A metà strada

di Mannu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


A metà del viaggio
1.

I due stavano mangiando nell’apposita sala, uno di fronte all’altro. I campi di stasi si erano spenti lasciandoli scivolare lentamente fuori da quella condizione di morte apparente che permetteva loro di risparmiare preziose risorse. Si erano entrambi svegliati in preda a una remota agitazione che nessuno aveva ancora confessato all’altro. Si erano scambiati poche parole, la tensione stava aumentando sensibilmente e ciascuno si concentrava nello svolgimento dei propri compiti per cercare di controllarsi. Ma durante la pausa per il pasto non c’era niente che potesse tenere impegnata la mente, niente che potesse farli pensare ad altro che non fosse quello che stava per accadere.
Krugo vide che Tanira lo stava guardando particolarmente assorta e provò a offrirle un boccone di quello che stava mangiando, pensando che gli stesse invidiando il cibo. Prima della partenza i tecnici della Sezione erano stati molto chiari in proposito: ciascuno doveva mangiare esattamente quello che era previsto. Infatti il loro metabolismo era stato studiato accuratamente per molto tempo e una dieta era stata elaborata, calibrata sul preciso fabbisogno energetico di ciascuno dei due. Tanira, fisicamente più grande e forte di Krugo, aveva spesso pietanze molto caloriche e dai sapori piuttosto forti per essere cibo a lunghissima conservazione. Spesso aveva chiesto al compagno se trovasse il cibo altrettanto saporito. Krugo, la cui dieta prevedeva molto krill insapore e a basso contenuto energetico, raramente se la sentiva di finire la sua dose e passava gli avanzi alla vorace compagna.
- No, ti ringrazio. Non ho tanta fame oggi - rispose Tanira rifiutando il boccone, anche se per una volta non si trattava di krill.
Krugo ritirò l’offerta e inghiottì in silenzio. Tanira uscì dalla sala lasciando il compagno di viaggio solo col cibo. Si spostò sul ponte di comando e occupò la postazione di fronte al pannello di controllo che rimandava sempre la stessa immagine: la loro posizione rispetto al pianeta loro destinazione.
- Non ti senti bene? - le chiese Krugo toccandola, sopraggiunto silenziosamente alle sue spalle.
- Sto benissimo. Sono soltanto un po'…
- Tesa? - suggerì lui.
- No… o forse sì… non lo so.
- Lo so io. L’unica cosa che l’addestramento non poteva prepararci ad affrontare bene come il resto.
- Hai ragione - sospirò lei - forse è proprio questo. Il condizionamento psichico non basta.
- Beh, abbiamo tutti i diritti di essere emozionati. Da un momento all’altro entreremo in contatto con un pianeta dove probabilmente troveremo un'altra forma di vita intelligente.
- Probabilmente?
- Non possiamo scartare a priori l’ipotesi che si sia estinta nel tempo che i dati della robosonda sono tornati indietro. Non conosciamo il ciclo vitale delle creature viventi di queste parti, potrebbero essersi estinte nel frattempo.
- Sarebbe una bella fregatura. Tutta questa fatica per niente.
- Tanira… devo sempre rimproverarti. Certe volte mi chiedo come la Sezione abbia scelto una pessimista come te per questa missione. Anche se la specie intelligente fosse estinta, la nostra sarebbe una importante spedizione archeologica. Potremmo raccogliere centinaia di reperti, abbiano migliaia di memorie pronte per immagini, video e suoni e…
- Credo di sapere perché quelli della Sezione hanno scelto una pessimista come me.
- Ah sì?
- Per tenere a bada un sognatore come te. Perché una specie potrebbe estinguersi, oltre che per motivi del tutto naturali?
- Intendi dire una catastrofe?
Tanira assentì severa.
- E hai mai pensato che gli effetti nefasti della catastrofe potrebbero essere nefasti anche per noi?
- Certo, è una possibilità.
- È più che una possibilità. Pensa: se si trattasse veramente di una specie intelligente, cosa che dai dati della robosonda pare del tutto ovvia, avrà senz’altro trovato il modo di liberarsi dei propri nemici naturali come i predatori, di superare le avverse condizioni ambientali e via dicendo. Se così è, cosa potrebbe causare l’estinzione di una specie al vertice di ogni piramide?
- Una guerra, l’inquinamento, una catastrofe naturale, un drastico cambiamento del clima a livello planetario…
- Bravo. Hai visto? Basta usare un po' di fantasia. Se si trattasse di una delle prime due ipotesi, potremmo non essere troppo contenti di aver fatto tutta questa strada.
Il computer li interruppe con una raffica di informazioni. Una intera sezione della complicata strumentazione di bordo si attivò di colpo richiamando l’attenzione dei due.
- I sensori a medio raggio. Hanno individuato il pianeta! - esclamò Krugo.
- Calmati e vai al tuo posto. Il programma di volo prevede che una volta localizzato il pianeta, venga calcolata una rotta per nascondersi dietro il suo satellite naturale.
- Siamo quasi arrivati! - disse Krugo emozionato mentre occupava il suo posto davanti agli strumenti.
- Sbrigati a darmi i dati su quel satellite - lo rimproverò Tanira.
- Che fretta c’è?
- Se non si sono estinti, c’è la possibilità che siano più progrediti di noi e che abbiano sviluppato un sistema di difesa planetario. In questo caso, potrebbero lanciarci contro qualcosa e non sappiamo esattamente cosa.
- Sei una pessimista nata. Ecco il tuo satellite: i sensori lo rilevano ora.
- Dannazione! Sarà dalla parte opposta del pianeta!
- Facciamo il giro, no?
- Proprio quello che avrei voluto evitare. Aumentiamo il rischio di un’intercettazione.
- Sei proprio un soldato, Tanira. Ma questa volta hai ragione.
- Continua a cercare, tu.
Tanira manovrò i comandi con perizia e pose la nave su una traiettoria di non avvicinamento, in modo da poter mantenere la distanza dal pianeta e poter così scegliere il momento migliore per avvicinarsi, coperti dall’enorme satellite che orbitava intorno al pianeta stesso.
Dopo tutto quel tempo passato nel silenzio interrotto solo dagli allarmi lanciati dal computer di bordo e da laconiche comunicazioni di servizio, Krugo aumentò all’improvviso la sua attività agli strumenti, esclamando.
- Che succede? - chiese Tanira, che non si sentiva per niente tranquilla.
- Rilevo altri satelliti in orbita intorno al pianeta. Sono molto piccoli e troppo lontani per un’analisi più accurata.
- Quanti ne distingui?
- Ho cinque segnali di maggiore importanza e uno sciame di segnali su quasi tutta la scala.
- Che distribuzione?
- Ce ne sono dappertutto, ma la concentrazione è prevalentemente equatoriale. Un po' strano per essere un sistema di difesa planetario.
- Non resta che avvicinarci per saperne di più. Quanto manca al satellite naturale?
- Parecchio, se continuiamo sulla rotta di non avvicinamento.
Tanira controllò ancora i suoi dati e decise che avrebbero continuato l’inseguimento del satellite naturale del pianeta mantenendo la rotta di non avvicinamento. Nonostante l’impazienza di Krugo, era lei a dare gli ordini, lì. E lei aveva deciso di andarci piano.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


A metà del viaggio
2.

Krugo si era appisolato davanti ai suoi strumenti. Tanira avrebbe dovuto metterlo nel rapporto, ma come biasimare un individuo che dopo un’esistenza dedicata allo studio e alla ricerca della vita, dopo un viaggio costato rinunce e sacrifici intollerabili per moltissimi altri, si trova di fronte a inequivocabili segni di una nuova civiltà aliena progredita? Il suo compagno aveva passato il turno di riposo attaccato agli strumenti dei sensori a medio raggio, ignorando ogni necessità fisiologica fino a cadere addormentato. Lei lo aveva lasciato stare, ma ora era giunto il suo turno di riposo e lei intendeva sfruttarlo.
- Krugo, svegliati - disse scuotendolo.
Krugo si svegliò rapidamente. Tanira lo invidiava: come moltissimi maschi, gli bastava poco tempo per recuperare la fatica dormendo.
- Ci siamo? Abbiamo raggiunto il satellite?
- No, manca ancora un bel po'. È il tuo turno di veglia, ora. Sei riuscito a scoprire qualcosa?
- No, nulla. Siamo troppo lontani. L’unica cosa che certa è la folla di micro-satelliti in orbita intorno al pianeta. Quale sia la loro funzione, non te lo so proprio dire.
- Dovremmo giungere alla sincronizzazione col satellite naturale durante il mio turno di riposo. Se non te la senti di effettuare la manovra, svegliami pure.
Krugo sorrise. Conosceva Tanira, dopo tanto tempo passato insieme prima, durante e dopo l’addestramento e durante la prima breve fase di veglia del viaggio. Quelli della Sezione lo chiamavano affiatamento. Quello che Tanira gli stava dicendo era che voleva essere svegliata prima che la nave cominciasse a ridurre la distanza che la separava dal pianeta misterioso.
- Non ti preoccupare, lo farò. Anche se sono stato io il primo a superare le missioni simulate per l’addestramento al volo.
- Eh, già. Sei stato anche l’unico della Scuola di Volo che per poco manca l’orbita di parcheggio. E non stavamo simulando.
- Vuoi sempre averla vinta tu - protestò debolmente Krugo, vergognandosi al ricordo di aver sbagliato quella semplice manovra.
- Io vado di là. Chiamami, d’accordo?
- D’accordo.


