the sand's symbols

di candidalametta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** day: the coffee of the beach ***
Capitolo 2: *** afternoon: second of bread ***
Capitolo 3: *** sunset: scratches get drunk ***
Capitolo 4: *** night: universal planet ***



Capitolo 1
*** day: the coffee of the beach ***





La ragazza si guarda intorno sospettosa, come se da un secondo all’altro l’ombra di un condor famelico si potesse proiettare sulla sua schiena indifesa. Nonostante il paesaggio a volte ricordi un deserto, grazie alle dune pallide, il mare turchese a pochi passi mitiga un po’ la sensazione da landa desolata.
Ma non il sospetto che la proprietaria del bar nel lido in cui lavora possa sbucare fuori da un secondo all’altro vista la sua straordinaria capacità di trovarla ogni volta in cui cerca di sgarrare dalle direttive del capo.
Come quella di tenere della musica orecchiabile e neutra per tutta la giornata, cosa che in effetti alla ragazza pesa infinitamente tanto da sembrare ancora più assorta gran parte della giornata nella speranza di non ascoltare l’ennesimo remix anni 80.
Una mano fruga sul fondo della borsa quindi, mentre abbassa per un attimo gli occhi sull’improbabile confusione che continua a tenerci dentro, nonostante si sia ripromessa più volte di non imitare un bazar marocchino.
Quando li rialza, con l’oggetto dei suoi desideri in mano, un cespuglio arruffato la sta già fissando oltre il bancone, con il cipiglio tipico di ogni mattina, quando ancora i turisti non sono scesi in spiaggia e l’aria è calma tra le onde al risveglio.
“solo una …” concede con tono benevolo mentre la ragazza torna a respirare più leggera.
Il disco rotondo e piatto scivola nella fessura meccanica e la traccia parte senza ritegno.
Come se non aspettasse altro che essere chiamata alla luce del mattino.
“Heaven and Hell ”
La ragazza sorride al grido roco del falco, quasi avesse ricevuto un abbraccio più forte del sole caldo al mattino.
Canta a voce alta, sicura della sua solitudine tra la macchinetta dei caffè e il piano dei cocktail inutilizzato a quest’ora, sistemando le ultime bottiglie di succhi di frutta nel maniacale ordine del frigo vicino le sue gambe, accucciandosi per raddrizzare in centrifugato di fragole.
“devo cantare anch’io per ordinare qualcosa?”
Incespiacando sui suoi piedi finisce per rialzarsi, lentamente, aggrappandosi con le dita macchiata di smalto improbabile al bancone.
E dalla sua espressione confusa e intimidita si potrebbero capire molte cose; una per tutte che l’ultima cosa da fare di prima mattina è prenderla in giro, come si concede di fare in ragazzo davanti a lei semplicemente guardandola, con i gomiti poggiati dall’altra parte del banco e il sorriso strafottente sulle labbra piene.
“potresti provare, ma dubito tu possa raggiungere il mio livello”, sbuffa, quasi a darsi contegno mentre furtivamente fa uscire il cd e lo ripone frettolosamente in borsa, come se un solo minuto all’aria aperta lo potesse rovinare.
Privandolo di strane virtù.
Il ragazzo non guarda nemmeno la copertina, preferisce fissarla negli occhi, con quel risolino beffardo all’angolo della bocca che le fa prudere le mani, costringendola a spostare i bicchieri di varie altezze da un angolo all’altro, rischiando di sparpagliare le cannucce sul tappetino gommato o chissà quanti altri disastri, che la farebbero apparire ancora più goffa di quanto già immagina nelle iridi scure di lui, che continua a guardarla, senza dire una parola.
“insomma!” sbotta improvvisamente la ragazza, lui smette di ridere, un sopracciglio appena alzato, e la barista capisce di stare uscendo dal suo ruolo.
“insomma … “ ripete con più calma, “posso fare qualcosa per te?”, lui riprende il suo sorriso, più pacato, meno convinto, come se fosse solo un riflesso di buon costume.
In fondo è il cliente.
“vorrei un caffè grazie, e un bicchiere d’acqua se puoi”, ha un’eleganza strana nel chiedere, come se non si ponesse il problema di non essere esaudito, nonostante la forma accomodante.
Lei non risponde nemmeno, si gira su in fianco cominciando il classico rituale con il pezzo d’epoca che è il suo collega di lavoro preferito.
Una macchinetta del caffè dalle dimensioni di una petroliera.
La ragazza è convinta che abbia la stessa potenza visto che le ha quasi fatto saltare una mano un giorno, mentre faceva uscire il vapore.
Sospira, battendo via la polvere pressata dell’ultimo caffè per metterne di nuova.
“non per essere invadente …” sibilla il ragazzo che non può vedere, presa com’è dal mettere la giusta quantità di miscela nel bracciolo, “ma com’è che si chiamava il gruppo di prima?”, lei accenna un sorriso, stringendo l’avvitatura, “30 seconds to mars … se non li hai mai sentiti nominare non preoccuparti … non sono molto conosciuti in Italia”, preme il piccolo bottone e la vecchia caffettiera lascia scorrere un rivolo scuro e profumato nella tazzina che si è ricordata di mettere sotto lo scolo.
“certo che li conosco …” la sorprende invece, e lei per un attimo abbandona il caffè, per gustare un miracolo così insolito.
Si volta per osservarlo, e il suo volto deve essere di pura gioia visto che il ragazzo atteggia un smorfia prima di aggiungere con studiata semplicità, “ho una sorellina di tredici anni quindi …”.
“ah”, è l’unica cosa che riesce a dire, mentre invisibili parolacce si accavallano sul suo viso in maniera evidente visto che il giovane ha di nuovo il suo sorriso sardonico sulle labbra.
In una piega che ricorda la truffa in cui è caduta la ragazza.
Nel sentirsi mortalmente offesa perché alla veneranda età di ventun anni il suo gruppo preferito è stato equiparato allo svago di un teenager.
Lo si capisce, dal tono leggero del ragazzo; come se in fondo a lui non importasse neanche che la sua vita sia legata ad un band d’oltreoceano.
Ma poi perché dovrebbe?
Lui non la conosce neanche, non sa il suo nome, non sa da dove viene.
Come lei, che non si chiede perché lui abbia la pelle troppo bianca di città contro la luce cangiante del mattino, che aspetta solo di colorarlo un po’.
Mettere del rossore su quelle guance affilate invece di lasciarlo tutto sui suoi zigomi.
In bella mostra.
Mentre l’orgoglio di appartenenza finisce per ridursi allo scherzo di un turista svogliato.

