I due cristalli

di LadyDenebola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Primo incontro ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - I compagni ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - Comincia il viaggio! ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Separazione ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - Il villaggio di Mako ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - Ricercati! ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII - Di nuovo insieme ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - Il principe degli elfi ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX - Sussurri ***
Capitolo 11: *** Capitolo X - La ricerca ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI - Il cristallo rosso ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII - La storia dei cristalli ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII - L'unico modo per sconfiggerlo ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV - Riverhill ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV - Il passato di Alexander e l'arrivo a Darksea ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI - Demoni e folletti ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII - Il benvenuto di Phékda ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII - Tol Neinas ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX - Tenugh ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX - Risveglio ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI - La cerimonia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Salve a tutti! Allora, vediamo se riesco a spiegare dov'è ambientata la storia, visto che quando l'ho iniziata l'ho scritta talmente di getto che non ho fatto caso ai dettagli. Dunque, la terra è formata da un unico, grande continente diviso in due parti: a nord ci sono i Regni Conosciuti e a sud, dove si svolge la storia, Valdmurt. In questo mondo vivono sia umani che esseri magici; l'equlibrio fra bene e male è retto dai Saggi, che però possono farsi aiutare dagli Ashik, ovvero guerrieri che hanno protetto la terra e hanno il compito di continuare a proteggerla. Il nemico attuale è Tenugh, che già in passato era stato sconfitto, ma il suo spirito è sopravvissuto e ora cerca il cristallo rosso per recuperare un corpo. Oddio, spero sia tutto chiaro, l'introduzione è quasi più lunga del cap.! Recensite, mi raccomando!^__^ .

 

La terra tremò sotto gli zoccoli di cinque cavalli, e il silenzio della notte fu spezzato da un cupo rintoccare. I cinque cavalieri arrestarono i cavalli e guardarono il sentiero illuminato dalle fiaccole, attraverso il quale il rintocco profondo di una grande campana giungeva fino a loro.

Molto lentamente, l’aria tornò immobile e silenziosa. I cavalieri si guardarono in silenzio, esitando. Era chiaro che dalla Torre avevano avvertito il loro arrivo, ma avevano anche detto che qualcuno sarebbe venuto ad accoglierli.

Il giovane Rio scrutò gli alberi che circondavano il sentiero immerso nell’oscurità. Attesero qualche minuto, poi un forte scalpiccio echeggiò dall’ombra del sentiero, facendosi sempre più vicino. Un attimo dopo, un’alta figura seduta a cavallo uscì dall’oscurità e si fermò davanti a Rio, che la guardò trattenendo il fiato. Aveva davanti un Saggio, una delle più importanti figure della terra di Valdmurt che praticavano le arti magiche per sovrintendere al bene del mondo.

Il Saggio li scrutò con attenzione, come per accettarsi che fossero le persone che stavano aspettando; poi sorrise e disse: << Benvenuti alla Torre di Aldebaran, la dimora dei Saggi. Il mio nome è Hebel e sono stato mandato dall’anziano Fabius per scortarvi. Seguitemi, prego >>

Voltò il cavallo e li guidò su per il sentiero. Le fiaccole illuminavano ben poco, nascoste tra i rami e i cespugli. Hebel non rivolse più loro la parola. Rio sentiva comunque il cuore battere impetuosamente, più per la curiosità che per l’ansia.

Due giorni prima, durante un viaggio con il suo amico Mailo, aveva ricevuto un messaggio dalla Torre di Aldebaran che gli chiedeva di giungere alla Torre il più presto possibile. Fortunatamente erano già nella Regione del Nord, così che avevano raggiunto la loro meta in poco tempo.

Oltre a lui e Mailo erano state chiamate altre tre persone: la giovane Aiska, figlia del comandante dell’esercito di Blue Garden; Tinhos, proveniente come Rio e Mailo da Terrani. Rio non aveva mai avuto modo di rivolgergli la parola, ma trovava strano che Tinhos si fosse coperto il volto col cappuccio del mantello quando a Terrani andava in giro a capo scoperto. Infine c’era Alexander, che diceva di essere un viaggiatore senza una fissa dimora.

<< Eccoci arrivati >> disse Hebel.

I cinque cavalieri alzarono lo sguardo sulla gigantesca Torre che li sovrastava, nera contro il cielo blu scuro. Hebel smontò da cavallo e i cavalieri lo imitarono e lo seguirono attraverso il cortile fino ad una porta sui cui stipiti erano incise brevi frasi in una lingua straniera che Rio non conosceva.

<< Le vostre stanza sono già pronte, signori >> disse Hebel, voltandosi a guardarli una volta entrati in un piccolo atrio. << Riceverete spiegazioni domattina dalla giovane Denebola >>

Rio e Mailo si scambiarono uno sguardo.

<< Di cosa si tratta? >> chiese Alexander.

<< Saprete tutto domattina >> ripeté Hebel, affabile. Una giovane uscì dalla porta all’altro capo dell’atrio e si fermò con un inchino davanti il Saggio.<< Ti prego di mostrare ai nostri ospiti le loro stanze >>

La giovane annuì e fece un cenno a Rio e gli altri, che si affrettarono a seguirla. Prima di chiudersi la porta alle spalle, Rio lanciò un’occhiata sospettosa ad Hebel, domandandosi con una vaga inquietudine il motivo per cui tre soldati, la figlia di un generale e un uomo che sapeva maneggiare abilmente le armi fossero stati chiamati alla Torre di Aldebaran, sede dei più potenti in tutta Valdmurt.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo I - Primo incontro ***


Salve a tutti! Allora, vediamo se riesco a spiegare dov'è ambientata la storia, visto che quando l'ho iniziata l'ho scritta talmente di getto che non ho fatto caso ai dettagli. Dunque, la terra è formata da un unico, grande continente diviso in due parti: a nord ci sono i Regni Conosciuti e a sud, dove si svolge la storia, Valdmurt. In questo mondo vivono sia umani che esseri magici; l'equlibrio fra bene e male è retto dai Saggi, che però possono farsi aiutare dagli Ashik, ovvero guerrieri che hanno protetto la terra e hanno il compito di continuare a proteggerla. Il nemico attuale è Tenugh, che già in passato era stato sconfitto, ma il suo spirito è sopravvissuto e ora cerca il cristallo rosso per recuperare un corpo. Oddio, spero sia tutto chiaro, l'introduzione è quasi più lunga del cap.! Recensite, mi raccomando!^__^

 

<< Il cristallo ha scelto voi per salvarci da Tenugh >>disse Denebola, squadrandoli uno ad uno.<< Sappiate fin da ora che nessuno può ritirarsi da questo compito: è stata la decisione di un semplice ma potente cristallo a tracciare il vostro cammino e chi non rispetterà questa legge non potrà mai definirsi un vero Ashik >>La giovane si interruppe per vedere la reazione dei compagni.

Mailo, orgoglioso, indugiò sul posto; Aiska abbassò lo sguardo e Tinhos si infilò le mani in tasca. Solo Rio e Alexander non smisero di guardare Denebola nei suoi occhi nocciola.

<< Cosa decidete? >>incalzò Denebola.

<< Accetto >>disse subito Mailo.

<< Io pure! >>esclamò Tinhos.

<< Risponderemo tutti alla decisione del cristallo >>disse Rio. Guardò uno ad uno i compagni, nei loro sguardi fieri e coraggiosi. Non si accorse che Aiska si stava tormentando le mani dietro la schiena.

<< Riferirò ai Saggi. Intanto potrete rimettervi in forze nel cortile: Juliet vi darà del cibo >> disse Denebola. Scese dal podio ed uscì dalla sala.

<< Questa storia non mi convince >>sibilò Alexander non appena la porta si fu richiusa.<< Insomma, perché all’improvviso i Saggi hanno chiesto il nostro aiuto? I loro poteri sono decisamente superiori a quelli di Tenugh, potrebbero ucciderlo in dieci minuti. Cosa si aspettano da noi? >>

<< Non dobbiamo preoccuparci di questo al momento >>disse Mailo.

<< E di cosa, allora? >>domandò freddamente Alexander.<< Rio? >>

<< Ci sarà pure un motivo perché i Saggi si fanno chiamare così >>disse sommessamente Rio,<< e tutti noi conosciamo la leggenda dei due cristalli di Imder Nysri. La loro volontà è superiore a quella di chiunque altro e chi è chiamato deve soltanto obbedire >>

Alexander sbuffò: era inutile cercare di convincere quegli sciocchi, a fargli aprire gli occhi. Tutto quello a cui riuscivano a pensare era di essere ammessi tra gli Ashik.

<< Eppure… >>disse all’improvviso Aiska,<< non credo che Alexander abbia torto. Probabilmente i Saggi hanno troppa paura per affrontare Tenugh >>

<< Esatto! >>annuì Alexander.<< Chi ci garantisce che non vogliano usarci come scudo per difendersi da quel pazzo? >>

Qualcuno bussò alla porta, impedendo a Rio di ribattere. Juliet entrò.

<< Ero preoccupata >>disse timidamente.<< Sono dieci minuti che vi aspetto nel cortile >>

<< Già. Scusaci, Juliet >>disse Mailo lanciando un’occhiataccia ad Alexander.<< Veniamo subito >>

 

Denebola guardava i compagni uscire dalla Torre, in silenzio. I Saggi stavano ancora parlando, indecisi e turbati dalla decisione del cristallo verde. Avevano lasciato Denebola in disparte, perché era ancora troppo giovane e ignara delle complesse parole elfiche che si stavano scambiando.

<< Denebola >>disse dopo qualche minuto il vecchio Fabius,<< sei sicura di aver interpretato bene le parole del cristallo? >>

<< Si >>rispose Denebola, facendosi avanti.<< Il cristallo verde ha parlato chiaro. Tre giorni fa mi ha mostrato i volti di coloro che sconfiggeranno Tenugh. Li ho rintracciati abbastanza in fretta e ho mostrato loro la missione che devono portare a termine >>

<< E, stando a quello che ci hai detto prima, hanno accettato? >>disse diffidente la maga di Andromeda.

<< Esatto >>rispose la giovane.

<< Non sono spaventati >>disse Fabius,<< non hanno paura di quello che li aspetta. Sanno che dovranno recuperare il secondo cristallo di Imder Nysri? >>

<< Ho detto loro tutto quello che ho ascoltato dal mio cristallo >>disse Denebola.<< Non ho dimenticato nulla >>

<< Allora potremmo farli partire anche domani >>disse Hebel.<< Il tempo stringe e se Tenugh non verrà sconfitto subito, quello che succederà al nostro pianeta sarà terribile >>

<< Avvertirò il loro capitano >>disse Denebola.

Prima di andarsene, però, notò lo sguardo che si erano scambiati alcuni Saggi, cosa che la fece preoccupare.

Fuori nel cortile, Tinhos e Aiska chiacchieravano con Juliet, mentre in un angolo Mailo, Rio e Alexander mangiavano in silenzio un pezzo di pane.

Quando videro Denebola uscire dalla torre, Rio e Mailo scattarono in piedi.

<< Ho informato i Saggi >>disse la giovane.<< Ritengono che possiate partire anche domani, se per voi va bene >>

<< Io posso partire anche adesso >>esclamò Mailo, facendosi avanti.

Denebola annuì e chiamò Juliet.

<< Mostra a questi soldati le loro stanze >>ordinò,<< e forniscili di altre armi. Per domani dovrà essere tutto pronto >>

<< Sì, mia signora >>mormorò Juliet con un inchino.

<< Non ci dici nient’altro? >>chiese Rio a Denebola.

<< Vi ho detto tutto >>

<< Qualche altra informazione sul nostro viaggio? >>

<< Quello che sapete voi è quello che so io >>rispose seccamente Denebola.<< Il cristallo mi ha mostrato solo questo >>

<< Ci possiamo fidare? >>chiese Tinhos che intanto si era avvicinato con Aiska.

< >disse Denebola.<< Nessuno di noi ha mai mentito o sbagliato. Se c’è qualcosa che non ti convince, elfo, dimmelo  >>

Tinhos rimase senza parole. Come aveva fatto Denebola a scoprire che era un elfo quando aveva il volto coperto e non lo aveva detto a nessuno?

Si voltò verso i compagni, che lo guardavano tutti a bocca aperta. Solo Alexander si alzò e si pose davanti a Denebola. Nei suoi occhi brillava una strana luce.

<< Un elfo non può fare delle domande? >>

<< Non ho mai pensato questo >>replicò pacatamente Denebola.<< E’ solo che, essendo già di per sé un elfo, e come tale molto più vicino a noi Saggi, dovrebbe sapere che non mentiamo mai >>

Alexander si voltò a guardare Tinhos, che si era sfilato il cappuccio che gli copriva il volto. Una cascata di capelli castani si riversò fino alle spalle dell’elfo; il suo sguardo vacuo tramutò.

<< I cristalli di Imder Nysri sono complicati da usare >>disse il giovane elfo.<< Non metto in dubbio il fatto che tu sappia leggere il cristallo verde, ma anche una novizia potrebbe interpretare male >>

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Capitolo 3
*** Capitolo II - I compagni ***


Incolla qui il testo.

 

<< Anche una novizia potrebbe interpretare male >>borbottò la maga di Andromeda osservando la scena che si stava svolgendo nel cortile dalla Sala della Costellazione.

<< Non Denebola >>ribatté Mira.<< E’ lei la novizia che il cristallo verde ha scelto quando è nata. Denebola ha sempre interpretato bene le parole del cristallo, e non vedo il motivo perché questa volta non dovrebbe essere così >>

<< Perché questa volta è diverso, Mira >>s’intromise Fabius.<< E’ la prima volta che il cristallo prevede una cosa del genere, così grande perfino per noi >>

<< Ha solamente visto i prescelti che combatteranno Tenugh! >>lo interruppe Mira.<< Cosa c’è di strano? >>

<< Io non metto in dubbio le parole della tua pupilla, ma rispetto alle altre previsioni del cristallo verde, questa è più importante perché ha visto le persone che salveranno la Terra da Tenugh. Questo non è niente >>disse Fabius.

<< Pensiamo che Denebola possa aver interpretato male alcune parole, ecco >>disse Hebel.<< E’ ancora giovane. Come può una compagnia formata da un elfo e da un uomo esiliato per aver commesso un omicidio salvare l’intero mondo? >>

Mira si morse un labbro.

<< Già >>disse dopo un attimo di silenzio.<< Ma cosa possiamo farci noi? Tenugh è alle porte e quei soldati sono gli unici che conosciamo che possano salvarci. Denebola saprà qual è la posta in gioco, no? >>

<< Sì, ma penso sia necessario farla andare con loro >>disse Fabius.<< Tenugh è anche un mago, e le armi contro la magia sono completamente inutili. I poteri di Denebola potrebbero tornare utili >>

<< Ma… >>disse Mira, << può andarci un altro di noi con loro, invece che Denebola. E’ troppo piccola e la sua magia non è così sviluppata come credete. Tenugh la sconfiggerà in cinque secondi! >>

<< Ritengo Denebola abbastanza capace per affrontare un simile viaggio >>ripeté Fabius.<< Il cristallo dovrebbe aver visto anche questo >>

<< Denebola non lo sa >>disse la maga di Andromeda.<< Ce lo avrebbe detto, altrimenti. Non è una che nasconde simili cose >>

<< Le nostre decisioni sono indipendenti da quelle prese prima dal cristallo >>replicò Hebel.<< Non può prevedere tutto >>

<< Fabius >>mormorò Mira,<< Denebola è la mia prima novizia, non voglio mandarla incontro al nemico. Cerca di capire… >>

<< Allora sarà Altair ad informarla >>disse Hebel.

Un uomo dai capelli castani che aveva seguito la conversazione in silenzio aggrottò le sopracciglia e disse subito:<< Scordatevelo. Non sarò io ad ascoltare le lamentele di una novizia! >>

<< Lamentele? >>Mira si scaldò.

<< La tua pupilla non accetterà a braccia aperte questo compito >>disse Altair.<< E visto che è cresciuta con te posso immaginarmi già la sua reazione >>

<>strillò Mira, facendo sobbalzare tutti i presenti.<< Tu neanche la conosci quella ragazza! Come puoi dire che si metterà a piangere? Perché è proprio questo quello che hai insinuato! >>

<< Anche se Denebola non piangerà, io non voglio avere la responsabilità di dirle una cosa del genere! >>urlò Altair.<< Non contate su di me >>

<< Glielo dirò direttamente io >>ringhiò Mira.<< E se tu ti azzardi a dire di nuovo una cosa del genere su di me o su una mia pupilla, ti farò pentire di avermi conosciuto >>

<< Ora basta! >>ordinò ad alta voce Fabius, impedendo ad Altair di rispondere a tono a Mira.<< Ci riuniremo di nuovo, tutti quanti, per informare Denebola >>Spostò lo sguardo da Mira ad Altair.<< Siete d’accordo? >>

<< Manderò Leo a chiamare la ragazza >>disse la maga di Andromeda.

 

In cortile regnava un silenzio carico d’ira. Denebola, offesa e umiliata, non riusciva più a parlare dopo quello che aveva detto Alexander. Alexander, dal canto suo riteneva di aver detto giusto tutto quello che pensava sulla novizia di Mira. Già il fatto di essere stato scelto come protettore dei Saggi, che per altro non gli stavano neanche simpatici, lo aveva fatto rodere. Figuriamoci essere trattato come uno stupido da una ragazzina che cosa poteva significare per lui!

Rio si era contrapposto tra i due quando la discussione aveva preso una brutta piega.

<< Adesso basta >>stava dicendo.<< Alexander, non voglio ricordarti per la terza volta quali sono i poteri del cristallo verde, perché ormai l’avrai capito. E se è a Denebola che è stato affidato, perché insisti nel voler non aprire gli occhi? >>

Alexander sbuffò.

<< Io stavo solo dando ragione a Tinhos >>disse.<< Questa qui >>e indicò con l’indice Denebola,<< è soltanto una bambina e i poteri del cristallo sono decisamente superiori ai suoi. Potrebbe aver capito male tutto quello che le ha detto >>

<< Almeno io sono stata scelta da uno dei cristalli di Imder Nysri >>sibilò Denebola, rossa in volto ma con la voce ferma.<< Tu invece sei un reietto, assassino e per giunta di King’s Valley! Cosa speri di diventare dopo quello che ti è successo? >>

L’uomo avvampò e per un attimo sembrò volesse saltare addosso alla giovane. Rio lo tenne fermo per le braccia.

<< Tu non conosci la storia della mia vita! >>ringhiò Alexander, dimenandosi dalla presa di Rio.<< Non sai niente del mio passato e non sai neanche quale sarà il mio futuro! >>

<< Oh, non è difficile da prevedere >>ribatté Denebola.<< Se non cambierai presto atteggiamento finirai presto alla forca >>

<< Denebola! >>

Alexander si fermò e Rio lo spinse indietro, allontanandolo dalla giovane. Un adolescente si avvicinò a Denebola e le sussurrò qualcosa all’orecchio.

<< Vedi di darti una calmata >>bisbigliò Rio ad Alexander, che stava ancora fissando Denebola come una belva.

<< Hai sentito quello che mi ha detto! Mi sta provocando! Vuole per forza la lite! >>sibilò Alexander.

<< Se ti infuri così in fretta non verrai mai ammesso negli Ashik >>disse Rio.<< Vedi di ricordartene più spesso >>

Alexander trasse profondi respiri per calmarsi mentre la presa sulle sue spalle si faceva meno salda.

Dietro le sue spalle, Mailo, Tinhos e Aiska osservavano Denebola parlare con il giovane straniero appena uscito dalla torre. Aiska vide gli occhi della novizia illuminarsi di una strana luce mentre le sopracciglia si inarcavano.

<< Dovete scusarmi >>disse Denebola a Rio.<< I Saggi mi aspettano nella Sala della Costellazione. Ci rivedremo domani, molto probabilmente >>

Rio annuì e il suo sguardo seguì Denebola fino a quando questa non sparì con Leo nel palazzo.

<< Credo che possiamo andare >>disse Mailo dietro le sue spalle.

<< Cosa…? >>fece Rio voltandosi a guardarlo.

<< Non sei stanco? >>gli chiese Aiska.<< Domani dovremo partire subito >>

<< Vi prego di seguirmi, signori >>disse Juliet, spuntando da dietro un albero.<< Le stanze non sono lontane >>

I compagni seguirono la donna all’interno della Torre, passando per una porta secondaria. Mentre attraversavano un atrio più piccolo di quello principale, Rio si accorse che non era il solo ad osservare preoccupato Alexander. Mailo gli rivolse uno sguardo rassegnato e Tinhos, con i suoi occhi vacui, non fece che aumentare la preoccupazione nel capitano.

Aiska invece camminava guardando per terra anche se lanciava occhiate di nascosto ad Alexander. Anche lei non sembrava molto serena dopo quello che aveva sentito da Denebola.

 

<< Giovane Denebola, ti chiedo scusa per averti convocato di nuovo >>disse Fabius nella Sala della Costellazione.<< Ma io e gli altri Saggi dobbiamo chiederti un favore >>

<< Sì >>rispose lentamente Denebola. Non gli piaceva l’aria che tirava in quella stanza, né gli sguardi seri che si scambiavano Hebel e la maga di Andromeda.

Fabius fece un segno a Mira, che si alzò.

<< Denebola, cercherò di non girarci troppo attorno a questa cosa >>disse Mira.<< Quindi te lo chiedo subito, a nome di tutti i Saggi >>Si interruppe, come se per lei continuare a parlare provocasse grande dolore.

Altair la guardò con disprezzo ma non disse nulla. Volse invece la propria attenzione sulla novizia, chiedendosi quale potesse essere la sua reazione alla notizia.

<< Mia giovane novizia >>riprese Mira con voce tremula, << so che questo il cristallo verde non te lo ha detto, ma pensiamo possa essere una buona idea che tu partissi insieme ai soldati che hai convocato >>

Denebola, che si sarebbe aspettata di tutto tranne questo, faticò a nascondere la propria sorpresa.

<< Cosa rispondi? >>chiese Fabius.

<< Io… >>disse Denebola, sentendosi all’improvviso a disagio, di fronte alla prima vera decisione che prendeva da sola. Qualcosa brillò sotto le sue vesti azzurre, interrompendo i suoi pensieri. Il cristallo verde. Denebola lo tirò fuori.

Il cristallo, girando ad alta velocità, sospeso nell’aria sulla mano di Denebola illuminava la sala di una fredda luce verde. Piano piano, però, prese a roteare lentamente, fino a fermarsi. Fabius scattò in piedi. La sala si fece di colpo buia, e l’unica luce era quella verdognola del cristallo di Imder Nysri.

Qualcuno sussurrò sommessamente.

<< Cosa sta accadendo? >>chiese Altair a bassa voce. Ora tutti i Saggi erano in piedi.

<< Il cristallo parla >>rispose Fabius, guardando affascinato e preoccupato allo stesso tempo la figura dell’oggetto.

<< Cosa dice? >>chiese la maga di Andromeda.

Fabius scosse la testa:<< L’unica persona che può capirlo è Denebola >>

Mira fece per scendere dal podio, ma qualcuno la bloccò.

<< Devo avvicinarmi >>Mira si divincolò.

<< Fai silenzio >>le ordinò Altair, << e ascolta questa voce: non ti sembra familiare? >>

Mira si fermò.

<< Maestra >>La voce di Denebola risuonava distante, ma aveva comunque lo stesso tono di sempre.

<< Parla, novizia, ti ascoltiamo >>esclamò Fabius cercando di scorgere la ragazza in mezzo alle tenebre.

Come in risposta alla richiesta del vecchio Saggio, l’oscurità che regnava nella stanza si dissolse, e la luce tornò a illuminare la scena.

Mira sbarrò gli occhi.

Denebola si era inginocchiata rispettosamente in mezzo alla stanza. Il cristallo volteggiava ancora sopra la sua testa.

<< Saggi, il cristallo mi ha parlato di nuovo >>disse con voce ferma.<< Mi ha dato la dimostrazione dei poteri di Tenugh e ho visto quello che è successo ai villaggi a sud >>Si zittì un attimo.

I Saggi l’ascoltavano senza dire nulla. Altair, completamente preso dalla ragazza e dal cristallo verde, si era dimenticato di Mira, intrappolata nel suo abbraccio. Anche Mira non faceva più caso a nulla, tranne che alla sua novizia.

<< Accetto >>disse Denebola.

<< Ne ero sicuro >>sorrise Fabius, avvicinandosi alla ragazza. Le pose una mano sulla testa e lei si alzò.

Anche gli altri Saggi si avvicinarono.

<< Sono contento di aver ascoltato la voce del cristallo >>mormorò Hebel, dando un buffetto sulla guancia di Denebola.<< Sei stata brava >>

<< Ora non ho più dubbi >>disse la maga di Andromeda.

Altair lasciò andare Mira, che solo in quel momento si accorse di quello che era successo.

<< Scusami >>le mormorò l’uomo all’orecchio. Insieme si avvicinarono a Denebola e Mira l’abbracciò.

<< Sono fiera di te >>disse.

Denebola sorrise.

<< Non ti deluderò, maestra >>sussurrò.

<< Devi prepararti, Denebola >>disse Fabius.<< Domani partirete all’alba, insieme a noi >>

<< Dovrò usare le armi? >>chiese Denebola.

<< L’unica arma che devi usare sarà quella che ti consegnerò stasera >>disse Andromeda.<< Scendi in cortile. Ti aspetteremo lì >>

Denebola annuì a fatica. Aveva il fiatone, ma sembrava che nessuno se ne fosse accorto. Nessuno…ma Altair non era nessuno. Osservava con attenzione la giovane e quando Denebola ripose il cristallo sotto la veste, i suoi occhi saettarono. Denebola se ne era accorta, ma non disse nulla ed evitò di incrociare lo sguardo del Saggio mentre veniva riaccompagnata nei propri alloggi da Mira.

<< Affronterà nemici molto più grandi di lei >>disse Fabius.

<< E’ una ragazza in gamba e saprà cavarsela >>disse con decisione Hebel.<< Hai fatto bene ad affidarla alle cure di Mira >>aggiunse con un’occhiata di sfida ad Altair.

Altair alzò le spalle.

<< Spero per lei che non si faccia uccidere subito >>disse.<< Non ha la stessa forza dei miei pupilli >>

<< Forse, ma riceverà presto un dono, o no? >>sussurrò Hebel, guardando l’amico con un ghigno.

<< Non se lo merita >>ribatté Altair.

<< Ma se si fosse trattato di un tuo protetto, allora… >>disse la maga di Andromeda.

<< Non faccio favoritismi come il tuo predecessore Pegasus >>disse Altair mentre uscivano tutti e tre dalla Sala della Costellazione.<< Io giudico le persone anche per il loro carattere e per la forza di volontà >>

<< Almeno adesso anche noi abbiamo il nostro rappresentante >>sospirò Hebel.<< Tre soldati di Terrani, uno di Blue Garden e un altro di King’s Valley. Le capitali sono riunite >>

 

<< Scordatelo! Non userò nessuna arma se non che la mia! >>obiettò Mailo quando Juliet gli porse una spada.

Si trovavano in uno dei tanti alloggi della Torre di Aldebaran. C’era abbastanza spazio per ospitare quattro persone: Aiska alloggiava in una stanza adiacente a quella dei suoi compagni.

Juliet, che era appena uscita per andare al terzo piano per un motivo ignoto, era appena tornata con una manciata di spade e archi, aiutata da altre due donne.

<< Vedi di non dire stupidaggini, Mailo, e prendi la spada >>disse Rio.

<< Mi spiace, ma rimarrò fedele alle armi di Terrani! >>esclamò Mailo con voce perentoria.

<< Dove speri di andare con quella cosa che ti porti dietro? >>lo rimbeccò Alexander che stava esaminando un arco.<< Con quella non arriveresti nemmeno alla prossima settimana! >>

<< Non ho chiesto il tuo parere! >>replicò freddamente Mailo.

Juliet posò la spada e fece per andare da Aiska, ma Mailo, dopo aver riflettuto per qualche secondo, la fermò.

<< Non dubito delle armi che avete qui >>le disse,<< solo che ho sempre combattuto con la spada che mi diedero quando partii per la guerra, e da allora la porto sempre con me anche se è vecchia. Per me ha un grande valore. Ma penso che prenderò lo stesso questa >>

Juliet sorrise mentre il soldato di Terrani sollevava la spada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III - Comincia il viaggio! ***


Incolla qui il testo.

 

<< Sei sicura della tua scelta? >>le chiese Mira, guardandola preoccupata.

<< Sì, maestra >>

<< Non prenderla come una costrizione. Gli altri Saggi ritengono sia necessario. A dire la verità, io non volevo che partissi >>

<< Per me non c’è alcun problema >>replicò Denebola.

<< Cosa ti ha detto il cristallo? >>

<< Le solite cose. Tenugh diventa sempre più forte ed è molto vicino al secondo cristallo di Imder Nysri. Se lo troverà riacquisterà il suo aspetto umano e potrà operare incantesimi molto più potenti di quelli che ha usato fino ad ora >>

<< Il cristallo che custodisci tu potrebbe tornargli utile? >>chiese Mira.

<< Dipende dai piani che ha >>rispose piano la novizia.<< Se mostrerà interesse per Deri, questo me lo direbbe. Per il momento so solo questo >>

Mira sospirò.

<< Sai, probabilmente questa sarà l’ultima volta che ci vedremo >>mormorò.<< Domani partirò molto presto >>

<< Ma Fabius ha detto che ci accompagnerete >>esclamò Denebola, scattando in piedi.

<< Io andrò con un altro gruppo >>

<< Non è giusto! >>esclamò la giovane.<< Chi verrà con noi, allora? >>

<< Fabius, la maga di Andromeda, Altair e i loro pupilli >>disse Mira.

<< E tu non potresti prendere il posto di Altair? >>chiese Denebola.<< Non voglio che quello ci accompagni! >>

<< E’ stato Fabius a decidere >>disse Mira.<< Comunque non è di questo che devi preoccuparti. Piuttosto cerca di tornare per la Cerimonia di fine anno. E’ solo fra due mesi e… >>S’interruppe bruscamente, con un nodo alla gola, e si voltò.

<< Mira? >>disse Denebola.<< Che cosa c’è? >>

<< Niente, niente >>borbottò Mira.<< Non farci caso… >>

<< Maestra, non devi preoccuparti, saprò cavarmela >>disse Denebola.<< In fondo sei stata tu ad insegnarmi le arti magiche e tutti lo sanno che tu sei una delle maghe più potenti della Torre di Aldeberan >>

<< Ci sono molti altri maghi più forti di me, là fuori >>replicò Mira, voltandosi.<< Denebola, è stato difficile per me accettare l’idea di Fabius >>L’abbracciò di nuovo.<< Ma mi fido di te >>continuò dopo un po’,<< e so che ce la farai. Insieme a te viaggiano alcuni tra i più forti soldati di Valdmurt. Ma se Tenugh lo venisse a sapere vi metterebbe in serio pericolo: è un maestro provocatore. Creare sogni reali nei quali intrappolare e distruggere le sue vittime, è una delle sue doti maggiori >>

<< Non mi farò ingannare >>disse Denebola, ferma, << e farò sì che tu sarai orgogliosa di me, maestra >>

<< Sì… >>sussurrò Mira mentre tratteneva a stento le lacrime.

La novizia invece si era già sciolta in un pianto silenzioso che cercava di nascondere in quell’abbraccio.

<< Ora devo andare >>disse la Saggia.<< Partirò fra poche ore e devo riposarmi >>Guardò Denebola con uno strano sguardo.<< Fai attenzione, mi raccomando >>

Denebola annuì a fatica. Con un ultimo, breve abbraccio Mira salutò la sua pupilla ed uscì dalla stanza.

Mentre camminava nel corridoio illuminato dalla luna, incontrò Altair, che andava nella direzione opposta.

<< Cosa fai qui? >>le domandò il Saggio con voce sospettosa.

<< Sono andata a salutare Denebola >>rispose Mira, gelida.

<< Ah… >>fece Altair. La luna illuminava il viso di Mira, e Altair si accorse che aveva una strana espressione.

<< Hai pianto >>mormorò l’uomo. Non era una domanda, anzi, una pura constatazione.

<< No! >>esclamò Mira.<< Che ti stai inventando? >>

<< Allora ha pianto la tua novizia >>insisté Altair.<< Me ne accorgerò, fra poco >>

<< Perché, cosa devi fare? >>gli chiese Mira.

<< Questa sera Denebola riceverà l’arma che l’accompagnerà per tutto il viaggio >>rispose Altair.<< Dato che non sa usare nemmeno una spada, dovremo richiedere il potere di più di una stella >>

<< Denebola conosce la strada per andare in cortile >>disse Mira,<< non c’è bisogno che la vai a prendere tu >>

<< Me lo ha chiesto Fabius >>ribatté Altair con una smorfia.<< Credimi, neanche io volevo venire fin quassù >>

Mira scosse il capo.

<< Salutala da parte mia >>disse prima di allontanarsi.

<< Ma lo hai già fatto >>disse l’uomo con un ghigno.<< Non ti pare di essere un po’ troppo sentimentale? >>

Mira strinse i pugni, ma preferì non dire nulla. Odiava così tanto Altair che rispondergli a tono o lanciargli un incantesimo non sarebbe servito a nulla. Lo conosceva da tanto tempo, e il carattere dell’uomo non era mai cambiato. Sempre antipatico, sarcastico, incapace di comprendere i sentimenti…era così che Mira lo descriveva. A differenza di lei, che ne aveva avuto uno, Altair aveva avuto fino a quel momento cinque pupilli, benché avessero entrambi la stessa età. E questo era uno dei motivi per cui la prendeva sempre in giro.

Mira aveva cresciuto Denebola come se fosse stata sua figlia. L’aveva presa quando la piccola aveva solo due anni, sapendo che era stata scelta dal famoso cristallo di Imder Nysri. A questa notizia Altair si era mostrato un po’ geloso e vedendo che con Denebola cresceva anche il potere del cristallo, aveva chiesto a Mira di poter tenere lui la novizia, anche se non gli andava per niente.

Non era la prima volta che Altair aveva manifestato interesse verso forme di potere, e sapere che vicino a lui c’era un oggetto così potente non lo faceva dormire la notte. Ma dopo quello che era successo quel pomeriggio, Altair si rese conto che, anche se fosse entrato in possesso del cristallo non sarebbe mai riuscito a interpretare le sue parole.

Altair alzò una mano avvolta da bende e bussò alla porta. Denebola aprì e alzò le sopracciglia quando vide chi era.

<< E’ inutile che fai quella faccia >>sibilò Altair, << neanche io volevo. Vieni, le costellazioni inizieranno a brillare fra pochi minuti >>

<< Va bene >>disse Denebola; ma prima che potesse richiudere completamente la porta, Altair la afferrò al mento e la guardò dritto negli occhi.

<< Che cosa fai? >>esclamò Denebola, divincolandosi.<< Lasciami! >>

<< Avevo ragione. Hai pianto >>sussurrò Altair con un ghigno, tenendo ben salda la presa.

Denebola ne aveva abbastanza. Alzò le braccia per allontanare Altair, ma le mani di lui scivolarono lentamente sulla catenella al collo della giovane, alla quale era attaccato il cristallo, per poi scendere verso il cristallo verde. Denebola raccolse tutte le forze e spinse Altair indietro, e l’uomo sembrò tornare in sé.

<< Cosa… >>mormorò con sguardo vacuo, come riscossosi da un sogno. Poi, vedendo come Denebola lo guardava, gli tornò tutto alla mente.

<< Non azzardarti mai più! >>ringhiò Denebola, tenendosi a distanza.

<< Perdonami >>disse Altair.<< Non è come credi! Volevo solo… >>

<< Ho capito cosa volevi! >>Denebola alzò la voce.

<< No, invece! Lascia che ti spieghi… >>

<< Non credere di prendermi alla sprovvista, Altair! La tua mente era concentrata su una cosa sola! Guai a te se ci riprovi! >>

<< Non volevo farti nulla! >>quasi urlò Altair.

<< A me no! Ho capito cosa stavi facendo! >>disse Denebola.<< Non puoi desiderare il cristallo !>>

<< E infatti non lo desidererò più >>ribatté Altair.<< Adesso seguimi. Siamo in ritardo >>

Denebola toccò la catenella dove era attaccato il cristallo verde, che portava al collo, prima di seguire Altair in cortile. La maga di Andromeda attendeva sotto un pioppo, in silenzio.

Quella notte le stelle brillavano più del solito e le costellazioni dell’Aquila e di Andromeda erano molto più vicine. Altair e Denebola raggiunsero la Saggia.

<< Ascolta in silenzio >>ordinò Altair alla giovane.

La maga di Andromeda allargò le braccia e le alzò al cielo. La costellazione di Andromeda e quella dell’Aquila divennero più splendenti e il cortile si illuminò di una luce bianca e dorata.

<< Andromeda, stella lucente,

protettrice dei cuori e delle menti.

Tu che preservi dalle tentazioni

offri a questa ragazza i tuoi doni!

Un lungo viaggio deve affrontare

Ed ella non può esitare.

Contro Tenugh l’Ingannatore,

l’ incantatore della mente,

fornito di potere

e sprovvisto di corpo deve combattere.

Ma magia e spada non possono batterlo.

Dunque ti prego

Offri alla novizia la tua arma >>

La maga si zittì, poi rimase in attesa.

Altair le si affiancò e si portò una mano alla fronte.

<< Costellazione dell’Aquila,

stelle lucenti,

di molti uomini tracciate i sentieri.

Altair, stella guida,

degli Ashik speranza viva.

Ascolta le mie parole.

Da compiere una missione,

da sconfiggere un essere malvagio.

Egli, maestro di oscura magia,

della tentazione indica la via.

Colui che corpo non ha,

ma le debolezze del nemico sa

Aquila, guida nei luoghi più scuri,

fa che questa giovane non manchi di giorni sicuri >>

 

La luna sparì dietro un gruppo di nuvole, ma la luce che emanavano le due costellazioni illuminava la scena di una luce pallida e innaturale. Altair e la maga di Andromeda alzarono gli occhi al cielo. Denebola fece lo stesso. Una scia bianca squarciava il nero della notte, e Denebola dedusse che si trattava della Via Lattea, ma si accorse che era più piccola.

Voleva chiederlo alla maga di Andromeda, ma il suo sguardo fu catturato da qualcosa che si muoveva sopra di loro e che scendeva dolcemente.

Un gruppo di stelle, staccatesi dalla costellazione di Andromeda e dell’Aquila scesero verso i due Saggi, che le accolsero tra le loro mani, dove si plasmarono in un unico oggetto.

Le stelle della costellazione di Andromeda, molto più numerose, si erano unite a formare un lungo bastone di legno con in cima un incavo di legno bianco.

Altair invece aveva tra le mani una croce di colore blu scuro con sopra dei puntini bianchi. Era più grande delle altre croci, ma quando l’uomo le si avvicinò, Denebola vide che sull’oggetto era raffigurata l’intera volta celeste.

<< Questa >>disse Altair, << è la croce della mia stella guida. Ti indicherà la strada quando sarai indecisa e ti donerà energia quando ti troverai in seria difficoltà >>

Denebola prese la croce tra le sue mani: era calda e morbida al tatto, come se fosse riempita d’acqua.

<< Il bastone di Andromeda potenzierà i tuoi incantesimi >>disse la maga.<< Usalo per difenderti dagli avversari >>

 

Aiska era seduta sulla finestra della sua stanza, separata da quella dei suoi compagni da una tenda di velluto scuro. Osservava il paesaggio perdersi nel buio della notte mentre la luna illuminava la stanza. Una strana sensazione cresceva dentro di lei.

<< Sei ancora sveglia >>

<< Tinhos… >>Aiska si voltò.

L’elfo si sedette accanto a lei. Si era tolto il mantello e i suoi capelli castani si muovevano al venticello che aveva iniziato a tirare.

<< Come mai non sei già a letto? >>chiese ad Aiska.

<< Potrei farti la stessa domanda >>ribatté Aiska con gentilezza.

<< Non riesco a dormire >>rispose Tinhos.<< Sapere quello che dovrò affrontare mi spaventa e affascina allo stesso tempo >>

Aiska lo guardò.

<< Penso che valga anche per me >>disse a bassa voce.<< Gli altri sono riusciti ad addormentarsi?Non si sentono più >>

<< Il silenzio non vuol dire per forza che qualcuno stia dormendo >>disse l’elfo.<< C’è chi ha paura e sta zitto. Ma anche chi non ha paura e non riesce a dormire tace e lascia trascorrere la notte nel suo blu intenso >>

Aiska sorrise sentendolo parlare così, dato che erano poche le persone che conosceva che si esprimevano con una tale profondità nella voce.

Per un po’, nessuno dei due disse più nulla. Tinhos osservava il cielo e le stelle si riflettevano nei suoi occhi scuri.

<< Da dove vieni? >>gli chiese infine Aiska.

<< Da Terrani >>rispose Tinhos.<< Sono un soldato della città >>

<< Sei nato lì? >>

L’elfo la guardò e si morse il labbro.

<< Non so cosa risponderti >>mormorò.<< Sono cresciuto in una famiglia di uomini, ma non ho mai saputo nulla delle mie vere origini. Quando sono partito, sei anni fa, speravo di incontrare nei miei viaggi la mia vera famiglia, ma fino ad ora non ci sono riuscito >>

<< La tua famiglia adottiva non ti ha potuto spiegare nulla? >>domandò la donna.

Tinhos scosse il capo.

<< Cambiavano sempre argomento >>disse. << Dopo un po’ rinunciai a chiedergli notizie su quando e dove mi avevano trovato >>Sospirò, e Aiska si accorse che era diventato all’improvviso triste.

<< Scusa >>disse in fretta,<< non pensavo che fossi all’oscuro delle tue origini >>

<< Figurati >>replicò Tinhos.<< Tu invece, di dove sei? >>

<< Blue Garden >>rispose lei.<< Sono la figlia del capitano >>

<< Hai mai combattuto? >>

<< Un sacco di volte! Mio padre mi ha sempre portato con lui in guerra, da quando ho compiuto venti anni >>

<< Strano. Non riesco a pensare a te che uccidi qualcuno >>disse Tinhos, serio.<< Di solito le donne che combattono sono più loquaci di te, o almeno le poche che conosco io >>

<< E’ perché io non ho nulla da dire >>spiegò Aiska.<< E poi ci conosciamo solo da quattro giorni. Non saprei di cosa parlare con voi >>

<< Col tempo impareremo a conoscerci meglio tutti quanti >>disse Tinhos con voce rassicurante.

<< Se ci sarà il tempo per farlo >>Aiska abbassò il capo.<< Se non cedo prima >>

<< Questa è una vera sciocchezza! >>esclamò Tinhos fissandola sorpreso.<< Non puoi sapere cosa accadrà. Nessuno può saperlo >>

<< C’è chi legge il proprio futuro nelle stelle >>disse Aiska.<< Se anch’io sapessi farlo, saprei già come comportarmi >>

<< Io so farlo >>disse piano Tinhos, esitando un attimo.<< Ma, fatto una volta, preferisco lasciar fare al tempo. Non è bello sapere cosa ci accadrà in anticipo >>

<< E se si trattasse di una cosa terribile? >>

<< Vale lo stesso. Quando arriverà il momento in cui dovremo lasciare questa terra, allora lo faremo senza rimpianti e senza cercare di prevenirlo >>L’elfo tornò a guardare le stelle.

<< Stanotte c’è più luce >>mormorò Aiska, guardando affascinata il cielo.

<< Le stelle brillano con più vigore >>annuì Tinhos, << è un buon segno >>

<< A proposito >>disse Aiska, tornando a guardare l’amico,<< anche Rio e Mailo sono di Terrani, giusto? >>

<< Penso di sì >>rispose Tinhos,<< ma non ci siamo mai incontrati. Io mi trovavo in un plotone diverso dal loro >>Scese dalla finestra.<< Forse è meglio che vada. Non voglio partire mezzo addormentato, fra poche ore >>

<< Se riesci a dormire >>bofonchiò Aiska con le palpebre improvvisamente pesanti.

Tinhos la salutò con un gesto del capo e scomparve oltre la tenda.

 

Il sole non era ancora sorto, ma già una pallida luce s’insinuava tra le mura della Torre.

Fabius era insieme ad altre quindici persone, tra cui Altair e la maga di Andromeda. Il sentiero che portava fuori dal territorio della torre di Aldebaran era ancora immerso nell’oscurità. Denebola, Rio, Aiska, Tinhos, Mailo e Alexander s’incrociarono all’uscita in cortile. Non si dissero nulla, ma quando Denebola gli passò accanto Rio si accorse che la novizia indossava un lungo vestito viola ed un mantello verde chiaro. Si stupì di quelle vesti, dato che solitamente le indossavano solo i Saggi.

Fabius li osservò uno ad uno quando si fermarono davanti a lui.

I novizi, notò Aiska, osservavano Denebola con un velo d’invidia negli occhi.

Portavano tutti una piccola lanterna.

Il gruppo iniziò a muoversi. Fabius, in testa, lanciava sguardi preoccupati davanti a sé; era seguito da Altair e la maga di Andromeda. La luce aranciata del mattino di Valdmurt non riusciva a passare attraverso gli alberi del sentiero.

Aiska camminava accanto a Mailo: quella mattina nessuno aveva proferito parola; anche i loro sguardi erano inespressivi. Rio e Alexander erano dietro di loro. Non sembravano preoccupati per quello che dovevano affrontare, piuttosto erano curiosi di saperne di più sul nemico che avrebbero dovuto sconfiggere. Tinhos si era coperto di nuovo il viso, ma i suoi occhi percorrevano il sentiero. Denebola era l’ultima. Camminava a testa china, appoggiata al bastone che aveva ricevuto quella notte. Aveva riposto la croce di Altair accanto al cristallo, sotto la veste.

Camminarono per quasi mezz’ora, nel più assoluto silenzio. I soldati erano completamente assorbiti da quella atmosfera da non accorgersi che i novizi avevano spento le lanterne da più di dieci minuti.

La chiara luce rosea dell’alba iniziava ad illuminare i Saggi e i compagni, mentre un’aria fresca si diffondeva tutt’attorno. Il sentiero terminò con un bivio su un laghetto. I Saggi si voltarono verso i soldati.

<< Da questo punto in poi viaggerete da soli >>disse Fabius a Rio e Denebola.<< Noi non possiamo proseguire. Prendete la strada che porta a Royal. Buona fortuna >>

I sei compagni guardarono i Saggi allontanarsi, in silenzio. Quando sparirono alla loro vista, Rio si voltò.

<< Andiamo >>disse.

Iniziò il viaggio.

La strada per Royal era quasi tutta in collina, tranne il tratto che usciva dal territorio della torre di Aldebaran, quello attraversato dal Green River, che era pianeggiante. I sei compagni marciarono per sei ore, in silenzio, fermandosi ogni tanto per controllare se stavano andando nella giusta direzione.

<< Quanto dista per la precisione Royal? >>chiese Mailo.

<< Tre o quattro giorni a piedi >>rispose Rio, mentre sostavano all’ombra di un bosco.<< Spero solo di non incontrare le guardie di Tenugh >>

<< E’ probabile che ce ne siano >>disse Tinhos<< Più avanti. Tenugh si accorgerà che siamo partiti >>

<< A proposito >>disse Alexander<< Nessuno mi ha ancora spiegato quali sono i poteri di questo Tenugh >>Così dicendo si voltò a guardare Denebola, che ricambiò lo sguardo.

<< I suoi poteri mi sono sconosciuti >>rispose la ragazza con freddezza.<< So che ha il dono di vedere al di là dei suoi occhi, cioè di leggere nel pensiero >>

<< Questo ce lo hai già detto >>replicò Alexander.

<< Allora non chiedermi nulla se sai già tutto! >>esclamò Denebola, voltandosi.

<< Io non ho detto che so tutto >>disse Alexander iniziando ad irritarsi.<< Se fosse così allora non avrei bisogno di spiegazioni. Ma visto che qua sei tu che ci hai chiamati tutti per uccidere Tenugh, pensavo che sapessi qualcosa di più di quello che ci hai detto! >>

<< Non so nient’altro >>disse Denebola.<< Vi ho detto tutto. Tenugh possiede molti poteri. E’ in grado di stregare le persone, di controllare le menti della gente come fossero burattini >>.Si voltò e si accorse che tutti la ascoltavano con attenzione.<< Ancora non sa che siamo partiti, ma quando se ne accorgerà farà di tutto per fermarci. E’ una persona assetata di potere. Non risparmierà nessuno per avere il cristallo rosso >>

<< Hai idea di dove si trovi ora? >>domandò Rio.<< Il cristallo, intendo >>

<< Purtroppo no, altrimenti saprei dove cercare >>rispose Denebola.<< Quando ci troveremo abbastanza vicini al cristallo rosso, il mio ci avvertirà >>

<< Il cristallo di Imder Nysri potrebbe trovarsi ovunque >>ribatté Aiska.<< Può darsi che si trovi a sud, a centinaia di chilometri da qui >>

<< No >>disse Rio,<< Fabius è convinto che si trova nella Regione dei Monti >>

<< Questa regione non è piccola >>disse Alexander.<< Ci vorranno mesi per esplorarla tutta >>

<< Non è un problema >>disse Denebola guardandolo.<< Se qualcuno trovasse il cristallo lo sapremmo subito. Si tratta di tempo, ormai >>

<< Ma sei il cristallo verde non ti ha mai avvertita >>disse lentamente Mailo,<< ciò significa che il suo gemello si trova ancora nascosto da qualche parte nella regione >>

<< Esatto >>disse Denebola.

<< Sei sicura che a Tenugh serva solo il cristallo rosso? >>chiese dubbioso Tinhos.<< Entrambi i cristalli potrebbero sprigionare un’energia superiore e dotarlo di immensi poteri >>

<< Questo non lo so >>mormorò Denebola.

<< Va bene >>Rio si alzò.<< Ci siamo riposati abbastanza, e bene o male abbiamo qualche notizia in più di prima. Rimettiamoci in cammino >>

<< Dove dobbiamo andare adesso? >>chiese Alexander gettando uno sguardo dubbioso al bosco.

<< A ovest >>disse Aiska, << Royal è dalla parte… >>

Un rumore improvviso la interruppe e tutti si voltarono verso il bosco dietro di loro. Qualcosa si muoveva a pochi metri da loro, nascosta in mezzo ai cespugli.

<< Non può essere una spia! >>sibilò Denebola.<< Non così presto! >>

Rio, Tinhos e Alexander sguainarono le spade e si avvicinarono agli alberi. Il rumore si ripeté di nuovo, questa volta più debole, come se chi lo stesse facendo si fosse accorto di essere stato scoperto. Tinhos si chinò sui cespugli e scansò le foglie con la spada. Per terra, in mezzo alle foglie secche c’erano delle strane impronte, molto piccole.

Rio tirò un respiro di sollievo.

<< Deve essere stato un animale >>disse riponendo la spada.

<< Quale animale ha delle simili zampe? >>mormorò Alexander, sfiorando le impronte.

<< Non toccarle! >>lo avvertì Tinhos.

<< Perché? >>

<< Non sappiamo a chi appartengono >>rispose l’elfo.

<< Che ce ne importa? Probabilmente era solo un coniglio! >>disse Mailo.

<< Nessun coniglio lascia impronte del genere >>replicò Aiska avvicinandosi.<< Non ho mai visto un animale con zampe così piccole >>

<< Lasciate perdere >>disse Rio,<< non dobbiamo avventurarci nel bosco, perciò queste tracce non sono affar nostro. Muovetevi, ci siamo fermati anche troppo >>

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - Separazione ***


Incolla qui il testo.

 

 

<< Eppure non sono ancora convinta >>borbottò Aiska.

Ormai tra loro e il bosco c’erano più di cinquecento metri, e le sommità degli alberi stavano già scomparendo mentre loro andavano in discesa.

<< Qualunque cosa fosse non era umana >>disse Tinhos.

<< Ne sei sicuro? >>disse Alexander gettando un’occhiata indietro.

<< Pensaci. Quelle impronte erano minuscole e anche abbastanza profonde >>disse Tinhos.<< Quale animale può avere delle zampe così piccole e lunghe? >>

<< Un ragno >>rispose Denebola.

<< Impossibile. Sono quasi due secoli che non si vedono ragni nei boschi >>la contraddisse Alexander.<< Voi cosa ne pensate? >>chiese a Mailo e Rio.

<< Non sono affari che ci riguardano >>rispose Rio, marciando avanti a loro.<< I boschi sono pieni di animali. Ci vorrebbe un’intera notte per scoprire con chi avevamo a che fare >>

<< A proposito di notte >>disse Mailo guardando il cielo.<< Si sta già facendo buio >>

<< Non ci fermeremo di nuovo >>disse Alexander.

<< Viaggeremo al buio? >>disse Aiska.

<< Hai paura? >>le chiese Alexander.

<< Questi territori non sono pericolosi >>la rassicurò Denebola.<< Sono deserti e nessuno osa venirci, soprattutto di notte >>

<< Come mai? >>chiese Tinhos.

<< Si dice che questa sia la Piana dei Morti >>rispose tranquillamente Denebola.<< Cinque secoli fa qui si è combattuta una sanguinosa battaglia fra vari popoli. I morti furono numerosi e non ci fu nessun vincitore >>

<< Perciò il generale di un esercito, vedendo cadere i suoi uomini insieme a tutti gli altri, urlò delle parole  >>continuò Alexander.<< Una maledizione, o qualcosa del genere >>

<< Conosci anche tu questa storia? >>sussurrò Aiska. In lontananza, un fulmine illuminò il cielo.

<< Storia? >>ripeté Alexander.<< Questa è solo una stupida leggenda. Da piccolo me la raccontavano gli anziani della mia città per intimorirmi, ma in realtà qui non è successo un bel niente! >>

<< Sì, invece >>replicò Denebola.

<< Come? >>dissero Aiska e Alexander all’unisono.

<< Quello che hai detto tu, Alexander, è vero >>disse Denebola.<< La Battaglia dei Maledetti. E’ così che la chiamano. Il generale di quell’esercito urlò delle comuni parole, che si trasformarono in maledizione >>

<< E cosa direbbero queste parole? >>chiese Mailo, che seguiva la conversazione con interesse.

<< Nessuno me lo ha mai voluto dire >>rispose la ragazza.

<< E tu lo sai? >>Mailo si rivolse ad Alexander.

L’uomo alzò le spalle. Rio si fermò di colpo.

<< Cosa c’è? >>chiese Tinhos.

Rio si portò un dito sulle labbra e indicò davanti a sé. Una figura scura, poco lontano da loro, avanzava lentamente, emettendo strani versi gutturali. Il cielo si era oscurato a tal punto che era impossibile scorgere qualcos’altro.

<< Il fantasma del generale? >>borbottò Mailo, con un sorriso sbieco.

<< Denebola, tu porti sfortuna! >>esclamò Alexander.

Denebola gli diede una gomitata.

<< Sssh! >>sibilò Rio.<< Forse non si è accorto di noi! >>

<< Cosa facciamo? Lo attacchiamo? >>chiese Aiska.

<< Non muoviamoci se lui non ci fa niente >>disse Rio.<< Non sembra molto forte >>

La figura non si era accorta di nulla e continuava a camminare, sempre rantolando, finché non echeggiò da qualche parte nella piana un rumore spezzato.

Tutti e sette si fermarono, inconsapevoli di trovarsi molto vicini. Il rumore si ripeté e Mailo, gettando all’aria ogni prudenza, prese la spada, subito imitato da Alexander e Tinhos.

<< Fermi! >>esclamò Rio.

La figura lo guardò e Rio la guardò a sua volta. Lo sconosciuto era avvolto in un mantello nero col cappuccio. Sul petto però c’era una macchia rossa ancora fresca. Il rumore spezzato echeggiò ancora più forte e più vicino.

<< Viene da questa parte >>annunciò Alexander.

Aiska estrasse la spada e Denebola si guardò intorno, stringendo il Bastone. Gli unici a non essersi ancora mossi erano Rio e la figura incappucciata, che aveva ripreso a fare quei suoi strani versi.

<< Chi sei? >>domandò Rio sottovoce.

La figura non rispose. Rio ebbe la sgradevole sensazione che non fosse nemmeno umana. Continuò a rantolare, prendendo ritmi a volte lenti a volte più veloci. Denebola si voltò a guardarla e fu assalita da un dubbio atroce.

<< Rio! >>esclamò.<< Rio, vieni via! >>

<< Che cosa? >>Rio la guardò disorientato.

Denebola lo afferrò per un braccio e lo allontanò dalla figura.

<< E’ un Kar >>spiegò.<< Il morto della pianura >>

La figura smise di rantolare e la fissò. Nel giro di due secondi, che parvero eterni, il Kar balzò addosso alla ragazza levando una mano con unghie affilate.

<< Attenta! >>urlò Rio tirando a sé Denebola e allontanandosi dal Kar.

<< Che… >>fece Mailo, disorientato tornando a fissare la figura.

Tinhos tirò una freccia addosso al Kar, che gli passò attraverso.

<< Com’è possibile? >>esclamò l’elfo, sbigottito.

Rio e Denebola indietreggiarono: il Kar li fissava con due occhi rossi sotto il cappuccio, facendo scattare le unghie.

<< Uccidilo, Tinhos! >>gridò Alexander.

L’elfo incoccò una nuova freccia, che andò a vuoto.

<< E’ un Kar >>gridò Rio.

<< Non possiamo ucciderlo! >>disse Alexander.<< E’ già morto! Cosa si fa? >>

<< Dobbiamo fuggire >>disse Aiska.<< Non possiamo combattere il Kar ma possiamo sempre salvarci >>

<< Cosa?!Io non scappo! >>disse subito Mailo.

<< Allora rimani qui a farti ammazzare da uno dal quale non puoi neanche difenderti! >>ribatté aspro Alexander.

<< Tenterò di distrarlo! >>disse Tinhos, levando la spada.<< Vi coprirò io. Muovetevi! >>

Alexander, Aiska e Mailo corsero da Rio e Denebola, ancora alle prese con il Kar.

<< Via! >>urlò Alexander.<< Rio! Andatevene! >>

Rio annuì e prese Denebola per la mano, trascinandosela dietro mentre seguiva i compagni. Dietro di loro sentirono l’urlo di Tinhos che si scagliava contro il morto. Subito dopo, udirono un gemito soffocato.

<< Tinhos! >>urlarono Rio e Mailo.

L’elfo giaceva per terra, ai piedi del Kar, con un taglio sul petto che sanguinava abbondantemente. Rio fece per tornare indietro ma Alexander lo fermò.

<< Dannazione, sei o non sei l’allieva di una Saggia di Aldebaran! >>urlò a Denebola.<< Usa la magia per cacciare quel coso! >>

Denebola alzò il Bastone e mormorò alcune parole che non compresero, puntandolo poi verso il Kar, piegato minacciosamente su Tinhos. Un getto di luce colpì il Kar in pieno e lo scaraventò pochi metri più in là.

Rio e Aiska tornarono dall’elfo e lo aiutarono a rialzarsi.

<< Ce la fai? >>gli chiese Rio.

<< Penso di sì >>.Tinhos posò un piede a terra ma lo ritrasse con un gemito di dolore.

<< Non fa niente. Ti aiutiamo noi >>disse Aiska.

Il Kar si rialzò ed emise un verso minaccioso mentre Rio, Tinhos e Aiska si allontanavano.

<< Solo la magia può salvarci >>mormorò Denebola facendosi avanti.

<< Che vuoi fare? >>le chiese Alexander.

<< Cercherò di distrarlo mentre voi fuggite >>rispose Denebola.<< Lo tempesterò di incantesimi >>

<< Ma la pianura è immensa! >>protestò Alexander. Rio e gli altri li raggiunsero.<< Non ce la faremo mai a fuggire e tu non puoi passare un’intera notte a lanciare incantesimi >>

<< Me ne sbarazzerò prima dell’alba >>

<< Non andremo lontano >>disse Rio.

<< Potrete mettere una bella distanza >>replicò Denebola.<< Andate, ora >>

Rio e Aiska, sempre tenendo Tinhos, ripresero a correre, seguiti da Mailo. Alexander invece non si era ancora mosso.

<< Vattene! >>esclamò Denebola, tenendo d’occhio il Kar, che la squadrava da sotto il cappuccio.

<< Non puoi ucciderlo da sola >>ripeté l’uomo.

<< Neanche il tuo aiuto mi sarebbe utile. Mi saresti solo d’intralcio! >>urlò Denebola spazientita, guardandolo.<< Non lo hai ancora capito? >>

Il Kar alzò le mani e unì le unghie, che formarono una specie di triangolo. Un getto di fuoco sprizzò da questo per gettarsi su Denebola e Alexander.

<< Andromeda! >>urlò Denebola, picchiando la punta del Bastone sul suolo. Il fuoco li investì in pieno, ma Alexander non sentì nulla, solo lo sfrigolio delle fiamme contro la cupola trasparente che Denebola aveva fatto apparire per proteggerli.

<< Quanto puoi resistere? >>le domandò.

<< Non lo so! E’ molto più potente di me! >>rispose Denebola. L’attacco si intensificò e lei cadde in ginocchio, ma tenne ben salda la presa sul bastone.

Alexander le si inginocchiò accanto.

<< Ti faccio scappare! >>ansimò Denebola.

<< E tu? >>

<< Resisterò. Tieniti pronto >>

<< Non posso lasciarti qui da sola! Moriresti! >>replicò l’uomo tirandola per farla alzare.

<< Ti aprirò un varco >>continuò Denebola ignorandolo.<< Preparati !>>

Il Kar lanciò un altro getto di fuoco e la cupola protettiva di Denebola scomparve. Alexander si pose davanti alla ragazza e tese una mano mentre il fuoco li colpiva. Questa volta avvertì il calore del fuoco sulla pelle, ma non cedé. Oltre lo sfrigolio del fuoco non sentiva nient’altro. Poi, di nuovo quel rumore spezzato e l’oscurità lo accecò.

 

Faceva freddo, molto freddo. O forse era la sua immaginazione. Non si sentiva più nulla, solo un opprimente silenzio. Alexander mosse una mano e tastò il terreno accanto a lui: c’erano solo sassi. Raccogliendo le poche forze che gli erano rimaste, si mise in ginocchio e si guardò intorno. Era buio e l’unica fonte di luce era un buco sul soffitto, dieci metri più su.

Alexander si massaggiò la testa. Come era arrivato lì? Ricordava solo un incappucciato che attaccava Rio e Denebola…

<< Denebola! >>esclamò, ricordando tutto.<< Denebola, dove sei? >>

La poca luce che filtrava dal buco illuminava a malapena la grotta dove si trovava. C’era solo un arco scavato nella roccia, e ai piedi dell’arco, con suo sollievo, c’era Denebola, sdraiata supina, che reggeva ancora il Bastone magico.

Alexander le si inginocchiò accanto e la sollevò delicatamente per le spalle.

<< Denebola >>disse di nuovo, scotendola.<< Cerca di svegliarti >>

Denebola aprì a fatica gli occhi.

<< Cosa succede? >>mormorò con voce roca.<< Dov’è il Kar? >>

<< E’ sparito >>rispose Alexander.<< Oppure siamo noi ad essere spariti >>

Denebola si mise seduta e guardò la grotta.

<< Come siamo arrivati fin quaggiù? >>

<< Non lo so, ma è meglio andarsene >>borbottò Alexander, aiutandola a rialzarsi.<< Dobbiamo trovarci da qualche parte sottoterra. Chissà dove sono gli altri. Spero si siano salvati >>

<< Lo spero anch’io >>disse la ragazza, tastando la parete rocciosa.<< Pensavo di essere morta >>aggiunse guardando Alexander, << quando sono caduta ho sentito le fiamme che lambivano il mio corpo e ho pensato che era finita. Come abbiamo fatto a salvarci? >>

<< Chi lo ha detto che siamo salvi? >>replicò Alexander con voce sommessa.<< Ci troviamo in un luogo che non conosciamo, lontano dai nostri compagni. Potrò dire che siamo in salvo quando usciremo da qui >>

<< Hai ragione. Oltre quell’arco deve esserci l’uscita >>disse Denebola. Alexander lo guardò: oltre pareva non esserci nulla, o forse era a causa della poca luce che c’era.

<< Non possiamo avventurarci nel buio >>disse Alexander.<< Ma non possiamo nemmeno rimanere qui in attesa che si faccia giorno >>

Attraversarono l’arco, camminando rasenti alla parete. Il soldato si stupì del silenzio che continuava a regnare, e quella cosa non lo tranquillizzò affatto. Dietro di lui, Denebola stringeva nervosamente il Bastone, sperando di non incontrare nessuno fino all’uscita di quella galleria.

Eppure, notò Alexander, più andavano avanti più il buio aumentava e non c’erano tracce di una porta o di un altro arco. Dopo qualche minuto qualcosa gli strattonò il mantello, facendolo sussultare.

<< Sono io >>sussurrò Denebola, stringendogli il mantello.<< Volevo accertarmi che ci fossi ancora. Con questo silenzio sembra di essere soli >>

<< Già >>rispose Alexander.<< Non mi sento tranquillo. E’ come se qualcuno ci stesse tendendo una trappola >>.Si fermò di botto.

<< Cosa c’è? >>chiese Denebola.

<< Qui la strada si interrompe >>disse Alexander,<< non possiamo proseguire. C’è come una specie di burrone >>

Tastando il pavimento con la punta del piede, Denebola si inginocchiò e si avvicinò al burrone.

<< Avverto una presenza >>mormorò.

Alexander socchiuse gli occhi per cercare di individuare qualcosa.

<< Viene dal burrone? >>

<< Sì. Ma non riesco a capire chi possa essere >>rispose Denebola.

<< Almeno è umano questa volta? >>sibilò Alexander.

Una luce brillò a pochi centimetri da lui, illuminando il volto di Denebola.

<< Il cristallo verde! >>disse la ragazza, stupita.

<< Allora dobbiamo trovarci vicini al secondo cristallo >>.Alexander si inginocchiò.<< Hai detto che il tuo cristallo si illumina in presenza dell’altro >>

<< E’ così >>annuì Denebola, anche se non era convinta.

Qualcosa in fondo al burrone si mosse.

<< Cos’era? >>domandò Alexander sporgendosi.<< I cristalli non si muovono >>

<< Non è un cristallo >>disse Denebola, reggendo il cristallo verde.

Alexander mise la mano sull’impugnatura della spada mentre il cristallo continuava a risplendere, illuminando l’altra parte della galleria. Si sporse un altro po’.

<< Possiamo saltare >>disse, indicando la strada.

<< E’ troppo lontana >>ribatté Denebola.<< Da qui a lì ci saranno almeno cinque metri. Non potrei mai farcela >>

Alexander la guardò.

<< Ti aiuto io >>disse.

<< Che…? >>fece Denebola, ma Alexander l’aveva già presa per la mano.<< Fermati! Che hai intenzione di fare? >>urlò la ragazza.

<< Zitta e datti la spinta per saltare >>

Un verso strozzato, dal burrone, li fece sobbalzare entrambi, seguito poi da un fruscio sinistro che aumentava man mano che la qualcosa risaliva. Alexander non si fermò a pensare ed estrasse la spada, nascondendo Denebola dietro di sé.

<< Questo non è un Kar! >>esclamò.

Una creatura con due ali da pipistrello affiorò dal burrone, emettendo il verso strozzato di prima. Però aveva comunque l’aspetto di un uomo, a parte il fatto che al posto delle mani aveva due spade affilate.

<< Non è il Kar di prima, ma gli assomiglia tantissimo! >>disse Denebola. Il cristallo verde era ancora illuminato, e alla sua vista la creatura si scagliò sulla ragazza.

Alexander parò il colpo con la sua spada, respingendo la creatura, che emise un verso di disapprovazione.

<< Nascondi il cristallo >>disse il soldato.

<< Ormai l’ha visto! >>replicò Denebola. La creatura attaccò di nuovo. Denebola e Alexander balzarono in due direzioni diverse; la creatura si voltò verso la ragazza.

<< Non ha poteri magici. Posso ucciderlo in dieci secondi !>>sibilò Denebola minacciosa mentre la creatura caricava.

Alexander fece per scagliarsi su di essa per colpirla alle spalle, ma il terreno tra lui e la creatura si aprì, e dallo spaccò uscì un secondo mostro, che balzò addosso all’uomo, mandandolo contro il muro.

<< Alexander! >>gridò Denebola, scansandosi per schivare il colpo della creatura.

<< Usa la magia, strega! >>ringhiò la creatura.<< Dovevi ucciderci. Forza, cosa aspetti? >>

<>replicò Denebola. Le creature sogghignarono.

Alexander si rialzò in piedi a fatica. Facendo attenzione a non farsi scoprire, prese una pietra affilata e appuntita ai suoi piedi mentre i mostri si avvicinavano a Denebola. Prendendo bene la mira, Alexander scagliò la pietra sulla schiena della creatura più vicina. La creatura gridò il suo verso stridulo sentendosi perforare la schiena, ma non si arrese. Levò la spada e si avventò su Alexander. La seconda creatura la seguì.

<< Adesso! >>urlò Alexander.

Denebola aprì la mano sinistra e dalle sue dita sgorgò un getto di lava bollente che colpì in pieno i due mostri. Questi caddero a terra, urlando di dolore, a pochi centimetri da Alexander.

<< Dobbiamo andarcene! >>disse questo.

