Lascia Fuori Tutto Il Resto

di Vì Cullen
(/viewuser.php?uid=98140)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutte!! Questa è la prima ff che posto qui, spero davvero che vi incuriosisca! Il primo capitolo è una specie di presentazione del protagonista!

Spero che vi piaccia!! Un bacio, Ve

CAPITOLO 1

Odiavo già quel posto. Non ce la facevo, sul serio. Un altro giorno lì dentro e sarei impazzito.

La quarta casa in cui ero stato sbattuto, a Los Angeles, era grande, certo. Era bella, certo. Ma si soffocava. Ci viveva una coppia, e fin qui niente da ridire, ma se la coppia in questione ha sei figli dopo un po’ si comincia a soffocare. Nessuno, in quella casa, si era curato di presentarmi, o almeno di cercare di parlare un po’ con me, di chiedermi come stavo, se mi trovavo bene.

Da due anni i miei genitori erano morti, in un incidente d’auto, a Chicago. Da quel giorno cominciai ad odiare quella città, la quale era per di più quella in cui ero nato. Eravamo una famiglia semplice, molto tranquilla, e mio padre, Edward, era la persona migliore del mondo. Avevo ereditato il nome da lui. Mia madre Elizabeth, era un’ altra delle persone migliori che avevo mai conosciuto, sempre gentile, altruista.

La loro scomparsa mi aveva distrutto. Ero stato sbattuto in orfanotrofio, e quelli erano stati i mesi più brutti della mia esistenza, chiuso tra quei muri grigi, quella puzza di chiuso. Dopo circa cinque mesi, in cui mi ero chiuso in me stesso, diventando solitario e silenzioso, una coppia si era interessata a me. Dopo una settimana, non mi vollero più. Ero troppo chiuso, dicevano. Poi mi aveva adottato una famiglia di New York. Una di Atlanta. Poi a Detroit. A Dallas. A Phoenix. E infine qui, a Los Angeles. Beh, almeno avevo girato un po’…

Non ricordavo l’ultima volta che avevo sorriso… forse sei mesi prima, quando la piccola della famiglia del momento aveva vomitato sui miei pantaloni. Avevo sorriso, ma solo per tranquillizzare la madre, che non smetteva di chiedermi scusa. Nessuno aveva mai cercato un legame con me, né io ne avevo dato l’impressione.

E ora me ne andavo di nuovo, in una città sperduta, nello Stato di Washington. Avevo cercato su Internet; era la città col più alto tasso di piovosità di tutta l’America, ma il freddo non mi dispiaceva poi tanto. Forks. Andavo da una coppia, marito e moglie, ma non ricordavo i loro nomi, perché erano molto strani. Stavo facendo la valigia, per l’ennesima volta, ma ormai c’ero abituato.

Bussarono alla porta.

-Edward?-, chiese una voce da dietro la porta. Non avevo idea di chi fosse, non avevo parlato che con i genitori, ma le loro voci erano sbiadite nei miei pensieri.

-Sì?-, ecco, quelle erano le prime parole che pronunciavo da settimane.

-E’ arrivato il taxi. Ti porterà in aeroporto- disse la voce. Un secondo dopo sentii dei passi allontanarsi.

Chiusi la valigia, presi l’unico ricordo che restava dei miei genitori, una foto stropicciata con noi tre insieme, sorridenti, felici. Com’era prevedibile, inciampai mentre aprivo la porta, ma non ci feci caso, ormai inciampavo continuamente. Lanciai un ultimo sguardo a quella che era stata la mia stanza, e uscii, ancora una volta diretto verso un ignoto del quale non mi importava.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Eccomi qui con un altro capitolo!! Purtroppo ho visto che le recensioni sono davvero poche, ma cercherò di scoraggiarmi, visto che siamo solo al secondo capitolo! E vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno messe nelle storie seguite, e nelle ricordate!! Grazie davvero!

Bene, ci vediamo sotto!!

 

CAPITOLO 2

 

-Edward Masen?-, una voce mi chiamò. Mi voltai, e mi trovai davanti un uomo sui trent’anni, biondo, occhi azzurri, che mi sorrideva cortese. Era pomeriggio tardi, ero appena atterrato da Los Angeles.

-Sono io-, confermai, squadrandolo. Chi era?

-Mi chiamo Carlisle. Carlisle Cullen. Io e mia moglie Esme siamo le persone che ti hanno adottato-, mi sorrise ancora.

Non me la sentivo di deludere quell’uomo; anche se la mia vita ormai si riduceva a giornate passate in quella che era la mia stanza a guardare il soffitto, e il mio cuore era in mille pezzi, proprio non me la sentivo di non rispondere al sorriso, così ci provai.

-Oh…piacere-, e provai a sorridere. Probabilmente non mi uscii molto bene, Carlisle scoppiò a ridere davanti alla mia smorfia stentata e mi diede una pacca sulla spalla.

-Non preoccuparti, Edward, non cercare di mostrarti felice. Ti aiuto?-, si offrì indicando la mia valigia.

-Non si preoccupi, è leggera-

-Credo sia meglio che tu mi dia del “tu”, che ne dici? In fondo d’ora in poi vivrai con noi-

Ah davvero? Per quanto starò con te? Due mesi? Tre?

-D’accordo-, acconsentii.

Mi guidò verso l’auto. Quando la vidi mi prese un colpo. Era bella, elegante, nera. Senza un graffio, pareva fosse nuova. Mentre sistemavo la valigia nel cofano, mi invitò a parlare di me, della mia vita. Lo guardai stranito. Parlare di me?? E perché mai? Salimmo a bordo.

-L’ho detto, Edward, starai con noi. Non faremo come le altre famiglie. Non ti sbatteremo fuori perché sei silenzioso e solitario. A me e ad Esme non interessa, vogliamo solo che tu d’ora in poi viva serenamente-. Con quelle parole mi stupì, nessuno mi aveva mai detto una cosa simile, ma restai in silenzio, un silenzio che durò per buona parte del viaggio.

-Bene, sembra proprio che tu non voglia parlare. Ti dispiace se lo faccio io?-, mi chiese ad un tratto. Con un cenno lo invitai a proseguire.