Il caffè quasi schizza fuori dalla tazzina mentre lo poggia con troppa decisione sul piattino, le mani tremano di rabbia mentre afferra la bottiglia d’acqua, la più calda che trova sul banco, in un dispetto sommerso, e la versa nel bicchiere di plastica che vorrebbe gettargli addosso.
Con forza magari, ad un tale insensibile.
Ha intenzione di lasciarlo li al bancone e allontanarsi, senza dargli la soddisfazione di vederlo bere lentamente il suo stramaledetto caffè, pagare e ringraziarla magari, aggiungendo oltre al danno la beffa.
Invece, appena poggia il bicchiere sul legno liscio la mano di lui le ferma il polso, liberandole le dita e osservando per una manciata di secondi la pelle segnata sulle vene di un simbolo strano, che significa trenta, ma che nel suo caso vuoi dire famiglia.
Guarda quel tatuaggio, lasciando cadere la presa morbida dalla sua carne solo per alzare lo sguardo su di lei, rischiando seriamente di farla tremare, quando nei suoi occhi legge una verità scomoda che da quel momento renderà memorabile la vacanza di quel cliente.
“mi piace”.



Lo so che ho una ff in atto sui 30stm e un altro migliaio che non aggiorno da una vita. Ma per ora non riesco a pensare ad altro che a questa storia che al contrario di tutte quelle che mi ronzano in testa ha bisogno di essere pubblicata adesso. Anche se non l’ho neanche finita. Credo sia Agosto (mese maledetto!) comunque è una cosa corta. Non più di 4 capitoli badate bene.
Ok.
Detto questo vorrei umilmente ringraziare chiunque abbia commentato “la notte delle stelle”.
Ho provato molte volte ad aprire la pagina “contatta” e ringraziarvi in maniera adeguata per le più belle recensioni che io abbia mai ricevuto ma… non ci sono riuscita. Finivo per essere banale e io odio essere così.
Quindi approfitto di questo scritto e di tutti quelli che verranno per ringraziarvi.
Perché mi avete fatto immensamente felice, e avete lenito un po’ della mia solitudine in queste notti.
ps; il banner è roba mia, incluso lo sfondo che è veramente il posto dove sto lavorando -.-
Un bacio.
A prestissimo.
Lori

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Capitolo 2
*** afternoon: second of bread ***


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Mascelle che masticano, senza darsi pensiero del contenuto. Sicuri in fondo del nome sul carnet appena proposto.
“l’ultima volta che sono andato a New York … ma stiamo parlando di tre mesi fa”
Collane di corallo contro la pelle abbronzata, a volte troppo tirata su decolté di nuova fattura.
“e quel vestito di Gucci! Avresti dovuto vedere come …”
Bicchieri di vino bianco più costosi della bottiglia intera, per un nome graffiato sull’etichetta dorata.
È appena l’una mezza e la ragazza già non ne può più. Il caldo diventa impossibile contro la pelle sudata e le ostriche mandano un riverbero perlaceo che in ferisce gli occhi. Come il sole che picchia sulla testa nonostante la tettoia di palme che sembra servire da rifugio soltanto a chi, placidamente, aspetta di mangiare.