<< Non ve ne andrete finché non avremo preso il cristallo! >>sibilò la creatura, guardando con odio Denebola. << Anche noi abbiamo poteri magici, strega! Che il terreno si squarci e la terra ti inghiotta! >>

A quel comando il terreno prese a vibrare violentemente, facendo cadere Denebola. Alexander si aggrappò alla parete rocciosa mentre osservava stupito cosa stava succedendo. Il pavimento vibrava e aveva iniziato a sgretolarsi nel punto dove si trovava Denebola. La ragazza si sentì il terreno mancare sotto i piedi e si aggrappò alla parete proprio quando il pavimento crollò del tutto.

Le creature risero, nonostante la lava stesse prendendo il sopravvento sui loro corpi.

Alexander corse verso di lei nonostante il pavimento stesse cedendo anche dalla sua parte. La creatura che aveva lanciato la maledizione gli si avventò contro e lo sbatté con violenza per terra.

<< Da qui non ti muovi! >>sibilò, costringendolo a rimanere giù stringendolo al collo.

Denebola sollevò il bastone, le dita che scivolavano sulla roccia tremante, e si preparò a lanciare un nuovo incantesimo.

<< Cadi nell’Abisso! >>urlò una creatura con un ghigno crudele. Grossi massi si staccarono dalla parete, a partire dall’alto soffitto. Denebola si appiattì contro il muro per schivarli, ma una mano potente l’afferrò alla caviglia. La ragazza abbassò la testa e vide con orrore una terza creatura che la tirava per trascinarla giù.

Alexander, ancora prigioniero della creatura, cercò con la mano la spada, mentre tentava di liberarsi a suon di calci. La creatura gli puntò la spada alla gola.

<< Muoviti ancora e ti infilzo! >>ringhiò.

Per tutta risposta Alexander gli sputò in faccia e il terreno si aprì sotto di loro. La creatura lo lasciò andare mentre lui cadeva. Precipitando, Alexander vide Denebola divincolarsi dalla presa di un nuovo mostro, mentre anche le pareti crollavano. L’ultima cosa che sentì furono le risate miste ai lamenti delle creature. Poi, un nuovo buio.

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Capitolo 6
*** Capitolo V - Il villaggio di Mako ***


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<< All’entrata della città. Era ridotto piuttosto male. Non che ora stia meglio, dopotutto… >>

<< Cosa gli può essere successo? >>

<< Deve aver incontrato il mostro della palude >>

<< No. Non vedo bruciature >>

<< E questa? Non è forse una bruciatura? >>

<< Non è come quelle che lascia il mostro. Questa è più chiara >>

<< Deve essersela vista proprio brutta. Guarda che segni che ha attorno al collo >>

<< Può anche darsi che si sia ritrovato coinvolto in qualche rissa. Quegli ubriaconi non scherzano se ti vogliono pestare >>

<< Sì, ma questo non ha la faccia di uno che si fa picchiare da certi idioti! >>

<< Smettetela di parlare. Non riesco a concentrarmi! >>

<< Cosa gli devi fare? >>

<< Gli sta preparando una camomilla, non vedi? >>

<< Questa non è una camomilla, Xani! Ancora non l’hai capito? >>

<< Eh, eh! Che stupida! >>

<< Tu sta’ zitto! >>

Alexander socchiuse gli occhi. Una luce abbagliante lo accecò, costringendolo a richiuderli. Poi qualcuno gli aprì con forza la bocca e qualcosa gli scivolò giù per la gola. Qualcosa di molto amaro e caldo. Sputacchiando quella roba, Alexander si rimise seduto e riaprì gli occhi.

Si trovava in una camera da letto piuttosto piccola. Attorno a lui c’erano tre persone: una bambina con lunghi capelli biondi; un ragazzo altrettanto biondo

che non dimostrava di avere più di quattordici anni e una vecchia che reggeva un calice fumante. I due biondini lo guardavano a bocca aperta, increduli.

<< Allora quella roba non gli ha dato il colpo di grazia! >>esclamò il ragazzo, ammirato.<< Accidenti, devi avere la pelle dura, amico! >>

<< Smettila di dire sciocchezze! >>sibilò la vecchia. Poi, rivolta ad Alexander: << Come ti senti? >>

<< Bene >>rispose Alexander con la gola bruciata. Guardò la camera.<< Dove mi trovo? >>

<< Nel villaggio di Mako, nella frazione di Tsuri >>rispose la vecchia.

<< Tsuri? >>Alexander si massaggiò la testa.<< Ma come ci sono arrivato? >>

<< Be’, se non lo sai tu >>disse il ragazzo.

<< Come? >>

<< Ti ho trovato svenuto all’entrata del villaggio, prima >>spiegò il biondo.<< Sei pieno di lividi. Hai fatto a botte con qualcuno? >>

<< Sì >>rispose Alexander; si sentiva confuso,<< Ma qui vicino c’è per caso una galleria? Una galleria sotterranea? >>

<< No >>rispose stupita la vecchia.<< Di gallerie, qui, non si è mai vista l’ombra. Sicuro di non aver sbattuto la testa, ragazzo? >>

<< Ma io mi trovavo in una galleria, sottoterra >>ribatté Alexander.<< Stavo con una mia compagna di viaggio… >>si fermò con un atroce presentimento. Rapido, si guardò di nuovo intorno.

<< Cosa cerchi? >>gli chiese il ragazzo.

<< Hai trovato solo me? Non c’era anche una ragazza? >>

<< No. Solo tu >>

<< Com’era questa ragazza? >>domandò la vecchia.

<< E’ giovane >>rispose Alexander, guardando la vecchia negli occhi,<< con lunghi capelli castani. Indossa un vestito un po’ strano, tipico dei Saggi di Aldebaran >>

<< Tu vieni da Aldebaran? >>ripeté stupita la bambina.

<< Sì. Sono partito da lì con alcuni compagni… >>

<< E cosa ci facevi ad Aldebaran? >>lo interruppe la vecchia con sospetto.<< Lì possono andarci solo i Saggi e i maghi >>

<< Ecco… >>.Alexander esitò.<< Io ed alcune persone siamo stati convocati lì per intraprendere un viaggio. Siamo partiti ieri mattina, e insieme a noi c’era anche una novizia. Si chiama Denebola. Durante il viaggio però abbiamo subito un…ehm…contrattempo e ci siamo divisi. Io e Denebola siamo finiti in una galleria sotterranea. Poi certe persone ci hanno attaccati e io sono caduto da un burrone e adesso mi sono risvegliato qui >>spiegò parlando rapidamente.

<< Un racconto interessante >>mormorò la vecchia.<< E chi erano queste persone? >>

<< Ehm…non le ho viste bene in faccia. Era buio >>mentì Alexander.

<< E tu sei caduto da un burrone >>disse la vecchia,<< e ti sei risvegliato qui >>

<< Esatto >>.Con la coda dell’occhio, Alexander vide che i due biondini si scambiavano strani sguardi, come se pensassero che fosse pazzo.

Invece la vecchia non smetteva di guardarlo con un misto di curiosità e sospetto.

<< La novizia di Aldebaran si chiama Denebola >>ripeté.<< E tu chi sei? >>

<< Il mio nome è Alexander. Vengo da King’s Valley >>

<< King’s Valley >>la vecchia aggrottò la fronte.

<< Allora, non l’avete proprio vista questa ragazza? >>insisté Alexander.

<< Non pensarci, adesso >>disse la vecchia,<< È meglio se ti fai un bagno. Sei ancora sporco di sangue. Penserò io a ritrovare quella tua amica. Xani, vai a preparare qualcosa da mangiare >>

La bambina annuì e corse fuori della stanza. Anche la vecchia si alzò, ma prima di uscire a sua volta, fece un cenno al biondino.

<< Bene >>disse questo, alzandosi ed aprendo un armadio piuttosto malconcio,<< Usa questo asciugamano. Ce la fai ad alzarti? >>

Alexander si alzò in piedi, sempre più confuso e disorientato. Prese l’asciugamano che il ragazzo gli porgeva ed uscì. Subito dopo la camera, c’era una cucina spaziosa, con un grande fuoco e un tavolo quadrato in mezzo alla stanza. Su un secondo tavolino più piccolo addossato alla parete, la bambina stava tagliando alcune fette di salame.

<< Il bagno è da quella parte >>disse Xani, indicando ad Alexander una porta chiusa.

Il biondino lo fece aspettare per qualche minuto fuori dal bagno prima di farlo entrare. Alexander entrò nella piccola stanza e sentì in cucina la voce sommessa del ragazzo. La bambina rispose qualcosa anch’essa a bassa voce, poi tacque.

Alexander si spogliò lentamente, sentendosi un nodo alla bocca dello stomaco. Si sentiva a disagio a trovarsi lì mentre Denebola si trovava chissà dove. Quelle persone non avevano esitato ad accoglierlo, ma se solo lui si fosse trovato a King’s Valley o in quelle parti dove la sua fama lo aveva preceduto, gli avrebbero sbattuto la porta di casa in faccia.

La vasca era molto piccola, fatta di pietra finemente levigata; il ragazzo l’aveva riempita di acqua calda.

Il soldato cercò di rilassarsi, avvolto da quel caldo tepore mentre dall’acqua si sollevavano sottilissimi, quasi invisibili, fili di fumo trasparente. Alexander toccò delicatamente il graffio che gli aveva fatto una di quelle creature e rabbrividì: chissà che cosa erano…

 

<< Lo sapevo che non dovevo lasciarli soli! >>esclamò Rio gettando con rabbia la spada per terra.

Lui, Aiska, Tinhos e Mailo, la sera prima, erano stati scaraventati da una forza spaventosa a qualche miglio da Denebola e Alexander. Tutti e quattro, indolenziti dopo il volo, erano svenuti quasi sul colpo. Rio aveva lottato con tutte le sue forze per non cedere, finché un lampo di luce non lo accecò, togliendogli le ultime forze.

Era quasi un’ora che i quattro si erano risvegliati lungo il Green River e avevano iniziato a discutere di quello che era accaduto.

<< Bisogna organizzarsi >>disse Tinhos<< Non sappiamo dove siano finiti Alexander e Denebola, ma ovunque si trovano sanno che dobbiamo andare a Royal. Perciò sono sicuro che li ritroveremo lì >>

<< Siete sicuri che intorno al luogo di ieri sera non ci sia più nessuno? >>chiese per la decima volta Rio, tormentando un sasso con il piede.

<< Ho ispezionato quel pezzo di pianura per intero con lo sguardo, e di quei due nemmeno l’ombra! >>rispose Tinhos.<<  Non è rimasto nulla o nessuno, nemmeno quella cosa >>

<< Un Kar >>disse Aiska.

<< Quello che è >>disse Mailo muovendo la mano<< Pensa piuttosto a un piano >>

<< Non abbiamo bisogno di un piano, perché faremo come ci ha detto Fabius >>replicò secco Tinhos.<< Andremo a Royal, e se non sei d’accordo dillo subito! >>

<< Calmati! >>esclamò Mailo.<< Non è il caso di arrabbiarsi. Andremo a Royal, per me va più che bene >>

Guardò stupito l’elfo mentre questo si rivolgeva ad Aiska. Da quando si erano svegliati, Tinhos si era mostrato innervosito quasi quanto Rio, anche se rispetto al loro capo riusciva a contenere di più la rabbia.

<< Sbrighiamoci, allora >>disse Rio, raccogliendo la spada.<< Non so come abbiamo fatto a finire qui, ma siamo molto più vicini a Royal rispetto a ieri sera. D’ora in poi viaggeremo di giorno ed eviteremo zone maledette o impregnate di magia >>

Il Green River scorreva allegro nel suo letto circondato da giunchi e fiori colorati. Non era ancora l’alba ma già una luce rosa pallido e venata d’arancio si scorgeva oltre le colline. Non c’era una sola nuvola in cielo e il profumo dei fiori trasportato dal vento riempì i polmoni dei quattro compagni, che si mantennero ai piedi delle colline.

Dopo una buona mezz’ora di cammino, le colline attorno a loro si erano fatte leggermente più aspre e impedivano alla luce del sole di arrivare fino a quel tratto del fiume. Lì l’aria era ancora più fresca e gli alberi più numerosi.

Passarono due ore. I quattro avevano continuato a camminare senza fermarsi mai e senza dire più nulla. Alla testa di tutti, Rio si tormentava di non poter essere stato d’aiuto ai suoi compagni. Si riteneva responsabile di quello che era successo o quello che sarebbe potuto succedere a Denebola e Alexander. Essendo trattato come un capo, Rio sapeva di avere delle responsabilità per tutto il gruppo e ciò che era accaduto la sera prima lo faceva sentire come un verme. Già il fatto di essersi trovato vicinissimo al Kar e di non averlo nemmeno affrontato era per lui un’azione di gran vigliaccheria.

Sospirò. Non si era mai sentito così neanche di ritorno da una battaglia persa. Nel più profondo del suo cuore e nei recessi più bui della sua mente sperava che i loro amici non fossero stati uccisi dal Kar in quel lampo di luce.

Anche l’elfo non riusciva a capacitarsi dell’accaduto. Il taglio che gli aveva procurato il Kar bruciava ancora sul suo petto, ma mai quanto il fatto di non essere riuscito a distrarlo abbastanza per permettere agli amici di continuare a fuggire. Terrani era andata in guerra molte volte e lui vi aveva sempre preso parte. Tinhos ricordò come quando una volta non aveva potuto fare nulla per un compagno che aveva cercato di coprirgli le spalle: si era sentito debole e impotente di fronte a quello che stava succedendo. Probabilmente era così che si era sentita Denebola, quando aveva distolto il Kar da lui: guardare senza agire era una cosa straziante. O forse la ragazza aveva agito solo perché Alexander glielo aveva ordinato: quei due non andavano molto d’accordo, eppure per alcuni versi potevano somigliarsi. Denebola sembrava il tipo di persona capace di badare solo a sé stessa, infischiandosene degli altri.

Questo no!, pensò Tinhos, scuotendo la testa. Denebola era pur sempre una novizia di Aldebaran e presto o tardi sarebbe diventata una Saggia in piena regola. Ignorare chi ci circonda mentre questo è in pericolo non si addiceva ad un Saggio di Aldebaran, ma solo ad una persona infima, ad un assassino.

Il gruppetto svoltò un’ansa dove il fiume si faceva più impetuoso con un salto di due metri. Il tratto di collina che impediva ai raggi di sole di passare terminò, e in lontananza cominciarono a farsi vedere le prime abitazioni di Royal.

Una luce di speranza che durante la mattina era svanita, riaffiorò nella mente di Rio, che guardava la città come se da lì dipendesse la sua vita. Senza neanche accorgersene affrettò il passo, distanziando leggermente gli altri. Se Alexander e Denebola non erano lì…

<< Fermati! >>gli ordinò Mailo dietro di lui.

<< Non perdiamo altro tempo >>esclamò Rio, voltandosi.<< Se acceleriamo il passo, con altre due ore saremo in città >>

<< Non dire pazzie!Royal è ancora lontana e il sole picchia parecchio! Torna qui >>disse Mailo.

Rio sbuffò e si voltò di nuovo per riprendere a camminare.

<< Fermati! >>ripeté Mailo.

Il giovane soldato non ascoltò e riprese a camminare a passo di marcia, ma dopo solo una decina di passi una freccia lo raggiunse bloccandogli la strada.

<< Se non vuoi che alla prossima ti prenda, faresti meglio a tornare indietro! >>lo avvertì Tinhos.

Con grande disappunto, Rio li raggiunse all’ombra di una grande quercia.

<< Vi siete già stancati? >>sbottò.

Mailo e Aiska si scambiarono uno sguardo e Aiska soffocò una risata.

<< Cosa c’è? >>sibilò Rio.

<< Royal non scappa >>disse Aiska, reprimendo la voglia di ridere,<< sarà qui anche domani. Abbiamo tutto il tempo per arrivarci con comodo >>

<< Non dobbiamo arrivarci con comodo >>protestò Rio.<< I Saggi ci hanno affidato una missione: prima arriviamo meglio è >>

<< Cosa speri di fare a Royal senza nemmeno la custode del cristallo? >>rimbeccò Tinhos.

<< E’ lì che li incontreremo >>replicò Rio,<< o almeno così ci hai detto >>

<< E continuo a dire che così sarà, ma non adesso >>disse l’elfo.<< L’aria si è fatta più calda e anche il terreno è bollente. Fa ancora molto caldo e proseguire a piedi per un’altra ora è un suicidio. Perciò rimarremo qui finché non farà più fresco >>

<< Non ho la pazienza di aspettare. Non in questo momento >>sbuffò Rio.

Mailo gli fece segno di sedersi accanto a lui. Ancora nervoso, l’uomo obbedì.

<< Guarda di fronte a te >>disse Mailo, indicando Royal.<< Osserva con attenzione il terreno… >>

Rio socchiuse gli occhi, anche se dopo aver individuato quello che Mailo gli indicava non ce ne fu più bisogno. La terra all’orizzonte era come sfuocata e si muoveva lentamente come se si trovasse immersa nell’acqua. Rio ammise che faceva veramente troppo caldo e sospirò.

<< Scusatemi >>

<< Sei più simpatico quando ti fermi a riflettere, piuttosto che quando cominci a correre >>disse Mailo, sdraiandosi con le spalle al tronco dell’albero.<< Mi pare di avertelo detto già altre volte >>

 

Nel villaggio di Mako Alexander girovagava per le vie guardando a destra e sinistra. Dopo aver mangiato, si era fatto accompagnare da Xani e suo fratello Jury per visitare i dintorni. Mako sorgeva su una collinetta poco distante da Tsuri dalla quale era separato dal Green River. Era uno dei tanti villaggi con un profondo senso religioso; a molte divinità erano stati dedicati piccoli templi attorno ai quali ad una certa ora del pomeriggio si radunavano gli anziani e altri giovani. Viveva soprattutto di pesca e agricoltura. Dietro ogni casa, infatti, c’era un orticello sorvegliato da due o tre cani. Inoltre c’era una taverna, in fondo alla strada ma i due biondini preferirono girarci al largo.

<< Frequenti taverne, per caso? >>chiese Jury a Alexander.

<< Preferisco evitarli certi posti >>rispose l’uomo, leggermente sorpreso.<< Perché? >>

Jury sollevò le spalle.

<< E’ pericoloso passare qua davanti >>spiegò,<< soprattutto quando il sole comincia a calare. I pescatori tornano dal fiume bagnati ed escono dalla taverna ancora più fradici >>

<< Non solo loro >>continuò Xani,<< ci sono molti altri che alla taverna bevono molti bicchieri. Come il vecchio Hans >>aggiunse a bassa voce.

<< O Clodus >>annuì Jury.

<< Chi sono? >>chiese Alexander.

Xani si guardò intorno con aria circospetta, poi indicò un uomo poco lontano da loro. Era molto anziano e aveva una profonda calvizie. Ad Alexander sembrava un normale vecchietto che intrecciava pagliuzze per fare i cestini, ma la bambina scosse la testa.

<< Ora è così, ma aspetta solo che si faccia notte >>disse, reprimendo un brivido.<< Quando beve è spaventoso >>

<< Come fai a saperlo? >>le domandò Alexander con voce sospetta.<< Non andrai in giro di notte >>

<< Si sentono benissimo da dentro casa >>rispose Xani.<< Ti svegliano nel bel mezzo della notte. Il fatto è che Hans prima era considerato uno degli anziani più importanti del villaggio. Fino a quando non ha conosciuto persone poco raccomandabili che… >>

<< Taci! >>sbottò brusco Jury con un’occhiata ad Hans.

<< Hai paura che ti senta! >>ribatté Xani.<< Una volta Hans gli ha tirato addosso una pietra e da allora Jury ha paura di lui >>spiegò all’uomo.

<< Non ho paura di quel vecchio rimbambito! >>sibilò il fratello.<< Dovresti averne tu, piuttosto. Hans non è che un pazzo furioso, come i suoi amici! >>

<<  E Clodus chi è, invece? >>chiese Alexander mentre riprendevano a camminare.

Questa volta Xani non rispose ma abbassò lo sguardo. Leggermente sorpreso, Alexander guardò Jury.

<< Parlare di Clodus nel bel mezzo del villaggio non è prudente >>disse il ragazzo,<< se dovessimo incontrare qualcuno della sua combriccola… >>

<< Ma la strada è sgombra. Non c’è anima viva! >>disse Alexander. Jury scosse ancora più forte la testa.

<< Dimmi almeno se è pericoloso come o meno di Hans! >>insisté Alexander.

<< Dopo >>ripeterono Xani e Jury in coro.

Alexander sbuffò e si infilò le mani in tasca. Era evidente che i due fratelli avevano paura di quel Clodus, ma il soldato non riusciva a spiegarsene il motivo. Poi gli venne in mente una cosa: se li avesse maltrattati, costringendoli poi a non dirlo a nessuno? Forse. Di gente così ce ne era da tutte le parti, perfino nel più piccolo e isolato villaggio.

<< Se non mi direte nulla, chiederò tutto a vostra nonna >>disse Alexander con voce melliflua.

A quelle parole, Jury e Xani scoppiarono a ridere.

<< Maja nostra nonna! >>mormorò Jury, fermandosi di colpo e tenendosi la pancia.<< Questa non me l’aveva mai detta nessuno! >>Prese a ridere ancora più forte, tanto che qualcuno si affacciò a vedere cosa stava succedendo.

Xani fu la prima a riprendersi.

<< Quella che tu hai scambiato per nostra nonna >>(Jury cadde per terra in ginocchio, in preda alle risate). Xani gli lanciò un’occhiataccia,<< in realtà è la nostra tutrice. Si chiama Maja >>

Alexander annuì, ma non osò approfondire l’argomento perché la bambina s’era fatta all’improvviso cupa. Anche Jury aveva smesso di ridere e si asciugava le lacrime che gli erano venute per il tanto sbellicarsi.

Per un po’ nessuno dei tre parlò, poi Jury propose di andare al fiume.

<< Voglio provare anch’io a pescare >>disse mentre scendevano la collina.<< Magari ci guadagniamo qualcosa per cena >>

Il fiume era coperto da una fitta barriera di cespugli spinosi e erba alta quasi tre metri. Xani guardò dubbiosa il fratello sparire dentro la fitta giungla d’erba. Due secondi dopo, Jury balzò accanto alla sorella e Alexander, rosso e ricoperto di graffi.

<< Ho sbagliato entrata >>disse togliendosi di dosso alcune foglie appiccicose.<< Qui è pieno di rovi >>Fece qualche altro passo avanti, raccolse un bastone da terra e lo infilò nell’alta erba.<< Si passa da qui >>annunciò con un respiro di sollievo.

<< Sicuro? >>chiese Xani.

<< Sì. Venite! >>

Alexander seguì Xani attraverso gli alti fili appiccicosi; sentiva il rumore del fiume poco distante da loro e dopo qualche altro passo sbucarono sulla riva: un pezzo di terra a tratti fangoso in ombra che si trovava a poco più di un metro dall’acqua. In quel punto il Green River era molto profondo e Xani rabbrividì specchiandosi nella sua acqua.

<< Smettila di fare la sciocca! >>la rimproverò Jury togliendosi le scarpe e studiando i fili d’erba.<< Non è la prima volta che ti porto qui >>

<< Non mi ci sono ancora abituata! >>ribatté Xani, allontanandosi dall’acqua.

<< Quanto è profondo qui il fiume? >>chiese Alexander, sporgendosi pericolosamente.

<< Più di dieci metri >>.Jury staccò alla radice tre fili di erba,<< ma laggiù raggiunge anche i trenta >>

Xani rabbrividì di nuovo.

<< Smettila! Sai che ho paura! >>gemette.

Jury sbuffò.

<< Visto che hai tanto paura del fiume vammi a prendere un pezzo di rovo >>le ordinò.

<< Vacci tu! >>

<< Io sono impegnato a intrecciare i fili. Sbrigati >>

<< Non voglio graffiarmi! >>

<< Allora tornatene a casa e non rompere più >>

Irritata, Xani si sedette per terra e incrociò braccia e gambe.

<< Vado io >>disse Alexander con un mezzo sorriso.

<< Grazie >>rispose Jury con un’occhiata di traverso alla sorella. Per tutta risposta Xani gli fece la linguaccia.

Alexander ci mise poco per staccare con un sasso un pezzo di ramo di rovo ancora con le spine, e a tornare dai due bambini. Jury era riuscito a improvvisare con l’erba una canna da pesca che tenne dritta con un lungo e sottile bastone; vi attaccò poi il ramo di rovi.

<< Non usi l’esca? >>borbottò Alexander, sdraiato per terra.

<< Non so dove trovarla: qui non è rimasto nemmeno un misero verme >>disse Jury, lanciando la canna da pesca.<< Ma sono sicuro che i pesci abboccheranno lo stesso >>

 

Era il tramonto quando Alexander si risvegliò. Xani stava giocando con una manciata di sassi di varie dimensioni e colori, e Jury era intento a tirare fuori dall’acqua il settimo pesce. Sentendosi leggermente disorientato, Alexander si rialzò: aveva sognato il Kar e la creatura della galleria sotterranea.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI - Ricercati! ***


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Una luce squarciò il buio che regnava nella sua testa, risvegliandola del tutto.

Denebola si sentiva i muscoli indolenziti mentre si metteva seduta su un letto soffice e osservava la camera nella quale si trovava. Non era grande, ma era piena di finestre che circondavano il letto, inondandolo di luce. Oltre il letto c’erano solo una cassapanca e una sedia dove stava seduta una donna.

Denebola la fissò e così fece la sconosciuta.

<< Stai bene? >>le chiese la donna.

Denebola annuì. Si sentiva frastornata e nauseata e non riusciva a dire niente.

<< Sono contenta. Hai dormito per quasi un’intera giornata >>disse la donna. Si alzò.<< Il mio nome è Neila. Sono la figlia dell’anziano Acho di Mako >>Disse queste ultime parole con una nota d’orgoglio nella voce.

Finalmente Denebola riuscì a parlare.

<< Mi chiamo Denebola >>mormorò con voce arrochita.<< Dove si trova Mako? >>

<< Dista poche miglia da Tsuri >>rispose Neila.

La giovane spalancò gli occhi. Tsuri? E come diamine ci era arrivata? Cercò di tornare a ritroso con la mente, ma tutto quello che riusciva a ricordare era un buio immenso e la morte molto vicina. Poi tre mostri e un uomo.

<< Dov’è Alexander? >>si chiese con voce sommessa.

<< Chi è Alexander? >>

Denebola guardò Neila dritto negli occhi.

<< Sai spiegarmi come ho fatto ad arrivare fin qui? Io non ricordo molto >>

Neila fu piuttosto sorpresa da quella domanda.

<< Ti ho trovato nel fiume >>disse,<< eri svenuta e per poco non venivi trascinata via dalla corrente. Fortuna che il tuo vestito è rimasto impigliato in un ramo, altrimenti non sarei riuscita a recuperarti >>

Denebola guardò il vestito viola, ma si accorse che le era stato tolto e che indossava solo la fine veste azzurra che portava sotto l’abito dei Saggi.

Neila si alzò e si avvicinò al comodino accanto al letto. Ancora, intenta a ricordare cosa era successo, Denebola fece un balzo quando si vide dondolare davanti agli occhi il cristallo verde. Più veloce di un fulmine, lo strappò dalle mani della donna.

<< Avrebbe potuto strozzarti con la sua catenella >>spiegò Neila.<< E’ un oggetto molto bello. Dove lo hai trovato? >>

<< Ce l’ho da quando sono nata >>rispose Denebola, rimettendo il cristallo sotto la veste.

Qualcuno bussò alla porta della stanza e prima che Neila potesse dire << avanti >>, un uomo anziano entrò.

<< Ah, vedo che la nostra ospite si è svegliata! >>esclamò con un sorriso, avvicinandosi a Denebola.

<< Lui è mio padre, l’anziano Acho >>spiegò Neila a Marta.

<< Non dire anziano con quel tono, Neila! >>disse Acho. Aveva i capelli castani intervallati con ciuffi bianchi e il volto era scavato dalle rughe.<< E adesso vorrei che mi lasciassi solo con questa ragazza, se non ti dispiace >>

<< Va bene, scusa >>Neila alzò le spalle e uscì dalla stanza.

<< Mi sono insospettito quando ho visto l’abito dei Saggi di Aldebaran >>sussurrò Acho senza preamboli.

<< Lei conosce la Torre di Aldebaran? >>esclamò Denebola, stupita.

<< Tutti gli anziani del villaggio conoscono quella Torre >>rispose Acho.<< Sei una Saggia anche tu? >>

Denebola abbassò lo sguardo: non sapeva cosa rispondere, non poteva rivelare troppo. Il vecchio Acho sorrise.

<< Non devi temere >>disse,<< se non puoi rivelarmi il tuo segreto. Mi interessa sapere chi sei >>

<< Perché? >>chiese Denebola, insospettita.

<< Risponderò solo se tu rispondi alla domanda che ti ho fatto prima >>

Denebola sospirò ed esitò un’ultima volta. Alla fine decise di raccontare tutto, dalla missione al Kar e alle tre creature misteriose. Gli iniziali dubbi si erano dissolti e quell’uomo dimostrò essere un ottimo ascoltatore. La ragazza sentiva di potersi fidare di Acho, e quando ebbe finito il racconto, l’anziano rimase a lungo in silenzio.

<< E’ un bel problema >>disse alla fine Acho.<< Hai perso di vista tutti i tuoi compagni e non sai dove trovarli >>

<< Se sono rimasti nella Piana dei Morti non è un problema, almeno fino a sera >>disse Denebola,<< l’importante è che il Kar non si rifaccia vivo. Rio sa che dobbiamo andare a Royal, e anche Alexander. Ovunque essi si trovano in questo momento sono sicura che raggiungeranno la città >>Fece per alzarsi, ma Acho, le posò una mano sulla spalla e la fermò.

<< Non puoi partire subito >>disse.<< Da qui a Royal ci vogliono meno di due giorni ma non è prudente partire la sera. Rimarrai qui finché non avrai recuperato tutte le forze: sei ancora piuttosto pallida >>

<< Ho impiegato tutte le mie energie per allontanare il Kar e gli altri mostri >>

<< Sei una brava ragazza >>annuì Acho,<< ti farò portare da mangiare >>Si rialzò.<< Adesso devo andare. Fra pochi minuti inizia la preghiera agli déi del fiume >>

 

Neila era una perfetta ospite. Dopo aver dato a Denebola un abito asciutto aveva preparato una cena che fece dissolvere ogni fatica e dubbio.

<< Tuo padre è una figura importante, qui al villaggio? >>chiese Denebola.

<< Be’, gli anziani sono sempre persone che contano in ogni villaggio, grande o piccolo che sia >>rispose Neila.<< Ma non tutti gli anziani sono meritevoli di prendere parte alle riunioni o di chiedere consiglio agli déi. C’è chi viene accettato e chi no >>

<< Per quale motivo? >>

<< Bisogna anche mantenere una dignità, una posizione nella comunità >>disse Neila.

<< Ma qui non rischiate di confondere gli anziani come tuo padre con quelli non meritevoli? >>chiese Denebola.

<< Veramente non usiamo quasi mai questo nome, però… >>Neila bevve un sorso di vino,<< si può anche chiamarli Ashik Minori. Sai chi sono gli Ashik, no? >>

<< Comunemente sono valorosi soldati o persone che ad un certo punto della carriera ricevono il Majirka >>rispose la novizia.<< Non ho mai sentito parlare di Ashik Minori >>

<< Gli Ashik Minori non sono altro che gli anziani di una città o di un villaggio che agiscono per il bene della società. Anche se qui non ci sono molti pericoli >>

<< Capisco>>

Finirono di mangiare in silenzio. La casa di Neila era un po’ isolata dalle altre e si trovava molto vicino al fiume. Da fuori non proveniva alcuna voce o rumore e mentre Denebola aiutava la donna a sparecchiare, qualcuno bussò alla porta.

Neila sospirò.

<< Tuo padre è già di ritorno? >>disse Denebola.

<< Non è papà >>mormorò Neila.<< Tu resta qui >>

Con mani tremanti Neila aprì la porta e si ritrovò davanti due uomini robusti vestiti miseramente; uno di loro aveva un orecchio morsicato. I loro occhi percorrevano la cucina, ma prima che potessero soffermarsi anche su Denebola, Neila uscì fuori e si richiuse la porta alle spalle.

<< Cosa volete? >>chiese cercando di mantenere la voce ferma.

<< Ci ha mandato Clodus >>rispose l’uomo con l’orecchio a pezzi.<< Deve parlare con tuo padre >>

<< Mio padre non è in casa >>rispose Neila,<< e non tornerà molto presto. Se dovete dirgli qualcosa ripassate domani o riferite a me >>

I due si scambiarono un’occhiata.

<< D’accordo, allora >>disse l’altro.<< Stamattina presto Clodus ti ha visto in compagnia di una ragazza >>

Neila non rispose. La paura le aveva bloccato la voce.

<< Vuole sapere chi era >>concluse sempre quello.

<< Non… >>La donna si tormentò le mani dietro la schiena: non voleva rischiare di mettere in pericolo suo padre o Denebola. Sapeva di cosa era capace Clodus.<< È una ragazza che ho trovato giù al fiume. Era svenuta e non potevo lasciarla lì >>

I due annuirono.

<< Interessa per caso a Clodus? >>continuò Neila.

<< Questo non lo sappiamo >>disse l’uomo dall’orecchio mutilato.

<< Il nostro compito lo abbiamo svolto. Adesso sarà Clodus a decidere >>disse l’altro.

<< A decidere cosa? >>chiese subito Neila, spostando lo sguardo dall’uno all’altro.

<< Sono affari che non riguardano te >>sibilò il primo che aveva parlato.

<< Sulla ragazza che ospito? >>chiese la donna, sudando.

<< Può darsi. Per il momento non ci faremo più vedere >>

Neila si affrettò a rientrare in casa. Denebola la guardò curiosa, seduta al tavolo.

<< Chi era? >>

<< Due persone >> rispose Neila. Si lasciò cadere sulla sedia accanto a Denebola.

<< Ho sentito la vostra conversazione >>disse la ragazza a bassa voce, quasi imbarazzata.<< Chi è Clodus? >>

Neila chiuse gli occhi e non rispose.

<< Allora? >>incalzò Denebola.

<< Il figlio di uno degli Ashik Minori >>mormorò Neila.<< A differenza di suo padre, Clodus è un uomo senza scrupoli e malvagio. Passa molto tempo in taverna con un gruppo di persone poco raccomandabili. E’ così da quando aveva sedici anni. Da un po’ di tempo è a capo di una banda che di notte semina il terrore tra le famiglie più povere, ma nessuno osa fermarlo. Clodus dispone di uomini molto forti e anche di armi >>

<< Suo padre non gli dice niente? >>

<< Ha provato a farlo ragionare, ma Clodus non ascolta nessuno. Però di solito ha sempre lasciato stare la nostra famiglia >>

<< Non sarà per caso colpa mia? >>Denebola e Neila si guardarono, poi Neila distolse lo sguardo, preoccupata e imbarazzata allo stesso tempo.

<< Io stamattina non l’ho visto >>disse,<< e non so cosa possa volere da te, dato che nemmeno ti conosce. Ma stai sicura che appena papà tornerà gli dirò tutto. Lui e il padre di Clodus sono amici e forse ci capirà qualcosa >>

Denebola annuì, anche se dentro di sé cresceva un’inspiegabile preoccupazione. Ripensò ai suoi compagni: non era passato nemmeno un giorno dalla partenza che già si erano divisi. Sospirò. L’importante era che Tenugh non trovasse nessuno di loro.

 

Le stelle risplendevano come se volessero dimostrare la propria bellezza. La luna sembrava essere scomparsa.

Quello non era lo stesso cielo della notte della rovina. Almeno così pensava Alexander. Quella notte c’erano poche stelle e la luna era a un quarto. Nella valle della città era molto difficile individuare le costellazioni, ma Alexander non si era mai stancato di vagare con lo sguardo alla loro ricerca. Se solo suo zio si fosse fatto gli affari suoi quella volta, lasciandolo in pace…Sì, lo aveva ucciso e non se ne rammaricava affatto. Entrambi si erano odiati a vicenda, fino all’ultimo, dall’inizio della vita di Alexander.

Lui era cresciuto in una casa ricca, forse l’unica di tutta King’s Valley, e i suoi genitori gli avevano sempre dato tanto affetto, in particolare suo padre. Sperava di poter condurre alle armi Alexander, come aveva fatto con il primogenito, ma Anter Spadacciaio non si era trovato d’accordo. Insisteva che Alexander non era adatto a diventare un soldato, che non aveva la corporatura giusta e tante altre scemenze che seguirono il giovane rampollo per tutta l’adolescenza. Alexander aveva sempre sopportato le dicerie dello zio, beccandosi qualche volta parole pesanti che gli fecero perdere veramente la pazienza, ma sapeva che il resto della famiglia la pensava diversamente. Magari, se qualche volta fosse andata diversamente…

<< Che fai ancora sveglio? >>gracchiò una voce.

Alexander sobbalzò. La vecchia Maja gli diede una coperta.

<< Quel furbacchione di Jury non ti ha nemmeno ceduto il letto. Ci si è infilato prima che potessi impedirglielo >>

<< Non importa. Io mi abituo in fretta >>la rassicurò Alexander.<< Piuttosto, ha ritrovato quella mia amica? >>

<< No, ma ho intenzione di chiedere a qualche anziano >>disse Maja.

<< Graz… >>La voce di Alexander fu soffocata da una canzone volgare che risuonava nell’aria. Un gruppo di ombre avanzava camminando sbilenco tra le case, dando qualche colpettino alle imposte delle finestre.

<< Quei disgraziati! >>sbottò Maja, osservando il gruppo con disgusto.<< Sono la feccia del villaggio. Non fanno che bere e perdere tempo >>

<< Jury e Xani me ne hanno parlato >>disse Alexander.<< Anche a King’s Valley ci sono molti ubriaconi >>

<< Oh, sta’ tranquillo che questi qui non li batte nessuno >>ribatté Maja.<< Vedi cosa fanno? Dopo una bella sbronza adorano rompere le scatole alla gente. Peccato che non si avvicinino ai luoghi di preghiera! >>

<< Peccato? >>

<< Molti anziani gliene hanno promesse se solo avessero sfiorato con un dito uno dei templi. Il fatto è che non sopportano di sentire quello che combinano quando sono ubriachi >>

<< Tra di loro c’è anche un certo Clodus? >>chiese Alexander.

<< Te lo hanno detto i bambini? >>

<< Sì, ma non mi hanno più spiegato nulla. Hanno paura di questa persona >>

<< Metà del villaggio teme Clodus >>spiegò Maja,<< e anch’io ho un po’ paura di lui. E’ una persona pericolosa, sia quando è sobrio che quando esce dalla taverna. Dubito però che si trovi insieme a quelli. Ha una banda tutta sua che da fastidio a parecchia gente e nessuno gli dice nulla. Ma se solo tocca Xani o Jury… >>

<< Perché fa così? >>

<< Non lo so >>rispose tetra la vecchia,<< eppure ha un buon rapporto col padre. Anche lui è un anziano >>

Alexander lanciò un’ultima occhiata al cielo. Il gruppo di ubriachi si era allontanato e a poco a poco le loro urla sguaiate sparirono.

 

Il sole attraversava le foglie della quercia mosse dal vento, creando spazi in ombra intervallati con altri in luce. Dopo aver mangiato qualche fetta di pane, Rio, Tinhos, Mailo e Aiska si rimisero in viaggio.

<< Non più di due ore >>aveva detto Tinhos, osservando la città di Royal.

Tra loro e Royal adesso c’era solo la pianura. Da lì le colline nascondevano la Piana dei Morti, con grande sollievo dei compagni. Man mano che si avvicinavano alla città il letto del Green River si faceva più stretto e l’erba attorno ad esso rara mentre una via di ciottoli prendeva il suo posto.

A metà strada il calore aumentò e i ciottoli bianchi sembravano sciogliersi sotto quel caldo. Mailo sbuffò sotto l’armatura di Terrani, maledicendosi per non aver indossato sotto di essa qualcosa di leggero.

<< Strano che in questo periodo faccia ancora caldo >>osservò Aiska.<< L’estate dovrebbe essere finita >>

<< Meno male, perché sarebbe impossibile continuare il viaggio con un simile caldo! >>esclamò Mailo.

<< Quest’anno l’autunno non vuole venire >>mormorò Tinhos,<< anche se è solo una questione di tempo. Fra una settimana riprenderà a fare freddo >>

Checché ne dicesse Tinhos, a Mailo sembrava di trovarsi ancora in piena estate, e anche l’elfo non era molto convinto delle sue parole.

Dopo un’altra ora di estenuante cammino, il gruppo entrò a Royal. La strada di ciottoli lì si allargava fino ad una piazza. Le finestre delle case erano chiuse con tende scure e chi aveva lasciato la porta aperta si affrettava a richiuderla. C’era poca gente in giro e le poche persone si rifugiavano dal caldo chiudendosi nelle taverne. Benché fosse quasi ora di pranzo i negozi erano ancora chiusi e all’entrata di alcuni erano stati appesi tendoni colorati sotto i quali gruppetti di donne chiacchieravano.

<< Converrà anche a noi andare in una taverna >>bofonchiò Rio.

La più vicina era La corona del nord, come diceva l’insegna in legno che sembrava stesse per andare a fuoco sotto i raggi solari. Prima di seguire gli altri, Tinhos si sollevò sulla testa il cappuccio. La taverna era gremita da metà città; ovunque risuonavano voci e risate. L’aria era fresca perché anche lì le finestre erano state chiuse da pezzi di stoffa blu scuro. Tutti i tavoli erano occupati da uomini e donne impegnati a parlare o a bere qualche sorso di birra; in un angolo in penombra un folto gruppo di bambini e ragazzi giocava e chiacchierava animatamente.

I quattro compagni si avvicinarono al lungo bancone e si sedettero sugli alti sgabelli di legno.

L’oste, un uomo calvo e tarchiato con due baffi grigi, prese quattro boccali.

<< Birra anche voi? >>domandò. Rio annuì e l’oste riempì i boccali con birra freschissima.

Mailo sorseggiò la sua birra osservando gli avventori del locale. Anche Rio tendeva il collo alla ricerca di Alexander e Marta.

<< Non ci sono >>disse alla fine, amareggiato.

<< Chi cercate? >>chiese l’oste.

<< Due nostri amici >>rispose Mailo.<< Un uomo con barba e capelli lunghi neri e una ragazza con un abito viola. Li ha visti? >>

L’oste scosse la testa.

<< Poche persone ormai si aggirano per le strade >>disse.<< Questo caldo infernale scoraggerebbe chiunque. Piuttosto, cosa siete venuti a fare qui? Non siete di Royal >>

<< Avevamo da sbrigare alcuni impegni con i nostri compagni >>disse Rio. La mano che reggeva il suo boccale semivuoto tremava leggermente.

<< Arriveranno >>gli sussurrò Aiska all’orecchio.

Rio annuì.

<< Pensavo di incontrarli subito >>le disse.

<< Ha due camere libere da darci mentre aspettiamo i nostri amici? >>domandò Mailo all’oste.

<< Ne ho dieci di stanze libere >>borbottò l’uomo, aprendo un cassetto e prendendo due chiavi.<< Il caldo fa perdere la voglia di viaggiare, così la taverna si è svuotata >>

<< Non si direbbe >>ridacchiò Mailo accennando ai clienti.

<< Oh, loro sono solo clienti abituali. Vengono sempre qui quando il caldo diventa insopportabile. In casa non rimane quasi mai nessuno >>spiegò l’oste con un sorriso.

Quel pomeriggio il caldo non era diminuito, anzi.

La taverna aveva tre piani e le stanze di Rio, Tinhos, Mailo e Aiska si trovavano tutte al secondo piano. Solo quella di Aiska era dall’altra parte del corridoio. Subito dopo aver riposto le sue cose, la donna era andata dai suoi amici. Mailo si era finalmente tolto l’armatura e si era chiuso in bagno, lasciando gli altri in un’interminabile attesa. Tinhos aveva il volto più rosso di un pomodoro e non smetteva di bussare ogni dieci minuti alla porta.

La quinta volta, Mailo aprì seccato.

<< La smetti di rompere le scatole? >>sbottò, tenendo la porta socchiusa.

<< E tu ti decidi ad uscire da lì? >>replicò Tinhos, spingendo.

<< Non ho ancora fatto! >>disse Mailo, e richiuse.

<< Quanto ti ci vuole? Sei un soldato, non una ragazza che deve prepararsi per un appuntamento! >>esclamò l’elfo.

Spinse la porta per qualche altro minuto, finché non perse la pazienza e le diede un calcio.

Rio stava consultando una mappa quando finalmente Mailo uscì dal bagno, beccandosi un’occhiataccia da parte di Tinhos, che non si mosse.

<< Puoi andare >>gli disse.

<< Aiska mi ha fatto usare il suo bagno >>disse l’elfo, sdraiato sul letto.<< Se stavo ancora ad aspettare te… >>

<< Fabius pensa che il cristallo rosso si trovi qui a Royal? >>domandò Rio.

<< Probabile >>disse Aiska,<< ma non si sa chi ce l’abbia. Per quello che ne potremmo sapere, potrebbe essere stato anche tagliato per farci dei gioielli >>

Tinhos scosse la testa e si mise seduto.

<< E’ impossibile >>disse.<< Un cristallo fatto con i metalli degli déi non può essere tagliato da un uomo. Nemmeno dal più bravo orefice >>

<< E se non è a Royal? >>disse Mailo.<< Dove potremmo cercarlo?Nessuno ci ha dato informazioni a questo proposito >>

<< Possiamo sperare che il cristallo verde parli di nuovo >>disse Rio,<< così avremmo una pista precisa da seguire >>

<< Ciò che non capisco è perché Fabius è così tanto sicuro che troveremo tracce del cristallo a Royal >>mormorò Aiska.<< Se il cristallo verde l’avesse detto a Denebola, lei ce lo avrebbe spiegato. O no? >>

<< Hai dimenticato che Fabius è il più potente della Torre di Aldebaran >>rispose Tinhos.<< Può averlo visto nelle stelle o aver usato un qualsiasi altro metodo >>

<< Non importa, alla fine capiremo tutto >>.Rio ripose la mappa e si avvicinò alla finestra, anch’essa chiusa da una tenda scura. Il soldato la scostò un poco e guardò la strada. Era deserta a parte due persone in armatura che si stavano avvicinando alla taverna.

Mailo gli si avvicinò. << Non sono guardie reali, quelle?Cosa saranno venuti a fare? La taverna è chiusa >>disse.

Rio annuì e alzò lo sguardo sul palazzo reale. Le sue mura bianche risplendevano alla luce del sole e la bandiera della città (due spade incrociate ai lati di una corona) sventolava al vento.

Pochi minuti dopo, dal piano terra si alzarono delle voci.

<< Potrebbero anche fare più piano >>borbottò Mailo, lanciando un’occhiataccia al pavimento. Tese comunque l’orecchio.

Passarono alcuni minuti: Tinhos si era sdraiato di nuovo e fissava il soffitto con palpebre pesanti; Aiska e Rio stavano parlando delle loro rispettive città e Mailo guardava fuori della finestra. All’improvviso, si levarono delle grida che fecero tremare il pavimento. Rio e Aiska tacquero all’istante e Tinhos scattò in piedi. Le urla non cessavano. Rio andò alla porta e uscì in corridoio. Dalle poche stanze occupate si affacciavano le teste degli occupanti, che fissavano le scale sbalorditi.

Rio precedette i suoi compagni fino al piano terra. Il salone era vuoto e una delle guardie che Mailo e Rio avevano visto entrare stava agitando la spada sotto il mento dell’oste.

<< Che cosa state facendo? >>domandò Rio.

Le guardie li guardarono aggrottando le sopracciglia. Tinhos si affrettò a coprire le orecchie a punta con i capelli.

<< Non sono affari che vi riguardano >>sibilò la guardia che minacciava l’oste.

<< Che cosa vi ha fatto quest’uomo? >>insisté Aiska facendosi avanti con i compagni.

<< Si rifiuta di darci delle informazioni >>rispose l’altra guardia.

<< Che genere di informazioni? >>chiese Mailo.

<< Non siamo tenuti a rispondervi >>La guardia abbassò la spada e l’oste sospirò di sollievo.<< Voi invece chi siete? >>aggiunse con un’occhiata sospettosa a Tinhos.

<< Viandanti >>spiegò Rio.<< Veniamo dal sud >>Si accorse degli occhi della guardia: azzurri ma venati di rosso. Il soldato inarcò leggermente un sopracciglio.

<< Vi ha mandati il re? >>chiese Aiska.

Una guardia la guardò e scambiò un ghigno col compare.

<< Siete troppo curiosa >>disse poi ad Aiska,<< non è bene che una viandante si intrometta negli affari di due guardie reali. Qual è il vostro nome? >>

Senza farsi vedere, Tinhos diede un colpetto alla schiena di Aiska. Anche senza quel gesto di avvertimento, la donna aveva capito, così come i suoi compagni: quei due uomini non avevano intenzione di trattarli diversamente dall’oste.

<< Non parlate adesso? >>ghignò la guardia che aveva minacciato l’oste.<< Allora potrebbe dircelo il vostro amico >>indicò con un cenno del capo Tinhos, che non rispose.

Rio strinse i pugni. Non molti si erano accorti dell’accento elfico dell’amico e sperava che non fossero proprio quelle guardie ad accorgersene. Nei loro occhi brillava una luce pericolosa. Con un’occhiata d’intesa con Tinhos, Rio lo avvertì.

<< Allora? >>ripeté la seconda guardia.<< Volete che vi estorca la risposta con la spada? >>

<< Dovresti solamente provarci >>sibilò Tinhos.

La guardia scoppiò a ridere anche se i suoi occhi rimasero freddi.

<< Pensi che abbia paura di te? >>esclamò, estraendo la spada, ma Tinhos fu più veloce e gli puntò il pugnale che nascondeva sotto la maglietta in gola.

<< Non so se tu hai più o meno paura di me >>sussurrò minaccioso l’elfo, << ma tu non mi spaventi >>

<< Tinhos! >>esclamò Rio in segno di avvertimento.

<< Tinhos, eh? >>sorrise la guardia, beffarda.<< Ricorderò questo nome >>

Tinhos spinse un po’ di più il pugnale sulla carne della guardia; l’altra fece un passo avanti.

<< Rischi la galera se minacci una guardia del re >>disse.<< Riponi quell’affare e non ti arresterò >>

<< Ti obbedirei >>ribatté Tinhos,<< se solo foste guardie reali! >>

Seguì un lungo silenzio. Tinhos manteneva ben salda la presa sul pugnale e Rio guardava le due guardie. L’oste osservava la scena a occhi aperti, le dita serrate sul bordo del bancone.

<< Non dire più sciocchezze >>esclamò aspra la guardia, << e togli quel pugnale se non vuoi che mi arrabbi >>

Tinhos lasciò la guardia, che si massaggiò la gola. Ripose il pugnale, e la guardia ne approfittò per afferrarlo per le braccia e bloccarlo. Rio, Aiska e Mailo scattarono in avanti, ma la guardia puntò la spada sul collo di Tinhos, costringendoli a fermarsi.

<< Un altro passo e il vostro amico perderà la testa! >>ringhiò.

<< Vigliacchi! >>disse Mailo.<< Lasciatelo andare immediatamente >>

<< Non sarai tu a darci degli ordini, e se non vuoi finire in prigione rimani dove sei >>

<< Prima lasciate andare Tinhos >>disse Aiska, ma Tinhos scosse lentamente la testa.

<< Stai fermo! >>gridò la guardia che lo teneva prigioniero.

L’oste ne aveva abbastanza di tutta quella confusione. Veloce come un fulmine, estrasse da sotto il bancone una balestra carica e tirò una freccia addosso alla guardia che teneva fermo Tinhos, uccidendola sul colpo. La guardia lasciò cadere la spada e stramazzò al suolo. Il suo compare lanciò uno strillo acuto, fulminando con gli occhi l’oste, che si immobilizzò paralizzato dalla paura. Tinhos lanciò il pugnale al petto della guardia, che cadde supina all’indietro prima di poter fare un altro passo.

Rio si inginocchiò accanto alla guardia più vicina e la esaminò da vicino.

<< Chi…chi diavolo erano? >>ansimò l’oste guardando con terrore i cadaveri delle guardie.

<< Servi di Tenugh >>sussurrò Tinhos.

<< Come? >>disse l’oste.

<< Dovreste dircelo voi >>disse Mailo.<< Che informazioni volevano? >>

<< Cercavano sei persone >>rispose l’oste, riponendo la balestra.<< Tre soldati di Terrani, una ragazzina e altri due di cui non conoscevano la città natale >>Deglutì a fatica, poi con voce tremante quanto le sue mani, disse: << Cercavano voi, giusto? >>

Mailo e Aiska si scambiarono uno sguardo, poi annuirono. L’oste si lasciò cadere su uno sgabello, ancora sconvolto, e si passò una mano sul volto.

<< Ci dispiace avervi procurato questo disagio >>disse Rio, << ma non sapevamo che la persona che ci sta cercando sa dove ci troviamo >>

<< Si può sapere chi siete veramente voi? >>esclamò l’oste.<< Siete delinquenti o qualcosa del genere? >>

<< Niente di tutto ciò >>rispose Tinhos.<< I delinquenti sono questi qua >>e indicò le guardie,<< e il loro padrone. Ma non posso spiegarvi tutto >>

<< Quanto tempo vi fermerete a Royal? >>

<< Fino a quando non verremo raggiunti dai nostri amici >>

<< Posso stare sicuro che un fatto del genere non si ripeta di nuovo? >>chiese l’oste con voce supplichevole.

Rio sospirò.

<< Spero di sì >>

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VII - Di nuovo insieme ***


Incolla qui il testo.

 

Era appena sparito l’ultimo raggio di sole quando Maja servì la cena. Jury e Xani si scambiarono uno sguardo rassegnato e il biondino mormorò qualcosa all’orecchio di Alexander. Questo fece di tutto pur di non scoppiare a ridere.

<< Be’? >>sbottò Maja.<< Cosa sono tutte queste confidenze, Jury? >>

<< Non mi ha detto nulla di importante >>disse Alexander mentre la vecchia gli metteva un piatto di carne davanti.

Jury osservò dubbioso la sua porzione e la stuzzicò con la forchetta. Xani si mise a ridere.

<< Ssssh! >>esclamò Jury, ma Maja perse la pazienza e tolse il piatto sotto il naso del ragazzo.

<< Ne ho abbastanza! >>

<< Ma…che ho fatto? >>esclamò Jury, cercando di riprendersi il piatto che la tutrice teneva ben sollevato.

Lei non rispose e Jury sentì i crampi allo stomaco.

<< Va bene, non dirò più che cucini da schifo >>disse il biondino. Maja lo guardò con un misto di rabbia e trionfo.

<< E io che pensavo avessi già mangiato a merenda! >>esclamò.<< Ora si spiega tutto. Così lo hai detto anche ad Alexander >>

<< E’ per la tua abitudine di preparare filtri come medicina >>si giustificò Jury.

<< E questo cosa c’entra con la cena? >>

<< Be’… >>Jury cercò di sembrare il più ovvio possibile.<< Visto che i tuoi filtri fanno schifo, figuriamoci la carne e tutto il resto! >>

Xani e Alexander si guardarono e distolsero subito lo sguardo, trattenendo coraggiosamente le risate.

<< Se la pensate in questo modo tutti e tre allora niente cena >>disse Maja con fare pratico.

<< No! >>esclamarono gli altri tre.

<< Dammi il piatto! >>aggiunse Jury.

Maja sbuffò e sorrise. << E’ l’ultima volta, poi non tollererò più certe dicerie >>disse.

Jury tirò un respiro di sollievo e prese a mangiare.

Alexander sorrise. Erano solo due giorni che si trovava lì e già considerava quelle persone come una famiglia. Il fatto era che aveva dimenticato come si viveva in una famiglia felice. Figuriamoci, aveva ben altro a cui pensare!

Come se avesse letto nel pensiero ad Alexander, Maja disse:<>

<< Chi? >>domandò Alexander.

<< Vedrai, non aver fretta >>rispose Maja, lanciandogli un’occhiata eloquente.

<< E… >>cominciò Alexander.

<< Non ho ancora trovato la tua amica >>lo interruppe la vecchia, tornando a mangiare.

L’uomo sospirò rassegnato; aveva perso la voglia di mangiare. Posò coltello e forchetta e si mise a guardare fuori dalla finestra. Jury e Xani lo guardarono desolati per poi voltarsi verso Maja. Lei alzò le spalle e fece loro segno di riprendere a mangiare.

 

La stanza era vuota e buia: la luce delle lanterne della strada non raggiungevano la casa. Sdraiato a pancia in su, Alexander guardava il soffitto scuro, le braccia incrociate sotto la testa, in mente un turbine di pensieri.

<< Posso entrare? >>sussurrò Xani alla porta.

<< Certo, vieni >>disse Alexander mettendosi seduto.<< Se devi dormire me ne vado subito >>

<< No >>disse subito la bambina, << non ho sonno. Più che altro volevo parlare un po’ con te >>

<< Ah >>fece Alexander, sorpreso.<< Di cosa vuoi parlare? >>

Xani gli si sedette vicino.

<< Tu sei stato alla Torre di Aldebaran >>disse.<< Com’è? >>

<< In che senso? >>

<< Com’è la Torre all’interno?Ci sei entrato, no? >>

<< Ci sono entrato, sì >>rispose l’uomo,<< però sono stato solo in una camera che riservano per i viaggiatori. Non l’ho visitata >>

<< Capisco >>mormorò Xani un po’ delusa.

Due uomini passarono vicino la casa, discutendo di colture.

<< Vedrai che la tua amica non è lontana >>disse dopo qualche minuto la bambina.

<< Lo spero >>disse Alexander.

<< Perché viaggiate insieme?Che cosa riguarda il vostro viaggio? >>

<< Non posso risponderti >>rispose Alexander trattenendo un sorriso davanti la curiosità di Xani.

<< Perché? >>

<< Per due motivi >>rispose Alexander.<< Il primo è perché il nostro viaggio è un segreto, e poi perché tu sei solo una bambina e non capiresti tanto facilmente >>

Xani sbuffò e poggiò il mento sui palmi delle mani. In quel momento Maja entrò.

<< Rischiamo di fare tardi >>disse rivolta ad Alexander.<< Xani, tu vai a dormire. Non ci metteremo molto >>

<< Non ho sonno >>ripeté Xani.

<< Allora vai a sederti sul tuo letto, perché io ho sonno >>disse Jury, facendola scendere dal letto.

Dopo essersi assicurata che i due fratelli si erano messi a letto, Maja condusse Alexander lungo una stretta via che sembrava portasse fuori dal villaggio; dopo cento metri si fermarono davanti un alto arco di pietra nera.

<< Mi hanno detto che la tua amica si trova al di là di quest’arco >>disse Maja.

<< Cosa?Bene! >>esclamò Alexander, decisamente preso alla sprovvista e molto più sollevato di prima, ma la donna lo fermò prima che potesse fare un passo.

<< Non puoi entrare lì dentro >>spiegò, << non sei un anziano o un membro del villaggio >>

<< Come posso fare, allora? >>

Maja sorrise.

<< Cerca di metterti in contatto con lei usando la mente >>

Alexander sbatté più volte le palpebre, credendo di aver capito male, ma il sorriso della vecchia lo convinse del contrario.

<< Non sono capace >>disse. << Solo uno stregone potrebbe. Dai, fammi entrare >>

<< Provaci! >>esclamò Maja con voce imperiosa. Alexander sospirò e si concentrò, pur sapendo di star facendo una sciocchezza.

Sgombrò la mente dai pensieri che l’affollavano e si concentrò su Denebola con tutte le sue forze. Per un lungo momenti non accadde nulla, ma poi l’immagine della ragazza gli apparve nitida in mezzo all’oscurità e Alexander notò con sollievo che non era ferita. Sembrava che Denebola fosse seduta; si rigirava tra le dita la catenella del cristallo di Imder Nysri e aveva un’aria preoccupata. All’improvviso alzò lo sguardo e i suoi occhi e quelli dell’uomo s’incrociarono. Alexander fece appena in tempo a vederle l’espressione incredula che le si era stampata sul volto che un dolore lancinante gli trafisse la testa. Urlando, cadde all’indietro e sbatté la testa contro i piedi di Maja.

<< Che cos’hai visto? >>chiese la donna.

Alexander si alzò tremante, la testa che pulsava.

<< C’era Denebola >>disse lentamente; si sentiva sempre più confuso.<< La stavo guardando…poi anche lei mi ha visto…Com’è possibile? >>

<< Questo dovresti chiederlo a lei >>disse Maja con un lieve sorriso, indicando dietro di lui.

<< Ma che dici? Non posso farlo un’altra volta! >>

<< Alexander! >>

L’uomo si voltò. Dietro l’arco era apparsa Denebola. Reggeva il Bastone di Andromeda e sembrava a dir poco scioccata.

<< Come stai? >>si chiesero all’unisono, senza muoversi dalle loro posizioni.

<< Bene >>rispose Denebola. Sembrava non riuscisse a trovare le parole giuste per parlare. << Credevo di averti sognato…Dov’eri? >>

<< Non lo so >>disse Alexander con sincerità.<< Maja mi ha detto di mettermi in contatto con te con la mente e penso di avercela fatta >>

<< È quello che mi ha detto anche Acho, prima di andarsene. Allora…ci siamo visti nelle nostre menti? >>

<< Pare di sì >>rispose Alexander, anche se non riusciva a credere alle sue parole.<< Chi è Acho? >>

Denebola si guardò attentamente intorno nella completa oscurità interrotta solo dal debole chiarore della luna, poi raggiunse Alexander e gli raccontò tutto.

<< Gli hai anche detto della nostra missione? >>esclamò lui alla fine del racconto. << Perché? >>

<< Sento di potermi fidare di lui >>rispose Denebola come se fosse la cosa più ovvia.

<< Naturale >>replicò Alexander.<< Così lo andrà a dire a tutto il villaggio. Bella mossa, complimenti! >>

<< Cosa avrei dovuto fare? >>disse Denebola, irritata.

<< Inventarti qualche scusa? >>

<< E tu, invece, che hai fatto? >>

<< Ho avuto più acume di te! >>disse Alexander, infervorandosi.<< E se pensi che… >>

<< Alexander, basta! >>

Denebola e Alexander sussultarono. Maja, che fino a quel momento era rimasta nascosta nell’ombra di un albero, si era avvicinata ai due.

<< Ti pare questo il modo di trattare una ragazza? >>esclamò, fulminando Alexander con gli occhi.<< Pensavo fossi stato contento di aver ritrovato la tua compagna, ma evidentemente mi sbagliavo, visto che l’hai aggredita >>

<< Non è così >>cominciò Alexander. << Il fatto è che Denebola non avrebbe dovuto… >>

<< Ho ascoltato! >>abbaiò Maja.<< E penso abbia fatto bene, a differenza di te, che hai acume e hai preferito farmi tribolare nel dubbio in questi giorni. Che ne dici, allora, di spiegarmi la faccenda? >>

<< Non posso! >>disse Alexander. << È un segreto, nessuno lo può sapere >>

<< È così >>disse Denebola. << Ho sbagliato a parlarne con Acho, ma pensavo che non avrei potuto trovare una scusa adatta, in quel momento. Ti chiedo di non costringere Alexander a rivelarti l’entità della nostra missione. Più persone sanno, più il pericolo aumenta. Non possiamo rischiare >>

Maja rifletté a lungo sulle sue parole. Rimase ad osservare la giovane a lungo, con occhi penetranti, come se volesse leggerle nel pensiero.

<< So che sei una novizia di Aldebaran >>disse alla fine.

<< Sì >>rispose Denebola.<< Sono stata cresciuta e allenata lì >>

<< Mmmh >>fece Maja, strizzando gli occhi.<< Quindi, ora che vi siete ritrovati dovrete partire alla ricerca dei vostri amici. Quando avete intenzione di partire? >>

<< Anche subito >>disse Denebola. Alexander la guardò ma non disse nulla.<< È già parecchio tempo che ci siamo divisi, e se aspettiamo ancora un po’ rischiamo di non ritrovarci >>

<< Vi serviranno dei cavalli >>disse Maja.

<< Li comprerò domani mattina >>disse Alexander.

<< E da chi? >>chiese la vecchia. << A Mako di cavalli ce ne sono veramente pochi e vengono usati quasi tutti nei lavori dei campi. Nessuno ve li darà. Gli unici disponibili li ha Clodus, Alexander, ma dubito che sarà disposto a venderveli >>

<< Gli parlerò >>disse Alexander. << Anche subito >>

<< Non dire sciocchezze, ragazzo >>disse brusca Maja. << Se ti presenti a casa di Clodus a quest’ora finirai sicuramente ammazzato! È una persona molto suscettibile >>

<< Non mi fa paura >>

<< Potrebbe farti del male, però! >>.Maja, si massaggiò le tempie e scrutò l’uomo.<< L’unica soluzione è quella di andare a Tsuri e trovare un venditore che vi faccia un buon prezzo. A piedi impieghereste un paio d’ore per arrivare in città >>

<< D’accor… >>fece Alexander, ma Denebola lo interruppe.

<< Non abbiamo tempo per andare a Tsuri >>disse la ragazza. << Troveremo un altro modo per andare dai nostri compagni >>

Alexander sbuffò, spazientito; afferrò Denebola al polso, disse :<< Perdonaci un attimo >> a Maja, e trascinò la novizia lontano dalle orecchie della donna.

<< Perché non provi a riflettere prima di parlare? >>sibilò Alexander.<< Come diavolo pensi di raggiungere gli altri, a piedi, se non sappiamo nemmeno dove si trovano? Vagheremo per Valdmurt per anni >>

<< Perché tu invece non provi a fidarti di me, una volta ogni tanto? >>disse Denebola a bassa voce. << Sicuramente eravamo vicini a Royal quando ci siamo divisi, e sono certa che Rio e gli altri si trovano lì >>

<< Va bene >>disse Alexander, << ma come facciamo a raggiungere Royal a piedi senza perdere fin troppo tempo? Faremmo prima ad andare a Tsuri e comprare i cavalli, no? >>

<< Tenugh ormai sarà venuto a conoscenza della nostra partenza >>spiegò Denebola.<< E avrà spedito le sue guardie nelle città più importanti di Valdmurt. Cosa pensi che faremmo se venissimo scoperti? Non posso usare la magia senza mettere a rischio la vita di migliaia di persone più la nostra >>

<< E secondo te la strada per Royal è più sicura? >>

<< Io non ho mai detto di voler raggiungere Royal a piedi >>replicò Denebola con calma.

<< Ah no? >>disse Alexander. << Hai un’altra idea, allora? >>

<< Domattina lo saprai >>rispose Denebola. Tornarono da Maja, e la ragazza la ringraziò. << Senza il tuo aiuto e quello di Acho non avrei pensato di ritrovare Alexander >>

Maja sorrise.

<< Direi che è tardi, e se domani partirete presto vi conviene andare a riposare. Vieni, Alexander >>

<< Ci vedremo all’ingresso di Mako. Fai attenzione >>disse lui passando accanto a Denebola. La ragazza annuì e attraversò l’arco che si trovava dietro di loro.

Mentre tornavano a casa, Alexander non smetteva di lanciarsi occhiate alle spalle.

<< La tua amica è in buone mani >>disse la vecchia, entrando in casa.

<< Sì >>.Alexander si diresse verso la sua stanza, ma quando fu arrivato alla porta si fermò. << Senti >>disse a Maja, << mi dispiace che tu ti sia preoccupata in questi giorni. So che avere in casa un uomo di cui non sei certa di poterti fidare è fastidioso, ma non me ne potevo andare senza Denebola >>

<< Non fa niente >>ribatté Maja dopo qualche attimo di silenzio. << Capisco la vostra necessità di non poter rivelare la vostra missione a tante persone, e la rispetto >>

<< Ti ringrazio >>disse Alexander prima di andare a dormire.

 

L’alba del mattino dopo era ventosa. Quando Alexander e Maja raggiunsero Denebola e Acho davanti all’ingresso del villaggio non c’era ancora nessuno in giro.

<< Lieto di conoscerti, Alexander >>disse Acho con voce amichevole. Alexander chinò appena il capo, ma la sua attenzione era rivolta all’idea della ragazza.

<< Sapete già come arrivare a Royal? >>chiese Maja a Denebola.

<< Sì, attraverseremo il Green River >>rispose lei. << So che qui vicino c’è il villaggio di Kaniy’ dove potremmo farci accompagnare all’altra sponda del fiume >>

<< Buona idea >>disse Maja. Alzò gli occhi al cielo e aggrottò le sopracciglia.<< Fareste bene a sbrigarvi: presto si scatenerà un temporale >>

<< Già. E se la strada si trasformasse in un pantano, non riuscirete più a raggiungere Kaniy’ >>continuò Acho, le mani dietro la schiena.<< Andate. E che possiate riuscire nel vostro arduo compito >>

Denebola e Alexander li salutarono e si incamminarono fuori dal villaggio. Quando furono abbastanza lontani, Alexander si voltò verso la ragazza.

<< Quanto dista Kaniy’? >>

<< Un’ora se manteniamo questo andamento >>disse Denebola.<< Ma potrebbero volerci giorni se comincerà a piovere >>

<< Ti fidi a farti accompagnare sul Green River? >>chiese Alexander.

<< No >>

<< Ti sei inventata tutto, allora? >>

<< Sì, perché? >>disse Denebola, guardandolo.

<< Ma allora come faremo? >>esclamò Alexander. Denebola si fermò e guardò il cielo; qualche goccia di pioggia le cadde sul viso.

<< Sbrighiamoci >>disse, puntando la punta del Bastone sul terreno.

