col naso. “Non sembri una persona particolarmente intelligente… ma hai comunque sconfitto il mio Mawile. Mi hai battuto, e usando solo un misero ratto.”
“Ehi!” Il mio occhio fu venne afflitto da un grave tic. Iniziavo a ricordare il perché mi infastidisse.
Quella assunse una tonalità rosata e si voltò da un’altra parte. Sembrava non fosse abituata ad essere ripresa.
“Uffa! Smettila di dare importanza a questi piccoli dettagli!”
“Ti darò dieci secondi per permetterti di rimediare, dopodiché ordinerò al misero ratto di mangiarti il vestito.”
“Bleargh!” Fece una smorfia, arricciando il naso. Ma dopo pochi attimi parve assumere un atteggiamento più mite, perché distolse lo sguardo. “I-intendevo dire che, se ce l’hai fatta allora, puoi r-riuscirci anche adesso.” S’imporporò, iniziando a ciondolare da un piede all’altro. “Forse. Con molta fortuna.”
La fissai, sentendo la mia mandibola cedere di colpo.
Momoka si… fidava?
Sentii i miei zigomi andare a fuoco. Immediatamente i miei pensieri assunsero toni più dimessi.
Dopotutto, era ancora piccola e quindi facilmente impressionabile. E non si poteva paragonare il suo pokémon-piantina-mutante con un androide-dominatore-dei-laghi. Ed ero riuscita a batterla solo per miracolo, perchè il mio cervello era pieno di informazioni inutili sulla cultura videoludica e televisiva e—
 
Voltai la testa con talmente poco preavviso che dal mio collo si udì un crack.
Il Gyarados si dimenava nella stretta del pokémon acciaio, lanciando suoni gutturali ogni due per tre da quella enorme, labbrosa voragine che si ritrovava per bocca.
Bocca incapace di chiudersi.
 
Come si fa nei videogames a sconfiggere un boss impenetrabile dall’esterno?
 
Mi colpii la fronte con il palmo della mano.
Momoka trasalì. “Che stai facendo?!”
Non le risposi, come ignorai del resto il pizzicore alla mano e l’impronta rosa che dovevo aver lasciato sulla cute maltrattata.
Il mio sangue ribolliva di adrenalina pura.
 
“Ho un piano.”
Gli angoli della mia bocca si flessero in un ghigno.
 
Oh sì. Ero definitavemente uscita di senno.
 
“Ho un piano.” Ripetei, tamburellando ritmicamente il piede sul pavimento. Non avevo molto tempo. “Un piano geniale.” Alzai lo sguardo. “No, stupido.” Le rivolsi un sorriso che, a giudicare dall’espressione preoccupata della capopalestra, non doveva essere affatto rassicurante. “Insomma, è perfetto!”
Ma Momoka era ancora scettica. “Cos—“
 
Reginald rilasciò un verso addolorato, allentando la presa sul mostro meccanico. Fortunatamente riprese subito  il controllo, ma era chiaro la povera creatura era sfinita.
Non c’era tempo per le spiegazioni.
Mi voltai di nuovo verso Daisuke, rivolgendogli un pollice un su ed un sorriso sfavillante.
Lui sollevò un sopracciglio.
Io gli rivolsi due pollici in su, ed un sorriso ancora più sfavillante.
La sua espressione s’incupì.
 
Mi allontanai dal parapetto della torre, chiedendomi cosa ci fosse di tanto sbagliato nei miei sorrisi.
“Dove stai andando?” Domandò Momoka, seguendomi.
“A rovinare il rossetto di un Gyraridoo.”
“Gyarados.” Corresse la saputella. “E non hai risposto alla domanda.”
Feci un paio di saltelli, per poi passare a compiere delle torsioni sul posto. “Te l’ho detto, vado— bah, lascia perdere.” Non avevo intenzione di far preoccupare la bamboccia ulteriormente.
E poi, c’era qualcosa di più importante che dovevo dirle.
“Senti, fammi una promessa.”
Momoka mi studiò, per nulla convinta. Ma all’ennesimo urlo del suo pokémon, annuì velocemente.
“Se riesco a fermare quel coso… o se, fallendo, avrò dilettato così tanto gli déi da fargli considerare di accettarmi come vittima sacrificale in cambio della vostra salvezza…” Ripresi fiato. “Restituisci la medaglia a Daikke, intesi?”
A quel punto la mia interlocutrice assunse un colorito rosato e abbassò lo sguardo, non so se per l’offesa o per la vergogna. Ricevetti per risposta un piccolo ‘Okay’ borbottato.
Presi la mira. Mi fermai.
“E magari, già che ci sei, cerca di far sì che quel pazzo omicida dai capelli azzurri finisca dietro alle sbar—“
 
In lontananza sentii la voce di Daisuke che mi chiamava, e anche piuttosto insistentemente.
Doveva – finalmente! – aver riconosciuto la genialità del mio piano.
Non mi aspettavo di certo di veder la sua faccia sbucare fuori dalla rampa delle scale. Faccia per niente felice, fra l’altro.
 
Uh oh.
 
Lui aprì la bocca.
Io sbattei le ciglia con tanto di sorrisino nervoso.
Poi corsi via in preda al panico, balzai sul parapetto e mi scaraventai dritta verso il Gyarados.









~ Author's Corner ~
Ciao a tutti. Mi chiamo Cottage e soffro di Sindrome da Procrastinazione e Sensi di Colpa. E' una malattia molto grave, ma affligge circa tutta la popolazione, per cui mi appello umilmente al vostro senso di cameratismo quando dico che sono profondamente dispiaciuta per tutto il tempo che ho lasciato passare prima di pubblicare questo capitoluccio.
Capitoluccio lungo 26 pagine. Vogliate scusarmi anche di questo. Vi consiglio di leggerlo durante le ore di storia. O geografia. O storia dell'arte. A meno che, uh, non siano le vostre materie preferite.
Mmh. Vi vorrei fare gli auguri per qualcosa, ma non ci sono festeggiamenti in corso. Quindi mi limiterò ad augurarvi buona fortuna con lo studio, con le relazioni sociali (che possono essere ben più stressanti) e con il cercare di convincere vostra madre a permettervi di 'lasciare il nido' per poter inseguire il vostro sogno di diventare allenatori di pokémon IRL in compagnia del vostro amico Pokémon Go.
(Grazie Nintendo)
Un ciaone a tutti ♪

Ps: mia sorella mi fa violenza psicologica perchè non ho ancora corretto il problema dell'età dei personaggi. In prima stesura dovevano avere sui 13 anni, ma dai loro comportamenti ciò non è realistico. Quindi risolverò la cosa rivelandovi che secondo la nuova disposizione--> Maddy (16), Daikke (quasi 17), Kakeru (16), Desirée (17), Jack (19), Frederick (18), Kazeki (19), Hiro (20), Frost (19).
...giuro che prima o poi modificherò i capitoli. E finirò la fic.

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Capitolo 35
*** Nella Pancia del Gyarados ***


~ Nella pancia del Gyarados ~

 

Daisuke aprì la bocca.
Io sbattei le ciglia con tanto di sorrisino nervoso.
Poi corsi via in preda al panico, balzai sul parapetto e mi scaraventai dritta verso il Gyarados.
 
 
Naturalmente non riuscii a centrare in pieno l’enorme cavità che aveva per bocca, ma questo un po’ me lo aspettavo. In compenso mi spiattellai contro uno dei suoi corni con tanto di accompagnamento musicale.
 
Reginald, colto alla sprovvista, perse la presa, lasciando libero il serpente marino. Prima che esso si rituffasse in acqua, strisciai fino al limite della sua capoccia e, dopo una veloce occhiata circospetta per controllare ciò in cui stavo per entrare (e no, no, no, non era abbastanza sicuro ed era una pessima idea e quel coso puzzava e se avessi battuto la testa o mi fossi rotta qualcosa o—) mi lasciai cadere dentro, pregando le divinità di Johto, Hoenn e Sinnoh di avere pietà e di non farmi morire nella discesa.
Mi domandai se anche i pokemon avessero delle divinità e, giusto per essere politicamente corretta, supplicai anche quelle.
 
E la cosa parve funzionare, perché durante il mio capitombolo non incontrai nessuna sporgenza metallica ad attendermi, ma solo dell’acqua. Acqua la cui temperatura siderale stava rapidamente penetrando nel mio corpo, abbracciandolo come una camicia di forza.
Riemersi sputacchiando e scalciando, nella speranza di scrollarmi di dosso quella morsa e restare in superficie: compito che si stava rivelando alquanto difficile, dato che il Gyarados, che probabilmente se n’era ritornato nelle profondità del laghetto, sembrava non avere alcuna intenzione di chiudere la sua dannatissima bocca ed interrompere così il continuo flusso d’acqua che minacciava di travolgermi.
 
Dopo un’infinità di tempo passato in quelle condizioni disastrose, il robot riemerse: l’acqua sgorgò fuori dall’androide, il posto venne irradiato da pochi fasci di luce e le mie orecchie furono pervase dai suoni distorti, ma per niente invitanti, di ciò che stava accadendo all’esterno.
Nel mio stato confusionale, cercai disperatamente un appiglio, ben conscia della pesantezza che stavano assumendo le mie gambe e di quanto in fretta stessi perdendo la percezione del mio corpo.
Trovai il mio appoggio in un tubo a forma di ‘U’ attaccato alla parete. Dopo svariati tentativi – troppo scivoloso – riuscii a sedermi su di esso, tenendomi alle estremità verticali come se si trattasse di un’altalena.
 
Quando sollevai lo sguardo, per poco non rischiai di scivolare giù dalla mia sedia improvvisata: di fronte a me, ancorato alla parete opposta del robot, vi era un vecchietto.
Era di un pallore quasi spettrale, adagiato anch’egli su una sporgenza che, nel suo caso, era più un insieme di leve, manopole, e cavi che gli si erano aggrovigliati attorno, a mo’ di gabbia. Con una mano stringeva uno di questi, con l’altra una chiave a pappagallo. Intravidi dei luccichii fare capolino fra le folte sopracciglia e la barba.
Il mostro si mosse e lo scossone che seguì mi costrinse a rafforzare la presa sul mio tubo. L’uomo, invece, rischiò di scivolare giù dalla sua piattaforma, ma venne salvato da alcuni cavi, che lo lasciarono però in una posizione alquanto precaria.
Invece di allungare una mano e tirarsi su, il vecchio non si mosse. La sua gamba destra, che ciondolava sfiorando la superficie dell’acqua, mi ricordò quella di un bambolotto rotto. Mi accorsi solo allora delle labbra blu e dei cristalli di ghiaccio che avevano intaccato sia la sua peluria facciale che la sua divisa; la stessa divisa che avevo visto essere indossata dagli addetti del Luna Park.
Per un istante rimasi immobile, vedendo ciò che mi stava davanti senza comprenderlo. Poi mi ritornò in mente la capopalestra – che non perdeva i suoi modi vanitosi e regali nemmeno in faccia al pericolo – e mi accartocciai su me stessa, portandomi una mano alla bocca per contenere un verso strozzato.
Avevo trovato il nonno di Momoka; ma troppo tardi.
 
Nella mia testa vorticavano domande spezzate e senza risposta – Cosa ci fa quaggiù? Cos’è successo? Finirò anch’io così? Come glielo dico a Momoka? – che mi fecero venire il voltastomaco. Avrei voluto urlare, ma il freddo doveva aver intaccato pure le mie corde vocali, perché esse si rifiutarono di cooperare, facendone uscire solo un flebile piagnucolio.
Il vecchietto spalancò gli occhi di scatto, e allora che riuscii a gridare.
 
Dopo aver lanciato un grido di battaglia che rimbombò per tutto il Gyarados, l’uomo si avventò contro di me brandendo la chiave. Peccato che lui fosse dalla parte opposta della – gola? Stomaco? Retto? – del mostro, perciò cadde in acqua con un tonfo.
Riemerse pochi secondi dopo e si tirò nuovamente a sedere sul suo groviglio di tubi.
Tossicchiando – non sapevo se per schiarirsi la voce, sputare un po’ d’acqua o nascondere l’imbarazzo –puntò su di me i suoi occhi, che brillavano di un desiderio quasi… famelico?
“Devo ammettere che sei astuta.” Gracchiò.
 
Eh?
 
“Ma questo non ti permetterà di salvarti. Non ha salvato me, che ho costruito questa macchina infernale, e non aiuterà nemmeno te. C’è solo un modo per sopravvivere in queste condizioni…”
Chiuse e dischiuse la sua chiave a pappagallo.
“Uno di noi mangerà l’altro.”
 
Sbattei le ciglia più volte, inclinando la testa di lato.
“Uno di noi…che?”
“Oh, non ti preoccupare. Dopotutto, sono un tipo onesto, io.” Il vecchio si stiracchiò. “Possiamo giungere ad un accordo. Stabiliremo in anticipo chi dovrà cedere una parte del suo corpo per sfamare l’altro, e in quali giorni.” Con fare pensieroso, prese ad arricciarsi la barba gocciolante con un dito. “Preferirei iniziare con la tua gamba destra, se non ti spiace. Mi sembra bella grassa.”
 
Gli sorrisi.
Okay. Devo aver picchiato la testa mentre cadevo, ed ora sono svenuta e sto affondando all’interno del Gyarados.
Ma, non appena mi pizzicai il braccio, scoprii di essere ancora seduta su un tubo, fradicia e davanti ad un vecchio convertitosi al cannibalismo. Quella realizzazione mi portò a cercare una sporgenza abbastanza acuminata con cui infilzarmi: la situazione era divenuta troppo surreale, persino per i miei standard. Ma, non trovando nulla di simile, dovetti rassegnarmi a parlare con il matto.
 
“Senti.” Alzai un dito, tenendo d’occhio i movimenti dell’individuo belligerante. “Innanzitutto, non sono sicura che mangiare carne cruda faccia bene alla salute.”
“Bah, è questione di sopravvivenza! Beartic Grylliz lo fa sempre nel suo programma!”
Cercai di scacciare dalla mia testa le immagini del Beartic di Frost indossante uno zaino, una giacca a vento e brandente un macete.
 “Secondo: probabilmente creperemmo dissanguati prima di poterci sfamare.”
“…la speranza è l’ultima a morire.”
Sospirai. Era meglio tornare al piano ‘Uccidi il Coso dall’Interno’.
“Terzo: hai mica visto un cuore robotico?”
Il tizio si tolse il cappellino verde con visiera per grattarsi la testa.
“Non mi ricordo di averlo costruito. Cosa vai blaterando, giovine?”
 
Oh. Dannazione!
 
“E non c’è nessun pulsante di autodistruzione, qua dentro?”
A quel punto il signore aggrottò la fronte.
“Dopo tutta la fatica che ci ho messo per costruire questa meraviglia tecnologica, credi davvero che rischierei di mandare tutto a monte per costruire un tale congegno?”
Dalle labbra mi sfuggì una sottospecie singhiozzo. Il robot cigolò in modo lugubre, quasi fosse divertito.
 
Volevo fermare il Gyarados. Dovevo fermare il Gyarados. Gli altri ormai si aspettavano quello, e non volevo di certo deluderli. E invece, invece…
Seppellii le mani sotto il cappello, tirando i miei capelli scompigliati.
E invece non soltanto non posso farci nulla, ma adesso sono pure bloccata!
 
“Umh, ah…” Il vecchio spiegazzò nervosamente il berretto. “Ho capito, niente gamba. Preferisci iniziare da una bella costina? Non sembra, ma sono piuttosto sostanzioso in quella zona.”
I cigolii divennero più stridenti, andando a formare una sottospecie di risata cavernosa. Oh, potevo quasi sentirlo, interrompere il suo atto di distruzione solo per potersi prendere gioco della nostra patetica situazione.
 
Senza cervello…”
 
Lanciai un’occhiataccia al rincitrullito, pronta a fargli rimangiare le sue stesse parole. Ma lui, facendo finta di niente, giocherellava con le piccole stalattiti che pendevano dalla sua barba.
 
Stupida…”
 
Gonfiai le guance, irritata. “Hey! Dimmelo in faccia, almeno!” Gli puntai contro un dito accusatore.
Lui si grattò la nuca con fare confuso, farfugliando: “Non… non ti piacciono le costine?”
Fu il mio turno di sentirmi incerta. Ma prima che potessi ribattere, lo sentii di nuovo bofonchiare.
 
“Sciocco umano… battuto la testa più forte del previsto…
 
Mi irrigidii, sentendo un brivido attraversarmi la colonna vertebrale.
E stavolta non era dovuto al freddo.
 
Leccandomi le labbra screpolate, provai ad indagare.
“Hai… hai detto qualcosa?”
“Oltre al menù di oggi?”
Alzai gli occhi al cielo.
“Yep.”
“Non proprio.” Scosse la testa. “Stavo pensando a cosa poter bere. Non sono sicuro che quest’acqua sia potabile per noi, quindi—” Il vecchio stava per aggiungere qualcosa, ma io sollevai una mano, accennandogli di fermarsi. Fortunatamente avevo a che fare con un signore piuttosto compiacente che, seppur nel suo stato confusionale, si limitò ad accennare un ‘OK’ con le dita senza fare domande.
Gli unici suoni che ora riuscivo a percepire erano gli scricchiolii causati dai componenti delle articolazioni del Gyarados e qualche tonfo proveniente dall’esterno. Fu solo con grosse difficoltà che individuai il mormorio di sottofondo.
 
Gli mancano… traveggole.”
 
Cercando di fare meno rumore possibile, scivolai nell’acqua e mi mossi in direzione del suono.
Giunsi alla parete laterale, e, dopo aver perlustrato la superficie nella semi-oscurità, le mie mani entrarono in contatto con un rilievo dalla forma rettangolare, grande circa quanto una tela da disegno. Lo illuminai con il Pokedex – wow, era anche impermeabile! – e su di esso lessi la scritta ‘Danger’, con sotto ‘High Voltage’.
Molto rassicurante.
 
Senza volerlo, premetti il pulsante ‘Play’ di Dexi. Lo strumento lampeggiò un paio di volte, facendomi venire un infarto: poi, sulla schermata si formò l’immagine di un peluche fuligginoso. Sulla sua testa facevano capolino tre regioni più appuntite, quasi come delle piccole corna, mentre il resto della stoffa ricadeva dietro di essa, formando un codino terminante a zig-zag. Aveva anche una coda di color giallo marcio, e di quella colorazione era anche quella che aveva tutta l’aria di essere la sua bocca: una grossa cerniera chiusa, inarcata in un ghigno perenne.
Sotto la foto, in grassetto, si compose la scritta: “Banette. Pokemon Marionetta. Un peluche divenuto Pokémon per il rancore di essere stato buttato via da un bimbo, di cui è alla ricerca.
 
Rabbrividii.
Meraviglioso. Un altro fantasma assassino.
 
“Se la babbuina non si sposta al più presto, ingoierò altra acqua fino ad annegarla. Non posso lavorare con questo tanfo.”
 
Assassino e maleducato.
Bussai al pannello metallico che – se la mia intuizione non mi stava tradendo – doveva contenere il pannello di controllo del Gyarados meccanico, ed il mormorio s’interruppe all’improvviso.
Aprii l’anta: all’interno non c’era nessun peluche, solo qualche leva e bottone.
La voce riprese, con una punta di seccatura.
“Idiota. Crede che prendendo il controllo dei comandi, possa far qualcosa per fermare questo mucchio di ferraglia arrugginita.”
Mi appesi al pannello, stufa di dover muovere le gambe per stare a galla.
“Nah. Dubito che possano funzionare, non essendo alimentati da corrente elettrica.”
Il Banette non rispose. Scossi la testa, delusa.
“Inutile far finta di niente, tanto lo so che sei lì dentro.”
“No, sono qui!” Dall’altra parte del robot, il vecchio sventolò in aria la sua chiave a pappagallo.
Mi passai una mano sulla faccia. “Non lei. Il Banette.”
“Ah.” Un secondo dopo, fece un sorriso stralunato e balzò in piedi. “Perfetto, altra carne!”
 Volevo piangere.

“Ugh!” L’anta a cui mi stavo appendendo vibrò. “Smettila! Neanche uno Skuntank riuscirebbe a sprigionare tale fetore!”
Correzione: volevo prendere il Banette per il collo, affogarlo e darlo in pasto al nonnetto affamato. Tanto dubitavo sapesse cogliere la differenza fra carne e cotone.
“Lo farò non appena la smetterai di cercare di ucciderci.”
 Il robot scricchiolò.
“… e allora annegherai.”
 
Il mondo si ribaltò e l’acqua sommerse tutto. Se non mi fossi tenuta stretta alla maniglia dell’anta, la corrente mi avrebbe trascinato giù nelle profondità del Gyarados. Diedi un’occhiata alle mie spalle, ma non vidi nessuno: il vecchio non era stato così fortunato. Mi si formò un groppo in gola.
Era difficile restare a galla, con tutti i movimenti in cui il robot si destreggiava. Erano più le volte in cui ingoiavo acqua, che non quelle in cui riuscivo a prendere un piccolo respiro. Notai con orrore che il livello di questa stava salendo, e che le prossime ondate mi avrebbero completamente sommerso.
“Piantala! Perchè—”. Inghiottii dell’acqua ghiacciata. Fra i colpi di tosse riuscii a sputar fuori: “Non ti abbiamo fatto nulla!”
Il Gyarados rallentò.
Nulla?” Era quasi un sibilo, ma ero abbastanza vicina da poterlo distinguere. “Nulla!? Uno di voi mi ha abbandonato! Mi ha gettato via come spazzatura senza nemmeno un minimo ripensamento!” Mi risuonarono nella mente la parole del profilo fornito dal Pokedex.
“Non siamo stati noi! Non ti abbiamo mai visto!” Gli gridai di rimando.
“Sciocchezze! E se anche fosse così, tutti gli umani sono ottusi e crudeli! Voi non siete l’eccezione!
“Gli spettri non sono da meno!” Ribattei, alzando il tono di voce. Ormai quella si era trasformata in una battaglia a chi urlava più forte. “Tu non sei da meno! Te la stai prendendo con noi solo perché non sei ancora riuscito a trovare il tuo vecchio padrone! Sei egoista e insensato!”
Io? Insensato?
L’acqua ricominciò ad ondeggiare con vigore, infrangendosi contro le pareti.
“E’ vero, non l’ho ancora rintracciato. Ma non importa: ho molto tempo a mia disposizione. Più tempo di quanto tu possa immaginare.” Lo spettro emise un basso ringhio. “Fino ad allora, farò soffrire tutti coloro che avranno la sfortuna di incrociarmi per strada: lui sarà sicuramente uno di loro.” Il Gyarados scricchiolò, a metà fra il gemito e la risata. “Siamo destinati a rincontrarci!”
“Tu! Sei! Malato!” Sbottai, stringendo i pugni fino a sbiancarli. Erano intorpiditi dal freddo, ma quasi non ci feci caso.
 
Quante persone erano già state ferite per colpa dell’odio male indirizzato di quel pupazzo?
 
“Ci sono altri modi per affrontare la questione, ma forse il tuo cervello è talmente appesantito dall’ovatta da non riuscire a vederli.” Un’onda per poco non mi fece mollare la presa. “Vattene via! Smettila di far del male a me ed ai miei amici!” E Frost. Certo. Pure lui.
Ma il Banette non voleva sentire ragioni.
“Non ti preoccupare, il tuo dolore durerà poco. Il loro?” La voce si incrinò, quasi non riuscisse più a contenersi. “Fidati: nessuno sarà in grado di riconoscere che i loro resti, una volta, erano appartenuti a degli esseri umani!”
Il chiasso proveniente dall’esterno venne soffocato dal suo sghignazzare, rimbombante fra le pareti metalliche. Dapprima grave, in breve tempo divenne più uno stridio cristallino, per poi andare completamente fuori controllo. La risata finì con lo sdoppiarsi, acquisendo un tono che di umano non aveva proprio nulla.
Mi morsi il labbro. Poi tirai un pugno ai comandi.
 
Chiusi gli occhi, sapendo che come minimo mi sarei ritrovata con qualcosa di dislocato, o, almeno, indolenzito. Ma, con mia sorpresa, invece di trovare resistenza, colpii qualcosa di morbido; l’istante dopo l’avevo già agguantato e trascinato vicino al mio volto.
Socchiusi le palpebre, osservando ciò che mi stava di fronte: un’ombra nera, la cui unica parte del corpo chiaramente visibile erano gli occhi, lievemente luminescenti. Occhi spalancati che non osavano distogliersi dal mio sguardo inferocito.
Dal Banette caddero delle gocce, ma non sapevo dire se si trattasse dell’acqua con cui l’avevo bagnato quando l’avevo colpito, o di sudore. Sperai vivamente per lui che fosse quest’ultimo.
“Ho detto…” Strinsi la presa attorno al suo collo. Il pokémon cercò di deglutire, con scarsi risultati. “Smettila di far del male a me ed ai miei amici.”
 
Le gocce di quel che avevo ormai appurato essere sudore scivolarono per tutta la lunghezza del mio braccio. Il Banette, che per l’ultima manciata di secondi era stato troppo sbigottito per agire, abbassò lo sguardo sulla mano che gli stringeva il collo. A quel punto, come se il suo cuore avesse finalmente ripreso a battere, la stoffa iniziò a pulsare. Il suo corpo, con ogni palpito, diventava sempre più scottante.
Non avvenne nient’altro. Nessun tentativo di liberarsi, nessun attacco improvviso. Eppure mi ritrovai a trattenere il respiro, quasi fossi io quella ad essere tenuta per il gola.
La creatura alzò il volto con una lentezza quasi sacrale, e mi accorsi che i suoi occhi, dal tenue alone rosato iniziale, si erano ridotti a fessure rosse, brucianti di talmente tanto rancore che mi parve quasi impossibile che potesse essere contenuto in un corpo così piccolo.
Mi sentivo di nuovo una bambina di dieci anni.
 
“D’accordo.” Decretò. Ma per quanto la sua voce potesse essere piatta e attenuata dalla cerniera, fu impossibile evitare di essere colpiti dal suo tono di comando, quando sibilò, “Toglimi le mani di dosso.”
Lo mollai. Il Banette si appese alle mie dita e, con uno slancio, atterrò in piedi sul mio braccio. Incrociò le zampe in modo assai poco compiaciuto, alzando il capo quanto bastava per mettere in risalto la sua superiorità.
Dopo avermi studiato per una decina di secondi – durante i quali il vecchietto era con tutta probabilità annegato – pronunciò proprio le parole che mai più avrei voluto sentire.
 
“Ti propongo un accordo.”
 
Feci un verso a metà fra il lamentevole e l’annoiato. La cosa si stava facendo piuttosto ripetitiva.
“La passione per i patti è una prerogativa dei pokemon deceduti o…?”
“Solo di quelli che decidono di risparmiare gli insulsi umani che hanno la geniale idea di mettersi contro di loro.” Prese un grosso respiro, poi mi puntò un dito addosso. “Tu vuoi che io smetta di attaccare gli umani.”
“Beh, in realtà mi riferivo solo a Daikke, alla marmocchia e—“
Io, invece, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti nelle mie ricerche. Possiamo assisterci a vicenda.”
Aggrottai la fronte. “Cosa dovrei fare, andare in giro con una maglietta riportante ‘Chiunque abbia mai buttato via un peluche mi segua, sarà una morte rapida e indolore’?”
Il Banette assottigliò lo sguardo, forse a causa della parola ‘peluche’, forse per l’idea in generale. Dalla sua zampa si liberarono una dozzina di nastri color inchiostro, che andarono a mescolarsi in una sfera levitante sopra al suo palmo.
“Se le condizioni non ti aggradano, posso sempre riprendere il controllo di quest’ammasso di ferraglia e schiacciarvi come formiche. Ma non sarà né ‘veloce’ né ‘indolore’, su questo ci puoi contare.”
Mi mordicchiai il labbro, domandandomi come mai gli unici pokemon con i quali potessi comunicare fossero anche gli unici affetti da impulsi omicidi e dal pessimo caratteraccio.
 
