Strange ~ Freak of nature

di PSunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


I Tokio Hotel non mi appartengono, questa fan fiction non è stata scritta a scopo di lucro e i fatti narrati sono tutti frutto della mia immaginazione.


Strange ~ Freak of nature


 

Introduzione

Mi chiamo Lola, e ho diciotto anni. Sì, mia madre ha una fissa con la Spagna e i nomi spagnoli, ma io sono tedesca in tutto e per tutto. Insomma... bionda, occhi azzurri, pelle chiara. Tutto in regola.
Conosco i gemelli Kaulitz da... bah, non lo so nemmeno io da quando. Siamo praticamente cresciuti insieme. Sono la loro vicina di casa... o meglio, lo ero, considerando che ormai una “casa” non ce l'hanno più, vivendo qua e la. Tornano qui per poche settimane all'anno, quando non hanno impegni in giro per il mondo. Ma c'è una cosa che nessuno sa, a parte io, Tom e Bill. Una cosa che nessuno dovrebbe sapere, e che forse vi farà venir voglia di leggere la mia storia.

                                      Io sono la ragazza con cui Tom Kaulitz ha perso la verginità a soli tredici anni.



* * *

Salve a tutti :D sì, lo so, ho già "Odio aver bisogno di te" come fan fiction in corso, ma è da un po' che sto pensando a questa storia e ho deciso di iniziare a metterla per iscritto... ma non trascurerò l'altra, poco ma sicuro ù.ù
Beh, ora vi lascio ;) sperando che quest'introduzione vi piaccia... fatemi sapere che ne pensate magari :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo uno

Dove ero rimasta? Ah, sì, la verginità di Tom Kaulitz. Già. Avevo undici anni, e fu anche la mia prima volta. Sì, ok, lo so cosa starete pensando: “E' una puttanella”. Effettivamente, non sono una santa. Non lo sono mai stata. Ma cercate di capirmi; sono cresciuta con i Kaulitz. È vero, avevo soltanto undici anni, ma potete biasimarmi? Tom era un mezzo pervertito anche da bambino, e non mi dispiacevano affatto tutte le attenzioni che mi dedicava. Ero cotta di lui. Cotta è dire poco. Avrei fatto qualsiasi cosa perchè mi notasse almeno un po'.
Sin da piccola giocavo sempre con i gemelli e con i loro amichetti maschi; ero una maschiaccia anch'io. Ma mi distinguevo da loro per un'unica cosa: il look. Ero sempre andata d'accordo con Bill su questo. Amavo vestire di nero e mettere quintali di matita scura agli occhi. Ero sempre stata affascinata dall'abbigliamento un po' “dark”, ed ero decisamente femminile nel vestire. Ma torniamo alla mia storia.
Io ed i Kaulitz passavamo praticamente tutte le giornate insieme, prima che diventassero i “Devilish” e, successivamente, i “Tokio Hotel”. Insieme scorrazzavamo con le nostre biciclette per le strade di Loitsche. Facevo shopping con Bill e imbrattavo i muri di vecchie case abbandonate facendo graffiti con Tom. Fino a quando quel giorno, che ricordo come se fosse ieri, Tom mi chiese, con tutta la naturalezza possibile, -Ti va di provare?-
Eh sì. Ci “provammo”. Era la prima volta per entrambi, quindi lascio tutto alla vostra immaginazione. Eravamo poco più che bambini, e... per farla breve, da una parte fu un'esperienza orrenda. Io piansi per il dolore, Tom entrò nel panico perchè non voleva farmi male, dovemmo gettare le lenzuola sporche di sangue per non farle vedere a mia madre. Ma nonostante tutto, quando ricordo quei momenti, lo faccio con un sorriso. Un sorriso un po' malinconico, poiché da allora il mio rapporto con Tom cambiò radicalmente.
Dopo aver fatto sesso non era più lo stesso tra di noi. Quando ci vedevamo c'era imbarazzo, troppo per poter andare avanti con la nostra “relazione”, “amicizia”, o quello che era. Iniziammo ad ignorarci sempre di più, e così anche con Bill, fino a quando le nostre discussioni si ridussero ad un “Ciao” “Ciao, come va?” “Bene, tu?” “Bene”.
Quando iniziarono a spostarsi con il gruppo, sembrava tutto destinato a finire nel dimenticatoio. Tutto ciò che avevamo passato, tutte le esperienze fatte insieme. Loro erano star, ed io ero solo la ragazzina della porta accanto, quella un po' strana ed emarginata per il modo di vestire stravagante.
Quando tornavano a casa, spesso i nostri genitori organizzavano dei pranzi tutti insieme, come i vecchi tempi. Io e i gemelli parlavamo, ma non eravamo molto a nostro agio.
Più che altro io battibeccavo col chitarrista: ci prendevamo in giro, ci punzecchiavamo. Ma non ci insultavamo, questo no. Infondo ci volevamo bene.
Con Bill era diverso. Con lui parlavo normalmente, anche se, ovviamente, non eravamo “intimi” come due vecchi amici cresciuti insieme.
Semplicemente, cercavamo di convivere tutti e tre nonostante l'imbarazzo che ci attanagliava.
Non parlarono mai di me alla stampa, poiché mi dissero che avrebbero preferito non farmi assalire dalle domande indiscrete dei giornalisti. Gliene fui grata, perchè se c'era una cosa che odiavo era dover parlare di me. Potevo discorrere per ore sulle questioni più futili e vaghe, ma l'argomento “me” non doveva essere toccato. Non fraintendetemi, non odiavo me stessa, no. Solo che sapevo di non piacere alla maggior parte della gente, soprattutto quella con dei pregiudizi. E, purtroppo, le uniche due persone che conoscevo che dei giudizi altrui se ne fregavano, ora erano troppo impegnati a condurre la propria vita perfetta per accorgersi di me.
Non li biasimavo per quello. Insomma, sapevo che fare musica era il loro sogno da sempre. Li avevo visti entrare in quel mondo quando erano ancora piccolissimi, e li avevo sempre sostenuti.
Io avevo iniziato a suonare la chitarra a dodici anni, ma non l'avevo mai detto a Tom. Se avessi iniziato un po' prima, probabilmente sarei stata entusiasta di dirglielo, e sarebbe stato lui ad insegnarmi le regole basilari; ma avevo deciso di incominciare quando ormai il nostro rapporto era in discesa libera, quindi dovetti imparare da autodidatta. Ma non ero male. Me la cavavo, insomma.
Avevo molte amiche, ma nessuna da poter definire “la mia migliore amica”, e per quanto riguarda i ragazzi... diciamo che a loro interessava soltanto portarmi a letto. La maggior parte delle volte non ci riuscivano, ma in tutta Loitsche correva voce che io fossi una facile. Ma non me ne curavo. Ne dicevano a tonnellate di stronzate sul mio conto, e avevo imparato a conviverci.

Stesa sul letto, avevo le cuffiette dell'I-pod nelle orecchie ed ero entrata come al solito in un mondo a parte, quello fatto di note e voci che avevano il potere di calmarmi. Feci scorrere i vari brani. AC/DC, Godsmack, Die Toten Hosen, Guns 'n Roses, Panik... e tanti altri; dulcis in fundo c'erano loro. I Tokio Hotel.
Sì, ero una loro fan. Ovviamente. Compravo i loro cd, ascoltavo la loro musica. Ma al contrario delle altre ragazze non avevo loro poster, non andavo ai concerti e, soprattutto, non attendevo con ansia il giorno in cui avrei vinto un M&G. A me non serviva.
Sospirai voltandomi su un fianco mentre le note di “In die Nacht” risuonavano dolci nelle mie orecchie. Quanto amavo il suono della voce di Bill unito a quello della chitarra di Tom? Riuscivano a calmarmi, a rilassarmi, a non farmi pensare a nulla se non a stare bene.
-Lola?- mia madre mi chiamò aprendo la porta della mia stanza, e tolsi una cuffietta guardandola.
-Che c'è?-
-Fammi un favore, vai a gettare la spazzatura. Sono piena di cose da fare e tu, come al solito, non ti degni di darmi una mano...-
Oddio no. Inizia la predica.
-Sì, mamma, adesso vado- sbuffai e mi alzai dal divano prendendo la felpa e mettendomela, e andai a prendere la busta della spazzatura. Quando gettai l'immondizia, mi fermai alla cassetta della posta per prendere le lettere, e vidi nel vialetto della casa accanto una lunga Mercedes nera tirata a lucido. Eccoli. Erano arrivati. Sapevo che sarebbero tornati di lì a poco, il tour era finito da un paio di mesi e di solito restavano a casa per qualche settimana prima di reimmergersi nel lavoro.
Vidi due omoni uscire dall'auto e aprire il portabagagli, caricandosi addosso le valige ed entrando in casa, poi uscirono loro. Bill indossava un jeans scuro e una giacca bianca, mentre Tom portava una camicia da boscaiolo azzurra e gli occhiali da Sole. Subito Simone si precipitò a salutarli, dando ad entrambi due baci sulla guancia, e sorrisi spontaneamente guardandola. Aveva sempre voluto bene ai suoi figli, e nonostante avessi preso il distacco un po' da tutta la famiglia, quando mi vedeva era sempre molto gentile con me.
Vidi Bill voltarsi e vedermi, e sorrisi appena facendogli un cenno con la testa. Ricambiò il sorriso e mi salutò con la mano. Tom lo vide e seguì il suo sguardo, e piegò il capo a mo' di saluto. Poi entrarono in casa.

 

* * *

Ciao a tutti :D sono contenta che questa fan fiction vi "intrighi" :P per ora ho un po' di idee, spero di riuscire a creare una storia decente, e non una mezza cavolata, visto che non mi sembra molto originale come trama.
Comunque, passiamo ai primi ringraziamenti :) ringrazio Splash_BK, memy881, DasIstGelogen, iolly21 e macoth93 per le recensioni ;) Un bacio, e al prossimo capitolo ù.ù

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo due

-Dai Lola, non fare la stupidina! Lo sai che andare a scuola è una cosa che tutti i bambini devono fare, prima o poi-
Mi ripeté mia madre per l'ennesima volta. Ero seduta in cucina, a bere il mio latte al cioccolato, e di lì a poco avrei dovuto affrontare il mio primo giorno alla scuola elementare.
-Sì, mamma, ma io ho paura-
-Non devi averla. E poi ci saranno Bill e Tom in quella scuola. Se avrai bisogno di qualcosa, ti basterà andare da loro-
Sospirai. Sì, questa era l'unica nota positiva di tutta la faccenda. Almeno sapevo che i miei amici erano nel mio stesso edificio, anche se due classi più avanti.
-Dai, adesso andiamo- mi prese la mano e mi fece alzare dalla sedia -I gemelli vengono con noi, Simone non ha la macchina oggi-
-Ma non avevi detto che sarei andata con il pullman con loro?-
-Non oggi. Il primo giorno il pullman non passa-
Uscimmo di casa, e vedemmo i gemelli, già pronti, seduti sul muretto ad aspettarci. Da poco avevano iniziato a modificare il loro stile per non apparire uguali.
-Ciao- salutai mestamente, avvicinandomi.
-Ciao Lola- Bill saltò giù dal muretto e mi sorrise -Sei pronta?-
-No!- mi lamentai sbattendo i piedi per terra -Ho paura!-
-Di che cosa?- mi guardò aggrottando la fronte.
-Di non piacere agli altri bambini e... e alle maestre-
-Oh, andiamo- mi sorrise dolcemente e mi prese la mano -Sì che piacerai. E poi oggi ti faremo vedere la nostra classe, così quando vorrai vederci dovrai solamente fare due passi-
-Okay...- mormorai abbassando lo sguardo -Sei sicuro che piacerò?-
-Lolaaa, smettila dai!- sbuffò Tom scendendo dal muretto e cingendomi le spalle con un braccio -Perchè non dovresti piacere, sentiamo?-
-Non lo so...-
-Non farti strane idee, ok?- mi guardò serio -La scuola è un posto dove sono ammassati un sacco di bambini uno più idiota dell'altro. Non hai niente che loro hanno-
-Tomi ha ragione- disse Bill con un sorriso confortante stampato sul volto -Dai, andiamo, o tua madre inizierà a dare di matto...-
Entrammo in auto, e sospirai, un po' più sollevata. Avevo paura, ma sapevo di avere accanto i miei due migliori amici.

-Ok, hai capito tutto?- chiese Bill accompagnandomi poi davanti alla mia aula. Mi aveva mostrato dov'era il bagno delle bambine, quello dei maschietti, e anche dov'era la loro classe. Non era molto lontana dalla mia.
-Sì, credo di sì- mormorai guardando nella mia classe. Voltai lo sguardo verso di loro e, mentre Bill mi guardava cercando di trasmettermi conforto, Tom sembrava capire che in realtà ero terrorizzata.
-D'accordo. Facciamo così...- quest'ultimo mi guardò sospirando -Sono le otto e mezza. Alle dieci fatti trovare lì...- indicò un termosifone accanto al bagno dei bambini -Ok? Ci sarò io. Così mi racconterai com'è andata-
-Grazie- mormorai con un mezzo sorriso.
-Dai, ora entra in classe- ridacchiò e mi diede una leggera spinta per farmi entrare. Sorrisi ad entrambi, poi andai a prendere posto, cercando di farmi notare il meno possibile. Peccato che i miei capelli così chiari da sembrare bianchi, e la mia pelle candida come il latte, persino in Germania erano strani. Vidi due bambini fissarmi incuriositi.
-Perchè hai i capelli bianchi?- mi chiese uno di loro a bruciapelo.
-Non sono bianchi... sono biondi...-
-No, sono bianchi- disse scoppiando a ridere -Sei vecchia!-
Mi strinsi nelle spalle abbassando lo sguardo. Ero in classe da una manciata di secondi e già non ne potevo più della scuola.
Aspettai con impazienza il suono della campanella delle dieci, e subito mi precipitai fuori correndo verso il punto dove Tom mi aveva detto di farmi trovare. Lui era lì, appoggiato al termosifone. Mi avvicinai e gli gettai le braccia al collo, abbracciandolo forte e scoppiando finalmente a piangere. Lo sentii stringermi a sé, un po' preoccupato.
-Lola? Lola che succede?-
-Voglio tornare a casa, Tom-
-Ehi, ehi- mi allontanò di poco e mi prese una mano. Mi asciugò le lacrime e mi guardò -Spiegami cos'è successo...-
-Ci – ci sono... due bambini- tirai su col naso -Mi prendono in giro...-
-E perchè?-
-Dicono che ho i capelli bianchi- lo guardai con gli occhi lucidi -E poi... dicono che non è vero che ho sei anni, ma che sono vecchia... e poi che la mia pelle è più bianca di quella dei fogli dei quaderni... e tante altre cose-
-Dai, Süße- mi sorrise appena accarezzandomi una delle due codine che mamma mi aveva fatto quel giorno. Mi piaceva un sacco quando mi chiamava così -Andrà meglio, ok? Te lo prometto. Devi soltanto ignorarli-

Sorrisi appena mentre i ricordi sfumavano via dalla mia mente. Ancora una volta avevo pensato a loro... o meglio, a quello che erano. Sospirai e cercai di concentrarmi sullo studio di questa materia maledetta che era la matematica. Picchiettai con la matita sulla mia nuca, quasi a cercare di farci entrare quel concetto che proprio non riuscivo ad imparare.
-Lola- mia madre fece irruzione nella mia stanza, con uno strano sorrisetto stampato sul volto.
-Sì?-
-Simone, Gordon e i gemelli verranno a cena qui stasera- disse entusiasta.
-Iuppi- feci ironica alzando un sopracciglio.
-Non essere scorbutica. Sono appena tornati- borbottò -Saranno qui per le sette- annunciò prima di chiudersi la porta alle spalle. Sbuffai e abbandonai definitivamente i libri, sedendomi sul davanzale della finestra e infilando le cuffiette dell'I-Pod, lasciando che la musica ritemprasse come sempre il mio animo fin troppo confuso.
Non sapevo mai se essere felice o meno di queste cene tutti insieme. Mi faceva un piacere immenso stare con loro, ma sapere che comunque non avremmo parlato più di tanto, ma che anzi ci saremmo punzecchiati, era doloroso.
Abbassai lo sguardo sul marmo del davanzale dov'ero appoggiata e le mie labbra si incresparono in un sorriso quando vidi un'incisione che mi era costata una bella strigliata da parte di mio padre:

Bill, Tom & Lola, amici per sempre :)”

* * *

Ciao a tutti :) ringrazio Splash_BK, memy881, DasIstGelogen (fare la truzza non ti si addice amore mio :asd:) e Zucchelino (amore, puttana emarginata lo sarai te, non io u.u) per i commenti ;) e anche tutti coloro che hanno aggiunto la fan fiction tra le storie preferite, seguite o ricordate :) siete già tantissimi *ç* grazie mille :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo tre

Aprii l'armadio in cerca di qualcosa da indossare. Di solito in casa stavo con una magliettona lunga, ma non mi sembrava il caso di farmi vedere così anche in presenza di ospiti. Anche se si trattava dei gemelli.
Tirai fuori dei pantaloncini di jeans scuri, una camicia a quadri rossa e nera e un top nero. Mi vestii e infilai le All Star nere, poi mi truccai gli occhi con la matita nera. Tanta matita nera. Forse troppa per i gusti degli altri, ma non me ne curavo. Dovevo piacere a me stessa, non alla gente.
Scesi di sotto e aiutai mamma ad apparecchiare, mentre mi fissava come al solito dalla testa ai piedi -Non mi piace tutta quella matita nera-
-Lo so- le sorrisi ironica -Non ti è mai piaciuta-
Prima che potesse ribattere o dire altro, sentii suonare il campanello ed andai ad aprire.
-Lola!- esclamò Simone sorridendo e baciandomi una guancia.
-Ciao Simone... Gordon- salutai anche lui facendomi da parte per farli entrare. Dietro di loro c'erano i gemelli.
-Bentornati- sorrisi appena e mi allungai in punta di piedi per baciare entrambi sulla guancia, poi li lasciai passare. Mi sorrisero e andarono a salutare i miei genitori, poi, come al solito, le nostre madri si misero a cucinare, Gordon e mio padre a parlare di affari loro, e noi tre fummo lasciati nell'imbarazzo più totale.
-Allora... com'è andato il tour?- chiesi facendo finta di non sapere nulla, accomodandomi sulla poltrona, mentre loro si sedettero sul divano.
-Magnificamente- sorrise Bill scrollando le spalle -Anche se forse abbiamo fatto troppe tappe. Siamo esausti-
-Già... immagino- sorrisi appena -Georg e Gustav? Come stanno?-
-Bene. Adesso sono anche loro dalle famiglie...-
-Gustav si è fidanzato- s'intromise Tom ridacchiando. Non faceva che dirlo a tutti, anche nelle interviste.
-Sì... ho sentito qualcosa in giro- mi appoggiai alla spalliera -E' carina?-
-Beh, sì... diciamo...-
-Non è da gettare- fece Tom con un'alzata di spalle -Ma c'è di meglio-
Lo guardai alzando un sopracciglio -Beh, certo, nessuno può eguagliare le tue groupies- feci con una punta di acidità. Ecco che iniziavano i battibecchi.
-Sì. Loro sono decisamente più eccitanti- ribatté lui guardandomi strafottente.
-Ti ecciterebbe anche un cane in calore, Tom-
-Oddio!- si intromise Bill sbuffando -Non iniziate. Vi prego- borbottò.
-E' lei che ogni volta che ci vediamo deve fare la scorbutica- si giustificò il chitarrista.
-Sei tu che m'ispiri acidità-
-Lolaaaaa?- sentii mia madre strillare dalla cucina, poi vidi la porta scorrevole del salotto aprirsi e lei apparve con un oggettino in mano -Quante volte ti ho detto di non lasciare i tuoi plettri in giro per casa? Poi ti lamenti se li perdi!- sbuffò e lasciò il plettro rosso sul mobile accanto alla porta, sparendo nuovamente in cucina.
-Un plettro?- Tom mi guardò incuriosito -Suoni?-
Arrossii leggermente e scrollai le spalle -Diciamo...-
-Da quanto?- Bill mi guardò accigliato, come se avessi commesso una qualche eresia non dicendogli nulla.
-Da quando... avevo... circa dodici anni-
-Allora devi essere brava- il vocalist sorrise appena -Facci sentire qualcosa-
-No- borbottai accavallando le gambe imbarazzata.
-Perchè no?- mi chiese Tom.
-Perchè non mi va. Nessuno mi ha mai sentita suonare-
-In sei anni? Neanche i tuoi genitori?-
-No...-
-Dai, muoviti...- il chitarrista si alzò e mi afferrò per il polso facendomi alzare a mia volta -Vediamo come te la cavi...-
-Tom, dico sul serio, non suono!-
Mi trascinò verso le scale e, quando allungò la gamba per salire il primo gradino, mia madre ci chiamò per andare a cenare. Sorrisi sciogliendo il braccio dalla sua presa.
-Ho fame- feci ironica, andando poi in cucina.
Sentii entrambi sbuffare contrariati, però mi seguirono e ci sedemmo al tavolo da pranzo. Iniziammo a mangiare, poi mio padre si rivolse ai ragazzi con un sorriso.
-Allora? Com'è andato il tour?-
-Alla grande, Frank- rispose Tom con un sorriso.
-Bene, bene... ho sentito che avete girato un po' tutta l'Europa-
-Sì, praticamente sì- Bill sorrise e si versò da bere.
-Ma che... Bill, figliolo, che diavolo erano quelle cose che indossavi durante i concerti?- chiese poi ridacchiando. Il vocalist sorrise divertito.
-Erano carine vero?- scrollò le spalle -Beh sai, il tour si chiamava “Humanoid City Tour”, quindi... doveva essere una cosa “strana”...-
-...da “umanoidi”- completò la frase suo fratello. Ormai aveva imparato a memoria ogni singola della risposta a quella domanda.
-T'interessi sempre di moda stravagante, eh?- disse papà con un sorriso, poi si voltò verso Tom -E tu? Il tuo chiodo fisso sono sempre le ragazze?-
-Sono loro a girarmi intorno- si difese con un sorrisetto strafottente -Come possono resistere a Tom Kaulitz?-
Simone sorrise scuotendo la testa -Tom, mi chiedo quando la smetterai con questo atteggiamento-
-Mamma!- la guardò con un finto sguardo dispiaciuto -Dovresti essere fiera di me. Sono il gemello uscito bene!- disse provocando delle risate generali.
-Al massimo quello uscito con troppo testosterone- feci ironica, alzando un sopracciglio.
-Non me ne lamento affatto, fidati- mi ribeccò mordendo una fetta di pane.
Passammo la cena a parlare tranquillamente, del più e del meno, senza più toccare l'argomento “chitarra”. Alla fine, quando Simone e la mamma iniziarono a lavare i piatti, e Gordon e papà si misero in salotto a guardare la tv, io guardai i ragazzi che, di solito, a questo punto uscivano per fatti loro. Ma non stavolta.
-Allora? Ci fai sentire qualcosa?- chiese Tom avvicinandomisi.
-Tom, dico sul serio, faccio schifo-
-E allora?- si intromise Bill con un sorriso -Se sei così male vorrà dire che ti aiuterà a migliorare-
-Certo!- esclamò il chitarrista -Sono estremamente magnanimo io, sai?- rise e mi cinse le spalle con un braccio, mentre saliva le scale dirigendosi verso la mia camera. Sbuffai e mi lasciai trascinare, poi aprii la porta e li feci entrare.
Bill sorrise guardandosi intorno -Wow... è identica a come la ricordavo. Forse con qualche poster in più-
-Non entravo in questa stanza da...- iniziò Tom, ma si bloccò improvvisamente. Stava per dire “da quando siamo andati a letto insieme”, ma non gli sembrava il caso. Io lo capii e venni in suo aiuto -Da anni- continuai semplicemente.
-Già- farfugliò. Era incredibile che quella situazione lo mettesse ancora in imbarazzo. Insomma, non era più un tredicenne con una minima esperienza. Ora era il SexGott indiscusso...! Eppure, potrei giurare di aver visto le sue guance colorarsi di un vivace color rosso.

* * *



Aaaallora :D grazie mille a memy881, Splash_BK (ci saranno un bel po' di momenti così :D), Claudia9 (ti giuro che mi fai morire dalle risate coi tuoi commenti xD), Zucchelino, Principessa Kaulitz, Arix2 (grazie per i complimenti *ç*) e DasIstGelogen (Lola e Melanie mi rispecchiano u.u quindi NON sono zoccole u.u)

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo quattro

Presi la chitarra e mi sedetti sul letto, guardandoli e sbuffando.
-Cosa volete che suoni?-
-Sai qualcosa di nostro?- chiese Bill sorridendo e sedendosi sulla sedia accanto alla scrivania.
-Ehm... qualcosina...- ammisi picchiettando nervosamente il plettro.
-Forever Now sai farla?- Tom venne a sedersi accanto a me.
-Sì...-
-Sentiamo- fece spallucce e mi fece spazio per poter suonare comodamente. Sospirai guardandolo e poi iniziai a far scorrere il plettro sulle corde, suonando per la prima volta con un “pubblico”. Feci tutto alla perfezione, senza sbagliare nemmeno un accordo, e quando terminai restai per un po' con lo sguardo puntato sul ponte della chitarra, troppo imbarazzata per osservare loro.
-Non sei niente male...- fece Tom sorridendomi. Mi prese la chitarra dalle mani e mi mostrò un accordo -Questo fallo così... ti verrà meglio-
-Va... va bene- sorrisi appena, impacciata.
Bill venne a sedersi accanto a me -Che fai domani mattina?-
Lo guardai confusa, poi mi strinsi nelle spalle -Non lo so-
-Vieni a fare colazione fuori con noi?- propose con un sorriso. Sorpresa, mi voltai verso Tom per vedere se fosse d'accordo, e lui fece spallucce come se la mia risposta gli fosse indifferente.
-Va... va bene-
-Perfetto- il vocalist sorrise e si alzò sistemandosi la maglia -Adesso andiamo Tom, o faremo tardi con Andreas-
Li accompagnai entrambi di sotto, e prima di uscire Bill si voltò a guardarmi -Passiamo domani per le nove, ok?-
-Certo- annuii con un mezzo sorriso, e li salutai quando uscirono entrando nella loro auto. Caspita. Stava per cambiare qualcosa, o era soltanto una mia impressione?

 

-Ci vediamo domani, ok? Ti passiamo a prendere per andare a fare un giro in bici-
-Ok!- sorrisi e li salutai con la mano, guardandoli poi sparire nel vialetto della loro casa. Salii in camera mia saltellando e mi sedetti a gambe incrociate sul letto, esaminando i regali che avevo ricevuto quella sera, per il mio ottavo compleanno.
Proprio mentre prendevo una bambola per uscirla dalla scatola, sentii dei rumori alla finestra, e quando mi voltai Tom era già saltato dentro. Era da qualche giorno che aveva preso l'abitudine di arrampicarsi sulla grondaia per salire in camera mia di nascosto.
-Mowgli- ridacchiai e lo lasciai sedersi accanto a me sul letto.
-Non ci vuole niente ad arrampicarsi qui sopra!- ribatté a bassa voce, per non farsi sentire dai miei genitori.
-Io di sicuro non ci riuscirei-
-Tu non riesci neanche a salire su un muretto, Lola-
-Non è colpa mia- borbottai indispettita.
-No, è vero. È tutta colpa della tua bassezza- disse ridendo e prendendomi in giro.
-Smettila dai!- sbuffai e tolsi i giocattoli dal letto infilandomi sotto le coperte. Sorrise guardandomi e spense la luce, accendendo poi l'abat-jour sul comodino e mettendosi coperto anche lui.
-Lo sai che scherzo- ridacchiò e si avvicinò a baciarmi la guancia. Sbuffai e annuii, incrociando però le braccia al petto. Mi piaceva Tom, mi piaceva da morire. E, avendo soltanto otto anni, mi sentivo tremendamente impotente ed impacciata nel suoi confronti. Qualche mese prima mi aveva confessato di aver baciato una ragazza. La stessa che aveva baciato anche Bill. Da allora, loro due uscivano con le altre bambine e ogni tanto le baciavano. Io, d'altro canto, i baci li avevo visti soltanto in tv, e ancora mi chiedevo cosa ci trovassero di così eccitante a farsi ficcare la lingua in bocca da un'altra persona. La sola idea di farlo mi rivoltava lo stomaco.
Eppure, quando pensavo a Tom, quella strana voglia di posare le labbra sulle sue si faceva sentire sempre di più. Che cosa avrei provato? Sarebbe stato... dolce? Imbarazzante? Mi sarebbe piaciuto, o non avrei più baciato per il resto della mia vita?
Ero piccola. Forse troppo. Eppure quella sera ebbi la risposta ai miei interrogativi.
-Metti la sveglia presto domani mattina... così torno a casa mia prima che mamma si svegli...- disse indicando la piccola sveglia a forma di coniglio bianco che avevo sul comodino. L'afferrai, e la regolai in modo che suonasse alle sei in punto, poi la rimisi a posto e mi stesi supina. Era stranissimo dormire nel letto con lui, e ancora dovevo abituarmici. Voltai il viso verso il suo e lo vidi appoggiato con il gomito sul cuscino, e il viso sulla mano, che mi fissava sorridendo.
-Perchè sorridi?-
-Ti sei divertita stasera alla festa, vero?-
-Sì...- sorrisi appena e mi spostai i capelli dietro l'orecchio, imbarazzata -Anche se come al solito non con i miei compagni di classe...- sbuffai contrariata. Mamma si era impuntata, e mi aveva fatto invitare tutti i bambini che erano nella mia classe. Non capiva che la maggior parte di loro mi odiava, e il sentimento era più che reciproco -Alex Weiss mi ha chiamata ancora una volta “nonna”-
Alex Weiss era il mio incubo peggiore. Dal primissimo giorno alle scuole elementari, non aveva fatto che infastidirmi con i suoi modi da bulletto.
-Lo sai che quello è uno stupido...- Tom sospirò e fece spallucce -Non devi preoccuparti di ciò che dice lui-
-Sì, ma è fastidioso!-
Lo guardai, e lo vidi sorridere e scuotere la testa. Si avvicinò al mio viso e mi baciò la guancia -Sei proprio una bimba!-
-Senti chi parla! Tu hai dieci anni, mica sei grande!-
-Io ho molte più esperienze di te-
-Sì, certo- sbuffai -Per esempio?-
-Io ho già baciato- ridacchiò provocandomi -Tu non sai nemmeno come si fa!-
-Oh si che lo so invece!- mentivo spudoratamente, e lo sapevamo entrambi.
-Allora fammi vedere- si mise seduto e sorrise, tirandomi e facendomi sedere accanto a lui -Forza, baciami-
-Cosa?! No!- sbuffai incrociando le braccia al petto, mentre il cuore iniziava a palpitare sempre più prepotentemente.
-Lo vedi? Non lo sai fare!-
Fu un attimo. Improvvisamente mi voltai verso di lui, e senza sfiorarlo minimamente con le mani mi avvicinai e posai le labbra sulle sue per qualche millesimo di secondo. Poi mi separai arrossendo violentemente. Lo sentii ridere, ma non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia -Questo non era un bacio!-
-Non rompere- farfugliai totalmente imbarazzata.
-Vuoi vedere com'è un bacio vero?- chiese sorridendo, al che io mi voltai immediatamente verso di lui. Parlava sul serio. Mi strinsi nelle spalle.
-Non so farlo... non so baciare- ammisi mentre ormai sentivo le gote andarmi a fuoco.
-E allora? Non ci vuole niente- mi si avvicinò, e trattenni istintivamente il fiato quando vidi il suo viso così pericolosamente vicino al mio. Si avvicinò ancora, e il suo volto divenne lentamente sfocato a causa della vicinanza.
-Chiudi gli occhi- lo sentii sussurrare, e obbedii, non riuscendo a fare altro. Sentii prima di ogni altra cosa il suo respiro sulle mie labbra, e una voce dentro di me che mi urlava di allontanarmi subito. E se non fossi stata brava? Se l'avessi disgustato? Io non sapevo baciare. Chi diavolo volevo prendere in giro? Avevo soltanto otto anni!
Tutte le mie paure sembrarono trovare pace quando le sue labbra si posarono sulle mie. Stavolta, a differenza di pochi secondi prima, potei notarne la morbidezza, e desiderai per un momento che quel contatto non terminasse mai. Lentamente, lo sentii schiudere le sue labbra, facendo una leggera pressione sulle mie per farmi fare altrettanto, e dopo qualche secondo sentii la sua lingua sfiorare appena la mia, per poi spostarsi piano sul mio labbro inferiore. I nostri corpi erano immobili, le mani stese lungo i nostri fianchi. Soltanto le bocche erano in contatto.
Lo sentii schiudere un po' di più la bocca, e sfiorare la pelle delle mie braccia con le dita, mentre la sua lingua si faceva strada trovando la mia. Sussultai appena, e strinsi istintivamente il lenzuolo in mano. Era una sensazione del tutto nuova ed inaspettata. Non era disgustoso come pensavo, ma nemmeno fantastico come lo descrivevano nei film!
La sua lingua giocò ancora un po' con la mia, poi lentamente si allontanò dal mio viso.
Aprii gli occhi e lo vidi leccarsi appena le labbra, e quando si accorse che lo fissavo sorrise -Questo era un bacio!- sentenziò stendendosi nuovamente sotto le coperte. Mi stesi accanto a lui senza dire una parola, con il cuore che ancora batteva a mille, e spensi la luce sul comodino.
Il mio primo bacio.

