La sorella perduta di Beatrix Bonnie (/viewuser.php?uid=83290)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il corno di graphon ***
Capitolo 2: *** Dubh Cliathan ***
Capitolo 3: *** Cose da purosangue ***
Capitolo 4: *** L'Encomio della Repubblica ***
Capitolo 5: *** A casa Boenisolius ***
Capitolo 6: *** Rovine e rivelazioni ***
Capitolo 7: *** La lettera dal passato ***
Capitolo 8: *** Lo scatolone dei ricordi ***
Capitolo 9: *** Orgoglio e inseguimenti ***
Capitolo 10: *** Il fascino del mistero ***
Capitolo 11: *** La nuova battitrice ***
Capitolo 12: *** La scritta sul muro ***
Capitolo 13: *** Vittoria strappata ***
Capitolo 14: *** Incidenti a Doolin ***
Capitolo 15: *** Partita di sangue ***
Capitolo 16: *** Il covo ***
Capitolo 17: *** Reg ***
Capitolo 18: *** La vendetta della sorella perduta ***
Capitolo 19: *** La bambina mai nata ***
Capitolo 20: *** Tuffo nel passato ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Il corno di graphon ***
CAPITOLO
1
Il
corno di graphorn
Edmund
cominciò a tormentare un buco dei pantaloni della divisa
scolastica con aria nervosa. Mairead aveva promesso di venire a
prenderlo alle nove di quello stesso giorno, ma l'orario
dell'appuntamento era già passato da un pezzo e della sua
amica non si vedeva nemmeno l'ombra. E se non fosse venuta?
Lui
non aveva la più pallida idea di come raggiungere il Palazzo
del Ministero della Magia. Eppure alle dieci in punto ci sarebbe
stata la cerimonia per la consegna dell'Encomio della Repubblica e
lui doveva essere presente. Era stato costretto ad indossare la
divisa del Trinity, anche se le maniche cominciavano a diventargli
corte, perché non aveva altri vestiti, ad esclusione dei
pantaloni e della giacca grigia dell'orfanotrofio, ma quelli erano
abiti da Babbani.
«Ma
come diavolo ti sei conciato?» gli domandò Shannon, nel
vederlo con la divisa verde dei Raloi.
«Non
sono affari tuoi» gli rispose con acidità Edmund.
Già
la sua divisa non era messa al meglio, visto che era stato costretto
a comprarla di seconda mano ormai più di due anni fa, se poi
ci si metteva anche Shannon con il suo sarcasmo, Edmund avrebbe anche
potuto fargli saltare la testa con qualche incantesimo. Per di più,
anche se aveva la prospettiva di passare il resto dell'estate a casa
di Mairead, non aveva affatto voglia di rivedere McPride. Gli metteva
i brividi quell'uomo.
«Mi
fai pena» lo provocò ancora Shannon.
Ma
perché caspita non lo lasciava in pace?
Edmund
non rispose alla provocazione, ma invece cercò di concentrarsi
su un passerotto che saltellava tranquillo in giardino.
«Se
stai cercando di metterti elegante per quegli strambi dei tuoi amici,
puoi anche evitare, tanto non verrà nessuno a prenderti.
Fallito» continuò Shannon, con il preciso intento di
provocare una sua reazione.
L'uccellino,
fissa l'uccellino. si disse mentalmente Edmund, assumendo
un'espressione vacua dovuta alla fissità dello sguardo.
Ma
Shannon non demordette. «Allora, non rispondi? Eh, codardo?»
Codardo.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lui non era un codardo.
Edmund
estrasse di tasca la bacchetta magica e gliela puntò contro.
Aveva le narici dilatate per la rabbia e ansimava.
Shannon
guardò con aria derisoria il bastoncino di legno e poi
sghignazzò divertito. «Andiamo, Strambo, dovrei aver
paura?»
«Sì,
Shannon. Dovresti averne» rispose Edmund fissandolo dritto
negli occhi. C'era qualcosa di malvagio nel suo sguardo, qualcosa di
malvagio e selvaggio.
E,
sì, Shannon ebbe paura.
«Edmund!»
Il
suo nome pronunciato in tono di rimprovero da quella voce lo riportò
alla realtà.
Il
ragazzo abbassò la bacchetta e tornò improvvisamente
calmo. Che diavolo gli era saltato in mente? Cosa pensava, voleva
farsi espellere dal Trinity per un idiota come Shannon?
«Mairead»
sussurrò flebilmente, voltandosi verso la sua amica. Per un
attimo la ragazza fece la sostenuta, accusandolo con sguardo di
rimprovero, ma la messa in scena non durò a lungo. Pochi
secondi dopo gli aveva già gettato le braccia al collo. «Ed,
mi sei mancato!»
«Anche
tu...» bofonchiò il ragazzino, stritolato dall'abbraccio
dell'amica. Quando finalmente Mairead si staccò da lui, Edmund
notò che indossava un vestitino colorato che gli ricordava
molto quelli della danza tradizionale irlandese. Era stano vedere la
sua amica curata nel vestire e pettinata in modo elegante, visto che
di solito non si preoccupava troppo del suo aspetto. Doveva essere
tutto programmato per la cerimonia dell'Encomio. Solo quando si
accorse che stava fissando Mairead da troppo tempo, Edmund distolse
lo sguardo da lei e vide Reammon che gli sorrideva con giovialità.
La
scena che si presentò ai suoi occhi non poteva essere più
diversa di quella dell'anno scorso, quando Laughlin e suo padre erano
venuti a prenderlo: Eoin Maleficium era un signore distinto e
rispettabile, Reammon Boenisolius, per quanto quel giorno fosse
vestito in modo elegante per la cerimonia che si sarebbe svolta di lì
a poco, non perdeva mai quella sua espressione da archeologo pazzo.
Aveva i capelli spettinati, gli occhi sempre sorridenti e luminosi,
l'aria eccitata di chi ha appena scoperto qualcosa di sensazionale.
«Sarà
fantastico averti a casa nostra, Edmund!» gli disse, nello
stringergli la mano con un sorriso.
L'arrivo
della direttrice dell'orfanotrofio, che li squadrò con aria
truce, non smorzò il suo entusiasmo. «Oh, lei è
la direttrice? Piacere di conoscerla, sono il signor Boenisolius, il
padre di un'amica di Edmund. Siamo venuti a prenderlo» si
presentò, stingendo la mano anche alla donna.
«Burke
non se ne va da nessuna parte. Sta arrivando l'assistente sociale»
gli rispose la direttrice, stringendo la mano di Reammon con poca
convinzione.
«Chi
viene?» sussurrò Mairead all'orecchio di Edmund.
Il
ragazzino si incupì quando vide una donna secca e dalla faccia
acida ferma davanti al cancello di ingresso: la signorina Quinn, la
sua assistente sociale. Dire che quella donna lo odiava era qualcosa
di riduttivo: da anni che lo aveva in cura, non era mai riuscita a
trovargli una famiglia di affidamento che non lo ricacciasse
all'orfanotrofio dopo meno di due settimane. Ma non era colpa sua se
faceva volare gli oggetti o parlava con i serpenti. Da quando aveva
cominciato a frequentare il Trinity, non passava giorno che non si
impicciasse nei suoi affari: voleva sapere come andava a scuola, cosa
studiava, cosa faceva nel tempo libero, dove si trovava l'edificio
scolastico, perché la contea non le permetteva di vedere la
struttura, chi erano i suoi insegnanti, come si era guadagnato
l'ammissione a quel prestigioso college. Insomma, una scocciatura.
Edmund era convinto che il Dipartimento per l'Istruzione Magica le
avesse fatto una bella fattura, ma la donna non demordeva nel suo
intento di voler scoprire ogni segreto del Trinity College.
La
signorina Quinn attraversò il cortile a passo di marcia,
scoccò un'occhiata di sufficienza a Reammon, poi si voltò
verso la direttrice. «Che cosa sta succedendo?» chiese,
cominciando a battere il piede a terra.
Reammon
tese la sua mano verso di lei e spiegò daccapo la situazione.
La
Quinn non si degnò nemmeno di stringerla. «Senta, signor
Bonissolis, lei non può venire qui e portarsi via uno dei
ragazzi per un mese intero. La contea non lo permette».
Il
sorriso di Reammon si impietrì per un istante. Solo per un
istante, però. Subito dopo il suo volto si illuminò,
come se improvvisamente si fosse ricordato una cosa. «Ah! Lei è
la Babbana che sta dietro a Edmund, vero?» esclamò tutto
d'un tratto, nuovamente euforico, più di un bambino goloso che
ha trovato un sacchetto di caramelle abbandonato. La Quinn gli
rivolse uno sguardo di scioccata sufficienza, ma non ebbe il tempo di
commentare nulla, perché Reammon continuò: «Ho
una cosa per lei!»
A
quelle parole cominciò a frugarsi in tasca, con aria
corrucciata. Tutti pendevano dalle sue labbra, aspettandosi una
qualche rivelazione, ma Reammon sollevò l'indice al cielo,
come per chiedere il permesso di parlare. «Ce l'ho... sono
sicuro che ce l'ho. Ora lo trovo» esclamò con sicurezza.
La
signorina Quinn stava cominciando a spazientirsi per quella messa in
scena.
«È
solo che c'è un po' di disordine... magari... le dispiace?»
continuò Reammon, estraendo di tasca un quadro di un
paesaggio, con tanto di cornice dorata, e ponendolo tra le braccia di
un'esterrefatta direttrice.
Quel
coso non poteva starci in una normale tasca!
«Anche
questo» disse Reammon, appoggiando sopra il quadro un enorme
corno di chissà quale animale. Stava per tornare a frugare in
tasca, quando, vedendo lo sguardo allibito della signorina Quinn, si
affrettò a spiegare: «Oh, ma non l'abbiamo ucciso noi!
Il graphorn era già morto quando l'abbiamo trovato nella
Foresta Nera, vero Mairead? Uno dei due corni era irreparabilmente
danneggiato, ma questo... santo folletto! È in perfette
condizioni! Sono così difficili da recuperare».
«Papà»
lo richiamò Mairead in tono di rimprovero. Non era certa che a
quella Babbana acida interessasse qualcosa delle creature fantastiche
che popolavano l'Europa centrale o che fosse anche solo minimamente
incuriosita dalle loro avventure archeologiche.
Reammon
interruppe il racconto e continuò a frugare nella tasca prima
che la signorina Quinn potesse commentare in qualche modo la cosa.
«Eccolo!» esclamò entusiasta Reammon, cercando di
lisciare le pieghe di un foglio tutto stropicciato. «È
l'autorizzazione» spiegò soddisfatto, mostrandolo
all'assistente sociale.
Edmund
sbirciò il foglio, chiedendosi che cosa potesse esserci
scritto, ma rimase parecchio scioccato quando vide che era
completamente bianco. Si voltò verso Mairead con sguardo
interrogativo, al che la ragazza fu costretta a spiegare: «È
un paipear ban, un foglio in cui puoi far credere ad un
Babbano che ci sia scritto tutto quello che vuoi. Vengono rilasciati
dal Dipartimento dei Rapporti con i Babbani per occasioni come
queste. Ci siamo fatti tre ore di coda allo sportello ieri, per
ottenerne uno. La strega impiegata era davvero un'incapace! Non
riusciva a capire questa cosa dell'assistente sociale. E sì
che dovrebbero prenderli esperti in Babbanologia!»
Edmund
non riuscì ad evitare di sorridere, al pensiero di Reammon
Boenisolius che spiegava ad una strega dall'aria annoiata il motivo
per cui aveva bisogno di un paipear ban.
Comunque
la cosa sembrò funzionare. La signorina Quinn lo osservò
a lungo con attenzione, ma non riuscendo a trovarvi nessuna pecca (e
come avrebbe potuto, d'altronde?), lo infilò in una
cartelletta con numerosi altri documenti.
Reammon
rimase immobile con il braccio alzato e la bocca aperta, come per
voler dire qualcosa. «Mi... mi potrebbe ridare il foglio?»
domandò alla fine.
La
donna strabuzzò gli occhi. «Assolutamente no» gli
rispose in tono categorico.
Edmund
era certo che non si potesse lasciare in giro un manufatto magico del
genere, ma Reammon non ebbe il cuore di contraddire l'assistente
sociale.
Finalmente
la signorina Quinn si voltò verso Edmund. Lo osservò
con sguardo arcigno per parecchi secondi, infine si decise a parlare:
«A quanto pare, Burke, è tutto in regola. Sei libero di
andare».
Edmund
non riuscì a trattenere un sorriso smagliate. «Grazie,
signorina Quinn. Alla prossima estate» disse in tono
entusiasta, poi corse nel dormitorio a recuperare il proprio baule.
Dando un'ultima occhiata alla vecchia stanza dalle pareti grigie che
non avrebbe rivisto per parecchi mesi, si chiuse la porta alle
spalle, pronto a passare un'estate che si sarebbe rivelata
indimenticabile.
Ecco
qui il primo capitolo della nuova storia della saga del Trinity
College! È un po' come ritrovare dei vecchi amici, pubblicare
nuovamente le avventure di Mairead, Edmund e Laughlin. Spero che vi
sia piaciuto!
Teoricamente
dovrei aggiornare un capitolo ogni sabato, in modo da essere un po'
più regolare.
Ben
ritrovati ai vecchi e benvenuti ai nuovi!
A
presto!
EDIT:
comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei
dialoghi! QUI, intanto, il caro Reammon con il corno di graphorn (qui
la scheda sull'animale), la direttrice e la signorina Quinn.
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Capitolo 2 *** Dubh Cliathan ***
CAPITOLO
2
Dubh
Cliathan
Edmund
preferì non indagare sul modo in cui il suo baule fosse finito
nella tasca di Reammon Boenisolius. Non era certo che la risposta gli
sarebbe piaciuta, soprattutto visto quello che Reammon era stato in
grado di estrarre dalla quella tasca. Inoltre il suo interesse era
tutto concentrato sulla cerimonia che si sarebbe svolta fra poco più
di mezzora.
«Dove
stiamo andando?» chiese Edmund, osservando i palazzi della
Dublino Babbana che scorrevano sotto i suoi occhi.
Mairead
sorrise. «A Dubh Cliathan» rispose con semplicità,
scrollando le spalle.
Edmund
la guardò con perplessità: quel nome non gli ricordava
nulla. «Dove?»
«A
Dubh Cliathan, la parte magica di Dublino» spiegò la sua
amica.
Esisteva
una parte magica di Dublino? Edmund non ne aveva mai sentito parlare.
Mairead,
nel vedere l'espressione interrogativa dipinta sulla sua faccia, fu
costretta a continuare la spiegazione: «Ci possono entrare solo
i maghi, i Babbani non la vedono. Ci sono il Palazzo del Parlamento,
il Palazzo del Ministero, la direzione del Corriere del Mago e
un sacco di negozi».
Doveva
essere un posto stupendo, solo che lui, relegato in un orfanotrofio
Babbano, non aveva mai avuto occasione di vistarlo. «Ma molti
negozi di articoli per la scuola si trovano in giro per Dublino»
commentò Edmund, ricordandosi di come aveva facilmente trovato
tutti i punti vendita che gli interessavano per comprare il materiale
per il Trinity.
Mairead
annuì. «Sì, una decina di anni fa, fu varata una
legge per cui tutti i negozi che vendevano prodotti per la scuola
dovevano avere un distaccamento anche fuori Dubh Cliathan, sai, per i
Nati Babbani... altrimenti i loro genitori non potevano entrare a
Dubh Cliathan. Fu una legge osteggiata da molti, ma alla fine il
Partito della Democrazia riuscì a farla approvare dal
Parlaimint» spiegò in tono pratico, mentre
attraversavano il St. Stephen's Green, uno dei parchi più
importanti di Dublino.
Edmund
si perse via ad osservare due tortore che si inseguivano serenamente
tra i rami. C'erano troppe cose del mondo magico che non sapeva,
nonostante avesse passato gli ultimi due anni a studiare e leggere
qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Era frustrante essere
cresciuto tra i Babbani, ignorare tutte quelle cose sul mondo a cui
in realtà apparteneva. Odiava essere un Nato Babbano.
«Guarda
Ed, siamo arrivati!» esclamò Mairead, strappandolo dai
suoi pensieri. La ragazzina stava indicando l'Iveagh Hause, la sede
Babbana del Dipartimento degli Affari Esteri.
«È
lì?» domandò scioccamente Edmund.
Mairead
sorrise compiaciuta. «Certo».
Edmund
non ebbe il coraggio di fare altre domande, mentre seguiva Reammon e
Mairead verso l'Iveagh House. Mairead e suo padre si diressero senza
esitazione verso l'entrata del palazzo, sotto il piccolo colonnato
bianco, sebbene la porta di legno massiccio fosse evidentemente
chiusa. La ragazzina si avvicinò all'ingresso, spinse il
portone e questo, con il sommo stupore di Edmund, si aprì
sotto il suo tocco delicato. I tre si ritrovarono in un atrio
gigantesco, con i pavimenti di marmo e costosi lampadari
settecenteschi appesi al soffitto. C'era un viavai di persone che
erano indubbiamente dei maghi. Quello non era l'interno
dell'Iveagh House.
Proprio
difronte a loro, davanti all'ingresso da cui erano appena entrati,
c'era un enorme portone che si apriva su una strada affollata.
«Quella
è Priomhsraid, la via principale di Dubh Cliathan» disse
Mairead, vedendo che gli occhi di Edmund erano stati rapiti dalla
folla di gente che passeggiava guardando le vetrine dei negozi.
Il
ragazzino trattenne a stento un'esclamazione di stupore. Non aveva
mia visto tutte quelle botteghe per soli maghi radunate in un unico
posto! Era qualcosa di stupendo.
«Buongiorno,
Reammon» disse una voce alle loro spalle, che fece trasalire
Edmund. Un signore con due enormi baffoni da tricheco, una pipa
profumata di tabacco e una tuba che sembrava uscita da un film in
costume, stava sorridendo bonario verso di loro.
«Oh,
signor Coincleach» esclamò Reammon, stringendo la mano
paffuta dell'uomo. «Ragazzi, questo è il direttore del
Museo Nazionale di Antichità Storiche».
Mairead
fece un grazioso inchino sollevando i lembi del suo vestito, mentre
Edmund si accontentò di fare un segno con il capo, perché
era rimasto scioccato dall'inusuale saluto aggraziato della sua
amica.
«Questa
è la tua piccolina? Per la barba di Merlino, com'è
cresciuta» esclamò il direttore, dando un buffetto sulla
guancia a Mairead.
Edmund
era certo che la ragazza avrebbe morso la mano dell'uomo-tricheco per
quel gesto, ma lei invece si limitò a sorridere deliziata.
Edmund strabuzzò gli occhi, ma non ebbe tempo di commentare la
cosa, perché il signor Coincleach si rivolse a lui.
«E
tu come ti chiami?»
«Edmund
Burke, signore» rispose il ragazzo, stingendo la mano
dell'uomo.
«Orgoglioso
di essere un Raloi, eh?» gli chiese il mago, strizzandogli
l'occhio.
Edmund
lisciò le pieghe della sua giacca, leggermente a disagio.
«Già...» fu l'unica cosa che gli venne da
rispondere.
«Allora,
ragazzo mio, perché non mi racconti della tua ultima avventura
nella Foresta Nera, davanti a una bella pinta di Burroguinness?»
chiese il signor Coincleach, rivolto nuovamente verso Reammon.
«Non
oggi, signor Coincleach; oggi siamo diretti al Palazzo del Ministero.
Sa, la mia Mairead e il suo amico stanno per essere insigniti
dell'Encomio della Repubblica» rispose Reammon, con evidente
soddisfazione.
Il
direttore del Museo si profuse in una serie infinita di complimenti,
stinse loro la mano con fare pomposo e poi augurò a tutti una
buona giornata.
«Da
quando sei diventata vezzosa?» sibilò Edmund
all'orecchio di Mairead, mentre osservava la schiena del signor
Coincleach che si allontanava verso Priomhsrad.
La
ragazzina lo incenerì con lo sguardo e assunse un'aria offesa,
ma alla fine si degnò di rispondere: «Coincleach sta
preparando una mostra e sembra che voglia chiedere a mio padre di
partecipare non solo per esporre i reperti da lui trovati, ma anche
per organizzare direttamente l'evento. Capisci che significa?»
«Che
tuo padre non deve farsi scappare quest'occasione?»
«Scherzi?
Certo che no! Voglio dire, una mostra all'interno del Museo Nazionale
di Antichità Storiche non è una roba per dilettanti»
asserì Mairead in tono serio.
La
conversazione morì in quel momento, perché Edmund era
stato rapito dallo spettacolo di Priomhsrad. Vetrine e vetrine di
negozi di articoli magici si affacciavano sui due lati di una strada
lastricata piuttosto ampia, affollata di gente di ogni provenienza.
Edmund vide persino dei goblin, per la prima volta in vita sua, e ne
fu molto affascinato.
«Questo...»
esclamò Mairead, afferrando il suo amico per il braccio e
trascinandolo verso una vetrina. «È il negozio da
Quidditch più fornito di tutto il mondo magico!»
C'erano
tantissimi ragazzini con il naso incollato al vetro; quando
finalmente anche Edmund e Mairead riuscirono a conquistarsi un angolo
per vedere gli oggetti esposti, capirono che cosa avesse attirato
tanta attenzione: un manico di scopa nuovo fiammante vibrava a
mezz'aria nella vetrina. Mairead trattenne il fiato per la sorpresa,
poi esclamò: «Questa... è una Firebolt!»
Edmund,
che non era mai stato sufficientemente interessato al Quidditch per
entusiasmarsi davanti ad un pezzo di legno incantato, osservò
la sua amica con aria perplessa.
Mairead
gli afferrò il braccio e lo scosse avanti e indietro, in preda
all'euforia. «Ed! È la scopa più veloce al mondo!
È una Firebolt!» ripeté, nella speranza di
coinvolgere il ragazzino con il suo entusiasmo.
«Uau»
commentò invece Edmund in tono piatto.
«Come
sei ottuso!» protestò Mairead. «Con questa scopa,
potrei vincere tutte le mischie!»
«Quando
dissi che ti avrei fatto un regalo per l'Encomio, intendevo qualcosa
di più economico» esclamò una voce alla loro
spalle. Reammon li aveva raggiunti e sorrideva con aria complice in
direzione della figlia.
Mairead
scoppiò a ridere. «Non ti preoccupare, babbo. Non ho
alcuna intenzione di chiederti quella» gli rispose
accennando con il capo alla Firebolt. Infine si allontanò
dalla vetrina insieme al padre.
Edmund
rimase ancora un attimo immobile davanti al luccicante manico di
scopa, non perché gli interessasse qualcosa dell'oggetto in
vendita, ma perché gli sarebbe piaciuto avere qualcuno che
promettesse a lui un regalo per l'Encomio. Gli sarebbe piaciuto avere
qualcuno per cui fare gli occhi dolci al signor Coincleach.
Gli
sarebbe piaciuto avere un genitore.
«Ed,
vieni!» lo richiamò Mairead, gesticolando nella sua
direzione.
Il
ragazzino si riscosse dai suoi cupi pensieri e si affrettò a
seguire l'amica.