<< Che cosa hai intenzione di fare? >>domandò sospettoso Alexander.

<< Non distrarmi >>disse Denebola. Chiuse gli occhi e si concentrò. Lasciò fluire l’energia necessaria per evocare l’incantesimo; le mani le formicolavano e il bastone tremava sotto i suoi palmi.

Iniziò a piovere. Alexander non smetteva di fissare Denebola, curioso, sperando che la novizia sapesse cosa stava facendo, quando all’improvviso avvertì una strana sensazione. Era come se il suo corpo stava svanendo. Alexander si guardò intorno e sussultò. Attorno a loro non c’era più il sentiero che portava fuori Mako, ma si trovavano in una città sconosciuta.

Accanto a lui, Denebola lasciò cadere il Bastone e barcollò. Alexander la sorresse.

<< Visto? >>sussurrò lei, esplorando con lo sguardo le vie deserte.

<< Cosa? >>disse Alexander, raccogliendole il Bastone. << Dove ci hai fatto finire? >>

<< Questa è Royal >>rispose Denebola con un sorriso. << Non l’avevo mai fatto, prima. Mira mi diceva sempre che solo pochi ci riuscivano. Perfino lei non lo sa fare >>

<< Vuoi dire >>disse lentamente Alexander, << che sei stata tu a portarci qui? >>

<< E chi altri, secondo te? >>replicò Denebola ridendo.<< Ora non ci resta altro da fare che trovare Rio e gli altri >>

<< Sì >>disse Alexander, individuando una taverna.<< Proviamo lì >>

Si affrettarono ad entrare in una vecchia taverna affollata. Qualche persona seduta vicino alla porta si voltò a guardare con curiosità Denebola, che stringeva nervosamente il Bastone di Andromeda.

<< Benvenuti a La corona del nord >>esclamò l’oste da dietro il bancone. << Desiderate qualcosa da bere? >>

<< No, stiamo cercando alcuni nostri amici >>disse Alexander. << Sono tre soldati e una donna. Li ha visti? >>

L’oste sussultò e guardò attentamente i clienti, che sembravano disinteressati dai nuovi arrivati. Con il respiro affannato, fece segno ad Alexander e Denebola di avvicinarsi.

<< Ora che ci faccio caso >>disse, osservando l’abito di Denebola, << penso che siate le persone che alcuni mie clienti stanno cercando da un paio di giorni >>

<< Davvero? >>disse Denebola. << Quindi lei li ha visti? >>

<< Sì >>rispose l’oste, abbassando la voce con fare cospiratorio. << I vostri amici si trovano al secondo piano. Vi chiedo di non far troppo rumore, altrimenti questa gente si insospettirà. Vedete quelle guardie in quell’angolo laggiù? Da quando siete entrati non hanno fatto altro che guardarvi. Forse vi stanno cercando >>

Alexander voltò lentamente la testa alle sue spalle. Tre guardie sedute in un angolo buio li osservavano mormorando tra loro.

<< Potrebbero essere seguaci di Tenugh? >>chiese a Denebola.

<< Spero tanto di no >>rispose lei.

<< Altri ancora? >>sussurrò l’oste con voce roca. Alexander e Denebola lo guardarono sorpresi e turbati.

<< Cosa intende dire? >>chiese la ragazza.

<< Qualche giorno fa due guardie mi hanno chiesto di voi e dei vostri amici >>spiegò l’uomo con voce ansiosa, sudando. << Ma i vostri compagni sono riusciti ad ucciderli e uno di loro ha detto che erano stati mandati da un certo Tenugh >>

Alexander strinse i pugni.

<< Dobbiamo stare attenti, allora >>disse. Trascinò Denebola su per le scale fino al secondo piano, poi si guardò intorno. Da dietro una porta veniva una voce familiare. Svelto, Alexander bussò forte, mettendo a tacere chi c’era dall’altra parte. Dopo qualche istante, Mailo aprì.

<< Alexander! >>esclamò senza fiato. << Denebola! Ma cosa… >>

<< Facci entrare, presto >>sibilò Alexander.

<< Per fortuna siete vivi >>disse Rio, guardandoli con sollievo. << Che cos’è successo? Quando siete arrivati? >>

Denebola e Alexander si sedettero su un letto e raccontarono cosa avevano vissuto da quando si erano separati. I loro compagni li ascoltarono in silenzio, poi, alla fine del racconto, Rio disse: <>

<< È vero >>disse Aiska. << Adesso non dobbiamo fare altro che cercare il secondo cristallo >>

<< Sì, ma qua sotto ci sono tre guardie che non aspettano altro che noi >>la interruppe Alexander.<< Forse sono qui per conto di Tenugh. L’oste ci ha detto che sono già venuti due suoi seguaci >>

Rio annuì tetro.

<< Cosa possiamo fare? >>domandò Mailo. << Ormai Denebola è qui. Non ci vorrà molto per cercare il cristallo >>

<< Hai ragione >>disse Denebola, << ma quando uscirò quelle guardie mi seguiranno >>

<< E se troverai il cristallo faranno di tutto pur di prenderlo >>concluse Tinhos.<< Così non va . Occorrerà cercare il cristallo questa notte >>

<< Sarà ancora più pericoloso >>ribatté Alexander.<< Le guardie pattuglieranno le strade. Non possiamo farci sorprendere, tanto meno Denebola >>

<< Andremo tutti insieme, allora >>decise Rio. << Nel caso venissimo scoperti distrarremo le false guardie >>

<< Non serve tutto questo >>mormorò Denebola.

<< Cosa dici? Hai scordato che devi ritrovare il cristallo? >>disse Aiska. << L’unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci in questo momento è della riuscita del piano di Tinhos e Rio >>

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII - Il principe degli elfi ***


Incolla qui il testo.

 

Mailo aprì la finestra della loro camera e scrutò il buio sotto di loro: sembrava tutto tranquillo. Fece un segno agli altri e si calò giù per l’alto albero che si ergeva davanti la loro finestra. Tinhos, Aiska, Denebola e Alexander lo seguirono, cercando di fare il più piano possibile. Rio mise una gamba fuori dal cornicione, ma si arrestò di colpo quando sentì un rumore fuori dalla stanza. Tese le orecchie, allarmato, ma dopo un istante si udì lo scattare di una porta seguito da un sonoro starnuto.

<< Siamo sicuri che quelle guardie non siano rimaste qui alla taverna a spiarci? >>bofonchiò Mailo, strizzando gli occhi verso i piani superiori.

<< No, le ho viste uscire prima >>rispose Rio atterrandogli accanto. << Dunque, Denebola, come pensi di trovare il cristallo? >>

<< Pensavo di andare a vedere nei templi >>rispose la ragazza. << Deri reagirà quando avvertirà il suo compagno >>

<< Qual è il tempio più vicino? >>chiese Alexander mentre si incamminavano.

<< Quello del dio Baslion >>disse Tinhos. << Stando a quello che ci ha detto l’oste nessuno lo frequenta da un sacco di tempo >>

Le strade erano deserte, a parte qualche solitaria guardia che pattugliava a passo di marcia. Rio e gli altri evitarono di incrociarle o di passare sotto il fascio di luce dei lampioni. Dopo un miglio raggiunsero un vecchio cancello nero oltre il quale si ergeva un’antica costruzione in pietra semidistrutta.

<< Mailo, Aiska, accompagnate Denebola >>disse Rio. << Noi resteremo di guardia. Se succede qualcosa vi verremo a chiamare >>

Denebola oltrepassò il cancello ed entrò nel tempio, seguita da Aiska e Mailo. Era rimasta solo una parte della sala principale; il pavimento quasi non esisteva più e grossi macigni erano caduti dal soffitto lasciando un fitto strato di polvere e detriti per terra. A quanto pareva c’era stato anche un incendio, notò Mailo osservando una colonna annerita.

Denebola estrasse il cristallo verde e cominciò a passeggiare per la sala, reggendolo per la catenella e soffermandosi in qualche punto che riteneva probabile di contenere il secondo cristallo.

Intanto Mailo e Aiska esaminavano la stanza a grandi passi, osservando l’altare spoglio di ogni decorazione e la statua decapitata del dio Baslion.

<< Cosa pensi sia successo qui? >>sussurrò Aiska.

<< Si direbbe una razzia >>rispose Mailo, chinandosi ad esaminare la statua. << Evidentemente è stato qualche ladro. Oppure un terremoto. Ricordo che qualche anno fa ce ne è stato uno particolarmente violento in questa zona >>

Dietro di loro si sentì un tonfo. Mailo e Aiska si voltarono, le spade sguainate. Denebola era inginocchiata per terra, una mano sulla testa; il cristallo verde le vorticava davanti.

<< Che cosa succede? >>gridò Mailo mentre il cristallo cessava di ruotare e cadeva per terra.

<< Qui… >>Denebola si rialzò a fatica, aiutata da Aiska, << …qui non c’è nessun cristallo. Fabius si è sbagliato…non è a Royal che dobbiamo cercare >>

<< Te lo ha detto il cristallo? >>disse Aiska.

Denebola annuì ancora scossa.

<< Ma allora… >>disse Mailo. Una serie di urla all’esterno lo interruppe, e il soldato si guardò attorno allarmato. Corse alla porta. Davanti il cancello, Rio, Alexander e Tinhos combattevano contro le guardie della taverna.

<< Sono loro! >>

<< Che cosa? >>esclamò Aiska. Denebola raccolse il cristallo e lo fissò spaventata. << Non è possibile! Che si fa? >>

<< Ecco cosa si fa >>disse Mailo, voltandosi a guardare la stanza e poi la donna. << Dovete uscire dalla città. Passerete da quel foro dietro l’altare. Io vado ad aiutare gli altri. Quelli sono di Tenugh! >>

<< Dove ci rincontreremo? >>chiese Aiska.

<< Sulla strada principale. Dubito che ci siano altri seguaci di quel mostro. O almeno lo spero >>rispose Mailo. Scomparve nel buio, la spada stretta in pugno. Aiska e Denebola corsero dietro l’altare; un foro grande abbastanza da far passare un uomo si allargava davanti a loro.

<< Puoi fare un po’ di luce? >>chiese Aiska, scrutando nell’oscurità della notte.

Denebola fece apparire una piccola fiammella e seguì la compagna fuori dal tempio. Dall’altra parte si sentivano le urla degli altri e delle false guardie di Tenugh. Una stradina in terra battuta si perdeva tra alcuni alberi; Aiska e Denebola la imboccarono e ben presto si lasciarono alle spalle i compagni. Corsero attraverso il boschetto guidate dalla luce della fiammella. Dopo un quarto d’ora raggiunsero la via principale.

<< Speriamo che gli altri stiano bene >>borbottò Aiska, asciugandosi il sudore sulla fronte. Si lasciò cadere su un masso lì accanto.

Denebola si appoggiò ad un albero, sentendo un peso sullo stomaco e una debole sensazione di panico. Come avrebbero fatto adesso? Dove sarebbero dovuti andare per trovare il cristallo?

I minuti passavano lentamente e la notte si fece più cupa. Dalla città non veniva alcun rumore, cosa che non aiutò Aiska e Denebola a tranquillizzarsi. Aiska stava per decidere di andare a cercare Rio e gli altri quando una serie di passi frettolosi si udì dal bosco. Aiska levò la spada; Denebola estrasse la sua, che aveva portato con sé nonostante le parole dei Saggi, pronta a combattere.

Quattro sagome rotolarono giù dal piccolo pendio e caddero con un tonfo a pochi metri da loro.

<< Sposta quel piede, maledizione! >>sbottò la voce di Mailo.<< Me lo stai ficcando in bocca! >>

Aiska e Denebola corsero ad aiutarli. Rio si rialzò barcollante anche se la presa sulla sua spada era ancora salda. Alexander e Tinhos mostravano diversi tagli sanguinanti sul volto e Mailo si reggeva il polso con una smorfia di dolore.

<< Li avete sconfitti? >>chiese Aiska con ansia. Rio annuì respirando faticosamente.

<< Andiamo via >>disse Tinhos. << Chissà che Tenugh non abbia già messo altri mostri sulle nostre tracce >>

<< E dove andiamo? >>sbuffò Alexander, voltandosi a guardare Denebola, << Mailo ci ha detto che non hai trovato il cristallo >>

<< Non è a Royal >>rispose Denebola.

<< Dove allora? >>

<< A quanto pare in qualche città del sud >>
<< Dobbiamo andare nella Regione dei Vulcani, dunque? >>disse Rio.

<< No >>Denebola prese Deri. << Dobbiamo dirigerci ad Aquos >>

Tinhos lasciò cadere la spada; Alexander e Rio si guardarono stupiti.

<< Ne sei sicura? >>disse Aiska.

Denebola respirò profondamente e annuì.

<< E come ci arriviamo laggiù? >>chiese Alexander. << Ci vorranno giorni prima di raggiungere quella città! >>

<< Senza contare i pericoli che incontreremo> >disse Rio. << Questa volta dovremo comprarci dei cavalli, e al più presto anche >>

<< No >>esclamò Denebola facendo un passo avanti. << Possiamo raggiungere Aquos con il mio Bastone, come ho fatto prima >>

<< È un’idea, ma hai dimenticato com’eri stanca quando ci hai portati a Royal? >>disse Alexander con voce severa. << Se da Mako a qui ti sei affaticata, quando saremo arrivati ad Aquos sarai morta >>

<< Correrò questo rischio >>disse Denebola.

<< No, invece >>disse Aiska. << Aquos si trova dall’altra parte del paese. Come pensi di farcela senza farti male? >>

Denebola rifletté; il Bastone di Andromeda le avrebbe permesso di arrivare sì e no fino ai Boschi Incantati. Ma se avesse avuto un aiuto…Strinse il cristallo che aveva in mano e guardò Rio.

<< Mi farò aiutare dal cristallo verde >>disse.

<< Che cosa? >>esclamarono Mailo e Alexander.

<< Ne sei sicura? >>disse Rio.

<< Con il potere del cristallo arriveremo ad Aquos senza problemi >>disse Denebola.

Rio pensò a lungo su quell’idea. Denebola sembrava così convinta…forse aveva ragione.

<< D’accordo >>decise alla fine. << Non ci resta altro che tornare alla taverna a prendere la nostra roba. Alexander, Mailo, venite con me >>

Denebola si portò una mano al volto e si sedette sul masso, accanto ad Aiska. Era esausta e non faceva altro che pensare a quello che stava per fare. Chissà se ce l’avrebbe fatta. Forse era un’idea un po’ troppo azzardata, ma era l’unico modo per raggiungere Aquos in breve tempo.

<< Sei stata troppo precipitosa >>le disse Aiska in tono severo. << Dovresti riposarti >>

<< Ci riposeremo tutti quando saremo arrivati a destinazione >>disse Denebola.<< E poi, con il cristallo verde sarà tutto più semplice >>

Aiska annuì anche se non era molto convinta; guardò Tinhos, seduto a qualche metro da loro. Aveva rinfoderato la spada e osservava il cielo con aria tetra, immerso nei propri pensieri.

<< Senti >>disse Aiska a bassa voce a Denebola, << sei certa che il secondo cristallo si trovi ad Aquos? >>

<< Deri mi ha detto così, pochi istanti fa >>rispose Denebola. << Spero tanto che abbia ragione >>

<< Ma Fabius lo avrebbe saputo se si trovava lì >>insisté Aiska, ammiccando in direzione di Tinhos.<< Non è una cosa da poco se si trova nel territorio degli elfi >>

<< Non so dirti nulla >>disse la ragazza, << ma in realtà i Saggi mi avevano avvertito sull’eventualità di andare a cercare laggiù. Quando ho saputo chi era Tinhos avrei evitato volentieri di andare ad Aquos >>

<< Sì, ma forse è meglio così >>disse Aiska. << Per Tinhos sarebbe l’occasione giusta per ritrovare le sue origini, anche se Aquos non è l’unico territorio abitato dagli elfi >>

<< Lo spero tanto >>

Rio, Alexander e Mailo tornarono dieci minuti dopo con tutti i loro bagagli. Denebola prese il Bastone e collocò il cristallo nella fessura tra i due semicerchi bianchi. I compagni le si strinsero attorno, ansiosi. Come aveva fatto qualche ora prima, Denebola raccolse tutta l’energia che aveva e la trasmise al Bastone. Nello stesso istante il cristallo si avvolse in una luce azzurra, e la ragazza sentì una forza non sua scorrerle sotto i palmi delle mani. Il Bastone prese a tremare leggermente. Denebola concentrò la mente sulla città di Aquos, cosa piuttosto difficile dato che non ci era mai stata ma ne aveva solo sentito parlare.

In una frazione di secondo, la strada e Royal scomparvero, lasciando posto ad una radura e ad un ponte che attraversava un immenso lago. Denebola fece appena in tempo a vedere questo che sentì le forze venirle meno e il Bastone le sfuggì di mano. Chiuse gli occhi, e credé di cadere sulla terra fredda, ma un paio di mani forti la sorresse e la poggiò delicatamente al suolo.

<< Lo sapevo io >>mormorò Alexander osservando il viso addormentato di Denebola. Rio si rialzò.

<< È stata veramente brava >>disse. << Ci ha portati al confine delle terre di Sorhio >>

Guardarono l’immenso lago sul quale si rifletteva la luna. Sotto il ponte cresceva una pianta dai fiori colorati; alcuni erano caduti sulla superficie liscia del lago e galleggiavano come delle barche.

<< Quale lago è questo? >>chiese Mailo.

<< Probabilmente il Lago Taflis >>rispose Rio. << È il più vicino >>

<< Cosa pensi di fare? >>gli chiese Alexander.<< Entriamo? >>

Rio guardò l’oscurità oltre il ponte, e scosse la testa.

<< Riposeremo >>decise, << e domattina andremo da re Sorhio a chiedere informazioni sul cristallo >>

Tinhos si tirò su il cappuccio del mantello e si sdraiò sull’erba; negli occhi gli brillava una strana luce. Aiska lo osservò a lungo, finché Mailo non le consegnò una coperta, interrompendo i suoi pensieri.

 

Qualcosa di duro lo colpì rudemente al fondo schiena, facendolo gemere di dolore. Rio fece appena in tempo a girarsi sulla schiena e ad aprire gli occhi che gli puntarono la lama di una lancia alla gola. Alzando lo sguardo, vide un elfo troneggiargli sopra. Sentì dei tonfi accanto a sé e i mugolii dei compagni.

<< Alzati >>gli ordinò l’elfo a bassa voce.

Rio obbedì. L’elfo lo squadrò attentamente, gli occhi ridotti a due fessure. Una cascata di capelli biondi gli arrivava fin oltre le spalle, ma quella bellezza che andava ben oltre quella degli Uomini era offuscata dal sospetto.

<< Il mio nome è Malhair, soldato. Non provare a fuggire >>sibilò. << Non ci riusciresti >>

<< E io non ne ho intenzione >>replicò Rio. Mailo, Alexander, Tinhos, Aiska e Denebola lo raggiunsero sotto l’ordine di altri elfi. Quello che aveva svegliato Rio studiò i compagni; il suo sguardo si soffermò a lungo su Denebola e sul Bastone e sul cristallo verde.

<< Venite dalla Torre di Aldebaran? >>chiese l’elfo, cercando di nascondere il proprio stupore.

<< Sì >>rispose Rio.

<< Cosa ci fate qui? >>chiese un altro elfo che teneva sotto controllo Alexander con una spada.

<< Dobbiamo vedere il vostro sovrano >>spiegò Rio. << Dobbiamo parlargli. È urgente. Portateci da lui >>

<< Cosa avete da dirgli di così tanto urgente? >>domandò sospettoso Malhair.

<< Non sono affari che vi riguardano! >>sbottò Alexander; due elfi incoccarono le frecce.

<< Alexander >>avvertì Rio.

<< Dovremmo ricacciarvi nei vostri territori >>mormorò Malhair.

<< Dovete portarci da re Sorhio >>ripeté Rio, una nota d’impazienza nella voce.

<< Fa’ silenzio! Non sei tu qui a dare gli ordini! >>

<< Non potete negarci questa richiesta! >>ribatté Mailo. << Siamo venuti apposta qui >>

<< Per quale motivo? >>

Mailo e Rio si guardarono. Malhair ghignò.

<< Tornate indietro >>disse. << Gli uomini non sono i benvenuti, ad Aquos >>

Tinhos fece un passo avanti.

<< Gli uomini forse no >>disse. Si abbassò il cappuccio. << Ma un vostro compagno spero di sì >>

Gli elfi abbassarono immediatamente le armi. Malhair lo fissò a lungo negli occhi, poi si inchinò rispettosamente e mormorò alcune parole elfiche. Tinhos impallidì, ma gli rispose nella stessa lingua e l’altro si rialzò.

<< Che cosa ti ha detto? >>sussurrò Aiska all’elfo.

<< Seguiteci >>disse Malhair.<< La strada per Aquos è lunga. Arriveremo verso sera >>

Gli elfi li scortarono attraverso il ponte. Era appena l’alba e faceva freddo.

Entrarono in un bosco poco illuminato; Alexander mise la mano sull’elsa della spada e si guardò attentamente intorno. Nulla si muoveva là dentro, nemmeno le foglie sugli alberi.

Camminarono per molte ore e non si fermarono neanche per riposarsi. Malhair non smetteva di gettare occhiate nervose a Tinhos, che camminava a testa bassa, immerso in chissà quali pensieri appena dietro di lui. Rio lo capiva. Adesso che aveva rivelato chi era non poteva più tirarsi indietro; volente o nolente avrebbe scoperto chi era veramente.

Quando i compagni cominciarono a pensare che quel bosco fosse interminabile, giunsero in cima ad una collina che sovrastava tutto il territorio. Era il tramonto. Il comandante indicò sotto di loro.

<< Ecco >>disse, << Aquos, la dimora del re Sorhio >>

Rio e gli altri guardarono in basso. Collocata al centro di una valle ricoperta di alti alberi fioriti c’era Aquos. Le case erano costruite attorno agli alberi e sembravano fare parte di essi; avevano dei colori chiari che rispecchiavano la luce del sole. Le strade convergevano in un’unica piazza argentata, dalla quale partiva una sola via che conduceva al palazzo reale, dorato e splendente contro il cielo aranciato.

Gli elfi li condussero giù per una strada che scendeva dalla collina. Alle porte di Aquos si ergevano due statue in pietra nera alte quasi tre metri che raffiguravano un re e una regina elfici. I compagni le osservarono affascinati, stupefacendosi della bellezza degli elfi.

Attraversarono la strada principale in silenzio. La gente che era fuori li osservava con un misto di curiosità e timore, soprattutto quando videro passare Tinhos, parlando con la bocca coperta dalle mani.

Raggiunsero e superarono la piazza senza fermarsi, e si incamminarono alla volta del palazzo reale. Dopo qualche minuto di cammino tra gli alberi, si ritrovarono davanti ad un alto cancello bianco che dalla collina non avevano visto. Si aprì non appena il gruppo lo ebbe raggiunto, lasciandolo entrare in un ampio giardino fiorito. La strada si era trasformata: non era più di ghiaia, ma di lucente quarzo rosa e circondata da splendidi cespugli e querce dai rami nodosi che scomparivano oltre le loro foglie.

Il palazzo reale era alto almeno due volte la Torre di Aldebaran. Era interamente rivestito d’oro, mentre la luce del sole faceva risplendere dei rubini incastonati negli archi delle finestre. Quella che sembrava la quercia più alta e anziana delle altre sorgeva davanti il gigantesco portone di legno lucido.

Entrarono in un salone bianco poco illuminato. Attraversarono in fretta i corridoi deserti fino a ritrovarsi in un atrio che dava sulla parte posteriore del palazzo.

<< Avvertirò re Sorhio della vostra venuta >>disse Malhair. << Vi chiedo di attendere finché non sarò tornato >>. E sparì oltre una porta all’altro capo dell’atrio.

Immediatamente, i compagni si voltarono all’unisono verso Tinhos. L’elfo, come tutti loro, sembrava essere rimasto profondamente colpito da Aquos, ma in quel momento la sua espressione era una maschera.

<< Che cosa ti ha detto quell’elfo? >>gli chiese Rio.

<< Che non pensava che un elfo si trovasse insieme ad un gruppo di uomini >>rispose Tinhos, guardando un punto davanti a sé. Tremava leggermente. Rio gli si avvicinò.

<< Senti >>gli disse sottovoce, << questo potrebbe essere il momento che aspetti da tutta la vita. Forse potrai trovare risposta alle tue domande. Ti chiedo solo di essere coraggioso quanto lo sei stato in battaglia e di accettare qualunque verità sulla tua persona che ti verrà svelata >>

L’ombra di un sorriso baluginò sul volto di Tinhos, che finalmente si voltò a guardare dritto negli occhi Rio.

<< Dove le hai imparate queste cose? >>

<< Da una persona che conoscevo >>rispose Rio. << Sappi solo che la verità può far male, però >>

Tinhos scosse la testa.

<< Questi non sono gli unici elfi a Valdmurt >>mormorò.

<< Di cosa hai paura? >>chiese Rio.

<< Di scoprire finalmente chi sono. Non pensavo potesse accadere così presto >>rispose Tinhos a bassa voce.

<< Ma sono sei anni che stai aspettando questo! >>

<< Per favore >>disse Tinhos guardandolo con occhi supplichevoli, << non continuare. Lo sguardo di quel comandante mi ha detto molte e poche cose. Non mi è mai successo prima, ma ho come percepito i pensieri di Malhair >>concluse con voce timorosa.

La porta si aprì e Malhair li raggiunse, impedendo a Rio di interrogare ancora il compagno.

<< Re Sorhio vi vuole incontrare >>disse l’elfo, rivolto più a Tinhos che a Rio.<< Lasciate qui i vostri bagagli e seguitemi >>

Aprì la porta e li precedette all’interno di una lunga sala aperta su un giardino. Sui muri e sull’alto soffitto si incrociavano lunghi rami verdeggianti, mentre sulle colonne si intrecciavano foglie e fiori dai colori caldi. Attorno alla sala c’erano due file di sedie disposte a semicerchio attorno ad una scrivania di legno scuro dove stava seduto un elfo con lunghi capelli castani e tratti marcati. Si alzò quando i compagni entrarono. Sembrava stupito e incredulo allo stesso tempo.

Malhair si inchinò e uscì.

<< Dunque siete voi i prescelti venuti dalla Torre di Aldebaran >>disse re Sorhio.<< Vogliate accettare il mio benvenuto. Il Saggio Fabius mi ha avvertito del vostro probabile arrivo. Ma per attraversare mezzo Valdmurt in così poco tempo avete usato la magia >>Guardò Denebola, che non aveva lasciato il Bastone di Andromeda, ma anzi ci si appoggiava come un vecchio si appoggia al suo bastone da passeggio. << Hai un grande potere, novizia di Mira >>disse il re. << E anche l’oggetto che porti con te. È stato lui ad aiutarti, suppongo. Per quanto tu possa essere forte, pochi Saggi riescono ad usare il teletrasporto, soprattutto per una distanza così grande. E tu sei solo una novizia, oltretutto! >>

Denebola chinò leggermente il capo.

Re Sorhio squadrò Mailo, Alexander e Aiska e si fermò davanti a Rio.

<< Sei stato scelto come capitano di questo gruppo, soldato di Terrani >>disse.<< È un compito arduo, anche se non puoi immaginare quanto. Su di te grava la sorte dei tuoi compagni. Pensi di essere capace di portare questa responsabilità? >>

<< Sì, mio signore >>rispose Rio. << Non ho mai preso sottogamba un compito assegnatomi >>

Re Sorhio annuì e giunse davanti Tinhos. L’elfo fu costretto ad alzare lo sguardo di fronte a quello del re. Sorhio lo studiò a lungo. Da scettica e indifferente, la sua espressione si stava facendo incredula e meravigliata.

Trattenne il respiro a prese Tinhos per le spalle.

<< È impossibile >>sussurrò.<< Non qui >>

Tinhos aggrottò le sopracciglia, ma non fece in tempo a dire nulla che il re disse, con voce soffocata:<< Non avrei mai pensato di rivederti, figlio mio. In questa città, poi. Avevo perso ogni speranza sin da quando fummo costretti ad…abbandonarti >>Guardò Tinhos con un sorriso radioso, gli occhi lucidi.

<< Che cosa significa? >>chiese piano Tinhos, scioccato.

Ricordando d’un tratto che i compagni erano ancora presenti, re Sorhio fece loro segno di sedersi sulle sedie dietro di loro, ma fece rimanere Tinhos accanto a sé.

<< Credo che tutti voi vogliate conoscere la verità >>disse poi il re. << Soprattutto tu, Tinhos. Immagino che la tua famiglia adottiva non ti abbia raccontato nulla >>

<< Infatti >>rispose Tinhos.

<< Ne sono lieto >>disse Sorhio. << Perché non avresti capito. Vogliate perdonarmi >>aggiunse ai compagni, << ma sono anni che aspetto questo momento. È una lunga storia. Tinhos…

<< Tu avevi appena un anno quando scoppiò il complotto contro i sovrani di Aquos. Erano già molte settimane che avevamo scoperto che c’era qualcuno che cospirava contro di me, qui a palazzo. Ma né io né tua madre potevamo risolvere la faccenda senza rischiare di esporti al pericolo. C’era gente senza scrupoli, in questo luogo, che non si sarebbe preoccupata di uccidere un bambino.

<< Perciò una sera, quando un mio fedele servitore mi avvertì che la vita della mia famiglia era in pericolo e sarebbe stata solo questione di minuti prima che i ribelli venissero ad ucciderci, io e tua madre decidemmo la cosa più giusta da fare: portarti in un luogo sicuro dove saresti potuto crescere senza alcuna preoccupazione. Ti portammo a Terrani, la città più sicura di quegli anni. Scegliemmo una famiglia a caso, anche se era da tanto tempo che ne stavamo cercando una, sperando comunque di non dover ricorrere a questa soluzione. Fu proprio il mio servitore a trovare una famiglia agiata che aveva già un figlio, Naho; discendevano da ottimi artigiani e pensavamo ti saresti trovato bene con loro.

<< Così, quando arrivammo a Terrani informai Marcus, il tuo padre adottivo, e lo pregai di accudirti e crescere come se fossi suo figlio. Lui esitò ma poi accettò, giurandomi di non rivelarti nulla sulla tua vera identità quando glielo avresti chiesto >>

Sorhio si appoggiò alla scrivania e guardò con un velo di tristezza negli occhi suo figlio.

Tinhos ricambiava lo sguardo; nella testa le parole appena dette dal re gli rimbombavano con talmente tanta violenza carica di verità e realtà che temette di sentirsi male. Eppure c’erano ancora delle cose che non gli erano chiare.

<< Per quale motivo hai chiesto a mio pad…a Marcus di non dirmi nulla sulle mie origini o su quello che era successo? Avrei saputo dove andare a cercarti, poi >>

<< No >>rispose Sorhio. << Io e tua madre fummo costretti a lasciare Aquos e tutto il suo territorio e a nasconderci nei Boschi Incantati, dagli altri nostri compagni elfi. Non so se ne hai mai sentito parlare, ma quando avevi dodici anni ci fu una guerra in questa città, tra coloro che erano dalla mia parte e quelli che invece stavano con i ribelli >>

<< Ricordo >>disse lentamente Tinhos, << …Se ne parlò a lungo a Terrani, perché volevano mandare l’esercito ad aiutarvi >>

<< Esatto >>annuì Sorhio. << Ma alcuni nostri ribelli si trovavano sparsi anche nelle città del sud e temevo che ti scoprissero. È anche per questo che non sono venuto a riprenderti subito. Ci sono voluti quattro anni affinché tutto tornasse alla normalità, qui a palazzo. Allora potei finalmente venire a Terrani a cercarti. Andai da Marcus, sicuro che ti avrei rivisto, ma lui mi disse che ti eri arruolato nell’esercito della città e che eri partito in guerra. Ogni mia speranza di rivederti morì a quella notizia >>

<< Io…non lo sapevo >>disse Tinhos. << Quando tornai, scoprii che a Terrani c’era stata una carestia e che la mia famiglia si era trasferita a nord. Ritrovai solo Naho, ad Uran >>

<< Ma lui non sapeva niente della mia visita >>spiegò Sorhio con voce grave.

Tinhos annuì, lo sguardo a terra. Sorhio sospirò. Poi tornò a rivolgersi verso i compagni che avevano ascoltato ammutoliti la sua spiegazione.

<< Torniamo alla vostra missione. È da quando avete lasciato la Torre di Aldebaran che Fabius si è messo in contatto con me >>disse il re. << Mi ha sempre informato delle vostre azioni e delle direzioni che prendevate. Mi ha presentato ciascuno di voi e mi ha spiegato la vostra missione. Ora, a quanto sembra il cristallo che cercate non si trova a Royal, giusto? Perché siete venuti a cercarlo proprio qui? >>

<< Mentre stavamo cercando il cristallo, il suo gemello, Deri, mi ha parlato e mi ha detto che saremmo dovuti andare ad Aquos per trovarlo >>rispose Denebola.

Sorhio spalancò gli occhi per lo stupore.

<< Non so se il secondo cristallo si trova ad Aquos >>disse, << ma se c’è mi stupisco di non saperlo. Sei sicura di aver sentito proprio queste parole? >>

<< Sì, mio signore >>

Sorhio guardò il giardino che si univa alla sala. Il sole stava scomparendo dietro alcune colline, e quando anche l’ultimo raggio fu sparito, dei lumini nascosti tra le foglie si accesero.

<< Noi chiediamo il permesso di rimanere qui ad Aquos finché non avremo trovato il cristallo >>disse Rio, alzandosi e inchinandosi. << Dopodiché ce ne andremo >>

Sorhio lo scrutò, le sopracciglia leggermente inarcate, meditando.

<< Potete rimanere >>decise, << per tutto il tempo che volete. Io informerò subito Fabius di quello che ha detto il cristallo. Se si trova veramente qui, non dovrete preoccuparvi. Le nostre terre sono protette da potenti magie e sortilegi che si estendono fino ai due laghi >>

<< Bene >>disse Rio.

<< Alloggerete nel palazzo reale >>proseguì Sorhio, << e come miei ospiti, vi chiedo di non fare alcuna ricerca fino a domani sera. Piuttosto pensate a riposarvi e rifocillarvi. Stasera darò un banchetto in vostro onore e vi dimostrerò quanto il nostro popolo è ospitale >>

I compagni si alzarono e si diressero all’uscita. Rio lanciò un’occhiata di sottecchi a Tinhos e Sorhio prima di chiudersi la porta alle spalle.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo IX - Sussurri ***


Incolla qui il testo.

 

I compagni alloggiavano in una stanza al sesto piano del palazzo reale. Da quando avevano lasciato Tinhos con suo padre nessuno aveva più aperto bocca. Avevano ricevuto talmente tante informazioni e si sentivano così stanchi del viaggio senza sosta di quella mattina che decisero di dare retta al re e riposarsi. Ma la cosa che più premeva in quel momento a tutti loro era di vedere Tinhos e potergli finalmente parlare.

<< Lo vedremo sicuramente al banchetto >>disse Alexander quando Mailo espresse ciò che tutti pensavano ad alta voce.

<< Forse è meglio non chiedergli nulla >>intervenne Rio. << Dobbiamo lasciargli il tempo di riflettere >>

Qualcuno bussò alla porta ed una giovane elfa entrò e si inchinò.

<< Vi prego di seguirmi >>disse. << Il banchetto in vostro onore sta per iniziare >>

Il banchetto si teneva in un giardino che dava su un laghetto a sud della città, dietro il palazzo reale. Tre lunghi tavoli erano stati sistemati in modo da avere la luna alle spalle e il lago di fronte.

Re Sorhio si era accomodato su una poltrona d’oro finemente lavorata, al centro del tavolo. Accanto a lui c’era un Tinhos decisamente rilassato. I compagni presero posto accanto a lui ad un cenno del re.

Tutti erano troppo presi dai commensali che stavano venendo per poter pensare a cosa si erano detti Tinhos e Sorhio dopo che li avevano lasciati soli. Nessuno di loro aveva mai visto un città elfica, né ne aveva sentito parlare. Le innumerevoli leggende di Valdmurt che avevano come protagonisti gli elfi le descrivevano come dei luoghi quasi impossibili da immaginare per quanto fossero meravigliosi. Anche per gli elfi usavano le stesse parole: esseri molto simili agli déi, sia nell’aspetto che nel carattere e nell’immortalità, di una bellezza ben superiore a quella di qualunque essere umano.

Quando tutti gli elfi ebbero preso posto, re Sorhio si alzò e allargò le braccia.

<< Cari amici miei >>disse, << che gran giorno è questo. Il principe Tinhos ha fatto ritorno nella terra dei nostri padri! >>

La folla mormorò, stupefatta, voltandosi a guardare Tinhos che rimase impassibile. Poi, come un sol uomo, gli elfi balzarono in piedi ed esultarono, battendo le mani; alcuni si alzarono sulle punte dei piedi per osservare meglio Tinhos. Altri lo continuavano a fissare come se non ci credessero.

Anche i compagni batterono le mani. Gli sguardi di Rio e Tinhos si incrociarono e Rio chinò appena la testa.

 

Il banchetto proseguì nel migliore dei modi, dominato da un allegro chiacchiericcio e da una dolce musica. Molti elfi si avvicinarono al re per scambiare alcune chiacchiere con lui, ma soprattutto per guardare da vicino Tinhos e accertarsi che fosse veramente lui il principe.

<< Chi l’avrebbe mai detto? >>esclamò Tinhos a Rio mentre un giovane elfo si allontanava. << Fino a ieri non avrei mai pensato che potesse accadere tutto questo >>

<< E non sei contento? >>replicò Rio ridendo.

<< Sì. Lo sono >>Tinhos bevve un sorso di vino, << ma ancora non ci credo. È successo tutto così in fretta. Ci vorrà del tempo prima che me ne renda completamente conto >>

<< Hai ragione >>concordò Rio. << Lasciamo fare al tempo >>

<< Non mi pare vero di aver trovato quello che stavo cercando da anni >>mormorò l’elfo osservando il lago davanti a loro.

Rio lo guardò e la domanda gli venne spontanea, prima che lui potesse controllarla.

<< Cosa vi siete detti con tuo padre? >>

Tinhos si voltò verso di lui, lievemente accigliato.

<< Mi sono fatto dire alcune cose >>rispose a bassa voce. << Ad esempio, il fedele servitore di mio padre era un Saggio di Aldebaran che sapeva usare il teletrasporto. È stato lui a portare i miei genitori a Terrani in così poco tempo >>

<< E che cosa ci faceva ad Aquos? >>esclamò stupito Rio. Tinhos alzò le spalle e il suo sguardo si posò casualmente sul tavolo alla sua destra. Seguendo il suo sguardo, Rio vide una giovane sorridergli e arrossire, per poi voltarsi.

<< Ti sei già fatto un’amica? >>sussurrò il soldato all’orecchio dell’amico.

Tinhos sussultò.

<< Sei peggio del peggior impiccione! >>disse.

<< Chiedevo per curiosità >>ribatté Rio con voce falsamente ferita.

Bevve un lungo sorso di vino e osservò i commensali, pensando che non aveva mai preso parte ad un banchetto prima d’allora. Ogni volta che tornava da una battaglia non rimaneva nella piazza della città a festeggiare con gli altri; preferiva tornare il più presto possibile dalla sua famiglia.

La vista gli si appannò e il paesaggio attorno a lui divenne sfocato. Posò il bicchiere e si guardò confusamente intorno. Il lago pareva vorticare come se stesse per finire risucchiato dal terreno mentre gli alberi tremavano come se ci fosse un terremoto. Poi qualcosa gli risuonò nella testa. Qualcosa di freddo e tagliente, come la lama di un pugnale, che cercava di entrargli nel cervello.

Rio si portò la mano alla testa; quel debole suonò si trasformò in un basso sussurro, ma lui non riusciva a capirne il significato. Il dolore alla testa si fece più forte e per un attimo credé di svenire.

Da molto lontano sentì una voce accanto a lui.

<< Dov’è finita Denebola? >>

Lentamente, Rio si voltò alla sua sinistra e scoprì che il posto della novizia era vuoto. Si alzò su gambe tremanti, sotto lo sguardo stupito di Tinhos e Mailo.

<< Che cosa ti prende, per gli déi? >>gli chiese Mailo.

<< Nulla >>rispose Rio con voce febbrile. Risalì la strada che portava al palazzo reale ed entrò nel giardino dove Sorhio li aveva accolti. Il sussurro nella sua testa si fece più alto e gli occhi gli lacrimarono. < >mormorò il soldato, <<  basta, ti prego… >>

Tra le lacrime vide un’ombra oltre la porta aperta. Barcollando la seguì fino fuori del palazzo. Sotto l’enorme quercia davanti il portone c’era Denebola; tra le sue mani vorticava il cristallo verde.

<< È la prima volta che fa così >>mormorò la ragazza quando lui si fu avvicinato.

Rio si appoggiò pesantemente al tronco della quercia e rimase a fissare il cristallo; la sua luce disegnava sull’albero delle luci sinistre.

<< Non ti senti bene? >>chiese Denebola, scrutandolo attentamente. Rio scosse la testa.

<< Sento qualcosa nella mia testa >>rispose. << Un sussurro. Ma non capisco che cosa dice. Parla una strana lingua >>. Nel dirlo, avvertì la forza di quelle parole farsi debole e piano piano il sussurro svanì.

<< Un sussurro? >>ripeté Denebola, le sopracciglia inarcate.<< Da quanto lo stai sentendo? >>

<< Da qualche minuto >>Rio le raccontò quello che gli era successo. Denebola parve piuttosto stupita.

<< Forse >>disse dopo qualche istante di silenzio, << potrebbe essere stato il mio cristallo…però non sono sicura che possa mettersi in contatto con altre persone al di fuori di me >>

Entrambi guardarono il cristallo verde che continuava a vorticare.

<< Secondo te ha individuato il suo gemello? >>mormorò Rio.

<< No >>Denebola scosse la testa. << Me lo avrebbe detto, e invece ora non sta facendo altro che girare. Non l’aveva mai fatto prima…Ti confesso che mi fa un po’ paura. Potrebbe voler dire parecchie cose >>

<< Vallo a dire a Sorhio >>suggerì Rio. << Così lui lo chiederà a Fabius >>

<< Non penso che Fabius sappia che i cristalli possono comportarsi in questo modo >>ribatté Denebola.<< Già quando ero piccola ignorava i suoi poteri e non sarà cambiato molto da allora >>

Rio sospirò e si passò una mano sulla faccia. Con un sussulto si accorse che aveva gli occhi leggermente bagnati. Senza farsi vedere da Denebola si asciugò.

<< Ecco >>disse la novizia. Il cristallo smise di ruotare e le cadde sulle mani. La sua luce si affievolì.

Passò qualche minuto di silenzio. Rio guardava davanti a sé, mentre Denebola continuava a osservare il cristallo in tutte le sue angolazioni, come se cercasse qualche graffio.

<< Torniamo al banchetto >>disse alla fine Rio. << Si saranno accorti che manchiamo >>

Mentre riprendevano posto, Rio avvertì di nuovo un lieve sussurro all’estremo angolo della sua testa. Poi silenzio.

 

Il banchetto era terminato da un pezzo e gli ultimi commensali se ne stavano andando quando re Sorhio congedò i compagni.

Il cielo era trapuntato di stelle e la luna brillava alta sopra il palazzo reale. Da fuori si sentivano le lontane voci degli elfi che rientravano in casa. Nessuno dei compagni riusciva a parlare; tutti desideravano soltanto dormire e cercare di dimenticare, anche per poche ore, la loro missione. Rio non parlava quasi con nessuno. Ripensava alla voce che aveva sentito nella sua testa e non si accorse nemmeno quando Tinhos disse che lui alloggiava in un’altra parte del palazzo.

La notte scivolò lenta e silenziosa sulla città di Aquos. Erano molte le leggende che parlavano di questo posto come uno dei più belli su Valdmurt. Come Aquos era splendida di giorno, così lo era anche di notte. Gli elfi avevano l’abitudine di lasciare un lume acceso sul davanzale della finestra rivolta verso l’entrata della città; chi in quel momento avesse visto la città dall’alto avrebbe pensato che si trattasse di un pezzo di cielo staccatosi dalla volta celeste.

Ma nessuno dei compagni lo vide. Scivolarono tutti in un sonno tranquillo, dimenticando tutto quello che avevano passato e quello che avrebbero ancora dovuto affrontare. Anche Denebola si rilassò e, dopo tanto tempo, dalla partenza dalla Torre di Aldebaran, si tolse il cristallo verde e lo posò sul comodino accanto a sé.

 

Il sole era alto sulla Torre di Aldebaran. I raggi illuminavano le mura bianche e penetravano attraverso le finestre nelle stanze dove i novizi si allenavano. Nei corridoi non c’era quasi nessuno e nell’aria aleggiava una sensazione di paura. Nella stanza più alta della Torre risiedeva il vecchio Fabius. Osservava con malcelata malinconia il paesaggio sottostante; gli alberi del sentiero che ogni giorno percorreva erano spogli e i rari uccelli che ci si erano appollaiati sopra durante la notte adesso spiccavano il volo con uno stridulo cinguettio. Il lontano lago era straripato e, ritirandosi, aveva lasciato una terra melmosa che impediva di camminarci. Ogni tanto tirava un debole venticello, a significare l’arrivo di qualcosa di ben peggiore.

Da quando Denebola era partita Fabius sembrava essere invecchiato di più e non passava giorno che non si preoccupasse per la sorte di Valdmurt.

Il vecchio Saggio prese a passeggiare avanti e indietro, le mani dietro la schiena, gettando continue occhiate alla finestra aperta ma non osando ravvicinarcisi, temendo che quanto avrebbe visto sarebbe stato diverso dal paesaggio di prima. Al terzo giro della stanza, Fabius si fermò, stanco di aspettare, e corse alla sua scrivania dove era poggiata una sfera di raro Cristallo Marino. Aprì il palmo della mano destra e pronunciò una formula in elfico. La sfera brillò per un istante, poi, da essa, venne la voce del re Sorhio.

<< Fabius? Cosa succede? >>

<< Ti chiedo di perdonarmi, sire >>disse Fabius, la mano aperta sulla sfera, << ma le mie preoccupazioni si fanno ogni giorno più gravi del precedente e non riesco a trovare pace. Come stanno i compagni? >>

<< Bene >>rispose Sorhio. << Stanno ancora riposando. Ma…perché me lo chiedi? Non riesci a vederlo senza ricorrere alla sfera? >>

<< Purtroppo il potere delle difese delle tue terre è superiore al mio >>disse Fabius in tono grave. << Non posso fare a meno di usare la sfera per potermi mettere in contatto con te >>

<< Capisco >>mormorò Sorhio. << Ma dubito tu mi abbia chiamato solo per sapere come stanno i prescelti visto che ti ho avvertito ieri sera >>

<< Infatti >>ribatté Fabius. << Il motivo è molto semplice. Da una settimana a questa parte qui alla Torre di Aldebaran le cose stanno andando diversamente. Le condizioni atmosferiche sono cambiate notevolmente, anche se a novembre dovrebbe essere normale, e alcuni nostri novizi sono riusciti a vedere oltre i loro occhi. Sai cosa significa ciò? >>

<< Sì >>disse lentamente il re, << ma questo è un bene, no? >>

<< Dovrebbe, se non si trattasse del luogo che hanno visto >>Fabius sospirò. << Hanno visto gli High Fire, i vulcani di Valdmurt, e coloro che li abitano. Hanno scoperto che alcuni seguaci di Tenugh si trovano lì e sospettino ci sia Tenugh stesso >>

<< Vuoi dire che Tenugh si trova sugli High Fire? >>sbottò Sorhio. << È impossibile, come potrebbe trovarsi là? >>

<< È quello che i novizi hanno dedotto dalle conversazioni ascoltate dai seguaci di Tenugh >>disse Fabius.

<< Potrebbero anche essersi sbagliati >>

<< La loro visione è avvenuta circa una settimana fa, in coincidenza con l’inizio del mutamento del tempo >>

<< Pensi che questa sia una conseguenza della loro visione, dunque? >>

<< Può darsi, ma ancora non capisco come potrebbe. Non si tratta di un normale mutamento dovuto a chissà quale altro cambiamento di tempo. È la paura ad aver fatto iniziare l’inverno prima del tempo. Tra non molto qui ci sarà la neve. Una neve con fiocchi nati dalla paura >>

<< Quale paura? >>chiese Sorhio. << Cosa temete lì, alla Torre di Aldebaran? >>

<< Non passo il mio tempo ad osservare solo gli spostamenti dei prescelti >>rispose Fabius. << Più di una volta mi è capitato di osservare le altre città, e ti dico che qui a nord la situazione è cambiata parecchio. Due paesi sono stati incendiati e c’è stato un attentato tra la città di Moja e Tun. Molti dicono siano stati i mostri a provocare tutto questo >>

<< Mostri? >>ripeté Sorhio, la voce appena incrinata. << Ma Tenugh non rischierebbe di mostrare i suoi seguaci prima di avere il cristallo rosso >>

<< Temo di sì, invece >>disse il Saggio. << Direi che questo non è altro che un assaggio dei suoi attuali poteri, come a volerci dire di prepararci a quando avrà il secondo cristallo >>

<< È assurdo! >>esclamò Sorhio.

<< Presto colpirà anche la Torre di Aldebaran >>

<< Cosa faranno i prescelti quando avranno trovato l’altro cristallo? >>

<< Li farai mettere in contatto con me. Penserò io a dirgli come muoversi. Se Tenugh si trova veramente sugli High Fire, allora vi è pericolosamente vicino. Al momento fa’ riposare i compagni. Sono sicuro che non avranno bisogno di cercare il cristallo >>

<< D’accordo >>disse Sorhio.

Fabius ritirò la mano e il lieve bagliore che avvolgeva la sfera scomparve. Il Saggio andò a sedersi ad una poltrona vicino AL camino spento e allungò il collo verso la finestra. I raggi del sole disegnavano un arco di luce sul pavimento. I rami degli alberi più alti si muovevano delicatamente al vento, e Fabius sapeva che quella breve quiete si sarebbe presto trasformata in tempesta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo X - La ricerca ***


Incolla qui il testo.

 

<< Cosa vorrà Sorhio? >>bofonchiò Mailo mentre aspettavano il re nella sala del trono. Non mancava nessuno all’appello. I compagni, dopo aver fatto colazione erano stati informati che il re voleva vederli.

<< Avrà ricevuto notizie importanti da Fabius >>disse Denebola. << Non vedo cosa altro… >>

<< Buongiorno >>Sorhio entrò sorridente nella sala. Denebola tacque. << Spero vi siate riposati >>disse il re. << È quasi ora di pranzo. Da quanto tempo non facevate un bella dormita? >>

<< I nostri sonni sarebbero tranquilli se non ci fosse sempre il pensiero di quello che dobbiamo fare >>rispose Tinhos.

<< Non sapere cosa potrebbe accadere il giorno dopo è abbastanza straziante >>aggiunse Rio.

<< Immagino >>annuì Sorhio ascoltandoli con attenzione.

<< Per quale motivo ci ha convocati di nuovo, sire? >>chiese Rio con un breve inchino.

<< Niente di cui allarmarsi >>rispose Sorhio. << Poco fa ho parlato con il Saggio Fabius. A quanto pare alla Torre di Aldebaran stanno succedendo cose inspiegabili. E anche nel resto della regione…Ma al momento non c’è molto di cui preoccuparsi >>si affrettò ad aggiungere vedendo l’espressione di Denebola.

<< Ne è sicuro? >>domandò Denebola. Sorhio annuì.

<< Non c’è nulla da temere >>disse. << Passando ad altre informazioni…Alcuni novizi hanno visto gli High Fire… >>

<< I vulcani? >>disse Alexander.

<< Sì. Sono riusciti ad ascoltare le conversazioni di alcune persone che si trovano lì… >>

<< Ma gli High Fire sono disabitati! >>lo interruppe Aiska, sconcertata.<< Com’è possibile che ci siano delle persone? >>

<< Da ciò che i novizi hanno appreso, quelle persone sono proprio alcuni dei seguaci di Tenugh >>spiegò Sorhio. << E si pensa che quel mostro si trovi lì, nascosto in una cavità di qualche vulcano >>

<< È così vicino? >>mormorò Denebola.

<< A voi e al cristallo rosso >>disse il re.

<< Dobbiamo sbrigarci, allora>>disse Rio. << Se il cristallo si trova ad Aquos Tenugh non esiterà a mandare qualche mostro a cercarlo! >>

<< Fabius continuerà a tenermi informato sugli spostamenti e le decisioni di Tenugh >>li rassicurò Sorhio. << E anch’io invierò qualche soldato laggiù. Ora andate. E non preoccupatevi >>

<< Al diavolo! >>sbottò Mailo una volta fuori. << Come possiamo non preoccuparci ora che sappiamo che Tenugh si trova vicinissimo a noi? >>

<< Direi che è arrivato il momento di cercare il cristallo rosso >>disse Alexander, voltandosi verso Denebola.

<< Aquos è grande >>replicò Tinhos. << Ci potrebbero volere ore per trovare il cristallo >>

<< Be’, intanto sfruttiamole, queste ore >>disse Alexander. << Se rimaniamo qui a discutere perderemo troppo tempo >>

<< Lo cercheremo dopo pranzo >>disse Rio. << Occorre decidere dove andare a cercare il cristallo. Non possiamo vagare per Aquos alla cieca >>

La valle era silenziosa. Gli elfi si erano ritirati in casa, abbandonando i lavori per la breve pausa del pranzo. I giochi dei bambini erano stati lasciati ordinatamente fuori dalle porte, sui gradini o sui rami degli alberi. I muri delle case risplendevano alla fredda luce del sole. I rami della quercia del palazzo reale si muovevano al vento, lasciando cadere qualche foglia a terra.

La sala da pranzo era silenziosa. I compagni mangiavano in silenzio, dato che avevano fatto colazione da poco e non avevano molto appetito, persi ognuno nei rispettivi pensieri. Re Sorhio non era con loro, ma i più non se ne rammaricavano. A loro parere, Sorhio pensava di poter evitare facilmente il discorso dei disordini su Valdumurt dovuti a Tenugh offrendo loro alloggio e frasi confortevoli. Solo Denebola e Tinhos la pensavano diversamente. La novizia riteneva Sorhio al pari di molti Saggi ed era sicura che agisse secondo una suo preciso schema o sotto i consigli di Fabius. Dal canto suo, Tinhos non aveva nulla da ridire contro suo padre.

Rio posò la forchetta, e così fece Mailo, che guardò impaziente la porta. Rio non lo capiva. Perché tutta quella fretta? Perché era così impaziente? Ora che il cristallo verde aveva esplicitamente detto che il suo gemello si trovava ad Aquos non dovevano tormentarsi più di tanto. Quello che contava era che Tenugh stesse buono ancora per un po’ di tempo. Eppure, dentro di sé anche Rio si sentiva inquieto e non si sarebbe tranquillizzato finché non avrebbero trovato il cristallo.

Per distogliere l’attenzione da quei pensieri angoscianti, ripensò a quanto era successo da quando erano partiti e si stupì che fossero trascorsi solo sei giorni. Gli sembravano passati anni da quando era partito da Terrani.

Accanto a lui, Alexander si alzò.

<< Dove si trova la mappa di Aquos? >>chiese a Tinhos.

Anche l’elfo si alzò.

<< Venite con me >>disse. Condusse i compagni fino al quarto piano, dove in una stanza erano appese le mappe delle città degli elfi. Tinhos indicò la mappa più grande. Il gruppo si avvicinò.

<< Denebola, hai altro da dirci su dove si trova il cristallo rosso? >>domandò Rio studiando la mappa.

<< Solo che si trova in questa città >>rispose la ragazza.

<< Potremmo riprovare partendo da qualche luogo di preghiera >>suggerì Aiska, ma Tinhos scosse la testa.

<< Ad Aquos luoghi del genere non esistono >>disse.

<< Si può cercare nelle vicinanze del palazzo >>disse Mailo. << Dopotutto, il cristallo non può che non trovarsi nei pressi di un’abitazione importante >>E puntò l’indice sul palazzo reale riportato sulla mappa.

<< I luoghi da controllare potrebbero essere il lago >>annuì Alexander, uno scintillio negli occhi. << O anche il giardino dove Sorhio ci ha accolti… >>

<< Lo escludo >>disse Denebola. << Ci siamo stati e il cristallo verde non ha individuato nulla >>

<< Allora andiamo al lago >>concluse Alexander, alzando le spalle.

<< Dici che troveremo lì il cristallo? >>disse diffidente Rio.

<< Non lo so, ma è un punto dove cercare, no? >>

Scesero così al laghetto dove la sera prima c’era stato il banchetto. L’aria era fredda e la superficie del lago liscia come una lastra. Da lontano sembrava essere ricoperta da un sottile strato di ghiaccio. I compagni rabbrividirono avvicinandosi.

A pochi metri dalla superficie, si fermarono, lasciando che Denebola proseguisse, dubbiosa e curiosa allo stesso tempo. La ragazza scrutò attentamente la superficie del lago ma l’unica cosa che vide era la sua immagine riflessa sull’acqua scura. Stava per tornare indietro quando vide qualcosa di lucente galleggiare nel lago, poco lontano da lei. Emozionata, si avvicinò fin dove poteva, a pochi centimetri dall’acqua, e strinse gli occhi nella speranza di poter capire cosa fosse quella cosa che brillava alla luce del sole.

Dalle dimensioni non sembrava un cristallo. O forse sì? Non era detto che il cristallo rosso dovesse per forza essere grande quanto quello verde…No, si disse Denebola, scoraggiata, non è il cristallo. Era un topazio non più grande di un’unghia. Denebola si chinò a raccoglierlo. Nel suo palmo, il gioiello parve risplendere di una luce biancastra, ma quando la ragazza lo avvicinò agli occhi per vederlo meglio capì di essersi sbagliata.

<< Che cosa hai trovato? >>le chiese ansioso Alexander mentre lei li raggiungeva. << È il cristallo? >>

<< È solo un topazio >>disse la ragazza, mostrando loro il piccolo gioiello. << Non ha niente a che vedere col cristallo >>

<< Cosa ci faceva un topazio nel lago? >>borbottò Tinhos, prendendolo e mettendolo contro luce come se volesse accertarsi che non si trattasse di una pietra insignificante.

<< E come faceva a galleggiare? >>aggiunse Denebola. I compagni la guardarono stupiti. << È vero >>disse la ragazza. << Il topazio galleggiava sull’acqua >>

<< Impossibile >>disse Rio dopo un istante di silenzio. << Evidentemente mentre guardavi nel lago hai fatto ricorso involontariamente alla magia e lo hai fatto salire in superficie >>

<< Ciò non spiega il fatto che continuava a galleggiare >>ribatté Mailo, guardando il gioiello da sopra la spalla di Tinhos.

Rio si strinse nelle spalle.

<< Nel lago non c’è niente, allora >>borbottò Aiska.<< Dove andiamo a cercare, adesso? >>

Rio guardò la collina dove si trovava il bosco che il giorno prima avevano attraversato. Avrebbero dovuto cercare lì?

<< Tentar non nuoce >>si disse il soldato e con gli altri uscì dalla città che si era rimessa a lavorare.

Il bosco era immerso nel silenzio; non appena i compagni si inoltrarono tra gli alberi ebbero l’impressione che una cupola si fosse posta fra loro e il resto del mondo. Rio non badò a questo fatto e si mise ad ispezionare ogni albero che gli sembrava potesse contenere all’interno del tronco il cristallo rosso. Denebola estraeva il suo ogni volta che i suoi compagni la chiamavano davanti un albero vecchio e abbastanza gigante che si poteva trovare solo in un bosco di elfi.

Cercarono per tutto il pomeriggio. Quando il sole calò oltre Aquos, i compagni decisero di rientrare, sfiniti e sudati. Mentre passavano davanti le due statue degli antichi sovrani, Denebola si fermò, osservando l’elsa della spada del re elfo. Aveva la forma di un grosso diamante e a Denebola parve risplendesse di una qualche luce rossastra, ma alzando lo sguardo si rese conto che si trattava del riflesso del sole. Con un sospiro, la ragazza rimise il cristallo verde sotto la veste e si affrettò a raggiungere gli amici.

 

Dalla loro camera Rio osservava i preparativi per la spedizione nella Regione dei Vulcani. Alle porte di Aquos era riunita una ventina di soldati, e davanti a loro c’era Sorhio. Dietro si accalcava un folla di donne e bambini. Il re non aveva voluto la presenza dei prescelti alla partenza dei soldati per gli High Fire. L’espressione imbarazzata e la voce incerta di Sorhio avevano suscitato in Rio una strana impressione, che però aveva preferito non rivelare agli altri.

I soldati montarono sui cavalli; il vessillo di Aquos sventolava sulle loro teste. Ad un cenno di Sorhio, gli elfi incitarono i cavalli e partirono. Rio rimase alla finestra anche quando ormai non si vedeva altro che un gruppo di puntini all’orizzonte, nel buio della notte.

<< Secondo te perché Sorhio non ci ha voluti, laggiù? >>domandò Alexander a Tinhos. << Avremmo potuto sentire qual è la destinazione di quei soldati e avere la certezza di dove andare quando andremo da Tenugh >>

<< Guarda che ancora non si sa se Tenugh si trova veramente lì >>sbadigliò Aiska. << È per questo che Sorhio ha voluto mandare alcuni soldati sugli High Fire. Per accertarsene >>

<< Sarà, ma secondo me non si fida troppo di noi >>disse Mailo, sedendosi accanto a loro.

<< Ti sbagli >>disse Tinhos. << Il motivo è un altro >>

<< Quale? >>chiesero Alexander, Mailo e Rio in coro.

<< Be’… >>Tinhos guardò il cielo scuro oltre la finestra. << Mio padre si fida ciecamente di tutti noi e non metterebbe mai in dubbio la nostra lealtà. Ma… >>

<< Ma? >>incalzò Mailo.

Tinhos abbassò lo sguardo, non trovando le parole adatte.

<< Non l’avete capito?>>sbottò Denebola, entrando in quel momento. << Non è Sorhio a non fidarsi di noi, ma gli altri elfi >>

<< Che cosa? >>esclamò Alexander.

<< Stai scherzando! >>aggiunse Mailo. << Come possono non fidarsi di noi? >>

<< Pensateci. A parte noi, Sorhio e i Saggi nessun altro è a conoscenza della storia dei cristalli e di Tenugh >>disse Denebola. << Sorhio non l’ha detto a nessuno, tranne che ai soldati che sono appena partiti. Ma glielo ha detto solo ora, in modo che non potessero parlarne a casa. E così gli elfi vedono partire alcuni di loro per una missione sconosciuta, subito dopo il nostro arrivo >>La ragazza scosse la testa, lievemente preoccupata. << Penseranno che a causa nostra i loro familiari sono andati verso un pericolo sconosciuto >>

Un lungo silenzio seguì la spiegazione di Denebola. Rio pensò che in fondo poteva essere quello il motivo della decisione di Sorhio.

<< È ridicolo >>mormorò Alexander interrompendo il silenzio. << Anche se non sanno che stiamo agendo per il loro bene, gli elfi non dovrebbero sospettare di noi >>E così dicendo guardò Tinhos.

<< Tu cosa penseresti se per i racconti di un gruppo di estranei uno della tua famiglia dovesse partire per un luogo sconosciuto? >>replicò l’elfo.

<< Sinceramente, non me ne importerebbe più di tanto >>rispose Alexander brusco, ripensando allo zio.

Sbuffando, Tinhos uscì dalla stanza.

 

Nei giorni successivi i compagni si impegnarono con tutte le loro forze alla ricerca del cristallo, setacciando ogni angolo di Aquos e ricontrollando il lago e il bosco. Mailo e Alexander, che credevano, anzi, erano sicuri, che il cristallo rosso si trovasse in superficie anziché sottoterra, si misero a cercare per le strade, per i negozi e perfino nelle case, con grande disappunto degli elfi, finché Rio non li costrinse a farli venire con loro.

Era passata più di una settimana dall’arrivo degli stranieri in città quando Sorhio ricevette un nuovo messaggio dalla Torre di Aldebaran.

Il re leggeva tranquillo il rapporto appena giunto dai suoi uomini che si trovavano nei pressi degli High Fire quando la sfera di Cristallo Marino si illuminò.

<< Quali notizie dalla Torre, Fabius? >>domandò Sorhio, sedendosi accanto alla sfera.

<< A nord ci sono disordini >>rispose la voce bassa del Saggio. << Nell’ultima settimana ci sono stati altri tre attentati, due dei quali lungo il Green River. La situazione sta peggiorando. Nelle città non si parla d’altro che di mostri e spiriti che distruggono tutto lungo il loro cammino. I rappresentanti di alcuni villaggi della frazione di Royal mi hanno raccontato che sono state ritrovate morte intere famiglie >>

<< E dicono di aver visto dei mostri? >>disse Sorhio, allarmato.

<< Magari li avessero solo visti >>lo contraddisse tristemente Fabius. << Su alcuni cadaveri hanno scoperto strane bruciature e diversi graffi. E pare che le bruciature non siano dovute al fuoco >>

Sorhio sospirò profondamente.

<< Ho mandato un gruppo di soldati a perlustrare la zona degli High Fire >>disse dopo un po’, << e questa mattina mi è arrivato il rapporto. Dicono che a parte la comparsa di un altro fiume di lava e dell’eruzione di due vulcani non è successo niente. E non hanno trovato grotte sui fianchi dei vulcani o persone che gironzolavano da quelle parti >>

<< I novizi non possono essersi sbagliati >>replicò Fabius. << Hanno visto chiaramente degli uomini che entravano in una grotta sul fianco del Mhassàuschi, il vulcano centrale >>

Sorhio lesse di nuovo il rapporto, fino ad una pagina che non aveva notato. Le sue sopracciglia si strinsero incredule mentre scorrevano le parole scritte in fretta.

<< C’è dell’altro >>disse con voce roca, la mano tremante mentre portava la pagina all’altezza degli occhi. << Parlano proprio del Mhassàuschi. È circondato da un lago protetto da strani animali. Si direbbero alligatori, ma più grandi. Non sono riusciti a superarli. E pare che di notte si senta un sibilo proveniente dal vulcano… >>

<< Sono riusciti a scoprire se c’è una grotta? >>chiese Fabius.

<< No >>rispose Sorhio. << Dunque c’è veramente qualcuno >>

<< Sì >>La voce di Fabius si fece ansiosa. << Sorhio, ti chiedo di non raccontare nulla ai prescelti, nemmeno a Tinhos. Potrebbero preoccuparsi e non capire più niente. Non hanno ancora trovato il cristallo? >>

<< Macché >>disse Sorhio, sbirciando giù dalla finestra che si trovava sopra la scrivania. Sotto la quercia, i prescelti discutevano osservando una mappa.<< Hanno controllato ovunque >>continuò il re. << Nel bosco, nel lago, perfino nelle case! È possibile che il cristallo si trovi sul serio qui? La novizia avrebbe anche potuto aver capito… >>

<< Non voglio discutere sulle parole interpretate dalla novizia >>disse Fabius, brusco. << Non è la prima volta che ascolta ciò che dice il cristallo e finora non ha mai interpretato male i suoi discorsi! >>

<< Allora dove può trovarsi il cristallo? >>chiese Sorhio. << È la seconda volta che ricontrollano l’intera città. Non è che devono cercare nei due laghi? >>aggiunse preoccupato.

Fabius rimase a lungo in silenzio.

<< Se il cristallo verde ha detto di cercare ad Aquos… >>sussurrò.

<< Spero solo che si sbrighino >>disse sommessamente Sorhio. << Per il bene di tutti >>. Ricoprì la sfera di Cristallo Marino con un soffice panno bianco e rilesse il rapporto.

I compagni si erano di nuovo divisi in gruppi per la città di Aquos. Quel giorno faceva freddo e la gente era già tornata in casa. Denebola, Rio e Mailo camminavano in una via poco lontana dall’entrata della città, dove erano stati già diverse volte. Denebola camminava davanti i due soldati, tenendo il cristallo per la catenella e facendolo dondolare dolcemente davanti a sé. Dietro di lei, Mailo e Rio si guardavano continuamente intorno, sperando di vedere almeno un pezzo di pietra rossa nascosta sotto qualche albero o incastonata nel muro di una casa. Ormai anche Rio era arrivato alla conclusione di poter trovare il cristallo ovunque, senza più badare a ciò che avevano pensato fino a quel momento. Anche la novizia si era rassegnata e vagava ogni giorno per le strade di Aquos, sotto lo sguardo penetrante e indagatore degli elfi che non smettevano di osservarla ogni volta che usciva alla ricerca del cristallo. Ma i compagni non potevano sospettare delle parole del cristallo verde, perché quello dalla volta di Royal non aveva più parlato.

Era sera. Pesanti nuvole nere coprivano il cielo su Aquos. I compagni mangiavano con voracità, stremati da un’altra giornata di ricerca infruttuosa. Rio osservava senza vederlo uno stendardo sulla parete di fronte a lui. Il soldato aveva le palpebre pesanti e la mano sulla quale aveva poggiato la testa tremava, pronta a cedere alla stanchezza. Così erano anche gli altri. Erano tre giorni che si svegliavano all’alba per poi rientrare a sera inoltrata, senza mai mettere piede nel castello.

Aiska si alzò e senza una parola uscì dalla sala, sentendosi i piedi pesanti. Uno alla volta, anche gli altri andarono a dormire.