* * *

Oook :D credo che questo sia l'unico capitolo che fin'ora mi piace. Mi ci sono applicata da morire a descrivere il primo bacio u.u comunque :D ringrazio Zucchelino, DasIstGelogen (smettila D: non è zoccola D:), Kleine_Engel (Ma non rompi *ç* mi fa  piacere ricevere anche i tuoi commenti!), memy881, Splash_BK, Arix2, Principessa Kaulitz e cele 97 per aver commentato. Mi fate davvero felicissima *-*

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo cinque

La mattina mi svegliai di buon'ora, e andai subito a fare una doccia per riprendermi. Ancora non riuscivo a credere che avrei fatto colazione con Tom e Bill. Era da anni che non passavamo un po' di tempo insieme soli, e ad essere sincera ero un po' nervosa, poiché non sapevo quale piega avrebbe preso la mattinata. Saremmo stati bene? Io e Tom saremmo riusciti a comportarci da persone civili senza punzecchiarci in continuazione?
Finii di sciacquarmi sotto l'acqua tiepida, poi uscii dal bagno avvolgendomi in un asciugamano e aprendo l'armadio per cercare qualcosa da mettere. Dopo un'accurata selezione, optai per un jeans attillato e una maglia dei Kiss, All Star ai piedi e borsa a tracolla. Infondo, non dovevo fare colpo su nessuno.
Dopo essermi vestita mi truccai abbondando come al solito con la matita nera, e proprio mentre scendevo le scale sentii suonare al campanello. Andai ad aprire e mi ritrovai Bill davanti, che mi sorrideva.
-'Giorno Lola-
-Buongiorno...- ricambiai il sorriso ed uscii di casa chiudendo la porta -Tom? Non viene?-
-Sì, ma sta finendo di vestirsi... si è svegliato tardi-
-Che novità- ridacchiai e mi misi seduta sul muretto, mentre lui si accomodava accanto a me -A che ora siete tornati stanotte? Avete fatto le ore piccole, immagino...-
-Dovevano essere le cinque, o giù di lì...- fece scrollando le spalle e sistemandosi gli occhiali da sole -Solo che abbiamo bevuto...-
-Aha...- sorrisi e lo guardai -Quindi immagino che quegli occhiali non siano per un fatto estetico, bensì per coprire le occhiaie-
-Indovinato- rise stringendosi nelle spalle.
-Altrimenti le vostre fan inizierebbero a preoccuparsi- commentai alzando un sopracciglio.
-E tu che ne sai di cosa fanno le nostre fan?- mi guardò di sottecchi, allusivo -Sei tra di loro anche tu?-
-Io?- feci con un sorrisetto nervoso -Ma figurati-
Mi voltai verso di lui e vidi che mi fissava ironico, con uno sguardo da “A-me-non-mi-prendi-per-fesso”, e sbuffai sonoramente.
-Va bene. Diciamo che ogni tanto vi seguo- ammisi.
Ridacchiò, soddisfatto di avermi fatta parlare -E che c'è di male?-
-Niente- feci spallucce.
-Sei mai stata ad un concerto?-
-No, no... in realtà nessuno sa che... che...-
-Che sei una fan-
-Esatto-
-Ti è così difficile dirlo?-
-Non l'ho mai ammesso nemmeno con me stessa-
-Dovrai iniziare a farlo, Lolita-
Fece una voce che non era né la mia, né quella di Bill. Mi voltai verso di Tom che, in silenzio, aveva ascoltato tutta la conversazione. Sbuffai scendendo dal muretto.
-Non chiamarmi Lolita!-
-E perchè no?- rise -E' un semplice soprannome...-
-Che vuol dire puttana!-
-Te l'ho detto mille volte che non vuol dire quello... non per me almeno- ridacchiò prendendomi in giro.
-Ti odio Tom Kaulitz!-
-Lo so- sorrise e si piegò a baciarmi la guancia, poi guardò suo fratello -Allora, andiamo a fare colazione? Se non bevo un caffè tra poco cadrò a terra stecchito-
-Oh, ti prego, fallo- borbottai indispettita.
Bill saltò giù dal muretto e cinse le spalle di entrambi con le braccia -Mi chiedo quando la finirete di punzecchiarvi come bambini- sospirò -Anche se effettivamente... da bambini non eravate così. Anzi. Eravate più maturi!- rise e ci lasciò iniziando a camminare.
-E' che non sapevo che lei fosse così rompipalle-
-La cosa è reciproca-
Il vocalist alzò gli occhi al cielo, esasperato -Siete entrambi dei grandissimi rompipalle. Ora zitti e andiamo a fare colazione- ordinò dirigendosi verso il bar.
Incrociai le braccia al petto muta, senza dire una parola, e lo seguii. Quando arrivammo andammo a sederci sui divanetti all'interno, e Tom si accomodò accanto a me.
-Proprio qui dovevi sederti?-
-Non c'erano altri posti. E comunque non ho la peste, sta tranquilla-
-Non sarò mai tranquilla se avrò te vicino- gli sorrisi amabilmente. Sbuffò e guardò Bill contrariato.
-Ma perchè l'hai invitata?-
-Perchè dovete smetterla di comportarvi da ragazzini, e crescere- borbottò il vocalist -Vi giuro, sembra che abbiate due anni a testa. Perchè poi?! Non ricordo nemmeno quando è iniziato questo vostro atteggiamento!-
Feci per ribattere, ma poi decisi che sarebbe stato inutile. Infondo probabilmente non sapevamo nemmeno io e Tom il motivo di questo nostro atteggiamento. Insomma sì, ok, era iniziato tutto dopo aver fatto sesso, ma... perchè? Forse perchè eravamo troppo imbarazzati per poter continuare ad essere amici, e quindi sentivamo soltanto il “bisogno” di punzecchiarci a vicenda? Tom non mi piaceva, di questo ero più che sicura. Insomma, ne ero stata cotta da bambina, ma ormai erano passati molti anni. Lui per me rappresentava soltanto un amico del passato, anche se portava con sé tutti ricordi piacevoli.
A dire la verità, attualmente, andavo molto più d'accordo con Bill che con lui. Il fatto è che Tom sapeva essere così irritante che avrebbe potuto ispirare soltanto sberle, e non affetto. Non “amore”, ad ogni modo.
Ordinai un cappuccino, mentre loro due scelsero caffè e croissant alla crema. Li guardai e mi appoggiai alla spalliera del divanetto, mentre sorseggiavo il liquido caldo.
-Quanto vi fermerete?-
-Se ce la facciamo due mesi- disse Bill addentando poi un pezzo di cornetto -Salvo ovviamente gli incontri occasionali per cui dovremo stare fuori un paio di giorni-
Annuii e poi vidi Christian Neumann. Un mio “pretendente”. Sbuffai sonoramente e tentai di nascondermi dietro Tom, che mi guardò incuriosito.
-Che diavolo stai facendo?-
-Sta zitto e coprimi-
-Coprirti?!- rise -Da chi cerchi di nasconderti?-
-Christian Neumann. Il biondo al bancone-
Il chitarrista si voltò verso il ragazzo, poi tornò a guardarmi. Mi ero ficcata con la testa dietro la sua schiena -Il biondo al bancone ti sta guardando incuriosito. Non so se ti abbia riconosciuta, ma credo proprio di sì-
-Non deve riconoscermi!-
-Perchè?-
-Perchè gli ho dato buca sabato scorso, e se mi vede non mi molla più-
-D'accordo- ridacchiò ancora e mi tirò di peso sulle sue gambe, facendomi dare le spalle al ragazzo.
-Tom, che diavolo stai facendo?!- chiesi quando mi cinse i fianchi con le braccia, mentre sentivo Bill ridere.
-Ti evito un problema. Abbracciami-
-Sì, certo- sbuffai.
-Guarda che si sta avvicinando-
Gli gettai le braccia al collo, avvicinandomi col viso al suo. Sentii il suo petto scosso dalle risate, e sbuffai impercettibilmente.
-Non capisco cosa di questa situazione ti diverta così tanto- sussurrai infuriata al suo orecchio.
-Mah, direi... tutto!- ridacchiò e lo sentii stringermi a sé. Dopo poco allentò la presa -Visto? Ha funzionato-
Mi allontanai velocemente e lo vidi sorridere, malizioso e soddisfatto -Ti ha guardata, non so se ti ha riconosciuta. Di sicuro ha recepito il messaggio-
Sbuffai e mi sedetti al mio posto -E quale sarebbe il messaggio?-
-Che non ti si deve avvicinare. Quello è un coglione- rispose risoluto.

 

* * *

Mamma mia *w* quanti commenti! Vi giuro che non avrei mai pensato che questa fan fiction potesse piacere così tanto! Quindi, voglio ringraziare memy881, Zucchelino (amore, non credo che otto o nove anni cambi qualcosa), freency, Kleine_Engel, DasIstGelogen, Arix2, Splash_BK, Principessa Kaulitz (tranquilla, non sei tu in ritardo, è stata Lola che ha baciato da piccola xDDD) e Claudia9 (dovrai attendere per la sana scopata u.u :D) per le recensioni ;)

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo sei

-Allora, andiamo?- borbottò Tom, che mi aspettava fuori dalla mia stanza. Finii di vestirmi ed aprii la porta avvicinandomi a lui.
-Eccomi, eccomi...-
-Più cresci, più diventi lenta- sbuffò scendendo velocemente le scale e uscendo fuori casa, mentre io lo seguivo.
-Dai, non rompere. Bill dov'è piuttosto?- lo guardai, e lui rispose indicandomi con un cenno suo fratello che, con uno sguardo piuttosto eccitato, ci veniva incontro. Oggi avevano deciso che avrebbero fatto il loro primo piercing. Simone non sapeva nulla, e probabilmente al ritorno avrebbero ottenuto una bella strigliata, ma sembravano non curarsene.
-Andiamo?!- chiese sorridendo, quando ci fu vicino.
Ci incamminammo insieme per le strade di Loitsche, Bill sulla destra, io al centro, e Tom alla mia sinistra. Con quest'ultimo le cose erano cambiate, rispetto ad un paio d'anni prima. Dopo il primo bacio ce n'era stato un altro, e poi un altro ancora, fino a quando, un giorno, mi aveva chiesto “Ma allora stiamo insieme?” e io, impacciata, avevo risposto “Se vuoi...”
Erano passati due anni. Stavamo insieme da due anni. Certo, escludendo piccoli litigi e roba varia, ma se si pensa che io avevo dieci anni e lui dodici... credo che avessimo stabilito una sorta di record, tra i ragazzini della nostra età.
Quando arrivammo nel... negozio, locale, o quello che era, Bill aveva perso tutta l'eccitazione che aveva lasciato spazio alla paura.
-Farà male?- chiese in un sussurro a suo fratello.
-Bill, non rompere dai- borbottò in risposta il rasta, avvicinandosi a delle foto che ritraevano i vari posti dove avrebbero potuto farsi sistemare l'oggettino metallico.
-Guarda questo- dissi a Tom indicando un ragazzo con il piercing al labbro -Ti piace?-
-Sì- fece lui scrollando le spalle, e voltandosi poi verso di me -Credi che potrò baciare dopo averlo fatto?- chiese aggrottando la fronte. Ridacchiai e gli diedi una spinta leggera. Il suo mondo girava tutto attorno a quell'argomento.
-Sì che potrai baciare. Altrimenti non vorrei che tu lo facessi-
Rise anche lui e mi baciò le labbra, chiamando poi suo fratello, che ci si avvicinò -Hai scelto, Bill?-
-Sì... guardate, vi piace?- indicò una fotografia di un ragazzo con un piercing al sopracciglio. Sorrisi e annuii guardandolo.
-E' forte-
-Bene- fece il moro annuendo, e osservando poi l'omone che avrebbe dovuto “forare” la loro pelle. Dopo aver preso un sospiro lo chiamò titubante -Ehm... mi scusi?-
L'uomo di voltò verso di lui, incarcando impercettibilmente il sopracciglio. I gemelli non erano esattamente il prototipo di ragazzi “virili”, quindi probabilmente gli sembrava strano che due esserini così avrebbero voluto fare un piercing.
-Sì?-
-Vorremmo... sì, insomma, vorremmo fare dei piercing-
-Quanti anni avete?-
-Dodici...-
Tom lo guardò esasperato. Era inutile, suo fratello le bugie non sapeva proprio dirle. Potevano dire addio al piercing, ora.
Invece no. Il piercer scrollò le spalle e si avvicinò agli aghi, per disinfettarli.
-Per fortuna non è un tipo onesto- commentò il rasta con una scrollata di spalle, cingendomi poi la vita con le braccia e baciandomi l'angolo delle labbra.
Sorrisi appena sentendolo spostarsi sulla guancia, e scendere al collo. Poteva essere estremamente irritante, ma sapeva trasformarsi nell'essere più dolce del mondo nel giro di due secondi. I nostri genitori non sapevano della nostra “relazione”. Non avrebbero approvato. Quale persona sana di mente avrebbe potuto approvare una cosa del genere?
-Chi lo fa per primo?- chiese l'uomo, interrompendo così la scia di baci che Tom mi stava donando. Bill prese un sospiro e si avvicinò, sedendosi sullo sgabello apposito. Si morse il labbro e chiuse gli occhi. Fu un attimo. Il piercer infilò l'ago, e pochi secondi dopo il moro aveva il piercing al sopracciglio.
Si avvicinò a noi con uno sguardo che faceva trapelare dolore e felicità.
-Cazzo che male!- disse ridendo. Tom gli diede uno scappellotto dietro la nuca e sorrise, poi si avvicinò allo sgabello e si sedette. Restai a guardare anche la sua “tortura”, poi quando si avvicinò sorrisi guardandogli il labbro.
-Che strano che sei-
Sorrise e mi prese la mano, poi andarono a pagare e ci incamminammo per tornare a casa.
-Vostra madre ve le darà di santa ragione!- sentenziai ridendo.
-Ah, ti metterò davanti a me per coprirmi...- fece il rasta con un sorriso. Bill ci guardò e ridacchiò scuotendo la testa.
-Spero che mi lasci almeno comprare l'ultimo cd di Nena... avremmo potuto farlo dopo- sbuffò -Non ci avevo minimamente pensato-
Quando arrivammo infilò le chiavi nella serratura e, dopo aver preso un sospiro cercando di infondersi coraggio, la fece scattare.
-Mamma?-
-Bibi? Sei tu?-
-Sì... siamo tornati-
-Sono in cucina!-
Il moro si voltò verso di Tom e inspirò -Avanti Tomi- entrambi camminarono mestamente fino alla porta della cucina, poi aprirono. Sembrava che stessero seriamente andando al patibolo.
Il resto? Urla, e una punizione di circa un mese.
Eh già. Uno dei tentativi dei gemelli di differenziarsi dalla massa era saltato. Sicuramente però, Simone sarebbe stata una delle poche ad incoraggiarli, successivamente, ad andare avanti.


-Eccoci-
Disse Bill una volta che arrivammo davanti casa mia. Dopo aver fatto colazione, avevamo fatto un giretto per Loitsche e poi mi avevano riportata all'ovile.
-Beh- sorrisi guardandoli -Grazie per la colazione-
Tom mi guardò ed alzò un sopracciglio -E non devi ringraziarmi per nient'altro?-
-Oh, sì- sorrisi amabilmente -Grazie per avermi rotto le palle per tutta la mattinata- dissi ironica, ma lui increspò le labbra in un ghigno.
-Ti ho evitato di parlare con quel tipo- disse incrociando le braccia al petto -Dovresti dirmi come minimo “grazie Tom sei il migliore”-
Lo guardai e non trattenni una risata ironica -Grazie Tom, sei il migliore- ripetei sarcastica.
Bill sbuffò dando una leggera spinta a suo fratello, poi mi guardò e sorrise.
-Allora... ci vediamo Lola- si piegò a baciarmi la guancia, poi andò via seguito da suo fratello che mi salutò con un cenno del capo.
Sospirai e tornai dentro casa, proprio in tempo perchè il telefono iniziò a squillare. Mi precipitai a rispondere.
-Pronto?-

-Lola, sono Bess-
Bess. Una delle troiette della scuola che desiderava ardentemente diventare mia amica. Il motivo? Lei stava dietro a Christian Neumann, e Chris sbavava su di me. Quindi, la ragazzina pensava che diventando mia amica avrebbe potuto far colpo su di lui.
-Ciao Bess- sospirai e presi a giocherellare con i miei capelli, annoiata.
-Hai sentito della festa di stasera?-
-No. Che festa?-
-Al Keller. Dicono che sarà fighissima. Con un sacco di bei tipi. Ti va di venire?-
Sbuffai e feci per rifiutare, come al solito, ma poi pensai che se avessi detto di no, come da manuale avrei dovuto subire la paternale di mia madre, che imperterrita continuava a ripetermi che dovevo uscire come tutte le diciottenni, e non restare in casa.
-D'accordo. Ci vengo-
-Perfetto! Passo a prenderti alle nove!-
-Va bene. A dopo-
Agganciai. Un'altra serata all'insegna della noia mi aspettava. O forse no?

 

* * *

Ciao a tutti (: ringrazio Zucchelino, Splash_BK, DasIstGelogen (è inutile che sei gelosa di Lola ù.ù), memy881, Arix2, Principessa Kaulitz, Claudia9 (mi fai morire, te lo giuro xD) e cele 97 ;)
Un bacio a tutte, alla prossima!

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo sette



La sera, optai per un vestitino aderente, bianco, e delle scarpe con il tacco alto, nere. Raccolsi i capelli, lasciando delle ciocche calate in avanti, e mi truccai gli occhi con la mia solita matita nera [CLICCA QUI]. Quando fui pronta, scesi in strada per aspettare Bess, e nel frattempo mi accesi una sigaretta.
- Ehi, ragazzina -
Sbuffai senza voltarmi a guardarlo. Già il tono della sua voce non mi piaceva particolarmente.
- Che c'è, Tom? -
- Da quando fumi? -
- Non sono affari tuoi - borbottai lasciando che un po' di cenere cadesse per terra. Lo sentii camminare lentamente ed arrivare alle mie spalle, ma non potei notare in che modo ammirò il mio fondo schiena, né il modo in cui si leccò il piercing con fare sensuale.
- Ma dai. Ricordo che da piccoli, quando fumavo, mi rimproveravi sempre - increspò le labbra in un sorriso e si mise di fronte a me. Notai che, come da un po' di tempo a questa parte, non portava una maglietta di tre taglie più grandi, ma un maglioncino aderente che metteva in risalto i muscoli pettorali.
- Già. Ma la gente cambia - commentai con una scrollata di spalle.
- E tu sei cambiata? -
Sorrisi appena a quella domanda. Io ero cambiata? No, non lo ero affatto. Si sarebbe stupito nel notare che infondo ero esattamente come sette anni prima. Una ragazzina insicura, un po' testarda, che amava differenziarsi dalla massa ed essere in qualche modo “diversa”.
- Forse un po' -
Fece un sorrisetto divertito, facendo vagare spudoratamente lo sguardo sulle mie cosce scoperte a causa del vestito troppo corto, e sentii le guance riscaldarsi leggermente. Ringraziai che fosse sera e che le luci per strada non fossero troppo forti, altrimenti avrebbe notato che ero arrossita.
- Di sicuro il tuo modo di vestire non è cambiato. Anzi, forse un po'... decisamente in meglio... per i miei occhi almeno - ridacchiò divertito, e mi tolse la sigaretta di mano, portandola alle sue labbra ed ispirando un po' del fumo acre. Mi ridiede il bastoncino di tabacco, ed io mi strinsi nelle spalle.
- Lo sai che mi sono sempre piaciute le cose “diverse” -
- Già - commentò sorridendo appena - Ricordo qualcosa -

Lo guardai, e feci un tiro alla sigaretta, appoggiandomi al muretto dietro di me. Diedi un colpetto con l'indice in modo che cadesse un po' di cenere, poi lo guardai.
- Tu, invece? Il tuo modo di vestire è decisamente cambiato -
- Dici per questo? - chiese afferrando i lembi del maglioncino tra le mani, e scrollando le spalle - Diciamo che per una volta ho seguito un consiglio di Bill. Ma non mi sta male - ridacchiò e si leccò il piercing al labbro - Del resto, cosa starebbe male su di me? -
Alzai gli occhi al cielo in modo teatrale - Sei sempre il solito modesto -
- Perchè dovrei essere modesto? Non ne ho bisogno. Io sono perfetto -
- Non direi proprio -
- Ah no? Un tempo non la pensavi così -
- Non ho mai detto che sei perfetto -
- Ma ti piacevo - commentò inarcando un sopracciglio.
- Ero piccola -
- Avevi buon gusto - insisté. Lo guardai esasperata, e gli diedi una leggera spinta.
- Smettila di rompere le palle - borbottai infastidita.
- Dovresti ringraziarmi! - fece indignato - Se io non fossi qui, tu staresti aspettando non-so-chi da sola, e ti staresti annoiando -
- Oh, hai ragione - lo guardai ironica - Ti ringrazio per il modo in cui stai cercando di allietare la mia estenuante attesa ricordandomi quanto sei figo -
Ridacchiò e fece spallucce - Non c'è di che -
Sgranai appena gli occhi guardandolo. Era un caso impossibile. Non si sarebbe mai dato per vinto. Scossi la testa e presi il cellulare dalla borsetta, mandando un messaggio a Bess.

“Dove diavolo sei finita? Ti aspetto da un quarto d'ora”

Dopo pochi secondi vidi il display illuminarsi, e lessi la sua risposta.

“Scusami. Sto arrivando. Julia ha fatto tardi”

Sbuffai e rimisi il cellulare in borsa. Lo vidi fissarmi divertito.
- Impaziente d'andare? -
- Non proprio. Impaziente di allontanarmi da te - lo corressi con un sorrisetto sarcastico. Quanto poteva essere irritante la sua presenza?
- Immagino che tu voglia fare colpo su qualcuno, stasera -
Alzai lo sguardo verso il suo. Ogni volta che gli ero vicina maledicevo il mio scarsissimo metro e sessanta, perchè a confronto col suo metro e ottanta mi sentivo una specie di nana sottosviluppata.
- Questi non sono affari tuoi. E comunque sia, anche se fosse... come lo avresti capito, di grazia? -
- Nessuna va in giro mezza nuda se non ha un secondo fine - si leccò il piercing indicando il mio corpo.
Assottigliai lo sguardo fulminandolo con gli occhi - Fottiti, Kaulitz - sussurrai dandogli una spinta. Rise di gusto e scrollò le spalle infilando le mani nelle tasche dei jeans troppo larghi.
- Beh, perchè non è vero? -
- Ma vaffanculo. Non ci parlo con i coglioni come te -
- Oh, andiamo, Lolita... -
- Non. Chiamarmi. Lolita! - scandii bene le parole, in modo che il suo cervello bacato ricevesse il mio messaggio.
- Ok, ok. Lola... -
Lo guardai e sbuffai sonoramente, gettando poi la sigaretta a terra e spegnendola col tacco. È vero, potevo sembrare una bambina alla quale hanno rubato il giocattolo in quei momenti, ma quanto mi dava fastidio la sua presenza?
Il fatto che credesse di essere dio sceso in terra, non riuscivo a sopportarlo. Sapevo che in realtà non era così diverso da Bill, ma perchè diavolo allora non abbandonava mai la corazza che lo faceva sembrare un odioso ragazzino freddo e rompipalle?
Vidi la macchina di Bess e Julia arrivare, e ringraziai il cielo che finalmente avessero finito di “farsi belle”. Lo guardai e sorrisi ironica.
- Ci si vede - feci prima di scomparire nell'auto e andare via.
Tom ridacchiò scuotendo la testa, e si avvicinò a suo fratello, che era appena uscito di casa e si avvicinava all'Audi.
- Tomi, andiamo? -
- Bill, so cosa faremo stasera - disse il chitarrista, pregustandosi già la serata. Il vocalist lo guardò ed inarcò un sopracciglio con fare incuriosito.
- Ossia? -
- Andremo ad una festa -



                                                                        ***

Ciao a tutte (: ringrazio memy881, Claudia9, Splash_BK, Principessa Kaulitz, Arix2 e DasIstGelogen per i commenti.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo otto

 

- Dio, ho un mal di pancia tremendo - sospirai accoccolandomi a Tom, che stava seduto sul divano e faceva una partita alla play station con Bill. Il rasta mi guardò mettendo un attimo in pausa il gioco, e mi sfiorò una ciocca di capelli biondi.
- E' da stamattina che hai mal di pancia. Perchè non lo dici a tua madre? -
- Direbbe che non è niente, o che è una scusa per non andare a scuola domani. Come al solito - sospirai e mi lasciai baciare la guancia quando si avvicinò.
- Magari hai mangiato qualcosa di strano... - provò il moro facendo spallucce, ma scossi la testa vigorosamente.
- No, proprio niente - mi massaggiai il ventre sbuffando appena – E' gonfia. Guardate, sembro una balena! -
Tom rise e mi alzò un poco la maglia, scoprendomi la pancia - E' vero. Però hai anche le tette più grosse, oggi -
- Tom! - lo guardai sgranando gli occhi e dandogli uno scappellotto dietro la nuca.
- Ma che c'è?! È vero! Diglielo, Bill! - disse cercando un aiuto da parte di suo fratello, il quale scosse la testa contrariato.
- Scendo giù a mangiare qualcosa - annunciò scomparendo poi giù per le scale. Il rasta si voltò verso di me e sorrise avvicinandosi a baciarmi le labbra. Lo lasciai fare, anche quando lo sentii schiuderle lentamente. Avvertii il freddo dell'anellino metallico che aveva al labbro, e il suo sorriso accennato quando ci passai la lingua sopra. Portò la mano sulla mia guancia ed approfondì il bacio, lasciando che le nostre lingue, ormai esperte nonostante la giovane età, iniziassero la loro lotta come due abili spadaccini.
Sentii la sua mano forte, ma al contempo delicata, arrivare lentamente tra i miei capelli, mentre esercitava una pressione sulle mie labbra con le sue, facendomi poi sospirare quando scese con i baci sul mio collo.
Tenni gli occhi chiusi, portando una mano sul suo petto. A volte mi sentivo tremendamente in colpa quando pensavo a tutto ciò che accadeva quando ero con Tom. Facevo soltanto la prima media, ma già il nostro rapporto si era spinto al di là dei baci. Non avevamo fatto sesso. Non ancora. Ma a volte gli permettevo di sfiorarmi, e lui mi chiedeva altrettanto. Stavamo iniziando a conoscere i nostri corpi, e lo facevamo probabilmente nel modo meno indicato per due ragazzini della nostra età.
Lo sentii scendere con la mano a sfiorare il mio seno, e sospirai appena sentendolo accarezzarmi. Improvvisamente, mi sentii strana. Un dolore alla pancia. Più forte, e più in basso.
Mi staccai lentamente dalle sue labbra, e lo vidi guardarmi, incuriosito e ancora un po' eccitato.
- Devo... andare in bagno -
Sgranò gli occhi, ma annuì stralunato - Va... va bene -
Mi precipitai in bagno, e quando mi sedetti sul water compresi che stavo “crescendo” anch'io. Repressi un gemito di disgusto, e iniziai a pensare a cosa potessi fare. Ero a casa dei gemelli. Simone era uscita. Mia madre era via per lavoro e mi aveva affidata a lei. Sembravo perseguitata dalla sfortuna.
Seduta sul water, con la pancia dolorante e le mutandine leggermente macchiate dal mio essere diventata donna, non avevo la più pallida idea di come comportarmi.
- Lola? Tutto bene? - la voce del rasta mi fece sobbalzare, mentre il cuore mi batteva all'impazzata.
- Ehm... più o meno - dissi mestamente.
- Più o meno? Che vuol dire? Posso entrare? -
- Assolutamente no! - il mio tono di voce si era leggermente alzato. Stavo rischiando di sembrare isterica.
- D'accordo! Ma calmati! -
Mi alzai, ancora con i pantaloni calati, e mi misi a frugare nel bagno. Non doveva essere difficile trovare degli assorbenti, giusto? Optai per i cassetti. Ne aprii un paio. Lozioni profumate, creme, dopobarba, cerette, ma nessun pacco di assorbenti. Stavo andando nel pallone.
- Ti giuro che sfondo la porta se non mi dici che succede -
Perchè diavolo doveva essere così assillante?! Mi alzai gli slip e i pantaloni, sperando di non sporcarmi ulteriormente, e aprii la porta, col viso rosso come un pomodoro.
- Ho bisogno di tua madre -
Mi guardò sospettoso, e incrociò le braccia al petto - Mamma è uscita, lo sai -
- Chiamala e dille di tornare -
- Lola! Che cazzo succede? -
Sbattei i piedi per terra indispettita. Mi sentivo stranamente aggressiva quel giorno.
- Ho il ciclo! Mi sono venute le mestruazioni per la prima volta! Contento?! -
Lo vidi sgranare gli occhi e schiudere lentamente la bocca. Mi guardava in silenzio.
- Smettila. Sembri un ebete -
Richiuse immediatamente le labbra e scoppiò a ridere, portandosi una mano sulla pancia.
- E' questa la tragedia?! -
Gli diedi una spinta - Smettila, idiota! Ho bisogno di... di un assorbente! -
- Un... che? - borbottò.
- Uno di quei cosi che si mettono sulle mutande per evitare di sporcarsi tutti i vestiti, razza di idiota! -
- Ehi - mi guardò male - Sei proprio acida. E comunque non lo so, dove mamma li tiene -
- Tom, sei un essere inutile! - lo scostai e scesi nel bagnetto di sotto, dove finalmente trovai ciò che mi serviva. Dopo aver finito ritornai di sopra e mi appoggiai alla porta, guardando il rasta che giocava tranquillamente alla play station. Quando mi vide mi guardò di sfuggita.
- Ti sei calmata, ragazzina isterica? -
- Fanculo - borbottai tornando a sedermi accanto a lui. Sorrise, e mise in pausa il gioco. Mi prese il viso tra le mani, e ricominciò da dove ci eravamo interrotti.

- Lola - la voce di Christian interruppe i miei ricordi, e mi voltai verso di lui sorridendo forzatamente. Non era un brutto ragazzo, niente affatto, ma non avevo proprio la testa giusta per fidanzarmi, in quel momento.
- Ciao, Chris - gli sorrisi appena, portando il bicchiere di birra alle labbra e sorseggiando un po' del liquido giallastro.
- Non ti diverti? - mi chiese appoggiandosi al muro accanto a me. Scrollai le spalle e posai il bicchiere sul tavolo.
- Non è questa la mia idea di divertimento... - dissi indicando le varie persone che si dimenavano in pista - Ragazzini eccitati che si strusciano tra di loro per far colpo su altri ragazzini eccitati - sbuffai contrariata. No, decisamente non mi divertivo in quel modo.
Lo vidi fissarmi alzando un sopracciglio. Sicuramente stava pensando che ero strana. Come tutti del resto.
- Lascia stare - gli dissi scuotendo la testa - Pensieri miei -
- Come vuoi... - scrollò le spalle e guardò la pista, poi si voltò verso di me - Ti va di ballare? -
Ok. Questo era davvero incredibile. Forse ero io a non sapermi esprimere. Ma molto più probabilmente, era lui ad essere stupido.
Per una qualche ragione a me estranea accettai, decisa a lasciarmi andare almeno per una sera. Iniziai a ballare con lui, e compresi che non dovevo essere niente male dato il modo in cui i ragazzi mi guardavano. Mi veniva naturale.
Ma forse era colpa del vestito.
Mentre mi muovevo a ritmo di musica, scorsi tra i tanti occhi che mi erano puntati addosso, un paio di iridi nocciola, simili a quelli di un predatore, che mi osservavano con una strana... malizia?
Tom era lì.

 

***

Hello (: ringrazio memy881, DasIstGelogen, Splash_BK, Arix2, Principessa Kaulitz, Cele 97 e Claudia9 per i commenti :)

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo nove



Quando lo vidi dovetti reprimere l'istinto ad andare a chiedergli cosa diavolo ci facesse lì alla festa, ma decisi che non era il caso di interrompere il mio unico momento di, per così dire, “normalità”. Continuai a ballare con Christian, non curandomi degli altri ragazzi che mi fissavano come se fossi una specie di bocconcino succulento da mangiare, e neanche di Bess che mi guarda invidiosa, probabilmente maledicendosi per avermi invitata a questa festa.
Non mi divertivo particolarmente, questo no. Ma mi guardavano. Alcuni pensavano di me che fossi una poco di buono, altri erano invidiosi. Altri ancora mi stimavano. Non mi importava. Mi guardavano, e questo mi faceva sentire bene.
“Che parlino bene o male, l'importante è che ne parlino”. Questo diceva sempre Bill, sin da quando eravamo bambini, ed aveva tremendamente ragione. In questo eravamo esattamente identici.
- Scusa - una voce interruppe i miei pensieri ed il mio ballo, e Christian si voltò infastidito a vedere chi fosse. Rimase interdetto davanti al metro e ottanta che lo sovrastava.
- Kaulitz - alzò un sopracciglio, fissandolo. Si conoscevano, ovviamente. Tutti a Loitsche avevano almeno un episodio della propria vita in comune. Purtroppo Christian Neumann e i Kaulitz non erano sempre andati molto d'accordo.
- Direi che hai ballato troppo con Lola, no? - sorrise amabilmente e mi indicò con un cenno. Alzai un sopracciglio restando a fissarlo con le braccia conserte.
- Veramente non avevamo ancora finito - replicò Chris leggermente stizzito dal tono di voce adottato da Tom. Era lo stesso tono che io odiavo. Eppure, una parte di me desiderava ardentemente essere portata via da tutto quel trambusto.
- Certo - sbuffò con un sorrisetto divertito - Tu avresti finito soltanto portandotela a letto. Sparisci, ragazzino - gli diede una leggera spinta e si posizionò davanti a me, mentre le labbra si increspavano in un sorriso. Vidi il biondo scuotere la testa contrariato, ma si allontanò subito.
- Che vuoi, Tom? - lo guardai senza muovere un muscolo.
- Non vuoi ballare con me? - sporse appena il labbro inferiore, come un bambino - Mi offendi -
- Perchè dovrei voler ballare con te? Illuminami -
- Perchè sono un vecchio amico d'infanzia? - rise, e posò lentamente la mano sul mio fianco destro, avvicinandosi al mio corpo - Su, andiamo. Un ballo non ha mai ucciso nessuno. E poi sono meglio io di quel figlio di papà, non credi? -
Mi voltai verso Christian, e lo vidi intento ad osservare un bicchiere di cocktail, cercando di scovarci dentro chissà che cosa. Sospirai, e mi voltai di nuovo verso Tom.
- Perchè tutti quelli interessati a me sono degli idioti? Me lo spieghi? -
- Tra idioti ci si capisce... - ridacchiò e mi prese le mani tirandomi più verso la pista, per confonderci con gli altri. Per fortuna lì a nessuno importava se Tom Kaulitz era nella loro stessa stanza. Tutti lo conoscevano fin da bambino.
- Vaffanculo Tom! - borbottai, ma non potei non sorridere quando lo vidi ridacchiare. Era sempre stato così. Il suo sorriso, la sua risata, erano sempre stati contagiosi.
- Allora. Me lo concedi questo ballo? - fece con fare altezzoso, guardandomi dall'alto.
- Soltanto se ti inchini e mi baci la mano - risposi, scoppiando a ridere quando vidi la sua espressione scandalizzata.
- Ti sembro mio fratello per caso? Vieni qui e balliamo! - borbottò e mi tirò a sé sorridendo. Iniziammo a ballare, ridendo come stupidi. Posò le mani sui miei fianchi e continuammo a ballare ancora, poi si avvicinarono due ragazze. La prima era alta quasi quanto Tom, bruna, con delle gambe chilometriche e un seno la quale grandezza rasentava l'assurdo. La seconda, leggermente più bassa, aveva dei capelli neri che le arrivavano ai fianchi, e uno sguardo così assatanato da sembrare che stesse per prendere il chitarrista e sbatterlo a terra per scoparselo senza ritegno.
Sentii il moro allentare appena la presa sui miei fianchi, e capii che si era già stancato di me. Beh, ovvio. Che cosa avrei dovuto aspettarmi?
- Possiamo ballare con te, Tom? - fece la prima, avvicinandosi maliziosamente.
- Certo, bambola... - ridacchiò quest'ultimo abbandonando definitivamente la presa su di me per dedicarsi a quelle due.
Sbuffai impercettibilmente, e mi allontanai dalla pista avvicinandomi al tavolo degli alcolici. Presi un cocktail e mi appoggiai al muro, sorseggiando il liquido dolciastro.
- Non lo sai che quella roba fa male? -
Sorrisi appena sentendo la sua voce, e mi voltai verso Bill che si avvicinava lentamente a me.
- Lo so, ma mi annoio. Magari questo aiuta - scrollai le spalle e bevvi ancora.
- Mio fratello ti ha abbandonata? -
Annuii e indicai le due ragazze che gli si strusciavano addosso. Lo avevano chiuso tipo sandwich, ed entrambe gli baciavano il collo. Lui, d'altro canto, sembrava gradire tutte quelle attenzioni.
- Per quelle due... ehm... belle ragazze - ridacchiai guardandolo.
- Come sempre - sospirò e prese dei salatini, mangiando. Si voltò verso di me e mi guardò incuriosito - Credevo che tu odiassi queste feste... -
- Sì, infatti - scrollai le spalle e posai il bicchiere sul tavolino - Però sai, ogni tanto devo comportarmi anch'io da “ragazza normale” - dissi con una smorfia contrariata dipinta sul volto.
- Per oggi può bastare, no? - ridacchiò e prese il mio bicchiere finendo in un sorso il cocktail.
- Che vuoi fare, Bill? - sorrisi guardandolo.
- Andiamo a fare un giro. Usciamo di qui. In questi posti mi ci trascina sempre mio fratello, ma io odio... tutto questo - borbottò e mi prese per mano dirigendosi verso la pista per avvisare Tom.
- Tom, io vado via. Ci vediamo a casa - gli urlò per sovrastare il frastuono della musica. Il chitarrista annuì distrattamente, tornando poi a posare la mano sul fondoschiena della ragazza di fronte a lui.
Io e Bill uscimmo di lì, e fummo subito avvolti dall'aria fresca della Germania di sera.
- Caspita - sfregai le mani sulle braccia cercando di scaldarmi - Si congela -
- Già - fece lui mettendo le mani a coppa davanti al viso, e soffiandoci per dare un po' di calore - Vieni, andiamo in macchina così accendo i riscaldamenti -
Lo seguii e ci infilammo nella sua Audi, sui sedili posteriori. Si allungò ad accendere i riscaldamenti, poi tornò a poggiarsi con la schiena alla spalliera.
- Allora - mi guardò e sorrise - Ti abbiamo vista ballare con quel tipo, quando siamo arrivati. Hai cambiato idea da stamattina? -
- Nah - scossi la testa sorridendo appena - Christian è un idiota... lo era da ragazzino, e lo è ancora adesso. Però sai, non posso sempre vivere in compagnia di me stessa - mi strinsi nelle spalle. Di solito non parlavo di queste cose, ma con Bill mi veniva naturale. Era con lui che mi sfogavo da piccola, ed ora sentivo che potevo fare lo stesso.
- Capisco... - mi guardò e si sistemò meglio sul sedile, voltandosi verso di me - Quindi lui non ti piace - sentenziò con una scrollata di spalle.
- Bill - sbuffai - No che non mi piace! Ma ti pare? È un coglione. È stupido, brutto, e crede di essere dio sceso in terra... - lo guardai e sospirai - E poi non sono così stupida. So che nella sua testa vorrebbe soltanto scoparmi -
- Non è difficile da capire - ridacchiò e si sistemò la maglia. Guardò fuori dal finestrino e notò un cespuglio che si “muoveva”, mentre ogni tanto ne sbucava una testa da dietro - Odio le fan che si nascondono per guardarci. Te lo giuro, sono ridicole... -
Mi guardò e scosse la testa tristemente - I vetri dell'auto sono oscurati, eppure si ostinano ancora a cercare di guardare dentro. È stressante. Non abbiamo più una nostra vita, capisci? E la cosa peggiore è che non posso parlarne a Tom -
Poggiò la nuca sul poggiatesta e sospirò - Lui dice che è il prezzo da pagare per essere famosi. Questo lo so, cazzo, ma a volte vorrei davvero che tutto finisse -
Restai ad osservarlo, indecisa sul come comportarmi. Si stava sfogando, e probabilmente non aveva bisogno di parole di conforto, ma soltanto di qualcuno che potesse ascoltarlo. Eppure mi faceva talmente tanta tenerezza.
- Il fatto è che a me piace la mia vita - continuò dopo un attimo di pausa - Mi piace che la gente mi conosca in tutto il mondo. Mi piace che urlino il mio nome. Ma arrivare ad essere pedinati ovunque... è una cosa che davvero non riesco a sopportare... -
- Purtroppo quelle ragazze vi amano così tanto che sarebbero disposte a seguirvi anche in bagno, se fosse possibile - sorrisi appena, tentando di sdrammatizzare la situazione. Gli accarezzai piano un braccio e lo vidi voltarsi verso di me e piegare leggermente le labbra all'insù.
- Già. Credo che tu abbia ragione - si strinse nelle spalle - Non... non dire a nessuno questo “sfogo”, ok? Soprattutto a mio fratello... -
- Bill - lo guardai male - Ti sembro tanto stupida? Sta' tranquillo. Con me potrai sempre parlare, lo sai bene -
- Già. Lo so - si avvicinò e mi baciò la guancia - Mi sei mancata - disse con un sorriso, che prontamente ricambiai di cuore.
Era così piacevole passare di nuovo del tempo con i gemelli. Ora come ora, preferivo stare con Bill, ma anche riparlare con Tom a distanza di anni era confortante. Infondo erano un pezzo del mio passato. Un pezzo della mia vita.
- Anche tu mi sei mancato -, ammisi.
Un pezzo di me.

