La mia vita dovrebbe essere semplice... di Cottage (/viewuser.php?uid=69095)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Preparazione! ***
Capitolo 3: *** Sfera ... che? ***
Capitolo 4: *** Incontri alquanto bizzarri ... ***
Capitolo 5: *** Pokèpericoli! ***
Capitolo 6: *** Un tranquillo monologo ***
Capitolo 7: *** Se io ballo scatta l'Apocalisse ***
Capitolo 8: *** Mission: Impossibile ***
Capitolo 9: *** A me quello non sembra un professore ... ***
Capitolo 10: *** Primo Scontro! ***
Capitolo 11: *** Cose da non rifare: buttarsi giù da un albero ... ***
Capitolo 12: *** Wooper: L'inizio di un tormento. ***
Capitolo 13: *** Kakeru! Il Ninja impossibile! ***
Capitolo 14: *** Team Pyro ***
Capitolo 15: *** !Vendetta! ***
Capitolo 16: *** Melma, melma ed ancora … Wooper?! ***
Capitolo 17: *** Penso che se dovessi scegliere se vivere a Melmolandia o in una fogna, sceglierei quest'ultima U.U ***
Capitolo 18: *** E Ancora ... una valanga di Grimer! Q.Q ***
Capitolo 19: *** Di Palestre e Brioche ***
Capitolo 20: *** Birds of Jinx ***
Capitolo 21: *** Bacche, che bontà ~ ***
Capitolo 22: *** ~ Condannata ~ ***
Capitolo 23: *** Addio, Ciondolino! ***
Capitolo 24: *** Prima di tornare alla civiltà ... ***
Capitolo 25: *** Break Up ***
Capitolo 26: *** When Hansome Guys and Freezing Weather are Deathly ***
Capitolo 27: *** Fuga dal freezer ***
Capitolo 28: *** New and Old Acquaintances ***
Capitolo 29: *** Visita al Museo ***
Capitolo 30: *** Looking for the assailants ***
Capitolo 31: *** Chi fa da sè fa per tre. Più o meno... ***
Capitolo 32: *** Mochapoli ***
Capitolo 33: *** A Bordo di un Lapras ***
Capitolo 34: *** Note to Self ***
Capitolo 35: *** Nella Pancia del Gyarados ***
Capitolo 36: *** Pista (in)Ciclabile ***
Capitolo 37: *** Pista (in)Ciclabile II ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Salve salvino!
Piccolo avviso: questa fic parte da schifo. E continua da schifo. Ma uno schifo più accettabile. Ecco, diciamo che devo modificare i primi capitoli, perchè li ho scritti quando avevo sì o no 13 anni, quando ancora non sapevo cosa diamine volesse dire scrivere cose decenti e con un senso logico. Quindi chiedo scusa per gli obbrobri ed il nonsense in cui vi imbatterete all'inizio di questo lungo e pedante viaggio, e grazie per la vostra pazienza ♪
Prologo
(ovvero, l'inizio della fine)
Non ero mai stata una persona molto avventurosa. Non che provassi paura di fronte ad una grotta buia e misteriosa, o ad una casa creduta infestata da mostri e/o spettri. Probabilmente mi sarei pure divertita ad esplorare quei luoghi. Solo che preferivo rimanere nella mia tranquilla casetta di campagna, a risolvere casi come "chi ha mangiato il mio panino".
Insomma, mi divertivo più dentro alla mia stanza, a guardare film o leggere libri, che fuori, a giocare con gli altri bambini. Magari potevo dare l'impressione della solita ragazzina fredda, arrogante e associale, che preferisce stare lontano dalle persone, piuttosto che farci amicizia.
Nulla di più sbagliato. Non provavo odio verso gli altri, ed anzi, ero molto aperta ed amichevole con la gente. Anche troppo, ora che ci penso. Ma non trovavo divertente rincorrere un pallone, arrampicarsi sugli alberi o dare spettacoli di magia. Ero più una tipa tranquilla, una di quelle a cui piace stendersi per ore sopra al suo letto ed immaginare storie, persone e fatti mai avvenuti prima.
Il giorno in cui nella mia mente ha iniziato a farsi strada l'ipotesi che la mia vita era noiosa ed andava contro ogni morale era un venerdì. Quella mattina, infatti, mi ero svegliata di soprassalto al suono di un urlo. Alzandomi, mi ero chiesta che cavolo ci fosse di così urgente da svegliarmi. Così ero andata alla finestra, dove, a terra, era presente un'enorme folla radunata a cerchio. Al centro di quel cerchio faceva capolino una testa bluastra, con i capelli disordinati ed una bandana gialla sopra alla fronte. Vestiva una T-shirt azzurra e dei pantaloni strappati di colore blu scuro, che terminavano sopra degli scarponi blu da esploratore mezzi strappati. Era un ragazzo dall'aria serena e soddisfatta, che teneva in mano delle specie di palline bianche e rosse mentre degli strani cosi colorati si esibivano per la gente.
La prima cosa a cui ho pensato era stata il perché avevano scelto proprio la stradina sotto casa mia per allestire un circo. Ma poi, guardando meglio, si vedeva che i mostriciattoli stavano sollevando un enorme albero caduto. Più precisamente, caduto sopra alla gamba di un pover'uomo, che, probabilmente, fino a poco tempo fa, stava solo facendo una passeggiata.
Spostato l'albero, alcuni paesani avevano pensato fosse d'obbligo trasportare l'uomo al più vicino pronto soccorso, e così hanno lasciato la scena. Il resto delle persone invece, stava ringraziando, o meglio ammirando il ragazzo dalla testa blu, l'eroe della giornata, ed i suoi esseri strambi alti quanto il loro addestratore. E quindi erano piuttosto bassetti ...
Decidendo che quella era stata la cosa più originale delle ultime due settimane (l'ultima era stata quando un bambino si era perso e tutti nel paesello si erano messi a cercarlo. Alla fine l'avevano trovato nel magazzino di un negozietto di pesca, con un secchio di vermi sopra alla sua testa. Il bambino diceva di star giocando a nascondino ... ), ho pensato di andare a chiedere alla nonna che ne pensava.
"Nonna, cosa ci fanno Grande Puffo ed i suoi seguaci davanti a casa nostra?" Chiesi aggiungendo un tocco di ingenuità alla frase.
Mia nonna, in realtà, non era la mia vera nonna, ma le volevo ugualmente bene. Mi aveva accolto due anni fa nella sua casa, quando non avevo dove andare ed aveva deciso, senza pensarci due volte, di tenermi con sé. Insomma, ero una bambina sperduta in quella cittadina a me sconosciuta, a cui era stata data un'altra occasione. Un'altra opportunità. Un'altra vita.
Non che non pensansi alla mia vera famiglia, al mio vero villaggio ed ai miei vecchi amici, ma… diciamo solo che è successo qualcosa di non-molto-piacevole-da-ricordare che ha messo fine a quei giorni felici.
Ma sono riuscita ad imparare ad andare avanti, grazie all'aiuto del nonno, che con le sue battute mi tirava sempre su il morale, e della nonna, che adesso mi stava guardando come se avessi detto che gli asini volavano.
"No, cara," aveva detto, ridendo di gusto "lui è il Campione, il più forte giovanotto allenatore di Pokémon della regione!", concluse lei, tornando a cucinare quella che sembravano tagliatelle.
Allora erano pokémon quegli animaletti strambi! Ne avevo letto da qualche parte, ma non ne avevo mai visti dal vero. Non c'era da stupirsi, ero sempre chiusa in casa …
Mi era parso di ricordare, dai racconti che avevo letto o di cui nonna mi raccontava, che in giro per la regione ci fossero molti pokémon, e che delle persone, gli allenatori, li catturavano con delle sfere colorate. Poi, se tutto andava bene e loro diventavano amici, i due insieme potevano diventare più forti, combattendo fianco a fianco in battaglie mozzafiato contro altri allenatori, fino a raggiungere il luogo più ambito: la Lega Pokémon. Adesso, era facile capire che sarebbe successo: sarebbero andati fino alla sommità dell'edificio, ed avrebbero distrutto Grande puf--- il campione!
Mentre ero intenta ad immaginare la scena, il mio minuscolo, dimezzato ed fino-ad-allora-creduto-inesistente cervello iniziò ad assorbire un piccolo, eccitante ed innocente pensiero. Nervosamente andai a sedermi su una delle sedia scricchiolante e ad appoggiare il gomito sul tavolo circolare in legno.
"Nonna …"
"Sì, cara?" Rispose quella mentre stava sollevando la pentola delle tagliatelle.
Avevo deciso di essere molto delicata ed vaga nell'avvertire mia nonna ...
"Voglio fare l'allenatrice di pokémon!"
E fu così la pentola si rovesciò rovinosamente a terra.
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Capitolo 2 *** Preparazione! ***
pkm 1.0
Preparare
la borsa ed il look (perché non si può uscire in pigiama, purtroppo
T.T).
Di
certo, mi aspettavo un qualche tipo di reazione, come un urlo o
un'occhiataccia, ma non una pentola rovesciata. Odiavo sprecare il
buon cibo, soprattutto se era il mio buon cibo. E adesso chi
si sarebbe mangiato quelle deliziose tagliatelle?
"Dobbiamo
fare un discorsetto, tesorino. Gerald! Riunione generale! Scendi
subito!"
Il
nonno era una persona strana. Non perché era un ammasso scheletrico
di rughe in cappotto e cappellino, e nemmeno perché si comportava
come un bambinone. No. Lui era strano perché ti poteva fissare per
ore con il suo sguardo da vecchio saggio, per poi dire cose alquanto
assurde. Però, in realtà, era un tenerone.
Sembrava
il contrario della nonna, forte e valorosa, vecchia allenatrice,
diceva che non voleva mettere fine alla sua vita standosene sempre
chiusa in casa a fare ciò che le altre signore di una certa età
facevano. Non le era mai piaciuto cucire, ed anzi, l'ultima volta che
ci aveva provato si era incastrata il dito nella sciarpa! Non le
piaceva nemmeno svolgere le attività di casa, come pulire o lavare.
A mio parere, poi, esse erano inutili e faticose: che senso aveva
pulire se dopo si risporcava?
Così
era mio nonno a curare la casa. Era un'amante dell'ordine, lui.
Pareva che si divertisse a lucidare e spolverare i vari mobili e/o
oggetti. Tutto questo mentre la nonna (più energica di me, non c'era
dubbio) partecipava alle gare di thriathlon. Io non ero mai andata a
vederla, odiavo lo sport …
La
"riunione generale" consisteva in una semplice
chiacchierata attorno al tavolo della cucina. A volte mangiavamo
anche il pop corn durante i nostri discorsi!
Il
nonno stava probabilmente ronfando sul divano perché era comparso
dal nulla in meno di due secondi. Dopo averci rivolto un sorriso di
saluto si era seduto e abbiamo potuto iniziare la riunione. La nonna
aveva un'aria misteriosa, come i poliziotti dei telefilm quando
vogliono interrogare qualcuno.
"Siamo
qui riuniti oggi per discutere su un nuovo problema caduto su di
noi." Si era concessa anche un sospiro. Come se si era già
aspettata che prima o poi io le avrei chiesto di diventare
un'allenatrice. Vedendo la mano alzata
come-farebbe-un-alunno-con-la-maestra di mio nonno, la nonna aveva
domandato: "Gerald?"
"Esatto,
le tagliatelle sono tutte sul pavimento, cara, ed io pensavo …"aveva
cominciato lui con un tono preoccupato, ma la nonna aveva deciso di
interrompere subito quell'argomento, per lei, inutile.
"Il
nostro pasticcino ha deciso di andare e trascorrere la sua vita come
un allenatore di pokèmon, Gerald. Tu che ne pensi?" Il nonno
stava di nuovo per parlare quando la nonna aveva continuato "Io
penso che tu sia troppo piccola ed immatura per andare a catturare i
pokèmon, dopotutto, non sai nemmeno pettinarti i capelli …"
Quello
era stato un colpo basso, davvero. Non era colpa mia se i miei
capelli si annodavano ogni tre secondi. E poi esistevano i
parrucchieri, no?
Stavo
per dirle quanto avevo pensato, ma lei non mi aveva lasciato il
tempo.
"E
poi, sai cucinare?" Potevo sopravvivere di cereali, se era
quello che intendeva ...
"Cara,
la minestra … il brodo sta ---"
"Sai
lavare i vestiti?" No, ma aveva importanza?
"Dicevo.
Il brodo sta bagnando tutti i tappeti e --"
"Sai
montare una tenda?" No. E mai lo avrei fatto. Mi ricordava
troppo quegli odiosi boy scuot …
"Il
gatto è caduto nella pentola del brodo, penso che stia annegando
..."
"Sai
tenere in ordine le cose?" Ma era proprio nell'ordine che esse
si perdevano!
"Oh,
beh, tanto era un gatto vecchio … ma noi abbiamo un gatto?"
"Sai
accendere un fuoco?" Per chi mi aveva preso, una piromane?
"Cara,
sto iniziando a credere che in realtà il nostro nuovo gatto, sia un
topo molto grosso ..."
"Sai
quali sono le bacche e i funghi velenosi?" No, ma tanto non le
avrei mangiate nemmeno se fossi stata obbligata: non avrei mangiato
nulla che fosse potuto entrare in contatto con un insetto.
"Posso
chiamarlo Giogio? Ti pregooooo!"
"Sai
cosa fare con un kit di primo soccorso? Sai …"
Quando
l'avrebbe fatta finita? Non era da lei questa parlantina … allora
mi ero decisa a parlare:
"
Nonna hai ragione, non so fare nulla! Al massimo riesco a legarmi le
scarpe, ok? Ma questa è l'idea più eccitante che mi sia venuta in
mente, ed adesso ho voglia di fare molte cose, proprio come tu hai
fatto quando eri giovane! Allenare pokemon, battere i …"
non mi ricordavo come si chiamavano quindi ho improvvisato " …
capominestra, collezionare distintivi … cose così, insomma!"
Avevo detto fiera di me stessa.
"Allora
sei pronta." Aveva detto la nonna da grande saggio.
"Che?
Non ho capito, puoi ripetere?" Avevo quindi chiesto
esterrefatta.
"Anche
io non sapevo far nulla, lo sai?" Aveva iniziato a raccontare
"Quando dissi ai miei genitori di voler diventare un'allenatrice
per poter competere nelle gare del Pokeathlon, loro mi chiusero in
casa e mi dissero che ero una stupida." Aveva riso di cuore,
poi, quasi come se non le importasse. "Allora sai cosa ho fatto?
Sono scappata. Io volevo essere libera, e loro non mi potevano
fermare. Ed adesso, guarda quanti trofei ho finto! Sono una
campionessa nata!" Aveva detto poi, per vantarsi, mentre
indicava ed abbracciava i vari trofei. "Per questo, adesso, io
posso dire che tu sei pronta. Hai quella scintilla negli occhi …
Gerald, smettila di giocare e vai a prepararle la borsa!"
Il
nonno, borbottando, si era alzato dal pavimento, con un topo marrone
attaccato al suo orecchio e la faccia ricoperta di graffi. Al mio
sguardo inquisitore, lui mi aveva risposto " E' il modo di Gigio
per dimostrare il suo affetto!" ed era corso via.
La
nonna intanto, aveva detto che andava a fare la spesa e mi aveva
abbandonato.
Tutta
sola, in quella stanza buia e desolata … avevo iniziato a correre
in camera mia per decidere cosa portare. Peccato che non avevo tenuto
conto del pavimento bagnato dall'olio della precedente minestra, così
ero scivolata ed avevo sbattuto la testa contro lo stipite della
porta. Lentamente, dopo vari minuti, piangendo per il dolore, mi ero
rialzata, maledicendo, lo stipite, la minestra, e la mia stupida
scivolata.
Arrivando
in camera avevo già deciso cosa portare con me: prima di tutto, il
mio Blocco da disegno. Io infatti avevo una vera passione, adoravo
disegnare! Soprattutto i miei cartoni animati o manga preferiti.
Avevo immaginato che non sarebbe stato molto diverso per disegnare
Pokemon. Qualche matita e gomma ed il gioco era fatto.
Dopodiché
presi un po' dei miei fiocchetti e me li sistemai in tasca: adoravo i
fiocchi! Funzionavano bene come decorazione ed erano molto utili come
codini! E poi io ne facevo collezione …
"Uno
specchietto … un pettine … un po' di dolcetti … spray
anti-zanzare/insetti … tutti i miei soldini … il mio mp3 …
cos'altro serve … cos'altro …?" Finito di impacchettare
tutto, mi ero decisa a vestirmi. Non vestiti fashion, alla moda o
eleganti, e nemmeno da esploratore, con quella specie di imbracatura
… no, le due parole magiche erano comodità e praticità.
Insomma,
dei pantaloncini-anti-pervertito bianchi sotto alla gonna bianco
crema con i bordi a quadretti neri potevano bastare. Comodi e
pratici. Poi una camicetta leggera -tanto faceva caldo- con le
maniche ed il colletto a quadretti … no, non erano i quadretti a
cui state pensando. Non erano dei quadri, erano dei quadretti
intrecciati. Sì, esatto, proprio come quelli delle gonne scozzesi.
Li adoro!
Ultimo
tocco finale? I miei capelli. Per fortuna erano lavati, quindi era
facile pettinarli. Per le prime ventiquattro ore. Comunque, i miei
nodosi capelli di color castano nocciola mi ricadevano sempre sulla
faccia. A volte sui miei occhi Fucsia, accecandoli … era un colore
un po' insolito per gli occhi, ma non mi dispiaceva.
E
quindi avevo deciso di legare quei ciuffi e renderli due codini ai
lati della testa. Però al posto dei codini c'erano dei piccoli (e
molto lunghi) fiocchi neri a quadretti bianchi. Il resto della
rimanente massa di capelli (ne avevo moltissimi …) ricadeva sulle
spalle, libera di muoversi ed ingarbugliarsi ad ogni singolo
movimento.
E
poi mancava il mio cappello. Era un piccolissimo cilindro con un bel
fiocco bianco attorno ad esso. Lo avevo ricevuto in regalo dai miei
genitori al mio quinto compleanno e da allora lo mettevo sempre. Però
non stava mai al centro della testa, tanto era piccolo. Anzi,
ricadeva da un lato …
Benissimo!
Adesso ero finalmente pronta per andare incontro alla mia avventura!
Nessuno mi avrebbe potuto fermare! Sarei diventata una brava esperta
di pokemon ed avrei combattuto fino a farmi conoscere e guadagnarmi
il rispetto delle persone!
Tutto
questo, mi eccitava, ma una piccolo domanda si faceva largo nella mia
mente, distruggendo i miei sogni: … dove cavolo dovevo andare?
Allora,
che ve ne pare? Per adesso niente azione, anzi, proprio un capitolo
noioso …
Ma
ho dovuto scriverlo per due motivi: non potevo lasciare che il
nonno e la nonna apparissero senza un grammo di personalità, cioè,
un bambinone ed una sportiva per nonni XD darei qualsiasi cosa per
averli!
Il
secondo scopo per questo capitolo è perché non potevo mica far
comparire uno zaino già pronto é_é, insomma, la roba non si mette
da sola negli zaini, ed i vestiti non compaiono già addosso T.T
cercate di capirmi ...
Devo
aggiungere un'altra cosa: la FF è stata tratta dal manga di
pokemon, non tanto dall'anime, perché secondo me è troppo
infantile. Cioè, come fa' un minuscolo uccellino a trasportare su un
essere umano? E poi, quindi, le grandezze dei pokemon saranno un
pochino diverse … ed altre cose che scoprirete.
Domandina:
Secondo voi il capitolo è troppo lungo o troppo corto?
Ed
adesso passo a rispondere ai lettori (grazie mille ragazzi mi avete
dato tanta soddisfazione T.T però se vi stancate di leggere potete
benissimo abbandonare me triste)
E
grazie Asteria 95 per aver messo esta storia fra le seguite!
Birbi: Grazie, tu sì
mi hai reso contentissima! La mia prima recensione positiva! In
realtà, anch'io sono come lei, sempre in casa, mai all'aperto …
simpatica ed imbranata XD
Il grande puffo poi
lo caratterizzerò un po', odio mollare i miei personaggi senza un
carattere U.U Avevo pensato ad una regione diversa, perché delle
altre noi sappiamo già tutto >_< così: nuovi posti=nuove
avventure. Però ricompariranno anche dei vecchi personaggi …
Ah, ed il pokemon …
beh, ne rimarrai un po' delusa (io sono divertita XD)!
Alaal: grazie per la
recensione, ma forse ti stai sbagliando sulla protagonista … lei
non è tanto cattiva (a volte), è solo che non si vuol complicare la
vita XD
FATEMI SAPERE!
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Capitolo 3 *** Sfera ... che? ***
Pkm 2.0
Sfera
… che? (Il primo pokémon!)
Quando avevo detto
di voler iniziare immediatamente la mia avventura, non avevo
immaginato che sarei potuta finire … qui. Mia nonna, tornando dalla
spesa, aveva infilato un sacco di cose impacchettate dentro alla mia
borsa, e mi aveva spinto fuori di casa con una lettera, mentre lei,
infilandosi la sua tuta da jogging, era corsa verso un punto
indefinito. Mio nonno invece, mi aveva salutato dalla finestra,
agitando la zampetta di … emh … Gigio, a mo' di ciao. La mia
famiglia è strana.
Dopo aver girovagato
un po', seguendo la mappa (sì, perché per fortuna la nonna me ne
aveva infilata una nella borsa appena in tempo), avevo capito che il
puntino rosso con scritto "Topopoli" era la città dove
abitavo. Non l'avrei mai riconosciuta se non fosse stato per il
disegnino di un topo nero affianco al nome, a mio parere, alquanto
imbarazzante. Si chiamava così perché la città era invasa da molti
tipi di topolini di campagna, che gironzolavano per le strade
mangiucchiando i rifiuti che trovavano in giro. La nostra era la
città (se così si poteva dire) più pulita dell'intera regione
Rainbow.
Comunque, sarei
dovuta proseguire verso un'altra città di cui non mi ricordavo il
nome, dove nonna aveva detto che avrei incontrato uno scienziato
bravo coi pokémon che mi avrebbe dato qualche dritta. La città
aveva il disegnino di una fatina che abbracciava la luna.
Cioè, spiegatemi,
perché io dovevo aver la città con i topi e gli altri le fatine?
Una fitta di gelosia mi aveva ormai travolto.
Per arrivare in
quella città, sarei dovuta camminare a nord per tutto il tempo, fino
a trovare … beh, non so che cosa la macchia marrone significasse ma
potevo tralasciarla. Durante la camminata avevo deciso di tirare
fuori la cartaccia che la nonna mi aveva affibbiato.
Essa in realtà era
una lista della spesa tutta spiegazzata, con i nomi di tutti gli
oggetti che lei aveva comprato. Fra i pochi che riconoscevo, c'era un
nome in particolare che attirava la mia attenzione: Pokéball.
Che fossero quelle
strane palline che aveva in mano Grande Puffo? Ed a che servivano?
Forse erano da mangiare? Oppure se si rompevano uscivano fuori dei
coriandoli? Non ne avevo idea …
Così avevo deciso
di tirarle fuori dalla borsa/zaino. Sì, perché piena com'era
sembrava più uno zainone da campeggio …
Dentro c'era di
tutto, dai vestiti ai sacchi a pelo, dal cibo in scatola ad un
gruzzolo di denaro contante … ma per fortuna ero riuscita a
trovarle!
Come? Beh,
semplicemente, avevo rovesciato tutto il contenuto per terra, ed
avevo affinato la vista per poter cercare degli oggetti tondi e
rossicci. Dopo aver "rimesso tutto a posto" (cioè dopo
aver lanciato gli oggetti nuovamente nella borsa disordinatamente) mi
ero messa ad esaminarne una, spaparazandomi nel verde del prato,
tanto ero stanca. Non guardatemi male, provate voi a camminare per
un'ora intera senza mai fermarvi, dopo aver passato gli scorsi anni
sempre chiusa in casa.
La pokéball era più
piccola di quanto avessi potuto immaginare, sarebbe potuta entrare
benissimo nella mia tasca, ma … perché mi erano sembrate più
grosse quelle dello stupido Puffo? Oh, beh.
Si poteva vedere
l'interno, dato che era semi-trasparente. Forse dentro si dovevano
mettere le bevande ed i cibi?
Mi ero concessa, di
toccarla, mordicchiarla e premerla un po' in giro, per vedere se si
poteva aprire, ma invano. Dopo pochi minuti mi ero accorta di un
bottoncino al centro della sfera, che, luminoso, mi intimava di
premerlo. Non ci avevo pensato due volte.
Con un puff, la
sfera si era ingrandita.
"Ed allora?"
Mi ero chiesta piuttosto seccata.
L'avevo ricliccata
ancora, e si era rimpicciolita.
Clik!
Ingrandita.
Clik!
Rimpicciolita.
Clik!
Ingrandita.
Clik!
Rimpicciolita.
Clik!
Ingrandita.
Clik!
Rimpicciolita.
Clik!
Ingrandita.
Credetemi
se ve lo dico, ma sarei potuta andare avanti per ore continuando in
quel modo. Era esilerante! Oh, almeno, così credevo, finché non
sentii un fruscio proveniente dal cespuglio dietro di me che mi
riportò alla realtà.
Emettendo
un'urletto strozzato, raccolsi la borsa e scattai in piedi,
indietreggiando. E se era uno di quei pokémon selvatici tremendi,
uno di quelli super mega pericolosi che come un camion ti travolgeva?
Arretrai distrattamente di altri dieci passi, mentre dal cespuglio,
l'essere scattò in avanti raggiungendomi ad una velocità che i miei
occhi non potevano sopportare.
Era
… un po' imbarazzante. Era un cosino alto all'incirca come il mio
piede, con orecchiette ed i bianchi baffetti. Il pelo, ora irto, era
viola e la punta coda sollevata era leggermente arrotolata su se
stessa. Era un piccolo topolino.
Di
norma un topo non mi avrebbe fatto paura, anzi era anche molto
carino, solo che i suoi occhietti rossi e la sua smorfia, aggiunti
alla sua posizione d'attacco, mi avevano fatto credere di non essere
la benvenuta.
"Emh
… b-bel topino … tu n-non mi v-v-uoi fare del male, v-vero?"
Di risposta mi ringhiò contro, se si poteva dire "ringhio".
Non
era nemmeno passata una giornata, che già mi ero ridicolizzata
davanti ad un topo … bell'inizio. Stava di nuovo avanzando verso di
me, lentamente, stavolta, come se stesse organizzando un piano. Presa
dallo stress, avevo alzato in aria la pokéball, e, con tutta la
forza (e la mira) che avevo gliel'avevo tirata in testa.
Forse
il loro uso non era di antistress, ma era di arma? Probabile, perché
a quella mossa, dal topo inaspettata, ero riuscita a sentire il forte
rumore metallico del colpo.
L'essere
aveva continuato a barcollare per un po', prima di essere risucchiato
dentro alla sfera da una luce rossa.
Ero
rimasta così a contemplare la sfera, che si agitava e rotolava come
impazzita. Poi, finalmente, si era fermata. Strisciai come un soldato
nella zona nemica, dove lo strano arnese era appoggiato sull'erbetta,
senza nemmeno un'ammaccatura dallo scontro con il topo.
Più
tranquilla, decisi di ignorare lo strano fatto e di proseguire il
viaggio, questa volta mangiucchiando delle chewin gum prese dalla mia
scorta personale. Passando vicino alla sfera, la sollevai, fino a
portarmela all'altezza degli occhi. Forse mi ero sbagliata, ma quella
sfera mi stava fissando con degli occhietti rossi … ?
"Ahhhhh!"
Avevo urlato, mentre la sfera veniva catapultata in aria.
Riprendendomi dalla sorpresa inaspettata, avevo afferrato la sfera
prima che toccasse terra. Ora che guardavo meglio, mi ero accorta che
il topo era finito lì dentro …
Che
diavolo stava succedendo? Rianalizzando il mio schemino mentale della
giornata, mi fermai su quattro vignette formato-ricordi dell'incontro
precedente: me che balbettava per aver visto un topo; me che in preda
al panico tirava la pokéball in testa all'animaletto; animaletto che
veniva risucchiato; ed animaletto intrappolato nella pokéball,
adesso di nuovo piccina.
Dopo
un quarto d'ora ero riuscita, più o meno, a capire che avevo appena
catturato il mio primo pokémon, che, ironia della sorte, era un
topo. Io che venivo da Topolopoli, avevo preso un topo. Io, Madeleyne
Hellys, avevo preso il mio primo pokémon. Che era un topo.
Avevo
deciso di tirarlo fuori da lì. Un po', perché mi dispiaceva tenerlo
dentro alla sfera, un altro po', perché così potevo studiarlo
meglio. Ricliccando il bottoncino, il pokémon uscì fuori con il
solito fascio di luce rossa.
"Ra!Ratta!"
Disse quello, avvicinandosi un po' a me per poi annusarmi la mano.
Beh,
per lo meno non mi aveva ancora addentato con quei dentoni bianchi
sporgenti.
"…
Ciao. Come ti chiami?" Avevo chiesto quindi, un po' insicura. Ma
i pokémon avevano un nome, poi?
"Rattata!"
Sembrava tutto quello che potesse dire. Magari i mostriciattoli
sapevano solamente dire il proprio nome? In che guaio mi ero
cacciata?
Adesso
il top-- Rattata, stava zampettando sopra al mio braccio, fino alla
testa, per poi riscendere giù. Sembrava confuso quasi quanto me.
Tutto ciò era … imbarazzante, già. Avevo dovuto distogliere lo
sguardo dal suo, per non arrossire. Cosa si faceva quando si aveva un
pokémon? Beh, si lottava, era ovvio … ma non mi sembrava portato
per le lotte. Ma poi, chi ero io per giudicare?
Anche
Rattata sembrava un pochino sotto pressione e forse anche
preoccupato, così decisi di rompere il ghiaccio. Dopotutto, se c'era
una sola cosa in cui ero brava era parlare. La mia parlantina aveva
convinto tutti gli allenatori che passavano per la mia stessa strada,
a cambiare direzione. Non avevo voglia di trascinarmi dietro qualcun
altro, magari, con già due o tre pokémon. Mi sarei sentita
inferiore.
"Rattata"
Lo avevo chiamato, ricevendo così tutta la sua attenzione "mi
chiamo Madeleyne e dato che ti ho emh, come posso dire, catturato,
che ne dici di entrare a far parte della mia squadra? Possiamo andare
in giro per la regione, vedere nuovi posti, e battere tutti gli
allenatori che potremo per diventare più forti!" Avevo
aggiunto, sperando in un qualche segno celeste.
Dapprima,
Rattata mi fissò un po', con la testa piegata da un lato e su due
zampe, ma poi si liberò dell'espressione precedente e mi corse
attorno, con un gran sorriso, prima di saltarmi in braccio. Dovevo
ammettere che era davvero molto carino.
Forse,
avremo potuto davvero diventare una buona squadra.
Ok,
che ve ne pare
di questo capitolo? Ho
dedicato un'intera parte all'obbiettivo
di far introdurre la protagonista (adesso sì che ce l'ha un nome)
l'uso di una pokéball.
Se ci fossi stata io al suo posto, l'avrei mangiata XD
Comunque,
non disperate, poiché non dovrò per sempre annoiarvi con queste
spiegazioni d'uso, poi arriverà una specie di enciclopedia ^^ (non
si sofferma sul significato di enciclopedia ma sorride
misteriosamente)
Alors
… ho deciso di dare alla
protagonista un Rattatuncolo perché,
se giocate ai video game, dovreste sapere che attorno alla prima
città ci sono solo pokémon fastidiosi e deboli, come pidgey,
sentret, rattata, bidoof (grr.. odio quei cosi), starly...
E
poi, cosa credevate, che lei avesse la fortuna di beccare uno shinx
od un altro pokémon decente? Magari che se ne andava da un
professore? Ma va là, lei è troppo pigra, e poi il prof. Non può
avere i pokémon tutto l'anno, no?
Chi
avesse qualcosa da dire a riguardo, può scriverla nella recensione.
(sinceramente, credo che anche la protagonista si aspettasse qualcosa
di un po' più .. esotico)
Birby:
ziiii, mi hai recensito anche sto qua! Me contenta!! Però, vedi, se
io faccio i capitoli così corti, è perché se io ci mettessi
un'altra parte, sarebbero troppo lunghi. Io li divido in parti i miei
capitoli, e purtroppo, per adesso, che è l'inizio, questo è il mio
massimo. Il nonno mi sta molto simpatico anche a me, ma topo Gigio un
po' meno …
La
nonna poi l'approfondirò un pochino, perché ha ancora molto da
offrire! Grazie per aver continuato a recensire tutto, spero che
continuerai! PS: come ti sembra il pkm? Bell'inizio, eh? A me
piacciono i rattata (nel manga sono carinissimi) e poi, su soul
silver, il mio è una bomba!
Bree_:
awwww, una nuova recensitrice! Io non adoro il vecchio Gerald, io lo
AMO! Ciò messo una parte di me in quel tizio! Non parlare di capelli
a me, però: appena finisco di lavarli si riannodano subito (i miei
poveri capelli ricci, csì secchi che si potrebbe accendere un fuoco
XD)
Poi
ringrazio sempre Birby
(che oltre a rece me l'ha messa fra le seguite) ed anche Asteria
95 che m'ha messa fra le
seguite ma rimane nell'innominato XD
E
poi anche tigre,
che mi ha messa fra le storie da ricordare!
Grazie
a tutti ragazzi!!!
DOMANDA
DEL GIORNO: A chi piacciono i capelli rossi?
|
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Capitolo 4 *** Incontri alquanto bizzarri ... ***
Pkm 3.0
Incontri
alquanto bizzarri
Se c'era una cosa
che avevo imparato su Rattata, era che lui era un pokémon
tranquillo. Così tranquillo che ti faceva un po' annoiare, a dir la
verità. Nonostante ciò, io e lui stavamo andando bene. Per il
momento. Gli avevo anche chiesto se aveva già imparato qualche
mossa, e lui, come esempio, era corso contro un alberello e gli aveva
dato una spallata. Così facendo aveva fatto cadere alcuni, anzi, no,
molti frutti.
Naturalmente ne
avevo raccolti alcuni.
L'altro attacco,
invece, era un po' … particolare. Non lo avevo capito, a dir la
verità.
Rattata si era messo
di schiena, ed aveva cominciato a muovere la codina avanti ed
indietro. Avevo dubitato che potesse servire a qualcosa … però era
davvero carino!
Stavamo camminando
ormai da ore, in quella distesa d'erba, ma della città ancora non ce
n'era traccia. Nonostante ciò, non ci eravamo persi d'animo, poiché
eravamo convinti che ci stavamo dirigendo nella direzione giusta. O
almeno, così credevo, fino a quando una montagna sassosa si era
posizionata fra noi e la nostra meta.
Era così alta, che
sembrava raggiungere il cielo. Incredula che quello che stavo
vedendo, presi la mappa dalla mia tasca. Continuando a guardare,
alternamente la montagna e la cartina, avevo raggiunto la
conclusione.
"E' uno
scherzo, non è vero?" Avevo chiesto più alla montagna che a
me. Alla fine, quella stupida macchietta marrone (che pensavo si
trattasse di una macchia di caffè) era un monte!
"Ratta?"
Aveva chiesto il mio nuovo compagno, vedendomi prendere la rincorsa e
spiccare un balzo sulla parete sassosa.
Continuando a
scalare, lo informai:
"Bene, se
dobbiamo superarlo lo supereremo scalando!"
A dire il vero la
faccenda si stava facendo molto più complicata, poiché io, non
avendo mai scalato niente, se non il mio letto, non avevo idea di
come fare. Per di più le miei mani stavano scivolando e … no,
cancellate la frase precedente. Le mie mani avevano già mollato la
presa, causandomi la mia prima caduta di due metri e mezzo.
"Ahia …"
Avevo detto, massaggiandomi il sedere, su cui ero caduta con tutta la
mia 'dolcezza'. Rattata aveva ridacchiato un po', prima di prendermi
la manica con i suoi dentoni e di tirarmi, indicandomi una caverna,
anzi, no, un tunnel, a pochi passi da dove ero caduta. Inutile dire
che mi ero sentita una stupida.
"Grazie
Rattata!" Avevo quindi mormorato, seguendolo all'interno della
galleria.
Era un posticino
buio e molto bagnato. Pareva essere fatto di melma, quel luogo.
Inutile dire che non riuscivo a vedere ad un palmo dal mio naso.
Fortunatamente, Rattata sembrava possedere una visione notturna*, che
mi aveva permesso di raggiungere un'enorme stanza sotterranea,
stavolta illuminata da delle fiaccole sparse qua e là.
"Rattata, sei
davvero pieno di risorse!" Avevo commentato, ammirando il mio
pokémon che aveva evitato che mi fossi schiantata contro un muro.
Il pokémon però,
dopo aver annuito, iniziò a muovere le orecchie in diverse
direzioni, come se fossero antenne. Nei documentari avevo spesso
visto degli animaletti fare lo stesso movimento, non appena
percepivano una presenza, od un rumore, attorno a loro. Li aiutava a
sopravvivere, insomma.
Permettendo al topo
di salire sulla mia testa, mi ero messa anch'io alla ricerca di
alcune voci, che mano a mano che proseguivo, si facevano sempre più
forti.
Chi poteva essere?
Mi ero chiesta incuriosita. Probabilmente qualche allenatore, avevo
pensato. Forse erano stati proprio loro ad aver messo quelle
fiaccole, permettendoci di vedere meglio.
Aggirando una
roccia, avevo notato che più avanti erano presenti due figure. La
prima era di una specie di scavatore, ricoperto interamente di terra
e fango. Aveva una mano completamente ricoperta di fanghiglia e …
non volevo sapere di cosa si trattasse quell'altra cosa. Avrei
benissimo parlato di capelli, se solo ne avesse avuti alcuni. E se ce
li aveva, beh, non si sarebbe potuto vedere nulla, tanto il fango lo
ricopriva. Nell'altra mano, che adesso stava agitando ferocemente di
fronte all'altro, pareva che stesse tenendo qualcosa.
L'altro ragazzo
aveva un non so che di .. misterioso. Aveva i capelli neri pettinati
ordinatamente** e teneva in mano una specie di valigietta. Era,
forse, un po' più basso di me, con la carnagione così pallida che
sembrava bianca, ed i suoi vestiti assomigliavano ad un'uniforme
scolastica. Molto costosa, fra l'altro. Era composta da pantaloni e
scarpe nere, più, appunto, l'uniforme svolazzante (come avrà fatto,
mi ero chiesta io, a svolazzare se non c'era vento, era un mistero.)
di un nero un po' più pallido, con i bottoni gialli. Gli occhi erano
nascosti da degli spessi occhiali, ragion per cui non riuscivo a
vederli. In riassunto, era uno di quei ragazzi che, definitivamente,
non si poteva ignorare. Semplicemente, anche se volevi, non potevi
fare a meno di fissarlo e chiederti …
"Ma sei il
figlio di Dracula?!", urlai mentre mi avvicinavo. Ma dai, dico
io, mancavano solo i denti appuntiti e gli occhi iniettati di sangue,
ed era perfetto. Davvero.
Avevo deciso che per
Halloween mi sarei travestita o da lui, oppure dal pagliaccio del
McDonald***. Assomigliava in modo impressionante a 'It'****, e
secondo una mia teoria sviluppata nei recenti giorni, gli hamburger
che noi ingurgitavamo erano fatti di carne umana. Ora che ci pensavo
meglio, questo ci avrebbe fatto diventare cannibali … oh beh. C'è
sempre una prima volta.
Ritornando al mio
discorso di prima, il ragazzo dai capelli neri, che prima se ne stava
camminando verso un altro tunnel, per sfuggire, probabilmente, alle
urla isteriche dell'omino con lo scalpello, si era voltato,
trafiggendomi con un'occhiataccia. Ecco, se c'era un'altra cosa in
cui ero brava oltre a raccontare frottole, era sostenere gli sguardi
che le persone mi lanciavano. Questo non era da meno, quindi,
ricambiai il suo sguardo freddo, nero (avevo infatti scoperto che
pure lo sguardo era di quel colore) e glaciale, con uno divertito.
Potevamo andare avanti per ore.
Peccato che, sul più
bello, il mostro della palude, tanto era conciato male, si mise fra
me e Dracula Jr: "Non dirmi che anche tu vuoi uno dei miei
fossili!"
Sembrava isterico e
delirante, poiché adesso il suo bersaglio ero io. Io, che non avevo
fatto nulla per provocarlo. Il mondo era ingiusto.
"No, veramente
io stavo passando di qua, e mi ero chiesta se qualcuno di voi sapesse
dove sia l'uscita, così …"
"Tutte
menzogne! Tutti vogliono qualcosa all'interno di questo posto!"
Aveva iniziato lui, puntandomi il dito contro "Chi pokémon, chi
pietruzze, chi un rifugio …" aveva fatto una pausa teatrale,
prima di sputarmi in faccia (letteralmente) "Chi i fossili! Ma
sono tutti, tutti miei ..."
Io, schifata dalla
bava che avevo ricevuto 'in dono' sull'intera faccia, mi stavo
pulendo con un fazzoletto. Tutto ciò, mentre Rattata, il mio
cosiddetto 'primo pokémon-che-avrebbe-dovuto-difendermi' si stava
mangiucchiando le bacche che avevo raccolto. Le mie bacche. Se
aveva fame, poteva dirlo …
Intanto, l'altro
stava letteralmente delirando: urlava parole senza senso, mentre le
sue occhiaie si allargavano a dismisura, facendolo apparire un
pochino psicopatico. Sembrava non dormire da giorni, poverino.
"Ho dedicato
un'intera settimana a cercarli, raccoglierli e proteggerli da tutti
quelli come te e quel moccioso di prima, che non si è degnato
neppure di parlarmi! Ma ci penserò io …" Oddio, si stava
rivolgendo alle sue pietruzze? "ci penserò io a proteggervi,
miei cari … sì, proteggerò il mio tessssssorooo!" *****
Quell'ultima frase
era stato il colmo. Spintonando il ragazzo, ero corsa, più veloce
che potevo, verso la galleria più vicina.
Avrei fatto di
tutto, pur di evitare di rincontrarlo un'altra volta. Mi sarei pure
impiccata. Cioè, avevo incontrato uno di quei "Fanatici"
che trascorrevano il loro tempo a fare cose da dementi ed a leggere i
libri come 'Harry Potter' ed il 'Signore degli anelli', cosa avreste
fatto voi?! Per di più, chissà se la sua malattia mentale era
contagiosa …
Dopo aver verificato
che non ci avesse inseguito, ad aver tranquillizzato Rattata che,
come me, era rimasto basito dal nostro nuovo incontro, ci eravamo
rimessi a camminare per la galleria. Una galleria fangosa e, fra
l'altro , in salita.
Inutile dirvi quante
volte ero caduta di faccia …
Dopo un certo lasso
di tempo, però, avevamo intravisto qualcosa, un luccichio, una luce,
un luce tenue. Che il nostro amicone di lassù ci stesse chiamando a
sé? Ne dubitavamo assai. Una piccola lampadina si era illuminata
nella mia mente da genio malvagio e speranzoso: che fosse la città
che stavamo cercando?
Correndo più
velocemente di quanto avessi immaginato, come un fuggitivo che fugge
dal carcere, avevamo raggiunto la fine della galleria.
Affannata, provai da
chiedere a Rattata: "E' … forse è … è proprio …"
Quello che avevo
visto, però, mi aveva fatto tacere.
Ok, sto capitolo è
ridicolo, scusate, solo che dovevo introdurre un personaggio
e, beh, l'umorismo non mi viene quasi mai … non volevo
deludervi, sorry T.T
Vabbè, praticamente
ci sono delle leggere "somiglianze" con alcuni personaggi
famosi XD, non sapevo che scrivere, scusate ancora!
Comunque, si è
presentato un nuovo personaggio misterioso, mentre la copia di gollum
versione-più-umana si è persa da qualche parte nel monte. Per
fortuna.
Chi sarà il
nostro impavido, nuovo personaggio/Dracula Jr? Sarà un vero
vampiro? O forse uno scolaretto passante di lì? Un nemico od un
amico? Boh … si vedrà.
Bree_: grazie
per avermi tirato su il morale dicendo che la FF è comica, ma non
penso che questo capitolo mi sia venuto bene …
E già, nonno Gerald
alla fine non se ne starà più tanto solo, perché avrà Gigione
caro a fargli compagnia!!! Poveretto, è molto trascurato lui …
Davvero anche tu leggi il manga? E' davvero carinissimo come
disegnano, vero? E poi fanno sembrare le cose più realistiche!
PS ti ho rece anche
le tue storie, se hai visto ^^ ma non penso che riuscirò a seguirle
molto perché ho troppi impegni … O beh, ci proverò.
ShessoamaruJunior:
WOW, un nuovo lettore! come hai visto, la tua "amazzone"
non si è dimostrata molto coraggiosa (devi vedere nel prossimo
capitolo quello che le farò fare … XD) Già, la nostra eroina non
sa praticamente nulla su come si diventa allenatore, peccato, ma poi
farà una certa conoscenza che l'aiuterà in molti modi!
Coordinatrice od allenatrice, è questo il dilemma! Dovrai seguire la
serie se vorrai saperlo. Per gli starter … beh, no. Perché
normalmente uno dovrebbe richiedere al professore un pokèmon prima
di iniziare la propria avventura. E lei non aveva tempo U.U E per
ultimo … sì, probabilmente compariranno a volte, alcuni dei
personaggi del cartone. Spero che continuerai a seguirci ^^
Birby: Acc,
non sei stava veloce, stavolta, sorry ^^ Bree_ ti ha battuto XD
Ho scelto Rattata
perché, boh, mi è venuto così, e poi perché è perfetto per
un'ignorantona come lei! Un Meowth? Davvero XD Sembriamo una il
contrario dell'altra, in un certo senso! Il gatto ed il topo XD spero
di veder pubblicata la tua storia, un giorno! Poi vedrai anche
qualche Meowth, allora, prometto ^w^
Ringrazio tutti
coloro che hanno messo le storie fra le seguite, le ricordate e fra
le preferite! Ed anche Bree_ che mi a messo (chissà perché) fra gli
autori preferiti ...
Scusate per la
schifezza … GloGlo_96
* E' vero, lo giuro,
i topi, essendo quasi sempre creature notturne, possono vedere anche
al buio
** Insomma, un po'
il taglio di capelli di Death the Kid di Soul Eater (bel manga *ç*)
*** Sorry, tutto
quello che ho detto del McDonald è una menzogna (penso) però il
Clown assomiglia davvero ad 'It' di Stephen King ...
**** Chiedo scusa al
maestro Stephen King per la presa in giro del suo personaggio …
***** E per ultimo
ma non ultimo chiedo scusa anche allo scrittore del 'Signore degli
Anelli' per aver preso in giro anche il suo personaggio …
|
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Capitolo 5 *** Pokèpericoli! ***
Pkm 4.0
Poképericoli
… ciò che non ti aspetteresti mai!
"Ratta!Ra …"
Mi aveva risposto lui, deluso. Adesso, voi vi chiederete come avessi
fatto a sapere che il mio piccolo Pokémon era deluso. O, beh, le sue
piccole orecchiette plus la sua coda si erano mosse verso il basso,
come se fosse stato travolto da un'ondata d'acqua … più deluso di
così.
Io, d'altro canto,
mi ero buttata a terra, distrutta da tanto correre. Non potevo
credere a quel che avevo passato nell'altra galleria, ed a quello che
stavo vedendo adesso. Prima, c'era un pazzo che sembrava uscito da
una pozza di fango. Adesso c'erano … beh, esattamente non sapevo
che cosa cavolo erano.
Davanti a noi, erano
presenti almeno una trentina di affarini rosa con delle corna marroni
al posto delle orecchie ed una codina batuffolosa dietro alla loro
schiena. Stavano facendo una specie di balletto attorno ad un'enorme
roccia.
"Non dirmi che
sono i pokémon di quel fanatico di prima …" Avevo chiesto a
Rattata mentre cercavo nello zaino qualcosa da mangiare. Quello mi
aveva guardato, ed aveva scosso la testa, raggiungendomi come un
cagnolino e posizionandosi accanto a me cercando di capire che cosa
stessi prendendo.
"Ecco fatto!
Quei tizi non sembrano averci visto, quindi faremo una piccola pausa
…" Avevo detto, tirando fuori dallo zaino un pacchetto di
noccioline. Chissà poi che cosa ci facevano nel mio zaino, visto che
a me non piacevano …
Aprendolo, lo avevo
messo di fronte a Rattata, che con fare ghiotto si era intrufolato
nel pacchetto. Invece io mi ero dedicata alla mia arte: con una
matita HB, stavo ritraendo i pokèmon rosa mentre danzavano attorno
al meteorite. Sì, per me poteva benissimo un meteorite perché era
enorme e pieno di buchi.
Così eravamo andati
avanti per minuti, lui a mangiucchiare ed io a disegnare, mentre il
canto dei danzatori riempiva la stanza. Infatti, oltre a ballare,
cantavano!
"Ehi Rattata"
Avevo chiamato "Secondo te cosa stanno dicendo? Potrebbe essere
qualcosa come … 'Claffe'?" Il mio pokémon (che aveva già
finito la mia scorta di noccioline), scosse la testolina.
"Calaf?"
Avevo chiesto speranzosa.
"Ratta."
Aveva risposto lui.
"Clafera,
Caefly?"
"Ratta!"
Adesso stava ridacchiando. Chissà che avevo detto …
"Claffyre?
Cyffle? Cla ---" Avevo detto, pensosa.
"Clefairy …"
Aveva continuato una vocina leggiadra e dolce.
"Sì, mi sembra
la parola giusta, grazie …" Voltandomi, volevo ringraziare la
persona che mi aveva aiutato, ma invece, mi ero ritrovata davanti a
due occhietti socchiusi un un sorriso ed a una faccia che aveva poco
di umano.
"KYAAAA!"
Avevo urlato, allontanandomi velocemente a carponi. Di fronte a me
avevo un grande, batuffoloso, sorridente … Clanfery? Niente da
fare, non riuscivo a ricordarmelo.
"Cleffa!
Clefairy …" Aveva aggiunto poi, continuando a fissarci come se
fossimo due gelati in una giornata d'estate.
Stavo pensando di
catturarlo, a dir la verità, poiché era molto bello e cantava molto
bene, ma … c'era qualcosa che non andava in questo qui. Certo, era
carino e tutto, ma c'era qualcosa che non mi convinceva di lui.
Emanava un'aura pericolosa.
Troppo pericolosa.
Mi ero subito allontanata di un altro paio di metri, prima di
ritrovarmi con la schiena contro la parete. Intanto, Rattata si era
messo di fronte a me, in posizione di difesa, rizzando il pelo, la
coda e le orecchie e mettendo bene in mostra le zanne. Anche lui si
era accorto che la situazione era strana.
Il Cleffyra ci stava
continuando a fissare con un enorme sorrisino sulla faccia. E se
invece che essere un sorriso, quello era un ghigno? E aveva una
specie di luccichio negli occhi, quasi avesse in mente qualcosa. Poi,
si era avvicinato a me ed a Rattata, ed aveva teso la mano.
Rattata lo guardò,
scettico, poi osservò me. Me, che non sapeva cosa fare. Oh, beh, mi
ero detta. Una cosa così carina non può essere pericolosa. Oh come
mi ero sbagliata.
Quindi, cercando di
sorridere, avevo allungato la mano, proprio quando quella del
Clifferdy aveva cominciato a brillare. In quel momento i miei
sensi-di-ragno-nel-cervello mi avevano avvertito di scappare, ed
anche subito.
Con uno scatto,
dovuto all'istinto di sopravvivenza che ultimamente stava vegliando
su di me, Afferrai Rattata e rotolai da una parte, come avevo visto
fare nei film polizieschi. Volgendo di nuovo lo sguardo verso quella
specie di folletto, strabuzzai gli occhi: al posto della parete
contro la quale mi ero appoggiata, c'era un enorme buco.
Ok, forse fare
l'allenatrice non era proprio stata la cosa più intelligente che
avessi fatto. Forse potevo tornare indietro e diventare un benzinaio
od uno spazzino.
"Rattata!"
Aveva esclamato, poi, il mio compagno di sventura, ringhiandomi
contro. Beh, non contro di me, ma contro qualcosa che avevo dietro.
Girandomi velocemente, mi ero ritrovata a qualche centimetro dal mio
naso il ghigno dello stesso Clinfyre mentre nascondeva le zampette
dietro alla schiena. Aveva quell'espressione che usano i bambini
quando stavano nascondendo qualcosa. La stessa espressione che aveva
il protagonista di Shining poco prima di colpire la moglie con la
mazza da baseball.
Squadrandolo da capo
a piedi con un'espressione di puro terrore dipinto sul viso, mi ero
accorta che da sopra alla testa del pokémon erano comparsi degli
artigli luccicanti che sembravano fatti di ferro. Prima non c'erano,
ne ero sicura.
Urlando come una
pazza, con le lacrime agli occhi, ero subito corsa via. Poco prima
che il mostro avesse infilzato il punto dove mi trovavo io con gli
artigli.
"Rattata, non
puoi fare qualcosa?!" Avevo quindi chiesto al mio pokémon,
mentre l'altro ci stava inseguendo artigliando di qua e di là l'aria
attorno a noi. Per di più quello stupido pokémon poteva anche
volare!
"R-rat!"
Aveva risposto il topino, con una faccia come dire 'dovresti essere
tu a far qualcosa', mentre evitava una sfuriata. Sì, fare qualcosa
in una situazione come questa! Avevo pensato, cercando di guardarmi
attorno.
Gli altri esseri
rosa sembravano disinteressati a noi, ed, anzi, stavano continuando
danzare attorno ai meteoriti. C'erano vari cunicoli che portavano in
diverse direzioni, ma non sapevamo quale fosse quella giusta. E se
qualcuna di quelle portava in un vicolo cieco? Eravamo belli che
morti.
"Rattata, là"
Gli avevo indicato il cunicolo più vicino. Stavamo per riuscire a
raggiungerlo, potevamo salvarci, se non fosse stato che, il piccolo
essere dietro di noi,
ci aveva superato.
Perché? Semplice, mentre noi dovevamo cercare di non scivolare sul
pantano o di non inciampare su ogni sasso, quel Clafferdy poteva
volare. Mi sembrava un grosso maiale volante ...
Ed era volato
proprio fra noi e la nostra via d'uscita. Con gli artigli spalancati
verso di noi. In quei pochi attimi, mentre il coso rosa mi stava per
colpire, avevo ringraziato mia madre, mio padre, ed anche i nonni,
topo Gigio ed il mio Rattata per tutto quello che avevano fatto per
me. Ed avevo chiuso gli occhi, aspettando il colpo. Che non era
arrivato.
Perché non era
arrivato? Aprendo di nuovo i miei occhi, avevo visto un coso
orribile, deforme e violaceo tenere a bada il Ciflery con i suoi
artigli. Aveva le sembianze di un folletto viola, con delle gemme
incastonate nel corpo, dei denti appuntiti e … dei diamanti al
posto degli occhi. O almeno, sembravano diamanti.
"Rattata!"
Mi aveva chiamato il pokémon, puntando dritto verso un cunicolo,
dove una figura era nascosta nell'ombra. Senza pensarci un attimo,
ero corsa laggiù con lui, scoprendo che, con sorpresa, la faccia non
mi era nuova.
"Dracula Jr!
Che cosa …" Avevo tentato di comunicare. Ma quel tizio aveva
ritirato il suo pokémon e si era messo a correre nel cunicolo.
Vedendo il Clafarry tornare alla carica, avevo deciso di seguire lo
scolaretto.
Quello che non
sapevo era, però, che la galleria terminava in uno strapiombo.
Ok, ho fatto il mio
primo capitoletto "d'azione". (una vera schifezza ndcoscienza) Peccato che a scriverlo rende
poco, dovete proprio immaginare la scena U.U (tutte scuse
ndcoscienza) Non è verooo T.T Insomma, sono solo alle prime armi T.T
Comunque, il
Clefairy assassino (O.O) ricomparirà ancora, ecco perché avevo
bisogno di metterci il capitolo U.U e poi, che ne pensate? La ragazza non poteva difendersi con
il suo pokémon, perchè non sapeva il nome di nessun
attacco del suo Rattata, se è quello che vi state chiedendo ...
Dracula Jr è
ritornato, portando in salvo Madeleyne con il suo pokémon (non è
molto difficile da indovinare quale pokémon è) ma chissà come avrà
fatto ad ottenerlo? Sono piuttosto rarucci …
Bree_: grazie, è
piacevole sapere che almeno a qualcuno la mia storia piace! Questo
volta non c'è molto umorismo, ma, ehi, che pretendi? Hai pensato ad
ash?! Beh, in effetti, è un po' pallido, ma non riesco a vedermelo
in divisa scolastica XD Grazie per continuare a leggere! Ah, e se
noti qualcosa che devo migliorare (TUTTO >_< Nd.Coscienza)
scrivimelo.
PS: hai scoperto che
cos'erano le fatine sulla mappa?
Birby: ma di solito
no recensivi verso mezzanotte O.O? Vabbè, comunque XD Hai ragione
alla fine vince sempre il topino! Odio anche io questa cosa, perché
per esempio in Tom & Jerry vince sempre il robo arancione, quando
io tifo per Tom! Ed anche in Grattachecca e Fichetto dei simpson T.T
Pensi davvero che diventaranno una bella coppia? Forse, potrei farci
qualcosuccia … (faccia da cattiva)
Che ne pensi del
chapter? Che dovrei migliorare?
Ringrazio franky9397
e zeldaxyuki per aver messo la storia fra le seguite T.T
DOMANDA DEL GIORNO:
Dracula Jr, volete aggiungerlo al gruppo di Madeleyne oppure no? (Per
me è uguale)
Vi adoro tutti!
GloGlo_96
|
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Capitolo 6 *** Un tranquillo monologo ***
Pkm 5.0
Uno
strano ragazzo & una Maddy depressa
Erano passate ore. O
forse minuti. Secondo me potevano essere anche giorni. L'unica cosa
che aveva importanza era che io ero viva. Certo, con dolori in tutto
il corpo, ma ero comunque riuscita a superare quell'orribile
esperienza. Quell'odioso Cliffany ci aveva obbligato a saltare giù
dal cunicolo, ed a correre per il pendio. Peccato che dopo i primi
tre passi eravamo scivolati, ed avevamo dovuto rotolare fino a
valle. Fortuna che non eravamo tanto in alto …
Avevo fatto così
tanti sforzi, quel giorno, che avrei potuto dormire per una settimana
intera. Ma mi dovevo rialzare, non potevo, purtroppo, dormire in una
vallata boscosa. Non fraintendetemi, non ero proprio in vena di
muovermi, ma avrei fatto di tutto, di tutto per non dormire in
un bosco. In mezzo ai fiori. In mezzo all'erbetta. In mezzo agli
insetti. Credevo di possedere una specie di entemofobia, o ancora
meglio insettofobia. Quegli occhietti orripilanti … quelle alette
trasparenti … mentre zampettavano …
Comunque, ritornando
al discorso su dove mi fossi cacciata …
Stavo camminando per
il boschetto da ore, in compagnia di quello strano ragazzo/vampiro,
con Rattata nella pokéball (sì, anche lui era distrutto). E non ci
eravamo detti una sola parola. Per tutto il tempo. Dovevo stargli
antipatica …
Colpita da una fitta
di depressione, avevo cercato di sciogliere il ghiaccio "…
Dove stiamo andando?"
"…" E
lui aveva continuato a camminare, ignorandomi.
"Ok, non lo
sai. Sei un allenatore?" Avevo chiesto di nuovo.
"…"
Questa volta mi aveva concesso un'occhiata, né buona né cattiva.
"Beh, direi che
se hai un pokémon sei un allenatore. Ma di preciso, quanti anni
hai?"
"…"
Ignorata di nuovo.
"Ok,
informazione Top Secret. Scusa, mister Men in Black!" Avevo
detto, scherzosa.
"Forse non
parli la mia lingua …" Avevo iniziato a fantasticare, per
stuzzicarlo "Già, probabilmente sei un alieno/vampiro che si è
risvegliato dopo chissà quanto tempo!"
"…" Lui
aveva spostato un ramo che ostacolava la sua strada, mentre, scettico
e tutto serio, mi ignorava. Era molto bravo a sopportarmi, non c'era
dubbio.
"Sei sceso da
un'astronave a forma di tanga e adesso vuoi conquistare il genere
umano per mezzo della tua armata galattica di scoiattoli mannar---"
Lui aveva mollato il ramo, che mi era finito dritto in faccia. Sì,
questo era l'inizio di una lunga amicizia. Da notare il sarcasmo. Mi
stavo deprimendo … e mi stava venendo un'idea!
"Quindi è così
…" Avevo iniziato, usando il tono di un bambino a cui erano
state rubate le caramelle "Prima ho dovuto camminare per ore in
una foresta piena di animali pericolosi" Certo, non gli avrei
detto che l'animale pericoloso era un topo, rovinava la scena "…
poi, ho camminato all'interno di un monte, inciampando sulle varie
rocce. Credendo di trovare un po' di civiltà mi ero avvicinata a
voi, con la speranza di capire dove diavolo dovessi andare, ma, che
mi ritrovo? Un vampiro a capo di alcuni scoiattoli ed il suo melmoso,
psicopatico, amico." Ero davvero brava, wow, forse dovevo fare
l'attrice. "Dopo essere stata ricoperta di bava, vengo:
attaccata da un maiale volante che non capisce la piramide
alimentare, salvata da un folletto da qualche milione di Poké* e
distrutta, schiacciata, spazzata via da una corsetta giù per il
pendio …" Aria distrutta ed afflitta " … ed adesso sono
in compagnia del vampiro di prima che mi ignora, come se non
esistessi nemmeno!"
"…"
Stavolta, aveva rivolto gli occhi al cielo, annoiato dalla mia
commedia.
Odiavo quando le
persone mi ignoravano così. Perché doveva farlo? Che gli avevo
fatto? Avevo il diritto di parlargli! E la mia rabbia si era
trasformata di disperazione. Era inutile, non avevo speranze. Aveva
ragione a non ascoltarmi.
Sentivo gli occhi
pizzicarmi. Probabilmente, stava pensando che io fossi una noiosa,
antipatica, sporca, incapace, incoerente, egoista, ignorante, stupida
e paurosa ragazzina! Nessuno potrebbe essere interessato in Madeleyne
Hellys. Forse dovevo solo scomparire dalla faccia della terra.
Ed adesso cosa sto
facendo? Mi ero chiesta, rallentando l'andatura. Sto piangendo?
Dovevo cambiare il
finale della precedente frase, allora: ero una egoista, ignorante,
stupida, paurosa e piagnucolosa bambinona viziata! Avevo detto,
asciugandomi gli occhi.
"Daisuke.**"
Presa com'ero ad autocommiserarmi, non avevo capito cosa poteva aver
causato quel suono. Forse il vento?
"Daisuke."
Stavo iniziando ad avere dei miraggi? Oppure quella che udivo era
davvero una parola proveniente da quel tizio?
Vedendo il mio
sguardo confuso, il ragazzo sospirò, mentre mi scrutava con occhi
preoccupati. Era preoccupato perché prima stavo piangendo? No,
impossibile. Probabilmente aveva solo paura che la mia malattia
mentale non lo colpisse.
"Il mio nome è
Daisuke." Aveva specificato. Ritornando quello di sempre. Quelle
sue piccole parole avevano ridato vita, purtroppo per lui, alla
vecchia me. Quella egoista, noiosa ed incoerente! Avevo quindi
sorriso: forse non era un vero vampiro succhiasangue, dopotutto.
"Invece, io mi
chiamo Madeleyne e vivo nel mio mondo." Avevo detto, come
se fosse stata la cosa più normale del mondo. Per me lo era. Per
quel che mi ricordavo, mi ero sempre presentata così. Comunque, ero
ritornata all'attacco.
"Perché prima
non mi parlavi? Ti ero antipatica?" Avevo sperato che non si
fosse di nuovo rintanato nel suo guscio. Infatti.
"Era
divertente." Risposta semplice e diretta. Poi aveva aggiunto
"Non parlo molto con la gente, io." Ah, beh, si vede. Avrei
voluto dirgli.
"Comunque, ti
volevo ringraziare per quel salvataggio in extremis di prima con il
tuo … come hai detto che si chiama?" L'altro aveva aperto la
bocca "Vabbè, non mi importa." Aveva richiuso la bocca.
"Ma poi, cosa
c'era che non andava in quel …" Come si chiamava più? "
... quel … "
"Clefairy."
Aveva detto improvvisamente Daisuke, vedendomi in difficoltà.
"DOVE?!"
Avevo urlato, traumatizzata. Strabuzzando gli occhi e sentendo
l'adrenalina scorrere nelle mie vene, mi ero immediatamente nascosta
dietro a Daisuke, tremando un po'.
Un po' sorpreso, il
ragazzo mi aveva squadrato da capo a piedi, per poi dire: "Si
chiamano Clefairy."
Ricomponendomi
subito, senza badare alla figuraccia che avevo fatto, avevo mugugnato
uno 'scusa' ed ero tornata a fare domande. "Bene, e quindi che
aveva quel brutto Clarfarfy, perché se la prendeva con me?"
"Forse si era
arrabbiato perché non lo chiamavi con il nome giusto." Aveva
risposto lui, scrollando le spalle, come se non fosse un problema.
Benissimo, quindi, se non conoscevo il nome di tutto i pokémon, ero
morta. Sapevo solo il nome di Rattata.
Stavamo passeggiando
da un po'. O almeno, così era per me, che lo seguivo. Chissà cosa
gli passava per la testa. Sapevo solo che quel silenzio, plus il
verso di alcuni pokémon selvatici che echeggiava per la foresta, era
inquietante. Ci voleva un po' della buon vecchia Maddy.
"Daikke! Di
preciso, dove stiamo andando?" Avevo chiesto, con tono
canzonario.
Erano passati altri
minuti. Con lui funzionava così. "… Dai … che?" Aveva
chiesto, turbato. Bingo.
"Non Daiche, è
Daikke!" Avevo risposto io, imbronciata.
"E cosa
sarebbe?" Aveva domandato, fingendo indifferenza.
"Il tuo
soprannome, Daisuke è troppo lungo." Avevo spiegato quindi,
cercando di far apparire la cosa logica. Una logica un po' contorta,
che lui non sembrava apprezzare.
"Il mio nome è
Daisuke" Si stava iniziando ad arrabbiare.
"Sì, ma anche
Daikke!" Avevo enfatizzato.
"Non è vero,
chiamami Daisuke!" Aveva detto, tornando serio.
"Chi è
Daisuke, Daikke?" Avevo provocato.
"…" Se
si poteva uccidere con lo sguardo, a quest'ora sarei morta. Non mi
piaceva, lo stavo trovando difficile da contrastare, e poi, non
volevo mica farlo arrabbiare.
"Ok, scusa, ti
chiamerò con il tuo vero nome" Avevo quindi detto, per poi
sussurrare a me stessa "a volte." Non ci si poteva
sbarazzare così facilmente di me.
Lui sciolse
l'occhiataccia e sospirò, riprendendo a camminare nel silenzio. Poi,
un'ondata di fragranze e rumori aveva iniziato a travolgerci, con la
potenza di uno tsunami: avevamo trovato il villaggio.
E così facciamo
conoscenza di Daisuke (però, quanti daisuke che ci sono al
giorno d'oggi NdMe), un ragazzo all'apparenza impassibile, ma
capace anche lui di provare emozioni, se gli si da' una spintarella.
Che ne pensate? Certo, però, che non ha ancora una carattere ben
delineato, ma nel corso dei capitoli lo migliorerò. E chissà,
forse, con la nostra Maddy, riuscirà a cambiare un pochino. Peccato,
un altro capitolo noioso (l'intera storia è noiosa NdCoscienza) (T.T
Ndme) ma dovevo in qualche modo far sì che si sciogliesse il
ghiaccio, no? Ma chi voglio prendere in giro ...
Bree_: Nuu,
il povero Kira di Death Notes! XD L'ho sempre odiato, in un certo
senso, per quello che ha fatto ad Elle! U.U Weee, ma il Clafairy,
vedi, ha solamente iniziato di perseguitarla XD Per le altre cose,
come ti sembra Dracula?
ShessomaruJunior:
Sì, son talmente veloce che devo darci un taglio. Da domani andrò
un pelino più lenta per dare il tempo di leggere ogni capitolo.
Comunque, Dracula si unirà alla nostra protagonista, sta tranquillo,
come potevo mandare quella poveretta a farsi ammazzare? XD
franky9397:
WEEEE! Un nuovo recensitore! Grazie per i complimenti ^^ Sì,
dracula si unirà alla povera Maddy, perché ha proprio bisogno di
un'istruttore XD E poi, il sebleye o come si scrive, beh, non sapevo
come altro farlo comparire U.U
Birby: quindi
secondo te ci dovrei mettere più tempo? Sì, forse hai ragione,
proverò a mettere in pratica il tuo consiglio. Ti va bene se adesso,
al posto di aggiornare ogni giorno, aggiorno una volta ogni due
giorni? Tanto domani son al mare e non potrò scrivere XD Maddy: Non
penso che potrai chiamarla più la tua sosia, per la scenata che ha
fatto in questi ultimi due capitoli. O beh, lei si deprime facilmente
U.U
*Poké: il
nome della moneta di Pkm Mystery Dungeon. L'adoro troppo, come potevo
non metterla? XD
** Daisuke:
beh, non sapevo come chiamarlo, il poveretto U.U poi ho riletto le
vostre recensioni, e mi è venuto in mente questo, che significa, fra
l'altro "grande aiuto" XD Un nome più azzeccato di questo
XD
DOMANDA DEL
GIORNO: Come ve lo immaginate, il carattere di Daikke? (Tnt decido io
cosa farne, MUAHAHAHA!)
A dopodomani,
allora! GloGlo_96
|
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Capitolo 7 *** Se io ballo scatta l'Apocalisse ***
Pkm 6.0
Se
io ballo, scatta l'Apocalisse (non aspettatevi chissà cosa ndAutrice U.U)
Avevo sentito
parlare di grandi mercati, ma era stata la prima volta che ne vedevo
uno così … pieno di vita. Sembrava che l'intera regione si fosse
radunata in quell'unica città, per dar vita così ad un enorme
raduno. Infilandoci furtivamente fra la folla, eravamo riusciti ad
entrare nella parte sud-ovest della cittadina. Adesso, però, che
avrei dovuto fare?
"Daik---
Daisuke, dove stai andando?" Avevo quindi chiesto, cercando di
stargli dietro mentre mi osservavo attorno. Cosa non molto facile
perché lui sembrava aver tutta l'intenzione di seminarmi. Basso
com'era, mi aveva sorpreso il fatto che non fosse stato ancora
schiacciato da uno degli avventurieri che andavano di qua e di là
per le bancarelle, alla ricerca di chissà quale arnese.
"Ed aspettami!"
Avevo detto, correndo verso di lui in modo da non perderlo. Certo che
con quella maglietta era difficile seguirlo, si confondeva con
l'ambiente! Quello invece sembrava divertirsi a far finta di non
sentirmi …
Proprio quando stavo
per raggiungerlo, un energumeno vestito da pesce rosso, con sopra una
coroncina mi si era parato davanti, porgendomi un vassoio di … che
diavoleria erano? Sapevo solo che quell'uomo puzzava di pesce, e che
Daikke stava scomparendo nella folla.
L'uomo, ignorando le
mie proteste, aveva iniziato ad urlare alla gente lì attorno:
"Comprate i bastoncini di capitan Magikarp, non ve ne pentirete!
Bontà, allegria e buon senso, avrete!" Facendo il limbo per
passare sotto al suo stupido vassoio pieno di pesce impanato, ero
pronta a continuare l'inseguimento.
Dopo un vago giro
fra le bancarelle, ero riuscita a ritrovare il ragazzo mentre una
donna gli mostrava delle cravatte e dei papillon. Al solo pensiero di
vederlo indossare uno di quei fiocchi a pois rossi … ero scoppiata
in una risata, mentre l'altro, accorgendosi che ero presente anch'io,
rifiutò l'invito della signora e girò sui tacchi, per poi
proseguire in un'altra strada. Se non lo conoscessi, direi che era
imbarazzato.
"Quindi, che
intenzioni hai? Possiamo guardare un po' di bancarelle? La notte è
ancora giovane e ---" Mi ero fermata, strattonando il ragazzo,
mettendo il broncio.
Quello, guardandomi
con un punto interrogativo formatosi sopra alla sua testa, aveva
sospirato: "Fa come credi …" e poi aveva ripreso a
camminare, questa volta un po' più piano.
"Ma dai, non
sai come ci si diverte!" Mi ero quindi lamentata, sperando di
ottenere qualche reazione, invano. Avevo quindi ripreso a
chiacchierare con me stessa.
"Potremmo
cercare dei pezzi metallici per la tua astronave Tanga, che ne dici?
E comprare tutte le noccioline che possiamo per i tuoi scoiattoli! A
proposito, dove li tieni? Sono dentro alla tua uniforme, dì la
verità! E poi, magari riusciremo pure ad ---" Mi ero fermata,
attirando l'attenzione dell'indifferente.
"Sento qualcosa
… di familiare" L'avevo quindi informato.
Sì, infatti,
nell'aria era presente una puzza atroce. Avrei fatto, normalmente,
retromarcia, peccato che mi sembrava di averla già sentita da
qualche parte. Riuscivo a sentire un po' di terra, e di bagnato. E
poi …
"Uhn?"
Aveva chiesto lui vedendo la mia faccia terrorizzata, mentre mi
nascondevo di nuovo dietro alla sua schiena, sussurrando parole a lui
incomprensibili.
"A-ah … se ci
trova … se mi trova … n-non ci può trovare …" Volevo
continuare a parlare, quando una voce da dietro di me mi aveva fatto
sobbalzare.
"Ma io vi
conosco!" Aveva detto, mentre io cercavo di ricompormi, ma
sempre stando dietro a Daisuke "Voi siete i due ragazzi di oggi
pomeriggio! Scusate per come mi sono comportato …" Aveva
continuato.
Era un ragazzo con i
capelli verdognoli nascosti sotto al cappello, un sorriso stanco e
della barbetta sotto il mento. I vestiti erano di un marroncino
chiaro, e sembravano fatti apposta per le persone che trascorrevano
molto tempo esplorando. Se non l'avessi già conosciuto, avrei detto
che fosse un bravo ragazzo. Davvero.
"… ma ero un
po' stanco. Sapete, cercare fossili all'interno di una montagna non è
un lavoro facile!" Aveva detto ridendo. Sembrava però che io
fossi l'unica che lo aveva riconosciuta, perché Dracula aveva
ripreso a camminare, ignorandolo.
"Adesso ho un
sacco di clienti, che vogliono vedere la mia mostra sui fossili! Ah,
e poi, il mio biglietto da visita" Aveva detto, dandomi un
biglietto tutto sudaticcio, mentre sul mio viso compariva un
sorrisetto nervoso ed iniziavo a sudare freddo.
"Sono il figlio
del dirigente del museo a nord della regione, dovrebbe essere facile
trovarlo, è l'unico di questo posto! Ah, per voi naturalmente, è
gratis, accettate la mia offerta come una risarcimento per la mia emh
… aggressione." Aveva concluso, grattandosi dietro alla nuca.
"Oh, adesso dovrei andare, sai, le mostre non ---" Ma prima
che lui avesse potuto finire la frase, io ero già corsa via.
Potevo ancora
sentire la suo voce stridula mentre sgridava un bambino "Non hai
letto il cartello!? Non si toccano i fossili! Loro hanno una vita,
loro stanno vivendo! Loro vivono" L'aveva detto con un
tono così strisciante da far accapponare la pelle.
Ma adesso il mio
problema principale era quello di trovare Daikke. Avrei potuto
urlare il suo nome hai quattro venti, per sveltire la ricerca, ma non
penso che avrei comunque ottenuto risposta. Così mi ero limitata a
correre per l'intera via, fino a raggiungere una piazzetta con
un'immensa folla.
Per un attimo avevo
temuto di rivedere Grande Puffo, ma poi, sentendo della musica
classica provenire da un lato, avevo capito che si trattava di una
scenografia. Di che cosa? Beh, se rimanevo lì non lo avrei mai
potuto scoprire. Quindi avevo cercato di farmi strada fra la folla,
urtando e sbattendo parecchie volte contro diverse persone. Fino a
quando non ero arrivata davanti ad un enorme palcoscenico.
Al di sopra di esso,
si potevano scorgere degli uomini in … calzamaglia? Tutu? Aveva
poca importanza. Loro spiccavano balzi e piroette quasi fosse un
gioco, si libravano nell'aria come se fossero pesi piuma e riuscivano
a ballare perfettamente in sincronia. Il ballerino sulla quale era
incentrata tutta l'attenzione, era però, un uomo con la calzamaglia
bianca ed una maschera dello stesso colore. Inutile dire che non si
riusciva a comprenderne l'età. Quindi, mentre il gruppo ballava in
cerchio, l'uomo si esibiva in tutta la sua grinta, in uno slalom
danzante fra i ballerini. Tutto questo senza, minimamente, toccarsi.
Ero senza parole. Li avevo visti molte volte ballare in TV, ma
vederli dal vivo era tutta un'altra cosa. Un altro storia. Un altro
mondo. Un'altra dimensione.
"Ed ora,
signore e signori, l'ultimo numero per questa sera!" Aveva
annunciato un uomo vestito con lo smocking, che teneva in mano un
microfono "Il nostro Mr. Dancy ha deciso di invitare a ballare
una di voi, belle ragazze! Chi sarà la fortunata?"
Rullo di tamburi.
Avevano pure il rullo di tamburi! Avevo iniziato a sudare freddo,
mentre quasi tutte le gallinelle presenti nella piazza si erano messe
ad urlare ed a spingere per farsi vedere dal ballerino. Che, secondo
me, per quanto abile fosse, non poteva aver meno di quarant'anni. A
me non piaceva ballare, ero davvero incapace. L'ultima volta che lo
avevo fatto, ero: inciampata sui piedi del mio accompagnatore; caduta
sopra al tavolo, dove per cercare di frenare la caduta avevo
afferrato un candeliere e rovesciato degli stuzzichini al formaggio;
scivolata sugli stuzzichini; caduta a terra e dato fuoco alle tende
per colpa del candeliere. Bei ricordi …
Il rullo di tamburi
era finito. Significava che lui aveva scelto. E stava guardando
proprio nella mia direzione …
Ho DAVVERO provato a
seguire i consigli di Birby, cioè di rallentare la produzione, ma,
accidenti a me, non ci riesco. Preferisco capitoli corti ma
pubblicati con frequenza … uffy. Quindi, scusate, ma per adesso vi
dovrete accontentare di questo.
OK, quindi i due
ragazzi fanno un giretto al mercato, dove hanno incontrato due o tre
personaggi piuttosto interessanti. (Dovete stare attenti, ci sono due
personaggi che ricompariranno più tardi, nella storia) POI: sto
davvero provando a scrivere qualcosa di comico, ma il mio piccolo
problema è che le cose comiche che ho in mente (e sono davvero
molte) devono avvenire dopo un certo lasso di tempo, che ne so, dopo
le prime 2/3 medaglie! Quindi, pazientate, vi prego T.T
Ed adesso alle
Recensioni!!!
franky9397: sei
stato il primo O.O Zizi, Daikke, poveretto, è costretta a
sopportarla ancora per un bel po' XD Penso che, dei tuoi consigli,
possa prendere in considerazione il "secchione", e forse il
"simpaticone". Solo che non saprei come rendere Daikke
simpatico T.T
Bree_: Sì, ci
voleva un personaggio apparentemente menefreghista, nella storia.
Voglio dire, dopo topo gigio, nonno Gerald, il gollum ed il clayffa
della montagna, il ballerino professionista (dopo diventerà molto
comico XD Ma solo dopo molti altri capitoli U.U) e l'uomo venditore
di magikarp, ci voleva proprio! Per quanto riguarda ash, ho pensato
di farlo diventare uno dei personaggi idioti della storia, ma, come
per il mister ballerino, ciò deve avvenire più tardi. U.U XD
Dovresti sapere ciò che mi sta passando per la testa XD
Birby: Anche secondo
me era preoccupato per lei U.U (ma se è un tuo personaggio! Come fai
a non sapere cosa pensa! Ndcoscienza) (non è colpa mia, lui è
pericoloso quando fa' 'lo sguardo' NdGlo) E poi, maddy è un po'
ingenua U.U Ed il soprannome … beh, diciamo che ho preso spunto
>__<
Ringrazio Zanna 97
per aver messo la storia fra le preferite ^^
DOMANDA DEL GIORNO:
Prossimo compagno (fra un po' di capitoli): maschio o femmina
(preferirei maschietto, dato che la maggior parte della storia è
narrata secondo Maddy …)
Sorry, GloGlo_96
|
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Capitolo 8 *** Mission: Impossibile ***
Pkm 7.0
Mission:
Impossible
Stupendo. Io, che
volevo solo fuggire lontano da quella città, stavo per essere scelta
come compagna di danza da un ballerino. Ci doveva essere un errore.
Sicuramente. Sperando con tutto il cuore che sviluppassi dei poteri
mentali che facessero cambiare idea al tizio in calzamaglia, avevo
centrato la mia attenzione sul presentatore, che aveva passato il
microfono all'uomo mascherato.
"Ho deciso!"
Aveva quindi annunciato, spalancando le braccia ed indicando nella
mia direzione, "Quella ragazza!" Ecco, ora era il momento
della verità "Quella vestita di nero, con i capelli neri che se
ne sta' andando via!"
Avevo spalancato gli
occhi, dalla sorpresa. Ed io che credevo mi scegliesse … ero tanto
contenta di essere scampata a quella punizione divina! Ora, però,
ero curiosa su chi fosse la povera sfortunata che ---
No. Non ci potevo
credere. Seguendo il percorso immaginario tracciato dal dito
dell'uomo, avevo potuto constatare che l'unica persona che
corrispondeva alla sua descrizione era …
"Daikke?"
Avevo chiesto, osservandolo bene. Sì, in effetti, se non si badava
all'uniforme maschile ed al viso, sembrava proprio una femmina.
Alias, se lo si guardava quando era girato, non era difficile
scambiarlo per una ragazza. Alias, mi ero messa a ridere così forte,
che forse persino i miei nonni avrebbero potuto sentirmi.
"Ahah! Daikke,
Ti p-prego" pausa per ridere e riprendere fiato "dimmi
c-che non è vero!" Avevo detto, cercando di scorgere la sua
espressione. Stavo sbagliando, oppure aveva assunto un colorito
diverso dal suo solito pallore? No, era proprio arrossito, ed aveva
un'espressione imbarazzata ed umiliata che faceva ricordare proprio
una ragazza. Interessante …
"Madeleyne?"
Aveva detto lui, uscendo per un millisecondo dalla sua crisi. Il mio
cuore aveva perso un battito: si ricordava il mio nome? Poi aveva
assunto un colore ancora più rosso. "Ora lo ammazzo" aveva
detto, recuperando un po' del suo normale carattere ed avanzando
verso il palco mentre la folla rideva. Se rideva di Daikke, che era
stato scambiato per una ragazza, o del ballerino, che aveva bisogno
di un paio di occhiali, non aveva importanza, era lo stesso sublime!
Una volta salito sul
palco (dove ora era rimasto solo Mr. Dancy), stanco, probabilmente,
di essere umiliato, aveva voltato lentamente la testa di 90°. Se
prima pensavo fosse umiliato, ora mi dovevo ricrede: era infuriato.
Sembrava un assassino pronto ad uccidere.
Era bastata una sua
occhiata, piena di serietà, odio e freddezza (scommettevo che almeno
metà della piazza aveva sentito il proprio sangue gelarsi), a far
cambiare l'umore della folla da divertiti, a terrorizzati. Con la
coda nell'occhio avevo visto un ragazzo tirare fuori da chissà dove
un rosario.
Io, dalla mia parte,
ero spaventata come gli altri: Daikke era molto pericoloso. Ma, se si
scavava affondo nelle mie sensazioni, sotto valanghe di istinto di
sopravvivenza che mi dicevano di lasciare quel posto il prima
possibile, sotto kilometri di inettitudine da depressione, sotto una
montagna di sollievo nel non essere stata scelta per ballare, ero
felice. Super felice. Forse perché era tornato il vecchio Daikke, o
forse perché avevo scoperto una delle sue(se ne aveva altre)
debolezze, non mi importava.
Intanto, il ragazzo
si era diretto verso il vecchio, con ogni cellula del suo corpo che
emanava odio. L'uomo, accortosi solo ora del pericolo imminente,
ripreso il microfono in mano ed aveva biascicato "Signori, sono
spiacente di informarvi, che, a causa di cause esterne e superiori
alla mia portata," aveva iniziato, velocemente arretrando verso
il fondo del palco (che in realtà era solo un rialzamento), dove
iniziava una collinetta "lo spettacolo finirà, adesso!"
Aveva detto, tuffandosi nel retro del palco ed iniziando a correre su
per la collina.
La folla, rimasta un
po' basita dagli avvenimenti, aveva iniziato a disperdersi, mentre
Daisuke era corso dietro all'uomo, con una velocità nettamente
superiore e con uno sguardo carico di disprezzo "Torna qui,
vecchio balordo con manie pervertite, e dopo vedrai quanto potrai
ballare!"
Non volendo perdermi
lo spettacolo, mi ero messa anche io all'inseguimento dei due, ma
invano: non ero mai stata molto veloce. Anzi, probabilmente mi poteva
battere un bambino di otto anni.
Ciononostante, ero
riuscita a ritrovarli dopo vari minuti, mentre venivano scortati
dentro ad un'enorme casa da una donna dai capelli violacei, legati da
una coda.
"Aspettate, che
vengo anche io!" Avevo quindi urlato, sperando di essere
sentita.
Chissà perché,
invece, la porta si era chiusa di scatto proprio mentre io stavo per
attraversarla, facendomi sbattere con il legno duro.
Tenendomi il naso
(la parte che aveva sbattuto più forte) con la mano, e sperando che
non si mettesse a sanguinare proprio in quel momento, avevo osservato
l'ambiente esterno, cercando un modo per entrare. Odiavo ammetterlo,
ma senza Daikke in giro mi sentivo esposta a qualsiasi minaccia. E
poi, cosa avrei fatto? Non sapevo nulla del luogo, non riuscivo a
difendermi, non avevo alcuna chance. Per questo lo avrei seguito
ovunque. Beh, almeno finché non avessi imparato a cavarmela da sola.
Girando attorno
all'abitazione, mi ero accorta che per entrare, bisognava o salire su
un albero e saltare attraverso la finestra, oppure passare per la
porta di servizio, con la porticina del cane. Peccato che quella era
chiusa. Ora, c'erano tre cosa che arei potuto fare: buttarmi da un
ramo verso la finestra (anche se potevo riuscirci, grazie alle mie
conoscenze sui film spionistici, avrei preferito evitarlo),
scassinare una delle due porte (idem come per l'albero, ma poi avrei
combinato dei casini, come rompere la serratura ecc) oppure …
passare attraverso alla porta del cane.
Umiliante ed idiota,
non lo avrei mai fatto. Pensando questo, mi ero incamminata per i
dintorni della casa, dove ero sicura che avrei trovato qualche altro
modo per entrare.
Dopo un quarto
d'ora, però, ero di nuovo finita sul retro della casa, a fissare
intensamente la porticina. Se non c'era altra scelta …
Abbassandomi fino a
livello terra, ed infilando la testa attraverso la porticina, mi ero
accertata che non ci fosse nessuno nei paraggi. Fortunatamente, erano
tutti in un'altra stanza. Sospirando, avevo cercato di introdurmi
prima per le gambe, e poi per il resto del corpo. Ero un po'
preoccupata per i fianchi, che forse non sarebbero riusciti a
passare. Invece ero tutto andato a finire bene. Stavo per infilare la
testa all'interno della casa, quando mi ero accorta di una cosa: ero
bloccata.
Perché? O,
semplicemente perché la porticina, essendo troppo piccola, non aveva
lasciato passare il seno. Mai avrei pensato che quella parte del
corpo avrebbe causato problemi. Ecco, se c'era una cosa che odiavo di
me, era che tutto il grasso che accumulavo mangiucchiando i dolciumi,
andava a finire sul petto, creando due grandi (per la mia età) …
protuberanze. O almeno, non erano così tanto grandi, ma nemmeno
della taglia di una qualsiasi altra ragazzina di 11 anni. Uffa.
Presa dal panico dal
fatto di venire scoperta, mi ero messa a spingermi dentro, senza
risultati. A mali estremi, estremi rimedi, no? Cercando di dimenarmi
senza rumore, avevo fatto passare le braccia all'interno della casa,
aggrappandomi alla porta. "Ok, ce la puoi fare. Uno … due …
tre!" Ed avevo spinto, riuscendo a liberarmi, rotolare
all'indietro e sbattere contro un tavolino con sopra un vaso di
porcellana. Se non si fosse rotto, avrei giurato che almeno duemila
Pokè quel vaso li valeva.
Dopo essermi
accertato Tempo di rialzarmi, che mi ero resa conto che vari occhi mi
stavano fissando. "Salve!" Avevo detto, allegra, mentre
dentro di me mi sentivo svenire.
Allora, il
capitolo è demenziale lo ammetto, ma dovevo pur far succedere
qualcosa. Abbiamo capito che la nostra eroina sa' almeno come ci si
infiltra in una casa (io una volta l'ho fatto O.O anche se contro la
mia volontà: ho scavalcato la recinzione con degli amici e ci siamo
messi ad esplorare la casa T.T paura …). Certo, non è
intelligente, non sa difendersi, ma per lo meno lo stile spia ce
l'ha! Il che spiega perché è così brava a mentire U.U *viene
picchiata da Maddy*
E poi, ho scoperto
che il nostro caro dracula prova qualche volta, delle emozioni.
Certo, che venire confuso per una ragazza … *viene picchiata da Mr
Dancy + Daikke* ma non pensate male, non è che abbia curve o
cose del genere, è solo che non ha il fisico da uomo (muscoloso, un
po' più alto e più grasso … non pallido ...)
Ma ora le
RECENSIONI!
Franky9397:
trovato Daisuke! Di personaggi comici già ne ho inventati, solo che
non possono comparire ogni tre secondi all'interno della storia, non
possono essere ovunque U.U E poi, credo anche io che il prossimo
compagno di viaggio sia maschio!
Bree_:
capitan magikarp lo adoro anche io XD povero Mr Dancy, non è uno di
quelli con la puzza sotto il naso XD ma penso che tu dopo alcuni
capitoli lo odierai comunque (ripeto:sapessi come fungono le cose
nella mia testolina) XD Ah ah! Così adesso sappiamo una debolezza
(forse l'unica >_<) di Daisuke: se non lo si guarda in faccia
sembra una femmina O.O No, poveretti, l'ambulanza no! Gli
frantumerebbe le orecchie XD
Birby:
Daisuke non è abituato a stare con altre persone oltre a se stesso,
ma non lo fa apposta a … ok, forse lo fa apposta ad ignorarla. Ma
qualche ragione ce l'avrà U.U (ma è il tuo personaggio, tu lo hai
inventato, dovresti saper tutto di lui ! Ndcoscienza) (*Glo da un
pugno alla coscienza*) E ragazzo sia! Tanto non penso avrei
affiancato un'ochetta come le altre ragazze del cartone, alla
protagonista (me guarda male Lucinda). E poi, i magikarp sono duri,
ma è per questo che li ho scelti! E poi, forse se li cucini in un
certo modo …
DOMANDA DEL
GIORNO: come immaginate il "rivale" dei protagonisti?
Carattere e corporatura, poi vedrò quel che posso fare U.U (se non ne avete voglia, potete benissimo non rispondere)
Grazie mille per
seguire la storia! GloGlo_96
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Capitolo 9 *** A me quello non sembra un professore ... ***
Pkm 8.0
A
me quello non sembra un professore U.U
Pensavo che, come
minimo, mi avrebbero legato come un salame sopra e buttata sul tetto.
Invece, si erano dimostrati piuttosto divertiti e mi avevano pure
offerto una tazza di the. Così mi ero seduta in un divano di pelle
rossiccia di fianco a Daisuke, che, musone come al solito, se ne
stava a braccia incrociate e gli occhi chiusi, appoggiato allo
schienale. Davanti a noi erano presenti Mr.Dancy, solo che senza
maschera, e la ragazza dai capelli violacei, che indossava una tuta
rosso/marrone aderente. E quando dico aderente, vuol dire molto
aderente.
"Quindi,
volendo essere sicura che Daisuke qui presente non mi uccidesse per
davvero, ti sei infiltrata in casa nostra … dalla porticina del
cane?" Aveva chiesto incredule Mr. Dancy. In effetti, ora che lo
vedevo meglio, aveva davvero una quarantina di anni. I capelli
marroni tenuti in alto dal gel, due enormi baffoni che gli coprivano
la bocca e gli occhi socchiusi. Come quelli dei cartoni. Era molto
più muscoloso di quanto avessi pensato. In altre parole, un vecchio
che si credeva ballerino. Pieno di bernoccoli e con una maschera
spaccata in due. Daisuke c'era andato pesante …
"Sì, ma sono
arrivata troppo tardi" Avevo detto, accennando all'occhio nero
su cui era stata appoggiata della carne. Ma poi, perché ci devono
mettere la carne? Che senso aveva!?
"Oh, cara
ragazza, penso di meritarmelo" Aveva detto, con un sorriso
allegro "Dopotutto, ho scambiato il mio alunno per una ragazza
…" Poi si era proteso in avanti e mi aveva sussurrato "…
anche se inizio ad avere dei seri dubbi sul fatto che sia un
maschio". Esagerato.
"Ti riesco a
sentire, sai?" Aveva quindi detto il diretto interessato,
scoccandoci una delle sue occhiate di ghiaccio, anche se meno
pericolose.
"Comunque!"
Aveva continuato l'uomo, facendo finta di niente "poiché avete
rotto il mio preziosissimo vaso ---"
"Copia"
L'aveva interrotto Daisuke, studiando i cocci riposti sul tavolo in
mezzo ai divani.
"Dettagli, caro
il mio allievo. Nessuno di quelli che sono entrati qui sapevano che
era una falso e quindi potevo vantarmi di quanto volevo." Aveva
spiegato il vecchio, guardando vittoriosamente il suo alunno. In che
senso alunno? Alunno di danza? In quel millisecondo, erano passate
nella mia mente milioni di immagini di Daikke in tutu.
"Ahahah! Ahah –
coff coff …" E mi ero strozzata con il the. Bella figura!
Brava Madeleyne, ci si presenta così alle persone! Ricomponendomi,
avevo quindi chiesto: "In che senso, 'allievo'?"
"Vedi, io non
sono solo un ballerino, io sono un professore. Una delle maggiori
autorità di questa regione." Aveva detto, vantandosi.
Solo allora la
ragazza dai capelli viola aveva aperto bocca: "Non pensate
chissà cosa, adesso. Lui non studia i pokémon come il suo collega
Oak, non studia le evoluzioni e le uova come il prof. Elm e Mr.
Pokémon. Anzi, a dir la verità, dubito che lui studi davvero
qualcosa …"
L'altro aveva quindi
borbottato "Non è vero, studiare la danza che i vari pokémon
fanno durante la stagione dell'accoppiamento è ---"
"E' solo un
pretesto per poter continuare a divertirti come ballerina!"
Aveva urlato la ragazza.
"Un ballerino
di prima scelta, non una ballerina, se permetti, sorellina."
L'aveva corretta lui, incrociando le braccia.
"Certo, andiamo
in giro a far spettacoli, al posto di studiare i pokémon!"
"Io li studio,
solo quando è la stagione degli amori! Le danze soavi dei Beautifly,
le nuotate incrociate dei Seaking …" Aveva detto, con tono
sognante.
"Ma se Oak ti
ha dato quei pokédex, ci sarà un motivo, no?!" Aveva detto,
puntato ad una vetrina piena di arnesi colorati.
"Il professor
Oak è la più grande intelligenza mondiale dei pokémon, chi può
sapere cosa gli passa per la testa!"
"Allora cerca
di scoprirlo, invece di danzare come una ballerina, Mattew!"
"Parli proprio
tu, che tutto quel che fai è agitare quella tua stupida corda avanti
ed indietro, Celin" Aveva sputato lui, come per aver l'ultima
parola.
La sorella, Celin,
aveva quindi tirato fuori da una manica un'enorme frusta ed aveva
iniziato a sbatacchiarla di qua e di là, cercando di colpire il
fratello. Adesso capivo il perché non avevano comprato nulla di
autentico. Era davvero spaventosa, Celin. Dopo avergli dato una
frustata sulla schiena, i due erano tornati sul divano, facendo finta
di niente.
"Emh, emh."
Aveva bofonchiato poi, Mattew "Mi è venuta un'idea! Potreste
essere voi, a registrare i dati dei vari pokémon nel pokédex!"
Aveva assunto un'aria soddisfatta, mentre io ero ancora più confusa.
Cos'era un pokédex? Una specie di enciclopedia? "Sì, così,
mentre io potrò condurre le mie ricerche in santa pace, voi mi
aiuterete con questi cosi." Aveva terminato, mentre la sorella,
visibilmente più calma, aveva lanciato a me ed a Daikke i due
marchingegni. Il mio era di un bellissimo colore Fucsia, mentre
quello di Dracula era nero. Non mi sorprendeva.
"Perché
dovremmo farlo?" Aveva chiesto, impassibile il mio vicino di
divano.
"Beh, perché
dopo avermi rotto un vaso, dopo avermi pestato, e dopo esservi
introdotti in casa mia, è il minimo che potreste fare, no?"
Aveva detto il professore, lisciandosi i baffoni, con una faccia che
non prometteva nulla di buono. Aveva ragione, in un certo senso: ci
avrebbe potuto far pagare, o peggio, consegnare alle autorità, per
essere entrati in casa sua 'furtivamente' e per aver attentato alla
sua incolumità. E poi, sinceramente, non poteva essere così
difficile. No? No?!
"…"
Daisuke stava ancora fissando il suo pokédex, lindo e pulito su cui
ci si poteva specchiare. Poi, ad un certo punto, aveva preso gli
occhiali e se li era spinti al di sopra del naso, con una certa luce
negli occhi.
"D'accordo." Aveva quindi detto, provocando un sobbalzo del
vecchio, che chissà da dove, aveva tirato fuori dei coriandoli.
"Lo sapevo, un
giovane prodigio come te non poteva resistere ad un'offerta così
allettante!" Poi mi aveva sussurrato "Devi sapere che lui
adora l'elettronica, e questo, più la possibilità di approfondire
le sue conoscenze, deve averlo convinto!"
"Ok, quindi
domani mattina partirete insieme, per la vostra nuova missione! Ah, e
se voi avrete bisogno di qualche consiglio, non esitate a chiederlo a
Celin, lei sa quasi tutto di questa scemen --- di questa avventura."
Si era corretto, vedendo lo sguardo della sorella puntato su di lui,
minacciosamente.
"Insieme?"
Avevamo chiesto io e Daisuke contemporaneamente, io felicemente
sorpresa mentre lui impassibile come al solito, anche se un po'
corrucciato. Che mi odiasse per davvero?
"Sì, insieme,
cari miei. Che pensavate? Sarebbe più difficile ricevere vostre
notizie, se foste separati" Quindi gli era più comodo.
Sfruttatore! "E poi, pensateci, sarebbe più facile battere le
palestre, poiché in questo caso dovrete combattere contro un solo
pokémon a testa." Aveva aggiunto poi, come per convincere
Daikke.
"…" Lo
sguardo di Daisuke passava alternamente fra me ed il professore, me
ed il professore, me ed il professore. Solo dopo una manciata di
secondi, si era deciso a parlare "Ma non sa nulla."
Mi aveva, in un
certo senso, colpito con una freccia, e mi ero messa in un angolino,
col chiaro intento di impietosire qualcuno "Non dimenticarti che
posso sentirti …." avevo piagnucolato.
"Oh, beh, se è
questo che ti preoccupa, basterà che tu la aiuterai, no?" Aveva
detto la sorella, mostrandoci un sorrisino enigmatico. Avere Mr
Impassibile come maestro? Perché no, tanto scommettevo che pure un
sasso poteva insegnarmi qualcosa …
Pensando questo, io
e Daisuke eravamo stati spinti in una piccola camera con due letti
singoli e qualche mobile. Forse, non sarebbe stato così difficile,
diventare allenatrice.
Ok, e così sappiamo
chi è il professore della regione e la sua cara sorellina, che,
chissà per quale motivo, tiene una frusta U.U Così i due sono stati
definiti definitivamente una squadra, ma come andrà a finire il loro
rapporto? Daisuke continuerà ad ignorare Maddy per l'eternità?
Poveretta, costretta a stare insieme ad una bambolina di ceramica. Di
quelle che di fissano. Brr …
Sorry se faceva un
po' schifetto ma non ho avuto il tempo di migliore, ho fatto tutto di
fretta poiché ho dovuto festeggiare un compleanno …
Recensioni:
Bree_: vedi che
finalmente sono riuscita a fare qualcosa di comico? Povero Daikke XD
No, il rivale non è il grande puffo, avevo scritto nel prologo che
lui era il campione della lega >_> ma forse mi sn spiegata
male. Sorry, non posso mette i capelli ricci/rossi al rivale, poiché
ce li ha già qualcun altro XD come ti sembra sto capitolo?
Birby: mi ispira
come hai descritto il rivale, potrebbe venirmi l'ispirazione U.U e
poi, sì, il capitolo precedente è stato proprio un colpo di genioXD
franky9397: grazie,
ora hai visto che è successo. A quanto pareva i due avevano già
troppi problemi come fratello e sorella per poter punire i due
ragazzi ^^' quindi gli hanno solo affidato un incarico U.U
ShesshomaruJunior:
ok, sta tranquillo, so' che non lo fai apposta a saltare i capitoli
XD posso davvero prendere in considerazione la tua idea di rivale, è
ispirevole! In effetti mi chiedo anche io perché dracula è sceso
fra i mortali …
Sorry se le risposte
sono brevi ma vado di fretta! Bye!
GloGlo_96
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Capitolo 10 *** Primo Scontro! ***
Pkm 9.0
Primo
scontro!
Non era tanto male,
viaggiare con Daisuke. Non parlava mai, ma nemmeno infilava il naso
negli affari degli altri. Quindi io potevo benissimo chiacchierare
con Rattata su quel che mi pareva. Il che non era molto. Non mi ero
mai sentita più sola di così.
Finché potevamo
andare avanti, nel nostro cammino, non proferivamo parola. O almeno,
io provavo ad attaccare discorso, ma non era così facile
convincerlo. Quando ci sedevamo, invece, per rifocillarci o per
riposare, lui prendeva in mano la situazione ed iniziava a spiegare
cosa significasse essere un allenatore. Unico difetto? Lui era come
Paganini. Paganini non ripeteva. mai.
Quindi era ovvio che
dovevo prestare la massima attenzione a tutto ciò che diceva, magari
prendendo appunti, o registrando il tutto con il pokédex. Già,
quell'arnese era molto utile: non solo era un'enciclopedia dei
pokémon che avevo visto, ma, anzi, possedeva anche calcolatrice, un
registratore ed uno schermo touch sul quale prendere appunti. Daisuke
invece sembrava più interessato a … emh … smontarlo che
utilizzarlo. Davvero. Ogni volta che prendeva in mano, smontava
sempre più pezzi, per poi rimetterli a posto e trascrivere quel che
aveva visto su un blocco per gli appunti.
Era passato solo un
giorno. Ed in quel giorno avevo sconfitto il mio primo pokémon
selvatico. Un budew, aveva detto il pokédex, mentre Daisuke mi aveva
fatto cenno di mettere in pratica ciò che avevo imparato. Avevo
pensato che lui era una di quelle persone che pensano che la pratica
era meglio della teoria. Comunque, non era stato, poi, così
difficile. Avevo solo dovuto dire a Rattata ciò che dovevo fare, e
lui lo aveva fatto. Erano piuttosto scarsi, i pokémon in quella
zona. Avevo incontrato, subito dopo il Budew, il resto dei suoi
compagni (circa sei, ora che ci penso), e mentre cercavano di fuggire
io ed il mio pokémon li avevamo stesi e messi K.O. Mi sentivo in
pena per loro.
Di certo, non mi
sarei mai aspettata di sentire un urlo. Era comparso, da chissà
dove, un ragazzo con una specie di pokémon viola. Era un corno
quello che aveva sulla testa? Ignorando il mio istinto di chiedergli
come aveva fatto a procurarsi quel bernoccolo appuntito, avevo
guardato Daikke, che sembrava non turbato da quell'improvvisa
comparsa. Il ragazzo, con un bruttissimo cappellino blu in testa, ed
una maglietta gialla che diceva "I'm the winner", si era
avvicinato a me, e poi, guardando il gruppo dei Budew caduto, aveva
chiesto.
"Chi l'ha
fatto?!"
"Fatto cosa?"
Avevo domandato io.
"Chi ha
affrontato quei budew?!" Aveva urlato lui.
"Io." Gli
avevo risposto, con nonchalance. Purtroppo, non potevo fare a meno di
mettermi nei guai da sola. Odiavo la mia sfacciataggine.
"Hai idea, di
quanto tempo ho trascorso in questo posto, per cercare di affrontare
quei Budew? Tre giorni! E' da tre, benedettissimi, giorni che sto
cercando di catturare questo tipo di pokémon." Aveva iniziato,
gesticolando "Ed adesso, che mi ritrovo? Una bamboccia che li ha
già sconfitti! Erano gli unici di questo percorso!"
Io ero confusa "Ma
non li puoi catturare adesso?"
Quello mi aveva
fissato come se fossi un aliena e si era tirato una manata addosso,
mentre il suo pokémon lo aveva guardato, preoccupato. Ero davvero
così stupida, che mi ero forse persa una parte del discorso? No,
impossibile, io sono un genio. Mi ero detta, provando ad
auto-convincermi.
"Non formerebbe
"il legame"" Aveva detto una voce fuoricampo. Ah, no,
era Daisuke. Cavolo, mi sembrava passato un secolo da quando aveva
parlato. Probabilmente stava prendendo di nuovo tutto come se fosse
una cosa da insegnarmi.
"Un allenatore,
forma il legame con il proprio pokémon sconfiggendolo e poi
catturandolo. Ma, se il pokémon è stato catturato da un allenatore
che non ha partecipato alla lotta, il legame che si forma è debole e
pieno di dubbi." Aveva detto, mentre io avevo preso il pokédex
per registrami quella sua frase ricca di significato.
"Grazie, o
grande maestro" lo avevo preso in giro, inchinandomi fino a
toccare terra. Intanto Daisuke mi aveva ignorato, ed era tornato a
giocherellare con il pokèdex.
"Adesso dovrò
aspettare almeno una giornata, prima che si riprendano! Grazie
tante!" Aveva continuato il moccioso, che mi stava diventando
più antipatico ogni secondo che passava. Insomma, un po' di rispetto
per chi era più grande di lui no, eh?
"Anzi … se
proprio vuoi essermi d'aiuto, dovrai combattere contro di me ed il
mio Doran, così potrò riacquistare il diritto di catturare quei
Budew!" Aveva detto, pensoso. Doran? Cos'era, quel robo con il
corno?
Daikke, che aveva
tolto un paio di rotelline al suo aggeggio, mi stava per spiegare il
significato di cotante parole, quando io lo avevo interrotto "No,
Daikke" Occhiataccia "Penso di aver sentito abbastanza.
Prima lui arriva qui e mi urla addosso per delle piantine, poi inizia
a darmi la colpa per una cosa tanto stupida, e dopo mi invita a
perdere un incontro, per poter dimostrare a delle erbacce stecchite
di essere meglio di me?! Ma questo lo distruggo! Accetto la sfida,
moccioso, preparati!" Avevo detto, con la voglia di prendere a
pugni qualcosa. Se c'era una cosa che non tolleravo, era chi urlava.
Ma non ero arrabbiata, no. Io non mi arrabbiavo mai.
"Ok, vai
Doran!" Aveva detto l'allenatore, mentre il pokèmon scendeva
nel campo immaginario. Sembrava un po' stanco, che si fosse allenato
fino a quel momento? Meglio per me.
"Rattata, sai
cosa fare, dobbiamo dimostrargli chi è il migliore!" Avevo
detto, mentre Rattata annuiva, offeso anche lui da così tanta
maleducazione, prima di correre in pista. Daisuke guardava la scena,
borbottando "Controlla il livello del pokémon avversario."
Io non ci avevo
riflettuto due volte ed avevo aperto il pokédex, indicando Doran.
Sullo schermo era scritto qualcosa che centrava con le sue orecchie
ed il suo corno, e poi il suo nome 'Nidoran'. Saltando la parte
noiosa, ero arrivata al livello: 12.
Puntando l'affare su
Rattata, avevo letto : 8. Cavolo. Io non avevo visto niente.
"Doran, usa
Focalenergia!" Aveva detto, mentre il pokémon, con un piccolo
'nido' aveva iniziato a concentrarsi ed a chiudere gli occhi. Per poi
riaprirli. C'era qualcosa di diverso in lui, forse era dovuto al
fatto che ora era circondato da una lieve luce che stava diventando
sempre più forte? Non avevo intenzione di aspettare per vedere che
cosa faceva.
"Rattata, usa
azione!" Avevo ordinato, mentre il topino, scattava in avanti,
prendendo velocità ad ogni passo. L'altro pokémon era troppo
occupato a caricarsi di energia, che quando aveva sentito l'ordine
del suo allenatore, di schivare, era stato colpito e mandato contro
un albero. Stavo cercando di capire come avesse fatto a sollevare un
opponente più pesante di lui, quando il Nidoran, ora del tutto
carico, si era rialzato.
"Accidenti!
Doran, usa beccata!" Il pokémon stava correndo in direzione del
mio Rattata, il quale, un po' intontito dall'effetto di aver sbattuto
contro un robo corazzato, stava rizzando il pelo.
"Rattata,
schivalo!" Avevo ordinato, mentre il pokémon lo stava per
colpire. Il mio topetto da combattimento era scattato all'indietro
con una velocità degna di una maestro. Sembrava il suo punto forte.
"Ed ora di nuovo azione!" Rattata, così, si era rimesso a
correre in direzione del pokémon, che aveva colpito l'aria,
colpendolo allo stomaco e facendolo volare per un metro. L'altro
allenatore non mi sembrava molto contento.
"Quindi la
metti così? Usa di nuovo beccata, Doran!" Che sperava di
ottenere?
"Rattata,
continua a schivarlo!" E così, Rattata evitava ogni attacco da
parte del suo corno scattando di fianco a lui, sopra di lui, di nuovo
di fianco a lui … Abbiamo continuato così per un'altra manciata di
secondi, finché il mio Rattata non era capitato dietro al Nidoran.
"Ed ora Doppio
Calcio!" Accidenti, avrei dovuto aspettarmelo. Avevo pensato,
mentre Rattata finiva contro un albero. "Vai, Doran, beccata!"
Non avevo nemmeno più la forza di gridare, mentre Rattata era stato
colpito dal corno. Se solo fosse stato più grande, avrebbe potuto
infilzare il mio pokémon …
A quel mio pensiero,
come se non fosse già abbastanza, Rattata si era rialzato con la sua
pelle di un colore ancora più viola. E fosforescente. C'era qualcosa
che non andava. Cercando sul pokèdex, appariva che la salute del mio
pokémon andava scendendo, mentre sulla destra appariva la scritta
"Avvelenato". Oh, fantastico. Ma non ero ancora pronta a
perdere la sfida.
"Rattata,
forza, ce la possiamo fare!" Avevo insistito, aspettando un
commento. Infatti, il pokémon si era rimesso in piedi, ed aveva
biascicato uno dei suoi 'Ratta', mentre un fuoco gli ardeva negli
occhi. No, non aveva preso fuoco. Era la fiamma della determinazione.
O rabbia. Boh, in ogni caso.
"Ok, allora non
ti arrendi! Usa di nuovo beccata!" Stavo iniziando ad
infastidirmi.
"Schivalo,
Rattata!" Avevo detto, ritornando al piano
precendente-che-stavo-rimordernizzando. Il pokémon topo riusciva
ancora a schivare i colpi, per fortuna. Però se continuava così,
Nidoran avrebbe di nuovo usato Doppio Sasso. Masso. Calcio.
All'improvviso, una lampadina mi si era accesa, sopra alla mia
testolina.
Così, quando
Rattata era finito nuovamente dietro a Doran, e l'allenatore aveva
urlato "Doppio Calcio!" io avevo risposto "Usa Attacco
Rapido!" In men che non si dica, Doran aveva dato un calcio
all'aria, finendo per perdere l'equilibrio e cadere a terra.
"Ed ora
colpiscilo!" Rattata era scattato in avanti e, con un fascio di
luce che si lasciava dietro, lo aveva colpito, mandandolo K.O. Però,
non immaginavo che potesse essere così portentoso. E faticoso. Però
avevo vinto.
Allora, mentre
l'allenatore era corso dal suo Nidoran indifeso, facendolo rientrare
nella pokéball, io mi ero riavvicinata a lui, e, con un sorrisino
innocente che non si voleva staccare sulla mia faccia, gli avevo
detto: "Sgancia i soldi."
Il primo incontro di
Maddy, finalmente! Ci tengo a precisare che l'allenatore (che non
rivedremo più perché mi sta antipatico) NON è IL RIVALE di
nessuno, ok? Quelli compariranno più avanti. Se avete qualche
dubbio su come diavolo ha potuto sfinire un Nidoran, beh, dovete
aspettare il prossimo capitolo. Non avevo molta voglia di far vedere
le scene dove Daikke spiegava a Maddy, così le ho riassunte U.U
Daisuke, nel
frattempo, si era addormentato sul prato -.- (Daisuke da' un calcio a
Gloria) stavo scherzando … ç_ç
Recensioni!
Birby: sei di
nuovo prima XD Sì, tecnicamente erano già una squadra, solo, non
ufficialmente U.U Il rivale … tecnicamente ce ne saranno
due, quindi non saprei quale far saltare fuori prima U.U Vabbè, ci
penserò. Le palestre, ah, le palestre … (dice con aria sognante)
non lo so. Ma per i pokémon, ho già qualche idea XD
Bree_:
Davvero pensi che il Prof. Sia simpatico? Anche io. Poveretto, un
prof. Che preferisce fare il ballerino >_< E la sorella, ci hai
azzeccato. Solo che al posto del nastro, usa una frusta ^^ …
(sorriso nervoso). No, povero Pokedex di Daikke, lui non è lugubre,
è sbrilluccicoso! Tutte le cose nere sbrilluccicano! Spero di riceve
altre notizie da te, sorella-chan!
Franky9397:
Daikke, poveretto, preferisce che Maddy impari con la pratica, altro
che lunghe e barbose spiegazione U.U (in realtà non ne ha voglia!
Nd.Coscienza) (Daikke calcia coscienza) XD Sì, sarei felice di
leggere la tua FF, una volta che l'avrai pubblicata!
DOMANDA DEL
GIORNO: ma voi, quante avventure fareste capitare ai nostri eroi,
prima che riescano a raggiungere la prossima città?
Spero che il primo
incontro vi sia piaciuto! GloGlo_96
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Capitolo 11 *** Cose da non rifare: buttarsi giù da un albero ... ***
Pkm 10.0
Cose
da non rifare: buttarsi giù da un albero
Dopo quella assurda
vittoria, ed aver strappato dalle mani del moccioso il premio che mi
aspettava, eravamo andati avanti per il nostro sentiero, in mezzo ai
prati e a qualche albero. Per il resto del pomeriggio non avevamo
fatto altro che camminare, combattere contro pokémon selvatici
(sempre i soliti, noiosi Sentret o Zigzagoon, purtroppo) e sfidare
altri allenatori. O almeno, questo è quello che avevo fatto io. Il
cupo e tenebroso Daisuke, invece, durante i miei incontri, poltriva
ed osservava la scena, mentre durante i miei lunghi monologhi,
montava e rismontava il suo Pokèdex.
Chissà che ci
trovava di interessante. Se il Prof. Non mi avesse ordinato di
completarlo e di riconsegnarglielo, beh, di certo lo avrei venduto.
Per molto. Nessun altro allenatore, a parte noi, per adesso, ne
possedeva uno.
Rattata, che adesso
dormicchiava sotto al mio cappellino, era salito ancora di livello,
circa verso il 10, ed aveva appreso una nuova mossa chiamata "Morso".
Non l'avevo ancora provata, ma secondo il Pokédex era la più
potente che aveva. Fortunatamente, dopo il mio primo incontro con
Doran ed il bullo, Daisuke aveva tirato fuori una specie di siringa e
me l'aveva lanciata. Io, temendo che potesse contenere del veleno per
sopprimere Rattata, gli avevo chiesto che cos'era. E lui aveva
risposto che era un antidoto. Ugh. Mi ero sentita male, quando avevo
iniettato al mio Pokémon quella roba. Odiavo fare la dottoressa. Mi
faceva senso pure vedere nei telefilm le persone in sala operatoria,
con la pancia aperta e le budella che pendevano. Comunque, dopo
avergli iniettato il liquido, Rattata era tornato in forma
smagliante.
Al momento, stavamo
proseguendo per il nostro cammino, lui guardando la mappa nel Pokédex
ed io passeggiando contando i bigliettoni che avevo guadagnato in
tutto quella giornata.
"Daikke"
Avevo quindi chiesto, distrattamente "Nella lotta contro il
Nidoran, che cos'è successo, alla fine? Voglio dire, all'inizio non
era molto forte, ma poi, dopo essere stato colpito, aveva acquistato
tutta quella determinazione …"
Quello, cercando di
ignorare il nomignolo, e senza guardarmi in faccia, aveva risposto
"Dentistretti. E' un'abilità che consente di aumentare del 50%
la potenza delle mosse di un Pokémon se avvelenato, paralizzato
oppure---"
"Uffa, solo 150
Poké! Non è giusto, tutta fatica per niente!" Ero sbottata,
cambiando discorso. Lui, intuendo che poteva bastare, aveva
velocizzato il passo. A volte mi ero chiesto se si offendeva. Ed
allora mi erano sempre venuti i sensi di colpa. Come in quel momento.
Dopo alcuni minuti,
però, il silenzio e la calma erano stati frantumati da degli urli. E
la voce era femminile e disperata. Senza fretta (Io ero molto pigra
ed egoista) ci eravamo diretti verso la fonte di cotanta
frustrazione, per poi trovare una bambina in lacrime. Era carina:
indossava un vestitino con tanto di gonna rosa e bianca, delle
scarpette da ballerina ed una collanina d'argento. Un enorme fiocco
viola le spuntava da dietro alla testa. Dappertutto, era ricoperta di
graffi e terra.
"Torna
indietro!" Aveva urlato, di nuovo, verso la cima di un enorme
albero "Dobbiamo tornare a casa prima che venga notte!"
Io, vedendo che,
come al solito, Daisuke si era chiuso nella sua misantropia, avevo
deciso di intervenire. Più che altro perché faceva tenerezza. Non
perché volessi davvero aiutarla. Cioè, volevo aiutarla, ma mi sarei
complicata la vita. "Cos'è successo?" Le avevo domandato,
accucciandomi per vederla meglio in faccia.
Quella, intanto, si
stava stropicciando gli occhietti "Palloncino è volato sulla
cima di quell'albero e non torna più giù!" Aveva iniziato,
puntando un dito contro il tronco del pino. O abete. Ma poi, c'era
davvero differenza?
"Io sono
Madeleyne, e questo musone qui vicino a me è Daikke. Ignoralo, ha
dei complessi di solitudine. Come ti chiami?" Le avevo quindi
chiesto, mentre Daisuke sollevava gli occhi al cielo, esasperato,
come per dire che non potevamo fermarci ogni tre secondi ad ogni
persona che trovavamo.
"Lucy …"
Aveva risposto.
"Bene, Lucy,
penso che ti aiuteremo a riprenderti i tuo palloncino!" Avevo
detto, cercando di sembrare convinta. Non potevo lasciare una bambina
sola a piangere, no?
"Veramente?
Però non saprei …" Aveva detto, quindi, pensosa "… è
molto pericoloso … potrebbe farvi del male …" Aveva
mormorato infine.
Ignorandola, avevo
guardato in alto. C'era, in effetti, un palloncino violaceo, fra i
rami. Avevo quindi guardato Daisuke. "Ok, andiamo a prenderlo!"
Lui mi aveva
osservato, scettico e con curiosità, come per prendermi in giro "E
come pensi di fare, se posso chiedere?" Oh. A questo non avevo
pensato. Prendendo il mio silenzio plus la mia faccia da ebete, il
ragazzo aveva fatto un lungo sospiro. E poi mi aveva detto "Prova
ad arrampicarti."
"Sicuro, sicché
secondo la tua opinione, Io, sarei in grado di compiere cotale
gesto?" Gli avevo detto, con una mano sulla fronte, fingendo di
essere un'opera teatrale.
"No, ora,
davvero, non potresti arrampicarti tu, per favore?" Lo avevo
pregato, con le mani a mo' di preghiera. Quello era rimasto
impassibile "Per favoreeee!" Avevo continuato, mettendo il
broncio. A quel punto lui aveva leggermente cambiato la sua
espressione da una impassibile ad una nervosa, e questo l'avevo
interpretato come un sì. Quindi, prendendolo per le spalle e
spingendolo di getto verso l'albero, aveva preso un fazzolettino
bianco e mi ero messa ad agitarlo: "Vai Daikke, sei tutti noi!".
Quello, sbuffando e
con un'aria triste da 'chi me l'ha fatto fare', aveva iniziato a
salire. Di ramo in ramo. Molto velocemente. Sul serio, era un
fenomeno!
Era finalmente
arrivato, quando Lucy, aveva cominciato a mormorare: "Mi sono
dimenticata di dirgli qualcosa … ma cosa?" Poi aveva scosso la
testa ed aveva continuato a guardare Daikke. Avevo un brutto
presentimento. Ogni volta che qualcuno non si ricordava qualcosa,
succedeva sempre qualcosa di brutto.
Daisuke stava,
quindi, borbottando fra sé e sé, mentre, accucciato, cercava di
avanzare su un ramo. Era a pochi metri dal palloncino. Stava
allungando la mano verso il filo e … proprio in quel momento il
palloncino si era voltato. Ed aveva una faccia molto seccata. Lucy
quindi, si era illuminata, ed aveva urlato, proprio mentre Daisuke
aveva retratto la mano: "Adesso ricordo! Palloncino è un
pokémon! Stai attento!" Oh. Bene. Daikke era morto. Iniziando a
sudare freddo, avevo continuato a guardare la scena.
Daisuke intanto era
partito a lamentarsi, o meglio, a parlare di nuovo fra sé e sé: "Ma
i Drifloon non sono pokèmon che si trovano in questa regione!"
Il Drifloon non sembrava pensarla allo stesso modo. Anzi, infastidito
dalla visione di Daikke, lo aveva afferrato per le braccia e lo aveva
trascinato in aria. Quindi si era messo a roteare in tondo come le
giostre dei lunapark, avvicinandosi sempre di più verso di noi ed
aumentando la velocità. Infine, come colpo di grazie, l'aveva
mollato all'altezza di tre metri, facendolo schiantare a terra.
Sinceramente? Mi ero messa a correre verso di lui, con un'enorme
senso di panico. E se era ferito? E se era in coma? E se era morto?
Però, in realtà, stava benone, solo, era molto più pallido del
normale, ed aveva gli occhi a ghiri-goro, come quelli dei pokémon
messi K.O. Così avevo afferrato il mio fido bastone, ed avevo
iniziato ad infastidirlo, finché non aveva ripreso conoscenza.
Sembrava molto
stressato "Stupido Drifloon" continuava a ripetere. La
bambina stava per dire qualcosa, quando il povero sfortunato aveva
biascicato,irritato "Non puoi farlo rientrare nella pokéball?!"
Quella però, aveva scosso la testa, affranta "No, è di mio
fratello … e obbedisce solo a lui."
Daisuke l'aveva
guardata per un po', per poi accucciarsi e tenersi una mano sulla
bocca. Si, era molto più pallido del solito. "Credo di star
male" Aveva sussurrato.
"Si vede, sta'
tranquillo. Non sei mai stato in un luna park, vero?" Gli avevo
domandato, riferendomi al giretto con il Drifloon di prima. "Dovrò
prendere provvedimenti … ma dov'è la tua valigietta?" Che poi
tanto valigietta non era. Era piuttosto uno zaino di forma
rettangolare che si poteva portare come una valigia. Ed in questo
momento non c'era.
Quello aveva
iniziato, sorprendentemente, ad agitarsi ed a guardarsi attorno, per
poi biascicare una parolina piccola ed insignificante. "Drifloon
…"
Io, sperando di aver
capito male, avevo chiesto "Scusa, non ho capito bene …"
ed in quel momento, un abbaglio del vecchio Daisuke che mi lanciava
occhiatacce mi era ritornato alla mente. Era diverso. Questo era un
povero ed in un certo senso malato e nauseato Daisuke, caduto da tre
metri di altezza e sbattuto in giro da un pokémon che, a quanto
diceva il pokédex era un fantasma. L'altro invece era il freddo e
silenzioso (pure menefreghista) Daisuke. Davvero, c'erano molte cose
che non capivo di lui.
Ignorando questo
fatto, ero tornata alla situazione di partenza. "Ma ti serve
davvero questa borsa?" Occhiataccia. Beh, per lo meno era ancora
in grado di farle. "Dentro c'è tutto: Pokéball … Pokédex …
il mio Computer …" Aveva detto alzandosi. E no, non glielo
avrei permesso. Se fosse risalito sull'albero, sarebbe di nuovo
svenuto. Ci sarebbe voluto almeno qualche altro minuto, prima che la
nausea fosse scomparsa. E noi non avevamo tutto quel tempo, perché
quel Drifloon stava aprendo la borsa. E rovistandoci dentro. Daisuke
era impallidito.
"Ma non puoi
mandare Sableye?" Lui, aveva quindi risposto "No, non gli
piace la luce intensa, e poi non potrebbe salire sugli alberi …"
Aveva risposto, facendomi, come al solito, sembrare una stupida.
Sospirando, mi ero diretta davanti all'albero.
E poi ero partita ad
arrampicarmi. Cavolo, per essere una super spia, non sapevo fare
proprio nulla. Dopo un paio di scivolate e qualche pausa sui rami,
ero arrivata alla sommità. Non ero tanto male, ad arrampicarmi, più
che altro, avevo paura dell'altezza. E, essendo impacciata, succedeva
spesso che io scivolassi e mi strapazzassi al suolo. Non pensandoci,
ero arrivata davanti al Drifloon, che stava facendo il giocoliere con
le Pokéball. Vedendomi, però, le aveva ributtate nella valigia e
l'aveva sollevata, fluttuando minacciosamente verso di me.
Di sicuro non lo
avrei lasciato toccarmi. Nemmeno con un dito fluttuante. Avevo preso
in mano il mio cappello, con dentro Rattata, e lo avevo rovesciato.
Il pokémon, sonnecchiante, si era guardato attorno, per poi rizzare
il pelo verso il fantasma, che avanzava verso noi.
"Rattata, se
cadi, non ti preoccupare, che ti prendo con la pokéball." Gli
avevo detto, per tranquillizzarlo. "Ok, allora Pallancino, siamo
pronti? Usa attacco rapido!" E Rattata era corso verso di lui,
aveva spiccato un salto e … gli era passato attraverso. "Che?!
Riproviamo di nuovo!" E di nuovo gli era passato attraverso.
Come se fosse aria. C'era qualcosa che non andava. Se riusciva a
toccare Daisuke e la sua valigia, come mai non potevamo nemmeno
sfiorarlo? Un sentimento di paura si era diffuso nelle mie membra. Di
sotto le urla di Daisuke e Lucy mi sembravano inesistenti. Tanto non
riuscivo a sentirle. Così mi ero affidata al mio Pokédex. C'era
scritto: "I pokémon di tipi Spettro sono immuni agli attacchi
di tipo normale, terra e lotta." Ah. I pokémon erano suddivisi
in tipi? Avevo puntato quindi il pokédex su Rattata: normale. Ahah!
Ecco svelato il mistero.
Aveva tutte le mosse
inefficaci! Che cavolo potevo fare, adesso? Sputargli in faccia?!
Controllando meglio, però, mi ero accorta di un'altra cosa. Una
delle mosse era di un colore diverso dal solito grigio, era nero. Ok.
Formando un piccolo piano nella mia mente, mi ero accorta che il
Driloon stava fluttuando via.
"No, dove stai
andando! Ti devo riportare da Lucy, stupido pallone sgonfio!" E,
così dicendo, avevo afferrato Rattata ed ero corsa fino alla punta
del ramo, dove poi, avevo spiccato un balzo. Avevo capito come
mettere K.O. Quel robo. E non sarei scappata. Dopotutto, un misero
Drifloon di livello otto, inferiore al mio pokémon, non poteva
sconfiggermi. E quindi, mentre avevo saltato, avevo lanciato Rattata
contro di lui, urlando "MORSO!".
Ritornando alla mia
incolumità, io, non ero mica stupida. Anzi, mi ero appesa alla
valigia di Daikke, così che se il pokémon voleva trascinare la
valigia, doveva trascinare anche me. In men che non si dica stavamo
perdendo quota, non so se era dovuto al fatto che Rattata era
riuscito a colpirlo, o che io pesavo troppo. Speravo la seconda,
sinceramente. Arrivati a terra, il Drifloon era malconcio e stava
ancora lottando contro il topino che lo stava azzannando di qua e di
là. Ad occhio e croce, era quasi finito. Infatti, poco dopo era per
terra.
Lucy era corsa verso
di noi, sognante ed un po' preoccupata, con in mano due corde.
Rattata invece, che si meritava del riposo, era rientrato nel
cappello. "Tutto a posto? Guarda, con queste corde collegate a
quei rami, sarà impossibile per Drifloon, scappare!" Aveva
cinguettato allegra, iniziando a legare il Pokémon. Potevo
scommettere che era un'idea di Daisuke. Sembrava stare un po' meglio,
era solo pallido. "E' una cosa che ti ha detto Daikke? E' una
persona molto intelligente, anzi, credo che sia il più intelligente
che io abbia mai incontrato!" Mi ero complimentata. Se lo
meritava, dopotutto, lui era davvero il più intelligente.
Quello, per tutta
risposta, era arrossito, e poi si era voltato di scatto. E' anche
carino, quando arrossisce! Aveva detto il mio lato da FunGirl, in
modalità attiva. Quello che non mi aspettavo era, però, che il
pokémon si era ripreso, ed adesso stava allungando le mani verso di
me. In modo molto lugubre.
"Drifloon!"
Aveva 'driflaato' lui. Poco prima di essere colpito da un pugno in
testa di Daisuke, che, con l'aria di uno molto irritato, aveva
continuato a prenderlo a pugni. E a calci. E molte bastonate. "Come
fai a colpirlo?" Gli avevo chiesto, voltandomi dall'altra parte
per non vedere la brutta fine del Drifloon.
"Semplice,
quando Rattata ha usato Morso, gli dev'essere rimasta un po'
dell'energia dell'attacco Buio all'interno del suo corpo, ergo,
adesso posso toccarlo" Aveva spiegato sbrigativamente. Dopo un
altra manciata di secondi, il palloncino (ora scoppiato) era
ricoperto di bernoccoli e probabili ematomi. Secondo me c'era andato
piano.
Salutando Lucy, che
trasportava il mezzo-cosciente Drifloon verso casa sua, vicino alla
casa del professore a giudicare di come ne aveva parlato, io e
Daisuke ci eravamo avviati verso il boschetto. Non era passato, però
molto tempo, che quello si era girato, fissandomi.
"Che c'è?"
Gli avevo detto, sotto pressione.
Daisuke allora aveva
sorriso (il suo primo sorriso!) ed aveva detto "Volevo
ringraziarti per aver recuperato la mia borsa, sai, non posso vivere
senza il mio computer e così … grazie." E così dicendo si
era di nuovo voltato.
Da parte mia, io ero
rossa come un pomodoro, e stavo fissando il terreno. Sembrava molto
interessante, in quel momento. Riscuotendomi, ero corsa di nuovo
verso Daisuke, che stava entrando nel bosco.
Awww …. quindi,
una bambinetta simile ad una ballerina (che proviene dal paese di
Mr.Dancy O.O) che portava a spasso un palloncino, si è persa e l'ha
fatto volare via. Daikke ha dimostrato vari altri lati del suo
carattere (cioè che è geloso delle sue cose, che non è mai
andato in un luna park e che è sadico? Ndcoscienza) (esatto U.U
NdGlo) (-.- Nddaikke) bene, prossimo capitolo, nuove avventure U.U
Scusate se ci ho
messo tanto a pubblicare ma ho trascorso delle giornate al mare
NON-STOP e quindi …
Vabbè, passiamo
alle recensioni:
Birby: Dai,
due o tre avventure vanno bene, ma poi, sennò, non saprei che
diavolo fargli fare U.U spero che questo capitolo ti sia piaciuto,
perché, sinceramente, avevo proprio bisogno di dare un po' più di
personalità a Daisuke. Sennò poteva benissimo starsene a casa U.U
Anche a me sta simpatico XD
franky9397:
zii, sotto la guida di Daikke, riesce finalmente a battere il suo
primo sfidante! Che mi stava, fra l'altro, molto antipatico.
Comunque, scusa se non ho ancora recensito la tua storia, è che sono
una persona molto occupata e non ho molto tempo per recensire! Al
massimo posso, appunto scrivere la mia Fanfic. Sorry, ma in settimana
rimedierò.
Bree_: sì,
il ratto tenero ha molte abilità! Prima fra tutte, madonna, i suoi
attacchi (tipo iperzanna o sgranicchio) sono stra-forti! E poi, e
puccio e piccolo. Abbastanza da far ingannare un nemico U.U Io, poi,
i budew li detesto! Cioè, in diamante stavo cercando degli abra e
cose del genere, quando ogni tre passi mi compariva uno di quei robi
verdi! Ora che ci penso, Drew assomiglia ad un budew O.O Tornando
seri: sì, Maddy adora i soldi, e lo vedremo più in la' XD La bici,
non penso ne avranno bisogno. Tecnicamente il territorio è troppo
messo male (monti-ghiacciai-rovine-boschi) e quindi non penso che
potrebbero usarle molto ^^'. Ad ash, sinceramente potrei far capitare
molte cose. Ma la domanda è: qual'è la peggiore?
ShessomaruJunior:
Rallentare il ritmo … ci potrei fare un pensierino U.U Sono
contenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente, quello con il
Nidoran XD Qui ci sarà un miniscontro, ma nulla di importante,
sorry. E poi … lo sai che non avevo pensato ai membri della
squadra? Forse dovrei fargliene prendere degli altri … grazie per
la soffiata!
DOM---
INDOVINELLO DEL GIORNO: il capopalestra della prossima città, di che
tipo ci aspettate che si occupi? (per vedere chi si avvina di più)
Spero che vi
divertiate! E che possiate andare al mare tutti i giorni!
GloGlo_96
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Capitolo 12 *** Wooper: L'inizio di un tormento. ***
Pkm 11.0
Pokémon
invisibili vs Pokémon viscidi: Morte
Tutto questo era …
inquietante. Già. Inquietante. Per non dire spaventoso. Era davvero
orribile stare seduti attorno ad un fuoco. Soprattutto se non hai
nessuno con cui parlare e distrarti. In altre parole, ero seduta
davanti ad un piccolo fuocherello, in mezzo agli alberi, con versi di
pokémon (forse) che, arrabbiati, si facevano sentire come un
ululato, da tutte le direzioni. Non solo mi sentivo circondata da
mostriciattoli, ma adesso ero pure sola. Così sola. La mia anima
soffriva di solitudine. Daikke, quel damerino insensibile, se n'era
andato chissà dove con la scusa "devo allenare Sey" Sey,
naturalmente, doveva essere quel pokemon notturno che mi aveva
salvato la vita dal Climberfai.
Comunque, ciò non
cambiava il fatto che, da un momento all'altro, un qualcosa avrebbe
potuto benissimo saltarmi addosso. Una cosa positiva, però, c'era: i
boyscout erano stupidi*. Ma dai, come si poteva dormire all'aperto,
fra gli insetti e le bestie lì fuori?! Roba da matti.
Altro ringhio. Forse
me ne sarei dovuta andare. Daisuke aveva detto che il fuoco non le
avrebbe fatte avvicinare. Ed io mi stavo fidando. Anche se poi aveva
sussurrato qualcosa di non molto convincente, ma comunque impossibile
da capire. Ok, mi ero decisa. Non appena avessi sentito un solo
suono, oltre a quello del mio respiro, me ne sarei andata a
cercarlo.
Non erano passati
nemmeno pochi secondi, che un oggetto di grandi dimensioni
(possibilmente un albero) era caduto lì vicino. Non sarei rimasta lì
un secondo di più. Prendendo la mia borsa ed un piccolo accendino,
mi ero alzata ed incamminata verso nord, con la chiara intenzione di
trovare qualcuno. Qualcuno di umano. Certo, più facile a
dirsi che a farsi. Dopo i primi minuti di passo furtivo, mi ero
sentita più sicura ed avevo quindi ripreso a camminare naturalmente.
Era difficile non inciampare nelle varie radici degli alberi. Ed
avrei giurato di vedere qualcosa, sopra ad essi. Lugubre.
Daisuke non era in
vista. Ed allora, ho pensato, perché non approfittarne? Avrei potuto
fare un paio di giretti, tanto per non annoiarmi, e poi ritornare
"all'accampamento". Stupido nome per un fuoco e dei sacchi
a pelo. Oh. Beh.
Continuando a
camminare, avevo scorso un rumore diverso dagli altri, e l'odore
dell'acqua melmosa dei laghetti. Con tanto di ranocchi. Incuriosita,
mi ero avvicinata al suono, e, spostato un cespuglio, avevo
finalmente intravisto il laghetto. O palude. Naturalmente mi ero
spruzzata addosso l'anti-zanzare. Nonna diceva che funzionava anche
per i pokémon insetto.
Il lago, in realtà,
era un semplice stagno completo di ninfee e di, appunto alghe
verdognole. Sotto la sua superficie, si potevano intravedere delle
ombre, ma era troppo buio per capire che potevano essere. Erano
piccole, però, quindi non avrei dovuto preoccuparmi di nulla.
Sedendomi e, tenendo l'accendino fra le gambe, avevo deciso che avrei
fatto un piccolo schizzo sul luogo. Era molto rilassante e distendeva
i nervi.
Inutile dire che ci
persi almeno mezz'ora. Quando mi ero rialzata, comunque, mi era
apparso di vedere qualcosa fuori posto. Ero molto brava a notare le
differenze, specialità tipica di chi era abituata a disegnare. Anzi,
dal musetto sorpreso ed a oltremodo nervoso di Rattata, che era
sempre stato nascosto nel cappello, avevo compreso che là, da
qualche parte, c'era un pokémon. Illuminando in giro con
l'accendino, però, non risultava nulla. Tanto valeva rinunciare e
provare a chiamarlo.
"Vieni fuori,
non ti faremo nulla!" Ecco, ora sembravo una psicopatica che
chiama la su prossima vittima per poi mutilarla. Avevo visto troppi
film dell'orrore, non c'era dubbio. Dopo un paio di volte, proprio
quando avevo perso la speranza, mi era venuta la splendida idea di
tirare fuori il pokédex. Così, puntandolo di qua e di là, avevo
captato la direzione giusta. Quello stupido di Dexi (il nome del mio
pokédex, che secondo me era troppo lungo) non serviva a nulla. Sullo
schermo era scritto : "Mancanza di dati". Ok. Se non
ricordava bene, il professore aveva detto di catturare un paio di
pokémon e di puntare Dexi agli altri, così si registravano i dati.
Ma allora, perché questo qui era differente? Cavolo. Ero sempre più
curiosa. Il segnale proveniva, comunque, dall'altra sponda dello
stagno. Aguzzando la vista, avevo quindi deciso di osservare meglio.
Focalizzando … focalizzando … focalizzando …
Ad un certo punto,
quella cosa aveva aperto gli occhi, che, luminescenti, avevano vagato
fino a trovare me. Dopodiché era scappato. Tipico. Mi ero fatta
scappare una grande opportunità.
Dopo vari minuti al
seguito dell'incidente di percorso, avevo deciso di ritornare
all'accampamento. Nulla di difficile, tanto bastava proseguire verso
sud, ma mi sentivo osservata. Da molte cose. Facendo finta di nulla,
avevo continuato a camminare, mentre Rattata si era riaddormentato.
Bel pokémon. Grazie Topolonia.
Riuscivo a sentire i
loro passi, viscidi e simili a ventose, e le loro vocine che
intonavano una musichetta. Ma i pokémon, oltre a ballare, cantavano
pure?
Mi ero stancata di
essere seguita, e così, mi ero girata di scatto: niente. Ma ero
sicura di non stare impazzendo. La vocina, flebile, simile al vento,
del mio cervellino, ma stava sussurrando "Se ti giri morirai di
infarto, quelle cose sono dietro d te." Avrei veramente
assecondato la vocina, ma, purtroppo, l'accampamento era da quella
parte, e quindi, lentamente, mi ero girata, con lei che diceva "Te
l'avevo detto".
In men che non si
dica, un qualcosa di azzurro e simile ad un anfibio, mi si era
attaccato alla faccia. Era … viscido. Faceva … schifo. Ero
paralizzata dal terrore, e quindi, urlai. Un urlo molto femminile, a
dire la verità, e quel coso era ancora appiccicato alla mia faccia.
Non vedevo niente. In panico, avevo preso quella roba ed avevo
cercato di levarla, senza risultati. Così avevo deciso di sbattere
la testa contro un albero. Con tutta la mia decisione, lo avevo
colpito. In men che non si dica, mi ero accasciata tenendomi la
fronte e trattenendo le lacrime. Perché avevo sbattuto io la
testa!? Quello stupido pokémon, non mi sembrava più così stupido.
Presa dallo sconforto, avevo aperto gli occhi: undici, piccole
faccette sorridenti (e quando avevo detto sorridenti, intendevo dire
sorridenti a dismisura, quasi gli si fosse piantato in faccia un
tetro sorriso) mi stavano fissando. Non sembravano pericolosi, ma
erano comunque terrificanti. Sembrava la marcia dei morti viventi.
Continuando a
camminare ed, a volte, guardando dietro di me, mi ero accorta che era
difficile seminarli. Continuavano a seguirmi. In fila, uno dietro
l'altro. Muovendosi sincronicamente e canticchiando parole come
"Woop!Wooper! Woo!" Avevo pensato ad un rito di uno
stregone.
"Potreste, per
favore, tornare da dove siete venuti?" E quelli mi continuavano
a fissare, sorridenti. Il solito Wooper, come mi aveva detto il
pokédex, aveva, invece, deciso di attaccarsi nuovamente la mia
faccia.
"Adesso, ti
puoi levare? Non rivoglio un altro bernoccolo" E chiedere a
Rattata di morsicarlo era come rinunciare al mio naso, od al mio
occhio. Il Wooper, però, non accennava a levarsi. Sembrava
incollato. Arrabbiata, lo avevo afferrato per la pancia (ugh, che
schifo) ed avevo preso Dexi: forse, alla fine, si sarebbe rivelato
utile. Il Wooper, però, sembrava tranquillo, così, quando avevo
cercato di colpirlo con il Pokédex, quello era scivolato via. Come
una saponetta. Una saponetta schifosamente viscida. Inutile dire che
il pokédex era andato dritto dritto a spaccarmi il naso.
No, quello stupido
Wooper (che secondo me poteva benissimo essere il capo, per come
agiva) era molto intelligente. Così avevo cercato di colpirlo un un
pugno, ma quello, flessibile, sembrava la riproduzione di Matrix. No,
non era veloce, ma sembrava una gelatina. Che si piegava di qua e di
là. Ed allora mi ero messa a correre di qualche metro. Quando mi ero
girata, erano sempre dietro di me. Sempre con quell'aria serena e
giocosa dei bambini. Sempre con quel sorriso terrificante. Sempre con
quegli occhietti tondi e privi di emozione.
Ed allora era
accaduto l'impensabile. Mi sembrava una scena a rallantatore: io che
dicevo "No! Ti prego!" come da bambina disperata qual ero,
il capogruppo dei Wooper (ormai a me inconfondibile, anche se era
identico agli altri) che aveva pronunciato un semplice "Woopa"
come ordine, ed una marea di corse azzurro/grigiastre che si
buttavano sopra di me, travolgendomi. Ero così piena di anfibi, che
facendo un passo indietro, avevo calpestato l'ultimo Wooper,
scivolandoci sopra. Da quel momento, mi ero ricordata solo un'enorme
discesa, gli anfibi che saltavano via da me, il mio corpo graffiato
da sassi, rami e cespugli, la mia testa dolorante quando avevo
sbattuto, finalmente, contro il tronco di un pino.
Quando Daisuke aveva
sollevato lo sguardo da suo pokédex, per vedere chi ero, mi era
sembrato curioso ed anche un po' schifato. Come poteva non esserlo?
Avevo il corpo ricoperto di graffi, i capelli spettinati e pieni di
rametti, il naso e la fronte totalmente pieni di ematomi e
sangue fresco. Per non parlare, poi, del fatto che ero totalmente
viscida.
Stava per chiedermi
qualcosa, lo sapevo, ma io non ero dell'umore adatto. Ero molto
irritabile, in quel momento. Come avevo detto in precedenza, io non
riuscivo ad arrabbiarmi. Inutile dire che Daisuke, leggermente
intimorito (?) no, forse solo leggermente preoccupato, aveva aperto
la bocca per formulare chissà quale domanda. Ed io gli avevo
lanciato un'occhiata di carica di negatività. Se le occhiate di
Daisuke potevano distruggere una persona, le mie, quando ero in
queste condizioni, potevano distruggere una montagna. Guardandomi
bene in faccia, e capendo che in quel momento avrei potuto tentare
alla sua incolumità, aveva chiuso la bocca, guardandomi però con
pieno concerno. Io, per tutta risposta, gli avevo sibilato come un
serpente "Non. Dire. Niente." Ed ero andata a dormire.
*Chiedo scusa a chi
è boy/girl scout, ma quest'autrice ha una specie di odio represso
verso la vostra razza, sorry.
Quindi, Maddy si
ritrova a fare i conti, da sola, con un esercito di schifosi (io li
ho sempre odiati, con quel loro orribile sorriso) Wooper, ed un
misterioso pokémon che si era reso invisibile. Un pokémon psico?
Spettro? Chi lo sa? (Tu Ndcoscienza) (No, io per ogni capitolo
improvviso U.U Nd.Me) (Adesso si spiega come mai fa schifo U.U
NdCoscienza) (T.T Ndme).
Daisuke, di notte
passa il tempo ad addestrare il suo pokémon buio/spettro, e quindi
ha mollato maddy tutta soletta. Insensibile. Vabbe, alle recensioni:
Bree_: zi, peccato
che i soldi sono difficili da trovare al giorno d'oggi U.U Sì, Maddy
era così disperata che davvero, avrebbe potuto sputagli in faccia a
quel palloncino. E daikke fa pena a tutti, probabilmente. Diciamo che
no sa divertirsi? Dobbiamo portarlo a gardaland XD Si che puoi fare
la guida delle disrazie di Ash Ketchum XD, sarei felice di leggera
XDXDXD Spero che le disgrazie di maddy ti divertino U.U Ciao,
Onee-chan-che-sarebbe-bello-avere XD
Birby: sono contenta
che ti sia piaciuto il capito! Palestra acciaio? Poveretti, li vuoi
mandare al suicidio XD Sì, i miei due personaggi sono molto
simpatici in quel capitolozzo U.U ed anche per me è il mio
preferito! Purtroppo sono di fretta, quindi ti rispondo velocemente,
ciauz!
Franky9397: pensi
spettro, eh? Ed invece no! Spero che continuerai a seguirmi!
ShesshomaruJunior:
Sto rallentanto il ritmo per te! XD così tutti potranno seguirmi *_*
no, io le gare non le capisco, quindi non la farò gareggiare U.U al
massimo, si va al pokathlon XD purtroppo, nei giochi non ho mai
catturato un singolo pokémon di tipo lotta, quindi penso che nemmeno
a maddy ne farò catturare uno U.U Ed il fuoco … beh, ci penserò.
Il problema è che ci sono almeno 500 pokèmon ed è difficile
sceglierne uno!
PROSSIMO CAPITOLO:
il primo rivale. Rivale è una parola grossa, per lui, comunque …
GloGlo_96
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Capitolo 13 *** Kakeru! Il Ninja impossibile! ***
Pkm 12.0
Kakeru:
il Ninja dimenticat --- impossibile!
Fino a qualche ora
fa', avevo pensato che l'incontro peggiore che un povero avventuriero
poteva fare poteva essere solo un gruppo di Wooper sorridenti. In
quel momento, invece, avevo cambiato idea. Dopotutto, i Wooper, sono
esseri giocherelloni di natura, quindi avevano un alibi di ferro. Non
ci potevano far niente, poverini. Tutto il contrario della situazione
in cui adesso mi trovavo.
Ma sarebbe meglio
cominciare dall'inizio.
Dopo quella serata
d'inferno, avevo dormito come un sasso. Peccato che quando mi ero
svegliata mi ero ritrovata piena di lividi e sporca di fanghiglia.
Odoravo di pesce. Anzi, no. Odoravo di Wooper. Sopprimendo l'istinto
di vomitare, avevo quindi tentato di levarmi i bastoncini e gli aghi
di pino dalla mia testa. Dopo mezz'ora, però, avevo dovuto
abbandonare l'operazione. Quindi, quando Daikke era ritornato (dove
fosse andato, poi, lo sapeva solo lui) mi aveva fissato per un bel
pezzo, prima di rigirarsi nuovamente e di iniziare a marciare fra i
cespugli.
La giornata era
passata normalmente (alias Daisuke continuava a smantellare il suo
robo, mentre io facevo dei lunghi monologhi) fino a quando non
eravamo arrivati dall'altra parte del lago. Un intero, lungo, noioso
giro, per arrivare solo in quel posto?! Per lo meno, i Wooper non
erano in vista.
Come stavo quindi
dicendo: c'era qualcosa di strano, nell'aria, qualcosa di
assolutamente imprevedibile. Ad un tratto, dal nulla, era spuntato un
mendicante. Peccato che Daisuke sembrava non avere tempo per lui, e
quindi lo aveva sorpassato, pestandogli la mano. A volte mi domandavo
se quel ragazzo era tutto normale. Quindi mi rispondevo di no. Però
era divertente!
Superato il
mendicante, ci eravamo imbattuti in un bivio, con un cartello su cui
era scritto che a destra si andava in città, mentre a sinistra si
ritornava al lago. Sembrava che quella massa d'acqua stagnante, si
trovasse in centro alla foresta. Quindi, se ti perdevi, capitavi
nuovamente lì. Dura la vita, eh?
Comunque, non
fidandosi, Daisuke aveva tirato fuori la mappa, ed aveva scelto il
percorso a sinistra. Io, non potendo contrastare con le sue abilità
di cartografo, avevo lasciato perdere ed avevo pasticciato il
cartello con qualche disegnino.
Quindi, eravamo
incappati in una radura, al cui centro c'era un cestino di frutta.
Pure un idiota avrebbe capito che quella era una trappola. Ma a
quanto pareva, Rattata era peggio di un idiota, ed era subito corso
dalle bacche. Poi il terreno aveva ceduto e si era ritrovato in fondo
ad una buca. Coincidenza? Io credevo di no.
Per ultimo ma non
ultimo, un paio di minuti dopo, era successo il fatto più sospetto:
una banconota da 100 Pokè oscillava costantemente davanti ai miei
occhi. "Ecco, questa è una cosa sospetta" avevo quindi
detto, a Daisuke, il quale l'aveva già superata, non badandoci e
dicendo "Sbrigati che siamo quasi arrivati"
Io, per tutta
risposta, avevo sorriso, ridendo della mia distrazione "Hai
ragione, scusa, si vede da lontano un miglio che questa è una
trappola!" Quindi, dal nulla, erano scese altre banconote da 200
e 300 Pokè.
"Oh, beh, direi
che questo è un gran colpo di fortuna" Avevo ammesso, cambiando
idea a facendo voltare un Daisuke stupito. Il mio lato taccagno aveva
preso il sopravvento. Sembravo una bambina a cui la mamma aveva
comprato un sacchetto di caramelle. Tante caramelle.
"Te ne
pentirai" Aveva quindi sospirato, prendendo in mano il Pokèdex
e filmando la scena "Ok, forza, avanti, sono pronto" Aveva
enunciato. Ma io non lo stavo ascoltando, per me esistevano solamente
quei soldi. Non fraintendetemi se io adoro i Pokè: non amo fare
compre e spenderli in cianfrusaglie. Io …. sono una di quelle
persone che lì conservano, aspettando di fare un'enorme somma e poi
di spenderli per qualcosa di grande. Era una specie di mania, non
potevo farci nulla.
E quindi, a quel
punto, avevo giocato d'astuzia. "Ma non posso prendere i soldi
di qualcun altro, non mi app---" altre banconote erano cadute da
sopra agli alberi. Un totale di 700 pokè. E a quel punto le avevo
afferrate tutte. Poi, chissà come, mi ero ritrovata a testa in giù,
con le mie piccole banconote strette fra le mie mani. Daisuke era
rimasto impassibile, anzi, aveva bofonchiato qualcosa come un
rimprovero, mentre chiudeva il Pokèdex.
Ed adesso, proprio
in questo presente, era comparso, da sopra ad un ramo, uno svitato,
con i capelli arancioni a punta ed un bavaglio/sciarpa ondeggiante
attorno alla bocca. Vestiva in maniera davvero originale, con una
tuta da ninja verde scuro ed una lunga spada simile ad una katana con
delle pokéball incastonate nel manico. Sembrava molto antica. E
appuntita. Chissà come sarebbe stata utile alla nonna per sminuzzare
le verdure per la sua minestra. Lei, nonostante il nonno glielo
ripeteva molte volte, non riusciva a capire che le verdure bisognava,
perlomeno, tagliarle. Non lasciare una carota intera. Pensate che
orrore ritrovarsela nel piatto …
Non ci era voluto
molto a capire che stavo dando di matto per colpa del sangue che
stava andando nel cervello. E quindi avevo cercato di tirarmi su, con
scarsi risultati.
"Ah ah! Ed
adesso, mio caro Daisuke, come la mettiamo? Perché non vai a salvare
la tua fidanzatina?" Oddio, se io ero matta, lui era un caso
perso.
Aspetta che mi
liberi, brutto decerebrato, e vedrai che cosa si prova ad essere
appesi come dei salami … avevo
quindi pensato, immaginandomi la scena.
Daisuke,
ciononostante, non aveva battuto ciglio, e si era messo a camminare
nella direzione opposta. Tipico. Così, io ed il tizio con carote al
posto dei capelli, gli avevamo urlato, offesi "Ehi, tu! Dove
pensi di andare!" Lui era probabilmente arrabbiato perché il
suo piano non stava funzionando. Io, invece ero caduta in una fase
depressiva, dovuta alla mancanza di attenzioni. Mi era facile
diventare depressa, purtroppo …
Daisuke,
allora, si era rivoltato, ed aveva detto "Se vuoi tenertela, fai
pure, ma devi procurarle del cibo, pulirla e trattarla con affetto."
Mi era presa la voglia di ridere ed al contempo piangere: come poteva
paragonarmi ad un cane?!
Quello
mi aveva guardato, e poi si era rigirato, fissando Daisuke: "Allora
proprio non ti importa di nessuno, come ai vecchi tempi …"
Aveva pronunciato, sorridente, ma al contempo triste.
Daisuke,
allora, aveva detto, con fare innocente "Scusa, come hai detto
che ti chiami?" ed allora il ninja era caduto dall'albero, prima
di rialzarsi e di urlargli dietro (doveva essere una tipo con poca
pazienza): "Lo sai benissimo chi sono!"