 

Un forte scalpiccio e gridi terrorizzati riempivano le strade di Upam. Le donne uscivano di corsa da casa, trascinandosi dietro bambini ancora insonnoliti. Gli uomini cercavano di coprir loro le spalle, combattendo con lance e rozze spade; solo i fabbri potevano avvalersi di armi sicure.

Era notte fonda. Il cielo stellato era nascosto dalle pesanti nuvole di fumo che si alzavano dalle abitazioni in fiamme. Ovunque si combatteva. Uomini, vecchi, ragazzi tentavano disperatamente di resistere alle truppe straniere, aiutati dai soldati che avevano lasciato la parte centrale della città per soccorrerli. Il clangore e le urla si facevano sempre più alte. Chi non aveva il coraggio di uscire si barricava in casa e si stringeva al petto i figli. Ma nulla sembrava fermare gli stranieri. I “neri del sud”, così chiamati per via delle armature nere che indossavano, sfondavano le porte o bruciavano direttamente la casa, lasciando che gli occupanti morissero soffocati.

Un gruppo di donne uscì da Upam scavalcando l’alto muro che si trovava a sud della città, oltre il quale c’era la salvezza. Una donna con lunghi capelli castani e gli occhi nocciola passò la sua bambina avvolta in pesanti fasce all’amica che già si trovava dall’altra parte. Alle sue spalle udì un urlo agghiacciante ma non ebbe il coraggio di voltarsi e seguì le altre donne fuori dalla città. Dall’altra parte della strada deserta c’erano dei lumi appesi a due carri.

Tre giovanotti aiutarono i bambini a salire sui carri insieme alle loro madri.

<< Saremo al sicuro una volta superato il confine >>sussurrò un giovane alla donna con gli occhi nocciola, che teneva ancora la bambina in braccio. << Subito dopo il fiume Baslion troveremo l’esercito di Moja e allora potremo proseguire tranquill i>>

<< Non possiamo aspettare gli altri? >>domandò ansiosa la donna, pensando ai loro mariti che in quel momento stavano combattendo.

<< Ci raggiungeranno appena possono >>la rassicurò il giovane. < >disse poi, osservando la bambina che dormiva mentre aiutava la donna a salire, <>

La donna guardò ai lati della strada e da una sacca che teneva a tracolla estrasse una pietra verde.

<< Lo porterò alla Torre di Aldebaran >>disse a bassa voce. << Non posso lasciarlo alla piccola >>Un’esplosione dall’interno di Upam li fece sobbalzare tutti quanti. Anche la bambina aprì gli occhi e guardò la mamma con occhi impastati dal sonno. Si sentì lievemente sobbalzare tra le braccia della donna mentre i carri partivano. La donna guardò a sua volta la figlia e sorrise tristemente.

<< Presto sarà tutto finito >>mormorò, accarezzandole la guancia, << e tu potrai crescere felice e al sicuro, senza quell’oggetto. Non preoccuparti >>aggiunse quando la bambina si agitò tra le fasce, << ce ne disfaremo presto >>E la baciò sulla fronte.

L’ultima cosa che la bambina vide prima di addormentarsi fu il viso pallido dal terrore e gli occhi lucidi della mamma.

 

Denebola si svegliò di soprassalto, colta da un senso di panico mai provato fino ad allora. Tremando violentemente, si mise seduta e si guardò intorno nel buio che regnava nella stanza. Le immagini del sogno erano ancora vivide nella sua testa e la voce della donna dagli occhi nocciola le rimbombava nelle orecchie. Il suono delle sue parole era così ipnotizzante che Denebola non si accorse subito che qualcuno stava bussando alla sua porta. Andò ad aprire. Alla luce delle torce vide i suoi compagni.

<< Che cos’è successo? >>chiese Aiska. << Stai bene? >>

<< Sì… >>Denebola li guardò confusa. << Perché siete venuti? >>

<< Come sarebbe a dire? >>esclamò Alexander. << Ti abbiamo sentita urlare e pensavamo ti fossi sentita male…o che si trattasse del cristallo >>

<< Ho urlato? >>disse Denebola con voce incredula. << Ma ne siete sicuri? >>Dalle facce dei compagni capì che non stavano scherzando.

<< Stavi piangendo? >>mormorò Aiska.

<< No >>

<< Smettila! >>sbuffò Mailo. << Guardati! Hai le guance bagnate e gli occhi rossi! >>

Denebola si toccò una guancia - la guancia che sua madre le aveva accarezzato nel sogno - e si accorse che era bagnata di lacrime. Con un sospiro tremolante la ragazza si asciugò.

<< Che cos’è successo? >>chiese di nuovo Rio.

<< Nulla >>

<< Smettila di prenderci in giro! >>esclamò Mailo. << Hai urlato e hai anche pianto! E dici che non è successo nulla? >>

La ragazza lo guardò, poi tutti gli altri, e tiro un profondo respiro. Bastava dire che si era trattato di un sogno e tutto sarebbe finito lì. Ma le parole non le uscirono di bocca. Il volto di sua madre era impresso nella sua mente, così vivido che le sembrava si trovasse davanti a lei.

I compagni la osservavano attentamente.

<< Ora basta >>sbuffò Aiska, rivolta ai compagni. << Se Denebola non ce ne vuole parlare non dobbiamo forzarla! Andiamo, torniamo a letto >>

<< Ma se… >>cominciò Mailo.

<< Piantala! >>sibilò Aiska, spingendolo lungo il corridoio.

Quando rimase sola nel corridoio, Denebola sembrò uscire da uno stato di trance e si rese conto solo in quel momento di cosa era successo. La città in fiamme, gente che combatteva, sua madre che la rassicurava mentre il carro partiva…e il volto di quella donna, di sua madre, che non rivedeva da diciassette anni…

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XI - Il cristallo rosso ***


Incolla qui il testo.

 

Il giorno dopo i compagni non si divisero in gruppi, ma partirono di nuovo insieme per perlustrare le strade di Aquos. Vedendoli, alcuni elfi borbottarono qualcosa a mezza voce ma tacquero immediatamente quando videro passare Tinhos.

In quel breve periodo di tempo Tinhos aveva avuto modo, durante le ricerche del cristallo, di apprendere diverse cose sugli elfi e di documentarsi su ciò che era accaduto mentre lui era a Terrani. Le informazioni del re erano poche e nel giro di pochi giorni sapeva ciò che doveva sapere e che - come aveva detto Sorhio - era giusto sapesse.

Aveva appreso della morte di sua madre, avvenuta dieci anni prima, e della partenza della sorella maggiore poco prima della nascita della congiura a palazzo verso i reali. Tinhos era andato a trovare sua madre lungo la riva del Lago Taflis e si rammaricava di non riuscire a ricordarla. Di sua sorella sapeva solo il nome, Nharima, e che era partita con un gruppo di viaggiatori per l’estremo nord. Erano anni che Sorhio non riceveva sue notizie.

Un pomeriggio, nella biblioteca del palazzo reale, Denebola stava cercando notizie sulla guerra che aveva visto in sogno. Sfogliò svariati volumi sulle guerre dell’ultimo secolo ma tutto quello che riuscì a trovare fu il luogo di provenienza dei nemici: un’isola dell’arcipelago dei Neri, nei Mari Pirati.

La novizia chiuse l’ultimo libro e poggiò la testa su di esso, pensando. Perché aveva sognato proprio quella notte, la notte della caduta di molte città di Valdmurt? Che cosa aveva scaturito quel sogno? Era sicura di aver esternato quel ricordo in un angolo remoto della mente, negli anni vissuti nella Torre di Aldebaran, e ora invece era come se avesse vissuto tutto solo qualche ora prima.

<< Ehi, cosa ci fai quaggiù? >>esclamò una voce.

Denebola riaprì gli occhi e guardò Tinhos e Aiska sedersi di fronte a lei.

<< Cerchi informazioni sui cristalli? >>le chiese Tinhos notando i libri sparsi sul tavolo.<< Temo che non troverai molto, anche se alcuni libri risalgono all’epoca degli déi >>

<< Non cercavo informazioni sui cristalli >>mormorò Denebola, leggermente disorientata. << Voi due piuttosto, perché siete venuti qui? >>

<< Ho chiesto ad Aiska se mi voleva aiutare a trovare qualcosa sulle regioni del nord >>rispose Tinhos e solo in quel momento Denebola si accorse che sia lui che Aiska reggevano una mezza dozzina di libri ciascuno.

<< Per quale motivo? >>chiese la ragazza.

<< Vuole scoprire in quale posto deve andare a cercare sua sorella >>spiegò Aiska. << A quanto pare durante il complotto contro i suoi genitori è stata fatta fuggire a nord >>

<< Davvero? >>disse Denebola. << Be’, vi vorrei aiutare, ma… >>

<< Non preoccuparti, ce la caveremo da soli >>la interruppe Tinhos con un sorriso, iniziando a sfogliare il primo volume. Dopo qualche istante si fermò e tornò a guardare la ragazza. << E tu perché sei qui se non stavi cercando informazioni sui cristalli? >>

Denebola alzò le spalle, poi le venne in mente una cosa.

<< Tinhos, ti ricordi della guerra ad Upam contro un popolo dei Mari Pirati? >>domandò. << È avvenuta circa diciassette anni fa >>

<< Ad Upam? >>disse Tinhos. << Be’…diciassette anni fa c’è stata più di una guerra…Io ero solo un bambino e non me lo ricordo molto bene, ma penso di aver sentito parlare di stranieri venuti dal mare del sud >>

<< C’è stata più di una guerra? >>esclamò Denebola. << Come… >>

<< Sì >>disse Aiska, annuendo col capo. << Diciassette anni fa alcuni popoli stranieri invasero Valdmurt e devastarono le città più importanti. Pochi riuscirono a resistere. Gli eserciti più forti furono fatti mettere ai confini di ogni regione, per impedire il passaggio agli stranieri. Le guerre durarono in tutto tre anni. Gli stranieri furono sconfitti >>

Denebola annuì. In un breve istante rivide il sogno, sentì i rumori di quella notte e la voce delle persone accanto a lei. Alzò gli occhi sui suoi amici, intenti a sfogliare i libri, prese fiato e disse: << Io abitavo ad Upam e ricordo cosa avvenne la notte della sua caduta >>

Tinhos e Aiska alzarono la testa, esterrefatti.

<< Lo ricordi? >>mormorò Aiska, incredula. << Come fai? Eri solo una neonata quando Upam cadde sotto gli stranieri >>

<< Io… >>cominciò Denebola, e si sforzò di far uscire le parole di bocca. In fondo, non c’era niente di cui vergognarsi e se non avesse raccontato a qualcuno il suo sogno sentiva che sarebbe impazzita. << Anch’io pensavo di non potermelo ricordare, ma stanotte l’ho sognato >>E raccontò tutto quello che aveva visto.

Tinhos l’ascoltò attentamente, e alla fine del racconto, quando Denebola gli chiese la sua opinione, rifletté per diversi minuti.

<< Deve essere accaduto qualcosa perché tu sognassi quella notte >>dichiarò alla fine. << Ultimamente ti è capitato di imbatterti in documenti di quell’epoca? >>

<< No >>rispose Denebola. << Pensavo di averlo dimenticato. Tutto quello che ricordo della mia infanzia sono i giorni trascorsi alla Torre di Aldebaran. Il resto è come se lo avessi rimosso >>

<< Capita a tutti di non ricordarsi alcuni eventi di quando si era piccoli >>disse Aiska. << Ma che a te sia ritornato in mente in questo modo mi pare strano >>

<< Già, e non capisco il motivo perché ho sognato proprio quello >>disse Denebola. << Insomma, non mi è successo nulla che mi ha fatto riaffiorare quel ricordo >>

Tinhos annuì.

<< Non devi preoccupartene >>disse. << È chiaro che sei scossa perché hai rivisto tua madre, ma ora non pensarci. A volte succede ricordare cose che pensiamo di aver dimenticato >>

La ragazza sorrise. Si sentiva più tranquilla ora che ne aveva parlato con qualcuno. Si alzò, salutò Aiska e Tinhos e raggiunse gli altri nella piazza di Aquos, dove stavano discutendo di dove dover andare a cercare il cristallo.

 

Nei giorni trascorsi a cercare il cristallo rosso Aiska aveva scoperto una piccola radura poco fuori Aquos. Era circondata da alti alberi sempreverdi e al centro si trovava una fontana scolpita nella roccia; accanto ad essa c’era una panca ricavata da un tronco cavo. In un primo momento Aiska pensò si trattasse di un antico luogo di culto ma non aveva visto nulla che potesse far pensare alla radura come alla sede di un tempio per gli déi.

Dedusse piuttosto che Tinhos evidentemente non era a conoscenza dell’esistenza di quel posto e prima del giorno della partenza avrebbe voluto portarcelo.

Quella sera trascinò l’elfo fuori del palazzo reale con il pretesto di farlo sdebitare dall’aiuto della ricerca delle regioni del nord. Tinhos non replicò e accettò di chiudere gli occhi e di farsi guidare dalla donna quando arrivarono nei pressi della radura.

<< Sai, credo di aver cambiato idea >>borbottò dopo due minuti l’elfo, incespicando sull’erba.<< Potrei sdebitarmi in un altro modo. Che so… >>

<< Fai silenzio >>interruppe Aiska, prendendogli il polso. Giunsero davanti la fontana. Sentendo il gorgoglio, Tinhos si insospettì ancora di più e aprì gli occhi.

<< Dove ci troviamo? >>chiese, guardandosi intorno nella radura.

<< Ti piace? >>chiese Aiska, ignorando la sua domanda. << L’ho scoperta qualche giorno fa >>

<< È un posto bellissimo >>disse l’elfo, avvicinandosi alla fontana. L’acqua zampillava fuori dalla bocca di un delfino e ricadeva in una vasca dove erano stati scolpiti in rilievo immagini di animali marini. << Ma ci troviamo ad Aquos? >>

<< E dove altrimenti? >>rise Aiska. Si sedette sulla panca accanto la fontana e guardò in alto la luna piena.

Ripresosi in fretta dalla sorpresa, Tinhos le si sedette accanto e guardò gli alberi attorno a loro.

<< È un luogo molto antico >>sentenziò dopo un momento di silenzio, osservando l’arbusto di fronte a sé. << Questi alberi risalgono all’arrivo degli elfi su Valdmurt… >>

<< È molto? >>domandò Aiska.

<< Sì. Gli elfi si trovano su questa terra da millenni >>rispose Tinhos. << Alcuni dicono anche prima degli uomini >>

<< Come lo sai? Hai fatto altre ricerche in biblioteca? >>

<< I primi giorni che eravamo qui. Dovevo pur sapere qualcosa sulla mia gente >>

<< Più che giusto >>.Aiska distolse lo sguardo dall’elfo, poi chiese: << Ti piace qui? È come lo immaginavi da giovane? >>

<< Io da giovane non immaginavo niente >>ribatté Tinhos. << Mi importava di trovare la mia famiglia. Del luogo dove abitavano mi sarei preoccupato poi. E a te, piace stare qui? >>

<< Sì, ma mi manca Blue Garden >>ammise Aiska. << Non sono mai stata così lontana da casa. Quando andavo in guerra rimanevo sempre a nord; non mi allontanavo più di tanto >>

<< Presto torneremo tutti a casa >>disse Tinhos. Aiska lo guardò stupita.

<< Tornerai a Terrani? >>gli chiese. << Non rimarrai ad Aquos? >>

Tinhos chinò la testa, pensieroso.

<< Non ho ancora deciso >>mormorò. << Dovrei tornare a Terrani dato che sono un soldato della città, ma vorrei rimanere. Le possibilità di poter tornare ad Aquos una volta ripartito saranno poche >>

Aiska lo capiva. Ora che aveva ritrovato le sue origini per Tinhos sarebbe stato difficile andarsene; ma anche rimanere era una bella decisione. Non sarebbe stato più un soldato, ma un principe. La cosa era decisamente diversa. Tornò a guardare l’elfo e si accorse che anche lui la fissava.

<< Hai visto? >>disse. << Sei resistita fino a questo momento. Ti sbagliavi, alla Torre di Aldebaran. Non hai ceduto >>

Aiska sorrise, sentendosi improvvisamente imbarazzata.

<< Non ci avrei scommesso nemmeno dieci denari >>sussurrò.<< Quando mi hanno detto che avrei dovuto sconfiggere Tenugh ho subito dubitato delle mia capacità. Anche se più di una volta sono andata in battaglia non sono molto abile a combattere >>

<< Hai poca fiducia in te stessa >>replicò Tinhos, la fronte leggermente aggrottata. << E invece sei un’ottima spadaccina. Sono poche le donne che ho visto combattere che sanno armeggiare una spada nel tuo stesso modo. Sai, un giorno vorrei sfidarti, che ne dici? >>

<< Perché no? Sarà un duello interessante >>accettò Aiska. Tinhos ricambiò il sorriso. Aiska abbassò lo sguardo.

Rimasero in silenzio per diversi minuti. Dalla città non si sentiva niente. La luna inondava la radura con la sua luce argentata e si alzò un venticello freddo. Aiska si strofinò le mani sulle spalle, pensando a cosa avrebbe potuto dire. Fino a quel momento non ci aveva mai fatto caso, ma adesso che lei e Tinhos si trovavano soli capì quanto affetto provava nei confronti dell’elfo. Poi sentì qualcosa poggiarsi sulle sue spalle: Tinhos la cingeva delicatamente, riparandola dal freddo.

<< Sei la prima persona che si impegna così tanto per aiutarmi >>disse. << Ti ringrazio >>

<< Cosa…cosa vuoi dire? >>balbettò Aiska.

<< Be’, mi hai aiutato in biblioteca, oggi >>spiegò Tinhos. << E sei sempre stata molto gentile e dolce con me. Non è così? >>

Aiska non seppe cosa rispondere o forse era per via dell’elfo che non riusciva a dire niente. In effetti, non sapeva più nemmeno cosa doveva pensare. Sapeva solo che Tinhos non smetteva di guardarla. Inspirò profondamente.

Si voltò lentamente verso Tinhos e, in un secondo che parve interminabile, lo baciò su una guancia. Subito, un misto di imbarazzo, delusione e rabbia verso sé stessa la colpirono. Non aveva avuto nemmeno il coraggio di baciarlo!, si disse rabbiosa. Nemmeno fosse stata una ragazzina…Allontanò il viso da quello dell’amico e fece per scappare via, rossa dalla vergogna. Ma Tinhos l’afferrò per le spalle, si chinò su di lei e la baciò.

 

Si separarono pochi secondi dopo. Tinhos abbracciò Aiska e appoggiò il mento sui suoi capelli biondi che ondulavano al vento.

<< Era questo? >>mormorò Tinhos.

<< È questo >>. Aiska tentò di liberarsi del suo abbraccio. << Perdonami! So che non avrei dovuto…ma volevo dirtelo prima che… >>. Tinhos le posò un dito sulle labbra per zittirla.

<< Anch’io dentro di me lo volevo. Tutte le cose che ti ho detto prima sono vere. Il modo in cui mi hai trattato, così diverso da quello al quale mi ero abituato, hanno…non so, scatenato in me qualcosa… Quando ci parlavamo capivo che ti consideravo diversamente da quando ti ho conosciuta >>Tinhos disse questo tutto d’un fiato, temendo che se si fosse fermato anche per un istante non sarebbe stato più capace di confessarsi. Guardò Aiska con occhi speranzosi.

<< Ma tu sei un elfo >>disse lei con la voce che tremava appena. << Non possiamo innamorarci >>.

<< Perché dici queste cose? >>domandò Tinhos.

<< Tuo padre >>cominciò Aiska, ma le parole le si bloccarono in gola. Con un nodo in gola scansò le braccia dell’elfo e si alzò.

<< No >>Tinhos la bloccò prima che potesse muoversi. << Ascoltami >>disse voltandola gentilmente. << Anche se sono il principe di Aquos una parte di me è, e lo sarà sempre, legata al mondo degli uomini. Per me spezzare un legame così solido è difficile e vorrebbe dire che voglio cancellare tutta la mia vita trascorsa in mezzo agli uomini. Ho sempre voluto innamorarmi di una donna umana, non di un’elfa, capisci? È questo quello che temi? >>

Aiska abbassò il capo e annuì.

<< Sappi che da quando siamo qui non ho cambiato idea >>continuò Tinhos. << Io mi sono innamorato di te, Aiska, e, elfo o non elfo, non ti lascerò! Se ci saranno incomprensioni da parte di mio padre gli spiegherò tutto. Io rimarrò sempre al tuo fianco >>

Aiska guardò l’espressione dolce e determinata di Tinhos, e scoppiò in lacrime sulle sue spalle. Quello che lui stava facendo lo avrebbe portato nei guai, lo sapeva, ma le parole di Tinhos esprimevano chiaramente la decisione dell’elfo su cosa avrebbe fatto. Aiska volle fargli altre domande, ma le lacrime le impedivano di parlare. Tinhos la stringeva a sé, sorridendo, finalmente con le idee chiare. Non volle lasciarla andare finché il vento freddo non tornò a spazzare la radura e Aiska, asciugatasi le lacrime, propose di tornare a palazzo.

 

I lumi appesi ai rami degli alberi o sui davanzali delle finestre illuminavano a malapena la strada. Tinhos e Aiska camminavano in silenzio, mano nella mano, ripensando a cosa era appena successo.

Avevano appena voltato un angolo che Tinhos fu travolto da una figura scura che correva dalla loro parte.

<< Scusa! >>esclamò Alexander, aiutando l’elfo a rialzarsi.

<< Per quale motivo correvi? >>borbottò Tinhos, massaggiandosi il fondo schiena. << Non ti sembra l’ora di andare a dormire? >>

<< Potrei dire la stessa cosa >>ribatté Alexander notando Aiska; l’uomo represse un sorriso e cambiò discorso. << Dove eravate? Vi abbiamo cercato per tutto il palazzo >>

<< Perché, che cos’è successo? >>chiese Aiska.

A quelle parole Alexander sussultò e si fece ansioso, ripensando al motivo per il quale era andato a cercarli; senza perdere altro tempo li afferrò per le braccia e li trascinò via per la strada da dove era venuto.

<< Il cristallo verde si è illuminato! >>spiegò mentre correvano. << Il suo gemello deve essere vicino! >>

Tinhos alzò un sopracciglio ma non disse nulla. Nel giardino del palazzo reale era riunito il resto del gruppo. Il cristallo verde risplendeva tra le mani di Denebola, illuminando quasi tutta la grande quercia alle sue spalle.

<< Il cristallo rosso è qui vicino >>disse la novizia, voltandosi verso una strada che si inoltrava nel giardino immerso nell’oscurità. << Guardate, se volto il cristallo da questa parte la luce si fa più intensa >>

I compagni si incamminarono per il sentiero. L’oscurità era squarciata dalla luce verdastra del cristallo che Denebola teneva davanti a sé reggendolo per la catenella ancora legata al suo collo. I compagni setacciavano con lo sguardo ogni angolo del giardino, sperando di scorgere tra i cespugli e le radici delle querce qualcosa di rosso.

Scavalcarono cautamente i rami piegati di una vecchia quercia. La luce del cristallo verde si fece più tenue e mentre proseguivano si affievolì completamente. I compagni guardarono disorientati il cristallo: li aveva condotti davanti il muro che segnava il confine del giardino.

Mailo, Alexander e Tinhos iniziarono a tastare la dura parete fredda, pronti ad avvertire qualcosa di appuntito sotto i palmi delle mani. Aiska li aiutò. Denebola alzò il cristallo in direzione del muro; com’era possibile che si fosse spento in quel modo davanti il suo gemello? Anche Rio andò a tastare il muro, ma non fece nemmeno in tempo a sfiorarlo che un mormorio sgradevolmente familiare gli si affacciò alla mente. Rio si fermò e si concentrò sul mormorio, anche se come l’altra volta non faceva altro che fargli girare la testa e infliggergli un acuto dolore al cervello.

Vai avanti. Rio guardò alla sua destra il sentiero buio e si incamminò barcollando tra i cespugli.

<< Dove vai? >>gridò Denebola. I compagni si voltarono. Rio non era distinguibile in mezzo a tutto quel buio. Scrutarono a lungo nelle tenebre ma anche i passi dell’amico non erano più udibili. Presa da un’improvvisa intuizione, Denebola si diresse nel sentiero e fece cenno agli altri di seguirla.

Nonostante il rumore dei loro passi non rimbombasse sul quarzo rosa i compagni tesero al massimo le orecchie per avvertire il più piccolo rumore. Denebola si fermò di botto e indicò davanti a loro. A qualche passo da loro, inginocchiata per terra stava una figura tremante.

<< Rio! >>esclamò Mailo correndo incontro all’amico.

<< Fermati, Mailo! Può essere pericoloso! >>urlò Alexander.

Mailo si inginocchiò accanto a Rio e provò a farlo rialzare. I compagni li raggiunsero; Alexander aveva sfoderato la spada.

<< Che cosa stai dicendo, Rio? >>chiese Mailo al compagno. << Con chi parli? >>

<< È di nuovo quella voce? >>Denebola gli si mise vicino. << Cosa ti dice? >>

Con grande fatica, Rio sollevò la testa madida di sudore e lacrime. Tremava in maniera incontrollabile.

<< Non la capisco >>ansimò. << Ho capito solo… quando… mi ha detto di venire qui. Ma ora… non fa altro che sussurrare e trafiggermi il cervello… >>Ogni parola costituiva un enorme sforzo per lui. Mailo fissò Denebola, spaventato.

<< Di quale voce parla? >>chiese Alexander.<< Tinhos, non è che hanno maledetto questo posto? >>

<< Che stupidaggini ti inventi? >>sbottò aspro Tinhos. << Per quale motivo gli elfi avrebbero dovuto maledire il giardino reale? >>

Rio gemette e si piegò in due, le mani sulla testa.

<< Lasciami stare! >>urlò alla voce. Il dolore non era più solo nella testa. Rio sentiva ogni fibra del suo corpo ardere, come in preda al fuoco degli Inferi; i nervi erano tesi e il sangue ribolliva nelle vene.

Ti lascerò stare, disse amabilmente la voce, quando avrò scoperto chi sei.

<< Sono Rio, soldato di Terrani, e sono stato scelto per sconfiggere Tenugh! >>urlò Rio e la sua voce echeggiò nella notte. << Adesso che lo sai, vattene dalla mia testa! >>

Il dolore si acuì appena, per tornare più violento che mai. Rio tentò di resistere anche se sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Con rabbia chiese alla voce cosa voleva da lui.

La tua arroganza può costarti la vita, rispose la voce. Fai attenzione a come ti rivolgi alle persone, o lo scopo della tua vita non potrà essere compiuto. Non saprei dove altro andare a cercare un puro di cuore come te in un mondo abitato da egoisti.

<< Che cosa… vuol dire? >>mormorò Rio.

Ho atteso per millenni che qualcuno con il cuore sgombro da ogni tentazione venisse a prendermi. Quando la mia déa morì pensai di trovare rifugio tra gli elfi, che in quei tempi erano le uniche creature di cui fidarsi. Ma la corruzione alberga anche in loro e non mi mostravo per paura di venire usato per scopi lucrosi.

<< E io…sono la persona adatta ad usarti? >>disse Rio.<< Cosa te lo fa credere? >>

Non hai mai provato a vedere cosa provi realmente, quali sono le tue vere intenzioni? La mia fiducia nei tuoi confronti è nata perché ho visto nel tuo cuore e l’ho ritenuto puro. Ora, Prescelto, alzati.

Rio avvertì il dolore scomparire lentamente. I muscoli delle braccia e delle gambe si rilassarono e il battito del cuore tornò normale. La fronte era imperlata di sudore e aveva le guance rigate di lacrime. Rio si alzò tra gli sguardi stupiti dei compagni.

Denebola era sul punto di chiedergli qualcosa ma si bloccò non appena vide cosa stava succedendo.

La terra davanti a Rio si tinse di una luce rossa. I compagni arretrarono, terrorizzati; solo Rio rimase al suo posto. La luce si fece più intensa e la terra eruttò fuori dal pavimento di quarzo, spezzandolo, come la lava da un vulcano, e ricadde sui cespugli e sui rami delle querce. Poi venne. Un lungo cristallo affusolato del colore del fuoco si sollevò dolcemente dal giaciglio nel quale era stato per lunghi anni, e rimase sospeso nell’aria, illuminando gli alberi e il terreno.

Rio risentì la voce, stavolta in maniera diversa. Non si presentava più come nemica decisa a procurargli dolore fino a fargli sfiorare la morte. Era una parte di lui, del suo cuore, e gli parlava con parole dolci e comprensibili.

D’ora in avanti, Rio di Terrani, custodirai il cristallo rosso

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Capitolo 13
*** Capitolo XII - La storia dei cristalli ***


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La luce si spense e il cristallo cadde nella mani aperte di Rio. Era caldo come il fuoco. Il suo calore fece tornare le forze che aveva fatto perdere a Rio. Il soldato si voltò.

I compagni lo fissavano ancora terrorizzati da quanto avevano visto anche se Rio poteva leggere nei loro occhi l’incredulità e addirittura l’esultanza. Fu Alexander a riprendersi per primo. Rinfoderata la spada, si avvicinò all’amico e gli batté una mano sulla spalla.

<< Da te non me lo sarei aspettato >>disse. << Dunque sei tu il portatore del cristallo rosso, e non Denebola come pensavamo >>

Rio scrollò le spalle non sapendo cosa dire. Alexander sorrise. Anche gli altri si avvicinarono.

<< Come ti senti? >>domandò Tinhos a Rio osservando il sudore freddo sul suo viso.

<< Bene…adesso >>Rio si sentì la gola riarsa.

<< Con chi parlavi? >>chiese Mailo. << Perché dicevi quelle cose? >>

<< Io… >>

<< Stavi parlando con il cristallo, giusto? >>disse Denebola osservando il cristallo rosso nelle mani di Rio, che annuì.

<< Ma… >>esclamò Aiska, << solo il cristallo verde può parlare con il suo possessore, Denebola. Perché anche quello rosso ha parlato? >>

<< Forse voleva avvertire Rio >>rispose la ragazza, stringendosi nelle spalle.

<< Abbiamo trovato il secondo cristallo >>mormorò Mailo. << Muoviamoci. Dobbiamo partire immediatamente! >>

<< Dove vai? >>lo richiamò Alexander mentre Mailo iniziava ad incamminarsi. << Non sappiamo di preciso cosa dobbiamo fare. Prima dobbiamo parlare con Sorhio >>

Mailo attese che gli altri lo raggiungessero prima di ritornare al palazzo reale. Rio non smetteva di togliere gli occhi di dosso dal cristallo rosso. Com’era possibile che fosse lui il suo portatore? Perché non aveva scelto Denebola come aveva fatto il suo gemello? E poi ripensò alle parole che il cristallo gli aveva detto: cercava un puro di cuore. Ma anche il cristallo verde aveva dovuto cercarlo, o aveva scelto il suo portatore a caso, decidendo per la prima persona che avesse visto?

<< Cosa ci fate fuori a quest’ora della notte? >>esclamò la guardia davanti il portone del palazzo.

<< E tu dov’eri quando noi siamo usciti? >>lo rimbeccò Tinhos.<< Vai a svegliare mio padre. Digli che abbiamo una notizia urgente da riferirgli e che lo attendiamo nel Giardino del Sole! >>

La guarda si inchinò e corse via.

I compagni attesero vari minuti, seduti sulle sedie nel Giardino del Sole. Sebbene fosse notte inoltrata nessuno di loro aveva sonno; si sentivano tutti inquieti e non smettevano di lanciare occhiate curiose e ancora leggermente spaventate al cristallo rosso che Rio sembrava deciso a non lasciare.

Il re entrò cinque minuti dopo. Si diresse subito da Tinhos, allarmato.

<< Che cosa succede? >>

Tinhos indicò Rio, che si fece avanti e mostrò il cristallo rosso. Sorhio lo guardò; poi tornò a guardare Rio e poi di nuovo il cristallo. Qualcosa di simile ad un sorriso guizzò sul suo volto, ma si ricompose molto in fretta.

<< Come mai lo tieni tu? >>chiese sommessamente, indicando col capo Denebola. << Non è lei che dovrebbe averlo? >>

<< È quello che ci siamo chiesto tutti, mio signore >>rispose Rio a voce ancora più bassa, tanto che i compagni gli si dovettero avvicinare per sentire cosa diceva. << Eppure è me che il cristallo rosso ha scelto. Me lo ha detto espressamente lui >>

<< Te lo ha detto lui? >>Sorhio parve sconcertato. Rio annuì.<< Be’, devo avvertire subito Fabius >>disse il re, grattandosi il mento.

<< In che modo? >>chiese Tinhos.

Sorhio schioccò le dita. Una guardia entrò nella stanza e si inchinò.

<< Vai nella mia stanza >>ordinò Sorhio. << Sulla scrivania troverai un oggetto avvolto in un panno. Portamelo >>

Mentre aspettavano il ritorno della guardia Sorhio si mise a passeggiare avanti e indietro, teso. Sperava solo che Fabius sapesse cosa fare ora che i prescelti avevano entrambi i cristalli. La guardia tornò e posò sul tavolo una cosa avvolta da un panno bianco. Con un altro inchino, uscì.

Sorhio fece segno agli altri di avvicinarsi al tavolo e tolse il panno bianco che copriva una sfera di lucente cristallo dentro la quale vorticavano vapori azzurri.

<< Questa >>disse Sorhio, << è una sfera di Cristallo Marino. Anche il Saggio Fabius la possiede. È in questo modo che abbiamo potuto comunicare e scambiarci tutte le informazioni… >>Si interruppe, accortosi d’aver detto troppo. Infatti Alexander stava già per chiedere di che genere fossero le informazioni, ma Mailo lo zittì con un gesto. << Osservate in silenzio >>disse il re.

Pose la mano sinistra sulla sfera e aprì il palmo, concentrandosi sulla figura di Fabius.

<< Saggio >>

Fu con grande stupore che i compagni sentirono la voce del vecchio Fabius che rispondeva al re da dentro la sfera di Cristallo Marino.

<< Fabius… >>disse Sorhio, << la novizia non si era sbagliata: il cristallo è veramente ad Aquos. I prescelti lo hanno trovato >>

<< Dici sul serio? >>esclamò la voce di Fabius. << Dove l’hanno trovato? >>

<< Vicino il palazzo >>Sorhio lanciò un’occhiata a Rio, che annuì.<< Ma c’è una cosa che dovresti sapere… >>

<< Quale? >>

<< Non è stata Denebola a trovare il cristallo rosso, bensì Rio. Ha detto che è stato proprio il cristallo a parlargli >>

<< Il cristallo gli ha parlato? >>ripeté Fabius con voce incredula. << Strano. Pensavo che solo il cristallo verde potesse parlare con il suo possessore >>

<< A quanto pare anche il suo gemello può farlo >>disse Sorhio. << Come devono procedere adesso i prescelti? >>

Fabius rifletté per molti minuti. I compagni udivano il suo respiro.

<< È arrivato un nuovo rapporto dai tuoi soldati dagli High Fire? >>chiese infine.

<< Ancora no, ma temo che le notizie siano sempre le stesse >>rispose Sorhio, grave.

<< Non fa niente >>disse Fabius. << Sono sicuro che Tenugh sarà presto a conoscenza del ritrovamento del cristallo rosso e questa volta è capace di scatenare una guerra pur di prenderlo. I portatori sono troppo vicini alla sua sede. Penso che debbano tornare qui >>

I compagni si guardarono, confusi e stupiti allo stesso tempo. Torneremo alla Torre di Aldebaran?, si disse Denebola, sconfortata. Ma così perderemo altro tempo.

<< Manderò un Saggio a prenderli >>stava dicendo Fabius. << Falli preparare: partiranno immediatamente >>

Sorhio tolse la mano e si voltò a guardare i compagni.

<< Avete sentito tutti >>disse. << Fra pochi minuti un Saggio sarà qui per portarvi alla Torre di Aldebaran. Andate a prendere le vostre cose. Se è come dice Fabius, se non vi allontanerete abbastanza dagli High Fire ci sarà uno scontro inevitabile con i mostri di Tenugh! >>

I compagni annuirono e uscirono in fretta dal Giardino del Sole. Impiegarono pochi minuti per raccogliere i loro oggetti e scendere nel giardino del palazzo dove Sorhio li attendeva davanti la quercia. Ma non era solo. Avvicinandosi, Rio e gli altri videro un uomo alto e con i capelli castani parlare con il re. L’uomo si voltò e rivolse un cenno a Denebola, che lo fissò stupita.

<< Altair! >>esclamò la ragazza. << Cosa ci fai qui? >>

<< Sono venuto a prendervi, che domande! >>rispose il Saggio. Guardò Rio, che stringeva ancora tra le mani il cristallo, e gli tese la mano. << Non abbiamo avuto modo di parlare quando siete partiti. Ero certo che fosse Denebola a ricevere il cristallo rosso >>

<< Ma il cristallo ha scelto me >>ribatté Rio gentilmente, stringendogli la mano.

<< Come ci riporterai alla Torre? >>chiese Denebola.

<< Nello stesso modo che tu hai usato per portare i tuoi amici ad Aquos >>rispose pacatamente Altair. << Anch’io riesco a teletrasportarmi. Lo faccio da quando ero più giovane di te >>

<< Prescelti >>disse Sorhio, << sono contento di avervi conosciuto. Spero che non veniate meno al vostro compito nei momenti più gravi. Per questo ritengo che il dono di noi elfi di Aquos potrà tornarvi utile >>Dicendolo, Sorhio indicò la vecchia quercia: era difficile indovinare chi tra i due fosse il più vecchio. Un raggio di luna colpì il gigantesco albero. Un pezzo di corteccia si illuminò di una luce dorata e, sotto lo sguardo stupito dei compagni, Sorhio recitò alcune parole e la corteccia si staccò come fosse lo sportello di una credenza. I compagni videro una nicchia dove erano custoditi alcuni piccoli brillanti avvolti in foglie profumate.

Il re ne diede uno a ciascun compagno.

<< Mi auguro che vi possano essere d’aiuto quando vi troverete ad affrontare Tenugh >>disse.

Alexander esaminò il brillante: assomigliava ad una stella. Se lo infilò cautamente al collo tramite un sottile filo d’oro a cui era legato.

<< Fra pochi secondi saremo alla Torre >>disse Altair con un cenno d’intesa a Sorhio, che annuì, tetro.

Il re si avvicinò a Tinhos, che non si era mosso ma non aveva smesso di fissare il padre.

<< Tinhos >>sussurrò Sorhio, posando una mano sulla spalla del figlio, << vorrei non lasciarti partire, ma non posso sottrarmi al volere di un Saggio. Speravo che rimanessi un po’ di più ad Aquos. Ascoltami>>Alzò appena la voce. <>

<< Non devi temere >>rispose Tinhos.

<< E infine >>continuò Sorhio con voce strozzata, << promettimi che tornerai ad Aquos >>

Tinhos lo guardò. Tra tutto quel trambusto del ritrovamento del cristallo non aveva fatto in tempo a dire al padre della sua decisione presa nella radura. E ora aveva solo pochi minuti per decidere. Cercò con lo sguardo Aiska, ma era lontana. Tinhos ripensò a come era vissuto in quei giorni ad Aquos e a tutti gli anni passati a cercare le sue origini.

<< Venite qui >>Altair chiamò i compagni.

Sorhio lasciò la spalla del figlio mentre i compagni si avvicinavano al Saggio. Tinhos abbracciò il padre prima che questi potesse allontanarsi.

<< Vedrò di farcela >>disse. << Quando tutto questo sarà finito tornerò qui… Ma non sarò solo >>

Sorhio sorrise e guardò Aiska, che stava parlando con Denebola. Tinhos corse dai suoi compagni. Altair stava raccogliendo le forze; quando alzò le mani per portare gli indici alle tempie Denebola si accorse che c’erano dei graffi sulle bende che avvolgevano gli avambracci.

Prima che sparissero, i compagni rivolsero un inchino a Sorhio, che lo ricambiò con un breve cenno della testa, e Altair attuò il teletrasporto.

 

Denebola riaprì gli occhi. Erano arrivati nel gigantesco atrio della Torre di Aldebaran. La ragazza alzò la testa sulla grande cupola oltre la quale provenivano le lontane voci dei novizi; seguendo l’altezza della colonna che aveva di fronte riabbassò lo sguardo e si accorse che Altair la guardava, o meglio, guardava il cristallo verde. I freddi occhi del Saggio la facevano rabbrividire, ma scacciò con fermezza quel timore dalla testa e si voltò.

Tinhos scrutava attentamente l’atrio: avvertiva una strana sensazione in quel luogo, diversa da quella che aveva provato la prima volta che ci aveva messo piede.

Ripresosi dalla sensazione di smarrimento dovuta al teletrasporto, il gruppo seguì Altair al primo piano, dove si trovava un ascensore. Altair sussurrò qualcosa e l’ascensore si mise in moto. Si fermò all’ultimo piano, su un lungo corridoio dove c’era una sola porta, di fronte a loro. Camminando, Alexander guardò fuori dalle alte finestre e lanciò un’esclamazione sorpresa. Era appena l’alba, anche se non si riusciva a vedere il sole oltre le colline. Pesanti nuvole grigie coprivano il cielo mentre fiocchi di neve grandi quasi quanto un pugno si posavano sul cortile già ricoperto da uno spesso manto bianco.

<< Che cos’è successo qui? >>mormorò Mailo osservando anche lui la scena.

Altair non rispose. Erano di fronte la porta. Il Saggio bussò ed aprì. I compagni entrarono in un’ampia stanza, due volte più grande del Giardino del Sole. Dietro un lungo tavolo erano seduti i Saggi. Altair li raggiunse.

I compagni rimasero in piedi, a fissare gli sguardi che avevano visto solo due settimane prima. Denebola guardò subito in direzione di Mira. La giovane Saggia le sorrise radiosa, ma Denebola scorse nel suo sorriso una velata tristezza, che le strinse il petto. Fabius si alzò e i compagni si inchinarono.

<< Fatevi avanti, Portatori >>ordinò. << Molte cose sono successe in queste due settimane, a voi e a noi Saggi. Vi prego di raccontarmi come avete trovato il cristallo rosso, poiché non ho avuto la possibilità di seguire cosa è accaduto in questa notte appena trascorsa >>

Rio si schiarì la gola. Fabius lo guardò, attento, così come gli altri Saggi. Anche i compagni erano ansiosi di sapere con quale voce stesse parlando poco prima di ricevere il cristallo. Rio iniziò a raccontare, a partire da quando era stato svegliato da Mailo per raggiungere Denebola nel cortile. Parlò della voce e della prima volta che l’aveva sentita, al banchetto in suo onore e dei suoi compagni; ripeté parola per parola ciò che gli aveva detto il cristallo e di come questo era uscito dal terreno e gli era caduto in mano.

Quando terminò, Fabius rimase a lungo in silenzio. Chinò il capo con aria grave e mormorò: << Portatori, posate qui, davanti a me, i cristalli. È giunto il momento che comprendiate qual è il potere degli oggetti che portate con voi >>. Rio e Denebola posarono delicatamente i cristalli sul tavolo davanti a Fabius. Gli altri Saggi si sporsero per vederli meglio. << Immagino che nessuno di voi sia a conoscenza della storia dei due cristalli >>riprese Fabius.

<< Appartenevano a Imder Nysri, no? >>domandò Mailo.

<< Esatto, ma le cose che sapete voi sono nulla in confronto alla leggenda di Imder Nysri >>disse Fabius, osservando i cristalli. << Al di fuori della Torre di Aldebaran solo pochi hanno ascoltato la vera storia. Io posso raccontarvela. Come la raccontai ad un altro gruppo di compagni, tanti anni fa >>

Mira schioccò le dita e apparvero sei sedie per i compagni, di fronte al tavolo.

<< Imder Nysri, una delle divinità più importanti di Valdmurt, era la custode dei due Nuclei, il bene e il male >>Fabius iniziò a raccontare. << Alle origini, questi erano stati racchiusi negli elementi della natura, affinché potesse svilupparsi la vita senza lo squilibrio di una delle due forze. Poi, col passare del tempo, Imder Nysri pensò di potersi fidare abbastanza degli uomini per donare anche a loro il bene e il male sufficienti. Ma come poteva prevedere che a lungo andare quelle forze che reggevano il mondo si sarebbero potute scontrare, per la stupidità degli uomini? Finché avvenivano risse o piccole battaglie la situazione era sotto controllo, perché c’era abbastanza forza benigna per poter controllare la sua opposta. Ma quando un giorno, all’alba di questa nostra lunga era, si scatenò la violenta guerra tra le popolazioni del Nord e quelle del Sud, Imder Nysri non poté rimanere indifferente a ciò che i suoi occhi vedevano. Il male era traboccato dal cuore degli uomini e non faceva che devastare e distruggere qualunque cosa. Il bene non riusciva a contrastarlo.

<< Fu allora che, quando milioni di persone erano state uccise e le città erano cadute, Imder Nysri prese la decisione di creare i due cristalli >>Fabius tirò un lungo inspiro, << ma per farlo le occorreva donare la sua energia. Presi due cristalli, l’uno rosso e l’altro verde, racchiuse in loro il bene e il male che non aveva dato agli uomini, insieme ai poteri degli elementi della terra. In questo modo oltre che a ristabilire la pace avrebbe anche ricostruito ciò che era andato distrutto. La guerra terminò, ma Imder Nysri non volle togliere le due forze agli uomini, perché sapeva che avrebbero fatto tesoro di quell’esperienza e l’avrebbero tramandata di generazione in generazione, così che il mondo non potesse ricadere nella distruzione che aveva già conosciuto.

<< Ora che i due cristalli avevano riportato l’ordine su Valdmurt, Imder Nysri doveva morire perché nel crearli aveva usato tutta la sua forza vitale. Diede un nome ai cristalli. Afior, il cristallo rosso >>Fabius mostrò ai presenti il lucente cristallo, << colui che ha il potere di creare il fuoco, il vento e i fulmini e detiene una maggiore quantità di male rispetto al suo gemello. Questo invece è Deri, il cristallo verde >>Sollevò il secondo cristallo, << che riesce a controllare l’acqua, la terra e può comunicare con il suo possessore >>

Fabius fece una pausa. Un Saggio all’altro capo del tavolo si alzò.

<< Ma adesso anche il cristallo rosso può comunicare con il suo possessore >>ribatté Hebel, gli occhi su Rio.

<< Non adesso >>Fabius scosse il capo. << Nessuno lo sapeva. Solo Imder Nysri e coloro che assistettero alla creazione di Afior e Deri. Entrambi i cristalli possono parlare con i portatori >>

 

 

I rami si agitavano al tocco gelido del vento che proveniva dalla catena montuosa che divideva la Torre di Aldebaran con quel mondo sconosciuto che nessun esploratore aveva ancora deciso di andare a visitare. Aveva smesso di nevicare da poco, anche se era prevedibile che avrebbe ripreso da un momento o l’altro.

Rio si strinse addosso il mantello. Lo faceva più per non lasciare che i muscoli delle mani si intorpidissero che per il fatto che sentiva freddo. L’aria gelida lo sfiorava ma lui non riusciva ad avvertire nulla. Ripensava solo a quello che era successo, a quello che aveva raccontato Fabius, a come la sua vita sarebbe cambiata, anzi, era cambiata, da quando la voce gli era rientrata nella testa.

Con un soffio, Rio si scansò un ciuffo di capelli che gli era finito davanti agli occhi e fece un passo avanti, incerto. Dove voleva andare? Avrebbe voluto fare una passeggiata nel cortile della Torre, ma con più di un metro di neve era impossibile. Sospirò e si sedette per terra, sotto il portone, bagnandosi il mantello. Gli altri erano andati tutti a dormire, ma lui non se la sentiva di riposare. Chiuse istintivamente il pugno della mano, ma avvertì solo le unghie che gli affondavano nella carne: i cristalli erano rimasti a Fabius. Il Saggio preferiva parlare con loro di quello che avrebbero dovuto fare dopo che si fossero riposati. In fondo, non avevano chiuso occhio tutta la notte.

Il portone si aprì silenziosamente alle spalle di Rio, che non se ne accorse e rimase a fissare il vuoto. Altair gli posò una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare.

<< Fabius ha detto che devi riposare >>disse. << Cosa fai qua fuori? >>

<< Non ho sonno >>Rio si alzò.

<< Dovrai essere al massimo delle tue forze per ripartire >>insisté Altair con voce pacata. << Non sforzarti a rimanere sveglio. Va’ a dormire >>

<< Non riuscirei mai a dormire sapendo quello che dovrò fare >>

<< Ma tu non lo sai >>Altair gli strinse la presa sulla spalla, costringendolo a guardarlo. << Nessuno di voi lo sa, ancora >>

<< E tu non sai cosa sto passando io in questo momento! >>urlò Rio, liberandosi della presa del Saggio. << Come puoi dirmi di andare a dormire se non faccio altro che ripensare a quello che mi è appena successo?Riesci a spiegarmelo? >>

Altair lo guardò con un ruga verticale tra gli occhi, scosse la testa e sorrise.

<< Avrei voluto non farlo, ma mi ci costringi, soldato >>sussurrò. Portò la mano destra davanti gli occhi di Rio e lentamente descrisse un arco nell’aria. Rio sbatté le palpebre. La faccia di Altair si faceva sempre più sfocata. E anche il portone, gli alberi, tutto stava scomparendo in una fitta nebbia. Poi, Rio sentì le forze venirgli meno, gli occhi gli si chiusero e lui cadde.

 

L’ora della meditazione era da poco terminata e nei corridoi risuonavano i rumori delle porte degli alloggi che i novizi richiudevano.

I Saggi si incontrarono in una sala del secondo piano, tappezzata di stendardi e tappeti lussuosi. Mira e Hebel guardavano torvi Altair spiegare le sue ragioni di tenere i Prescelti ancora per qualche tempo alla Torre.

<< Insomma, sarebbe una vigliaccheria mandarli allo sbaraglio sugli High Fire, ad affrontare tutti i seguaci di Tenugh, più Tenugh in persona! Senza contare che hanno Afior e in un momento di disattenzione qualcuno potrebbe approfittarne per rubarlo >>concluse Altair.

<< E qui alla Torre starebbero al sicuro >>disse Hebel con voce tremante, livido di rabbia.

<< Per diciassette anni il cristallo verde è rimasto al sicuro qui, perché non tenerci anche quello rosso? >>rispose Altair.

<< Per attirare le guardie di Tenugh fin qui? >>gridò Hebel, facendo sobbalzare i Saggi. << Ovunque si trovano, i cristalli attirano un’immensa sciagura. Tenugh non esiterà a dare ordine di devastare la Torre e ad uccidere i portatori! >>

<< Adesso calmati >>gli disse la Maga di Andromeda, << non c’è bisogno di urlare >>

<< Non vedi l’ora di consegnarci nelle mani di Tenugh? >>Hebel la ignorò e si avvicinò ad Altair.

<< Non capisco di cosa parli >>replicò Altair sommessamente.

<< Hai atteso che i prescelti trovassero il secondo cristallo e che tornassero qui >>sibilò Hebel, ormai così vicino ad Altair che poteva avvertire il suo respiro.<< E ora dici che è meglio farli rimanere qui perché staranno al sicuro? A che gioco stai giocando? >>

<< Stai dicendo un mucchio di sciocchezze, Hebel! Non hai capito proprio nulla. Io voglio solo che i cristalli e i loro portatori siano al sicuro, e non che Tenugh li trovi. Noi Saggi siamo più forti di lui finché non otterrà un corpo e potremmo approfittarne per difendere la Torre >>

<< Avremmo potuto farlo da tempo >>replicò Hebel con voce glaciale. << Afior non ci sarebbe servito. Ma lo sai meglio di chiunque altro che Tenugh può sconfiggerci senza problemi. Non siamo così forti come crediamo >>

<< Tu hai paura che Tenugh verrà qui se teniamo i cristalli! >>esclamò Altair. << Perché mettere in pericolo le vite di quei giovani quando possiamo… >>

<< Perché è così che è stato deciso, Altair >>interruppe una voce pacata, << e su certe decisioni non si può ribattere >>

<< Fabius? >>

Il vecchio Saggio si contrappose fra i due, squadrandoli attentamente come se fosse la prima volta che li vedeva.

<< Avete ragione entrambi >>disse, << ma, Altair, evidentemente tu hai dimenticato le parole che disse Imder Nysri prima di lasciare il mondo dei mortali. Perciò domattina verrai con i prescelti nella Sala della Costellazione per ascoltare cosa dovrò dire loro prima che ripartano >>

Altair annuì. Fabius si rivolse ad Hebel.

<< Le tue accuse sono infondate, Hebel. La lealtà di Altair verso noi e la Torre di Aldebaran è pari alla tua. Mi fido ciecamente di Altair come di ognuno di voi >>

Hebel guardò Altair, ancora rabbuiato.

<< Perdonami >>disse a capo chino, poi girò sui tacchi e uscì dalla stanza.

Fabius lo guardò preoccupato.

<< Tutti voi verrete alla Sala della Costellazione, domani >>disse alla fine, rivolto ai Saggi. << Che nessuno manchi. Voglio che ci siano anche i novizi. È il momento che i sospetti e le discordie lascino questo luogo >>

La Maga di Andromeda si avvicinò a Mira mentre Fabius usciva. In breve, anche gli altri se ne andarono, confabulando tra loro. Altair fu l’ultimo ad uscire.

<< So cosa vuoi dirmi >>disse la giovane Saggia prima che l’altra potesse aprire bocca. << E sappi che sono dalla parte di Hebel >>

<< Ti sbagli >>disse la Maga di Andromeda. << Hebel ha torto. Glielo ha detto anche Fabius. E sai che c’è da fidarsi delle sue parole >>

<< Sì, ma la questione non mi torna >>.Mira si morse un labbro. << Se Altair è dalla nostra parte allora perché vuole così tanto che i cristalli rimangano alla Torre? Se non serve Tenugh li vorrà tenere per sé, è chiaro >>

<< Come fai a dire una cosa simile? >>esclamò la Maga di Andromeda, stupita da quelle parole.

<< Credimi, vorrei tanto sbagliarmi, ma conosco molto bene Altair per capire che vuole tenere i cristalli >>rispose Mira, grave. << Più di una volta ha tentato di prendere Deri e quando Denebola era piccola mi ha chiesto se poteva crescerla lui >>

<< Ma adesso avrà capito la situazione in cui ci troviamo tutti! >>sbottò impaziente la Saggia. << Sarebbe una follia rubare i cristalli ai prescelti e pensare di poter sfuggire ai servitori di Tenugh. Secondo me vi sbagliate tutti e due, tu e Hebel >>. Visto che Mira non replicava, la Maga aggiunse: << Fabius ha detto di fidarsi di Altair e io mi fido di Fabius. Lui non ci tradirebbe per nulla al mondo >>

Rincuorata, Mira annuì e sorrise.

<< Vorrei parlare con Denebola, ma non me la sento di svegliarla >>disse mentre uscivano e si avviavano verso l’ascensore.

<< Dopo che questa storia sarà finita avrete tutto il tempo per parlare >>la rassicurò la Maga di Andromeda. << La piccola Denebola avrà molte cose da raccontarci >>

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII - L'unico modo per sconfiggerlo ***


Incolla qui il testo.

 

Nella Sala della Costellazione era stato portato un centinaio di sedie, sistemate di fronte al tavolo dove sedevano i Saggi. Accanto a questo c’erano altre sei sedie, separate dalle altre.

I compagni presero posto. I Saggi erano già arrivati. Parlottavano tutti fra loro e sembravano non essersi accorti delle sei persone che erano appena entrate. Invece i compagni preferirono non parlare; erano ancora insonnoliti dalla lunga dormita, sapendo che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero dormito in un letto comodo prima di affrontare Tenugh.

Pochi minuti più tardi entrarono i novizi, che presero posto ordinatamente, guardando dritto davanti a loro e senza proferire parola. Comunque, un paio di ragazze salutarono con la mano Denebola, che ricambiò il saluto con un sorriso. Con loro e un altro gruppo di novizi diciottenni avrebbe dovuto partecipare alla Cerimonia di fine anno, quella nella quale sarebbero diventati dei Saggi. Denebola aveva passato pomeriggi interi, quando non avevano compiti da svolgere, a parlarne con le sue amiche. Erano tutte eccitate all’idea di essere nominate Sagge, dopo una formazione spirituale e fisica durata per la maggior parte più di dieci anni. Presto o tardi tornerò tra loro, pensò Denebola con un senso di nostalgia nello stomaco. Cercando di scacciare quel pensiero dalla testa, rivolse l’attenzione su i giovani Saggi, che erano appena entrati alle spalle dei novizi. Indossavano la lunga veste viola che contrassegnava i Saggi appena eletti dai Maestri.

Il silenzio scese sulla sala. Fabius era entrato; portava un cofanetto di legno intarsiato, che posò di fronte a sé, sul tavolo.

<< Oggi ho voluto sospendere ogni attività in modo che tutti voi sappiate cosa accadrà dal momento in cui aprirò questo cofanetto >>disse il vecchio Saggio, scandendo ogni singola parola e posando una mano sul coperchio del cofanetto. << Voi novizi siete giovani e probabilmente ancora non vi rendete conto dei cambiamenti che stanno avvenendo. Non mi riferisco alla neve o all’improvviso freddo che sono venuti prima del solito, quest’anno. No. Io parlo di sentimenti. Sentimenti che stanno mutando il nostro mondo e lo distruggeranno se qualcuno non interverrà >>. Volse lo sguardo ai giovani Saggi, che si trovavano accanto la porta. << È giunto il momento in cui dobbiamo sotterrare quei sentimenti di slealtà e sfiducia. Dobbiamo lasciare il posto ai sentimenti che gli déi ci hanno concesso di provare, come la fiducia e l’amicizia, e che ci hanno lasciato tenere. Perché è questo che ci permetterà di resistere al nuovo male che ha invaso Valdmurt… I due cristalli sono riuniti >>

Fabius aprì il cofanetto, rivelando i cristalli ai presenti. Un mormorio si diffuse tra i novizi come vento tra gli alberi; molti si voltarono a guardare Denebola. Fabius lasciò che tacessero da soli, senza dover intervenire. Poi, quando i novizi tacquero di nuovo, il Saggio poté riprendere.

<< Questi cristalli appartenevano alla dea Imder Nysri e dopo molti secoli hanno deciso di scegliere nuovi padroni. Afior, il cristallo rosso, appartiene ad un giovane soldato della città di Terrani, Rio. Deri, il cristallo verde, ha scelto una nostra giovane novizia quando ancora era in fasce, Denebola >>. I novizi parlottarono di nuovo, ma questa volta Fabius alzò la mano per richiedere il silenzio.<< Tutto questo >>proseguì con voce lievemente incerta, come se temesse di rivelare troppo, << perché questi due Prescelti devono affrontare Tenugh. Vi prego di non interrompermi >>aggiunse mentre già si ricominciavano a sentire dei bisbigli.

Fabius si schiarì la gola e volse lo sguardo su tutta la Sala. I novizi e i giovani Saggi lo osservavano attentamente, quasi spaventati da quello che stavano per apprendere. Ma nessuno osava uscire dalla Sala della Costellazione. Rimasero tutti ai propri posti.

<< Non si sa chi sia veramente questo Tenugh >>disse Fabius. << Ricordo che comparve molti anni fa. Voleva prendere il potere su Valdmurt, perché aveva un grande potere rinchiuso nel corpo. Un potere che nessuno è mai riuscito a capire cosa fosse. Forse magia. Magia Nera. Tenugh aveva molti seguaci, perlopiù mostri, spiriti e demoni, arruolati nei più cupi recessi del nostro mondo, probabilmente. Iniziò a distruggere molte città e ad assoldare anche umani. Molti di essi rifiutarono, ben sapendo di condannarsi con le proprie mani a morte, mentre altri si unirono a Tenugh, ricevendo protezione per sé e le proprie famiglie.

<< I giorni trascorrevano lenti, e ogni volta venivano insanguinati da notizie di stragi e distruzioni. Perciò alcuni Saggi e io decidemmo di chiedere aiuto agli déi. Fu Imder Nysri a rispondere alle nostre preghiere. Consegnò i suoi cristalli a due persone scelte da essi. Queste persone erano due soldati di Moja, che avevano già combattuto contro alcuni battaglioni di Tenugh. Afior e Deri, come poi la stessa Imder Nysri, avevano capito che nelle mani di quei soldati avrebbero potuto sprigionare la loro energia e provare a sconfiggere Tenugh. Così un giorno l’esercito di Moja partì per la base di Tenugh e i due prescelti lo affrontarono, contando sul potere di Afior e Deri, e riuscirono a privarlo del suo corpo, ma non poterono imprigionare la sua anima, che rimase libera.

<< Dopo la caduta del loro signore, i demoni e i mostri abbandonarono Valdmurt e per decenni non si sentì più parlare di mostri che invadevano le città sotto i comandi di un oscuro signore.

<< E tutto ciò si sta ripetendo >>continuò Fabius, grave. << Tenugh ha ripreso abbastanza energie per sottomettere i popoli e radunare nuovi seguaci. Ancora non ha un corpo, ma sarà sufficiente per lui possedere Afior per ottenerne uno. Perciò questi compagni sono partiti alla ricerca del cristallo rosso, che hanno trovato senza molta difficoltà… >>

<< Non direi >>bisbigliò Mailo all’orecchio di Tinhos. << Nessuno gli ha detto dei mostri che abbiamo affrontato a Royal? >>

<< Ora Tenugh avrà scoperto che il cristallo rosso ha trovato il suo Portatore >>disse Fabius, << ma non possiamo custodirlo qui alla Torre di Aldebaran perché le nostre difese non servirebbero a nulla contro i poteri di quel mostro. Abbiamo scoperto, grazie ad alcuni di voi novizi, dove si trova la base di Tenugh. Nel vulcano Mhassàuschi, il più alto degli High Fire >>

Evidentemente la notizia della visione dei novizi era nota solo ai Saggi e ai compagni perché si diffuse un mormorio sorpreso tra i giovani. Tuttavia, Denebola notò un paio di ragazzini scambiarsi uno sguardo imbarazzato e preoccupato. Il mormorio scemò di nuovo e l’attenzione tornò su Fabius. Il vecchio Saggio aveva chinato il capo, per un attimo indeciso di quello che stava facendo, ma si riscosse e proseguì.

<< Voglio che tutti voi sappiate quale sarà la prossima missione di questi compagni >>disse con voce decisa. << Nessuno dovrà essere all’oscuro dei piani della Torre di Aldebaran. Sebbene la notizia del ritorno di Tenugh abbia sconvolto molti di voi sappiate che è da questo punto che partirà il vostro viaggio per affrontare le vostre paure >>. Alcuni Saggi si scambiarono sguardi cupi e scuoterono lievemente la testa, per nulla convinti da quelle parole. Rio aggrottò le sopracciglia, ma poi pensò che Fabius si stava riferendo a qualcosa che riguardava l’allenamento dei novizi. << Ritengo che possiate ascoltare il mio piano per sconfiggere Tenugh >>

Il Saggio aggirò il tavolo e schioccò le dita verso il soffitto; una mappa di Valdmurt grande quasi la metà di una parete della Sala apparve accanto al tavolo. Si potevano vedere chiaramente le tre capitali, Blue Garden, Terrani e King’s Valley, cerchiate con un segno rosso e le loro province. All’estremo nord, accanto al Green River e ai piedi di una lunga catena montuosa c’era la Torre di Aldebaran; più in basso i Boschi Incantati e, ancora più a sud, il mare e le isole di Ahuri e Manti.

Con una bacchetta che sembrava fatta d’argento, Fabius indicò un gruppo di monti a sud, poco lontano da Terrani. Gli High Fire.

<< Qui si nasconde Tenugh >>disse Fabius, << con i suoi seguaci che ogni giorno si fanno più numerosi. Fino ad adesso ha qualche migliaio tra orchi e goblin, ma pochissimi demoni. Una fortuna per noi, anche se temo che impiegherà poco tempo a farli tornare dalla sua parte. Voi invece vi trovate qui, Prescelti >>. Indicò la piccola torre a nord e Denebola avvertì lo stomaco contorcersi alla vista di quanta distanza c’era tra loro e Tenugh. << A cavallo ci vorrà meno di un mese per raggiungere gli High Fire >>riprese il Saggio, << salvo imprevisti, naturalmente… >>

<< Andremo a cavallo, allora? >>esclamò Rio, interrompendolo. I novizi lo guardarono come se si fossero accorti di lui solo in quel momento.

<< È l’unico modo per farvi arrivare sani e salvi almeno fino alla Catena dei Millenari >>rispose Fabius.

<< Potremmo sempre… >>cominciò Rio.

<< Non interrompermi, Portatore !>>disse Fabius. << È l’unico modo sicuro e non è rimasto altro tempo per decidere un nuovo piano. Userete il teletrasporto una volta ai piedi della Catena dei Millenari per arrivare direttamente sul Mhassàuschi. I cavalli ve li daremo noi. Sono alcuni tra i più veloci di tutta Valdmurt. Potreste impiegare meno tempo del previsto >>

<< Cosa faremo quando saremo sul Mhassàuschi? >>domandò Alexander.

Fabius non rispose subito. Sembrava stesse esaminando la mappa, facendo degli accenni con la bacchetta su alcune zone. Quando si voltò, molto lentamente, un’espressione triste gli era comparsa in volto.

<< Quando sarete arrivati >>disse, con l’aria di chi avrebbe voluto dire qualunque cosa, anche il peggior insulto, << i portatori dovranno affrontare Tenugh. Solo loro >>

Rio si sentì il fiato svanire dai polmoni.

Alcuni Saggi si alzarono per parlare con Fabius, sconvolti, arrabbiati e confusi, per chiedergli spiegazioni. Ma cosa c’era da spiegare? Il piano era quello. Era sempre stato quello, non ce n’erano stati altri. Solo quello di lasciare i portatori liberi di affrontare Tenugh.

Cosa mi aspettavo?, si chiese Rio. Lo sapevo che avrei dovuto affrontare Tenugh. Lo sapevo da quando Afior mi ha scelto come suo portatore…Allora cos’era quella sgradevole sensazione di panico che gli attanagliava lo stomaco? Guardò Denebola, che aveva chiuso gli occhi e sembrava non essere stata turbata da quella notizia. Anche lei lo sapeva.

<< Silenzio, Saggi! Fate silenzio! >>ordinò Fabius alzando la voce.<< Tornate ai vostri posti! >>

Rio si portò una mano alla faccia e socchiuse gli occhi. Sentiva che sarebbe svenuto per quanta paura stava provando in quel momento. E ancora non riusciva a capire cosa fosse.

<< Afior, per favore, aiutami! >>implorò. Ma il cristallo rosso rimase silenzioso. Rio sentì qualcuno parlare e abbassò la mano, lentamente. I Saggi erano tornati a sedersi.

<< Sono stupito che alcuni di voi abbiano pensato che avessi cambiato piano >>disse Fabius, guardando accigliato i Saggi. << Lo dirò davanti a tutti: non possiamo permetterci di indugiare e chiederci come procedere. Mi stupisco che abbiate pensato che non avrei mandato Rio e Denebola ad affrontare Tenugh, perché non sono stato io a deciderlo. È scritto che il Portatore dovrà trovare il Male e sconfiggerlo. Nel nostro caso è una fortuna che Afior abbia scelto un portatore diverso, perché ci vorrà il doppio dell’energia che avrebbe potuto dare una persona sola >>

Ma i Saggi non erano convinti. Alcuni borbottarono qualcosa e altri guardarono Fabius come se lo ritenessero impazzito.

<< Non possiamo contrariare ciò che sta scritto negli astri >>disse Fabius con tono perentorio. Ma nulla di quello che avrebbe detto sarebbe servito per calmare i Saggi.

<< Perché non ascoltiamo cosa ne pensano i portatori? >>intervenne ad un certo punto Hebel. Non si era alzato e non aveva discusso con nessuno da quando Fabius aveva esposto il piano. Era comunque impallidito e aveva la fronte imperlata di sudore. << Se ci sono veramente persone che devono lamentarsi, in questa stanza, sono unicamente loro >>

I Saggi tacquero. Tutti si volsero a guardare Denebola e Rio. La giovane si alzò, come si doveva quando si veniva chiamati in causa, e fece segno a Rio di fare lo stesso.

Fabius li guardò, e loro ricambiarono lo sguardo, senza sapere cosa dire. Rio si sentiva la gola riarsa e sapeva perfettamente che le mani gli tremavano; chiuse i pugni e sperò che Denebola o Fabius o chiunque altro dicesse qualcosa. Ma tutto quello che Fabius si limitava a fare era guardarli con espressione interrogativa.

Fu Hebel a prendere finalmente la parola. Chiese ai due portatori cosa ne pensavano e se si sentivano pronti ad affrontare quel nuovo compito.

Denebola esitò a rispondere.

<< Siate sinceri >>disse Hebel con un sorriso incoraggiante, alzandosi in piedi.<< Non temete di esprimere le vostre sensazioni >>

Rio tirò un lungo respiro per calmare la sensazione di vuoto e paura che provava.

<< Io… >>disse, ma dalla bocca non gli uscì alcun suono. Si schiarì la voce e riprovò: << Sapevo…Sapevamo già cosa dovevamo fare. Immaginavamo dovessimo affrontare Tenugh. Dopo…dopotutto è sempre stato questo il piano >>

Fabius e Hebel si guardarono in silenzio, poi Fabius annuì.

<< E tu, novizia, cosa dici? >>

<< La penso come Rio >>rispose Denebola e nella sua voce si poteva avvertire chiaramente una nota di paura. << Anche se…avrei preferito non combattere contro Tenugh >>aggiunse a bassa voce.

