Per sapere se è la cosa giusta

di Vichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stare insieme vuol dire... ***
Capitolo 2: *** Problemi... ***
Capitolo 3: *** Chi è Azusa? ***



Capitolo 1
*** Stare insieme vuol dire... ***


“Per sapere se è la cosa giusta”

                                                        

“Per sapere se è la cosa giusta”

 

 

 

Cap 1: “Stare insieme vuol dire…”

 

 

 

“Davvero?! E quindi mi stai dicendo che finalmente Ran ha mandato a quel paese  quel kudo che la lascia sempre sola?! E brava la mia amica; strano che non mi abbia chiamata. Bhè! Lo farò io per  congratularmi!”

 

“Come al solito hai capito male. Kudo mi ha semplicemente detto che l’ultima volta che ha sentito Ran al telefono lei lo ha liquidato in fretta perché un suo nuovo amico la stava aspettando in un bar per commentare insieme gli appunti di matematica.”

 

Due mesi, incredibile.

Stavano insieme da due mesi. Né uno né l’altra avevano mai creduto che, come accadeva in quel momento, avrebbero passeggiato insieme tranquillamente coscienti ognuno dei sentimenti dell’altro.

 

“No, no. Non ho capito male, vedrai che questo nuovo amico è più carino di Kudo e lei che si è stancata di aspettarlo, non ci tiene neppure più a parlargli. Francamente spero che sia così, perché credo che il tuo caro amico la stia prendendo in giro.”

 

“Non è così. Lui è molto impegnato.”

 

“Fesserie. E comunque sia, Ran non dovrebbe stare buona buona ad aspettarlo in eterno. Io non lo farei!”

 

“Ah! Quindi se io dovessi star fuori per dei mesi non  potrei essere certo che tu mi rimanga fedele?!”

 

“Eh, eh, eh. Hai indovinato.”

 

“Cosa?!

 

In realtà il loro rapporto continuava a essere quello di due cari amici, che scherzavano e si prendevano in giro.

 

“Heiji, non crederai davvero che me ne starei sola ad aspettarti con tutti i bei ragazzi che ci sono in giro? Guarda quello per esempio! Quant’ è carino.”

 

“Ma questo è pazzesco! Basta me ne vado.”

 

“E dai che sto scherzando!”

 

Gli si avvicinò e lo fermò afferrandolo per le spalle.

 

“Non te la sarai presa?”

 

Il ragazzo si voltò verso di lei con aria offesa. La guardava fissa con gli occhi semichiusi e mise il broncio.

 

“Heiji, stavo scherzando. Lo sai che  non potrei stare con nessun altro che non sia tu, e poi se te ne andassi io ti seguirei.”

 

Kazuha che non vedeva cambiamenti sul espressione del ragazzo, gli si avvicinò e in un estremo tentativo pacifico ( se non avesse funzionato sicuramente avrebbe perso la pazienza) lo abbracciò.

 

“Senti un po’ non ti sembra di esager… ahahah, fermo ma che fai?! Heiji  sei un farabutto. Sta fermo!”

 

Quando finalmente si fermò:

 

“Oltre essere un detective d’eccezione, sono anche un bravo attore.”

 

“Sei un imbroglione. Hai finto di essere offeso solo per approfittarne e farmi morire per il solletico. Idiota!”

 

“Quante storie per un po’ di solletico.  Hihihi, finalmente te lo fatta pagare. Forse l’hai dimenticato ma sabato scorso per aver fatto tu il solletico a me mi hai  procurato una bella caduta con conseguente slogatura della caviglia.”

 

“Già, che caduta meravigliosa quella. Le tue urla di dolore esagerate hanno perfino fatto accorrere tutti gli abitati in quella via.”

 

“Ridi, ridi! Intanto io sono stato costretto a letto per cinque giorni fino a ieri, a causa tua.”

 

Come quand’ erano piccoli e si facevano i dispetti anche ora che avevano quasi diciotto anni le cose non erano cambiate.

 

“Heiji!”

 

“Che c’è?”

 

“Mi dispiace.”

 

“Dai vieni qua!”

 

Heiji le mise il braccio in torno alla vita e la attirò a sé. I loro cuori vicini, i loro visi vicini, le loro labbra unite in un tenero bacio.

 

Un po’ di cose in realtà erano cambiate.

Ora che stavano insieme le cose si facevano più facili anche tra loro due quali amici (almeno così credevano). Mentre prima anche stare appiccicati l’uno alla spalla dell’altro tra la folla del tram era incredibilmente imbarazzante, ora nei gesti erano più spontanei anche se ancora molto timidi.

All’inizio non era proprio così ed entrambi lo ricordavano bene. Dopo il loro primo bacio, avevano passato una settimana di inferno: non sapevano quale atteggiamento scegliere in pubblico, cosa dirsi, come comportarsi. A seguito di quel giorno nel parco, Heiji era sempre occupato in questura con Goro e  Conan (come arrivava quel ragazzino, ecco un omicidio); Kazuha invece, che aveva ospiti Ran e la famiglia,  si preoccupava di fare tutti gli onori di casa e portò Ran, a cui confidava le sue preoccupazioni e i suoi dubbi riguardo tutto ciò che era accaduto tra lei e il suo amico di infanzia, con sé a conoscere meglio la sua città.