 

***

La maggior parte di voi resterà delusa da questo capitolo v.v lo so, ma non volevo essere ovvia facendo fare "qualcosa" a Tom e Lola ora. Resterete stupite ù.ù comunque (: ringrazio memy881, Principessa Kaulitz, __Reset (sei nuova *w*), By your side, Splash_BK, freency e Arix2 per le recensioni :)

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo dieci

 

- Grazie per passaggio - sorrisi a Bill, prima di aprire lo sportello. Dopo aver discusso un po' in auto eravamo andati a fare un giro per Loitsche, parlando del più e del meno, e poi mi aveva riportata a casa.
- Figurati. Ci vediamo domani? - mi chiese con un sorriso. Lo guardai stranita.
- Ma come, così tanti giorni liberi Kaulitz? E la tua carriera? -
- Ehi, ehi - borbottò, però sorridendo - Posso prendermi anche io delle vacanze. Allora? Che ne dici? -
- Ma certo - scrollai le spalle - Però domani mattina devo studiare. Le vacanze di Primavera sono quasi finite e non ho ancora aperto un libro -
- Ti passo a prendere dopo pranzo, allora? -
- Affare fatto -
- Chiedo a Tom se vuole unirsi, o ti darebbe fastidio? - mi guardò titubante. Mi voltai verso di lui e sospirai appena. Avrei preferito stare da sola con Bill, per trascorrere un altro po' di tempo come quella sera, ma non potevo dire che avrei voluto che Tom se ne restasse a casa.
- No, figurati. Sempre se vuole stare con me - feci ironica, al che lui mi diede una spinta leggera.
- Non fare la stupida. Certo che vuole stare con te -
Gli sorrisi e mi avvicinai a baciargli la guancia - 'Notte Bill -
- Buonanotte piccola -
Uscii dall'auto e chiusi lo sportello, andando poi in casa. Salii direttamente in camera e mi spogliai, mettendomi poi il pigiama ed infilandomi sotto le coperte.
Quella notte, i ricordi invasero il mio sonno.

- Dai Tom... siamo a scuola - ridacchiai, tentando invano e con poca forza di allontanarlo da me, mentre continuava a baciarmi il collo sorridendo.
- E allora? È ricreazione... -
- Sì, ma siamo chiusi nel bagno dei ragazzi, e tra poco qualcuno ci scoprirà! -
- Non richiamare la sfortuna - borbottò e mi zittì baciandomi le labbra. Lo lasciai fare, sentendolo dopo poco schiuderle e baciarmi con trasporto, mentre mi appoggiava alle piastrelle fredde che rivestivano le pareti del bagno.
Allacciai le braccia al suo collo, ormai totalmente presa dai suoi baci, e gli accarezzai i dread scendendo poi con la mano sulla sua schiena. Lo sentii sussultare ad allontanare appena il viso dal mio.
- Tom? Che succede? - lo guardai. Aveva un'espressione dolorante sul volto.
- N... niente - sorrise appena, ma non fu per niente convincente.
- Niente? Non dire stupidaggini. Cos'hai sulla schiena? -
- Sulla schiena? - borbottò scuotendo la testa e poggiando la mano sul mio fianco - Non farti strani film. Non ho niente - tagliò corto ricominciando a baciarmi il collo.
- No, Tom - lo allontanai tenendo le mani sul suo petto - Che è successo? -
- Oh, ma dai, non è niente. Ho solo sbattuto ad un tronco e sono un po' indolenzito. Tutto qui -
- Fammi vedere - lo guardai negli occhi. Avrebbe potuto prendere in giro chiunque, ma non me. Lo vidi distogliere lo sguardo e sbuffare, un po' imbarazzato.
- Non fare il bambino - lo guardai male e gli sfilai la maglia, facendolo poi voltare. Eravamo un po' stretti, poiché eravamo chiusi in una delle cabine del bagno, ma vidi chiaramente un graffio sulla sua schiena e più in basso, in direzione del coccige, un livido enorme.
- Tom! - spalancai la bocca, portandoci una mano sopra - Ma che diavolo... -
- Sono solo caduto - disse mestamente mentre si voltava verso di me, tenendo però lo sguardo abbassato.
- Lo hanno... fatto ancora? - mormorai prendendogli piano la mano. Era da un po' di tempo che dei ragazzini un po' più grandi di Tom e Bill si divertivano a dare loro il tormento. Il moro era quello più preso di mira, poiché lo definivano una “checca”, a causa del trucco che metteva sul viso e lo smalto con cui era solito dipingersi le unghie. Di solito lasciavano in pace il rasta, solo perchè lui sapeva difendersi. Ma a volte lo trovavano solo per strada, e allora non riusciva a tenere testa a tutti.
- Sì... - sussurrò senza alzare lo sguardo - Ieri sera, mentre tornavo a casa dopo il basket... - spiegò sedendosi sul wc dopo aver abbassato la tavoletta. Mi prese per i fianchi e mi fece sedere sulle sue gambe, mentre tenevo ancora la sua maglia stretta fra le dita.
- Erano in quattro e... non sono riuscito... - deglutì appena, senza continuare.
Sospirai e gli accarezzai piano il petto. Odiavo quei ragazzini prepotenti. Se c'era una cosa che proprio non potevo sopportare era il modo in cui trattavano i gemelli.
Cercavano in tutti i modi di emarginarli, facendoli sentire diversi.
- E' stato sempre Alex con i suoi amici? -
Annuì appena e poggiò il mento sulla mia spalla, sospirando.
- E' una cosa che non sopporto. Quel coglione crede di essere un dio. Ci picchia, parla di te ai suoi amici come se... - prese un sospiro stringendo i pugni - Come se tu fossi sua. Come se tu fossi un oggetto. Ti giuro che vorrei tanto dargli una lezione. Ma non è mai solo. È sempre circondato da quegli altri stronzi -
- La smetteranno... - mormorai baciandogli la guancia.
- Già - sorrise appena ed annuì - Hai ragione. Finirà presto - mi cinse la vita con le braccia e mi baciò delicatamente le labbra.
Annuii e gli accarezzai i dread. Sentimmo la porta principale chiudersi violentemente, e la serratura scattare. Sgranai gli occhi e mi alzai dalle sue gambe dandogli la maglietta. Si vestì e poi restammo in silenzio.
- Tom, non posso uscire di qui, se mi beccano mi sospendono - sussurrai, spaventata.
- Shhh - mi zittì poggiandomi un dito sulla bocca. Restammo in silenzio, poi sentimmo dei singhiozzi...
Lo guardai, e sembrammo capirci con uno sguardo.
Bill.
Il rasta aprì velocemente la porta, e vedemmo il moro chino sul lavandino, che si sciacquava la faccia velocemente.
- Bill... - lo chiamò sussurrando appena, e non appena alzò lo sguardo mi portai una mano alla bocca, in silenzio. Aveva un occhio nero. Lo avevano pestato ancora.
- Tomi... Lola - si asciugò velocemente le lacrime voltandosi verso di noi - Che ne dite? Mi dona? - sorrise appena, malinconico, indicando il livido senza avere il coraggio di toccarlo. Mi avvicinai titubante a lui.
- B... Bill... chi è stato? -
- Alex e gli altri - sussurrò. Accadde tutto molto velocemente. Sentii Tom aprire con violenza la porta, e precipitarsi nel corridoio guardandosi intorno. Sembrava una furia.
Io e Bill ci guardammo per una frazione di secondo, poi gli andammo dietro.
- Tom... Tom per favore non fare stronzate - cercò di calmarlo suo fratello raggiungendolo.
- Ha rotto le palle. Adesso ha davvero superato ogni limite - sbottò il rasta scendendo nel cortile. Vide Alex con due amici, seduto sotto un albero, e si avvicinò furente.
- Ehi, ehi guardate chi c'è! I frocetti Kaulitz e la piccola Lolita. Sei venuta a farmi un servizietto, dolcezza? - rise, guardando i due idioti accanto a lui che gli diedero man forte.
- Non ti azzardare mai più a parlare in questo modo a me, a mio fratello o a Lola. È chiaro?! - urlò, e preso dalla rabbia lo sollevò per la maglia e lo sbatté con la schiena contro il muro.
Il resto, penso possa capirsi da sé.
Il tutto costò a Tom una sospensione, ma Alex e la sua banda non infastidirono mai più ne me, ne i gemelli.

 

***

Guten Tag Leute (: vi do il buongiorno con il decimo capitolo v.v
Ringrazio Principessa Kaulitz, Splash_BK, __Reset, memy881, iolly21, cele 97 (eppure io non credo di essere così brava ò.ò), Arix2, DasIstGelogen e By your side per le recensioni ;)

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo undici

 

Quando mi svegliai la mattina dopo, mi misi subito a studiare la mia tanto “amata” storia. Quanto odiavo quella materia? La consideravo a dir poco inutile. Insomma, cosa mi importava di sapere com'erano andate le cose centinaia e centinaia di anni fa?
L'unica cosa che mi piaceva della scuola, era che mi teneva almeno qualche ora lontana da casa, al mattino.
Tra qualche mese inoltre avrei preso la maturità, e non avevo la più pallida idea di che cosa avrei fatto dopo. Non sapevo cosa volevo dal mio futuro, e mia madre spesso mi riprendeva per questo. Ma insomma, non era mica colpa mia!
Di continuare a studiare, non se ne parlava proprio. Volevo avere la mia indipendenza, lavorare e guadagnarmi da vivere per andare via da casa dei miei genitori. Il problema essenziale, era come fare.
L'unica cosa che sapevo fare era finire nei casini, e questo non era proprio un pregio da inserire in un eventuale Curriculum Vitae.
Sbuffai, poiché quel diavolo di concetto non riusciva proprio ad entrarmi in testa, e mi stesi a pancia in giù sul letto, evidenziando delle parole chiave ed altro.

Studiai per davvero. Riuscii sul serio, stranamente, ad imparare qualcosa, e dopo due ore decisi che per quel giorno era più che sufficiente. Ora, avevo bisogno di un bel premio per la buona condotta. Una passeggiata con Becki, la mia cagnolina, sarebbe stata l'ideale.
Mi alzai dal letto e risposi il libro sulla mensola, poi infilai degli shorts di jeans ed una maglia di un vecchio gruppo metal, scendendo poi a recuperare il cane.
Sorrisi quando mi vide ed iniziò a saltellarmi intorno. Ormai era diventata grande quasi quanto Scotty, il cane dei Kaulitz. Erano molto simili, però Becki aveva il muro leggermente più schiacciato, ed era completamente nera. Mamma la odiava. Diceva che era un inutile ammasso di pulci, ma a me non importava minimamente il suo parere.
L'avevo trovata l'anno prima, all'uscita da scuola. Era infreddolita ed affamata, e contro il volere dei miei genitori l'avevo portata dal veterinario, e poi era entrata a far parte della famiglia. Era con lei che parlavo quando volevo sfogarmi. Stranamente, era l'unica creatura a darmi ascolto senza assumere un'espressione da “Questa è tutta matta”.
- Oggi facciamo un bel giretto lungo, io e te da sole - sorrisi e le misi il guinzaglio, uscendo poi di casa. Iniziai a camminare con Becki che mi trotterellava contenta accanto, e la portai al parco dove era solita giocare con altri cani.
Quando arrivammo le tolsi il guinzaglio per permetterle di andare un po' dove voleva. Se c'era una cosa di cui ero certa, è che mai e poi mai si sarebbe allontanata da me.
- Resta sempre nei paraggi - la ammonii accarezzandole il muso. Mi guardò, e nei suoi occhioni neri quasi potei notare un assenso. Sorrisi vedendola correre accanto ad un cucciolo di pastore tedesco, e iniziare a giocare con lui.
Mi sedetti sotto una quercia, poggiando la schiena al tronco e godendomi quella giornata di Sole, cosa decisamente rara per essere in Germania.
Vidi il suo cane prima di lui.
Scotty mi corse incontro abbaiando come un matto, e spontaneamente scoppiai a ridere quando lo vidi sollevarsi sulle zampe posteriori, portando entrambe le anteriori sulle mie spalle e cercando di leccarmi il viso.
- Scotty, sta un po' fermo! - dissi ridendo ed accarezzandolo dietro le orecchie - Lo so che non ci vediamo da parecchio, ma calmati - risi ancora quando abbaiò un ultima volta, prima di scodinzolare accanto a Tom che si era avvicinato, ed ora gli stava togliendo la catenella per permettere anche a lui di andare a giocare liberamente.
Vidi il chitarrista sedersi accanto a me, e mi pulii sui suoi jeans le mani sporche della bava di Scotty. Lo vidi sgranare gli occhi e bloccarmi le mani proprio sulle sue cosce, guardandomi male.
- La bava tienila per te! -
- E' il tuo cane - protestai con un mezzo sorriso. Era decisamente troppo vicino al mio viso, e teneva ancora le mie mani ferme sulle sue gambe.
- Sei tu che lo fai eccitare in quel modo - ribatté inarcando un sopracciglio con aria di sfida.
- Beh, dicono che i cani somiglino in modo impressionante ai propri padroni. È colpa tua se quel povero cucciolo pensa soltanto ad eccitarsi - gli sorrisi ironica e ritrassi con forza i polsi dalla sua presa, allontanandomi un po' da lui.
- Ohoh - mi guardò e portò le braccia dietro la nuca, appoggiando la testa alle mani - Siamo acidelle stamattina -
- Chi, io? - sbuffai voltando il viso dall'altra parte - Mi sorprende che dopo la tua seratina di ieri sera tu sia riuscito ad alzarti, oggi -
Lo sentii ridacchiare, ma non mi girai a guardarlo - Ti ha dato fastidio? - chiese divertito. Mi voltai verso di lui assottigliando lo sguardo, puntando le iridi azzurrine nelle sue nocciola.
- No, figurati. Non mi ha dato fastidio il fatto che mi hai praticamente sfanculata per andarti a strusciare su quelle... quelle... - oh, al diavolo la buona educazione - Quelle due troie - sbottai infine.
- Sei gelosa? - mi guardò con un sorrisetto soddisfatto dipinto sul volto. Dio quanto avrei voluto prendere a ceffoni quella faccia da schiaffi che si ritrovava.
- Non sono gelosa. Ho smesso di esserlo di te sette anni fa - risposi mentre infilavo la mano nella tasca degli shorts, estraendone un pacchetto di Marlboro. Presi una sigaretta e me la portai alle labbra, accendendola ed inspirando il primo fumo.
- Dammene una - fece, aprendo la mano per farsi dare il pacchetto. Lo guardai, poi posai le sigarette sul suo palmo rivolto all'insù. Non l'avrei mai ammesso, ma le sue mani mi facevano dannatamente impazzire. Era sempre stato così, fin da piccoli.
Erano grandi e dure, e sui polpastrelli aveva dei piccoli calli a causa dell'uso della chitarra. Da ragazzina, quando le vedevo, non potevo fare a meno di pensare a quando quelle dita sfioravano la mia pelle, provocandomi brividi di piacere.
Ed anche ora, senza rendermene conto, arrossii appena a quei ricordi.
- Che ti è preso? - mi chiese, ridestandomi improvvisamente.
- Niente - risposi semplicemente, avvicinandomi alla sigaretta che aveva tra le labbra per fargliela accendere. Quando avvicinò il viso al mio, mi ritrovai a fissarlo negli occhi.
Sorrise e fece il primo tiro vicino al mio viso, voltandosi poi dalla parte opposta per espirare il fumo. Lo guardai un po' nervosa mentre tornavo a sistemarmi.
L'espressione maliziosa che ogni tanto gli appariva sul viso non mi piaceva affatto. Sapevo cosa voleva dire. Di solito la utilizzava con le sue “prede”. Già, prede.
Tom era un predatore. Era una sorta di avvoltoio, pronto ad afferrare qualsiasi cosa volesse senza pietà. E, nel suo caso, ciò che voleva era chiaro ed esplicito.
- Guarda come si divertono - commentò indicando i nostri cani, impegnati a rincorrersi, scodinzolando e ad abbaiare.
- Almeno loro vanno d'accordo - borbottai, e con la coda dell'occhio lo vidi sorridere.
- Sei tu che sei scorbutica. Io ci provo ad essere carino -
- Oh, certo. Adesso è colpa mia se passi la maggior parte del tuo tempo a rompermi le palle -
Mi guardò e sbuffò, scuotendo la testa. Stava per aprire bocca, ma si bloccò guardando qualcosa alle mie spalle. Mi voltai verso il suo sguardo e vidi un paio di ragazze che lo indicavano ed iniziavano a saltellare eccitate.
Tornai a guardare lui, e vidi che aveva cambiato espressione. Eccolo, si era infilato la sua perfetta maschera che lo faceva diventare “Il chitarrista dei Tokio Hotel”, e non più “Tom Kaulitz”.
Quando le ragazzine ci furono vicine, sembrava che avessero un nodo in gola. Tom sorrise e si mise in piedi, mentre una di loro apriva la bocca, senza emettere un suono.
- C... ciao Tom - fece quella che sembrava più grande, e doveva avere sì e no quattordici anni.
- Ciao - rispose il moro con un sorriso - Volete... un autografo? - provò, come se la cosa non fosse ovvia. Le ragazzine annuirono vigorosamente porgendogli due fogli, che lui firmò, donando inoltre loro un sorriso che probabilmente le avrebbe fatte contente per tutto il mese successivo.
- G... grazie - mormorarono con un ultimo sospiro, allontanandosi nuovamente. Scossi la testa guardandole mentre, una volta raggiunta una certa distanza, una delle due scoppiò a piangere di gioia.
Lo fissai mentre tornava a sedersi accanto a me - Vorrei proprio sapere come diavolo fai... - dissi sincera, osservandolo sistemarsi i jeans con le mani.
Scrollò le spalle e mi guardò - Baby, io sono Tom Kaulitz. Nessuno può resistermi -
Alzai un sopracciglio sbigottita, prima di scoppiare a ridere di gusto - Non avevo mai sentito una stronzata come questa -
Mi guardò con un sorrisetto strafottente - Potrei farti cadere ai miei piedi, se solo lo volessi -
- Certo, Kaulitz. Sogna pure - gli risposi alzandomi in piedi e fischiando a Becki per farla tornare, mentre però sentivo il cuore che aveva leggermente accelerato i battiti.
- Scommettiamo? - sorrise continuando a fissarmi.
- Puoi scommettere quello che ti pare -
- Bene. Ti farò sapere il premio che voglio, d'accordo? Anche se ovviamente... quando vincerò... ce l'avrò già il premio - sorrise, guardandomi spudoratamente le gambe.
Scossi la testa guardandolo, e quando il mio cane si avvicinò le misi il guinzaglio - Come ti pare. Non riuscirai a farmi diventare una specie di automa che pende dalle tue labbra. Ne hai già abbastanza -
- Vedremo -
Sbuffai, e gli diedi le spalle sventolando la mano in cenno di saluto - Ciao Tom - dissi mentre continuavo a camminare, diretta verso casa.
Chi l'avrebbe mai detto che quello per il chitarrista fosse stato l'inizio di una sfida memorabile?

 

***

Ciao a tutte (: scusate se non ringrazio una per una, ma sono in un ritardo incredibile O_O scusate ancora, alla prossima <3 Comunque nel capitolo precedente avevano 11 e 13 anni ;)

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo dodici

 

- Tom! Sono arrivata! - urlai dopo essere entrata in casa sua.
- Sono di sopra! - strillò in risposta.
- Prendo un succo e salgo! - annunciai mentre entravo in cucina. Ci trovai Bill, seduto sul tavolo, che mangiava le sue solite caramelle gommose - Ciao - lo salutai sorridendo, e prendendomi un succo alla mela dal frigo. Mi fece un cenno con la testa e continuò a mangiare. Come lo tenevano occupato quei dolcetti non ci riusciva nessuno.
- Salgo da tuo fratello - borbottai, poi salii in camera di Tom e mi appoggiai al muro guardandolo.
Stava provando una canzone alla chitarra. Continuò a suonare per un po', e mentre osservavo le sue mani scivolare abilmente sulle corde sorrisi spontaneamente. Era da un po' di tempo ormai che aveva abbandonato le cover per produrre musica da sé.
- Ti piace? - chiese titubante, una volta finita la canzone.
- Da morire - ammisi con un mezzo sorriso, andando a sedermi sul letto accanto a lui.
Sfiorai piano le corde dello strumento che teneva tra le braccia, fino ad arrivare alla parte in legno. Voltai il viso verso il suo e lo guardai ammirare con orgoglio quella chitarra che gli era stata regalata pochi giorni prima, per il suo tredicesimo compleanno, dal suo patrigno.
- E sei davvero bravo - aggiunsi sorridendogli. Mi guardò e sorrise appena, abbassando lo sguardo. Di solito non voleva che gli si facessero complimenti per il modo in cui suonava. Lo infastidiva, perchè diceva che sapeva di non essere bravo come gli altri affermavano. Ma io sapevo che in realtà amava sentirselo dire.
- Grazie - mi guardò e si avvicinò piano, poggiando le labbra sulle mie - Vuoi provare? - chiese, avvicinando la chitarra a me.
Scossi subito la testa, portando le braccia in avanti - No, no, rischierei di romperla... e non... no -
- Oh, non fare storie - ridacchiò e si posizionò dietro le mie spalle, posandomi lo strumento sulle gambe - Adesso ascoltami, ok? - disse prima di posarmi un bacio sul collo.
Annuii, seppur titubante, e gli lasciai posizionarmi le mani sulla chitarra. Mi indicò le note, ma la sua voce che sussurrava al mio orecchio non mi aiutava a mantenere la concentrazione. Niente affatto.
- Ci sei? - mi chiese dopo avermi baciato la guancia.
- Sì, credo di sì - lo guardai, poi, per la prima volta in vita mia, “suonai”. Se così si poteva definire, certo. Strimpellai qualcosa. È strano da descrivere ciò che provai quando sentii un suono provenire dalle corde toccate dalle mie dita. Mi faceva sentire bene, in pace.
Ma me ne vergognai. Non ero brava, e non volevo nemmeno provare davanti a lui.
Scossi la testa sorridendo appena, e posai la chitarra sul letto - Non... non sono brava - dissi un po' timidamente, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Lo vidi aggrottare appena la fronte, confuso.
- Non sei così male - disse, posando però la chitarra a terra dopo aver capito che non ne volevo sapere.
- Non è “il mio mondo” - mi strinsi nelle spalle, poggiando la schiena al muro dietro il letto.
Lentamente si avvicinò e poggiò la testa sulla mia spalla, cingendomi la vita con le braccia - Invece secondo me dovresti provarci. Sai, fa stare bene. O almeno... con me funziona. È come una specie di medicina. Funziona quando sto male, quando sono arrabbiato o triste. E quando sono felice... amplifica tutto -
Voltai il viso verso il suo, e lo guardai mentre parlava. Era stupendo il modo in cui i suoi occhi si illuminavano quando parlava della musica. La sua musica. Ciò che lo faceva stare bene. Quello era il suo mondo.
- E' ciò che vuoi fare da grande? - gli chiesi prendendo un dread tra le mani e giocherellandoci distrattamente. Lo vidi abbassare lo sguardo, un po' pensieroso.
- Mi piacerebbe - ammise - Ma non credo che potrei farcela -
- Perchè? - chiesi sorpresa, spostando a sedermi sulle sue gambe. Scrollò le spalle e prese la mia mano, intrecciando le nostre dita. Era strano vederlo in quel modo. Di solito era così sicuro di sé da risultare irritante. Eppure ora lo vedevo tremendamente abbattuto.
- Beh... - iniziò, senza guardarmi negli occhi - Lo sai. A scuola ci prendono in giro in continuazione. Io... cerco di essere forte, per Bill. Lui è quello che ci sta peggio agli insulti, ma io... sì, insomma, a me mica piacciono - farfugliò disegnando con il pollice cerchi invisibili sul dorso della mia mano.
- E allora? - chiesi confusa - Cosa c'entra con la musica? -
- Lola - si strinse nelle spalle - Se adesso mi trattano diversamente perchè ho i rasta e vesto hip hop, chi vorrà ascoltare la mia musica dopo aver visto che tipo sono? -
Lo guardai, e mi fece una tenerezza assurda. Come poteva Tom Kaulitz, il mio Tom Kaulitz, il ragazzino sempre vivace e che se ne fregava del parere degli altri, essere così tremendamente insicuro?
- Tom... - poggiai una mano sul suo petto, rigirandomi tra le dita un laccetto della sua felpa oversize - Tu sei bravo. Suoni bene. La tua musica... trasmette qualcosa - ammisi - A me piace da morire guardarti suonare. Sei... non lo so, ma... è come se tu entrassi in un mondo tutto tuo in quei momenti, e che nessuno oltre te e la tua chitarra possa entrare a farne parte - arrossii appena, conscia di aver parlato, forse, un po' troppo.
Lo vidi voltare il viso verso il mio e sorridere dopo aver visto le mie guance rosse. Accarezzò lievemente il mio volto e mi baciò le labbra.
- E' vero - disse semplicemente - Quando suono è come se ciò che ho intorno sparisca. E'... non lo so, è difficile da spiegare. Ma è bello -
- Allora non smettere - lo guardai.
- C... cosa? - fece confuso.
- Non smettere di suonare. Fai sì che tutto questo non sia soltanto una passione, ma la tua vita. Sei bravo Tom. Tu e Bill potreste fare molto -
- Io... non so se... -
- Tom - lo richiamai e sorrisi - Guarda che io dico sul serio. Non ti sto dicendo queste cose soltanto per farti felice. A me piace da morire il mondo in cui suoni. Tu ti senti bene facendolo. Bill è bravissimo a cantare. Cosa c'è di sbagliato nel voler inseguire un sogno? -
- Ha... hai ragione - ammise, sorridendo appena.
- Promettimi una cosa... - dissi dopo poco, accarezzandogli lievemente il braccio.
- Cosa? -
- Che anche se diventerai famoso, non ti dimenticherai mai e poi mai di me -
Si voltò verso di me e sorrise dolcemente, dandomi poi uno scappellotto dietro la nuca - Ma sei pazza? Come potrei dimenticarmi di una rompipalle come te? - disse ridendo.
Risi con lui, e iniziammo una lotta a suon di cuscini, solletico, e qualche bacio rubato ogni tanto.

Il telefono che squillava mi fece sobbalzare, e interruppe i miei ricordi. Lo afferrai e risposi.
- Pronto? -
- Lola? Dove sei? -
-
Bill? - feci, sorpresa di sentirlo.
- Ti sei dimenticata -
disse, e non era una domanda. All'improvviso mi ricordai dell'appuntamento che avevamo quel pomeriggio.
- Oh, caspita, dobbiamo uscire insieme! -
- Lo sapevo - lo sentii ridere dall'altro capo del telefono - Dai, muoviti, io e Tom ti aspettiamo sul muretto giù -
- Mi vesto e arrivo -
Chiusi la chiamata e mi vestii velocemente, infilando di pantaloncini di jeans, una maglia nera e una camicia a quadri. Presi le All Star e le misi mentre scendevo le scale, rischiando anche di cadere e rompermi l'osso del collo. Non mi truccai, perchè se avessi fatto aspettare Bill e Tom me l'avrebbero rinfacciato probabilmente per tutta la vita.
- Eccomi, eccomi! - mi avvicinai al muretto mentre cercavo di sistemare alla meglio i capelli. Il vocalist gettò per terra la sigaretta e mi guardò male.
- Ti scordi così facilmente di me? -
Risi e mi misi in punta di piedi per baciargli la guancia - Certo che no. Stavo studiando - mentii, ma non potevo mica dirgli che ero rimasta imbambolata sul letto, a fissare il nulla, mentre pensavo a vecchi ricordi.
- In realtà pensava ancora al nostro incontro di stamattina... - fece Tom ridacchiando e facendo un tiro alla sigaretta.
- Ah, certo Tom - gli sorrisi sarcastica - Quando ti vedo perdo il lume della ragione almeno per due giorni consecutivi -
Bill sbuffò e mi passò un braccio attorno alle spalle, evitandomi così di avvicinarmi a suo fratello -Andiamo adesso. Ti portiamo in un bar poco fuori Loitsche che fa il miglior gelato della Germania - disse ridacchiando.
M'infilai in macchina con loro, anche se non ero particolarmente contenta all'idea che avrei passato un intero pomeriggio in compagnia delle battutine ironiche di Tom.

 

***

Ciao a tutti (: domani inizio la scuola, e non so se tra poco riuscirò più a postare quotidianamente.. spero di sì, ma vi avviso che probabilmente non sarà così, purtroppo ^^
Ringrazio Arix2, Gemi_Black, iolly21, memy881, Principessa Kaulitz, Splash_BK, Zucchelino e DasIstGelogen :)

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo tredici

 

- Allora? Com'è? - chiese Bill mentre mi guardava con un sorriso mangiare il mio gelato al cioccolato. Eravamo tutti tre seduti su dei divanetti appartati nella gelateria.
- Buonissimo - ammisi sorridendo.
Vidi Tom leccarsi della crema che gli era scivolata sul dito - Fai schifo - sbuffai - Non sai neanche mangiare un gelato! -
Mi guardò e rise - Vuoi leccarmi tu, per pulire? - mi sorrise malizioso.
- Porco - sbuffai e guardai Bill - Ma perchè dev'essere così idiota? -
- Poteva essere solo uno il gemello uscito bene... - fece con un sospiro, sorridendo.
- ...e quello sono io! - aggiunse Tom con una scrollata di spalle - Si capisce a occhio -
- Non direi - feci con un finto sorriso.
- E' inutile che provi a resistermi. Mi cadrai ai piedi -
- Eh? - lo guardai confusa - Ma di che parli? -
- La nostra scommessa - spiegò con una scrollata di spalle.
- Che scommessa? - s'intromise Bill accigliato.
Sbuffai e scossi la testa - Niente. Tuo fratello è un coglione -
- Abbiamo scommesso che in poco tempo riuscirò a farla cadere ai miei piedi - rispose il chitarrista gettando la carta del suo gelato e sistemandosi meglio sul divanetto. Portò una mano vicino al cavallo dei jeans, come era solito fare, e sorrise al gemello.
- Sei proprio un idiota - lo apostrofò quest'ultimo scuotendo la testa.
- Ed è anche un illuso - aggiunsi ridendo - IO lasciarmi abbindolare da Tom Kaulitz! -
- Qualsiasi ragazza sulla faccia della terra desidererebbe venire a letto con me, Baby -
- Qualsiasi ragazza... tranne me - lo corressi, e con la lingua salvai un po' di gelato che stava per scivolare dal cono. Lo vidi sorridere mentre mi guardava, e mordersi piano il labbro.
- Stai cercando di farmi eccitare, Süße? -
- Fottiti - sibilai dandogli le spalle e continuando a mangiare il mio gelato. Sentii Bill sbuffare sonoramente, e da un rumore sordo capii che aveva colpito piano suo fratello.
Il chitarrista ridacchiò e borbottò qualcosa, ma non capii che cosa.
Quando finii tornai a girarmi verso di loro. O meglio, verso Bill.
- Finito - gli sorrisi, e ci alzammo tutti e tre.
- Adesso dove andiamo? - chiese Tom, guardandolo.
Il vocalist scrollò le spalle e si avvicinò al bancone per pagare i gelati, poi mentre uscivamo dal locale si premurarono di coprire il viso con degli occhiali da Sole, per cercare di non farsi riconoscere. Un tentativo inutile, a mio parere, ma loro ci provavano sempre.
- Non saprei... un posto tranquillo? -
Ci pensai un po' su. Un posto tranquillo a Loitsche?! Lì ovunque andassimo c'era gente. E non perchè fosse molto popolata, ma semplicemente perchè era un paesino minuscolo.
C'era solo un luogo in cui non c'era mai andato nessuno. A parte noi tre, ovviamente.
- Ricordate... quel... quel laghetto, nel bosco? Dove andavamo da bambini? -
Sembrarono illuminarsi, e Tom sorrise al pensiero.
- Sì... ci arrivavamo con le biciclette - disse ridacchiando e voltandosi poi verso di me - Com'è ora? È sempre uguale? -
Mi strinsi nelle spalle - Non ne ho idea... l'ultima volta che ci sono andata è stato con voi - ammisi.
- Beh, andiamo lì - Bill sorrise e si infilò in macchina.
- Sei sicuro? - fece il suo gemello con una risatina - Non vorrai spezzarti un unghia, in mezzo alla boscaglia! -
- Tranquillo. Mi farò scudo con te - gli sorrise ironico, e mise in moto guidando alla volta del boschetto.
Quando arrivammo, fu come tornare indietro nel tempo. Improvvisamente mi sentii come se non avessi più diciott'anni. Era come se ne avessi di nuovo nove. Senza preoccupazioni, senza pensieri; eravamo lì soltanto io e loro. Il resto non contava più.
- Mmmh... non ricordavo tutte queste erbe - sorrisi, avvicinandomi all'entrata del bosco. Una volta c'era una sorta di sentiero, creato appunto da noi, ma adesso le erbacce erano cresciute tutte intorno, e non lo si vedeva più.
- Sicura di farcela, Prinzessin? - mi prese in giro Tom camminando dietro di me, con Bill al seguito.
- Se non la pianti subito il mio gomito potrebbe finire accidentalmente tra i tuoi testicoli - voltai il viso verso il suo e lo guardai, sorridendo amabilmente.
Lo vidi sgranare gli occhi per un secondo, poi si accigliò e borbottò qualcosa che non compresi. Sorrisi soddisfatta e continuai a camminare, facendomi largo come potevo.
Finalmente, dopo una manciata di minuti, riuscimmo ad arrivare al lago. Era esattamente come lo ricordavo. Lì non era cambiato assolutamente nulla.
Mi sembrava di vedere ancora Tom, seduto con la sua chitarra sotto l'albero, e Bill che cantava al suo fianco mentre io li ascoltavo estasiata.
Noi tre che ci facevamo il bagno in biancheria, perchè dimenticavamo di portare il costume. Ancora piccoli, senza malizia, giocavamo a spingerci sott'acqua.
Poi, un paio d'anni dopo, stesso luogo, stessi bambini, stavolta un po' cresciuti. Bill che scriveva testi, steso a pancia in giù sull'erba, e Tom che mi tirava dietro un tronco d'albero per baciarmi. Mi baciava, e scendeva con le mani ad accarezzarmi le gambe, arrivando poi sotto la mia gonna e...
- Lola? A che pensi? -
Sgranai gli occhi e sobbalzai all'improvviso riprendendomi. Oh cazzo. Ma a che diavolo stavo pensando?
Sorrisi appena a Bill e mi strinsi nelle spalle - Nulla, ma... è così strano essere di nuovo qui -
Mi avvicinai al laghetto e mi inginocchiai sfiorando l'acqua con le dita.
- E' vero... - concordò il vocalist con un sorriso - E' stato qui che ho scritto quelli che poi sono diventati i nostri primi testi -
- Mi chiedo come diavolo facevo a portare la chitarra in mezzo a queste erbe - Tom ridacchiò, sedendosi per terra e accendendosi una sigaretta.
- Avevamo aperto un varco... - gli ricordai sedendomi a mia volta - C'era una specie di sentiero. Era più semplice passare -
- Giusto... - sorrise appena e fece un tiro alla sigaretta - Ci avevamo messo delle ore per formare quel passaggio, e quando siamo tornati a casa mamma ci ha riempiti di botte - disse ridendo, voltandosi verso suo fratello.
- Mi ricordo - fece Bill - Smosse mezzo paese per cercarci, ma non ci trovavano... -
- ...e io sapevo dov'eravate - aggiunsi - Ma non potevo dirlo, altrimenti avrebbero scoperto questo posto -
- E' sempre bello qui - ammise Tom, gettando la sigaretta e stendendosi con la schiena sull'erba.
- Tranquillo... - il vocalist sospirò e socchiuse gli occhi - Niente paparazzi o ragazzine che ci spiano. Il paradiso - sorrise.
- Tutto merito mio - dissi con finto fare altezzoso - Dovreste ringraziarmi -
- Adesso non montarti la testa! - mi ribeccò Tom roteando teatralmente gli occhi.
- E ammettilo che devi ringraziarmi per averti fatto ricordare questo posto! -
- Non ti ringrazierei neanche se dovessi salvarmi la vita - disse ridendo di gusto.
- Stronzo! - gli diedi una spinta, ma lui mi afferrò il braccio e mi fece finire sotto di sé, sorridendo maliziosamente - Mollami! - borbottai, e mi guardai intorno cercando Bill con lo sguardo. Si era come volatilizzato. E io che contavo sul fatto che non mi avrebbe lasciata sola con quel pervertito!
- In realtà non vuoi che io lo faccia... - sorrise, e mi bloccò i polsi ai lati della mia testa.
- Sì invece - sibilai assottigliando lo sguardo. Mi fissava negli occhi, ed ero consapevole del fatto che tra poco avrei ceduto.
Quegli occhi erano maledettamente invitanti. Quanto avrei voluto potergli leggere nel pensiero in quel momento?
Iniziai ad agitarmi quando lo vidi avvicinarsi al mio viso, ed istintivamente mossi il mio corpo per liberarmi.
- Ehi, ehi - rise fissandomi - Guarda che così mi ecciti - sorrise ancora, e si sistemò tra le mie gambe, premendosi su di me in modo che non mi muovessi.
Avvicinò il viso al mio e mi sfiorò piano la guancia con le labbra, scendendo lentamente al mento.
- Lasciami... - cercai di ribattere, decisamente con meno forza di prima.
- Non ancora - lo sentii sorridere sulla mia pelle e spostarsi sul mio collo. Iniziò a posarvi dolci baci umidi, poi lo mordicchiò lievemente in direzione della giugulare, che ormai pulsava come se fosse impazzita.
Chiusi istintivamente gli occhi stringendo le mani a pugno. Una parte di me avrebbe voluto allontanarlo e fargliela pagare per essersi spinto così oltre, un'altra sarebbe restata per ore a bearsi in quel modo.
Rabbrividii appena al contatto con il freddo del suo piercing sul mio collo, e quando la sua lingua mi sfiorò smisi completamente di fare resistenza. Tenni gli occhi chiusi mentre iniziava a succhiare dolcemente la pelle tenera, poi lentamente lasciò un polso per arrivare ad infilarmi la sua mano sotto la maglia. Portai istintivamente la mia dietro la sua nuca, sentendolo salire ad accarezzarmi il seno.
Spostò il viso davanti al mio e sorrise quando mi sentì muta ed immobile.
- Lo sapevo... - sussurrò avvicinandosi piano al mio viso. Sorrisi istintivamente. Quando il suo volto divenne sfocato per la vicinanza, lo spinsi violentemente per terra e mi misi in piedi sistemandomi la maglia.
- Idiota - lo guardai con un sorriso, mentre mi fissava con la bocca aperta - Credevi davvero che sarebbe stato così semplice? Non ho più undici anni Tom... e io non sono minimamente attratta da te -
- E' inutile che menti, Lolita - ribatté alzandosi in piedi e sistemandosi la maglia, mentre sul suo viso tornava il solito sorrisetto strafottente - Il tuo corpo dice esattamente il contrario -
- Non illuderti - dissi prima di voltarmi e sparire tra la boscaglia per tornare indietro.
Il problema era che aveva maledettamente ragione.