Un paio di novizi sogghignarono, ma Denebola distolse rapida lo sguardo, irritata.

<< Anche noi preferiremmo fare qualsiasi altra cosa pur di non doverci trovare faccia a faccia con Tenugh >>disse Fabius.<< E mi rammarico di non aver potuto trovare altra soluzione >>

<< Quando partiremo? >>chiese Rio.

<< Domani all’alba >>rispose Fabius.<< Vi daremo nuove armi, molto più potenti di quelle che avete usato finora, in grado di poter respingere anche la magia. Sono certo che Tenugh abbia insegnato ai suoi mostri qualche incantesimo >>

Rio e Denebola annuirono. I Saggi si alzarono, e così anche i novizi. Quando nella Sala furono rimasti solo i compagni e Fabius, Rio si lasciò cadere sulla sedia e nascose il viso tra le mani.

<< Non ti senti bene? >>gli chiese sottovoce Mailo.

Rio scosse lievemente la testa. Ormai il panico non gli permetteva nemmeno più di parlare; sentiva il bisogno di urlare, di fuggire, di lasciarsi tutto alle spalle. Mailo gli si sedette vicino e gli prese una mano.

<< So che hai paura >>disse piano. << Chiunque ce l’avrebbe. Ma io non ti lascerò solo. Non lasceremo te e Denebola affrontare Tenugh da soli >>

Rio sollevò la testa, aprì la bocca ma non riuscì a dire nulla. Mailo gli strinse più forte la mano e si alzò.

<< Ti accompagno in camera >>disse.

<< Andate anche voi >>disse Fabius ad Alexander, Tinhos, Denebola e Aiska.

I quattro annuirono e seguirono Mailo e Rio nell’ascensore. Una volta in camera, Rio si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi.

<< Scusatemi >>disse dopo qualche minuto di silenzio, << se mi sto comportando come un bambino >>

<< Non c’è nulla di male ad aver paura >>disse gentilmente Denebola.

<< Non è semplice paura >>disse Rio. << È…è panico. E non so perché stia provando una cosa simile. Non riesco a spiegarmelo >>aggiunse con amarezza.

Gli altri non risposero. Qualcuno si sedé sul letto, e Rio sentì il materasso abbassarsi vicino i suoi piedi.

<< Dover partire per affrontare colui che minaccia la nostra terra non è cosa da tutti i giorni >>disse alla fine Denebola. Rio riaprì gli occhi. Era stata lei ad essersi seduta; gli altri erano rimasti in piedi, circondando il letto come per proteggerlo da sguardi estranei.

<< Hai paura anche tu >>disse piano Rio. Denebola annuì e Rio si accorse che le tremavano le mani. << Come hai fatto a sopportare per tutti questi anni l’idea di dover combattere un mostro senza batter ciglio? >>

<< Non è così >>rispose Denebola. << Ammetto che quando Deri mi ha detto cosa avrei dovuto fare una volta che si sarebbe riunito con Afior mi sono spaventata, e anche molto. Ma poi ho pensato che forse prima che Afior venisse ritrovato sarebbero trascorsi gli anni, e io di certo sarei morta. E poi di Tenugh non c’era traccia né notizia. Così non ci ho pensato più >>

<< E non ti aspettavi il ritorno di Tenugh così presto >>concluse Rio.

<< No >>

Alexander diede di gomito a Mailo, e disse: << Noi vi lasciamo da soli. Così potrete parlare con più tranquillità >>

<< Sì >>fece Rio, leggermente smarrito,<< d’accordo >>. Si sentì sollevato ora che lui e Denebola erano rimasti soli. Parlare delle sue sensazioni, in quel momento e di fronte ad Alexander e gli altri, lo metteva un po’ a disagio. Era sicuro che Denebola fosse l’unica a poterlo capire.

<< Non mi piace tanto l’idea di doverci battere da soli contro Tenugh >>borbottò Denebola.

<< Neanche a me >>ammise Rio, << ma siamo noi i portatori e non voglio che i nostri amici corrano dei pericoli quando non è necessario >>

<< La penso anch’io >>

Trascorsero altri minuti in silenzio. Fuori aveva ripreso a nevicare e dalle persiane socchiuse entrava uno spiffero di aria gelida. Denebola si alzò e accese due candele sul candelabro, poi andò a chiudere le persiane.

<< Pensi che anche a nord il tempo sia così? >>le chiese Rio mentre lei tornava a sedersi sul letto.

<< Questo è il nord >>ribatté Denebola, confusa.

<< Intendevo dire oltre le montagne >>disse Rio, sorridendo appena. << Ti sei mai chiesta cosa c’è là sopra? >>

<< A volte >>rispose la ragazza. << L’ho anche chiesto a Mira, ma nemmeno lei ha saputo rispondermi. Tutte le mappe che abbiamo qui alla Torre non mostrano mai cosa c’è a nord di Valdmurt >>

<< Io un giorno ci andrò >>disse Rio, << quando muoveremo guerra contro Moja o qualche altra città vicino il confine o ai monti. Approfitterò di un momento di libertà e poi… >>

<< Scalerai l’intera catena montuosa in meno di mezz’ora >>concluse Denebola, ridendo, << caspita, sei veloce! >>

<< Be’…no, forse non combatteremo sui monti >>disse in fretta Rio, arrossendo. << Combatteremo vicino il confine >>

<< E perché dovreste combattere contro qualche città del nord? >>

<< Perché non scoppia una guerra da anni ed è il caso di riprendere a combattere, no? Altrimenti l’esercito si impigrirà >>

<< Che razza di ragionamento! >>.

<< Non vi siete nemmeno parlate, non è vero? >>chiese d’un tratto Rio.

<< A chi ti riferisci? >>

<< A Mira. Da quando siamo tornati l’hai solo salutata >>

Denebola si rabbuiò.

<< Per forza, lei deve occuparsi della preparazione dei novizi che alla fine dell’anno diventeranno Saggi >>rispose. << Sono molte le cose che un Maestro deve spiegare prima della Cerimonia, allenamenti per il corpo e lo spirito e quelle cose là, e non ho potuto parlare con Mira >>

<< Anche tu diventerai una Saggia, quest’anno >>osservò Rio. << Come farai senza gli allenamenti? >>

<< Non lo so >>disse Denebola.

<< Credevo tu fossi la sua unica pupilla. Come mai deve allenare anche gli altri ragazzi? >>

<< Prima della Cerimonia si viene allenati anche dagli altri Maestri >>spiegò Denebola. << Si tratta più che altro di allenamenti che servono agli altri Saggi per valutare quanto sono diventati forti i novizi. Prima che Deri mi parlasse anch’io venivo sottoposta alle prove di Hebel e gli altri >>

<< Intendi prima che ci incontrassimo? >>disse Rio. << Quanto tempo dura, per l’esattezza, l’allenamento da parte degli altri Saggi? >>

<< Otto mesi >>rispose Denebola.<< Mi stavo impegnando anima e corpo per superare le prove più complesse, e alcune le ho lasciate in sospeso. Altair e la Maga di Andromeda preparano certi allenamenti che ti fanno rimpiangere le ore passate sotto la pioggia o tra le fiamme! >>

<< Cosa? >>esclamò Rio, non credendo alle sue orecchie. << Voi vi allenate sotto la pioggia? E in mezzo alle fiamme? >>

<< Certo. Di cosa pensavi si trattassero gli allenamenti, scusa? >>disse Denebola, sorpresa da quella reazione. << Anche voi soldati vi allenate così, o no? >>

<< Sì, ma non proprio in mezzo al fuoco. Cioè… >>Rio non riusciva a trovare le parole tanto era stupefatto, << vi fanno seguire questi allenamenti in vista della Cerimonia di fine anno o…già da prima? >>

<< Da quando un pupillo compie sei anni >>rispose Denebola. << Si viene sottoposti a degli allenamenti pari a quelli di un soldato dell’esercito. In questo modo si diventa più forti e si acquisisce una maggiore padronanza dei propri poteri. Perché ti stupisci tanto? >>disse poi, vedendo la faccia incredula e vagamente impaurita di Rio.

<< Ti sei allenata in questo modo? >>disse Rio con voce quasi flebile.<< Tu sei cresciuta stando ore e ore sotto la pioggia per… >>

<< …Per incrementare i miei poteri, sì >>Denebola annuì.

<< È una pazzia! >>esclamò Rio, scattando a sedere. << Pensavo che i bambini non venissero più fatti allenare da secoli! È…è disumano! >>aggiunse con sgomento.

<< No che non è disumano! >>ribatté Denebola. << È una cosa molto utile, invece >>

<< Oh, sì, certo >>fece Rio, sarcastico. << Come no! E chi viene alla Torre ma ha già superato i sei anni cosa fa? >>

<< I bambini devono avere massimo quattro anni per poter andare ad abitare qui >>rispose Denebola.

Ancora esterrefatto da quelle notizie, Rio ricadde sul cuscino. La testa non gli faceva più male e si sentiva in qualche modo più leggero, ora che aveva parlato con Denebola. La stessa cosa non contava per la novizia, però. Nascoste tra le pieghe della veste della ragazza, le mani continuavano a torcersi, sudate e tremanti, e Denebola cominciava a soccombere sotto quel panico che quasi le bloccava il respiro. Rio parve accorgersene perché si mise di nuovo seduto e le si accoccolò accanto, le prese una mano e la strinse tra le sue.

<< Qualunque cosa accada >>disse piano, << non saremo mai soli. Possiamo contare sull’aiuto dei nostri amici e dei cristalli. Tenugh non potrà mai vincerci >>

<< Ma io non voglio che Aiska e gli altri muoiano per noi! >>esclamò Denebola. Le lacrime le salirono agli occhi e, prima che potesse impedirlo, sgorgarono incontrollabili, scivolando lungo il viso.

Rio strinse la giovane a sé.

<< Non succederà una cosa del genere >>disse. << Io non permetterò che accada. I nostri amici ci aiuteranno fin dove possono, poi saremo solo noi, Afior, Deri e Tenugh >>

Denebola si raddrizzò.

<< Tu…tu dici che lo sconfiggeremo? >>chiese tra un singhiozzo e l’altro.

<< Sì >>

Denebola si sentì più rincuorata. Quasi vergognandosi di essersi messa a piangere, si asciugò le guance bagnate e si alzò. Nessuno dei due disse altro mentre lei si avvicinava alla porta. Rio si sentiva vagamente confuso per le emozioni che aveva provato nell’ultima ora, ma quando sentì la porta richiudersi abbandonò quel pensiero e si decise ad andare a dormire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV - Riverhill ***


Incolla qui il testo.

 

I cristalli giacevano nel cofanetto di legno, chiuso con un incantesimo che solo il proprietario poteva spezzare. Si erano appena risvegliati da un lungo sonno che per loro sembrava essere durato pochi minuti. Avevano ascoltato, mentre dormivano, la voce del vecchio Fabius che raccontava la loro storia, ma il loro interesse fu catturato dalla presentazione del piano contro Tenugh. Purtroppo non erano potuti intervenire per tranquillizzare i portatori: sapevano che la notizia li avrebbe sconvolti ma avevano preferito rimanere in silenzio per evitare di parlare di fronte a tutta la gente che si trovava fuori.

Adesso i portatori stavano meglio. Una notte di riposo aveva cancellato le paure maggiori e il coraggio era tornato nei loro cuori. Tuttavia, Afior era ancora inquieto; nell’attimo in cui Fabius aveva cominciato a spiegare il piano, aveva avvertito una presenza estranea da qualche parte nella Torre. Anche Deri ammise di aver percepito un potere che non aveva mai sentito durante i suoi anni trascorsi lì, ma ben presto non riuscirono a sentire più nulla e sprofondarono di nuovo nel loro sonno.

 

Fabius si fermò di fronte i prescelti. Ma il suo sguardo cadde sul paesaggio che li circondava. La neve non scendeva più, ma ce n’era talmente tanta che i Saggi erano stati costretti ad usare la magia per aprire un varco dove lasciar passare i compagni. Gli ultimi Saggi chiusero il portone e si allinearono dietro Fabius, che finalmente abbassò gli occhi sul gruppo davanti a lui.

Meravigliosi nelle armature bianche della Torre di Aldebaran, i prescelti stavano finendo di riporre le nuove armi e di chiudere gli zaini. Poi rivolsero la loro attenzione ai Saggi di fronte a loro, impassibili contro il freddo pungente dell’aria.

Fabius aprì il cofanetto e si avvicinò a Denebola e Rio.

<< Potete riprendere i vostri cristalli >>disse.

Denebola prese Deri e subito lo mise sul Bastone. Nessuno dei Saggi ebbe nulla da obiettare, perfino Altair che stava subito dietro Fabius e li scrutava con preoccupazione.

<< Vi abbiamo dato le nostre armi migliori >>disse Fabius. << Sono tra le più resistenti di Valdmurt e vi aiuteranno a superare le trappole che Tenugh tenderà per impedirvi di raggiungerlo >>

<< Per quale motivo, se poi dovremo batterci? >>chiese Rio.

<< Mi sono fatto un’idea del suo piano >>rispose Fabius. Tirò un sospiro. << Lui non lascerà la sua base per venirvi a cercare e uccidervi dove vi trovate. Aspetterà finché non vi troverete abbastanza vicini al Mhassàuschi, e lì comincerà ad attaccarvi. Vi consiglio di non usare subito i cristalli. A qualche demone potrebbe venire in mente di distruggerli per disarmarvi, senza pensare a come reagirà Tenugh, poi >>

I compagni annuirono. Le piccole pietre preziose incastonate negli elmi brillarono alla debole luce del sole. Un rumore di zoccoli annunciò l’arrivo di Hebel e un altro Saggio che guidavano sei cavalli dal manto di un grigio chiaro.

<< Sono tra i più veloci >>disse Fabius mentre i cavalli si fermavano, scuotendo le teste e facendo oscillare le criniere. << Con questi, impiegherete meno di un mese per raggiungere gli High Fire >>

Un cavallo si staccò dagli altri per avvicinarsi a Rio. Lo annusò sospettoso, poi abbassò il capo per farsi accarezzare sul muso. Fabius ridacchiò.

<< Sapevo che Matar ti avrebbe scelt o>>disse, gli occhi che brillavano.

<< Devi essergli simpatico, Rio >>sorrise Hebel mentre Rio accarezzava Matar sul muso, << noi abbiamo dovuto metterci quasi cinque mesi per riuscire a domarlo >>

<< Voglio avvertirvi, prescelti >>riprese Fabius, << ancora una volta di quanto è potente Tenugh. Anche se non ha un corpo. Sguinzaglierà su di voi tutti i suoi seguaci più forti. Più di una volta rischierete la vita. E sarà in quei momenti che vi affiderete ai vostri compagni. Ricordate: la vera forza con la quale potrete salvare il mondo è l’amicizia. Non lasciate che Tenugh vi metta l’uno contro l’altro. La vera forza la troverete solo nei vostri cuori >>

I compagni annuirono, si inchinarono e montarono sui cavalli. Denebola guardò gli altri; Tenugh non sarebbe mai riuscito a dividerli: il loro viaggio aveva creato un profondo legame. Nemmeno l’avere Afior avrebbe aiutato Tenugh a creare qualsiasi contrasto.

<< Che gli déi vi proteggano >>disse Fabius.

I Saggi dietro di loro alzarono le mani e un vento caldo uscì da queste per andare a sciogliere la neve restante lungo il sentiero. Rio spronò Matar, che si impennò e galoppò via. La terra era ancora calda e magicamente asciutta mentre ai due lati resisteva la neve, bianca come la luna.

Attraversarono il viale e oltrepassarono i cancelli, bianchi come ogni altra cosa, e si ritrovarono fuori dai confini della Torre di Aldebaran. Si fermarono un attimo e si guardarono indietro. I cancelli si stavano magicamente chiudendo senza il minimo rumore; un po’ di neve cadde sul suolo asciutto.

Denebola osservò attentamente lo scorcio di Torre che si vedeva oltre gli alberi. Forse quella era l’ultima volta che l’avrebbe vista, pensò. Sentì un dolce calore attraversarle la schiena e, voltandosi indietro, dove aveva messo il Bastone della Maga di Andromeda, vide Deri illuminarla tenuemente. Denebola sorrise, sentendosi più tranquilla.

<< Speriamo di raggiungere il confine prima di sera >>disse Alexander, guardando l’orizzonte.

La strada era la stessa di quella che avevano già attraversata quindici giorni prima. Man mano che risalivano il Green River, la neve si faceva sempre più rada finché non incontrarono alberi spogli o con ancora qualche foglia secca sui rami. Il potere di Tenugh per il momento teneva sotto assedio la Torre di Aldebaran, ma non ci sarebbe voluto molto prima che si fosse esteso anche al resto della regione. Poco prima di pranzo raggiunsero la Piana dei Morti. Faceva tutto un altro effetto, illuminata dal sole. Nonostante fosse sempre una piccola landa desolata, i compagni non ebbero timore ad attraversarla, anche perché, come aveva detto Mailo, se fosse spuntato fuori un altro Kar, Denebola sarebbe riuscita ad eliminarlo.

Superarono in breve anche Royal e verso sera varcarono il confine tra la Regione del Nord e quella di Moja. Rio fece fermare Matar e dette un’occhiata intorno. I prati si estendevano a colpo d’occhio e non c’era traccia di fiumi o laghi.

<< Stupefacenti >>mormorò Mailo guardando affascinato i cavalli che brucavano l’erba, legati ad un albero lì vicino. <<  Siamo riusciti a raggiungere la Regione di Moja in meno di ventiquattro ore! >>

<< Fabius aveva ragione a dire che questi sono i cavalli più veloci di Valdmurt >>disse Tinhos.

<< Dicono tutti così, a dir la verità >>disse Alexander mentre accendeva il fuoco e Aiska prendeva qualche pezzo di carne dallo zaino.<< Hai mai sentito un padrone dire che il proprio cavallo è uno dei meno veloci sulla faccia della terra? Ogni volta che ho dovuto farmi vendere un cavallo mi hanno detto che non c’è cavallo più veloce di questo. Se è vero tutto ciò che ci dicono, su Valdmurt sarà difficile trovare qualche bugiardo! >>

<< Fabius non è un bugiardo! >>replicò Denebola. << Hai visto anche tu quanto aveva ragione >>

<< Non lo metto in dubbio >>disse Alexander. << Ma metà della gente su questa terra non perde occasione per poter imbrogliare. Naturalmente non mi riferisco a Fabius >>aggiunse in fretta, notando l’espressione di Denebola, << né agli altri Saggi. Volevo solo mettervi in guardia, ecco tutto >>

<< Di gente così l’ho incontrata anch’io >>disse Tinhos.

<< E tu, Mailo? >>disse Aiska.

<< Sì, sì, un paio di volte è capitato che mi volevano affibbiare una spada non affilata >>rispose distrattamente Mailo, togliendosi l’armatura. << Accidenti >>disse con uno sbuffo, gettando l’armatura per terra, << si soffoca con questa cosa addosso! Non ho mai indossato un’armatura simile >>

<< Dovrà difenderci dagli amichetti di Tenugh >>gli ricordò Alexander, controllando la carne sul fuoco. << Perciò è meglio trattarla bene e non consumarla troppo. Quindi, voi tre >>schioccò le dita in direzione di Tinhos, Denebola e Aiska e indicò il punto dove avevano messo i loro zaini, all’ombra di un alto acero, << toglietevi quelle armature e trattatele come gli déi comandano. Non possiamo arrivare sugli High Fire con le armature rovinate >>

<< Certo che no! >>ribatté sarcastico Tinhos mentre si sfilava l’armatura. << Dopo dove lo troviamo il tempo di tornare alla Torre di Aldebaran per farcele dare di nuove? >>

Alexander annuì e alzò gli occhi. La sera calava lentamente sui prati, bagnandoli di una luce rosso sangue. Era incredibile quanto il paesaggio fosse diverso da quello che circondava la Torre di Aldebaran. Cercò con lo sguardo Rio, che era rimasto in disparte, seduto poco lontano dai cavalli. Gli dava le spalle e ogni tanto tracciava per aria con le dita delle linee invisibili.

Quando cominciarono a mangiare, si decise a raggiungerli.

<< A sud c’è il mare >>disse subito, come se avesse appena fatto una scoperta sensazionale.

<< Ma va’? >>disse Mailo ostentando un’espressione stupita poco convincente. << Pensavo ci fosse il deserto >>

<< Mi è venuta un’idea >>continuò Rio, ignorandolo e togliendosi l’armatura.<< Invece di raggiungere gli High Fire via terra potremmo passare per il mare >>

<< No >>disse subito Tinhos.

<< Perché? >>esclamò Rio.

<< Dobbiamo attenerci al piano di Fabius >>rispose secco Tinhos.

<< Oh, andiamo! >>sbottò Rio.<< Impiegheremo meno tempo e meno energie, e anche se Tenugh ci manderebbe qualcuno ad attaccarci, non rischieremmo più di tanto visto che ci troveremmo in mezzo all’acqua >>

<< E con ciò? >>

<< Deri è in grado di controllare l’acqua >>rispose Denebola, intuendo il piano di Rio. << Potrei usare il suo potere per mantenere le acque calme o sconfiggere gli emissari di Tenugh, se lui proverà a mandarne qualcuno >>

<< Esatto >>annuì Rio con un sorriso.

<< E come pensi di raggiungere gli High Fire passando per il mare? >>chiese Tinhos. << Dove attraccheremo? >>

<< Nel porto più vicino >>rispose Rio.

Alexander si alzò, andò al suo zaino, vi frugò per qualche secondo e tornò con una piccola mappa. La spiegò davanti i compagni.

<< Il porto più vicino agli High Fire è Terrani >>disse, << ma si trova troppo a sud. Da Terrani al vulcano Mhassàuschi ci saranno cinque giorni di viaggio >>

<< Quindi la distanza che dobbiamo coprire via terra è la stessa che copriremmo se passassimo per il mare >>concluse Tinhos.

<< Potremo impiegarci anche di più >>aggiunse Alexander. << Saremmo costretti a partire dal porto di Nirv, e ogni nave che salpa da lì poi fa scalo sulle isole di Ahuri e Manti. Tanto vale continuare il viaggio con i cavalli. Alla fine la via più breve è questa >>

<< Oppure >>intervenne Aiska, << potremmo continuare con i cavalli fino alla foce dell’Ohuil, e poi lì prendere una barca fino alla Regione dei Vulcani >>

<< Forse non mi hai sentito, prima >>ribatté Alexander, << ma lungo la costa di porti ci sono solo quello di Nirv, Tafthun e Terrani >>

<< Quanto sei ignorante >>esclamò Aiska, esasperata. << Ci sono anche porti meno famosi che non sono riportati sulle cartine, sai? Qui, alla foce dell’Ohuil ce n’è uno, e anche qua>>indicò un punto vicino la Catena dei Millenari, <>

<< Così eviterei di usare il teletrasporto >>disse Denebola, << e di sprecare energie preziose >>

<< Siamo tutti d’accordo, allora >>disse Rio. << Salperemo alla foce dell’Ohuil e circumnavigheremo la Catena dei Millenari! >>

 

La luna si spostava lentamente man mano che le ore passavano. Il fuoco era spento e ancora un lieve filo di fumo si levava dalle pietre annerite. I cavalli riposavano all’ombra dell’albero e anche i compagni si stavano godendo un riposo tranquillo. Solo Alexander non riusciva a dormire. Passeggiava nervosamente intorno all’albero dov’erano legati i cavalli; Matar, anche lui sveglio, lo guardò con arroganza mentre Alexander gli passava accanto.

C’era qualcosa che impediva all’uomo di riposare. Un’entità, una presenza o qualcosa del genere che non riusciva a capire a chi appartenesse, ma che sentiva molto vicina a loro. Poteva trattarsi di Afior e Deri, pensò per la quinta volta, tentando di convincersi. In fondo era impossibile che nei paraggi c’era appostato qualche demone. I prati erano deserti e bui e gli unici esseri viventi lì erano loro.

Si sedette accanto a Denebola, che dormiva profondamente, la testa appoggiata al suo zaino.

<< Devo dormire >>mormorò Alexander due minuti più tardi. Si girò, deciso ad addormentarsi quando vide un tenue bagliore arancione nello zaino della ragazza. Facendo attenzione a non svegliarla, Alexander aprì lo zaino e prese il piccolo topazio che Denebola aveva trovato nel laghetto di Aquos. Era la prima volta che lo vedeva brillare come facevano i due cristalli. Lo girò e rigirò a lungo, cercando di capire perché brillasse così. Forse aveva poteri magici anche lui? Alexander lo avvicinò agli occhi e avvertì qualcosa di lontano e sgradito, dentro la sua mente, come ricordi spiacevoli ormai dimenticati.

Cercando di capire qualcosa in mezzo alla confusione di immagini e voci che gli si affollavano in testa, man mano che venivano riportate alla memoria, Alexander gettò via il topazio. Vide la sua piccola luce aranciata allontanarsi fino a sparire inghiottita dall’erba. Quasi immediatamente, la mente di Alexander tornò a distendersi, tranquilla, priva di quei ricordi spiacevoli che per un istante aveva rivissuto.

 

Mailo andò a slegare i cavalli. Denebola e Aiska risistemarono gli zaini e indossarono le armature. Tinhos, dall’alto di una roccia, studiava i prati dando delle precise coordinate a Rio grazie alla sua vista di elfo che gli permetteva di vedere più lontano di qualunque uomo. Alexander sedeva taciturno; ripensava a quello che il topazio aveva fatto quella notte. Non lo aveva confidato a nessuno, ma adesso si sentiva uno stupido ad aver gettato via un oggetto impregnato di magia.

<< Andiamo! >>disse Rio, montando su Matar.

I prati erano infiniti. Si stendevano a macchia d’olio su tutta la regione, senza un’interruzione, senza che vi fosse una collina o un monte o una valle. Ovunque andavano c’era solo la pianura. In breve raggiunsero il ponte sul Green River, superarono Tun e un gruppo di villaggi poco lontani. Prima di sera, però, Rio li fece fermare per far riposare i cavalli esausti e si accamparono a cinque miglia dal confine con la Regione di Upam.

Tinhos volse lo sguardo a nord-est: da lì era possibile intravedere uno scorcio della catena montuosa sulla quale si trovava la città magica di Kamaàn. Leggermente più a sud si scorgevano le cime degli alti alberi dei Boschi Incantati, residenza di moltissime creature magiche e leggendarie di Valdmurt; sembravano verdi e rigogliose, come sempre.

Il pomeriggio seguente si fermarono presso una città sul fiume Scha, di nuovo per far riposare Matar e gli altri cavalli. Rio li osservò preoccupato. Era normale che fossero stanchi per aver percorso tutte quelle miglia, ma malgrado si riposassero ogni notte la loro corsa era diventata molto più lenta di quando erano partiti. Anche Alexander sembrava essersene accorto. Si chinò sul suo cavallo e lo osservò attentamente.

<< Portiamoli da un esperto >>propose Rio, guardando le porte della città, << non possiamo ripartire senza sapere che cosa hanno >>

Lui, Alexander e Aiska presero le redini ed entrarono in città insieme ad un folto gruppo di mercanti. Le guardie li lasciarono passare senza commenti, ma a Rio non sfuggirono i loro sguardi meravigliati e sospettosi alla vista delle armature della Torre di Aldebaran. Un gruppo di donne dalla carnagione scura e vestito con sontuosi abiti accolse i viandanti con profondi inchini e mormorando:<< Benvenuti a Riverhill, messeri. Che i giorni che trascorrerete qui siano di vostro gradimento >>

Dalla pianura, Riverhill continuava ad ergersi su una collina, ma i tre compagni notarono subito una differenza tra le case che li circondavano e quelle in collina. All’entrata della città le abitazioni erano piccole e grigie, o annerite da un incendio; alle finestre avevano degli stracci come tende e perfino agli usci erano state messe delle lunghe, scure tende inchiodate alla base da sassi come porte. La gente girava vestita miseramente e le donne si coprivano la testa con panni bianchi. I palazzi che si trovavano in collina invece, sembravano ville signorili.

Una salita che scompariva dietro un alto arco portava alla città alta. Rio, Alexander e Aiska si mossero in quella direzione. Lungo la salita si trovava ogni genere di bottega, mentre sull’altro lato c’era il mercato. Di botteghe di esperti di cavalli, però, non c’era l’ombra.

<< Mi scusi >>Aiska fermò una donna che aveva l’intero volto coperto dal telo bianco, << dove posso trovare un esperto di cavalli o… >>

<< Qui non troverete nessuno >>rispose la donna. Parlava in fretta e sembrava spaventata mentre indicava la città alta.<< Dovete andare lassù. Troverete degli addetti alle stalle reali, tra cui anche gli esperti che state cercando voi >

<< Grazie >>disse Aiska. Si voltò, ma la donna la afferrò al polso.

<< Fate attenzione! >>sussurrò, la voce tremante. << Fate attenzione! Alla gente di sopra non piacciono gli stranieri con le armature. Fate attenzione, o vi toglieranno tutto! >>

<< Come mai? >>chiese Alexander. << Non avete mai avuto dei viandanti con delle armature? >>

La donna lasciò andare Aiska e scosse la testa. Poi scappò via.

<< Temo di no, Alexander >>disse Rio. << Non ti sei accorto di come ci osservano? >>

Alexander si voltò. Molta gente li fissava con un misto di sospetto e paura sul volto; anche i mercanti li osservavano curiosi, sollevando di poco il capo dai banchi e riabbassandoli in fretta.

Ignorandoli, Alexander, Rio e Aiska continuarono a camminare. Man mano che salivano le botteghe cominciavano a chiudere e i mercanti smontavano i banchi. Anche lì molti si voltarono al passaggio dei tre stranieri, che però continuarono a camminare imperterriti. Dopo una decina di minuti, la salita terminò bruscamente con un imponente portone oltre il quale si vedevano gli scorci delle ville. Due guardie poste ai suoi lati bloccarono loro il passaggio. Il più giovane disse:

<< Presentatevi >>

<< Siamo viandanti >>disse Rio. << Io e i miei amici abbiamo bisogno di far vedere i nostri cavalli >>

<< Siete in tre e avete sei cavalli? >>notò una guardia. << Come funziona? Quando uno si stanca prendete l’altro? >>. Lui e il suo compagno scoppiarono a ridere.

<< Non ho detto che i miei compagni di viaggio sono solo loro >>replicò freddamente Rio.

<< Ah, ce ne sono altri, dunque >>disse la guardia giovane.

<< Fateci entrare, per favore >>li pregò Aiska.<< Domani dovremo riprendere il nostro viaggio, ma con i cavalli in queste condizioni non potremo andare da nessuna parte! >>

Le due guardie si scambiarono un’occhiata poco convinta.

<< Da dove venite, così armati? >>chiese infine il giovane, squadrando l’armatura bianca.

<< Dalla Torre di Aldebaran >>rispose Alexander. << Ci hanno ospitato lì per un po’ di giorni >>

<< E dove siete diretti? >>

<< Se permettete >>disse Rio con voce stizzita, << preferiamo tenere per noi i nostri affari >>

La guardia giovane stava per ribattere, ma il suo compagno batté forte sul portone. Quello si aprì lentamente.

<< Vi ringraziamo >>disse Rio. Lui, Alexander e Aiska si affrettarono ad entrare, ma non avevano fatto che pochi passi che si fermarono di botto. Il portone si era aperto su quello che sembrava un quartiere signorile. Una lunga strada leggermente in salita portava ad un alto castello fiancheggiato da alte torri lungo le quali i soldati montavano la guardia. Le ville si ergevano ai lati della strada, con i loro giardini ben curati nonostante le avvisaglie dell’inverno erano giunte anche da loro. I loro padroni passeggiavano tranquillamente su e giù per la via o chiacchieravano coi vicini; erano vestiti tutti con abiti sontuosi e finemente cuciti che ad Alexander provocarono un moto di disgusto mentre ripensava a suo zio Anter Spadacciaio.

Nessuno, mentre passavano, sembrava far caso ai nuovi venuti. Solo altre guardie sedute poco lontano dal portone li osservarono a lungo.

<< Dove lo troviamo qui un esperto di cavalli? >>borbottò Rio.

<< Alle stalle reali >>rispose Aiska, precedendoli lungo la strada.

<< Non ci faranno entrare mai >>disse Rio, << ti ricordi cosa ha detto quella donna, che a questi qua sopra non piacciono gli stranieri? >>

<< Non mi pare che si siano accorti di noi >>ribatté Aiska.<< Sono tutti troppo occupati a vivere nel loro lusso per accorgersi dell’arrivo di tre stranieri armati fino ai denti >>

<< Hai ragione >>annuì Alexander. << Qui potrebbe entrare un ladro camuffato e nessuno sospetterebbe nulla. Come si fa a vivere così? >>aggiunse con voce disgustata e incredula.

Erano arrivati ai piedi del castello, che contrastava completamente con le ville. Era costruito in mattoni e dava l’impressione di avere più di mille anni: Il portone era alto la metà di quello che separava la città alta da quella bassa e su di esso cresceva qua e là qualche ciuffo di muschio.

<< Chi siete, stranieri? >>urlò un soldato dalla torre a sinistra.<< Perché vi hanno fatto entrare? >>

<< Veniamo dalla Torre di Aldebaran e abbiamo dovuto interrompere il nostro viaggio perché i nostri cavalli sono malati >>gridò in risposta Rio. << Ci hanno detto di venire nelle stalle reali >>

<< Siete armati? >>chiese il soldato.

<< Sì, ma solo per difenderci durante il viaggio >>rispose Rio.

Il soldato scomparve e il portone si aprì. I compagni entrarono in un ampio cortile; esattamente opposto a loro c’era un secondo portone mentre a destra, nascosto dietro un albero, un arco con sopra appeso uno stemma rovinato.

<< Aspettatemi qui >>disse il soldato che li aveva fatti entrare. << Non posso farvi accedere alle stalle reali senza il permesso del governatore >>

<< Il governatore? >>ripeté Rio mentre il soldato entrava nel castello. << In che razza di città anarchica siamo finiti? >>

<< Non dire così >>disse Aiska. <>

<< Dubito che il governatore regni da solo >>ribatté Alexander, gettando un’occhiata indietro, verso le ville, mentre il portone si richiudeva. << Scommetto che i nobili non abitano in questa zona della città a caso >>

Il soldato tornò accompagnato da un uomo basso, calvo, con una lunga barba bianca e vestito con un ricco abito verde scuro.

<< Mi è stato detto che i vostri cavalli hanno bisogno di cure >>esordì senza preamboli.

<< Sì, signore >>rispose Rio.

Il governatore fece un cenno al soldato. Quello si inchinò e li lasciò soli.

<< Venite dalla Torre di Aldebaran >>proseguì con voce lievemente sospettosa. << Siete Saggi? >>

<< No, mio signore. Siamo stati ospiti alla Torre per qualche giorno >>rispose Rio.

<< Per quale motivo indossate queste armature, dunque? >>chiese il governatore.

<< Dobbiamo affrontare un lungo viaggio >>rispose Aiska, << e i pericoli che si possono incontrare lungo la strada sono molti >>

<< E i vostri cavalli sono esausti >>concluse il governatore. << Da quando siete partiti dalla Torre? >>

<>disse Alexander.

Il governatore lo guardò con occhi sbarrati.

<< Due giorni? Quindi…suppongo che i cavalli non siano vostri ma…dei Saggi? >>

<< Sì >>annuì Rio.

Il governatore tacque e per qualche istante osservò Matar battere nervosamente lo zoccolo a terra, riflettendo.

<< Venite con me >>disse infine, << vi condurrò personalmente alle stalle reali. Dubito che i Saggi abbiano accolto dei banditi >>

Li guidò verso l’arco a destra. Rio alzò gli occhi sullo stemma che vi era raffigurato sopra, ma quello era talmente malridotto che non riuscì a capire che cosa vi fosse raffigurato su. Entrarono nelle stalle reali passando attraverso un cortiletto interno. C’erano solo due giovani stallieri che avevano appena finito di sistemare le briglie dei cavalli.

<< Chiamate Andarin >>ordinò loro il governatore. << È il migliore stalliere che abbiamo. Saprà come aiutarvi >>

I compagni lo ringraziarono; Rio accarezzò dolcemente Matar sul muso, ma quello continuava a scalciare per terra, dimenandosi. Rio lo afferrò per le briglie, guardandolo sorpreso. Poi un rumore di passi li fece voltare. Un uomo anziano, col volto ricoperto di lividi e cicatrici, si fermò davanti il governatore e si inchinò.

<< Mi avete fatto chiamare, signore? >>chiese con voce affannosa.

<< Sì, Andarin >>disse il governatore. << Questi stranieri hanno bisogno del tuo aiuto. Devono affrontare un lungo viaggio e le loro cavalcature sono malate >>

Andarin studiò per un momento i compagni, poi volse la sua attenzione su Matar, che continuava a dimenarsi.

<< Da quant’è che fa così? >>chiese a Rio, che aveva rinunciato a cercare di calmarlo.

<< Da pochi minuti >>rispose il soldato. << Da quando siamo entrati nel castello >>

<< Se non si ferma finirà con far imbizzarrire anche gli altri >>disse Andarin. Si chinò su una cassa posata a terra; ne estrasse una ciotola e una bottiglietta piena di una sostanza trasparente. << Per poterlo visitare devo dargli questo calmante >>spiegò riempiendo la ciotola con quella che sembrava acqua. << Tu, ragazzo >>aggiunse poi a Rio, << afferralo per le redini e fallo stare il più fermo possibile >>

Rio obbedì, ma era più facile a dirsi che a farsi. Matar scuoteva la testa, scalciava con le zampe e tentava di esibirsi in qualche impennata; per Rio fu difficile afferrare le redini. Andarin si avvicinò deciso verso il cavallo, la ciotola bene in vista. Quando Rio ebbe eseguito l’ordine, Matar puntò gli occhi arroganti sulla ciotola. Si avvicinò e annusò il liquido mentre Andarin aspettava paziente, poi lo bevve. Il calmante ebbe un effetto immediato. Matar smise di dimenarsi e apparve più stanco di tutti gli altri.

<< Così va meglio >>disse Andarin con un sorriso e posando la ciotola sulla cassa. Prese il muso di Matar tra le mani e lo osservò attentamente, le sopracciglia inarcate. Poi andò a controllare gli altri. << Dove avete comprato questi cavalli? >>chiese a Rio.

<< Ce li hanno dati alla Torre di Aldebaran >>

Andarin lo guardò con un sopracciglio alzato. Tornò a studiare il cavallo di Mailo. Per qualche minuto non fece altro che controllare il loro palato, poi fece qualche passo indietro per guardarli da lontano.

<< Che cosa gli avete dato da mangiare? >>

<>rispose Alexander.

<< Dove vi siete fermati? >>lo interruppe Andarin.

<< Nei prati della Regione di Moja >>rispose impaziente Alexander, << ma questo cosa c’entra? >>

<< Hanno mangiato e bevuto regolarmente… >>disse Andarin, più a sé stesso che ai compagni. << Quando siete partiti? >>

<< Due giorni fa dalla Torre di Aldebaran >>rispose il governatore.

<< Può trattarsi di stanchezza >>borbottò Andarin. << Anche se questi cavalli vengono dalla Torre di Aldebaran, dopo due giorni ininterrotti d viaggio è normale che siano esausti >>

<< Hanno riposato quanto noi! >>esclamò Alexander.

Andarin meditò.

<< Com’era il tempo a nord? >>

<< Alla Torre c’era molta neve >>rispose Aiska, << ma scendendo non ne abbiamo incontrata altra >>

<< Deve essere il brusco cambiamento di clima, allora, a renderli così >>concluse Andarin. << Devono essersi abituati al freddo che fa alla Torre e ritrovarsi in un luogo più caldo deve averli stravolti. E infatti… >>

<< Oppure? >>interruppe Rio.

<< Cosa? >>chiese Andarin.

<< Secondo voi sono stanchi per questo? >>chiese Rio. << Non potrebbero esserci altri motivi? >>

<< Non so cosa dirti, figliolo >>sospirò Andarin. << Se questi cavalli hanno mangiato, bevuto e dormito regolarmente l’unica spiegazione plausibile è il cambiamento climatico che hanno dovuto affrontare in maniera così brusca. Altrimenti…potrebbero aver ingerito qualcosa che li ha fatti star male, ma se non hanno mangiato altro che erba… >>

<< Ma si riprenderanno? >>chiese Aiska.

<< Sì, tempo qualche ora e si abitueranno al nuovo clima >>li rassicurò Andarin. << Ma vi consiglio di aspettare prima di ripartire, o si affaticheranno prima del solito >>
Rio, Alexander e Aiska si guardarono.

<< E quanto tempo dovremmo aspettare? >>domandò Rio.

<< Massimo un giorno >>

<< Non sarà un giorno a rallentarci >>sussurrò Alexander. << In una settimana saremo arrivati >>

Rio annuì.

<< Seguiremo il vostro consiglio >>disse, aprendo il borsellino delle monete. << Quanto vi devo? >>

<< Assolutamente nulla >>disse Andarin, riponendo la ciotola e la bottiglietta con il calmante nella cassa.

<< Ti ringrazio, Andarin >>disse il governatore. Andarin si inchinò e se ne andò.<< Dove alloggiate? >>chiese poi il governatore a Rio.

<< Fuori città >>rispose il soldato. << Stiamo con altri nostri amici >>

<< Vi ospiterò io, allora >>disse il governatore. << Non è molto prudente accamparsi fuori città, di questi tempi, con i predoni che girano di notte >>

<< Vi ringrazio >>disse Rio, inchinando brevemente la testa.

<< Il mio nome è Hyohan, straniero >>disse il governatore. << Chiamate anche i vostri amici, nel castello ci sono abbastanza alloggi. I cavalli potranno rimanere nelle stalle reali >>

Tornando nel cortile principale, i compagni udirono il rombo del portone della città alta. Alexander si voltò accigliato verso Hyohan.

<< Mi dite una cosa? Per quale motivo Riverhill è divisa in due zone? >>chiese.

<< Riverhill è così divisa da decenni…Alexander, giusto? >>rispose Hyohan. << La città bassa ha sempre ospitato il grosso della popolazione, nonché il commercio. Mentre anticamente la città alta comprendeva la dimora della famiglia reale >>indicò con un ampio gesto del braccio le mura che li circondavano, << e gli appartamenti dei suoi parenti, lontani o stretti che fossero. Ma venendo meno il potere del re, questa parte di Riverhill si è trovata ben presto quasi disabitata. Finché un mio avo non prese il potere e si stabilì al castello >>

<< Questo spiega perché non c’è più un re >>disse Alexander, << e tutte quelle ville là fuori, però? Non saranno tutti vostri parenti! >>

Il governatore scoppiò in una risatina leggera.

<< Alcuni sono lontani discendenti della famiglia reale >>disse, << altri sono…amici che hanno prestato dei servigi a mio padre, quando era lui il governatore >>

<< Vi tramandate il potere di padre in figlio? >>chiese Rio.

<< Oh, no, solo per elezione tra il popolo >>si affrettò a dire Hyohan, << ma da parte dei nobili, intendo >>

<< E come mai non togliete quel portone laggiù? >>lo interruppe Alexander. << Che male c’è a far entrare il grosso della popolazione nella città alta? >>

<< Oh, ma loro entrano >>rispose il governatore, << quando devono essere giustiziati o sbattuti in prigione, ovviamente! >>

Tornò al castello ridendo di cuore. Alexander lo guardò con odio finché non sparì oltre il portone.

<< Prendiamo i cavalli e torniamo dagli altri >>sibilò, dirigendosi verso le stalle. << Preferisco i predoni della notte a quel borioso pallone gonfiato! >>

<< Non fare lo sciocco, Alexander! >>disse Rio, cercando di fermarlo. << Ci conviene rimanere a dormire al castello piuttosto che fuori Riverhill con i predoni che scorrazzano irrefrenabili >>

<< Possiamo difenderci dai predoni! >>replicò Alexander.

<< Sì, ma potrebbero riuscire a rubare i cristalli! >>sussurrò Rio.<< E le nostre armi migliori >>

Alexander si fermò e lo guardò dritto negli occhi.

<< Ascoltami, Alexander… >>cominciò Rio.

<< No, ascoltami tu >>sbottò Alexander, arrabbiato. << Ho trascorso i migliori anni della mia vita sotto lo stesso tetto di un uomo arrogante, dal carattere futile, che non faceva altro che giudicare! Non sono mai riuscito a sopportarlo e con lui tutte le persone che si ritengono superiori agli altri solo perché di stirpe nobile! >>

<< Alexander, dovrai passare solo una notte sotto lo stesso tetto di Hyohan >>disse Aiska, << e domani potrai andartene in giro dove vuoi per Riverhill… >>

Ma Alexander aveva già fatto dietrofront per tornare nel cortile.

<< Vado a chiamare gli altri >>disse, secco, << ma non aspettatevi che io ritorni. Vi auguro una buonanotte e di sopportare ancora le chiacchiere di quell’uomo >>

Rio sospirò, ma non fece nulla per farlo tornare indietro. Aveva notato l’espressione di Alexander mentre gli parlava; sembrava furioso e in lotta con sé stesso. Alexander non aveva mai parlato di sé, né del suo passato, e lui, Rio, non sapeva quasi niente di lui. Forse era per quello che non riusciva a giudicarlo.

 

Il sole stava tramontando a ovest e un debole vento tirava già da qualche minuto, da nord. Mailo diede un calcio ad un sasso e guardò in direzione della città.

<< Quanto ci mettono a tornare? >>sbottò per la terza volta, riprendendo a camminare avanti e indietro. << Tinhos, non puoi vedere dove si trovano? >>

<< I miei occhi possono vedere molto lontano, ma non riescono ad oltrepassare i muri e i cancelli >>gli fece notare Tinhos.

Mailo arrossì e si sedette.

<< Che cosa cerchi? >>chiese a Denebola, che stava frugando nel suo zaino.

<< Il topazio che ho trovato ad Aquos >>sbuffò lei, scostandosi la frangetta dagli occhi. << Devo averlo perduto >>

Stanca di cercarlo, lasciò lo zaino e guardò le mura di Riverhill. Dopo qualche secondo, Alexander uscì e corse verso di loro.

<< Abbiamo fatto vedere i cavalli da uno stalliere del governatore >>disse subito lui. << Dice che non si sentono bene per il cambiamento climatico che abbiamo affrontato, dalla Torre a qui >>

<< E ora dove sono? >>chiese Mailo.

<< Li abbiamo lasciati nelle stalle reali, e dovranno rimanerci anche domani, così non si stancheranno in fretta quando ripartiremo >>rispose Alexander.

<< E Aiska e Rio? >>chiese Tinhos.

<< Il governatore ci ha invitati a dormire nel suo castello >>

<< Ah, non hanno un re da queste parti? >>disse Mailo. Alexander non gli rispose e si sedette per terra.

<< Dite alle guardie che avete il permesso del governatore per entrare >>disse a Tinhos. << Altrimenti vi faranno un intero interrogatorio. Il castello è alla fine della salita >>

<< E tu non vieni? >>gli chiese Denebola, mettendosi in spalla lo zaino e prendendo quello di Aiska.

<< No, voglio dormire fuori >>tagliò corto Alexander.

<< E poi dicono che solo i bambini fanno i capricci >>.Denebola alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.

<< Sono affari miei se non voglio dormire al castello, perciò non impicciarti! >>esclamò arrabbiato Alexander.

<< Io non ti ho detto niente! >>replicò Denebola.

Alexander aprì lo zaino ed estrasse una coperta.

<< Se Rio accenna a venire quaggiù, fermatelo, altrimenti sarò costretto a fargli del male >>avvertì.

<< Alexander… >>disse Tinhos, ma Alexander scosse la testa, in segno definitivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XV - Il passato di Alexander e l'arrivo a Darksea ***


Incolla qui il testo.

 

<< Deve smetterla di comportarsi come un bambino! >>esplose Rio, battendo un pugno sul muro antico della sua stanza. << Deve solo sopportare Hyohan a cena, cosa gli costa? >>

<< Alexander è fatto così, e poi non puoi costringerlo a fare una cosa contro la sua volontà >>rispose Denebola.

Rio non sapeva cosa ribattere. Sferrò un altro pugno al muro, che tremò violentemente, e uscì furioso dalla stanza. Percorse a grandi passi i corridoi tappezzati di stendardi e stemmi di varie casate e pavimentati con lussuosi tappeti orientali illuminati con candelabri d’oro poggiati su mobiletti intarsiati, deciso a parlare con Alexander, ma si fermò di botto e si guardò intorno. Tutto quel ben di Dio non lo aveva mai visto in nessuna casa, e d’un tratto gli parve che fosse eccessivo, anche per la dimora di un governatore. Forse Alexander aveva ragione, dopotutto. Hyohan viveva nel lusso più sfrenato mentre a pochi passi dal castello c’era gente che non aveva nemmeno un tozzo di pane da consumare come cena. Rio scosse la testa e riprese a camminare; non era dei tappeti e dei candelabri d’oro che doveva parlare con Alexander.

Aprì il portone e si ritrovò in una notte scura, senza stelle e senza luna; l’unica fonte di luce erano le torce sulle torri. I soldati lo fecero uscire senza una parola e Rio non trovò difficoltà nemmeno al secondo portone.

Ridiscese quasi correndo la via deserta e più buia, e quasi andò a sbattere contro il cancello. Dalle mura si udirono dei passi frettolosi, poi una guardia si affacciò con una torcia in mano.

<< A quest’ora nessuno può uscire dalla città >>gridò. << Dove dovete andare? >>

<< Un mio amico è rimasto chiuso fuori >>rispose Rio.

Dall’alto non venne più nessuna domanda e Rio attese mentre la guardia pensava. Poi il portone si aprì cigolando.

<< Fate in fretta >>disse la guardia.

Rio corse fuori, verso il fuoco scoppiettante a qualche centinaio di metri dal portone. Alexander sedeva avvolto nella coperta, mangiucchiando un pezzo di carne e osservando con sguardo perso il fuoco. Non si accorse dell’arrivo di Rio.

<< Questa notte farà molto freddo >>mormorò Rio. << Hai veramente intenzione di rimanere qua fuori? >>

Alexander finì di mangiare la carne, bevve un lungo sorso d’acqua dalla borraccia, richiuse lo zaino e finalmente si decise a guardarlo.

<< Avevo detto agli altri di non farti venire >>disse a bassa voce.

<< Se mi attaccherai mi difenderò >>replicò gentilmente Rio.

<< Che cosa vuoi? >>domandò Alexander. << Ti ho già detto che non dormirò al castello >>

Rio gli si sedette accanto.

<< Perché? >>

<< È una lunga storia, e non mi va di riviverla >>rispose Alexander.

<< Non ti obbligo, allora >>lo rassicurò Rio, << ma almeno vieni a dormire al castello. Qui congelerai >>

<< Andrei contro i miei principi. Non ho lasciato King’s Valley per nulla. Andare a dormire nella casa di una persona come Hyohan vorrebbe dire che ho sbagliato tutto, sin dall’inizio >>

Rio inarcò le sopracciglia.

<< Non ti capisco >>disse.

Alexander sospirò, senza smettere di fissare il fuoco che scoppiettava allegro. Rio vide le sue fiamme riflettersi negli occhi scuri di Alexander, mentre questo cercava di prendere una decisione. Sospirò ancora una volta e chinò la testa.

<< Ricordi ciò che disse Denebola quando ci conoscemmo? >>disse. << Mi chiamò “assassino”… >>

<< Non avrai veramente ucciso! >>esclamò Rio, incredulo.

Alexander si strinse addosso la coperta e voltò la testa dall’altra parte. Per Rio quella fu una risposta più che sufficiente.

<< Chi era? >>chiese dopo un momento di silenzio.

<< Mio…zio >>rispose Alexander, sempre dandogli le spalle. << Si chiamava Anter Spadacciaio. Era il fratello di mio padre, ma non aveva niente in comune a lui. Era uno stupido arrogante e non conosceva la nobiltà d’animo. L’unica nobiltà a lui nota era l’appartenere ad una famiglia importante e ricca, nient’altro >>

<< Perché l’hai fatto? >>chiese Rio.

<< Mio padre voleva che entrassi nell’esercito, come lui, ma Anter trovò subito qualcosa da ridire >>spiegò Alexander. << Non faceva altro che criticarmi, da quando sono nato. Non gli andava mai bene niente di me, e se qualcuno provava ad elogiarmi, lui, pronto, smentiva subito qualunque cosa mi venisse detta. L’ho sopportato per diciassette anni. Diciassette, lunghi, interminabili anni. E poi, un giorno, mentre tornava a casa lo vidi maltrattare un uomo che non aveva pagato in tempo un debito che aveva con lui. Gli chiesi perché si comportava così, perché non poteva dare a quell’uomo ancora qualche giorno di tempo per trovare il denaro necessario. Non ricordo esattamente la risposta che mi diede, ma ricordo solo che mi fece infuriare come mai erano riuscite a fare le sue battutine >>

<< E quindi lo hai ucciso >>concluse Rio.

<< No. È vero che mi scagliai su di lui, che lo picchiai ovunque mi capitava, ma poi riuscii a trattenermi e corsi via. Fu Anter a cercarsele, poi. Il giorno dopo mi condusse in giardino e mi provocò, dicendomi le solite cose, che non sarei mai diventato nessuno, che anche se appartenevo ad una famiglia nobile ero inferiore a lui e non meritavo di trovarmi nella sua stessa casa. Io gli risposi che avrei preferito di gran lunga andarmene, togliermi la vita piuttosto che continuare a vivere con lui. Fu dopo quelle parole che Anter estrasse una spada e mi attaccò. “Se è questo che desideri ti accontenterò, ingrato”, mi disse. Io mi difesi, riuscii a disarmarlo e gli puntai contro la sua stessa arma. E poi sentii qualcosa, come una voce, una specie di impulso che mi fece tornare in mente tutto quello che avevo dovuto sopportare, tutto quello che non avevo potuto avere, per colpa sua…Decisi in un istante >>

Entrambi rimasero in silenzio per molti minuti, alla fine del racconto. Alexander era tornato a fissare il fuoco, meditabondo. Rio, vedendolo, si era pentito di averlo indotto a raccontare quella storia, che per lui voleva dire rivivere momenti dolorosi, anche se, di sicuro, c’erano già riuscite le parole di Hyohan riguardo gli abitanti di Riverhill.

<< Sai >>mormorò Alexander, << a ripensarci, mi dispiace averlo ucciso. Alcuni suoi amici avevano assistito da lontano proprio quando avevo la spada in mano e mi denunciarono. Mia madre mi difese come poteva, ma mio padre le impedì di dire qualunque cosa a mia discolpa. Temeva che potessero giudicare anche lei. Me la cavai con poco, rispetto alle condanne a morte che di solito venivano riservate per gli omicidi. Fui esiliato da King’s Valley e da quel giorno non rividi più la mia famiglia >>

<< Mi dispiace di averti fatto raccontare questa storia >>disse piano Rio. << Se lo avessi saputo, non avrei insistito >>

<< Non importa >>disse Alexander con una scrollata di spalle. << Prima o poi avrei dovuto dirvelo… >>

Una freccia sibilò nell’aria e andò a conficcarsi a pochi centimetri dal piede di Rio. Rio e Alexander scattarono in piedi e guardarono gli alberi dietro di loro. La freccia era venuta da lì. Alexander afferrò la spada e la tenne bene alzata. Rio cercò di scrutare nell’oscurità. Udirono un grugnito e una seconda freccia schizzò verso il viso di Rio, che si scansò prontamente.

<< Chi c’è? >>urlò Alexander.

Nessuno rispose, ma da dietro gli alberi venne una voce ringhiosa.

<< Ti ho detto di non colpirlo! >>

<< Fatti vedere, vigliacco! >>gridò Rio. Mosse qualche passo avanti, ma Alexander lo bloccò.

Dall’ombra fitta degli alberi uscirono due uomini incappucciati; uno reggeva un arco teso contro Rio.

<< Non sono predoni >>notò Alexander, la spada levata.

<< Sei arguto, prescelto >>ribatté l’uomo che aveva parlato prima, << perciò prova un po’ a indovinare chi siamo >>

Alexander e Rio si guardarono. Era più che evidente che quei due erano uomini di Tenugh. Rio strinse i pugni; non aveva con sé l’armatura né un’arma. Non poteva difendersi.

<< Il vostro lungo silenzio dovrebbe significare che avete capito >>disse l’uomo. << Sono sicuro che sapete anche perché siamo qui. Portatore, consegnaci il cristallo e vi lasceremo andare illesi >>

<< Se non sei uno stupido, scoprirai qual è la nostra risposta >>disse Alexander.

L’uomo si voltò verso di lui. Per un attimo, lo scrutò attraverso il cappuccio, poi gli puntò il dito contro e il suo compare scagliò la terza freccia. Alexander non fece in tempo a scansarsi che la freccia lo colpì in pieno petto, ma con grande stupore dei due uomini non scalfì l’armatura.

<< Robaccia della Torre di Aldebaran! >>ringhiò l’uomo. Estrasse un pugnale e si avventò contro Alexander. Alexander parò il colpo e lo respinse. L’uomo attaccò di nuovo. Alexander si scansò e lo colpì al braccio. Il sangue gli schizzò l’armatura candida.

Rio osservava la scena inerme, dimenticandosi del secondo uomo finché non si ritrovò le sue braccia attorno al collo. Lo scaraventò a terra e gli bloccò le mani. Rio sentì la catenina dove era appeso Afior scorrergli sul petto e salirgli fin sotto il mento. L’uomo la sganciò.

<< L’ho preso! >>urlò.

Il suo compare smise di lottare con Alexander e fece per raggiungerlo, ma si fermò inorridito. Un urlo straziante lacerò la notte e l’uomo lasciò andare il cristallo con la mano ustionata. Rio raccolse Afior e lo guardò: brillava di una violenta luce rossa.

<< Incapace! >>sibilò l’altro uomo. Lanciò il pugnale contro Rio. Rio vide la lama avvicinarsi. Poi il paesaggio attorno a loro mutò. La strada, il gruppo di alberi, la città scomparvero al posto di una radura bene illuminata dalla luna alta nel cielo. Rio fece in tempo a vedere questo che avvertì una sensazione di gelo alle gambe e a metà braccio e la mano posata a terra scivolò su una pietra liscia. Cadde a faccia in avanti nel piccolo ruscello che era apparso insieme alla radura. Udì di nuovo l’urlo di rabbia dell’uomo mentre il suo coltello cadeva nel ruscello.

<< Rio! >>urlò Alexander correndo sul bordo del ruscello.

Rio si rialzò in fretta, nonostante le braccia e le gambe intorpidite dall’acqua gelata. Il ruscello non era molto profondo e sul fondo ritrovò il pugnale.

<< Pensò che questo appartenga a te >>disse in tono di sfida al servo di Tenugh. << Non sei molto bravo a prendere la mira. Se non ti spiace ti mostro come si fa >>. Scagliò il pugnale contro il secondo uomo, quello con la mano ustionata da Afior, e lo colpì. L’uomo si portò la mano sana al petto, ma prima di poter estrarre il pugnale era già caduto a terra.

<< I miei complimenti, portatore>>ringhiò l’uomo, << ma perdonami se non applaudisco >>

<< Non mi offendo se è questo che ti preoccupa >>replicò Rio, uscendo dal ruscello e avvicinandosi all’altro uomo. Lo ribaltò con un calcio ed estrasse il pugnale dal suo petto. Alexander si dispose dall’altra parte della riva.

<< O ti arrendi o ti fai ammazzare >>disse. << A te la scelta >>

<< Ti ho già fatto una proposta, Portatore! >>esclamò l’uomo, ignorandolo e avvicinandosi a Rio. << Dammi il cristallo rosso e non vi farò niente >>

<< Non sei in condizioni di trattare con noi >>disse Rio, puntandogli contro il pugnale. << Hai altre armi con te? >>

<< Rio… >>disse Alexander in tono di avvertimento, ma l’uomo si fermò. Rio sorrise.

<< Il tuo padrone non vi ha dato i giusti mezzi per affrontarci >>disse. << È evidente che non sa con chi ha a che fare >>

L’uomo si mosse verso l’arco del suo compagno. Rio se ne accorse e con un calcio lo fece finire in acqua.

<< Presto ti pentirai delle tue parole >>sibilò l’uomo. << Temo proprio per te… >>Sussultò e cadde a terra. Alexander estrasse la spada dalla sua schiena con un’espressione di profondo disgusto.

<< Abbiamo già i servi di Tenugh alle calcagna >>disse Rio.

<< Sì, ma vedrai che ci penserà due volte prima di mandarne altri >>disse Alexander. << È opera tua tutto questo? >>

Rio guardò la radura, perplesso.

<< Sono stato io? >>

<< Te l’ho appena chiesto >>disse Alexander. << Forse Afior voleva salvarti la vita. Guardalo, brilla ancora >>

Rio abbassò lo sguardo su Afior ancora stretto nella sua mano. Brillava ancora, ma la sua luce era diventata più tenue.

<< Perché ha scelto proprio la radura? >>si domandò. << E perché mi ha fatto finire proprio nel ruscello? >>

<< Per salvarti, mi pare ovvio >>rispose con una risata Alexander.<< Hai idea di come farci tornare indietro? >>

<< Posso provare a chiedere ad Afior di portarci a Riverhill >>disse Rio. Alzò Afior all’altezza dei suoi occhi ed espresse a voce forte e chiara: << Riportaci indietro >>

Afior brillò e Rio e Alexander si ritrovarono di fronte Riverhill. Leggermente spaesato, Rio riagganciò la catenina al collo e mise Afior sotto il maglione. Alexander tornò verso il fuoco, ormai spento, e si tolse l’armatura.

<< Guarda come me l’ha ridotta quel viscido servo di Tenugh! >>disse osservando le macchie di sangue. << Se non ci sbrighiamo a raggiungerlo troverà altri seguaci >>

<< L’importante è che non colpisca anche a nord >>disse Rio. << Almeno per il momento. Anche se colpirà ovunque ci troviamo >>

Alexander annuì tetro. Prese la coperta e si sdraiò, usando l’elmo come cuscino.

<< Non torni al castello?> >chiese.

Rio guardò le luci del castello. Scosse la testa.

<<  Lascia perdere >>rispose, e si sdraiò. Alexander lo guardò stupito.

<< Se stanotte farà freddo, guai a te se ti avvicini a questa coperta >>avvertì.

<< Va bene >>sorrise Rio.

 

Rio starnutì e si strofinò le braccia.

<< Ancora non mi hai detto perché sei voluto rimanere fuori >>disse Alexander.

<< Non sei stato nel castello. Non puoi sapere quanta roba c’è là dentro >>rispose Rio.

Stavano risalendo la via principale, mentre attorno a loro Riverhill si risvegliava e le botteghe venivano aperte.

<< E questo cosa c’entra? >>domandò Alexander.

<< Avevi ragione tu. Hyohan non è altro che un uomo che pensa alla nobiltà della sua famiglia e ad ostentare la sua ricchezza >>disse Rio, ma non voleva aggiungere altro. Ai piedi del portone trovarono i compagni ad aspettarli.

<< Pensavamo vi avessero portato via i predoni >>disse Mailo.

<< Sta’ zitto >>grugnì Alexander. << Guarda che non ci siamo mica divertiti. Se Rio fosse rimasto al castello io non avrei rischiato la vita >>
<< Cioè? >>

Rio raccontò loro brevemente l’attacco dei servi di Tenugh e di come Afior aveva tratto lui e Alexander in salvo.

<< Tenugh sa che ci troviamo qui >>concluse il soldato. << Se ci riusciamo, partiremo questo pomeriggio. Non mi importa cosa ha detto Andarin. Se rimaniamo qui rischiamo di mettere in pericolo la gente di Riverhill >>

<< D’accordo >>disse Denebola. << Come hai detto che avete fatto ad arrivare nella radura? >>chiese poi.

<< Io non ho fatto nulla. È stato Afior >>rispose Rio. << Il pugnale stava per colpirmi quando all’improvviso mi sono ritrovato in acqua >>

 

Erano le tre del pomeriggio. Tirava un vento gelido e pesanti nuvole oscuravano il cielo mentre i deboli raggi del sole facevano fatica a penetrarle.

I cancelli di Riverhill si aprirono al passaggio del governatore, seguito da vicino dai suoi ospiti stranieri. Quando furono fuori, per qualche secondo Rio vagò con lo sguardo sul gruppo di alberi dai quali erano usciti i servi di Tenugh. Poi la voce del governatore lo riportò alla realtà.

<< Ho sentito molto parlare della Torre di Aldebaran e della maestria di certi Saggi nell’allevare i destrieri >>stava dicendo Hyohan, << ma non ho mai visto dei cavalli riprendersi così in fretta >>

<< In fondo non era nulla >>bofonchiò Mailo, dando delle pacche sul dorso del suo cavallo.

<< Grazie dell’ospitalità >>disse Rio con un breve inchino.

<< Spero che ritornerete a Riverhill, in futuro >>disse Hyohan.

Alexander bofonchiò qualcosa e Tinhos, che non aveva colto le parole ma se ne era fatta un’idea, ammiccò.

<< Prego solo gli dei che non ci siano altri imprevisti >>sussurrò Denebola ad Aiska, ripensando al racconto di Rio.

 

Nonostante le cure di Andarin, i cavalli procedevano più o meno ugualmente a quando erano arrivati a Riverhill. I compagni impiegarono tre giorni per raggiungere la foce del fiume Ohuil, tra le colline lungo la costa. Quando si trovarono ai piedi della collina che sovrastava il piccolo porto una folata di vento portò fino ai compagni il salmastro odore del mare e, dopo aver finalmente raggiunto la cima, lo poterono vedere. Una lunga lastra piatta, scura come il cielo della notte, e poco lontano dalla riva, qualche barca di pescatori. I compagni si affrettarono a scendere nel paesino sotto di loro.

Le case erano identiche a quelle di Riverhill, fatta eccezione delle porte, però, che non consistevano di tende nere fermate alla base dalle pietre. Attaccato con due chiodi ad un albero ai piedi della collina, c’era un cartello che diceva Darksea. I compagni si scambiarono l’un l’altro sguardi nervosi, ma ormai erano arrivati lì e dovevano proseguire, per evitare a Denebola un’inutile spreco di energie preziose per il teletrasporto. Oltretutto il cielo sempre più buio che sembrava formare col mare un’unica cosa, minacciava pioggia.

Ad una prima occhiata, sembrava che la città fosse deserta. Poi delle aspre voci si levarono dal mare, unite ai tonfi delle barche che attraccavano e ad altre grida incomprensibili. Qualche donna si affacciò sulla strada per accogliere i pescatori che erano tornati.

I compagni scesero dai cavalli e si diressero verso la spiaggia affollata di piccoli pescherecci dai quali uomini con magliette a mezze maniche scaricavano grosse reti. Un giovane pescatore, ancora sulla sua barca, avvistò gli stranieri e lasciò cadere un barile sul piede di quello che doveva essere suo padre, a giudicare da quello che gli disse poi, tra epiteti e urla furiose. Ma il giovane non lo ascoltava.

<< Stranieri delle montagne! >>strillava, indicando con un dito rosso i compagni. << Stranieri dalle montagne! Sono scesi! >>

A quelle parole, tutti i pescatori presenti sulla spiaggia si immobilizzarono per fissare i loro occhi iniettati di sangue sui nuovi arrivati. Molti mostrarono ghigni crudeli, osservando le lucenti armature.

<< Fa’ attenzione, Ron! >>gridarono alcuni.<< Sono venuti a prenderti le guardie del re! >>

<< Sì, gli stranieri del nord! >>aggiunsero altri, ridendo. << Quelli che fanno amicizia con quei pezzenti dei boschi e delle miniere. Elfi e nani! >>

Aiska guardò Tinhos, che rimase impassibile ma continuò ad avanzare al suo fianco.

<< Che diavolo volete, allora? >>sbottò il giovane che li aveva visti.

I compagni si fermarono.

<< Chi è il sovrano di questo paese? >>chiese Rio.

I pescatori scoppiarono a ridere. Molti scuoterono la testa, increduli, ridendo sguaiatamente. Ma tra i pescatori sghignazzanti, Tinhos ne scorse uno ancora chino su una rete, apparentemente ignaro di quello che gli stava succedendo attorno.

<< Hai sentito, Ron? >>urlò il padre del giovane pescatore. << Cercano il sovrano! >>

L’uomo ancora chino a terra si alzò e si voltò e, con grandi falcate, mentre la piccola folla si apriva per lasciarlo passare, si pose di fronte a Rio. Era molto alto, e robusto. La maglietta che un tempo doveva essere stata azzurra ma che ora era ricoperta di macchie bianche e grigiastre e logorata in parecchi punti lasciava capire quanto fosse muscoloso.

<< Chi siete? >>domandò con voce bassa e ringhiosa, scrutando Rio attraverso le folte sopracciglia.

<< Viandanti >>rispose il soldato.

Altre risate. Un paio di pescatori gli urlarono contro qualcosa, ma l’uomo chiamato Ron li zittì con uno sguardo feroce.

<< Non siete viandanti >>disse poi indicando le loro armature.<< Venite da qualche maledetta, riccastra città. Non è così? >>

<< Niente affatto. Ti ho detto che siamo viandanti >>ripeté Rio, ignorando un’altra raffica di insulti.

Ron fece un paio di passi indietro per guardare meglio i compagni e strinse gli occhi quando vide Tinhos.