"No,
non lo so. Chi sei?" Aveva continuato, in maniera canzonaria,
"Ma
se proveniamo dallo stesso istituto!" Aveva urlato, disperato ed
un poco demoralizzato, il ninja.
"Ma
ti avrei riconosciuto, allora." Aveva detto, pensoso, Daikke.
"No!
Nononono! Tanto lo so che stai mentendo!" Aveva risposto,
facendo una smorfia.
"Quanti
anni hai detto che hai?" Aveva quindi continuato, Daisuke.
"Io?
Dodici! Come te!"
"Allora
devi essere stato bocciato, e rimandato nell'altro corso" Aveva
terminato, Daisuke.
"Ma
se era nella tua stessa classe, proprio di fianco al tuo banco …"
Aveva sussurrato, offeso e con le lacrime agli occhi. Lo
so, Daisuke, fa impazzire tutti.
Non
sentendomi più le gambe, legate con delle funi, e cercando di
slegarle con la mano libera (nell'altra tenevo i soldi), gli avevo
quindi chiesto:
"Qual
è il tuo nome, allora?"
Lui,
riacquistando un tono misterioso, e facendo tornare a far ondeggiare
il suo bavaglio, al vento, aveva risposto "I veri ninja non
possono rivelare il loro nome".
Wow.
Certo che ci sapeva fare con la recitazione. In quel momento,
Daisuke, sorridendo innocentemente, come se avesse risolto un
difficile problema, aveva urlato: "Adesso ricordo! Tu sei Kakeru
Tokimoto! Quello che non riusciva mai a superare i miei voti!"
Non l'avrei mai detto …
"…"
Kakeru era rimasto silenzioso.
"Quello
che si nascondeva nello sgabuzzino dei bidelli, e poi rimaneva chiuso
dentro!" No, ma dai?! Questo me lo segno …
"Non
è stata colpa mia, quella volta!" Aveva biascicato, l'altro.
"Quello
che all'età di sei anni si era versato un secchio di vernice
arancione in testa!" Seguì un silenzio tombale. Se prima il
Kakeru si ergeva in tutta la sua misteriosità, adesso era
barcollante come se lo avessero colpito ripetutamente con un masso in
testa. Non c'era voluto molto che io mi ero messa a deriderlo.
"Ma
dai, come si può! Nemmeno io ero così idiota!" Quello per
tutta risposta si era depresso ancora di più, inginocchiandosi a
terra e battendo i pugni sul terreno. Poveretto, iniziavo a provare
simpatia per lui.
"Eddai,
non ti abbattere …" Avevo detto, sorridendo, mentre Daisuke
continuava a ridere. Per quanto fosse incredibile. Sembrava
divertirsi a prenderlo in giro. Mi dispiaceva tanto per lui. "Daikke,
potresti smetterla, non vedi che è depresso?"
Altro
silenzio imbarazzante. Questa volta era Daisuke quello che era
arretrato sudando freddo e guardando il terreno con fare depresso.
Stavo iniziando a provare pena pure per lui. Davvero non gli piaceva
il suo soprannome?
Kakeru
intanto era caduto a terra, tenendosi la pancia per le risate, e
stava rotolando di qua e di là come un maialino. Oink, oink!
"Daikke!?
Oh, ciao Daikke, piacere di conoscerti Daikke?! Che cos'hai Daikke?!"
Aveva iniziato a prenderlo in giro. Daisuke, poveretto, sembrava che
l'avesse appena investito un camion: era pallido, con uno sguardo
molto preoccupato e tremava. Rabbia, imbarazzo, oppure solo paura del
suo nome? Che tipo strano. Però sembrava gli facesse bene stare in
mia compagnia, stava diventando più … emotivo? Sensibile?
Però,
a tutto c'era un limite, quindi, prendendo con me la mia sgarbatezza,
gli avevo detto: "E piantala, Carotino" Quindi, i due erano
rimasti impassibili. Daisuke si era rialzato ed aveva preso in mano
la sua pokéball, mentre quell'altro si era depresso e si era messo
in un angolino, sussurrando a sé stesso "Dimentica …
dimentica …"
Quindi,
il fatto più strano, dalla sua spada era improvvisamente fuoriuscito
un raggio di luce rossastro. E da quel momento Umorismo e Voglia di
fare la furba erano scomparse, lasciando un depliant su un tavolo
della mia mente che diceva 'Hawaii con stile!'.
Davanti
a me si era presentato una rivoltante, ma che dite, orripilante
mostruosità. Era maggiormente di colore bianco. Piccolo. Con quattro
zampette, due bianche e due marroni. Gli occhi erano verdognoli, ma
non sembrava vederci molto bene, per come le teneva socchiusi. Aveva
due piccole alette verdi e due antenne sul naso. Era uno schifoso
insetto. Uno schifoso, orribile e infuriato insetto,
che stava, fra l'altro, zampettando sopra alla corteccia dell'albero.
Il
mio corpo si era automaticamente paralizzato. I miei occhi puntati
sopra quell'affare che stava scendendo la corda a cui ero legata. Il
mio battito cardiaco, di colpo accellerato, rimbombava nelle mie
orecchie. Per me adesso esisteva solo quella cosa. E con tutto il mio
essere stavo disperatamente pensando a come farla arretrare.
Non
era colpa mia se ne avevo così paura. Non era colpa mia se provavo
ribrezzo anche per il più … carino degli insetti. Qualunque cosa
avesse le antenne e delle zampette, era da me temuto. Avrei preferito
camminare sui carboni ardenti e bere una bottiglia piena di olio,
invece che essere sottoposta a quella tortura.
Le
sue antenne, proprio quando era salito sulla mia gamba, erano partite
a muoversi all'impazzata, come se impazzite, in tutte le direzioni.
Poi, mi ero accorta che anche quelle, erano piccoli occhietti.
Sembrava che Nausea stesse avendo la meglio, ma poi Terrore Supremo
aveva ripreso il sopravvento. E così avevo chiuso gli occhi. Non
volevo vedere il viso di quell'insetto, spuntare da sopra al mio
collo.
"Adesso,
però, piantala, Kakeru" Aveva enunciato Daisuke. Mi sembrava di
aver sentito anche il suono della sua sfera, rilasciare il suo
pokémon.
Quello
si era ripreso dal suo stato di depressione, e, un po' spaventato,
aveva esclamato "Woah! Nin! Scendi subito da lì, non vedi che
l'hai fatta piangere?" Aveva detto. Stavo davvero piangendo? Non
ero per nulla sorpresa. Ero disperata … Finalmente, le zampette che
prima stavano percorrendo il mio corpo se n'erano andate, cadendo poi
un metro più in basso con un tonfo.
"Scusate,
è solo che lei è un po' … iperprotettiva. Comunque, Daikke"
Sentivo il Daisuke arretrare, come se colpito da uno sparo "siccome
le mie trappole erano tutte dedicate a te, e mi hai pestato la mano"
Ah. Quindi il mendicante era lui?"Tu
mi devi un incontro. Fatti sotto!" Aveva detto, lanciando
qualcosa sull'erba sotto di me. Non avevo ancora il coraggio di
aprire gli occhi.
"Ok,
ma finirà in fretta …" Aveva detto Daisuke, sospirando. "Sey,
usa Ombra Notturna." L'altro invece aveva urlato "Nin, vai
sotto terra!" Che? Ma gli insetti … vabbè, lasciamo
perdere …
"Quindi
usa sanguisuga" Ed il pokèmon, a quanto pareva, era balzato
fuori dalla terra ed aveva morso il povero Sableye.
"Ombra
notturna!" Suono di raggi laser che colpivano l'avversario.
"Graffio!" Suono dell'aria
che veniva colpita, ed un tonfo a terra, mentre Daisuke sospirava
"Sfuriate …" Ed il suono di urla insettose. Sì, è un
nuovo aggettivo.
Intanto,
io mi ero ripresa. Certo, ero ancora terrorizzata da quell'affare, e,
certo, stavo ancora un po' tremando, ma perlomeno non ero più così
disperata. E poi, ero libera. Sembrava che gli arti del pokèmon
insetto fossero così appuntiti, da aver manomesso le corde. Quindi,
con un calcio, mi ero liberata. Ed ero caduta a terra. Adesso,
però, è l'ora della vendetta.
Daisuke, invece, se
la stava cavando benone: continuava a schivare gli attacchi
dell'insetto (piuttosto lentuccio, a suo malgrado) ed attaccava con
Sfuriate ogni qualvolta fosse possibile. Kakeru sembrava aver capito
che non aveva molte chance, ora come ora. "Ok, Nin, Turbosabbia,
e poi sottoterra!" Uh-oh. Chissà come avrebbe fatto Daisuke …
Non si riusciva a
vedere nulla all'interno del 'campo', ma lo sguardo di Daisuke era
abbastanza per comprendere l'esito della battaglia. Era ovvio che il
pokémon insetto non aveva nessun vantaggio contro quello Buio, e per
di più, era talmente lento che perfino Rattata lo avrebbe potuto
battere. L'unico problema però, era la sua difesa: era così alta
che dubitavo la battaglia sarebbe potuta finire in fretta.
"Ed adesso usa
Sfuriate!" Aveva detto Kakeru. "Anche tu" Aveva
sbadigliato Daisuke. Sembrava annoiato. Non si capiva chi dei due
stava colpendo l'altro, ma di sicuro il povero sfortunato sarebbe
andato K.O Infatti, dopo che la sabbia si era 'diradata' si poteva
vedere l'insetto steso a terra, ricoperto di ferite varie. Ma di
Sableye nessuna traccia. Che lo avesse polverizzato?
"Che cosa ---"
All'improvviso, dal nulla, era sbucato fuori un Sey con la faccia
enorme e distorta, più la lingua fuori e circondato da un'aura buia.
In più stava urlando. No. Urlare era una cosa da poco, per quello
che stava accadendo. Ma come poteva un pokèmon produrre un suono
così sgradevole e terrorizzante? Kakeru era, infatti, caduto per lo
spavento, mentre ritirava il suo pokémon, Nin, definitivamente
svenuto per cause ovvie. Io, invece, mi ero nascosta dietro
all'albero, con le mani che si tenevano strette le ginocchia e con
gli occhi chiusi a scatto. Era stato peggio di un film dell'orrore.
"Mai
sottovalutare il potere di Sgomento" Aveva detto Daisuke,
poetico, mentre ritirava lo stanco Sey. "E adesso, potresti
andartene?" E gli aveva lanciato un'occhiataccia. Di quelle che
facevano paura. Così lo sconfitto aveva urlato "Ci rivedremo,
non dimenticatevi mai di Kakeru! Il ninja impossibile!" E poi
era scomparso con una nuvola di fumo.
Dopo due o tre ore
dall'accaduto, avevamo deciso di accamparci in quel posto. Io avevo
quindi iniziato a complimentarmi su come era stato ingegnoso e, beh,
pauroso, ma lui mi aveva interrotta.
"Allora?"
Aveva chiesto. Non capendo, l'altro aveva detto "Quando il
Nincada ti è salito sopra …" Un minuto imbarazzante di
silenzio.
"… Nincada?
Ah! Nincada! Adesso ho capito!" Avevo detto, realizzando
che Nin=Nincada. "Oh, niente …." Era imbarazzante. Mi
sentivo stupida ad aver paura per degli insettini.
"Insettofobia?"
Io lo avevo quindi osservato, strabuzzando gli occhi "Non era
difficile da indovinare, ogni volta che passavamo fra i cespugli, ti
guardavi sempre attorno preoccupata. E poi, di notte, di ricopri
sempre di anti-zanzare. Per non parlare di quando …" Io però
lo avevo interrotto "Ok, lo ammetto, sono un po' banaluccia. Ma
non è colpa mia, loro sono così … schifosi … i loro occhi sono
enormi, le loro ali ricoperte di … e hai visto le loro antenne? In
realtà sono piccoli occhi!" Avevo detto, non rendendomi conto
di averlo scosso per tutto il tempo.
Mollandolo, lui
aveva continuato, parlando a sé stesso "Dovrò fare qualcosa in
proposito …" Poi si era rivolto a me "Posso chiederti
perché sei così contenta?"
Infatti, non avevo
mai smesso di sorridere. Era da quando mi ero slegata, che continuavo
a sorridere. "Oh … niente …" Avevo quindi detto
misteriosa, mentre mi ero messa a contare il gruzzolo che avevo
guadagnato quel giorno.
Lui aveva
strabuzzato gli occhi "Dove hai preso tutti quei …"
"I soldi? Non
ricordi? Me li ha dati lui!" Lui aveva sospirato.
"No, intendevo
..." Quindi io gli avevo sorriso. E mi ero messa a
ridere.
"Perché ridi?"
Aveva quindi chiesto, intuendo solo dopo quel che avevo fatto.
"Oh, credimi,
Kakeru avrà una bella sorpresa!"
Intanto, in
un'altra zona delle foresta …
"Nin, credo che
qualcosa non sia giusto …" Aveva detto Kakeru, appeso da un
ramo di un albero, come un pipistrello. Nincada, accanto a lui, lo
aveva guardato ed aveva risposto: "Nin! Nin! Cada!"
"No, non
importa che tu abbia perso, dopotutto, una volta evoluto diventerai
molto più forte di quel Sableye!" Aveva detto con la rabbia
negli occhi "Però c'è comunque qualcosa che non mi convince …
sarà meglio controllare che ci sia tutto"
"Spada, c'è.
Pugnali, Kunai, Shuriken ci sono. Ed anche il cibo. Gadget ci sono.
Corde, Pokèball, Pozioni … ci sono. Bibble Bubble c'è."
Nincada a quel nome aveva guardato male Bibble Bubble, l'orsacchiotto
ninja.
"No, direi che
siamo a posto. Adesso, contiamo il bottino delle vittorie di oggi!"
Aveva quindi detto, stringendo Bibble Bubble e prendendo il sacco
rattoppato che portava. Poi, stranamente, l'aria si era fatta carica
di tensione.
Nincada aveva
cercato di sciogliere il ghiaccio "… … …. … … Nin?"
Kakeru, quindi, si
era alzato ed aveva urlato, al colmo della disperazione
"NUOOOOOOOOOOOOOOO!"
Poi era svenuto.
Ta-da! E così, ho
finalmente presentato il benedetto rivale di Daikke! Carot ---
amh … Kakeru! Che come ninja fa un po' pena. XD
Daikke ha 'scoperto'
la più grande paura di Maddy che intanto si è fatta un sacco di
soldi U.U Ed avete visto che insensibile? Ha calpestato il
povero mendicante! (Sniff T.T NdKakeru) (Aww... povero … NdAutrice)
Che schifo i
Nincada, ma come pokèmon ninja XD Un vero colpo di genio U.U
insomma: Nincada, Ninjask e Shedinja! Più di così U.U
franky9397:
sì, poveretta U.U I Wooper sono piccoli, velici e scivolosi, era
impossibile colpirne uno *_* Io li odio! E poi, non era tanto piccolo
… e vorrei vederti io lì. Al suo posto, cosa avresti fatto? Sono
curiosa O.O
Birby: Ia,
Ia, sono Wooper cattivi, zi! No, no, Daikke aveva solo bisogno di una
spintarella, come aveva detto io U.U Io ho sempre ragione XD Però ci
vuole ancora molto e dico MOOOOOLTOOOO per concludere qualcosa con
loro U.U E poi, abbiamo scoperto che Maddy, se irritata, può essere
molto pericolosa! Dovresti vedere il prossimo capitolo! E poi, hai
visto che lungo questo? Non sei contenta? Più tempo e più lunghezza
U.U
ShessomaruJunior:
il ritmo è stato rallentato U.U Hai visto! (Me contenta) Ed adesso
ho bisogno di farmi perdonare. Per prima cosa, anche a me piace
dormire all'aperto, sotto le stesse ed immezzo ai boschi *_* ma non
mi piace camminare, fare nodi ecc ecc … poi: gli scout della mia
zona, scusa se te lo dico ma: LI ODIO TUTTI. Dovresti vedere come si
comportano, tutte ochette e tutti egocentrici. Ma poi, conosco altri
scout che mi stanno molto simpatici, anche se sono una minoranza. In
altre parole, non dico che io ODIO tutti gli scout, è solo che la
maggior parte è da prendere a fucilare U.U Quindi scusa. I
wooper poi, loro sono molto malefici XD Ma mi piace la loro
evoluzione U.U Eh poi, no, hai sbagliato, il primo rivale è quello
di Daikke XD PS: wow, grande! Io invece, quando ero piccola, dovevi
vedermi, stupida com'ero ho dovuto farmi un mazzo per battere la lega
pokémon (odio lance) con solo il suo meganium XD Non avevo allenato
nessun altro XDXDXD Adesso invece ho battuto quella di Platino,
Diamante, Zaffiro, Rubino, Cristallo e tra un po' anche Soul Slver!
camilla_rain:
… perché hai cambiato il nick? -.- XDXDX Vabbe! Sono un po' in
ritardo, perché non ho notato la tua recensione, scusa XD I wooper
son piaciuti un po' a tutti XD Anche a me, ogni tre passi che facevo
comparivano sempre quegli affari O.o Sì, facciamo incontrare i
nostri due Pokèdex!!!! Sarei contentissima! Grande la mia Onee-chan!
PS: il rivale è
arrivatoooo!
PSS: io quegli
odiosi scout li odio da impazzire! Sopratutto nel gioco *_*
PSSS: dai, io scrivo
e tu detti U.U Dovremmo farla!
PSSSS: riprenditi
dalla febbre !!!! Non voglio che tu stia male! Vedi la depressione
cosa ti fa venire U.U
DOMANDA DEL
GIORNO: un nome per il gruppo di super cattivi? Tipo Rocket, magma,
idro, galaxi ecc … non riesco a trovarne uno giusto -.- E che
pokèmon dovrebbero avere?
Scusate per il
capitolo! GloGlo_96
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Capitolo 14 *** Team Pyro ***
Pkm 12.0
Un
capitolo molto dolce (♥)
(Per
colpa del mio cervello, che è andato alle Bahamas, non posso dare un
titolo decente a sto capitolo U.U)
Quel giorno ero
molto pensierosa. Infatti, da quando mi ero svegliata non avevo detto
una sola parola. Ed erano già passate cinque ore, spese a camminare
in mezzo al boschetto. A volte mi chiedevo se Daikke sapeva dove ci
stessimo dirigendo. Mi sembrava di girare attorno. Ma poi mi ero
ricordata che dovevamo girare attorno. Infatti, per
raggiungere la prossima città, si doveva arrivare nella zona nord
della foresta, vicino alla parte nord del lago. Ed il lago era molto
grande.
Comunque, ero
pensosa per vari motivi: innanzitutto, ero preoccupata per le mosse
di Rattata. Erano poche e non così tanto potenti. Avrei dovuto
compensarle con tanta pratica e velocità. Già, perché secondo
Dexi, Rattata aveva molto attacco ed un'enorme velocità … ma la
difesa era quasi nulla. E questo era un problema.
Il secondo motivo
per cui ero pensosa, erano i soldi che avevo guadagnato. Stranamente,
mi sentivo diversa a tenere in mano quei bigliettoni. E provavo una
sensazione di felicità, mista ad una gran dose di preoccupazione,
paura, ed insoddisfazione. Forse era perché da quando sono nata non
ho mai tenuto in mano nemmeno 5 pokè? Probabile. Però una cosa era
certa: ne volevo di più. Molti , molti di più. Se con 100 pokè si
poteva comprare una pokèball, chissà quante altri oggetti si
potevano prendere con 1000 pokè. Ma stranamente, questo mio pensiero
mi aveva fatto salire l'agitazione: e se, dopo aver comprato tutte
quelle cose, ne arriva un'altra più speciale ed importante? E se
avessi finito i soldi, così da non poterla comprare?
La mia mente
incominciava a farmi male. Così non mi ero accorta di essere andata
a sbattere contro Daisuke. "Perché ti sei fermato?" Gli
avevo quindi chiesto, osservandolo attentamente. Sembrava impassibile
come sempre, ma il suo sguardo era preoccupato. Dopo quasi una
settimana passata insieme, era più facile intuire i suoi stati
d'animo.
"Non senti
l'odore del fumo?" Mi aveva chiesto. Guardandomi attorno, e
camminando un po' in giro, mi ero accorta che lui aveva ragione. Così
avevo annuito, come una brava alunna.
"E quindi …?"
Aveva continuato, cercando di farmi arrivare alla sua stessa
conclusione. Cercando all'interno del mio subconscio qualche segnale,
avevo cercato di arrampicarmi sugli specchi.
"Emh"
Guardate! Il numero 007, Madeleyne Hellys ha messo la prima mano
sulla superficie liscia dello specchio, aggiungendo poi l'altra ed il
primo piede! Nessuno ci aveva mai provato! Sarà l'inizio di una
grande avvenuta?!
"Potrebbe …
dato che c'è il fumo …" Daisuke mi stava guardando paziente.
Incredibile! Hellys è riuscita a risalire la superficie di ben
trenta centimetri!! Ma, aspettate, sembra che stia scivolando!
"E che noi
siamo in un bosco … perché questo è un bosco, vero?" Cavolo!
Riuscirà Hellys a superare il record di 3 metri?! O perir--- fallirà
nell'intento?!
"Ci dev'essere
quindi anche del fuoco …" Ci sta riuscendo! Gente, Hellys
007 è quasi arrivata in superficie! Sta incredibilmente riuscendo a
risalire il suo stupido ragionamento! Mancano solo 15 centimetri …
"… un
barbecue?" Daisuke a quel punto si era tirato una manata in
faccia, poi si era incamminato verso la direzione da cui proveniva
l'odore di bruciato. Il presentatore della mia mente stava
canticchiando la musichetta di Super-Mario: Accidenti, che
peccato! Lo specchio sì è rotto! Dovresti pensare, agente 007! Hai
fatto proprio un G-a-m-e-O-v-e-r, Game-Over!
Nella mia mente
avevano, quindi, continuato a rimbombare quelle parole, sempre più
lentamente, sempre più lentamente, come in TV: GAME OVER … GAME
OVER … GAMEE OVERR GAAAMEE OVEERR …
Fino a quando non
eravamo arrivato alla causa dell'intoppo. Una manciata di alberi
stavano bruciando. In mezzo ad essi, c'erano degli strani tizi
vestiti in nero, che portavano agli occhi, una mascherina rossa.
Indossavano anche un basco nero. Ma dei guanti rossi. Erano
inquietanti, a dir la verità. Dopo qualche secondo, avevo sentito
Daisuke dirmi, a bassa voce: "Ci conviene nasconderci" E
poi aveva puntato un enorme cespuglio.
In quel momento i
miei sensi di ragno si erano attivati ed avevo detto: "Ma sei
pazzo? Non possiamo semplicemente fare retromarcia ed andare in
città?!"
Lui mi aveva
guardato sospirando, come se fossi una povera bimbetta a cui si
doveva spiegar tutto. "No, perché l'unico modo per arrivare in
città è proseguire in quella direzione" Ed aveva puntato gli
uomini in nero "E, a meno che tu non voglia essere abbrustolita,
nasconditi. Sennò, va' pure." Aveva quindi detto, entrando nel
cespuglio.
Io non sarei
entrata in quel coso. Mai. Ed ancora mai. Avrei preferito ritornare
da quei Wooper mollicci. "Andiamo, dimenticati per una volta di
quegli stupidi insetti, e vieni!" Per quanto lui mi stesse
pregando, io continuavo a negare. Così, dato che non potevo fare
altro, mi ero messa ad analizzare la scena: c'erano, in tutto, otto
uomini, tutti vestiti dello stesso colore. Poi c'era una casetta. O
meglio dire, una costruzione fatta di legno, come la casa del nonno
di Heidi. Brr, provavo i brividi solo al ricordo.
La casa era ancora
rimasta intoccata dal fuoco. Un uomo dallo sguardo duro, con i
capelli e la barba folta marroni, veniva trascinato all'interno della
casa da uno dei tre, e poi chiuso dentro.
"Chissà perché
lo stanno facendo …" Avevo detto fra me e me.
"Già, chissà
perché lo stiamo facendo …" Aveva risposto una voce di fianco
a me.
Così ci eravamo
voltati di scatto, tutti e due, a fronteggiare l'altro, e con un urlo
avevamo fatto due passi all'indietro. Io ero finita contro un albero,
invece lui era inciampato su una radice.
Era … strano.
Aveva un (vestito, cappotto, tunica?) giacca a rombi neri e rossici,
con delle maniche molto lunghe che gli coprivano le mani e scendevano
fino al ginocchio. Sotto a quello che sembrava un abito bizzarro, si
vedeva una camicia bianca, poi le scarpe a punta ed i pantaloni neri.
Indossava una benda sempre di color nero sull'occhio sinistro, che lo
faceva assomigliare ad un pirata con pessimi gusti in fatto di
vestiti. Sulla sua testa era presente un cappello da pagliaccio a
rombi rossi e neri che assomigliava al cappello dei joker nelle carte
da gioco, solo più piccolo. E non gli ricadeva in faccia, anzi,
restava in equilibrio. I suoi capelli erano di un rosso tendente al
viola, molto scuri e ribelli. Probabilmente avrà avuto 16 anni. O
quindici.
Per quanto fosse
carino (se si toglieva quegli assurdi abiti), era ovvio che fosse uno
dei cattivi. Anche se non si comportava come tale. Infatti, si era
inginocchiato ed aveva cominciato a tossire. Poi aveva preso dalla
sua manica, un pacchetto di … beh, non si capiva bene che cosa
fossero.
"Pillole, ho
bisogno delle mie pillole …" Aveva quindi detto, stappando la
confezione ed ingurgitandole come se fossero acqua. Poi, rialzandosi,
con il fiatone, si era rivolto a me "Mi hai fatto venire un
colpo, cavolo, la prossima volta, sii più delicata." Aveva
detto sospirando, scaricando la colpa su di me. "Ho una salute
molto cagionevole, per cui non saprei quanti altri colpi il mio
povero cuore riuscirà a sopportare …" Mi sembrava un bambino.
Che si demoralizzava.
Gli altri del gruppo
piromane intanto erano già arrivati. E mi stavano osservando con un
ghigno sulle labbra. "Capo, che cosa ne facciamo di lei?"
Aveva chiesto quello più robusto, con la sfera pokè già in mano.
Se fossero andati avanti così, io mi sarei ritrovata morta ancor
prima che la casa fosse bruciata del tutto.
Quello si era
voltato verso di loro ed aveva esclamato :"WOAH! Che velocità
Ken-kun, avete già completato la missione?" Quell'altro lo
aveva quindi guardato scettico. O almeno, così credevo, perché non
si riusciva bene a capire come lo guardava, con quella mascherina.
"Mi chiamo Bob.
E comunque sì. Quindi?" Aveva chiesto.
"Oh, scusa
Bobby-kun. Quindi cosa? ♥" Aveva risposto sorridente il
pagliaccio.
"La ragazzina.
Che ci facciamo?" Aveva detto Bob, indicandomi. Quello aveva
fissato incuriosito il punto indicato, ora vuoto.
Non sono mica
stupida! Mi ero detta, mentre mi
nascondevo dietro alla casa. Se sto con loro finirò male,
me lo sento! I miei sensi di
ragno non mentivano mai. Osservando il muro della costruzione, si
sentivano dei rumori provenienti dall'interno. Probabilmente l'uomo
stava cercando di uscire fuori. Se solo non ci fossero stati quei
tizi in calzamaglia …
Spiando gli uomini
dall'altra parte della radura, li avevo visti separarsi. Uno andava a
destra, un altro a sinistra ed ancora uno da dove io e Daikke eravamo
venuti. Chissà cosa stava facendo in quel momento. Si doveva
divertire, lì, nascosto fra i cespugli …
Erano rimasti solo
tre uomini. Il più muscoloso, Bob e due scagnozzi. Probabilmente
dovevano fare di guardia alla casa, in modo da evitare che il tizio
uscisse. Ed ora cosa avrei dovuto fare?!
"Non
dovrebbe essere sola, cercate il suo compagno!" Wow. E
come l'hanno capito?
"E' impossibile
che una mocciosa pelle e ossa come quella sia riuscita a superare la
foresta da sola! Non l'avete vista? Scommetto che non ha nemmeno un
pokèmon!"
Non mi sentivo molto
offesa da quel commento. Forse era il signor Terrore che era tornato
a farsi sentire, inibinendo i miei sensi, o forse era perché io mi
sentivo superiore a quel gorilla. Purtroppo, uno degli uomini si
stava avvicinando a me. Pericolosamente. Stava giusto per arrivare
dietro alla casa, che un urlo di Bob, lo aveva fatto tornare indietro
"AHAH! Sapevo che ti trovavi qua attorno!" Chi? Daisuke?
Spiando attentamente, avevo visto una massa di capelli neri sbucare
da dietro agli uomini.
Perché cavolo non
se n'era rimasto nascosto?! Guardando meglio, si poteva vedere
qualche velo di inquietudine nei suoi occhi. Che stavano puntando
proprio dove ero nascosta. Poi aveva dovuto distogliere la sua
attenzione dal mio nascondiglio, ad un uomo che aveva cercato di
afferrarlo. In quel momento Daisuke lo aveva preso per il braccio,
tirato in avanti e gli aveva assestato una ginocchiata sotto al
mento, prima di sbatterlo a terra. Poco dopo, l'altro uomo, gli era
arrivato da dietro, ma Daikke lo aveva afferrato da sopra alla
spalla, poi lo aveva tirato verso di lui, abbassandosi. Così il
tizio si era ritrovato a volare sopra di lui ed a schiantarsi a
terra. Mi domandavo se erano cosa che avesse appreso in qualche
corso, oppure improvvisava.
Aveva quindi preso
la pokéball di Sey, rilasciandolo. Inizialmente il piccolo
mostriciattolo si era coperto gli occhi, poi, vedendo la situazione
in cui il suo compagno si trovava, si era arrabbiato. Intanto Bob e
Tizio1 avevano già preso i loro pokèmon: uno era … una lumaca.
Ok. Una lumaca bavosa di fuoco. Ogni tanto starnutiva. L'altro era un
pony. Se questi erano i cattivi, io ero Babbo Natale.
"Slugma!"
Aveva urlato Tizio1 "Smettila di perdere tempo ed usa Sassata!"
Immediatamente, il povero Slugmachino aveva messo un'espressione
afflitta, mentre dal suo corpo stavano fuoriuscendo delle rocce. E di
grandi dimensioni, anche. Poi, aveva starnutito. In men che non si
dica, tutte le rocce che aveva creato erano schizzate verso Sey, che,
velocemente, si era diretto a proteggere il suo allenatore.
Bob, intanto, si era
messo ad accarezzare il pony, a gli aveva sussurrato qualcosa
al'orecchio. Il Pony, felice per le coccole ricevute, si era messo a
correre per la radura, ad una velocità tremenda. Dopo pochi secondi
si era tramutato in una palla di fuoco rotolante. Tutto ciò che
toccava bruciava all'istante. Eravamo circondati da un muro di fuoco!
Mettendo al sicuro
le mie poche cose importarti, avevo osservato il combattimento. Sey
se la stava cavando egregiamente contro lo Slugma, che, poveretto,
sembrava raffreddato. Tizio1, invece, se ne fregava altamente e
continuava ad urlare attacchi. Ed era proprio a quel punto, che una
piccola domanda si era fatta strada nella mia mente: dov'era Tizio2?
Come
se quello avesse potuto udire le mie parole, dalla cima di uno degli
alberi erano fuoriuscite delle palle di fuoco. Che stavano andando
addosso a Daisuke. Proprio quando questi si era voltato, proprio ad
un pelo dalla sua faccia, un oggetto appuntito gli era passato in
mezzo, fermando le palle infuocate. Poi, dall'alto, era atterrata una
persona imbavagliata e con i capelli arancioni.
"Kakeru?!"
Avevo detto io, a bassa voce. Ero molto sollevata del fatto che
Daisuke non si fosse ritrovato la testa in fiamme.
Daisuke aveva detto
qualcosa come "Ci siamo già visti?" e Carota aveva
risposto "E' così che mi ringrazi?! Dopo che ti salvo la
pellaccia tu mi dici che nemmeno ti ricordi che sono?!" Daisuke
aveva quindi sospirato, ascoltando le lamentele del ninja. Che non
erano durate molto perché un altro paio di attacchi di fuoco erano
sbucati dai rami.
"Insomma, io
sono il tuo salvatore, io sono … Kakeru, il più attento dei nin--"
Daisuke aveva preso Kakeru e l'aveva spinto di lato, causando la sua
caduta.
"Oh … questo
ci rende di nuovo pari …" Aveva detto sconsolato. Poi si era
voltato verso Tizio2 ed assumendo un aria determinata, con la
sciarpona svolazzante gli aveva tirato un kunai, facendolo cadere a
terra con il secondo Slugma. Il vento, stranamente, sembrava soffiare
solo attorno al grande ninja, che, immediatamente, si era diretto
verso di loro, con in mano delle freccette. Che fossero dei dardi?
Daisuke, invece si
stava occupando di Tizio1, senza troppe difficoltà: dopo che lo
Slugma era svenuto, l'uomo aveva cercato disperatamente di colpirlo
con dei pugni. Peccato che Sey, utilizzando il suo portentoso
sgomento, lo aveva talmente spaventato, che lui aveva fatto
retromarcia ed era scappato. Daisuke sospirando, e vedendo che il suo
Sableye stava accusando la stanchezza, lo aveva ritirato. Poi si era
messo a correre raggiungendo l'uomo e … meglio non descriverlo.
Quello fa' male.
Ed anche quello. Sta facendo proprio un bel lavoro. Sì ma adesso
esagera. Lo sta ammazzando! Provo pena per lui … sarà meglio non
far mai arrabbiare Daikke. Se lui non la smette, non si potrà
ritrovare nemmeno il corpo del malcapitato …
Nella direzione del
ninja, intanto, si stava diffondendo una colonna sonora: "… Io
credo in me, e dico addio! Hai miei giorni grigi! Come un raggio, che
ha il coraggio, di lasciarsi il sole dietro sé! Io credo in me, nel
cuore mio ..."
Il ninja, non
curandosene, ed, anzi, sorridendo, aveva lanciato un paio di dardi
allo Slugma, prima di accorgersi che essi si scioglievano al
contatto. La colonna sonora si era quindi arrestata, dimostrando la
stupidità del ragazzo dai capelli verniciati. Kakeru, depresso, si
era tirato una mano sulla fronte. Così aveva cercato di usare gli
altri su Tizio2, che, occupato a cercare la fonte della musica, era
stato colpito nel braccio, ed ora giaceva a terra, svenuto. Lo Slugma
era rimasto sorpreso, poi, si era diretto dal suo padrone. Intanto,
vedendo la vittoria, la musichetta aveva ripreso a farsi sentire,
mentre Kakeru si ergeva, sopra ad una roccia, con lo sguardo fisso
nel vuoto ...
Cercando di ignorare
il fatto dell'inquietante colonna sonora, avevo iniziato mentalmente
e congratularmi con i due. Se la stavano cavando entrambi
egregiamente. Kakeru, con il suo stile ninja, non mi aveva sorpreso.
Dopotutto, un ninja che non sapeva combattere, non era un vero ninja.
Invece da Daikke non me lo sarei mai aspettato. Forse perché era
magrolino come me, forse perché era basso e non aveva molti muscoli
… Ma poi, che razza di stile era quello?! Uno "aspetto che
tira un pugno e poi lo prendo a calci"?
Tutto
ad un tratto mi ero sentita una stupida per averli lasciati là da
soli. Avrei potuto aiutarli anch'io, cercare, per lo meno, di non
apparire una fifona rincretinita, avrei potuto chiamare fuori
Rattata! Anche se probabilmente si sarebbe bruciato a causa del fuoco
… probabilmente avrei solo causato ulteriori problemi.
Mi
ero sentita un'inetta. Ed il senso di colpa aumentava di minuto in
minuto. Forse, se mi fossi nascosta e non avessi fatto la
schizzinosa …
Avevo quindi scosso
la testa, pensando a che cosa avevo causato.
La colonna sonora
era ormai quasi scomparsa, così, Kakeru, annoiato, aveva esclamato
"Che caldo! Fortuna che avevo quei robi soporiferi, sennò
dubito che Nincada avrebbe potuto sconfiggere il lumacone!" Poi
si era messo a ridere, come se fosse stato tutto merito suo.
Daisuke, allora, si
era avvicinato, trascinando il primo Tizio ("Uccidetemi subito!
Vi prego, mettete fine alle mie sofferenze!" Aveva detto,
osservando il mio compagno di viaggio come se fosse un demonio. Non
lo biasimavo.) con una corda con cui l'aveva legato "Quanti te
ne sono rimasti?"
Il ninja lo aveva
guardato male, poi aveva detto, con la faccia di uno innocente
"Nessuno!".
"Eppure
io non li vedo qui attorno, che fine hanno fatto? Non li avrai
sprecati, spero ..." Aveva chiesto minaccioso Daikke, assumendo
un'aria di chi aveva a che fare con un'idiota.
"Emh … li ho
tirati addosso allo Slugma, ovvio!" Aveva esclamato.
"No! E' ovvio
che tu sei stupido!" Era sbottato il più ingegnoso "Se tu
non li avessi tirati addosso a quella lumaca, a quest'ora avremmo
potuto addormentare questo e quell'altro! Invece adesso dobbiamo
combattere ancora!"
A quel punto, Kakeru
si era infuriato "A sì!? E allora perché non fai qualcosa tu?
Nemmeno ce li hai questi cosi!"
"Dardi."
"Non ha
importanza! Tu dici sempre che io sbaglio, ma poi eri proprio tu che
stavi per essere bruciato dallo Slugma!"
"Certo, perché
naturalmente non è abbastanza combattere contro due di loro, ci
voleva anche il terzo." Si era difeso, ricostruendo la sua
impassibilità.
"Ed ora non
giustificarti! Io avrei benissimo potuto occuparmi di tutto, al
contrario di te!"
"Parla quello
che si è fatto derubare dei soldi che aveva rubato …" Aveva
sorriso falsamente Daisuke.
"Ehi! Io non li
ho … TU! Sei stato tu a prendermeli!" E così il ninja lo
aveva assalito, mettendosi a perlustrare le tasche dell'altro, mentre
questo urlava:
"Idiota! E' stata Madeleyne, aveva deciso di
farti 'pagare' per quello che le avevi fatto." Aveva detto,
tirandogli un pugno sul naso.
"Non ti credo,
come avrebbe potuto se l'avevo legata?!"
"Perché? Sai
fare dei nodi?" Aveva risposto, fingendo stupore.
Dalla mia posizione,
io avevo assunto uno sguardo disperato "Cosa fanno, adesso?
Litigano?!" Avevo chiesto a nessuno in particolare.
"A quanto
sembra. Ma lo fate spesso?" A quella risposta, formulata in un
tono giocosamente inquietante, mi ero completamente paralizzata. Lo
sapevo, sei movta. Aveva detto il mio cervello. Ova, io me ne
vado alle Bahamas, non tovnevò finché la situazione non savà
accettabile. Avvivedevci.
Ero quindi arretrata
di qualche metro: di fianco a me si trovava il pagliac --- capo
dell'organizzazione super cattiva che stava bruciando vivo l'uomo e
prendendo botte dai miei amici. In un certo senso, lo compativo: non
doveva essere facile essere a capo di gente così stupida.
"E-eh? Ah,
n-no. Non m-molto." Gli avevo quindi risposto, continuando ad
allontanarmi. Lui intanto mi stava guardando con vivo interesse. Ed
un sorriso inquietante. Aveva il sorriso di uno che sa molte cose. I
Wooper, al confronto, non valevano nulla. Faceva paura … anche
perché vedendo la mia reazione, aveva messo il broncio.
"Oh,
andiamo! Non vorrai farti scoprire da Jeff, vero?" Aveva
domandato. Ma non c'era sarcasmo nella sua voce, piuttosto, un vivo
interesse. Chissà a cosa stava pensando.
"Non
si chiamava Bob?" Avevo risposto con un'altra domanda, mentre mi
accorgevo che lui aveva ragione: se uscivo fuori dal mio
nascondiglio, mi sarei messa ancor di più nei pasticci. Dovevo
scegliere: rimanere con un pazzo, oppure andare dall'energumeno
spaccaossa? Avevo quindi sussurrato "No, non voglio scavarmi la
fossa …"
"Brava!"
Aveva festeggiato, cercando qualcosa fra le maniche "Jim è
pericoloso quando vuole, e non credo che i tuoi amichetti potrebbero
farci qualcosa … ah!" Aveva esclamato, tirando fuori una
manciata di dolciumi. E di pillole.
"Vuoi
una caramella?" Aveva chiesto, ingoiando una pillola grigiastra,
seguita da una rossa e blu. Io avevo scosso la testa, e lui aveva
detto, sorridendo "Guarda che non sono avvelenate!" E per
dimostrazione ne aveva mangiata una.
"Perché
non chiami gli altri? Non dovresti essere con loro?" A quel
punto mi aveva lanciato in mano una caramella "Insomma, non eri
uno dei cattivi? Il capo, per giunta?" Quindi aveva riso.
"Oh
… ma io non sono il capo. Sono uno dei tre capi, il capo del gruppo
Pyro, ma non sono il capo. Il capo è il capo, ma io sono solo un
capo. Anche gli altri sono il capo, ma il loro tipo di capo è un
capo che è nettamente inferiore al capo. Ma io sono superiore ai
capi, che sono superiori a me. Ho reso l'idea?"
"Uh
… S-sì. C-cioè, no! Insomma … non lo so …" Avevo
balbettato, guardando il terreno. Adesso lui doveva pensare che io
fossi un idiota. Splendido! E non avevo ancora capito da che parte
stava! Ma perché la mio vita doveva essere così complicata?!
"Aww
… ♥! Quanto è carina Madeleyne-chan quando è confusa!"
Aveva quindi detto.
A
quel commento, nel mio corpo si erano accese tre sensazioni
contranti.
"E'
solo un trucco, solo un bluff! Poi ti farà del male!" Aveva
detto Diffidenza. Normalmente gli avrei dato ragione, ma in quel
momento, Guardachefigocheè e Imbarazzo avevano preso il sopravvento.
Picchiandolo. A quel punto avevano iniziato a schiamazzare da
fungirl. Mi sentivo sottopressione.
"Ma
è più carina quando arrossisce! ♥" Infatti, senza che me ne
accorgessi, il mio viso si era trasformato in un pomodoro. Che cosa
dovevo fare? Ero intrappolata dietro ad una casa, impossibilitata a
far nulla. E vicina ad un pagliaccio (che per qualche arcano motivo
portava una benda sull'occhio) contraddittorio ed infantile. E un
pochino pervertito. Ma bello. E sembrava anche simpatico …
"Non
dovresti andartene?" Avevo quindi domandato, acida, non
sopportando più le pressione ed i sensi di colpa per star
chiacchierando con il nemico.
Tristemente,
aveva sussurrato "Mad-chan è non mi vuole più …"
assumendo un'espressione paragonabile solo a quella del più infelice
bambino della terra. Mi si stringeva il cuore, poveretto …
"No,
è solo che … sono confusa." A quel commento lui era ritornato
in modalità giocosa, ed aveva esclamato un "Yuppy!" di
felicità.
"Ma
come fai a sapere il mio nome?" Avevo chiesto. A quel punto, lui
mi aveva lanciato uno sguardo diverso dagli altri. Questo era serio.
Poi, come risvegliatosi da un'intorpidimento, aveva affermato,
misterioso "So' molte cose che tu non sai …"
Così,
io non volendo proseguire, mi ero limitata a sbuffare "Già, ma
io non so nemmeno il tuo nome!" Quello mi aveva osservato,
questa volta, sorpreso. Era strano, vederlo davvero
sorpreso.
"Il mio nome?" poi era ritornato normale, allargando
un'altro dei suoi sorrisoni "Mi chiamo Hiro!" Poi aveva
continuato ad ingoiarsi le sue pillole. Nel frattempo, avevo
mangiucchiato la sua caramella, stupendomi: era dolcissima.
La
pace però, era durata poco. Infatti, Daikke e Carotinuccio erano
talmente immersi nella loro discussione su chi fosse il più … il
migliore, che si erano dimenticati dell'esistenza di Bob. Facendo
cenno al pagliaccio che mi stava di fronte di zittirsi, avevo esposto
la testa, imitata subito, dall'interessato clown. Stranamente, i due
avevano molti più bernoccoli e lividi dell'ultima volta che li avevo
osservati. Non si potevano essere presi a botte a vicenda, vero?
"Oh
… Timothy non sarà contento … " Aveva detto, indicandomi
l'omaccione che lentamente, si stava avvicinando a loro "… lui
è molto impaziente! Ma penso che si sia trattenuto dal colpirli
subito, poiché era interessato alla loro discussione!" Aveva
detto, pensando. Forse aveva ragione. Anche io avrei trovavo
divertente ascoltare due mocciosi che litigano.
Timo---Bob
(accidenti, stavo diventando simile al pagliaccio!), stava, come
avevo detto, avanzando verso di loro. Poi, aveva preso le loro teste,
e le aveva fatte schiantare fra loro, producendo il suono di un
contenitore vuoto. Poi, nonostante i loro tentativi di liberarsi, li
aveva spinti all'interno della casa, dandogli un ultimo pugno prima
di farli cadere sul pavimento, e chiuderli all'interno.
A
quel punto, il Clown mi aveva domandato "Cosa intendi fare? Li
salvi o non li salvi?" Io l'avevo guardato scettica "Tu non
mi aiuti?!"
Lui
aveva scrollato le spalle, assumendo un'aria triste plus un sorriso
triste "Non posso, mi spiace. Se non ricordi ti trovi davanti al
capo di quell'organizzazione." Ah. Avevo capito il concetto.
Dovevo salvarli? O forse no?
"Tanto,
che problema c'è?" Avevo detto "Tanto mica muoiono se se
ne stanno lì da soli …" Gli avevo risposto.
A
quel punto, il pony aveva tirato una palla di fuoco alla casa, che
aveva preso fuoco.
Hiro
aveva quindi risposto, mangiandosi una caramella, divertito:
"Dicevi?"
Hola!
Buonanotte! Abbiamo quindi rivisto Kakeru, tornato con le sue
tecniche ninja, ad aiutare il povero Daikkuccio. Se si odiano così
tanto? Boh …
Di
sicuro combattono meglio di quelli di Tekken U.U Se qualcuno sa che
cosa intendo. Poi: la povera Maddy, non sapendo, giustamente, cosa
fare, si è data alla fuga. Per i due compagni, il combattimento
sembra naturale: come mai? Lo scopriremo … prima o poi. Nuovo
personaggio!!!
Alors,
a quanto avete visto, Hiro è moltooo confuso. Un amico, od un
nemico? Sarà sano, o psicopatico? Cosa ne pensate? (Ci fa schifo …
Ndtutti)
-.-
recensioni, che è meglio …:
Birby:
non impazzire, ti prego, mi servi sana! XD Daisuke, naturalmente, si
preoccupa molto degli altri … a meno che non si tratti del
ninja-capelli-verniciati (T.T NdKakeru)! Pokèmon acciaio … non lo
so, ci posso far qualcosa … proverò a far qualcosina!
Camilla_rain:
Non capisco perché ti devo rispondere, se ci sentiamo su MSN, ma
vabbe. Chiedo scusa perché io sono molto depressa ed ho paura del
fallimento U.U Maddy non è proprio la persona che potresti definire
'coraggiosa' ma ci sono alcune cosine che riesce a fare U.U E per gli
insetti, hai ragione, sono io che soffro di insettofobia, mia
cavaaaa! Non Maddy! Trovi il rivale mitico? Eggià, il rivale di
Daikke è pucciooooo! Ultimamento sono impallata con i capelli rossi,
quindi devo cercare di non strafare …
Maddy
adora i soldi, non ti preoccupare, cercherò di accennare questa sua
roba durante i capitoli $.$ Siccome vuoi leggere così tanto il nuovo
capitolo, non ti rispondo alle altre sciocchezzuole che hai scritto
U.U (sto scherzando, naturalmenteXD) Ciao, Onee_chan! ♥
franky9397:
hai ragione, l'abbiamo rivisto! Ma sei un indovino? o.O Magari maddy
fosse come te, lei si è lasciata subito sopraffare da quei robi
mollicci! Vedrai però nel prossimo capitolo XD ed il nome del team,
sì, mi piace qualcosa di oscuro! Grazie!
ShesshomaruJunior:
allora, hai visto il vampiro in azione ^^ Non lo so, durante il
capitolo mi prende l'ispirazione di qualche battuta, ed allora la
scrivo, sennò (come spesso accade) il capitolo rimane noioso …
come al solito … la storia è noiosa T.T Ma basta deprimermi! Hai
visto? Ti ho messo qualcosina di fuoco, non sei contento?
Allora,
un paio di annunci: Odio Heidi, mi ha traumatizzata.
Le
battute, purtroppo, mi vengono molto male, e quando me ne viene una
sana, non me ne vengono più per almeno dieci capitoli … -.-
La
musica di Kakeru è quella di Naruto, italiana, per chi non l'avesse
capito ^^
E
poi, ancor più importante: IL NOME DELL'ORGANIZZAZIONE, NON è PYRO
(quello è solamente il nome di una delle squadre dell'org. Poi vi
spiego più avanti)
DOMANDA:
che ne pensate di Hiro? Boh, che so, pensate sia buono, cattivo,
entrambi, un po' stupido …
Spero
che vi sia piaciuto! GloGlo_96
|
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Capitolo 15 *** !Vendetta! ***
Pkm 13.0
!VENDETTA!
Guardavo la casa. La
casa guardava me. Io e la casa ci guardavamo. Quindi mi ero messa a
fare dei cerchietti per terra, domandandomi il perché queste cose
succedevano sempre e solo a me. Hiro mi aveva fissato curioso,
attendendo una risposta, ma vedendo che non mi muovevo, aveva
iniziato a darmi dei consigli:
"Allora,
potresti, prima liberare i tuoi amici" Io avevo quindi alzato la
testa, speranzosa "Ma quindi dovresti combattere contro Rex"
avevo preso a battere la testa contro un albero.
"Sennò
potresti sempre iniziare col combattere Vick" Mi ero alzata,
guardandolo scettico "ma alla fine loro morirebbero bruciati"
Aveva continuato, scrollando le spalle.
"Invece, se tu
non vuoi correre il rischio, ti conviene scappare..." Questa
è una bella idea! Avevo pensato, ansiosa di sapere il seguito "…
ma la città è dell'altra parte" Sapevo che c'era l'inghippo
… Mi ero detta, sorridendo demoralizzata.
"Oppure …"
Aveva detto, mangiucchiando un lecca-lecca alla fragola. Io adesso
ero curiosa: cos'altro ci poteva essere oltre a queste tre
opportunità?! "… potresti sempre stare qui con me a mangiare
zucchero filato!" Aveva detto, sorridendo, mentre tirava fuori
da dietro alla schiena, i suddetti dolciumi rosa.
"…" Mi
ero sentita molto attratta dall'ultima possibilità, ma poi mi ero
ricordata in che situazione eravamo e che lui era uno dei cattivi.
Quindi avevo sospirato: "Mi dispiace, ma penso che andrò a
cercare un modo per liberare quei due … no, tre con il vecchio".
Hiro mi aveva
fissato, con il suo solito sorriso. Poi aveva preso una trombetta (?)
di quelle che si usano per i compleanni e, suonandola, mi aveva
spinto via dal nascondiglio. Allo scoperto. Esattamente davanti a
Bob.
Voltandomi
nuovamente verso Hiro, avevo notato che questi non c'era più. Al suo
posto era comparsa una bandierina colorata con su scritto un
incitamento. Alla fine c'era uno smile. Ed un cuoricino.
Probabilmente stavo di nuovo arrossendo. Quanto ero imbarazzante …
"Ehi, tu!"
Aveva chiamato l'energumeno, camminando verso di me, con un ghigno
che gli torreggiava in volto. Io gli avevo quindi sorriso
nervosamente "Ah … ciao Bob …".
"Sapevo che eri
ancora nei paraggi, bastava dar fuoco alla baracca per farti uscire
allo scoperto" Aveva detto, vantandosi e richiamando il pony.
"Ponyta, guarda un po' chi abbiamo qui! Ti ho portato un nuovo
giocattolo!" Mi ero sentita rabbrividire. Non volevo finire
arrostita. Avevo tirato fuori la mia pokèball, non sapendo cos'altro
fare.
"Rattata!"
Aveva esclamato il topino, vedendo il Ponyta caricare verso di noi.
"Rattata, usa Morso!" Il pokèmon aveva preso a correre
verso il cavallo, mentre i suoi denti diventavano ancora più grandi
ed appuntiti. Il cavallo, però, non sembrava preoccuparsene.
L'allenatore aveva infatti urlato "Ed adesso usa un bel
Ruotafuoco!"
Auch. Questo non
l'avevo previsto. Mi ero detta,
guardando il mio pokèmon volare via, mentre una massa enorme di
fuoco correva verso di me alla velocità di un'automobile. Con i
riflessi di un felino, ero scattata di lato, schivando il cavallo
infuocato. Se c'era una cosa che avevo imparato a scuola, oltre a
come scassinare gli armadietti altrui, o a come scappare indisturbate
attraverso le finestre del terzo piano, era schivare qualunque
oggetto. Se volevi sopravvivere, dovevi avere riflessi. Soprattutto
in palestra, quando si giocava a palla avvelenata:
era il gioco più temuto. La palla, in realtà, era davvero
avvelenata. Alla fine di tutte le giornate, ci ritrovavamo tutti in
infermeria. Un'altra minaccia era invece rappresentata dalla stessa
classe: se volevi alzarti per buttare qualcosa, od andare in bagno,
dovevi eseguire le mosse di Matrix per schivare aereoplanini o
gomme-catapulta.
Mi era quindi
risultato piuttosto naturale schivare lo stupido Pony. Che mi stava
inseguendo senza sosta, come un toro. "Fermalo! Fermalo!"
Avevo quindi implorato Bob, che, sorpreso, aveva fatto un cenno a
Ponyta, il quale aveva smesso di rincorrermi.
"Vuoi dire le
tue ultime parole?" Mi aveva chiesto, grattandosi il mento.
Io intanto
riprendevo fiato, ed intanto mi chiedevo che potevo fare. Rattata era
scattato vicino a me. Non sembrava essersi fatto tanto male. Ma se
avesse subito più di altri tre colpi sarebbe andato K.O.
"Sì." Bob
mi guardava sorpreso, mentre io avevo tirato fuori una lista
arrotolata. Tossendo per schiarirmi la voce, avevo quindi preso a
leggere "Vorrei innanzitutto ringraziare i miei genitori, Mamma
e Papa, per avermi dato alla vita. Ringrazio la Nonna ed il Nonno per
avermi tenuto compagnia negli ultimi tempi, e per aver provveduto
alle mie esigenze senza ricevere nulla in cambio. Ringrazio topo
Gigio perché per fortuna è un topo e non un ratto. Ringrazio …"
La casa intanto bruciava.
Probabilmente là
dentro erano entrati in uno stato di panico, o peggio. Magari erano
svenuti. Oppure erano già morti. Speravo solo che stavano bene.
Dentro alla
casa …
Daisuke e Kakeru
osservavano la porta, silenziosi ed incuriositi. Non si riusciva a
sentire niente di quel che stava succedendo oltre al muro, ma non ne
sembravano infastiditi. Il silenzio, però, non era durato molto.
"Daisuke?"
Aveva chiesto il ninja, continuando a fissare la porta.
Quello intanto non
rispondeva. Non sembrava preoccupato, ma nemmeno confidente che
qualcuno avrebbe potuto salvarli. In altre parole, era tranquillo.
Impassibile come sempre, ma calmo dentro di sé. L'ambiente, poi,
lindo e pulito, pieno di mobili in legno e di un tavolino rotondo al
centro della stanza, aiutava a dare un senso di calma.
"…?"
Quindi si era chiesto: perché quello stupido ninja era insieme a
lui? Stava rovinando tutta la tranquillità di quel luogo. Rovinava
l'atmosfera, e le sue riflessioni. Ma era comunque una persona
bisognosa di aiuto. E lui si sentiva in dovere di aiutare le persone
più mentalmente arretrate di lui.
"Inizio a
sentire un po' caldo, sai?" Aveva domandato, continuando a
fissare la porta, dalla quale poco tempo fa' erano stati scaraventati
dentro.
"Dev'essere il
tuo cervello che è andato in surriscaldamento a causa della tua
stupidità" Aveva quindi affermato, tranquillo. Sì, non poteva
fare a meno di aiutare i bisognosi.
Tornando da
Maddy …
"… ringrazio
il cacciatore della favola di Cappuccetto rosso per averla salvata
dal lupo. Ringrazio il becchino per aver scavato una fossa al povero
lupo. Ringrazio …"
Era da un paio di
minuti che stavo andando avanti così. Era divertente, ma allo stesso
tempo spaventoso. Bob, come aveva detto Hiro, si distraeva
facilmente. In quel momento stava ascoltando, con degli occhiali da
vista tirati fuori da chissà dove, ed una posa da pensatore, tutte
le persone che stavo ringraziando. Io iniziavo a preoccuparmi perché
se non mi veniva in mente qualcosa, Daisuke, Kakeru ed l'uomo
potevano definirsi spacciati.
"… ringrazio
il mio Tamagotchi, Ruby, per non essere morto anche se l'avevo
lasciato per un intero giorno con le cacchette ed una malattia che
gli ronzavano attorno. Ringrazio …" chissà come facevano
delle cacche a muoversi. Guardandomi attorno, avevo visto il Ponyta
brucare l'erba poco distante, tranquillo. Il top delle mie priorità
era salvare i miei amici. Poi sarei fuggita. Con loro oppure no.
"… ringrazio
anche lo spray anti-zanzare, mio fido amico. Ringrazio il mio
pesciolino, Flippy, che stranamente è scappato via il giorno dopo
che l'avevo comprato. Ringrazio …." Già, il mio povero
Flippy. Mia nonna ha detto che era scappato. Non si sapeva dove fosse
finito.
Rattata si era ormai
ripreso. Mancava poco. Sapevo che dovevo agire in fretta.
"Ringrazio …"
Però, a quel punto, Bob mi aveva interrotta. Come osava
interrompermi?!
"Di preciso,
quand'è che hai scritto questa lista?" Aveva detto lui,
togliendosi gli occhiali. Ed asciugandosi un po' di sudore che gli
aveva procurato il caldo.
"Questa?"
Avevo domandato "Oh, in questi ultimi giorni." Lui sembrava
comprensivo. Annuiva ogni volta che aprivo bocca "Sai, dopo aver
rischiato di morire a causa di piccoli pokèmon striscianti, di un
palloncino, di un Fanatico che cerca fossili, di un ragazzo che
sembra Conte Dracula in persona e di un orribile Cilaferry assassino,
dovevo pur prendere delle precauzioni nel caso mi succedesse
qualcosa."
Lui sembrava
diventato di pietra, poi aveva balbettato: "Hai … detto …
Clefairy?"
Aveva chiesto, in
qualche modo inquieto. Io avevo annuito, interessata. In un certo
senso, sentivo che pure Hiro ci stava guardando, da qualche parte.
Lui aveva continuato. "All'organizzazione, si vocifera, che il
braccio destro del capo possegga un Clefairy. E' tremendo, sembra il
diavolo in persona. Si dice, che 'lui' abbia sconfitto tutti al
quartier generale. Solo gli altri tre capi sono riusciti ad
eguagliarlo." Poi si era fermato di colpo, come se risvegliato
da un lungo sonno.
"Ma io non
dovrei dirti questo. Quindi, hai finito con la lista? Non importa.
Ponyta, Ruotafuoco!"
Cercando di
rimettere a posto in fretta e furia la lista, in modo che non si
bruciasse, mi ero preparata un'altra volta alla grande schivata.
Dentro alla
casa …
"E' tutta colpa
tua se siamo finiti qua! Adesso moriremo tutti!" Aveva urlato il
ninja.
"Allora, se hai
così paura, perché non cerchi una via d'uscita?" Aveva detto
Daisuke, schivando il vaso di ceramica che Kakeru gli aveva lanciato
addosso.
Quindi si era
aggiustato la camicia, togliendosi la giacca della sua divisa e
asciugandosi un po' di sudore. Effettivamente, se non facevano
qualcosa, sarebbero morti bruciati. O forse sarebbero morti per
inalazione dei fumi.
"E come pensi
che possa fare?! Nincada non sopporta il fuoco, e non possiamo
passare dalle finestre perché la casa è come un'enorme falò!"
Gli aveva tirato addosso una sedia. Daisuke aveva sospirato: forse,
cercare di negoziare gentilmente era inutile con lui. Dopo essere
saltato sul tavolo, per evitare di pestare i cocci di ceramica
frantumati, aveva tirato un calcio al ninja, che era finito a terra,
ancora più arrabbiato di prima.
"Quindi
… è così che stanno le cose." Aveva iniziato, tremendamente
serio. Con il vento che gli muoveva i capelli. Ed una canzoncina
malinconica che riempiva la stanza. Daisuke si era posto l'obiettivo
di scoprire da dove provenivano questi effetti scenografici. Ma
questo dopo
essere
usciti da lì.
"…?"
Aveva domandato, aspettandosi chissà cosa dal ninja. Probabilmente
l'attacco di panico che stava subendo, lo aveva fatto diventare
paranoico.
"Adesso mi è
tutto chiaro. Tu vuoi uccidermi, per poi scuoiarmi vivo ed utilizzare
il mio sangue per spegnere l'incendio!" … infatti. Perché
queste cose succedevano sempre a lui?
"Ma se vorrai
davvero farlo … allora dovrai prima passare sul mio cadavere e su
quello di Bibble Bubble!" Aveva detto, tirando fuori dalla sua
sacca un vecchio orsacchiotto di peluche con una benda ed un bavaglio
ninja. Avrebbe tanto voluto spaccare la finestra e farsi bruciare
vivo …
Proprio quando i due
stavano per riprendere il combattimento, un profumo di the nero aveva
invaso la stanza. Guardando dietro di loro, i due scorsero un vecchio
uomo barbuto che stava, tranquillamente, bevendo il the, seduto
dietro ad una scacchiera.
Torniamo da
Maddy …
Avevo quindi
schivato un'altra caricata. Era difficile tenere il passo. Mi aveva
già colpito di striscio due o tre volte, ed ora ero distrutta. Non
mi era mai piaciuta l'attività fisica. Rattata stava lottando
abilmente, ma era assai difficile arrecargli danno, quando era
totalmente ricoperto di fiamme. Se avessimo avuto un po' d'acqua …
"Non riuscirai
a scappare!" Aveva urlato Bob. Stavo, infatti, correndo via dal
Ponyta verso la foresta, proprio da dove eravamo arrivati. "Sicuro?!"
Avevo tentato di rispondere, mentre il cavallo restava un po' più
indietro, a causa dei rami.
Sarei riuscito a
seminarlo, se solo, un piccolo verso, non mi avesse fatto cambiare
idea. Bob, dietro di me, si era fermato anche lui, chiedendosi che
cosa avesse causato la mia resa. Si stava sicuramente divertendo a
giocare al gatto ed il topo.
Nel mio viso si era
formata un'espressione di puro terrore. Il mio cuore aveva perso un
battito. Mi ero messa a tremare. Io fissavo dritto davanti a me, dove
il mio più grande incubo si era ripresentato alla mia porta. Speravo
con tutto il cuore che lui non ci avesse notati. Cosa alquanto
impossibile, visto che un ciccione, una mocciosa, ed un pony che
aveva preso fuoco non erano proprio gli esseri più passabili della
terra. Stavano per andare via, quando Bob, dietro di me, aveva
domandato "Che diav--" Ed io gli avevo tappato la bocca. Ma
era troppo tardi:
"Woopa?"
Il capo dei Wooper ci aveva visti. Ma ero sicura che stesse guardando
solo me. Mi fissava. Con quel suo sorriso stampato in faccia. E poi …
si era messo a correre con il gruppo, verso di me. Io, non aspettando
altro, ero schizzata via come un atleta dei 100 metri. Ma i Wooper
erano troppi.
Il ponyta sembrava
spaventato da quei cosi, e Bob, invece, guardava curioso la scena.
Rattata, si era rifugiato dentro a qualche cespuglio. Io, invece,
correvo attorno alla casa, come una scalmanata, inseguita da un'orda
di Wooper. Erano davvero troppi.
Ad un tratto, come
se mi avessero letto nella mente, i Wooper si erano fermati ed io ero
corsa proprio dritta davanti a loro. Il capo Wooper, mi aveva quindi
fissato, sorridendo con fare provocatorio. Anche se il suo sorriso
era sempre lo stesso.
"Woopa?" Io lo avevo guardato
terrorizzata "No … non oserai ..?!"
Lui mi aveva
guardata, ancor più contento di prima "Woopa Woopa?"
"No … non
farlo … non sai cosa potrei fare …" Avevo detto, minacciosa.
Se lui voleva la guerra, allora avrebbe trovato una valida
avversaria. Non gli conveniva farmi arrabbiare. No. Assolutamente.
"Wooppa!"
Ignorando le mie parole, lui mi era saltato sulla faccia.
Primo, sentivo un
senso di nausea risalirmi su per lo stomaco. Vedevo solamente il suo
orribile sorriso. Nient'altro. Non sapevo nemmeno da che parte stavo
andando. Potevo perdere l'equilibrio da un momento all'altro. Sentivo
milioni di 'Woopa!' Che squillavano nell'aria, tutti quanti
indirizzati a me. La rabbia aumentava.
Poco
distante, sentivo le risate del cavallo e del suo allenatore,
martellarmi le orecchie. Stanno
ridendo … di me? Non
sapevo a cosa pensare. Sapevo solo che se le cose continuavano così,
mi sarei spazientita. Pure le reclute che erano state messe K.O da
Daikke e Kakeru stavano ridendo. Per
forza. Sono ricoperta da schifosi girini che odorano di melma e
fango. Mi
ero autoconvinta.
Vedendo che la mia
reazione non era come quella dell'altra volta, il Wooper si era
indispettito, così si era messo a sventolare la codina avanti ed
indietro, sul mio naso. Ma potevo ancora resistere, questo non mi
avrebbe fatto perdere la mia calma.
"Woopa?"
Aveva detto il Wooper, spalmandosi sulla mia faccia, prima di
scendere fino a contatto visivo. I miei occhi contro i suoi. Faccia a
faccia. Ed allora, il Wooper, aveva perso il suo sorriso.
Dentro alla
casa …
"GAH! Come
potete stare lì tranquilli a sorseggiare il thè quando qui stiamo
andando a fuoco?!" Aveva urlato Kakeru, riacquistando un po' del
suo vecchio carattere. Quello era già un miglioramento, e Daisuke lo
sapeva. A quanto pareva, il vecchio all'interno della casa era più
intelligente di quanto avesse immaginato. Non aveva perso la calma,
ed era riuscito a slegarsi da solo, utilizzando i cocci del vaso che
il ninja aveva in precedenza rotto. Stranamente, anche se tutto stava
bruciando, per loro tutto era tranquillo.
"Andiamo! Come
si fa giocare a scacchi in un momento come questo!?" Aveva
continuato, indicando la scacchiera davanti agli altri due.
Già.
Se c'era una persona che poteva rovinare quell'evento era proprio
quello stupido ninja. A dir la verità, anche il suo avversario. Era
maledettamente bravo. E ciò lo rendeva nervoso. Avrebbe dovuto
terminare in fretta la partita. Se solo quello stupido lo lasciasse
pensare, senza urlare scemenza ogni tre secondi …
!CRASH!
Una piccola pallina
bluastra si era introdotta nella casa rompendo la finestra. Poi si
era schiantata sulla testa di Kakeru, facendolo svenire.
"Un segno
divino!" Aveva esclamato il vecchio, congiungendo le mani ed
esprimendo ringraziamenti. Anche lui aveva trovato fastidioso il
comportamento del ninja.
Guardando meglio, si
poteva notare che la piccola pallina blu era un Wooper. Uno bello
grande, fra l'altro. Ma c'era un particolare che lo rendeva diverso:
non sorrideva.
"…"
Daisuke aveva abbozzato un piccolo sorriso. Madeleyne stava
combinando qualcosa, la fuori.
Ignorando
l'accaduto, i due sfidanti avevano ripreso a giocare, arrostendo, di
tanto in tanto, delle salsicce sul fuoco.
Che sta
succedendo fuori?
Mi ero stancata.
Quello stupido Wooper aveva avuto ciò che si meritava. Ed adesso
toccava agli altri. Il gruppetto di pokémon, vedendo che il loro
leader era in pericolo di vita, avevano iniziato a sputare getti
d'acqua sulla casa. Lentamente le fiamme si stavano ritirando. Ma,
non era ancora finita.
"Ponyta, usa
Ruotafuoco sulla mocciosa, presto!"
Oh oh … ma io
non mi farà prendere in giro un'altra volta.
Prendendo una
mangiata di Wooper dal terreno, li avevo lanciati addosso al pony,
che aveva rallentato. Poi, ne avevo strizzati altrettanti, facendo
uscire getti d'acqua dalla loro bocca, verso il cerchio di fuoco. Di
solito, non avrebbero acconsentito all'utilizzazione del loro potere
in questa maniera. Figurarsi. Ma forse, con le cose che gli stavo
sussurrando, li avevo convinti:
"Se voi non
fate quello che vi dico io, non solo vi getterò contro una vetrata,
ma, perché no, vi torturerò, vi tagliuzzerò, vi abbrustolirò, e
solo quando voi pregherete di non essere mai nati, solo allora porrò
fine alle vostre misere esistenze. E vi mangerò. Uno per uno."
Questo, misto all'aura tetra che emettevo, ed al sorriso cupo che
avevo stampato in faccia da quando avevo lanciato il primo Wooper,
erano serviti a convincerli a collaborare.
"Rattata! Usa
Morso!" Il topino era scattato davanti al Ponyta, e l'aveva
morsicato sul collo. Le fiamme cercavano inutilmente di ricoprire il
cavallo, ma i Wooper che tenevo stritolati non glielo permettevano.
"Ancora! Ed ancora!" Gli avevo urlato. Rattata l'aveva
morso sul dorso e sulla zampa. Il Ponyta, allora, si era dato alla
fuga. Stranamente, avevo voglia di inseguirlo e di continuare ad
attaccarlo. Stavo per farlo, quando mi ero ricordata il perché ero
lì. Ero corsa, quindi, di nuovo verso la casa, ora quasi spenta, a
controllare se la porta era aperta. Purtroppo no.
Stavo per prendere
una forcina per scassinare la serratura, quando da dietro di me, Bob
mi aveva afferrata per le spalle, stritolandomi.
"Ah quanto pare
devo sbrigarmela da solo" Si era detto, come se fosse una cosa
che faceva tutti i giorni. Ma non ne avevo voglia di aspettare che
lui si staccasse, o peggio, mi spaccasse un braccio. Accumulando
energia nel mio piede destro, gli ho detto "Conto fino a tre."
Lui si era messo a ridere.
"Uno …"
il piede era pronto.
"Due …"
avevo scaricato la tensione sospirando, mentre l'uomo mi trascinava
chissà dove.
"E tre!"
Gli avevo tirato un calcio, proprio in mezzo alle gambe.
La reazione non era
tardata a farsi sentire. L'uomo aveva subito mollato la presa, ed era
caduto a terra, stringendosi la parte ferita. Mentre la sua faccia si
contorceva dal dolore, Bob continuava a lanciare urla isteriche e
parolacce.
"Quando si
afferra qualcuno, bisogna cercare di coprirsi le parti delicate. E'
una cosa che si vede in ogni film! Andiamo!" Gli avevo detto, da
maestrina, mentre lui entrava in un stato di catalessi.
E' da lì, la rabbia
se n'era andata. Sostituita da una calma genuina. Canticchiando una
canzoncina inventata, mi ero diretta ad aprire la porta. Finalmente
tutto poteva dirsi finito. Con un colpo di forcina, avanti ed
indietro, e dopo una trentina di secondi, si era udito un CLACK, e la
porta si era aperta.
All'interno, lo
spettacolo era discutibile: Daisuke ed il vecchio giocavano a
scacchi, mentre sul pavimento giacevano cocci, vetri e pezzi di
legno. Kakeru, con un enorme bernoccolo in testa, stava invece
scavando una buca nel terreno. Usando un cucchiaino.
"Tocca a te. A,
Madeleyne, sei arrivata giusto in tempo per una tazza di the"
Aveva detto Daisuke, sorseggiando da una tazzina decorata. Mentre un
luccichio inquietante degli occhiali misto ad un sogghigno facevano
già intuire come sarebbe finita la partita. L'uomo davanti a lui,
invece, sembrava essere percosso da scariche elettriche, quanto si
agitava. Quindi, aveva messo la mano sull'alfiere, e l'aveva spostato
di uno, due, tre spazi in diagonale. Adesso gli occhiali sembravano i
dari delle automobili.
"Scacco Matto,
ho vinto" Aveva quindi terminato di dire, Daisuke.
L'uomo non l'aveva
presa molto bene. Si era alzato ed aveva lanciato la scacchiera, e
tutti i pezzi, contro il muro. Il cavallo assomigliava ad un Ponyta …
Subito dopo si era
messo a calciarla per tutta la stanza, mentre calpestava tutti i
pezzi da gioco. Poi, respirando affannosamente, si era ricomposto:
"Accetto il mio
fallimento e non ne faccio un dramma, complimenti." Aveva quindi
stretto la mano a Daisuke, il quale sembrava soddisfatto, ed al
contempo, rispettoso.
"Ahah! Avete
visto!?" Riecheggiava una voce all'interno del buco "Il
grande ninja, Kakeru! Vi ha salvati dalla miseria." Aveva
continuato, uscendo fuori, ricoperto di terra. In un braccio
stringeva un orsetto di Peluche, nella mano, un cucchiaio ed una
pietra rossiccia. E sbrilluccicosa.
"Oltre a
salvarvi, sapete che ho trovato? Una Pietrafocaia!" Aveva detto
Kakeru, mostrandoci la pietra. All'interno c'era una forma più scura
che ricordava una fiamma. E era calda. Molto strano.
Il vecchio, però,
sembrava contrariato: "Ah! Ecco dov'eri finita!" L'aveva
rubata dalle mani del ninja, che, arrabbiato, aveva detto "Ehi!
E' mia, l'ho trovata io!"
Lui invece aveva
scosso la testa "No, sta qui è di questa ragazza." Tutti
lo guardavamo confusi. "Ovvio, ha salvato la mia casetta! Si
merita una ricompensa"
Avrei potuto
scommettere che in realtà disprezzava sia Daikke che Kakeru. Meglio
per me. Intascata la pietra, eravamo usciti dalla casa.
I Wooper, dopo
avermi visto, erano fuggiti. Non mi sorprendeva. Anche gli scagnozzi
si erano dati alla fuga. L'unico che si poteva vedere lì attorno era
Bob, ora svenuto, sul prato. Ritirando Rattata, il quale aveva
giustamente bisogno di riposo, avevamo salutato il vecchio signor
Rossi. Era stato gentile, ci aveva offerto qualche spicciolo per
averlo aiutato e poi se n'era andato, con la scusa di dover andare a
raccogliere un po' d'acqua al lago.
"Allora, cosa
pensi di fare?" Avevo chiesto a Kakeru, che, fischiettando,
stava raccogliendo le sue cose.
"Credo che me
ne rimarrò ancora un po' qui, nella foresta. Devo allenare Nincada,
sai?" E aveva quindi spiccato un balzo, fino ad arrivare sopra
ad un ramo, urlando "Ma non dimenticatevi di Kakeru, il ninja
antipanico!"
Poi c'era stato il
silenzio. Daisuke, intanto se n'era altamente fregato, ed era andato
a frugare nei cespugli, dove aveva nascosto il suo zaino. Quindi
avevo trascorso un paio di minuti immobile, in piedi, ferma come un
palo. Era brutto sentirsi dimenticati ...
Avrei continuato
così, se non fosse successo che Bob, il mio caro amicone, si era
risvegliato, ed era scattato nella mi direzione, chiudendo la mano in
un pugno. Io, sorpresa dalla velocità con cui si era ripreso, avevo
urlato, e mi ero messa nuovamente a correre, nonostante la
stanchezza.
Fra di noi si era
intromesso Hiro, comparso da non si sapeva dove. Bob, si era
immediatamente fermato.
"Rino-kun ♥
Carissimo! Perché non ce ne torniamo alla base? Dopotutto la nostra
missione è completa!" Aveva detto il clown, avvicinandosi a
lui.
"M-ma … capo!
Questa pesta mi ha---" Aveva balbettato lui.
"E' una cosa
ininfluente. Noi dovevamo solo rinchiudere Mr. Rossi in una
casa avvolta dalle fiamme. Poi non ci hanno mica detto di controllare
se scappava o meno!" Aveva borbottato, mettendo il broncio, come
se avesse rispiegato quella cosa almeno un centinaio di volte.
Così Bob si era
limitato a sussurrare: "'Lui' non sarà contento …" Chi
è 'lui'?
"Sciocchezze,
ci parlerò io con 'lui'! Non è da te preoccuparti ♥ Piuttosto …
andiamo a cenare! Sono quasi le nove … ed io ho fameee!" Aveva
detto, capriccioso, Hiro.
Così si erano
incamminati verso la città. Io, vedendo che Bob continuava a
fissarmi imbestialito, gli avevo fatto la linguaccia. Non era stata
una saggia scelta.
Bob si era
nuovamente infuriato ed aveva spiccato un balzo verso di me, con
tutta l'intenzione di afferrarmi. Peccato che era subito ricaduto a
terra, addormentato e con la bava alla bocca. Pretendendo
spiegazioni, mi ero girata verso Hiro, che stava sorridendo.
Nascondendo malamente quella che aveva tutta l'aria di essere una
cerbottana, dietro alla schiena.
"Ooh! Ma guarda
che bel cielo stellato!" Aveva detto, facendo finta di niente,
guardando in aria. Io, lo avevo imitato. Ma se gli alberi coprono
la vista …
"Comunque,
grazie Hiro … " Gli avevo detto.
Lui sembrava confuso
"Per lasciarci andare così, e per aver messo la museruola al
tuo cane. Ah! Anche per la caramella. Perché era una caramella,
vero?" Gli avevo detto, spaventata.
Lui mi aveva
guardato, demoralizzato "Maddy-chan pensa che le abbia dato
delle pasticche …. perché Maddy-chan non riesce a fidarsi di me
…?" E mi aveva fatto gli occhioni. Erano così dolci … mi
ero subito sentita in colpa.
"No, no! Io mi
fido! Cioè, no che non ---" Mi ero arresa. Non sapevo che
pensare.
Quando avevo
sollevato nuovamente gli occhi da terra, mi ero ritrovata la faccia
di Hiro vicina. Pericolosamente vicina. Questo era bastato a
spaventarmi, e, poi, ad imbarazzarmi.
"Awww,
Maddy-chan è imbarazzata! ♥" Questo era bastato a farmi
arretrare di scatto "Comunque, adesso devo proprio andare …"
Aveva detto, afferrando Bob per la gamba e trascinandoselo via. "Ma
ci rivedremo!" Poi era scomparso nel boschetto.
Che dovevo pensare?
Era un avvertimento, oppure un dato di fatto? Dovevo essere
preoccupata? Mentre pensavo ai possibili significati delle sue ultime
parole, mi ero accorta che Daisuke mi stava fissando.
"Che c'è?"
Gli avevo chiesto, preoccupandomi. Non mi piaceva il suo sguardo.
"… ne
parliamo dopo" Aveva detto, incamminandosi verso un sentiero.
Cosa c'era, adesso, che non andava?! Perché ogni cosa che facevo era
sbagliata? Così, tristemente, mi ero avviata verso di lui, cercando
di capire il perché delle sue azioni.
Uffy, non sapevo
che inventarmi, lo ammetto. Quindi il chapter è risultato più
noioso del previsto … sono disperata! Boh boh boh … quindi
il punto della situazione è che i nostri amici hanno salvato un
tizio dall'essere bruciato. E Maddy si è beccata una pietrafocaia.
Chissà a che potrebbe servirgli …
Kakeru ha
dato di matto, ed a perso un po' della sua autostima, quindi ha
preferito rimanere ancora in quel luogo pieno di alberi, ad
allenarsi. Poveretto, non è colpa sua … non vi fa un po' pena?
Daisuke è,
come al solito, un egocentrico sapientone che, non soltanto umilia
Carotino, non soltanto batte Rossi a scacchi, ma, anzi, vuole
rimproverare pure Madeleyne. Cos'ha fatto lei, per meritarsi quello?!
Hiro, quindi,
rimane ancora un personaggio avvolto nel mistero. Secondo alcuni è
buono, per altri è cattivo, per altri ancora è uno che cambia parte
a seconda della situazione. Per me è soltanto MOLTO puccio ♥
Adesso, però,
meglio far parlare voi:
camilla_rain:
Allora, che dire di te …. ah, già! Il team dei cattivi! Beh, è un
pochetto complicato da spiegare così adesso, penso che lo racconterò
nei seguenti capitoli U.U Maddy è solo psicopatica, non dargli retta
U.U E non è che voleva stare lì nascosta, solo che … boh, aveva
troppa fifa di uscirsene fuori U.U Ma poi, hai visto che ha fatto in
sto' capitolo? o.O Lei è fuori U.U
E poi il povero
Hiruccio non metterebbe mai delle droghe in … o forse sì? o.O
Kakeru stavolta ha
fatto ben poco, ma, ehi, poi ritornerà ancora! Che schifo di
capitolo T.T Ah, e scusa se ti ho rimordernizzato la batutta T.T ma
ne avevo bisogno XD Spero che non mi chiederai il copyright T.T
franky9397:ti
sei molto avvicinato al carattere di Hiro ^^ Davvero, ha bisogno di
affetto ♥ No, non penso che potrebbe entrare nel gruppo, per quanto
mi sarebbe piaciuto T.T
Birby: il
titolo era sarcastico, sorry. E' che non sapevo che metterci U.U
Chissà, magari prima o poi succederà qualcosa fra di loro U.U Hiro
piace un po' a tutti ♥ Il vero capo … ah, lo scopriremo solo
MOLTOOOOOOO più in là! Kakeru, poveretto, è stato derubato XD
ShesshomaruJunior:
anche tu ti sei avvicinato al vero carattere di Hiro ♥ E poi son
contenta che ti siano piaciuti i pokemon ed il gruppo di tipo fuoco
^^ Ed il rivale di Maddy lo vedremo tra pochissimo ^^
INDOVINELLO DEL
GIORNO: per voi di che tipo sarà il prossimo pokémon di Maddy?
Non è venuto bene
come volevo, ma vabbè … GloGlo_96
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Capitolo 16 *** Melma, melma ed ancora … Wooper?! ***
Pkm 14.0
Melma,
melma ed ancora …. Wooper?!
Ero davvero turbata.
Molto seccata, a dirla tutta. Ma potevo resistere. Potevo---
"Woopa!"
Ma chi stavo prendendo in giro … era impossibile vincere contro di
lui. "Argh!" Avevo quindi detto, spettinandomi i capelli
con un fare ossessivo.
Farò un piccolo
riassunto di quel che era successo. Dopo aver combattuto contro il
team Pyro di chissà quale organizzazione super-cattiva, ci siamo
accampati poco distante. Dopodiché, al mio risveglio, mi ero
ritrovata sopra al sacco a pelo quell'affare molliccio con il suo
solito sorriso. Da quel momento, era calato un silenzio piuttosto
deprimente per tutto il viaggio: Daisuke era indifferente come al
solito, ed io non volevo iniziare nessun argomento. A quanto pareva,
ero scampata alle sue ramanzine. Probabilmente se ne era dimenticato
a causa di quel Wooper. Stupido essere … mi ero svegliata talmente
disperata, da non voler nemmeno pensare di vestirmi, pettinarmi, in
maniera accettabile.
"Woo! Wa!
Woopar!" Invece quel coso era di buon umore, ed intonava di
tanto in tanto delle patetiche canzoncine. Erano belle, vero, ma se
cantate da un Wooper …
"… Potresti,
per favore, smetterla di seguirmi, orribile coso perverito?" Mi
ero arresa allora io. Non potevo più ignorarlo. Quel gioco era
diventato dannatamente stressante.
"Woo … pa!"
Aveva detto. "Perché fai sempre quel verso?! Insomma, sei uno
stupido Wooper, non un Woopa!" Ma quello sembrava non capire. E
pensare che ero perfino stata educata.
"…"
Daisuke sembrava non farci caso. A volte mi chiedevo se si comportava
così con tutti. Ma poi mi tiravo uno schiaffo mentale: cioè, se lui
ti ignora, perché te ne dovrebbe fregare? Avevo sospirato: quel
viaggio sarebbe andato di male in peggio, ci potevo scommettere
qualsiasi cosa.
Sovrappensiero, non
mi ero resa conto di dove stavo andando, ed avevo sbattuto contro un
cartello. Un grande cartello di legno. A caratteri cubitali c'era
scritto "Melmolandia, la città dove tu, prima che riesca a
capire come uscirne, ti ritrovi immersa in---" Poi c'era una
parte cancellata e soprascritta da un pennarello blu "cose che
tu non vuoi sapere cosa sono!" Il simbolo era quello di un …
un … non si riusciva a capire, era tutto pacciugato ...
"Daisuke,
potevi dirmi che eravamo arrivati!" "Woopa wo!"
Avevamo detto sgridandolo. Per colpa sua avevo sbattuto la testa
un'altra volta!
Mi sorprende il
fatto che non mi si sia ancora rotta. Infatti, in quegli ultimi
giorni, avevo sbattuto la capoccia almeno una decina di volte. Forse
se avessi messo un casco …
"…" E
lui era già partito ad esplorare la cittadina. Non era questo gran
che, a dir la verità. Sembrava piuttosto una massa di case sparse in
giro e separata da degli enormi cumuli di … fanghiglia. Tutto lì
attorno sembrava essere stato travolto da una tempesta di sabbia. E
schifezza. Le case erano le uniche cose intatte. Poi c'erano dei
piccoli negozietti in giro per il luogo, ma non c'era nulla di
interessante. L'unica buona notizia? Il Wooper sembrava divertirsi a
sguazzare nel fango, e quindi si era dimenticato di seguirci.
Facendogli una linguaccia, ero corsa via trascinandomi il damerino,
afferrandolo per la manica.
"Là."
Aveva indicato Daisuke, finalmente spiccicando parola. Probabilmente
si era stancato di esser trascinato. Seguendo la direzione del suo
sguardo, avevo intravisto un edificio più grande e sporco degli
altri. Il simbolo di prima compariva sul suo tetto, solo che era
molto, molto più grande. Ma a quanto appariva, la porta era chiusa.
"Splendido, ed
adesso che facciamo?" Gli avevo chiesto. Poi, un'idea mi era
balenata in mente. "Posso prendere una forcina e …"
"No."
Daisuke aveva subito detto, chiudendo il discorso.
"Eddai, sarà
veloce …" Aveva cercato di ribattere. Volevo scassinare
qualcosa! Volevo rendermi utile!
"No."
Aveva risposto, sempre impassibile.
"Ma …"
perché rinunciava così facilmente? Credeva che avrei combinato solo
pasticci?
"No" Aveva
continuato lui imperterrito.
"Oh …"
Non ci potevo far nulla. A quanto pare non aveva bisogno delle mie
idee. Seppur geniali. Stavo ricominciando a sentirmi non voluta …
ma allora perché me ne stavo con questo qui, se lui non mi voleva?
Vedendo il mio
cambio di umore così improvviso Daisuke aveva messo una faccia
preoccupata. Pareva dispiaciuto. Forse avevo trovato il suo punto
debole ...
"No.
Aspetteremo che la palestra riapra, e nel frattempo andremo al Centro
Pokèmon in fondo alla strada."
"Centro Medico?
Ma non c'era nessun –" Poi lui mi aveva afferrato e mi aveva
fatto voltare. Un grande edificio con una grande "P"
colorata si distingueva dal paesaggio come un pacchetto di caramelle
in una fabbrica.
"Sì. In
effetti c'è qualcosa di simile, ora che mi fai notare …"
Avevo detto, massaggiandomi il mento con la mano. Come avevo fatto a
non notarlo prima?
Peccato che per
arrivarci avremmo dovuto attraversare, od arrampicarci, su cumuli di
roba molliccia. Sembrava molto sporco e non igienico. Stavo per dirlo
a Daisuke, quando mi ero resa conto che non era più di fianco a me.
Anzi, era già a metà del tragitto. Stava facendo slalom fra i
cumuli, e quelli che doveva attraversare, li saltava.
Ma come fa'!? A
malapena riesco ad allacciarmi una sca--… no. Nemmeno quello, ora
che ci penso … Infatti non
riusciva a legarle bene, che già si smollavano. Inspirando a fondo
quell'aria puzzolente ed umida, mi ero quindi lanciata
all'inseguimento.
"In
realtà è piuttosto semplice! Basta prendere bene i tempi e saltare
prima di finirci addosso!" Gli avevo urlato, correndo verso di
lui. "L'unico problema è che la fanghiglia è molto
scivolosa! Ma non è niente di
cui preoccuparsi …" Altri salti.
"Non
ti conviene andare così veloce …" Aveva detto lui, corrugando
la fronte.
"Sta
a vedere!" Gli avevo risposto, ormai raggiungendolo. Lui era già
arrivato davanti all'entrata e mi stava aspettando.
"Hai
visto? Non sono caduta nemmeno una v--" Stranamente, ero
inciampata su un mucchio di detriti lasciati lì a marcire. Chissà
come, ma non l'avevo notato. Ed era quindi caduta, sul fango fresco.
E dire che mancava un passo. Un passo per poter aprire quella porta e
fiondarmi dentro. Perché l'unica che fa le figuracce qui, sono io?
Erano
passati ormai cinque minuti da quando ero caduta. E non mi ero
rialzata. Era comodo stare lì, in mezzo a … chissà cosa. L'unico
difetto era che non potevo respirare. Quindi qualche volta sollevavo
leggermente la testa per riempirmi i polmoni di aria, e poi
riabbassarmi. Volevo solamente scomparire. Volevo che la fanghiglia
mi ingoiasse. Poi gli sarei andata di traverso. Poi avrebbe rischiato
di strozzarsi e sarebbe iniziata a colpirsi dietro alla schiena con
qualcosa. Poi sarei finita nel suo stomaco, ricoperta di … Ma
che sto dicendo? Sono davvero così demente?
Non
avevo intenzione di rialzarmi: non volevo vedere in che orribile
stato ero. E peggio, tutti mi avrebbero preso in giro. Non che mi
importasse ma … mica lo facevo apposta ad essere così impacciata!
Pura e semplice verità. Lo sapevo che io, oltre a disegnare e
scassinare qualche porta, non riuscivo a far nient'altro, eppure …
perché tutto mi riesce male!? Ogni volta che cerco di fare
qualcosa, succede sempre che la peggioro! Non posso nemmeno aiutare i
miei nonni a fare le pulizie, perché l'ultima volta ho messo un
pennarello nero dentro alla lavatrice che lavava i capi bianchi …
che macello …
Daisuke
probabilmente era già entrato da un pezzo. Già. L'unica cosa che
facevo per lui era rallentarlo. Mi complimentavo con me stessa. E se
pensava che fossi inutile? No, io sono inutile. Mi
ero detta, in un modo sinceramente cupo e depresso.
"… Per quanto
tempo hai ancora intenzione di stare lì?" Aveva chiesto,
quindi, Daikke. Non se n'era andato? Ora mi sentivo pure imbarazzata.
Quindi avevo fatto l'offesa.
Gli
avevo risposto sbuffando. Seguì un momento di silenzio. Perché mi
comportavo così con lui? Dovevo solo essergli grata per non avermi
abbandonato. Irriconoscente. Devo aggiungere quest'altra
caratteristica alla mia descrizione …
"Ho prenotato
una stanza al centro. Dicono che possiamo rimanere per quanto
vogliamo. E che il Capopalestra è scomparso nel nulla così si sono
formati dei gruppi di ricerca per trovarlo." Wow. Un vero
record. Non aveva mai parlato così tanto, prima d'ora.
"Emfheb?"
Avevo tentato di chiedere io. Che me ne fregava se un tizio si era
perso?
"… hanno
detto che hanno un premio per chiunque lo trovi". Ah-ah.
Fregatura. Non bisogna mai fidarsi di quello che ti dicono.
"Chi lo riesce
a riportare indietro, avrà diritto a ricevere come regalo degli
accessori per il viaggio non ancora messi in commercio, ed anche un
incontro con il Capopalestra stesso. L'incontro diventerà
automaticamente il primo, fra quelli che si erano messi in lista
d'attesa." Sembrava che lo stesse leggendo da un volantino.
Ma a me che me ne
fregava? Tanto il capopalestra non sarei nemmeno riuscita a
sfiorarlo. E poi, come si riconosceva un tizio? Lo perlustravi,
rischiando di passare per un maniaco, finché trovavi i documenti o
le spill—medaglie?
Vedendo che la mia
risposta non era una delle migliori, Daisuke mi aveva quindi detto
che all'interno del centro era pieno di gente. E che quindi lui non
sarebbe potuto resistere per più di cinque minuti. Era così
misantropo …. sembrava odiare davvero i contatti umani. Ma aveva un
tono così disperatamente nauseato … poveretto, mi dispiaceva
vederlo messo così male.
Così mi ero
lentamente alzata. Guardandomi lentamente, mi ero accorta che
sembrava un mostro di fango. Come quelli degli episodi di Scooby Doo
… Cercando di non perdere nuovamente l'equilibrio, stavo per
rivolgere parola al mio compare (appoggiato allo stipite della porta,
con una mano che massaggiava all'inizio del naso, come se avesse mal
di testa), quando un enorme quantità d'acqua era ricaduta su di me.
"KYAAA!"
Avevo urlato "E' freddissima!" Avevo preso quindi a
sfregarmi le mani sulle spalle, per riscaldarmi. Alzando gli occhi al
cielo, avevo intravisto una macchiolina blu sul tetto dell'edificio.
"Che caz …"
Mi ero interrotta dall'imprecare, quando dei versetti misti al suono
nauseante di un essere che fa cik-ciack nell'acqua mi avevano fatto
capire di chi si trattava.
"… Come ci
sei finito lassù?" Gli avevo chiesto, depressa. Che voleva
fare? Distruggermi? Pedinarmi? Rendermi la vita più orribile di
quanto non lo fosse già?
"Woo----"
"No, non dirmelo, non lo voglio sapere …" Dicendo questo
mi ero diretta da Daisuke, che mi aveva lanciato un asciugamano con
un'occhiata che poteva significare qualunque cosa. Beh, perlomeno
non sporcherò il pavimento del centro, dato che quello stupido
girino cornuto mi ha sciacquato da tutte quelle schifezze …
L'interno del centro
era più spazioso di quanto potessi immaginare. Era tutto lindo e
pulito, una cosa davvero sorprendente, dato che l'esterno sembrava
una discarica. Su una parete, era presente un'infermiera con i
capelli rosa ed un grande pokèmon rosa paffuto. Portavano entrambe
un cappello da infermiera con la + rossa, quindi dovevo dedurre che
loro erano la dottoressa ed il suo fidato compare. Mi facevano ansia,
a me, i dottori. Rapidamente, l'avevo salutata, scusandomi per aver
bagnato il pavimento, e le avevo rifilato la pokèball di Rattata.
Questa mi aveva quindi avvertito di passare più tardi, e di
divertirmi come potevo. Poi si era scusata anche lei, perché quella
città non era molto interessante, a parte i lavori che la squadra
della palestra stava svolgendo: infatti, la vita di quella cittadina
ruotava attorno alla fanghiglia. Dicevano che dentro ad essa, a volte
si potevano trovare oggetti e minerali importanti. A volte pure dei
fossili.
"Ma la cosa più
importante non è quel che c'è dentro, ma la fanghiglia in sé.
Infatti, in questo centro, tutti la usano per i bagni di fango,
maschere di fango, cosmetici …" Aveva detto, ora con uno
sguardo più triste "… ma da quando il capopalestra è
scomparso, i lavori per l'estrazione del fango si sono fermati …"
Mi chiedo se sia stupida. Fuori da qui c'è più melma di quanta
se ne possa trovare in tutto il globo.
Mi stavo stancando
di quel discorso, quindi, non appena l'infermiera si era distratta
per dare degli ordini a "Chansey", me l'ero squagliata. "Mi
domando perché abbia deciso di diventare infermiera, se aveva un
talento speciale per essere una guida turistica ..."
Daisuke mi stava
aspettando davanti ad una scalinata. Ed era molto più pallido del
solito. Provando pena per lui, ed intuendo che l'enorme folla di
persone doveva essere da quella parte, avevo preso a salire le scale
fino ad arrivare al secondo piano. Tanto non sarebbe potuto essere
così traumatico, no?
Esattamente nel
momento in cui l'avevo pensato, un enorme suono mi travolse. Era come
sentire mille lavagne su cui si erano posate, graffiando, duemila
mani. Come quando tu sblocchi un portone che continua ad aprirsi
cigolando, facendoti sentire quel suono metallico che ti faceva
venire i brividi solo a pensarci. Era … era …
"SIAMO
PRONTI?!" era la donna più strillante ed esasperante che avessi
mai visto. Mi era già antipatica. Era alta, con i capelli biondi
nascosti dietro ad un cappello da esploratore, con un vestito sul
marroncino/grigio, che teneva in mano un megafono. Non le davo meno
di trent'anni. Perché si tiene un megafono? Non ne ha bisogno! La
sua voce è già orribile e terrorizzante anche senza!
Intanto la folla la
intimava a continuare. E lei ricominciò a spiegare: "Quindi se
vogliamo far tornare Melmolandia allo splendore di un tempo, dobbiamo
farci forza e continuare le ricerche! Dobbiamo liberare il mondo
dalle persone sporche, che hanno perso la speranza di ritrovare il
nostro capo, per poter sopravvivere!" Mi ricordava un certo
dittatore Tedesco …. mmm … qual era più il suo nome?
Mi trovavo davanti
ad una folla di persone radunate a cerchio attorno ad una donna
grassa che la intimava a compiere delle ricerche ecc ecc …
L'unico che sembrava
non partecipare, ed anzi, non reagire per nulla al casino che c'era,
era un ragazzo di sì o no sedici anni e con i capelli rossi, corti e
disordinati. Vestiva con dei jeans e una giacca con il cappuccio da
cui, sotto, spuntava una camicia bianca spiegazzata. Sembrava una di
quelle persone a cui non importava ciò che la gente pensava di lui.
Stava fischiettando tranquillo in attesa che la finissero di
discutere. Aveva un sorriso sornione sul volto.
Daisuke, invece, era
dietro di me, che si tappava le orecchie con lo sguardo di uno che
non sa perché si trova lì. Ed ad esser sinceri, nemmeno a me
piaceva molto tutta quella confusione. Tirando un profondo respiro,
avevo urlato: "CHE COSA INUTILE!"
Inutile. Già. Era
proprio inutile dire che tutti si erano voltati verso di me. E con
una faccia per niente amichevole. Daisuke si era allontanato di
qualche passo, facendo finta di non conoscermi. E lì mi ero
arrabbiata ancor di più.
"Che intendi
dire, ragazzina?" Aveva chiesto la signora, anzi no, la grassa
signora urlante, arrossendo per la rabbia. Sembrava disprezzarmi.
"Che senso ha
urlare? E perché proprio qui? Ci sono persone che vorrebbero
raggiungere la loro stanza" Le avevo sbattuto in faccia la dura
verità.
"L'avete
sentita? Questa bamboccia è così egoista! Non le importa nulla del
nostro capo---" ed io l'avevo tagliata a corto "sìsìsì,
il capominestra scomparso, blablabla … la città sta decadendo, bla
bla … ma finitela, state apparendo ridicoli! Ormai il vostro amato
capo sarà morto! E poi la vostra città sprofonderà di sicuro se
voi non levate tutto questo fango! Ma dico io, mi sorprende che
nessuno di voi se ne sia accorto!" E così dicendo avevo
incrociato le braccia, sfidandola. Era calato il silenzio.
"…. tu ….
tu ….. come osi!" Ed aveva alzato le mani come per volermi
dare uno schiaffo. Se lei me lo dava, allora io le tiravo un pugno e
le spaccavo quel megafono sulla sua testa.
La mano stava per
finire dritta sulla mia faccia, quando qualcun altro l'aveva fermata.
Con mia grande sorpresa. Solo in quel momento mi ero accorta di star
trattenendo il fiato. Da dietro alla schiena della donna, intanto,
risuonava una voce calma ed innocente: "Non si dovrebbe mai
alzare le mani su una bambina, soprattutto se chi le alza è una
bella e giusta signora come lei".
E quindi aveva
sfoderato un sorriso ammaliante. Non tanto "sexi" e nemmeno
troppo fasullo. Sembrava un vero sorriso. Di quelli di ti faceva
arrossire e domandare se ti eri già innamorata di lui. Sì, molto
astuto.
"O-oh … che
sbadata, io, Hadolfa, sono stata proprio maleducata …" Aveva
detto leggermente arrossendo mentre quell'altro le rilasciava la
mano. "Già, ma anche la mia sorellina qui e la sua amichetta,
sono state maleducate, non è forse vero?" Aveva chiesto,
strizzandomi l'occhio.
Daisuke intanto era
caduto a terra, sulle ginocchia, mentre degli spiritelli si stavano
avvicinando all'aura cupa che emanava. Poveretto, non era riuscito a
sopportare il colpo.
Non sapendo come
rispondere, mi ero limitata ad annuire "Certo, io e Dais ...
Daisandrosia siamo state davvero cattive, ci perdoni. Ma non dovrebbe
iniziare le ricerche, adesso?" Le avevo chiesto, per velocizzare
le cose.
Lei mi aveva
guardato uno po', riflettendo, poi aveva detto "Massì, hai
ragione cara." Wow, sembrava che l'effetto del teenager qui di
fianco avesse avuto effetto "Ma adesso devo ancora costring----
far unire membri alla squadra di soccorso!" Aveva detto,
sfoderando il suo megafono. Sbaglio, o dentro c'erano dei dardi? E
perchè le persone lì, avevano tutte dei fucili?
"ANDIAMO! I
NUOVI MEMBRI CI ASPETTANO!" E con questo, tutti erano corsi giù
dalle scale, urlando 'alla carica' e 'non ci devono scappare!'. Il
giovane ed io eravamo allo stesso modo sorpresi. Io ero sotto shock,
mentre lui sorrideva nervoso.
Daisuke, intanto,
sembrava essersi ripreso, e, un pochino imbarazzato, aveva detto "Io
non sono una ragazza! Sei cieco?!"
Era passato un
minuto di silenzio. Intanto, il ragazzo, si era messo ad osservare
bene Daikke, in modo curioso. Poi, all'improvviso, aveva detto:
"Eppure a me sembri in tutto e per tutto una ragazza. Sicura di
star bene?"
Quella era una scena
molto divertente. Adesso volevo proprio vedere quel che avrebbero
fatto.
"Non sto
affatto bene. Io sono un ragazzo. Non una femmina." Aveva
continuato, mostrando il pokèdex, con dentro la sua carta
d'identità. L'altro sembrava sorpreso.
"Un
travestito?" Aveva domandato. Daisuke a quel commento aveva
richiuso la bocca, e se n'era rimasto in silenzio. Era un silenzio
deprimente. L'altro ne sembrava spaventato. Anche perché gli stava
lanciando una delle sue occhiatacce satiriche. Forse quella che aveva
ora era la peggiore che avevo mai visto …
"E-ehi, stavo
scherzando, si vede che sei un ragazzo … solo che devi metterti dei
vestiti, e magari un'acconciatura diversa da quelli che hai …solo
per favore non uccidermi!" Aveva detto, mettendosi in ginocchio
e congiungendo le mani. Anche se si vedeva che sotto sotto si stava
divertendo. Ed anche io. Stavo ridendo così forte che ormai ero
caduta a terra, tenendomi la pancia.
Daisuke sembrava
contrariato, perciò aveva aperto la porta della nostra suddetta
stanza, era entrato, ed aveva sbattuto la porta, chiudendola a chiave
dell'interno.
Io, fregandomene,
avevo continuato a ridere, finché non avevo rischiato di strozzarmi.
Quindi avevo smesso. Poi mi ero voltata verso il ragazzo e l'avevo
guardato, curiosa.
"Mi chiamo
Madaleyne! E tu?" Mi ero presentata.
"Ah sì? Io mi
chiamo Jack! Ma puoi chiamarmi come vuoi, il nome non ha importanza …
l'importante è l'età ... ho sedici anni .... purtroppo …"
Aveva detto, assumendo un'aria stanca.
"perché
purtroppo?" Iniziavo a preoccuparmi per la sua salute.
"… mi sento
vecchio …." Aveva detto, mentre la zona si oscurava, lui si
inginocchiava drammatico, ed una luce lo illuminava: "Sono un
vecchio rinchiuso in un corpo da giovane!" E dicendo così,
aveva preso una barba finta da non so dove, e se l'era attaccata al
mento, mentre estraeva una bastone in legno antico. Poi si era
alzato, tremante, con gli occhi chiusi come i vecchietti dei cartoni
animati, ed aveva iniziato a dire, con la voce, stranamente mutata:
"O mia cara, ci sono molte cose che tu non sai. Noi anziani
siamo molto saggi, e vi daremo sempre degli ottimi consigli, freschi
come la brezza d'estate …"
Io stavo al gioco
"Dimmene uno!" Intanto il luogo cambiava nuovamente colore,
stavolta era diventato di un azzurrino pallido, adatto al momento
carico di filosofia: "Chi tempo aspetta, tempo perde." E
così il momento di grande serietà si era distrutto.
"No, aspetta,
che vorrebbe dire questo?" Avevo domandato, aspettandomi un
proverbio decente e sensato.
Lui mi aveva
guardato ed aveva risposto, togliendosi la barba: "Semplice, che
più tempo aspetti, più tempo perdi, perché tanto non sarai mai
bello come me" Aveva detto, scherzando.
"See … ok,
poi vedremo. Comunque …" Ed avevo preso una forcina. "Daisuke,
mi fai entrare?" Avevo domandato. Ovviamente nessuno mi aveva
risposto. "Ti avverto, sto entrando!" Avevo preso il foro
della porta, dove si mettevano le chiavi, e ci avevo messo la
forcina. Quindi mi ero messa ad armeggiarci per all'incirca tre
minuti, prima di udire un profondo CRACK.
"Uh! Jakko!
Parteciperai alla ricerca?" L'altro, prima di entrare nella sua
stanza, aveva fatto spallucce "Non penso, sono troppo vecchio
per queste cose, lascerò tutto ai giovani … ci sentiamo dopo!"
Aveva esclamato, chiudendo la porta.
Io invece, ero
entrata nella mia. Non era così grande, ma nemmeno così piccola.
C'era una scrivania, un tappetino, un bagno a sinistra … un'enorme
finestra e un letto a castello. Ma di Daikke non c'era proprio
traccia.
"Oiiii! Daikk--
Daisuke, mi dispiace per prima! Vieni fuori!" Poi, avevo sentito
un rumore proveniente da davanti a me. Precisamente dalla finestra.
Mi ero affacciata ed avevo visto Daisuke sul tetto. Così gli avevo
ripetuto la stessa solfa di quanto ero dispiaciuta. In effetti un po'
lo ero. Ma in quel momento ero più preoccupata che lui cadesse giù
dal tetto e si spaccasse tutte le ossa. E morisse. Naturalmente.
"Per favore,
scendi, mi fai paura lassù!" Era dall'episodio del Drifloon
volante che ci stavo pensando, ma temevo di iniziare a soffrire di
vertigini. Proprio a me dovevano capitare tutte?
Quello, allora, mi
aveva squadrato con un misto di sorpresa e incredulità, poi era
ritornato serio come al solito ed era sceso giù. Non sapevo che
pensare.
"Grazie al
cielo! Mi stavo spaventando … e se fossi caduto? Non volevi
suicidarti per quello che ti ho detto, vero?" No, forse non
sarebbe morto, ma almeno un braccio rotto se lo portava a casa.
"Non avevo
intenzione di cadere" Aveva risposto lui, tranquillo.
"… ok, ma se
qualcuno, magari un colpo di vento, ti avesse sbilanciato?" Gli
avevo detto, cercando di far valere la mia ipotesi.
"Se ti da tanto
fastidio, cercherò di non farlo più …" E così chiudeva il
discorso. No, non può sempre far così! Mi faceva sentire come la
stupida che lo obbligava a far qualcosa che non voleva …
"Fa niente,
lascia stare …. cambiamo argomento! Tu che hai intenzione di fare?
Andrai alla ricerca del capominestra?" Gli avevo domandato,
pimpante.
"Il capo--. No,
non penso che andrò alla sua ricerca ." All'improvviso mi
sembrava impallidito. Oh. Era vero. La folla capitanata da Hadolfa*
l'aveva molto scosso.
"Sai, penso che
dovresti fare più vita sociale." Gli avevo detto noncurante,
pensando ad alta voce. Lui mi aveva guardato a sua volta ed aveva
commentato "Parla quella che è rimasta in casa per chissà
quanti anni …"
"Ehi!"
Avevo detto, leggermente offesa "Non avevo niente da fare fuori
da casa mia, non vedevo il motivo di uscirne!" E detto questo mi
ero diretta dall'infermiera chiacchierona, con Daikke alle spalle.
Non mi fidavo di lasciare Rattata da solo, in mano a quella pazza dai
capelli rosa.
"Dicono tutti
così" Aveva risposto Daisuke, sospirando "Sì, ok, capito
l'antifona, ne riparliamo un'altra volta, ok?" E così dicendo
mi ero affacciata al balcone del centro.
Subito un piccolo e
grassoccio Chansey si era avvicinato "Chan-chansei?"
"Sì, hai
presente il mio Rattata? L'ultimo arrivato?" Gli avevo chiesto.
Quello era andato nel retro ed era ritornato con la mia pokeball.
Come facevo a sapere che era mia? Semplice, quando avevo tentato di
morderla, erano rimasti i segni dei miei denti. Un po' schifoso,
vero?
"Ok, grazie!"
E dicendo quello, mi ero diretta verso l'uscita trascinando Daisuke,
il quale, piuttosto disinteressato se non infastidito, attendeva
spiegazioni. Appena avevo messo un passo fuori dalla porta, però, i
miei sensori pericolo si erano fatti sentire. C'era qualcosa che
dovevo fare, prima di andare in palestra. Adesso stavo ferma
immobile, aspettando l'occasione giusta. Mi ero lentamente abbassata,
così da poter prendere del fango dal terreno e l'avevo
appallottolato.
Ancora niente. "O,
beh, devo essermelo immaginata." Avevo detto, continuando a
trascinare Daisuke fra le collinette melmose. Quindi, avevo sentito
un lieve "Waaa" e poi un "Puuu! Woo!" Ed il
Wooper stava per lanciare un potente Getto D'acqua.
Non riuscendo a
contenere un ghigno malefico, ho urlato, prendendo la posizione di un
giocatore di Baseball in procinto di lanciare la palla "ARRIVO!"
Ed avevo colpito con la palla di fango il Wooper. Esattamente negli
occhi. Inutile dire che era caduto a pochi metri da noi, incapace di
vedere a causa delle schifezze sul suo volto.
"Adesso,
Daikke, corri!" Gli avevo detto, iniziando a correre verso la
palestra il più velocemente possibile, per scappare dal pokemon
molliccio.
Dopo qualche secondo
ci eravamo ritrovati davanti alla porta blindata della palestra
pokémon, io con il fiatone e Daisuke che aveva la faccia di uno che
si era perso qualcosa e che non stava capendo quello che accadeva.
Tirando fuori
un'altra forcina – sì, io ne avevo una scorta illimitata nascosta
dentro una tasca, per le evenienze – avevo velocemente Sbloccato la
serratura, ci eravamo introdotti, e l'avevo richiusa. Sbattendola in
faccia al maledetto pokémon. Quant'ero cattiva … se poi si pensava
a quel che avrei fatto dopo ...
Così mi ero
concessa una risata da super-cattiva: "Muahahahah!"
Daisuke aveva
sospirato ed aveva detto: "Di la verità, volevi entrare qui per
rovistare fra le cose di valore, nevvero?" Cavolo, come faceva
ad aver capito?
"Io?"
Meglio fare la tinta tonta "Ma che dici … come ti viene in
mente!" Avevo detto.
"Beh, tanto per
cominciare, hai fatto una risata malefica, secondo, stai continuando
a sogghignare, terzo, senza saperlo hai già preso in mano una
statuetta di marmo bianco misto ad altre pietre e la stai infilando
nella borsa.
Mi ero guarda le
mani: era vero. E dire che non me n'ero nemmeno accorta "…. Oh
…." Quindi l'avevo posata ed ero entrata nel primo cunicolo
che avevo visto. Tanto, lì, non c'era nessuno.
Ci si annoiava lì
dentro, tutto era immerso nella più totale solitudine. Le luci, man
mano che si proseguiva, si facevano più fioche, finché non eravamo
giunti in una stanza completamente buia. Daisuke aveva preso il
pokèdex per fare luce. Era un enorme campo. Con l'atmosfera
silenziosa che c'era qui dentro, questo luogo sembrava poter
nascondere molte sorprese. Non mi sarei sorpresa se da un secondo
all'altro, degli zombie sarebbero fuoriusciti dal terreno.
"… Qui non
c'è niente da vedere, niente da rubare, torniamo indietro …"
Aveva detto il genio, facendo qualche passo indietro. Proprio in quel
momento avevo però visto una cosa luccicare. Mi ero avvicinata
all'oggetto in questione e l'avevo preso in mano.
Daisuke, borbottando
su quanto questo luogo era ininfluente sulle nostre vite, si era
avvicinato di qualche passo, abbastanza per poter illuminare bene
quello che avevo in mano. Era ricoperto di fango, ma si poteva
comunque capire cosa era dalla sola forma: "Una coda … una
testolina … niente mani … sorrisino inquietante … corna
insensate … " L'avevo ripulito del tutto. Accidenti.
"Non ci credo!"
Avevo esclamato, spaventata, mentre avevo lanciato quello schifo di
spilla il più possibile lontano da me. "Un Wooper! Cosa ho
fatto per meritarmelo, dimmelo Daikke!" Lui aveva scosso la
testa, credendomi pazza, ed aveva fatto retromarcia. Insomma,
chiedevo solamente di non essere ignorata, e di non essere
perseguitata da quell'affare bluastro! Come si poteva, dico io,
crearci pure una medaglia, a sua immagine?!
In preda all'ira
avevo sbattuto i piedi sul terreno, con la maggior potenza a cui
potevo pensare in quel momento. Non l'avessi mai fatto. Subito avevo
percepito la sensazione di vuoto farsi sempre più forte, mentre la
terra da sotto i miei piedi incominciava a risucchiarmi come in un
vortice. Forse avevo frantumato un pezzo di pavimento e stavo cadendo
dentro alla buca, forse la terra era sempre stata così 'facilmente
affogabile'. Fatto stava, che dal panico l'unica cosa che potevo fare
era annegare nel mare di sabbia. Prima che l'oscurità mi
inghiottisse, avevo avuto modo di sentire, come ultima cosa, il mio
nome, mentre Daikke mi afferrava la mano.
OK, fatto il nuovo
capitolo. Allora, qui i nostri amichetti arrivano (finalmente) alla
nuova città. Che mi sembra una discarica. Poveretti, proprio lì
dovevano capitare …
Daisuke sembrerebbe
essersi dimenticato della questione da approfondire dello scorso
capitolo, e lascia cadere l'argomento Pyro. Così, proprio quando
sperano di aver un po' di pace ed armonia, si scoprono perseguitati
dai Wooper, una tizia* pazza da legare, ed un misterioso capopalestra
scomparso. Purtropo Maddy precipita dentro ad una buca (che l'ha pure
causata lei o.O") e quindi non si saprà che fine farà U.U In
più, incontrano sto nuovo personaggio, Jack, che ha dei complessi
mentali a proposito della vecchiaia. Ma sarà proprio così? Boh …
lo scopriremo più tardi U.U
Innanzitutto
vorrei scusarmi, per vari motivi:
1
il capitolo non è comico (son senza ispirazione)
2
son senza originalità U.U
3
non posso più pubblicare regolarmente come prima a causa dell'inizio
dell'anno scolastico e della pallavolo (faticosa)
4
…. boh, per tutto il resto che trovate su cui dovrei scusarmi U.U
Recensioni:
camilla_rain:
sì, sì, la pergamena di maddy U.U Quello è stato un colpo di genio
U.U Shishi, ho usato la tua battutina xk è davvero bellissima xD Ma
ultimamente i giorni vanno molto male, mi sono ammalata, nnt
ispirazione … capisce che intendo, no? E poi, come dice
Shesshomaru, Daikkuccio è un vampiruccio che si alterna fra momenti
di insensibilità e sensibilità, per cui non devi avercela con lui
se non gliene importa nulla che la casa vada a fuoco xD
franky9397:
Hiro è uno dei tanti personaggi misteriosi qui in giro, non ti
preoccupare, nessuno sa davvero cosa gli interessi e cosa no U.U Per
il vulpix, mi spiace caro, ma hai sbagliato in pieno xD Anzi, no, un
pochetto ti sei avvinato U.U
Birby: sìsì,
i Wooper le stanno davvero sulle scatole, come avrai capito U.U E
Daikke era troppo furbo per non vincere U.U Ti sei avvicinata molto
per i pokèmon che Maddy usarà *_* Non è che sei un'indovina? Spero
che questo capitoletto, in cui vediamo Daikke che si dibatte per non
restare traumatizzato, ti sia, perlomeno, risultato accettabile U.U
ShesshomaruJunior:
sì, il gruppo che Maddy & co. Hanno affrontato era davvero
deboluccio, fortunatamente U.U E Daisuke, sarà davvero un vampiro?
Oppure solo pazzo ed insensibile al dolore? Mi piace che tu abbia
elencato i misteri sull'organizzazione, anche perché la pensi molto
come me ^^. Ed ovviamente cercerò di non rovinare la suspence U.U
DOMANDA DEL
GIORNO: Come vi sembra Jack (anche se l'abbiamo visto per poche
righe) e come vi sembra Hadolfa? (xD Mi sta simpatica)
PROX CAPITOLO:
comparirà il rivale dei due, e si approfondirà il personaggio di
Jack U.U O almeno, cercherò di far entrare questi due eventi nel
prossimo capitolo T.T
Scusate ancora …
GloGlo_96
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Capitolo 17 *** Penso che se dovessi scegliere se vivere a Melmolandia o in una fogna, sceglierei quest'ultima U.U ***
Pkm 16.0
Camminando per le
fogne … ehi, ma perché c'è
un brutto clown con
i palloncini
ed una barchetta di
carta? o.O"
(It)
Plick! Plick!
Plick!
La prima cosa a cui
avevo pensato, era che faceva molto freddo. Freddissimo.
Cercando di muovermi
con cautela, mi ero messa a gattoni, e stropicciandomi gli occhi,
avevo controllato a che livello di difficoltà era il guaio in cui mi
ero cacciata. Dopotutto, ogni cosa che facevo si tramutava in un
guaio …
In realtà, non si
riusciva a vedere molto. Per cui avevo preso la mia borsa –
sapientemente legata al mio braccio, in modo da non perderla mai –
e ne avevo estratto Dexi. Sì, adesso si vedeva leggermente meglio.
Era simile ad un
largo e alto tunnel, con gocce di acqua e quant'altro che cadevano
dal soffitto. C'erano pietre, pietruzze, massi … alcune impronte …
Io, invece, avevo
avuto la fortuna di capitare su un mucchio di sabbia, scesa
probabilmente con me mentre avevo accidentalmente rotto il pavimento
della palestra. Avrei dovuto fare una lettera di protesta.
Avevo quindi
guardato in alto: c'era un buco. Non si vedeva dove andava a finire,
e comunque avrei dubitato che sarei riuscita a raggiungerlo. A meno
che non fossi spider-man.
Ma Daikke, dov'è
finito di preciso? Mi aveva afferrata, per cui dovrebbe essere qui
attorno, e invece … Non c'era.
Tipico. Proprio quando si ha bisogno di lui, lui non c'è.
Me
ne ero rimasta lì ancora per qualche minuto, a riflettere sul da
farsi. A dire la verità, trovarsi lì sotto, senza niente e nessuno,
non era poi così diverso dal trovarsi là sopra, con Daisuke che ti
ignorava ogni volta. Solo che con lui si stava più tranquilli, e non
si aveva paura che ogni due secondi qualcuno, o meglio qualcosa
potesse sbucare fuori dal nulla più totale.
"Rattata,
esci fuori che non è una bella situazione." Avevo detto,
prendendo la sfera da sotto al mio cappello – sapientemente
attaccato alla mia testa. Non sapevo nemmeno io come mai non mi
cadesse -, che brillando aveva fatto fuoriuscire il piccolo topino.
Subito lui si era messo ad osservarsi attorno, per nulla intimorito
dal luogo sconosciuto, ma piuttosto, molto confuso.
"Praticamente
sono caduta per una buca e sono capitata qua sotto. Hai presente
Alice in Wonderland*, con Johnny Depp?" Gli avevo chiesto,
facendo una comparazione con il famoso – e costoso – film. Per
certi pezzi mi piaceva, per altri, come la "deliranza" mi
faceva schifo. Rattata non rispondeva, e mi guardava con fare
incuriosito. "No, eh? Lasciamo stare …"
Così
ci eravamo messi a camminare dritti davanti a noi, per il cunicolo,
sperando che questi non risultasse ad un vicolo cieco.
Da
un'altra parte ….
Daisuke
guardava in alto, verso quella specie di scivolo da cui era appena
caduto. Sapeva di non poter fermare la caduta di Madeleyne, ma
sperava perlomeno di capitare poco distante da lei. Invece no, aveva
beccato un'altra galleria, silenziosa e monotona come poche. A
giudicare da come si stavano mettendo le cose, ci avrebbero messo un
po' a rincontrarsi. Se passavano per i condotti giusti, ovviamente.
Grattandosi
la testa e pulendosi la giacca, aveva proseguito per un bel po', fino
a capitare davanti ad un bivio. Destra o sinistra? Si era messo
davanti a quello sinistro e non sentiva niente. Davanti a quello
destro sentiva un lieve venticello. Aveva quindi preso quest'ultimo,
ben sapendo che, seguendo il tunnel da cui proveniva l'aria, avrebbe
raggiunto l'uscita.
Un'altra
parte ancora …
Jack
avanzava brontolando e lamentandosi per quella strana galleria
puzzolente.
"Ho
freddo … sto morendo di fame … mi fanno male i piedi … voglio
il mio game boy …" Continuava a ripetere all'infinito. Era
capitato tutto così in fretta, che non aveva fatto in tempo a
pensare alle conseguenze delle sue azioni. In men che non si dica,
era ritornato sotto le sembianze di vecchio saggio, con tanto di
bastone. Tanto era facile da portare appresso, era pieghevole!
FASHBACK
Jack,
sdraiato sul letto della sua stanza del centro pokèmon, stava
giocando al suo Nintendo Ds, il tutto mentre nella stanza affianco,
la ragazzina di prima urlava all'altro di scendere dalla finestra,
disturbando l'intero centro. Tanto lui non poteva sentirli, era
troppo occupato a giocare. Ed avrebbe continuato così, se poi, dopo
pochi minuti, la finestra della sua stanza non fosse stata sporcata
di fango. A quel punto si era voltato, ed aveva visto la schiena e la
testa di un Wooper, con attorno il fango, appiccicato alla sua
finestra, scivolare verso il basso. Molto lentamente. Prima di cadere
a terra. Allora si era incuriosito, ed era andato ad affacciarsi: il
Wooper stava inseguendo i due ragazzi di prima, che stavano correndo
verso la palestra.
Non
avendo, giustamente, nient'altro da fare, aveva completamente aperto
la finestra, ed aveva guardato verso il basso. Poi verso le scale.
Poi di nuovo verso il basso Mmm … andare per le scale
sarebbe troppo faticoso …
Quindi
si era buttato, ricadendo in ginocchio su un mucchietto di
fanghiglia. Ormai era abituato a fare cose del genere … cosa
insegnava la Tv? Ecco, appunto. Qundi li aveva seguiti.
FINE
FLASHBACK
"Ohi
ohi … la mia povera schiena … come dico sempre, "La
Curiosità uccise il gatto." Poco tempo dopo aver detto questo
proverbio la barba ed il bastone erano scomparsi, rivelando un po'
più giovane Jack disperato. "Non voglio morireeeee!"
Quindi
si era messo a correre, andando dritto, prima di schiantarsi contro
un muro.
"…
" La prossima volta mi porto una torcia.
Tornando da Maddy
…
Sì, davanti a me
c'era un bivio. Nei videogame di solito ti facevano separare, oppure
ti facevano andare in uno e poi sbucare fuori dall'altro. Peccato che
non c'era verso che quelle due scelte potevano verificarsi utili nel
mondo reale. Così, insicura di me stessa, avevo chiesto consiglio a
Rattata. Io faceva schifo nelle scelte …
"Da che parte
andiamo?" Avevo chiesto, aprendo bene le orecchie per percepire
qualsivoglia suono. "Ratta" Aveva detto lui, indicando il
tunnel di sinistra. Ok, che sinistra fosse, allora. Aveva tanta
voglia di compagnia ...
Dopo dieci minuti
…
"Sai, quando
intendevo compagnia, non intendevo questo!" Avevo detto,
correndo via da un'orda di cosi mollicci – no, non i Wooper,
fortunatamente – e molto puzzolenti.
Eravamo arrivati in
una piccola stanzetta, con diverse tubature ed due marciapiedi
separati da un torrente rivoltante. Non solo perché puzzava di
marcio, ma anche perché all'interno si potevano vedere scarpe,
siringhe (probabilmente di droga), un sacchetto della spazzatura da
cui fuoriusciva una testa insanguinata con un occhio guercio …
"Aspetta, una
testa umana?" Avevo domandato, non credente. Quindi avevo preso
il pokédex ed avevo cominciato a far un video, nonostante Rattata
battibeccasse e mi tirasse per tornare indietro.
"Sì, dopo
Rattata. Devi imparare che quando vedi qualcosa di orribile, devi
mettere da parte la paura, lo schifo, e la pena che ti fa, per
poterlo usare per guadagnarci. Insomma, pensa se lo mettessimo su
Youtube! O se lo diamo alla polizia!" Così mi ero messa
all'inseguimento del corpo nel sacchetto galleggiante nell'acqua
delle fogne – perché sì, a quanto pareva erano proprio fogne -,
finché non avevo pestato qualcosa.
E per quanto mi
dibattessi per continuare la mia avanzata, quell'affare mi teneva
ancorata al pavimento come colla. O una chewin-gum.
Così, arrabbiata
per aver perso l'occasione di filmare un cadavere, avevo iniziato a
calpestare furiosamente la Chewing Gum. O almeno, ci saltavo sopra.
"Grii … mar …
grime …" Poi mi ero fermata.
"Rattata,
questo ti sembra il rumore di una Chewing Gum?" Quello aveva
scosso la testa, e poi era arretrato, visibilmente spaventato.
"Cosa c'è
adesso? Quest'affare puzza come …" Poi avevo sollevato il
piede, liberandomi da quella fastidiosa schifezza. Con mia sorpresa,
quell'affare non solo puzzava, ma anzi, aveva pure una faccia. E non
era una faccia felice.
"Ah … e tu
saresti?" Avevo chiesto. Chissà perché ma avevo uno strano
presentimento. Volevo andarmene da quel posto il più in fretta
possibile. Rattata aveva iniziato a squittire esasperato, guardandomi
con due occhioni preoccupati.
Il robo sotto il mio
piede si era spostato, pronunciando paroline incomprensibili, ed era
scivolato dietro di me. Illuminando il suo percorso con il pokèdex,
avevo iniziato a parlare: "Dove scappi?! Mi hai appena fatto
perdere un'occasione unica! Torna –" Quindi si era fermato,
mentre io illuminavo la scena. Milioni di robi violacei erano
comparsi, sbucando dall'acqua di fogna, mentre avanzavano lentamente
verso il compagno ferito. "– qui …"
Ed eccomi qui, a
scappare da un ammasso di Grimer – avevo controllato Dexi, nel
frattempo – ed urlando scuse insensate.
"Ne possiamo
parlare civilmente?! Vi regalerò anche del profumo!" Quindi
quelli avevano accelerato il passo "No? Avete ragione, così
sembrereste enormi Chewing Gum e le persone vi mangerebbero!"
Avevo finito, entrando nell'altro tunnel che avevamo passato in
precedenza.
Daisuke intanto
sembra che stia facendo una scampagnata …
Si sentiva
leggermente osservato, ma giusto giusto poco.
Daikke aveva
camminato secondo la strada che aveva scelto, ed adesso iniziava a
sentirsi spiato da qualcosa. E non solo per l'odore nauseante.
Intanto dietro di lui, un enorme Muk lo stava seguendo, passo per
passo. Poi aveva aperto le fauci, spalancandole giusto giusto come
l'altezza della persona che aveva davanti.
Proprio in quel
momento, Daikke si era voltato, ed il Muk era sgusciato alle sue
spalle, e mentre si rigirava, il pokèmon aveva seguito esattamente i
suoi movimenti, ritrovandosi nella sua postazione di partenza. Poi
aveva allargato la bocca e … Daikke si era rivoltato, osservando
adesso il buco nero che era la gola del Muk, che, attendendo una
reazione, se n'era rimasto fermo.
"…"
Daisuke lo aveva squadrato per qualche secondo, e poi, fregandosene,
aveva proseguito, lasciando un Muk parecchio stupito a decidere sul
da farsi. Quindi era scivolato davanti a lui, ed aveva velocemente
aperto la bocca. Aveva fame, lui.
"..."
Daisuke a quel
punto, dopo averlo guardato bene, aveva frugato dentro alle sue
tasche ed aveva tirato fuori una molletta ed un deodorante spray. Con
la prima, se l'era messa al naso, mentre con il profumo, aveva prima
fatto qualche spruzzo nella bocca dell'essere che gli stava davanti,
poi, vedendo che non serviva, e che comunque lui, di quel deodorante,
non se ne faceva niente, l'aveva buttato all'interno del Muk,
passando avanti.
Al Muk non piaceva
il sapore della cosa che gli aveva dato, sapeva di borotalco, ed a
lui non era mai piaciuto il borotalco, da quando avevano fatto quella
stupida pubblicità 'Borotalco, alto là il sudore!'**. Ed ancor di
più non sopportava il ragazzo per averlo ignorato, ed, infine,
scambiato per un cestino. E così lo aveva preceduto, comparendogli
per la terza volta davanti. "…" Daisuke, sospirando, si
era fatto avvicinare da quel mucchio di melma.
Jack … o Jack …
ma dov'è?
Jack stava
procedendo barcollando per quella sassosa galleria da … beh, da
tanto. Dopo l'episodio dello schianto, aveva capito che non aveva
senso andare alla cieca, ma di supportarsi con la parete di pietra,
per sapere dove andava.
Certo, però, che
se incontri uno strapiombo, ragazzo mio … Gli
aveva detto il vecchio Jack, dentro di lui. "Ah! Non farmici
pensare!" Aveva risposto Jack già depresso così com'era. Se
solo avesse avuto qualcosa con cui far luce …
Finalmente,
sembrava aver calpestato qualcosa di più solido della terra.
Intuendo che si trattasse di cemento, e che quindi si stesse
avvicinando alla civiltà, si lasciò dal muro e proseguì. Perlomeno
aveva un po' di speranza.
Proseguendo,
aveva intravisto un fascio di luce. Persone!
Aveva pensato, correndo in quella direzione. Aveva ormai svoltato
l'angolo, stracolmo di gioia, aveva finalmente raggiunto la luce e
---
"…."
Lui stava osservando, con uno sguardo imbambolato, il suo nuovo
compagno di sventura, da qualche minuto. Non sapeva a che pensare.
Quello davanti a lui, invece, aveva inclinato la testa, ed aveva
pronunciato: "Woopa?"
Tornando
da Maddy, perché siamo tutti curiosi di sapere come le va' …
Eravamo
scampati ai Grimer, questo era vero. Ma avevamo incontrato qualcosa
che, stranamente, era peggio. Eravamo capitati in una stanza
vagamente illuminata da fiaccole, ed eravamo corsi a nasconderci
dietro ad un masso. Proprio quando i Grimer ci saltavano addosso, un
tizio era apparso, veloce come un fulmine, e biascicando una
manciata di parole al suo pokèmon aveva colpito quasi tutti i Grimer
con delle lance di ghiaccio, mettendoli in fuga.
Non
mi piaceva quel ragazzo, aveva qualcosa che non andava. Era vestito
con pantaloni bianchi, stivaloni azzurri, ed un'enorme giacca a vento
senza maniche, di color celeste pallido. I suoi capelli ed i suoi
occhi erano azzurri come i suoi abiti. Mi spaventavano. Era
palliduccio come Daikke, ma questo qui ti dava l'impressione che
fosse a malapena scampato al congelamento. Il suo sguardo sembrava
indifferente, ma non come quello di Daikke: questo sembrava
superiore. Sembrava una persona sicura di sé, che pensava che le
altre persone fossero solo feccia. Non mi piaceva.
Rattata
si era messo sull'attenti, pronto ad un qualunque segnale gli
facessi. Il ragazzo, intanto, si era voltato verso di noi, e, con la
sua conchiglia-pokèmon – probabilmente era quello che aveva creato
il ghiaccio – ci osservava tranquillo. Avevo il presentimento che
ci stesse reputando dei vegetali. Così mi ero decisa a dire tutto,
ma proprio tutto quello che
pensavo di lui.
"…
Ma tu sei il pinguino del Polaretti di Polarettilandia!*" Gli
avevo detto, assumendo un finto stupore. I polaretti, se non
ricordavo male, erano dei pinguini che creavano in una fabbrica dei
ghiacciolini alla frutta. Facevano schifo.
Il
Polaretto mi aveva guardato malissimo, con una faccia che stava a
dire 'Dillo un'altra volta e di taglio la lingua': "Il mio nome
è Frost." Poi aveva lasciato a me da continuare il discorso:
"Sei
sicuro? No, perché per me la prima impressione conta molto! Per
esempio, la prima cosa che ho pensato di Daikke era stata che
assomigliava ad un vampiro. Ora, dopo una settimana circa che stiamo
viaggiando insieme, sai che cosa ti dico? Le possibilità che lo sia
davvero sono aumentate del 44%!" e mi ero messa seduta come L di
Death Note*, mentre il mio pokèmon e gli altri due mi guardavano non
capendo.
"Quindi,
c'è il 60% di probabilità che anche tu" e l'avevo indicato
"sia quello che tu a me sembri di essere ma che tu neghi di
esserlo." E dicendo questo aveva iniziato ad auto-annuire la mia
stessa ipotesi, complimentandomi per la mia ingegnosità.
"In
altre parole, sei un Po-po-po-polaretto!" Gli avevo sbattuto in
faccia.
Seguì
un momento di silenzio. Rattata si era messo a ridere, la conchiglia
si stava rotolando per terra, e quell'altro sembrava mantenere la
stessa freddezza con cui era arrivato. Insomma, un po' di allegria!
Daikke
ha trovato un nuovo amichetto …
o
forse no?
"Uff"
Aveva sospirato Daikke, togliendosi il sudore con un fazzolettino. Si
meritava una piccola pausa, prima di continuare. Quindi aveva preso
la sua valigia e ne aveva tirato fuori una tovaglia da pic-nic. Sia
chiaro, non era stato lui. Era stata Madeleyne che, con la scusa di
'allenarsi perché era fuori allenamento', gli aveva scassinato il
lucchetto della valigia e ci aveva infilato dentro cose inutili.
Quindi aveva preso il suo spuntino: un tramezzino. Non era sto
granchè, ma poteva andare …
"M-muk
…" Aveva iniziato il pokèmon puzzolente a qualche metro di
distanza. Era disteso a tetta, con gli occhi ad 'X' e con vari
bernoccoli un po' ovunque. E dire che lui l'aveva anche perdonato due
volte …
Ma
lui si sentiva in dovere di dare il buon esempio, per cui, dopo aver
spezzato il pane, ne aveva lanciato uno nella bocca del Muk, che
sorpreso, lo stava osservando ammirandolo. Fra quanto tempo se ne
sarebbe potuto andare?
Jack
invece sembra aver perso la retta via ….
"Woopa!
Woopapapa!" Continuava a ridere il pokèmon che aveva sulla
testa, rovinandogli l'acconciatura. Non che gli importasse, ma non
era piacevole avere la sensazione di bagnato. L'aveva trovato con un
bocca una torcia elettrica – ma dove cavolo l'aveva trovata?! - ed
era subitissimo saltato sulla sua testa, canticchiando canzoni mentre
faceva luce. Ed erano finiti in una stanza con due bivi, per quel che
aveva visto lui. "Ok, cos'era che mi avevano insegnato …?"
Si era chiesto, parlando più con se stesso che con il Wooper.
Controlla il vento, figliolo …
A volte si domandava perché possedeva quella specie di vecchietto
dentro di sé. Però aveva ragione.
"Wooper,
controlliamo il vento!" Si era messo a sinistra. Niente, nemmeno
una brezza. A destra, si sentiva solo il suo respiro. "… ok,
stavo scherzando." Dopo alcuni minuti di rimurginamenti a
velocità di una lumaca, aveva finalmente trovato la soluzione ai
suoi problemi. "Testa sinistra e Croce a destra." Aveva
detto, iniziando a far girare la moneta: Testa. Subito dopo si era
sentito bagnare da un liquido sconosciuto, che era sceso fino in
"Lo
sai Wooper, questa non è
una moneta di cioccolato. Quindi, per favore, potresti non sbavarmi
in faccia? Fa schifo …"
Visto
che Jack è impegnato, andiamo da Madd-Madd ...
"Immatura,
incosciente, inseguita da dei pokèmon di livello infimo … insomma,
sei di una stupidità sorprendente. Sai almeno che pokèmon è
questo?" Mi aveva domandato. Avevo squadrato la conchiglia. No,
niente. Zero. Quindi avevo sbirciato nel pokèdex, ma quello sembrava
avere degli occhi di falco.
"Come
immaginavo. Scommetto che tu sei una di quelle persone che un giorno,
pur non sapendo nulla di questi esserini, decidono di andare ed in
men che non si dica, battere la lega." Wow. Iniziava davvero a
stupirmi. E tutto ciò l'ha dedotto da …?
"Probabilmente,
sei riuscita a raggiungere questa città solo grazie all'aiuto di
questo moccioso ---"
"Daikke"
"---
e di quel Pokèdex. Come si fa a dare un oggetto di così tanto
valore, ad una come … come te?" Aveva detto, sinceramente
schifato dalla mia persona. Eppure non mi sembrava di essere così
tanto male, a parte per gli episodi con i Wooper, la casa in fiamme,
il Clafairy assassino, Hadolfa, il professore, Rattata ---. No, forse
dovevo ricominciare a riflettere sulle mie azioni …
"Già.
E scommetto che tu non sai niente di strategie, o di cose simili. Non
avrai nemmeno una medaglia. Non sarai nemmeno andata a scuola … ma
di preciso, quand'è che hai fatto la scelta di diventare
allenatrice?" Mi aveva chiesto, fingendo un minimo di interesse.
"Beh,
un giorno mi sono svegliata, mia nonna ha fatto le tagliatelle e …"
Quindi
quello si era messo a ridere, ma era una risata arrabbiata, di quelle
che ti facevano retrocedere all'istante. Io ormai ero quasi sul fondo
della stanzetta …
"Non
prendermi in giro. Shell ---"
"Aspetta!
Ma la Shell non è quella cose del benzinaio …" Avevo tentato
io, cercando di frenare il suo istinto omicida. Certo, insultarlo non
poteva che renderlo più furioso, ma, ehi, io ci avevo provato …
"…
Sai, è proprio questo che odio di voi allenatori. Pretendete di fare
gli spiritosi, quando non vi siete nemmeno impegnati a studiare le
basi per divenire allenatori. E poi, dopo che uno studia tutto quello
che doveva, se non di più, supera il test della scuola di
insegnamento, si procura tutto l'occorrente, e si impegna a fare del
suo meglio, sai che succede?" Aveva chiesto, al culmine della
sua silenziosa rabbia.
"…
quando sei arrivato alla tua prima città, ti accorgi di aver
dimenticato il tuo pokèmon a casa tua, sopra al comodino?"
Avevo tentato, poco convinta.
"Accade
che qualcuno, o perché è il cocco di una persona di potere, o
perché, come te, ha avuto un immenso colpo di fortuna ---"
"Mi
sa che ti sei perso qualcosa. Hai detto 'fortuna'? Ma allora non mi
hai visto in questi ultimi giorni …" Avevo controbattuto,
sentendomi in colpa, perché, nonostante tutto, era vero: stavo
prendendo in giro gli sforzi di tutti quelli che avevano studiato per
tutti questi anni. Sentivo il rimorso farsi strada fra i miei
pensieri.
"Adesso,
voglio proprio vedere quanta ne avrai di fortuna. Forse potrai
risultarmi utile per riscaldarmi il pokèmon … sai, l'ho appena
catturato ed oggi vorrei fare molte cose con lui. Hai qualcosa da
dire al riguardo?" Ultimamente tutti mi stavano facendo quella
domanda, come se fosse l'ultima cosa che potevo dire. D'accordo
essere seri, ma dai! Certo che per essere una copia di Daikke
chiacchierona, più alta e più grande, parlava molto di più!
"Sì
… ma quei capelli sono naturali?"
"Shellder,
Ritirata." Aveva detto, mentre il guscio del pokèmon diventava
leggermente più brillante. Sempre di più. Se continuava così mi si
potevano rovinare gli occhi …
"Rattata,
usa azione!" Ed il pokèmon era corso dritto davanti alla
conchiglia.
"Continua
a usare Ritirata finché non te lo dico io." Aveva risposto lui
al suo pokèmon, che, nonostante la preoccupazione, continuava a
tenere duro. Rattata allora, lo aveva colpito. Ma il risultato non
era proprio quello che avevo previsto …
"Rattata!"
Infatti il topo aveva sì, sbattuto contro il guscio, ma … si era
fatto mio male lui che il nemico. Per di più adesso si era ferito a
causa dell'impatto! "Usa Focalenergia!" Forse così potevo
aver più probabilità di vittoria.
"Ed
ora morso!" Dopotutto i suoi denti erano portentosi, non
potevano fallire. O almeno era quello che speravo. Shellder era
ancora intento ad eseguire … chi lo sapeva … la sua quinta
Ritirata? Mi stava preoccupando.
Rattata
era corso verso il Pokemon e l'aveva azzannato. Solo per ritrovarsi i
suoi denti incastrati nel guscio del pokèmon d'acqua. Ahia. Non
poteva andar peggio …
"Shellder,
prova ad usare azione su quella parte là, voglio vedere che
succede." Aveva detto leggermente divertito Frost. Mi pareva
leggermente sadico …
Quindi,
ricapitolando, mi trovavo davanti ad uno che ce l'aveva con me, senza
senso dell'umorismo, sadico, di molte parole quando si lamenta e,
purtroppo, pure carino, che mi stava battendo? Non era il mio giorno
fortunato.
"E-hm
… Ra-rattata! Usa colpo coda su Shellder!" Rattata, non
sapendo che fare, si era limitato ad eseguire gli ordini. Ed aveva
colpito Shellder in un occhio. Nonostante questo la conchiglia non si
era fermata ed aveva fatto sbattere il mio topolino sulla parete
rocciosa. Non gli rimaneva molta vita …
"Rattata
… usa morso all'interno della conchiglia!" Avevo detto, ormai
capendo il trucco. Il topo, seppur con difficoltà, si era alzato, ed
stava correndo, seppur non alla sua normale velocità, verso il
pokèmon nemico.
"…
mi sto annoiando." Aveva detto Frost, il quale mi stava parendo
sempre più spaventoso "Shellder, usa confusione." E così
dicendo il pokèmon aveva rilasciato delle ondicine azzurrognole
verso il mio compagno, che subito si era messo a barcollare in
cerchio, come un ubriaco. Poi, era successo il fatto buffo, Rattata
si era morso la sua stessa coda. Ed era finito KO.
(attenti,
battuta penosa) --->
"Jack, un iceberg!" "… DOH!" ***
"Sì,
mi sento fiducioso Wooper, possiamo dirci ormai, quasi belli che
arrivati!" Aveva detto uno sprintoso Jack mentre correva – più
per esasperazione che per voler fare attività – lungo i corridoi.
Si sentiva pronto. Aveva fatto molti sacrifici per arrivare fin lì.
Letteralmente: aveva dato tutte le sue monete (che non erano molte,
comunque), al Wooper. Temeva infatti che se non gliele avesse date da
mangiare, il Wooper si sarebbe messo a mangiargli la testa. Pokèmon
strani.
Nonostante
ciò, Sentiva di aver preso una strada speciale, diversa dalle altre.
E non era solo perché aveva visto precedentemente un cartello con su
scritto "Una via è quella giusta".
Il
Wooper continuava a far luce, ad illuminare il suo glorioso cammino!
Adesso doveva girare l'angolo e ---
Wooper
aveva illuminato la sala. Dieci tunnel disposti a cerchio,
equidistanti l'uno dall'altro, sembravano circondare i due. Da quelli
non proveniva nessun segno, nessun indizio, nemmeno una leggerissima
brezza … solo puzza a fetore. Ed il rumore di pokèmon selvatici.
"Wooper
…" Aveva iniziato lui, sospirando e mettendosi le mani in
tasca.
"Wapu!?"
Aveva chiesto lui, stoppando la canzoncina.
"Quante
monete ci rimangono?"
Maddy
….
"…"
Avevo
perso la mia battaglia. Contro uno che avevo preso in giro fino a
quell'istante. Contro una persona che conoscevo a malapena. Contro
una conchiglia vivente sponsor di vari benzinai. Contro un Polaretto.
Come
dovevo sentirmi io? Triste? Arrabbiata? Depressa? Svogliata?
Non
lo sapevo. Proprio, in quel momento non riuscivo a sentire niente.
Sì, ero un'idiota. Sì, ero una sfruttatrice. Sì, avevo nullificato
tutti gli sforzi che i miei amici avevano fatto per me. Rattata, per
esempio. Ogni volta che lo tiravo fuori, lui mi proteggeva ed
eseguiva tutti i miei ordini. Guarda un po' cosa ha
comportato …
E
Daisuke, allora? Perché perdeva tempo ad insegnarmi tutte quelle
cose sulle tecniche di base e sugli strumenti necessari? Non aveva
capito, che ormai io non avevo possibilità? Mi dispiaceva tanto per
loro.
Avevo
quindi ritirato il mio piccolo pokèmon, ora ferito un po'
dappertutto, e mi ero rivolta verso Frost, pronta ad ascoltare quel
che mi aveva detto.
"Quindi,
voglio proprio vedere cosa mi dirai adesso." Mi aveva detto.
Ah,
molto spiritoso. Mi sentivo uno schifo. Guarda, quasi quasi andavo a
buttarmi nella fogna …
"Che
me lo sono meritato, di perdere contro di te." Avevo risposto,
cercando di riprendermi un po della mia aura filosofica. Non tutto
era perduto, forse.
"No,
ti sbagli." Aveva detto, sorridendo sarcasticamente e sollevando
il dito. Sembrava divertirsi a far sentire la gente uno schifo "Io
non ho fatto niente, mi sono solo difeso. Sei tu che hai
fatto finire KO il tuo pokèmon."
Quella
frase mi aveva colpito. Se ripensavo all'incontro, però, era vero.
Sono stata io a scagliare Azione quando la corazza del pokèmon era
più dura. Io che aveva fatto incastrare i denti di Rattata nel
guscio. Ed ancora io ad ordinare il Morso con Focalenergia. Se avessi
detto di sospendere l'attacco, forse …
"Non
ti senti leggermente responsabile per quello che è accaduto?"
Oh sì, ci puoi giurare. "E
non ti senti un'idiota? Che prima prende in giro e poi batte la
fiacca? Non ti senti una fallita?"
"Sì,
in effet --- cosa? Quindi tu mi hai battuto, e pensi che io stia
soffrendo per questo?" No, mi devo essere persa qualcosa. Ero
stupita.
"Quindi
è questo che prova la maggior parte degli allenatori, dopo la prima
batosta? Provano vergogna per se stessi, sensi di colpa per aver
fatto schifo?" Quello mi stava guardando come se fosse una cosa
che non aveva previsto.
"E'
per l'auto-depressione che molti rinunciano? Ma siamo matti?! Io
convivo con l'auto-depressione da due anni, eppure non ho mai mollato
niente! Cioè, è vero che sono stupida ecc ecc … ma mica son
triste per quello!" Avevo finito il mio monologo. Senza
accorgermi mi ero messa a ridere, mentre Frost sembrava ritornato più
tranquillo e silenzioso. Il sadico Frost era scomparso. Probabilmente
l'avevo lasciato senza parole …
"Non
posso credere che tu abbia battuto il team Pyro …" Aveva
borbottato "Ci rivedremo, sappilo." Dopodiché era sparito
nel nulla, con il suo pokèmon che faceva comparire della nebbiolina
al suo posto. Sì, un'esperienza leggermente demoralizzante e strana,
non c'era che dire. Forse potrei apparire insensibile, ma la realtà
era un'altra: a me non dispiaceva mai
per me. Solo per le persone a cui arrecavo danno. E lì sentivo molto
rimorso.
Dopo
qualche minuto, il mio treno di pensieri era stato, letteralmente
deragliato, da un urlo proveniente da dietro di me. Voltandomi, ero
rimasta accecata da una raggio di luce abbagliante. Stavo quasi per
cadere. O almeno, sarei caduta se Daisuke e Jack non mi avessero
preso per le braccia e trattenuto. Dopo aver riacquistato il mio
senso smarrito, mi ero soffermata a vedere la scena: Daisuke era
seguito trotterellando da un Grimer gigante dall'aria molto
felice, nonostante i bernoccoli,
mentre Jack era .. beh …
"…
perché sei ricoperto di bava?" Avevo chiesto, divertita.
Daisuke gli aveva porso un fazzoletto.
Jack
aveva sorriso. Un sorriso stanco e piuttosto tirato: "Ci
servivano monete …"
"Woopa!"
Aveva confermato Wooper da sopra alla mia testolina.
"Delle
mone --- AHHHHHH!" Avevo urlato esasperata. Dovevo correggermi:
io non provavo mai dispiacere per me, a meno che non
ci fosse un certo Wooper nei d'intorni.
"Che
ci fa' lui qui!?" Avevo domandato, cercando di togliermelo di
dosso.
Jack
aveva scosso le spalle "Boh, penso vi abbia seguito … non è
vero WoopySnoopy?" Aveva domandato, prendendo in giro il
pokèmon.
Daikke
aveva chiesto, mentre proseguivamo attraverso l'ultimo tunnel
rimasto: "Che è successo qui dentro?" Aveva intuito che
c'era stato un incontro? E da cosa?
"Oh,
ho solo perso per la prima volta durante una battaglia di pokèmon,
contro una conchiglia ed un Polaretto di Polarettilandia …" Ed
avevo ricevuto un'occhiata mezza curiosa mezza arrabbiata da Daisuke.
Ouch.
"E
invece, voi due cosa avete fatto per tutto questo tempo?" Avevo
domandato, cercando di cambiare argomento. I due mi avevano fissato
per un momento, poi si erano fissati a loro volta ed per finire aveva
distolto lo sguardo, osservando il tunnel:
"Niente
di particolare …"
*
Tutte ste robe nn mi appartengono U.U
**
Borotalco, la pubblicità, nemmeno. E poi a me piace U.U
***
La battutina di Titanic potevo risparmiarmela >_<
****
Avete presente It (Stephen King)? Ecco, lui è quel pagliaccio che
abita nelle fogne, e che all'inizio del libro si vede convincere un
bimbo ad allungare un braccio giù per un tombino per potersi
riprendere una barchetta di carta. Poi gli mangia il braccio e lui
muore U.U
Allora,
i tizi si perdono nelle fogne, abbiamo diverse vicende e bla bla bla,
chi sono io, quello dei mini riassunti? é_è Abbiamo incontrato il
nuovo rivale (tecnicamente non proprio rivale, ma quasi) che rompe
molto U.U Son triste xk non è venuto molto bene … devo aver
sbagliato le dosi di 'bocca larga' e 'sadismo' …
E
poi i Grimer, ooo, ero combattuta se fare i Grimer o gli Zubat, ma
penso che quelli li tengo per più tardi xD WEEEE Mi è piaciuto sto
chapter!
Franky9397:
tu dici? Secondo me Madd-Madd
è
solamente un po' sfigata …
ma
poi, hai visto che sfortuna che ha
Jack?
o.O E' matto …
Hadolfa,
la cara vecchia Hadolfa …
sì,
probabilmente è dovuto all'età xD
Birby:
scs x la lentezza con cui è uscito fuori,
ma
sai, iniziano le scuole e (bla bla bla)
la
zona safari, perlomeno, è sana -.-"
zizi,
capisco che tu sia una fun della coppia
Daikke/Maddy,
ma comunque, tu ci vedi ME
a
scrivere di un rapporto fra un'undicenne
e
un sedicenne? -.-" Prenditela comoda, e preoccupati
piuttosto
di Kakeru U.U
Malandrino
Ninja: WEEEE! Un nuovo lettore, yuppy!
Benvenuto!
Quindi sei un amichetto di Shesshomaru, neh?
Piacere!
^^ E grazie per i complimenti ^^
Mmm,
ti piace Hiro? Anche a me, ma sai
essendo
che la storia non è proprio il massimo
della
romanticità, mi sa che ti dovrai accontentare su ciò
che
propongo U.U Bah, per il Wooper poteva anche
starci
la pokèball come sasso, ma purtroppo
l'ho
già fatto per Rattata >_>
Che
billo, spero che continuerai a recensione ^^ ♥
camilla_rain:
non ti preoccupare, che di Ash ne
devo
scrivere U.U MA! Non so se farlo comparire
nella
2° o 3° città …. devo riguardarmi i film …
oggi
non mi sto scusando, viso? U.U xD
Jack,
probabilmente, non è come te lo aspettavi
come
biasimarti? Anche per lui devo aver
ciccato
le dosi di 'intelligenza' …
Ho
deciso di farlo di anni 16 perché
così
si cambiava un po' … U.U
Boh,
anche oggi voglio sentire la tua opinione ^^
Allora,
come ho già detto, non mi scuso x niente perché a me questo
capitolo è piaciuto U.U E vi posso anche dire che prima che ne
vedrete altri passeranno altre settimane, causa scuola >_> Ma
non disperate ^^"
DOMANDA:
adesso che l'ho approfondito, come vi sembra Jack? Ed il nuovo
Polaretto?
SONDAGGIO:
faccio catturare Wooper a Maddy (l'altra possibilità sarebbe farlo
morire >_>), ed il Muk a Daikkuccio? (nonostante questo non
facesse parte del 'grande piano')
♥♥♥ GloGlo_96
|
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Capitolo 18 *** E Ancora ... una valanga di Grimer! Q.Q ***
Pkm 17.0
Muk,
Grimer ed il ritrovamento del capopalestra
(Finalmente
-.-)
Stavamo camminando
in silenzio, per quelle vie sporche e puzzolenti, da ore, ormai. E
non era uno di quei silenzi sopportabili: l'aria era carica di
tensione. Mi ero quindi girata verso Daikke, per capire se anche lui,
come me, dava cenni di stanchezza.
E invece no:
passeggiava tranquillo, fiero e possente, con la faccia che non dava
un minimo segno sul suo stato d'animo, con degli occhi troppo
profondi per capire quello a cui stesse pensando. In altra parole,
aveva l'aria di uno che andava in giro per funghi. Funghi velenosi, a
che pensavate?