 

***

Ciao a tuttii :D oggi primo giorno di scuola -.- abbiamo già iniziato a fare matematica -.- però in compenso ci hanno detto che faremo degli stage fuori nazione per le lingue! Sono felicissima *-* comunque xD ringrazio DasIstGelogen, memy881, Splash_BK, Principessa Kaulitz, __Reset e Arix2 :D
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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo quattordici

 

Un dolore acuto. Un piacere improvviso. Vergogna. Affetto.
Amore...?
Ero troppo piccola per saperlo.
Vidi Tom spostarsi al mio fianco, ansimando ancora. Il viso arrossato dall'imbarazzo e dalle nuove sensazioni che aveva provato poco prima.
Tenni lo sguardo fisso sul soffitto, mentre sentivo ancora quello strano dolore al basso ventre, e il profumo della pelle di Tom addosso alla mia.
Non avevo il coraggio di voltare il viso verso il suo. Cosa avrei potuto dirgli in quel momento?
- Ti ho... fatto molto male? - lo sentii sussurrare, e lentamente mi girai a guardarlo. Era preoccupato, impaurito.
- Un... un po' - ammisi arrossendo improvvisamente.
- Mi dispiace - fece lui sincero, abbassando un po' lo sguardo.
- Non è stata colpa tua... - lo tranquillizzai. O meglio, ci provai - O... almeno... credo - mormorai confusa. Lo guardai e mi morsi il labbro, nervosa come mai lo ero stata prima d'ora. In quel momento avrei tanto voluto sotterrarmi.
Mi vergognavo da morire.
- Ti... è... piaciuto? - farfugliai guardandolo di sfuggita.
- Ehm... io... credo di sì - si strinse nelle spalle - Sì, è stato... bello -
Bello. Beh, cosa c'è da aspettarsi da un ragazzino di tredici anni che ha la sua prima esperienza sessuale? Di sicuro non poteva stendere un trattato filosofico su quant'è bello fare l'amore e quante sensazioni di provano.
Bello.
Io avrei aggiunto “doloroso”, ma tralasciai questo piccolo dettaglio.
- A te... è piaciuto? -
Avrei dovuto saperlo che mi avrebbe posto anche lui quella domanda. Mi maledissi mentalmente e poi mi sforzai di annuire.
- S... sì -
Oh, insomma. Cosa c'era di bello nel provare tutto quel dolore?
Senza contare che ero impacciata da morire. Non sapevo dove mettere le mani. Mi vergognavo, perchè mi uscivano degli strani versi che avrei tanto voluto reprimere, ma non riuscivo a farlo.
Sì, ok, era stato... “bello” alla fine, quando era arrivato quella specie di... piacere. Ed era stato bello guardarlo mentre mi accarezzava e mi baciava piano il collo, sussurrandomi parole dolci e... scusandosi.
Sì. Si era addirittura scusato, quando aveva capito che provavo dolore. E io? Io gli avevo detto che non importava, e gli avevo chiesto di non fermarsi.
Dopotutto non era stata una brutta esperienza.
Ma forse avremmo dovuto aspettare qualche altro anno.
Io di sicuro.
- Mi dispiace... davvero, Lola, non pensavo che potesse fare così male... -
- Non lo sapevo neanche io - lo guardai, e sorrisi appena - Non fa niente. Tranquillo -
Mi misi seduta e mi vestii velocemente. Sapevo che era da stupida essere imbarazzata e non volersi farsi vedere nuda, ma... che potevo farci? Ora volevo soltanto far finta che non fosse accaduto nulla.
Si vestì anche lui, e quando scendemmo dal letto vedemmo sul lenzuolo delle macchioline di sangue.
Avvampai dalla vergogna.
- Ehm... dovremmo... -
- Faccio io - lo bloccai improvvisamente - Tr... tranquillo -
- Sei sicura? Vuoi che... rimanga qui? Stiamo un po' insieme... -
- No - mi morsi il labbro - No, io... tranquillo. Va' pure. Io devo... devo studiare - mentii, abbassando appena lo sguardo.
- Va bene... allora... io vado - si avvicinò piano a me, titubante - Ci vediamo dopo? -
- Sì. A dopo - sorrisi appena, sforzandomi di alzare il viso verso il suo.
Lo vidi annuire ed avvicinarsi ancora, sfiorando appena le mie labbra con le sue. Si ritrasse subito dopo, e con un ultimo mezzo sorriso andò via.
Il nostro ultimo bacio.
Velocemente presi il lenzuolo, e scesi di corsa le scale di casa, andandolo poi a gettare nel cassonetto. Quel semplice rettangolo di stoffa avrebbe potuto provocarmi non pochi grattacapi, e io non sapevo ancora come funzionava una lavatrice, o roba simile.
Quando chiusi il cassonetto, gli occhi mi si fecero lucidi. Che cosa avevo fatto?
Ero piccola. Troppo piccola. Mi aveva fatto male. Mi sentivo tremendamente in colpa.
Salii subito in camera e mi stesi sul materasso, appoggiando la testa al cuscino, che stranamente era ancora impregnato del profumo di Tom.
Eppure, sapevo che se fossi tornata indietro l'avrei rifatto.
Ne sarebbe valsa la pena anche soltanto per osservare il modo in cui il rasta mi guardava negli occhi, per sentire le sue carezze sul mio corpo, i suoi baci umidi e dolci sulla mia pelle.
Certo, di una cosa ero certa. Mai e poi mai avrei rifatto sesso in vita mia.
Troppo, troppo dolore inutile.


Sorrisi a quei ricordi, soprattutto quando pensai che davvero avevo giurato a me stessa di non fare più sesso in vita mia.
Non avevo mantenuto la promessa, ma avevo aspettato quattro anni prima di farmi toccare nuovamente da un ragazzo. Ce ne avevo messo di tempo per capire che fa tanto male soltanto la prima volta.
Mi rigirai sul letto, poi mi alzai e andai ad aprire l'armadio. Ne tirai fuori la fodera di un cuscino. Era gialla, e aveva dei fiorellini verdi disegnati sopra.
Sì.
Era quella che c'era sul guanciale il giorno in cui io e Tom abbiamo fatto l'amore.
L'avevo tolta subito, e non l'avevo mai più usata dopo. Potrà essere assurdo, ma a me sembrava ancora di sentirci il suo odore sopra.
Atteggiamento infantile?
Forse. Ma infondo, io ero infantile.
Sospirai e rimisi a posto la fodera, scendendo poi di sotto a farmi una cioccolata calda.
Dopo averla preparata andai a sedermi sul divano, ed accesi la tv sorseggiando il liquido denso. Non appena bevvi il primo sorso, sentii bussare alla porta, e sbuffai sonoramente.
Erano le nove di sera, mamma e papà erano usciti ed io ero sola in casa. Chi diavolo poteva interrompere quel momento praticamente perfetto?
Mi alzai ed andai ad aprire.
- Ciao, Lolita -
Eccolo. Irritante come al solito.
- Che vuoi, Tom? -
- Sorpresa - sorrise, e tirò fuori da dietro la schiena un cartone con sopra scritto “Pizza”.
- Pizza? - lo guardai confusa.
- Wow, sai leggere! - rise e mi spostò, entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle.
- Oh, che caro, mi hai portato la pizza - sorrisi e gliela presi dalle mani - Ora puoi anche andare -
- Oh, no - mi guardò alzando un sopracciglio - Questa la mangiamo insieme. Ho intenzione di farmi perdonare per come mi sono comportato oggi nel boschetto -
- No. Hai intenzione di vincere la tua assurda sfida -
- Forse. Ma se sei sicura che non riuscirò a farti cedere non hai nulla da temere, giusto? -
Lo guardai e sbuffai. Odiavo il suo tono di voce così tremendamente irritante, ma dovevo ammettere che aveva ragione su questo. Se lo avessi cacciato, avrei praticamente mostrato che provavo ancora interesse per lui.
- Va bene. Ma vedi di non rompere. C'è un film interessante in tv - borbottai sedendomi sul divano.

 

 

***

Haaaallo Leute ^^ oggi ringrazio memy881, macoth93, Arix2 (Bill era andato via perchè di sentiva "di troppo" xP), Splash_BK, DasIstGelogen, __Reset e Principessa Kaulitz ;)

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo quindici

 

Per quanto quel film potesse essere interessante, non sarei mai riuscita a seguirlo sapendo che Tom era al mio fianco e mi fissava in continuazione. Era irritante.

- Non vuoi davvero vedere questo stupido film - disse all'improvviso, guardandomi con il suo solito sorrisetto malizioso impresso sul volto. Era incredibile il modo in cui riuscisse a piegare le labbra in quel modo. Non era propriamente un ghigno, ma neanche un vero e proprio “sorriso”.

- Ah no? E che vorrei fare, di grazia? - non appena ebbi parlato, compresi di aver commesso un grosso, grosso errore nel farlo. Lo vidi distendere maggiormente le labbra, e posare la scatola della pizza sul tavolino. Prese il telecomando e spense il televisore, poi si avvicinò al mio viso. Feci per ritrarmi, ma mi prese per il polso avvicinandomi nuovamente a lui.

- Non scappare, Lolita... - lo sentii sussurrare al mio orecchio. Mi morsi il labbro nel notare che la sua voce roca provocava delle "strane" sensazioni al mio corpo. Ero sicura che fosse perchè, da piccola, ero attratta da lui. Doveva essere una sorta di... ricordo, che cercava di tornare in superficie.

Io non ero attratta da lui, in realtà.

No.

- Tom... smettila - dissi quando iniziò a baciarmi il collo, portando una mano sul mio ventre ed infilando le estremità delle dita sotto la mia maglia.

- Non vuoi che mi fermi... ti piace... - mormorò mordicchiando lievemente la pelle tenera, scendendo a posare i suoi baci umidi sulla spalla.

- No. Fermati, smettila! - cercai di allontanarlo, ma mi prese con forza i polsi e mi costrinse a stendermi sul divano mettendosi su di me - Lasciami... - farfugliai, sicuramente con meno convinzione di prima.

- Tu mi vuoi quanto ti voglio io... - disse avvicinandosi nuovamente al mio viso, senza però sfiorare le mie labbra con le sue. Al contrario mi baciò la guancia, il mento, facendomi vivere quella sorta di agonia straziante. Non avrei più avuto il coraggio di replicare, ora. Sapevo che ciò che facevo era maledettamente sbagliato.

Non dovevo stare con Tom.

Non potevo.

Ma lo volevo.

Quando lo sentii spostare la bocca vicino alla mia, schiusi istintivamente le labbra. Per lui fu come un invito a nozze.

Sorrise, leccandomi lentamente il labbro inferiore, percorrendo tutto il contorno della mia bocca. Voleva che fossi io a baciarlo. Desiderava che fossi io stessa a porre fine a quella sorta di piacevole agonia.

E così feci.

Lo tirai a me, sorprendendo me stessa per la violenza che utilizzai, e con veemenza posai le labbra sulle sue, schiudendole subito dopo e facendo scontrare le nostre lingue, iniziando una specie di lotta per la dominanza. Potrei giurare di averlo sentito sorridere, ma in quel momento me ne fregavo dei miei buoni propositi.

Volevo lui, soltanto lui. E l'avrei avuto.

Mentre continuava ancora a baciarmi mi sfilò la maglia, gettandola chissà dove. Non me ne curai. Ormai non mi importava più di nulla. Avevo mentito per anni a me stessa, cercando di autoconvincermi che ormai di lui non me ne importava più nulla, ma non era vero. Non era assolutamente vero.

Mi lasciai spogliare sotto il suo sguardo famelico, eccitato, desideroso del mio corpo come probabilmente non ne aveva mai desiderato nessuno prima d'allora.

Ma non perchè io gli piacessi più di altre.

Semplicemente, perchè io ero una sfida.

E Tom Kaulitz vinceva sempre le sue sfide.

Lo vidi spogliarsi, e intanto restai inerme sotto di lui, guardandolo sorridermi maliziosamente, quasi a volermi dire con lo sguardo "Ho vinto io, e tu sei soltanto una delle tante".

Faceva male. Eccome se faceva male.

Ma non riuscivo a fermarmi.

Lo lasciai insinuarsi tra le mie gambe, accarezzare completamente il mio corpo, soffermandosi sui seni che prese a massaggiare con forza.

Avvicinò il viso al mio e mi mordicchiò il labbro, scendendo con la sua mano sulle mie cosce, che toccò con veemenza. Il suo tocco, duro e deciso, così diverso da come lo ricordavo...

Ma che mi aspettavo?

Il Tom tredicenne, quello dolce e delicato, amorevole, era morto. Aveva lasciato spazio al predatore, colui che non fa l'amore, fa sesso.

Infilò una mano tra le mie gambe, salendo sino alla mia femminilità, che penetrò con due dita provocandomi un gemito. Chiusi gli occhi portando una mano sul suo braccio, che strinsi quasi fino a farci rimanere il segno. Continuò a toccarmi mentre mi guardava, poi mi aprì le gambe accarezzandone l'interno coscia. Si sistemò tra di esse e con un'unica spinta entrò in me.

Mi aggrappai alle sue spalle, gemendo e portando la testa all'indietro, permettendogli in questo modo di baciare e mordere il mio collo, mentre si spingeva sempre di più in me, immergendosi completamente nel mio corpo.

Spinte veloci, forti, non una parola durante l'atto. Non avremmo saputo cosa dire.

Quando entrambi raggiungemmo l'orgasmo si fermò, ancora ansimante, sul mio corpo. Mi guardò negli occhi, e non potei che fare altrettanto nonostante le mille e mille emozioni che mi stavano facendo palpitare forte il cuore. Non ci avrei mai creduto se mi avessero detto che avrei potuto sentirmi peggio di come mi sentivo in quel momento.

Ma quando lo vidi sorridere beffardo, avrei voluto morire.

Nessuna carezza. Nessuna parola dolce. Nessun sentimento.

Si spostò dal mio corpo e si alzò in piedi, vestendosi velocemente mentre io, imbarazzata ed arrabbiata con me stessa, facevo lo stesso.

Prima di andare via prese le chiavi dell'auto dal tavolino, e mi guardò. - Sapevo che ti sarebbe piaciuto... - si morse il labbro in direzione del piercing, poi con un ultimo sguardo al mio corpo uscì di casa.

Cosa si prova quando l'unica cosa che vorresti, è sparire dal mondo? Quando niente e nessuno potrebbe farti stare meglio. Quando sai che, se ora stai soffrendo, è solo ed esclusivamente colpa tua?

Continuai a fissare la porta bianca da dove era uscito, non so per quanto tempo. Poi, mi sedetti sul divano e piansi.

Piansi perchè sapevo di essere stata stupida, e perchè ancora una volta mi ero lasciata “convincere” a fare ciò che non volevo. Piansi perchè ora sarei stata completamente a sua disposizione, sapendo inoltre che avrebbe potuto usarmi quando voleva.

Ma soprattutto, piansi perchè ero consapevole del fatto che mi considerava semplicemente una delle tante.

 

 

***

Ooook u.u lo so che molte di voi si aspettavano che Lola non cedesse, ma insomma.. ho in mente un filo conduttore e doveva obbligatoriamente andare così x) Immagino che odierete Tom dopo questo capitolo xP
Vabbè passò ai ringraziamenti (: danke a memy881, Zucchelino, Splash_BK, Arix2, __Reset, Principessa Kaulitz e Elengel483 :D

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo sedici

 

Non volevo andare a scuola quella mattina. Non volevo rispondere a nessuna domanda, né dare spiegazioni sul mio stato d'animo molto poco allegro. Non volevo fare nulla, se non stare a letto con le cuffiette dell'ipod nelle orecchie.

Avete presente quei giorni in cui non si ha voglia di vedere nessuno? Quei giorni in cui non si vorrebbe nemmeno sentire il rumore dei propri pensieri? Quei giorni in cui tenete il volume dell'ipod così alto che sembra che la musica vi entri dentro, e lo fate perchè sperate che faccia più rumore di tutto il resto? Non volete provare nulla. Vorreste solo e soltanto essere vuoti.

Ma sapete di non esserlo.

Mi stesi supina mentre la voce di Ville Valo mi risuonava nelle orecchie come la più dolce delle melodie, nonostante le parole della sua canzone non fossero esattamente di conforto, in quel momento.

Love's the funeral of hearts

And an ode for cruelty

When angels cry blood

On flowers of evil in bloom.

L'amore? Ma io non amavo Tom. O almeno... credevo. Speravo di non amarlo. Sarebbe stato impossibile per me continuare ad andare avanti come se nulla fosse. Da quando la sera prima era uscito da casa mia in quel modo, mi ero chiusa in me stessa senza parlare con nessuno. Avrei voluto soltanto crogiolarmi nei miei rimorsi. Forse, in quel modo, sarei riuscita a farli passare...

- Lola -

Mia madre irruppe nella mia stanza all'improvviso. Non sentii la sua voce a causa della musica, ma dalla sua espressione non sembrava intenzionata a lasciarmi restare a casa, quel giorno. Mi tolsi le cuffiette dalle orecchie e la guardai in silenzio, attendendo l'inizio della sua ramanzina.

- Devi andare a scuola. Oggi è il primo giorno dopo le vacanze di Primavera, non puoi poltrire come tuo solito, e neanche permetterti altre assenze. Lo sai che la tua promozione non è per nulla scontata. Sei in bilico, un solo passo falso e hai la bocciatura assicurata -

Ecco. Lei sapeva sempre come confortarmi. Sbuffai e mi passai le mani sul viso inspirando profondamente, cercando di auto-convincermi a non risponderle male; non avevo le forze di affrontare una lite. Annuii e mi alzai dal letto.

- D'accordo. Però ora esci. Devo vestirmi - dissi chiudendo la porta alle sue spalle. Forse, infondo, andare a scuola mi avrebbe distratta. Magari non ci avrei pensato molto in quel modo.

Mi vestii in fretta, mi truccai, e scesi di corsa le scale di casa uscendo senza salutare mia madre.

Quando mi ero sentita così da schifo prima di allora?

Oh, ma certo.



 

- Lola, stasera Simone, Gordon e i gemelli verranno a cena da noi. Sei contenta? - mia madre mi guardò e mi sorrise dolcemente, convinta che avrei fatto i salti di gioia a quella notizia.

Sorrisi forzatamente ed annuii appena - Certo. Mi fa sempre piacere stare con loro. Scusa, ora... devo andare a studiare - mi congedai salendo in camera e sedendomi sul mio letto. Erano passati tre giorni da quando io e Tom avevamo fatto l'amore per la prima volta. Tre giorni che non lo sentivo. Lui aveva provato a chiamarmi, ma non gli avevo risposto. Quando era venuto a casa avevo detto a mamma di dirgli che stavo male.

Effettivamente, non era proprio una bugia.

Io stavo male.

Stavo male con me stessa, certo, non fisicamente. Mi sentivo tremendamente in colpa per ciò che avevo fatto e, nonostante sapessi che non era tutta colpa sua, non volevo parlargli. Mi vergognavo troppo.

Sospirai impercettibilmente e mi stesi sul letto, portandomi il cuscino sul viso e cercando di non pensare a nulla. Impossibile. Continuava a tornarmi alla mente il suo viso. I suoi occhi nocciola, il suo naso un po' all'insù, le sue labbra morbide decorate da due palline metalliche...

- Aaaah! - urlai e sbattei il cuscino dall'altra parte della stanza. Perchè diavolo continuavo a farmi del male in quel modo? Avrei potuto semplicemente andare da lui e spiegargli il mio stato d'animo! Ma come facevo a dirgli che mi sentivo una merda? Lui era così... dannatamente dolce.

Mi alzai dal letto ed accesi lo stereo alzando il volume quasi al massimo. Sapevo che mia madre odiava che lo facessi, perciò chiusi la porta a chiave per evitare che l'aprisse e venisse a darmele di santa ragione. Non avevo proprio voglia di discutere.

Mi sedetti per terra con le spalle contro il muro e chiusi gli occhi, cercando di concentrarmi su qualcosa che non fosse Tom. Il mio compito di matematica l'indomani, le lezioni di equitazione che stavo prendendo, quel nuovo vestito che avevo addocchiato al centro commerciale...

Tom. Tom. Tom.

...

Stesa sul letto, sentii la porta aprirsi e mia madre che salutava Simone con fare affettuoso. Mi morsi il labbro e chiusi gli occhi, sapendo che il momento di confrontarsi era arrivato. Che gli avrei detto? Non ne avevo la più pallida idea.

Bussò prima di entrare. Aprì la porta lentamente, con cautela, e prima di mettere piede in stanza restò a fissarmi per un po', in silenzio.

- Ehi... - mormorò appena, entrando poi e chiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò al letto e infilò le mani nelle tasche dei jeans, in evidente imbarazzo.

- Ehi - risposi mettendomi seduta ed abbassando lo sguardo, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Sentii il materasso inclinarsi appena e capi che si era seduto accanto a me.

- Non capisco... il tuo comportamento - ammise, dopo un attimo di esitazione.

Mi spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, giocherellando poi distrattamente con un filo del copriletto - Non lo capisco nemmeno io - sussurrai.

- Ti ho... fatto qualcosa? -

- No... -

- Ti sei... pentita di ciò che abbiamo fatto? - aveva paura della mia risposta, e lo sentivo chiaramente dal suo tono di voce imbarazzato e timido.

- Forse un po'... - farfugliai guardandolo di sfuggita.

- Oh... - fu tutto quello che riuscì a dire. Poi restammo in silenzio.

- Io... credo sia meglio andare di sotto - fece, guardandomi per un momento - Tua madre mi aveva mandato a chiamarti -

- Scendo subito - annuii e lo vidi uscire dalla porta, chiudendosela alle spalle.

Da quel giorno non parlammo mai più di quando avevamo fatto l'amore.

Quel giorno, Tom Kaulitz sparì dalla mia vita.

Quel giorno, capii che da allora sarei stata sola.

 

 

***

Hello everybody u.u grazie a memy881, cele 97, Principessa Kaulitz, Elengel483 (certo che mi fa piacere che commenti!), Splash_BK, iolly21, macoth93, By your side e __Reset ;)

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo diciassette

 

La campanella dell'ultima ora mi risvegliò dal mio assopimento sul banco. Sospirai e mi alzai prendendo la borsa ed uscendo dall'aula senza salutare nessuno. La mattinata era trascorsa in modo piatto, come al solito, e i miei tentativi di ignorare i miei pensieri sul bel chitarrista si erano rivelati vani.

Uscii da scuola e mi diressi infretta verso casa; non volevo vedere nessuno, ne tantomeno ascoltare le chiacchiere delle varie  pettegole che passeggiavano nell'istituto. Quel giorno avrei voluto soltanto stare a letto, sotto le coperte, col mio ipod a fare nulla. Poi, forse, l'indomani avrei ricominciato a vivere.

Quando arrivai a casa Becki mi trotterellò intorno scodinzolando, e non potei fare a meno di sorridere e piegarmi sulle ginocchia per coccolarla un po'. Sembrava avesse capito che non ero in vena di scherzi, perchè si sedette sulle zampe posteriori e posò il muso sul mio ginocchio, guardandomi con i suoi occhioni languidi.

- Che c'è, cucciola? - chiesi con un mezzo sorriso, accarezzandola dietro le orecchie come piaceva a lei - Si vede così tanto che sono un po' giù? Passerà, tranquilla... - mormorai, e la vidi leccarmi la mano con fare dolce - Passerà presto - continuai facendole un'ultima carezza sulla testolina. Ripresi lo zaino e salii in camera gettandomi sul letto, poi sentii il cellulare vibrare e lo presi, leggendo il messaggio che mi era arrivato. Era Bill.

"Lola, possiamo vederci? Vorrei parlarti..."

Esitai un po' prima di rispondere, ma decisi che sarebbe stato inutile ignorare anche il vocalist. Non ero più una ragazzina di undici anni. Non potevo fuggire dai miei problemi.

"Sicuro, ma passa tu da casa mia. Non sono in vena di uscire, né vorrei vedere altri se non te"

Inviai il messaggio e mi stesi su un fianco, infilando una cuffietta nell'orecchio mentre le voci di vari cantanti mi cullavano. Dopo poco sentii una mano sfiorarmi il braccio, e sobbalzai improvvisamente mettendomi a sedere.

- Scusami, non volevo spaventarti - disse Bill con un mezzo sorriso, accomodandosi poi accanto a me.

- No, tranquillo... io... non ti avevo sentito - farfugliai spostandomi una ciocca di capelli dal viso. Lo guardai e presi un cuscino sistemandomelo sulle gambe, come a volermi proteggere da non so cosa. - Volevi parlarmi, giusto? -

- Sì, ecco... Tom mi ha detto di ieri sera - iniziò mestamente, ma lo interruppi subito.

- E' venuto da te per ufficializzare un'aggiunta alla sua lista di prede? - feci, non nascondendo tutta la mia acidità. Spostai lo sguardo verso la finestra e cercai di calmarmi. Bill infondo non c'entrava nulla... - Scusa Bill, è che... -

- Sta' tranquilla - mi accarezzò lentamente il braccio - Non sono venuta per giudicarti o roba simile - mi assicurò - Vorrei soltanto sapere... perchè l'hai fatto, Lola? - mi chiese dolcemente.

Abbassai il viso e mi morsi nervosamente il labbro, prendendo a giocherellare con un lembo sfilacciato della mia gonna. Dovevo dirgli tutto? Ma se non riuscivo ad ammetterlo neanche con me stessa! - Non lo so - mormorai dopo un momento di esitazione.

- Ascoltami... - il moro sospirò e mi prese le mani facendomi poi sedere sulle sue gambe. Lo guardai e sorrisi appena, appoggiandomi al suo petto e ascoltando ciò che aveva da dirmi - Tom è... - scosse la testa - E' così, lui... agisce d'impulso, non ci pensa alle cose... mi dispiace che ti abbia trattata in quel modo. Mi ha raccontato tutto, anche il modo in cui è andato via, perchè lui... credeva fosse una cosa... normale. Non ha pensato che tu ci fossi rimasta male -

Lo guardai di sfuggita, tornando poi a fissare le mie gambe - Allora dev'essere proprio stupido - farfugliai mestamente. Sorrise appena e annuì, poggiando il mento sulla mia spalla.

- Sì, un pochino lo è - ridacchiò e poi mi baciò la guancia - Lola, lui ti piace? -

Sentii il cuore accelerare velocemente i suoi battiti. Mi morsi il labbro ed evitai accuratamente di guardarlo negli occhi, imbarazzata da morire. - Non... non lo so, io... -

- Lola. Non mentirmi... -

- Sì. Tom mi piace - gettai fuori, arrossendo poi violentemente.

- Ecco... - soffiò, come se la risposta fosse ovvia. Ma solo a me sembrava strano che dopo tanti anni provassi ancora qualcosa per lui? - Dovresti parlargli -

- E che gli dico? Oh andiamo Bill, io a lui non piaccio. Sicuramente non più delle sue groupies... - lo guardai e sbuffai - E tu questo lo sai -

- Non dovresti ritornare a chiuderti nel tuo silenzio. Non avete più undici e tredici anni, dovreste discutere di ciò che è successo. Avete fatto sesso, e per te è stato un errore. Allora diglielo! -

- Bill - lo guardai - Se tornassi indietro io lo rifarei - ammisi, e lo vidi guardarmi a dir poco stranito.

- Ti piace proprio tanto, eh? - mormorò e socchiuse gli occhi accarezzandomi i capelli. Dalla sua espressione capii che secondo lui non avevo la minima possibilità di far cambiare atteggiamento al famigerato SexGott.

- Sì, e mi sento una stupida - ammisi mentre mi si facevano gli occhi lucidi - Dio, io lo so com'è fatto lui! So benissimo che... è troppo affezionato alla sua fama per cambiare. Lo so. Ma ti giuro che io... io non... non so che fare -

- Vieni qui - lo sentii mormorare, e mi strinse in un abbraccio. Colta alla sprovvista, scoppiai a piangere; un po' per sfogarmi, un po' perchè non mi sarei mai aspettata un gesto del genere, ma in quel momento gliene fui infinitamente grata. L'unica persona di di cui avevo bisogno in quel momento era proprio un amico. Forse, ne avevo bisogno ora più che mai. E ce l'avevo.

Mi lasciai stringere al suo corpo ed accarezzare i capelli, non so per quanto tempo. Potevano essere passati minuti, ore, non lo sapevo. Io continuavo a piangere contro il suo petto; mi stavo praticamente sfogando per aver represso anni e anni di sentimenti. E ora finalmente avevo qualcuno disposto a stare con me e lasciarmi piangere, senza dire nulla. Senza giudicare. Donandomi l'unica cosa che in quel momento mi sarebbe stata utile.

Un abbraccio.

 

 

***

Ciao a tutti :) la scuola mi porta via più tempo del previsto, e sono solo all'inizio '-' spero di non dover trascurare la scrittura. Comunque.. ringrazio Splash_BK, memy881, cele 97, Principessa Kaulitz, Zucchelino, __Reset, Arix2, By your side e Engel483 (:

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Prima di postare il diciottesimo capitolo di questa fan fiction, volevo avvisare chi seguiva "Are you drowning or waving?" che purtroppo ho dovuto eliminarla dal sito, poichè non sarei riuscita ad aggiornarla costantemente. Mi dispiace tantissimo, ma mi sono accorta che quest'anno la scuola mi porta via un bel po' di tempo, e non ce l'avrei mai fatta a stare dietro due fan fiction. Comunque, vi assicuro che tornerò a postarla e la porterò a termine ;)
Per farmi perdonare vi lascio con un capitolo un po' più lungo del solito, sperando che non mi portiate rancore (:

Capitolo diciotto

 

Il giorno dopo, avevo deciso di tornare alla mia "vita normale". Avevo parlato con Bill e mi ero sfogata, constatando che restare con quell'umore tetro non mi avrebbe aiutata ad andare avanti, anzi, avrebbe peggiorato maggiormente quella situazione a dir poco imbarazzante e ridicola. Ma non volevo parlare con Tom, no.

Non ero ancora pronta a questo.

Dopo essere andata a scuola tornai a casa, e feci uscire Becki in giardino per godermi un po' con lei i pochi raggi solari che, stranamente, avevano deciso di fare capolino su Loitsche. Mentre giocavo con lei, sorridendo ed accarezzandola, vidi con la coda dell'occhio Tom che usciva da casa sua, diretto verso l'auto. Quando mi vide si fermò, e mi fece un cenno salutandomi.

Non ricambiai.

Mi limitai a far finta di non averlo visto, e continuai a coccolare Becki che, contenta, continuava a scodinzolare e saltellarmi intorno. Ignoravo i battiti del cuore che erano accelerati notevomente. Non ci avrei pensato, così, forse, sarebbe passato tutto infretta. Ignorare, ignorare, ignorare; forse sarebbe servito. Forse.

Eppure quella morsa allo stomaco per ora non accennava minimamente ad abbandonarmi.

Sentii il rombo di un motore, poi vidi l'auto sfrecciare via e capii che non aveva dato molta importanza al fatto che non l'avessi salutato, visto che era andato via come se niente fosse.

Bene.

Meglio così.

O forse no.

In realtà da una parte speravo che venisse a chiedermi il perchè del mio atteggiamento. Dall'altra parte, non volevo nemmeno che mi si avvicinasse.

Sì. In verità non sapevo nemmeno io ciò che desideravo sul serio.

Tornai dentro casa e andai in cucina a prendermi un succo alla mela. Versai un po' di liquido nel bicchiere, poi mamma entrò nella stanza e si mise a lavare i piatti.

- Stasera avremo ospiti - annunciò.

Roteai gli occhi e poi li posai nuovamente su di lei - Evviva. Chi viene? -

- Simone e i gemelli - fece con noncuranza.

Quasi mi affogai con il mio succo. Iniziai a tossire e mamma dovette battermi una mano sulla schiena, accigliata, perchè mi era andato di traverso la bevanda.

- Che cosa?! - la guardai restando a bocca aperta. Mi fissò incuriosita.