Senza staccare gli occhi dalla palla fluttuante, cercai di valutare i pro e i contro dell’offerta, come una qualsiasi persona razionale e non-affatto-intimorita-dalla-bambola-assassina-che-in-quel-momento-sembrava-intenzionata-a-trasforarmi-in-cheddar.
Poi il vecchietto infranse con un urlo la superficie dell’acqua, lamentando a destra e a manca di avere non uno, ma ben due crampi per ogni gamba (“AH! Ne è arrivato un altro! Stupida rotul— blubble blub bluubl”) e presi ad annuire convulsamente.
Il Banette dissolse la sfera con un unico schiocco di dita sofficiose e sogghignò. O forse no. Difficile dirlo, dato che la sua bocca era una cerniera arrugginita le cui estremità erano perennemente sollevate. La zip dondolò per qualche secondo, prima di trascinarsi per tutta la lampo, dischiudendola per pochi attimi.
“Ti terrò d’occhio.” Con un ultimo sguardo di avvertimento, mi saltò addosso, costringendomi a serrare le palpebre. Quando non avvertii alcun impatto, le socchiusi, osservandomi attorno guardinga: ma del Banette non c’era più traccia.
E a giudicare dagli scricchiolii ben poco rassicuranti, anche il Gyarados sembrava averlo percepito. Allungai un braccio davanti a me, in modo da raggiungere i comandi del robot. Non poteva essere più difficile che giocare alla Wii.
Rinunciai a quel piano non appena le pareti metalliche presero a squarciarsi in dozzine di lamine seghettate e deformi. Getti d’acqua si riversarono all’interno di ciò che restava, e, impallidendo, mi accorsi che stavamo affondando. Si aprì un’altra falla, e un geyser orizzontale mi colpì al petto, facendomi mollare la presa sul mio unico sostegno.
 
Non avevo mai preso in considerazione la possibilità di morire annegata nel lago artificiale di un Luna Park governato da un ingegnere cannibale, perciò mi ritrovai in un primo momento a boccheggiare nella semi oscurità. Mi ripresi non appena sentii un lieve torpore provenire dalla tasca: poco dopo, con un fascio di luce rossa, mi si piazzò davanti Wooper, sorridente come al solito. Lo afferrai per la coda, indicandogli a pochi metri da me il vecchio che si stava ancora dimenando per aver salva la vita; il pokemon allargò la bocca in un sorriso sdentato, e si lanciò in direzione delle profondità lagose con un ‘Wooooop!’
… senza combinare un bel niente.
 
Bloccati. Eravamo bloccati.
Perché il mio unico cavolo di pokemon acquatico era grosso all’incirca quanto la mia testa.
Gli strizzai la coda, pronta a passare al suo collo, quando il dannato si mise a sputare fuori qualche bolla, divertito. Con uno scatto che avrebbe fatto mangiare plancton ai cetrioli marini, gliela strizzai di nuovo, scatenando la stessa reazione.
Il mio petto sembrava essere sul punto di esplodere, e mi lasciai scappare un bel po’ del mio prezioso ossigeno. Ma non demorsi: riversai tutta la mia irritazione sulla coda di Wooper, immaginandola una specie di viscido anti-stress, e presi a spremerla con un ritmo sempre più incalzante. In una manciata di secondi venimmo circondati da un turbine di bolle così fitto da non riuscire a vedere nient’altro, e il Wooper scattò all’indietro, trascinandomi con sé a tale velocità da farmi sospettare di essermi dislocata una spalla nel processo.
Da lì in poi non ho la più pallida idea di ciò che avvenne. Sapevo soltanto che i miei occhi avevano iniziato a bruciare con l’intensità di dieci fiamme ossidriche, per cui mi assicurai di tenerli ben chiusi per tutto il tragitto. Non li aprii nemmeno quando Wooper mi portò a sbattere contro il vecchiaccio, che, nella fretta, agguantai alla bell’e meglio usando la mano libera.
 
Non so per quale miracolo, ma riuscimmo a raggiungere la superficie completamente illesi.
Schizzammo fuori dall’acqua, lasciandoci addietro un arco di bolle tralucenti che, riflettendo la luce artificiale della sala, assunsero sfumature caleidoscopiche.
Nonostante il freddo, la stanchezza e gli arti doloranti, il mio volto trovò la forza per formare un sorriso a quarantadue watt.
Sto cavalcando un arcobaleno di bolle!
Mi sentivo leggera, aggraziata e la persona più potente del mondo.
 
E poi cademmo parallelamente al bagnasciuga, ruzzolando fino a risalire l’intera spiaggia. Nel tragitto avevo perso la presa sui miei colleghi arcobalenauti, ma c’erano ben altre cose di cui preoccuparsi— come il fatto che i miei capelli stessero andando incontro ad un processo di alghificazione, che la sabbia fosse riuscita ad infilarsi dappertutto – nei vestiti, nelle narici e pure nelle orecchie – e che il mio corpo avesse preso a tremare come se percorso da una scarica elettrica. Ma ciò non mi fermò dall’esclamare a pieni polmoni.
“SONO VIVA!”
Come richiamato dall’epicità del momento, Wooper atterrò ad un metro da me e cominciò a saltellare come un pesce fuor d’acqua.
“Sono viva e vegeta e la nuova signora degli arcobalen—” Non riuscii a finire la frase, che venni colpita da un attacco di tosse. Wooper si spiattellò sulla mia faccia, facendo piccoli versetti di approvazione. Nonostante avessi intuito – o meglio, mi costrinsi a credere – che le sue azioni derivassero dal suo desiderio di incoraggiarmi, non fece altro che peggiorare la situazione, e oltre all’acqua mi ritrovai a sputare pure muco.
Cercai di vedere il lato positivo. Perlomeno adesso sapevo con certezza che le cosce di rana non sarebbero mai state uno dei miei piatti preferiti…?
Ero così presa a rimuginarci sopra che non mi accorsi che Wooper si era improvvisamente dileguato.
 
“Serve una mano?”
Tirai su col naso, notando solo allora la figura che si stagliava sopra di me, in controluce. Aveva i capelli rossi ed un piccolo neo al di sotto della palpebra inferiore dell’occhio destro. Un cagnolino rosso faceva capolino da dietro le sue gambe. Wooper ciondolava a testa in giù, tenuto in aria per la coda.
“Allora, ‘signora degli arcobaleni’?”
Il mio cervello – che era stato troppo impegnato a domandarsi come avesse fatto quella coda a non staccarsi, dopo tutti gli abusi che si era dovuta sorbire – ricominciò a computare. Gli puntai contro l’indice, esclamando: “J-Jackpot!”
“Il solo e unico!” Mi offrì un sorrisetto divertito, per poi tirarmi su. Appena le nostre mani entrarono in contatto, tutte le domande che mi frullavano in testa – Dov’è Désirée? Da piccolo giocavi mica con dei brutti peluches? Sei stato licenziato un’altra volta? Hai mai provato le cosce di rana? Come sei arrivato qui? Per caso sai quanto è resistente la coda di un anfibio? – svanirono in un puff, e al loro posto affiorò nella mia mente un’unica parola, ripetuta più e più volte.
 
Caldo.
 
“Cavoli, sei fradicia!”, lo sentii fischiare, “Ti conviene tornare al Centro Medico, se non ci tieni a prenderti un malanno…”
 
Caldo.
 
“Daisuke mi ha raccontato tutt— beh, non proprio tutto. Infatti, emh, si è solo soffermato su quanto fosse stato incredibilmente stupido da parte tua lanciarti nelle fauci di un Gyarados imbizzarrito, ma…” I suoi occhi tradirono un certo diletto. “Ah, ancora non ci posso credere! Non so se ritenerti coraggiosa o semplicemente pazza!”
 
 È così caldo.
 
Staccò la mano.
Prima non mi ero resa conto di quanto stessi congelando. Ora ogni briciolo del mio corpo pretendeva di riacquistare i gradi che gli erano stati sottratti.
"A proposito, credi di poterti riprendere questo marmocchio?" Sventolò Wooper avanti e indietro, facendolo gocciolare dappertutto. Da un lato della bocca del pokemon pendeva un rivolo di bava, che Jack adocchiava preoccupato. "Non che non mi piaccia, certo. Ormai io e lui siamo amici di vecchia data, compagni di esplorazione fognaria, ma…"
Già mi risultava difficile seguire un discorso in condizioni normali senza distrarmi, figuriamoci ora che avevo i vestiti completamente zuppi e la temperatura corporea di un elfo di Babbo Natale.
"Emh, Madeleyne… stai bene?"
Avrei voluto parlare, dirgli “Ehi Jack, non so se te ne sei accorto ma fra poco avrò tutte le qualifiche necessarie per poter competere nella Gara delle Sculture di Ghiaccio e vincere!”, ma con la rapidità con la quale avevano preso a battermi i denti, temevo di tranciarmi la lingua di netto. Mi pervenne la mezza idea di ributtarmi in acqua. Forse mi avrebbe risparmiato dal supplizio che stavo provando.

"Ah, ho capito. Aspetta un secondo!"
Un attimo dopo sentii qualcosa cingermi le spalle. Strabuzzai gli occhi, accorgendomi che Jack mi aveva appena circondato il busto con il suo giubbetto smanicato. Annuii e, abbassando lo sguardo per l’imbarazzo, feci passare le braccia attraverso gli appositi fori.
Jack sorrise.
"Adesso?"
"V-va un po' meglio. Anche se così non potrò più coronare il mio sogno di diventare un pupazzo di neve." Cercai di guardarlo negli occhi, ma non ci riuscii. Così mascherai il tentativo facendo ritornare Wooper nella sua pokéball.
"Mmh." Il rosso socchiuse gli occhi e si grattò il mento con fare emblematico. "Eppure manca qualcosa."
Si guardò attorno, fin quando non si accorse di Growlithe, che fino ad allora era rimasto al suo fianco senza dare nell'occhio. Sia io che lui ci accorgemmo dell'espressione malandrina che aveva assunto il volto di Jack, ma il cane di fuoco non riuscì a fare nemmeno un passo che l'altro lo aveva già preso e sollevato fino a portarlo davanti a me.
"Uuh… "
Io e il Growlithe ci guardammo interdetti. Jack me lo spinse più vicino.
"Il pelo di Roy è caldissimo, meglio di una stufa." Mi strizzò l'occhio, come se fossimo in combutta. "È un tenerone, non ti morderà."
Con un po' di titubanza presi il cagnetto per i fianchi. I miei dubbi si volatilizzarono l’istante successivo: era come tenere una soffice, morbidosa borsa dell'acqua calda. Lo portai fino al mio petto, intrappolandolo in un abbraccio coccoloso e spaccaossa. Ma se la cosa era piacevole per me, per il povero Growlithe doveva essere un vero inferno – ogni tanto digrignava i denti verso Jack, che si limitava a sorridere nervosamente. Perciò allentai  la presa e sussurrai al cagnolino un po' di scuse miste a complimenti per il suo magnifico pelo salvavita. Il pokémon parve apprezzare, e ben presto potemmo appropinquarci verso l'uscita.
 
Uscita che non soltanto era ora sgombra da qualsiasi blocco di ghiaccio che prima l'aveva sigillata, ma che ospitava gli altri tre superstiti di quest'avventura.
Momoka era corsa incontro a suo nonno ed ora erano entrambi a terra: lui sorridente – e dall'aria decisamente meno psicopatica –, lei che cercava di apparire arrabbiata; ma dal modo con cui le luccicavano gli occhi, si vedeva che era solo una farsa. In un angolo, distante dalla scena, vi era un Daisuke piuttosto provato che cercava di aggiustarsi i vestiti alla buona - cosa pressoché impossibile, dato che in molte parti la stoffa presentava graffi e scuciture a cui dubitavo si potesse porre rimedio.
Feci qualche passo verso di lui, leggermente insicura sul da farsi. Perché un Banette arrabbiato faceva paura, certo, ma trattare con un Daisuke stressato richiedeva una preparazione psicologica assai maggiore.
Il Growlithe uggiolò con tono di rimprovero. Mi affrettai ad allentare la stretta, scrollare la testa (un esercito di goccioline schizzò nei dintorni, colpendo Jack in un occhio e costringendolo a cadere in ginocchio con fare drammatico) e piantarmi un sorrisetto sulla faccia.
 
A metà strada, però, venni travolta da un mostriciattolo biondo dalle gote arrossate e gli occhi iniettati di sangue, che mi prese la mano fra le sue.
“Ti prego, ti prego, ti prego di perdonarlo.”
“Uuh. Chi?” Lanciai un paio di occhiate furtive al mio compagno di viaggio, ma quello era troppo preoccupato per la sua immagine per rendersi conto che fossi ancora viva.
“Mio nonno!” La capopalestra indicò il vecchio signore, intento a punzecchiare Jack con la chiave a pappagallo. “Di solito non è così. Affamato di carne umana, intendo. Solo che è molto impressionabile.” Si massaggiò il setto nasale con stizza. “Ieri notte abbiamo visto un film, ‘L’ultimo Allenatore’, dove il protagonista si ritrova a vivere in un mondo di primitivi villanzoni che…”
 Il vecchio, vedendo che Jack era momentaneamente disorientato, strappò un lembo della sua uniforme fradicia e se lo legò al collo, con un rivolo di bavetta che gli percorreva il mento.
Oh cavolo.
 
Provai a correre nella loro direzione, ma le mie gambe erano piuttosto intorpidite. Inoltre, trascinare una bambina avvinghiata al mio braccio non rendeva certo le cose più facili; specie quando questa non faceva altro che blaterare a proposito del film cliché che aveva visto la sera prima.
“Uuh, qual era l’ultima scena di cui mi hai parlato?”
Lei mi rivolse uno sguardo ingenuamente perplesso.
“Quale? Quella dove lui viene assalito dal pover’uomo che aveva appena salvato?”
“Ecco, credo che tuo nonno stia cercando di ricrearla…”
Lo psicopatico si leccò le labbra, avvicinandosi all’ignaro giovane mugugnante (“Sono cieco. Cieco! Dovrò andare in giro con un’orribile benda, mi toglieranno l’occhio, spaventerò i bambini e… e...! – tirò su col naso – Non potrò più vedere lo schermo del mio 3DS in 3D!”) con la chiave a pappagallo sollevata a mo’ di mazza.
“…e anche molto bene.”
 
Momoka, finalmente resasi conto della situazione, cacciò un urletto così acuto che per un attimo ebbi paura potesse frantumare tutte le pokéball. In compenso ottenne l’attenzione di tutti i presenti, che si voltarono a fissarla con inquietudine. La bambina, senza battere ciglio, gonfiò il petto e dichiarò:
“Nonno, se non la pianti, stasera non guarderemo Phanpy.”
Il vecchio, paralizzato, lasciò cadere la chiave, che risuonò con un secco ‘clang!’ per tutto il corridoio.
La mocciosa appoggiò il dorso della mano sulla propria fronte. “Proprio così. Non scopriremo mai cosa sia successo a sua madre, né se riuscirà a volare completando il suo numero e diventando un famoso circense.”
La mascella dell’uomo sembrava in procinto di staccarsi. Poi, davanti ai miei occhi, l’uomo perse il bagliore assatanato che aveva negli occhi,  raddrizzò la schiena, raccolse la chiave e, dopo averla fatta girare come il bastone di una majorette, la ripose nella sua cintura degli attrezzi. Aiutò Jack ad alzarsi, fissando la nipote con fare solenne.
“No. Ho sudato sette camicie per procurarmi quella videocassetta. Non posso aspettare oltre. Ma prima…”
Giunto davanti a me – una me che lo fissava con l’intelligenza di un Magikarp sott’olio – afferrò la nuca della nipote, costringendola ad abbassarsi assieme a lui in un inchino. “Chiediamo infinitamente perdono a te ed ai tuoi amici: io per aver cercato di aggredirti…” Borbottò qualcosa che interpretai come ‘Anche se al tempo era la scelta più logica da effettuare per sopravvivere’. “E Momoka per essere venuta meno ai suoi doveri, per quanto temporanei che siano, di capopalestra, ed aver rifiutato di cedervi le medaglie.”
 
Boccheggiai: la mia testa voleva comporre un discorso dello stesso livello di forbitezza del vecchio – che durante la trasformazione sembrava essere ringiovanito di vent’anni –, ma i miei neuroni reclamavano pietà. Per mia fortuna intervenne Daisuke, sollevando un sopracciglio.
“Come fa a sapere che ci sono state sottratte le medaglie?”
L’uomo fece spallucce, rialzandosi. “Siete i dodicesimi che costringe a rincorrerla per il luna park.” Si sporse verso di noi, abbassando la voce. Momoka cercò di avvicinarsi, ma lui la tenne a distanza con un mano. “Credo che sia il suo modo per farsi degli amici. Ha un caratterino difficile, e la cosa non ha fatto che peggiorare da quando sua madre si è ammalata, costringendola a prendere il suo posto in palestra.”
Riprese a parlare con un tono normale.
“Beh, di solito le restituisce dopo alcune ore spese a rincorrerla… e normalmente non ci sono robot impazziti!”
 
Jack, che fino a quel momento non aveva fatto altro che controllare in modo ossessivo il suo occhio, batté le mani per richiamare l’attenzione.
“Non so voi, ragazzi, ma non appena i miei pokèmon avranno finito di sciogliere il ghiaccio rimasto nell’altra sala, andrò dritto dritto verso il Centro Pokemon e—“
“E Désirée?” Domandai, confusa. A quanto pare dovevo aver colpito un tasto dolente, perché subito il ragazzo impallidì, dondolando da un piede all’altro per non cadere.
“…m-mi sono dimenticato…”
“…eh?”
“Mi sono dimenticato di lei!” Sbottò, sembrando sul punto di svenire. “L’ho lasciata in balia del padrone del ristorante! Chissà cosa le avrà fatto quel pazzo dal mattarello imbrattato di—“
“Oh, stai parlando di Mike?” S’intromise il vecchio, riflettendo. “Probabilmente le avrà fatto una bella torta…” Jack assunse un colorito verdognolo. “…di fragole. Sono le migliori della città, fidatevi.”
Dopo qualche secondo di silenzio tombale, il rosso si sbatté una mano in faccia, avendo improvvisamente raggiunto una qualche rivelazione. Prese a mugugnare cose come ‘Sono un idiota’, ‘Devo andare a chiedere scusa’ e ‘Sono sicuramente stato licenziato’, per poi fare un paio di passi in direzione dell’uscita. Voltò la testa verso di noi, poi di nuovo verso la galleria, come se fosse indeciso sul da farsi.
“Ragazzo, il tuo compito qui è finito.” Lo congedò il meccanico, strizzando il suo cappellino fino a che non smise di gocciolare. “Torna da Mike e digli che stavi facendo un lavoretto per Ren, e vedrai che non farà troppe domande.”
Sia io che il rosso strabuzzammo gli occhi, domandando: “Chi è Ren?”
Il vecchio si puntò un dito sul petto, e, indispettito, arricciò il naso. “Io sono Ren! Il vice-sindaco della città, nonché proprietario di questo Luna Park!”
Aaah” Annuii io, mentre Jack si limitò a battere un pugno sul palmo della mano, convinto. Poi si rivolse a me, squadrandomi da capo a piedi. Sembrava dispiaciuto.
“Mi spiace Maddy, ma ho bisogno della tua stufetta personale.”
Il Growlithe abbaiò, esaltato alla prospettiva di tornare ad essere un pokémon temibile ed indipendente. A malincuore lo posai a terra, ma Roy, invece di tornare subito dal suo allenatore, spese qualche secondo per strusciarsi sulla mia gamba, come per darmi un piccolo incoraggiamento. Il mio cuore si disciolse in una pozzanghera di caramello.
“Invece”, continuò il ragazzo, “Il giubbotto puoi tenerlo.”

Sia ringraziato Arceus. Pensò il mio cuore colante.
Però è suo. Dichiarò la mia mente, poco disposta ad indebitarsi. Deglutii, cercando il coraggio per rinunciare alla mio unico capo di vestiario semi-asciutto.
“No, non—“
Jack fece finta di tapparsi le orecchie con gli indici, sorridendo con aria furbetta.
La la la, non ti sento~” Cantilenò in falsetto.
“Ma—“
“Ahimè, che peccato, la vecchiaia colpisce così all’improvviso~”
Incrociai le braccia, sbuffando. “Te la lascio al Centro Pokémon.”
“Oh, ottima idea!” Fece un piccolo fischio. “Potremmo vederci per colazione, cosa ne dici?”
Mi si illuminarono gli occhi. Lanciai una veloce occhiata a Daisuke, che stava battendo ritmicamente il terreno con un piede. Sembrava impaziente e di pessimo umore: decisamente di cattiva compagnia.  Ed io ero un po’ stufa delle cattive compagnie, perciò…
“Non vedo l’ora!” Mi si stampò in faccia un sorriso a trentadue denti. “Offri tu, vero?”
Il rosso spalancò gli occhi, iniziando a sudare freddo. “B-beh, vorrei, m-ma…!”
Scossi la testa, magnanima. “Scherzavo. Per stavolta la scampi, ma solo perché ti sei sbarazzato di tutto il ghiaccio che bloccava l’uscita.”
 
Jack si grattò la nuca, corrugando le sopracciglia in un’espressione addolorata. “A dire il vero, quando sono arrivato qui il passaggio era già stato aperto…”
A quel punto intervenne Momoka, che sbattè un paio di volte i suoi occhioni da bambola. “Ah, mi sono dimenticata che tu non c’eri!” E si lanciò in una descrizione piuttosto approfondita su ciò che era avvenuto durante la mia permanenza nella pancia del robot. A quanto pareva, «il mascalzone azzurro» era riemerso dalle profondità gelide proprio qualche secondo dopo la mia scomparsa. Dapprima il Gyarados aveva ripreso ad attaccarli come se nulla fosse, distruggendo nel processo metà della torre e costringendo la capopalestra a fuggire dall'edificio pericolante. A quel punto il ghiaccio era troppo rovinato per poter sperare di usare Reginald senza che questi precipitasse nell'acqua, perciò il gigante metallico era stato richiamato nella sua pokéball, come d'altronde aveva fatto «il quattrocchi noioso» con la sua squadra. Avevano bisogno di un altro po' di tempo, aveva detto lui, o di una distrazione: perciò Momoka aveva «coraggiosamente urlato» ‘Smettila, infame creatura!’; fortunatamente il drago marino aveva deciso «di fare il bravo» e dopo uno stridio «dispiaciuto» si era tuffato nel lago. Poi aveva iniziato «a dare un po' di matto», girando attorno all'isolotto senza uno scopo preciso (Oh, lo scopo ce l'aveva, Momoka, ed era precisamente quello di farmi fuori nel modo più divertente che riuscisse ad immaginare) e sbattendo ripetutamente contro i muri. A quel punto il «puffo cresciuto» aveva chiesto di riavere indietro la sua giacca.
La interruppi. "Ha finalmente usato il misterioso pokèmon contenuto nella sfera che ti aveva prestato?"
"No. Ha detto…” Scosse lentamente la testa, facendo ondeggiare i capelli dorati raccolti in codini ormai disfatti. Sembrava incerta.
“Ha detto che se lo avesse fatto uscire dalla pokéball, non sarebbe stato in grado di assicurarsi la nostra sopravvivenza.” Ripetè Daisuke con una certa freddezza. I peli delle mie braccia si rizzarono, e non per il freddo; esistevano davvero pokémon così potenti da non poter essere controllati? Come faceva Frost ad esserne entrato in possesso? E, soprattutto, come gli era saltato in mente di affidare ad una bambina una tale bomba ad orologeria?
Ah, ma poi è stato fantastico!” Continuò Momoka, strattonandomi una manica. I suoi occhi brillavano di qualcosa di simile all’adulazione. “Ha preso un’altra pokéball dalla sua tasca e da essa è uscito un pokémon bellissimo! Era bianco, aveva tante code, ed era molto, molto forte. Ha sciolto il ghiaccio in un attimo!”
 
Un Ninetales?!” Pure Jack era esaltato. “Quanto mi sarebbe piaciuto vederlo!”
Per qualche motivo, Roy parve non gradire quell’atteggiamento, perché rilasciò una serie di ringhi non molto promettenti.
Il rosso alzò gli occhi al cielo. “Che c’è? Preferisco te, e lo sai bene. Ma quei pokémon sono rari! E poi, mi ricordano…” Non terminò la frase; invece, i lati della sua bocca si incurvarono in un sorriso, come se stesse ripensando a qualcosa di buffo. Un attimo dopo le sue labbra si irrigidirono, ed il suo sguardo si fece spento e distaccato.
Stavo per chiedergli cosa non andasse, quando il vecchio, che per tutto il tempo se n’era stato un po’ distante, ascoltando incuriosito la narrazione della nipote, mi precedette, prendendogli il mento con la mano e costringendolo a voltarsi verso di lui.
“A proposito di ‘ricordi’… io ti ho già visto da qualche parte.”
Jack trasalì, come risvegliatosi da un lungo sogno ad occhi aperti. “C-cosa? Ne è proprio sicuro? Non è che—”
“Stai parlando con Ren Watanabe, uno dei migliori ingegneri della Regione Rainbow. Sono sempre ‘sicuro’.”
“Credo che si stia sbagliando. È la prima volta che la incontro, insomma, sicuramente mi sta confondendo con qualcun altro…”
“Ragazzo, io non dimentico mai una faccia.” Per sottolinearlo, Ren portò la faccia del ragazzo – che sembrava perdere colore ogni secondo che passava – più vicina alla sua, occhieggiandola per bene. “Adesso, devo solo capire dove—”
La sua riflessione venne interrotta da un improvviso scoppio di note musicali, che fece sobbalzare sia me che Momoka. Era una musichetta 8bit allegra ed un po’ pop, che faceva venire voglia di mangiare funghi dotati di occhi, entrare nel primo condotto fognario verticale nelle vicinanze e lanciare gusci di tartaruga contro la gente che ti stava antipatica. Sollevai le sopracciglia, divertita, riconoscendo quella suoneria come la Ground Theme di Super Mario Bros. Jack si approfittò dello sbigottimento generale per sgusciare fuori dalla presa del vecchio, sillabarmi “Stanza 24, non dimenticarlo!” e partire a correre come un razzo verso l’uscita, seguito dal Growlithe. Le ultime cose che vidi prima che sparisse furono un cenno nervoso di saluto, lui che estraeva il cellulare dal marsupio ed un “C-ciao Dés!” balbettato, seguito da una piccola pausa ed un “Cosa? No! Non sono scappato via per incolpare te dei piatti rotti!”. Poi la porta si richiuse con un tonfo, separandoci.
 
Sbadigliai, sorridendo leggermente.
Era strano, ma senza Jack sembrava che la temperatura dell’intera stanza fosse scesa di qualche grado. Vederlo andarsene era stato come osservare le ultime fiamme di un vecchio focolare estinguersi. E senza il suo pokémon a riscaldarmi, ero ritornata lentamente alla condizione di essere tremolante che faticava a tenere gli occhi aperti.
All’ennesima scrollata di testa – tecnica che si stava rivelando piuttosto inutile in caso di sonnolenza – mi ritrovai Daisuke davanti, blaterante qualcosa a proposito di… qualcosa. Yup. Buio, ritardo, Aron (chi è Aron?) e zaino. O forse di spaghetti allo scoglio. Non potevo esserne sicura.
Daikke fece un piccolo sospiro, e pochi secondi dopo mi ritrovai in mano una piccola spilla di metallo: aveva una forma ovale, con una linea in rilievo che divideva verticalmente la superficie ; sei fori neri interrompevano la semplice superficie d’acciaio, e, da due di essi, facevano capolino delle iridi azzurrine che mi fissavano con impassibilità.  Assomigliava vagamente il pokémon gigante di Momoka, solo un po’ più carino.
 
Cercai di ricordare se avessi un contenitore apposito in cui mettere le medaglie, ma alla fine me ne fregai e, aperta la cerniera del mio zaino, ce la lasciai cadere dentro. Daikke, che di solito aveva sempre qualcosa da ridire a proposito di come bisognasse tenere ed osannare quei piccoli pezzi di ferro laccato, si limitò a massaggiarsi il setto nasale, tradendo una certa spossatezza.
“Suppongo possa andare bene, per il momento.” Assumendo una posa un po’ più rigida, si rivolse di nuovo al meccanico. “Adesso toglieremo il disturbo.”
Ma appena fece un passo verso l’uscita, il vecchio gli slittò dietro, lo prese per le spalle – Daikke rabbrividì – e lo condusse verso un piccolo stand a qualche metro di distanza. Era immerso nell’ombra, ma non appena i due si avvicinarono, si accesero delle lucine così colorate da farmi pensare al Natale. Ed ai regali. E alla cioccolata calda. E ad un caldo letto pronto ad accogliere il mio cadavere.
“Subito, sì, certo, dopotutto è tardi! Ma prima, fatemi la cortesia di scegliere uno di questi gingilli da portare a casa. Non sarà molto, ma al momento è tutto ciò che vi posso offrire in cambio dell’aiuto che ci avete dato.” E, con una mossa degna di un venditore ambulante, si inginocchiò davanti alla bancarella e protrasse un braccio verso di essa, cercando di canalizzare il nostro interesse sulla mercanzia. Daisuke tossicchiò.
“Veramente, non c’è bisogno di—“
Gingilli?” Oh, ed io che qualche secondo prima mi stavo preoccupando per la funzionalità del mio cervello. Socchiusi gli occhi, sospettosa. “Sei il vice-sindaco di Mochapoli, un ingegnere rinomato ed il proprietario di questo parco divertimenti, e tutto ciò che hai da offrirci dopo ciò che abbiamo fatto per te sono dei gingilli?” Il mio compagno di viaggio fece un verso fra l’affranto e l’arrendevole, per poi appoggiarsi allo stipite dello stand, lasciandomi fare.
“B-beh…” L’uomo era rimasto un po’ spiazzato da quel mio scatto di rabbia, ma, da bravo venditore qual era, si riprese in fretta. “Lo sai quanto costa mantenere questo posto funzionale? Lo sai quanto costano le medicine per mia figlia? Per non parlare dei vestiti di Momoka: ne vuole uno nuovo ogni settimana. Cosa dovrebbe fare un povero vecchio quando la sua nipotina preferita gli chiede un favore?”
La capopalestra, improvvisamente a disagio, diede un calcetto ad un sassolino vicino ai suoi piedi.
“Scusate, ma adesso non ho nulla di valore con me. Per il momento accontentatevi di questi piccoli doni.”
 