La ragazza è stanca, non tanto da appoggiarsi distrattamente ad uno dei pali del chiosco mentre prende appunti, ma abbastanza da non rivolgere più attenzione a chi accomodato non alza neanche gli occhi su di lei.
“ostriche, scampi, bruschette ai ricci e …”, “un panino al formaggio grazie”. È solo a questa stramba richiesta che la giovane alza gli occhi da taccuino e quasi deve trattenersi dallo spalancare la bocca dalla sorpresa con gli occhi sgranati. Non tanto perché la voce dell’ultima ordinazione è decisamente familiare, fin troppo calda, come il colore degli occhi del proprietario stresso, quanto per lo spettacolo offerto dalla tavolata. La famiglia ha una genetica prepotente, oltre la pelle ambrata di sole. Gli stessi capelli corvini che scorrono lisci sulle guance affilate. Lo stesso collo eretto del ragazzo seduto accanto a lei accomuna le figure gemelle dei genitori, che l’uno di fronte all’altro sembrano accentuare il gioco di specchi. Persino le fedi al dito sembrano solo un dettaglio in più di immagini speculari. Dall’altro capo del tavolo c’è invece una donna matura, che porta i suoi anni con insolita fierezza, e la ragazza si chiede se abbia mai visto uno sguardo più deciso, meno dolce, su un anziano che non sembra tale. Gli occhi di riflesso arabo guardano solo un attimo il nipote prima di tornare al menù con distaccata disapprovazione.
La ragazza nota che sembrano avere la conformazione di uno stormo in volo, accomunati da una rotta identica, nonostante il ragazzo sia molto più chiaro, la pelle scoperta delle braccia è un tono appena più scuro del giorno precedente mentre quella dei genitori è temprata dal sole della Sicilia. Non si accorge invece della mancanza della sorella, citata ma non presente; forse perché c’è troppa alterità nell’aria, davvero tanta aristocrazia per passare inosservata, lo si sente dal portamento poco rilassato nonostante l’abbigliamento informale ma del tutto curato. Forse è per questo che stridono tanto le parole del ragazzo, abbastanza da darle il coraggio di fare la domanda che la donna non ha voluto pronunciare.
“sarebbe meglio ordinare altro credo ….”, il ragazzo poggia il menù all’altezza delle sue mani, stiracchiandosi, “no, voglio solo quello grazie”, e non sa perché la ragazza lo trova irritante, che si abbassi senza scomporsi ad un piatto così casalingo. “è troppo semplice” riesce a mormorare appena riprendendo il pezzo di carta. “e allora? C’è una legge che impedisce di essere ‘troppo semplici’ da queste parti?”, sorride, con sventatezza adesso, perché rischia di cadere su un terreno instabile , avventurandosi in discorsi di cui non conosce neanche la portata.
“siamo in vacanza, non c’è bisogno di essere complicati in questo frangente”, gli occhi di lei si schiudono in una feritoia pericolosa adesso, mentre le dita si stringono un po’ di più sul foglio di carta sotto le sue dita.
“sei tu ad essere in vacanza, io sto lavorando”.
E fugge quasi, su un percorso programmato che la porta in cucina, il ragazzo non la vede più, intuisce appena il suo respiro quando arrivano le posate, il luccicare del bracciale nelle bevande fredde appena poggiate al tavolo.
Cogliendola di sfuggita solo quando si sofferma su altri tavoli, controllando tutto, con un cipiglio quasi puntiglioso pur di non farsi richiamare da voci altere. E il ragazzo pensa che abbia un equilibrio strano sui sandali lievemente alti, nell’oscillare della gonna nonostante i piatti pesanti in mano.
E un sorriso di circostanza.
Così diverso dalla sua espressione anche solo di rabbia quando la provoca, ma che almeno la rende viva, reale.
Riflette abbastanza da non accorgersi del panino che si è magicamente posato davanti a lui. Sorride, senza guardarla, scostando appena il tovagliolo per dargli un morso, e assaporare per un attimo ad occhi chiusi un gusto familiare.
Quando li riapre, lentamente, lei è ancora li, che lo guarda sospettosa.
“vale la pena di essere in vacanza solo per avere ciò che si vuole … non credi?”, la ragazza arrossisce quasi, nell’improbabilità della domanda, “io lavoro per avere ciò che voglio” risponde, ma di accorge di non essere stata decisa quanto avrebbe voluto.
Che la voce vacillava appena.
“l’importante è il fine” risponde con leggerezza lui staccando un altro morso al panino.
“non credo” ribatte, e la ragazza nota che il poso ha una leggerezza studiata in un movimento così spontaneo, un’eleganza riprodotta in serie nel coltello del padre e il calice nelle dita della donna. Anche questo deve essere una dote di famiglia, come quella che da generazioni si ammassa in casseforti di ville immense. E ha un fremito di compassione quasi, nell’essere così vicina a chi non ha mai guadagnato un solo sogno in tutta la sua vita, come quello che per ora la incendia di passione.
“mi piace sapere che tutto quello che faccio, che questa estate, serva a me stessa, a guadagnarmi la possibilità di fare quello che voglio” dice con orgoglio, e il ragazzo sorride, nel vederla così decisa, “spero che quello che vuoi non sia un altro tatuaggio” riesce solo a dire, per non rispondere altro. Per non finire irrimediabilmente sul personale.
Solo seguendo il suo sguardo si accorge che si sta riferendo al tempo che le poggia sul piede destro. Che scandisce il ritmo segreto dei suoi passi, con il correre veloce di una meta prossima. Vorrebbe dire questo al ragazzo, ma non può, perché non capirebbe ancora perché il tempo sia il suo maggiore alleato, perché preme su una crescita che la farà solo avanzare, e andare avanti le è sempre piaciuto, in un futuro che è solo da disegnare. Spingendosi verso l’alto
“è solo un altro passo per essere con loro” risponde enigmatica, ma chissà perché il ragazzo sembra capire, come se se lo aspettasse. “devono essere davvero imperdibili per meritare tanto impegno”, sorridono entrambi stavolta, uniti da una conversazione che sembra essere impossibile da decifrare del tutto.
“più del tuo panino al formaggio” .

