Basta solo avere coraggio

di Darkmilotic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Mai come in quel momento desideravo sognare" ***
Capitolo 2: *** Tutto un incidente ***
Capitolo 3: *** "Segui il tuo cuore!" ***
Capitolo 4: *** Ciao nonno ***
Capitolo 5: *** "Ti amo!" ***



Capitolo 1
*** "Mai come in quel momento desideravo sognare" ***


Dedicata interamente ad Assia ,

alla mia più cara amica ,

ad una sorella ,

senza la quale non avrei avuto lo spunto per questa fanfic.

Grazie di tutto amica mia .

***

Capitolo 1

“Mai come in quel momento desideravo sognare”


“Sei il ragazzo più coraggioso che abbia mai incontrato”. Questo era ciò che mi aveva detto la Zia Betty pochi giorni prima della partenza , al matrimonio di mia madre. Ed era lì che avevo trovato di nuovo quel coraggio che mi aveva sempre caratterizzato e che non mi aveva mai lasciato . Funzionava sempre così , Betty mi metteva sempre di buon umore , era l’unica che riusciva a farmi sorridere , anche quando tutto andava a rotoli.

Purtroppo però sono diverso , e quando qualcuno è diverso , si fa sempre più difficile inserirsi . Fino ad allora non lo avevo mai notato , forse perché non lo avevo voluto accettare. La barriera di pregiudizi che fino ad allora aveva aleggiato intorno a me si era sgretolata , lasciando il posto alla veridicità delle varie affermazioni altrui , che non danno scampo a chi non è come loro .

La vita non è mai stata molto giusta con me , non mi aveva mai dato soddisfazione senza poi prendersi qualcosa in cambio . Questa è per me la vita , un continuo scambio di favori e di delusioni . Probabilmente negli ultimi tempi qualcosa era cambiato in meglio , c’erano nuove persone nella mia vita , persone che erano disposte a comprendermi , ad accettarmi .Ma il piccolo mondo di tolleranza che mi circondava , non era nulla in confronto a ciò che c’era fuori , fuori dalle mura di casa mia . Mia madre e Bobbie avevano rinunciato al progetto di prendere casa a Manhattan , poiché il nonno negli ultimi tempi aveva dimostrato una salute molto cagionevole. Certo era però che i pregiudizi aumentavano invece di diminuire , ed ogni passo che cercavo di compiere fuori dal guscio , mi sembrava sempre di più un passo verso il patibolo .

Nulla era logico , anzi direi che la logica l’avevo già fatta volare via dalla finestra al matrimonio di mia madre , quando cominciai a ballare con Austen . Tutti ci fissavano ed io e lui continuavamo indisturbati il nostro lento , presi dall’euforia del momento . Non dimenticherò mai quel giorno , non dimenticherò mai quando mi lasciai andare per la prima volta . Mi sentivo libero , come se mi avessero tolto un peso dallo stomaco . Ma la libertà dura poco . Mi fissavano centinaia di sguardi , più di duecento occhi erano sopra di noi , mi sentivo osservato. Ma non mi importava , l’unica cosa che contava era il mio ballo con lui , Austen , colui che non mi aveva respinto ,che non mi aveva voltato le spalle . Colui che era capace di capire i sentimenti che provavo , che non si faceva scrupoli a difendermi dalle ardue sentenze che incontravamo .

Avrei voluto che nessuno lo avesse saputo, che tutto fosse rimasto un segreto , ma in fondo i segreti, come le bugie vengono sempre a galla .

Mi aspettavo un comportamento diverso dalla mia famiglia , un altro tipo di atteggiamento, di certo neanche nei miei sogni più belli avrei immaginato una simile tolleranza , specialmente quando mia madre mi disse che Austen era carino , mentre ballavo con lei il giorno delle sue nozze.

Certo che era carino , era Austen. E pensare che proprio lui mi aveva stregato , proprio lui mi aveva ammaliato , con il suo egocentrismo estremo e la sua vanità irrefrenabile. Forse era l’amore che rendeva tutto diverso , che nascondeva i suoi precedenti difetti per far apparire un’immagine di lui luminosa e splendente, anche se devo ammettere che la sua persona era cambiata totalmente.

Stavo fissando l’ingresso di casa mia dal divano nel salotto , quando una voce mi richiamò alla realtà :

- Justin

Era mia madre Hilda, chissà cosa vorrà stavolta . Mi alzai dal divano ricoperto da un fodero grigio assolutamente passato di moda , percorsi quel piccolo tratto di salone che mi separava dalla cucina ed entrai nella stanza . Lì vidi mia madre , che vicino al telefono mi esortava ad avvicinarmi. Non appena fui vicino a lei mi disse :

- E’ Austen .

Non le diedi neanche il tempo di pronunciare il suo nome che subito le strappai il telefono di mano. Era strano come quel nome suscitasse in me una strana reazione di euforia , di allegria . Presi la cornetta del telefono e feci segno a mia madre di uscire dalla stanza. Lei sorridendo eseguì subito il mio ordine , ricordandosi di quanto fossi suscettibile all’”ascolto indesiderato di parenti ed amici alle telefonate altrui”. Non appena andò via dalla stanza , mi assicurai che non ci fosse più nessuno ad ascoltare le mie conversazioni . A quel punto avvicinai la cornetta all’orecchio :

- Pronto

- Ehi Justin

Era lui , come sempre con la sua voce abbastanza pesante per un ragazzo della nostra età . Non volevo farlo attendere a lungo e per questo risposi immediatamente:

-Ciao Austen , come va?

- Non mi lamento - ribatté accennando ad un sorriso

- Neanche io - risposi ricambiando

- Vedo che non ti sei ancora abituato alle mie chiamate a casa vero ?

- E chi te lo dice ?

- Senti , ti conosco Justin e so che quando sei teso di solito parli piano e con voce lieve - precisò , dado dimostrazione di quanto mi conoscesse.

- Va bene mi hai scoperto , comunque , perché hai chiamato ?

- Arriviamo subito al sodo dunque …

- Per me non ci sono problemi , non mi è  mai piaciuto aspettare .

- Che ne diresti di fare una passeggiata? - mi propose timidamente . Anche lui era un cuore tenero, anche se non dava a vederlo molto. Era molto dolce specialmente con me. Non sapevo perché ma quando parlava , riusciva a formare quell’alchimia , che sentivo di on aver mai avuto con nessuno.

Guardai fuori dalla finestra per cercare di esaminare i pro ed i contro di questa uscita. Notando che erano le sei , tolsi immediatamente il pensiero a quel nostro appuntamento e perciò ero subito pronto a negare l’invito:

- Mi dispiace Austen è tardi.

- E allora ? Di cosa ti preoccupi?  - chiese

- Ci metteresti molto tempo per arrivare con l’autobus e non avremo neanche un po’ di tempo per stare insieme . Giusto altri cinque minuti prima che tu possa prendere un altro autobus- risposi , tentando di frenare il mio dispiacere.

- Innanzitutto ci metterei solo mezz’ora con l’autobus a venire a casa tua , poi , come seconda cosa , ti chiederei gentilmente di aprire la porta - mi ordinò

Inizialmente non capii cosa volesse significare quell’invito, ma poi , riflettendoci tutto fu più chiaro, tutto si illuminò .Non era possibile , era riuscito a sorprendermi di nuovo. Presi una rincorsa pazzesca e sfrecciai verso la porta di ingesso .

La aprii con molta forza e lo vidi , col suo telefono cellulare vicino all’orecchio , che mi fissava sorridente e sbalordito allo stesso tempo. Non riuscivo a trattenere la gioia , e quindi gli saltai letteralmente addosso , gli posi le braccia al collo e lui ricambiò la mia stretta , con un abbraccio altrettanto affettuoso. Era riuscito a sorprendermi per l’ennesima volta . Non potevo crederci , come non potevo credere che fosse stato davanti alla mia porta il giorno in cui Zia Betty si tolse l’apparecchio. La mia reazione fu diversa ,in quel momento ero sorpreso , e soprattutto avevo preso la decisione di non volerlo più rivedere , che revocai immediatamente dopo averla pensata.

Era un tipo a dir poco speciale , ci andava forte con le sorprese ed aveva anche un bel senso dell’umorismo. Ma cosa mi aveva fatto impazzire di lui era il sorriso. Aveva un modo di sorridere favoloso , che pacava ansie ed angosce.

Finito di contemplare la sua bellezza , presi immediatamente il giaccone grigio , l’unico che si intonava con la camicia rosa che avevo in dosso e avvertii mia madre che sarei uscito. Dopo aver ottenuto il suo assenso chiusi la porta ed andai .

Attraversammo la strada e prendemmo l’autobus per andare in centro. Era il nostro luogo preferito,dove potevamo essere noi stessi senza che nessuno se ne accorgesse e poi che altre scelte avevamo ? Il Queens non era proprio uno degli ambienti in cui si sarebbe potuto passeggiare.

Nel passeggiare incontrammo di nuovo il mercante che ci vedette i braccialetti verdi , un colore che ancora provoca in me del disgusto, che restituimmo. Non ci aveva preso molto in simpatia dopo la bella figura che facemmo quella volta per questo ci guardava sempre con un po’ di riluttanza .

Restammo in silenzio per un po’ durante la passeggiata , ma , siccome non mi hanno mai garbato le conversazioni “silenziose” , pensavo che fosse il momento di intervenire per fare in modo che quell’uscita funzionasse:

- Allora Austen - Male , avevo iniziato con un tono che di solito si usa al primo appuntamento , ma cosa avevo nella testa ?

- Dimmi Justin

- Ho notato che non siamo mai andati a casa tua

Rimase perplesso , forse avevo toccato un tasto dolente. Dolente o no dovevo pur sempre sapere il perché di quella faccia e per questo non esitai e continuai a sottoporlo alle mie domande:

- Posso riaccompagnarti io a casa dopo , così i tuoi genitori mi conosceranno

- Non credo sia una buona idea- rispose lui balbettando . Balbettava in continuazione quando era nervoso , anche se in questo momento non riuscivo a capire perché fosse così in ansia

- Perché pensi che non sia una buona idea ? - chiesi

- Non credo che li troverai in casa , sono sempre molto occupati - rispose evasivamente

- Sicuro?

- Certo Justin , cosa pensi che ti stia mentendo? - domandò con voce leggermente alta

- In verità , adesso che me lo chiedi non so cosa pensare - mi alterai . Non volevo litigare con lui , non avrei mai voluto farlo , ma quando mi rispondeva in quel modo mi dava ai nervi . Non sopportavo quel suo orgoglio che gli impediva di essere aperto a tutti gli effetti con me.

- Dovresti solo fidarti di me - rispose lui , si notava che era un po’ deluso , ma cosa potevo farci? Io volevo sapere , ma non avrei mai voluto giocarmi il nostro rapporto.

- Io mi fido di te , soltanto che mi ero chiesto questo perché non eravamo mai stati a casa tua , forse perché non sei ancora pronto a farti vedere con me o forse perché …

Mi bloccai di colpo. Lui spalancò gli occhi , come se avesse intuito cosa stessi pensando in quel momento. Non potevo pensare che non lo avesse fatto , non potevo pensare che ancora non avesse eseguito ciò che avrebbe dovuto fare mesi prima , quando ci eravamo conosciuti.

- … O forse perché loro non lo sanno ancora ! Certo è per questo che hai tanta paura di portarmi a casa tua . Hai paura che ci scoprano in atteggiamenti intimi  oppure mentre ci scambiamo un bacio. Non pensavo che potessi essere così codardo . - Mi scappò ma avrei tanto preferito stare zitto in quel momento . Lui non se la prese per quello che gli dissi , ma io capii che stava male per quello che gli avevo appena detto . Tentai quindi di risso levare la situazione , per questo cercai di rimediare:

- Scusami. Senti da che pulpito viene la predica. Proprio io dico queste cose , che mi sono fatto mille problemi per poterlo dire alla mia famiglia.