Lentamente, mi ritrovai ad annuire, badando bene di tenere lo sguardo abbassato. Forse ero stata un po’ troppo irruente. Forse ero stata un po’ troppo insensibile. Forse…
Sbadigliai ancora, decidendo che per quel giorno ne avevo abbastanza di discussioni.
 
Squadrai la mercanzia un po’ svogliatamente: vi erano peluches a forma di animaletti acquatici fra cui spiccava una coppia di Shellos, penne a forma di cavalluccio marino blu (Horsea, mi ricordai), una pila di giochi in scatola – la copertina di quello in cima riportava l’immagine di un Octillery, delle barchette colorate e la scritta ‘Octo-Attack!’ –  ed una dozzina di accessori diversi.
Fu lì che li vidi. Strabuzzai gli occhi e, senza pensarci due volte, li puntai con un dito, esclamando “Ah, i Ludovic!”
Ci fu un attimo di silenzio. Il negoziante si grattò la testa con fare sconcertato, mentre Daisuke dovette aggrapparsi al palo di legno come se fosse l’unica cosa capace di non farlo sprofondare nel terreno. Corrugai la fronte, improvvisamente assalita dai dubbi. Ludovichi? Lovenrichi?
Momoka alla fine ebbe pietà di me, e, passandomi di fronte, prese la coppia di orecchini metallici che stavo ancora indicando. Ognuno dei due pezzi era costituito da catenelle argentee ciascuna terminante in un ciondolino a forma di pesce cuoricinoso.
“Intendi i Ludvisk, giusto?” Me li mostrò per bene.
“Sì. I Ludvisk. Certo, eheh.” Mi grattai la guancia. “Li abbiamo visti mentre eravamo sul Lapras, e…”
“Li avete visti?!” Il vecchio Ren, stranamente rinvigorito, saltò in piedi. “Vuoi dire che tu e lui-” Senza guardare buttò un pollice dietro alla sua schiena, indicando Daisuke che, nel frattempo, stava stringendo la sua valigetta, sbiancando a vista d’occhio. “—avete visto i Ludvisk?”
Titubante, mi limitai ad annuire. Il volto dell’uomo acquisì un carattere più losco – forse dovuto alle lucine della bancarella, che assunsero in quel momento un colore verdognolo – come se fosse a conoscenza di qualche segreto di vitale importanza. Guardandomi con occhi scaltri, iniziò a raccontare.
“Vedi, i Ludvisk sono il soggetto principale di molti libri, poesie e spettacoli. Questo perché, secondo molte leggende tramandate in svariate regioni, se una coppia di persone riesce a vederli, significa che—“ Non seppi mai come sarebbe dovuta finire la frase, perché Daisuke, dall’aria più trafelata del solito, aveva richiamato la sua attenzione, alzando il tono di voce: “Quello, lei prende quello!”
Il meccanico-ora-negoziante, dimenticandosi di ciò che avrebbe dovuto dirmi ed assumendo un’espressione spaventosamente simile a quella che avevo io quando sentivo l’odore di un mucchio di verdoni, fece una veloce giravolta e gli arrivò accanto, mollandomi lì come uno stoccafisso. Lanciai a Momoka uno sguardo convogliante tutta la mia confusione, ma la capopalestra fece spallucce e scosse la testa, perplessa quanto me.
Il damerino avanzò fino al mio cospetto e, ostentando noncuranza, mi passò quello che aveva l’aria essere un braccialetto. L’adocchiai con sguardo critico, esaminando ogni particolare, dalla semplice e sottile catenina al pendaglio circolare. Questo era tenuto ancorato al bracciale da un gancio a forma di pinna, una decorazione che proseguiva lungo tre quarti del bordo del ciondolo sotto la forma di un essere serpentesco dotato di quattro pinne dorsali appuntite. Il tutto terminava in un muso baffuto rivolto verso l’alto, come se stesse cercando di continuare la salita per ricoprire il segmento mancante. Sarebbe stato un accessorio carino, se non mi fossi accorta di cosa quella decorazione stava a rappresentare.
 
“Un… Gyarados?” Inclinai la testa di lato. “Devi proprio odiarmi se, dopo tutto ciò che è successo, fra tutti i gadget sparpagliati davanti a noi, decidi di regalarmi proprio un Gyarados.”
“In realtà—“
Sollevai un sopracciglio. “A meno che il braccialetto non sia per te e tu non stia facendo altro che chiedere il mio parere riguardo ai tuoi – piuttosto biasimabili – gusti in fatto di moda.” Momoka ridacchiò. Daisuke, invece, acquisì un interessante colorito rossastro e, nel tentativo di ribattere in fretta e furia, per poco non si strozzò.
“No!” Attese qualche secondo, il tempo sufficiente perché potesse riprendere il controllo di sé e tornare ad essere bianco come un cencio. Quindi, con decisione, mi porse di nuovo l’accessorio.“È tuo.”
“Ma è un Gyarados!” La mia intonazione lamentevole fece accennare un sorriso divertito anche al venditore.
“Esattamente.” Si schiarì la voce, preparando il suo tono speciale alla ‘devo spiegare a Madeleyne quanto la sua logica sia fallace in modo da innalzare il suo quoziente intellettivo e fare un’opera buona per il mondo’. “L’ho scelto perché così, la prossima volta che ti verrà in mente un’altra delle tue idee strampalate, ti ricorderai di avere già compiuto la tua dannata impresa eroica e…”
Il resto mi giunse alle orecchie come mormorio indecifrabile. La sua voce era andata via via affievolendosi fino a perdersi nell’aria – un po’ come i suoi occhi, che erano passati a studiare un punto indefinito alla sua destra, rifiutandosi di incontrare i miei.
Gli presi il braccialetto e me lo misi, ignorando la vocina artistica che sussurrava al mio orecchio ‘C’è di meglio’.
 
I saluti furono brevi; eravamo tutti doloranti, stanchi, e più o meno bisognosi di cure mediche.
Ren ci congedò con un’espressione grata ed una dolce promessa: finché fossimo rimasti nella sua città saremmo stati suoi ospiti, e quindi avremmo potuto adoperare senza spendere un solo Poké vari servizi, fra cui il Luna Park.
Momoka, invece, fu più riservata, e si limitò ad una piccola riverenza. Prima di poter fare un solo passo, però, mi prese le mani fra le sue, depositando sui miei palmi il paio di orecchini che avevo visto qualche minuto fa. Al mio sguardo perplesso, la bambina mi sussurrò all’orecchio un semplice “Secondo me sono più belli!”, prima di sorridermi – il primo, grande sorriso non trattenuto che le avevo visto fare.

Quando arrivammo al Centro Pokémon non mi presi nemmeno la briga di cambiarmi, e scivolai sotto le coperte con ancora addosso il giubbotto di Jack. Sapeva di pioggia ed erba cipollina.
Sospirai, contenta nel mio piccolo bozzolo di calore.

Avevo conquistato un’altra medaglia.
Avevo fermato una macchina assassina.
Ero sopravvissuta ad un incontro ravvicinato con un Frost. Ah, e con un peluche dalle brame omicide.

Mi addormentai sentendomi stranamente leggera, immaginando il banchetto che avrei avuto l’indomani per colazione in compagnia di una certa testa rossa che, in quel momento, probabilmente stava ancora cercando di scusarsi con Désirée.


 


~Author's Corner~
Salve salvino, poveri cristi che si sono presi la briga di leggere fino a qui. Era da anni che non aggiornavo in un periodo che non fosse compreso fra le vacanze di Natale e quelle di Pasqua, perciò sono piuttosto proud of myself *spara coriandoli di gioia e colorosità*
Vi auguro Buon Ferragosto, e soprattutto Buon Resto delle Vostre Vacanze. Godetevele al meglio, finchè durano. Magari andando a catturare Pokémon in giro all'una di notte, come mi sono ritrovata a fare io mentre cercavo disperatamente un cappero di Kadabra selvatico.
Until the next chapter, bye bye~

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Capitolo 36
*** Pista (in)Ciclabile ***


~ Pista (In)Ciclabile ~



Servirono tutte e quattro le sveglie (una del mio compagno di stanza, due mie, e poi una speciale ramanzina mattutina da parte di Daisuke) per convincermi a buttarmi giù dal letto.
Letteralmente.
Il tonfo venne attutito dalla moquette polverosa della camera. Daikke o non mi sentì, o fece finta di non notarmi, perché se ne andò dalla stanza con un secco: “Ti aspetto di sotto. Ricordati di rifare il letto prima di uscire.”
Mi passai le mani sulla faccia, sperando di richiamare a me un briciolo della lucidità che avevo lasciato a Sognolandia. Se qualcuno si fosse affacciato dalla porta, avrebbe visto una ragazza sul pavimento, ingarbugliata fra le lenzuola, i cui arti armeggiavano come quelli di una cimice che cercava di rialzarsi.
 
Due minuti dopo stavo bussando alla porta della Camera 24, senza grossi risultati.
Riprovai, impiegando un po’ più di forza, e dall’altra parte della parete sentii un fruscio di coperte, seguito da un mugolio assonnato.
Chiamai Jack con un verso lamentevole. Un signore che passava per il corridoio mi studiò come se fossi uno strano esemplare di ratto gigante; infine tirò su col naso, affrettando il passo e scomparendo giù per le scale.
Le mie orecchie percepirono uno sbadiglio, seguito dal rumore di scricchiolanti assi di legno – o giunture: difficile a dirsi. La porta si aprì, rivelando un Jack stravolto che faticava a tenere gli occhi aperti. Il suo pigiama consisteva in un paio di pantaloni da ginnastica e una felpa consunta di qualche taglia più grande con su scritto ‘gamers don’t die: we respawn’. La notte prima doveva aver fatto le ore piccole, perché l’aveva indossata al contrario, con il cappuccio ricadente sul suo petto.
Nel vedermi le sue labbra tentarono di formare un sorriso, senza riuscirci appieno.
“Maddy.” Salutò, anche se la sua voce era talmente impastata che ciò che strisciò fuori dalla sua bocca fu un ‘Mmhaddi.’
“Jackpot.” Replicai, tenendomi su solo grazie al pomello della porta. Ci squadrammo per qualche secondo, al termine dei quali le nostre anime formarono un’intesa.
Jack rilasciò un’esalazione dolorante.
“Ma perché, perché ti ho chiesto di vederci a colazione?”, si massaggiò le meningi, “Non potevamo fare a pranzo?”
“Perché Daisuke ha sempre fretta di partire e non conosce l’importanza di otto ore di sonno.”
Gli strappai un sorrisetto.
“Otto? Me ne servirebbero dieci.”
“Facciamo dodici. Con la siesta.”
Ci mettemmo a ridere come degli idioti: un modo come un altro per distrarci dal dispiacere di abbandonare i nostri caldi giacigli.

La colazione di per sé non fu niente di speciale (anche perché la caffetteria di quel Centro non aveva il latte al cioccolato, nonostante quella bevanda fosse un must per tutti gli allenatori desiderosi di fare il carico di energie prima di rimettersi in marcia), ma fece sbocciare nel mio petto un gradevole tepore che perdurò anche una volta abbandonato l'edificio.
Jack, prima di tornare al suo lavoro part-time, lasciò a me e a Daikke due cose: il suo numero di telefono ed una ragazza bionda che sprizzava vitalità da tutti i pori.
"Dove andate? Cioè, dove andiamo?", se Désirée avesse avuto una coda, le si sarebbe già staccata a furia di scodinzolare.
Ridacchiai, posandomi un pugno sul petto.
"Dovunque ci porta il cuore!"
"Spero che il tuo cuore ti stia dicendo di dirigerci verso Tunnel Muschiato, perché è lì che siamo diretti.", replicò Daisuke, che aveva il naso incollato alla mappa del Pokédex da quando ci eravamo allontanati da Mochapoli. Avevo l'impressione che stesse cercando di prendere le distanze dalla nostra temporanea compagna di avventure senza sembrare troppo rude.
Quest'ultima lo aveva probabilmente intuito, ma continuò a comportarsi normalmente, lasciandolo fare.
"Tunnel Muschiato...", assaporai il suono di quel nome, "...sì, mi piace!"
Sapeva di avventura e tesori nascosti.
 
Mezz'ora dopo il sentiero che stavamo seguendo scomparve, ingoiato dall'oscurità di una grossa apertura scavata ai piedi di un ripido muro di roccia. Mi tappai il naso, proteggendo le mie narici dall'odore di corteccia marcia che le assalì.
Dovetti ricredermi: Tunnel muschiato sapeva di affaticamento, decomposizione e morte.
 
"Sapete una cosa?", mi girai, iniziando a camminare nella direzione dalla quale eravamo venuti, "Il mio cuore ha finalmente compreso il fascino della foresta, ed ora mi sta dicendo di esplorare il versante di questa montagna dal suo bellissimo esterno."
"M-ma, Madeleyne!"
Mi sentii quasi in colpa nel veder scomparire l'espressione eccitata dal volto di Désirée. Quasi.
Sfortunatamente Daisuke era diventato fin troppo bravo a manipolare le mie intenzioni in modo che giocassero a suo favore; perciò non potei ignorarlo quando, in tutta (finta, dannatamente finta) sincerità, mi augurò: "Buona fortuna con il Nido di Ariados."

Nido. Computarono i miei neuroni. Aria-qualcosa. Quindi volatili.

Feci spallucce, proseguendo.
"Dopo aver affrontato i Murkrow, gli altri pennuti non mi spaventano."
Désirée inclinò la testa di lato, facendo ondeggiare le punte rosate dei suoi capelli.
"Ma non sono pokémon uccello..."
Mi fermai, colta da uno strano senso d'urgenza. Ruotai la testa quel che bastava per studiare il mio compare in uniforme scolastica: nonostante l'espressione neutra, riconobbi nei suoi occhi uno sprizzo di diletto. Nel giro di cinque secondi avevo già digitato ‘aria’ nel pokédex.
Non mi occorse nemmeno leggere la didascalia: l'immagine che mi si parò davanti bastò a farmi cambiare colore, umore e direzione. Entrai per prima nella galleria, borbottando, fra le varie maledizioni, un "Se Désirée si farà male, sarà solo colpa tua."
 

 
Al contrario delle mie aspettative, Désirée ne uscì fuori senza un solo graffio. Anzi, con quelle guance arrossate dallo sforzo ed il sorriso giulivo che le si era stampato in faccia, pareva essere più viva che mai.
"Cosa facciamo adesso? C'è un bosco? Un lago? Un'altra grott—"
Sfortunatamente noi altri non eravamo nelle sue stesse condizioni.
"Per carità, non un'altra grotta!", annaspai, sedendomi su un ceppo appena fuori dal Tunnel per dare sollievo alle mie gambe fradice.
Avevo avuto un brutto incidente con delle sabbie mobili – se così si poteva chiamare la pozza di fango puzzolente e palustre in cui ero sprofondata fino ai fianchi a pochi passi dall'uscita. Erano serviti gli sforzi combinati dei miei due compagni di viaggio e di tutti i pokémon in nostro possesso (minus Wooper, che appena fuori dalla pokéball si era lanciato nella melma per farmi compagnia) per tirarmi fuori.
 
Daisuke restò in piedi ad asciugarsi la fronte sudata con un fazzoletto di stoffa.
"Concordo: ho visto abbastanza Zubat per un'intera vita."
Non avevamo incrociato molti allenatori durante il tragitto, ma di incontri con pokémon selvatici ce n'erano stati a bizzeffe: dai muscolosi sassi dotati di occhi ai timidi coniglietti lilla (Whismur?), tutti erano accomunati dall'essere poco propensi a combatterci.
Tranne gli Zubat.
Adocchiai il braccio del damerino, sotto la cui manica faceva capolino una garza ben stretta.
Quelle macchine assetate di sangue avevano continuato a seguirci, piovendo dal soffitto senza darci un attimo di tregua e procurandoci non pochi graffi. Ad un certo punto avevano organizzato una vera e propria imboscata, ed uno di loro era pure riuscito a conficcare i suoi denti nel braccio di Daisuke. Sarà al massimo riuscito a bere un sorso del suo sangue prima che Sey lo mettesse K.O, ma i due fori ci avrebbero messo almeno una settimana a rimarginarsi.
 
Désirée abbassò il cappello a tesa larga che aveva in testa, tradendo un pizzico di disagio.
"Avete ragione, per oggi basta avventure."
Dopo un attimo le tornarono a brillare gli occhi.
"A meno che non ci sia un ghiacciaio qui da qualche parte! Ho sempre voluto vederne uno!"
Guardai Daikke, allarmata: lui scosse la testa, mostrando la mappa del Pokédex.
"I ghiacciai sono solo nelle isole più a nord e verso le ultime città, ad ovest. Ma oltre a non essere strettamente necessari al nostro viaggio, non sono nemmeno visitabili.", aggiunse, per rendere definitiva la sua decisione.
Emisi un lamento. "Prova a dirlo a mia Nonna. A trentasei anni è salita fino in cima al Monte Corona ed a cinquantuno ha pure organizzato una spedizione sul Monte Tormenta." Sparendo una mattina di aprile senza lasciare a me o a mio Nonno uno straccio di avviso, per poi ricomparire un mese e mezzo dopo come se nulla fosse.
Désirée sbatté le palpebre, concentrando i suoi occhi su di me. Sentii la testa pizzicare.
“Aspetta…", la ragazza emise un gasp meravigliato. “Mafalda Hellys è tua nonna?"
Daisuke per poco non lasciò cadere il suo Pokédex. Entrambe ci voltammo a guardarlo, curiose.
Lui tossicchiò, cercando di dissimulare l'incidente con una scrollata di spalle.
"E' famosa anche a Hoenn." Dando un'ultima occhiata alla cartina, si affrettò a rimettersi in marcia. "Andiamo; voglio raggiungere la prossima città prima che faccia buio." 
Corrugai la fronte, cercando di capire cosa di preciso stesse tenendo per sé. Ma l'unica ad avere qualche chance per comprendere come funzionasse il suo cervello era Désirée, e ancora non avevo idea di come funzionassero i suoi poteri. Forse riusciva a captare i pensieri altrui come delle onde radio?
Ebbi la tentazione di sollevarle il cappello solo per assicurarmi che non celasse un'antenna.
Lei ridacchiò.
"Purtroppo niente antenna.”, mi aiutò ad alzarmi dal ceppo. “Comunque, per quel che riguarda Daisuke…”
“Sì?”
La mia speranza venne soppressa dal flebile sorriso di scuse che Désirée mi dedicò.
“Non riesco sempre a sentire quel che pensa, ma mi ha chiesto di non aprire bocca su ciò che avrei potuto scoprire."
 
Riprendemmo a camminare.
"A volte vorrei avere un manuale di istruzioni, sai? Risolverebbe molti problemi.", non avevo nemmeno provato a nascondere la delusione.
Désirée scosse la testa. "Sapere di più sul conto di una persona non è sempre positivo."
Mi sarei aspettata una spiegazione, ma lei preferì chiudere il discorso con un consiglio inaspettatamente maturo.
“Sii paziente con lui; prima o poi ti lascerà entrare.”
“Forse hai ragione”, borbottai, dando un calcetto ad una pietra. “Spero solo che lo faccia prima che io perda la voglia di aspettarlo.”
 

 
Secondo la mappa eravamo ad un quarto di strada dalla città successiva. Se avessimo seguito il normale percorso e avessimo tentato la fortuna passando per Bosco Intreccio, avremmo dovuto impiegare tutta la giornata per arrivarci.
Ma questo era ciò che diceva la cartina: dall'alto della collina su cui avevamo pranzato, nel vedere quel mare di alberi secolari protrarsi per tutto l'orizzonte, tale dichiarazione mi parve alquanto audace.
Ecco perché Daisuke aveva deciso di risparmiare tempo sfruttando la Pista Ciclabile.
Ma evidentemente quello non doveva essere il suo giorno fortunato.

"Perché...", deglutì, schiarendosi la voce, "Perché c'è tutta questa gente?"
Eravamo in fila da soli cinque minuti ed il povero ragazzo stava già sudando freddo. Aveva sempre dimostrato di avere un certo problema con le folle, a cominciare da quando, al Centro Medico di Melmolandia, non era riuscito ad oltrepassare la squadra di soccorso organizzata da Hadolfa per entrare in camera sua. All'inizio l'avevo considerata una conseguenza della sua misantropia, ma dopo ciò che era successo al Luna Park stavo iniziando a ricredermi.

Lo guardai di sottecchi, decidendo che per il momento mi sarei limitata ad osservare.

"Che ci sia una gara?", ponderò Désirée, intenta a studiare le decorazioni appese al soffitto. "Se c'è, possiamo parteciparvi?"
Rabbrividii.
L’ultima volta che avevo preso parte ad una gara ciclistica avevo appena compiuto la tenera età di dodici anni. Erano i tempi in cui Nonna sperava ancora di trasformarmi in un asso dello sport, nonostante gli scarsi risultati ottenuti nelle altre discipline che mi aveva già costretto a provare. Non volendo arrendersi di fronte all’evidenza, iscrisse entrambe ad una maratona su due ruote, dichiarando che quella sarebbe stata la volta buona.
Fu un disastro: dopo aver passato due ore a tamponarmi la bici per spronarmi ad andare più veloce, mi mollò al mio ‘destino di mammoletta’ e tornò a concorrere per conto suo. Mi ritirai senza pensarci due volte; da allora mia Nonna mi lasciò al quieto vivere, decretandomi un fallimento su tutta la gamma atletica.
 
Ci pensò l’affermazione di Daikke a tranquillizzarmi.
"Se le meccaniche sono come quelle della Pista di Porto Selcepoli, l’ingresso dovrebbe essere proibito al pubblico durante le competizioni."
Sul volto della psichica comparve un piccolo broncio. “Se non si tratta di una gara, allora cos’è?”
Corrugai la fronte, esprimendo la mia perplessità.
“Non puoi, emh, leggere nella testa di qualcuno?”
L'interpellata rilasciò un sospiro.
"Le mie capacità non funzionano quando c'è troppa gente: ora come ora sento solo un incomprensibile brusio.” Come prova di ciò, abbassò il copricapo fino a coprirsi le orecchie. "È fastidioso, ma dopo un po’ ci si fa l’abitudine."
 
Arrivammo alla cassa più in fretta del previsto. Una giovane ragazza dai capelli a caschetto ci fornì a turno il Cycling Pass da portare al collo ed una brochure. Ci congedò con uno scoppio di DitBabol, indirizzandoci con un dito alla fila per affittare le biciclette.
Non avendo niente di meglio da fare aprii il mio opuscolo, passando svogliatamente lo sguardo sulle didascalie riguardanti la Pista.
Mi lasciai quella più tecnica – e quindi noiosa – per ultima.
Costruita nel blahblahblah da PincoPallino, la Pista Ciclabile di Rainbow è costituita da una lunga sopraelevata di altezza variabile, intermezzata da sette Basi che la connettono all'esterno. Ognuna di esse è fornita di un'area ristorativa dotata di servizi all'avanguardia; in particolare, le stazioni di sicurezza e monitoraggio sono state potenziate in seguito al Terremoto del Mt. Meteora che—
Ripiegai il depliant, ficcandomelo nella borsa. Immagini di detriti, ambulanze e titoli di giornale riaffiorarono di prepotenza fra la massa dei ricordi immagazzinati nella mia memoria. Scossi la testa, sbarazzandomene in fretta.
Avvertendo gli sguardi di entrambi i miei compagni su di me, risollevai il capo, costringendo gli angoli della mia bocca a sfoderare un sorrisetto furbesco.
"Ebbene, cari Watson e Watsoncina, ho risolto il mistero!"
Daikke deglutì di nuovo, ma stavolta la sua voce rimase secca e ruvida come la carta vetro. "Al massimo, 'Watson e Mary'."
Alzai un sopracciglio di fronte a quello scettico, pallido volto.
"Silenzio, Watsoncina! E scegli la tua bicicletta, che oggi ci aspetta una parata!"
"Una parata?!", fece eco Désirée, i cui capelli parvero rizzarsi. Compiacendomi di avere un pubblico così ben disposto, cominciai a spiegare.
 
La regione di Rainbow era costituita da numerose piccole isole accerchianti quella principale. Come arcipelago possedeva un numero limitato di risorse e, se paragonata a quelle delle vicine Kanto, Johto e Hoenn, la nostra Lega non era molto gettonata dagli allenatori stranieri.
Ma se c'era una cosa di cui Rainbow poteva vantarsi era il suo straordinario talento nel trasformare qualunque località in un'attrazione turistica. Oltre alle spiagge ed ai centri di divertimento interni alle città (il Luna Park di Mochapoli ed i bagni di fango di Melmolandia erano solo alcuni esempi), i grandi capi avevano cercato di investire anche nel settore della salute: così avevano trasformato l'isola in un paradiso per sportivi, attirando l'attenzione di valanghe di appassionati— e dei loro portafogli.
"Per cui non c'è da sorprendersi se dopo il crollo di alcune parti della pista si sono subito preoccupati di ricostruirla daccapo, in modo da renderla più resistente.", terminai, passando i tornelli con la mia bici rossa.
"E la parata?", domandò Désirée, agguantandone una gialla e seguendomi come un'ombra.
"La brochure dice che oggi è il quinto anniversario della sua ricostruzione, quindi si festeggia.", sogghignai. "E l'ingresso è gratuito."
Désirée montò in sella ridacchiando, ed insieme varcammo l'ingresso della Pista.
 

 
Tutto sommato il restauro era riuscito bene: anche se predominava il grigio dell’asfalto, lungo il tragitto erano disseminate delle decorazioni che davano allegria, come alcuni set di mattonelle colorate – disposte in modo da formare volti di pokémon che non riconoscevo – e le ringhiere, verniciate con tinte differenti a seconda di quale parte della pista si stesse attraversando.
Dopo venticinque minuti avevamo superato la Zona Gialla (sia lodato il cielo, quei dannati Raticate con le orecchie lunghe ed il blush avevano iniziato a mettermi inquietudine), ed attualmente stavamo sfrecciando attraverso la Zona Verde.
Sfrecciando. Certo. Verbo che secondo Daikke equivaleva ad 'andare al massimo dei limiti di velocità consentiti'. Ero sicura che un bambino a cavallo di un Wooper particolarmente seboso non avrebbe avuto alcun problema a superarci.
Purtroppo la mia indole ribelle venne tenuta a bada senza grosse difficoltà da Daisuke, che dopo la mia breve parentesi sulla storia della Pista aveva deciso di studiarsi l’intero depliant. Venni così a sapere che Rainbow era l'unica dannatissima regione sulla cui pista ciclabile erano stati disposti dei rilevatori di velocità: chi avesse infranto il limite consentito senza essere registrato ad alcun gruppo sportivo avrebbe ricevuto ai tornelli di uscita una multa piuttosto salata.
Di quanto?
Daisuke si rifiutò di rivelarmelo, affermando che tenendomi all’oscuro sarei rimasta in uno stato di ansia costante e, di conseguenza, me ne sarei stata buona.
E così, effettivamente, successe.
Mondo infame.
 
Almeno quella buona anima di Désirée aveva trovato il modo per divertirsi: saettava per la pista a discapito di chi le capitasse a tiro, frenando prima di ogni rilevatore nel tentativo di inventare delle acrobazie con la bici. A volte ci riusciva. A volte volava giù dal mezzo, rischiando di venire investita dai passanti.
Ad ogni modo la sua felicità era contagiosa.
 