-Mi chiamo Carlisle, sono un medico, lavoro all’ospedale di Forks, la cittadina nella quale stiamo andando. Io e mia moglie Esme siamo sposati da circa dieci anni, ma non possiamo avere figli, cosa che Esme desidera con tutto il cuore. Abbiamo girato per vari orfanotrofi, ma non trovavamo la persona giusta, fino a quando ci è capitata la tua scheda in mano. Avevamo perso la speranza. Ma tu eri perfetto, eri il ragazzo che volevamo. Conosco la tua storia, Edward, e me ne dispiaccio, ma la vita va avanti. Abbiamo subito deciso di adottarti, abbiamo contattato la famiglia di Los Angeles a cui eri stato affidato. Avevano già intenzione di lasciarti andare, così abbiamo chiesto se per loro andava bene se partivi subito, e hanno acconsentito immediatamente. Non devi aver paura di mostrare i tuoi sentimenti. Hai diciassette anni, giusto?-

-Sì…- mormorai io. Il discorso di Carlisle mi aveva colpito. Sembrava sinceramente capire la mia sofferenza, voleva che ne parlassi.

-Sei ancora giovane per lasciarti andare così. Come stai?-

Come? Come stavo? Non ne avevo la minima idea. Nessuno me lo aveva mai chiesto, e di fronte ad una domanda così semplice mi trovai impreparato.

-Io…non lo so. Non sento più niente, non provo più nessuna emozione. È come se vivessi in una grande bolla d’aria, le parole mi arrivano strane, come sbiadite-, per la prima volta fui sincero. Non sapevo perché, ma sentivo che Carlisle era diverso dagli altri. Sembrava sinceramente interessato a me; non provavo una cosa del genere da… da prima della morte dei miei genitori.

-Ti capisco, Edward. È una cosa normale-, poi piombò il silenzio, all’improvviso, senza che me ne rendessi conto.

Dopo una pausa infinita, parlò. –Ecco, siamo arrivati-

Alzai lo sguardo e mi ritrovai nel verde. Era tutto, completamente verde, anche i tronchi degli alberi. Carlisle proseguì per quella che doveva essere la strada principale. Non c’erano persone in giro, tutto sembrava immerso nel silenzio. Superammo un fiume di cui non sapevo il nome e svoltammo a sinistra, dove si snodava una strada nascosta tra gli alberi. La seguimmo per poche centinaia di metri, poi dal nulla, mi parve, sbucò una villa. Era bella, grande, di tre piani, con un’ ampia terrazza. Le pareti erano bianche, le finestre originali, sembrava appartenere al secolo passato. Stranamente, mi piacque. Carlisle parcheggiò nel garage, un edificio dietro la villa, che ospitava anche una Volvo grigio metallizzato.

-Vieni, ti presento Esme. È impaziente di conoscerti-, e mi guidò in casa.

Appena entrato, mi si presentò il salotto, di varie tonalità di bianco, tutto coordinato. Sulla destra vidi un pianoforte, bellissimo. Quasi mi vennero le lacrime agli occhi. Sapevo suonarlo, mia madre me lo aveva insegnato, ma non avevo più toccato un tasto dalla sua morte, anche se adoravo comporre.

-Oh!-, gridò una voce. Dalle scale, in fondo alla stanza, scese una donna. I tratti erano molto dolci, l’espressione esprimeva solo piacere e sollievo nel vedermi. Aveva i capelli mossi castani, occhi marrone chiaro. Inaspettatamente, appena mi vide fece gli ultimi gradini di corsa e, di fronte a me, mi abbracciò. Mi irrigidii di fronte a quel gesto, era da tantissimo che non avevo un contatto fisico di quel genere con qualcuno. Dopo lo stupore iniziale, mi sciolsi pian piano. La donna, che doveva essere Esme, non si staccò, rimase attaccata a me per cinque minuti buoni. Carlisle, di fianco a me, alzò gli occhi al cielo e sorrise, quasi intenerito da quell’atteggiamento.

-Scusa, Edward, mi sono fatta prendere dalla situazione! Sono Esme, mi fa molto piacere conoscerti-, si presentò stringendomi la mano con calore e delicatezza.

-Il piacere è mio-, dissi abbozzando un sorriso, ma stavolta non era perché temevo un’espressione delusa. Era perché…mi sentivo…bene. Mi faceva un immenso piacere il comportamento di Esme. Mi sentivo strano. Carlisle, di fianco a me, mi guardò incuriosito, ma decisi di ignorarlo.

-Sei stanco, Edward? Hai fame? Sete?-, domandò Esme preoccupata, -Guardalo, Carlisle-, aggiunse guardando il marito,- è pallido e ha le occhiaie-.

-Sono solo un po’ stanco, grazie-, risposi sincero.

-E’ stato duro il viaggio? Vuoi dormire un po’?-, a quella proposta annuii. Sììì, fatemi dormire, per favore!

-Vieni, ti mostro la stanza-, Esme sorrise e mi condusse su per le scale. Attraversammo un corridoio e salimmo ancora. Aprì l’ultima porta. La stanza era grande, forse un po’ spoglia, ma mi piaceva.

-Puoi fare tutti i cambiamenti che vuoi, non preoccuparti-, disse Esme vedendomi assorto, -ora vado a lavorare. Ho aspettato perché volevo conoscerti, ma adesso puoi dormire-, mi sorrise un’ultima volta e uscì. Mi guardai attorno un’ultima volta. Il letto era al centro della stanza; mi ci volle poco per raggiungerlo, e caderci di peso, per poi abbandonarmi ad un sonno senza sogni.

 

Ecco qui!! Edward migliorerà, non preoccupatevi! Ma so che ora vi starete chiedendo: ma Bella? Dov'è?

Non preoccupatevi, arriverà! Magari se troverò tante recensioni (non troppe, non mi piace pretendere dai miei lettori) la faccio arrivare prima del previsto xDxD

Un bacio, Ve

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Buon giorno a tuttiii!!! Come va? Tutto bene?

Sono stranamente euforica oggi, senza capirne il perchè, e quindi posto il capitolo 3!

Godetevelo e...beh, ci vediamo di sotto!

 

 

Ma prima rispondo alle recensioni:

Lullaby89: sì, Carlisle ed Esme lo aiuteranno molto, ma ci sarà un'altra persona che conosciamo molto bene a farlo tornare...beh...insomma, normale! Bella? arriverà!

Stecullen94: ecco il terzo capitolo, spero ti piacerà! Baci

DiamondDior: eh sì, credo siano molto frequenti situazioni di questo genere...cioè, Edward soffre molto, amava molto i suoi genitori e li ha persi all'improvviso!