Man
mano che procedevano per Dubh Cliathan, Mairead mostrava a Edmund gli
edifici più importanti: c'era la sede irlandese della più
grossa banca anglosassone, la Gringott, la direzione del Corriere
del Mago, dove fino a pochi mesi prima lavorava Eoin Maleficium,
il St. Bartleby Hospital, l'ufficio postale, con centinaia di gufi e
civette di ogni dimensione e specie, e poi il palazzo dove aveva sede
la Breith Cuirt na Draiocht, la Corte della Magia.
Infine
giunsero in una piazza rettangolare, abbastanza luminosa e ampia, al
cui centro una fontana creava sapienti giochi d'acqua con spruzzi
colorati che volteggiavano nell'aria, riempiendola di minuscole
goccioline che riflettevano la luce del sole. Uno di fronte all'altro
stavano due palazzi identici, di raffinato gusto settecentesco, che
sembravano elevarsi solitari verso il cielo, come se dovessero
primeggiare uno sull'altro. La bandiera della Repubblica, verde con
due bacchette incrociate dietro ad un'arpa celtica, sventolava
orgogliosa sui balconi di entrambi i palazzi. Davanti a uno dei due
c'era la statua di un mago dall'aria altera.
«Questa
è Cearnog na Stiuradh, Piazza del Controllo»
esclamò Mairead. «Qui si decide ogni giorno del futuro
dell'intera Irlanda magica. Quello di destra è il palazzo del
Parliamint, l'altro è il palazzo del Ministero della
Magia, con davanti la statua del liberatore dell'Irlanda Magica,
Zaocoonte O'Saoirse» spiegò la ragazzina, facendo una
piroetta deliziata. Sembrava entusiasta di quel luogo, quasi quanto
lo era stata per la Firebolt. «Qui lavorano i maghi e le
streghe più sagge del mondo magico, che discutono ogni giorno
per il bene della nostra nazione» continuò con un
sorriso estasiato.
Era
un'idea troppo idilliaca della politica per i gusti di Edmund,
soprattutto se raffrontata al ghigno sadico e alla sete di potere di
McPride.
«Un
giorno varcherò anche io la soglia di quel palazzo come
Onorevole Parlamentare e mi sederò su una poltroncina rossa di
velluto per discutere sulle leggi migliori per l'Irlanda»
esclamò ancora Mairead.
Ma
Edmund non la stava più ascoltando perché sulla soglia,
vigilata da due Auror in alta uniforme, era appena apparso un uomo
distinto, che teneva per mano un ragazzetto dall'aria esagitata.
Eoin
Maleficium e il figlioletto Bearach.
Ecco
qui il nuovo capitolo! Scusate il ritardo, ma il mio pc è k.o.
quindi ho dovuto rubare quello di mio fratello! XD Spero che vi sia
piaciuta la descrizione della parte magica di Dublino... insomma, mi
sembrava giusto che ci fosse un “Diagon Alley” anche in
Irlanda. Giusto per informazione, Dubh Cliathan significa “ala
nera” ed è ripreso dal nome gaelico (meno usato) di
Dublino, Dubh Linn, appunto “stagno nero”. Ma ora basta,
chiacchiere, passiamo ai ringraziamenti personali:
@
Julia Weasley: ahahah, hai disfatto le valige di corsa per venire a
leggere il primo capitolo? Spero che l'attesa abbia portato buoni
frutti. Io sono abbastanza soddisfatta di come si sta svolgendo la
storia, ma come al solito è merito della mia alto-stima! Anche
io adoro tantissimo Reammon! È divertentissimo scrivere su di
lui! Ci sentiamo presto!
@
darllenwr: per Edmund è davvero penoso stare all'orfanotrofio,
soprattutto lui che non solo è un mago, ma è pure un
mago d'eccellenza: si meriterebbe certamente di più e tutti se
ne rendono conto. Quanto all'incontro di Reammon con la signorina
Quinn, mi sono divertita troppo a scriverlo: un personaggio del
genere a confronto con una babbana ultra-puntigliosa è davvero
uno spasso! Spero che ti sia piaciuta la versione irlandese di Diagon
Alley! Ci sentiamo presto!
@
quigon89: sono contenta che ti sia piaciuta l'apparizione di Mairead
e di suo padre: Reammon è un personaggio divertentissimo su
cui scrivere, perché ne combina sempre una peggio del diavolo!
XD Grazie della tua disponibilità, se mi verrà in mente
qualcosa, ti sfrutterò ancora! Nel prossimo capitolo vedrai
apparire nonna Joey, personaggio che ovviamente ti dedico, visto che
mi hai aiutato a trovarne il nome!
@
Andromda2012: benvenuta a te! Sono felice che le mie storie abbiano
attirato il tuo interesse e spero di non deluderti con questo nuovo
capitolo della saga. Mi sa che McPride te lo dovrai sopportare ancora
per un bel po': sarà uno dei personaggi principali fino alla
fine del ciclo! Reammon, non mi stancherò mai di dirlo, è
un tipo troppo forte! Scrivere di lui è divertentissimo! Anche
a me piace molto Laughlin perché mostra come i Nagard non
siano sempre cattivi (anche perché è la mia casa
preferita, come immagino avrai notato!). Grazie per i complimenti,
comunque! L'Irlanda è la mia terra preferita, quindi per me è
facile ispirarmi alle saghe celtiche per scrivere questi racconti. A
presto!
@
guetto78: purtroppo sì, devo aggiornare una volta alla
settimana perché di più non riesco. Spero che ti sia
piaciuto anche questo capitolo!
Un
saluto a tutti e grazie a chi continua a seguire questa saga!
Beatrix
EDIT:
comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei
dialoghi! QUI Mairead e il palazzo del Ministero della Magia (ps. il
palazzo della foto è in realtà Palazzo Madama a Torino,
ma è esattamente a quello che mi sono ispirata per Piazza del
Controllo!^^)
|
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Capitolo 3 *** Cose da purosangue ***
CAPITOLO
3
Cose
da Purosangue
«Buongiorno,
signor Maleficium» lo salutò Edmund.
Il
mago fece un sorriso e accennò un saluto con il capo.
«Buongiorno a voi, ragazzi. Signor Boenisolius» disse,
stringendo la mano a Reammon.
«Ciao,
Ed! Ciao, Ed! Ciao, Ed! Oh, ciao, Mairead!» esclamò
Bearach saltellando estasiato. Anche se la madre aveva cercato di
fargli indossare un completino elegante, il bimbetto non aveva perso
quella sua aria esagitata che lo caratterizzava sempre.
«Ciao
Bearach. Come stai?» lo salutò Edmund, ridacchiando fra
sé e sé per il fatto che Laughlin dovesse sopportarsi
quella peste tutti i santi giorni.
«Oh,
io bene! È supermegastratosferica questa cosa dell'Encomio,
Ed! Sai? Ci sono un sacco di maghi impomatati e barbosi con i loro
vestiti eleganti che chiacchierano di cose inutili, e poi...»
cominciò a dire Bearach tutto d'un fiato, ma Eoin lo
interruppe, mettendogli una mano sulla spalla.
«Laughlin
è già dentro con sua madre. Io sono stato costretto a
trascinare Bearach lontano dal salone dopo che ha mandato in frantumi
il busto di Greenwald il Vecchio: almeno fin tanto che non comincia
la cerimonia, è meglio che io e lui ce ne stiamo qua fuori»
spiegò Eoin ai nuovi arrivati, in tono accondiscendente.
Sembrava allo stesso tempo rassegnato e divertito dal caratterino
esuberante del figlio.
«Grazie,
signore» rispose Edmund con cenno del capo e insieme a Mairead
e suo padre entrò nel Palazzo del Ministero.
Laughlin
e Daire Maleficium si trovavano nell'immenso e luminoso salone
d'ingresso del palazzo, insieme a un gruppo di maghi dall'aria
importante: dovevano essere quelli che Bearach aveva definito
“barbosi”. Laughlin indossava un completo rosso, curato
fino all'ultimo filo dorato del ricamo sul panciotto.
Edmund
non l'aveva mai visto così elegante: sembrava la versione in
miniatura di suo padre. Improvvisamente realizzò di essere
assolutamente inadeguato a quell'ambiente: lui aveva indosso la
divisa della scuola, per di più sciupata e di seconda mano!
Proprio
in quel momento Daire indicò al figlio che erano arrivati i
suoi amici e Laughlin si fece loro incontro, strappando Edmund dai
suoi cupi pensieri.
«Ciao
ragazzi!» li salutò con un sorriso smagliante. «Non
è grandioso? Stiamo per ricevere l'Encomio della Repubblica!»
Laughlin sembrava davvero entusiasta di quella cosa. Dopotutto, ne
aveva anche il diritto: era raro che dei ragazzini di quasi
quattordici anni fossero insigniti con quell'onorificenza. Per di più
lui era un Nobile Purosangue irlandese: per quanto non lo
dimostrasse, doveva essere molto orgoglioso di portare alla sua
casata una medaglia di quel valore. Era qualcosa che avrebbe
aumentato il prestigio della famiglia Maleficium agli occhi della
comunità magica.
«Abbiamo
visto tuo padre fuori, con Bearach» gli disse Mairead,
accennando con il capo alla piazza.
Laughlin
fece un sospiro rassegnato. «È un'insopportabile peste»
commentò in tono piatto, scuotendo la testa.
In
quel momento, entrarono nel salone una coppia maghi anziani: l'uomo
era alto e stempiato, con gli occhi luminosi nascosti da un buffo
paio di occhialetti rotondi e il sorriso gioviale, mentre la donna
indossava un'improbabile vestitino azzurro a fiorellini, con il
colletto bianco di pizzo. Era bassa e tarchiata e aveva i capelli
tinti di un luccicante color carota che dava vagamente nell'occhio.
«Nonna
Joey, nonno Aaron!» esclamò Mairead felice, correndo
loro incontro.
Edmund
capì che quelli erano i genitori di Reammon quando la signora
afferrò la guancia del figlio e cominciò a
strapazzarla, manco avesse due anni.
«Mamma,
mi fai male» si lamentò Reammon, con un'espressione
sconfortata.
Edmund
sorrise alla vista di quel quadretto singolare, ma non riuscì
ad evitare di provare una punta di gelosia.
«Vieni,
dai, ti presento un sacco di persone importanti» disse
Laughlin, spingendo l'amico verso il gruppo di maghi che
accompagnavano sua madre. Era l'ultima cosa che Edmund avrebbe voluto
fare, visto che non si sentiva a suo agio in quell'ambiente, ma fece
buon viso a cattivo gioco.
«Buongiorno,
signora Maleficium» salutò cordialmente, con un sorriso
tirato.
«Edmund
caro, che piacere rivederti» rispose Daire, stringendo
calorosamente la mano del ragazzo tra le sue.
«Edmund,
questo è il direttore della Gringott di Dubh
Cliathan» esclamò Laughilin soddisfatto,
indicando un mago grassoccio e piuttosto vecchio.
«Piacere
di conoscerla, signor Burke. Una giovane promessa per l'Irlanda
magica, spero» disse l'uomo panciuto nel stringere la mano di
Edmund.
Il
ragazzino non ebbe tempo di commentare, che Laughlin già gli
aveva presentato il presidente del Parlaimint, un mago serio
dalla mascella squadrata, e il capo del Dipartimento dell'Istruzione
Magica, una strega dall'aria severa con un paio di glaciali occhi
azzurri.
Edmund
rivolse a tutti un sorrisetto impacciato, chiedendosi come Laughlin
potesse trovarsi a suo agio in mezzo a persone così
importanti. Si vedeva che lui era un Purosangue di nobile stirpe,
abituato a quel genere di cose.
«Questo
invece è Ophicurus Claiomh, il capo del Dipartimento della
Difesa» disse Laughlin, presentando al suo amico un mago alto
dall'aria distinta, con un paio di curati baffetti neri.
«Ehm...
piacere, signor Claiomh» sussurrò Edmund, leggermente
impacciato, stringendo la mano dell'uomo.
«Il
professor Captatio mi ha parlato di lei. Viste le sue eccelse doti,
le consiglio di prendere in considerazione una futura carriera da
Auror» disse il mago, ricambiando la stretta.
Edmund
non era abituato a ricevere dei complimenti, tanto meno dal capo del
Dipartimento della Difesa. Era strano sentirsi elogiare da maghi così
importante per le sue doti che per anni erano state oggetto di
scherno all'orfanotrofio. Edmund fece un timido sorriso, ma una
inquietante gioia selvaggia gli si stava scatenando nel petto. Lui
sarebbe potuto arrivare dovunque!
«Guarda,
guarda. Dei piccoli eroi. Ma che piacere» disse una voce fredda
e sarcastica alle loro spalle.
Edmund
si voltò, ma non ebbe bisogno che Laughlin gli presentasse
l'uomo che aveva parlato: vestito con una lunga veste nera, i tratti
del viso taglienti, la carnagione pallida e uno sguardo di
superiorità.
«Scipio
Diablaiocht» commentò Edmund in tono velenoso. Il
sorrisetto beffardo del mago fece intuire al ragazzino che aveva
indovinato.
«Tu
devi essere Burke, il coraggioso orfanello che ha salvato la scuola
da un terribile disastro. Davvero eroico, soprattutto considerato che
non sai nemmeno quali siano le tue origini» disse sprezzante il
signor Diablaiocht.
«Io
almeno ho il coraggio di agire a viso scoperto, signore»
rispose Edmund, senza abbassare lo sguardo. Il suo velato accenno
all'EIF non parve turbare particolarmente il mago, anche se Edmund
era convinto che Diablaiocht facesse parte di quell'organizzazione
clandestina.
«Oh,
non ho dubbi. Sei un Raloi, dopotutto» commentò il mago,
con una sottile nota di disprezzo nella voce.
«Scipio,
anche tu alla cerimonia?» disse Eoin Maleficium, che apparì
proprio in quel momento alle spalle del mago, tenendo per mano il
piccolo Bearach.
«Certamente,
Eoin, potrei forse mancare?» rispose il signor Diablaiocht,
voltandosi verso il suo interlocutore con un sorriso forzato. Non
sembrava che tra i due corresse buon sangue, ma entrambi si fingevano
cortesi l'uno con l'altro.
«Come
va la tua scuola di musica?» chiese Diablaiocht a Eoin, con
finto interesse.
«Molto
bene, grazie».
Ad
interrompere i convenevoli dei due maghi arrivò l'irruenta
famiglia Boenisolius.
«Oh,
Scipio!» esclamò Reammon gioviale, stringendo la mano
del mago. Era impossibile che Reammon non notasse lo sguardo di puro
disprezzo che gli riservava Diablaiocht, il quale sembrava disgustato
anche solo dalla sua presenza. Eppure Reammon continuava ad essere
cordiale e gentile, come se Scipio fosse un amico di vecchia data.
E
poi Edmund realizzò che lo stava facendo apposta per
infastidire il mago fanatico del sangue puro.
«Vedo
che sei già tornato dalla tua scampagnata in Germania. Quando
avevi intenzione di passare per il mio ufficio a fare il rapporto del
viaggio e il catalogo della paccottiglia clandestina che hai raccolto
e importato in Irlanda?» gli chiese Diablaiocht con malcelato
disprezzo.
Reammon
sorrise e gli diede una pacca sulle spalle, alla quale l'uomo reagì
con una smorfia tale che sembrava fosse stato costretto a sopportare
in silenzio la maledizione Cruciatus. «Andiamo, Scipio,
paccottiglia clandestina? Sono preziosi reperti archeologici! È
davvero esagerata la coscienziosità minuziosa con cui
controlli tutto quello che entra ed esce da questo paese. Non voglio
mica importare di nascosto uova di Basilisco!»
Diablaiocht
distorse il naso. «Saresti anche in grado di farlo, Reammon»
rispose, mettendo tutto il veleno di cui era capace nel pronunciare
il suo nome.
«Non
ci presenti il tuo capo, Mon?» esclamò la vecchia maga
con il vestito a fiori.
Edmund
si stupì della potenza della sia voce: era possibile che una
nonnina avesse un vocione capace di far tremare le pareti?
«Non
è il mio capo, mamma» si lagnò Reammon con
rassegnazione.
La
signora Boenisolius non sembrava soddisfatta della risposta. «Allora
perché quando torni dalle tue folli avventure da archeologo te
ne vai sempre da lui a fare rapporto?» chiese in tono critico.
«Perché
lui è il capo del Dipartimento degli Affari Esteri, mamma».
«Oh,
e non ce lo presenti? Be', faccio da me. Piacere di conoscerla,
signore, sono Josephine O'Brian Boenisolius e questo è mio
marito Aaron» disse la donna, tendendo la sua mano verso un
disgustato signor Diablaiocht che la strinse con riluttanza. «Non
fare quella faccia da sangiunista schizzinoso, giovanotto» lo
ammonì Josephine, senza troppi peli sulla lingua. «Sono
purosangue anche io, anzi, faccio pure parte della nobile schiatta di
Mael Duib. E non mi vergogno affatto che la mia nuora fosse inglese».
A
quelle parole mise una mano sulla spalla della nipotina Mairead e
squadrò Diablaiocht, come sfidandolo a ribattere. «Sono
contento per lei, signora Boenisolius» fu l'unica cosa che
riuscì a rispondere il mago, quasi spiazzato dalla
determinazione dell'anziana strega.
«La
cerimonia sta per incominciare» disse una voce alle loro
spalle: un mago vestito con una elegante livrea blu, fece un inchino
davanti al gruppo di persone riunite nell'atrio. «Prego,
signori, se volete seguirmi».
Laughlin
regalò un sorriso eccitato ai suoi amici e poi i tre ragazzi,
seguiti dagli altri, si incamminarono dietro la loro guida.
Ecco
qui il terzo capitolo! Spero che vi siano piaciuti i nonni di
Mairead! A me fanno morire dal ridere! XD Visto che qui si parla
parecchio dei purosangue, mi sembra il momento più opportuno
per aggiungere, prima dei ringraziamenti, una piccola nota sul mondo
irlandese:
All'interno
della società magica irlandese, ci sono diversi gradini: la
differenza non riguarda l'avere o meno genitori Babbani, ma la
purezza del sangue celta. Sono considerati purosangue coloro che non
hanno antenati inglesi, indipendentemente che siano maghi o Babbani.
In questa categoria, hanno certamente più rilevanza le
famiglie interamente magiche (ad esempio la famiglia Diabliaiocht),
ma sono comunque
purosangue anche i Nati Babbani o i Mezzosangue, purché
abbiano genitori irlandesi (ad esempio Peig Kenneth, che è
Nata Babbana, o Dedalus Consolatus che ha il padre Babbano). Chiunque
abbia un genitore o anche solo un antenato di origini inglesi è
invece un sassanachfiul, mal visto perché considerato
discendente degli antichi conquistatori dell'isola. Categoria a parte
è rappresentata dalle famiglie nobili. Esistono dieci diverse
schiatte nobiliari che riguardano l'antica suddivisione dell'Irlanda
in rami di discendenza magica. All'interno di ogni schiatta, quasi
fosse uno scatolone, convivono diversi ceppi familiari. Appartenere
alla stessa schiatta, dunque, non significa essere necessariamente
parenti. La più antica e nobile è certamente quella di
Con Cetchthach, che risale addirittura alla fondazione dell'Irlanda
magica; tuttavia una sola famiglia è rimasta all'interno di
questa schiatta, perché tutte le altre si sono estinte: la
famiglia Deamundi, il cui capostipite maschio merita per questo il
titolo di Conte di Con Cetchthach (attualmente tale titolo spetta al
padre di Eibhean, Meccorin Deamundi). Altre schiatte sono quelle di
Iuchar Tuiren, di cui fa parte la famiglia Maleficium o quella di
Mael Duib, di cui fa parte la famiglia O'Brian.
Questa
suddivisione esiste in pratica, ma non dovrebbe esistere in teoria,
visto che il secondo articolo della Carta Costituzionale Magica
d'Irlanda recita: Tutti i maghi cittadini della Repubblica Magica
sono uguali, indipendentemente dalla loro origine familiare, sesso,
religione, discendenza o credo. È compito della Repubblica
provvedere all'eliminazione di qualsiasi differenza sostanziale o
formale con i mezzi che questa Carta le concede.
E
ora i ringraziamenti!
@
Julia Weasley: mi sembrava giusto che ci fosse una parte magica anche
a Dublino, poi visto il taglio più democratico che ho dato
alla mia storia (dove sono le elezioni in Inghilterra? O.o), era
saggio metterci anche la parte governativa a Dubh Cliathan. Già,
povero Edmund! Non deve essere facile per lui crescere senza una
famiglia, senza nemmeno sapere chi fossero i suoi genitori. Aspetta a
buttare all'aria tutte le tue teorie... comunque credo che il finale
sarà veramente imprevedibile questa volta! Mairead più
che ambiziosa ha voglia di mettersi in gioco, di agire sul campo: per
lei sarebbe un sogno essere tra i “migliori che governano lo
stato”. Quanto a Bearach, ha appena fatto i 10 anni, quindi
ancora due poi sarà al Trinity! Mi divertirò un sacco
quando ci sarà anche lui! A persto!
@
Andromeda2012: anche a me piace un sacco Dublino (pur non essendoci
mai stata... in effetti!) quindi per la parte magica ho dato il
meglio di me per renderla perfetta! Mi sono divertita troppo con
Mairead vezzosa, che fa sorrisini e piroette: dopotutto sta
indossando un abito da ragazza e già questo non è da
lei! Poi le piace anche il Quidditch... insomma, è un po' un
maschiaccio, ma avrà tempo di tirare fuori il suo lato
femminile, più avanti, verso il quinto racconto. Purtroppo si
tarderà eccome a scoprire del passato di Edmund: alla fine de
“L'orologio d'oro” avverrà la fatidica e tanto
attesa rivelazione. Per adesso dovete accontentarvi delle sue
malinconiche riflessioni sul suo passato. Sì, Mairead è
tanto motivata che potrebbe davvero apportare qualche cambiamento
positivo alla vecchia repubblica! Quanto a Bearach, hai ragione, è
proprio schizofrenico! Ma mi diverte un sacco! Grazie mille delle tue
recensioni, a presto!
@
quigon89: sono contenta che ti abbia emozionato Dubh Cliathan! Ti è
piaciuta la Mairead in versione vezzosa e quando le si illuminano gli
occhi per la Firebolt? XD Reammon è divertentissimo, vedrai
nei capitoli a casa Boenisolius: è un disastro! Eh, già,
Mairead aspira alla carriera politica, soprattutto perché ha
voglia di mettersi in gioco e di cambiare un po' le cose, a favore
dell'integrazione e dell'uguaglianza dei nati inglesi. La carriera
sportiva mi sembrava un po' scontata: la intraprenderanno invece
tutti i fratelli Connery, tranne Nicolaj. Spero che tu abbia
apprezzato la comparsa di nonna Joey! A presto!
@
chiaki89: benvenuta! Sono davvero contenta di essere riuscita ad
attirare la tua attenzione e di averti appassionato a tal punto.