Tanira e Krugo iniziarono un lento avvicinamento al lato buio del satellite naturale del pianeta. Non appena poté, Krugo si mise all’opera ai sensori, lanciando minuscole robosonde e cercando di ricavare il maggior numero di informazioni sul pianeta. Sollecitato da Tanira, si dedicò anche alle strutture artificiali che vi orbitavano intorno. Insieme poi cominciarono a confrontare i dati con quelli ormai storici trasmessi dall'antica robosonda, che aveva interrotto i contatti poco dopo il primo e unico rapporto.
Tanira osservò che si trattava effettivamente di un pianeta azzurro: osservabile ora con i telescopi di bordo, era possibile vedere vasti oceani simili a quelli a cui erano abituati sul pianeta natio. Osservò anche che nel rapporto della robosonda non c’era traccia di installazioni orbitanti di alcun genere, ma Krugo obiettò che i sensori potevano aver subito delle alterazioni, o che il dato poteva non avere troppa importanza se la traiettoria di avvicinamento era stata troppo verticale, cosa che tra l’altro avrebbe potuto spiegare la prematura interruzione della trasmissione. La robosonda aveva inviato inoltre dati sulle dimensioni del pianeta, sulla natura dell’atmosfera ma forniva dati contrastanti sulla composizione di quest'ultima. Pareva inoltre certa la considerevole presenza di sostanze inquinanti o non producibili da nessun processo naturale conosciuto. Krugo notò inoltre come la robosonda aveva curiosamente ignorato il satellite, limitandosi a segnalarne la presenza e la dimensione approssimativa, mentre invece aveva raccolto montagne di dati su misteriose emissioni elettromagnetiche. Ne aveva individuate centinaia, diverse tra loro per frequenza e ampiezza d’onda. Tutte di chiare origini artificiali. Era stato soprattutto in base alla natura di queste emissioni che il Collettivo aveva deciso di finanziare quella missione. Per lungo tempo il Collettivo aveva nutrito la speranza di incontrare nuove forme di vita intelligente oltre alle Sorelle e ai Sauridi: vita acquatica. Questa occasione era sembrata a tutti imperdibile.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


A metà del viaggio
3.

Fissavano sbalorditi l’immagine proiettata davanti a loro. Avvicinandosi al pianeta, il satellite naturale aveva man mano reso più complicate le osservazioni dirette, poiché ovviamente si frapponeva tra la loro nave e il pianeta stesso. Non restava che concentrare le analisi sull’atmosfera e sui satelliti artificiali, visto che quello naturale era privo d’acqua liquida e di atmosfera, inadatto alla vita per come loro la conoscevano.
- Incredibile… - mormorò Krugo - una struttura così grande totalmente artificiale. È smisurata. Dodici virgola sette-tre-nove multipli di unità, per essere precisi. Man mano che ci avviciniamo aumenta la definizione…
- Guarda! - esclamò Tanira - Guarda lì!
Krugo guardò dove la sua compagna indicava e vide una piccolissima sagoma argentea avvicinarsi in rotta di collisione a una estremità del satellite artificiale, un oggetto grossomodo cilindrico. I due osservarono senza proferir parola la piccola sagoma fondersi con l’enorme satellite fino a sparire alla vista. Krugo rinunciò perfino a consultare i sensori: per nulla al mondo si sarebbe perso uno spettacolo simile.
- Forse avevi ragione tu… forse quello era un veicolo in ingresso nella città…
- Probabilmente… stai attenta: controlla se ne compaiono altri. Io guardo le registrazioni.
Tanira continuò a fissare l’enorme satellite, a studiarne la struttura che appariva sempre più evidente. Osservando come la luce della Singola Gialla si rifletteva sulle diverse strutture, dedusse l’impiego di diversi materiali. Non si trattava affatto di una superficie liscia ma complessa e ricchissima di dettagli. Milioni di dettagli, ognuno dei quali opera di una mente logica, il risultato del lavoro di un essere intelligente. Una nuova creatura aliena progredita tecnologicamente: quello che era il sogno di studiosi e scienziati, biologi e naturalisti, narratori e poeti diventava realtà. C’era ancora vita nella galassia. Una robosonda su milioni aveva inviato il suo rapporto e aveva fatto centro, centro pieno. Tanira si sentiva più che felice, si sentiva estasiata, elevata a livelli di esaltazione interiore tale che nessun suo simile si sarebbe mai sognato in vita sua. La possibilità di trovare altre forme di vita era stata giudicata bassissima; ancora più bassa quella di trovare forme di vita intelligente. Lei, Tanira di Seir, era destinata a vedere il proprio nome accanto a quello di coloro passati alla storia per un primo incontro con una specie evoluta. Contro ogni previsione.
- Ehm, Tanira…
La voce di Krugo la riportò alla realtà. Era ancora chino sui suoi strumenti e pareva eccitato. Si voltò verso di lui, inconsapevole della sua espressione radiosa.
- Rilevo un’emissione elettromagnetica di origine ignota sulla frequenza dei millecinquecentosettantadue megacicli. Emissione debole, ma continua. La sto registrando.
- Cosa mi dici del fenomeno di prima?
- Un oggetto metallico della lunghezza di circa quattro unità si è avvicinato all’oggetto che ho denominato “Satellite Artificiale di Prima Grandezza” fino a sparire dalle letture dei sensori. Probabilmente si è schiantato o è stato inglobato all’interno della struttura più grande.
- Guarda! Ce n’è un altro!
Un altra sagoma appena distinguibile era apparsa in prossimità del satellite artificiale, ma al contrario della precedente, questa sembrava allontanarsi. Krugo, incollato agli strumenti dei sensori a medio raggio, confermò l’impressione della sua compagna.
- Lo spettro delle emissioni elettromagnetiche si sta ampliando. Distinguo diversi segnali dalla struttura comparabile con quelli catalogati dalla robosonda. Sto registrando tutto!
Anche Krugo si stava esaltando. Davanti ai suoi occhi stavano scorrendo più informazioni di quante riuscisse ad assorbirne e non ne era sazio. Aveva attivato numerose sessioni di registrazione e continuava ad attivarne di nuove, incurante del rischio di causare un blocco del sottosistema interessato: guardava contento i dati fluire nelle memorie dove venivano smistati, compressi e archiviati, pronti per un successivo esame.
Volse lo sguardo verso la compagna e la scoprì consapevole complice della propria intima gioia.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


A metà del viaggio
4.