Voltandomi
dall'altra parte, invece, vedevo Jack, bagnato fradicio, con l'aria
di uno sfortunato che non sa perché si trova lì, ma deciso comunque
a trovare una via d'uscita. Maneggiava, un po' giocherellando, con la
piccola torcia nera elettrica, controllando di tanto in tanto se la
luminosità dalla luce risultava più fioca oppure normale. Era,
comunque, visibilmente preoccupato: non sapeva come, e quando, le
batterie si sarebbero scaricate. Ciò nonostante, avanzava
rapidamente sorpassando rocce, discese e salite scivolose come se
fosse nato per quella vita. Assomigliava ad un avventuriero...
Io, invece,
camminavo al centro, come per separarli da eventuali risse, con le
mani incrociate, il vestito ed i capelli fradici, sporchissimi e
puzzolenti – colpa dei Grimer! – con il viso stravolto: avevo
l'aria di una che non dormiva da settimane. E lo stupido Wooper che
penzolava, saltellava, girava, canticchiava sulla mia testa non
aiutava di certo. Continuavo ad inciampare, scivolare e guardarmi
intorno come se avessi paura di ogni singola pietra che sorpassavamo.
Dopo l'esperienza con il Claffifferry, non mi fidavo più dei luoghi
sotterranei, bui e umidi ...
All'improvviso, le
mie orecchie avevano percepito un suono. Che fosse il suono della
libertà? Il suono dell'uscita? Dei cittadini in festa? Non lo
sapevo. Quel rumore sembrava aver scaturito un'esplosione di emozioni
da parte di Jack, che, come se risvegliato da una lunga trance tenuta
in piedi solo dalla sua voglia di ritornare in superficie, era
partito a razzo a correre verso l'ubicazione della presunta cantilena
che riecheggiava nel tunnel. Daikke aveva solamente aumentato il
passo, così da non perderlo di vista, e sospirava costantemente,
come a lamentarsi dell'esagerazione del teenager. Per quel che mi
riguardava, io continuavo a camminare sempre più lentamente:
speranza di uscire da quel luogo o no, non ero sicura che le mie
gambe avrebbero potuto sopravvivere ad una corsetta. Ed il Wooper
sopra di me, che non era certo leggero, continuava a sbattermi la
codina in faccia ritmicamente, come per tenere il tempo di una
qualche canzoncina.
"Woopa woopa
woopa woop! Woo, waa, wowoppa!"
"Grr, stai
zitto stupido coso!" Continuavo a ripetergli da chissà quanto
tempo. Ma i miei tentativi era inutili, quell'affare aveva una
tenacia troppo forte … nemmeno i carro-armati potevano abbatterla …
Ad un certo punto,
però, mi ero ritrovata in un luogo super oscuro, tenebroso, con una
puzza ancor più tremenda. Che mi fossi persa? Impossibile, c'era
solo un percorso da seguire … si sentivano degli strani rumori
provenienti da lì dentro. Era tutto molliccio, tutto … si stava
restringendo? E c'era una piccola pallina al di sopra di me,
violacea, appesa alla parete. Non volendo più restare in quel luogo
-che stava anche iniziando a muoversi, ma dico io! - mi ero guardata
attorno. Non mi piaceva quel posto era … vivo. Avevo quindi urlato
qualche frase insensata, cercando di far arrivare la mia richiesta
d'aiuto fino alle orecchie di qualcuno:
"EHI! Dove siete!?"
Ma con mia sorpresa, non si era riuscito a sentire nemmeno uno
straccio di eco. Stupido eco … ero così esasperata, che avevo dato
un calcio al suolo. Solo in quel momento, mi ero accorta che il
terreno non era fangoso come quello della caverna su cui ero convinta
di star passeggiando, ma bensì era bavoso. Come faceva ad
essere bavoso!?
Ed allora una
piccola, insulsa e malsanamente pazza ideuccia si era formata nel mio
piccolo cervelletto. Io, me magnifica, stavo camminando sopra ad una,
seppur enorme, lingua.
"...ora, non
essendo del tutto andata, nonostante molta gente me medesima compresa
potrebbe pensare, esigo subito che il qui presente Muk mi sputi."
Avevo detto acida guardandomi attorno. La sua bocca si stava
rimpicciolendo, e l'odore aumentando... che avesse intenzione di
mangiarmi?
"Muk! Ho detto
di tirarmi fuori! Uno scherzo dura poco!" Avevo urlato, mentre
Wooper, accorgendosi anche lui del posto dov'eravamo capitati, aveva
interrotto la canzoncina.
Eppure non avevo
ricevuto alcuna risposta … ed il terrore di venire divorata da uno
schifoso essere molliccio stava crescendo. Dovevo fare qualcosa.
"Va bene Muk …
allora dovrò usare le maniere forti..." Innanzitutto, avevo
preso dalla mia borsa una pagina di carta, l'avevo appallottolata, e
l'avevo tirata a qualche decimetro di distanza, fuori dalla porzione
di lingua. E si era sciolto. Oh … forse se rimango qui, ferma e
buona, mi mangerà velocemente ….
"Woop, woppa
woop!" Aveva esclamato quell'altro, saltandomi su e giù in
testa ed iniziando ad accumulare acqua nella sua bocca.
"Ehi, no, che
intendi fare?"" Non volevo ritrovarvi mangiata e
bagnata. In più si moriva di freddo, e se fossi entrata in
contatto con una qualsivoglia forma d'acqua gelata, sarei diventata
un ghiacciolo. E il Muk allora sarebbe stato ancor più contento. Non
sapendo che altro fare, mi ero preparata al peggio, schermandomi il
viso con le braccia e accucciandomi. Con mia sorpresa, però, dallo
stupido pokemon non era uscito un enorme getto d'acqua, ma bensì una
decina di anelli fosforescenti con attorno delle bolle, che erano
finiti addosso alla "parete" di quel posto.
"Wowowooo!"
Aveva detto, fermandosi dopo l'inutile tentativo.
"Ma sei scemo?!
Non devi colpire lì, devi usare quella tua mossa là!" Ed avevo
indicato l'ugola del mostro, la palla schifosa ballonzolante
appiccicata al soffitto, con fare disperato. Wooper che, a quanto
pare, dimostrava un minimo di intelligenza, aveva recepito il
messaggio e si era quindi, preparato a usare la sua mossa, gonfiando
le guance "Wooo ---" ed sputando "—paaa!"
Da qualche altra
parte, diciamo, una trentina di metri più avanti...
"…" Non
sapeva che pensare, solo che era molto sospetto. Aveva da qualche
minuto raggiunto quell'idiota di un sedicenne, tutto sudato ed
affranto, che stava scavando di scavare, con le sue mani, un buco
nella parete. Probabilmente aveva capito che il suo "suono della
salvazione" proveniva da dietro alla parete di roccia, piuttosto
sottile, a quanto pareva, e si era messo a grattarne la superficie.
Secondo l'opinione di Daisuke, lui era stupido se credeva di poter
aprire un varco sulla parete solamente usando le mani. Avrebbe
dovuto, secondo la sua coscienza, dirglielo, ma … il suo buon cuore
gli suggeriva di lasciarlo lì come un povero cretino, a faticare
senza ottenere risultati finché non avrebbe raggiunto la piena
coscienza di quanto quel suo atto potesse risultare inutile ed
imbarazzante. Quant'era generoso!
E il Muk? Si
era nuovamente voltato, per osservare meglio il pokemon, da un paio
di minuti divenuto sproporzionatamente enorme. Aveva la faccia di uno
che stava per vomitare, pallida e sudaticcia. Ma oltre a quello, era
anche contratta in posizioni strane, simili a smorfie, ed il suo
corpo aveva assunto la forma di una specie di montagnetta. Non aveva
mai sentito nominare di un Muk malato che assumesse quelle posizioni
strampalate ….
"…" Per
qualunque malattia quell'essere avesse, lui non voleva esserne
coinvolto. Così si era spostato di qualche metro più indietro,
osservando l'affare da distanza.
A questo suo
spostamento, Jack si era seduto per riprendere fiato, si era guardato
intorno, ed aveva spalancato gli occhi: "Dov'è Madeleyne?"
Aveva chiesto, quasi cogliendo Daisuke di sorpresa. Ma quasi.
Allorché si era voltato anche lui, per controllare: c'erano
solamente lui, lo sfigato rimbambito e il Muk infettivo, che si
osservava attorno febbrilmente.
"…?" Il
Muk malato aveva spalancato le pupille e si era mosso di circa un
metro più indietro, come per scappare molto lentamente. "…!"
A da lì era diventato tutto limpido come l'acqua. Non ci voleva
molto a far due più due. Quindi si era mosso verso il Muk, seguito a
distanza dall'altro mammalucco che non sapeva che cavolo stesse
facendo.
"Eh? Daisuke,
cosa stai …" Aveva tentato di chiedere Jack, grattandosi la
testa con una mano, confuso. Daisuke, che era ormai arrivato di
fronte al pokemon - non più violaceo, ma indaco – lo aveva
ignorato, e, con guardo di noia e rimprovero, si era tirato su la
manica del braccio destro, arrotolandola fino alla spalla. E poi
aveva sferrato un destro all'enorme massa del Muk.
Interno del
Muk...
"S-sono morta
…" Avevo iniziato a mostrare segni di panico "… morta
vi dico. Morta!" Il mio stomaco si contraeva in mille posizioni
degne di un contorsionista del miglior circo del mondo.
Com'è possibile?
Come può essere possibile che la mia vita, non ancora vissuta a
pieno, finisca perché … perché …
"Com'è
possibile che quel tuo attacco non possa raggiungere l'ugola, esigo
spiegazioni!" Avevo urlato al Wooper, che, con la sua solita
aria da ebete, continuava a fissare l'enorme palla pendente dal
soffitto. Infatti, nonostante il primo attacco fosse andato bene,
quando gli avevo chiesto di provare a colpire l'ugola del Muk,
quell'idiota di uno stupido e incapace Wooper non era riuscito a
portare a termine l'opera: ogni volta che lanciava il suo attacco
verso l'alto, le bolle ed i cerchi fosforescenti si scomponevano, e
percorsi all'incirca tre o quattro metri, ricadevano a terra come
semplice acqua. Ma era possibile?!
"Woopa?"
Aveva detto poi, evidentemente non capendo. Tirandomi una manata
sulla fronte, ed accorgendomi che, non solo stavo per fare una delle
più stupide morti di tutti i tempi, ma che sarei morta insieme
al cosino rompiscatole
blu, mi ero sentita pervadere da un'imponente, e somma, disperazione.
Avevo, quindi, guardato il Wooper, che faceva le capriole sulla
lingua del pokemon velenoso. Con quel suo solito. Sorriso. Semplice.
E. Felice. Insopportabile.
"Tanto …"
Avevo sentenziato, con metà della mia volontà che prendeva il volo
per la demenzialità della situazione "… che può succedere di
peggio?"
Così avevo
afferrato il Wooper, e l'avevo lanciato addosso all'ugola. Dovevo
ammetterlo, volava molto bene quell'affare. Se si scioglieva contro
l'acido del Muk ... beh, pazienza. Perlomeno era morto prima lui.
Nel
momento in cui il pokemon colpiva quella sfera schifosa – nel
mentre io stavo filmando la scena con il Pokédex per poterla
rivedere, se fossi mai uscita fuori da quella situazione – , mi era
sembrato che, qualcos'altro, fosse intervenuto dall'esterno per
poterci aiutare. E non l'avevo intuito solo perché la parte (credo
la pancia) di Muk si era retratta all'interno, allungandosi di
all'incirca un metro, come se colpita da qualcosa. Ma chissenefrega.
Poi, il terreno aveva cominciato a tremare, l'enorme bocca si era
aperta ed uno schifoso e puzzolente liquido (Fa
che non sia vomito, fa che non sia vomito, ti imploro!)
ci aveva spinto fuori.
Esterno,
finalmente
"Ahi … ahi …
male … dolore … mi sarò rotta qualcosa …" Continuavo a
ripetere, cercando di capire meglio dove fossi finita. Era un posto
più luminoso, di certo. E c'erano voci confuse …
"Sì … però
adesso potresti alzarti? Sto soffocando …" ...Ok, forse le
voci confuse erano confuse per un motivo. Guardandomi meglio
attorno (ero ancora troppo intontita per capire dov'era il sopra e
dov'era il sotto) mi ero accorta di non essere del tutto sola. Anzi,
un più che indifferente Daisuke mi mi stava squadrando dall'alto in
basso, con uno sguardo interessato. Poteva essere divertito?! Non
c'era niente di divertente in tutto quello!
Poi avevo
controllato la mia posizione. Ero sopra a qualcosa di morbido. E
bagnato del vomito del Muk, ovviamente. Poi avevo scorto una macchia
di capelli rossicci.
"Ah …"
Non avendo nemmeno la forza di fare una battutina, mi ero alzata
barcollante e mi ero appoggiata alla parete. Jack, che in quel
momento aveva incollato in faccia un sorrisetto di stanchezza, aveva
seguito il mio esempio, e, appoggiandosi, aveva scosso le spalle,
lamentandosi di qualche vertebra rotta.
"Scusa! Scusami
tanto, ti sei fatto male? Sei ferito? Non intendevo, credimi, io non
… io non volevo!" Avevo detto, comprendendo meglio di essere
stata un peso per lui. Letteralmente. Odiavo fare del male alle
persone, o causare problemi … quindi chiedevo di essere perdonata
per ore. Non riuscivo ad essere in pace con me stessa, mi sentivo
l'idiota della situazione.
"Ma va! Di che
ti preoccupi? E' stata un'esperienza!" Aveva detto ridendo "Sono
incidenti che possono capitare, non sei tu quella che dovrebbe essere
dispiaciuta, ma bensì--"
FlashBack
"Uh? Che sta
succedendo Daisuke?" Aveva detto Jack osservando il più giovane
e freddo. Brr, gli faceva ansia quel tipo: impassibile, contenuto,
sadico e intelligente … doveva avere qualcosa in mente. Poi l'aveva
visto tirare un pugno, anzi, una serie di pugni al pokemon, il quale
si contorceva come disperato. Non avrebbe proprio voluto essere nei
suoi panni. Ma non gli faceva male l'acido del Muk a Daisuke?! Doveva
essere un mostro. Comunque … dopo qualche secondo, l'affare aveva
aperto la bocca.
Ohoh, non sono
mica scemo. Si era detto,
mettendosi a correre per scappare dall'ondata di vomito schifoso.
Solo che, in quel momento, una mano era comparsa, l'aveva afferrato
per il cappuccio della felpa che indossava, e l'aveva buttato
esattamente di fronte al pokemon. In tre secondi. Tre miseri secondi,
ed era stato travolto, investito, da una massa di bile e due oggetti
non identificati. Poco distante, Daisuke che guardava la scena, con
gli occhiali che luccicavano di un'aura misteriosa...
Fine FlashBack
"--- no,
niente..." Aveva finito, deglutendo alla vista di Daisuke. Che
centrasse qualcosa anche lui in quella faccenda?
Il Muk era mezzo
morto, ma continuava a fissarci con golosità: "… Muk.""Come
sarebbe a dire "Muk"?! Hai cercato di mangiarmi! Ma dico,
non potevi ingoiarti Daisuke? Lui è sicuramente più appetitoso e
facile da digerire!"
Il Muk era subito
impallidito, ed aveva fissato Daisuke per qualche secondo. Poi si era
fatto piccolo piccolo e si era messo a tremare. Poveretto … lo
capisco benissimo.
"Ma comunque,
come mai stai così mal---" In un battibaleno, un enorme
quantità d'acqua si era schiantata addosso a me e Jack. Lavandoci
via dal vomito, certo. Ma alla fine ... Eravamo, non bagnati:
completamente fradici. E faceva freddo!
"E-etchì!"
Avevo quindi starnutito, mentre il piccolo Wooper, causa
dell'inondazione, era risalito sulla mia testolina, come se non fosse
successo nulla. Odioso.
"E-Ehi! Guarda
che così ti ammali!" Mi aveva detto Jack, mettendo in evidenza
i miei vestiti, leggeri e bagnati fradici, mentre lui se ne stava
comodo comodo nella sua felpona morbidosa.
"…
impossibile. Io non mi ammalo mai." Gli avevo risposto, facendo
una mezza risatina per sciogliere la tensione. "Infatti, gli
stupidi non si ammalano." Aveva detto Daisuke, di rimando,
continuando a camminare per il cunicolo.
"Crudele! Dopo
essere stata rigurgitata da quel Muk, questo è tutto quello che mi
dici!?" Gli avevo urlato dietro, seguendolo velocemente. Dietro
di me Jack rideva.
Anche se forse ha
ragione … Mi ero detta,
tirando su col naso, barcollando e facendo una specie di "cik-ciack"
ad ogni mio passo, per colpa dell'acqua che era entrata nelle scarpe.
Era
da un po' che ci facevo caso, ma solo in quel momento mi sembrava di
avvertire uno strano presentimento. C'era qualcosa in quel posto, che
non mi piaceva. Puzzava. Ed
era una puzza ben conosciuta,
un tanfo già sentito … A quanto pareva, pure Daikke aveva compreso
che qualcosa non andava, e Jack si limitava a guardarsi attorno con
aria di "spero-che-quella-cosa-non-accada". Wooper, però,
inutile animaletto viscido senza naso, sembrava non esserne turbato.
Ciononostante, il piccolo essere era saltato, sorprendentemente, di
sua volontà, giù dalla mia capoccia, ed avanzava saltellando verso
il centro della cavernetta in cui eravamo capitati. C'erano tante
caverne, purtroppo. Poi aveva alzato la testolina verso il soffitto,
allargando il sorriso da ebete che madre natura gli aveva donato in
preda ad una crisi di nervi. Così tutti avevamo alzato la testa a
nostra volta.
...Lo spettacolo
è malsano, schifoso ed orribile...
Sopra di noi
dondolava, senza sosta, un bozzolone enorme di vomito e bava di
Grimer, appiccicato sul soffitto. Terrorizzata dal bozzolo (così
diverso, eppure simile a quello di un insetto), avevo sussurrato a
Daisuke: "Ti prego, ti prego andiamocene via!" Mentre
quello invece continuava a fissare verso l'alto, osservando i vari
Grimer sbucare dalle fessure nella roccia del soffitto e continuare a
ricoprire il loro bozzolo.
"…"
Daisuke pareva indifferente alle mie preghiere. Perché era sempre
indifferente a tutto quel che gli dicevo!? Sapevo solo che senza
Daisuke non sarei sopravvissuta per più di venti minuti in quel
posto senza impazzire. Jack, tentando di sollevare il morale, aveva
biascicato: "Le dimensioni e la forma sono proprio quelle di una
persona! Scommetto che noi ci potremmo benissimo entrare dentro!"
Quindi avevamo riso. Jack era davvero stupido, ed i suoi paragoni e
le sue teorie erano … d'un tratto le nostre risate ed i nostri
lievi e stanchi sorrisi erano scomparsi. Aspetta. Stop. Apetta una
attimo. Avevo risollevato lo sguardo fino ad incrociare la sagoma
violacea di bozzolo. Quindi il mio cervello era andato in black-out
"…" Lo
aveva capito subito che quel posto non era normale, ma nonostante
questo lui aveva continuato ad avanzare imperterrito. Certo, non
poteva immaginare di trovare davanti a sé, nel suo cammino, un'orda
di Grimer decerebrati che costruivano un enorme e schifoso involucro
con all'interno la loro preda. E naturalmente non era finita lì. No,
la preda doveva pure essere un uomo! Iniziava a sudare
freddo. Non tanto per la fifa o per che altro, ma piuttosto per
l'angoscia: da quando aveva conosciuto quella ragazza, gli
succedevano sempre i fatti più strambi e pericolosi. Daisuke non
riusciva a capacitarsene.
"...penso che
me ne andrò in attimo a vomitare..." Aveva sussurrato Jack,
pallidissimo, coprendosi la bocca con una mano mentre cercava di
combattere i conati che visibilmente lo stavano intrattenendo. In
effetti, era disgustoso.
"Ma è-- è...
ch-e … è davve-ero …" Continuava a balbettare Madeleyne
nello stato cataconico in cui si era ritrovata. Probabilmente non era
in queste condizioni a causa della sua preoccupazione per la persona
intrappolata lì dentro … no. Lei era terrorizzata dall'idea che
forse, anche lei ci poteva capitare. La sua fobia per le cose
che riguardavano gli insetti era già esagerata. Ma per carità,
questo bozzolo non era nemmeno stato fatto da un insetto!
"Sey …
sfuriate." Aveva quindi detto, sospirando. Non gli piaceva quel
posto e se ne voleva andare il più velocemente possibile. Il
pokemon, appena uscito dalla sfera, aveva spiccato un balzo,
gradualmente confondendosi con l'oscurità che c'era lì intorno.
Dopotutto, ogni Sableye che si rispettasse doveva essere in grado di
arrivare inosservati fino alle spalle delle prede, per poi colpirli.
Non c'era nulla che il suo pokemon non riusciva a fare,
nell'oscurità. Uno dopo l'altro, i vari Grimer colpiti dai
portentosi graffi del suo pokemon, erano precipitati verso terra,
schiantandosi con un sonoro "SPLAT". Ultimo ma non ultimo,
pure il bozzolo era precipitato a terra, con Sableye che lo tagliava
in diagonale per sfasciare i vari strati che lo componevano. Con loro
interesse, i tre si erano quindi avvicinati al bozzolo rotto ed
avevano osservato all'interno, per ritrovarci …
"...una statua
di fango!? Ma che cavolo …!" Avevo esclamato, esterrefatta:
tutta questa fatica per un'inutile e puzzolente statuetta di
fanghiglia?
"Non ti
lasciare ingannare, questo fango è stato fatto da un pokemon …"
Aveva detto Jack, mettendosene in bocca un po', prima di sputarlo,
"Infatti, credo che qua dentro ci sia il capopalestra della
città." Aveva terminata, congratulandosi con se stesso.
"Il
capominestra è qui...? E allora liberiamolo, dai!" Avevo
esclamato, disperata. Poi mi ero ricordata di una cosa: "Jakko,
ma perché hai assaggiato quello schifo?"
"Eh? Ah …
beh, diciamo che è un'abitudine che ho preso da un mio amico …"
Aveva detto assumendo un'aria sconfitta "… vedrete, prima o
poi lo incontrerete anche voi … è inconfondibile. Quando lo
trovate, però, dovete scappare." Aveva terminato con dei
lacrimoni agli occhi di disdetta. Questo suo amico non doveva
essere normale ..
Avevo quindi
pensato.
"Tsk …"
Aveva commentato Daisuke "Se volevate parlare un po' sulle
vostre vite, potevate benissimo rimanere nelle vostre camere del
centro..." Aveva detto, acido, mentre dirigeva gli attacchi di
Sableye sulla banda dei Grimer. Sey si stava visibilmente stancando:
i Grimer erano dappertutto, continuavano a spuntare uno dopo l'altro.
"Bene …
Wooper, sbrigati!" Avevo esclamato io, indicando il fantoccio di
fango. Il piccolo pokemon, continuando a fischiettare, aveva sputato
un'enorme quantità d'acqua che stava sciogliendo l'involucro di
fango del capopalestra.
"Sey, attento!"
Aveva esclamato Daisuke, mentre il suo pokemon veniva colpito dai
piccoli mostriciattoli, che in meno di due secondi lo avevano
ricoperto. Erano davvero in troppi per uno solo. Prendendo a calci
l'ammasso di pokemon selvatici, Daisuke aveva ritirato il suo
pokemon, intontito a causa dell'enorme puzza che aleggiava in quel
luogo, ed aveva lanciato una veloce occhiata agli altri. Il
capopalestra era quasi libero, grazie agli sforzi del Wooper, e Jack
(a quanto pareva senza sfere pokè) stava calpestando i vari pokemon
che osavano avvicinarsi. Non poteva certo dire di essere messo bene,
il povero Daisuke. Beh, sempre meglio di niente …
"Qui abbiamo
finit--- Wooper!" Avevo esclamato. L'affarino si era lasciato
catturare dai Grimer che in quel momento lo stavano risucchiando
all'interno del loro corpo.
"Gri, Grimer
Gri!" Esclamavano quelli, mentre il Wooper, con una faccetta
sorpresa, era per metà già all'interno degli affari schifosi. Jack
a quanto pareva non poteva far niente, poiché anche lui era
impegnato a pestare e ad accecare con la torcia i vari nemici.
Daisuke idem. Anzi, lui era quello messo peggio di tutti: con la
faccia sempre inespressiva, se non leggermente affaticata, stava
tirando potenti calcio ai vari Grimer, facendoli volare per diversi
metri.
Questo è il
momento di rimboccarsi le maniche, Madeleyne! Mi
ero detta, e, prendendo la rincorsa, avevo spiccato un salto,
atterrando proprio sopra alla massa di Grimer che avevano preso il
Wooper. Poi, come se non fosse già abbastanza, ero scivolata,
schiacciando i Grimer ancor di più. Il girino, perlomeno, era sano e
salvo, e mi guardava. In un modo strano. Molto strano. Perché
non sorride più? La notizia era
meravigliosa, se non si calcolava la posizione in cui ci trovavamo, a
decine di metri sotto la superficie terrestre.
"Madeleyne...!"
Aveva quindi enunciato, affannato, Daisuke, arrivando dietro di me e
tirando una serie di pugni ai vari Grimer che cadevano dall'alto.
Dovevano essere arrabbiati perché avevo probabilmente ucciso i loro
due compagni … non finivano più! E lì Daisuke aveva fatto una
faccia bizzarra, una smorfia, ed aveva lanciato un'occhiata dietro di
sé. Esatto, una di quelle occhiate da farti venire i brividi. Poi
aveva detto ad un tono di voce alto (perché Daisuke non
può urlare) "Muk!
Pantanobomba, adesso!"
Muk? E perché
quello dovrebbe... Con mia
sorpresa, invece, il gigante essere fangoso aveva tirato una quantità
enorme di palle di fango, che colpivano veloci ogni singolo Grimer
nei paraggi. Fortissimo!
"Wow..."
Avevo detto, mentre Daisuke osservava la scena, curioso. C'era
qualcosa nel suo sguardo, però, che non me la raccontava giusta.
C'era qualcosa che lo turbava, e questo era sicuro. Comunque, non
c'era tempo da perdere. Era ora di terminare quella farsa e di
tornare indietro, al centro Pokemon. Guardandomi intorno, vedevo solo
stanchezza e distruzione: io ero stanca, Daikke aveva qualcosa che lo
infastidiva, Jack stava venendo pestato dai Grimer che gli tiravano
palle di fanghiglia addoso ("Argh, i miei capelli no! Oddio, la
mia maglia nuova! Non nei pantaloni! Lì dentro c'era la mia
merenda!"), Wooper mi continuava ad osservare con interesse e
Muk lottava affannosamente contro i vari esseri mollicci (ma non
erano della stessa razza? Boh …). L'unica persona che non
interveniva era quel babbeo di Capopalestra steso a terra,
addormentato. A causa del buio non si riusciva a vedere bene com'era
fatto, se era vecchio o giovane, se era svenuto o se faceva finta.
Magari era morto.
Un
sorrisetto di cattiveria si era formato sul mio volto, mentre dei
pensieri non molto positivi si andavano costruendo nella mia mente.
"…?" Aveva chiesto silenziosamente il mio compagno di
viaggio, non avendo mai visto quella mia espressione. "Questo
Capopalestra non me la racconta giusta. E' davvero svenuto?"
sogghigno allargato "Bene, io adesso farò si che si svegli …"
avevo detto, schioccando le dita della mia mano con fare ossessivo.
Qualche
secondo dopo...
Daisuke aveva una
faccia sorpresa, tanto vero che, mentre tirava dei calci ai vari
esserini, mi aveva chiesto "Sei sempre così?" Io l'avevo
guardato, tirando un calcio nello stomaco del capopalestra "Non
è come stai pensando …" Gli avevo risposto "… in
questo momento cerco solo di andarmene di qui, non ho niente di
personale contro questo qua …" Infatti era così. Io non
picchiavo quasi mai le persone, a meno che queste non mi facessero
arrabbiare. Cosa che non avveniva quasi mai, poiché Madeleyne Hellys
non era in grado di provare sentimenti come l'ira. Ma in quel caso
era necessario svegliare il belL'addormentato. Tirando un ultimo,
potente, calcio, in faccia al tizio, si era udito un fragoroso crack.
Dopodichè il fango
si era frantumato, mentre la persona che era intrappolata
all'interno, aveva afferrato la sua sfera poke, mentre con un'aria
determinata e rinvigorita (dopo tutti i calci che gli avevo
dato..?) ci aveva detto: "Buenos dias, muchachos! Voi
dovrete sfidarmi, vero? E allora dovrò farvi uscire vivi di qui …
Tierra, usa fossa!" Subito dopo, il suo pokemon era scoparso, la
terra tremava, e noi stavamo nuovamente precipitando, mentre l'uomo,
con un sorriso smagliante, si metteva a ballare qualche danza
spagnola con tanto di nacchere e maracas.
Proprio a me
doveva capitare uno così?
Mi
dispiace, mi dispiace, mi dispiace >.<" Per il ritardo
catastrofico (no tempo, troppi compiti ed interrogazioni) e perché
il capitolo fa schifo. Beh, quel benedetto capopalestra dovevo
farglielo trovare primo o poi, no? Ebbene, eccomi qui … oddio, ne è
passato di tempo … spero che i lettori non mi abbiano abbandonato
(Tatoo: perché, ce li hai mai avuti? -.-) T.T Comunque... passiamo
alle recensioni:
Malandrino
Ninja: xDDD noti? Vero, Maddy è troppo sfigata,
poi
spiegherò pure questo nella storia … Woopa non ama le monete
solo
che è un guastafeste -.-
Paul?
Boh, forse hai ragione … io gli episodi della 4 serie
li
seguo davvero poco, mi dispiace Q.Q
Spero
che continuerai a leggere T.T
Taylor_:
…. beh, in effetti leggermente simile a Matt lo è …
non
ho ancora scelto bene i caratteri di ogni personaggio
è
questo il dilemma U.U"
Frost
è cattivo .. cioè, c'era bisogno di un tizio cattivo. Credo
Anche
se lo volevo fare un po' diverso .. vbb, provvederò poi :)
Tsk,
l'importante è k non smetti di mandae avanti la FF. Cioè,
almeno
dieci capitoli ce li deve avere Q.Q
Ciaoooo
:)
ShesshomaruJunior:
nono,
la divoratrice di mondi lasciamola a Stephen,
che
io di miei assi nella manica ne ho già U.U
Beh,
credo che infondo bisognerebbe allargare un
po'
il loro team di pkm, sennò Frost come lo battono? XD
E'
stato un piacere sentirti! Alla prossima
se
vorrai ancora recensire T.T
La_Giuly:
carissima, una nuova lettrice!
Devo
ammettere che è stato in parte grazie alla tua
recensione
che ho deciso di continuare la storia …
I'm
so Happy! =)
Bhe,
se ne stai scrivendo una anche tu, e decidi di
puibblicarla,
avvertimi che la vado a leggere :)
Scusate
ancora … per il capitolo e per tutto Q.Q Sono un'inetta...
arrivederci, ora vado a deprimermi T.T
GloGlo_96_Q.Q
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Capitolo 19 *** Di Palestre e Brioche ***
Pkm 0.0
~ Di Palestre e Brioche ~
Wow. Però, che
potenza. Magari potrei imparare a farlo anche io, qualche giorno …
Eccomi di nuovo qui,
ammaccata ma ancora viva. Aver passato tutto quel tempo in una buia,
sperduta, puzzolente grotta a chissà-quanti-cappero-di-metri sotto
terra in compagnia, per giunta, di esseri a forma di vomito mi
aveva, devo dirlo, decisamente provato. Ma Daisuke a quanto pareva era
carico ed impassibile come sempre, tanto che il giorno dopo la
'nostra avventura' era voluto subito andare alla palestra, battere il
capominestra ed andarsene da quella città.
In effetti, ne avevo
abbastanza anche io. Ma ciò non giustificava quello che in quel
momento stavo vedendo: lampi, rumori metallici e palle di energia
sbrilluccicanti venivano lanciate a velocità furiosa sul campo di
battaglia. Ora, non chiedetemi chi, di preciso, lanciava che
cosa. Non ci vedevo un tubo, io. L'intero campo era coperto da una
nuvola di sabbia, dovuta alla proprietà dell'Hippodown del capominestra.
Stupido ippopotamo con la sabbia nel cervello!
Comunque, gli
effetti erano strepitosi, davvero. Avrei potuto sedermi
tranquillamente dietro a Daikke, a mangiucchiarmi qualche brioche.
Avrei potuto.
Invece no!
Ovviamente io non ne ho il diritto!
Quella mattina
Daisuke m'aveva trascinata, a forza di occhiatacce minatorie, in
palestra, senza nemmeno aver potuto comprare la colazione! Ma un
briciolo di umanità ce l'aveva, quel tipo?!
"Il pokemon del
capopalestra Juenito Leonides Marcelo non è più in grado di
combattere. Il primo round è vinto dallo sfidante proveniente da
Hoenn!" Uh? Cosa? Quando?
Guardai rapidamente
il campo, dove non c'era più la nuvola di polvere e si potevano i
contendenti. Il primo che notai era quello stupido ippopotamo
grassone, sdraiato su un fianco, con gli occhi a girandola (?!). Di
fronte a lui, Sey: malconcio, stremato, ma soddisfatto, si stava
pulendo le gemme del suo corpicino. Le gemme che valevano chissà
quanti Pokè. Le gemme che, prima o poi, avrebbero potuto scippare.
Tanto non è un
problema mio. Pensai convinta,
guardando Daikke curiosa: come si sarebbe comportato alla sua prima
vittoria in palestra?
Il
capopalestra, sempre sorridente, ritirò il pokemon. Poi, come se ne
dipendeva dalla sua vita, attaccò a fare un piccolo balletto con le
maracas ed un coro musicale alle sue spalle. Quindi si fermò,
drammatico, tendendo in posa un pezzo di metallo. Daisuke lo guardò
scettico. Potevo giurare di averlo visto piuttosto corrucciato.
Naturale, quello
è uno psicopatico!
Io sarei già
scappata! Daisuke, invece, non ancora del tutto convinto, prese la
medaglia e se ne tornò indietro dopo un piccolo inchino rispettoso.
E bravo Daikke!
Quindi si sedette
vicino a me.
Ora, capitemi, non
che ci trovassi nulla di male, ma c'era qualcosa che non mi
convinceva, nel suo sguardo. Mi stava fissando, e questo non mi
metteva a mio agio, dovevo ammetterlo.
"Emh … sì.
Che c'è?" Domandai, confusa. Quello alzò gli occhi al cielo,
esasperato. Beh, scusa mister
come-fai-a-non-sapere-una-cosa-del-genere! Mi dispiace di non essere
al tuo elevato livello psicologico!
In quel momento, una
piccola, innocente ideuzza mi balenò in mente.
Spalancai gli occhi,
guardandolo quasi fosse un criceto assassino con un papillon e un
ciuffo alla Elvis.
"Non vorrai
dire che …" Daisuke mi guardò quasi fossi tonta, con aria di
sufficienza.
Io iniziai a sudare
freddo. Non l'avrei fatto manco morta! Cioè, con un capopalestra,
con Adolfa nelle tribune che brandiva un mattarello? Ma siamo pazzi!?
"No. Mi
rifiuto. Non mi puoi costringere!" Gli dissi, facendo la
linguaccia.
Daisuke mi guardò
scettico, con un sopracciglio inarcato. Poi sentenziò, da maestrina:
"Tecnicamente sì. Io posso."
Oh no.
Nonononononono. No! Ora avrebbe usato una leva psicologica, me lo
sentivo!
"Io ti ho insegnato le basi e accompagnato in questo
viaggio, quando saresti potuta morire in varie occasioni. Il minimo
che tu" Sembrò sputare veleno all'articolo, quasi mi
dicesse di essere inutile "puoi fare, è quello di aiutarmi a
battere le palestre." Dopodichè mi morsi la lingua.
Da quanto avevo
capito, per vincere la medaglia si doveva battere due pokemon. Se si
era in due, uno solo. Quindi a meno che io non combattessi, quello
poteva dire addio alla sua medaglia.
Venni colta da una
marea di rimorso e colpevolezza. Quel che aveva detto era davvero la
verità? Ero davvero inutile? Lo rallentavo davvero così tanto?
D'accordo, a volte mi comportavo in modo stupido, o lo disturbavo, o
ancora lo mettevo in situazioni pericolose, ma non pensavo di essere
catalogata da lui come inutile. Quel pensiero mi trafisse come
una freccia. Mi alzai dalla panchina, demoralizzata. Tanto valeva
andare e fare una figuraccia. Tanto io sono inutile.
"Oh! Finalmente
la signorina si è decisa a sfidarmi!" Sorrise Juanito, allegro.
"Pensavo stessi per scappare o qualcosa di simile …" Ah.
Quindi Daisuke non era l'unico a vedermi in quel modo. Che felicità!
Il mio umore sta
diventando sarcastico. Se mi reggo in piedi è solo grazie al campo
magnetico terrestre. Mi sento depressa.
Quando sono
depressa, mi sento come un'inetta. Forse dopo avrei potuto andare
fuori ed impiccarmi, chi lo sapeva. Tanto ero inutile …
"La seconda
sfidante, una certa Madeleyne Hellys, decide di affrontare il
capopalestra! Si scelgano i due pokemon e si dia inizio
all'incontro!" Esclamò il commentatore, con il microfono,
sputacchiando qua e là. Era un uomo sulla trentina, con occhiali da
sole e capelli sparati. Indossava un jilet di pelle nera e dei jeans
strappati, e si dimenava come una rock star per indicare la scena al
pubblico.
Il capopalestra
mandò in campo il suo pokemon, ballando quella che aveva chiamato,
più volte, 'la danza della vittoria'. Che ci fosse di differente
nelle sue altre danze da quattro soldi, non ne avevo idea. Ugh,
dovrei smetterla di essere irritata …
"Ora che Tierra
è andata KO, non mi rimani che tu! Fuerza, Niño!"
Niño? Che cavolo
voleva dire Niño?! Spagnolo maledetto...
Dalla sfera
fuoriuscì una lucina rossa, che andò a formarsi sul pavimento. Quel
che avevo visto mi pareva leggermente …patetico. A Daisuke
danno come avversario un Hippodown potente e con mosse super, mentre
a me mi rifilano un … che cavolo era!? Pareva un bernoccolo
gigante, solo che con un brutto nasone rosa e dei piccoli occhietti
vivaci. E stava sottoterra. Meno male che mi era già capitata di
vedere una marea di cose strampalate, sennò quest'affare l'avrebbe
battute tutte. Insomma... far combattere un pidocchio!?
"Umh,
sfidante?" Domandò l'arbitro, impaziente. Mi stavo deprimendo.
"Non si può
nemmeno pensare in questa palestra? Certa gente ..." Sussurrai,
mettendo una mano sulle sfere pokè che avevo appese alla cintura
della gonna – dava un tocco di classe, sì. Presi la prima a
sinistra, e premetti il pulsante.
"Vai Ratt---" D'un
tratto m'accorsi di un piccolo dettaglio. Rattata era sulla mia
spalla. Ma allora chi cavolo c'è nella pokèball …?
E come la forma si
andava schiarendo, io iniziavo a tremare di terrore. No! Non poteva
essere vero! "Rattata, dimmi che è solo un brutto sogno, dimmi
che mi risveglierò nel letto del centro pokemon!" Esclamai
esasperata. Il topino non poteva far altro che consolarmi, facendomi
pat-pat sulla schiena con la codina. Il pokèmon che ne era uscito,
si era quindi voltato, sornione, aprendo la boccuccia e sputandomi
una palla di fango in faccia. Sì, decisamente era lui.
"D'accordo …"
Biascicai, troppo depressa per poter rispondere con rabbia. "Cerca
almeno di impegnarti, ok? Wooper?" L'essere molliccio
trotterellava per il campo, saltando sopra le varie rocce. Ma
guardate come mi ero ridotta. Con un pokémon odioso e irrispettoso
da far combattere contro il mio primo capominestra, con un compagno
che mi odia e crede che sia inutile e con l'intero pubblico che stava
ridacchiando sguaiatamente. Mi rendevo più ridicola ogni secondo che
passava.
"Bien!
Niño, usa graffio!" Cantò il capopalestra, mentre a
ritmo di musica il piccolo coso si avvicinava a Wooper. E ciò non
avrebbe causato alcun problema, se non fosse stato per il fatto che
dopo alcuni secondi si era nascosto sottoterra.
"Uh, oh … e
ora?" Mi chiesi, incuriosita. Se ero preoccupata per la lotta?
Certo che sì. Se ero preoccupata del fallimento? Ovvio. Se ero
sicura di perdere? Naturalmente. Stupido pokèmon …
Wooper, fra l'altro,
se ne stava fregando altamente. Così, quando il pokèmon bernoccolo
era sbucato fuori, iniziando a graffiarlo senza sosta, lui era volato
in aria senza battere ciglio e, divertito, era partito a canticchiare
"Woopa, woop, woopa!"
Non capivo se si era
fatto male oppure se era così idiota da avere una soglia della
sopportazione del dolore molto alta. O forse era così viscido che il
graffio gli era scivolato sopra? No, impossibile: si vedevano
chiaramente i segni di ferita.
"Impegnati …"
Borbottai, quando Wooper era ricaduto a terra, facendo un salto
mortale e sparando un getto d'acqua. Il Niño era però troppo
veloce, e sparì di nuovo sotto terra. Era inutile dare comandi al
Wooper, se questo poi se ne fregava come un decerebrato. Come c'era
finito, poi, nella mia pokèball ancora non lo sapevo! Che avesse
osato infilarcisi lui stesso, durante il mio sonno ristoratore?! Il
mio odio per lui non faceva che aumentare.
" Niño, voglio
una potente Magnitudo!" Esclamò schioccando le dita, Leonides
Magnitudo? E che
roba sarebbe? Mi chiesi,
osservandomi attorno. Da dove sarebbe arrivato l'attacco? Cercai
febbrilmente per il campo, non vedendo traccia del bernoccolo. Wooper
non era affatto preoccupato, ed anzi, faceva una fontanella con
l'acqua della sua bocca.
"Ti
ho detto di concentrarti." Gli avevo detto, chiara e tonda. Non
sopportavo quelli che non si impegnavano, specialmente se poi erano
altri che ci rimettevano. In altre parole, non sopportavo le persone
come me. Ricominciai a
deprimermi, esattamente mentre il suolo iniziava a muoversi
furiosamente, facendomi perdere l'equilibrio e cadere a terra. Era
questo il potere di Magnitudo?
Il
bernoccolo stava facendo qualcosa sotto terra, si capiva. Il demente
aveva causato un terremoto. Come, esattamente, non ne avevo idea.
"Woo-per!"
Aveva gridato Wooper, preso alla sprovvista. Aveva ormai perso
l'equilibrio, ed era finito a terra, mentre alcune rocce che erano
sul campo si sgretolavano e gli finivano addosso "Woah! Attento!
Usa pistolacqua!" Lo incitai, sperando che perlomeno si
togliesse e/o colpisse i massi con un attacco. Ma quel demente si
lasciò schiacciare, ignorando il mio ordine.
Inizio a credere
che lo faccia apposta …perchè non si impegna!? Perché non mi da
una mano?! Che ho fatto per meritarmi questo? Cosa …
Il capopalestra,
vedendo che il mio 'compare' era sgusciato fuori dalle rocce, con
diversi graffi ed ammaccature, per non dire lesioni più grandi,
aveva ordinato al pokemon di finirla con un paio di fangosberla.
Finirla. Finirla. Ecco cosa dovevo fare. Che senso aveva
continuare a lottare, se poi mi ritrovavo in una situazione così
penosa e patetica? Perché ero ancora lì? Non bastava che me ne
andassi via, mollando tutto e tornandomene a casa?
Perché non so la
strada di casa, forse. Mi
risposi, acida. Non sapevo nemmeno dove fosse casa mia. Figuriamoci
battere un capopalestra. La mia idea era stata patetica. Ora avevo
messo nei guai, non solo Daikke, che contava su di me per arrivare
fino alla lega, ma anche Rattata, Wooper e i miei nonni. Cosa
avrebbero pensato di me? E i miei pokemon, si sarebbero sentiti
traditi, o contenti per il fatto di non dover più sottostare ad una
come me?
"Diglett!"
Esclamò carico il pokemon, lanciando ondate di fango sul Wooper e
colpendolo da sotto terra. E Wooper colpiva il terreno alla rambo,
con pistolaqua ovunque, senza nemmeno un briciolo di strategia. E si
stava stancando, sì, si vedeva. Aveva sempre il suo sorriso gigante,
ma stavolta riuscivo a scorgere qualche traccia di fatica. E se io
vedevo la fatica, in
uno come Wooper,
allora voleva dire che era al limite. Perché. Ditemi solo
perché io devo essere così inetta.
"Woopah!"
Esclamò il pokemon, colpito da dietro, ricadendo in avanti.
Perché non posso
combinarne una giusta? Perché non mi ascolta?
"Woo!" Il
girino stava venendo graffiato dal Diglett. O almeno così pensavo
che si chiamasse quell'affare. Mi sorprendeva che Wooper fosse ancora
in piedi. Controllai il pokedex per capirci meglio qualcosa. Quindi
sospirai: la vita era quasi finita, un altro paio di colpi e bye bye
Wooper. Era riuscito a sopravvivere solo perché gli attacchi del
bernoccolo deluxe erano di tipo terra/roccia, il suo stesso tipo.
Wooper era seduto a
terra, stremato. Stavamo perdendo. Il diglett faceva un piccolo
balletto con il suo capopalestra. Tanto dovevano avere capito che non
valevo nulla.
Iniziai a tremare,
mentre varie emozioni si mescolavano violentemente assieme.
Ero in vena di
piangere, ma non mi permettevo di farlo. Ero estremamente triste e
disperata, ed ero circondata da persone che si facevano beffe di me.
Ero spaventata,
perché l'idea della sconfitta avrebbe potuto arrecarmi grossi danni
psicologici. E in più Daisuke mi avrebbe mollato sicuramente.
Ero delusa dal mio
comportamento passivo, come se non me ne fregasse nulla che Wooper
veniva preso a pugni e a calci.
L'emozione più
forte che provavo, era di sicuro la confusione. Dov'era finito il
Wooper che mi si attaccava testardamente alla faccia? Dov'era finita
tutta la sua forza ed energia? Che avesse mollato fin da subito...?
"Eh no! Aspetta un
attimo! Questo non è concepibile!"
Fissai il campo
febbrilmente, dove il Diglett si era rituffato sottoterra, per
l'attacco finale. L'affare melmoso si era arreso? Si era arreso!?
Come permetteva di arrendersi, quando quella che poi ne
affrontava le conseguenze ero io!? Io non mi arrendevo mai! Mai!
Anche se a volte mi deprimevo, il mio senso del dovere mi
impediva di mollare. Non potevo. Era .. era …
"Inaccettabile!"
Urlai, facendo in modo che lo stupido Wooper mi ascoltasse sopra le
sue monotone canzoncine. Se c'era una delle poche cose che mi
facevano imbestialire, era quella. Io non avevo mai mollato, non
avrei mai mollato! Dentro di me, al vedere il girino mucoso in quello
stato afflitto, qualcosa era scattato.
L'intera sala si era
fatta silenziosa, mentre io urlavo al pokèmon qualunque cosa mi
venisse per la testa.
"Tu! Sembra che
tu non mi abbia capito!" Sbraitai, con l'insana voglia di andare
nel campo e sbatterlo contro le rocce più massicce che erano
sparpagliate per il campo.
"Da quando ti
ho visto per la prima volta, non hai fatto altro che menarmi,
disturbarmi, seguirmi, sbavarmi, sputarmi getti d'acqua, fango,
melma, muco, appenderti alla mia testa e alla mia faccia, tentare di
ammazzarmi per ben tre volte in situazioni di pericolo e, per giunta,
entrare nella mia sfera pokè senza permesso!" Elencai, pestando
forte a terra, per scaricare la rabbia.
"Eppure, quando
sei comparso su questo campo, ti ho lasciato fare, incitandoti,
anche, cercando di aiutarti. Ma tu che hai fatto? Mi hai ignorato
spudoratamente, come il piccolo e ottuso esserino schifoso che sei!"
Lo stavo insultando di brutto, come mio solito. Solo che stavolta,
non potevo permettermi un no come risposta. Non accettavo un no,
come risposta. Il Diglett si stava preparando all'attacco. Si
sentiva dalle scosse che si stavano facendo sempre più forti. Avevo
notato che fosse lento a fare gli attacchi, e che l'unica cosa che
sapeva fare era andare sottoterra per fare attacchi a sorpresa. In
quanto a velocità o altro, faceva pena.
"Ma io
non mi sono arresa. Io non voglio arrendermi. Io non
accetto di arrendermi." Gli dissi, più calma. Sentivo la
determinazione accendersi dentro di me, come se fosse stata assopita
per la maggior parte della mia vita, e che poi si fosse risvegliata
solo ora. "Quindi" lo indicai energeticamente, decidendo
che se non lo smuovevo ora, avrei perso l'incontro. "Tu
ora collaborerai! Perché non accetto che un essere viscido e
ricoperto di melma puzzolente", l'intera popolazione di
Melmolandia mi aveva guardato con disprezzo. "Causi la mia
sconfitta!"
Seguirono attimi di
silenzio e mutismo da parte dell'anfibio. Che non sorrideva più ma
bensì mi fissava stralunato. Ma non c'era tempo di discutere,
bisognava agire. Se io non avessi fatto qualcosa, avrei perso. E non
avrei più potuto guardare in faccia Daisuke, senza fremere di
vergogna e sensi di colpa.
Con un forte
scossone, le rocce si erano sollevate e stavano ricadendo per
l'intero campo, alcune minacciando di colpire Wooper.
E' tempo che
prenda in mano le sorti della battaglia.
"Wooper, usa
pistolaqua al suolo e vai in aria!" Così le scosse non
avrebbero potuto prenderlo, men che meno le rocce. Il pokemon, chissà
per quale miracolo, aveva ubbidito al comando, ed era volato in aria
con una scia d'acqua lucida, che si era abbattuto al suolo. Mentre
volava, controllai il pokedex.
Wooper: HP 13/69;
liv. 14
Diglett: HP 43/50;
liv 15
In altre parole
aveva pochi HP e per giunta, avevamo il vantaggio del tipo di
pokemon. Noi potevamo usare mosse di tipo acqua per schiacciarlo,
giusto? Bene, allora le avremmo sfruttate.
"Ora, mira in
un buco qualunque, e usa di nuovo pistolaqua!" Gli avevo
ordinato, indicando le buche che il Diglett si lasciava dietro. Se
ero giusta con i calcoli, ognuno si collegava l'uno all'altro, e ben
presto il bernoccolo nasuto si sarebbe ritrovato fuori dai tunnel. E
allo scoperto. Quando il docile, nuovo Wooper eseguì il comando, il
Diglett fu sparato fuori ad una velocità straordinaria.
Sogghignai: la
vittoria era mia.
"Wooper, usa
colpo di fango!" Esclamai, leggendo l'attacco sul pokedex. Il
capopalestra, sorpreso dal suddetto cambio delle sorti della
battaglia, non sapeva come reagire, e balbettava in spagnolo frasi
che per me non avevano senso.
Diglett, fuori dal
suo elemento, non valeva niente. Ed era spaventato. Si vedeva dalla
sua faccia terrorizzata, quando le prime palle di melma di Wooper
l'avevano colpito, scagliandolo ancora più in aria. Il piccolo
girino sputava davanti a se palle di fango, e poi usava la coda come
mazza per tirarle a gran velocità.
E bravo Wooper,
almeno sei utile a qualcosa. Mi
ritrovai a pensare, sollevata. Le cose stavano andando meglio, ora
che mi ascoltava.
"¡No! Tiene
que resistir!"
Il capopalestra Juenito era disperato, sapeva di non poter far niente
fuori dalla terra. Mi aveva sottovalutata, quel demente. Ora poteva
assaggiare la mia vendetta! Chissà
che ha detto, però ...
"Non
abbiamo più tempo, o la va o la spacca. Wooper, usa pistolaqua!"
Lo incitai con un'energia tale da sorprendermene. Da dove proveniva
tutta quella determinazione? Era così che si sentivano gli
allenatori di pokemon? Era così che Daisuke si era sentito a portare
alla vittoria il suo Sableye?
Mi
piace. La vendetta è così dolce ~
Inutile
dire che, per il povero Diglett, era la fine. Con l'ultimo getto
d'acqua, aveva sbattuto contro la parete dietro al capopalestra, ed
era stramazzato al suolo. Occhi a girandola. Capopalestra disperato.
Tra un po' non riuscivo a crederci. Rimasi in coma per qualche
minuto, non sapendo cosa fare, mentre l'arbitro annunciava la mia
vittoria. La mia
prima vittoria
in palestra. Ero shokkata.
"Woopah!"
Gridò il pokemon, lanciandomi un getto d'acqua e sparandomi dritta
con il muro, fradicia. Quel gesto, per quanto malsano e
raccapricciante, mi aveva reso contenta. Voleva dire che Wooper era
felice, e che la mia faccia non era più piena di fango …
"Ah
..usted
gana, chica. Felicitaciones." Mi disse il capopalestra,
lanciandomi una medaglia e aiutandomi ad alzarmi. Io lo fissai,
stringendo il pezzo di metallo.
"Uh
... ceeerto. Naturale. Ovvio. Gracias ... qual è il tuo nome
intero?" Domandai, non ricordandolo. Mentre stava per
rispondere, lo interruppi "Ma chissene importa, vero Rattata?"
Mi
voltai dando le spalle al capominestra, fregandomene della sua aria
depressa, e lanciando in aria il topino. Lui era contento per la mia
vincita, ma guardava di sottecchi Wooper. Quello era rimasto fermo
impalato, a sorridermi sornione. Lo squadrai per un po', prima di
dirgli: "Sei stato cocciuto ed egoista. Stavamo perdendo. Ti
dovrei crocifiggere per aver mollato." Lui abbassò il musetto,
smettendo di sorridere. Da quand'è che aveva sti sbalzi d'umore?!
"Ma
non lo farò." Sospirai: non avevo una croce abbastanza grande.
"In parte è merito tuo se abbiam vinto, no? E poi sei un mio
pokemon, ora …"
Già,
il mio secondo pokemon. Che è un viscido e irresponsabile girino. Il
mondo mi odia … Piagnucolai
inconsciamente, salutando il capopalestra e evitando gli sguardi di
odio che mi lanciavano quelli del club di Adolfa. Ma quanti problemi
che si faceva quella lì. Uscì fuori, dove mi aspettava Daisuke, che
lucidava la sua Medaglia. Naturalmente, sia la mia che la sua erano a
forma di Wooper, identiche a quella vista in palestra prima che noi
fossimo caduti dentro alla grotta. Pareva l'avessero sigillata,
quella trappola mortale! Ed
era ora, stupidi cittadini di questa lurida città ...
Sì,
stare in quella città non mi piaceva, si era capito. Volevo
subito partire, per non tornarci mai più. Mai mai mai mai mai mai
mai ---
"Stai
disturbando." Mi interruppe freddo il mio compagno. Oh,
lo stavo dicendo ad alta voce? Non
pareva ne soddisfatto ne dispiaciuto. Probabilmente, non gliene
poteva fregare di meno. E mi sarei anche intristita, se non fossi
stata troppo contenta.
Di
fianco a lui erano già pronti i nostri zaini con la nostra roba, che
mi urlavano 'Libertà! Andiamocene via di qui!'. Mi misi la borsa
sulla spalla, e mi abbassai per coccolare i miei due pokemon. Suonava
strano considerare Wooper come parte della squadra, dovevo
ammetterlo, ma probabilmente ci arei fatto l'abitudine.
"Allora
Rattata, Wooper, avete fatto amicizia?" Rattata fulminò con lo
sguardo il girino, prima di annuire lentamente. Non sembrava più
irritato come prima, ma era diffidente. Che bravo topo da guardia!
Wooper
invece mi guardava sornione. Poi si era voltato verso Rattata e gli
aveva tirato un piccolo Pistolaqua. Sembrava che lo trovasse
divertente, ma il topolino no, affatto: si era messo a scuotersi come
un cagnetto, e aveva preso a ringhiare.
"Uff!
Wooper, puoi non dare fastidio, almeno per qualche minuto?"
Chiesi, seria. In realtà ero divertita – vedere qualcun altro
soffrire a causa del girino era impagabile – ma non volevo darlo a
vedere. Il sorriso di Wooper si capovolse in un lampo, facendolo
apparire triste e depresso. Feci un salto all'indietro per lo
spavento. Voi
non
avete idea di quello che stavo vedendo. Era uno spettacolo
raccapricciante: un Wooper, normalmente, aveva già un sorriso da
ebete che irritava chiunque lo intravedeva, giusto? Provate a
immaginare quando fanno il broncio.
Sì,
fa paura.
Mi ritrovai a pensare, prima di accarezzarlo: "Comunque, cerca
di non ferire nessuno, d'accordo?" Il piccolo pokemon tornò
sorridente, e la sua coda iniziò a muoversi felicemente.
Oh
no. Questo è un brutto segno. Esattamente
quando stava per balzarmi sulla faccia, gli tirai la sfera pokè
addosso, e lo rimisi in fretta e furia sulla cintura, esclamando: "Tiè!
Stupido girino! Te l'ho fatta!" Poi mi resi conto di chi ero e
cosa stavo facendo, e smisi di esultare. Allungai un braccio a
Rattata, che lo risalì veloce, prima di raggomitolarsi sulla mia
testa. Tanto era piccolo …
"Senti
Daikke …" Tentai. Ma Daisuke non c'era. Dove si era cacciato?
Partì
a correre d'impulso, mentre un'orribile pensiero si faceva largo
nella mia mente: non è che mi avesse abbandonato?! Dopo tutto quello
che avevo passato? Non poteva lasciarmi, non così!
Ma
Melmolandia era enorme, piena di fango e cumuli, impossibile da
esplorarla tutta. Caddi un paio di volte, ma continuai a correre.
Avevo una paura becca che se ne fosse andato, disturbato dal mio
comportamento. Non che avesse torto, solo che … mi ci ero
affezionata.
Più
correvo, più perdevo possibilità di ritrovarlo. E lì erano
arrivate le lacrime. Ciò che stavo provando era simile a ciò che la
maggior parte delle persone prova quando ci si perde: disperazione.
Paura. Isteria.
Mi
pareva di essere come quei bambini che si perdono al centro
commerciale, mercato, spiaggia etc, e che si disperano perché dopo
ore di ricerche non trovano più i genitori. Quant'ero ridicola. Mi
asciugai il volto con le mani: non dovevo piangere per così poco.
Svegliai Rattata con delle carezze, e lo pregai di aiutarmi. Il topo
mi squadrò, ma senza che dovessi aggiungere altro, rizzò le
orecchie e si mise in ascolto.
Trattenni
il fiato, incrociando le dita.
"Ratta!"
Il pokemon puntò con la zampetta in una direzione, mentre io ero
partita alla carica.
Arrivai
ad un piccolo sentiero nascosto da alcuni alberi, al margine del
quale vi era Daisuke, seduto su un ceppo. Pareva impaziente. Mi
sembrò volesse dirmi qualcosa, ma appena mi vide chiuse la bocca e
si rialzò, muto.
"N-non
devi sparire così!" Lo rimproverai, con voce tremolante. Avevo
da poco superato la paura, ed avevo ancora gli occhi arrossati. Lui
scrollò le spalle e si incamminò, giocherellando con il pokedex.
"Ti
ho aspettato." Mi rispose, come se fosse una cosa normale.
"…"
Decisi di non commentare, sapendo che tanto l'avrebbe avuta vinta
lui. La cosa importante era che l'avevo ritrovato, e che ora potevamo
proseguire insieme per la prossima città.
"Sei
arrabbiato?" Gli chiesi, senza accorgermente.
Quello
immediatamente si girò. L'espressione sul suo volto illeggibile.
"...Perchè?"
Domandò, ignorando il mio bisogno di informazioni.
"Beh…"
Mi rigirai i pollici, ed abbassai lo sguardo a terra. "Prima
stavo perdendo. Mi son fatta prendere in giro dall'intera città. Il
mio pokemon non mi rispetta. Ti ho fatto aspettare. Ti sto
rallentando …" Spreco
il tuo tempo,
volevo aggiungere.
Lui
tornò a camminare, frugando nella sua valigetta. Dietro di lui,
continuavo a fissare per terra, piena di rimorso. Forse dovevo
davvero
andarmene …
Ad
un certo punto, mi volò addosso un pacchetto colorato. Lo
afferrai
prima che cadesse, e ne guardai il contenuto: due brioche. Ero
sorpresa. Due 'brioche al miele di Combee'?! Guardai sbalordita il
pacchetto e poi Daikke, che continuava a camminare come se niente
fosse. Quindi, andai di fianco a lui e gli ficcai – letteralmente
– una brioche in bocca. Quello mi guardò irritato, mentre
io, allo
stesso modo, mi mangiucchiavo la mia, innocentemente.
"Tieni
Daikke ~" Gli cantilenai, mentre lui non poteva rispondere per
colpa della brioche che gli tappava la bocca. Quindi risi, vedendo
quanto si dibatteva per potermi rimproverare. Daikke si acquietò in
pochi secondi, e tornò a guardare la strada, mangiando
tranquillamente. Ma, essendo davvero euforica – insomma,
ho vinto in una palestra, ho calmato un Wooper assetato di sangue e
ricevuto la merenda da Daikke, come poter essere più felici? -
volevo manifestare il mio stato d'animo.
"No,
davvero!." Iniziai, dando un altro morso alla brioche "Se
non fosse stato per quello che tu mi hai insegnato, probabilmente non
avrei nemmeno potuto avvinarmi al capominestra. Prima che tu mi
spiegassi, non sapevo nemmeno cos'erano il tipo, il livello, gli HP …
quelle cose lì!" Tagliai corto, capendo di starmi rendendo
ridicola. Ma era una cosa che mi sentivo in dovere di dire.
"Quindi
… grazie." Terminai mugugnando imbarazzata, tornandomene a
mangiare.
Scorsi
con la coda nell'occhio la faccia di Daisuke. Normalmente così
pallida e fredda, sulla quale facevano capolino i lucidissimi
occhiali da vista, da dietro ai quali si celavano i suoi occhi
assassini. Mai una volta aveva sorriso. Ora, con la brioche in bocca
e lo sguardo che fissava di fianco a lui, come se ci fosse qualcosa
di interessante, era piuttosto buffo. Per di più, aveva le gote
arrossate.
Sobbalzai:
Daikke e gote arrossate? C'era qualcosa che non andava. Quindi
iniziai a battargli una mano sulla schiena "Oh, nono! Non voglio
che soffochi ~" Piagnucolai, mentre quello tossiva preso dallo
sconforto. Come sospettavo, Daisuke stava soffocando. Menomale che me
n'ero accorta appena in tempo.
Daisuke
si tolse la brioche dalla bocca, e mi disse, glacialmente:
"Stavi
tentando di uccidermi?" Io ridacchiai, prendendogli la mano: sì,
era tornato il vecchio Daikke. Quello, quasi fosse stato scottato, la
ritrasse, con un'espressione addolorata in volto. Corrucciai le
sopracciglia. Prima che potessi pensare a cosa era dovuta tutta
quella foga, lui disse, serio:
"Solo
tu potresti strozzarti
con una brioche."
Io
lo guardai storto, prima di urlargli: "Cattivo! Sei crudele
Daikke ~" Piagnucolai, e vedendo come reagiva al suo nomignolo
(aka. La sua schiena fu percossa da brividi e iniziava a comparigli
un tick all'occhio) mi misi a ridere di buon gusto. A quel punto
Daikke si riprese di scatto, lanciandomi un'occhiataccia e aumentando
il passo, in silenzio. Io intanto continuavo a sorridere:
Ho
vinto la mia prima palestra. Sto viaggiando per l'isola in compagnia
di due pokemon. Ho mangiato una 'brioche al miele di Combee'. Tutto è
perfetto. No, aspetta.
Corrucciai
le sopracciglia, sapendo di aver dimenticato qualcosa. Poi tornai a
sorridere, annuendo.
Ma soprattutto, sono
con Daikke. Ora davvero è tutto perfetto.
Author's
Corner ~
Buaaaaah!
*autrice che piagnucola* Ora che sono stata via così tanto tempo,
tutti mi odieranno e non continueranno a leggere!
Tatoo/coscenza:
No, perché dovrebbero odiarti per la tua assenza, gli hai fatto un
favore U.U
GloGlo:
Hai ragione -^^- Thank---
Tatoo:
ti odieranno perché il capitolo, fa schifo. Ah no, scherzavo.
L'intera
tua storia fa cagare!
GloGlo:
… *piange*
Ma
torniamo a noi. So che sono stata via a lungo, e vi spiegherò il
perché: la scena della battaglia. Insomma, che barba! Non ne avevo
voglia di scriverla! Troppo lunga, noiosa … a nessuno interessano
>.< E quindi mi sono depressa e ho mollato tutto. Spero che
comunque mi insultiate, o mi facciate delle critiche. Tanto per
sapere che non mi avete dimenticato ^^;
Quindi
… mi scuso per l'assensa, mi scuso per la schifezza, mi scuso per
essere noiosa e per la pessima grammatica. Scusate ancora tanto
*inchino*
Così
Madeleyne si è cuccata la prima medaglia ed un nuovo pokemon, che
chissà come è riuscito ad entrare nella sfera. Boh. E poi si è
ritrovata con Daikke, assumendo per certo che era infuriato con lei
per la schifezza che ha fatto, oppure che se ne fregava di lei.
Povera Maddy T.T L'importante è che poi abbia potuto fare colazione,
sennò sarebbe svenuta nel mezzo del boschetto -.-
Oh,
e il capopalestra ed Adolfa? Uno si è depresso, e non si toglierà
da Melmolandia per un po', mentre Adolfa …. chissà che farà.
*sogghigno poco rassicurante*
E....
Jack? o.o E' morto? Lo scoprirete se continuerete a seguirmi ~
GloGlo_96
~ [Gomenasai Q.Q]
|
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Capitolo 20 *** Birds of Jinx ***
Pkm 1.0
~ Avvertenze
Allora.
Ho intenzione di mettere un avvertimento. Specialmente per i lettori
'maschi' ← parolone.
Ho
fatto, verso la metà del capitolo, una scena... per me definibile
pucciosa. Quindi NON LEGGETE SE NON VOLETE COSE ROMANTICOSE <3 Un
fifty fifty fra romanticismo e fluff. Non pestatemi, e leggete a
vostro pericolo … [Non sono brava in queste cose. L'ho scritta
d'impulso … suppongo sia per la moltitudine di fanfiction drama
inglesi che mi sparo u.u Perdonate questa stupida …]
Birds
of Jinx
{Uccellacci
del Malaugurio}
"Stai
scherzando!?" Domandai a Daikke, osservando ciò che mi si
parava davanti. Un'enorme collina rocciosa ci bloccava la strada.
L'unico modo per avanzare era percorrere il piccolo sentiero che si
arrampicava con essa. E quando dico piccolo, intendo dire
microscopico. E tutto in salita.
Vi
starete chiedendo cosa fosse successo dopo aver divorato le –
buonissime, dolcissime, levissime – brioche, giusto? Ebbene, ci
siamo incamminati per il boschetto, senza dire una parola – Daikke
stava controllando i d'intorni, ed io ero troppo svogliata per
iniziare qualunque discorso costruttivo. Me pigra. Oramai era quasi
notte, e noi non avevamo quasi più cibo e acqua. Ed io avevo fame.
Taaaanta fame. Ed in più lo stress che mi procurava quella stradina
non contribuiva a riempirmi lo stomaco.
Daisuke
mi fissò impassibile, prima di iniziare a camminare per il sentiero.
Io, a mio malgrado, dovetti seguirlo. Non era tanto difficile
camminare per il primo pezzo … il sentiero era più o meno stabile,
e a meno che non si soffriva di vertigini, non si correvano rischi. O
almeno, era quello che io pensavo.
"Crow!
Crow!" Sentì gracchiare al di sopra di me. Guardando verso
l'alto, notai delle macchioline nere – circa tre – che
volteggiavano baldanzose nella parte più elevata della collina.
Nulla di anormale, no? Solo qualche uccellaccio pestifero. Si poteva
sopportare, giusto?
After
25 minutes ...
"Crow!
Crow, crow!"
"AAAH!
Basta, non li sopporto più, mi stanno facendo impazzire!"
Esclamai, tappandomi le orecchie disperata, mentre gli uccelli non la
smettevano di gracchiare. Che c'è, credete fossi esagerata? Daisuke
sì. Infatti, quello, senza fermarsi, mi guardò corrucciato, prima
di rivoltarsi sospirando. E i corvi – dopotutto gracchiavano, ed
erano di colore nero – continuavano. Non avevano mai interrotto
quel loro versaccio.
E,
ancor più strano, avevo l'impressione di essere stata io ad
averli irritati.
"Daikke...?"
Iniziai, troppo preoccupata per poter ridere di lui: al suo
nomignolo, era inciampato giù dal sentiero, riuscendo però ad
aggrapparsi alla parete di roccia prima di precipitare. Corsi – per
modo di dire, eravamo in una via strettissima! - velocemente da lui,
e lo aiutai a tornare con i piedi per terra. Tanto era
leggerissimo...
Lui
mi guardò con rabbia, mentre si spolverava i vestiti, battendoci su
con le mani.
"Cosa?"
Sbruffò, irritato. Io feci tre passi indietro d'istinto. Aveva di
nuovo lo sguardo assassino. Quello sguardo assassino.
"Credo
che quei corv--"
"Murkrow."
Mi interruppe, stringendo i pugni dalla mia ignoranza. Da quand'è
che si comporta in maniera così suscettibile? Ho solamente rischiato
di ucciderlo, non deve mettere il muso per così poco! Cercai di
convincermi. Era da quando eravamo usciti dalla grotta che non faceva
che agire in modo irritato. Decisi di ignorare la sensazione, e
continuai.
"Sì.
Murkrow. Penso mi stiano guardando male." Gli confessai.
Daikke parve placarsi; guardò i Murkrow per qualche fugace istante,
e mi rispose sospirando: "Sei paranoica. Sono solo pokemon."
No, ma davvero?
Eppure,
più salivamo, più mi sentivo colpita dalle occhiate che i volatili
mi lanciavano sporadicamente. Guardai in basso, per distrarmi: ero
abbastanza in alto per vedere un gran pezzo della regione. Riuscivo a
vedere il bosco nella quale eravamo appena stati, e il lago più
capanna dell'altra foresta. In mezzo ai due, si trovava … ugh.
Melmolandia. Spero che sprofondi, una volta per tutte!
Eravamo
finalmente giunti nell'ultimo pezzo di tragitto. Superato quello,
Daikke aveva accennato a un altro bosco ancora più fitto, e poi la
città. Sospirai. Quanto ci avremo ancora impiegato!?
Ad
un tratto mi sentii picchiettare una spalla.
Mi
girai lentamente, ben conscia che se avessi fatto movimenti bruschi,
sarei potuta cadere. E se cadevo sarei morta. Bella vita, vero?
Ma
davanti a me non v'era nulla, così, scrollando le spalle, tornai a
camminare. Daisuke pareva non avere problemi, anche se agiva in modo
strano. Non si reggeva nemmeno alla parete rocciosa, per spostarsi,
ma bensì camminava seguendola, ignorando che dietro di lui ci fosse
solo il vuoto. Ebbene sì, eravamo in una situazione delicata, da una
parte un muro e dall'altra il nulla. Perché sempre a me?
Mi
domandai, abbracciando, al contrario di Dracula, la parete, quasi ne
fosse – cancellatelo – siccome ne era della mia vita.
Fu
allora che risentii qualcosa che mi picchiettava sulla testa. E
faceva anche male!
Alzai
lo sguardo. E poi sbiancai in un millisecondo.
"D-D-Daikke?"
Lo chiamai, balbettando. Quello parve essere colpito da una freccia,
ma si voltò lo stesso. Come mi vide, divenne nervoso.
"N-non
avevi detto c-che sti cosi non ce l'avevano c-con me?" Lui annuì
leggermente, seppur sembrasse aver cambiato opinione. "E allora
perché ce ne ho uno in testa!?" Urlai isterica. Se si muoveva,
mi beccava, o ancora peggio, defecava – che parolone, stare
in compagnia di Daisuke aveva dato i suoi frutti – potevo
precipitare di sotto.
"Non
agitarti." Consigliò il ragazzo, squadrando il corvo. Ma questi
non lo aveva nemmeno calcolato, troppo impegnato a fissarmi negli
occhi, inclinandosi sulla mia faccia. Riuscivo a sentire il mio
battito accelerare.
Non
agitarti, loro non mi vogliono far del male... Pensai.
In quel preciso istante, il Murkrow sogghignò, mentre le sue pupille
si restringevano furiosamente.
..
Loro mi vogliono uccidere! Urlai
inconsciamente, mentre il volatile, aggrappato ai miei capelli, mi
aveva trascinato di scatto via dalla parete. Ed ora ero,
tecnicamente, in bilico, tenuta su solo dall'uccello.
Guardai
Daikke, indeciso sul da farsi, mentre cercava di afferrare una pokeball. E poi
ritornai al corvo, con un'espressione di terrore sul mio volto.
"…
non oserai, vero?"
"Mu!
Murkrow!" Rispose quello, guardandomi sadico. Allora spostai gli
occhi verso il mio compare, sussurrandogli: "Credi ancora che
non mi odino?" Lui stette zitto.
"Murkrow!"
Gracchiò l'uccello, sganciando una zampa. Ora mi sollevava solo una
una. Il mio primo impulso fu quello di chiedere a Rattata o – Dio,
dovevo essere proprio disperata – Wooper, di aiutarmi, ma mi
immaginavo già la scena. Saremmo caduti come tre cretini. Mondo
ingiusto.
"No,
'Murkrow' un corno!" Protestai, dimenticandomi dell'ansia e
ringhiando al pokemon. "Tu non mi farai cadere, uccellaccio del
malaugurio! Riportami subito ---" Mollò la presa, annoiato
dalle mie prediche. L'afferrai d'impulso per una zampa, offesa. Cioè,
davvero aveva creduto che sarei caduta senza lottare?
"Non
avevo finito!" Stavamo lentamente precipitando. Il Murkrow
batteva le ali con tale foga che sembrava creare turbini di vento, ma
non ci poteva fermare dal cadere.
"Ohoh"
Ridacchiai, sarcastica "Ti piace adesso? Non pensavi mica di
poterti liberare così di me!" Quindi mi imbronciai "Cosa
ti ho fatto di male, spiegamelo! Anzi no: dimmi perché tutti i
pokemon che incontro vogliono uccidermi!" Lo pregai, disperata.
Tanto sapevo che non mi avrebbe mai potuto rispondere. In compenso,
pareva volesse scuoiarmi con i suoi artigli.
L'uccello
si dimenava più che poteva, graffiando e beccando, mentre io lo
spiumavo – letteralmente – e gli stritolavo le zampe. Sarebbe
andata avanti così, se solo gli altri due suoi compari non mi
avessero lanciato delle onde nere,
che mi erano andate a colpire la schiena.
Che
cavolo di attacco è?! Fa un male assurdo! Pensai,
mentre i corvacci erano partiti a beccarmi dappertuto. E più mi
beccavano, più la mia confusione aumentava. Era tutto sfocato, non
vedevo che becchi, ali, artigli! Tutto era cupo e oscuro. Dov'era il
sopra? Dov'era il sotto? Dov'ero io?!
Più
la mia confusione aumentava, più la mia presa si indeboliva. E il
bello era che non me ne sarei nemmeno accorta, tanto rintontita
com'ero, se solo non avessi sentito il mio corpo cadere come un sacco
di patate. Non potevo nemmeno urlare, tanto era il mio affanno.
Chiusi di scatto gli occhi, non volendo pensare al peggio. Mi
ricordava di alcuni sogni che facevo, nella quale ero su un terrazzo.
Poi il terrazzo si inclinava,
giuro, ed io scivolato giù cadendo all'infinito. Era una sensazione
orribile, mi sentivo lo stomaco sottosopra! Peccato solo che,
stavolta, non mi sarei svegliata …
Dubito
che mi risveglierò mai …Incrociai
le dita: non potevo fare altro che sperare.
Ti
prego... ti prego! Fa che non sia doloroso!
Quasi
come risposta alle mie preghiere, sentì la mia caduta frenata
bruscamente, il mio braccio afferrato con violenza. Ansimai dallo
spavento, mentre il mio "salvatore" mi tirava su. Solo
quando arrivai a toccare terra, aprì lentamente gli occhi. Una
faccia familiare, contornata da capelli arancioni sparati, mi
squadrava dall'alto.
"Ahah!
Sana e salva!" Esclamò lui, ridacchiando sguaiatamente, mentre
Daisuke gli lanciava la sciarpa in faccia. Io lo ignorai
spudoratamente, guardandomi attorno. Non eravamo più sul sentiero,
bensì, eravamo sulla cima della collina. Attorno a noi ricominciava
a spuntare l'erbetta.
"Ehi!
Non ti distrarre mentre parlo!" Continuò quello, legandosi la
sciarpa con fare energetico "Devi ringraziare il
meravigliosissimo, granderrimo, ottimissimo, superberrimo Kakeru! Il
ninja salvatore!" Schiamazzò, prima di ricevere un pugno in
testa da Daisuke. Quello aveva un'espressione cupa sul volto.
"Idiota."
Si limitò a sbuffare.
"Che?!
Un po' di rispetto! Pretendo rispetto e delle scuse!"
S'imbestialì l'altro, fronteggiandolo. Uno con sguardo concentrato,
l'altro irato. Mi sembrava di vedere delle scintille nell'aria. Non
potevo fare a meno di chiedermi cosa fosse successo, mentre io
lottavo contro gli uccellacci.
Kakeru's
Pov ~
Come
si permetteva quel damerino di insultarlo? Insultare lui, per
giunta. Kakeru, il ninja miracolo! Sapeva che Daidiota era davvero
senza speranze, ma non pensava fosse così arretrato ed irrispettoso.
"Non
sono io quello che è rimasto a guardare mentre lei cadeva."
Sentenziò Daidiota, con quell'espressione di superiorità che solo
lui riusciva a dimostrare. Non poteva prendersi gioco di lui,
l'altissimo e specialissimo ninja Kakeru!
"Io, se non
l'hai notato, l'ho salvata!" S'impuntò, aggrottando le
sopracciglia ed incrociando le braccia. Lui era un eroe. NO! Anzi.
Lui era l'eroe. L'unico ed inimitabile. Come pensò quelle
cose, una musica malinconica risuonò nell'aria.
"Io
ho rischiato la vita per aiutarvi! E tutto ciò che mi ritrovo è un
damerino irriconoscente e sgraziato" Daidiota alzò un
sopracciglio "che mi rimprovera per qualcosa che non ho
commesso. Come potermi offendere così? I miei sforzi non sono
proprio serviti a niente? Quest'inetto rimarrà tale...?" Una
fiamma si accese nei suoi occhi, sentiva la forza e l'energia
ardergli dentro, fino a potenziarlo. La melodia terminò, facendo
spazio alla sua musica a tema prediletta.
-…
Io credo in me, e dico addio! Ai miei giorni grigi! Come un raggio,
che ha il coraggio, di lasciarsi il sole dietro sé! Io credo in me,
nel cuore mio …-
Daidiota
– che meraviglioso soprannome che gli aveva trovato! - rilasciò la
sua espressione truce e si osservò attorno, interdetto. Lui gli rise
in faccia, determinato:
"Non
permetterò che tu, oh povero diavolo, rimanga nella tua ignoranza"
prese a dire, nemmeno fosse il Messia, mentre lo indicava con forza
"Questa musica proviene dal mio cuore impavido e cristallino, e
giuro che ti aiuterò a ritrovare la strada per la purificazione!"
Daidiota lo guardava incredulo. Sì, lo sapeva, era un genio. Era
nato per aiutare le persone, non poteva comportarsi da meno con il
suo arci-rivale!
Daidiota
non aprì bocca. Poteva giurare di vedere ammirazione nei suoi occhi.
Sì, lo avrebbe finalmente riconosciuto come un dio, si sarebbe
inchinato di fronte alla sua magnificenza e ---
Madeleyne
Pov ~
La
musica di magnificenza di Kakeru si era stoppata, nel momento in cui
Daikke gli aveva tirato un calcio sulla faccia. Piuttosto forte,
aggiungerei anche. E Kakeru era finito sull'orlo del burrone,
tenendosi solo con le braccia e insultando il suo rivale. Aveva
stampata in faccia l'impronta della scarpa dell'intelligentone.
Andranno
mai d'accordo quei due?
Mi
chiesi, prendendo tremolante un pacchettino da dentro alla mia borsa.
Non riuscivo a smettere di pensare che io sarei potuta
crepare. Nonostante fossi sulla terra ferma, l'idea di stare sopra ad
una pericolosa collina non mi faceva stare meglio. Supponevo di aver
sviluppato un nuovo trauma – sì, sono facilmente impressionabile -
grazie a quei Murkrow. Fortunatamente, Sey se ne era già occupato –
che pokemon diligente, Daikke e Carota avrebbero dovuto prendere
esempio da lui -, mentre i contendenti si dimenavano. Ora i tre
uccelli stavano a terra, con gli occhi a ghirigoro, mentre il pokemon
gli si era seduto sopra.
"…"
Daikke aveva fermamente ignorato gli insulti del ninja – che con un
salto mortale era ritornato sulla collina (esibizionista!) - e mi
aveva lanciato un'occhiata incomprensibile. Io mi sentii sotto
pressione. Dovevo dirgli di essere ancora sotto shock, e che il fatto
che loro litigassero non faceva che aumentarlo, o starmene zitta e
muta? Decisi di sciogliere la tensione, com'era mio solito fare.
"Credo
che mi abbia lussato la spalla …" Ridacchiai non convinta,
riferendomi a quando il ninja mi aveva afferrato per il braccio.
Daisuke non pareva essersi bevuto la mia scusa – non che mi ero
così impegnata, comunque – e ritirò il suo Sableye.
Fra
tutte le emozioni che quel tipo cercava di nascondere, non riusciva a
evitare di dimostrarsi indispettito da Kakeru, che continuava a
parlare di quanto fosse magnifico e di quanto loro fossero dei
perdenti.
"---
e quindi, Kakeru, il ninja fenomeno –"
"Da
baraccone" Completò Daisuke, con aria di superiorità.
Kakeru
non afferrò subito il concetto. Ci mise due minuti per comprendere
il significato di quell'affermazione. In quel momento, un forte vento
gli soffiò contro, facendo ondeggiare i suoi capelli e i suoi
vestiti. Aveva l'aria di uno che stava per cedere. Ma Daikke voleva
avere l'ultima parola, e mettere le cose in chiaro.
"Quando
era stata trascinata in alto da quei tre Murkrow, tu hai visto la
scena e ti sei buttato a capofitto. Se non avessi afferrato la tua
sciarpa in tempo, saresti precipitato." Spiegò stile maestrina,
sospirando deluso.
Kakeru
cercò di ribattere: "Avrei usato uno dei miei gadget!"
"Certo."
Risposte Daikke, con una punta di acidità "Come con i dardi e
gli slugma! Mi sarei dovuto fidare di una testa calda come te?"
Sentenziò, duro. Io ero piuttosto sospettosa. Non era da Daikke
arrabbiarsi così. Ok, forse sì, ma l'ultima volta che avevamo
incontrato Kakeru non lo aveva insultato così pesantemente.
Si era arrabbiato per il fatto che io stavo per crepare, che lui
continuava a rompere profetizzando di essere il salvatore di tutti –
che manie di protagonismo! - o per qualcos'altro? Scossi la testa: di
sicuro era un'altra cosa. Ora dovevo solo capire cosa, di
preciso.
"M-ma
…" Kakeru guardava per terra, demoralizzato. Ora sì,
che pareva un cucciolo abbandonato. Per quanto il suo complesso di
superiorità era fastidioso, era sempre meglio che in quel momento.
Ora mi faceva troppa pena.
Gli
lanciai tre biscotti al cioccolato, recuperati dalla scatola presa in
precedenza.
"Però,
anche Kakeru ha contribuito." Borbottai un grazie, ma sapevo di
non essere stata sentita. Il ninja aveva ripreso la sua indole
iperattiva, urlando: "Biscotti! Miei!" E se li era
tracannati. Daisuke scosse la testa, con un'espressione stanca in
volto. Prima era solo un sospetto, ora è una certezza. C'è
qualcosa di strano in lui.
"Sarà
meglio scendere a valle. Non arriveremo alla città, ma almeno
potremmo accamparci." Disse Daikke a bassa voce. Sembrava
volesse smetterla di parlare.
Per
forza! Di solito non dice niente, mi sorprende che si regga ancora in
piedi! L'incontro verbale con Kakeru deve averlo stremato …Replicai
melodrammatica.
Mi
alzai lentamente, e mi diressi verso il prossimo sentiero da
prendere. Questo era … più corto, meno tortuoso.
Ma
è terribilmente alto! Mi
bloccai di scatto, quando Daisuke era già partito a scendere. Kakeru
mi guardava – con la faccia piena di briciole – crucciato.
"Oi!
Daidio-- Daisuke!" Si corresse Kakeru, indicandomi "Abbiamo
un problema!"
Io,
per tutta risposta, corrugai le sopracciglia. Non avevo mai avuto
paura a stare in alto, giusto? Ero sempre sopravvissuta. Tranne con i
Murkrow, d'accordo, ma quello era un dettaglio. Potevo farcela.
Presi
a scendere lentamente il sentiero, seguita dal ninja, guardando
sempre fissa la parete di roccia. Così era più facile, almeno non
sapevo quanto fossimo in alto!
Solo
… quanto potrò resistere?
Passarono
vari minuti di silenzio, interrotti solo da alcune colonne sonore
provenienti da Kakeru. Erano a basso volume, quasi impercettibili, ma
con quel silenzio si sentivano a sufficienza. Pareva che cambiassero
ad ogni cambio d'umore del ragazzo. Mi venne un sospetto: quando
aveva detto che provenivano dal suo cuore, intendeva dire che si era
trapiantato un MP3? Scossi la testa – mentalmente, però: troppa
paura di cadere. Non era così idiota. O forse sì?
"Ehi,
quello là non vi ricorda qualcuno?" Esclamò ad un certo punto
Kakeru, zittendo la musichetta. Daisuke scostò lo sguardo nel punto
indicato, e s'irrigidì leggermente. Quindi replicò: "Bob
dell'organizzazione?"
Kakeru
emanava rabbia. Il tipo di rabbia che era stata repressa per molto
tempo.
"Proprio
lui. Credeva di riuscire a scappare dalla mia vendetta, ma da Kakeru,
il ninja dalla vista rapacica--"
"Non
esiste quella parola." Sottolineò Daikke.
"Dettagli.
Dobbiamo accelerare il passo, scommetto che stanno per fare qualcosa
di losco – di nuovo." Illustrò Kakeru, serio. Che avesse
intuito la gravità della situazione? Ma erano davvero sicuri che
fosse Bob del team Pyro?
Decisi
di dare un'occhiatina veloce. Non avrebbe fatto male, no?
Pessima
scelta. Al guardare di sotto, non solo non avevo visto nemmeno
l'ombra di Bob, ma fra l'altro mi erano ritornate le vertigini: sotto
di noi c'era un'enorme foresta di pini, sui quali soffiava un vento
così potente da muoverne le chiome.
Eravamo
ancora troppo in alto. Rischiavo di cadere. E se cadevo …
non avevo dove aggrapparmi, tenermi fissa. Niente sbarre, niente di
niente. Il presentimento di non poter far nulla per evitare il
rischio, fu il colpo di grazia.
L'immagine
della disavventura con i Murkrow mi riaffiorò nella mente, come io
mi inginocchiai d'impulso. Strinsi le braccia attorno alle gambe e
chiusi gli occhi, rimpicciolendomi più che potevo. Mi sentivo la
testa girare, e il mio corpo intorpidirsi. Non riuscivo più a
muovermi, per quanto avessi voluto. Sembrava che, se mi fossi
spostata, sarei potuta precipitare di nuovo. E quel
presentimento mi faceva paura, e quella stessa andava ad alimentare
la sensazione di vuoto.
"Madeleyne!"
Mi chiamò Kakeru, non aspettandosi la mia reazione. Perfetto, ora
non avevo fatto altro che bloccare la sua avanzata. Ero d'impiccio.
Come
sempre. Mi dissi, acida. Non
solo avevo paura degli insetti – il che era già imbarazzante -, ma
ora mi era venuta anche il senso di vertigine! Perfetto! E per di
più, in ogni caso, sempre, non riuscivo a fare a meno di causare
problemi. A volte mi chiedevo se il mondo avesse voluto farmi così,
la rappresentazione della negatività, o se fossi solamente un'errore
di natura. Probabilmente la seconda.
Mi
sentii picchiettare sulla testa, ma non volevo alzarla. Non volevo
vedere. Era tutto troppo confuso, mi sentivo ondeggiare - nonostante
sapessi di essere ferma: attribuì la sensazione alle vertigini.
Un solo passo falso e avrei
spiccato il volo. O almeno, questo era quello che il mio subconscio
mi diceva.
Capitemi
… sapevo di star facendo una cavolata, che se non mi fossi mossa
sarei rimasta bloccata lì. E sapevo che, se fossi stata attenta, non
sarei precipitata. Ma provate voi ad essere trascinati su per una
strada affacciata su uno strapiombo, con degli uccellacci che ti
attaccano, ti feriscono, ti fanno del male e poi ti
lasciano cadere verso morte certa.
La sensazione era stata più di quanto potessi sopportare.
Presi
a tremare inconsciamente, mentre le sensazioni del mio corpo si
avvicinavano sempre di più ad assomigliare a quelle di una caduta.
Sarei morta lì, nella mia dannosità. Fra gli sguardi d'odio di
quelli che mi stavano accanto …
La
mano che prima mi picchiettava, ora aveva preso ad accarezzarmi i
capelli. Era gentile, era calma, era protettiva. Rimasi a crogiolarmi
in quel tocco per un periodo di diversi minuti. Allora alzai gli
occhi, acquosi. Senza saperlo mi ero anche messa a piangere. Ero
patetica ...
Mi
ritrovai a faccia a faccia con Daisuke. I suoi occhi neri mi
guardavano, comprensivi. La faccia era rilassata, quasi sapesse che
sarebbe finita in quel modo. Che avesse già intuito tutto quando
erano sulla cima della collina? Probabile, Daikke era fatto così.
Silenzioso ed intelligente. Per tutto quanto il tempo del nostro
contatto visivo, non aveva mai smesso di accarezzarmi, incoraggiante.
"…
alto …" Biascicai debolmente. Mi sentivo leggermente più
tranquilla. Poi per il resto, ero piena di terrore. Lui si rialzò
lentamente, ed io mi ritrovai a pensare a quanto mi mancassero le
carezze. Ero una ruffiana, io!
Daikke
mi tese la mano, attendendo. Io la fissai per qualche istante,
insicura. Con un qualcosa su cui tenermi, avrei potuto
muovermi. Avrei avuto l'appoggio di cui avevo bisogno. Forse.
O
forse saremmo caduti tutti e due nel baratro della morte?
"Fidati."
Mi incitò, tranquillo. Sembrava non avesse problemi ad aspettare.
Dovevo fidarmi? Dopotutto Daikke era una delle persone più
affidabili che avevo mai incontrato …
Gli
presi la mano, e lentamente mi alzai. Daisuke annuì, e iniziò a
camminare, mentre la mia stretta tremolava. Il terreno sembrava fatto
di gommapiuma. Correvo il rischio di sprofondarci dentro. E la mia
testa continuava a girare. Ma seguendo Daisuke, era più facile
evitare che ondeggiassi come un'ubriaca.
Arrivammo,
finalmente, a terra. E come arrivammo a terra, mollai la mano di
Daikke, e mi inginocchiai a terra, baciandola febbrilmente.
"Terra,
terra! Sono salva! Yuppi! Sopravvissuta!" Ripetevo a raffica.
Poi mi accorsi di aver ingoiato dell'erbetta, e smisi di baciare il
terreno. Sputacchiai qua e là, e poi trotterellai attorno ad alcuni
alberi, euforica.
"Sono
così felice ~" Canticchiai, carica di energie. Ritornare con i
piedi per terra era stato come una ricarica: Madeleyne Hellys era
tornata! E non sarebbe più sparita per un bel po'!
O
almeno finché non mi trovo davanti ad un insetto, precipizio, o
senso d'inettitudine. Ma chissenefrega! Sono troppo
iper-stra-ultra-mega-attiva!
Saltellai
dietro a Daikke, felice. Mentre quello proseguiva per una stradina
presa, secondo me, a caso, io non mancai di commentare:
"Ma
sai che sono strabiliata? Euforica? Non pensavo che camminare su
terra ferma fosse così piacevole! Weeee ~" Daikke roteò gli
occhi al cielo, sbuffando. L'espressione, comunque, mi pareva
divertita.
Naturalmente
avrei continuato così per ore – se non fosse intervenuto Kakeru, a
testa in giù, con le gambe appese all'albero. Da dove era sbucato?
Boh ~
Pareva
anche lui carico di determinazione, comunque.
"Più
avanti c'è una vecchia casa malconcia … dubito che ci abiti
qualcuno! Però ho visto il camion dell'organizzazione parcheggiare
lì fuori!" Aggiunse, agitato.
"Ah?
Whatty?" Domandai, non ancora ripresa dal mio stato di felicità
pura.
"Woah,
che cambiamento!" Esclamò lui, notandomi. "Quando mi sono
calato giù con la corda, vi avevo mollato piuttosto messi male."
Prima che potessi rispondergli, e dirgli che si meritava una
tonnellata di biscotti – era strano gli effetti che aveva l'euforia
su di me -, si affrettò a continuare.
"Argh!
Che stiamo aspettando! Dobbiamo andare ad aiutare il vecchio
archeologo –"
"Che
archeologo?" Domandai io, confusa.
"Il
team Pyro l'ha legato come un salame e trasportato dentro. Suppongo
che l'abbiano rapito!" Disse eccitato Kakeru. Sembrava altamente
disinteressato per la sicurezza dell'uomo. Secondo me era per l'odore
di azione nell'aria.
Daisuke
si stava allontanando in un'altra direzione. Pareva stanco di
ascoltare le chiacchiere del ninja. Era divertente vederlo crucciato.
Mi aggregai a lui, fregandomene di Kakeru.
"Neh,
Daikke" Gli venne un tick all'occhio. "Preferisci il gelato
alla panna o al ---"
"Ma
che fate!" Esclamò Kakeru, afferrandoci per la collottola delle
maglie e trainandoci nella direzione da lui voluta. Io m'impuntai,
mentre Daikke gli tirò un calcio. Ma Kakeru era troppo esagitato per
curarsene.
"Dobbiamo
aiutare l'archeologo." Disse determinato.
Io
lo squadrai. Davvero voleva andare lì dentro, nel covo dei nemici,
ed attaccarli liberamente? Senza precauzioni? Senza contattate
nessuno? Davvero voleva rischiare la vita? Lui era pazzo.
"Nah.
Perché dovrei farlo? Per quel che ne so, potremmo tutti crepare, là
dentro." Gli dissi noncurante, ritornando a camminare. Sentivo
però la voce del ninja, che non aveva ancora mollato.
"Ma
… perderà la vita!"
"Embè?
Non sono problemi miei ~" Cantilenai. Sarebbe morto? Peccato. Mi
dispiaceva. Ma non avevo alcuna intenzione di rischiare. Mica
scema, io!
"Fra
poco farà buio, se riuscissimo a sbarazzarci di loro potremmo
dormire al coperto …" Non demordeva.
"In
una lugubre casa piena di ragnatele? No, thanky ~"
Kakeru
ridacchiò tristemente. "Peccato allora … perché oltre
all'uomo, avevano portato dentro anche una cassaforte … bella
pesante, sembrava." Disse con nonchalance. Cos'era, un giochino
psicologico? Cosa poteva importarmene di una …
"…
hai detto cassaforte?" Gli domandai, facendo retromarcia.
Lui sogghignava compiaciuto, sfregandosi le mani.
"Oh
sì. Una grande e pesante cassaforte. La portavano in tre, pensa un
po'."
Ci
riflettei. Valeva il rischio? E se poi morivo? La cassaforte
misteriosa valeva così tanto? Magari ci sono dentro enormi
gruzzoloni ...o diamanti … o qualcosa di importante, comunque. E
poi ci sono anche Kakeru e Daikke … magari ci ritorno viva. Non
so cosa mi avesse spinto ad accettare. Magari era la mia stupidità
risvegliata. Magari era l'euforia del momento.
"Ci
sto. Ma entriamo, salviamo il tipo, pigliamo la cassaforte e torniamo
indietro. Ok?" Dissi preoccupata al ninja, il quale ridacchiava
contento.
"Sicuro!
Daidi—Daisuke, andiamo ~" Lo strattonò. Il diretto
interessato ci guardava impassibile, ma con una punta di ironia.
"Tu
vuoi andare solo per vendicarti di Bob." Ragionò Daikke,
inarcando il sopracciglio ma non opponendo resistenza. Kakeru lo
fissò per un millisecondo: quindi si mise a ridere come un
indemoniato. Avete presente le risate diaboliche? Ecco, più o meno
era quello il discorso.
Daisuke
non pareva convinto.
E
come può essere convinto, se l'altro lanciava urla isteriche a
destra e a manca?
Lo
guardò come se fosse ubriaco/psicopatico. E in effetti, nel modo in
cui si sganasciava dal ridere lo sembrava proprio. Quindi mi lanciò
un'occhiata preoccupata. O almeno, credevo fosse tale. Non riuscivo a
vederci bene con le mie iridi trasformate a forma di '$' luminosa.
Non chiedetemi come fosse possibile.
"…
cosa hai messo in quei biscotti?" Daisuke era straordinariamente
serio. Faceva ridere.
"Io?"
Chiesi innocentemente, indicandomi. "Qualche foglia e erbetta
che coltiva mia nonna in giardino. Sono molto grandi e pagate dai
giovani, lo sai?" Giocherellai, prendendolo in giro.
"Susu,
dobbiamo andare!" Ci spinse Kakeru. Ma davvero fremeva così
tanto per vendicarsi di Bob? Non mi sembrava il tipo da vendicarsi,
il ninja. Scrollai le spalle: affari suoi. IO avevo una
cassaforte di cui preoccuparmi.
Mentre
ci avvicinavamo alla 'casa stregata', sussurrai a Daisuke: "Hai
davvero intenzione di accompagnarci?"
Quello
ci riflettè qualche minuto. Poi sospirò e mi disse, chiaro e tondo.
"Preferisco
assicurarmi personalmente che non tentiate di ammazzarvi come
oggi..."
Io
annuì. Se eravamo veloci e furtivi, non ci avrebbero beccato.
Potevamo salvare la cassaforte …
Ed
il vecchio. Il vecchio ha la priorità. Caspita, quanto sono egoista
…
Arrivammo
finalmente davanti alla casucola, il camion davvero parcheggiato
lì di fianco. L'enorme casa riempiva la radura. Un aggettivo per
descriverla? Pericolante. Un secondo aggettivo?Scura. O forse ero io
che non vedevo bene. Era notte, ormai...
Le
finestre, nella maggior parte rotte, creavano suspance. La porta era
vecchia e logora, come il resto delle pareti. Varie mattonelle erano
ai nostri piedi, e potevo scommettere che venivano dal tetto. Le
tende, viola scuro, ondeggiavano oltre i vetri, parendo quasi delle
entità. In più, gli scricchiolii provenienti dall'interno della
casa, non aiutavano di certo a tranquillizzarmi.
Avete
mai visto le case degli spettri dei luna park? In qualche film? In
qualche manga? Ecco. Moltiplicate l'effetto paura per dieci, ed
avrete la villa disastrata che stavo fissando.
Ah.
E devo aggiungere un'altra cosa: lì dentro vi sono una decina di
criminali/assassini/senza pietà. Stupidi, ma comunque pericolosi.
Stavo
per chiedermi cosa cappero m'avesse spinto ad accettare – a quanto
pareva la mia euforia di prima si era dissipata – quando notai di
essere sola, fuori dalla casa.
Non
voglio rimanere qui ...è raccapricciante! E se gli succede qualcosa?
E se escono fuori i tipi loschi? Nono, meglio entrare …
Silenziosamente
mi diressi verso l'entrata, semichiusa, e sbirciai dentro: il
pavimento in legno era bruciacchiato e consumato. Non sembrava
stabile. Alcuni muri erano distrutti, e i corridoi si prolungavano
nelle tenebre. Non riuscivo a scorgere né Daikke, né Kakeru, ma non
avevo dubbi che si fossero già dati all'esplorazione.
Entrai
dentro, sentendo il pavimento scricchiolare. Certo che qualche
lavoretto di ristrutturazione no, neh? Ora come faccio a trovare gli
altri …
Stavo
per fare la conta dei pokemon, tanto per scegliere un corridoio,
quando avvenne un imprevisto: la porta si chiuse di scatto,
lasciandomi al buio più totale e facendomi venire un colpo.
… Lumos
Maximus!
Recitai,
convinta, come nel film Harry Potter. Ma no, a quanto pareva non
aveva funzionato.
Scrollai
le spalle, ed inspirai a fondo. Ci avevo provato, però.
Che
tu sia maledetto, Harry Potter! Lumos un corno! Mi conviene avviarmi
alla cieca per questa casa, altro che magie inutili! Ecco,
ora me la prendevo pure con un film. Magari c'era davvero qualcosa
dentro a quei biscotti ...
Suvvia,
devo solo entrare, depredare, liberare, ritrovare, e POI scappare
come una furia via dalla casa ...
Feci
un passo, ma spaccai una tavola di legno, facendo sprofondare il
piede
...Sempre
che non mi uccida prima lei.
~
Author's Corner
Aggiornato
^^; Siete stati veloci a recensire, quanto sono felice Q.Q Mi domando
come facciate ad avere cotanta pazienza xD Ma, bando alle ciance, ora
mi odierete di certo q.q
Quindi,
il riassunto del capitolo è che i nostri amichetti sono arrivati ad
una collina rocciosa. Con un sentiero strettissimo. E uno strapiombo.
Geniale, neh? [Ho preso spunto dalle 'Cinque Terre' in liguria, dove
in una gita abbiamo dovuto fare la stessa cosa. Seriamente.
Menomale che non soffro di vertigini :'D.] Per un primo tempo tutto
va bene, ma l'incontro con dei Murkrow arrabbiati mette in difficoltà
Madd Madd, che picchia i corvi in una lotta furiosa e rischia di
crepare per un burrone. Ma …. ta-da! Compare Kakeru che helpa e la
salva U.U
Ora,
la scena è confusa: Daikke dice che sarebbe morto anche lui se non
l'avesse preso per la sciarpa; Kake invece dice che avrebbe usufruito
di un gadget per salvarsi la pellaccia. Ci sarebbe riuscito? Non lo
sapremo mai.
Ah.
E poi abbiamo visto un po' di Pov di Kakeru, dove si potevano notare
il suo INNOCENTE egocentrismo. Ma vuole solo far del bene, poverello
Q.Q Poi Maddy capisce che qualcosa turba Daikke-kun, ma non capisce
cosa …
E
poi … ugh … la scena smielosa.
Però,
ho deciso di farlo adesso il momentino 'aaawww' perché dopo ci sarà
un po' d'azione +.+ Sono in una casa stregata con dei
criminali, una cassaforte, ed una vittima, gente! Più di così! >.<"
Ora,
passerò alle domande del giorno [quanto mi sono mancate!]… per
capire cosa pensano i lettori. v.v
Domanda
del giorno I: Che ne pensate dell'effetto Pov di Kakeru? Lo pensavate
così, o credevate fosse un personaggio diverso? E' importante
saperlo.
Domanda
del giorno II:Momento awwww. Di più o di meno? [personalmente ne
sono imbarazzata ^^; poveri lettori ...]
Domanda
del giorno III: Ho bisogno di idee per la storia. Ho all'incirca …
una decina di città + percorsi da riempire. Avete idee per alcune
scene? Sennò, fa niente …
Grazie
per aver continuato a seguirmi, e grazie ai nuovi recensori *.* E
ricordate: anche le critiche sono accettate.
~GloGlo_96
PS:
Ah, e poi volevo dirvi una cosa: io non soffro molto di vertigini.
Ma supponevo che era realistico, che Maddy sviluppasse una sorta di
fobia, una volta sperimentata una caduta. Ebbene, non è
esattamente la paura dell'altezza. Mentre quella avviene in ogni
circostanza [tipo, anche su un'aereo], quella di Maddy è piuttosto
una reazione protettiva. Cioè, se andasse su un'aereo, sarebbe
tranquilla, perché è circondata da appoggi e un muro le blocca la
caduta. Comprendete? La sua è piuttosto una reazione che avviene non
appena si trova in alto, e senza potersi stabilizzare. In quel caso
la mente fa dei trip e finisce per farti venire l'impressione di
cadere, come nei sogni v.v Spero di avere descritto bene la scena ...
|
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Capitolo 21 *** Bacche, che bontà ~ ***
Pkm 3.0
Bacche, che bontà ~
Stavo
camminando a ridosso del muro. Come mai? Perché nella maledetta
casucola non c'era uno straccio di luce.
Mi
piaceva, però, l'effetto tenebroso che procurava l'abitazione. Era
misteriosa e mistica. Se non ci fossero stati quelli del team Pyro,
di sicuro mi sarei data alla pazza esplorazione! Insomma, era una
casa fantasma, ragazzi! E, con casa fantasma, il mio cervellino
creava una catena: 'casa antica = oggetti antichi = oggetti di gran
valore = soldi'.
Ma
il team Pyro ha dovuto rovinare tutto...
Sospirai. Mi conveniva sbrigarmi, sennò altro che cassaforte.
Di
Daikke e Carotino non c'era traccia, probabilmente si erano divisi. O
persi. Ma l'ipotesi migliore era che Daisuke si fosse talmente
irritato della compagnia del ninja, da andarsene. Che poi, non era
nemmeno tanto fastidioso, a dirla tutta …
Trovai
una porta. Appoggiai un orecchio, per essere sicura che non vi fosse
nessuno nella stanza. A quanto pareva, era vuota, così ruotai il
pomello ed entrai lentamente.
Ero
finita in una cucina. Una cucina.Come
avevo fatto a scoprire che era una cucina? Semplicemente perché
parte della parete era rasa al suolo e permetteva alla luce della
luna di illuminare fiocamente il posto. C'era, a ridosso di uno dei
muri, un balcone con fornelli e lavandini, con al di sotto alcune
ante. Al centro della stanza c'era un piccolo tavolino quadrato, con
tre sedie ai lati. Davanti ai balconi, invece, si trovava il
frigorifero e la dispensa.
Senza
pensarci due volte, aprì il frigorifero e contemplai l'interno,
sognante: c'erano un casino di bacche!
Solo
che a seconda del ripiano, cambiava il tipo,
di bacca. Personalmente, non ne avevo mai viste di così strane.
Scrollai
le spalle ed iniziai a ficcarne alcune dentro alla borsa. E con
alcune, intendevo dire un terzo. Tanto era stracolmo, nessuno se ne
sarebbe accorto!
Thump!
Thump!
Mi
fermai e la bacca che tenevo in mano, cadde per terra. Guardai
febbrilmente ogni angolo della stanza, alla ricerca della fonte di
quel rumore. Poi, scrollai la testa.
E'
impossibile che uno dei loro scagnozzi sia entrato, siccome non ho
sentito la porta scricchiolare. Devo essermelo immaginato. Quindi
decisi di continuare la mia raccolta bacche – giusto un altro paio,
e poi me ne sarei andata.
Thump!
Thump! THUMP!
Madeleyne,
Madeleyne, devi andare in vacanza. Sapevo che il tuo cervello si era
folgorato da tutta quest'avventura, però arrivare ad essere
allucinate …
Mi
dissi, chiudendo il frigorifero e dirigendomi verso la porta. La
cassaforte non poteva attendere oltre. Poveretta, la sentivo
implorarmi di raggiungerla. Dovevo ascoltare le preghiere di una
piccola cassaforte, no?
THUMP!
THUMP! THU---
Mi
volta di scatto, la borsa di bacche stretta fra le mie mani. Da una
delle ante era sbucata fuori una sagoma che si dimenava. Non mi
pareva, però, ne un pokemon, ne uno del team Piromani. Così presi
Dexi – che stupida che ero stata, a non pensarci prima! Il pokèdex
poteva illuminare la zona … - e lo puntai verso la fonte del
rumore, intenta a rivelare chi fosse. Vidi solo un ammasso di capelli
– il resto era legato come un salame da delle fitte corde -
batuffolosi e spumeggianti. Batuffolosi, e di colore fucsia. Per
non parlare, poi, della varietà di ciuffi blu elettrico che
spuntavano qua e là. E poi, verso la sommità, diventavano di colore
giallo evidenziatore e verde fosforescente. Tolsi il pokèdex, presa
da un'insana curiosità. Quindi spalancai gli occhi.
"…
I tuoi capelli sono davvero fosforescenti! Oh cavolo! Sono in
compagnia di una persona che è stata esposta alle radiazioni!
L'incredibile Hulk è qui!" Fantasticai sulle varie ipotesi.
"No. Aspetta, Hulk è completamente verde. Quindi, non puoi
essere niente di meno che una di quelle povere ragazze che hanno
assaggiato il gelato di Justin Bieber! Waah! Sapevo che era
pericoloso per la salute!" Esclamai, in preda al panico. Come ci
si comportava davanti ad una persona radioattiva, senza essere
contaminata? Come se mi avesse sentito, la sagoma partì a dimenarsi.
"Ok,
forse è meglio fare qualcosa per quelle corde …" Sussurrai,
cliccando il pulsante di una delle mie pokèball appese alla cintura.
Con un flash di luce bianca, comparve il mio piccolo Rattata, carico
come non mai. Forse si era stancato di rimanere per così tanto tempo
dentro la pokèball? Lo squadrai, mentre le mie labbra andavano a
formare un sorrisetto ironico.
Di
sicuro non gli sarebbe piaciuto essere mangiato da dei corvi
assatanati.
"Ciao
Rattata!" Gli dissi, abbassandomi per accarezzarlo dietro alle
orecchie. "Il sunto della situazione è questo. Dopo aver
battuto la palestra siamo andati per la foresta, abbiam superato un
sentiero che si affacciava su un precipizio, con tanto di Murkrow
assassini, e siamo finiti in un'altra casa dentro ad un'altra
foresta. E dentro a questa cosa c'è il team Pyro che ha in custodia
una cassaforte. Oh, e anche un archeologo rapito. Ma sono dettagli.
Ora mi sono infiltrata con Kakeru e Daikke, ma ci siamo persi, e così
ho trovato sta cucina, scippato delle bacche, e incontrato quello."
Indicai
davanti a noi, dove la persona insalamata stava saltellando in giro
come un pesce.
Rattata
inclinò la testa di lato, riflettendo su ciò che gli avevo detto.
Quindi annuì convinto, come un piccolo soldatino.
"Che
bravo topo! Ora, usa morso sulle corde, che non abbiamo tempo da
perdere." Dissi con non chalance, mentre Rattata aveva preso a
camminare verso la persona. E allora, dopo un po' di annusatine,
aveva tagliato le funi.
Passarono
alcuni secondi di silenzio, con io che trattenevo il fiato,
concentrata, e Rattata che si mangiava la bacca che prima mi era
caduta dalle mani. Quindi, con uno scatto, la figura si era liberata,
saltando in piedi e calciando inconsapevolmente il mio pokemon.
Mentre io lo soccorrevo, prendendolo in braccio, la persona era corsa
verso di me, brandendo un matterello. Sentendo il pericolo, decisi di
scappare via, andando dalla parte opposta del tavolo. Tanto era
facile vedere i movimenti dell'altra persona, dato che aveva i
capelli fosforescenti …
"Vieni
qui, delinquente!" Esclamò la voce. Era vecchia e gracchiante.
Una nonnina, probabilmente. Fra l'altro era anche molto bassa, come
persona …
"Ma
sei pazza? Butta quel mattarello, e ne riparliamo!" Esclamai,
mentre Rattata iniziò a muovere le orecchie. Che qualcuno si stesse
avvicinando? Oddio, non sarei riuscita a combattere contro due
persone!
"Ah,
non fai più il bulletto, ora che sei da solo!" Urlò la
vecchia, spiccando un balzo sopra al tavolo. E quando dico balzo,
intendevo dire uno enorme. Ma chi era sta qui? Wonder Woman!?
"Ferma,
ferma. Io non sono uno dell'organizzazione. Ma se urli così tanto,
ci potrebbero trovare." Le dissi gentilmente, alzando le braccia
in segno di essere disarmata. Il mio topo da combattimento – caduto
per terra – mi guardò di sottecchi, prima di risalire sulla mia
spalla.
La
vecchina sembrò pensarci su per poi inserire il mattarello nella sua
enorme massa di capelli fosforescenti. Pareva convinta dalla mia
innocenza. "Ora capisco perché sei così codarda." Rivelò,
studiandomi.
"Grazie,
lo so benissimo. Ora, in casa sua …"
"Non
è casa mia. Prima di raggiungere la mia meta prefissata, avevo
intenzione di ristorarmi in un qualche posticino. E questa villa mi
era capitata come la baccaliegia sulla torta!" Si affrettò a
dire quella, scendendo dalla tavola e remesciando nella dispensa.
"Certamente.
Comunque, in questa casa si trova un archeologo, prigioniero del Team
Pyro. Io e i miei due amici cercavamo di liberarlo ...sa mica dove
potrebbero averlo nascosto?" Domandai, sconcertata quando vidi
che la vecchina raggrinzita aveva tirato fuori dall'anta un'enorme
zainone da campeggio.
"Al
secondo piano c'è un grande buco nel tetto, che fornisce una buona
illuminazione, meglio di una Baccaparmen! Probabilmente l'avranno
mollato lì." Consigliò la vecchina, ficcandosi sulle spalle lo
zainone. Come facesse a trasportarlo con l'età che aveva, proprio
non ne avevo idea.
"Ah.
Umh. Forse ha ragione." Mormorai. Ora sapevo dove fosse il
tizio. Ma che mi diceva della cassaforte? "Ha mica visto una
cassaforte, qui in giro?" Chiesi, insoddisfatta.
Quella
si voltò di scatto, e, con un turbinio di colori fosforescenti,
corse verso la porta, gridando:
"Santa
Baccaperina! Sono rimasta chiusa lì dentro per un giorno intero!
Devo proseguire nel viaggio!"
Io
le corsi dietro, corrucciata. Stavo provando un senso di dejavu, con
quella vecchietta. Il modo con cui si esprimeva, la sua Iper Attività
… la passione per le bacche ...
"Almeno
aiutami a trovare la cassaforte, ne ho bisogno!" La incitai, non
volendo esplorare la casa da sola. E poi, in due si trovavano più
facilmente le cose. Sempre che quella lì non mi rubasse il bottino,
certo …
La
vecchia si fermò all'istante, sospirando frasi incoerenti.
"Accidenti alla baccafrago. Sei peggio di mia nipote, e lei è
una Baccagrana così tirchia …" Mi fermai di scatto.
Baccagrana? Baccafrago? Iniziai ad avere qualche sospetto
sull'identità della nonnina. Così, presi il pokedex ancora una
volta, e glielo puntai addosso.
Quella,
una volta che mi vide bene, spalancò la bocca. Io, una volta che la
vidi bene, strabuzzai gli occhi. Vedendo che nessuna di noi due
voleva decidersi a dire qualcosa, Rattata mi sventolò davanti alla
faccia la codina, risvegliandomi dal mio coma auto-indotto. Ero
sorpresa. Ero sconcertata. Ero divertita. Ero preoccupata. Ero
incredula.
Ma,
sentendo la cassaforte che mi chiamava, con voce disperata, decisi di
darci un taglio. Schiarendomi la voce, biascicai:
"…
Zia Gertrude?"
Daisuke/Third
person's Pov ~
Naturalmente.
Appena si era liberato del ninja rompiscatole, doveva incontrare
l'idiota del Team Pyro! Il mondo non gliela raccontava giusta.
"Allora,
mocciosetto. Sei tornato per terminare quello che avevo iniziato la
scorsa volta?" Domandò Bob, accarezzando la propria sfera pokè
con impazienza. Erano al secondo piano e, grazie ad un buco presente
sul soffitto, si riusciva a vedere i d'intorni perfettamente. La il
piano superiore comprendeva solamente una enorme stanza, vuota.
L'unica cosa interessante che c'era, erano dei balconi che spuntavano
dalle pareti, a circa sei metri d'altezza. Pareva un vero e proprio
stadio per incontri di pokemon.
"Non
puoi liberare Ponyta. Distruggerebbe tutto." Gli rispose lui,
zittendolo. Bob grugnì, rimettendo la pokeball in tasca. A quanto
pareva aveva ragione. Ciò, però, non l'aiutava molto: lo scagnozzo
era più forte degli altri, e non sapeva per quanto avrebbe potuto
resistere. Nelle sue condizioni attuali, non molto …
"Ragazzo.
Liberami subito. Ho delle rovine da analizzare, io." Disse, severo,
l'uomo dietro Daisuke. Era un uomo sulla trentina, capelli che davano
sul blu, nascosti sotto un cappellino tipico degli archeologhi.
Indossava un jilet beige,con dei pantaloni mimetici e scarponi.
Attaccati alla cintura, aveva un piccone e uno scalpello.
Daisuke
sospirò. Come poteva pretendere che lui potesse aiutarlo, quando
doveva prima fronteggiare Bob?
"Avanti!
Non ci vuole molto. Devi solo manomettere il lucchetto di questa
catenuccia qui, e distrarre lo scimmione." Ordinò l'uomo. Lui
non cercò nemmeno di controbattere, dicendogli che non poteva fare
due cose allo stesso tempo: quell'uomo aveva la testa fatta di
coccio. Aveva passato gli ultimi dieci minuti a starlo a sentire
mentre blaterava di quante scoperte aveva fatto, e di come volesse
che lui l'aiutasse a liberarlo. Dieci minuti della sua vita sprecati,
ovviamente. Se non fosse stato una vittima, l'avrebbe volentieri
lasciato lì a marcire.
"Ehi!
Scimmione a chi? Umh?" Rispose il colosso, infuriato. "Ancora
mi chiedo perché il capo abbia voluto rapirti. Te, e la tua
scoperta! E' solo un cristallo giallognolo, che potrà mai servire
all'organizzazione?" Sbottò lui, ragionando.
L'archeologo
sbraitò "Stupido ammasso di muscoli, se mi aveste lasciato
finire di analizzarla, invece di sequestrarmi, a quest'ora ne saprei
di più! E poi, quanto tempo ci metterà il tuo capo ad arrivare? Non
sopporterò un altro minuto di più in questo postaccio!"
"Cosa
vuoi che ne sappia!? Archeologo, non sei nella posizione di fare
richieste. E tu, pidocchio." Iniziò Bob.
Daisuke
sollevò un sopracciglio, scettico. Voleva solo andarsene di lì, e
fregarsene dei due. Uno era peggio dell'altro.
"Ora
ti darò il bis di botte!" Esclamò l'uomo, caricando verso di
lui. Daisuke posò la sua valigetta ai piedi della sedia alla quale
era legato l'archeologo, e schivò il colpo.
Bob
continuò a colpire l'aria, in quanto lui era nettamente più veloce
e minuscolo. Per non parlare dei riflessi: quelli li aveva rinforzati
con anni d'allenamento in palestre di judo e karate. L'unico
problema, stava nella resistenza. Bob non pareva voler mollare:
calcio, pugno, pugno, calcio, pugno …
Daisuke
schivò, gli scivolò dietro alla schiena e lo colpì alla testa con
un pugno. Brutta mossa. Ora si sentiva la mano in fiamme. Era un
dolore orribile, fortissimo! Ritrasse la mano un una smorfia, come
Bob cercò di afferrargliela. Odiava doverlo ammettere, ma si stava
stancando.
"Sey,
sfuriate!" Sibilò Daisuke, mentre il fedele pokemon,
manifestandosi con una luce bluastra, si scagliava verso
l'avversario. Bob, però, non pareva spaventato: con un ghigno
beffardo, liberò il suo compagno.
"Flame,
usa braciere!" Esclamò, come il suo pokemon – un piccolo
Flareon – attaccava il Sableye. Prima che Daisuke potesse dargli un
altro comando, lo scagnozzo del team Pyro lo colpì con una
ginocchiata nello stomaco. Rimanendo in piedi a stento, cercò di
schivare due pugni di Bob. Sableye, nel frattempo, stava avendo vita
dura con la volpe infuocata: questa, sfruttando il fuoco del suo
manto, cercava in ogni modo di colpirlo con l'attacco rapido. E ci
stava anche riuscendo, diamine! Sey non era abituato alla luce,
quindi si sentiva confuso ad avere una palla infuocata che gli girava
attorno.
"Andiamo,
arrenditi, prima di farti male!" Gli disse Bob, tirandogli un
calcio. Daisuke saltò e lo colpì in pieno petto con il suo calcio.
Bob arretrò di qualche centrimetro, prima di tornare all'attacco.
Pugno, calcio, altro calcio. Come lui stava per colpirlo allo
stomaco, Daisuke slittò di lato e gli tirò un pugno. Pessima
scelta, di nuovo: Bob l'aveva afferrato.
"Oh,
toh guarda. Ti sei fatto la bua?" Lo prese in giro l'uomo.
Quindi sogghignò nel vedere la sua espressione dolorante, quando
strinse la stretta attorno al suo braccio. Così Daisuke tentò di
colpirlo con l'altra mano, per avere anche quella bloccata dal
nemico. Non doveva essere il suo giorno fortunato, già.
"Ah,
che bella questa sensazione. Mi ricorda i giorni in cui malmenavo i
miei insegnanti ~" Canticchiò lo scagnozzo, stritolandogli le
braccia. Era una morsa di ferro, quella. Peggiorata dal fatto che gli
aveva conficcato dentro anche le sue unghie. La sensazione arrivò in
un istante, con la potenza di uno tsunami: si sentiva gli arti in
fiamme! Era un dolore lancinante. Chiuse gli occhi, come se quello
potesse aiutarlo a sopportare meglio il dolore.
Scrash,
scrash, scrasch …
"…?"
Si chiese Daisuke, come l'uomo davanti a lui impallidì di botto ed
abbassò lo sguardo.
CRASH!
Il
pavimento sotto di lui era franato, liberando il ragazzo dall'uomo e
permettendogli di riprendersi. Studiò il buco. Doveva essere stato
causato da un pokemon, per come era preciso. Guardò al piano di
sotto. L'unico che possedeva un pokemon che potesse sfruttare di
un'esperienza da scavatore era …
"Salve
Daidiota ~"
"…
preferivo la compagnia di Bob." Mentì. Quello gli aveva
massacrato gli arti, ed ora lui doveva vedersela con pulsazioni
strazianti. Per una volta, era contento che fosse arrivato Kakeru.
"Chi
è stato a...! Tu! Maledetto tu ed il tuo Nincada!" Tentò di
lamentarsi Bob, inciampando su alcuni detriti. Aveva visto che il
pavimento aveva ceduto, ed aveva capito anche chi era il colpevole.
"Oh,
non ti preoccupare di lui, me ne occupo io." Iniziò col dire il
ninja, facendo schioccare i pugni.
"Non
sai da quanto tempo volevo incontrarti …" Kakeru assunse un
tono truce, mentre una smorfia sogghignate si dipingeva sul suo viso.
L'aria si riempì di una musica cupa e tenebrosa. Daisuke poté
riconoscerla come la 'Carmina Burana' di Carl Orff*. Quella, più
l'espressione di puro sadismo che indossava Kakeru più si avvicinava
allo scagnozzo, contribuivano a renderlo leggermente inquieto. Ma
leggermente. Daisuke non si spaventava per così poco.
"N-no!
Stammi lontano, mostro con le colonne sonore pre-registrate!"
Annaspò Bob, terrorizzato, correndo per un altro corridoio. Daisuke
sospirò alla sua mancanza di coraggio. O almeno, tentò di
sospirare: una vampata di dolore lo aveva fatto quasi strozzare.
"Yu-uuuh
~ Bob carissimo? Vieni fuori, dai … non ti voglio fare niente!"
Sì,
e vallo a dire alla musica. Pensò,
sarcastico, il moro, come vide il ninja andare all'inseguimento.
Sey
stava ancora lottando con il Flareon. Ma sembrava aver capito il
ritmo, e se ne stava occupando autonomamente. A Daisuke non rimaneva
altro che tornare dal vecchio archeologo, e cercare di guadagnare
informazioni.
"Ah,
eccoti qui, piccolo sbruffoncello. Quanto intendi ancora stare lì
impalato, uh? Liberami! Non dovrebbe essere difficile per un
delinquente come te!"
Se,
e sempre se, non l'ammazzava prima.
Madeleyne's
Pov ~
"…
e quindi l'infuso di Baccapesca può essere usato come antidoto al
veleno di alcuni pokemon. Oh, e non ti ho ancora parlato della torta
alle Baccabane!"
Annuì
a mia zia, mentre farneticava su quanto erano utili e buone le
bacche. Lei era seduta sopra alla cassaforte – che nel frattempo
avevamo trovato – mentre io cercavo disperatamente di scassinarla.
Non mi importava niente sulle ricette da poter fare con le bacche, a
dir la verità. Ma ero così concentrata che sentivo solo alcuni
stralci del suo discorso.
Ebbene
sì. Avevo ritrovato mia zia, la sorella di mio nonno. Era da quando
ero piccola che non la vedevo. Le avevo chiesto che aveva fatto ai
capelli, e lei mi aveva risposto che si era lasciata tingere i
capelli da alcuni ragazzi che facevano i graffiti sulle pareti.
Questo spiegava tutto.
Gertrude
era sempre stata, a quanto ricordo, una grandiosa Giramondo, sempre
con quel suo zainone pieno di accessori strampalati. Amava il mondo,
amava la natura, ed amava le bacche. Al contrario di mia nonna, però,
lei spendeva le sua energia nel vagabondare alla ricerca di nuove
avventure. E pareva averne trovate anche tante …
Click!
"Yep,
perfetto!" Esclamai, aprendo il contenuto della cassaforte. Non
volevo più sentire parlare di quante punte avessero le Baccapitaya!
Era noioso!
"Oh,
e cosa hai trovato, Baccagranina cara?" Baccagranina. Sì, il
mio soprannome. A quanto pareva, le piaceva paragonarmi a quella
bacca per il mio attaccamento alla 'grana'. Ma non mi lamentavo …
"Sembrerebbe
una pietra preziosa … ma non l'ho mai vista prima." Analizzai.
"Non
l'hai mai vista prima?! Strano …" Ragionò mia zia, stupita.
In effetti, da piccola leggevo – a seconda di quanto fosse forte
la mia sete per verdoni – libri interi sulle pietre preziose. Ma a
quanto pareva ne avevano tralasciata una. Questa era di colore
giallognolo, simile all'ambra, che aveva la forma di un cristallo
lavorato malamente. La presi in mano, stupendomi di quanto fosse
pesante. Quindi, la contemplai per qualche minuto, analizzando la
forma e la lucidità della pietra. Era strana. Misteriosa. Potente.
Più la fissavo, e più mi convincevo che quello era un cristallo
carico di potere. O forse ero solo paranoica?
"Baccagranuccia?
Non pensi che se rimaniamo qui, qualcuno potrebbe trovarci?"
Domandò
mia zia, saltando giù dalla cassaforte e marciando verso la porta
dalla quale eravamo entrate. Io infilai la pietra nella tasca interna
della mia maglia - dove tenevo tutti i soldi e le cose preziose, del
resto – e la seguii.
Zia
Gertrude, con i suoi capelli, faceva abbastanza luce da illuminare
l'intero corridoio, quindi con lei mi sentivo più sicura.
Almeno
non sbatterò contro un muro …
"AAAAH!
No! Lasciami in pace!"
Mi
fermai, e guardai alla mia destra. Lì, oltre un piccolo corridoio,
si vedevano due figure lottare. O almeno, uno lottava, tirando calci
e pugni, mentre l'altro fuggiva inciampando ogni secondo. Ma non era
tanto la forza impiegata nei vari attacchi, a spaventare me, mia zia
ed il povero Bob – sì, l'avevo riconosciuto. No. La cosa
preoccupante era …
"...'Carmina
Burana'? Davvero? Cioè, Kakeru, non sapevo che ascoltassi questo
tipo di musica." Mia zia mi guardava senza capire. Io guardavo
la scena interessata, ascoltando la musica di distruzione e
disperazione. Quella, mista alle urla dello scagnozzo gorillesco, era
ancora più raccapricciante.
"Sono
amici tuoi, Baccagranuccia?" Chiese Zia Gertrude, senza battere
ciglio.
"Mah
.." Cambiai direzione, e arrivai alla piccola scaletta che
portava al piano superiore. Sì, mia Zia l'aveva trovata. Che brava
Giramondo! "...si potrebbero definire così." E quindi,
trascinando l'appassionata di bacche su per le scale – insomma,
mica volevo cadere e/o inciampare su un gradino! I suoi capelli mi
servivano! - arrivai a un'enorme stanza, sul fondo della quale ci
trovai Daisuke ed un vecchio signore. Con i baffoni. Ed un piccone.
Sì, doveva essere lui l'archeologo.
Ma
dai, genio! Mi dissi,
sarcastica, avvicinandomi a loro.
Rattata
trotterellava in giro per la stanza, annusando qua e là, mentre mia
zia si pettinava i capelli, intricandoli, se possibile, ancora di
più.
"Daikke!
Da quanto tempo ~" Cantilenai, alternando lo sguardo fra lui e
l'incatenato archeologo. Quest'ultimo aveva in viso un'espressione
seria, cupa ed altezzosa.
"Oh,
ma certo, portiamo anche la fidanzatina! Ragazzo, non posso credere
di averti chiesto di liberarmi. Sei irresponsabile e irritante! Mi
libererò da solo." Commentò, sibilando ogni singola parola. Io
guardai Daisuke, il quale sembrava completamente disinteressato. Era
appoggiato ad una parete poco distante dalla sedia, e guardava dalla
parte di mia zia e Rattata. Aveva la fronte corrugata, e il viso
sudato. Pareva dolorante. Che si fosse fatto male? Che Bob l'avesse
ferito?
"Daikke
–" Quello cadde a terra all'uso del nomignolo, ma poi si
riprese "– c'è qualcosa che non va?" Domandai. Era da un
po' che volevo chiederglielo.
Lui
mi lanciò un'occhiata, quindi disse, a monosillabi: "No."
Ahi
ahi... è ripartito a parlare in linguaggio cifrato! Proprio come nei
primi giorni del viaggio. Notai.
Quindi sgranai gli occhi. Che non si fidasse ancora di me?
"Baccagrana
cara!" Chiamò mia zia. Daisuke la guardò impassibile, mentre
l'archeologo pareva diventare ancora più cupo di prima. "Ho
messo a posto la corda! Si può scendere velocemente, così." Mi
indicò la corda spessa, da scalatore, inchiodata al pavimento.
Sospirai,
e mi avvicinai all'archeologo, prendendo fra le mani una forcina per
capelli. Ne avevo a bizzeffe nella borsa.
"Mocciosetta,
lascia perdere." Borbottò il vecchio "Questo è un
lucchetto pesante, scommetto che nel girare con quell'arnese finirai
per bloccarlo completamente. Lo scassinatore è un lavoro da uomini,
non femminucce schizzinose e ---"
Clunck!
"Dicevi?"
Gli dissi, fregandomene di quel maschilista, facendo cadere le
catene. Però, prima di andare da mia zia, gli rivolsi
un'occhiataccia.
"Ah,
eccoti qui!" Esclamò tutta contenta la donna fosforescente.
"Vedi … la casa è costruita al margine di questa piccola
foresta. Poi, dietro alla casa – cioè davanti a noi – è
presente uno strapiombo. Se noi scendiamo per questa corda e
camminiamo contro la parete di legno non correremo rischi, e potremo
tornare all'interno della foresta dove il terreno sarà un po' più …
stabile." Io annuì sovrappensiero, troppo occupata ad osservare
davanti a me. Attraverso la buca nella parete – davvero, la casa
era una rovina – si estendeva il vuoto. Per il buio non era
possibile vedere né quanto fosse profonda, né cosa ci fosse lì
sotto. E, per giunta, fra la casa e lo strapiombo c'era solo una
piccola lingua di terra. Un passo falso e saremmo caduti … perché
mi dava un effetto deja-vu?
"Su,
su! Sbrigati a scendere, vecchio!" L'archeologo fu strattonato
da mia zia, che gli dava del vecchio nonostante fosse lei la più
anziana. Mentre i due discendevano la fune, io mi guardai attorno,
alla ricerca di Rattata. Quello aveva rizzato il pelo, in direzione
delle scale.
"Rattata,
cosa –" In meno di un secondo, mi ritrovai una palla di pelo
in faccia "KYA! Levati, levati!" Esclamai, dimenandomi.
Rattata, dimenticandosi delle scale, azzannò la palla rossa alla
coda, e ricaddero a terra insieme. Quindi presero a rotolare sul
pavimento, graffiandosi e ringhiando. Presi Dexi, e vidi che sullo
schermo compariva una piccola volpina di fuoco, dal nome di Flareon.
Sentivo l'impulso di lanciare un urletto da Fan-girl, ma mi
trattenni.
Quant'è
carino! Esclamai nella mia mente. Ero pur sempre una ragazza,
insomma. E la maggior parte delle ragazze è attratta dalle cose
carine. O costose. Per me non faceva differenza.
"…
Aww! Tenero! Daikke, non credi anche tu che --- livello 26? LIVELLO
26!? Ma siamo pazzi? Rattata ---" Il mio topino era finito K.O
quando il – tenero, adorabile, impetuoso- Flareon gli aveva
lanciato contro un turbinio di fiamme. Rattata, oltre che bruciato,
era andato a sbattere contro un muro, perdendo conoscenza.
Ora,
Flareon era davanti a noi, ringhiando, messo in posizione per
spiccare un balzo.
"…
oh. Piano B, Daikke?" Gli chiesi, ritirando il mio pokemon.
"…"
Lui fu percorso da un tremito al sentire il suo soprannome "Wooper."
Mi
ritrovai spiazzata. Wooper. Come ho fatto a non pensarci prima?
Daisuke mi fissava come se fossi una bambina di 3 anni.
"Hey!"
Cercai di giustificarmi, tenendo il broncio "Si è introdotto
lui nella pokèball, non mi ricordavo di averlo ancora con me!"
Lui scosse la testa e ritirò il suo Sableye, accucciato contro una
parete. Era pieno di scottature e respirava malamente, ma almeno era
ancora cosciente. Povero Sey …
Prima
che potessi lanciare la ball di Wooper, un oggetto-non-identificato
dalle sfumature arancioni comparve con un balzo da un buco circolare
nel pavimento – che, potevo scommetterci, era stato fatto dal suo
Nincada, con quelle sue chelette schifose e … brr .. - e corse come
un ossesso nella nostra direzione.
"WAH!
No! Il pazzo ha dato fuoco alla casa, stiamo andando a fuoco!"
Esclamò Kakeru, investendo – letteralmente – il piccolo Flareon
ed avvicinandosi a noi. Daisuke aveva una vena pulsante sul capo,
segno d'irritazione, mentre io strabuzzavo gli occhi, sorpresa dalla
velocità degli eventi.
"Spiegati
meglio." Ringhiò Daisuke, tetro.
"Oh?
Ah, Daidiota ~" Kakeru era passato dal suo stato disperato, ad
uno sbeffeggiatore.
"Parla
quello con i capelli verniciati." Daisuke alzò gli occhi al
cielo.
"Hey!"
Kakeru spalancò le braccia, esattamente mentre Flareon lo stava per
attaccare. Quello si prese un pugno in faccia, e cadde a terra. "E'
successo più di sette anni fa!"
Daisuke
fece finta di asciugarsi una lacrima.
"?"
Chiesi io, non capendo che stava succedendo.
"Oh,
quanto sono fiero! Finalmente Carotino ha imparato a contare!"
Terminò, sarcastico. Kakeru pareva essere stato investito da un
camion.
"Tu
… TU!" Aveva pestato violentemente un piede a terra, proprio
nello stesso istante in cui la volpe di fuoco aveva tentato di
mordergli la gamba. Ora la piccola creaturina era stata spiaccicata
dal piede del ninja, che non se n'era accorto. Infatti era troppo
intento a sbraitare con il damerino per notarlo.
Ad
un tratto, il rumore di zoccoli al galoppo e l'aumentare del calore
nella stanza li avevano fatto smettere.
Io
ero corsa verso la fune, pronta a scendere. Non volevo farmi
uccidere, ovviamente.
"Ninja
da strapazzo! Finalmente, eccoti qui!" Urlò una voce,
sprezzante. Dalle scale galoppò nella stanza Ponyta, completamente
ricoperto dal Ruotafuoco. Sopra di lui, Bob ci indicava furiosamente,
impartendo ordini al cavallo di attaccare. Una palla di fuoco volò
dritta davanti a me, incendiando la corda ed impedendoci di scappare.
… Per
le mutande di Merlino. Brontolai
inconsciamente, cercando di prenderla con filosofia. Non potevo farmi
prendere dal panico, un'altra volta.
Feci
la cosa che sapevo fare meglio: parlare a vanvera.
"…
sicuro di non lavorare in un circo?" Gli chiesi, stupita, mentre
il cavallo inseguiva Kakeru per la stanza. Il ninja correva sulle
pareti, saltava il cavallo e tentava in ogni modo di non farsi
toccare – per forza, quell'affare poteva carbonizzarti!
"Si
guadagnerebbe anche, in un circo, lo sai?" Continuai, mentre
Daisuke mi fissava esterrefatto. "E poi, tu e la tua tuta
ignifuca diventereste famosi … ancora più fan … telecamere …
tv … ancora più soldi!" Terminai il mio flusso incoerente di
pensieri con la bava alla bocca. Avevo la tendenza di borbottare fra me e me parole
insensate, e nessuno riusciva a capirci un cavolo.
"Tu
sei malata …" Mormorò Daikke, tirando un calcio al Flareon –
già K.O per colpa di Kakeru – che andò a volare in faccia a Bob.
Kakeru scattò nella nostra direzione, ansante. "La prossima
volta ricordatemi di non colpirlo a suon di colonne sonore, per
favore." Strascicò, grattandosi imbarazzato la nuca.
Quindi,
Bob ripartì alla carica, ancora più infuriato, con il suo Flareon
stretto fra le braccia: "La pagherete! Vendicherò il mio
piccolo Flame! Pony, massima potenza!"
Dal
cavallo fuoriuscirono enormi lingue di fuoco che lo resero, ora,
un'enorme palla di fiamme. Che si stava avvicinando a velocità
incredibile. Che ci avrebbe uccisi.
Dovevo
usare Wooper, lui avrebbe potuto fare qualcos--
All'improvviso,
quando l'involucro di fiamme ci stava per sfiorare, Kakeru aveva
messo un braccio attorno al busto mio e di Daisuke. Ed era saltato
nel vuoto.
Con
la coda nell'occhio, mentre precipitavamo, vidi mia zia urlare cose
tipo 'La mia Baccagrana! No!', l'archeologo fregarsene altamente e
camminare in direzione della foresta, e Bob fermarsi all'improvviso
mormorando un 'Oh-oh …'
"Afferrala!"
Esclamò la voce del ninja, mentre quello lanciava un qualcosa verso
la parete rocciosa. Io, d'impulso, cercai di prenderla: andai a
sbattere contro il muro di pietra. Su di esso si era conficcato il kunai
che reggeva la corda alla quale mi ero aggrappata. Sotto di me,
Kakeru mi aveva afferrato la caviglia con una mano, mentre con
l'altra tratteneva Daisuke per un braccio. Erano pesanti. Molto
pesanti.
"Kakeru...?"
Domandai, con tono dolce e carino.
"Vorrai
dire Kakeru il ninja salvat---"
"Cretino!"
Sbottai, sentendo le mie mani iniziare a sudare "Cerca di fare
qualcosa per tirarci fuori da questa situazione! Com'è possibile che
fra tutti i ninja possibili, ci capiti proprio tu? Saremmo potuto
morire, capisci? Mo-ri-re!" Allungai una mano per
aggrapparmi più saldamente alla fune. Era colpa sua se mi ritrovavo
lì, a penzolare per un burrone. Se mai fossimo usciti vivi di lì,
gliene avrei dette quattro.
"…
uffy .." Commentò lui, lagnandosi. "Hai dei pantaloncini
sotto la gonna! Ed io che speravo di –"
"Idiota!"
Gli diedi un piccolo calcio in faccia.
Almeno
ora so che i pantaloncini-anti-perverso funzionano. Uno a zero per
me!
"Scusa,
scusa, lo ammetto! Non era un commento da fare e mi dispiace .."
Si scusò. Poi sembrò accorgersi di qualcosa, e guardò in basso.
"...Daisuke?"
Domandò infine, sinceramente preoccupato. Io abbassai lo sguardo,
cercando di resistere: il mio fisico era teso e dolorante dal peso
che doveva trattenere. Le mie mani tremolavano sulla corda, per
quanto cercavo di tenermi ancorata.
"T-tsk
.." Gli rispose lui, pallido, con un occhio chiuso dall'affanno e
un respiro irregolare. Non riuscivo a vederlo molto bene, era troppo
buio e poi i capelli scompigliati di Kakeru coprivano la scena meglio
di un ombrello.
"Sei
ferito?" Chiese ancora il ninja, frettoloso.
"N-non
perdere tempo." Biascicò quello. Era la voce di uno in preda al
dolore.
"Ah,
scusa se mi preoccupo per te. La prossima volta, non venire a
implorare Kakeru, il –"
"Murkrow!"
Una voce gracchiante rispose.
"No!
Non il Murkrow. Kakeru, il ninja scalato--- oh." Si fermò,
osservandomi. "Madeleyne, sarebbe meglio che tu ti voltassi.
Molto lentamente. Solo … non ti spaventare. Non vorrei che tu
mollassi la presa all'improvviso …"
Il
suo tono non mi piaceva. Non mi piaceva affatto. Me ne fregai dei
suoi avvisi, e voltai la testa di scatto: sul Kunai si era seduto un
orribile, assatanato, omicida …
"Mur!
Murkrow!" L'uccellaccio si mise a beccare incessantemente le mie
mani, cercando di staccarle dalla corda. "Che ho fatto di male,
ditemelo!" Io urlavo, sconvolta.
"Non
lo so, ma non mollare la presa! Fuuu! Fuuu!" Continuò Kakeru,
cercando di soffiare via il corvo.
"Patetico..."
Sussurrò acido Daisuke.
"Hey!
Prova a fare di meglio tu che … sei ridotto ad uno straccio …"
Kakeru, dapprima arrabbiato, si ritrovò a usare nuovamente un tono
preoccupato. Al sentire le mie urla – cioè, se
quell'uccellaccio vuole uccidermi, io come minimo lo renderò sordo –
tornò a consigliarmi:
"Wah!
No! Non mollare, ti prego! Non voglio morire, sono troppo giovane,
bello e aitante per poter lasciare questo mondo!" Piagnucolò.
"Non
essere isterico! Se perdi il controllo, rischierai di far disperare
anche me!" Lo rimproverai. Come se non fossi già disperata.
"Murkrow!
Krooow!" Il Murkrow non attese un secondo di più. Stancandosi
del nostro farneticare, diede un'ultima, forte beccata – cavolo, il suo
becco era peggio di un trapano! - e io, nel panico e nella
confusione, mollai la presa.
La
sensazione di vuoto si rifece sentire, ed io chiusi gli occhi di
scatto. La mia testa pulsava, ed io mi sentivo – di nuovo –
impotente. Le vertigini non si fermavano, ed anzi, andavano ad
ampliare la mia confusione. Non capivo più nulla.
Persi
i sensi, in preda alla terrore.
~ Author's
Corner
….
che capitolo lungo. o.o"
Sinceramente,
mi faccio paura da sola … ma non potevo mollarlo a metà. Mi
sarebbe sembrato inconsistente. Prima di iniziare con il
riassunto/commento, volevo chiarire due cose:
-
Gli incantesimi/personaggi/termini presenti nei libri/film/videogame
di Harry Potter sono proprietà della J.K Rowling.
-
La musica della 'Carmina Burana'* appartiene a Carl Orff. Ascoltatela
xD [L'avrò usata un sacco di volte a scuola, nei momenti tragici …
]
Riassunto:
I tizi entrano nella casuccia
[vi aspettavate qualche fantasma, neh? Neh?] e si dividono: Kakeru si
prende cura degli scagnozzi più deboli, Daisuke incontra Bob e
l'archeologo, Madeleyne ritrova sua zia Giramondo e si cucca una
pietruzza gialla di indefinito valore. Poi, mentre Bob da del filo da
torcere a Daikke, Kakeru arriva e traumatizza il povero nemico.
Madeleyne libera l'archeologo burbero, che scappa dalla casa con la
zia Gertrude e i suoi capelli radioattivi, e si ritrova ad affrontare
un Bob tutto arrabbiato con un Kakeru-assassino-di-Flareon [e che
Flareon! Ha messo fuori gioco sia Rattata che Sey!] e un
Daisuke-che-sta-male. Il colmo poi, è quando cadono – ancora,
poveri cristi – per un burrone [sono sulle colline, dopotutto v.v]
e un Murkow assassino getta i nostri disperati eroi nell'abisso. Fine
x3
Mi
fanno pena, i poverelli … specialmente Kakeru, però xD Ed il
povero Bob … sempre pestato T.T
Mmm
… poi niente... ah già! Kakeruccio caro è stato creato in parte
dalla fantasia dell'autrice, e in parte seguendo il personaggio di
Black Star in Soul Eater [di cui non possiedo i diritti, purtroppo].
Cioè, in realtà all'inizio ci avevo pensato io, poi ho letto il
manga ed ho deciso di affidarmi a quello. *pigra*
Che
succederà? Dove capiteranno? E i Murkrow, quando mai si stancheranno
di uccidere Madeleyne? E Maddy, che pietra avrà trovato? E Daikke,
come ha fatto a farsi male? E Kakeru, quando avrà imparato a
contare? E i biscotti saranno davvero infestati di Mari-- emh ...^^;
Domanda
del giorno: Capitoli troppo
lunghi? [Per me sì …]
Grazie
ancora a tutti quelli che mi seguono, e che recensiscono! Mi fanno
piacere <3 Ci vediamo al prossimo chapter!
~
GloGlo_96
|
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Capitolo 22 *** ~ Condannata ~ ***
Pkm 0.0
{Spero
che voi leggiate la note dell'autrice a fondo capitolo. E' importante
per me}
~
Condannata ~
“Ora
è la volta che ammazzo quel Ninja.”
Sapete
quando, dopo essere svenuti, una persona ci mette cinque o dieci
minuti per connettere i neuroni e comprendere dove fosse finito, come
ci fosse arrivato e cosa fosse successo? Ecco, io ci avevo messo meno
di 10 secondi.
Ero
seduta su un prato rinsecchito, a ridosso di un fiume. E siccome ero
bagnata fradicia, doveva dedurre di essere precipitata nel corso
d'acqua e che, per qualche miracoloso caso, questo mi trasportato
fino alla terra ferma. Attorno a me c'era l'oscurità più totale, e
non riuscivo a distinguere nient'altro che la forma di alcuni alberi.
Secchi. Senza foglie. Il che era strano, perché faceva ancora
abbastanza caldo e pioveva con regolarità. Mi alzai in piedi,
leggermente barcollante, e cercai nella mia borsa l'unica mia fonte
di luce disponibile. Fortunatamente non avevo perso niente.
“Auch!”
Sussurrai. La prima cosa che illuminai con Dexi, furono le mie mani.
O almeno, quello che rimaneva di esse. Su tutte e due erano presenti
un'infinità di graffi e tagli di dimensione variabile e alcuni
'buchi' poco profondi da cui fuoriusciva ancora del sangue. Andai al
fiume e, cercando di non finirci dentro, sciacquai le ferite: nei
manga di sopravvivenza almeno due o tre personaggi crepavano a causa
di infezioni.
“Dimenticati
di Kakeru, Madeleyne. Tu hai dei conti in sospeso con quel
dannatissimo uccellaccio fuligginoso!” Mugugnai, cercando dei
cerotti – ah, mia nonna è proprio il massimo! - e mettendoli sulle
ferite. Preferivo usare le bende in casi peggiori. Perché ce ne
sarebbero stati, ne ero assolutamente sicura.
Con
la fortuna che mi ritrovo …
Passai
all'esplorazione. Se i miei calcoli erano esatti, Daikke e Kakeru
dovevano essere non troppo distanti. Ora che mi muovevo, potevo
notare meglio la foresta in cui ero capitata. Piena di alberi secchi,
salici piangenti che si muovevano col vento, fruscii di foglie
provenire da dietro, sopra, davanti a me. Il luogo era illuminato da
una verdastra, tenue luce.
Nemmeno
fossi in un cimitero di zombie. Ma esiste un pokèmon zombie?
Evitando
di pensarci per il bene della mia incolumità mentale, giunsi
all'entrata di un … qualcosa. Sì, un grande, secchissimo,
qualcosa. Alla mia destra e alla mia sinistra non si vedeva
altro che una muraglia di siepi marroni. E io non avevo voglia di
andare verso il nulla, per chissà quanti chilometri. Davanti a me,
un cartello con su scritto: 'Di qui per raggiungere il Lago Fantasma
e il suo ciondolo di diamanti' e un po' più sotto '213
entrati, 4 usciti' e ancora più sotto 'R.I.P. In memoria del 209
mangiati dai Fantasmi
che non hanno
trovato l'uscita.'
“Fantasmi,
uh?” Ora sapevo che non c'erano pokèmon zombie dopo l'entrata.
C'erano solo piccoli, innocui, mangiatori di uomini, fantasmi. “La
fortuna deve proprio girare dalla mia parte!” Esclamai, sarcastica,
verso nessuno in particolare. “Ora, facciamoci un pensierino. Ho
due opzioni: primo, tornare indietro e vagabondare in attesa che
qualche pokèmon zombie abbia pietà di me e mi sbrani; e secondo,
entrare dentro a quello che si prospetta un labirinto inzuppato di
pokèmon fantasma, per raggiungere un Lago Fantasma, per prendere un
Ciondolo di Diamanti ed essere divorata da uno spettro all'ultimo
secondo. Magari ci becco anche Daikke e Kakeru, dentro ...” Volevo
avere, dovevo avere
quel gioiello. Ma non avevo intenzione di morire nell'intento. Non
volevo ferirmi.
Sospirai:
la mia vita era una contraddizione. Ed io ero incapacitata a
scegliere.
“Haunter
...”
Mi
voltai di scatto scoprendo che dietro di me non c'era niente. Oramai,
però, ero diventata esperta in queste faccende e avevo confidenza
nel dire che non mi ero immaginata quel suono. O almeno, il mio sesto
senso me lo diceva.
“Haunter.”
Guardai
alla mia destra, ma non vidi niente di particolare: solo un mucchio
di foglie secche che volavano in aria. Non avevo voglia di essere la
vittima 'passiva', se dovevo essere ferita tanto valeva affrettare i
tempi.
Perché
il tempo è denaro. E anche perché se qualcosa sbuca all'improvviso
potrei svenire.
“Ok.
Basta con i giochetti. Ne ho passate troppe in quest'ultimo mese, e
non ho intenzione di essere qui tutta buona e tranquilla per farmi
mangiare da un'entità ectoplasmatica.” Ci furono un paio di minuti
di silenzio, nei quali iniziai ad avere qualche dubbio. “A meno che
tu non sia uno zombie. In quel caso, scapperei per la foresta,
sbattendo contro gli alberi in preda al panico ed emettendo urla così
fastidiose che dopo gli ultrasuoni non vi farebbero un baffo.”
Rivelai velocemente. Se proprio dovevo morire -inutile, mi ero già
convinta - tanto valeva farlo con stile. Vedendo che il mio discorso
non aveva ottenuto risultati, mi rivoltai verso il labirinto.
Solo
che questo non c'era più. Al suo posto erano comparsi due enormi
occhi, con la pupilla ristretta, che mi fissavano e una bocca aguzza
e gigante contorta in un sogghigno raccapricciante. Il mio primo
istinto fu quello di urlare: cioè, con una mostruosità del genere
che ti compare a centimetri di distanza dalla tua faccia, cosa si
doveva fare? Ma alla fine non feci niente, se non rimanere a fissare
il pokèmon, leggermente impallidita. Dopo un po' che lo si guardava,
non era poi così spaventoso. Era l'effetto a sorpresa che ti
traumatizzava. Vedendo che non accennava ad attaccarmi, scelsi di
fare io la prima mossa. Con un gesto fulmineo misi le mani
(incerottate) a croce, quindi urlai:
“Esci
da questo corpo!”
“...”
Lo spirito mi guardava con un sopracciglio alzato.
“...”
Rimasi in posa per alcuni secondi. Magari mi usciva anche un piano
per fuggire. Se usavo Rattata, avevo una buona possibilità di
sconfiggerlo. Ma era anche vero che non conoscevo la differenza di
livello fra i due, e che forse mi avrebbe mangiato ancora prima di
poter chiamare il mio pokèmon … ero un caso disperato. Proprio
mentre stavo per far uscire Rattata, il fantasma attirò la mia
attenzione.
“Gastly,
è tua. Non ho voglia di mangiare questa qui.” Disse con voce
depressa il pokèmon, ignorandomi completamente e tornando a una
dimensione più ridotta. Anche io abbandonai la posa, per ragionare.
Benissimo,
pure i pokèmon adesso mi ignorano. Non mi vuole nemmeno mangiare.
Eppure non penso di essere tanto malaccio. Ma quanto sono inutile da
1 a 10? Presi a
compatirmi, mentre una palla di gas al completo di di due occhi e una
bocca comparve sopra alla mia testa, di fianco al primo spettro.
“Scherzi
fratello? E' una preda facile per te, no?” Incoraggiò la palla
fluttuante.
“Sì
ma ...” Mi scoccò qualche occhiatina veloce “Non vedi l'aura
negativa che emana?”
“In
effetti …” La palla di fumi diede corda al fratello “Caspita,
dietro all'iniziale strato di emozioni positive si nasconda una
persona così vuota.” Prese a psicanalizzare l'altro, osservando
interessato qualche punto dentro di me. I fratelli cominciarono a
commentare.
“E
delusa”
“E
confusa”
“E
patetica”
“Ma
sopratutto ...”
“Con
un così gran complesso d'inferiorità!” Conclusero in coro i due
fratelli.
Ad
ogni insulto ero sprofondata sempre più nell'oblio della mia
depressione, tanto che i due si dovettero allontanare di qualche
metro per poter respirare più liberamente. Davvero ero così messa
male? Mi sembrava di essere meglio di così. No, no, anzi: ero sicura
di poter essere positiva. Cioè, molto spesso mi divertivo, ridevo,
incoraggiavo … non mi appariva di essere come loro mi avevano
descritto. Avevo bisogno di svagarmi.
“Grazie
mille per il supporto psicologico ...” Rimbeccai sarcastica,
tirando fuori il mio blocco da disegno. Forse quello non era il
momento più adatto, ma se non mi distraevo in qualche modo,
rischiavo di perdere la concentrazione sui miei attuali obiettivi:
trovare i due tizi e il ciondolo. E poi, i due pokèmon erano buffi:
continuavano ad assumere pose da esseri umani, grattandosi il mento e
corrugando lo sguardo. In un'altra situazione sarei scappata a gambe
levate ma, siccome avevano espresso così apertamente il loro
disgusto per la mia personalità, potevo star certa di non essere in
pericolo.
Wow,
non sono in pericolo. Mi inseguono Cincinfairy, Wooper mollicciosi,
Grimer puzzolenti e uccellacci assassini, e quando capito davanti a
dei pokèmon che uccidono per natura, questi provano ribrezzo ad
attaccarmi? Mi sento quasi sollevata. Feci
una breve risata, sinceramente divertita.