<< Da quando i viandanti vanno in giro con delle armature così belle? >>strillò un vecchio pescatore, brandendo un coltello sporco di sangue di pesce. << Chiediglielo, Ron! >>

<< Al tempo! >>abbaiò Ron mentre la folla assentiva con un boato energico. << Ritornate ad occuparvi del pesce, razza di puzzolenti perdigiorno!Non immischiatevi in cose che non capite! >>

<< Sono amici degli elfi! >>insisté il vecchio, affondando la lama del coltello in un merluzzo. << Guarda! Ne hanno portato uno! >>

<< Vogliamo vedere il vostro sovrano! >>esclamò Rio a Ron. << Per favore, fateci parlare con lui >>

<< Sono io il capo di Darksea >>disse Ron.<< Che cosa volete? >>

<< Abbiamo bisogno di una barca per giungere nella Regione dei Vulcani >>rispose Rio.

Ron si grattò il mento e urlò ai pescatori, intenti ad ascoltare avidamente la conversazione, di tornare al lavoro.

<< Ce l’avete il denaro per comprare una barca? >>disse.

<< Ci basta solo affittarla >>disse Rio.

<< E chi ce la riporta indietro, eh? >>ribatté Ron. << Ti aspetti che mandi i miei uomini nella Regione dei Vulcani, con tutto il lavoro che c’è da fare qui? >>

<< Esattamente >>rispose Rio. Ron ostentò un’espressione stupita davanti a tanta sfacciataggine.

<< Per quando vi serve? >>

<< Domani mattina >>

<< Quanto siete disposti a pagare? >>

<< Non più di due monete d’oro >>

<< Ottimo >>disse Ron, grattandosi di nuovo il mento. << Perciò avete bisogno di una barca per sei persone e sei cavalli, più naturalmente i miei marinai…Due monete d’oro, saranno più che sufficienti >>. Ghignò.

<< Aspetta >>>disse Mailo, << chi saranno i marinai che ci accompagneranno? >>

<< Lo saprete domani >>rispose Ron. << Ma sappiate che se durante il viaggio si scatenerà una tempesta e la barca riporterà gravi danni dovrete pagare molto di più >>

Rio sorrise e scambiò un’occhiata con Denebola.

<< Non ci saranno imprevisti, te lo posso garantire >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI - Demoni e folletti ***


Incolla qui il testo.

 

Aiska fu svegliata bruscamente dalle alte grida dei pescatori, aldilà dei pini. Si mise seduta confusa e si guardò attorno nella tenda improvvisata con i rami degli alberi e i loro mantelli che avevano costruito la sera prima per evitare di bagnarsi durante il sonno. In un primo momento Aiska fu sorpresa dal fatto che aveva funzionato, ma sospettava ci fosse lo zampino di Denebola.

Tinhos si infilò con aria soddisfatta sotto la tenda e, notando che Aiska era sveglia, la baciò sulla guancia.

<< Che cos’è successo? >>chiese lei. << Che cosa urlano, là fuori? >>

<< Denebola ha fatto cessare la tempesta che si è scatenata ieri sera >>spiegò Tinhos. << Grazie al suo aiuto e a quello di Deri, il viaggio fino alla Regione dei Vulcani sarà molto facile >>

Aiska annuì e indossò l’armatura, aiutata, anche se non ne aveva bisogno, da Tinhos.

<< Dove sono gli altri? >>

<< Fuori a fare colazione >>rispose Tinhos, osservandola attentamente. << Partiremo fra non molto, quando Ron ci avrà dato la barca >>

<< Bene >>disse Aiska. Fece per uscire dalla tenda, ma Tinhos la bloccò.

<< Senti >>disse l’elfo, parlando a bassa voce, << devo parlarti di una cosa, e devo farlo anche subito. Non rimarremo a lungo soli >>

<< Va bene >>disse Aiska, sedendosi accanto a lui. << Di cosa si tratta? >>

 

<< È un miracolo! >>ripeté per la terza volta Ron, fissando sbalordito il mare ora calmo.<< Non era mai capitato, per quanto io sappia, che una tempesta cessasse così all’improvviso >>

<< È opera degli stranieri >>disse il vecchio pescatore, osservando il cielo sgombro di nuvole. << Prima ho visto quella ragazza coi capelli castani uscire da quel folto di alberi dove hanno dormito. Ha preso una pietra verde e l’ha tesa verso il mare e…la tempesta si è placata in meno di due minuti! >>concluse allargando le braccia e spalancando gli occhi.

Ron lo guardò diffidente.

<< Ti dico che è la verità! >>esclamò il vecchio.

<< Certo >>disse Ron, anche se non la pensava così. << Non è che hai bevuto un po’ troppa acqua salata ieri, eh, vecchio? >>

<< Ti dico che l’ho vista, quella ragazza con la sua pietra verde! >>insisté il vecchio con sguardo folle. << Credimi, Ron! Quella ragazza è una fattucchiera, come i suoi compagni! Hai visto che sono amici degli elfi? >>

<< Non vedo cosa c’entra questo, vecchio >>replicò freddamente Ron, senza smettere di guardare il mare sconfinato.

<< Sai anche tu che gli elfi sono dei maghi, Ron, non ricordi più le storie che gli anziani ti raccontavano da piccolo, Ron? >>

<< Perché non avevano nient’altro da fare, quei ciarlatani! E poi, non tutti gli elfi sono dei maghi! >>

<< Sono in grado di parlare con gli alberi! >>quasi urlò il vecchio, esasperato. << Dammi ascolto, non dargli la barca e cacciali subito da Darksea! >>

<< Facciamo così, invece >>disse Ron. << Tu sei avanti con gli anni, vecchio, e le storie che continui a raccontare ormai le conoscono pure i pesci. Se proprio non sai che altro inventarti, racconta cosa è successo stanotte e di come la straniera ha fatto cessare la tempesta con la sua pietra verde >>. Gli batté una mano sulla spalla e se ne andò, mentre il vecchio prediceva sventure e sibilava insulti.

Ron si inoltrò nell’ombra degli alberi dove i compagni si erano accampati. Alle radici di uno dei pini, il gruppo sedeva mangiando in silenzio, le armature già infilate. Lo straniero che aveva chiesto a Ron della barca sedeva in disparte a contare il denaro da un sacchetto di pelle. Quando sentì lo scricchiolio delle scarpe di Ron sugli aghi dei pini a terra, alzò lo sguardo.

<< La barca è pronta >>lo informò Ron. << Sbrigatevi a raccogliere la vostra roba, prima che la tempesta si scateni di nuovo >>ma sapeva che non sarebbe accaduto: il cielo mattutino era limpido e il mare piatto come una tavola.

<< Saremo pronti in dieci minuti >>disse Rio, chiudendo il sacchetto di pelle e porgendogli due monete d’oro. << È quanto avevamo stabilito, no? Se durante il viaggio la barca riporterà danni, te la rimborserò >>

Ron afferrò le monete d’oro e le esaminò bene, poi se le cacciò in una tasca dei pantaloni e sparì tra gli alberi.

Dieci minuti più tardi, i compagni arrivarono sulla spiaggia e attesero che la barca attraccasse, manovrata da Ron.

<< Dimmi un po’, Denebola >>disse Mailo, guardando dubbioso la barca. << Non è che potresti tenere a portata di mano il cristallo verde? Non mi ispira molta fiducia, quella bagnarola… >>

<< Vi lamentate, stranieri? >>disse un pescatore che osservava le manovre di Ron. << Di certo, siete abituati a navi ben più grandi di questa, immagino. Be’, ringraziate la dea Maru se Ron non vi ha cacciati dalla città invece di darvi ascolto! >>

<< Grazie dell’intervento >>replicò gelido Alexander, notando l’espressione beffarda che il pescatore rivolse a Tinhos, dietro di lui. Alexander si voltò verso l’elfo, che non aveva replicato e sembrava preso dalla barca. Aveva le mani strette a pugno rosse e un’espressione corrucciata. Forse si sbagliava, ma Alexander era sicuro di averlo sentito discutere con Aiska, prima che uscissero a far colazione.

Aiska stava accanto a Denebola e teneva lo sguardo basso. Poi udì una risatina alle sue spalle; si voltò, ma dietro di lei non c’era nessuno. Abbassò lo sguardo e vide una creatura talmente piccola che lì per lì la scambiò per una bambola con addosso un vestitino rosa che pareva fatto di petali.

<< Finalmente vi ho trovati >>esclamò la creatura sollevandosi per aria su ali invisibili. I compagni si voltarono e Denebola trattenne il fiato. << Sì, sono un folletto >>disse la creatura sorridendo di fronte al suo sguardo sorpreso. Fece un inchino e continuò: << Mi chiamo Berry e sono uno dei folletti che vegliano la sorgente del fiume Ohuil >>

<< Un folletto? >>ripeté Aiska, sconcertata. << Ma…che cosa fai qui? >>

<< Il mio sovrano mi ha chiesto di raggiungervi e accompagnarvi fino agli High Fire >>spiegò Berry. << Il Sommo Saggio lo ha informato dei vostri spostamenti >>

<< Fabius ci tiene ancora d’occhio? >>disse Mailo, lievemente accigliato.

<< Per quale motivo il tuo sovrano ha voluto che tu ci accompagnassi? >>chiese Rio al folletto.

Berry sorrise gentile. << Essendo un folletto che vive a contatto con l’acqua ho una certa esperienza sull’argomento. Il mio compito è quello di farvi solcare il mare senza che corriate pericoli o usiate il cristallo verde per proteggervi. Il Sommo Saggio ci ha detto anche questo >>aggiunse prima che Denebola potesse chiederglielo.

<< Non c’è cosa che lui non sappia! >>disse Mailo con una voce sarcastica con la quale non riusciva a nascondere il suo disappunto.

<< Perdonami, ma sarai in grado di contrastare una tempesta? >>chiese Rio.

<< Mi aiuteranno le mie compagne >>disse Berry. << Sono già sulla barca, ben nascoste in una cassa >>

Ron li chiamò dalla barca e Berry si nascose nello zaino di Aiska.

<< È tutto pronto >>disse il pescatore quando i compagni si avvicinarono. << Vi accompagnerò io personalmente dall’altra parte del mare, solo per…farvi viaggiare tranquilli >>concluse a bassa voce gettando un’occhiata ai marinai sulla barca. << Specie per il vostro amico elfo. Gli elfi non sono benvisti in questa zona >>

Salirono. Molti marinai continuavano a scrutarli minacciosi, ma la maggior parte preferì andare a prendere i propri pescherecci per iniziare una nuova giornata di lavoro.

I cavalli furono fatti sistemare a poppa mentre i marinai prendevano posto davanti i remi. Ron diede ordine di levare l’ancora e di ammainare le vele.

I compagni si sistemarono in un angolo dove non avrebbero ostacolato il lavoro di nessuno. Sicura che tutti a parte loro erano intenti a remare, Aiska si inginocchiò a terra, si tolse lo zaino e fece uscire Berry. Il folletto si sollevò a mezz’aria e si guardò attentamente intorno.

<< Dove hai detto che sono nascoste le tue amiche, Berry? >>le chiese Denebola.

Berry strizzò gli occhi e volò ben attenta a non farsi vedere dai marinai su una cassa che aveva sul coperchio un pesante barile.

<< Toh-ton! >>esclamò dando dei colpi con la manina alla cassa. <>

<< Sì…possiamo uscire? >>rispose una vocina soffocata.

<< Vi faccio uscire subito >>disse Berry allontanandosi di circa 20 centimetri dalla cassa.

<< Ferma >>le intimò Denebola, prendendola in braccio ed impedendole di compiere l’incantesimo. << La voce non veniva dalla cassa…ma dal barile >>

Rio batté con le nocche sulla botte di legno. Gli risposero due tonfi, e Rio tolse il coperchio. Due folletti molto simili a Berry schizzarono fuori tossicchiando e riprendendo fiato.

<< Non starò mai più chiusa in un barile, parola mia! >>esclamò il folletto castano, strofinandosi gli occhi che le lacrimavano alla luce del sole.

Quando si fu abituata notò le sei persone che la osservavano curiose, sorrise e con un inchino si presentò:<< Lieta di conoscervi, prescelti. Il mio nome è Toh-ton >>

L’altro folletto, vestito di blu notte, chinò la testa e mormorò:<< Io sono Rihma >>

Aiska li guardò affascinata mentre loro si avvicinavano e ringraziavano Rio per averle fatte uscire.

<< Non ho mai avuto modo di incontrare i folletti, durane i miei viaggi >>confessò Alexander. << Eppure ho attraversato tutti i boschi del sud >>

<< Oh, no, allora >>disse Toh-ton scuotendo la testa; i raggi solari davano ai suoi capelli riflessi ambrati. << I boschi e le foreste sono territorio degli elfi. Noi folletti preferiamo vivere presso i corsi d’acqua o nei laghi. Sono secoli che abbiamo lasciato le foreste >>

<< E vivete tutte e tre sul fiume Ohuil? >>chiese Aiska.

<< Sì, ma in diverse zone >>rispose Berry. << Toh-ton vive cinque miglia a sud della sorgente, e Rihma alla foce >>

Toh-ton annuì. Rihma invece osservava pensierosa il mare, seduta sullo zaino di Mailo.

<< Ci seguirete fino agli High Fire >>disse Rio. << Perciò quando saremo lì tornerete indietro >>

<< Esatto. Abbiamo ricevuto ordini precisi >>rispose Berry.

Pluf

Rihma si era tuffata. La sua testa infranse la superficie liscia e rigettò un po’ d’acqua. Poi si rituffò.

In breve, grazie alle possenti braccia dei marinai che remavano instancabilmente e al vento favorevole, la barca aveva già coperto una bella distanza da Darksea.

Rio raggiunse Ron al timone.

<< Quanto pensi ci impiegheremo a raggiungere la Regione dei Vulcani? >>gli chiese.

<< Non più di due giorni >>rispose il marinaio.

<< Pensavo ci volesse più tempo >>osservò Rio.

<< Costringerò i ragazzi a remare anche di notte, purché arriviamo il più presto possibile >>disse Ron. << Il luogo dove ci stiamo recando da tempo spaventa gli abitanti di Darksea. I vecchi del paese narravano di creature maligne che vivevano nei pressi della costa ai piedi della Catena dei Millenari, e che attaccano chiunque si avvicini al loro territorio >>

<< Si tratta di storie per fanciulli >>disse Rio, colpito dal tono apprensivo dell’uomo.

<< Nient’affatto. Qualche anno fa a Darksea giunse la notizia di una nave affondata per motivi misteriosi poco lontano dal Golfo Oscuro, così lo hanno chiamato >>disse Ron, cercando senza riuscirci di dare alla sua voce un tono tranquillo e indifferente.<< E il giorno del naufragio il mare era calmo >>

<< Dunque sono state queste misteriose creature >>disse Rio. << Che aspetto hanno? >>

Ron si strinse nelle spalle.

<< Si dice vivano sia in acqua sia nel cielo. E molto probabilmente devono possedere un qualche potere magico o essere gigantesche, per riuscire ad affondare intere flotte >>

<< Ma dove stiamo andando c’è un porto >>ribatté Rio.

<< Lo spero >>sospirò Ron. << A meno che non sia stato fatto a pezzi dalle creature >>

 

Uno strano pensiero andava formandosi nella mente di Rio mentre osservava i tre folletti raccontare delle loro usanze ai compagni. Lui sedeva in disparte, in un angolo buio, facendo finta di dormire quando invece con la coda dell’occhio spiava ogni movimento o gesto di Berry, Toh-ton e Rihma. Quando, il giorno prima, aveva incontrato Berry e ascoltato la sua storia le aveva creduto. Invece adesso i dubbi cominciavano a farsi strada dentro di lui. Chi era questo “sovrano” che aveva ricevuto loro notizie da Fabius? Per quello che Rio sapeva, il vecchio Saggio aveva detto della missione al re Sorhio. Se come diceva Berry aveva avvertito anche il sovrano dei folletti perché non lo aveva confessato a lui o a Denebola, prima che partissero?

Inoltre, c’era qualcos’altro che non convinceva il soldato. Il potere di Deri era grande e se si fosse scatenata una tempesta il cristallo verde non avrebbe esaurito che un decimo delle sue energie per placarla. Allora cos’era questa storia che li avrebbero aiutati i folletti? Cosa ne potevano sapere loro di quante energie avrebbe consumato Deri?

Ron urlò ai marinai di gettare l’ancora. Rio sobbalzò e si guardò confusamente intorno, gli occhi appannati per il sonno. Si sentiva debole come se non dormisse da giorni, e vagamente ricordava di aver sospettato di Berry e delle sue compagne. Guardò verso i compagni, che dormivano profondamente. I tre folletti non si vedevano. Probabilmente si erano nascosti dentro qualche zaino.

<< Passiamo già a metà strada >>.Ron si era avvicinato al soldato. I marinai erano scomparsi a prua.

Rio annuì, sentendosi assalire dalla stanchezza. Prima che se ne fu reso conto si era riaddormentato.

 

Re Sorhio si chiuse alle spalle la porta della sua stanza e si sedette di fronte alla sfera di Cristallo Marino. Non dovette attendere molto prima di sentire la voce di Fabius.

<< I prescelti hanno voluto modificare il percorso del viaggio >>disse il Saggio. Sorhio rimase stupito sentendo quanto era affaticata la voce di Fabius.

<< Avranno avuto i loro motivi >>ribatté. << Dove hanno deciso di passare? >>

<< Sono salpati dal paese di Darksea, in prossimità della foce dell’Ohuil >>rispose Fabius. << Attraccheranno nel Promontorio Oscuro >>

<< Il Promontorio Oscuro? >>ripeté Sorhio, disorientato, << ma quella zona è disabitata da decenni. E inoltre…è territorio dei Demoni Indefinibili, non lo sanno? >>

<< No >>rispose agitata la voce di Fabius. << Non sanno di dirigersi nel covo dei seguaci di Tenugh, ma ciò che mi preoccupa di più in questo momento è il fatto che nessuno di loro sa che tipo di creature sono i Demoni Indefinibili! >>

<< Nemmeno la novizia? >>

<< Non è nel dovere dei Maestri far apprendere ai novizi l’esistenza di creature che da tempo si pensava fossero scomparse >>rispose Fabius. << Non ci resta altro da fare che attendere finché non saranno usciti dal Promontorio Oscuro >>

<< Ma tu sai qual è il potere di quei demoni! >>esclamò Sorhio, che cominciava ad agitarsi. << Attaccarli con le spade sarà inutile >>

<< Forse. Forse no >>

<< Perché? >>

<< I compagni non sono degli sprovveduti >>disse Fabius. Seguì un lungo silenzio. Sorhio batteva rumorosamente con le dita il bracciolo della sedia, poi disse:<< Perché hanno voluto prendere la via del mare? >>

<< È molto più breve. Passando per il mare evitano di dover usare il teletrasporto per superare la Catena dei Millenari. Ma avrei preferito che Denebola usasse i suoi poteri rischiando di sprecare le energie piuttosto che combattere contro dei mostri di cui non sa nulla >>concluse Fabius amareggiato.

<< Non puoi avvertirli? >>chiese Sorhio, anche se conosceva già la risposta.

<< Questa missione non serve solo a salvare Valdmurt. Ha un altro scopo >>

Sorhio aggrottò la fronte: non era la risposta che si aspettava. Voleva dire che Fabius non aveva intenzione di avvertire la sua novizia del pericolo che lei e i suoi compagni stavano correndo in quel momento? Ma solo una parola uscì dalle sue labbra, in un sussurro appena percettibile: << Perché? >>

<< Cosa? >>chiese Fabius; poi, non ottenendo alcuna risposta dal re elfo aggiunse: << Ti chiedo di non fare nulla per avvertire i compagni. Rischieresti di metterli in pericolo >>

<< Non avrei fatto in tempo >>replicò piano Sorhio. << Ormai dovrebbero essere arrivati, no? >>

<< Temo di sì >>disse Fabius. << Non appena avrò nuove informazioni ti contatterò >>

Sorhio ricoprì la sfera col panno con una mano leggermente tremante. Doveva controllarsi. La decisione di Fabius di non avvertire i compagni aveva una spiegazione logica, si disse, come quella di non rivelargliela. Non doveva essere così egoista da pretendere di conoscere i piani del vecchio Saggio.

Ma una più grande inquietudine andava impossessandosi di lui sapendo che i prescelti adesso erano molto più vicini a Tenugh.

 

I compagni scesero a terra. Ron li seguì portando i loro cavalli e guardandosi nervosamente intorno.

Il sole sorto da poco illuminava il Promontorio Oscuro, con gli alberi dalla chioma fitta che formavano una muraglia verde al confine con la spiaggia. Contrariamente a quello che si aspettavano i compagni, non c’era un porto. Anzi, tutto sembrava indicare che lì non era mai sorta una città o che ci aveva abitato qualcuno. Una sensazione di morte aleggiava in quel luogo.

<< Siate prudenti >>disse Ron, che era l’unico marinaio sceso a terra. << Ricordati cosa ti ho detto di quelle creature >>. Rio annuì, anche se non credeva ad una sola parola di quello che gli aveva detto sui mostri che si trovavano in quella zona.

I compagni rimasero a guardare la barca allontanarsi dalla costa. Qualche gabbiano volò sopra di loro, stridendo in una maniera che fece venire la pelle d’oca ad Aiska. Berry, Toh-ton e Rihma uscirono dal suo zaino e osservarono nervose la spiaggia.

<< Qualcosa non va? >>chiese loro Denebola.

<< Dobbiamo allontanarci in fretta da questo promontorio >>disse Berry. << Se continuiamo a rimanere qui ci cacceremo nei guai >>

<< Cosa intendi dire? >>domandò Rio, ma si bloccò, vedendo Tinhos impallidire e afferrare l’elsa della spada.

<< Hanno ragione >>sussurrò l’elfo. I suoi occhi studiavano gli alberi di fronte a loro. << Ricordi il racconto di Ron? >>

<< Sono sciocchezze >>ribatté Mailo, ma anche lui era innervosito vedendo l’amico così agitato.

<< Arriveranno tra poco. Andiamo via! >>insisté Tinhos con voce quasi supplichevole.

Rio annuì e tutti montarono sui cavalli. Non avevano fatto in tempo a raggiungere la macchia di alberi che vennero raggiunti dalle urla dei marinai sulla barca già lontana. Una decina di creature con ali nere da pipistrello e lunghi becchi acuminati attaccavano l’imbarcazione di Ron. I marinai, in preda al terrore, tentavano di fuggire remando.

Tinhos incoccò una freccia e la scagliò contro una delle creature. Alti versi striduli di dolore riecheggiarono fino alla spiaggia, segno che la freccia aveva centrato il bersaglio. Questo bastò a distogliere i mostri dalla barca, ma come temeva Tinhos, a rivolgere l’attenzione sui compagni. Con pochi sonori batter d’ali le creature avevano raggiunto la spiaggia.

Iniziò un lungo inseguimento. Le creature si mantenevano ad una certa altezza, esattamente sopra il gruppo di compagni che spronava i cavalli per entrare al riparo degli alberi. Rio ogni tanto gettava un’occhiata alle spaventose ombre che li oscuravano e con un sussulto le vide rimpicciolire man mano che le loro padrone si alzavano di quota. Stavano per attaccare.

<< Più veloci! >>urlò Rio.

Arrivarono finalmente all’ombra degli alberi al limitare della spiaggia. Le creature, infastidite e deluse per non essere riuscite a prenderli lanciarono di nuovo il loro verso agghiacciante. I compagni non si fermarono finché non furono usciti dalla macchia. Tinhos, ancora con l’arco in mano, alzò lo sguardo al cielo. Vedendo la sua espressione men che sollevata, Rio presagì che le creature li stavano ancora cercando. Eppure non si sentivano più le loro grida.

Rimasero qualche minuto in silenzio, le orecchie tese. Se le creature erano nascoste da qualche parte in attesa che i compagni partissero…Poi una freccia sibilò nell’aria e si conficcò nello zaino di Mailo.

<< Cosa dia… >>esclamò lui, sfilando la freccia dallo zaino, ma fu interrotto da una serie di sibili che precedevano una moltitudine di frecce dalla punta acuminata. Il gruppo si affrettò a riprendere la corsa.

<< Tinhos, puoi vedere chi sta nascosto dietro gli alberi? >>chiese Rio.

Tinhos si voltò, ma si ritrasse velocemente quando una freccia gli passò a pochi centimetri dalla testa.

<< Non c’è nessuno laggiù! >>disse l’elfo. Rio lo guardò accigliato, scansando appena in tempo un dardo.

Berry, Toh-ton e Rihma balzarono giù e lanciarono degli incantesimi contro le frecce. Quelle si arrestarono e, producendo strani rumori simili a grida di dolore, si spezzarono e ricaddero a terra. Con pochi altri incantesimi i tre folletti misero fuori gioco tutte le frecce, e adesso il terreno dietro di loro era cosparso di pezzi di legno spezzati in due. I compagni si fermarono solo per permettere ai folletti di raggiungerli e di risedersi in grembo ad Aiska.

<< Perché hai detto che non c’era nessuno? Chi ci attaccava? >>disse Rio guardando Tinhos impaziente.

<< Ho controllato e non ho visto nessuno >>rispose Tinhos. << Vedevo le frecce comparire dal nulla e scagliarsi contro di noi. Non c’era nessuno che le lanciava >>

<< …Sì >>disse Mailo con tono ironico.

<< È la verità >>replicò Tinhos.

<< Le frecce non hanno un’anima. Non sono in grado di lanciarsi da sole >>

<< Dovresti credergli, soldato >>disse una voce gelida alle loro spalle. I compagni si voltarono. Non c’era nessuno, oltre a loro, a parte i resti delle frecce. Ma dopo non molti secondi videro uno spettacolo che non si sarebbero mai aspettati. I dardi si ricomponevano come se delle mani invisibili li stessero riattaccando pezzo per pezzo, e li modellavano, dando loro una forma umana. I compagni guardarono stupiti l’uomo che si rialzò da terra, togliendosi la polvere dagli abiti e dai capelli bianchi. I suoi occhi scarlatti si spostarono rapidamente su ciascuna delle persone che aveva davanti. Rio e Mailo sfoderarono la spada. Tinhos strinse nervosamente l’arco, cercando di capire chi diavolo fosse quell’uomo apparso dal nulla.

<< Voleva una prova che le parole dell’elfo erano vere? >>domandò cortese a Mailo. << Eccomi. Io e i miei compagni siamo lieti di conoscere le persone che Lord Tenugh sta aspettando >>

Altri uomini apparvero alle sue spalle, anch’essi con gli occhi di un rosso acceso.

<< Siete servi di Tenugh >>ringhiò Alexander.

<< Direi di no >>rispose l’uomo, << a noi Demoni Indefinibili non piace essere considerati schiavi di qualcuno. Preferiamo essere chiamati…compagni. Anche se Lord Tenugh ha poteri ben superiori ai nostri >>concluse con una risata leggera.

Rio e Mailo si scambiarono uno sguardo preoccupato. Nessuno di loro aveva mai sentito parlare di Demoni Indefinibili.

<< Non siamo qui per ordine di Tenugh, comunque >>proseguì calmo il demone. << Siete voluti entrare nel nostro territorio, ben sapendo che molti altri prima di voi sono stati eliminati, qui. Ci avete impedito di uccidere i marinai, ma non riuscirete a salvare le vostre vite >>

Estrasse una lunga spada dalla lama nera e si avventò contro Rio. Gli altri demoni fecero lo stesso. Denebola decapitò in fretta il demone che le era saltato addosso e subito dopo ne uccise un altro che aveva tentato di colpirla alla schiena. Rio e Tinhos combattevano vicini e trafiggevano con le frecce tutti i demoni che gli altri non sarebbero riusciti ad affrontare.

Quando tutti i demoni furono stati uccisi, i compagni abbassarono le armi. Ansimando leggermente, Rio controllò la catenina di Afior nonostante sapesse che il cristallo era al sicuro sotto l’armatura. Stavano per ripartire quando Aiska, che si era voltata indietro, cacciò un urlo strozzato. I corpi decapitati o ancora trafitti dei demoni si stavano riformando in silenzio, prendendo questa volta le sembianze dei Kurjhall, antichi stregoni dell’oriente.

I compagni alzarono nuovamente le armi e Rio e Tinhos incoccarono alte frecce, consci che non sarebbe servito a nulla. I Demoni-Kurjhall alzarono le braccia e mormorarono un sortilegio in lingua elfica. Una forza spaventosa fu sprigionata dalle loro mani per investire i prescelti, che caddero da cavallo e vennero spediti qualche metro indietro. I demoni risero, maligni.

<< Evidentemente non sapete chi siamo >>disse uno di loro fissando i compagni che tentavano di rialzarsi. << Noi Demoni Indefinibili abbiamo il potere di mutare forma e di assorbire le capacità delle persone o cose in cui ci trasformiamo >>

Denebola afferrò il Bastone di Andromeda e lanciò un incantesimo contro il demone che aveva parlato. Quello rise divertito e, con un gesto del braccio, respinse l’incantesimo rispedendolo alla mittente. Denebola urlò di dolore quando fu colpita dal suo stesso incantesimo e sentì il corpo attraversato da violente scosse elettriche. Al termine dell’incantesimo cadde a terra.

<< Coloro che provengono dalla Torre di Aldebaran sono più difficili da uccidere >>osservò il demone con un sorriso crudele, << ma non importa. Unendo i nostri poteri non impiegheremo molto a farvi sparire. Forse…riusciremo a risparmiarvi un po’ di dolore >>

I demoni risero di nuovo e rialzarono le braccia. Rio si sollevò lentamente; il precedente attacco aveva tolto a lui e agli altri molte energie. Tentò di afferrare la spada davanti a lui, sapendo che, anche se fosse riuscito a rimettersi in piedi in tempo non lo avrebbe aiutato. Piegandosi in avanti per prendere la spada avvertì un dolore lancinante al torace, che gli fece chiudere gli occhi e gemere di dolore. Udì i Demoni-Kurjhall pronunciare le parole dell’incantesimo, e socchiudendo gli occhi vide un’intensa luce avvicinarsi rapidamente, nascondendogli alla vista i demoni. Rio serrò gli occhi e dopo un istante avvertì il calore del sortilegio sul proprio corpo…

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo XVII - Il benvenuto di Phékda ***


Incolla qui il testo.

  Ecco un nuovo cap., uno degli ultimi in realtà...devo ammettere che non ricordavo benissimo la storia, visto che l'ho scritta anni fa XD Finalmente i compagni arrivano nel nascondiglio di Tenugh, ma troveranno una bella sorpresa ad aspettarli eheheh

Please, recensite! ^____^

Un fiotto di calore, diverso da quello del sortilegio, gli invase il petto, diffondendosi poi in tutto il corpo. Nello stato di incoscienza in cui si trovava, Rio non capì di cosa si trattava; era debole e sentiva di perdere sangue dalla ferita. Poi sentì un paio di mani afferrarlo alla gola e trafficare con la catenina di Afior. Rio voleva fermarli, ma aveva la mente annebbiata e i muscoli non rispondevano ai suoi comandi. Udì le risate di trionfo dei Demoni. Seguì un momento di silenzio e Rio pensò che se ne erano finalmente andati. Poi le urla strozzate delle creature alate di prima gli invasero prepotentemente la testa, come una lama poco affilata, e tra i rumori di lotta riconobbe le voci di Berry, Toh-ton e Rihma.

 

Il calore non se ne era andato e continuava a bruciargli il petto, come una carezza, e il dolore era un po’ diminuito. Sentendosi la mente meno annebbiata e accorgendosi di potersi muovere, Rio aprì cautamente gli occhi. Era steso supino sull’erba, poteva avvertirla sotto la pelle, e la luna brillava su di lui. Abbassò lo sguardo sul suo corpo; gli erano state tolte l’armatura e la maglia, e delle bende gli cingevano il torace. Fece per mettersi seduto, ma una mano lo costrinse a rimanere disteso, mentre un’altra gli posava un panno bagnato sulla fronte. Al contatto con l’acqua gelata Rio rabbrividì e si lasciò sfuggire un flebile lamento.

<< Fermo, e non lamentarti >>disse Mailo, facendo pressione sulla sua spalla. << È meglio questo dolore a quello che provavi prima, o no? >>

<< Cosa…cosa è successo? >>chiese Rio con voce arrochita. << Dove sono i Demoni? >>

<< I folletti li hanno messi in fuga >>rispose Mailo. << Avevano preso Afior >>

Rio sbarrò gli occhi e si mise seduto prima che Mailo glielo impedisse di nuovo. Il panno gli cadde sulle ginocchia.

<< Dov’è Afior? >>esclamò affannosamente afferrando il polso dell’amico. << Dov’è? Lo hanno portato via? >>

<< Ti ho detto di stare fermo >>disse Mailo con voce pacata, facendolo stendere. Si alzò e sparì dalla visuale di Rio. Il soldato lo sentì trafficare dietro di lui e qualche secondo dopo lo vide tornare col cristallo rosso in una mano e il brillante che re Sorhio gli aveva donato nell’altra. Tirò un sospiro di sollievo.

<< Come faccio ad essere ancora vivo? >>chiese sottovoce. << Ero sicuro di essere… >>

<<  Ti ha salvato questo >>.Mailo gli mostrò il brillante, << così come i nostri hanno salvato noi >>

<< Dove sono gli altri? >>

<< Stanno riposando. Quando abbiamo ripreso i sensi, stamattina, i Demoni erano fuggiti già da un’ora. Ci siamo allontanati quanto basta da non poterci ritrovare ancora quei mostri tra i piedi. L’ultimo a svegliarsi sei stato tu. Ti ho portato a cavallo con me, ma non sapevo che eri ferito. Quando ce ne siamo accorti il brillante aveva già arrestato il flusso del sangue >>

Posò il cristallo e il brillante accanto la testa di Rio e bagnò il panno in una ciotola là vicino. Rio vide la maglia dell’amico strappata in più punti e poté scorgere tra gli strappi le croste delle ferite. Chiuse gli occhi, sentendosi lievemente accaldato, e sussultò sentendo il gelo dell’acqua sulla testa. Avvertendo il freddo penetrargli anche dentro, Rio bloccò il polso di Mailo, che lo guardò sorpreso.

<< Smettila, per favore >>mormorò. << Mi sta venendo il mal di testa >>

<< Hai un po’ di influenza >>replicò Mailo scansando la mano dell’amico. << Fermati  >>disse con fermezza quando Rio cercò di allontanarlo, << e non toglierlo. Vado a prenderti qualcosa da mangiare >>

Rio sorrise, pensando che quella non era la prima volta che Mailo si prendeva cura di lui. Era già successo, in passato, durante le spedizioni militari. Si sentì molto rassicurato nel sapere di avere al proprio fianco in quel viaggio pazzesco una persona di cui potersi fidare ciecamente e che lo conosceva bene. Mailo gli posò accanto un pezzo di carne e lo aiutò a mettersi seduto, facendo bene attenzione a non toccargli la ferita. Mentre mangiava, Rio osservò attentamente il luogo dove si trovavano, per quanto glielo permetteva la luce della luna. Era un prato, diverso da quelli che si trovavano a nord, ma lo stesso molto vasto. Si tastò delicatamente il torace, stupendosi della potenza dei Demoni Indefinibili. Ma la cosa che lo stupì di più era il fatto che fino a quel mattino aveva ignorato l’esistenza di creature del genere, e che nessuno si era mai dato la pena di parlargliene.

<< A cosa pensi? >>gli chiese Mailo, fissandolo.

<< A quei demoni >>rispose Rio. << Chissà perché non abbiamo mai saputo che esistono creature tanto potenti >>

<< Quelle creature sono potenti solo quando si trasformano >>disse Mailo. << Berry ci ha detto che il loro vero aspetto è molto diverso da quello che ci si può aspettare. In realtà sono esseri deboli, con la sola capacità di poter mutare forma >>

<< Anche loro sono al servizio di Tenugh >>disse lentamente Rio. << Quanto credi siano potenti gli altri demoni che lo servono? >>

<< Spero il meno possibile >>disse Mailo, << o falliremo prima ancora di scontrarci con Tenugh stesso >>

A quelle parole Rio si rabbuiò. Mailo, che non ci aveva fatto caso, riprese il panno e bagnò leggermente la fronte di Rio, che rabbrividì e si scansò.

<< Non voglio ripetermi un’altra volta >>disse Mailo, spazientito, tenendo ferma la mano sulla fronte dell’altro. << Sta’ fermo e non impiegherai molto a guarire >>

<< Mi sento bene >>replicò Rio, ma decise di non muoversi più. << Ascolta… >>disse dopo qualche minuto di silenzio.

<< Cosa? >>chiese Mailo.

<< Sinceramente… >>Rio esitò un attimo, << tu pensi che io sia la persona adatta per un compito simile? >>

Mailo si fermò e lo fissò stupito.

<< Che domande fai? Certo che lo penso! >>

<< Secondo te riuscirò a sconfiggere Tenugh? >>

Mailo lo guardò attentamente, poi scherzò: << Dicevi che stai bene, e invece stai delirando >>

<< Parlo sul serio! >>ribatté Rio. << Se gli altri demoni al servizio di Tenugh sono più potenti di quelli che abbiamo incontrato oggi, io non riuscirò a sconfiggerli! >>

<< È questa la tua paura? >>gli chiese lentamente Mailo. Rio annuì. << Allora ascoltami bene. Non c’è motivo perché tu debba preoccuparti. Hai l’appoggio del cristallo rosso e sei uno dei migliori soldati che io abbia mai incontrato >>.Poi aggiunse con un sorriso: << Io ho piena fiducia in te >>

<< Il destino di Valdmurt è nelle mie mani >>disse Rio. << Se fallirò… >>

<< Non accadrà >>disse Mailo, deciso. << Adesso ci conviene riposare. L’attacco di oggi ha stremato tutti >>

 

Una luce grigiastra si espanse dalla vicina catena montuosa alla loro sinistra e un vento freddo iniziò a soffiare da nord. Alexander aveva acceso il fuoco attorno al quale i compagni si strinsero per una frettolosa colazione. Mentre riponevano coperte e pentole, uno stormo di corvi volò su di loro. Tinhos li osservò preoccupato,

<< Vengono dall’estremo nord >>disse.

<< Sono spie? >>chiese Denebola guardando lo stormo nero che era quasi sparito nel debole chiarore mattutino.

<< Tenugh non avrà addestrato delle cornacchie per poterci spiare >>rispose Mailo montando a cavallo, << perché farlo quando può avvalersi di esseri che possono parlare invece di starnazzare? >>

<< Di certo non lo dirà a noi >>disse Aiska.

Ben presto i prati si fecero più selvaggi; cespugli spinosi e massi grandi quanto case si incontravano man mano che scendevano verso Jhaltiry. L’imponente Catena dei Millenari si estendeva alla loro sinistra; non una collina la univa alla pianura, come se i suoi picchi si fossero elevati dalle profondità della terra, innalzandosi fino a sfiorare il cielo.

Il cammino procedeva bene ed entro due giorni avrebbero raggiunto gli High Fire. I compagni non volevano imporre ai propri destrieri di coprire la grande distanza dal Promontorio Oscuro ai vulcani; nonostante le cure di Andarin (che sembravano aver fatto perdere loro solo tempo) i cavalli non potevano più cavalcare come all’inizio del viaggio, anche se andavano molto più veloci di qualsiasi altro cavallo. A sera avevano superato Jhaltiry e si erano fermati cinque miglia più giù. Denebola ricordò loro le parole di Fabius su quanta attenzione dovevano prestare ora che erano vicini alla base di Tenugh e sulla possibilità che questi potesse inviare qualche demone ad attaccarli.

Così stabilirono turni di guardia per tutta la notte. Mailo fece il primo, e Rihma gli tenne compagnia. Le ombre dei massi attorno a loro facevano aumentare nel soldato la tensione e il minimo movimento tra i fili d’erba lo ridestavano dal sonno nel quale ogni tanto ricadeva. Ma tre ore trascorsero senza intoppi e Mailo finalmente riposò sereno mentre Aiska gli dava il cambio.

Il mattino seguente la catena degli High Fire parve molto più imponente e vicina che la sera prima. I prati erano sgombri, e fu con una certa tensione che prima di mezzogiorno i compagni entrarono nell’ombra dei monti.

Decisero di mettere qualcosa sotto i denti prima di addentrarsi fra le montagne. Per quella breve mezz’ora nessuno parlò. Di lì a poco tempo sarebbero giunti al Mhassàuschi…Per ciascuno di loro sembrò che la propria vita fosse arrivata ad un vicolo cieco dal quale non si poteva più tornare indietro. Era in quei momenti che i loro cuori tornavano a solo qualche settimana prima, quando ancora erano ignari di quello che sarebbe capitato loro. Aiska ripensava con nostalgia alle cavalcate fino al fiume Baslion e, qualche rara volta, al confine coi Boschi Incantati. Alexander dal canto suo non rimpiangeva la sua vita prima di quella avventura, che fino all’incontro con i compagni era stata monotona e priva di significato. Viaggiava per Valdmurt e aveva avuto l’occasione di conoscere molte creature affascinanti che sospettava nemmeno Denebola avesse mai visto, ma da quando era stato designato come uno dei prescelti qualcosa in lui si era ridestato. Un fioco orgoglio e l’impressione di essere come quegli eroi di cui si narra nelle leggende, e finalmente aveva uno scopo da portare a termine. Se fosse morto o sopravvissuto questo non aveva importanza.

 

Gli High Fire erano talmente alti che il sole non riusciva ad illuminare il sentiero che i compagni stavano percorrendo. Toh-ton li aveva rassicurati che quei vulcani si risvegliavano di rado, compreso il Mhassàuschi, fatto che non alleviò di tanto l’ansia che aumentava ad ogni passo.

Il sentiero era circondato da giganteschi alberi le cui radici si diramavano fin dall’altra parte e da vecchi tronchi caduti e bruciati. Era come essere entrati in un mondo a parte, che ignorava l’esistenza del sole, o come se un guscio si fosse chiuso su di loro e li aveva intrappolati in un vicolo cieco, impedendo di tornare indietro. I vulcani erano tutti l’uno la prosecuzione dell’altro, senza una fessura che li dividesse; le loro vette, nonostante era impossibile scorgerle, erano come denti aguzzi. Lungo i fianchi cresceva qualche ciuffo d’erba intervallato a sassi anneriti e buche poco profonde. Soffiava una corrente gelida e in lontananza si sentiva lo scrosciare d’acqua.

Le ore trascorsero veloci mentre il paesaggio attorno a loro non mutava. Doveva essere pomeriggio inoltrato, anche se il sole ancora non aveva trovato una fessura dalla quale penetrare, indicando quanto tempo era trascorso da quando i compagni si erano inoltrati in mezzo ai vulcani, che i tre folletti dissero di avvertire la presenza di acqua. I cavalli rallentarono l’andatura e dopo una ventina di minuti giunsero nei pressi di un lago, ai piedi di un grande vulcano.

Rio alzò preoccupato gli occhi sul Mhassàuschi e sentì nella testa un lieve sussurro di Afior, un sussurro spaventato.

<< Qui non c’è nessuno >>disse Alexander, << anche se sono sicuro che all’interno ci stiano già aspettando da un pezzo. Non ci resta che trovare l’entrata e prepararci a combattere >>

Berry decise di sorvolare i fianchi del Mhassàuschi e i compagni non fecero in tempo a fermarla che era già partita. Tinhos incoccò una freccia e tenne alto l’arco, ma lo riabbassò quando Berry tornò dicendo che non c’erano aperture sul vulcano.

<< Comincio a pensare che l’entrata sia proprio la bocca del vulcano >>disse Denebola.

<< Guardate laggiù, invece >>disse Tinhos indicando una porta nascosta dietro a due alberi sulla riva opposta del lago.

<< Ottimo >>disse Rio a bassa voce e smontando da cavallo. << Ci dirigeremo lì a piedi. Dubito che avremo ancora bisogno dei cavalli una volta dentro, perciò, Berry, ve li affido. Penserete voi a portarli al sicuro, lontani da questi vulcani >>

<< Va bene, però >>disse Berry, << pensavamo di seguirvi nel Mhassàuschi >>

<< Gli ordini del vostro capo erano chiari >>disse Rio. << Dovevate accompagnarci fino agli High Fire, e penso che voi tre gli abbiate già disubbidito accompagnandoci fin qui >>

<< Potreste aver bisogno del nostro aiuto >>disse Berry.

<< È una faccenda che non vi riguarda >>disse Denebola, gentile, << o almeno riguarda più noi che voi. Tenugh vuole noi. Rischierete troppo se ci seguite. Fate come vi ha detto Rio >>

<< Vi prego, vogliamo venire anche noi! >>supplicò Toh-ton.

<< Andatevene via >>disse Rio con decisione. << E non solo per voi, ma anche per Matar e gli altri. Non possiamo portarli con noi nel Mhassàuschi e non possiamo lasciarli qui. E voi tre non dovete disubbidire al vostro capo. Prendete le redini e uscite da qui. I nostri cavalli hanno ancora energie sufficienti per lasciare gli High Fire prima che faccia completamente buio >>

<< Ma… >>disse Berry.

<< Ha ragione >>disse Rihma. << Dobbiamo andarcene subito da qui, anche perché li stiamo facendo ritardare troppo, e quando sarà notte questo posto brulicherà sicuramente di orchi >>

Berry sospirò.

<< Vi ringraziamo per averci accompagnati >>disse Denebola. << Siete state molto coraggiose a venire fin qui >>

Rio si avvicinò a Matar e lo accarezzò.

<< Penso proprio che noi due non ci rivedremo >>gli mormorò. Matar lo guardò quasi con occhi increduli e agitò la coda. Rio gli diede una pacca sul dorso e consegnò le redini a Toh-ton. << Fa’ buon viaggio >>

I compagni guardarono i sei cavalli galoppare via, con Berry, Toh-ton e Rihma sul dorso che si voltarono indietro per salutarli un’ultima volta. Prima di sparire, Matar si voltò e, sollevandosi sulle zampe posteriori, nitrì in direzione di Rio.

 

Il lago non era molto grande e i compagni raggiunsero subito la porta di pietra. Avevano sfoderato tutti quanti le spade e Denebola cominciò ad ispezionare da vicino la porta. Tinhos la guardò stupito.

<< Questa non è una porta vera! >>disse.

Gli altri lo guardarono confusi, tranne Denebola, che assentì col capo e allungò una mano per toccare la pietra. Per un attimo parve che stesse accarezzando la liscia roccia, ma poi tremò e andò avanti, sparendo fino al polso.

<< È solo un’illusione >>disse la ragazza.<< Possiamo entrare senza difficoltà >>. Passò attraverso la pietra e scomparve. I compagni la seguirono ma si bloccarono quasi subito nel bel mezzo dell’oscurità. Udirono Denebola davanti a loro sussurrare a bassa voce, poi uno sfrigolio, e il cristallo verde emanò un’intensa luce bianca che illuminò il basso corridoio dove si trovavano.

Senza dire nulla, il gruppo si incamminò guidato dalla fredda luce che brillava sul Bastone di Andromeda. Il sentiero era molto stretto e l’aria che vi circolava era pesante. I compagni non seppero mai quanta strada avevano percorso; procedevano spediti per il corridoio diritto senza svolte e senza che il passaggio si facesse meno stretto e più alto. Il loro maggiore timore era quello di incontrare un orco o un demone a sbarrare la via.

Denebola cominciava a pensare che la mezzanotte era passata e che molto probabilmente fuori l’alba stava per giungere quando le pareti ai loro lati scomparvero e il gruppo si ritrovò su una cupa roccia a rimirare sotto di loro, su un’isoletta in mezzo ad un lago di lava e lapilli, una nera fortezza sorvegliata da esseri corazzati con scure armature e forniti di grosse asce o lunghe e acuminate lance. Ma nessuno di loro era rivolto verso la rupe dove si trovavano i compagni.

Questi rimasero qualche momento immobili osservando la parte inferiore della fortezza illuminata debolmente dal chiarore della lava. L’entrata non si vedeva.

<< Osservate Tol Neinas, la Fortezza Nera di Lord Tenugh >>disse una voce.

Denebola alzò il Bastone e scoprì una seconda galleria alla loro sinistra. Alexander e Rio si fecero avanti. Una risatina di scherno si levò dalla galleria e rimbalzò sulle rocce che li circondavano, come un eco. Le guardie su Tol Neinas si guardarono intorno.

<< Taci o ci scopriranno! >>sussurrò Denebola. La risata cessò e la giovane avvertì, come un vento che entra da una fessura, un’aura spaventosa e la luce su Deri si spense, facendo sprofondare i compagni in una semioscurità.

<< Non occorre che i Malredin si accorgano di voi >>disse la voce, << perché io vi ho scoperto, e il mio incarico è chiaro >>

<< Chi sei? >>domandò Rio scrutando nelle tenebre alla ricerca del proprietario della voce, pronto a trovarsi faccia a faccia con uno degli uomini alleatisi con Tenugh.

<< La vostra missione è quella di entrare a Tol Neinas e combattere Lord Tenugh >>disse la voce. << L’unica via per raggiungere il ponte levatoio ed entrare nella Fortezza è questa >>

Rio strinse l’elsa della spada. << Non ho paura dei soldati alleati di Tenugh! >>

Prima che Alexander potesse impedirglielo, si lanciò in avanti e con un balzo fu nella galleria.

<< Fatti vedere ora! >>

La voce rise di nuovo e gli riempì la testa.

<< Sciocco errore quello di venire senza i tuoi compagni >>esclamò.

<< I suoi compagni sono qui! >>disse Alexander. << E faresti bene a mostrati! >>

<< Ai suoi ordini, Milord >>rispose la voce. Un’improvviso lampo di luce riempì la galleria, accecando i compagni e facendoli barcollare come una potente folata di vento.

Quando Denebola riaprì gli occhi ebbe l’impressione di essere legata, sospesa nel vuoto. Non avvertiva il terreno sotto di sé ma non sembrava che la corda che la legava fosse attaccata in alto.

<< Dove sono? >>gridò all’oscurità.

Una luce arancione brillò sotto di lei e tre lanterne si accesero sul pavimento, dieci metri più in basso, e Denebola vide una donna vestita con un pregiato abito viola e coi capelli neri lisci che ricadevano fin oltre i gomiti. La fissava con un sorriso crudele.

<< Da quale sortilegio è stata catturata la giovane novizia? >>gridò guardando in alto.

<< Chi sei? >>chiese Denebola.

<< Phékda, Guardiana della Galleria dell’Incubo all’ingresso di Tol Neinas >>rispose la donna. << Ma non ti dirò, novizia, di quale magia oscura si tratta quella che ti tiene prigioniera >>

Denebola, che fino a quel momento aveva fissato negli occhi Phékda e aveva creduto di essere bloccata da robuste corde, sentì con orrore una pelle liscia contro le mani. Si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli gialli di un gigantesco serpente di un blu elettrico che la circondava. Le sue spire la avvolgevano lentamente e lui sibilava soddisfatto della preda.

<< Sei spaventata, novizia? >>disse Phékda. << Eppure mi avevano messo in guardia…È molto abile e furba ed è in grado di lanciare incantesimi pari ai più potenti Saggi di Aldebaran!…e si vede! Sei caduta nella mia trappola, come i tuoi compagni, del resto >>

<< Che cosa gli hai fatto? >>urlò Denebola, cercando di non pensare al serpente che faceva saettare l’orrenda lingua biforcuta.

<< Si trovano ancora sotto l’effetto del mio piccolo gioiello >>rispose Phékda mostrandole un piccolo cristallo arancione. << Te lo ricordi, novizia? Lo trovasti qualche tempo fa nel lago della capitale elfica e lo tenesti con te, come io avevo sperato >>

<< Tu avevi sperato? >>ripeté Denebola senza capire.

<< Lo inviai io, questo piccolo cristallo che tu credi sia un topazio, nel lago di Aquos, sotto ordine di Lord Tenugh >>disse Phékda. << In realtà è uno smeraldo che posso far cambiare a mio piacimento in qualsiasi altro cristallo desidero. Non vi era motivo per cui dovesse diventare un topazio, dato che né tu né i tuoi amici potevate sospettare della mia esistenza e di quella dello smeraldo, ma sai com’è, ci sono occhi e orecchie ovunque di questi tempi…se vi fossero giunte notizie su di me forse avresti gettato il topazio, come poi ha fatto Alexander. È per questo motivo che ora è di nuovo con me >>

<< E perché mi avresti fatto trovare il topazio? >>

<< Non per farti un regalo, naturalmente. Questo smeraldo possiede una graziosa virtù: quella di poter incanalare quanto più potere possibile di colui che lo trova, dando così la possibilità al suo vero proprietario di mettere fuori gioco il nemico. Ho già fatto così, in passato >>

<< Che ingegnoso trucchetto! >>ribatté sarcastica Denebola.

<< Presto non avrai molto da ridere >>disse Phékda.<< Ti ho separata dai tuoi compagni in modo che nessuno di loro possa venire a salvarti quando inizierai ad urlare. Ammetto però che avrei preferito cominciare direttamente dal Portatore del cristallo rosso, per togliercelo subito dai piedi. In fondo è stato lui a raggiungermi per primo, no? È stato davvero molto gentile a venire senza consultarsi con voi, come siete soliti fare >>

<< Dimmi una cosa >>disse Denebola mentre Phékda scoppiava di nuovo a ridere,<< sei una strega reclutata da Tenugh? Oppure sei una di quei valorosi che ha accettato di combattere per lui tradendo le loro città? >>

<< Chiamami come ti pare. Sono una dei Malredin, coloro che tu chiami traditori degli uomini. Coloro che hanno accettato di servire Lord Tenugh per non vedere distrutte le proprie famiglie >>rispose Phékda, << nonostante io non avessi nessuno da perdere. Ho accettato solo perché mi veniva offerta la possibilità di approfondire i miei studi sulle arti oscure. Sono appassionata di queste cose, come puoi vedere. L’incantesimo del serpente è uno di quelli che mi riesce meglio >>

<< Dove è finito il mio Bastone? >>ringhiò Denebola.

<< Perché te ne preoccupi? A questo punto non ti può più aiutare. O forse sei preoccupata per quel grazioso cristallo che gli hai posto sopra? Saggia mossa la tua, novizia, mettere un oggetto così allettante in un luogo così bene in vista. Ma almeno quello si salverà: Lord Tenugh ha espresso il desiderio di volere entrambi i cristalli >>

<< Certo, perché accontentarsi di uno quando se ne presentano due? >>gridò furiosa Denebola. << Ma il tuo padrone è un illuso se spera di piegare al suo volere Afior e Deri! >>

<< Non insultare Lord Tenugh! >>urlò Phékda e il serpente strinse la presa sulla ragazza.<< Devi capire che nulla lo fermerà e se i due cristalli opporranno resistenza lui riuscirà a sottometterli! Ormai non avete più alcuna speranza di poter salvare Valdmurt. Lord Tenugh otterrà il suo corpo e con l’aiuto del cristallo verde creerà il più potente e terrificante esercito che si sia mai visto su questa terra. Avete fallito, prescelti! Tu hai fallito, novizia! >>

<< No! >>balbettò Denebola, sentendo improvvisamente le forze venirle meno. << Menti >>

<< Non ti rendi conto che stai mentendo a te stessa >>continuò Phékda. << Pensaci, tu hai sempre saputo che non ce l’avresti fatta, ma hai avuto paura di tirarti indietro per non deludere coloro che ti circondavano. Potevi anche parlare allora, quando iniziò il tuo viaggio, poiché molte persone non avrebbero vissuto questi giorni nell’angoscia. E ora…cosa pensi che diranno i Saggi quando scopriranno che sei stata sconfitta? Che non sei riuscita nemmeno ad entrare nella Fortezza Nera? Diranno di aver fatto male ad aver affidato le loro vite e quelle dei popoli di Valdmurt nelle tue mani >>

Denebola scosse la testa. Si sentiva debole e credeva che le spire del serpente la stessero spezzando in due. Non doveva cedere alle parole di Phékda.

<< Cosa pensi che direbbe >>disse la donna, << tua madre? >>

Gli occhi del serpente scintillarono, ma Denebola non li vide. Aveva gli occhi serrati e il cuore pervaso da un panico incontrollabile che nonostante fosse legata la faceva tremare violentemente. Non era giusto che finisse così, pensò sconsolata. Udì molto distante la risata maligna di Phékda e nonostante avesse gli occhi chiusi, vide brillare una luce verde. Il serpente allentò la presa e lei si sentì cadere nel vuoto.

 

Rio si rialzò barcollante e guardò leggermente stupito la galleria deserta. Dov’erano Denebola e gli altri? Due secondi prima erano lì, dietro di lui, e adesso non c’era più nessuno. Il soldato raccolse la spada e fece un passo avanti.

<< Dove sei finito? >>disse. << Perché non parli più? >>

In quel momento si accorse della candela che brillava qualche passo più avanti e che illuminava delle lettere scavate nella roccia. Rio si chinò a leggere.

 

Morirete nelle vostre paure

 

Rio si rialzò. Cosa significava? E dov’erano i suoi compagni?

<< Cosa hai fatto ai miei compagni? >>gridò. << Parla! >>

<< Smettila di parlare a voce così alta e abbassa quella spada >>disse la voce, gelida. Come se fosse uscita dalla parete, come un fantasma, apparve una donna con lunghi capelli scuri. << Quelle parole non ti dicono nulla? >>

<< Non ho alcun timore >>replicò Rio. << Rispondi alla mia domanda! Dove sono i miei compagni? >>

<< Sei molto più rumoroso di un esercito di orchi! >>disse la donna, spazientita. << Quattro di coloro che ti accompagnano stanno ancora bene. Finora ho parlato con la novizia e lei non ha resistito al potere delle parole di Phékda. È morta >>

<< Ti aspetti che ti creda? >>gridò Rio.

<< Credi quello vuoi, io ti ho avvertito >>disse Phékda. << Le ho lasciato il cristallo verde, al momento, prima di portarlo al suo nuovo padrone. Lord Tenugh si fa sempre più impaziente >>

<< Lui vuole Afior! >>disse Rio.

<< Non rifiuta il suo gemello, però >>ribatté Phékda. << Perciò, cosa ne diresti di consegnarmi il tuo cristallo? >>

<< Che te lo scordi! >>urlò Rio balzando in avanti e fendendo un colpo con la spada. Phékda si scansò appena in tempo e la lama della spada si conficcò in una roccia.

<< Non ho tempo da perdere, né energie da sprecare >>disse Phékda.

<< Queste parole le dovrei dire io >>replicò Rio, cercando di liberare la lama della sua spada.

<< Vedo che è difficile convincerti, non è così? >>disse Phékda. << Dunque sono costretta a rivelarti il piano del mio signore >>

<< Non sprecare fiato, Fabius lo ha già spiegato a me e ai miei compagni >>disse Rio. Phékda rise.

<< Ma davvero? E cosa ti ha spiegato esattamente? >>disse con tono di scherno. << Lo immagino già. Se la vostra missione fallirà per Valdmurt non ci saranno altro che morte e distruzione. È ciò che si dice quando si conosce veramente poco un avversario. Permettimi allora di mostrarti le vere intenzioni di Lord Tenugh.

<< Sai che in passato si sono combattute numerose guerre tra diversi popoli. Quale pensi sia stata la causa? Certo ce ne erano molte: culture diverse, desiderio di espandere i propri domini, no? Perché questo? Perché i regni erano, e lo sono ancora, divisi sotto diversi re. L’intento di Lord Tenugh è quello di unire Valdmurt sotto il suo dominio e di governare al posto dei re. È in questo modo che si eviteranno inutili stragi per avere nuove terre. Il territorio di Moja sarà anche territorio di Terrani. Le coste occidentali potranno ospitare senza timore coloro che vengono dall’interno. Gli abitanti del nord avranno libero accesso nelle aree della Regione dei Vulcani. Prova a immaginare: un mondo unito sotto un unico grande sovrano nel quale le guerre sono un lontano ricordo. E per aumentare le difese verrà creato l’esercito più colossale di tutti i tempi: un esercito che dimostra l’alleanza tra uomini e orchi, elfi e demoni. Non ci saranno discriminazioni. Le strade apparterranno a tutti e la Magia Oscura verrà appresa come quella Bianca.

<< Capisci, ora, a cosa servono realmente i due cristalli? Furono creati per equilibrare le forze che reggono il mondo, e Lord Tenugh li userà per far obliare le sofferenze patite a causa delle guerre >>

Tacque e per un lungo momento nella galleria regnò il silenzio.

<< Vuoi dunque consegnarmi il cristallo? >>chiese infine Phékda.

Fu Rio a ridere, questa volta.

<< Ciò che mi hai detto è una proposta molto invitante e mi avrebbe sicuramente convinto a darti Afior se solo non fossi già stato avvertito! >>disse. << Un mondo che non conosce guerre, dici? Un’alleanza tra uomini e creature oscure? La Magia Oscura adoperata per fare del bene? Questi sono sogni irraggiungibili, pronunciati da una servitrice che conosce il proprio padrone meno di quanto lo conoscono i suoi avversari. Non credere che io sia venuto senza conoscere quali sono le intenzioni di Tenugh. Userebbe Afior per riavere un corpo e Deri per creare un colossale esercito. Un esercito composto da orchi, demoni, goblin e traditori. E lui governerà su Valdmurt, distruggendo le capitali e sottomettendo le altre città e continuerà a sterminare tutti coloro che gli si opporranno, finché una nube di paura e morte non sorvolerà le nostre terre! Sono questi i suoi piani! >>

Phékda strinse i pugni e la pietra verde che portava sull’abito scintillò. Rinunciò a convincere il giovane soldato e lo colpì con un incantesimo. Rio, preso alla sprovvista, non si scansò e si ritrovò legato da corde invisibili.

<< Non perdere tempo a discutere, prendi ciò che vuoi con la forza, mi dicevano da bambina >>disse Phékda sommessamente con voce minacciosa. << Voi Portatori dei cristalli siete difficili da ingannare, ma facili da intrappolare. Morirai, come la tua amica, e, che tu lo voglia o meno, anche il cristallo rosso cadrà in mano a Lord Tenugh. Rammenti le parole che hai letto? Questa è la Galleria d’Incubo, luogo dove le paure più nascoste e i ricordi più infelici tornano nel cuore. Pochi riescono a uscire di qui, e gli altri muoiono di dolore >>

<< Sono rare le cose che mi spaventano >>disse Rio.

<< Conosco altri metodi per distruggerti >>disse Phékda, impassibile.<< Sei un ottimo soldato, peccato però per quel pizzico di temerarietà e arroganza che ogni tanto ti assale. Tu eri il capo del vostro gruppo, e come tale avresti dovuto guidare i tuoi compagni per una via sicura e sareste dovuti rimanere uniti. Se si entra nella Galleria d’Incubo uno alla volta si è più vulnerabili che quando si è uniti. Tu non hai aspettato i tuoi compagni e sei accorso subito, rompendo in questo modo ogni legame con loro. E adesso i tuoi amici corrono un pericolo mortale, e già una di loro è caduta. Secondo te per quale motivo? Per la tua avventatezza, è ovvio >>

<< Le tue parole non hanno effetto su di me >>sussurrò Rio.<< Stai solo sprecando fiato >>

<< Il tuo cuore non la pensa così >>ribatté Phékda. << Avverto l’ombra di un dubbio? Eh, già. Non puoi sfuggirle, perché dentro di te sai che se la tua compagna è morta e presto gli altri faranno la stessa fine la colpa è esclusivamente tua. Persino tu ignori quanto sia potente la forza che vi legava, e lo hai appreso troppo tardi >>

Rio non replicò. Sì, era vero… li aveva portati tutti alla morte. E ora come ora non poteva fare nulla. Aveva fallito. La loro missione era fallita a causa sua. Se solo fosse stato più prudente…

<< Sei solo, soldato di Terrani, solo e perduto. Non verrai ricordato come il salvatore di Valdmurt, ma come colui che aiutò Lord Tenugh nel realizzare il suo piano. Sei solo. Il buio sta penetrando velocemente nel tuo cuore e niente gli impedirà di sopraffarti >>

 

Il sentiero era ripido e sconnesso e più volte Mailo fu sul punto di inciampare nei grigi sassi o nelle crepe sul pavimento. Non poteva tuttavia fermarsi; era sicuro di aver udito delle voci poco lontano da lui ed aveva riconosciuto quella di Rio, a meno che la sua mente non lo stesse ingannando. Non sapeva quanto tempo era trascorso da quando si era risvegliato all’uscita della galleria insieme ad Alexander, Tinhos e Aiska. Ma l’assenza di Rio e Denebola li aveva preoccupati tutti e lui era l’unico a vedere ancora bene a causa della luce abbagliante di poco prima.

Le voci si facevano sempre più vicine e Mailo poteva dire che si trovavano sopra di lui. Colse di sfuggita le parole << esercito >> e << è per questo che abbiamo bisogno dei cristalli >>, o almeno così credette, e non presagendo nulla di buono, accelerò il passo. Poi un’ombra stesa a pochi passi da lui lo costrinse a fermarsi. Mailo alzò la fiaccola e si avvicinò cautamente. La debole fiamma illuminò una bianca armatura.

<< Denebola! >>esclamò Mailo. Le si inginocchiò accanto e le prese una mano scoprendola gelida. << Denebola! Che cosa ti hanno fatto? >>sussurrò il soldato, carezzandole il volto grigio. Mailo la guardò pietrificato: sembrava morta, eppure non lo era. Respirava ancora, anche se in maniera impercettibile e sembrava vittima di un sortilegio.

Da sopra la sua testa, la voce che aveva già udito parlò con durezza e si rivolgeva chiaramente a Rio. Mailo non sapeva cosa fare. Rio era in pericolo, ma non poteva lasciare Denebola lì, sulla soglia della morte. Eppure, mentre la osservava, gli parve che il respiro della ragazza si facesse più frequente e il suo petto si alzava e abbassava mentre sul volto le tornava un po’ di colore. Solo in quel momento Mailo notò una chiara luce resa tenue da quella della fiaccola, brillare sotto la maglia di Denebola, e riuscendo ora a distinguerne i contorni, riconobbe il Cristallo degli Elfi.

<< Sia ringraziato Invàr! >>esclamò Mailo. Scattò in piedi e riprese a correre. Le voci si erano zittite e lui ebbe l’orribile impressione che fosse troppo tardi.

Il sentiero saliva dolcemente e alla sua fine si scorgeva un debole chiarore nell’oscurità. Mailo avanzò tenendosi aggrappato alla parete, pronto a sguainare la spada, e a pochi passi dall’uscita si arrestò nuovamente e la fiaccola gli cadde di mano. Un improvviso dolore gli aveva oscurato gli occhi e la mente e lui si accasciò contro la parete.

Immagini e suoni si alternavano all’oscurità, una volta nitidi e chiari, un’altra fiochi e quasi sfocati. Lottando contro quell’improvviso attacco, perché non poteva trattarsi che di una qualche stregoneria, Mailo si aggrappò alla dura roccia e si tirò su. Ma non resistette a lungo: le immagini tornarono più vivide e lui non poté far altro che rivivere una storia passata, che aveva cercato in tutti i modi di dimenticare.

La battaglia tra la città di Terrani e quella di Tahios perdurava da tre giorni e ancora il suo esito era incerto. I più sostenevano che Tahios sarebbe stata presto sconfitta, dato che l’esercito della capitale del Sud era uno dei più potenti in tutta Valdmurt. Altri invece si stavano ancora domandando perché era scoppiata una simile battaglia tra due città in commercio tra loro. Certo, i rapporti con Tahios non erano mai stati lieti né socievoli ma la gente non si accontentava di questa spiegazione. Come avrebbe potuto, d’altronde? Dunque, qual’era stata la causa della disputa? Nessuno lo sapeva, e le due avversarie si incolpavano a vicenda, confondendo gli abitanti di Terrani che erano stati costretti a lasciare la città per motivi di sicurezza. Le ultime persone stavano per partire proprio in quel momento che la battaglia si era fatta più aspra.

Nell’aria e attraverso le mura delle case echeggiavano le urla dei soldati e il rumore di metallo contro metallo. Una giovane donna uscì di casa facendo ben attenzione a non farsi notare da nessun soldato nemico e a prestare attenzione alla via che doveva percorrere per arrivare al cancello sud della città, dal quale sarebbe fuggita. Ma si fermò. Era sicura di aver udito un grido che le era familiare. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con un uomo barbuto che stava per trafiggerla con la propria spada. Ma il soldato lanciò un urlo sommesso e cadde a terra. La donna si scansò per non farsi travolgere e guardò raggiante il suo salvatore.

<< Zahìra! Cosa fai ancora qui? >>esclamò severo l’uomo estraendo la spada dalla schiena del nemico.

<< Stavo per andare via, Mailo >>rispose la donna. La sua espressione di gioia alla vista dell’uomo si tramutò in una smorfia di dolore e tristezza. << Ti prego, vieni via anche tu. Non restiamo qui >>

<< Sai che devo rimanere >>disse Mailo. << Scappa! Fra pochi giorni la battaglia sarà terminata >>

<< E tu dove sarai, tra pochi giorni? >>esclamò Zahìra trattenendo a stento le lacrime.

<< Qui, pronto a riabbracciarti non appena tornerai >>rispose Mailo, abbracciandola e baciandola affettuosamente. << Ma adesso vai. Non è il posto per una ragazza, questo >>

Qualcuno urlò il suo nome, e lui, dopo averla stretta in un ultimo abbraccio, corse via e sparì inghiottito nella battaglia.

Zahìra rimase ancora per qualche minuto; poi si ricordò che c’era un carro che la stava aspettando e corse via, voltando le spalle alla morte che attanagliava la sua città. Non sapeva che la morte era nascosta anche dietro l’angolo, pronta a balzarle addosso e trafiggerla con una lama affilata fino al cuore. Nessuno udì l’urlo straziato in mezzo alla confusione della lotta, tranne Mailo, che sotto lo sguardo confuso dei suoi compagni lasciò la battaglia.