Dopo aver ripensato ai mille guai che avevo passato per mantenere il mio segreto capii cosa dovesse provare Austen in quel momento. Era disorientato e forse non aveva il coraggio di dire la verità perché sapeva che forse non sarebbe stato accettato.

- No! Scusami tu , avrei dovuto imparare dalla tua esperienza ma invece mi sono dimostrato sciocco. - Non mi dispiaceva sentirglielo dire , ma dovevo ammettere che la parte del colpevole non gli si addiceva , certo era però che ad ammettere le sue colpe era assolutamente un mito , neanche avrei ammesso tutto con tanta facilità

- Rimedierò domani stesso . Justin che ne diresti di venire a pranzo da me domani ?- Vuoto, il silenzio , possibile che in quel mare di macchine , di clacson e di rumori generali , l’unico suono che riuscissi a percepire era la voce del silenzio? Non durò però a lungo , il silenzio lasciò il suo posto ai battiti del mio cuore , frenetici e forti . Non potevo ancora crederci che Austen avesse risolto il problema così in fretta e che mi avesse fatto quell’invito in modo così schietto , ma nello stesso tempo romantico , o almeno io lo avevo trovato così . Entusiasta dall’idea , decisi all’istante , senza troppi dubbi , senza troppe scuse e gli dissi :

- Sono molto contento nel dirti … - stava morendo , lo sentivo, stava sicuramente morendo dalla voglia di sapere la mia risposta. Avrebbe dovuto intuirla però , avevo anche detto “Sono contento”. Decisi però di non lasciarlo sulle spine e di rivelargli la mia decisione:

- … che accetto il tuo invito Austen .

- Si! - esclamò in mezzo alla strada .

Era felice più che mai , probabilmente era contento che non fossi arrabbiato con lui e questo mi rendeva di buon umore , non volevo assolutamente deluderlo , nello stesso modo in cui lui non voleva deludere me. Improvvisamente , ancora preso dall’euforia del momento , mi prese il braccio , mi trascinò a sé , ed incollò le sue labbra alle mie . Chiusi gli occhi per un minimo istante , era stupenda la sensazione che provavo quando lo baciavo , era splendido sapere che in quel momento le nostre anime si fondevano , che erano un tutt’uno . Avrei potuto scalare anche una montagna con la forza che mi aveva infuso . Aprii gli occhi , giusto in tempo per riuscire ad intravedere il blu dei suoi . Mi ero sempre perso in quegli occhi , ogni volta che ci baciavamo mi ritrovavo a fissarli . Era in quel momento che pensavo che lui non potesse essere alla mia portata , che non ero degno di stare insieme a lui . Ma mi ricredetti subito , se stava con me c’era sicuramente un motivo ; lui aveva scelto me ed io avevo scelto automaticamente lui. Ci allontanammo l’uno dall’altro lentamente , volevamo continuare , ma sapevamo che non era giusto , pian piano sentii le sue labbra allontanarsi dalle mie e provai sconforto , un piccolo senso di nostalgia , acquietato quando vidi il suo fiso ed il suo enorme ciuffo che gli occupava tutta la fronte. Poi riprendendomi da quel momento di follia gli chiesi :

- Perché lo hai fatto ?

- Se lo deve sapere anche la mia famiglia voglio che lo sappia anche tutta New York e se fosse necessario anche tutto il mondo- mi rispose .

Non riuscivo assolutamente a credere alle parole che mi aveva detto , al romanticismo che aveva messo in quelle lettere che mi avevano colpito il cuore e riempito l’anima , soltanto Austen poteva essere tanto gentile ed affettuoso.

- Se lo vuoi posso gridarlo a tutti ciò che provo per te - dissi io

- Non mi tentare , potrei anche decidere di fartelo fare un giorno - ribatté lui soddisfatto.

Notai solo in quel momento che si stava facendo buio e rammentai ad Austen tutto il tempo che ci voleva per tornare a casa . Sia la sua che la mia distavano in autobus nella stessa maniera a partire da quel punto e nessuno dei due voleva fare tardi per non scatenare le ire materne iperprotettive. Arrivammo così alla fermata dell’autobus giusto in tempo. Il primo autobus a fermarsi fu quello per casa mia. Appena vidi le portiere che si aprivano ricambiai il bacio di Austen con un altro dalla stessa passione ma di più breve lunghezza , lasciai andare immediatamente la presa e decisi di andare .

- Ci vediamo domani a mezzogiorno - mi infornò lui - Dodicesimo piano numero 108

Annuii ed entrai nell’autobus. Durante il tragitto per casa mia , ripensai a tante cose che riguardavano il giorno seguente. Cosa mi sarei messo , come avrei interagito con i genitori di Austen una volta che il figlio gli avrebbe rivelato tutto , cosa gli avrei detto . Tante piccole cose positive che però oscuravano i tanti lati negativi che si presentavano le tante facce delle medaglie sulle quali erano scolpite le mie domande. Non mi ero posto però i quesito indispensabile : Ci avrebbero accettato per quello che eravamo ?Mi avrebbero accettato?Preferii non pensarci e rimandare l’ardua sentenza all’indomani , quando tutto si sarebbe chiarito.

Tornato a casa , aprii la porta , non riuscii neanche a capire cosa fosse successo , mia madre sembrava un fulmine , andava da una parte all’altra della casa e non si fermava un minuto , raccogliendo varie cose e mettendole tutte in un grosso borsone blu .

Bobbie nello stesso modo percorreva tutti i corridoi della casa senza mai fermarsi . In quel momento mia madre si accorse di me , mi venne in contro e mi abbracciò , lasciando a Bobbie il compito di riunire tutte le sue cose . Non appena mi fu vicina avvertii immediatamente la tristezza dei suoi occhi , lucidi , segno che aveva da poco smesso di piangere ed aveva le narici rosse , segno che aveva appena gettato un fazzoletto . Mi prese delicatamente mettendomi una mano sulla spalla e mi portò nella sala da pranzo , mi fece sedere sul divano ed iniziò a parlare :

- Prima di tutto Justin non devi allarmarti , ti prego innanzitutto di non entrare nel panico e di accettare la cosa con maturità e serietà , ho già chiamato tua zia Betty che è di ritorno da Londra.

- E perché mai zia Betty dovrebbe tornare da Londra?

Si fermò un momento , inspirò profondamente e , trattenendo le lacrime che aveva sicuramente voglia di versare , mi disse :

- Nonno ha avuto un infarto

Non riuscii a  credere alle mie orecchie , avrei tanto voluto che adesso il silenzio che poco tempo indietro mi aveva attanagliato mi riprendesse ,mi desse il modo di trovare il coraggio di affrontare questa situazione , questo nuovo problema . Cercai di non piangere e di far trasparire un’immagine sicura di me a mia madre , per questo trattenni le lacrime e la lasciai continuare :

- Non gli resta molto tempo, i dottori gli hanno dato al massimo una settimana e ci hanno garantito che faranno tutto il possibile .

E’ a quel punto che cominciai a piangere , cominciai a far uscire fuori tutto ciò che avevo dentro di me , ogni minimo sentimento , non mi sarei fermato neanche se avessi cacciato fuori l’anima . Mia madre continuò ancora a trattenere la sua tristezza , ma inutilmente , si lasciò trasportare dalla mia malinconia e anche lei cominciò a far sgorgare dai suoi occhi lacrime calde. Tentava di rassicurarmi , e gli ero molto grato , volevo esprimergli tutta la mia gratitudine in quel momento , ma le uniche cose che riuscii a dirgli furono :

- Quando arriverà la zia Betty ?

- Domani in mattinata verso mezzogiorno , ha detto che sarebbe andata direttamente in ospedale - rispose mia madre

- Ok - dissi io - annullo il mio pranzo a casa di Austen

- Ehi … Fermo lì dove sei - mi fermò mia madre - Cosa è questa storia del pranzo ?

- Niente di che … Solo che Austen ha finalmente trovato il coraggio di rivelare ai suoi genitori di noi e mi aveva invitato lì per pranzo tutto qui - spiegai con aria delusa .

- Tutto qui ? Justin tu andrai a quel pranzo . Finalmente hai trovato qualcuno che ti accetta per quello che sei , non puoi lasciarti sfuggire questa occasione

- Ma il nonno …

- Il nonno non avrà nulla da dire , anzi ti incoraggerebbe a fare la stessa cosa , glielo spiegherò io domani , starà anche su un letto ma è ancora cosciente.

- Grazie mamma .

Non ebbi neanche il tempo di finire la frase che Bobbie entrò nella stanza e disse :

- Hilda è ora di andare

- Va bene amore vengo subito - rispose la mamma

- Dove vai ?- domandai preoccupato

- Stasera passerò la notte in ospedale , Bobbie tornerà per stare qui con te va bene ?

- Non ci sono problemi mamma , non preoccuparti

- Va bene tesoro mio , fa il bravo

-Vai mamma - risposi io .

Mia madre uscì dalla porta . Avevo già messo in conto di piangere una volta che se ne fosse andata , ma non sapevo il perché ma l’unica cosa che feci era stare in silenzio , in silenzio con la mia solitudine , con i mie problemi e le mie angosce , avrei tanto voluto avere Austen con me lì accanto in quel momento , stavo anche per prendere il telefono e chiamarlo , ma preferii non disturbarlo . Già era in tensione per ciò che sarebbe accaduto domani e non era assolutamente il caso di regalargli altri problemi . Salii le scale e , dopo essermi sistemato per bene mi misi a letto . Misi in pausa il mio ego , stanco di pensare , stanco di tutte le situazioni che la vita mi stava servendo su di un piatto di argento. Non avevo più voglia di pensare , non avevo più voglia di vivere per quella notte , volevo solo dormire , dormire e dimenticare , il sonno concilia il pensiero ed altera aspetti della vita fondamentali. Mai come in quel momento desideravo sognare .

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Capitolo 2
*** Tutto un incidente ***


Capitolo 2

Tutto un incidente


Aprii gli occhi al suono della sveglia e cercai di orientarmi nel caos della mia stanza , cercai di non pensare a nulla che non fosse la luce accecante che mi perforava gli occhi . Neanche un vampiro avrebbe avuto la mia reazione a quell’effetto luminoso . Ero ancora troppo scombussolato per capire cosa mi stesse accadendo in torno e meccanicamente uscii dalla mia stanza per recarmi in bagno . Lì presi a sciacquarmi le mani ed a lavarmi i denti . Subito poi mi lavai la faccia consumando metà dell’acqua che aveva riempito il lavandino . La reazione fu istantanea quando l’acqua tocco la mia pelle svegliandomi .

- Il pranzo - presi ad urlare .

Entrai in camera mia e diedi un’ occhiata all’orologio . erano le 11:20. Se avessi fossi riuscito a vestirmi e a prepararmi in dieci minuti sarei riuscito ad arrivare in tempo al pranzo di Austen . Mi armai di pazienza e in quel preciso lasso di tempo acquisii una velocità spaventosa , anche più di quella di mia madre il giorno prima . Lasciai da parte l’indecisione sugli abiti da mettere quel giorno e presi le prime cose che trovai nell’armadio . Mi sorpresi di quanto potessi essere elegante con quelle cose che avevo scelto al momento . In fondo , come avevo sempre detto , avevo un futuro assicurato nel campo della moda . Presi il cellulare ed il portafoglio in fretta e furia , scesi le scale e prima di andare mi diedi un’ultima occhiata allo specchio , mi aggiustai il mio ciuffo sempre curato e trattato nei minimi dettagli con il gel e dissi :

- Farai una buona impressione! Farai una buona impressione! - continuai a ripeterlo almeno per altre tre volte con la speranza che mi avrebbe aiutato , ma mi rese soltanto più nervoso , nient’altro .