- Non mi piace - Tanira osservava il grande strumento dove un tattico complesso aveva preso il posto del segnale del telescopio di bordo.
- Che cosa? - chiese Krugo che giungeva in quel momento dalla sala pranzo dove si era costretto a mangiare un boccone. Tanira lo aveva chiamato col comunicatore.
- Guarda lo schermo tattico: siamo quasi in posizione dietro il satellite naturale e possiamo ancora mantenere un contatto visivo con tre di quelle città satellite.
- E allora?
- Se noi vediamo loro, loro possono vedere noi.
- Non ci avevo pensato - confessò Krugo, d’un tratto consapevole della pericolosità di quel fatto.
- Nemmeno io, ma ormai è fatta. Non credo che ci lasceranno andare via.
- Ma che dici?
Il tattico fu sostituito da un’immagine video. Ben ingrandita, una nave aliena in primo piano. Orribile a vedersi ma affascinante al tempo stesso, liscia e dotata di diverse pinne triangolari, assomigliava fin troppo agli incubi che Krugo aveva avuto nella sua infanzia. Non seppe trattenere un’esclamazione di spavento e sconforto.
- Ci hanno circondati…
- Ti ricorda qualcosa? - gli chiese Tanira.
- Mi ricorda molto i maledetti Sha.
- Già: questa è la cosa strana. Non c’entra niente con gli incrociatori degli Sha, però nella forma ricorda vagamente gli Sha stessi. Che senso ha fare una nave a forma di Sha?
- Per mettere paura.
- Come fanno a sapere cosa ci fa paura? - osservò Tanira.
- Ottima domanda. Ma evidentemente lo sanno: e se volevano inquietarmi, beh… ci sono riusciti!
- Ne abbiamo intorno dodici, e altri più o meno simili si stanno avvicinando. Poi ci sono questi.
Un’altra immagine apparve sullo schermo. Un altro tipo di vascello, fatto vagamente a forma di croce. Krugo lo guardò a lungo, ma non vi trovò somiglianze con niente che lui conoscesse. Tuttavia l’aspetto di quell’ultimo tipo di nave era decisamente sinistro.
- Non sono molto grandi… - osservò lui.
- Però ne stanno arrivando decine… si direbbe che la loro abilità nel costruire cose grandi stia solo nelle città satellite. E se fossero delle fortezze? Ci avevi pensato?
- A dire il vero no. Vuoi dire che ci siamo imbattuti in una specie guerriera?
- Speriamo di no. Sono sufficienti gli Sha.
- Già... abbiamo avuto anche la fortuna di averli sul nostro stesso pianeta - commentò Krugo, recandosi alla sua postazione.
- Il computer non ha ancora trovato una logica precisa nello schema ripetuto della trasmissione che riceviamo.
- Come fai a essere sicuro che è una trasmissione? - obiettò lei.
- È del tutto simile alle altre. Soltanto che è modulare, si ripete sempre uguale, su tutte le frequenze. Se vuoi una mia opinione personale, è diretta a noi.
D’un tratto tutti i dati dei sensori a medio raggio sparirono dagli schermi di Krugo.
- Che sta succedendo? Perché hai attivato i deflettori?
- Una delle navi-Sha ha espulso un piccolo oggetto in rotta di collisione con noi.
- Non credevo che ti avrei visto attivare il computer di battaglia in questa missione - commentò amaro Krugo.
- Io speravo di non doverlo fare, invece - replicò Tanira mentre replicava i dati sul bersaglio sulla postazione del compagno.
- Un oggetto composto di metallo e altri elementi ignoti, con un sistema di propulsione propria, lunghezza meno di una frazione di unità e con funzione sconosciuta. Anche se fosse imbottito di esplosivo, non scalfirebbe lo scafo esterno - osservò lui, quasi sollevato.
- Sta rallentando. Forse ha sentito i deflettori.
I due seguirono sull’ingrandimento del tattico gli spostamenti dell’oggetto sconosciuto, forse una sonda lanciata da una delle navi aliene. Aveva rallentato fortemente e cambiato direzione più volte; lo videro urtare non troppo violentemente contro la barriera dei deflettori, causando un baluginio nello spettro del visibile lì dove era avvenuto l’impatto. Krugo si chiese se gli esseri avevano visto l’emanazione luminosa, se avevano occhi adeguati per farlo. Magari erano sensibili solo agli infrarossi, o agli ultravioletti. Oppure avevano un sistema complesso di organi di senso tanto fine da poter fare a meno degli occhi. Forse potevano vedere distintamente la barriera dei deflettori, forse potevano vedere attraverso il loro scafo. Forse i sensori delle loro navi stavano già localizzando ogni loro punto debole, forse erano completamente ciechi, come il comportamento di quel piccolo meccanismo poteva far credere.
Il piccolo oggetto sbatté ancora un paio di volte, perse il suo assetto, lo ritrovò e poi si ritirò all’interno della nave-Sha che lo aveva lanciato. Krugo aveva visto che Tanira aveva tolto la sicura ai banchi delle armi ed era pronta a far fuoco. In cuor suo sperava che non si lasciasse prendere dal panico: erano stati istruiti ad aprire il fuoco solo se estremamente necessario e indispensabile per la loro sopravvivenza. Non avevano fatto quel lunghissimo viaggio per cominciare una guerra.
- E adesso che facciamo? Dove lo troviamo un sistema per comunicare?
- Loro ci stanno provando… - osservò Krugo.
Tanira azionò un comando sul pannello davanti a sé, avviando la riproduzione di una registrazione audio. Il ponte di comando fu inondato da scariche fastidiose miste a suoni incomprensibili.
- Tu ci capisci qualcosa?
- Io no. E nemmeno il computer - confessò lui.
- Allora come dicevo, bisogna trovare un sistema per comunicare.
- Mi è venuta un’idea. Proviamo a imitarli.
- Spiegati.
- Semplice - iniziò Krugo - comportiamoci come il più primitivo degli animali che possiedono un certo livello di intelligenza. Imitiamoli.
- Ah, sì... loro ci hanno circondati e facilmente ci tengono sotto tiro. Vorresti circondarli? - il sarcasmo della compagna apparve evidente.
- No. Prepara una robosonda e programmala come ti dico io.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


A metà del viaggio
5.

Tanira e Krugo avevano passato parecchio tempo davanti ai loro schermi, ma dopo il rientro della loro robosonda non era accaduto più nulla, tranne che per l’arrivo di quelle strane navi a forma di croce. Tanira, che le guardava con l’occhio del soldato, sosteneva fossero sicuramente mezzi da assalto, navi da guerra. Per Krugo invece poteva anche trattarsi di una rete di sensori particolare o di un sistema per generare un deflettore energetico di qualche genere. Era un dato di fatto però che quegli strani oggetti si erano tenuti a rispettosa distanza anche dalle navi-Sha e che non era accaduto più nulla.
Tanira aveva trascorso parte del suo tempo cercando di analizzare la trasmissione che stavano ricevendo e che aveva origine da una delle navi-Sha. Intenzionata a scoprirne la natura, minaccia o saluto che fosse, l’aveva rimaneggiata in mille modi con l’aiuto del computer ma non era venuta a capo di nulla, neanche quando Krugo aveva cercato di darle una mano. Le uniche cose certe erano che si trattava di una trasmissione artificiale vista la potenza, la regolarità e la ripetitività del segnale, e che era perfettamente modulare, scomponibile cioè in molti elementi parecchi dei quali uguali tra loro. Krugo li aveva chiamati “significativi passi avanti”, ma la cosa più importante continuava a sfuggire loro: il contenuto del messaggio.
Krugo abbandonò la sua postazione con un moto di stizza dopo aver visto fallire l’ennesima sua ipotesi di interpretazione logica della trasmissione.
- Stai calmo, agitarsi non serve a nulla - lo rimproverò pacatamente Tanira.
- Ho analizzato migliaia di segnali radio in tutta la mia vita, provenienti da decine di fonti diverse nell’universo. Non ne ho mai incontrata una così forte e regolare e adesso che ce l’ho, non riesco a capire cosa significa!
- Neanche il computer di battaglia ci riesce. Ha provato a decodificarla usando tutte le matrici di codici possibili. Con lo stesso sistema durante la guerra contro gli Sha, le loro trasmissioni rimanevano criptate molto poco. I computer di allora erano mille volte meno potenti di quello che sto usando io ora.
- Cosa vorresti dire?
- Che se non troviamo il messaggio, potrebbe voler dire che non c’è nessun messaggio.
- Il segnale è regolare, modulare, abbiamo individuato che si ripete costantemente. È una frase, ti dico. Ci stanno trasmettendo qualcosa e non sapremo mai cosa!
- ”Nave aliena, arrendetevi! Qui è il capitano Molgar che vi parla! Arrendetevi!” - disse Tanira citando in falsetto un brano di letteratura facile molto famoso e diffuso ai tempi della loro partenza per quella missione.
- Non scherzare, per favore. Non siamo i protagonisti di un racconto facile…
- Sto cercando di sdrammatizzare. Sei troppo nervoso: in fin dei conti pare non abbiano intenzioni ostili. Per ora.
- Forse stanno solo aspettando il momento opportuno. Oppure hanno una grande nave da guerra che si sta dirigendo qui e attendono il suo arrivo per attaccarci con maggior volume di fuoco.
- Sei diventato tu il pessimista della missione ora?
- Invidio il tuo distacco.
- Non sono distaccata. Solo controllata. Ci insegnano anche questo all’Accademia.
Passarono diverso tempo in silenzio, ascoltando a volume basso l’insieme di suoni assurdi che era l’interpretazione del computer al segnale che stavano ricevendo, trasmesso dagli alieni. All’improvviso Krugo esclamò qualcosa e tornò al suo posto. Preoccupata, Tanira gli chiese cosa stesse per fare.
- Sto chiedendo al computer se riesce a riprodurre il tipo di onda energetica che loro usano per trasmettere.
Tanira osservò la risposta che giunse anche sul suo schermo: si rendevano necessarie diverse modifiche di non poca importanza ad alcune apparecchiature scientifiche in dotazione a Krugo, nonché all’emettitore della loro astronave. La discussione sul da farsi si accese subito.
- Autorizzami a modificare l’emettitore! Risponderemo al messaggio!
- Sei sicuro di riuscire a far sì che le modifiche siano reversibili?
Krugo compì un gesto poco elegante per dire che la cosa non gli interessava affatto.
- Non usare quei modi con me! L’emettitore è vitale per la fase di rientro, se lo rompi avremo serie difficoltà a trovare addirittura il nostro sistema solare!
- Abbiamo la possibilità di cominciare un dialogo con esseri alieni mai visti prima e tu ti preoccupi del nostro sistema solare? La navigazione secondaria potrà in ogni caso portarci a casa, se varrà la pena farlo!
- Cosa intendi dire?
- Non ho fatto tutta questa strada per stare a guardare. Intendo trovare un sistema per dialogare con quegli alieni.
Tanira non poté credere alle parole che stava sentendo e replicò con lo stesso tono.
- E io non ho fatto tutta questa strada per far finire tutto in una bolla d’aria! Quello che fai con le tue apparecchiature non mi interessa, ma l’emettitore non si tocca se non siamo sicuri di poterlo riparare! Anzi, dobbiamo essere più che sicuri! E poi cosa gli trasmetterai? Non conosciamo nemmeno quello che loro stanno trasmettendo a noi, sempre che siamo noi il destinatario di quello che tu hai definito messaggio.
Krugo accennò una replica, ma si azzittì e non aggiunse altro. Visibilmente contrariato, si gettò sui suoi strumenti e cominciò a studiare la fattibilità delle modifiche proposte dal computer di bordo. Tanira lo guardò solo parzialmente soddisfatta: il rapporto con Krugo era stato ottimo fino a quel momento. Le sarebbe dispiaciuto se l’attrito che stava nascendo l’avesse di nuovo costretta a far pesare i suoi gradi. Krugo era un civile, uno studioso, ma la loro astronave era di proprietà dell’Esercito. Anche se erano teoricamente pari in grado, gli addestratori erano stati chiarissimi: a comandare sarebbe stata solo lei.
Di fronte alla schermata tattica, attivata più per calmarsi che per reale necessità, Tanira dovette rendersi conto di essere stata un po' troppo approssimativa.
- Guarda qui – disse rivolta al compagno.
- Cosa? - replicò quello vagamente seccato, come se avesse di meglio da fare.
- La disposizione delle loro unità... sono schierate a protezione delle strutture più grandi. Abbiamo la possibilità di scendere sul pianeta.
- È vero... - il distacco era rapidamente mutato in interesse – non gli interessa se scendiamo sul pianeta... purché non ci avviciniamo alle strutture maggiori.
- Volevi analizzare quegli oceani?
- Certo! - Krugo aveva recuperato il suo entusiasmo.
- Allora andiamo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


A metà del viaggio
6.