Anche il fatto che ti piacciano i personaggi mi riempie di gioia,
perché ci ho messo tutta me stessa per renderli vivi e reali,
con diverse emozioni e sfumature. Già, sono convinta anche io
che l'Irlanda sia l'Irlanda! Adoro quel paese, pur non essendoci mai
stata! Sono felicissima che tu sia così determinata a
seguirmi... spero solo di non tradire le tue aspettative! Mi va
benissimo se vuoi lasciarmi la tua mail: purtroppo i disegni sono un
po' grandi, quindi dovrò mandarti due- tre mail distinte.
Spero che per te non sia un problema. A presto!
Grazie
a tutti, Beatrix
EDIT:
comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei
dialoghi! QUI nonna Joey che si presenta al caro Scipio Diablaiocht
|
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Capitolo 4 *** L'Encomio della Repubblica ***
CAPITOLO
4
L'Encomio
della Repubblica
Tutti
gli ospiti furono fatti accomodare dentro una saletta dal soffitto
affrescato al secondo piano, mentre i tre amici aspettavano fuori di
ricevere le istruzioni per lo svolgersi della cerimonia.
«Non
siete un po' nervosi?» chiese cautamente Laughlin, sistemandosi
per l'ennesima volta l'abito.
Mairead
fece un sorrisetto tirato, mentre Edmund si limitò ad annuire.
«Allora,
ragazzi miei, siete pronti?» esclamò una voce allegra
alle loro spalle.
Non
appena Edmund udì pronunciare quelle parole, la riconobbe
subito e si sentì stranamente calmo.
Un
maghetto buffo con un ridicolo cappello a punta e due enormi baffoni
bianchi stava sorridendo verso di loro.
«Professor
Captatio!» proruppe Edmund, senza riuscire a trattenersi. Era
davvero assurdo, ma quell'uomo rappresentava per lui la cosa più
simile ad un padre che avesse mai sperimentato. Del resto i suoi
amici avevano invitato genitori e parenti a quella cerimonia, mentre
per lui non era venuto nessuno.
Captatio
sembrò intuire i suoi pensieri, perché gli sorrise e
gli mise una mano sulla spalla con fare rincuorante. «Vedrete
che andrà tutto bene, state calmi» disse loro, nel
tentativo di tranquillizzarli.
Mairead
prese un lungo respiro, poi chiese: «Come si svolge la
cerimonia, signore?»
«Oh,
è una cosa molto semplice: quando si apriranno le porte, voi
entrerete e percorrerete la sala fino in fondo, ascolterete il noioso
discorso del Presidente e le quattro parole sconnesse che pronuncerò
io, vi prenderete una bella coccarda rossa da appuntare al petto,
sorriderete un po' alle persone importanti che seguiranno la
cerimonia, farete una bella faccia per la foto del giornale e sarete
Encomiati!» rispose con semplicità il preside.
Non
che quella frase lunghissima poté dare qualche informazione in
più ai ragazzi, ma ebbe il potere di strappare loro un
sorriso.
Proprio
in quel momento si aprirono le porte della sala e Captatio fece loro
un cenno d'incoraggiamento. I tre amici si scambiarono uno sguardo
d'intesa: dopotutto avevano affrontato ben di peggio in quei due anni
che avevano passato insieme. Un ultimo respiro profondo e poi
varcarono la soglia.
La
sala non era particolarmente grande, ma era un piccolo gioiello
dell'arte: sulla parete davanti alla porta si apriva un'enorme
vetrata, il soffitto era affrescato con delle allegorie delle virtù,
che si muovevano graziosamente in un boschetto di frassini, mentre il
pavimento e le pareti erano di marmo bianco e rosso. Davanti alla
vetrata, su un piccolo palco di marmo rialzato di un paio di gradini,
stava ritto in piedi il Presidente della Repubblica Magica, con
indosso la divisa ufficiale e quel suo solito sorriso da squalo
stampato in faccia.
Quando
i tre amici ebbero percorso il tappeto rosso fino al palco, McPride
li fece salire e disse loro di voltarsi verso il piccolo pubblico.
Poi mise una mano sulla spalla di Edmund, al centro del terzetto, con
fare che agli altri doveva sembrare paterno e rassicurante ma che
fece rabbrividire il ragazzo come se del ghiaccio gli colasse lungo
la schiena.
«Gentili
streghe e onorevoli maghi, oggi siamo qui riuniti per premiare il
coraggio di questi giovani ragazzi che con la loro intraprendenza
hanno salvato il Trinity College da una terribile disgrazia»
cominciò a dire McPride, senza togliere la presa dalla spalla
di Edmund.
Mairead
e Laughlin sorridevano tanto compiaciuti che quasi brillavano loro
gli occhi, ma Edmund stringeva i pugni con fare nervoso per quel
contatto con il Presidente che lo infastidiva in modo orribile.
L'uomo
continuò a decantare le loro lodi, interrompendosi ogni tanto
per permettere ai presenti di applaudire. Quel discorso era così
banale che Edmund non si impegnò nemmeno troppo di ascoltarlo,
e decise che sarebbe stato più divertente osservare la platea.
Il
signor Aaron Boenisolius stava cercando di nascondere le sue lacrime
di commozione, ma non appena la moglie lo vide piangere, gli scoccò
uno sguardo rassegnato e gli passò un fazzoletto di seta
ricamato.
C'era
un mago che Edmund immaginò essere il giornalista del
Corriere, perché aveva al suo fianco un foglio di
pergamena e una penna prendiappunti.
Il
signor Maleficium se ne stava tutto impettito in prima fila,
orgoglioso dell'encomio che avrebbe ricevuto il figlio; stranamente
perfino Bearach era tranquillo, forse perché anche lui
percepiva la serietà che impregnava l'aria di quella stanza.
Infine
lo sguardo di Edmund si posò su Captatio: anche se la sua
bocca era seminascosta dai grossi baffoni, si poteva intuire dal
brillio dei suoi occhi che stava sorridendo verso di lui.
«E
ora, senza ulteriore indugio, lascio la parola al preside del
Trinity, il professor Caius Iulius Emilianus Captatio» concluse
McPride, invitando il mago a raggiungerli sul palco, mentre veniva
accolto da un applauso.
L'uomo
sorrise ai suoi studenti, ma non si voltò verso il pubblico.
«Perdonate se vi do le spalle, gentili signori» cominciò
a dire. «Ma il mio discorso non è per voi, bensì
per i ragazzi. Dopotutto il presidente McPride ha così
piacevolmente illustrato le loro doti che le mie parole potrebbero
perfino suonarvi noiose».
Edmund
ridacchiò, certo che quella fosse anche un'allusione alle
noiose parole di McPride.
Captatio
fece una pausa, poi rincominciò con tono paterno e sommesso:
«Ragazzi, non posso che esprimervi la mia gratitudine e non
solo perché avete salvato la scuola, ma soprattutto perché
mi avete ricordato che cosa di meraviglioso si può trovare
nell'insegnamento: gli studenti. Mi riempie di orgoglio sapere che
tre così fantastici ragazzi hanno scelto di usare il loro
intelletto e le loro capacità per fare del bene. Anche se
avete un certo qual disprezzo delle regole che, in qualità di
preside, sono costretto a biasimare, (-e a queste parole lanciò
loro un'occhiata di finto rimprovero-) vi assicuro che non c'è
da annoiarsi con voi tre come alunni. Avete raccolto gli stimoli che,
spero, la scuola vi abbia saputo offrire e avete spiccato il volo da
soli, verso il vostro orizzonte. È questa la vera e unica
gioia di un insegnante. Grazie».
Un
caloroso applauso seguì quelle parole, ma nessuno dei presenti
poté apprezzarle quanto i tre ragazzi a cui erano state
rivolte: quel discorso così breve e conciso era tuttavia
riuscito a far breccia nel loro animo più dell'infinito
sproloquio di lode di McPride, perché sapevano che quelle
parole erano sincere e che erano le migliori che uno studente potesse
sentirsi dire dal proprio insegnate.
«Ora,
gentili ospiti, ho da fare un annuncio» dichiarò
McPride. Nel dirlo, aumentò la stretta della presa sulla
spalla di Edmund e il ragazzino si voltò verso di lui. Il
Presidente si interruppe un attimo, per rivolgergli un sorriso, che
non poteva essere più lontano da quello incoraggiante di
Captatio: sembrava che fosse sul punto di sbranarselo da un momento
all'altro. «È un peccato che un così valente
giovanotto come te non abbia una famiglia» continuò il
McPride, senza smettere di fissare Edmund negli occhi. «È
per questo che annuncio oggi ufficialmente che ho intenzione di
procedere con le pratiche di adozione per diventare il tutore legale
di Edmund Burke».
Quelle
parole gettarono una secchiata d'acqua gelata addosso a Edmund.
Nemmeno si accorse dell'applauso ammirato che era scoppiato spontaneo
tra gli ascoltatori: era come se fosse stato sparato in un'altra
dimensione, in cui c'erano solo lui e McPride.
«Che
cosa?» fu tutto ciò che riuscì a dire,
retrocedendo di un paio di passi da quell'uomo.
Quello
era il suo carnefice! Che cosa voleva da lui? Perché aveva
messo in scena quella buffonata assurda?
Il
sorriso del Presidente divenne, se possibile, ancora più
squalesco. «Sì, Edmund, tempo un anno e sarai Edmund
McPride».
Non
era possibile! Era un incubo.
«No!»
esclamò Edmund, scuotendo la testa straniato. Ma McPride
continuava a sorridere.
«Perché?»
sussurrò allora il ragazzino, senza capire il motivo di quel
gesto disperato.
McPride
gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle, in un gesto
che doveva apparire paterno. «Giovane Burke» sussurrò
guardandolo negli occhi, in modo che potessero udire solo loro due.
«Sei un mago straordinario e destinato a grandi cose, lo so. Io
ho molto più potere di quanto non immagini e non posso non
averti. Dobbiamo solo unire le nostre forze. So che un giorno mi
ringrazierai per quello che saprò insegnarti. Vedi, avevi
ragione tu: non hanno importanza le nostre origini. E anzi, ti
rivelerò un segreto: i miei genitori erano sì dei maghi
irlandesi, ma non certo nobili; erano dei mugnai. Eppure io sono
arrivato al vertice, e solo grazie a me stesso. Non ha importanza
quello che sei veramente, ma quello che gli altri pensano che tu sia.
Sarai mio discepolo nel cammino verso la verità e il potere e
un giorno otterrai tutto quello che ho io».
Quel
discorso ripugnava Edmund, eppure non poteva negare che nascondesse
un certo fascino. Tutti, dal primo all'ultimo, si erano accorti delle
sue grandi doti e non facevano altro che ripetergli che sarebbe
arrivato al vertice. Però di una cosa era certo: non avrebbe
voluto assomigliare a McPride nemmeno per tutto l'oro del mondo. Il
professor Captatio era il suo mentore, non quell'uomo senza scrupoli.
Stava per rispondere che non aveva affatto bisogno della sua guida,
quando il Presidente lo fece voltare nuovamente verso il pubblico.
«E
ora conferiamo a questi valorosi giovanotti l'Encomio della
Repubblica!» esclamò gioviale, mentre un paggio portò
a loro tre enormi coccarde dorate su un cuscino di velluto rosso.
Edmund
era troppo sconvolto per riuscire davvero a seguire quello che stava
succedendo intorno a lui.
McPride
prese la prima coccarda e la affisse sul petto della sua amica.
«Mairead Josephine Boenisolius, la Repubblica Magica d'Irlanda
ti conferisce il suo Encomio».
Un
applauso seguì quelle parole, mentre un largo sorriso si
dipingeva sul volto della ragazzina.
Poi
McPride passò a Laughlin. «Laughlin Iuchar Tuiren
Maleficium di Sir Eiru Maillen» disse, usando il nome per
esteso, quello che si confaceva soltanto ai nobili purosangue e
comprendeva la schiatta di origine e la contea di appartenenza. «La
Repubblica Magica d'Irlanda ti conferisce il suo Encomio» E una
seconda coccarda brillò sul petto orgogliosamente rigonfio di
Laughlin.
«Edmund
Burke».
McPride
era proprio davanti a lui, con il suo solito sorriso lupesco. Edmund
non poté fare a meno di notare come il suo nome suonasse
banale al confronto di quello dei suoi amici. «La Repubblica
Magica d'Irlanda ti conferisce il suo Encomio».
Ci
fu un altro applauso, ma né Edmund né McPride lo
sentirono perché erano troppo impegnati in una tacita guerra
di sguardi.
«Un
sorriso per la foto del Corriere!» esclamò un
omuncolo con un'enorme macchina fotografica.
Una
serie di flash accecarono Edmund, così come tutte quelle
sconvolgenti notizie avevano accecato la sua mente, lasciandolo
vagare in uno stato di accidiosa apatia.
Sorry
per il ritardo, cari lettori ma sono stata impegnata tutto il giorno
con un matrimonio... avrei voluto aggiornare ieri sera ma non ce l'ho
fatta! Però gioite con me perché Captatio esiste
davvero! Il padre della sposa era un omino alto 1.50, con due enormi
baffoni bianchi e gli occhialetti rotondi! È lui, è il
mio Captatio! Ahahah!
Scherzi
a parte, spero che non vi abbia sconvolto la novità! È
un'idea che mi è venuta scrivendo e che avrà grande
risonanza lungo il corso di tutta la saga. Ma visto che avete
recensito in tanti, passiamo subito ai ringraziamenti personali:
@
Julia Weasley: Bearach è stupendo! Tanto tenerello, lui!
L'apparizione di Scipio è inquietante (in effetti ricorda
anche a me il vecchio e caro Malfoy), ma fa troppo ridere quando poi
arriva Reammon e nonna Joey. Ho anche fatto un disegno di quella
scena che è fenomenale, soprattutto la faccia schifata di
Diabliaiocht. Sì, la nota sui purosangue mi sembrava doverosa,
viste le differenze con la saga canon. A presto!
@
chiaki89: ti ho addirittura illuminato la giornata? Uau! Grazie! Lo
so che il vecchio capitolo faceva sbellicare: mi sono divertita un
sacco anche io a scriverlo! Nonna Joey è un mito... la frase
con cui risponde a Scipio è da incorniciare! La storia delle
schiatte ho cercato di renderla interessante e diversa da quella
della Rowling, tanto per aggiungere un tocco di novità. Sono
contenta che ti sia piaciuta. Alla prossima!
@
quogon89: ah, Eoin è uno dei miei personaggi preferiti: è
un purosangue di classe, senza essere spocchioso come la maggior
parte dei nobili. È un grande! In realtà nonno Aaron
non parla praticamente mai, a parte una battuta ad effetto che ho
deciso di fargli dire: ma è questo il bello, visto che si
ritrova a vivere con una donna che parla anche troppo! XD Sì,
le uova erano un riferimento alla saga canon, poi credo che
effettivamente Reammon potrebbe anche farlo, se si trattasse di
“reperti archeologici”. Sono contenta che ti piaccia il
suo lavoro: vedrai in che stato pietoso è ridotta casa sua,
nel prossimo capitolo! Eh, già... chissà cosa nasconde
Scipio! Ahahah! Alla prossima!
@
darllenwr: Bearach e nonna Joey sono i due gioiellini di questo
capitolo: sono contenta che ti siano piaciuti! Quasi tutti i boss
della repubblica avranno un ruolo nei prossimi racconti, in
particolare i capi del dipartimento dell'Istruzione e quello della
Difesa. Diciamo che non sono stati introdotti a caso! Sì,
direi proprio che Ailionora è la degna figlia di suo padre!
Adoro Scipio e Reammon messi a confronto! Sapevo, comunque, che la
citazione sarebbe stata di tuo gradimento: purtroppo, come dici tu,
rischiano di essere solo belle parole sulla carta, ma non è
detto che presto o tardi le cose cambino verso il meglio! A presto!
@
Earane: hai ragione! Non ho mai notato che i miei babbani sono sempre
un po' malvagi... anche nel prossimo capitolo in effetti le amiche di
Mairead non sono proprio queste simpaticone! Grazie di avermelo fatto
notare, magari prima o poi inserirò un babbano decente!
Reammon è un grande, ma non so se sopporterei un uomo così
caotico e pasticcione in casa! XD La trovata dei negozi fuori sede è
stata “obbligata” perché nel primo racconto avevo
fatto in modo che tutti i negozi scolastici si trovassero nella
Dublino babbana, ma riflettendoci mi sono detta che avevano diritto
anche gli irlandesi alla loro capitale magica: così ho pensato
di sfruttare la cosa per ficcarci dentro una parentesi legislativa.
Mairead è un po' maschiaccio, ma già alla fine della
setta degli Eletti sta cominciando a diventare un po' più
femminile: è una fase delicata di passaggio, ma presto tornerà
ad essere un vulcano, non temere! Hai indovinato, nonna Joey era una
Nagard! È troppo forte quella vecchina! In realtà in
Diablaiocht non sono nobili... la mia piccola vendetta! Purosangue
sì, essenzialmente maghi ma non appartengono a nessuna delle
10 schiatte nobiliari! È per quello che odiano tanto la
famiglia Maleficium che a loro parere “spreca” la sua
nobiltà frequentando dei sasanachfiul. A presto!
@
MissyMary: uau, grazie! Mi hai riempito di complimenti e mi hai fatto
arrossire! Sono contenta che la saga ti abbia appassionato a tal
punto! Edmund è sicuramente il mio personaggio preferito (ma
mi piacciono anche Laughlin, suo padre Eoin e Reammon) e quindi forse
è quello a cui dedico un po' più di attenzione. Ha una
psicologia più interessante rispetto ai suoi amici, che in un
certo senso sono più delle macchiette. Laughlin mi diverte
tantissimo perché è sempre un po' teatrale, ma ha anche
quella giusta dose di autostima e sicurezza. Mairead è un
vulcano di energia, una che non si tira mai indietro difronte a
niente. Per quello che riguarda le tue domande, assolutamente sì,
si scoprirà il passato di Edmund, ma solo nel quinto racconto
“L'orologio d'oro”; e ovviamente il sopracitato diventerà
un gran gnocco, in tutti i sensi! ;-). Captatio non morirà: mi
sta troppo simpatico quel vecchietto per essere così crudele
con lui! Voldie si interesserà enormemente a Edmund quando
tornerà al potere, ma non posso svelarti nulla di più.
E infine, per quanto mi piacerebbe da morire fare un corso di
irlandese, mi tocca semplicemente arrabattarmi con un vocabolario
inglese-irlandese che ho trovato su internet. Comunque le tue
recensioni (quando ci saranno!) mi faranno enormemente piacere, al di
là della lunghezza! A presto!
Bene,
i ringraziamenti sono più lunghi del capitolo, quindi è
meglio se chiudo qui! Grazie a tutti,
Beatrix
EDIT:
comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei
dialoghi! QUI la foto per il Corriere del Mago.
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Capitolo 5 *** A casa Boenisolius ***
CAPITOLO
5
A
casa Boenisolius
«Stai
per venire a casa Boenisolius, Ed! Non è fantastico?»
esclamò Mairead estasiata, battendo le mani.
Il
ragazzo accennò un debole segno d'assenso. Avevano passato
quasi tutto la giornata a festeggiare per le strade e i negozi di
Dubh Cliathan, insieme alla
famiglia Maleficium, e ora si trovavano davanti ad un metrombino per
tornare a casa.
«Ci
vediamo a settembre, ragazzi» disse Laughlin, abbracciando i
suoi amici con entusiasmo. Poi si tuffò nel metrombino
gridando nel contempo “Villa Maleficium”.
«Noi
altri, destinazione Boyle» spiegò Reammon, con un
sorriso e poi seguì Laughlin nel metrombino.
Edmund
era troppo preso dai suoi mille pensieri, per capire cosa avesse
detto Reammon. «Dove?» ripeté scioccamente alla
sua amica.
«Boyle,
è il paesino dove abitiamo io e papà» spiegò
Mairead, vedendo che il ragazzo non pareva particolarmente attento.
«Nord-est, regione dei laghi, hai presente?»
Edmund
mugugnò qualcosa in risposta che doveva essere un segno
d'assenso.
Mairead
lo squadrò con occhio critico per qualche secondo, cercando di
sondare i pensieri che affollavano la sua testa, poi si tuffò
nel metrombino con un sospiro di rassegnazione.
Ora
che Edmund si trovava solo, gli incubi che lo avevano perseguitato
per tutto il pomeriggio gli esplosero nel cervello in modo così
potente che fu costretto ad afferrarsi la testa tra le mani. No,
doveva scacciarli, rinchiuderli in un luogo oscuro della mente e
avvolgerli nell'oblio. Non avrebbe permesso a McPride o alla sua
ombra che lo perseguitava di rovinargli la vacanza a casa di Mairead.
Cercò di tranquillizzarsi facendo degli ampi respiri e
chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, il metrombino era
ancora lì davanti a lui, invitante. Edmund percorse a passi
decisi la distanza che lo separava dal varco magico e poi si buttò
dentro di getto gridando la sua destinazione.
«Oh,
cielo, Ed! Credevamo avessi sbagliato posto!» proruppe Mairead
quando vide il suo amico spuntare fuori dal tombino.
Edmund
atterrò in malo modo sull'asfalto. Era arrivato in un
vicoletto, ma poco lontano riusciva ad intravedere quella che
sembrava la piazzetta centrale di un paese tipicamente irlandese.
«Benvenuto
a Boyle!» esclamò Mairead, allargando le braccia come un
presentatore.
Boyle
si rivelò essere una pittoresca cittadina Babbana nel nord-est
dell'isola, non lontana dal lago Key. La piazza che Edmund aveva
intravisto dal vicolo era quella principale del paese, decorata da un
monumento centrale riconoscibile dal singolare orologio che lo
caratterizzava. Tuttavia, non
lontano dal lago, si trovava un famoso pub per maghi e quindi il
posto era considerato meta turistica.
Casa
Boenisolius era una di quelle villette a schiera con la facciata
tutta colorata e un piccolo giardino sul davanti. Prima che i
Boenisolius vi si trasferissero, era
stata abitata per tanti anni da un membro di spicco del Parlamento
(che, una volta in pensione, si era ritirato in campagna), il quale
era riuscito a far aprire un Metrombino collegato con il sistema
nazionale proprio in un vicoletto dietro la piazza.
Edmund, comunque, si stupì del fatto che la casa non fosse
nascosta agli occhi dei Babbani.
«Sai,
questo è un paese piccolo e tutti ci conoscono qui, anche se
effettivamente ci considerano un po' strani» spiegò
Mairead, mentre il padre si frugava nella famigerata tasca,
probabilmente alla ricerca delle chiavi.
Dopo
qualche minuto di inutile concentrazione, il mago estrasse la
bacchetta e sbottò: «Facciamo così, va'!»
Controllando che non ci fosse nessuno in giro, sussurrò
Alohomora e la porta di casa si aprì sotto i loro
occhi.
Non
appena Edmund entrò nella sala pensò che una Caccabomba
fosse esplosa in mezzo alla stanza, poi capì che quello era
solo disordine: libri sparsi ovunque, vecchi pergamene, mappe
risalenti ad epoche antiche e tutta una serie di oggetti che anche
uno storico appassionato avrebbe avuto difficoltà a definire
“reperti archeologici”.