Entrai nella stanza adiacente , la cucina , dove trovai Bobbie seduto che si era appena alzato. Bobbie , aveva una caratteristica, anche se si svegliava di colpo , manteneva sempre una lucidità pazzesca . Non sapevo proprio come ci riuscisse . Se non mi lavavo la faccia almeno tre o quattro volte , restavo come uno zombie dopo che si era ridestato da una tomba . era stato un caso che soltanto una piccola sciacquata di faccia mi ha fatto riprendere la lucidità questa mattina. Non appena fui entrato in cucina , presi il coraggio a due mani e chiesi a Bobbie :

- Notizie del nonno ?

- Per il momento è sempre stabile , i valori restano comunque alterati ma la situazione per il momento è sotto controllo.- rispose con un po’ di malinconia .

Era solo da due mesi che Bobbie era entrato a far parte ufficialmente a questa famiglia e già voleva un ‘ infinità di bene al nonno . Era stato trattato come nessuno mai aveva fatto e aveva sentito l’aria di casa , come se fosse nella sua di casa . Continuai a fissarlo per pochi secondi , ma la sua voce in seguito mi portò alla realtà :

- Ma tu , signorino , non avevi un pranzo ?

- Oh mamma , hai ragione , per tutte le sciarpe Gucci  sono in ritardo ! - esclamai , dopo aver guardato l’orologio .

Salutai Bobbie in fretta e furia e uscii dalla porta principale . Corsi come un matto per poter raggiungere la fermata dell’autobus , ma per fortuna riuscii ad arrivare in tempo , giusto in tempo prima che le porte dell’autobus si chiudessero . Appena entrato mostrai l’abbonamento che zia Betty mi aveva regalato , perché non l’avrebbe usato più e stetti in piedi . Era incredibile quanta gente ci fosse di Domenica nell’autobus , eppure non c’era da andare a lavorare . Non volli perderci molto tempo su questo argomento e per questo decisi di svuotare la mente da ogni pensiero . Non avevo voglia di riflettere su nulla che non sull’appuntamento che stavo per avere con lui e con la sua famiglia . Cercai di accantonare in un angolo solitario della mia mente ciò che di più negativo avrei potuto immaginare su quell’appuntamento e decisi di pensare soltanto a ciò che di più positivo sarebbe potuto accadere.

Se non mi fossi ridestato in tempo da quel mio “esame delle varie possibilità” avrei anche perso la fermata e sarei stato costretto ad aspettare ore ed ore prima che passasse un altro autobus . Scesi alla fermata giusta e mi avviai verso casa sua . Austen mi aveva spiegato dove si trovasse ed io capii immediatamente dove abitava. Avevo molta dimestichezza col luogo non soltanto perché avevo preso l’abitudine ad spostarmi in autobus , ma anche perché , qualche anno fa abitava lì un mio vecchio amico che poi si trasferì in Canada , solo perché il padre aveva avuto una promozione .

Camminai per un po’ , giusto quei cinque minuti che separavano la fermata dell’autobus a casa di Austen . Non appena giunsi di fronte casa sua mi meravigliai . Non me la ricordavo affatto così . Sapevo che era un condominio , ma non mi ricordavo che fosse così alto. Le sue pareti esternamente era azzurre e su ogni anglo del palazzo vi erano rifiniture marmoree . Il portone era abbastanza grande e lasciava intravedere al suo interno. Entrai ed una volta all’interno mi sorpresi di come le tonalità di blu che invadevano la parete fossero tanto accese  . Era bellissimo , specialmente se pensava che quel portalettere in legno di ciliegio era assolutamente abbinato all’ambiente circostante . Dalla parete centrale dove era poggiato il portalettere si diramavano due scalinate . essendo confuso e non vedendo delle indicazioni che potessero aiutarmi ad individuare l’alternativa giusta chiesi al portiere , un omone altissimo e con le spalle molto larghe vestito di un blu scurissimo :

- Scusi il dodicesimo piano appartamento108 ?

- La scalinata a sinistra - rispose freddamente

- Grazie - risposi educatamente

Non fece un ciglio , chinò soltanto il capo in segno di reverenza . A quel punto mi allontanai e soltanto in quel momento realizzai che mi sarei dovuto fare dodici piani a piedi. Non mi importava , per Austen questo ed altro , avrei scalato anche l’Himalaya per lui . Presi tutto il fiato che era in me e cominciai la scalata verso di lui . Per più di una volta pensai di fermarmi , ma non diedi particolarmente peso ai miei pensieri di resa , sarei  arrivato a quel piano a qualunque costo , anche se fossi rimasto senza fiato .

Ci impiegai almeno dieci minuti prima di raggiungere il piano giusto e appena arrivato lì mi misi alla ricerca del numero 108 . Non ci volle molto per trovarlo , era il primo di fianco alla scalinata. Mi avvicinai alla porta verde scuro con il numero 108 intarsiato in oro e presi un respiro profondo .

Ecco , era arrivato il momento, il momento di affrontare le paure che si erano stagliate nel mio cuore per tutta la giornata di ieri , o meglio da quando Austen mi aveva lascito nell’autobus . Presi un respiro profondo e suonai il campanello .

Aspettai per un po’ e quell’attesa mi sembrò la più lunga di tutta una vita , poi sentii la porta aprirsi ed Austen che mi invitò ad entrare.

- Prego - mi disse dolcemente.

Accennai ad un sorriso ed entrai immediatamente , non me lo feci ripetere due volte . Appena entrato , notai che la casa non era molto grande , occupava in media il piano terra della mia. Non ci feci caso , ma notai immediatamente il buon gusto che regnava in quelle camere . La prima che vidi fu la sala da pranzo , molto spaziosa e con predominanza di tonalità forti ed accese come il rosso e l’arancio . Ammirai i soprammobili pregiati , scelti col migliore dei giudizi possibili . Chissà chi era quell’essere che aveva così tanto gusto nella scelta degli accessori e dei soprammobili. Dovevo assolutamente conoscerlo . Austen capì il mio interesse :

- Mia madre è l’artefice dell’arredamento . Sapevo che ti sarebbe piaciuto- precisò lui .

Mi voltai verso la porta della cucina , capi che era la cucina dal profumino che emanavano i vari piatti che sua madre stava preparando . Appena entrai nella cucina , predominata da una tonalità gialla chiara mi ritrovai di fronte ad un uomo , alto e pelato , che aveva soltanto pochi capelli che gli cingevano il capo . Somigliava moltissimo ad Austen , quindi dedussi che dovesse trattarsi di suo padre . La madre di Austen invece era intenta a preparare da mangiare . era bella , alta e slanciata , con i capelli castani che tendevano al ramato . Appena si accorse che ero entrato , sospese le sue attività e mi venne incontro :

- Buongiorno , tu devi essere Justin - iniziò a parlare e continuando - io sono Marylin Tyler e questo è mio marito George - abbiamo sentito molto parlare di te .

- Vorrei dire lo stesso di voi , ma Austen non parla praticamente mai di voi con me - risposi in tutta sincerità e franchezza .

- Ehm Justin vuoi venire a vedere la mia camera ? - disse Austen in ansia

- Certamente - risposi entusiasta.

Mi portò con lui prendendomi per un braccio . Era abbastanza grande per sole tre persone , Austen era figlio unico , la madre ed il padre gli volevano un bene dell’anima e per questo il più delle volte lo avevano assecondato . Austen nel corridoio mi disse che sua madre era una casalinga , e che suo padre era un dirigente scolastico, non navigavano nell’oro ma lo stipendio del padre gli permetteva di soddisfare tutti i suoi bisogni . Giungemmo di fronte alla porta della sua camera , lui la aprì e mi invitò ad entrare . Ero contentissimo , finalmente conoscevo qualcosa di più su di lui , o meglio conoscevo proprio lui , era difficile da spiegare , ma sentivo che adesso le nostre vite erano più collegate rispetto a prima più unite , ed era la magia di questo incontro che stava provvedendo al miracolo . La sua stanza era proprio come me l’ero immaginata . Non c’era un colore predominante , mi aveva sempre detto che gli piacevano tutti . Aveva un armadio abbastanza grande formato da due ante . Di fronte all’0armadio vi era il suo letto e sopra il letto un orologio bianco sormontava la parete  . Vi erano poster di alcune grandi stiliste , e vicino al suo letto vi era la biografia della grande Coco Chanel . Non avevo mai immaginato Austen in questa veste , avevo sempre pensato che lui fosse il più “maschio” tra i due . Adesso mi rendevo conto che non eravamo tanto diversi , che il filo sottile che ci congiungeva diventava più spesso ad ogni lato che scoprivo di lui . Che bella sensazione , avrei voluto che quel momento non finisse più .

Ad un tratto mi sedetti sul suo letto , ammirando la scrivania azzurra che si stagliava più lontano dal letto e di fronte la finestra . Austen chiuse la porta e mi disse :

- Ti piace ?

- Assolutamente sì - risposi soddisfatto

- Ne sono felice - ricambiò

- Perché ti nascondi ? Perché non mostri te stesso? - domandai incuriosito dalla situazione .

- Ho provato a dirglielo ieri , ma non mi hanno voluto ascoltare , o meglio non mi hanno lasciato l’opportunità di parlare , erano troppo contenti che finalmente qualcuno venisse qui a casa per passare del tempo con me .

- Non ti preoccupare , non ti giudico per questo , in fondo non è stata colpa tua - risposi alquanto deluso. Non mi piaceva l’idea che non sapessero di noi , mi faceva andare in bestia , e l’unica cosa che riusciva a calmarmi era il solo pensiero che tra un poco sarebbe finito tutto . Non sapevo in quale momento glielo avrebbe detto, ma una strana sensazione mi suggeriva molto presto le mie paure sarebbero svanite. Non potevo mentire a me stesso , ma le paure di Austen si riversavano su di me , mi bruciavano l’anima. Desideravo enormemente che Austen dicesse la verità ai suoi ma non potevo costringerlo . il momento giusto sarebbe arrivato .

- A tavola - urlò la signora Tyler.

Austen aprì la porta e mi invitò ad uscire per recarmi in sala da pranzo . Appena entrati mi trovai di fronte ad una tavola imbandita . La tavola non  era enorme ma poteva  benissimo contenere almeno quattro persone . La signora Tyler designò la disposizione dei posti a sedere e chiamò il marito affinché andasse lì e pranzasse con tutti loro . Intravedere la figura del signor Tyler che spuntava da dietro la porta era a dir poco opprimente più di quel soprammobile che regnava su uno scaffale della libreria del soggiorno . Era un pappagallo rosso e aveva gi occhi talmente neri che emanavano una tale energia negativa da mettere di malumore chiunque lo avesse guardato . Distolsi subito i miei pensieri dal pappagallo e cercai di concentrare la mia attenzione sul pranzo . La madre di Tyler si era cimentata con alcuni piatti messicani , poiché Austen le aveva raccontato delle mie origini latine , ma non le riuscirono particolarmente bene , o meglio non come le faceva nonno Ignacio questo era sicuro , ma per non essere scortese annuii e continuai a mangiare.

La madre di Austen non era certo una persona che adorava il silenzio a dispetto del padre che durante ogni piatto non spiccicò una parola . Fu proprio la signora Tyler che ruppe lo specchio del silenzio e iniziò a parlare :

- Allora Justin che lavoro fa tua madre ?

- Mia madre Hilda gestisce un piccolo salone di bellezza che ha adibito a casa nostra . Per il momento è l’unica impiegata , ma spera di avere al più presto più personale - risposi , cercando di essere il più esaustivo possibile.

- Ah un salone di bellezza - ripetè la signora Tyler entusiasta - Ed invece tuo padre ?