Melucchia: io non ti dico niente!! in effetti sarebbe molto interessante, anche perchè non vi ho avvertito che sono tutti umani! comunque per sapere cos'è Bella non ci vorrà ancora molto, non preoccuparti!

 

CAPITOLO 3

Erano due giorni che vivevo in quella casa, e mi sentivo più sereno. Ogni tanto il mio sguardo era catturato dal pianoforte, in soggiorno, ma non mi ci volli avvicinare mai; avevo paura di ritornare a soffrire ancora, perché da due giorni, da quando ero arrivato, era diverso. Esme e Carlisle erano due persone d’oro, si preoccupavano per me e cercavano di capire i miei bisogni. Non potevo suonare: se avessi ricominciato sarebbe stato come tradire mia madre, visto che ogni sera, quando era viva ed ero felice, suonavo sempre per lei.

La sera prima Carlisle mi aveva chiamato nel suo studio, una bellissima stanza, grande, e piena di libri. Voleva parlarmi.

-Allora, Edward, come va?-

-Bene, grazie. Perché mi hai chiamato? Devi parlarmi di qualcosa?-, avevo chiesto, confuso.

-Beh, dobbiamo parlare della tua istruzione. Siamo a gennaio, e mi piacerebbe che tu frequentassi il secondo quadrimestre alla Forks High School. Esme ci tiene particolarmente-, mi aveva proposto, guardandomi intensamente.

-Oh-, non me l’aspettavo. Nessuno mi aveva parlato di andare a scuola, quando stavo dalle altre famiglie. Stavo nella mia stanza tutto il giorno e basta, anche se, quando vivevo a Chicago con i miei, mio padre aveva assunto un insegnante privato, il quale mi aveva insegnato tutto, anche le cose adatte, appunto, al penultimo anno di scuola superiore. A mio padre piaceva vedermi studiare, diceva sempre che grazie alla mia intelligenza sarei diventato importante. A quel pensiero il mio cuore tremò.

-Come faccio con i libri, il materiale? Io non ho niente!-, avevo detto. Non mi dispiaceva l’idea di andare a scuola. Erano gli studenti a farmi paura. Erano anni che non mi mescolavo con così tanta gente in una sola volta, e ciò mi spaventava.

Carlisle aveva sorriso, e mi aveva assicurato che avrebbe pensato lui a tutto, dovevo solo accettare. E così accettai. Lo facevo per mio padre.

                                                                                                  *

La sveglia suonò, e mi svegliai di soprassalto. Mi guardai attorno, non capivo dov’ero. Alla fine realizzai che ero nella mia stanza, disteso sul mio letto, e che quella mattina sarei dovuto andare a scuola.

Avevo fatto un sogno stranissimo, non lo ricordavo bene, non era nitido nella mia mente. Ero a scuola, non so quale scuola fosse, anche perché non la ricordavo, ma avevo la sensazione di essere a scuola. All’improvviso avevo visto una sagoma camminare verso di me. Ero quasi sicuro fosse una ragazza, ma non ricordavo i suoi lineamenti. Arrivata davanti a me, mi fissava. Stava lì a fissarmi, e proprio perché mi fissava la fissavo anch’io. Ricordavo solo un particolare di lei: gli occhi. Erano meravigliosi, grandi, dolci ma allo stesso tempo ardenti. Il colore mi aveva molto colpito, non ricordavo di aver mai visto nessuno con gli occhi di quel colore.

Mi alzai traballante e per poco non mi schiantai contro l’armadio, che era più vicino di quanto credevo. La maggior parte dei miei vestiti erano troppo permeabili per Forks, ma trovai comunque un paio di pantaloni neri, una maglietta bianca e una giacca scura. Andai in bagno e mi preparai, ero agitato, ma fingevo tranquillità per non pensarci troppo.

Scesi a fare colazione, in casa non c’era nessuno, Carlisle ed Esme uscivano sempre presto per andare a lavorare, Carlisle in ospedale, Esme diretta al negozio gestito da lei, appena fuori Forks. Sul tavolo della cucina trovai un biglietto.

“Spero davvero che il tuo primo giorno trascorra serenamente, e senza complicazioni. Appena arrivo a casa mi racconterai tutto, ovviamente! Buona giornata, ti voglio bene. Esme”

Quel biglietto, com’era prevedibile, mi fece venire un groppo in gola, che ricacciai subito, non era il momento di sentimentalismi. Visto che ero troppo agitato, saltai la colazione, e mi diressi spedito verso il garage. Carlisle mi aveva detto che la Volvo, nuova, la potevo usare io, visto che Esme odiava guidare e lui aveva la sua Mercedes.

Fu difficile per me trovare la scuola; mi ci fermai solo per il cartello che indicava “Forks High School”, perché vista da una persona appena arrivata in città sarebbe sembrato un gruppo di palazzi bassi e rossi tutti uguali. Parcheggiai davanti al primo edificio, la segreteria, ed entrai. Al bancone era seduta una donna imponente, rossa di capelli, con un cartellino appuntato sulla maglietta con scritto “Miss Cope”. Appena entrai mi guardò incuriosita, per poi rivolgermi uno sguardo che non capivo. La fissai, e arrossì. Cosa aveva?

-Buongiorno-, dissi, e vidi il suo viso diventare ancora più rosso, ma questa volta la ignorai.

-Sono Edward Masen-

I suoi occhietti si accesero, balbettò qualcosa che con capii e mi diede alcuni documenti da far firmare ad ogni professore. Con voce insicura mi augurò buona giornata, ed io uscii. Appena fuori dalla stanza mi guardai da capo ai piedi per vedere se c’era qualcosa che non andava, ma non trovai nulla di insolito.

Controllai l’orario, alla prima ora avevo inglese. Risalii sulla Volvo e cercai il parcheggio riservato agli studenti, lo trovai seguendo il flusso delle auto che iniziavano ad arrivare. Trovai un posto libero, e mi stupii nel vedere che non c’erano auto che davano nell’occhio. Mi guardai un po’ intorno, ancora chiuso in macchina, e presi un respiro profondo. Con la mano sulla portiera, mi bloccai, lo sguardo fisso su tre auto che arrivavano in quel momento. La prima era una jeep gigante, ma comunque bellissima, aveva un fascino particolare. La seconda era una BMW rossa fiammante, decappottabile, stupenda, ma un po’ troppo appariscente. La terza… la terza era meravigliosa, un Aston Martin nera, lucida, perfetta. Non so quanto tempo stetti lì a fissare quell’auto, che per di più aveva anche i finestrini oscurati, così non potevo vedere il conducente.