“...
che sta facendo, fratello?” Commentò la voce del pokèmon rotondo,
sopra di me. La comparsa del pokèmon non mi preoccupò più di
tanto, dato che ormai ero a mio agio con quei due. Avevo sempre
saputo di essere piuttosto adattabile ...
“Ignora
quello che sta facendo, e guarda la sua anima!” Anima?
Possono anche vedere la mia anima? Ma perché non sono nata sotto
forma di pokèmon spettro!? Che figata pazzesca!
“!
Il vuoto inizia a dissiparsi … magari c'è ancora speranza. Magari,
fra qualche decennio, diventerà una normale umana e potremmo
mangiarla!” Decennio? Non ero mica così disperata ...
“Certo
che in questo momento la sua anima fa proprio sch---” Eh no.
Adesso basta.
Chiusi
il block notes e lo tirai in testa al più grande, colui che aveva
due manone appuntite. Quello piagnucolò, fluttuando lentamente verso
terra. Il fratello lo guardò, commentando che forse avrebbe fatto
meglio a diventare incorporeo come gli aveva già detto altre volte.
Quando
mi resi conto di quello che avevo fatto, indietreggiai di qualche
passo e mi inginocchiai a terra, congiungendo le mani. “Oh, scusa,
mi spiace, non volevo farti male. O forse sì. Ma ora sono piena di
sensi di colpa, e quindi, per cortesia, perdonami!” Ero seriamente
dispiaciuta. E leggermente innervosita. Dopotutto, non era saggio far
arrabbiare gli spiriti, anche quelli che non ti trovavano appetitosa.
Sospirai mentalmente: inoltre quello lì non mi aveva fatto nessun
danno, ed io l'avevo colpito contro la mia natura pacifista.
“Ugh.
D'accordo. Smettila, che mi fai venire da vomitare.” Mugugnò il
fantasma, nauseato.
Mi
rialzai, stiracchiandomi. Questi due erano interessanti, e li trovavo
anche carini da ritrarre. Ma era venuto il momento di agire. Se loro
non volevano mangiarmi, allora nemmeno gli altri mi avrebbero voluto
pappare, no? E quindi potevo andare a prendere il ciondolo di
diamanti, senza alcun problema! Ciondolo con cui avrei benissimo
arricchirmi, comprare una casetta in un paradiso tropicale e vivere
nel lusso, con tanto di maggiordomi con il papillon. E uno di quelli
si sarebbe chiamato Alfred, un altro Turiddu e un altro ancora
Ermenasdrubalcibaldo! Mi fermai, d'un tratto sospettosa: il
maggiordomo era sempre il colpevole. Non era che poi mi
avrebbe ucciso? Scossi la testa, sognante: tanto sarei stata
straricca, sarei crepata felice ~
“Emh,
fratello… perché ha delle $, negli occhi?” Azzardò il più
piccolo, svolazzandomi attorno e distogliendomi dalla mia immagine
mentale di me straricca. Tossì imbarazzata, e mi avventurai
all'interno del labirinto. “Perché fra un po' sarò ricca! Ricca,
ricca, ricca ~” Canticchiai, trotterellando.
“Gastly,
sta qui è strana.” Iniziò il più grande, svolazzando alla mia
sinistra.
“E
perch---”
Io
lo interruppi “Dovrei considerarlo un complimento?” I due smisero
di seguirmi, ed io mi fermai a guardarli. Mi stavano fissando con
l'aria da intenditori. Poi, Gastly sbottò:
“Come
ti chiami?”
Dovevo
rispondere? Magari dargli informazioni su me stessa poteva
compromettere la mia salvezza. Magari avevano un Death Note. Magari
erano dei 'pokèmon Shinigami'. O magari ero solo paranoica.
“Madeleyne
Hellys. Voi?”
“...avevi
ragione, fratello, è stana forte. Ma forse è solo una coincidenza
…” Tentò Gastly, guardandomi incuriosito. Che avevo di così
tanto strano, a parte un'anima 'vuota e cupa' e un'innata sfortuna?
“Tu.
Riuscire. A. Capire. Me?” Bofonchiò, molto lentamente, il
maggiore. A quel punto mi ero irritata:
“Sì.
Complimenti, Sherlock.” Quindi intervenni prima di un'altra inutile
domanda “Sentite, io devo trovare un ciondolo di diamanti –
perché c'è, giusto? - e quei due idioti dei miei amici. Potreste
cortesemente condurmi a questo fantomatico 'Lago Fantasma' e
smetterla di insultarmi ad ogni occasione? Siete rudi e maleducati.”
Misi il broncio, aspettando una risposta. I due dissero 'Un attimo' e
poi si allontanarono a confabulare su qualcosa. A volte mi lanciavano
qualche sguardo preoccupato, a volte qualcuno eccitato. Io, invece,
non sapevo se mostrarmi incuriosita (essere in compagnia di due
fantasmi mangiatori di uomini era originale), felice (Un ciondolo di
Diamanti ~) o triste (Mi faccio schifo fa sola … faccio pena anche
ai fantasmi … se avessi usato Wooper nella lotta avremmo potuto
essere altrove … magari Daisuke è morto …). Optai per la seconda
e tornai a percorrere a caso il labirinto, fantasticando sui miei
possibili schiav--- maggiordomi.
“Abbiamo
deciso. Ci davi un senso di dejavu all'inizio, ma ora ne siamo
convinti.” Gastly comparve sopra di me.
“Con
il tuo carattere,” Arrivò l'altro. “il potere di capire i
pokèmon Fantasma e la tua anima piuttosto … beh, non molto
allegra,” Strano, perché in quel momento ero euforica … “abbiamo
concordato che tu ...”
“Sei
un fantasma ~” Terminarono in coro.
Dapprima
risi, prendendoli per idioti. Poi mi convinsi, vedendoli estremamente
seri. Smisi di ridere, mentre un assurdo pensiero (E se fossi
davvero morta, cadendo dal burrone? Non è possibile, dato che posso
toccare ancora le mie cose, giusto...?) si faceva largo nella mia
mente. Prima che iniziassi a sprofondare nel panico, decisi di vedere
tutto da un altro punto di vista.
Che farebbe Daikke? Dopo un po' di rimurginamenti, mi
illuminai, e iniziai a tastare il polso. Passato qualche secondo,
sospirai sollevata: “No, il mio cuore batte ancora. Sono viva e
vegeta, mi spiace.”
Gli
altri due scrollarono le spalle “Beh, allora sei un'umana
psicopatica con un'anima che fa schifo.”
“Avevo
chiesto niente insulti ...” Biascicai, demoralizzata.
Haunter
– finalmente mi ero ricordata il suo nome! - e suo fratello si
innervosirono: “No, no! Ti porteremo lo stesso al Lago, e magari ti
faremo strada verso i tuoi compagni di viaggio, ma ti preghiamo! Non
emettere quell'aura cupa!” Quindi m'illuminai. Avevano detto che mi
avrebbero fatto da scorta? Ottimo: prima uscivo di lì, meglio era.
In quel momento ringraziai di avere un carattere così schifoso.
“E
che ne sapete voi di Daisuke e Kakeru?” Chiesi, sospettosa. Non è
che se li erano pappati, vero?
“Io
ho visto uno che, al vedere un'orda di Duskull si era arrampicato
sulla siepe del labirinto ed aveva preso a saltarlo, delirante.”
Disse Gastly, pensoso. Quello
è Kakeru. Non ci sono dubbi. Dapprima
fui spaventata, e iniziai a chiedermi se fosse sopravvissuto oppure
no, ma poi feci un piccolo sorriso: finalmente dei pokèmon che non
mi volevano ammazzare. Ora
capirà quanto è faticosa avere la mia vita.
“Invece
io ne ho visto un altro, estremamente composto, usare un Sableye per
farsi strada tagliando fra i rovi. Era appetitoso, sì, ma nessuno
l'ha attaccato per paura di finire avvelenato.” Concluse l'Haunter,
leccandosi i baffi.
“Perché
avvelenato?” Ero perplessa. Che Daikke avesse del veleno al posto
del sangue? Quello avrebbe spiegato molte cose …
“Noi
pokèmon percepiamo più cose degli esseri umani” Si vantò
Haunter, sogghignando.
“Tranne
gli Slowpoke, loro sono ottusi.” Commentò Gastly.
“E
quell'umano” Riprese lo spettro “Odorava di veleno. Nelle
braccia, forse.” Precisò.
“Uh
… d'accordo ...” Non ero spaventata. Per una volta sapevo cosa
fare. Mia Zia mi aveva parlato delle bacche e ora avevo la conoscenza
di un'enciclopedia. Presi quattro baccapesca e iniziai a schiacciarle
– cavolo, se erano dure!
“Quindi, da quel che ho capito, la mia
anima è 'vuota', 'lugubre' e 'simile a quella di un fantasma'.
Perciò riesco a comprendervi. Inoltre voi sembrate cibarvi di quelle
più felici ed emotive, come quella di Kakeru, giusto? E quindi non
corro pericoli?” Loro annuirono, volteggiando in aria. Se
mai un giorno crepassi, vorrei diventare un fantasma ~
“E
ora ci stiamo dirigendo verso il lago, neh?” Altra scrollata di
capo. “Non potreste, allora, sollevarmi e trasportarmi fino a lì
volando?” Chiesi, con tono giocoso.
“Certo.”
Disse Gastly. Io sorrisi vivamente “Ma non lo faremo.” Terminò,
e con esso anche il mio sorriso. “Cioè, perché dovremmo farlo?
Ringrazia che ci fai schifo, sennò ti avremmo già mangiato.”
“Beh”
sospirai “almeno c'ho provato.” Quindi cambiai argomento, per non
annoiarmi. Decisi di raccontare una storiella.
“Sapete
come ho fatto a finire in questo posto pullulante di noiose, crudeli
e schizzinose entità spiritiche?”
~
Daisuke's Pov
“Scendi,
idiota.”
Daisuke
era davanti al lago. Un'enorme lago con tanto di nebbia. E gli
piaceva. Era
il posto più tranquillo e desolato in cui fosse mai stato, e la
calma e la placidità di quel luogo lo rallegravano. Se solo non
avesse avuto gli arti inzuppati di veleno, avrebbe anche potuto
godersi quella pace. Ah, e poi c'era da contare nella lista anche il
ninja da strapazzo, nascosto fra i rami del gigantesco albero che
cresceva al centro del
lago. E con gigante,
intendeva dire che era alto quanto un palazzo di 10 piani. Certo che
di stramberie ce n'erano un sacco, disseminate nel mondo.
Come
faceva a sapere che Kakeru si trovava lassù? Semplicemente perché
alla base dell'albero questi aveva inciso con un kunai la frase “Non
sono qui, cercate altrove”. L'idiozia non aveva limiti.
“Non
ci sono!” Esclamò una voce. Daisuke stava per tirarsi uno schiaffo
in faccia, quando si ricordò del veleno. “Dobbiamo andarcene.
Scendi.”
“N-no!
Mai! E v-vai via, c-che potrebbero scoprire il m-mio nascondiglio!”
Balbettò Kakeru che, con tutta la probabilità, stava abbracciando
il tronco dell'albero. Riusciva anche a sentire i versetti del suo
Nincada che tentava di consolarlo. Daisuke sospirò, affaticato.
“Sapevi
che i pokèmon Spettro adorano i bersagli impauriti?” Tentò.
Voleva farlo scendere di lì. Voleva trovare Madeleyne e andarsene
velocemente da quel posto.
“N-non
ho p-paura!” Piagnucolò il 'Grande e Possente Ninja'. Daisuke
avrebbe volentieri fatto la fatica di salire quell'albero solo per
poterlo strozzare. Lo irritava. Lo infastidiva. Metteva a dura prova
la sua pazienza.
Era
stupida, la situazione. Resa ancora più stupida dalla comparsa di un
fantasma che, fluttuando lentamente, cercava di scovare il ninja.
L'entità vide Daisuke, e si mise un dito sulle labbra, come per
dirgli di stare zitto.
Ma
lui ne aveva abbastanza di giochetti: “C'è un Gen--”
"Smettila!”
Lo interruppe l'altro, urlante. “Io non cederò ai tuoi
trucchetti!”
E
così, Daisuke si azzittì. Se l'altro non voleva capire con le buone
– e lui
davvero stava provando
a fare il buono – avrebbe capito con le cattive. In questo caso un
grande e sogghignante Gengar che era scomparso dalla sua visuale,
preso a cercare la merenda. Osservò l'albero, in attesa.
“GAHHHH!
NON MI PRENDERAI!” Il ninja era saltato giù, senza nemmeno darsi
la briga di arrampicarsi, da uno dei rami più alti, per poi correre
verso il lago, tuffarsi – più che altro era una panciata – e
scomparire nelle profondità. Magari era morto, a causa della foga
della panciata. Ma dopo qualche minuto lo stesso Kakeru sbucò fuori
dall'acqua con un salto, si scrollò l'acqua di dosso come un
Growlithe e corse verso di lui – inciampando qualche volta, per
giunta. Quindi si nascose dietro Daisuke, tremante e paranoico.
“N-non
lasciare che mi prendano!” Supplicò Daisuke. Questi pareva avere
una sorta di dejavu, come quando si erano ritrovati nella casa che
andava a fuoco, senza vie di fuga. E, anche se faticava ad
ammetterlo, gli dispiaceva un po' per lui. Gli piaceva vedere il
ninja meno presuntuoso ed irritante, ma forse così era un po'
troppo. D'un tratto sbucarono tre mani dal terreno dietro di loro.
Kakeru saltò in braccio a Daisuke, il quale lo lasciò cadere
immediatamente, sentendo come se delle lance gli avessero infilzato
la mani.
Kakeru,
quando realizzò che tre Dusclops erano appena spuntati dal terreno e
camminavano velocemente verso di lui. rizzò in piedi e partì a
correre a destra e a manca. Daisuke arrivò alla conclusione che il
giovane ninja era più appetitoso di lui, e quindi si tranquillizzò.
Dall'alto, però, erano comparsi anche diversi Gastly che si erano
messi a ronzare attorno a Kakeru, distraendolo e facendolo sbattere
contro un alberello. Questo si ruppe per il colpo e cadde
all'indietro, trapassando un Dusclops e strappando la parte centrale
del pokèmon. Kakeru lo vide (o meglio, vide che effettivamente al
suo interno non c'era niente)
e, dopo un urlo, aveva fatto due o tre salti nella sua direzione. Poi
l'aveva superato, proseguendo spedito.
Daisuke
notò che il terreno sulla quale stava per mettere piede non era
altri che l'enorme bocca spalancata del Gengar di prima, pronto ad
inghiottire il ninja. Allarmato, il più pallido lo afferrò per la
sciarpa e, nonostante la nuova ondata di dolore, lo trasse a sé,
proprio mentre il pokèmon era rapidamente levitato verso l'alto,
inghiottendo l'aria. Kakeru rabbrividì e si nascose dietro di lui,
stringendogli la giacca.
Dopo
poco tempo si ritrovarono circondati dai tre pokemon-mummia. Subito
Daisuke pensò ad un piano. Poteva usare Sey e aprire un varco,
quindi sperare di seminare gli abomini passando per il labirinto. O
forse era un po' troppo utopistico? Sey era ancora distrutto a causa
della lotta contro il Flareon. Non sarebbe riuscito a tenere testa a
così tanti pokèmon.
Rimaneva
solo una cosa da fare. Daisuke aprì la valigetta e ne estrasse due
torce. Quando uno dei pokèmon si avvicinò, il ragazzo prese la
prima torcia, la puntò contro l'occhio dello spettro e l'accese. Il
raggio di luce – più potente di quello che si era aspettato,
doveva ammetterlo – prese alla sprovvista il pokèmon che
indietreggiò all'istante, finendo contro gli altri due e tenendosi
l'unico occhio, dolorante. Anche gli altri due tentarono di
attaccarli, ma Daisuke li colpì entrambi allo stesso modo,
accecandoli e facendoli vagabondare verso di loro alla cieca,
muovendo le mani per cercare i loro corpi. Inutile dire che le loro
'vittime' avevano già preso a correre. Dopo qualche secondo, i
pokèmon ripresero la loro facoltà visiva e li superarono con
facilità, circondandoli un'altra volta. Daisuke aveva quindi rifatto
la stessa operazione, ma ma in meno di tre minuti erano di nuovo
sotto tiro. Per quanto avrebbero continuato così? Finché le pile
non si scaricavano? Finché i pokèmon non si abituavano alla luce?
Daisuke non aveva intenzione di volerlo scoprire. Con molta calma,
prese a formulare un altro piano.
Quando
ne trovò uno convincente, però, i pokèmon iniziarono ad emettere
dei versi lamentosi coprendosi l'inesistente bocca. Successivamente
il gruppo fece spazio per far passare qualcuno. Kakeru, che
sventolava ai quattro venti il suo stupido peluche, sembrò rinsavire
per qualche millisecondo, prima di rintanarsi di nuovo contro di lui
alla vista degli spettri. Una voce nobile e arrabbiata tuonò
nell'aria.
“Non
sono venuta qui per darvi da mangiare, branco di fenomeni
ectoplasmatici! Sono venuta qui per il mio ciondolo di diamanti, e
lo voglio adesso!”
Forse
il piano non gli sarebbe più servito ...
~
Madeleyne's Pov {Five minutes before}
“Ah,
i Murkrow. Creature orribili e seccanti. Forse ti ha preso di mira
perché tu emanavi un'aura spettrale? Le creature del Buio odiano
quelle di tipo Spettro, e viceversa.” Commentò Haunter alla fine
del mio racconto. Nel frattempo avevo preparato un bel purea di
bacche, ed avevo messo il tutto dentro ad una scatolina. Ascoltare le
chiacchiere di Zia Gertrude mentre io mi impegnavo a
scassinare una cassaforte mi era servito, a quanto pareva.
“Mah
…” Dissi, distratta. Avevo visto qualcosa di più interessante.
“Ehi, quell'enorme alberone laggiù. Sì, quello che spunta al
centro del lago immerso nella nebbia manco fossimo in un film horror.
Che cos'è?” Fai che non sia il nido degli insetti giganti, fai
che non sia il nido degli insetti giganti...
“Quello
è un albero sacro. Là avvengono le riunioni con il nostro Signore.”
Divagò Gastly. Dal suo tono di voce si sentiva che non voleva
parlarne. Stavo per chiedere spiegazioni, quando la nostra attenzione
fu catturata da una serie di urla provenienti da una massa arancione
in fuga.
“Ecco
lì la cena ...” Borbottarono i due fratelli contemporaneamente. Io
li osservai, in allarme. E se ora si vogliono pappare Kakeru e
Daikke? Oddio, ho portato altri fantasmi assassini verso i miei due
compagni …
“Guh!
Mi si è chiuso lo stomaco …” Disse Gastly, verdognolo.
“Un'altra
ondata di sensi di colpa e giuro che ti tiro addosso una Palla
Ombra!” Biascicò affranto Haunter, seguendomi a malavoglia. Forse
i due erano solo curiosi di sapere come andava a finire. “Non
potrei mai mangiare in tua compagnia, umana.” Commentò Gastly,
tirando fuori la lingua e sputacchiando di qua e di là.
Mi
misi a camminare verso i due – ora circondati. Sarò pur in
pensiero, ma mica mi metto a correre. E poi mi pare che Daikke abbia
la situazione sotto controllo. A quel punto mi ritrovai davanti
ad un pokèmon Fantasma Mummificato. Incuteva paura, dovevo
ammetterlo … ma se il mio piano non funzionava, bastava scappare,
no? Oppure mi avrebbero inseguito? Comunque, tentai, schiarendomi la
voce.
“Wow.
Un pokèmon Carta-Igienica. Scommetto che gli allenatori vi cercano
dappertutto!” Il pokèmon si voltò lentamente, mostrando un grande
ed enorme occhio fosforescente, leggermente sfocato per colpa della
luce della torcia. Continuai con la mia parlantina “Sei anche di
carta riciclata? Wow!” Quello annusò l'aria e poi mugugnò un
qualcosa che suonava come “... anima ... orribile …” E si mise
da parte. Non appena mi avvicinavo ad uno di loro, questi
indietreggiavano, cupi. Quindi una folla di spettri che prima non
avevo notato – erano tutti appollaiati sopra di noi, a metri e
metri da terra – iniziò a commentare.
“Chi
è?” “Non è mangiabile!” “Un altro spirito? No, ma lo sembra
...” “Rovina la scena, rovina l'appetito!”
Più
mi avvicinavo a Daikke e Kakeru più i commenti disgustati
aumentavano. E io mi stavo spazientendo. Non mi importava della loro
cenetta. Non m'importava di quanto fosse orribile la mia povera
anima. Io dovevo avere quel gioiello. Così dichiarai ad alta
voce: “Non sono venuta qui per darvi da mangiare, branco di
fenomeni ectoplasmatici! Sono venuta qui per il mio ciondolo di
diamanti, e lo voglio adesso!”
I
vari fantasmi ammutolirono di colpo, poi la maggior parte scemò.
Rimasero soltanto Gastly, Haunter e i tre esseri cartaigenicosi.
Quindi intravidi Kakeru, Daisuke ed un orsacchiotto con tanto di
bavaglio e katana. Un tenero e puccioso orsetto ninja. Aww, non
sapevo che Kakeruccio fosse un tenerone ~ ♥
Ma
non potevo farmi distrarre: “...allora, sto ciondolo? Io sto
aspettando.” Ordinai, voltandomi verso i fantasmi ed ignorando
completamente i due: Kakeru era troppo sconvolto ed ero interessata a
vedere come avrebbe fatto Daikke a farlo staccare. Mi misi a battere
il piede sul terreno, mostrandomi impaziente. Dov'era il mio premio?
“Duskn...”
Bofonchiò la terza mummia, strappata in più parti, con qualche
foglia di qua e di là.
“Eh?
Non borbottare, non comprendo. Comprendi?”
“Ho
detto che non ce l'abbiamo. E anche che tu, umana, saresti morta se
non fosse per la tua ---”
“Sì,
sì, anima 'vuota, ripugnante, piena zeppa di vergogna e complesso
d'inferiorità' e blablabla.” Quindi mi fermai. “Hai detto che
non l'avete? Ma nel cartello … il labirinto … voi avete scritto
quelle cose solo per costringere la persone ad entrare!” Giunsi
alla rivelazione, indicando la mummia con fare isterico. “Quindi
tutta la mia fatica non è valsa niente? Tutto il mio dolore, tutti
gli insulti … proprio niente!?” Le mie esclamazioni finirono col
diventare brontolii e commenti confusi. E quindi passai al
vittimismo, su come la mia vita fosse ingiusta e la mia fortuna
nulla, e su come una come me dovrebbe trovarsi sotto terra.
“Oi.”
Chiamò una delle mummie, ignorandomi completamente. “Gastly,
Haunter. Sta qui parla la nostra lingua?” Io sono qui … ma
tanto non importa a nessuno, neh?
I
due sospirarono “A quanto pare. Dovremmo chiedere agli anziani,
loro conoscono.”
“Quindi
non possiamo colpirla con un Palla Ombra?” Arrivò un pupazzetto
volante, avvilito.
“Hey,
hey. Un po' di quiete, per favore. C'è qualcuno che si vuole
demoralizzare in pace.” Ringhiai, andando contro un albero
qualsiasi. Quindi iniziai a prenderlo a piccole testate, non
abbastanza forti da farmi provare dolore figurarsi da provocare un
reale danno. “Me tapina. Buu-hu. Me inutile. Wah ...”
“Ecco,
visto? Ora l'aria è pestilenziale ...” Commentò Haunter,
scacciando il peluche volante.
Seguirono
diversi minuti di silenzio. Io mi dovetti staccare dall'albero, con
qualche graffio qua e là sulla fronte, per controllare la
situazione. In realtà, stavo solo esagerando il mio malumore.
C'era
una cosa, infatti, che avevo capito. Se volevo evitare di essere
colpita/mangiata/attaccata dagli Spettri, dovevo emettere onde
negative. Queste demoralizzavano i pokèmon, perché la preda non
provava paura, e in più facevano venire il voltastomaco agli
spiriti. Non avevo una spiegazione scientifica, al fenomeno, ma
potevo sfruttarlo a mio vantaggio. Mi diressi da Daikke e Kakeru con
il broncio – avevo perso, dopotutto, una miniera d'oro!
“Da
quanto tempo ~” Commentai. Poi rubai il peluche che Kakeru teneva
in mano quasi ne dipendesse della sua vita e lo spupazzai, in preda
ad un attacco di tenerezza. Era morbidoso!
Mi
ripresi solo al vedere Daisuke: sciupato, con la maglia stropicciata
e un'espressione concentrata. Tipico. Lui era sempre concentrato!
Spiaccicai l'orsacchiotto in faccia al ninja, che mi guardò
irritato, prima di riprenderlo e stringerlo al petto. Sembrava volere
piuttosto bene al peluche, uh?
“Dovevate
vedervi mentre scappavate dai fantasmi!” Sussurrai d'un tratto, non
sopportando la tensione. Cercai di non farmi vedere dai fantasmi,
però. “Insomma, Kakeru era completamente andato! Kakeru, il Ninja
Terrorizzato!” Lo presi in giro. L'effetto fu positivo.
“Non
è 'Kakeru il Ninja Terrorizzato'!” Comparve una musichetta eroica
“Il mio nome è: Kakeru, il ninja Illusione! Era solo una finta,
per far abbassare la guardia al nemico! Non ho paura dei
f-fa-fantasmi!” Squadrai Daisuke, finalmente liberatosi dal
pazzoide, che scrollò le spalle stancamente. Stava mettendo in tasca
le due torce, pronte all'evenienza. Kakeru, invece, continuava a
blaterare delle sue tecniche ingannevoli – cioè a giustificarsi –
ma nonostante la musica di sottofondo, teneva ancora stretto
l'orsetto. Faceva tenerezza. Presi dalla borsa una decina di
biscotti, quindi gliene misi uno in bocca mentre parlava e gli altri
in mano. La sua espressione si tranquillizzò, e si mise a
canticchiare “Biscotti, Biscotti, Biscotti ~” Con una musichetta
giocosa remixata.
Messo
a posto Kakeru presi dalla borsa delle bende e la poltiglia di
bacchepesca, e le feci vedere a Daisuke. Quello le guardò alla
veloce, per poi soffermarsi sulle mie mani. O meglio, l'ammasso di
cerotti che coprivano le mie mani. Erano piuttosto sanguinolenti, ma
potevo scommettere che la maggior parte avesse smesso di sanguinare …
forse.
“Murkrow?”
Domandò, incuriosito.
“Grimer?”
Chiesi io, con lo stesso tono di voce. Ebbene sì: dopo ore e ore di
rimuneramenti ero giunta alla conclusione che il damerino si era
avvelenato durante il nostro unico incontro con dei pokèmon
velenosi. A parte il primo Nidoran, ovviamente …
Daisuke
scrollò le spalle, prese – molto lentamente – la crema nella
scatola e iniziò a spalmarsela su mani e braccia. Quindi, non
potendo sostenere il silenzio di tomba, raccontai un paio di cose a
vanvera.
“Mia
zia è un genio con le bacche, non fa altro che parlarne. Giuro, è
spaventosamente ossessionata. Ma almeno si è rivelata utile,
stavolta ...” Poi lo rimproverai. “Certo che però potevi anche
andare a farti curare al centro pokèmon, no? Perché l'hai evitato?
Non ti fa male, scusa?” Lo guardai, torva. Beh, non veramente
torva, piuttosto ero divertita: non capitava tutti i giorni la
possibilità di prendere in giro il perfettino.
“Troppa
gente.” Si limitò a dire, impassibile, Daisuke, continuando a
spalmare il purea. Prima che potessi canzonarlo con il suo soprannome
e dirgli quanto fosse esagerato, il ragazzo sputò un piccolo
commento velenoso. “Io avevo programmato di arrivare in città in
un giorno.” Uh? “Ma tu hai rallentato tutti sulla
collina, tu sei voluta entrare nella casa, e ancora tu ti
sei dimenticata di usare il Wooper, causando l'attacco di Bob e la
nostra caduta qua sotto.” Se non fossi stata distratta da un altro
pensiero, mi sarei congratulata con Daikke per il suo passo avanti
nel campo della socializzazione. Mi ritrovai senza poter ribattere,
il che era preoccupante data la mia bravura a svignarmela con le
parole. Prima che potessi evitarlo, presi ad ascoltare il mio flusso
di pensieri. Mi sedetti a terra, contro un albero rinsecchito, e
abbassai lo sguardo.
Ha
ragione. Ha pienamente ragione. Sulla collina potrei anche dire che
non è stata colpa mia, ma mentirei. Dopotutto ero io quella che si
era trasformata in una bamboccia frignona, litigando con dei Murkrow.
E come se non bastasse, ero stata sempre io a voler andare nella
casa. Sapevo benissimo che la cassaforte poteva contenere qualcosa di
deludente, sapevo del pericolo di incontrare Bob – il quale, ne
sono convinta, ha peggiorato la situazione di Daisuke -, sapevo che
rifiutando avrei scoraggiato Kakeru e lui avrebbe evitato di andare.
Ma la cosa peggiore che ho fatto, è stata senz'altro dimenticarsi di
Wooper. Dimenticarsi della differenza dei tipo. Dimenticarsi di tutte
le cose che Daisuke mi aveva insegnato nel corso dei giorni,
dimenticarsi di tutto il tempo che lui aveva passato a farmi capire,
e dimenticarsi di tutto il suo sacrificio, spreco di tempo per
aiutare una come me. Dovevo averlo deluso. Non mi merito di averlo
come compagno di squadra … lui non si merita una troglodita come
me. Se scomparissi, lui starebbe sicuramente meglio. Sarebbe al
sicuro. Non dovrebbe sopportarmi e sprecare il suo tempo.
Mi
sentii pizzicare gli occhi alla nuova prospettiva. Davanti a me,
Haunter mi urlava qualcosa, ma io non ci feci caso. Ecco, anche lui
ora era arrabbiato per colpa mia. Tornai a concentrarmi sul mio
attuale dibattito psicologico: magari, se avessi smesso di seguire
Daisuke, e avessimo intrapreso strade diverse, lui sarebbe divenuto
più felice. Bastava solo che ci separassimo, giusto?
Ma
io non voglio! Una nuova ondata
di tristezza mi percosse. Quant'ero egoista. Tante parole per poi far
nulla. Però era vero: io non volevo abbandonare Daisuke. Se solo
potessi essergli utile in qualche modo, allora ---
“BASTA!”
Tuonò
una voce nell'aria, che mi fece ricordare dov'ero, chi ero e in che
situazione mi trovavo. Alzai gli occhi, e vidi il più grande, il più
potente, il più cupo pokémon fantasma che avessi mai visto: simile
alle mummie, ma senza piedi, di colore grigio, con diversi anelli
dorati sul corpo. Sullo stomaco aveva un'enorme bocca dorata, con
tanto di finti (?) occhi. Il vero e unico occhio rosso sangue era
puntato su di me.
Mi
alzai di scatto e andai vicino a Kakeru e Daikke, che si era messo,
in qualche modo, le bende.
“Umana,
la tua aura sta contaminando l'intero lago! Il vederla ci crea
problemi. Hai due possibilità: soccombere o andartene.” Disse,
fiero. Kakeru aveva smesso di mangiare biscotti, e si era rintanato –
di nuovo – dietro a Daisuke. Questo aveva una mano sulla sua
pokeball, e un'altra su una torcia elettrica. Io, non volendo dar
inizio ad una battaglia, già persa non appena cominciata, mi scusai.
Era molto convincente, questo tipo.
“Mi
scusi, cercherò di contenere la mia … depressione, sotto
controllo.” Quindi notai una cosa: mentre i pokèmon più piccolo
accusavano solo affaticamento, quelli più grandi erano andati molto,
molto distanti, leggermente verdognoli. Nausea, dovevo dedurre?
Il
pokémon parve essersi calmato, ma era ancora cauto. Decisi di
pensare a un qualcosa di felice, per evitare un'altra catastrofe. In
un lampo mi ritrovai nella mia villa ai tropici, con
Ermenasdrubalcibaldo che mi portava un cocktail mentre io rimiravo il
mio …
“...
dov'è il mio ciondolo
di diamanti?” Sibilai, fregandomene se quello era il più potente
pokèmon lì in giro.
La
mia domanda comportò un verso strozzato da parte di Daisuke (che mi
guardava come per dire 'ma sei idiota a chiedere della collana a un
pokèmon infuriato che potrebbe farci fuori in un istante?') e un
attimo di sbigottimento da parte dello Spettro. Se avesse avuto un
sopracciglio, scommetto che l'avrebbe alzato, esterrefatto. Quindi,
assurdamente, si mise a ridere.
“Nessuno,
da quanto mi sono evoluto in un Dusknoir, ha avuto il coraggio di
pretendere qualcosa da me! Sei divertente, piccola umana.” Si
rivolse a qualcuno “Hey, Priscilla ce l'hai ancora il ciondolo,
no?”
“Certo
che ce l'ho.” Strillò una voce sopra di me. Il mio sguardo scattò
in altro, ed incrociai uno spirito viola con la testa che culminava a
forma di cappello. Sembrava una strega, ma si muoveva in maniera
elegante. E poi, al collo, portava il mio ciondolo.
“Ma …”
“Niente
ma. Non ho voglia di attaccare questi esseri. Sprecherei energie.
Invece, se tu le dai il gingillo, se ne andranno sicuramente.” La
incitò, incrociando le braccia. La strega, con voce spacca timpani,
ribatté:
“Non
osare usare quel tono con me, Luvick!”
Il Dusknoir indietreggiò, davanti a tanta rabbia. Poi, Priscilla
volò sopra di lui e gli sibilò di seguirla, e che dovevano fare un
discorsetto. Quando furono abbastanza in alto, riuscì a respirare
più liberamente e mi sedetti per terra. Kakeru, ugualmente
distrutto, si sdraiò,
per terra. Boccheggiava come un pesce fuord'acqua. Gli spiriti ci
osservavano da molto distante, borbottando cose che non riuscivo a
comprendere.
“Tu
---” Iniziò Daisuke, in disappunto. Totalmente in disappunto.
Sembrava irritato.
“Sei
stata grande! Un genio! Ma come hai fatto?!” Si esaltò Kakeru,
saltellandomi attorno. Non volendo sentire i rimproveri di Daikke,
incitai Kakeru a spiegarsi meglio. “Massì, con quel coso volante.
Gli hai praticamente ordinato di darti la collana.”
“Ciondolo.”
Precisai.
“Non
ha importanza. Ora possiamo darci alla fuga!” Iniziò ad andarsene.
Ma Daikke gli pestò la sciarpa, e il ninja finì col cadere per
terra, dolorante.
Andarcene?
No, no. Io volevo il ciondolino. Io volevo la casa. Io volevo i
tropici. E volevo Alfred, Turiddu e Ermenasdrubalcibaldo.
“Ma
loro non ci attaccheranno. Non più, al meno.” Kakeru mi guardava
con disappunto. Mi stava praticamente dicendo 'e tu come fai ad
esserne certa?', così gli risposi. “Perché io ---”
“Umana.
Abbiamo una proposta.” Disse la voce bassa di Luvick. I due erano
tornati più in fretta del previsto.
“Ah.”
Biascicai. Non mi piacevano le 'proposte'. Specialmente se
provenivano da uno spettro mangia-umani. “E se non accettassi?”
Non l'avessi mai fatto.
“Se
tu non l'accetti io mi assicurerò personalmente che la tua, le
vostre morti siano le più cruente e sanguinarie che si siano viste
qui in più di due secoli!” Urlò la stregaccia. Lei sì
che fa paura. Deglutì.
“...
allora ...” Mi sorpresi della mia stessa voce. Era rauca e
tremolante. Piccola piccola. Mi schiarii la voce. “Allora
sentiamo.”
Daisuke
pareva esasperato, ma era difficile da capire sotto la sua fredda
apatia. Il suo sguardo passava da me, ai fantasmi, corrucciato, come
se cercasse di risolvere un enigma. Probabilmente non ci avrebbe
messo molto prima di capire che potevo comunicare con gli ectoplasmi.
Lui era un genio, dopotutto.
Prima
che il Dusknoir potesse parlare, la donna prese il controllo del
discorso, ritenendo il pokèmon non opportuno ad esporlo. In un certo
senso mi dispiaceva per Luvick. Ogni volta che la megera apriva
bocca, fuoriuscivano dei suoni simili a delle unghie sulla lavagna.
Brr, che pensieri fastidiosi.
“Ti
daremo la collana e ti lasceremo andare, per il momento. Anche se
vorrei ucciderti con tutta la mia volontà. In cambio, mocciosa,
dovrai promettere di compiere la missione che noi ti appiopperemo non
appena il tempo sarà giunto.” Tentai di ribattere, di dirle che
non volevo sottostare a loro. “E se solo provi a ribellarti, ti
colpirò con questa!” Sibilò la strega. In un lampo, sopra al suo
cappello, comparve un occhio.
Uno
schifoso, orribile, oscuro, minaccioso, pauroso, occhio rosso. Sto
per sentirmi male …
Iniziai
a sentirmi nauseata. Misi davanti a me una mano aperta, che nella mia
lingua significava 'un attimo che ci penso'.
Avevo
varie opzioni. Potevo dire di no, e finire uccisa. Potevo scappare, e
finire – ovviamente – uccisa. Potevo combattere, ma con i nostri
pokèmon al massimo potevamo stendere Luvick. Potevo supplicare di
lasciarci andare, ma quella megera ci avrebbe spediti all'altro
mondo. Potevo … accidenti … non sapevo che fare.
Guardai
Daikke e Kakeru, che mi stavamo guardando confusi. Ah, già, loro
non capiscono quello che sti qui urlano...
“Posso
sapere qual è la 'missione', almeno?” Domandai, non sapendo che
altro fare.
“No.”
Rispose Luvick, fissandomi intensamente.
Se
c'era una cosa che non sapevo fare, come avevo già detto in
precedenza, era scegliere. Io odiavo le scelte. E se poi mi avrebbero
ucciso comunque? E se sta' missione era una cosa da kamikaze? Lanciai
uno sguardo all'occhio rosso. Qualunque cosa avessi scelto di dire se
non il semplice 'ok', avrebbe procurato una Priscilla infuriata e un
occhio assassino. E dubitavo che una torcia avrebbe aiutato.
Era
ingiusto. Anche se ero inutile, avevo dei diritti. Senza poter fare
altro, sospirai.
“Oky
...” Borbottai, astiosa. Priscilla ghignò, dopodiché mi lanciò
il ciondolo di diamanti, ora non più molto appetibile.
“Spero
solo per voi che ai Tropici ci sia un maggiordomo chiamato
Ermenasdrubalcibaldo ...”
~
Author's Corner
… ho
paura di farmi vedere. Sinceramente. Provo vergogna … quindi
provvedo alle scuse [sembro Madeleyne o.o']
- Per
la mancanza di comicità nel capitolo.
- Per
la schifezza del capitolo.
- Per
la LUNGHEZZA del capitolo.
- Per
il fatto di aver introdotto un cliché [Una tipa che parla con i
fantasmi! Ce ne sono un casino nelle storie …]
- Per
aver fatto, forse, passare per fifone Kakeruccio, e per
sempre-inca**to Daikke …
- Per
aver incentrato un capitolo su Madd-Madd, dimenticandomi degli altri
due, tecnicamente.
- Per
altre cose che, se volete, potermi far notare nelle recensioni
negative/neutre/positive che farete.
Mi
rendo conto che ho scritto una cagata, ma posso sempre cancellare il
capitolo e fare accadere qualcos'altro di più …
'normale/eccitante' V.V'
Mi
è venuta l'idea dei pokemon fantasma parlanti, leggendo una
bellissima FF su fanfiction.net di cui, purtroppo, ho perso il link.
E anche perchè mi ricordo che Sabrina era molto magica. Nel
cartone, e suppongo anche nel manga. E poi c'era una tizia che aveva
trasformato Ash in un Pikachu … e mi son detta: “Perchè non
mettere un tocco fantasy? Dopotutto, non sarebbe troppo anormale
vedere dei fantasmi parlare. Lo fanno gli psichici, nella mente, e
allora perchè non i fantasmi?”
Ma
se ho fatto un'errore, potete benissimo dirlo x__X” Cioè, posso
sempre trovare altre cose entusiasmanti da scrivere … basta solo
che lo diciate. Se la maggioranza dirà di voler cancellare il
chapter, allora sarà così. E mi riferisco anche a VOI, lettori che
non recensite. Anche voi ne avete diritto, sapete? Quindi …
Domanda
del giorno: Cancellare il capitolo perchè troppo
stupido/noioso/c'èstatotroppopocoKakeru-Daisuke/infantile etc?
Se
invece siete incuriositi, mi devo scusare per le lacune del capitolo.
Per le cose che non riuscire a comprendere bene, chiedete pure, v.v …
Ah. E poi un consiglio. Ho bisogno di un'altro consiglio.
Domanda
del giorno 2#: Come fare a rendere più 'vivide' le
emozioni/depressioni dei personaggi?
Mentre
nei film/anime/manga ci sono le immagini, che fan vedere le
espressioni facciali dei personaggi, io non ne ho la possibilità.
L'unica cosa che posso fare è mettere i flussi di pensieri a
Madd-Madd, che occupano un'infinità di spazio e alla lunga annoiano
…
Vi
lascio così, con un'infinità di scuse. Gomenasai Q.Q
GloGlo_96
PS:
Il mio portatile s'è rotto T.T E ora sto lottando per aver il PC di
mia sorella >.<” Potrei avere difficoltà a
postare/rispondere.
|
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Capitolo 23 *** Addio, Ciondolino! ***
Pkm 3.0
Addio, Ciondolino
“Posso
almeno sapere cosa dovrei fare?”
“No.”
“Come
dovrei fare?”
“Ti
piacerebbe.”
“Quando
dovrei farlo?”
“Troppo
facile.”
Quei
due fratelli iniziavano ad infastidirmi. Era da quando avevamo
lasciato il Lago che continuavano a fare i misteriosi! Eppure non
chiedevo molto, solo qualche informazione. Ma a quanto pareva erano
tutte Top-Secret. O almeno, così loro la facevano sembrare: secondo
me, quei due, così come il resto degli Spettri, ne sapevano meno di
me.
“Dite
la verità, volete che al giorno X, a mezzanotte, durante la luna
piena, vi porti 3 vergini da mangiare!” Fantasticai, traendo spunto
da alcuni film horror che mi vedevo a casa durante i weekend.
Gastly
e Haunter fluttuavano tranquillamente sopra di noi, conducendoci ad
una strada che ci avrebbe – a quanto pareva – riportato in città.
Al sentire la mia storiella, i due s'incuriosirono.
“E
perché mai vorremmo il tuo aiuto per mangiare qualcosa? Mica siamo
così affamati … noi preferiamo spaventare la gente, anche
se le anime più succose ce le teniamo per noi ...” Bofonchiò,
pensoso. “E poi con il trucchetto del cartello arrivano un sacco di
Avventurieri!” Terminò il maggiore, con un po' di bava alla bocca.
“Fratello,
cosa sono le vergini?” Chiese Gastly. Haunter si strozzò
con la bava, iniziò a tossire, e parve sull'orlo di un collasso. Poi
si voltò verso di me, con uno sguardo che era un misto fra rabbia e
richiesta d'aiuto. Io feci finta di non averlo notato, trattenendo
una risata di vendetta.
“...
vedi Gastly, è quando gli umani … cioè si … disgustoso ... e
quindi … tecnica masochistica … perciò non è … ergo hanno …
capito, no?” Spiegò (?) Haunter, nervoso. Ma Gastly lo guardava
come un idiota, così Haunter sbottò. “Te lo spiegheranno i tuoi
genitori quando sarai più grande, d'accordo!?”
“Ma,
fratello, tu hai solo un anno più di me! E abbiamo gli stessi
genitori!” Commentò confuso il minore. Quindi continuarono a
battibeccare sulla questione, ignorando completamente noi comuni
mortali.
Eravamo
nel bel mezzo della smilza foresta, con alberi che a mano a mano ci
allontanavamo dal Lago, ricominciavano a presentare del fogliame.
Kakeru e Daisuke stavano di qualche passo dietro di me, l'uno nervoso
in compagnia dei due fantasmini, l'altro supponevo volesse solo un
po' di pace. Il ninja, vedendo che non eravamo più sorvegliati da
Gastly e Haunter, fece su un lungo sorrisone, si avvicinò e …
“Cosa
sono le vergini, Madeleyne?”
Dalla
sorpresa il ciondolino che stavo facendo roteare sul dito con fare
tranquillo, partì in aria e trapassò Gastly. Vedendo che quelle due
entità non parevano essersene accorte, e ispezionando il cielo alla
ricerca del mio tesoro, spiegai alla veloce.
“E'
quando una donna delicata e pura – probabilmente non una piena di
piercing, tatuaggi e circondata da un harem maschile,” Commentai,
serena. Dopotutto era solo una cosa biologicamente normale. Non avevo
mai compreso il perchè di tutta la segretezza sulla questione.
Continuai a raccontare, corrucciando la fronte. Dove si è
cacciato? “Beh, puoi avere un 33% di possibilità di
riconoscerne una se questa è senza un ragazzo, perché senza un uomo
loro non ...” Mi fermai a mezza frase, smettendo di camminare e
fissando il cielo con fare irrequieto. “Dove cavolo è finito?”
Iniziavo a sudare freddo. In tutta la mia impotenza misi le mani
attorno agli occhi, a mo' di binocolo, tentando di riconoscere il
bagliore del gioiello in mezzo a quello delle poche stelle presenti.
“Come
...” Daikke, che finalmente aveva deciso di unirsi a noi, sollevò
un sopracciglio al mio 'binocolo umano'. “... sapevi che loro
avevano un ciondolo?”
“Hey,
non vale! Maddy doveva spiegarmi delle ver---” Una piccola palla
violacea emanante fumi mistici si schiantò sulla faccia di Kakeru,
che cadde a terra come un pupazzo.
“Silenzio!
Qui stiamo dibattendo su una questione più importante di quella!”
Sgridò Haunter, dall'alto, dimenticandosi a quanto pareva che il
ninja non poteva capirlo.
“Già,
fratello ...” il piccolo Gastly aveva un atteggiamento cupo e
velenoso “Per esempio, come faceva mamma a sapere della mia
collezione di parrucche, mh?”
“Oh,
quello, beh … un Pidove le ha sussurrato ---” Haunter era a corto
di parole.
“Avevi
bisogno di guadagnarti il favore di mamma per andare a terrorizzare
con i tuoi amici un gruppo di sporchi e rozzi Avventurieri!” Lo
incolpò il più giovane, torvo.
“D'accordo,
sì, hai ragione tu.” Rivelò Haunter, irritato. “Ma a che ti
servivano poi quelle parrucche!? Non so se hai notato ma tu sei fatto
di gas, Gastly! G-A-S! Anche il tuo nome dice che non puoi nemmeno
mettertele in testa!”
La
discussione pareva poter andare avanti per le lunghe. Specialmente
perché Kakeru – troppo offeso per ricordare il suo nervosismo
davanti agli ectoplasmi – si era messo ad urlare dietro agli
spettri. Anche se avesse saputo di cosa stavano parlando, dubitavo
che se ne sarebbe stato buono. Uff, le crisi familiari erano una gran
seccatura.
Tornai
a concentrarmi su Daisuke, che aveva scelto di ignorare la situazione
molesta che si era creata. “Quindi?” Pareva visibilmente più
tranquillo di qualche ora fa, e non mi stava mettendo fretta.
Rimuginai un po' su quello che mi aveva chiesto in precedenza, ed
arrivai alla conclusione che lui non voleva sapere solo del
gioiellino, ma anche di tutto il resto.
Optai
per raccontargli tutta la mia vicenda – aggiungendo qualche
commento ogni tanto, per fare più enfasi. Non aveva senso mentire a
Daikke. Lui era furbo, oramai l'aveva capito che potevo capire gli
ectoplasmi (di Kakeru non ero ancora sicura, però). Non pareva
nemmeno tanto stupito quando gli avevo dato la confermazione delle
sue ipotesi …
“E
questo perché la tua ...” Cercò un termine per completare la
sentenza “...anima, è oscura?” Domandò, con un'espressione
disinteressata.
“Yep.
A quanto pare ~” Risposi io, distratta. Non ero per nulla toccata
dalla faccenda. Dopotutto, che ci potevo fare se ero fatta così?
Prendere un po' di pennelli e dipingere il mio cuoricino di bianco
fosforescente con tanti cuoricini rosa e stelline che si illuminano
al buio? Bleah … troppo dolce. Nono, stavo bene con la mia anima
deprimente. Oh forse no. In quel momento avevo altre cose a cui
pensare. Daisuke pareva averlo notato, cosicché non mi chiese più
niente.
Mi
stavo spaventando. Macché. Io ero terrorizzata. Dov'era il
ciondolo? Dov'era l'oggetto che avrebbe realizzato i miei sogni? Non
potevo averlo mandato fuori dall'orbita, no? E se trapassando il
Gastly si fosse sciolto?! Ma i Gastly erano velenosi? Magari era solo
caduto più indietro ...
“Stop.
Aspettate. Fermi. Buh.” Esplosi io, frettolosa, fregandomene degli
sguardi da 'non vedi che siamo occupati' dei fantasmi,
dell'espressione confusa di Kakeru e del corrucciamento di Daisuke.
“Qualcuno ha idea di dove possa essere la chiave per la mia casa ai
tropici e Ermenasdrubalcibaldo?” Domandai, iniziando a vagabondare
fra gli alberi, alla ricerca del gioiello.
“Ermena--
che?” Avevano chiesto in coro i fratelli, semplicemente confusi. Ma
non avevo tempo per rispondergli.
“Umh
… suvvia, era solo un ciondolo di diamantucoli!” Cercò di
consolarmi, inquieto, Kakeru. Pareva sorpreso dalla mia serietà. Io
gli scoccai uno sguardo carico pericoloso. Per tutta risposta,
nell'aria si diffuse una melodia strumentale che non conoscevo.
Daisuke a quanto pareva sì, perché sbatté le palpebre più volte.
E poi si mise alla ricerca dei fantomatici effetti speciali del
ninja, che nel frattempo aveva continuato, confortato dalla musica
triste e commovente. “Cioè, ci sono cose più importanti, no?”
“Come
gli amici” Io e Daisuke ci guardammo scettici, concordando che
Kakeru si stava arrampicando sugli specchi.
“I
pokèmon” Per tutta risposta presi la mia pokèball e ne guardai
l'interno: Rattata stava roteando gli occhi. Haunter e Gastly si
lanciavano sguardi nervosi.
“La
famiglia …” I due fantasmi avevano gli occhi lucidi. Kakeru
invece si guardava attorno, alla ricerca dell'ispirazione. Quando
l'ebbe trovata, s'illuminò.
“Oh!
E anche i biscotti!” Poi s'incupì, e la musica si spezzò a
mezz'aria. “Specialmente i miei biscottini ...” Si mise a
sfregolare le mani, come un cattivo dei cartoni animati.
I
due Haunter, commossi da tutto il suo discorso, si erano abbracciati,
piangenti. O meglio, Haunter tentava di abbracciare Gastly – il
quale non aveva le mani – ma quest'ultimo era intangibile e l'aveva
fatto passare attraverso. Questo non li aveva però fermati dallo
scusarsi per tutte le cose cattive che si erano fatti a vicenda, e di
come si volessero bene.
Io
li fissavo sbalordita. Avrei volentieri lanciato dei delicati petali
rosa per dare più enfasi. Ma in quel momento mi ricordai di dov'ero:
un'orribile foresta rinsecchita con tanto di fiume macabro che
passava accanto a noi. Niente fiori, solo rami. E dubitavo che
tirandogli dei rami li avrei fatti contenti. E se avessi dipinto gli
shuriken di Kakeru di rosa?
“Tecnicamente
sarebbero i miei biscotti.” Gli feci notare. Altre volte
avrei ridacchiato, ma in quel momento non ero proprio in vena. “Ora,
non hai un qualche strumento ninja che mi possa aiutare? O un metal
detector, o un robo simile?” Reclamai, facendo sì che gli altri mi
lanciassero sguardi torvi.
E
poi mi chiedo perchè tutti mi detestano …
Mi
dissi. Osservai Daikke, con la coda nell'occhio. Lui era tranquillo e
indifferente. Certo, mi guardava come se fossi idiota, ma quello era
un dettaglio. Decisi di ascoltare la mia voce della coscienza
(Perché sì, tutti hanno una voce della coscienza). Tirai un lungo
sospiro, per calmarmi, e voltai lo sguardo verso gli altri.
“Scusate,
so che dovrei essere più positiva.” I fantasmi annuirono. Io misi
il broncio “E' solo che … cavolo, un ciondolo di diamanti!
Ce l'avevo e poi, PUFF! Sparito.” Kakeru accettò il mio
ragionamento, ma allo stesso tempo frantumò le mie speranze.
“Beh,
sono d'accordo, ma non credi che andare a cercare un oggetto così
piccolo in un posto così grande, sia senza speranze?” Se
possibile, mi afflosciai su me stessa. “Kakeru, il ninja Detector!
Potrebbe anche, ma sarebbe troppo lunga la ricerca!” Esclamò il
ragazzo, giustificandosi.
“Nemmeno
per uno Scooby-Snack?” Dissi, senza riflettere, presa dallo
sconforto.
“Avevi
detto niente più sentimenti negativi! Ci hai ignorato?!”
Esclamarono all'unisono i due fantasmi.
Sospirai
nuovamente, più forte, per far intuire quanto mi stavano
chiedendo. Ma poi un ideuzza mi balenò in mente: ignorare.
Quella era una cosa facile. Bastava far finta di non aver mai avuto
un ciondolo, ignorare la sua esistenza, e l'intera questione poteva
definirsi risolta.
Sì
… ormai è perso. Non si può più far niente. E' come se non fosse
mai esistito, quindi, praticamente, nulla è cambiato da com'era in
precedenza.
Spalancai
gli occhi all'improvviso. Come avevo fatto a dimenticarmene? Iniziai
a sogghignare maleficamente, presa dall'orgoglio.
E
poi, ho ancora la pietra che ho trovato nella cassaforte del team
Pyro. Ecco, quella è una cosa interessante.
“Sì,
avete ragione, sorry.” Dissi, sorniona, tastando nelle tasche
interne la forma della grande pietra ambrata. “Ci sono cose più
importanti di un piccolo ciondolino con attaccati due granelli di
diamante.” Beh, no, non era affatto, vero, ma non c'era bisogno di
dirglielo, giusto? Giusto.
“Questo
è lo spirito!” Kakeru mi batté una mano sulla schiena, così
forte che mi mancò il respiro. “Ci son molte cose più importanti.
Per esempio la giustizia ~” Esclamò il ninja, annuendo alla
propria sentenza. Io mi limitai a sorridergli, mentre la mia mente
divagava su a quanto avrei potuto vendere la pietra. Daisuke non
sembrava essere molto d'accordo con il ninja, e, anzi, lo guardava
scettico.
“Giustizia?
Vorrai dire vendetta.” Commentò il pallido, riferendosi
palesemente all'episodio con Bob. E devo anche ammettere che ha
ragione. Kakeru è stato tremendo quella volta …
“La
vendetta è una forma di giustizia.” Ribatté Kakeru con le mani ai
fianchi. Daisuke sospirò, facendo intuire che il ninja era una causa
persa.
“Eppure,
se non ricordo male ...” Mi misi un dito sulle labbra, e guardai
verso l'alto, cercando di apparire innocente “Anche tu ti sei
vendicato un paio di volte. Sì sì, avevi proprio menato a sangue il
povero Drifloon, mi ricordo come se fosse ieri.” I due fantasmi
spalancarono gli occhi e fissarono Daikke, probabilmente chiedendosi
come aveva fatto a malmenare uno spirito.
Ma
io non avevo ancora finito “Per non parlare poi di Mr. Dancy,
quando ti aveva scambiato per una femmina. Poveretto, non si meritava
quel pugno ...” Rivelai quasi fosse la cosa più naturale del
mondo. In realtà il 'povero Mr. Dancy' si sarebbe meritato anche di
più, ma quella parte avevo deciso di sorvolarla. Ci fu un attimo di
silenzio, l'aria carica di tensione.
Poi
Haunter aveva messo le mani in modo da formare una finestrella,
congiungendo pollice-indice, per visualizzare meglio il più pallido.
Gastly interruppe il suo momento di contemplazione. “Non ha mica
tutti i torti.”
“Io
lo vedrei benissimo in tacchi e gonna.” Aggiunse il maggiore.
“Specialmente
tacchi, fratello. E' un tappetto!”
“E
che ne pensi di un parasole?” Chiese Haunter, iniziando a fare
delle immagini mentali.
“Direi
che non starebbe poi tanto male … e delle treccine?” Gli diede
corda Gastly.
Direi
che l'hanno presa meglio del previsto.
Sapevo che i due fratelli non erano tipi da risata, ma vederli
giocare al 'Vesti la bambola Daikke' era divertente. Specialmente
perchè non perdevano un momento per poterlo insultare … anche se
loro parevano non accorgersene. Potevo solo dire che loro erano fatti
così, e che adesso anche Daisuke poteva capire cosa avevo passato io
in loro compagnia.
Oh
no. Un attimo. Lui non può comprenderli! Tsk, e ti pareva. Ma se non
fosse così, scommetto che li avrebbe già esorcizzati dalla faccia
della Terra!
Il
ragazzo parve comprendere, però, che i fantasmi lo stavano prendendo
in giro, e s'irrigidì.
Kakeru
rimase un po' sbigottito. Andò davanti a Daisuke – molto cupo - e
lo ispezionò da tutti i lati. Pareva indeciso sulla questione. Poi,
mise su un piccolo broncio, e biascicò:
“Vuoi
dire che per tutta la mia vita scolastica sono stato battuto
da una ragazza?” Se i fantasmi accettavano il fatto che
Daikke poteva sembrare una donna, il ninja aveva trovato così tante
somiglianze da iniziare a sospettare che il ragazzo, fosse in effetti
una femmina. Daisuke nel frattempo iniziava ad emettere un'aura
pericolosa. Si vedeva che stava per esplodere, ma che si stava
contenendo. Velocemente, feci dieci passi indietro. Quindi mi nascosi
dietro l'albero. Che avessi sbagliato a introdurre l'argomento?
“Oh
cavoli!” Esclamò Kakeru, indicando il damerino, con uno sguardo
sconcertato “E quando dovevamo metterci in tuta per Educazione
Fisica?”
Inizio
a credere che Kakeru abbia un forte desiderio di morte. Meglio
prendere Dexi e registrare un video, poi gli farò un Tribute su
Youtube ~
“Oddio,
tutti noi ci siamo cambiati con una femmina che ci guard--” Daisuke
aveva tirato un unico, potente calcio, in mezzo alla faccia del
ninja. Fu un attimo. E poi Kakeru scomparve dalla mia vista. Sentì
un forte frastuono, e scoprì che il ragazzo era volato fino a due
alberi dietro di me, schiantandosi. Guardai lui, e quindi Daisuke,
con la gamba ancora alzata. Stava scrutando tutti con gli occhiali
scintillanti.
“Qualcuno”
Sibilò. “Vuole aggiungere qualcosa?” Impassibile, riabbassò la
gamba. I due fantasmi lo fissavano atterriti, Kakeru aveva gli occhi
ad X come i pokemon K.O. Toccava a me sciogliere la tensione, a
quanto pareva.
“Vedi,
vedi? Questa è vendetta.” Lo canzonai, ignorando i miei
sensi-di-ragno e riavvolgendo il video del Pokédex. Quando lo vidi,
sbottai in una risata per niente trattenuta, e mi avvicinai a Kakeru,
aiutandolo a mettersi seduto. Quindi lo feci vedere anche a lui.
Nel
video si vedeva l'impatto con il calcio di Daikke sulla faccia
terrorizzata del ninja, la faccia deformata di questo, e il volo che
aveva fatto, rimbalzando sul prato un paio di volte. Ma la cosa
comica stava nella faccia: guance paffute, occhi spalancati e qualche
goccia di saliva che volava come contorno. Adoravo gli zoom. E
adoravo i rallenty!
Hey,
magari potrei ricattarlo …
Pensai,
mentre salvavo il file in memoria.
“Adesso
Daidiota me la paga!” Esclamò Kakeru, dopo essersi visto, e
saltando in piedi, pronto a lottare. Ma non volevo fargli iniziare
uno dei loro battibecchi, così lo trattenni per una manica e gli
sorrisi, divertita.
“Tecnicamente
lui aveva tutto il diritto per tirarti quel calcio.” Gli spiegai.
“Umh
…non è il calcio, non mi affatto male." Sicuro. "E' per la sua
sfrontatezza nel colpire Kakeru, il ninja Intoccabile!” Si lamentò,
facendo una smorfia e incrociando le braccia.
Sospirai.
Alla fin fine era un ragazzo infantile. Presi dalla borsa i miei
ultimi biscotti – il ninja me li aveva pappati tutti – e glieli
porsi. Quello mise su un sorriso da ebete, e s'ingozzò di biscotti,
dimenticandosi del suo tentativo di vendetta. Ma avvertivo ancora una
sensazione di pericolo. Mi avviai verso Daisuke, con il ninja che mi
saltellava dietro.
“Ah,
Daik--” Daisuke era molto minaccioso. Mi aveva lanciato uno sguardo
assassino, freddo e rancoroso. Deglutì, facendomi forza. “Lo sai
che facendo così hai ucciso un milione di neuroni di Kakeru? L'hai
reso più stupido!” Tentai di calmarlo.
“Neurocookies?”
Chiese Kakeru, non proprio ascoltando. Io lo indicai, trionfante.
“Ah-ah!
Visto?” Gli domandai. L'espressione di Daisuke si fece meno dura ed
aprì la bocca per dire qualcosa, ma temendo che potessero nascere
insulti, decisi di continuare. “E poi, avete visto cosa procura la
vendetta? Nient'altro che dolore e rabbia. Perchè, mi chiedo io,
bisogna farsi del male? Come mai tutti sono così masochisti? Sarebbe
più facile vivere felici, nel rispetto delle altre persone. Insomma,
ritrovate il vostro senso di umanità perduto! Noi dovremmo ---”
Mi
fermai. Avevo sentito qualcosa. Qualcosa di estremamente familiare.
Guardai verso l'alto, dietro di me, mentre gli altri cercavano di
capire cosa stessi cercando.
E
poi lo vidi. Lui, con quegli occhi rossi che mi sfidavano, che
svolazzava silenziosamente dietro di noi da chissà quanto tempo. Ci
aveva seguiti. Mi aveva seguito. Probabilmente era venuto per
finire il lavoro. Ricambiai lo sguardo, con un'espressione decisa.
Avrei potuto fissarlo con odio per l'eternità. Ma poi i suoi occhi
si assottigliarono, sadici, alzando la zampa e mostrandomi cosa stava
trasportando: il mio ciondolo di diamanti perduto.
No,
non perduto. Apparentemente rubato. Ero scioccata. Non potevo far
altro che strabuzzare gli occhi.
“Oh.
Fratello, guarda, è quel Murkrow della storia.” Commentò Gastly,
ma venne azzittito dal maggiore, deciso a diventare uno spettatore
silenzioso.
Kakeru
aveva spalancato la bocca, facendo cadere il biscotto al cioccolato
che stava mangiando. Quando se ne accorse se ne ficcò subito un
altro in bocca, masticandolo come i pop-corn che si comprano prima di
vedere un film. Dovrebbero fare della mia vita una commedia.
Sarebbe famosa, perlomeno.
Daisuke,
calmato, alternava lo sguardo da me al corvo. Poi decise di ignorare
la faccenda, andando a sedersi su una roccia lì vicino e giocando a
smontare il Pokédex. Di nuovo.
Per
quel che mi riguardava, io ero sconvolta. E non solo perchè nessuno
si degnava di darmi una mano – begli amici! Il Murkrow era
velocemente sceso fino ad essere due metri sopra le nostre teste,
facendo tintinnare il gioiello. Mi stava istigando, e lo sapevo. Solo
che non potevo resistere. L'affare mi dondolava a pochi metri, ed io
non potevo prenderlo!
Iniziai
a sudare freddo. Quella creatura voleva giocare con la mia sanità
mentale, di quello ne ero certa. Sapevo che non appena avrei provato
a toccarlo, avrebbe fatto qualcosa di irrecuperabile. Chiamando a me
tutta la mia indole pacifista – mi divertivo a creare scompiglio,
vero, ma preferivo evitare liti – cercai di contrattare.
“D'accordo.
Io non piaccio a te e tu non piaci a me. Ma quello” Indicai il
ciondolo “è mio. Dammelo, pollo arrosto.” Non riuscì a
trattenermi.
“Mur-murkrow!”
Gracchiò, rispondendo al mio insulto. Quindi volò verso il fiume.
“Oh
no. Non oserai.” Il volatile tese la zampa al di sopra della
corrente, lasciando l'oggetto di valore penzolare. Aveva la testa
inclinata, come se si aspettasse che io dicessi qualcosa. Sapevo cosa
voleva. Voleva vedermi in ginocchio. Mi mordicchiai il labbro,
optando per un discorso basato sulla pietà. “Per favore. Mi sono
fatta in quattro per l'affare. Ho pure accettato una missione
kamikaze per averlo. Non credi che distruggendomi le mani” Gli feci
vedere i segni “Farmi cadere in non uno, ma due burroni e
torturarmi psicologicamente sia già abbastanza?” Il Murkrow parve
pensarci su. Poi mi allungò l'oggetto.
Sapevo
che c'era un trucco. Quel coso era troppo intelligente. Ma
cos'altro potevo fare? Mi avvicinai lentamente alla cornacchia. La
cornacchia si avvicinò lentamente a me. Quindi presi in mano il
ciondolo, delicatamente …
Il
Murkrow sogghignò: dopodiché, in un secondo, mi aveva nuovamente
beccato la mano, e aveva gettato il gioiello dietro di sé,
facendolo finire in acqua.
Presa
dal panico corsi verso la riva del fiume, guardando l'oggetto
sprofondare sott'acqua. Tentai di non sembrare disperata quanto lo
ero.
“Ahah!”
Ridacchiai, sfacciata “Dopo lo andrò a riprendere a nuoto, stupido
---”
Ma
poi accadde l'imprevisto.
“Magi
~” Un pesce rosso di dimensioni gigantesche era saltato
fuori dall'acqua, pappandosi lungo la strada il mio gioiellino, e
ricadendo in acqua in tutta la sua pesciosità, rendendomi fradicia
per colpa degli schizzi. Kakeru e i fantasmi avevano spalancato gli
occhi, mentre Daikke era troppo occupato con i suoi ingranaggi.
In
quel momento rimpiangevo di non aver comprato i bastoncini di Capitan
Magikarp quando ne ebbi l'occasione.
~
Author's Corner
Mah,
sono confusa riguardo alle vostre recensioni del chapter precedente,
ma ho deciso di andare avanti senza cancellare il capitolo. In
compenso ho cercato di ascoltare le vostre richieste, riuscendo ad
eseguirne alcune [più corto il capitolo, più grande il
testo (sembra lungo come l'altro, ma è più corto, in mia
opninione ;)), più
scene comiche (anche se di questo non ne sono sicura xP) …]
mentre
altre, come scrivere più scene con le POV degli altri
personaggi, in
questo capitolo non ci sono riuscita. @.@
Questo
capitolo sarebbe, tecnicamente, la metà di un ipotetico capitolo.
Cioè, volevo finire tutta la scena [il viaggio verso la prossima
città, per l'appunto] ma mi sono accorta che veniva troppo lungo.
Posso solo dire che ci saranno delle battute [il brutto della
comicità è che tutti la prendono in modo differente] che trarranno
riferimento da questo capitolo. U.U
E
che nessuno mi venga a dire qualcosa per aver introdotto un argomento
sulle donne vergini. Insomma, è rating giallo, gente. Ed inoltre non
ci vedo nulla di male o.o
Disclaimer
I
sensi di ragno non mi appartengono.
Gli
Scooby-Snack non mi appartengono.
Youtube
non mi appartiene xP.
Curiosità
La
musica commovente che Kakeru usa nel suo discorso, è la canzone “If
I Could See You Again”
by Yiruma. No, sinceramente, tutti i suoi brani sono meravigliosi ♥
Avevo intenzione di rivelare il titolo nella prossima parte, ma
magari me lo dimentico ^^;
Riassunto
I
fantasmi lasciano Maddy & co. A vagabondare con due fantasmi alla
ricerca della città. Maddy perde il gioiellino, Kakeru cerca di
consolare, i fantasmi litigano e poi fanno la pace, ma alla fine
tutti insultano il povero Daikke [*Daikke prende a calci
l'autrice*]. Alla fine Maddy fa un video per ricattare Kakeru, lui
finisce i biscotti, e il damerino è arrabbiato con Madd (o almeno,
così pensa lei) per la rivelazione del suo 'problema'. Alla fin fine
ritorna il Murkrow ladruncolo, che getta il ciondolo nel fiume, e un
magikarp se lo pappa. Direi che Maddy è un po' sfortunata.
Come
reagirà Maddy? Gli altri sono davvero così
disinteressati riguardo alla sua capacità di capire gli Spettri?
Kakeru riuscirà a capire cosa sono le vergini? E il Murkrow,
riusciranno a liberarsene?
Il
tutto al prossimo capitolo ~
Grazie
per aver letto, o sacri lettori! Vi sarò eternamente grata! ♥
~GloGlo_96
PS:
Guardate un po' qui e ditemi se non vi sembra un mangiatore di uomini
o.o
---->
http://bulbapedia.bulbagarden.net/wiki/Black_Fog
|
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Capitolo 24 *** Prima di tornare alla civiltà ... ***
Pkm 24.0
Prima
di tornare alla civiltà ...
“Crow!
Crow!” L'uccellaccio mi stava volteggiando attorno da chissà
quanti minuti, gracchiando quel che pareva essere un insulto alla mia
persona. Non ci voleva un genio a capire che voleva vedere i
risultati della sua 'opera di disperazione'. Peccato per lui che non
ero della stessa intenzione.
“...
sput.” Sputai l'acqua che il pesce mi aveva rovesciato addosso. Me
ne stavo inginocchiata e con lo sguardo fisso nel vuoto, la mente
bianca. Addio, mia piccola fonte di ricchezza. Gli dissi con la telepatia.
I
pokèmon spettro si stavano riavvicinando con precauzione, quasi
fossi una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Il Murkrow, troppo
impegnato a farmi reagire in qualche modo, li ignorò spudoratamente.
“Fratello,
credo che sia entrata in una fase di shock ...” Commentò il più
giovane, rompendo il totale silenzio. Ma da cosa l'hai capito? Gli
avrei voluto dire. In quel momento, però, la mia mente non era delle
più sane.
“Oh,
non ti preoccupare di quello. Tutti gli umani fanno così, è solo
per attirare l'attenzione.” Rispose Haunter, con aria da
intenditore.
“Anche
quello?” Chiese sarcastico il piccolo Gastly, indicandomi con lo
sguardo. Infatti, senza rendermene conto, avevo iniziato a
boccheggiare.
“Ciondolo.
Gnam. Baccagrana. Trota -”
“Carpa”
Corresse Daisuke, ignorando il mio stato mentale e continuando a
gingillare con il pokèdex. Forse era ancora offeso.
“ – gigante.
Fradicia. Wooper. Stalker. Ermenasdrubalcibaldo. Gigio. Corvo.
Tortura. Disperazione. Bastoncini di Capitan Magikarp.” La mancanza
di denaro mi aveva reso leggermente incoerente.
“No,
le persone normali non fanno così. E' solo lei che è priva di
materia grigia.” Sospirò lo spettro. Poi mi lanciò uno sguardo
pieno di pietà. “Dovremmo aiutarla.”
“Già.
Non è mica colpa sua se è un essere così patetico.”
“E
esagerato.”
“E
con vedute così negative.”
“Mi da fastidio anche solo starle
accanto.”
“Per
la sua anima?”
“Io
in realtà mi riferivo alla puzza di pesce marcio.”
“Concordo.
Che incivile.”
Mentre
i miei amiconi cercavano di 'tirarmi su il morale', io riflettevo sul
da farsi.
Non
potevo andare a riprendere il gioiello, perché il branco se n'era
ormai andato e lo stupido pesce con la scaglia dorata - Ma poi, come
faceva ad avere una scaglia gialla? Magari era un pesce radioattivo!
- con loro. Umh. Un pesce radioattivo. Magari se lo catturavano mi
avrebbero ripagato ...
Compiangermi
per la mia sfiga e perdita dava troppo poco sollievo.
Usare
i miei pokèmon - come se un topo e un girino potessero far qualcosa! Sarebbero finiti mangiati! - o menare con le mie stesse mani quell'odioso pennuto – sarebbe sicuramente volato più in alto per
schivare, e poi mi avrebbe preso a beccate. Ed io avevo finito i
cerotti già da un pezzo, con tutte le volte che i pokémon mi
avevano attaccato -
sarebbe stato inutile.
Non
sapendo cosa fare, decisi che per il momento me ne sarei rimasta lì,
con la faccia che faceva nettamente intravedere, attraverso un
potente tic nervoso, il mio stato d'animo. O almeno, avrei voluto far
così, ma dopo qualche secondo mi si era avvicinato Kakeru di
soppiatto, con il viso euforico come al solito. Su di esso c'erano
ancora delle briciole di biscotti.
“Maddy
+ depressa=Maddepressa!” Uh? “Ho deciso. Daidiota e
Maddepressa. Che soprannomi geniali!” Sganciò un sorrisone a
trentadue denti, assumendo una posa da intelligentone, con la mano
sotto al meno e lo sguardo meditabondo.
“...
devo chiedere a mia nonna cos'ha messo nei biscotti.” Biascicai debolmente. Non avevo più la forza di
competere con l'allegria indistruttibile del ninja.
“Il
segreto sta nello sfogarsi ogni volta! Fa' come me, e ti sentirai
molto meglio!” Mi tirò su in piedi – letteralmente, aveva fatto
tutto lui – e mi diede una colossale pacca sulla schiena, a puro
intento di incoraggiarmi. L'unica cosa che sentii, invece, era
stato il fragoroso 'crack' di qualche osso. “Ascolta la mia
magnificente persona, e liberati dei tuoi affanni!”
Lo
guardai stranita: “Intendi dire che ti devo prendere a calci?”
Quello, offendendosi, si affrettò a dire:
“Cavoli,
no! Urla, prendi a calci un albero, lancia sassi agli stupidi
fantasmi violacei che ci fluttuano sopra, ma non osare metterti
contro: Kakeru! Il ninja divino!”
“Ehi!”
Esclamarono in coro i due suddetti spettri, offesi dalle sue parole.
Avevano persino interrotto l'enumerazione delle mie doti negative,
per poterlo insultare. Io, d'altro canto, non facevo altro che
roteare gli occhi davanti alla sue manie: prendere a calci un albero?
Lanciare sassi? Era questo quello che fanno i ninja nel tempo libero?
Ma
Kakeru non aveva prestato attenzione alle nostre implicite lamentele,
e, anzi, aveva continuato. “Anche se ti sfogassi su di me, io non
sentirei niente, sia chiaro. Prendi come esempio Daidiota: quella
femminuccia è da anni che continua a colpirmi, senza risultati!”
Daikke aveva sollevato lo sguardo dal pokèdex, guardandolo cupo. Ma
il ninja stava dimostrando di avere l'intelligenza di un bradipo, ed
aveva continuato imperterrito.
“Ora
che ci penso, stare in vostra compagnia è un vero e proprio sforzo. Siete
... siete imbarazzanti!” Io e Daisuke concentrammo la nostra
attenzione su quella frase, increduli. Noi eravamo gli
imbarazzanti? Ma per favore!
I
fantasmi sghignazzavano divertiti, godendosi la scena. Pure il
Murkrow pareva voler vedere cosa succedeva – ma continuava comunque
a girarmi attorno, gesto che, ne era consapevole, mi aveva fatto
venire un mal di testa allucinante.
“Non
è vero.” mi imbronciai, cercando di allontanare il corvo
sventolando il braccio: naturalmente me lo graffiò con gli artigli.
Stupido uccello.
“Sì
invece. Anzi, con la mia magnificenza voglio mostrarvi la via della
redenzione, da iniziare con l'ammissione dei vostri peccati” Il
ninja aveva detto con tono risoluto, gonfiando il petto. Daisuke ed
io, completamente abituati a quel suo tono altezzoso e profetico,
decidemmo di non dargli molta importanza. Così, fra sospiri e alzate
al cielo di occhi, Kakeru continuò:
“Maddepressa,
sei codarda, impacciata, odiata da tutti i pokèmon e, come dice il
nome, troppo negativa.” Mi mordicchiai il labbro abbassando lo
sguardo, riconoscendo che le cose che aveva detto, dopotutto, erano
vere. Anche se non era colma mia se ogni singolo pokèmon tentava di
uccidermi! Al Murkrow, Wooper, Rattata, Grimer, Muk e Nincada non
avevo fatto proprio nulla!
“I
fantasmini sono ridicoli: litigano, si commuovono, piangono e si
abbracciano.” Kakeru, dopo qualche secondo, aggiunse “Non fate
tanta paura.” Quelli si erano incupiti, diventando sempre più
tetri e con gli occhi fluorescenti. Mi pareva di udirli borbottare
“Ma chi si crede di essere?” e “Vuole la paura? Allora l'avrà.”
Perfetto,Carotino
si è fatto dei nuovi amici! Scossi
la testa, sarcastica. I due fantasmi erano scomparsi dalla visuale,
ma potevo scommetterci che sarebbero ritornati. E qualcosa mi diceva
che non sarebbe stato un ritorno tranquillo.
Kakeru
ignorava tutto ciò che gli accadeva intorno. Se anche gliel'avessi
sbattuto in faccia, lui non avrebbe recepito il messaggio. Non c'era
da stupirsi se era ancora a farneticare.
“E
infine Daidiota.” E lì il ninja si accigliò. “Freddo, macabro,
impassibile, menefreghista, fai paura, sembri una ragazza…”
Daikke si stava irritando “...insomma, sei completamente sbagliato!
Un caso perso!” Sorriso smagliante “Menomale che hai incontrato:
Kakeru! Il ninja misericordioso! Che ti aiuterà. Sarà pur
difficile, ma …”
Decisi
di tapparmi le orecchie. Mi dispiaceva dirlo, ma quando gli venivano
i suoi attacchi di super-ego, diventava difficile da sopportare. E in
più, il Murkrow non aveva ancora mollato il girotondo: per quanto mi
spostassi, sventolassi le mani – con tanto di beccate – e lo
minacciassi, quello non faceva una piega. Mi fissava con un ghigno e
gli occhi, rossi, avevano un riflesso maligno.
Questo
pennuto è un demonio. Non ho mai creduto in creature totalmente
crudeli, ma questa è un'eccezione. “Forse,
con un esorcismo...” Commentai, sovrappensiero. Nei film
funzionava, di solito. Certo, poi il demone veniva liberato e si
mangiava tutti i protagonisti, ma quello era un dettaglio.
“Crow!
Murkrow!” Mi gracchiò quello, di rimando, artigliandomi i capelli
come un pipistrello. Con un gesto di stizza e dolore, gli conficcai
le mie unghie nella zampa, e quello mollò la presa, tornando a
girarmi attorno, sempre più arrabbiato. La mia pazienza si stava
dileguando. Per distrarmi, guardai a che punto erano Kakeru e gli
altri.
I
pokemon spettro erano ricomparsi dietro di lui, astiosi, e gli
avevano lanciato uno un pugno e l'altro una sfera oscura. Con mia
sorpresa, il ninja aveva interrotto i suoi discorsi e, senza nemmeno
voltarsi, aveva schivato prima il pugno – salto mortale di lato - e
poi la palla oscura – stile Matrix. Appena mi libero del
pennuto scocciatore, gli chiedo di rifarlo. Solo che, stavolta, con
più sfere e attacchi. Pensai.
“Come
avete osato! Io stavo solo facendo un'opera buona, per aiutarvi!”
Musichetta tristissima, vento in faccia e sciarpone ondulante, “E
voi attaccate Kakeru, il ninja volontario, con Palla Ombra e
Pugnodombra.” Gli spettri erano leggermente esterrefatti per
l'agilità del ninja. Lo fissavano a bocca aperta.
Quindi, dopo
qualche attimo, gli sferrarono altri attacchi, prontamente schivati
dal ninja che si stava scaldando.
“Adesso
basta! Nin,” L'insetto uscì fuori dalla pokèball, con tanto
zampette e antenne che si muovevano. Trattenni un conato, e mi
allontanai dalla scena di qualche passo. “Usa sanguisuga!” Il
piccolo insetto si scagliò verso i fantasmi, conficcando i suoi
artigli su Haunter e bevendone il sangue uscente. Rabbrividii d'impulso, deglutendo. E poi
dicono che gli insetti non sono pericolosi!
Gastly
era andato in aiuto del fratello maggiore, ed ora i tre combattevano
con grande foga.
“Lo
sai già che il Nincada non ha chances.” Commentò Daikke, con
solita indifferenza.
“Sciocchezze!
Il mio Nin può sconfiggere qualsiasi pokémon!” Ribattè Kakeru,
offeso. “E poi non intrometterti, Daidiota. Prima devi pensare a
diventare meno imbarazzante.” Gli ricordò.
“Eppure”
Daikke voleva avere sempre l'ultima parola “Sei tu quello che se ne
va in giro con un orso di peluche.”
“E'
… è … un portafortuna!” Si giustificò Carotino, guardando
nervoso la lotta con i fantasmi: Nin era in netto svantaggio e gli
spettri non ci andavano leggeri.
“Ma
insomma, cosa avete tutti contro di me!” Gridò, facendolo
assomigliare a un qualche bimbo cocciuto e viziato. Le nostre facce,
però, dicevano chiaramente 'e ce lo chiedi anche?'.
“Ci
hai insultato, decerebrato.” Gli ricordò Daisuke, spingendosi gli
occhiali più in alto.
“Vi
stavo facendo un favore, idioti!” Si difese Kakeru. Pareva
stranamente convinto delle sue idee, e il fatto che nessuno
riconosceva il suo altruismo l'aveva avvilito. Ora che ci ragionavo
meglio, il ninja era sempre stato uno che dava voce ai suoi pensieri.
Se ci avesse davvero voluto scagliare affronti, l'avrebbe detto senza
tanti giri di parole.
“Idiota
sarai tu!”
“Digliene
quattro, fratello!”
“Esatto, se lo merita per aver disonorato
la famiglia.” Haunter parò con le mani un colpo di Nincada, poi
usò Assorbipugno – Dexi si stava rivelando utile. Il povero
insetto mi volò addosso, ed io mi dovetti abbassare per poterlo
schivare. La cosa sta diventando pericolosa. Non possono risolvere
il tutto a parole? Per diamine!
“Basta!
Piantatela un po', che assomigliate a una banda di bambinoni
permalosi!” Esclamai, ma non abbastanza forte da essere sentita.
Normalmente mi sarei divertita a vedere persone prendersi a calci e/o
insultarsi. Però quella discussione stava assumendo dei caratteri
troppo seriosi, e avevo la vaga sensazione che se non si fossero
fermati in tempo, avrebbero continuato per ore.
Il
Murkrow, però, non pareva dello stesso avviso. Gracchiando in
continuazione – quel verso mi avrebbe perseguitato per sempre, ne
ero convinta – sollevò un enorme cumulo di sabbia muovendo le ali.
Questa poi mi si abbatté contro come una valanga: la polvere,
attaccandosi addosso ai miei vestiti fradici, era diventata difficile da
togliere, ed ora ne avevo fin dentro le mutande. Ecco perché non
vado mai in spiaggia …
Da
lontano sentivo ancora le voci dei vari litiganti, il tutto mentre il
povero Nin veniva preso a pugni dagli spettri e io stavo
letteralmente impazzendo per tenere a bada il corvo.
“Esagerati!”
Si stava difendendo Kakeru.
“Sfrontato.”
Aveva detto tranquillamente il vampiro.
“Già!
Umano fifone!” Gli si unirono i due fantasmi, respingendo ancora
una volta il Nincada – poveretto! Se non fosse stato un insetto, mi
sarei precipitata ad aiutarlo. Dexi diceva che i due erano di livello
22 e 28. decisamente troppo forti per uno di livello 19.
“Non
ci capisco nulla dei vostri 'Haunt' e 'Gaas'! Ignoranti!”
“...”
Daikke roteò gli occhi alla scena.
Il
ninja parve notarlo: “Insensibile!” E si rimisero a farneticare.
Ne
avevo abbastanza. Tutte quelle urla erano inutili e senza senso, se
non quello di avere l'ultima parola. La mia pazienza stava finendo.
Non ne potevo più. Ero sempre stata una persona pacifica, che
preferiva risolvere le questioni a parole, ma in quel momento stavo
provando una forte irritazione verso la scena. Prima che potessi
urlare di piantarla, il Murkrow iniziò a beccarmi con il becco
fluorescente, non abbastanza da provocare delle ferite serie, ma
sufficiente a farmi molto male.
“C-coff,
coff! Smettila! Coff! Ahia!” Splendido, la sabbia mi è andata
anche di traverso!
L'uccello
se ne fregò altamente della mia incapacità respiratoria, e continuò
a beccare, graffiare, gracchiare. E nessuno faceva niente per
fermarlo.
“Peccatori!”
“Umano
svitato”
“...”
Daisuke lanciò un'occhiata nella mia generale locazione. Quindi
sembrò voler dire qualcosa, ma dovette schivare un calcio che il
ninja gli aveva tirato, dicendo 'non fare il superiore!'.
Kakeru
stava reagendo così perché gli altri lo avevano interpretato male,
credendo che voleva davvero insultarli – anche lui però, se avesse
governato la sua altezzosità non ci saremmo ritrovati in questa
situazione. Per giunta, i fantasmi si erano davvero offesi e avevano
cercato di dimostrare chi comandava. Daisuke dopo un po' s'era
stancato del battibecco, ma la sua malavoglia era stata interpretata
come un insulto.
In
altre parole era tutto un grande e grosso malinteso. La cui
vera vittima ero io.
E
il baccano continuava. E il dolore continuava. E ad ogni secondo che
passava, avevo la netta impressione che il castello di sabbia che si
stava formando nelle mie mutante aggiungesse un altro piano. E lo
stupido Murkrow mi aveva ormai distrutto, sia fisicamente che
psicologicamente – il rimorso dell'aver perso il ciondolo mi
avrebbe perseguitato fino alla morte. E ancora non gli bastava! La
mia pazienza era davvero, davvero a rischio.
Tranquilla
Madeleyne, tranquilla. Fai la tranquilla e pacifica persona che sai
di essere. Tutto si risolverà, dovrai solo ignorare il trambusto e
buttarti nel fiume. Se non muori per l'acqua gelata,i crampi, e i
probabili pokémon pesciosi che ti potrebbero mangiare, allora te ne
tornerai a casa. In caso contrario amen, c'hai provato.
Mi
alzai di scatto, e presi a correre verso il fiume. Sì, forse era un
buon piano. Addio ai litiganti, addio alla sabbia, addio al pennuto.
Avrei conservato la mia capacità mentale.
“Crow.”
Di nuovo quel verso. Quell'odioso, pomposo e insopportabile verso. Mi
si parò davanti il corvo, visibilmente irritato dalla fuga del suo
giochino prediletto.
“...
ti avverto.” Lo guardai con stizza, sfidandolo. Se solo avesse
fatto un'altra qualsiasi azione per infastidirmi, l'avrei zittito per
sempre. Ma quello pareva non possedere neuroni a sufficienza, o avere
troppo odio dentro di sé: mi guardò con sguardo torvo,
contraccambiando la mia sfida. Ricordati del tuo voto pacifista,
Madeleyne ...
Il
polletto spalancò gli occhi e aprì il becco, sbattendomi in faccia,
a meno di dieci centimetri, il gracchio più violento e tormentoso
che potesse riuscire a fare, tanto che il mio udito andò a farsi
benedire.
“Crow!
CROOOOW! CROO---!”
In
uno scatto d'ira, presi l'uccello per il collo, e dopo averlo
percosso e preso a schiaffi fino a fargli venire gli occhi a girandola – Al diavolo i pensieri
pacifici! - lo lanciai con tutta la mia forza verso i litiganti,
urlando dalla rabbia. Kakeru lo schivò con non troppa facilità, e
così il pennuto s'imbattè in Gastly e Haunter. E tutti e tre si
andarono a schiantare contro un albero, mezzi incoscienti.
~
Daisuke's POV ~
Madeleyne
era (finalmente) esplosa.
In
realtà era già da un po' che mi domandavo quanto tempo ci avrebbe
impiegato. Sapevo che aveva una pazienza enorme – in tutto il
viaggio che avevamo compiuto assieme, si era infuriata solo un paio
di volte – ma non mi aspettavo che ne avesse così tanta.
Ed
ora era ricoperta di graffi sanguinosi, alcuni grandi altri più
piccoli, e sabbia. Non ero un esperto di medicina, ma molto
probabilmente correva il rischio di di contrarre un'infezione,
restando in quello stato.
Quell'idiota
di un ninja fece un fischio lunghissimo, per enfatizzare ciò che
aveva appena visto. Quindi, ritrovata una nuova energia, si
congratulò.
“Stepitoso,
Madeleyne! Davvero magnifico!” Poi si fermò, sovrappensiero.
“Certo, non come il sottoscritto” E ti pareva.
“Però
ugualmente meraviglioso! Ti senti più sollevata, dopo questo
sfogo,
vero, vero?” Domandò, felice di 'aver aiutato'. Io sarei
stato felice solo se gli avessero messo un pezzo di scotch sulla bocca.
La
ragazza invece cercava di controllarsi, ma era rossa dalla rabbia.
“Col
cavolo! L'avevo avvertito, VI avevo avvertito di smetterla!”
Ecco, ora iniziava un monologo da voce della coscienza “Ma voi no!
Naturalmente! Litighiamo fino al mattino, mandiamo un N-nincada”
Rabbrividì quasi impercettibilmente “verso morte
certa! Tanto Madeleyne si diverte a farsi prendere a beccate da una
cornacchia con l'alitosi!”
Kakeru
la guardava corrucciato, realizzando solo allora di quello che
avevano fatto per ore. Dietro di noi, i fantasmi si erano
completamente ripresi, e osservavano la scena. Il Murkrown, svenuto,
aveva diversi bernoccoli sulla testa e la sua ala era contratta da
degli spasmi. Se lo meritava per aver abbassato le difese.
“Sono
fradicia, ricoperta di graffi, ho mal di testa, è da troppo che non
mangio qualcosa, dentro le mie mutande si è costruito il Taj Mahal
– il Taj Mahal! - e per che cosa poi? Per un ottuso che si
crede un dio, e altri tre idioti che si offendono per quello che
dice! Io, io, io ---”
Si
accucciò, non potendo più sopportare la tensione. Sì, il babbeo
aveva ragione – dopo aver trattenuto le sue emozioni, farle
uscire tutte in un botto l'aveva ridotta in uno stato
d'iperventilazione. Respirava faticosamente, con inspirazioni corte e
troppo frequenti. Frettolosamente mi avvicinai a lei, e prendendole
la borsa, iniziai a cercare l'oggetto che mi serviva.
“Haunt
… Haunter, Haunt ...” Mugolò il fantasma. Madeleyne, nello stato
pietoso in cui era, riuscì a schioccargli un'occhiataccia di
rimprovero. “...Haunter.” Sospirò quindi quello, avvicinandosi a
Kakeru. Non sapendo poi che fare, spinse il Gastly in avanti,
cogliendolo di sorpresa.
“Gaaastly,
Gas!” Pareva si lamentasse.
“Haunter
...” L'altro, cocciuto, si era tappato le orecchie con le mani
giganti.
“Gast
...” Il pokémon, leggermente irritato con l'Haunter, si rivolse a
Kakeru, guardando altrove. “Gas, Gas, Gaastly.”
Dopo
vari minuti di ricerche – cavolo, la sua borsa era piena di
cianfrusaglie! - avevo trovato il sacchetto di carta delle brioche, ora appallottolato malamente,
che le avevo comprato. Non so ancora bene perché gliele avessi prese
– dovevo ammettere, però, che mi dispiaceva vederla così triste – fatto sta che
in quel momento la mia scelta si era rivelata utile. Le misi il
sacchetto davanti al volto, in attesa.
Respirando
sempre affannosamente, guardò il sacchetto come se avesse visto un
Crabby a due teste. Trattenni l'impulso di alzare gli occhi al cielo.
“Per respirare.” Le diedi un indizio.
Allora
corrucciò le sopracciglia, ma accettò lo stesso il sacchetto e se
lo mise attorno alle labbra. Il sacco si contraeva e si espandeva ad una velocità inaudita.
“Se
non parlate la mia lingua, non vi riesco a comprendere.” Il ninja
aveva borbottato.
“Gastly,
Gaas!” “Haunt!” I due si lamentavano, guardandolo infastiditi.
Onde evitare scoppiasse una nuova guerra, provai ad esporre la mia
teoria:
“Ti avevano chiesto scusa.” Haunter incrociò le
braccia, superiore, mentre Madeleyne mi diede l''ok' con il pollice
in su. Pareva essersi calmata un pochetto.
“Oh.”
Proferì Kakeru, d'un tratto più nervoso. “Sì, beh … anche se
volevo solamente illustrarvi la via della perfezione … direi che vi
devo anche io delle scuse.” Divenne paonazzo, e si gratto la nuca per sciogliere la tensione.
Io
e Madeleyne strabuzzammo gli occhi. Beh, lei li strabuzzò, io
semplicemente sollevai un sopracciglio. Per dare voce ai miei
pensieri, la ragazza si rialzò lentamente e, sempre con il sacchetto
sulla faccia, mugugnò: “Chi sei tu e che fine ha fatto il vero
Kakeru?”
“Che
c'è? Anche io so chiedere scusa, ogni tanto.” Borbottò il ninja.
Io e Madeleyne ci scambiammo uno sguardo non convinto.
“E poi”
Ammiccò “Questo mi rende ancora più glorioso e magnifico ~”
Gastly
ed Haunter caddero per terra, Madeleyne rischiò di strozzarsi e io
mi massaggiai le tempie.
“Ma
… c'è ancora una persona a cui devo fare le mie scuse.” E,
dicendo ciò, comparve nell'aria la colonna sonora del film
'Titanic'.
Titanic. Non so se essere infastidito dalla comparsa
misteriosa delle sue canzoni, o inquietato dalla sua scelta di
film. Fra l'altro, il ninja non pareva nemmeno riconoscere
la provenienza della suddetta colonna sonora!
Nuovo appunto mentale: scoprire da dove provengono le colonne sonore del babbeo ninja.
Kakeru
si era inginocchiato davanti al suo Nincada, e gli aveva mormorato
delle parole in tono così fievole da renderle impossibili da
capire.
Probabilmente altre scuse – e faceva bene a farle. L'aveva
mandato verso sconfitta certa, ed ora era ricoperto di graffi ed
ematomi.
L'insetto, commosso, strabuzzò gli occhi colmi di gioia. “Nin ~”.
Madeleyne,
nel pieno delle sue facoltà respiratorie, guardava la scena con una
punta d'impazienza. “Beh, mi fa davvero mooolto piacere che tutto
si sia risolto in un Happy Ending, ma direi che, dopo essere rimasti
qui per tipo …” Fece finta di guardare un orologio da polso “...
quattro ore, sarebbe anche ora di tornare alla civiltà e ---”
Una
luce abbagliante ci costrinse a socchiudere gli occhi. Le parole
morirono in bocca alla ragazza, che, non avendo mai visto nulla di
simile – Mi chiedo dove sia vissuta tutti questi anni -
stette a guardare.
Il
Nincada era diventato fosforescente. Haunter e Gastly avevano preso
qualche bacca dai cespugli, e se le mangiavano come davanti ad uno
spettacolo da baraccone. Il pokèmon insetto smise di emettere luce,
e al suo posto era comparsa una crisalide morrone. Kakeru aveva una
strana luce negli occhi, come se era da un po' che aspettasse quel
momento, e sfregava malignamente le mani.
Dopo
una manciata di secondi, sul bozzolo si erano formate delle aperture,
e, con tanto di lucine abbaglianti, ne uscì fuori, al rallentatore e ricoperto di un
liquido semitrasparente, il Ninjask.
“U-ugh
...” Guardai alla mia destra, per vedere una Madeleyne schifata,
spaventata … non sapevo come definirla. Era pallida come un
cadavere e aveva le pupille dilatate, puntate verso l'essere che era
appena uscito dal bozzolo. La trovavo leggermente esagerata. Se
avesse visto lo Shedinja, avrebbe avuto di certo un collasso.
Scrollai
le spalle, e mi rivolsi a lei: “Faresti meglio a chiudere gli
occhi.”
Mi
lanciò uno sguardo fulmineo, confuso, per poi ritornare a vedere la
scena, con tanto di sacchetto anti-panico. E, come previsto da me, il
bozzolo scricchiolò. Silenziosamente, questo allungò la propria ombra,
fino ad arrivare di fronte a noi tre – Kakeru ci trotterellava
attorno dalla gioia - e alla sinistra del Ninjask. Quindi, usando
quella che doveva essere Furtivombra, saltò fuori da essa ad una
velocità portentosa, ritrovandosi a faccia a faccia con Madeleyne.
Doveva averla riconosciuta come quella che aveva insultato e derubato
il suo allenatore, diversi giorni fa. Aveva un aspetto piuttosto minaccioso.
La
ragazza tornò in stato di iperventilazione, colta alla sprovvista.
Vedevo benissimo le gambe e le spalle, tremanti dalla paura, e non mi
era difficile capire cosa sarebbe avvenuto da lì a poco.
“...Shedinja!”
Sussurrò il pokèmon in modo rabbioso.
BAAM!
Il
sacchetto di carta scoppiato, ormai inutilizzabile, fluttuò
delicatamente verso terra, senza fare rumore. Lo stesso non si poteva
dire di Madeleyne, la quale, impacciata anche da svenuta, era
collassata a terra sonoramente.
“...”
Ci fu un attimo di silenzio generale nella quale tutti la guardammo
impietositi.
“...
neh, Daisuke ...” Commentò Kakeru.
“...?”
Cosa voleva adesso quell'idiota? E cos'era saltato in mente a
quell'altra di svenire, mollandomi qui con lui, da solo?!
“...
Guarda qui! Adesso ho ben due pokèmon! Non sono carini? Una squadra
perfetta per me!” Il ninja strinse in una potente presa di Wrestl--
abbraccio i suoi nuovi pokèmon – Shedinja per fortuna era già
morto, mentre Ninjask aveva assunto un colorito verdognolo.
Mi
battei una mano sulla fronte, avendo già capito l'antifona.
Si
sarebbe preannunciata una lunga, lunghissima nottata.
~
Author's Corner
Si
ripulisce dalla ragnatele Emh … suppongo che adesso vi siete
dimenticati chi io sia, o che cavolo ci faccia questa orrenda – lo
riconosco – storia fra le vostre seguite/preferite/ricordate. Beh,
salve a tutti, sono la cretina che ha deciso di sparire per un paio
di mesi per cause maggiori (si è rotto prima il portatile, poi il
router che mi connetteva ad internet, e poi c'è stato l'avvento
della scuola o.o) e che adesso vorrebbe continuare (o almeno tentare
di continuare) questa fanfiction malata.
Per
tutti coloro a cui interessa, invece, il mio ritorno (e dubito che ce
ne siano), beh, grazie molte T.T
Sensi di colpa:
Il
capitolo è una delusione, lo riconosco:
- Manca
di comicità [come al solito]
- Maddy
pare senza spina dorsale [ma, come avevo forse già specificato, è
nel suo carattere non menare se non strettamente necessario]
- La
POV di Daisuke è una rovina totale [secondo me, almeno. Fatemelo
sapere se fa davvero così schifo...?]
- E
poi boh, in generale è una pena da leggere. Mi spiace se ho
condannato i vostri bulbi oculari a morte certa.
L'unica
mia giustificazione plausibile è, però, che sono fuori
allenamento. Il nostro modo di scrivere cambia, ed è difficile
ritornare sulla stessa linea d'onda di una FF vecchia di 2 mesi fa
o.o' Ma è un problema che si risolverà a tempo :)
Scusate
ancora per l'obbrobrio [sono ben accette le critiche costruttive Q.Q]
Ci si vede al prossimo [a meno che non mi deprima e molli/cancelli di
nuovo la storia] chapter. Bye ~ ♪
~GloGlo_96
|
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Capitolo 25 *** Break Up ***
Pkm 0.0
Break
Up
“Si
parte fra cinque minuti.”
Sputai
la cioccolata calda che stavo amabilmente consumando. Questa finì
addosso a Wooper che, fino a tre secondi prima, stava pappando le sue
crocchette. Sempre se erano crocchette. Non avevo mai capito
cosa ci mettessero nel cibo per pokémon.
“What?!
Siamo stati nel Centro Pokémon per soli quattro giorni, le tue
braccia non sono ancora guarite!” Mi affrettai a fargli notare,
cercando di ripulire il girino azzurro con il tovagliolo.
“E
per questo siamo già piuttosto in ritardo.” Sentenziò Daisuke,
aprendo la pagina di un giornale che si trovava sul nostro tavolo
della colazione. Prese dalla sua valigetta una penna nera. “Se non
sei pronta prima che io finisca il sudoku, me ne vado senza di te.”
Terminò risoluto, usando un tono che non ammetteva repliche.
Dopo
ciò che era successo pochi giorni fa, preferivo evitare di farlo
arrabbiare di nuovo, quindi mi alzai di corsa, abbandonando il
tovagliolo (ora ricoperto di muco) sopra al tavolo.
“In
cinque minuti non riuscirò nemmeno a salire le scale!” Mi
lamentai, costringendo il mio corpo a sbrigarsi, mentre ragionavo
sull'insensibilità di Daisuke. Per tutta la conversazione non aveva
alzato lo sguardo nemmeno una volta: anzi, era da quando eravamo
usciti dalla foresta che non interagiva più con me …
Gammon
City si era rivelata la più normale delle città che avevamo
visitato. Niente capipalestra scomparsi, concorsi di danza, ondate di
melma, fantasmi minacciosi. Era un semplice paesello nella quale gli
abitanti passeggiavano per le strade con il sorriso sulle labbra, i
pokemon convivevano pacificamente con gli umani e l'infermiera Joy di
turno si dilettava a regalare kit di pronto soccorso alla prima
sfigata che entrava.
Cioè
me. Infatti, giorni prima, ero stata lanciata dal
non-molto-delicato Kakeru, all'interno del Centro Pokemon. Aveva
molto probabilmente mirato il divanetto accanto alla parete, e mi
aveva buttato verso di esso. L'unico problema stava nel fatto che
quell'idiota aveva completamente mancato il bersaglio, e io mi
ero schiantata contro il muro. Lo so per certo perché a quel
punto mi ero svegliata di colpo, dolorante dalla caduta.
L'infermiera Joy, durante la mia confusione post risveglio
traumatico, aveva visto l'idiota svanire in una nuvola di fumo,
urlando che “Un vero eroe come ...Kakeru! Il ninja sopravvissuto!,
non ha bisogno di riposare!”. Notando il mio stato fisico (graffi,
beccate, mani lacerate, bernoccoli ovunque, vestiti putridi) mi
spinse a raccontare le mie disavventure nella foresta, mentre lei
applicava unguenti, cerotti e bende sopra le ferite provocate dal
Murkrow infernale. Naturalmente non le dissi nulla riguardo ai
fantasmi del lago gigante o al mio adorabile gioiello perduto. Mica
scema, io.
Mentre
Kakeru era andato ad inseguire le sue avventure fino alla svenimento
ed io avevo subito un rapido trattamento medico, Daisuke non se l'era
cavata con poco. Il poveretto era stato condotto in una stanza del
cui interno era a me ignoto, e vi era rimasto dentro fino a mattina
inoltrata. La sera dopo mi aveva informato, apaticamente, che gli
avevano iniettato molti sieri e fatto diversi controlli per
verificare se la situazione diventava stabile.
Aveva
rischiato grosso, il mio compagno di viaggio. A quanto pareva, però,
sarebbe guarito dopo pochi giorni di riposo. Lo stesso non si poteva
dire del suo umore: non mi rivolgeva quasi mai la parola, e quando lo
faceva, aveva sempre una serietà pazzesca.
Spero
si rallegri presto...così potrò tornare a scassinargli la valigia
senza che se la prenda troppo. Muahaha! Pensai,
mettendomi il mio nuovo cappello – un sublime (che scelta di
parole!) basco beige dotato di visiera, contornato da un nastro
bianco - in testa. Avevo fatto nuovi, economici acquisti nel periodo
del mio soggiorno.
Trottai
giù per le scale e saltai gli ultimi tre gradini, prima di correre
di nuovo all'ingresso. Ringraziai distrattamente Joy per il kit e le
sue cure, e quella mi salutò augurandomi buon fortuna.
Una
semplice chiacchierata con una persona simpatica, niente di
speciale... In quel momento non me ne resi conto, troppo occupata
a sbrigarmi, ma quel breve augurio aveva creato una strana sensazione
dentro di me. Stavo per rifletterci, quando intravidi Daikke, valigia
in mano, che mi aspettava davanti ad un bivio, appoggiato ad un
cartello.
“Anf
… anf … scusa per il ritardo ...” Biascicai, prendendo la
strada di sinistra, che il cartello indicava con 'Centro città –
Palestra'. Riprendendo fiato, osservai la persona di fianco a me,
cercando un segno, un avvertimento su quel che stava pensando.
… peccato
che il segno non esiste. Sibilai
a me stessa, pensando che Daisuke era una vera cripta: o ti faceva
intendere le cose di propria iniziativa, o restavi tagliato fuori da
tutto. Il che era molto
irritante. Così irritante che, in preda allo sconforto, presi una
delle mie pokéball vuote, e iniziai a cliccarla all'impazzata. Ad
ogni click questa s'ingrandiva e rimpiccioliva, provocando uno strano
rumore metallico.
Click.
Rattata,
che fino a quel momento aveva trascinato Wooper -che stava ancora
sgranocchiando gli ultimi croccantini da seduto- per la coda, mi
guardò stranamente, non riuscendo a comprendere la fonte della mia
ansia.
Click.
“Ra?”
Chiese, inclinando la testolina viola/bianca.
Click!
“Nulla,
nulla. Non posso farci niente se il mio compagno di viaggio è
diventato muto come una mummia, tanto per restare in tema di bende.”
Ammisi, osservando la mano sinistra di Daikke, completamente
fasciata.
“Woop?”
Chiese Wooper, con un restante rivolo di bavetta (o muco) che gli
colava. Al contrario di Rattata, che rendeva piuttosto chiare le sue
emozioni attraverso il linguaggio del corpo, ciò che diceva Wooper
era come arabo per me. Aveva sempre la stessa identica, preoccupante
espressione. Scrollai le spalle, rispondendo alla sua ipotetica
domanda.
Click!
Click! “E-emh...no
Wooper, le mummie non si mangiano.”
“Woopah.”
Il pokemon rispose, ignorando il fatto che Rattata stesse facendo
fatica a trascinarlo. Decisi di porre fine alla sua tortura mettendo
entrambi i pokemon nelle sfere.
Mi
osservai attorno, notando che la città brulicava di vita. Giovani
coppie entravano ed uscivano dai ristoranti più vari, i bambini si
divertivano assieme ai propri pokemon nel parco ed uno studente
aiutava una signora anziana a portare le borse della spesa. Che vite
felici. Quasi quasi mi sentivo gelosa!
Click...
Click... Click...
...Eppure...
c'è qualcosa che non torna. Qualcosa di sbagliato.
Stavo
per arrivare alla cause del mio sconforto, quando le mie riflessioni
sulla città furono di nuovo interrotte dal damerino, che si
era improvvisamente fermato. Eravamo giunti davanti ad un imponente
edificio bianco panna, di forma circolare, con due porte con le
vetrate fatte con del vetro a mosaico. Il disegno su entrambe le
vetrate era a forma di mezzaluna.
La
riconobbi come la palestra di pokemon di Gammon City. Tipo Psico, mi
sembrava. L'avevo intravista mentre andavo a fare shopping (i miei
vestiti si erano completamente rovinati e, in più, stava iniziando a
fare freddo), ma c'era un particolare che il giorno precedente non
avevo notato. Sulla porta vi era un pezzo di carta, decorato da
strani ghirigori dorati. Mi avvicinai e, segnando le parole con
l'indice man mano che le vedevo, lo lessi ad alta voce:
“Io,
Kassandra, mi sono assentata per svolgere degli impegni che non
possono essere rimandati. Resterò lontana dalla palestra per un
periodo di tempo indeterminato. Cordiali saluti, la capopalestra.”
Riflettei
un attimo su quello che avevo letto, sbigottita. “... tempo
indeterminato? Che vuol dire tempo indeterminato!”
Daisuke,
ugualmente corrucciato, rispose: “Significa che---”
“Ero
sarcastica.” Tagliai corto. “In altre parole avrei scalato una
montagna, sarei sopravvissuta alla caduta da uno strapiombo e ad un
cavallo infuocato, avrei rischiato di venire uccisa dal team Pyro,
tre Murkrow, dei fantasmi mangia uomini e infine un insetto che si è
sdoppiato, solo per ritrovarmi davanti a un pezzo di carta
che, fregandosene della mia instabilità fisica e mentale, mi dice di
tornare fra qualche giorno?” Blaterai, esterrefatta. Era mia
consuetudine parlare a vanvera nei momenti più tesi, ormai dovreste
averlo capito.
“Tecnicamente
potrebbero essere anche settimane. Mesi. Nel caso peggiore anni.”
Commentò Daisuke, facendo il solito precisino realista.
Fissai
il ragazzo con aria tetra. Quindi mi voltai a guardare la porta e,
più precisamente, la serratura. Nulla che una buona forcina non
potesse risolvere. Leggendomi nel pensiero, Daikke s'intromise fra me
è l'ingresso, con sguardo duro.
“Non
vorrei il ripetersi di qualche altro... incidente.” Disse,
riferendosi all'episodio di Melmolandia. Gli ho lasciato un
trauma, poverino … sghignazzai nella mia mente, riponendo
l'arnese.
“E
allora, come vorresti fare, genio? Non abbiamo la minima idea di
quando potrebbe tornare.” Sospirai, stanca “Non potevamo arrivare
prima?” Di certo non mi aspettavo una risposta.
“Se
fossimo arrivati qualche giorno fa, come avevo programmato, l'avremmo
potuta combattere.” ...Sbaglio,
o qualcuno sta dirigendo parte della colpa verso di me?
“Uh...
io ieri ero disponibile. Eri tu, Daikke, a recitare la parte della
bella addormentata...”
“...”
Mi squadrò con un'aria di sufficienza. Un'aria che spiegava quanto
banale e inconsistente era la mia giustificazione. Sapevo
benissimo che lui era
stanco morto. Stavo quasi per arrendermi alle sue accuse, quando mi
ricordai di una cosa. Corrucciai le sopracciglia e continuai.
“Sai,
se mi avessi avvertito sul tuo avvelenamento”, indicai le sue
bende, “e non avessi recitato quella tua parte mistica e
misteriosa, a quest'ora non saresti conciato come una mummia.”
“Se
tu non fossi entrata nella casa con il decerebrato, avrei potuto
trovare un Centro Pokémon una sett--.”
“Non
ti ho mai obbligato a seguirmi! Potevi dare retta al tuo buon senso e
non impicciarti!”
“Conoscendo
entrambi, sareste stati catturati in meno di due ore.” Ribatté.
Dopo settimane di viaggio in sua compagnia, potevo considerarmi pazza
se credevo che Daisuke si sarebbe arreso.
“Come
puoi esserne così sicuro? Non siamo mica così cre--” Sollevò un
sopracciglio sarcastico “--io non sono così incapace!”
“...ho
dei seri dubbi al riguardo.” Vedendo la mia faccia incredula e
vagamente offesa, continuò. “Ricordi l'episodio dei Murkrow? Stavi
per cadere nel burrone. E quello del Muk? Ingoiata viva. Il team di
psicopatici? Quasi catturata. Il claifairy? Mezza uccisa.” I suoi
occhi erano fissi su di me, per la prima volta da quando eravamo
arrivati in città, in un modo molto simile a come guardava
perennemente Kakeru. In questo momento vorrei scomparire...
“Oltre
all'enorme ritardo sul piano di marcia, ho ottenuto che dei fantasmi
mi hanno quasi mangiato, sono precipitato nelle fogne, ho contratto
un avvelenamento, mi hanno rinchiuso in una casa in fiamme--”
“Hey!
Cos'avrebbe a che fare con --” Tentai di difendermi. Smisi non
appena sentì ciò che aveva dichiarato.
“--
e mi sono ritrovato una ragazzina che, da quando l'ho incontrata, non
ha fatto altro che portarmi guai!”
Mi
fermai a metà sentenza, come strozzata da una forza invisibile.
Spalancai gli occhi e, lentamente, li portai verso il terreno,
cercando una sola frase contestabile o fasulla nelle congetture del
ragazzo. Ma, d'altronde, era impossibile: Daisuke era il miglior
attaccante verbale.
Questi
si accorse di ciò che aveva detto non appena mancò la mia risposta.
Lanciò uno sguardo nei dintorni, prima di tornare a me, sistemandosi
gli occhiali con il medio.
In
un certo senso, avevo sempre avuto la certezza di essere una fonte di
pasticci. O meglio, ero leggermente sfigata. Ciò non aveva
però attutito il dolore di avere questa mia caratteristica sbattuta
in faccia. Specialmente se da colui che consideravo al pari di un
amico. Ma evidentemente la pensa diversamente...mi sussurrò
una vocina. Mi restava solamente una cosa da dire
“...se
ti ho sempre dato così fastidio ... perchè non mi molli qui?”
Attesi
qualche minuto. Poi, stufa, alzai la testa: Daisuke non c'era più.
Sentì
gli occhi pizzicare. Li strabuzzai e mi morsi il labbro, cercando di
darmi un contegno. M'incamminai nella direzione opposta a quella
ipotetica presa dal mio ex compagno. Decisa a lasciarmi il dolore
alle spalle.
Mi
fermai solo dopo alcune ore, con il sole che stava tramontando. Ugh.
Le mie gambe mi stanno uccidendo …
Avevo
infatti continuato a camminare a vuoto, a ritmo sostenuto, svoltando un
po' di là e un po' di qua. Tanto non avrei saputo cosa fare,
dato
che la palestra era chiusa, in città c'ero già stata ed
ero una
frana a leggere le mappe. Ormai mi ero inoltrata in una piccola
foresta, poco distante dal resto della città. Tutto, per ore,
era
rimasto uguale.
E
sarebbe rimasto tale, se non avessi sentito un forte rumore metallico
provenire di fianco a me. Mi appostai dietro ad un albero, cercando
di capire che cosa potesse averlo provocato. Spalancai gli occhi:
davanti a me si trovava un piccolo edificio a due piani, scuro e
mezzo diroccato. Il rumore proveniva dal portone principale, che si
stava aprendo. Di fronte ad esso, stavano cinque o sei persone in
vestiti azzurri pallido …
Ho
già visto quelle divise. Erano di un altro colore, però. Non
riuscivo però a collegare dove. Allora, un antro
misterioso, divise misteriose, aria sospetta … ah! Il mio caro team
Pyro! Osservai meglio. Non
c'erano né Bob, né Hiro, solo le reclute. Queste avevano ormai
varcato la soglia, e avevano richiuso il portone.
Definitivamente
sospetto.
Se
fossi stata la protagonista di un libro, o un film, probabilmente mi
sarei buttata all'avventura, decisa a salvare chissà chi o che cosa.
Ma io, essendo me, non ci pensavo nemmeno a entrare in un palazzo
mezzo distrutto e pullulante di guardie. Nono, meglio filarsela. Mi
lasciai, però, fuggire un piccolo commentino.
“Tsk!
'Sti qui mi perseguitano!” Ero esterrefatta. “Beh, non entrerò
anche stavolta. Non voglio altri problemi. Ho già abbastanza drammi
psicologici per potermi occupare anche di alcuni psicopatici in
calzamaglia.” Annuì alla mia logica, e feci per voltarmi e tornare
indietro.
Feci.
Ciò che non avevo previsto, era stata l'improvvisa freddezza al
collo, tipica degli oggetti metallici. Mi irrigidii. All'orecchio,
una voce mi domandò divertita:
“Non
mi definirei uno 'psicopatico in calzamaglia'. Non trovi che sia un
po' offensivo?”
OH.
MERDA. Era ufficiale: quello non era un giorno fortunato.
Annuì
con la testa, sperando che assecondandolo avrei potuto salvarmi la
pellaccia.
“Beh,
sai cosa credo? Che sarebbe meglio sapere cosa ne pensano gli altri!”
Ridacchiò, prendendomi la spalla sinistra e conducendomi nel
palazzo, mentre con la destra continuava a puntarmi il coltello
addosso. Cercai di rallentare il passo, ma quello non mollava la
presa: mollando un calcio alla porta, mi spinse dentro. La stanza era
simile ad un sotterraneo: buio e polveroso.
L'uomo
staccò la mano dalla spalla solo per poter digitare un codice in uno
strumento appeso alla parete, sui cui comparve la scritta 'CLOSED'.
Sfruttando l'occasione, riutilizzai il vecchio trucco del calcio ai
gioielli di famiglia, urlando:
“Fuggi
come il vento, Bullseye!” Partii a correre verso la porta a
sinistra come un'ossessa, abbandonando il mio rapitore mezzo in coma.
Mi si aprì un corridoio lungo e vuoto, con diverse stanze ai lati.
Procedetti dritta, andando verso la scala che portava ai piani
superiori. Se non avessi constatato l'umanità di quella recluta,
avrei potuto scommettere che questo palazzo è l'antro degli zombi di
Silent Hill …
Il
secondo piano era molto diverso. Appena arrivai, fui stesa da una
fortissima luce. Letteralmente. Per l'intensità, ero inciampata
sull'ultimo gradino e mi ero fiondata sul pavimento, scivolando come
i pinguini di Super Mario. Completai l'opera spalmando il mio povero
viso su un muro. Rotolai sulla mia schiena, massaggiandomi il setto
nasale.
Riaprì
gli occhi, e mi trovai di fronte ad un brutto e, dovrei aggiungere,
molto arrabbiato, muso viola.
“Loudred...!”
Esclamò, con un vocione stridulo ma allo stesso tempo possente.
“Ssssh!
Fai silenzio, massacratore di timpani!” Gli dissi a mia volta,
scattando in piedi per lo spavento. Il pokemon (più basso di quel
che mi aspettassi) aumentò il volume.
“Smettila,
che non voglio farmi scoprire!” Il mio cervello, altamente crudele,
mi rispose interpretando lo sguardo divertito dell'affare. Senti,
cara. L'ho sempre saputo che eri una causa persa, ma forse dovresti
renderti conto che lui vuole farti beccare!
“Come?!
Eccheccavo--”
“LOUDRED!
LOUDRED!” Sbiancai. E no, non era dovuto all'incredibile dolore che
stavano subendo le mie orecchie. Quelle le avevo già perse al
secondo urlo. E non era nemmeno l'incredibile fifa che s'insinuava
nelle mie ossa. Trattenni un conato.
“D'accordo, urla quanto
vuoi, ma perlomeno copriti quella fogna!” Gli lanciai una
Dit-Babol in bocca, sperando che gli coprisse l'alito fetido.
Il
pokèmon smise incredibilmente di urlare, per cercare di non
strozzarsi e masticare la chewing gum. Io sospirai di sollievo,
intontita da tutto quel rumore stridulo e assolutamente infernale.
Come il coro di venti lavagne sulle quali passano delle unghie.
Il
luodred mi fissò arrabbiato, ingoiò la Dit -Babol e spalancò la
bocca di nuovo. Ciò che ne derivò, non furono però le stesse urla
di prima: si era formata un'enorme bolla rosa, che si gonfiava a
vista d'occhio.
“...perdente..”
Mi complimentai, prima di passare alla prossima stanza. Il goffo
affare cercò di seguirmi, ma nel muoversi aveva pestato la chewing
gum, e, con uno scoppio, ne fu totalmente ricoperto. E incollato al
pavimento, se per questo. Non c'era una parte del suo corpo che era
fuori dalla gomma.
“Sai,
forse potrei aiutarti...” Gli sorrisi dolcemente. Il loudred mi
fissò chiedendo pietà, con gli occhietti lucidi e felici.
“...naaah! Buona fortuna!” Gli sbattei la porta in faccia,
sibilando.
Muahahah!
Così impara a dare l'allarme e a distruggermi due dei miei cinque
sensi!
Ora,
dovevo solo svoltare alcune porte, per allontanarmi dalla zona di
pericolo in cui sarebbero arrivate le reclute del team. Feci un passo
all'indietro, e mi trovai la schiena contro qualcosa di morbido.
Morbido e peloso.
Quindi,
dato che mi sono rovinata la vista, l'udito e l'olfatto, e che il
tatto è ancora funzionante, devo dedurre che, o questo è un super,
enorme, peluche, oppure un qualche pokèmon pulcioso.
Alzai gli occhi al cielo. O magari, c'è sempre la
possibilità di un uomo che non si è fatto la ceretta, un Big Foot
vivente.
Mi
voltai di scatto, per vedere un basso e grassoccio pokemon fissarmi
con aria superiore. Aveva due lunghi denti che sbucavano fuori dalla
bocca, e le unghione così lunghe che potevano benissimo tranciarmi
un dito. Ma la cosa che mi stupiva di più, era un'altra.
“...Ahahah!
Perché hai un ciuffo emo? Non pensavo che fosse una moda fra i
pokemon!” Per qualche motivo, era una strana visuale: la codona
dell'animale viola gli ricopriva l'intera schiena e fronte. L'essere
digrignò i denti, e fece per ribattere.
“No,
no! Lascia stare. Vado di fretta, perciò darò solo una
controllatina al pokèdex per capire se sei veramente un pokèmon emo
...” Il pokèmon quietò, soddisfatto.
“Skuntank,
il pokèmon moffetta. Skuntank vive---” Chiusi
di scatto Dexi.
Pokemon
moffetta. Uh, esistono pure quelli. Un pokemon moffetta...
Realizzai
ciò che comportava quel termine solo dopo che il suddetto pokemon mi
lanciò un inquietante sogghigno a trentadue denti. Molto
inquietante.
“AH!
NO, TI SUPPLICO, NON FAR---”
PROOOOOT!
Credo
di essere rimasta svenuta per almeno dieci minuti, prima di tornare
in mé. Lo skuntank, bello tranquillo, si stava facendo le unghie
sulla mia borsa. Io corrucciai gli occhi, sentendo che qualcosa non
andava. Tirai su con il naso e mi alzai traballante. La puzzola,
vedendo che mi ero svegliata, prese a ridere maligna.
Fu
allora che sentii il più schifoso, disgustoso, nauseabondo,
repellente, fetido, ripugnante odore che avessi mai sentito. Rigettai
quel poco che avevo mangiato a colazione. Sopra lo skuntank.
Questo,
scioccato, smise immediatamente di ridere.
Sollevai
le braccia al cielo, con i pugni chiusi tranne indice e medio. Con
aria da vincente, gli sussurrai, con voce roca: “...ora siamo
pari.”
Mi
trascinai fuori dalla stanza e controllai che, almeno stavolta, non
ci fosse nessuno. Il corridoio – di cui avevo l'impressione che la
carta da parati si arricciasse al mio passaggio – si dimostrò
vuoto, perciò, stanca di avere il
liquido-di-cui-non-volevo-sapere-la-provenienza addosso, aprì la
pokeball di Wooper.
Il
pokèmon senza naso non mostrava di riconoscere la mia nuova acqua di
colonia. Anche se avesse il naso, l'impulso non arriverebbe da
nessuna parte, dato che non ha cervello. Mi dissi, convinta.
Quindi chiesi al pokemon se mi potesse fare una doccia.
“Woopah!”
Molto felice della richiesta, il girino sputò un getto d'acqua così
forte da spedirmi contro il muro dietro di me.
“Idiota!
Sbrigati, che se ci trovano, qui ci fanno fritti!”
Wooper
restò in contemplazione per vari istanti. Quindi gli si formò un
rivolo di bava. Nota per il futuro: non comunicare più con Wooper
usufruendo di metafore sul cibo. Soddisfatta che, perlomeno, mi
ero sbarazzata del liquido puzzolente – sparito, come il mio
olfatto -, m'incamminai verso la prossima porta. Quindi, non sentendo
niente oltre ad essa, la aprì lentamente.
Cacciai
un urlo. No, un secondo, io non sto urlando. Guardai la figura
davanti a me e le tappai la bocca. Quindi la portai dentro al
corridoio e richiusi la porta.
Mentre
cercava di calmarsi dall'infarto che probabilmente io le avevo
procurato, la osservai. Aveva dei luminosissimi capelli biondi,
lisci, che le ricadevano per tutta la schiena. Indossava una
camicetta bianca e dei pantaloncini rosa confetto. Teneva una
borsetta a tracolla che, dall'aspetto, potevo dire che doveva essere
costata molto. Mi guardò con degli azzurri così puri, che mi venne
un capogiro.
“...
non sei una di loro, vero?” Chiesi, interrompendo il silenzio.
Quella
ci rimuginò un po' sopra. Sembrava combattuta su qualcosa. Alla
fine, però, sorrise: “No, non lo sono. Sto scappando, in verità
...”
Cercando
di non fissare il suo sorriso – c'era un non so che, nei suoi
tratti dolci, che mi faceva venire i brividi – le confidai, “Anche
io. Solo... non sto avendo molta fortuna.”
Wooper
ciondolava sopra la mia testa, imbrattando il mio nuovo cappellino di
muco. Siccome era già stato rovinato dallo skuntank, lo lascia fare.
“Oh.
Immagino che tu abbia attraversato le stanze di guardia. Mi spiace
...” Le vennero i lacrimoni agli occhi, non so se per la puzza o
per la tristezza.
“Non
è stato tanto male, dai …” Infatti è anche peggio “Ma,
toglimi una curiosità. Chi sei tu?” Non riuscivo a spiegarmi come
potesse esserci finita una ragazza delicata come lei, in un postaccio
come quello.
“Oh?”
Smise di lacrimare. Quindi tossicchiò un po', per dare autorità
alla voce.
“Io
sono Kassandra, la capopalestra di pokemon Psico della città di
Gammon City.”
~
Author's Corner
Salve,
EFP fanfiction! Sono tornata a torturarvi tutti con la mia fic,
perchè sinceramente non me la sentivo di mollarla. Perciò, se
volete leggete, sennò amen. Spero che il chapter non vi deluda o
robe simili, perchè l'ho fatto d'impulso (non sapevo come liberarmi
del blocco dell'autore) … sono ben accettate critiche (specialmente critiche) e le lodi *ma avara* *.*
...spero
che non mi abbiate dimenticato ^^;
Voglio
solo dire che non ho nulla contro gli emo, e mi scuso se vi ho
offeso.
Oh, e scusa anche ai miei personaggi, perchè ogni volta riesco
sempre a fargli succedere dei casini orribili (Madeleyne) o non li
caratterizzo abbastanza precisamente (Daisuke). No, un attimo. Daikke
è caratterizzato. o.o Solo che è incompreso u.u"
Aww,
voglio più tempo libero >.<”
~
GloGlo_96
|
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Capitolo 26 *** When Hansome Guys and Freezing Weather are Deathly ***
pkm 1.0
When
Handosome Guys and Freezing Weather are deathly
“Sì.
Una capominestra. Certo...”
Lei
era una capopalestra. Lei era la capopalestra. Lei, che
non aveva fatto altro che piangere da quando l'avevo incontrata. Era
strano e a dir poco incredibile.
La
mia reazione monosillabica doveva avere insospettito Kassandra, che
pareva aver percepito il mio scetticismo. Inclinò la testa –
facendo ricadere i suoi perfetti capelli biondi su un lato – e,
mettendo il broncio, trattenne un singhiozzo.
“Che
c'è? Dubiti che io possa disputare fenomenali incontri di pokémon?
Reputi che io sia senza esperienza, capacità!?”
Oh
no. Non di nuovo! Dovevo agire
in fretta. Il mio diciassettesimo senso (già, quello che mi
avvertiva non appena c'erano dei guai in vista) mi stava avvertendo
del pericolo imminente. Dalla mia enorme esperienza - tratta dalle
soap opera che guardava nonno Gerald - la fanciulla ipersensibile
sarebbe scoppiata in un grande pianto, che avrebbe causato la perdita
del nostro nascondiglio.
“Ma
no, che hai capito!” Esclamai, fingendo un tono serio. “Intendevo
dire 'certo che è proprio una bella coincidenza, essere finita qui
con una del tuo calibro!'”. Quindi le diedi un ben delineato – e
falso – sorriso.
Kassandra,
che pareva averla bevuta, si asciugò le lacrime con un fazzolettino
rosa, con delle gestualità che potevano far concorrenza ad una
nobildonna. Mentre lei si riprendeva, io presi a giocherellare con
Wooper. Lui era così scivoloso, che se lo stringevi riusciva sempre
a guizzare fuori. Un altro ottimo antistress.
“Perciò,”,
incominciai, “cosa ti porta qui?”
“B-beh...”
- singhiozzo - “Mia sorella è stata rapita e … e ---” Si coprì
la faccia con le mani, affranta. Non avevo alcun dubbio che avesse
ricominciato a piangere.
Sbuffai,
non potendo trattenere il mio fastidio. Kassandra si stava mostrando
alquanto drammatica. Troppo. Sua sorella era finita in mano a dei
criminali, e quella passava il tempo a piangersi addosso?
Non
feci in tempo ad inventarmi delle parole che potesse ritenere di
conforto, che oltre la porta si sentirono echeggiare dei passi.
Smettendo di giocare ad 'acchiappa il Wooper', mi voltai verso la
porta.
“Senti,
non vorrei interrompere la manifestazione del tuo sfogo indotto da
stress,”, deglutii alla vista della porta che veniva spalancata,
“ma qui abbiamo un piccolo problemino!”
All'uomo
appena entrato, vestito come tutte le reclute dell'organizzazione,
s'illuminarono gli occhi dall'eccitazione. Perciò, dopo aver urlato
un bel “L'ho trovata! Accorrete, la fuggitiva è qui!” caricò
come un toro.
Nutro
una grande considerazione, a quanto pare. Si è completamente
dimenticato di me... Pensai,
notando come avesse articolato la frase al singolare, intendendo
Kassandra. Credevo. Se io fossi stata un malvagio – avrei
sicuramente recitato quella parte, se fossi stata in un film – mi
sarei riferita alla persona più pericolosa, no? E in quel caso,
odiavo ammetterlo, ma era la capopalestra. La stessa che, in quel
momento, pareva intenta a piagnucolare, mentre le labbra si erano
incurvate in un sorrisetto.
Aspetta:
un sorriso, in questa situazione?
Spostai
lo sguardo nuovamente su di lei, tenendo sempre conto della nostra
situazione: no, niente sorriso. Solo una bocca contorta, a causa del
pianto, nelle più tristi delle forme. L'esaurimento nervoso non
ti si addice, Maddy. Dovresti prenderti una settimana di vacanze e
--- OH CAVOLO, GLI MANCANO DIECI PASSI E SIAMO FRITTE!
“Non
mi sfuggirai!” Esclamò, venendo verso di noi con una pokèball
alzata, minacciosa.
“N-non
è giusto! Cosa vi abbiamo mai fatto di male!.” Kassandra cercava
irrimediabilmente di asciugarsi gli occhi, ma ovviamente non riusciva
a focalizzare bene la scena. In quanto a me, il mio umore era
fin troppo demoralizzato per potermi disperare come lei.
“Sono
già fuggita da un Loudred ed uno Skuntank, credi che tu faccia
qualche differenza?!” Bluffai, mentre in cuor mio non sapevo che
cacchio fare.
In
preda all'esasperazione, strinsi la presa attorno al mio pokemon
girino, e lo tirai contro all'assalitore, urlando “Attacca Wooper,
attacca!” come se mi stessi riferendo ad un cane. Il girino, non
riuscendo a recapitare l'ordine al suo cervellino bacato, atterrò
sul pavimento e, continuando a scivolare dritto, esclamò estasiato:
“WOOOOOPAAAH!”.
Dal
tono di voce pareva la fotocopia di Ivan Braginski mentre precipitava
dall'aeroplano urlando solo la parola 'vodka'. Proprio non gli
entrava in testa il pericolo che stava vivendo, vero?
La
cosa positiva era che nemmeno la recluta se n'era accorta, e,
puntualmente, aveva pestato la palla di muco urlante, scivolando e
schiantando la faccia contro il pavimento.
Restai
qualche secondo interdetta, non so se dal colpo di insolita fortuna o
dall'idiozia del mio pokèmon. Al mugolio dell'uomo, scattai come una
molla in avanti, afferrai la capopalestra per la mano e la costrinsi
a correre, mentre con l'altra mano richiamai Wooper nella sfera pokè.
Passammo la porta e ci ritrovammo in un labirinto di
stanze-laboratorio.
“Veloce,
veloce, che non voglio ritrovarmi inseguita da potenziali assassini!”
La implorai. Ma quella era un caso perso. Non volevo essere
eccessivamente cattiva con lei, ma la situazione che stavo vivendo
era decisamente troppo irritante: Kassandra stava inciampando sui
suoi stessi piedi, dico!
Sperando
che almeno questo le potesse restituire un po' di buon senso e
coraggio, le ricordai, “Non vuoi aiutare tua sorella?”
Imitare
le frasi da cinema aveva avuto l'effetto desiderato. La donna mutò
immediatamente espressione e, carica di una determinazione che non
avevo mai visto in lei fino a quel momento, partì a correre a piena
velocità. Ora ero io quella ad essere trascinata.
“La
mia sorellina! Dev'essere al piano di sopra!” Kassandra saltò gli
scalini a due a due, seminandomi quasi completamente. Non ero mai
stata una persona molto rapida, se non a schivare le cose. La corsa
non faceva per me. Fortunatamente i lunghi capelli della fanciulla mi
aiutavano a non perderla di vista...
Nella
mia lunga, interminabile corsa per starle dietro, mi sorpresi che non
c'era nessuna mandria di criminali ad inseguirci. Non ci aveva
trovato nessuno, nemmeno al suono di tutti i becker e le provette che
spaccavo nella corsa, rovesciando sul banco, o addirittura per terra,
il contenuto. Rabbrividii, notando con la coda nell'occhio che alcune
pozzanghere di sostanza scioglievano pure il pavimento …
Hey,
queste cose sembrano difficili da fare. Ci devono essere voluti molti
ingredienti strani ... Commentò
una vocina, con una punta di malizia.
Sì,
difficili e pericolose! Andiamocene via, Maddy! Mi
avvertì un'altra voce, più piccola e innocente dell'altra.
Perché
correre dietro alla frignona? Lascia che finisca in mano ai nemici, e
concentrati su quante ampolle fosforescenti ci sono in questo
laboratorio. Sono artistiche e frutteranno un sacco di quattrini! La
vocina maliziosa si era eccitata, costringendomi a interrompere la
corsa e a contemplare seriamente ciò che stava dicendo. Sembrava
piuttosto allettante ...
Ah
no, signorinella. Segui la lady e non perderti per il palazzo.
Prendere quelle cose è pericoloso. Kassandra ha bisogno di aiuto! I
miei sensi di colpa avevano fermato la mia mano, che si stava
pericolosamente avvicinando al ripiano pieno di provette etichettate.
Non
darle ascolto, che sta facendo la sciupafeste.
E
tu cerchi di ammazzarla!
No,
IO cerco di farla diventare RICCA. C'è differenza. Disse
superiore la mia taccagneria. Inutile dire che era nettamente
superiore al mio buon senso.
Maddy,
non corromperti ancora! Tu sei qui per aiutare quella fanciulla, no?
Fai del bene al prossimo, è questo ciò che conta! Il denaro non è
fonte di felicità! Mi urlò
isterico il senno.
Per
un attimo ponderai la cosa. L'attimo dopo avevo già afferrato una
boccetta verdognola, e me l'ero ficcata in tasca.
“...
tu non stai bene mentalmente.” Scossi la testa, mentre io e
Taccagneria calpestavamo mentalmente il buon senso.
Il
dialogo mentale era durato solo un minuto, ma ciò era stato
sufficiente a farmi perdere le tracce di Kassandra. Tanto non mi
preoccupava molto: nessuna recluta era in vista.
Sistemandomi
il cappello – il mio adorato, nuovo cappello – feci uscire fuori
dalla pokèball Rattata, il quale, dopo così tanto tempo passato in
immobilità, si stiracchiò.
“Rattata!”
Trattenni a stento un sorriso. “Ecco, la mia fonte di salvezza,
l'unico essere in grado di aiutarmi. Tu non mi abbandoneresti per
nessun motivo. Siamo troppo legati l'uno all'altra. Combatteremo
assieme questa battaglia, ci guarderemo le spalle, e allora,
torneremo alla libertà.”, annunciai, mentre Rattata annusava
l'aria. Mi ero commossa al mio discorso e, a quanto pareva, pure il
topino tratteneva a stento le lacrime.
Mi
avvicinai per abbracciarlo: il piccolo topo divenne dapprima pallido
come uno spettro, poi assunse una colorazione verdastra sul viso. Non
gli diedi peso.
“Saremo
sempre insieme, nel bene e nel male, vero?” Domandai, felice.
Ciò
che non mi sarei mai aspettata era che il mio starter, prima ancora
di toccarlo, era schizzato via a razzo, abbandonandomi come una
pirla.
“...TRADITORE!”
Quando
ritrovai Rattata, dovetti trattenermi dallo sbattere la testa contro
il muro: il topo, durante la corsa, aveva trovato Kassandra. E ora
quella stava fuggendo piangente via dal ratto, traumatizzata.
Richiamai il mio pokèmon e presi a correre verso la capominestra,
chiamando il suo nome.
Solo
dopo mezz'ora d'inseguimento, la lady si fermò di colpo. Ovviamente,
la mia capacità di comprendonio non era abbastanza elevata da
permettermi di fermarmi assieme a lei: mi schiantai sulla sua
schiena, costringendola a cadere per terra assieme a me. Chi ci
avesse visto in quel momento, avrebbe paragonato i nostri tentativi
di rialzarci a quelli di una tartaruga capovolta sul guscio.
“Ugh,
tutto ok?” Che, tradotto nella mia mente, era “Ti prego, fa
che non si metta a piangere, fa che non si metta a piangere, fa che
non si metta--”
“Sì,
non ti preoccupare. Sei così gentile ...” Kassandra parve pronta
allo scoppio emotivo.
“Perchè
ti sei fermata?” Chiesi, troncando la sua sensibilità. “Hai
sentito qualcuno che si avvicinava?”
“No,
niente del genere.” La lady adocchiò la fine del corridoio. Vi era
una piccola porta grigia, la cui parte superiore contornava una
piccola finestrella mezza opaca, dalla quale era impossibile vederci
attraverso. Kassandra continuò, deglutendo: “Lei … lei è lì
dentro. Ha così tanta paura ...”
Non
più di quanta ne ho io! Si
lamentò la mia mente, mentre io mi limitai a mettermi a posto il
cappello. Non volevo entrare nella porta – avevo già giocato
abbastanza videogame da sapere che, all'interno della stanza, ci
avrebbe aspettato non solo la “donzella in difficoltà”, ma anche
un bel gruppo di nemici.
“Dobbiamo
andare ad aiutarla, non posso sopportare di rimanere qui un minuto di
più!” Kassandra era pronta ad afferrare la maniglia, presa dalla
sua impazienza, quando io la trattenni per un braccio. Poteva
sembrare maleducato – era pur sempre una capominestra! - ma non
volevo rischiare la pellaccia.
“Aspetta!
Come fai a dire che lei è lì?” Le bisbigliai velocemente,
sperando di distrarla. Kassandra mi guardò confusa per un momento.
Si mordicchiò il labbro, come indecisa se rivelarmi le sue
conoscenze, o se fregarsene ed aprire la porta. Alla fine, optò per
la prima opzione.
“Alleno pokèmon psico per una ragione un po' particolare.” La lady
sospirò, “Infatti, sono in grado di percepire le emozioni altrui.
O almeno, delle persone più estroverse: è difficile rivelare i
sentimenti di coloro che scelgono di estraniarsi. Potrei chiamarla
...” Schioccò le dita, cercando di farsi venire in mente il
termine adatto, “...una sorta di empatia.”
Io
stavo ancora cercando di comprendere ciò che aveva detto, quando
lei, imbarazzata, balbettò, “M-ma non s-sono l'unica! C-ci sono
altri c-che hanno capacità del genere!”
“Altri...che
hanno dei poteri?” Quello sì, che
era interessante. Decisi di approfondire la questione. “Soltanto
riguardo il tipo psico? Che so... non ci potrebbe essere una persona
con capacità relative a pokèmon d'acqua, terra o spettro?” Misi
particolare enfasi sull'ultimo tipo. Volevo saperne di più riguardo
alla mia peculiarità, dato che non capita tutti i giorni di poter
parlare con dei pokèmon potenzialmente morti.
“Oh,
certo che sì!” Cinguettò la ragazza, “Per esempio, mia sorella
può ---”, spalancò gli occhi, “--mia sorella!
Come ho potuto dimenticarmi di lei!”
La
fanciulla mi afferrò per la mano e mi strattonò via dalla mia
postazione, permettendomi solo di prendere le mie sfere poké e di
urlarle “Ma se fuori? Lì dentro ci potrebbero essere ---”
Senza
ascoltarmi, si precipitò ad aprire la porta, senza che potessi far
nulla per fermarla.
“---degli
... psicotici …?”
Davanti
a noi, si apriva una grande stanza a forma di semicerchio. Nella
parte curva, alla nostra sinistra, vi erano alcune finestre
incrinate, che davano sulla foresta nella quale era fondato
l'edificio. Oltre al verde degli alberi, si poteva osservare una
buona vista sul paese, Gammon City. Nonostante le dimensioni del
posto, la mobilia era scarna, logora e quasi inesistente: due divani
dalla quale sbucavano delle molle si affacciavano verso il vetro, un
lungo bancone per i drink disposto contro il muro rettilineo e
qualche sgabello.
Qualche
sgabello su cui sono sedute una quindicina di reclute visibilmente
arrabbiate. Cos'è che manca nel quadretto?
“Eh
eh! Siete circondate!” Sogghignò un tizio in tutina blu, alzandosi
molto lentamente, assieme agli altri.
Oh,
giusto.
“Hey
tu, emh ...” Tentò Kassandra, guardandosi attorno preoccupata.
“Mi
chiamo Madaleyne Hellys. Altrimenti detta Maddepressa. O sfigata.
Dipende dai punti di vista ...” Le dissi, premendo le mie pokèball.
Da due raggi di luce, uno sul rosso e l'altro sul bianco,
fuoriuscirono Wooper e Rattata, ripresosi dalla traumatica puzza di
puzzolente puzzosa puzzola.
“...
Miss Hellys.” Disse d'un tratto, liberando anche lei il suo
pokémon.
Non
era niente di grande o mistico, come avevo creduto. Anzi, se potevo
dirlo, rispecchiava un po' la capopalestra: un vestitino bianco
ricopriva il corpo umanoide verde. Sulla testa aveva una specie di
casco color foglia, da cui sbucavano due corna rosse, come i grandi
occhi del pokèmon. Pareva una ballerina in tutù.
Kassandra
non perse tempo: “Io mi occupo di mia sorella! Dividiamoci gli
avversari!” Quindi, corse verso un ammasso di reclute. Il suo
pokémon, imitando i suoi movimenti in perfetta sincronia, all'ordine
“Fogliamagica!” fece comparire un enorme quantità di foglie
fosforescenti. Sì, fosforescenti. Non chiedetemi come, ma
sbrilluccicavano come le uniformi delle Mew Mew prima della
trasformazione.
Dexi,
il mio fido aiutante, mi disse che la ballerina dotata di clorofilla
si chiamava Kirlia. Quindi, prima di potermi dire le sue
caratteristiche, rilevò gli altri pokèmon che le reclute avevano
tirato fuori dalle sfere, non senza un grido di battaglia. Questi
avevano la forma di piccole capanne mangia-uomini, dagli occhietti
blu assatanati.
“Snorunt,
il pokèmon Cappelneve. Secondo alcune leggende delle regioni fredde,
uno Snorunt porta prosperità alla casa in cui vive.”
“Prosperità!
Questi stanno cercando di uccidermi, idiota!” Urlai al pokèdex,
ficcandolo malamente nella borsa. La mia disdetta non era però
compresa a pieno, a quanto pareva: una recluta piuttosto superba, mi
indicò con rabbia.
“Snorunt,
la mocciosa ha parlato abbastanza. Usa morso!”
Di
fianco a me, un altra capanna ambulante stava caricando verso il mio
Rattata, in quello che avevo riconosciuto come l'attacco azione. O
bottintesta. Chissene, sono quasi uguali!
“Non
c'è più rispetto per una persona in vena di suicidarsi?”
Domandai, seccata. “Rattata, usa inseguimento! Wooper usa
schiant--- no, lo Snor-coso non è un Onigiri bruciato!” Esclamai,
sbattendomi una mano sulla faccia. Questa sarà una luuunga
battaglia …
In
effetti, eravamo riuscite a sconfiggere tutte le reclute solo dopo
un'ora. Rattata aveva la coda ed i baffi mezzi congelati – una
capannina gli aveva lanciato addosso della neve. Neve! - e
Wooper … beh, lui aveva tentato di mangiare i mantelli di alcune
capanne. Poi, dopo aver capito che no, non era commestibile, si era
deciso a combattere decentemente. Ed ora, finalmente, potevamo
andar---
“Snorunt!”
Una vocina striminzita esclamò dietro di me, cercando di mordermi. E
ci sarebbe anche riuscito, se soltanto Wooper non gli avesse lanciato
una palla di faccia, stendendolo definitivamente. Wow. Wooper mi
ha salvata. Devo segnarmelo sul calendario!
“D'accordo,
bravi ragazzi!” Ringraziai i miei pokémon, facendogli pat pat
sulla testa ed ignorando che, intorno a noi, era tutto un macello:
non soltanto il pavimento si era allagato, ma i mobili erano
ricoperti di fanghiglia semi liquida. Sì, Wooper non era un pokèmon
molto pulito e ancora sì, Wooper non aveva molta mira.
Non
notando altre reclute nelle vicinanze, ma solo gli Snor-affari per
terra, KO, mi tranquillizzai.
“Oi!
Kassandra ~” Chiamai, non sapendo dove si trovasse.
Kirlia
sbucò da dietro il divano e mi chiamò, tutta allegro, sventolandomi
la manina davanti alla faccia. Intenerita, permisi a Rattata di
salirmi sulla spalla e, mollando Wooper a gironzolare per la stanza,
mi avvicinai.
Dall'altra
parte del divano giaceva una ragazza più giovane di Kassandra, ma
con aspetto simile. I capelli, per esempio, erano mossi e di un
biondo tendente al rosa pesca. Aveva sulla faccia quelle fattezze
giovanili – guanciotte rosa, lunghe ciglia … - che le irradiavano
il volto. Indossava un unico vestito, bianco candido, troppo leggero
per la stagione, sulla quale stava un coprispalle rosa. Di fianco a
lei giaceva un ombrellino rosa pesca, contornato da merletti. Pareva
una Biancaneve del Ventunesimo Secolo.
Kassandra
aveva finalmente terminato di tagliare le funi che tenevano legata la
sorella, e, dando un'ultima controllata, si rivolse a me.
“Fortunatamente è solo svenuta.” Solo allora notò la condizione
della stanza, e si lasciò sfuggire un singhiozzo intristito: “Oh,
quale disastro! Tutti questi poveri Snorunt sul pavimento sporco ...”
“Ah,
sì. Gli Snorunt, certo ...” In qualche modo avevo il sospetto di
sapere cosa stava per accadere. E non mi sarebbe molto piaciuto.
“S-sono
t.tutti doloranti e t-tristi e s-soli e..:!” Iniziò a lacrimare,
inginocchiata di fianco alla sorella, mentre Kirlia, come avesse
ricevuto alcune sensazioni dalla padrona, piangeva assieme a lei.
Mi
misi a posto il cappello, non sapendo cosa fare.
“Non
è colpa tua … stanno male perché i loro allenatori sono senza
spina dorsale e li usano per scopi illeciti.” Le sussurrai. “Ora
dobbiamo occuparci delle nostre priorità.” Adocchiai sua sorella,
che necessitava di essere trasporta in una zona non pericolosa.
“Non
saprei ...” Kassandra si asciugò le lacrime con lo stesso
fazzoletto di stoffa rosata. Kirlia, come lei, era visibilmente più
calma di prima.
“E
poi,” continuai “puoi sempre tornare dopo ad occuparti di loro.”
Kassandra
rimase a contemplare la mia proposta. Continuava a fissare la porta,
con quella che pareva essere dispiacere, titubanza e impazienza.
Molta impazienza. La ragazza pareva, ora che osservavo meglio il modo
in cui alternava lo sguardo fra me e la porta, in attesa di qualcosa.
Notando il mio sguardo confuso, la capominestra mi sorrise
dolcemente.
“Sì,
hai ragione. Grazie Miss Hellys!” Poi si rivolse a Kirlia, “Un
aiutino, Clarence?”
Il
piccolo pokèmon ballerina – che ora avevo scoperto essere un
maschio, nonostante l'aspetto potesse dare qualche dubbio – annuì,
felice di poter aiutare. I suoi occhi s'illuminarono di una luce
azzurrina, come i cyborg dei film. Feci qualche passo indietro,
abbastanza da potermi ritenere fuori pericolo. Nel frattempo, una
luce azzurrina, molto difficile da notare se non si prestava
attenzione, aveva circondato il corpo della ragazza svenuta, che,
come di vita propria, si sollevò di colpo.
Mentre
io dovevo ancora riprendermi dallo shock (“M-ma quella vola...
perchè sta volando? E' contro le leggi della fisica!”), Kassandra
si rialzò in piedi, dotata di una nuova e ritrovata calma.
“Ora,
Miss Hellys, credo che sarebbe opportuno andarcene da questo luogo
macabro.”
“Non
credo proprio, mie care ragazze.”
A
quella voce mi si gelò il sangue nelle vene. Mi voltai lentamente,
mentre Kassandra si mise protettiva davanti alla sorella fluttuante.
“Credevi
davvero di potermi tirare un calcio a tradimento e di scamparla
liscia?” La recluta appena entrata, quella a cui avevo riservato
un calcio nei gioiellini, si tolse velocemente la tuta –
una calzamaglia con passamontagna, interamente blu – per poi
rivelare la sua vera uniforme. Indossava dei pantaloni con chiazze
mimetiche con le tonalità azzurre e una canottiera bianca.
Toltosi
il passamontagna, si passò una mano fra i biondi capelli, che
terminavano con dei riccioli delicati. Quindi, prese dalla tasca dei
pantaloni uno specchietto portatile, lo aprì, e si
controllò il
viso.
“Ah,
sciocca fanciulla...” Sospirò stancamente, mentre con
soddisfazione riponeva lo specchio. “Con il tuo tentativo di
rovinare il mio splendido aspetto, hai segnato la tua fine.” Si
stampò sulla faccia un sorrisetto ammaliante, sussurrando “Mai
combattere la perfezione.” Socchiuse gli occhi grigi, concentrato
sulla mia figura, schioccando le dita con fare misterioso.
In
una normale situazione mi sarei ritrovata a ridere in faccia al tizio
che mi stava minacciando e a scappare come un fulmine. Ma quello,
quel tipo, aveva un non so che di … beh, attraente, che
aveva trasformato le mie gambe in un molle budino. Accidenti a me
ed ai miei ormoni adolescenziali! Non soltanto si esalta – con una
voce ammaliante come poche - e si muove come un dio in terra, ma devo
anche dargli ragione!
Sarei
rimasta volentieri a fissare il suo aspetto come una fangirl della
peggior specie, se dietro di lui non fosse apparso un pokèmon bianco
come la neve, vestito di un kimono con tanto di fioccone rosso. Ed
uno sguardo arrabbiato. Molto arrabbiato.
In
un attimo, la temperatura della stanza scese precipitosamente.
Riuscivo persino a vedere il vapore che usciva ad ogni mio respiro!
E, da come Kassandra stava tremando, simile ad una foglia, dovevo
dedurre che non era solo una mia impressione.
D'accordo,
Madeleyne. Vuoi continuare a sbavare sopra il tipo? Allora scattagli
una foto! Annuì velocemente
alla mia genialità. Poi, sotto la sorpresa di tutti, mi tirai un
grande ed enorme schiaffo sulla guancia. Non posso credere
di essermi ridotta in questo stato …
“S-senti,
p-perché non c-ci dimentichiamo l'accaduto?” Presi a scaldarmi
furiosamente gli arti superiori, abbracciandomi e facendo passare le
mani sopra alle braccia. “N-non hai v-visto i t-tuoi a-a-a---”
Inutile, non riuscivo a smettere di battere i denti. Stupida me, che
non si è comprata un giubbotto!
Perfetto,
ora, oltre a dover morire d'ipotermia, mi sto rendendo ridicola
davanti al nemico ed alla capopalestra! Cos'altro può andare storto?
“Intendi
dire la plebaglia che è appena scappata? No, non mi relaziono con la
feccia.” Disse in modo arrogante. Quindi, ammiccò nella nostra
generale direzione. “Vi rivelerò, nel caso non sappiate
l'importanza del ruolo che investo nell'organizzazione, con chi state
parlando.”
S'inchinò
molto regalmente, mentre con l'angelica faccia ci sorrise
stuzzicante. E, se devo dirla tutta, riuscivo a combattere il
congelamento facciale solo per l'affluire del sangue alla testa
dovuto alla sua estrema attraenza. Ormai sono un caso perso …
“Vi
grazio di farvi conoscere il vice capo del Team Blyzzard, Frederick
Wolff.”
Sospirò,
come se la sua bellezza fosse una maledizione per lui. “Peccato
solo che devo sbarazzarmi di due belle delizie come voi due.” Il
suo sguardo si fece duro, mentre le sue labbra si mossero per
ordinare “Lexie, vai con Ventogelato.”
Il
pokèmon aveva smesso di fluttuare in aria per andare a controllare
le condizioni delle piccole capanne KO. E non erano in buona salute.
La sua espressione addolorata e vicina al pianto si era tramutata,
dopo il comando, in quella di una bestia furibonda.
“Lass!
FROSLASS!” Urlò, mentre con una bracciata aveva emanato una
raffica di vento glaciale. Se la stanza prima era fredda, beh, ora la
temperatura era di certo sotto i -10 gradi. Kassandra, dietro di me,
cercava di riscaldare il corpo della sorella, mentre Kirlia la teneva
sollevata. Entrambe erano troppo impegnate per aiutare …
Fra
tutti i capipalestra che potevano capitarmi, proprio questa mi è
toccata?
Vedendo
che il kimono vivente si stava pericolosamente avvicinando, e con lei
la sua rabbia furiosa e il vento glaciale, esclamai: “W-wooper,
Pantanob-- oh, cacchio! Wooper!”
Ciò
che non avevo visto, però, era che il mio pokèmon mucoso si era
trasformato in un ghiacciolo. Letteralmente. Una sottile lastra di
ghiaccio aveva ricoperto il suo corpo umido, rendendolo una perfetta
statua senza vita. In preda al panico, cambiai pokemon.
“R-rattata,”
Nel modo in cui stava battendo i dentoni, si vedeva che non
sopportava la temperatura. “I-inseguimento!”
Il
topo saltò giù dalla mia spalla e prese a correre a gran velocità,
con il corpo che si ricopriva di energia oscura ad ogni passo. Quando
arrivò davanti al nemico, fece un enorme balzo e si schiantò sul
nemico, facendolo arretrare malamente.