Alcuni soldati affermano tutt'oggi, anche se a malincuore, che la vittoria era stata dovuta al loro compagno. Lo avevano visto tornare quando i nemici stavano prendendo il sopravvento; aveva il volto rigato di lacrime e una furia selvaggia gli deformava il volto, e pareva che un fuoco ardesse nei suoi occhi. Uccise in un baleno tre uomini che gli corsero incontro e vedendo i soldati di Terrani in netta minoranza aveva gridato:<< Soldati di Terrani, dimostrate ora il vostro valore! Se con la vita o con la morte potete salvare i vostri cari e la vostra amata città, ebbene fatelo! Il sangue di un unico popolo vinto bagnerà le strade, oggi! >>.

Mai qualcuno ricordava di aver visto Mailo così furioso e disperato. Quel giorno l’esercito di Terrani sconfisse Tahios e il sole tornò a brillare sulla capitale.

E fu come un raggio di sole l’intenso calore che colpì Mailo in pieno petto, e che gli rischiarò la mente. Furioso e costernato raccolse la fiaccola e sguainando la spada si rialzò. Con pochi passi uscì dal tunnel e tornò nella caverna dove aveva sentito la voce di Rio.

Una donna lo guardò stupefatta e gridò:<< Avevo ragione di credere che c’era qualcuno nel tunnel sotto di noi. Come hai fatto a sfuggire all’incantesimo che ti ho lanciato contro? >>

<< Non l’ho sfuggito >>rispose Mailo. Guardò prima la donna, e la pietra verde che teneva appuntata sul vestito e che brillava intensamente, poi Rio, accasciato a pochi passi di distanza. << Sono riuscito a vincerlo! >>

<< Nessuno avrebbe potuto! Ho rievocato il ricordo più infelice che hai! >>urlò Phékda.

<< È vero, ma io e i miei amici possediamo qualcosa che tu ignori di sicuro >>replicò Mailo, e le mostrò il Brillante degli Elfi. Phékda lo guardò con un misto di terrore e rabbia, e il Brillante l’abbagliò con la sua luce.

Phékda urlò di dolore e arretrò fino alla parete. Mailo avanzò tenendo alto il Brillante e con l’altra mano la spada. La luce della pietra verde si era affievolita, e lui sentì il potere dell’incantesimo svanire. Con un urlo affondò la spada nel petto della donna, spezzando la pietra e ferendo a morte Phékda. Questa si guardò disperata la pietra bagnata di sangue.

<< Sei riuscito a capire che la usavo per colpirvi >>boccheggiò, una nota di ammirazione nella voce, e si accasciò per terra.

Mailo si chinò su Rio e lo voltò delicatamente. Il Brillante lo stava curando di nuovo e dopo pochi istanti il giovane soldato aprì gli occhi. Per un attimo parve stupito trovandosi di fronte Mailo che gli sorrideva.

<< Sono ancora vivo? >>esclamò confusamente.

<< Be’, io di certo non sono morto! >>disse Mailo. << Quindi suppongo che anche tu sia vivo >>

Si alzarono e Rio guardò Phékda stesa poco lontano, poi la spada sporca di sangue di Mailo. Non gli ci volle molto per comprendere cos’era successo mentre lui era svenuto.

<< Vieni, gli altri ci stanno aspettando, e anche Denebola dovrebbe essersi svegliata >>

Insieme ridiscesero il tunnel e raggiunsero Denebola, seduta per terra con aria smarrita. Il Bastone di Andromeda che prima Mailo non aveva notato, giaceva accostato alla parete. Quando Denebola udì il rumore dei loro passi, scattò in piedi allarmata ed estrasse la spada.

<< Sei viva! >>esclamò Rio. Le corse incontro e l’abbracciò, lasciandola non poco sorpresa.<< Phékda continuava a dire che ti aveva uccisa >>

<< Ci è mancato davvero poco >>disse Denebola. << Era riuscita a intrappolarmi con un sortilegio e ha iniziato a parlarmi. Credevo di impazzire dal dolore, e poi sono caduta >>

<< La stessa cosa successa a me >>annuì Rio, << e sono sicuro che se non ci fosse stato Mailo, Phékda sarebbe riuscita nel suo intento >>

<< Fortuna che io e gli altri ci siamo risvegliati quasi subito! >>disse Mailo.<< Phékda voleva sbarazzarsi subito dei Portatori e così non si è preoccupata di mettere delle barriere alle nostre menti >>

Trovarono Alexander, Tinhos e Aiska ad aspettarli sulla soglia dell’uscita del tunnel, oltre la quale si scorgeva un debole bagliore rosso. Dopo aver raccontato brevemente cos’aveva fatto Phékda, Rio spiò cauto dal tunnel e fece segno agli altri di seguirlo. Tol Neinas giganteggiava su di loro, terribile e maestosa, nera come il giaietto e illuminata dal basso dal lago di lava. Era incredibile che una fortezza del genere, alta almeno duecento piedi, si trovasse all’interno di un vulcano. L’attenzione dei compagni andò tuttavia sulle mura sorvegliate dai Malredin al ponte levatoio abbassato posto sotto la sorveglianza di due orchi che guardavano fisso davanti a sé.

Fortunatamente i compagni era nascosti da una rete di massi che parevano essere stati ammucchiati lì apposta, così poterono osservare ogni angolo visibile della fortezza e accertarsi che di guardia ci fossero solo i Malredin e quei due orchi.

<< Tenugh si trova lì dentro >>disse Denebola. << Per raggiungerlo dovremo fare molta attenzione. Presto scoprirà che Phékda è stata sconfitta, e forse ne è già al corrente >>

<< Hai ragione, ma non possiamo entrare sotto gli occhi di quei traditori e passare davanti a quei orchi senza che nulla fosse >>disse Aiska.

<< Possiamo, invece >>disse Denebola,<< ma non riusciranno a vederci. Compirò la mia prima magia qui dentro e può darsi che con questo attirerò l’attenzione di Tenugh. Tuttavia, lui non ha occhi capaci di scrutare attraverso le mura di Tol Neinas. Penso che aumenterà la guardia all’interno della fortezza >>

<< Non è questo il momento di usare il teletrasporto? >>chiese Alexander.

<< Tol Neinas è ben protetta dai sortilegi di Tenugh >>replicò Denebola. << Teletrasportarci tutti dentro è impossibile quanto impensabile. Ma conosco un incantesimo che ci permetterà di entrare con più facilità, se solo tu mi lasciassi fare >>

I compagni la guardarono in attesa mentre Denebola pronunciava sottovoce parole arcane che sembravano appartenere alla lingua elfica.

<< Meil naìnos dar andral ! Meil naìnos achtangel waral ! >>

Rio avvertì una strana sensazione, come se gli fosse stata gettata in faccia una secchiata di acqua ghiacciata e contemporaneamente si fosse scottato una mano. Si guardò perplesso e vide che non era successo nulla.

<< Mentre attraversiamo il ponte levatoio non parlate >>avvertì Denebola.

<< Che cosa ci hai fatto? >>chiese Rio.

<< Ci ho resi invisibili agli occhi delle guardie, così da poter entrare inosservati. Una volta certi di essere al sicuro, dentro, spezzerò l’incantesimo >>

<< Non sarebbe male se raggiungessimo Tenugh in questo modo >>disse Alexander.

<< Sì, ma non ho le energie necessarie per mantenere a lungo l’incantesimo >>disse Denebola.

Ancora lievemente dubbiosi, i compagni lasciarono il loro nascondiglio e si diressero a passo deciso verso il ponte levatoio. Quando Rio mise piede sul duro legno, alzò lo sguardo sulle mura, ma i Malredin continuavano a guardare dritto di fronte a sé e gli orchi parlavano a bassa voce tra di loro. Dal ponte si avvertiva il calore soffocante del lago di lava e ogni tanto qualche lapillo schizzava in alto finendo a pochi passi dai piedi dei compagni. Gli orchi non diedero segno di aver visto o udito qualcosa di strano e continuarono a discutere e lamentarsi dell’arroganza dei Malredin e la noia nel stare di guardia invece di uscire dai vulcani e distruggere qualche villaggio.

Il cortile di Tol Neinas era in lucida pietra nera, e l’oscurità parve infittirsi negli angoli dato che il chiarore del lago non riusciva a raggiungerli. Le lunghe file di finestre ad arco erano immerse nell’ombra e di tanto in tanto sembrava che forme più scure passassero lì davanti gettando occhiate di sfuggita al cortile. All’ultimo piano, all’estremità della parete, c’era l’unica finestra veramente illuminata dall’interno, e Denebola, guardandola, avvertì l’aura di potere che vi aleggiava sia dentro che fuori, come una barriera impenetrabile, e un brivido le corse lungo la schiena. Era quella la loro meta finale, dove si sarebbero scontrati con Tenugh e si sarebbero decise le sorti di Valdmurt.

Giunsero di fronte al portone di ebano, e Denebola fece scattare la serratura soltanto schioccando le dita, e loro entrarono.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo XVIII - Tol Neinas ***


Incolla qui il testo.

 

Entrarono in un ampio atrio, con il pavimento ricoperto da un mosaico raffigurante un drago cremisi che sputava fiamme nere e verdi. Sulle pietre delle pareti erano incise rune di un’antica lingua che i compagni supposero appartenesse agli antichi abitanti delle regioni meridionali. Ogni cinque pietre c’era un candelabro poggiato su una mensola di ferro. L’atrio era di forma quadrata e su ciascuna parete c’era un arco che portava ad una rampa di scale. In alto, molto lontane, si udivano voci in lingue diverse.

Denebola sciolse l’incantesimo e disse:<< Dobbiamo dirigerci all’ultimo piano, dove si trova Tenugh >>

<< Perciò dobbiamo trovare la rampa di scale giusta >>disse Tinhos, << anche se è probabile che tutte queste alla fine converghino in un unico punto >>

<< Ma prima potrebbero condurre in luoghi insidiosi >>replicò Rio. << Dobbiamo decidere con attenzione >>. Nella testa gli echeggiavano ancora le parole di Phékda. Scosse la testa per cacciare quella voce e vide che Mailo lo guardava.

<< Non devi temere di prendere una decisione >>gli disse a bassa voce, come se gli avesse letto nel pensiero.

<< Io propongo le scale a destra >>disse Alexander, sbirciando cautamente oltre l’arco. << Mi pare che si spingano fino al secondo piano e Tol Neinas ne ha quattro >>

<< Saliamo per di qua, allora >>disse Rio.<< Parliamo il meno possibile e speriamo di non incontrare nessuno >>

Ben presto si resero conto, però, che nonostante la sua gigantesca molte, Tol Neinas all’interno era praticamente infinita. Assomigliava in tutto ad un palazzo reale e i compagni lo avrebbero scambiato per tale se per i corridoi non aleggiasse sempre quell’aria intrisa di odio e desiderio di vendetta e ad ogni passo la consapevolezza di trovarsi in casa del nemico provocasse spiacevoli brividi a tutti loro.

Venti gradini, trenta gradini, cento gradini…Raggiunsero il primo pianerottolo dopo quelle che parvero ore. Un lungo corridoio di cui non si vedeva la fine partiva da un’unica porta spalancata e si affacciava sul lato nord della fortezza, dalla parte opposta al ponte levatoio. Ma le scale continuavano verso l’alto e Alexander le osservò a lungo perplesso, grattandosi la barba.

<< Dall’atrio mi sembrava una rampa di massimo venti gradini >>disse, << e sono riuscito a vedere il pianerottolo del secondo piano. Ma è come se avessimo appena salito mille gradini! >>

<< Forse è così, o forse no >>disse Denebola.<< Tenugh può aver lanciato incantesimi illusori alle scale, così da farci credere di raggiungere presto il primo piano o affaticarci nel tentativo >>

<< Laggiù ci sono altre scale >>disse Tinhos indicando l’altra estremità del corridoio che solo lui poteva vedere.

<< Dove conducono? >>chiese Rio.

Tinhos avanzò cauto nel corridoio, scrutando nel buio e tendendo contemporaneamente l’orecchio verso la porta chiusa a metà del passaggio. Denebola volle rischiare e fece apparire una debole fiamma sufficiente ad illuminare il corridoio nel raggio di dieci metri.

<< Sono molto più brevi di quelle appena percorse >>disse l’elfo, << ma forse la magia di Tenugh sta ingannando anche i miei occhi >>

<< Andiamo da quella parte, sperando che tu abbia ragione, altrimenti impiegheremo una settimana prima di raggiungere il secondo piano >>disse Rio.

Il corridoio si estendeva per quasi cento metri, ma l’unica minaccia era quella rappresentata dalla solitaria porta posta nell’esatto centro del corridoio. Oltre di essa si udiva un parlottare concitato e il debole scoppiettare di un fuoco. I compagni si affrettarono a raggiungere l’altra estremità del corridoio, dove partiva una scalinata in pietra bianca che faceva un netto contrasto con l’oscurità regnante. Ma i gradini non erano immacolati e su molti era rimasta l’impronta di piccoli piedi sudici e tracce di terra.

Tinhos non si era sbagliato, e arrivarono subito su un ampio corridoio tappezzato di stendardi e arazzi dorati. Non c’erano porte, fortunatamente, e i compagni passavano già a metà del corridoio quando udirono un forte scalpiccio. Si immobilizzarono e si guardarono attorno. Il rumore li stava raggiungendo rapidamente. Affrettarono il passo; erano arrivati ad una svolta quando una ventina di goblin uscì dall’oscurità bloccando il passaggio. I compagni si voltarono e andarono a sbattere contro Mailo e Alexander, che si trovavano in retroguardia e si erano bloccati all’improvviso. Una seconda schiera di goblin stava finendo di percorrere il corridoio per fermarsi a meno di dieci passi dagli uomini. Tenevano alte le asce affilate o i pugnali dall’elsa nera e raffigurante l’emblema di una spirale di fumo bianca.

I loro occhi di pece li scrutavano crudeli e beffardi. I compagni attesero con ansia un gesto, un attacco, che però non venne.

Non rientrava nell’incarico dato ai goblin quello di uccidere i prescelti, ma di farli prigionieri e condurli dal loro capo che avrebbe individuato i portatori dei cristalli. Ma non erano in grado di comunicare con altro che i loro versi rauchi, e i compagni, avendo compresa la finalità della situazione, non avevano intenzione di collaborare, e, come se avessero comunicato mentalmente tra loro, attaccarono.

Denebola tolse rapidamente il cristallo dal Bastone di Andromeda, che emanò un lampo, accecando e sparpagliando i goblin che bloccavano il corridoio alla svolta. Rio, Alexander e Aiska uccisero quelli rimasti illesi e fuggirono.

Il corridoio ora proseguiva serpeggiando e si cominciavano a scorgere le prime porte che si spalancavano al rumoroso vociare dei goblin, facendone riversare altre innumerevoli decine. I compagni voltarono a destra, in un passaggio finalmente più luminoso grazie ai piccoli bracieri che bruciavano per terra lungo le pareti.

<< Antalam! >>esclamò Denebola, e la fiamma volò oltre Mailo e Tinhos alla retroguardia e si trasformò in un muro di fuoco impedendo ai goblin di avanzare.

Gli strilli delle creature erano distanti quando i compagni giunsero ad un bivio. Fecero per fermarsi, ma un sonoro schiocco risuonò alle loro spalle e Denebola voltò senza indugiare a destra. Più avanti il corridoio terminava con una porta sbarrata.

Questa volta il gruppo si fermò a guardare dubbioso la porta, domandandosi che cosa li attendeva oltre. Rio fece roteare la spada e con un calcio la aprì.

Tinhos tese l’arco. Alexander alzò la spada. Ma non si vedeva nulla. Come gran parte della fortezza, quella stanza era buia. Denebola richiamò la sfera di fuoco, che sfrecciò oltre Rio e illuminò la stanza. Era circolare e davanti la porta c’era un soffice tappeto scuro. I compagni scrutarono dentro: di fronte a loro c’erano due porte, identiche. Rio fece segno di entrare.

Avanzarono fino alle due porte e osservarono le parole incise sugli stipiti.

<< Jianas >>lesse Tinhos guardando i segni sulla porta a sinistra, << e orthacos >>su quella a destra. << Ghiaccio e fiamme >>

<< Quale sarà la strada giusta? >>mormorò Mailo.

Dei tonfi lontani fecero sussultare il gruppo. Alexander corse a chiudere la porta.

<< I goblin si avvicinano >>sibilò.

<< Sai da che parte possiamo andare? >>chiese Rio a Tinhos.

L’elfo osservò la porta dove era scritto jianas, aggrottò la fronte e guardò l’altra.

<< Dietro ad entrambe c’è un corridoio, sento i sibili dell’aria >>disse. << Ed entrambe le strade convergono in un unico punto. Sembrerebbero deserte, anche se >>Chiuse gli occhi e si accostò alla porta a sinistra, in ascolto.<< Delle forze maligne vagano nei corridoi. Sono invisibili, ma distruttive >>

<< Dovremo affrontarle >>disse Rio.

Dietro di lui Alexander urlò: un’ascia aveva aperto una fessura nella porta. Il goblin la ritrasse e sferrò altri colpi. Tinhos incoccò le frecce e i dardi trafissero la creatura. Ma la breccia era grande e con altri pochi colpi i goblin sarebbero entrati.

<< Dobbiamo depistarli! >>disse Rio. << Tre da una parte e tre dall’altra >>

<< È pericoloso! Restiamo uniti >>gridò Alexander. Tinhos lasciò un’altra freccia.

<< Un portatore per gruppo >>urlò Rio con una voce che non ammetteva repliche. << Ci rincontreremo alla fine dei corridoi. Mailo, andiamo! >>

I primi goblin iniziavano ad entrare, brandendo le asce. Mailo raggiunse Rio e Alexander e insieme varcarono la porta con su scritto jianas. Corsero per qualche passo, ma si fermarono di botto udendo le rauche risate dei goblin al di là della porta chiusa. I tre tentarono di scorgere qualcosa nell’oscurità. Poi Rio sentì Alexander sussultare accanto a lui; non gli ci volle molto per scoprire cosa aveva visto. Sulla parete in alto era apparsa una frase dalle parole argentee, e il loro riflesso spettrale brillò sui volti curiosi e sbigottiti dei tre uomini.

 

In am enencheli astà

Jianas teorùm a orofrusih

 

 

<< Cosa c’è scritto? >>mormorò Mailo. << È elfico? >>

Rio sentì Afior agitarsi e la sua voce gli sussurrò nella testa. Alla luce delle parole Alexander vide il soldato spalancare gli occhi, inorridito.

<< C’è scritto >>disse Rio, cercando di non far tremare la voce. << In codesto luogo dimorano gli spiriti. Il ghiaccio è la loro vita >>. Si volse verso la porta. I goblin non si udivano più e non avevano tentato di seguirli: sapevano dunque cosa accadeva in quel luogo?

<< Siamo ancora una volta in trappola >>disse Alexander. << E naturalmente come noi anche gli altri. Rio, cosa facciamo? Ci arrischiamo ad andare avanti? >>
<< Oltre la porta i goblin potrebbero stare ad aspettarci >>disse Rio. << Tinhos ha detto che questo corridoio e quello in cui adesso lui si trova si uniscono più avanti. Dobbiamo proseguire >>

<< Aspetta! >>disse Alexander. << Se sei riuscito a decifrare quella scritta devi pur comprendere il suo significato >>

<< È solo una scritta intimidatoria! Tenugh non ha ancora al suo servizio gli spiriti >>

<< Può darsi, ma Tinhos ha detto anche che qui ci sono forze maligne, e che siano spiriti o meno, sono potenti >>

<< E io gli risposi che le avremmo affrontate >>

<< Per farlo abbiamo bisogno della magia di Denebola >>

<< Oppure dell’aiuto di Afior e dei Brillanti di Aquos >>

<< Non sono abbastanza potenti! >>

<< Fate silenzio! >>esclamò all’improvviso Mailo. Corse alla porta. << I goblin non se ne sono andati, e a quanto sembra non hanno seguito Tinhos. Non c’è altro da fare: dobbiamo andare avanti >>

Alexander lo raggiunse e accostò l’orecchio alla porta. Udì vaghi e indistinti i versi dei goblin nell’altra stanza. Contrariato, si raddrizzò e guardò Rio.

<< Allora guidaci >>disse.

Era difficile muoversi nel corridoio senza una torcia. Camminavano a tastoni, affiancati alla parete e con le spade ben alzate nel caso fossero servite. Rio, in testa, ponderava bene il pavimento prima di avanzare, chiedendosi se Tinhos non si era sbagliato nell’avvertire esseri invisibili in quel luogo. Certamente tirava una corrente fresca, che gelava loro le mani ma che rappresentava anche la via per l’uscita e, speravano, per la luce.

Scoprirono ben presto, però, che quel corridoio era molto più lungo di quanto si aspettavano, come d’altronde le scale al pianterreno. Più che un corridoio sembrava una strada che procedeva dritta senza svolte. Tenugh aveva gettato qualche incantesimo illusorio anche in quella zona della fortezza, soprattutto ora che erano stati scoperti.

Camminavano da quelle che parevano ore. Alla fine Alexander si fermò e si rifiutò di andare avanti senza aver prima fatto una sosta. Si sedettero allora e mangiarono in silenzio quel poco cibo che non avevano lasciato a Berry, Toh-ton e Rihma, e riposarono senza però addormentarsi. Il timore di poter vedere spuntare fuori dal nulla qualche spirito o demone li teneva svegli e all’erta.

Rio non faceva che pensare a Tinhos, Denebola e Aiska e a sperare che stessero bene. Alexander voleva proporre di tornare indietro per affrontare i goblin ed entrare nel secondo corridoio, ma sentiva che parlare poteva essere imprudente, in mezzo al lugubre e soffocante silenzio che li circondava. Era peggio che stare in un cimitero. Nella mente di Mailo non facevano che susseguirsi le parole sulla parete e domande su cosa avrebbero affrontato prima di ricongiungersi con i loro compagni.

Ripresero il cammino senza proferire parola. Il corridoio proseguiva impassibile diritto come la lama di una spada, ma pian piano si fece leggermente più largo e illuminato. Rio distingueva vagamente le piastrelle del pavimento e la sua mano poggiata alla parete. Si voltò per vedere i suoi compagni, stanchi quanto lui. Si fermò, e Mailo e Alexander fecero lo stesso. Alexander si appoggiò stancamente alla parete e tirò un profondo respiro.

<< È una cosa che non sopporto >>disse Mailo in un sussurro. << Non faccio altro che pensare agli spiriti di cui parlava la scritta. So cosa stai per dirmi >>disse quando Rio aprì la bocca, << si trattava solo di una minaccia inesistente messa lì per spaventarci e farci tornare dritti tra le luride braccia dei goblin. Ma comincio a non credere che sia così. Avverto delle presenze intorno a noi. Delle presenze che volteggiano e quasi ci sfiorano, ma non lo fanno come se avessero paura di toccarci. Eppure a volte le sento così vicine che ho l’impressione di vedermi apparire davanti agli occhi qualche demone! >>

<< Preferisco che si mantengano a distanza >>disse Alexander guardando il soffitto. << Non saprei proprio come affrontare un demone nelle condizioni in cui ci troviamo adesso. Siamo esausti, camminiamo da ore e questo maledetto corridoio ancora non finisce! Come ha fatto Tinhos a sentirne la fine? Io ho come l’impressione che rimarremo qui per sempre! >>

<< La luce aumenta ad ogni passo, e l’aria si fa sempre più fresca >>disse Rio. << Sento che la fine non è lontana >>

<< Certo, la nostra fine! >>ribatté Alexander con un sorriso sarcastico. Si raddrizzò ma nel farlo sentì un rumore gutturale alle sue spalle, e la parte di parete su cui si era poggiato scomparve. Alexander urlò e cadde all’indietro nell'abisso nero simile ad un pozzo. Rio e Mailo scattarono in avanti ma prima che riuscissero ad afferrargli la mano la parete tornò al suo posto e loro furono sbalzati all’indietro.

 

La fiammella danzava allegramente davanti il viso stanco del giovane elfo che tentava di scorgere un’uscita da quell’inferno infuocato nel quale erano capitati. Ormai aveva perso il conto dei passi che avevano fatto. Era impensabile che quel corridoio si trovasse a Tol Neinas; era interminabile e oscuro, e Tinhos si rimproverava di essersi lasciato ingannare dalle magie di Tenugh. Be’, come dissero loro una volta i Saggi, egli era un maestro ingannatore. Eppure l’elfo avvertiva la presenza di esseri attorno a loro. Sperò sarebbe servito a qualcosa avere al suo fianco una novizia di Aldebaran, perché nel caso di un combattimento la sua abilità con l’arco non lo avrebbe aiutato.

<< Vedi niente? >>chiese Aiska, seduta dietro di lui con Denebola.

<< Vedo la fine del corridoio >>rispose Tinhos senza la benché minima gioia. Stava imparando a non cadere più sotto le illusioni di Tenugh. << Direi che è abbastanza vicina, e così spera il mio cuore >>

<< E anche i nostri >>disse Aiska.<< Se avessi saputo prima che questo corridoio è interminabile sarei tornata fuori ad affrontare i goblin >>

<< Ne abbiamo già parlato >>disse Tinhos. << Ma vi invidio. Voi due non vedete ad ogni passo la porta che ci condurrà fuori da questo posto, e non rischiate perciò di venire illuse >>

<< Ci stiamo illudendo tutti dal momento in cui siamo entrati a Tol Neinas >>replicò Denebola.<< Mi innervosisce pensare che siamo vicinissimi a Tenugh e che non riusciamo a raggiungerlo >>

<< Proseguiamo, allora! >>disse Tinhos. << Non vedo l’ora di lasciare questo orribile corridoio >>

La luce della fiamma proiettava le ombre dei tre compagni sulle pareti facendole sembrare molto più grandi di quanto non fossero. Denebola aveva rinunciato a sforzarsi di indovinare quante ore erano trascorse da quando avevano oltrepassato la porta, e ora non faceva che pensare ai possibili pericoli che si celavano dietro la parola orthacos. Immagini sfumate e scure le apparvero alla mente.

Si fermò all’improvviso e si accasciò contro la parete, in preda ad un giramento di testa. Aiska la sorresse e notò che la giovane teneva ancora in mano il cristallo verde.

<< Tinhos, aspetta! >>chiamò. L’elfo tornò sui suoi passi e si inginocchiò accanto alla donna. << Non possiamo andare avanti così! >>esclamò lei mentre faceva sedere Denebola. << Comincerei a credere che stiamo girando in tondo nello stesso punto se il corridoio non fosse così diritto >>
<< L’aria >>mormorò d’un tratto Denebola, tirando profondi respiri, << si fa calda >>

Tinhos alzò la testa. Era vero. Più avanzavano e più la corrente fresca si tramutava in folate calde. Doveva esserci qualche fuoco acceso, più avanti.

<< Andiamo >>disse Denebola, rialzandosi.

<< Prima mangia qualcosa >>disse Aiska frugando nello zaino. << Ti stai indebolendo. E metti Deri in un altro posto che non sia la tua mano! >>

Denebola non l’ascoltò e fece qualche passo aggrappandosi al Bastone: le era parso di udire una voce aldilà della parete davanti a lei. Si accostò e tese l’orecchio.

<< Hai sentito qualc… >>.Tinhos si interruppe e guardò turbato Denebola scivolare e sparire con un grido di sorpresa attraverso la parete alla quale si era appoggiata. La raggiunse e tastò freneticamente la parete fredda. << Magnifico! >>sussurrò. << Denebola! Mi senti? Dove sei? >>urlò dando dei colpi contro le pietre.

<< Come è successo? >>esclamò Aiska. Voltò la testa a destra e sinistra, poi spinse con tutte le sue forze la parete. << Niente! Possibile che Tenugh abbia deciso di lasciare il suo nascondiglio e di separarci dai Portatori? >>

<< Questa non è opera di Tenugh, anche se non metto in dubbio che abbiano agito sotto i suoi ordini >>disse Tinhos.

<< Di chi stai parlando? >>

<< Dissi che c’erano forze potenti in questo corridoio, e sono sicuro di non essermi sbagliato. Le ho sentite anche prima. Se solo sapessi dove hanno portato Denebola! >>

Aiska si morse il labbro. Era impossibile che Denebola era svanita nel nulla. Prese per mano Tinhos e lo trascinò lungo il corridoio. Denebola era sicuramente in un’altra zona di quel lungo tunnel, continuava a ripetersi.

Il calore aumentò e la fiamma, che aveva continuato a seguirli, si fece via via più debole e infine sparì. Ma adesso c’era abbastanza luce proveniente da un punto davanti a loro. Aiska e Tinhos si fermarono e guardarono in basso dinanzi a loro. Il corridoio si interrompeva bruscamente su una profonda voragine che lo separava dall’altra parte con una distanza di quindici piedi. Un laghetto di densa lava ribolliva lì sotto emanando una fioca luce insopportabile a vedere, e un calore soffocante.

Tinhos e Aiska guardarono disperati il corridoio che continuava oltre il lago. Una violenta scossa di terremoto fece tremare la parte di corridoio dove si trovavano. Le scure piastrelle romboidali scomparvero sotto i piedi di Tinhos e caddero nella lava. Tinhos annaspò e Aiska, che non lo aveva lasciato, cadde in ginocchio avanti, ma non allentò la presa sulla mano dell’elfo.

La lava ribolliva minacciosa e Aiska sentiva l’armatura farsi pesante, e le mani erano sudate.

<< Mi devi lasciare andare >>disse Tinhos.

<< Niente affatto! Non ti lascerò cadere! >>ribatté Aiska.

<< In questo modo ti trascinerò giù con me >>urlò Tinhos. << Ascoltami! Lascia la mi mano, ripercorri il corridoio più veloce che puoi e trova Rio e gli altri >>

Aiska scosse la testa sentendo la mano sudata dell’elfo scivolare lentamente dalle sue. Provò a tirarlo su, con l’unico risultato di scivolare ancora più avanti. Ricacciò indietro le lacrime che le erano salite agli occhi e riprovò.

<< Dammi ascolto! >>disse Tinhos. << Ti prego! Almeno ora…fa’ come desidero >>. Sorrise tristemente quando i suoi occhi incrociarono quelli azzurri di Aiska.<< Mi perdonerai per aver avuto la presunzione di volerti portare con me senza sapere prima la tua opinione? >>

<< Non dirlo… >>Aiska sentì la mano dell’elfo scivolare rapidamente. << Perdonami tu per essermi comportata da bambina viziata e capricciosa >>disse poi. Tinhos si era fatto più pesante e lei vide con orrore di essersi distratta e di star lasciando la sua mano. Si scosse e disse:<< Tutto quello che desidero è starti accanto! Non mi importa dove deciderai di andare, ma io non ti permetterò di farlo da solo! >>.Raccolse tutte le energie che le rimanevano e tirò l’elfo su. Tinhos si aiutò aggrappandosi ad una fessura che le piastrelle del pavimento avevano lasciato cadendo.

Scivolò sul pavimento per riprendere fiato. Aveva avuto per un attimo l’impressione di stare per sciogliersi sotto il calore della lava. Si rialzò e abbracciò Aiska che tremava violentemente in preda ai singhiozzi.

<< Nao ler >>le mormorò prima di baciarla dolcemente.

<< Ah-ehm! Scusatemi… >>

Tinhos e Aiska sussultarono e la donna afferrò rapidamente la spada, ma strabuzzò gli occhi quando vide chi aveva parlato.

<< Scusatemi!Non avevo intenzione di disturbarvi! >>implorò Rihma fissando con apprensione la punta della spada a pochi centimetri dal suo volto. << Berry mi ha mandato a vedere come state! >>

<< B-Berry? >>balbettò Tinhos. << Siete tornate indietro tutte e tre? >>

<< Toh-ton sta portando i cavalli in un luogo sicuro, ma presto ci raggiungerà anche lei >>rispose Rihma.<< Non potevamo fare a meno di preoccuparci per voi quando vedemmo un plotone di orchi rientrare in fretta e furia nel Mhassàuschi. Io e Berry siamo corse subito qui e non ci è voluto molto per scoprire dove vi eravate diretti. Trovammo i corridoi del secondo piano pattugliati dai goblin e una guardia di fronte alla porta del Weamenas. Così ci siamo separate: Berry ha oltrepassato la porta a sinistra e io l'altra. Abbiamo dovuto perdere qualche minuto per distrarre i goblin, però >>

<< Come hai detto, prima? Cosa significa Weamenas? >>chiese Aiska.

<< Non ha un significato preciso. Nella lingua degli uomini può essere tradotto come "trappola" o "oscuro passaggio" >>rispose Rhima. << E' il luogo in cui vi trovate >>

<< Molto bene >>disse Tinhos, leggermente disorientato. Guardò l'altra parte del corridoio, poi il lago di lava che continuava a ribollire sotto di loro. << Rhima, hai un'idea per tirarci fuori di qui? >>

<< Non c'è alcun problema >>rispose gentilmente il folletto. Con un gesto fece apparire un ponte fatto di funi saldamente unite fra loro fino all'altra parte del corridoio.

<< Con questo stupiremo i goblin, perché non si aspettano che voi riusciate a percorrere tutto il corridoio >>disse, prima di precederli nell'attraversamento del ponte.

Giunti dall'altra parte, Tinhos scorse di nuovo l'uscita, ma stavolta il suo animo fu invaso dalla speranza ed era certo che non si trattava più di un'illusione. Infatti, poco più avanti, incontrarono un grande arco di pietra illuminato ai lati da due torce. L'elfo avvertì la presenza degli spiriti seguirli fino a quel punto per poi tornare indietro e non minacciarli più.

Oltre l'arco c'era un piccolo atrio privo di finestre, con una porta in legno scuro su una parete. Accanto all'arco del corridoio di orthacos ce n'era un altro identico, che Rhima proibì a Tinhos e Aiska di oltrepassarlo. I due compagni si sedettero di fronte agli archi e mangiarono qualcosa. Rhima volava avanti e indietro gettando frequenti ed ansiose occhiate alla porta chiusa e all'arco di jianas.

 

Denebola fece in tempo a vedere lo scivolo di pietra sul quale stava cadendo e che si immergeva in una profonda oscurità, prima che la parete dietro di lei si richiudesse. Cadde a faccia in giù sulla dura pietra e per lunghi minuti sentì sul viso un vento freddo che sapeva di umido man mano che scivolava a gran velocità. Udì sopra di lei, in qualche punto lontano, Tinhos che la chiamava. Voleva rispondergli ma lo scivolo voltò bruscamente e lei per poco non fu sbalzata fuori; poi lo scivolo si inarcò in alto, terminando.

Denebola tese le braccia per parare la caduta e quando toccò terra scivolò per qualche metro prima di fermarsi completamente. Per tutto il tempo aveva tenuto gli occhi saldamente chiusi, e quasi temeva ora ad aprirli. Il Bastone di Andromeda atterrò dietro di lei.

<< Apri gli occhi. Sta venendo Alexander! >>disse Deri ancora nella mano della giovane.

Con grande fatica, Denebola aprì gli occhi e si alzò. Si trovava in una bassa galleria molto simile a quella che si trovava all'entrata del Mhassàuschi, tranne per il fatto che regnava una debole luce la cui fonte Denebola non riuscì ad identificare. Da dietro un angolo apparve Alexander, scombussolato e sconvolto quasi quanto lei. Rimasero a fissarsi per un lungo istante. Infine Alexander espresse ad alta voce quello che anche Denebola stava pensando, nonostante non fosse quello il pensiero che più la assillava.

<< Come è possibile che noi due ci ritroviamo sempre in qualche galleria umida, separati dagli altri? >>

<< Me lo chiedo anch'io >>rispose Denebola. Raccolse il Bastone di Andromeda e vi pose sopra Deri. << Dove sono Rio e Mailo? >>

<< E' quello che cerco di capire da quando sono stato catapultato quaggiù >>disse Alexander con uno sbuffo. << Tol Neinas è fornita di passaggi segreti nascosti nelle pareti. Rio, Mailo ed io ci eravamo fermati a riposare ed io mi ero appoggiato al muro quando sono scivolato all'indietro e mi sono ritrovato in questa squallida galleria >>Gettò un'occhiata arrabbiata al tunnel e continuò:<< Anche a te è successa la stessa cosa, a quanto pare >>

<< Così sembra >>rispose Denebola, amareggiata. Si guardò intorno. << E' molto lunga questa galleria? >>

<< No. L'ho esplorata, e posso dirti che in confronto al corridoio dove mi trovavo prima è come una goccia d'acqua in mezzo all'intero oceano >>

Denebola seguì Alexander lungo la galleria. Oltrepassarono lo scivolo dal quale era venuto l'uomo e ben presto giunsero davanti ad un muro di mattoni sporchi che segnava la fine del tunnel.

<< Eccoci qui, bloccati senza una via d'uscita >>disse Alexander incrociando le braccia.

<< Vorrei usare il teletrasporto, ma è pericoloso all'interno di Tol Neinas >>disse Denebola. << Forse posso far sparire il muro, però >>

<< Per te dovrebbe essere una bazzecola >>

<< Lo spero >>Denebola alzò il Bastone e tracciò un semicerchio nell'aria sussurrando:<< Gensa! >>

Il muro rimase al suo posto e non mutò. Denebola riprovò altre volte, ma presto le energie le vennero a mancare e rinunciò. Alexander allora prese a tastare i mattoni rossastri ed a cercare di scorgere qualcosa tra le fessure.

<< E' assurdo! Possibile che con tutte le pareti che c'erano dovevo poggiarmi proprio su quella di un passaggio segreto? >>esclamò.

<< Deve esserci un modo >>mormorò Denebola, che si era lasciata scivolare a terra senza fiato.

<< Ah sì? E quale sarebbe? >>sbottò Alexander perdendo la pazienza. << Non limitarti a supposizioni prive di fondamenta ma fa' qualcosa di concreto! >>

Denebola alzò lo sguardo su di lui.

<< E cosa credi abbia cercato di fare, finora? >>

Alexander smise di tastare la parete e si voltò a guardare la ragazza. Si sentì subito un idiota.

<< Scusami >>borbottò, imbarazzato, inginocchiandosi accanto a lei, << non avrei dovuto dirti una cosa del genere. Se qui c'è qualcuno che sta facendo tutto il possibile quella sei tu. Io non faccio altro che lamentarmi >>

<< Sì, me ne sono accorta quando ti ho conosciuto >>replicò Denebola con un sorriso. << Devo solo riprendere fiato, poi vedrò di far sparire quella parete, dovessi buttarla giù a suon di spallate! >>

 

<< Chissà dove sono finiti! >>esclamò angosciata Aiska, stringendo forte l'elsa della spada.

Lei e Tinhos erano stati raggiunti da poco da Rio, Mailo, Berry e Toh-ton, e avevano appreso con costernazione che anche Alexander era sparito. Adesso sedevano tutti nell'atrio fuori dei corridoi del Weamenas, cercando di fare il punto della situazione.

Berry, Toh-ton e Rihma tentavano con scarso successo di far ragionare Rio, che voleva andare a cercare i compagni scomparsi. Il soldato passeggiava avanti e indietro guardando con odio le porte dei corridoi.

<< Potrei tornare indietro e passare dalla stessa parete nella quale è scomparso Alexander >>disse, rivolto più a se stesso che agli altri.

<< Non pensarci nemmeno >>lo ammonì Mailo. << Chi ci garantisce che riuscirai a ritrovare quella parete? >>

<< Inoltre non sono sicuro che riuscirai a passarci attraverso, anzi, a spostarla come Alexander e Denebola. Io e Aiska ci abbiamo provato e non è successo nulla >>aggiunse Tinhos.

<< Cosa facciamo, allora? Restiamo qui ad aspettare? E se gli fosse successo qualcosa? >>

<< Sanno cavarsela >>disse Mailo.

<< E se incontrassero qualche spirito o altro, cosa pensi che faranno? >>replicò Rio.

<< Denebola è un'allieva della Torre di Aldebaran e Alexander un valoroso guerriero >>rispose Tinhos.<< Non abbiamo motivo di preoccuparci ancora >>

Rio si portò le mani alla testa e riprese a camminare davanti ai compagni. Stare lì ad aspettare, soprattutto per lui, era molto frustrante. Aveva mille domande che gli ronzavano in testa alle quali non riusciva ad attribuire una risposta rassicurante. Il corridoio che lui e Mailo avevano appena percorso aveva mostrato la sua diavoleria grazie agli spiriti che lo abitavano e che avevano fatto il possibile per mettere fuori gioco gli intrusi rendendo l'aria ad ogni passo sempre più gelida. Ma se per Alexander e Denebola fosse stato diversamente? Se fossero capitati in luoghi ben peggiori?

Una violenta scossa fece tremare il pavimento dell'atrio, e la parete alle spalle di Rio si sbriciolò con un fragore tale che i compagni temettero venisse sentito da tutti gli abitanti del castello. Mailo, Tinhos e Aiska scattarono in piedi ed impugnarono le spade, in attesa che il polverone che si era sollevato si diramasse. Poi, udirono qualcuno tossire e un lieve tonfo alternato, come del legno che batte sulla pietra. Pochi secondi dopo, dove un attimo prima c'era la parete, comparvero Alexander e Denebola, entrambi impolverati da capo a piedi.

<< Spero di non aver ferito nessuno, con il mio incantesimo >>disse Denebola, che si appoggiava al Bastone di Andromeda.

I compagni tirarono un sospiro di sollievo e li aiutarono a scavalcare le macerie. Denebola e Alexander si sedettero per rinfrescarsi e raccontarono cos'era loro accaduto e la novizia spiegò come prima avesse radunato le forze prima di lanciare un potente incantesimo alla parete per poter passare.

<< Temevo che il mio corpo non avrebbe retto a tutto quello sforzo >>concluse, << ma, grazie agli dei, il brillante di Aquos mi ha protetta >>

Trascorsero ancora un po' di tempo nell'atrio. Dato che non c'erano finestre nessuno seppe dire se fosse giorno o notte e da quanto tempo si trovassero laggiù, finché Rio non si alzò e Berry e Toh-ton si offrirono di andare a controllare la situazione fuori.

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX - Tenugh ***


Incolla qui il testo.

 

Berry e Toh-ton tornarono presto dalla perlustrazione nei corridoi. Erano pallide come cenci e non portavano buone notizie. Alle loro spalle, in tutto il secondo piano, risuonavano gli echi di passi pesanti ed affrettati.

<< Sanno che siamo qui >>disse Berry.<< I Malredin devono aver sentito quando Denebola ha buttato giù la parete ed avvertito anche i goblin >>

<< Sono tantissimi e stanno perlustrando l'intero piano >>continuò Toh-ton con voce spaventata.<< Ed è probabile che avvertano anche le sentinelle dei piani superiori >>

<< Dobbiamo andare ora >>disse Rio, deciso. Si rivolse ai folletti:<< Ascoltatemi bene, voi tre: da qui in poi noi proseguiremo da soli. Voi lasciate questo posto e tornate nei vostri paesi >>

<< Non possiamo >>cominciò Rhima. << Siamo arrivate fin qui >>

<< Non voglio sentire scuse, stavolta >>replicò Rio.<< Il tempo scarseggia e noi dobbiamo mettere un buon vantaggio sui nostri inseguitori. Tornate indietro e assicuratevi che i nostri cavalli siano sani e salvi >>

Un suono acuto coprì le sue ultime parole e i passi si fecero più vicini. Rassegnati, i tre folletti volarono via mentre i compagni prendevano la direzione opposta.

Il pavimento tremava sotto i loro piedi mentre il suono si ripeteva minaccioso e giù si udivano le prime voci. I compagni correvano con quanto fiato avevano in gola, le spade sguainate e i nervi tesi, non preoccupandosi più di far rumore visto che ormai erano stati scoperti. Attraversarono i corridoi senza mai guardarsi indietro o rallentare, temendo di incontrare ad ogni angolo qualche brutta sorpresa.

<< Dobbiamo salire >>urlò Rio.<< Troviamo le scale prima di essere trovati noi stessi! >>

In quell'istante una schiera di goblin si riversò nel corridoio davanti a loro. Denebola si fece avanti e alzò il Bastone di Andromeda: Deri brillò e i goblin si accasciarono a terra. I compagni scavalcarono i loro corpi; Tinhos incoccò una freccia nel caso venissero colti di nuovo alla sprovvista.

Continuarono a correre lungo i corridoi tutti uguali che davano loro l'impressione di girare in tondo o di trovarsi in un immenso labirinto mortale. Le pareti si susseguivano identiche, senza una porta, e le finestre che si alternavano ogni quelli che ai compagni sembravano centinaia di metri. Fuori comunque il paesaggio era lo stesso: pareti rocciose illuminate dal fuoco. Si veniva quasi da chiedere se non fossero entrati in un brutto sogno, di quelli in cui si viene inseguiti e catturati mentre si tenta di arrivare alla fine.

I compagni si stavano chiedendo per l'ennesima volta quando sarebbero arrivati quando un rumore sopra le loro teste non li fece fermare. Alzarono lo sguardo e videro il soffitto sotto il quale pochi istanti prima stavano loro, crollare e lasciare riversare nel corridoio almeno un centinaio tra goblin e Malredin.

<< Non fermiamoci >>disse Rio, ma non fece in tempo a finire di parlare e a voltarsi che un secondo gruppo bloccò loro la strada nell'altra direzione.

Il Kurjhall che li capitanava rise sprezzante davanti ai volti stravolti delle loro prede.

<< Sorpresi, prescelti? Siete sorpresi di essere stati scoperti e poi catturati come topolini? >>

I compagni si strinsero l'uno all'altro. Erano talmente tanti, i loro nemici, che a stento riuscivano a vedere l'altra parte del corridoio.

<< Troppi. Sono troppi >>borbottò Mailo a mezza voce, sollevando la spada. Tinhos tese di più l'arco.

<< Cosa sperate di fare con quegli stuzzicadenti? >>li sbeffeggiò il Kurjhall.<< Credete forse di poter eliminare i grandi servitori di Lord Tenugh? >>

Denebola accolse la sfida. Sollevò il Bastone ancora una volta e da Deri scaturì un raggio che costrinse il gruppo del Kurjhall a dividersi. Un secondo fascio di luce e Malredin e goblin si portarono le mani agli occhi resi cechi.

I compagni non attesero un minuto di più. Approfittando della confusione superarono i nemici. Dopo qualche istante, però, una pioggia di frecce li costrinse a fermarsi ancora. I Malredin si erano ripresi per prima e ora tendevano i loro archi nella direzione dei fuggiaschi. Il Kurjhall rise ancora con sommo disprezzo.

<< I trucchi da prestigiatore non servono contro di noi, novizia! >>esclamò.

Denebola strinse i denti.

<< Non ci resta che affrontarli o continuare a correre >>disse Alexander.

<< In entrambi i casi facciamo attenzione >>disse Tinhos.<< Sono settantasette Malredin e cinquanta goblin >>

Il Kurjhall rise ancora. << Sai contare, figlio di Sorhio. Bene! Vediamo quanti ne siete capaci di uccidere, dunque! >>

<< VIA! >>urlò Rio.

Il Kurjhall rise mentre i Malredin e i goblin scattavano all’inseguimento. Una nuova forza sembrava essersi impadronita dei compagni, facendo scomparire la fatica. Ma Rio sapeva che non avrebbero potuto fuggire in eterno e che certamente al terzo piano li stavano attendendo altri nemici. Portò la mano alla faretra ma la scoprì vuota, e anche a Tinhos non rimanevano che poche frecce. Un Malredin lanciò contro Alexander, alla retroguardia, la lancia, che rimbalzò contro la barriera evocata da Denebola.

<< Vedo le scale! >>urlò d’un tratto Tinhos. << Ma sopra di noi ci sono altri Malredin. Stiamo per cadere in trappola! >>

Rio strinse il pugno sull’elsa della spada: non avevano il tempo per riflettere. Vide Denebola lanciare l’ennesimo incantesimo e i loro inseguitori si fermarono ostacolati da una barriera invisibile. I compagni fecero qualche altro passo prima di fermarsi.

<< È venuto il momento che i portatori vadano ad affrontare Tenugh senza i loro compagni >>disse Mailo quando ebbe ripreso fiato sufficiente per parlare. << Andate! Li terremo impegnati noi >>

<< Come, scusa? >>esclamò Rio guardandolo come se stesse scherzando. << Non possiamo lasciarvi solo ad affrontare un demone e più di quaranta servi di Tenugh armati d’ascia e spada! >>

Mailo lo afferrò alle spalle e lo scosse.

<< C’è un motivo se Deri abbia chiamato sei persone a combattere Tenugh anziché solo i due portatori! >>disse. << Il compito mio, di Alexander, Tinhos e Aiska è quello di farvi arrivare incolumi da Tenugh. Il vostro è quello di trovarlo e sconfiggerlo. Se rimanete verrete uccisi e tutto il nostro viaggio sarà stato vano. Vuoi che le parole di Phékda si trasformino in realtà?Tu e Denebola siete coloro che devono salvare Valdmurt. Noi siamo coloro che devono aiutarvi a farlo >>

<< In questo modo? >>ribatté Rio.

<< In questo modo, sì >>rispose Aiska. << Sbrigatevi ad andare al terzo piano prima che la barriera si spezzi >>

Denebola guardò i loro nemici. Il Demone Indefinibile li osservava calmo e impassibile, le braccia incrociate. Aveva il potere di rompere la barriera e ucciderli tutti con un sol colpo, ma evidentemente si stava godendo la scena della loro indecisione e paura. A quella vista Denebola non resistette; strinse il Bastone di Andromeda tanto forte che le nocche le divennero bianche.

<< Non vi lascerò senza aver prima fatto qualcosa >>disse con voce decisa. Si rivolse al Demone:<< I miei compagni ed io abbiamo ricevuto la benedizione di due delle più potenti Costellazioni, e la Casa delle Divinità e il potente Sire degli Elfi ci hanno garantito la loro protezione, perciò non puoi sconfiggerci! La vedi questa? È la Croce di Altair. Comincia a temerla! >>

<< Se il suo potere è pari a quel pezzo di legno al quale ti appoggi mi sarà difficile temerla! >>replicò il Demone.

Denebola alzò la Croce di Altair e recitò in elfico:

<< Haltair, Elnem tar,

o Ashik nìn-ande,

Gelichk in panerior,

wuse cademirior

tin a nèsu buticuk! >>

Le stelle scintillarono e per un attimo il corridoio si oscurò; le uniche cose visibili erano le stelle sulla croce che vi risplendevano come sulla superficie di un lago.

Le torce sulle pareti si riaccesero e i compagni guardarono stupefatti l’opera del sortilegio. Il Kurjhall era steso a terra e si stava trasformando lentamente in un esserino di un bianco lattiginoso con gli stessi occhi rossi dello stregone orientale. Accanto a lui giaceva metà dei Malredin, mentre l’altra fissava attonita la scena ad occhi sbarrati.

<< Ben fatto, ma adesso andate! >>esclamò Alexander balzando in avanti e levando la spada.

Denebola prese Rio per mano e si allontanarono dai compagni, senza voltarsi indietro quando Mailo, Aiska, Tinhos e Alexander intrapresero il combattimento con i nemici rimasti. Corsero con tutto il fiato che avevano e giunsero presso la scala che Tinhos aveva visto; si augurarono che non fosse come quella che avevano incontrato all’inizio e salirono. Improvvisamente Rio si fermò e fece segno a Denebola di non parlare; la novizia lo seguì in silenzio ma non riuscì a trattenere un piccolo urlo quando si appiattì lungo il muro per non essere travolta da un Malredin morto. Si affrettò a raggiungere Rio che aveva già fatto strage tra i Malredin che li stavano aspettando. Il soldato si accertò di aver ucciso tutti i nemici, poi si accasciò contro il muro e la spada gli scivolò di mano.

<< Questi erano gli ultimi a sbarrarci la strada >>sussurrò respirando velocemente.

<< Non ci resta molto da percorrere >>disse Denebola, << a meno che Tenugh non abbia gettato incantesimi anche su questo piano >>

<< Non gli ci vorrà molto a farci fuori >>disse d’un tratto Rio. Denebola lo guardò.<< Siamo stanchi e non riusciremo a sostenere un combattimento con Tenugh >>. Scosse la testa. << Siamo arrivati alla fine >>

Denebola si appoggiò accanto a lui e per molti minuti nessuno dei due disse nulla.

<< Sai >>disse Denebola, tremando lievemente, << forse è vero. Forse questa è la nostra fine. Ma non lasceremo che sia anche la fine di Valdmurt. La nostra missione non è ancora compiuta >>

<< Non sono sicuro della scelta di Afior >>mormorò Rio.

<< Ormai è tardi per tirarsi indietro >>.Denebola sorrise debolmente.<< Lui ti aiuterà quando ci troveremo davanti a Tenugh. Afior e Deri non ci lasceranno soli. La nostra missione non è ancora compiuta >>ripeté, ora con voce più alta e sicura. << Lotteremo e vinceremo, e, se alla fine sarà irrimediabile, moriremo anche. Ma mi rifiuto di lasciare questo mondo da sconfitta >>

Rio, che fino a quel momento aveva fissato la lama della sua spada, si accorse della voce della ragazza. Era da molto che non la sentiva parlare con quel tono orgoglioso e sicuro, pieno di speranza. Vide nei suoi occhi la paura per la sorte che li attendeva, e si meravigliò di pensare che aveva solo diciassette anni e aveva già affrontato tutte quelle avventure, pari a quelle che si sentivano narrare nelle leggende. Sentì il suo cuore alleggerirsi.

<< Che cosa significavano le parole dell’incantesimo di prima? >>

Denebola sorrise.

<< Altair, Stella guida,

degli Ashik speranza viva,

per i Prescelti luce amica,

aiutali con la tua potente magia contro i seguaci della bugia >>rispose. << È la prima volta che formulo un’invocazione alla Costellazione dell’Aquila e nessuno mi ha mai insegnato le parole. Ma è come se le conoscessi da tempo, e mi sono salite spontanee alla bocca >>. Rimirò la Croce di Altair e le stelle le si rispecchiarono negli occhi.

Attesero qualche altro minuto per recuperare le energie, domandandosi se Mailo e gli altri stessero bene o se i servi di Tenugh li avevano già sconfitti. A quel pensiero Rio sentì una morsa stringergli il cuore e le mani gli tremarono. Pregò in silenzio gli déi, ma i suoi pensieri furono interrotti da uno scalpiccio che aveva imparato a riconoscere e temere. Denebola si affacciò sulle scale, ma non aveva nemmeno raggiunto la balaustra che una freccia volò dal basso, sfiorando di pochi centimetri il suo viso.

I goblin scampati alla furia degli altri prescelti correvano come dannati su per le scale, noncuranti di fare chiasso mentre salivano; se ne erano salvati sei e alcuni reggevano due asce, una delle quali presa dai compagni uccisi.

Rio recuperò la strada e si preparò ad affrontare una nuova fuga. A quanto potevano vedere, il terzo piano era rimasto illeso dall’opera di difesa di Tenugh, forse per il fatto che quest’ultimo non aveva immaginato che i compagni sarebbero riusciti ad arrivare così in alto.

Rio e Denebola sforzarono i muscoli delle gambe fino al limite, ed evitarono accuratamente di guardarsi alle spalle, nonostante i pesanti passi veloci dei goblin stessero guadagnando terreno. I due compagni superarono una doppia porta alla sinistra ed entrarono in un corridoio con ai lati profonde fessure che potevano contenere comodamente due persone.

Al suo fianco, Rio vide Denebola rallentare. Si voltò indietro: due goblin si prepararono a colpirli. Senza perdere tempo a difendersi, Rio prese Denebola per un braccio e la costrinse a fare un ultimo sforzo. Subito dopo aver voltato un angolo la spinse dentro una fessura per darle il tempo di riposare; poi sparì. Denebola si appiattì contro il muro quando i goblin passarono davanti la fessura, senza degnarla di uno sguardo. Scomparvero finalmente dalla vista e dall’udito e Denebola si sedé per terra, poggiando delicatamente il Bastone e la Croce accanto a lei e tirando profondi respiri. Il dolore alle gambe diminuiva lentamente ma le membra si rifiutavano di intraprendere una nuova corsa, mentre nella mente i sortilegi di cui disponeva facevano fatica a riordinarsi. Denebola rimuginò a lungo sul sortilegio di poco prima; Altair non le aveva mai insegnato a chiedere aiuto alla sua costellazione, così come non lo avevano fatto Mira, Fabius o chiunque altro Saggio. In quel momento era stato come se qualcuno le stesse suggerendo le parole da pronunciare. Ma questo qualcuno era evidentemente molto distante perché Denebola potesse scoprire chi fosse. Tese l’orecchio, ma i corridoi erano deserti. Fece per alzarsi ma le gambe tremarono e cedettero, costringendola a rimanere seduta.

 

Rio sperò con tutta l’anima che i goblin non si accorgessero troppo presto che era rimasto solo e che non tornassero quindi indietro a cercare Denebola. Rispetto alla sua compagna gli rimanevano ancora energie sufficienti per battersi, ma tenere al proprio fianco la giovane novizia sarebbe stata una condanna a morte per lei. Il corridoio voltò ancora, e un’altra volta, ma chissà come era successo, Rio si ritrovò la strada chiusa. Il soldato si voltò rapidamente ma i goblin l’avevano già raggiunto. Sghignazzarono, e lui scoprì con angoscia che due di loro non c’erano. I goblin non erano stupiti di vederlo solo, e sicuramente quelli assenti erano andati alla ricerca di Denebola.

Rio fu costretto ad indietreggiare addosso al muro. I goblin abbassarono le asce e con un gesto gli intimarono di fare lo stesso con la spada. Il cervello di Rio lavorava febbrilmente, gli occhi vagavano per il corridoio alla ricerca di una via d’uscita. Ma quelle fetide creature lo avevano spinto in un vicolo cieco. Dal piano inferiore si levarono le urla dei compagni e degli uomini di Tenugh; poi, poco lontano da lui, Rio udì dei passi affrettati e temette si trattasse di Denebola. Doveva fare qualcosa per non farla cadere in trappola.

Denebola comparve prima che lui potesse pensare a qualcosa, all’altro capo del corridoio; il cristallo verde le illuminava il volto, minaccioso. Alla sua vista i goblin iniziarono ad agitarsi e alzarono le asce contro di lei. La ragazza alzò il Bastone di Andromeda e pronunciò nuove parole misteriose, e il muro dove era poggiato Rio si spaccò in due. Rio arretrò mentre la roccia franava e cadeva di sotto con un boato e sibilando nell’aria.

<< Rio, arrampicati fino al quarto piano! >>urlò Denebola tra il fracasso. Rio si affacciò sulla voragine; sotto di lui non c’era nessuno. Cercò un appiglio sulla parete della fortezza e scoprì con sollievo che tra una roccia e l’altra c’era una fessura che gli consentiva di poggiarvi le mani. Ripose allora la spada e iniziò ad arrampicarsi; prima di sparire al piano superiore guardò attraverso la parete distrutta. Denebola era sparita: nella confusione era andata a cercare le scale che l’avrebbero portata di sopra. I goblin si guardavano confusamente intorno, sconvolti per aver perso di vista i due portatori senza che nessuno se ne accorgesse. Alcuni si strofinavano con profondi grugniti gli occhi pieni di polvere.

Rio giunse su una terrazza sul fianco di Tol Neinas; scavalcò la ringhiera di ferro e si ritrovò davanti gli occhi la lunga lama di una spada.

<< I miei complimenti >>disse il Malredin con voce melliflua, << siete giunto sin qui. Mi domando se non sia grazie all’oggetto che portate, Lord Rio >>

<< E cosa importa ad un lurido Malredin dei miei oggetti? >>replicò Rio.

<< Lord Tenugh vi attende >>soggiunse il Malredin. << Seguitemi senza opporre resistenza >>Boccheggiò. Una palla di fuoco lo colpì in pieno petto, sfondandogli la maglia di ferro. Rio si rialzò e corse via ignorando le urla di dolore del Malredin. Afior continuava a brillare sotto l’armatura, riscaldandogli il petto.

Dopo aver oltrepassato una porta Rio percorse un breve tratto di corridoio e arrivò ai piedi di una lunga scalinata buia; guardò freneticamente in su e giù nel corridoio ma di Denebola non c’era traccia. Il soldato si sedé sul primo gradino, incerto su cosa fare. Le braccia gli dolevano per l’arrampicata e le orecchie erano tese, pronte a cogliere il minimo rumore. Infine, una stanchezza più grande di lui lo assalì, e Rio si accasciò per terra.

 

Fu così che Denebola lo trovò: una figura bianca che faceva un netto contrasto col buio attorno a lei, stesa sui gradini. Non appena la giovane lo vide credette che fosse morto, ma l’armatura era intatta e il respiro regolare. L’espressione sul viso era beata, ignorante del luogo dove stava riposando. Denebola esitò a svegliarlo, ma l’aura di malvagità che pulsava nelle tenebre della scalinata la scossero, provocandole un brivido involontario lungo la spina dorsale. Si chinò e scosse gentilmente il soldato.

<< Ci siamo >>sussurrò.<< Niente ormai ci separa più da Tenugh >>

Rio si alzò e prese la spada che Denebola aveva raccolto. Tirò un profondo respiro; aveva dormito poco ma in quei minuti aveva ritrovato le forze e il coraggio che negli ultimi tempi avevano vacillato. Prese Denebola per mano e salì la lunga scalinata. Sull’ultimo gradino giganteggiava un portone d’ebano che si aprì con un leggero tocco, ruotando silenziosamente sui cardini. Era una stanza lunga, con ai lati una fila di colonne nere e rosse che sostenevano il soffitto; le finestre erano chiuse da pesanti tendaggi color ambra. In fondo, su una pedana sistemata su tre larghi gradini, stava un altare sul quale erano state scavate delle frasi. Sul ripiano c’erano due incavi della misura di Afior e Deri; sotto, scavata appena nella roccia, una scritta fine ed elegante.

<< Orafhos chetamlen-tas quia livew, na quia antew >>lesse Denebola.<< Posate il vostro fardello, o voi che siete giunti >>.Sfiorò con le dita l’incavo della forma di Deri e alzò lo sguardo sulla stanza.<< Ci ha scambiato chiaramente per due stupidi se crede che poseremo qui i cristalli! >>

<< Può pensare a qualsiasi cosa, basta che si faccia vedere! >>disse Rio, ai piedi dell’altare. << Tenugh! >>chiamò. << Siamo venuti! Esci dalla tana e accoglici come padrone di casa! >>

Denebola si chinò a leggere le parole alla base dell’altare. Non le dicevano molto, e alcune indicavano solo antiche date.

La luce di Deri si era affievolita, come soffocata dal pesante silenzio che pareva aver conquistato improvvisamente la fortezza di Tol Neinas. Quella in cui si trovavano era una comune stanza, in perfetta armonia col luogo dove era stata costruita, ma negli spazi fra una colonna e l’altra era come se potenti magie fossero acquattate prima di uscire allo scoperto.

Dalla porta aperta entrò una fitta scia di fumo grigio, e al suo interno riluceva un tenue bagliore rosso. Denebola si rialzò in fretta e sgranò gli occhi, assalita da un intenso moto di terrore. Ci fu un lampo e quella che parve una potente folata di vento. Rio, che non si era mosso dal primo gradino, venne sbalzato di lato mentre avvertiva il calore del vento sulla faccia.

Si rialzò lentamente e rimase a bocca aperta: l’armatura era scomparsa, lasciando solo la chiara maglia di ferro. Cercò con lo sguardo Denebola, e la vide stesa per terra oltre l’altare, apparentemente svenuta. Fece per correre da lei ma si irrigidì sul posto quando udì una risata dietro di lui.

<< Non volevo farvi aspettare, ma per preparare un’entrata spettacolare occorre tempo >>

Rio si portò una mano alla testa, cercando di trovare la fonte della voce. Era come se delle persone fossero nascoste dietro le colonne e avessero parlato contemporaneamente e con toni diversi, le une gentili e calme, le altre crudeli e impazienti. Poi Rio si accorse del fumo davanti la porta e sussultò: quella che all’inizio aveva scambiato per un’allucinazione era in realtà una maschera. Una maschera orrenda, rossa e con la forma di un teschio. Aveva per occhi due cavità scure e per naso due brevi linee verticali. Sul cranio e sul mento erano dipinte strisce blu simili a graffi.

<< Spero ti sia piaciuta la mie entrata >>continuò la voce.

Rio non rispose. Senza armatura si sentiva disarmato, e il cristallo rosso era esposto agli attacchi, sul suo petto.

<< Le armature non servono se mi darai ciò che voglio >>disse Tenugh. << Dammi Afior, e a te e alla tua amica non sarà torto un capello! Due cristalli in una volta sono una pura fortuna. Forza, non esitare >>

<< Non ho fatto tutta questa strada per darti il mio cristallo! >>ribatté Rio.

<< Il tuo? >>rise Tenugh. << Non dire sciocchezze. Afior non è tuo! >>

Rio sentì sul petto la presenza di due mani giganti invisibili che lo spingevano con forza all’indietro, e lui andò a sbattere contro il muro. Due lacci apparsi dal nulla gli bloccarono le braccia prima che scivolasse a terra.

<< Vorrà dire che lo prenderò da solo >>disse Tenugh scivolando sul pavimento verso il portatore. << Ho fatto male ad affidarmi a dei servi così incapaci. O magari è stato proprio Afior ad aiutarti a giungere sin qui? >>aggiunse con voce beffarda e ammirata allo stesso tempo. << Con l'aiuto della novizia e degli altri prescelti, naturalmente. Mi sbaglio? >>

Rio scosse freneticamente la testa e si spinse contro il muro più che poteva, ma Tenugh lo raggiunse, sibilando a bassa voce. Poco più in basso della maschera apparvero due lunghi artigli grigi che sganciarono la catenina di Afior. Il cristallo scivolò inerme sul palmo della mano di Tenugh.

<< Fermati! >>urlò Rio.

<< Alzare la voce non ti restituirà il cristallo >>disse Tenugh.<< Presto avrò il mio corpo, e con il supporto di Deri, che mi donerà il triplo della forza che Afior da solo sarà capace di restituirmi >>.La scia di fumo si allontanò e scivolò verso Denebola, ancora incosciente, e prese Deri.

Rio si divincolò tentando di liberarsi dai lacci. Tenugh raggiunse l’altare a vi posò sopra Afior e Deri. I due cristalli scintillarono, e nella stanza apparve una luce ora rossa ora verde. La maschera si voltò verso Rio che guardava turbato.

<< Ti permetterò di prender parte al mio piano, portatore >>disse.<< Sei un soldato nobile e valoroso, e ucciderti sarebbe molto sconveniente, mentre per te schierarti contro di me è già stato un grosso errore. Sono stupito che tu sia arrivato fin quassù senza alcun danno, ma non pensare che io non ti abbia aiutato. Piuttosto che prendere Afior dalle doppiogiochiste e infedeli mani dei miei servi preferivo riceverlo da te, anche con il tuo diniego. Non ti ho aiutato molto, ma ho inviato contro la tua compagnia un numero inferiore di uomini rispetto a quelli che ho a disposizione, senza dimenticare inoltre il demone >>

Mentre parlava Rio sentiva la volontà venirgli meno e la paura assalirlo di nuovo. Sotto la maglia il Brillante di Aquos si illuminò debolmente, e lui prese per un attimo il controllo delle sue emozioni.

<< Vedi, Rio, vi ho seguiti passo dopo passo da quando siete entrati nel Mhassàuschi e una domanda non fa che tormentarmi da quando venisti salvato da Phékda >>disse Tenugh allontanandosi leggermente dall’altare. << Cos’è quell’oggetto che tu e i tuoi compagni vi portate dietro? Pare sia stato quello a salvarvi dalla mia seguace >>.Gli artigli comparvero di nuovo e sfiorarono la maglia di ferro. Solo allora Tenugh notò il sottile filo attorno al collo di Rio; lo prese tra due dita e tirò su il Brillante, trattenendo il respiro, quasi stupito. Improvvisamente cacciò un urlo penetrante che fece venire la pelle d’oca a Rio e ritrasse la mano. Il Brillante ricadde sul petto del soldato, brillando.

<< Succederà così anche con Afior e Deri >>disse Rio, ritrovando coraggio. << Afior e questo Brillante sono legati a me, e tu non riuscirai a piegarli >>

<< Questo è tutto da vedere! >>replicò Tenugh. << Ti farò abbassare la cresta quando avrò ripreso il mio corpo. Non voglio ribelli tra i miei seguaci! >>

<< Non ho l’intenzione di diventare tuo seguace, dovessi torturarmi fino alla morte! >>ribatté Rio.

<< Molto bene! >>esclamò Tenugh. I lacci scomparvero e Rio fu spinto in avanti. Rotolò sul pavimento e sbatté il braccio contro un gradino. << Assisti in silenzio, portatore. Questa sarà l’ultima cosa che vedrai prima di morire! >>

Tenugh tornò all’altare e posò i due artigli sui cristalli. Rio si rialzò barcollante, e in quel momento percepì per la prima volta la malvagità che impregnava la stanza. La spada giaceva lontana e non aveva altri mezzi per allontanare Tenugh dai cristalli. D’un tratto sentì una voce nella testa, una voce diversa da quella di Afior ma in un certo modo confortante e benevola come lei. Rio alzò la testa e urlò:

<< Andromèda, Elnem tar,

o Paleam ledusild colèmicar,

chelet-tas har

tin a Tenugh-Simparion

darcane numearior geldusild! >>

 

Il Bastone di Andromeda, poco lontano, vibrò e si sollevò su un’estremità.