Purtroppo tale gioia non era riuscita a scalfire le rughe sulla fronte corrugata di Daisuke, che da quando era montato in sella aveva assunto un atteggiamento cupo.
C'è di nuovo troppa gente?
Mi guardai attorno, perplessa. La pista era piuttosto larga e, sebbene ci fossero un sacco di ciclisti, erano tutti ad una certa distanza di sicurezza l'uno dall'altro. Sollevai un sopracciglio, intuendo che per una volta non fosse quello il problema.
Rallentai la mia andatura in modo da arrivargli a fianco; poi, con un sorriso a fior di labbra, presi a suonare il campanello di Jack II.
Sì, perché il catorcio che mi avevano affibbiato – il cui colore rosso era dovuto alla ruggine – mi trasmetteva le stesse vibrazioni di quel povero ragazzo, riassumibili in un'unica parola: pericolanti.
L'unica cosa che pareva non essere stata intaccata dalla vecchiaia era il piccolo campanellino che faceva capolino sul manubrio del veicolo. Emetteva un tintinnio nauseantemente dolce, adatto alle canzoni natalizie che iniziai ad intonare senza sosta.
 
Daikke fece del suo meglio per ignorarmi: lo notai dal modo con cui evitava di guardarmi e con cui contrasse la bocca pur di non lasciarsi scappare alcun suono.
All’ottava versione stonata di We Wish You A Merry Christmas (di cui sapevo, fra l’altro, solo il ritornello) non ce la fece più.
"Madeleyne…", drammatico tic all’occhio.
"Cosa?", sorrisetto innocente.
"Se non la pianti ti faccio volare di sotto."
 
Ah, già, ecco la parte migliore della Zona Verde della Pista Ciclabile: l’avevano costruita ad una trentina di metri dal suolo, direttamente sopra Bosco Intreccio.
L’idea, per quanto pazza, aveva una giustificazione pratica, in quanto così si erano potuti accorciare i tempi di percorrenza. E poi il brivido dell’altezza rendeva più avventurosa l'intera pedalata, se si prendeva il tempo per guardare il panorama boschivo che si estendeva oltre i muretti di cinta.
 
"Aw. Andiamo~" Ripresi, più per combattere la noia che per un motivo preciso. "Lo spirito natalizio è così debole in te?"
"Manca più di un mese." Ribatté lui, che al contrario di me pareva fresco come una rosa ricoperta da perle di rugiada. "Avresti fatto meglio ad intonare motivetti di Halloween."
"Mi…", pausa per recuperare fiato, "…stai incitando?"
"Non ti azzardare."
"Nah. Ho trascorso Halloween in ospedale con un ghiacciolo per gamba, non ho voglia di passarci dentro anche le feste natalizie." La battuta non dovette essergli piaciuta, perché Daisuke, rinunciando all’opportunità di ribadire come a tale esperienza mi ci fossi destinata da sola, optò per rinchiudersi in un silenzio contemplativo.
“Ehi...”, lo chiamai, abbandonando il tono giocherellone.
“Stavo scherzando.” Beh, non proprio. “Cosa c’è che non va’?”
 
Daikke mi squadrò, ed io cercai di mantenere la mia espressione più neutrale possibile. Evidentemente non doveva essere bastato, perché lo vidi irrigidirsi e spostare lo sguardo su un punto indefinito alla sua destra. Quando lo riportò su di me, dovetti confrontarmi con la pacatezza studiata di chi aveva trovato il modo per seppellire una questione senza dare troppo nell’occhio.
“Per quale motivo la Pista è andata distrutta?”
Strinsi il volante, tenendo a bada le vampate di delusione che, come un veleno, si stavano riversando per tutto il mio sistema circolatorio. Ripensai al consiglio di Désirée e, traendone forza, decisi di stare al suo gioco.
“Per il terremoto.”
Daisuke non ebbe alcuna reazione particolare, ma continuò a dividere la sua attenzione fra me e la strada, come se si stesse aspettando una spiegazione.
“Il… Terremoto del Mt. Meteora. Hai presente?”
La sua espressione frustrata mi fece rendere conto che no, non aveva presente un bel niente. Spalancai la bocca, esterrefatta.
“È stato il più grosso terremoto mai registrato qui a Rainbow! E-era su tutti i telegiornali!”
“Peccato”, sibilò Daisuke, a denti stretti, “Che io abiti a Hoenn.”
Il sollievo che inondò il mio corpo fu tale che per poco non ruzzolai giù dalla bici.

“Sei pazza?!” Esclamò Daikke, ritraendo la mano con cui mi aveva agguantato la spalla.
Ridacchiai nervosamente. “Scusa, credo di aver appena provato l’ebbrezza di un culture shock.”
“Sai che si chiamano ‘shock’ solo per una questione emotiva e non fisica, vero?”
“Dillo alla mia spina dorsale: ancora non la sento.”
Sospirò a lungo, massaggiandosi il setto nasale. Mi domandai se le sue esalazioni avessero diversi significati a seconda della situazione; prendendo quell’ipotesi per buona, decisi che quello di prima fosse un sospiro divertito e mi ritrovai a gongolare a mia volta.
“Quindi, il terremoto…?”
“Ah, giusto.” Sbattei le palpebre, tornando al presente. “È successo meno di dieci anni fa ed ha causato un sacco di problemi alla Regione: isole sommerse dalla marea, formazione di grossi canyon che hanno diviso il territorio, paesini andati distrutti…”, presi un bel respiro, “Tutto quello che ti potresti aspettare da un disastro naturale, con tanto di ciliegina sulla torta.”
“Cioè?”, per la prima volta da quando avevo iniziato a parlare, Daikke mi parve davvero incuriosito. Fingeva di guardare la strada, ma ogni tanto lanciava occhiatine nella mia direzione.
Abbassai il tono di voce con fare cospiratorio.
“Ancora non si sa da cosa sia stato causato.”
Il mio interlocutore abbandonò la sua dignità da secchione orgoglioso, assottigliando cinicamente lo sguardo. “In che senso? I terremoti sono causati dalla rottura della roccia che segue lo spostamento delle placche—”
“Esatto!”, interruppi il suo monologo sul nascere. “Ci sono stati molti dibattiti a riguardo, ma i geologi—”
“ ’Sismologi’ ”, corresse lui senza battere ciglio.
“—concordano su una sola cosa: non si è mossa alcuna zolla durante il terremoto.”
Daisuke contrasse le labbra, quasi avesse ingoiato un boccone amaro.
“Ritengono che sia stato provocato da qualche pokémon?”
“Ah, non chiederlo a me, che fino a poco tempo fa ero convinta che i pokémon fossero solo animali più grossi.”
Daikke aveva appena alzato gli occhi al cielo quando gli altoparlanti della pista presero vita.

«Attenzione, parata in transito. Si pregano i viaggiatori di avvicinarsi ai muretti laterali della pista, in modo da lasciare spazio ai dimostranti. »
 
Come tutti i bravi ciclisti eseguimmo l’ordine. Tendendo l’orecchio si riuscivano già a sentire nell’aria le note delle trombe e dei tamburi che accompagnavano i festeggiamenti. Désirée si lasciò raggiungere, in modo da rimanere uniti anche nel bel mezzo del trambusto che da lì a poco si sarebbe scatenato.
“Ho sentito che ci saranno majorettes! E coriandoli! E carri a forma di pokémon da cui lanceranno dolcetti!”
Sbadigliai. “Non sarò impressionata finché non inizieranno a lanciare banconote.”
Fu allora che avvertii il suolo iniziare a tremare.

No.

Mi si mozzò subito il fiato.
Le mani presero a sudare, facendo venire meno la presa sul manubrio.
È impossibile!
Cercai di calmare il mio battito erratico con un turbine di negazioni, generate più dalla speranza che da prove concrete.
Non può essere! Non di nuovo, non così—!
 
L’esclamazione di Désirée mi riportò alla realtà.
“Chi sono quelli?”
Mi voltai, seguendo il suo sguardo: un ammasso di ruote, tatuaggi e teste calve stava avanzando in massa lungo la pista, sollevando un polverone incredibile e costringendo la gente a schiacciarsi contro le ringhiere pur di non essere investita. Presi un grosso respiro, avvertendo il panico ritirarsi a poco a poco.
“Devono essere una gang di Teppisti.”, ragionò Daikke, addossandosi al muro. “Se li ignoriamo, dovrebbero passare senza darci fastidio.”
Sia io che Désirée lo imitammo, annuendo.
 
La banda ci mise poco a raggiungerci: fregandosene dei rilevatori di velocità e delle regole dell’educazione stradale, sfrecciavano per la Pista come se ne dipendesse della loro vita, schiamazzando e sbraitandosi insulti a vicenda.
Dovevano essere a pochi metri da noi quando alla mia destra, a ridosso dell’altro muretto della pista, vidi qualcosa di talmente sbagliato, talmente mostruoso, da farmi impallidire all’istante.
E cioè Nonno Gerald. In sella ad una bici da passeggio, con Gigio seduto dentro all’apposito cestino.
Notandomi a sua volta, alzò la mano per salutarmi; sorrideva come se ci fossimo incontrati per caso al supermercato.
Rabbrividii.
Il Nonno non era un tipo sportivo: da quando era andato in pensione, si allontanava da casa solo per fare il tifo a sua moglie durante le gare a cui ella si ostinava a partecipare. Se in quel momento si ritrovava a percorrere la Pista Ciclabile, poteva significare solo una cosa…
Speravo tanto di sbagliarmi.

“Madeleyne?”
Désirée mi lanciò un’occhiata preoccupata. Deglutii e, incapace di risponderle, mi guardai alle spalle.
Il mio cuore perse un battito.
Al centro della pista, su una bici nera come la banda (era la sua cintura di karaté?) che aveva legato in fronte, c’era mia Nonna, capeggiante l’intera gang.
I suoi occhi incrociarono i miei.
Smarrimento. Ricognizione. Risoluzione.
La vidi leccarsi le labbra screpolate e capii che ero finita.
 
Feci solo in tempo a spalancare la bocca in una smorfia terrorizzata: poi mia Nonna mi tamponò da dietro, strillando “Accelera, mammoletta!”
Ed effettivamente accelerai, ma solo perché presi letteralmente il volo: non riuscendo a sopportare un colpo del genere, Jack II aveva infatti perso la ruota anteriore. La parte metallica, rimasta senza un appoggio, strascicò sull’asfalto, costringendo il retro della bici a ribaltarsi con un’impennata.
Venni scaraventata fuori dal sedile, dal sellino, ed infine dalla Pista.
 
Urlai come un’ossessa, spremendo le corde vocali al massimo. Le mie grida si mescolarono a quelle dei miei compagni di viaggio, i cui volti sbucarono dalla ringhiera assieme a quelli di altre dozzine di sconosciuti. L’ultima ad aggiungersi fu mia Nonna, e solo per sbraitarmi un “Sei una Hellys, non ti azzardare a morire! Sono troppo vecchia per finire in gattabuia!”
Poi tutto venne coperto dalle fronde degli alberi. Chiusi gli occhi, non sapendo se riporre le mie speranze in un miracolo o in una morte rapida ed indolore.
Nell’oscurità delle mie palpebre rividi alcuni flash della mia vita: i miei genitori che mi davano la prima paghetta; Nonno Gerald che mi beccava in flagrante dopo che gli ebbi distrutto l’orto; Daisuke che si lamentava della scarsa cura con cui conservavo le medaglie…
Mi accorsi di provare solo rimorso.
 
Ebbi un tuffo al cuore, seguito da una fitta al petto. I miei alveoli vennero irrorati da qualcosa di freddo ed asfissiante. In preda al panico sollevai una palpebra (cosa succede, perché sono circondata da un alone grigio e viola e vivo—), serrandola subito dopo a causa di un’ondata di dolore.
L’aria smise di schiaffeggiarmi la pelle; la gravità di incidere sul mio corpo.
Appena la mia schiena toccò terra, sentii la morsa che mi aveva attanagliato la cassa toracica rilassarsi, la strana sensazione retrocedere. Rimasi sdraiata sull’erba per quella che mi parve essere un’eternità, dando libero sfogo ai singhiozzi.
 

 
Quando esaurii i pianti e fui sicura di non star morendo, aprii gli occhi: delle foglie dai decadenti colori autunnali mi salutarono dall’alto dei loro rami bitorzoluti.
Frugai nella borsa, estraendo un pacchetto di fazzoletti ed il cellulare, che accesi. L’orologio analogico che comparve sullo schermo segnava le 14.54.
Mi tirai su, sentendo tutti i miei muscoli lamentarsi in contemporanea. Mentre mi stavo ripulendo la faccia dai residui di moccio e lacrime mi cadde lo sguardo sulla mia mano. Mi tornò in mente il turbinio di tonalità opache che mi aveva attaccato durante la discesa; anche se non aveva lasciato tracce tangibili, riuscivo ancora a ricordarne il formicolio.
Inspirai a fondo. Qualunque cosa fosse intervenuta per salvarmi – sempre se quello fosse stato il suo obiettivo – ora era sparita. Un po’ come tutta la civiltà.
Incollai gli occhi al cielo, a malapena intravedibile oltre gli spiragli che facevano capolino fra le fronde nodose delle piante.
 
Ero sola, avvolta dalla natura.
In lontananza echeggiarono un paio di cinguettii.
Chiusi gli occhi, lasciando che una sottile brezza mi scompigliasse i capelli. L'aria profumava di muschio umido e foglie secche.
Mi lasciai cullare da un beato senso di pace.
 
"Splendido."
Non sarei sopravvissuta un solo giorno.
 
Mordicchiandomi il labbro, decisi di chiamare in adunata i miei più fidi alleati.
I due raggi rossastri che fuoriuscirono dalle Pokéball mi colmarono il petto di speranza: se c'era qualcuno su cui potevo contare, erano quei due. Mi precipitai a dare loro le brutte notizie.
"Ragazzi, abbiamo un problem— Wooper, eccheccavolo. Non mangiare la coda di Rattata!"
Il girino, che aveva completamente inglobato la parte ricciuta della coda del piccolo roditore, inclinò la testa di lato con un sorriso beota.
Rattata, con il placido contegno di chi aveva dovuto subito cose ben peggiori, si esibì nel più spettacolare Colpocoda a cui avessi mai assistito: Wooper venne sbattuto ripetutamente a terra, finendo per mollare la presa e volare contro un albero. Il topino, alla vista degli innumerevoli fili di bava che scendevano dalla sua coda, fu scosso da un brivido.
 
Ripensandoci, se avessi riposto entrambi i pokémon nelle sfere entro i prossimi dieci secondi sarei riuscita ad ampliare il mio tempo di sopravvivenza di almeno cinque ore.

Feci una smorfia. Mi rammentai dello scontro con il Gyarados, della mia debolezza e, successivamente, della mia promessa.
La mia squadra era una mia responsabilità. Ero io che dovevo farli crescere.
E per far ciò, dovevo prima trovare un modo per farci uscire vivi da quel casino.

Mi schiarii la voce, richiamando la loro attenzione.
"Come stavo cercando di dire prima… ci siamo persi."
Il mio starter mi squadrò con una tale aria di sufficienza da farmi quasi mancare quella di Daikke. Era meno vergognoso farsi rimproverare da un quattrocchi che da un topino alto quanto due mele.
"Okay, okay! Mi sono persa io.", alzai un braccio, indicando un punto a caso nel cielo. "Sono caduta da lassù, e più o meno sono ancora tutta intera."
Non ero ancora sicura di come ciò fosse possibile – sospettavo di essere stata salvata da qualche pokémon psico misericordioso –  ma avevo deciso di preoccuparmene una volta tornata alla civiltà, da gente che sicuramente ne sapeva più di me dei misteri del mondo.
"C'è una Pista Ciclabile che ci sovrasta. Se riusciamo a trovarla sono convinta che prima o poi incapperemo in qualcuno disposto a darci una mano. O una scala. Un ascensore sarebbe meglio."
Attesi degli input da parte della mia squadra.
Wooper si sedette a terra, fissandomi con occhi vuoti. Poi si mise a rotolare sul prato rinsecchito senza una preoccupazione al mondo.
Qualche lamentela, invece, mi giunse dal suo amichetto.
"Ra. Rat."
Sbattendo qua e là la coda per liberarsi dello schifo di cui era inzuppata, se la portò all'orecchio, piegando la testa. I suoi occhi rossi, perennemente puntati su di me, mi mettevano sotto pressione.
Imitai il gesto con la mano.
Rattata riprese a parlare; ma non con me. Era come se stesse...
Sbloccai in fretta lo schermo del cellulare: la barretta di ricezione più piccola stava lampeggiando.
"Santo Gigio.", sprigionai un sorriso eccitato, “Rattata, sei il topo viola più astuto di tutta Topolonia!"
Rattata si drizzò, sollevando il capo con fierezza. Chinandomi su di lui per premiarlo con dei grattini dietro le orecchie, cercai nella rubrica il numero di Daikke.
La cornetta si alzò quasi subito.
"Daikke!"
«Il numero ricercato non è attualmente raggiungibile. Riprovare più tardi. Altrimenti, digiti uno per lasciare un messaggio alla seg—»
Riattaccai in faccia alla voce pre-registrata.

Fissai il tronco della sequoia più vicina, avvertendo uno strano formicolio al cervello.
Mi venne l’incredibile voglia di incidere sul tronco più vicino il nome del mio compagno, con tanto di cuore trafitto da una freccia e tutto il resto…
A furia di testate.
 
Oh, andiamo! Quando mai sono i soccorsi a trovarsi in una zona senza campo?
 
Stavo per chiedere a Rattata di dispensare un altro dei suoi favolosi consigli, ma quando portai lo sguardo sul roditore mi accorsi che ciò non sarebbe stato possibile.
Il topino teneva gli occhi chiusi, come se si fosse addormentato. Ogni tanto ringhiava, ma a giudicare da quanto si stesse addossando alla mia mano, non era perché gli stavo facendo male. La sua voce aveva assunto un timbro così basso da sembrare quasi...
Fusa.
 
Perfetto. A furia di fare grattini avevo rotto un pokémon.
 
Con un nuovo peso sullo stomaco, mi voltai a guardare la creatura già malfunzionante dal principio.
Wooper aveva smesso di rotolare ed ora giaceva di schiena, osservando una farfallina adagiata su un filo d'erba rinsecchito. Ogni tanto il suo piccolo corpo veniva scosso da qualche tremito, che gli faceva scappare una bollicina o due dalla bocca.
Mi rialzai, iniziando a camminare in una direzione presa a caso. I fruscii dietro di me mi assicurarono che gli altri due mi stessero seguendo.
 
Un pokèmon viziato ed uno con il singhiozzo.
Mi sfuggì una lacrima.

Dannato Daikke.
 

 
Erano trascorse un paio di ore da quando ero capitata nel bel mezzo della foresta e dal momento che le cose stavano procedendo piuttosto bene, dovetti ricredermi.
Talora sbucavano fuori alcuni pokémon selvatici come degli Oddish (strane cipolle blu) o dei Wurmple (bruchetti rosa che abitavano le cortecce), ma con Rattata e Wooper al mio fianco non avevo riscontrato grosse difficoltà.
 
Con un urletto di battaglia il pokémon d’acqua catapultò delle palle di fango verso il nemico. Questo (il cui modo migliore per descriverlo era definirlo un insieme di uova con delle brutte facce) cercò di schivarlo, ma dato che ogni ovetto sembrava voler prendere una direzione diversa da quella degli altri si misero a litigare, finendo travolti.
"E-exeg--!"
Le uova chiusero i loro occhi, finalmente sconfitte.
 
Wooper prese a saltellare da un piede all'altro, aspettando ordini.
Il mio petto si riempì d'orgoglio per l'ennesima volta e mi fu impossibile non sorridere.
"Ottima mira, Wooper!" Gli feci il pollice in su. "Fa’ pure la stessa cosa che abbiamo fatto con gli altri."
Con un 'woopah~' il girino saltò sull'ovetto più vicino e, usandolo come mezzo di trasporto, rotolò verso i cespugli più vicini. Ne riemerse dopo pochi secondi, dirigendosi verso un altro uovo per ripetere il processo.
In fin dei conti mi sarei sentita in colpa a lasciare dei pokémon privi di sensi alla mercé del bosco.
 
Rattata, che si era infilato sotto al mio cappello, sbuffò.
Scrollai le spalle.
"Lo sai come la penso. Non posso mica catturare tutti i pokemon che sconfiggo…"
"Ratta."
"Se fosse così, avrei già un esercito di vermetti."
"Ta."
"E poi le pokéball costano!"
Per punirmi, il topino impuntò le unghie sul mio cuoio capelluto. Gli tirai un orecchio.
"Ehi, dobbiamo essere più selettivi su chi reclutiamo! O vuoi che succeda di nuovo come con Wooper?"
Rattata sussultò, travolto da un brivido che per poco non lo fece cadere. Si rintanò sotto al cappello senza emettere più una parola.
 
Dopo aver lanciato un'occhiatina all’altro mostriciattolo - che aveva scelto proprio quel momento per scivolare da un ovetto e prendere una facciata a terra - ricontrollai il telefono.
A seconda della zona in cui ci trovavamo, la potenza del segnale poteva accendere una sola tacchetta o niente di niente: al momento eravamo nella seconda condizione e l'orologio segnava le quattro e quarantasette di pomeriggio.
 
Il che significava che presto si sarebbe fatto buio.
 
Una piccola nota di inquietudine mi attanagliò il petto.
Un conto era esplorare una foresta durante il giorno, con una squadra ben rifocillata; un altro era vagabondare senza meta fra la vegetazione, ignari dei pericoli che potevano celarsi ad ogni angolo, con dei pokémon stanchi per i combattimenti sostenuti nelle ore precedenti.
E poi, senza luce, non avremmo avuto alcuna possibilità di trovare la Pista.
 
La soluzione migliore sarebbe stata quella di accamparci da qualche parte e riposare, ma senza un compagno pronto a guardarmi le spalle abbassare la guardia sarebbe stato pericoloso.
 
Terminato il lavoro, Wooper zampettò di fronte a me, lasciandosi cadere a terra. La sua fronte era cosparsa di goccioline di sudore e di quello che probabilmente era muco.
Decisi di assecondarlo e, sedendomi sull'erba, mi misi a rovistare nella borsa alla ricerca di cibo. Dopo aver studiato il mio scarso repertorio, presi una manciata di frollini con gocce di Cioccolato Miltank da condividere con gli altri.
Rattata si limitò a far spuntare il musetto dal berretto, mentre Wooper, ancora più pigro, spalancò le labbra in modo inquietante.
Ficcai ad entrambi un biscotto in bocca, per poi far lo stesso con me.
 
Un’arietta leggera scompigliò le fronde della vegetazione circostante, provocando un soave fruscio di foglie e fusti. Ogni tanto si udiva qualche cinguettio solitario spezzare il ronzio sommesso di sottofondo. Chiusi gli occhi, stiracchiandomi.
Tutto sommato si stava bene.
 
Con Daikke non avrei potuto rilassarmi in questo modo.
 
Aggrottai la fronte, sorpresa dall’asprezza del mio stesso pensiero. Non che fosse errato: Daisuke tendeva a dare ultimatum di cinque, massimo dieci minuti, ancora prima di sedersi.
Di solito mi lasciava giusto il tempo per mangiare un panino, bere metà bottiglietta d'acqua e fare due o tre commenti stravaganti. Era anche piuttosto difficile convincerlo a conversare durante quelle pause, perché lui preferiva dedicarsi allo studio del proprio Pokedèx (che ormai doveva conoscere alla perfezione, no?) o alla lettura della mappa. A volte si allontanava alla ricerca di qualche pokémon con cui far allenare Sey o Yoru, lasciandomi così a mangiare da sola.
 
Mandai giù il biscotto, sentendolo stranamente amaro.
 
Quando avevo deciso di diventare un'allenatrice avevo presunto che non sarebbe stato facile, che non avrei avuto tempo per poltrire – ed in un certo senso, era anche per quello che avevo scelto di imbarcarmi in quell'avventura. Ma c'era un limite a tutto.
Con Daisuke non c'era tempo per rilassarsi. Non c'era tempo per osservare il paesaggio. Non c’era tempo per andare alla ricerca di determinati pokémon. Non c'era tempo per esplorare le vie delle città che attraversavamo. Non c'era tempo per divertirsi.
Con Daisuke non c'era tempo, punto.
E non ne capivo il perché.
 
Feci fare il bis ai miei pokemon, fregandomene del fatto che Rattata mi avesse riempito di briciole i capelli e che Wooper si divertisse a far sciogliere i biscotti fino a farli diventare una poltiglia da ingoiare. Attesi fino a che non avessi finito di mangiare altri due frollini; poi aprii la bocca, chiedendo qualcosa che mi premeva da troppo tempo.
"Siete... felici?"
Due testoline si voltarono a fissarmi, continuando a mangiare.
"Con me, intendo. In questo viaggio."
Rattata si mosse. Dal riflesso sullo schermo del cellulare - che continuavo assiduamente a controllare - vidi che aveva fatto spallucce. Wooper si limitò a trasformare le sue labbra ciuccia-biscotti in un altro dei suoi sorrisi ansiogeni.
M'imbronciai.
"Davvero? Cioè, non vi dà fastidio seguirmi in lungo e in largo? Affrontare altri pokémon, ferirvi..."
Rattata emise un suono a metà fra il grugnito e lo squittìo, che interpretai come un rimprovero. Wooper aspirò il suo biscotto e rotolò fino al mio ginocchio, fermandosi dopo essersi schiantato.
Okay. A volte non avevo idea di come comportarmi con la mia squadra.
Presi un bel respiro.
"S-sapp-", tossicchiai, "Sappiate solo che se, ad un certo punto, voi vorrete andarvene, non ci saranno problemi. Non vi obbligo mica a restare. Infatti, potete andarvene anche or- ehi!" Rattata era improvvisamente sceso dalla sua posizione altolocata e stava procedendo ad allontanarsi. Venni colta da un leggero tic all’occhio.
"Sì, vi ho dato il permesso di mollarmi, ma almeno potevi farlo con un po' più di tatto!"
 
La foresta era invasa da una luce soffusa, che scagliava ombreggiature aranciognole sulle superfici che incontrava. Il sole doveva star tramontando. La natura stava seguendo il suo corso.
E Rattata il suo.
Mi costrinsi a sorridere.
 
Grazie di tutto.
Mi comparve in un lampo il ricordo del nostro primo incontro, del bernoccolo che avevo procurato a quel ratto nel tentativo di difendermi. 
 
Ora insegui il tuo destino.
Le sofferenze che avevamo condiviso, contro nemici decisamente al di fuori della nostra portata.
 
Vai...
I litigi e le intense battaglie di "tris" svoltesi ogni mattina a colazione per decidere chi dei due dovesse badare a Wooper per quel giorno.
 
... dove ti porta il cuore.
Quasi mi avesse sentito, il topino si girò per un'ultima volta, sorridendo col suo solito modo beffardo.
Poi si tuffò, scomparendo nei meandri della mia borsa.
 
Quella era la dimostrazione che il cuore era davvero un pessimo navigatore.
 
Rattata riemerse dopo pochi attimi e, trascinando con gli incisivi il pacchetto ormai mezzo vuoto di biscotti, riprese a zampettarmi su per il braccio, ignorando totalmente i miei occhi lucidi.
Decisi di calmare il mio vortice di emozioni contrastanti con qualcosa di semplice, ma allo stesso tempo soddisfacente. Un po’ come i versi increduli che emise Rattata nel vedersi strappati via tutti i biscotti che aveva raccattato. Versi che divennero disperati quando rovesciai l'intero pacchetto nella bocca di Wooper, il quale, senza nemmeno bisogno di avvertenze, risucchiò tutto come un aspirapolvere.
 
Cinque minuti dopo stavo nuovamente camminando per la foresta. Wooper era seduto sulla mia borsa, usandola mo' di altalena, mentre Rattata, offeso come non mai, si era rifiutato di uscire fuori dal cappello.
Gli sarebbe passata alla prossima merenda.
Lanciai un'occhiata ai segni rossi che ora costellavano il mio braccio come piccoli trofei, sentendo le mie labbra arricciarsi in un piccolo sorrisetto.
Ne era valsa la pena.
 
"Che hai da sorridere?"
Mi congelai sul posto. Wooper sollevò la testolina, guardandomi con aria perplessa. Sembrava non capire cosa stesse succedendo. Al contrario di me, che avevo le idee ben chiare.
Girando lentamente su me stessa, controllai al meglio delle mie capacità ogni anfratto, ogni nascondiglio reso possibile dalla vegetazione.
 