Mi riscossi e scesi dalla Volvo, cercando di non dare nell’occhio. Quasi tutti gli studenti si erano voltati a guardare l’arrivo delle tre auto misteriose, ma molti di loro avevano l’espressione scocciata, probabilmente assistevano a quella scena tutti i giorni; così potei entrare nel palazzo di inglese senza essere notato. Fui uno dei primi ad entrare, mi presentai al professore, che non si perse in presentazioni, e mi assegnò il posto in ultima fila. Quando gli studenti cominciarono ad arrivare, tutti mi notarono e iniziarono a fissarmi. Anche quando cominciò la lezione avevo l’impressione di essere costantemente analizzato in ogni mio gesto. A circa metà lezione, bussarono alla porta, ed entrò una ragazza minuta, magrissima, con i capelli neri, dello stesso colore degli occhi,  tutti sparati. Era pallida, e aveva delle occhiaie sotto gli occhi, come se per tutta la notte non avesse chiuso occhio.

-Scusi prof, ho avuto un contrattempo in segreteria-, si scusò con il professore, mentre veniva verso di me, senza degnarmi di uno sguardo.

-Okay, ma la prossima volta non interrompere più-, le rispose il professore, severo.

La ragazza si sedette nel posto vuoto accanto a me, all’improvviso mi guardò, come se si accorgesse solo allora della mia presenza. I suoi occhi neri fissarono i miei, verdi, per un secondo, per poi puntarsi sul professore.

Al termine della lezione, durante la quale mi ero sentito perennemente osservato dal resto della classe, la mia vicina di banco si girò verso di me-

-Ciao, io sono Alice! E tu?-, aveva una voce acuta da soprano, sembrava stesse cantando.

-Piacere, Edward-, mi presentai, e sentii gli occhi di tutti addosso. Alice li ignorò.

-Qual è la tua prossima lezione?-

Controllai.

-Educazione civica, col professor Jefferson-, intanto ci eravamo alzati ed eravamo usciti dall’edificio di inglese.

-Oh, io adesso sono in palestra… ma se vuoi ti mostro la strada!-, disse con entusiasmo.

Cercai di sorridere e le dissi di non preoccuparsi.

-Va bene, allora ci vediamo in giro-, mi salutò e girò i tacchi, allontanandosi con una falcata veloce, da atleta. Non avevo mai incontrato una persona del genere, ma chi era?

Notai che molti studenti mi stavano fissando, così mi riscossi e mi diressi verso la prossima lezione, che fu noiosa, sapevo già tutto. Così passò la mattinata. Quando giunse l’ora di pranzo, una ragazza completamente diversa da Alice, quella della prima ora, mi venne incontro. Era bionda, con qualche sfumatura rossiccia nei capelli, e indossava una minigonna più adatta ad una serata in discoteca che ad un normale giorno di scuola, con sopra una maglietta attillata e molto scollata.

-Ciao-, mi disse con un sorriso malizioso.

-Io mi chiamo Tanya. Tu sei Edward, quello nuovo, giusto?-, domandò fissandomi con uno sguardo a dir poco sfrontato.

-Sì-, risposi senza particolari sfumature nel tono di voce.

-Posso accompagnarti in mensa?-, mi chiese battendo le ciglia.

-Credo di potercela fare, a trovarla-, cercai un modo carino di rifiutare.

-Ma io volevo accompagnartiiii…dai Ed!-, a quelle parole rimasi scioccato, ma mi arresi e annuii.

Lei non mi diede neanche il tempo di alzarmi dalla sedia che si era già avvinghiata al mio braccio con una morsa degna di uno squalo e mi trascinava verso la mensa, dove mi presentò ad alcuni suoi amici. Non riuscii a memorizzare nessuno dei nomi, li dimenticavo un secondo dopo averli sentiti.

Tutta la situazione era davvero assurda.

Stavo lì, tra persone che a malapena conoscevo, una ragazza che mi urlava nell’orecchio da una parte e altri cinque che mi ponevano domande su domande riguardanti la strana coppia che mi aveva inspiegabilmente adottato.

Con lo sguardo percorsi la mensa. Una classe era evidentemente in ritardo, stava entrando in quel momento. Voltai di poco la testa, e rimasi folgorato.

 

Cos'avrà visto Edward?? Ihihih!

Sono entrati nuovi personaggi nella storia...Alice, Tanya...

E intanto, per la vostra gioia, vi anticipo che il prossimo capitolo sarà un pov Bella!! Contente??

 

Ora, una domandina per voi... qual è il personaggio della saga che avete più apprezzato (a parte Edward, Bella, il can...cioè, Jacob, e Bree)?

 

Recensite, fatemi sapere se ciò che sto scrivendo vi piace o vi fa pena!!

Baci, Vì

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ehm...ciao! Vi ricordate ancora di me, vero?? Lo so, ritardo imperdonabile... spero che con questo capitolo mi farò perdonare! E' un pov Bella, si scopre cos'è, la sua vita, i suoi fratelli...eccetera!

Sono consapevole che i capitoli sono UN PO' pesantucci, ma sono già scritti, in quanto tempo fa postavo anche su un altro sito. Sicuramente miglioreranno, Edward e Bella si conosceranno...scoccherà la scintilla??! Ihihih, lo scoprirete solo leggendo!

Rispondo alle recensioni! Ci terrei a ringraziare tantissimo tutte le persone che mi hanno messa nelle seguite e nelle preferite!

DarkViolet92: ciao! lo so, ma purtroppo alcuni capitoli sono già scritti! Sto scrivendo davvero tante ff, tutte molto seguite, anche se la maggior parte sono a rating rosso, e perciò riscrivere i capitoli di questa storia... non ce la farei! Spero che questo capitolo ti piaccia, se non sbaglio viene fuori il lato malizioso di Alice xD

Stecullen94: booooh cos'avrà visto Ed?? Non so...fammici pensare! Kiss!

Lullaby89: ciaoo! Non posso dirti che vede Bella e la sua famiglia...rovinerei la sorpresa! ihihih, in effetti Ed avrebbe tanto voluto scappare, poverino! Sì, Alice diventerà grande amica di Ed nel corso della storia! Lo salverà da situazioni particolari! Ecco il nuovo capitolo!