Alibi; se riesco a fare recensire ch di solito non lo fa non posso che sentirmi onorata ;) e dirla tutta io ho un debito con le tue storie, il problema è che per ora non ho davvero il tempo materiale di mettermi a leggere tutto, e tu hai una velocità di aggiornamento assolutamente disarmante! *.* vedrò di Farmi perdonare quanto prima! Grazie mille, e continua a recensire se ti va, adoro redimere i peccatori ;P

Angel_Lily: io aspetto pateticamente ogni momento buono per introdurmi su lettori cd altrui e mettere un po’ di sano Marte nelle nostre giornate… purtroppo sul lavoro è un dramma che si ripete quotidianamente da un mese ormai! -. Ce la farà la nostra eroina a spuntarla nonostante tutto? ;P ps; se non si fosse capito anche io mi sono immedesimata… MOLTO! Ahaha un bacio a prestissimo!

PrincesMonica; (Lori gongola come ogni volta che LEI lascia una recensione) Tesoro;) questa storia “vuole” essere scritta, è caparbia come poche! Si è davvero impuntata e non mi ha dato pace fin quando non l’ho pubblicata. Diciamo che un figlio esigente ahahah. Io pubblico, se tu mi segui poi, ancora più volentieri! ;P un bacio carissima!

Nda; ora, lo so che questo è un sito serio in cui si pubblicano storie e basta… ma in fondo per me questo sito è anche la mia casa virtuale, nonché ritrovo tra amici, quindi io condivido le mie pene e le mie gioie con tutti voi. Probabilmente solo io so perché l’ho scritto, ma ci tenevo a comunicarlo anche a voi, che le persone che si mettono in contatto con me, che recensiscono le mie storie non diventano più solo parole sullo schermo. Diventano compagni di viaggio, amici di fantasia, collaboratori nella creazione delle mie storie. Ecco, volevo dire solo questo.

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Capitolo 3
*** sunset: scratches get drunk ***


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la sabbia prende il colore del miele a quest'ora del giorno, sfumata in ombre contagiose di granelli vicini, dune nascoste.

Prendono indubbiamente dolcezza dello zucchero di canna.

Qualcosa che dovrebbe accordarsi alla musica bassa del blues, del jez, invece di essere tramortita da pezzi veloci, un unico sciorinamento di frasi sconclusionate con ritmi ancora più incalzanti.
Il ragazzo fa fatica a trovarla oggi.
Sommersa com'è tra la folla danzante intorno al chiosco sulla spiaggia come una piccola oasi felice in un mare di sete allucinante, che rende confusi gli ultimi viaggiatori, mentre le carovane più anziane giacciono già sulla battigia, storditi, con le bottiglie di vino bianco ancora in mano.
La ragazza tra i nuovi aiutanti del bar, chiamati per l'occasione dell'happy houar si muove con una determinazione frustrante, e mentre gli altri si scontrano con poca delicatezza, con bicchieri mezzi pieni, spargendo schegge di ghiaccio e litri di vodka, lei scivola quasi, con gli occhi socchiusi e bicchieri sempre nuovi in mano.
si vede che conosce bene il banco, le mosse precise nel montaggio degli ingredienti per un bevanda fresa che uccide di caldo dopo un sorso, ma che regala l'oblio dall'estate a metà bicchiere.
Il ragazzo nota anche che sembra l'unica indifferente alla confusione sollecita che le sta intorno, risponde appena sorridente alle avances indelicate degli ubriachi, alle urla assordanti di chi ha ancora troppa sete.
Non c'è in nervosismo dell'ultima volta.
Forse perché adesso sono i figli dei magnanti a rendere ricco il bar.
Quelli che sono ancora virtualmente ricchi, e che possono prendersi il lusso di non sapere ancora chi sono, come tutti i ragazzi di vent'anni o giù di li.
 
Eppure c'è altro sulla piega indifferente delle sue guance,un motivo sconosciuto che piega le labbra in un sorriso invisibile mentre serve l'ennesimo mojto. Che scivola con nuovo rum dai bicchieri a quegli occhi che lui non vede neanche, mentre li chiude ancora di più, aggiungendo gin, bruciando zucchero.
Mentre il ragazzo rimane a guardarla chiudersi ancora di più in un mondo che non esiste mentre, di nascosto quasi, anche lei beve un sordo di un bicchiere troppo trasparente tra le dita.
ripieno di niente.
 
il sole è ancora più basso.
la ragazza sa che questo è il momento che aspettava da tutta la giornata perché improvvisamente l'aria intorno a lei aumenta vertigionosamente. Dandole in tempo di sentirsi male per il troppo spazio oltre i pali di legno di cocco che delimitano il suo piccolo mondo in estate.
Le urla, le risate, ci sono ancora, ma sono sommerse dal troppo alcol, dalle onde che si abbattono un pò più forte adesso, contro corpi agitati di una musica che ormai non sente nessuno, chiusa nei loro cervelli annebbiati.
Si lascia scivolare sul bordo della pedana e la mano va tremante alla sigaretta che una collega le ha concesso senza problemi.
"non sapevo fumassi", il ragazzo si abbassa abbastanza da sedersi agevolmente accanto, senza che per questo lei si scomponga abbastanza da smettere di cercare un accendino irrimediabilmente perso.
"non fumo infatti" ribatte tastandosi esasperata delle tasche che non sa neanche di non avere in un vestitino chiaro che sembra un pareo.
la scintilla della pietra focaia si materializza davanti ai suoi occhi, arancione come il sole che tramonta quasi, con cuore freddo di gas invisibile.
"se non fumi non dovresti accenderla" mormora semplicemente, tenendo l'accendino sospeso davanti il suo volto, la Merit in bocca morbida sul labbro.