In breve: non ebbero un momento per stare insieme, se non a scuola dove però a mala pena parlavano durante l’intervallo evitando, tra l’altro di guardarsi negli occhi, che subito finite le lezioni non potevano neppure tornare pacificamente a casa in insieme perché o Conan o chi altro  stava fuori dal cancello ad aspettarli. In quella settimana, al termine della quale il detective dell’ est tornò nella sua città,  solo una volta i due ebbero modo di accennare al loro bacio.

 

A causa di una forte pallonata presa in piena faccia da Kazuha durante la lezione di ginnastica, la ragazza era finita rintontita in infermeria. Venuto a sapere dell’accaduto Heiji l’aveva raggiunta.

 

Corse verso l’infermeria, spalancando la porta entrò ma  l’infermiera mancava.

 

“Signora infermiera, è lei? Per favore mi porti un cerotto perché questo si è staccato.”

 

Sentendo la voce della ragazza si sentì sollevato, evidentemente con quella testaccia dura che si ritrovava  non si era poi fatta così male. Nonostante ciò i suoi battiti cardiaci non rallentarono il ritmo prima velocizzatosi a causa della preoccupazione, ora infatti si trovava lì e non sapeva che dire. Vedendo una scatola di cerotti all’interno dell’armadietto dell’infermeria lo prese e si diresse verso  la vittima della palla.

 

“Kazuha, sono io. Tieni i cerotti!”

 

“Heiji? No, aspetta non entrar…”

 

Non ebbe il tempo di finire la frase che  il giovane detective aveva già spostato la tenda che lo separava dalla sua amica. Fu un attimo il tempo di voltarsi e piegarsi dietro il letto, ma all’ occhio attento di Heiji bastò per vedere  le condizioni in cui si trovava la ragazza. Spogliata degli indumenti per la lezione di ginnastica aveva tra le mani la sua divisa scolastica, pertanto era rimasta con la sola biancheria.

 

“Oh! Ehm, io… scusa.”

 

“Ma ti sembra questo modo di entrare?! Attendimi un secondo fuori.”

 

Heiji era insuperabilmente imbarazzato. Kazuha uscì qualche minuto dopo e i due si guardarono fugacemente negli occhi.

 

“Scusami, sono stato sgarbato ad entrare in quel modo.”

 

“Ok, non preoccupartene più. Ora dammi quel cerotto!”

 

Stava per fare ciò che gli aveva chiesto quando con fare molto premuroso le si avvicinò e scostandole i capelli dalla fronte le pose lui stesso il cerotto lì dove era stata colpita.

 

“Grazie, sei molto gentile”

 

“Non mi piace vederti soffrire.”

 

“Ora non esageriamo, è solo una botticella.”

 

“Già,  hai una testa così dura che è difficile solo scalfirla.”

 

Così dopo diversi giorni di silenzi e distacco, tornarono a ridere insieme.

 

“Avanti, andiamo in classe!”

 

“Heiji, sappi che sono felice che finalmente abbiamo avuto il tempo di avere una conversazione.”

 

“Avremo molto altro tempo da impiegare in altre conversazioni e non.”

 

“Heiji!?”

 

“Ehi che hai capito?”

 

“Che sei un maniaco.”

 

“Ma che dici? Stupida.”

 

“Cretino.”

 

E insieme scoppiarono a ridere di gusto. Heiji allora piegandosi verso di lei le accarezzò il voltò e le diede un bacio sulla fronte vicino il cerotto.

 

“Sappi che quello che è successo al parco era proprio quello che volevo accadesse.”

 

“Per me è lo stesso. Come ti ho già detto, Kazuha, non mi sarei ma fatto sfuggire quell’occasione.”

 

Da quel giorno le cose seguirono più facilmente, ma…

 

 

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Capitolo 2
*** Problemi... ***


“Davvero

Cap. 2: “Problemi”

 

 

 

“Heiji!”

 

Che c’è? Cosa ho fatto che non va?”

 

“Ma sei rimbambito?! Ci troviamo davanti casa mia, se uno dei miei genitori uscisse e ci vedesse scoprirebbe tutto.

 

Sei incredibile, tu prima mi hai abbracciato. Forse a te è lecito comportarti come preferisci e a me no?”

 

Che fai ricominci? Sì, io ti ho abbracciato ma eravamo appena all’angolo e in strada c’era poca gente, persone che non conosciamo.”

 

“Ma per favore, scommetto che anche tu in quel momento ti sei fatta trasportare altrimenti non lo avresti fatto.

 

Sei proprio petulante. La verità è che ti brucia il fatto che ti abbia interrotto mentre mi baciavi.”

 

“Ma sentitela, lo stavo facendo solo perché mi facevi tenerezza e un po’ pena.

 

Che cosa? Razza di maleducato. Cretino, cretino, cretino!!!

 

“Scema, scema, scema.”

 

E si diedero le spalle avanzando in direzioni opposte.

 

Ecco il primo problema del loro rapporto. Avevano deciso di stare zitti per i primi sei mesi, in modo tale che se le cose fossero andate male ( magari proprio per il fatto che tutti sapessero) si sarebbero almeno risparmiati di dare estenuanti spiegazioni. Il loro distacco sarebbe potuto essere inteso come la conseguenza di una forte litigata tra amici. Tra l’altro si erano detti che in tal caso avrebbero fatto di tutto per salvare la loro amicizia e tutto sarebbe tornato a posto. Più facile a dirsi che a farsi, lo sapevano entrambi.