Austen mi guardò negli occhi , sapeva che per me quello era un tasto dolente e che difficilmente pigiavo . Di solito quando ripensavo a mio padre iniziavano immediatamente a scorrermi le lacrime dagli occhi  non riuscivo a smettere i piangere se non passavano almeno cinque o dieci minuti . gli ero molto legato e quando ci lasciò si aprì una piaga dentro di me , una piaga insanabile , che sapevo nessuno sarebbe mai riuscito a medicare . Forse il tempo chissà , sarebbe riuscito a colmare tutto . Per non trattenere ancora il silenzio al mio guinzaglio decisi di rispondere alla domanda con più fermezza possibile , per non lasciare trasparire alcuna emozione :

- Mio padre … è morto tre anni fa , durante la sparatoria in un negozio del Queens , il mio quartiere natale .

La madre di Tyler abbassò lo sguardo per un po’ di tempo , giusto il tempo di chiudere gli occhi per pochi secondi e tirare su un sospiro . Poi alzò di nuovo lo sguardo , aprì gli occhi e scoprì uno sguardo lucido , probabilmente commossa dalla storia che , molto brevemente , le avevo raccontato.

- Scusa , mi dispiace di averti fatto una domanda così indelicata . Perdonami . - si scusò

- Non si preoccupi , sto ancora superando il lutto , ma più tempo passa , più il ricordo ella perdita si fa sfocato . Sarà per sempre indelebile , ma nessuno toglie che possa sfocarlo , tagliando minuziosamente le varie parti che desidero cancellare - risposi

- Hai perfettamente ragione ragazzo .

Austen mi guardò negli occhi , ed ancora una  volta mi persi nel blu perenne di quell’ abisso . Il suo sorriso mi infondeva sicurezza , calore e sapevo che senza di lui non ce l’avrei mai fatta , tutto sarebbe stato sfocato , tutto sarebbe stato più incerto . Io lo ricambiai con uno sguardo deciso, sperando che lui comprendesse il mio invito a non mollare .Speravo di si altrimenti quel pranzo sarebbe stato tutto inutile . Arrivammo al dessert in un battito di ciglia ma erano già le due del pomeriggio. La madre di Austen ci servì gelato con panna e cioccolato . Mi metteva appetito , ma ne avrei mangiato poco , in fondo dovevo mantenere la forma fisica , come un normale fanatico di moda dovrebbe fare.

Il silenzio regnava , e la mancanza continua di rumori cominciava a mettermi soggezione , ma non riuscivo a guardare nessuno dei presenti . Austen si guardava in torno in cerca di qualcosa , in cerca di uno sguardo , in cerca di qualcosa che potesse infondergli coraggio , avrei tanto voluto guardarlo ma in quel momento la paura cominciò ad attanagliare anche me . Decisi quindi di non parlare , e nel silenzio una voce , con tono abbastanza alto urlò :

- Io sono gay !

Spalancai gli occhi come se una freccia mi avesse colpito dritto al cuore . Cupido non avrebbe avuto una mira migliore di Austen , che con le sue parole mi aveva letteralmente sorpreso . Non volli ancora alzare lo sguardo , non volevo che alzando lo sguardo si potesse spezzare la realtà , che il sogno che stavo vivendo potesse finire . Ma non potevo perdere altro tempo , dovevo vedere assolutamente la reazione che aveva provocato nei parenti di Austen quella rivelazione che per loro sarebbe potuta essere scioccante.

Alzai lo sguardo e appena mi girai vidi immediatamente la figura del padre di Austen con gli occhi azzurri letteralmente spalancati , la madre aveva uno sguardo un po’ pacato e guardava il figlio accennando quasi un sorriso , come se in cuor suolo avesse sempre saputo , come se in qualche modo fosse sempre stata a conoscenza che il figlio fosse “diverso”.

Austen , avvilito , si mordicchiava le labbra e cercava in tutti i modi di non dare a vedere quella paura che gli lacerava il corpo. Incrociò lo sguardo del padre che severo risultava però sempre assente . Guardavo la scena esterrefatto , incuriosito da come uno sguardo lasciasse intendere tutto . Guardai Austen con fare preoccupato e lui continuando a fissare il padre trovò il coraggio per riuscire a  parlare :

- Papà …

- Papà? - ripetè il padre di Austen .

La sua voce era profonda e pesante , non come quella del figlio che aveva sicuramente ereditato il suo tono di voce dalla madre , molto più pacata  . Con quelle sue sole sillabe riuscì a farmi tremare il cuore , mi scosse perfino il ciuffo . Continuai a fissare il signor Tyler ma vedevo soltanto la rabbia prendere il sopravvento su di lui .

Hai ancora il coraggio di chiamarmi “Papà” ? - domandò lui al figlio.

Austen abbassò il capo . Forse era per questo che non aveva voluto dire niente fino a quel momento , soltanto perché aveva paura di un’esagerata reazione paterna. Suo  padre però non demorse e continuò a rimproverarlo , come facendogli una colpa se il figlio fosse così :

- Hai idea di cosa stai dicendo ? Spero che tu stia scherzando!

- Sì … - e per un momento il padre riuscii a prendere calma - … sono consapevole di ciò che sto dicendo papà!

Il signor Tyler a quel punto fu di nuovo preso da quella sua ira latente e rispose al figlio ignorando totalmente la mia presenza :

- Io non voglio che tu sia così , non puoi essere così

- Non è questione di volerlo papà , io SONO così . Non posso scegliere se esserlo o meno io sono gay e lo sarò fino alla fine dei miei giorni . Potrai non accettarlo , ma non puoi cambiare ciò che io sono , nessuno potrà mai . - ribatté saggiamente

- Per tutto questo tempo ho cercato di inculcarti i valori fondamentali per essere un uomo . ti ho portato alle partite di Football dei Mariners …

Austen lo fermò, non voleva che continuasse ad elencare ciò che il padre aveva fatto per lui , sarebbe stato inutile ai fini della discussione , per questo prese la parola , non dandogli il tempo neanche di rispondergli :

- Avrai anche fatto tutte queste cose , ma a me non interessavano , non mi hanno mai interessato , venivo a quelle stupide , e sottolineo stupide , partite soltanto perché era in quei pochi momenti che tu potevi prenderti una pausa e passare un po’ di tempo con me

- Forse se avessi fatto di più …

- Non potevi fare di più , non avresti potuto fare di più , più di quanto non avessi già fatto , io sono così  . Accettami!

- No! Io non ci riesco , e suppongo che questo qui sia il tuo fidanzatino , il tuo amichetto gay personale , con cui potrai essere te stesso - disse il signor Tyler indicandomi .

Io mi alzai dal mio posto ed anche la signora Marylin lo fece . A quel punto lei intervenne nella discussione :

- Non essere scortese , George , se Austen ha trovato un “amico speciale” , un “ragazzo” , con cui passare il tempo perché devi allontanarli .

- Allora anche tu lo sapevi - disse rivoltosi di fronte alla moglie

- No! Una madre sa tutto anche se il figlio non parla e sta in silenzio

- Dimmi Austen è il tuo “ragazzo”? - chiese il signor Tyler incurante delle parole della moglie

- No … Cioè sì … No … Non lo so - rispose Austen insicuro .

Come prima anche queste parole mi colpirono dentro il cuore , ma tutto ciò che provai era solo ira rabbia , come aveva potuto dire che non stavamo insieme dopo tutto quello che avevamo passato , dopo tutto ciò che era accaduto ? Mi aveva tradito . Se le parole di prima erano state come una freccia lanciata da Cupido , queste invece erano come una ferita lasciata dalla falce della morte , indelebile allo stesso modo . Non poteva essere vero m, non poteva dire sul serio. Appena lo guardai e vedendo che lui non ricambiava il mio sguardo ,come era solito fare , capii che forse ciò che aveva detto era tutto vero .

Non sarei stato in quella casa un minuto di più. Per questo  spostai la sedia educatamente e dissi alla signora Tyler :

- Mi scusi ma adesso vado . Pranzo eccellente . Solo una cosa vi devo rimproverare : il dessert era leggermente avvelenato - pronunciai quella parola guardando Austen e continuai - come anche questa discussione . Grazie per la vostra ospitalità

Presi il cappotto che prima avevo posato sul divano e deciso andai verso la porta . Sentii dal fondo della sala da pranzo :

- Justin No!

Era Austen , forse voleva rimediare , o forse voleva solo mettere la parola fine , non sapevo cosa pensare , era tutto troppo confuso . Mi lasciai sfuggire una lacrima e poi aprii la porta giusto in tempo per sentire Austen inveire contro il padre :

- Grazie per avermi rovinato la vita

Scesi le scale velocemente e mi sorpresi di quanto fossi veloci nel percorrere uno per uno i gradini e saltare piani su piani . Mi sentivo scorrere una forza nuova nelle vene , una forza che mi veniva regalata dalla tristezza che  fungeva da convertitore di emozioni in quel momento. Appena arrivato al piano terra sentii una mano sulla mia spalla trattenermi  e rigirandomi vidi Austen . Era stato velocissimo era riuscito ad arrivare nello stesso mio tempo anche se  era partito con qualche secondo di ritardo . Notevole . Non era il tempo di elogiarlo , non avevo assolutamente voglia di fargli complimenti o di lodare le sue fantastiche abilità fisiche , che avevo sempre invidiato e desiderato. A quel punto Austen iniziò a parlare distrutto :

- Mi dispiace

Mi voltai , non volevo sentire niente del genere , ma almeno una risposta se la meritava :

- Un “Mi dispiace” non credo che basti . Austen tu mi hai tradito , hai tradito la mia fiducia , mi hai voltato le spalle in preda alla paura , in preda a ciò che non dovrebbe mai esserci in un rapporto. Amare significa saper rischiare . E tu hai dimostrato di non essere adatto all’amore . O almeno al mio .

- Io ti chiedo perdono , ma in quel momento l’ansia mi ha fatto dire cose che non pensavo - tentò di obiettare lui , ma era tutto inutile

- O meglio ti ha fatto dire cose che pensavi ma che non avevi mai avuto il coraggio di dirmi - risposi io

- Non è così - poi lo interruppi

Avevo intenzione di concludere , non mi piaceva litigare , anche se devo ammettere lui era il primo con cui non ero arrivato alle mani . Cominciai a piangere in preda all’emozione e tentai di non dare a vedere quanto fossi avvilito ma le lacrime cominciavano a sgorgarmi dagli occhi senza un motivo , senza un perché . Lui avvicinò un dito vicino a quel piccolo frammento di anima che mi usciva dagli occhi , come pezzi di un cristallo indistruttibile , ma io allontanai il viso e dissi :

- Lasciami parlare ! Perché illudermi ? Perché farmi credere che tra noi poteva funzionare quando sapevi benissimo che non era così ? Perché mi fai soffrire ? Non capisco , e non capisco neanche come sia potuto essere talmente sciocco da non accorgermi che stavo sbagliano a fidarmi di te , che stavo sbagliando ad abbandonarmi a te , che stavo sbagliando ad amarti . Non credo che ti guarderò più allo stesso modo.

Finii ma prima di andarmene via da quel palazzo interamente dipinto di blu gli diedi un ultimo bacio , era freddo e distaccato , non volevo deluderlo ma non volevo neppure che avesse una bel ricordo di me , avrei tanto voluto che soffrisse anche lui ma non potevo augurargli questo , non dovevo . Mi staccai dalle sue labbra con gli occhi intrisi si lacrime e mi diressi verso il grande portone che dava alla strada . Lui rimase fermo per qualche istante , giusto il tempo di vedermi uscire , poi prese una rincorsa e cercò di raggiungermi . Avevo appena attraversato la strada quando sentii un urlo squarciare quell’immensa rissa di rumori :

- Justin !