Una scelta davanti ai suoi occhi che non aveva calcolato del tutto.
E in uno scatto la ragazza prende la sigaretta tra due dita, la guarda con odio, prima di romperla, come un segmento in più di cui non sopporta la linearità, come una vita impossibile, che invece è identica cadavere di quella Merit, distrutta e spezzata, con l'interno in esterno come una qualsiasi fregatura.
Merce difettosa.
Come lei.
Tira le ginocchia al petto guardando il sole fiammeggiante avvicinarsi alla linea dell'orizzonte con metodica lentezza.
Ed è allora che il ragazzo riesce a vederli, i segni rossi sulle sue gambe, di lividi ancora nuovi, poco accentuati oltre le abrasioni fresche.
Il volto di lei è così pieno di sfida che non riesce neanche a toccarla, restando li, on gli occhi scuri pieni di spavento.
"cosa ti è successo?" e la domanda è quasi dolce, nonostante la paura.
C'è un secondo di silenzio, e poi un sospiro, di resa alla realtà, banale come in fondo è la vita stessa.
"sono caduta dalle scale".
ma dal suo tono, nonostante la sincerità imbranata del timbro della voce il ragazzo sente la mancanza d’altro.
Così resta a guardarla, in silenzio, mentre il calore del sole forse le entra dentro, dandole coraggio.
"con il portatile in mano"
 Stavolta il vuoto resta.

Perché c'è un nodo in stretto in fondo alla gola, che la ragazza non prova neanche a sciogliere.
Perchè in quell'oggetto c’è in fondo tutta la sua vita.
E vederlo rotto, insieme a lei, le ha fatto rabbia.
L'ha fatta urlare e gemere su quelle scale, con l'oggetto di plastica a chip incora in mano, incapace di autorepararsi come il sangue sul suo ginocchio che invece già coagulava.
Si è sentita stupida nel provare un simile dolore per un oggetto che in fondo ha il semplice potere di farla connettere al mondo e trovare uno spazio tutto suo, in cui ha nome  identità, amici, fratelli...
una rete che annulla le distanze e stringe legami nel vasto mare del mondo.
ma sopratutto un oggetto che ha una tastiera, che ha delle lettere, che formano parole, frasi, paragrafi storie.
Che sono le sue e quelle degli altri.
Sono emozioni, amori, dolori, gioie.
Sono sogni.
I suoi e quelli delle persone che ama.
E una piccola parte di realtà anche, che le da forza di resistere in certi momenti.
Essere, anche solo per la pagina di un blog, una scrittrice.
Di creare un mondo che le dà sicurezza su una colonna sonora che conosce a memoria ma che le da speranza per un'altra pagina in cui nulla è certo, e c'è possibilità di riscatto.
"gli oggetti si riparano" riesce a mormorare il ragazzo, e non lo fa per confonderla, e neanche confortarla, perchè sa che non basterebbe.
Solo per dirle una verità.

Che non la trattenga ancora sul bordo di quella pedana che sa essere l'ultimo gradino prima della tristezza inconsolabile.

"lo so" riesce a mormorare appena, dalle lacrime che le premono in fondo agli occhi chiari, nonostante il sole ormai basso non ferisca troppo davanti il mare di cristallo.
"è per questo che sto peggio, perchè è solo un misero oggetto e non una persona ad essersi distrutta. Non c'è una vita spezzata in tutto questo, qualcosa per cui valga veramente la pena piangere. Come un'amico andato via per sempre".

Respira una boccata di aria salmastra, nella speranza di sentire ancora aria dentro, e buttare fuori il dolore sordo per un ricordo troppo vicino.
Di chi non c'è più.
Caldo, troppo caldo.
Del braciere di un sole morente.
Una giornata lunga da sopportare.

E poi fresco.


Della mano di lui che imprvvisamente le si poggia delicatamente sul collo.
E la ragazza nota che ha le mani gelate di un bicchiere che tiene in mano delicatamente, un cocktail che potrebbe benissimo aver fatto lei per quanto ricorda della confusione spasmodica delle ultime ore.
La sua mano è fresca e piacevole sul collo accaldato, mentre scosta i capelli lisci e rivela il collo chiaro, lotano dalla sfumatura di ambra delle spalle.
Su quel piccolo lembo di pelle sotto l'orecchio in cui sono impressi tre piccoli segni verticali.

Come graffio antico di Tigre estinta, che il ragazzo per una volta non commenta, ma copre dolcemente con il palmo fresco di ghaccio e brina, nella speranza solo di dare sollievo alla pelle incandescente, e il flusso costante di pensieri stanchi che la attraversano.
C'è solo bisogno di pace in quel momento, con gli ultimi attimi di giorno riflessi slle onde.
Un momento perfetto per fare pace con Dio se esistesse davvero, come nelle migliori favole.
E chiedergli di non fare soffrire così anime buone, solo per essere così irrimediabilmente fragili.

"esci con me più tardi?" si trova a chiederle il ragazzo con la mano ancora a contatto con la sua pelle, una carezza ora tiepida sulle sfumature d'inchiostro.

e la ragazza si volta a guardarlo lungamente, con le prime ombre di notte tra i capelli scuri sul viso stranamente ansioso.