 

“Heiji?”

 

“Va al diavolo!”

 

“Sgunt! Volevo dirti la stessa cosa.”

 

Entrata in casa, il padre della ragazza che aveva sentito i due mentre si mandavano a quel pese disse:

 

“Figliola, è possibile che tu ed Heiji non riusciate mai ad andare un giorno intero d’accordo?”

 

“No papà, non è possibile. Heiji è un idiota.”

“Eppure io credevo che tu gli volessi bene.

 

L’ultima frase la meravigliò non poco. Che suo padre sapesse tutto? Alla fine non sarebbe stato un grosso danno, prima o poi l’avrebbe saputo e si sperava che avrebbe approvato, come era molto probabile. O forse voleva dirle qual cos’altro?

 

“Scusami, ma che vorresti dire?”

 

“Tesoro mio, voi siete amici e si presuppone che vi vogliate bene” ebbene non sapeva, “volersi bene significa anche sapersi apprezzare per quelli che si è. Voler bene ad una persona significa saperle portare rispetto ed essere pazienti nei sui confronti.”

 

“Già, hai proprio ragione. Quando incontri Heiji, diglielo!”

 

“Kazuha, ma veramente…”

 

Ormai era già volata via in camera sua.

 

Mi sembra di rispettarlo come basta. E’ solo una stupida testa calda. Che stia più attento.

 

Ebbene, vi era riuscita anche quella volta: quella stupida ragazzina lo aveva fatto arrabbiare. Senza neanche accorgersene Heiji aveva già percorso tre quarti della strada che lo avrebbe ricondotto a casa quando una voce lo chiamò alla sua attenzione.

 

“Oh, Heiji. Come va, amico? Vieni con me? Io e quell’altro perditempo di Noboru  ci vediamo alla sala giochi per ammazzare un po’ il tempo, oggi è il nostro giorno libero e così… anche se mi chiedo come faranno in questura senza di me.”

 

Il giovane Takada era un gran fanfarone. Heiji lo aveva conosciuto appena 5 mesi prima quando era stato trasferito nella sua città. Aveva circa 23 anni ed era un tipo allegro e vivace, piuttosto acuto per quanto un po’ imbranato. Indirettamente era stato lui che aveva fatto sì che Kazuha ed Heiji  finalmente si dichiarassero, e per questo il nostro detective gli era in un certo senso grato e aveva iniziato a frequentarlo.

 

Ma si dai, vengo con te.”

 

“Davvero?! Finalmente ti riesco ad avere come compare di avventure. Hai litigato con la tua Kazuha?”

 

“Non ne parliamo. Ma, io…ecco…insomma perché dici -tua Kazuha-? Noi siamo solo amici.

E poi che intendi con -compare di avventure-, siamo sicuri di star andando in una  sala giochi?!”

 

“Avanti, stavo scherzando. Comunque credo che tu e la tua amica fareste una bella coppia, ma dal momento che siete solo amici vedrai che io sarò in grado di trovare una ragazza adatta a te.”

 

“Come? Ma guarda che io non ho bisogno…”

 

“Si, si certo. Ora andiamo.”

 

Heiji che era poco in vena di discutere accettò di seguirlo, infondo divertirsi un po’ non gli avrebbe fatto male.

 

Alla faccia tua Kazuha! Io esco e mi diverto.

 

 

 

“Ahahah! Heiji ti batto, ti batto. Oh no…”

 

“Hihih, battuto.”

 

“Maledetto! E va bene significa che mi prenderò la rivincita, ora però andiamo a bere e poi…”

 

Takada si diresse verso il banco bar e dietro a sè Heiji.

 

“Senti un po’ Takada vieni spesso qua?!

 

“Si, molto spesso.”

 

E come mai? Ci sono sale giochi molto più belle.”

 

“Già ma…”

 

Furono i fatti e non le parole a rispondere.

 

“Ciao Takada che piacere vederti, e lui? E’ un tuo amico?”

 

“Ora capisco perché vieni sempre qua.”

 

Una ragazza bellissima si era mostrata a loro da dietro il bancone. Aveva lunghi capelli neri e occhi verde intenso, fisico perfetto, lineamenti delicati.

 

“Ciao Azusa,  ti presento Heiji. Sai, lui è un giovane detective e ha risolto moltissimi casi assurdi aiutando così la polizia.

 

“Oh si certo, ho sentito parlare di te Heiji Hattori, è un onore conoscerti. Sono Azusa Iwaya, la barista.”

 

“Il piacere è tutto mio. Takada vieni un attimo qui?”

 

“Senti un po’! Se mi hai portato solo per aver la scusa di essere qui con un amico e non fare figuracce con la ragazza, va bene ma dimmelo. Non mi piace essere tenuto allo scuro di cose che mi riguardano e poi scusa ma che fine ha fatto il tuo amico Noboru?”

 

“Non hai capito niente. La brunetta qui è per te, a me piace la sua amica e così cerco di arrivare a lei tramite Azusa. Per quanto riguarda Noboru, l’ho chiamato e gli ho detto di non venire più. A lui piace molto Azusa ma ritengo che sia fatta per te, quindi dacci dentro.”