«Scusa
il disordine» esclamò Reammon, facendosi largo verso
quella che doveva essere la cucina: sul tavolo da pranzo era
appoggiata con tutti gli onori una vecchia spada arrugginita e
malconcia. «Questa è l'arma di Guland il Barbaro!»
esultò l'archeologo, con evidente soddisfazione.
Edmund
preferì non indagare su dove avrebbero mangiato quella sera.
«Vieni, dai, ti faccio vedere di sopra» sospirò
Mairead, scuotendo la testa.
Al
piano superiore c'erano tre camere da letto e un piccolo bagno. «Tu
dormirai con me» spiegò la sua ospite, accennando alla
porta sulla sinistra. «Sai, la stanza degli ospiti è...
impraticabile».
Edmund
preferì non chiedere che genere di oggetti rendessero
“impraticabile” quella camera, ma si limitò a
seguire la sua amica annuendo distrattamente. Però non era
certo di voler dividere la stanza con lei, visto che... era una
ragazza!
Quando
Mairead aprì la porta, Edmund rimase stupito: era certo che
all'interno regnasse lo stesso caotico disordine del resto della
casa, invece la cameretta era pulita e semplice, quasi spartana. In
un angolo stava il letto, rifatto e ordinato, affiancato da un
piccolo armadio bianco, mentre dall'altra parte si trovava la
scrivania sormontata da poche mensole; un poster di un giocatore di
Quidditch della Nazionale Irlandese che ammiccava dalla parete era
l'unico tocco estroverso della stanza. Adagiata in un angolo si
trovava la scopa di Mairead, mentre sotto la finestra era stata
momentaneamente posizionata una brandina.
«Non
è il massimo, ma...» buttò lì la
ragazzina, con un sorrisetto a mo' di scusa.
«Scherzi,
è fantastico!» rispose invece Edmund in tono
incoraggiante, contento di non dover condividere la stanza con strani
corni di animali feroci o vecchi pezzi di spade arrugginite.
Mairead
sorrise più tranquilla. «Be', quella è per te»
disse, indicando la brandina.
Lo
sguardo di Edmund indugiò sulla faccia sorridente del
giocatore di Quidditch che si trovava proprio sopra il suo cuscino:
era un bel ragazzo, ricciolo, con gli occhi luminosi e lo sguardo
accattivante. Dunque quello era lo standard di Mairead.
La
ragazzina, vedendo cosa aveva attirato l'interesse del suo amico, si
avvicinò e lanciò degli sguardi languidi all'uomo del
poster. «Questo è Sean Troy, il capitano della
Nazionale. È il miglior Cacciatore di Quidditch del mondo»
spiegò a Edmund, che non volle sapere se l'aggettivo
'migliore' si riferisse al suo modo di giocare o all'aspetto fisico.
Stupidi
giocatori di Quidditch!
Lui
non ci trovava niente di affascinante. Per fortuna Mairead evitò
di tessere altre lodi del losco figuro, cosicché Edmund poté
dedicarsi alla sistemazione delle sue cose nella cameretta
dell'amica, finché Reammon non li chiamò per la cena.
La
spada di Guland il Barbaro era stranamente sparita dal tavolo, ma
Edmund notò come fosse stata solo momentaneamente trasferita
dalla sua sede abituale al divano in salotto. Reammon si rivelò
essere un cuoco niente male, soprattutto visto che Edmund non avrebbe
scommesso con particolare fiducia sulle sue doti culinarie.
La
permanenza a casa Boenisolius non poteva essere più diversa da
quella dell'anno scorso: Mairead e suo padre vivevano in un paese
Babbano, quindi tutti i divertimenti magici che Laughlin aveva
organizzato per l'amico l'estate precedente, non potevano avere
luogo. Semplicemente Edmund e Mairead passavano i pomeriggi come
normali ragazzini Babbani, girovagando per il piccolo paesino di
Boyle, giocando a pallone nel parco, mangiando gelati e andando al
lago Key nei fine settimana.
Quel
giorno stavano giocando a lanciarsi una vecchia palla da rugby
sgualcita, quando delle ragazzine si avvicinarono ridacchiando.
«Non
ci presenti il tuo amico, Mai?» esclamò una biondina,
con vocetta deliziata.
La
pallonata di Mairead lo colse inaspettato, tanto che gli mozzò
il fiato quando la prese al volo.
«Oh,
lui è Edmund» rispose Mairead in tono gioviale, senza
accorgersi che la biondina lo stava praticamente divorando con gli
occhi.
Edmund
fece un mezzo sorrisetto e sollevò la mano impacciato,
decidendo che preferiva sicuramente essere presentato alle alte
cariche dello stato, piuttosto che a quel gruppetto di adolescenti
vocianti.
«Ciao,
io sono Shona» rispose la ragazzina, ridacchiando come una
scema.
«Ehm,
ciao» la salutò Edmund, sentendosi improvvisamente
inadeguato: indossava la rovinata divisa grigia dell'orfanotrofio,
che gli era diventata talmente corta da lasciargli nude le pallide
caviglie.
«Ed
fa la mia scuola» spiegò Mairead alle sue amiche
Babbane. Ma Edmund non era certo che quelle ragazzine truccate e ben
vestite fossero realmente amiche di Mairead, visto che sembravano
distanti anni luce da lei.
Shona
fece tintinnare i braccialetti che portava, agitando la mano
deliziata. «Oh, quindi è anche lui uno strambo come te!»
esclamò lanciandogli sorrisini divertiti.
Edmund
era certo che Mairead avrebbe sbranato Shona per quell'affermazione,
invece scoppiò a ridere.
«No,
lui è anche più strambo!» rispose poi, con
naturalezza.
Edmund
la fissò con gli occhi sgranati: se all'orfanotrofio avessero
insultato lui a quel modo, avrebbe come minimo mandato tutti
al diavolo.
Il
gruppo di ragazzine scoppiò a ridere e poi si allontanò.
Quando
furono sufficientemente lontane, Edmund scagliò la palla
contro Mairead e l'aggredì: «Ci hanno deriso!»
«E
chi se ne importa, Ed!» rispose Mairead, afferrando al volo la
palla con noncuranza.
«Ma...»
provò a dire Edmund, quando la sua amica lo interruppe:
«Senti, chi se ne frega di quello che pensano di me o di te
quelle ochette. Tanto non possono capire, sono Babbane. Mica posso
schiantarle tutte le volte che mi danno della stramba, no? È
normale che ti considerino un po' fuori, quando vivi in un villaggio
di tutti Babbani. Ci sono abituata e non mi tocca più di
tanto, ormai».
Il
discorso di Mairead aveva assolutamente senso e se solo Edmund ci
fosse arrivato prima si sarebbe risparmiato un sacco di problemi
all'orfanotrofio. Solo che lei era abituata a pensare come una
strega, lui invece era sempre stato ritenuto strambo dai suoi
coetanei, anche prima di scoprire di essere un mago, quindi non aveva
mai considerato che quelli non potevano capire il suo essere diverso,
perché Babbani.
E
quindi inferiori. disse una subdola vocina nella sua testa, ma
subito Edmund la scacciò.
«Sagge
parole, figliola» esclamò una voce alle loro spalle, che
lo distrasse dai suoi pensieri. Non aveva bisogno di voltarsi per
sapere a chi apparteneva.
«Professor
Captatio!»
Bonjour
a tutti! Ho notato che la notizia annunciata da McPride lo scorso
capitolo vi ha sconvolto parecchio! XD Non temete, prima che il
presidente riesca nel suo intento, ci vorrà più di un
anno, ma per allora preparatevi a fuoco e fiamme! Sarà molto
divertente da scrivere, spero lo sia anche da leggere.
In
questo capitolo siamo finalmente arrivati a casa Boenisoliu: d'ora in
poi abituatevi alle stranezze di Reammon!
Alla
prossima!
@
Julia Weasley: eccoci a casa Boenisolius... e ci staremo per un bel
po', perché al Trinity si tornerà dal 9 capitolo:
Mairead e Edmund avranno tante cose da scoprire a casa Boenisolius!
;-) Aaron è troppo tenerello, poi messo in confronto con Joey
è stupendo. Captatio doveva esserci in veste ufficiale, ma era
anche lì per i suoi ragazzi e soprattutto per Edmund. Alla
prossima! ps. ho quasi finito di colorare il disegno di Rachel alla
finestra... è stupendo! *-*
@
Earane: anche io adoro i Nagard! È la mia casa preferita!
Quanto ai Diablaiocht, Eoin e Scipio hanno la stessa età,
quindi frequentavano il Trinity assieme e non provavano una grande
simpatia reciproca. Eoin una volta definì Scipio “purosangue
sanguinista a caccia di un titolo nobiliare”, cosa non tanto
lontana dalla verità! Reammon sarà coprotagonista per
questi capitoli: spero che ti sia piaciuta casa sua! A presto! ps.
anche in questo capitolo i babbani presenti non sono proprio dei
simpaticoni, ma ormai l'avevo già scritto quando mi hai fatto
notare la cosa! Sarà per la prossima volta, dai! XD
@
darllenwr: virtù e politica non si sposano più da molto
tempo, ormai! Ma mi sembrava un'allegoria appropriata per le
decorazioni della sala. Captatio e McPride a confronto sono come il
giorno e la notte, ma è un contrasto voluto che fa spiccare
ancora di più le caratteristiche di uno e dell'altro. Captatio
è convinto che si possa infrangere anche qualche regola,
purché rimanga pura e integra l'onestà intellettuale
dei suoi giovani pupilli. Quanto a McPride, la sua scelta di adozione
è mirata ad un preciso obbiettivo: “o sei con me, o sei
contro di me” e viste le qualità di Edmund, il
presidente preferisce averlo con sé! I nomi di Laughlin sono
tipici di un nobile: nome proprio, schiatta di appartenenza, cognome
della famiglia, e contea magica a cui appartiene la famiglia. Per
esempio, nonna Joey sarebbe Josephine Mael Duib O'Brian di Sir Eriu
Luachra. È un nome che fa un certo effetto, no? A presto!
@
Sydelle: bentornata, carissima! La cultura irlandese che descrivo è
frutto di un bel mix tra tradizioni e leggende e quello che la mia
mente malata riesce a produrre! Purtroppo tempo proprio che Edmund
non riesca a scamparla per questa volta! A presto!
@
Voldia: ho già risposto alle tue domande e osservazioni
tramite mail; spero che ti sia arrivata perché era piuttosto
lunga, ma in caso negativo mi metterò il cuore in pace e sarà
pronta a riscriverla. Grazie mille e a presto!
@
chiaki89: diciamo che Captatio è la metà di Silente (in
tutti i senti), quella bonacciona e allegra. Ma anche lui, come
vedrai nel prossimo capitolo, ha i suoi errori del passato. Quanto al
carattere dei protagonisti, cercherò di tenere presente una
linea guida, dei tratti distintivi di ognuno, ma è naturale
che evolvano almeno un pochino. Mairead pian piano tirerà
fuori il suo lato femminile, Laughlin si farà meno
superficiale e Edmund... be' a lui ne capiteranno talmente tante che
vedrai cosa ne salterà fuori! Comunque non ti preoccupare per
la fretta... tempus fugit! Alla prossima!
@
quogon89: McPride ne nasconde parecchie di cose... dopotutto è
lui stesso a dire “non è importante ciò che siamo
veramente ma quello che gli altri pensano di noi”! L'Encomio è
un'onorificenza che viene concessa per speciali meriti, ma è
abbastanza frequente e la cerimonia è molto ufficiale:
banchetti e fuochi d'artificio sarebbero un po' esagerati e fuori
tono! Spero che ti sia piaciuto Reammon in questo capitolo! Alla
prossima!
@
ScudoDiTiglio: (ehm, sei Andromeda, vero? XD) Captatio è un
insegnante con i fiocchi, di quelli che amano il loro lavoro e
soprattutto amano i ragazzi. Magari fossero davvero tutti così!
E sì, McPride è da sopportare per tutta la serie e ad
oltranza! Dai, come si fa senza un cattivo così cattivo? XD
Sono molto soddisfatta del mio personaggio: cioè, non è
simpatico, ma è riuscito bene nella parte! Non ti piace
neanche un pochino pochino?? Insomma, il suo discorso è
“sbagliato”, ma devi ammettere che lui sa come giocare le
sue carte... dopotutto è stato legalmente eletto alla carica,
no? Tranquilla, comunque, recensisci quanto ti fa comodo (e se ne hai
voglia!), posso capire che gli impegni a volte ci uccidono! I nonni
sono fantastici: torneranno anche alla fine del prossimo capitolo,
per una cenetta a casa Boenisolius. Ailionora, invece, farà la
sua comparsa ufficiale nel capitolo 10, simpatica come sempre! A
presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei
dialoghi! QUI Mairead che sorride ad un smagliante Sean Troy.
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Capitolo 6 *** Rovine e rivelazioni ***
CAPITOLO
6
Rovine
e rivelazioni
Il
preside del Trinity era ritto davanti a loro, come sempre con uno di
quei suoi buffi cappelli a punta sulla testa. «Ti stavo
cercando, Edmund, ma quando sono passato a casa Boenisolius, Reammon
mi ha detto che ti avrei trovato qui» spiegò l'omino,
con un grosso sorriso.
«Stava
cercando me, signore?» domandò Edmund incredulo, anche
se l'improvvisa apparizione del preside lo aveva rinfrancato perché
sembrava che il mago avesse sempre la soluzione pronta per ogni
problema: magari lo avrebbe salvato dalla terrificante prospettiva di
diventare il figlio adottivo di McPride.
Captatio
annuì. «Sì, vedi, Edmund desidero scambiare due
parole con te da tempo, ma sono stato un po' impegnato in questi
giorni» disse il mago, aggiustandosi gli occhialetti rotondi
sul grosso naso. «Ah, Mairead, sapresti indicarci un posticino
tranquillo dove potremmo fare quattro chiacchiere?» domandò
poi rivolto alla ragazzina.
Mairead
rimase un attimo sovrappensiero, poi esclamò: «Ci
sarebbero le rovine dell'abbazia di Boyle, non distanti da casa mia:
sono un bel luogo immerso nel verde e lì non ci va mai
nessuno».
«Bene
allora, ti dispiacerebbe accompagnarci?»
Quando
furono finalmente soli, Edmund si voltò verso il professore
con sguardo interrogativo. Le rovine dell'abbazia creavano un
ambiente surreale, con quei colonnati semidistrutti che si erigevano
verso il cielo plumbeo, come perenne monito della vanità
dell'essere.
Captatio
si sedette sull'erba, invitando Edmund a fare lo stesso.
Il
ragazzino eseguì l'ordine, ma fremeva troppo per le parole che
gli avrebbe rivolto il preside, così ignorò il silenzio
composto dell'uomo e domandò: «Di che voleva parlarmi,
signore?»
«Non
lo immagini, Edmund?» rispose Captatio, voltandosi verso di lui
con uno sguardo benevolo.
Il
ragazzo prese un lungo respiro. «Di McPride» sussurrò
infine.
Captatio
annuì con serietà. «Esatto. Riesci a immaginare
perché abbia preso quella decisione su di te, Edmund?»
lo incalzò poi, scrutandolo a fondo con i suoi acuti occhi
azzurri.
Il
ragazzo abbassò il capo e si fissò la punta delle
scarpe. McPride gli aveva fatto uno strano discorso, ma non aveva
affatto voglia di ripeterlo al preside, come se l'avesse pronunciato
lui e se ne vergognasse. «No, signore, non ci riesco».
Edmund
non poté vedere il sorriso di Captatio, perché aveva
ancora gli occhi a terra, così interpretò quell'attimo
di silenzio come un tentennamento del mago. «Signore?»
chiese allora, esitante.
Captatio
sospirò, poi riprese: «Vedi, credo che in questo caso ci
possano venire d'aiuto di Babbani. Hai presente il detto “tieniti
vicini gli amici e più vicini i nemici”? Ecco, credo che
McPride stia proprio agendo così».
Tuttavia
le parole di Captatio non dissiparono le perplessità di
Edmund. «McPride vede in me un nemico?» chiese
stupefatto.
Il
Preside si voltò verso di lui e sorrise. «Edmund, quante
volte devo dirti che sei un mago estremamente dotato? Anche McPride
se ne rende conto e credo che tema la tua fiera opposizione e
indipendenza. Ma, divenendo il tuo tutore legale, ti porterà a
vivere con sé e ti terrà vicino, almeno fin quando non
diventerai maggiorenne. Probabilmente spera anche di influenzarti, di
portarti dalla sua parte: ogni maestro vorrebbe avere un discepolo
come te a cui trasmettere i propri insegnamenti e a cui lasciare in
eredità il proprio sapere».
Edmund
osservò meditabondo un insetto che ronzava davanti ai suoi
occhi: e così McPride aveva paura di lui e voleva averlo come
suo discepolo? Sì, Captatio aveva ragione, quelle erano più
o meno le stesse parole che il Presidente aveva rivolto a lui pochi
giorni fa.
«Signore,
non c'è modo di evitare tutto questo?» chiese
flebilmente, con una nota di disperazione nella voce. Di notte
continuava a sognarsi il ghigno di McPride, se lo immaginava come un
polipo che lo invischiava con i suoi tentacoli.
Lo
sguardo compassionevole di Captatio gli rispose prima delle sue
parole. «Temo di no, Edmund».
l
ragazzo si lasciò prendere dallo sconforto: non voleva
diventare il figlio di McPride, non voleva essere lasciato in pasto a
quello squalo.
«Potresti
rallentare il processo, però. Sicuramente il Tribunale
Minorile della Breith Cuirt vorrà ascoltare anche il
tuo parere in merito e se tu ti dimostrassi contrario, potresti far
sorgere delle perplessità nei giudici. Tuttavia temo che
McPride riuscirà ad ottenerti, alla fine. Probabilmente in
meno di due anni» disse ancora Captatio.
Edmund
sospirò affranto e allora sentì la mano del preside che
si posava sulla sua spalla, per rinfrancarlo. Non c'era modo di
evitare quell'incubo.
«Io
non sarò mai come McPride!» esclamò d'un tratto
Edmund, con veemenza. L'ostinazione era l'unica arma di difesa contro
il suo carnefice.
Captatio
rise con più serenità. «La tua caparbietà
ti fa onore, Edmund, ma non demonizzarlo».
«Perché
non dovrei? È viscido e... falso. Mi fa ribrezzo!»
rispose il ragazzo, scandalizzato.
Captatio
si perse via ad osservare le nuvole grigie all'orizzonte. «Sì,
forse sì, ma è un uomo politico. Io lo capisco».
«Lo
capisce?»
Captatio
gli sorrise, ma non era il suo solito sorriso sereno e rassicurante:
c'era un fondo di tristezza e amarezza sulle sue labbra increspate.
«Sì. Vedi, sono stato anche io al vertice del potere,
sono stato anche io Presidente della Repubblica».
Quella
rivelazione sconcertò Edmund. Per parecchi minuti fissò
il preside con gli occhi sgranati, incapace di commentare la cosa.
Alla fine gli uscì solamente un: «Davvero?»
«Già»
rispose flebilmente Captatio. «Fu durante il periodo della
guerra contro il Primo Reich di Grindelwald. Ero giovane, al mio
primo mandato, pieno di speranze e aspettative, sicuro che essere in
una posizione di potere mi permettesse di migliorare la situazione,
anche magari usando mezzi non del tutto leciti. Al terzo anno di
governo fui accusato di alto tradimento, destituito dalla carica e
processato: mi avevano beccato a complottare con Grindelwald».
«Me
lei era innocente!» protestò Edmund, interrompendo il
racconto. Non poteva credere che Captatio si fosse davvero alleato
con un mago oscuro come Grindelwald.
Il
sorriso del Preside era tirato e amaro. «No, o almeno non del
tutto. Avevo sì incontrato Grindelwald, ma solo per
convincerlo ad accettare di duellare con Silente: ero persuaso che,
visto che Albus non voleva affrontare il mago, se fosse stato
Grindelwald a sfidarlo, non si sarebbe potuto tirare indietro».
«Ma
l'ha fatto per un giusto fine!»
«No,
Edmund. Per quanto nobile, il fine non cambiava la gravità di
quello che avevo fatto: avevo offerto a Grindelwald la mia alleanza
affinché lui si decidesse ad affrontare Silente, perché
ero certo che Albus l'avrebbe sconfitto. Ma se non l'avesse fatto? Se
avesse vinto Grindelwald? Mi sarei trovato un una pessima situazione»
Captatio interruppe il racconto e sospirò. «Sai, quando
sei in politica, spesso ti dimentichi di quale sia il limite tra il
giusto e l'ingiusto. Credi che ogni tua azione sia giustificata dal
fine di concordia sociale al quale punti. Ma il fine non deve mai
giustificare i mezzi».
Edmund
interiorizzò quella massima del preside, ma era troppo curioso
per non porre altre domande. «E come andò a finire,
signore?»
«Fui
scagionato da tutte le accuse, in realtà. Ma quella lezione
servì a farmi capire che non ero fatto per governare, così
tornai al mio vecchio lavoro di insegnante di Incantesimi e scoprii
che mi piaceva molto di più stare tra i ragazzi che tra i
politici: ci sono meno menzogne, meno secondi fini, meno falsità»
concluse Captatio. I suoi occhi erano tornati nuovamente sereni e
luminosi.
Per
parecchio tempo i due maghi si persero a fissare l'orizzonte.
Edmund
non era affatto scandalizzato dalla scoperta del passato di Captatio:
in qualche modo quella dolorosa ammissione del suo mentore lo rendeva
più umano ai suoi occhi e in un certo senso i suoi
insegnamenti acquisivano una maggiore forza, proprio perché
proferiti da una persona che li aveva provati direttamente nella sua
vita.
Ma
c'era ancora una domanda che restava sospesa nell'aria. Edmund si
torturò le dita, ma alla fine trovò il coraggio di fare
la sua richiesta: «Com'era, signore, com'era Grindelwald?»
L'eco
della sua voce fu l'unica cosa che gli rispose per parecchi secondi.
Captatio
chiuse gli occhi, forse immerso nei suoi ricordi, poi alla fine
sussurrò: «Un cieco».
«Cieco?»
«Sì,
non vedeva il male che stava causando con quella sua insensata
ricerca del Bene Superiore, quel perfetto ordine cosmico a cui tanto
anelava».
Edmund
tornò a fissarsi mani, sovrappensiero. Forse quel doloroso
giudizio Captatio l'aveva fatto più su se stesso che su
Grindelwald. In un certo senso aveva ammesso di essere stato cieco
anche lui, quando aveva proposto quell'ardita alleanza al mago
oscuro, anche se non c'era confronto con la gravità dei
crimini commessi da quest'ultimo. Chissà, magari quella era la
malattia di un po' tutti i politici.
Eppure
Edmund era convinto che McPride non fosse affatto cieco: sembrava una
persona che puntava direttamente ai suoi obbiettivi senza troppe
esitazioni, ben consapevole dei cadaveri che lasciava lungo l'argine
del fiume nella sua risalita verso la foce. Se almeno Captatio, e
così anche Grindelwald, sia pure in misure diverse, avevano
avuto come obbiettivo un bene comune, McPride sembrava avere a cuore
solo il suo bene. Ma
nessuno pareva accorgersene. Persino Mairead gli aveva detto che non
poteva essere malvagio e ora Captatio gli veniva a dire di non
demonizzarlo, sebbene Edmund fosse certo che McPride non andasse
davvero a genio nemmeno a lui. Possibile che solo lui ci vedesse
tanto male? Forse stava realmente esagerando?