Krugo non stava più guardando gli strumenti, stava solo aspettando o lo schianto immane della nave che si frantumava per le forze di cui era preda, o il contraccolpo liberatorio dell’immersione nel tanto sospirato oceano.
Tanira attivò gli inversori di spinta, il suo corpo tormentato da forze opposte, sopportabili a fatica. Subito dopo tra il frastuono che aveva invaso la nave dovuto al volo nell'atmosfera densa, si poté cominciare a percepire dapprima un basso brontolio, poi un rombo cupo e possente, crescente a dismisura. I due lo sentivano soprattutto grazie alle loro cavità interne: pareva infatti che qualsiasi cosa avesse attivato Tanira, questa avesse effetto solo sulle pareti dei loro stomaci. Quando il rombo divenne un ritmico pulsare Krugo riuscì a percepire il progressivo placarsi delle terribili vibrazioni. Guardò gli strumenti che gli ricordarono i sistemi in avaria e passò alle informazioni sulla navigazione. Dovette sforzarsi per vincere le vibrazioni e gli scossoni ancora violenti, ma alla fine ottenne le informazioni che voleva: la rotta stava cambiando e il propulsore antigravità era stato attivato dal computer.
- Si stabilizza! - esclamò Tanira contenta.
Le vibrazioni scemarono sempre più fino a sparire. Solo il rombo ritmico e rotolante degli inversori atmosferici dominava ora.
- Siamo a diverse migliaia di unità dalla superficie, ma non possiamo terminare la discesa, siamo ancora troppo veloci.
- È vero, - concordò Tanira - i deflettori sono calati fino al livello di guardia, ma ormai siamo in volo nell’atmosfera del pianeta. Si stanno già ricostituendo.
- Non c’è nulla sui sensori. Niente intorno, neanche sopra o sotto di noi. Solo l’oceano blu.
- Fammi guardare fuori. Funziona il telescopio?
Krugo attivò il telescopio, che non aveva subito danni, e lo impostò a zero ingrandimenti.
- Non si vede nulla. Sei sicuro che funzioni?
- Siamo nell’emisfero non illuminato. Per questo non si vede nulla. Accendiamo le luci di navigazione?
- Meglio di no, non siamo ancora immersi. Prima ci mettiamo al sicuro e ripariamo i danni, poi pensiamo a esplorare, d’accordo?
Tanira prese i comandi della nave e con l’ausilio del computer rallentò la velocità più rapidamente che poté mentre il motore antigravità veniva portato al massimo. Al termine dell’impegnativa manovra Tanira aveva notevolmente perso quota e la gigantesca astronave galleggiava nell’atmosfera a pochissime unità dalla superficie dell’oceano quieto e nero.
- Allora, Krugo? Queste analisi?
- Non essere impaziente, c’è qualcosa che non va.
- Spiegati.
- La composizione di questo oceano è piuttosto vicina a quella dei nostri, ma infinitamente più povera. È presente inoltre una discreta quantità di sostanze che non conosco, forse artificiali ma sicuramente nocive alla nostra biologia.
- Non potremo uscire, allora.
- Sarà meglio di no - concordò tristemente Krugo.
- Peccato, ci contavo.
Krugo scrutò con attenzione i suoi strumenti e poi comunicò a Tanira che il fondale era piuttosto alto e accidentato: avrebbero potuto trovare più facilmente un posto dove camuffarsi e riparare i danni. Meglio ritardare il secondo incontro con gli alieni a quando la loro nave fosse nuovamente del tutto efficiente.

L’enorme astronave si abbassò ulteriormente sulle acque nere e i deflettori, ormai vicini allo scafo, cominciarono a baluginare di luce blu e viola a contatto con l’acqua. Man mano che lo scafo si avvicinava all’acqua, questa veniva respinta dalla barriera energetica dei deflettori scarichi, come se una calotta di vetro circondasse la nave. Lentamente la nave si immerse spostando enormi masse d’acqua, correggendo il proprio assetto in continuazione per via delle fortissime spinte idrodinamiche. Infine l’acqua scura si richiuse sopra la barriera luminosa dei deflettori, ruggendo, ribollendo e spumeggiando. La luce violacea fu visibile ancora mentre l’astronave si inabissava in profondità, poi sparì del tutto, inghiottita dalle profondità dell’oceano d’inchiostro.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


A metà del viaggio
7.

Tanira comparve nella sala da pranzo quando Krugo stava già mangiando. Era affaticata per i lavori di riparazione in corso, era evidente. Si servì una razione e si accomodò vicino al compagno.
- Dannazione, Krugo! Nel condotto del polarizzatore potevi andarci tu, dovresti sapere come funziona. Là dentro è strettissimo, io ci passo a malapena.
- Sei tu il qualificato di bordo…
- Tu hai la mia stessa qualifica. Ti manca solo un po' di esperienza - ribatté lei.
- Vorrà dire che se il polarizzatore si guasta di nuovo andrò io… che cos'altro ti manca?
- Solo quel banco dei sensori periferici. Sarà un lavoro più lungo che complicato. Tu?
- Quasi finito. Roba da poco. Il sistema satellitare secondario, per esempio.
- E ti pare roba da poco?
- Il sistema primario funziona. E siamo a miliardi e miliardi di unità dalla rete di satelliti: che ce ne facciamo del satellitare secondario?
- Tu riparalo lo stesso. Le parti ci sono?
- Sì, c’è tutto… - disse Krugo quasi annoiato - parti, istruzioni… anche un cucciolo potrebbe riparare il satellitare secondario così.
- Magnifico.
I due mangiarono in silenzio per un po', poi uscirono entrambi dalla sala pranzo per recarsi sul ponte di comando. Tanira era alla fine del suo turno ma desiderava dare un’occhiata fuori prima di andare a riposarsi. Contemplarono i bui fondali scandagliandoli con i loro sensori e inevitabilmente il loro pensiero andò al pianeta natale.
- Dannazione… tutta l’acqua di un oceano non basta per dimenticare casa - sospirò Krugo.
- Eh, no… le tue analisi?
- Le sostanze inquinanti non ci sono a questa profondità… ma rimane la povertà assoluta di queste acque. Finché non sappiamo cosa ha causato la sterilità di questi fondali, credo che sia meglio uscire solo se indispensabile, e con gli scafandri.
- Che follia! Uscire con gli scafandri da vuoto qui, nelle profondità di un oceano. Che rabbia, tutta quell’acqua… e non potere godersela. Ma che razza di pianeta è questo?
Per tutta risposta il sonar, appena riparato, emise il suo richiamo. I due si precipitarono ai loro posti e Krugo fu il primo a rintracciare il segnale.
- Massa metallica in avvicinamento.
- Dov’è? Dov’è?
- A poppa, a quota… tre unità circa. Distanza cinquanta unità. Si avvicina lentamente, ma non scende. È appena entro il raggio di azione del sonar.
- I sensori captano un fruscio e deboli emanazioni elettromagnetiche nel campo del visibile. Hanno acceso le luci di navigazione, forse.
- Ci stanno cercando… - bisbigliò Krugo, preoccupato.
- O forse ci hanno già trovati.
- Cosa sarà il fruscio?
- Non ne ho idea…
- Un’arma?
- Sei la solita. Forse un'arma, forse un sistema di ricerca, l’equivalente del nostro sonar.
- Si allontana…
Passò qualche attimo di silenzio assoluto, poi Krugo confermò. Il contatto non c’era più.
- Dobbiamo andarcene. La nave non è ancora totalmente efficiente, non possiamo farci sorprendere.
- E dove vorresti andare, Tanira? Appare evidente che sono in grado di rintracciarci, in qualche modo. Se ci facciamo vedere mentre fuggiamo, potrebbe fare su di loro l’effetto contrario a quello che desideriamo: invece di guadagnare la loro fiducia, potrebbero pensare che abbiamo dei secondi fini, che tramiamo alle loro spalle. Io dico di andargli incontro.
- E se invece ci attende una flotta armata? Se fossero già convinti delle nostre cattive intenzioni? Non intendo farmi massacrare stupidamente!
- Se avessero voluto distruggerci, ci avrebbero provato nello spazio! Ricordi che schieramento di forze? Non dimostrandoci spaventati, li abbiamo sconsigliati dall’intraprendere azioni ostili e…
- Sarà come dici tu, ma io preferisco non fidarmi ancora. Manovriamo e andiamocene.
Tanira si mise ai comandi e Krugo si recò malvolentieri alla sua postazione. Tanira accese il propulsore antigravitazionale e cominciò a guadagnare quota salendo verticalmente. Infatti date le dimensioni della loro astronave, era troppo pericoloso manovrare vicino al fondale impervio.
Aveva guadagnato spazio a malapena sufficiente per la manovra quando il sonar emise di nuovo il suo segnale di contatto.
- Contatto, piccola massa metallica alle nostre spalle. I sensori rilevano numerosi oggetti galleggianti sulla superficie non lontano dalla nostra verticale.
- Navi?
- Forse. Troppo lontani per dirlo.
- Cosa ti dicevo? Stanno venendo a prenderci, ci hanno trovati.
Tanira salì ancora di quota e poi aumentò la spinta in avanti. Avrebbe voluto attivare i deflettori, ma a contatto con l’acqua questi avrebbero emesso la loro caratteristica luce violacea, visibile a grande distanza.
- Che vuoi fare?
- Voglio essere in grado di difenderci. Emergiamo - disse Tanira.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


A metà del viaggio
8.