 

Ma sei scemo? Chi ti ha dato l’ordine di trovarmi una ragazza e poi scusa è così che tratti i tuoi amici, che penserà Noboru?”

 

“Non preoccuparti di lui: è un tipo che cambia ragazza ogni mese; ma Azusa è speciale e dal momento che ti vedo sempre solo se non con la tua amica ho pensato che vedere qualche altra ragazza ti avrebbe fatto bene.”

 

“La prossima volta sei pregato di avvertirmi.”

Takada non aveva tutti i torti. Heiji aveva solo Kazuha e qualche amico: Kudo, Takada stesso e... basta. Forse aveva bisogno di guardarsi un po’ intorno.

 

“Heiji io stacco adesso ti andrebbe di andare a prendere un gelato, così magari mi racconti di qualche tuo caso interessante?”

 

Heiji era stato colpito nei suoi punti deboli:

1) era un impedito a rifiutare gli inviti delle ragazze (non gli era mai capitato). A Kazuha invece aveva dato bidone un sacco di volte, ma lei era la sua amica;

2) pavoneggiarsi delle sue qualità di gran detective era un occasione troppo allettante.

 

Certo non dovrei uscirci, se Kazuha lo sapesse non credo sarebbe d’accordo. Ma io agli occhi di tutti non sono impegnato con nessuno e poi che c’è di male ad andar a prendere innocentemente un  gelato con  Azusa.

 Alla faccia di Kazuha!

 

L’ aveva presa un po’ come una vendetta nei confronti della sua ragazza e così accettò.

 

 

h 16:30

 

Quindi capisci quant’ è idiota?”

 

Ma Kazuha non credi di esagerare?”

 

Passare almeno una mezz’oretta al telefono con la sua amica dell’est, era una prerogativa dei pomeriggi di Kazuha.

Erano passati tanti mesi e tanto più forte diventava l’amicizia con quella ragazzina che la prima volte che vide non poteva sopportare.

Kudo di qua, Kudo di là: Heiji pronunciava continuamente quel nome e Kazuha arrivò a credere che si trattasse di una ragazza, sino a diventarne gelosa. Quando seppe che Kudo doveva giungere ad Osaka, vedendo Ran così carina e gentile credette che si trattasse di lei, e non le diede pace per quasi tutto quel primo soggiorno nella sua città. Poi la situazione si chiarì e capì di avere con lei molte cose in comune, anzitutto il fatto di essere innamorate entrambe di due giovani detective, i loro rispettivi amici di infanzia.

 

“Esagerare?! Ran, mi ha mandato al diavolo. Volevo vedere te al mio posto.”

 

 E continuò:

“A proposito ho saputo di un certo ragazzo che si fa spiegare matematica da te, è il tuo nuovo ragazzo?!

 

“E tu come fai a sapere di Akira?”

 

“Oh, vi date già tanta confidenza da chiamarvi per nome.

 

“Kazuha, non fraintendere. Akira è un ragazzo nuovo arrivato due settimane fa proprio dal Kensai. Nella sua vecchia scuola erano indietro con il programma e così io gli do una mano.

 

“Capisco, ma dimmi è più carino di Kudo?!

 

“Bhè, effettivamente non è niente male ma non mi far fare paragoni con Shinichi. Anche se devo ammettere che ha qualcosa di speciale nel modo di parlare e di guardarmi.

Ehi Conan che fai?!

 

Dall’altro capo dell’filo, a chilometri di distanza, la ragazza dalla coda di cavallo sentì il piccolo coinquilino della sua cara amica rispondere con aria stranamente infastidita: “Vado a giocare e non so quando torno, verso cena credo. Quindi non mi assillare con troppe domande.

 

Che tipetto quel Conan. Se dovessi vivere con un ragazzino così credo che impazzirei…”

 

“Io invece ritengo che te ne innamoreresti: Conan è adorabile solo a volte molto misterioso e imprevedibile.”

 

Comunque tornando al discorso principale, lo hai lasciato Kudo?!”

 

“Kazuha! Ma se non stiamo nemmeno insieme.”

 

 

 

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Capitolo 3
*** Chi è Azusa? ***


“E così quando mi sono trasferita qui due mesi fa credevo che non avrei mai più ritrovato la pace che invece avevo a Kyoto prima che mia madre morisse, così improvvisamente

Capitolo3: “Chi è Azusa?”

 

 

 

“E così quando mi sono trasferita qui due mesi fa credevo che non avrei mai più ritrovato la pace che invece avevo a Kyoto prima che mia madre morisse, così… improvvisamente.

Grazie a Takada ho capito che deprimermi e rimanere chiusa a casa mi avrebbe fatto solo male.

 

Azusa sembrava una ragazza molto forte ma doveva aver passato brutti momenti nella sua giovane vita. Appariva radiosa, parlava e scherzava, sorrideva a ogni cosa buffa e possedeva anche gran senso dell’umor. Heiji però l’aveva notato il suo sguardo profondamente triste quando aveva accennato a sua madre e alla sua città, non poi tanto lontana da quella dove ora risiedeva ma vi aveva lasciato la casa della sua fanciullezza e gli amici più cari dell’adolescenza.