"sono già tua stasera"

 
Angel_Lily: ma che fai mi sommergi di domande? prima che abbia il tempo di scrivere??? ;P ma no tesoro ecco qui, tutto spiegato a puntino (spero) ... anche se per il capitolo a cui aspiri dovrai darmi qualche altro giorno credo ;P
spero che il cap ti sia piaciuto ;)

Princes Monica: santo Shannon da Bossier City si è capito tanto che è uno spaccato di vita??? beh, più una rottura di vita in effetti, o di scatole, dipende da come la si intende ;P
Però mi sembra di capire che gradisci, e anche parecchio per essere finita tra le tue preferite (cosa che mi onora, non sai quanto).
che dire, io lo so che tu prendi ogni giorno come un passo di più verso Marte ... ti stimo per questo, per questa integrità d'animo che ti fa mettere sempre in gioco.
per questo amore incondizionato.
spero di non averti deluso con questo cap che parla un pò di tutti noi, e di una cosa che forse tu capirai più di chiunque altro.

Alibi: ho una cosa da confessarti. neanche io ho capito bene dove va a parare questa storia! cioè ad un capitolo di distanza non solo i protagonisti non hanno nome (appena cerco di dargliene uno mi mordono) ma non sanno nemmeno che fine franno finite le pagine.
è decisamente frustrante...
ma io spero comunque di riuscire a cavarne qualcosa da lui (che in fodno è antipatico solo perchè è maschio non credere) e lei (che è un amore lo so *.*)
al prossimo aggiornamento!
un abbracio!

F: (ormai ti chiamo così tipo Death note ;P) il luogo la situazione i personaggi... cosa 'è di vero? cos'è la nostra vita? favole inventate o crudele realtà? a volte è ironia, più spesso è illusione.
bisogna saper scavare per trovare quell'angolo di verità che costruisce un mondo inventato :)

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Capitolo 4
*** night: universal planet ***


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“vieni con me” le chiede.

E lei senza darsi la pena di riflettere, lasciare qualche secondo di risposta, gli porge la mano,  permettendo al suo palmo di unirsi a quello di lui, in una presa confortevole.

Con una strana docilità che non ha nulla a che vedere con l’arrendevolezza che tanto odia, piuttosto con la fiducia. Che sembra impossibile da ricordare, nata forse con quella prima carezza, o ancora prima, nel tempo precedente, quando il ragazzo ha finalmente capito che di lei nulla è scontato.

Non una goccia di sudore, non una lacrima.

Come se in fondo fosse una melodia composta da note dettagliate.

Scelte con cura nello spartito.

La conduce con mano delicata fino ad una insenatura non troppo distante dal lido, appena nascosta da una duna più grande, la curva dolce della spiaggia infinita sulla costiera.

A qualche metro dalla riva c’è una piccola lancia, che sembra essere nata da un’onda appena più lieve del mare calmo e lucido nella notte appena sorta.

Lei lo guarda dubbiosa, fermandosi titubante davanti le acque che conosce bene e che non nascondono insidie, come i suoi occhi scuri di notte ormai.

Respira un po’ più forte l’aria salmastra prima di bagnarsi le caviglie su un sentiero di luna e pietre appena emerse sul pelo dell’acqua.

 

La ragazza si chiede come si sia lasciata convincere, a mollare tutto e lasciarsi portare dal lieve ronzare del motore a largo. Abbastanza da perdere nella notte il profilo della terra. Senza sapere nulla del ragazzo che è con lei, che ogni tanto le lancia uno sguardo cauto, quasi che anche lui si aspettasse di rompere la strana magia che si è creata e vederla saltare giù dalla sua barca. Trasformarsi in neiade oceanina e sparire tra i flutti con leggerezza.

Perché in fondo ha le stesse proporzioni di una elegante polena, seduta a poppa delle piccola imbarcazione, scrutando il mare calmo con insolita gravità. Eppure resta, con in sospiro appena più udibile quando infine spegne il motore e lascia che la barca compia un giro su se stessa prima di gettare un’ancora corta su un fondale invisibile.

Lo sguardo che gli lancia è indeciso adesso, come il labbro che irrimediabilmente si morde, timorosa, mentre lui si strofina le mani, più per nervosismo che per  aspettativa.

“dunque”, una parola, e il ragazzo sparisce.

Lei ha un moto di panico precipitandosi nel breve metro che li separa, per trovarlo inginocchiato in un piccolo nascondiglio vicino al timone che non aveva notato all’inizio, mentre lui tira furbescamente fuori poche cose che a dispetto di tutto la fanno sorridere.

Nella semplicità disarmante di uno spuntino equo su una barca in mezzo al mare.

Qualche tramezzino, del formaggio spalmabile e due bottigliette di succo di frutta.

"fragola o melograno?" chiede lui nascondendole entrambe dietro la schiena, per il semplice gusto di farsela rubare con un braccio appena stretto intorno al suo torace. Un abbraccio senza nome.

"pomgranate" ride lei riuscendo ad ottenere ciò che vuole, generosamente concesso in fondo.

i tramezzini finiscono presto, passandosi l'unico coltello dalla punta tonda disponibile, come se la luce fioca che lui ha lasciato accesa su un misero appiglio che fa da tavolo smorzasse le asperità, rendendo tutto infinitamente dolce; le briciole appena spolverate dalla punta delle dita, e un ultimo sorso rosso che scende per la gola come il vino perfetto, dolce e fruttato.

Non si potrebbe chiedere di più dalla vita.