Era Austen , era fermo lì al centro della strada , con gli occhi pieni di lacrime , io seguivo il suo ritmo e dai miei occhi sgorgavano le lacrime che non avevo mai voluto versare . Restai a fissarlo per un po’ e la malinconia mi prese , speravo nell’apatia del distacco , ma niente tutto inutile . Niente era come doveva essere . La vita sembrava di nuovo tutta sottosopra. Stavo per girarmi e per dargli le spalle quando  spalancai gli occhi all’improvviso e gridai :

- Austen attento ! - Lui si girò , guardò la macchina che gli venne in contro ed in quel momento non potei trattenermi , gli andai incontro , non l’aveva scansata , non aveva avuto tempo , come avrebbe potuto , era intento a fissare me . Era come se il mondo mi fosse crollato addosso . In quel momento presi in mano la situazione e , rivolgendomi alla folla di gente che si era accalcata intorno a noi , dissi :

- Chiamate un’ambulanza !


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Capitolo 3
*** "Segui il tuo cuore!" ***


Capitolo 3

“Segui il tuo cuore !”

I genitori di Austen arrivarono pochi minuti dopo . La madre iniziò a piangere , mentre il padre fissava il corpo inerme del figlio . Sul suo volto era stata posta una mascherina . I medici avevano detto che si sarebbe ripreso completamente , ma che ora era stordito e che avrebbe dovuto passare qualche giorno in ospedale . La madre di Austen si prese il mio numero di cellulare ,giusto per potermi tenere informato delle condizioni del figlio e mi lasciò andare .

Stavo andando alla fermata dell’autobus quando cominciai a pensare .Ogni passo che poggiavo mi sembrava un passo verso il patibolo . Ciò che aveva detto Austen era vero , e non sapevo se volevo rivederlo . tutto mi diceva di sì ma tante altre cose mi allarmavano facendomi cambiare idea .

Non pensavo di andare in ospedale . Prima si sarebbe dimenticato di me , prima avrebbe smesso di soffrire . Non volevo imprimere nella sua mente la mia immagine , e né io volevo che nella mia mente si imprimesse la sua . Non dopo quello che aveva detto . La confusione era ammessa in quel momento , ma non avrebbe dovuto dire quelle parole , o almeno avrebbe dovuto trattenersi.

Non riuscivo più a riflettere , a pensare lucidamente a ciò che mi stava intorno a ciò che provavo e che non aveva intenzione di lasciarmi . Cosa potevo pretendere da me stesso ora ? Di lasciare perdere tutto come avevo sempre fatto ? No questo mai , tradendo me , aveva tradito anche ciò che c’era tra di noi. Anche il più piccolo filo che si era creato tra i nostri due cuori si era spezzato per come si era comportato , anche il più piccolo sentimento stava per sparire , trattenuto da quella voglia matta di pensare che non fosse vero niente .

Improvvisamente mi squillò il cellulare , tentai di trovarlo , e infine lo riuscii a prendere dentro una delle varie tasche del mio giaccone . Lessi il nome sul minischermo al di sopra del telefono e lessi il nome di mia zia Betty. Preso da un po’ di curiosità nel leggere quel nome , poiché ci eravamo sempre scritti per comunicare , aprii immediatamente il mio telefono e risposi :

- Pronto?

- Justin sono Betty - aveva una voce seria . Strano per lei . di solito quando parlava con me era sempre gentile, non lasciava mai trasparire alcun segno di preoccupazione , ma in quel momento qualcosa mi diceva che c’era da preoccuparsi . Quando zia Betty parlava in quel modo non poteva assolutamente essere successo niente di bello.

- Dimmi Zia Betty - la invogliai , preoccupato

- Vieni subito in ospedale

- Perché ? - chiesi , ma forse conoscevo già la risposta

- Il nonno è peggiorato , non gli resta molto

Come se mi avessero gettato un secchio di acqua gelata mentre dormivo , tutto ciò in cui avevo sempre creduto era scomparso . Adesso anche il nonno doveva andare via , non bastava mio padre , adesso anche il nonno non sarebbe più stato qui se avessi avuto bisogno , neanche lui sarebbe stato qui quando sarei diventato grande , quando avrei capito cosa era il mondo . Non potevo pensarci . Dovevo salutarlo , dovevo dirgli che gli volevo bene , dovevo fargli sentire la mia presenza  , che gli ero vicino. Non avrei accettato di non vederlo per un’ultima volta .

Presi immediatamente l’autobus , cercando di non urtare nessuno . Svuotai la mia testa da ogni pensiero che non fosse il nonno . Eliminai temporaneamente Austen dalla mia vita per pensare unicamente alla mia famiglia , a quella che non mi aveva mai abbandonata , che non mi aveva mai fatto mancare nulla , che mi era sempre stata vicina .

Arrivai subito di fronte all’ospedale , una struttura bianca enorme . Di fronte all’entrata vi erano delle rose , bellissime piante di rose che rendevano incantevole il luogo . Non contemplai a lungo il paesaggio , in quel momento non sarebbe servito , mi precipitai alla reception e chiesi alla signorina che era di turno:

- Scusi , sto cercando Ignacio Suarez

- Lei è un parente?- chiese in modo del tutto formale

- Sono il nipote

-Bene controlla la lista

La stanza del nonno si trovava nel reparto di cardiologia al secondo piano . Nello scorrere l’elenco con i nomi ordinati in ordine alfabetico , notai che un piano più in su , nello stesso ospedale , era stato anche portato Austen - Non potevo crederci , era una persecuzione . Anche se avevo preso la decisione di non pensare più a lui  non riuscii a trattenere l’istinto a fare delle domande :

- E di Austen che mi dice come sta ? - domandai timidamente

L’assistente lesse l’elenco ed una volta capacitatasi di chi fosse mi domandò :

- E’ un parente ?

- Sono un amico

- Non ti preoccupare Austen sta bene , ha soltanto un leggero trauma cranico , niente di allarmante .

- Quanto tempo starà qui ? - chiesi impaziente

- Lo dimetteranno domenica prossima , giusto fra una settimana . Il medico ha detto che vorrebbe tenerlo sotto controllo nel caso vi siano delle complicazioni

- Grazie

- Di nulla - rispose gentilmente

Corsi verso l’ascensore , ma lo trovai occupato . Non avevo voglia di aspettare ed ogni piano che si illuminava sul contatore dell’ascensore era come uno spillo che veniva infilzato nel mio cuore. Decisi di prendere le scale per fare prima e durante quei due piani di salita decisi che non sarei andato a visitare anche Austen , non per il momento almeno . ci avrei pensato prima per bene e poi  avrei preso una decisione sul da farsi . Arrivato al secondo piano riconobbi immediatamente la coda di cavallo di mia madre in fondo al corridoio . In ogni stanza che oltrepassavo c’era tanta sofferenza , chiusa a chiave in modo che non potesse uscire , che non potesse lenire anche gli altri . Le porte di vetro non lasciavano trasparire neppure un’immagine . Tutto sembrava rivolto verso di me . Una volta arrivato in fondo al corridoio abbracciai mia madre e mia zia che avevano le lacrime agli occhi . Mia madre prese la parola :

- Hai un altro po’ di tempo per salutarlo !

Cominciai anche io a piangere , non so quante volte lo avevo fatto quel giorno , ma almeno questa volta era giustificato . Mi voltai verso Bobbie e vidi che anche lui singhiozzava , e continuava a ripetere :

- Vorrei che non fosse mai accaduto

Entrai nella sala , e vidi mio nonno letteralmente intubato con gli occhi semiaperti , lui girò debolmente la testa , inquadrando il mio viso piangente . Poi accennò ad un sorriso e mi fece segno di avvicinarmi . Mi avvicinai al suo letto e mi sedetti sulle coperte bianche con pallini a pois verdi .A quel punto continuai a piangere silenziosamente tentando di non farmi sentire . Lui prese la parola e debolmente mi disse :

- Come è andata con Austen ?

- E’ finita letteralmente in tragedia nonno - risposi trattenendo un singhiozzo

- In che senso ?

- L’ho lasciato e lui è stato investito da un autobus , peggio di così non poteva assolutamente andare .

- Come sarebbe a dire peggio di così ?

Spalancai gli occhi , leggermente sorpreso dalla sua domanda , ma cercai in tutti i modi di non distogliere l’ascolto da lui e di creare quell’intesa che ci aveva sempre caratterizzati .

- Dove è finito il ragazzo che ha un cuore da leone ? Che ha il coraggio di affrontare tutto e tutti senza preoccuparsi delle conseguenze ? Dov’è finito il Justin che conosco? Dove è finito mio nipote ? Dov’è andato Justin ? Tu sei qui , accanto a me con il tuo coraggio e la tua voglia di lottare , non lasciare perdere tutto soltanto per il giudizio altrui ! In che occasione te ne sei importato ? Reagisci Justin

- Ma è difficile

- Lo so figliolo , lo so . La vita non è bella se qualche volta non è difficile . So che adesso ti sembrerà tutto confuso , tutto ti sembrerà strano , ma non demordere , fallo per me . Fallo per chi ha sempre creduto in te . Segui il tuo cuore !

Mi accarezzò una guancia , mi asciugò le lacrime con il suo dito , mi guardò negli occhi e sorrise , ma lasciò comunque che una lacrima spuntasse dai suoi occhi . A quel punto gli domandai:

-Perché piangi ?

- Perché sono felice , felice di sapere che sei te stesso . Felice di vedere l’uomo che sei diventato . non cambiare mai Justin .Non lasciarti abbattere , vivi i tuoi sogni , segui il tuo cuore . Ti voglio Bene  figliolo .

Accasciò la testa sul cuscino , lo sguardo perso nel vuoto . Cercai di rianimarlo toccandolo più volte sul braccio ,ma fu tutto inutile , mi portai una mano davanti agli occhi e cominciai ad urlare :

- NO! NONNO NO!

Ero disperato . Perché era andato via ? Perché non poteva restare ? Aveva superato attimi peggiori , perché non poteva superare anche questo? Non potevo accettarlo e continuai a chiamarlo finché Bobbie non entrò nella stanza , accompagnato da alcuni infermieri , e non mi portò fuori , tra le braccia di mia madre e della Zia Betty. Lui , alto e robusto ci strinse forte , tutti e tre . Forse avevamo solo bisogno di un abbraccio in quel momento di solitudine , in quel momento in cui la speranza ci aveva abbandonato , dove tutto sembrava buio, dove niente era più come prima , in un mondo in cui avremo solo voluto piangere . Ci stringemmo tutti forte , mentre Bobbie ci teneva insieme io , mia madre , e Betty lanciammo un pianto disperato verso il cielo e pregammo di prendersi cura di lui.

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Capitolo 4
*** Ciao nonno ***


Capitolo 4

Ciao nonno


Non era c’era un cielo particolarmente sereno quel giorno , anzi direi che era esattamente l’opposto della serenità . Le nuvole dominavano in quella immensa distesa di blu terso , ricoperta nettamente dal quel grigiore pallido . Di tanto in tanto si sentivano alcuni tuoni . Voleva piovere , me lo sentivo , ma forse anche il cielo , spinto dalla compassione , voleva essere forte per noi , forte per coloro che non avevano mai smesso di sperare invano . La distesa verde che mi circondava era enorme , non un fiore , soltanto verde  regnava , piccoli ciuffi continui di erba fresca appena potati ed innaffiati . Si sentiva infatti quel profumo di acqua e terriccio che insieme all’erba davano un aroma sopportabile , ma non del tutto gradevole . Eravamo tutti in nero in quel momento , e l’unica tonalità  chiara che si riusciva a percepire dalla folla erano le camice dei vari uomini che erano accorsi al rito prima in Chiesa e poi lì, in quel luogo del riposo eterno , sormontato da tante croci bianche che venivano fuori dall’erba potata .

C’erano tutti lì , a commemorare la memoria del nonno . Tutti a partire da Mark , Amanda , la Signora Meade , Daniel , Henry e via discorrendo. Tutto lo staff Mode era lì , insieme a parenti ed amici . Mi guardai intorno . A parte Daniel , che sapevo essere venuto con Zia Betty , dal momento che in questi due mesi avevano approfondito il loro rapporto fino ad arrivare a stare insieme , non mi parve di notare nessuno di particolarmente importante , nessuno che avesse particolare rilevanza per me . Forse cercavo Austen , nonostante tutto , volevo ancora vederlo , ma sapevo che era impossibile , non poteva essere lì , il giorno dopo il suo incidente . Speravo però che almeno avesse saputo che cosa mi fosse accaduto , speravo che almeno qualcosa gli sarebbe giunto all’orecchio .