Fu Krugo il primo a far rientro sul ponte di comando. Chiamò Tanira non appena ebbe dato un’occhiata al tattico proposto dal computer e, mentre aspettava, si mise al telescopio per osservare la flotta che era giunta ormai a pochissime unità da loro. La Singola Gialla era ormai sorta e poteva vedere distintamente gli scafi affusolati solcare la superficie calma dell’oceano. C’erano navi di diverse dimensioni e forma: tra tutte svettavano per le loro dimensioni numerose unità caratterizzate da una ampia superficie piatta leggermente incurvata verso l’alto a prua, dotate di una sorta di complesso blocco spostato da un lato, come un'isola. Proprio mentre Tanira si affacciava sul ponte di comando poté rendersi conto dell’utilizzo di quegli strani vascelli: la superficie piatta funzionava da supporto per il lancio e il recupero delle piccole macchine volanti a forma di Sha che li sorvolavano stando a rispettosa distanza.
- Hai terminato le riparazioni?
- Completamente. Lancia pure la diagnostica e dai un’occhiata al tattico del computer.
Krugo pensò che Tanira avrebbe voluto dare un’occhiata anche al segnale del telescopio e lo inviò alla sua postazione. Quasi subito lei esclamò per la sorpresa.
- Hanno anche navi sommergibili!
Krugo sovrappose mentalmente l’immagine del telescopio al tattico e si rese conto che Tanira aveva ragione. Le unità individuate dai sensori erano di più di quelle visibili al telescopio. Diverse avrebbero dovuto essere ben visibili: di conseguenza dovevano essere immerse sotto il pelo dell’acqua.
- Sono piuttosto piccole ma potrebbero non essere navi… forse ordigni…
- Non direi… navigano alla stessa velocità del resto della flotta – ribatté Krugo.
- È pericoloso lo stesso, siamo senza deflettori.
- Attivali subito, no?
Tanira non se lo fece dire due volte. Con gli occhi della mente vide spruzzi d’acqua sollevarsi all’improvviso tra bagliori violacei rivelando la sagoma dei deflettori attivati intorno alla nave, come se un grande coperchio trasparente fosse stato lasciato cadere di colpo sopra la loro nave.

- Fammi uscire, ti dico che sto bene!
- Non se ne parla. Resti lì fino alla fine di tutti gli esami.
Krugo era rimasto attaccato ai suoi apparati scientifici per osservare ogni cosa riguardo quegli alieni. Un loro piccolo scafo era giunto vicinissimo alla barriera dei deflettori ed era stato possibile osservare l'aspetto di quelle creature. Con grande sorpresa di entrambi avevano scoperto che erano estremamente somiglianti alle Sorelle. Gambe, braccia, mani con cinque dita e una testa con occhi e tutti gli altri organo di senso. Erano dunque dei terricoli come le loro preziose alleate originarie del pianeta Zaideen. Certo, visti nei dettagli erano piuttosto differenti, ma erano senza dubbio antropomorfi. Aveva avuto poi un'ispirazione osservando a lungo il comportamento e l'aspetto fisico degli alieni: le loro mani avevano cinque dita anziché quattro come le Sorelle e secondo lui quegli esseri contavano in base dieci. Quindi il messaggio che continuavano a trasmettere poteva forse essere interpretabile in base dieci. Aveva anche blaterato a lungo di pensiero bidimensionale e tridimensionale, ma lei ci aveva capito ben poco. Sorprendentemente però Krugo, dopo aver trascurato parecchi turni di riposo, aveva scoperto che gli alieni stavano trasmettendo un elenco di numeri primi. Poi era crollato, vinto dalla stanchezza.
- Devo comporre il messaggio di risposta!
- La tua teoria dei numeri primi è molto interessante. Ma non posso credere che quando una specie aliena intelligente ne incontra un'altra non riesca a fare di meglio che raccontarle i primi mille numeri primi in base dieci. Sarà un messaggio cifrato.
- Invece è proprio così! I numeri primi in qualsiasi base sono sempre gli stessi. Sono una dimostrazione di intelligenza. L'algoritmo che calcola...
- Adesso che sappiamo che sanno contare, cosa conosciamo in più di loro? - Tanira armeggiò con i comandi della camera di rigenerazione all'interno della quale Krugo si stava agitando. Aveva dormito e recuperato appieno le forze, lo vedeva. Ma il regolamento parlava chiaro: doveva prima finire tutti gli esami medici. Dopotutto, si era accasciato in preda allo sfinimento.
- Il prossimo passo è usare questi numeri per stabilire un protocollo di comunicazione. Magari dapprima per definire solo immagini, rozze e primitive. Poi potremmo passare a qualcosa di più sofisticato come principi di posizionamento relativo o assoluto... fino a comunicare idee e concetti. Potremmo sviluppare un vocabolario, poi fondare una gramm...
- Fermo, Krugo. Stai correndo troppo. Nemmeno coi terricoli del nostro pianeta siamo arrivati a tanto.
- I terricoli del nostro pianeta non costruiscono navi né stazioni spaziali!
- Vero. Ma sfruttano le tane di altre specie terricole. Non ti è venuto in mente che forse questi si limitano a sfruttare tecnologie e strutture altrui?
- Sì, ci ho pensato. Ma mi sembra che padroneggino molto bene questa tecnologia. Tanto che vale la pena di cercare di stabilire un contatto.
- Il contatto l'abbiamo già stabilito e...
Un allarme suonò interrompendo Tanira e facendo sussultare Krugo.
- Cos'è? - disse Krugo anche se sapeva perfettamente il significato di quel segnale: era un allarme militare. Attraverso le pareti trasparenti della camera di rigenerazione vide Tanira controllare la causa dell'allarme. Si sforzò di rimanere calmo: se avesse continuato ad agitarsi avrebbe dato alla sua compagna un'ottima ragione per mantenerlo al chiuso della camera medica.
- C'è un po' di movimento, qua fuori. I tuoi terricoli sono agitati anche più di te.
- Cosa vuoi dire? - fremeva per uscire e non sapeva se fingere indifferenza in quel modo stesse avendo l'effetto desiderato sulla compagna, che continuava a fissare assorta gli strumenti.
- C'è un velivolo molto piccolo, di una forma mai vista prima... sembrerebbe che si stia sforzando di raggiungerci mentre i velivoli-Sha cercano di impedirglielo.
- Interessante – disse Krugo che faticava sempre più a trattenersi. Quando finalmente sentì azionarsi le pompe per il ricambio dell'acqua medica, si affrettò verso l'uscita della camera di rigenerazione, pigiandosi contro la parete trasparente.
- Se continua così quel velivolo si schianterà contro i nostri deflettori.
- Disattivali.
- Sei impazzito? - Tanira si staccò dagli strumenti per guardarlo con stupore.
- Non credo che quel velivolo sia così solido da resistere all'impatto. Se ci sono forme di vita a bordo, schiantandosi a quella velocità moriranno di sicuro.
- Potrebbe essere un trucco per farci abbassare le difese e colpirci a tradimento.
- Tanira, ne abbiamo già parlato... non hanno armi in grado di colpirci con efficacia. Disattiva i deflettori.
- Non le hanno ancora usate, vorrai dire. Sono responsabile della sicurezza di questa missione e non credo che...
- Disattiva i deflettori, ti prego! L'impatto è imminente! - Krugo si addossò ancora più contro la parete trasparente, percuotendola una sola volta. Il ricambio non era ancora completato e la porta non era sbloccata.
- Scanseranno i deflettori all'ultimo momento, vedrai. Ciò dimostrerà che...
Krugo gettò uno sguardo disperato agli strumenti, che segnalavano il minuscolo oggetto volante ormai vicinissimo a loro. Anche attraverso la parete trasparente riusciva a percepire la tensione nella compagna. Sentiva che era dubbiosa, incerta, sotto pressione.