Il nostro detective non resisteva,  gli premeva sapere di più. Aveva la netta sensazione che Azusa aveva altro da rivelargli e quell’ “ improvvisamente” che la ragazza aveva aggiunto dopo aver detto della morte della madre, lo insospettiva non poco.

 

“Iwaya, perdonami se sono indiscreto, ma come è morta tua madre?”

 

La ragazza ebbe un sussulto, abbassò gli occhi a terra e volse leggermente il capo. Era triste, questo si, ma Heiji credette di leggere nei sui atteggiamenti qualcos’altro. Rabbia, sembrava voler contenere mordendosi il labbro inferiore e stringendo forte i pugni.

 

“Mia madre…è morta di infarto.”

 

Quelle parole erano state dette con una tale freddezza che sembravano essere le battute di un copione letto con distacco e disinteresse.

Heiji rimase molto stupito della sua affermazione. Azusa gli sembrava non più grande di diciannove anni, la madre dunque si poteva supporre fosse piuttosto giovane, inoltre le donne, com’è noto, sono molto meno soggette degli uomini a soffrire di cuore. Tentò allora di farsi spiegare.

 

“Mi dispiace molto. Doveva essere sofferente, quanti anni aveva?”

 

“Aveva appena quarant’anni. Non…e lei non aveva mai avuto problemi cardiaci.

 

Proprio come immaginava. E allora come poteva essere morta di infarto?

Avrebbe preferito evitare ad Azusa di ricordare, si sentiva assai invadente ma infondo c’era qualcosa che non quadrava.

 

“Ma allora…”

 

“Hattori-Kun per favore non chiedermi più di mia madre. Lei era una persona eccezionale, lavorava in polizia  e spesso le capitava di essere fuori di casa, mi mancava ma mai quanto adesso.”

 

“Scusami. Non volevo farti star male. Va bene, allora cambiamo discorso. Dimmi come mai sei arrivata nella mia città e come è possibile che una ragazza tanto carina abbia conosciuto uno zoticone come Takada?!

 

In questo modo Heiji sperava di poter farla sorridere almeno un po’. E così fu.

Non gli disse il motivo del suo trasferimento, forse non era così importante che aveva tralasciato o forse invece lo era, ebbe solo qualche notizia frammentata, né si sentì questa volta di insistere.

 

“Oh bè, mi sono trasferita qui con mio padre, come già detto, due mesi fa.

Per quanto riguarda Takada, lo conobbi precisamente venti giorni dopo il mio arrivo. Era il mio secondo giorno di scuola qui, ancora non te l’ho detto ma faccio l’ultimo anno, credo di avere la tua stessa età.”

 

“L’avevo immaginato. Non ne ero certo perché evidentemente frequenti una scuola diversa dalla mia e così non ti ho mai vista.”

 

“Già, che peccato…”

 

Un reale dispiacere si leggeva nei suoi occhi ed Heiji ne fu commosso e allo stesso tempo compiaciuto. Si rese subito conto che quei sentimenti contrastanti gli si insinuavano nel cuore e la cosa non gli piacque, similmente era successo con Kazuha prima ancora che entrambi si dichiarassero. Quando la sentiva appiccicosa e gelosa, da una parte lo infastidiva terribilmente: si sentiva braccato e controllato, più che un’amica di infanzia pensava di avere accanto una guardia del corpo. Dall’altra però ne era lusingato: infatti non sapeva se quella di Kazuha era solo iper-protezione verso un caro amico o vera e propria gelosia.

Tutto ciò lo turbava moltissimo.

Quella ragazza lo aveva forse stregato? Come erano state possibili poche ore per indurlo a porsi tali dubbi e preoccupazioni? Ora però non ci voleva pensare e riprese la conversazione.

 

“Allora continua a raccontarmi di quel poliziotto fanfarone!”

 

“Dunque, mio padre era passato a prendermi e l’ho accompagnato in banca, perché doveva sistemare molte faccende, sai a seguito del trasferimento. Mentre aspettavamo che il direttore ci ricevesse entrarono due tizi, volevano rapinare la banca. Minacciarono tutti i presenti, intimandoci di stenderci a terra e lasciare i cellulari. Io ero terrorizzata e non riuscivo a muovermi, così uno di loro iniziò a urlarmi contro, puntandomi la pistola. Credo che mi avrebbe sparato se Takada non fosse intervenuto.”

 

“Takada?!”

 

“Era proprio lui. Si trovava in baca per affari personali, era fuori servizio. Non voleva intervenire e aspettare che arrivasse la polizia, nel timore che una sua azione facesse perdere la testa ai rapinatori. A farlo però sono stata io e così mi ha “dovuto” salvare.

 

“Per ringraziarlo mio padre lo volle incontrare personalmente. Quel giorno ci presentammo e mi disse una cosa che mi colpì molto:

- Saresti potuta morire, io non credo che ne valga la pena –

Takada aveva capito ciò di cui nemmeno io ero cosciente: non ero ferma per la paura, inconsciamente credevo che in fondo se fossi morta sarebbe stato meglio. Ma rischiando la sua vita per la mia, quello sciocco mi ha “costretta” a sperare ancora nella felicità. Ho così cominciato a fare amicizia e ho pensato che impegnarmi in un lavoretto che mi mettesse a contatto con la gente non sarebbe stato male, così sono diventata la barista par-time della sala giochi e lì ho rincontrato Takada, che è diventato mio caro amico.