"Scimmia idiota. Perché mai dovrei nascondermi?"
Qualcosa mi sfiorò l’orecchio, facendomi trasalire. Mi voltai, ancora una volta senza risultati. Dove diamine—
 
"Se c'è qualcuno che dovrebbe correre ai ripari..."
Alzai la testa, scorgendo un movimento all’angolo della mia visuale. Feci qualche passo indietro, cercando di ingoiare il nodo che mi si era formato in gola.
 
"… quella sei tu."
Dal terreno si sollevò una massa nera che andò ad attorcigliarsi attorno ai miei arti. Wooper perse l'equilibrio, ma prima di poter cadere venne catturato da un altro lembo oscuro, che lo elevò all’altezza della mia spalla.
 
La sostanza di cui era composto l'attacco aveva la consistenza del fumo e presentava delle venature violacee che pulsavano ad un ritmo pacato, passando dall’opaco al luminescente. Mossi un braccio, incontrando poca resistenza da parte delle mie catene spettrali, che parvero sfumare. Si riformarono l'istante successivo, aumentando la pressione sull’arto fino a farmi rendere conscia del flusso accelerato di sangue che vi fluiva all’interno.
 
"Vedi?" Domandò una voce davanti a me. "Ecco perché voi umani vi estinguerete."
Il Banette mi apparve a due metri dal volto, sostenuto da uno dei suoi arti ombrosi. Wooper aprì le labbra per attaccare, per dire qualcosa, ma il fumo gli si gettò nella bocca. Vedere il suo corpicino venire scosso dai singulti cancellò ogni briciolo di paura dalla mia anima.
"Abbiamo ancora un patto.", sputai fuori. "Ritira il tuo attacco o questo salterà."
"Credimi," il pokémon rilasciò un verso altezzoso, "se oserai ancora darmi ordini salterà prima la tua testa."
"Allora auguro buona fortuna ai batuffoli ammuffiti che compongono il tuo cervello.”
Il fumo delle mie catene prese a scorrere più rapidamente, assumendo la sgraziata forma di un fuoco verticale.
"Come osi—"
Non gli lasciai il tempo di proseguire.
"Se mi ucciderai, perderai anche la mia bella boccuccia. E credo che di quella ti importi, dato che è l'unica in grado di comunicare sia con te che con gli umani."
Il Banette assunse un atteggiamento più difensivo.
"Allora potrei prendermela con i tuoi animaletti da compagnia. Loro non mi servono." A dimostrazione di ciò, Wooper venne ricoperto da una cortina di fumo. Le venature assunsero una colorazione tendente al rosso vinaccia e la sostanza si fece più consistente, fino a raggiungere lo stato solido. Riuscivo a malapena a sentire i versi - no, i guaiti - spaventati del mio pokémon mentre veniva schiacciato dalla sua stessa prigione.
 
Qualcosa mi pizzicò la testa.
Dando voce alle ondate di lava che mi stavano attraversando il petto, gridai: "Sgranocchio!"
Il cappello mi cadde dalla testa, ma non ci feci caso, troppo rapita dall'espressione shockata del Banette nel vedersi volare addosso un topo viola dai denti assetati di imbottitura.
Dopo un primo attimo di smarrimento, lo spettro sollevò una zampa verso l'alto, innalzando una fiammata di fumo che passò dal nero al bluetto. Rattata ci sbatté contro con un lamento, ma ricadde senza grossi problemi sull'erba.
 
L'attacco non era andato a buon segno, però era servito a qualcosa: per erigere lo scudo, il Banette aveva richiamato il suo attacco precedente. Con un calcio mi liberai dai residui delle mie catene, che svanirono nell'aria.
Mi chinai sui miei pokémon per accertarmi delle loro ferite. Rattata sembrava essere a posto, ma sul suo dorso vi erano delle chiazze di pelo bruciate. Wooper, invece, era in condizioni precarie: il suo corpo presentava delle zone scure, che temevo potessero essere primi stadi di ematomi. La cosa preoccupante era, però, che nonostante i miei richiami non volesse saperne di aprire gli occhi.
Non avevo idea di cosa fosse successo dentro al bozzolo che lo teneva prigioniero, ma sembrava grave.
Ritirai nella pokéball il mio piccolo amico, sussurrandogli rassicurazioni che però non parvero venir recepite.
 
Rattata mi si parò davanti in posizione difensiva. Incrociai gli occhi rosati del Banette. Anche se era ancora sostenuto da una delle sue lingue fatte di tenebra, notai con una certa soddisfazione che la cortina si era finalmente prosciugata.
Ma invece che gongolare, strinsi i denti in una smorfia colma di rancore. Il Banette non fu da meno.
"Vorrei ucciderti."
Inserii una mano nella borsa, pronta ad usare qualsiasi cosa avessi a disposizione pur di scamparla. Lo spettro digrignò i denti della cerniera, assumendo un'espressione quasi dolorante.
"La cosa che voglio di più in questo momento è porre fine alla tua inutile e patetica vita", ripeté, fissando con astio le proprie zampe chiuse a pugno. Pareva piuttosto...
"Ma non posso!"
Combattuto?
 
Il tentacolo che lo teneva su prese ad oscillare, imitando lo stato d'animo del suo padrone che intanto si era preso la testa fra le mani. Sarebbe stato un’ottima occasione per fuggire. Dopotutto Rattata lo aveva già fatto, scattando fino ai cespugli più vicini e sparendo nel sottobosco senza lasciare traccia. Il Banette era chiuso nel suo mondo di autocommiserazione.
Sollevai lo sguardo verso il cielo. Le fronde degli alberi erano immerse nella penombra, perforata solo da sporadici raggi color carminio che andavano affievolendosi di secondo in secondo.
Avevo perso. Il sole era già tramontato ed io non avevo ancora trovato una via d'uscita da quel labirinto di alberi.
 
Riportai la mia attenzione sullo spettro, avvertendo il montare di un pugno d’ira dentro il mio stomaco.
"Quindi, ciò che desideri di più è farmi fuori?"
"Esatto!", sbraitò. Socchiusi gli occhi.
"Anche più di uccidere il tuo ex-proprietario?"
La reazione fu istantanea: gli occhi del Banette brillarono di rosso e sui suoi palmi comparirono delle sfere cariche di energia.
"Non osare nemmeno paragonarti a lui!"
Con un semplice movimento del polso le sfere schizzarono verso di me. Schivai la prima abbassando la testa e la seconda mettendo in pratica un limbo di infima qualità. Faceva così schifo, infatti, che caddi a terra con uno strillo.
Ma invece di venire travolta da altri attacchi, sentii un sussulto. Venni sollevata in piedi - cortesia di un altro tentacolo di fumo – ritrovandomi di fronte al temibile peluche, che frettolosamente prese a tastarmi la faccia con delle zampe umidicce. Per qualche motivo la stoffa che rivestiva il suo corpo aveva cominciato a produrre e riassorbire in tempo record grosse gocce di sudore.
Odoravano di fumo e uova marce.
Ci vollero approssimativamente due secondi per far sì che Ira venisse presa a calci da Disgusto. Ce ne vollero altri tre perché riuscissi a scaraventare il pupazzo contro un albero. Al decimo secondo mi ero già dileguata fra gli arbusti.
 
Dietro di me prese vita ciò che pareva essere l'unione di tre diverse viole scordate, presto accompagnato da un rombo proveniente dal sottosuolo.
Gettai una rapida occhiata alle mie spalle.
Dal terreno continuavano a levarsi serpenti d'ombra, menanti alla cieca, alla ricerca di qualcosa su cui sfogare il proprio potere: nemmeno la natura era al sicuro, a giudicare dall'ingente quantità di alberi che stavano venendo stritolati. I miei occhi fecero appena in tempo a notare il massiccio tronco di un baccastagno che le spire attorno ad esso si contrassero di scatto, spezzandolo con un secco crack.
Quel suono echeggiò anche nella mia cassa toracica, convincendomi ad accelerare. Ma le scosse si stavano facendo sempre più forti, sempre più vicine, tanto che ormai la mia schiena stava venendo colpita dai piccoli sassi che venivano sbalzati in aria ad ogni attacco.
 
Mi guardai attorno, alla febbrile ricerca di una via di fuga.
Se solo ci fosse stato un corso d'acqua, mi ci sarei buttata seduta stante. Dubitavo che il Banette mi avrebbe seguito anche lì: a giudicare dal fetore che quel mostro emanava, non doveva essere un amante dei bagni.
Ma quel postaccio rinsecchito non voleva offrirmi soddisfazioni: non c'erano fiumi, non c'erano laghi, non c'erano piscine; non c'erano scale, non c'erano ascensori, non c'erano Centri Pokémon e persone e perché cavolo Daisuke non risponde!
In compenso c'erano ovetti mezzi rotti i cui gusci parevano essere stati tratteggiati da bambini dell'asilo, un pokémon spettro con un serio bisogno di rassettare le proprie priorità, e alberi, alberi, alberi— albero cavo!
 
Mi lanciai nella fessura appena in tempo per schivare un tentacolo che, spuntato ad un metro da me, aveva preso a sondare il terreno circostante flagellandolo a mo' di frusta. Rattata mi raggiunse dopo un paio di secondi, con un fiatone che al confronto con il mio poteva passare per 'elegante'.
Squittì un paio di volte, indicando il braccio d’ombra con nervosismo. Il messaggio era chiaro: se non volevamo ritrovarci nello stesso stato del tronco di poco fa, saremmo dovuti uscire al più presto. Annuii, portando una gamba all’indietro per uno scatto.
Il piede cedette. Mi ritrovai a pancia a terra, lottando contro la gravità per non venire trascinata giù.
Giù.
Giù dove?
Piantai le dita nel terreno, ancorandomi a terra. Mi sforzai di girare la testa e di dare un senso alle forme confuse nella penombra.
Okay, il suolo è in discesa. Quella là è la mia gamba e... aspetta, dov’è il polpaccio?
Mossi l’arto, sentendolo sì rispondere ai comandi, ma senza riuscire a trovare alcun appoggio: sotto al mio piede c’era solo aria.
Sbattei le palpebre.
…una fossa?
 
Rattata, che fino ad allora aveva cercato di arrestare il mio scivolamento tirandomi una spallina della maglia - gesto piuttosto inutile ma comunque apprezzato - rilasciò di colpo la presa, emettendo un verso atterrito. L'ultima cosa che vidi prima che tutto cadesse nell'oscurità fu un'estensione del tentacolo penetrare all'interno del tronco, dritto verso di noi.
 
Dopo essere stata adottata, non avevo più avuto paura del buio. Di pericoli ce n'erano a bizzeffe, pure di giorno; perché andare a complicarsi la vita facendosi le paranoie su cosa poteva celarsi nell'ombra?
In quel momento, nel sentire il mio fiato mozzarsi ed il mio cuore contrarsi in una fitta così convulsa ed erratica e sbagliata da farmi male, ricordai come mai il genere umano temesse così tanto l'oscurità.
L'anticipazione è quasi più dolorosa del colpo stesso.
 
Non essendo una grande fan del dolore (nonostante le mie ultime avventure tendessero a dimostrare il contrario) la scelta fu semplice. Afferrai Rattata per la coda ed estrassi il resto delle mie dita da terra, lasciandomi scivolare verso il basso.
 
Il tentacolo riuscì solo a sfiorarmi il volto; poi il terreno scomparve da sotto al mio corpo ed io sguizzai via, cadendo nel nulla.










 



~Author's Corner~
Prima che voi me lo veniate a far notare, ho un annuncio da fare: sì. Amo far cadere la gente. E dovreste amarlo anche voi.
*coff coff*

E così sono tornata... con un capitolo più a scopo informativo che dilettevole. Emh. Abbiate pazienza. Ne arriveranno altri (spero) più interessanti.
A questo proposito voglio ringraziare la mia betareader/friend/compagna-di-fangirlaggi Nyaa_ per avermi aiutato nel correggere questo capitolo ed un paio di quelli che lo precedono. Grazie Nyaa! *tira coriandoli*

Come al solito, se ci sono problemi/errori/confusioni varie, please, fatemelo notare ^^
Until the next chapter, bye bye~

 

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Capitolo 37
*** Pista (in)Ciclabile II ***


~ Pista (In)Ciclabile II ~
 
 

Per un momento, nel sentire l'urlo acuto di Rattata, mi domandai se non avessi commesso un orribile sbaglio; poi il terreno prese ad inclinarsi ed il mio corpo a scendere giù, rapido e senza intoppi.
Eravamo capitati in uno scivolo.
 
Le grida che mi proruppero dalle labbra andarono a sommarsi a quelle del pokémon, con la sola differenza che le mie erano di diletto, mentre le sue di terrore.
Certo, ero ben conscia del fatto che da un momento all'altro il condotto sarebbe potuto crollarci addosso rendendoci ottimi candidati alla fossilizzazione. Tuttavia la situazione era troppo surreale perché io potessi prenderla sul serio, perciò decretai che se il mio destino fosse stato quello di essere riportata alla luce ed esposta in un museo, tanto valeva morire indossando un'espressione gioiosa.
 
La mia allegria terminò quando lo fece anche lo scivolo. Con l'impatto il mio corpo venne sbalzato in avanti e costretto a ruzzolare senza controllo. Una serie di ‘Ouch!’ e ‘Agh!’ presero il posto delle vecchie risa, finché dopo cinque – otto? dodici? – capriole il mondo parve avere pietà di me e smise di girare.
Rimasi stesa su quel pavimento – freddo, irregolare e puntellato da sassolini aguzzi che mi si erano conficcati nelle braccia, nelle gambe e nella schiena - il tempo necessario per perdere i sensi, svegliarmi, girarmi di lato per vomitare e chiudere di nuovo gli occhi.
 
Rattata ad un certo punto doveva essersi stancato di aspettare, perché quando mi ripresi fu per un suo morso alla guancia; non tanto forte da sradicarmi la faccia, ma abbastanza vigoroso da farmi strillare e coprire il volto con le mani.
"Rattata, ma che cavolo— di solito bisogna baciare le giovani fanciulle dormienti, non mangiare loro la faccia!"
"Ratta! Ta!"
"...touché. Nemmeno io mi bacerei."
"Rat."
"Però come principe fai schifo."
 
Mentre mi ripulivo le labbra con una manica attivai la torcia del Pokédex, cercando di dare un senso all’oscurità che ci circondava.
Lo scivolo terminava in un tunnel deserto se non per degli affusolati funghi bianchi che sbucavano a mazzi dalle sue pareti. L’aria era pesante ed umidiccia, tanto che dovetti passarmi il dorso della mano sotto al naso per evitare che gocciolasse.
Mettendomi in bocca Dexi, provai a risalire il condotto dalla quale eravamo discesi, invano: dopo appena quattro passi mi resi conto che il successivo tratto di tunnel era troppo ripido per essere scalato e mi lasciai scivolare fino a terra.
Rattata sollevò le orecchie, in attesa del mio resoconto.
“È impossibile tornare indietro.” Alzai lo sguardo, concentrandomi sulla parete opposta allo scivolo: lì le pareti rocciose si stringevano fino a formare un passaggio angusto, ma che appariva essere praticabile. “A questo punto non possiamo fare altro che proseguire”.
Con la punta del piede diedi una spinta al pokémon, avvicinandolo al cunicolo. Rattata emise un versetto indispettito, a cui replicai facendogli notare che, come topo dotato di vista notturna, avrebbe potuto avvertirmi di eventuali pericoli lungo il percorso.
Con un piccolo sbuffo – dovuto al compiacimento per essere stato, in un certo senso, definito superiore alla mia persona – Rattata prese a zampettare nella direzione indicatagli, sventolando la codina.
Controllando per un’ultima volta il cellulare (ovviamente non c’era alcun segnale) lo seguii, sperando con tutte le mie forze di scampare in qualche modo al mio destino da fossile.
 
Mi passai una mano sulla fronte sudata.
Molte cose potevano andare storte. Da un momento all’altro sarebbe potuto sbucare fuori un pokémon troppo potente per poterlo affrontare; il tunnel ci sarebbe potuto cadere addosso a causa di qualche scossa sotterranea o sarebbe potuto terminare in un vicolo cieco, lasciandoci senza alcuna via d’uscita.
Lanciai un’occhiata al soffitto, dove le ombre si avviluppavano alle stalattiti di roccia come rettili oziosi. Nell’oscurità sembravano pulsare.
 
Tornai a concentrarmi sul percorso, rabbrividendo.
Il Banette che fine aveva fatto? Si era reso conto di averci perso, o stava proseguendo imperterrito nella sua opera di distruzione? Sarebbe riuscito a rintracciarci?
La mia respirazione fu resa più facile quando mi ritornò in mente la descrizione del Pokédex. Se il peluche era stato abbastanza disperato da essere disposto a venire a patti con me, uno degli umani che tanto disprezzava, ciò significava che la ricerca del suo ex-padroncino si era dimostrata più volte infruttuosa. Probabilmente aveva iniziato ad attaccare chiunque incontrasse proprio perché conscio di essere con le spalle al muro; ma ora che aveva finalmente trovato qualcuno in grado di facilitargli il compito, non sarebbe stato disposto a lasciarselo scappare.
Perciò ero certa che non mi avrebbe eliminata— non subito, almeno.
Infilai la mano in tasca, circondando con le dita la pokéball di Wooper.
 
 Lo stesso non si poteva dire per chi mi stava accanto.
 
Accarezzai la superficie liscia col pollice, cercando di infondere sia a me che al mio compagno un po’ di conforto.
Una piccola parte di me, timida ma ottimista, sperava ancora di riuscire a scamparla. Biascicava che, se avessi spiegato a Daisuke il problema, lui sarebbe riuscito a trovare una soluzione. Immaginava che, in caso contrario, avremmo potuto affrontarlo assieme in un combattimento. La verità era tuttavia ben diversa, e quelle illusioni non facevano altro che rigirare il coltello nella piaga.
Non avevo idea di come avrebbe potuto reagire Daisuke. La sua mente era indubbiamente un vero e proprio database di informazioni e di fronte alle difficoltà era in grado di mantenere la calma ed analizzare la situazione; ma gli eventi più recenti – l’incontro con il Gyarados meccanico, la piccola crisi a cui era stato soggetto a bordo del Lapras – avevano dato prova che anche lui aveva dei limiti.
E poi…
Socchiusi gli occhi, rievocando il numero che era apparso sullo schermo del Pokédex quando l’avevo puntato verso il Banette durante il nostro primo incontro.
Se anche decidessimo di lottare, non faremmo che condannarci da soli.
 
(Questo sempre se Daisuke decide di aiutarti)
 
La  pokéball mi scivolò via dalle dita, cadendo sul fondo della tasca.
Daisuke era furbo, ma cauto: cercava di non cacciarsi nei guai. Perché mai avrebbe dovuto darmi una mano?
Siamo amici. Mi rammentai, affrettandomi ad erigere una difesa contro i sussurri che mi stavano accarezzando mollemente la coscienza. L’ha detto anche lui. Perciò…
Chiusi la mano in un pugno.
Eravamo amici, perciò sarebbe stato preso di mira.
 
Mi morsi il labbro inferiore, cercando di sopprimerne il tremolio.
Non ero abbastanza forte per sconfiggere il Banette, ed ora sia lui che la mia squadra ne avrebbero sofferto le conseguenze.
 
Il passaggio si allargò dopo una mezzoretta di cammino; contemporaneamente, l’eco dei miei passi si fece meno pronunciato e l’ossigeno perse la sua corposità. Feci un giro su me stessa, rischiarando i dintorni.
Ero finita in un’altra grotta. Questa aveva la forma circolare e dal suo perimetro si diramavano una decina di tunnel scavati a distanza simmetrica l’uno dall’altro; per il resto la stanza era spoglia, fatta eccezione per una sagoma bianca che s’innalzava al centro della caverna. Ad occhio e croce doveva raggiungere l’altezza delle mie spalle.
Sgattaiolai fino a quella struttura nodosa e le puntai addosso la torcia. Dopodiché sbattei le palpebre una, due volte.
Un… fungo?
Davanti a me c’era un fungo grosso come la poltrona del salotto dei miei nonni. Gli girai attorno, squadrandolo con attenzione. La sua mancanza di colore lo rendeva più simile ad uno spettro che ad un’entità fisica, tanto che provai il desiderio di toccarlo, giusto per accertarmi che fosse effettivamente reale. Esitai, spostai il peso da un piede all’altro e alla fine allungai un dito verso il vegetale.
 
Qualcosa mi premette la caviglia, facendomi fare un salto indietro. Abbagliai il colpevole.
“Rattata, accidenti! Un po’ di pietà per la tua misera fornitrice di biscotti!”
Il topo arricciò il muso in un’espressione presuntuosa.
“Almeno hai trovato l’uscita?” Brontolai, posandomi una mano sul fianco. Il pokémon fece spallucce, adocchiando i vari passaggi.
“Ta…” Sembrava indeciso quanto me.
Sospirai. Andare alla cieca non era un corso d’azione molto allettante: serviva una pista, un indizio.
Trascorremmo i successivi minuti a studiare i vari passaggi, ma ad eccezione di alcune incisioni che circondavano i loro ingressi a mo’ di cornicette (qualche esploratore che si era fatto prendere la mano con lo scalpello?), non presentavano nulla che potesse differenziarli.
La cosa si risolse in modo piuttosto democratico: sia io che Rattata scegliemmo il percorso che ci trasmetteva il minor numero di vibrazioni funeste e poi ci destreggiammo nel più epico – probabilmente perché unico – scontro di Carta-Forbice-Sasso mai giocato fra umano e roditore.
 
Cinque minuti dopo mi ritrovai ad arrancare dietro a quest’ultimo, cercando di non inciampare sulle radici che avevano deciso di ravvivare il posto, tappezzando pavimento e pareti in egual maniera.
“La prossima volta – puh! Che schifo! – si gioca a Pari e Dispari.” Sputacchiando, scostai la pianta rinsecchita che mi era finita in faccia. Il topastro sghignazzò, finché anche lui non scivolò su una macchia verde. Mi chinai a tastare il groviglio di radici, che risultò umido e morbido al tatto.
Muschio?
Non essendo molto istruita sulla biologia – o sulle altre materie scientifiche, umanistiche e, più in generale, scolastiche –  non sapevo di preciso cosa potesse significare. Decisi di considerarlo un segno positivo ed accelerai il passo.
In men che non si dica ci ritrovammo attorniati da ciò che aveva l’aria di essere una giungla in scala ridotta. Dal soffitto pendevano pigramente delle liane, alle cui potevo aggrapparmi ogni qualvolta perdessi l’equilibrio. Le mie scarpe si erano bagnate a forza di passare in mezzo alle ciocche d’erba lustre di rugiada che erano disseminate per il percorso, e da cui facevano capolino fiori di vari tipi: campanule, violette, non-ti-scordar-di-me…
Erano i funghi, però, a dominare il paesaggio. Questi, anziché mantenere il pallore che li aveva caratterizzati nel tunnel precedente, sembravano essere stati immersi in secchi di vernici fluorescenti. Costellavano i lati del cunicolo come dei lecca-lecca di varie dimensioni, le cui gradazioni passavano dal blu cobalto al rosso pennarello, dall’argento al verde acqua.
Non sapendo se fossero velenosi od innocui, mi limitai a scattare un paio di foto, desiderosa di portare almeno una parte di quello spettacolo con me.
Più proseguivamo, più dettagli riuscivamo a notare. Ad esempio mi accorsi con sollievo che, nonostante la florida natura, quel piccolo angolo di paradiso non ospitava neanche un insetto. Non una coccinella dispersa, non un’ape ronzante, non una farfalla.
Era tutto perfetto.
 
Eppure…
Deglutii, cercando di rimediare alla secchezza della mia gola. Un rivolo di sudore mi scivolò fino al mento.
Non vi era un fil di vento. La vegetazione era immobile, come se facesse parte di un quadro riflettente natura morta. Eccetto il fruscio dei nostri passi sull’erba, regnava il silenzio.
 
Rattata camminava a ridosso del mio piede, costringendomi a prestare il doppio dell’attenzione per non pestarlo.
“Suvvia, sono solo piante. Probabilmente ci stiamo avvicinando alla superficie!” Cercai di rincuorarlo, ignorando la strana sensazione che mi trasmetteva quel posto. “Magari sbucheremo in una grotta segreta, all’interno di cui dei vecchi lupi di… uh… foresta? , dove dei vecchi lupi di foresta hanno nascosto i loro forzieri, ricolmi dei portafogli sottratti ai ciclisti della Pista Ciclabile!”
Quelle parole suonavano vane anche alle mie orecchie, ma il chiacchiericcio era un rumore confortevole a cui non volevo rinunciare. Perciò mi gettai in una lunga descrizione relativa alla ‘nave’ dei lupi di foresta e alle loro dimore sugli alberi, dove avevano costruito un vero e proprio villaggio integrato con l’ecosistema. Erano dei birbanti, certo, ma agivano nel rispetto dell’ambiente.
 
Ad un certo punto Rattata si stufò di darmi corda e cercò di mettermi a tacere colpendomi la caviglia con un colpo di coda ben assestato.
“Hey!”, alzai il piede, tastando la parte lesionata. “Che tu ci creda o no, fa male!”
Il topo espresse tutto il suo scetticismo con un ‘tsk’ ben piazzato.
Mi accucciai, tirandogli un orecchio. “Potrà anche essere una mossa debole contro un altro pokémon, ma noi umani non siamo abituati a questo genere di cose.” Anche se quello che mi hai appena fatto è a malapena paragonabile ad un calcetto nello stinco. Ma questo non devi saperlo.
Rattata arricciò il naso. Che miscredente.
Sollevai la gamba destra, indicandola. “Ricordi quando era ricoperta di ghiaccio? Una delle tante ed interscambiabili infermiere Joy mi ha spiegato che mentre per un pokémon è normale riprendersi dagli attacchi, per noi persone comuni non è facile reggere le vostre mosse.”
Sbuffai, ricordandomi la bella ramanzina somministratami da quell’infermiera. “Poi si è messa a parlarmi di come una volta sua cugina – anche lei infermiera e anche lei ‘Joy’ – era stata punta da un Weedle mentre potava le rose del suo Centro Medico. Anche se le sue colleghe ci avevano impiegato solo qualche minuto per iniettarle l’antidoto, per i tre giorni successivi era stata costretta a restare a letto, con il corpo pieno di pustol—“
Rattata emise un verso disgustato e mi colpì nello stesso punto di prima, ma con più forza.
Auch! Ti ho appena detto che—“
Il ratto viola mi lanciò un’occhiataccia, mettendomi effettivamente a tacere. Lo vidi muovere le orecchie, alzare il capo ed immobilizzarsi. Puntai la torcia elettrica del Pokédex verso il soffitto, illuminando un fascio di liane.
Gonfiai le guance. Tutta la galleria era ricoperta da liane: cos’avevano queste di così speciale? Erano verdi, sfilacciate e molto noiose. Non facevano altro che ciondolare e ciondolare, ostentando il loro rango da pianta dominante all’interno di quel dannato posto.
Aspetta. Spalancai gli occhi. Stanno ciondolando.
Feci due più due.
A meno che non si tratti di una nuova specie di pokémon desiderosa di farci un dispetto, questo vuol dire che c’è una corrente d’aria. E se c’è corrente…
“L’uscita!”, esclamai, mettendomi a correre. Nella fretta riuscii a sentire uno squittio allegro da parte del mio pokémon.
 
Il sentiero svoltò a sinistra, destra, di nuovo sinistra per poi aprirsi in quella che sembrava essere una nuova caverna: e là, in lontananza, intravidi un bagliore. La gonna mi ondeggiò delicatamente contro le gambe, alla mercé di un sottile soffio di vento.
Mi fermai, inspirando profondamente e riempiendo i miei polmoni di ossigeno fresco. Le mie narici vennero attirate da un odore dolciastro che, sommato al gorgoglio che da lì a poco aveva iniziato a giungermi alle orecchie, mi fecero sospettare che ci trovassimo vicino a qualche fonte d’acqua sotterranea.
Ma è troppo rumoroso per essere un fiume.  Che ci sia davvero una cascata?
 
Prima che potessi ragionarci su, Rattata mi tirò il calzino, incitandomi a smetterla di fissare il vuoto come un’ebete.
“Mi muovo, mi muovo! Smettila di distruggermi il calzin—“
La luce di Dexi tremolò, per poi tornare stabile. Aggrottai la fronte, dando una rapida occhiata al simbolo della batteria.
Quarantasei percento. In teoria sarebbe dovuta sopravvivere per almeno altre due ore; ma forse qualcuno si era dimenticato di dirlo al diretto interessato, perché la luminosità dello schermo si affievolì di nuovo. Picchiettai sul retro dell’aggeggio ed esso resuscitò a piena potenza.
Poi si spense.
Lo scossi, premetti bottoni a caso, gli lanciai maledizioni; niente da fare. Presi un lungo respiro, cercando di ignorare il formicolio che si stava diffondendo nel mio petto.
 