“WOO-HOO, R-Rattata!”
Esclamai, rabbrividendo per la temperatura. Smisi di esultare quando
vidi un piccolo sogghigno sulle labbra di Frederick – come potermi
dimenticare il suo nome? - e, di conseguenza, il mio topo cadere a
terra, con il corpo che si stava lentamente coprendo di ghiaccio.
Puntai Dexi verso il coso volante, incredula:
“Froslass,
il pokèmon Suolnevoso. Congela i nemici con un alito glaciale a -50
°C. Il suo corpo è vuoto”
… Il
mondo deve avercela con me, non c'è altra spiegazione.
Imprecando
più per preoccupazione che per rabbia, feci ritornare Rattata dentro
la pokèball. Con Wooper, però, non fu possibile, dato che il
ghiaccio, troppo spesso, non faceva che riflettere il raggio della
sfera.
Kassandra,
vedendo l'incubo che stavo vivendo, si decise a liberare un altro
pokèmon.
“Oh?
È-è c-congelata!” Esclamò, impallidendo.
Mi
rivolsi quindi al ragazzo che mi stava di fronte, che si guardava le
unghie, fischiettando. “N-non puoi f-farlo!” Sbuffai.
Quello
mi sorrise piacevolmente, per niente toccato dal clima polare del
posto. “Aw, che carina! ♥” Ridacchiò “E perchè non potrei?”
Io ero interdetta: come diamine faceva a non morire d'ipotermia,
vestito solo con la canotta!?
Gonfiai
le guance, distogliendo lo sguardo. “P-perchè non è g-giusto!”
Mi lagnai come una marmocchia di tre anni. In effetti, mi sarei
potuta inventare una giustificazione più intelligente, ma con i miei
neuroni congelati non ero al massimo delle prestazioni.
Analizzai
la situazione: c'era un gran pezzo di figo davanti a me, che stavo
segretamente riprendendo con Dexi. C'era una capopalestra che,
piuttosto inutilmente, non poteva far altro che guardare il suo
pokemon – che era appena stato colpito da Polvoneve - cercare di
tenere calda, attraverso poteri a me sconosciuti, la sorella. C'era
un pokèmon che, in preda alla furia materna di chi vede i propri
cuccioli feriti, aveva deciso di darsi al pazzo congelamento e di
avvicinarsi pericolosamente a me. Oh, e senza dimenticare Wooper, il
quale, se non lo andavo a recuperare, avrebbe sicuramente fatto una
brutta fine.
“Froos--”
Il kimono avvicinò le braccia al petto, pronto a rilasciare il suo
attacco.
Io,
d'altro canto, scattai di lato e, raggirando il pokèmon, afferrai la
statua di Wooper. Superfluo dire che con quel cubetto di ghiaccio
stretto al mio petto, la mia temperatura corporea stava scendendo
molto più rapidamente di prima. Il kimono mi lanciò una folata di
vento con tanto di ghiaccioli appuntiti, che schivai a malapena
saltando di lato.
Corsi
fino alla porta e abbassai la maniglia:
“V-vi
r-ricorderete di questo g-giorno c-come il giorno in c-cui avete
quasi c-catturat--!” Sbattei la faccia contro la porta.
Stranamente, non si era aperta al mio comando. Guardandola meglio,
potevo notare che la serratura era stata incidentalmente
ghiacciata.
“M-ma
allora lo f-fai a-apposta!” Mi sentivo patetica. Patetica ed in
trappola. Il pokèmon ghiacciato mi costrinse a girare a vuoto per la
stanza, evitando uno dopo l'altro i suoi attacchi. Meno male che è
lento come lumaca! Se continua finirà presto le energie...
Mi
ricredetti dopo pochi attimi, quando il pokèmon sganciò una
potentissima raffica di neve nella mia direzione. Io mi abbassai di
scatto e sgattaiolai via come un felino. Rimaneva un'unica cosa da
fare.
“Hey,
K-Kassandra!” La capopalestra aveva ritirato Kirlia, troppo
congelato, e stava procedendo a riscaldare sia la sorella che le
pokèball, invano. “P-propongo di b-buttarci dalla f-f-finestra!”
Allora feci una risatina, che era un misto fra pazzia e pianto.
Kassandra,
per tutta risposta, cercò di spaccare la finestra lanciandoci contro
uno sgabello: non apparve nemmeno un graffietto. Era ovvio che anche
quella era stata congelata.
“C'è
q-qualcosa c-che n-non hai ricoperto di g-ghiaccio!?” Chiesi a
Frederick. Il fusto distolse la sua attenzione dal suo ciuffo
ribelle, e mi rivolse un'occhiata magnetica, assumendo una posa da
modello. È superfluo descrivere il modo in cui, troppo distratta
dalla bellezza del vice capo, inciampai su uno Snorunt e mi rovesciai
sul pavimento. Ci sono di nuovo cascata! Idiota, idiota, idiota
---
Smisi
d'insultarmi alla sua risposta implicatoria.
“Beh,
mia cara … manchi tu.”
Fu
come se qualcuno avesse cambiato la lampadina dei miei neuroni.
Ero
appena caduta nel suo banale, prevedibile, e stranamente riuscito
disegno. Ma cos'altro aspettarsi da una come me? Cercai
freneticamente di alzarmi, ma il pokèmon avversario aveva appena
sventolato gli arti, liberando un'enorme quantità di neve nella mia
direzione.
Ci
misi un secondo di troppo a rialzarmi: un secondo nella quale il mio
piede era stato irreversibilmente intaccato dal freddo polare e stava
diventando paurosamente blu.
Normalmente,
un piccolo piede congelato non avrebbe costituito un grande dilemma.
Anche perché non riuscivo a sentire niente, se capite cosa intendo.
Ciò
che realmente costituiva un problema era che il ghiaccio stava
risalendo l'intera gamba.
~
Author's corner
Hola,
amigos! *Si chiede se si scrive davvero così*
Avevo
programmato questo capitolo come il capitolo che avrebbe chiuso
l'avventura nel palazzo del team Blyzzard, ma … sapete quando si
inizia un capitolo senza idee su come arrivare a riempire un tot di
pagine, e poi ci si ritrova alla fine che dobbiamo contenerci sennò
diventa troppo lungo? Ecco. Quindi, mi sa che l'ultimo spezzone lo
farò in un capitolo a parte, sigh …
Ho notato solo ora che
tutti i nuovi personaggi sono biondi, anche se di tonalità diverse
v.v
Kassandra
è la tipica persona influente, con una potenza che potrebbe fare
molte cose. Solo che, con il carattere che si ritrova, non riesce ad
usarla. Sigh, direi che nessuno è perfetto.
La
sorella, il cui nome presto verrà rivelato, è un pelino più
giovane di lei. Entrambe sono vestite come delle lady inglesi,
eleganti e delicate e sensibili … forse troppo. E, ugh, rosa. Ma i
gusti son gusti …
Ed
ora si passa a Frederick: diciamo che, all'inizio non esisteva. Poi
mia sorella mi ha rotto le scatole continuando a ripetere <> e per farla star zitta, l'ho
accontentata. E direi di essere anche piuttosto soddisfatta =D.
E
a voi, vi hanno suscitato qualcosa questi personaggi? Oppure li
trovati troppo 'piatti'?
Cosa
accadrà a Maddy, nel prossimo capitolo ♪? Lo saprete solo
leggendo!
(Sì,
poveretta, si è appena ripresa dall'essere mangiata da fantasmi e
corvi, ed ora la rendi un ghiacciolo gigante -.-” nd.
Tatoo/coscienza) (Lo so, sono geniale ♥ nd. Me) (… -.- nd.Tatoo)
Grazie
e alla prossima ~
GloGlo_96
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Capitolo 27 *** Fuga dal freezer ***
Pkm 3.0
Fuga dal freezer
D'accordo,
mantieni la calma! C'è già una persona ipersensibile qui, e basta
per entrambe!
Urlò
la mia indole cauta e ragionevole, ma inutilmente: la mia maschera di
contegno si stava sgretolando per il panico crescente. Non solo
riuscivo a percepire lo spaventoso cambiamento di temperatura del mio
piede, ma ora aveva anche perso la possibilità di muoversi!
Deglutii
sonoramente, imponendomi di inspirare enormi boccate d’aria
(gelida) per calmare lo spirito.
Con
la coda nell’occhio, vidi Frederick ordinare al suo meschino
Pokémon di attaccare Kassandra. Fortunatamente, la lady lo aveva
preceduto, facendo uscire di nuovo il Kirlia – che aveva bloccato
in tempo il congelamento – e gridandogli di fare una piccola, ma
resistente, barriera attorno a loro. E la neve si era schiantata
sulla loro protezione, per poi scivolare, innocua, verso il
pavimento, lasciando sorpresi sia il Froslass che il suo allenatore.
Kassandra, al contrario, ghignò, divertita.
Kassandra
è riuscita a difendersi? Ma allora non è del tutto in—
Sentii
un acuto dolore all’arto congelato, che mi costrinse a stringere i
denti per non gridare. Mi ricordai che, anche se la capopalestra era
riuscita a difendersi, io non ero nelle sue stesse condizioni.
Forse,
riscaldando il piede, un po’ di ghiaccio si potrebbe sciogliere…
Annuii
lentamente al piano formulato, cercando di ricavarne una qualche
sicurezza: valeva la pena tentare.
Prima
di poter ispezionare i danni, però, dovevo rimuovere la neve
ghiacciata che mi aveva ricoperto la gamba. Che sia maledetto quel
Froslass!
“M-miss
Hellys! Tenga duro!” La donna mi gridò, all’interno della sua
bolla. “Stiamo arrivando!” Prima che potesse spostarsi, però, il
kimono vivente sbucò dall’alto, lanciando un urlo distorto. La sua
orribile espressione – che secondo le mie ipotesi era dovuta alla
mossa ‘sgomento’ – fece indietreggiare di scatto la
capopalestra, che si accucciò, ponendosi le mani sulla testa.
Per
combattere lo spavento che anche io mi ero presa, strinsi debolmente
i pugni e distolsi lo sguardo. Quindi lo riportai, agitata, sulla mia
mano.
Cavolo,
non riesco nemmeno a stringere decentemente un pugno… se continua
così, il freddo…!
Osservai
la situazione. Frederick, notando che oramai i suoi nemici erano
stati ben tartassati, chi fisicamente, chi psicologicamente, aveva
preso ad ammirare il proprio fisico, mentre Froslass, a corto di
ordini dall’allenatore, abbandonò a malincuore l’attacco per
potersi dedicare al compianto dei propri parenti.
Quella
era la nostra occasione. Usando le mani per togliermi la neve dal
piede, mi rivolsi alla mia compagna di sventura.
“K-Kassandra!”
Mi schiaffeggiai la faccia per fermare il battere – non sapevo se
per la fifa o il freddo - dei miei denti. “Sei una capominestra,
no?” Le chiesi, mascherando con rabbia l'inquietudine che stavo
vivendo. “Fai qualcosa, insomma! Usa un coso… come si chiama …
un antifreezer! Antigelato! Uno scongelatore, in breve!”
“M-ma
n-non ho un antigelo con m-me …!”
…
Ok,
questo è davvero il colmo!
Mi
trattenni dallo sbattermi una mano sulla fronte, limitandomi a
insultarla mentalmente.
Prima
o poi scoprirò chi ti ha permesso di diventare il capo della
palestra … e quando lo scoprirò …! Passai
a minacciare silenziosamente i decerebrati responsabili.
Kassandra,
che in un primo momento non aveva fatto altro che scaldare la
sorella, vedendo che i suoi sforzi erano vani, l'aveva deposta sul
divano. Asciugandosi le ultime lacrime, cercò nella borsa il suo
solito fazzolettino merlettato. Non appena lo trovò, si soffiò il
naso e guardò con tristezza la sua borsetta firmata. Quindi mise su
un'espressione realizzata, di chi ha capito cosa fare: si rimise a
cercare nella borsa, stavolta tirandone fuori un cellulare bianco
panna. Di ultima generazione. Naturalmente costosissimo.
Mi
vennero i crampi allo stomaco, sapendo che il mio istinto da
cleptomane sarebbe rimasto insoddisfatto.
Se
solo non fossi bloccata qui per terra …
Angosciata
per l'opportunità perduta, fui costretta a reprimere i miei sensi
affaristici per focalizzarmi nuovamente sulla scena che mi stava
davanti.
Allora
mi ricordai dell'idiozia di Kassandra e presi a sbattere la testa
contro il divano. Come poteva essersi dimenticata di aver sempre
avuto con sé uno strumento così importante per la nostra fuga?! La
diretta interessata si voltò verso di me, indicando la
divinit—Frederick con l’indice. Capendo il suo piano, le diedi
l'OK con due pollici rivolti verso l'alto.
Cercai
con lo sguardo il nostro nemico comune e lo trovai che si stava
pettinando i capelli dorati con una serenità spaventosa. I suoi
occhi, adocchiando la sua immagine riflessa sul pavimento ghiacciato
– per colpa degli attacchi ripetuti di Lexie – s'accesero di
gioia, come se avesse visto un miracolo discendere in terra. Prima di
parlargli, mi asciugai con la manica il rigolo di saliva che era
'inspiegabilmente'
comparso
sul mio mento.
“Hey
F-Frederick!” L'altro mi guardò, fra l'irritato e il confuso.
“C-com'è c-che non s-sei già c-crepato?” Per fargli capire quel
che intendevo, smisi di sbarazzarmi della neve sulla mia gamba e mi
strofinai le spalle.
“Mmm?”
Mi squadrò, sospettoso. Poi scrollò le spalle. “Beh, essendo il
vice capo del Team Blyzzard, specializzato in tipo ghiaccio, sarebbe
imbarazzante se non fossi in grado di resistere a certi livelli di
temperatura.”
Ripensai
al Team che popolava quel palazzo. Ora che me l’aveva fatto notare,
erano estremamente diversi dal Team Pyro, con le loro tutine blu e i
pokemon a capanna...
Mi
chiedo come abbia fatto a confondermi, prima di entrare
nell'edificio. Era ovvio che i Pyro non centravano niente, stavolta.
Però
…, riflettei,
Però,
Hiro aveva detto che era uno dei tre capi dell'organizzazione. Questo
vorrebbe dire che ci sono tre team, in tutto. O forse sono solo due,
ma che fusi assieme ne formano un altro? Argh! Troppe possibilità!
Non resta che provare …
“A-ahaha!”
Feci una risatina nervosa. “Hiro e l-la sua s-squadra non v-valgono
n-niente in confronto a v-voi...” Bluffai con nonchalance. Con la
coda nell'occhio vidi il narcisista sorridere soddisfatto, prima di
rabbuiarsi.
“Quell'idiota
di un clown...” Clown?
“Se
l'hai incontrato, vuol dire che sei stata tu a salvare il vecchio
delle pokèpietre!” Mi indicò, ispezionando da cima a fondo il mio
stato pietoso.
Mentre
lui rifletteva, io lanciai un'occhiata supplicante a Kassandra. La
fanciulla, però, era ancora al punto dove l'avevo lasciata. Anzi, a
giudicare dal cellulare rotto in mille pezzettini ai piedi della
finestra, potevo essere sicura che la nostra situazione era passata
da 'patetica' a 'senza speranza'. Gesticolando, le chiesi perchè
diamine avesse voluto rompere la nostra unica fonte di speranza …
…
e
denaro. Tutti quei soldi … svaniti! Evaporati! Buff! Tutto per
quella cr---
“S-senza
s-segnale ...” Sussurrò lei, scocciata. Il suo tono di voce
interruppe le mie lamentele, lasciando spazio alla sorpresa.
Wow,
una Kassandra scocciata. Che miracolo è mai questo?
“B-beh,
a-allora usa il mi---” Mi fermai, ricordandomi che non avevo nessun
numero salvato in memoria.
Prima
che potessi deprimermi ulteriormente per il mio status sociale,il
ragazzo dalla bellezza divina terminò la sua riflessione e mise su
un sorriso sincero…
“Sono
felice che tu riconosca la grandezza del team Blyz--” … che
cambiò subito in un'espressione preoccupata, quando vide la mia
faccia, imbambolata e completamente rossa. Si avvicinò quanto
bastava per sventolarmi una mano davanti alla faccia, ma ero tanto
incantata da non poter focalizzare bene i suoi tentativi di
riportarmi alla realtà.
“Umfh....
il ghiaccio deve aver fatto effetto.” Sospirò, un po' dispiaciuto
“Forse non avrei dovuto attaccarla subito. Sembrava divertente ...”
Si incamminò verso il suo pokemon, che era impegnato a commiserare i
suoi discendenti svenuti.
“Però,
gli ordini non si possono discutere … ” Terminò con un
sorrisetto amaro, quasi non credesse nemmeno lui alle sue stesse
parole. Cosa alquanto strana, per un tipo dei 'cattivi'. Sorvolai
sulla faccenda e mi rivolsi a Kassandra.
Questa
aveva assunto una faccia determinata. Pareva sapesse cosa fare.
“R-resista,
Miss Hellys, c-cerco di c-chiamare aiuto!” Dopo averlo balbettato,
si mise in ginocchio, congiunse le mani a mo' di preghiera e chiuse
gli occhi, corrugando le sopracciglia. Sembra
la fotocopia di Lucia dei Promessi Sposi...
A
coronare l'immagine ci pensò un tenue fascio di luce, spuntato da
non si sapeva dove, che le avvolse il capo come una grande aureola.
Che fosse opera del suo potere psichico?
Ma
non avevo tempo di studiare i suoi fenomeni paranormali. Distolsi la
mia attenzione dalla lady, per concentrarmi meglio sul mio arto
paralizzato. Finalmente tolta la neve che il kimono volante mi aveva
sparato addosso, sfilai la scarpa ed il calzino, rivelando il piede
ferito sotto un sottile strato di ghiaccio.
L'immagine
che mi si parò davanti mi parve così surreale, che dovetti
sfregarmi gli occhi più volte per assicurarmi della sua concretezza:
la pelle aveva assunto un colorito pallido, spettrale, che diventava
azzurrino nelle zone vicine alle dita, che invece erano già
bluastre. Queste erano le più preoccupanti, in quanto oltre al
colore innaturale, presentavano in zone sparse dei rigonfiamenti più
o meno grandi, simili a delle vesciche.
Deglutii
e strizzai gli occhi, imponendomi di non distogliere lo sguardo da
quello che era diventato il piede colpito. Riluttante, iniziai a
sfregare le mani sopra al ghiaccio, sperando di poterne squagliare un
po'.
Vedendo
il mio tentativo patetico, Frederick – che stavo ancora
riprendendo, a sua insaputa – smise di rincuorare il kimono (che
pareva soffrire di disturbi di personalità) e mi guardò con un'aria
interrogativa. Sembrava seriamente curioso di sapere cosa stavo
cercando di fare. Abbandonando la sua espressione superiore ed
assumendone una da ragazzo normale, mi rivolse parola.
“Guarda,
emh … E' inutile che tenti di scioglierlo … il ghiaccio dei
pokèmon, specialmente quelli potenti, è più resistente di quello
in natura...”
“O-oh,
g-grazie, questo m-mi fa sentire m-molto meglio!” Terminai la
sentenza sarcastica facendogli la linguaccia. Staccai le mani dallo
strato ghiacciato del mio piede, e m'infilai nuovamente il calzino,
sperando di poter rallentare il congelamento. Prima che Frederick mi
distraesse nuovamente, notai a malincuore che il ghiaccio si era
propagato fino a metà del polpaccio.
Il
belloccio si era messo una mano sotto il mento, contemplando la sua
opera. A un certo punto battè il pugno sopra la mano spalancata,
folgorato da un'idea geniale. “Magari potrei esporvi nella mia sala
trofei! Sì, siete abbastanza carine.” Decise, annuendo alla sua
iniziativa, notando con piacere che l'espressione della mia faccia si
alternava fra rossore e disprezzo.
Datti
una calmata, Maddy! Mi
urlai, sbalordita dalla mia reazione da fangirl impazzita. M'imposi
del contegno, ma in cuor mio sapevo che era futile: oltre a non
essere abituata ai complimenti, il mio cervellino, da piccolo
com'era, sembrava essersi congelato con il resto del corpo. Iniziavo
a sentire la spossatezza delle mie membra e le mie energie
prosciugarsi.
“Lexie
~” Battendo le mani richiamò l'attenzione del pokèmon. Allora, il
suo volto ritornò rigido e freddo, facendo scomparire ogni traccia
di allegria. “Prima di passare alla madama illuminata da una luce
misteriosa come un albero di Natale, finisci questa fanciulla.”
“C-che?!
P-perché t-tanta fretta? D-devo ancora a-aggiornare il t-testamen--”
Mi morsicai la lingua e dovetti coprirmi la bocca con la mano per
evitare di sputacchiare in giro. “U-uffidete p-plima l'albeo 'i
N-natae!” Mi lamentai, indicando la lady estraniata dal mondo.
Frederick
scrollò le spalle, vagamente dispiaciuto “La regola è ‘attacca
prima chi potrebbe causare un problema’.” Quindi sibilò il reale
motivo della sua scelta, con un sorrisetto irritato “E prima o poi
quella barriera si dissolverà …”
Mentre
Frederick era distratto, mi alzai di scatto ignorando il lamento di
dolore proveniente dal mio arto e appoggiandomi con tutto il peso sul
divano dietro di me. Intontita e goffa, tentai di muovermi, di
saltellare da un lato, di ripararmi dietro al mobile: di spostarmi da
quel punto, insomma. Ma fu tutto inutile: riuscii persino a perdere
l'equilibrio ed a cadere miseramente sulla faccia!
Allora
compresi il mio errore. Per
tutto il tempo che ero rimasta a contemplare Frederick o a scaldare
il piede, non avevo mai tenuto in alta considerazione l'effetto che
la bassa temperatura aveva avuto sul resto del mio corpo. I miei
riflessi erano diventati quelli di un bradipo e il resto dei miei
sensi era un turbinio confuso. In altre parole, avrebbe avuto più
possibilità di scappare un bèbè con gli arti amputati. Lui,
almeno, sarebbe stato in grado di rotolare
vi--.
Mi
fermai, meditando per qualche secondo su quello che avevo appena
pensato, e rabbrividii alla mia perversione mentale. Ora
ne sono sicura, il congelamento deve avere seriamente intaccato
qualcosa all'interno della mia scatola cranica…
Kassandra
pareva più concentrata che mai, niente poteva dissuaderla dalla
preghiera. Se mai fossi rinata come fantasma, gliel'avrei fatta
pagare cara.
Frederick,
invece, aveva un'espressione apatica sul viso. Non era presente
nemmeno la sua solita aria narcisista: sembrava perso nei suoi
pensieri. Il pokèmon, Lexie, al vedere il mio capitombolo, fece
risuonare per la stanza una risata vuota, da incubo, che mi fece
mancare il respiro. Impaurita, riuscii a gattonare – su tre arti -
per quattro metri, prima di scivolare su una parte di pavimento
ghiacciato e ritornare esattamente nella stessa posizione iniziale,
solo più dolorante. Avrei sicuramente riso, se non fossi stata io
quella in pericolo.
Il
Froslass pareva finalmente pronto. Con un'aura malvagia emanata dal
suo corpo, prese a ridere come le vecchie streghe dei film, solo in
modo molto, molto più tetro. Sembravano urla di dolore e pazzia: non
avevo mai sentito un suono più raccapricciante e pauroso. Con quella
risata, l'ultimo mio briciolo di speranza si dissolse, rimpiazzato
dal puro terrore.
E
allora il pokemon prese a roteare vorticosamente su se stesso,
illuminandosi con una luce più forte via via che la velocità
aumentava. Attorno a lui si formarono decine di schegge di ghiaccio
che guardavo nel panico, chiedendomi se davvero aveva intenzione di
infilzarmi con quelle. Raggiunto il culmine della potenza, il kimono
si fermò bruscamente rivolto verso la mia direzione e le schegge
schizzarono contro il mio corpo inerme. Di riflesso, impotente,
serrai gli occhi e mi raggomitolai su me stessa, riparando la testa
con le braccia, aspettando il dolore lancinante della perforazione
delle mie membra.
Sentì
il rumore di qualcosa venire tagliato. Socchiusi un occhio e notai
con sorpresa che i proiettili di ghiaccio erano stati divisi a metà
ed erano caduti tutti, dal primo all’ultimo, sul pavimento. Mi misi
a sedere, con l’intenzione di ringraziare di cuore il mio
salvatore. Osservai davanti a me: due occhi grandi di colore rosso
sangue mi stavano adocchiando con fare accigliato e divertito. Due
occhi rossi che, per quanto mi avessero appena aiutato, non potevo
fare a meno di ricordare con orrore.
“…FREDERICK!”
Il
diretto interessato, scocciato per l’esito che aveva avuto il suo
attacco, mi prestò ascolto. Al vedere il pallore della mia faccia –
non dovuto al freddo, stavolta – e la mia espressione febbrile,
divenne nervoso e impensierito.
“T-ti
prego, ammazzami s-subito! Subito, p-prima che debba s-sopportare
a-ancora una v-volta questo essere m-mostruoso! Risparmiami q-questo
t-tormento e sopprimimi!” Ciò che lo fece preoccupare, era il
fatto che le mie intenzioni erano delle più serie.
La
causa della mia angoscia prese a ridacchiare, dapprima più piano,
poi sempre più forte. Provava gusto alla mia sofferenza.
“Mur!
Murkrow! Crooow!”
“P-perché
mi perseguiti!” Urlai disperata, recuperando il Wooper-ghiacciolo e
tirandoglielo in testa. L’uccellaccio venne colpito in pieno e si
spalmò sul pavimento, massaggiandosi con fare arrabbiato la parte
dolorante.
Froslass
era infuriato con il Murkrow ed attendeva ordini dall’allenatore.
Il vicecapo del team Blyzzard, invece, aveva assunto un’espressione
fredda e rifletteva silenziosamente su tematiche che non riuscivo ad
individuare, dato che ero troppo concentrata sul pennuto.
Questo
si rialzò traballante e si avvicinò pericolosamente a me, con il
becco che diventava sempre più luminoso ed appuntito. Io arretrai
fino a quando non fui con la schiena contro la finestra. Il Murkrow
fu davanti a me in un lampo, deciso a conficcarmi il becco in faccia,
Ma
si fermò, seccato, quando sopraggiunse un’altra voce.
“Sai,
devo dire di essere in disaccordo con te.”
Frederick
si voltò con un gesto fulmineo verso la porta. Al vederne la
serratura sciolta, assunse una smorfia adirata e guardò sprezzante
il colpevole, appoggiato sullo stipite della porta con la spalla.
“Lei”,
fece una pausa per studiare lo stato in cui ero, volto illeggibile,
“non causa problemi. Lei è
il problema.”
Mi
si inumidirono gli occhi. Non so se per il sollievo di non avere un
buco in mezzo alla fronte, o per la malinconia di aver trovato
qualcuno mi considerasse esattamente come mi consideravo io: uno
sbaglio ambulante.
Mi
fu posata una mano sulla spalla. Sopra di me, si ergeva una Kassandra
che sorrideva dolcemente. “Ho t-trovato l’aiuto.” Quindi notai
che, di fianco a lei, Clarence si sorreggeva sulle sue ginocchia,
riprendendo fiato. E la barriera che aveva permesso a Kassandra di
usufruire delle sue capacità, si era appena dissolta.
In
altre parole, era grazie a lei che ci avevano trovato. E dire che era
sembrata patetica per tutto il tempo …
“K-Kassandra
…” Iniziai io, non trovando le parole adatte ad esprimere il mio
imbarazzo.
“N-non
è un p-problema, Miss Hellys.” Poi, lanciò un’occhiata alla
porta aperta. “D-Dobbiamo uscire di q-qui, in f-fretta. Questo s-se
lei r-riesce a m-muoversi, certo …”
Senza
rifletterci troppo, le feci il Pollice – denominazione affibbiata
al segno OK che facevo con il dito – e le feci cenno di aspettare
finché non mi fossi rialzata.
“…”
Frederick, intanto, stava
combattendo una battaglia oculare con il nuovo arrivato. Gelidi occhi
grigi contro sprezzanti occhi neri.
Poi,
il vicecapo domandò con voce carica di rabbia inespressa: “Come
hai fatto a sapere in che stanza cercare?”
“Chiedilo
alla donna là in fondo.” Si limitò l’interrogato.
“Beh
…” Frederick fece scrocchiare il collo, muovendosi in modo tanto
ammaliante che terrificante. “… Una vittima in più non fa
differenza.”Non l’avevo mai visto così gelido e distaccato. Per
la prima volta riuscii a considerarlo come il vicecapo del team
Blyzzard: una macchina spietata. Inconsciamente mi abbracciai le
spalle.
“Vorrei
vederti provare.” Sfidò l’altro.
“…
Lexie, Ventogelato.”
Il
pokémon spalancò le braccia e una tempesta di neve si scagliò sul
nemico.
“Ombra
Notturna, Yoru.”
…Yoru?
Chi diamine –
Il
Murkrow pestifero mi lanciò un’ultima occhiata, prima di prendere
il volo e falciare l’aria con le ali. Dal movimento fuoriuscirono
due tagli violacei, che si scontrarono contro l’attacco del kimono
e lo fermarono con una piccola esplosione.
Non
ci posso credere. Non ci voglio
credere! Daisuke, come hai osata catturare quel … quel …!
“Inseguimento…”
Il mostro si librò in aria e, con le ali circondate da un alone di
energia oscura, si schiantò contro l’obiettivo, sbattendo il
Froslass contro il muro. “… e beccata”.
Riuscì
solo a colpirlo due volte, prima che Frederick ordinasse:
“Funestovento.” Murkrow fu colpito da delle onde viola
provenienti dalle corna del kimono e si allontanò di qualche metro.
Erano
alla pari. Due gelidi e distaccati nemici.
“M-miss
Hellys, o-ora!” Sussurrò Kassandra, aiutandomi ad alzare. “E,
Clarence, per f-favore t-trasporta m-mia s-sorella!” Il piccolo
pokèmon annuì e rifece il suo spettacolino, sollevando il corpo
della sorella dal divano.
Non
so dirvi come riuscii a rimanere in equilibrio e non cadere. Al solo
gesto di alzarmi mi era venuto un enorme capogiro. Se non mi fossi
appoggiata al vetro, mi sarei ritrovata per terra. Una volta che la
stanza smise di ondeggiare, indicai la porta a Kassandra.
Lentamente,
facendo attenzione a non essere colpite né da pezzi di ghiaccio né
da onde oscure, arrivammo all’uscita. Proprio prima di uscire, mi
ricordai di una cosa.
“Accidenti,
ho d-dimenticato la p-palla d-di muco!” Feci retromarch e presi a
saltellare come una svampita verso il divano, dove Wooper era finito
quando lo avevo tirato contro il pennuto.
“S-se
muoio t-ti uccido! Se m-muoio ti u-uccido!” Continuavo a ripetere a
mo' di nenia ad ogni colpo che mi capitava di schivare. Anche se,
dopotutto, non avevano molto senso le mie parole.
Era
difficile muoversi saltellando, figurarsi scappare da dei pokèmon
infuriati. Ma alla fine, l’avevo recuperato. Lo sistemai alla
meglio nella mia borsa, sperando che il ghiaccio non bagnasse troppo
il mio album da disegno, e ripartii. Miracolosamente, ero riuscita a
fare avanti-indietro per la sala senza un graffio. Il mondo doveva
avere pietà per me. Raggiunsi Kassandra e le dissi che potevamo
finalmente andarcene.
“Le
fanciulle normalmente non scappano davanti a me, anzi!” Non appena
si rivolse a noi il volto di Frederick riprese un po’ della sua
iniziale umanità. Era più delicato che con Daikke. “Credevate che
con voi avrei fatto una qualche eccezione?” Sorrise, divertito.
“Lexie,
polvo -- ”
“Ombra
Notturna, Yoru!”
Il
pokèmon dovette rinunciare all’attacco per poter schivare il colpo
del Murkrow.
“Tsk,”
Frederick strinse i denti, innervosito “Non potrò far niente prima
di essermi occupato di te, giusto?”
“Scusa,
stavi parlando?”, chiese beffardo Daisuke, sollevando lo sguardo
dalla pokèball che stava esaminando – alla ricerca di una qualche
ammaccatura, credevo.
“Basta
con questa buffonata!” Sbottò Frederick.
“Stordiraggio!”
Esclamarono assieme Daikke e Frederick.
Dalle
corna di Froslass fuoriuscì un’onda multicolore che si diresse
verso Murkrow. Questo, prima di essere colpito, aveva fissato con i
propri occhi fosforescenti il nemico, che, una volta che li aveva
visti, aveva preso a traballare con lo sguardo a spirale. Entrambi
erano stati confusi.
Frederick
esitò qualche secondo in più dell’avversario, che invece diede un
ultimo ordine.
“Nube!”
Dal
nulla, comparve un tenue strato di fumo. Poi, questo si intensificò
fino a diventare nero pece e riempire la stanza. Io, Clarence e
Kassandra ci precipitammo fuori, osservando con curiosità la coltre
fumogena, tanto compatta da sembrare un muro.
Ne
sbucò fuori Daisuke, frettoloso, che, con un gesto fulmineo,
richiuse la porta.
“Sey,
Ombra notturna.” L’esserino, appena uscito dalla pokèball, colpì
l'ingresso con il proprio attacco. Dopo qualche secondo, seppure non
era calda quanto una fiamma, l’energia sprigionata fuse la porta al
suo stipite. Allora Daikke ritirò nuovamente il compare e si rivolse
alla capopalestra, ignorandomi completamente.
“Riesce
a correre?”
“Sì,
i-io s-sono illesa ...” Balbettò la lady, con lo sguardo che
passava continuamente da me a Daisuke, come se cercasse di risolvere
un puzzle.
“Allora
--”
Si
udirono dei tonfi provenire dalla porta. Ci voltammo tutti, nervosi.
Non
può liberarsi dell'ostacolo tanto in fretta … vero?
Fortunatamente,
il battere finì. Al suo posto era comparso un rumore meccanico, come
di un cellulare o un telecomando.
“Fanciulle
...” Ci chiamò in tono seducente, per poi assumere un tono più
astioso, “... e marmocchio pestifero. Vi sarete pure liberati di
me, per ora ...” Sottolineò il 'per ora', facendo intendere la sua
promessa: ci saremmo rincontrati ancora una volta. “Ma non pensate
di poter fuggire nello stesso modo con cui siete entrati. Ho appena
serrato tutte le porte e solo chi conosce il codice può sbloccarle.”
Mi
ricordai allora del nostro primo incontro, quando mi aveva portato
dentro al palazzo. Mi pareva che avesse premuto qualche pulsante per
richiudere la porta, ma non avevo fatto caso a quali … accidenti!
“Vediamo
un po' chi riuscirà a liberarsi per primo. Buon fortuna ♪” Si
congedò.
Passarono
vari secondi in cui nessuno osò dire niente. Allora, Daikke riprese
il discorso che stava facendo alla capopalestra.
“Se non
si è fatta nulla, potrebbe aiutarmi a trasportarla?” Disse,
indicando dietro di sé la mia posizione con il pollice. Manco fossi
un mobile da appartamento.
La lady si
sistemò la borsa sorridendo e si affrettò a venirmi affianco.
“Non c'è
problema! Per quello che miss Hellys ha fatto per me, questo è
nulla!”
Se non
fossi depressa per come mi stava trattando il damerino lì presente,
mi sarei quasi commossa. Per una volta non ero stata del tutto
inutile. Anche se, oltre a farle da balia e assicurarmi che nessuno
l'accoppasse, non avevo fatto proprio un bel niente.
Entrambi
ai miei fianchi, mi passarono le braccia dietro la schiena mentre io
appoggiavo le mie sopra le loro spalle. Era un po' difficile muoversi
all'inizio, specialmente perché fra i due c'era una sostanziale
differenza di altezza. Dopo qualche minuto di vagabondaggio, però,
se ne faceva l'abitudine.
Ma in
realtà, la cosa che più mi opprimeva in quel momento era un'altra.
Non
sono un'inferma, cappero! Non mi serve tutto questo aiuto! È tutto
così imbarazzante … questo momento mi rimarrà impiantato a vita,
ne sono sicura. Patetico …
Ma non
osai dire niente, nemmeno quando era sorto il dilemma della
scalinata. Dopotutto, ero ben conscia delle mie capacità fisiche
attuali: anche se non si contava il piede inutilizzabile, ero
stremata. Tutte le mie corse, l'adrenalina e le schivate mi avevano
completamente prosciugato di ogni forza. Se non mi avessero
sostenuto, sarei capitombolata al suolo in pochi minuti.
Inoltre,
il piede, dopo essere uscito dall'ambiente gelido, aveva iniziato a
farmi male. Molto male. Mi sembrava di avere un crampo perenne. Yep,
sono davvero patetica.
Arrivammo
in una delle stanze che avevo percorso all'inizio dell'avventura,
quella con l'illuminazione intensa come mille soli. E, con mia
sorpresa e irritazione, ritrovai i miei due amiconi davanti alla
seconda scalinata, mentre stavano ancora cercando di
ripulirsi.
“Sk-skunt!”
La puzzola si mise in posizione difensiva, pronto all'attacco.
Riuscivo a vedere nel suo pelo qualche impronta verdognola lasciata
dal mio rigurgito, ma il resto se lo doveva essere lavato via con uno
dei rubinetti del laboratorio.
“Loudred!
Lou!” Si alzò in piedi l'altro, anche lui cauto. Il mezzo
ippopotamo si era liberato il corpo dalla Dit-Babol, ma non riusciva
ancora a urlare come prima. Probabilmente aveva ancora un po' della
chewing gum in bocca.
“Oh no!
Non altri pokemon!” Kassandra guardava preoccupata Clarence, che ci
aveva seguito silenziosamente fino a quel momento. Stava ancora
trasportando la bella addormentata e a giudicare dall'inquietudine
dell'allenatrice potevo dedurre che non poteva condurre una
battaglia, in quel momento.
Daisuke,
non vedendo altra scelta, cercò in tasca una delle sue pokeball.
Per quel
che mi riguardava, all'imbarazzo era sopravvenuto un forte stimolo
minatorio. Non avevo voglia di combattere, io volevo solo
spaparanzarmi da qualche parte e dormire. E quei due babbei mi
stavano intralciando la strada.
“Hey,
voi due.” Parlai per la prima volta, attirando l'attenzione di
tutti su di me. Daisuke smise di cercare.
“Siete
in uno stato pietoso.” Li insultai, molto diretta. “IO
sono in uno stato pietoso. Ma non pensate che per questo rinunci a
farvi provare le pene dell'inferno. Anzi, se volete sapere la verità,
ho un'intensa voglia di usarvi come punching ball per quello che mi
avete fatto prima.” Sollevai gli occhi da terra, rivolgendo ai due
pokemon lo sguardo più sfinito e feroce che potei fare. Ero un
fascio di nervi, e non gli conveniva scherzare con me in quello
stato.
I pokèmon
parvero averlo capito e così si limitarono a farci largo, molto
prudentemente. Dovevano anche loro essere troppo demotivati e
intimoriti per provare ad attaccarci. Cautamente, cambiammo piano e
richiudemmo la porta assicurandoci di essere finalmente soli.
Continuammo a camminare fino a quando non raggiungemmo il portone
principale, attraverso il quale Frederick mi aveva fatto passare quel
pomeriggio.
“Fiuu,
che sollievo! Miss Hellys, come ha fatto?” Kassandra era piuttosto
giuliva di non aver dovuto combattere. Mi limitai a sospirare
profondamente, spossata. “Ora, però, dobbiamo uscire.” Riflettè,
cinguettante. “Qualcuno sa la password?” Domandò, ingenua. Al
vedere che la sua domanda era stata seguita da un enorme silenzio,
trillò da ottimista qual era, “Allora dovremmo abbattere la
porta!”
“Non è
facile.” Ecco il realista pronto con la sua predica. “Sey non può
creare un passaggio in un portone così spesso.” Quindi ipotizzò,
“Potrei provare a modificare i circuiti … ma sarebbe un processo
lungo.”
“E
allora … allora cerchiamo qualche finestra e --”
“Non ce
ne sono in questo piano. Prima di entrare ho esplorato la zona.”
Spiegò Daikke, sistemandosi gli occhiali.
“Oh.”
Kassandra si rattristì. Stava per ripiombare il silenzio, ma la
capopalestra esclamò d'un tratto: “E' un bel guaio!”
“...what?”
Domandai flebile io, esitante.
“Il
vicecapo si è liberato. Posso sentire la sua superbia colmare il suo
spirito!” Esclamò rapida la fanciulla, entrando nel panico. “Che
si fa, che si fa?!”
“La
password ha quattro cifre. Anche tentando la sorte, ci metteremmo
giorni.”
“Allora
nascondiamoci! Ormai è arrivato al secondo piano, e con lui ci sono
due pokèmon!” Avvertì Kassandra, frettolosa.
“E
aspettare che ci trovino?” Daisuke lasciò trapelare una nota di
ironia.
“Ma
allora ...”
Mentre i
due erano presi ad argomentare le nostre possibili soluzioni, io mi
ero seduta contro la parete, riprendendo fiato. Wow, non sapevo che a
schivare colpi di neve e ghiaccio in un mega frigorifero ci si
riduceva in uno stato così debilitato. Capendo l'antifona, presi a
cercare nella borsa il mio famoso testamento, che avevo ampliato per
l'ultima volta quando l'avevo letto a Bob, settimane fa. Quello era
un buon momento per terminarlo.
Chissà
… magari se ci metto anche Frederick, potrebbe uccidermi in modo
indolore?
Riflettei
qualche istante sull'idiozia che avevo pensato. Quindi scrollai le
spalle e scribacchiai sul foglio pure quello. Cercai nello zaino una
penna rossa, pronta a firmare il documento, ma, al suo posto, mi
imbattei in un oggetto cilindrico di dimensioni poco maggiori:
confusa, tirai fuori l'affare, cercando di focalizzare la mia
attenzione su ciò che poteva essere. E allora sogghignai.
“F-Frederick
è quasi arrivato! Gli mancano quattro porte!” Kassandra prese a
piagnucolare, soffiandosi il naso con il suo fazzoletto.
“...”
Daisuke era a corto di idee. Guardò prima la capopalestra, poi
lanciò un'occhiata nella mia direzione. Assunse un'espressione quasi
confusa – quasi – al vedermi mettere a posto in fretta e
furia le cose nella borsa, e cercare di alzarmi senza cadere.
Mi venne
ad aiutare, mentre Kassandra esteriorizzò quello che entrambi
stavano pensando “Perchè sorride, miss Hellys?” S'illuminò
subito dopo, “Ah, capisco. Il freddo deve averle dato alla testa.”
A quella
mancanza di comprensione rischiai di cadere, presa alla sprovvista.
Adocchiai Kassandra con sguardo critico, per poi sussurrare: “Molto
meno di te, credimi.”
“Sentite,
conosco una via di fuga.” Gli occhi della capopalestra
s'illuminarono, mentre Daikke pareva sospettoso. “Dobbiamo però
correre in fondo alla stanza.”
Dopo un
po' di dibattito interiore, i due acconsentirono a trasportarmi sul
fondo.
“Ed ora
...” Tesi l'oggetto che avevo trovato a Daisuke.
“... una
provetta?” Chiese quello, squadrandomi come se avessi perso qualche
rotella.
“Prova a
tirarla addosso al portone ~” Cantilenai, misteriosa.
“Due
porte di distanza!” Soggiunse Kassandra, supplicandolo di
sbrigarsi.
Daisuke,
non avendo altra scelta, scagliò la provetta contro l'ingresso
principale. Alla rottura del flacone, tutti ci girammo di schiena,
non volendo che qualche frammento di vetro colpisse i punti più
delicati. Quando ci rivoltammo, notai con soddisfazione che nella
porta era comparso un enorme buco, che lasciava intravedere
l'esterno. Scippare il liquido strambo è stata un'ottima idea!
Taccagneria 1, Buon senso 0!
Esterrefatti,
i presenti si voltarono verso di me, pretendendo spiegazioni.
“Beh,
che c'è?” Dissi con nonchalance. “Andiamo, orsù!”
Ci
ritrovammo così all'esterno, allontanandoci alla massima velocità
consentita.
Con la
coda nell'occhio, intravidi Frederick comparire sulla soglia, freddo
e determinato. Per un attimo, temetti che ci avrebbe inseguiti per un
altro scontro. Poi, però, il vicecapo mise su una faccia
sinceramente divertita, seguita dal suo sorrisetto tanto ammaliante
da farmi tornare il rossore in volto. Tornò all'interno
dell'edificio, e non lo vidi più.
Dopo
esserci allontanati abbastanza dalla zona pericolosa, Kassandra e
Daikke mi rilasciarono ed io fui libera di sedermi contro il tronco
di un albero. Dopo aver controllato che non ci fossero possibili
pokemon insetto, certo.
“Umh,
forse è meglio che vada a chiamare aiuto. Non credo che miss Hellys
possa camminare per tutto il tragitto...” Kassandra guardò
impensierita la mia gamba.
“Scusate
...” Biascicai io, dispiaciuta.
“Non si
preoccupi, non è colpa sua! Farò in un attimo!” Detto ciò, prese
a correre, seguita dal suo Kirlia e dalla propria sorellina.
Mi aveva
lasciato da sola con un apatico che non accennava a prestarmi
attenzione. Questo, lentamente, si mise a sedere di fianco a me, con
gli occhi chiusi. Probabilmente non aveva intenzione di sprecare
fiato con me. Tipico di Daikke. Ma io, al contrario, non riuscivo più
a contenermi: avevo bisogno di giustificarmi. Per cui, iniziai il
discorso con una domanda innocente.
“Che ore
sono?” Domandai, fissando l'albero di fronte a noi.
“...”
Daikke si prese la briga di mostrarmi il suo pokèdex, sul quale
lampeggiava la scritta “Nove e quarantasette.”
“Tre ore
e un quarto.” Calcolai io.
“...”
Daisuke pareva disinteressato.
“Sono
riuscita a sopravvivere senza il tuo aiuto per tre ore e un quarto.”
Specificai. Daikke, senza voltare la testa, passò lo sguardo sulla
mia figura.
“Tu
avevi detto che in meno di due ore sarei stata spacciata.”
Continuai amaramente.
“...”
“E poi,
stavolta non hai scusanti. Sei entrato di tua spontanea volontà …
non ti ho trascinato io all'interno.” Stavo ripassando mentalmente
ciò che mi aveva detto l'ultima volta. “In più, ti ho trovato la
capopalestra, così potrai sfidarla senza grandi ritardi.”
“...”
Ancora nessuna risposta.
“Umh
...” Mi grattai la nuca, cercando di nascondere il mio rammarico.
“Però, non è stata colpa mia stavolta. Io volevo solo andarmene,
è stato Frederick a spingermi nel palazzo. Quindi non sono io il
problema.” Mi accorsi che ciò che avevo detto non era la pura
verità, così aggiunsi in fretta. “O meglio, è vero che dove ci
sono io accadono sempre sciagure - quasi peggio di detective Conan –
e chi è presente rischia grosso, ma è solo … cioè … io non
...” Sussurrai a bassa voce, non molto convinta io stessa. “...
non è che io voglia essere una calamità ambulante ...” Mi sono
trasformata in una balbuziente, perfetto. Per una volta che potevo
discolparmi … forse è destino ...
“Lo so.”
Sospirò Daisuke, rispondendomi per la prima volta. Mi sorpresi: mi
ero aspettata una negazione, o uno dei suoi commenti acidi. Mi voltai
verso di lui.
“Sei un
magnete che attrae imprevisti. E ciò mi da' sui nervi. Ma ...”
Scostò lo sguardo di fianco a sé, per fissare un punto imprecisato.
“Non dipende da te. Anche tu sei una vittima.”
“Oggi
pomeriggio non sembravi pensarla così.” Gli ricordai, dubbiosa.
“Ero
arrabbiato.” Asserì con prontezza.
“L'avevo
intuito.” Deglutii e gli posi la domanda che mi stava ronzando in
testa da quando era venuto a liberarci. “E' per quello che te ne
sei andato?”
“No. Sei
tu che me l'avevi chiesto.” Chiarì.
Io lo
fissai, sconcertata. Ponderai su cosa cavolo stesse dicendo e alla
fine inarcai un sopracciglio:
“Non mi
dire che hai inteso la mia domanda come una richiesta!”
“Perciò
non era una pretesa?” Si voltò anche lui, con una faccia vagamente
incerta.
Lo
adocchiai per qualche secondo, prima di esplodere in una grande
risata, sbalordita.
“Non ci
sai proprio fare con le persone!” Presi a deriderlo.
“Eri
adirata!” Si giustificò, incrociando le braccia e attendendo
un'esplicazione.
“Certo!”,
gli ripetei, stizzita, “Non mi avevi detto nulla sul veleno,
rischiavi di perdere ambedue le braccia!” Ero offesa. “Credevo
che dopo un po' di tempo assieme, ti fidassi abbastanza per potermi
avvertire di certe cose, ma a quanto pare non ---”
“Perché
te ne sarebbe dovuto importare?” Ribatté lui, brusco.
“Come
'perché' ...” Strinsi debolmente i pugni, “Noi siamo amici,
no?!” Gli gridai.
Seguì il
silenzio. Solo al vedere la faccia sbigottita di Daikke mi resi conto
di ciò che avevo appena fatto. Mi diedi mentalmente dell'idiota per
essere stata così diretta e attesi il verdetto finale con
agitazione.
Perché
con Daikke risulta tutto più difficile!?
Da
quel che mi pare aver compreso, non è abituato ai rapporti umani.
Probabilmente per lui non sono altro che ---
Al vedere
la mia faccia crucciata, Daikke prese la parola.
“ 'Amici'
.” Socchiuse gli occhi, passandosi una mano fra i capelli. “Potrei
farci l'abitudine...”
Rilasciai
il respiro che non sapevo di avere trattenuto. Quindi bofonchiai,
lieta: “Mmh ~”
In
lontananza riuscivo a sentire il rumore di persone che si
avvicinavano, capitanati dagli ordini di Kassandra. Sbadigliai con
stanchezza: finalmente avrei potuto riposarmi un po'.
“Credo
che dovresti allontanarti, prima che arrivi la folla.” Lo avvertii,
riferendomi alla sua proverbiale difficoltà.
“Se
credi di potertela sbrigare da sola ...” Daisuke si alzò,
guardando per un millisecondo la mia gamba, congelata fin sopra al
ginocchio. Io gonfiai le guance, fingendo di aver subito un affronto.
“Dubiti
delle mie capacità di sopportazione? Tsk, ce l'ho fatta fino a qui,
cosa vuoi che sia qualche ora in più?”
Daikke
sospirò, vagamente dilettato.
“Allora,
potresti farmi una cortesia?”
Io annuì,
non sapendo cosa aspettarmi. Lui fece un sorrisetto innocente.
“Fatti
un lungo, lunghissimo bagno: puzzi di fogna.”
“....”
Ero rimasta spiazzata. Lo guardai mentre s'incamminava con noncuranza
in direzione est. Allora nelle mie guance ci fu un'esplosione di
porpora.
“C-c-c-cretino!”
Gli urlai, imbarazzata per quella che doveva essere una battuta.
Ma Daisuke
era già sparito in mezzo alla boscaglia.
~ Author's Corner
Hi :) Da quanto tempo!
Il capitolo alla fine è venuto
davvero lungo … Aww, volevo rientrare nei limiti di 9 pagine, ma
alla fine ho sforato e sono diventate 13! Gomennasai >.<”
Comunque, Frederick ha dimostrato
di avere diverse sfumature di personalità, un po' come il suo
pokemon, insomma ù.ù Anche Kassandra, alla fine, è servita a
qualcosa. Ma è tutto qui quello che è capace di fare? Si vedrà
solo in futuro.
Daisuke, come la maggior parte dei
lettori ha naturalmente intuito, è tornato in scena, chiamato (?)
dai poteri di Kassandra, mentre il poveraccio si stava aggirando
nella zona. Non avevo intenzione di mandarlo via, era solo una cosa
passeggera. Nessuno scampa alla mia tortura *.*
Maddy, invece, si è ritrovata con
un pezzo di ghiaccio per gamba. Ho cercato di rendere la sua
situazione più realmente possibile, ma non essendomi
(fortunatamente) mai congelata niente, non posso esserne certa ^^;
Perciò, scusate per aver messo
alla prova la vostra pazienza. Potrebbe non essere un chapter molto
entusiasmante per molti, dopotutto … E Scusate se ci sono errori di
battitura, ma sono di fretta! Procederò alla correzione in un altro
momento D:
Grazie per aver letto il capitolo
~
GloGlo_96
|
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Capitolo 28 *** New and Old Acquaintances ***
Pkm 28.0
~
New and Old Acquaintances ~
Gli
ospedali erano posto opprimente. Già da prima ne avevo qualche
sospetto, ma dopo aver avuto il 'privilegio' di starci per quasi due
settimane, mi ero convinta definitivamente. La routine pareva quello
di un prigioniero: ti svegliavi, ti cibavi, facevi i soliti controlli
e quindi la riabilitazione. Il resto della giornata? Lo passavi su un
letto che puzzava di medicinali, senza aver la possibilità di
accedere alla radio (unica fonte di comunicazione con l'esterno e
proprietà indiscussa delle vecchiette con cui condividevo la stanza)
e, in generale, di intrattenerti in alcun modo. Le infermiere erano
molto sbrigative: le solite domande (“Come si sente oggi? Avverte
qualche dolore all'arto?”), un falso sorriso, due o tre chiacchiere
e la stessa serie di raccomandazioni.
La vita da
ricoverata è astrusa, e non azzardatevi a dirmi il contrario. Voi
non sapete cos'ho provato a sopportare quelle tre mummie resuscitate
delle mie coinquiline. Fin dal primo momento in cui avevano posato lo
sguardo l'una sull'altra, si erano implicitamente dichiarate guerra.
Una era la tipica ipocondriaca: rompeva le scatole a chiunque le
passasse sotto tiro e non riusciva a passare una notte senza chiamare
rumorosamente l'infermiera di turno, presa da improvvisi attacchi di
panico. Ogni volta che perdeva un singolo capello, la cara Rosetta lo
considerava un sintomo inequivocabile che avesse un cancro al
cervello. Era a lei che dovevo le mie notti insonni. La seconda
vecchietta era una so-tutto-io della peggior specie. Ex-chirurga
andata in pensione, non sopportava le stupidaggini che uscivano dalla
bocca di Rosetta e puntualmente le assicurava che l'unico modo –
vecchiaia a parte – con cui avrebbe potuto lasciare il mondo era
per l'inaffidabilità dei medici di quell'ospedale. Tutti stolti che
non riuscivano a capire niente di niente, perché tanto era lei
quella con più esperienza. La più grande nemica di Rosetta ed
Erinna era Maria, l'apocalittica. Aveva una visione molto negativa
della sua malattia, tanto che se le infermiere volevano farla
mangiare, dovevano attaccarle la flebo. Si rifiutava di seguire le
cure prescritte dal dottore perché secondo lei non c'era più
speranza, avrebbe lasciato quel mondo in poco tempo. “Ma non
senza Erinna e Rosetta”, aveva votato sogghignante dopo due
giorni in loro compagnia.
“L'ospedale
dona nuova vitalità e speranza!” Era stato pronunciato una volta
in una pubblicità sentita alla radio. Sì,
ed io sono una Winx, mi
ero detta di rimando. In tutta la mia vita non avevo mai provato un
tale senso di disdetta e d'incapacità: parevo senza vita, consumata
giorno e notte da quelle tre racchie indemoniate. Da Rosetta avevo
imparato che non c'era scampo, ogni cosa era simbolo di una qualche
malattia micidiale per la quale non avevano ancora trovato una cura.
Per Erinna, ogni cosa che dicevo o facevo – anche solo andare in
bagno- era da considerare pericoloso, in quanto, secondo le sue
'accuratissime diagnosi', avevo buone probabilità d'avere una tenia.
Maria, invece, si era limitata ad aumentare le mie visioni nel campo
della depressione, facendomi chiudere nel mutismo e nell’apatia più
assoluta.
Ma in
realtà era stato lo stesso ospedale a darmi il colpo di grazia: per
cercare di tirarmi fuori dal mio inspiegabilmente tetro stato
d'animo, avevano ricorso alla Clownterapia. Un giorno era
sbucato fuori questo tizio in camice, stetoscopio e cartellino, che
aveva la faccia completamente pasticciata di colori e disegnini
insulsi. Aveva passato l'intera giornata a cercare di farmi
ridere, esibendosi nella stanza e raccontando barzellette, mentre
allo stesso tempo si accertava che le mie capacità mentali non si
erano danneggiate.
E poi si
chiedono ancora perché avessi cercato di calarmi giù dalla
finestra con la gamba ingessata.
Solo dopo
undici giorni di tremenda agonia riconobbero la mia effettiva
guarigione e mi rilasciarono dalla tortura. Per la gioia salutai
persino le vecchiette - prima che loro potessero mettersi a litigare
- mentre alla sola vista del giovane dottore truccato da Ronald
McDonald, me l'ero data a gambe, traumatizzata...
… solo
per schiantarmi contro Kassandra all'uscita dell'ospedale.
“Kassandra!”
Feci la prima mossa, spolverandole meticolosamente i vestiti. “Non
sai quanto sono felice di rivederti!”
“Oh,
miss Hellys! A quanto pare è tornata in piena salute. Se fossero
successe delle complicazioni... ” La donna fece un sorriso
dispiaciuto, prima di continuare. “Non avrei mai potuto
perdonarmi.”
“Nah,
non ti preoccupare! Avere una gamba congelata non è niente, rispetto
a quello che ho dovuto passare da quando ho intrapreso il mio
viaggio. Piuttosto, è di questo che ti volevo parlare!” Le feci
pressione, afferrandola per un braccio e spingendola con una certa
forza fuori dal cancello dell'edificio delle mie oppressioni.
“Veramente,
anch’io volevo comunicarle una notizia …” Mi fece l'occhiolino.
“Una bella notizia.”
“Non
credo che riuscirà a battere quella che ho ricevuto stamattina.”
Cinguettai, girandole attorno: parevano secoli dall'ultima volta che
mi ero sentita così libera!
“Ahah!”
Ridacchiò elegantemente, empatizzando con il mio entusiasmo. “Forse
no, ma di certo ti renderà felice.”
“Scusi,
ma possiamo lasciare il meglio per dopo? Ho un'insana voglia di
combattere con lei in palestra, sa?” Le dissi, contenendo un
sogghigno. Sdraiata perennemente su un lettino, per cercare di non
impazzire, avevo focalizzato le mie attenzioni su qualcosa di utile.
Avevo formulato almeno quattro strategie per appiopparmi la vittoria,
e non vedevo l'ora di metterle in pratica.
Rattata
e Wooper saranno felici di combattere! Ridetti
mentalmente. Non li avevo più visti da quando eravamo fuggiti
dall'ibernazione, e, anche se non meditavo di dirglielo, avevo
sofferto terribilmente la loro mancanza. Beh,
del girino non proprio. Più che altro mi mancava la sensazione di
Rattata sulla mia spalla, appisolato.
Meditai, più realista. M'interruppe dai miei pensieri la delicata
capopalestra, la quale aveva fino a quel momento trafficato nella sua
borsetta griffata. Mi lanciò uno sguardo eccitato.
“Ma,
vede miss Hellys --” Estrasse dalla borsa una piccola custodia
lilla, porgendomela. “Lei non ha bisogno di combattere contro di
me.”
Le presi
lentamente la scatola e ne sbirciai l'interno, non sapendo cosa
aspettarmi. All'interno c'era un sottile pezzo di metallo colorato di
viola, che raffigurava un gatto con la coda biforcuta e un rubino
trapiantato in testa. Un … gatto alieno?
“La
medaglia Espeon è sua, ora.” Incredula, mi cedette la mascella.
“Ho visto come ha tenuto testa al team Blyzzard -- spettacolare.
Non mi occorre vedere un'altra prova delle sue doti. Sono debitrice a
lei e al suo amico, questo è il minimo che possa fare.”.
“M-medaglia?
Espeon … che cacchio è un Espeon?!” Blateravo, non sapendo che
dire.
Ho
passato undici giorni a meditare su come poterla sconfiggere, e non è
servito a nulla!?
Non sapevo
se essere felice, perché almeno mi ero tolta un impiccio, o
esasperata. “Kassandra ...” Sospirai, cercando di essere
compiaciuta. “Sei un angelo!”
“Eheh
...” Lei si grattò la guancia, imbarazzata. “No, non è vero. Se
l'è meritata. Però, vorrei solo un ultimo servizio da lei ...”
D'un tratto si fece seria. Le parole che lasciarono la sua bocca
furono molto chiare e coincise. Alla fine del discorso, strabuzzai
gli occhi, non essendo sicura di averla compresa a pieno.
“Scusa,
puoi ripetere...?”
~ ♪ ~
“Rattata!
Topastro mio! Sostegno della mia carriera!” Esclamai esaltata,
trotterellando verso il centro pokèmon, incurante della gente che mi
osservava come se avessi dei problemi. Secondo le mie previsioni, il
topo si sarebbe precipitato fuori dal centro, lacrime agli occhi, e
mi avrebbe fatto le feste. Come
un chihuahua.
Solo che,
dopo cinque minuti, ancora non c'era traccia di nessuna macchia
viola. Riprovai, non dandomi per vinta. “Sono tornata dall'inferno,
Ratt! Sono tornata ...”. Misi il broncio, cercando nella mia borsa
se avevo qualcosa da mangiare. “... ed ho delle bacche.”
Le porte
del centro si aprirono di scatto e ne uscì il pokémon che, correndo
come una scheggia, mi raggiunse in un lampo. Maledetta pantegana!
Pusillanime! Ingrato! Preferisce delle bacche alla sua allenatrice?
Corrugai le sopracciglia, accigliata.
“Ratta!
Rattata!” Squittiva il topo, strusciando la testa sopra la mia
caviglia. Per quanto fossi arrabbiata, non riuscii a resistere ai
suoi tentativi di lecchineria e, con un sospiro, lo feci arrampicare
sulla spalla, dandogli un buffetto e una baccapesca.
“ 'Sono
tornata dall'inferno' ?”
Sobbalzai
e misi una mano sul petto, facendo pat-pat nel tentativo di calmare
il mio povero cuore. Mi voltai innervosita verso la causa del mio
infarto, solo per ritrovarmi davanti un damerino dai capelli neri
perfettamente ordinati e valigia alla mano. Rimasi per un po' a
fissarlo, ragionando sul modo migliore per approcciarlo. Quindi gli
feci un sorriso a quarantadue denti.
… Chissene
della logica!
“Daikkeee
~” Gli gridai, facendo un balzo in avanti per afferrarlo. Dopo aver
vissuto senza veri rapporti umani per più di una settimana, avevo
bisogno di sfogarmi. Solo che Daisuke non sembrava essere dello
stesso avviso e, mentre io ero sospesa in aria, si era velocemente
spostato di lato, facendomi cadere sul marciapiede.
Un
giorno ce la farò, mio caro 'amico'. Un giorno riuscirò a varcare
la tua barriera personale, che ti piaccia o no!
“Felice
di avere il tuo cordiale benvenuto. Sei proprio felice di vedermi,
uh?” Mi alzai, leggermente offesa. Lui, per tutta risposta, alzò
un sopracciglio.
“Rallegrarmi
del tuo ritorno ed essere soffocato a morte sono cose diametralmente
opposte.”
“Sempre
il solito esagerato.” Replicai, sbuffando. Lui e la sua logica.
Questo
però vuol dire che, almeno un po', gli sono mancata. Giusto? Mi
chiesi, dubbiosa.
“Kassandra?”
Chiese. Una domanda che, nel linguaggio asocialiano, implicava 'Sai
già tutto? La medaglia ce l'hai? Sei pronta alla partenza, o devo
ancora attendere?'
Gli feci
Il Pollice.
“Ora
è tornata in palestra. Mi ha detto che sua sorella ci sta aspettando
all'uscita della città.”
Annuì,
frugando nella sua tasca sinistra. Mi lanciò quindi una pokèball.
O
almeno, credo che sia una pokèball.
“Perché
è ricoperta di catenacci?” Gli chiesi, non sapendo cosa
aspettarmi.
Daisuke
fece un breve sospiro. “Ha allagato il centro pokemon.”, lanciò
uno sguardo irritato in direzione della pokèball, “E solo nel giro
di un quarto d'ora.”
“Ah.
Wooper. Già.” Annuii, sapendo ormai cosa si provava in compagnia
del mio pokèmon. Era sorprendente il fatto che nessuno l'avesse
ucciso in mia assenza. “Scusa per averti mollato un compito così
apocalittico.” Ridacchiai nervosa, mettendo la sfera al suo posto.
“Dovere.”
Replicò lui, sconfortato. Sembrava sovrappensiero. Alla fine, però,
si limitò a passarmi di fianco, dicendomi di voler riprendere il
viaggio.
Che
volesse dirmi qualcosa d'importante? Mi
chiesi. Poi scrollai le spalle: me l'avrebbe detto a tempo debito.
Era così che funzionava, con lui.
~ ♪ ~
L'obiettivo
era una ragazza dai capelli biondo pesca che indossava un lungo e
semplice vestito bianco. Oltre a quello, aveva un coprispalle verde
mela e un ampio cappello di paglia al quale era legato un nastro
dello stesso colore, che pendeva con delicatezza. I suoi occhi erano
di un rosa tenue, dolci e gentili. Fattore Kawaii? 120%.
“P-pensi
davvero queste cose di me?” Domandò l'obiettivo, le cui gote si
tingevano di rosso.
“Ovviamente.
Senza tutto quel rosa, sei molto più carina ~” Le spiattellai,
passeggiandole affianco. Già, Désirée si stava dimostrando di
piacevole compagnia, a dispetto di quanto mi fossi aspettata. Dopo
averla incontrata nel posto previsto e aver fatto le normali
presentazioni – o meglio, io
facevo le presentazioni, Daisuke dava prova del proprio disinteresse
– ci eravamo incamminati verso la prossima città. Il nostro ruolo
era di accompagnare Désirée al museo lungo la via. Così ci aveva
detto Kassandra, sua sorella maggiore. Non riuscivo a capacitarmi,
però, del perché avesse bisogno di una scorta. Sarebbe
probabilmente entrato a far parte della mia lista dei misteri
irrisolti …
“Emh,
in realtà è perché in questa strada ci sono molte zone di erba
alta.” Disse Désirée, serena. In
effetti, pare di essere in una giungla.
“E non ho pokèmon con me per proteggermi da eventuali animaletti
selvatici.” Si grattò la guancia, giustificandosi.
E
allora perché non portare una falciatrice? Con tutti i soldi che
hanno …
Désirée
sussultò, intimorita. “E uccidere tutti i piccoli ed innocenti
pokèmon che ci abitano dentro?” Per un attimo la sua faccia mi
parve assumere lo stesso colore del suo coprispalle, da quanto era
nauseata.
“Giusto.
Non ci avevo pensato, scusa.” Le confidai.
“Volevi
fare una strage?” Domandò Daisuke, con una lieve impronta
divertita. Era la prima volta che parlava, da quando avevamo
incontrato Désirée.
“...con
una motofalciatrice...” Mugolai, imbarazzata.
“Mph.”
Daikke studiò la mappa, prima di sussurrare. “Chissà quando lo
capirà ...”
Io gli
feci la linguaccia di nascosto, non sapendo a che si riferiva e
importandomene gran poco. Di solito, quando nei film facevano
un'osservazione del genere, significava che un personaggio era
attratto ad un altro. Ma c'era differenza fra la vita reale e quella
hollywoodiana. E poi, quale potrebbe essere la coppia? Daikke e
Désirée?
“Madeleyne?
Dovrei dirti una cosuccia ...” Mi avvertii Désirée. Ma io ero
troppo impegnata.
Me e
Daikke? Mi
s'infiammarono le gote e, prima che potessi iniziare a riflettere su
quello che avevo provato nel pensarlo, scacciai violentemente
l'ipotesi.
“Eheheh
… Madeleyne?” Désirée cercava di farmi ragionare, ma stavolta
con del sangue che le colava dal naso e un'espressione da fangirl.
Forse,
me e Désirée? Corrucciai
le sopracciglia, mentre un filmato che rappresentava la possibile
scena - che non è concepibile descrivere perché rischia di
traumatizzare le menti di ragazzi innocenti – affiorava nella mia
mente. Perché, ammettiamolo, leggere i manga comportava
l'acquisizione di una mente perversa. Anche troppo, nel mio caso.
Prima che potessi passare alla prossima scena – ed io cercavo
invano di evitarlo – la fonte dei miei pensieri sbottò, con il
sangue che le usciva a frotte dal naso.
“Madeleyne,
sono una telepatica!”
Mi fermai sul posto, sorridendo come un'idiota, mentre la piena
realizzazione di quel che era appena successo mi colpiva come
un'onda.
“...”
OH
MERD-- Per gli slip più consunti di Merlino! “Hai
visto --” Ogni
mia più recondita fantasia?
“Sì.”
“Anche
--” Il
pezzo in cui i miei ormoni adolescenziali abusano di te?
“Mmh
mmh.”
“Beh,
sappi che in realtà non intendo assolutamente --” Avere
rapporti di QUEL genere con te.
“Mi
fido.” Assicurò lei, calmatasi un po'. Il massimo che potei fare
fu regalarle un pacchetto di fazzoletti per arrestare la perdita di
sangue.
Continuammo
il viaggio in silenzio, con io che maledicevo continuamente la nostra
guida. Lo stupido avrebbe almeno potuto dirmi 'Attenta a non pensare
nulla di compromettente', no?! Cretino, maledetto, astruso ed
enigmatico Daisuke! Scommetto che si stava divertendo, sotto sotto,
il dannato!
“Non
è colpa sua. Non è colpa di nessuno.” Lo giustificò Désirée,
attirando allo stesso tempo la sua attenzione.
“Mi
sta incolpando solo perché non riesce ad accettare la sua
imbecillità.”
“Ehi,
ma è vero! Potevi almeno accennare al suo potere, se lo sapevi!”
“Stava
continuando a parlare da sola tutto il tempo. Solo un idiota non se
ne sarebbe accorto.” Alzò gli occhi al cielo.
“M-mi
stai dando dell'idiota?” Balbettai, pronta a demoralizzarmi.
Daikke
pareva averlo intuito, perché dopo aver rimuginato un po' sui pro e
i contro di quello che avrebbe potuto dire, si limitò a dichiarare:
“Forse.”
“Siete
tutti contro di me! Prima Polaretto, poi Wooper e Rattata, ed ora voi
due!” Mi feci venire le lacrime agli occhi. Non era difficile,
bastava concentrarsi su episodi tristi della propria vita – ed io
ne avevo avuti tanti.
“Polaretto?”
Si era limitato a chiedere Daikke, che per qualche motivo non cadeva
nei miei trucchetti. Désirée invece cercava di rincuorarmi in ogni
modo, chiedendo scusa per aver invaso la mia mente e cose simili.
Le mie
lamentele furono interrotte quando vidi che in fondo al sentiero
faceva capolino un imponente vecchio edificio. Era in buone
condizioni, ma emanava un’aria rustica, antica. Questo era
circondato da aiuole e siepi, che sprigionavano mille colori sia per
le bacche che per i fiori che esponevano. Persino un muro del palazzo
era ricoperto dalla natura, in quanto una pianta di edera si era
arrampicata per l'intera parete, fino a raggiungere una finestra
fatta a mosaico. Il sole penetrava fra le chiome degli alberi
illuminando l'area a tratti, creando così una luce soffusa.
Era come
un'oasi in mezzo alla giungla di erbacce: in altre parole, era
spettacolare.
“Wow!
Che bello, è tutto così colorato!” Esclamò d'un tratto Désirée,
correndo ad annusare ogni cespuglio. “Sembra di essere in una
favola!” Continuò, esaminando con aria sognante la zona. La sua
spontaneità ed i suoi sorrisi mi ricordarono quelli di una bambina.
Anche io,
però, ero stupefatta. Non mi sarebbe dispiaciuto trascorrerci le mie
vacanze estive. Guardavo i dintorni con fare indeciso: volevo andare
ad esplorare la zona, o meglio, l'interno del museo … ma c'era
qualcosa che mi fermava. Come se il mio subconscio mi stesse urlando
di non entrare lì dentro, dato che me ne sarei pentita.
“Beh,
venite o no?” Domandò Daikke, davanti al portone d'ingresso,
rovinando puntualmente l'atmosfera magica che si era creata.
Certo
che sei proprio indifferente a tutto … Pensai,
sorridendo debolmente.
“Non
saprei. Penso che ci farebbe bene stare qualche minuto in più in un
posto del genere. Specialmente a te!” Mascherai il mio sorriso con
una linguaccia, riferendomi alla svalutazione che dava a quel luogo.
Daisuke
fece una faccia leggermente sorpresa. “Strano, detto da te.
Conoscendo il tuo 'problema' ...” Assunse una faccia stanca. “Non
ti spaventare troppo.” Si avviò all'interno del museo.
Non ti
--- eh? Ero
confusa. Cosa
intendeva dire con 'non ti spaventare'?
Decisi di non pensarci troppo, così mi misi a trotterellare verso
Désirée – che stava ammirando un enorme narciso con gli occhi
illuminati di gioia fanciullesca – quando dal narciso uscì
un'apina, che volò fino al suo alveare, sull'albero dietro alla
ragazza. Arretrai di scatto, decidendo che forse non era una buona
idea raggiungerla.
Mi sentii
prudere un polpaccio. Vidi che c'era una formica: seccata, me la
tolsi colpendola come una biglia. Quando atterrò, notai che di
fianco ad un'aiuola ce n'era un intero formicaio, con tanto di
formiche volanti. Mi allontanai anche da quella zona.
“Credo
di aver intuito quello a cui si riferiva...” Biascicai, nervosa.
Non che un paio d’insetti potessero spaventarmi! Finché stavo
attenta --
Schivai
una farfalla bianca che si stava avvicinando traballando. Non ci
si può mai fidare delle farfalle. Mi ricordai, sudando freddo.
Volano come delle ubriache, è difficile prevedere la loro
direzione. Infatti, dopo qualche secondo mi ripassò davanti agli
occhi, facendomi trasalire. Dovetti usare tutto il mio contegno per
non urlare. Mi guardai attorno, col cuore in mano, notando per la
prima volta come quel posto fosse pieno di creaturine svolazzanti. La
zona era passata dall'essere la 'bellissima casa di Biancaneve' alla
'demoniaca casa degli orrori'.
“Respira,
Maddy. Fai ricevere ossigeno al tuo cervellino.” Mi rincuorai. “Se
tutte le persone normali riescono a stare all'aperto senza problemi,
perché non ce la dovresti fare anche tu?” Feci una risatina,
cercando di apparire un po' più convinta. Dopotutto, quel posto era
davvero artistico. Non mi sarebbe successo niente di male.
Ad un
tratto scorsi con la coda nell'occhio un movimento sospetto.
Sentendomi un improvviso nodo alla gola, deglutii a fatica, mentre
gli occhi si avvicinavano lentamente ad inquadrare la mia spalla.
Spalancai gli occhi, vedendo una macchietta rossa a pois neri che
risaliva la mia pelle.
Ragionai,
imponendomi lucidità: se fossi stata abbastanza rapida avrei potuto
colpirla e togliermela di dosso. Ma, quando c'erano di mezzo gli
insetti, ero tutto fuorché veloce. Con la mano tremolante, mi
avvicinai molto lentamente alla coccinella. Che nello stesso momento
si fermò, causando, in preda al panico, l'arresto della mia mano.
Ti
prego non ti alzare in volo! Ti supplico, risparmiami!
E, prima
che potessi anche solo pensare di colpirla, quella prese, stiracchiò
le ali e, dal nulla, si librò in aria, dirigendosi verso la mia
faccia.
“Aaaaaaaaaah!”
Urlai a squarciagola, scattando in direzione del museo con la
prontezza di un velocista olimpionico. Prima che potessi, però,
abbattere la porta, questa si aprì spontaneamente, facendomi
raggiungere l'interno sana e salva. Mi fermai, mani sulle ginocchia,
sudata e annaspante. L'esterno
è pericoloso. Ho deciso: diventerò un hikikomori.
Daisuke,
sogghignando compiaciuto, richiuse la porta.
“Quale?”
Chiese, osservando interessato l'effetto che poteva avere su di me un
invertebrato volante.
“Anf
… ah … c-coccinella ...” Annaspai io, cercando di
tranquillizzarmi. Per la paura, avevo preso a lacrimare.
“...”
Daikke si era fatto serio, meditando su questioni che non
m'importavano. Avevo rischiato la pellaccia. Come faceva la gente a
venerare le coccinelle, non lo avrei mai capito. Erano piccole, si
potevano infilare dappertutto, avevano sei paia di zampette pelose,
un muso del tutto inquietante e, specialmente, due alette che –
Mi tirai
uno schiaffo, riuscendo solo in quel modo a smettere di tremare e a
scacciare quel ricordo. Daisuke, intanto, mi aveva passato un
fazzoletto. Feci un passo per prenderlo, quando la gamba mi cedette,
come se il muscolo fosse fatto di gelatina. Caddi sulle ginocchia
arrecandomi non poco dolore, subito cancellato però dallo
sbigottimento che stavo provando.
“Uh
… ?” Tentai di rialzarmi, ma prima ancora di potermi sollevare,
ricadetti a terra. “Strano ...”
“Senti
dolore?” Daikke aveva addosso la mia stessa espressione perplessa.
“No,
affatto. Solo … pare che la mia gamba non riesca a supportare il
mio peso. E non perché sono grassa.” Precisai. Daisuke spinse i
suoi occhiali vicino alla faccia, meditando una possibile ipotesi.
“Probabilmente
non si è del tutto ristabilita.” Commentò, facendomi ricordare
del ghiaccio di Lexie. Il suo sguardo si fece infastidito. “Non
avresti dovuto correre in quel modo.” Cioè,
fammi capire. Adesso è colpa mia?!
“Mica
l'ho fatto apposta! Ero in punto di morte, là fuori!” Mi
discolpai. Prima che il mio 'caro' compagno di viaggio avesse potuto
contraddirmi, ci interruppe una voce che mi pareva di aver già
sentito.
“Guarda
guarda chi ho trovato … Maddy!” Dalla porta di fianco a me era
sbucato fuori un ragazzo alto, vestito in tenuta da lavoro, dai fulvi
capelli rossicci e l'espressione piacevolmente sorpresa.
“Jackpot!”
Esclamai, altrettanto felice di rivederlo. E un po' confusa.
“Ahahah!”
Ridacchiò di gusto, prima di tendermi la mano. “Che ci fai lì per
terra? Su, su, che non è salutare.”
“Non
riesco a stare in piedi. Daikke qui--” Daikke, in preda allo
sconforto per il suo soprannome, si massaggiò furiosamente le
tempie. Alzai gli occhi al cielo, divertita. “--crede che io abbia
sforzato troppo il muscolo.”
“Oh,
nessun problema, allora.” Assicurò, con un sorrisetto stampato in
faccia. Quindi, al posto di prendermi la mano per tirarmi su, mi
afferrò per i fianchi... “Oooh issa!” … per poi buttarmi con
delicatezza sulla sua spalla.
“Wow,
è alto da quass-- mettimi giù!” Gli ordinai, scalciando e tirando
pugni come una bambina. L'altro pareva addolorato.
“Ti
poso, ti poso, giovinastra piena di energie ...” Mi gettò su una
poltrona, tossicchiando per lo 'sforzo'. “Ouch, la schiena! Non
dovrei sforzarmi così tanto, alla mia età ...”
“See,
ok Jackpot, come dici tu. Ora, mi spieghi perché sei vestito come
--”
“Un
barbone.” S'intromise Daisuke, che si teneva a qualche distanza da
noi.
“--
un bidello?” Mi voltai verso il terzo incomodo, sguardo
arrendevole. “Gentile come al solito, vero?” Sospirai.
“Oh,
buon pomeriggio anche a lei, signorina. E' da molto che non la
vedevo. Ancora problemi con la crisi d’identità?” Jack strizzò
l'occhio a Daikke, che per risposta emise un piccolo ringhio di
avvertimento. Ignorandolo, continuò imperterrito, col puro desiderio
di aizzarlo. “Aww, che carina ~”
Non appena
vide a pieno lo sguardo omicida di Daisuke, si fermò di botto.
L'atmosfera si raggelò. Se non avessi già provato una sensazione
simile in passato, avrei pensato che F-Frederick – arrossii al
nome, presa da sentimenti contrastanti - fosse tornato.
Jack fece
una risatina nervosa, grattandosi il retro della nuca. Quindi cambiò
discorso, preso da dei brividi di paura. “E' il mio camice da
lavoro. Tengo pulito e in ordine questo posto dimenticato dal mondo.”
“Lavori
qui?” Mi guardai attorno, spaesata. In effetti, anche lì dentro
c'era un'atmosfera rustica. Essendo solo l'ingresso, c'erano poche
teche contenenti alcuni vasi antichi. E
un enorme scheletro di un lucertolone dotato di chele, alette e
piume. Mi
avrebbe fatto venire gli incubi, ne ero certa.
“Sì,
faccio anche il receptionist, sai? Per qualche strano motivo, le
ragazze mi trovano irresistibile...” Si mise in posa da modello, in
modo da farmi vedere che non diceva menzogne. Cercando di fargli
abbassare la cresta, lo ignorai, guardandomi le unghie.
“...Sto
perdendo il mio fascino. Lo sapevo. E' colpa della vecchiaia.”
Sospirò, sconfortato. “Comunque, volevate entrare? Sono 250 Pokè
a testa.”
“250
Pokè!? Ma è un furto!” Prorompetti, oltraggiata. Mi alzai su una
sola gamba, decisa ad andarmene di lì. “Robe da matti. In che modo
siamo finiti? Mi vogliono dissanguare.” Incrociai le braccia,
iniziando a saltellare su un piede. Se ero ridicola? Forse. Ma non me
ne importava un accidente. Il mio portafoglio era stato minacciato! E
poi, cosa mai ci sarà di tanto interessante in delle stupide ossa
rinsec--
Mi fermai
di scatto, percependo qualcosa nell'aria.
“Sniff,
sniff.” Ispezionai, non capendo dove avessi già sentito
quell'odore. Aveva un qualcosa di metallico e terroso. Annusai ancora
un po', registrando anche un distinto sapore di sorgente d'acqua
dolce. Daisuke aveva il solito sopracciglio alzato con espressione
scettica, mentre Jack, dilettato, gli stava chiedendo se mi fossi
scordata di aver preso qualche medicinale.
“Sento
… sento ...” Aggrottai la fronte, incerta. Fiutai nuovamente la
scia d'odore, concentrata, cercando cosa mi fosse sfuggito e
trovandolo poco dopo: c'era un fioco profumo di fiori di pesco.
Jackpot si
grattò una barba immaginaria, studiando il mio comportamento. “La
giovane ha perso qualche rotell--”.
“BILIA!”
I miei occhi sfavillarono come due gemme, improvvisamente illuminata.
Feci qualche balzo verso la porta da cui era comparso Jack,
commentando. “Precisamente, una Bilia
tersa!”.
Sbattei aperta la porta. “Di grandezza …” Mi ripulii un rivolo
di saliva. “... fra i 40 ed i 60.”
Al centro
della stanza - con le pareti interamente ricoperte di mappe
raffiguranti i sotterranei di regioni diverse - vi era un piedistallo
illuminato da una luce artificiale. Mi diressi lì ammirando la mia
scoperta: su un morbido cuscinetto rosso, giaceva un'enorme gemma
sferica. Sulla sua superficie liscia, erano riflessi sette colori
differenti. Che la rendono una delle Bilie più ricercate dei
sotterranei!
Senza
pensarci, allungai la mano, presa dal desiderio morboso di toccarla.
“Sei
pazzesca, Maddy! Come hai fatto ad azzeccare tutte quelle cose? Eri
già venuta qui?” Esclamò Jack, frapponendosi fra me ed il mio
tesoro.
“E'
naturale, stolto! Come si può confondere questo profumo sublime!”
Sbraitai, sbracciandomi per raggiungere la Bilia dei miei desideri.
Spalancando gli occhi, Jack si allarmò. Mi afferrò per le spalle,
cercando di allontanarmi da lui e la gemma.
“ALT!
Non puoi toccare le proprietà del museo! E poi, non potete stare qui
senza aver pagato il bigliett--”
“Chissenefrega
delle regole!” Mi sfogai io, non del tutto lucida.
“Non
sono le regole a preoccuparmi! È il capo che ...” Deglutì. “Se
lui ti vede toccare anche uno dei 'suoi tesssssori', sei spacciata!”
D'un
tratto, mi si accese una piccola lampadina, che mi urlava “Pericolo!”
ad intermittenza.
Perché
ho come la sensazione di deja-vu? Dovevo
fermarmi un attimo dal mio 'attacco' e pensarci. Era da quando avevo
visto il museo, che mi sembrava rischioso. Prima che potessi
arrestarmi, però, colpii accidentalmente Jack nel punto centrale
della colonna vertebrale. Quello cadde su tre zampe, la quarta usata
per massaggiarsi la parte indolenzita.
“La
schiena! La mia povera, povera schiena!” Pigolò Jackpot,
agonizzante.
Il
problema era che, poiché Jack, che mi aveva sostenuto fino a quel
momento, era crollato al suolo, io mi ero ritrovata a cadere addosso
al piedistallo. Che si era messo a traballare. Facendo cadere la
Bilia.
“NUOOO!”
Esclamai, gettandomi a pesce verso la pietra colorata, e prendendola
con entrambe le mani, mentre io stramazzavo al suolo.
Non appena
la toccai, la stanza s'illuminò di rosso, mentre una voce meccanica
si mise a starnazzare: “Allarme, allarme! Tentativo di furto
nella zona 2! Allarme, allarme! Tentativo di ...”
“Fhe
ohsa!?” Mugugnai, con la faccia ancora stampata contro il parquet
del museo. Daikke, che fino ad allora aveva fatto da spettatore, si
sbatté una mano sulla faccia davanti al casino che avevamo
combinato. Jack, invece, si era fatto il segno della croce,
sussurrando preghiere di altre lingue.
“Chi
ossssa rubare il mio tesssssoro!!?”
La porta
di sinistra si spalancò esattamente nello stesso momento in cui io
avevo deciso di filarmela, lasciandomi completamente allo scoperto.
Tremando per la paura, mi voltai lentamente verso i nuovi arrivati.
Uno, dai capelli bluastri, aveva un jilet beige e dei pantaloni
mimetici, completi di stivaloni da minatore. Aveva una faccia
scorbutica e seria. Posso giurare di aver visto del fumo
fuoriuscire da quelle narici …
L'altro,
invece, aveva dei vestiti da esploratore sul marroncino chiaro, con
tanto di cappello sciupato dai probabili molti anni di utilizzo.
Sotto di esso, facevano capolino del capelli verdi palude, che
coprivano – senza successo – il volto ringhiante del ragazzo.
Barbetta,
sguardo assatanato, schiuma alla bocca, 'S' strascicata, sensazione
di avere davanti uno psicopatico … no, non può essere lui ...!
Dietro di
me, Daisuke – che nel frattempo aveva contratto un feroce tic
all'occhio - mostrava i chiari segni di un esaurimento nervoso. Io,
concentrandomi per non far tremolare la voce, esclamai, assieme ai
proprietari del museo.
“TU!
Che ci fai qui!?”
~ Author's corner
Salve. Non so cosa dirvi, giuro,
per giustificare il mio comportamento. È da mesi che non scrivo T.T.
Anyway, continuerò comunque a scrivere, anche se ad intervalli
irregolari ù.ù Che vi piaccia o no!
PS: so che la prima parte del
chap è noiosa … [Come il resto nd.Tatoo], ma l'avevo già scritta
e mi pareva un peccato cancellarla! è.é Oh, e spero di non avervi
traumatizzato con l'inconscia perversione mentale di Maddy ^^;
Note
importanti
Non
intendevo, con la prima parte del capitolo, offendere o provocare
disagio alle persone affette dalle malattie sopracitate, al personale
ospedaliero od ai meritori dottori che, praticando la clownterapia,
cercano di rincuorare i pazienti. Se vi ho causato fastidio, per
favore non esitate a dirmelo che provvederò a modificare/eliminare
del tutto la causa della vostra sofferenza, in quanto non è, era e
sarà mia intenzione procurare dolore attraverso i miei scritti. Mi
scuso in anticipo.
Riassunto
Maddy si riprende dall'ospedale e
incontra Kassandra, che le da la medaglia a patto che scorti sua
sorella, Désirée, al museo, perché è senza alcun pokemon. Désirée
però possiede un potere speciale: infatti è telepatica, e causa
motivo di ulteriore imbarazzo per Maddy. Arrivati al museo, Maddy ha
un infarto e abbandona la tizia nel giardino, mentre lei e Daikke
ritrovano Jack, che cerca di fargli pagare il biglietto, facendo
arrabbiare Maddy. Inoltre, con il suo fiuto, trova una Bilia,
e, nonostante Jack provi a fermarla, attiva l'allarme che chiama i
proprietari del museo. Che sia Madd-Madd e Daisuke conoscono.
Disclaimer
Ronald
McDonald is not my property.
Biancaneve nemmeno.
Il signore degli anelli manco.
Altre-cose-che-potrebbero-essermi-sfuggite,
non sono di mia proprietà.
Commenti
Ammettiamolo,
quello di introdurre le Bilie è stato un colpo di genio! Oh almeno,
a me piace come idea o.o”
Vediamo un
po' quanti di voi sanno chi sono i due personaggi comparsi nelle
ultime righe ~ Spero non ve li siate scordati >:D
E, dulcis
in fondo, quali sono le vostre impressioni su Désirée? Avete
qualche consiglio per renderla un personaggio 'a tutto tondo'? ;)
Grazie per
la pazienza, e scusate per tutto (dopotutto non è uno dei miei
chapter migliori, fa proprio pena...-.-)!
Ringrazio
chi segue/preferisce/ricorda la fic, e specialmente coloro che
recensiscono. Weee ~
Love,
GloGlo96
|
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Capitolo 29 *** Visita al Museo ***
Pkm 29.4
~ Visita al museo ~
“TU! Che ci fai qui!?
Passò circa un minuto di
silenzio, dato che nessuno di noi voleva iniziare a dare spiegazioni. Alla
fine, il tizio dai capelli blu – l'unico adulto presente – sbraitò:
“Mocciosa impertinente! Non ti
bastava aver messo in pericolo la mia persona alla casa diroccata, ora vuoi
anche derubarmi!” Mi puntò il dito contro, mentre il minatore al suo fianco
spalancò gli occhi.
“Allora era lei quella che perdeva
tempo a mancarti di rispetto, al posto di trovare una soluzione per fuggire?”
Marciò verso di me minaccioso, tirandosi su le maniche. “Ebbene, sappi che non
mi sono dimenticato di quella volta al Monte Meteora! Credevo di essermi
sbagliato a reputarti una criminale, ma ora ne ho la certezza!”
Per la brutta piega che stava
prendendo la situazione, decisi di mantenere le distanze fra me e il ragazzo
dai capelli fotosintetici, prendendo a rotolare in direzione opposta come un
tronco. Mentre stringevo l'enorme Bilia come un peluche, per proteggerla da
eventuali urti, presi a ribattere.
“Hey! Almeno ti ho liberato dalle catene, mentre tu non hai fatto altro che
lamentarti!” L'uomo s'irrigidii, digrignando i denti per l'offesa.
“E poi, non ho mai pensato di
rubarvi niente!” --per ora. Ma questo non devono saperlo, no?
Il più giovane si bloccò sul
posto, mettendosi le mani sui fianchi e battendo sul pavimento con lo stivale.
“No? Allora cosa ci stai facendo con la mia Bilia, scovata nelle più
remote profondità dei sotterranei di Sinnoh?” Il suo tono era sospettoso e
pieno di ironia. Mi fermai a pancia all'aria, voltandomi verso di lui.
“Oh.” Vero. Come fare a spiegargli
che era stato a causa di un'ossessione incontrastabile? Alle mie spalle,
Jackpot aveva iniziato a muoversi furtivamente in punta di piedi, per fuggire
da quella situazione. Daikke, leggermente inquietato dalla quantità di persone
con cui aveva a che fare, aveva deciso di mimetizzarsi nell'ombra della sala
per osservare come sarebbe finita la vicenda. Anche lui pareva detestare i due
minatori.
“Mmh, beh ...” Qualunque cosa
tu dica, non raccontare la verità. Non ti mettere in ulteriori pasticci! Mi
avvertirono i miei neuroni, sperando di contenere la mia idiozia.
“Vedi ...” Peccato che io, fra i
miei numerosi difetti, ero anche estremamente sfacciata. “Volevo prendere la
Bilia, ma per sbaglio ho urtato il piedistallo e questa è caduta. Così, per
evitare di ammaccarla, mi sono lanciata per afferrarla!” Raccontai
spudoratamente.
L'altro aumentò il ritmo del
battere del piede, allargando le narici. Pretendeva spiegazioni. “E perché
volevi La Mia Adorata, se non era per sgraffignarla?”
Senza pensare, mi tirai su di
scatto, con l'impressione di avere delle scintille che ronzavano attorno al mio
volto illuminato. Strinsi al mio petto la gemma, come per evidenziare il punto.
Quindi, assumendo inconsapevolmente un tono dolce come lo zenzero, annunciai,
convinta:
“Perché aveva bisogno di affetto!”
Calò un silenzio tombale. Jack
era inciampato sui suoi piedi ed ora giaceva a terra, percosso da un risolino
disperato. “Condannati … siamo tutti condannati ...” Biascicava, cercando di
strisciare, con le ultime forze, verso l'uscita.
Daisuke, allibito dalla cretinata
che avevo appena sparato, pareva indeciso se sprofondare nella delusione o
andare a prendere a testate il muro.
I due davanti a me, invece,
ebbero due reazioni contrastanti. Il primo, ancor più infuriato di quanto lo
era da appena arrivato, decise di andarsene commentando: “Ragazzo, occupatene
tu. Vado a chiamare l'ospedale psichiatrico.”
Ma l'altro era troppo assorto nei
suoi pensieri. Era diventato più pacifico rispetto a prima, tanto che smise di
battere sul pavimento e si concentrò per osservarmi attentamente. Sotto
pressione e leggermente imbarazzata per quello che mi ero fatta scappare dalla
bocca – non molti riuscivano a comprendere il mio puro amore per le cose
preziose – abbassai il volto sulla Bilia, guardando meravigliata le varie
sfumature che prendeva a seconda della luce.
Quindi udii un lieve sospiro,
seguito da un “Mh.” di decisione. Il ragazzo che fino a poco fa mi aveva
sbraitato contro, si avvicinò a passo tranquillo, tendendomi la mano. Gliela
presi, non del tutto convinta, e in un batter d'occhio mi ritrovai in piedi.
Con lui che mi stava ancora tendendo la mano, espressione noncurante.
“What?” Corrugai la fronte, non
capendo cosa volesse.
“Mi restituisci La Mia Adorata
spontaneamente, o devo prenderla con la forza?” Domandò poi, seccato. Pareva
ancora un po' dubbioso delle mie intenzioni.
“... C'è un'opzione di riserva?” Non
voglio abbandonare la poveretta in questo museo polveroso!
“Sì.” Rispose quello,
meccanicamente. “Se ti piace la prigione ...”
“Uff.” Misi il broncio,
restituendogli a malincuore la Bilia. Ma la mia anima stava piangendo. Tornerò
per te, figliola! Non ti preoccupare, a dispetto di quanti anni ci metterò,
riuscirò a sottrarti alle grinfie di questo schizofrenico!
“Ed ora … Jack, per quale motivo
pensi che ti abbia assunto?” Lanciò al rosso una veloce occhiata annoiata. “Non
certo per vederti imitare i lombrichi.”
Jack, alla fine, non era riuscito
ad abbandonare la sala nemmeno strisciando. Lo guardai, notando il suo leggero
tremolio e il suo sorriso nervoso. “M-mi rimetto subito all'opera, capo.
S-solo, aspetti che mi riprenda dal crampo ...” E te pareva. Jack ha proprio
tutte le grane possibili. Mi dissi, ormai abituata alle sue difficoltà
fisiche.
Il minatore aveva appena finito
di posizionare la Bilia nell'inclinazione da lui decisa, ed ora era passato ad
esaminarla con sguardo critico, alla ricerca di qualche incrinatura.
“Perciò, cosa volete?” Domandò,
spolverando la gemma con delicatezza.
“In realtà, noi dovevamo solo
accompagnare una nostra conoscenza … ma si è persa nel giardino.” Chissà che
fine aveva fatto Désirée. Fortunatamente non aveva partecipato alla scenata.
“Incantevole, vero? È uno dei
punti forti di questo museo. Io e mio padre ci abbiamo messo secoli, prima di
ultimarlo.” Commentò, facendo un piccolo sorriso compiaciuto.
“Err … già.” 'Incantevole' solo
se non contiamo tutti i disgustosi mostriciattoli che vi hanno trovato
abitazione. “Comunque, che ne dici di --”
“Madeleyne! Daisuke!” Sentii la
porta alle mie spalle aprirsi. Ne sbucò fuori un'ansimante matassa di capelli
biondi. “M-mi spiace, non volevo arrivare in ritardo! Scusatemi!”
“Oh, Désirée.” Bofonchiai,
sperando che la sua comparsa poteva rendere la situazione meno imbarazzante.
“Bentornata!” Non ti scusare. Hai fatto molto bene a restare nel giardino,
se devo dirla tutta: qui ne sono successe di tutti i colori! Pensai,
volendo mettere alla prova i suoi famigerati poteri.
“Sul serio?” Inclinò la testa da
un lato, perplessa. Quindi fece un enorme sorriso, mostrandoci ciò che teneva
in mano. “Beh, per avervi rallentato, vi ho fatto queste collane di fiori!”
Trillò, trottando verso di me per prima. Nella sua mano teneva due collane
tenute insieme da un sottile filo, una fatta di margherite, l'altra di un fiore
indaco che non riuscivo ad identificare. Erano un vero spettacolo.
Al vederle tanto vicino, feci
inconsciamente un passo indietro. “Non sono sicura. Mi piace quella lì...”
Indicai quella di margherite, grandi e candide. “Ma potrebbero esserci degli
ins-insetti.” Incespicai, nervosa.
Désirée, però, replicò: “Non ci
sono! Ho preso quelle della migliore qualità!”. Prese a rigirare la collana che
le avevo indicato, facendomi effettivamente vedere che non c'erano creaturine
alate. Ero ancora un po' dubbiosa, ma al vedere i grandi occhi pieni di
aspettativa della ragazza, decisi di indossarla come braccialetto.
“Yay!” Esclamò, prima di voltarsi
e andare verso Daisuke. Peccato che è una causa persa. Spero non ci rimanga
male quando rifiuterà freddamente l'offerta. Scossi la testa.
Désirée parve aver sentito ciò
che avevo appena pensato, dato che si era voltata con espressione confusa,
senza fermarsi. Proprio allora inciampò sul cadavere di Jack, cadendogli sopra
come una pera cotta.
“Ouch! Ti sei fatta male?” Domandò
il responsabile, dimenticandosi dei suoi dolori articolari per preoccuparsi
della ragazza. Che in quel momento era diventata color porpora. “S-s-s-s-s --”
Balbettò, allontanandosi a quattro zampe, per poi mettersi in ginocchio di
fronte a lui. “S-s-scusa! M-mi dispiace tanto!”
Jack, con qualche difficoltà, si
tirò su a sedere, ridacchiando. “L'importante è che non ti sei fatta nulla.”
Désirée, ancora rossa, scosse energicamente la testa. “Meno male! Se ti --”
“Jack, vuoi ritrovarti senza
lavoro?” Ricattò una voce atona, proveniente dal minatore fotosintetico.
Dall'espressione annoiata, sembrava non fosse la prima volta che glielo
dicesse.
“N-no! Ahaha! Vado subito!” Prima
che potesse rialzarsi, Désirée la afferrò per la t-shirt, costringendolo a
prestarle attenzione.
“A-almeno, accetta questa come s-scusa.” Gli tese l'ultima collanina di fiori.
Jack la prese senza esitazione,
mettendosela in testa in modo che pendesse da un lato. Sul suo capo, pareva
l'aureola di un angelo. “E' davvero meravigliosa. Di raffinata bellezza ...” Le
sorrise calorosamente, prima di fare una frase ad effetto. “...ma non quanto la
persona che l'ha creata.” Lasciò la stanza mormorando un piccolo 'A dopo!' ed
abbandonando Désirée in stato comatoso.
Che carini. Mi ritrovai a pensare. Mi
chiedo se Jackpot sapesse ciò che stava facendo. Non credo che si renda conto
del suo potenziale fascino... era fin troppo sincero. Ma forse è per quello che
risulta così carismatico.
Misi il broncio. Ma non può
nulla contro l'appassionante freddezza di Frederick!
Daisuke decise di introdursi
nella scena. Era logico che volesse farla finita in fretta.
“Non avevi niente da fare qui?”
Domandò a Désirée, ancora per terra.
Quella si alzò di scatto,
abbandonando temporaneamente l'espressione imbarazzata per rivolgersi al
minatore. Credo che avesse già capito qual era il ruolo che occupava
nell'edificio. “Ah, già! Me ne ero scordata!” Prese a frugare nella borsa. “Mia
sorella, durante uno dei suoi viaggi alla ricerca di pokémon da catturare, ha
sentito la malinconia di questo piccoletto, trovandolo dopo alcune ore di
scavo.” Tirò fuori un oggetto marrone. “Mi ha detto: 'Dés, hai bisogno di un
pokèmon. Ho sentito che i ragazzi del museo donano nuova vita ai fossili.
Potremmo provare ~'.”
Tutti ci eravamo avvicinati a
lei, incuriositi da ciò che aveva in mano. Era grande quanto la mia Bilia, solo
di forma irregolare. La maggior parte era composta da un guscio spesso che
ricopriva due paia di zampe a spillo – due ben visibili e due mezze sprofondate
nella base di roccia in cui era imprigionato. Se non fosse stato terroso – e
tecnicamente morto - avrei fatto qualche passo indietro, dato che assomigliava
ad uno scarafaggio gigante.
“E-emh … mi fa' venire il mal di
testa. Potrebbe smetterla di pensare con quei paroloni scientifici?” Supplicò
la telepatica, rivolgendosi al ragazzo con i capelli verdi, il quale la ignorò.
Era troppo concentrato sul fossile. Abbandonando la sua espressione
perennemente annoiata, le prese il fossile dalle mani, contemplandolo come se
fosse una divinità.
“... zampe raptatorie acuminate,
sclerite evoluta in modo da formare un impenetrabile carapace … questo è un
Domofossile in perfette condizioni. Spettacolare ...” Sussurrava. Ad ogni
caratteristica che elencava, la sua espressione si faceva sempre più estasiata.
Scommetto che se avesse la coda, a quest'ora lo vedremmo scodinzolare come
un dissennato. Alla mia destra sentii Désirée fare una risatina, complice
di ciò che avevo pensato.
L'elencazione sarebbe potuta
andare avanti all'infinito, ma fortunatamente Daisuke tagliò corto.
“Sì o no?”
Per un po' era rimasto ad
ascoltare il minatore, come se stesse concordando sulla classificazione che
stava offrendo quest'ultimo, ma poi si era reso conto di star perdendo tempo.
Beato lui che ci capiva qualcosa di quel che stava blaterando il tizio dai
capelli fotosintetici. Tsk, secchioni.
Il minatore sembrò fare uno
sforzo enorme solo per smettere di fissare il fossile.
“Scusa?” Domandò, non seguendo il
discorso.
“Sei in grado di riportarlo in
vita?” Chiese scocciato il più giovane.
“Certamente!” Sbraitò il secchione
numero due, prendendo delicatamente il fossile e facendoci cenno di seguirlo.
“Ragazzini che dubitano della mia competenza ...” Scoccò un'occhiata nella
nostra direzione. Ad ogni passo perdeva un po' del suo astio, per ritornare un
apatico dall'espressione seccata. I suoi sbalzi d'umore m'intrigavano.
“In ogni caso...” Riprese dopo
alcuni minuti di cammino attraverso varie sale dedicate ai sotterranei di
Sinnoh. “L'altra volta vi avevo promesso degli ingressi gratuiti.”
“A-ah! Ma è giusto che paghi il biglietto,
non posso accettare questa gentilezza!” Farfugliò Désirée, tirando fuori il
portafoglio. I miei occhi automaticamente s'incollarono a quella visione,
mentre la mia mente conteneva il mio bisogno primario da kleptomane.
“Non ti preoccupare.” Comunicò il
minatore, prendendo i Poké senza ripensamenti. Aveva la stessa espressività
della segreteria telefonica. “Per te non esisteva alcuno sconto.” Terminò
sfrontato, ignorando quando il volto della sua cliente si tinse di vergogna. Mi
dispiaceva vederla in quello stato. Le diedi una pacca sulla schiena, in modo
da calmare sia lei, che i miei bollenti spiriti: se non cambiava approccio, il
tizio con i capelli vegetali sarebbe precipitato nella mia 'Lista delle Persone
Incontrate Più Insopportabili'.
Il museo era estremamente
silenzioso. Dopotutto era logico: immerso nell'erba alta, era difficile
raggiungerlo se non si sapeva dove cercare. Si camuffava bene con l'ambiente.
L'unico suono che era possibile
sentire, di tanto in tanto, erano le esclamazioni di meraviglia di Désirée. Ne
faceva almeno uno in ogni stanza, spesso esagerato rispetto al suo reale
contenuto. Cioè, davvero si poteva essere così esaltati per un museo?
La risposta mi arrivò poco dopo,
quando, varcata la sesta stanza, giungemmo finalmente in quella dei fossili. O
meglio, in quella degli scheletri dei pokemon fossilizzati. Avevo già visto
quello dell'enorme aragosta alata che trionfava nell'atrio principale, ma mi
faceva rabbrividire per la sua somiglianza ad un insettone gigante. In questa
stanza, invece, dovetti lustrarmi gli occhi.
“Wah ~” Esclamò Désirée,
dimenticandosi del suo fossile e correndo a spalmare la faccia e le mani
contro il vetro della teca centrale. Assomigliava ad una bambina. “Magnifici!
Guarda Maddy, guarda!” Le brillavano gli occhi.
Inconsciamente mi avvicinai alla
sua stessa teca, osservandone meglio l'abitante. Era un colossale ammasso di
ossa che si prolungava dal capo – su cui era presente una placca liscia a forma
di cono che era, fra l'altro, estremamente spessa – alla coda. Sei enormi ossa
appuntite sbucavano attorno alla placca, facendomi pensare che potessero essere
state usate come armi, per trafiggere la preda. E poi, dopo averla smembrata
con i suoi artigli sulle zampe anteriori, l'avrebbe sbranata con i suoi denti
aguzzi, ingoiando le interiora golosamente, banchettando con il sangue che --
“Madeleyne, credo di star male
...” Sussurrò Désirée, impallidita. La fissai per qualche istante, non capendo
a che si riferiva. Quindi mi sbattei una mano sulla fronte, allontanandomi
dalla bacheca e biascicando: “Me n'ero scordata, sorry.”
L'animale era eccezionale, certo,
ma secondo la mia impressione, era sopravvalutato. Sinceramente, preferivo i
dinosauri affusolati, leggeri e rapidi. Il predatore veloce e spietato,
insomma. Cercai con i miei occhi qualcosa di simile alla mia descrizione,
trovandola in un angolo ampio della sala, sospeso in aria, appeso al muro
grazie a dei fili trasparenti. Era l'unico dinosauro – ma era giusto chiamare i
pokemon fossili in quel modo? - volante presente, dotato di enormi ali
scheletriche alla cui fine c'erano due mani. Il capo mi sembrava quello di un
demone, forse a causa delle due piccole corna che spuntavano a mo' di orecchie
e dei piccoli, ma numerosi denti che sbucavano dalla sua mandibola allungata.
La parte che mi piaceva di più? La coda. Era sottile, lunga, formata da
svariati ossicini fino a culminare a punta di freccia. Feci una veloce
fotografia con Dexi, in modo da poterlo ridisegnare più tardi.
“Niente foto all'interno del
museo.” Mi avvertì la solita voce seccata.
Sospirai, lamentosa. “Ma volevo
usarla come modello per un possibile ritratto … per essere un mucchio di ossa,
è così aggraziato ...” Mi lasciai scappare.
Pensavo se ne fosse andato, ma
quando mi voltai per andarmene, lo vidi dietro di me, che mi osservava
perplesso. “Aggraziato? Certo, è leggiadro. Ma l'Aerodactyl è anche una feroce
macchina da guerra.” Mi ricordò, monotono.
Io scossi la testa e tornai a
guardare il fossile. “Eppure è avvenente. La sua struttura sinuosa, le sottili
ossa che sporgono dalla colonna vertebrale, la fragilità degli arti...”
Riportai il mio sguardo sul ragazzo-pianta, sorridendo, affascinata. “Non credo
bisogna essere artisti, per notarlo.”
Lo vidi fissarmi in modo contemplativo,
ma siccome non ero telepatica come Désirée, non potevo sapere a cosa stesse
pensando. A quel punto alzò lo sguardo verso l'Aero-coso.
“Aerodactyl, pokémon preistorico
derivato dal Ranforincoide, sottordine degli Pterosauri. Alto un metro e ottanta
circa, era onnivoro, anche se preferiva nutrirsi di prede catturate piombando
su di loro e lacerandogli la gola attraverso le sue zanne acuminate.”
Continuò a parlare dell'animale
per un altro paio di minuti, ma io ascoltavo la metà di ciò che diceva. Ero
stupita da quante cose conosceva, per essere uno schizofrenico dalla dubbia
razza. L'unica cosa che mi tratteneva dall'interromperlo – dopotutto, Désirée
doveva resuscitare la sua pietruzza – era il fatto che, per quanto fosse noioso
ciò che stava raccontando, lui riusciva a renderlo interessante. E questo
perché, per la seconda volta di quella giornata, il suo solito tono annoiato
era stato sopraffatto dall'intensa passione che provava per le esposizioni del
museo. Quando parlava di fossili sembrava trasformarsi.
“Ah-emh.” Richiamò Daisuke alla
mia sinistra, con tono irritato. Affianco a lui vi era Désirée che sorrideva
misteriosamente: sembrava conoscere qualcosa che nessun altro sapeva. I suoi
occhi passavano da Daikke a me.
“Concordo sul fatto che Madeleyne
abbia bisogno di qualche lezione di cultura generale per riempire la sua testa
vuota.” Misi su un piccolo broncio. Il damerino si spinse gli occhiali sul
naso. “Ma converrebbe determinare le priorità.”
Il ragazzo-pianta smise di
raccontare le vicissitudini dell'Aerodactyl – aveva continuato a ripetere quel
nome per almeno cinque minuti, come potevo non ricordarlo? - ed il bagliore che
prima aveva occupato i suoi occhi si spense.
“Concordo. Passiamo oltre ...” Lo
seguimmo titubanti mentre questo apriva una delle tre porte della sala. Io
lanciavo delle occhiate a Daikke e Désirée, cercando di decifrarne i pensieri.
Ma uno era il solito apatico menefreghista, mentre l'altra era tornata a
cinguettare su quanto fossero emozionanti le esposizioni.
Ad un tratto la nostra guida si
fermò, mostrandoci un'enorme macchina dalla quale sbucavano almeno una dozzina
di fili di svariati colori. Era a forma di cilindro trasparente, con
all'interno una piattaforma di metallo. Il tizio fotosintetico – sì, mi ero
impallata con quel nomignolo – posizionò il fossile della nostra compagna
all'interno dell'apparecchio. Quindi, con molta attenzione, iniziò a collegarlo
al congegno con diversi cavi che terminavano a ventosa. Se potevo dirla tutta,
il marchingegno sembrava l'opera di qualche scienziato pazzo. Iniziavo ad
essere sospettosa.
Che sia tipo Resident Evil? Non è
che ci sono altri macchinari nascosti che producono creature mostruose dalle
lunghe lingue e dai forti intenti omicidi? Non mi piace questa storia.
Nononono.
Incominciai a guardarmi attorno,
alla ricerca di possibili armi da fuoco per combattere … o una motosega. Già,
avevo una forte predilezione verso le motoseghe.
“Non credo che ci siano zombie qua
attorno, Maddy.” Mi rassicurò Désirée, attirando sguardi curiosi da parte degli
altri due.
Il ragazzo-pianta tornò al
lavoro, chiudendo il fossile all'interno del marchingegno e digitando dei
codici sul display collocato di fianco ad esso. Annoiata, iniziai a farneticare
sulle prime cose che mi venivano in mente. Potevo essere logorroica, a volte.
“Forse non ci sono zombie ...”
Schioccai la lingua, con l'aria da intenditrice. “Ma che mi dici dei mucchi di
ossa in quella stanza? Potrebbero venire resuscitati come in 'Una notte al
museo'! E allora saremmo tutti fregati. Desideroso delle nostre carni,
l'Aero-coso ci precipiterebbe addosso--”
“Aerodactyl.” Mi corresse Daikke,
che ormai non tentava più di fermare i miei treni di pensieri. Si era arreso
dopo la prima settimana di viaggio.
“Giusto!” Commentai, facendogli Il
Pollice. “Per non parlare dell'enorme T-Rex!”
Désirée stava ridacchiando senza
sosta, divertita dalla mia immaginazione. Il minatore, che aveva appena
terminato di attivare il processo di risurrezione, uscì dalla stanza, entrando
in una specie di sala d'aspetto con tanto di poltrone e macchinette per le
merendine. Biascicò che ci sarebbe voluto almeno un'ora per il completamento
dell'operazione.
“A dir la verità, quei fossili
sono troppo antichi per essere resuscitati.” Rivelò, sedendosi sulla poltrona
più vicina alla sala rianimazioni. Imitandolo, prendemmo anche noi a sederci.
“Hanno perso quel piccolo grammo di vita che potevano ancora contenere.”
Aggiunse.
“Oh. Peccato. Povero T-Rex.”
Blaterai distratta, non facendo più caso alla conversazione: stavo fissando il
distributore delle merendine con aria molto ambigua.
“I Rampardos non provengono dai
Tirannosauri.” Spiegò Daikke, con tono da maestrina. Stava per aggiungere
qualcos'altro, quando notò che la mia coscienza non era più con loro. Dedusse
le mie intenzioni riguardo la macchinetta delle cibarie e, di conseguenza, si
massaggiò il setto nasale, deciso a non immischiarsi.
Al suo posto continuò la voce
annoiata del minatore fotosintetico: “Infatti, discendono dai
Pachicefalosauri.” Sospirò tediosamente. “Strano come la gente possa
confonderli. Dovrebbero riconoscere il tipico ispessimento osseo della testa a
cupola ...” Prese il caffè che aveva appena ordinato dalla macchinetta alla sua
sinistra e si mise a fissarlo a vuoto. La sua espressione passiva mi faceva
venire i brividi.
Passarono dei minuti di silenzio,
durante i quali avevo cercato di comprendere quale potesse essere l'approccio
più adatto per svaligiare una macchinetta. Non l'avevo mai fatto, ma non poteva
essere più complesso che aprire una cassaforte. Ad occhio e croce era un
meccanismo semplice, nulla che con un paio di forcine non si potesse
dischiudere. Ora, avevo semplicemente bisogno di una qualche distrazione. Non
potevo mettermi all'opera se il tizio dal perenne stato vegetativo era nelle
vicinanze. Mi scrocchiai le dita, desiderosa di mettermi all'opera. E poi,
ci sono le telecamere. Maledette! Prima le localizzo e prima le –
“Pss! Madeleyne!” Mi chiamò
Désirée, dall'espressione incerta, che si era seduta su una poltrona vicino
alla mia. Le lanciai uno sguardo confuso. “Stai scherzando, vero? Cioè, non puoi
pensare veramente di derubare questo museo. È contro la legge ...”
Non potevo credere a quello che
avevo appena sentito. Mi presi la faccia fra le mani, disperatamente spossata.
“E' proprio per questo che è eccitante.” Le risposi di rimando, decidendo allo
stesso tempo che era meglio condurre la conversazione in privato. L'ebbrezza
che si ottiene quando si termina positivamente un furto... la sensazione di
controllo e potere … ci si sente realizzati al vedere il proprio bottino. È una
cosa che va oltre la sfera morale. Va oltre il semplice essere. Varcare il
proibito …
Mi fermai: ciò che pensavo era
allarmante. Era ovvio che il rubare fosse sbagliato ed era ovvio che a dispetto
di ciò ne traessi lo stesso piacere. Ma arrivare fino a venerarlo? Forse avevo
davvero un problema.
Però …
Guardai nuovamente la mia nuova
vittima, osservandone il contenuto e il lucchetto di sicurezza. Percepii un formicolio
di eccitazione risalirmi la schiena.
“I-io --” Désirée distolse lo
sguardo dalla mia faccia incantata. “Non mi piace quel che stai architettando.”
Sussurrò. “Trafugare è sbagliato. Preferirei che non ti mettessi nei guai ...”
“Per favore!” Sospirai. “Se
proprio non ce la fai a sopportarlo, mettiti da parte, come ha imparato a fare
Daikke!” Più o meno. A volte mi vieta categoricamente di condurre azioni
illecite. Ma io l'ascolto? Pfff!
“No! Non starò a guardare mentre
tu infrangi la legge... non cedere ai tuoi impulsi!” Dichiarò, cercando di
farmi forza. I miei impulsi? Ormai non la stavano più ad ascoltare.
Daikke si era esiliato nel suo
mondo, ed ora procedeva a controllare i dati del pokédex. Il vegetale umano
aveva smesso di fissare il fumo che usciva dal caffè ed ora procedeva a berlo
con molta calma. Il posto era di una noia mortale. Incrociai le braccia,
mormorando fra me e me. “Avrei bisogno di una distrazione. E dubito che possa
cadere dal cie --”
BOOOM!
Si sentì un enorme frastuono. In men che non si dica ci
alzammo tutti in piedi, chi con preoccupazione e chi con rabbia. Ed io,
stranamente, facevo parte di quest'ultima fazione.
“Un attimo di tregua per me è un
optional, vero?” Per tutta risposta, il terreno iniziò a vibrare.
“Poche lamentele.” Ordinò il
minatore, che oltre al suo peculiare passivismo mostrava un po' di
frettolosità. “L'uscita più vicina è da quella parte. Basta seguire le
indicazioni.” Additò la porta opposta a quella da dove eravamo entrati. “Vi conviene
--”
“Ragazzo!” La suddetta porta si
spalancò, rivelando il proprietario del museo che prima ci aveva lasciato. Si
era appoggiato allo stipite della porta, annaspando senza sosta. Mentre
gridava, dimenava il proprio braccio destro, nella quale stringeva un grosso
piccone. “Hanno attaccato l'area 7 e l'area 11! Le telecamere li hanno
registrati per un breve istante e ad occhio e croce sono due gruppi di cinque
persone!”
Sgomento, il minatore dai capelli
verdi spalancò gli occhi: “L'area 7?! Ma in quella zona ci sono i fossili di
…!” Scosse la testa violentemente, assumendo un insolito atteggiamento
risoluto. “Io vado!” Corse nella direzione opposta, scomparendo nella sala dei
macchinari.
Il suo compagno, l'archeologo
perennemente infuriato, annuì. Scuotendo pericolosamente il piccone,
incoraggiò: “Vai ragazzo! Fagli vedere di che pasta sono fatti gli
Scoprirovine!” Quindi si voltò verso di noi. Désirée si era fermamente ancorata
al mio braccio, temendo il peggio. Notai con piacere che, in confronto alla
sorella, era molto più coraggiosa. Io, invece, cercando di mantenere la calma,
ricorsi al mio solito trucchetto della parlantina. Mi lamentavo del destino, mi
lamentavo degli archeologi psicopatici, mi lamentavo della mia sfortuna …
“Ma cosa ho fatto di male? Non potremmo andare d'accordo,
Dea Bendata? Perché mi odi così tanto?” Bofonchiavo, osservando il lampadario
che oscillava rischiosamente. Le scosse si stavano intensificando, come per
prendersi gioco di me. Assunsi un tono arrendevole. “Ho capito. Devo aver
combinato qualcosa di imperdonabile nella mia vita passata. Maledetto karma!”
Daikke teneva sollevato il
sopracciglio. La sua imperturbabilità era un vero mistero per me. Esasperante,
certo, ma comunque utile, in situazioni del genere.
“Ogni volta che comparite voi,
succede sempre un disastro!” L'archeologo si rivolse a noi, con gli occhi
accecati dalla furia. “Spero che non centriate qualcosa in questa faccenda,
perché sennò --” Fece un suono strozzato, massaggiandosi le meningi con fare
violento. “Ne riparleremo in seguito. Seguitemi, vi condurrò al sicuro!”
Noi tre ci guardammo diffidenti.
Io e Daisuke avevamo già incontrato questo tizio, ed era inutile dire che non
aveva fatto una buona impressione su di noi. Era lo stesso archeologo che il
team Pyro aveva rapito sulle montagne e che, da quando eravamo comparsi, non
aveva fatto altro che inveirci contro. Avrei preferito essere divorata dai
dinosauri, piuttosto che fidarmi di quello lì.
“Maddy, Daisuke!” Chiamò Désirée,
correndo verso l'uomo. Sembrava decisa. “Non ha intenzioni malvagie, vuole
davvero aiutarci! Parola d'onore!” E se una telepatica diceva così, non poteva
che essere la verità.
Daikke scrollò le spalle,
incamminandosi tranquillamente verso i due.
Per quel che mi riguardava, ero
ancora dubbiosa. Ma una nuova, più potente scossa mi fece cambiare idea.
“Sapevo che in questo posto si annidavano gli zombie!” Mi lagnai, facendo
qualche passo verso gli altri. Non potevo correre, in quanto mi sentivo ancora
cedere la gamba. Stupido Frederick! Lui e il suo fascino che freddava!
Dal soffitto erano prese a
scendere piccole scaglie d'intonaco che accompagnavano pezzi più grandi di
muratura. Riuscivo a sentire la rottura delle tubature fra le pareti, ed il
rumore delle tegole frammentarsi. Aumentai il passo, guardandomi attorno con
aria preoccupata. Poi il terremoto si fermò, lasciando tutto in un silenzio
tombale.
“Madeleyne, forza, sbrigati!” Esclamò Désirée, scomparendo
con l'archeologo in un corridoio. Daisuke li seguiva a ruota, un po' più distaccato.
“Perché mai dovrei?” Le dissi,
ritrovando un po' di pace. “Le scosse si sono assestate, no? Quindi non c'è più
peri--”
… Crack.
Prima che potessi capire da dove provenisse il minaccioso
suono, Daikke si era già voltato verso di me, occhi allarmati. Un orribile
presentimento s'impossessò dei miei pensieri.
Nello stesso attimo guardai in alto con espressione
inconsapevole. Fu allora che notai la crepa presente sul soffitto, che si
allargava sotto il mio sguardo ingenuo. La fenditura attraversava la parete in
diagonale, facendomi presupporre che ci fosse qualcosa, una trave forse, che
stesse esercitando una maggiore pressione rispetto al resto del soffitto,
causandone il repentino spezzamento.
Ci misi un secondo per fare quell'analisi. Ce ne misi due
per comprendere la grandezza del pericolo e catalogare l'intera situazione come
ironicamente assurda - come potevano esserci simili incidenti ogni volta che
mettevo piede in un nuovo luogo!?
Ma al sesto secondo, proprio
quando le mie gambe erano appena riuscite a ricevere gli impulsi nervosi dal
cervello, proprio quando, in preda al panico, avevo appena fatto un passo
indietro per fuggire dal pericolo, la breccia si ruppe.
Dal soffitto, come a rallentatore, vidi precipitare un
cumulo all'apparenza infinito di tubature, assi in legno, calcinacci e blocchi
di muratura.
Per la quantità di polvere sollevata fui costretta a
chiudere gli occhi, mentre il rumore assordante di valanga travolse il resto
dei miei sensi.
La catasta di macerie si rovesciò sul pavimento.
~ Author's corner
Buondì! Sigh, a
volte mi chiedo why, WHY abbia scelto di ambientare la mia FF in una regione
inventata. Sembra facile, perché così si può plasmare tutta la vicenda come si
vuole, ma in realtà rende le cose più difficili da scrivere. Si devono fare un
sacco di descrizioni ed inventare numerosi personaggi (non che mi dispiaccia,
adoro idearne di nuovi ~).
Però da un sacco
di soddisfazione vedere che i miei sforzi non sono sprecati ♪ Thanks guys!!
Riassunto
Dentro al museo,
i due Scoprirovine se la prendono con Maddy. L'archeologo decide di
dissociarsi, in modo da preservare i pochi neuroni sani che gli rimanevano,
mentre il secondo, il minatore, riacquista il suo carattere perennemente
annoiato e scorta i tizi all'interno del museo per poter resuscitare il fossile
(indovinate qual'è?) di Désirée. Jack è sparito dalla scena per evitare di
essere licenziato, ma chissà se tornerà dai nostri protagonisti, per aiutarli a
scampare all'attacco del museo? Chi ha causato quelle scosse? Il crollo del
soffitto quali danni ha causato?
Disclaimer
'Resident Evil' is not my property. Anzi, dato che
per scrivere il chapter mi sono informata sul gioco, stavo pensando se giocarci
o meno. Voi che mi dite? È troppo spaventoso? *codarda*
'Una notte al
museo' non è di mia proprietà. Stupendo il film, comunque.
Altre-cose-che-potrebbero-essermi-sfuggite,
non sono di mia proprietà. (perché sono troppo sbadata)
Commenti
Alors, ho deciso
che per i prossimi chapters, a meno che non sia necessario, manterrò una
lunghezza di massimo 10 pagine. Sennò diventa troppo lungo da leggere, e mi
darebbe fastidio darvi fastidio. L'unico problema è che così potrei farvi
leggere dei capitoli inconsistenti … *realizzazione* Questo capitolo è
inconsistente? T.T
Però è anche
giusto far succedere qualcosa fra una città e l'altra, no? :)
Se qualcuno se lo stesse chiedendo, sì:
Madeleyne e il suo gruppetto saranno sempre al centro di qualche disgrazia. È
il loro destino. Perché? Perché senza un po' di BUM! BAM! BADABUM! Non si può
dire di aver avuto una giovinezza colma di esperienze! [Ma se ci ammazzi prima,
non avremmo mai una 'giovinezza' completa! Nd. Maddy] [Silenzio! Viva il
sadismo! Nd. Moi]
Tutti si
ricordavano del minatore incontrato nella montagna e dei suoi piccoli .. emh …
scatti di pazzia. Qui si scopre un po' di più sulla sua personalità. Mi spiace
per il vecchio archeologo, ma volevo approfondire più il suo figliolo ^^;
Tanto per farvi sapere, secondo me i
pokémon convivono con gli animali. Esistono assieme, anche se non interagiscono
molto. Mi sembrava carino fargli avere un'origine comune, collegandoli
attraverso i dinosauri! Oh, e se qualcuno non ci capisce molto dei paroloni
scientifici che usa il ragazzo-pianta, non si deve preoccupare xD. Suppongo
siano corretti (mi sono informata), ma non sono uno scienziato o.o
Chiudo il lungo
e noioso monologo con la seguente dichiarazione: scrivendo FF s'imparano molte
cose che a scuola si dimenticano – per esempio, stavolta ho approfondito le mie
conoscenza in archeologia *.*
Scusate per … beh … capitolo non soddisfacente? Cerco di scrivere
qualcosa di decente, ma recentemente sono sempre impegnata >.<
~ Bye! GloGlo96
|
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Capitolo 30 *** Looking for the assailants ***
Pkm 28.0
[NB: nell’author’s
corner c’è una cosuccia su cui vorrei avere un parere, vi pregherei di leggerlo…]
~ Looking for the assailants ~
Non
appena le macerie raggiunsero il pavimento, i presenti furono costretti a
chiudere gli occhi per evitare che la moltitudine di polvere e intonaco potesse
causare qualche danno. Erano ancora in stato d’allerta, pronti a
scappare nel caso di una nuova scossa o di un crollo. Ma il museo era
silenzioso. Se ci fosse stato qualche altro pericolo, non sarebbe avvenuto in
un tempo prossimo.
La prima a muoversi fu
Désirée, che dall’uscita della stanza si era precipitata verso il suo centro,
appoggiando l’orecchio sui detriti. L’archeologo era rimasto sullo stipite
della porta, studiando la scena.
“Madeleyne, rispondi!” La
faccia di Désirée era pallida dal panico.
Dall’altro capo del muro non
si sentiva un bel niente. Da quel che aveva visto Daisuke, ciò che era crollato
non poteva che essersi ammassato in un muro spesso almeno due metri. Fra gli
oggetti dalla stazza più preoccupanti vi erano, fra l’altro, un’enorme trave di
legno e lunghissimi tubi d’acciaio. Era una struttura fragile, annosa, non era
stato sorpreso del suo improvviso cedimento.
“Maddy! Maddy!” Chiamava
senza sosta la ragazza bionda, provando a togliere qualche blocco di muratura,
senza riuscirci. In effetti, l’ammasso di detriti doveva essere, oltre che
largo, molto compatto.
Nella sua mente iniziò ad
infiltrarsi un piccolo dubbio. Era arrivato troppo tardi? Magari Madeleyne era
rimasta sepolta sotto strati e strati di cemento. Ne sarebbe stata capace, per
quanto la sfortuna la perseguitava …
“Non dirlo neanche per
scherzo! Maddy non può-” Lo rimbeccò Désirée, lanciandogli uno sguardo
incredulo. Scosse la testa, continuando testardamente a gridare. “Maddy! Per
favore!”
L’archeologo, che aveva
cercato di contenere – senza riuscirci – la propria impazienza, sbraitò: “Mi
pare inutile continuare ad urlare, ragazzina. Se proprio volete vedere com’è la
situazione, dovremmo fare il giro ed arrivare dall’altra parte!” Persino
Daisuke non riuscì a contenere un senso di disgusto per l’insensibilità che
dimostrava l’uomo.
“Madeleyne! Dai, rispondi!”
Lo ignorò Désirée, concentrata. Dalla sua posizione riusciva a vedere il suo
labbro tremolare. L’archeologo, offeso, digrignò i denti, voltandosi di lato.
“Maddy--”
“Dés!” Non sapeva come, ma
Daisuke era riuscito a sentire una flebile voce proveniente dall’altro capo del
muro. Immediatamente dopo, si udì il rumore di qualche tubo e calcestruzzo
cadere sulle piastrelle della sala. “Coff! coff! Cough!” Seguirono una
moltitudine di colpi di tosse e starnuti.
“Madeleyne!” Alla telepatica
le si illuminarono gli occhi. Fece una linguaccia all’archeologo girato di
spalle e riprese a parlare. “Sei tutta intera?”
“Che ne so! Mi sono trovata
in mezzo a tubi arrugginiti e affari pesantissimi! Non ci vedo una mazza perché
la polverina bianca che stava cadendo-”
“Intonaco.” Specificò Daisuke
di rimando, troppo abituato a correggere la ragazza per realizzare che tanto
non l’avrebbe potuto sentire. Se lei doveva lamentarsi, tanto valeva che lo
facesse usando una grammatica corretta.
“- e mi sento prudere
dappertutto!” Désirée ridacchiò, sollevata. Allo stesso tempo, Daisuke fece un
profondo sospiro, liberandosi dell’oppressione che aveva provato fino a qualche
secondo fa. Se aveva ancora la forza di blaterare scempiaggini, allora stava
perfettamente bene. La sua logorreicità non aveva limiti.
“… Daisuke ha appena detto
che sei logorroica!” Riferì Désirée, a pappagallo. Il suddetto interessato la
guardò molto scocciato, mentre quella aveva le labbra sollevate in quel che
sembrava un sorrisino angelico.
“Tsk, è da un mese che lo
ripete. Non capisce che quel che dico ha perfettamente
senso. Solo, è troppo filosoficamente avanzato per la sua capacità
cerebrale, troppo legata alle regole ed ai libri, priva di elasticità!” Dietro
la parete di detriti, la sua voce era confusa e distante, ma facilmente
distinguibile.
“Sì, certo.” Commentò, senza
alzare la voce. Non sapeva se considerarla una cosa positiva, ma cercava sempre
di aver l’ultima parola su tutto. “Lagnarsi del proprio prurito è davvero filosofico.”
Désirée, che si era, a quanto
pareva, proclamata l’intermediaria fra i due – Daisuke non avrebbe mai sprecato
la sua voce per un discorso inutile come quello – ripeté parola per parola.
“… sono un genio incompreso.
Tutta invidia, la tua.” Gli parve di sentire anche un ‘umpf’ di offesa. Riconobbe
quella come una vittoria, ma non riuscì ad evitare di alzare i propri occhi al
cielo.
“Ed ora, tizio Scoprimummie-”
“Scoprirovine! Rovine! Per
diamine, mocciosa!”
“See, quel che dici tu.”
Aveva un tono incurante. Tipico di lei. Non riusciva a fare a meno di essere
impulsiva, riguardo a ciò che diceva o faceva. Daisuke fu colto da un senso d’inquietudine,
pensando a tutte le volte che aveva cercato di stritolarlo in una di quelle morse
che lei chiamava ‘abbracci’.
“Ora tirami fuori di qui, che
ho visto un ragnetto scendere dal soffitto.”
“Ma guarda te che-”
L’archeologo era rosso di rabbia. Era estremamente orgoglioso, e il
comportamento della sua compagna di viaggio non era certo dei più cordiali.
“La prego, è un’emergenza!”
Supplicò Désirée, esibendo due occhi speranzosi. “Ci aiuti…!”
“Mmh …” L’uomo parve contare
mentalmente fino a dieci. Inspirò ed espirò profondamente. Quindi andò verso la
parete e tastò in giro.
“Il ragnetto sta discendendo
le macerie. Muoviti!” Continuò Madeleyne, facendo quel che parevano essere dei
saltelli. Daisuke socchiuse gli occhi, riflessivo. La gamba, come sospettava,
non si era ancora del tutto ripresa. Il pazzoide con il Frosslass le aveva
indebolito i muscoli ed i legamenti, era ovvio che non poteva ancora correre.
Il che, per quanto ridicolo, causava un problema: se si fosse imbattuta negli
uomini che avevano violato il museo …
“Non posso farci niente,
piaga!” Sbottò l’uomo, incrociando le braccia.
“Come niente?” Era molto più
difficile distinguere ciò che diceva. Probabilmente si era allontanata dalle
macerie per colpa dell’aracnide. Daisuke resistette al desiderio di tirarsi una
manata in faccia. “Hai un accidenti di piccone, perdiana! È vero, oppure lo usi
come fermacarte!?”
“Modera le tue parole!”
L’archeologo si strinse l’arnese al petto, come per difenderlo. “È un utensile
fenomenale, la vecchia Kassy!”
“Kassy.” Si sentì una risata
trattenuta malamente. “O-ok. Tizio, spacca questi detriti!”
“Sei sorda? Ti ho detto che
non posso!”
“Che cosa cavolo c’è? Devi
chiederle il permesso?”
“Argh!” L’uomo era furibondo.
Sulla sua tempia era comparsa un’enorme vena pulsante. “Se colpissi questa
catasta, non farei altro che …!” Si fermò, rabbia completamente dimenticata.
Quindi sul suo volto si allungò un sogghigno malsano. “Beh, se proprio vuoi …”
Portò dietro le spalle il piccone, caricando il colpo.
“No, cosa fa!” Désirée glielo
rubò da dietro le spalle. Probabilmente aveva visto nella mente dell’archeologo
ciò che aveva in mente di fare. “È impazzito?!”
L’uomo si voltò di scatto,
avvicinandosi con la forza di un toro. Voleva il suo piccone. “Kassy! Grr!
Credevo che almeno te, ragazzina, fossi normale!” Ma ciò che né Désirée né
l’uomo avevano potuto prevedere, era che l’arnese fosse troppo pesante per la
bionda: in meno di due secondi mollò la presa, facendo cadere la testa
metallica di ‘Kassy’ sul lato piatto, che aveva schiacciando il piede
dell’archeologo.
Daisuke cercò di contenere il
proprio fastidio. Come sospettava, stare in mezzo a tante persone era
psicologicamente prostrante. Si massaggiò le meningi: aveva disperatamente
bisogno di un po’ di quiete.
“Uh… Daikke?” Sentì un
brivido corrergli lungo la schiena. Si chiese il perché avesse spinto via la
ragazza, prima che il soffitto le crollasse addosso. “Quand’è che nella stanza
è entrato un gorilla urlatore?” Un’altra delle sue domande idiote. Perfetto.
“Non esistono ‘gorilla
urlatori’.” Sospirò stancamente.
“Oh, andiamo, un po’
d’immaginazione!” Sbuffò, cambiando posizione, avvicinandosi leggermente di
più. “Quel rompiscatole … cosa ci vuole per fare un buco fra i detriti!”
Borbottò, lamentandosi.
“Ottusa. Avrebbe solo
peggiorato la situazione.” Sibilò Daisuke, stufo di sorbirsi l’ingenuità di
Madeleyne.
“In che senso?” Per
l’appunto.
“ ‘Un po’ d’immaginazione!’ ”
Imitò parola per parola ciò che gli aveva raccomandato prima la ragazza. Quella
fece un verso di impazienza. Poi ci fu un minuto di silenzio – se non si
contavano le urla dell’archeologo e le disperate scuse di Désirée. E il
silenzio non era mai un buon segno, quando centrava Madeleyne.
“… Daikke ~” Gli venne un
brivido.
“Daikke! Dai, Daikke ~”
Iniziava a sentirsi nauseato. Cosa c’era di male nel suo nome? Che diritto
aveva per storpiarlo in un modo così – così mostruoso!?
“Daikke, Daikke, Daikke ~?” Le
gambe gli divennero molli, rischiava di stramazzare a terra. Non ce la poteva
fare. Odiava il nomignolo. Non l’aveva mai sopportato. Punto.
Era peggio di un’allergia: se
non avesse fatto qualcosa, gli sarebbe venuto uno shock anafilattico.
“Dai-”
“Ugh, finiscila!” Le ordinò
Daisuke, voce colma di aggressività. “Stai! Zitta!”
Avvertì un suono simile ad un
guaito. Sapeva di aver tentato la sua pazienza, massacrandogli l’orgoglio.
Aveva solo assaggiato la conseguenza delle sue azioni.
“Emh… ah …” Dal muro non
provenivano altro che sillabe incerte. “Ho esagerato.” Ammise, con voce a
malapena udibile.
“… mph.”
“Mi dispiace.” Continuò. Non
c’era bisogno di Désirée per sapere che era vero: Madeleyne era fin troppo
spontanea. Non faceva niente che non le andasse di fare.
Decise di portar pazienza, e
lasciar scorrere tutta la sua frustrazione. Forse anche lui, aveva esagerato.
“Se fossi rimasta in quella
zona quando il ‘gorilla’ avrebbe colpito i detriti, sarebbe crollato tutto.”
Specificò, facendo un lungo sospiro.
Madeleyne, capendo che il
pericolo era passato, recuperò il suo umore di sempre. “Oh. E questo non
sarebbe stato piacevole, deduco.” Ipotizzò, sovrappensiero.
La loro conversazione fu
interrotta da Désirée, che era appena riuscita a domare il gorilla fumante di
rabbia. Si avvicinò al muro – anche Daisuke, inconsciamente, si era
approssimato ad esso – ed esclamò: “Non possiamo far altro che raggirare il
muro! Ci metteremo un attimo, ok?”
Non arrivò alcuna risposta.
La telepatica tese l’orecchio, corrugando le sopracciglia.
“Maddy?”
“…eh? Oh! Oh, sì, un attimo.
No problem.” Era distratta. Con la testa fra le nuvole. Daisuke ci mise pochi
attimi per capirne il motivo: quindi si massaggiò il setto nasale.
“Maddy? Non dirmi che stai-!
No, non ti avvicinare alla macchinetta!”
“N-non r-riesco! L’attrazione
è ingovernabile!” Madeleyne fece una voce sforzata. Probabilmente si stava
divertendo. D’altronde, ora che non c’era nessuno che potesse fermarla o
controllarla, poteva rubare ciò che voleva. A volte riusciva persino ad
inquietarlo. Una Madeleyne con in testa solo il profitto? Decisamente
pericolosa.
“Metti giù la spranga! Da
buona!”
“Spranga? Io vedo solo
un’adorabile tubo di acciaio inox!”
“Dico sul serio! Non
lanciarlo contro quella macchinetta!”
Per tutta risposta si udì il
vetro andare in frantumi.
“Il lato oscuro è troppo
potente ~” Sghignazzò per l’ultima volta Madeleyne, riuscita nel suo intento.
Désirée, che Daisuke aveva
scoperto avere un enorme senso della giustizia, corse via dalla stanza, seguita
dall’archeologo. Anche lui, scuotendo la testa in disapprovazione, decise di
mettersi in marcia.
Prima usciva da quel
manicomio, meglio era.
~
♪ ~
Ero delusa. Molto, molto
delusa.
Diedi un morso alla merendina
che avevo ‘preso in prestito’: una tavoletta di cioccolato al latte Miltank.
Avevo controllato Dexi, e finalmente avevo scoperto cosa diamine fosse, un Miltank.
Ogni giorno che passa mi rendo conto di quanto sia stata ottusa a non accorgermi
prima dell’esistenza dei pokemon, quando ne avevo le prove proprio sotto il
naso.
“Beh, meglio tardi che mai.”
Annuii, prendendo una manciata di dolciumi dalla macchinetta.
Era l’unica cosa che c’era da
scippare, dato che i Poké che avevo trovato erano solo 200 …
Corrugai le sopracciglia,
pensando a quanto fosse ingiusto che un museo artistico come quello fosse così
ignorato dalla gente. Cioè, davvero a nessuno fregava degli scheletri dei
Pokésauri – quanto era geniale – e delle pietre preziose che offriva quel
luogo?
Mi alzai in piedi, felice di
aver introdotto altri grassi eccessivi nel mio corpo. Désirée aveva detto che
avrebbero fatto il giro per venirmi a trovare. Era molto preoccupata. Strinsi i
pugni, frustrata.
Cos’è, pensano che sia una patetica inferma? D’accordo che sono appena
uscita da un ospedale – che mi ha più traumatizzato che aiutato – però tutto
questo è esagerato!
Mi sentivo in forma. Anche se
mi era crollato addosso un quintale di muratura, ero perfettamente sana.
Carica di determinazione per
la mia insolita dose di fortuna, decisi di andare all’esplorazione del museo:
non avevo bisogno di una balia. Aprii la porta, ripercorrendo i miei passi. Sarei
stata capace di cavarmela, in qualche modo.
Ero una persona nuova,
diversa. Questo viaggio mi aveva fatto cambiare, ne ero consapevole. Sentivo
l’ardente desiderio di rendermi utile, l’inspiegabile brama di aiutare i più
deboli. Avrei assistito quegli smidollati a salvare il loro amato museo. Era la
cosa giusta da fare. Se ci impegnavamo, avremmo sconfitto il gruppo di
criminali. Avrei dato tutta me stessa!
“… naaa!” Ridacchiai: ero
sembrata uno di quegli insensati personaggi con manie di protagonismo che
infestavano i videogames. “Tsk, mille volte più sensato starsene fuori dai
pasticci. Seriamente, perché dovrei fare la parte dell’eroe? Mica ho un
inconscio desiderio auto-lesivo!”
Mi misi a canticchiare, di
buon umore, mentre camminavo per un piccolo corridoio. Aprii l’ennesima porta,
occhi che cercavano oggetti potenzialmente di valore.
“Si parte con l’operazione S&S!”
Mi fregai le mani.
“ ‘Operazione S&S’…?”
Per lo spavento feci un suono
strozzato, guardandomi freneticamente attorno. Un ladro? Un assassino?
Poi intravidi una ciocca di
capelli verdi. Feci un’espressione indispettita, dandomi della stupida per
essere saltata alle conclusioni.
“Sì. Operazione S&S.”
Risposi, controllando ciò che il tizio fotosintetico stava facendo. Eravamo
nella strana sala dei macchinari alla Resident Evil. Solo, era pieno di crepe e
pezzi di muro caduti per terra. Non doveva essere una delle stanze più resistenti
…
“Cosa stai architettando?”
Domandò, staccando un cavetto dal fossile di Désirée. Il suo tono era sempre il
solito annoiato, però si riusciva a percepire una nota di sospetto. Gli diedi istantaneamente
una risposta convincente.
“Operazione Sconfiggi &
Salva. Che ti aspettavi, scusa?” Feci finta di niente, sorridendo ingenuamente.
Non poteva certo sapere che S&S
stava per ‘Scippa & Scappa’ …
Il ragazzo scosse la testa,
concentrandosi di nuovo sul proprio lavoro. Sulla sua spalla era appoggiata
un’enorme sacca nera di stoffa. Pareva pesante.
“Neh, che stai facendo?”
Avevo voglia di rompergli le scatole.
“Ho preso i fossili da
riportare in vita: non vorrei che gli succedesse qualcosa.” Spiegò
meccanicamente. Mi guardai attorno, notando che tutti i fossili attaccati ai
macchinari erano spariti. L’ultimo era quello con cui stava armeggiando il
minatore.
“Credevo fossi furbo.” Mi
lasciai scappare, guadagnandomi un’occhiata irritata da parte dell’altro.
“Insomma, non vedi che questo posto cade a pezzi?” Come per dimostrare la
veridicità del mio punto, qualche metrò più in là piombò dal soffittò un pezzo
di … qualcosa. Qualcosa di molto grande. Mi attraversò un brivido.
“Perché stacchi filo per
filo? Andiamo, strappa via tutto! Non stai mica maneggiando vasi di cristallo!”
Gli feci fretta.
L’altro ignorò completamente
la mia sollecitazione, continuando la sua opera con enorme delicatezza. Ma io
ero preoccupata: era la mia impressione, o la stanza aveva preso a tremare?
Gli strattonai una manica del
suo giubbetto beige, intimandogli nuovamente di muoversi.
“Non posso.” Fu la semplice
risposta che ricevetti.
“Certo che puoi! Guarda, ti
faccio vedere come si f-” Prima che potessi toccare il fossile, il ragazzo mi
afferrò saldamente il braccio, sguardo duro e … apprensivo? C’era qualcosa che
mi sfuggiva, ne ero certa. Silenziosamente ritrassi la mano, lasciandolo al suo
lavoro.
Se aveva paura anche lui,
perché mai doveva andare ad una velocità che imbarazzava le lumache?
Dopo quello che pareva essere
stata un’eternità, il tizio prese in mano l’ultimo cavo, pronto a liberare il
sasso scheletrico.
“Finito. content-”
Per tutto il museo echeggiò
un possente ululato che mi fece rizzare i peli. Contemporaneamente l’edificio
prese a tremare come se ci fosse stato un terremoto, facendo aumentare la
quantità di cemento che stramazzava a terra, distruggendo le apparecchiature.
Venni afferrata con forza per
la mano e in men che non si dica mi ritrovai trascinata in avanti, verso
l’uscita.
“Parli tanto di aver fretta e
poi ti paralizzi al primo cenno di pericolo. Sei un po’ ipocrita, non credi?”
Mi rimproverò il ragazzo, cercando di apparire calmo quando in realtà, non lo
era.
“Sono l’ipocrisia in
persona.” Gli diedi ragione, sorridendo debolmente mentre quello apriva la
porta per entrare nel corridoio.
“E ne sono fiera, perché— Attento!” Dal soffitto si era staccato
un blocco di muratura dalle dimensioni decisamente preoccupanti.
Prima che il minatore dai
capelli fotosintetici potesse sollevare la testa, chiusi gli occhi e mi
scagliai contro di lui tirandogli una spallata sul fianco. Atterrammo dentro al
corridoio, a due metri di distanza da dove eravamo prima.
Le scosse terminarono dopo
alcuni secondi.
Sollevai le palpebre,
sorpresa di essermela cavata senza un graffio.
“Ma cosa vado a dire. Sono un
genio! E’ ovvio che mi sia salvata ~” Gongolai, non potendo fare a meno di
imitare la superbia di Carotino. Era forse contagiosa?
Sentii dei mugolii
incomprensibili provenire da molto vicino.
“… nngh ... di chi era il corposcontro
che mi ha abbattuto? Uno Snorlax …?”
Corrugai le sopracciglia ed
abbassai lo sguardo. Avevo non solo causato un trauma cerebrale al tizio
clorofilliano, ma lo stavo anche usando come cuscino.
Il ragazzo si ridestò, per
poi rimanere sbigottito dalla mia sconcertante vicinanza. Stavo per levarmi,
quando inavvertitamente il mio sguardo si contrappose al suo.
Verde. Non un verde stagnante
come i suoi capelli, no: quello era un verde intenso. Mi ricordava quando,
durante il viaggio, mi ero ritrovata ad alzare lo sguardo per vedere i raggi
del sole che filtravano fra le fronde degli alberi. O, per fare un altro esempio
decisamente più sentimentale, mi ricordavano uno smeraldo.
“… emh …”
Sbattei le palpebre,
risvegliata dai miei ragionamenti profondi. Quindi rotolai di lato, sbuffando e
mormorando un “Tanto eri scomodo.”.
“…” Con mia sorpresa, il
tizio non proferì parola. Invece, una volta alzato, prese a camminare
velocemente per il corridoio. Che fosse imbarazzato per quel che era successo?
Femminuccia. Si dovrebbe inchinare davanti alla mia grandezz – no, no
Madeleyne! Niente pensieri Carotiniani!
Presi a seguirlo, massaggiandomi
la spalla.
“Perciò, cos’è uno snorcolo?”
Il minatore clorofillico mutò
la sua faccia da concentrata – chissà cosa gli era preso – in una stupita. Solo
quando vide la mia espressione ingenua, si convinse della mia totale ignoranza.
“Pfft!” Fece un riso
soffocato, che mi fece mettere il broncio.
“Davvero, che cos’è!?”
“Scusa, scusa …” Ma al posto
di smettere, prese a ridere di gusto.
Arrossii in preda alla
confusione. Non capivo cosa c’era di sbagliato in quello che avevo detto.
“Se non la pianti torno nella
prima stanza e ti rubo la Bilia!”
Il mio tono non doveva essere
stato molto convincente, perché dietro alla sua mano chiusa a pugno riuscivo
ancora a sentirlo ridacchiare.
Ora che ci penso è la prima volta che lo sento ridere … decisamente
meglio del solito tono annoiato. Pensai inconsciamente.
“Lo Snorlax è un pokémon,
ovviamente.” Il ragazzo, più calmo, entrò nella stanza. Sentivo ancora un po’
del suo tono divertito.
Snorcolo?! Pensavo di essere uscita illesa dal crollo del soffitto, ma
a quanto pare …
“Mpfh! Potevi dirlo prima!”
Borbottai, offesa, seguendo il tizio mentre mi conduceva chissà dove,
attraverso le varie stanze.
Spalmai la faccia sul pokédex
per leggere sulla nuova specie che avevo scoperto … e per nascondere
l’imbarazzo.
~
♪ ~
Jack sbadigliò. Da quando il
suo capo lo aveva spedito a ripulire ogni angolo del museo, non aveva fatto
altro che ronfare. Cioè, aveva anche lui diritto ad un po’ di pausa, no?
E poi, per noi vecchi saltare la siesta di metà pomeriggio può essere
letale, non dimentichiamocelo.
Il rosso roteò gli occhi,
domandandosi il perché doveva sottostare ad un tipo come quello.
Se non ci fossi io, saresti già morto di fame, ingrato!
Jack chiuse un occhio,
infastidito: dopotutto aveva ragione.
Pigramente saltò giù dal
bancone d’ingresso, dove aveva appena pisolato.
E se non fosse stato per
quell’accidenti di ululato da film dell’orrore, probabilmente avrebbe
continuato a farlo. Deglutì, indeciso sul da farsi.
“Ah … ma il lavoro è il
lavoro …” Si lamentò, incamminandosi in una direzione presa a caso.
Non aveva mai avuto un buon
senso dell’orientamento, doveva ammetterlo, ma quel museo era un vero e proprio
labirinto. Ci si poteva perdere, con tutte quelle sale. Inoltre, era da una
settimana che lavorava lì, e non aveva ancora capito dove stava il bagno:
informazione vitale per il nonnetto che albergava nei suoi pensieri.
Quando iniziarono le scosse,
Jack si ritrovò impreparato e puntualmente spalmò il volto per terra.
Muoviti decerebrato! Striscia sotto lo stipite della porta!
“Subito, signore!” Il rosso
si alzò, pronto per scattare verso la zona sicura. Fece quasi subito
retromarcia, però, quando vide che il fossile di Armaldo al centro della sala era
minacciato da un pezzo di muro crollante. Immediatamente Jack impugnò la sedia
del bancone e la lanciò verso il pericolo, facendogli deviare il percorso.
Sollevato, fece un lungo
respiro.
“Fiuu! Missione compiuta!”
Quindi fece un sorrisetto arrogante. “Visto che precisione? I videogame servono
a qualcosa, nonnetto!
Non darti troppe arie, lattante.
Jack assunse un’aria
afflitta, mentre le scosse si calmavano.
“Ogni tanto vorrei un po’ di
supporto, lo sai …”
E io vorrei che tu avessi un po’ di spina dorsale. Ma non si può aver
tutto nella vita, quindi accontentati e fai qualcosa, o ti licenzieranno di
nuovo!
Cos’aveva mai fatto di male?
Era carino, era sempre gentile con tutti…
Eppure si ritrovava sempre
calpestato da chi gli stava attorno. Il suo capo, la sua
seconda-forse-temporanea personalità, il mocciosetto che non voleva ammettere
di essere una femmina …
“Sigh …” Jack trattenne delle
lacrime di coccodrillo, offeso da tanta crudeltà.
Continuò a camminare per
almeno cinque minuti, esplorando stanza dopo stanza, corridoio dopo corridoio,
solo per giungere ad una conclusione: chiunque stesse facendo tutto quel
trambusto, lo voleva licenziare.
Vittimista.
“Andiamo, lo vedi anche tu lo
stato in cui è ridotto questo posto!” Jack aprì l’ennesima porta, e si trovò
davanti ad una stanza di tre pareti. La quarta non poteva essere considerata
tale, in quanto era stata rasa al suolo per tre quarti, sparpagliando macerie
dappertutto.
“Ah … a-ah …” Non poteva far
altro che aprire e chiudere la bocca, una sensazione di angoscia che gli
cresceva nel petto. Cadde in ginocchio, di fronte al buco nel muro. Riusciva a
vedere degli uccellini, da quella posizione--
“Perché diavolo hanno
distrutto la parete!?”
Che dici, credo sia artistico-
“Ma sei matto? E non è solo
quello! Tutte le stanze sono piene di detriti, brecce nel muro-”
Si lagnò come un marmocchio.
Il monde era ingiusto. Probabilmente era geloso del suo innato fascino.
Poi si fermò. Aveva sentito
dei rumori. Silenziosamente avanzò verso la porta, per poi accucciarsi davanti
al pomello: osservò attraverso la serratura.
“Sono in quattro …”
Chiama la polizia, allora, perditempo!
“Saranno già scappati, prima
che arrivino. C’è un motivo del perché nessuno entra mai in questa catapecchia:
manca un’accidenti di segnaletica.”
E allora entra lì dentro e combatti, no? O tuo padre non ti ha
insegnato niente?
“... non voglio …” La sua
voce si fece piccola piccola.
Scusa?
“Vacci tu lì dentro!” Fece un
sorrisetto disperato. “Facile parlare per te, che non rischi niente. Ti rendi
conto? Sono dei criminali … ed io sono troppo giovane per morire …”
… ti vorrei prendere a calci. Ma perché, perché dico io, mi devo
sorbire un piagnucolone come te!?
“Sigh …”
“Sei buffo!”
Jack sobbalzò: per
l’improvviso movimento batté la testa contro la maniglia. Si voltò,
massaggiandosi la nuca, lacrima che rischiava di scivolare giù dall’occhio.