Asuka Michiru Chan: Wow, allora non posso che esserne onorata!! Leah?? Scelta davvero interessante... a me non sta molto simpatica, anche se comprendo le sue ragioni e ho compassione per il suo dolore! Spero che il nuovo capitolo ti piaccia!

fabyp: per caso leggi qualche altra mia storia? The only exception forse? Ricordo di aver risposto ad una tua recensione!! Sì, certo! Ci saranno tutti i personaggi, anche Jacob, che sarà immensamente diverso dal licantropo che è di solito...magari non è un licantropo xD dimmi che ne pensi di questo capitolo!!

cullenpersempre: grazie, sono felice che ti piaccia! già, jasper è un bel personaggio, l'ho particolarmente apprezzato in Eclipse, il film... finalmente lo fanno parlare un pò, santo cielo!! già, odio Jacob...meno male che non sono l'unica xD baci!

luna84: wow, una mia lettrice!!! ecco il nuovo capitolo, contentissima che la mia storia ti piaccia!!

Una cosa: siete sicure che Jacob sia... quello che è nella saga? Ihihih, spero di non deludervi! Caratterialmente non è poi cambiato così tanto!

CAPITOLO 4

POV BELLA

-Bella! Vieni??-, Alice mi chiamò, e dal suo tono capii che era allarmata.

Corsi da lei, in soggiorno.

-Che succede, Alice?-, le chiesi in apprensione.

-Oggi arriverà un nuovo studente! Non ho distinto bene in viso, ma non sembra male, sai?!-, mi informò con un sorriso malizioso.

-Oh, Alice! Non mi interessa!-

-Bella, mi dispiace che tu sia sola…-, ancora con quella storia?! Io da sola ci stavo bene, non avevo bisogno di nessuno. Punto.

-Sto bene! Non ti devi preoccupare per me-

Era mattino presto, in casa c’eravamo solo io ed Alice, gli altri erano a caccia. Alice aveva gli occhi neri, ma ci aveva convinti di non avere così tanta sete, e quindi sarebbe andata la notte dopo. Io mi ero nutrita in abbondanza all’alba del mattino prima.

-Bella…non è vero. Lo vediamo tutti che soffri-, mi disse Alice con delicatezza. Poi prese a parlare a raffica del nuovo studente che sarebbe arrivato a scuola…beh, tra un paio d’ore.

-Si chiama Edward Masen, è stato adottato dai Cullen. Ha perso i genitori in un incidente d’auto due anni fa, poverino, e ora è distrutto… oh! Frequenterò la lezione di inglese con lui!-

-Chi l’ha adottato?!-, chiesi meravigliata.

-Esme e Carlisle! Beh, Esme quando siamo andate a trovarla l’ultima volta ce l’aveva detto che volevano un figlio, no? Ecco fatto-, mi ricordò. Io ed Alice a volte andavamo da Esme per farle compagnia, perché spesso si sentiva sola, in quella casa che a me sembrava troppo grande per una semplice coppia. Era appartenuta alla famiglia di Carlisle, ci aveva raccontato, e le piaceva molto, ma a volte si sentiva sola. Qui entravamo in gioco noi. Era un bel modo per relazionarci con gli umani, l’aveva detto anche Charlie, che di solito era il più apprensivo di tutti in questo ambito.

-Comunque…-, Alice riprese il discorso, ma la interruppi prontamente.

-No, Alice! Non mi interessa!-, feci per tornare in camera mia, ma Alice mi bloccò.

-Okay, okay, non ne parlerò più-, promise, ma dopo chiuse di nuovo gli occhi.

-Devi vederlo, Bella! È meraviglioso, anche se è umano! E Tanya cercherà come suo solito di attaccare bottone-, mi raccontò eccitata, violando la promessa da lei appena fatta.

Ah, Tanya, sempre la solita. Quando eravamo arrivati noi ci aveva provato con tutti, anche con Emmett, ma poi evidentemente l’avevamo intimorita, e si era allontanata, finendo per ignorarci.

Mi diressi verso gli scaffali stracolmi di libri e ne afferrai uno. Aprii la prima pagina cercando di ignorarla.

Io da sola stavo bene. Jake ci aveva provato con me, ci provava tutt’ora, ma io non desistevo. Nella mia famiglia erano tutti accoppiati a parte me e Jake. Lui sapeva essere un buon amico, ma nella sua mente io sembravo essere qualcosa di più. Emm mi prendeva in giro, a volte seguito da Rose, a causa della mia “purezza”, come la chiamava lui, ma a me non interessava. Jake invece era stato con svariate ragazze, alcune delle quali anche umane, e per fortuna erano uscite illese, ma non aveva mai avuto una relazione fissa con qualcuna, non si era mai innamorato, né gli interessava farlo.

Secondo me, invece, l’amore era importante; non sarei mai riuscita a lasciarmi andare con una persona di cui non mi importava niente.

In famiglia ero l’unica ad avere un autocontrollo eccezionale, ma non ne conoscevo il motivo! Appena trasformata non sembrava neanche che fossi una neonata. Jazz ed Alice stavano insieme da tantissimo tempo, e la loro era una relazione solida; quella di Emm e Rose era soprattutto fisica, ma sapevo che si amavano. Certo, a volte desideravo qualcuno al mio fianco che non fosse fratello o sorella, ma scacciavo sempre il pensiero. Ormai era un secolo e qualche anno che vivevo così, e stavo bene.

-Vuoi che te lo descriva??-, mi chiese Alice, riportandomi alla realtà.

-Eh?-, dissi, guardandola vacua.

-Daiii, vuoi che ti descriva Edward??-, ripetè, fissandomi maliziosa. Insisteva, eh!

-Alice! Ma per favore! Non mi interessa! Sembra che tu lo conosca già!-

Mormorò qualcosa a voce talmente bassa che neanche il mio infallibile udito da vampiro riuscì a cogliere.

 Poi aggiunse a voce più alta: - Lo conoscerò domani! Sarà il mio vicino di banco ad inglese! Ora vatti a vestire che dobbiamo andare!-, mi ordinò puntando il dito verso le scale.

-Ma se devono ancora arrivare tutti!-

-Infatti. Intanto ci facciamo trovare pronte, no? Oggi è un giorno importante-, disse questo con fare misterioso. Mi insospettii ancora di più.

-Che succederà oggi, Alice?-, le chiesi, squadrandola con attenzione.

-Niente, perché?-, ma a chi la voleva dare a bere?! Ormai la conoscevo troppo bene, non poteva mentirmi.