<< Invocare l’aiuto di Andromeda non ti servirà, Portatore! >>sghignazzò Tenugh, ma le sue parole, dapprima indifferenti, si riempirono di meraviglia mentre il Bastone davanti a lui si circondava di un intenso bagliore. Afior e Deri gli risposero e ad un suo muto comando volarono verso i loro Portatori. La maschera di Tenugh seguì i loro movimenti con lo sguardo e lui non poté far altro che assistere alla scena inerme.

<< Abbiamo la benedizione di due delle più potenti Costellazioni >>disse Rio tenendo alto il cristallo.

<< Ti avevo sottovalutato >>ringhiò Tenugh. << Finora sono stato fin troppo tenero con tutti voi. Vi eliminerò e getterò i vostri cadaveri nella lava del mio Mhassàuschi. Tu sarai il primo, poiché il tuo modo di fare beffardo e arrogante non mi piace! La tua compagna è troppo debole solo per aprire gli occhi, e gli altri non riusciranno a raggiungerci >>

Una violenta scarica saettò nella stanza; Rio sollevò Afior e l’incantesimo cozzò di lato, contro una colonna, e le pareti tremarono.

<< Ti offro la possibilità di lottare ad armi pari >>disse Tenugh lanciando un nuovo colpo, ottenendo il risultato di prima. << Dammi Afior e permettimi di riprendere un corpo, così potremo sfidarci in un vero duello! >>

<< Eh, ti piacerebbe! >>esclamò Rio. << Dimentica il tuo sogno! Non sono uno sprovveduto >>

<< Sei uno stupido, però! >>gridò Tenugh. Rio arretrò di qualche passo, vinto da una volontà non sua.<< Rifiutare un’amicizia col futuro padrone di Valdmurt porta alla distruzione e all’oblio. Vuoi davvero fare la fine di quei sciocchi che mi si opposero molti anni fa? >>

<< Il mio compito è quello di distruggerti e non di allearmi con te >>rispose Rio.

<< Anche il prescelto che ti ha preceduto mi diede la stessa risposta, ma non è sopravvissuto per vantarsi di avermi messo fuori gioco >>disse Tenugh.

Rio sentì di nuovo le mani spingerlo con violenza, e lui cadde in ginocchio in avanti.

<< Na chetamlen! >>ordinò Tenugh. Afior sussultò facendo un buffo movimento nella mano del portatore: due volontà lottavano in lui, quella di restare al fianco di Rio e quella di volare da Tenugh, attratta dall’ambizioso e folle pensiero di poter essere l’arma del futuro padrone di Valdmurt. Deri, accanto a Denebola, era in preda allo stesso conflitto, e galleggiava a pochi centimetri da terra, indeciso.

Tenugh tese un artiglio e Afior scivolò dalle dita di Rio. Il portatore balzò in avanti e tentò di afferrarlo, ma fu respinto all’indietro e legato ancora una volta.

<< Non andare! >>urlò disperato. Un attimo dopo si ritrovò la bocca imbavagliata.

<< Afior ha scelto bene, e ti ha tradito, infine >>disse Tenugh mentre il cristallo tornava sull’altare, raggiunto dopo pochi istanti da Deri. << È inutile che chiedi aiuto al Brillante: ha esaurito le energie e anche se provasse a soccorrerti non mi troverà impreparato come prima >>

Scivolò sui gradini e si sistemò ad un’altezza più elevata a pochi centimetri dal soffitto. Rio sentì lo stomaco contrarsi. Tentò di mettersi in contatto col pensiero con Afior, ma i suoi pensieri andavano a vuoto. L’attenzione dei cristalli era rivolta su Tenugh ed erano diventati sordi alla voce del Portatore.

Tenugh si avvolse su sé stesso come un serpente pronto all’attacco, la maschera piegata verso il basso, per poi tuffarsi sull’altare. Ci fu un violento lampo del colore dell’arcobaleno mentre l’altare spariva alla vista. Rio serrò gli occhi e voltò la testa. La stanza tremò e la sommità di molte colonne si sbriciolò sul pavimento con un boato abnorme; le schegge schizzarono ovunque infrangendosi sui muri attraversati da profonde crepe. Si udì un nuovo boato, talmente violento che la sua eco echeggiava ancora nella stanza quando il terremoto cessò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo XX - Risveglio ***


Incolla qui il testo.

 

Rio aprì lentamente gli occhi. Il respiro gli si mozzò nel corpo mentre osservava atterrito la stanza. Il soffitto non esisteva più e pezzi di colonne erano crollati sul pavimento, sfracellandosi e creando profonde buche. Una densa polvere aleggiava nell’aria, nascondendo i tre gradini e l’altare.

Si udì uno schiocco e i lacci che legavano Rio svanirono. Il Portatore gettò via il bavaglio e si tastò le guance, che sentiva bruciare: le schegge infatti, volando attraverso la stanza lo avevano graffiato. Esitò ad alzarsi, poco convinto che le gambe sarebbero riuscite a sorreggerlo. Strinse forte i pugni mentre scrutava tra la polvere e sperò con tutto sé stesso che Tenugh fosse scomparso, che il suo piano fosse fallito...

Poi un’ombra scura si levò dall’altare e uscì lentamente e a passi incerti dalla nube di polvere. Rio sentì il cuore vibrare di terrore mentre l’uomo posava su di lui uno sguardo trionfante. Era alto, molto alto. Scostò una ciocca dei lunghi capelli neri aggrovigliati che gli era ricaduta sul viso e si guardò attorno nella stanza distrutta. Vide qualcosa e si allontanò, solo per tornare con una lunga spada. Si fermò davanti Rio e lo scrutò con un sorriso.

La punta della lama della spada scintillò e Tenugh fendé un colpo nell’aria. Rio urlò mentre veniva sbalzato contro la porta.

<< Non è ancora abbastanza >>mormorò l’uomo stringendo forte l’elsa. La spada divenne incandescente e la lama fuse. Tenugh lasciò cadere l’elsa e mosse lievemente la mano: Rio sentì una forza irresistibile costringerlo ad alzarsi, e se non ci fosse stata quella non avrebbe potuto reggersi in piedi. I graffi sul viso e una nuova ferita alla gamba sanguinavano, e, cosa peggiore, era disarmato: la spada non esisteva più e la faretra era vuota.

<< Non so cosa mi spinge a tenerti ancora in vita, Rio. Ho comunque bisogno di una cavia per testare i miei poteri >>disse Tenugh.

Il sortilegio abbandonò il corpo di Rio e lui vacillò di lato, riuscendo a rimanere però in piedi. Alzò lo sguardo su Tenugh, domandandosi cosa lo aspettava. Con una velocità sorprendente, Tenugh gli si accostò e gli posò una mano sul petto. Rio sentì l’aria svanirgli dai polmoni quando una sfera argentea lo colpì e lo fece cadere in ginocchio.

<< È poco, troppo poco >>disse Tenugh, lievemente deluso, osservando il portatore recuperare fiato ai suoi piedi.

Tornò al centro della stanza e alzò le braccia al cielo.

Fu l’intera fortezza a tremare questa volta. Le colonne cedettero completamente e sui muri comparvero squarci sempre più ampi e profondi. Le tende caddero dalle finestre, lacerandosi con le grosse schegge prima di toccare terra. Da lontano, ai rimbombi si aggiunsero quelli degli altri piani, mentre i camini esplodevano e le pareti crollavano.

Rio avanzò carponi sotto lo stipite della porta, e vi si appoggiò esausto, assistendo impotente alla dimostrazione del potere di Lord Tenugh. Gli parve di vedere, o forse se lo era solo immaginato, un tenue bagliore dall’altra parte della stanza, dietro Tenugh, ma la sua attenzione fu catturata da un cupo rimbombo alle sue spalle, e voltandosi vide che la scalinata era crollata.

Il terremoto cessò. Tenugh abbassò le braccia e contemplò il risultato della sua opera. Con grande sorpresa di Rio, apparve tutt’altro che soddisfatto.

<< Non capisco! >>esclamò. Alzò la testa e scrutò la roccia interna del vulcano che li sovrastava. << Questo non può essere il mio vero potere! Deri avrebbe dovuto fornirmene molto di più! Che cosa è andato storto? >>urlò.

Una roccia perse l’equilibrio da un piccolo cumulo di pietre e cadde sul pavimento semidistrutto. Tenugh si voltò. La sue espressione da contrariata e confusa divenne di colpo furente.

<< Tu! >>ringhiò.

Rio seguì il suo sguardo e urlò per la sorpresa. In mezzo alle macerie, il volto sporco di polvere e la maglia di ferro leggermente strappata, gli occhi di fuoco, stava Denebola. Per un attimo Rio pensò si trattasse di un angelo o qualcosa di simile: il corpo della novizia brillava infatti di una luce misteriosa, quasi della luce delle stelle. Raccolse il Bastone e si avvicinò a passo sicuro a Rio.

<< Come hai fatto a sopravvivere? >>gridò Tenugh.

<< Il Brillante degli elfi mi ha aiutato un’ultima volta >>rispose Denebola. << È andato distrutto nell’attimo stesso in cui hai ripreso il tuo corpo >>

<< È impossibile! Avrei dovuto avvertire la tua presenza >>esclamò l’uomo.

<< Eri troppo preso dall’emozione del momento e dall’impazienza di provare i tuoi nuovi poteri, che però non hai, per accorgerti di me >>disse Denebola. Notò lo sguardo di Tenugh e sorrise. << E non solo non ti sei accorto che ero ancora viva, ma anche che ero riuscita a far tornare Deri da me! Pochi istanti prima che tu toccassi l’altare ho usato tutta la mia volontà e la forza che mi erano rimaste per far tornare il cristallo accanto a me. Poi mi ha aiutata a non farmi scoprire >>

<< Maledetta impicciona! >>urlò Tenugh. Il muro dove si trovava la porta crollò e Rio e Denebola furono costretti ad allontanarsi.

<< Il tuo piano è fallito, Tenugh >>disse Denebola riparando sé stessa e Rio col Bastone. << Ti spediremo nell’aldilà! >>

<< Senza i cristalli è impossibile! >>replicò Tenugh. Schivò un incantesimo e attaccò di nuovo. Denebola evocò una barriera.

<< Dove sono i cristalli? >>chiese Rio, quasi temendo la risposta.

<< Al sicuro >>rispose Denebola. << Quando Tenugh sarà abbastanza distratto li manderò da te e tu lo ucciderai >>

<< Come farò? >>sussurrò Rio. Rimase alquanto confuso quando Denebola sorrise.

<< Non dovrai far altro che attaccare mentre io tengo occupato Tenugh >>

La barriera vibrò pericolosamente sotto un attacco più intenso, e dopo non molto si spezzò. Denebola e Rio arretrarono.

<< So che i cristalli sono ancora qui >>sibilò Tenugh, fiutando l’aria come un cane che annusa la pista, << ma anche se li trovassi non potrei farci più nulla. E dato che come sono la mia salvezza sono anche la mia rovina, devo distruggerli >>. Voltò improvvisamente la testa verso le macerie da cui era venuta Denebola e le fece esplodere con un solo gesto.

<< Hai sbagliato >>ghignò Denebola.<< Prova ancora >>

Tenugh ringhiò e distrusse un altro gruppo di massi. Rio guardò Denebola, calma ma pallida, e lei puntò il Bastone contro la schiena di Tenugh. L’uomo urlò quando fu colpito, e si voltò ancora più furioso verso la novizia, che si allontanò da Rio preparandosi a lottare. Una spada comparve al fianco di Tenugh; aveva sull’elsa lo stesso emblema della spirale di fumo. Con un urlo, Tenugh si scagliò in avanti, mancando di poco la novizia, ma ripartendo subito all’attacco.

Rio sospirò senza perdere di vista ogni singolo movimento di Denebola, che continuava a schivare i fendenti di Tenugh e a lanciare non appena poteva un incantesimo. Ad ogni colpo andato a vuoto Tenugh si spazientiva e si tratteneva a stento dall’usare la magia.

Ad un certo punto Rio si sentì sfiorare la caviglia; abbassò la testa e rimase a bocca aperta. Una lunga freccia dalla preziosa punta di smeraldo e rubino era giunta al comando di Denebola. Rio la raccolse, e udì la voce di Afior nella testa.

La stanza tremò per la terza volta; non resse il colpo e i muri crollarono. Rio si strinse al petto la freccia, scoprendo con sgomento che Tenugh aveva rinunciato ad usare la spada. Sia lui che Denebola riportavano diversi graffi e bruciature, e nonostante le ferite di Tenugh fossero più numerose, la ragazza ne aveva molte gravi che sanguinavano abbondantemente. Ed era al limite delle forze. Mai come in quel momento la stanchezza si era fatta pesante; riuscì comunque a creare una cupola protettiva per Rio.

Adesso il quarto piano era visibile a tutti i pochi superstiti di Tol Neinas che si trovavano ancora nella fortezza. La fitta coltre di polvere si diradò e Rio poté vedere la scena. Accanto all’altare ancora intatto, la polvere tra i capelli scomposti, stava Tenugh. Alla sua estremità c’era Denebola, ferma ed esausta, sia mentalmente che fisicamente. La cupola protettiva scomparve. Rio si rifugiò dietro un pezzo di parete conficcato nel pavimento.

Era arrivato il momento finale, dal quale solo uno di loro tre sarebbe uscito vivo.

L’aria era satura di elettricità. Dal basso il livello del lago di lava si alzò pericolosamente e molti lapilli schizzarono verso l’alto. Lontane giunsero le grida dei Malredin che avevano avuto il coraggio di rimanere al loro posto sulle mura.

Rio esaminò la freccia, la cui punta brillava. Alle proprie spalle udì un boato e la stanza fu spazzata da una forte corrente. Si affacciò. Tenugh si era affidato di nuovo alla spada e, con movimenti impercettibili ad occhio umano, attaccava Denebola. La novizia riusciva a scansare e deviare i fendenti, e si reggeva a stento in piedi. Provò a evocare una sfera di energia, ma le mani le si bloccarono a mezz’aria e Tenugh ne approfittò per spingerla contro un alto gruppo di macerie di colonne spezzate e grosse schegge. Tenugh scattò e la spada colpì la pietra. Ma Denebola, scansandosi, perse l’equilibrio e cadde.

Tenugh rise e alzò la spada. Denebola sollevò il Bastone, e Tenugh lo tagliò in due.

<< Hai fatto quel che hai potuto, novizia >>mormorò Tenugh, alzando una nuova volta la spada. Si bloccò quando udì l’urlo di Rio alle proprie spalle. Si voltò e i suoi occhi si dilatarono per lo stupore.

Rio teneva ben alzato l’arco, la freccia puntata dritta al cuore di Tenugh. Ansimava, e sentiva ora il cuore sfondargli il petto, ora smettere di pulsare. Ma la mano era ferma e non vedeva altro che il suo bersaglio. Tenugh si scansò, ma non ebbe fatto che pochi passi che Denebola lo colpì con un incantesimo, bloccandogli sia braccia che gambe.

Rio scoccò la freccia.

Ci fu un guizzo verde e rosso. Poi un urlo, e infine un lampo che coprì ogni cosa attorno a Rio. Tenugh, Denebola e la stanza scomparvero nella luce abbagliante, e lui avvertì il pavimento svanire. Nelle orecchie gli rimbombava un frastuono abnorme. Precipitò e sbatté contro una grossa pietra. L’arco gli sfuggì di mano. L’ultima cosa che vide fu il lago di lava farsi sempre più vicino mentre il Mhassàuschi si preparava ad eruttare, distruggendo Tol Neinas.

 

 

Un sole di quelli che non si vedevano da giorni brillava nel cielo, quel mattino del venti dicembre, riscaldando le pianure e i colli, creando giochi di luce sulle superfici dei laghi, mentre le strade imbiancate parevano distese argentate. Non una nuvola in cielo, non un filo di vento a disturbare la quiete di quel nuovo mattino di Valdmurt, un mattino che le leggende avrebbero ricordato negli anni a venire.

Le bianche mura della Torre di Aldebaran scintillavano. Nelle aule i novizi avevano già preso posto per completare l’ultima fase del loro lungo allenamento.

Lo sguardo di Fabius spaziò sul territorio della Torre. La neve si era sciolta, e quella rimasta si trovava sui davanzali delle finestre o sugli alberi. Il vecchio Saggio percorse il corridoio ed entrò in una stanza. Sorrise guardando il baldacchino dalle fini e candide tende sul quale era disteso Rio. Avvicinò una sedia e vi si sedette, rimanendo ad osservare il volto del Portatore per vari minuti.

Dopo un’ora, molto lentamente, Rio mosse la testa, ed infine aprì gli occhi. Sulle prime parve non accorgersi della presenza del Saggio, tanto era confuso e stupito di trovarsi in una camera da letto, e di respirare ancora.

<< Buongiorno, dunque, Amlen! >>disse Fabius.

Rio sobbalzò e lo guardò come se stesse vedendo un fantasma. Non era un sogno, allora…Fabius rise.

<< Comprendo il tuo stupore, Rio. Eppure è tutto vero. Sei alla Torre di Aldebaran! >>

<< Come ci sono arrivato? >>chiese debolmente Rio.

<< Oh, non è una lunga storia. Posso parlartene anche ora >>disse Fabius. Si mise comodo e continuò:<< Per prima cosa devo congratularmi con te, Amlen, per essere riuscito a portare a termine la missione che ti era stata assegnata >>.Ridacchiò di nuovo notando l’espressione ancora confusa di Rio. << E in secondo luogo devo rimproverarti per aver ceduto più volte agli incantesimi dei servitori di Tenugh prima ancora di incontrarlo >>

<< Me ne vergogno senza che mi venga rinfacciato >>mormorò Rio, ma Fabius gli posò una mano sulla spalla.

<< Quello che hai fatto successivamente sconta i tuoi errori nel cadere nelle trappole >>

<< Ma cosa è successo? >>chiese Rio.<< Sono caduto nella lava e sono atterrato in questo letto? >>

<< Naturalmente no, ragazzo! >>rispose Fabius.

<< E allora? >>

<< E allora devi essere meno impaziente. Ti dirò tutto se non mi interromperai. Dunque…Tu ti domandi cosa è successo dopo che hai colpito Lord Tenugh? La breve parte della storia che ti sei perso è iniziata nel momento in cui hai scoccato la freccia. Pochi attimi prima di centrare il bersaglio, infatti, Afior e Deri mi hanno contattato pregandomi di venire subito a Tol Neinas. Non persi tempo, e meno male, perché quando arrivai tu stavi già precipitando. Ho fatto in tempo a prendere sia te che Denebola e a riportarvi qui prima che il Mhassàuschi eruttasse >>

<< Quindi Tol Neinas non esiste più >>disse Rio. Improvvisamente sentì una fitta al petto. << E gli altri dove sono? Ci siamo separati al secondo piano e loro sono rimasti ad affrontare i Malredin >>

<< Sì, me lo hanno raccontato >>disse Fabius annuendo.<< Qualche tempo prima che venissi a salvarti, mi giunse notizia che tu e Denebola vi eravate separati dal resto del gruppo, così mandai due Saggi a controllare la situazione. I tuoi compagni erano tutti sani e salvi. Li trovarono a metà di un corridoio del terzo piano e li convinsero a tornare alla Torre. Protestarono e si opposero, ma io dissi che ormai il loro compito era compiuto. Se ricordi, infatti, dissi che solo i due Portatori avrebbero dovuto incontrare Tenugh, e non tutta la compagnia >>aggiunse abbassando appena la voce.

Rio annuì e ricadde sollevato sui cuscini.

<< Mailo, Aiska, Alexander e Tinhos in questo momento stanno dormendo >>riprese il Saggio. << Più tardi vi rincontrerete tutti e potrete raccontarvi tutto quello che è successo >>. Tacque e per qualche tempo non disse altro, osservando pensieroso Rio. Dopo un po’ il Portatore sorrise.

<< Non sono andati distrutti! >>disse con una risata. << Afior e Deri si sono salvati. Ho sentito la voce di Afior >>

<< Sono cristalli degli déi, quelli, Rio. Anche se fossero rimasti nel Mhassàuschi difficilmente sarebbero andati distrutti >>disse Fabius. << Quando mi chiamarono mi rassicurarono che si sarebbero salvati. Perciò non mi sono fermato a cercarli >>

<< Ma… >>balbettò Rio. << Solo i Portatori possono comunicare con i cristalli! >>

Fabius scoppiò a ridere.

<< Esistono altri modi per poter decifrare le parole dei cristalli >>disse.<< Abbiamo comunicato attraverso la sfera di Cristallo Marino, che è in grado di trasformare alle mie orecchie i sussurri di Afior e Deri in parole concrete. A dir la verità neanch’io sapevo che una cosa del genere fosse possibile >>Tornò serio e disse:<< Ho trascorso quasi tutto il tempo chiuso nella mia stanza, davanti la sfera, in attesa di ricevere nuove su di voi >>

<< Siamo proprio sicuri che Tenugh sia veramente morto, questa volta? >>chiese dopo un po’ Rio.

<< L’hai colpito a morte, e la potenza dei cristalli nel suo corpo non gli ha lasciato il tempo per estrarre la freccia ed eseguire un incantesimo di guarigione su di sé >>disse Fabius.<< Il suo corpo è andato perso nella lava e lo spirito distrutto. Afior e Deri hanno tratto forza dai loro Portatori. Una forza superiore a quella che anticamente si scontrò con Tenugh e non riuscì a sconfiggerlo fino alla radice. No, questa volta nulla è andato storto >>

<< Bene >>mormorò Rio.

Sentiva una strana sensazione; non riusciva ancora a credere di avercela fatta. Lui, che era un semplice soldato, aveva sconfitto la magia di uno dei più grandi malvagi che Valdmurt avesse accolto in quelle lunghe ere. Fabius si alzò e, dopo averlo salutato cordialmente, uscì senza aggiungere altro.

 

Dopo colazione a Rio fu dato il permesso di uscire, con non poco disappunto da parte del guaritore. Ma Fabius era convinto che gran parte delle ferite si era rimarginata e che prendere una boccata d’aria fresca non poteva che fare bene al Portatore.

Rio passeggiò a lungo nei corridoi, fermandosi di tanto in tanto ad ascoltare le voci dei Maestri nelle aule, ma ormai non aveva più interesse per queste cose, a differenza di quando arrivò lì la prima volta. Pensava che aveva visto e vissuto abbastanza e che la magia non era più cosa che lo riguardava. Nonostante questo, avvertiva un vuoto dentro di sé: la presenza di Afior lo aveva fatto sentire al livello dei più grandi Saggi o stregoni. Ora, invece, senza di esso era tornato il soldato che era sempre stato. Nemmeno il ripetersi di aver salvato Valdmurt lo incoraggiò molto. Gli mancava una parte di sé, una parte che all’inizio del viaggio non aveva, mentre adesso gli sembrava impossibile aver vissuto senza.

Uscì nel cortile e vi rimase per parecchio tempo, senza pensare a nulla, quasi come un corpo vuoto privo della sua anima. Sapeva di comportarsi in maniera ridicola, ma l’assenza di Afior non poteva farlo sentire altrimenti. Dietro di sé udì il rumore di passi. Si voltò e, dopo un attimo di stupore, scoppiò a ridere.

Mailo lo abbracciò, ridendo, subito raggiunto da Alexander, Tinhos e Aiska, tutti e tre sorridenti che, strappati Rio dalle braccia del soldato, lo abbracciarono a vicenda.

<< Mi sembrano passati secoli da quando ci siamo separati! >>esclamò il Portatore, guardandoli uno ciascuno con gioia.

<< Be’, non sono proprio dei secoli >>disse Aiska.<< Diciamo quasi…un mese >>

Sedettero su una panchina nel cortile e rimasero lì a raccontarsi cosa era successo da quando Rio e Denebola li avevano lasciati. Con enorme sollievo, Rio apprese che nessuno di loro era rimasto ferito gravemente, e anche Mailo e gli altri furono contenti di vedere che, a differenza di quanto avevano immaginato nei giorni precedenti, il compagno era ancora in piedi nonostante tutto quello che aveva affrontato.

<< Però >>disse Rio quando ebbe finito di narrare di come aveva ucciso Tenugh, << perché Denebola non è qui con noi? >>

Mailo sospirò e Aiska chinò la testa. Rio sentì un tuffo al cuore vedendoli reagire in quel modo.

<< Fabius non te l’ha detto? >>disse Alexander.

<< A dir la verità ero preoccupato di sapere se Tenugh era morto >>rispose Rio a bassa voce.

<< Denebola ha impiegato tutta la sua energia per permetterti di colpire Tenugh >>disse Aiska.<< È viva, certo >>aggiunse in fretta, notando l’espressione angosciata di Rio, << ma è ancora molto debole. Fabius va a trovarla ogni ora, e il pomeriggio non la lascia quasi mai. Ieri sera gli abbiamo chiesto se potevamo farle visita, ma non permette a nessuno di entrare nella sua stanza >>

<< A parte la Maestra di Denebola, Mira >>disse Tinhos. << E anche lei non ci vuole dire nulla. Denebola avrebbe bisogno del Brillante degli elfi >>

<< È andato distrutto >>lo interruppe Rio. Tinhos spalancò gli occhi, incredulo. << Anche lui ha usato tutto il potere che aveva per proteggerla >>. Strinse i pugni sulle ginocchia, e ora più che mai sentiva la necessità di riavere Afior.

<< Comunque, Fabius ha detto di non doverci preoccupare >>disse Mailo. << Il guaritore è molto più tranquillo rispetto a due giorni fa, non ricordate? Vuol dire che Denebola sta meglio >>

Durante il giorno Rio e Mailo passeggiarono più volte. Non parlarono di nulla, dato che si erano raccontati tutto quello che dovevano sapere e non volevano tornare a vivere momenti che invece speravano di dimenticare. Camminavano solo tra gli alti alberi del cortile, giovandosi della freschezza dell’aria e della luce del sole, che in quegli ultimi giorni era stata loro privata. Eppure Mailo, nonostante il silenzio di Rio, capì che c’era qualcosa che tormentava l’amico. Decise allora di chiedergli spiegazioni. Rio si arrestò e prese tempo osservando a lungo le montagne a ovest tingersi di rosso mentre il sole tramontava. Mailo gli si affiancò, le mani dietro la schiena, e guardò nella sua stessa direzione.

<< Se dici che non c’è nulla che non va ti farò pentire di trovarti qui anziché ancora nelle grinfie di Tenugh >>disse.

<< E va bene >>disse Rio. << Il fatto è che sento un enorme vuoto dentro di me ora che non ho più Afior. Stamattina l’ho sentito, e mi ha detto di essersi salvato insieme a Deri, ma non so dove siano >>

<< Puoi stare tranquillo, allora >>disse Mailo, leggermente meravigliato visto che si era aspettato chissà quale risposta.<< I cristalli torneranno presto ai loro portatori. È normale che le armi vengano restituite agli Ashik…in un determinato momento. Probabilmente ora ce li ha Fabius >>

Rio non comprese quelle parole. Mailo rise, e dopo un po’ tornò alla Torre. Rio rimase fuori, a rimuginare sulla risposta dell’amico finché non calò la notte. Quando si volse per rientrare avvertì un bruciore al braccio: una ferita si era riaperta, ma non perdeva tanto sangue. Il suono di una campana risuonò fino al cortile, e lui non perse altro tempo.

 

Trascorsero alcuni giorni. Molte delle ferite di Rio si rimarginarono, e lui e i suoi compagni passavano il tempo nei grandi appartamenti riservati agli ospiti nell’ala settentrionale della Torre, mentre fuori il cielo si oscurava e il vento agitava i rami spogli degli alberi.

Una sera, esattamente una settimana dopo il risveglio di Rio, Fabius chiamò la Saggia Mira nella stanza di Denebola. Un’ora dopo, Rio e gli altri furono convocati, e Fabius e Mira li lasciarono soli. I compagni entrarono nella stanza; non era l’alloggio della novizia ma una semplice camera per gli ospiti dove Denebola era stata portata per essere curata. E adesso era seduta sul letto, con un sorriso tutto per loro mentre li aspettava. Era a dir poco stupita di essersi salvata e di trovarsi alla Torre di Aldebaran insieme ai suoi compagni, e, anche se il guaritore le aveva raccomandato di non affaticarsi troppo perché doveva recuperare ancora molte energie, lei si sentiva piena di vita e nient’ affatto stanca.

Abbracciò uno alla volta i compagni e si fece raccontare da Aiska tutto quello che era successo quando si erano separati. Anche lei, come Rio, si chiedeva dove fossero finiti i cristalli e la spiegazione che le diede Mailo non le fu sufficiente.

<< Ora non pensare ai cristalli, piuttosto di come stai tu >>la interruppe Alexander quando la novizia tornò per la quarta volta sull’argomento.

<< Sono giorni che non mi sento così bene >>rispose lei. << Fabius mi ha detto che siamo stati nel Mhassàuschi cinque giorni, ma a me sono sembrate settimane >>

<< Ringrazia l’abilità di Tenugh nell’ingannarci, e l’abilità di Fabius nell’essere riuscito a non cadere nella sua trappola, visto che anche se ci seguiva con la sfera di Cristallo Marino poteva venire ingannato proprio come noi >>disse Tinhos.

<< È per questo che continuo a ripetere che avrebbe dovuto venire con noi! >>disse Mailo.<< Un tipo che non si lascia ingannare con tanta facilità come lui ci avrebbe fatto comodo! >>

<< Sai che non poteva venire >>ribatté severamente Aiska.

<<  Oh, certo! “Deri ha designato voi come prescelti. Io non rientro nella visione che ebbe Denebola” >>sbuffò Mailo. <>

Denebola rise e Aiska alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.

Era passata un’ora dalla cena. Mira entrò nella stanza della sua protetta dopo aver controllato che tutti i novizi fossero andati a dormire. Denebola, che dopo tutto quel tempo passato a letto non riusciva più a stare seduta o sdraiata, girovagava per la stanza, e quando Mira entrò le corse incontro abbracciandola forte.

<< Non mi stancherò mai di dirti brava! >>esclamò la giovane Saggia con gli occhi lucidi. << Come ti senti? >>

<< Più o meno come quando mi sei venuta a trovare prima >>rispose Denebola con un sorriso.

<< Ottimo! Perché ormai la Cerimonia è arrivata >>disse Mira.

Denebola si rabbuiò e si sedé sul letto. Mira le si sedette accanto e le prese le mani tra le sue.

<< Come potrò partecipare alla Cerimonia se non ho potuto completare i miei allenamenti? >>

<< Denebola, sei impazzita? >>esclamò incredula Mira.<< Durante il tuo viaggio hai maturato i tuoi poteri più di quanto tu immagini! Sei al livello di un Maestro, anche se non hai seguito gli esami degli altri Saggi! >>

Denebola a quelle parole si rinfrancò. Mira le raccontò gli eventi delle scorse settimane, ma erano soprattutto notizie riguardanti i novizi e gli allenamenti. Del resto disse che il giorno in cui cadde Tenugh, la neve, che cadeva copiosamente unendosi a quella già immensamente alta nel territorio della Torre, smise, e il cielo si rischiarò a poco a poco. Il mattino seguente già più di un metro di neve si era sciolto, e quello stesso pomeriggio tornò a brillare il sole, anche se per breve tempo, e gli ultimi segni di quello strano e pericoloso inverno scomparvero. Inoltre gli attacchi nelle regioni a nord smisero, come se tutti gli orchi e le altre creature che facevano capo a Tenugh avessero avvertito che il loro padrone era morto, fuggendo così o lasciandosi uccidere dagli eserciti.

Denebola ascoltò con interesse ma ciò che le premeva maggiormente sapere era come stavano i suoi compagni di studio, sia grandi che piccoli, e se gli altri novizi avevano superato tutti gli allenamenti e gli esami. Mira sorrise, contenta nel vedere la propria novizia così interessata ai fatti della Torre. Ora quello che era successo nei giorni passati non poteva più minacciarli, e perciò non se ne curava come qualche settimana prima.

D’un tratto Mira si batté una mano sulla fronte.

<< Quasi dimenticavo! >>disse.<< So che il guaritore obietterà in tutti i modi, ma nessun novizio ha mai fatto eccezione, per un motivo o l’altro, sinora. Fra quattro giorni ci sarà la Cerimonia che ti renderà una Saggia a tutti gli effetti. Perciò venerdì, insieme ai tuoi coetanei, lascerai la Torre per dirigerti nell’Aula della Meditazione, dove trascorrerai le tue ultime ore da novizia e ti preparerai per la Cerimonia. Gli altri Saggi ne hanno parlato ai loro novizi questa mattina. Confesso di aver temuto che non ti saresti svegliata in tempo. Devi ancora scegliere se rimanere qui o andartene, dopo esser diventata una Saggia >>

<< Posso scegliere? >>esclamò Denebola.

<< I Saggi sono liberi di decidere se continuare i loro studi alla Torre, per poi iniziare ad allenare novizi, oppure, se vogliono tornare dalle loro famiglie e anche insegnare qui, hanno il permesso di rimanere fuori per due anni >>spiegò Mira.<< Se invece non vogliono avere novizi possono lasciare la Torre e vivere come una persona qualunque, a patto che non rinneghino gli insegnamenti di questi anni >>

Denebola stette molto tempo in silenzio, soppesando ciascuna via che poteva scegliere. Mira aspettò in silenzio, osservando il cielo stellato senza luna, mentre, una alla volta, le luci nella Torre si spegnevano. Quel giorno si erano conclusi gli allenamenti dei novizi prima della Cerimonia, dopodiché sarebbero ripresi quindici giorni dopo, il tempo dato ai neo-Saggi di prendere una decisione alla quale avrebbero dovuto mantenere fede.

<< La mia famiglia non so dove sia >>. Mira si voltò.<< Se rientra nelle vie che posso prendere dopo la Cerimonia, allora…allora partirò. In questi giorni di convalescenza ho sognato più volte il giorno in cui mia madre mi portò qui, e mi sono tornati alla mente frammenti del mio passato. Ho ricordato i giorni trascorsi con la mia famiglia. Ora, prima di avere la responsabilità di allenare un novizio, voglio ritrovarla >>

Mira la fissò in silenzio, e nel vedere la sua espressione determinata avvertì una stretta al cuore.

<< Molto bene >>disse infine.<< Rifletti bene sulla tua decisione, perché dopo averla espressa a Fabius sarai vincolata ad essa. Hai quasi venti giorni per scegliere >>

<< Penso che questa sia la scelta migliore >>disse Denebola.

Mira sospirò e le carezzò dolcemente la testa, come faceva quando era più piccola per farla addormentare.

<< Valdmurt è grande >>mormorò.

Denebola annuì, ma sapeva che quello che aveva appena detto era il suo vero desiderio. Da quella volta ad Aquos, quando aveva sognato la notte in cui sua madre lasciò Upam per portarla alla Torre di Aldebaran, aveva conservato segretamente un barlume di speranza di poterla ritrovare. Il male, almeno per il momento, era stato debellato, e nulla di grande e terribile come Lord Tenugh rischiava di minacciare Valdmurt.

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Capitolo 22
*** Capitolo XXI - La cerimonia ***


Ultimo capitolo! ^^ I prescelti verranno giustamente ricompensati per aver sconfitto Tenugh, ma dovranno anche separarsi... ovviamente con la promessa di riabbracciarsi presto! ^___^.

 

Nei due giorni che seguirono l’inverno tornò a manifestarsi nel suo vero aspetto, senza alcuna traccia di magia oscura, in abbondanti nevicate. Il cielo si coprì di nuvole scure, e verso le undici del mattino grandi fiocchi iniziarono a cadere, acquistando ora dopo ora intensità. Il terzo giorno dopo il risveglio di Denebola, ovvero venerdì, nel cortile e nel viale c’era almeno una ventina di centimetri di neve; i rami erano carichi di bianchi soffici fiori gelati e le cime dei monti candide.

Nell’ingresso, il gruppo di novizi che dovevano prendere parte alla Cerimonia attendeva con pazienza. Era l’alba, e solo i Saggi riuniti lì erano a conoscenza di dove i loro protetti stavano per andare. Ad un cenno di Fabius il portone venne aperto, e i novizi uscirono nella gelida aria invernale. Proseguirono lungo il sentiero, scortati da Mira e Altair, e quando giunsero al bivio di fronte il lago, voltarono a destra, lungo la via dove all’inizio del viaggio i Saggi e i novizi si erano separati dai compagni. Qui Mira e Altair li lasciarono. I novizi proseguirono in una lunga fila ordinata, lasciandosi guidare dalla luce dell’alba; costeggiarono il lago e scomparvero alla vista oltre una curva. Mira e Altair tornarono alla Torre, entrambi ansiosi per i propri novizi.

 

Quando i compagni si svegliarono notarono subito il gran fervore che pareva aver conquistato la Torre di Aldebaran. Ragazzi e bambini andavano avanti e indietro parlando con voce eccitata e impaziente, che celava anche una certa venerazione, di quella notte. Portavano pesanti scatole e soffici pacchi, di cui ignoravano il contenuto ma sapevano serviva per la Cerimonia, nel cortile sgomberato da ogni traccia di neve. Qui alcuni Saggi li smaterializzavano.

Rio e gli altri osservavano da un ampio salone i preparativi, e si domandavano dove si sarebbe svolta la Cerimonia. Tutto ciò che sapevano su di essa, a parte quello a cui serviva, era che si svolgeva tra la notte dell’ultimo giorno dell’anno e quella del primo giorno dell’anno nuovo. Fu con una leggera ansia che trascorsero la giornata a parlarne.

Nel pomeriggio, poco dopo pranzo, un giovane portò loro un messaggio di Fabius, il quale non si era fatto vedere per tutto il giorno.

<< Come primi ospiti alla Cerimonia di fine anno dopo tanti anni vi chiede di seguire i Saggi Hebel e Durìon, questa sera alle nove. Vi attenderanno giù nel cortile. Troverete inoltre gli abiti nelle vostre stanze >>

I compagni andarono a cambiarsi, e indossarono ricchi abiti che non avrebbero mai immaginato si trovassero in un luogo come la Torre di Aldebaran. Erano tutti adatti per l’inverno, eppure erano di seta fine e pareva cambiassero sfumature di colore ad ogni movimento. Mentre Aiska indossava il suo abito, rosso e con tessuti sopra segni o parole (non riuscì a distinguerli) dorati, e dalle maniche di un bianco perlato, udì un vocio qualche piano in basso. Si affacciò alla finestra, nonostante non desse sul lato del portone, e riconobbe tra alcune voci quella di Mira. Passarono alcuni minuti, e l’aria tornò quieta mentre i novizi e i Saggi si allontanavano.

Quella sera non ci fu la cena. I compagni attesero le nove nelle loro stanze; poi, come di comune accordo, scesero nel cortile. Hebel e Durìon arrivarono poco dopo.

<< La strada non è molta >>disse Hebel mentre camminavano lungo il sentiero illuminato dalle lanterne.<< Vi chiedo solo di non fare domande mentre ci avviciniamo, anche se potrete essere un po’ sorpresi. Dopotutto, non sono molte le persone che hanno la fortuna di capitare alla Torre proprio nel periodo della Cerimonia di fine anno >>

L’aria era immobile. Non una nuvola nascondeva la volta celeste, che quella sera pareva anche più luminosa del solito, o forse era per la presenza della luna piena che troneggiava in mezzo alle tante costellazioni che attendevano con ansia la mezzanotte. La Torre di Aldebaran scomparve oltre gli alberi, e il gruppo giunse presso il lago. Fu in quel momento che iniziarono a udire le voci dei novizi, più avanti. Proseguirono e ben presto si ritrovarono in un grande spiazzo verde illuminato al centro da un fuoco e da lanterne colorate, probabilmente frutto della magia dei novizi, posate a terra. Attorno allo spiazzo, come delle mura, c’erano dei lunghi tavoli apparecchiati. I novizi passeggiavano e chiacchieravano allegramente come fossero ad una festa al chiaro di luna.

<< Noi ora dobbiamo andare >>disse Hebel a Rio.<< Prima di mezzanotte verremo a prendervi. Non dovrete seguire i novizi, infatti. Vi consiglio di mangiare qualcosa, non sarete gli unici a farlo, state tranquilli >>.Li salutò e con Durìon prese un viottolo che si confondeva tra gli alberi alla loro sinistra.

I compagni trascorsero le poche ore prima della mezzanotte passeggiando e parlando della Cerimonia. Ciascuno avvertiva una strana ansia man mano che il tempo passava, un’ansia che non sapeva spiegarsi. Non c’era un orario definito per la cena, ma riuscirono a mangiare ben poco. Mezz’ora prima della mezzanotte arrivarono i Saggi. Hebel e Durìon si affiancarono ai compagni e attesero che i novizi si raggruppassero presso il proprio Maestro e che si avviassero.

Quando anche l’ultima voce scomparve nel buio, Hebel e Durìon presero due torce e fecero segno ai compagni di seguirli. Passarono per un lungo sentiero leggermente in discesa dove le impronte dei novizi erano rimaste chiaramente impresse nella neve. Una nuvola di passaggio oscurò per qualche minuto la luna, e il gruppo si ritrovò immerso in un’oscurità ancora più accecante. Le torce illuminavano ben poco, e i due Saggi non volevano accenderne o farne comparire altre. Ma per i compagni fu un sollievo quando la luna tornò a illuminare il sentiero impedendo loro di mettere i piedi in fallo. Venti minuti dopo giunsero in un ampio prato sul ciglio di un burrone. Era pavimentato da lastre del colore delle foglie in autunno e circondato da alti alberi, ai cui rami erano state appese torce e fini tendaggi color porpora che andavano da un ramo all’altro, dal più basso al più alto, formando una cupola. A poca distanza dal burrone c’erano due pilastri bianchi come la neve, e in mezzo a questi un altare ricoperto da uno stendardo blu scuro con sopra ricamati armoniosi segni argentati.

I novizi erano tutti in piedi e parlavano animatamente; alcuni tra i più grandi si estraniavano dalle conversazioni e rivolgevano l’attenzione all’altare. Hebel e Durìon condussero i compagni dal lato dove erano seduti i Saggi, immobili e silenziosi, ciascuno perso nei propri pensieri.

Rio si guardò attentamente intorno. L’aria era decisamente rinfrescata e le tende sulle loro teste si muovevano lentamente al tocco del vento. Poi, a mezzanotte precisa, come se un ordine silenzioso fosse stato improvvisamente impartito, i novizi tacquero e si volsero verso l’altare. Fabius arrivò e vi si pose davanti, osservando con occhi allegri e un sorriso benevolo gli spettatori.

<< Una nuova Cerimonia apre l’anno da poco giunto >>disse ad alta voce, benché il silenzio sia dentro che fuori da quella strana stanza fosse totale, << ed una nuova generazione di Saggi sta per entrare nel nostro già numeroso gruppo. Accogliamo dunque i novizi che d’ora in poi ci aiuteranno a reggere la Torre di Aldebaran e a guidarvi nella lunga via che ogni pupillo deve percorrere! >>

Si voltarono a guardare la lunga fila indiana di novizi che procedevano attraverso le due schiere dei loro compagni. Erano vestiti di bianco e le ragazze indossavano un cappellino; nonostante avessero tutti le maniche corte non soffrivano il freddo. Si disposero di fronte a Fabius.

<< Siate dunque pronti ad essere nominati Saggi >>esclamò questo. Prese un’ampolla dall’altare e si mise davanti il primo novizio. << Le virtù di un Saggio sono molte, quanto poche, come quelle degli altri uomini >>. Con un dito impregnato di una sostanza cremosa che si trovava nell’ampolla tracciò un leggero segno sulla fronte del novizio. Questo chiuse gli occhi e chinò appena il capo. << Perciò non dimenticate i pilastri della vita. L’amore, primo fra tutti. La lealtà, che spesso vacilla. La forza dello spirito, superiore a quella del corpo. Il coraggio, che non vuol dire solo affrontare fiamme e ghiaccio e belve feroci, ma rischiare la vita per coloro che amiamo. E per ultima, ma non per importanza, la fiducia in noi stessi come negli altri >>

Ripose l’ampolla.

<< Possano questi pilastri guidarvi nel nuovo corso della vostra vita, qualunque decisione prendiate! >>

I nuovi Saggi si inchinarono. Una dolce musica che pareva venire dalla stessa volta celeste fece vibrare l’aria. Ben presto ad essa si unì l’applauso dei novizi e dei Saggi. Denebola e i suoi compagni si voltarono per andare a sedersi, ma con loro immenso stupore furono richiamati da Fabius. L’applauso scemò, ma la musica continuò come se quell’improvvisa novità non la riguardasse. Denebola guardò con espressione interrogativa il vecchio Saggio; non ricordava che durante la Cerimonia li avesse mai interrotti.

<< Oltre ai nostri nuovi Saggi stanotte non possiamo non festeggiare i nostri ospiti che hanno liberato Valdmurt da una potente forza oscura >>disse. << Venite avanti, prescelti! >>

Mailo e Alexander si guardarono sorpresi e seguirono i compagni davanti l’altare. Denebola si unì a loro, ancora più confusa.

<< Questo è il ringraziamento per le vostre gesta, prescelti >>disse Fabius spostandosi di lato e chinandosi per prendere un cofanetto di legno decorato sotto l’altare. Lo aprì, facendo però in modo che solo lui potesse vederne il contenuto, e si mise davanti i prescelti come aveva fatto poco prima con i novizi.

Rio trattenne il fiato vedendo il medaglione d’oro, con sopra incastonate delle piccole pietre che formavano una scintillante M, che Fabius estrasse.

<< Ricevete senta timore il Majirka, il simbolo dei valorosi di Valdmurt che vengono chiamati Ashik >>disse questo infilando il medaglione al collo dei prescelti, a dir poco sconvolti. << Ma voi siete i Prescelti, Ashik nella lingua di uomini, nani e folletti, e Amlen nella lingua degli elfi. Che i vostri cuori non si trovino più in dubbio e che questo simbolo sia per voi, come per gli Ashik del passato, un ringraziamento più che sufficiente per le vostre gesta >>

Mailo rimirò il medaglione, e la sua mano tremò.

<< Nessun ringraziamento che potremmo ricevere sarà mai pari a questo >>disse, esprimendo il pensiero di tutti i suoi compagni. Fabius sorrise e li benedisse uno ad uno.

 

I festeggiamenti durarono tutta la notte. Dopo la Cerimonia, tornarono al prato dove si trovavano prima. Il fuoco fu ravvivato e le torce aumentarono, così che il prato sembrò coronato da una moltitudine di stelle colorate. La musica non cessò, anzi li seguì lungo il sentiero. Ben presto a lei si unirono i sibili dei fuochi d’artificio a forma di fontana dalla quale zampillavano gocce scintillanti vari colori e animali leggendari scomparsi a ovest del mare. Tutto questo era frutto della bravura dei giovani Saggi. I compagni furono festeggiati come loro, e nessuno ricordò di essere stato onorato in tale modo.

La luna risplendeva alta nel cielo e molte costellazioni erano più visibili rispetto ad altre notti. Non tirava un filo di vento e attorno al grande falò in mezzo al campo ogni traccia del freddo svaniva. E in quel clima di festeggiamenti e risa allegre nessuno si accorse che aveva ripreso a nevicare. Ma i fiocchi erano così grandi che non appena toccavano terra si scioglievano subito, e se raggiungevano le mani o il viso nessuno ci badava.

Fu Alexander, allontanatosi dal fuoco, ad accorgersene per primo. Ma la sua mente era rivolta altrove mentre ancora non riusciva a credere a quello che gli era successo, e i pensieri e le emozioni faticavano a trovare un preciso ordine dentro di lui. Rimase assorto nei suoi pensieri per molto tempo, tanto da non accorgersi che Denebola era venuta a sedersi accanto a lui.

<< Lo avresti mai creduto? >>chiese la ragazza.

Alexander sobbalzò, e guardò il Majirka che gli ricadeva sul petto.

<< Pensavo che gli assassini non potessero riceverlo >>

<< Ma sei un prescelto, e non potevi evitare di uccidere quei Malredin >>ribatté Denebola. << Loro non ti avrebbero risparmiato >>

<< Non mi riferivo a loro >>la interruppe Alexander con voce roca.<< Sai cosa intendevo >>

Denebola abbassò per un attimo lo sguardo, poi sorrise e gli prese una mano.

<< E che cosa avremmo fatto? >>disse dolcemente.<< Ti avremmo escluso mentre noi ricevevamo il Majirka? >>

<< Rispondi seriamente >>

<< Devi chiederlo a Fabius, allora >>disse Denebola.<< Io, comunque, avrei fatto lo stesso. Ti avrei nominato Ashik >>

<< Perché? >>esclamò Alexander.

<< Perché ti conosco e mi fido di te >>rispose Denebola con voce ovvia.<< So che hai avuto i tuoi motivi per uccidere, ma non li conosco e non voglio conoscerli. Io ti ho conosciuto senza sapere il tuo passato, e non mi baso su questo per poter esprimere un giudizio su di te. Mi basta fidarmi di te. E poi…ho notato un cambiamento da quando ci siamo conosciuti >>aggiunse con esitazione.

<< Davvero? >>Alexander la guardò curioso. Denebola annuì.<< Be’, a pensarci bene in questo viaggio siamo un po’ cambiati tutti…in meglio >>

<< Meno male! >>rise Denebola. Alzò gli occhi al cielo. << Ma…nevica! >>esclamò sorpresa.

<< Ma va’? >>rispose Alexander alzando un sopracciglio e fissando divertito la sua espressione sbalordita.<< Sarà mezz’ora che nevica. Ti do un consiglio: vai a dormire, perché ti vedo un po’ stanca >>

Denebola gli rivolse un’espressione ironica.

<< Devi sempre punzecchiarmi, eh? >>

<< Io non ti punzecchio, ti sto solo dando un consiglio >>rispose Alexander con un sorrisetto.<< A proposito >>disse poi indicando le maniche corte della ragazza, << non senti freddo? Io sto gelando >>

<< Torniamo vicino al fuoco, allora >>propose Denebola.

Si alzarono e tornarono al centro del prato accanto agli altri vicino il fuoco. Alexander guardò distrattamente in alto e rimase a bocca aperta. Tese una mano col palmo rivolto verso l’alto, e una soffice piuma d’oro vi si posò.

<< Nevica…piume? >>sussurrò sbalordito.

<< Una mia piccola creazione >>sorrise Denebola. << Non c’è nulla da temere >>

<< Oh, certo! >>disse ridendo Tinhos.<< Tu non ti limiti ai fuochi d’artificio come gli altri! >>

Alexander osservò la piuma ancora stretta nella sua mano, poi le altre che si apprestavano a toccare terra insieme ai fiocchi di neve per formare un soffice prato dorato. Sorrise mentalmente e la infilò con cautela in tasca.

 

 

Ora che il male era stato sconfitto e la Cerimonia si era svolta senza inconvenienti e in un’atmosfera allegra e serena, i giorni trascorrevano rapidi come il battito d’ali di una farfalla.

Rio non ricordava tutto quello che faceva; l’unica cosa che non dimenticò mai era la tranquillità con cui trascorse quei tempi. Stava quasi sempre con i suoi compagni, e quando era solo preferiva appoggiarsi ad una finestra e far vagare lo sguardo sul mondo innevato.

Un giorno subito dopo l’ora di colazione (anche se in quel periodo di vacanze i novizi preferivano dormire oltre l’abituale orario), Fabius ricevette uno per volta i giovani Saggi nella Sala della Costellazione. In quel breve colloquio i giovani dovevano dirgli se sarebbero rimasti, partiti o avrebbero lasciato per sempre la Torre e la carica di Saggio. Con somma felicità, e anche un po’ di sollievo, nessuno volle abbandonare la Torre ma molti chiesero il permesso di poterla lasciare per un breve periodo.

Anche i compagni cominciarono a sentire nei loro cuori nostalgia di casa e si domandavano quando sarebbe stato il momento di ripartire. Ma nessuno ebbe il coraggio di formulare per primo la domanda, perché ciò significava dividersi, e nel corso del loro viaggio si erano considerati come una famiglia dato che le loro era lontane. Eppure sapevano che prima o poi avrebbero dovuto decidere. Ma Fabius diede loro la libertà di scegliere, e, dato che era pieno inverno e molte vie erano sicuramente bloccate dalla neve, i compagni scelsero per il momento di prolungare la loro permanenza alla Torre di Aldebaran.

 

I giorni e le settimane trascorsero in una pace che molti avevano dimenticata. Continuò a nevicare, sebbene non come agli inizi della stagione, e un bel giorno il sole tornò a riscaldare la terra di Valdmurt. La neve si sciolse a poco a poco e qualche raro ciuffetto d’erba spuntò nascosto tra le rocce o ai piedi degli alberi; il ghiaccio sulla superficie del lago si sciolse unendosi all’acqua sotto di sé. Alcuni dei giovani Saggi che erano voluti partire lasciarono in quei giorni la Torre, ma gran parte preferì aspettare che il clima fosse più caldo. Erano i primi giorni di marzo, e Rio si stupì nel pensare quanto tempo era passato da quando avevano ucciso Tenugh. Gli pareva fossero passati anni, eppure quando tornava con la mente a quei momenti sembrava essere successo appena un giorno prima.

Fu allora che ritenne di dover ringraziare Fabius per la sua ospitalità. E come lui anche Mailo, Tinhos, Aiska e Alexander. Ne parlarono a Denebola, che non disse nulla ma abbassò il capo e rimase silenziosa per parecchio tempo.

Una sera dopo cena Rio e Mailo si allontanarono per cercare Fabius. Entrambi sentivano che ormai il loro viaggio era giunto alla fine e il desiderio di tornare a Terrani era diventato insostenibile. Girarono l’intera Torre da cima a fondo senza però riuscire a trovare il vecchio Saggio. Provarono allora alla Sala della Costellazione, e ,con sollievo, lo trovarono seduto al tavolo, immerso nella lettura di una mappa. Quando si accorse della loro presenza, si alzò e sorrise, facendo loro segno di avvicinarsi.

<< Non riuscite a dormire questa sera? >>chiese.

Rio e Mailo si scambiarono un’occhiata, ma prima che uno dei due potesse rispondere la porta si aprì ed entrarono Tinhos e Aiska.

<< Altri due insonni? >>ridacchiò Fabius.<< Ma ne manca uno… >>

La porta si aprì nuovamente lasciando entrare Alexander, che per un momento parve turbato di trovare i suoi compagni lì.

<< Molto bene! >>disse Fabius mentre l’uomo si avvicinava al tavolo. << Parlate uno alla volta o c’è uno che parla per tutti? >>chiese con curiosità.

<< Cosa… >>disse Alexander guardando stupito gli altri.<< Anche voi allora? >>

Rio annuì e si inchinò brevemente verso Fabius.

<< Vi ringrazio per averci ospitato durante l’inverno >>disse, << e penso di parlare anche a nome dei miei compagni se dico che è ora che dobbiamo ripartire >>

<< E quando desiderate farlo? >>chiese Fabius.

<< La prossima settimana >>rispose Mailo, ma si interruppe e guardò Alexander, Tinhos e Aiska.<< O almeno Rio e io >>

<< Anche noi pensavamo di partire la prossima settimana >>disse Tinhos.

<< E pure io >>disse Alexander.

Fabius annuì.

<< Vedo che non vi eravate messi d’accordo >>disse. << C’è un motivo preciso? >>

<< Dobbiamo prendere diverse strade >>rispose Rio. Esitò un attimo, ma poi sorrise.<< Sapevo che comunque avremmo alla fine deciso di partire lo stesso giorno >>

<< È ovvio >>disse Fabius.<< Forse voi crederete che il vostro legame si è allentato da quando avete sconfitto Tenugh, ma i vostri cuori sono rimasti legati. Credo sarà piuttosto difficile per ciascuno di voi tenere un segreto. Siete un libro aperto ai vostri occhi >>

<< Sicuramente è così >>sorrise Aiska.

<< Capisco quanto vogliate tornare dalle vostre famiglie >>disse Fabius, scrutandoli con attenzione, << ed esaudirò il vostro desiderio >>

I compagni lo ringraziarono e uscirono. Nessuno parlò mentre si allontanavano, ma la voce di Fabius richiamò l’attenzione di Alexander. Il vecchio Saggio gli fece cenno di tornare indietro e salutò gli altri chinando brevemente la testa.

<< Ho riflettuto, Alexander >>disse facendo riaccomodare l’uomo nella Sala, << e ti chiedo se non vorresti rimanere per qualche altro tempo qui da noi. Non penso tu abbia di dove andare, o sbaglio? Puoi restare alla Torre fino all’estate >>

Alexander abbassò la testa, pensoso. Quella proposta non era male, anzi, non gli sarebbe dispiaciuto restare ancora un po’ alla Torre. Ma era da tanto che desiderava tornare a cavalcare libero nei vasti prati o ai piedi delle montagne.

<< Penso di no >>

<< No? >>ripeté Fabius con voce neutra.

Alexander tornò a fissarlo negli occhi e scosse la testa.

<< Grazie per l’invito ma voglio partire insieme ai miei compagni >>disse.<< Non so dove andrò. Deciderò quando ci separeremo >>

<< Va bene, la scelta spetta a te >>disse Fabius.

<< Spero sia finito il tempo di scegliere >>sospirò Alexander.

<< Oh, quella è una delle poche cose che non finiranno mai >>rispose Fabius. << La vita è fatta di scelte, Alexander, siano esse dolorose o meno. E questo, purtroppo, non sempre possiamo evitarlo. Spero ti rincuori il fatto che anche i tuoi compagni la stiano pensando allo stesso modo >>. Gli diede una pacca sulla spalla e tornò dietro il tavolo a scrutare la mappa.

 

Gli ultimi giorni alla Torre di Aldebaran volarono via, in uno stato di tristezza e inquietudine, perché, ammettendolo o nascondendolo persino a loro stessi, i compagni avevano iniziato a considerarla come una casa. Arrivò così la sera prima della partenza. I pochi effetti personali salvatisi durante il viaggio erano riposti negli zaini, e di quelli che avevano lasciato sui cavalli non si sapeva che cosa ne fosse. Rio e gli altri scesero come sempre a cena, facendo finta di niente: infatti avevano pregato Fabius di non rivelare a nessuno la loro partenza. Denebola era seduta accanto a loro e cercava di mascherare meglio che poteva la sua tristezza per il giorno seguente.

<< Ora che ci penso! >>esclamò all’improvviso Mailo mentre passeggiavano insieme nel cortile. << Vi hanno più ridato i cristalli? >>

<< Certo >>rispose Rio.

<< Quando? >>chiesero all’unisono Mailo e Aiska, sorpresi.

<< Durante la Cerimonia >>rispose Denebola.

<< Ah, sì? >>fece Alexander.<< Noi non li abbiamo visti >>

<< Ma se li avete sempre avuti sotto gli occhi! >>disse Rio.

Mailo e Alexander si guardarono, le sopracciglia aggrottate. Denebola sorrise divertita vedendo le loro espressioni confuse. Lei e Rio si sfilarono i Majirka e li tennero alzati davanti i volti degli amici. Mailo si chinò per osservarli attentamente, e i suoi occhi si dilatarono, allibiti.

<< Hai capito? >>disse Rio. <>

<< Ma… >>disse Tinhos, << nessuno può lavorare i cristalli di Imder Nysri >>

<< Be’, Fabius può >>ribatté Denebola. << È una delle rare persone che ci riescono >>

<< E perché Afior e Deri si trovano nei vostri Majirka? >>chiese Aiska.

Denebola la guardò e il suo sorriso si fece più ampio.

<< Immagino che per voi i Majirka non siano altro che dei medaglioni d’oro >>disse.<< Per la verità, oltre ad essere dei riconoscimenti, sono come dei…custodi. In ciascun Majirka c’è una pietra o un altro oggetto legato all’Ashik che l’ha ricevuto e che lo seguirà proteggendolo sempre >>

<< Questa sì che mi giunge nuova! >>esclamò Alexander, meravigliato, osservando il proprio Majirka.

<< E chissà perché mi aspettavo che lo dicessi >>ghignò Denebola dopo essersi accertata di essere fuori dalla traiettoria dell’uomo.

<< Ma nei nostri quali pietre ci sono? >>chiese Mailo.

Tinhos strinse gli occhi e scrutò la M del proprio Majirka, che brillava alla candida luce delle stelle.

<< Sono i Brillanti degli elfi! >>

Rio e Denebola scoppiarono a ridere di fronte alle facce ancora incredule dei compagni.

<< Be’ >>disse infine Mailo riscuotendosi, << sono contento di sapere cosa c’è qua dentro >>.Alzò lo sguardo alla volta celeste e si stiracchiò. << Non so cosa ne pensiate voi, cari miei, ma io dico che è ora di andare a dormire. Da domani finisce la pacchia >>

Alexander sospirò, e tornarono nelle loro stanze. Ma quella notte nessuno di loro dormì molto. I loro sguardi si posavano continuamente sulle stelle che, come la notte prima della loro prima partenza dalla Torre, brillavano intensamente tanto che nel cortile non occorrevano le torce per orientarsi.

Il mattino dopo una dolce luce penetrò nelle stanze della Torre, e il sole che sorse fu il più caldo dei giorni passati. Denebola osservava la luce sulle coperte mentre da fuori veniva il cinguettio degli uccelli, che parevano volerle intimare di alzarsi. La sua mente però era concentrata sui ricordi che aveva degli anni passati e nel ricordare che ormai quei tempi erano evidentemente finiti, gli occhi le si riempirono di lacrime. Le ricacciò coraggiosamente indietro e guardò fuori dalla finestra le cime degli alberi ancora spogli che si illuminavano. Pensare poi che quel giorno avrebbe dovuto salutare i suoi amici e forse non li avrebbe più rivisti aggravò il peso che aveva sullo stomaco, mettendo a dura prova il suo autocontrollo. Cercò invano di prenderla con serenità.

Quando il sole fu abbastanza alto si vestì e scese a fare colazione nella sala, deserta a parte i suoi compagni e qualche Saggio. C’era un silenzio carico di tristezza, e tutti e sei evitarono di guardarsi in faccia. Non si accorsero, presi com’erano dai loro pensieri, che Fabius era arrivato e li aspettava con calma accanto la porta. Quando ebbero finito lo raggiunsero e lo seguirono fino al cortile, dove li attendeva una grande sorpresa.

Sei cavalli dal manto grigio li osservarono con un brillio di contentezza negli occhi. I compagni si avvicinarono meravigliati. Rio sorrise e accarezzò il muso di Matar, che chiuse gli occhi e gli strofinò il muso contro il collo.

<< Sono tornati ieri sera sul tardi >>disse Fabius.<< Hanno passato l’inverno dai folletti dell’Ohuin, e vi hanno anche riportato i vostri bagagli >>.Indicò gli zaini posati ai suoi piedi.

<< Grazie >>sussurrò Rio a Matar.

<< Ci accompagneranno anche questa volta? >>domandò Tinhos.

<< Se ne avranno voglia io non glielo impedirò >>disse Fabius. << Con loro impiegherete meno di quindici giorni per raggiungere le vostre città >>

<< Be’, allora va bene >>sorrise Mailo dando delle affettuose pacche sul dorso del proprio cavallo.

Fabius rise e, avvicinatosi ai cavalli, sussurrò parole misteriose che solo Denebola comprese.

<< Siete decisi a partire, allora? >>disse rivolgendosi poi ai compagni, che annuirono.<< Quindi non ci resta che aspettare i Saggi a cui ho riferito che sareste ripartiti. Dovrebbero scendere fra non molto… >>

Nell’attesa, Rio e gli altri caricarono i bagagli sui cavalli, tranne Denebola che pareva essersi dimenticata di loro e frugava nello zaino. Il portone si aprì alle loro spalle e ne uscirono Mira, Altair, Hebel e la Maga di Andromeda.

<< Avete fretta di partire, a quanto vedo! >>disse scherzosamente Hebel.

<< Ormai il nostro compito è stato portato a termine >>disse Rio.

<< Sì, ma qualunque cosa succeda e accada voi sarete sempre i compagni prescelti >>disse Fabius. << L’amicizia che vi lega non si spezzerà mai >>

Rio annuì e si inchinò, subito imitato da Mailo, Alexander, Aiska e Tinhos. Poi si voltò verso Denebola, non sapendo cosa dire, benché in quel momento le cose che voleva dire erano molte. Ma Denebola sorrise e schioccò le dita. Uno zaino apparve al suo fianco, e lei lo caricò sul suo destriero sotto lo sguardo a dir poco stupito degli altri.

<< Che cosa significa? >>chiese debolmente Rio.

<< Significa che mi dovrete sopportare ancora per un po’ >>rispose Denebola, sorridendo.<< Vi spiegherò tutto più tardi >>Si voltò e si inchinò ai Saggi.

<< Oggi è il dodici marzo, Denebola >>disse Fabius. << Ci rivedremo fra due anni esatti >>

Denebola annuì. Mira l’abbracciò e la benedì.

<< Mi auguro di rivedervi, prescelti >>disse il vecchio Saggio mentre i compagni montavano a cavallo.

<< Ce lo auguriamo anche noi >>risposero Rio e Tinhos.

Li salutarono un’ultima volta e spronarono i cavalli che partirono veloci come il vento lungo il sentiero fiancheggiato dagli alberi spogli, sui cui rami però già spuntavano piccoli germogli. La luce del mattino si fece più intensa e le gocce di rugiada tra i ciuffi d’erba splenderono come gemme preziose. Arrivati al bivio sul laghetto fermarono i cavalli e si voltarono indietro. Qualche uccello passò in volo su di loro. La Torre di Aldebaran era ancora visibile tra il legno scuro degli alberi. La osservarono a lungo e cercarono di imprimersi la sua immagine nella mente, pregando gli déi di poterci tornare un giorno o l’altro. Infine ripartirono.

Attraversarono la Piana dei Morti, stupendosi nel vedere la presenza di erba e qualche raro fiore in quella landa desolata e maledetta.

Quando raggiunsero il Green River allentarono il passo e respirarono la fresca aria.

<< Allora >>disse dopo un po’ Alexander a Denebola, << come mai vieni anche tu con noi? Non mi dirai che hai deciso di lasciare la Torre! >>

<< Non lo farei mai >>rispose Denebola. << Ho solo deciso di andare alla ricerca della mia famiglia. E ho a disposizione due anni, dopodiché tornerò alla Torre di Aldebaran >>

<< Dove pensi di iniziare le ricerche? >>le chiese Rio.

<< Da Upam, la mia città natale >>disse Denebola. << Poi si vedrà >>

Si fermarono a pranzare in prossimità di Royal, chiacchierando e godendosi quegli ultimi momenti insieme. Rio e Mailo decisero di passare lungo la costa per giungere a Terrani, evitando però Darksea; Tinhos e Aiska sarebbero invece tornati ad Aquos per qualche tempo, e ignorarono le domande sarcastiche di Mailo e Alexander. Quest’ultimo era il più indeciso di tutti. Mai, da quando aveva lasciato King’s Valley aveva dato peso alla destinazione che avrebbe dovuto raggiungere. Alla fine scelse di accompagnare Rio e Mailo fino a un certo punto, quindi avrebbe deciso dove andare. E Denebola avrebbe raggiunto Upam passando per Kamaàn e i Boschi Incantati.

Per il resto del giorno non vollero proseguire. Trascorsero le ore sdraiati a pancia in su, domandandosi come sarebbero stati accolti una volta tornati nelle loro città.

Il mattino dopo, comunque, non si svegliarono troppo presto, e già il sole era sorto da un pezzo quando terminarono la colazione. Risistemarono le coperte e montarono di nuovo. Questa volta procedettero con più calma, ma non erano passate nemmeno due ore che già erano arrivati a Royal.

<< Da qui in poi ci separiamo >>disse Denebola con un sospiro. << Prenderò la strada che porta a Kamaàn >>

Rio la abbracciò.

<< Spero che verrai a cercare la tua famiglia anche da noi >>disse.

<< Ho due anni a disposizione e un cavallo che impiega un giorno per giungere in un luogo per il quale ne occorrerebbero cinque >>disse la ragazza, separandosi da lui per salutare gli altri. << Penso che una capatina verrò a farvela. E poi vi scriverò >>disse mentre abbracciava forte Aiska. << L’importante è che non vi mettiate a viaggiare, altrimenti non vi troverò >>

<< Allora io riceverò molte lettere >>replicò sorridendo Alexander abbracciandola a sua volta e scompigliandole i capelli.

<< Se mi verrà voglia mi teletrasporterò da te >>disse Denebola.

<< Che onore! >>disse Alexander. Denebola sorrise.

<< Be’, fai attenzione >>disse infine Rio quando la ragazza si avvicinò alla strada per Kamaàn.<< Avremo anche sconfitto Tenugh ma ci sono altri pericoli per Valdmurt >>

<< Saprò difendermi >>li rassicurò Denebola.

<< Di questo ne siamo sicuri >>disse Tinhos con un gran sorriso.

Denebola li guardò un’ultima volta, e il cuore le tremò. Una lacrima sola sfuggì al suo controllo mentre con un gesto della mano li salutava e faceva voltare il cavallo che partì a gran velocità. Anche Rio, Mailo, Aiska, Tinhos e Alexander, dopo averla osservata per un po’, si voltarono e presero la direzione opposta. Come quando si erano incontrati la prima volta, anche ora se ne andavano insieme, mentre tutto era partito da Denebola e il cristallo verde e tutto finiva con loro. Prima che le porte di Royal si richiudessero alle loro spalle, Rio si voltò.

Vide Denebola sfrecciare lungo la via verso le montagne, una figura vestita di viola che brillava alla luce del sole.

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