- E allora? Sembrava anche che tu ti stessi riavvicinando a Tom e Bill. Qual è il problema? Gordon è fuori città per lavoro, tuo padre anche, quindi avevo pensato ad una cenetta tutti insieme. Oh, non fare quella faccia tragica. Sembra la fine del mondo -

- Lo è... - sussurrai mestamente, poi mi trascinai in camera e mi gettai letteralmente sul letto. Perchè diavolo questi inviti a cena arrivavano sempre nei momenti meno opportuni?!

Addio ai miei buoni propositi di ignorare Tom Kaulitz ed andare avanti.

O magari no...

Infondo, potevo fingere di stare male. Un mal di pancia, o di testa. Nessuno avrebbe messo in dubbio il mio stato di salute, perciò sarei rimasta tutta la sera in camera mia, senza mai scendere di sotto. Così non avrei nemmeno incrociato il suo sguardo.

***

- Mamma, mi sento poco bene, credo che andrò a mettermi a letto... - dissi verso le otto, quando sapevo che di lì a poco sarebbero arrivati Simone e i gemelli. Mia madre mi guardò ed inarcò un sopracciglio incuriosita.

- Sì? E che cos'hai? -

- Mal di testa - risposi prontamente - Ho preso una pasticca per il dolore, quindi... sarà il caso che vada a stendermi, sai, per farlo passare... -

- Mmmh. Non mi va di discutere - disse sventolando una mano con fare svogliato - Va' -

Mi congratulai mentalmente con me stessa. Ormai neanche mia madre mi sopportava più. Dovevo essere proprio una figlia degenere. Salii in camera mia e mi stesi sul letto, accendendo lo stereo che avevo sul comodino a basso volume e socchiudendo gli occhi.

***

Toc. Toc. Toc.

- Mmmh. Mamma, tra poco mi alzo - sbuffai svogliata, affondando il viso nel cuscino.

Toc. Toc. Toc.

- Ho detto che tra poco mi alzo! - dissi a voce un po' più alta, senza degnarmi di alzare lo sguardo. Odiavo quando insisteva con lo svegliarmi la mattina. Insomma, anche se avessi fatto tardi?! Qual'era il problema?

- Lola -

Scattai seduta non appena sentii la sua voce. Lo vidi in piedi, accanto alla porta aperta da cui era entrato, che mi fissava con un'espressione indecifrabile.

Tornai a stendermi sul letto e gli diedi le spalle, mentre sentivo il magone allo stomaco crescere fino a farmi sentire male.

- Ho mal di testa. Lasciami in pace -

- La solita vecchia scusa - commentò, e lo sentii ridacchiare mentre entrava in camera chiudendosi la porta alle spalle. Sentii il cuore fare una capriola quando le molle del letto cigolarono sotto il suo peso, annunciandomi che si era seduto accanto a me. - Perchè mi ignori? -

- Che? - feci con voce tremante, non osando alzare lo sguardo verso il suo - Io non ti ignoro affatto. Smettila di farti film - sbuffai, mordendomi poi il labbro inferiore in modo nervoso.

- Ah no? Guardami allora -

Cazzo.

Mi costrinsi a sollevarmi mettendomi seduta, e facendomi forza alzai lo sguardo verso il suo. Non sarei riuscita a reggere per molto il contatto con i suoi occhi, ma speravo di poterlo fare per abbastanza tempo da convincerlo che non mi faceva alcun effetto.

- Che c'è, ti sei pentita di aver fatto sesso con me? - fece, con una punta di sarcasmo nella voce. Mi sembrava un deja-vu.

- Io non volevo farlo. Mi hai costretta - sibiliai.

Per tutta risposta scoppiò a ridere scuotendo la testa - Come, scusa? Io non ho costretto proprio nessuno. Non mi pare che ti lamentassi, mentre mormoravi il mio nome e mi imploravi di continuare... - sorrise e si leccò impercettibilmente il labbro, mentre posava la mano sulla mia gamba. Gliela scostai velocemente e balzai giù dal letto.

- Smettila. E' stato un errore -

- Non voglio che mi ignori - fece, alzandosi ed avvicinandosi a me. Quando lo vidi pericolosamente vicino, finii con le spalle contro il muro.

- Non ti interessa che io ti ignori. Io per te non sono niente -

- Se qualcuno non mi degna di uno sguardo non ci sto tanto bene, sai? -

- Non sembrava che ti dispiacesse, stamattina - sbottai. Ormai era così vicino che potevo sentire il suo respiro sul mio viso. Feci per allontanarmi, ma con la velocità di un felino mi bloccò le braccia ai lati della testa, tenendomi contro il muro.

- Non sono fatto di pietra - sussurrò con voce roca, e sembrò più una confessione che un modo per farmi sentire in colpa. Mi costrinsi a guardarlo negli occhi.

- Neanche io lo sono. E' questo il punto -

- Io non ho fatto niente di male - disse con un mezzo sorriso, lasciandomi una mano dopo aver capito che ormai non avevo più la forza di muovermi e posandola sul mio fianco, che iniziò ad accarezzare lentamente.

- Mi hai usata - sibilai, tentando di non cedere ai suoi modi di fare così tremendamente eccitanti. Lo vidi scrollare appena le spalle con un sorrisetto, poi posò entrambe le mani sulle mie anche e chinò il capo sul mio collo, che iniziò a baciare.

- Fermami... - mormorò mordendomi appena il collo, spingendo di poco il corpo contro il mio. Chiusi istintivamente gli occhi e lo lasciai fare, maledicendo me stessa per il mio poco autocontrollo. Perchè dovevo essere così dannatamente debole?

Lo sentii scendere con le labbra e mordicchiarmi le spalle, e il mio corpo fremette appena dopo aver sentito il suo piercing freddo accarezzare appena la mia pelle bollente. Mi portò verso il letto e mi ci fece stendere sopra, salendo a gattoni su di me e sfilandomi la maglia. Portò una mano sui miei seni ancora coperti dal reggiseno ed iniziò a massaggiarli, liberandosi dopo poco di quell'inutile pezzo di stoffa. Si piegò su di me e riprese a baciarmi il collo, scendendo poi con le labbra sul petto e posando dei baci umidi su tutto il torace, fino ad arrivare all'orlo dei jeans.

Chiusi gli occhi e sospirai, portando la mano dietro la sua nuca mentre lo sentivo armeggiare con i miei jeans. Il primo bottone venne aperto e subito dopo fu seguito dal secondo, poi il rumore di una zip che veniva abbassata spezzò per un momento il silenzio che si era creato nella camera. Il tutto stava a preannunciare un altro errore. Il secondo. Ne ero consapevole, eppure in quel momento non ci pensavo minimamente.

Mi sfilò i jeans e posò le labbra sulle mie cosce, baciandole e salendo sino ai fianchi. Lo tirai su e gli sfilai la maglia, rivelando il suo fisico asciutto e con dei muscoli non troppo evidenti.

Era diverso dalla volta precedente. Era tutto più lento, anche se impregnato come prima di passione, e non d'amore. Non c'era neanche un accenno al sentimento.

Prese le mie mani e le portò sul suo petto, facendosi accarezzare mentre scendeva a sbottonare i suoi jeans, che poi lasciò cadere liberamente per terra. Tornò a stendersi su di me restando in boxer, e gemetti appena sentendo com'era eccitato quando posò il corpo sul mio. Sorrise soddisfatto e mi mordicchiò il collo, salendo al lobo dell'orecchio, mentre iniziava a strusciarsi su di me strappandomi lievi ansiti.

- Mi vuoi? - sussurrò al mio orecchio con voce roca, mentre infilava una mano tra le mie gambe salendo sino a sfiorare la mia femminilità. Gemetti cercando di contenermi e annuii impercettibilmente.

- Sì... - mormorai con un filo di voce - Ti prego - aggiunsi, e lo vidi affrettarsi ad eseguire la mia richiesta. Si abbassò i boxer e si mise in ginocchio sul letto sfilandomi gli slip, posandomi intanto baci umidi e delicati sulle cosce. Gettò per terra la mia biancheria, e si sistemò tra le mie gambe, entrando in me con un colpo secco ed indolore.

Gemetti e mi aggrappai alle sue spalle, sentendolo iniziare a muoversi in me mentre mi baciava il collo, scendendo alle spalle ed aumentando gradualmente la velocità e la forza delle spinte.

Sentivo il piacere crescere in me, seguito dai sensi di colpa, dal rimorso e da mille e mille altre sensazioni. Come potevo essere così stupida? Eppure non volevo che si fermasse... avrei voluto che continuasse per sempre. Poterlo sentire così vicino, così... mio.

Quando entrambi raggiungemmo l'apice del piacere si fermò, e restò ancora ansimante e con gli occhi socchiusi sul mio corpo. Sentivo i nostri petti a contatto, i nostri cuori che battevano velocemente l'uno contro l'altro, e desiderai che quel momento non si fermasse mai.

Lo vidi mordersi il labbro, poi si alzò lentamente da me e si sistemò i boxer raccattando i suoi vestiti. In silenzio.

Mi vestii anche io e restai seduta sul letto, con le gambe contro il petto, guardandolo senza proferire parola. Si voltò verso di me e mi fissò per un po'.

- E' meglio se scendiamo di sotto. E' strano che non siano venuti a chiamarci - disse sistemando la fascetta sui capelli.

- Sì... - assentii mormorando appena. Lo seguii ed entrambi scendemmo di sotto, unendoci alla cena come se non fosse accaduto nulla. Come se fosse tutto maledettamente normale.

 

***

Come vi sarete accorte non posto più quotidianamente, ma mi è impossibile farlo.. spero che non abbandonerete comunque la mia fan fiction :) ringrazio memy881, Principessa Kaulitz, Zucchelino, Splash_BK e Engel483 (:

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo diciannove

- Ci vediamo presto. Grazie per la serata - fece Simone, congedandosi con un sorriso prima di sparire assieme a Gordon nel vialetto di casa. Bill si piegò a darmi un leggero bacio sulla guancia, e Tom mi salutò con un cenno, andando poi via con il suo gemello. Per tutta la serata non ci eravamo nemmeno guardati in faccia, ma sembrava che il vocalist avesse capito cos'era successo nella mia stanza poco prima di cena.

D'altronde, era o non era colui che conosceva meglio entrambi?

Diedi la buonanotte a mamma e papà, poi mi affrettai a salire di sopra per andare a letto. Non avevo voglia di piangere come qualche giorno prima. Mi sentivo tremendamente in colpa, ma in un certo senso sapevo che "quello che era fatto era fatto", e non avrei potuto tornare indietro neanche versando milioni di lacrime amare.

Misi il pigiama e mi infilai sotto le coperte, portando le cuffiette del mio fidato iPod alle orecchie e lasciandomi cullare da quelle note che riuscivano sempre ad avere su di me un effetto benevolo. Così, pensando a colui che riusciva a controllare costantemente le mie emozioni e, purtroppo o per fortuna, le mie azioni, caddi tra le braccia di Morfeo.

***

La mattina, quando mi svegliai, avevo un mal di testa così forte che faticai a mettere i piedi per terra e restare sollevata, dato il capogiro. Avevo passato una notte agitata; mi ero svegliata parecchie volte, e a causa del mio continuo ripensare alla serata faticavo a prendere nuovamente sonno. Mi appoggiai al materasso e sbuffai, avvicinandomi al grande specchio appeso alla parete e passandomi una mano tra i capelli scombinati. Dallo specchio, una ragazza un po' trascurata, ma molto bella, mi guardava annoiata. I capelli in disordine e gli occhi contornati da un alone di matita sbavata non mi donavano affatto, ma non me ne curavo minimamente.

In quel momento, non mi sarei curata di niente.

Tranne che di una cosa.

O meglio, di una persona.

Andai a farmi una doccia veloce e mi vestii, poi scesi di sotto e presi Becki infilandole il guinzaglio. Avevo intenzione di andare a fare una passeggiata con lei, giusto per schiarirmi un po' le idee e non pensare troppo a ciò che mi stava accadendo intorno, ma soprattutto dentro.

Uscii da casa mia e passai dritta davanti quella dei Kaulitz, senza neanche rivolgere lo sguardo all'abitazione per paura di veder spuntare il chitarrista da qualche parte. Andai al parco, e mi sedetti sull'erbetta liberando la mia cucciola per permetterle di giocare liberamente.

Sorrisi appena vedendola rincorrere un altro cane, poi scorsi un ragazzo avvicinarsi a me con un sorrisetto stampato sulle labbra.

- Ciao - mi salutò cordialmente.

- Ciao - ricambiai, guardandolo un po' incuriosita. Si avvicinò ancora, ed indicò titubante il "posto" accanto a me.

- Posso sedermi? -

- Certo - gli sorrisi - L'albero è di tutti - gli feci un po' di spazio, tornando poi ad appoggiarmi al tronco. Si sedette accanto a me e guardò i cani.

- E' tua? - chiese indicando Becki.

- Sì... si chiama Becki -

- Beh... quella con cui sta giocando è Green -

Lo guardai - Green? Che nome buffo - ridacchiai.

- Sì, beh... - sorrise appena e si strinse nelle spalle - Quando l'ho trovata aveva un collare verde, e... sì, lo so, è una cosa stupida, ma è il primo nome che mi è venuto in mente - rise con me e si sistemò nervoso i capelli castani, che portava un po' lunghi e gli ricadevano sulle spalle.

- E'... è molto bella - dissi sorridendo.

- Grazie... - mi guardò, e sembrò essersi ricordato solo in quel momento che non ci eravamo mai visti prima. Mi porse la mano - Scusa, sono un maleducato! Io sono David -

- Oh, piacere - gli strinsi la mano - Lola -

- Bel nome - commentò, tornando ad infilare le mani nelle tasche della felpa - Sei... spagnola? -

- Oh... no, no. Sono tedesca. Mamma aveva la fissa con i nomi spagnoli, però... e allora... -

- Capisco, capisco - mi sorrise, e non potei fare a meno di ricambiare. Era molto carino, e sembrava anche niente male caratterialmente. Non era uno che credeva di essere chissà chi. Non era una celebrità. Era semplicemente... un ragazzo normale.

Continuammo a parlare per circa un'ora, poi decidemmo che era ora di tornare a casa, poichè era ora di pranzo per entrambi. Mi alzai e richiamai Becki che mi si avvicinò correndo, quindi le sistemai il guinzaglio attorno al collo.

- Allora... ehm... mi piacerebbe rivederti... - fece con un mezzo sorriso.

- Oh... io... non so se... - ero una stupida. Una stupida, idiota, masochista. Mi piaceva questo ragazzo. Allora perchè diavolo non riuscivo a mettere da parte questa mia mania al ferirmi da sola? Dio quanto avrei voluto essere diversa.

- Ah. Oddio - mi guardò imbarazzato - Non pensavo fossi fidanzata. Scusami, ho frainteso! - si affrettò ad aggiungere.

- No, no... io... non sto con nessuno - lo guardai - E' che... non credo di voler frequentare nessuno, sai... -

- Capisco, davvero - mi sorrise appena - Allora... se dovessi cambiare idea... Loitsche è piccola, e io sono spesso qui al parco. Mi ha fatto piacere parlare con te -

- Anche a me - ammisi sincera. Gli sorrisi un'ultima volta, poi, maledicendo me stessa, tornai a casa con Becki che mi trotterellava accanto, ancora eccitata per la bella mattinata in compagnia di altri cani.

A volte la invidiavo.

Sì. Invidiavo un cane.

E allora?

Di sicuro aveva meno problemi di me, nelle relazioni con gli altri.

Sbuffai tra me e me quando mi resi conto che ero invidiosa del mio cane, e tornai a casa salendo direttamente in camera dopo averle tolto il guinzaglio. Mi gettai sul letto, e misi la faccia sul cuscino. Mi sentivo una perfetta idiota, e sapevo di esserlo.

***

La sera mi preparai per uscire. Non sapevo nè con chi sarei stata, nè dove sarei andata; volevo soltanto andare via da casa e cercare di dimenticare tutto ciò che era accaduto. Non sarebbe stato così difficile far finta che non fosse successo niente, giusto?

Non appena ebbi varcato la soglia della porta, tutti i miei buoni propositi andarono a finire direttamente nel cesso. Vidi Tom uscire dalla sua macchina e tirare con sé una ragazza, che era evidentemente una delle sue groupie.

Potrei giurare di aver sentito il sangue gelarmisi nelle vene.

Restai a fissarlo con la bocca aperta, senza sapere cosa fare, mentre lo vedevo portare le mani ai fianchi della mora e baciarla con passione. Sentii gli occhi pizzicare, ma cercai di non farci caso.

Inutile dire che non riuscii ad impedire ad una lacrima di scivolarmi giù per la guancia.

- Ehi - sentii Bill posarmi una mano sulla spalla, ma non mi voltai a guardarlo. Continuavo a fissare Tom, che con grande maestria era applicato ad esplorare tutta la bocca della ragazza con la propria lingua. - Lola - il vocalist mi voltò verso di lui - Piccola... - sospirò e mi accarezzò una ciocca di capelli.

- Bill... sto bene - gli sorrisi appena e mi asciugai la lacrima. - Davvero. E' tutto ok -

- Non mi pare... -

Scossi la testa e mi strinsi nelle spalle - Non mi va di parlarne. Stavo uscendo, ho intenzione di... bere, tanto - lo guardai e risi appena, nervosa - Ti unisci a me? -

- Lola - sbuffò - Ubriacarti non risolverà la situazione -

- No, ma mi farà dimenticare tutto per una sera... e poi dai, non voglio "ubriacarmi", ma solo... "rilassarmi" un po' - gli presi la mano - Dai Bill, facciamo una stronzata insieme. Che sarà mai? Io non penso a quell'idiota di tuo fratello e tu... mi tieni d'occhio -

Lo vidi roteare gli occhi e sorridere, dopo essersi arreso ai miei occhioni azzurri che lo fissavano imploranti - Va bene, va bene. Spero solo di non fare troppe cazzate. Quando sono ubriaco, non mi ferma nessuno - ridendo entrammo nella sua auto e partimmo verso un pub.

Avremmo dovuto sapere che, da ubriachi, non saremmo stati minimamente coscienti delle nostre azioni...

 

***

Aaallora.. oggi è domenica, perciò ho potuto scrivere un po' per postare x) quanto odio la scuola! Vi dico solo che per domani avevo 20 pagine di letteratura italiana, spagnolo e inglese! Non ne posso già più o.o
Ringrazio memy881, Principessa Kaulitz, Splash_BK, __Reset, macoth93, _KyRa_ (oh mio dio D: non ci credo di aver ricevuto un tuo commento D: io stimo tantissimo il tuo modo di scrivere, sai? Credo che le tue fan fiction siano le migliori che io abbia letto qui su efp, e sapere che a te piacciono le mie mi fa sentire fiera di me xD comunque.. per quanto riguarda la lunghezza dei capitoli, è che a volte mi vengono fuori certi papiri enormi, e non so come dividerli, perciò spesso rischio di farli diventare troppo corti .__. cercherò di accontentarti, ma non ti assicuro nulla :D), Zucchelino, Engel483, By your side (oddio, sai che non ne ho idea? Ho in mente tutta la storia, ma non so quanti capitoli manchino alla fine.. di sicuro non sono pochissimi xD) e giady_crazy_ (Tom sa quali sono i sentimenti di Lola, infatti se ne approfitta continuamente! Comunque non posso descrivere la loro prima volta neanche dal punto di vista di Tom, poichè entrambi avevano meno di 14 anni ed una delle regole di efp è che non si possono descrivere scene di sesso che vedano come protagonisti ragazzini così piccoli ._.).

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo venti

 

- Daaai, un altro solo - dissi ridendo e sventolando il bicchiere cercando di farmi notare dal barista. Non eravamo ubriachi, soltanto un po'... "brilli". Precisamente, ci trovavamo in quello stato di coscienza in cui sai ciò che fai, sei consapevole delle tue azioni, ma stranamente non vuoi pensare alle conseguenze. Tutto ti sembra bello e semplice.

- No, abbiamo già bevuto troppo - fece Bill prendendomi per il polso sorridendo, e posando una banconota sul bancone per pagare il conto. - Usciamo di qui... - sentenziò, e barcollando mi tirò fuori dal pub mentre ridevamo come idioti.

- Aaallora... sono ancora le 23.30 - dissi guardando l'orologio ed appoggiandomi a lui per non cadere per terra dato il mio scarso equilibrio. - La notte è vecchia - sentenziai, poi mi fermai un momento - No... aspetta... è giovane - borbottai, correggendomi.

- Mmh... e tu profumi... - lo sentii dire mentre affondava il viso tra i miei capelli. Risi e lo spinsi piano via.

- Sì, perchè mi lavo - non appena non fui più retta dal vocalist barcollai, e dovetti tenermi al muro per non cadere. - Andiamo in auto... - ridacchiai ed entrai nella sua Audi, mentre lui si mise al posto di guida.

- Dove si va? - chiese sistemandosi i capelli dallo specchietto, poi vidi il suo sguardo posarsi sulle mie gambe, nude a causa della gonna corta che portavo. - Avresti dovuto... mettere dei pantaloni - borbottò - Così... mi ecciti - fece con voce roca.

Lo guardai e scoppiai nuovamente a ridere. - Anche tu... mi ecciti - dissi mentre metteva in moto e partiva per non so dove. Sapevo ciò che stava per accadere, ma non mi importava delle conseguenze; volevo soltanto non pensare a Tom.

- Mmmh - sorrise e posò una mano sulla mia coscia, accarezzandola. Eravamo sull'autostrada e i fari delle altre auto negli occhi mi facevano male; per di più se ci avessero beccati avrebbero sicuramente arrestato Bill per guida in stato di ebrezza.

Ma non ce ne curavamo.

- Fermati da qualche parte - sussurrai - Ti voglio - dissi quando la sua mano salì di più sulla mia gamba. Lo vidi sorridere malizioso e svoltare in una campagna, per poi fermarsi nel bel mezzo del nulla, tra i cespugli e le erbe alte. Tirò il sedile indietro e portò le mani sui miei fianchi, prendendomi in braccio e facendomi sistemare a cavalcioni su di lui.

Eravamo consapevoli del fatto che stavamo per fare una stronzata che avrebbe rischiato di rovinare il nostro rapporto di semplice amicizia. Ma con l'alcol che avevamo nel corpo ce ne fregavamo di tutto e di tutti.

Avvicinai il viso al suo e lo baciai con passione, rabbrividendo appena dopo aver sentito il suo freddo piercing metallico sfiorare la mia lingua. Iniziò ad accarezzarmi le gambe, facendo poi sparire le mani sotto la mia gonna fino a sfiorare i miei slip, giocando maliziosamente con i bordi in pizzo.

Sorrisi e gli morsi il labbro, sfilandogli la maglia e accarezzandogli il petto sino ad arrivare alla cintura, che gli sfilai velocemente. In quel momento non pensavo che lui fosse Bill, il mio migliore amico. Avevo soltanto bisogno di non pensare a nulla. Chi ero, con chi ero, cosa facevo, non mi interessava minimamente.

Lo sentii staccarsi per un momento dalla mia bocca e sbottonarmi la camicetta, portando poi le labbra a baciarmi la pelle scoperta attorno al reggiseno, strappandomi lievi ansiti mentre infilavo una mano tra i suoi capelli, spingendogli la testa contro il mio petto per lasciarmi baciare ancora.

Gli sbottonai i jeans, e lo feci sollevare di poco abbassandoglieli e infilando poi una mano nei suoi boxer, sentendolo gemere quando iniziai a muovere la mano sulla sua erezione. Portò il viso nell'incavo del mio collo e me lo baciò, mordicchiandolo lievemente e accarezzandolo con la lingua, mentre io continuavo a dargli piacere.

Dopo poco levai la mano e mi sistemai su di lui, mentre Bill mi spostava di slip impaziente. Entrò in me con un colpo secco che mi fece gemere, ed iniziai a muovermi sul suo corpo allacciando le braccia al suo collo.

Mi girava la testa, ma non mi importava.

Continuai a spingermi contro di lui, portando entrambi verso il piacere mentre lo sentivo gemere ed ansimare con me. Quando entrambi raggiungemmo l'orgasmo ci fermammo in contemporanea, e mi appoggiai a lui dato il forte giramento di testa che ebbi, un po' a causa del piacere intenso, un po' per la sbronza.

Lo sentii portare le mani sulle mie braccia, mentre ancora respirava pesantemente, e reggermi per non farmi accasciare sul sedile.

Dopo poco mi ripresi e, dopo averlo guardato per un momento, mi spostai sul sedile del passeggero mentre, in silenzio, mi rivestivo. Lo vidi sistemarsi i pantaloni ed infilarsi la maglia, poi sentii una nausea improvvisa.

- Porca puttana... - sussurrai e aprii con violenza lo sportello precipitandomi fuori dall'auto. Mi piegai, e rigettai nell'erba. Bill mi venne vicino e scoppiò a ridere sguaiatamente guardandomi, ancora preso dalla sbronza. - Ma che diavolo ridi, razza di idiota! - borbottai, dopo essermi ripresa in parte. Il vocalist fermò improvvisamente la sua risata, e vomitò anche lui.

Sbuffai reggendomi la testa dolorante e tornai in auto, sedendomi sul sedile e appoggiandomi al finestrino.

Così, mi addormentai.

Di sicuro quella sera non avevo pensato a Tom.

Ma era anche certo che ora sarebbe cambiato tutto.

***

Non ricordavo nemmeno dove fossi, quando mi svegliai. Aprii gli occhi e un'ondata di luce mattutina mi travolse provocandomi una sorta di abbaglio.

- Mmmh... oddio - mugugnai portando una mano davanti al viso, per coprirmi dai raggi del sole. Mi guardai intorno, e ricordai improvvisamente di essere nella Audi di Bill. Mi voltai indietro e lo vidi steso, rannicchiato sul sedile, che dormiva pesantemente.

In un momento mi tornò alla memoria tutta la serata.

Che diavolo avevamo fatto?

- Bill... Bill, svegliati - mi sporsi sul sedile e lo scossi piano, vedendolo mugugnare e portare le mani a coprirsi il viso. - Bill, andiamo svegliati -

- Ma che diavolo... - aprì gli occhi e si guardò intorno, spaesato. Quando il suo sguardo incrociò il mio, soltanto un suono uscì fuori dalla sua bocca. - Oh... -

Aveva ricordato tutto anche lui.

- Che situazione del cazzo - sbuffò appena ed uscì dall'auto, venendo poi a sedersi alla guida, nel posto accanto al mio. Mise in moto senza dire nulla, e partì per tornare a casa.

- Bill, mi... mi dispiace, io non volevo che... -

- Tranquilla - scosse la testa senza guardarmi, in evidente disagio. - Non eravamo in noi, e... sì, insomma, facciamo finta che non sia accaduto nulla, ok? -

- Lo vorrei - ammisi, guardandolo. Avrei voluto tornare indietro e non rifare la stessa stronzata, ma sapevo che non era possibile. Ora dovevamo pagare le conseguenze delle nostre azioni, benchè enormemente stupide e potenzialmente distruttive per la nostra amicizia. - Credi che potremo far finta di niente? Ti prego. E' stata tutta colpa mia, ti ho spinto io a bere e non... -

- Lola, per favore - accostò davanti casa e mi guardò dopo aver sospirato. - Ho mal di testa, mi fa male tutto perchè ho dormito in auto e in questo momento non saprei nemmeno sommare 2 + 2. Sapevamo entrambi ciò che facevamo, quindi non assumerti tutte le colpe... - mi sfiorò lentamente una ciocca di capelli biondi - E' tutto ok, va bene? Sta' tranquilla. Non ne parliamo più -

- Grazie - mormorai, sinceramente riconoscente. Sapevamo entrambi che la colpa era stata quasi esclusivamente mia. Ero stata io a dirgli di bere solo un cocktail... e poi un altro, e poi un altro. - Ci... vediamo dopo? -

- Certo - mi sorrise appena - Adesso andiamo a farci una luuunga dormita - ridacchiò, ed entrambi uscimmo dall'auto. Lo salutai con un leggero cenno, poi entrai in casa mia e salii direttamente in camera gettandomi sul letto.

Avevo fatto l'ennesima stronzata.

Se ci fosse stato un premio in palio, l'avrei vinto sicuramente.

 

***

Ciao a tutti! Finalmente riesco a postare °-° domani ho 4 ore di sostituzione, quindi non devo studiare molto x) aaallora.. ringrazio memy881, Zucchelino, giady_crazy_, By your side, Principessa Kaulitz, Splash_BK, Arix2, _KyRa_ e ElisaPalladini :D lo so, lo so. Tutte temevate che sarebbe successo questo u.u

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo ventuno

 

- Ehi... sei tornato finalmente - fece Tom, non appena vide suo fratello entrare in camera e stendersi sul letto. - Ma dove sei stato? - ridacchiò appena - Hai trovato qualcuna che ti ha allietato la serata? -

Il vocalist sbuffò sonoramente. - Non mi va di parlarne ora - cercò di tagliare corto, portandosi entrambe le mani sul viso. Era ancora stordito per la sbronza, per di più si sentiva tremendamente a disagio all'idea di aver fatto sesso con la sua migliore amica.

- Che è successo? - chiese nuovamente il chitarrista guardandolo incuriosito. Portò entrambe le braccia dietro la nuca e continuò a fissarlo divertito. Non capitava spesso che fosse il suo fratellino a stare fuori tutta la notte. Di solito accadeva il contrario.

- Ti ho detto che non mi va di parlarne! - tagliò corto Bill, voltandosi verso un fianco e cercando di porre fine alla discussione. Non sapeva esattamente il motivo per il quale non voleva dire nulla a suo fratello. D'altronde, sapeva benissimo che Tom per Lola non provava nulla. Eppure, una parte di lui pensava che se il chitarrista avesse scoperto la verità, non ne sarebbe stato molto entusiasta.

- Va bene, va bene... - sbuffò il moro stiracchiandosi svogliatamente. - Vado a fare colazione. Ti conviene prendere qualcosa per il mal di testa, di solito il post - sbronza non passa in fretta - ridacchiò, poi scese di sotto e si sedette sullo sgabello in cucina. Afferrò una Bretzel che Simone aveva sistemato sul tavolo, e l'addentò affamato.

Non sapeva con esattezza cos'avrebbe fatto con la piccola Lola. Gli piaceva, ma questo ancora non poteva capirlo. Per ora sapeva soltanto che a letto non era niente male, ed aveva constatato che riusciva a plasmarla a suo piacimento; avrebbe potuto farle fare qualsiasi cosa. Ma fino a che punto si sarebbe spinto?

***

- Lola... ma a che diavolo di ora sei rientrata, stanotte? - mi chiese mamma a pranzo, dopo avermi gettata giù dal letto con la forza. Avevo delle occhiaie accentuate e scure, e per di più il mal di testa non aveva accennato a voler diminuire.

- Non lo so... tardi, comunque - farfugliai bevendo dell'acqua senza toccare cibo. La vidi sbuffare sonoramente e scuotere la testa contrariata.

- Ora devi studiare, e non sei esattamente nelle condizioni di farlo. Brava, complimenti. Non ti interessa minimamente che domani dovrai andare a scuola, vero? Sei la solita incosciente. -

- Mamma, per favore. Ho la testa che mi scoppia, e l'ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento è una paternale da parte tua. So bene che avrei dovuto tornare prima. Lo so. Contenta? - mi alzai infastidita e, quando la sedia strusciò sul pavimento, provocandomi un rimbombo nella testa, mi pentii amaramente di essermi mossa così in fretta. Mi portai le mani sulla testa ed inspirai cercando di reprimere l'istinto ad urlare con chicchessia. Ero furiosa.

Furiosa con mia madre che non capiva quando doveva evitare di parlarmi.

Furiosa con il mal di testa che ormai da ore non faceva che assillarmi.

Furiosa con me stessa.

- Vado in camera mia. - annunciai, poi salii di sopra e mi stesi nuovamente a letto cercando di pensare alla cosa più giusta da fare. Se c'era una cosa di cui ero certa, era che non avrei commesso nuovamente l'errore di sette anni prima.

Presi il cellulare, ed inviai un messaggio a Bill.

"Ehi... come stai? Io credo che tra poco cercherò di amputare manualmente la mia testa, perchè davvero non ce la faccio più :) ti va di vederci più tardi? Vorrei parlarti..."

Sospirai e mi rigirai a pancia in giù sul letto, aspettando impazientemente la sua risposta. E se mi avesse detto di no? Se avesse ammesso che avrebbe preferito starmi lontano, che dopo la serata precedente non voleva più parlarmi?

Per fortuna, non mi fece aspettare molto prima di rispondere.

"Piccola... certo, vediamoci stasera. Facciamo alle otto a casa tua. A dopo ;)"

Sospirai rincuorata e andai a fare una doccia veloce. Indossai dei jeans e un top nero, poi mi misi a studiare un po' di filosofia. Era "leggermente" complicato concentrarsi, dato il mal di testa incessante, ma sapevo che infondo mia madre aveva ragione.

Rischiavo di giocarmi l'anno, e questa sarebbe stata l'ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento.

Quando arrivarono le otto, Bill suonò puntuale al mio campanello, e mi precipitai letteralmente ad aprire.

- Ehi... - lo salutai con un mezzo sorriso.

- Ciao - ricambiò il mio sorriso, tranquillo. - Stai meglio? -

- Mmmh... diciamo di sì - mi strinsi nelle spalle - Usciamo o restiamo qui? -

- Andiamo a fare due passi... stasera senza alcolici al seguito, però - ridacchiò e si appoggiò al muro. Annuii vigorosamente.

- Mi trovi pienamente d'accordo. Vado a prendere la felpa - gli sorrisi e salii di corsa a prendere la mia felpa nera con un teschio disegnato sulla schiena. La infilai, poi uscii di casa con lui. - Senti... hai... per caso hai detto a Tom di ieri sera? - chiesi titubante, appoggiandomi al muretto ed accendendomi una sigaretta.

- No... - sospirò e mi imitò appoggiandosi accanto a me. - Non sapevo come l'avrebbe presa, ad essere sincero... -

- E come avrebbe dovuto prenderla? - lo guardai e sbuffai appena - Non se ne sarebbe importato nulla, Bill. A lui non interessa con chi faccio sesso. -

- No, infatti - la sua voce fece sobbalzare improvvisamente sia me che Bill. Ci voltammo di scatto e vedemmo il chitarrista fissarci, con le mani nelle tasche dei jeans, sul volto un'espressione indecifrabile - Perchè non volevi dirmelo, fratellino? - lo guardò, ma nel suo tono era chiaramente comprensibile una punta di acidità.

- Non è stato... importante - fece il vocalist, poi si affrettò ad aggiungere: - Cioè... eravamo ubriachi. Non sapevamo ciò che facevamo. -

- Ma che fai? Ti stai giustificando? - Tom rise senza divertimento, poi guardò me - Hai intenzione di farti tutta la band? Peccato, Georg è impegnato... -

- Tom! - Bill lo guardò male - Smettila adesso. -

- Dico solo ciò che penso. - ribattè lui con un sorrisetto.

- Non sei la persona più indicata per giudicarmi - ribattei guardandolo seria - Non hai nessun diritto di farlo. -

- Oh, andiamo. Non posso nemmeno esprimere un mio parere? -

- E il tuo parere sarebbe che sono così troia da avere intenzione di scopare con tutta la band? -

Non rispose. Si limitò a fissarmi negli occhi, impassibile. Sentii la rabbia ribollirmi dentro, e le lacrime salire velocemente.

- Sì, è meglio se non rispondi - sussurrai con voce tremante, prima di entrare in casa e chiudermi la porta alle spalle. Sentii le lacrime iniziare a sgorgare imperterrite, e salii velocemente in camera appoggiandomi al muro e portando le mani sul viso.

Non potevo credere al fatto che davvero pensasse quello di me. Non sapevo se l'aveva fatto per rabbia, per orgoglio o per altro, ma mi aveva detto quelle cose, e seppur sapessi com'era fatto Tom e il modo in cui reagiva d'impulso, mi aveva ferita.

 

***

Ciao a tutte! Finalmente un po' di tempo per aggiornare... sono stressatissima '-'
Grazie a giady_crazy_, Zucchelino, memy881, Splash_BK, Principessa Kaulitz, __Reset, Elengel483, macoth93, By your side e bettinella :)

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo ventidue



- Dico, ma sei stupido?! - Bill lo fissò sgranando gli occhi, rimproverandolo con lo sguardo. Non poteva credere al fatto che suo fratello avesse davvero detto delle cose del genere a Lola. Sapeva anche lui che avevano sbagliato, ma non per questo Tom aveva il diritto di parlarle in quel modo.

- Bill, non rompere. Piuttosto, perchè non me lo hai detto? - lo guardò e, a giudicare dallo sguardo, sembrava un po' innervosito. Si appoggiò al muretto e prese una sigaretta dal pacchetto che teneva in tasca, accendendola e portandola poi tra le labbra per poi inspirarne lentamente il fumo acre.