O forse si.

Perché lei lo sta guardando intensamente, con colore intenso nella strana notte che li circonda, "perché qui?" chiede, e lui sorride, con quella smorfia un po’ infantile che nasconde bene i pochi anni che mancano ad una piena maturità, “perché hai bisogno di meno sabbia … e più cielo”.

E spegne la piccola lampada che illuminava appena il poco spazio disponibile, regalando stranamente una visione più chiara delle cose.

Un immenso cielo stellato prende il sopravvento, rubando il respiro per renderlo troppo sottile dentro i polmoni,  in immancabile meraviglia.

Ci sono costellazioni che non sembrano avere nome, come appena inventate in una notte rubata al nulla, o alla tristezza magari, mentre si entra in possesso di qualcosa di impagabile, inimmaginabile, eppure li.

Per loro.

I ragazzi si stendono con naturalezza ad osservare la trapunta di stelle sopra un mare di nero liquido, mentre il cielo nasconde infinite sfumature di blu nel chiarore approssimativo della Luna, e pianeti lontani.

Quando con sforzo riesce a staccare gli occhi dallo spettacolo fuggente di una stella cometa per controllare la sua ospite, il ragazzo si stupisce di trovarla con gli occhi chiusi, come a nascondersi da migliaia di diamanti curiosi. Ha le guance improvvisamente pallide, nonostante il respiro calmo come l’ondeggiare lieve dell'imbarcazione, nel lasciarsi cullare adesso dalla braccia di lui, che la avvolgono senza stringere, con attenzione dovuta.

E forse è proprio grazie al calore del suo corpo che riapre gli occhi e si lascia scrutare, senza stupide barriere in mezzo, perché aveva solo bisogno del suo abbraccio, e nient’altro, per comprendere fino in fondo di essere in mani sicure.

“quando guardo il cielo mi sento sempre bene” comincia lui, e per un attimo la ragazza è quasi sorpresa che parli senza aspettarsi nulla, come se sapesse che in questo basta solo la sua voce, e il vibrare sicuro del timbro basso contro la sua guancia ora che poggia sul collo.

“è come se improvvisamente tutte le mie paure svanissero, perché non posso più preoccuparmi di essere sul pianeta sbagliato quando davanti a me ho un così infinito numero di possibilità di trovare quello adatto a me”.

Il capo di lei si muove piano sulla camicia che porta quasi aperta sul petto, e si accorge per la prima volta che non l’ha mai visto con il dorso scoperto, e che quel lembo di stoffa è stato sempre un segno in più contro centinaia di turisti seminudi in giro per il lido.

Come se lui non si potesse permette di scoprirsi troppo, o troppo velocemente.

Come se in fondo anche lui fosse delicato.

“alle volte però guardo le stelle ed ho paura ... Perchè c'è troppa distanza tra me e l'universo, e nei dubbi che mi assalgono la scelta sembra farsi immensa, e la possibilità di sbagliare infinita"

Tace, guardando il vorticare limpido delle costellazioni.

"si può sempre riprovare" sussurra lei.

Ed è solo un mormorio, lasciato li, sulla pelle del collo, che scende lento fino al cuore per dare sicurezza.

La ragazza si alza su un gomito per poterlo osservare davvero, scendendo su dettagli precisi, come la curva del mento mentre gira il viso verso di lei, e la piega delle dita che stringono le sue in una carezza dolce.

“ho solo paura di desiderare troppo, di volere qualcosa che non potrebbe mai spettarmi per quanto semplice. Trovare il mio posto, il mio angolo di cielo per essere felice … e sentirmi a casa”.

Lei lo guarda, con attenzione calma, perché improvvisamente è se stessa che vede negli occhi chiari di firmamento. Se stessa e le sue paure. Se stessa e i suoi dubbi.

Di essere perennemente sul pianeta sbagliato, di guardare la vita scorrerle accanto con ironia triste e lasciarla sconvolta per una brutalità inutile che sempre prendere tutti prima o poi. Di non condividere le regole spietate del forte contro il debole, dell’astuto contro l’ingenuo, il subdolo verso l’innocente.

E non capire mai perché tutto si riduca ad una bugia, a volte così bella da crederci per tutta la vita.

Incurante della verità che fa solo troppo male per essere vissuta.

Rendendosi conto che in fondo l’unica cosa che ha sempre voluto è stato un mondo diverso, un pianeta alternativo in cui vivere in modo nuovo.

Marte che prende spesso il nome di Eden.

Si accorge che è un desiderio che può miracolosamente condividere con molte altre persone, e forse, anche con lui.

 “sai cosa faceva mia madre quando da piccola chiedevo la Luna?” sorride lei all’improvviso, e lui ride, di rimando, ad una fantasia che in non è molto infantile nei suoi desideri, “prendeva una ciotola piena d’acqua e la portava in balcone di notte, così quando la luna si rifletteva sulla superficie lei mi assicurava che era mia … anche se solo per qualche ora”.

E lui nota che il suo sorriso è la cosa più luminosa dopo la cintura di Orione, mentre si alza in piedi e solleva anche lei quasi, solo per poter ammirare insieme il brillare confuso del cielo sullo specchio d’acqua.

“anche io voglio un pianeta” chiede sornione, in una smorfia che le ricorda il loro primo incontro, “e quale di grazia?” tenta cauta. E non sa perché trovi stranamente conturbante il modo con cui lui si libera dei bottoni ancora incastrati tra le asole.