Era bizzarro.
E nel mio dizionario ‘bizzarro’ equivaleva a ‘non va bene, sta per succedere qualcosa di brutto, cosa fai lì abbindolata, esci fuori!’, per cui io, da persona amante della lessicografia, decisi di eseguire la definizione.
Peccato che fossi immersa nell’oscurità più totale, senza la benché minima idea di dove ‘fuori’ fosse.
Non riuscivo più a vedere il bagliore dell’uscita che fino a pochi attimi prima mi era stato di fronte al naso: era svanito nel nulla, assieme alla brezza leggera ed al fragore dell’acqua corrente.
Che si fosse trattato di un miraggio?
 
Rattata emise un ringhio. Un liquido caldo e bagnato mi cadde sulla guancia, facendomi rabbrividire. Lo lasciai scivolare fino alla punta del mio mento, senza provare a ripulirmi. I miei occhi guizzavano da una parte all’altra, cercando di captare un movimento, una presenza, una forma nel buio. Un flusso d’aria tiepida mi solleticò faccia e collo, facendo ondeggiare le punte dei miei capelli.
 
No, nessun miraggio.
Qualcosa la stava coprendo.
 
Al ringhio del mio compagno se ne aggiunse un altro, grave e roco, che mi fece trasalire. Rattata abbassò la cresta, rintanandosi dietro alla mia caviglia.
Io non riuscivo a vedere nulla, ma lui sì. Il fatto che non fosse nemmeno disposto a provare a combattere contro il nuovo arrivato costituiva un campanello di allarme.
Feci arretrare una gamba, cercando di distanziarmi. La bestia spalancò gli occhi luminosi – due bulbi senza pupilla e delle stesse dimensioni di un forno a microonde che mi fissavano privi di intelligenza – e per un attimo rimanemmo entrambi congelati sul posto. Dopodiché mi avventai nella direzione dalla quale eravamo venuti mentre l’Essere, emettendo un boato che fece tremare terra ed aria, diede inizio alla caccia.
 
La creatura mi fu sempre alle calcagna. Invece di sentire i tonfi delle sue zampe, ciò che raggiunse le mie orecchie fu il rumore di pietra che sfregava contro pietra, di una coda che falciava l’aria ed andava a conficcarsi nelle pareti laterali, del suo corpo che si trascinava lungo il condotto facendo vibrare il suolo. I suoi versi stridenti erano simili a quelli del Gyarados metallico, con la differenza che questi erano reali, saturi di una forza primitiva e troppo, troppo vicini.
Gli occhi del mostro emettevano abbastanza luce da permettermi di vedere dove andavo, perciò continuai a correre a ritmo sostenuto fino a quando Rattata non ci seminò. A quel punto il terreno smise di essere soffice ed inciampai sulla prima delle secche radici che ci eravamo lasciati addietro. Proseguii per un paio di metri a quattro zampe, arrampicandomi sulle piante, e poi ripresi a correre in posizione eretta incespicando più volte.
Quando raggiunsi la grotta del fungo gigante, la mia milza stava già implorando pietà.
Dove vado?
C’erano troppe gallerie.
Dove vado?
Il mostro era dietro di me.
Dove—
 
“Ratta!”
Mi avventai nella direzione del mio starter, seguendo i suoi richiami. Lungo il tragitto colpii con la spalla qualcosa di resistente, ma flessibile, ed un tenue bagliore rischiarò la stanza quel che bastava per individuare i vari condotti ed imbucarmi in quello giusto.
Sul terreno era dipinta la mia ombra, sovrastata da un’altra immensamente più grande e deforme. Con un singhiozzo costrinsi le gambe a dare il massimo per un ultimo sprint.
Il percorso era in salita ed il mio corpo era pesante e goffo, ma alla fine venni accolta dai rumori della boscaglia. Intravidi la sagoma di Rattata, che mi aveva aspettato al varco finale: lo superai in fretta e furia, inoltrandomi nella foresta.
Mi fermai solo quando il mondo, che pareva averne avuto abbastanza di farsi quattro risate alle mie spese, stabilì che sarebbe stato più che giusto far finire le mie peripezie con un tocco di classe.
Così inciampai su una roccia.
 
Rattata mi si avvicinò, accoccolandosi sulla mia spalla. Il suo cuore batteva all’impazzata contro la sua piccola cassa toracica, rimbombando assieme al mio. Ci vollero un paio di minuti prima che potessi essere sicura di non essere stata seguita fuori dal sottosuolo, prima che l’adrenalina smettesse di scorrermi nelle vene al posto del sangue. Dopodiché lasciai che le mie membra sprofondassero nel terreno, fregandomene altamente del fango e degli insetti e di tutto il resto.
La mia bocca sapeva di ruggine.
Non c’era una singola parte di me che non pulsasse dolorosamente. In particolare, mi bruciavano i palmi delle mani (dovevo essermi graffiata) e la mia gamba destra non smetteva di tremare.
 
Attorno a noi, tutto era tranquillo.
Fra le fronde degli alberi echeggiavano i trilli degli insetti notturni. Da qualche parte un grosso rospo gracidava con insistenza.
 
Non mi importava della Pista Ciclabile. Non mi importava dei pericoli del bosco. Nulla poteva superare l’orrore che avevo appena provato. Di certo non mi sarei mai, mai e poi mai riavventurata laggiù. Piuttosto avrei preferito affrontare il Banette ed i suoi attacchi tentacolari a mani nude.
 
La temperatura si abbassò di colpo, facendomi venire la pelle d’oca. I suoni della foresta vennero meno, inghiottiti dal silenzio. Udii un fruscio.
Sollevai le palpebre, intrecciando lo sguardo con due pupille rosa che mi fissavano con superiorità.
“Salve, scimmia. Sei pronta a morire?”
 Chiusi gli occhi.

Ma porca di quella—
 
Fui tentata di non rispondere. Il mio volto venne lambito da ciò che aveva l’aria di essere vapore acqueo, ma che sprigionava un odore pungente: mi ricordava l’incenso all’essenza di pino che aleggiava nello studio di Zio Teddy; tuttavia, mentre quest’ultimo aveva un’azione calmante sui nervi tesi, quello del Banette mi volteggiava attorno come un avvertimento.
Mi costrinsi a partecipare al suo gioco.
“Per quello”, mi domandai cosa ci facesse un pezzo di carta-vetro al posto della mia lingua, “Sei arrivato in ritardo.”
“Mmh. In effetti, prima puzzavi di meno.”
“Senti chi parla.”
Di paura, stupida.”
“Cosa sei, un cane?”
“Non sono affari tuoi!” Lo strano gas iniziò a vorticare, scompigliandomi i capelli. Puzzava di legno bruciato.
Lo spettro fluttuava sopra di me, sospeso in aria dalle solite lingue oscure. Stavolta assomigliavano di più ad una foschia che ad entità corporee: si muovevano con impazienza, scalciando a destra e a manca, arricciandosi su se stesse e contraendosi come in preda ad un mal di pancia.
 
Mi venne come l’impressione di essere al centro di una messa in scena. Uno spettacolino gratuito con la quale il pokémon intendeva intimorirmi. Ma, forse perché avevo già accettato la mia triste sorte, forse perché avevo prosciugato le emozioni con la fuga di prima, il massimo che riuscii ad offrirgli fu un sospiro.
Irrigidendo gli addominali e digrignando i denti per lo sforzo, mi misi a sedere.
“Mi spieghi che cosa vuoi?”
Le ombre si fermarono. Gli occhi del Banette si fecero più intensi, passando da rosa a cremisi. La lampo della sua bocca slittò, aprendosi di pochi centimetri. Trattenni il fiato.
Vendetta.”
I miei polmoni si sgonfiarono come palloncini.
 
Mi morsi la lingua, intrappolando le tre risposte automatiche che la mia bocca era stata sul punto di divulgare. Tutte e tre sarcastiche e scocciate, il cui unico risultato sarebbe stato il maciullamento del mio corpo da parte di un pokémon psicolabile.
Passai una mano sulla fronte sudata, assalita dallo sconforto. Al momento desideravo solo un letto. E del cibo. Anche una doccia calda non sarebbe stata male. Non c’era spazio per qualcosa come la vendetta, nei miei piani.
Beh, eccetto quella alla quale avrei sottoposto Daikke non appena l’avessi rivisto. Stickers di My Little Ponyta sul portatile? Baffi e monocolo sulla foto del suo passaporto?
Un arto tenebroso acquisì la forma di una mano umana, e schioccò le dita di fronte al mio sguardo imbambolato, interrompendo bruscamente il calcolo delle tempistiche su cui mi sarei dovuta regolare per riuscire a riempire di nascosto un flacone di shampoo con del muco di Wooper.
 
Sobbalzai, colpendo l'attacco e facendolo dissolvere.
“Ho capito! Vuoi la tua vendetta!”, mi portai una mano al petto, “Io invece desidero che tu lasci me e le altre persone in pace.”
Pausa. “E con ‘in pace’ intendo dire ‘intatte, vive e vegete’. Non l’altra pace.”
Il Banette emise un piccolo ‘tsk’, distogliendo momentaneamente lo sguardo. Alla fine, decretando probabilmente che la sua rinuncia non fosse poi così gravosa, tracciò un paio di cerchi in aria con la zampa – imitata dal tentacolo, che si era ricomposto – come per dirmi di proseguire.
“In cambio, dedicherò un po’ del mio tempo—“
Il mio interlocutore mi schioccò un’occhiataccia.
“—una buona frazione del mio tempo per cercare il tuo ex-padroncino. O padroncina.” Corrugai la fronte, rendendo palese la mia mancanza di informazioni.
Dalla nuvola gassosa si condensò un braccio d’ombra che si fermò a qualche centimetro dal mio busto, facendomi ritrarre istintivamente. Anziché attaccare, il Banette si limitò a formare un’altra mano, per poi statuire qualcosa che, nella sua fermezza, risuonò come un’omelia funebre:
“Prima il patto. I dettagli vengono dopo.”
 
Il lobo sinistro del mio cervello si arrovellò in un susseguirsi di pensieri (Non me la racconta giusta, non accettare, è impossibile che tu ci riesca, già ti è difficile fare l’allenatrice, figuriamoci il detective privato).
Quello destro a sussurrò un’unica sentenza disillusa: ‘Beh, ti ha incastrata.
Valutai le mie alternative.
Scappare era fuori discussione: anche avendo ripreso fiato, il fatto che la mia gamba destra non avesse ancora smesso di martellare fu sufficiente a farmi rinunciare all’iniziativa.
Combattere sarebbe stato un corso d’azione con effetti ancora più disastrosi. Dopotutto Wooper era fuori uso, mentre Rattata…
Lo osservai con la coda dell’occhio: il topino era sulla difensiva, pronto a scattare; ma a giudicare dai tremolii che gli scuotevano il corpo, doveva essere stremato. E non avevo con me uno straccio di Pozione perché Daisuke, in tutto il suo acume, aveva decretato che con il mio modo di fare impacciato avrei finito col romperle o col somministrarle nel modo sbagliato. Mi era parsa un po’ una scusa, ma la proposta – la scappatoia da quella responsabilità – era suonata così dolce alle mie orecchie da spingermi ad accettarla senza uno straccio di obiezione.
Ed a causa della mia pigrizia adesso ero alla mercé di una bambola.
Una bambola piuttosto spazientita.
 
“Ti darò dieci secondi.”
Per poco non mi strozzai.
“Eh?”
“Nove secondi, e poi adopererò le tue interiora per decorare il bosco in vista del Natale.” Il fumo violaceo circondante l’arto che mi stava di fronte spumeggiò, irrequieto.
Scossi la testa, incredula.
 
“Otto…”
Serrai la mandibola. Il sangue mi corrodeva le vene, acido e scottante.
Non volevo stringergli la mano. Non volevo stipulare un altro accordo.
Strinsi i pugni, conficcandomi le unghie nella pelle finché non l’avvertii bruciare.
Da tempo avevo ormai raggiunto la conclusione che tutti i Pokémon Spettro fossero dei mostri privi di coscienza, ma il suo comportamento superava ogni limite. Era solo una bambola di pezza! Non poteva imporsi sulla mia volontà, costringermi a fare qualcosa che non desideravo! Non ne aveva il diritto!
 
“Sette…”
Avrei combattuto. Avrei fatto in modo di bloccare il suo progetto, rifiutandomi di collaborare o boicottando l’operazione dall’interno. Mi sarebbe bastato trovare il suo punto debole, qualcosa su cui far leva per riprendere il controllo della situazione e poi…
La nube nera pulsò, riempiendosi di venature violette. Sussultai, dirigendo lo sguardo verso il suo creatore: Il Banette, come se avesse compreso le mie intenzioni, indicò Rattata con un piccolo movimento del capo. I suoi occhi si erano tinti di rosso, proprio come avevano fatto con Wooper prima di ferirlo.
Mi morsi il labbro, abbassando lo sguardo.
 
“Sei…”
Sono un’idiota.
Non ero l’unica ad essere in pericolo. C’erano i miei pokémon, e anche—
Daisuke. Come avrei fatto con lui? Non potevo trascinarlo in un pasticcio che avevo creato con le mie stesse mani, per quanto le mie azioni fossero state a fin di bene. Ma dopotutto lo avevo salvato dal Gyarados: non avrebbe potuto biasimarmi più di tanto, no?
 
“Cinque…”
E allora perché non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di un Daisuke che mi scrutava con gli occhi ridotti a fessure?
Mi strinsi nelle spalle, cercando istintivamente di nascondermi.
Cosa mi assicurava di non aver commesso un enorme sbaglio? Se avessi atteso qualche minuto anziché scagliarmi precipitosamente nel serpente robotico, forse avremmo potuto formulare un altro piano. Forse sarebbero giunti i soccorsi. Forse—
 
“Quattro…”
Cos’avrebbe fatto, lui, al mio posto? Cos’avrebbero fatto i miei Nonni, i miei Zii? Mamma e P—
E il bambino?
Il terreno guizzò via da sotto i miei piedi, come se un gigante avesse dato una manata alla Terra facendone accelerare la rotazione attorno all’asse. Feci un passo indietro, stabilizzandomi. Ingoiai della saliva, cercando di tenere a bada la nausea.
Anche nel remoto caso in cui fossi riuscita a svolgere la mia parte, avrei comunque condannato una persona a morte certa.
 
“Tre…”
Non posso farlo!
Mi presi la testa fra le mani, non riuscendo più a sopportare la vista della mano che il pokémon mi stava tendendo.
La sola idea di poter contribuire ad un omicidio mi era inconcepibile. Uno sconosciuto, poi? Il cui unico crimine era stato quello di buttare via un giocattolo?
 
(Ma appunto perché è uno sconosciuto, dovrebbe renderti il tutto più semplice. Non vuoi salvarti?)
Non— io non—
 
“Due…”
Afferrai i lembi della mia gonna, nel tentativo di fermare il tremore delle mie mani.
Non esisteva una scelta giusta, vero? Erano tutte sbagliate e orribili e qualcuno sarebbe rimasto ferito in ogni caso. Anche se avessi declinato il patto – mi rifiutai di pensare a quale sarebbe stata la mia sorte, in quello scenario – il Banette avrebbe ripreso le ricerche, proseguendo con la sua carneficina indiscriminata.
Mi sentii strattonare il laccio della scarpa. Rattata, lasciata cadere a terra la stringa, alzò il musetto. Gli vibravano i baffi e la sua coda era così bassa e ricurva, da essergli finita in mezzo alle gambe. Teneva gli occhi fissi su di me, concentrati in una preghiera silenziosa che sembrava dirmi ‘Scappiamo. L’abbiamo fatto prima, ci riusciremo di nuovo.
Lui era pronto.
 
Uno…!”
Probabilmente, se fossi stata più coraggiosa, o più forte, o anche solo più sfrontata, avrei seguito il suo consiglio.
Ma ero stanca. Stanca di scappare. Stanca di fingere di essere qualcosa che non ero. Stanca di resistere alla voce che da nove secondi, grave e dolorosa come i battiti del mio cuore, ripeteva “Stringi la mano. Stringi la mano. Stringi la mano, e finirà tutto.”
E così feci. Perché tanto, qualsiasi cosa avessi scelto di fare, non sarebbe stata che l’ennesima fuga.
 
Il Banette sogghignò: quindi il suo arto mi trapassò il petto.
Urlai, sentendo l’ammasso gassoso – no, non gassoso, ma pesante e viscoso come il catrameavvilupparsi attorno al mio cuore. Cercai di afferrarlo, ma la mia mano ci passò attraverso senza alcuna resistenza.
Ora che un corpo estraneo stava circondando il mio organo, riuscivo a rendermi conto delle sue effettive dimensioni; del vigore delle sue contrazioni; dell’energia vitale che lo portava ad espandersi ed a ritrarsi in continuazione, nutrendo il mio corpo. Presi delle grosse boccate d’aria, cercando tenere giù la sostanza acidula che stava risalendo il mio stomaco. Portai gli occhi sul peluche, ghermendo la parte sinistra del mio petto.
“C-cosa stai…!”
Il pokémon stava studiando quella stessa zona con aria assorta. Ogni tanto spostava lo sguardo, come se stesse cercando qualcosa.
“Tranquilla.”, borbottò, “Presto sarà tutto finito”. Poi l’arto spettrale cominciò a stringere il mio cuore ed il mio corpo si contrasse come un giocattolo a molla.
La mia vista stava venendo contaminata da  un pullulo di puntini neri; ma prima che potessi perdere i sensi, il mondo si tinse di grigio. Un’onda fredda si riversò per tutto il mio torace, riempiendo con la sua presenza ogni interstizio. Avvertii solo un pizzicore diffuso alle membra, dopodiché al Banette scappò un sibilo e l’attacco strisciò fuori dal mio corpo per rintanarsi all’interno della nube da cui era stato originato, lasciandomi cadere a terra.
 
Mi misi a carponi, sostenendomi su arti tremanti. I vestiti, appiccicatisi  alla mia pelle completamente madida, erano diventati scomodi ed asfissianti.
Il mio braccio venne a contatto con il pelo ispido di Rattata che, squittendo, provò a confortarmi premendoci contro la fronte. Fra un ansimo e l’altro riuscii a rassicurarlo, a dirgli di essere a posto. Stordita, con lo stomaco in subbuglio, ma a posto.
 
Quando la nausea si affievolì mi sollevai sulle ginocchia e puntai il dito contro il mio aggressore.
“H-hai mentito!”, proruppi, non sapendo se in me predominasse il terrore o la furia, “Hai cercato di uccidermi!”
Il pokémon stava fissando il vuoto alla sua destra, dando l’impressione di essere perso nei propri pensieri. La sua fronte era imperlata di sudore. Lui e la sua nuvola avevano perso almeno una trentina di centimetri di quota.
“L’accordo salta!” Continuai, alzandomi. Quelle parole ebbero l’effetto di far tornare il Banette alla realtà ed ai suoi modi imperativi.
“No, non puoi!”
Aprii la bocca, pronta ad usufruire di qualunque insulto ritenessi più appropriato, ma lui mi precedette. “Non puoi, perché…”, riportò lo sguardo sullo stesso punto di prima, contemplando qualcosa. Alla fine parve decidersi e continuò, “…perché quello era il patto.”
Se credeva che potessi ancora fidarmi delle sue parole dopo ciò che aveva fatto, si sbagliava di grosso. “Mi stavi schiacciando il cuore!”
“Volevo— cioè, ho usato una delle mie abilità. Non so come voi umani la chiamiate. Mi sono assicurato di rendere il nostro accordo un patto inscindibile, pena la morte.”
Aggrottai la fronte; lui alzò a sua volta un sopracciglio, sfidandomi.
D’istinto andai a controllare su Dexi, ricordandomi che fosse fuori uso solo dopo averlo puntato contro lo Spettro. Tuttavia lo schermo brillò lo stesso, dandomi il benvenuto come al solito. La batteria segnalava il trentacinque percento, mentre la luminosità era tornata ad essere stabile.
Premetti il pulsante ‘A’, appuntandomi nella mente di far ispezionare i circuiti di quell’aggeggio da Daisuke. Feci scendere la pagina fino a raggiungere la sezione che mi interessava.
 
«Maledizione. Il Pokémon Spettro rinuncia ad una parte della sua salute per scagliare al nemico un anatema, che agirà in un secondo momento»
 
Oh. Effettivamente ha un senso. Sollevai la testa. E forse non è così male.
“Questo vuol dire che anche tu sei vincolato?”
La sua zip si abbassò in una smorfia scontrosa. “No. Questo vuol dire che tu sei costretta a rispettare il patto, se ci tieni alla vita. Io posso fare quel che mi pare.”
Mi scappò una risatina.
No, non era ‘male’. Il concetto di ‘male’ non si avvicinava nemmeno a descrivere la mia situazione.
La risata s’ingrassò, accrescendo la velocità con cui l’aria fuggiva dai miei polmoni. Continuai a ridere sotto gli sguardi preoccupati (Rattata) ed annoiati (Banette) dei due pokémon in mia compagnia, fino a quando non terminai la riserva di ossigeno per la quarta volta consecutiva.
 
Dopo che il mio breve episodio di isteria si fu consumato, tale sorte era toccò pure alle mie riserve di pazienza.
Perché?
Perché quel dannato Banette si era rivelato un socio inutile.
Certo, era un Pokémon Spettro di livello superiore al cinquanta, una macchina da guerra allo stato brado il cui corpo emanava un fetore tale da poterci stecchire un esercito.
Ma per il resto? Totalmente inutile.
 
Prima di dividerci (“Passerò a fare dei controlli periodici, ma ora che sei vincolata non c’è bisogno che mi unisca a te. Mica sono uno dei vostri alleva-cuccioli.”,  “Baby-sitter?”,  “Quello che è.”) io ed il peluche avevamo trascorso un po’ di tempo assieme su mia esplicita richiesta. Non che ci tenessi particolarmente: dopotutto avevo perso su tutta la linea.
Ma quando si è colti dalla disperazione c’è solo una cosa da fare: si va alla ricerca di qualcosa capace di farti credere di poter continuare a comportati come ci si aspetterebbe da un essere umano dotato di intelletto e voglia di vivere. Qualcuno si rivolgeva alla religione; qualcuno si dava al volontariato.
Io mi ero rivolta all’Ottimismo.
E la prima cosa che Ottimismo mi aveva cinguettato fu di fare le presentazioni. Perciò tesi una mano al Banette, senza preoccuparmi di celare la falsità del mio sorriso.
“Io sono—”
“Non mi interessa.” Rispose lui dall’alto del ramo su cui si era spaparanzato, senza dare cenno di voler scendere. Dopo il mio attacco di risatine incontrollate aveva ritirato il suo attacco e si era posizionato a debita altezza da me, in modo da potermi sorvegliare con più facilità.
“Riferisciti a me come ti pare: ‘Signore Oscuro’, ‘Vento Punitivo’…”, gli si arricciarono gli angoli della zip,  “Personalmente ti consiglio ‘Padrone’.”
Battei le ciglia, assimilando il messaggio. “Allora ti chiamerò ‘Peluche’.”
Sì, ero a secco d’inventiva. Ma a mia difesa, quella del Banette sembrava essere rimasta nel cassettone dell’immondizia in cui lui aveva preso vita.
“Ed io ‘Scimmia’.”
“Affare fatto.”
Dopodiché il pokémon divenne più restio a condividere altri dati anagrafici (“Dove sei nato?”,  “Se vuoi ti faccio vedere.”,  “Per stavolta passo.”) ed il discorso giunse ad un punto morto.
 
Allora tornò in sella Ottimismo, che con la sua voce di melassa mi propose di mettermi già all’opera con un “Chi dorme non piglia pesci.” Al mio “Peccato che non debba trovare un pesce”, Ottimismo mi posò una mano sulla spalla, trasmettendomi pensieri più positivi.
Dopotutto, quanto ci avrei potuto impiegare per trovare il mio obiettivo? Mi serviva solo il suo nome: poi mi sarebbe bastato rovistare fra le Pagine Bianche o gli utenti di Pikabook ed in pochi giorni sarei tornata libera.
In teoria. In pratica avrei dovuto depistare il mostriciattolo, guadagnando così il tempo necessario per riuscire subdolamente a convincerlo ad abbandonare i suoi piani. Non ero certa che fosse possibile, ma dovevo provarci.
 
Peluche, dopo aver scosso la testa – facendo dondolare le sue orecchie accartocciate – borbottò di non ricordarselo. Ottimismo fece un sorrisino nervoso, che imitai.
“Età?”
“Piccola.”
“Maschio o femmina?”
“Siete tutti uguali per me.”
Eppure non hai avuto problemi a rintracciarmi.
“Capelli lunghi o corti?”
“A metà.”
“Colore?”
“Vedo solo sfumature di grigio.”
 
Alla fine dell’interrogatorio non avevo ottenuto uno straccio di informazione ed Ottimismo si era licenziato per andare a ritrovare la fede attraverso un pellegrinaggio sulle montagne di Sinnoh.
“Per tutti i Wooper in salsa di asparagi!”, alzai le mani al cielo, esterrefatta. “Come cavolo pensi di riuscire a trovare qualcuno senza sapere nulla di lui?”
Il Banette si mise a giocherellare con delle palline di energia recentemente materializzate.
“Se me lo porterai, lo riconoscerò.” Il tono con cui lo disse era quello chi aveva passato molto tempo a ripeterselo. Ne ero certa, perché se avessi pronunciato ‘Andrà tutto bene, prima o poi diventerai ricca e potrai assoldare tutti i Ghostbusters che vorrai’ avrei adoperato la stessa intonazione.
Invece mi ritrovai a piagnucolare: “Quindi mi lasci così? Senza indizi? È un compito impossibile, i-io non—“
Il peluche lanciò le sfere in aria, facendole sparire con un puff.  Socchiuse gli occhi.
“Per l’incolumità di tutti i patetici esseri che consideri tuoi amici, ti consiglio vivamente di trovare una soluzione.”
Poi bofonchiò qualcosa con una punta di amarezza, che interpretai come un ‘E in fretta.’
 
Da quel momento in poi non ci fu più molto da dire, perciò ci separammo. O meglio: io presi a trascinarmi in una direzione presa a caso, mentre lui si limitò a rimanere sul suo ramo. La terza volta che capitai sotto al suo albero mi fece cadere in testa una baccastagna.
“Da quella parte, Scimmia.” Indicò l’unica direzione che non avevo ancora preso.
Sospirai, incapace di arrabbiarmi. Il sonno si era attaccato alle mie membra come un koala.
Passandomi una mano sulla faccia, bofonchiai: “Non mi sarei persa se durante la caduta non mi avessi allontanato così tanto dalla Pista.”
Il Banette mi dedicò uno sguardo che probabilmente riservava solo alla vista del sapone. Il suo attimo di smarrimento durò poco, perché nel giro di cinque secondi gli serpeggiò sul volto un sorriso beffardo.
“Eheh. Credi davvero che sia stato io ad aiutarti?”
Fu il mio turno di navigare nel mare dell’incertezza. “Se non sei stato tu, allora chi…?”
Il pokémon si alzò in piedi. In men che non si dica il suo corpo venne ricoperto dalle ombre, lasciando visibile soltanto il suo sogghigno metallico.
“Lo scoprirai a breve.” I denti che componevano la sua cerniera risplendettero, abbagliandomi. Quando riaprii gli occhi, ero sola.
 
 
 

Passo, passo zoppicante, sbadiglio, ripeti.
Proseguivo alla velocità di una lumaca, senza sapere se stessi girando in cerchio o se avessi imboccato la direzione giusta. Ciò di cui ero certa era che il bosco era tutto uguale, che il Pokédex era al limite della sua batteria e che i miei occhi faticavano a restare aperti. Aggiustai la presa su Rattata, che cingevo al petto: il topolino aveva insistito di voler restare fuori dalla sua pokéball, ma alla fine si era appisolato lo stesso.
 
Ogni tanto controllavo la ricezione del mio cellulare, ma esso sembrava incapace di trovare uno straccio di segnale. Occhieggiai passivamente il movimento sinuoso delle fronde degli alberi, pensando ancora una volta a quanto avrei avuto bisogno di un dannato Pokémon di Fuoco.
Magari i soccorsi potevano permettersi di ignorare una giovane allenatrice perduta nel bosco, ma potevano fare lo stesso anche con un incendio?
Forse era un piano piuttosto infantile, ma avrebbe probabilmente funzionato ed io sarei potuta tornare alla civiltà.
Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe e sospirai nel vederle rivestite di fili d’erba misti a fango incrostato. Avrei dovuto comprarne di nuove una volta raggiunta la prossima città.
Dopodiché sarebbe scattato il conto alla rovescia.
 