- Per la buona riuscita della missione, evita queste morti! - la incalzò ancora. Gli strumenti segnalavano il velivolo a contatto con la barriera dei deflettori, caricati al massimo della potenza. Tanira scattò con una bestemmia e disattivò i deflettori. Sugli strumenti l'oggetto volante proseguì la sua traiettoria entro il margine di sicurezza della loro astronave mentre gli inseguitori si aprirono a ventaglio, temendo forse il riattivarsi dei deflettori.
- Spero di non dovermi pentire d'averti dato ascolto – disse mesta Tanira.
- Ti ringrazio, anche a nome dei terricoli a bordo del velivolo... - le disse con fare scherzoso. Era molto contento.
- Guardali... si stanno abbassando vicino al nostro scafo. Al primo brutto segno li abbatto, intesi?
- Aspetta che compiano un vero atto ostile, però – disse Krugo preoccupato, maledicendo la lentezza del ricambio dell'acqua medica all'interno della camera in cui era ancora rinchiuso. Sapeva che i soldati erano aggressivi per natura e cominciò a dubitare che la Sezione avesse fatto bene a comporre un equipaggio misto. Tanira avrebbe aperto il fuoco anche contro la propria ombra.
- Non sembrano male intenzionati... si limitano a sorvolarci a brevissima distanza. Invece gli altri si sono allontanati.
Finalmente la porta si sbloccò e Krugo fu libero di uscire. Immediatamente si tuffò verso gli strumenti per vedere più da vicino. Tanira aveva replicato l'intera console bellica della nave, quindi aveva a disposizione i raffinati sensori di puntamento delle armi che però non garantivano la profondità di scansione dei suoi strumenti. Ai militari non importava molto del bersaglio: si accontentavano di trovarlo in fretta e di polverizzarlo al primo colpo.
Nonostante le lamentele di Tanira, si ritagliò un piccolo spazio per i propri strumenti, riconfigurando la console per ricevere i flussi dei dati delle apparecchiature scientifiche. Data la brevissima distanza riusciva a compiere esami estremamente accurati.
- Ci sono due individui a bordo – osservò, non suscitando la curiosità di Tanira.
- Hanno percorso a bassa velocità tutta la lunghezza del nostro scafo. Sembra che stiano cercando qualcosa.
- Il velivolo utilizza un motore termico di qualche genere: si sostenta grazie a dei getti di gas... prevalentemente monossido di carbonio.
- Guarda Krugo... perdono ancora velocità... cos'altro mi sai dire di quel motore?
- Ci sono delle cavità un po' dappertutto nel velivolo... probabilmente vengono usate per immagazzinare il carburante necessario al motore termico...
- Pazzi...
- Ne deduco quindi che il velivolo abbia un'autonomia limitata. Data la posizione degli scarichi e la direzione dei getti di gas, non mi stupirei se quel velivolo fosse in grado di sostentarsi in aria a velocità zero.
- Credo proprio che tu abbia ragione, Krugo. Stanno perdendo ancora velocità... ma cosa vogliono fare?
- Ci stanno osservando. È normale... è la prima volta che vengono così vicini. Staranno morendo di curiosità.
- Se rallentano ancora ci atterrano sul dorso!
- Che problema c'è?
- Non posso colpirli con l'artiglieria pesante a distanza zero. A dire il vero, non potrei colpirli con nulla!
- Ma perché dovrebbero atterrarci addosso? - chiese stupito Krugo, non meravigliandosi più del tono bellicoso della compagna.
- Vuoi chiederglielo tu? Guarda: credo proprio che stiano per farlo!
Tanira passò rapidamente ai sensori ottici e in brevissimo tempo ebbero le immagini dall'esterno. Il curioso velivolo aveva estratto delle zampe munite di piccole ruote e si era posato proprio a fianco della blindatura superiore di una torretta difensiva retrattile, approfittando di un piccolo spiazzo piano nello scafo gibboso.
- Per poco non si sono posati su un'antenna ad altissimo guadagno – osservò Tanira.
- Lì dove sono non possono fare danni. L'antenna non la possono certo raggiungere e nemmeno possono scalfire la blindatura.
- Non sai cos'hanno a bordo del velivolo – lo rimbeccò Tanira.
- Diamo loro altro a cui pensare. Preparo l'anfibio?
Tanira lo guardò con espressione di rimprovero.
- Vorresti uscire con l'anfibio? È pericoloso.
- L'anfibio è corazzato. Sai bene che è più un veicolo da combattimento che uno strumento di esplorazione. Di che ti preoccupi? Guardali!
I sensori ottici rimandavano immagini sconvolgenti. I pannelli trasparenti dello scafo alieno si erano rivelati mobili e si erano aperti, permettendo l'uscita dei membri dell'equipaggio. Ce n'era uno che stava già camminando con cautela intorno al suo velivolo, come se si aspettasse che la superficie d'appoggio venisse meno da un momento all'altro. I telemetri indicavano chiaramente le dimensioni fisiche di quegli esseri.
- Sono piccoli – notò immediatamente la compagna, con spirito di osservazione più militare che scientifico.
- Dentro l'anfibio sarò al sicuro, vedrai.
Tanira puntò nuovamente lo schermo: si vedeva ulteriore movimento. Il secondo alieno era uscito dal velivolo. Non solo era ancora più minuto come dimensioni, ma sembrava perfino un po' malfermo sulle gambe. Lo osservarono attentamente fare pochi passi aiutato dall'altra creatura e poi sedersi sul bordo della blindatura della torretta difensiva. Pareva in difficoltà. Il primo terricolo le porse un contenitore, forse del cibo, ma il secondo terricolo lo sputò poco dopo averlo ingerito.
- Sta male. Sarà contaminato!
- Non stiamo emettendo alcun genere di radiazione, né gas né alcun campo elettromagnetico. Perfino l'antenna è spenta – Krugo controllò i suoi strumenti due volte: se quell'alieno stava male, non era certo colpa loro.
- Interessante... - sussurrò lui, scorrendo le indicazioni dei suoi strumenti scientifici.
- Cosa? Hai scoperto un virus?
- Tanira, non essere sciocca. Non posso individuare virus a questa distanza, con questi apparati! Guarda qui, invece di preoccuparti.
Il soldato guardò gli strumenti, distogliendosi a fatica dai telemetri militari. Non riuscì a interpretare subito i dati e chiese spiegazioni.
- Dimorfismo sessuale. Sono diversi. Uno è maschio, l'altro è femmina. Come le Sorelle. Come noi.
- Krugo, tu corri davvero troppo. Potrebbe essere dimorfismo legato a qualsiasi altra cosa. Magari quello più grosso è una specie di drone soldato e quello più piccolo, che ha evidentemente bisogno di protezione, una creatura meno forte ma più evoluta. Una specie di mente. Magari è ermafrodita, come fai a esserne certo?
- Gli ermafroditi più evoluti sul nostro pianeta li serviamo come cibo. E se tu fossi un membro di una specie che basa la propria sopravvivenza sulla divisione genetica fra procreatori, droni soldato e menti superiori, manderesti incontro a una nave aliena, cioè noi, una delle tue preziose menti? Con un solo drone di scorta?
- Non conosci le proporzioni tra soldati e menti pensanti. Magari non sono come le regine, e quindi le menti sono più diffuse. E poi se io volessi comunicare...
Tanira si interruppe, imbarazzata. Krugo stava gongolando di soddisfazione.
- Non manderesti solo soldati? È questo che stavi per dire?
Tanira non rispose. Era giunta a contraddirsi e ciò era più di quello che poteva sopportare. Ma doveva biasimare solo se stessa. Krugo si godette la piccola vittoria per un poco, poi esclamò contento:
- Secondo te qual'è dei due la femmina?
- Quello più grosso – bofonchiò Tanira, ancora seccata.
- Mi lasci uscire con l'anfibio?
- Vai dove ti pare, ma attento a quello che fai – brontolò piano il soldato, dedicandosi ai suoi strumenti.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