-Su, Alice! Ci ridaranno quei test di trigonometria, vero?-

Lei mi guardò spaesata per un attimo, poi sospirò e annuì. Le sorrisi e andai a prepararmi per la giornata.

-Ti ho messo i vestiti sulla sedia!-, gridò Alice all’improvviso, sembrava stesse ridendo.

-Vestiti per cosa?!-

-Per la scuola, ovviamente-

Sospirai e analizzai i vestiti che stavano sulla sedia della mia camera. Jeans molto aderenti scuri, camicetta blu a maniche corte. Si poteva fare. Mi cambiai in un battibaleno, poi sentii la risata inconfondibile di Emmett da lontano. Stavano tornando.

Mi pettinai i capelli, misi le scarpe e scesi. Anche Alice si era cambiata, ed era più carina del solito quella mattina. Ancora non ero del tutto convinta del suo comportamento, ma lasciai perdere. Rosalie fu la prima ad entrare, seguita a ruota da Jasper e Renèe. Charlie, Emmett e Jacob ancora non si vedevano, ma si percepivano le loro voci.

-Che è successo stavolta?-, domandai a Renèe.

-Jacob ha rubato il grizzly ad Emmett, che si è arrabbiato, e allora hanno iniziato a combattere. Charlie per fortuna è intervenuto in tempo-, mi raccontò alzando gli occhi al cielo. Scosse la testa e salì le scale.

Un secondo dopo entrarono Jake ed Emm, che se la ridevano, seguiti a ruota da Charlie, il quale scuoteva la testa, ma sorrideva anche lui. Ci salutarono e andarono a cambiarsi per la scuola. Io ed Alice facevamo finta di frequentare il penultimo anno, mentre Rose, Jake, Jasper ed Emm il quarto.

       

Entrai nel parcheggio della scuola per ultima, con la mia meravigliosa auto, un’ Aston Martin stupenda. Ero orgogliosissima di averla. Di fianco a me c’era Jake, che ancora borbottava perché non lo lasciavo mai guidare.

Rosalie ed Alice avevano preso la macchina di Rose, la BMW; la Porsche gialla di Alice era ancora nel nostro garage. Lei aveva tenuto il broncio per un po’, ma non potevamo dare nell’occhio così tanto. Già tutti ci consideravano strani.

 Emmett e Jasper avevano preso la Jeep di Emm. Subito notai una nuova auto, una Volvo grigio metallizzato. Probabilmente apparteneva al ragazzo nuovo.

Come si chiamava? Ah, sì, Edward.

Ci dirigemmo tutti verso le rispettive lezioni, ignorando i numerosi sguardi che ci seguivano. Alice era eccitata perché di lì a poco avrebbe conosciuto il nuovo, e quando la chiamarono in segreteria, lanciò uno sguardo irritato al ragazzo che le aveva portato il messaggio e se ne andò con lui. Sorrisi comprensiva. Povera Alice!

 Notai che quasi tutti bisbigliavano tra loro pettegolezzi su…Edward, anche se neanche lo conoscevano. Per questo mi irritai molto, avevo ricevuto lo stesso trattamento quando tre anni fa ero arrivata con la mia famiglia.

Le prime ore passarono velocemente. Presi 10 al test di trigonometria, tutto grazie al mio cervello da vampiro, e nessuno mi interrogò. Prima della pausa pranzo, il professore di spagnolo ci tenne dieci minuti in più per ricordarci dell’imminente verifica. Quando ci lasciò liberi, vidi Alice e Jacob aspettarmi davanti alla mensa.

-Oh, Bella! Devi vederlo!-, esclamò subito lei, battendo le mani. Jake non parlò, si limitò a salutarmi e a scuotere la testa. Alice continuava a parlare del nuovo ragazzo, così decisi di interromperla.

-Cosa volevano in segreteria?-

-Niente di importante, faccende del ballo…sai, quest’anno lo organizzo io!-, ci comunicò entusiasta. Jacob alzò gli occhi al cielo, ed io lo imitai. Il ballo sarebbe stato terribile, organizzato da Alice! Fiocchi e lustrini dappertutto, per prima cosa.

-Sai, Bella, Edward mi è sembrato molto simpatico!-, e ricominciò a ciarlare.

 Io non la ascoltavo, e, persa nei miei pensieri, varcai la soglia della mensa.

 

Che ne pensate?? Nel prossimo capitolo i due si osserveranno, poi si parleranno...

Ditemi che ne pensate di questo capitolo!!

 

TUTTE LE MIE STORIE:

-THE ONLY EXCEPTION             (RATING ROSSO, EDXBELLA)

-BEAUTIFUL MONSTER              (RATING ROSSO, EDXBELLA)

-ME, HIM AND HER                   (RATING ROSSO, EDXBELLA)

-FORBIDDEN LOVE                    (RATING ROSSO, EDXBELLA)

-LASCIA FUORI TUTTO IL RESTO (RATING ARANCIONE, EDXBELLA)

-FOR YOU                               (RATING ROSSO, ROBSTEN)

-LUI VIVE DENTRO DI ME           (ONE-SHOT, R.ROSSO, EDXBELLA) 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Rieccomi! Ma.. la mia storia non vi piace più??

Ringrazio tantissimo Queen Alexia per la recensione!

 

CAPITOLO 5

POV EDWARD

La soglia della mensa fu varcata dalla creatura più bella che avessi mai visto. Alta, pallida come la luna, il fisico slanciato, si muoveva con una grazia mai vista. Aveva i capelli scuri, lunghi fino a sotto il seno, le labbra piene color lavanda mostravano un sorriso meraviglioso, perfetto. Mi si fermò il respiro appena entrò. Furono gli occhi a colpirmi: occhi color castano dorato, stupefacenti. Il suo abbigliamento non faceva che aumentare il mio fascino per lei: jeans molto attillati scuri, che le fasciavano le gambe rendendole ancora più lunghe e belle di quanto già non fossero, e una camicetta blu che, chissà perché, la illuminava tutta.

Al suo fianco, sulla destra, camminavano una ragazza minuta, dai capelli neri… ma era Alice, la mia vicina di banco del corso di inglese! E sulla sinistra della ragazza c’era un ragazzo; sembrava avere la carnagione olivastra sotto il pallore. Aveva i capelli corti e neri, occhi d’oro come quelli della sua vicina. Si vedeva che era muscoloso, e ne sembrava orgoglioso, dal momento che indossava una maglietta aderente nera, che creava uno strano risalto con la sua pelle. Al loro arrivo la maggior parte degli studenti si voltarono a guardarli, ma furono bellamente ignorati.