“…come?”
“È da un po’ che ti guardo, e
non fai altro che parlare da solo. Sei strano!” Il ragazzo – che doveva avere
all’incirca la sua età – sorrise.
Jack lo analizzò, notando i
suoi stravaganti vestiti, le maniche troppo lunghe, il motivo a quadri, gli
stivaletti e la benda sull’occhio. Per non parlare del ridicolo cappello,
certo. Il rosso sollevò un sopracciglio.
“Un cliente?”
Cretino, ma quanto sei ottuso? Sto qui è uno dei criminali!
L’altro fece una breve
risata.
“Mi piaci, sei simpatico.
Stupidotto e leggermente psicopatico, ma comunque carino ~ ♥”
“Senti chi parla …” Jack
iniziava ad essere irritato. Si alzò in piedi prendendo cercando nel suo
marsupio la locazione delle sue pokéball. Ma l’unica cosa che riusciva a
sentire, era la cinquantina di slot per la sua console. Accidenti alla sua
pigrizia, che non metteva mai a posto niente!
“Invece a me non stai
simpatico. Affatto.” Quel tipo era troppo eccentrico, non riusciva a capire
quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Era inquietato.
“… uh? Perché mai?” Gli
tremolò il labbro, occhi lucidi. Jack dovette combattere per non farsi assalire
dai sensi di colpa.
“Tanto per cominciare, ora
l’intero posto è un macello. Per colpa vostra mi toccherà ripulire tutto!”
Indicò la quarta ‘parete’. “Secondo, avete distrutto il muro.” Il clown mise il
broncio.
“Oh. E dire che a noi è
piaciuto così tanto che l’abbiamo rifatto nella prossima stanza …”
“Che?!” Jack voleva morire.
“Perché non avete usato la porta d’ingresso …?” Aveva un’espressione di puro
shock in volto, che fece solo divertire di più il suo interlocutore.
“Perché dovevamo fare
un’entrata di scena! ♪” Esclamò convinto, alzandogli il pollice. Il rosso non
poteva fare a meno di notare che i suoi ragionamenti erano al livello di quello
di un bimbo di tre anni.
“Aw, ora Jack-kun è triste …”
Frugò nelle sue enormi maniche. “Ma so io cosa ci vuole!”
Jack riuscì a trovare una
pokéball e la tirò fuori nell’esatto secondo in cui il ladro gli tese la mano.
“Vuoi una caramella? ♪”
“… eh?” Jack impallidì. Non
solo conosceva il suo nome e diceva cose che potevano essere interpretate in
modo erroneo, ma ora tentava anche di drogarlo!
“Sono ottime, te l’assicuro!
Anche Maddy-chan le ha provate! ♥” Il clown si avvicinò pericolosamente al suo
volto, caramella rossa fra lui e Jack. Quest’ultimo spalancò gli occhi.
“AAAH! Stammi lontano, stalker pedofilo dalle dubbie
preferenze sessuali!” Terrorizzato, Jack aprì la porta, scaraventandosi
nella stanza colma di nemici. Si accorse troppo tardi di ciò che aveva fatto,
ma ciò non gli impedì di fare un sorrisetto distratto.
“Oh-oh …”
In men che non si dica, uno
del team nemico aveva ordinato al suo pokèmon, un brufoloso e bavoso Slugma, di
attaccarlo con Lanciafiamme. Il rosso, finalmente con aria risoluta, lanciò in
campo il suo fido alleato, direttamente fra lui e le fiamme.
“Roy, salvami! Almeno tu!”
Con un ringhio, il pokémon
corse attraverso le fiamme, assorbendole lungo il processo. Jack sogghignò,
felice di aver al suo fianco un pokémon con Fuocardore. Poco dopo sospirò,
preparandosi alla battaglia:
“Non posso credere di star
facendo questo, per quanto mi pagano!”
~
♪ ~
“Tizio.”
Nessuna risposta. Era troppo
impegnato a guardarsi attorno, controllare i danni del museo. Non demorsi.
“Tizio fotosintetico.” A quel
punto, senza distrarsi dalla perlustrazione, rispose.
“Che c’è, snorcola?”
Inciampai sui miei piedi e per poco non mi schiantai contro il muro. Corrugai
la fronte, guance infervorate. Cos’era quella sensazione che gorgogliava nel
mio stomaco? Rimpianto? Autodenigrazione?
… che vuol dire autodenigrazione? Daikke ed i suoi termini aulici! Scossi
la testa, ritornando al discorso originario.
“Devi viaggiare molto: in
questo museo ci sono un casino di robe eccentriche e voodoo-ose! Per non
parlare di tutti i Pokésauri! Sbaglio o alcuni provengono da Hoenn e Kanto?”
“Da cosa l’hai intuito?”
Domandò, passando alla prossima stanza: non era stato rubato niente.
“Ho letto le targhette.”
Scrollai le spalle. Ero una persona molto franca: se sapevo una cosa, me ne
vantavo; se non la sapevo, chiedevo.
“Ah …” Commentò, tono apatico. “Non sai
proprio nulla di fossili, eh?”
“Non sono i fossili.”
Spiegai, crucciata. “Sono i pokémon.”
“E te ne vanti?” Aveva usato
una leggera nota sarcastica.
“Beh, sì.” Gonfiai il petto.
“Perché?”
“Perché questo mi rende
anomala. Particolare. È sbagliato desiderare di essere unici?” Domandai, colta
da un dubbio.
“No, ma basterebbe famosi, diventando
un capopalestra o pokéatleta. Il tuo modo di essere ‘unica’ è un piuttosto
patetico.” Riflettè.
“Ho detto unica, non
‘speciale’. Voglio solo una vita tranquilla …” Sospirai, sognante. “Anche se
una bella villa con un’armata di Ermenasdrubalcibaldo non sarebbe malaccio.” Mi
venne in mente un’idea. “Hey, con quelli potrei conquistare il mondo!”
“Non avevi appena detto--” Ma
ormai ero partita per Maddyland, e non sarei tornata in me per un po’.
“Mpfh.” Mormorò il ragazzo,
dopo un veloce sospiro. “Se non sei unica tu …”
D’un tratto si fermò,
facendomi schiantare addosso a lui.
“Hey, snorcola …” Riprese,
catapultandomi nel mondo reale con la forza di un tir. Lo stesso tir che, in
meno di un istante, aveva pestato una decina di volte il mio cervello quasi
inesistente. Ed il mio orgoglio. Forse ora capivo cosa provavano le vittime dei
miei soprannomi …
“Mi chiamo Madeleyne, tizio
clorofilliano!”
“Okay.” Roteò gli occhi. Mi
avvicinò la sua sacca, colma dei fossili che aveva salvato in precedenza. Io la
presi, guardandolo come se avessi visto un lombrico con rossetto che lanciava
banane radioattive.
“Sei stato conquistato dal
mio immensurabile fascino ed ora mi regali questi fossili come tributo?”
“N-no! Che domande sono!”
Farfugliò il tizio, distogliendo lo sguardo. Dopo qualche secondo si schiarì la
voce, ritornando il solito menefreghista. “Zitta e ascolta.”
Confusa, mi concentrai sui
suoni che percepivo, immaginando di potenziare la barra virtuale del mio udito.
Quindi battei le palpebre, sentendo dei tonfi, versi bestiali e urla confuse.
“… Jurassic Park!” Provai,
lanciandogli un’occhiata che stava a dire ‘te l’avevo detto!’.
“È una lotta, cretina.”
Sospirò stancamente, passandomi la sacca, che presi alla buona, gonfiando le
guance.
“Stai qui. Tieni al sicuro i
fossili. Evita che qualcuno passi attraverso questa porta.” Diede le direttive,
girandosi di spalle.
“Ragazzo-pianta-palustre.”
Gli afferrai di nuovo la manica.
“Nome piuttosto creativo …”
Commentò, sarcastico. “… peccato che mi chiami Kaseki. Se vuoi unirti alla
lotta, ti devo contraddire.” Aggiunse con tono piatto.
“Ma sei scemo?” Fece
un’espressione cinica. “Primo: non sono masochista. Secondo: non ci guadagnerei
nulla.” Incrociai le braccia. Quel suo comportamento impassibile mi faceva
venir voglia di agire come una mocciosa.
“Qual è il problema, allora,
snorcola?” Chiese meccanicamente, non seguendo il discorso. Prima di
rispondergli, dovetti contare fino a dieci, aspettando che l’imbarazzo per il
soprannome sparisse – maledetta la mia memoria a breve termine!
“Chi ti dice che nell’attesa
non ti scippi questi mucchietti d’ossa?”
Rimase in silenzio, posandosi
le nocche di una mano sulle labbra, pensoso. Sembrava non sapesse trovare un
responso al mio quesito. Posò i suoi occhi sui miei, e gli angoli della sua
bocca si piegarono in un microscopico sorriso.
“Semplicemente, il mio
istinto da Scoprirovine.” Aveva un’espressione risoluta.
“Oh. Che schifo d’istinto!”
Gli feci la linguaccia, non so bene per quale motivo.
L’altro sospirò, estraendo
dalla tasca del suo giubbetto una pokéball.
Lanciandomi un ultimo
sguardo, si catapultò nell’altra stanza.
~
♪ ~
“Prendetelo!”
Jack sbuffò, corrugando la
fronte.
“Ragazzi, andiamo! Ho già
messo a K.O. due dei vostri amici”, indicò dietro le sue spalle, mostrando i
corpi di due sgherri con i rispettivi Slugma. “Perché invece di combattere non--”
Fu costretto ad abbassarsi
come se partecipasse a un limbo, in quanto un Numel piuttosto cicciottello
aveva appena usato Pirolancio sopra la sua testa.
“Attento ai capelli!” Sbottò
Jack, controllando di non essere diventato improvvisamente pelato.
Altro che capelli! Se non ti dai una mossa, perderai la testa!
“Sempre a lamentarti, tu.”
Sbuffò. “Roy, morso!” Il piccolo cagnolino scattò in avanti, pronto a lottare
con il pokémon giallognolo.
“Chi. È. Ssstato.”
A Jack parve di essere stato
trafitto da una decina di siringhe, tutte puntate al suo debole cuore. La esse
strascicata compariva solo quando l’animo dell’altro era accecato dall’ira. Si
voltò lentamente, diventando più nervoso quando intravide l’aura di potere
oscuro che circondava il suo datore di lavoro.
“S-salve cap-”
“Avete idea di quanto ssia
antico quesssto palazzo?!” Urlò, cancellando ogni briciolo di apaticità che
normalmente lo contraddistingueva. Infatti, c’erano solo due cose che potevano
fargli provare qualche emozione: reperti archeologici, ed il museo di suo
padre. “Quesssta parete…!”
Kaseki era infuriato.
“Infatti io-” Dopo aver
ordinato a Roy di schivare l’attacco Azione del Numel – pokémon leeento – e di
massacrarlo con un bel Riduttore, Jack cercò di salvare il recuperabile. Non
riuscendoci affatto.
“Ah, Jack. Sei licenziato.”
Il suddetto interessato rimase pietrificato.
La sua carriera era finita in
soli sette giorni. Un record da annotare nella sua lista. Era sconvolto.
“Aww, guarda cos’hai fatto!
Ora Jack-kun è depresso…” Jack tremò, voltandosi immediatamente di lato ed
impallidendo: si era completamente dimenticato del pagliaccio maniaco!
“So io cosa ci vuole! Una zuccherosa
caramella alla fragola! Ti sentirai meglio ~ ♥” Il clown, sorridendo
amorevolmente, si avvicinò con le mani – no, maniche – piene di caramelle colorate.
Ma Jack era sempre stato una
persona paranoica, dietro a quel suo comportamento così rilassato. Scappò velocemente
in direzione del suo Growlithe, decidendo che era meglio essere esposti al
combattimento pokémon, che non a quella persona.
Quella voce gli faceva venire
i brividi. Jack non aveva mai sentito la propria vita più in pericolo di quel
momento. Decise di giocare d’astuzia.
“Capo! È stato lui a
distruggere la parete!”
Kaseki lanciò la sua pokéball
verso la fonte dei futuri incubi di Jack, visibilmente più calmo. All’apparenza.
Il suo sguardo era colmo di una furia selvaggia.
Senza che lui impartisse
alcun ordine, dalla luce bianca che precedeva l’apparizione del pokémon
fuoriuscì una sfera energetica ad altissima velocità. Jack e le reclute
dovettero chiudere gli occhi per non restare accecati dell’esplosione che
seguì, esattamente dove prima si trovava il pagliaccio.
“Oh, un Carracosta ~” Una
volta che il fumo si fu diradato, Jack vide che il clown era riuscito a
schivare l’attacco con facilità. Pareva divertito, ma per nulla impressionato. “Guarda
un po’ chi ho trovato. Una delle persone che volevo incontrare …”
“Archee, Forzantica.” Un’altra
sfera, un’altra scansata.
L’attacco era servito solo
per allargare il sorrisetto perenne del nemico. Kaseki s’irritò:
“Andatevene dal museo: non
abbiamo niente che possa interessare al team Pyro.”
“Ah! E proprio qui che ti
sbagli! Abbiamo una missione molto importante …” La tartaruga marina lanciò un
altro dei suoi attacchi. Il capo del team – Jack non poteva ancora crederci, ma
era troppo impegnato nella sua lotta per poterci ragionare sopra – schioccò le
dita. Una vampata di fuoco, proveniente da un angolo della stanza, ne fece
deviare il corso.
Jack spalancò gli occhi: da
dov’era spuntato quell’Houndoom!?
“Che volete?” Ringhiò il
secondo proprietario del museo, iniziando a sudare freddo.
“Una cosa che avremmo dovuto
avere da un bel po’ di tempo, ma che, sfortunatamente, sembra essere sparita.”
Fece uno sguardo malizioso. “Tuo padre dovrebbe avertene parlato, no?”
“Non ne sappiamo nulla.”
L’espressione dubbiosa di
Kaseki, però, parve solo dire il contrario.
“Fai il finto tonto, eh? Non
è affatto carino ~ ♪” Cantilenò il capo del team Pyro. “Forse, se ti dessi un
piccolo incoraggiamento, saresti più stimolato a collaborare …”
Jack avrebbe tanto voluto
tramortirlo.
Il clown fece un ghigno
sadico, lanciando un’occhiata dietro di lui. Kaseki si allarmò, notando la
direzione che aveva preso il suo sguardo.
“… quante settimane hai
impiegato per ricostruire questo Rampardos?” La voce del maniaco era allegra.
Ma in maniera diversa dalla precedente. Ora era … quasi distorta.
L’Houndoom, come se avesse
ricevuto un segnale, corse verso il dinosauro all’interno della gabbia di
vetro, la bocca che traboccava di fiamme pronte a—
“NO!” Il Carracosta colpì il
cane demoniaco con un forte Acquagetto, mentre il suo padrone era corso fra lo
psicopatico e l’esposizione principale della stanza. “Smettila, non ti
permetterò di sfiorare questi fossili nemmeno con un dito!” Dichiarò Kaseki,
col cuore in gola.
Anche Jack l’aveva notato, e
senza scomodarsi ad usare il pokédex. Era impossibile da ignorare il livello di
combattimento di quell’Houndoom. Completamente di un’altra lega, rispetto agli
idioti con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento.
“My, my …” Il pagliaccio
sospirò, riferendosi all’interlocutore come se fosse un bambino capriccioso. “Mi
pareva di avertelo detto, no? Devi solo consegnarmela.”
“Ti ho detto-!” Ma l’altro
non credeva alle sue giustificazioni. L’Houndoom diede un feroce morso alla pinna
della tartaruga, che venne percossa da delle potentissime scariche elettriche.
Crollò a terra, con le scariche che le strappavano urla di dolore. Il lupo,
mostrando le zanne, balzò agilmente sul guscio dell’avversario e, scuotendo impetuosamente
la coda, lanciò un ululato straziante.
Jack, che aveva appena finito
di sistemare l’allenatore con il Numel, si ritrovò paralizzato dalla paura.
Esattamente come il resto della stanza.
L’allenatore dell’abominio,
invece, si leccò le labbra.
“Consegnami l’oggetto che tuo
padre aveva scoperto nelle rovine di Sinnoh. L’oggetto che gli abbiamo
sottratto. L’oggetto che ci è stato rubato.” Sorrise macabramente.
“Consegnami la Grigiosfera.”
~
Author’s Corner
Ciao. Umh. Il capitolo è
estremamente lungo e noioso … ma mi piace variare un po’. E poi credo di essere
incapace di far durare un incidente meno di tre capitoli. Scusate T.T
Voglio ringraziare
chiunque abbia messo questa fan fiction e fra le storie Seguite e le Preferite.
Mi rendete fiera Q.Q
Riassunto
Daisuke, Désirée e l’archeologo,
dopo essersi accertati che la nostra protagonista fosse tutta intera, si devono
fare il giro di tutto il museo per cercare di riunirsi a lei. La suddetta
interessata, invece, si ritrova a far da balia ad un minatore (a quanto pare
dotato di nome) che, nonostante voglia fermare gli intrusi, deve prima
accertarsi di quali cose siano state rubate. Oppure è lui a fare da balia e
lei?
A Jack, poveretto, non ne
va una giusta. L’incontro con Hiro, lo lascerà profondamente scosso. Ma
riusciranno Kaseki ed il rosso a sconfiggere il temibile Houndoom del clown? E
la Grigiosfera, a cosa gli servirà?
Commenti
In riassunto, ci sono
solo tre cose che posso dire.
1.
Capitolo troppo lungo e con probabili
errori di grammatica: scusate…
2.
…però mi piace scrivere di questi
piccoli intermezzi. Cioè, se non li facessi, non potrei entrare nell’ottica dei
personaggi.
3.
Scrivendo, non posso far a meno di
notare che le paure di Jack riguardo ad Hiro risultano … fondate. *sguardo
malizioso*
Cose
imbarazzanti/importanti
Err… che ne pensare di
una fic di missing moments che riguarda questa fic? Cioè, per fare delle pause
da un capitolo e l’altro, in attesa di ispirazione >//////< *si nasconde*
Ho finito, andate in
pace. Come al solito, gradirei molto le
critiche, perché è difficile migliorare da soli :)
Certo, anche i complimenti sono ben accetti >.>
Thanks for all, guys ♥
GloGlo ~
|
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Capitolo 31 *** Chi fa da sè fa per tre. Più o meno... ***
Pkm 31.6
~
If you want something done right, you have to do it yourself ~
“Consegnami l’oggetto che tuo padre aveva
scoperto nelle rovine di Sinnoh. L’oggetto che gli abbiamo sottratto. L’oggetto
che ci è stato rubato.” Sorrise macabramente.
“Consegnami
la Grigiosfera.”
Trattenni il fiato, esattamente come gli altri.
Ad essere sinceri, non ci stavo capendo molto della situazione. Anzi, proprio
nulla. Quel che sapevo era che se Kaseki fosse stato davvero a conoscenza della
Grigiosfera, gliel’avrebbe già consegnata. Sarebbe stato stupido rischiare la
sicurezza di tutti i reperti per un singolo oggetto…
Grigiosfera,
uh? Che sia un tipo di sfere pokè? Daikke ha detto che ce ne sono molte in giro
…
Corrugai la fronte, riprendendo a respirare normalmente.
Ma a che gli servirebbe?
Ripresi ad adocchiare all’interno della
serratura, più confusa che mai.
“Grigiosfera? Tsk, anche se ce l’avessi,
dovresti passare sul mio cadavere prima di poterci mettere le tue manacce
addosso!” La porta dell’altra parete si sfondò, rivelando un energumeno armato
di piccone con il piede alzato. Che l’avesse calciata con i suoi stivaloni?
“Oh ~ Salve Signor Proprietario!” Hiro ritornò
alla sua solita aria innocente, salutando con la manica – era così lunga che
non si riusciva a vedere la mano. “Il suo cadavere?” Mise il broncio. “Noi non
vorremmo arrivare a tanto … siete voi che non ci volete accontentare,
comportandovi come marmocchi impertinenti.”
King Kong – sì, non era il momento per trovare
soprannomi idioti, ma non sapevo come indicarlo – si prese un momento per
riprendere fiato, osservando la stanza. Dietro di lui comparvero Désirée, con i
vestiti leggermente impolverati e bruciacchiati, e Daisuke, con la solita aria
indifferente. Il fatto che Sey dietro di lui avesse un occhio sporco di
fuliggine e una gamba rossiccia, però, significava che il loro viaggetto non
era andato del tutto liscio come l’olio.
Ero così concentrata a cercare eventuali segni
di lotta sui miei compagni, che quasi non sentii il borbottio del gorilla.
Fortunatamente, ripeté ciò che aveva detto, stavolta esibendo un sorriso
spavaldo.
“Ah! Ma ora sei da solo! Ti abbiamo braccato,
maledetto furfante!”
Effettivamente era vero: Jack aveva steso tutti
quanti i suoi seguaci. Il rosso ora respirava affannosamente, appoggiandosi sulle
ginocchia; fui felice di notare che, oltre alla stanchezza, pareva illeso.
Mi fregai le mani, compiaciuta: Tié, clown da strapazzo! Ti sta bene!
“Mmh…” Il suddetto interessato non pareva aver
ascoltato la minaccia dello scimmione, o almeno, non gli dava molta importanza.
Era più che altro concentrato sulle due persone che gli stavano affianco.
“EHI! Ascoltami quando ti parlo!” L’uomo alzò un
pugno, minaccioso. Ma il pagliaccio doveva essere davvero sicuro di sé, perché
sorrise, deliziato.
“Tu, ragazzino.” Daikke gli lanciò uno sguardo gelido. Hiro allargò il sorriso.
“Ci siamo già incontrati, vero? Sì … eri quello che Tommy aveva mollato nella
casetta in fiamme!”
Bob, Hiro!
Si chiama Bob! Normalmente
l’avrei trovato divertente, ma la tensione era alle stelle. Mi venne l’impulso
di sbattere la testa contro la porta, ma mi trattenni per evitare di far
rumore.
“E se tu sei qui, ciò vuol dire che in questo
museo, da qualche parte, c’è anche Maddy-chan … neh ~ ♥?”
Mi si strozzò il respiro, tanto che dovetti
tossire per evitare di soffocare.
Mi parve di vedere Hiro spostare lo sguardo
verso la mia direzione, ma il movimento era stato troppo fulmineo per esserne
certi. Quel tizio mi metteva i brividi, certe volte.
Sia Jackpot che Désirée si scambiarono uno
sguardo sorpreso, realizzando solo allora che effettivamente non ero lì con
loro.
Grazie per
la considerazione, ‘amici’…
“Adesso è troppo! Preparati, moccioso, perché
fra poco ti ritroverai con un bel buco su quel tuo faccino strafottente!” King
Kong brandì il suo piccon-- emh … Kassy, e caricò come un toro verso il nemico.
Hiro mise il broncio.
“Aw, non ho tempo per gingillarmi, adesso ♪!” Fece
un veloce applauso, molto rumoroso. “Ma per farti contento, ti regalo dei
compagni di giochi ~” Prendendo quel suono come un segnale, dal buco del muro
irruppero altri cinque scagnozzi con i loro pokèmon, che si erano probabilmente
nascosti fra i cespugli fin dall’inizio.
King Kong ruggì, prendendo dalla propria tasca
una pokèball: con un fascio di luce bianca, entrò in campo un … volatile? Corrugai
le sopracciglia, puntando il coso con Dexi, sul cui schermo comparve la
scritta: Archeops, Pokèmon Paleouccello.
L’enciclopedia elettronica non era riuscita, però, a cancellare i miei
sospetti.
Un uccello. Quell’affare,
secondo loro, doveva essere un uccello. Cioè, sembrava piuttosto che
avessero tagliato la testa ad un serpente per poi avvitarla nel corpo di un
pappagallo troppo cresciuto. Un esperimento di organismo geneticamente
modificato andato male?
Mi grattai il capo, decidendo di ignorare i miei
pregiudizi pignoli ed osservare come andavano i combattimenti.
Sey era un po’ malridotto, quindi Daikke aveva
deciso di scambiarlo con il M-mur … Murk-- con il maledettissimo essere
assetato di sangue. Jack, da bravo cavaliere qual era, si era messo davanti a
Désirée, ordinando al suo cagnolino rosso di azzannare tutti i nemici che gli
venivano appresso. Se fossi lì con loro,
commenterei su quanto siano adorabili assieme, giusto per metterli in
imbarazzo. Muahahaha!
E poi c’era il … coso. Che non stava volando,
contrariamente alle mie aspettazioni. No, stava attaccando i nemici correndo veloce come un jet.
Ma che
razza di uccello sei!? Sbatti le ali, gracchia, fai qualcosa! Provavo antipatia verso
il coso. Non tanto perché sfidava le leggi della natura, ma più che altro
perché mi ricordava Beep Beep dei Looney Tunes. E a nessuno piaceva Beep Beep. L’avrei
volentieri voluto vedere allo spiedo, quello struzzo.
Decidendo
che i miei amici potevano benissimo cavarsela da soli, ritornai a guardare
Kaseki, che si stava muovendo furtivamente verso il pagliaccio, con in mano un
badile.
Da dove l’ha tirato fuori? Mi chiesi, studiando il
luogo. Alla fine, notai che affianco ai fossili, nelle teche, erano stati messi
degli attrezzi per abbellire le esposizioni. Che l’avesse preso da lì?
“Mmh,
dov’ero rimasto?” Hiro si picchiettò il mento, prima di voltarsi di scatto
verso Kaseki e tirargli un calcio nello stomaco. Questo fu scaraventato due
metri più indietro, dove cadde, tenendosi la pancia e tossendo convulsamente.
Il badile con cui aveva cercato di colpirlo alle spalle era caduto a terra, di
fronte a Hiro. Gli diede un calcio, facendolo scivolare al centro della stanza.
“Non è leale colpire gli avversari da dietro,
specialmente mentre riflettono!” Si lamentò il pagliaccio, facendogli la
ramanzina, ignorando il dolore dell’altro. “Oltre a non collaborare sei anche
indisciplinato, proprio come tuo padre.”
Adocchiò il T-Rex di ossa con fare curioso.
Quindi gli brillarono gli occhi, ricordandosi di quel che voleva fare.
“Ti meriti una punizione.”
Kaseki, intuendo le sue intenzioni, lanciò un
veloce sguardo verso Archee, giacente a terra, senza energie. Non riuscii a
sentire quel che disse, ma dalla sua smorfia si vedeva che fossero
imprecazioni.
Controllai velocemente come se la stavano
cavando gli altri, e ciò che vidi mi lasciò di stucco.
L’enorme Beep Beep era intrappolato in quella
che pareva una super gomma alla Willy Wonka, che non gli permetteva di
muoversi. Aveva le piume completamente impiastricciate di quella sostanza, e,
per levarsela di torno, se l’era appiccicata anche sulle zampe e sul volto. Era
stata creata dall’attacco di un pokèmon, o era un marchingegno ideato dal Team
Pyro?
King Kong, per la rabbia, lanciò il piccone
verso un lumacone bavoso di lava – Smagma? Slagma? – ma questo si sciolse
immediatamente a contatto con la sua pelle.
L’archeologo cadde in ginocchio, come se avesse
perso trent’anni di vita, e batté il possente pugno sul pavimento,
incrinandolo.
“Maledizione,
Kassy! Noooo!”
“Tsk!” Daisuke, anche se in difficoltà, alzò gli
occhi al cielo, per poi correre davanti all’uomo ed al suo pokèmon, deciso a
difenderlo.
Le cose non stavano andando meglio per Jack, che
era troppo occupato a combattere contro due sgherri mentre cercava di tenere
d’occhio anche Désirée. La ragazza, nel frattempo, rivelava le prossime mosse
dei loro nemici, rendendo loro impossibile l’uso di eventuali tattiche.
D’un tratto mi sentii soffocare, schiacciata da
un peso sullo stomaco. Scivolai lentamente a terra, schiena appoggiata alla porta. Mi portai le
mani sul volto.
Daisuke, Jack, persino Désirée ... tutti stavano
combattendo. Invece io ero lì nascosta, al sicuro da qualsiasi pericolo, a
girarmi i pollici.
Rischiavano grosso, là fuori. Eppure
continuavano ad aiutare, nonostante la disparità di forze. Nonostante non
ricevessero nulla in cambio.
Io … avevo mai fatto qualcosa per gli altri?
Sentivo la mia mente pervasa dai sensi di colpa,
che urlavano cosa avrei dovuto fare per rimediare. Dove sarei dovuta essere.
Fin dall’inizio.
Più il rimorso s’espandeva, più mi tappavo le
orecchie, schiacciando i miei palmi ai lati della testa, senza notare
l’inutilità di quel gesto.
Sapevo di essere egoista e, a dirla tutta, non
mi meritavo nulla di quello che mi era stato dato.
Forse il ragazzo delle fogne, il Polaretto,
aveva ragione, i miei pokèmon sarebbero stati meglio senza di me. Chi avrebbe
mai voluto un’allenatrice viziata e codarda? Li stavo lentamente portando alla
condanna, tenendoli con me.
Ma che avrei potuto fare? Avrei peggiorato la
situazione. Un’altra persona di cui preoccuparsi.
Non sapevo nemmeno quali erano gli attacchi dei
miei pokèmon, a meno che non li leggessi nel pokedex! Non avevo nemmeno un
motivo sensato per voler diventare un’allenatrice! Non avevo fatto altro che
portare sfortuna ovunque andassi! Ero solo una sfruttatrice, ipocrita,
patetica, schifosa scusa di essere umano!
Sentii un urlo.
Automaticamente, osservai attraverso il buco
della serratura.
Il cane demoniaco aveva colpito con il dorso la
schiena di Kaseki, che era caduto in ginocchio. Quindi era sparito
momentaneamente, per poi comparire davanti a lui e caricarlo con le corna
ricurve, colpendogli il petto. La sua vittima cadde sul pavimento, mentre un
rivolo di sangue gli scendeva da un lato della bocca.
“Aw, ancora non ti arrendi? Ti avverto, mi
annoiano i giochi che vanno per le lunghe.” Hiro fece un lungo sbadiglio. “Ti
darò un’ultima possibilità. Se mi dirai cosa sapete della Grigiosfera, vi
lasceremo stare, in caso contrario, causeremo dei danni irreparabili. E non
solo al museo”, precisò.
Poi, quasi stesse trattando con un bambino
cocciuto, sospirò: “E non ricominciare con la predica da finto tonto, perché
gli unici al corrente della sua presenza in questa regione siamo noi
dell’organizzazione e voi due archeologi.”
Kaseki si alzò, barcollante. Si passò la manica
della divisa sul labbro, per pulire il sangue.
“Ora conterò alla rovescia. Fai il bravo, ok ~ ♥?” Fischiettò Hiro, iniziando a contare da dieci.
Ma il tizio con i capelli radioattivi non
sembrava voler far niente, se non guardare l’avversario con determinazione. Io,
nel frattempo, mi volevo strappare i capelli.
Scappa
idiota, cosa fai lì impalato?! E se non vuoi fuggire, almeno racconta qualche
balla, prendi tempo!
Ma il ragazzo non era telepatico, e di certo non
aveva intenzione di lasciare il suo posto.
Smisi di urlargli mentalmente contro per
corrugare la fronte, lo stomaco ingarbugliato in un nodo di nausea.
Perché stava accadendo tutto questo? Perché lo
faceva?
“Tre…due…uno…zero.” La faccia di Hiro mutò
considerevolmente. Non c’era più alcuna traccia di sorriso, solo un’espressione
irritata. Schioccò le dita, sibilando: “Mi hai annoiato.”
L’Houndoom corse verso il fossile, ma vedendo
che Kaseki si era mosso a sua volta per difendere il reperto, si schiantò sul
suo fianco, facendogli perdere l’equilibrio. Prima che potesse cadere, però, i
lupo si fermò di scatto e lo colpì all’altro fianco, per farlo stare in piedi.
E così continuò, ripetutamente, quasi per gioco.
Con un’ultima zampata sul capo lo stese a terra,
ringhiandogli come per intimarlo di non muoversi, mentre nella sua bocca si
creavano fiammate rossicce pronte per essere lanciate al T-Rex fossilizzato.
Kaseki, su un ginocchio, afferrò la coda del
cane e lo tirò all’indietro, facendogli perdere la mira e colpire la parete.
Ovviamente il cane non fu affatto felice. Più furente che mai, diede un forte
morso alla mano del minatore, facendogli lanciare un urlo dal dolore.
Ogni volta che il cane cercava di colpire uno
dei fossili, Kaseki era sempre lì per distrarlo. Ma lui era solo un umano, e
con una resistenza quasi nulla per attacchi di quel genere. Non sarebbe
resistito ancora per molto …
Strinsi i pugni e mi morsi il labbro.
Non è
giusto.
Perché Hiro doveva ricorrere a tanto violenza?
Non era onesto usare i pokèmon per attaccare persone indifese! E Kazeki era
ancora più stupido perché non la piantava di difendere delle cose morte!
Passai lo sguardo su di lui, che ancora non si
arrendeva. Si reggeva in piedi per miracolo e sanguinava abbondantemente dalla
mano. Non aveva l’aria di un eroe, anzi, pareva piuttosto spaventato dalla
bestia contro cui stava lottando. Ma più forte della paura, era la sua
determinazione, riflessa negli occhi verdi.
Non è
giusto.
“Quei
fossili sono così importanti per te …?” Sussurrai inconsciamente, fissando il
sacco di reperti che mi aveva affidato, realizzando per la prima volta quello
che stava accadendo. Kaseki non stava lottando per la sua vita, e nemmeno per
le esibizioni della stanza. No, lui stava combattendo per far sì che i suoi
sforzi non fossero stati sprecati. Per realizzare il suo sogno. Per difendere ciò
che più gli stava a cuore.
Non è
giusto.
L’Houndoom lo colpì alla gamba, facendolo cadere
a terra per l’ennesima volta. Cercò di alzarsi, ma non aveva abbastanza forza.
Dalle labbra gli uscì fuori un suono strozzato, non sapevo se per il dolore, o
per rimpianto di non poter far abbastanza.
Non è
giusto.
Non è
giusto!
Non è giusto!
Posai delicatamente i fossili a terra e misi la
mano sul pomello. In realtà non avevo preso nessuna decisione importante, non
avevo nessun nobile ideale in mente. Le catene di terrore che mi tenevano
incatenata c’erano ancora, e nella mia testa non avevano mai smesso di ronzare
i sensi di colpa. Forse la mia incoscienza era dovuta al forte istinto omicida
che mi aveva improvvisamente sopraffatto. Non persi tempo a rifletterci sopra.
Per aprire la porta dovetti mettere a tacere ogni sentimento che si opponeva,
fregandomene del pericolo.
C’erano cose più importanti che scendere a patti
con la mia personalità:
avevo un Houndoom da massacrare.
~ ♪ ~
“Costyana, cosa posso fare ora? Senza Kassy, la
mia vita è terminata! Non sono nemmeno in grado di difendere il museo,
figurarsi mio figlio!”
Daisuke cercò di frenare il tic all’occhio che
da un quarto d’ora lo stava assillando. Era una reazione spontanea, causata da
una particolare forma di allergia che lo colpiva quando era nei pressi di cause
perse. E l’archeologo era una delle peggiori che avesse mai incontrato.
Da quando aveva stupidamente lanciato il suo
piccone nella lava di uno Slugma, si era tramutato in una fontana ambulante. E
senza pokèmon in grado di combattere – uno del team nemico aveva fatto
invischiare l’Archeops ‘Costyana’ in una sostanza appiccicosa – era davvero
inutile.
Ciò che Daisuke non poteva sopportare era
sentire incessantemente le sue lamentele.
“Yoru, Ombra Notturna!” Un fascio di luce uscì
dagli occhi del Murkrow per dirigersi verso uno dei lumaconi rimasti e metterlo
definitivamente K.O.
I suoi incantevoli occhi color cremisi…
Daisuke sistemò i propri occhiali sul naso,
cercando di non distrarsi troppo e di dimenticarsi del suo interesse verso i
pokémon buio. Non era il momento più adatto.
Sospirò: alla fine della giornata avrebbe davvero avuto bisogno di un terapista.
“Yo, signorina, ha bisogno di una mano? Non mi
sembra al massimo della forma …” Scherzò l’idiota dai capelli rossi, con un
sorrisetto ammaliante. Daisuke gli lanciò una delle sue occhiate gelide,
prendendo in considerazione l’idea di ignorare i vari nemici e indirizzare i
suoi pokemon verso Jack. Solo perché aveva un Growlithe con l’abilità
Fuocardore con cui stava nettamente sbaragliando i suoi avversari, non
significava che poteva permettersi di prenderlo in giro.
“S-scusa! Ehehe, la mia memoria a breve termine
dev’essere peggiorata con la vecchiaia…” Si giustificò il rosso, ordinando al
suo pokemon di mordere un Magcargo.
“Jack, dietro di te!” Urlò Désirée, avvertendo
in tempo il ragazzo perché potesse schivare una palla di fuoco lanciata da uno
Slugma. La ragazza telepatica si era rivelata un’ottima aggiunta alla squadra:
con i suoi poteri erano riusciti ad evitare numerose trappole – come quella
lanciata all’Archeops – e attacchi a sorpresa. Senza contare che Jack, senza di
lei, sarebbe già stato catturato diverso tempo fa.
Daisuke non sopportava il rosso, lo trovava
troppo simile ad uno stupido ninja di sua conoscenza. Troppo distratto e con la
testa sempre fra le nuvole.
Le sue lamentele vennero interrotte da un
ringhio violento, proveniente dall’Houndoom
del clown. Per quanto si sforzasse, non riusciva ad odiare il cane –
dopotutto era di tipo buio. Chi poteva odiare i pokèmon buio? Si giustificò,
adocchiando nel frattempo la situazione.
Il pokèmon aveva finalmente terminato la sua ‘lotta’
con il figlio del proprietario del museo, che pareva essere svenuto, e poteva
finalmente procedere secondo gli ordini del suo padrone, senza altri intoppi. O
così credeva.
Daisuke potè comprendere l’ululato di collera
dell’Houndoom – fiero, slanciato, dotato di un potere spaventoso ed allo stesso
tempo affascinante – quando il suo attacco verso una delle esposizioni del
museo venne, un’altra volta, intralciato da un getto d’acqua comparso dal nulla.
Daisuke scosse la testa per disperdere i suoi favoritismi verso l’Houndoom ed
analizzare la scena: non poteva essere stato Archee - l’attacco era stato
troppo debole - per cui la mossa doveva appartenere ad un altro pokémon
acquatico.
Pokemon che individuò senza molta fatica davanti
ad una porta semiaperta, mentre intonava una canzoncina incomprensibile.
“Wooper Woop! Wooper Woopah ~ ♪”. Intonò il
girino, sorridendo ingenuamente in faccia al pokémon stizzito, che, per quanto
volesse lanciarsi all’attacco, doveva attendere gli ordini del padrone.
“… Adesso inizio proprio a stufarmi.” Annunciò
Hiro, la cui maschera di calma furia iniziava a dissiparsi per lasciar spazio
ad un’espressione di pura stizza. Poi, proprio come si era formata la rabbia,
il suo volto s’illuminò d’allegria non appena guardò alle sue spalle, dove i
suoi occhi lanciarono un’occhiata divertita a una figura che Daisuke aveva già
riconosciuto.
Madeleyne era infatti sgattaiolata fuori dal suo
nascondiglio e, indugiando leggermente, si era fatta strada verso il badile che
Hiro aveva calciato diversi minuti prima. Daisuke assottigliò lo sguardo, cercando
di capire l’uso dello strumento nel piano della ragazza. Ma notando lo sguardo
confuso della sua compagna, che voltava la testa di qua e di là con espressione
disorientata, il ragazzo capì che quella non aveva alcun dannatissimo piano.I
casi erano due: o aveva agito d’impulso, secondo la sua tendenza a dare poca
importanza alle situazioni pericolose, o si era immersa così profondamente
nelle sue fantasie idiote – il che accadeva spesso, purtroppo – da essere
entrata senza rendersi conto della baraonda che c’era.
Ad ogni modo, era un’idiota.
Daisuke, massaggiandosi il setto nasale per
calmare la propria amarezza, aprì la bocca per rimproverarla della sua
ottusità, ma fu preceduto dal pagliaccio che, senza indugio, aveva abbandonato
la belva ed il ragazzo morente per attraversare il campo di battaglia,
incurante degli attacchi che gli volavano sopra la testa.
“Maddy-chan ~ ♥!!”
All’udire il suo nome, la ragazza s’irrigidì,
mentre la sua faccia assumeva un colore spettrale.
Non poté formulare una risposta decente che il
pagliaccio le si era avvinghiato attorno, stringendola in un abbraccio –
trappola mortale? – soffocante.
“Yoru,Ombra Notturna.” Sibilò indispettito
Daisuke, indicando i due qualche metro più in là. La visuale gli aveva fatto
saltare i nervi, ma non per la semplice apprensione verso la sua compagna: era
più che altro un pizzicore fastidioso che cresceva nel suo petto. Decidendo che
qualsiasi fosse la causa essa era trascurabile, si limitò a fare un gesto di
stizza quando vide che il suo attacco non andò a buon termine, dato che il
bersaglio lo schivò senza molta fatica.
Perlomeno aveva separato i due. Madeleyne gli
aveva sorriso con aria imbranata, per poi sollevare nervosamente un pollice in
alto. La reazione non era invece piaciuta al nemico, che mise il broncio al
vedere che Daisuke accennava ad avvicinarsi a loro.
“Uff, che ho fatto di male?” Si lagnò,
grattandosi la nuca ostentando confusione. “Comunque, non voglio altre
interruzioni. Tobias, Jin, vi spiacerebbe occuparvi del damerino con gli
occhiali?”
I due malcapitati a cui si stava riferendo
stavano per lamentarsi di qualcosa a che fare con i loro nomi, ma tacquero non
appena Hiro gli lanciò due revitalizzanti che aveva estratto dalle sue infinite
maniche. Un altro mistero che Daisuke non riusciva a spiegarsi, proprio come le
colonne sonore di Kakeru. Non ebbe il tempo per pensare a possibili soluzioni,
che i due del Team Pyro lo accerchiarono, con i pokèmon completamente
rigenerati.
~ ♪ ~
Ero totalmente spaesata. Mi ero data un semplice
obiettivo – cioè trovare qualcosa con cui difendermi ed evitare di morire – ma
in meno di dieci secondi Hiro aveva avuto un’altra delle sue splendide idee e aveva oltrepassato i limiti
del mio spazio personale. Sembrava provasse un insano piacere a vedermi
confusa, a trastullarsi con i suoi giocattoli.
Guardai Daikke, che, dopo avermi lanciato uno
sguardo raccomandante, era ritornato alla sua battaglia, e decisi che non
appena l’incubo fosse giunto al termine, l’avrei ringraziato per bene del
salvataggio. Se fossi sopravvissuta, certo …
“Avevo intenzione di venire a fare quattro
chiacchiere con te non appena avessi finito la missione, sai? Ora però rendi
tutto più semplice ~ ♪” Commentò il pagliaccio, dedicandomi un sorriso che la
mia mente aveva tradotto in ‘Yep, sapevo dove ti trovavi, non sono bravo?’.
Rabbrividii, stringendo il badile che avevo in mano.
“Doom! Houndoom!” Abbaiò il pokemon satanico,
scuotendo la coda imbizzarrita. Mi sarei sentita piuttosto disgustata dal filo
di bava lucente che scendeva dalle sue fauci, se non fossi stata così
preoccupata dalla sua stazza. Dal buco
della serratura pareva più piccolo! Quello non è un cane, è un’abominazione!
“Ops, me n’ero quasi scordato!” Si scusò il
clown, facendo poi spallucce. “Massì, puoi fracassare quel che ti pare ~”
“Wha? A-aspetta!” Esclamai, ignorando
l’espressione confusa del capo del team, osservando con trepidazione le fiamme che
il cane stava indirizzando verso il centro del museo, dove Kaseki giaceva davanti
al T-Rex gigante. “Wooper, Colpo di fango!”
Sospirai di sollievo nel vedere che il girino
aveva spento completamente la palla di fuoco del nemico. Corsi velocemente dinanzi
all’uomo dai capelli color muffa, allargando le braccia un po’ esitante. Valeva
la pena esporsi al pericolo? Ne valeva davvero
la pena?
“Quindi…” Mormorò Hiro, guardandomi con un misto
di divertimento e pietà. “Anche tu contro di noi, mmh? Credevo fossi più furba
degli idioti presenti in questa stanza.” Guardò tristemente Kaseki, facendo
intuire a chi si stava riferendo. D’impulso iniziai a difenderlo, mossa da un
qualche ideale di giustizia che aveva preso ad affiorare:
“Il tizio con uno zerbino trapiantato in testa”
Mi parve di notare un leggero movimento dell’interessato, a simboleggiare la
sua ripresa di coscienza “non è un idiota! Lui è solo un po’ invasato. E soffre
di un leggero disturbo mentale che lo costringe a trattare i fossili come fossero
suoi amanti, ma questo è un dettaglio trascurabile.” Alle mie spalle sentii un
mugolio di risentimento. “Però non è stupido.” Feci il mio punto, incrociando
le braccia.
“Avresti quindi una denominazione migliore per
un moccioso che, rifiutando di collaborare, si spinge sul punto di morte pur di
proteggere un posto di cui non si ricorderà comunque nessuno?”
“Sì!” Annunciai, con il solo desiderio di
contraddirlo. “Perché ciò che ha fatto non è stato vano!” Presi tempo,
gonfiando il petto e lasciando che la mia lingua agisse indipendentemente dagli
impulsi nervosi. “Infatti ha guadagnato tempo, lasciandoci prima sconfiggere i maniaci
di lumache bavose andate a fuoco, così che ora potremmo dedicarci su te ed il
tuo cagnetto!”
Il mio interlocutore, fingendosi impressionato
ed allo stesso tempo incuriosito, sorrise soavemente.
“Se posso permettermi di chiedere, chi sarebbe
quindi il mio avversario, colui che dovrebbe farmi scappare a casa con la coda
fra le gambe?”
Congelai sul posto, osservando i dintorni con fare
irrequieto. La mia aria da grande profeta si dissolse nel nulla al vedere che i
miei alleati erano ancora impegnati a lottare contro gli immortali lumaconi.
Biascicando maledizioni al mondo intero, alzai lentamente la mano. L’altro
scoppiò a ridere.
“Aww, che adorabile! Credi di poter contrastare
la mia amica con un girino appena uscito dall’uovo! ~ ♥” Ridacchiò intenerito Hiro, coprendosi il sorrisetto con la
manica del suo vestito. Quasi sobbalzai, però, quando i suoi occhi penetranti
si soffermarono sui miei, accertandomi della serietà dei suoi intenti. Quindi
schioccò le dita.
Riuscii a malapena a intravedere una scia nera
passarmi di fronte, prima di sentire il distinto lamento di Wooper che era
stato schiacciato contro la parete. L’Houndoom, come una bestia, l’aveva morso
selvaggiamente, e stava procedendo a scrollarlo come fosse un peluche. Solo
che, al posto del cotone, fuoriuscivano gocce di sangue.
“Wooper, colpo di fango!” Strillai febbrilmente,
sorpresa dall’improvviso assalto. Il girino sputò direttamente nella gola
dell’Houndoom delle ondate di melma, costringendo questo a lanciarlo sul
pavimento per poi tossire furiosamente, in preda al disgusto. Se non fossi
rimasta traumatizzata dalle ferite sul mio pokemon, probabilmente avrei trovato
divertente il fatto che i due avversari si fossero scambiati un bacio
indiretto.
“Ed ora pistolacqua!” Mi affrettai ad ordinare,
spalancando gli occhi quando vidi il pagliaccio oscillare il dito a mo’ di
negazione.
“Tsk, tsk, troppo lenta ~”
Il pokèmon di fuoco gli era di nuovo balzato
addosso, bloccandolo a terra in modo da avere la sua bocca rivolta verso il
pavimento; lanciando un ululato, eruttò una fiammata devastante.
Oddio, ora
me lo ammazza! Era
tutto ciò che il mio cervello poteva registrare, finché, automaticamente, non
urlai: “Rattata! Punta al collo!”
Correndo come una saetta il topo uscì dal suo
nascondiglio, saltando addosso al lupo e trapiantando i denti nella sua carne,
strappando un lamento di dolore alla sua vittima. L’Houndoom prese a muoversi
come un toro imbizzarrito, costringendo il topo viola ad allentare la presa e
volare qualche metro più in là. Mentre metà del mio essere soffriva per il mio
compagno, l’altra fu sollevata nel vedere che Wooper era solo un po’ scottato –
forse per la resistenza del tipo, forse per lo strato di muco che lo ricopriva.
Sfruttando l’occasione, ordinai a Wooper di attaccare con l’onda d’acqua più
forte che riusciva a creare.
“Questo non l’avevo previsto…” Dopo un primo
momento di sbigottimento, Hiro fece un veloce applauso. “Tu non pianifichi mai
niente e t’inventi tutto sul momento, ecco perché mi piaci. Sei imprevedibile,
piena di sorprese!”
Udii uno squittio di dolore, e, rivoltandomi
verso il combattimento, vidi Wooper urtato dalla carica dell’Houndoom, Rattata
abbrustolito da una fiammata.
“Ma non è abbastanza per poter vincere,
spiacente.” Sogghignò, vedendo il lupo esibire un feroce morso su Rattata,
quasi volesse strappargli via le carni.
“Wooper, Pistolacqua!” Mentre il cane lupo fu
sbalzato via dal topo a causa di un getto d’acqua, Hiro continuò,
compassionevole:
“È inutile, Maddy. Quello che voi state facendo
è rimandare l’esito del combattimento, che terminerà con la vostra sconfitta.”
“Potresti smetterla di parlare? È difficile
concentrarsi sui tuoi monologhi strizzacervelli quando si cerca di— SCHIVA
Rattata! Wooper, vomita un po’ di fango!”
Mentre l’Houndoom veniva accecato da fanghiglia
puzzolente, Rattata aveva ripreso a morderlo agli arti, lottando contro il
dolore e i movimenti aggressivi dell’avversario. All’improvviso i suoi denti si
ingrandirono, divenendo più acuminati e sprigionando un insolito fascio di luce
bianca: slanciando la testa all’indietro, conficcò le zanne nella zampa
posteriore del lupo, da cui si udì un malsano ‘crack’, seguito da un guaìto.
“Non so chi ti ha lucidato i dentoni, ma quello
è stato fighissimo! Magnifico Rattata!”
Nemmeno a dirlo che attorno all’Houndoom si
sprigionò un turbine di fiamme, intrappolando entrambi i miei pokèmon in un
vortice senza fine.
“Perché non la smetti di intralciarci? La
differenza fra i nostri livelli è palese, no?” Commentò il clown, prendendo
dalle sue maniche un paio di pillole ed ingoiandole con nonchalance. “Non vedi
che i tuoi pokèmon stanno soffrendo?”
Guardai il campo di battaglia, dove Wooper era
appena riuscito a annullare la trappola di fuoco e ad inzuppare il cane
d’acqua, istigandolo. Questo si voltò verso di lui, piantando delle fauci
circondate da scariche elettriche nel corpo del girino, che venne attraversato
da spasmi violenti prima di fermarsi del tutto.
Rilasciato dall’Houndoom, Wooper stramazzò a
terra privo di coscienza.
Cercai di richiamarlo ai suoi sensi, ma le
parole mi morirono in gola. Il fatto che Wooper fosse andato K.O. mi aveva
svuotato di ogni sicurezza che prima mi tratteneva dall’arrendermi. Per me ora
non esistevano più gli scagnozzi del Team Pyro, e nemmeno Kaseki ed il suo
museo: c’era solo il piccolo, ustionato corpicino di Wooper. Ferito per colpa
della mia stupida iniziativa eroica. Ferito per colpa della mia incompetenza
come allenatrice. Ferito per colpa mia.
“Visto? Ne rimane solo uno. E quando anche il
Rattata sarà impossibilitato a combattere, ti accorgerai che tutto quello che
hai fatto è stato inutile, di come le tue idee non erano altro che utopistiche.”
Commentò Hiro, scartando la carta di un leccalecca alla ciliegia. Ogni sua
parola non faceva altro che aumentare il mio rimorso. Sapevo fin dall’inizio
che le probabilità di vittoria erano inesistenti. Non soltanto non avevo
allenato i miei pokèmon adeguatamente, ma avevo preteso che combattessero una
battaglia al di fuori delle loro capacità. Mi sentii disgustata dal mio stesso
egocentrismo.
Hiro parve intuire i miei pensieri, perché gli
si formò un piccolo sorriso dispiaciuto, “Per proteggere cosa, poi? Un edificio
con cui non avete nulla a che fare, che non ospita un visitatore da anni. Ossa
dimenticate dal mondo, di cui nessuno rimpiangerà la scomparsa.” Si portò il
dolcetto alla bocca.
Ma ormai non lo ascoltavo più. Meccanicamente
ritirai Wooper dalla battaglia, per poi abbassare lo sguardo. Mi sentii
pizzicare gli occhi.
E ora …
ora cosa faccio?
Un gemito di dolore riuscì ad attirare
parzialmente la mia attenzione, e, gettando uno sguardo alle mie spalle, mi
ritrovai a fissare Kaseki. Aveva sentito tutto, glielo si leggeva in faccia. Eppure,
i suoi occhi smeraldo brillavano di un fervore travolgente, quasi non avesse
mai smesso di lottare, e non avesse mai intenzione di smettere.
Fu quella passione a farmi ritornare in me.
Mi ero scordata del vero motivo per cui stavo
combattendo.
Delle persone che volevo difendere.
Della mia
immensa collera.
“Non è vero!” Gridai, all’improvviso, carica di
energie, quasi facendo strozzare Hiro nel suo chupa-chupa. “Kazeki e suo padre
amano questo museo più della loro stessa vita! Hanno impiegato anni a trovare
ed assemblare ogni più piccolo ossicino! Questi fossili sono il loro bene più
prezioso, il loro sogno più grande …” Gli lanciai un’occhiata carica d’odio “…e
tu glieli stai portando via!”
Kazeki sbarrò gli occhi, colpito. Hiro, invece,
sembrava a corto di battutine.
“I miei pokèmon non stanno combattendo per
vincere. I miei pokèmon lottano per difendere le speranze di queste persone!” Rattata,
che utilizzava la sua agilità per schivare gli attacchi del nemico, rallentò,
catturato dal mio impeto. “Magari hai ragione, singolarmente non hanno
possibilità, ma loro non sono soli! Siamo un team!” Rattata si fermò,
spalancando gli occhi. Il suo manto sprigionò dapprima qualche scintilla, poi
venne pervaso totalmente da un bagliore accecante, quasi magico.
Non sapevo cosa stava succedendo. Non sapevo
quali stupefacenti avessi trangugiato per vedere Rattata come un bonsai di
natale, e, a dir la verità, non me ne importava granché. C’era qualcosa di più
urgente: L’Houndoom, notando che il suo avversario si era immobilizzato, si
scagliò verso di lui, preparando una fiammata. Scattai in avanti.
Quella era la goccia che fece traboccare il vaso.
“Non importa quante volte ci metterai con le
spalle al muro” Annunciai, carica d’adrenalina e decisione.
“Noi non ci arrenderemo alla prima difficoltà”
L’Houndoom, vedendo che io sarei arrivata prima di lui, spiccò un balzo; per
tutta risposta diedi un calcio al mio Rattata, togliendolo dal pericolo.
“Perché quello che stai facendo …” Eravamo io e
l’Houndoom, faccia a faccia: lui sospeso in aria con la bocca cosparsa di
fiamme, io con sguardo truce e aria di sfida. Strinsi il badile e portai
indietro le braccia, caricando il colpo.
“Non è giusto!”
Un forte ‘sdong’ risuonò nella stanza.
Tutti smisero di combattere, appena in tempo per
vedere l’Houndoom crollare a terra. Lasciai cadere il badile per terra,
prendendo a massaggiarmi le braccia tremanti per il contraccolpo. Uno degli
sgherri, Jin mi pareva, mi puntò il dito contro, farfugliando:
“C-come hai fatto a--”
“ARGH! Rattata!” Lo congedai, inginocchiandomi
vicino al mio pokèmon e scrollandolo rozzamente. La luce del suo manto stava
sparendo, rivelando gli occhi a spirale simbolo del K.O.
Misi su un gran broncio.
Stupendo,
per cercare di proteggere il mio pokèmon, io stessa gli ho azzerato i punti
vita! Bella mossa Madeleyne, a trattarlo come un pallone da calcio!
I miei pensieri si interruppero non appena udii
il suono di una sirena che si stava avvicinando. La sirena della polizia.
Diverse reclute deglutirono.
“Direi che la disputa è giunta al termine,
manigoldi.” Proclamò King Kong, che era in qualche modo riuscito a liberare il
suo Beep Beep multicolor. “Non vi resta che consegnarvi alla giustizia, o con
le buone …” Scrocchiò i pugni “O con le cattive.” Sogghignò cupamente, facendo
rabbrividire lo scagnozzo che gli stava più vicino, che cercò di mostrarsi
incurante.
“Non è detta l’ultima parola! Il nostro capo sta
per-- capo?”
Hiro, ciucciando il bastoncino di plastica del
leccalecca, stava accarezzando con tranquillità il suo pokèmon, dandogli da
mangiare qualcosa che sembrava una stella a dieci punte. Contrariamente alle
mie aspettative, al posto di strozzarsi o, perlomeno, bucarsi la bocca,
l’Houndoom riprese conoscenza. Controllai il pokèdex, e per poco non svenni al
vedere che aveva riacquistato tutta la sua salute iniziale.
Maledetti
steroidi!
Le reclute sghignazzarono. “Questo è il nostro
capo! Ora vi mostrerà la sua vera poten--”
“Basta lottare! Noi non sappiamo nulla riguardo
a ciò che volete! Perché non lo capite?” Sbottò Désirée, fiancheggiandomi con
le guance rosse di rabbia. “Fate semplicemente del male ai pokèmon!”
Hiro la fissò intensamente. Mi parve di vedere
un rapido sguardo d’intesa fra i due, ma era stato troppo veloce perché potessi
processarlo. Quindi, senza indugio, s’alzò, ritirando il pokèmon e sospirando
deluso, come un bambino a cui era stato proibito di giocare con il suo nuovo
balocco.
“La fanciulla ha ragione: seppure abbia ancora
qualche asso nella manica,” Alzò una delle sue maniche, mostrando
‘accidentalmente’ un set di pokèball nascosto. Spalancai la bocca al pensiero
di dover lottare contro un esercito di mostruosità. “non è produttivo
continuare questa lotta.”
Con un cenno zittì tutti i sottoposti che si
stavano lamentando della scelta.
“E poi,” Sorrise misteriosamente nella mia
direzione. “La Grigiosfera è in buone mani.” Estrasse un contenitore cilindrico
dalle sue maniche-più-profonde-della-tasca-di-Doraemon, che poi sbatté a terra.
“Bye bye ~ ♪”
“No, aspetta!” Esclamai in preda alla
confusione, allungando un braccio. Lo ritrassi quando il fumo proveniente dal
cilindro si espanse per tutta la stanza, costringendoci a coprirci la bocca con
le mani per soffocare i colpi di tosse.
Il fumo si diradò in pochi secondi grazie al
buco nella parete, ma il Team Pyro era ormai scomparso.
~ ♪ ~
“Dai, ammettiamolo: sono stata mitica!”
Mi complimentai con me stessa, non riuscendo a
capacitarmi di aver fatto qualcosa di giusto.
“Certo, ho condannato il mio Rattata al K.O. e
forse ho provocato danni irrecuperabili al cervello del lupo bavoso, ma è stato
comunque epico!”
Jack ridacchiava spensieratamente, mentre
Désirée mi osservava con occhi sbrilluccicanti dall’ammirazione. Eravamo fuori
dal museo - i poliziotti avevano insistito dell’importanza dello ‘sgombrare il
campo’ - aspettando che i medici di un’ambulanza finissero di occuparsi delle
ferite di tutti, compresi i pokémon. In realtà, l’unico conciato male era
Kaseki, del quale solo una gamba, un braccio ed il volto si erano salvati dalle
bende.
“Gli unici danni irrecuperabili di cui ti
dovresti preoccupare sono del tuo
cervello.”
Disse Daisuke, l’unico non colpito dalle mie
gesta eroiche. Sbuffai scherzosamente.
“Andiamo, non sono così gravi … hai sentito il
monologo che ho proferito, quello sugli ideali di giustizia? Sono o non sono
poetica?”
“Era piuttosto profondo, devo ammetterlo.” Alzò
un sopracciglio. “Da dove spunta fuori?”
“Eheh” Gonfiai il petto, orgogliosa “Derivano da
una lunga e sudata esperienza nel mondo anime e manga!” Ma Daikke non pareva in
vena di rallegrarsi – se ne era capace, perlomeno.
“Gli allenatori non combattono direttamente i
pokémon. Usufruiscono di quelli che hanno catturato.” Spiegò con sguardo
scocciato.
“Ma-ma ma noi siamo una squadra!” Balbettai,
usando inconsciamente un tono infantile. Quindi, a mo’ di coreografia, Rattata
sbucò fuori dal mio cappello e Wooper - il cui corpo eccetto gli occhi era imbozzolato
nelle bende – rotolò giù dalla mia spalla, precipitando per terra con un sonoro
‘splat’.
Daisuke si sbatté una mano sulla fronte, ma
prima ancora di potermi ulteriormente correggere, fu interrotto da Kaseki,
rilasciato dagli infermieri.
“Non è proprio così che funziona una ‘squadra’.”
Commentò, barcollando fino a noi su una stampella. Mi lanciò un sorriso
radiante, che mi stupì: dov’era finita la sua aria inespressiva, annoiata e robotica?
“Ad ogni modo, è solo grazie a te che il museo è salvo. Ti devo un favore …
anzi, la mia vita.” Nei suoi occhi balenava un sentimento, ma per quanto mi
sforzassi non riuscivo a riconoscerlo. Mi rendeva nervosa.
“Che melodrammatico.” Scherzò Jack, adocchiando
il suo ex-datore di lavoro con amarezza.
“Non sono affari che ti riguardano.” Gli
comunicò meccanicamente Kaseki, ritornando inespressivo.
“Chiedimi qualsiasi cosa, e cercherò di
realizzarla.” Mi promise docilmente, abbandonando il tono da robot. Già, c’era
qualcosa di strano. Ma al momento ero troppo occupata per rifletterci su.
“Qualsiasi cosa?” Riaprì il dispenser delle mie
fantasie mentali, dentro cui stava il documento intitolato ‘Villa piena di
verdoni e servitù’. Mi asciugai la bava con la manica.
“Che sia nell’ambito delle mie capacità
economiche, però.” Sospirò, comprendendo ciò che avrei voluto chiedergli. “Sono
mortificato.” Si affrettò a scusarsi, passandosi nervosamente una mano fra i
capelli verdognoli. Con la coda nell’occhio vidi Jack, a qualche metro di
distanza, spalancare la bocca con aria quasi spaventata.
“Chi sei tu? Che ne hai fatto di Kas- Ouch!”
Désirée gli pestò leggermente il piede.
“Ma è vero! Qualcosa deve averlo posseduto per
essere così … così emotivo!” Il suddetto interessato gli rivolse un’occhiata
menefreghista, per poi decidere che l’argomento non era di suo interesse e
tornare a squadrarmi.
“Insomma, è quasi umano!” Concluse Jack,
beccandosi in pieno un’occhiataccia da parte della sua nuova conoscenza. Questa,
sospirando, gli fece cenno di avvicinarsi, per poi sussurrargli qualcosa
all’orecchio. Doveva essere qualcosa di molto divertente, perché il volto di
Jack all’improvviso s’illuminò, leggermente imbarazzato. Gli sfuggì un ‘Ooh,
ora ho capito’ di esclamazione.
Scrollai le spalle e, decidendo che non era
nulla d’importante, tornai agli affari.
“Beh, se non puoi fare nulla per quello, non ho
niente da chiederti, per ora.”
“Umh…” Si era fatto titubante, quasi stesse
ragionando su come porre la sua prossima frase. “Allora che ne dici di
scambiarci i numeri di telefono? In quel modo potremmo tenerci in contat--
accordarci meglio non appena ti viene in mente qualcosa.” Avrei prestato più
attenzione all’errore verbale di Kaseki, se non fossi stata concentrata nel
tradurre l’espressione infastidita di Daikke.
Guardai il mio telefono con aria interrogativa.
C’era qualcosa che non andava nel mio cellulare?
Ad ogni modo accettai, ottenendo il mio primo
numero salvato in memoria. Che apparteneva ad uno squilibrato feticista di
cadaveri scheletrici. Trovare qualcuno di
normale no, eh?
Sopra la mia testa, Rattata si era appisolato,
facendo oscillare al codina. Controllai Dexi per la seconda volta, confermando
ciò che avevo scoperto e congratulandomi mentalmente con i miei pokèmon, saliti
entrambi di livello. Rattata, inoltre, aveva imparato due nuovi attacchi: il
primo, ‘Iperzanna’, doveva essere il dentone fosforescente che aveva indebolito
di molto l’Houndoom di un’ora fa, mentre il secondo, ‘Sbigoattacco’, non
l’avevo mai visto. Accarezzai il topino, sovrappensiero.
“Però è proprio un peccato che Rattata non si
sia evoluto.” Commentò Jack, che stava facendo ‘pat pat’ sulla testa del suo
cagnetto rosso … un Groah-qualcosa. “Ma immagino sia meglio che essere
mummificati come Wooper”.
“Evoluto? Come nei Digimon?” Domandai a nessuno
in particolare. Désirée, Kaseki e Jack mi fissarono come se gli avessi appena
rilevato la locazione sotterranea della città segreta degli uomini-talpa. Che
esistevano. Dovevo solo scoprire dove avevano la loro base eh…
“Sveglia Madeleyne! Rattata si stava evolvendo!”
M’informò il ragazzo dai capelli rossi, sconcertato. Il mio sguardo doveva
assomigliare a quello di un pesce morto. Era una bella o una brutta cosa? Da
dove diamine spuntava fuori quest’ ‘evoluzione’?
“Maddy …” Désirée strabuzzò gli occhi “Non hai
idea di cosa sia un’evoluzione, vero?”
Tutti avevano preso a studiarmi come se fossi un
animale esotico. Sentendomi sotto pressione, mi s’imporporarono le guance.
Scossi velocemente la testa: era forse un crimine essere un po’ ignoranti?
Accaddero varie reazioni contemporanee: Désirée
mi tastò la fronte, controllando se avessi la febbre; Jack mi girava attorno,
commentando riguardo ad alieni, rapimenti e vuoti di memoria, mentre Kaseki,
espressione sofferente – aveva già avuto un assaggio della mia ignoranza mentre
parlavamo di fossili – si lasciò sfuggire un ‘Sigh, Snorcola…’.
Daikke, lucidandosi gli occhiali, rientrò nei
panni della maestrina, costringendo gli altri a zittirsi.
“Ti ricordi Nin il Nincada?” Assunti un colorito
vagamente famigliare ai capelli di Kaseki. “Ti ricordi Il coleottero che ti ha
fatto svenire vicino al lago degli spettri?” Annuì, un po’ offesa dal fatto che
stesse parlando molto, molto lentamente. Non
sono mica stupida!
“Sono lo stesso pokémon.” … Ok, ritiro tutto. La mia espressione di scetticismo parlava molto
chiaro. Daikke alzò gli occhi al cielo, ma si rifiutò di abbandonare la
spiegazione.
“Un’evoluzione può accadere non appena il
pokèmon raggiunge un determinato livello. Serve, però, una grande intesa con l’allenatore
e il raggiungimento di un certo grado di maturità in entrambi. A volte, un
pokèmon, seppur del livello adatto, non riuscirà mai ad evolversi.”
“Wait! Vuoi dire che Rattata stava per diventare
un insetto schifoso?” Trattenni un conato.
Daisuke mi lanciò un’occhiata ambigua. Poi
s’irrigidì, lanciandomi una delle sue occhiatacce gela-anima. Fui costretta ad
abbassare lo sguardo e a ridacchiare nervosamente.
“No,” Rise invece Désirée, cercando di allietare
la tensione. “Ogni pokémon ha una forma evoluta differente. Solo i pokèmon
coleottero possono trasformarsi in coleotteri, sta’ tranquilla!”
Annuì rincuorata, guardando la mia nuova
insegnante – decisamente più paziente e buona e gentile e allegra di Daikke –
con ammirazione.
C’era ancora qualcosa che mi lasciava dubbiosa,
però. Come una brava alunna domandai:
“E perché non si è evoluto?”
La risposta mi venne data da Kaseki, che sollevò
un sopracciglio.
“Forse, Snorcola, perché l’hai mandato K.O.?”
“… oh.” Impallidii. L’intervento successivo di Jack
non servì a migliorare la situazione.
“Già, ora ci metterà un po’ prima di evolversi.”
“Oh.”
“È anche possibile che quella fosse la sua unica
chance.” S’intromise Désirée, pensosa, con pugno posato sulle labbra. Non
s’accorse che il suo commento mi aveva messo in crisi.
“Probabilmente non si evolverà mai più.” Il
colpo di grazia me lo diede proprio Daikke, facendo spallucce, come se la
questione non gli importasse.
Per un attimo fui tentata di farmi prendere
dall’agitazione, ma poi mi accorsi che le labbra di Jack tremolavano
convulsamente, quasi stesse cercando di trattenersi dal ridere di gusto.
“Non è divertente!” Gonfiai le guance, intuendo
di essere stata presa in giro.
Il rosso, non riuscendo più a trattenersi, mi
contraddisse, scoppiando a ridere. “Invece sì! D-dovevi, dovevi vedere la tua
faccia! Era … era … ahahahah!”
“Invece no! Mi avete fatto prendere un colpo!” Per non dire che ci stavo quasi per credere
… che idiota!
“Pfft!” Ridacchiò Désirée dolcemente. “Non te la
prendere.” Non sapevo perché, ma Désirée aveva un effetto calmante sul gruppo.
Aveva un non so che di carismatico e sereno, che ti faceva venire voglia di
vedere il mondo da un punto di vista ottimistico.
“Ti stavamo solo un po’ prendendo in giro!” Alla
fine cedetti, unendomi anche io alle risate…
“Io no.” … che mi morirono in gola quando notai
l’espressione placida, ma seria, di Daisuke.
Se non fosse stato per Kaseki, sarei
probabilmente caduta a terra per la rivelazione.
“Daikke!” Guaii, minacciando di colpirlo con il
Wooper mummificato.
Forse, se non avessi avuto la mente colma di
piani di vendetta, avrei potuto notare che sul volto del mio compagno di
viaggio si aggirava l’ombra di un sorrisetto.
~ Author’s Corner
MERRY CHRISTMAS! ♪
Credevo che quest’anno la scuola
sarebbe stata clemente. Dicevano ‘il secondo anno è quello peggiore, dopo è più
facile’. E sapete cosa? Tutte menzogne ç.ç. Quindi prendetevela con la scuola,
stavolta >.>
Perciò mi ero promessa di aggiornare
se fossimo sopravvissuti al 21 dicembre. Cosa che abbiam fatto. Per cui eccomi
qua :3 Sperando che interessi a qualcuno, certo …
Riassunto
Madeleyne riesce a uscire fuori
dalla propria vigliaccheria, e riesce in qualche modo a sconfiggere l’Houndoom,
compromettendo però l’evoluzione del suo primo pokèmon. Il team Pyro e Hiro scompaiono, ma pare che
questo abbia scoperto qualcosa riguardo all’attuale posizione della Grigiosfera.
Kaseki è mezzo morto, il museo in fase di ricostruzione, e Madeleyne è presa in
giro per la sua ignoranza. FIN.
… Accidenti che capitolo inutile.
Commenti
Non ho molte cose da dire (potete
già notare che è un chap lungo e noioso, ma andava fatto), tranne queste:
Prima di tutto la battaglia è
verosimile. Non venitemi a dire che non è possibile che con un colpo fracassa
cranio un cane non svenga. In più, era stato indebolito sia da Rattata, che da
Wooper, che dal Carracosta, ‘kay? Secondo me è fattibile.
Secondo, Madeleyne potrebbe sembrare
OOC. Perché, andiamo, lei non è proprio una ‘paladina della giustizia
Winx/PowerRanger/AshKetchup e robe simili’. Nope. Però, in realtà, non lo è. È
solo un’altra delle sue sfaccettature.
Kaseki, dato che è comparso poco,
forse non si riesce ad inquadrare bene, per farò delle delucidazioni: è
generalmente apatico e senza vita, ma non appena vede fossili diventa una fangirl
possessiva. Per cui il suo interessamento a Maddy è alquanto pazzesco.
Direi che il mio compito è finito,
per ora. Se notate qualcosa di stupido/sbagliato/noioso avvertite :)
GloGlo
~
|
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Capitolo 32 *** Mochapoli ***
Pkm 32.0
~ Mochapoli ~
Mochapoli era considerata
dagli allenatori come una città raggiante. Si ergeva su una collinetta verde,
circondata da fiori e giardini profumati che rilasciavano un senso di serenità
a tutti coloro che arrivavano dalla via principale. Le case parevano brillare,
tanti erano i colori sgargianti con i quali erano state verniciate. Un’allegra
musica di sotto fondo aleggiava per le vie, coinvolgendo ogni abitante. I più
anziani, che avevano un sorriso compiaciuto stampato in faccia, osservavano dalle
proprie panchine i bambini che, urlando, schizzavano verso un’unica meta comune,
al centro della città. Meta comune che ebbe lo strano potere di sopprimere
totalmente la mia capacità intellettiva, ipnotizzandomi con la sua seducente
alternanza di luci e colori.
Luna Park. Luna Park. Luna Park. Luna Park. Luna P-
“Andiamo al Luna Park!”
Esclamò Désirée, i cui occhi brillavano più di dieci Soli ardenti. “Jack! Jack!
Ci accompagni?” Il ragazzo sorrise, ma prima ancora di poter spiccicare parola,
la ragazza si lanciò verso la sua schiena, appendendosi al cappuccio della sua
felpa. “Per favore ~”
Qualcosa, però, mi diceva Jackpot
non stava passando un bel momento: non solo la sua schiena era arcuata in una posizione
innaturale, ma stava anche assumendo un colorito bluastro.
Non che Désirée se ne fosse resa
conto.
Avrei potuto fare qualcosa.
Ma facendo un veloce controllo, mi accorsi di non essere in possesso di sufficiente
volontà per ricordarle che uccidere le persone era considerato un reato.
“Ci saranno le tazzine
rotanti, le case infestate, le montagne russe e …” Aw. Era così adorabile. Se
si ignorava il fatto che, ad ogni strattone che dava, Jack emetteva dei raccapriccianti
suoni gutturali. Mmh. Forse quello non era un buon segno.
Corrugai la fronte. Naah! Lui è un ragazzo robusto. Se fosse
davvero in pericolo dovrebbe essere in grado di ribellarsi, no?
Ma, puntualmente, il fato si
affrettò a ricordarmi della mia perpetua ingenuità.
Désirée, che rideva innocentemente,
non sospettando che a causa della sua gioia qualcuno stava varcando la soglia
dell’oltretomba, diede un’ultima tirata, più forte delle altre, per poi mollare
la presa. Nessuna di noi due si poteva aspettare che il rosso, per
contraccolpo, si sfracellasse a terra, con tanto di sangue dal naso.
Désirée lo osservò con
confusione.
“… Jack?”
Ancora non riuscivo a capire
come avesse fatto a non notare Jackpot diventare blu. Da quel che mi ricordavo,
Désirée non aveva mai mostrato segni di essere daltonica. E di certo Jack non
era mai stato un Avatar…
… a meno che non ci abbia mentito per tutto questo tempo. Chi mi
assicura che in realtà non sia venuto sul nostro pianeta per studiare un modo con
cui schiavizzarci e usare il nostro sangue per nutrire il loro albero
radioattivo?
Sconcertata, feci alcuni passi
indietro, allontanandomi da Désirée che, in preda alla confusione, si era
inginocchiata davanti a lui, brandendo il suo ombrello. Prese a punzecchiarlo,
ma l’unica risposta che ottenne fu un’eloquente rigurgito di bolle e bava dalla
bocca.
Decisa a lasciare che i due
piccioncini se la sbrigassero da soli, mi osservai attorno, fino a trovare chi
cercavo. Ergo il mio asociale compagno di viaggio che, rinchiusosi nella sua consueta
misantropia, se ne stava a dieci metri di distanza, limitandosi a guardarci. Lo
raggiunsi trotterellando, con il volto plasmato in una pura maschera di
allegria.
Maschera, per l’appunto; in
realtà, dentro di me sentivo la tensione e la determinazione che si provavano
negli incontri di pokémon. Strinsi un pugno: ero pronta alla missione.
“Luna Park?” Scelsi con
prudenza di usare un tono vagamente esortativo. Ma non è un invito. È un diamine di ordine: dopo tutte le disavventure
che ho passato, è mio diritto avere un po’ di divertimento.
“…” L’altro si limitò a
fissarmi con aria critica, come se avessi dovuto già conoscere la risposta. Certo che la conosco. La conosco e me ne
frego. Stavolta non avrei ceduto alla sua rigidità. Indicai l’ingresso che
era alle mie spalle, risoluta.
“Luna Park.”
Per essere più chiaro, scosse
la testa un paio di volte. Ma non mi sarei fermata: quella era un’occasione
unica, per me, e non l’avrei sprecata. Avrei ricorso a tutta la mia
fino-ad-allora-inesistente energia psichica pur di convincerlo.
“Luna Park!”
“No.” Quella volta fu Daikke
ad essere deciso, con tanto di aria stizzita.
Uh, oh. Presi fiato; era l’ora di ricorrere al mio potere sovrannaturale.
Lasciai che i miei occhi s’indurissero, si rispecchiassero nei suoi.
Tuuuuu. Ioooo. Luuuna Pparrrrrrrrrk!
L’aria cupa che aveva
circondato Daikke si dissolse, lasciando posto ad un’altra più interrogativa.
Mi fermai, percependo alcune vene gonfiarsi dallo sforzo. Dopotutto, come sarei
potuta andare sulle montagne russe se prima fossi morta di emorragia cerebrale?
Studiai i risultati del mio
faticoso lavoro, portando la mano a massaggiare il mento. Daisuke, non pare più intenzionato a ribattere. Ha funzionato?
Il mio volto s’illuminò di
soddisfazione. Daisuke sollevò il
sopracciglio.
“Stai male?”
Oh. Il mio sorrisetto crollò miseramente. É semplicemente rimasto traumatizzato dalle facce che devo aver fatto
mentre lanciavo il mio sortilegio.
Beh, rimaneva sempre il piano
B. Abbandonai la maschera di determinazione, assumendo l’aspetto che meglio
rappresentava il mio stato d’animo. Ovvero quello di un cane bastonato. Misi le
mani a mo’ di preghiera.
“Park! Luna Park! Luun! Lun!”
Passarono pochi secondi di
totale silenzio, durante i quali non potevo che sperare in qualche miracoloso
cambio di programma. Ma fui costretta ad assistere a un altro fallimento, quando
lui, prendendo il suo Pokèdex (opportunamente modificato nel passato mese),
iniziò a dettare:
“Giorno XX. Sono testimone di
una scoperta impensabile. Cambierà per sempre la storia del mondo pokèmon.”
Prese a girarmi attorno, ispezionando la mia figura come se fosse la prima
volta che mi vedeva. “Ebbene sì: gli umani possono regredire allo status
mentale dei pokèmon.”
Spalancai la bocca,
congelandomi sul posto. Potevo sentire il venticello accarezzare incurante la
mia pelle. Incurante come il mio tecnicamente-amico, che, dopo aver scritto un
paio di cose sul mio aspetto (“Il soggetto qui descritto è un giovane esemplare
di sesso femminile. Altezza: nella norma.” Pausa per lanciarmi un’occhiata
indagatrice. “Taglia: grossa.”), ripose il materiale nella sua valigetta.
Iniziavo a credere di essere
un chewing-gum. Un chewing-gum spiaccicato sulla strada. Che tutti quanti
calpestavano, senza dargli molto peso o preoccuparsi per i suoi sentimenti.
“Hey, Maddy!”
“Sto avendo un lungo
soliloquio mentale sul maltrattamento delle gomme da masticare. Gradirei di essere
lasciata alla mia demoralizzazione.” Mormorai, sentendomi cedere le gambe.
Perché le chewing-gum non le avevano. Erano molli e senza spina dorsale.
Sorrisi debolmente, fissando
il vuoto.
Ecco, finalmente ho trovato il mio scopo vitale. Se fossi rimasta
ferma immobile, senza mangiare o bere, lasciando che gli agenti esogeni
compissero il loro lavoro, forse anche io, un giorno, mi sarei liquefatta,
ricadendo sul marciapiede sotto forma di poltiglia rosa. Un chewing-gum alla
fragola.
“Maddy, guarda!” Sollevai
debolmente la testa, sentendomi incompresa. Cosa c’era di così importante da distrarmi
dal corso della mia vita?
“Ora che Jack è a posto,
possiamo andare!” Davanti a me, Désirée mi fece il segno dell’OK.
Guardai per terra, senza
molta vitalità. Jack non era più un Avatar, vero, e stava respirando …
… Ma non è che giacere in una pozzanghera rosa sia molto salutare.
“Oh, non badare al liquido
che c’è per terra. È uscito fuori quando gli sono saltata sopra.”
What?
“Sì, vedi, ho visto che gli
uscivano delle bolle dalla bocca.” Sorriso orgoglioso “Quindi ho dedotto che
doveva avere i polmoni pieni d’acqua!”
Ah. Ecco, ora è tutto- COSA?!
“Jackpot, sei vivo?!” Gli
urlai, preparandomi ad uno sprint nella sua direzione.
Fortunatamente, non dovetti
compiere un tale sforzo fisico – le chewing-gum non avevano muscoli – poiché il
rosso si rialzò, traballante, accennando ad un debole sorriso.
“T-tutto ok. Ci vuol ben
altro per togliermi di mezzo.” Sagge
parole, per uno che sembra più morto che vivo.
“Allora non ti spiacerà se
andiamo al parco dei divertimenti, giusto?” Désirée fece inconsciamente gli
occhi dolci. Un’espressione che risollevò completamente il mio spirito, e fece
riacquistare forza a Jack.
“Aww, certo che non mi
dispiace! Ci andrei anche subito …” Esclamò, facendole fare un salto di gioia.
Al contrario, io mi scordai completamente della mia brama di diventare una
Dit-Babol. Incrociai le braccia, mettendo su un broncio invidioso. Perché lei ha un accompagnatore mentre io sono
costretta ad essere sola come un cane?
“… se avessi almeno un pokè.”
Continuando a sorridere – un sorriso più triste e rassegnato – dai suoi occhi
sgorgarono pian piano piccole lacrime di coccodrillo. Per dimostrarci la verità
delle sue parole, prese il portafoglio e lo scrollò. Anche da quella distanza
riuscivo ad intravedere tracce di ragnatele e polvere.
“M-ma ...” Désirée lo afferrò
per la collottola, con un’aria che doveva apparire triste, ma che agli occhi di
Jack doveva apparire lievemente minacciosa. Probabilmente era rimasto
traumatizzato dagli eventi precedenti. “Ci deve essere qualcosa che possiamo
fare!”
Il rosso scosse la testa di riflesso, temendo per la sua – ormai esaurita –
salute. Ma ad un tratto s’illuminò.
“Ci sono! Ho un’idea
geniale!” Prese Désirée per le mani, causandole un lieve arrossamento delle
gote. “Désirée, vieni con me! Madeleyne, ci si vede dopo l’incontro in
palestra!” Carico come non mai, prese a correre via …
“Jack, attento!”
… per poi scivolare sopra la
pozzanghera del suo stesso sangue misto a bava e schiantarsi a terra, fra gli
occhi stupiti dei passanti.
Questo è un buon momento per far finta di non conoscerlo e rifugiarsi
in palestra.
Annuii fra me e me. Non fui
sorpresa quando scoprii che di Daisuke non c’era più traccia – doveva essersi
dileguato ore fa. Facendo ambarabà ciccì coccò m’incamminai in una direzione
presa a caso, decidendo di ricorrere all’aiuto dei passanti nel caso mi fossi
persa.
Prima trovavo e sconfiggevo
il capopalestra, prima mi sarei tolta quell’impiccio.
~
♪ ~
No. Mi ero per forza
sbagliata. Dovevo essermi sbagliata.
“Scusi …?” Sventolai una mano
di fronte ad una delle due guardie del cancello. Erano vestite alla maniera
inglese, con le divise rosse ed un colbacco peloso. Quando l’uomo posò gli
occhi sulla mia figura, continuai.
“Mi potrebbe dire dove
trovare la palestra pokémon di Mochapoli?”
La guardia sollevo un
sopracciglio, per poi rispondere, piattamente: “Le sta proprio davanti.”
Lo guardai. E poi guardai di
fronte a me, come avevo fatto precedentemente per ben cinque minuti. Ma il mio cervello
non voleva accettarlo. Non era possibile
accettarlo.
“Chi ha avuto la brillante
idea di costruire un campo di battaglia dentro ad un castello medievale?”
La guardia borbottò qualcosa,
ma non lo sentii, troppo impegnata a guardare l’antica costruzione: avevo
sperato fosse tutto solo uno scherzo, ma eccolo lì, in tutta la sua pietrezza.
C’erano diversi motivi che mi
portavano a giudicare negativamente quell’edificio.
Un palazzo così enorme, ricco, storico, ridotto a misera palestra? Senza
contare che con un paio di attacchi ben assestati potrebbe crollare! E’ un
enorme spreco di soldi! Chissà quanti ragni e ratti e scarafaggi!
Ma la verità era un’altra.
Avevo una sola preoccupazione al momento. Mi rivolsi per un’ultima volta alla
guardia.
“Umh. E, di preciso, a che
piano è collocato il campo di battaglia?”
“Torre centrale, ultimo
piano.”
… come sospettavo, il mondo mi odia.
~
♪ ~
Ansimavo
pesantemente. Intravedevo lievi fasci di luce provenire dalle vetrate colorate
della torre. Il mio sguardo era fisso in un punto, dritto davanti a me. Presi
fiato, guardando come i piccoli granelli di polvere danzavano alla luce del
sole.
C’era
un’atmosfera così rilassante …
Era
un peccato che il mio cadavere avrebbe rovinato quel posto magico.
Ma
non avevo intenzione di andarmene senza aver pronunciato le mie ultime parole.
“Nonno,
credo che è solo merito tuo se la nonna ha scelto di adottarmi. Doveva essersi
abituata alla tua mania di salvare gli animali randagi, come Gigio. Ho sempre
sospettato che tu, per un certo lasso di tempo, mi avessi considerato uno di
quegli animali. Dopotutto, quando ero piccola, mi facevi mangiare dalle ciotole
sul pavimento …” Feci un profondo sospiro.
“Nonna, non ho mai voluto dirtelo per non
offendere i tuoi sentimenti ma … la tua cucina fa proprio schifo.” I lati della
mia bocca s’incresparono per la nausea. “Io e il nonno lo rifilavamo sempre al
cane di turno. Chiediti perché sono tutti morti.” Tossii, sentendomi perdere le
forze di minuto in minuto. Sapevo della futilità di tale gesto, ma non ero
riuscita comunque a contenermi.
“Nonna,
Nonno, Gigio...”
Sentii
gli occhi inumidirsi.
“Mi
mancheret-”
“Eccola
lì.”
Senza
un briciolo di delicatezza, un paio di guardie mi afferrarono per le braccia e
le gambe, trasportandomi frettolosamente verso la meta.
Sbuffai:
perché non mi lasciavano semplicemente morire?
Venni
sbattuta dentro ad una stanza senza molte cerimonie. Rotolai sul pavimento,
finché la forza d’attrito non compì il suo dovere, fermandomi a pancia in giù.
Lo spettacolo che vidi quando aprii gli occhi si poteva dire alquanto stravagante.
Era
una palestra di pokèmon circolare, illuminata da potenti lampade che parevano
inusuali per quell’ambiente medievale. Ai lati si trovavano, da una parte,
Daikke, dall’altra, una bambina.
Correzione:
bambina che, non soltanto indossava un vestito multicolore pieno di merletti,
ma indossava pure una tiara. E tacchi. E uno scettro. E un’espressione
accigliata.
“…
è lei?” Inquisì questa, battendo il piede con fare irritato sul pavimento.
Daisuke
accennò con la testa ad un sì, ma la bambina non pareva convinta.
“Questa
larva?”
Al
sentire quell’insulto bello e buono, mi drizzai in piedi, ergendomi con un
portamento che quasi mai mi sentivo in dovere di mostrare. Iniziai la
conversazione in maniera piuttosto pacifica.
“Sei
una vera principessa?”
“In
questa palestra, sì.” Rispose quella, con superiorità. Abbandonai completamente
l’aria nobile, optando per un’altra più inasprita.
“E
allora ritira quel che hai detto, se non vuoi che questa larva venga lì e ti
sbavi tutto il vestito.”
Una
vena pulsante le comparse sulla tempia.
“Che
affronto! Tale gesto è punibile con la decapitazione!” Strillò lei, facendo
cenno alle guardie di portarle una grossa poltrona. O trono. Quel che era. “Ma
dato che sei la mia cosiddetta sfidante, e che io sono la principessa più
magnanima fra tutte, ti concederò l’onore del perdono.”
“Ma
senti tu …” Mi morsi la lingua per non andare oltre. I bambini insolenti non
riuscivo proprio a sopportarli. Avevano un brutto effetto su di me.
“Scegli
un pokémon!” Annunciò con tono autoritario, spalancando le braccia.
Mi
posizionai al limite del campo di battaglia. La mocciosa schioccò le dita,
facendo sì che una delle guardie alla sua destra lanciasse per lei la pokéball.
Alzai gli occhi al cielo, ma prima di poter commentare fui sorpresa da una voce
alle mie spalle, che assunsi essere Daisuke.
“Ti
ho aspettato per due ore”. Beh, forse ciò
dipende dal fatto che mi hai abbandonato nel bel mezzo della città, senza
nemmeno concedermi un briciolo d’informazione. Ma questa è solo l’ipotesi di
una Dit-Babol in via di formazione, non ci far caso.
Mi
morsi la lingua, contenendo la mia stizza: dovevo ricordarmi che non era lui l’oggetto
della mia rabbia, ma solo la marmocchia.
“Scusa,
ero impegnata a dire le ultime parole alla mia famiglia.” Frugai nella borsa
alla ricerca delle sfere poké. “Le scale, sai, sono un avversario troppo
potente.”
Quella
volta fu il suo turno di alzare gli occhi al cielo.
Ma
non avevo tempo da perdere: avevo una babbuina da ammaestrare.
La
luce rossa del pokèmon della capominestra si ampliò, fino ad arrivare al
soffitto. Con un ruggito poderoso, la figura oscura aprì gli occhi, fissandoli
su di me con aria minacciosa. Il pavimento prese a tremare. Mi domandai se
l’essere poteva sentire la mia paura. Onde evitare rischi, presi in un lampo la
pergamena del mio testamento, pronta a segnare gli ultimi dettagli.
La
luce si dissolse, rivelando una gigantesca mostruosità, nata dalla profondità
del centro della terra, dalle fattezze simili a quelle di un demoniaco dragone
grigio. Riuscivo a percepire il suo potere anche senza averlo mai visto: era un
pokèmon devastante. Un pokémon che non mi avrebbe lasciato scampo.
Pokémon
che si era appena incastrato fra il soffitto e il pavimento del campo.
“A-AGGRON!”
Piagnucolò il gigante, dovendosi piegare per non distruggere il piano.
Nella
stanza scese il silenzio.
Con
molta nonchalance, la capominestra prese la pokéball e lo fece rientrare.
Socchiuse gli occhi, porpora in volto.
“…
ti preferivo quando eri ancora un Aron.” Quindi si ricordò di me.
“Ahah!
Sei stata fortunata! In queste circostanze non posso usare il mio più fido
alleato… ma non ce ne sarà nemmeno bisogno.”
In
fretta, sottrasse a una guardia un altro pokèmon, e lo spedì in campo.
Questo
era decisamente molto più piccolo e, se dovevo dire la verità, più carino.
Aveva una specie di lungo codino grigio, mentre il resto del suo corpo era
giallo e grazioso.
Riprendendomi
dallo shock dell’Aggron – seriamente, che era successo? – mandai in campo
Rattata. Era solo giusto: Wooper aveva già lottato in palestra, mentre lui no.
Al sentire
il suo avversario scendere in pista, il pokèmon nemico aprì gli occhi rossi,
attendendo gli ordini dell’allenatrice.
“La
prima mossa allo sfidante.” Decretò questa, sogghignando.
E no, non mi faccio ingannare da questo
gesto di fasulla gentilezza. La faccenda puzzava.
“Rattata,
su, inizia a corrergli incontro.” Lo incitai, prelevando rapidamente il pokèdex
per controllare gli attacchi che avevo a disposizione. Perché sì, ero una frana
con i nomi.
Uno
di questi, in particolare, aveva attirato la mia attenzione; una delle ultime
mosse che aveva imparato, ma che non avevo ancora capito bene come sfruttare. L’idea
che mi dava la sua descrizione, però, era piuttosto appagante.
“Mph,
stolta! Mawy, mordilo!” Urlò senza preavviso la bambina, nello stesso istante
in cui io avevo ordinato il mio attacco.
“Sbigoattacco!”
La
sequenza fu rapida: il pokèmon giallo, ancora prima di voltarsi, venne colpito
alla pancia da una velocissima schienata. L’avversario perse l’equilibrio, e,
volendo cogliere l’occasione al volo, decisi un altro attacco.
“Iperzanna!”
Quando il topo cercò di mordere il nemico, si udì un forte rumore metallico. Controllando
Dexi, notai con sorpresa che l’attacco non aveva avuto il solito effetto
prodigioso. Approfittando della mia confusione, il coso con il codino si rialzò
in un batter d’occhio, facendo cadere Rattata a terra.
“Mawy,
sgranocchio!” Ah! Come se quel cosino
possa riuscire a battere il dente miracoloso di Rattata! Pensai, piena di
orgoglio.
Orgoglio
che mi ritrovai a sputare dallo shock, quando vidi il mio pokèmon essere librato
in aria e masticato come una caramella da niente meno che una pianta carnivora.
“Che
diavolo ci fa una pianta su quel pokèmon!? Gliel’avete impiantata voi? Lo sta
controllando? Le radici sono penetrate fin nel cervello?” Quella era stata una
mossa che non mi sarei mai aspettata, ma non avevo il tempo di scandalizzarmi
sull’abuso del pokèmon. Dovevo già salvare il mio.
“Uh
...” Che potevo fare? “Prova a usare di nuovo Sbigoattacco.”
Il
topino eseguì l’ordine, ma non riuscì comunque a liberarsi da tale morsa.
Iniziai a sudare freddo.
“Attacco
rapido?” Oltre a sprecare energie, non fu in grado nemmeno di scalfire i suoi
denti d’acciaio.
“Azione!”
Prima ancora che potesse eseguire, il pokemon pseudo-pianta strinse le fauci
attorno a lui, impedendogli il movimento.
“Ahahahah!”
Risuonò dall’altra parte del campo. “Il mio Mawy ha una difesa impenetrabile!
La sua bocca può masticare persino l’acciaio!”
“Perché
mai dovrebbe mangiare dell’acciaio?!” Mi misi le mani fra i capelli, frustrata,
guadagnandomi un paio di occhiate stranite dalle guardie.
“Argh!
Ce l’avrà pure un punto debole quel coso!”
Lo
osservai rapidamente, e, guardando il pokèdex, compresi che se non fossi
riuscita a liberare Rattata sarebbe stato tutto finito in un attacco. E non
volevo perdere contro una bambina così altezzosa.
Ragiona, Maddy. Sei incapace come
allenatrice, questo lo sanno tutti. Ma considera questa battaglia da un altro
punto di vista. Come si fa nei videogames a sconfiggere un boss impenetrabile
dall’esterno, e che mangia gli opponenti?
Sollevai
un sopracciglio. Beh, Zelda ci butta una
bomba dentro e –
“Muahaha.”
Feci una piccola risatina, fregandomi le mani.
“D’accordo
Rattata, mordi la sua bocca!”
“Ti
ho appena detto che--” La zittii, aggiustando l’ordine che avevo dato al
pokèmon.
“Usa
Iperzanna dall’interno!”
Ugh, che schifo! Dopo questa battaglia,
passerò almeno un’ora a lustrare i denti del mio pokèmon!
Qualcosa
comunque dovette accadere, perché in men che non si dica il pokemon con le
zanne sputò il mio, iniziando a correre di qua e di là in preda al dolore.
Rattata, notai con preoccupazione, era ricoperto da graffi e ferite più
profonde. Inoltre, sembrava incredibilmente stanco, con quel suo pelo arruffato
e ricoperto da bava.
Strinsi
i denti: quella pianta affamata si meritava una bella lezione.
I
miei pensieri furono interrotti dalla voce stridula della bambina.
“H-hey!
Non fuggire dal campo di battaglia per una simile sciocchezza!”
Non
me ne sarei stata a guardare mentre lei riacquistava il controllo dell’incontro.
Ordinai al topo di usare Inseguimento, e questo scattò in avanti, dapprima
barcollante, ma poi più deciso. In pochi secondi raggiunse l’avversario e gli si
schiantò addosso, facendolo rotolare contro una delle pareti della torre.
Ma questo
aveva ancora un buon vantaggio su di noi. Prima di stenderlo definitivamente,
avrei dovuto usare almeno una decina di mosse, e di certo non avevo così tanto
tempo a disposizione. Seriamente, di cosa era fatto quel mostriciattolo? Pareva
indistruttibile!
Ci dev’essere qualcosa che posso fare, oltre
ad attaccarlo! Pensa Maddy, in cosa è bravo il tuo primo pokèmon? Ormai
dovresti conoscer- Oh.
Non
avevo molto tempo.
Il
nemico si era ormai rialzato, e Rattata non avrebbe potuto reggere un altro
colpo.
“Rattata,
vai sulla sua testa e usa colpo-coda!”
Mi
ero aspettata un lungo sospiro da parte di Daikke, ma questi, incredibilmente,
decise di lasciarmi fare come mi pareva. La sfida era mia dopotutto.
La
principessa non era però dello stesso parere e, anzi, ci tenne molto a farmelo
sapere.
“C-colpo
coda? Ma è l’attacco più inutile che-..!” Prese a ridere, battendo lo scettro
per terra. “Ah, beh, attacco inutile da padrona inutile. Mawy, usa di nuovo
sgranocchio! Mangia quell’odioso parassita!”
Durante
il lungo discorso della mia avversaria, ebbi tutto il tempo necessario per
gridare, pregando ad un qualche dio pokèmon (chissà se ne esisteva uno) che la
tattica funzionasse.
“Attacco
Rapido! Vattene da là!”
E,
mentre il topo schizzò via grazie alla sua velocità, la testa del pokémon
giallo venne inglobata dalla pianta carnivora che, senza preavviso, diede una
sequenza di morsi poderosi. Ma, per quanto incuriosita, non avevo il tempo di
stare a guardare il mio primo atto di cannibalismo. Rattata, intuendo le mie
intenzioni, prese la rincorsa ed abbatté l’avversario con un altro
Sbigoattacco.
“Ipeeeerzanna!”
Cavolo, quando fa bene sfogarsi.
Ergendosi
con energia sopra il nemico, allargò per un’ultima volta i denti fosforescenti,
e, producendo per l’ennesima volta un suono metallico che rimbombò sulle
pareti, colpì.
In
un primo momento non accadde nulla. Alla fine, però, Mawy crollò a terra privo
di grazia, con le fauci ancora attorno alla sua testa ma abbastanza allentate
da potergli intravedere gli occhi a girandola.
Mi
asciugai il sudore dalla fronte, immensamente sollevata. Rattata si sedette
sulla sua vittima, annusandosi le ferite riportate. Le guardie deglutirono,
come se fossero in attesa di qualcosa. Qualcosa che non tardò a farsi sentire.
“N-no
… NO! Non posso credere di aver perso contro un essere così insolente!”
Con
la velocità di un fulmine, ripose Mawy nella pokéball e rovesciò il trono –
sotto il quale c’era un piccolo passaggio segreto - cercando di nascondere le
lacrime di rabbia e imbarazzo. Quindi, facendomi un’ultima pernacchia, saltò nella
cavità.
Le
guardie, imbizzarrite, scattarono fuori dalla porta, alla ricerca della loro
padrona.
Sorpresa
e a dir poco arrabbiata, corsi a vedere lo strano passaggio: sembrava una
semplice buca scavata nella terra, troppo profonda per poterne vedere l’uscita.
“Dove
cavolo è andata adesso?” Domandai con tono seccato fermando una delle guardie,
che tossicchiò.
“Se
non sbaglio, il condotto porta da suo nonno.”
“E
donde sta questo vecchietto?”
“Gestisce
una piccola attrazione nel Luna Park, anche se adesso è chiusa per restauro.”
Ma
non lo stavo più ascoltando: avevo smesso da quando questo aveva pronunciato le
fatidiche parole. Capendo di non essere più richiesto, se ne andò via,
lasciandoci da soli con il passaggio.
“Luna
Park!” Mi voltai verso Daikke, più decisa che mai.
“Te
lo già detto, non ci voglio mettere piede.” Incrociò le braccia, difensivo.
“Ma
ha le nostre medaglie!” Mi lamentai, sapendo che Daisuke non avrebbe rinunciato
a una medaglia solo per una misera avversione al divertimento.
A
quello spalancò gli occhi, realizzando solo allora quel che avrebbe dovuto
fare. Abbassò leggermente lo sguardo, contemplativo.
“…
le medaglie.”
“Yep,
sai, quelle cosucce luccicanti e di ferro colorato, che non servono a niente se
non per vantarsi?” Lo aiutai, facendo leva sul suo senso del dovere.
Non
ricevetti risposta.
Corrugai
la fronte, non sopportando l’idea di essere ignorata.
“Grazie
per la considerazione …”
Daisuke,
però, non pareva nemmeno avermi sentito. Si limitava a fissare il vuoto con il
volto che andava via via impallidendo.
Iniziai
ad agitarmi.
Mi
avvicinai lentamente, studiando il suo comportamento alquanto inconsueto.
Daisuke che si estraniava dalla realtà? Non era un buon segno.
“…
Daikke?” Chiamai, maledicendomi per il mio tono incerto. L’altro parve
riscuotersi dai suoi pensieri e strabuzzò gli occhi. Rialzò di poco il volto,
corrugando un sopracciglio inquisitorio.
Era
il momento per provare a distrarlo. Qualsiasi cosa andava bene, per non vederlo
rientrare nello stato di smarrimento in cui era prima. Non avrei saputo come
reagire con un Daisuke smarrito.
“Se
vuoi, possiamo fregarcene della faccenda.” Provai. “Possiamo andare al Centro
Pokèmon, farci una bella dormita, e ripartire domani. Possiamo tornare dopo
aver sconfitto le altre palestre.” A quello socchiuse gli occhi, distogliendo
lo sguardo.
“Le
medaglie. Per sfidare gli altri capipalestra ci servono le medaglie.” Non aveva
usato un tono particolare, pareva una semplice constatazione. Ma ero riuscita a
sentirla lo stesso. Quella piccola nota esitante, che aveva fatto tremare la
sua voce. Titubanza? Era come se avesse pronunciato quelle parole contro la sua
volontà. Solo perché era la cosa logica da dire.
“Allora
andiamo.” Non sapevo bene cosa avrei dovuto consigliargli. Incoraggiarlo a fare
qualcosa che ovviamente non voleva fare, o impuntarmi e trascinarlo via, abbandonando
i nostri dovuti premi?
Immediatamente
dopo aver pronunciato l’esortazione, lo notai stringere con forza le maniche
della sua giacca, fino a sbiancar le nocche. Corrugò la fronte, ma non per
esprimere disappunto o critica. Sembrava piuttosto un gesto spontaneo, come se
cercasse di convincersi di qualcosa. Qualcosa che lo stava angosciando.
Qualcosa che in quel momento mi ritrovai a odiare.
Perché
mai si sentiva in dovere di fare qualcosa che evidentemente non voleva fare?! Che c’era di tanto terrificante in
un parco dei divertimenti?! Perché quella stupida mocciosa non ci aveva
consegnato le medaglie, al posto di fuggirsene via in quel modo?!
No, no, no. Calmati Madeleyne. Ci sono altre
cose di cui preoccuparsi.
Daisuke
stava infatti fissando il tunnel con aria tormentata, quasi morbosa. Sul suo
viso notai la comparsa di piccole gocce di sudore.
Al
vederlo in quello stato, mi sentii quasi in colpa. Era ovvio che non voleva
farsi vedere così, e che in quel momento stessi assistendo ad una dimostrazione
di emozioni che sarebbe dovuta rimanere nascosta. Ma era anche ovvio che non mi
avrebbe mai rivelato nulla, nemmeno se gliel’avessi chiesto.
Per
la prima volta mi resi conto che, in effetti, non conoscevo proprio niente di
lui: non sapevo dove abitasse, quali erano i suoi interessi, perché aveva
intrapreso il viaggio …
Non
conoscevo nemmeno il suo cognome.
Percepii
la formazione di un nodo alla gola. Come avevo fatto per tutte quelle settimane
a viaggiare insieme a lui, quando praticamente era come uno sconosciuto? Come
avevo potuto affermare di essere sua amica, senza sapere nemmeno cose
importanti come il suo cognome?!
Gli
lanciai una fugace occhiata, ma poi fui costretta a distogliere lo sguardo,
disprezzandomi con tutta me stessa. Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi.
Avvertii
una leggera pressione sulla mia gamba. Aprendo gli occhi, mi ritrovai a fissare
quelli rossi di Rattata, che, seppur ricoperto di ferite, sembrava fermo e
determinato. A quanto pareva, voleva dirmi qualcosa. Lo presi fra le mani,
portandolo a livello del mio viso. Quello mosse le orecchiette, guardandomi con
disapprovazione.
E
no, non l’avevo capito guardandolo: Rattata era sempre piuttosto indifferente,
nel dimostrare le sue emozioni. Semplicemente, lo sapevo. Come sapevo che
sopportava a stento Wooper, adorava mangiarmi le provviste e non avrebbe
esitato a comportarsi in maniera insensibile con me, pur di salvarsi da
situazioni scomode.
Quello
era Rattata, e non avevo bisogno che lui mi parlasse, per conoscerlo.
Un po’ come Daikke... Riflettei
automaticamente.
A
quel punto, il topino, raddolcendosi, indicò il mio compagno di viaggio con la
coda.
Ritrovandomi
ad osservarlo, notai che non stava affatto migliorando. Infatti, non si era mai
mosso di un millimetro da dove l’avevo lasciato.
Presi
una decisione.
Afferrai
la pokéball e guardai Rattata, annuendo con energia. Quello chiuse gli occhi e,
non avendo nient’altro da dirmi, si lasciò risucchiare nella sfera.
Tornai
da Daisuke, desiderosa di far qualcosa, qualunque cosa, per farlo tornare come
prima.
Per
prima cosa mi intromisi fra lui e il passaggio, chiamandolo per nome. Quando
vidi che quello non funzionava, ritentai, allarmata.
“Daikke!”
Fui
enormemente sollevata al vederlo tornare in sé. Così tanto, infatti, che non
riuscii a trattenere un sospiro. Lui, nel frattempo, impiegò alcuni secondi per
riconoscere l’ambiente circostante.
“Bentornato
fra i comuni mortali.” Cercando di attirare l’attenzione su di me, schioccai le
dita. O almeno, tentai. Non ero mai stata brava a schioccare. Ma il gesto era
bastato.
Lentamente,
sollevò gli occhi neri fino ad incontrare i miei.
Riconoscevo
quell’espressione: la facevo anche io ogni volta che notavo degli insetti.
Erano gli occhi di una persona intimorita. Di qualcuno pronto a fuggire da una
situazione spiacevole. Di qualcuno che era incredibilmente insicuro sul da
farsi.
In
qualche modo, l’idea di andare al Luna Park era riuscita a destabilizzarlo.
Mi
morsi il labbro, concentrata, per poi inspirare profondamente: se non era in
grado di prendere una decisione, per una volta l’avrei presa io.
Perché
era vero.
Io
non sapevo nulla di Daisuke, e probabilmente non l’avrei mai compreso appieno.
Ma ciò
non era importante. Non avevo bisogno di quelle informazioni, per poterlo
aiutare.
Ci
sono certe cose che non si imparano dialogando. Non conoscevo Daisuke …
Ma
conoscevo Daikke.
Le
labbra mi s’incresparono in un sorrisetto maligno.
“Daikke,
Daikke, Daikke ~” Mi fissò, confuso.
“Daikketto
~” Gli ritornò un po’ di colore.
“Daikkellino
~” Corrugò la fronte.
“Daikkuccio
~” Smise di incrociare le braccia e stritolare la giacca.
“Daikke
bau bau ~” Gli occhi s’indurirono, acquistando una freddezza e una ferocia tali
che, se non mi fossi ricordata di star compiendo un’azione kamikaze per il suo
bene, mi sarei probabilmente buttata giù dalla finestra della torre. Ma la mia
lingua era ormai posta sull’automatico: dovevo continuare, nonostante non mi fosse
sfuggito il tremore rabbioso del suo pugno.
“Daik-”
“ZITTA.” Si vedeva da lontano un miglio
che stava usando tutte le sue forze per controllare il suo temperamento. “Se non vuoi diventare una razza
estinta, sta zitta.”
E
così feci. Per circa quattro secondi, ma era un tempo più che sufficiente. Non
si poteva aver tutto dalla vita, no?
Aprii
la bocca, gesto non passato inosservato.
“Ti
avevo av-” E no. Non poteva dirmi di stare zitta dopo che mi aveva fatto quasi
venire un colpo. Avremmo dovuto fare un lungo discorsetto su quello che era
successo … dopo aver recuperato le medaglie, certo.
“Sono
felice di vedere che stai meglio, ma, nel caso non te ne fossi accorto, ci
terrei alla preservazione della mia specie.” Lo informai, incrociando le
braccia. Quindi, con più pacatezza, cercando di mascherare l’agitazione che
fino a poco fa avevo provato, aggiunsi, “Credevo ti stesse per venire un
collasso nervoso, prima.” Credevo te ne
saresti andato.
Fortunatamente
riuscii a fermarmi, prima che dettagli imbarazzanti potessero essere rivelati.
“Sei
tornato al pianeta Terra, o il tuo cervello è ancora attraversato dalle radici di
pianta carnivora mutante?” Scherzai, ricordandomi dell’incontro di poco fa.
L’altro,
il cui rossore stava finalmente abbandonando il viso – era ancora arrabbiato? –
lasciò ammansire il suo sguardo, facendolo tornare alla normalità. Si sistemò
gli occhiali.
“Non
era una pianta. Erano le sue corna.”
“Gli
hanno conficcato delle corna nel cervello!?” Trillai, shockata. “Se questo è
vero, dichiaro il mondo dei pokémon troppo violento per i miei standard e me ne
torno dritta a casa.”
“…
Perché perdo ancora tempo a parlare con te?” Si massaggiò il setto nasale,
sconfortato.
“Perché
senza di me, ti annoieresti.”
L’altro
roteò gli occhi.
Non
sapeva quanto quel gesto mi avesse tranquillizzato.
Good, everything is back to normal. Meglio
non perdere altro tempo. Devo salvare le medaglie da quella befana.
Corrugai
le sopracciglia.
Ok, bene. Ma come faccio a convincere Daikke
ad andare nel passaggio?
Lasciai
passare dieci secondi. Dieci secondi nei quali Daisuke si era pulito gli
occhiali. Dieci secondi nei quali mi si allargò un ghigno sulla faccia. Dieci
secondi al termine dei quali, senza preavviso, ero andata dietro al mio
compare. Che si voltò, fra l’apatico e il sospettoso. Per poi sbarrare gli
occhi dalla realizzazione e cercare di correre via dalla sua locazione. Non che
gliene concessi la possibilità.
Prima
che potesse far qualcosa, gli diedi uno spintone, buttandolo nel passaggio.
Ascoltando
per un attimo l’eco delle sue minacce, scossi la testa ridacchiando e saltai dentro
anche io.
~ ♪ ~
Jack
riusciva a sentire le giunture delle sue ossa supplicargli di mettere fine al
loro supplizio.
Era
riuscito a trovare un lavoro temporaneo in uno dei ristorantini appena dentro
il parco dei divertimenti – quel giorno c’era il pienone ed il direttore si era
dimostrato piuttosto felice di avere qualche braccio in più. Aveva deciso di
lavorare per permettere a Désirée di svagarsi con le attrazioni del parco, ma
questa aveva testardamente rifiutato di lasciarlo solo, asserendo che non
avrebbe sfruttato il suo ‘sacrificio’ per andare a divertirsi. Così entrambi si
erano ritrovati a correre avanti ed indietro, portando vassoi pieni di
profumate pietanze che non potevano nemmeno sognarsi di assaggiare. Ma quella
non era la peggiore tortura.
Per
un certo periodo, infatti, tutto era filato liscio: diverse signore erano state
molto generose e, dopo aver trascorso qualche minuto a chiacchierarci assieme,
avevano lasciato a Jack una cospicua mancia. Ma più passava il tempo, più
sentiva le sue vecchie ossa scricchiolare. Non era che non avesse un fisico
atletico: semplicemente non aveva un briciolo di resistenza.
Ciò
non aiutava affatto la solitudine che provava in quel momento. Perché sì, Jack
era, per la prima volta dopo mesi, libero dai continui rimproveri del
vecchietto che abitava in lui: da quando
aveva incontrato il Team Pyro, infatti, il nonno non s’era più fatto vivo.
All’inizio era stato felice – un po’ di riposo per i suoi nervi! – ma ora era
seriamente preoccupato. Non era raro che l’altro si assentasse per un po’, nei
meandri della sua coscienza (o meglio, che si addormentasse senza motivo), ma
mai per più di qualche ora.
Jack
iniziò a chiedersi se non fosse andato in letargo. Dopotutto l’inverno era alle
porte, e non era effettivamente sicuro che il suo coinquilino fosse umano. In
fondo non l’aveva mai visto. Poteva essere un orso. O un dinosauro. Ogni volta
che parlava, si riferiva sempre alla sua saggezza e vecchiaia ...
Scosse
la testa, andando ad aprire la porta ad una coppietta.
C’era
solo un’unica cosa che lo poteva distrarre dai suoi problemi personali. Ovvero,
la sua preoccupazione per Désirée. O, se si voleva essere più precisi, per i
clienti che flirtavano con lei.
Facendo
lo slalom fra i tavoli, Jack si lasciò scappare un sospiro impensierito: la
ragazza, pur essendo molto perspicace – a volte gli era quasi sembrato che
riuscisse a leggergli nella mente – era anche estremamente ingenua. Chissà cosa
le avrebbero potuto chiedere, camuffando tutto da semplice conversazione …
Ma,
per quanto fosse guardingo, doveva ignorare i propri impulsi protettivi per
concentrarsi sul lavoro.
O
almeno, così avrebbe voluto fare.
“KYAH!”
Posando i piatti su un tavolo a caso, Jack scattò in direzione dell’urlo di
sorpresa, proveniente da dentro un grande sgabuzzino per le provviste. Fece per
entrare nella stanza, pieno di apprensione.
Non
poteva prevedere che la porta lo attaccasse.
Cadendo
a terra, la sentì quasi ridacchiare. Ma quasi. Doveva essere stata colpa del
trauma che aveva appena subito al teschio.
Non
fece in tempo a riprendersi, che venne scosso, senza grande rispetto per la sua
salute, da una voce frettolosa.
“Jackpot!
Hai mica visto una mocciosa con un vestito multicolor?” Riconosceva quella
voce.
“Madel-”
Quella fece un gesto d’irritazione, per poi rilasciarlo senza troppi
complimenti.
“Argh!
Abbiam già perso troppo tempo! Daik- Daisuke, andiamo!”
E
così, in un lampo, se n’erano andati, correndo via senza che lui potesse
chiedergli da dove diamine fossero spuntati. Si affrettò nello sgabuzzino,
confuso e dolorante. Quello che vide lo risvegliò dall’atmosfera sognante
dovuta allo stordimento, per lanciarlo in un vero e proprio incubo.
“Jack?
T-ti posso spiegare! Maddy e Daisuke sono usciti dal condotto d’areazione! So
che sembra impossibile ma-” Il rosso perse la calma.
“Sì,
ma perché proprio i piatti!” Jack s’inginocchiò con aria nevrotica davanti ai cocci,
cercando futilmente di rincollarli con lo sputo.
“Mi
sono caduti addosso! Come avrei potuto salvarli?” La ragazza gesticolava con irrequietezza,
volendosi scusare decentemente ma non avendo idea di come fare.
“… è
una maledizione …” Vedendo che la sua tattica non funzionava, Jack lasciò
cadere, affranto, i cocci – ora sbavati – sul pavimento.
Ma
non ebbe il tempo per compiangersi adeguatamente.
“Uuh,
Jack? Sta arrivando il direttore!”
“Ogni
volta … ogni singola volta …” Prese a lacrimare, arresosi al destino.
“Ja-”
“JACK!”
Il suddetto interessato prese a tremare, ma non si girò.
Lo
fece solo quando sentì due mani afferrargli le spalle, in una morsa che pareva
chiudersi direttamente sulle sue ossa. Il proprietario del ristorante, alto e
possente, aveva fin da subito intimorito il giovane cameriere.
“Lo
sai cosa facciamo a chi rompe?” L’uomo strinse la presa, conficcandogli le dita
nella carne.
Jack
aprì un paio di volte la bocca, ma la richiuse subito dopo. Fece un piccolo
sorriso di disperazione.
“Glielo
facciamo pagare.” Il sorrisetto di
Jack traballò. Lanciò una veloce occhiata a Désirée, che lo fissava con un
lieve sorriso, come ad incoraggiarlo. Con la bocca, pareva aver sillabato una
qualche rassicurazione.
Solo
allora il ragazzo si voltò, con il cuore leggermente speranzoso. Si voltò, e
impallidì: il suo capo, con sguardo severo, gambe divaricate a mo’ di barriera,
stava impugnando un lucido, pesante mattarello … ricoperto da un liquido rosso.
Lentamente,
si alzò in piedi.
“Allora
Jack. Lo farai adesso? Oppure dopo? Sappi che più aspetti, più la punizione
diventerà cara … Ahahah!” Jack ignorò
la risata da brivido, e fece di sì con la testa. Sì a cosa, poi, non lo sapeva.
La vista del sangue l’aveva scosso troppo in profondità.
Con
rispetto, fece un veloce inchino, facendo sì che il proprietario lo fissasse
stranito.
E,
con uno scatto che prima di allora non aveva mai creduto di poter realizzare,
gli passò in mezzo alle gambe con una capriola, fuggendo via.
Nessuno
dei due lo rincorse. Désirée si limitò a massaggiarsi le meningi, mentre l’uomo
si grattava la testa con il mattarello.
“Cosa
gli è preso? Gli avrei solo detratto un po’ dello stipendio. Non pensavo che
quei soldi fossero così importanti, per lui …”
“Lo
scusi, è un po’ impressionabile.” Sospiro.
“L’ho
notato, mia cara, l’ho notato …” L’uomo prese un gran respiro. “Peccato, però.
Era un ottimo dipendente. Metà delle ragazze del luna park è venuta qui solo
per vederlo.”
“Già.”
Désirée fece una piccola smorfia infastidita. Quindi abbassò lo sguardo,
pensierosa.
Il
suo capo, che oltre ad essere il proprietario del luogo era anche il suo chef
più importante, comprese all’istante. Stampandosi in faccia un enorme sorriso,
decise di batterle con energia una mano sulla schiena.
“Hey,
la serata non è ancora finita: ci sono una sacco di clienti che aspettano.”
Désirée,
sorpresa dal gesto, spalancò i grandi occhi puerili.
“E
poi, ho appena messo una bella torta di forno, con tanto di farcitura alla
marmellata di Cherrim!” L’uomo, giocherellando con il mattarello, le strizzò
l’occhio. “Se lavorerai con costanza, te la potrei anche regalare tutta.”
“M-ma-!”
Non poteva accettare un regalo così grande da un perfetto sconosciuto. Désirée
arrossì, non sapendo come rifiutare senza essere scortese.
“Consideralo
un bonus. Te lo sei guadagnato!” Detto ciò, il proprietario s’incamminò fuori
dallo sgabuzzino, dove le cucine e i suoi colleghi lo attendevano con
impazienza. Désirée si affrettò a ringraziarlo, alzando la voce.
“Non
so come ringraziarla! Se solo tutte le persone fossero gentili come lei, il
mondo sarebbe un posto decisamente migliore!”
Come
risposta, ottenne solamente una fragorosa, ma distante, risata.
Una
volta rimasta completamente sola, il guizzo di infantile felicità che Désirée
aveva sentito, seppur per pochi istanti, riempirle l’animo, si dissolse.
Estrasse
il suo cellulare dalla tasca, aprendolo. Sull’immagine di sfondo c’erano una
bambina dai capelli biondi, che seppur aveva le labbra contorte in un broncio
non poteva fare a meno di arrossire, mentre veniva abbracciata da un altro
bambino castano, leggermente più alto di lei, con un sorriso da furbastro.
“Già
…”
Lasciò
che un sorriso malinconico le affiorasse sulle labbra.
“Sarà un posto decisamente perfetto.”
~
Author’s Corner
Scusate. Davvero. Chiedo venia.
Scegliete voi per cosa.
|
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Capitolo 33 *** A Bordo di un Lapras ***
pkm 0
~ A Bordo di un Lapras
~
"Cosa ti è saltato in mente?!"
Daisuke era arrabbiato.
"E' stato un gesto estremamente irresponsabile. Ti
rendi conto di quel che poteva esserci, alla fine di quel tunnel? Certo che no, tu non ti fermi mai a
pensare!"
Correzione: era fuori di sé dalla collera.
"Grazie alla tua idea geniale abbiamo causato dei danni al
ristorante!"
Normalmente avrei ribattuto, ma in quelle condizioni
particolari avevo deciso di lasciar correre.
Da quando eravamo sgattaiolati dentro all'attrazione,
Daisuke non aveva fatto altro che lamentarsi di come l’avevo praticamente
sequestrato, facendogli compiere azioni illecite a sua volta. Il che era
un’esagerazione, a dir la verità; cosa c’era di male nell’irrompere in un parco
dei divertimenti senza pagare, rompere una pila di piatti, cadere addosso ad
una cameriera ed innervosire un paio di clienti?
"Per non parlare delle persone che hai fermato per
strada! Non ho mai visto nessuno di più sfrontato-"
"E da quando fare dei complimenti è considerato
maleducato?" Borbottai con noncuranza, tastando la parete. La giostra era
ancora in fase di prova e quindi la sicurezza aveva deciso di bloccare
l’accesso al pubblico, chiudendo a chiave l'entrata. Nulla che un paio di
forcine non avessero potuto risolvere.
L’unico impiccio era, pertanto, l’oscurità che regnava in
quel posto, completamente separato dal resto del parco.
Ahah! Fortuna che ho il mio fido Dexi ad
aiutarmi! Gongolai e, ficcata una mano nella borsa, iniziai a rovistare fra
gli oggetti. Il Pokédex che il professor Mattew ci aveva imprestato si era
rivelato una vera e propria manna dal cielo: non solo era stato capace di
riconoscere ed analizzare ogni pokèmon che aveva tentato di uccidermi, ma era
anche un distributore d’informazioni sullo stato dei miei piccoli alleati – il
che era utile se mi dimenticavo il loro livello. E loro mosse. E il loro tipo.
Ecco
come mai, quando la mia mano si ritrovò a sfiorare la sua superficie liscia,
non riuscii a reprimere un moto di orgoglio. Orgoglio, e possessività.
Sentii le labbra incresparsi in un ghigno.
Dexi non mi avrebbe mai abbandonato per uno stupido litigio.
Non mi avrebbe mai lasciato sola nel bel mezzo del pericolo.
Non avrebbe tentato di—
"Erano degli sconosciuti!"
"Cosa centra?" Per tutto il tempo, il mio tono era
rimasto indifferente. Stavo ancora cercando di capire se l'enorme flusso di
coscienza del mio compagno di viaggio fosse una buona o una cattiva novità. Era
la prima volta che parlava così tanto, e, a dir la verità, ero incuriosita.
"Hai detto a quella signora che ti piacevano i suoi
capelli."
Strabuzzai gli occhi, cercando di ricordare la donna di
mezza età a cui avevo chiesto informazioni.
Una volta usciti dal ristorante, mi ero resa conto che non
avevo la minima idea di dove dirigermi. Sapevo solamente che se mi fossi
fermata il padrone del locale avrebbe potuto catturarci e costringerci di
risarcire i piatti rotti.
Così mi ero messa a chiedere informazioni a chiunque mi
passasse sotto tiro, alla ricerca di qualcuno che potesse indicarmi la
locazione dell'unica giostra fuori uso del Luna Park. Non molte persone
l'avevano notata, e i pochi che effettivamente ne erano a conoscenza non erano
stati affatto efficienti ad indicarci la strada.
"Certo che mi piacevano, erano stupendi. Hai visto
quanto erano luminosi i suoi boccoli biond-"
"Era una parrucca." Tagliò a corto lui, dandomi il
tempo di rifletterci su.
Per un minuto rimasi in silenzio, concentrandomi solo sul
rumore dei nostri passi. A mano a mano che ci allontanavamo dall'entrata il
brusio delle persone, gli schiamazzi dei bambini e le musichette gioviali delle
altre attrazioni apparivano sempre più ovattate.
"... ma era una bella parrucca, no?"
Daisuke, non riuscendo a contenersi, ricominciò a borbottare
maledizioni contro di me e le mie idee strampalate. Lo lasciai fare, convinta
che quel suo chiacchiericcio avrebbe servito la funzione benefica di valvola di
sfogo. E Daisuke, di sfogarsi, secondo me ne aveva veramente bisogno.
Capii di essere arrivata al capolinea non appena mi scontrai
con qualcosa di gelido, alto fino ai miei fianchi. Mi ritrovai a fare una
capriola in avanti e, non riuscendo ad aggrapparmi a niente, ricaddi
dolorosamente sulla schiena, soffocando un gemito.
Non ebbi nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo, che
sentii una scarpa schiacciarmi la spalla. Presi a strepitare; non tanto per il
dolore, bensì per il timore che il piede potesse esercitare una maggior
pressione e dislocarmi definitivamente l’articolazione.
Daisuke si scostò istantaneamente. Mi raggomitolai,
indolenzita, cercando di ripararmi da eventuali altri attacchi.
“Cos’è successo?”
Decisi di ignorarlo, rispondendo invece all’effettiva domanda
che lui, come essere umano, avrebbe dovuto pormi.
"Se non contiamo che sette delle mie vertebre dorsali
stanno andando incontro allo sbriciolamento, che la mia spalla sta bruciando più
ardentemente di quanto non possa una strega sul rogo e che la mia autostima sta
ancora cercando di sviluppare anticorpi per combattere tutto il veleno che hai
continuato a rifilarmi da quando siamo qui…” Avevo la strana impressione che
Daisuke stesse alzando gli occhi al cielo. “Beh, direi di stare benone.”
“Come sei finita a terra?” Ripeté più espressamente.
"Sono inciampata su… qualcosa.”
“Grazie, ora sì che mi sento illuminato.”
A quel tono sarcastico gli scoccai un’occhiataccia. “So solo
che è rigido e molto, molto freddo. Un palo, forse. Scommetto che qualcuno l’ha
messo qui per impedirci di proseguire. Potrebbe essere stato un pokèmon di tipo
ghiaccio, a costruirlo." Venni colpita da una rivelazione. "E se ci
fosse lo zampino del Team Blyzzard?!”
Sentii distrattamente Daikke che frugava nelle sue tasche.
“No, a quest'ora ci avrebbero già beccati.” Ammisi. "Ma
allora devo essere per forza inciampata su un robot! No, no, su un UFO! Finalmente riuscirò dimostrare che
Jack è un Avatar, venuto sulla Terra per— ARGH! I MIEI OCCHI!"
Avvertii le mie pupille prendere fuoco e di conseguenza
presi a rotolare di qua e di là. Non riuscivo a vedere nient’altro che il bianco
più totale. Fra i vari rantolii maledissi il bagliore che era penetrato all’interno
dei miei bulbi oculari fino ad arrivare ai nervi ottici, carbonizzandoli.
“UFO scellerato, non mi avrai mai!” Esclamai d’un tratto, cercando
di alzarmi per tentare la fuga.
Nell’aria riecheggiò un rumore, sordo e allo stesso tempo raccapricciante,
che per qualche bizzarro motivo mi ricordò di quella volta che zia Gertrude, dopo
una feroce disputa con mia nonna, si era messa a fracassare senza pietà cumuli
e cumuli di Baccastagne con un martello da campeggio.
Solo dopo mi sorse il dubbio che il suono avesse preso
origine dalla mia testa.
Cessato quello, parve che qualcuno avesse premuto il tasto
‘mute’, facendo cadere il mondo nel silenzio.
Un piccolo capogiro. Daisuke che muoveva le labbra, espressione
urgente. Sbattei le palpebre; gli oggetti avevano dei contorni confusi. Quand’ero
finita sul pavimento?
Tentai di sbatterle ancora una volta, ma fra la testa
leggera e un’insolita stanchezza, gli occhi rifiutarono di aprirsi di nuovo.
~ ♪ ~
Daisuke restò per un momento immobile, colto alla
sprovvista.
Madeleyne era svenuta.
Madeleyne aveva sbattuto la testa contro un palo di acciaio.
Ed era svenuta.
Trovava la situazione alquanto surreale, fin troppo stupida.
Notando che però la sua compagna non accennava a
riprendersi, s’inginocchiò vicino a lei.
"Madeleyne?" Nessuna risposta.
Provò a chiamarla un'altra volta, solo per ottenere lo
stesso risultato. Risultato che poteva implicare una miriade di effetti
secondari, di cui nessuno dei quali poteva essere definito piacevole.
Si rese improvvisamente conto di essere l'unica persona –
cosciente, almeno – a sapere della loro ubicazione. Nessuno sarebbe venuto a
cercarli, men che meno in una zona che era ipoteticamente vietata al pubblico.
Daisuke realizzò per la prima volta la gravità della
situazione: se la ragazza non si fosse risvegliata entro qualche minuto,
implicando pertanto ripercussioni più gravi di un semplice mal di testa, sarebbe
toccato a lui cercare aiuto.
Fuori.
Nel Luna Park.
Fra centinaia di sconosciuti.
Si sentì trapassare da un brivido; la sensazione durò un istante,
ma gli lasciò appresso uno sgradevole senso d’urgenza. Si concesse una manciata
si secondi, per poi scuotere la testa: non doveva saltare alle conclusioni. Decretando che restare con le mani in mano non
avrebbe condotto a niente di positivo, iniziò a controllare i segni vitali
della ragazza.
Ma, a dir la verità, non c’era molto da appurare: a prima
vista, infatti, non pareva aver perso una sola goccia di sangue e, considerando
il ritmo regolare con cui si alzava e abbassava il suo petto, non doveva aver
sviluppato alcun tipo di problema respiratorio. Ora sarebbe semplicemente bastato
accertarsi che non vi fossero irregolarità nelle contrazioni cardiache…
Daisuke si voltò adagio, individuando con lo sguardo la mano
della sua compagna. La stessa mano con cui lei l’aveva energicamente trascinato,
spintonando la gente e correndo a perdifiato, attraverso la folla di persone. Fece
una piccola smorfia.
Per un attimo indugiò. Poi scrollò la testa e, con un gesto
deciso ma allo stesso tempo riguardoso, le sollevò la mano con la destra,
mentre con l’indice e il medio della sinistra prese a tastarle il polso.
“Battito normale…” Constatò a bassa voce, ritrovandosi a rilasciare
un respiro che non si era accorto di star trattenendo.
Quasi lo avesse udito, la mano che stava tenendo elevata s’irrigidì
debolmente. Daisuke l’appoggiò a terra, sollevando il Pokédex, in precedenza
lasciato sul pavimento, e lo rivolse verso Madeleyne. Questa dapprima mugugnò
qualcosa, poi strizzò le palpebre un paio di volte. Daisuke riuscì a malapena
ad intravedere i suoi occhi, che questi si chiusero con violenza.
“Ugh…” Bofonchiò, alzando fiaccamente un braccio per
schermarsi dalla luce. “Fantastico… ho sempre desiderato essere dissezionata
dagli alieni.” Daisuke abbassò lo schermo del congegno elettronico, ma prima di
parlare si costrinse a contare fino a dieci.
“È il mio Pokédex.” Si limitò a riferirle, osservando mentre
questa riapriva cautamente gli occhi.
“Oh. Daikke.” Daisuke represse un conato, ma l’altra
continuò, imperterrita. “È da quando ti ho incontrato che sospettavo non fossi
di questo mondo.”
Daisuke si massaggiò il setto nasale, percependo l’arrivo di
un’emicrania.
“Se non hai niente d’intelligente da dire, limitati a
tacere.” Risollevò il Pokédex, puntandoglielo negli occhi. “Guarda la luce.”
Aggiunse poi, vedendo come la ragazza si era precipitata a schermarsi con il
braccio.
“Ho già visto questa scena innumerevoli volte e ti posso
assicurare che no, non ci voglio andare verso la luce.” Ribatté lei, con una
punta di nervosismo.
“La luce.” Daisuke socchiuse gli occhi a due fessure
minacciose.
“Se non ricordo male è proprio colpa di quell’affare che mi
sono ritrovata ad arrancare a terra. Cosa ti fa pensare che voglia ripetere
l’esperienza?”
“Sto cercando di assicurarmi che tu, con la tua ‘esperienza’,
non abbia subito alcun trauma cranico.” Sbottò, impaziente. “Ma a quanto vedo
non lo reputi necessario, quindi…”
Il ragazzo fece per allontanarsi, quando l’altra discostò
entrambe le braccia, guardandolo con espressione sorpresa. Prese a farfugliare
un misto di parole confuse, come non sapesse nemmeno lei cosa volesse dire.
Alla fine, si limitò a un semplice ‘Scusa’. Le sue guance avevano acquistato
una colorazione rosata.
Daisuke si passò una mano fra i capelli, attento a non
arruffarli, e, a malavoglia, si rimise all’opera. Mentre la ragazza si
costringeva a fissare lo schermo dell’enciclopedia elettronica senza sbattere
le ciglia, lui fece un respiro profondo: era difficile restare calmi quando la
propria compagna di viaggio non faceva altro che blaterare idiozie a
ripetizione, che si trovassero in una situazione di pericolo o che lei fosse
ferita gravemente. Non c’era via di scampo.
“Quindi, per quanto sono rimasta svenuta?” Daisuke diresse
la luce da un occhio all’altro, verificando con sollievo che le pupille
sembravano rispondere agli stimoli luminosi.
“Circa un minuto. Forse meno.”
“Così poco? Ma nei film-“
“Questa è la realtà.” Tagliò corto lui, abbassando il
Pokédex. “Se una persona non si sveglia entro pochi minuti, deve essere
immediatamente portata al pronto soccorso.”
“Altrimenti muore?” Chiese Madeleyne, con uno strano tono di
voce. Daisuke decise di non indagare, limitandosi ad alzarsi in piedi.
“A volte si corre il rischio di rimanere paralizzati a vita.
Altre si hanno disfunzioni a livello mentale o intellettuale.” Fece spallucce,
per poi confermare: “Altrimenti il soggetto decede.”
Madeleyne scorse sopra la sua testa il cancello metallico girevole,
costituito da quattro pali di ferro piantati orizzontalmente alla sommità di un
palo identico, ma verticale e poggiante a terra. Era una di quelle piccole strutture
che si trovavano abitualmente al termine delle code, prima di poter salire su
una giostra. Gli dedicò uno sguardo pieno di risentimento, riconoscendolo come
la causa principale della sua perdita di coscienza, ma alla fine lo afferrò
saldamente, usandolo per tirarsi su.
A Daisuke non sfuggì la smorfia che le attraversò i lineamenti.
Dopo aver scavalcato il cancello con un salto, fece qualche
passo avanti, ritrovandosi davanti ad un Lapras di legno che presentava, al
posto del guscio grigio, dei sedili dotati di sbarre. Si guardò attorno, ma per
sua sfortuna la stradina che avevano percorso s’interrompeva proprio in quel
punto. Capendo che non c’erano altri modi per proseguire, salì sul mezzo di
trasporto, che traballò. Evidentemente avrebbero attraversato un canale
d’acqua.
Madeleyne si lasciò cader di peso di fianco a lui, abbassando
la sbarra metallica sulle loro ginocchia. La giostra partì quasi
immediatamente, trasportandoli attraverso il condotto privo di luce.
Più si allontanavano dal cancello, più l’aria acquistava una
nota umida e calda.
“Perciò, inabilità degli arti o istupidimento celebrale?”
Domandò la ragazza, stravaccandosi sul sedile in modo da combattere la
variazione di temperatura. Pareva disinteressata, ma con la coda dell’occhio la
vide sbirciare nella sua direzione.
Daisuke fece del suo meglio per ricordarsi i sintomi di una
possibile lesione cerebrale. “Provi nausea, giramenti di testa?”
“No.” Replicò, pensandoci su.
“Vuoti di memoria, vertigini, affaticamento?”
“Mmh-mmh.” Scosse il capo. A giudicare dal sussulto che
seguì, doveva essersene pentita.
“Allora no, non morirai, se è questo che ti preoccupa.”
Concluse, dissolvendo i timori che la ragazza non aveva espresso
esplicitamente.
E quello era il momento giusto per smettere di interagire.
Daisuke era vagamente cosciente della secchezza della sua gola, dovuta
probabilmente a tutte le maledizioni che aveva sferrato alla ragazza poco
prima. Dubitava di essere mai dovuto ricorrere a così tante parole in un solo
giorno. Era più che comprensibile che egli desiderasse un po’ di quiete, dopo
tutto quell’affanno.
Perciò non riuscì a trattenere la sua sorpresa quando si ritrovò
a voltarsi verso di lei, le parole che non avevano mai smesso di affiorare
nella sua mente già sulla punta della sua lingua.
“Ti fa male la testa?” Gli scappò dalle labbra, facendogli
sbattere diverse volte le palpebre in preda alla confusione. Che senso aveva
chiedere qualcosa di cui sapeva già la risposta?
Madeleyne non ci fece caso, troppo impegnata a passarsi
delicatamente una mano sulla testa. Trasalì quasi immediatamente. “Sembra in
procinto di spaccarsi in due. Appena usciremo da qui la gente arriverà a calche
per chiedermi se il Digglet che ho in testa è frutto di un esperimento genetico
o di qualche incidente avvenuto durante il mio periodo embrionale.”
Daisuke sospirò, preferendo non commentare. “Quando
torneremo al Centro Pokémon cercheremo di farti avere un sacchetto di ghiaccio.
Prima, però, dobbiamo trovare la capopalestra.” Le scoccò un’occhiata di
avvertimento. “Cerca di non ucciderti, nel frattempo.”
“Accidenti, e dire che mi era venuta una gran voglia di— qualcosa si è mosso!” Esclamò con
urgenza, allontanandosi immediatamente dal parapetto del suo sedile e
schiacciandosi – con gran fastidio dell’altro – addosso a Daisuke. Questo puntò
il Pokédex oltre la ragazza, ma non riuscii a vedere niente a eccetto una
parete vetro trasparente.
Come se si fossero rese conto di essere state scoperte, le
pareti presero a lampeggiare, per poi stabilizzarsi ad un livello di
illuminazione né troppo debole, né accecante.
Daisuke, a mano a mano che i suoi occhi si abituavano alla
luce, comprese perché l’aria era diventata soffocante. Il Lapras meccanico
stava difatti nuotando attraverso una minuscola galleria, con la sola
differenza che, al posto di normali muri, erano circondati da un coloratissimo
acquario che pareva andare avanti all’infinito. Seguendo con lo sguardo le pareti,
notò che esse si congiungevano sopra di loro in una sorta di arco trasparente -
sopra cui stava sguazzando allegramente un branco di Goldeen – per poi
scomparire sotto di loro, lasciando il posto ad un tranquillo, ma profondo
fiume d’acqua, sulla quale stavano navigando.
Daisuke corrugò la fronte, pensieroso. Sebbene fosse
un’opera impressionante, non si poteva ignorare che fosse attualmente chiusa al
pubblico. Ciò significava che i costruttori non avevano ancora verificato la
sicurezza dell’attrazione e che quindi, se qualcosa fosse andato storto, si
sarebbero ritrovati in un mare di guai.
“Questo, cioè… questo…” Ma a quanto pareva era l’unico a
pensarla in quel modo. Madeleyne non
riusciva a venire a capo di una proposizione di senso compiuto. Per lei esistevano
solo il turbinio di colori, le bolle d’aria che per un gioco di luci brillavano
di colori accesi, e, naturalmente, i Pokémon acquatici.
“Solo, wow … è-“
“Un acquario.” Completò lui, osservando un Buizel che, nuotando
ad alta velocità, passò in mezzo ad un branco di Remoraid, lasciandoli in stato
confusionale.
“Sei decisamente a corto di spirito poetico.” Madeleyne
spostava lo sguardo ovunque, senza fermarsi un attimo. Sembrava non volersi
perdere niente dello spettacolo.
Daisuke alzò gli occhi al cielo. “E allora come lo
chiameresti?”
“Beh, probabilmente...” Per un attimo, Daisuke temette che
la ragazza potesse insistere, fornendogli una delle sue incoerenti supposizioni.
Si accorse di essersi sbagliato solo quando Madeleyne, ormai, si era lanciata
verso di lui, afferrando con forza il bordo del Lapras e puntando un dito verso
il vetro.
“UNA SIRENA!”
Strillò, seguendo con l’indice i movimenti della presunta creatura.
Daisuke, cercando di risparmiarsi quella dose di contatto
fisico, aveva finito con lo schiacciarsi contro l’imbottitura del suo sedile. Quell’improvvisa
vicinanza lo soffocava. Era come se qualcuno si fosse introdotto a casa sua
sfondando porta e finestre. Avrebbe dato una lavata di capo alla ragazza, se
solo non fosse stato distratto dall’assurdità di quel che andava dicendo.
Aggrottò la fronte. “… quello è un Vaporeon.” E, fra sé e
sé, anche Daisuke era intrigato. Dopotutto, i Vaporeon erano rari, e il
proprietario del parco doveva essere davvero molto benestante per potersi
permettere un esemplare così in salute.
Il Vaporeon, come se avesse intuito di essere stato chiamato
in causa, piroettò a gran velocità verso di loro. Per un istante Daisuke credette
che il pokémon Bollajet si sarebbe schiantato, rompendo il vetro e causando la
fuoriuscita di tonnellate e tonnellate d’acqua che, inevitabilmente, avrebbero
finito per annegarli. Ma questo, arrivato a pochi centimetri di distanza dall’unica
barriera di protezione che lo separava dall’esterno, rivolse loro un sorrisetto
derisorio, per poi dissolversi in un
turbinio di molecole d’acqua, dapprima fluorescenti, poi completamente
indistinguibili dalle altre.
Daisuke arricciò il naso a quel pomposo sfoggio di abilità.
A pericolo scampato, il ragazzo concentrò la sua attenzione
su Madeleyne, che stava fissando il vetro con lo sguardo perso nel vuoto. Era
l’occasione perfetta per dirle di ritornare al suo posto. Non avrebbe
sopportato un minuto di più quella vicinanza indesiderata.
“Madeleyne …” Non sono
un cuscino, spostati. Avrebbe voluto dirle.
Ma le parole gli morirono in gola non appena i loro occhi
s’incontrarono, facendogli rendere conto di quanto, effettivamente, i loro
volti fossero vicini.
A quella distanza poteva facilmente discernere le lunghe, ricurve
ciglia che contornavano le pupille della ragazza; poteva fare un computo dei
pochi, ma pur sempre in rilievo, capillari scarlatti che le attraversavano le
cornee arrossate, dovuti probabilmente alla fatica di quegli ultimi giorni;
poteva registrare ogni cambiamento di espressione da parte della ragazza, un
momento impensierita, con la fronte leggermente corrugata, un altro confusa,
con le labbra che andavano via via dischiudendosi, come se nemmeno lei fosse
sicura di ciò che stesse succedendo. Il volto della ragazza era così vicino...
Troppo vicino.
Distolse rapidamente lo sguardo, sentendosi attanagliare lo
stomaco da un’ansia familiare; ma il gesto non lo aiutò a scrollarsi di dosso la
soffocante consapevolezza di essere osservato.
Scrutato.
Si aggrappò al bordo del sedile con le mani sudate, nel
flebile attento di ristabilire un contatto con la realtà. Si sentiva stordito,
disorientato dal ritmo frenetico con cui aveva preso a battergli il cuore.
Giudicato.
Un’ondata di panico gli attraversò il corpo, dalla testa ai
piedi.
No. Lei non l’avrebbe fatto. Lei non poteva farlo. Aveva detto di essere sua amica…
Ma quanto valeva la
sua parola?
Essere
amici? Essere compagni di squadra? Cosa gli assicurava che quel rapporto non celasse
altro che scherno e pietà? Che quella relazione non si fondasse sul misero
sfruttamento, mirato a prosciugarlo di tutte le cose che aveva da offrire? Che
tutto ciò non fosse altro che una cupa e rivoltante farsa?
Daisuke cercò di schiacciarsi ancor di più contro lo
schienale.
Si rese vagamente conto di stare tremando.
Poteva davvero fidarsi
di lei?
“Come ti sembra?”
Sussultò, distolto dai pensieri che lo stavano logorando. Sollevò
lentamente lo sguardo.
Trovò la ragazza addossata con entrambi i gomiti sulla
sbarra di sicurezza, la testa adagiata sui palmi delle mani. Aveva
un’espressione assorta, quasi tormentata. Poi, registrando di aver ottenuto la
sua attenzione, quest’ultima si dissolse, lasciando che uno sfavillio pericolosamente
sospetto si facesse strada per i suoi lineamenti.
Daisuke strabuzzò gli occhi, disorientato; gesto che
Madeleyne interpretò come una sorta di domanda inespressa.
“Berenice Reidcett.” Le sue labbra s’incresparono in un
sorrisetto. “Il tuo nuovo nome.”
Daisuke per tutta risposta si chiese se le sue angosce alla
fine non si fossero evolute in visioni allucinogene prive di senso.
“Personalmente lo trovo piuttosto elegante.” Completamente
all’oscuro della sua apprensione, quella prese a massaggiarsi il mento, come se
nella sua testa stesse compiendo un’importante decisione. “Ma se cerchi
qualcosa di più familiare, beh, possiamo sempre recuperare dal bidone della
spazzatura il caro, vecchio Daisandrosia.”
Daisuke impallidì, sconvolto. Doveva aver sentito male. Era
sicuramente opera di una qualche ripercussione dovuta all’offuscamento mentale che
aveva subito, ripercussione che rendeva distorta e agghiacciante ogni parola
che giungeva al suo orecchio.
Sì, deve essere quello.
Razionalizzò, cercando di ignorare il crescente senso di nausea che si stava
rapidamente andando a sostituire al suo precedente stato confusionale.
Ma, Berenice?
Daisandrosia?
“Sono … sono nomi da femmina.” Registrò, e in cuor suo
sperava ancora di sentire la sua compagna scoppiare in una fragorosa risata,
dicendogli che era stato tutto un terribile scherzo.
“Idea geniale, vero?” Gli angoli della bocca di Madeleyne
parvero arricciarsi in un sogghigno compiaciuto. “L’unica cosa mancante per
completare la tua nuova identità è una parrucca con le trecce. Oh, e una gonna.
Ma a quello penseremo più tardi…”
“Non indosserò mai
una gonna!” Sbottò lui, avvampando, agitazione completamente dimenticata.
Madeleyne scrollò le spalle, rivolgendosi a lui con un tono
amareggiato e arreso al tempo
stesso. “Hey. Non sei tu che dovrai convivere con barba e basettoni per il
resto dei tuoi giorni.”
Seguì alla dichiarazione un silenzio colmo di aspettative.
Daisuke stava avvertendo dentro di sé il montare di un turbinio
di emozioni contrastanti, ma cercò di imporsi un minimo di controllo. Doveva
trattare il problema con mente lucida.
Madeleyne
si era rivelata una continua fonte di guai fin dal loro primo incontro, ancor
prima che iniziassero a viaggiare assieme – i motivi per i quali aveva
accettato la folle richiesta del Professore, poi, se li era da tempo
dimenticati. Ormai credeva di essere riuscito ad abituarsi alle sue eccentriche
conversazioni, dalla logica tanto ingegnosa quanto distorta.
E
invece, rimaneva ogni volta spiazzato.
Però
sapeva come conviverci. E sapeva anche che, sotto quegli strati di ironia,
impulsività e sano egoismo, Madeleyne era tremendamente insicura.
Daisuke corrugò la fronte, scegliendo accuratamente le sue
prossime parole e ponendole nel modo più delicato possibile.
“Hai inghiottito dell’inchiostro di Octillery?”
La risposta non tardò ad arrivare.
“… Octochè?”
Daisuke si sbatté una mano in faccia, per poi indicare con
l’altra un grosso esemplare della suddetta specie, nascosto all’ombra di una
roccia artificiale. L’Octillery li salutò con un versetto, agitando uno dei
suoi lunghi tentacoli rossi. Madeleyne, con un sorriso a trentadue denti
stampato in faccia, sventolò a sua volta un braccio in aria.
“Comunque”, riprese, “Sai dov’è il porto più vicino? Dobbiamo
imbarcarci per Sinnoh, stasera.”
“Aspetta. Sei seria?” Daisuke spalancò gli occhi.
Lei sbuffò, chiaramente offesa. “Certo, che credevi? Sbarcando
in un’altra regione sarà molto più facile iniziare la nuova vita come Rufus e Berenice.
Senza contare che a Sinnoh ci sono le Bilie…
” La sua voce aveva assunto un tono così roco che di riflesso gli venne da
rabbrividire.
Daisuke aveva semplicemente voglia di scoccarle
un’occhiataccia, scuotere la testa e rivolgersi verso la sua sinistra, in modo
tale da poter ignorare completamente le cospirazioni della sua compagna.
Eppure non fece nulla di ciò, sorpreso per la seconda volta
dall’incapacità delle sue labbra di trattenere parole che avrebbero solo
condotto ad ulteriori discorsi futili.
“Da quando questo improvviso interessamento al
travestitismo?”
Daisuke detestava immischiarsi in discorsi frivoli,
bislacchi o senza alcuno scopo utilitario. Ciononostante, odiava ancor di più
non essere al corrente di ciò con cui aveva a che fare: il senso d’inferiorità
che derivava dalla sua ignoranza riguardo in un determinato argomento,
l’impossibilità di prendere il controllo della situazione, erano per lui
intralci troppo gravosi per non arrecargli disturbo.
Anche in quel momento; era come se si trovasse davanti ad un
enorme puzzle mancante solo di un singolo, piccolo, vitale pezzo. Un pezzo
capace di dare un senso all’intero quadro.
E se c’era una cosa che lo infastidiva, era non essere in
grado di trovare quel pezzo.
“In vista dei recenti avvenimenti, che domande.” La sua espressione
si fece crucciata. “Insomma, se ci facciamo beccare dal proprietario di questo
posto passeremo guai seri. Potrebbe pensare che siamo stati noi a causare
l’incidente. Potrebbe chiamare la polizia, oppure spedirci direttamente in
galera.” Sussultò, realizzando qualcosa. “O ancora peggio, potrebbe chiederci
il risarcimento dei danni!”
“Di quali danni stai parlando?” Domandò lui, terminando con
una spiccata punta di frustrazione.
Madeleyne alzò la voce, indignata.
“Te lo sei già dimenticato? È successo non più di qualche
minuto fa!”
“Magari se la smettessi di girare attorno alla questione e
rispondessi alla domanda-“
“Non sto girando attorno alla questione!”
“L’hai appena fatto.”
“Sentilo, il genio! Dato che sei così intelligente, perché
non adoperi il tuo IQ per capire quel che è successo?“
“Questo è il punto, non è successo proprio niente!”
“Niente?“ Spalancò
gli occhi, mentre il suo volto si tingeva gradualmente di rosso. “Un Vaporeon è
morto davanti a noi, e questo lo chiami niente?!”
Daisuke si fermò di colpo, la voglia di risponderle per le
rime completamene evaporata.
Fissò il volto oltraggiato della sua compagna, ripetendo
nella mente ciò che lei gli aveva appena sbraitato, riuscendo quasi a sentire
il suono del moto proveniente dagli ingranaggi del suo cervello.
D’un tratto, incastrò l’ultimo pezzo del puzzle. Risolse il
mistero. Raggiunse il Nirvana.
“Fammi capire. Tu … tu credi che il Vaporeon sia morto?”
Madeleyne esitò, cercando di mantenere un’espressione
arrabbiata, nonostante non capisse dove lui volesse arrivare. Poi annuì.
Lui non rispose: qualsiasi cosa avesse detto non sarebbe
comunque riuscita a convogliare il appieno il suo messaggio.
Possibile che fosse così
ingenua?
Momenti di quella giornata presero ad affiorargli alla mente.
Madeleyne che lo assillava per andare al Luna Park. Lui, incapacitato a entrare
nel passaggio. Madeleyne che lo trascinava fra la folla, perché le sue gambe
non volevano saperne di muoversi. Il Vaporeon e le sue manie di protagonismo. L’improvvisa
vicinanza, la sensazione di inadeguatezza, la nausea, il panico.
E ora Madeleyne, che organizzava piani degni degli evasi di
prigione perché era convinta di aver contribuito alla morte di un pokémon.
Daisuke provò una sorta di leggerezza al petto.
Poi scoppiò a ridere.
~ Author’s Corner (with spiderwebs too!)
Salve fanciulli e fanciulle. Chiedo
venia.
E congratulo dal profondo del mio
cuoricino chiunque abbia avuto il coraggio e la pazienza di continuare a
leggere questa fanfiction *veloce applauso*.
Vi dico solo che pubblicare questo
capitolo è stato alquanto difficile, sia perché lo trovo assolutamente inutile
ai fini della trama (ma tremendamente importante per l’evoluzione e lo sviluppo
dei personaggi), ma anche perché, beh… è imbarazzante. Non so se andrà bene.
Siete liberi di lamentarvi e di
chiedere spiegazioni, dato che, in effetti, ci sono certi pezzi che potrebbero
apparire confusi. Come ad esempio l’affare sul quale Maddy prima inciampa, poi contro
cui si sfracella la testa. Ecco. Emh. Non so come diamine si chiami, nonostante
le varie ricerche che ho fatto. In pratica, sono quella sottospecie di pali d’acciaio
rotanti che fanno sì che dalla fila di gente passi solo una persona alla volta.
Si trovano negli autogrill, prima delle varie giostre, per entrare nei musei e
nei castelli etc…
Ho parlato fin troppo, ma vi lascio
così:
Buone Vacanze di Pasqua!
~ Cottage (precedentemente GloGlo_96)
|
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Capitolo 34 *** Note to Self ***
Note to Self
~ Rinnegare i cellulari in favore dei piccioni viaggiatori ~
Dovevo essere capitata in un universo parallelo, dove i Miltank saettavano nel cielo, i fossili di Kazeki si riunivano ogni notte per giocare a briscola e mia nonna aveva imparato a cucinare.
Non c’era altra spiegazione.
Perché Daisuke stava ridendo.
All’inizio a malapena udibile, poi, a dispetto di alcuni flebili tentativi per trattenerla, la sua risata era aumentata d’intensità.
La voce era inequivocabilmente sua, eppure faticai a riconoscerla: ero talmente abituata al suo tono serio, irritato e leggermente sarcastico, che ormai avevo dato per certo che quelli fossero gli unici di cui si potesse avvalere.
Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare da quel suono.
A dirla tutta, non aveva nulla di particolarmente interessante.