«Penso
proprio che mi auto-inviterò per la cena a casa Boenisolius»
esclamò Captatio proprio in quel momento, strappando Edmund
dai suoi pensieri. «Ho saputo che Reammon è un ottimo
cuoco» continuò il Preside, facendogli l'occhiolino.
«Oh,
sì, è un ottimo cuoco» rispose lentamente Edmund,
ancora sovrappensiero.
Poi,
insieme, si avviarono verso casa Boenisolius.
In
realtà Reammon aveva già provveduto ad invitare degli
ospiti per quella sera: i nonni Joey e Aaron. Tuttavia, quando Edmund
e Captatio arrivarono a casa, Reammon insistette perché si
fermasse a cena anche il Preside del Trinity. Fu così che nel
piccolo ma soprattutto incasinato salotto di casa Boenisolius si
radunarono quattro diverse generazioni di maghi. Captatio era stato
insegnante di Incantesimi di Joey e Aaron, ma era già Preside
all'epoca in cui Reammon aveva cominciato a frequentare il Trinity.
Edmund e Mairead ebbero il piacere di rivivere anni che parevano così
lontani dai loro attraverso i ricordi dei nonni e del preside. Ma
quella che tenne più banco di tutti fu proprio nonna Joey.
«Sapete
che vi dico?» esclamò d'un tratto, menando la forchetta
in aria come un predicatore. Tutti i commensali si voltarono verso di
lei. «Questa storia delle nobili schiatte... È davvero
ridicola. Io sono Nobile, ma nessuno mi ha impedito di sposare Aaron,
che è sì Purosangue ma di origini Babbane»
sentenziò la donna, con aria decisa.
Edmund
non era proprio sicuro che nessuno le avesse impedito di
sposare un plebeo: possibile che la sua famiglia, negli anni
Cinquanta, fosse così mentalmente aperta? Forse era più
corretto dire che Joey aveva fatto in modo che nessuno glielo
impedisse. Sembrava proprio che l'energica nonnetta fosse stata nella
casa del Nagard, quando era al Trinity.
«Ma
la tua famiglia non disse niente, Josephine?» chiese
cordialmente Captatio.
Edmund
ebbe come l'impressione che il Preside avesse fatto apposta quella
domanda, come se sapesse della curiosità che mordeva il suo
giovane studente.
Nonna
Joey scoppiò a ridere prima di rispondere. «I miei
genitori non approvarono all'inizio, ma quando nacque Reammon, il
loro nipotino, si sciolsero come una candela al fuoco». A
quelle parole la donna lanciò uno sguardo amorevole al figlio.
«Nessuno poteva resistere ai suoi occhioni da cerbiatto».
Reammon
si alzò da tavola di scatto, imbarazzato. «Vado a
prendere il secondo!» annunciò alla tavolata, e se la
defilò in cucina.
Nonna
Joey allora riprese il racconto: «Con mia sorella Evangeline
non ci parlavamo praticamente da dieci anni: io non avevo approvato
il suo matrimonio, lei certamente non poteva approvare il mio. Scarsa
simpatia reciproca... ma che ci devo fare? Abbiamo scelto strade
diverse».
Edmund
avrebbe voluto scoprire chi fosse il marito di Evangeline O'Brian,
perché aveva come la sensazione di conoscerlo, ma non ebbe il
coraggio di fare quella domanda così personale.
«E
sai che cosa dico a te, ragazzo mio?» continuò poi nonna
Joey, rivolgendosi a Edmund.
Il
giovane scosse la testa impacciato, senza sapere se avrebbe dovuto
sentirsi spaventato o onorato dal fatto che l'anziana maga gli
rivolgesse la parola.
Joey
assunse un tono serio. «Ciò che rende un uomo realmente
uomo, è la sua libertà. E la libertà si realizza
nelle scelte personali. Quindi, a tutti coloro che vantano un'origine
illustre o che ti sbeffeggiano per ciò che sei, tu rispondi
che sono le tue scelte a determinarti come persona. Nient'altro».
Un
silenzio rispettoso seguì quelle parole. Edmund ebbe come
l'impressione che avessero un valore profetico per lui, qualcosa che
riguardava il suo oscuro passato.
Proprio
in quel momento Reammon tornò dalla cucina, reggendo in
precario equilibrio una padella con delle patate al forno e un'altra
contenente degli stinchi di maiale. Suo padre si alzò
prontamente da tavola per aiutarlo, ma non c'era persona meno
indicata di Aaron Boenisolius per evitare che accadesse un disastro.
Era, se possibile, ancora più imbranato e pasticcione del
figlio.
«Ce
la faccio, papà» disse Reammon, ma Aaron aveva già
allungato le mani verso la padella e così i due si scontrarono
uno contro l'altro, facendo volare in aria le patate.
Per
alcuni terribili secondi Edmund pensò che sarebbero stati
investiti da una pioggia di tuberi, invece le pietanze calarono
dolcemente nei piatti di ciascun commensale. Edmund osservò
stranito le sue, ma alzando lo sguardo capì l'origine di
quell'atterraggio indolore: Captatio aveva la bacchetta levata.
«Grazie»
esclamò Reammon, appoggiando sul tavolo gli stinchi con
enfasi, come se avesse combattuto contro dieci leoni per riuscire a
portarli in salotto.
Aaron
si risedette a tavola con un sorriso disinvolto, come se lui non
c'entrasse nulla con quella faccenda.
Mairead
ridacchiò. «Dovrebbe venire da noi a cena più
spesso, professore. Eviterebbe a buona parte del nostro cibo di
finire sul pavimento» sospirò sconsolata.
«Che
coppia di imbranati!» commentò invece nonna Joey,
scuotendo la testa con disappunto.
Edmund
sorrise, pensando di aver scoperto da chi Reammon avesse ereditato la
predisposizione a combinare pasticci.
Captatio
rise sotto i baffi, nel vero senso della parola, ma poi cambiò
argomento, facendo una domanda che lo punzecchiava da tempo: «Mi
sono sempre chiesto, Josephine, come abbia fatto Aaron a
conquistarti...»
La
domanda era davvero curiosa: sembrava che Joey e Aaron non avessero
molto in comune, lei energica e decisa, lui imbranato e con la testa
fra le nuvole. Eppure...
Questa
volta, nonna Joey non rispose subito, anzi lanciò uno sguardo
intenerito al marito. Nel vedere come quella donna così
determinata si fosse sciolta al solo incrociare gli occhi con l'uomo
della sua vita, Edmund capì quanto fosse profondo il legame
che li univa.
E
finalmente Aaron parlò: per la prima volta Edmund sentì
la sua voce calda e tranquilla. Fu una risposta semplice, spontanea:
«L'ho fatta ridere».
Ecco
qui, a grande richiesta tornano i nonni Joey e Aaron! Spero che vi
sia piaciuta la cenetta di famiglia: è proprio Aaron che
conclude il capitolo perché questa è la sua unica
battuta e volevo che fosse ad effetto. Nel frattempo, ho rivelato
qualche cosina del passato di Captatio e del futuro di Edmund: spero
che abbiate gradito. Visto che sono tecnologicamente molto avanzata,
vi metto QUI il link del sito ufficiale della cittadina di Boyle: se
andate su “attractions” c'è una piccola
descrizione della Boyle Abbey e se cliccate sull'immaginetta ve la
ingrandisce. Buon giro turistico! ;-)
Dal
prossimo capitolo cominceranno i misteri! Alla prossima!
@
Julia Weasley: sì, volevo che Mairead e il padre vivessero in
un villaggio babbano e mi è saltato all'occhio il pittoresco
paesino di Boyle (grazie a google earth ho perfino scelto in quale
casetta a schiera abitano! XD). Quando andrò in Irlanda,
sicuramente andrò a visitarlo! Ah, la soffitta... chissà
cosa c'è in soffitta! Mi sembrava normale che Mairead si fosse
innamorata del grande Troy, migliore cacciatore e capitano della
nazionale! E' un po' come le ragazzine babbane che si innamorano dei
calciatori! Edmund geloso è dolcissimo! E non sarà
limitata ad un poster la sua gelosia.... ihihihi! Visto che le tue
supposizioni erano nuovamente azzeccate? Captatio ha parlato a Ed
dell'adozione. Continua a supporre, fidati del tuo istinto (usa la
forza, Luke!) XD A presto!
@
darllenwr: la localizzazione della casa di Mairead è avvenuta
un po' per dei giochi del caso, ma ne sono pienamente soddisfatta. In
realtà credo che nemmeno Reammon sia in grado di trovare il
bandolo di casa sua, tanto è in disordine! Certo non è
abituato ad avere ospiti. I rapporti di Edmund con le ragazze saranno
parecchio difficili per lungo tempo: lui non è certo abituato
a quel genere di cose! Era comunque il caso di dimostrargli come
babbani e maghi possano convivere più o meno pacificamente
nello stesso paese. Come al solito, grazie mille dei commenti. Alla
prossima!
@
quigon89: le riflessioni di Edmund sull'annuncio erano state
rimandate a questo capitolo, in realtà, per questo ne ho
parlato poco in quello precedente. Comunque grazie della dritta sugli
incubi, l'ho aggiunta in questo chapter! ;-) La casetta è
fantastica: ho pensato a Reammon e mi sono detta, “dove
potrebbe vivere un pazzo come lui?” ed è venuta fuori
quella villetta disordinata come non mai! No, Captatio non ha mai
fondato un ordine come quello di Silente, perché
effettivamente si trattava di combattere contro un organizzazione,
l'EIF che è considerata fuorilegge anche dal governo... ma non
è detto che le cose cambino presto o tardi! ;-)
@
Ereane: credo che la casa sia ancora in piedi per la memoria di Mary
Weasley, come vedrai nel capitolo successivo. Poi Mairead è un
minimo più ordinata di suo padre! XD Edmund è geloso ma
non se ne rende ancora veramente conto... ma dovrà penare non
poco! Mi diverto a farlo un po' soffrire pene d'amore! Ah, il suo
passato... mmm, domanda di riserva? Vi rivelerò tutto solo nel
5 racconto, sorry! Nel prossimo capitolo però Reammon farà
una delle sue comparse migliori, vedrai! A presto!
@
Sydelle: Edmund è un po' inquietante ogni tanto, lo so! Ma ti
dovrai aspettare anche di peggio da lui, temo! A presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
|
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Capitolo 7 *** La lettera dal passato ***
CAPITOLO
7
La
lettera dal passato
La
mattina dopo Edmund si svegliò parecchio tardi, sia perché
Captatio e i signori Boenisolius, la sera prima, se ne erano andati
quasi all'una di notte, sia perché aveva dormito male, agitato
da strani sogni che non si ricordava. Però aveva smesso di
avere incubi su McPride, visto che la chiacchierata con Captatio
sembrava averlo tranquillizzato.
Mairead
era già sveglia e vestita: aveva la tendenza ad alzarsi molto
presto la mattina. Edmund vide che se ne stava seduta sul suo letto e
aveva tra le mani un vecchio foglio di pergamena giallastro.
«Quello
che è?» domandò con uno sbadiglio,
stiracchiandosi.
Mairead
non rispose subito: aveva il volto concentrato e perplesso. Alla fine
sospirò: «Non lo so... una strana lettera».
«Be',
chi te l'ha mandata?» chiese Edmund, avvicinandosi all'amica
per vedere meglio.
«È
firmata Arthur, ma non è indirizzata a me» spiegò
la ragazza, mostrandogli il foglio.
Edmund
lesse che il destinatario era un certo Reg. «Ma allora perché
è arrivata a te?»
Mairead
si strinse nelle spalle, senza sapere cosa rispondere. «Me l'ha
portata stamattina quel gufo» disse poco dopo, indicando un
bell'animale superbo, che se ne stava ritto sul davanzale della
finestra.
Edmund
si avvicinò al pennuto, come sperando di scoprire qualcosa che
potesse aiutarlo a risolvere quel mistero, ma non c'era nulla di
anormale. «Forse ha sbagliato indirizzo» azzardò
il ragazzo, con aria perplessa.
Mairead
scosse la testa. «Ed, non si può sbagliare l'indirizzo
nel mondo dei maghi e i gufi non portano le lettere a caso. Se questa
è arrivata a me ci deve essere un motivo».
«Ma
non è indirizzata a te!» protestò scioccamente
Edmund.
Calò
il silenzio: entrambi i ragazzi erano concentrati sulle possibili
soluzioni a quel mistero.
«Non
conosci nessuno che si chiami Reg?» provò a chiedere
Edmund.
Mairead
scosse lentamente la testa.
«Forse...
era qualcuno che abitava qui prima di voi!» esclamò
allora il ragazzo.
Mairead
sbuffò. «I miei hanno sempre abitato qui da quando si
sono sposati... sarebbero più di quindici anni!» rispose
con foga.
Tuttavia
Edmund non si diede per vinto: voleva vederci chiaro in quella
storia. «Magari questo Arthur non sa che Reg non abita più
qui» tentò ancora, sempre seguendo la prima pista.
Mairead
allora allungò la lettera verso di lui. «Senti, Ed,
leggila. Vedrai che non può essere come dici tu».
Edmund
non era convinto che fosse giusto leggere la corrispondenza di
qualcun altro, ma era troppo curioso per resistere alla tentazione.
Prese il foglio di pergamena ingiallito e osservò per un
attimo la grafia sgraziata che aveva vergato quelle poche righe. Poi
incominciò a leggere:
Caro
Reg,
è
sempre un piacere sentirti. Il pancione di Molly è ogni giorno
più grosso ed è contenta di sapere che ti preoccupi per
lei. Bill è molto eccitato all'idea di avere un fratellino, ma
vedremo come la prenderà quando nascerà davvero! Spero
che lì vada tutto bene. Non farti mettere sotto, mi
raccomando!
Un
abbraccio,
Arthur
Edmund
la rilesse un paio di volte, ma Mairead aveva ragione: non sembrava
una lettera di qualcuno che riscriveva dopo quindici anni. «Io
non capisco» concluse infine, lasciandosi cadere scoraggiato
sul letto dell'amica.
Mairead
scosse la testa, sconfortata. «È come se questa lettera
fosse rimasta sospesa nel tempo per... anni!» esclamò
infine con voce affranta.
«Chiediamo
a tuo padre. Magari lui conosce questo Reg» propose allora
Edmund in tono ragionevole.
Mairead
annuì e ripiegò la lettera con cura, quasi avesse pura
che si potesse rompere.
Dopo
che Edmund si fu preparato, i due amici scesero in cucina, dove un
Reammon in camicia da notte e pantofole stava preparando le crepes
per la colazione.
«Buongiorno,
ragazzi» esclamò quando li vide entrare.
Mairead
scambiò un'occhiata con Edmund, poi domandò esitante:
«Papà... tu per caso conosci un certo Reg?»
La
crepe che Reammon aveva lanciato in aria con maestria si spiattellò
sul pavimento della cucina. L'uomo era rimasto congelato. «Cosa...
ehm.... perché dovrei conoscerlo?» farfugliò con
un sorrisetto distratto. Fece per chinarsi a raccogliere la crepe
caduta, ma sbatté la testa contro il tavolo della cucina, che
tremò a tal punto da fare cadere a terra i frammenti della
spada di Guland. «Benedetto san Patrizio!» esclamò
contrariato Reammon, massaggiandosi la testa, dove aveva sbattuto
contro il tavolo. Proprio in quel momento la crepe che era rimasta in
padella cominciò a fumare in modo preoccupante, mentre un
potente odore di bruciato riempiva la piccola cucina. Reammon si
affrettò a spegnere il gas, ma ormai il fondo della crepe era
completamente annerito.
Mairead
e Edmund si scambiarono uno sguardo perplessi. Quando Reammon si
voltò verso di loro, stava sorridendo. «Oggi colazione
al bar!» esclamò, battendo le mani con aria soddisfatta.
Fece
per dirigersi verso la porta di casa, ma prima che potesse porre la
mano sulla maniglia, Mairead lo bloccò: «Papà,
hai intenzione di uscire così?»
Solo
in quel momento Reammon realizzò che stava ancora indossando
la camicia da notte e le pantofole. Ridacchiò imbarazzato e
poi corse in camera sua a vestirsi.
«E
le crepes?» domandò scioccato Edmund, accennando alla
cucina.
Mairead
scosse la testa rassegnata e andò a sistemare il casino che
suo padre aveva lasciato in cucina.
«Non
ti è sembrato un po' strano il suo comportamento?»
sussurrò Edmund all'amica, con un cenno del capo verso il
piano superiore.
«Nah...
è sempre così. Io ci sono abituata» rispose
Mairead, buttando la pentola nel lavandino, dove una spugna incantata
cominciò immediatamente a sfregarla e pulirla.
Edmund
tuttavia non era convinto: gli sembrava quasi che Reammon conoscesse
qualcuno che si chiamava Reg, ma non avesse intenzione di rivelarlo.
Avrebbe voluto indagare più a fondo su quella faccenda, ma
Reammon passò tutto il tempo della colazione a raccontare di
quando aveva partecipato ad una missione archeologica in Turchia.
Quando
tornarono a casa, il gufo reale che aveva consegnato la lettera a
Mairead, era ancora sul davanzale, come se aspettasse di riportare
indietro la risposta.
«Sai
che dovremmo fare?» esclamò Edmund tutto d'un tratto.
Mairead
guardò prima il gufo poi lui con aria perplessa: non era
sicura di voler sapere l'idea di Edmund, visto che l'anno scorso per
seguire una delle sue ossessioni avevano perfino evocato un fantasma.
«Cosa?» sussurrò infine, arrendendosi difronte
all'entusiasmo dell'amico.
«Rispediamo
la lettera al mittente allegando le nostre scuse e vediamo dove la
porta il pennuto!»
«Che
cosa scema» commentò Mairead in tono piatto.
Edmund
parve molto offeso. «Insomma, esisterà pur da qualche
parte qualcuno che abbia mandato questa lettera!» protestò
il ragazzino, frustrato dall'idea di non poterci vedere chiaro in
quella faccenda.
«Va
bene, va bene!» si arrese Mairead, afferrando un foglio di
pergamena e buttando giù due righe di spiegazione per chiunque
avrebbe ricevuto quella lettera. Dopodiché legò alla
zampa del gufo entrambi i fogli e, ordinandogli di riportarli a
chiunque li avesse spediti, lo lanciò nel cielo grigio di fine
estate.
«Contento
ora?» domandò poi in tono pungente ad Edmund.
«Assolutamente
sì».
In
realtà le risposta si fece attendere per parecchi giorni,
tanto che quasi Edmund se ne dimenticò. Agosto stava volgendo
al termine troppo velocemente per i suoi gusti: non che non avesse
voglia di tornare al Trinity, l'unico posto che avesse mai
considerato casa sua, ma quell'estate era così diversa dalle
solite che avrebbe voluto durasse per sempre. Si era perfino abituato
alle stramberie e al perenne disordine di Reammon, alla sua aria
sempre svampita, ai suoi racconti avventurosi narrati la sera prima
di andare a dormire.
Un
giorno notò per caso che la porta della sua stanza da letto
era socchiusa e non riuscì a resistere all'idea di spiare
dentro. Stranamente, la camera era in perfetto ordine, pulita e
curata. Il copriletto dai toni primaverili, il mobilio di legno
chiaro, le pareti azzurre e la grande zanzariera di tulle sopra il
letto davano l'impressione di essere entrati in un grosso fiore. Sul
comodino di destra era adagiato un vaso di fiori contenente tre
camelie bianche, su quello di sinistra la foto di una donna
sorridente dai capelli rossi. Adagiato lì accanto stava un
rosario in legno d'ulivo.
«Questa
stanza è l'unica che mio padre non ha mai toccato, da quando è
morta la mamma» commentò la voce di Mairead, alle sue
spalle.
Edmund
si voltò a disagio per essere stato colto in flagrante a
curiosare nella camera da letto dei suoi genitori, ma lo sguardo di
Mairead era intento a fissare la foto sul comodino: doveva essere
Mary Weasley, sua madre. «Sai...» continuò la
ragazzina, senza distogliere gli occhi dal volto sorridente della
donna. «L'aveva progettata mamma, questa stanza. Le piaceva
così tanto».
Improvvisamente
Edmund si sentì un'idiota: era stato geloso di quello che
aveva Mairead, senza pensare a quello che aveva perso. Era vero, lui
non sapeva nemmeno chi fossero i suoi genitori, ma almeno non doveva
sopportare l'idea che sua madre fosse stata assassinata da un gruppo
di fanatici sanguinisti, senza che il colpevole fosse mai stato
punito o anche solo trovato.
«Ti
manca tanto?» le chiese allora, con un filo di voce.
Finalmente
Mairead staccò gli occhi dalla foto e si voltò verso
l'amico: aveva uno sguardo sofferente e dolce insieme. «Sì...»
rispose in un sussurro.
«Com'è
successo?» domandò Edmund, fissandola dritto negli
occhi. Era una domanda diretta, ma il ragazzo era certo che l'amica
non ne avesse mai parlato con nessuno e aveva proprio l'aria di
doversi sfogare.
«Io
e papà eravamo andati al lago Key, per pescare» cominciò
a raccontare Mairead, con lo sguardo fisso a terra. «Mamma era
restata a casa. Quando siamo tornati c'era la croce celtica sul
tetto... papà mi ha detto di non entrare, ma io non l'ho
ascoltato... e c'era mamma, a terra, con gli occhi spalancati...»
la voce le morì in gola e poi, improvvisamente gettò le
braccia al collo dell'amico e scoppiò a piangere.
Edmund
rimase impietrito da quel gesto d'affetto, ma alla fine accarezzò
delicatamente la schiena di Mairead.
In
quel momento un gufo reale entrò in casa dalla finestra e
planò sul pavimento. Legata alla zampa aveva una lettera, ma
non fu tanto quello che attirò l'attenzione di Edmund: il
pennuto era lo stesso che aveva portato la lettera dal passato.
Eccoci
qui, come promesso da questo capitolo comincia il mistero! Da qui in
poi non sperate di essere esenti dalla suspance! Teoricamente la
lettera di Arthur era scritta con un font apposta, ma esigenze di
HTML mi impediscono di essere così sofisticata.
Visto
che sono assolutamente tecnofila in questo periodo, vi metto anche
link di un paio di immagini: qui
c'è quella propria di questo capitolo, Mairead che legge la
lettera del passato, mentre questa
è un gentile contributo di Julia Weasley e rappresenta il
trio. Spero che vi piacciano!
Alla
prossima e grazie a tutti,
Beatrix
@
Julia Weasley: sono felicissima che il capitolo precedente ti sia
piaciuto! Lo sai, ormai, che ho una particolare fissa per
Grindelwald... “cieco” è davvero l'aggettivo
migliore per lui! Edmund è affascinato da Grindelwald quindi è
naturale che lo ritenga migliore di McPride, che gli sta antipatico a
pelle! Per i retroscena su McPride... bisognerà aspettare
ancora un po': ne voglio fare un “cattivo” con i fiocchi!