Alice si guardò intorno, come a cercare qualcuno, si accorse di me, del mio sguardo perso nei movimenti della ragazza dai capelli lunghi, e mi strizzò l’occhio con fare malizioso. Scioccato, distolsi lo sguardo di malavoglia. Chi erano quei tre? Perché erano così? In qualche modo si somigliavano, ed erano tutti di una bellezza assurda. Sbirciai con la coda dell’occhio, e vidi che si erano seduti al tavolo più lontano. Alice captò ancora il mio sguardo e mi salutò con la mano, saluto a cui io risposi con un’occhiata curiosa. Disse qualcosa alla ragazza bellissima, seduta accanto a lei, che guardava con decisione fisso davanti a sé. Lei rispose brevemente, sembrava scocciata.

-Chi sono?-, chiesi, a nessuno in particolare. Tanya e altri due si guardarono intorno per cercare di capire di chi parlassi, poi la ragazza seduta vicino a me rispose.

-Le due ragazze sono Isabella, Bella, ed Alice Swan. Quello che sta con loro è Jacob Black; si sono trasferiti qua insieme ad altri tre e ai genitori circa tre anni fa-, lo disse a bassa voce, come per paura di essere sentita.

-Con altri tre?-, domandai confuso.

-Sì. Bella, la ragazza con i capelli lunghi, ed Alice sono sorelle, le figlie naturali di Charlie e Renèe Swan. Jacob ed Emmett Black, insieme e Rosalie e Jasper Hale, si sono aggiunti nel corso degli anni agli Swan, sono stati adottati-, spiegò un ragazzo di cui non ricordavo il nome.

-Stanno sempre per i fatti loro-, disse Tanya sprezzante.

Alzai lo guardo verso il loro tavolo, e incrociai due bellissimi occhi dorati. Quella ragazza, Bella, mi stava fissando.

Non riuscii a distogliere lo sguardo, i nostri occhi erano come incatenati da una forza invisibile. A malapena mi accorsi che arrivavano i tre fratelli mancanti e che si accomodavano allo stesso tavolo di lei. Io e Bella continuammo a fissarci per un minuto interminabile, poi lei si riscosse all’improvviso e guardò male un ragazzo enorme, pallido, con gli occhi dorati e i capelli ricci e neri.

Disse qualcosa, e il ragazzo scoppiò a ridere, mentre lei scuoteva la testa contrariata.

-Ecco, il ragazzo più massiccio è Emmett, fratello di Jacob, mentre la ragazza bionda che gli sta davanti è Rosalie-, disse la mia vicina sussurrando. Spostai l’attenzione sulla bionda. Era davvero bella, con i capelli lisci e lunghi, gli occhi d’oro come quasi tutti gli altri.

-Mentre quello vicino ad Alice è Jasper, gemello di Rosalie. La cosa assurda è che stanno assieme!-, concluse Tanya, guardandoli torva.

-Come assieme?-, chiesi velocemente. Bella stava con qualcuno? Con il ragazzo accanto a lei dalla maglietta nera, forse? A quel pensiero fui assalito da uno strano sentimento, una strana rabbia, mista a frustrazione. No, no, no. Non era possibile.

-Sì… Jasper ed Alice stanno insieme, e anche Rosalie ed Emmett. La coppia di cui non siamo sicuri è quella formata da Bella e Jacob, non abbiamo conferme-

Non sapevo cosa rispondere, quindi annuii. Dovevo ammettere di essere appena più tranquillo. Il resto del pranzo trascorse velocemente, e quando suonò la campanella mi alzai, avevo biologia.

-Che lezione hai, adesso, Ed?-, domandò Tanya speranzosa, afferrandomi il braccio. Dio, fa che non abbia biologia anche lei, implorai silenziosamente dentro di me.

-Biologia-, dissi lentamente, e attesi trepidante la sua risposta.

Sembrò delusa.

-Ah, okay. Ci vediamo dopo!-, e mi liberò dalla sua morsa. Scappai da lei più velocemente che potei, dirigendomi fuori dalla mensa.

-Edward!-, urlò una voce dietro di me. Mi girai, temendo fosse Tanya o qualcuno di simile, ma poi vidi Alice corrermi incontro e mi arrestai.

Giunta di fronte a me mi sorrise.

-Com’è andata la mattinata?-

-Mmm, diciamo abbastanza tranquilla-

-Oh, certo, con Tanya ci si diverte sempre!-, rise lei.

Alzai gli occhi al cielo, e provai a sorridere. Alice mi guardò un attimo pensierosa, poi annuì tra sé.

-Qual è la tua prossima lezione?-, mi chiese, con lo stesso tono della mattina.

-Biologia… e la tua?-

Pian piano si aprì in un sorriso trionfante e mi scoccò un’occhiata che non capii.

-Ah, io ho educazione civica! Buona lezione!-, mi salutò e se ne andò. La osservai basito per qualche minuto, poi mi diressi svelto verso l’edificio di biologia. Non volevo fare tardi.

                                                                       *

Quando entrai non c’era ancora nessuno, a parte una ragazza, seduta in prima fila, dai capelli marrone chiaro, con uno sguardo dolce. Mi guardò incuriosita, staccando per un secondo gli occhi dal libro che aveva in  mano, poi si presentò.

-Ciao! Sono Angela, tu devi essere Edward, giusto?-, era timida.

-Piacere di conoscerti! Come mai non c’è ancora nessuno?-, mi sembrava strano, era anche suonata la campanella!

-Oh, la prima campanella è una specie di avvertimento. A momenti dovrebbe suonare quella ufficiale-, mi sorrise cortese. Scese il silenzio, ma dopo qualche secondo si sentì la campanella “ufficiale”, come aveva detto Angela, suonare. Io non sapevo che fare, lì impalato vicino alla cattedra. La porta si aprì ed entrò il professore di biologia…il professor Banner, se non sbagliavo.

-Edward Masen?-, domandò appena mi vide. Io annuii, il professore mi diede i libri e tutto l’occorrente per la lezione e mi fece accomodare nella zona centrale della classe.

Alcuni studenti iniziarono pian piano ad arrivare. Come in tutte le lezioni che avevo frequentato, si sedettero e iniziarono a sbirciarmi con la coda dell’occhio. Io fissavo cocciutamente il professore, cercando di ignorare tutti gli sguardi che mi sentivo addosso. Sapevo che io ero la novità, in un posto in cui le novità capitavano raramente.