Non assomigliava a quella chiassosa ed a tratti molesta di Kakeru. Non esprimeva inquietudine come quella di Jack. Non risuonava melodica come quella di Désirée.
La risata di Daisuke era sommessa, sollevata. Aveva un effetto calmante, quasi fosse una nenia che ripeteva ‘Va tutto bene, andrà tutto bene.’
Non sapevo se fosse riferito a me, o a lui stesso.
Sapevo solo che avrebbe dovuto ridere più spesso.
“Accidenti!” Daikke si portò una mano davanti alla bocca, cercando di calmarsi, ma ottenendo solamente l’effetto opposto. “Credo… credo di avere sbagliato…”
“Eh?” Stridetti, presa alla sprovvista.
“Il colpo alla testa…” Cercando invano di riprendere un po’ di fiato, sollevò il braccio libero fino a tenersi la pancia. “D-deve averti guastato i pochi neuroni che ti restavano!”
“Credimi, in questo momento non sono io quella che necessita di uno psicologo.” Bofonchiai, gonfiando le guance.
Daisuke, che era riuscito a calmarsi abbastanza da non morire soffocato, prese in mano il suo Pokédex, premette un paio di tasti e lo rivolse verso di me.
“Guarda qui.”
Sullo schermo c’era l’immagine del pokémon sirena e, incuriosita, presi a leggerne la didascalia ad alta voce.
“Vaporeon, pokémon Bollajet. Si è evoluto per adattarsi alla vita acquatica. Si può sciogliere nell’acqua—” Mi fermai. Rilessi. E poi mi fermai di nuovo.
Che?
Non poteva essere. Doveva trattarsi di un errore dovuto alla stanchezza, all’esaurimento nervoso derivante dal fare da balia perenne ad un Wooper dal quoziente intellettivo di un carciofo, al mio povero stomaco che non riscuoteva alcun sacrificio da quella mattina. Dopo aver stropicciato gli occhi con energia, tentai di nuovo, pronunciando ogni sillaba al meglio delle mie capacità. Ma il risultato finale fu sempre lo stesso.
“… Si può sciogliere nell’acqua diventando quasi completamente invisibile.”
Ed il mio cervello si prese una pausa.
C’era da chiederselo: cosa c’era di così stratosferico riguardo a pokémon (che per me equivalevano ad animali magici dai colori improbabili) capaci di liquefarsi? Dopotutto, avevo incontrato creature ben più bizzarre. Non mi sarei dovuta preoccupare per una questione del genere – specie perché per una volta non minacciava di attentare alla mia incolumità.
Ma… acqua?
Ebbi un breve flash mentale comprendente vari episodi della mia vita: io che andavo al mare per vedere Nonna gareggiare nelle gare di Triathlon; Nonno Gerald che, riempito il suo annaffiatoio, si dirigeva verso il suo piccolo orticello dietro casa; io che durante i giorni di pioggia uscivo per le strade di Topolonia saltando in tutte le pozzanghere che incrociavo; io che mi facevo il bagno; io che avvicinavo alle mie labbra un bicchiere di vetro colmo fino all'orlo…
Un pokémon che può sciogliersi in acqua?
Mi comparve davanti l'immagine del Vaporeon, con le branchie che si alzavano e si abbassavano a ritmo del suo cuore, con le scaglie spigolose e viscide, con gli occhi neri e lucidi simili a quelli di un alieno e--
Mi tappai la bocca con le mani, strizzando gli occhi e sperando di riuscire a contenere la bile che inevitabilmente si stava facendo strada fra le pareti del mio esofago.
"Hey."
Daisuke, dal canto suo, respirava con affanno, cercando di riprendersi dal suo precedente stato di euforia.
"Ugh." Risposi io, piuttosto eloquentemente. Mi appoggiai al parapetto alla mia destra, sperando che la corrente su cui stava viaggiando il Lapras aiutasse a lavar via le immagini raccapriccianti che mi turbinavano sulle palpebre ogni qual volta chiudessi gli occhi.
Come diamine avevano fatto a non estinguersi?
Il mio compagno di viaggio emise un lungo, modulato sospiro; ma ebbi come l'impressione che, in quel gesto, mancasse la solita punta di frustrazione.
"E adesso cosa c'è che non va?"
Preferendo restare in quella posizione per calmare il tumulto nel mio stomaco, lo guardai con la coda dell’occhio.
"Tante cose. Troppe cose. Ad esempio--” Feci una piccola pausa, combattendo l'arrivo di un conato. "Come faccio a sapere di non aver mai bevuto un Vaporeon?”
Daisuke cessò di ansimare. E, a giudicare dal modo con cui si era irrigidito, anche di respirare. Trascorsero una manciata di secondi, durante i quali apparve combattuto ed indeciso sul da farsi. Prese a massaggiarsi con insistenza il setto nasale.
Infine portò gli occhi, aventi ormai acquisito una sfumatura tetra e sciupata, sui miei.
Mi sentii trapassare da un brivido, riconoscendo quella come una versione più mite dell'Occhiataccia Daisukiana.
"Se sento un’altra scempiaggine lasciare l’anticamera del tuo cervello bacato, giuro che ti annego.”
Presi a grattarmi la nuca, ridacchiando nervosamente, nausea ormai del tutto dimenticata di fronte alla sensazione di pericolo che aveva preso ad aleggiare nell'aria.
Era giunta l’ora di cambiare argomento – dopotutto non avevo idea di quanto ci volesse per arrivare al termine del giro, e di certo non avevo intenzione di trascorrere il tempo rimanente in compagnia di un Daisuke dalle tendenze omicide. Perciò mi guardai in giro, e, in men che non si dica, notai di fianco a me due cavallucci marini impegnati in una disputa. Uno aveva rilasciato, con un versetto di sfida, un turbinio di bolle in direzione dell'altro, il quale rispose gonfiando il petto con espressione accigliata.
In meno di un secondo il mio lato di acquario venne completamente ricoperto dalle tenebre.
Lanciai qualcosa che poteva solamente essere paragonabile ad uno squittìo, e, strofinandomi gli occhi con fare nervoso, cercai di determinare il problema.
"Lascia stare." Intervenne Daisuke, con voce annoiata. "I Seadra sembrano non saper far altro che risolvere tutto a suon d'inchiostro."
"Aaah." Inchiostro. Certo . Ora i cavallucci marini sputavano pure inchiostro.
Il buio al di là del vetro aveva già cominciato a diradarsi, lasciandomi intravedere i due Seadra, che nel frattempo erano stati accerchiati da altri pokémon acquatici per niente felici. Ben gli stava.
La navetta proseguiva lungo i binari con una lentezza tale da rendere impossibile stimare quanto mancasse al termine del viaggio. Era passato molto tempo dall'ultima volta che mi era stata data l'occasione di rilassarmi, senza dovermi preoccupare di essere uccisa da pokémon selvatici, organizzazioni misteriose o insetti abominevoli. Il che era piacevole. Fantastico. Una vera e propria pacchia.
Diedi un'occhiata alla mia destra, dove il mio compare sedeva con il gomito sul parapetto e la testa fiaccamente sostenuta dalla sua mano. Osservava la scena con fare distratto, facendo passare lo sguardo sui vari pokémon che gli sguazzavano davanti, senza davvero vederli.
Emisi un piccolo sospiro: anche se per me la situazione era considerabile una sorta di vacanza in miniatura, per Daikke doveva essere una noia mortale. Forse perché lui, al contrario di me, già conosceva quei pokémon. Forse perché considerava l'intera situazione una perdita di tempo. Forse perché era stanco. Forse perché stava rimuginando riguardo a ciò che era avvenuto prima.
Distolsi immediatamente lo sguardo, in modo da non farmi beccare mentre lo fissavo. Non volevo rischiare di scatenare un altro attacco di... di...
Qualunque cosa fosse, non volevo che si ripetesse; non dopo la mia improvvisazione degna dell’Oscar.
Non sapevo se sarei stata ancora una volta capace di inventarmi una storiella abbastanza assurda da poterlo distrarre in tempo, e di certo non sarei stata in grado di resistere ancora al senso d’impotenza che mi aveva attanagliato il petto nel vederlo perdere il controllo.
Non quando sospettavo di esserne io la causa. Scossi la testa, facendo una promessa con me stessa.
Finché gli fossi stata accanto, avrei cercato di impedirgli di tornare in quello stato.
Firmai il contratto mentale sulla tavola mentale imbandita di tè e pasticcini mentali. Strinsi la mano mentale di una me mentale indossante mentali abiti ottocenteschi. Mi lanciai in bocca un bonbon mentale alla panna. Sbagliai mentalmente il tiro e il dolcetto finì con il sfracellarsi sul mentale drago da compagnia della mentale me ottocentesca; ciò che avvenne dopo fu così drammatico che la mia mente si rifiutò di mostrarmi la scena.
Risoluta, seppure leggermente scossa, decisi di dimenticarmi dell’accaduto dedicandomi fin da subito alle mie buone intenzioni.
"Hey, Daikke?" Il sopracitato perse l'equilibrio e rischiò di battere il mento contro il ferro del parapetto.
Uh. Forse un po’ troppo risoluta.
"Cosa..." Guardati attorno, Maddy; cerca qualcosa di altamente interessante, originale, speciale— "…cosa sono quei cosi?" Indicai due puntini colorati che stavano risalendo un arco di pietra ricoperto di muschio. Man mano che ci avvicinavamo, notai che il primo, quello rosa, aveva delle strane punte sulla schiena, mentre l'altro, azzurro, aveva delle alucce gelatinose. Erano così lenti che, nel tempo che ci avrebbero impiegato a raggiungere la sommità dell’arcata, Nonna avrebbe imparato a cucinare, sarebbe stata ammessa a Pokéchef e avrebbe portato a casa il primo premio. Nel loro pigro avanzare portavano stampati in faccia dei sorrisi da ebeti, lasciandosi addietro una scia di bavetta traslucida di cui davvero facevo a meno di speculare la provenienza.
Resistetti all’impulso di lanciarmi davanti al Lapras e farmi schiacciare dalle rotaie. Non avrei potuto scegliere dei pokémon più ‘speciali’ di quelli nemmeno avendo avuto il depliant dell'acquario tatuato sulla parte interna delle palpebre.
Venni distolta dall’autocommiserazione da uno dei soliti commenti acidi di Daisuke, che, lanciandomi un’occhiata di puro risentimento, sibilò qualcosa di simile a “Guarda il Pokédex."
Ah. Comportamento da vipera venefica ferita nell’orgoglio. Probabilmente colpa del nomignolo.
"M-ma…" Balbettai, cercando di interpretare il ruolo di ragazza ingenua e innocente. E già che c’ero, anche un poco ruffiana. "Ma tu sai sempre tutto! E Dexi è noioso—“ Non è vero, Dexi. Ti amo. Mi salvi sempre la vita. Mi sei sempre fedele. Se fossi un essere umano, ti sposerei. “—e lento. E chi mi dice che non invii radiazioni ai pokémon che analizza?" Gasp drammatico. "Potremmo averli condotti verso la loro morte senza nemmeno essercene resi cont—". L'altro, avendo ben presto realizzato che l'unico modo per farmi tacere era accontentarmi, non perse tempo ad interrompermi, del tutto ignaro – o forse no? – del mio losco giochetto.
"Shellos. Provengono da Sinnoh. Sono di vari tipi. Se si schiacciano esce fuori un fluido viola, usato per alcuni medicinali." Daisuke incrociò le braccia. "Contenta?"
Mi portai l’indice alle labbra.
"Shellos, giusto?"
Come risposta ricevetti uno sbuffo.
"Sono lumache."
Alzata di occhi al cielo.
"Sputano inchiostro?"
Daikke sollevò un sopracciglio, guardandomi come se provenissi dal Pianeta Scemoidi. “Cosa ti fa pensare che possano sputare inchiostro?”
Ma, anziché fornirgli spiegazioni, decisi di passare in rassegna un'altra zona, decidendo che era giunto il momento di trovare un nuovo soggetto.
Lo trovai poco distante in un serpentone blu e arancione dalla bocca enorme, intento a strangolare una sorta di pokémon-lampione dal corpicino tondo blu e due antennine ricadenti davanti alla sua faccia, luminose come lucine di Natale.
"E quelli?" Puntai l'indice verso di loro: intanto le antenne del pokemon blu avevano preso a lampeggiare.
Daisuke, irritato dalla mia mancanza di chiarimenti, si limitò a bofonchiare due frasette striminzite.
"Huntail. Usa la sua coda per attirare le prede." Prima che potessi rendergli presente che il pokémon pareva più intenzionato ad usare la coda per stritolarlo che non per attirarlo subdolamente, continuò. "Chinchou. Un'antenna produce energia elettrica positiva, l'altra negativa. Questo per--"
Il Chinchou in questione toccò l'Huntail con ambedue le protuberanze, e in men che non si dica il pokémon serpente venne trapassato da una scarica elettrica tanto potente che dovetti schermarmi gli occhi per non venire accecata. Quando ricontrollai, l'Huntail pareva bacon a pois e la lucciola acquatica stava nuotando traballante via dalla scena. Mi grattai il mento, fingendo pensierosità.
"Penso di aver capito." In realtà, ero ancora piuttosto scettica su alcune questioni. Per esempio, com’era possibile che l'elettricità non si fosse propagata per tutto l'acquario, folgorando tutti i pesci e condannandoli all'oblio eterno? Scacciando dalla mia testa la - più che lecita - domanda, la sostituii con un'altra che sarebbe meglio servita ai miei scopi.
"E loro lo sputano? Inchiostro, dico."
Il damerino aggrottò la fronte, comprendendo le mie intenzioni.
"...stai cercando di farmi arrabbia-"
Il resto della sua frase si perse in un coro di vocine squillanti provenienti dall’alto. Alzai il capo, osservando la scena in preda alla confusione: i pokémon si stavano ammassando alle estremità dell’acquario, disponendosi in modo da far spazio a una marea di pesci rosati che turbinavano nell’acqua in modo caotico, cambiando spesso direzione ma restando sempre all’interno del branco.
Ben presto inondarono l’intero tratto di tunnel.
Ed il mondo si tinse di rosa.
Sgusciai fuori dalla sbarra di sicurezza – facendo uno sforzo immane per trattenere il fiato – e mi alzai in piedi sul sedile, circondandomi gli occhi con le mani poste a mo’ di binocolo.
“Sono… cuori labbrosi?”
I cosiddetti cuori si misero a danzare in cerchio, sfruttando i raggi emessi dalle lampade artificiali per creare un gioco di luci sempre cangiante, conferendo all’ambiente un’impronta gioconda. Li vidi disporsi in modo da formare onde sfasate, anelli concatenati, e numerose altre figure bizzarre, fino a riunirsi in un vortice risalente verso l’alto. Quando una loro colonna riusciva a raggiungere la cima, i suoi membri si sparpagliavano a raggiera, abbandonando la configurazione.
Notando che lo spettacolo sarebbe presto giunto al termine, emisi un verso di disappunto. Poi, ostentando nonchalance – ero troppo grande per essere impressionata da cuoricini rosa sbaciucchiosi e ronzanti – tossicchiai: “Carucci. Come si chiamano? Non mi dispiacerebbe averne un po’ nella piscina della mia futura villa.”
La me ottocentesca sollevò un pollice di approvazione.
Daikke s’irrigidì leggermente, quasi come se fosse stato colto alla sorpresa. Voltò la testa, fingendo di concentrarsi su un punto a caso dell’acquario in cui però non figurava un bel niente, eccetto l’acqua bollicinosa.
Strabuzzai gli occhi. Che non li riconoscesse?
Mi portai ad annuire, convintami della mia ipotesi: doveva essere difficile ammettere di essere ignorante su qualcosa, per un so-tutto-io come Daisuke.
Mi passò sulle labbra l’ombra di un sorrisetto diabolico, ma presi la decisione di non infierire sulla questione. Per quel giorno aveva già avuto la sua bella dose di problemi.
Tirai fuori Dexi, pronta a puntarlo contro uno dei cuoricini pesciosi.
“Ludvisc!” Esclamò il mio compagno di viaggio, inspiegabilmente irrequieto. Si schiarì la voce, nel – piuttosto vano – tentativo di parere più rilassato. “Si chiamano Ludvisc.”
Corrugai la fronte. “Se lo sapevi, perché non l’hai detto prima?” Lui aprì la bocca per contestare, ma non gliene lasciai il tempo. “Beh, ormai ho il pokédex in mano. Torna pure a rilassarti; chiederò a lui.”
Daisuke spalancò gli occhi, come se avesse qualcosa da ridire, ma fosse allo stesso tempo troppo riluttante per agire. Si guardò rapidamente attorno; poi, resosi conto di qualcosa, lasciò rilassare la propria postura.
Uh. Strano.
Feci spallucce e premetti il pulsante di accensione di Dexi, sul cui schermo comparve la scritta ‘Bentornato allenatore!’.
Aaah, il caro vecchio Dexi. Lui sì che sapeva come rendermi di buon umore!
Colma di determinazione, puntai l’aggeggio verso i Ludvisc.
O almeno, nella direzione in cui li avevo visti l’ultima volta: non ne era rimasto nemmeno uno.
Non ebbi neanche il tempo di lamentarmi, che il Lapras s’incagliò.
Dalla mia posizione in piedi sul sedile venni sbalzata in avanti e, con un urletto, presi a ruzzolare giù come un’idiota, urtando nel processo la mia spalla contro il lungo collo metallico del mezzo di trasporto. Ma invece di precipitare nell’acqua pullulante di pokémon potenzialmente-evolutisi-dalle-seppie-o-dalle-penne-a-sfera, mi ritrovai a sbattere la faccia su qualcosa di solido, bagnato e assurdamente freddo, che mi costrinse a spalancare gli occhi.
Correzione: solido, bagnato, assurdamente freddo e pure ricoperto di sangue.
Feci trazione sulle braccia con l’intenzione di alzarmi, o perlomeno arretrare, ma l’unico risultato che ottenni fu quello di scivolare e picchiare il mento a terra.
Rotolai di lato, tastandomi il volto in fiamme. Provai quasi inconsciamente a dimenarmi in preda al panico, ma i miei sforzi andarono solo ad alimentare il dolore. I miei occhi erano così pieni di lacrime che a malapena riuscivo a distinguere il sangue che mi macchiava le mani.
Che diamine era successo?
Mi lasciai scappare un singulto. Il mio volto sarebbe rimasto deturpato? I miei nonni sarebbero riusciti a riconoscere la loro cara nipote, ridotta in quello stato?
Acqua!
Ecco di cosa avevo bisogno. Iniziai a rotolare in una direzione presa a caso, sperando di incappare in un buco, in una frattura, che mi avrebbe poi permesso di raggiungere la salvezza, di calmare il demone infuocato, di—
“Finiscila di fare la melodrammatica, ti esce solo un po’ di sangue dal naso.”
Mi bloccai, prendendomi tutto il tempo per esaminare le nuove informazioni.
E mi accorsi che, in effetti, ciò che avevo scambiato come ‘fuoco’ non era altro che un dolore pungente protrattosi per tutto il volto. Da cui stava colando qualcosa. Nel tirare su col naso, percepii in tutta la sua chiarezza un sapore ferroso che in poco tempo si trovò a mettere a dura prova la sanità delle mie papille gustative. La mia bocca si contrasse in una smorfia amareggiata.
Mi misi a sedere, asciugandomi gli occhi. Una volta che ebbi riacquistato la visione, mi tolsi le mani dal volto, osservando come dei piccoli rivoli rossicci si facessero strada fra le mie dita.
Nel tentativo di esporre il mio scetticismo, mi scappò un piccolo singhiozzo.
“Solo un po’…?”
Daikke, estraendo un fazzoletto di stoffa e una bottiglietta d’acqua dalla sua valigetta, la richiuse con un secco clack. Rilasciò un sospiro, preparandosi psicologicamente a rifilarmi un’altra ramanzina… per poi bloccarsi alla vista del mio stato.
Strabuzzò gli occhi, studiandomi. Poi, corrugando la fronte in quella che speravo potesse essere apprensione, emise il suo verdetto finale.
“…un bel po’.”
Quindi versò l’acqua sul fazzoletto e me lo passò.
Mentre ero impegnata a ripulirmi da tutto quel sangue, passai ad adocchiare i dintorni. La cosa che più attirava l’attenzione erano senz’altro le macchie carminie che mi ero lasciata dietro durante i miei rotolamenti in stato delirante. Queste portavano ad una minuscola pozza davanti al Lapras, che fissai con rimprovero. Era colpa sua se in quel momento il mio povero naso si ritrovava a zampillare similmente ad un geyser di PokéCola in cui erano stati immersi dieci pacchetti di Mentos.
La navetta, dal canto suo, pareva aver già ricevuto un’adeguata punizione: il collo del pokemon si era infatti ammaccato, mentre due lunghi squarci ne adornavano l’addome, la cui vernice era stata grattata via dall’urto con la terra ferma. Ora il Lapras giaceva immobile, illuminato dalla tenue luce dei riflettori del condotto come una sorta di soldato caduto in onore della propria causa, abbandonato in un sonno da cui non potrà più risvegliarsi, fra le spaccature cristalline della riv— Aspetta.
Cristalline?
Voltai la testa di qua e di là, boccheggiando.
“G-ghiaccio …?” Perché o eravamo su una lastra di ghiaccio, o il sangue doveva essermi finito negli occhi arrecandomi danni tali da rendermi daltonica.
Mi alzai in piedi, attenta a non scivolare, adocchiando il resto del tunnel. Tutto era silenzioso; di pokémon non vi era più traccia. Un’occhiata alle pareti del condotto mi fece capire il perché: esse erano infatti ricoperte da una coltre di ghiaccio che si stava estendendo a velocità moderata lungo tutto il canale, congelando l’acqua presente nell’acquario. I pokémon dovevano probabilmente essere fuggiti verso l’entrata del condotto.
Tirai su col naso, pentendomene subito quando ondate di muco misto a sangue rischiarono di farmi strozzare. Poi dichiarai dignitosamente:
“Sento puzza di Team Blyzzard.”
Daikke alzò gli occhi al cielo, riprendendo il cammino.
E fu così che passammo il quarto d’ora rimanente traballando pericolosamente per il condotto ghiacciato. Mai prima di allora avevo provato una paura tale nei confronti del semplice atto del posare un piede a terra.
Grazie alla nostra andatura a velocità di cetriolo di mare, però, evitammo di scivolare per terra, spaccare il ghiaccio e morire annegati nel canale. Certo, Daikke durante il viaggetto si era preso la briga di spiegarmi che no, il ghiaccio causato dai pokèmon non era così facile da infrangere, ma preferivo comunque non correre rischi.
Dopotutto io e il ghiaccio non avevamo mai avuto un rapporto amichevole.
“Daikke”, sussurrai dopo aver perso l’equilibrio per l’ennesima volta, “Ci dobbiamo prendere un pokèmon di fuoco. O un lanciafiamme, ma solo come ultima risorsa; costano troppo.”
Il diretto interessato – che al sentire il suo nomignolo si era aggrappato, per restare in equilibrio, agli spuntoni azzurrini della parete che lo affiancava – mi rivolse un’occhiata seccata.
“Se ne incontreremo uno, sarai libera di catturarlo.”
“Ma—“ Il mio piede slittò, ed il mondo si inclinò di 180°. Reagendo piuttosto in fretta e con più agilità di quella che, conoscendomi, mi sarei potuta aspettare, sbattei le mani sul terreno, salvandomi per un soffio.
Ma per una persona della mia stazza mantenere una posizione precaria come quella del ponte avrebbe comportato fin troppi legamenti strappati, perciò, prendendola con filosofia, mi lasciai stramazzare al suolo.
“Ma se andiamo avanti così prima o poi rischieremo di morire surgelati. Di nuovo.” Mi sollevai in piedi, asciugando le mani sulla camicetta.
“Non costringermi a ripetere ciò che ti ho detto.” Emise un breve sospiro, che nell’aria fredda si materializzò sotto forma di nuvoletta di vapore. Pensosa, inspirai tanta aria quanta i miei polmoni potessero contenere ed esalai con forza, sorridendo soddisfatta di fronte alla fiammata nebbiosa che ne uscì fuori.
Diamine, se solo fossi nata drago…
No, aspetta un attimo. Sii più realista.
Se erano in circolazione pokémon sirene capaci di liquefarsi, significava che potevano esistere anche degli ordinari draghi, no?
Eheh. Me la dovevo segnare come una delle future domande da porre a Daikke… per rompere il ghiaccio.
Sghignazzai fra me e me. Nonostante la situazione disastrosa, il mio umore si era mantenuto piuttosto positivo.
“Eddai, scommetto che se ci impegnassimo potremmo trovarne uno in un paio di giorni--”
“Che non possiamo permetterci di sprecare.”
E il mio buon umore inciampò in un fosso, si spezzò una gamba e, rantolando dal dolore, esalò il suo ultimo respiro.
Mi portai davanti a lui, nella speranza che egli riconoscesse i miei diritti da essere umano. Daisuke si era dimostrato puntiglioso riguardo alla nostra velocità di marcia fin dall’inizio della nostra collaborazione. Personalmente, ero stufa di sostenere un ritmo del genere, e ben presto avremmo dovuto affrontare il discorso.
“Sarebbe solo una piccola deviazione! Non stiamo partecipando ad una corsa contro il tempo.”
Rimanemmo in silenzio, lanciandoci occhiate di sfida. Poi lui mi superò, accelerando il passo. Sentendolo bofonchiare qualcosa a bassa voce, corrugai la fronte, intenzionata a chiedere spiegazioni.
Ma non appena lo raggiunsi, fui costretta a lasciar perdere, percependo la mia risolutezza afflosciarsi.
Eravamo infatti giunti alla fine del condotto, e quindi alla ricompensa per i nostri sforzi, il nostro sudore, e le nostre – beh, più che altro le mie – lacrime. Ebbene, di cosa si trattava?
Altro. Dannatissimo. Ghiaccio.
Ciò che in passato doveva essere stato un lago navigabile dotato di tetto a cupola, era adesso più somigliante ad una grotta in cui sarebbero felicemente abitati un branco di pinguini. Le pareti circolari erano in balìa del gelo, che proseguiva incontrastato nella sua arrampicata, lenta ma costante. In alcuni punti aveva già raggiunto il soffitto, da cui penzolavano stalattiti la cui mole mi fece istintivamente voltare la testa di qua e di là nella speranza di trovare una sorta di protezione.
Per mia sfortuna vi era solo un posto adatto al piano ‘evita di diventare un Emmental’: su una duna di sabbia dorata posta al centro della stanza si ergeva, infatti, una massiccia torre di pietra perlacea, decorata da intricati disegni di pesci, conchiglie ed alghe.
Era uno spettacolo magnifico.
E letale.
Ma comunque magnifico.
“Laggiù.” Daisuke indicò una zona a qualche metro dalla spiaggia, dove il ghiaccio presentava un’apertura circolare di alcuni metri. Al centro di essa vi era un unico pezzo di ghiaccio, piuttosto instabile, sopra cui stava la capopalestra. Aveva le braccia incrociate, sprizzante snobbosità da tutti i pori.
Per qualche istante ebbi l’impressione che il gelo, oltre ad espandersi sulle pareti, stesse risalendo pure per le mie vene. E non tanto per il fatto che se avesse fatto anche un solo passo falso sarebbe sicuramente scivolata, battendo la testa, precipitando in acqua ed annegando.
Mi morsi il labbro.
D’accordo. Forse avevo un po’ a cuore il destino di quel piccolo demonio, ma non era lei la mia preoccupazione principale; no, la creatura che più mi impensieriva stava comodamente appostata dall’altra parte dell’acqua, sulla riva sicura. I suoi colori caratterizzanti erano solo un misero bianco ed alcune gradazioni di azzurro, ma mi venne comunque da rabbrividire; e chi non l’avrebbe fatto, alla vista dell’aura di oscuro potere che lo circondava, e dei suoi denti, digrignati in un’espressione feroce e sprezzante, quasi domandasse sacrifici umani per poter calmare la sua collera perpetua?
Non c’era via di scampo.
Non se Frost era lì.
Fu Daisuke ad esplicitare ciò a cui pensavamo entrambi.
“Siamo nei guai.”
Annuii, non osando staccare gli occhi dalla scena.
“Yep. Mi sa che stavolta Frost mi farà fuori.”
Ci fu una piccola pausa.
“Ti riferisci al Beartic… giusto?”
Ridussi gli occhi a due fessure, mettendo a fuoco la cosa su cui Frost era comodamente appoggiato: un orso polare delle dimensioni di un camioncino dei gelati intento a raschiare il ghiaccio con i suoi artigli, giusto per rendersi più comodo il lettuccio provvisorio.
“Nah. Parlo di Frost.”
Altro momento di pausa.
“E dove—“
“Mi ha costretto ad affrontarlo nelle fogne di Melmolandia, ma non ricordo bene il perché. Forse non gli piaceva essere chiamato ‘Polaretto’.” Spallucce. “Mi ha massacrato. E con solo uno Shellder. ”
Daisuke studiò il tizio dai capelli azzurri per qualche minuto, poi mi scrollò brevemente la spalla, segnalandomi di voler avanzare fino alla torre. Fece qualche passo, per poi arrestarsi, come se si fosse appena ricordato di qualcosa di vitale importanza. E infatti si voltò, ma solo per mettersi l’indice di fronte alla bocca, contraendo le labbra in una linea austera.
Sbattei le ciglia, processando.
Ah. È quella la cosa che più lo impensierisce? La mia possibile mancanza di furtività?!
Aprii la bocca per lamentarmi, per fargli notare che forse avrebbe dovuto prestare più attenzione alla furia animalesca che avevamo a pochi metri di distanza— o, ancora peggio, a quel sadico di un Polaretto con le manie di persecuzione— ma Daikke, sfoggiando un’espressione frustrata quanto la mia, mi fece cenno di star zitta e proseguire.
E così feci, ma solo dopo aver fatto un’imitazione del suo tono patronizzante, scimmiottando ‘blah blah blah’ con la mano.
Arrivammo senza grossi intoppi fino alla torre, dietro alla quale ci acquattammo per tenere d’occhio la situazione. Polaretto ed Orso-Balù-Candegginato non si erano mossi di un millimetro, mentre la bambinetta era troppo impegnata a guardarsi le unghie con aria di superiorità per accorgersi della nostra presenza.
“Quindi,” Sussurrai, rabbrividendo al contratto con le pietre fredde che costituivano l’edificio. “Vie di fuga?”
Daikke puntò il dito alla sua destra, dove, parallelamente all’ingresso del tunnel, si trovava un’apertura nella parete. Sopra di essa vi era un’insegna, riportante le parole ‘Grazie e Arrivederci!’ scritte con pitture di diversi colori. Sicuramente un’uscita accogliente, non fosse stato per i metri di acqua che la separavano dal resto del lago ghiacciato.
Il brutto ceffo doveva aver pensato proprio a tutto, prima di trasformare la giostra-acquario in una pista da pattinaggio deluxe.
Tornai al mio socio, che nel frattempo stava studiando lo schermo del proprio cellulare; ma a giudicare dalla sua fronte corrugata, non doveva esserci alcun segnale. E se l’apparecchiatura tecnologica di un mago dell’elettronica come Daikke falliva a connettersi con la civiltà, era inutile che io provassi con il mio aggeggio antiquato.
Feci un piccolo sospiro, osservando con monotonia l’aria calda che risaliva verso l’alto, dissipandosi lungo il tragitto.
“Già. Un pokémon di fuoco sarebbe stato l’ideale per toglierci da questo pastic—”.
“Sssh!” Ribatté lui, facendo intuire di voler ascoltare la conversazione che si stava svolgendo ad una decina di metri più in là.
Misi il broncio, passando una mano attorno alle pokéball che avevo in tasca. Man mano che le avvolgevo, avevo come l’impressione che un peso andasse a premere sulla bocca del mio stomaco. Socchiusi gli occhi.
Forse non erano pokémon di fuoco, ciò di cui avevo bisogno.
“Hey, non ti avvicinare!” La voce abbatti-timpani della capopalestra mi riscosse dal mio rimuginare, costringendomi a sporgere la testa dal nascondiglio. L’allenatore infatti pareva essersi stufato di conversare con la mocciosa – come mai non l’avesse ancora trasformata in granita era ancora un mistero – e stava accorciando lo spazio che li distanziava marciando sull’acqua a passo spedito.
Era come uno schifo di gerride.
Inclinai la testa, incuriosita.
“E’ il Beartic...” Sussurrò il mio compare, appostatosi vicino a me. Scoccai un’occhiata al pokémon nemico, ma la poca visibilità di cui disponevo era aggravata da una coltre di foschia bianca che aleggiava sospesa a raso terra, nei pressi dell’animale. Perciò fui costretta, sospirando per l’ennesima volta, a chiedere spiegazioni.
“Il ghiaccio...” Il suo tono di voce si era fatto leggero, quasi distratto. “Il Beartic congela le superfici liquide mediante il suo respiro. Quindi basterebbe farlo avvicinare all’acqua vicino alla via d’uscita per…” lasciò la frase a metà, impegnato probabilmente a valutare il miglior piano d’azione. Il significato era comunque chiaro: se fossimo riusciti a sfruttare l’alito a temperatura freezer dell’orso, avremmo facilmente potuto raggiungere la nostra via di fuga.
“E questo vuol dire…” Questa volta Daikke si degnò di voltarsi e di puntare i suoi occhi sui miei, costringendomi istantaneamente a prestare attenzione. “…che qualcuno di noi dovrà fare da esca.”
Eh no.
A quel punto fu il mio turno di voltare la faccia e distogliere lo sguardo, lanciando occhiate disperate a qualunque cosa fosse nei paraggi ad eccezione del mio compagno di viaggio.
Lo sentii emettere dei versi lamentosi, ma ero troppo agitata per rispondergli a modo.
Il freddo doveva avergli montato alla testa. Perché qualcosa doveva essersi rotto nel suo cervello da so-tutto-io per avergli fatto venire in mente un’idea tanto suicida. Presi a sfregarmi nervosamente il braccio con la mano.
Che fosse stata la sua –senz’altro senza precedenti— risata di poco fa? Forse si poteva essere allergici alle risate. O alla felicità. O— spalancai gli occhi, fissandolo con aria allarmata: o forse voleva solo avere un pretesto per poter interagire col Beartic. Che non pensasse che non avessi notato l’inquietante scintilla che gli balenava negli occhi quando gli capitava di controllare la pagina dei tipi Buio nel Pokédex – cosa piuttosto frequente.
“I Beartic sono di tipo Buio?” Sbottai, cercando nelle sue pupille il familiare barlume di fanatismo che s’impossessava di lui quando erano coinvolti quei mostriciattoli assassini e particolarmente Madeleynnibali. Ma lui si limitò a corrugare le sopracciglia prima con fare confuso, poi con indignazione.
“Cosa? No!”
“Vuoi davvero affrontare quel coso?” Tagliai corto. “Non potremmo, che so, nuotare fino all’uscita? Saranno solo una decina di metri!” Continuai, cercando di fargli cambiare idea.
“Madeleyne,” Daisuke prese a massaggiarsi il setto nasale, richiamando tutta la pazienza di cui sembrava poter disporre. “L’acqua è ghiacciata. Sai cosa succede quando le persone si gettano nell’acqua ghiacciata?”
Rinunciai a commentare sul suo atteggiamento da essere superiore, decidendo che forse non fosse il momento più adatto. Mi strinsi nelle spalle.
“Diventano ghiaccioli?”
Daikke decise di sorvolare sulla mancanza di sofisticatezza della mia replica ed annuì sbrigativamente; ma prima di poter continuare venne interrotto da un altro urlo da parte della bambinetta. Lanciandoci una breve occhiata nervosa, tornammo ad osservare la scena. Il Polaretto, spazientito, aveva afferrato bruscamente le spalle della mocciosa, che si stava dimenando.
“Te l’ho detto, non lo so! Non so dove sia mio nonno!”
“E…” Una serie di parole indecifrabili. “…darmi la pietra. In caso contrario…” Brusio confuso. “…ucciderti.”
Il resto della conversazione tornò ad un volume contenuto, e quindi impossibile da afferrare.
Cacciando un piccolo ‘tch’ di impazienza, Daisuke si alzò.
“Io penso a distrarre il Beartic. Tu cerca di portare in salvo la capopalestra.”
Quindi mentre io avrei fatto una scampagnata sul ghiaccio verso il sociopatico locale, Daisuke sarebbe dovuto andare a combattere contro un Camper Peloso con il solo ausilio di un puffo del colore sbagliato e un piccione fuligginoso?
No, no, no.
Balzai in piedi, assalita da un’ondata di panico.
“No, aspetta! Tu ti occuperai del Polaretto, mentre io andrò a giocare con il suo animaletto da compagnia.”
Daisuke mi scoccò un’occhiata alla ‘Ho sempre saputo che ti mancassero delle rotelle, ma non pensavo fossi anche suicida.’ Feci spallucce.
“Ho preservato abbastanza rotelle da sapere che sarebbe più difficile uscire vivi da un incontro con quello lì che non da uno con quel Beartic. Legati. Con la testa fra le sue zanne.” Daikke alzò gli occhi al cielo, per nulla convinto.
Il silenzio fu interrotto dal ‘ring ring’ di un cellulare. Trasalii, cercando in fretta e furia il mio, prima di ricordare di aver impostato una suoneria diversa. Alzai lo sguardo verso il mio compare, che si limitò a scuotere la testa, mostrandomi il suo, ancora privo di connessione.
La mia perplessità si dissolse quando Frost estrasse dalla tasca del giubbotto una scatoletta grigia che aveva tutta l’aria di essere uscita fuori da un film degli anni Novanta.
“Cosa c’è adesso?” Iniziò a picchiettare il terreno col piede. “Spero che sia importante, altrimenti…”
Daikke indicò prima me, poi il Polaretto. Poi mi mollò lì come uno stoccafisso, raggirando l’edificio nella direzione opposta alla mia.
Non avevo idea di cosa diamine si fosse inventato, ma parve funzionare: il Beartic si sollevò su due zampe e, dopo aver annusato l’aria, si diresse verso la parte di torre dietro a cui si era nascosto.
Ammirare un pokémon del genere da distante e farlo mentre si avvicinava erano due cose completamente diverse. Dalla mia posizione riuscivo a vedere tutto: il modo in cui l’orso, camminando, raschiava il terreno con artigli grossi quanto il mio naso; il modo in cui la sua pelliccia si alzava ed abbassava; seguendo la contrazione muscolare dei suoi movimenti; gli occhi neri e lucidi, dalle pupille dilatate, che rendevano impossibile prevedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Qualcosa all’interno della mia cassa toracica prese a vibrare, tanto che se avessi aperto bocca, se avessi continuato a soffermarmi sulle immagini che mi stavano bombardando la mente (molte riguardanti il mio nefasto destino, alcune quello di Daisuke), mi sarei sicuramente messa a singhiozzare.
Perché dovevo sempre finire in situazioni del genere?
Era normale? Anche gli altri allenatori erano costretti a vivere questo genere di incubo?
Mi passai le mani alla rinfusa sul volto, sugli occhi, sui capelli. Con difficoltà, presi a respirare in modo più regolare.
Avevo tanta voglia di riflettere sulle scelte da me fatte che mi avevano lentamente condotto a questo momento.
Avevo tanta voglia di sbattere la testa contro il muro, stendermi a terra e morire.
Ma il dovere mi chiamava.
Attesi che il Beartic sparisse oltre il muro, per avviarmi poi verso il Polaretto, che sembrava in preda ad una crisi di nervi.
“Allora, perché c’è tutto questo silenzio? Conoscendo voi smidollati, per essere riusciti a racimolare il coraggio necessario per telefonarmi dovreste essere almeno una dozzina.”
Ecco, avanti così. Urla pure alla cornetta. Non badare alla ragazza dietro di te che quando cammina incrina il ghiaccio.
“Questo- questo non vi dà il permesso di parlare tutti assieme!“ Fece un verso di stizza, passandosi una mano fra i capelli. “Stop. Zitti. Passatemi Frederick.”
Rischiai di scivolare. Frederick?
Il Frederick delle cui foto avevo pieno il cellulare e che, quando venivano visualizzate, sprigionavano così tanta fighezza ancestrale da rischiare di fondermi lo schermo? M’incupii, asciugandomi un rivoletto di saliva con la manica.
In effetti, aveva menzionato di essere il secondo in comando di un’organizzazione; ma, se lui era solo il vice…
“Insomma, cosa vogliono da me quegli imbecilli?”
…questo voleva dire che Frost era il capo.
La mia schiena fu percorsa da un lungo brivido, che mi costrinsi da ignorare. Mancavano solo cinque metri.
“Sì, sì, prometto di restare calmo. Come rimarrò calmo quando ti staccherò i denti ad uno ad uno con un paio di pinze roventi, se non arrivi al punto.” Ouch. Definitivamente il suo capo.
Ero riuscita ad arrivare ad un metro da lui senza farmi scoprire – beh, tranne che dalla capopalestra, ma quella aveva almeno avuto la decenza di ignorarmi, onde evitare di insospettire Frost. Era il momento perfetto per—
Per cosa?
Mi massaggiai il mento. L’avrei potuto buttare in acqua. Frost non era così alto, e per giunta sembrava anche mingherlino. Beh, in confronto a me un po’ tutti lo erano. Dannati salutisti. La loro vita non dipendeva da una scorta di merendine preconfezionate nascoste sopra l’armadio. Loro non dovevano fare i conti con la cucina di mia nonna, capace di portare all’anoressia un lottatore di sumo pluripremiato.
“Mi stai dicendo che Hiro, il fannullone dal quoziente intellettivo equivalente a quello dello zucchero filato che trangugia, ha già scoperto l’ubicazione della Grigiosfera…” Frost strinse il cellulare con così tanta forza che, anche da lì, riuscivo a sentire gli scricchiolii di protesta dei materiali di cui era costituito. “…e nessuno si è degnato di dirmelo?!”
Il ghiaccio attorno agli stivali del ragazzo si crepò. Forse era dovuto alla pestata che gli aveva appena dato, ma la mia immaginazione preferiva attribuire la colpa all’aura assassina che stava emanando.
Al diavolo la premura, se non avessi agito al più presto ero sicura che Frost avrebbe mostrato la sua vera forma. Già me lo immaginavo: corna, ali da pipistrello, capelli che gli svolazzavano attorno anche senza un filo di vento e, dulcis in fundo, piedi palmati e becco dentato. Un perfetto Draculguino.
“’Prendila con filosofia’? Hai idea di quanto tempo ho sprecato per poter trovare uno straccio di pista? Certo che no, eri troppo impegnato a fare la corte alle tue maledette statue di ghiaccio per rendertene conto.”
Mi abbassai, mettendomi in posizione di partenza, decisa a colpirlo alla schiena con una poderosa spallata.
“E non cercare di difendere quei pezzi di carne surgelata! Lo sai cosa penso del tuo ‘innocuo’ passatempo.”
Tirai fuori la lingua, prendendo la mira. Così imparava a tenere acceso il telefono – se quell’obbrobrio uscito degno dei Flintstones si poteva definire tale – durante le missioni.
Che idiota…
~ It's all about the money, money, money
We just need your money, money, money ~
“Frederick?”
~ We just wanna make lots of cash
Forget about life sentence ~
“Ti richiamo più tardi.”
…che sono.
Tastai il mio giubbotto alla ricerca del – maledetto, stupido, dannatissimo – cellulare, sperando di metterlo a tacere in pochi istanti. Naturalmente non lo trovai, e la suoneria continuò a rimbombare nella stanza. Mi sarei anche sentita imbarazzata, se solo la mia pancia non avesse deciso di fare gli scooby doo con i miei intestini.
Seguendo lo sguardo scocciato della bambina, il Polaretto voltò lentamente la testa, quel che bastava per potermi puntare addosso un singolo occhio. Venni percossa da una scarica di brividi, dovuti sia al suo colore – un azzurro così chiaro che per un attimo mi venne da pensare di star osservando l’interno di un cubetto di ghiaccio – che per il disgusto che vi lessi dentro.
Riuscii a deglutire solo dopo quattro tentativi. Quindi, ritrovandomi a sorridere più per la consapevolezza di aver commesso il mio ultimo errore che per il bisogno di essere garbata, sollevai mollemente un mano, a mo’ di saluto.
La suoneria continuava.
Buffo come negli ultimi istanti della tua vita il tempo paia come rendersi conto di aver corso senza sosta attraverso gli anni, e decida di rallentare; di concedersi un attimo di riposo, carico di tensione, prima di recuperare l’andatura di sempre con uno sprint talmente brusco e doloroso, da poterlo scambiare per un colpo di frusta.
Durante quegli attimi, presi improvvisamente coscienza del mio corpo. Del cuore che palpitava ad un ritmo di poco più veloce del normale; dei soffi gelidi che al loro passaggio pizzicavano le vie aeree del mio apparato respiratorio; di un minuscolo, quasi impercettibile ristagno situato nella parte superiore del mio petto.
Con la stessa chiarezza riuscivo ad avvertire il mondo esterno. Riuscivo a sentire il ghiaccio sotto i miei piedi pulsare, come se stesse lui stesso respirando. Riuscivo a vedere il Beartic come se ce l’avessi avuto di fronte, sollevato com’era sulle proprie zampe posteriori, mentre fissava nella mia direzione con fare quasi curioso. E, con altrettanta chiarezza, riuscivo a scorgere Daikke, posizionato dietro ai suoi pokémon: era leggermente sudato nonostante le basse temperature, e i capelli gli si erano appiccicati alla fronte in modo scomposto. Espressione congelata in una smorfia esasperata, occhi che distrattamente guardavano nella mia generale direzione, si era lasciato scappare qualcosa di molto simile ad un ‘dannazione’.
Il mondo intero si era fermato.
Frost no.
Non riuscii nemmeno a vedere il colpo: le prime cose che registrai furono invece il bruciore alle costole e il dolore alla bocca dello stomaco. Seguirono poi il ghiaccio su cui stavo scivolando priva di ogni controllo e la visione della gamba che Frost stava riabbassando con calma.
Oh, e nel sottofondo riuscivo pure a sentire i richiami confusi della bamboccia e di Daisuke. A cui naturalmente non potevo rispondere dato che quel gesto sarebbe risultato quasi sicuramente in me che svuotavo lo stomaco di ogni contenuto. E nella mancanza intollerabile di ossigeno. E nello scoppiare a piangere senza alcuna dignità, peggiorando così la situazione.
Priorità. Dovevo pensare alle priorità.
Perciò, raggomitolata su me stessa, tenendomi la pancia con la cura con cui avrei stretto l’assegno vincente della Lotteria Pokémon, presi una serie di piccoli respiri. E poi risposi al telefono.
“-erald, è da cinque minuti che provo e non ha ancora risposto! Chi lo sente poi quel bacucco di Theodore?”
“N-nonna...” Sussurrai, trasalendo per la fiammata di dolore che quel piccolo gesto aveva provocato al mio addome.
“Imbranata com’è, non mi sorprenderei se fosse caduta da un dirupo per scappare da dei Butterfree!” Riconobbi nel sottofondo la voce serena di mio nonno, presto però interrotta da quella possente ed infastidita di sua moglie. “Certo che non mi fido di lei! L’unico motivo per cui le ho permesso di intraprendere il viaggio è che così facendo avrei potuto far vedere a quei buffoni che si definiscono ‘triatleti’ qual è il vero posto che gli spetta nella maratona— dietro al mio deretano incallito!”
Ok. Le cose stavano decisamente degenerando.
“Nonna.”
“E invece di portare il primo premio a casa, mi toccherà portarlo in prigione!” Ci fu un commento da parte di nonno Gerald, a cui seguì un verso esasperato della nonna. “Figuriamoci se Theodore me la farà passare liscia. Lo sai che quell’avvocataccio ha sempre avuto da ridire su come alleviamo nostra nipote… oh beh.” Un sospiro. “Gerald, aiutami a cercare il salvadanaio di Madeleyne. Tirchia com’è, forse c’è qualche speranza di poter pagare la cau—“
Oddio. No, i miei bellissimi, profumatissimi, preziosissimi risparmi no!
“Nonna!” Esclamai, in preda al panico. Me ne pentii quasi subito, in quanto venni trapassata da una serie di colpi di tosse.
“—zione. Oh. Madeleyne, cara? Da quanto tempo sei in linea...?”
Presi un piccolo respiro. “Non azzardarti a toccare i miei soldi. Se lo farai, venderò tutti i tuoi trofei su KeckleonBay. Con tanto di autografo falsificato.” A giudicare dal fragore che investì il mio orecchio, Nonna doveva aver fatto cadere il telefono.
Bingo.
“Toccare i tuoi soldi? Io che ti ho insegnato le tabelline, che ti ho preparato i pasti degli ultimi dieci anni, che ti amo dal profondo del mio cuore di tigre? Ah! Che sciocchina, devi avere sentito male!” Dall’altro capo della linea risuonò una fragorosa risata. Dopodiché i suoni divennero confusi ed ovattati, facendomi venire il sospetto che la nonna stesse cercando di tappare il microfono. Non riuscì, però, ad ammutolire il ‘Gerald, smettila di smontare le assi del pavimento della stanza di nostra nipote!’ che gracchiò ad alto volume.
Alzai gli occhi al cielo. Ora sapevo cosa provava Daikke ogni qualvolta combinassi qualcosa di stupido.
“Niente Butterfree, qualsiasi cosa siano. Solo un altro potenziale assassino dal discutibile colore di capelli accompagnato dal suo fido Beartic rabbioso.”
“E’ forse un tizio dai capelli verdi? Perché è da stamattina che osserva la nostra casa, appostato fra i cespugli.”
Strabuzzai gli occhi.
“…che tipo di verde?”
“Non saprei. Mi ricorda il colore della mia zuppa di verdure con sorpresa.” Mi passò un brivido lungo la schiena, più per il ricordo della brodaglia fangosa che per la possibilità che Kazeki, in quel momento, potesse trovarsi accovacciato sul prato del giardino di casa mia.
“Nonna, lascia perdere quel tipo e stammi ad ascoltare! Sono intrappolata in un luna park, ed un hipster mancato sta cercando di—!”
“Tesoro, non riesco a sentirti. E non osare dare la colpa alla mia vecchiaia, che le urla dei miei nemici caduti le riesco ancora a sentire benissimo. Muovi le chiappe e spostati dove c’è più campo.”
Okay, mi sarei messa a piangere lo stesso. Tanto nessuno poteva biasimarmi.
“Nonna—”
Vedendo un’ombra calare su di me, rotolai maldestramente verso destra, fermandomi a pochi metri di distanza per una nuova fiammata allo stomaco, che mi costrinse a increspare le labbra in una smorfia. Quando mi voltai, vidi che il punto in cui prima ero raggomitolata era stato pestato dal Polaretto, e che la liscia superficie di ghiaccio si era frantumata a raggiera attorno al suo piede. Quando i nostri occhi si incontrarono, fu come se il mio corpo venisse travolto da una secchiata di acqua gelata.
Stringendo la presa sul cellulare, mi schiarii la voce.
“—ti richiamo dopo.”
Riagganciai; quel semplice gesto parve essere il segnale che il ragazzo stava attendendo, poiché in men che non si dica mi ritrovai il suo stivale conficcato nel ghiaccio di fianco alla mia faccia.
“Guarda guarda. Chi abbiamo qui?”
Polaretto non era contento.
“Un maleducato che interrompe le chiamate, direi. Io almeno ti stavo lasciando finire.”
Polaretto non era affatto contento. Ma, beh, questa era solo una mia supposizione; era difficile riconoscere lo stato emotivo di una persona quando si aveva la propria visuale bloccata dalla suola di uno stivale in discesa. Una suola adornata da spilloni di metallo dalla lunghezza delle mie falangi.
Fortunatamente parve ricordarsi del suo amore per le domande retoriche e l’abuso psicologico, perciò si limitò ad arrivare ad un centimetro dal mio bellissimo naso rosso e gocciolante.
“Quando lo capirai che non ti conviene impicciarsi negli affari altrui?”
Tentai di allontanarlo, spingendo lo stivale con le mani; invece di spostarsi, cosa che avrebbe fatto qualunque essere umano dotato di una coscienza – e un normale senso dell’equilibrio – iniziò a premere verso il basso.
“Eppure mi pareva di averti detto di stare alla larga.”
Frost aveva la peculiare capacità di alimentare la sua rabbia ad ogni parola che pronunciava. Il che lo rendeva piuttosto imprevedibile, e, cosa ancora più importante, pericoloso per la mia persona.
“Mmh.” Spostai lo sguardo alla mia destra, cercando di guadagnare tempo. “No, devi essertene dimenticato. Eri troppo impegnato a denunciare ai Grimer quanto facessi pena e fossi destinata al fallimento.”
Risposta sbagliata. Conseguenza? Una pestata sulla faccia, miracolosamente evitata grazie ai miei sensi di ragno. Quand’è che avrei imparato a mettere un freno alla mia lingua?
“E vedo che non sei affatto cambiata. Sei sempre logorroica.”
“Nemmeno tu, del resto. Sempre così…”, veloce, dovevo trovargli un nomignolo chic e originale e—“…pinguinoso.”
Diamine, perdevo colpi.
Le labbra del ragazzo dal cuore surgelato si incurvarono in una smorfia disgustata.
Con la coda dell’occhio notai una saetta bluastra piombare sul pavimento, seguita dal rumore di qualcosa che s’infrangeva. Non ci diedi peso, preferendo non staccare il contatto visivo con il robot che mi sovrastava.
Ma alla saetta ne seguì un’altra. E poi ancora una. Finché non ci ritrovammo circondati da una pioggia di stalattiti che per metà si conficcavano nel terreno e per metà s’infrangevano in una miriade di schegge potenzialmente mortali.
“Senti.” Cercai di essere diplomatica. “Ti piace l’emmenthal?”
La risposta che ottenni non fu altrettanto diplomatica, ma la ignorai.
“Presupporrò che la risposta sia negativa. Dubito che ti piaccia qualcosa…” Lo squadrai, inarcando un sopracciglio. “…eccetto l’azzurro.” Allargai gli angoli della mia bocca in un sorriso smagliantemente fasullo. “Ebbene, nemmeno a me piace l’emmenthal! Vedi? Abbiamo qualcosa in comune! Allora, dato che nessuno di noi apprezzerebbe essere trasformato in tale pietanza bucherellata, perché non—“
Frost mi tirò un altro calcio, stavolta al fianco.
Già mi immaginavo davanti allo specchio, senza maglietta, a giocare con un pennarello a ‘collega gli ematomi’. Chissà quale figura avrei ottenuto. Come minimo Frost stava prendendo la mira ad ogni calcio in modo da formare il suo nome.
Non potendone più di venire malmenata, mi sollevai sulle mie povere gambe tremolanti – o era il terreno, a tremare?—, tenendomi l’addome. Puntai un dito verso il Polaretto, pronta a spolverare la sezione ‘sproloqui e minacce di morte’ del mio cervello, quando il punto in cui prima giacevo si squarciò.
Da esso fuoriuscì qualcosa di immensamente oblungo.
Sfrecciando verso l’alto, ci ritrovammo di fronte ad una creatura dalla faccia per niente amichevole. Forse era dovuto agli occhi, privi di emozione ed illuminati da un bagliore sinistro; forse era colpa della bocca perennemente spalancata, che lasciava intravedere i denti acuminati; forse tale antipatia era causata dal fatto che quella mostruosità si era scagliata immediatamente contro di me, costringendomi a slittare sul ghiaccio e ad abbandonare i miei propositi di vendetta.
Il pavimento cedette senza la minima resistenza al passaggio del mostro marino – un serpente? – ed esso scomparve dalla mia vista.
Per qualche secondo nessuno osò muoversi.
Poi la capopalestra ne ebbe abbastanza, e, messasi le mani ai fianchi, urlò: “Svelti, portatemi fuori da qui!”, proprio come una principessina viziata.
Frost marciò verso la marmocchia, seguito a ruota dal suo Beartic, che aveva subito abbandonato il suo combattimento contro la squadra di Daisuke. Dubitavo che quell’orso sarebbe potuto servire a mettere k.o. una creatura del genere, ma di certo dava l’idea di poter offrire una maggior protezione da attacchi di enorme portata. Non come i miei pokémon, o quelli di Daikke.
Localizzai in fretta Sey e Yoru; il primo era appoggiato contro il muro della torre, l’altro stava passando il becco fra le piume delle sue ali, cercando di capire la gravità delle sue ferite.
Al contrario dell’orso bianco, il cui pelo era rimasto immacolato, i due pokémon avevano i loro corpicini ricoperti di graffi e lividi piuttosto gonfi. Nulla che un po’ di superpozione non potesse aggiustare.
Sarebbero tornati come nuovi. O forse no. Era Daikke il medico di bordo, io mi limitavo a—
Il mio stomaco eseguì una serie di salti mortali da dieci punti l’uno.
Dov’è finito Daikke?
Perlustrai con lo sguardo l'intera area, ma del mio collega minion non vi era alcuna traccia. Il mio organo digestivo si sentì libero di portare i carpiati al livello successivo.
Il serpente marino non poteva averlo afferrato – non era ancora riemerso, e poi mi era parso abbastanza goffo da poter essere schivato senza grosse difficoltà. Che il Beartic se lo fosse pappato mentre il suo allenatore non guardava...?
Scivolai sul ghiaccio – o meglio, barcollai sbattendo le braccia come un dodo ubriaco – verso Frost e il suo divoratore di uomini, che nel frattempo, all'ordine del suo padrone, aveva formato col suo fiato gelido una nuova lastra di ghiaccio – quella di prima doveva essere crollata durante la pioggia di stalattiti – collegante l'isolotto su cui aspettava la bambina con la terra ferma.
La capopalestra sgranò gli occhi, ma non esitò nemmeno un istante a percorrere il ponte. Arrivata di fronte al nemico, provò a scappare di lato, ma l'orso le tagliò la strada, permettendo a Frost di afferrarla saldamente per le spalle.
"Ragazzina—“
“Mi chiamo Momoka, stolto!”
Il Polaretto doveva aver sfogato tutta la sua rabbia su di me, perché non ribattè.
“Momoka, è tuo il Gyarados?” La principessina cercò dapprima di divincolarsi, ma vedendo che il ragazzo non accennava ad allentare la presa, squittì un veloce 'No'.
"Se non è tuo, allora di chi è?"
Frost era crucciato. Lo si vedeva dal modo in cui si guardava attorno, cercando di cogliere qualunque forma di movimento sotto la superficie ghiacciata. Presi a sfregarmi sbrigativamente le mani sulle braccia, cercando non tanto di scaldarmi, quanto di calmare il caro Terrore e Senso Di Morte Certa che avevano iniziato a fare un picnic nelle mie budella. Perché se lui era preoccupato, allora avevo il presentimento che le cose non si sarebbero risolte con solo un paio di ematomi.
"No, cioè, sì, ma--!"
"E’ di tuo nonno?"
"Doveva essere solo parte dell'attrazione, una decorazione!" Cercò di spiegare la bambina.
"Parte dell'attrazione...?" Il Polaretto staccò gli occhi dal pavimento per dedicarsi allo studio delle pareti della stanza.
"Ehi." Mi intromisi, stando attenta a rimanere a distanza di sicurezza dal Beartic. "Sicura che tuo nonno non sia in realtà un pazzo omicida e che abbia ideato il Gyarados per—"
Ricevetti un’occhiataccia.
"Hai dei problemi di udito? Ho detto che doveva essere solo una statua meccanica!"
"Da quel che mi risulta le statue non sguazzano nelle profondità di un lago in attesa del momento giusto per potersi gustare giovani ed ingenui allenatori."
"D-da quel che mi risulta gli unici allenatori qui presenti sono il t-tuo compare tappo e il b-bruto che mi sta bloccando la circolazione." Tirò su col naso.
Strinsi i pugni. Inspirai. Esalai. E poi allungai una mano verso il Beartic, facendogli un pat pat sulla testa.
"Sicuro che il tuo bestione non la possa mangiare?" Il pokémon inclinò la testa con fare confuso, sbuffando aria calda dal naso. Momo mutò la propria faccia in una smorfia sgraziata, ma prima di potermi insultare fu presa da un attacco di starnuti.
"No." Aprii la bocca per lamentarmi, ma il tono di Frost non ammetteva repliche. "Però se ti sembra così denutrito potresti sempre offrirti volontaria."
Scossi la testa, decidendo di lasciar perdere la questione. Tanto nel più probabile dei casi la capopalestra sarebbe morta in meno di due ore— come tutti noi, del resto.
Come se il robot avesse percepito di essere stato chiamato in causa, il terreno venne nuovamente percorso da scosse, che ci costrinsero a barcollare per non cadere.
"D'accordo. Ascolta attentamente." Frost si tolse il giubbetto e, senza indugio, lo posò sulle spalle della bambina. "Dentro c'è una pokéball. Corri sulla torre e resta lì. Non ti sporgere troppo. Non farti vedere. Usa la pokéball solo come ultima risorsa."
Momoka, che fino a qualche secondo prima si era limitata a sbattere le ciglia con fare confuso, squadrò Frost con sospetto. Ma la nuova ondata di tremori sembrò farle mandare a quel paese la prudenza, per cui accettò senza tante lamentele e prese a correre verso la torre.
Posai una mano sul mio fianco, stufa di non contribuire.
"Aspetta. Io dovrei lasciarti fare senza confiscare la pokéball contenente quasi sicuramente un pokemon dalle tendenze omicide perché...?"
Lo sguardo che Frost mi rivolse mi fece rimpiangere di aver anche solo pensato di aprire la bocca.
"Perché?" Per un attimo mi parve di vedere del fumo uscirgli fuori dalle narici. "Come diamine pensi di proteggerla, nel caso in cui la situazione si evolvesse per il peggio?"
"E' una capopalestra, saprà--"
"Appunto. Questa non è una palestra. Questa è una situazione reale con un pericolo reale, e se compiamo un solo errore saremo spacciati." Il suo tono acquisì una nota sibilante che mi fece accapponare la pelle. Mi grattai la nuca, cercando di mascherare i tremiti che mi stavano percorrendo le spalle. Non sapevo dove posare lo sguardo.
"Toglimi una curiosità." Frost socchiuse gli occhi, concentrando la sua attenzione sui miei movimenti, studiando ogni mia reazione. "Tu. Cosa proponevi di fare?"
Dischiusi le labbra, pronta a contrattaccare. Ero ferita nell’orgoglio. Se pensava di potermi sminuire ulteriormente, si sbagliava di grosso. Non avevo affrontato mesi di avventure e pericoli senza imparare qualche lezione. Senza imparare a cavarmela, a reagire agli imprevisti.
Sapevo di poter aiutare.
(Davvero?)
Sapevo di esserne capace.
(Ne sei certa?)
Sapevo di…
(Non sai niente.)
Sapevo…
Sentivo la testa pesante. Si era fatto difficile respirare.
Chiusi la bocca.
Frost emise uno sbuffo soddisfatto.
"Come pensavo." Senza perdere tempo, si voltò, percorrendo a passo deciso la superficie ghiacciata in direzione della torre. "Non sei adatta a far parte del mondo dei pokémon. E' giunta l'ora che tu riconosca i tuoi limiti, e te ne ritorni a casa."
Allungai una mano per fermarlo, per dirgli che no, era lui che non capiva una rapa secca di come funzionasse il mondo e che sì, ero in grado di cavarmela con le mie forze.
Potevo contribuire.
Aumentarono le scosse. Un pezzo di ghiaccio sbalzò in aria, minacciando di cadere su Frost. Prima che potessi avvertirlo del pericolo, il suo Beartic allungò gli artigli e, con una sola zampata, trasformò l'iceberg in una dozzina di cubetti innocui.
Abbassai la mano.
Potevo contribuire…
… giusto?
Il Gyarados spaccò il terreno, schiantandosi contro la torre. Nell’aria risuonò l'urletto soffocato di Momoka, che dopo poco tempo si spense. Il robot tornò nelle profondità del lago, provocando un altro paio di tremori e fratture nel ghiaccio.
"Hey, nanerottolo." Per un attimo credetti che Frost si stesse riferendo a me, ma poi intravidi Daisuke fare capolino da dietro l’edificio. E, da come aveva stretto i denti, mi pareva di capire che non fosse affatto felice del nomignolo.
"Il Gyarados è solo una macchina meccanica. Dovrebbero esserci dei cavi elettrici qui attorno. Vai a--"
Daikke lo interruppe, sbuffando.
"Già fatto. Non si spegne." Frost spalancò di poco gli occhi. Probabilmente era stato colto alla sprovvista dall'efficienza di Daisuke.
Le mie labbra tremolarono, riconoscendo il mio fioco desiderio di sorridere come avrebbe fatto una madre fiera del proprio figlioletto; poi questo venne risucchiato da qualche misteriosa forza presente nel mio torace, in cui sprofondò senza più riemergere.
"Bene, allora." Frost strinse la presa sulla sua pokéball. "Io penso ad attaccare l'automa, tu ad aprire un varco per fuggire."
Non aveva ancora capito che Daisuke non avesse alcuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa.
"No." Nonostante l'elevata differenza di altezza, il mio compare non era affatto intimidito. "Se ci scambiamo i ruoli, ci metteremo meno." Dicendo ciò, scoccò un'occhiata di sfida al Polaretto, che ricambiò senza indugio.
Non era affatto un brutto piano. I pokémon di Daikke erano stremati a causa degli incontri di quella giornata, ma erano comunque più agili di un Beartic, e quindi gli sarebbe stato più facile schivare gli attacchi del colosso metallico. Nel frattempo, grazie alla distrazione, Frost avrebbe avuto abbastanza tempo per creare uno dei suoi soliti ponti e squarciare il ghiaccio che bloccava l’uscita.
Un buon piano. Però...
Dal mio stomaco iniziavo a percepire vaghe ondate di nausea.
"Aspettate!" Mi intromisi, sventolando una mano fra di loro. Daisuke sollevò un sopracciglio; Frost non si sforzò nemmeno di trattenere un piccolo 'tsk'. "In tutto questo, io che faccio?"
Sembrò che Daikke avesse sviluppato un profondo interesse per i pavimenti in ghiaccio.
Frost invece doveva essere rimasto immune a tale fascino, perché, come se la risposta fosse ovvia, sentenziò con monotonia: “Il tuo ‘compito’, è quello di restare fuori dai piedi.”
Il mio volto doveva riflettere un certo sbigottimento, perché l’altro si sentì in dovere di chiarificare con una punta di acidità.
“Cosa pensi di poter fare con ratto alto quanto un fungo?” Si diresse verso l’uscita, dandomi una spallata nel processo. “Levati di torno.”
Daisuke ci mise un po’ di più a scollarsi dal suo posto, ma quando lo fece se ne andò subito dai suoi pokémon, evitandomi con lo sguardo.
Ah.
Il Gyarados frantumò la superficie, catapultando pezzi di ghiaccio dallo spessore sconcertante in tutte le direzioni. Feci un paio di passi di lato, evitando di venire schiacciata da un blocco grosso quanto un armadio, ma cadendo subito dopo a causa delle ormai perpetue scosse sismiche.
Quindi contribuire non era nemmeno un’opzione.
Le vibrazioni fecero cadere altre stalattiti; rotolai per un paio di metri, schivandone alcune, e mi fermai solo quando la mia schiena andò a sbattere contro i gradini della torre.
Come al solito.
Salii le scale, fissandomi le mani, come se una delle increspature dei miei palmi potesse contenere la soluzione al mio problema. Man mano che proseguivo per la rampa, mi sembrava di perdere il contatto con il mio corpo. I miei pensieri erano come dei fili colorati, che ad un certo punto, non saprei ben dire quando, avevano preso a volteggiare, sospinti da corpulente raffiche di vento. Ogni volta che allungavo la mano per catturarne uno, questo mi scappava via dalle mani, come se fosse tutta un’enorme beffa.
Mi chiesi da quando al posto dei piedi avessi due blocchi di cemento.
Giunta in cima alla torre, andai a sedermi vicino ad un fagotto azzurro che si stava affacciando dal parapetto. Fagotto che una delle poche parti non ancora annebbiate del mio cervello andò ad identificare come ‘Momoka’. Fissai il muretto di pietra, sopra al quale spuntava, ogni tanto, la testa dell’automa.
“No, così non ce la faranno mai…” Sussurrò, stringendosi nel giubbotto di Frost.
Avrei voluto sospirare, ma anche quello avrebbe richiesto fin troppa energia, che al momento non disponevo.
“Dov’è finita quella pezzente?”
La bamboccia si scostò dal cornicione per cambiare posizione, ma nel farlo inciampò su di me. La vidi spalancare gli occhi, sorpresa.
“Tu…”
Un attimo dopo, però, aveva già sostituito la sua espressione con una smorfia accigliata.
“Tu! Cosa ci fai qua a poltrire? Dovresti essere giù ad aiutarli!”
Dovresti.
Sentii il mio ultimo briciolo di sensibilità dissolversi dal mio petto.
Stupendo. Stavo venendo sgridata pure da una bambina di al massimo tredici anni.
“Li sto aiutando.” Borbottai. “Mi sono ‘tolta dai piedi’.” Scandii meglio le ultime parole aprendo e chiudendo la mano a mo’ di bocca, e dando a mini-Frost una vocina deforme e lamentosa.
Momoka sbatté il piede sul pavimento di pietra, facendo risuonare il tacchetto in modo piuttosto minaccioso.
“E li abbandoni così, senza nemmeno aver provato a far qualcosa? Codarda!”
“Ascolta, non…” Scrollai la testa, sconfortata. “Okay, sono una codarda. Ma credi seriamente che io possa combattere contro quel coso?”
“Sei un’allenatrice!” Curioso. Mi sembrava di averla sentita decretare il contrario, non molto tempo prima. “Dovresti almeno provarci!”
Dovresti.
“Ho un topo viola ed un girino dalla salivazione eccessiva.” Sbuffai, appoggiando il gomito su una gamba e sostenendo il mio mento col palmo della mano.
“…un’allenatrice scadente, ma pur sempre un’allenatrice. Dovresti amare le avventure ed i pericoli che derivano da esse!”
Dovresti.
C’erano un po’ troppe cose che avrei dovuto fare. Che avrei dovuto essere.
Iniziavo a sospettare di aver compiuto una scelta sbagliata, quando decisi di andare via di casa. Forse la via dell’allenatore era al di là delle mie capacità. Dopotutto, non faceva alcuna differenza se fossi rimasta reclusa in casa o meno. Non se tutto ciò che potevo fare era stare in panciolle e litigare con una bambina dal carattere più forte del mio. Con anni di esperienza nei combattimenti, ed una squadra decisamente più forte della mia.
La fissai senza alcuna espressione particolare.
“Per ora non ho le capacità di affrontare pericoli del genere.”
“Sei solo una—“
“Ma tu sì.”
Si bloccò, senza riuscire a continuare la frase. Scosse frettolosamente la testa, facendo oscillare la matassa di molle dorate che aveva per capelli.
“Non posso usare Reginald. Con il suo peso, se provasse a lottare, precipiterebbe nel fondo del lago.”
Con Momoka fattasi improvvisamente sconsolata, la conversazione raggiunse un punto morto.
Si udì un forte scricchiolio metallico, e la bambina, imbozzolata in un giubbotto di almeno tre taglie in più della sua, corse a sporgersi di nuovo per il parapetto, quasi fosse felice di avere una giustificazione per abbandonare il discorso.
Ma avevo ormai imparato che i silenzi, a volte, valevano più di un intero dibattito.
A ridosso del mio pezzo di muretto, infilai le mani nelle tasche, andando a tastare le pokéball. Erano gelide, perciò passai a rigirarmele nelle mani. O forse presi a farlo solo perché loro costituivano una delle poche ancore che mi permettevano di non perdermi nella mia nebbia di pensieri.
Non ero una brava allenatrice. Beh, diciamo pure che ero pessima. Ma sentendo i miei pokemon così vicini, non potevo fare a meno di appoggiarmi a loro, di aggrapparmi alla piccola scheggia di speranza che seppur in modo flebile, ripeteva senza sosta ‘Ci dev’essere un modo.’
Gli angoli delle mie labbra s’incurvarono verso il basso.
Glielo dovevo, dopotutto.
Ai capopalestra che mi avevano conferito le loro medaglie.
Se fossi morta in un modo simile, senza nemmeno provare a lottare, avrei senz’altro disonorato ciò che quei pezzi di metallo stavano a significare: tutta la strada che avevo fatto, tutta la gente che avevo incontrato, gli allenatori contro cui avevo combattuto, i pokémon e le disavventure che avevo affrontato…
A Daisuke, che ogni giorno si preoccupava di tenere d’occhio le riserve di medicinali e rimedi di cui disponevamo e di stabilire il tragitto migliore per giungere alla nostra meta, guidandomi attraverso una regione, un mondo, a me sconosciuti.
Ai miei pokémon.
Lo dovevo ai miei pokémon, che mi avevano seguito senza mai contestare le mie decisioni o il modo in cui li trattassi, e senza i quali non sarei potuta sopravvivere fino a quel punto.
Chissà cosa dovevano pensavano di me; un’allenatrice solo di nome, ma non di spirito.
Le pokéball avevano assorbito un po’ del mio calore e risultavano tiepide. Sperai che tale differenza fosse tangibile anche per i miei piccoli compari.
Per quanto patetico, quel pensiero mi fece sorridere e, d’un tratto, ebbi l’impressione che si fosse sollevato un grosso peso a livello del mio sterno.
Decisi che glielo avrei chiesto.
E che avrei cercato di migliorare. Di diventare più forte, in modo da aver più possibilità di proteggere ciò che meritava di essere protetto.
La torre tremò di nuovo, più come un monito che una minaccia. Feci un bel respiro, stringendo per un attimo le sfere poké.
Perché ovviamente i miei nobili propositi sarebbero finiti nel cesso se non fossi riuscita a uscire viva da lì.
“Marmocchia.” L’altra sbuffò, ma con meno astio del solito. Era nervosa.
“Mi chiamo Momoka, plebea.”
Mi alzai, raggiungendola. “Madeleyne. Ora, vuoi fermare quel coso?”
“Certo che sì!” Momoka spalancò gli occhi, la cui grandezza, evidenziata anche da quel poco di trucco che si era fatta applicare, mi ricordò quelli delle tante bambole che Nonno Gerald teneva disposte ordinatamente sulla mensola del salotto. Non avevo idea del perché fossero lì, ma fin da piccola non avevano fatto altro che inquietarmi.
“Perfetto.” Compiaciuta, presi a sfregarmi le mani, non riuscendo a trattenere una risata ben poco rassicurante. “Ci sono due possibilità. Nella prima, tu rimani qui a distrarre il serpente evitando di farti mangiare, in modo da permettere a noi tre di aprire un varco nel muro e sgattaiolare via.”
“Pusillanime, manigolda--!” Cercò di schiacciarmi il piede usando il tacco della scarpa, ma mi ritrassi appena in tempo. Seriamente, cosa ci trovavano le persone a pestarmi a suon di tallonate?
“Okay, okay, diciamo addio al piano più semplice.” Momoka incrociò le braccia, cercando di contenersi. “Ora, secondo l’altro piano, dovrai dire al tuo gigantesco e grigio amico di tenere fermo il robot e…”
Nell’aria riecheggiarono dei versi di dolore, che mi costrinsero ad abbandonare il discorso.
Avanzai fino al parapetto, sentendo la fronte imperlarsi di sudore. Perché sapevo perfettamente a chi appartenessero. Dopotutto, solo un pokémon, lì dentro, era capace di gracchiare.
Feci appena in tempo a vedere la coda del Gyaridos sparire sotto al ghiaccio, che subito dopo la mia attenzione fu catturata da una macchia nera che si era appena sfracellata al suolo.
Yoru…
Daisuke, che in un primo momento era rimasto immobile, con le mani sulle ginocchia – come se stesse faticando anche solo per restare in piedi – scattò verso il suo compagno, evitando i buchi lasciati dal serpente marino durante i suoi precedenti attacchi. Una volta arrivato sul posto, la sua mano, che era già andata ad infilarsi nella borsa che portava al fianco, si immobilizzò, lasciandomi perplessa.
Ma nel vedere lo stato del pokémon buio, capii.
Dopotutto, le ali dei pennuti non potevano normalmente piegarsi di un’angolatura simile.
Trattenendo a stento un conato, decisi di passare temporaneamente ad un altro soggetto.
Nemmeno Frost se la stava cavando così bene. Il ghiaccio dell’ingresso recava segni di tartassamento, ma non abbastanza da poter essere eliminato. Il Beartic non riusciva a concentrarsi per più di una manciata di secondi sul creare una via di fuga che il Gyarados, come se avesse compreso le sue intenzioni, prendeva di mira il suo allenatore, costringendo l’orso ad interrompere il suo lavoro.
La superficie di ghiaccio attorno a loro assomigliava in modo impressionante ad un colabrodo, simbolo dei numerosi attacchi ricevuti. Ma dal canto suo, il Polaretto era perfettamente illeso.
Mi chiesi se fosse bravo a pattinare.
E se i Gyarados reali evocassero lo stesso livello di terrore.
Mi risposi che, in entrambi i casi, avrei preferito non scoprirlo.
E poi accadde.
Il Sableye di Daikke, che non era ancora capitolato, ricevette una codata in pieno petto che lo fece volare di diversi metri più indietro. Il Gyarados, finalmente liberatosi di quella seccatura, si girò verso il vero problema.
Frost piegò le gambe, pronto a scattare.
Daisuke gli gridò qualcosa, ma le sue parole vennero coperte dal lamento del pokémon meccanico. Mi strinsi nelle spalle, sentendo come se un milione di spilli mi perforassero la pelle.
E poi il mostro, come una molla, si lanciò su Frost, spalancando le fauci.
Il Beartic fu abbastanza veloce da poter spingere via in tempo il suo padrone; ma non abbastanza da poter anche contrattaccare. Sotto gli occhi di tutti, l’orso polare venne schiacciato da tonnellate di metallo.
Il Gyarados si ritrasse come se nulla fosse, cercando la sua vittima originaria; nel punto in cui fino a pochi secondi prima s’ergeva il Beartic, ora si trovava un semplice buco nel ghiaccio.
Feci un passo indietro.
Ma fu solo allora, nel vedere Frost che si lanciava in acqua mentre il Gyarados abbatteva in un unico colpo l’unico pokémon rimasto a Daisuke, lasciandolo privo di ogni difesa, che capii di non avere alcuna speranza.
Che mi ero illusa.
Qualcuno… qualcuno deve aiutarci!
Con la mano tremante, recuperai il cellulare dalla tasca, adocchiando la barra della connettività.
Due secondi dopo quasi non mi accorsi del tonfo prodotto dal pezzo di plastica contro la pietra.
“Madeleyne… il piano?”
La voce di Momoka mi riportò alla realtà. Mi accorsi con vergogna che le mie gambe stavano tremando. La bambina notò il mio disagio, ma invece di prorompere in un’esplosione di pura furia, si limitò a scuotere flebilmente il capo, come se non volesse credere a ciò che stava accadendo, e ripetere:
“M-Madeleyne…”
Il suo tono era quasi timido, quasi disperato; come se mi stesse supplicando di risolvere magicamente tutto, ben sapendo quanto quella richiesta fosse impossibile da realizzare. Sbatté più volte le ciglia, facendomi intravedere il velo umido che stava iniziando a rivestirle gli occhi.
Serrai le palpebre, rifiutandomi di piangere assieme a lei. Abbassai la testa.
Non c’era modo di avvertire i soccorsi, ma avevamo bisogno che qualcuno, chiunque, ci aiutasse: il campione della Lega, un altro capopalestra, un allenatore…
Riaprii gli occhi. Davanti a me c’erano le mie mani.
Stavo ancora tenendo in mano le pokéball.
Strinsi i denti.
“C’è sempre una possibilità.” Ripetei, facendomi forza.
Non aveva senso pensare al negativo; se avessi continuato così, non avrei mai trovato ciò che stavo cercando.
Momoka tirò su col naso, stringendo il cappotto di Frost come se fosse in grado di proteggerla da tutto il male del mondo. “Davvero?”
“Certo.” Credo. ”Dobbiamo solo trovarla.”
Adocchiai la buca in cui erano spariti Frost e il suo pokémon.
“Magari potremmo iniziare coll’immobilizzare il bestione. Così forse Frost potrà tornare a galla senza rischiare di essere tramortito.”
La capopalestra prese a giocherellare con le sue dita.
“Forse Reginald può fare qualcosa. Se resta vicino alla torre, dove il terreno è più solido...”
Le dedicai un pollice in su, facendole coraggio.
“Ottimo! E poi, se anche cadesse in acqua, potresti sempre farlo rientrare nella…”
Non ebbi il tempo di terminare la frase, che mi morì il sorriso sulle labbra.
La mia espressione si fece identica a quella di un Magikarp appena pescato.
Perché Daisuke era appena scivolato, e il Gyarados, sfruttando l’occasione, si stava proiettando a fauci spalancate verso di lui.
“Bloccalo!”
Il mostro si fermò, circa ad un metro di distanza dal mio compagno di viaggio, che restò del tutto illeso.
Il mio cuore riprese a pompare sangue.
“Bravo Reggie! Ora portalo qui!” Distolsi lo sguardo da Daikke per osservare la scena: Reginald – il colosso che la capopalestra aveva fatto uscire per primo durante lo scontro in palestra – dopo aver tirato il Gyarados per la coda, lo aveva stretto in una morsa di ferro, limitando i suoi movimenti.
“E adesso?” Momoka rimase immobile, spostando nervosamente lo sguardo da me al suo pokémon, che iniziava già ad accusare segni di stanchezza.
Già. E adesso?
Ero riuscita a guadagnare un po’ di tempo, ma se non mi fossi inventata qualcosa, e alla svelta, il Gyarados sarebbe riuscito a liberarsi e niente si sarebbe concluso.
Ma cosa fare?
Frost aveva ragione. I miei pokemon non erano abbastanza forti per affrontarlo, e dubitavo potessero anche solo scalfire quella corazza metallica. Mandare a combattere il pokémon di Momoka sarebbe stato come mandarlo ad affogare, dato che era ovvio che il ghiaccio non avrebbe retto il peso del gigante d’acciaio. E se il Beartic non era ancora riemerso dall’acqua, figuriamoci se ce l’avrebbe fatta lui.
“Sinceramente, non ne ho idea.” Cercai di sospirare, ma a causa del groppo che avevo in gola ne uscì fuori un gorgoglio tremante. “Quella corazza è fin troppo resistente. Nonostante tutti gli attacchi che ha ricevuto, non sembra essere minimamente stanco. Forse se avessimo un pokemon elettrico…” Scossi la testa. Quel posto era pieno di acqua e ghiaccio: se avessi provato a mandare in cortocircuito il robot, avrei rischiato di folgorare anche gli altri.
Abbassai inconsciamente gli occhi sulla superficie del lago.
Daisuke stava avvolgendo l’ala del Murkrow demoniaco con delle bende pulite. Nonostante sapesse benissimo del pericolo in cui si trovava, procedeva metodicamente, con estrema delicatezza e precisione, seguendo istruzioni che solo lui era in grado di leggere. Terminato il lavoro – palesemente insufficiente, ma impossibile da migliorare in quelle condizioni – sollevò la testa fino ad incrociare il mio sguardo e per qualche secondo restammo in silenzio, a studiarci. Poi lui scosse la testa ed io feci spallucce, entrambi incapaci di formulare uno straccio di piano d’azione.
Eravamo una grande squadra.
E il Gyarados di certo non stava aiutando, con tutti gli stridii che emetteva da quel buco che si ritrovava per bocca. Stridii piuttosto feroci.
Sembrava arrabbiato.
Il che era illogico, dato che era conoscenza comune che i robot fossero incapaci di provare emozioni.
Ma d’altronde non avrebbero nemmeno dovuto essere capaci di muoversi senza corrente, né avere abbastanza coscienza per dedicarsi all’uccisione di quattro poveri esseri umani…
Beh. Non che rifletterci sopra avrebbe cambiato qualcosa: quell’affare era indistruttibile. Non era possibile attaccarlo direttamente sperando di combinarci qualcosa. Occorreva vedere le cose da un punto di vista differente. Iniziai a rovistare fra i cassetti impolverati della mia mente.
Se ci fossimo ritrovati di fronte ad un essere in carne ed ossa, avremmo avuto la vita più semplice. E non mi riferivo alla possibilità di poterci ragionare assieme da un punto di vista emotivo – quel piano si era rivelato fallimentare in fin troppe situazioni. Mi portai inconsciamente una mano alla pancia, facendo una smorfia.
No. Contro un vero pokémon avremmo semplicemente potuto lanciargli contro tutte le pokéball in nostro possesso. E nemmeno con l’intento di catturarlo; essere ficcati a forza in una pallina dai pochi centimetri di diametro e dibattersi per uscirne liberi doveva essere un’esperienza disorientante, se non addirittura frustrante. E soprattutto, ci avrebbe fatto acquistare minuti preziosi.
Mi massaggiai una tempia. Stupido robot.
C’era sempre l’opzione di ingannare il Gyarados, per… farlo schiantare contro una parete?
Come minimo ci sarebbe caduta addosso l’intera struttura, mentre quello ne sarebbe uscito fuori solo ammaccato. Stupido, stupido robot.
Quel suo fisico da serpente doveva pur avercelo un punto debole. Mi balenarono in testa immagini di Snake, il gioco retrò per cellulari di vecchia generazione. Se gli avessimo fatto ingoiare la sua stessa coda…?
Emisi dei suoni nasali non molto regali. Stavo perdendo il senno.
Avevo bisogno di una spinta nella giusta direzione. Di un segno.
Mi sentii tirare per una manica, ed abbassai lo sguardo, crucciata.
Mi ritrovai davanti una Momoka intenta nel rigirarsi fra le mani sudate la pokéball del suo pokémon. “Reggie non resisterà ancora per molto…” La sua voce tremava.
“Lo so, ma…” Non mi viene in mente niente. “… ho bisogno ancora di un po’ di tempo. Quel coso è—“
“Va bene.”
Strabuzzai gli occhi. “Come?”
Non mi sarei mai aspettata un atteggiamento così ben disposto da parte sua. La bambina, come se mi avesse letto nella mente, alzò il mento, recuperando un po’ della sua immagine dignitosa.
“Non sembri una persona intelligente.”
“Beh, suvvia—” Battè un piede per terra, zittendomi.
“Lasciami finire!” Tirò su col naso. “Non sembri una persona particolarmente intelligente… ma hai comunque sconfitto il mio Mawile. Mi hai battuto, e usando solo un misero ratto.”
“Ehi!” Il mio occhio fu venne afflitto da un grave tic. Iniziavo a ricordare il perché mi infastidisse.
Quella assunse una tonalità rosata e si voltò da un’altra parte. Sembrava non fosse abituata ad essere ripresa.
“Uffa! Smettila di dare importanza a questi piccoli dettagli!”
“Ti darò dieci secondi per permetterti di rimediare, dopodiché ordinerò al misero ratto di mangiarti il vestito.”
“Bleargh!” Fece una smorfia, arricciando il naso. Ma dopo pochi attimi parve assumere un atteggiamento più mite, perché distolse lo sguardo. “I-intendevo dire che, se ce l’hai fatta allora, puoi r-riuscirci anche adesso.” S’imporporò, iniziando a ciondolare da un piede all’altro. “Forse. Con molta fortuna.”
La fissai, sentendo la mia mandibola cedere di colpo.
Momoka si… fidava?
Sentii i miei zigomi andare a fuoco. Immediatamente i miei pensieri assunsero toni più dimessi.
Dopotutto, era ancora piccola e quindi facilmente impressionabile. E non si poteva paragonare il suo pokémon-piantina-mutante con un androide-dominatore-dei-laghi. Ed ero riuscita a batterla solo per miracolo, perchè il mio cervello era pieno di informazioni inutili sulla cultura videoludica e televisiva e—
Voltai la testa con talmente poco preavviso che dal mio collo si udì un crack.
Il Gyarados si dimenava nella stretta del pokémon acciaio, lanciando suoni gutturali ogni due per tre da quella enorme, labbrosa voragine che si ritrovava per bocca.
Bocca incapace di chiudersi.
Come si fa nei videogames a sconfiggere un boss impenetrabile dall’esterno?
Mi colpii la fronte con il palmo della mano.
Momoka trasalì. “Che stai facendo?!”
Non le risposi, come ignorai del resto il pizzicore alla mano e l’impronta rosa che dovevo aver lasciato sulla cute maltrattata.
Il mio sangue ribolliva di adrenalina pura.
“Ho un piano.”
Gli angoli della mia bocca si flessero in un ghigno.
Oh sì. Ero definitavemente uscita di senno.
“Ho un piano.” Ripetei, tamburellando ritmicamente il piede sul pavimento. Non avevo molto tempo. “Un piano geniale.” Alzai lo sguardo. “No, stupido.” Le rivolsi un sorriso che, a giudicare dall’espressione preoccupata della capopalestra, non doveva essere affatto rassicurante. “Insomma, è perfetto!”
Ma Momoka era ancora scettica. “Cos—“
Reginald rilasciò un verso addolorato, allentando la presa sul mostro meccanico. Fortunatamente riprese subito il controllo, ma era chiaro la povera creatura era sfinita.
Non c’era tempo per le spiegazioni.
Mi voltai di nuovo verso Daisuke, rivolgendogli un pollice un su ed un sorriso sfavillante.
Lui sollevò un sopracciglio.
Io gli rivolsi due pollici in su, ed un sorriso ancora più sfavillante.
La sua espressione s’incupì.
Mi allontanai dal parapetto della torre, chiedendomi cosa ci fosse di tanto sbagliato nei miei sorrisi.
“Dove stai andando?” Domandò Momoka, seguendomi.
“A rovinare il rossetto di un Gyraridoo.”
“Gyarados.” Corresse la saputella. “E non hai risposto alla domanda.”
Feci un paio di saltelli, per poi passare a compiere delle torsioni sul posto. “Te l’ho detto, vado— bah, lascia perdere.” Non avevo intenzione di far preoccupare la bamboccia ulteriormente.
E poi, c’era qualcosa di più importante che dovevo dirle.
“Senti, fammi una promessa.”
Momoka mi studiò, per nulla convinta. Ma all’ennesimo urlo del suo pokémon, annuì velocemente.
“Se riesco a fermare quel coso… o se, fallendo, avrò dilettato così tanto gli déi da fargli considerare di accettarmi come vittima sacrificale in cambio della vostra salvezza…” Ripresi fiato. “Restituisci la medaglia a Daikke, intesi?”
A quel punto la mia interlocutrice assunse un colorito rosato e abbassò lo sguardo, non so se per l’offesa o per la vergogna. Ricevetti per risposta un piccolo ‘Okay’ borbottato.
Presi la mira. Mi fermai.
“E magari, già che ci sei, cerca di far sì che quel pazzo omicida dai capelli azzurri finisca dietro alle sbar—“
In lontananza sentii la voce di Daisuke che mi chiamava, e anche piuttosto insistentemente.
Doveva – finalmente! – aver riconosciuto la genialità del mio piano.
Non mi aspettavo di certo di veder la sua faccia sbucare fuori dalla rampa delle scale. Faccia per niente felice, fra l’altro.
Uh oh.
Lui aprì la bocca.
Io sbattei le ciglia con tanto di sorrisino nervoso.
Poi corsi via in preda al panico, balzai sul parapetto e mi scaraventai dritta verso il Gyarados.
~ Author's Corner ~
Ciao a tutti. Mi chiamo Cottage e soffro di Sindrome da Procrastinazione e Sensi di Colpa. E' una malattia molto grave, ma affligge circa tutta la popolazione, per cui mi appello umilmente al vostro senso di cameratismo quando dico che sono profondamente dispiaciuta per tutto il tempo che ho lasciato passare prima di pubblicare questo capitoluccio.
Capitoluccio lungo 26 pagine. Vogliate scusarmi anche di questo. Vi consiglio di leggerlo durante le ore di storia. O geografia. O storia dell'arte. A meno che, uh, non siano le vostre materie preferite.
Mmh. Vi vorrei fare gli auguri per qualcosa, ma non ci sono festeggiamenti in corso. Quindi mi limiterò ad augurarvi buona fortuna con lo studio, con le relazioni sociali (che possono essere ben più stressanti) e con il cercare di convincere vostra madre a permettervi di 'lasciare il nido' per poter inseguire il vostro sogno di diventare allenatori di pokémon IRL in compagnia del vostro amico Pokémon Go.
(Grazie Nintendo)
Un ciaone a tutti ♪
Ps: mia sorella mi fa violenza psicologica perchè non ho ancora corretto il problema dell'età dei personaggi. In prima stesura dovevano avere sui 13 anni, ma dai loro comportamenti ciò non è realistico. Quindi risolverò la cosa rivelandovi che secondo la nuova disposizione--> Maddy (16), Daikke (quasi 17), Kakeru (16), Desirée (17), Jack (19), Frederick (18), Kazeki (19), Hiro (20), Frost (19).
...giuro che prima o poi modificherò i capitoli. E finirò la fic. |
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Capitolo 35 *** Nella Pancia del Gyarados ***
~ Nella pancia del Gyarados ~
Daisuke aprì la bocca.
Io sbattei le ciglia con tanto di sorrisino nervoso.
Poi corsi via in preda al panico, balzai sul parapetto e mi scaraventai dritta verso il Gyarados.
Naturalmente non riuscii a centrare in pieno l’enorme cavità che aveva per bocca, ma questo un po’ me lo aspettavo. In compenso mi spiattellai contro uno dei suoi corni con tanto di accompagnamento musicale.
Reginald, colto alla sprovvista, perse la presa, lasciando libero il serpente marino. Prima che esso si rituffasse in acqua, strisciai fino al limite della sua capoccia e, dopo una veloce occhiata circospetta per controllare ciò in cui stavo per entrare (e no, no, no, non era abbastanza sicuro ed era una pessima idea e quel coso puzzava e se avessi battuto la testa o mi fossi rotta qualcosa o—) mi lasciai cadere dentro, pregando le divinità di Johto, Hoenn e Sinnoh di avere pietà e di non farmi morire nella discesa.
Mi domandai se anche i pokemon avessero delle divinità e, giusto per essere politicamente corretta, supplicai anche quelle.
E la cosa parve funzionare, perché durante il mio capitombolo non incontrai nessuna sporgenza metallica ad attendermi, ma solo dell’acqua. Acqua la cui temperatura siderale stava rapidamente penetrando nel mio corpo, abbracciandolo come una camicia di forza.
Riemersi sputacchiando e scalciando, nella speranza di scrollarmi di dosso quella morsa e restare in superficie: compito che si stava rivelando alquanto difficile, dato che il Gyarados, che probabilmente se n’era ritornato nelle profondità del laghetto, sembrava non avere alcuna intenzione di chiudere la sua dannatissima bocca ed interrompere così il continuo flusso d’acqua che minacciava di travolgermi.
Dopo un’infinità di tempo passato in quelle condizioni disastrose, il robot riemerse: l’acqua sgorgò fuori dall’androide, il posto venne irradiato da pochi fasci di luce e le mie orecchie furono pervase dai suoni distorti, ma per niente invitanti, di ciò che stava accadendo all’esterno.
Nel mio stato confusionale, cercai disperatamente un appiglio, ben conscia della pesantezza che stavano assumendo le mie gambe e di quanto in fretta stessi perdendo la percezione del mio corpo.
Trovai il mio appoggio in un tubo a forma di ‘U’ attaccato alla parete. Dopo svariati tentativi – troppo scivoloso – riuscii a sedermi su di esso, tenendomi alle estremità verticali come se si trattasse di un’altalena.
Quando sollevai lo sguardo, per poco non rischiai di scivolare giù dalla mia sedia improvvisata: di fronte a me, ancorato alla parete opposta del robot, vi era un vecchietto.
Era di un pallore quasi spettrale, adagiato anch’egli su una sporgenza che, nel suo caso, era più un insieme di leve, manopole, e cavi che gli si erano aggrovigliati attorno, a mo’ di gabbia. Con una mano stringeva uno di questi, con l’altra una chiave a pappagallo. Intravidi dei luccichii fare capolino fra le folte sopracciglia e la barba.
Il mostro si mosse e lo scossone che seguì mi costrinse a rafforzare la presa sul mio tubo. L’uomo, invece, rischiò di scivolare giù dalla sua piattaforma, ma venne salvato da alcuni cavi, che lo lasciarono però in una posizione alquanto precaria.
Invece di allungare una mano e tirarsi su, il vecchio non si mosse. La sua gamba destra, che ciondolava sfiorando la superficie dell’acqua, mi ricordò quella di un bambolotto rotto. Mi accorsi solo allora delle labbra blu e dei cristalli di ghiaccio che avevano intaccato sia la sua peluria facciale che la sua divisa; la stessa divisa che avevo visto essere indossata dagli addetti del Luna Park.
Per un istante rimasi immobile, vedendo ciò che mi stava davanti senza comprenderlo. Poi mi ritornò in mente la capopalestra – che non perdeva i suoi modi vanitosi e regali nemmeno in faccia al pericolo – e mi accartocciai su me stessa, portandomi una mano alla bocca per contenere un verso strozzato.
Avevo trovato il nonno di Momoka; ma troppo tardi.
Nella mia testa vorticavano domande spezzate e senza risposta – Cosa ci fa quaggiù? Cos’è successo? Finirò anch’io così? Come glielo dico a Momoka? – che mi fecero venire il voltastomaco. Avrei voluto urlare, ma il freddo doveva aver intaccato pure le mie corde vocali, perché esse si rifiutarono di cooperare, facendone uscire solo un flebile piagnucolio.
Il vecchietto spalancò gli occhi di scatto, e allora sì che riuscii a gridare.
Dopo aver lanciato un grido di battaglia che rimbombò per tutto il Gyarados, l’uomo si avventò contro di me brandendo la chiave. Peccato che lui fosse dalla parte opposta della – gola? Stomaco? Retto? – del mostro, perciò cadde in acqua con un tonfo.
Riemerse pochi secondi dopo e si tirò nuovamente a sedere sul suo groviglio di tubi.
Tossicchiando – non sapevo se per schiarirsi la voce, sputare un po’ d’acqua o nascondere l’imbarazzo –puntò su di me i suoi occhi, che brillavano di un desiderio quasi… famelico?
“Devo ammettere che sei astuta.” Gracchiò.
Eh?
“Ma questo non ti permetterà di salvarti. Non ha salvato me, che ho costruito questa macchina infernale, e non aiuterà nemmeno te. C’è solo un modo per sopravvivere in queste condizioni…”
Chiuse e dischiuse la sua chiave a pappagallo.
“Uno di noi mangerà l’altro.”
Sbattei le ciglia più volte, inclinando la testa di lato.
“Uno di noi…che?”
“Oh, non ti preoccupare. Dopotutto, sono un tipo onesto, io.” Il vecchio si stiracchiò. “Possiamo giungere ad un accordo. Stabiliremo in anticipo chi dovrà cedere una parte del suo corpo per sfamare l’altro, e in quali giorni.” Con fare pensieroso, prese ad arricciarsi la barba gocciolante con un dito. “Preferirei iniziare con la tua gamba destra, se non ti spiace. Mi sembra bella grassa.”
Gli sorrisi.
Okay. Devo aver picchiato la testa mentre cadevo, ed ora sono svenuta e sto affondando all’interno del Gyarados.
Ma, non appena mi pizzicai il braccio, scoprii di essere ancora seduta su un tubo, fradicia e davanti ad un vecchio convertitosi al cannibalismo. Quella realizzazione mi portò a cercare una sporgenza abbastanza acuminata con cui infilzarmi: la situazione era divenuta troppo surreale, persino per i miei standard. Ma, non trovando nulla di simile, dovetti rassegnarmi a parlare con il matto.
“Senti.” Alzai un dito, tenendo d’occhio i movimenti dell’individuo belligerante. “Innanzitutto, non sono sicura che mangiare carne cruda faccia bene alla salute.”
“Bah, è questione di sopravvivenza! Beartic Grylliz lo fa sempre nel suo programma!”
Cercai di scacciare dalla mia testa le immagini del Beartic di Frost indossante uno zaino, una giacca a vento e brandente un macete.
“Secondo: probabilmente creperemmo dissanguati prima di poterci sfamare.”
“…la speranza è l’ultima a morire.”
Sospirai. Era meglio tornare al piano ‘Uccidi il Coso dall’Interno’.
“Terzo: hai mica visto un cuore robotico?”
Il tizio si tolse il cappellino verde con visiera per grattarsi la testa.
“Non mi ricordo di averlo costruito. Cosa vai blaterando, giovine?”
Oh. Dannazione!
“E non c’è nessun pulsante di autodistruzione, qua dentro?”
A quel punto il signore aggrottò la fronte.
“Dopo tutta la fatica che ci ho messo per costruire questa meraviglia tecnologica, credi davvero che rischierei di mandare tutto a monte per costruire un tale congegno?”
Dalle labbra mi sfuggì una sottospecie singhiozzo. Il robot cigolò in modo lugubre, quasi fosse divertito.
Volevo fermare il Gyarados. Dovevo fermare il Gyarados. Gli altri ormai si aspettavano quello, e non volevo di certo deluderli. E invece, invece…
Seppellii le mani sotto il cappello, tirando i miei capelli scompigliati.
E invece non soltanto non posso farci nulla, ma adesso sono pure bloccata!
“Umh, ah…” Il vecchio spiegazzò nervosamente il berretto. “Ho capito, niente gamba. Preferisci iniziare da una bella costina? Non sembra, ma sono piuttosto sostanzioso in quella zona.”
I cigolii divennero più stridenti, andando a formare una sottospecie di risata cavernosa. Oh, potevo quasi sentirlo, interrompere il suo atto di distruzione solo per potersi prendere gioco della nostra patetica situazione.
“Senza cervello…”
Lanciai un’occhiataccia al rincitrullito, pronta a fargli rimangiare le sue stesse parole. Ma lui, facendo finta di niente, giocherellava con le piccole stalattiti che pendevano dalla sua barba.
“Stupida…”
Gonfiai le guance, irritata. “Hey! Dimmelo in faccia, almeno!” Gli puntai contro un dito accusatore.
Lui si grattò la nuca con fare confuso, farfugliando: “Non… non ti piacciono le costine?”
Fu il mio turno di sentirmi incerta. Ma prima che potessi ribattere, lo sentii di nuovo bofonchiare.
“Sciocco umano… battuto la testa più forte del previsto…”
Mi irrigidii, sentendo un brivido attraversarmi la colonna vertebrale.
E stavolta non era dovuto al freddo.
Leccandomi le labbra screpolate, provai ad indagare.
“Hai… hai detto qualcosa?”
“Oltre al menù di oggi?”
Alzai gli occhi al cielo.
“Yep.”
“Non proprio.” Scosse la testa. “Stavo pensando a cosa poter bere. Non sono sicuro che quest’acqua sia potabile per noi, quindi—” Il vecchio stava per aggiungere qualcosa, ma io sollevai una mano, accennandogli di fermarsi. Fortunatamente avevo a che fare con un signore piuttosto compiacente che, seppur nel suo stato confusionale, si limitò ad accennare un ‘OK’ con le dita senza fare domande.
Gli unici suoni che ora riuscivo a percepire erano gli scricchiolii causati dai componenti delle articolazioni del Gyarados e qualche tonfo proveniente dall’esterno. Fu solo con grosse difficoltà che individuai il mormorio di sottofondo.
“Gli mancano… traveggole.”
Cercando di fare meno rumore possibile, scivolai nell’acqua e mi mossi in direzione del suono.
Giunsi alla parete laterale, e, dopo aver perlustrato la superficie nella semi-oscurità, le mie mani entrarono in contatto con un rilievo dalla forma rettangolare, grande circa quanto una tela da disegno. Lo illuminai con il Pokedex – wow, era anche impermeabile! – e su di esso lessi la scritta ‘Danger’, con sotto ‘High Voltage’.
Molto rassicurante.
Senza volerlo, premetti il pulsante ‘Play’ di Dexi. Lo strumento lampeggiò un paio di volte, facendomi venire un infarto: poi, sulla schermata si formò l’immagine di un peluche fuligginoso. Sulla sua testa facevano capolino tre regioni più appuntite, quasi come delle piccole corna, mentre il resto della stoffa ricadeva dietro di essa, formando un codino terminante a zig-zag. Aveva anche una coda di color giallo marcio, e di quella colorazione era anche quella che aveva tutta l’aria di essere la sua bocca: una grossa cerniera chiusa, inarcata in un ghigno perenne.
Sotto la foto, in grassetto, si compose la scritta: “Banette. Pokemon Marionetta. Un peluche divenuto Pokémon per il rancore di essere stato buttato via da un bimbo, di cui è alla ricerca.”
Rabbrividii.
Meraviglioso. Un altro fantasma assassino.
“Se la babbuina non si sposta al più presto, ingoierò altra acqua fino ad annegarla. Non posso lavorare con questo tanfo.”
Assassino e maleducato.
Bussai al pannello metallico che – se la mia intuizione non mi stava tradendo – doveva contenere il pannello di controllo del Gyarados meccanico, ed il mormorio s’interruppe all’improvviso.
Aprii l’anta: all’interno non c’era nessun peluche, solo qualche leva e bottone.
La voce riprese, con una punta di seccatura.
“Idiota. Crede che prendendo il controllo dei comandi, possa far qualcosa per fermare questo mucchio di ferraglia arrugginita.”
Mi appesi al pannello, stufa di dover muovere le gambe per stare a galla.
“Nah. Dubito che possano funzionare, non essendo alimentati da corrente elettrica.”
Il Banette non rispose. Scossi la testa, delusa.
“Inutile far finta di niente, tanto lo so che sei lì dentro.”
“No, sono qui!” Dall’altra parte del robot, il vecchio sventolò in aria la sua chiave a pappagallo.
Mi passai una mano sulla faccia. “Non lei. Il Banette.”
“Ah.” Un secondo dopo, fece un sorriso stralunato e balzò in piedi. “Perfetto, altra carne!”
Volevo piangere.
“Ugh!” L’anta a cui mi stavo appendendo vibrò. “Smettila! Neanche uno Skuntank riuscirebbe a sprigionare tale fetore!”
Correzione: volevo prendere il Banette per il collo, affogarlo e darlo in pasto al nonnetto affamato. Tanto dubitavo sapesse cogliere la differenza fra carne e cotone.
“Lo farò non appena la smetterai di cercare di ucciderci.”
Il robot scricchiolò.
“… e allora annegherai.”
Il mondo si ribaltò e l’acqua sommerse tutto. Se non mi fossi tenuta stretta alla maniglia dell’anta, la corrente mi avrebbe trascinato giù nelle profondità del Gyarados. Diedi un’occhiata alle mie spalle, ma non vidi nessuno: il vecchio non era stato così fortunato. Mi si formò un groppo in gola.
Era difficile restare a galla, con tutti i movimenti in cui il robot si destreggiava. Erano più le volte in cui ingoiavo acqua, che non quelle in cui riuscivo a prendere un piccolo respiro. Notai con orrore che il livello di questa stava salendo, e che le prossime ondate mi avrebbero completamente sommerso.
“Piantala! Perchè—”. Inghiottii dell’acqua ghiacciata. Fra i colpi di tosse riuscii a sputar fuori: “Non ti abbiamo fatto nulla!”
Il Gyarados rallentò.
“Nulla?” Era quasi un sibilo, ma ero abbastanza vicina da poterlo distinguere. “Nulla!? Uno di voi mi ha abbandonato! Mi ha gettato via come spazzatura senza nemmeno un minimo ripensamento!” Mi risuonarono nella mente la parole del profilo fornito dal Pokedex.
“Non siamo stati noi! Non ti abbiamo mai visto!” Gli gridai di rimando.
“Sciocchezze! E se anche fosse così, tutti gli umani sono ottusi e crudeli! Voi non siete l’eccezione!”
“Gli spettri non sono da meno!” Ribattei, alzando il tono di voce. Ormai quella si era trasformata in una battaglia a chi urlava più forte. “Tu non sei da meno! Te la stai prendendo con noi solo perché non sei ancora riuscito a trovare il tuo vecchio padrone! Sei egoista e insensato!”
“Io? Insensato?”
L’acqua ricominciò ad ondeggiare con vigore, infrangendosi contro le pareti.
“E’ vero, non l’ho ancora rintracciato. Ma non importa: ho molto tempo a mia disposizione. Più tempo di quanto tu possa immaginare.” Lo spettro emise un basso ringhio. “Fino ad allora, farò soffrire tutti coloro che avranno la sfortuna di incrociarmi per strada: lui sarà sicuramente uno di loro.” Il Gyarados scricchiolò, a metà fra il gemito e la risata. “Siamo destinati a rincontrarci!”
“Tu! Sei! Malato!” Sbottai, stringendo i pugni fino a sbiancarli. Erano intorpiditi dal freddo, ma quasi non ci feci caso.
Quante persone erano già state ferite per colpa dell’odio male indirizzato di quel pupazzo?
“Ci sono altri modi per affrontare la questione, ma forse il tuo cervello è talmente appesantito dall’ovatta da non riuscire a vederli.” Un’onda per poco non mi fece mollare la presa. “Vattene via! Smettila di far del male a me ed ai miei amici!” E Frost. Certo. Pure lui.
Ma il Banette non voleva sentire ragioni.
“Non ti preoccupare, il tuo dolore durerà poco. Il loro?” La voce si incrinò, quasi non riuscisse più a contenersi. “Fidati: nessuno sarà in grado di riconoscere che i loro resti, una volta, erano appartenuti a degli esseri umani!”
Il chiasso proveniente dall’esterno venne soffocato dal suo sghignazzare, rimbombante fra le pareti metalliche. Dapprima grave, in breve tempo divenne più uno stridio cristallino, per poi andare completamente fuori controllo. La risata finì con lo sdoppiarsi, acquisendo un tono che di umano non aveva proprio nulla.
Mi morsi il labbro. Poi tirai un pugno ai comandi.
Chiusi gli occhi, sapendo che come minimo mi sarei ritrovata con qualcosa di dislocato, o, almeno, indolenzito. Ma, con mia sorpresa, invece di trovare resistenza, colpii qualcosa di morbido; l’istante dopo l’avevo già agguantato e trascinato vicino al mio volto.
Socchiusi le palpebre, osservando ciò che mi stava di fronte: un’ombra nera, la cui unica parte del corpo chiaramente visibile erano gli occhi, lievemente luminescenti. Occhi spalancati che non osavano distogliersi dal mio sguardo inferocito.
Dal Banette caddero delle gocce, ma non sapevo dire se si trattasse dell’acqua con cui l’avevo bagnato quando l’avevo colpito, o di sudore. Sperai vivamente per lui che fosse quest’ultimo.
“Ho detto…” Strinsi la presa attorno al suo collo. Il pokémon cercò di deglutire, con scarsi risultati. “Smettila di far del male a me ed ai miei amici.”
Le gocce di quel che avevo ormai appurato essere sudore scivolarono per tutta la lunghezza del mio braccio. Il Banette, che per l’ultima manciata di secondi era stato troppo sbigottito per agire, abbassò lo sguardo sulla mano che gli stringeva il collo. A quel punto, come se il suo cuore avesse finalmente ripreso a battere, la stoffa iniziò a pulsare. Il suo corpo, con ogni palpito, diventava sempre più scottante.
Non avvenne nient’altro. Nessun tentativo di liberarsi, nessun attacco improvviso. Eppure mi ritrovai a trattenere il respiro, quasi fossi io quella ad essere tenuta per il gola.
La creatura alzò il volto con una lentezza quasi sacrale, e mi accorsi che i suoi occhi, dal tenue alone rosato iniziale, si erano ridotti a fessure rosse, brucianti di talmente tanto rancore che mi parve quasi impossibile che potesse essere contenuto in un corpo così piccolo.
Mi sentivo di nuovo una bambina di dieci anni.
“D’accordo.” Decretò. Ma per quanto la sua voce potesse essere piatta e attenuata dalla cerniera, fu impossibile evitare di essere colpiti dal suo tono di comando, quando sibilò, “Toglimi le mani di dosso.”
Lo mollai. Il Banette si appese alle mie dita e, con uno slancio, atterrò in piedi sul mio braccio. Incrociò le zampe in modo assai poco compiaciuto, alzando il capo quanto bastava per mettere in risalto la sua superiorità.
Dopo avermi studiato per una decina di secondi – durante i quali il vecchietto era con tutta probabilità annegato – pronunciò proprio le parole che mai più avrei voluto sentire.
“Ti propongo un accordo.”
Feci un verso a metà fra il lamentevole e l’annoiato. La cosa si stava facendo piuttosto ripetitiva.
“La passione per i patti è una prerogativa dei pokemon deceduti o…?”
“Solo di quelli che decidono di risparmiare gli insulsi umani che hanno la geniale idea di mettersi contro di loro.” Prese un grosso respiro, poi mi puntò un dito addosso. “Tu vuoi che io smetta di attaccare gli umani.”
“Beh, in realtà mi riferivo solo a Daikke, alla marmocchia e—“
“Io, invece, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti nelle mie ricerche. Possiamo assisterci a vicenda.”
Aggrottai la fronte. “Cosa dovrei fare, andare in giro con una maglietta riportante ‘Chiunque abbia mai buttato via un peluche mi segua, sarà una morte rapida e indolore’?”
Il Banette assottigliò lo sguardo, forse a causa della parola ‘peluche’, forse per l’idea in generale. Dalla sua zampa si liberarono una dozzina di nastri color inchiostro, che andarono a mescolarsi in una sfera levitante sopra al suo palmo.
“Se le condizioni non ti aggradano, posso sempre riprendere il controllo di quest’ammasso di ferraglia e schiacciarvi come formiche. Ma non sarà né ‘veloce’ né ‘indolore’, su questo ci puoi contare.”
Mi mordicchiai il labbro, domandandomi come mai gli unici pokemon con i quali potessi comunicare fossero anche gli unici affetti da impulsi omicidi e dal pessimo caratteraccio.
Senza staccare gli occhi dalla palla fluttuante, cercai di valutare i pro e i contro dell’offerta, come una qualsiasi persona razionale e non-affatto-intimorita-dalla-bambola-assassina-che-in-quel-momento-sembrava-intenzionata-a-trasforarmi-in-cheddar.
Poi il vecchietto infranse con un urlo la superficie dell’acqua, lamentando a destra e a manca di avere non uno, ma ben due crampi per ogni gamba (“AH! Ne è arrivato un altro! Stupida rotul— blubble blub bluubl”) e presi ad annuire convulsamente.
Il Banette dissolse la sfera con un unico schiocco di dita sofficiose e sogghignò. O forse no. Difficile dirlo, dato che la sua bocca era una cerniera arrugginita le cui estremità erano perennemente sollevate. La zip dondolò per qualche secondo, prima di trascinarsi per tutta la lampo, dischiudendola per pochi attimi.
“Ti terrò d’occhio.” Con un ultimo sguardo di avvertimento, mi saltò addosso, costringendomi a serrare le palpebre. Quando non avvertii alcun impatto, le socchiusi, osservandomi attorno guardinga: ma del Banette non c’era più traccia.
E a giudicare dagli scricchiolii ben poco rassicuranti, anche il Gyarados sembrava averlo percepito. Allungai un braccio davanti a me, in modo da raggiungere i comandi del robot. Non poteva essere più difficile che giocare alla Wii.
Rinunciai a quel piano non appena le pareti metalliche presero a squarciarsi in dozzine di lamine seghettate e deformi. Getti d’acqua si riversarono all’interno di ciò che restava, e, impallidendo, mi accorsi che stavamo affondando. Si aprì un’altra falla, e un geyser orizzontale mi colpì al petto, facendomi mollare la presa sul mio unico sostegno.
Non avevo mai preso in considerazione la possibilità di morire annegata nel lago artificiale di un Luna Park governato da un ingegnere cannibale, perciò mi ritrovai in un primo momento a boccheggiare nella semi oscurità. Mi ripresi non appena sentii un lieve torpore provenire dalla tasca: poco dopo, con un fascio di luce rossa, mi si piazzò davanti Wooper, sorridente come al solito. Lo afferrai per la coda, indicandogli a pochi metri da me il vecchio che si stava ancora dimenando per aver salva la vita; il pokemon allargò la bocca in un sorriso sdentato, e si lanciò in direzione delle profondità lagose con un ‘Wooooop!’
… senza combinare un bel niente.
Bloccati. Eravamo bloccati.
Perché il mio unico cavolo di pokemon acquatico era grosso all’incirca quanto la mia testa.
Gli strizzai la coda, pronta a passare al suo collo, quando il dannato si mise a sputare fuori qualche bolla, divertito. Con uno scatto che avrebbe fatto mangiare plancton ai cetrioli marini, gliela strizzai di nuovo, scatenando la stessa reazione.
Il mio petto sembrava essere sul punto di esplodere, e mi lasciai scappare un bel po’ del mio prezioso ossigeno. Ma non demorsi: riversai tutta la mia irritazione sulla coda di Wooper, immaginandola una specie di viscido anti-stress, e presi a spremerla con un ritmo sempre più incalzante. In una manciata di secondi venimmo circondati da un turbine di bolle così fitto da non riuscire a vedere nient’altro, e il Wooper scattò all’indietro, trascinandomi con sé a tale velocità da farmi sospettare di essermi dislocata una spalla nel processo.
Da lì in poi non ho la più pallida idea di ciò che avvenne. Sapevo soltanto che i miei occhi avevano iniziato a bruciare con l’intensità di dieci fiamme ossidriche, per cui mi assicurai di tenerli ben chiusi per tutto il tragitto. Non li aprii nemmeno quando Wooper mi portò a sbattere contro il vecchiaccio, che, nella fretta, agguantai alla bell’e meglio usando la mano libera.
Non so per quale miracolo, ma riuscimmo a raggiungere la superficie completamente illesi.
Schizzammo fuori dall’acqua, lasciandoci addietro un arco di bolle tralucenti che, riflettendo la luce artificiale della sala, assunsero sfumature caleidoscopiche.
Nonostante il freddo, la stanchezza e gli arti doloranti, il mio volto trovò la forza per formare un sorriso a quarantadue watt.
Sto cavalcando un arcobaleno di bolle!
Mi sentivo leggera, aggraziata e la persona più potente del mondo.
E poi cademmo parallelamente al bagnasciuga, ruzzolando fino a risalire l’intera spiaggia. Nel tragitto avevo perso la presa sui miei colleghi arcobalenauti, ma c’erano ben altre cose di cui preoccuparsi— come il fatto che i miei capelli stessero andando incontro ad un processo di alghificazione, che la sabbia fosse riuscita ad infilarsi dappertutto – nei vestiti, nelle narici e pure nelle orecchie – e che il mio corpo avesse preso a tremare come se percorso da una scarica elettrica. Ma ciò non mi fermò dall’esclamare a pieni polmoni.
“SONO VIVA!”
Come richiamato dall’epicità del momento, Wooper atterrò ad un metro da me e cominciò a saltellare come un pesce fuor d’acqua.
“Sono viva e vegeta e la nuova signora degli arcobalen—” Non riuscii a finire la frase, che venni colpita da un attacco di tosse. Wooper si spiattellò sulla mia faccia, facendo piccoli versetti di approvazione. Nonostante avessi intuito – o meglio, mi costrinsi a credere – che le sue azioni derivassero dal suo desiderio di incoraggiarmi, non fece altro che peggiorare la situazione, e oltre all’acqua mi ritrovai a sputare pure muco.
Cercai di vedere il lato positivo. Perlomeno adesso sapevo con certezza che le cosce di rana non sarebbero mai state uno dei miei piatti preferiti…?
Ero così presa a rimuginarci sopra che non mi accorsi che Wooper si era improvvisamente dileguato.
“Serve una mano?”
Tirai su col naso, notando solo allora la figura che si stagliava sopra di me, in controluce. Aveva i capelli rossi ed un piccolo neo al di sotto della palpebra inferiore dell’occhio destro. Un cagnolino rosso faceva capolino da dietro le sue gambe. Wooper ciondolava a testa in giù, tenuto in aria per la coda.
“Allora, ‘signora degli arcobaleni’?”
Il mio cervello – che era stato troppo impegnato a domandarsi come avesse fatto quella coda a non staccarsi, dopo tutti gli abusi che si era dovuta sorbire – ricominciò a computare. Gli puntai contro l’indice, esclamando: “J-Jackpot!”
“Il solo e unico!” Mi offrì un sorrisetto divertito, per poi tirarmi su. Appena le nostre mani entrarono in contatto, tutte le domande che mi frullavano in testa – Dov’è Désirée? Da piccolo giocavi mica con dei brutti peluches? Sei stato licenziato un’altra volta? Hai mai provato le cosce di rana? Come sei arrivato qui? Per caso sai quanto è resistente la coda di un anfibio? – svanirono in un puff, e al loro posto affiorò nella mia mente un’unica parola, ripetuta più e più volte.
Caldo.
“Cavoli, sei fradicia!”, lo sentii fischiare, “Ti conviene tornare al Centro Medico, se non ci tieni a prenderti un malanno…”
Caldo.
“Daisuke mi ha raccontato tutt— beh, non proprio tutto. Infatti, emh, si è solo soffermato su quanto fosse stato incredibilmente stupido da parte tua lanciarti nelle fauci di un Gyarados imbizzarrito, ma…” I suoi occhi tradirono un certo diletto. “Ah, ancora non ci posso credere! Non so se ritenerti coraggiosa o semplicemente pazza!”
È così caldo.
Staccò la mano.
Prima non mi ero resa conto di quanto stessi congelando. Ora ogni briciolo del mio corpo pretendeva di riacquistare i gradi che gli erano stati sottratti.
"A proposito, credi di poterti riprendere questo marmocchio?" Sventolò Wooper avanti e indietro, facendolo gocciolare dappertutto. Da un lato della bocca del pokemon pendeva un rivolo di bava, che Jack adocchiava preoccupato. "Non che non mi piaccia, certo. Ormai io e lui siamo amici di vecchia data, compagni di esplorazione fognaria, ma…"
Già mi risultava difficile seguire un discorso in condizioni normali senza distrarmi, figuriamoci ora che avevo i vestiti completamente zuppi e la temperatura corporea di un elfo di Babbo Natale.
"Emh, Madeleyne… stai bene?"
Avrei voluto parlare, dirgli “Ehi Jack, non so se te ne sei accorto ma fra poco avrò tutte le qualifiche necessarie per poter competere nella Gara delle Sculture di Ghiaccio e vincere!”, ma con la rapidità con la quale avevano preso a battermi i denti, temevo di tranciarmi la lingua di netto. Mi pervenne la mezza idea di ributtarmi in acqua. Forse mi avrebbe risparmiato dal supplizio che stavo provando.
"Ah, ho capito. Aspetta un secondo!"
Un attimo dopo sentii qualcosa cingermi le spalle. Strabuzzai gli occhi, accorgendomi che Jack mi aveva appena circondato il busto con il suo giubbetto smanicato. Annuii e, abbassando lo sguardo per l’imbarazzo, feci passare le braccia attraverso gli appositi fori.
Jack sorrise.
"Adesso?"
"V-va un po' meglio. Anche se così non potrò più coronare il mio sogno di diventare un pupazzo di neve." Cercai di guardarlo negli occhi, ma non ci riuscii. Così mascherai il tentativo facendo ritornare Wooper nella sua pokéball.
"Mmh." Il rosso socchiuse gli occhi e si grattò il mento con fare emblematico. "Eppure manca qualcosa."
Si guardò attorno, fin quando non si accorse di Growlithe, che fino ad allora era rimasto al suo fianco senza dare nell'occhio. Sia io che lui ci accorgemmo dell'espressione malandrina che aveva assunto il volto di Jack, ma il cane di fuoco non riuscì a fare nemmeno un passo che l'altro lo aveva già preso e sollevato fino a portarlo davanti a me.
"Uuh… "
Io e il Growlithe ci guardammo interdetti. Jack me lo spinse più vicino.
"Il pelo di Roy è caldissimo, meglio di una stufa." Mi strizzò l'occhio, come se fossimo in combutta. "È un tenerone, non ti morderà."
Con un po' di titubanza presi il cagnetto per i fianchi. I miei dubbi si volatilizzarono l’istante successivo: era come tenere una soffice, morbidosa borsa dell'acqua calda. Lo portai fino al mio petto, intrappolandolo in un abbraccio coccoloso e spaccaossa. Ma se la cosa era piacevole per me, per il povero Growlithe doveva essere un vero inferno – ogni tanto digrignava i denti verso Jack, che si limitava a sorridere nervosamente. Perciò allentai la presa e sussurrai al cagnolino un po' di scuse miste a complimenti per il suo magnifico pelo salvavita. Il pokémon parve apprezzare, e ben presto potemmo appropinquarci verso l'uscita.
Uscita che non soltanto era ora sgombra da qualsiasi blocco di ghiaccio che prima l'aveva sigillata, ma che ospitava gli altri tre superstiti di quest'avventura.
Momoka era corsa incontro a suo nonno ed ora erano entrambi a terra: lui sorridente – e dall'aria decisamente meno psicopatica –, lei che cercava di apparire arrabbiata; ma dal modo con cui le luccicavano gli occhi, si vedeva che era solo una farsa. In un angolo, distante dalla scena, vi era un Daisuke piuttosto provato che cercava di aggiustarsi i vestiti alla buona - cosa pressoché impossibile, dato che in molte parti la stoffa presentava graffi e scuciture a cui dubitavo si potesse porre rimedio.
Feci qualche passo verso di lui, leggermente insicura sul da farsi. Perché un Banette arrabbiato faceva paura, certo, ma trattare con un Daisuke stressato richiedeva una preparazione psicologica assai maggiore.
Il Growlithe uggiolò con tono di rimprovero. Mi affrettai ad allentare la stretta, scrollare la testa (un esercito di goccioline schizzò nei dintorni, colpendo Jack in un occhio e costringendolo a cadere in ginocchio con fare drammatico) e piantarmi un sorrisetto sulla faccia.
A metà strada, però, venni travolta da un mostriciattolo biondo dalle gote arrossate e gli occhi iniettati di sangue, che mi prese la mano fra le sue.
“Ti prego, ti prego, ti prego di perdonarlo.”
“Uuh. Chi?” Lanciai un paio di occhiate furtive al mio compagno di viaggio, ma quello era troppo preoccupato per la sua immagine per rendersi conto che fossi ancora viva.
“Mio nonno!” La capopalestra indicò il vecchio signore, intento a punzecchiare Jack con la chiave a pappagallo. “Di solito non è così. Affamato di carne umana, intendo. Solo che è molto impressionabile.” Si massaggiò il setto nasale con stizza. “Ieri notte abbiamo visto un film, ‘L’ultimo Allenatore’, dove il protagonista si ritrova a vivere in un mondo di primitivi villanzoni che…”
Il vecchio, vedendo che Jack era momentaneamente disorientato, strappò un lembo della sua uniforme fradicia e se lo legò al collo, con un rivolo di bavetta che gli percorreva il mento.
Oh cavolo.
Provai a correre nella loro direzione, ma le mie gambe erano piuttosto intorpidite. Inoltre, trascinare una bambina avvinghiata al mio braccio non rendeva certo le cose più facili; specie quando questa non faceva altro che blaterare a proposito del film cliché che aveva visto la sera prima.
“Uuh, qual era l’ultima scena di cui mi hai parlato?”
Lei mi rivolse uno sguardo ingenuamente perplesso.
“Quale? Quella dove lui viene assalito dal pover’uomo che aveva appena salvato?”
“Ecco, credo che tuo nonno stia cercando di ricrearla…”
Lo psicopatico si leccò le labbra, avvicinandosi all’ignaro giovane mugugnante (“Sono cieco. Cieco! Dovrò andare in giro con un’orribile benda, mi toglieranno l’occhio, spaventerò i bambini e… e...! – tirò su col naso – Non potrò più vedere lo schermo del mio 3DS in 3D!”) con la chiave a pappagallo sollevata a mo’ di mazza.
“…e anche molto bene.”
Momoka, finalmente resasi conto della situazione, cacciò un urletto così acuto che per un attimo ebbi paura potesse frantumare tutte le pokéball. In compenso ottenne l’attenzione di tutti i presenti, che si voltarono a fissarla con inquietudine. La bambina, senza battere ciglio, gonfiò il petto e dichiarò:
“Nonno, se non la pianti, stasera non guarderemo Phanpy.”
Il vecchio, paralizzato, lasciò cadere la chiave, che risuonò con un secco ‘clang!’ per tutto il corridoio.
La mocciosa appoggiò il dorso della mano sulla propria fronte. “Proprio così. Non scopriremo mai cosa sia successo a sua madre, né se riuscirà a volare completando il suo numero e diventando un famoso circense.”
La mascella dell’uomo sembrava in procinto di staccarsi. Poi, davanti ai miei occhi, l’uomo perse il bagliore assatanato che aveva negli occhi, raddrizzò la schiena, raccolse la chiave e, dopo averla fatta girare come il bastone di una majorette, la ripose nella sua cintura degli attrezzi. Aiutò Jack ad alzarsi, fissando la nipote con fare solenne.
“No. Ho sudato sette camicie per procurarmi quella videocassetta. Non posso aspettare oltre. Ma prima…”
Giunto davanti a me – una me che lo fissava con l’intelligenza di un Magikarp sott’olio – afferrò la nuca della nipote, costringendola ad abbassarsi assieme a lui in un inchino. “Chiediamo infinitamente perdono a te ed ai tuoi amici: io per aver cercato di aggredirti…” Borbottò qualcosa che interpretai come ‘Anche se al tempo era la scelta più logica da effettuare per sopravvivere’. “E Momoka per essere venuta meno ai suoi doveri, per quanto temporanei che siano, di capopalestra, ed aver rifiutato di cedervi le medaglie.”
Boccheggiai: la mia testa voleva comporre un discorso dello stesso livello di forbitezza del vecchio – che durante la trasformazione sembrava essere ringiovanito di vent’anni –, ma i miei neuroni reclamavano pietà. Per mia fortuna intervenne Daisuke, sollevando un sopracciglio.
“Come fa a sapere che ci sono state sottratte le medaglie?”
L’uomo fece spallucce, rialzandosi. “Siete i dodicesimi che costringe a rincorrerla per il luna park.” Si sporse verso di noi, abbassando la voce. Momoka cercò di avvicinarsi, ma lui la tenne a distanza con un mano. “Credo che sia il suo modo per farsi degli amici. Ha un caratterino difficile, e la cosa non ha fatto che peggiorare da quando sua madre si è ammalata, costringendola a prendere il suo posto in palestra.”
Riprese a parlare con un tono normale.
“Beh, di solito le restituisce dopo alcune ore spese a rincorrerla… e normalmente non ci sono robot impazziti!”
Jack, che fino a quel momento non aveva fatto altro che controllare in modo ossessivo il suo occhio, batté le mani per richiamare l’attenzione.
“Non so voi, ragazzi, ma non appena i miei pokèmon avranno finito di sciogliere il ghiaccio rimasto nell’altra sala, andrò dritto dritto verso il Centro Pokemon e—“
“E Désirée?” Domandai, confusa. A quanto pare dovevo aver colpito un tasto dolente, perché subito il ragazzo impallidì, dondolando da un piede all’altro per non cadere.
“…m-mi sono dimenticato…”
“…eh?”
“Mi sono dimenticato di lei!” Sbottò, sembrando sul punto di svenire. “L’ho lasciata in balia del padrone del ristorante! Chissà cosa le avrà fatto quel pazzo dal mattarello imbrattato di—“
“Oh, stai parlando di Mike?” S’intromise il vecchio, riflettendo. “Probabilmente le avrà fatto una bella torta…” Jack assunse un colorito verdognolo. “…di fragole. Sono le migliori della città, fidatevi.”
Dopo qualche secondo di silenzio tombale, il rosso si sbatté una mano in faccia, avendo improvvisamente raggiunto una qualche rivelazione. Prese a mugugnare cose come ‘Sono un idiota’, ‘Devo andare a chiedere scusa’ e ‘Sono sicuramente stato licenziato’, per poi fare un paio di passi in direzione dell’uscita. Voltò la testa verso di noi, poi di nuovo verso la galleria, come se fosse indeciso sul da farsi.
“Ragazzo, il tuo compito qui è finito.” Lo congedò il meccanico, strizzando il suo cappellino fino a che non smise di gocciolare. “Torna da Mike e digli che stavi facendo un lavoretto per Ren, e vedrai che non farà troppe domande.”
Sia io che il rosso strabuzzammo gli occhi, domandando: “Chi è Ren?”
Il vecchio si puntò un dito sul petto, e, indispettito, arricciò il naso. “Io sono Ren! Il vice-sindaco della città, nonché proprietario di questo Luna Park!”
“Aaah” Annuii io, mentre Jack si limitò a battere un pugno sul palmo della mano, convinto. Poi si rivolse a me, squadrandomi da capo a piedi. Sembrava dispiaciuto.
“Mi spiace Maddy, ma ho bisogno della tua stufetta personale.”
Il Growlithe abbaiò, esaltato alla prospettiva di tornare ad essere un pokémon temibile ed indipendente. A malincuore lo posai a terra, ma Roy, invece di tornare subito dal suo allenatore, spese qualche secondo per strusciarsi sulla mia gamba, come per darmi un piccolo incoraggiamento. Il mio cuore si disciolse in una pozzanghera di caramello.
“Invece”, continuò il ragazzo, “Il giubbotto puoi tenerlo.”
Sia ringraziato Arceus. Pensò il mio cuore colante.
Però è suo. Dichiarò la mia mente, poco disposta ad indebitarsi. Deglutii, cercando il coraggio per rinunciare alla mio unico capo di vestiario semi-asciutto.
“No, non—“
Jack fece finta di tapparsi le orecchie con gli indici, sorridendo con aria furbetta.
“La la la, non ti sento~” Cantilenò in falsetto.
“Ma—“
“Ahimè, che peccato, la vecchiaia colpisce così all’improvviso~”
Incrociai le braccia, sbuffando. “Te la lascio al Centro Pokémon.”
“Oh, ottima idea!” Fece un piccolo fischio. “Potremmo vederci per colazione, cosa ne dici?”
Mi si illuminarono gli occhi. Lanciai una veloce occhiata a Daisuke, che stava battendo ritmicamente il terreno con un piede. Sembrava impaziente e di pessimo umore: decisamente di cattiva compagnia. Ed io ero un po’ stufa delle cattive compagnie, perciò…
“Non vedo l’ora!” Mi si stampò in faccia un sorriso a trentadue denti. “Offri tu, vero?”
Il rosso spalancò gli occhi, iniziando a sudare freddo. “B-beh, vorrei, m-ma…!”
Scossi la testa, magnanima. “Scherzavo. Per stavolta la scampi, ma solo perché ti sei sbarazzato di tutto il ghiaccio che bloccava l’uscita.”
Jack si grattò la nuca, corrugando le sopracciglia in un’espressione addolorata. “A dire il vero, quando sono arrivato qui il passaggio era già stato aperto…”
A quel punto intervenne Momoka, che sbattè un paio di volte i suoi occhioni da bambola. “Ah, mi sono dimenticata che tu non c’eri!” E si lanciò in una descrizione piuttosto approfondita su ciò che era avvenuto durante la mia permanenza nella pancia del robot. A quanto pareva, «il mascalzone azzurro» era riemerso dalle profondità gelide proprio qualche secondo dopo la mia scomparsa. Dapprima il Gyarados aveva ripreso ad attaccarli come se nulla fosse, distruggendo nel processo metà della torre e costringendo la capopalestra a fuggire dall'edificio pericolante. A quel punto il ghiaccio era troppo rovinato per poter sperare di usare Reginald senza che questi precipitasse nell'acqua, perciò il gigante metallico era stato richiamato nella sua pokéball, come d'altronde aveva fatto «il quattrocchi noioso» con la sua squadra. Avevano bisogno di un altro po' di tempo, aveva detto lui, o di una distrazione: perciò Momoka aveva «coraggiosamente urlato» ‘Smettila, infame creatura!’; fortunatamente il drago marino aveva deciso «di fare il bravo» e dopo uno stridio «dispiaciuto» si era tuffato nel lago. Poi aveva iniziato «a dare un po' di matto», girando attorno all'isolotto senza uno scopo preciso (Oh, lo scopo ce l'aveva, Momoka, ed era precisamente quello di farmi fuori nel modo più divertente che riuscisse ad immaginare) e sbattendo ripetutamente contro i muri. A quel punto il «puffo cresciuto» aveva chiesto di riavere indietro la sua giacca.
La interruppi. "Ha finalmente usato il misterioso pokèmon contenuto nella sfera che ti aveva prestato?"
"No. Ha detto…” Scosse lentamente la testa, facendo ondeggiare i capelli dorati raccolti in codini ormai disfatti. Sembrava incerta.
“Ha detto che se lo avesse fatto uscire dalla pokéball, non sarebbe stato in grado di assicurarsi la nostra sopravvivenza.” Ripetè Daisuke con una certa freddezza. I peli delle mie braccia si rizzarono, e non per il freddo; esistevano davvero pokémon così potenti da non poter essere controllati? Come faceva Frost ad esserne entrato in possesso? E, soprattutto, come gli era saltato in mente di affidare ad una bambina una tale bomba ad orologeria?
“Ah, ma poi è stato fantastico!” Continuò Momoka, strattonandomi una manica. I suoi occhi brillavano di qualcosa di simile all’adulazione. “Ha preso un’altra pokéball dalla sua tasca e da essa è uscito un pokémon bellissimo! Era bianco, aveva tante code, ed era molto, molto forte. Ha sciolto il ghiaccio in un attimo!”
“Un Ninetales?!” Pure Jack era esaltato. “Quanto mi sarebbe piaciuto vederlo!”
Per qualche motivo, Roy parve non gradire quell’atteggiamento, perché rilasciò una serie di ringhi non molto promettenti.
Il rosso alzò gli occhi al cielo. “Che c’è? Preferisco te, e lo sai bene. Ma quei pokémon sono rari! E poi, mi ricordano…” Non terminò la frase; invece, i lati della sua bocca si incurvarono in un sorriso, come se stesse ripensando a qualcosa di buffo. Un attimo dopo le sue labbra si irrigidirono, ed il suo sguardo si fece spento e distaccato.
Stavo per chiedergli cosa non andasse, quando il vecchio, che per tutto il tempo se n’era stato un po’ distante, ascoltando incuriosito la narrazione della nipote, mi precedette, prendendogli il mento con la mano e costringendolo a voltarsi verso di lui.
“A proposito di ‘ricordi’… io ti ho già visto da qualche parte.”
Jack trasalì, come risvegliatosi da un lungo sogno ad occhi aperti. “C-cosa? Ne è proprio sicuro? Non è che—”
“Stai parlando con Ren Watanabe, uno dei migliori ingegneri della Regione Rainbow. Sono sempre ‘sicuro’.”
“Credo che si stia sbagliando. È la prima volta che la incontro, insomma, sicuramente mi sta confondendo con qualcun altro…”
“Ragazzo, io non dimentico mai una faccia.” Per sottolinearlo, Ren portò la faccia del ragazzo – che sembrava perdere colore ogni secondo che passava – più vicina alla sua, occhieggiandola per bene. “Adesso, devo solo capire dove—”
La sua riflessione venne interrotta da un improvviso scoppio di note musicali, che fece sobbalzare sia me che Momoka. Era una musichetta 8bit allegra ed un po’ pop, che faceva venire voglia di mangiare funghi dotati di occhi, entrare nel primo condotto fognario verticale nelle vicinanze e lanciare gusci di tartaruga contro la gente che ti stava antipatica. Sollevai le sopracciglia, divertita, riconoscendo quella suoneria come la Ground Theme di Super Mario Bros. Jack si approfittò dello sbigottimento generale per sgusciare fuori dalla presa del vecchio, sillabarmi “Stanza 24, non dimenticarlo!” e partire a correre come un razzo verso l’uscita, seguito dal Growlithe. Le ultime cose che vidi prima che sparisse furono un cenno nervoso di saluto, lui che estraeva il cellulare dal marsupio ed un “C-ciao Dés!” balbettato, seguito da una piccola pausa ed un “Cosa? No! Non sono scappato via per incolpare te dei piatti rotti!”. Poi la porta si richiuse con un tonfo, separandoci.
Sbadigliai, sorridendo leggermente.
Era strano, ma senza Jack sembrava che la temperatura dell’intera stanza fosse scesa di qualche grado. Vederlo andarsene era stato come osservare le ultime fiamme di un vecchio focolare estinguersi. E senza il suo pokémon a riscaldarmi, ero ritornata lentamente alla condizione di essere tremolante che faticava a tenere gli occhi aperti.
All’ennesima scrollata di testa – tecnica che si stava rivelando piuttosto inutile in caso di sonnolenza – mi ritrovai Daisuke davanti, blaterante qualcosa a proposito di… qualcosa. Yup. Buio, ritardo, Aron (chi è Aron?) e zaino. O forse di spaghetti allo scoglio. Non potevo esserne sicura.
Daikke fece un piccolo sospiro, e pochi secondi dopo mi ritrovai in mano una piccola spilla di metallo: aveva una forma ovale, con una linea in rilievo che divideva verticalmente la superficie ; sei fori neri interrompevano la semplice superficie d’acciaio, e, da due di essi, facevano capolino delle iridi azzurrine che mi fissavano con impassibilità. Assomigliava vagamente il pokémon gigante di Momoka, solo un po’ più carino.
Cercai di ricordare se avessi un contenitore apposito in cui mettere le medaglie, ma alla fine me ne fregai e, aperta la cerniera del mio zaino, ce la lasciai cadere dentro. Daikke, che di solito aveva sempre qualcosa da ridire a proposito di come bisognasse tenere ed osannare quei piccoli pezzi di ferro laccato, si limitò a massaggiarsi il setto nasale, tradendo una certa spossatezza.
“Suppongo possa andare bene, per il momento.” Assumendo una posa un po’ più rigida, si rivolse di nuovo al meccanico. “Adesso toglieremo il disturbo.”
Ma appena fece un passo verso l’uscita, il vecchio gli slittò dietro, lo prese per le spalle – Daikke rabbrividì – e lo condusse verso un piccolo stand a qualche metro di distanza. Era immerso nell’ombra, ma non appena i due si avvicinarono, si accesero delle lucine così colorate da farmi pensare al Natale. Ed ai regali. E alla cioccolata calda. E ad un caldo letto pronto ad accogliere il mio cadavere.
“Subito, sì, certo, dopotutto è tardi! Ma prima, fatemi la cortesia di scegliere uno di questi gingilli da portare a casa. Non sarà molto, ma al momento è tutto ciò che vi posso offrire in cambio dell’aiuto che ci avete dato.” E, con una mossa degna di un venditore ambulante, si inginocchiò davanti alla bancarella e protrasse un braccio verso di essa, cercando di canalizzare il nostro interesse sulla mercanzia. Daisuke tossicchiò.
“Veramente, non c’è bisogno di—“
“Gingilli?” Oh, ed io che qualche secondo prima mi stavo preoccupando per la funzionalità del mio cervello. Socchiusi gli occhi, sospettosa. “Sei il vice-sindaco di Mochapoli, un ingegnere rinomato ed il proprietario di questo parco divertimenti, e tutto ciò che hai da offrirci dopo ciò che abbiamo fatto per te sono dei gingilli?” Il mio compagno di viaggio fece un verso fra l’affranto e l’arrendevole, per poi appoggiarsi allo stipite dello stand, lasciandomi fare.
“B-beh…” L’uomo era rimasto un po’ spiazzato da quel mio scatto di rabbia, ma, da bravo venditore qual era, si riprese in fretta. “Lo sai quanto costa mantenere questo posto funzionale? Lo sai quanto costano le medicine per mia figlia? Per non parlare dei vestiti di Momoka: ne vuole uno nuovo ogni settimana. Cosa dovrebbe fare un povero vecchio quando la sua nipotina preferita gli chiede un favore?”
La capopalestra, improvvisamente a disagio, diede un calcetto ad un sassolino vicino ai suoi piedi.
“Scusate, ma adesso non ho nulla di valore con me. Per il momento accontentatevi di questi piccoli doni.”
Lentamente, mi ritrovai ad annuire, badando bene di tenere lo sguardo abbassato. Forse ero stata un po’ troppo irruente. Forse ero stata un po’ troppo insensibile. Forse…
Sbadigliai ancora, decidendo che per quel giorno ne avevo abbastanza di discussioni.
Squadrai la mercanzia un po’ svogliatamente: vi erano peluches a forma di animaletti acquatici fra cui spiccava una coppia di Shellos, penne a forma di cavalluccio marino blu (Horsea, mi ricordai), una pila di giochi in scatola – la copertina di quello in cima riportava l’immagine di un Octillery, delle barchette colorate e la scritta ‘Octo-Attack!’ – ed una dozzina di accessori diversi.
Fu lì che li vidi. Strabuzzai gli occhi e, senza pensarci due volte, li puntai con un dito, esclamando “Ah, i Ludovic!”
Ci fu un attimo di silenzio. Il negoziante si grattò la testa con fare sconcertato, mentre Daisuke dovette aggrapparsi al palo di legno come se fosse l’unica cosa capace di non farlo sprofondare nel terreno. Corrugai la fronte, improvvisamente assalita dai dubbi. Ludovichi? Lovenrichi?
Momoka alla fine ebbe pietà di me, e, passandomi di fronte, prese la coppia di orecchini metallici che stavo ancora indicando. Ognuno dei due pezzi era costituito da catenelle argentee ciascuna terminante in un ciondolino a forma di pesce cuoricinoso.
“Intendi i Ludvisk, giusto?” Me li mostrò per bene.
“Sì. I Ludvisk. Certo, eheh.” Mi grattai la guancia. “Li abbiamo visti mentre eravamo sul Lapras, e…”
“Li avete visti?!” Il vecchio Ren, stranamente rinvigorito, saltò in piedi. “Vuoi dire che tu e lui-” Senza guardare buttò un pollice dietro alla sua schiena, indicando Daisuke che, nel frattempo, stava stringendo la sua valigetta, sbiancando a vista d’occhio. “—avete visto i Ludvisk?”
Titubante, mi limitai ad annuire. Il volto dell’uomo acquisì un carattere più losco – forse dovuto alle lucine della bancarella, che assunsero in quel momento un colore verdognolo – come se fosse a conoscenza di qualche segreto di vitale importanza. Guardandomi con occhi scaltri, iniziò a raccontare.
“Vedi, i Ludvisk sono il soggetto principale di molti libri, poesie e spettacoli. Questo perché, secondo molte leggende tramandate in svariate regioni, se una coppia di persone riesce a vederli, significa che—“ Non seppi mai come sarebbe dovuta finire la frase, perché Daisuke, dall’aria più trafelata del solito, aveva richiamato la sua attenzione, alzando il tono di voce: “Quello, lei prende quello!”
Il meccanico-ora-negoziante, dimenticandosi di ciò che avrebbe dovuto dirmi ed assumendo un’espressione spaventosamente simile a quella che avevo io quando sentivo l’odore di un mucchio di verdoni, fece una veloce giravolta e gli arrivò accanto, mollandomi lì come uno stoccafisso. Lanciai a Momoka uno sguardo convogliante tutta la mia confusione, ma la capopalestra fece spallucce e scosse la testa, perplessa quanto me.
Il damerino avanzò fino al mio cospetto e, ostentando noncuranza, mi passò quello che aveva l’aria essere un braccialetto. L’adocchiai con sguardo critico, esaminando ogni particolare, dalla semplice e sottile catenina al pendaglio circolare. Questo era tenuto ancorato al bracciale da un gancio a forma di pinna, una decorazione che proseguiva lungo tre quarti del bordo del ciondolo sotto la forma di un essere serpentesco dotato di quattro pinne dorsali appuntite. Il tutto terminava in un muso baffuto rivolto verso l’alto, come se stesse cercando di continuare la salita per ricoprire il segmento mancante. Sarebbe stato un accessorio carino, se non mi fossi accorta di cosa quella decorazione stava a rappresentare.
“Un… Gyarados?” Inclinai la testa di lato. “Devi proprio odiarmi se, dopo tutto ciò che è successo, fra tutti i gadget sparpagliati davanti a noi, decidi di regalarmi proprio un Gyarados.”
“In realtà—“
Sollevai un sopracciglio. “A meno che il braccialetto non sia per te e tu non stia facendo altro che chiedere il mio parere riguardo ai tuoi – piuttosto biasimabili – gusti in fatto di moda.” Momoka ridacchiò. Daisuke, invece, acquisì un interessante colorito rossastro e, nel tentativo di ribattere in fretta e furia, per poco non si strozzò.
“No!” Attese qualche secondo, il tempo sufficiente perché potesse riprendere il controllo di sé e tornare ad essere bianco come un cencio. Quindi, con decisione, mi porse di nuovo l’accessorio.“È tuo.”
“Ma è un Gyarados!” La mia intonazione lamentevole fece accennare un sorriso divertito anche al venditore.
“Esattamente.” Si schiarì la voce, preparando il suo tono speciale alla ‘devo spiegare a Madeleyne quanto la sua logica sia fallace in modo da innalzare il suo quoziente intellettivo e fare un’opera buona per il mondo’. “L’ho scelto perché così, la prossima volta che ti verrà in mente un’altra delle tue idee strampalate, ti ricorderai di avere già compiuto la tua dannata impresa eroica e…”
Il resto mi giunse alle orecchie come mormorio indecifrabile. La sua voce era andata via via affievolendosi fino a perdersi nell’aria – un po’ come i suoi occhi, che erano passati a studiare un punto indefinito alla sua destra, rifiutandosi di incontrare i miei.
Gli presi il braccialetto e me lo misi, ignorando la vocina artistica che sussurrava al mio orecchio ‘C’è di meglio’.
I saluti furono brevi; eravamo tutti doloranti, stanchi, e più o meno bisognosi di cure mediche.
Ren ci congedò con un’espressione grata ed una dolce promessa: finché fossimo rimasti nella sua città saremmo stati suoi ospiti, e quindi avremmo potuto adoperare senza spendere un solo Poké vari servizi, fra cui il Luna Park.
Momoka, invece, fu più riservata, e si limitò ad una piccola riverenza. Prima di poter fare un solo passo, però, mi prese le mani fra le sue, depositando sui miei palmi il paio di orecchini che avevo visto qualche minuto fa. Al mio sguardo perplesso, la bambina mi sussurrò all’orecchio un semplice “Secondo me sono più belli!”, prima di sorridermi – il primo, grande sorriso non trattenuto che le avevo visto fare.
Quando arrivammo al Centro Pokémon non mi presi nemmeno la briga di cambiarmi, e scivolai sotto le coperte con ancora addosso il giubbotto di Jack. Sapeva di pioggia ed erba cipollina.
Sospirai, contenta nel mio piccolo bozzolo di calore.
Avevo conquistato un’altra medaglia.
Avevo fermato una macchina assassina.
Ero sopravvissuta ad un incontro ravvicinato con un Frost. Ah, e con un peluche dalle brame omicide.
Mi addormentai sentendomi stranamente leggera, immaginando il banchetto che avrei avuto l’indomani per colazione in compagnia di una certa testa rossa che, in quel momento, probabilmente stava ancora cercando di scusarsi con Désirée.
~Author's Corner~
Salve salvino, poveri cristi che si sono presi la briga di leggere fino a qui. Era da anni che non aggiornavo in un periodo che non fosse compreso fra le vacanze di Natale e quelle di Pasqua, perciò sono piuttosto proud of myself *spara coriandoli di gioia e colorosità*
Vi auguro Buon Ferragosto, e soprattutto Buon Resto delle Vostre Vacanze. Godetevele al meglio, finchè durano. Magari andando a catturare Pokémon in giro all'una di notte, come mi sono ritrovata a fare io mentre cercavo disperatamente un cappero di Kadabra selvatico.
Until the next chapter, bye bye~ |
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Capitolo 36 *** Pista (in)Ciclabile ***
~ Pista (In)Ciclabile ~
Servirono tutte e quattro le sveglie (una del mio compagno di stanza, due mie, e poi una speciale ramanzina mattutina da parte di Daisuke) per convincermi a buttarmi giù dal letto.
Letteralmente.
Il tonfo venne attutito dalla moquette polverosa della camera. Daikke o non mi sentì, o fece finta di non notarmi, perché se ne andò dalla stanza con un secco: “Ti aspetto di sotto. Ricordati di rifare il letto prima di uscire.”
Mi passai le mani sulla faccia, sperando di richiamare a me un briciolo della lucidità che avevo lasciato a Sognolandia. Se qualcuno si fosse affacciato dalla porta, avrebbe visto una ragazza sul pavimento, ingarbugliata fra le lenzuola, i cui arti armeggiavano come quelli di una cimice che cercava di rialzarsi.
Due minuti dopo stavo bussando alla porta della Camera 24, senza grossi risultati.
Riprovai, impiegando un po’ più di forza, e dall’altra parte della parete sentii un fruscio di coperte, seguito da un mugolio assonnato.
Chiamai Jack con un verso lamentevole. Un signore che passava per il corridoio mi studiò come se fossi uno strano esemplare di ratto gigante; infine tirò su col naso, affrettando il passo e scomparendo giù per le scale.
Le mie orecchie percepirono uno sbadiglio, seguito dal rumore di scricchiolanti assi di legno – o giunture: difficile a dirsi. La porta si aprì, rivelando un Jack stravolto che faticava a tenere gli occhi aperti. Il suo pigiama consisteva in un paio di pantaloni da ginnastica e una felpa consunta di qualche taglia più grande con su scritto ‘gamers don’t die: we respawn’. La notte prima doveva aver fatto le ore piccole, perché l’aveva indossata al contrario, con il cappuccio ricadente sul suo petto.
Nel vedermi le sue labbra tentarono di formare un sorriso, senza riuscirci appieno.
“Maddy.” Salutò, anche se la sua voce era talmente impastata che ciò che strisciò fuori dalla sua bocca fu un ‘Mmhaddi.’
“Jackpot.” Replicai, tenendomi su solo grazie al pomello della porta. Ci squadrammo per qualche secondo, al termine dei quali le nostre anime formarono un’intesa.
Jack rilasciò un’esalazione dolorante.
“Ma perché, perché ti ho chiesto di vederci a colazione?”, si massaggiò le meningi, “Non potevamo fare a pranzo?”
“Perché Daisuke ha sempre fretta di partire e non conosce l’importanza di otto ore di sonno.”
Gli strappai un sorrisetto.
“Otto? Me ne servirebbero dieci.”
“Facciamo dodici. Con la siesta.”
Ci mettemmo a ridere come degli idioti: un modo come un altro per distrarci dal dispiacere di abbandonare i nostri caldi giacigli.
La colazione di per sé non fu niente di speciale (anche perché la caffetteria di quel Centro non aveva il latte al cioccolato, nonostante quella bevanda fosse un must per tutti gli allenatori desiderosi di fare il carico di energie prima di rimettersi in marcia), ma fece sbocciare nel mio petto un gradevole tepore che perdurò anche una volta abbandonato l'edificio.
Jack, prima di tornare al suo lavoro part-time, lasciò a me e a Daikke due cose: il suo numero di telefono ed una ragazza bionda che sprizzava vitalità da tutti i pori.
"Dove andate? Cioè, dove andiamo?", se Désirée avesse avuto una coda, le si sarebbe già staccata a furia di scodinzolare.
Ridacchiai, posandomi un pugno sul petto.
"Dovunque ci porta il cuore!"
"Spero che il tuo cuore ti stia dicendo di dirigerci verso Tunnel Muschiato, perché è lì che siamo diretti.", replicò Daisuke, che aveva il naso incollato alla mappa del Pokédex da quando ci eravamo allontanati da Mochapoli. Avevo l'impressione che stesse cercando di prendere le distanze dalla nostra temporanea compagna di avventure senza sembrare troppo rude.
Quest'ultima lo aveva probabilmente intuito, ma continuò a comportarsi normalmente, lasciandolo fare.
"Tunnel Muschiato...", assaporai il suono di quel nome, "...sì, mi piace!"
Sapeva di avventura e tesori nascosti.
Mezz'ora dopo il sentiero che stavamo seguendo scomparve, ingoiato dall'oscurità di una grossa apertura scavata ai piedi di un ripido muro di roccia. Mi tappai il naso, proteggendo le mie narici dall'odore di corteccia marcia che le assalì.