 

La vita è davvero strana e ingarbugliata. Un giorno c’è il sole ha riscaldarci, un altro solo vento e pioggia a scuoterci e a bagnarci. Crediamo di aver trovato finalmente la felicità, un po’ perché ti è capitata addosso per caso, un po’ perché te la sei meritata ma ecco che scivola via dalle dita.

Per fortuna non siamo soli, anche se a volte può sembrarlo. Magari basta girare l’angolo per trovare chi ti può aiutare oppure bisogna spostarsi di qualche chilometro o di più, ma sicuramente qualcuno c’è.

 

Era rimasto trasognante a fissarla. Aveva raccontato tutto con una tale emozione, con una tale gioia che fecero sentire Heiji a disagio. Lui, stupido, che litigava con la sua ragazza per cose così futili; che non capiva di sprecare solo tempo; che si era precluso l’opportunità  di avere altri amici; ora sentiva di dover riflettere, non sapeva ancora su cosa ma sentiva di doverlo fare.

 

 

“Heiji… Heiji…HEIJI!!!!

 

“Ma!? Cosa?! Oh, Azusa, scusami ero soprapensiero.”

 

“Non ti preoccupare volevo solo avvisarti che hai sporcato il collo del giaccone di gelato.

 

Era proprio una bella giornata, di quelle che stan dicendo addio alla calda e soleggiatissima estate e che salutano i bagliori di una nuova stagione, tiepida e colorata di calde tonalità. L’autunno era forse la sua stagione preferita, fu proprio durante una giornata come quelle di diversi anni prima che Kazuha visse quello che oggi era per lei un dolcissimo ricordo.

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“Ragazzi avanti avvicinatevi a me e vi dirò a che classi siete stati assegnati.

 

Una giovane e carina insegnante, con la sua debole e sottile voce invitava i nuovi alunni a iniziare il loro primo giorno di scuola media. Tutti quegli più anziani erano già nelle loro classi.

L’ampio cortile ospitava numerosi ragazzini che indossavano la loro prima divisa: c’era chi chiaccerava felicemente avendo ritrovato i compagni delle scuole elementari, chi spaesato sedeva solo in un angolo aspettando pazientemente che l’insegnante lo chiamasse, chi solcava trafelato e sudato il cancello della scuola non avendo udito il suono della sveglia e prendendosela con i genitori per non aver provveduto.

 

“Anf…anf…Heiji!!! Maledizione, perché non mi hai aspettato. Dovevamo venire insieme!”

 

Uno di quei ritardatari era proprio lei, Kazuha Toyama. E il suo amico d’infanzia? Possibile che l’avesse lasciata da sola il loro primo giorno nella nuova scuola.

 

“Ehi ragazzina, parli da sola?!

 

Non ebbe modo di arrabbiarsi per bene con quello “stupido screanzato” (così decise che avrebbe definito Heiji appena incontrato) che una voce cupa e roca la distolse dai suoi pensieri.

 

“Chi sei tu, cosa vuoi?”

 

Non era un tipo rassicurante e il fatto che fossero da soli non le dava sicurezza, tutti gli altri studenti infatti avevano già iniziato ad entrare nelle loro classi.

 

“Non essere così scorbutica coda di cavallo, cerco solo di aiutarti. Forse hai bisogno di una mano, io faccio la terza media ma non mi andava di entrare e sono rimasto fuori e ho fatto bene… se ho incontrato una ragazza così carina”

 

Parlava da sopra qualche metro rispetto il terreno, si era arrampicato sulle scale di sicurezza, quando fece un balzò e fu subito a pochi centimetri dalla nuova studentessa.

Le prese il viso con la mano destra, osservandolo per qualche secondo.

 

Sei proprio bella, lo sai. Che ne dici di venire con me a fare colazione?”

 

A quel punto le mise un braccio intorno alla vita e la avvicinò di più a sé.

 

“Lasciami razza di pervertito, mi fai schifo!”

 

Non tremava, non piangeva, Kazuha lo guardava fisso negli occhi e gli trasmetteva tutto il suo disprezzo.

 

“Faresti meglio a essere più gentile con i ragazzi più grandi o ti farai male.

 

Le portò il braccio dietro la schiena e iniziò a comprimerlo.

 

 

 

“Dio, com’è tardi. Mi sarei dovuto sbrigare prima e ora chi la sente quella cornacchia.

 

Un ragazzino magrolino con la propria cartella e due grossi sacchetti in mano correva a più non posso nel tentativo disperato di solcare il limite di quel “dannato” cancello prima che la campanella suonasse.

Accellerò ed era dentro, tutto taceva. Non vi erano ragazzi che chiacceravano ma nemmeno campanelle che suonavano, eppure qualcosa si sentiva.

 

“Lasciami, mi fai male!”

 

“Te lo puoi scrord…”

 

 

“LASCIALA!”

 

“Non provare a toccarla o ti picchio.”

 

Aveva ragione poteva sentire delle voci in lontananza, gli bastò avanzare di qualche metro per vedere che in fondo a destra due ragazzi ancora erano fuori, ma non si trattava di semplici ritardatari e quella… quella era…

 

“Tu!? Mi vorresti picchiare tu?! Piccolo e gracile come sei. E poi chi saresti, il suo amichetto forse?!