“Marte ovviamente”, e lascia scivolare la camicia oltre le braccia lievemente abbronzate al pallore della luna che non nasconde nulla, ma rivela ogni cosa.

Come il tatuaggio che poggia sulla spalla di lui con la solita eleganza di ogni cosa, che raffigura un uccello mai esistito, con sfumature di fuoco tra le piume incandescenti e un destino di rinascita perpetua.

La fenice che vola irrimediabilmente in alto sulla sua pelle con monito conosciuto contro la finta ignoranza e la troppa ironia.

Il ragazzo si tuffa prima di sentire il ringhio basso della gola di lei mentre spogliandosi velocemente si da all’inseguimento buttandosi in acqua con poca grazia e molta fretta.

“tu!”

Gli urla esasperata, e vorrebbe insultarlo, ucciderlo di pugni, o magari affogarlo, in un moto di stizza per averla presa in giro per tre giorni di fila, senza aver mai lasciato trasparire qualcosa.

Vorrebbe farlo davvero se lui non le fosse già troppo vicino.

Se non la reggesse al limite dell’acqua con una mano dietro la schiena, facendola aggrappare a quelle spalle che sono macchiate della sua stessa insana passione.

“tu” si ritrova a mormorare, in fondo troppo vicina al suo profilo per usare qualcosa di più di un mezzo tono, un accenno lieve di voce.

“tu” pigola adesso che le loro bocche sono irrimediabilmente vicine, e stranamente lui riesce ancora a sorridere, nel poco spazio a disposizione, “chi credi che si occupi della formazione musicale della mia sorellina?”

Un bacio casto, tocco leggero di due onde che si sfiorano , mentre si allontanano di qualche bracciata per portarla esattamente sotto quel punto rosso che si rispecchia nell’acqua e nell’incavo della sua spalla, di Marte con le sue lune che si riflette nelle loro vite. Regalandogli una seconda possibilità di sentirsi a casa, di avere una famiglia.

Di sentirsi uniti

Forse ancora di più che da un simbolo sulla pelle.


N.d.a.

ok, forse ho preteso troppo da questa storia.

perchè le ho affidato il compito di contenere la mia estate, non solo quella esistita ma anche quella inventata, costruita in parole consumate tra una giornata di lavoro e l'altra.

in ogni caso ne vado orgogliosa, della mia estate intendo, perchè mi ha dato tante soddisfazioni, inclusa questta storia e ovviamente "la notte delle stelle" che, per chi volesse festeggiare con me. è entrata nelle scelte di efp grazie alla segnalazione di Connie.

non ti sarò mai abbastanza grata.

che dire, ripetere l'esperienza della notte a mare è stata un'impresa dopo la mia ultima shot ma ne vado abbastanza fiera, anche se il mio timore è di essere stata ripetitiva... io in ogni caso c'è l'ho messa tutta!

e adesso con gioia rispondo alle ultime recensioni (a quelle che commenteranno l'ultimo mando una mail più tardi)

Angel_lily : mi sembra quasi scontato dirti che anche io quando scrivo e quando leggo sento di entrare "davvero" in contatto con ogniuna di voi. che ormai siete amiche, e sorelle davvero, di emozioni e speranze. ma sopratutto di parole. forse Lei e Lui non avevano davvero bisogno di nomi, perchè a quanto pare sono tiusciti a trovarsi con insolità facilità nonostante il trambusto di questa estate. ;)

spero ardentemente che ti sia piaciuto anche l'ultimo capitolo.

un abbraccio

ps; se tu sapessi a che ora leggevo ff ieri non ti preoccuparesti di recensire così tardi ;P

Alibi: è andata a parare questa storia? ha fatto anche un solo misero goal? ti prego dimmi di si son sul punto del non ritorno per i dubbi! ;P

come vedi una fine è arrivata, forse insolita, ma sicuramente quella che per me calzava meglio... poi ovviamente ogniuno ha le sue preferenze, io, umilmente, spero di averci azzeccato ;)

a prestissimo

F: (come vedi tengo fede all'abitudine) lui è la ricompensa credo. il gisto dopo tanto torto. o meglio sono io che lo vedo così, e un pò l'ho anche spinto perchè come ogni ragazzo faticava un pò ad entrare nella parte.. aaaa le magie della scrittura ;)

questo capitolo è stato un parto difficile e la notte più che consiglio ha portato dubbi, ma io spero lo stesso di essere riuscita dell'intento, a avervi almeno fatto un pò sognare.

un bacio L.

PrincesMonica: Monica dolcissima, io sto vivendo quello che si prova a perdere il proprio amico più caro fatto d circuiti e sogni. a che serve dirti che non ci dormo la notte? questa storia è il mio antidolorifico per lo strazio di questo momento, e anche se è dura da sopportare mi aggrappo ai miei quaderni sgualciti in cerca di conforto.

so che tu mi capirai come sempre, e apprezzerai questa ennesimo travagliato parto.

serena fine estate.

un abbraccio.

Lory

dunque, non mi rimane che fare glio ultimi ringraziamenti a Blue_moon  jeja83 luxu2  momi87 che anche senza commentare so che hano seguito questa storia e ... che altro.... Torno a casa, dove la connessione è ridotta al minimo sindacale, quindi a presto (si spera)

e un inizio settembre sfolgorante per tutti voi ;)

candidalametta

 

 

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