Girai lo sguardo varie volte e poi , e varie volte tentai di vedere e di colmare quel mio desiderio invisibile , inutilmente però . Arrivammo allora alla sua croce , sul luogo dove avrebbe riposato per sempre , sul luogo dove avrebbe per sempre vegliato su di noi . Guardavo quella fossa , e lacrime mi sgorgavano dagli occhi , lacrime di grande tristezza . Non riuscivo a spiegarmi perché mi aveva lasciato solo , perché non era restato per un altro po’ lì a darmi man forte , a sostenermi .

Immerso nei miei mille pensieri , mi disposi in fila insieme a mia madre , Bobbie , la zia Betty e Daniel. A quel punto alzai lo sguardo verso il leggio posto accanto a mia madre e da lì il mio grande sguardo cominciò ad ispezionare gli angoli più remoti della folla . Non mi aspettavo così tanta gente , in realtà non mi aspettavo neanche di trovare Willhelmina vicino Mark . Ma durante questa mia escursione nella folla di gente che vi era , intravidi due persone che non mi sarei mai aspettato venissero al funerale .

La madre ed il padre di Austen si stagliavano dietro alcuni presenti . Erano le persone più alte in quel momento e riuscivano ad intravedere tutto anche a qualche fila di distanza . Erano entrambi vestiti in nero e l’unico accessorio che la madre di Austen si era permessa era un cappello molto fatiscente e nero . Non volevano farsi vedere da me , ma appena notarono che il mio sguardo si era posato su di loro , la signora Tyler mi mandò un’occhiata molto dolce , voleva starmi vicino , questo era evidente . Non volevo però verificare se anche il signor Tyler avesse voluto , perché in quel caso credo che l’unica vicinanza che avrebbe accettato , sarebbe stata quella delle sue mani intorno al mio collo . Lo guardai negli occhi , ma non vi vidi rabbia , soltanto un po’ di tristezza, un po’ di malinconia che tutti portavano come bagaglio in certe situazioni .

Iniziò così la cerimonia . Era tutto perfetto , i fiori al posto giusto , tutto era al suo posto . Non appena il prete iniziò a recitare il salmo , mia madre e mia zia Betty contemporaneamente avvicinarono il fazzoletto al naso ed inspirarono affannosamente . Non volevo assolutamente sentire cosa stessero provando in quel momento . Se in quel momento avessi potuto decidere quali menti sondare , non avrei scelto le loro , sarebbe stato come un suicidio . Il salmo occupò ben dieci minuti , non che mi fossi aspettato chissà cosa , ma nei film di solito durava di più . Quello però non era un film era , sfortunatamente e provvidenzialmente , la realtà dei fatti . Il sacerdote ci chiese se qualcuno di noi avesse qualcosa da dire . Nessuno si alzò , forse era il momento di agire , di fare anche io qualcosa , non me ne sarei stato con le mani in mano , non in quel momento , per mia Zia Betty e per mia madre . Mi alzai .

Mia madre mi fissò con gli occhi spalancati e con lo sguardo vuoto , i suoi occhi lasciavano cadere qualche lacrima . Le avrei voluto dire tante cose , ma non potevo, non era il momento. Sapeva già di Austen , di ciò che gli era accaduto dopo il pranzo da lui , ma la situazione in cui viveva non gli permise di dare un giudizio molto  obiettivo sulla questione . Questo era soprattutto per lei , che non aveva mai demorso di fronte alla realtà , che non si era mai arresa di fronte alle tante controversie che la vita le aveva presentato. Le volevo bene e questo era il mio riconoscimento.

Mi avvicinai al leggio blu scuro e notai che aveva qualche intarsiatura di oro negli angoli molto particolari . Non feci particolarmente caso a ciò che non era degno di nota e decisi quindi di sfogare ogni mia paura :

- Buongiorno … - avevo già cominciato male , non stavamo prendendo un tè , eravamo ad un funerale , poi ripresi - … Ehm … Scusate , non sono pratico con questo genere di cose , non sono mai stato protagonista di certe situazioni , quindi non so molto bene che cosa dire , e che parole usare . In realtà non sono mai stato bravo con le parole , chi era bravo in questo genere di cose era il nonno . Trovava sempre il modo di farci sorridere , di metterci di buon umore .

Intravidi una lacrima sul volto di mia madre , che abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi emozionate , non volevo fermarmi perciò continuai :

- Nonno non era solo bravo con le parole , aveva tanti altri talenti : sapeva cucinare , sapeva lavare , cantare .  Tante piccole cose che lo rendevano la persona speciale che era e che per me continua ad essere tuttora . Non era solo un nonno per me , era un padre , un padre col quale potevi parlare di tutto , con il quale potevi confidarti . E’ sempre stato una buona forchetta ma la sua caratteristica principale era quella di saper trovare il buono nelle persone anche quando di buono non c’è nulla . Per un esempio pratico , guardate me . Sarei il nipote perfetto se non fosse per un piccolo particolare . Sono gay .

In quel momento mia madre alzò di nuovo lo sguardo verso di me , seguita dalla zia Betty , Bobbie e Daniel . Non credevano alle loro orecchie , o meglio non credevano al fatto che avessi trovato il coraggio di dirlo , di parlarne , di rivelarlo. Presi il coraggio a due mani e ripresi il discorso :
- Mentre molte persone in questo momento staranno avendo pensieri razzisti , e credete a me , molti ne hanno , lui non lo avrebbe mai fatto , non mi avrebbe mai rimproverato perché sono “diverso” , non mi avrebbe mai allontanato per questo , questo perché lui mi considerava un UOMO a tutti gli effetti , con tutti i miei pro ed i miei contro . era una persona speciale , l’unico sul quale sapevo di poter contare sempre . Le persone parlano , spettegolano , giudicano , ma non si può parlare senza giudicare , non si può parlare senza sapere . Sapere come si senta una persona , sapere cosa provi questa persona dentro di se . Lui lo aveva capito , mi aveva accettato , mi aveva sempre invitato a non demordere . Bisogna solo seguire il proprio cuore !

Non credevo molto nell’ultima frase che avevo pronunciato , l’avevo detta perché sapevo che avrebbe avuto un certo effetto visto che è stata l’ultima che il nonno ha pronunciato prima di lasciarsi . Guardai mia madre dritta negli occhi e provai gioia nel vedere che accennava ad un sorriso , che era fiera di me , che finalmente aveva trovato ciò che la rendeva orgogliosa di suo figlio . Non voleva altro per me se non il meglio .

Mi allontanai dal leggio , feci pochi passi e mi tornai a sedere . Il sacerdote non impiegò molto tempo per portare a termine la cerimonia . Gli ultimi momenti furono i più strazianti . La bara stava per essere messa sotto terra . Era arrivato il momento di salutarlo per sempre , di dargli un ultimo saluto . Non avevo la forza di farlo , non riuscivo a crederci che non l’avrei più rivisto .  Mi avvicinai alla fossa , presi il coraggio a due mani ed afferrai un fiore , una rosa bianca come l’innocenza . Nella mano destra tenevo la rosa , e con la sinistra presi un po’ di terriccio . Lanciai il terriccio su quella sua nuova dimora perpetua di legno  poi di seguito gli lanciai la rosa . La rosa cadde lentamente , aveva voglia di prolungare l’agonia , o forse stava solo cercando di farmi dimenticare ciò per cui ero venuto e ciò che stavo compiendo .

Il turno di ognuno sembrava non passare più e l’unica cosa che sentivo era una fitta al cuore , un pezzo di cuore che cadeva ogni volta che ognuno di loro gettava una rosa . Mia madre tornò a posto , dopo le ultime parole del sacerdote il rito si concluse . La folla si dissolse e fummo completamente invasi da un cumulo di persone . Io i distaccai dalla mia famiglia per un momento giusto il tempo per poter andare a parlare con coloro che realmente mi interessavano . Intravidi i signori Tyler in fondo alla fila , magari mi stavano aspettando , chi poteva mai saperlo ? Mi avvicinai a loro e la signora Marylin mi abbracciò e mi disse :

- Mi dispiace tanto Justin

Il marito , che non sembrava più apatico come il nostro primo incontro , si abbassò , per accorciare la sua enorme statura , prese la mia mano e disse :

- Le mie più sincere condoglianze … - si fermò come se avesse lasciato in sospeso il discorso , poi continuò - … associate alle mie più sincere scuse per la brutta conversazione di ieri .

- Grazie - risposi senza lasciare intendere se fosse unicamente per le condoglianze o anche per le scuse e poi domandai :

- Ed Austen ?

- I medici non gli hanno dato il permesso di uscire dall’ospedale , sai  è passato solo un giorno dall’incidente . - rispose la madre

- Ah capisco - dissi un po’ deluso.

- Riguardo a ieri , voglio che tu sappia che non ce l’avevo assolutamente con te . Ero soltanto molto sorpreso e molto irato per la rivelazione che mi aveva fatto mio figlio . Non me lo sarei mai aspettato , in fondo io l’ho cresciuto in un modo  e  mai avrei potuto pensare a questa “diversità” - intervenne il signor Tyler

- Siamo come tutti voi , soltanto abbiamo altri interessi - precisai

- Lo so , ed è per questo che me ne pento . Ieri , dopo che Austen si svegliò , ho parlato a lungo con lui , e sono riuscito a farmi un’idea di che persona speciale abbia allevato , di che dono mi abbia fatto il cielo , e di che grande favore mi abbia fatto a fare in modo che conoscesse te .

- A sua descrizione sei una persona fantastica , ed hai anche il più bel di dietro di tutti i suoi amici .- intervenne la mamma di Austen - ma sei tu che lui vuole .

Non riuscii a trattenere una lacrima , in questi due giorni se qualcuno le avesse raccolte , avrebbe potuto riempirci una bacinella con le mie lacrime . Il signor George prese un fazzoletto e me le asciugò poi mi disse :

- Mi ha detto di riferirti una cosa

- E che cosa ?

- Ti amo

Rimasi di soppiatto , non avrei mai pensato che sarebbero uscite queste parole dalla bocca del Signor Tyler, ma nel proferirle sembrava provasse un grande affetto paterno nei miei confronti . continuai a fissarlo per un po’ di tempo fin quando non sentii mia madre che  mi intimava di tornare . Li salutai e loro mi invitarono a venire a trovare Austen . Mi voltai e varie volte girai il volto dietro , giusto il tempo per poterli vedere mentre andavano via . Stava cominciando a piovere e non volevano assolutamente bagnarsi .

Entrai in macchina , piccole gocce cominciarono ad appannare i vetri . Non riuscivo ad intravedere più niente a parte la terra ormai fresca sul luogo di sepoltura di Ignacio Suarez “ padre e nonno esemplare” . Ogni goccia era una lacrima per me una lacrima che mi trafiggeva , che non mi dava pace . Non avevo più bisogno di consolazione , avevo bisogno solo di un po’ di forza, forza che non avrei ottenuto tanto facilmente . Guardai per un ultima volta quella bella distesa di verde nella quale croci bianche dominavano . Vidi le tante gocce abbattersi sul prato verde e riuscii a cogliere la croce di mio nonno . Lo avrei voluto rivedere , lo avrei voluto rimirare di nuovo , non per trattenerlo con me , non per poterlo far stare qui ancora , ma soltanto per potergli dare un saluto . Forse ora era il momento , chi poteva saperlo . Arrivederci nonno , ci rincontreremo , ma fino a quel momento arrivederci .