 

“Heiji, vattene me la so sbrigare da sola!”

 

Ovviamente non le diede retta posò a terra ciò che aveva con sé e raccolse un ramo appena potato, lungo e diritto. Faceva kendo, voleva poter dire qualcosa, no?!

 

“Vuoi fare a botte, eh?! E va bene vieni qua”

 

“Cosa?! No. Non se ne parla. Heiji allontanati!”

 

Forse perché nei momenti di pericolo l’istinto di sopravvivenza ci porta a fare cose oltre le nostre capacità o forse perché era davvero un portento nella lotta, Kazuha si staccò dalla presa del ragazzo con una gomitata ben assestata nello stomaco e con un calcio nell’incavo del collo, che li toccò non poca fatica con ampio svolazzamento di gonnellino, lo mise ko.

 

“La prossima volta me ne vado dritto in classe…”

 

“Avanti non sarai mica invidioso perché l’ho steso io invece che te! Ora puoi lasciarlo quel bastone, Heiji…”

 

Le gambe divaricate, le mani strette intorno la sua spada e il guerriero si lanciò all’assalto.

Quel maledetto si era rialzato e si preparava ad afferare Kazuha un’altra volta. Non gli fu permesso: la bastonata di quel ragazzino così “ piccolo e gracile” gli arrivò in piena fronte. Una mossa agile e veloce, il giovane soldato aveva trionfato.

 

Portò il bastone alla nuca e con sorrisetto compiaciuto disse alla sua amica di infanzia:

 

“Hai bisogno di me, piccola.”

 

Il viso della “piccola” Kazuha si imporporò di rosso fuoco ma fu meno diretta nelle parole.

 

“Ehi, non mi fare tanto il gradasso ora. Comunque sia, sappi che anche tu hai bisogno di me.

 

“Tu senza dubbio di più, guarda un po’!”

 

Raggiunse ciò che precedentemente aveva posato a terra prima dello scontro e pose a Kazuha uno di quei due sacchetti che aveva trasportato insieme ai libri e ai quaderni.

 

“Cos’è?!

 

“Ho pensato che, dal momento che ti sei svegliata tardi e sapendo quanto ci tieni alla puntualità, non avresti fatto in tempo a prepararti il pranzo così sono andato dal chiosco più vicino ed ecco qua il tuo pranzo.

 

Questa volta era rimasta davvero a bocca aperta, non poteva proprio aspettarsi una cosa del genere anzi era pronta a rimproverarlo di essere scappato via subito dopo che gli era stato detto che veniva proprio quando si stava alzando.

 

“Heiji… io…”

 

“Ehi, non credere che lo avrei fatto se non fosse stato che mancava anche a me il pranzo!”

 

E prendendo l’altro sacchetto aggiunse:

 

“Inoltre il mio è il più buono”

 

“Razza di stupido screanzato!”

 

Si era tolta una soddisfazione. Ma lo sguardo di Heiji e il suo sorriso le fecero capire che non era proprio la verità ciò che aveva detto: il pranzo lo aveva comprato anzitutto per lei.

 

“E ora andiamo a vedere in che classi siamo stati assegnati. Avanti Kazuha non rimanere lì imbambolata!”

 

Si avvicinarono al tabellone affisso fuori e videro i loro nomi nello stesso elenco, classe I° G.

 

“Bene, così potrò controllarti meglio.”

 

Le si voltò sorridendo. Un sorriso così luminoso e caldo che le parole per la controbattuta le morsero sulle labbra e ve ne uscì soltanto:

 

“Sono felice”

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“Sono felice…”

 

Fu quella volta, che capì…

…che sarebbe stato impossibile per me stare lontano da lui, perché io ne ero innamorata. Il mio primo e unico amore.

 

Una vibrazione la scosse dai suoi pensieri e poi un'altra e un’altra ancora le ricordarono di avere nella tasca dei pantaloni il cellulare, lo prese e lesse sul display -Ran-.

Sorrise, doveva aspettarselo da parte sua, sempre così premurosa…

 

“Pronto, ciao Ran”

 

“Kazuha! Ti sto chiamando per…”

 

“assicurarti se sono uscita come mi hai consigliato?!

 

“Ehm…sì, che diventerai anche tu un detective?!

 

“Avevi ragione, fare una passeggiata mi ha aiutato a riflettere. Ora cercherò Heiji e gli parlerò. Grazie.”

 

“E di che. Sbrigati, piuttosto.”

 

“Ehi, Ran. Ma quell’ Akira…”

 

“Kazuha!!!!!!”

 

“Va bene va bene, ho capito. Però se non interessa a te, magari potrebbe interessare a me nel caso in cui io ed Heiji…”

 

“Questo non accadrà, vai!”

 

Schiacciò il pulsante per chiudere la conversazione e proseguì. Aveva pensato di iniziare a cercare Heiji  andando a casa di lui, in caso non vi fosse stato sarebbe andata alla questura.

Era lì, di fronte la porta che molto probabilmente la divideva dal raggiungere il suo vecchio amico di infanzia e il cuore le pulsava forte, sintomo di un sentimento vivo. Suonò e la porta si aprì, ma comparve sull’uscì la madre del giovane detective.