Il Banette aveva detto che mi sarei dovuta sbrigare, ma non mi aveva dato alcuna scadenza. Rainbow era meno estesa rispetto ad altre regioni; tuttavia ci avrei impiegato almeno una decina di mesi per esplorarla tutta – o comunque un paio, se mi fossi limitata alle principali zone trafficate.
Accarezzai il pancino di Rattata, il quale rilasciò un gorgoglio di apprezzamento.
Avrei avuto abbastanza tempo per trovare una soluzione?
 
Nell’aria riecheggiò un secco ‘crack’, come quello di un bastone che veniva spezzato. Mi fermai sui miei passi, sudando freddo.
Cervo? Cinghiale? Orso? Pokémon? La regola del ‘fingiti morto e ti lascerà stare’ avrebbe funzionato anche con questi ultimi?
 
Dai cespugli emerse una luce. Mi schermai gli occhi, distinguendo a stento una scarpa rossa seguita dalla sua gemella, un paio di calzoncini e dei pantaloncini verde squillante. Dalla felpa viola un po’ sbiadita emergeva un volto abbronzato la cui bocca era spalancata in un’esclamazione silenziosa.
Mi infossai nelle spalle. “Emh. Posso aiutarti?”
Il tipo riportò su la mandibola con un sonoro ‘clack’. Abbassò con l’indice i suoi occhiali da sole sportivi, come se stesse ancora cercando di capire se fossi o no un miraggio.
“Sei tu?”, deglutì, “Maddalena Hellys?”
Strabuzzai gli occhi, d’un tratto più sveglia. “Madeleyne, semm—“
Il tizio fece un balzo di gioia – letteralmente. Tanto che per poco non inciampò su una radice.
“Maddalena, ti ho trovata!” Gonfiai una guancia, sentendomi ribollire il sangue. Ma lui era partito per qualche tangente misteriosa e quindi non vi prestò alcuna attenzione, impegnato com’era a starnazzare interiezioni quali ‘Oh boy’ e ‘Wow’ ed a saltellare da un piede all’altro. Gli strappai di mano la torcia elettrica, puntandogliela negli occhi. Lui si coprì il volto con il braccio, senza smettere di sorridere.
 
Mi domandai se in quella dannata regione esistessero persone normali.
 
“Amico”, presi a picchiettare la torcia sul palmo dell’altra mia mano. “Chi sei? Cosa vuoi da me? Ti darò tre secondi per spiegare e poi ti prenderò a torciate in testa.”
“‘E’ ? Non ‘o’?”
“Yep.”
L’uomo ridacchiò, passandosi più volte una mano fra i capelli.
“Ora ne sono sicuro, sei davvero una Hellys!”
 
C’era qualcosa che mi stava sfuggendo. Un ingranaggio disperso nella foschia che circondava i miei neuroni.
“Oh, per Dialga! Questo è il giorno migliore della mia vita! Aspetta che lo dica ai ragazzi—“ Mise la mani a cono attorno alla sua bocca, facendo rimbombare la sua voce per tutta la zona. “Nigel! Zac! L’ho trovata!
Per una ventina di secondi non successe nulla: il bosco rimase immobile, quieto e raccapricciante. In seguito si udirono vari rumori: rami spezzati, fogliami attraversati, ‘Ompfh!’ di dolore ed un ‘Nigel, meno male che non hai scelto di fare trekking!’. Da un cespuglio sbucarono altri due pazzoidi, uno con la cresta, l’altro con un paio di…
Erano occhialini da piscina quelli che aveva al collo?
Ad ogni modo, quando mi videro, s’immobilizzarono come un branco di cervi di fronte ad un camion. Quello con gli occhialini – che pareva essere anche il più giovane – mi indicò con dito tremante. L’altro – uno spilungone il cui aspetto urlava ‘delinquente’ – si voltò verso Occhiali da Sole, aprendo la bocca in una domanda insonora. Occhiali da Sole fece pollice in su.
 
La scena a cui assistetti successivamente sarebbe stata ottimo materiale per gli studi del Prof. Matthew sulle danze dell’accoppiamento fra pokémon.
I tre si erano infatti disposti a triangolo, in modo da potersi dare il cinque a vicenda prima con una mano, poi con l’altra. Dopodiché avevano chiuso entrambe le mani a pugno e avevano fatto lo stesso con le nocche. Infine avevano spiccato un salto, librandosi in volo per— beh, l’idea generale era probabilmente quella di battersi i pettorali uno contro l’altro. Sfortunatamente non sembravano aver sviluppato la coordinazione necessaria per riuscire in tale impresa: per cui Capelli a Cresta balzò in aria in anticipo, Occhialini gli colpì il mento e Occhiali da Sole, focalizzato com’era a scontrare il suo petto contro quello degli altri due, finì col farli volare di qualche centimetro più in là, spezzando il loro equilibrio e facendoli cadere a terra.
I tizi scattarono subito in piedi per darsi delle pacche amichevoli sulle spalle. Bosco Intreccio venne bombardato da una marea di “Bro!” e “Leroy!” ed altri versi scimmieschi.
 
In tutto ciò stavo valutando se fosse il caso di sgattaiolare via. E continuai a valutarlo anche quando fui a dieci, poi venti metri di distanza. Al trentesimo loro erano spariti, coperti dalla boscaglia, da cui trapelavano solo dei fasci di luce traballanti.
Verso il quarantesimo metro il terreno iniziò a tremare, calpestato da sei paia di scarpe dalla misura superiore al 44.
“Maddalena!”
“Maddison!”
“Marlene!”
Venni sollevata di peso dai tre baldi giovani che, trattandomi con la delicatezza di un sacco di patate, presero a correre fra gli alberi. Colpì il braccio del più vicino – quello con la cresta – con la torcia elettrica.
Il!” Colpo.
Mio!” Colpo.
Nome!” Colpo.
È!” Colpo.
Madeleyne!
Prima che potessi bastonarlo un’altra volta, Occhiali da Sole mi sfilò l’arma dalle mani, cinguettando un “Ecco dov’era finita!”.
 
Volevo piangere. Rattata, che con tutti quegli sballottamenti si era svegliato, aveva assunto un colorito cadaverico. Trascinandosi sul mio stomaco fino a raggiungermi i fianchi, frugò nelle tasche dei pantaloni, addentò la sua pokéball e me la porse: quindi premette il muso contro il bottoncino e si lasciò incamerare dal fascio di luce rossa con un sospiro di sollievo.
Sbatacchiai la sfera di qua e di là, sperando che il maledetto potesse sentire ogni cosa.
Occhialini parve avere pietà di me – tanto che sistemò la presa sul mio dorso, rendendomi mi stabile – ed iniziò ad illustrarmi la situazione.
“Ti stiamo portando al Punto Blu della Pista. Ormai siamo vicini!” Indicò il cielo con un cenno di capo. Socchiusi gli occhi, aguzzando la vista: alcune delle chiome erano circondate da un alone azzurrognolo, proveniente da qualcosa sopraelevato rispetto ad esse.
“Ipotizzando che io vi creda.”, anche perché l’unica alternativa era che fossero dei rapitori di minorenni alle prime armi, “Come mai mi state aiutando? Come facevate a sapere che—“
Occhiali da Sole ridacchiò, impedendomi di finire la frase. “Ah, devi ringraziare il nostro idolo: è lei che ci ha chiesto di recuperarti.”
“Il vostro… idolo?”
“Ah. È conosciuta con molti nomi.”, sospirò Cresta, occhieggiando la luce bluetta che, man mano che avanzavamo, riusciva a penetrare più in profondità attraverso gli spiragli lasciati dalle fronde.  “La Dodrio Master. Il Terrore dei Tentacruel. La Cacciatrice di Sharknado. La Bullizzatrice di Granbull. La Campionessa-di-Braccio-di-Ferro-coi-Machamp.”
“Ufficialmente si è registrata al comitato sportivo come ‘Hellys, la Fuoriclasse’, ma per noi ammiratori è ‘La Fuoripista’.”, tagliò corto Sole.
Nigel mi fece ondeggiare una gamba. “Vuoi saperne il motivo?”
Rilasciai uno sbuffo annoiato. Essendo sua nipote era ovvio che fossi a conoscenza della storia dietro agli esagerati soprannomi che il pubblico attribuiva a mia Nonna. Dischiusi le labbra per dirgli di no, ma lui proseguì, estasiato. “Perché se osi starle davanti durante una competizione, c’è il rischio che lei ti tamponi fino a spedirti fuori dal percorso!”
 
Chiusi gli occhi, cercando di non pensare alla corruzione del mondo sportivo ed allo sgabuzzino pieno di coppe impolverate che avevamo a casa.
“Fatemi capire: mia Nonna vi avrebbe assoldato per recuperarmi?” Qualcosa puzzava; non tanto perché non mi fidassi della loro spiegazione, ma perché era inconsueto che Nonna decidesse di aiutarmi. Doveva esserci dietro lo zampino di Nonno Gerald.
“Oh, umh. Beh…” Occhialini tossicchiò. “Non ha ingaggiato solo noi.” Attesi qualche secondo, ma lui non parve essere intenzionato a proseguire. Teneva la testa leggermente abbassata, perciò non fui in grado di scorgergli l’espressione. Che avessi scoperto un punto dolente?
A salvarmi dall’imbarazzo intervenne Sole, squarciando il silenzio con una risatina nervosa. “Ci saranno otto, dieci squadre di soccorso sparse per Bosco Intreccio.”
Corrugai la fronte. “Sapete che i telefoni non prendono, vero? Non avete paura di perdervi?”
Cresta sghignazzò, mormorando qualcosa riguardo alla mia ingenuità.
“Per quello non c’è problema!” Mi assicurò Sole. “Abbiamo un walkie talkie per squadra.”
Un walkie talkie, ragionai, avrebbe potuto risparmiarmi molte grane.
Dopo aver inserito nella mia Lista delle Priorità la voce ‘Ruba compra un walkie talkie’ sotto a quella – ripetuta per ben quattro volte di fila – di ‘Procurati un Pokémon di tipo Fuoco’, pronunciai il mio apprezzamento.
“È bello sapere che alla stazione di sicurezza della Pista siano stati così disponibili da prestarvi delle radioline.”
Disponibili?”, Cresta sembrava disgustato, “Bah, assolutamente no! Noi sportivi abbiamo fatto una colletta e ce le siamo comprate. I ciccioni della security sono solo capaci di mangiare ciambelle ipercaloriche e cambiare il canale delle loro telecamere!”
“Beh”, s’intromise Occhialini, “Anche tu non fai altro che mangiare ciambelle, Zacharias…”
“Hai qualcosa da ridire sulle mie abitudini alimentari, vegetariano dei miei stivali?” Cresta scoprì i denti ed increspò la fronte; le sferette del piercing orizzontale gli adornavano il sopracciglio come due grosse verruche.
Occhialini si ritrasse più per raccapriccio che per altro e scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli piastrati sulla schiena. “Vegano, grazie. E cosa centra, le ciambelle non sono mica fatte di carne…”
“Le tue di certo no, erbivoro!”
“Ti ho detto—“
 
Il bisticcio proseguì per tutta la camminata, fino a quando il brusio della foresta non si fece più distante e  l’erbetta rinsecchita non lasciò spazio ad un pavimento di legno sgangherato. Solo allora i ragazzi mi misero giù ed i miei piedi gioirono nel tastare finalmente una superficie levigata, liscia e meravigliosamente artificiale.
Mi guardai attorno, cercando di orientarmi.
Eravamo di fronte ad una delle colonne che reggevano la Pista. Era una costruzione sobria ma resistente, e ad occhio e croce il suo diametro doveva essere di una decina di metri.
I tre mi accerchiarono come delle bodyguards, accompagnandomi sul retro del pilastro dove, con mia somma felicità, ci attendeva un ascensore. Una volta entrati Nigel premette un pulsante, le porte metalliche si chiusero ed i nostri corpi iniziarono a salire, accompagnati da una melodia da sala d’attesa.
Dopo tre minuti – durante i quali Nigel e Zac continuarono a punzecchiarsi come cane e gatto – l’ascensore si fermò con un ‘Ding!’. Sgattaiolai fuori prima ancora che le porte si fossero completamente aperte.
 
Ero di nuovo sulla Pista Ciclabile, ma a stento riuscivo a riconoscerla.
Installate nella pavimentazione vi erano delle luci azzurre che illuminavano i lati del percorso, conferendogli un aspetto dolce. I mosaici sul pavimento (il più vicino dei quali riproduceva una grossa stella marina violacea, con al centro una gemma rossa incastonata) così colorati alla luce del giorno, giacevano opachi nella penombra; tuttavia quando una bicicletta vi slittava sopra scintillavano come lapislazzuli, riflettendo la fluorescenza del mezzo di trasporto.
Sgranai gli occhi, aprendo la bocca in un ‘wow’ insonoro. Le biciclette emettevano un alone luminescente sia lungo lo scheletro metallico sia lungo le ruote; persino i caschi erano in pendant.
Giallo, arancio, rosso, verde… fino al violetto. Ogni bici esibiva un colore diverso, ma erano tutti lì, a formare un arcobaleno caotico e pieno di vita.
Era come essere in un sogno, circondata da una colonia di grosse lucciole – poeticamente parlando, naturalmente. Le lucciole erano fra gli insetti più raccapriccianti delle ore notturne. Ti attiravano ammaliandoti con le loro lucine per poi tradirti, rivelando la loro vera forma non appena ti si fossero appiccicate ai vestiti. E dire che da piccola adoravo catturarle in barattoli forati e portarmele in camera con me, immaginando di essere circondata da tante lampade magiche…
 
Un braccio mi cinse le spalle, rompendo l’incantesimo. Sole protese una mano di fronte a noi due, presentandomi quello spettacolo.
“Benvenuta alla Pista Rainbow, fonte di gioia per tutti i ciclisti del mondo!”, il suo tono si fece più divertito quando aggiunse, “E gelosia. Soprattutto gelosia.”
Cresta si passò il dorso della mano sugli occhi, tirando su col naso. “È il motivo principale per cui mi sono dato al Ciclismo!”
Inclinai la testa verso di lui. “Quindi siete ciclisti?”
Le sue gote si tinsero di un rosso acceso. “Io sono un Ciclista! Questi incapaci non saprebbero nemmeno riconoscere una mountain bike da una bici a scatto fisso!”
 
Mentre ci incamminavamo verso la Base Blu, ebbero luogo le presentazioni. Avevo trascorso l’ultima mezz’ora in compagnia di un team di Triatleti che avrebbero partecipato alla gara a staffetta della prossima primavera. Zacharias (Cresta) si stava allenando con la sua nuova, fiammante bicicletta ed aveva trascinato Nigel (Occhialini) il Nuotatore e Leroy (Sole) il Podista assieme a lui per dare loro un assaggio di ciò che significasse vivere la dura vita del Ciclista.
Ed insieme formavano…
“Gli Smidollati!”, esclamarono, cercando di dirlo in coro ma fallendo miseramente. Una bicicletta trillò, e loro si districarono dalla posa drammatica che avevano assunto per lasciarla passare.
“…gli Smidollati.”, ripetei, atona.
Nigel sventolò le braccia, cercando di dissimulare l’imbarazzo. “S-sempre meglio dei Leccapiedi!”
“O dei Perditempo.” Aggiunse Leroy, grattandosi un orecchio.
“O dei Falliti!” Esplose Zacharias, sogghignando. “Quel Zuccapelata di Samuel non è stato molto fortunato, ma gli si addice!”
“Già, La Fuoripista sapeva cosa stava facendo, nell’affibbiarci i nostri soprannomi.” Alle parole di Leroy fecero tutti un lungo sospiro. “Ha centrato in pieno le nostre debolezze, rivelandocele. Adesso tocca a noi superarle e forse, un giorno, potremo diventare come Lei.”
Avrei tanto voluto dire loro che quei nomignoli non avevano nulla a che vedere con la loro crescita formativa. Che anche nel mio stato sonnacchioso riuscivo ad immaginare come fossero andate veramente le cose: da una parte mia Nonna in sella ad una bici che sbraitava ordini, dall’altra i membri del suo fan club che obbedivano alle sue parole come se fossero il verbo di un nuovo profeta.
Avrei dovuto dirglielo. Però
Zacharias tirò su col naso, battendo debolmente una mano sulla spalla del suo compare. “Ben detto, bro, ben detto!”
Nigel aveva ancora una volta il viso coperto dai suoi capelli. Una goccia d’acqua cadde sull’asfalto, bagnando la zona su cui lui andò a posare la sua scarpa da ginnastica.
Sono teneri, tutto sommato.
Sarei stata crudele a rovinare le loro ambizioni.
 
Quando varcammo l’ingresso della Base i tre avevano gli occhi arrossati, duri e risoluti di chi era pronto a portare a termine una missione. I miei facevano solo fatica a mettere a fuoco i dintorni.
Non era un edificio enorme, ma comprendeva una sala abbastanza ampia per far accomodare tranquillamente i turisti. Le statue di pietra dei passati campioni sportivi adornavano con la loro presenza il perimetro circolare della Base, vegliando sulla zona. In fondo alla struttura vi era la zona ristorativa, dove decine di tavoli erano stati posti sotto ad un sistema di colorati tendaggi tenuti su da dei fili ancorati al soffitto. La copertura doveva essere stata realizzata per affievolire la potenza dei raggi solari che, passando attraverso la grossa cupola di vetro installata sul tetto, dovevano ricadere sulla zona durante il giorno. Al momento, tuttavia, essa lasciava intravedere solo qualche stella: perciò il ristorantino aveva dotato ogni tavolo di candele. Impegnati com’erano a crogiolarsi in quel chiarore soffuso ed a non ficcarsi una forchetta nell’occhio – perché anche se i lumini erano romantici, non erano proprio il massimo dell’illuminazione – i clienti nemmeno si accorsero della nostra entrata trionfale.
Ottenemmo una diversa reazione dalla gente che gironzolava per il parchetto sottostante la cupola. Esso presentava una fontanella, delle panchine ed un’area ricreativa per i più piccoli dotata di scivoli, altalene e giostre girevoli: il luogo perfetto per procurarsi contusioni in allegria.
Laggiù si voltarono una manciata di teste incuriosite che però, alla vista di quello che poteva benissimo sembrare un episodio di bullismo da parte di tre mascalzoni ai danni di una ragazza indifesa, si affrettarono a tornare a farsi gli affari propri.
E poi i presentatori televisivi si chiedono come mai il nostro Paese stia andando in malora.
 
I Triatleti si scambiarono delle occhiate d’intesa per poi indirizzarsi verso una diversa zona della Base. Dopo un paio di passi Leroy si ricordò della mia esistenza e si voltò verso di me, esibendo un bel pollice in su ed un sorriso smagliante. “Non preoccuparti, Maddalena. Dacci il tempo di trovare tua nonna e saremo di nuovo da te! Intanto, perché non esplori il posto?”
Annuii senza molta convinzione. Lui proseguì per la sua beata strada, lasciandomi sola.

Bene.
Conoscendo mia Nonna potevo affermare che le probabilità che ella si fosse fermata alla Base Blu erano pressoché nulle. A quest’ora doveva avere come minimo raggiunto la zona Viola o Rossa, sgommando senza sosta solo per dimostrare chi comandasse veramente sulla Pista.
Adesso era solo questione di stimare quanto tempo libero mi restasse prima che i triatleti realizzassero che il loro idolo mancava all’appello.
 
Valutai il da farsi, ciondolando sul posto. Il mio stomaco emise un brontolio, reclamando il giusto compenso per le fatiche sopportate fino ad allora. Passai una mano sul mio ventre, chiedendogli di portare pazienza.
Dovevo confidare nell’ingenuità dei tre ragazzi: se ci avessero messo più di dieci minuti, avrei avuto tutto il tempo per comprarmi qualcosa da mangiare, trovare i miei compagni e darmela a gambe senza farmi notare. Ma dove potevano essersi cacciati?
Sorvolai i dintorni, cominciando dal ristorante – dove Zacharias stava rubando i menù dalle mani dei clienti, scoprendo loro il volto per poter trovare con più facilità il suo guru – e concludendo con il parco. Là una bambina stava percorrendo il muretto della fontana a braccia distese, in modo da tenersi in equilibrio. Una volta che ebbe fatto un giro completo, scese con un saltello e vi lanciò una monetina dentro, congiungendo le mani in una preghiera. Non avrà avuto più di dodici anni.
 
Distolsi lo sguardo, sentendo un brivido saettarmi per la schiena. Avevo perso tutto l’appetito.
Che fine aveva fatto il Banette? Mi stava ancora spiando, nascosto da qualche parte, in attesa di un mio passo falso? Avrei già dovuto dare inizio alle ricerche, a cominciare da quella bambina? E con quali criteri avrei potuto stabilire se lei fosse o meno la sua ex padroncina?
Mi morsi l’interno della guancia, avanzando a passo lento verso il parco. Quando lo raggiunsi feci un giro di ricognizione, superai la fontana – lanciando una rapida occhiata alla bimba, intenta ad ammirare i soldi sul fondo della vasca – ed uscii dalla parte opposta, sentendo il mio respiro tornare normale.
I suoi capelli erano raccolti in una coda che li lasciava cadere con morbidezza sul suo petto. Non poteva essere lei, perché erano troppo lunghi.
 
Mi passai una manica (sudicia, come a quel punto erano tutti i miei vestiti) sul retro del collo e, accorgendomi dello strato di sudore che lo permeava, i miei muscoli facciali si contrassero in una smorfia.
Dovevo controllarmi; non potevo andare nel panico per ogni ragazzino che avessi trovato per strada. Se avessi perso la mia compostezza di fronte ai miei compagni li avrei senz’altro fatti insospettire – e, nel caso di Désirée, avrei rischiato di spiattellarle tutte le informazioni su un piatto d’argento.
E non potevo permettermelo. Non sarebbe stato giusto farli immischiare in un problema che, in fin dei conti, era solo mio.
A quale scopo, poi? Come avrebbero potuto aiutarmi? Désirée non era nemmeno un’allenatrice, mentre Daisuke…
Daisuke avrebbe pensato ad un piano e poi avrebbe seguito il corso d’azione che gli fosse parso più adatto, confidando nella sua conoscenza. Faceva sempre così, quando si trattava di pokémon.
Ma quello non è un pokémon. Rilasciai un respiro tremolante. È un mostro.
Non solo aveva raggiunto un livello estremamente elevato anche senza la guida di un allenatore, non solo aveva acquisito capacità che gli permettevano di possedere corpi inanimati e di muovere l’oscurità a proprio piacimento, ma era anche dannatamente scaltro: mi aveva costretta a sottostare al patto proprio perché si aspettava una ribellione.
 
Avrei dovuto tenere la bocca chiusa e comportarmi come al solito.
Lo Spettro li avrebbe attaccati solo se gli avessi dato motivo di dubitare della mia lealtà. Fino a quel momento sarebbero stati fuori pericolo. E poi…
Glielo devo.
Era colpa mia se il Banette li aveva presi di mira. Li avevo cacciati io in quel guaio e spettava a me farli uscire. Fino a quel momento non ero stata capace di fare niente per loro.
Ora dovevo proteggerli: ed il primo passo per proteggerli sarebbe stato mentirgli.
 
Tornai alla fontana, vi infilai dentro le mani e mi sciacquai la faccia. Attesi qualche istante, sentendo il freddo penetrare nella pelle. Quindi rituffai una mano nello specchio d’acqua, arraffai qualche Poké disperso sul fondo e mi asciugai il viso con il lembo della mia maglietta. Quando me ne andai – stando bene attenta ad ignorare la bambina di prima, che per tutto il processo mi aveva guardato con perplessità – avevo sia un obiettivo che una destinazione.
 
Daisuke non poteva essere troppo distante. Era il genere di persona che seguiva alla lettera il protocollo del ‘Se ti perdi (o meglio, se si perde la povera disgraziata che ti accompagna), stai fermo in un punto’, quindi non c’erano che due alternative: o era lì da qualche parte, o era tornato indietro alla Base Verde. In tal caso avrei dovuto spedire il gruppo di triatleti a recuperarlo, perché non c’era modo che dopo gli avvenimenti della giornata avrei rimesso piede sui pedali di una bici.
Se invece aveva raggiunto la Base Blu sarebbe stato facile trovarlo. Non avrei neanche dovuto setacciare il parchetto o il ristorante; a lui servivano pace, tranquillità e carenza di umani.
Mi introdussi nel corridoio che separava le pareti dalle fila di statue ed iniziai a passeggiare, lanciando occhiate annoiate ai nomi incisi sulle loro pedane. Dopo otto sculture intravidi una familiare e confortante valigetta nera per pc portatili e rallentai l’andatura, prendendo tempo.
 
Daisuke era seduto sulla base d’appoggio appartenente ad una coppia di Ciclisti (“Bikers Chopper and Tyra”) ritratti mentre compivano un’impennata spregiudicata. Mi avvicinai al mio collega, sollevando una mano in segno saluto.
Il mio compagno stava scartando l’involucro di un tramezzino. I suoi movimenti erano fiacchi e lasciavano trasparire una certa disattenzione. Teneva gli occhi puntati sullo schermo spento del suo cellulare.
Si accorse di me solo quando gli fui di fronte. A quel punto sbatté le palpebre e, riacquistando un po’ di vitalità, mi fece spazio sul piedistallo lasciando un metro di distanza fra i nostri corpi. Sembrava disorientato, come se si fosse appena risvegliato da un lungo sonno.
Mi stiracchiai le gambe, facendo scrocchiare le articolazioni delle ginocchia. Le mie narici si riempirono della fresca, salata ma allo stesso tempo dolce fragranza di prosciutto appena sfilettato. Con la coda dell’occhio adocchiai il panino di Daikke: era composto di uno strato di affettato, seguito da una fetta di formaggio non-identificato, insalata e pomodori, il tutto abbracciato da due morbide fette di pane.
Ingoiando un fiotto di saliva appena sfornato, distolsi gli occhi e finsi nonchalance. Il mio stomaco però non doveva aver capito l’antifona, perché non aspettò che un paio di secondi prima di mettersi a brontolare. Daisuke, le cui labbra si stavano per chiudere attorno al tramezzino, alzò gli occhi al cielo e se lo allontanò dalla faccia. Lo spezzò a metà (causando la caduta di un povero pomodoro seguito da qualche ciuffo di insalata), allungandomene una fetta.
Un istante dopo quella era già sparita oltre ai confini della mia bocca, andando a farcirmi le guance.
“G’ffie!”
Daisuke si ritrasse con un “Non parlare con la bocca piena” piuttosto schifato, ed entrambi riuscimmo a finire lo spuntino senza interruzioni.
 
Terminato il tutto, mi afflosciai sulla ruota della bici di Tyra, sbadigliando. Venni colpita in testa da una pallina di carta stropicciata. La raccolsi, me la rigirai fra le dita – riconoscendola come l’involucro del panino – e gliela lanciai in faccia. Daisuke l’afferrò al volo senza battere ciglio.
“Non ti appisolare, che dobbiamo raggiungere il Centro Pokémon.”
Avvertii la mia fronte aggrottarsi in un cipiglio, ma mi sforzai di mantenere un tono leggero.
“Tsk, tsk. È questa la prima cosa che mi vieni a dire? Nessun ‘sei viva!’ o ‘cosa ti è successo, hai un aspetto terribile!’?”
Daisuke si ripulì le labbra, riflettendo bene sulle sue prossime parole.
“Sapevo che eri viva.”
Mi tirai leggermente indietro, sull’attenti.
“I morti non parlano.” Daisuke passò un dito sul touch-screen del cellulare, mostrandomi la sessione ‘chiamate perse’. “Men che meno cercano di telefonarti quattro volte.”
 
Chiaramente i miei morti erano diversi dai suoi.
 