 

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Capitolo 5
*** "Ti amo!" ***


Capitolo 5

“Ti amo!”

Il sole  si vedeva benissimo dalla mia camera , risplendeva meravigliosamente sulle pareti come se volesse diventare a far parte dell’arredamento . Erano passati già sei giorni dalla morte del nonno e la domenica trascorreva come al solito tra le strade del Queens.

Domani Austen sarebbe uscito dall’ospedale , ma io non avevo avuto il coraggio di andare a trovarlo .Era come se ciò che avesse detto quel giorno avesse creato una barriera , come se tutto ciò che era successo aveva in un certo qual modo allentato la corda che ci teneva uniti , quel legame indissolubile che avevamo costruito .

Non sapevo il perché delle sue parole , ma ho avuto tutta la settimana per rifletterci senza alcuna soluzione , non riuscivo a venirne a capo . Tutto sembrava vuoto ora che Austen non c’era più nella mia vita e la morte del nonno mi  ha reso tutto più difficile .

Avevo bisogno d’aiuto , avevo bisogno di consigli , avevo bisogno di stare con qualcuno , di stare con lui , l’unica persona di cui non mi stancavo mai , l’unica che stava sempre dalla mia parte , perché stare con me per lui rendeva tutto più bello .

I rumori erano assenti in casa , la musica a dir poco estinta , e giustamente , oserei dire. Sentii ad un tratto i rumori di qualcuno che stava salendo le scale . Speravo che quei rumori non avessero condotto alla mia stanza , in quel momento sarei stato felice soltanto se Austen fosse entrato da quella porta .

I rumori si facevano sempre più fitti e la speranza che prima avevo provato svanì come la neve si scioglie al sole . La porta si aprì lentamente e improvvisamente comparve la sagoma di Betty.

Betty era rimasta un’altra settimana , giusto per dare man forte alla mamma che pian piano stava cominciando a riprendersi . Bobbie pensava che zia Betty avrebbe fatto bene a tutti con il suo ottimismo ed in quel momento speravo avesse ragione.

Non era il nonno ma era pur sempre qualcosa , o meglio qualcuno , qualcuno su cui poter contare. Lei rimase sulla soglia e mi chiese :

- Posso entrare ?

- C’è bisogno di chiederlo? - domandai a mia volta

- Non saprei Justin , o meglio prima avrei saputo , ora no !

Che strana risposta , che strana situazione . Cosa avrebbe voluto dire ? Cosa avrebbe voluto significare quella domanda ?

- In che senso Zia Betty ? Spiegati! - la esortai

Betty entrò . Indossava una gonna lunga fino alle ginocchia di colore blu e sopra una camicetta a pois della stessa tonalità della gonna . Aveva acquisito stile non c’era dubbio . Londra l’aveva cambiata , l’aveva resa più bella , più viva . Le aveva dato l’opportunità di godersi ciò di cui non aveva mai potuto trarre profitto fino a quel momento . Vene verso il mio letto , si sedette e poi cominciò :

- Nel senso che “Non saprei” . Sei cresciuto Justin . Sei cresciuto più in fretta di quanto tu possa immaginare . Mi sembra ieri quando cercavo di aiutare tua madre a metterti i pannolini ed adesso ti ritrovo così . Uno splendido giovane ragazzo . Quello che sto cercando di dirti è che adesso non è più come prima , non riesco più a capirti come riuscivo a fare poco tempo fa . Anche da ciò che mi scrivi capisco che sei maturato . Ah … Non fraintendermi , non che non sia una cosa positiva, solo vorrei che tu ti aprissi un po’  . O meglio che aprissi un po’ il tuo cuore , solo un po’ , per riuscire a farmi capire cosa stai provando .

Mi sgorgò una lacrima . Mai possibile che in quest’ultima settimana avevo pianto più che in tutta la mia vita? Come era possibile ? Allora dissi :

- Sai Zia Betty…

- Dimmi

- La mia vita non è proprio come me l’ero immaginata , nel mio piccolo pensavo di essere normale, ma invece guardami .

- E cosa dovrei guardare ? - chiese dolcemente

- Guarda cosa sono diventato ? O meglio guarda cosa sono.

- E cosa sei ?

- Sono gay Zia

- Ed è un male ?Non devi vergognarti di come sei , di ciò che fai e di ciò verso cui sono orientati i tuoi interessi , devi essere assolutamente te stesso e devi avere la forza di affrontare gli altri anche quando tutto sembra caderti addosso . Non devi fartene una colpa se sei così . Essere diversi non significa essere cattivi o fuori posto , significa essere speciali , significa distaccarsi un po’ da quella normalità quotidiana e molto spesso banale per condurre vite un po’ bizzarre . Non devi mai pensare che questo non sia il tuo posto , non devi mai pensare che questa non sia la tua casa…

- Sì zia lo so , ma alcune volte sembra che neanche chi ti vuole bene riesca ad accettarti

- Parli di Austen?

Mi lasciò sconvolto , lo sapeva , sicuramente mamma aveva parlato . Era sempre stata una chiacchierona , e non sarebbe stata lei se nel giro di poco tempo non avesse fatto sapere a mia Zia cosa fosse successo. Risposi timidamente

- Sì

- So cosa ha fatto Austen . E’ già passata una settimana e sai che ti dico ?

- Cosa ? - lo chiesi come se fosse una domanda retorica

- Che sei uno sciocco

- Perché ? - domandai leggermente urtato

- Ricordi quanti problemi ti sei fatto quando hai dovuto dirci ciò che Austen ha detto ai suoi ?

- Si ! - dissi secco

- Ed allora ? Non eri confuso ? Non eri disorientato quando hai mostrato a tutti noi chi eri ?

- Si! - ripetevo quell’affermazione come un disco rotto .

- Ed allora come credi si sia sentito lui , a dover rivelare alla propria famiglia di essere omosessuale , di fronte ad un padre che , diciamolo , on è mai stato molto tollerante sull’argomento , per quello che tua madre è riuscita a dirmi  , e per di più in tua presenza ? - mi fece notare

- Credo che sia sentito … - esitai - … molto ma molto peggio di come mi sia sentito io .

- Vedi ? Lui ti ha appoggiato in ogni momento quando tu ti sentivi confuso , ed ha cercato di essere forte per te , quando non forte non lo era neanche lui . Non credi quindi di aver  sbagliato? Non pensi di essere stato un po’ troppo duro con lui per quello che ti ha detto ? Forse lo avrà detto in preda alla confusione , era comprensibile .

- Hai ragione zia ma …

- Niente ma - mi zittì lei - se c’è qualcosa che ho imparato in questo momento è che al cuore non si comanda , non si chiedono spiegazioni . Quando c’è in gioco l’amore si agisce e basta , senza troppi convenevoli e ripensamenti .

Non riuscivo a parlare , la Zia aveva centrato il punto , il nocciolo della situazione , l’origine della tristezza. Ma mi faceva male lasciarlo uscire , mi faceva male al solo pensarci , ma decisi di far uscire fuori tutto e lasciai la che la zia Betty continuasse :

- Justin sei la persona più coraggiosa che conosca . Non lasciare che delle futili parole offuschino il tuo modo di ragionare . Le parole possono cambiare , le parole sono ciò che più fa paura all’uomo . Ancora dobbiamo capire la potenza della parola , che tanto può far bene quanto del male . Tante volte potrai sentirti bene quando qualcuno ti elogerà , ma altrettante volte o forse di più , potrai sentirti male quando ti feriranno .

Mi alzai . Avevo colto in pieno il significato di quelle parole , ero riuscito far rivivere ciò che aveva perso allegria e brio : il vero Justin . Il giudizio degli altri non mi aveva mai fermato e mai mi avrebbe fermato . Presi velocemente il cellulare e mi misi in dosso lo giaccone . Uscii velocemente dalla mia camera . Zia Betty era sorpresa della mia reazione e mi chiese mentre uscivo dalla porta :

- Dove stai andando ?

- All’ospedale

Mi sorrise. Da quando non aveva più l’apparecchio , non mi ero mai accorto di che bel sorriso avesse . Faceva sembrare tutto più bello . Aveva un sorriso come quello del nonno . Era lei la persone che le somigliava di più in casa nostra . Mia madre aveva una certa somiglianza più con la nonna. Appena mi resi conto di non aver svolto una cosa essenziale , tornai indietro e mi affacciai dalla porta della mia camera , dove intravidi la Zia Betty ancora seduta sul mio letto , a rimirare l’immagine del nonno . La tirai fuori dalla sua trance e le dissi :

- Grazie

- E di cosa ? Ora va .

Corsi più veloce della luce , scesi le scale più rapidamente che potevo , avvisai mia madre che stavo per uscire e chiusi la porta di scatto . Arrivai alla fermata dell’autobus con il fiatone , ma riuscii a prenderlo in tempo . Seduto ad uno dei tanti posti disponibili, pensai e ripensai. Cosa gli avrei detto ? Di solito ci si preparano dei discorsi in queste situazioni , ma io non ero pronto , non riuscivo a pensare a nulla che non fosse il suo volto . Rivedere il suo sorriso mi avrebbe dato forza , perdermi di nuovo nel profondo dei suoi occhi mi avrebbe ipnotizzato , ma non mi importava , l’unica cosa che contava ora , era andare lì , rivederlo e riabbracciarlo . Non desideravo altro .

Scesi alla fermata sbagliata , immerso nei miei pensieri e convinto che l’autobus si fosse fermato di fronte l’ospedale . Aspettai lì una buona mezz’ora .

Non fu affatto del tempo piacevole , anzi potrei ben dire che quell’arco di tempo che passai lì fu molto “istruttivo” . Vidi almeno una decina di coppie che si baciavano e non feci altro che riflettere e pensare al mio futuro . Come avrei interagito con il mondo ? Cosa ne avrebbe fatto di me il mondo ? Quante domande ancora senza una risposta , quanti quesiti impossibili da risolvere . Forse avrei passato la mia vita come un emarginato , senza nessuno disposto ad aiutarmi o a stare con me , o forse avrei trovato in Austen ciò che on avrei trovato in nessun altro . In quel momento pensai di gettare tutto , di lasciar perdere , ma poi ripensai a quanto mia madre aveva sofferto per la morte di mio padre , di quanto Betty avesse patito per la partenza di Henry e capii tutto . Meglio amare che non amare affatto . L’amore è una grande conquista e avrei dovuto vivere di questo se volevo stare bene . Sarebbe stato difficile convincermene , ma ci avrei provato con tutte le mie forze , con ogni mio respiro . Nessuno mi avrebbe portato via l’amore .

Nel poco tempo rimanente prima di ritrovare il mio tanto amato autobus pensai a cosa avrei fatto una volta rivisto Austen , una volta rivisto colui che mi faceva battere il cuore all’impazzata . Ero indeciso , ma poi compresi che era meglio se lasciavo il cuore  , era l’unico modo per avere successo , l’unico modo per riavvicinarlo a me .

Arrivò l’autobus  e senza neanche dargli il tempo di fermarsi e di aprire le porte mi ci catapultai . Frenai il mio istinto di intimidire l’autista per andare più veloce . Non potevo più aspettare , non potevo stare con le mani in mano se soltanto pochi chilometri mi separavano da lui . Pochi minuti e l’autobus mi fermò di fronte al grandissimo edificio bianco .

Questa volta mi sembrava anche più enorme del solito . Forse la sua mole era dovuta alla mia paura . Probabilmente lo vedevo ingigantito come edificio perché i miei timori erano ingigantiti . Avrei voluto appiattirli , ma questo era il momento di affrontarli . Andai alla segreteria dell’ospedale e diedi un’occhiata alla lista dei ricoverati . Austen si trovava al terzo piano nella stanza 136 reparto ortopedia . Cominciai a prendere la rincorsa quando l’infermiera mi bloccò :

- Ehi! Ragazzino l’orario delle visite è finito !