 

“Kazuha, ciao. Cosa ci fai qui?”

 

“Cercavo Heiji, è in casa?”

 

“Ma era con te o sbaglio?! Non è ancora rientrato. Forse è andato da suo padre.”

 

“Già deve essere così, proverò in questura. Grazie e arrivederci.”

 

“Kazuha, c’è qualcosa che non va? Hai qualche problema o avete litigato?”

 

“Bhe ecco, io devo parlargli.”

 

“Perdonalo se a volte fa lo stupido ma sebbene si da tante arie, è ancora un giovane ragazzo.”

 

Le sorrise, un sorriso che voleva dire tante cose: la incoraggiava, la consolava, le diceva di volerle bene. Era quello stesso sorriso che Heiji le regalò quel giorno di autunno di cinque anni fa e che ancora oggi le scaldava il cuore.

Ora era ancora più certa che la cosa giusta era trovarlo e risolvere tutto. Trovare insieme un modo per poter superare gli ostacoli.

 

Oramai aveva percorso a piedi quasi due chilometri e le mancavano ancora cinquecento metri per raggiungere la meta, decise di riposare qualche minuto. Distante qualche metro vi era il parco, vi si recò e pensò di rinfrescarsi prendendo un gelato.

Cinque mesi prima era lì che Heiji per la prima volta l’aveva baciata, il solo pensiero le faceva diventare rosso il viso sul quale si stendeva un lungo sorriso di felicità.

Dopo aver preso e pagato il gelato si diresse proprio verso quel vicolo, il luogo dello scontro-incontro. Ricordava bene che lì vi stava una panchina, svoltò a destra ma quella panchina era occupata, ed era occupata da una coppia. Il giovane di spalle aveva la divisa della sua scuola i capelli castani, le spalle larghe e allenate, tipiche di uno sportivo di Kendo. Quel ragazzo sembrava tanto…

 

 

 

“Ma a cosa stavi pensando?! Alza il mento, proverò a ripulirti io.”

 

Aveva un profumo fresco come il mare in estate, il vento leggero le sfiorava i lunghi capelli che accarezzavano il viso di Heiji.

 

“Ho fatto quello che potevo, ti consiglio di metterlo subito a mollo nell’acqua appena arrivi a casa”

 

Aveva il viso molto vicino a quello di lui e le mani ancora appoggiate in entrambi gli incavi del collo. Il suo sguardo intenso la rapì. Le si era serrata la bocca, non sapeva cosa dire e un lieve rossore le imporporava le guance.

 

“Iwaya…ti ringrazio”

 

Heiji era inebriato del suo profumo ma presto si accorse che i loro visi erano troppo vicini, ciò lo imbarazzava tantissimo e si odiava: non avrebbe mai dovuto permettere che si verificasse una situazione del genere. Kazuha lo amava e lui amava Kazuha. E allora perché si sentiva così fortemente catturato dai suoi occhi così grandi e profondi. Era un detective e non avrebbe lasciato che la ragione fosse schiacciata dalla forza istintiva di sentimento fugace.

 

“Di niente…”

 

Poggiando le mani su quelle di lei tentò delicatamente di allontanarle dal suo collo.

 

“Ecco io credo che sia meglio se…se…”

 

 

 

Non poteva crederci: quel ragazzo non somigliava a Heiji, era Heiji. Aveva fatto tanta strada a piedi, si era tanto preoccupata di cercarlo il prima possibile, era disposta a mettere da parte il suo incredibile orgoglio e lui era al parco, proprio in quel luogo, con una ragazza.

Inoltre non si trattava di una qualunque, era bella e gli stava vicino, molto vicino. Gli abbracciava il collo, le loro mani erano le une sulle altre e i loro visi a una distanza tale che solo un foglio vi poteva passare.

Kazuha non capì se fu a causa della stanchezza o se vedere Heiji “avvinghiato” a un’ altra le aveva provocato tanta delusione da privarla delle forze, ma non reagì come avrebbe voluto e come tutti si sarebbero aspettati da quella testa calda, come spesso la definiva il suo amico, di Kazuha Toyama.

 

Non disse una parola, non esplose in una scenata di isterismo o gelosia, non pianse nemmeno, soltanto girò i tacchi e se ne andò. Con il capo chino si trascinò via da quel luogo, che un tempo era stato la cornice di uno dei suoi più bei ricordi e ora invece diventava  la tomba delle sue speranze.

 

 

Note Dell’Autrice:

Salve^^, anzitutto scusate il ritardo: avrei dovuto postare l’ultimo capitolo almeno un mese fa e invece… Il problema miei cari lettori sono i compiti -__-

Ora voglio dirvi qualcosina riguardo l’ultimo capitolo. E’ stato molto difficile scriverlo perché dovevo caratterizzare bene il nuovo personaggio: Azusa. Immagino che a qualcuno non piaccia, ma avrà un ruolo importante in tutta la storia. Le cose si complicano per la neo coppietta…

Vi confesso che non so ancora come proseguire la storia, sarà tutta una sorpresa anche per me^^

 

Ringrazio moltissimo tutti coloro che hanno commentato, mi raccomando continuate a recensire perché in tal modo mi incoraggiate sempre più.

 

Vì-chan

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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