- Non credevo che fosse importante per te. -

- Infatti. - ribattè velocemente il chitarrista, per poi restare qualche secondo in silenzio. - Non... non lo è. Non mi interessa minimamente ciò che fa. -

- Non sembrava, a giudicare dalla tua reazione di poco fa. -

- Senti - Tom sbuffò e lo guardò assottigliando gli occhi e puntandoli nei suoi. Ora, più che innervosito, sembrava seriamente arrabbiato. - Te la sei scopata, e allora? Buon per te. Non è niente male. Anzi, è una delle migliori. Forse perchè ha iniziato presto. -

- Tom. Smettila adesso. - il vocalist lo guardò e scosse la testa contrariato. - Si vede lontano un miglio che ti ha dato fastidio che io ci sia stato insieme, e mi dispiace. Eravamo ubriachi ed è successo. Ma, sinceramente, credo che dovresti parlarle. -

- Parlarle? E di cosa? Dovrei chiederle quale dei due gemelli preferisce? Non mi interessa per nulla. -

- Va bene. Ho capito. Lasciamo stare. - replicò Bill stizzito, e girando sui tacchi tornò in casa chiudendosi la porta alle spalle, e lasciando suo fratello solo con i suoi pensieri.

***

Dire che ero arrabbiata, era poco. Forse non era neanche il termine esatto.

Infastidita.

Delusa.

Già, forse questo.

Delusa dalle parole che aveva usato. Mai e poi mai avrei pensato che avrebbe potuto rivolgersi a me in quel modo. Sapevo di aver sbagliato, ma c'era davvero motivo di dirmi tutte quelle cose, visto che per lui ero soltanto una ragazzina da usare a proprio piacimento?

No.

Questo era troppo anche per Tom Kaulitz.

Sapevo che c'era un motivo per il quale aveva reagito in quel modo, ma non riuscivo a capire quale fosse. Forse gli dava fastidio che l'avessi fatto proprio con suo fratello.

Forse lo infastidiva che per una sera non ci fosse stato lui al centro dei miei pensieri.

L'idea che potesse essere geloso di me, non mi sfiorava minimamente.

***

Non uscii di casa fino al giorno dopo, poi dovetti andare a scuola.

Per la strada del ritorno avevo le cuffiette dell'iPod nelle orecchie, per cercare di non pensare a nulla e, magari, soprattutto ad un certo ragazzo che da qualche giorno era costantemente nel mio cervello.

Alzai il volume quasi al massimo.

Non mi importava che mi facesse male, né mi preoccupavo che mi sarebbe potuto venire il mal di testa.

In quel momento, desideravo che la musica fosse così forte da sovrastare i miei pensieri.

Sentii il volume "dimezzarsi" improvvisamente, e capii che qualcuno mi aveva tolto una cuffia. Mi voltai, già furiosa; odiavo che mi si togliessero le cuffiette in quel modo.

Ma quando vidi Tom di fronte a me scordai addirittura quale canzone stesse trasmettendo quell'oggettino grigio che avevo in tasca.

- Ehi. - la sua voce, che mi arrivava flebile a causa del suono che avevo in un orecchio, mi fece riprendere. Misi in borsa l'iPod, poi lo guardai cercando di restare con un'espressione impassibile.

- Che vuoi? -

- Soltanto parlarti. - fece lui stringendosi nelle spalle. I suoi occhi puntati nei miei mi facevano sentire maledettamente debole e vulnerabile. Dio, quanto odiavo l'effetto devastante ma così dannatamente piacevole che aveva su di me.

- No, grazie. Se vuoi riempirmi di insulti, tienili pure per te. A dire la verità non mi interessano minimamente. -

- In realtà... - replicò seguendomi, poichè avevo ricominciato a camminare verso casa, a passo svelto - Volevo scusarmi. - mi prese per il polso, e non potei fare a meno di voltarmi di scatto verso di lui, sorpresa e quasi incredula.

- Come, scusa? -

- Sì, io... mi dispiace per il modo in cui ti ho risposto ieri. Infondo non ce n'era motivo. -

- Già. - assentii, ritirando il polso dalla sua presa ed infilando entrambe le mani nella mia giacca. Avevo avvertito un certo calore sulle gote, quindi dovevo essere arrossita violentemente, come al solito.

Odiavo il fatto che "cambiassi colore" in quel modo. Mi sentivo una bambina ogni volta.

- Allora... ehm... pace? - chiese titubante, con un leggero sorriso. Sembrava addirittura... imbarazzato? No. Sicuramente mi sbagliavo. Non aveva motivo di essere in imbarazzo.

Tom Kaulitz non ce l'aveva mai.

- Certo. - feci spallucce e mi costrinsi a tornare a guardarlo negli occhi. Lo vidi annuire, ed entrambi proseguimmo, fianco al fianco, la strada per tornare a casa.

Camminammo in silenzio fino a quando arrivammo.

Ma non era uno di quei silenzi tesi, imbarazzati. Era un silenzio quasi piacevole. Uno di quei silenzi che non pesano. Quasi confortante.

- Senti... - la sua voce mi colpì all'improvviso, e voltai il viso verso il suo in attesa. - Hai... ti va... ti va di andare a fare un giro insieme, più tardi? -

Mi ci volle un po' prima che le sue parole riuscissero a risultarmi comprensibili. Restai a guardarlo confusa, poi, chissà perchè, annuii lentamente.

- C... certo. Va bene. Passi da casa mia? -

- D'accordo. Verso... le sette, ti va? -

- Perfetto. - sorrisi appena, imbarazzata. Cos'era quello? Un appuntamento?

No.

Figuriamoci.

Semplicemente aveva voglia di stare un po' con me. Forse, voleva scopare e aveva deciso di farmelo capire in modo "carino".

Mi annuì, poi andò a casa sua. Restai per qualche secondo immobile, ancora elaborando la situazione, poi salii in camera mia ancora scombussolata.

Che diavolo stava succedendo?

***


Chiedo perdono per il ritardo! Hanno cambiato la grafica per mettere gli html e ho avuto non pochi problemi, oltre al tempo che è pochissimo ultimamente ._.
Ringrazio lillyk, Splash_BK, memy881, giady_crazy_, Arix2, By your side, Elengel483, Principessa Kaulitz, tokiohotellina483, Silvmore e Difettosa483Vs.
Ragazze '-' avevo qualcuna di voi su Facebook, ma mi hanno disattivato il profilo. Se volete che vi riaggiunga, lasciatemi il vostro nome qui :) un bacio.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo ventitre

Fino alla sera, ero tesa come la corda di un violino. Non sapevo cosa aspettarmi da Tom. Avrebbe cercato di portarmi a letto? O magari si sarebbe comportato normalmente? Non avevo la più pallida idea di ciò che mi attendeva.

Misi un paio di jeans stretti, e un top nero. Indossai degli stivaletti con il tacco e una giacca anch'essa nera. Per le sette ero già pronta, seduta sul divano, che mi tormentavo le mani in attesa che arrivasse il chitarrista.

Quando sentii suonare al campanello, il mio cuore iniziò a battere freneticamente. Mi alzai e andai ad aprire, e non appena lo vidi tutti i miei buoni propositi di non lasciarlo avvicinarsi troppo a me andarono a farsi benedire.

- Ehi - mi sorrise e si allungò a baciarmi la guancia.

- Ehi... - feci impacciata, chiudendomi poi la porta alle spalle. Uscii con lui dal vialetto, camminando al suo fianco in religioso silenzio. Entrambi eravamo evidentemente troppo imbarazzati per parlare.

Entrammo in auto, e quando Tom chiuse il suo sportello mi guardò con un mezzo sorriso.

- Andiamo a fare un giro e poi a cena, d'accordo? -

- Certo - annuii, e lo vidi mettere in moto per poi partire verso il centro del paese. Si fermò poco lontano dalle vie principali, e scendemmo dall'auto iniziando a camminare per le stradicciole deserte. Non avrebbe mai potuto camminare in quel modo in un paese che non fosse Loitsche, ma qui era tutto tranquillo. La gente preferiva rintanarsi in casa poichè faceva freddo, e quasi nessuno si sarebbe particolarmente emozionato nel vedere Tom Kaulitz che passeggia tranquillamente con una ragazza.

- Vieni, sediamoci - mi sorrise e si sedette su una panchina, facendomi cenno di accomodarmi accanto a lui. Mi sedetti titubante e infilai entrambe le mani nelle tasche della giacca.

- Ti ho... chiesto di uscire perchè volevo davvero scusarmi - iniziò guardandomi un po' impacciato - Ti ho trattata esattamente come le altre ragazze, e non volevo. Tu non sei come le altre, ti conosco e ti voglio bene - si strinse nelle spalle.

- D'accordo... non... non preoccuparti - sorrisi appena, nervosa, e mi spostai una ciocca di capelli dietro la schiena.

- Fai sempre così quando sei imbarazzata - rise e si accese una sigaretta portandosela alle labbra. - Fin da quando eravamo piccoli. -

- Ehm... forse - risi, arrossendo violentemente. - E' che non mi sarei mai aspettata un tuo invito, nè tantomeno delle scuse. Tutto qui. -

Lo vidi scrollare le spalle e portare noncurante la sigaretta tra le labbra. - Tra un paio di settimane partiamo di nuovo, non mi andava di restare con il rimorso di averti trattata male - rise e mi fissò sorridendo.

I suoi occhi.

Come facevano ad essere così dannatamente perfetti?

I suoi occhi, dietro i quali era celato il vero Tom.

Non quello stronzo. Non quello che si diverte ad usare le ragazze, e neanche quello così sicuro di sé da fare rabbia.

Un ragazzo come un altro.

Un amico.

Quello che un tempo era il mio Tom.

- Beh adesso non ce l'avrai. - sorrisi appena, stringendomi nelle spalle. Annuì e si alzò dalla panchina, sistemandosi la felpa e rivolgendomi un sorriso.

- Andiamo? Muoio di fame. -

- Certo. - lo seguii nuovamente in auto e raggiungemmo un locale poco fuori città. Non era un locale sfarzoso, anche perchè lì vicino non ne avremmo trovati, ma era abbastanza 'alla moda'. D'altronde, con Tom Kaulitz non potevo certo andare in una tavernetta.

- Una volta siamo venuti qui da piccoli, ti ricordi? - fece il chitarrista mentre entravamo nella sala e ci accomodavamo ad un tavolo per due.

- Sì... doveva essere un'occasione speciale. - ridacchiai e levai la giacca posandola sulla spalliera della sedia.

***

Cenammo tranquillamente, parlando proprio come due buoni vecchi amici. Come se non fosse mai accaduto niente pochi giorni prima. Ignorando completamente il fatto di essere andati a letto insieme, ignorando i recenti battibecchi.

Quando finimmo, dopo aver pagato, uscimmo dal ristorante ed andammo a fare due passi nel giardinetto dell'edificio, dove c'era un piccolo laghetto.

- Mi avevate buttata in quel lago! - ricordai all'improvviso, sgranando gli occhi e fissando poi il suo volto. Lo vidi scoppiare a ridere e voltarsi verso il laghetto ancora in preda alle risate.

- Oddio, l'avevo scordato! -

- Io... ero qui, sulla riva, e cercavo di vedere i pesci, e tu e Bill mi avete spinta in acqua. - sbuffai a quel ricordo, ma sorrisi istintivamente pensando a come ero scoppiata a ridere e avevo cercato, invano, di tirarli in acqua con me. Io non mi ero arrabbiata per quello scherzo.

Mamma sì.

Aveva cercato inutilmente di asciugarmi con gli asciugamani elettronici che si trovavano nei bagni del locale, ma poi aveva dovuto riportarmi a casa a cambiarmi.

Risi scuotendo la testa e lo guardai. - Povera me, quante me ne avete combinate -

- Oh, andiamo - sorrise e mi scompigliò i capelli - Era divertente stare insieme. Non negarlo. -

- No, non direi mai il contrario - sorrisi appena, sicuramente arrosita dopo quel gesto decisamente inaspettato dello scompigliarmi i capelli in quel modo.

- Adoro quando arrossisci. - disse, quasi come una confessione. - Sei... così chiara che lo si nota subito. - sorrise e si avvicinò di poco a me.

Sentii le gote andare letteralmente a fuoco, e rimasi immobile anche quando lo vidi ormai ad un palmo dal mio viso. Increspò le labbra accentuando il sorriso, poi la mia vista fu annebbiata dal suo volto troppo vicino.

Mi ritrovai a chiudere gli occhi sentendolo posare delicatamente le labbra sulle mie, mentre mi accarezzava piano la guancia bollente. La sua bocca si modellò perfettamente sulla mia, e sentii dopo poco la sua lingua cercare delicatamente di farsi spazio per trovare la mia.

Mi baciò, ma fu un bacio completamente diverso da quelli di qualche giorno prima. Fu un bacio lento, non frettoloso, in qualche modo quasi... dolce.

Tom Kaulitz era decisamente l'unico essere al mondo che riusciva a confondermi in modo così evidente.


***

Ciao a tutti :) mio dio, aggiorno sempre più raramente =.= dovete scusarmi, ma con tutto il tempo che passo sui libri quando sono al pc non ho proprio l'ispirazione per scrivere :( cercherò di farlo più spesso, promesso!
Ringrazio memy881, SplashedAlcoholic, giady_crazy_, By your side, Principessa Kaulitz, Arix2, Difettosa483Vs e LoonyGirl per i commenti. A presto, un bacio :*

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Capitolo ventiquattro




La serata era trascorsa in modo abbastanza tranquillo, dopotutto. Avevamo fatto una semplice passeggiata, poi mi aveva portata a casa.

Dopo avermi baciata non aveva detto nulla, aveva continuato a comportarsi come se niente fosse accaduto.

Fermi davanti alla porta, non sapevo con esattezza come avrei dovuto comportarmi in quel momento. Con un mezzo sorriso, decisamente imbarazzato, afferrai le chiavi dalla borsa e ne infilai una nella serratura, che prontamente scattò con un colpo secco.

- Allora... ehm... grazie per la serata. Sono stata... bene. - feci, decisamente impacciata e cercando di risultare sicura di me, nonostante il cuore stesse facendo tripli salti mortali nel mio petto.

- Anche io sono stato bene. - ricambiò il mio sorriso e, quando lo vidi avvicinarsi, trattenni istintivamente il fiato, quasi avessi paura di commettere qualsiasi movimento che avrebbe potuto rovinare quel momento.

Posò con lentezza le labbra sulle mie, donandomi un semplice e dolce bacio a fior di labbra.

Tenni gli occhi chiusi per un po', quasi a voler imprimere nella mia mente la sensazione che provavo nel sentire le sue labbra così maledettamente perfette a contatto con le mie.

Erano morbide, calde nonostante il freddo pungente, e quel piercing metallico non faceva che rendere il tutto ancora più fantastico.

Si separò con un leggero sorriso, e mi scompigliò appena i capelli biondi che mi ricadevano lisci sulle spalle.

- Ci vediamo domani? -

- Va bene... -

- Perfetto. Buonanotte piccola. - con un ultimo sguardo sparì nel vialetto ed andò a casa sua.

Sospirai ed entrai nel soggiorno, gettandomi letteralmente sul divano e poggiando la testa tra i soffici cuscini, inspirando profondamente e cercando di riordinare le idee, cosa alquanto complicata in quel momento.

Portai l'indice sul mio labbro inferiore e socchiusi gli occhi tentando di riportare alla memoria il suo sapore. Quella sensazione perfetta, ma che contemporaneamente mi faceva sentire un po' in colpa con me stessa.

Era tutto dannatamente complicato.

Ma perchè ero attratta dalle cose complicate?

***

- Lola... Lola, ma ti sei addormentata qui sul divano?! - la voce di mia madre che mi rimbombava nelle orecchie, stizzita e nervosa come al solito, mi riportò velocemente alla realtà.

Dovetti sbattere un paio di volte le palpebre prima di rendermi conto di essermi addormentata in salotto, con le cuffiette dell'iPod ancora nelle orecchie e completamente vestita proprio come quando ero tornata dall'appuntamento con Tom.

- Ehm... sì, direi di sì. Ero stanca. - mi giustificai passandomi una mano tra i capelli spettinati ed alzandomi dal divano, decisamente indolenzita data la strana posizione che avevo assunto durante la notte.

- Mmh. Hai fatto tardi anche ieri sera? -

- No, mamma. E comunque ero con Tom. -

- Con Tom? - la vidi aggrottare la fronte e guardarmi sospettosa - Tom Kaulitz? -

Sbuffai e annuii. - Sì. -

- E che ci facevi con Tom Kaulitz? -

- Dio! Cos'è, il terzo grado? Siamo usciti un po', tutto qui. Ora vado a studiare. - mi congedai e salii in camera chiudendomi subito la porta alle spalle.

Mia madre avrebbe sempre continuato a ripetermi che non andava bene che io uscissi con Tom. Lo faceva quand'eravamo piccoli e sospettava qualcosa, e avrebbe continuato a farlo fino alla fine dei miei giorni.

"E' perfetto come amico, ma non potrà mai avere una relazione seria. E' troppo superficiale." queste erano sempre state le sue parole, nonostante continuasse a ripeterle imperterrita da quando il chitarrista aveva soltanto dodici anni.

Sì, d'accordo, forse aveva ragione. Ma mi infastidiva sentirglielo dire.

D'altronde, la gente cambia, giusto?

Sorrisi tra me e me a quel pensiero, e scossi lentamente la testa.

Sì, la gente cambia, ma i miracoli non esistono.

Tom Kaulitz non sarebbe mai diventato un ragazzo "da storia seria" e avrei fatto meglio a mettermi in testa quell'idea, se non avrei voluto soffrire eccessivamente nel momento in cui sarebbe ripartito assieme a suo fratello e io sarei diventata nuovamente la ragazza della porta accanto.

Un rumore. Un cellulare che vibrava.

Mi voltai verso il telefono e lo presi in mano leggendo sul display. "Un nuovo messaggio". Spinsi il tasto centrale e mi comparì davanti agli occhi il messaggio di Bill.

"Piccola, buongiorno. Andiamo a pranzo insieme oggi? C'è anche Tom. Fammi sapere."

Non ci pensai nemmeno, risposi di getto.

"Certo, va bene. Passate da me e andiamo insieme :) a dopo."

Posai il cellulare sul letto e andai a fare una doccia bollente. Probabilmente mi aspettava un'altra giornata all'insegna della confusione. Una giornata che mi avrebbe stravolto ancora di più.

Ma che mi importava?

L'unica cosa che avrei voluto in quel momento era stare con lui.

E mi maledicevo per questo.




***

Ciao a tutti! Come state? u.u questo capitolo è corto e piatto, ma è un capitolo "di transizione" e ci voleva x)
Ringrazio Zucchelino, memy881, giady_crazy_, tokiettinaa, SplashedAlcoholic, Principessa Kaulitz (non potrei mai scordarmi di questa fan fiction. E' la mia piccola u.u), By your side, Arix2, cele 97 e Elengel483! :) a presto, spero!

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Capitolo venticinque





Qualche ora dopo ero già pronta e li aspettavo impaziente come mai prima. Non perchè non fossi mai uscita con loro, ovviamente, ma perchè semplicemente non sapevo come comportarmi con Tom.

La situazione era strana, non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi dal chitarrista. Poteva essere dolce e menefreghista, simpatico e acido allo stesso tempo.

Sapevo che rischiavo di soffrire per un nonnulla, anche per sciocchezze che probabilmente a lui sembravano banali. Non potevo sapere cosa pensava di me, ma avrei pagato oro per poter entrare anche soltanto per due minuti nella sua mente contorta.

Quando sentii un clacson di auto mi precipitai nel vialetto, e sorrisi impercettibilmente quando vidi Bill alla guida e Tom al suo fianco, entrambi impeccabili nei loro abiti all'ultima moda e gli occhiali da sole firmati sul viso.

Mi avvicinai ed entrai sedendomi al posto di dietro. - Ciao ragazzi. - salutai con un mezzo sorriso, e vidi Bill guardarmi dallo specchietto retrovisore.

- Ehi, stranamente oggi non ci hai fatto aspettare. - disse ridendo e partì nuovamente verso un ristorante; anche Tom mi fece un sorriso, per poi accendersi una sigaretta ed aprire il finestrino per far uscire fuori il fumo.

- Sai... - esordì Bill dopo qualche minuto di silenzio a dir poco imbarazzante - La... ehm... la prossima settimana ripartiamo. -

Non so perchè, infondo ero consapevole del fatto che non avrei mai potuto sperare che si fermassero a Lotische per sempre, eppure sentii quasi un tonfo allo stomaco.

Una settimana.

Una sola settimana e poi tutto sarebbe tornato come prima.

- Tornate ad Amburgo? - chiesi cercando di non far notare la voce leggermente inclinata.

- No... cioè, per un po' sì. Ma poi ci... trasferiamo a Los Angeles. -

Doveva essere un incubo, sì. Non era reale. Bill non mi aveva appena detto che si sarebbero trasferiti in un altro Continente, dall'altra parte del mondo. Non mi aveva appena detto che ci sarebbe stato un oceano a fare da barriera tra me e loro.

- Oh... -

- Per scrivere. - aggiunse Tom dopo qualche attimo, voltando appena il viso verso il mio. - Abbiamo uno studio di registrazione lì, così io e Bill andiamo a scrivere nuovi pezzi. -

- Tu... soltanto voi due? - chiesi confusa.

- Sì. Georg e Gustav... preferiscono restare qui. Sai, per... per le ragazze. - lo vidi distogliere appena lo sguardo, quasi leggermente imbarazzato.

- Capisco... - mormorai, senza sperare che dalla mia bocca uscissero altre parole.

Georg e Gustav preferivano restare in Germania per poter essere vicini alle loro ragazze, i gemelli... non avevano nulla a trattenerli qui.
Era semplicemente pazzesco che una parte di me volesse urlare che un motivo ce l'avevano, che ero io, che non potevano lasciarmi qui da sola, a condurre la mia solita vita piatta. Ma non l'avrei mai detto.

Cosa pretendevo?

Per loro ero soltanto la vecchia compagna di giochi.

Mi ero illusa di poter essere qualcosa di più per Tom, ma per quale motivo in realtà? Perchè era venuto a letto con me e perchè la sera prima era stato dolce nei miei confronti?

Sei una bambina, Lola.

Piccola.

Illusa.

Queste erano le parole che continuavano a rimbombarmi incessantemente nella testa, rimproveri, insulti contro me stessa.

Quasi non mi resi conto che Bill aveva parcheggiato l'auto nel vialetto di un locale poco fuori città e che i due erano già scesi e mi aspettavano.

Inspirai profondamente cercando di farmi coraggio ed uscii dalla macchina avvicinandomi al vocalist, che mi sorrideva appena.

- Entriamo... - fece quest'ultimo scortandomi nel ristorante, seguendo poi un cameriere che ci portava ad un tavolo riservato appositamente per i Kaulitz, lontano da occhi indiscreti e paparazzi sempre all’erta per guadagnare l’ultimo scoop succulento sui famosi gemelli.

Ci sedemmo, e quando Tom prese posto accanto a me non potei non inspirare il suo profumo dolce e intenso.

Lo stesso profumo della sera prima, lo stesso profumo di sempre.

Lo vidi togliere gli occhiali da sole e poggiarli sul tavolo, per poi sorridermi appena.

- Ci verrai a trovare? - la domanda di Bill ruppe per un momento il silenzio perfetto che si era venuto a creare, e io voltai il viso verso il suo.

- Quando potrò... - risposi con un mezzo sorriso.

- Potremmo... prenderti noi i biglietti. - fece Tom giocherellando con un tovagliolo e guardando distrattamente me e suo fratello ogni tanto. - I voli da qui all'America costano parecchio... quindi... potremmo... - fece spallucce.

- Certo. Ovviamente. - concordò Bill annuendo vigorosamente e guardandomi poi con la sua solita espressione solare. - Ci dirai tu quando, mh? -

- Va bene... - risposi con un mezzo sorriso, poi il cameriere venne a prendere le ordinazioni, salvandomi da quel momento così tremendamente imbarazzante e da un’imminente crisi di pianto che stava per impossessarsi di me.

Odiavo aver così tremendamente bisogno di loro.






***

Dio, mi starete odiando e avete perfettamente ragione! Non postavo da un secolo, chiedo umilmente perdono x)
Spero di rifarmi di moolti capitoli durante le vacanze di Natale, anche se parto e non so se potrò scrivere molto anche in quest'occasione. Scusate, scusate, scusate! Spero che continuerete a seguire la storia e che aspettare troppo tempo non vi annoi!
Ringrazio babyroby, memy881, SplashedAlcoholic, giady_crazy_, __Reset, Principessa Kaulitz, La_Blair, AnnsFreckLes, Silvmore e fdark96 per le recensioni!
Un bacio, a presto (spero!).

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Capitolo ventisei


 

- Io devo scappare. - fece Bill una volta parcheggiata l’auto davanti casa mia. Si voltò a guardare suo fratello - Vieni con me da Dean e Dan o resti a casa? -

Tom ridacchiò inarcando appena un sopracciglio. - Oh, ho una volta matta di venire con voi a parlare di abiti e scarpe col tacco, ma forse è meglio se resto a casa! - fece ironico, con un sorrisetto strafottente dipinto sulle labbra.

Il vocalist sbuffò e si voltò a guardarmi. - Crede di essere simpatico, è questa la cosa che mi rattrista! - lo prese in giro ridendo.

Risi anch’io e feci spallucce. - Che vuoi farci? Facciamoglielo credere. -

- Ehi! - Tom ci guardò con la bocca semiaperta - Cos’è, vi coalizzate ora? -

- Contro di te sempre. - gli sorrisi amabilmente ed uscii dall’auto. - Allora ci vediamo, mh? In bocca al lupo per gli abiti Bill, non sceglierli troppo attillati altrimenti va a finire che ti confondono sul serio con un palo della luce. -

- Sempre molto gentile! -

- Sempre! - risi e tornai in casa salutandoli con un ultimo cenno della mano.

Non appena fui entrata in casa, Bill si voltò verso il suo gemello e lo guardò interrogativo, come se stesse aspettando una qualche rivelazione che tardava ad arrivare. Il chitarrista lo fissò di rimando, apparentemente senza comprendere il suo modo di fissarlo.

- Bì? Che c’è? -

- Vuoi andare da lei vero? Non vieni con me per tornare da Lola? -

- Che?! - il moro rise nervoso - Ma che dici, figuriamoci. Lo sai che odio stare lì a fare tutte le vostre cose da… da donna! -

- Mh, certo, certo. Come ti pare fratellino. - fece il vocalist girando la chiave e mettendo in moto l’auto. – In bocca al lupo. -

- Oh dio, ti odio quando credi di sapere tutto! - sbuffò Tom uscendo dall’auto e chiudendo lo sportello.

- Ciao Tomi! - salutò Bill divertito, poi partì lasciando suo fratello sul ciglio della strada, con le mani nelle tasche della felpa ed un’espressione indecifrabile stampata sul volto.

Restò immobile per una manciata di secondi, in attesa di qualcosa che forse non sapeva nemmeno lui con precisione cosa fosse. Poi si voltò verso casa mia ed venne a suonare al campanello.

Maledetto gemello che gli leggeva sempre in testa!

Avevo appena indossato un pantaloncino che usavo in casa ed un top comodo, non pensando minimamente che sarebbe venuto a cercarmi dopo nemmeno mezz’ora.

Quando aprii e me lo ritrovai davanti, avvampai improvvisamente.

- Tom! -

- Eh sì, mi chiamano così. - rispose con un sorrisetto che sembrava velato di imbarazzo. - Mi fai entrare o restiamo sulla soglia? - chiese dopo qualche attimo.

Mi spostai automaticamente verso destra per permettergli di entrare, poi chiusi la porta dietro le sue spalle.

- Come mai qui? -

- Così. Non sapevo che fare… - infilò nuovamente le mani nelle tasche della felpa oversize e fece spallucce.

- Oh… beh… - avrei potuto fargli tremila domande in quel momento, circa la metà di quante me ne passavano per la testa, ma decisi di tener chiusa la bocca e soprattutto di reprimere il sarcasmo, per quest’occasione - Stavo studiando, ma non importa. - gli rivolsi un sorriso e gli feci cenno di seguirmi, salendo poi nella mia stanza.

Mi seguì e chiuse la porta alle sue spalle, guardandosi poi intorno una volta entrato.

- Che cosa stavi studiando? - si avvicinò sedendosi sulla scrivania e prendendo il libro aperto. - Oddio, chimica. - sbuffò e si mise a sfogliare le pagine distrattamente. - Non ricordo nulla di questa materia del cazzo. - rise e poi si soffermò su una pagina dove c’era una mia scritta.

Sì, come probabilmente fanno tutti, durante le lezioni perdevo tempo a scrivere frasi di canzoni sugli angoli dei miei libri.

“Strange, in your perfect world”

Sfiorò appena con l’indice la scritta, poi mi guardò. - Mh sì, effettivamente un po’ strana lo sei… -

Sorrisi e mi avvicinai di poco, appoggiandomi alla scrivania accanto a lui. - Forse troppo. -

- Forse, ma il mondo di nessuno è perfetto. -

- Nemmeno il tuo? - lo guardai negli occhi, e potrei giurare di averci scorto un filo di tristezza prima della sua risposta.

- No, affatto. - sorrise appena e posò il libro di chimica accanto a sé. - Credevi che lo fosse, Prinzessin? -

- No, ma credevo che a te andasse bene. Che fosse… il tuo mondo perfetto. -

- E’… è il mio mondo. - confermò con una leggera scrollata di spalle - Ma non è perfetto, non lo è affatto. -

- Devi accontentarti però. -

- Lo faccio già! - mi sorrise e fece spallucce, stiracchiandosi poi e infilando le mani nelle tasche della felpa. - Più tardi Georg mi ha chiesto se andiamo a bere qualcosa insieme, ti va di venire? -

Lo guardai sorpresa e sorrisi impercettibilmente. Come mai mi sembrava che Tom volesse rendermi in qualche modo partecipe della sua vita?

- Certo, se non sono di troppo. - risposi annuendo.

- Ma no, figurati. - guardò il grosso orologio che teneva al polso e poi posò nuovamente lo sguardo sul mio viso. - Ti passo a prendere tra un’ora? -

- Perfetto. - assentii e lo vidi scendere dalla scrivania per poi avvicinarsi alla porta. Fece per uscire, poi si rivolse nuovamente verso di me.

- Non mettere i soliti vestitini inguinali. -

Alzai un sopracciglio fissandolo in modo ironico. - Da quando mi ordini come devo vestirmi? -

Fece finta di pensarci per un po’, poi con un sorrisetto sarcastico mi rispose molto tranquillamente - Da ora. -, poi scese le scale ed uscì fuori casa prima che potessi ribattere.

Sorrisi appena e scossi la testa divertita, poi mi avvicinai all’armadio per scegliere cosa indossare.

Credeva davvero che mi sarei vestita come avrebbe voluto lui?

Forse aveva scordato quanto amavo farlo imbestialire; se poi era addirittura geloso, mi sarei divertita da morire.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27


Un’ora dopo ero pronta, ma ovviamente non avevo minimamente dato retta alla raccomandazione fattami da Tom poco prima.

Avevo indossato un vestito corto, nero, e delle scarpe con il tacco alto. Avevo contornato gli occhi con la mia irrinunciabile matita nera, ed ora lo stavo aspettando saluta sulla poltrona del soggiorno e facendo zapping alla televisione.

Quando sentii suonare al campanello andai ad aprire con tutta calma e sorrisi nel vedere la sua espressione non appena vide come mi ero vestita.

- Ma… che… - teneva lo sguardo fisso sulle sue gambe, e non emetteva un fiato.

- Tutto ok, Tom? -

- Ti avevo detto di… vestirti decentemente. -

- Non ti piace il mio vestito? -

- Nemmeno un po’. -

- Oh… - lo guardai facendo finta di essere dispiaciuta - Quindi non sto bene? - ridacchiai nel notare la sua fronte aggrottata dopo aver capito che mi ero vestita in quel modo soltanto per fargli un dispetto.

- Sei una stronza. -

- Ho imparato dal migliore. - dissi ammiccando ed uscendo di casa chiudendomi la porta alle spalle.

Mi guardò di sbieco e si diresse verso l’Audi. Entrai in auto con lui e gli sorrisi amabilmente.

- Mi vesto come mi pare, Kaulitz. -

- Vedi di non dare troppo nell’occhio almeno. -

- E perché non posso? -

- Perché non sarai sola, ragazzina. - mise in moto e partì - Con Tom Kaulitz e Georg Listing non passi inosservata, anche senza quello straccetto che ti sei messa addosso. -

- Siamo a Loitsche Tom, qui non sei più famoso del fruttivendolo della Kufenstrasse. -

- Vedremo. - borbottò risentito, con lo sguardo puntato sulla strada.

- Sei geloso. -

- Geloso?! - scoppiò a ridere - Di te? Ma fammi il piacere. Non lo ero a 13 anni, figuriamoci se lo sono oggi. -

- Se lo dici tu… - commentai con un sorrisetto divertito - A me sembra tanto che ti dia fastidio che altri possano guardarmi. -

- Oh piccola, non illuderti. - fece, mentre un ghigno si faceva largo sul suo volto - Con me nei paraggi, nessuno perderà tempo a guardare te. -

- Vedremo. - dissi, a mo’ di sfida.

- Non ci sperare troppo, Prinzessin. -

Scrollai le spalle, e restai in silenzio fino a quando arrivammo nel locale, appena fuori città, dove ci aspettava Georg.

Era una sorta di disco-pub, abbastanza grande ma non eccessivamente affollata.

Entrammo e raggiungemmo il bassista al tavolo, e quando mi vide sorrise alzandosi in piedi e venendoci incontro.

- Lola! Da quanto tempo… - mi baciò la guancia senza degnare Tom di uno sguardo. - Mh, sei… cresciuta parecchio! - disse ridendo e facendomi cenno di accomodarmi al tavolo con lui.

Senza badare al chitarrista, lo seguii sedendomi al suo fianco.

Aveva voluto una sfida?

Bene.

Poi che non mi venisse però a dire che non era geloso.

- Ehi, ci sono anche io qui eh. - sbuffò il moro dopo poco, sedendosi sul divanetto di fronte a noi e rivolgendo un’occhiataccia più che eloquente al suo amico, che d’altronde fece finta di nulla.

- Scusa Tom, è che non la vedo da tanto tempo! - disse semplicemente, per poi tornare a bombardarmi di domande come se fossimo stati due vecchi amici che avevano trascorso una vita insieme.

- Georg, ma tu non sei fidanzato? - fece Tom dopo poco, al che il bassista sbuffò sonoramente e sembrò tornare con i piedi per terra. - Stiamo solo parlando Tom, sta’ un po’ tranquillo. - borbottò alzandosi poi e prendendo il cellulare dalla tasca. - A proposito, la chiamo. Mi avrà dato per disperso ormai. -

Non appena si fu allontanato, il chitarrista occupò il posto vuoto accanto a me e mi sorrise amabilmente.

- 1 a 0 per me, Prinzessin. -

- Non stavo facendo nulla. -

- Volevi provarci con Georg? - schioccò la lingua e con un ghigno divertito - Non mi sembra il caso, non credi? -

- Vero - scrollai le spalle e presi la birra che teneva in mano bevendone un sorso - Meglio provarci con qualcuno che non è tuo amico, altrimenti non c’è gusto, effettivamente! -

Alzò un sopracciglio guardandomi incuriosito, al che io mi alzai dal divanetto e sorrisi guardandomi intorno in cerca di qualcuno con cui giocare un po’.

Vidi un paio di ragazzi seduti al bancone. Non erano niente male, e dovevano avere all’incirca la mia età.

Mi sistemai i capelli e mi avvicinai a loro iniziando a far uso di tutte le mie doti da abile seduttrice.

Tom?

Tom semplicemente rodeva dalla gelosia, e non avrei potuto mai immaginare di essere più soddisfatta di me che in quel momento.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Capitolo ventotto


Quei due ragazzi mi sbavavano letteralmente addosso, non poteva che essere più evidente di così. Ero appoggiata al bancone accanto a loro, ridevo e scherzavo tranquillamente come se li conoscessi da una vita, voltandomi soltanto ogni tanto verso Tom, che era seduto con il bassista e cercava di ignorarmi alla meno peggio.

Uno dei ragazzi, mi pare si chiamasse Wilhelm, mi passò un braccio attorno alle spalle dopo poco, e avvicinò il viso al mio sorridendomi. Mi allontanai istintivamente; non volevo fare sul serio, ma soltanto parlargli per far ingelosire il chitarrista.
Evidentemente però lui non voleva la stessa cosa.