- Mi scusi - dissi implorante - ma devo assolutamente vederlo

- Allora tornerai domani . L’ingresso è accessibile solo ai familiari del paziente .

- Ma lui è un familiare - disse una voce alle mie spalle

Era il padre di Austen . La sua statura era enorme . Faceva anche sfigurare me , che non avevo mai avuto problemi di altezza . I suoi occhi blu risplendevano come quelli del  figlio ed avevano una lucentezza ed una voglia di vita unici nel loro genere . Mi poggiò una mano sulla spalla e proseguì :

- E’ mio genero

L’infermiera evitò di guardarci in modo particolarmente strano , ma accennò unicamente ad sorriso . Che avesse capito ciò che intendeva il signor Tyler? Mi lasciò passare ed il signor Tyler mi portò con lui per condurmi dove avrei trovato Austen . L’ascensore era occupato e per questo mi propose di prendere le scale . Io malvolentieri accettai , pensando che il tempo che avrei impiegato ad aspettare l’ascensore , lo avrei sfruttato per poter salire i piani che mi separavano da Austen . Il signor George prese l’iniziativa e disse :

- Allora ti sei deciso finalmente a venire

- Dovevo soltanto rivedere chi ero per poter affrontare chiunque mi mettesse in discussione !

- Sei coraggioso sai ! Io non lo avrei mai fatto ! - disse con un po’ di rammarico

- Perché dice così ?- domandai incuriosito.

- Vi invidio sapete ? Io non lo avrei mai fatto . Intendo , non sarei mai uscito allo scoperto se fossi stato gay . Mi sarei tenuto tutto dentro pur di non deludere coloro che amavo.

- Lei parla così perché ragiona con la sua testa e perché pensa che nel mondo esterno tutti le siano contro ma non è così - risposi , sorprendendomi di quanto fossi saggio e proseguii - Alcune persone sono buone e generose  altre sono perfide . Abbiamo il dono del libero arbitri . Perché non attaccarci alle prime ?

- Hai proprio ragione ragazzo !

Detto questo mi diede un pizzicotto sulla guancia . Oramai ero arrivato . Riuscivo ad intravedere la sagoma della signora Tyler fino alla fine del corridoio . La camera di Austen era l’ultima del suo piano ed era quella che si trovava più in fondo . Pian piano che mi avvicinavo i colori che la signora Marylin indossava si facevano più nitidi ai miei occhi . Indossava un completo composto da una gonna ed una camicetta completamente rosa e sopra la camicetta portava un copri spalle bianco . Sembrava un chewingum ma non volli sottolinearlo per non essere scortese . Avanzai sempre di più ed una volta arrivato vicino alla signora Tyler potei osservare la sua faccia sorpresa ma nello stesso tempo serena . La salutai e lei mi indicò la sala che si vedeva al di là del vetro.

Austen.

Lo vedevo dopo solo una settimana . Non credevo mi avrebbe fatto un tale effetto , in fondo era passato poco tempo dalla grande litigata della settimana scorsa . tutto girava intorno a me ed il riflesso del vetro mi dava un’idea della sua perfezione non indifferente . La sua era una delle stanze più luminose , piene di Sole . Il cielo era limpido ed il Sole risplendeva forte in quella sala d’ospedale . Mi sembrava di essere tornato nella reception del condominio dove Austen abitava . Anche la sala infatti era completamente dipinta di azzurro ,un azzurro sgargiante , che si abbinava perfettamente ai suoi occhi , alla sua carnagione , potrei ben dire che si abbinava quasi ad ogni parte del suo corpo . Era steso sul letto ed aveva il volto rivolto verso la finestra . Non mi aveva sicuramente visto e né sapeva della mia presenza . Speravo non lo sapesse , volevo almeno concedergli questa sorpresa , se per lui poteva ancora chiamarsi sorpresa .

Mi avvicinai alla porta di vetro , presi un ultimo respiro , afferrai la maniglia ed aprii l’unico confine che allora ci separava . Appena aprii la porta lui non si girò , non mi degnò neanche di uno sguardo . Forse aveva capito ch ero io ed era arrabbiato , come biasimarlo . Chiusi la porta dietro le mie spalle e sentii Austen dire :

- Come ti ho già detto papà se prima non rivolgerai le tue scuse a Justin e non lo porterai qui , tra me e te non vi sarà più dialogo- lo disse con freddezza .

Era la prima volta dopo una settimana che sentivo la sua voce , che rivedevo il suo profilo. Tutto sembrava bello , tutto sembrava fantastico ora che ero lì , e non mi sarei lasciato andare neanche un attimo . Ogni attimo per me era vita e non avevo fatto altro che desiderare quello per tutta la settimana . Con un ultimo respiro gli parlai e dissi :

- Credo che lo abbia appena fatto il signor Tyler , Austen.

Spalancò gli occhi improvvisamente ma non si voltò  verso  di me . Cominciava a sgorgargli una lacrima dai suoi occhi blu , lacrima che io consideravo come una goccia di rugiada . Non l’avevo mai visto piangere né mai singhiozzare come fece poco dopo . Prima che potessi intervenire mi bloccò:

- Promettimi che appena mi girerò non scomparirai , che sarai ancora lì

- Perché ? -  domandai , lasciando trasparire un po’ di insicurezza

- Perché così saprò che non è tutto un sogno .

- Prometto - risposi ponendomi una mano sul cuore .

Lui si girò . Appena mi vide sorrise ampiamente , spalancò gli occhi più del possibile . Aveva desiderato anche lui vedermi , lo percepivo , ed io come lo sciocco non avevo capito . Facevo lo stupido invece di affrontare la realtà. Ero lì ora e l’unica cosa che sapevo fare era balbettare e singhiozzare . Dovevo agire . E dovevo farlo alla svelta . Era l’unico modo per non perderlo per sempre .

Mi avvicinai piano per potermi godere ogni istante della sua compagnia , arrivai infine vicino al suo letto e mi sedetti sulla coperta , anch’essa azzurrina , che gli era stata posta sulle gambe . A quel punto dissi:

- Come stai ?

- Non mi lamento! Domani potrò tornare a casa - ribadì con contentezza e poi , rabbuiatosi in volto continuò - Mi dispiace di non essere potuto venire al funerale di tuo nonno .

- Non ti preoccupare , sapevo che eri impossibilitato a venire , non devi assolutamente giustificarti con me !

- Piuttosto ! Devo chiederti scusa !

La faccia rabbuiata di un momento prima adesso lasciava trasparire un minimo di stupore , che non si aspettasse le mie scuse ? Gliele dovevo dopotutto, in fondo se era su quel letto di ospedale , era per colpa mia . Mi fissò negli occhi ed io cercai di non perdermi nuovamente , come succedeva ogni volta che lo fissavo , nel blu dei suoi . Notando che io non accennavo a parlare domandò :

- Scusa per cosa ?

- Per tutto ! Per come mi sono comportato , per ciò che ho detto e fatto , per ogni singola parola al vuoto . Per ogni singola e stupida paura . Non volevo perderti Austen e sapere che potresti andartene mi distrugge mi fa a pezzi . Non sai quanto ho pianto per te , o meglio per noi in queste ultime settimane . Continuavo a pensare, a cercare il coraggio per venire qui da te , ma non riuscivo a trovarlo , perché pensavo che non volessi più vedermi , non volessi più condividere con me momenti che sarebbero potuti diventare importanti . Austen , ciò che cerco di dirti è che non riesco a stare senza di te .

Austen sembrava perplesso , come se il mondo gli stesse girando intorno , per un po’ pensai che stesse per avere un malore , come se non fosse già abbastanza . Non volevo assolutamente vederlo soffrire dopo ciò che gli avevo detto . Si riprese da quello stato di trance che lo aveva avvolto e , come se stesse pensando , iniziò a dire :

- Non ho parole , non so cosa dire , se non che non ho mai incontrato nessuno come te . E’ inutile dirti che mi dispiace per il disagio che ti ho creato e che credevo non saresti mai venuto qui . Riesci sempre a sorprendermi come nessuno mai riesce a fare . Non so cosa dirti perché non trovo le parole per riuscire a descrivere ciò che mi hai fatto , ciò che mi hai trasmesso e ciò che mi dai . Mi sento molto fortunato ad averti qui accanto a me e credo lo sarò per sempre .

Pronunciò quelle parole con una tale intensità che pensavo mi sarebbero sgorgate altre lacrime dagli occhi , ma non fu così . Ero solo contento , contento che mi avesse accettato , contento che fosse quello di sempre , contento di aver abbandonato le convenzioni che mi stavano relegando in una profonda solitudine . L’unica cosa che gli dissi fu :

- Grazie … - mi bloccò.

Mi mise un dito sulle labbra per non riuscire a farmi parlare , per cercare di non farmi ribattere a tutto ciò che aveva detto . La pressione che esercitava sulla mia bocca non fu molto forte , ma non mi lamentai di ciò che stavo facendo . Non volli osservare se fuori da quella stanza i suoi genitori ci stavano guardando , per questo continuai a fissare lui . Austen era sempre meraviglioso , sempre bello , come quando lo vidi per la prima volta . Improvvisamente lui si avvicinò lentamente e sfiorò prima le sue labbra alle mie e poi mi baciò .

Spalancai gli occhi ma lo lascai fare . Cominciarono ad uscire lacrime dai miei occhi senza una ragione , forse soltanto perché stava osando ciò che non avevo mai osato fare io , ciò per cui non avevo mai preso iniziativa . Chiusi gli occhi per godermi ogni singolo attimo , ogni singolo momento . Ogni secondo sarebbe bastato  a nutrirmi per una vita , per sostentarmi all’infinito . Non avevo mai provato nulla di più puro e non mi spaventava , era una bella sensazione ciò che sentivo in quel momento . Non avevo più nessuna inibizione . Aprii gli occhi giusto il tempo per distogliere le mie labbra dalle sue , poi , lui , rimasto sorpreso mi domandò :

- Qualcosa non va ?

- No ! - risposi secco

- E allora ?

- Ti amo Austen Tyler ! Ti amo!

Rimase scosso , come se lo avessero colpito con un dardo , un dardo infuocato che non lasciava spazio a nulla se non al sentimento. A giudicare dalla sua faccia non se lo aspettava e secondo me Cupido non avrebbe saputo fare di meglio in una situazione del genere . Lui mi guardò e disse :

- E’ la prima che me lo dici

- E allora fa che non sia l’ultima.

Lo presi da dietro la testa e lo avvicinai di scatto verso di me . Era il bacio più bello che gli avessi mai dato . Era unico e speciale , come lui . In quel momento eravamo un tutt’uno , un’unica entità, e tutto sembrava bellissimo . Non sapevo bene cosa stavo provando in quel momento , ma di certo era qualcosa di speciale, qualcosa che non avevo provato neanche la prima volta che lo baciai . Quella volta fu tutto veloce fu tutto di scatto e ce ne pentimmo entrambi . Non volevo pensarvi , ma tutto in un certo qual modo mi riconduceva a quel palco , a quel momento . Però tutto era diverso . Io ero diverso . Tutta la mia vita era stata per sempre un grande palcoscenico ,dove ho sempre finto di essere ciò che non sono e non potevo essere . Ma se qualcosa ho imparato da questa vita era di non demordere mai , di non perdere la speranza . I sogni possono realizzarsi per chi ci crede , possono renderti felice .

Aveva ragione Cenerentola a dire che “ i sogni son desideri di felicità” . Il mio si era appena avverato e non sapevo cosa pensare .

Aprii gli occhi per guardarlo , ma li richiusi subito per non rompere la maglia del momento . non mi importava più di nessuno . Se ne avessi avuto la possibilità lo avrei urlato a tutti ciò che sentivo e ciò che provavo . Se c’era qualcosa che avevo imparato da quell’esperienza era che l’amore è una sfida . Ed in fondo in una sfida BASTA SOLO AVERE CORAGGIO.

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