La nuova regina

di LELYB
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Chapter 1: He says “Good bye” ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Introduzione
Era buio, più buio del solito. Neppure la luna, alta nel cielo, riusciva ad illuminare quel tratto di costa, quasi fosse immerso totalmente in una boccetta d’inchiostro. Non era neppure visibile lo scintillio del mare, che quella sera era calmissimo, come a presagire una catastrofe imminente. Arrivava della musica dal centro città, forse era l’annuale festa del raccolto, o Natale o Pasqua, ma nessuno degli abitanti di quella casa avrebbe potuto dirlo con certezza, lì il tempo si era fermato molti anni prima, quando il sangue di un’innocente era stato versato. Nemmeno uno tra gli abitanti del paese si sarebbe mai azzardato ad avvicinarsi al numero 15 del viale dei giardini, tutti avevano cara la vita. Un venticello estivo solleticava le foglie dell’ebano, che troneggiava all’ingresso della villa, provocando un fruscio quasi fastidioso all’orecchio di Dafne, da sempre abituata a quel silenzio funereo. L’unico suono che le era caro all’orecchio era quello del pianoforte, che giorno e notte suonava al terzo piano, ma che in quel momento era disturbato dal vociare di qualche gallina di paese che festeggiava. “Che cosa avranno mai da ridere...” pensava seria, seduta sulla scalinata del portico, guardando le luci che si alzavano dalla piazza, “...ancora non sanno che stanno per morire.

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Capitolo 2
*** Chapter 1: He says “Good bye” ***



“Come fa tuo padre a tenere sotto il suo stesso tetto un’antibabbana come te!” quelle parole risuonavano nella mente della ragazza, come una tromba suonata troppo vicino alle orecchie.

Conviveva con questa frase da tutta la vita, ma ormai non la toccava più di tanto: era stufa di essere la figlia di un “eroe del pianeta”, avrebbe di gran lunga preferito essere stata generata da un elfo domestico.

Il tragitto verso casa si rivelò inspiegabilmente faticoso, i continui sguardi della gente la tangevano e la ferivano, come se fosse stata l’assistente di un lanciatore di coltelli inesperto. Ma questo non le dispiaceva, anzi la lusingava perché significata che stava raggiungendo il suo obiettivo a discapito delle aspettative che il padre e la società avevano su di lei.

Si accorse di essere poco lontano da casa non appena avvertì il suono dolce del pianoforte e lo scemare di quello delle onde che, come tutti, avevano paura ad avvicinarsi troppo a quella casa.

Entrò trascinando il solito sacco di lettere che ogni mattina si trovavano sulla soglia di casa.

“Pa’, la posta!” gridò entrando ma, non appena alzò gli occhi, se lo ritrovò davanti, seduto sulla sua logora poltrona rossa di pelle, mentre accarezzava lo Shikigami che fino a quel momento Dafne era riuscita a tenere nascosto.

“Perché mi stai facendo questo!” disse il padre nella sua poltrona.

La fissava con odio, non poteva credere che quella fosse sangue del suo sangue. Erano così diversi, così incompatibili.

La ragazza cominciò a sibilare e il lungo serpente bianco giunse fino a lei, attorcigliandosi sul braccio che gli aveva porto. Lo sgomento del padre si era fatto sempre più vivo.

“Io sto solo cercando di essere me stessa! Sono stanca di vivere alla tua ombra, di quello che i maghi si aspettano da me, di quello che tu ti aspetti da me! Noi due siamo diversi e nulla lo potrà cambiare!” piangeva. Non lo faceva spesso, ma sicuramente quelle non erano lacrime di dolore, ma di rabbia: pura e autentica rabbia. Lui scattò in piedi avvicinandosi minaccioso alla ragazza, ma bastò un sibilo del serpente per farlo retrocedere.

“Mi ha chiamato il signor Hanter poco fa...dice che sei stata tu a trasformare tutti in burattini ieri, è la verità?!?” chiese nervosamente e la ragazza non poté far altro che annuire, “Se ti vedesse la tua povera madre...si starà rivoltando nella tomba nel vedere che sua figlia sta diventando un’antibabbana della peggior specie!”

“Sarà che io non ho preso da quel ramo della famiglia...” disse Dafne con la lingua tra i denti. “Non osare Dafne!” rispose d’impulso il padre estraendo la bacchetta e puntandogliela contro.

La ragazza non si mosse di un millimetro, neppure i tratti del suo viso erano contratti: lui non la spaventava; lo aveva sempre considerato un debole. Lui si risedette e depose l’arma. Assunse un’espressione più posata e tranquilla, cominciando a fissare quasi con scherno la figlia.

“Non sai nemmeno ciò che ti aspetta, ragazzina!”
***
“Salve. Non credevo che avrebbe mai richiamato”.

“Chi da tutto per certo rimane sorpreso, dottor Smith. In ogni caso lei sa di cosa le voglio parlare, credo che il signor Hanter l’abbia già informata”.

“Scelgo bene i miei collaboratori...quelli che sono stati reticenti ad informarmi ora chiedono l’elemosina a qualche angolo della strada”.

“Allora le carte sono pronte?”

“Sì, tutto è pronto. Manca solo la sua firma...”
***
I suoi occhi azzurri erano l’unica cosa che si vedeva al buio di quella stanza. Lilly, strano nome per un serpente assassino, dormiva sotto il letto. Il pianoforte continuava a suonare al terzo piano...ma c’era ancora qualcosa di strano: non aveva ancora sentito i passi del padre arrivare alla camera da letto. Si alzò e si mise sulle scale che conducevano al piano di sotto per cercare di capire cosa stesse succedendo.

“So che sei lassù Dafne...vieni qui, dobbiamo parlare”. La ragazza scese le scale e trovò dei bagagli davanti alla porta con accanto una gabbietta vuota.

“Che cosa significa?” chiese subito, “Non sapevo che dovessi partire.”

“Infatti io non vado da nessuna parte, sei tu che parti” era freddo mentre pronunciava quelle parole crudeli, ma Dafne si aspettava una spiegazione e lui non poteva negargliela.

“E’ da anni che il dottor Smith mi propone il tuo trasferimento in Inghilterra, per cercare di correggere questo tu ‘brutto carattere’. Fino ad oggi ho sempre pensato che standoti vicino e aiutandoti avresti potuto cambiare anche qui, ma evidentemente mi sbagliavo”. Ora era tutto chiaro. Finalmente Dafne capiva il significato di quella frase che il signor Hanter le aveva detto -Come fa tuo padre a tenere sotto il suo stesso tetto un’antibabbana come te!-.

“Dimmi che è uno scherzo! NO! Io non posso andare a vivere con...” fu interrotta.

“Con quel ramo della famiglia che odi tanto? Mi dispiace figliola, io sono stato fin troppo disponibile con te: per quattordici anni ti ho nutrita, vestita, dato un tetto sopra la testa, e tentato di insegnarti tutti i valori che anno fatto di me l’uomo che sono oggi, ma come padre ho fallito e io riconosco i miei errori. Andandone esaudirai il tuo desiderio, smettere di vivere alla mia ombra...raccogli le poche cose che non sono riuscito a mettere in valigia, prendi quel tuo Shikigami ed esci. Una macchina ti sta aspettando qui fuori”.

Non ebbe neppure il fiato per replicare. Appena ebbe di nuovo possesso del suo corpo, si ritrovò sull’aereo che la stava conducendo verso Londra e verso la sua nuova vita.

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