Aaron è tenerissimo: la sua frase è stata studiata
apposta e sono contenta che abbia ottenuto l'effetto che volevo.
L'abbazia mi piace tantissimo quindi ho fatto in modo di inserirla
nella storia, visto che i Boenisolius abitano proprio a Boyle! A
presto!
@
chiaki89: io, io vengo a fare un viaggio in Irlanda! Quando si parte,
dove, come? ahahahah! Scherzi a parte, sono contenta che l'abbazia ti
sia piaciuta come locazione, così come l'excursus sul passato
di Captatio. Anche io adoro Edmund, forse proprio perché
rischia di cadere in fallo...! La riunione di famiglia è stata
inserita dopo, in realtà, visto il grande successo che hanno
riscosso nonna Joey e nonno Aaron: mi sembrava che farli incontrare
con Captatio fosse un modo divertente per animare la serata! A
presto, carissima!
@
darllenwr: se il tiro si curasse di rispettare le regole.. be', non
avrei scritto nemmeno un capitolo di questa storia! XD Il passato di
Captatio l'ho inserito per dare alle sue massime quella forza in più
data da chi ha provato quella situazione sulla sua pelle, anche
perché altrimenti rischiava di sembrare un simpatico nonnetto.
Etica e politica purtroppo sembrano viaggiare su due rette parallele
(sia nel mondo magico che in quello babbano...). Per il passato
dell'Irlanda al tempo della guerra di Grindelwald sono contenta di
averti anticipato: questo personaggio mi piace tantissimo quindi era
naturale ce trovassi il modo di inserirlo! Sono contenta che ti sia
piaciuto il sito di Boyle: io lo trovo davvero carino e inserire il
link dava come una sorta di veridicità alla mia storia. A
presto!
@
Earane: mah, potrei fargli una cicatrice a forma di stellina sulla
mano, che gli duole dopo gli incubi, ma mi sa un po' di trash! Temo
proprio che vi convenga aspettare! XD Però in questo capitolo
Reammon ha fatto la sua miglior apparizione di sempre: spero che ti
sia piaciuto! Caotico e pasticcione come non mai! Addirittura quasi
sorpasso la Row? Wooow, così sì che mi gaso! ahahahah!
Comunque meno male che ci sei tu a farmi il correttore di bozze...
già, glielo è tutto attaccato. Svista! XD Niente primo
piano, però c'è un'immagine di Reammon... spero che ti
sia piaciuta! Alla prossima!
@
Sydelle: tranquilla, scrivi le recensioni come ti pare! A me fa
comunque piacere sapere che mi segui sempre e spero di riuscire a
mantenere desto il tuo interesse fino alla fine. A presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
|
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Capitolo 8 *** Lo scatolone dei ricordi ***
CAPITOLO
8
Lo
scatolone dei ricordi
Mairead
si asciugò velocemente le lacrime con il dorso della mano,
imbarazzata per essere scoppiata a piangere davanti al suo amico, poi
prese la lettera dalla zampa del gufo e cominciò a leggerla:
Cara
Mairead,
sei
stata molto gentile a rispedire indietro questa lettera, ma credo che
ci sia un errore: io non conosco nessun Reg o Arthur. Tuttavia, dalle
poche righe che hai scritto mi sembri una persona carina e
disponibile, quindi ho deciso di aiutarti a risolvere questo mistero.
Non è che magari c'era qualcuno di nome Reg che abitava a casa
tua prima di te? Comunque, non mi sono nemmeno presentata! Io sono
Priscilla e ho finito il Trinity da 5 anni, ormai. Magari ci siamo
anche viste, senza saperlo! Tu vai già al Trinity? A che anno
sei?
Fammi
sapere presto tue notizie. Se posso aiutarti, sono sempre
disponibile.
Priscilla
Edmund
lesse la lettera da sopra la spalla di Mairead: chi era questa
Priscilla? Il mistero si infittiva. Se la ragazza non stava mentendo,
allora quella lettera non l'aveva mandata lei, né conosceva
qualcuno che potesse c'entrare con quella storia. Ma allora perché
il gufo aveva recapitato la risposta di Mairead proprio a Priscilla?
Quando notò che anche l'amica aveva finito di leggere,
esclamò: «Vedi, anche lei dice che probabilmente Reg
abitava qui prima di te!»
Mairead
sospirò rassegnata. «Mi suona tutto così strano»
disse scuotendo la tesa. «Comunque questa Priscilla sembra
simpatica. Credo che le risponderò subito» e con quelle
parole si diresse in camera sua con la lettera in mano.
Edmund
lanciò un'ultima occhiata alla foto sul comodino: gli pareva
che Mary sorridesse dei suoi sforzi per scoprire chi fosse quel
famigerato Reg, come se lei, avvolta nella beatitudine che permeava
quella stanza, sapesse già tutto di quella storia assurda e
non se ne preoccupasse minimamente. Infine Edmund chiuse la porta e
il volto di Mary scomparve, insieme con la sensazione che lei
centrasse qualcosa con la lettera che veniva dal passato.
Un
pomeriggio Mairead propose ad Edmund di esplorare la loro soffitta.
Esplorare era il verbo giusto per quella soffitta, visto che se la
casa era disordinata, lì c'era una giungla. «Io mi
diverto a frugarci dentro, ogni tanto» spiegò Mairead
all'amico. «Ci si trovano un sacco di cose interessanti. Una
volta ho scoperto un vaso in ceramica del Diciottesimo secolo, quello
che ora sta in ingresso come portaombrelli».
Edmund
non osò chiedere come un vaso del Diciottesimo secolo si fosse
ritrovato nella soffitta di casa Boenisolius. Tuttavia immaginò
che esplorare quell'ambiente doveva essere un'occupazione stimolante,
per quel caldo pomeriggio di fine agosto. Chissà cosa
avrebbero trovato!
La
soffitta era abbastanza grande, ma vi stavano stipati tanti di quegli
oggetti che sembrava sul punto di scoppiare da un momento all'altro:
c'erano scatoloni di cianfrusaglie, un vecchio armadio senza un'anta,
una stufa arrugginita e un manichino con indosso un abito da strega,
rosso, da sera che non era in ottime condizioni ma pareva essere
stato certamente prezioso.
«Ehi,
e questo cos'è?» esclamò Edmund, estraendo da
sotto una vecchia asse da stiro quello che sembrava essere uno
scatolone impolverato. Non sapeva il perché, ma quel vecchio
cimelio lo incuriosiva. Levò a fatica il magiscotch che ne
chiudeva il coperchio e ispezionò l'interno. Sembrava uno
scatolone dei ricordi di un bambino, a giudicare dal contenuto:
giocattoli, un orsacchiotto di peluches, e dei libri malandati.
Edmund
ne estrasse uno e lesse la copertina: Il Quidditch attraverso i
secoli.
«È
roba di tuo padre?» chiese, gettando il volume a Mairead.
La
ragazza a vedere il titolo scoppiò a ridere. «Assolutamente
no! Lui odia il Quidditch» rispose, lanciandolo nuovamente
all'amico, che lo aprì per vedere se c'era scritto il
proprietario. Una calligrafia da bambino aveva scritto:
Questo
libro è di Reg e di
nessun altro.
«Ehi,
Mairead! Di nuovo questo Reg!» esclamò Edmund, in preda
all'euforia.
La
ragazza si voltò verso l'amico, improvvisamente curiosa.
Edmund le fece vedere la scritta sul libro, poi rincominciò a
frugare dentro lo scatolone, alla ricerca di chissà cosa che
potesse illuminarlo su quel mistero. Dopo un po' notò
l'angolo di quella che sembrava una foto e cercò di estrarla
da sotto un libro senza strapparla. La foto rappresentava un
ragazzetto dai capelli rossi, con un esplosione di lentiggini sul
volto e gli occhi sorridenti. Aveva in mano un manico di scopa e alle
sue spalle si erigeva una casa in legno che pareva stare in piedi
solo grazie a qualche intervento magico.
«Credi
che sia lui? Voglio dire, che sia Reg?» domandò Mairead,
osservando il giovinetto che si agitava nella cornice.
Edmund
annuì pensieroso. La fotografia sembrava ingiallita dal tempo,
come se appartenesse ad un'altra epoca. Sì, doveva essere lui,
il Reg della lettera.
«Guarda
questa scopa» disse Mairead, indicando l'oggetto nella foto.
Edmund
non ci vedeva nulla di strano.
«È
una di quelle con il manico sottile, come andavano di moda negli anni
Settanta. Credo sia una Comet, forse la 220» spiegò la
ragazzina: un'ulteriore conferma di quanto fosse vecchia quella foto.
«Credo
che sia il nostro misterioso Reg» asserì infine Edmund,
continuando ad osservare il volto sorridente del ragazzetto.
Dopodiché estrasse da sotto un grosso libro un foglio di
pergamena ingiallito e lo aprì: era un'altra lettera
indirizzata a Reg da parte di Arthur, una conferma dei loro
presentimenti. Sembrava non essere passato molto tempo dalla prima
stana lettera che Mairead aveva ricevuto giorni fa.
Caro
Reg,
il
piccolo Charlie sta crescendo bene e Bill dice sempre di volerlo
prendere in braccio. Ci sarebbe piaciuto che fossi tu il padrino di
Charlie, ma sei ancora piccolo. Magari per il prossimo figlio, che ne
dici? Non abbiamo affatto intenzione di fermarci, io e Molly! Tu come
stai? Fai il bravo e non stordire nessuno con le tue chiacchiere!
Ci
vediamo presto,
Arthur
Ma
che cosa significava tutto quello? Perché nella soffitta di
casa Boenisolius c'era uno scatolone contenente i ricordi di un
ragazzino che sembrava appartenere al passato?
Mairead
riprese a frugare nello scatolone, finché non estrasse una
scatola lunga e sottile che le dava un brutto presentimento. Sul
coperchio nero c'era scritto in lettere dorate il nome Olivander.
Mairead lo aprì con cautela: conteneva una bacchetta magica,
che l'etichetta all'interno definiva come “11 pollici e mezzo,
legno di tasso, corda di cuore di drago”.
Mairead
lasciò cadere la scatola, come presa da un'ansia improvvisa.
«Che
c'è?» chiese Edmund preoccupato, voltandosi verso la sua
amica.
Mairead
scosse la testa spaventata, poi rispose con un filo di voce: «Ed,
io credo che questo Reg... sia morto».
«Perché
dici?»
«Questo
scatolone... ha tanto l'aria di conservare i suoi ricordi, la
fotografia, i vecchi libri, i giocattoli... e quella è la sua
bacchetta. Deve essere morto da bambino» rispose sommessamente.
Edmund
tornò a guardare il vecchio scatolone e improvvisamente
realizzò che Mairead aveva ragione: sembrava proprio che Reg
fosse morto.
Edmund
proprio non riusciva a raccapezzarsi in quella storia e la cosa gli
dava parecchio sui nervi. C'era uno scatolone contenente i ricordi di
un bambino morto in soffitta di casa Boenisolius, una lettera che
sembrava provenire dal passato, spedita a questo Reg ma recapitata a
Mairead e infine era comparsa Priscilla, non si sa come. Come
potevano essere collegate tutte quelle cose?
Mairead
continuò la corrispondenza con Priscilla, scoprendo che la
ragazza lavorava in un allevamento di ippogrifi gestito dai genitori.
Parlarono parecchio dei rispettivi padri e Priscilla parve molto
interessata a Reammon e al suo lavoro di archeologo.
«È
davvero un'impicciona, questa Priscilla» commentò un
giorno Edmund, contrariato.
Mairead
gli strappò di mano la lettera che stava leggendo con
interesse. «Non sono affari tuoi» gli rispose riponendo
il foglio di pergamena al sicuro.
Edmund
incrociò le braccia al petto. «Ti chiede un sacco di
cose su tuo padre. Che le interessa?»
«È
un'amica di penna, Ed. È normale che ci raccontiamo un po'
della nostra vita» rispose Mairead, scuotendo la testa.
Edmund
lasciò cadere il discorso, ma non era affatto convinto di
quella storia: nemmeno la conosceva, quella Priscilla, eppure aveva
verso di lei una fiducia incondizionata.
«Sembra
tanto dolce e simpatica!» gli aveva detto un giorno Mairead.
«Appunto,
sembra! Che ne sai di com'è veramente?» aveva risposto
lui, ma l'amica non lo aveva lasciato continuare.
«Sei
sempre così diffidente, Ed. Come con McPride, vedi solo il
lato negativo delle persone. Cerca di avere un po' più di
fiducia».
Forse
Mairead aveva ragione, vedeva solo il lato negativo della gente. Ma
certe persone, a pelle, gli davano l'impressione di essere false.
Magari dipendeva dal fatto che, essendo cresciuto in un orfanotrofio,
deriso da tutti i compagni e ignorato dalle insegnanti, aveva finito
per diffidare di chiunque. Sperava tanto che questa volta Mairead
avesse ragione e che Priscilla non nascondesse loro qualcosa.
Ecco
qua il nuovo capitolo... e il mistero si infittisce! Nuntio
vobis magno gaudio che ho finito di scrivere la storia,
quindi, se nessuno ha obiezioni, comincerò a pubblicare due
volte alla settimana, probabilmente il mercoledì
pomeriggio/giovedì mattina (dipende da impegni universitari!)
e il sabato mattina. Contenti?
Mi
sono accorta, dalle vostre recensioni, che forse non sono stata
abbastanza chiara con la questione della lettera: Mairead sostiene
che l'indirizzo nel mondo dei maghi non esiste perché non è
quello che qualifica il luogo dove arrivi la lettera, ma lo è
la persona a cui la stessa è indirizzata. Nel senso, quella
lettera è arrivata a Mairead non perché qualcuno avesse
ordinato al gufo di portarla a St. Joseph's Ave 10, Boyle ma a
Mairead, che in quel momento si trovava all'indirizzo St. Joseph's
Ave 10. Esattamente allo stesso modo in cui Edvige recapita le
lettere di Harry a Sirius quando è in latitanza. È la
persona a cui è indirizzata che “dice” al gufo
dove portarla, non l'indirizzo come lo intendiamo noi. È per
questo motivo che Mairead sostiene che se la lettera è
arrivata a lei ci deve essere un motivo. Spero di essere stata un po'
più chiara... ammetto che nel capitolo non mi ero spiegata
molto bene! Se ci fossero altri dubbi, non esitate a chiedere!
Nel
frattempo questa
è l'immagine del capitolo: la foto di Reg trovata da Edmund
nello scatolone dei ricordi.
Grazie
a tutti quelli che continuano a seguire questi racconti! Alla
prossima!
@
quigon89: ehi, quante domande! Non pretenderai davvero che risponda a
tutte, vero? XD Comunque alcune delle tue supposizioni non sono poi
così lontane dalla realtà... anche se ovviamente non
posso proprio dirti quali! Sono contenta comunque di aver stuzzicato
la tua fantasia. A presto!
@
chiaki89: lo so, sono perfida, ma i tuoi dubbi saranno svelati solo
alla fine, temo! La camera di Mary Weasley è studiata per fare
contrasto assoluto con il resto della casa che, diciamocelo, non è
propriamente ordinata! XD E Reammon è veramente troppo
divertente da descrivere! È spassosissimo parlare di lui!
Mairead è una very stong... insomma, una Raloi a tutti gli
effetti! A presto, carissima!
@
Julia Weasley: visto? Non proprio la stanza degli ospiti, ma la
soffitta ha rivelato qualcosa di misterioso! Chi sarà mai
questo Reg? Ahahahah! Reammon è caotico e pasticcione di
natura e il trauma della morte della moglie l'ha superato soltanto
pensando al fatto che aveva ancora qualcuno da amare e una figlia da
crescere: Mairead. Quanto a lei, credo che sfogarsi le abbia proprio
fatto bene, visto che non ne aveva mai parlato con nessuno. E poi Ed
è tanto tenero da abbracciare! *-* E sul suo passato sono
ermetica come non mai... non mi lascerò sfuggire neanche una
parola, questa volta! Ti piace Bearach? È così
caruccio! In realtà per il giocattolo a forma di drago avevo
pensato al tuo peluches a forma di unicorno e mi sono detta: “che
altro animale fantastico c'è adatto a fare un bel peluches per
un piccolo mago? Un draghetto!” XD E adesso parte la mia
alto-stima: la faccia di Scipio è stupenda! Mi piace un sacco
come mi è venuta! È proprio la sua espressione! =D Ci
sentiamo presto, carissima!
@
darllenwr: ahahaha! No, ti giuro che le poste magiche sono efficienti
molto più di quelle babbane! Il mistero del gufo sarà
risolto solo a fine racconto! Reammon non è affatto capace di
fingere, ma per fortuna è talmente imbranato che Mairead non
coglie nemmeno la differenza. No, Mairead non ha mai rivelato a
nessuno quello che è successo e questo mi sembrava il momento
migliore perché potesse finalmente sfogarsi. Anche a me piace
un sacco il disegno di nonna Joey e Scipio, perché la faccia
di quest'ultimo è davvero impareggiabile! Quanto a Mairead,
sta finalmente cominciando a diventare un po' più femminile.
Alla prossima!
@
MissyMary: bentornata carissima! Sì, ho anche io il sadico
vizio di troncare le storie sul più bello! Eh, quel taaanto di
più su Mary Weasley lo saprai a tempo debito. Quanto a Eddy,
non ho intenzione di rivelare nulla... sono sadica, lo so, ma non
posso rovinare tutta la trama del 5° racconto spifferando in giro
cose sul suo passato! XD E non temere, ci saranno parecchie scene
alla s. Valentino proprio nel quinto, quando lui diventerà un
gran bel pezzo di ragazzo! Anzi, vedrai che ce ne saranno di davvero
divertenti! =D Gli sporchi segretucci di Reammon saranno rivelati
solo a fine racconto. E per McPride, che posso dirti? Edmund è
un po' troppo fissato con lui... chissà se avrà ragione
il nostro ragazzo così deliziosamente ostinato o tutto il
resto della comunità magica! A presto!
@
Voldia: grazie dei complimenti! Sì, Captatio ha rischiato
davvero tanto, ma alla fine ha capito che quello non era affatto
l'ambiente per lui. Grazie anche di avermi fatto notare quella
precisazione sull'indirizzo: spero che ora sia più chiaro!
Alla prossima!
@
Earane: sono felice che ti sia piaciuto Reammon, ma non ho intenzione
di rivelare nulla su Reg... sorry, ma toglierei tutta la suspance
alla storia! Comunque è ambientata negli stessi anni di quella
di HP: ora che i ragazzi devono frequentare il terzo anno siamo nel
1993; inoltre, in Irlanda le scuole superiori durano 6 anni e
cominciano all'età di 12, quindi Mairead & co sono del
1979, un anno in più di Harry e gli altri. Ho degli amuleti
contro le maledizioni, comunque, perché mi diverto ad
interrompere sul più bello! XD A presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
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Capitolo 9 *** Orgoglio e inseguimenti ***
CAPITOLO
9
Orgoglio
e inseguimenti
Quella
mattina Laughlin si svegliò tranquillamente, si vestì
con calma e si appuntò al petto l'Encomio della Repubblica con
evidente orgoglio: avrebbe fatto la sua figura arrivare in stazione e
poi sull'espresso per il Trinity con quell'onorificenza in bella
mostra. Si rimirò soddisfatto nello specchio che aveva
sull'interno dell'anta dell'armadio e poi scese in salotto per fare
colazione.
«Buongiorno,
mamma» salutò Laughlin, entrando in sala da pranzo.
«Buongiorno,
caro. Dormito bene?» rispose sorridente Daire, ma il figlio non
ebbe tempo di rispondere, perché il loro elfo domestico sbucò
dalla cucina con in mano un vassoio esclamando: «Lappy ha
preparato al signorino il suo dolce preferito!»
«Grazie,
Lappy. Tu mi vizi troppo!» ridacchiò Laughlin prendendo
la fetta di torta che l'elfo gli porgeva.
Proprio
in quel momento entrò nella sala da pranzo il signor
Maleficium.
«Buongiorno,
caro» lo saluto dolcemente la moglie.
Eoin
si sporse verso Daire e le diede un veloce bacio sulla guancia,
dopodiché si sedette a tavola. Ma quando il suo sguardo si
posò sul figlio, il suo volto si irrigidì. «Levati
di dosso quella coccarda, Laughlin» ordinò al
giovinetto, accennando all'Encomio.
«Ma
papà...» protestò il ragazzino, prima che il
padre lo interrompesse con uno sguardo severo. Allora Laughlin si
alzò dal tavolo mogio mogio e andò a riporre la
preziosa onorificenza sulla scrivania di camera sua.
Quando
tornò in salotto, lo sguardo del padre era molto più
indulgente. «Laughlin, vieni qui» gli disse con dolcezza
e quando il ragazzino gli fu vicino, lo cinse per la vita e gli
sollevò il mento con una mano, in modo che riuscisse a
guardarlo negli occhi. «Essere un Maleficium di Iuchar Tuiren è
un grande onore e devi esserne orgoglioso, ma questo non significa
andare in giro a mostrare con baldanza i propri meriti» gli
disse, scrutandolo con intensità.
Laughlin
fece un mezzo sorrisetto e infine annuì. «Hai ragione,
papà. Scusa» sussurrò con un filo di voce.
«Yeppi,
si va al Trinity!» esclamò proprio in quel momento
Bearach, entrando in cucina come un vortice.
Laughlin
si sciolse dall'abbraccio del padre e squadrò il fratellino
con astio. «Grazie a Dio, tu no. Ho ancora due anni di respiro
prima che tu venga al Trinity».
«Laughlin,
non trattare male tuo fratello» intervenne Daire, anche se
sapeva perfettamente che il maggiore aveva ragione nei confronti di
quella peste camuffata da bambino.
Il
ragazzino scosse la testa e si sedette a tavola, contento che quella
sera avrebbe cenato al tavolo dei Nagard, a fianco di Dominique, ma
soprattutto lontano da suo fratello Bearach.
Dopo
colazione Lappy lo aiutò a portare il grosso baule scarlatto
al piano di sotto, dove lo attendevano i suoi genitori e Baerach, che
saltellava per l'ingresso come un indemoniato. Laughlin alzò
gli occhi al cielo, rassegnato. Tre mesi senza vederlo. Benedetto il
Creatore!
«Lappy
ha preparato al signorino il pranzo, panino con carne di angus, come
piace a lui. E poi i biscotti» cantilenò l'elfo,
porgendogli un sacchetto di carta. Era leggermente commosso, come si
capiva dagli enormi occhioni lucidi e dalle orecchie a punta rivolte
verso il basso. Tutti gli anni, quando il padroncino se ne andava al
Trinity gli veniva un groppo alla gola e gli si inumidivano gli
occhi.
Laughlin
prese il sacchetto con un sorriso e mise una mano sulla spalla
dell'elfo. «Grazie, Lappy. Mi mancherai».
L'elfo
sarebbe voluto scoppiare a piangere, ma Laughlin lo precedette: «Su,
non fare quella faccia! Ci vedremo a Natale... intanto ti lascio qui
con Bearach».