Una vampata di calore mi investì il collo e le guance, ed i polmoni parvero venire schiacciati da una forza invisibile che li costringeva ad una perenne tensione.
“Ah.” Un battito di ciglia. “Quindi le hai ricevute.”
Daisuke si ritrasse, posando il telefono con gesti deliberatamente lenti. Fu proprio il vederlo così cauto che mi fece realizzare quanto fossi vicina a perdere le staffe.
Decisi di cambiare discorso. “Désirée?”
“Si è resa conto che tu eri tornata non appena hai messo piede nella Base. È andata a parlare con il supervisore della Pista per dirgli che può interrompere le ricerche.”
Qualche grammo di tensione mi scivolò via dalle spalle. Senza Désirée non dovevo preoccuparmi di tenere a bada pensieri compromettenti. Alzai lo sguardo al soffitto, abbassando il volume delle mie parole.
“Dovrò ringraziarla.”
Avrei potuto chiudere lì. Avrei dovuto chiudere lì. Ma evidentemente non mi ero ancora del tutto pacata, perché mi lasciai scappare: “Almeno qualcuno si è preoccupato.”
 
Daisuke raddrizzò la schiena, schiarendosi la gola. Mi irrigidii, presumendo che si stesse preparando ad un attacco verbale o ad una delle sue solite spiegazioni che, in quanto tecnicamente perfette, non mi avrebbero permesso di ribattere. Provai, senza riuscirci, a sopprimere la piccola parte di me che, imperterrita, continuava a sperare di ottenere come risposta una semplice negazione delle mie accuse.
Ma il modo con cui il mio compagno aveva distolto lo sguardo – incollandolo allo schermo del telefonino come se si trattasse di una zattera –  mi fecero capire che le mie aspettative erano destinate a restare insoddisfatte.
“Sono circa le sei. Se ci sbrighiamo, dovremmo raggiungere la prossima città per l’ora di cena.”
Qualcosa in me s’incrinò. La mia testa andò ad infossarsi fra le spalle. Mi affrettai a parlare, rifiutandomi di riflettere sulle sensazioni che stavano sbocciando nel mio corpo come piccoli rovi acuminati.
“Se pensi che dopo tutto quello che ho passato nelle ultime ventiquattro ore io possa ancora muovere un muscolo—”
“Sono passate solo quattro ore e quarantadue minuti.”
“Ed è tantissimo!” Lo fronteggiai, alzando la voce. “Sono caduta da decine di metri di altezza in un bosco senza uscita! Non sapevo dove fossi, come fare a tornare indietro,  era pieno di pokémon selvatici e…” Sbattei le ciglia. Nell’attimo in cui rimasero chiuse rividi un paio di occhi rosa; li riaprii nel sentire il mio petto venire trapassato da un arto tanto pulsante di energia quanto privo di vita. Deglutii, cercando di sciogliere i muscoli della mia gola.
“…e qualcuno non si decideva a rispondere al suo dannato cellulare!”
 
Daisuke distolse lo sguardo, tradendo una smorfia di rimorso; poi l’espressione venne inghiottita da un vortice di irritazione ed i suoi occhi si indurirono, tornando sui miei.
“Ero occupato.”
La falsità della risata che feci seguire era così pronunciata che mi parve di poterne sentire il gusto amaro sulla lingua. “Buffo, è la stessa cosa che mi ripeteva la voce preregistrata della segreteria ogni volta che il telefono mi permetteva di contattarti!”
Il suo volto s’imporporò: “Stavo chiamando la guardia forestale!”
“Tutte e quattro le volte?”
Anziché rispondermi si alzò in piedi, passandosi freneticamente le mani sui vestiti. Mi tirai su usando il manubrio della bici di Chopper come appiglio e, prima che Daisuke potesse muoversi di un solo passo, gli afferrai la tracolla della valigetta.
“Non pretendo tanto, ma merito almeno una risposta sincera!”
L’occhiata incriminante che stava lanciando alla mia mano passò su di me.
“Te l’ho detto. Ero occupato.”
 
La stanchezza che fino a quel momento avevo tenuto a bada si riversò sulle mie membra, appesantendole. Socchiusi gli occhi, congelando le labbra in una linea inespressiva.
Non riuscivo a capire. Non riuscivo a capirlo. Perché, dopo tutto ciò che avevamo passato assieme, si ostinava a trattarmi ancora alla stregua di una conoscente?
 
(Forse rimarrai sempre tale, per lui.)
 
La mano con cui gli stavo cingendo la borsa si era messa a tremare. La studiai, senza riuscire a venire a capo di ciò che stessi provando. Percependo il calore del mio petto svanire pian piano, mollai la presa. Rimasi immobile, limitandomi a scrutarlo oltre le sue lenti antiriflesso.
 
Daisuke ghermì la tracolla con fare protettivo; quindi aggrottò la fronte e sollevò il mento, in attesa della mia prossima mossa.
Ma ero stanca di combattere per una causa persa in partenza.
Invece, divenni conscia delle grida divertite di qualche ragazzino che giocava nel parco. Del brusio della gente. Dei cling di alcuni bicchieri di vetro. Spostai gli occhi sulle piccole scene di vita che stavano avvenendo oltre le nostre spalle, coinvolgendo decine e decine di persone sconosciute in attività tanto quotidiane quanto speciali. Immaginai di unirmi a loro, di mettere piede in quel mondo e prendervi parte. Mi sarebbero bastati pochi passi; ma le mie gambe erano ancorate al pavimento. Abbassai lo sguardo, e per un attimo ebbi l’impressione che dei tentacoli oscuri venati di viola si stessero attorcigliando attorno ai miei arti. L’illusione svanì in un battito di palpebre, lasciandomi come eredità dei muscoli tesi ed un cuore pesante.
Il mio labbro cedette, abbandonandosi ad una smorfia.
 
Inspirando a fondo, Daisuke rilasciò la presa sulla cinghia ed incrociò le braccia, facendo tamburellare le dita contro il suo gomito. Dischiuse le labbra, ma ci mise un paio di secondi prima di iniziare.
“Stavo parlando al telefono.” La sua voce era ferma, volutamente piatta; ma si stava stringendo le braccia con così tanto vigore che le sue nocche erano diventate bianche. “Con i miei genitori.”
 
Mi dimenticai del mondo circostante. Mi dimenticai del litigio. Mi dimenticai della Pista Ciclabile, di Bosco Intreccio e del patto.
Genitori.
Sbottai con la prontezza di un giocattolo a molla, costringendo Daikke a fare un passo indietro.
“Con—!” Emisi un verso strozzato.
Daisuke ha dei genitori.
Mi misi una mano davanti alla bocca, tossendo fino a sbarazzarmi della saliva che mi era andata di traverso.
Perché non ci avevo mai pensato prima? Certo che aveva dei genitori. Da dove doveva essere nato, da delle spore?
Ma non mi ha mai parlato della sua famiglia, razionalizzai. Per forza mi sembra così surreale.
Posai lo sguardo sul pavimento lucido, intravedendoci riflessa la mia sagoma. I contorni erano sbavati, e non riuscivo a riconoscere la mia faccia.
Un lieve torpore mi attanagliò il corpo, rendendolo leggero, come se fosse stato fatto d’aria. Al contrario, la mia testa si stava facendo sempre più pesante, intorpidita dal formicolio di alcuni ricordi che reclamavano di tornare alla luce. Nelle mie orecchie rimbombava un irregolare crepitio, che in scala ridotta sarebbe stato simile a quello emesso dalla carta delle caramelle quando le si stropicciava.
 
“Sì, i miei genitori.” Daisuke scandì le parole, sulla difensiva. “C’è qualcosa che non va?”
Scrollai la testa. Picchiettai il mio riflesso con la pianta del piede, sentendo che il pavimento era solido, regolare. Il ‘tap tap’ che ne derivò andò a sovrapporsi agli echi precedenti, fino ad estinguerli del tutto. Inspirai, aggrappandomi all’odore di prosciutto di cui l’aria era ancora impregnata.
“No, no.” Portai una mano alla tempia, applicando una lieve pressione. “Sono solo stanca.”
Il sopracciglio di Daisuke si abbassò di scatto assieme al suo gemello, creando un labirinto di rughe sulla sua fronte. Sembrava tutt’altro che convinto.
Mi affrettai a rincarare la dose. “… e poi non è cosa da tutti i giorni scoprire che il proprio compare vampiresco sia ancora in contatto con entrambi i genitori. Abitate in un castello? Avete delle bare personali? Una fornitura di sacche di sangue umano di scorta nella cella frigorifera? Un…”
Daikke sbuffò, passandomi di fianco per marciare verso l’uscita. Non ero certa che se la fosse completamente bevuta, ma aveva deciso di dar retta al suo istinto di sopravvivenza e di tornare ad ignorare la mia parlantina.
Cercai di stargli dietro: cosa un po’ difficile, visto e considerato che una delle mie gambe faticava a svolgere adeguatamente il suo lavoro. Daisuke, che a metà strada aveva buttato un occhio nella mia direzione, rallentò fino ad assumere un’andatura pacata; ma lui non si espresse, ed io feci finta di niente.
 
Prima che potessi superare i tornelli d’uscita, s’innalzò in aria un coro di voci stonate.
Maryleen!”
Digrignai i denti, non provando nemmeno a nascondere l’irritazione che i tre triatleti erano in grado di suscitare in me. Mi toccò abbandonare la faccia scocciata, però, quando nel girarmi mi accorsi che anche loro sembravano essere giù di morale: la bocca di Nigel era contratta in un broncio da cucciolo bastonato, Leroy si stava passando una mano dietro la nuca e Zacharias aveva iniziato a stropicciarsi furiosamente gli occhi.
“Cosa c’è, adesso?”, domandai, spossata.
Zacharias avanzò verso di me, ficcandosi le mani nelle tasche. Per la prima volta mi resi conto di quanto fosse effettivamente alto; della compattezza dei muscoli che si delineavano pure attraverso i suoi pantaloni elasticizzati; del suo aspetto da malvivente appena uscito di prigione. Si fermò ad un metro da me ed inclinò la testa, facendo luccicare i suoi piercing.
“Abbiamo un problema.” La sua voce risuonò come il ringhio di accensione del motore di una motocicletta. “Con te.”
 
Con la coda dell’occhio vidi Daikke mettere mano alla tasca delle pokéball.
Dovevo ammettere che se non avessi avuto modo di vedere come Zacharias normalmente si comportasse, mi sarei messa a sudare sette camicie. Ma mi era difficile prendere sul serio qualcuno che solo una ventina di minuti prima mi aveva frantumato i timpani a furia di criticare i nuovi tipi di bicicletta usciti in commercio (perché “No, la Girafarig non si avvicina nemmeno lontanamente al miglior tipo di bici da passeggio! Cosa diamine hanno bevuto quelli della Rainbow Sportsmen on Two Wheels Inc. prima di stilare quella graduatoria?”), solo per zittirsi nel sentirsi dire da Leroy che, se la metteva così, avrebbero dovuto trovargli un nuovo regalo di compleanno.
Prima che la situazione potesse degenerare, feci un passo avanti, frapponendomi tra lui e Daikke.
“Che succede? Spero che sia importante, perché noi stavamo giusto—”
Come in un effetto domino, i triatleti si azionarono uno dopo l’altro; a cominciare dal loro capo, che andò dritto al punto.
“Non riusciamo a trovare La Fuoripista.  Cosa facciamo?”
Nigel prese ad arricciarsi i capelli con l’indice, tradendo un certo nervosismo. “Te ne vai? Stai bene? Non ci saluti nemmeno?”
Zacharias, tenendo lo sguardo puntato verso un angolo del soffitto, estrasse dalle sue tasche un cellulare e me lo porse con nonchalance. Lo riconobbi come uno degli ultimi modelli, con una sola differenza: il display era talmente fracassato che in più punti mancavano dei frammenti di vetro.
“Mi daresti il numero di tua Nonna?”
 
Not cool, bro!”, accusò il Podista, abbassandosi gli occhiali da sole con un gesto incredulo.
Zac, m-ma che cavolo—“ Nigel arrossì.
Il diretto interessato gli lanciò un’occhiata di sfida. “Qualcosa in contrario, erbivoro?”
“No, tutt’altro!”, il nuotatore si posò il dorso della mano sulla fronte. “Mi ero già rassegnato all’idea che saresti finito in carcere per molestie alle ragazzine. Scoprire dove giacciono realmente le tue preferenze mi tranquillizza, per quanto mi disgusti.”
“Ma cos— Nigel, pezzo d’idiota! Voglio solo l’autografo!”
Gasp!” Leroy si portò una mano al petto. “È ancora peggio di quel che mi aspettassi!”
“Bro?”
“Siamo davvero ‘bros’, Zac?”
“Eh?”, il povero Ciclista era sconcertato. “Certo che…”
“Hai tradito il gruppo!”
Seguì un sussulto da parte del suo interlocutore.
“Ma, Leroy. Bro.” Allargò le braccia, nascondendo un sorrisetto amareggiato. “Avevo intenzione di chiedere il nostro autografo.”
Gli altri due lo fissarono, stralunati. Tirai fuori il cellulare, appena in tempo per riprendere la replica del rituale dei batti-i-cinque che avevano svolto all’inizio della nostra conoscenza. Anche questo si concluse in un fiasco ed il cellulare di Zacharias sfuggì dalle sue mani, andando a sfracellarsi a terra qualche secondo prima dei triatleti.
Beh, questo spiega come mai il display sia ridotto in quello stato.
Raccolsi l’aggeggio (sulla cover qualcuno aveva disegnato a pennarello glitterato un omino dotato di cresta che sfrecciava sorridente su una bici) e lo accesi, trascrivendo l’unico numero che conoscevo a memoria sulla rubrica.
 
Terminata l’operazione, lanciai il telefonino verso il gruppetto. Nigel lo schivò, ma Leroy non fu così fortunato (era troppo impegnato a recuperare i suoi occhiali da sole, che gli erano caduti a terra) e lo ricevette sulla tempia. Zacharias lo afferrò di rimbalzo senza battere ciglio. Quando ebbe controllato il nome del nuovo contatto, gli si corrugò la fronte.
"Uh, Marilena…”, mi morsi una guancia, trattenendomi dal correggerlo. “Chi è questo Theodore Higgins?"
Daisuke, che dopo aver compreso di essere in compagnia di persone innocue aveva oltrepassato il tornello, prese a ridacchiare a bassa voce. Cercando di non dare peso al fastidioso calore che mi si era diffuso sul volto, risposi alla più che lecita domanda.
“Mio zio”, sollevai un pollice, “ed il mio avvocato.”
Nigel si strofinò l’avambraccio sinistro. “Avvocato? Siamo nei guai?”
“Nah”, lo tranquillizzai. “Ma vi servirà il suo aiuto se vorrete ottenere l’autografo di Nonna.”
Allo sguardo vuoto dei tre, aggiunsi una piccola delucidazione. “È convinta che nessuno meriti di riceverlo; perciò appena verrà a sapere della vostra richiesta cercherà di non farsi trovare da voi fino alla fine dei suo giorni.”
Il Ciclista si massaggiò il mento. “Ah, ora è tutto più chiaro. Graz— ehi!
Leroy gli rubò il telefono e pigiò sul display un paio di volte. Zacharias se lo riprese in fretta e furia, controllando lo schermo.
“Cosa hai…”, emise un piccolo gasp di comprensione. “Hai cancellato il numero!”
“Yup.” Il caposquadra stava sorridendo.
“Ma… perché? Non hai sentito quello che ha detto Mariposa?” Quel nomignolo frantumò ciò che rimaneva del mio orgoglio; mi coprii il petto con la mano, avvertendo tante piccole schegge andare a conficcare i miei polmoni. Daisuke si coprì la bocca con il braccio, tossendo con discrezione. Ma le sue spalle tremavano ed i suoi occhi erano troppo giulivi e—
Mi coprii il volto con una mano.
Dannazione al karma.
 
Intanto gli altri due continuavano a discutere.
“Certo che sì. Ecco perché sono certo che non avremo bisogno di questo Teocleziano Isidoro.”
Nigel si era ridotto alle suppliche. “Leelee, cosa dici?”
Le labbra del Podista si incresparono in un ghigno deciso. “Intendo dire che noi ce la faremo: diventeremo dei meritevoli.”
Zacharias spalancò la bocca. Nigel, come folgorato, gli cadde addosso, costringendolo a fare un passettino di lato per recuperare l’equilibrio. Il sorriso di Leroy si spense.
“Che c’è? Ho detto qualcosa che non…”
Il Ciclista gli si avventò contro e, tenendogli ferma la testa con il braccio, procedette a grattuggiargli la zucca con le nocche. “Aw, sapevo che c’era un buon motivo per cui ti abbiamo eletto caposquadra!”
Al supplizio si aggiunse il Nuotatore che, una volta ripresosi, si mise a premere con l’indice la guancia del più grande. Aveva il naso arrossato. “Però sei troppo imbarazzante! Piantala!”
 
Daisuke li indicò con un cenno del capo, inarcando un sopracciglio. Ribattei con un’alzata di spalle ed un sospiro sconfortato.
“Beh, è giunto il momento di andare.” Augurai un sincero “Buona fortuna!” ai ragazzi – poveri illusi, non avevano la benché minima idea di quanta gliene sarebbe servita – ed oltrepassai il tornello con uno sbadiglio.
I triatleti si scollarono di qualche centimetro l’uno dall’altro, salutandomi ognuno a proprio modo.
“È stato un piacere, Marzolina!” Leroy si abbassò gli occhiali, facendomi l’occhiolino. “Se questa primavera ti capita di passare per Rubincorallo, vieni a fare il tifo per noi!"
“Cerca di non cadere più dalle piste.” Zacharias si rimise il cellulare in tasca, sghignazzando. “O anche da altri posti, già che ci sei. E se proprio non puoi fare a meno del brivido, procurati un Pokémon Volante!”
Dopo avergli tirato una gomitata, Nigel sventolò un braccio nella mia direzione. “Buona fortuna anche a te con il tuo viaggio!”
“Alla prossima!”, gli rivolsi un sorriso tirato. “E per l’ultima volta, mi chiamo Madeleyne!”
Mi tappai le orecchie, bloccando i loro saluti – che ero sicura contenessero altre storpiature del mio nome – e mi affrettai ad oltrepassare la porta scorrevole dell'uscita, ritrovandomi…
 
Fuori.
Al buio.
In cima ad una cavolo di collina dalle discese tortuose, circondata dalla boscaglia.
La stanchezza che ero riuscita a dissimulare grazie anche al piccolo contributo energetico fornitomi dal panino ritornò a farsi sentire a piena potenza, facendomi pizzicare gli occhi.
"Daikke..."
Anziché subire l'influsso malefico causato dal suo disprezzato nomignolo, Daisuke mantenne un'espressione neutra; ma oltre alla montatura dei suoi occhiali riuscii a scorgere un guizzo di meschinità.
"Mariangela."
Era divertente— ed anche piuttosto appagante. Normalmente non avrei esitato a far notare a Daisuke che finalmente, dopo tante settimane trascorse in mia compagnia, era riuscito ad apprendere l’arte delle Battute Di Ripicca. Ma nei paraggi non c’era traccia di civilizzazione eccetto i piccoli sentieri che si addentravano fra gli alberi della foresta. Alberi troppo simili a quelli che pensavo di essermi lasciata addietro dopo essere salita sull'ascensore.
Tirai su col naso, e Daikke perse subito l'espressione divertita.
"Che succede? Stai male?"
Per un piccolo attimo di debolezza mi venne voglia di raccontargli tutto. Del Banette, dell’accordo.
Ma alla fine riuscii a trattenermi e scossi la testa. Al momento era al sicuro; non potevo mettere a repentaglio anche quella piccola certezza.
"Vorrei solo poter dormire per un’intera settimana."
Il mio compagno chiuse gli occhi, sistemandosi gli occhiali.
"Metterò la sveglia alle dieci, contenta?"
"Le dieci di dopodomani?"
Mi scoccò un'occhiata piuttosto eloquente, che mi fece emettere un versetto mogio.
 
Dato che Désirée non si era ancora fatta viva, decidemmo di metterci comodi ed aspettarla all’uscita. Mi sedetti a terra e, nella speranza di riuscire a trovare qualcosa di edibile, rovesciai sull’erba il contenuto del mio zaino. Qualche medaglia, qualche pokéball vuota, qualche cartaccia, la pietrafocaia che avevo ricevuto in dono da un signore, dopo averlo salvato dalla sua casa in fiamme. Fra le cianfrusaglie spiccava il mio povero blocco da disegno: era spiegazzato in più punti ed il dorso che teneva assieme i fogli si era scollato per metà della sua lunghezza.
Quanto tempo è passato dal mio ultimo disegno?
Non riuscivo a ricordarmelo. Sollevai il blocchetto con l’intenzione di posarlo al limite del mucchio di oggetti, lontano dal mio raggio visivo, quando da sotto di lui fece capolino qualcosa di giallo e grosso come il mio pugno. Agguantai il ritrovato bottino e me lo portai vicino al petto, per ammirarlo lontano da occhi indiscreti: era la pietra che qualche settimana prima avevo sgraffignato dalla cassaforte del Team Pyro, nascosta dentro la casa diroccata. Non avevo ancora avuto modo di controllare di quale gemma si trattasse, ma ero certa che mi sarebbe valsa fior di Poké.
 
Con un sorrisetto sulle labbra, ributtai tutto nella Borsa ad eccezione di Dexi.
“Daikke?”
Il quattrocchi sussultò, preso alla sprovvista dal mio attacco a sorpresa. Prima che potesse dare il via ai rimproveri, gli allungai il Pokédex. “Puoi darci un’occhiata? Credo che ci siano dei problemi con la batteria.”
Il ragazzo rilasciò uno sbuffo, ma lo prese senza fiatare.
“Ah, e mi potresti dare qualche Pozione?”
Di fronte a quella inusuale richiesta Daisuke non poté fare a meno di spalancare gli occhi, per poi passare a scrutarmi il volto. “Perché?”
Inclinai la testa di lato, cercando di presentarmi come l’immagine dell’ingenuità.
“Non le hanno tutti gli allenatori?”
Daikke non sembrava nemmeno lontanamente convinto, ma per il momento doveva aver deciso di lasciar perdere, perché qualche secondo dopo mi porse la mercanzia. Erano due spray violacei ed uno arancione.
“Quella arancio è una Superpozione. Usala solo come ultima risorsa.” Gli avvicinai lo zaino e lui ce le lasciò cadere dentro. “Più tardi ti mostrerò come applicarle.”
La mia replica consistette nel ripescare, dopo un breve ripensamento, una delle bottigliette. Finalmente avrei potuto scoprirne di più sul misterioso composto che avevo visto più volte essere capace di chiudere ferite, far sparire ematomi e salvare organi interni con un solo spruzzo.
Cos’era una ‘Pozione’? Cosa si celava dentro a quello spray? E per quale assurda legge discriminatoria ai pokémon era concesso di godere di tali magiche proprietà, mentre l’unico beneficio che gli umani potevano ricavare dal suo utilizzo era quello di rinfrescarsi durante le torride giornate estive?
Iniziai a leggere la lista degli ingredienti, decisa a venire a capo di tale congiura. La mia determinazione resistette tre minuti buoni, che trascorsi fissando a vuoto l’infinita lista di formule chimiche stampata sull’etichetta; dopodiché ributtai la medicina nella borsa, chiudendola con cura.
Niente da fare: il nemico adoperava un codice di un livello troppo elevato. Presi a strappare ad uno ad uno i fili d’erba, valutando a grandi linee a quanto dovesse ammontare il patrimonio di chi aveva brevettato quello strumento.
 
Daisuke si schiarì la gola, richiamando la mia attenzione.
“Sembra essere tutto a posto.” Premette sul pulsante ‘Power’ di Dexi, passandomelo non appena si fu disattivato lo schermo.
Fissai l’arnese, corrugando la fronte. “Davvero? Strano, perché…”
“Sicura di non averlo spento per sbaglio?”
“Al cento percento. Io, uh…”, ripensai a quando la luce del congegno si era indebolita. “Anzi, facciamo ottanta percento.” A quando, in preda all’agitazione, mi ero messa a percuoterlo ed a premerne i bottoni a caso. “Okay, non lo so. Può darsi? Insomma, tutto sommato era buio e…”
In mancanza di parole adatte, gesticolai un po’ con le mani, rivelando la mia frustrazione. Il damerino commentò il tutto con un ‘Mmh.’ , per poi perdere interesse e mettersi a guardare la fronde degli alberi.
Lanciai un’occhiataccia a Dexi, riponendolo al suo posto.
 
“Madeleyne.”
Trattenendomi dal mordermi una guancia – Daisuke mi chiamava per nome solo quando ero in guai seri – mi voltai di nuovo verso il mio compagno. Cercai di individuare dove avessi sbagliato, cosa mi fosse sfuggito, ma la mia testa era vuota. Che avesse capito che gli stavo nascondendo qualcosa? Che—
“Riguardo a prima…”, fece per massaggiarsi il collo, ma all’ultimo secondo cambiò corso d’azione e si limitò a sistemarsi gli occhiali. Sbattei le ciglia, senza capire.
Prima?
Rilasciò un respiro affannoso, che risuonò vagamente simile ad un ‘umh’ non programmato. Deglutii, senza capire dove volesse arrivare.
“Sì?”
Daisuke rimase immobile per una manciata di secondi, per poi lasciar cadere la mano con cui si stava schermando il volto. Quando incrociò il mio sguardo, ebbi l’impressione di starmi specchiando in un mare in tempesta.
“Anche io ero p—“
 
Maddy! Daisuke!” Un turbine d’energia si schiantò sul mio corpo, facendomi cadere a terra. Nella confusione mi resi conto che qualcosa mi stava schiacciando e che i miei respiri iniziavano a farsi sempre più corti e rantolanti.
Il mio viso era a cinque centimetri da una matassa di fili dorati, che esclamò: “Non sai quanto ero in pensiero! Avrei voluto venire a cercarti per Bosco Intreccio con gli altri sportivi, ma loro mi avevano incaricato di avvertire la sicurezza e p-poi, i pokémon, io non riesco a—”
“D-Dés… aria!”
La ragazza sussultò, togliendosi da sopra il mio corpo.
“Scusa, scusa. Mi sono lasciata trascinare dal momento.” Quando si scostò i capelli dal volto, la vidi indossare un sorriso imbarazzato. “Ma sono davvero felice che tu sia tutta intera… perché sei tutta intera, vero?”
Soffice calore si diffuse per tutto il mio busto, solleticandomi il petto. La mia gola pizzicava.
Le allungai una mano; lei la prese, aiutandomi ad alzarmi.
Mi schiarii la voce. “Sono a posto, non ti preoccupare.” Poi mi massaggiai la testa, ridacchiando. “Anche se credo di essermi appena fratturata l’osso sacro.”
Désirée incespicò sulle parole, avendo difficoltà a scegliere la frase di scuse più efficace.
 
“Bene.”, Daisuke si staccò dal muro della Base, facendo qualche passo lungo il percorso centrale che diramava dall’uscita della Pista Ciclabile. “Ora che siamo tutti qui, possiamo proseguire.”
“Ugh, non possiamo stendere i sacchi a pelo ed andare a dormire?”, ribattei, seguendolo controvoglia.
“Sono solo le sei e mezza.”, mi fece notare, senza cattiveria. Qualunque cosa avesse cercato di dirmi prima, non sembrava più intenzionato a comunicarmela. Sospirai, appuntandomi che gliel’avrei dovuto chiedere non appena avessimo raggiunto il Centro Pokémon di turno.
“Questo non vuol dire niente!”, bofonchiai con petulanza. “Désirée, aiutami!”
“Emh…” La ragazza si posò un labbro sulle labbra ed inclinò la testa, sorridendo debolmente. “A Kalos stanno già tutti dormendo…?”
Un attimo di silenzio.
Giusto!”
Non avevo la benché minima idea di cosa fosse Kalos.
Daisuke  rilasciò un verso frustrato. “Kalos è dall’altra parte del mondo!”
“E quindi?”
“Sono le sei di mattina!”
Ah. Cavolo. Umh.
“Désirée?” Aiutami.
“Ah… è comunque buio?”
Schioccai le dita. “Giustissimo!
Daikke si massaggiò il setto nasale e, esprimendo la sua resa con un ‘Ugh!’ spossato, affrettò il passo, facendoci strada fra gli alberi.
 
 
 

 
 
 
 

 


~Author’s Corner~
Ho scritto così tanto che mi faccio schifo da sola. Chiedo scusa a tutti per la lunghezza infinita di questo capitolo, ma mi sono resa conto troppo tardi di aver sbagliato a suddividere questi ultimi chapters e questo qui ne ha purtroppo dovuto risentire.
Quindi, uh. Sì. Se sarete in molti (anche uno basta, lol) a lamentarvene, la prossima volta cercherò di dividere i ‘capitoli-mostro’ in due.
E dato che il chap è gigante, ci saranno sicuramente delle parti con errori grammaticali/sintattici/poetici (?) e non.
Ahimè, posso solo dire di aver fatto del mio meglio.
Al prossimo chapter~

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