A metà del viaggio
9.

L'anfibio, decisamente più comodo della tuta da vuoto, si arrampicò fuori dalla camera di equilibrio usando le sue numerose zampe articolate, che facevano presa in modo eccellente sulla superficie dello scafo. Krugo era soddisfatto: poteva già vedere davanti a lui il velivolo alieno posato vicino all'artiglieria difensiva e i due alieni, entrambi in piedi, ora. Di certo aveva guadagnato la loro attenzione: l'anfibio era un veicolo piuttosto ingombrante e, anche se era stato fatto ogni sforzo per renderlo silenzioso e discreto, non poteva che spaventare esseri così piccoli. Guardandoli dall'alto al basso non poteva giudicarli bene, ma il telemetro militare non aveva mentito. Erano davvero più piccoli di loro. Perfino più piccoli di lui che, in quanto maschio, non godeva certo di un fisico possente come quello di Tanira. Si avvicinò lentamente, cercando di non spaventarli. Si rese conto che tutte le sue congetture non servivano a nulla una volta di fronte agli alieni. Questi reagivano come intimoriti, puntandogli contro un piccolo congegno curioso che uno dei due, il più grosso, aveva usato a lungo poco dopo essere sceso dal velivolo e aver soccorso il compagno. Qualunque cosa fosse, non rappresentava certo una minaccia: l'avrebbero già scoperto. Forse si trattava solo di un sensore.
- Fermati, Krugo. Sei troppo vicino.
Per una volta Tanira aveva ragione: lei temeva per la sua sicurezza, mentre il suo timore era di dare agli alieni l'idea, sbagliata, che li volesse attaccare con l'anfibio. Non potevano sapere che avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento con le armi del veicolo, molte delle quali efficaci anche a grande distanza.
Fermato l'anfibio, rifletté sul da farsi. Aveva identificato il tipo di trasmissione radio, ma non poteva certo uscire dall'anfibio e cominciare a snocciolare numeri primi. Non parlavano la stessa lingua. E come avrebbero reagito al suo aspetto? Magari così come loro erano piuttosto brutti e spaventosi per lui, altrettanto era lui ai loro occhi. Prima che potesse decidersi, accadde l'imprevedibile.
- Attento! - lo avvertì Tanira. Ma era troppo tardi per muovere l'anfibio, grande e impacciato se confrontato ai piccoli alieni. Uno di essi, il più piccolo dei due, apparentemente ripresosi dal suo malessere, si era fatto avanti e tendeva uno dei suoi arti. Prima che Krugo potesse pensare qualsiasi cosa, prima che potesse spaventarsi, l'alieno posò l'estremità del suo arto, terminante con cinque dita di cui una tozza e opponibile, ideale per afferrare oggetti, sulla più vicina zampa dell'anfibio.
Non successe niente.
L'alieno rimase lì, stabilito il contatto fisico con il suo veicolo, mentre l'altro gli teneva puntato contro il curioso congegno. Krugo si rammaricò di non essere là fuori; si chiese per quale motivo non fosse sua la pelle a contatto con quella dell'alieno. Magari crede che quello dell'anfibio sia il nostro vero aspetto. Magari ci credono esseri robotici, fatti di metallo e dotati di intelligenza artificiale. Cosa significava quella ricerca di contatto fisico da parte dell'alieno? Cosa stava cercando di fare? Si ricordò all'improvviso di accendere i microfoni esterni e un nuovo mondo gli si aprì. Gli alieni comunicavano tra loro con suoni che lui poteva udire. Erano inintelligibili, ma li udiva. Rammaricato di essere timoroso abbastanza da non uscire dal suo veicolo, Krugo attivò immediatamente anche una registrazione audio, assicurandosi che le memorie di bordo si stessero riempendo correttamente.
Anche il secondo alieno, quello più grosso, venne a toccare la zampa dell'anfibio. Vi batté contro, arditamente. Se la sua intenzione era di procurare danno, il risultato fu nullo. Ma a giudicare dal suono delle voci aliene, suoni secchi, ripetuti da entrambi con tonalità differenti, non c'era minaccia alcuna. Non c'era intenzione di nuocere. Eccoli ora che agitavano i loro arti superiori dei loro brutti corpi, così simili a quelli delle Sorelle, in direzione dei suoi sensori ottici. Forse li avevano riconosciuti come tali: forse era solo un caso. Krugo pensò che tutto sommato non erano poi così diversi da un gruppo di occhi, visti da lontano.
- No, Krugo! No!
Aveva preso la sua decisione. Era giunto il momento di farsi vedere.
Dirottò l'energia dell'anfibio al generatore di campo di contenimento di emergenza, usato per tappare le eventuali falle nello scafo. Creò una barriera davanti al pesante portello ventrale, corazzato, e poi lo aprì. Non poteva respirare in assenza di acqua, al contrario di quello che gli alieni dimostravano di poter fare. Ma il campo di forza era trasparente: avrebbe potuto vederli coi propri occhi, e loro avrebbero visto lui.
- Non c'è pericolo – cercò di rassicurare la sua compagna di viaggio, ma i suoi stessi cuori battevano all'impazzata per la paura e per l'emozione. Sentì la sua epidermide cambiare colore, la vide scurirsi di macchie irregolari. Da scienziato sapeva perfettamente che si trattata di una reazione al pericolo tipica della sua specie: mimetismo. Assumeva una colorazione che l'avrebbe confuso con una roccia, col fondale sabbioso. Da essere senziente, rifiutò quella paura che gli stava inondando il corpo e si affacciò al portello ormai aperto, ma protetto dal campo di forza energetico. Confidò che la curiosità degli alieni li spingesse a osare ulteriormente: avrebbero dovuto infilarsi tra le zampe dell'anfibio fin sotto il ventre, dove si era aperto il portello.
Ma vedeva solo il metallo speciale dello scafo della sua nave, oscurato dall'ombra proiettata dal corpo del veicolo.
Gettò uno sguardo agli schermi: effettivamente gli alieni si erano resi conto che stava succedendo qualcosa. Osservavano, ma non si avvicinavano. Erano intimoriti?
- Krugo, ti scongiuro... richiudi il portello.
Trattenne una bestemmia. Era il momento di uscire, non di chiudersi al riparo! Maledisse il momento in cui aveva scelto il massiccio anfibio per andare incontro a quelle creature. Un momento di paura e di pigrizia insieme, un comportamento vile e indegno di uno scienziato del suo rango! Se avesse avuto il coraggio di scegliere la tuta da vuoto, ora gli alieni avrebbero almeno potuto intuire il suo vero aspetto. Forse li avrebbe terrorizzati, forse no. Non l'avrebbe saputo stando lì, fermo. Osservatore e osservato.
Ma se fosse uscito, sarebbe morto. Senza acqua avrebbe presto cominciato a patire la mancanza d'ossigeno; la sua capacità motoria in superficie era gravemente ridotta. Indebolito e menomato, avrebbe perso presto i sensi e sarebbe morto soffocato. Poi l'aria avrebbe seccato la sua pelle e il calore della Singola Gialla, così simile a quella del suo pianeta, gli avrebbe asciugato i tessuti fino in profondità, portando il suo corpo senza vita verso una lenta e inesorabile disgregazione. Solo le sue parti chitinose sarebbero rimaste, un misero scheletro incompleto, vuoto.
Eccoli! Erano apparsi entro il limite del suo campo visivo. Timidamente si facevano avanti, gli occhi piccoli e ravvicinati che si voltavano ovunque, temendo chissà quali minacce. Le armi erano spente e le difese passive, punte affilate e superfici taglienti, erano state rimosse prima della partenza, sostituite da lisce corazze aggiuntive, meno ostili a vedersi. Erano davvero orrendi. Le Sorelle avevano conservato tracce della loro origine acquatica, ma vedendoli dubitava che costoro si fossero evoluti dall'oceano. La loro pelle era di colore chiaro e uniforme, almeno la piccola parte che appariva visibile. Infatti erano ricoperti da... indumenti. Anche le Sorelle ne facevano uso, ma non in modo così massiccio. Sembravano più che altro protezioni: temevano qualche rischio ambientale? Erano minacciati da predatori? Non seppe scegliere e si limitò a prendere mentalmente nota di quella osservazione. Avrebbe indagato in futuro.
Erano di certo dotati di un endoscheletro: la loro pelle sembrava elastica e la loro somiglianza con le Sorelle di Zaideen era una facile scorciatoia, comoda per spiegare molte cose. Ascoltò i suoni che emettevano avvicinandosi: non più scatti brevi e sonori, ma un moderato ciangottare inframmezzato da lunghi silenzi e accompagnato da gesti inspiegabili. Quale che fosse il loro modo di comunicare, era evidente che fosse più complesso di quanto poteva sembrare a prima vista.
Si fermarono a rispettosa distanza, fissandolo. Impossibile interpretare il loro atteggiamento: come le Sorelle, e contrariamente ai Sauridi, alcune parti del loro cranio erano mobili. Suppose che parte della comunicazione fosse veicolata tramite il corpo e non solo tramite la voce. Ma, seppur con altri meccanismi, non è forse così anche per noi, si chiese Krugo.
Rimasero lì a fissarsi a lungo. Lui non sapendo che fare, prigioniero dell'ambiente protetto dell'anfibio, al sicuro nell'abitacolo. Loro invece erano padroni, liberi di muoversi nel resto del loro mondo. Forse erano in grado di vivere anche sott'acqua. Ci rifletté: le Sorelle avevano perduto la respirazione subacquea evolvendosi come creature terricole. I Sauridi invece erano veri anfibi, a loro agio in entrambi gli elementi. Divenuti esperti costruttori di astronavi, nemmeno lo spazio era loro proibito. Forse nell'acqua avrebbe trovato un terreno fertile per un primo contatto più completo. Forse avrebbe potuto anche lui stabilire un vero contatto, anche fisico, con quella specie. Invidiò gli alieni e quel loro gesto così piccolo ma così completo: toccare la zampa dell'anfibio, credendolo una creatura intelligente. Lui non era in grado di fare altrettanto, non finché se ne fosse stato rintanato in quell'abitacolo corazzato, protetto da tutto. Anche dalla conoscenza.
Stava per attivare il comando che avrebbe trasferito i comandi dell'anfibio a Tanira, come da procedura, ma si fermò in tempo. Lei non sarebbe stata d'accordo e glielo avrebbe impedito. Ma lui era deciso, e non avrebbe cambiato idea. I morsi della paura erano difficili da ignorare e l'imperiosa voce di Tanira, investita dell'autorità del comando, sarebbe stata una pressione intollerabile per lui. Quindi comandò l'apertura del portello dorsale e chiuse la mente alle vivissime proteste che giunsero immediate. Non voleva ascoltarle. Si diresse verso l'apertura, verso la luce della Singola Gialla che entrava nell'abitacolo filtrata solo dall'acqua, notando come essa avesse il potere di cambiare tutto ai suoi occhi.
Anche lui voleva cambiare.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


A metà del viaggio
10.