Ormai quasi tutti erano arrivati, ed io sembravo non avere compagno di banco.

La porta si aprì ed entrarono un paio di ragazze, che mi guardarono ammiccando. Rivolsi loro uno sguardo scioccato. Ero irritato. Cos’ero, un fenomeno da baraccone?

La porta si spalancò un’altra volta, ma questa volta ero deciso a non guardare. Incapace di trattenermi, alzai lo sguardo e me la ritrovai davanti. Mi stava guardando fisso, ma io a differenza sua non sembravo una creatura divina. Come a pranzo, i nostri sguardi si incatenarono, incapaci di staccarsi.

 Il professor Banner, con un tempismo davvero perfetto, si schiarì la voce, e Bella Swan sembrò riscuotersi. Camminò leggera verso di me, guardandomi negli occhi. In quel momento il mio cuore batteva forte, che sciocca reazione! Lei si accomodò vicino a me, mordendosi il labbro.

Quel gesto scatenò in me qualcosa che non riuscii a spiegare, d’un tratto capii che avrei tanto voluto prendere Bella tra le braccia, proteggerla (non sapevo nemmeno da cosa) e rassicurarla, vederla ogni giorno compiere quel gesto, e poterle liberare con dolcezza il labbro inferiore dai denti candidi che lo torturavano. Strinsi istintivamente la mano a pugno, per impedirmi di fare quello che avevo appena pensato. Bella mi guardò incuriosita, ma non parlò. Chissà che suono aveva la sua voce… mi persi tra i miei pensieri mentre il professore spiegava l’argomento della giornata. Una parola catturò improvvisamente la mia attenzione: “coppie”. Dovevamo dividerci in coppie?? Cercai di seguire il discorso del prof, speranzoso al massimo, ma il momento era passato. Volsi lo sguardo verso Bella, ma lei non mi stava guardando; la sua attenzione era tutta per il professor Banner, e sembrava imbarazzata, o nervosa. Il suo labbro non era ancora tornato in libertà.

Distrattamente mi accorsi che il professore aveva smesso di parlare e che tutti si stavano dando da fare. Sì, ci avevo preso, era un esperimento a coppie. Beh, non potevamo stare in silenzio, dopotutto! Dovevamo fare un esperimento insieme, e avevamo tutta l’ora per parlare.

Decisi di fare il primo passo, e le tesi la mano.

-Piacere, Edward-, mi presentai, sorridendo leggermente. Lei si girò di scatto verso di me e sospettosa guardò me, il mio viso, e poi i suoi occhi si spostarono sulla mano che le porgevo.

Sospirò, sorrise e me la strinse leggermente. La sua mano era fredda, ma per qualche ignoto motivo non mi diede fastidio, anzi, era piacevole. Un leggero brivido mi percorse, ma non era per il freddo.

-Bella-, disse semplicemente. La sua voce era stupenda, melodiosa, dolce. Sarei potuto stare ad ascoltarla per ore. Mi accorsi che tenevo ancora la sua mano, ma non me ne curai, e lei non la tolse. I nostri occhi erano incollati, ancora una volta.

All’improvviso mi ricordai dov’eravamo, e mi riscossi. Le lasciai la mano controvoglia, e tolsi gli occhi dai suoi, guardandomi in giro. Appena tutti i contatti tra di noi furono sciolti avvertii una brutta sensazione di vuoto.

-Allora, ehm, tu hai capito cosa dobbiamo fare?-, le chiesi, cercando di assumere un tono normale.

-Credo di aver capito che… in coppia dobbiamo classificare questi vetrini al microscopio-, mi rispose esitando. Io annuii, e ci mettemmo al lavoro. Era facile, dopotutto, ed io sapevo cosa cercare. Anche Bella era brava, le bastava un’occhiata veloce al microscopio per classificare. Dopo dieci minuti avevamo finito. Mi guardai attorno, cercando qualcosa di interessante come distrazione, ma non trovai nulla. Il mio sguardo si posò sulla mano di Bella, sul tavolo. Dovetti trattenermi molto dal prenderla. Ma cosa mi succedeva?!

-Allora… com’è vivere con Carlisle ed Esme?-, mi chiese lei d’un tratto.

-Oh, beh, ancora non li conosco bene… è presto per dirlo!-, cercai di parlare normalmente.

-Li conosci?-, mi sembrava strano, sembrava che nessuno li conoscesse.

-Sì, prima del tuo arrivo io e Alice, mia sorella, andavamo spesso a trovare Esme. Sai, si sentiva sola-, quella risposta mi lasciò basito.

-E ora?-, le domandai. Dove volevo andare a parare? Non lo sapevo nemmeno io.

-E ora cosa?-

-Non andate più a trovarla?-

-Beh, ora ci sei tu… non vorremmo disturbare, ecco-

Ci fissammo negli occhi per qualche secondo.

-Sono certo che non disturbereste nessuno-, sussurrai all’improvviso. Bella abbassò lo sguardo imbarazzata, sorridendo leggermente. Purtroppo, fummo interrotti dal professor Banner, che ci chiese perché non stavamo lavorando come tutti gli altri.

-Avete già finito?!-, ripetè sorpreso quando gli spiegammo il motivo. Restò un attimo fermo a pensare, poi annuì tra sé e se ne andò.

C’era una domanda che dovevo farle a tutti i costi, ma, mentre aprivo la bocca per formularla, la campanella suonò. Ma no. Il mio momento con Bella era già terminato.

-Che lezione hai adesso?-, mi chiese speranzosa.

Sbuffai. La lezione che non avrei mai voluto affrontare.

-Educazione fisica, e tu?-, magari lei sarebbe stata con me anche per la lezione successiva, e ciò avrebbe di sicuro migliorato le cose.

Lei sospirò, delusa. Il mio cuore sprofondò.

-Spagnolo…-, sbuffò con me.

-Allora ci vediamo, vero?-, mi chiese poi, ma il suo tono aveva un che di insicuro.

-Certo! Buona lezione-, mi alzai mentre si alzava anche lei.

Le sorrisi apertamente, per la prima volta. Mentre cercavo di passare dietro di lei, le sfiorai leggermente i fianchi con le mani per spingerla qualche centimetro in avanti, in modo da permettermi di passare. Mi parve di vederla rabbrividire, ma non potevo esserne certo. Sulla soglia della classe mi girai. Mi stava guardando. La salutai con la mano e uscii.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=552702