Per
una persona normale quella sarebbe stata una minaccia, ma non per
Lappy che trovava meraviglioso servire qualsiasi membro della
famiglia Maleficium, perfino quella piccola peste di Bearach.
«Su,
andiamo, o il treno partirà senza di te» esclamò
Daire.
Con
un'ultima occhiata al grande scalone d'ingresso, Laughlin lasciò
villa Maleficium per tornare al Trinity.
La
famigliola arrivò a Dublino con la metrombino, poi si diresse
verso la stazione Babbana, noncurante delle occhiate che gli
riservava la gente per strada. Bearach era così esaltato per
chissà quale motivo che andò a sbattere contro una fila
di carrelli per le valige, facendoli cadere sui binari. Il
capostazione andò su tutte le furie e ci volle tutta la
diplomatica pazienza di Eoin per convincerlo che era stato un
incedente e che non c'era bisogno di chiamare la polizia. Dopodiché
lanciò una di quelle occhiatacce al figlio che bastarono a
tranquillizzarlo almeno per un'ora.
Al
binario per il Trinity si accedeva tramite un ripostiglio dietro il
binario 5: spostando in modo strategico la scopa e il moccio si
apriva un passaggio per accedere alla banchina magica.
I
Maleficium attraversarono il varco e si ritrovarono su un binario
stracolmo di maghi e streghe intenti a salutare i figli in partenza
per la scuola. «Ehi, guardate, c'è Ed! C'è Ed!
C'è Ed!» esclamò Bearach, saltellando da un piede
all'altro. Lo sguardo severo del padre lo raggelò. Per quel
giorno aveva combinato abbastanza guai.
Laughlin
raggiunse i suoi amici. «Ciao, ragazzi!»
«Ah!
Mi devi cinque Cioccorane» esclamò Edmund rivolto a
Mairead, con un sorriso furbo. «Te l'avevo detto che suo padre
non gli avrebbe lasciato indossare la coccarda!»
Mairead
gli scoccò uno sguardo astioso, poi fece un cenno del capo
verso Laughlin. «Sì, ma lui voleva indossarla, vero?
Quindi è come se ce l'avesse su!»
«Eh,
ma non ce l'ha!» gongolò Edmund, tutto soddisfatto.
Laughlin
era scioccato. «Avete scommesso su di me? Se mi sarei
presentato con la coccarda o meno?» protestò,
incrociando le braccia al petto. Si sentiva irrimediabilmente offeso.
Provò a mettere il broncio, ma la voglia di riabbracciare i
suoi amici dopo un mese che non si vedevano ebbe la meglio anche
sull'orgoglio.
Proprio
in quel momento il capostazione fischiò per far intendere che
il treno era in partenza e i loro genitori si avvicinarono per
salutarli. Daire abbracciò e baciò il figlio, salutò
Mairead e poi diede un piccolo bacio sulla guancia anche a Edmund,
che arrossì fino alla punta dei capelli.
Eoin
salutò prima Laughlin, poi strinse la mano ai suoi amici con
fare pomposo.
Bearach
si avvicinò al fratellone per salutarlo, ma scoppiò a
piangere e corse a nascondersi tra le gonne della mamma,
vergognandosi per quel momento di debolezza.
Reammon
strinse la figlia in un abbraccio, poi la guardò dritto negli
occhi. «Fai la brava» le raccomandò, anche se non
aveva molto senso, visto quello che aveva combinato nei due anni
precedenti.
Mairead
almeno ebbe il buon gusto di non replicare con la sua frase di
sempre. «Papà, ho quasi quattordici anni, ormai. So
badare a me stessa».
E
con quelle parole i tre amici salirono sul treno.
Nel
corridoio incontrarono Dominique, che indossava già la sua
divisa rossa dei Nagard.
«Ciao!
Passata bene l'estate?» lo salutò Laughlin con un
sorriso.
«Sì,
grazie. Ehi, ho visto l'articolo sul Corriere della vostra
premiazione!» rispose il ragazzetto, che durante l'estate non
era affatto cresciuto, tanto che ora arrivava a stento al mento di
Laughlin. «C'era anche una foto! Davvero grandioso, eh?»
continuò Dominique.
Laughlin
gonfiò il petto orgoglioso, ma al sentire alle sue spalle le
risatine dei suoi amici ritornò in se stesso. «Già,
grandioso» ripose in tono neutro, come se la cosa non lo
interessasse affatto.
«Dove
sei di scompartimento?» chiese allora Edmund, visto che stavano
intralciando il traffico, con i loro bauli in mezzo al corridoio.
Dominique
parve essere un attimo a disagio. «Ehm, di là, con
Cosimo e gli altri del mio anno».
«Be',
allora noi andiamo a cercarcene uno vuoto. Ci vediamo a cena, Dom»
rispose semplicemente Laughlin e con un cenno di saluto si avviò
lungo il corridoio seguito dai suoi amici.
Essere
al terzo anno aveva i suoi vantaggi. Laughlin fece sloggiare da uno
scompartimento due primini dall'aria spaurita, cosicché i
ragazzi poterono accomodarsi comodamente al suo interno.
«Quest'anno
incominciamo le nuove materie!» esclamò Mairead,
sedendosi vicino al finestrino.
Laughlin
annuì battendo le mani, come se avesse trovato un sacchetto
pieno di dolci. «Cura delle Creature Magiche! Alleviamo i
draghi!» esclamò estasiato.
Mairead
scoppiò a ridere, tirandogli addosso il nuovo libro di
Trasfigurazione, che era un tomo di ottocento pagine.
«Sei
pazza?» strillò Laughlin, lanciandogli di nuovo il
volume.
Mairead
ridacchiò, ma si interruppe subito quando notò la
faccia pensierosa di Edmund.
«Ed,
che c'è?» gli chiese in tono preoccupato. Il ragazzo
guardava fuori dal finestrino come se nemmeno si accorgesse di quello
che accadeva dentro lo scompartimento. Normalmente avrebbe
amichevolmente sgridato i suoi amici per il modo in cui avevano
trattato il libro. Invece se ne stava silenzioso a guardare il
paesaggio. Mairead lo conosceva troppo bene per non sapere che
quell'espressione significava guai: Edmund stava meditando su
qualcosa.
«Pensavo...»
sussurrò proprio in quel momento il ragazzino.
Mairead
e Laughlin si scambiarono un'occhiata d'intesa: era pericoloso quando
Edmund pensava.
Finalmente
Edmund si voltò verso di loro. «Mairead, a te non
sembrava che qualcuno ci seguisse?» domandò rivolto
all'amica.
«Seguisse?»
gli fece eco Mairead.
Edmund
si sporse verso di lei. «Sì, già a Boyle, una
figura che ci pedinava. E poi anche a Dublino e fino in stazione».
«Io
non ho visto nessuno» lo interruppe la ragazza, prima che
l'amico partisse con assurde ipotesi su pedinamenti e loschi
individui.
«Ma
forse...» provò a dire Edmund.
Laughlin
allora si alzò in piedi e allargò le braccia per
bloccare sul nascere ogni speculazione dell'amico. «Eeedmund!
Tu vedi misteri dappertutto! Quest'anno voglio passarlo tranquillo,
ok?» esclamò esasperato.
Proprio
in quel momento il treno fece una brusca curva e per poco Laughlin
non cadde a terra.
Edmund
sorrise: forse i suoi amici avevano ragione e stava davvero
esagerando nel voler vedere un mistero in ogni cosa.
Ecco
qui, come promesso, l'aggiornamento settimanale. Capitoletto breve in
realtà, piuttosto comico, ma dopo un mese a casa Boenisolius
avevo voglia di riprendere in mano l'allegra famiglia Maleficium! E,
ovviamente, compare la solita raccomandazione di Reammon a Mairead,
ma almeno questa volta lei ha il buon gusto di non rispondere “io
sono brava”, anche perché l'anno tranquillo auspicato da
Laughlin non si rivelerà affatto tale!
Questa
è l'immagine del capitolo: Eoin che riprende il figlio.
Grazie
a tutti, a presto!
@
Julia Weasley: grazie dei complimenti, carissima! ;-) Ovviamente non
ho alcuna intenzione di rivelare anzi tempo chi sia Priscilla o che
fine abbia fatto Reg! Comunque hai azzeccato su una cosa... ma non ti
dico quale! Muahahahha! Che sadica! A presto, lettrice-suppositrice!
(in realtà volevo coniare apposta per te il neologismo
suppolettrice ma mi sa un po' di supposta... XD)
@
MissyMary: i capitoli sono 20, più un epilogo. Purtroppo non
credo che comincerò subito con l'altra storia perché
devo ancora scriverla tutta, però vi potrete consolare con la
pubblicazione dei due corollari (Vita da fuorilegge e Il coraggio di
scegliere). Non ti posso rivelare chi sia Reg... però povera
Priscilla! XD Prendi le difese di Edmund? Comunque, sì, verrà
loro (o meglio a Edmund) la geniale idea di frugare tra gli archivi,
esattamente nel prossimo capitolo. No, mi spiace, il passato di Ed è
sigillato! È troppo complicato e profondo per essere rivelato
prima... lui ci impiega tutto il quinto racconto a scoprirlo! A
presto! ps. faccio lettere moderne! ^^
@
ScudoDiTiglio: tranquilla, recensisci pure quando ce la fai! A me fa
piacere sentirti ma non vorrei rubare il posto allo studio per la
maturità (a proposito, in bocca al lupo!). Ovviamente non
posso rispondere a nessuna delle tue domande, però sono tutte
davvero interessanti! Non sei poi così lontana dalla strada
giusta. Comunque sì, Reg è di mia completa invenzione!
Alla prossima!
@
darllenwr: sì, credo proprio che la soffitta sia un inno al
caos! Bella definizione! ;-) Comunque Edmund è un po' troppo
sospettoso, come gli fanno notare i suoi amici anche i questo
capitolo... però i suoi sospetti non sono poi così
infondati e comunque sono utili perché sono il motore che lo
spinge alla ricerca della verità. Credo, infine, che la legge
di Murphy cali a pennello con le avventure dei giovani irlandesi:
altro che anno tranquillo! A presto! ps. non mi sono dimenticata
delle tue mail, ma al momento sono un po' affollata di impegni.
Comunque credo che la priorità vada alla storia, quindi nei
ritagli di tempo mi dedicherò a quella, così per
gennaio dell'anno prossimo potrebbe essere finita e pronta per la
pubblicazione.
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
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Capitolo 10 *** Il fascino del mistero ***
CAPITOLO
10
Il
fascino del mistero
Laughlin,
come al solito, durante il banchetto mangiò più di
quanto umanamente un ragazzino di quattordici anni potesse fare,
quasi senza nemmeno sentire Dominique che gli raccontava la sua
estate.
«E
poi i miei fratellini hanno cominciato a tirarsi addosso le gelatine
di muco di Kappa e hanno preso in pieno una vecchia maga giapponese
che passava per strada. Credo che ci abbia lanciato una maledizione,
ma non conosco la lingua... comunque non la biasimo, quella roba è
davvero disgustosa» concluse Dominique, in tono saggio.
Laughlin
annuì, anche se doveva essersi perso qualche passaggio, perché
non ricordava come Dominique fosse arrivato in Giappone. «Quanti
fratelli hai?» gli chiese allora, contento di non essere
l'unico sfortunato ad avere in casa delle pesti mascherate da
bambini.
Dominique
sospirò. «Tre: i gemelli Samuel e Ismael di nove anni e
la piccola Ester di sette» rispose con rassegnazione.
Laughlin
pensò che i signori MacPassel dovevano essere proprio fissati
con quella roba della religione, visti i nomi dei figli.
Proprio
in quel momento il preside Captatio si alzò da tavola e fece
un breve discorso sull'importanza dello studio, che Laughlin non si
degnò troppo di ascoltare: le solite cose sul fare i bravi,
applicarsi a scuola e ampliare la mente.
Quando
finalmente il preside permise loro di alzarsi, Laughlin, insieme a
Dominique e agli altri Nagard, si recò verso la sua sala
comune.
«Ma
guarda chi si vede, un traditore del suo sangue, ovviamente in
compagnia di un sasanachfiul» li aggredì una voce
sgradevole nel momento stesso in cui entrarono in sala comune.
«Chiudi
la ciabatta, Diabliaiocht» le rispose Dominique, con un tono
forse poco cristiano ma certamente appropriato a quella serpe.
La
ragazza era spalleggiata dai suoi due inseparabili compagni, Leida
O'Hara e Finan Best, ma questa volta sembrava che fossero in parecchi
a condividere le sue accuse verso i due giovani Nagard.
Laughlin
non era certo disposto a dargliela vinta, non quella volta. Le si
avvicinò con un sorrisetto di sfida. «Che cos'è
che ti rode di più, Diablaiocht?» le domandò,
tirandosi il colletto della giacca con aria di superiorità.
«Che io sono irrimediabilmente più figo di te, o che
sono nobile, mentre tu non lo sei?»
A
quelle parole calò il gelo nella sala comune dei Nagard.
C'erano parecchi studenti che disapprovavano il comportamento
inglesofilo di Maleficium, ma nessuno era pronto a mettersi contro un
Nobile Purosangue.
Nessuno
che non fosse Nobile a sua volta.
«Stalle
alla larga, Maleficium» disse una voce controllata e flebile.
Eibhean Deamundi, il più giovane dei sette figli del Conte di
Con Cetchthach.
Laughlin
non si fece intimorire dalla presenza pomposa del giovane nobile: suo
padre gli aveva insegnato che i Deamundi erano la famiglia più
importante di tutta l'Irlanda, ma che erano anche degli squallidi
sanguinisti. Niente di rispettabile, almeno nell'ottica di grande
onestà di Eoin Maleficium.
«Guarda,
Ailionora, il tuo ragazzo è venuto a difenderti. Finalmente
avrai un titolo nobiliare anche tu» ripose con un sorrisetto
divertito.
La
ragazza lanciò un'occhiata terrorizzata a Deamundi, come se
temesse che lui avesse scoperto qualche segreto e poi scappò
verso il dormitorio femminile con il volto in fiamme.
«Non
hai il diritto di trattarla a quel modo» sussurrò
Deamundi, in modo che solo Laughlin potesse sentirlo.
Il
sorrisetto del ragazzo si tramutò in una maschera di serietà.
«Ognuno raccoglie quello che semina. Se vuoi il rispetto degli
altri, devi meritartelo».
E
con quelle parole lasciò la sala comune, seguito da Dominique.
La
prima lezione del nuovo anno era Cura delle Creature Magiche: questo
significava che Laughlin e Mairead avrebbero passato l'ora insieme,
mentre Edmund si recava ad Antiche Rune.
Dopo
colazione, i due amici salirono un paio di rampe di scale per recarsi
all'aula di dove si sarebbe tenuta la lezione. Il professore si
chiamava Lynch ed era un tizio piuttosto grosso, con la mascella
squadrata e una leggera barba incolta di un paio di giorni: sembrava
proprio il tipico insegnante da non far arrabbiare.
Gli
studenti si accomodarono tra i banchi e incominciarono ad estrarre
libri e pergamene, ma il professor Lynch sbraitò: «Che
pensate, di essere qui a studiare Trasfigurazione? Via quei libri,
adesso andiamo nel parco!»
I
ragazzi si scambiarono degli sguardi eccitati: la prima lezione
prevedeva già qualcosa di pratico. Chissà se avrebbero
visto i draghi!
Il
professore li condusse fuori dal castello, attraverso il ponte che
collegava l'isola lacustre alla terraferma; oltrepassarono lo stadio
di Quidditch e si fermarono al limitare della foresta che si trovava
sul confine del territorio della scuola, tra il lago e il villaggio
di Doolin. Lì c'era un recinto e una piccola costruzione in
legno che sembrava un capanno degli attrezzi.
«Ragazzi,
tutti intorno al recinto, per favore» ordinò il
professore. Gli studenti si accalcarono addosso alla palizzata per
cercare di ottenere il posto migliore.
Sgomitando
per bene, Mairead e Laughlin si piazzarono in prima fila, a fianco di
un gruppetto di Llapac. Il professore saltò il recinto con un
balzo atletico, giusto per impressionare gli studenti, dopodiché
si recò dietro il capanno.
Tutti
i ragazzi tesero il collo per vedere cosa fosse andato a recuperare,
ma non dovettero attendere troppo: l'insegnante tornò poco
dopo tirando le redini di un magnifico esemplare di unicorno. Dagli
studenti si sollevò un coro ammirato di “oooh”.
«È
magnifico!» esclamò estasiata una ragazza dei Llapac,
che aveva gli occhiali spessi e l'apparecchio ai denti.
«Sì,
Moira, è magnifico!» rispose la sua amica, con gli occhi
che le brillavano.
Il
professore tuonò qualcosa per zittire la platea dei suoi
studenti. «Le ragazze si possono avvicinare per accarezzarlo»
disse quando finalmente gli alunni si furono calmati.
Mentre
le femmine si avvicinavano, il professor Lynch cominciò ad
elencare le caratteristiche e le proprietà dell'animale.
«Tu
non vai ad accarezzarlo?» domandò Laughlin alla sua
amica.
Mairead
scosse le spalle. «Nah, ne ho già visto uno da vicino,
in Francia, quando papà partecipava agli scavi nella necropoli
di Louison. Quando mi avvicinai, quello stupido mi diede un morso!»
rispose la ragazza contrariata, al ricordo dell'episodio.
«Voi
due, là in fondo, non siede dispensati dall'ascoltare»
li rimproverò il professor Lynch. I ragazzi allora tirarono
fuori penne e pergamene e cominciarono a prendere appunti in
silenzio.
Mentre
i suoi amici seguivano Cura delle Creature Magiche, Edmund andò
a lezione di Antiche Rune, dopodiché i tre ragazzi
frequentarono insieme Incantesimi con la O'Connel.
Al
pomeriggio andarono a Pozioni, ma la lezione più interessante
per Edmund fu l'ultima della giornata, Artimanzia. La professoressa
che la insegnava si chiamava Sidera O'Elan ed era una strega
abbastanza giovane, sempre vestita con cura, i capelli scuri raccolti
dietro la testa e decorati da un fiore.
Entrò
in classe con passo deciso e fece un appello sbrigativo, dopodiché
cominciò con un discorso introduttivo. «Artimanzia è
la materia più difficile e al contempo più affascinante
che studierete al Trinity. Si tratta di scoprire la sofisticata
logica dietro il disegno cosmico per leggere tra le righe i messaggi
che vi sono scritti. Per amare questa materia dovete amare le sfide,
essere pronti a rischiare, scommettere sulla vostra intelligenza. Il
mistero! Artimanzia significa scoprire la chiave del mistero
dell'universo».
La
professoressa cominciò a girovagare tra i banchi, mentre gli
occhi brillanti di brama di Edmund la pedinavano per tutta la stanza.
«La domanda ora è perché i maghi abbiamo
cominciato a studiare Artimanzia... il mistero ha un fascino
particolare che ha da sempre intrigato l'uomo. Se non avvertite il
fascino del mistero non potrete mai studiare Artimanzia».
Il
fascino del mistero. Eccome se Edmund lo avvertiva!
Le
parole della professoressa gli riportarono alla mente la faccenda di
Reg: anche quello era un dilemma che non aspettava altro che essere
risolto.
Non
appena la lezione di Artimanzia finì, Edmund si catapultò
in biblioteca, alla ricerca dei registri degli studenti che avevano
frequentato il Trinity: forse avrebbe trovato un ragazzo di nome Reg
che era stato a scuola anni fa. Dopotutto nello scatolone avevano
trovato la sua bacchetta, quindi doveva aver frequentato almeno il
primo anno del Trinity, anche se Mairead era convinto che fosse morto
da ragazzo. Eppure non trovò nulla, nessuno studente con quel
nome o con qualcosa di simile, di cui Reg potesse essere il
diminutivo. Doveva avvertire Mairead.
Il
ragazzo trovò l'amica circondata dai suoi compagni della
squadra di Quidditch. Non ricordava nemmeno i loro nomi, ma era
abbastanza certo che l'altra ragazza si chiamasse Beatrix e che il
ricciolino che si dava tante arie fosse suo fratello Leonard.
Quando
Mairead vide Edmund che si sedeva al suo fianco con la borsa carica
di libri, gli lanciò un'occhiataccia. «Dopo un solo
giorno di scuola sei già passato in biblioteca?» lo
rimproverò, scuotendo la testa.
Edmund
non sembrava minimamente preoccupato del fatto che la sua tracolla
fosse sul punto di scoppiare. «Questi? Oh, dovevo passare a
controllare una cosa e ne ho approfittato per prenderli in prestito»
rispose tranquillamente, versandosi un bicchiere di succo e prendendo
un panino dal vassoio sul tavolo. «Indovina cosa ho scoperto?»
«Che
in biblioteca esistono miracolosamente dei libri che non hai ancora
letto?» gli rispose ironica Mairead.
Edmund
non colse il sarcasmo, troppo concentrato com'era sulla sua scoperta,
o forse, semplicemente, preferì lasciar perdere. «Ho
cercato nei vecchi registri scolastici. Indovina? Nessun ragazzo con
il nome di Reg ha frequentato il Trinity da almeno cinquant'anni»
sentenziò con aria soddisfatta.
Mairead
lo fissò come se un terzo braccio fosse cominciato a
crescergli sulla fronte. «Non ci credo!» fu l'unica cosa
che riuscì a dire, ma Edmund mal interpretò la sua
sorpresa.
«Giuro.
Lo so che è strano, ma è così» sospirò
rassegnato. «La cosa più assurda è che nello
scatolone abbiamo trovato la sua bacchetta, ma lui a scuola non c'è
mai stato. Forse è morto dopo averla comprata a Dublino, prima
di cominciare il Trinity, ma sarebbe una coincidenza davvero
improbabile. No, ci deve essere qualcosa sotto».
«No,
Ed, non hai capito!» lo interruppe Mairead con foga,
gesticolando davanti al naso dell'amico. «L'unica cosa assurda
in tutta questa faccenda è che tu abbia saltato la cena per
startene chiuso in biblioteca a sfogliare pagina per pagina i
registri della scuola!»
«Ma...»
provò a dire il ragazzo.
«Edmund,
smettila. Vuoi farne un'altra setta?» lo rimproverò
Mairead, alludendo alla sua ossessione per voler scoprire il mistero
della setta degli Eletti, l'anno precedente.
Edmund
scosse il capo, ma non si rassegnò. «Andiamo, Mairead!
C'è uno scatolone di ricordi di questo Reg nella tua soffitta:
non voi nemmeno scoprire chi sia?»
«No,
sinceramente ho ben altri problemi per la testa adesso» rispose
la ragazza con ostinazione.
E
non aveva affatto torto.
Ecco
qui il decimo capitolo, il giro di boa, in realtà solo
numericamente, perché con la soluzione del mistero siamo
ancora in alto mare! Spero che vi sia piaciuta la lezione di
Artimanzia. Inoltre, non so se gli unicorni mordano, ma un cavallo
una volta, in montagna, ha morso il braccio di mia mamma! ^^
Qui
c'è l'immagine del capitolo: Laughlin che fronteggia Eibhear
Deamundi (il cui nome si pronuncia Ayven).