La Singola Gialla lo toccò sulla pelle, spaventandolo. Era calda e forte. Si fece coraggio e vinse il proprio istinto di sopravvivenza. Si gonfiò più che poté di acqua e, ancora parzialmente abbagliato dalla luce, si aggrappò al bordo del portello aperto e si issò fuori.
Il caldo, la luce, l'improvviso sbalzo di pressione. Tutto il suo corpo, ogni singola fibra che lo componeva gridava il pericolo. Ebbe un forte capogiro; sorpreso dal nuovo peso del suo corpo, non più sostenuto dall'acqua, perse l'equilibrio. Scivolò lungo il fianco dell'anfibio, cadendo rovinosamente tra le sue alte zampe metalliche. Non fu abbastanza forte da trattenere l'acqua che aveva nel corpo per continuare a respirare e con l'urto gliene sfuggì una parte. Con un occhio riuscì a vederla scorrere via a rivoli lungo il metallo idrorepellente dello scafo: acqua preziosa, insostituibile. Scintillava stranamente sotto i raggi del sole. Aveva sopravvalutato il suo fisico, la sua forza. Era stato un pazzo. Il suo corpo, traumatizzato dall'esposizione all'aria, dalla caduta, dal calore, non più sostenuto dall'acqua era incapace di sorreggersi. Si scoprì imbelle, come nemmeno il più piccolo dei cuccioli, quando appena uscito dal suo uovo. Già immerso nel suo elemento, pochi secondi dopo aver abbandonato l'uovo nuotava perfettamente. Lui no. Lui era schiacciato contro lo scafo della sua astronave dal peso del suo stesso corpo e non riusciva a muoversi come avrebbe voluto.
Sentì mancare l'ossigeno. L'acqua trattenuta nelle sue cavità interne si stava già impoverendo. Volse entrambi gli occhi agli alieni: vedere attraverso l'aria lo incuriosiva e spaventava al tempo stesso. Non poteva dire loro nulla, non poteva implorare aiuto, chiedere soccorso. Lo guardavano immobili, scambiandosi quei suoni che, ora veicolati dall'aria, suonavano acuti e ancora più estranei al suo mondo di acqua. Se almeno avesse potuto raggiungere l'ombra dell'anfibio! Il tormento dei raggi diretti della Singola Gialla sarebbe stato attenuato. Si protese verso di loro, verso le zampe del suo veicolo, pentito. Era stato uno stupido, e ora avrebbe pagato il prezzo più alto.
Ma ancora una volta l'incredibile, l'inatteso accadde. Gli alieni si mossero vociando a gran volume, lo afferrarono. Gli fecero male comprimendolo nei punti sbagliati, perse ancora acqua. Compresero, forse, poiché lo sollevarono afferrandolo per la corazza chitinosa che proteggeva i suoi organi più delicati e cominciarono a trascinarlo. Giunto al limite, in disperato bisogno di ossigeno, fece in tempo a rendersi conto che lo volevano gettare oltre lo scafo. Nell'acqua. Il loro oceano: povero, sporco, avvelenato. Avevano capito! Lo lasciarono andare malamente lungo la fiancata, non erano fisicamente forti abbastanza da lanciarlo. Sarebbe morto, ma per pochi, brevi istanti li aveva toccati. Si erano capiti. Loro avevano capito la sua necessità. Si chiuse su se stesso per attutire gli urti e accolse con sollievo il tuffo nell'oceano alieno.
Aveva un sapore strano, quell'acqua. Conteneva ossigeno a sufficienza, ma era povera rispetto a quella del suo mondo. Avevano rilevato durante la prima immersione larghe zone inquinate da sostanze nocive, ma poi si era disinteressato delle analisi, rattristato per non poter nuotare in quell'oceano. Rassegnato, giunto al limite della sua resistenza, riprese a respirare regolarmente, sperando di non avvelenarsi troppo in fretta.
Qualcosa finì in acqua a poca distanza da lui, pesantemente. Si ritrasse istintivamente in profondità, spaventato. Uno degli alieni era finito in mare e si dibatteva furiosamente. Respirano aria, si ricordò. Probabilmente non sono in grado di restare immersi. Titubante, rimase a guardare l'alieno agitarsi inutilmente: non rimaneva a galla. Contatto fisico, comprensione. Reciprocità. Krugo si lanciò al massimo della velocità che il suo corpo gli consentiva e in un istante aveva afferrato l'alieno e lo sosteneva fuori dell'acqua. Lo sentiva morbido nella sua stretta che cercava di mantenere la più delicata possibile. Lo sentiva gridare acutamente, non sapendo se a causa della paura, per il rischio di soffocare, o per la sua stretta. Se avesse allentato ulteriormente la presa, quello sarebbe di nuovo caduto in acqua. Lo sostenne in modo gentile, cercando di mostrarsi più amichevole possibile. Ma non sapeva come fare: probabilmente ai loro occhi aveva l'aspetto di una creatura orrenda, così come a lui il sostenere uno di loro, pelle contro pelle, stava procurando sgomento, paura e una eccitazione mai provata prima.
Suoni diversi lo raggiunsero. Tanira aveva guadagnato il controllo sull'anfibio e lo stava telecomandando verso di lui. Per non spaventare gli alieni gli aveva fatto fare un giro piuttosto largo, ma ora ne sentiva il caratteristico segnale in avvicinamento. Pensò alla sua compagna di viaggio: lo avrebbe rimproverato aspramente, ma lui aveva fatto ciò che riteneva giusto fare. Poi, sotto il frastuono dell'alieno che frustava l'acqua con gli arti sebbene non corresse alcun rischio di affondare, visto che lui lo stava sostenendo, percepì un altro rumore. Dal gruppo di navi aliene si era staccata un'imbarcazione più piccola che puntava dritto su di lui. Poteva vedere molti diversi alieni agitarsi su di essa. Krugo temette il peggio: lo avrebbero ucciso, pensando che stesse tormentando il loro simile, mentre invece lo voleva solo mantenere al sicuro? Attese col batticuore fino a quando il piccolo battello gli fu vicino. Paragonato alla parete che si ergeva altissima, il fianco della sua nave, non era che un piccolo oggetto. Ma poteva benissimo ospitare un'arma mortale. Il rumore che sentiva, piuttosto fastidioso, era dovuto alle rudimentali eliche con le quali il piccolo scafo si spostava sulla superficie dell'acqua, e al motore che le faceva girare. Rumori che si attenuarono notevolmente quando fu alla sua portata. Il conduttore alieno usò la forza d'inerzia del suo minuscolo vascello per accostare, offrendogli il fianco. Numerosi alieni vocianti si affacciavano dal bordo, agitandosi e tendendo gli arti superiori verso di lui. Non ci fu bisogno di suggerimenti: Krugo offrì spontaneamente il corpo guizzante dell'alieno caduto ai suoi simili, e non lo lasciò andare fino a quando non fu certo che lo avessero afferrato saldamente. Poi, emozionato e spaventato, si immerse alla massima velocità che era in grado di raggiungere. L'anfibio era lì sotto, lo attendeva col portello già aperto: poteva vedere la luce dell'abitacolo che lo attendeva, rassicurante. La salvezza. Il campo di forze che tratteneva l'acqua all'interno impedendole di mischiarsi con quella dell'oceano alieno gli solleticò il corpo quando lui vinse la sua resistenza per entrare nell'abitacolo. Una volta dentro, telecomandato da Tanira il veicolo anfibio iniziò la fase di rientro. I comandi gli erano stati completamente inibiti. Respirando profondamente, si aggrappò al posto di guida e cercò di calmarsi.
Non si era mai sentito così vivo.
Vivo era il corpo alieno che aveva avuto stretto fra i suoi tentacoli: lo aveva sentito caldo, dimenarsi con forza sconvolto dalla paura. Era morbido e compatto, aveva potuto percepire chiaramente lo scheletro interno che lo sosteneva e che gli permetteva di camminare in superficie, all'aria. Cosa a lui proibita.
Vivo era il mondo all'esterno: la Singola Gialla era come una creatura viva, straordinaria, in grado di toccare tutto e tutti contemporaneamente. Era la prima volta che usciva completamente dall'acqua e la spaventosa sensazione provata al pensiero che avrebbe perso la vita di lì a poco non lo avrebbe abbandonato mai più.
Che Tanira dica tutto ciò che più le piace, pensò Krugo orgoglioso della sua scelta. Non ho attraversato lo spazio per arrivare fin qui e stare a guardare.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


A metà del viaggio
11.

- Anche l'ultima nave-Sha è fuori tiro. Non ci inseguono.
- Lo dici come se avrebbero dovuto farlo.
Tanira guardò il compagno, facendogli capire che non era così.
Si erano trattenuti parecchio, cercando di comunicare con gli alieni padroni di casa. Non erano stati fatti significativi passi avanti rispetto alla sequenza di numeri primi individuata da Krugo. Avevano navigato il più possibile quell'oceano tracciando mappe, analizzando, prelevando campioni di aria, acqua, dei fondali e perfino della terraferma. Tallonati ovunque da quelle creature terricole, dalla loro flotta, dai loro velivoli-Sha, sorvegliati giorno e notte, ma non avevano mai più subito un approccio invasivo come quello dei primi due terricoli posatisi sul dorso della loro nave. Ora, riempita ogni memoria, esauriti gli esperimenti e terminata ogni analisi, restava l'altra metà del viaggio. Quella più triste e, forse, quella più importante.
- Dopotutto, non hanno compiuto gesti ostili – rimarcò Krugo.
- Certo... per essere creature che non esitano a spararsi addosso l'uno contro l'altro, senza ragione apparente... per essere una cultura che manda navi da guerra incontro agli sconosciuti...
- Tu avresti fatto lo stesso, al loro posto – la rimbeccò subito.
- Io non ho avvelenato l'oceano, non ho inquinato l'aria, non ho reso il terreno radioattivo. Non ho sterminato la vita sul mio pianeta, accanendomi perfino contro le creature unicellulari. Hanno danneggiato gravemente il loro pianeta, che ora sta morendo. Krugo, te l'ho già detto mille volte. Questi terricoli sono in via di estinzione.
Lo scienziato assentì con un cenno. Tanira aveva ragione. Dopo tutto il tempo passato a esaminare l'oceano, il danno era apparso evidente. Pur essendo un soldato, la sua preparazione tecnica e scientifica era più che sufficiente per comprendere la situazione. A lui dispiaceva molto, ma difficilmente sarebbe stata autorizzata un'altra missione sul pianeta di quegli alieni. E se mai sarebbe successo, lui non sarebbe vissuto abbastanza per potervi partecipare.

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