E l’alcol che aveva in corpo lo faceva ragionare meno di quanto avrebbe fatto in un’altra occasione.

- Che c’è, dolcezza, qual è il problema? -

Ridacchiò e tentò nuovamente di avvicinarsi a me, posando le mani sui miei fianchi facendo una leggera pressione.
Scossi la testa e lo spinsi piano lontano da me, sbuffando.

- E lasciami in pace. Me ne torno dai miei amici. -

Feci per andarmene, ma Wilhelm mi prese per il polso impedendomi di allontanarmi. Mi strattonò accanto a sé ridacchiando, e si morse il labbro fissandomi spudoratamente le gambe.

- No, adesso ci divertiamo… come dico io. -

Mi guardai intorno cercando Tom con la coda dell’occhio, ma non era più sul divanetto e non avevo la più pallida idea di dove fosse andato. Mi maledissi mentalmente per essermi allontanata da lui anche solo per un momento, e tentai di non lasciarmi prendere dalla paura.

In fondo eravamo in un posto affollato, in un pub, che diavolo avrebbe potuto fare in mezzo a tutta quella gente?!

- Lasciami. Voglio andare via. - ribattei strattonandomi nuovamente dalla sua presa e mettendo le braccia conserte, cercando in qualche modo di allontanarmi da lui.

Rise ancora e mi spinse contro il muro, noncurante del dolore che provai inciampando in uno sgabello, che cadde per terra. Nel frastuono generale però, nessuno notò nulla. Non notarono nemmeno il modo in cui, famelico, il ragazzo si avvicinava a me.

- Lasciami in pace ti ho detto. Guarda che mi metto ad urlare. -

Sorrise beffardo e si posizionò proprio di fronte a me. Come diavolo avevo fatto a non notare sin dal principio i suoi occhi che lasciavano chiaramente intendere quanto poco fosse lucido?

- Credi che qualcuno ti sentirebbe, ragazzina? Guardati intorno. - sghignazzò e avvicinò il viso al mio, bloccandomi i polsi contro il muro e posando le labbra sul mio collo.

Strizzai gli occhi sentendo che emanava uno spiacevole odore di alcol e fumo. Non appena aprii la bocca per urlare, me la tappò con la mano e spinse con violenza il suo corpo già eccitato contro il mio.

Disgustata, gli morsi con violenza il palmo della mano, e lo vidi allontanarsi di poco emettendo un urlo, che però venne soffocato dalla musica.

Approfittando del suo interesse momentaneo per la “ferita” che gli avevo procurato, corsi verso l’uscita di sicurezza lì vicina.

Mi sentivo come catapultata in un film horror, quei film che però non vanno mai a finire bene. Dio, quant’ero stata stupida.
- Tom, dove cazzo sei quando ho bisogno di te. - sussurrai tra me e me aprendo la porta; sentii una mano spingermi con violenza fuori e caddi per terra, in strada, gemendo dal dolore. Mi guardai intorno ed imprecai mentalmente. L’uscita secondaria dava su un vicolo cieco, deserto.

Guardai il ragazzo che veniva verso di me, e gli occhi mi si fecero improvvisamente lucidi. Stranamente mi sembrava molto più grosso di poco prima, e la paura mi stava dilaniando dentro.

- Grazie bambola, qui fuori è molto meglio. - rise, ed in meno di due secondi me lo ritrovai sopra. Cercai di divincolarmi ed urlare, ma mi riusciva persino difficile data la paura. Per di più, la mia bocca era troppo impegnata a gemere per il dolore provocato dalle sue mani e dai rifiuti su cui ero caduta.

- Lasciami, basta! - lo implorai quasi, tentando di allontanarlo da me.

Brava Lola, complimenti. Sai che questa è tutta colpa tua, vero? Oh sì che lo sai. Se tu fossi rimasta accanto a Tom, com’era in programma, tutto questo non starebbe accadendo. Ma invece no, come sempre devi fare la testarda, ed ora ne pagherai le conseguenze una volta per tutte.

Quell’irritante vocetta dentro di me mi metteva ancora più paura.

Gemetti dal dolore, sentendo un coccio di vetro graffiarmi la coscia, e Wilhelm si posizionò velocemente tra le mie gambe, urlandomi di stare zitta.

- Smettila di lamentarti, era quello che volevi da quando ti sei avvicinata a me! - strillò portando la mano sulla mia bocca e spingendomi la nuca per terra.

Poi finì tutto.

Lo vidi sparire in un baleno da sopra di me, e cadere dall’altra parte della strada. In un attimo Tom era sopra di lui e lo stava riempiendo di pugni allo stomaco.

Da dove era arrivato, come diavolo aveva fatto a trovarmi?

- Che cazzo volevi fare, eh? Pezzo di merda! - lo sentii urlare mentre gli dava un calcio nello stomaco. Adesso il ragazzo sembrava così inerme. Era troppo fatto, troppo ubriaco per reagire a qualsiasi cosa.

Vidi una figura piegarsi accanto a me, e mi allontanai istintivamente.

- Lola. Piccola sta tranquilla. - mi tranquillizzai appena nel sentire la voce di Georg, e mugolai dal dolore quando tentò di sollevarmi. - Scusa, scusa. Mio dio. - sussurrò, e soltanto mettendomi seduta capii a cosa si riferiva.

Ero più mal ridotta di quanto pensassi.

Le gambe erano graffiate in più punti, il vestito era strappato sui bordi ed ero praticamente mezza nuda.

- E’ tutto finito. - mormorò, poi si voltò verso Tom. - Tom, cazzo vieni qui lascia stare quello stronzo adesso. - urlò. Il chitarrista si girò verso di noi, e vedendomi mollò la presa di Wilhelm avvicinandosi velocemente. Si piegò sulle ginocchia, mentre un’espressione indecifrabile si faceva largo sul suo volto.

Rabbia, paura, preoccupazione.

Sentii le sue mani grandi afferrarmi delicatamente dalle spalle ed avvicinarmi a lui. Mi tenne tra le sue braccia e guardò Georg.

- Chiama un’ambulanza e la polizia per quello stronzo. Muoviti. -

Il bassista annuì e si alzò uscendo il cellulare dalla tasca e digitando in fretta dei numeri.

- Che cazzo di situazione. - mormorò Tom stringendomi appena tra le sue braccia. Mi appoggiai al suo petto e una lacrima mi rigò la guancia, scivolando giù lentamente.

- Ehi… piccola è tutto ok adesso. - sussurrò asciugandomi la guancia con il pollice e baciandomi delicatamente la fronte. - Non è successo nulla. È finito tutto. -

Mi tenne stretta a sé fino all’arrivo dell’ambulanza, senza mai lasciarmi.





***
Ciao a tutti! E' da secoli che non posto, e sicuramente avrete completamente dimenticato la mia fan fiction '-' per di più questo capitolo non mi piace neanche un po', ma avevo troppo bisogno di scriver... quindi l'ho fatto, e ne ho approfittato per aggiornare dopo mesi :) spero che nonostante il ritardo mi farete sapere cosa ne pensate!
Un bacione.


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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Capitolo ventinove





Non ricordo bene ciò che accadde subito dopo.

Credo che sia arrivata l’ambulanza, e successivamente anche la polizia. Wilhelm era stato portato in Centrale e sottoposto ad ogni genere di domande, poi era stato arrestato.

Io fui portata in ospedale per dei controlli.

Mi misero delle fasciature alle gambe, ed ebbi cinque punti di sutura sulla coscia, dove mi si era conficcato il coccio di vetro. Non fui ricoverata, però; Tom mi riportò a casa, e durante il viaggio non disse una parola. Ci fu un silenzio che oserei definire tetro per tutto il tragitto.

Quando accostò nel vialetto, spense i fari dell’auto lasciandoci illuminati soltanto dalla luce della Luna, e si voltò verso di me titubante.

- Stai bene? -

- Io… sì, credo di sì. - mormorai, senza però guardarlo negli occhi. Non ne avevo il coraggio. Ero terrorizzata dal fatto che avrei potuto scorgerci rimprovero, o addirittura… disgusto.

Sì, Wilhelm non era arrivato a violentarmi, ma c’era andato vicino ed era solo ed esclusivamente colpa mia. Ne ero consapevole.

- Sei una stupida. - sbottò all’improvviso. Mi voltai verso di lui di scatto, quasi fossi stata colpita da una scarica elettrica, e lo vidi fissarmi con un’espressione che però non riuscii a decifrare con chiarezza.

- Lo so Tom, mi dispiace io non pensavo che… - iniziai a parlare mestamente, quasi in un sussurro, ma mi interruppe velocemente, alzando la mano e zittendomi.

- No. È ovvio. Non pensavi. - fece, ironico e pungente. - La tua unica preoccupazione era farmela pagare, farmi vedere che sei tu a vincere, sempre e comunque. No? E invece guarda in che cazzo di situazione sei andata a finire. - indicò il mio vestito strappato e i graffi sulle gambe e scosse la testa.

- Se io non fossi arrivato in tempo… cazzo Lola, ma te ne rendi conto? - si portò le mani al viso inspirando appena, cercando di calmarsi. - Sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa. Stava accadendo, porca puttana. -

Gli occhi mi si fecero lucidi, ma non sapevo, né so ancora ora il motivo esatto.

Ero arrabbiata con me stessa, ancora spaventata, e per di più sentivo un magone nello stomaco grande quanto una casa. Avvertii una lacrima leggera rigarmi la guancia, e portai la mano ad asciugarla in fretta.

- Scusami… - sussurrai, anche se non capivo nemmeno con precisione per quale motivo mi stessi scusando.

Lo vidi alzare il viso e fissarmi, scuotendo poi la testa lentamente. - E’ passato. - mormorò, quasi a voler eliminare anche le sue parole di poco prima. Afferrò delicatamente il mio polso e mi avvicinò in quel modo al suo corpo.

Si sporse verso di me sul sedile e mi strinse piano al suo petto, baciandomi la nuca.

Sentii gli occhi pizzicarmi ancora, mentre avvertivo le sue braccia avvolgermi con protezione ed abbracciarmi con dolcezza. Inspirai il suo profumo intenso e, nonostante tutto, per un momento scordai ogni cosa.

Mi sentivo bene, in pace, al sicuro, e desiderai che quell’attimo non terminasse mai.

- Ti accompagno. - mormorò dopo poco, sfiorandomi un’ultima volta i capelli, per poi sciogliere l’abbraccio e guardarmi aspettando una conferma.

- Sì… - sussurrai annuendo, poi uscii dall’auto e arrivai alla porta scortata da lui; zoppicavo, e dovette tenermi per i fianchi per non farmi cadere.

Aprii la porta ed entrammo in soggiorno, al che fissai le scale che avrei dovuto salire per arrivare in camera e sospirai appena. - Mi sembrano una montagna. - sorrisi appena, per sdrammatizzare, ed ebbi bisogno di appoggiarmi al muro dato che la gamba iniziava a farmi più male.

- Andiamo, vieni qui. - si avvicinò e, come se fossi una piuma, mi sollevò tra le braccia. Salì al piano di sopra ed entrò nella mia stanza con circospezione, facendo attenzione a non fare il minimo rumore per non svegliare i miei genitori. Mi lasciò con delicatezza sul letto e mi sfiorò la gamba. - Fa molto male? - chiese preoccupato.

- Abbastanza… - ammisi, stringendomi nelle spalle. Sospirai e presi la t-shirt larga, posata sul letto e che ero solita usare come pigiama, e tolsi il vestito infilandomela. Non mi curavo del fatto che Tom fosse ancora lì; mi aveva vista ben più nuda di così.

- Riposati ora… - mormorò guardandomi mentre mi stendevo sul materasso. infilandomi lentamente sotto le coperte. - Passo domani mattina per vedere come stai, va bene? -

- Sì… d’accordo. -

Mi sorrise appena, in modo incerto, poi fece per andarsene. Non so con esattezza perché lo fermai, ma fu come se una molla fosse scattata dentro di me, e non riuscii a fermarla.

- Tom…? - lo chiamai titubante.

Lo vidi voltarsi verso di me e restare sulla soglia della porta. - Sì? -

- Puoi… - presi un sospiro, un po’ imbarazzata. - Puoi restare qui con me? -

Il moro mi guardò, sorpreso ed intenerito al tempo stesso. - Certo… - bisbigliò appena, annuendo. Si avvicinò alla poltroncina che era accanto al letto, togliendosi la felpa e restando in t-shirt. Fece per sedersi, ma lo fermai.

- No… intendevo dire… qui - indicai il posto accanto al mio, impacciata. - Puoi soltanto… abbracciarmi? - mormorai.

Non disse nulla; si limitò a fissarmi negli occhi in silenzio, per poi avvicinarsi al letto e stendersi piano accanto a me. Mi avvicinò al suo corpo facendomi appoggiare al suo petto, mentre dolcemente mi accarezzava la schiena.

Chiusi gli occhi, tenendomi stretta a lui mentre l’unico rumore che si sentiva era quello dei battiti dei nostri cuori.

Restammo così tutta la notte.





***

Salve a tutte :D avete visto? Stavolta non vi ho fatte attendere troppo a lungo per il nuovo capitolo ù.ù
Ora, se qualcuna di voi è appassionata della serie "Buffy, the vampire Slayer", saprà che l'ultima parte del capitolo non è frutto del mio animo romantico x) è una scena di quel telefilm, che io ho deciso di, diciamo, "prendere in prestito", poichè mi piace molto. Ci ho tenuto a precisarlo perchè non mi piace prendere meriti che non mi appartengono del tutto ;)
Ringrazio memy881, Elengel483, giady_crazy_, DarkAngel14, JulesTH e katyakaulitz96 per le recensioni. Ne approfitto per ringraziare anche tutte coloro che hanno messo la ff tra le preferite o le seguite, siete tantissime e non smetterò mai di ringraziarvi per questo :)
Un bacio, alla prossima!

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Capitolo trenta






Quando la mattina mi svegliai, Tom dormiva accanto a me con entrambe le braccia allacciate ai miei fianchi; probabilmente mi aveva tenuta stretta a sé per tutta la notte. Mi sfilai con delicatezza dalla sua presa e mi misi seduta, abbassando lo sguardo verso le mie gambe ferite. Sbuffai appena sfiorando uno dei tanti cerotti, e mi alzai zoppicando per andare a fare una doccia.

- Lola… - la sua voce, ancora assonnata, mi fermò e mi voltai verso di lui.

- Ehi… buongiorno. - sorrisi appena, appoggiandomi al mobile dato che non riuscivo a stare ferma su entrambe le gambe per molto tempo.

Lo vidi mettersi seduto a sua volta e guardarmi, per poi alzarsi sbadigliando. - Che stai facendo? -

- Volevo fare una doccia. -

Tom annuì e mi si avvicinò lentamente. - Ma riesci a stare in piedi? - fece, dando un’occhiata alla mia caviglia fasciata.

Effettivamente faceva male, parecchio, e non sapevo se sarei riuscita a restare in piedi nel box doccia il tempo necessario per lavarmi, ma di sicuro non volevo iniziare ad emanare strani odori a causa di alcuni tagli sulle gambe ed una contusione alla caviglia.

- Ma sì, certo. Fa già meno male. - mentii e lui lo capì, ma annuì appena comprendendomi.

Volevo far finta che non fosse successo nulla, volevo dimenticare la serata precedente e comportarmi come avrei fatto in una normalissima mattinata qualunque.

- Forse è meglio che vada anche io a casa a fare una doccia. - disse recuperando la sua felpa extralarge dalla poltrona ed infilandosela. - Ci vediamo dopo, va bene? -

Non volevo che si preoccupasse per me, gli avevo causato già fin troppi grattacapi e preoccupazioni. Di solito non ero abituata ad avere gente che mi ronzava intorno chiedendomi come stavo, avevo sempre fatto tutto da sola, anche nei “brutti momenti”.

- Se hai da fare sta’ tranquillo, io sto bene davvero. - dissi, dunque, stringendomi appena nella spalle.

- Non fare la stupida. - mi ribeccò con una punta di scetticismo. - Non importa se ho impegni, e comunque questi sono gli ultimi giorni in cui posso fare ciò che fanno le persone normali, senza televisione o giornalisti al seguito, quindi non mi va di andare in giro per Amburgo a farmi fotografare anche quando bevo un caffè. - mi sorrise, facendomi capire con quelle parole che non l’avrei dissuaso dallo starmi vicino.

- D’accordo, capo. - feci, increspando le labbra in un sorriso riconoscente. - Grazie. -

Il chitarrista allungò una mano verso di me e sfiorò i miei capelli, spostandomeli dietro l’orecchio con fare affettuoso. Si avvicinò e posò le labbra sulla mia fronte, stampando un bacio delicato sulla mia pelle pallida.

- Ci vediamo dopo. - si congedò poi, sorridendomi un’ultima volta prima di sparire giù per le scale.

Entrai in bagno chiudendomi la porta alle spalle, al che mi appoggiai con le mani al lavandino alzando lo sguardo verso lo specchio. Il mio viso pallido era decorato da macchie di matita nera che era colata, un po’ a causa delle lacrime della sera precedente, un po’ perché avevo dormito senza prima struccarmi.

Sospirai e mi spogliai lentamente, stringendo ogni tanto i denti dal dolore quando sfioravo una ferita, poi mi infilai sotto il getto tiepido della doccia e mi lasciai cullare dall’acqua.

Ora come ora, la cosa che mi preoccupava maggiormente era cercare di comportarmi come se non fosse accaduto nulla. Eravamo a Loitsche, una frazione di paese con nemmeno mille abitanti, e le notizie correvano alla velocità della luce tra la gente.

In giro si sarebbe sparsa la voce di una rissa avvenuta in un bar. Poi, si sarebbe venuto a sapere che a causare quella rissa era stato Tom Kaulitz, perché voleva proteggere la sua “vecchia amica” da una “possibile” violenza sessuale.

E, nel giro di qualche ora, la notizia sarebbe arrivata a mia madre.

Ora, non mi preoccupava molto ciò che mi avrebbe detto, i rimproveri che avrei ricevuto, eccetera.

Mi infastidiva il fatto che, e avrei potuto metterci la mano sul fuoco, avrebbe dato la colpa di quanto era accaduto a Tom. Avrebbe ribadito che non era un ragazzo affidabile, e tante stronzate del genere.

Ero già pronta alla sua ramanzina.

Dopo circa dieci minuti sotto l’acqua calda, la gamba iniziò a farmi ancora più male, perciò uscii dalla doccia e mi avvolsi in un accappatoio ritornando nella mia stanza e sedendomi sul letto, tamponandomi i capelli bagnati con un asciugamano.

Vidi la porta spalancarsi di colpo e sobbalzai, mentre mia madre irrompeva nella mia stanza con un’espressione furiosa stampata sul volto.

- Che ci faceva Tom qui? -

- Eh? - chiesi, confusa.

- Tom. Ha dormito qui, vero? L’ho visto uscire di casa. Lui non mi ha vista. Per fortuna, aggiungerei. Mi sarei ritrovata in una posizione abbastanza imbarazzante. -

- Mamma. - sbuffai, togliendomi l’asciugamano dalla testa e lasciando che i lunghi capelli biondi ricadessero umidi sulle mie spalle. - Non è successo niente. Ha semplicemente dormito qui, ieri sera… siamo tornati tardi, mi ha accompagnata qui e ci siamo addormentati. -

- Oh, certo, va’ a raccontarlo a qualcun altro. - borbottò indispettita, incrociando le braccia al petto e guardandomi torva. - Ti ho già detto che non voglio che tu e Tom vi mettiate insieme o roba varia, è un bravo ragazzo ma non può essere il “tuo” ragazzo. - fece, sottolineando con forza l’aggettivo possessivo.

- Non è il “mio” ragazzo. - ribattei tranquillamente, mettendomi poi in piedi ed aprendo le ante dell’armadio per cercare qualcosa da mettermi.

- Bene. E, se dovessi ancora vederlo uscire dalla tua camera di mattina presto, capendo che ha dormito qui, saranno fatti tuoi. - mi minacciò, uscendo poi dalla mia stanza e chiudendosi la porta alle spalle con violenza.

Sospirai ed infilai la biancheria ed una tuta larga e comoda, asciugandomi poi i capelli e stendendomi nuovamente a letto. Presi l’iPod e misi le cuffiette, lasciandomi cullare dalla musica che trasmetteva.

. . .

- Non fare rumore, ma non lo vedi che dorme?! -

- Ho capito, ma siamo qui, deve pur svegliarsi. -

- Smettila di usare quel tono, abbassa la voc… - aprii gli occhi ed incrociai quelli di Bill, che guardò male suo fratello per poi continuare la frase - …voce. Troppo tardi. - venne a sedersi accanto a me e mi sorrise. - Come ti senti? -

Mi sollevai e tolsi le cuffiette dell’iPod, ormai scarico, dalle orecchie. - Bene, sto bene. - dissi, capendo dalla sua domanda che Tom l’aveva informato su quanto era accaduto.

- Tua madre mi ha guardato male quando siamo entrati. - mi voltai verso Tom, che era seduto sulla mia scrivania e mi guardava abbastanza divertito.

- Sì, ehm… stamattina ti ha visto uscire dalla mia stanza e si è “insospettita”. -

- L’avevo immaginato. - ridacchiò, poi si fece un po’ più serio. - Le hai detto… -

- No. - risposi senza aspettare che continuasse. - Non gliel’ho detto, e spero vivamente che non lo venga a sapere. Sarebbe soltanto una scocciatura, e poi… non c’è niente da sapere, non è successo nulla. -

- Per fortuna. - aggiunse il vocalist, dal posto accanto al mio. - Comunque… - voltò il viso verso di me, mentre un’ombra triste lo attraversava. - Noi… dopodomani partiamo, lo sai no? -

- Oh… - aggrottai appena la fronte, poi annuii. - Sì, me l’avevate detto… -

- Mamma e Gordon hanno organizzato una cena domani, a casa nostra. Ci sarà anche Andreas. Per… beh, per salutarci prima di partire. Vieni anche tu? -

- …certo. - sorrisi appena, annuendo. In tutto quel trambusto non avevo pensato che questi erano i nostri “ultimi” giorni insieme. Decisamente non sarebbe stato come gli altri anni. Questo “ritorno a casa” era stato diverso, mi ero riavvicinata tanto ad entrambi, anche se in modo diverso, e la sola idea di un nuovo distacco mi faceva venire un magone allo stomaco.

- Va bene. - Bill mi sorrise, baciandomi la guancia, poi guardò il suo orologio e sbuffò. - Devo andare. David mi aspetta per decidere le ultime cose. - si alzò dal letto e guardò il gemello, che nel frattempo era rimasto in silenzio a guardarci. - Ti chiamo dopo per farti sapere. - gli disse, poi con un cenno scese ed uscì.

Guardai Tom e sorrisi appena. - Allora… America, eh? - feci, tentando di apparire allegra.

- Già. Los Angeles. - precisò, scendendo dalla scrivania e venendo a sedersi accanto a me.

- Dillo che ti mancherò terribilmente…! - scherzai, ridendo e guardandolo.

Mi guardò per qualche secondo sorridendo, poi scrollò le spalle con un’espressione indifferente. - Mah… non particolarmente. -

- Ma che stronzo! - gli diedi una spinta, al che mi fermò per il polso ridendo e mi guardò in viso.

- Stupida. Lo sai che mi mancherai più di tutti. -




***

Ciao a tutti! :D come avrete capito, siamo quasi alla fine di questa fan fiction. Non sapete quando sono felice del fatto che in tanti la seguiate, anche se so che non tutti commentano (mi farebbe piacere che lo faceste, vorrei tanto sapere cosa ne pensate! Anche commenti negativi, ovviamente!). Comunque, i ringraziamenti più "calorosi" li farò nell'ultimo capitolo. Per ora ringrazio soprattutto giady_crazy_, memy881, DarkAngel14, __Reset e Jules TH per aver commentato il capitolo precedente.
Un bacio, alla prossima.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Capitolo trentuno





- Vuoi uscire, ti va? - fece Tom voltandosi verso di me. Ero stesa sul letto ed avevo appena finito di rimettere la fasciatura alla caviglia; da quando Bill era andato via avevamo parlato un po’ del più e del meno, proprio come dei buoni vecchi amici.

- Mh, sì, forse è meglio uscire che stare qui. - risposi, ripensando a ciò che mi aveva detto mia madre la mattina. Sicuramente, se mi avesse vista in camera con Tom avrebbe iniziato con le sue mille seghe mentali. - Dove andiamo? - gli chiesi, mettendomi seduta ed afferrando una felpa dal cassetto accanto al letto.

- Andiamo al laghetto, ti va? - mi sorrise, mettendosi in piedi ed aspettando che finissi. Mi alzai annuendo e zoppicai fino alla porta. Mi piegai e presi le mie All Star nere, indossandole e guardandolo poi.

- Pronta! - annunciai, nonostante sapessi ciò che stava pensando. Zoppicavo ancora, ovviamente, e non ero nel “pieno” delle mie forze. Lo vidi un po’ titubante, per cui mi affrettai ad aggiungere: - Andiamo Tom, sto bene. Dico davvero. E poi ci sei tu con me, no? - risi e mi appoggiai al muro.

Tom scosse la testa sorridendo appena, poi acconsentì facendo un cenno con la nuca. - Va bene, va bene. Spero soltanto di non doverti prendere in braccio, hai messo su un bel po’ di chili ultimamente, sai? - mi prese in giro avvicinandosi a me ed arruffandomi i capelli.

Scherzando e prendendoci in giro scendemmo le scale e ci mettemmo in auto. Guidò sino al boschetto, poi parcheggiò la sua Audi ed insieme ci incamminammo tra le erbe alte, cercando il sentiero per arrivare al nostro vecchio “rifugio segreto”. - Ce la fai? - mi chiese premuroso sentendomi sospirare appena, di stanchezza, soltanto dopo aver fatto una dozzina di passi.

- Sì, certo. È solo… una contusione. - sorrisi appena, appoggiandomi ad un tronco d’albero e sfiorandomi la caviglia con la mano.
Lo vidi avvicinarsi a me e cingermi la vita con un braccio, mantenendo praticamente tutto il mio peso per non farmi sentire il dolore alla caviglia. Mi appoggiai al suo petto, socchiudendo istintivamente gli occhi nel sentire il suo profumo intenso. Il profumo che qualche giorno prima avevo sentito sulla mia pelle, lo stesso che mi aveva fatta sospirare e, contemporaneamente, innervosire.

- Va un po’ meglio? - mi mormorò scrupoloso, dopo qualche secondo passato a sorreggermi in quel modo. Annuii e voltai il viso verso il suo sorridendogli, cercando di rassicurarlo con lo sguardo.

- Sì, grazie. Ce la faccio adesso. - tornai a portare il mio peso sui miei piedi, ed insieme ricominciammo a camminare sino ad arrivare al laghetto.

Quello era, probabilmente, l’unico luogo che in così tanti anni non era mai cambiato di una virgola. Gli odori, i suoni, era tutto come quando eravamo soltanto dei bambini che volevano giocare insieme e divertirsi, senza pensieri per la testa, senza preoccupazioni per questa o quest’altra faccenda.

- Eccoci qui. - annunciò il chitarrista increspando le labbra in un sorriso. Andò a sedersi sotto una quercia, con le spalle contro il tronco, e mi fece cenno con una mano di raggiungerlo. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui, vedendolo infilare una mano nella tasca della felpa extra large ed uscirne un pacchetto di Marlboro rosse. Prese tra le dita una sigaretta e l’accese, portandola poi alle labbra ed inspirandone il fumo acre.

- Visto? Anche se adesso vi conoscono in tutto il mondo e riescono a scovarvi ovunque, quando vorrai stare un po’ solo ed in pace questo è il luogo in cui potrai farlo. - feci, con voce solenne, ridacchiando e stiracchiandomi.

- Mmh… - annuì pensieroso. - Da Los Angeles sarà un po’ difficile, però, venirci ogni volta che voglio stare da solo. – rise appena, mentre un leggero velo di malinconia attraversava la sua voce, di solito sicura e strafottente.

- Che hai, Tom? - lo guardai incuriosita, voltando meglio il corpo verso il suo e fissando il suo viso. Era imperturbabile, indossava la solita maschera da duro. Quella di sempre, quella che si era messo a quindici anni e non aveva mai tolto da allora. Quella che tutto il mondo conosceva come Tom Kaulitz.

- Che ho? - ripetè, inspirando nuovamente del fumo e guardando un punto indefinito di fronte a sé.

- Dai, non prendermi in giro. E smettila di comportarti come se io fossi una giornalista pronta a scrivere ogni tua singola parola, compresa l’intonazione e quanto costantemente prendi fiato. - sospirai, e lo vidi voltarsi verso di me e sorridere appena.

- Scusa, è l’abitudine. - ammise, accennando una scusa con lo sguardo. - Ormai parlo soltanto con chi vuole sapere qualcosa di me per poi spifferarlo ai quattro venti, non riesco più ad essere me stesso. - sembrava come se avesse aperto una sorta di valvola di sfogo, e che tutto ciò che aveva represso in anni ed anni stesse venendo fuori ora. - Sai è… è bello essere famosi eccetera, però… non so. C’è qualcosa. O meglio, non c’è qualcosa. -

- Cosa intendi? -

- Beh… - sospirò e portò nuovamente la sigaretta tra le labbra, inspirando. Espirò del fumo grigio e puntò gli occhi nocciola nei miei azzurri. - E’ difficile da spiegare, in realtà. La nostra vita è… è piena, capisci? La mattina siamo sempre in giro per interviste e roba varia. Scriviamo, suoniamo, proviamo, e la sera c’è sempre una groupie che mi aspetta in camera. - si fermò un attimo, poi aggiunse: - A volte anche due. -

Lo guardai male e roteai gli occhi, ma mi sorrise in segno di scuse per poi continuare. - Comunque sia… non che non mi piaccia, anzi…! Però… insomma, ti capita mai di sentire il bisogno di qualcosa e non sapere neppure… di cosa in realtà? -

- Sì. Spesso. - confessai, stringendomi nelle spalle ed infilando le mani nelle tasche della mia felpa. - Ma poi penso che non ne vale la pena di stare male, soprattutto se non si conosce il motivo reale. -

- Hai ragione. - mi concesse, poi spense la sigaretta nella terra e voltò il viso verso il mio. - Peccato che non potrò usarti come psicologa personale ogni qualvolta ne avrò bisogno, da dopodomani. - fece, ridendo.

- Ne hai fatto a meno per tanti anni… - sorrisi appena, scrollando le spalle. - A malapena ci salutavamo fino ad un mese fa, lo sai… - effettivamente, pensandoci, mi sembrava ancora strano che in così poco tempo il nostro rapporto fosse cambiato, per la seconda volta, in modo così radicale.

- Lo so. - Tom annuì. - Ma… andiamo, lo sai che non mi faceva piacere vederti come un’estranea. - sospirò e si stiracchiò, poggiando nuovamente la schiena contro l’albero. - La situazione che c’era tra di noi era insostenibile, e soprattutto non c’era un motivo valido per comportarci come se ci fossimo minacciati di morte… -

- Vero. - concordai. - Ma… eravamo troppo piccoli, ed abbiamo fatto “alcune cose” troppo in fretta. - feci, con una punta di imbarazzo nella voce. Quei ricordi erano ancora vividi nella mia mente, le sensazioni e le emozioni di averlo così vicino per la prima volta mi erano sempre rimaste impresse come se fosse accaduto minuti prima, e non interi anni.

- No, dai. - il chitarrista rise di gusto, scuotendo poi la testa. - E’ vero eravamo piccoli, ma non troppo…! - scrollò le spalle con nonchalance, come se fosse una cosa da poco conto.

- Tom! Avevo undici anni! - ribattei, senza nascondere il divertimento.

- E io tredici, e allora? - mi guardò divertito. - Sicuramente me la cavai bene pur essendo alle prime armi, non negare! -

- Oh, ti prego. - mi portai le mani sul viso arrossendo violentemente. Ricordavo benissimo il modo in cui mi ero sentita, così tremendamente imbarazzata e goffa. - Fu un’esperienza traumatizzante! - esagerai volontariamente, usando un teatrale tono di voce.

- Traumatizzante?! Ovvio, non pensavi che un ragazzino di tredici anni potesse essere così ben dotato, vero? - disse ridendo ancora, divertito dalla mia espressione scherzosa ma al contempo imbarazzata da morire.

- Uuuh… “dotato” è un parolone, Tom! -

- Ehi, ragazzina! - in meno di due secondi lo ritrovai steso sul mio corpo, che sorrideva puntando gli occhi nei miei. Non mi aveva fatto male, mi aveva spinta piano sull’erbetta fresca e si era messo su di me bloccandomi i polsi ai lati della testa. - Che c’è, la memoria gioca brutti scherzi? -

- Nah, io ne ho da vendere di buona memoria. Non credi di essere tu ad avere un po’ troppa stima di te stesso? - lo presi in giro sorridendo furbescamente. - O meglio… troppa stima del tuo amico lì sotto. - feci, accennando con lo sguardo alle sue “parti basse”, senza che il sorriso sparisse dal mio volto.

- Forse vuoi rivederlo per accertartene, mh? - si morse piano il labbro ed avvicinò il viso al mio. Quando sentii il suo respiro sulle mie labbra, il sorriso si affievolì e restai ipnotizzata dai suoi occhi così dannatamente perfetti. Niente più giochi, niente più scherzi. Il tutto si era trasformato in qualcosa di straordinariamente serio.

Lo sentii posare con delicatezza le labbra sulle mie, ed istintivamente le schiusi accogliendo la sua lingua che, lentamente, cercò e poi trovò con facilità la mia. Insieme iniziarono ad intraprendere una sorta di lotta, interrotta ogni tanto da qualche sorriso furtivo e da un bacio un po’ più casto qua e la. La sua mano grande, forte e decorata da dei leggeri calli a causa dell’uso spropositato della chitarra, si insinuò sotto la mia maglia ed accarezzò lentamente la pelle del mio fianco destro, facendosi poi strada andando a sfiorare i miei seni.

Sospirai e portai una mano dietro la sua nuca, lasciandolo fare e rabbrividendo appena al suo tocco caldo, dolce, ma contemporaneamente colmo di desiderio.

Non so quanto passò con esattezza, ricordo soltanto che in poco tempo ci ritrovammo entrambi nudi, i corpi a contatto e gli occhi gli uni negli altri. Per la prima volta non fu sbrigativo, troppo passionale. Era dolce, tranquillo, oserei dire amorevole. Mi accarezzò lentamente la guancia prima di spingere con delicatezza il corpo contro il mio, entrando in me e sospirando appena sulle mie labbra.

I suoi movimenti lenti erano interrotti ogni tanto da un bacio sulle labbra, sul collo o sulla guancia, e a volte posava la fronte sulla mia guardandomi semplicemente negli occhi. Non una parola per tutto il tempo.

Soltanto carezze, dolcezza.

Forse, un po’ d’amore.





***

Ciao a tutte! Il capitolo precedente l'avete commentato in tantissime, non sapete quanto mi ha fatto piacere! Quindi, ringrazio appunto memy881, Zucchelino, iolly21, giady_crazy_, EnriLouder, PAZZA_DI_VOI_, Veri_995, DarkAngel14 (il fatto della madre di Lola lo spiegai un bel po' di capitoli fa x) lei gli vuole bene, lo ha praticamente cresciuto come un figlio, ma è a conoscenza della sua "fama" per quanto riguarda le conquiste femminili e non vuole per questo motivo che stia con sua figlia ;D), Marty483, katyakaulitz96, giulia483, __Reset, AngeKsl (non potrei mai dimenticarmene, è la mia bimba u.u), _MINA_ e ilenia91dorough.
Un bacione a tutte!


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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Capitolo trentadue
 

Stesi sull’erba, nudi e coperti soltanto dalla felpa extra large che Tom aveva posato sui nostri corpi, restammo in silenzio per qualche minuto anche dopo aver fatto l’amore. Avevo il viso appoggiato al suo petto, e lui mi accarezzava lentamente i capelli tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Non parlavamo, anche perché probabilmente, in realtà, non avremmo saputo che cosa dire.

Alzai il viso verso il suo e cercai i suoi occhi, incontrandoli poi e restando a guardarli. Tom ricambiò il mio sguardo, per poi avvicinare il volto al mio e baciarmi delicatamente le labbra. - Quanto sei bella. - sorrise, ed io feci altrettanto sentendo il suo respiro sul mio viso. Era così strano vederlo, o meglio, sentirlo, così dolce ed affettuoso. Contemporaneamente, però, lui sembrava del tutto a suo agio nonostante quel velo d’inquietudine che balenava nel suo sguardo di tanto in tanto, abbandonandolo però subito dopo.