Dovetti ricredermi: Tunnel muschiato sapeva di affaticamento, decomposizione e morte.
"Sapete una cosa?", mi girai, iniziando a camminare nella direzione dalla quale eravamo venuti, "Il mio cuore ha finalmente compreso il fascino della foresta, ed ora mi sta dicendo di esplorare il versante di questa montagna dal suo bellissimo esterno."
"M-ma, Madeleyne!"
Mi sentii quasi in colpa nel veder scomparire l'espressione eccitata dal volto di Désirée. Quasi.
Sfortunatamente Daisuke era diventato fin troppo bravo a manipolare le mie intenzioni in modo che giocassero a suo favore; perciò non potei ignorarlo quando, in tutta (finta, dannatamente finta) sincerità, mi augurò: "Buona fortuna con il Nido di Ariados."
Nido. Computarono i miei neuroni. Aria-qualcosa. Quindi volatili.
Feci spallucce, proseguendo.
"Dopo aver affrontato i Murkrow, gli altri pennuti non mi spaventano."
Désirée inclinò la testa di lato, facendo ondeggiare le punte rosate dei suoi capelli.
"Ma non sono pokémon uccello..."
Mi fermai, colta da uno strano senso d'urgenza. Ruotai la testa quel che bastava per studiare il mio compare in uniforme scolastica: nonostante l'espressione neutra, riconobbi nei suoi occhi uno sprizzo di diletto. Nel giro di cinque secondi avevo già digitato ‘aria’ nel pokédex.
Non mi occorse nemmeno leggere la didascalia: l'immagine che mi si parò davanti bastò a farmi cambiare colore, umore e direzione. Entrai per prima nella galleria, borbottando, fra le varie maledizioni, un "Se Désirée si farà male, sarà solo colpa tua."
Al contrario delle mie aspettative, Désirée ne uscì fuori senza un solo graffio. Anzi, con quelle guance arrossate dallo sforzo ed il sorriso giulivo che le si era stampato in faccia, pareva essere più viva che mai.
"Cosa facciamo adesso? C'è un bosco? Un lago? Un'altra grott—"
Sfortunatamente noi altri non eravamo nelle sue stesse condizioni.
"Per carità, non un'altra grotta!", annaspai, sedendomi su un ceppo appena fuori dal Tunnel per dare sollievo alle mie gambe fradice.
Avevo avuto un brutto incidente con delle sabbie mobili – se così si poteva chiamare la pozza di fango puzzolente e palustre in cui ero sprofondata fino ai fianchi a pochi passi dall'uscita. Erano serviti gli sforzi combinati dei miei due compagni di viaggio e di tutti i pokémon in nostro possesso (minus Wooper, che appena fuori dalla pokéball si era lanciato nella melma per farmi compagnia) per tirarmi fuori.
Daisuke restò in piedi ad asciugarsi la fronte sudata con un fazzoletto di stoffa.
"Concordo: ho visto abbastanza Zubat per un'intera vita."
Non avevamo incrociato molti allenatori durante il tragitto, ma di incontri con pokémon selvatici ce n'erano stati a bizzeffe: dai muscolosi sassi dotati di occhi ai timidi coniglietti lilla (Whismur?), tutti erano accomunati dall'essere poco propensi a combatterci.
Tranne gli Zubat.
Adocchiai il braccio del damerino, sotto la cui manica faceva capolino una garza ben stretta.
Quelle macchine assetate di sangue avevano continuato a seguirci, piovendo dal soffitto senza darci un attimo di tregua e procurandoci non pochi graffi. Ad un certo punto avevano organizzato una vera e propria imboscata, ed uno di loro era pure riuscito a conficcare i suoi denti nel braccio di Daisuke. Sarà al massimo riuscito a bere un sorso del suo sangue prima che Sey lo mettesse K.O, ma i due fori ci avrebbero messo almeno una settimana a rimarginarsi.
Désirée abbassò il cappello a tesa larga che aveva in testa, tradendo un pizzico di disagio.
"Avete ragione, per oggi basta avventure."
Dopo un attimo le tornarono a brillare gli occhi.
"A meno che non ci sia un ghiacciaio qui da qualche parte! Ho sempre voluto vederne uno!"
Guardai Daikke, allarmata: lui scosse la testa, mostrando la mappa del Pokédex.
"I ghiacciai sono solo nelle isole più a nord e verso le ultime città, ad ovest. Ma oltre a non essere strettamente necessari al nostro viaggio, non sono nemmeno visitabili.", aggiunse, per rendere definitiva la sua decisione.
Emisi un lamento. "Prova a dirlo a mia Nonna. A trentasei anni è salita fino in cima al Monte Corona ed a cinquantuno ha pure organizzato una spedizione sul Monte Tormenta." Sparendo una mattina di aprile senza lasciare a me o a mio Nonno uno straccio di avviso, per poi ricomparire un mese e mezzo dopo come se nulla fosse.
Désirée sbatté le palpebre, concentrando i suoi occhi su di me. Sentii la testa pizzicare.
“Aspetta…", la ragazza emise un gasp meravigliato. “Mafalda Hellys è tua nonna?"
Daisuke per poco non lasciò cadere il suo Pokédex. Entrambe ci voltammo a guardarlo, curiose.
Lui tossicchiò, cercando di dissimulare l'incidente con una scrollata di spalle.
"E' famosa anche a Hoenn." Dando un'ultima occhiata alla cartina, si affrettò a rimettersi in marcia. "Andiamo; voglio raggiungere la prossima città prima che faccia buio."
Corrugai la fronte, cercando di capire cosa di preciso stesse tenendo per sé. Ma l'unica ad avere qualche chance per comprendere come funzionasse il suo cervello era Désirée, e ancora non avevo idea di come funzionassero i suoi poteri. Forse riusciva a captare i pensieri altrui come delle onde radio?
Ebbi la tentazione di sollevarle il cappello solo per assicurarmi che non celasse un'antenna.
Lei ridacchiò.
"Purtroppo niente antenna.”, mi aiutò ad alzarmi dal ceppo. “Comunque, per quel che riguarda Daisuke…”
“Sì?”
La mia speranza venne soppressa dal flebile sorriso di scuse che Désirée mi dedicò.
“Non riesco sempre a sentire quel che pensa, ma mi ha chiesto di non aprire bocca su ciò che avrei potuto scoprire."
Riprendemmo a camminare.
"A volte vorrei avere un manuale di istruzioni, sai? Risolverebbe molti problemi.", non avevo nemmeno provato a nascondere la delusione.
Désirée scosse la testa. "Sapere di più sul conto di una persona non è sempre positivo."
Mi sarei aspettata una spiegazione, ma lei preferì chiudere il discorso con un consiglio inaspettatamente maturo.
“Sii paziente con lui; prima o poi ti lascerà entrare.”
“Forse hai ragione”, borbottai, dando un calcetto ad una pietra. “Spero solo che lo faccia prima che io perda la voglia di aspettarlo.”
Secondo la mappa eravamo ad un quarto di strada dalla città successiva. Se avessimo seguito il normale percorso e avessimo tentato la fortuna passando per Bosco Intreccio, avremmo dovuto impiegare tutta la giornata per arrivarci.
Ma questo era ciò che diceva la cartina: dall'alto della collina su cui avevamo pranzato, nel vedere quel mare di alberi secolari protrarsi per tutto l'orizzonte, tale dichiarazione mi parve alquanto audace.
Ecco perché Daisuke aveva deciso di risparmiare tempo sfruttando la Pista Ciclabile.
Ma evidentemente quello non doveva essere il suo giorno fortunato.
"Perché...", deglutì, schiarendosi la voce, "Perché c'è tutta questa gente?"
Eravamo in fila da soli cinque minuti ed il povero ragazzo stava già sudando freddo. Aveva sempre dimostrato di avere un certo problema con le folle, a cominciare da quando, al Centro Medico di Melmolandia, non era riuscito ad oltrepassare la squadra di soccorso organizzata da Hadolfa per entrare in camera sua. All'inizio l'avevo considerata una conseguenza della sua misantropia, ma dopo ciò che era successo al Luna Park stavo iniziando a ricredermi.
Lo guardai di sottecchi, decidendo che per il momento mi sarei limitata ad osservare.
"Che ci sia una gara?", ponderò Désirée, intenta a studiare le decorazioni appese al soffitto. "Se c'è, possiamo parteciparvi?"
Rabbrividii.
L’ultima volta che avevo preso parte ad una gara ciclistica avevo appena compiuto la tenera età di dodici anni. Erano i tempi in cui Nonna sperava ancora di trasformarmi in un asso dello sport, nonostante gli scarsi risultati ottenuti nelle altre discipline che mi aveva già costretto a provare. Non volendo arrendersi di fronte all’evidenza, iscrisse entrambe ad una maratona su due ruote, dichiarando che quella sarebbe stata la volta buona.
Fu un disastro: dopo aver passato due ore a tamponarmi la bici per spronarmi ad andare più veloce, mi mollò al mio ‘destino di mammoletta’ e tornò a concorrere per conto suo. Mi ritirai senza pensarci due volte; da allora mia Nonna mi lasciò al quieto vivere, decretandomi un fallimento su tutta la gamma atletica.
Ci pensò l’affermazione di Daikke a tranquillizzarmi.
"Se le meccaniche sono come quelle della Pista di Porto Selcepoli, l’ingresso dovrebbe essere proibito al pubblico durante le competizioni."
Sul volto della psichica comparve un piccolo broncio. “Se non si tratta di una gara, allora cos’è?”
Corrugai la fronte, esprimendo la mia perplessità.
“Non puoi, emh, leggere nella testa di qualcuno?”
L'interpellata rilasciò un sospiro.
"Le mie capacità non funzionano quando c'è troppa gente: ora come ora sento solo un incomprensibile brusio.” Come prova di ciò, abbassò il copricapo fino a coprirsi le orecchie. "È fastidioso, ma dopo un po’ ci si fa l’abitudine."
Arrivammo alla cassa più in fretta del previsto. Una giovane ragazza dai capelli a caschetto ci fornì a turno il Cycling Pass da portare al collo ed una brochure. Ci congedò con uno scoppio di DitBabol, indirizzandoci con un dito alla fila per affittare le biciclette.
Non avendo niente di meglio da fare aprii il mio opuscolo, passando svogliatamente lo sguardo sulle didascalie riguardanti la Pista.
Mi lasciai quella più tecnica – e quindi noiosa – per ultima.
Costruita nel blahblahblah da PincoPallino, la Pista Ciclabile di Rainbow è costituita da una lunga sopraelevata di altezza variabile, intermezzata da sette Basi che la connettono all'esterno. Ognuna di esse è fornita di un'area ristorativa dotata di servizi all'avanguardia; in particolare, le stazioni di sicurezza e monitoraggio sono state potenziate in seguito al Terremoto del Mt. Meteora che—
Ripiegai il depliant, ficcandomelo nella borsa. Immagini di detriti, ambulanze e titoli di giornale riaffiorarono di prepotenza fra la massa dei ricordi immagazzinati nella mia memoria. Scossi la testa, sbarazzandomene in fretta.
Avvertendo gli sguardi di entrambi i miei compagni su di me, risollevai il capo, costringendo gli angoli della mia bocca a sfoderare un sorrisetto furbesco.
"Ebbene, cari Watson e Watsoncina, ho risolto il mistero!"
Daikke deglutì di nuovo, ma stavolta la sua voce rimase secca e ruvida come la carta vetro. "Al massimo, 'Watson e Mary'."
Alzai un sopracciglio di fronte a quello scettico, pallido volto.
"Silenzio, Watsoncina! E scegli la tua bicicletta, che oggi ci aspetta una parata!"
"Una parata?!", fece eco Désirée, i cui capelli parvero rizzarsi. Compiacendomi di avere un pubblico così ben disposto, cominciai a spiegare.
La regione di Rainbow era costituita da numerose piccole isole accerchianti quella principale. Come arcipelago possedeva un numero limitato di risorse e, se paragonata a quelle delle vicine Kanto, Johto e Hoenn, la nostra Lega non era molto gettonata dagli allenatori stranieri.
Ma se c'era una cosa di cui Rainbow poteva vantarsi era il suo straordinario talento nel trasformare qualunque località in un'attrazione turistica. Oltre alle spiagge ed ai centri di divertimento interni alle città (il Luna Park di Mochapoli ed i bagni di fango di Melmolandia erano solo alcuni esempi), i grandi capi avevano cercato di investire anche nel settore della salute: così avevano trasformato l'isola in un paradiso per sportivi, attirando l'attenzione di valanghe di appassionati— e dei loro portafogli.
"Per cui non c'è da sorprendersi se dopo il crollo di alcune parti della pista si sono subito preoccupati di ricostruirla daccapo, in modo da renderla più resistente.", terminai, passando i tornelli con la mia bici rossa.
"E la parata?", domandò Désirée, agguantandone una gialla e seguendomi come un'ombra.
"La brochure dice che oggi è il quinto anniversario della sua ricostruzione, quindi si festeggia.", sogghignai. "E l'ingresso è gratuito."
Désirée montò in sella ridacchiando, ed insieme varcammo l'ingresso della Pista.
Tutto sommato il restauro era riuscito bene: anche se predominava il grigio dell’asfalto, lungo il tragitto erano disseminate delle decorazioni che davano allegria, come alcuni set di mattonelle colorate – disposte in modo da formare volti di pokémon che non riconoscevo – e le ringhiere, verniciate con tinte differenti a seconda di quale parte della pista si stesse attraversando.
Dopo venticinque minuti avevamo superato la Zona Gialla (sia lodato il cielo, quei dannati Raticate con le orecchie lunghe ed il blush avevano iniziato a mettermi inquietudine), ed attualmente stavamo sfrecciando attraverso la Zona Verde.
Sfrecciando. Certo. Verbo che secondo Daikke equivaleva ad 'andare al massimo dei limiti di velocità consentiti'. Ero sicura che un bambino a cavallo di un Wooper particolarmente seboso non avrebbe avuto alcun problema a superarci.
Purtroppo la mia indole ribelle venne tenuta a bada senza grosse difficoltà da Daisuke, che dopo la mia breve parentesi sulla storia della Pista aveva deciso di studiarsi l’intero depliant. Venni così a sapere che Rainbow era l'unica dannatissima regione sulla cui pista ciclabile erano stati disposti dei rilevatori di velocità: chi avesse infranto il limite consentito senza essere registrato ad alcun gruppo sportivo avrebbe ricevuto ai tornelli di uscita una multa piuttosto salata.
Di quanto?
Daisuke si rifiutò di rivelarmelo, affermando che tenendomi all’oscuro sarei rimasta in uno stato di ansia costante e, di conseguenza, me ne sarei stata buona.
E così, effettivamente, successe.
Mondo infame.
Almeno quella buona anima di Désirée aveva trovato il modo per divertirsi: saettava per la pista a discapito di chi le capitasse a tiro, frenando prima di ogni rilevatore nel tentativo di inventare delle acrobazie con la bici. A volte ci riusciva. A volte volava giù dal mezzo, rischiando di venire investita dai passanti.
Ad ogni modo la sua felicità era contagiosa.
Purtroppo tale gioia non era riuscita a scalfire le rughe sulla fronte corrugata di Daisuke, che da quando era montato in sella aveva assunto un atteggiamento cupo.
C'è di nuovo troppa gente?
Mi guardai attorno, perplessa. La pista era piuttosto larga e, sebbene ci fossero un sacco di ciclisti, erano tutti ad una certa distanza di sicurezza l'uno dall'altro. Sollevai un sopracciglio, intuendo che per una volta non fosse quello il problema.
Rallentai la mia andatura in modo da arrivargli a fianco; poi, con un sorriso a fior di labbra, presi a suonare il campanello di Jack II.
Sì, perché il catorcio che mi avevano affibbiato – il cui colore rosso era dovuto alla ruggine – mi trasmetteva le stesse vibrazioni di quel povero ragazzo, riassumibili in un'unica parola: pericolanti.
L'unica cosa che pareva non essere stata intaccata dalla vecchiaia era il piccolo campanellino che faceva capolino sul manubrio del veicolo. Emetteva un tintinnio nauseantemente dolce, adatto alle canzoni natalizie che iniziai ad intonare senza sosta.
Daikke fece del suo meglio per ignorarmi: lo notai dal modo con cui evitava di guardarmi e con cui contrasse la bocca pur di non lasciarsi scappare alcun suono.
All’ottava versione stonata di We Wish You A Merry Christmas (di cui sapevo, fra l’altro, solo il ritornello) non ce la fece più.
"Madeleyne…", drammatico tic all’occhio.
"Cosa?", sorrisetto innocente.
"Se non la pianti ti faccio volare di sotto."
Ah, già, ecco la parte migliore della Zona Verde della Pista Ciclabile: l’avevano costruita ad una trentina di metri dal suolo, direttamente sopra Bosco Intreccio.
L’idea, per quanto pazza, aveva una giustificazione pratica, in quanto così si erano potuti accorciare i tempi di percorrenza. E poi il brivido dell’altezza rendeva più avventurosa l'intera pedalata, se si prendeva il tempo per guardare il panorama boschivo che si estendeva oltre i muretti di cinta.
"Aw. Andiamo~" Ripresi, più per combattere la noia che per un motivo preciso. "Lo spirito natalizio è così debole in te?"
"Manca più di un mese." Ribatté lui, che al contrario di me pareva fresco come una rosa ricoperta da perle di rugiada. "Avresti fatto meglio ad intonare motivetti di Halloween."
"Mi…", pausa per recuperare fiato, "…stai incitando?"
"Non ti azzardare."
"Nah. Ho trascorso Halloween in ospedale con un ghiacciolo per gamba, non ho voglia di passarci dentro anche le feste natalizie." La battuta non dovette essergli piaciuta, perché Daisuke, rinunciando all’opportunità di ribadire come a tale esperienza mi ci fossi destinata da sola, optò per rinchiudersi in un silenzio contemplativo.
“Ehi...”, lo chiamai, abbandonando il tono giocherellone.
“Stavo scherzando.” Beh, non proprio. “Cosa c’è che non va’?”
Daikke mi squadrò, ed io cercai di mantenere la mia espressione più neutrale possibile. Evidentemente non doveva essere bastato, perché lo vidi irrigidirsi e spostare lo sguardo su un punto indefinito alla sua destra. Quando lo riportò su di me, dovetti confrontarmi con la pacatezza studiata di chi aveva trovato il modo per seppellire una questione senza dare troppo nell’occhio.
“Per quale motivo la Pista è andata distrutta?”
Strinsi il volante, tenendo a bada le vampate di delusione che, come un veleno, si stavano riversando per tutto il mio sistema circolatorio. Ripensai al consiglio di Désirée e, traendone forza, decisi di stare al suo gioco.
“Per il terremoto.”
Daisuke non ebbe alcuna reazione particolare, ma continuò a dividere la sua attenzione fra me e la strada, come se si stesse aspettando una spiegazione.
“Il… Terremoto del Mt. Meteora. Hai presente?”
La sua espressione frustrata mi fece rendere conto che no, non aveva presente un bel niente. Spalancai la bocca, esterrefatta.
“È stato il più grosso terremoto mai registrato qui a Rainbow! E-era su tutti i telegiornali!”
“Peccato”, sibilò Daisuke, a denti stretti, “Che io abiti a Hoenn.”
Il sollievo che inondò il mio corpo fu tale che per poco non ruzzolai giù dalla bici.
“Sei pazza?!” Esclamò Daikke, ritraendo la mano con cui mi aveva agguantato la spalla.
Ridacchiai nervosamente. “Scusa, credo di aver appena provato l’ebbrezza di un culture shock.”
“Sai che si chiamano ‘shock’ solo per una questione emotiva e non fisica, vero?”
“Dillo alla mia spina dorsale: ancora non la sento.”
Sospirò a lungo, massaggiandosi il setto nasale. Mi domandai se le sue esalazioni avessero diversi significati a seconda della situazione; prendendo quell’ipotesi per buona, decisi che quello di prima fosse un sospiro divertito e mi ritrovai a gongolare a mia volta.
“Quindi, il terremoto…?”
“Ah, giusto.” Sbattei le palpebre, tornando al presente. “È successo meno di dieci anni fa ed ha causato un sacco di problemi alla Regione: isole sommerse dalla marea, formazione di grossi canyon che hanno diviso il territorio, paesini andati distrutti…”, presi un bel respiro, “Tutto quello che ti potresti aspettare da un disastro naturale, con tanto di ciliegina sulla torta.”
“Cioè?”, per la prima volta da quando avevo iniziato a parlare, Daikke mi parve davvero incuriosito. Fingeva di guardare la strada, ma ogni tanto lanciava occhiatine nella mia direzione.
Abbassai il tono di voce con fare cospiratorio.
“Ancora non si sa da cosa sia stato causato.”
Il mio interlocutore abbandonò la sua dignità da secchione orgoglioso, assottigliando cinicamente lo sguardo. “In che senso? I terremoti sono causati dalla rottura della roccia che segue lo spostamento delle placche—”
“Esatto!”, interruppi il suo monologo sul nascere. “Ci sono stati molti dibattiti a riguardo, ma i geologi—”
“ ’Sismologi’ ”, corresse lui senza battere ciglio.
“—concordano su una sola cosa: non si è mossa alcuna zolla durante il terremoto.”
Daisuke contrasse le labbra, quasi avesse ingoiato un boccone amaro.
“Ritengono che sia stato provocato da qualche pokémon?”
“Ah, non chiederlo a me, che fino a poco tempo fa ero convinta che i pokémon fossero solo animali più grossi.”
Daikke aveva appena alzato gli occhi al cielo quando gli altoparlanti della pista presero vita.
«Attenzione, parata in transito. Si pregano i viaggiatori di avvicinarsi ai muretti laterali della pista, in modo da lasciare spazio ai dimostranti. »
Come tutti i bravi ciclisti eseguimmo l’ordine. Tendendo l’orecchio si riuscivano già a sentire nell’aria le note delle trombe e dei tamburi che accompagnavano i festeggiamenti. Désirée si lasciò raggiungere, in modo da rimanere uniti anche nel bel mezzo del trambusto che da lì a poco si sarebbe scatenato.
“Ho sentito che ci saranno majorettes! E coriandoli! E carri a forma di pokémon da cui lanceranno dolcetti!”
Sbadigliai. “Non sarò impressionata finché non inizieranno a lanciare banconote.”
Fu allora che avvertii il suolo iniziare a tremare.
No.
Mi si mozzò subito il fiato.
Le mani presero a sudare, facendo venire meno la presa sul manubrio.
È impossibile!
Cercai di calmare il mio battito erratico con un turbine di negazioni, generate più dalla speranza che da prove concrete.
Non può essere! Non di nuovo, non così—!
L’esclamazione di Désirée mi riportò alla realtà.
“Chi sono quelli?”
Mi voltai, seguendo il suo sguardo: un ammasso di ruote, tatuaggi e teste calve stava avanzando in massa lungo la pista, sollevando un polverone incredibile e costringendo la gente a schiacciarsi contro le ringhiere pur di non essere investita. Presi un grosso respiro, avvertendo il panico ritirarsi a poco a poco.
“Devono essere una gang di Teppisti.”, ragionò Daikke, addossandosi al muro. “Se li ignoriamo, dovrebbero passare senza darci fastidio.”
Sia io che Désirée lo imitammo, annuendo.
La banda ci mise poco a raggiungerci: fregandosene dei rilevatori di velocità e delle regole dell’educazione stradale, sfrecciavano per la Pista come se ne dipendesse della loro vita, schiamazzando e sbraitandosi insulti a vicenda.
Dovevano essere a pochi metri da noi quando alla mia destra, a ridosso dell’altro muretto della pista, vidi qualcosa di talmente sbagliato, talmente mostruoso, da farmi impallidire all’istante.
E cioè Nonno Gerald. In sella ad una bici da passeggio, con Gigio seduto dentro all’apposito cestino.
Notandomi a sua volta, alzò la mano per salutarmi; sorrideva come se ci fossimo incontrati per caso al supermercato.
Rabbrividii.
Il Nonno non era un tipo sportivo: da quando era andato in pensione, si allontanava da casa solo per fare il tifo a sua moglie durante le gare a cui ella si ostinava a partecipare. Se in quel momento si ritrovava a percorrere la Pista Ciclabile, poteva significare solo una cosa…
Speravo tanto di sbagliarmi.
“Madeleyne?”
Désirée mi lanciò un’occhiata preoccupata. Deglutii e, incapace di risponderle, mi guardai alle spalle.
Il mio cuore perse un battito.
Al centro della pista, su una bici nera come la banda (era la sua cintura di karaté?) che aveva legato in fronte, c’era mia Nonna, capeggiante l’intera gang.
I suoi occhi incrociarono i miei.
Smarrimento. Ricognizione. Risoluzione.
La vidi leccarsi le labbra screpolate e capii che ero finita.
Feci solo in tempo a spalancare la bocca in una smorfia terrorizzata: poi mia Nonna mi tamponò da dietro, strillando “Accelera, mammoletta!”
Ed effettivamente accelerai, ma solo perché presi letteralmente il volo: non riuscendo a sopportare un colpo del genere, Jack II aveva infatti perso la ruota anteriore. La parte metallica, rimasta senza un appoggio, strascicò sull’asfalto, costringendo il retro della bici a ribaltarsi con un’impennata.
Venni scaraventata fuori dal sedile, dal sellino, ed infine dalla Pista.
Urlai come un’ossessa, spremendo le corde vocali al massimo. Le mie grida si mescolarono a quelle dei miei compagni di viaggio, i cui volti sbucarono dalla ringhiera assieme a quelli di altre dozzine di sconosciuti. L’ultima ad aggiungersi fu mia Nonna, e solo per sbraitarmi un “Sei una Hellys, non ti azzardare a morire! Sono troppo vecchia per finire in gattabuia!”
Poi tutto venne coperto dalle fronde degli alberi. Chiusi gli occhi, non sapendo se riporre le mie speranze in un miracolo o in una morte rapida ed indolore.
Nell’oscurità delle mie palpebre rividi alcuni flash della mia vita: i miei genitori che mi davano la prima paghetta; Nonno Gerald che mi beccava in flagrante dopo che gli ebbi distrutto l’orto; Daisuke che si lamentava della scarsa cura con cui conservavo le medaglie…
Mi accorsi di provare solo rimorso.
Ebbi un tuffo al cuore, seguito da una fitta al petto. I miei alveoli vennero irrorati da qualcosa di freddo ed asfissiante. In preda al panico sollevai una palpebra (cosa succede, perché sono circondata da un alone grigio e viola e vivo—), serrandola subito dopo a causa di un’ondata di dolore.
L’aria smise di schiaffeggiarmi la pelle; la gravità di incidere sul mio corpo.
Appena la mia schiena toccò terra, sentii la morsa che mi aveva attanagliato la cassa toracica rilassarsi, la strana sensazione retrocedere. Rimasi sdraiata sull’erba per quella che mi parve essere un’eternità, dando libero sfogo ai singhiozzi.
Quando esaurii i pianti e fui sicura di non star morendo, aprii gli occhi: delle foglie dai decadenti colori autunnali mi salutarono dall’alto dei loro rami bitorzoluti.
Frugai nella borsa, estraendo un pacchetto di fazzoletti ed il cellulare, che accesi. L’orologio analogico che comparve sullo schermo segnava le 14.54.
Mi tirai su, sentendo tutti i miei muscoli lamentarsi in contemporanea. Mentre mi stavo ripulendo la faccia dai residui di moccio e lacrime mi cadde lo sguardo sulla mia mano. Mi tornò in mente il turbinio di tonalità opache che mi aveva attaccato durante la discesa; anche se non aveva lasciato tracce tangibili, riuscivo ancora a ricordarne il formicolio.
Inspirai a fondo. Qualunque cosa fosse intervenuta per salvarmi – sempre se quello fosse stato il suo obiettivo – ora era sparita. Un po’ come tutta la civiltà.
Incollai gli occhi al cielo, a malapena intravedibile oltre gli spiragli che facevano capolino fra le fronde nodose delle piante.
Ero sola, avvolta dalla natura.
In lontananza echeggiarono un paio di cinguettii.
Chiusi gli occhi, lasciando che una sottile brezza mi scompigliasse i capelli. L'aria profumava di muschio umido e foglie secche.
Mi lasciai cullare da un beato senso di pace.
"Splendido."
Non sarei sopravvissuta un solo giorno.
Mordicchiandomi il labbro, decisi di chiamare in adunata i miei più fidi alleati.
I due raggi rossastri che fuoriuscirono dalle Pokéball mi colmarono il petto di speranza: se c'era qualcuno su cui potevo contare, erano quei due. Mi precipitai a dare loro le brutte notizie.
"Ragazzi, abbiamo un problem— Wooper, eccheccavolo. Non mangiare la coda di Rattata!"
Il girino, che aveva completamente inglobato la parte ricciuta della coda del piccolo roditore, inclinò la testa di lato con un sorriso beota.
Rattata, con il placido contegno di chi aveva dovuto subito cose ben peggiori, si esibì nel più spettacolare Colpocoda a cui avessi mai assistito: Wooper venne sbattuto ripetutamente a terra, finendo per mollare la presa e volare contro un albero. Il topino, alla vista degli innumerevoli fili di bava che scendevano dalla sua coda, fu scosso da un brivido.
Ripensandoci, se avessi riposto entrambi i pokémon nelle sfere entro i prossimi dieci secondi sarei riuscita ad ampliare il mio tempo di sopravvivenza di almeno cinque ore.
Feci una smorfia. Mi rammentai dello scontro con il Gyarados, della mia debolezza e, successivamente, della mia promessa.
La mia squadra era una mia responsabilità. Ero io che dovevo farli crescere.
E per far ciò, dovevo prima trovare un modo per farci uscire vivi da quel casino.
Mi schiarii la voce, richiamando la loro attenzione.
"Come stavo cercando di dire prima… ci siamo persi."
Il mio starter mi squadrò con una tale aria di sufficienza da farmi quasi mancare quella di Daikke. Era meno vergognoso farsi rimproverare da un quattrocchi che da un topino alto quanto due mele.
"Okay, okay! Mi sono persa io.", alzai un braccio, indicando un punto a caso nel cielo. "Sono caduta da lassù, e più o meno sono ancora tutta intera."
Non ero ancora sicura di come ciò fosse possibile – sospettavo di essere stata salvata da qualche pokémon psico misericordioso – ma avevo deciso di preoccuparmene una volta tornata alla civiltà, da gente che sicuramente ne sapeva più di me dei misteri del mondo.
"C'è una Pista Ciclabile che ci sovrasta. Se riusciamo a trovarla sono convinta che prima o poi incapperemo in qualcuno disposto a darci una mano. O una scala. Un ascensore sarebbe meglio."
Attesi degli input da parte della mia squadra.
Wooper si sedette a terra, fissandomi con occhi vuoti. Poi si mise a rotolare sul prato rinsecchito senza una preoccupazione al mondo.
Qualche lamentela, invece, mi giunse dal suo amichetto.
"Ra. Rat."
Sbattendo qua e là la coda per liberarsi dello schifo di cui era inzuppata, se la portò all'orecchio, piegando la testa. I suoi occhi rossi, perennemente puntati su di me, mi mettevano sotto pressione.
Imitai il gesto con la mano.
Rattata riprese a parlare; ma non con me. Era come se stesse...
Sbloccai in fretta lo schermo del cellulare: la barretta di ricezione più piccola stava lampeggiando.
"Santo Gigio.", sprigionai un sorriso eccitato, “Rattata, sei il topo viola più astuto di tutta Topolonia!"
Rattata si drizzò, sollevando il capo con fierezza. Chinandomi su di lui per premiarlo con dei grattini dietro le orecchie, cercai nella rubrica il numero di Daikke.
La cornetta si alzò quasi subito.
"Daikke!"
«Il numero ricercato non è attualmente raggiungibile. Riprovare più tardi. Altrimenti, digiti uno per lasciare un messaggio alla seg—»
Riattaccai in faccia alla voce pre-registrata.
Fissai il tronco della sequoia più vicina, avvertendo uno strano formicolio al cervello.
Mi venne l’incredibile voglia di incidere sul tronco più vicino il nome del mio compagno, con tanto di cuore trafitto da una freccia e tutto il resto…
A furia di testate.
Oh, andiamo! Quando mai sono i soccorsi a trovarsi in una zona senza campo?
Stavo per chiedere a Rattata di dispensare un altro dei suoi favolosi consigli, ma quando portai lo sguardo sul roditore mi accorsi che ciò non sarebbe stato possibile.
Il topino teneva gli occhi chiusi, come se si fosse addormentato. Ogni tanto ringhiava, ma a giudicare da quanto si stesse addossando alla mia mano, non era perché gli stavo facendo male. La sua voce aveva assunto un timbro così basso da sembrare quasi...
Fusa.
Perfetto. A furia di fare grattini avevo rotto un pokémon.
Con un nuovo peso sullo stomaco, mi voltai a guardare la creatura già malfunzionante dal principio.
Wooper aveva smesso di rotolare ed ora giaceva di schiena, osservando una farfallina adagiata su un filo d'erba rinsecchito. Ogni tanto il suo piccolo corpo veniva scosso da qualche tremito, che gli faceva scappare una bollicina o due dalla bocca.
Mi rialzai, iniziando a camminare in una direzione presa a caso. I fruscii dietro di me mi assicurarono che gli altri due mi stessero seguendo.
Un pokèmon viziato ed uno con il singhiozzo.
Mi sfuggì una lacrima.
Dannato Daikke.
Erano trascorse un paio di ore da quando ero capitata nel bel mezzo della foresta e dal momento che le cose stavano procedendo piuttosto bene, dovetti ricredermi.
Talora sbucavano fuori alcuni pokémon selvatici come degli Oddish (strane cipolle blu) o dei Wurmple (bruchetti rosa che abitavano le cortecce), ma con Rattata e Wooper al mio fianco non avevo riscontrato grosse difficoltà.
Con un urletto di battaglia il pokémon d’acqua catapultò delle palle di fango verso il nemico. Questo (il cui modo migliore per descriverlo era definirlo un insieme di uova con delle brutte facce) cercò di schivarlo, ma dato che ogni ovetto sembrava voler prendere una direzione diversa da quella degli altri si misero a litigare, finendo travolti.
"E-exeg--!"
Le uova chiusero i loro occhi, finalmente sconfitte.
Wooper prese a saltellare da un piede all'altro, aspettando ordini.
Il mio petto si riempì d'orgoglio per l'ennesima volta e mi fu impossibile non sorridere.
"Ottima mira, Wooper!" Gli feci il pollice in su. "Fa’ pure la stessa cosa che abbiamo fatto con gli altri."
Con un 'woopah~' il girino saltò sull'ovetto più vicino e, usandolo come mezzo di trasporto, rotolò verso i cespugli più vicini. Ne riemerse dopo pochi secondi, dirigendosi verso un altro uovo per ripetere il processo.
In fin dei conti mi sarei sentita in colpa a lasciare dei pokémon privi di sensi alla mercé del bosco.
Rattata, che si era infilato sotto al mio cappello, sbuffò.
Scrollai le spalle.
"Lo sai come la penso. Non posso mica catturare tutti i pokemon che sconfiggo…"
"Ratta."
"Se fosse così, avrei già un esercito di vermetti."
"Ta."
"E poi le pokéball costano!"
Per punirmi, il topino impuntò le unghie sul mio cuoio capelluto. Gli tirai un orecchio.
"Ehi, dobbiamo essere più selettivi su chi reclutiamo! O vuoi che succeda di nuovo come con Wooper?"
Rattata sussultò, travolto da un brivido che per poco non lo fece cadere. Si rintanò sotto al cappello senza emettere più una parola.
Dopo aver lanciato un'occhiatina all’altro mostriciattolo - che aveva scelto proprio quel momento per scivolare da un ovetto e prendere una facciata a terra - ricontrollai il telefono.
A seconda della zona in cui ci trovavamo, la potenza del segnale poteva accendere una sola tacchetta o niente di niente: al momento eravamo nella seconda condizione e l'orologio segnava le quattro e quarantasette di pomeriggio.
Il che significava che presto si sarebbe fatto buio.
Una piccola nota di inquietudine mi attanagliò il petto.
Un conto era esplorare una foresta durante il giorno, con una squadra ben rifocillata; un altro era vagabondare senza meta fra la vegetazione, ignari dei pericoli che potevano celarsi ad ogni angolo, con dei pokémon stanchi per i combattimenti sostenuti nelle ore precedenti.
E poi, senza luce, non avremmo avuto alcuna possibilità di trovare la Pista.
La soluzione migliore sarebbe stata quella di accamparci da qualche parte e riposare, ma senza un compagno pronto a guardarmi le spalle abbassare la guardia sarebbe stato pericoloso.
Terminato il lavoro, Wooper zampettò di fronte a me, lasciandosi cadere a terra. La sua fronte era cosparsa di goccioline di sudore e di quello che probabilmente era muco.
Decisi di assecondarlo e, sedendomi sull'erba, mi misi a rovistare nella borsa alla ricerca di cibo. Dopo aver studiato il mio scarso repertorio, presi una manciata di frollini con gocce di Cioccolato Miltank da condividere con gli altri.
Rattata si limitò a far spuntare il musetto dal berretto, mentre Wooper, ancora più pigro, spalancò le labbra in modo inquietante.
Ficcai ad entrambi un biscotto in bocca, per poi far lo stesso con me.
Un’arietta leggera scompigliò le fronde della vegetazione circostante, provocando un soave fruscio di foglie e fusti. Ogni tanto si udiva qualche cinguettio solitario spezzare il ronzio sommesso di sottofondo. Chiusi gli occhi, stiracchiandomi.
Tutto sommato si stava bene.
Con Daikke non avrei potuto rilassarmi in questo modo.
Aggrottai la fronte, sorpresa dall’asprezza del mio stesso pensiero. Non che fosse errato: Daisuke tendeva a dare ultimatum di cinque, massimo dieci minuti, ancora prima di sedersi.
Di solito mi lasciava giusto il tempo per mangiare un panino, bere metà bottiglietta d'acqua e fare due o tre commenti stravaganti. Era anche piuttosto difficile convincerlo a conversare durante quelle pause, perché lui preferiva dedicarsi allo studio del proprio Pokedèx (che ormai doveva conoscere alla perfezione, no?) o alla lettura della mappa. A volte si allontanava alla ricerca di qualche pokémon con cui far allenare Sey o Yoru, lasciandomi così a mangiare da sola.
Mandai giù il biscotto, sentendolo stranamente amaro.
Quando avevo deciso di diventare un'allenatrice avevo presunto che non sarebbe stato facile, che non avrei avuto tempo per poltrire – ed in un certo senso, era anche per quello che avevo scelto di imbarcarmi in quell'avventura. Ma c'era un limite a tutto.
Con Daisuke non c'era tempo per rilassarsi. Non c'era tempo per osservare il paesaggio. Non c’era tempo per andare alla ricerca di determinati pokémon. Non c'era tempo per esplorare le vie delle città che attraversavamo. Non c'era tempo per divertirsi.
Con Daisuke non c'era tempo, punto.
E non ne capivo il perché.
Feci fare il bis ai miei pokemon, fregandomene del fatto che Rattata mi avesse riempito di briciole i capelli e che Wooper si divertisse a far sciogliere i biscotti fino a farli diventare una poltiglia da ingoiare. Attesi fino a che non avessi finito di mangiare altri due frollini; poi aprii la bocca, chiedendo qualcosa che mi premeva da troppo tempo.
"Siete... felici?"
Due testoline si voltarono a fissarmi, continuando a mangiare.
"Con me, intendo. In questo viaggio."
Rattata si mosse. Dal riflesso sullo schermo del cellulare - che continuavo assiduamente a controllare - vidi che aveva fatto spallucce. Wooper si limitò a trasformare le sue labbra ciuccia-biscotti in un altro dei suoi sorrisi ansiogeni.
M'imbronciai.
"Davvero? Cioè, non vi dà fastidio seguirmi in lungo e in largo? Affrontare altri pokémon, ferirvi..."
Rattata emise un suono a metà fra il grugnito e lo squittìo, che interpretai come un rimprovero. Wooper aspirò il suo biscotto e rotolò fino al mio ginocchio, fermandosi dopo essersi schiantato.
Okay. A volte non avevo idea di come comportarmi con la mia squadra.
Presi un bel respiro.
"S-sapp-", tossicchiai, "Sappiate solo che se, ad un certo punto, voi vorrete andarvene, non ci saranno problemi. Non vi obbligo mica a restare. Infatti, potete andarvene anche or- ehi!" Rattata era improvvisamente sceso dalla sua posizione altolocata e stava procedendo ad allontanarsi. Venni colta da un leggero tic all’occhio.
"Sì, vi ho dato il permesso di mollarmi, ma almeno potevi farlo con un po' più di tatto!"
La foresta era invasa da una luce soffusa, che scagliava ombreggiature aranciognole sulle superfici che incontrava. Il sole doveva star tramontando. La natura stava seguendo il suo corso.
E Rattata il suo.
Mi costrinsi a sorridere.
Grazie di tutto.
Mi comparve in un lampo il ricordo del nostro primo incontro, del bernoccolo che avevo procurato a quel ratto nel tentativo di difendermi.
Ora insegui il tuo destino.
Le sofferenze che avevamo condiviso, contro nemici decisamente al di fuori della nostra portata.
Vai...
I litigi e le intense battaglie di "tris" svoltesi ogni mattina a colazione per decidere chi dei due dovesse badare a Wooper per quel giorno.
... dove ti porta il cuore.
Quasi mi avesse sentito, il topino si girò per un'ultima volta, sorridendo col suo solito modo beffardo.
Poi si tuffò, scomparendo nei meandri della mia borsa.
Quella era la dimostrazione che il cuore era davvero un pessimo navigatore.
Rattata riemerse dopo pochi attimi e, trascinando con gli incisivi il pacchetto ormai mezzo vuoto di biscotti, riprese a zampettarmi su per il braccio, ignorando totalmente i miei occhi lucidi.
Decisi di calmare il mio vortice di emozioni contrastanti con qualcosa di semplice, ma allo stesso tempo soddisfacente. Un po’ come i versi increduli che emise Rattata nel vedersi strappati via tutti i biscotti che aveva raccattato. Versi che divennero disperati quando rovesciai l'intero pacchetto nella bocca di Wooper, il quale, senza nemmeno bisogno di avvertenze, risucchiò tutto come un aspirapolvere.
Cinque minuti dopo stavo nuovamente camminando per la foresta. Wooper era seduto sulla mia borsa, usandola mo' di altalena, mentre Rattata, offeso come non mai, si era rifiutato di uscire fuori dal cappello.
Gli sarebbe passata alla prossima merenda.
Lanciai un'occhiata ai segni rossi che ora costellavano il mio braccio come piccoli trofei, sentendo le mie labbra arricciarsi in un piccolo sorrisetto.
Ne era valsa la pena.
"Che hai da sorridere?"
Mi congelai sul posto. Wooper sollevò la testolina, guardandomi con aria perplessa. Sembrava non capire cosa stesse succedendo. Al contrario di me, che avevo le idee ben chiare.
Girando lentamente su me stessa, controllai al meglio delle mie capacità ogni anfratto, ogni nascondiglio reso possibile dalla vegetazione.
"Scimmia idiota. Perché mai dovrei nascondermi?"
Qualcosa mi sfiorò l’orecchio, facendomi trasalire. Mi voltai, ancora una volta senza risultati. Dove diamine—
"Se c'è qualcuno che dovrebbe correre ai ripari..."
Alzai la testa, scorgendo un movimento all’angolo della mia visuale. Feci qualche passo indietro, cercando di ingoiare il nodo che mi si era formato in gola.
"… quella sei tu."
Dal terreno si sollevò una massa nera che andò ad attorcigliarsi attorno ai miei arti. Wooper perse l'equilibrio, ma prima di poter cadere venne catturato da un altro lembo oscuro, che lo elevò all’altezza della mia spalla.
La sostanza di cui era composto l'attacco aveva la consistenza del fumo e presentava delle venature violacee che pulsavano ad un ritmo pacato, passando dall’opaco al luminescente. Mossi un braccio, incontrando poca resistenza da parte delle mie catene spettrali, che parvero sfumare. Si riformarono l'istante successivo, aumentando la pressione sull’arto fino a farmi rendere conscia del flusso accelerato di sangue che vi fluiva all’interno.
"Vedi?" Domandò una voce davanti a me. "Ecco perché voi umani vi estinguerete."
Il Banette mi apparve a due metri dal volto, sostenuto da uno dei suoi arti ombrosi. Wooper aprì le labbra per attaccare, per dire qualcosa, ma il fumo gli si gettò nella bocca. Vedere il suo corpicino venire scosso dai singulti cancellò ogni briciolo di paura dalla mia anima.
"Abbiamo ancora un patto.", sputai fuori. "Ritira il tuo attacco o questo salterà."
"Credimi," il pokémon rilasciò un verso altezzoso, "se oserai ancora darmi ordini salterà prima la tua testa."
"Allora auguro buona fortuna ai batuffoli ammuffiti che compongono il tuo cervello.”
Il fumo delle mie catene prese a scorrere più rapidamente, assumendo la sgraziata forma di un fuoco verticale.
"Come osi—"
Non gli lasciai il tempo di proseguire.
"Se mi ucciderai, perderai anche la mia bella boccuccia. E credo che di quella ti importi, dato che è l'unica in grado di comunicare sia con te che con gli umani."
Il Banette assunse un atteggiamento più difensivo.
"Allora potrei prendermela con i tuoi animaletti da compagnia. Loro non mi servono." A dimostrazione di ciò, Wooper venne ricoperto da una cortina di fumo. Le venature assunsero una colorazione tendente al rosso vinaccia e la sostanza si fece più consistente, fino a raggiungere lo stato solido. Riuscivo a malapena a sentire i versi - no, i guaiti - spaventati del mio pokémon mentre veniva schiacciato dalla sua stessa prigione.
Qualcosa mi pizzicò la testa.
Dando voce alle ondate di lava che mi stavano attraversando il petto, gridai: "Sgranocchio!"
Il cappello mi cadde dalla testa, ma non ci feci caso, troppo rapita dall'espressione shockata del Banette nel vedersi volare addosso un topo viola dai denti assetati di imbottitura.
Dopo un primo attimo di smarrimento, lo spettro sollevò una zampa verso l'alto, innalzando una fiammata di fumo che passò dal nero al bluetto. Rattata ci sbatté contro con un lamento, ma ricadde senza grossi problemi sull'erba.
L'attacco non era andato a buon segno, però era servito a qualcosa: per erigere lo scudo, il Banette aveva richiamato il suo attacco precedente. Con un calcio mi liberai dai residui delle mie catene, che svanirono nell'aria.
Mi chinai sui miei pokémon per accertarmi delle loro ferite. Rattata sembrava essere a posto, ma sul suo dorso vi erano delle chiazze di pelo bruciate. Wooper, invece, era in condizioni precarie: il suo corpo presentava delle zone scure, che temevo potessero essere primi stadi di ematomi. La cosa preoccupante era, però, che nonostante i miei richiami non volesse saperne di aprire gli occhi.
Non avevo idea di cosa fosse successo dentro al bozzolo che lo teneva prigioniero, ma sembrava grave.
Ritirai nella pokéball il mio piccolo amico, sussurrandogli rassicurazioni che però non parvero venir recepite.
Rattata mi si parò davanti in posizione difensiva. Incrociai gli occhi rosati del Banette. Anche se era ancora sostenuto da una delle sue lingue fatte di tenebra, notai con una certa soddisfazione che la cortina si era finalmente prosciugata.
Ma invece che gongolare, strinsi i denti in una smorfia colma di rancore. Il Banette non fu da meno.
"Vorrei ucciderti."
Inserii una mano nella borsa, pronta ad usare qualsiasi cosa avessi a disposizione pur di scamparla. Lo spettro digrignò i denti della cerniera, assumendo un'espressione quasi dolorante.
"La cosa che voglio di più in questo momento è porre fine alla tua inutile e patetica vita", ripeté, fissando con astio le proprie zampe chiuse a pugno. Pareva piuttosto...
"Ma non posso!"
Combattuto?
Il tentacolo che lo teneva su prese ad oscillare, imitando lo stato d'animo del suo padrone che intanto si era preso la testa fra le mani. Sarebbe stato un’ottima occasione per fuggire. Dopotutto Rattata lo aveva già fatto, scattando fino ai cespugli più vicini e sparendo nel sottobosco senza lasciare traccia. Il Banette era chiuso nel suo mondo di autocommiserazione.
Sollevai lo sguardo verso il cielo. Le fronde degli alberi erano immerse nella penombra, perforata solo da sporadici raggi color carminio che andavano affievolendosi di secondo in secondo.
Avevo perso. Il sole era già tramontato ed io non avevo ancora trovato una via d'uscita da quel labirinto di alberi.
Riportai la mia attenzione sullo spettro, avvertendo il montare di un pugno d’ira dentro il mio stomaco.
"Quindi, ciò che desideri di più è farmi fuori?"
"Esatto!", sbraitò. Socchiusi gli occhi.
"Anche più di uccidere il tuo ex-proprietario?"
La reazione fu istantanea: gli occhi del Banette brillarono di rosso e sui suoi palmi comparirono delle sfere cariche di energia.
"Non osare nemmeno paragonarti a lui!"
Con un semplice movimento del polso le sfere schizzarono verso di me. Schivai la prima abbassando la testa e la seconda mettendo in pratica un limbo di infima qualità. Faceva così schifo, infatti, che caddi a terra con uno strillo.
Ma invece di venire travolta da altri attacchi, sentii un sussulto. Venni sollevata in piedi - cortesia di un altro tentacolo di fumo – ritrovandomi di fronte al temibile peluche, che frettolosamente prese a tastarmi la faccia con delle zampe umidicce. Per qualche motivo la stoffa che rivestiva il suo corpo aveva cominciato a produrre e riassorbire in tempo record grosse gocce di sudore.
Odoravano di fumo e uova marce.
Ci vollero approssimativamente due secondi per far sì che Ira venisse presa a calci da Disgusto. Ce ne vollero altri tre perché riuscissi a scaraventare il pupazzo contro un albero. Al decimo secondo mi ero già dileguata fra gli arbusti.
Dietro di me prese vita ciò che pareva essere l'unione di tre diverse viole scordate, presto accompagnato da un rombo proveniente dal sottosuolo.
Gettai una rapida occhiata alle mie spalle.
Dal terreno continuavano a levarsi serpenti d'ombra, menanti alla cieca, alla ricerca di qualcosa su cui sfogare il proprio potere: nemmeno la natura era al sicuro, a giudicare dall'ingente quantità di alberi che stavano venendo stritolati. I miei occhi fecero appena in tempo a notare il massiccio tronco di un baccastagno che le spire attorno ad esso si contrassero di scatto, spezzandolo con un secco crack.
Quel suono echeggiò anche nella mia cassa toracica, convincendomi ad accelerare. Ma le scosse si stavano facendo sempre più forti, sempre più vicine, tanto che ormai la mia schiena stava venendo colpita dai piccoli sassi che venivano sbalzati in aria ad ogni attacco.
Mi guardai attorno, alla febbrile ricerca di una via di fuga.
Se solo ci fosse stato un corso d'acqua, mi ci sarei buttata seduta stante. Dubitavo che il Banette mi avrebbe seguito anche lì: a giudicare dal fetore che quel mostro emanava, non doveva essere un amante dei bagni.
Ma quel postaccio rinsecchito non voleva offrirmi soddisfazioni: non c'erano fiumi, non c'erano laghi, non c'erano piscine; non c'erano scale, non c'erano ascensori, non c'erano Centri Pokémon e persone e perché cavolo Daisuke non risponde!
In compenso c'erano ovetti mezzi rotti i cui gusci parevano essere stati tratteggiati da bambini dell'asilo, un pokémon spettro con un serio bisogno di rassettare le proprie priorità, e alberi, alberi, alberi— albero cavo!
Mi lanciai nella fessura appena in tempo per schivare un tentacolo che, spuntato ad un metro da me, aveva preso a sondare il terreno circostante flagellandolo a mo' di frusta. Rattata mi raggiunse dopo un paio di secondi, con un fiatone che al confronto con il mio poteva passare per 'elegante'.
Squittì un paio di volte, indicando il braccio d’ombra con nervosismo. Il messaggio era chiaro: se non volevamo ritrovarci nello stesso stato del tronco di poco fa, saremmo dovuti uscire al più presto. Annuii, portando una gamba all’indietro per uno scatto.
Il piede cedette. Mi ritrovai a pancia a terra, lottando contro la gravità per non venire trascinata giù.
Giù.
Giù dove?
Piantai le dita nel terreno, ancorandomi a terra. Mi sforzai di girare la testa e di dare un senso alle forme confuse nella penombra.
Okay, il suolo è in discesa. Quella là è la mia gamba e... aspetta, dov’è il polpaccio?
Mossi l’arto, sentendolo sì rispondere ai comandi, ma senza riuscire a trovare alcun appoggio: sotto al mio piede c’era solo aria.
Sbattei le palpebre.
…una fossa?
Rattata, che fino ad allora aveva cercato di arrestare il mio scivolamento tirandomi una spallina della maglia - gesto piuttosto inutile ma comunque apprezzato - rilasciò di colpo la presa, emettendo un verso atterrito. L'ultima cosa che vidi prima che tutto cadesse nell'oscurità fu un'estensione del tentacolo penetrare all'interno del tronco, dritto verso di noi.
Dopo essere stata adottata, non avevo più avuto paura del buio. Di pericoli ce n'erano a bizzeffe, pure di giorno; perché andare a complicarsi la vita facendosi le paranoie su cosa poteva celarsi nell'ombra?
In quel momento, nel sentire il mio fiato mozzarsi ed il mio cuore contrarsi in una fitta così convulsa ed erratica e sbagliata da farmi male, ricordai come mai il genere umano temesse così tanto l'oscurità.
L'anticipazione è quasi più dolorosa del colpo stesso.
Non essendo una grande fan del dolore (nonostante le mie ultime avventure tendessero a dimostrare il contrario) la scelta fu semplice. Afferrai Rattata per la coda ed estrassi il resto delle mie dita da terra, lasciandomi scivolare verso il basso.
Il tentacolo riuscì solo a sfiorarmi il volto; poi il terreno scomparve da sotto al mio corpo ed io sguizzai via, cadendo nel nulla.
~Author's Corner~
Prima che voi me lo veniate a far notare, ho un annuncio da fare: sì. Amo far cadere la gente. E dovreste amarlo anche voi.
*coff coff*
E così sono tornata... con un capitolo più a scopo informativo che dilettevole. Emh. Abbiate pazienza. Ne arriveranno altri (spero) più interessanti.
A questo proposito voglio ringraziare la mia betareader/friend/compagna-di-fangirlaggi Nyaa_ per avermi aiutato nel correggere questo capitolo ed un paio di quelli che lo precedono. Grazie Nyaa! *tira coriandoli*
Come al solito, se ci sono problemi/errori/confusioni varie, please, fatemelo notare ^^
Until the next chapter, bye bye~
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Capitolo 37 *** Pista (in)Ciclabile II ***
~ Pista (In)Ciclabile II ~
Per un momento, nel sentire l'urlo acuto di Rattata, mi domandai se non avessi commesso un orribile sbaglio; poi il terreno prese ad inclinarsi ed il mio corpo a scendere giù, rapido e senza intoppi.
Eravamo capitati in uno scivolo.
Le grida che mi proruppero dalle labbra andarono a sommarsi a quelle del pokémon, con la sola differenza che le mie erano di diletto, mentre le sue di terrore.
Certo, ero ben conscia del fatto che da un momento all'altro il condotto sarebbe potuto crollarci addosso rendendoci ottimi candidati alla fossilizzazione. Tuttavia la situazione era troppo surreale perché io potessi prenderla sul serio, perciò decretai che se il mio destino fosse stato quello di essere riportata alla luce ed esposta in un museo, tanto valeva morire indossando un'espressione gioiosa.
La mia allegria terminò quando lo fece anche lo scivolo. Con l'impatto il mio corpo venne sbalzato in avanti e costretto a ruzzolare senza controllo. Una serie di ‘Ouch!’ e ‘Agh!’ presero il posto delle vecchie risa, finché dopo cinque – otto? dodici? – capriole il mondo parve avere pietà di me e smise di girare.
Rimasi stesa su quel pavimento – freddo, irregolare e puntellato da sassolini aguzzi che mi si erano conficcati nelle braccia, nelle gambe e nella schiena - il tempo necessario per perdere i sensi, svegliarmi, girarmi di lato per vomitare e chiudere di nuovo gli occhi.
Rattata ad un certo punto doveva essersi stancato di aspettare, perché quando mi ripresi fu per un suo morso alla guancia; non tanto forte da sradicarmi la faccia, ma abbastanza vigoroso da farmi strillare e coprire il volto con le mani.
"Rattata, ma che cavolo— di solito bisogna baciare le giovani fanciulle dormienti, non mangiare loro la faccia!"
"Ratta! Ta!"
"...touché. Nemmeno io mi bacerei."
"Rat."
"Però come principe fai schifo."
Mentre mi ripulivo le labbra con una manica attivai la torcia del Pokédex, cercando di dare un senso all’oscurità che ci circondava.
Lo scivolo terminava in un tunnel deserto se non per degli affusolati funghi bianchi che sbucavano a mazzi dalle sue pareti. L’aria era pesante ed umidiccia, tanto che dovetti passarmi il dorso della mano sotto al naso per evitare che gocciolasse.
Mettendomi in bocca Dexi, provai a risalire il condotto dalla quale eravamo discesi, invano: dopo appena quattro passi mi resi conto che il successivo tratto di tunnel era troppo ripido per essere scalato e mi lasciai scivolare fino a terra.
Rattata sollevò le orecchie, in attesa del mio resoconto.
“È impossibile tornare indietro.” Alzai lo sguardo, concentrandomi sulla parete opposta allo scivolo: lì le pareti rocciose si stringevano fino a formare un passaggio angusto, ma che appariva essere praticabile. “A questo punto non possiamo fare altro che proseguire”.
Con la punta del piede diedi una spinta al pokémon, avvicinandolo al cunicolo. Rattata emise un versetto indispettito, a cui replicai facendogli notare che, come topo dotato di vista notturna, avrebbe potuto avvertirmi di eventuali pericoli lungo il percorso.
Con un piccolo sbuffo – dovuto al compiacimento per essere stato, in un certo senso, definito superiore alla mia persona – Rattata prese a zampettare nella direzione indicatagli, sventolando la codina.
Controllando per un’ultima volta il cellulare (ovviamente non c’era alcun segnale) lo seguii, sperando con tutte le mie forze di scampare in qualche modo al mio destino da fossile.
Mi passai una mano sulla fronte sudata.
Molte cose potevano andare storte. Da un momento all’altro sarebbe potuto sbucare fuori un pokémon troppo potente per poterlo affrontare; il tunnel ci sarebbe potuto cadere addosso a causa di qualche scossa sotterranea o sarebbe potuto terminare in un vicolo cieco, lasciandoci senza alcuna via d’uscita.
Lanciai un’occhiata al soffitto, dove le ombre si avviluppavano alle stalattiti di roccia come rettili oziosi. Nell’oscurità sembravano pulsare.
Tornai a concentrarmi sul percorso, rabbrividendo.
Il Banette che fine aveva fatto? Si era reso conto di averci perso, o stava proseguendo imperterrito nella sua opera di distruzione? Sarebbe riuscito a rintracciarci?
La mia respirazione fu resa più facile quando mi ritornò in mente la descrizione del Pokédex. Se il peluche era stato abbastanza disperato da essere disposto a venire a patti con me, uno degli umani che tanto disprezzava, ciò significava che la ricerca del suo ex-padroncino si era dimostrata più volte infruttuosa. Probabilmente aveva iniziato ad attaccare chiunque incontrasse proprio perché conscio di essere con le spalle al muro; ma ora che aveva finalmente trovato qualcuno in grado di facilitargli il compito, non sarebbe stato disposto a lasciarselo scappare.
Perciò ero certa che non mi avrebbe eliminata— non subito, almeno.
Infilai la mano in tasca, circondando con le dita la pokéball di Wooper.
Lo stesso non si poteva dire per chi mi stava accanto.
Accarezzai la superficie liscia col pollice, cercando di infondere sia a me che al mio compagno un po’ di conforto.
Una piccola parte di me, timida ma ottimista, sperava ancora di riuscire a scamparla. Biascicava che, se avessi spiegato a Daisuke il problema, lui sarebbe riuscito a trovare una soluzione. Immaginava che, in caso contrario, avremmo potuto affrontarlo assieme in un combattimento. La verità era tuttavia ben diversa, e quelle illusioni non facevano altro che rigirare il coltello nella piaga.
Non avevo idea di come avrebbe potuto reagire Daisuke. La sua mente era indubbiamente un vero e proprio database di informazioni e di fronte alle difficoltà era in grado di mantenere la calma ed analizzare la situazione; ma gli eventi più recenti – l’incontro con il Gyarados meccanico, la piccola crisi a cui era stato soggetto a bordo del Lapras – avevano dato prova che anche lui aveva dei limiti.
E poi…
Socchiusi gli occhi, rievocando il numero che era apparso sullo schermo del Pokédex quando l’avevo puntato verso il Banette durante il nostro primo incontro.
Se anche decidessimo di lottare, non faremmo che condannarci da soli.
(Questo sempre se Daisuke decide di aiutarti)
La pokéball mi scivolò via dalle dita, cadendo sul fondo della tasca.
Daisuke era furbo, ma cauto: cercava di non cacciarsi nei guai. Perché mai avrebbe dovuto darmi una mano?
Siamo amici. Mi rammentai, affrettandomi ad erigere una difesa contro i sussurri che mi stavano accarezzando mollemente la coscienza. L’ha detto anche lui. Perciò…
Chiusi la mano in un pugno.
Eravamo amici, perciò sarebbe stato preso di mira.
Mi morsi il labbro inferiore, cercando di sopprimerne il tremolio.
Non ero abbastanza forte per sconfiggere il Banette, ed ora sia lui che la mia squadra ne avrebbero sofferto le conseguenze.
Il passaggio si allargò dopo una mezzoretta di cammino; contemporaneamente, l’eco dei miei passi si fece meno pronunciato e l’ossigeno perse la sua corposità. Feci un giro su me stessa, rischiarando i dintorni.
Ero finita in un’altra grotta. Questa aveva la forma circolare e dal suo perimetro si diramavano una decina di tunnel scavati a distanza simmetrica l’uno dall’altro; per il resto la stanza era spoglia, fatta eccezione per una sagoma bianca che s’innalzava al centro della caverna. Ad occhio e croce doveva raggiungere l’altezza delle mie spalle.
Sgattaiolai fino a quella struttura nodosa e le puntai addosso la torcia. Dopodiché sbattei le palpebre una, due volte.
Un… fungo?
Davanti a me c’era un fungo grosso come la poltrona del salotto dei miei nonni. Gli girai attorno, squadrandolo con attenzione. La sua mancanza di colore lo rendeva più simile ad uno spettro che ad un’entità fisica, tanto che provai il desiderio di toccarlo, giusto per accertarmi che fosse effettivamente reale. Esitai, spostai il peso da un piede all’altro e alla fine allungai un dito verso il vegetale.
Qualcosa mi premette la caviglia, facendomi fare un salto indietro. Abbagliai il colpevole.
“Rattata, accidenti! Un po’ di pietà per la tua misera fornitrice di biscotti!”
Il topo arricciò il muso in un’espressione presuntuosa.
“Almeno hai trovato l’uscita?” Brontolai, posandomi una mano sul fianco. Il pokémon fece spallucce, adocchiando i vari passaggi.
“Ta…” Sembrava indeciso quanto me.
Sospirai. Andare alla cieca non era un corso d’azione molto allettante: serviva una pista, un indizio.
Trascorremmo i successivi minuti a studiare i vari passaggi, ma ad eccezione di alcune incisioni che circondavano i loro ingressi a mo’ di cornicette (qualche esploratore che si era fatto prendere la mano con lo scalpello?), non presentavano nulla che potesse differenziarli.
La cosa si risolse in modo piuttosto democratico: sia io che Rattata scegliemmo il percorso che ci trasmetteva il minor numero di vibrazioni funeste e poi ci destreggiammo nel più epico – probabilmente perché unico – scontro di Carta-Forbice-Sasso mai giocato fra umano e roditore.
Cinque minuti dopo mi ritrovai ad arrancare dietro a quest’ultimo, cercando di non inciampare sulle radici che avevano deciso di ravvivare il posto, tappezzando pavimento e pareti in egual maniera.
“La prossima volta – puh! Che schifo! – si gioca a Pari e Dispari.” Sputacchiando, scostai la pianta rinsecchita che mi era finita in faccia. Il topastro sghignazzò, finché anche lui non scivolò su una macchia verde. Mi chinai a tastare il groviglio di radici, che risultò umido e morbido al tatto.
Muschio?
Non essendo molto istruita sulla biologia – o sulle altre materie scientifiche, umanistiche e, più in generale, scolastiche – non sapevo di preciso cosa potesse significare. Decisi di considerarlo un segno positivo ed accelerai il passo.
In men che non si dica ci ritrovammo attorniati da ciò che aveva l’aria di essere una giungla in scala ridotta. Dal soffitto pendevano pigramente delle liane, alle cui potevo aggrapparmi ogni qualvolta perdessi l’equilibrio. Le mie scarpe si erano bagnate a forza di passare in mezzo alle ciocche d’erba lustre di rugiada che erano disseminate per il percorso, e da cui facevano capolino fiori di vari tipi: campanule, violette, non-ti-scordar-di-me…
Erano i funghi, però, a dominare il paesaggio. Questi, anziché mantenere il pallore che li aveva caratterizzati nel tunnel precedente, sembravano essere stati immersi in secchi di vernici fluorescenti. Costellavano i lati del cunicolo come dei lecca-lecca di varie dimensioni, le cui gradazioni passavano dal blu cobalto al rosso pennarello, dall’argento al verde acqua.
Non sapendo se fossero velenosi od innocui, mi limitai a scattare un paio di foto, desiderosa di portare almeno una parte di quello spettacolo con me.
Più proseguivamo, più dettagli riuscivamo a notare. Ad esempio mi accorsi con sollievo che, nonostante la florida natura, quel piccolo angolo di paradiso non ospitava neanche un insetto. Non una coccinella dispersa, non un’ape ronzante, non una farfalla.
Era tutto perfetto.
Eppure…
Deglutii, cercando di rimediare alla secchezza della mia gola. Un rivolo di sudore mi scivolò fino al mento.
Non vi era un fil di vento. La vegetazione era immobile, come se facesse parte di un quadro riflettente natura morta. Eccetto il fruscio dei nostri passi sull’erba, regnava il silenzio.
Rattata camminava a ridosso del mio piede, costringendomi a prestare il doppio dell’attenzione per non pestarlo.
“Suvvia, sono solo piante. Probabilmente ci stiamo avvicinando alla superficie!” Cercai di rincuorarlo, ignorando la strana sensazione che mi trasmetteva quel posto. “Magari sbucheremo in una grotta segreta, all’interno di cui dei vecchi lupi di… uh… foresta? Sì, dove dei vecchi lupi di foresta hanno nascosto i loro forzieri, ricolmi dei portafogli sottratti ai ciclisti della Pista Ciclabile!”
Quelle parole suonavano vane anche alle mie orecchie, ma il chiacchiericcio era un rumore confortevole a cui non volevo rinunciare. Perciò mi gettai in una lunga descrizione relativa alla ‘nave’ dei lupi di foresta e alle loro dimore sugli alberi, dove avevano costruito un vero e proprio villaggio integrato con l’ecosistema. Erano dei birbanti, certo, ma agivano nel rispetto dell’ambiente.
Ad un certo punto Rattata si stufò di darmi corda e cercò di mettermi a tacere colpendomi la caviglia con un colpo di coda ben assestato.
“Hey!”, alzai il piede, tastando la parte lesionata. “Che tu ci creda o no, fa male!”
Il topo espresse tutto il suo scetticismo con un ‘tsk’ ben piazzato.
Mi accucciai, tirandogli un orecchio. “Potrà anche essere una mossa debole contro un altro pokémon, ma noi umani non siamo abituati a questo genere di cose.” Anche se quello che mi hai appena fatto è a malapena paragonabile ad un calcetto nello stinco. Ma questo non devi saperlo.
Rattata arricciò il naso. Che miscredente.
Sollevai la gamba destra, indicandola. “Ricordi quando era ricoperta di ghiaccio? Una delle tante ed interscambiabili infermiere Joy mi ha spiegato che mentre per un pokémon è normale riprendersi dagli attacchi, per noi persone comuni non è facile reggere le vostre mosse.”
Sbuffai, ricordandomi la bella ramanzina somministratami da quell’infermiera. “Poi si è messa a parlarmi di come una volta sua cugina – anche lei infermiera e anche lei ‘Joy’ – era stata punta da un Weedle mentre potava le rose del suo Centro Medico. Anche se le sue colleghe ci avevano impiegato solo qualche minuto per iniettarle l’antidoto, per i tre giorni successivi era stata costretta a restare a letto, con il corpo pieno di pustol—“
Rattata emise un verso disgustato e mi colpì nello stesso punto di prima, ma con più forza.
“Auch! Ti ho appena detto che—“
Il ratto viola mi lanciò un’occhiataccia, mettendomi effettivamente a tacere. Lo vidi muovere le orecchie, alzare il capo ed immobilizzarsi. Puntai la torcia elettrica del Pokédex verso il soffitto, illuminando un fascio di liane.
Gonfiai le guance. Tutta la galleria era ricoperta da liane: cos’avevano queste di così speciale? Erano verdi, sfilacciate e molto noiose. Non facevano altro che ciondolare e ciondolare, ostentando il loro rango da pianta dominante all’interno di quel dannato posto.
Aspetta. Spalancai gli occhi. Stanno ciondolando.
Feci due più due.
A meno che non si tratti di una nuova specie di pokémon desiderosa di farci un dispetto, questo vuol dire che c’è una corrente d’aria. E se c’è corrente…
“L’uscita!”, esclamai, mettendomi a correre. Nella fretta riuscii a sentire uno squittio allegro da parte del mio pokémon.
Il sentiero svoltò a sinistra, destra, di nuovo sinistra per poi aprirsi in quella che sembrava essere una nuova caverna: e là, in lontananza, intravidi un bagliore. La gonna mi ondeggiò delicatamente contro le gambe, alla mercé di un sottile soffio di vento.
Mi fermai, inspirando profondamente e riempiendo i miei polmoni di ossigeno fresco. Le mie narici vennero attirate da un odore dolciastro che, sommato al gorgoglio che da lì a poco aveva iniziato a giungermi alle orecchie, mi fecero sospettare che ci trovassimo vicino a qualche fonte d’acqua sotterranea.
Ma è troppo rumoroso per essere un fiume. Che ci sia davvero una cascata?
Prima che potessi ragionarci su, Rattata mi tirò il calzino, incitandomi a smetterla di fissare il vuoto come un’ebete.
“Mi muovo, mi muovo! Smettila di distruggermi il calzin—“
La luce di Dexi tremolò, per poi tornare stabile. Aggrottai la fronte, dando una rapida occhiata al simbolo della batteria.
Quarantasei percento. In teoria sarebbe dovuta sopravvivere per almeno altre due ore; ma forse qualcuno si era dimenticato di dirlo al diretto interessato, perché la luminosità dello schermo si affievolì di nuovo. Picchiettai sul retro dell’aggeggio ed esso resuscitò a piena potenza.
Poi si spense.
Lo scossi, premetti bottoni a caso, gli lanciai maledizioni; niente da fare. Presi un lungo respiro, cercando di ignorare il formicolio che si stava diffondendo nel mio petto.
Era bizzarro.
E nel mio dizionario ‘bizzarro’ equivaleva a ‘non va bene, sta per succedere qualcosa di brutto, cosa fai lì abbindolata, esci fuori!’, per cui io, da persona amante della lessicografia, decisi di eseguire la definizione.
Peccato che fossi immersa nell’oscurità più totale, senza la benché minima idea di dove ‘fuori’ fosse.
Non riuscivo più a vedere il bagliore dell’uscita che fino a pochi attimi prima mi era stato di fronte al naso: era svanito nel nulla, assieme alla brezza leggera ed al fragore dell’acqua corrente.
Che si fosse trattato di un miraggio?
Rattata emise un ringhio. Un liquido caldo e bagnato mi cadde sulla guancia, facendomi rabbrividire. Lo lasciai scivolare fino alla punta del mio mento, senza provare a ripulirmi. I miei occhi guizzavano da una parte all’altra, cercando di captare un movimento, una presenza, una forma nel buio. Un flusso d’aria tiepida mi solleticò faccia e collo, facendo ondeggiare le punte dei miei capelli.
No, nessun miraggio.
Qualcosa la stava coprendo.
Al ringhio del mio compagno se ne aggiunse un altro, grave e roco, che mi fece trasalire. Rattata abbassò la cresta, rintanandosi dietro alla mia caviglia.
Io non riuscivo a vedere nulla, ma lui sì. Il fatto che non fosse nemmeno disposto a provare a combattere contro il nuovo arrivato costituiva un campanello di allarme.
Feci arretrare una gamba, cercando di distanziarmi. La bestia spalancò gli occhi luminosi – due bulbi senza pupilla e delle stesse dimensioni di un forno a microonde che mi fissavano privi di intelligenza – e per un attimo rimanemmo entrambi congelati sul posto. Dopodiché mi avventai nella direzione dalla quale eravamo venuti mentre l’Essere, emettendo un boato che fece tremare terra ed aria, diede inizio alla caccia.
La creatura mi fu sempre alle calcagna. Invece di sentire i tonfi delle sue zampe, ciò che raggiunse le mie orecchie fu il rumore di pietra che sfregava contro pietra, di una coda che falciava l’aria ed andava a conficcarsi nelle pareti laterali, del suo corpo che si trascinava lungo il condotto facendo vibrare il suolo. I suoi versi stridenti erano simili a quelli del Gyarados metallico, con la differenza che questi erano reali, saturi di una forza primitiva e troppo, troppo vicini.
Gli occhi del mostro emettevano abbastanza luce da permettermi di vedere dove andavo, perciò continuai a correre a ritmo sostenuto fino a quando Rattata non ci seminò. A quel punto il terreno smise di essere soffice ed inciampai sulla prima delle secche radici che ci eravamo lasciati addietro. Proseguii per un paio di metri a quattro zampe, arrampicandomi sulle piante, e poi ripresi a correre in posizione eretta incespicando più volte.
Quando raggiunsi la grotta del fungo gigante, la mia milza stava già implorando pietà.
Dove vado?
C’erano troppe gallerie.
Dove vado?
Il mostro era dietro di me.
Dove—
“Ratta!”
Mi avventai nella direzione del mio starter, seguendo i suoi richiami. Lungo il tragitto colpii con la spalla qualcosa di resistente, ma flessibile, ed un tenue bagliore rischiarò la stanza quel che bastava per individuare i vari condotti ed imbucarmi in quello giusto.
Sul terreno era dipinta la mia ombra, sovrastata da un’altra immensamente più grande e deforme. Con un singhiozzo costrinsi le gambe a dare il massimo per un ultimo sprint.
Il percorso era in salita ed il mio corpo era pesante e goffo, ma alla fine venni accolta dai rumori della boscaglia. Intravidi la sagoma di Rattata, che mi aveva aspettato al varco finale: lo superai in fretta e furia, inoltrandomi nella foresta.
Mi fermai solo quando il mondo, che pareva averne avuto abbastanza di farsi quattro risate alle mie spese, stabilì che sarebbe stato più che giusto far finire le mie peripezie con un tocco di classe.
Così inciampai su una roccia.
Rattata mi si avvicinò, accoccolandosi sulla mia spalla. Il suo cuore batteva all’impazzata contro la sua piccola cassa toracica, rimbombando assieme al mio. Ci vollero un paio di minuti prima che potessi essere sicura di non essere stata seguita fuori dal sottosuolo, prima che l’adrenalina smettesse di scorrermi nelle vene al posto del sangue. Dopodiché lasciai che le mie membra sprofondassero nel terreno, fregandomene altamente del fango e degli insetti e di tutto il resto.
La mia bocca sapeva di ruggine.
Non c’era una singola parte di me che non pulsasse dolorosamente. In particolare, mi bruciavano i palmi delle mani (dovevo essermi graffiata) e la mia gamba destra non smetteva di tremare.
Attorno a noi, tutto era tranquillo.
Fra le fronde degli alberi echeggiavano i trilli degli insetti notturni. Da qualche parte un grosso rospo gracidava con insistenza.
Non mi importava della Pista Ciclabile. Non mi importava dei pericoli del bosco. Nulla poteva superare l’orrore che avevo appena provato. Di certo non mi sarei mai, mai e poi mai riavventurata laggiù. Piuttosto avrei preferito affrontare il Banette ed i suoi attacchi tentacolari a mani nude.
La temperatura si abbassò di colpo, facendomi venire la pelle d’oca. I suoni della foresta vennero meno, inghiottiti dal silenzio. Udii un fruscio.
Sollevai le palpebre, intrecciando lo sguardo con due pupille rosa che mi fissavano con superiorità.
“Salve, scimmia. Sei pronta a morire?”
Chiusi gli occhi.
Ma porca di quella—
Fui tentata di non rispondere. Il mio volto venne lambito da ciò che aveva l’aria di essere vapore acqueo, ma che sprigionava un odore pungente: mi ricordava l’incenso all’essenza di pino che aleggiava nello studio di Zio Teddy; tuttavia, mentre quest’ultimo aveva un’azione calmante sui nervi tesi, quello del Banette mi volteggiava attorno come un avvertimento.
Mi costrinsi a partecipare al suo gioco.
“Per quello”, mi domandai cosa ci facesse un pezzo di carta-vetro al posto della mia lingua, “Sei arrivato in ritardo.”
“Mmh. In effetti, prima puzzavi di meno.”
“Senti chi parla.”
“Di paura, stupida.”
“Cosa sei, un cane?”
“Non sono affari tuoi!” Lo strano gas iniziò a vorticare, scompigliandomi i capelli. Puzzava di legno bruciato.
Lo spettro fluttuava sopra di me, sospeso in aria dalle solite lingue oscure. Stavolta assomigliavano di più ad una foschia che ad entità corporee: si muovevano con impazienza, scalciando a destra e a manca, arricciandosi su se stesse e contraendosi come in preda ad un mal di pancia.
Mi venne come l’impressione di essere al centro di una messa in scena. Uno spettacolino gratuito con la quale il pokémon intendeva intimorirmi. Ma, forse perché avevo già accettato la mia triste sorte, forse perché avevo prosciugato le emozioni con la fuga di prima, il massimo che riuscii ad offrirgli fu un sospiro.
Irrigidendo gli addominali e digrignando i denti per lo sforzo, mi misi a sedere.
“Mi spieghi che cosa vuoi?”
Le ombre si fermarono. Gli occhi del Banette si fecero più intensi, passando da rosa a cremisi. La lampo della sua bocca slittò, aprendosi di pochi centimetri. Trattenni il fiato.
“Vendetta.”
I miei polmoni si sgonfiarono come palloncini.
Mi morsi la lingua, intrappolando le tre risposte automatiche che la mia bocca era stata sul punto di divulgare. Tutte e tre sarcastiche e scocciate, il cui unico risultato sarebbe stato il maciullamento del mio corpo da parte di un pokémon psicolabile.
Passai una mano sulla fronte sudata, assalita dallo sconforto. Al momento desideravo solo un letto. E del cibo. Anche una doccia calda non sarebbe stata male. Non c’era spazio per qualcosa come la vendetta, nei miei piani.
Beh, eccetto quella alla quale avrei sottoposto Daikke non appena l’avessi rivisto. Stickers di My Little Ponyta sul portatile? Baffi e monocolo sulla foto del suo passaporto?
Un arto tenebroso acquisì la forma di una mano umana, e schioccò le dita di fronte al mio sguardo imbambolato, interrompendo bruscamente il calcolo delle tempistiche su cui mi sarei dovuta regolare per riuscire a riempire di nascosto un flacone di shampoo con del muco di Wooper.
Sobbalzai, colpendo l'attacco e facendolo dissolvere.
“Ho capito! Vuoi la tua vendetta!”, mi portai una mano al petto, “Io invece desidero che tu lasci me e le altre persone in pace.”
Pausa. “E con ‘in pace’ intendo dire ‘intatte, vive e vegete’. Non l’altra pace.”
Il Banette emise un piccolo ‘tsk’, distogliendo momentaneamente lo sguardo. Alla fine, decretando probabilmente che la sua rinuncia non fosse poi così gravosa, tracciò un paio di cerchi in aria con la zampa – imitata dal tentacolo, che si era ricomposto – come per dirmi di proseguire.
“In cambio, dedicherò un po’ del mio tempo—“
Il mio interlocutore mi schioccò un’occhiataccia.
“—una buona frazione del mio tempo per cercare il tuo ex-padroncino. O padroncina.” Corrugai la fronte, rendendo palese la mia mancanza di informazioni.
Dalla nuvola gassosa si condensò un braccio d’ombra che si fermò a qualche centimetro dal mio busto, facendomi ritrarre istintivamente. Anziché attaccare, il Banette si limitò a formare un’altra mano, per poi statuire qualcosa che, nella sua fermezza, risuonò come un’omelia funebre:
“Prima il patto. I dettagli vengono dopo.”
Il lobo sinistro del mio cervello si arrovellò in un susseguirsi di pensieri (Non me la racconta giusta, non accettare, è impossibile che tu ci riesca, già ti è difficile fare l’allenatrice, figuriamoci il detective privato).
Quello destro a sussurrò un’unica sentenza disillusa: ‘Beh, ti ha incastrata.’
Valutai le mie alternative.
Scappare era fuori discussione: anche avendo ripreso fiato, il fatto che la mia gamba destra non avesse ancora smesso di martellare fu sufficiente a farmi rinunciare all’iniziativa.
Combattere sarebbe stato un corso d’azione con effetti ancora più disastrosi. Dopotutto Wooper era fuori uso, mentre Rattata…
Lo osservai con la coda dell’occhio: il topino era sulla difensiva, pronto a scattare; ma a giudicare dai tremolii che gli scuotevano il corpo, doveva essere stremato. E non avevo con me uno straccio di Pozione perché Daisuke, in tutto il suo acume, aveva decretato che con il mio modo di fare impacciato avrei finito col romperle o col somministrarle nel modo sbagliato. Mi era parsa un po’ una scusa, ma la proposta – la scappatoia da quella responsabilità – era suonata così dolce alle mie orecchie da spingermi ad accettarla senza uno straccio di obiezione.
Ed a causa della mia pigrizia adesso ero alla mercé di una bambola.
Una bambola piuttosto spazientita.
“Ti darò dieci secondi.”
Per poco non mi strozzai.
“Eh?”
“Nove secondi, e poi adopererò le tue interiora per decorare il bosco in vista del Natale.” Il fumo violaceo circondante l’arto che mi stava di fronte spumeggiò, irrequieto.
Scossi la testa, incredula.
“Otto…”
Serrai la mandibola. Il sangue mi corrodeva le vene, acido e scottante.
Non volevo stringergli la mano. Non volevo stipulare un altro accordo.
Strinsi i pugni, conficcandomi le unghie nella pelle finché non l’avvertii bruciare.
Da tempo avevo ormai raggiunto la conclusione che tutti i Pokémon Spettro fossero dei mostri privi di coscienza, ma il suo comportamento superava ogni limite. Era solo una bambola di pezza! Non poteva imporsi sulla mia volontà, costringermi a fare qualcosa che non desideravo! Non ne aveva il diritto!
“Sette…”
Avrei combattuto. Avrei fatto in modo di bloccare il suo progetto, rifiutandomi di collaborare o boicottando l’operazione dall’interno. Mi sarebbe bastato trovare il suo punto debole, qualcosa su cui far leva per riprendere il controllo della situazione e poi…
La nube nera pulsò, riempiendosi di venature violette. Sussultai, dirigendo lo sguardo verso il suo creatore: Il Banette, come se avesse compreso le mie intenzioni, indicò Rattata con un piccolo movimento del capo. I suoi occhi si erano tinti di rosso, proprio come avevano fatto con Wooper prima di ferirlo.
Mi morsi il labbro, abbassando lo sguardo.
“Sei…”
Sono un’idiota.
Non ero l’unica ad essere in pericolo. C’erano i miei pokémon, e anche—
Daisuke. Come avrei fatto con lui? Non potevo trascinarlo in un pasticcio che avevo creato con le mie stesse mani, per quanto le mie azioni fossero state a fin di bene. Ma dopotutto lo avevo salvato dal Gyarados: non avrebbe potuto biasimarmi più di tanto, no?
“Cinque…”
E allora perché non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di un Daisuke che mi scrutava con gli occhi ridotti a fessure?
Mi strinsi nelle spalle, cercando istintivamente di nascondermi.
Cosa mi assicurava di non aver commesso un enorme sbaglio? Se avessi atteso qualche minuto anziché scagliarmi precipitosamente nel serpente robotico, forse avremmo potuto formulare un altro piano. Forse sarebbero giunti i soccorsi. Forse—
“Quattro…”
Cos’avrebbe fatto, lui, al mio posto? Cos’avrebbero fatto i miei Nonni, i miei Zii? Mamma e P—
E il bambino?
Il terreno guizzò via da sotto i miei piedi, come se un gigante avesse dato una manata alla Terra facendone accelerare la rotazione attorno all’asse. Feci un passo indietro, stabilizzandomi. Ingoiai della saliva, cercando di tenere a bada la nausea.
Anche nel remoto caso in cui fossi riuscita a svolgere la mia parte, avrei comunque condannato una persona a morte certa.
“Tre…”
Non posso farlo!
Mi presi la testa fra le mani, non riuscendo più a sopportare la vista della mano che il pokémon mi stava tendendo.
La sola idea di poter contribuire ad un omicidio mi era inconcepibile. Uno sconosciuto, poi? Il cui unico crimine era stato quello di buttare via un giocattolo?
(Ma appunto perché è uno sconosciuto, dovrebbe renderti il tutto più semplice. Non vuoi salvarti?)
Non— io non—
“Due…”
Afferrai i lembi della mia gonna, nel tentativo di fermare il tremore delle mie mani.
Non esisteva una scelta giusta, vero? Erano tutte sbagliate e orribili e qualcuno sarebbe rimasto ferito in ogni caso. Anche se avessi declinato il patto – mi rifiutai di pensare a quale sarebbe stata la mia sorte, in quello scenario – il Banette avrebbe ripreso le ricerche, proseguendo con la sua carneficina indiscriminata.
Mi sentii strattonare il laccio della scarpa. Rattata, lasciata cadere a terra la stringa, alzò il musetto. Gli vibravano i baffi e la sua coda era così bassa e ricurva, da essergli finita in mezzo alle gambe. Teneva gli occhi fissi su di me, concentrati in una preghiera silenziosa che sembrava dirmi ‘Scappiamo. L’abbiamo fatto prima, ci riusciremo di nuovo.’
Lui era pronto.
“Uno…!”
Probabilmente, se fossi stata più coraggiosa, o più forte, o anche solo più sfrontata, avrei seguito il suo consiglio.
Ma ero stanca. Stanca di scappare. Stanca di fingere di essere qualcosa che non ero. Stanca di resistere alla voce che da nove secondi, grave e dolorosa come i battiti del mio cuore, ripeteva “Stringi la mano. Stringi la mano. Stringi la mano, e finirà tutto.”
E così feci. Perché tanto, qualsiasi cosa avessi scelto di fare, non sarebbe stata che l’ennesima fuga.
Il Banette sogghignò: quindi il suo arto mi trapassò il petto.
Urlai, sentendo l’ammasso gassoso – no, non gassoso, ma pesante e viscoso come il catrame –avvilupparsi attorno al mio cuore. Cercai di afferrarlo, ma la mia mano ci passò attraverso senza alcuna resistenza.
Ora che un corpo estraneo stava circondando il mio organo, riuscivo a rendermi conto delle sue effettive dimensioni; del vigore delle sue contrazioni; dell’energia vitale che lo portava ad espandersi ed a ritrarsi in continuazione, nutrendo il mio corpo. Presi delle grosse boccate d’aria, cercando tenere giù la sostanza acidula che stava risalendo il mio stomaco. Portai gli occhi sul peluche, ghermendo la parte sinistra del mio petto.
“C-cosa stai…!”
Il pokémon stava studiando quella stessa zona con aria assorta. Ogni tanto spostava lo sguardo, come se stesse cercando qualcosa.
“Tranquilla.”, borbottò, “Presto sarà tutto finito”. Poi l’arto spettrale cominciò a stringere il mio cuore ed il mio corpo si contrasse come un giocattolo a molla.
La mia vista stava venendo contaminata da un pullulo di puntini neri; ma prima che potessi perdere i sensi, il mondo si tinse di grigio. Un’onda fredda si riversò per tutto il mio torace, riempiendo con la sua presenza ogni interstizio. Avvertii solo un pizzicore diffuso alle membra, dopodiché al Banette scappò un sibilo e l’attacco strisciò fuori dal mio corpo per rintanarsi all’interno della nube da cui era stato originato, lasciandomi cadere a terra.
Mi misi a carponi, sostenendomi su arti tremanti. I vestiti, appiccicatisi alla mia pelle completamente madida, erano diventati scomodi ed asfissianti.
Il mio braccio venne a contatto con il pelo ispido di Rattata che, squittendo, provò a confortarmi premendoci contro la fronte. Fra un ansimo e l’altro riuscii a rassicurarlo, a dirgli di essere a posto. Stordita, con lo stomaco in subbuglio, ma a posto.
Quando la nausea si affievolì mi sollevai sulle ginocchia e puntai il dito contro il mio aggressore.
“H-hai mentito!”, proruppi, non sapendo se in me predominasse il terrore o la furia, “Hai cercato di uccidermi!”
Il pokémon stava fissando il vuoto alla sua destra, dando l’impressione di essere perso nei propri pensieri. La sua fronte era imperlata di sudore. Lui e la sua nuvola avevano perso almeno una trentina di centimetri di quota.
“L’accordo salta!” Continuai, alzandomi. Quelle parole ebbero l’effetto di far tornare il Banette alla realtà ed ai suoi modi imperativi.
“No, non puoi!”
Aprii la bocca, pronta ad usufruire di qualunque insulto ritenessi più appropriato, ma lui mi precedette. “Non puoi, perché…”, riportò lo sguardo sullo stesso punto di prima, contemplando qualcosa. Alla fine parve decidersi e continuò, “…perché quello era il patto.”
Se credeva che potessi ancora fidarmi delle sue parole dopo ciò che aveva fatto, si sbagliava di grosso. “Mi stavi schiacciando il cuore!”
“Volevo— cioè, ho usato una delle mie abilità. Non so come voi umani la chiamiate. Mi sono assicurato di rendere il nostro accordo un patto inscindibile, pena la morte.”
Aggrottai la fronte; lui alzò a sua volta un sopracciglio, sfidandomi.
D’istinto andai a controllare su Dexi, ricordandomi che fosse fuori uso solo dopo averlo puntato contro lo Spettro. Tuttavia lo schermo brillò lo stesso, dandomi il benvenuto come al solito. La batteria segnalava il trentacinque percento, mentre la luminosità era tornata ad essere stabile.
Premetti il pulsante ‘A’, appuntandomi nella mente di far ispezionare i circuiti di quell’aggeggio da Daisuke. Feci scendere la pagina fino a raggiungere la sezione che mi interessava.
«Maledizione. Il Pokémon Spettro rinuncia ad una parte della sua salute per scagliare al nemico un anatema, che agirà in un secondo momento»
Oh. Effettivamente ha un senso. Sollevai la testa. E forse non è così male.
“Questo vuol dire che anche tu sei vincolato?”
La sua zip si abbassò in una smorfia scontrosa. “No. Questo vuol dire che tu sei costretta a rispettare il patto, se ci tieni alla vita. Io posso fare quel che mi pare.”
Mi scappò una risatina.
No, non era ‘male’. Il concetto di ‘male’ non si avvicinava nemmeno a descrivere la mia situazione.
La risata s’ingrassò, accrescendo la velocità con cui l’aria fuggiva dai miei polmoni. Continuai a ridere sotto gli sguardi preoccupati (Rattata) ed annoiati (Banette) dei due pokémon in mia compagnia, fino a quando non terminai la riserva di ossigeno per la quarta volta consecutiva.
Dopo che il mio breve episodio di isteria si fu consumato, tale sorte era toccò pure alle mie riserve di pazienza.
Perché?
Perché quel dannato Banette si era rivelato un socio inutile.
Certo, era un Pokémon Spettro di livello superiore al cinquanta, una macchina da guerra allo stato brado il cui corpo emanava un fetore tale da poterci stecchire un esercito.
Ma per il resto? Totalmente inutile.
Prima di dividerci (“Passerò a fare dei controlli periodici, ma ora che sei vincolata non c’è bisogno che mi unisca a te. Mica sono uno dei vostri alleva-cuccioli.”, “Baby-sitter?”, “Quello che è.”) io ed il peluche avevamo trascorso un po’ di tempo assieme su mia esplicita richiesta. Non che ci tenessi particolarmente: dopotutto avevo perso su tutta la linea.
Ma quando si è colti dalla disperazione c’è solo una cosa da fare: si va alla ricerca di qualcosa capace di farti credere di poter continuare a comportati come ci si aspetterebbe da un essere umano dotato di intelletto e voglia di vivere. Qualcuno si rivolgeva alla religione; qualcuno si dava al volontariato.
Io mi ero rivolta all’Ottimismo.
E la prima cosa che Ottimismo mi aveva cinguettato fu di fare le presentazioni. Perciò tesi una mano al Banette, senza preoccuparmi di celare la falsità del mio sorriso.
“Io sono—”
“Non mi interessa.” Rispose lui dall’alto del ramo su cui si era spaparanzato, senza dare cenno di voler scendere. Dopo il mio attacco di risatine incontrollate aveva ritirato il suo attacco e si era posizionato a debita altezza da me, in modo da potermi sorvegliare con più facilità.
“Riferisciti a me come ti pare: ‘Signore Oscuro’, ‘Vento Punitivo’…”, gli si arricciarono gli angoli della zip, “Personalmente ti consiglio ‘Padrone’.”
Battei le ciglia, assimilando il messaggio. “Allora ti chiamerò ‘Peluche’.”
Sì, ero a secco d’inventiva. Ma a mia difesa, quella del Banette sembrava essere rimasta nel cassettone dell’immondizia in cui lui aveva preso vita.
“Ed io ‘Scimmia’.”
“Affare fatto.”
Dopodiché il pokémon divenne più restio a condividere altri dati anagrafici (“Dove sei nato?”, “Se vuoi ti faccio vedere.”, “Per stavolta passo.”) ed il discorso giunse ad un punto morto.
Allora tornò in sella Ottimismo, che con la sua voce di melassa mi propose di mettermi già all’opera con un “Chi dorme non piglia pesci.” Al mio “Peccato che non debba trovare un pesce”, Ottimismo mi posò una mano sulla spalla, trasmettendomi pensieri più positivi.
Dopotutto, quanto ci avrei potuto impiegare per trovare il mio obiettivo? Mi serviva solo il suo nome: poi mi sarebbe bastato rovistare fra le Pagine Bianche o gli utenti di Pikabook ed in pochi giorni sarei tornata libera.
In teoria. In pratica avrei dovuto depistare il mostriciattolo, guadagnando così il tempo necessario per riuscire subdolamente a convincerlo ad abbandonare i suoi piani. Non ero certa che fosse possibile, ma dovevo provarci.
Peluche, dopo aver scosso la testa – facendo dondolare le sue orecchie accartocciate – borbottò di non ricordarselo. Ottimismo fece un sorrisino nervoso, che imitai.
“Età?”
“Piccola.”
“Maschio o femmina?”
“Siete tutti uguali per me.”
Eppure non hai avuto problemi a rintracciarmi.
“Capelli lunghi o corti?”
“A metà.”
“Colore?”
“Vedo solo sfumature di grigio.”
Alla fine dell’interrogatorio non avevo ottenuto uno straccio di informazione ed Ottimismo si era licenziato per andare a ritrovare la fede attraverso un pellegrinaggio sulle montagne di Sinnoh.
“Per tutti i Wooper in salsa di asparagi!”, alzai le mani al cielo, esterrefatta. “Come cavolo pensi di riuscire a trovare qualcuno senza sapere nulla di lui?”
Il Banette si mise a giocherellare con delle palline di energia recentemente materializzate.
“Se me lo porterai, lo riconoscerò.” Il tono con cui lo disse era quello chi aveva passato molto tempo a ripeterselo. Ne ero certa, perché se avessi pronunciato ‘Andrà tutto bene, prima o poi diventerai ricca e potrai assoldare tutti i Ghostbusters che vorrai’ avrei adoperato la stessa intonazione.
Invece mi ritrovai a piagnucolare: “Quindi mi lasci così? Senza indizi? È un compito impossibile, i-io non—“
Il peluche lanciò le sfere in aria, facendole sparire con un puff. Socchiuse gli occhi.
“Per l’incolumità di tutti i patetici esseri che consideri tuoi amici, ti consiglio vivamente di trovare una soluzione.”
Poi bofonchiò qualcosa con una punta di amarezza, che interpretai come un ‘E in fretta.’
Da quel momento in poi non ci fu più molto da dire, perciò ci separammo. O meglio: io presi a trascinarmi in una direzione presa a caso, mentre lui si limitò a rimanere sul suo ramo. La terza volta che capitai sotto al suo albero mi fece cadere in testa una baccastagna.
“Da quella parte, Scimmia.” Indicò l’unica direzione che non avevo ancora preso.
Sospirai, incapace di arrabbiarmi. Il sonno si era attaccato alle mie membra come un koala.
Passandomi una mano sulla faccia, bofonchiai: “Non mi sarei persa se durante la caduta non mi avessi allontanato così tanto dalla Pista.”
Il Banette mi dedicò uno sguardo che probabilmente riservava solo alla vista del sapone. Il suo attimo di smarrimento durò poco, perché nel giro di cinque secondi gli serpeggiò sul volto un sorriso beffardo.
“Eheh. Credi davvero che sia stato io ad aiutarti?”
Fu il mio turno di navigare nel mare dell’incertezza. “Se non sei stato tu, allora chi…?”
Il pokémon si alzò in piedi. In men che non si dica il suo corpo venne ricoperto dalle ombre, lasciando visibile soltanto il suo sogghigno metallico.
“Lo scoprirai a breve.” I denti che componevano la sua cerniera risplendettero, abbagliandomi. Quando riaprii gli occhi, ero sola.
Passo, passo zoppicante, sbadiglio, ripeti.
Proseguivo alla velocità di una lumaca, senza sapere se stessi girando in cerchio o se avessi imboccato la direzione giusta. Ciò di cui ero certa era che il bosco era tutto uguale, che il Pokédex era al limite della sua batteria e che i miei occhi faticavano a restare aperti. Aggiustai la presa su Rattata, che cingevo al petto: il topolino aveva insistito di voler restare fuori dalla sua pokéball, ma alla fine si era appisolato lo stesso.
Ogni tanto controllavo la ricezione del mio cellulare, ma esso sembrava incapace di trovare uno straccio di segnale. Occhieggiai passivamente il movimento sinuoso delle fronde degli alberi, pensando ancora una volta a quanto avrei avuto bisogno di un dannato Pokémon di Fuoco.
Magari i soccorsi potevano permettersi di ignorare una giovane allenatrice perduta nel bosco, ma potevano fare lo stesso anche con un incendio?
Forse era un piano piuttosto infantile, ma avrebbe probabilmente funzionato ed io sarei potuta tornare alla civiltà.
Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe e sospirai nel vederle rivestite di fili d’erba misti a fango incrostato. Avrei dovuto comprarne di nuove una volta raggiunta la prossima città.
Dopodiché sarebbe scattato il conto alla rovescia.
Il Banette aveva detto che mi sarei dovuta sbrigare, ma non mi aveva dato alcuna scadenza. Rainbow era meno estesa rispetto ad altre regioni; tuttavia ci avrei impiegato almeno una decina di mesi per esplorarla tutta – o comunque un paio, se mi fossi limitata alle principali zone trafficate.
Accarezzai il pancino di Rattata, il quale rilasciò un gorgoglio di apprezzamento.
Avrei avuto abbastanza tempo per trovare una soluzione?
Nell’aria riecheggiò un secco ‘crack’, come quello di un bastone che veniva spezzato. Mi fermai sui miei passi, sudando freddo.
Cervo? Cinghiale? Orso? Pokémon? La regola del ‘fingiti morto e ti lascerà stare’ avrebbe funzionato anche con questi ultimi?
Dai cespugli emerse una luce. Mi schermai gli occhi, distinguendo a stento una scarpa rossa seguita dalla sua gemella, un paio di calzoncini e dei pantaloncini verde squillante. Dalla felpa viola un po’ sbiadita emergeva un volto abbronzato la cui bocca era spalancata in un’esclamazione silenziosa.
Mi infossai nelle spalle. “Emh. Posso aiutarti?”
Il tipo riportò su la mandibola con un sonoro ‘clack’. Abbassò con l’indice i suoi occhiali da sole sportivi, come se stesse ancora cercando di capire se fossi o no un miraggio.
“Sei tu?”, deglutì, “Maddalena Hellys?”
Strabuzzai gli occhi, d’un tratto più sveglia. “Madeleyne, semm—“
Il tizio fece un balzo di gioia – letteralmente. Tanto che per poco non inciampò su una radice.
“Maddalena, ti ho trovata!” Gonfiai una guancia, sentendomi ribollire il sangue. Ma lui era partito per qualche tangente misteriosa e quindi non vi prestò alcuna attenzione, impegnato com’era a starnazzare interiezioni quali ‘Oh boy’ e ‘Wow’ ed a saltellare da un piede all’altro. Gli strappai di mano la torcia elettrica, puntandogliela negli occhi. Lui si coprì il volto con il braccio, senza smettere di sorridere.
Mi domandai se in quella dannata regione esistessero persone normali.
“Amico”, presi a picchiettare la torcia sul palmo dell’altra mia mano. “Chi sei? Cosa vuoi da me? Ti darò tre secondi per spiegare e poi ti prenderò a torciate in testa.”
“‘E’ ? Non ‘o’?”
“Yep.”
L’uomo ridacchiò, passandosi più volte una mano fra i capelli.
“Ora ne sono sicuro, sei davvero una Hellys!”
C’era qualcosa che mi stava sfuggendo. Un ingranaggio disperso nella foschia che circondava i miei neuroni.
“Oh, per Dialga! Questo è il giorno migliore della mia vita! Aspetta che lo dica ai ragazzi—“ Mise la mani a cono attorno alla sua bocca, facendo rimbombare la sua voce per tutta la zona. “Nigel! Zac! L’ho trovata!”
Per una ventina di secondi non successe nulla: il bosco rimase immobile, quieto e raccapricciante. In seguito si udirono vari rumori: rami spezzati, fogliami attraversati, ‘Ompfh!’ di dolore ed un ‘Nigel, meno male che non hai scelto di fare trekking!’. Da un cespuglio sbucarono altri due pazzoidi, uno con la cresta, l’altro con un paio di…
Erano occhialini da piscina quelli che aveva al collo?
Ad ogni modo, quando mi videro, s’immobilizzarono come un branco di cervi di fronte ad un camion. Quello con gli occhialini – che pareva essere anche il più giovane – mi indicò con dito tremante. L’altro – uno spilungone il cui aspetto urlava ‘delinquente’ – si voltò verso Occhiali da Sole, aprendo la bocca in una domanda insonora. Occhiali da Sole fece pollice in su.
La scena a cui assistetti successivamente sarebbe stata ottimo materiale per gli studi del Prof. Matthew sulle danze dell’accoppiamento fra pokémon.
I tre si erano infatti disposti a triangolo, in modo da potersi dare il cinque a vicenda prima con una mano, poi con l’altra. Dopodiché avevano chiuso entrambe le mani a pugno e avevano fatto lo stesso con le nocche. Infine avevano spiccato un salto, librandosi in volo per— beh, l’idea generale era probabilmente quella di battersi i pettorali uno contro l’altro. Sfortunatamente non sembravano aver sviluppato la coordinazione necessaria per riuscire in tale impresa: per cui Capelli a Cresta balzò in aria in anticipo, Occhialini gli colpì il mento e Occhiali da Sole, focalizzato com’era a scontrare il suo petto contro quello degli altri due, finì col farli volare di qualche centimetro più in là, spezzando il loro equilibrio e facendoli cadere a terra.
I tizi scattarono subito in piedi per darsi delle pacche amichevoli sulle spalle. Bosco Intreccio venne bombardato da una marea di “Bro!” e “Leroy!” ed altri versi scimmieschi.
In tutto ciò stavo valutando se fosse il caso di sgattaiolare via. E continuai a valutarlo anche quando fui a dieci, poi venti metri di distanza. Al trentesimo loro erano spariti, coperti dalla boscaglia, da cui trapelavano solo dei fasci di luce traballanti.
Verso il quarantesimo metro il terreno iniziò a tremare, calpestato da sei paia di scarpe dalla misura superiore al 44.
“Maddalena!”
“Maddison!”
“Marlene!”
Venni sollevata di peso dai tre baldi giovani che, trattandomi con la delicatezza di un sacco di patate, presero a correre fra gli alberi. Colpì il braccio del più vicino – quello con la cresta – con la torcia elettrica.
“Il!” Colpo.
“Mio!” Colpo.
“Nome!” Colpo.
“È!” Colpo.
“Madeleyne!”
Prima che potessi bastonarlo un’altra volta, Occhiali da Sole mi sfilò l’arma dalle mani, cinguettando un “Ecco dov’era finita!”.
Volevo piangere. Rattata, che con tutti quegli sballottamenti si era svegliato, aveva assunto un colorito cadaverico. Trascinandosi sul mio stomaco fino a raggiungermi i fianchi, frugò nelle tasche dei pantaloni, addentò la sua pokéball e me la porse: quindi premette il muso contro il bottoncino e si lasciò incamerare dal fascio di luce rossa con un sospiro di sollievo.
Sbatacchiai la sfera di qua e di là, sperando che il maledetto potesse sentire ogni cosa.
Occhialini parve avere pietà di me – tanto che sistemò la presa sul mio dorso, rendendomi mi stabile – ed iniziò ad illustrarmi la situazione.
“Ti stiamo portando al Punto Blu della Pista. Ormai siamo vicini!” Indicò il cielo con un cenno di capo. Socchiusi gli occhi, aguzzando la vista: alcune delle chiome erano circondate da un alone azzurrognolo, proveniente da qualcosa sopraelevato rispetto ad esse.
“Ipotizzando che io vi creda.”, anche perché l’unica alternativa era che fossero dei rapitori di minorenni alle prime armi, “Come mai mi state aiutando? Come facevate a sapere che—“
Occhiali da Sole ridacchiò, impedendomi di finire la frase. “Ah, devi ringraziare il nostro idolo: è lei che ci ha chiesto di recuperarti.”
“Il vostro… idolo?”
“Ah. È conosciuta con molti nomi.”, sospirò Cresta, occhieggiando la luce bluetta che, man mano che avanzavamo, riusciva a penetrare più in profondità attraverso gli spiragli lasciati dalle fronde. “La Dodrio Master. Il Terrore dei Tentacruel. La Cacciatrice di Sharknado. La Bullizzatrice di Granbull. La Campionessa-di-Braccio-di-Ferro-coi-Machamp.”
“Ufficialmente si è registrata al comitato sportivo come ‘Hellys, la Fuoriclasse’, ma per noi ammiratori è ‘La Fuoripista’.”, tagliò corto Sole.
Nigel mi fece ondeggiare una gamba. “Vuoi saperne il motivo?”
Rilasciai uno sbuffo annoiato. Essendo sua nipote era ovvio che fossi a conoscenza della storia dietro agli esagerati soprannomi che il pubblico attribuiva a mia Nonna. Dischiusi le labbra per dirgli di no, ma lui proseguì, estasiato. “Perché se osi starle davanti durante una competizione, c’è il rischio che lei ti tamponi fino a spedirti fuori dal percorso!”
Chiusi gli occhi, cercando di non pensare alla corruzione del mondo sportivo ed allo sgabuzzino pieno di coppe impolverate che avevamo a casa.
“Fatemi capire: mia Nonna vi avrebbe assoldato per recuperarmi?” Qualcosa puzzava; non tanto perché non mi fidassi della loro spiegazione, ma perché era inconsueto che Nonna decidesse di aiutarmi. Doveva esserci dietro lo zampino di Nonno Gerald.
“Oh, umh. Beh…” Occhialini tossicchiò. “Non ha ingaggiato solo noi.” Attesi qualche secondo, ma lui non parve essere intenzionato a proseguire. Teneva la testa leggermente abbassata, perciò non fui in grado di scorgergli l’espressione. Che avessi scoperto un punto dolente?
A salvarmi dall’imbarazzo intervenne Sole, squarciando il silenzio con una risatina nervosa. “Ci saranno otto, dieci squadre di soccorso sparse per Bosco Intreccio.”
Corrugai la fronte. “Sapete che i telefoni non prendono, vero? Non avete paura di perdervi?”
Cresta sghignazzò, mormorando qualcosa riguardo alla mia ingenuità.
“Per quello non c’è problema!” Mi assicurò Sole. “Abbiamo un walkie talkie per squadra.”
Un walkie talkie, ragionai, avrebbe potuto risparmiarmi molte grane.
Dopo aver inserito nella mia Lista delle Priorità la voce ‘Ruba compra un walkie talkie’ sotto a quella – ripetuta per ben quattro volte di fila – di ‘Procurati un Pokémon di tipo Fuoco’, pronunciai il mio apprezzamento.
“È bello sapere che alla stazione di sicurezza della Pista siano stati così disponibili da prestarvi delle radioline.”
“Disponibili?”, Cresta sembrava disgustato, “Bah, assolutamente no! Noi sportivi abbiamo fatto una colletta e ce le siamo comprate. I ciccioni della security sono solo capaci di mangiare ciambelle ipercaloriche e cambiare il canale delle loro telecamere!”
“Beh”, s’intromise Occhialini, “Anche tu non fai altro che mangiare ciambelle, Zacharias…”
“Hai qualcosa da ridire sulle mie abitudini alimentari, vegetariano dei miei stivali?” Cresta scoprì i denti ed increspò la fronte; le sferette del piercing orizzontale gli adornavano il sopracciglio come due grosse verruche.
Occhialini si ritrasse più per raccapriccio che per altro e scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli piastrati sulla schiena. “Vegano, grazie. E cosa centra, le ciambelle non sono mica fatte di carne…”
“Le tue di certo no, erbivoro!”
“Ti ho detto—“
Il bisticcio proseguì per tutta la camminata, fino a quando il brusio della foresta non si fece più distante e l’erbetta rinsecchita non lasciò spazio ad un pavimento di legno sgangherato. Solo allora i ragazzi mi misero giù ed i miei piedi gioirono nel tastare finalmente una superficie levigata, liscia e meravigliosamente artificiale.
Mi guardai attorno, cercando di orientarmi.
Eravamo di fronte ad una delle colonne che reggevano la Pista. Era una costruzione sobria ma resistente, e ad occhio e croce il suo diametro doveva essere di una decina di metri.
I tre mi accerchiarono come delle bodyguards, accompagnandomi sul retro del pilastro dove, con mia somma felicità, ci attendeva un ascensore. Una volta entrati Nigel premette un pulsante, le porte metalliche si chiusero ed i nostri corpi iniziarono a salire, accompagnati da una melodia da sala d’attesa.
Dopo tre minuti – durante i quali Nigel e Zac continuarono a punzecchiarsi come cane e gatto – l’ascensore si fermò con un ‘Ding!’. Sgattaiolai fuori prima ancora che le porte si fossero completamente aperte.
Ero di nuovo sulla Pista Ciclabile, ma a stento riuscivo a riconoscerla.
Installate nella pavimentazione vi erano delle luci azzurre che illuminavano i lati del percorso, conferendogli un aspetto dolce. I mosaici sul pavimento (il più vicino dei quali riproduceva una grossa stella marina violacea, con al centro una gemma rossa incastonata) così colorati alla luce del giorno, giacevano opachi nella penombra; tuttavia quando una bicicletta vi slittava sopra scintillavano come lapislazzuli, riflettendo la fluorescenza del mezzo di trasporto.
Sgranai gli occhi, aprendo la bocca in un ‘wow’ insonoro. Le biciclette emettevano un alone luminescente sia lungo lo scheletro metallico sia lungo le ruote; persino i caschi erano in pendant.
Giallo, arancio, rosso, verde… fino al violetto. Ogni bici esibiva un colore diverso, ma erano tutti lì, a formare un arcobaleno caotico e pieno di vita.
Era come essere in un sogno, circondata da una colonia di grosse lucciole – poeticamente parlando, naturalmente. Le lucciole erano fra gli insetti più raccapriccianti delle ore notturne. Ti attiravano ammaliandoti con le loro lucine per poi tradirti, rivelando la loro vera forma non appena ti si fossero appiccicate ai vestiti. E dire che da piccola adoravo catturarle in barattoli forati e portarmele in camera con me, immaginando di essere circondata da tante lampade magiche…
Un braccio mi cinse le spalle, rompendo l’incantesimo. Sole protese una mano di fronte a noi due, presentandomi quello spettacolo.
“Benvenuta alla Pista Rainbow, fonte di gioia per tutti i ciclisti del mondo!”, il suo tono si fece più divertito quando aggiunse, “E gelosia. Soprattutto gelosia.”
Cresta si passò il dorso della mano sugli occhi, tirando su col naso. “È il motivo principale per cui mi sono dato al Ciclismo!”
Inclinai la testa verso di lui. “Quindi siete ciclisti?”
Le sue gote si tinsero di un rosso acceso. “Io sono un Ciclista! Questi incapaci non saprebbero nemmeno riconoscere una mountain bike da una bici a scatto fisso!”
Mentre ci incamminavamo verso la Base Blu, ebbero luogo le presentazioni. Avevo trascorso l’ultima mezz’ora in compagnia di un team di Triatleti che avrebbero partecipato alla gara a staffetta della prossima primavera. Zacharias (Cresta) si stava allenando con la sua nuova, fiammante bicicletta ed aveva trascinato Nigel (Occhialini) il Nuotatore e Leroy (Sole) il Podista assieme a lui per dare loro un assaggio di ciò che significasse vivere la dura vita del Ciclista.
Ed insieme formavano…
“Gli Smidollati!”, esclamarono, cercando di dirlo in coro ma fallendo miseramente. Una bicicletta trillò, e loro si districarono dalla posa drammatica che avevano assunto per lasciarla passare.
“…gli Smidollati.”, ripetei, atona.
Nigel sventolò le braccia, cercando di dissimulare l’imbarazzo. “S-sempre meglio dei Leccapiedi!”
“O dei Perditempo.” Aggiunse Leroy, grattandosi un orecchio.
“O dei Falliti!” Esplose Zacharias, sogghignando. “Quel Zuccapelata di Samuel non è stato molto fortunato, ma gli si addice!”
“Già, La Fuoripista sapeva cosa stava facendo, nell’affibbiarci i nostri soprannomi.” Alle parole di Leroy fecero tutti un lungo sospiro. “Ha centrato in pieno le nostre debolezze, rivelandocele. Adesso tocca a noi superarle e forse, un giorno, potremo diventare come Lei.”
Avrei tanto voluto dire loro che quei nomignoli non avevano nulla a che vedere con la loro crescita formativa. Che anche nel mio stato sonnacchioso riuscivo ad immaginare come fossero andate veramente le cose: da una parte mia Nonna in sella ad una bici che sbraitava ordini, dall’altra i membri del suo fan club che obbedivano alle sue parole come se fossero il verbo di un nuovo profeta.
Avrei dovuto dirglielo. Però…
Zacharias tirò su col naso, battendo debolmente una mano sulla spalla del suo compare. “Ben detto, bro, ben detto!”
Nigel aveva ancora una volta il viso coperto dai suoi capelli. Una goccia d’acqua cadde sull’asfalto, bagnando la zona su cui lui andò a posare la sua scarpa da ginnastica.
Sono teneri, tutto sommato.
Sarei stata crudele a rovinare le loro ambizioni.
Quando varcammo l’ingresso della Base i tre avevano gli occhi arrossati, duri e risoluti di chi era pronto a portare a termine una missione. I miei facevano solo fatica a mettere a fuoco i dintorni.
Non era un edificio enorme, ma comprendeva una sala abbastanza ampia per far accomodare tranquillamente i turisti. Le statue di pietra dei passati campioni sportivi adornavano con la loro presenza il perimetro circolare della Base, vegliando sulla zona. In fondo alla struttura vi era la zona ristorativa, dove decine di tavoli erano stati posti sotto ad un sistema di colorati tendaggi tenuti su da dei fili ancorati al soffitto. La copertura doveva essere stata realizzata per affievolire la potenza dei raggi solari che, passando attraverso la grossa cupola di vetro installata sul tetto, dovevano ricadere sulla zona durante il giorno. Al momento, tuttavia, essa lasciava intravedere solo qualche stella: perciò il ristorantino aveva dotato ogni tavolo di candele. Impegnati com’erano a crogiolarsi in quel chiarore soffuso ed a non ficcarsi una forchetta nell’occhio – perché anche se i lumini erano romantici, non erano proprio il massimo dell’illuminazione – i clienti nemmeno si accorsero della nostra entrata trionfale.
Ottenemmo una diversa reazione dalla gente che gironzolava per il parchetto sottostante la cupola. Esso presentava una fontanella, delle panchine ed un’area ricreativa per i più piccoli dotata di scivoli, altalene e giostre girevoli: il luogo perfetto per procurarsi contusioni in allegria.
Laggiù si voltarono una manciata di teste incuriosite che però, alla vista di quello che poteva benissimo sembrare un episodio di bullismo da parte di tre mascalzoni ai danni di una ragazza indifesa, si affrettarono a tornare a farsi gli affari propri.
E poi i presentatori televisivi si chiedono come mai il nostro Paese stia andando in malora.
I Triatleti si scambiarono delle occhiate d’intesa per poi indirizzarsi verso una diversa zona della Base. Dopo un paio di passi Leroy si ricordò della mia esistenza e si voltò verso di me, esibendo un bel pollice in su ed un sorriso smagliante. “Non preoccuparti, Maddalena. Dacci il tempo di trovare tua nonna e saremo di nuovo da te! Intanto, perché non esplori il posto?”
Annuii senza molta convinzione. Lui proseguì per la sua beata strada, lasciandomi sola.
Bene.
Conoscendo mia Nonna potevo affermare che le probabilità che ella si fosse fermata alla Base Blu erano pressoché nulle. A quest’ora doveva avere come minimo raggiunto la zona Viola o Rossa, sgommando senza sosta solo per dimostrare chi comandasse veramente sulla Pista.
Adesso era solo questione di stimare quanto tempo libero mi restasse prima che i triatleti realizzassero che il loro idolo mancava all’appello.
Valutai il da farsi, ciondolando sul posto. Il mio stomaco emise un brontolio, reclamando il giusto compenso per le fatiche sopportate fino ad allora. Passai una mano sul mio ventre, chiedendogli di portare pazienza.
Dovevo confidare nell’ingenuità dei tre ragazzi: se ci avessero messo più di dieci minuti, avrei avuto tutto il tempo per comprarmi qualcosa da mangiare, trovare i miei compagni e darmela a gambe senza farmi notare. Ma dove potevano essersi cacciati?
Sorvolai i dintorni, cominciando dal ristorante – dove Zacharias stava rubando i menù dalle mani dei clienti, scoprendo loro il volto per poter trovare con più facilità il suo guru – e concludendo con il parco. Là una bambina stava percorrendo il muretto della fontana a braccia distese, in modo da tenersi in equilibrio. Una volta che ebbe fatto un giro completo, scese con un saltello e vi lanciò una monetina dentro, congiungendo le mani in una preghiera. Non avrà avuto più di dodici anni.
Distolsi lo sguardo, sentendo un brivido saettarmi per la schiena. Avevo perso tutto l’appetito.
Che fine aveva fatto il Banette? Mi stava ancora spiando, nascosto da qualche parte, in attesa di un mio passo falso? Avrei già dovuto dare inizio alle ricerche, a cominciare da quella bambina? E con quali criteri avrei potuto stabilire se lei fosse o meno la sua ex padroncina?
Mi morsi l’interno della guancia, avanzando a passo lento verso il parco. Quando lo raggiunsi feci un giro di ricognizione, superai la fontana – lanciando una rapida occhiata alla bimba, intenta ad ammirare i soldi sul fondo della vasca – ed uscii dalla parte opposta, sentendo il mio respiro tornare normale.
I suoi capelli erano raccolti in una coda che li lasciava cadere con morbidezza sul suo petto. Non poteva essere lei, perché erano troppo lunghi.
Mi passai una manica (sudicia, come a quel punto erano tutti i miei vestiti) sul retro del collo e, accorgendomi dello strato di sudore che lo permeava, i miei muscoli facciali si contrassero in una smorfia.
Dovevo controllarmi; non potevo andare nel panico per ogni ragazzino che avessi trovato per strada. Se avessi perso la mia compostezza di fronte ai miei compagni li avrei senz’altro fatti insospettire – e, nel caso di Désirée, avrei rischiato di spiattellarle tutte le informazioni su un piatto d’argento.
E non potevo permettermelo. Non sarebbe stato giusto farli immischiare in un problema che, in fin dei conti, era solo mio.
A quale scopo, poi? Come avrebbero potuto aiutarmi? Désirée non era nemmeno un’allenatrice, mentre Daisuke…
Daisuke avrebbe pensato ad un piano e poi avrebbe seguito il corso d’azione che gli fosse parso più adatto, confidando nella sua conoscenza. Faceva sempre così, quando si trattava di pokémon.
Ma quello non è un pokémon. Rilasciai un respiro tremolante. È un mostro.
Non solo aveva raggiunto un livello estremamente elevato anche senza la guida di un allenatore, non solo aveva acquisito capacità che gli permettevano di possedere corpi inanimati e di muovere l’oscurità a proprio piacimento, ma era anche dannatamente scaltro: mi aveva costretta a sottostare al patto proprio perché si aspettava una ribellione.
Avrei dovuto tenere la bocca chiusa e comportarmi come al solito.
Lo Spettro li avrebbe attaccati solo se gli avessi dato motivo di dubitare della mia lealtà. Fino a quel momento sarebbero stati fuori pericolo. E poi…
Glielo devo.
Era colpa mia se il Banette li aveva presi di mira. Li avevo cacciati io in quel guaio e spettava a me farli uscire. Fino a quel momento non ero stata capace di fare niente per loro.
Ora dovevo proteggerli: ed il primo passo per proteggerli sarebbe stato mentirgli.
Tornai alla fontana, vi infilai dentro le mani e mi sciacquai la faccia. Attesi qualche istante, sentendo il freddo penetrare nella pelle. Quindi rituffai una mano nello specchio d’acqua, arraffai qualche Poké disperso sul fondo e mi asciugai il viso con il lembo della mia maglietta. Quando me ne andai – stando bene attenta ad ignorare la bambina di prima, che per tutto il processo mi aveva guardato con perplessità – avevo sia un obiettivo che una destinazione.
Daisuke non poteva essere troppo distante. Era il genere di persona che seguiva alla lettera il protocollo del ‘Se ti perdi (o meglio, se si perde la povera disgraziata che ti accompagna), stai fermo in un punto’, quindi non c’erano che due alternative: o era lì da qualche parte, o era tornato indietro alla Base Verde. In tal caso avrei dovuto spedire il gruppo di triatleti a recuperarlo, perché non c’era modo che dopo gli avvenimenti della giornata avrei rimesso piede sui pedali di una bici.
Se invece aveva raggiunto la Base Blu sarebbe stato facile trovarlo. Non avrei neanche dovuto setacciare il parchetto o il ristorante; a lui servivano pace, tranquillità e carenza di umani.
Mi introdussi nel corridoio che separava le pareti dalle fila di statue ed iniziai a passeggiare, lanciando occhiate annoiate ai nomi incisi sulle loro pedane. Dopo otto sculture intravidi una familiare e confortante valigetta nera per pc portatili e rallentai l’andatura, prendendo tempo.
Daisuke era seduto sulla base d’appoggio appartenente ad una coppia di Ciclisti (“Bikers Chopper and Tyra”) ritratti mentre compivano un’impennata spregiudicata. Mi avvicinai al mio collega, sollevando una mano in segno saluto.
Il mio compagno stava scartando l’involucro di un tramezzino. I suoi movimenti erano fiacchi e lasciavano trasparire una certa disattenzione. Teneva gli occhi puntati sullo schermo spento del suo cellulare.
Si accorse di me solo quando gli fui di fronte. A quel punto sbatté le palpebre e, riacquistando un po’ di vitalità, mi fece spazio sul piedistallo lasciando un metro di distanza fra i nostri corpi. Sembrava disorientato, come se si fosse appena risvegliato da un lungo sonno.
Mi stiracchiai le gambe, facendo scrocchiare le articolazioni delle ginocchia. Le mie narici si riempirono della fresca, salata ma allo stesso tempo dolce fragranza di prosciutto appena sfilettato. Con la coda dell’occhio adocchiai il panino di Daikke: era composto di uno strato di affettato, seguito da una fetta di formaggio non-identificato, insalata e pomodori, il tutto abbracciato da due morbide fette di pane.
Ingoiando un fiotto di saliva appena sfornato, distolsi gli occhi e finsi nonchalance. Il mio stomaco però non doveva aver capito l’antifona, perché non aspettò che un paio di secondi prima di mettersi a brontolare. Daisuke, le cui labbra si stavano per chiudere attorno al tramezzino, alzò gli occhi al cielo e se lo allontanò dalla faccia. Lo spezzò a metà (causando la caduta di un povero pomodoro seguito da qualche ciuffo di insalata), allungandomene una fetta.
Un istante dopo quella era già sparita oltre ai confini della mia bocca, andando a farcirmi le guance.
“G’ffie!”
Daisuke si ritrasse con un “Non parlare con la bocca piena” piuttosto schifato, ed entrambi riuscimmo a finire lo spuntino senza interruzioni.
Terminato il tutto, mi afflosciai sulla ruota della bici di Tyra, sbadigliando. Venni colpita in testa da una pallina di carta stropicciata. La raccolsi, me la rigirai fra le dita – riconoscendola come l’involucro del panino – e gliela lanciai in faccia. Daisuke l’afferrò al volo senza battere ciglio.
“Non ti appisolare, che dobbiamo raggiungere il Centro Pokémon.”
Avvertii la mia fronte aggrottarsi in un cipiglio, ma mi sforzai di mantenere un tono leggero.
“Tsk, tsk. È questa la prima cosa che mi vieni a dire? Nessun ‘sei viva!’ o ‘cosa ti è successo, hai un aspetto terribile!’?”
Daisuke si ripulì le labbra, riflettendo bene sulle sue prossime parole.
“Sapevo che eri viva.”
Mi tirai leggermente indietro, sull’attenti.
“I morti non parlano.” Daisuke passò un dito sul touch-screen del cellulare, mostrandomi la sessione ‘chiamate perse’. “Men che meno cercano di telefonarti quattro volte.”
Chiaramente i miei morti erano diversi dai suoi.
Una vampata di calore mi investì il collo e le guance, ed i polmoni parvero venire schiacciati da una forza invisibile che li costringeva ad una perenne tensione.
“Ah.” Un battito di ciglia. “Quindi le hai ricevute.”
Daisuke si ritrasse, posando il telefono con gesti deliberatamente lenti. Fu proprio il vederlo così cauto che mi fece realizzare quanto fossi vicina a perdere le staffe.
Decisi di cambiare discorso. “Désirée?”
“Si è resa conto che tu eri tornata non appena hai messo piede nella Base. È andata a parlare con il supervisore della Pista per dirgli che può interrompere le ricerche.”
Qualche grammo di tensione mi scivolò via dalle spalle. Senza Désirée non dovevo preoccuparmi di tenere a bada pensieri compromettenti. Alzai lo sguardo al soffitto, abbassando il volume delle mie parole.
“Dovrò ringraziarla.”
Avrei potuto chiudere lì. Avrei dovuto chiudere lì. Ma evidentemente non mi ero ancora del tutto pacata, perché mi lasciai scappare: “Almeno qualcuno si è preoccupato.”
Daisuke raddrizzò la schiena, schiarendosi la gola. Mi irrigidii, presumendo che si stesse preparando ad un attacco verbale o ad una delle sue solite spiegazioni che, in quanto tecnicamente perfette, non mi avrebbero permesso di ribattere. Provai, senza riuscirci, a sopprimere la piccola parte di me che, imperterrita, continuava a sperare di ottenere come risposta una semplice negazione delle mie accuse.
Ma il modo con cui il mio compagno aveva distolto lo sguardo – incollandolo allo schermo del telefonino come se si trattasse di una zattera – mi fecero capire che le mie aspettative erano destinate a restare insoddisfatte.
“Sono circa le sei. Se ci sbrighiamo, dovremmo raggiungere la prossima città per l’ora di cena.”
Qualcosa in me s’incrinò. La mia testa andò ad infossarsi fra le spalle. Mi affrettai a parlare, rifiutandomi di riflettere sulle sensazioni che stavano sbocciando nel mio corpo come piccoli rovi acuminati.
“Se pensi che dopo tutto quello che ho passato nelle ultime ventiquattro ore io possa ancora muovere un muscolo—”
“Sono passate solo quattro ore e quarantadue minuti.”
“Ed è tantissimo!” Lo fronteggiai, alzando la voce. “Sono caduta da decine di metri di altezza in un bosco senza uscita! Non sapevo dove fossi, come fare a tornare indietro, era pieno di pokémon selvatici e…” Sbattei le ciglia. Nell’attimo in cui rimasero chiuse rividi un paio di occhi rosa; li riaprii nel sentire il mio petto venire trapassato da un arto tanto pulsante di energia quanto privo di vita. Deglutii, cercando di sciogliere i muscoli della mia gola.
“…e qualcuno non si decideva a rispondere al suo dannato cellulare!”
Daisuke distolse lo sguardo, tradendo una smorfia di rimorso; poi l’espressione venne inghiottita da un vortice di irritazione ed i suoi occhi si indurirono, tornando sui miei.
“Ero occupato.”
La falsità della risata che feci seguire era così pronunciata che mi parve di poterne sentire il gusto amaro sulla lingua. “Buffo, è la stessa cosa che mi ripeteva la voce preregistrata della segreteria ogni volta che il telefono mi permetteva di contattarti!”
Il suo volto s’imporporò: “Stavo chiamando la guardia forestale!”
“Tutte e quattro le volte?”
Anziché rispondermi si alzò in piedi, passandosi freneticamente le mani sui vestiti. Mi tirai su usando il manubrio della bici di Chopper come appiglio e, prima che Daisuke potesse muoversi di un solo passo, gli afferrai la tracolla della valigetta.
“Non pretendo tanto, ma merito almeno una risposta sincera!”
L’occhiata incriminante che stava lanciando alla mia mano passò su di me.
“Te l’ho detto. Ero occupato.”
La stanchezza che fino a quel momento avevo tenuto a bada si riversò sulle mie membra, appesantendole. Socchiusi gli occhi, congelando le labbra in una linea inespressiva.
Non riuscivo a capire. Non riuscivo a capirlo. Perché, dopo tutto ciò che avevamo passato assieme, si ostinava a trattarmi ancora alla stregua di una conoscente?
(Forse rimarrai sempre tale, per lui.)
La mano con cui gli stavo cingendo la borsa si era messa a tremare. La studiai, senza riuscire a venire a capo di ciò che stessi provando. Percependo il calore del mio petto svanire pian piano, mollai la presa. Rimasi immobile, limitandomi a scrutarlo oltre le sue lenti antiriflesso.
Daisuke ghermì la tracolla con fare protettivo; quindi aggrottò la fronte e sollevò il mento, in attesa della mia prossima mossa.
Ma ero stanca di combattere per una causa persa in partenza.
Invece, divenni conscia delle grida divertite di qualche ragazzino che giocava nel parco. Del brusio della gente. Dei cling di alcuni bicchieri di vetro. Spostai gli occhi sulle piccole scene di vita che stavano avvenendo oltre le nostre spalle, coinvolgendo decine e decine di persone sconosciute in attività tanto quotidiane quanto speciali. Immaginai di unirmi a loro, di mettere piede in quel mondo e prendervi parte. Mi sarebbero bastati pochi passi; ma le mie gambe erano ancorate al pavimento. Abbassai lo sguardo, e per un attimo ebbi l’impressione che dei tentacoli oscuri venati di viola si stessero attorcigliando attorno ai miei arti. L’illusione svanì in un battito di palpebre, lasciandomi come eredità dei muscoli tesi ed un cuore pesante.
Il mio labbro cedette, abbandonandosi ad una smorfia.
Inspirando a fondo, Daisuke rilasciò la presa sulla cinghia ed incrociò le braccia, facendo tamburellare le dita contro il suo gomito. Dischiuse le labbra, ma ci mise un paio di secondi prima di iniziare.
“Stavo parlando al telefono.” La sua voce era ferma, volutamente piatta; ma si stava stringendo le braccia con così tanto vigore che le sue nocche erano diventate bianche. “Con i miei genitori.”
Mi dimenticai del mondo circostante. Mi dimenticai del litigio. Mi dimenticai della Pista Ciclabile, di Bosco Intreccio e del patto.
Genitori.
Sbottai con la prontezza di un giocattolo a molla, costringendo Daikke a fare un passo indietro.
“Con—!” Emisi un verso strozzato.
Daisuke ha dei genitori.
Mi misi una mano davanti alla bocca, tossendo fino a sbarazzarmi della saliva che mi era andata di traverso.
Perché non ci avevo mai pensato prima? Certo che aveva dei genitori. Da dove doveva essere nato, da delle spore?
Ma non mi ha mai parlato della sua famiglia, razionalizzai. Per forza mi sembra così surreale.
Posai lo sguardo sul pavimento lucido, intravedendoci riflessa la mia sagoma. I contorni erano sbavati, e non riuscivo a riconoscere la mia faccia.
Un lieve torpore mi attanagliò il corpo, rendendolo leggero, come se fosse stato fatto d’aria. Al contrario, la mia testa si stava facendo sempre più pesante, intorpidita dal formicolio di alcuni ricordi che reclamavano di tornare alla luce. Nelle mie orecchie rimbombava un irregolare crepitio, che in scala ridotta sarebbe stato simile a quello emesso dalla carta delle caramelle quando le si stropicciava.
“Sì, i miei genitori.” Daisuke scandì le parole, sulla difensiva. “C’è qualcosa che non va?”
Scrollai la testa. Picchiettai il mio riflesso con la pianta del piede, sentendo che il pavimento era solido, regolare. Il ‘tap tap’ che ne derivò andò a sovrapporsi agli echi precedenti, fino ad estinguerli del tutto. Inspirai, aggrappandomi all’odore di prosciutto di cui l’aria era ancora impregnata.
“No, no.” Portai una mano alla tempia, applicando una lieve pressione. “Sono solo stanca.”
Il sopracciglio di Daisuke si abbassò di scatto assieme al suo gemello, creando un labirinto di rughe sulla sua fronte. Sembrava tutt’altro che convinto.
Mi affrettai a rincarare la dose. “… e poi non è cosa da tutti i giorni scoprire che il proprio compare vampiresco sia ancora in contatto con entrambi i genitori. Abitate in un castello? Avete delle bare personali? Una fornitura di sacche di sangue umano di scorta nella cella frigorifera? Un…”
Daikke sbuffò, passandomi di fianco per marciare verso l’uscita. Non ero certa che se la fosse completamente bevuta, ma aveva deciso di dar retta al suo istinto di sopravvivenza e di tornare ad ignorare la mia parlantina.
Cercai di stargli dietro: cosa un po’ difficile, visto e considerato che una delle mie gambe faticava a svolgere adeguatamente il suo lavoro. Daisuke, che a metà strada aveva buttato un occhio nella mia direzione, rallentò fino ad assumere un’andatura pacata; ma lui non si espresse, ed io feci finta di niente.
Prima che potessi superare i tornelli d’uscita, s’innalzò in aria un coro di voci stonate.
“Maryleen!”
Digrignai i denti, non provando nemmeno a nascondere l’irritazione che i tre triatleti erano in grado di suscitare in me. Mi toccò abbandonare la faccia scocciata, però, quando nel girarmi mi accorsi che anche loro sembravano essere giù di morale: la bocca di Nigel era contratta in un broncio da cucciolo bastonato, Leroy si stava passando una mano dietro la nuca e Zacharias aveva iniziato a stropicciarsi furiosamente gli occhi.
“Cosa c’è, adesso?”, domandai, spossata.
Zacharias avanzò verso di me, ficcandosi le mani nelle tasche. Per la prima volta mi resi conto di quanto fosse effettivamente alto; della compattezza dei muscoli che si delineavano pure attraverso i suoi pantaloni elasticizzati; del suo aspetto da malvivente appena uscito di prigione. Si fermò ad un metro da me ed inclinò la testa, facendo luccicare i suoi piercing.
“Abbiamo un problema.” La sua voce risuonò come il ringhio di accensione del motore di una motocicletta. “Con te.”
Con la coda dell’occhio vidi Daikke mettere mano alla tasca delle pokéball.
Dovevo ammettere che se non avessi avuto modo di vedere come Zacharias normalmente si comportasse, mi sarei messa a sudare sette camicie. Ma mi era difficile prendere sul serio qualcuno che solo una ventina di minuti prima mi aveva frantumato i timpani a furia di criticare i nuovi tipi di bicicletta usciti in commercio (perché “No, la Girafarig non si avvicina nemmeno lontanamente al miglior tipo di bici da passeggio! Cosa diamine hanno bevuto quelli della Rainbow Sportsmen on Two Wheels Inc. prima di stilare quella graduatoria?”), solo per zittirsi nel sentirsi dire da Leroy che, se la metteva così, avrebbero dovuto trovargli un nuovo regalo di compleanno.
Prima che la situazione potesse degenerare, feci un passo avanti, frapponendomi tra lui e Daikke.
“Che succede? Spero che sia importante, perché noi stavamo giusto—”
Come in un effetto domino, i triatleti si azionarono uno dopo l’altro; a cominciare dal loro capo, che andò dritto al punto.
“Non riusciamo a trovare La Fuoripista. Cosa facciamo?”
Nigel prese ad arricciarsi i capelli con l’indice, tradendo un certo nervosismo. “Te ne vai? Stai bene? Non ci saluti nemmeno?”
Zacharias, tenendo lo sguardo puntato verso un angolo del soffitto, estrasse dalle sue tasche un cellulare e me lo porse con nonchalance. Lo riconobbi come uno degli ultimi modelli, con una sola differenza: il display era talmente fracassato che in più punti mancavano dei frammenti di vetro.
“Mi daresti il numero di tua Nonna?”
“Not cool, bro!”, accusò il Podista, abbassandosi gli occhiali da sole con un gesto incredulo.
“Zac, m-ma che cavolo—“ Nigel arrossì.
Il diretto interessato gli lanciò un’occhiata di sfida. “Qualcosa in contrario, erbivoro?”
“No, tutt’altro!”, il nuotatore si posò il dorso della mano sulla fronte. “Mi ero già rassegnato all’idea che saresti finito in carcere per molestie alle ragazzine. Scoprire dove giacciono realmente le tue preferenze mi tranquillizza, per quanto mi disgusti.”
“Ma cos— Nigel, pezzo d’idiota! Voglio solo l’autografo!”
“Gasp!” Leroy si portò una mano al petto. “È ancora peggio di quel che mi aspettassi!”
“Bro?”
“Siamo davvero ‘bros’, Zac?”
“Eh?”, il povero Ciclista era sconcertato. “Certo che…”
“Hai tradito il gruppo!”
Seguì un sussulto da parte del suo interlocutore.
“Ma, Leroy. Bro.” Allargò le braccia, nascondendo un sorrisetto amareggiato. “Avevo intenzione di chiedere il nostro autografo.”
Gli altri due lo fissarono, stralunati. Tirai fuori il cellulare, appena in tempo per riprendere la replica del rituale dei batti-i-cinque che avevano svolto all’inizio della nostra conoscenza. Anche questo si concluse in un fiasco ed il cellulare di Zacharias sfuggì dalle sue mani, andando a sfracellarsi a terra qualche secondo prima dei triatleti.
Beh, questo spiega come mai il display sia ridotto in quello stato.
Raccolsi l’aggeggio (sulla cover qualcuno aveva disegnato a pennarello glitterato un omino dotato di cresta che sfrecciava sorridente su una bici) e lo accesi, trascrivendo l’unico numero che conoscevo a memoria sulla rubrica.
Terminata l’operazione, lanciai il telefonino verso il gruppetto. Nigel lo schivò, ma Leroy non fu così fortunato (era troppo impegnato a recuperare i suoi occhiali da sole, che gli erano caduti a terra) e lo ricevette sulla tempia. Zacharias lo afferrò di rimbalzo senza battere ciglio. Quando ebbe controllato il nome del nuovo contatto, gli si corrugò la fronte.
"Uh, Marilena…”, mi morsi una guancia, trattenendomi dal correggerlo. “Chi è questo Theodore Higgins?"
Daisuke, che dopo aver compreso di essere in compagnia di persone innocue aveva oltrepassato il tornello, prese a ridacchiare a bassa voce. Cercando di non dare peso al fastidioso calore che mi si era diffuso sul volto, risposi alla più che lecita domanda.
“Mio zio”, sollevai un pollice, “ed il mio avvocato.”
Nigel si strofinò l’avambraccio sinistro. “Avvocato? Siamo nei guai?”
“Nah”, lo tranquillizzai. “Ma vi servirà il suo aiuto se vorrete ottenere l’autografo di Nonna.”
Allo sguardo vuoto dei tre, aggiunsi una piccola delucidazione. “È convinta che nessuno meriti di riceverlo; perciò appena verrà a sapere della vostra richiesta cercherà di non farsi trovare da voi fino alla fine dei suo giorni.”
Il Ciclista si massaggiò il mento. “Ah, ora è tutto più chiaro. Graz— ehi!“
Leroy gli rubò il telefono e pigiò sul display un paio di volte. Zacharias se lo riprese in fretta e furia, controllando lo schermo.
“Cosa hai…”, emise un piccolo gasp di comprensione. “Hai cancellato il numero!”
“Yup.” Il caposquadra stava sorridendo.
“Ma… perché? Non hai sentito quello che ha detto Mariposa?” Quel nomignolo frantumò ciò che rimaneva del mio orgoglio; mi coprii il petto con la mano, avvertendo tante piccole schegge andare a conficcare i miei polmoni. Daisuke si coprì la bocca con il braccio, tossendo con discrezione. Ma le sue spalle tremavano ed i suoi occhi erano troppo giulivi e—
Mi coprii il volto con una mano.
Dannazione al karma.
Intanto gli altri due continuavano a discutere.
“Certo che sì. Ecco perché sono certo che non avremo bisogno di questo Teocleziano Isidoro.”
Nigel si era ridotto alle suppliche. “Leelee, cosa dici?”
Le labbra del Podista si incresparono in un ghigno deciso. “Intendo dire che noi ce la faremo: diventeremo dei meritevoli.”
Zacharias spalancò la bocca. Nigel, come folgorato, gli cadde addosso, costringendolo a fare un passettino di lato per recuperare l’equilibrio. Il sorriso di Leroy si spense.
“Che c’è? Ho detto qualcosa che non…”
Il Ciclista gli si avventò contro e, tenendogli ferma la testa con il braccio, procedette a grattuggiargli la zucca con le nocche. “Aw, sapevo che c’era un buon motivo per cui ti abbiamo eletto caposquadra!”
Al supplizio si aggiunse il Nuotatore che, una volta ripresosi, si mise a premere con l’indice la guancia del più grande. Aveva il naso arrossato. “Però sei troppo imbarazzante! Piantala!”
Daisuke li indicò con un cenno del capo, inarcando un sopracciglio. Ribattei con un’alzata di spalle ed un sospiro sconfortato.
“Beh, è giunto il momento di andare.” Augurai un sincero “Buona fortuna!” ai ragazzi – poveri illusi, non avevano la benché minima idea di quanta gliene sarebbe servita – ed oltrepassai il tornello con uno sbadiglio.
I triatleti si scollarono di qualche centimetro l’uno dall’altro, salutandomi ognuno a proprio modo.
“È stato un piacere, Marzolina!” Leroy si abbassò gli occhiali, facendomi l’occhiolino. “Se questa primavera ti capita di passare per Rubincorallo, vieni a fare il tifo per noi!"
“Cerca di non cadere più dalle piste.” Zacharias si rimise il cellulare in tasca, sghignazzando. “O anche da altri posti, già che ci sei. E se proprio non puoi fare a meno del brivido, procurati un Pokémon Volante!”
Dopo avergli tirato una gomitata, Nigel sventolò un braccio nella mia direzione. “Buona fortuna anche a te con il tuo viaggio!”
“Alla prossima!”, gli rivolsi un sorriso tirato. “E per l’ultima volta, mi chiamo Madeleyne!”
Mi tappai le orecchie, bloccando i loro saluti – che ero sicura contenessero altre storpiature del mio nome – e mi affrettai ad oltrepassare la porta scorrevole dell'uscita, ritrovandomi…
Fuori.
Al buio.
In cima ad una cavolo di collina dalle discese tortuose, circondata dalla boscaglia.
La stanchezza che ero riuscita a dissimulare grazie anche al piccolo contributo energetico fornitomi dal panino ritornò a farsi sentire a piena potenza, facendomi pizzicare gli occhi.
"Daikke..."
Anziché subire l'influsso malefico causato dal suo disprezzato nomignolo, Daisuke mantenne un'espressione neutra; ma oltre alla montatura dei suoi occhiali riuscii a scorgere un guizzo di meschinità.
"Mariangela."
Era divertente— ed anche piuttosto appagante. Normalmente non avrei esitato a far notare a Daisuke che finalmente, dopo tante settimane trascorse in mia compagnia, era riuscito ad apprendere l’arte delle Battute Di Ripicca. Ma nei paraggi non c’era traccia di civilizzazione eccetto i piccoli sentieri che si addentravano fra gli alberi della foresta. Alberi troppo simili a quelli che pensavo di essermi lasciata addietro dopo essere salita sull'ascensore.
Tirai su col naso, e Daikke perse subito l'espressione divertita.
"Che succede? Stai male?"
Per un piccolo attimo di debolezza mi venne voglia di raccontargli tutto. Del Banette, dell’accordo.
Ma alla fine riuscii a trattenermi e scossi la testa. Al momento era al sicuro; non potevo mettere a repentaglio anche quella piccola certezza.
"Vorrei solo poter dormire per un’intera settimana."
Il mio compagno chiuse gli occhi, sistemandosi gli occhiali.
"Metterò la sveglia alle dieci, contenta?"
"Le dieci di dopodomani?"
Mi scoccò un'occhiata piuttosto eloquente, che mi fece emettere un versetto mogio.
Dato che Désirée non si era ancora fatta viva, decidemmo di metterci comodi ed aspettarla all’uscita. Mi sedetti a terra e, nella speranza di riuscire a trovare qualcosa di edibile, rovesciai sull’erba il contenuto del mio zaino. Qualche medaglia, qualche pokéball vuota, qualche cartaccia, la pietrafocaia che avevo ricevuto in dono da un signore, dopo averlo salvato dalla sua casa in fiamme. Fra le cianfrusaglie spiccava il mio povero blocco da disegno: era spiegazzato in più punti ed il dorso che teneva assieme i fogli si era scollato per metà della sua lunghezza.
Quanto tempo è passato dal mio ultimo disegno?
Non riuscivo a ricordarmelo. Sollevai il blocchetto con l’intenzione di posarlo al limite del mucchio di oggetti, lontano dal mio raggio visivo, quando da sotto di lui fece capolino qualcosa di giallo e grosso come il mio pugno. Agguantai il ritrovato bottino e me lo portai vicino al petto, per ammirarlo lontano da occhi indiscreti: era la pietra che qualche settimana prima avevo sgraffignato dalla cassaforte del Team Pyro, nascosta dentro la casa diroccata. Non avevo ancora avuto modo di controllare di quale gemma si trattasse, ma ero certa che mi sarebbe valsa fior di Poké.
Con un sorrisetto sulle labbra, ributtai tutto nella Borsa ad eccezione di Dexi.
“Daikke?”
Il quattrocchi sussultò, preso alla sprovvista dal mio attacco a sorpresa. Prima che potesse dare il via ai rimproveri, gli allungai il Pokédex. “Puoi darci un’occhiata? Credo che ci siano dei problemi con la batteria.”
Il ragazzo rilasciò uno sbuffo, ma lo prese senza fiatare.
“Ah, e mi potresti dare qualche Pozione?”
Di fronte a quella inusuale richiesta Daisuke non poté fare a meno di spalancare gli occhi, per poi passare a scrutarmi il volto. “Perché?”
Inclinai la testa di lato, cercando di presentarmi come l’immagine dell’ingenuità.
“Non le hanno tutti gli allenatori?”
Daikke non sembrava nemmeno lontanamente convinto, ma per il momento doveva aver deciso di lasciar perdere, perché qualche secondo dopo mi porse la mercanzia. Erano due spray violacei ed uno arancione.
“Quella arancio è una Superpozione. Usala solo come ultima risorsa.” Gli avvicinai lo zaino e lui ce le lasciò cadere dentro. “Più tardi ti mostrerò come applicarle.”
La mia replica consistette nel ripescare, dopo un breve ripensamento, una delle bottigliette. Finalmente avrei potuto scoprirne di più sul misterioso composto che avevo visto più volte essere capace di chiudere ferite, far sparire ematomi e salvare organi interni con un solo spruzzo.
Cos’era una ‘Pozione’? Cosa si celava dentro a quello spray? E per quale assurda legge discriminatoria ai pokémon era concesso di godere di tali magiche proprietà, mentre l’unico beneficio che gli umani potevano ricavare dal suo utilizzo era quello di rinfrescarsi durante le torride giornate estive?
Iniziai a leggere la lista degli ingredienti, decisa a venire a capo di tale congiura. La mia determinazione resistette tre minuti buoni, che trascorsi fissando a vuoto l’infinita lista di formule chimiche stampata sull’etichetta; dopodiché ributtai la medicina nella borsa, chiudendola con cura.
Niente da fare: il nemico adoperava un codice di un livello troppo elevato. Presi a strappare ad uno ad uno i fili d’erba, valutando a grandi linee a quanto dovesse ammontare il patrimonio di chi aveva brevettato quello strumento.
Daisuke si schiarì la gola, richiamando la mia attenzione.
“Sembra essere tutto a posto.” Premette sul pulsante ‘Power’ di Dexi, passandomelo non appena si fu disattivato lo schermo.
Fissai l’arnese, corrugando la fronte. “Davvero? Strano, perché…”
“Sicura di non averlo spento per sbaglio?”
“Al cento percento. Io, uh…”, ripensai a quando la luce del congegno si era indebolita. “Anzi, facciamo ottanta percento.” A quando, in preda all’agitazione, mi ero messa a percuoterlo ed a premerne i bottoni a caso. “Okay, non lo so. Può darsi? Insomma, tutto sommato era buio e…”
In mancanza di parole adatte, gesticolai un po’ con le mani, rivelando la mia frustrazione. Il damerino commentò il tutto con un ‘Mmh.’ , per poi perdere interesse e mettersi a guardare la fronde degli alberi.
Lanciai un’occhiataccia a Dexi, riponendolo al suo posto.
“Madeleyne.”
Trattenendomi dal mordermi una guancia – Daisuke mi chiamava per nome solo quando ero in guai seri – mi voltai di nuovo verso il mio compagno. Cercai di individuare dove avessi sbagliato, cosa mi fosse sfuggito, ma la mia testa era vuota. Che avesse capito che gli stavo nascondendo qualcosa? Che—
“Riguardo a prima…”, fece per massaggiarsi il collo, ma all’ultimo secondo cambiò corso d’azione e si limitò a sistemarsi gli occhiali. Sbattei le ciglia, senza capire.
Prima?
Rilasciò un respiro affannoso, che risuonò vagamente simile ad un ‘umh’ non programmato. Deglutii, senza capire dove volesse arrivare.
“Sì?”
Daisuke rimase immobile per una manciata di secondi, per poi lasciar cadere la mano con cui si stava schermando il volto. Quando incrociò il mio sguardo, ebbi l’impressione di starmi specchiando in un mare in tempesta.
“Anche io ero p—“
“Maddy! Daisuke!” Un turbine d’energia si schiantò sul mio corpo, facendomi cadere a terra. Nella confusione mi resi conto che qualcosa mi stava schiacciando e che i miei respiri iniziavano a farsi sempre più corti e rantolanti.
Il mio viso era a cinque centimetri da una matassa di fili dorati, che esclamò: “Non sai quanto ero in pensiero! Avrei voluto venire a cercarti per Bosco Intreccio con gli altri sportivi, ma loro mi avevano incaricato di avvertire la sicurezza e p-poi, i pokémon, io non riesco a—”
“D-Dés… aria!”
La ragazza sussultò, togliendosi da sopra il mio corpo.
“Scusa, scusa. Mi sono lasciata trascinare dal momento.” Quando si scostò i capelli dal volto, la vidi indossare un sorriso imbarazzato. “Ma sono davvero felice che tu sia tutta intera… perché sei tutta intera, vero?”
Soffice calore si diffuse per tutto il mio busto, solleticandomi il petto. La mia gola pizzicava.
Le allungai una mano; lei la prese, aiutandomi ad alzarmi.
Mi schiarii la voce. “Sono a posto, non ti preoccupare.” Poi mi massaggiai la testa, ridacchiando. “Anche se credo di essermi appena fratturata l’osso sacro.”
Désirée incespicò sulle parole, avendo difficoltà a scegliere la frase di scuse più efficace.
“Bene.”, Daisuke si staccò dal muro della Base, facendo qualche passo lungo il percorso centrale che diramava dall’uscita della Pista Ciclabile. “Ora che siamo tutti qui, possiamo proseguire.”
“Ugh, non possiamo stendere i sacchi a pelo ed andare a dormire?”, ribattei, seguendolo controvoglia.
“Sono solo le sei e mezza.”, mi fece notare, senza cattiveria. Qualunque cosa avesse cercato di dirmi prima, non sembrava più intenzionato a comunicarmela. Sospirai, appuntandomi che gliel’avrei dovuto chiedere non appena avessimo raggiunto il Centro Pokémon di turno.
“Questo non vuol dire niente!”, bofonchiai con petulanza. “Désirée, aiutami!”
“Emh…” La ragazza si posò un labbro sulle labbra ed inclinò la testa, sorridendo debolmente. “A Kalos stanno già tutti dormendo…?”
Un attimo di silenzio.
“Giusto!”
Non avevo la benché minima idea di cosa fosse Kalos.
Daisuke rilasciò un verso frustrato. “Kalos è dall’altra parte del mondo!”
“E quindi?”
“Sono le sei di mattina!”
Ah. Cavolo. Umh.
“Désirée?” Aiutami.
“Ah… è comunque buio?”
Schioccai le dita. “Giustissimo!”
Daikke si massaggiò il setto nasale e, esprimendo la sua resa con un ‘Ugh!’ spossato, affrettò il passo, facendoci strada fra gli alberi.
~Author’s Corner~
Ho scritto così tanto che mi faccio schifo da sola. Chiedo scusa a tutti per la lunghezza infinita di questo capitolo, ma mi sono resa conto troppo tardi di aver sbagliato a suddividere questi ultimi chapters e questo qui ne ha purtroppo dovuto risentire.
Quindi, uh. Sì. Se sarete in molti (anche uno basta, lol) a lamentarvene, la prossima volta cercherò di dividere i ‘capitoli-mostro’ in due.
E dato che il chap è gigante, ci saranno sicuramente delle parti con errori grammaticali/sintattici/poetici (?) e non.
Ahimè, posso solo dire di aver fatto del mio meglio.
Al prossimo chapter~ |
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