Cosa sarebbe successo adesso? Bella domanda, davvero. È ciò che mi chiedevo io lì, stesa accanto al suo corpo su quell’erba che poco prima era stata teatro del nostro amore. Non sapevo darmi una risposta, o forse non volevo averla. La situazione non era per nulla semplice e ne ero consapevole; io ero innamorata di lui, lo sapevo per certo, ma… sarebbe stato giusto dirglielo? Forse sì, o forse no. Aveva senso dichiarare una volta per tutte i miei sentimenti, soltanto un paio di giorni prima del suo trasferimento definitivo in un altro Continente?

Incrociai nuovamente il suo sguardo, e d’un tratto fu come se le mie preoccupazioni fossero cadute giù da un precipizio così profondo che non riuscii nemmeno a sentire un tonfo in lontananza. Volevo davvero preoccuparmi di un futuro, seppur prossimo, triste e non godermi un presente felice? Mi strinsi nuovamente al suo corpo, posando il viso nell’incavo del suo collo ed inebriandomi del suo profumo intenso.

Tom mi accarezzò la schiena delicatamente, disegnandovi sopra dei cerchi invisibili ed interrompendosi ogni tanto per donarmi un bacio sulla fronte.

Come ogni momento idilliaco, fummo interrotti dall’incessante squillare del suo cellulare, ancora nella tasca dei jeans. Sbuffò appena e si mise seduto, afferrandoli e prendendo poi quell’aggeggio fastidioso. Pigiò il pulsante verde, poi lo portò all’orecchio. - Bill? - fece, ascoltando poi ciò che suo fratello aveva da dirgli.

Nel frattempo mi misi seduta anche io, mantenendo la felpa a coprire almeno in parte il mio corpo, ed avvicinandomi al suo orecchio per sentire ciò che si dicevano. Lo vidi fissarmi divertito, per poi darmi una leggera spinta cercando di allontanarmi dal telefono. Iniziai a ridere, incominciando ad intraprendere una sorta di lotta silenziosa che Tom interrompeva ogni tanto per una risposta monosillabica a suo fratello.

- Sì Bill. No, sono ancora con Lola. - mi guardò male. - Che sta cercando di sentire quel che mi stai dicendo. Sì, lo so che non le interesserebbe saperlo, ma è stupida ricordi? -

- Ehi! - protestai mordendogli una mano con cui cercava di allontanarmi.

- Ahia! -

- Ti sta bene, - borbottai, indispettita come una bambina piccola. Lo vidi ridere nel guardami mentre mi allontanavo a rivestirmi, e dopo poco chiuse la chiamata vestendosi a sua volta. - Che voleva Bill? - feci, curiosa, guadagnandomi un’occhiataccia da parte del chitarrista.

- Sembri tornata ad avere tre anni! -

- Dai, sono curiosa! - ribattei ridendo e sistemandomi i lunghi capelli biondi in una coda di cavallo alta. Tom scosse la testa sorridendo, poi fece spallucce.

- Niente, soltanto delle informazioni per il trasferimento. -

- Ah… capisco. - sorrisi appena, pentendomi di avergli chiesto su cosa verteva il loro discorso ed infilando le mani nelle tasche della mia felpa. - Andiamo? -

- Sì. - annuì e mi si avvicinò cingendomi un fianco con il braccio, scortandomi poi sul sentiero ed aiutandomi a scavalcare delle radici più alte o cespugli particolarmente fastidiosi. - Appena arriviamo a casa rifai la fasciatura. - disse, come se fossi stata la bambina e lui il papà premuroso. Alzai il viso verso il suo con un sorrisetto sarcastico.

- Sì papi. - lo presi in giro. Rise e mi diede un leggero scappellotto dietro la testa.

- Stupida. E io che mi preoccupo pure! Ingrata. -

- Non sono un’ingrata. - risposi prontamente. - Ma mi tratti come se fossi una bambina piccola! -

- Lo sei! -

- Hai due anni in più di me, grande uomo. -

- Ma sono molto più intelligente. -

- Ti piacerebbe! -

- E’ così. - mi guardò minaccioso, avvicinando il volto al mio e fissandomi negli occhi. - E non ribattere, altrimenti ti mollo qui e me ne vado con la macchina! -

- Ma che fai, mi ricatti? -

- Visto che le buone maniere non servono… - rise, arrivando poi all’Audi ed entrando. Sbuffai, con un sorriso, e mi misi al suo fianco allacciando la cintura di sicurezza. Aprii lo specchietto e sussultai notando com’erano combinati i miei capelli. Avevo fili di erba incastrati tra le ciocche, e un aspetto devastato.

- Se qualcuno mi vedesse ora penserebbe che io sia reduce da una lotta con un cespuglio. - commentai divertita, cercando di tirar fuori qualche filo d’erba. Tom rise, mettendo in moto e partendo per dirigersi verso il paese.

- Nah, lotta con un cespuglio no. - tenne lo sguardo fisso sulla strada, sorridendo tra sé. - Diciamo però che la persona con cui hai… “lottato”… se la cava parecchio bene, quindi sei devastata. - fece, non perdendo occasione per vantarsi ancora una volta.

Roteai gli occhi scuotendo poi la testa. - Sei incredibile! -

- Ma ti piaccio per questo. -

Con quell’affermazione mi azzittì in mezzo secondo. Aveva maledettamente ragione. È vero, sapeva essere irritante a volte, ma davvero mi sarei affezionata così tanto a qualcun altro se non avesse avuto tutti i suoi difetti? Mi strinsi nelle spalle con un mezzo sorriso.

- Touché. -

Rise, scompigliandomi i capelli per poi tornare a concentrarsi sulla guida. Dopo qualche minuto arrivammo a casa, ed entrambi salimmo in camera mia. Tolsi i jeans e li lasciai per terra, poi mi sedetti sul letto e presi del disinfettante ed una garza per la fasciatura. Sollevai la gamba sul materasso e, delicatamente, sfilai via la vecchia fascia. Strinsi appena i denti per il dolore, e alzai lo sguardo verso il suo quando lo vidi sedersi di fronte a me.

- Ti aiuto. - disse e, senza aspettare una risposta, finì di togliere la garza bianca e la appallottolò per poi posarla sul pavimento. Oltre alla contusione c’era un graffio abbastanza profondo, ma che avevano detto sarebbe guarito senza metterci dei punti. - E’ quasi completamente rimarginato. - notò, sfiorandolo appena con l’indice, attento a non farmi provare il minimo dolore. Prese del disinfettante e ne fece andare qualche goccia su un dischetto ovattato, poi lo passò delicatamente sui contorni della ferita, pulendomi via un po’ di sangue rimastoci intorno.

Alla fine, con la stessa delicatezza con cui aveva iniziato a medicarmi, portò una garza pulita a fasciarmi la gamba e la fermò con un gancetto. Alzò il viso verso il mio e mi sorrise. - Ecco fatto. -

- Grazie… - ricambiai il sorriso, vedendolo poi sporgersi verso di me e baciarmi le labbra, sfiorandole appena con le sue. Mi passò i jeans, che infilai, e guardò l’orologio.

- Mh, è tardi. - sospirò sbuffando, poi mi fissò. - Subito dopo pranzo io e Bill abbiamo un appuntamento con David, quindi devo scappare. Ci vediamo stasera? -

- Certo, va bene. - acconsentii, al che Tom annuì e mi baciò nuovamente le labbra.

- Allora a dopo. - mi sorrise, poi scese di sotto e sparì dalla mia vista.

Mi stesi supina sul letto, portando le braccia dietro la nuca e tenendo lo sguardo fisso sul soffitto. Non avrei proprio voluto mettermi a pensare all’indomani, ma involontariamente lo feci. Me ne pentii subito, ma soltanto il pensiero che lo avrei avuto lontano senza sapere realmente “cosa” fossimo, mi faceva sentire male.

Stavamo insieme?

Eravamo semplicemente amici?

Cosa provava in realtà per me?

Quante domande senza nessuna risposta. E la cosa peggiore, forse, era che avevo paura di sapere quella che credevo essere la verità.




***

Buonasera a tutte :D capitolo forse un po' "piatto", lo so, ma è d'obbligo, non me ne vogliate! Ringrazio _MINA_, Zucchelino, memy881, Holly94, giady_crazy_, Jules TH, Veri_995 e MarschTomLouder per le recensioni ;)

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Capitolo trentatré





La sera prima avevamo trascorso un po’ di tempo insieme, io, Tom e Bill. Stranamente senza litigi, con il chitarrista che mi sfotteva come al solito, rubandomi però ogni tanto un bacio sulle labbra, nonostante il vocalist fosse con noi. Probabilmente Bill sapeva meglio di me qual’era l’attuale “rapporto” tra me e suo fratello, perché io non ne avevo la più pallida idea nonostante avessi provato più volte a formulare ipotesi nella mia testa.

Quel giorno, comunque, era l’ultimo che i gemelli avrebbero trascorso a Loitsche prima di trasferirsi dall’altra parte dell’Oceano. La mattina erano impegnati con gli ultimi preparativi, ma la sera ci sarebbe stata la cena organizzata da Simone, alla quale eravamo stati invitati soltanto io ed Andreas. I ragazzi non avevano voluto altra gente, dicevano che sarebbe stato inutile dato che non “partivano per la guerra”.
Io non potevo che essere dalla loro parte, poiché fare una festa in grande con tante persone sarebbe stato come dare un vero e proprio “addio” ai gemelli e… beh, non era proprio una buona idea se non volevo finire a nuotare nelle mie stesse lacrime stile “Alice nel Paese delle Meraviglie”.

Decisi di non vestirmi in modo elegante. Farlo avrebbe significato dare molta importanza a questo incontro, come se questa avesse dovuto essere una giornata memorabile perché “ultima”. Perciò, optai per un abbigliamento “casual” dati i miei standard. Una semplice maglietta a maniche corte, degli shorts ed un paio di stivali neri, col tacco.

Delineai il contorno dei miei occhi azzurri con della matita nera, sistemai i lunghi capelli biondi pettinandoli accuratamente, poi scesi di casa ed andai dai gemelli.

Va bene, probabilmente tutti i problemi che vertevano attorno alla mia decisione per quanto riguardava il fattore “abbigliamento - ideale - per - la - serata” erano inutili, ma come biasimarmi? Avevo un magone nello stomaco che mi avrebbe rischiato di farmi piangere da un momento all’altro, e lottavo contro me stessa per non rosicchiarmi le unghie smaltate di rosso.

- Ciao Lola! - mi salutò Bill dopo aver aperto la porta ed essersi spostato di lato, permettendomi di passare. Gli sorrisi e mi allungai in punta di piedi per baciargli la guancia, salutandolo a mia volta.

- Pronte le valigie? - chiesi, fingendomi tranquilla ed interessata per la loro partenza. Lo vidi annuire e chiudere la porta alle mie spalle, per poi farmi strada in salotto.

- Sì, anche se sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa e mamma sarà costretta a mandarci un intero pacco di cose scordate. - fece, ridendo. In salotto ci aspettavano seduti sul divano, a giocare alla play station come se fossero bambini, Tom ed Andreas. - C’è Lola. - annunciò Bill, lasciandosi poi cadere sulla poltrona accanto a loro. Sorrisi appena, alzando la mano in segno di saluto.

- Lola! Da quanto tempo. - il migliore amico dei gemelli ricambiò il mio sorriso, mettendo in pausa il gioco. - Come stai? -
- Bene. - risposi, togliendomi la giacca e posandola sul divano. - E tu? -

- Tutto ok. - fece, scrollando le spalle. - Anzi, sono contento. Finalmente questi due coglionazzi vanno di nuovo via, sai quanto sono stressanti no? - li prese in giro ridendo e guadagnandosi un pugno sul braccio da parte del chitarrista. - Ehi, Tom! - borbottò indispettito, al che quest’ultimo lo guardò divertito, per poi voltarsi verso di me e farmi cenno di avvicinarmi.

Andai a sedermi accanto a lui, e fui sorpresa dal fatto che, non appena lo feci, Tom portò una mano sul mio fianco e mi baciò le labbra con un sorriso. - Ciao. -

- Ciao… - sorrisi appena, totalmente confusa dal gesto. Andava bene che mi baciasse quand’eravamo da soli, anche davanti a Bill, ma… con Andreas? In sua presenza si era sempre comportato come se nulla lo toccasse, in particolar modo le ragazze. Insieme si divertivano a fare conquiste ed a raccontarsi i “particolari piccanti”, e a volte arrivavano addirittura a scambiarsi le conquiste come se fossero oggetti. Ma, adesso, mi aveva baciata in sua presenza.

- Vuoi giocare? - la sua domanda, seguita da una risata, mi riportò alla realtà, e mi ritrovai con un joystick davanti. Voltai il viso verso il suo ed inarcai un sopracciglio, scettica.

- Tu sai che odio questa roba. -

- Vero. E poi sei sempre stata una mezzasega. - mi prese in giro, ridendo seguito da suo fratello e dal biondo seduto al suo fianco. Sbuffai contrariata, e sentii una mano prendermi e tirarmi accanto a sé. Tom mi aveva cinto la mia vita con le braccia, portando le mani con il joystick sulle mie gambe e continuando a giocare come se quella posizione, evidentemente scomoda, non lo turbasse.

Io, d’altro canto, avrei mai potuto ribellarmi nell’averlo così vicino? Non mi importava minimamente di chi uccideva chi nella televisione, ne delle ripetute bestemmie che facevano parte del loro gergo quotidiano, quando si trattava di videogiochi. Ero appoggiata al suo petto, ed avevo le sue mani sulle mie gambe e le sue braccia a circondarmi il busto. Mi sentivo una ragazzina idiota, del tipo “oddio sto sognando”, ma non riuscivo a pensare in modo razionale in quel momento. Era più forte di me, avrei soltanto voluto stringermi a lui e non lasciarlo andare mai e poi mai via.

Dopo una mezz’oretta Simone venne a chiamarci perché era pronta la cena. Ci alzammo dal divano e andammo a sederci a tavola, iniziando a mangiare ciò che aveva preparato.

Cenammo tranquillamente, parlando del più e del meno. Gordon mi disse che potevo andare da loro quando volevo, e che ora che aveva saputo che suonavo la chitarra avrebbe dovuto sentirmi ogni tanto per vedere i miglioramenti. Simone, d’altra parte, disse che la loro casa era sempre aperta per ogni cosa.

Ringraziai entrambi più volte, sinceramente riconoscente. Mi trattavano come una figlia, nonostante per anni non avessimo praticamente avuto rapporti, e questo mi faceva veramente felice. Mi faceva sentire bene sapere che ci tenevano a me, era come se in qualche modo così avrei avuto più vicini anche Tom e Bill.

- Per me va bene se Lola viene qui quando non ci siamo, l’importante è che non le facciate usare le mie chitarre. - ribattè Tom, sfottendomi con un sorriso. - Non vorrei che me le rompesse tutte. -

Gordon scosse la testa sorridendo, rivolgendosi poi a me. - Non dargli ascolto, scommetto che sei bravissima. Magari sei anche meglio di lui! -

- Potremmo cacciare Tom dalla band e prendere Lola al suo posto. - fece Bill, fingendo di pensarci seriamente ed assumendo un’espressione concentrata, come per valutare l’ipotesi.

- Forse è più brava di me. - concesse il suo gemello con una scrollata di spalle. - Ma, sicuramente, non porterebbe all’interno della band tutto il mio Sex Appeal! -

La cena continuò così, tra chiacchiere varie spezzate ogni tanto da delle battute poste qua e la, più che altro per allentare la tensione che cresceva in modo direttamente proporzionale all’avanzare della serata. Alla fine, mentre i gemelli ed Andreas andavano nuovamente in salotto per terminare la loro partita alla play station, io diedi una mano a Simone a sparecchiare e a lavare i piatti. Dopodiché, tornai da loro giusto in tempo per vedere Andreas che li salutava. Li vidi abbracciarsi e darsi delle pacche sulla spalla, poi il biondo andò alla porta. - Allora ci si vede. Non spezzate troppi cuori. - fece, ridendo, poi si voltò verso il chitarrista. - E tu non metterne incinte troppe. - mi guardò di sfuggita, poi fissò nuovamente lui. - Vabbè, che te lo dico a fare? Ormai… - stava per aggiungere qualcos’altro, ma uno scappellotto da parte di Tom lo fece desistere. Rise ancora, salutando tutti con un cenno, poi sparì nel vialetto di casa.

Quando ormai non lo vedemmo più, Bill chiuse la porta e ci guardò con un mezzo sorriso. Era un po’ triste, ed era evidente. Nonostante fossero passati degli anni, ed ormai fossero abituati a dover lasciare casa a volte anche per parecchi mesi conseguitivi, probabilmente per loro faceva sempre un certo effetto salutare la gente. - Vado di sopra, a vedere se ho messo tutto in valigia. - annunciò, poi salì le scale diretto nella sua stanza.

Tom si avvicinò a me e mi sfiorò lentamente il braccio, sorridendomi. - Tutto bene? - mi chiese, notando la mia espressione combattuta. In me era in corso una sorta di lotta interiore contro le mie lacrime, ma sentivo che presto avrebbero vinto e sarebbero sgorgate via.

- Certo. - risposi, ricambiando il suo sorriso. Mi lasciai portare nella sua camera e, quando fummo entrati, Tom andò dritto vicino alla finestra e si accese una sigaretta, socchiudendo appena gli occhi dopo aver assaporato il primo assaggio di nicotina. - A che ora partite, domani? - chiesi sedendomi sul letto, senza distogliere lo sguardo da lui.

- Alle undici abbiamo l’aereo… - fece, gettando un po’ di cenere nel posacenere posto sul davanzale e portando nuovamente la sigaretta tra le labbra. Restammo in silenzio per un po’ di tempo, mentre lui fumava ed io convincevo le mie lacrime a restare al loro posto senza ribellarsi eccessivamente al mio volere.

Dopo aver gettato la sigaretta venne a sedersi accanto a me, ed increspò le labbra in un sorriso accarezzandomi una ciocca di capelli in modo dolce. Lo lasciai fare, godendo della sensazione dell’avere le sue mani calde sulla mia pelle. Mi ritrovai poco dopo a baciarlo, stesa sul letto con lui sul mio corpo, che mi sfiorava lentamente, senza fretta.

Lo sentii sospirare appena sulle mie labbra prima di togliermi la maglia, gettandola chissà dove. Si piegò su di me baciando la pelle morbida del mio collo e strappandomi dei brividi, per poi sollevarsi di poco per sfilarsi a sua volta la t-shirt. Gli accarezzai il petto lentamente, posando la mano in direzione del suo cuore e sorridendo appena nel sentire i battiti accelerati. Tom tornò ad occuparsi del mio collo mentre mi toglieva gli shorts, approfittandone per accarezzarmi le gambe.

Probabilmente sbagliavo, probabilmente erano soltanto mie impressioni sbagliate, ma mi sembrava che il “Sex Gott” fosse impacciato nei suoi movimenti. Era lento, dolce, delicato, ma contemporaneamente sembrava un po’ nervoso e teso. Quando si tolse i jeans, stendendosi poi nuovamente sul mio corpo, mi strinsi a lui e dimenticai tutto.

Scordai tutti i nostri litigi, le discussioni. Scordai il fatto che l’indomani sarebbe partito e che non l’avrei rivisto per chissà quanto tempo. C’eravamo soltanto io e lui.

Privò entrambi della biancheria, per poi sollevarsi sulle braccia e guardare per pochi attimi il mio corpo nudo sotto il suo, spostando poi gli occhi sui miei. Mi accarezzò la guancia lentamente, posando le labbra sulle mie in un bacio casto e privo di qualsiasi malizia. Poi, stringendomi a sé in modo possessivo, fece diventare i nostri due corpi uno solo.

- - -

La mattina, quando mi svegliai, il sole era probabilmente appena sorto perché filtrava appena dalla tenda della finestra. Mi voltai verso destra, convinta di trovare Tom, ma non c’era. Mi misi seduta mantenendomi il lenzuolo addosso, poi sentii l’acqua scorrere nella doccia e capii che si era lui. Sospirai e mi stiracchiai appena.

Dopo aver fatto l’amore, la sera prima, mi aveva abbracciata ed accarezzata per tanto tempo, e quando stavo per andare via mi aveva fermata chiedendomi di restare. Dopo, ci eravamo addormentati insieme.

Sentii il rumore di un cellulare che vibrava, e mi voltai verso quello di Tom. Mi allungai a prenderlo e vidi che gli era arrivato un messaggio. Non ci pensai nemmeno, mi venne spontaneo cliccare sul pulsante ed aprirlo per leggerlo. Ma quello che mi si parò davanti agli occhi, mi fece venir voglia soltanto di fuggire da lì.

“Finalmente stasera ci vediamo! Ti aspetto in hotel a L.A. Non vedo l’ora di festeggiare con te il tuo trasferimento qui, Sex Gott.”




***

Aaaalt! Riponete le armi pronte per uccidermi, sono solo una povera ragazza con tanta sadica fantasia! :D
Ringrazio Zucchelino, EhMaco (è quasi finita, penso ci sia soltanto un altro capitolo e poi l'epilogo, ma non te l'assicuro poichè posto appena scrivo, quindi potrei anche cambiare idea!), Holly94, memy881, iolly21, giady_crazy_, _MINA_MarschTomLouder per le recensioni!

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Capitolo trentaquattro





Dire che in quel momento avrei voluto prendere quel telefono e gettarlo fuori dalla finestra, è riduttivo. Prima di tutto, avrei volentieri spaccato la testa di Tom. In mille pezzi. Accertandomi ovviamente che soffrisse, e anche parecchio. Sarebbe stata la vendetta ideale.

Dio, mi ero davvero fatta quelle illusioni? Davvero avevo creduto che lui tenesse a me più che alle sue adorate “groupies”? Che stupida. Mi vestii in fretta, lasciando il cellulare sul comodino. Sarei sparita dalla sua stanza e, se mi avesse cercato prima di partire, avrei fatto finta di non essere in casa. Semplice, no? Peccato che il mio cuore non dicesse esattamente la stessa cosa.

Proprio mentre infilavo la giacca per andare via, vidi la porta del bagno spalancarsi. Tom ne uscì, con soltanto dei jeans addosso, e lo vidi sorridermi. Dovetti inspirare profondamente per reprimere l'impulso a prendere una scarpa dal pavimento e lanciargliela in fronte. - Che fai, vai via? - chiese poi, con il viso contratto in un'espressione confusa.

- Sì. - fu tutto quello che riuscii a dire. Sapevo che, se avessi aggiunto altro, probabilmente sarei scoppiata a piangere e non avrei più smesso. Alzai la zip del giubbotto e presi la borsa, ma Tom mi afferrò il polso fermandomi. La sua mano. Il suo tocco. Ma cos'era, una tortura?

- Lola, che sta succedendo? - domandò con un tono che celava un velo di preoccupazione. Sorrisi ironica, scuotendo il braccio per sfuggire alla sua presa. Mi lasciò subito, sempre più interdetto a causa del mio atteggiamento, completamente differente da quello adottato la sera precedente. Ma cosa pretendeva?

- Leggi quel bel messaggio sul tuo cellulare, e fatti due domande. C'è qualcuno che ti aspetta a braccia aperte, a Los Angeles. O, forse, è qualcos'altro che tiene aperto. - feci, irritata e senza nascondere la mia ormai evidente gelosia.

Il chitarrista si avvicinò al comodino e, velocemente, prese il suo cellulare per leggere l'ultimo messaggio ricevuto. Dopo averlo fatto, sul suo viso si fece largo un'espressione che era un misto di rabbia, preoccupazione e, in qualche modo, tristezza. Mi guardò posando il telefonino sul letto. - Lola... sì, è una groupie ma... ti giuro che non avrei fatto nulla... - mormorò, e da una parte era anche abbastanza convincente. Ma c'era quella parte di me, scettica e ancora incredula, che non voleva credergli.

- Sì, certo. Tu abbandoneresti tutte le tue carissime groupies per me? -

- Ti dico che non sarei andato da lei una volta arrivato lì, cazzo. - ribattè, mentre una punta di rabbia arrivava a colorargli il tono di voce, accendendo il nostro primo vero litigio dopo un bel po' di tempo.

- Non riesco a crederti. - dissi, semplicemente. - Non mi hai mai detto che cosa siamo noi due, Tom. Non ne abbiamo mai parlato. Semplicemente siamo andati a letto insieme, ma... cazzo, non c'è mai stata l'intenzione, da parte tua, di creare qualcosa di serio. Altrimenti non avresti aspettato fino ad oggi per dirmelo. - le parole scorrevano via così, come un fiume in piena, e non riuscivo a fermarmi nonostante il mio cervello mi dicesse di smetterla. Basta, Lola, basta così. No. - Dio Tom, devi smetterla di comportarti come se fossi un bambino. Hai ventuno anni, devi crescere e non fuggire via dai tuoi problemi. Siete stati qui tre mesi, ed in tutto questo tempo non mi hai mai detto che diavolo provi realmente per me! Ieri sera siamo andati a letto insieme, di nuovo, e oggi... quel messaggio. Non posso far parte del tuo mondo perfetto. Sono troppo diversa da tutte loro. Io non posso fidarmi di te. Non ci riesco. - non appena ebbi terminato quella sorta di monologo spaventoso, mi pentii di ogni singola parola.

Tom mi fissava senza battere ciglio, come se non credesse a tutto ciò che era appena uscito dalle mie labbra. Parole cattive, che probabilmente non meritava affatto. Il guaio, è che ne ero consapevole.

- Puoi anche non credermi, per quanto mi riguarda. - mormorò, leggermente afflitto nel tono di voce. - Ma io ci tengo davvero a te. Avrei davvero messo da parte tutte quelle ragazzine e sì, probabilmente mi sono anche innamorato. Ma evidentemente per te non è abbastanza. - fece un sorriso finto, grondante di ironia, e prese la giacca scendendo via ed uscendo da casa senza aggiungere altro. Non appena sentii la porta sbattere, le lacrime che tanto avevano atteso quell'agoniato momento iniziarono a scorrere imperterrite.

Potevo lasciarlo andare in quel modo? Davvero volevo che tutto quello finisse così, senza una motivazione valida, per colpa delle mie paure e dei miei capricci? Scesi anch'io ed uscii fuori, ma tutto ciò che vidi fu la sua Audi che svoltava l'angolo della via. Mi maledissi, per l'ennesima volta, mentalmente, poi tornai a casa mia. Erano ancora le otto, ma sapevo che dopo poco più di un'ora Tom sarebbe già stato in aeroporto. Non sarei andata a fermarlo probabilmente, non ne avrei avuto il coraggio. Ancora una volta con le mie parole l'avevo allontanato da me, ancora una volta avevo visto quella sua espressione triste a causa mia.

- - - -

Le dieci meno dieci. Dovevo andarci? Forse. Ne ero sicura? Per niente.

Non volevo assolutamente lasciarmi sfuggire nuovamente il ragazzo che amavo, era troppo, non l'avrei sopportato. L'avevo fatto ad undici anni, ma adesso ero... semplicemente cresciuta. La mia stupida insicurezza non poteva impedirmi di... amare. Entrai in auto e sfrecciai verso l'aeroporto. Non avevo idea di che cosa avrei fatto una volta arrivata lì. Forse, semplicemente, gli avrei chiesto scusa. Scusa perchè ancora una volta la mia paura aveva preso il sopravvento.

Quando arrivai in aeroporto non mi fu difficile trovarlo; bastò seguire la folla di fans che strillavano. Il vero problema era cercare di farmi notare. Vidi Bill, e cercai di sventolare la mano perchè mi vedesse, ma fu ovviamente inutile.

Pensa, Lola, pensa. Spremi questo cervello. Cosa succede nei film in questi momenti? Dovevo farmi sentire in qualche modo.

Din don. I passeggeri per il volo 2359, diretto ad Heidelberg sono pregati di recarsi all'imbarco 11 per mostrare i biglietti, grazie.

Quella voce assordante non riusciva a farmi concentrare. Dio, l'avrebbero sentita fino a fuori.

Un momento.

L'avrebbero sentita!

Corsi al piano di sopra, nella camera dove erano soliti controllare un po' tutto l'aeroporto. C'era una donna, seduta ad una scrivania con il megafono accanto. Lola, non farlo. Avrei potuto essere arrestata, o... ma che ne so. Non mi importava minimamente. - Mi scusi. - dissi semplicemente, poi mi portai il microfono vicino alla bocca sotto il suo sguardo confuso. - Prova. - la mia voce rieccheggiò in tutto l'aeroporto, e sentii il viso andare in fiamme. Ormai è fatta Lola. Continua. - Tom. Non so se mi senti. Cioè, da una parte spero di no perchè... cazzo, se mi stai sentendo non smetterai mai di prendermi in giro. Sempre se un giorno tornerai a parlarmi, ovvio. Io... non sapevo come fermarti... tutte quelle ragazzine, che ora probabilmente mi stanno odiando. Ma non mi importa. Mi dispiace, mi dispiace da morire per come ti ho parlato prima. - sentii la donna strattonarmi il braccio, ma la fulminai con lo sguardo e continuai a parlare. - Io non volevo dirti quelle cose. Cioè oddio, volevo, ma è... lo sai come sono, mi conosci, quando ho paura di essere troppo felice... scappo. L'ho fatto sette anni fa, ed oggi di nuovo... io... per favore, non puoi andare via mentre sei arrabbiato con me. -

- Non ci credo che l'hai fatto sul serio. - la sua voce mi piombò alle spalle, divertita. Mi voltai di scatto e lo vidi fermo sulla soglia della porta, Bill, Georg e Gustav alle sue spalle, che mi fissavano. Il mio viso, già rosso dalla vergogna, probabilmente fu invaso da delle vere e proprie fiamme. - Sapevo che sei pazza, ma non credevo fino a questo punto. -

Mi avvicinai mordendomi nervosamente il labbro. Non mi importava nemmeno, in realtà, che i tre ragazzi e la signora, che intanto si era fatta non poche risate sotto i baffi, mi fissassero. - Ti amo. - mormorai. - Non potevo lasciarti partire senza dirtelo. -

Assunse immediatamente un'espressione sorpresa, incredula, ma poi si sciolse in un sorriso. Mi si avvicinò ancora, posando le mani sui miei fianchi e guardandomi negli occhi. - Ti amo anch'io. -

- - - -

Partì. Partì, ma non fui triste. Ero semplicemente contenta. Dopo anni ed anni eravamo riusciti ad ammettere ciò che provavamo, ed ora, semplicemente... era tutto perfetto.




***

Eh sì, siamo arrivati alla fine. Posterò un epilogo, e poi archivierò per sempre questa storia! Spero di non avervi deluse nel finale. che è un po'... come dire... da telenovela :D sono contenta per tutti i commenti ricevuti in tutto questo tempo, mi avete fatta felice ed invogliata a continuare. Per oggi ringrazio Zucchelino, memy881, Holly94, MarschTomLouder, Elengel483, iolly21, Jules TH, katyakaulitz96, _MINA_, Veri_995, giady_crazy_ e tokiohotel4e per le recensioni al capitolo precedente.
Ci sentiamo nell'epilogo ù.ù
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Capitolo 36
*** Epilogo ***


Epilogo


 



Un anno dopo

 
Finalmente, dopo tre mesi di tour sarebbero tornati a casa. Non vedevo l’ora di rivederli ma, ovviamente, chi volevo abbracciare più di tutti era Tom. Stavamo insieme da un anno ormai, ed io avevo da poco preso la maturità.
 
La scuola era finita, ero stata promossa con un punteggio di 90/100 ed il mio ragazzo - nonché famosissimo chitarrista desiderato dalla maggior parte della popolazione femminile - stava tornando da me dopo essere stati separati per mesi; che cosa avrei potuto desiderare di più?
 
- Lolaaa, il tourbus è arrivato! - mi annunciò mia madre dalla cucina. Scesi di sotto di corsa, uscendo in giardino con Becki che trotterellava al mio fianco, e vidi quella sorta di “casa mobile” parcheggiare proprio nel nostro vialetto. Ne uscì prima Bill, che corsi ad abbracciare sorridendo. - Oddio, eccovi finalmente! -
 
Il vocalist si lasciò abbracciare ridendo, e stringendomi a sua volta. - Non mi ammazzare, ti prego! -
 
Sorrisi, schioccandogli un bacio sulla guancia, e quando vidi Tom uscire lasciai Bill andando a saltare in braccio a suo fratello. Mi prese al volo, ridendo e baciandomi più volte le labbra. - Ciao amore. - mi salutò sorridendo e stringendomi a sé con forza e dolcezza.
 
- Ciao. - ricambiai il saluto, sorridendo sulle sue labbra che baciai ancora e ancora. - Quanto mi sei mancato! - dissi, prima di scendere dalle sue braccia e prendere la sua mano, senza che il sorriso abbandonasse le mie labbra.
 
- - - -
 
Dopo un paio d’ore, quando ormai ebbero salutato tutti, Tom mi portò nel vialetto dietro casa, ed insieme andammo a sederci sul dondolo sotto un albero. Lo stesso dove, da piccoli, eravamo soliti giocare per ore.
 
- Come sono stati questi mesi senza di me? - mi chiese sorridendo, prendendomi la mano e giocherellando distrattamente con le mie dita.
 
- Orrendi. - ammisi, un po’ rammaricata. - Insomma, a parte la mia maturità non è accaduto nulla di particolarmente entusiasmante. - borbottai appena. - Non andate più via! - mi lagnai come una bambina, accoccolandomi al suo petto ed inspirando il suo profumo che mi era tanto mancato.
 
- Mmh… a proposito di questo. - fece, con un sorriso, accarezzando lentamente i miei capelli. - Ho una piccola proposta da farti. Ho già parlato con i tuoi, visto che sono un bravo fidanzato. - si interruppe per ridere alla mia espressione sarcastica. - Hanno anche accettato. - continuò.
 
Mi allontanai un po’ da lui, guardandolo a dir poco incuriosita. - Ma di che parli? -
 
- Sai… - iniziò, puntando gli occhi nei miei. - Purtroppo noi dobbiamo restare a Los Angeles perché lì c’è lo studio di registrazione migliore, lo sai. Ma… tu vuoi studiare lingue, giusto? - senza lasciare che rispondessi, continuò: - Mi sono informato e… beh, a pochi chilometri dal nostro studio c’è un’università che sarebbe perfetta. - fece, con un mezzo sorriso. - Vuoi venire con noi? -
 
Sgranai gli occhi, fissandolo sorpresa. - V-vivere… con voi… a Los Angeles? - feci stupita. Non avevo mai pensato ad un’alternativa simile, sarebbe stato troppo rischioso per lui, a causa dei paparazzi. La nostra relazione non poteva essere ufficiale, sicuramente le fan non avrebbero… “gradito” il tutto. - Ma non sarà… pericoloso? Insomma per… per le fan. Lo scoprirebbero… -
 
A questa mia frase, più che altro un sussurro, rispose baciandomi le labbra delicatamente, per poi separarsi e guardarmi. - Stiamo insieme da un anno, Lola. Io ti amo. Credo sia arrivato il momento che anche tutto il resto del mondo lo sappia, non credi? -
 
Da quel giorno, Tom Kaulitz fu ufficialmente il mio ragazzo. Il nostro futuro? Beh, è facile immaginarlo. Tanti, tantissimi battibecchi ed anche veri e propri litigi, ma soprattutto amore. Amore che durava da sempre, e che probabilmente ci avrebbe accompagnato fino alla fine dei nostri giorni. 






***

Essì ragazze, siamo giunte alla fine. Sono un po' triste, effettivamente D: questa fan fiction è la mia piccolina, ormai (: non credo che ne farò un sequel, ma non perchè io non voglia; semplicemente, rischierebbe di diventare tutto monotono. Tom e Lola hanno già affrontato un bel po' di maremoti prima di mettersi insieme, quindi non saprei cos'altro inventarmi. Forse, un giorno lo farò! Chissà. Per ora, voglio concentrarmi su di un'altra fan fiction, di cui ho già postato il Prologo su Efp. Non so se, però, vogliate seguirla. Non è sui Tokio Hotel, bensì sul gruppo dei Panik. Mi farebbe tanto piacere ritrovarvi anche lì, leggere le vostre recensioni non può che mettermi di buon umore! Passateci, magari anche soltanto per dare un'occhiata e dirmi cosa ne pensate ;) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=670748&i=1
Adesso... vorrei ringraziarvi una per una, ma siete in tantissime ad aver commentato la fan fiction, quindi non ci riuscirei neanche volendo! Ma sappiate che ho apprezzato tanto tutti i vostri commenti, i vostri complimenti ed anche le vostre minacce per farmi postare i nuovi capitoli al più presto! ;D Grazie davvero, a tutte.
Un bacione.

 

P_Sunshine

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