Alla
prossima!
@
Julia Weasley: la mia fedele lettrice! Laughlin non ammetterebbe mai
difronte a terzi che vuole bene al suo fratellino, anche perché
è davvero pestifero, ma credo che fosse naturale preoccuparsi
per lui! Anche io penso, comunque, che il meglio per gli elfi
domestici sia di essere trattati bene dalla famiglia che servono,
perché loro sono felicissimi di farlo! Quanto a Eoin, lui è
l'incarnazione dell'onestà, il che è abbastanza strano
per il suo essere nobile Purosangue. Però mi diverto a fare di
lui un atipico difensore di virtù dimenticate! Anche perché,
bene o male, un po' tutti i Maleficium sono piuttosto aperti rispetto
alle altre famiglie nobili. Mia cara lettrice-suppositrice... chi
sarà il misterioso inseguitore? E se ci avessi azzeccato di
nuovo? Eh, lo saprai solo al capitolo 18! XD
A
presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
|
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Capitolo 11 *** La nuova battitrice ***
CAPITOLO
11
La
nuova battitrice
I
problemi che affliggevano Mairead riguardavano il Quidditch: i
gemelli Lucius e Nicolaj Connery avevano concluso i loro studi al
Trinity, lasciando la squadra sprovvista di un battitore e di un
cacciatore di ala. Il nuovo capitano era diventato il terzo fratello
Connery, nonché portiere dei Raloi, Leonard, e sembrava
assolutamente determinato a vincere il campionato scolastico
quell'anno: già dalla prima sera aveva cominciato a tartassare
i suoi giocatori con programmi per gli allenamenti, schemi tattici e
nuove idee per la squadra.
Prima
che arrivasse Edmund con le sue fissazioni per il mistero di Reg,
Leonard aveva già organizzato una mini-riunione. «Ci
mancano due giocatori, due ottimi giocatori» aveva detto. «Ma
non siamo qui per piangerci addosso. Entro un paio di settimane ho
intenzione di fare le selezioni».
Dopodiché
era arrivato Edmund con le sue idee folli di Reg e Mairead si era
persa il resto del discorso del capitano.
«Che
cosa ha detto?» fu costretta a chiedere a Beatrix.
La
ragazza scosse la testa. «Nulla di importante. Qualche parola
sul fatto che ci vuole concentrati e pronti a vincere, che dobbiamo
uguagliare la squadra dell'anno scorso, che avremmo vinto già
allora se il torneo non fosse stato annullato e bla bla».
«Ma
i gemelli che cosa fanno, ora?» chiese Mairead, incuriosita.
«Lucius
è stato preso nelle riserve della squadra giovanile di Kenmare
Kestrels» rispose Beatrix con un gran sorriso.
«Uau,
davvero?» esclamò Mairead ammirata: il posto era
meritatissimo da Lucius.
«E
Nicolaj?» chiese ancora. Non le sembrava possibile che l'altro
gemello, così preciso e ligio al dovere avesse tentato la
carriera sportiva.
«Nicolaj
sta studiando Leggi Magiche, per diventare giudice della Corte della
Magia» rispose Beatrix, e sembrava sul punto di aggiungere
altro, ma Seamus O'Sharey le chiese di passargli l'arrosto, così
fu costretta ad interrompersi.
Mairead
allora si voltò verso Milo Hook, seduto alla sua destra e gli
chiese perché non fosse diventato lui il capitano della
squadra di Quidditch, visto che era il membro più anziano.
Il
ragazzo non rispose subito e per un attimo Mairead temette di essere
stata indelicata. «In realtà Ballerinus me lo aveva
proposto» disse infine Milo. «Ma io ho declinato
l'offerta».
«Come
mai?» domandò curiosa Mairead, che avrebbe fatto di
tutto per diventare capitana della squadra.
Il
ragazzo scosse le spalle e infine sorrise. «Mah, non faceva per
me. Decidere gli allenamenti, fare pressione sui compagni, studiare
per ore gli schemi tattici... a me piace giocare, non mi interessa il
resto» spiegò Milo, bevendo un sorso di succo d'arancia.
«E poi Leonard è molto più portato di me. Forse
quest'anno riusciamo davvero a vincere».
Era
vero, Leonard era un capitano nato. Ancora prima della fine di
settembre aveva già prenotato il campo per scegliere i nuovi
membri della squadra.
Un
uggioso sabato mattina, i giocatori si ritrovarono negli spogliatoi,
pronti per ricominciare con gli allenamenti per il campionato.
«Questo
è l'anno buono, ragazzi» li incitò il capitano.
«Ora andiamo là fuori e estraiamo da quella massa di
incapaci due fuoriclasse degni di questa squadra!»
Mairead
lanciò uno sguardo eloquente a Milo ed entrambi ridacchiarono:
Leonard aveva la stoffa del capitano. Mairead era convinta che con
quello sguardo affascinante, i capelli ricci che ricadevano davanti
agli occhi e quella sua carica naturale l'avrebbero presto portato a
diventare il prossimo Sean Troy.
In
realtà trovare il nuovo Cacciatore non fu poi così
difficile: già nelle prove di volo si era segnalato un ragazzo
biondino del quarto anno, di nome Gordon Weaving, che poi nei tiri
liberi riuscì a fare più punti di tutti gli altri.
Leonard
allora gli si avvicinò soddisfatto e gli disse: «Non te
la sei cavata affatto male, Weaving. Vediamo come sei messo con il
volo in formazione».
La
formazione fu un'impresa piuttosto difficoltosa: se nel volo libero
Weaving era davvero bravo, quando si trattava di volare fianco a
fianco con Mairead, stava troppo staccato e rischiava di perdersi o
rimanere indietro.
«Senti»
gli disse Milo, quando furono di nuovo a terra. «Il ruolo del
Cacciatore di Ala può sembrare inutile, ma non è
affatto così: siamo noi che teniamo unita la formazione, siamo
noi che dobbiamo essere in perfetta sintonia con la nostra punta, noi
che dobbiamo capire al volo ogni suo cenno, chiaro? Senza di noi la
Punta non può fare niente; se noi teniamo male la formazione,
la mischia va al diavolo».
Milo
osservò Weaving di sottecchi, controllando se le sue parole
avevano ottenuto l'effetto desiderato. Il ragazzo annuì.
Alla
fine, anche se non era un gran che nelle mischie, Leonard scelse
proprio Gordon Weaving, perché in tutte le altre prove della
selezione si era rivelato sicuramente il migliore.
Più
problematico invece fu trovare il giusto Battitore: tutti quelli che
si presentavano non erano all'altezza della memoria di Lucius
Connery.
Dopo
un'ora di provini e una ventina di candidati scartati, Leonard
sembrava sul punto di arrendersi, quando una voce femminile esclamò:
«Ci provo io».
La
ragazza che si era fatta avanti era minuta, forse del primo o del
secondo anno: i suoi occhi determinati e beffardi ricordarono a
Mairead la sua stessa entrata in squadra, due anni prima, con il
capitano O'Shalley. Aveva una cascata di capelli rossi sulle spalle e
la pelle talmente pallida da sembrare bianca.
Leonard
rimase un attimo scioccato, ma alla fine si disse che peggio di come
era andata finora non poteva accadere.
«Nome?»
«Era
McKonnit, secondo anno» rispose la ragazzina, senza scomporsi
troppo.
Seamus
O'Sharey, l'altro Battitore, si avvicinò e le lanciò la
sua mazza, che Era afferrò con naturalezza. «Sei sicura
di voler tentare?» le domandò poco dopo, esitante e in
tono leggermente derisorio. «Fare il Battitore non è un
lavoro da femmine.»
La
ragazzina lo fulminò con lo sguardo. Fece roteare la mazza,
mentre con il piede premeva il gancio che teneva bloccato il Bolide
nella sua scatola. Non appena fece scattare la serratura, la palla
schizzò fuori indemoniata e cominciò a correre verso
l'alto, per poi cambiare improvvisamente traiettoria e piombare
nuovamente in basso. La ragazzina si posizionò con calma,
attese che il Bolide arrivasse alla sua portata e poi tirò una
mazzata di quelle capaci di staccare la testa ad una persona. La
palla colpita con quella violenza centrò perfettamente
l'anello centrale del campo da Quidditch.
Nessuno
disse niente.
«Uau»
commentò alla fine Leonard, allibito. «Sei dentro».
Nel
frattempo anche i Nagard dovettero preoccuparsi di fare le selezioni
per i giocatori che mancavano all'appello. Il nuovo Capitano, Mike
O'Malley doveva procurarsi un Battitore e una nuova Punta, visto che
Blake Finnegan, l'eterno avversario di Mairead, aveva finito il suo
corso di studi al Trinity.
Fu
Leonard ad avvisare i suoi compagni di squadra delle nuove entrate
dei Nagard. «Il nuovo Battitore è Mark Hamil, un
energumeno grande e grosso che vi consiglio di non sfidare troppo,
data la dimensione dei suoi bicipiti» annunciò ai
ragazzi.
Ma
quello che premeva di più a Mairead era sapere chi sarebbe
stato il suo avversario. «E la Punta?»
«O'Malley
ha deciso di passare Lucy Patterson al ruolo di Punta e ha inserito
il nuovo Cacciatore di Ala nella formazione, un certo Brandebelli del
secondo anno» comunicò Leonard.
Era
una scelta discutibile, ma aveva anche i suoi vantaggi: forse la
Patterson non era eccellente nel ruolo di Punta, ma almeno era
sufficientemente esperta con le mischie. Alcuni sostenevano che il
meglio fosse far diventare i Cacciatori di Ala delle Punte, piuttosto
che cercare ex novo dei fuoriclasse, altri preferivano trovare un
giocatore che si assumesse in toto il ruolo. Infatti i Llapac
preferirono sostituire Richard O'Connor, la Punta dell'anno scorso
che aveva finito il sesto anno, con un nuovo giocatore, William
Swift.
Questione
di teorie.
L'unica
cosa che rassicurava Mairead era il fatto che conosceva già il
volo di Lucy Patterson e questo l'avrebbe aiutata ad affrontarla in
mischia.
Nel
frattempo si informò attraverso Laughlin su chi fosse quel
Brandebelli.
Quando
glielo chiese a colazione, fu Dominique a rispondere. «Cosimo?
È un mio compagno dello stesso anno» spiegò,
accennando con il capo ad un ragazzetto minuto dall'aria furba che
sedeva qualche posto più in là.
«Che
nome stupido» commentò Laughlin, imburrando con calma
una fetta di pane.
Dominique
scosse la testa. «Suo padre è l'ambasciatore italiano a
Dubh Cliathan» disse in un sussurro, per non farsi sentire dal
diretto interessato.
Mairead
lo osservò a fondo e capì subito che quello era un
avversario da cui era bene guardarsi: sembrava il tipico ragazzo che
ottiene sempre quello che vuole, costi quel che costi.
«Ehi,
quel gufo è per te?» domandò Dominique, indicando
un grosso animale che volava verso di loro.
Mairead
distolse gli occhi da Cosimo per voltarsi verso la direzione indicata
da Dominique. Il gufo atterrò maldestramente sul suo grembo,
appesantito dal pacco che portava legato alla zampa. La ragazza lo
slegò, lasciando libero l'animale di volare verso la guferia
per riprendersi dal viaggio.
«Chi
te lo manda?» si incuriosì Laughlin, allungando il collo
verso il pacco.
Mairead
aprì la busta e riconobbe subito la grafia di Priscilla. In
poche righe diceva di averle spedito un piccolo dono. La ragazza lo
scartò con interesse e vi trovò dentro una piantina con
strane foglie cicciotte, dentro un vaso decorato a fiori. Un
foglietto attaccato alla ceramica recitava “il
vaso l'ho dipinto io, spero che ti piaccia!”
«Che
carina!» proruppe Mairead, intenerita dal pensiero gentile
della sua amica.
«Che
cosa?» si intromise Edmund, appena arrivato dalla sala comune
dei Raloi.
«Priscilla
mi ha mandato questa» spiegò Mairead, mostrando la
piantina al ragazzo.
Non
colse però la smorfia di Edmund perché era tutta
intenta a controllare se la terra non avesse bisogno di acqua. «Corro
a metterla sul mio comodino! Ci vediamo a lezione» esclamò
soddisfatta, dopodiché uscì di corsa dalla Sala Mor.
Quella
stessa notte Mairead sognò parecchie cose strane che non si
ricordava, ma l'unico volto che le rimase nella mente fu quello di un
ragazzino dai capelli rossi e le lentiggini.
In
realtà lo sognò per parecchie notti, ma non sapeva
attribuire un nome a quel faccino sorridente. Eppure era certa di
averlo già visto, di conoscerlo quasi, come se appartenesse a
qualcosa del suo passato. Era una sensazione strana, ma era convinta
che quel ragazzetto avesse qualcosa a che fare con dei segreti che la
riguardavano.
“Chi
sei?” gli urlava nel buio, circondata da quelli che parevano
spettrali alberi di una foresta avvolta nell'oscurità.
Finalmente
una notte lui le rispose. «Tu sai chi sono. Mi hai visto, in
uno scatolone in soffitta».
E
Mairead ricordò: la vecchia foto ingiallita dal tempo. Lo
stesso ragazzino spensierato a cui era stata scattata ora popolava le
sue notti.
Si
svegliò di soprassalto.
Intorno
a lei c'era solo il buio: doveva essere da poco passata la
mezzanotte.
E
un nome le affiorò sulle labbra.
«Reg».
Eccoci
con il capitolo infrasettimanale: un po' di attenzione al caro
vecchio Quidditch irlandese non guasta mai, soprattutto se si tratta
di introdurre personaggi come Era McKonnit! Questa
infatti è l'immagine che la rappresenta nell'atto di centrare
il bolide. Spero che vi piacciano i sogni di Mairead... un po'
inquietanti, ma almeno non egocentrici come quelli di un certo
maghetto con la cicatrice! =)
Piccola
nota sulla storia degli ambasciatori: l'idea mi è nata così...
semplicemente volevo chiamare Cosimo un nuovo personaggio, quindi gli
ho dato delle origini italiane. Dopodiché ho pensato che
poteva benissimo essere il figlio dell'ambasciatore italiano a Dubh
Cliathan. In effetti, con i veloci spostamenti del mondo magico, il
signor Brandebelli potrebbe benissimo vivere in Italia e lavorare a
Dubh Cliathan, ma ritengo che un ambasciatore, oltre a lavorare
fisicamente nel luogo che gli è destinato, dovrebbe in qualche
modo imparare a capire il paese, le tradizioni, insomma, viverci.
Quindi ho deciso che gli ambasciatori vivono nel paese loro
assegnato, evidentemente insieme alla famiglia. Per questo Cosimo,
già che è in Irlanda e deve vivere a contatto con
irlandesi, non avrebbe senso se andasse alla scuola magica italiana
(di Prufazzano, nella futura ff che pubblicherò, scritta
insieme a darllenwr!): tanto valeva fargli frequentare il Tirinity.
Ok, lo so che non ve ne fregava niente, ma mi andava di spiegarvi la
questione! =)
Alla
prossima!
@
Julia Weasley: ahahahah! Davvero proprio tu ti sei chiesta perché
Reg non era tra gli elenchi del Trinity? XD Come vedi, la
corrispondenza continua, e sarà anche molto utile più
avanti. In realtà, il futuro lavorativo di Edmund è
ancora abbastanza nebuloso: avevo qualche ideuzza, ma sto ancora
aspettando che ispirazione mi colga! Per chi sarà questo
misterioso Reg, dovrete aspettare ancora a lungo (più o meno!
XD) perché dal prossimo capitolo entra in scena un nuovo
fattore misterioso! A presto!
@
darllenwr: per i nomi dei fratelli MacPassel ho voluto qualcosa di
religioso, in generale, anche perché, come dici tu la
religione dell'Irlanda del Nord è abbastanza particolare, in
più qui si tratta di maghi. Diciamo comunque che i Nagard non
hanno affatto tendenze inglesofile e Laughlin da questo punto di
vista rappresenta l'eccezione. Quanto all'unicorno, volevo che fosse
un po' diverso dal solito animale che popola le fiabe... insomma, è
pur sempre un cavallo con un corno! XD Comunque, non ti preoccupare
affatto se non riesci a recensire sempre. Anzi, direi che non saresti
tu a doverti scusare, perché in quanto a ritardi è
meglio che io faccia silenzio! =) A presto!
@
Earane: infiniti inchini alla mia correttrice di bozze personale! XD
Come hanno fatto a sfuggirmi quegli errori? Bah, meno male che ci sei
tu! Grazie! Comunque, la tua idea su Reg non è malvagia e poi
non è poi così lontana dalla verità! Brava la
mia investigatrice! Eoin Maleficium è uno dei miei personaggi
preferiti, quindi farà sempre bella figura! Quanto a Mairead,
al momento era troppo presa dal Quidditch, poi va detto a sua
discolpa che la fine peggiore, durante le loro avventure, capita
sempre a lei! Comunque vedrai che alla fine sarà la sua
curiosità a smuovere la situazione. A presto!
@
ScudoDiTiglio: Laughlin vs Deamund è uno dei miei scontri
preferiti! Però mi dispiace deluderti, niente schiopodi
sparacoda: questi sono una prerogativa di Hogwarst! Sono felice,
comunque, che mi dai la conferma di questo atteggiamento bizzarro dei
cavalli... avevo paura che fosse un'idiozia! Anche io avevo sempre
pensato ad Artimanzia come matematica, ma ho cercato di rileggerla
sotto una luce più “magico-filosofica”. Mairead
non era molto preoccupata dal mistero di Reg perché al momento
era troppo presa dal Quidditch. A presto, e vedrai che andrà
tutto bene agli esami!
@
MissyMary: la parte della scommessa mi è venuta così,
scrivendo, in realtà però rileggendola mi ero accorta
che era abbastanza simpatica e ho deciso di lasciarla. Non credo,
comunque, che Edmund potrebbe mai fare qualcosa di veramente stupido,
non di sua spontanea volontà, almeno! Anche io avevo sempre
pensato ad Artimanzia come matematica, ma ho cercato di rileggerla
sotto una luce più “magico-filosofica”. Mi spiace
deluderti, ma Ailionora non sopporta Laughlin perché in un
certo senso è gelosa di lui: lei vorrebbe tanto avere un
titolo nobiliare, mentre le pare che Laughlin “spechi” il
suo stando con i sasanacfiul. Alla prossima!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
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Capitolo 12 *** La scritta sul muro ***
CAPITOLO
12
La
scritta sul muro
Mairead
sognò il piccolo Reg per molte notti ancora, ma alla fine ci
fece quasi l'abitudine. Ogni volta che si coricava, si ritrovava in
una foresta avvolta dal buio in compagnia del ragazzetto dai capelli
rossi. Lui non parlava quasi mai: non faceva altro che guardarla
fissa. Le uniche parole che gli uscivano dalla bocca erano: «Ti
prego, aiutami».
A
volte la sua richiesta d'aiuto si faceva così insistente che
Mairead si svegliava di soprassalto, ancora a notte fonda.
Una
tranquilla mattina di fine ottobre, Mairead e Edmund trovarono
parecchio scompenso al tavolo dei Raloi: molti ragazzi erano
accalcati intorno a Iulius McEwan, un loro compagno di classe, che
aveva appoggiato sul tavolo quella che sembrava la prima pagina del
Corriere del Mago.
«Che
succede, Iulius?» domandò Edmund, cercando di spiare la
notizia principale da sopra le spalle del ragazzo.
Iulius
si voltò verso di lui con una faccia da funerale. «Qualcuno
ha scritto delle minacce su un muro di Doolin» rispose,
allungando la sua copia del giornale verso Edmund.
«Minacce
contro chi?» chiese Mairead, anche se temeva di sapere già
la risposta.
«Contro
i Nati Inglesi» commentò Edmund in tono serio.
Mairead
spiò la prima pagina del Corriere: una grossa foto era stata
scattata al muro imbrattato con la scritta. Gli Extraiures
vogliono la morte dei sasanachfiul.
L'occhio
di Mairead fu attratto da uno specchietto che recitava: “Presto
acciufferemo i responsabili” assicura Ophicurus Claiomh,
Ministro della Difesa e capo della Sezione Auror.
Mairead dubitava fortemente che avrebbero acciuffato presto i
responsabili, visto che chiunque avesse ucciso sua madre era ancora a
piede libero dopo anni.
Ma
ciò che più preoccupava era che quelle stupide minacce
non venivano dall'EIF. «Chi diavolo sono gli Extraiures?»
chiese Mairead, scuotendo la testa ed esprimendo il dubbio di tutti
quelli che avevano letto il giornale. Ma alla sua domanda nessuno
poteva dare una risposta. Era la prima volta che compariva questo
stano nome agli onori della cronaca.
«Credo
che sia un neologismo latino» commentò Edmund in tono
pensieroso.
«Neoloche?»
chiese la voce di Laughlin alle sue spalle. Il Nagard aveva in mano
una fetta di pane imburrato perché evidentemente aveva già
finito la sua colazione.
«Neologismo,
una parola nuova, inventata partendo dalla lingua latina»
spiegò Edmund, come fosse la definizione di un vocabolario.
«Extra, vuol dire fuori e iures è
l'accusativo plurale di ius, diritto. Io lo tradurrei come
“fuorilegge”, anche se sembra un significato un po'
forzato».
Edmund
si interruppe, sovrappensiero. «È come se chiunque
avesse creato questa parola si fosse divertito a mischiare in modo
maccheronico dei termini latini» commentò, più
rivolto a se stesso che ai ragazzi che lo stavano ascoltando.
In
effetti nessuno era riuscito a capire che cosa stesse blaterando
Burke, con le sue elucubrazioni e teorie assurde.
«Potremmo
chiedere al professor Saiminiu!» esclamò Edmund
soddisfatto, alla fine del suo ragionamento.
Dopo
una veloce colazione, i tre amici si recarono al secondo piano per la
lezione di Magicologia Irlandese, tenuta appunto dal professor
Saiminiu. Quando entrarono in classe, il mago era già in piedi
dietro la cattedra, così i tre ragazzi corsero ad occupare gli
ultimi posti rimasti liberi in prima fila.
«Riprendiamo
l'argomento della scorsa settimana» disse il professore, con
aria secca. Sembrava parecchio stizzito, come se fosse successo
qualcosa che gli avesse rovinato la giornata.
«La
magia degli antichi druidi celti, di cui abbiamo parlato ampiamente
la scorsa volta, sopravvive ancora oggi, anche se può sembrare
incredibile» spiegò il professore, dirigendosi verso la
lavagna. Prese il gesso e scrisse un nome in irlandese: Lucht Siuil.
«Questi
sono i cosiddetti nomadi irlandesi. Tra le comunità di Lucht
Siuil, ne esistono anche alcune magiche, che sono molto più
legate alle magie tradizionali di quanto non lo siano i maghi come
noi».
Passò
il resto della lezione a spiegare come le magie degli antichi druidi
fossero sopravvissute in forme di rito nelle comunità magiche
di Lucht Siuil.
Alla
fine dell'ora, Edmund alzò la mano timidamente.
«Sì,
Burke?» gli chiede il professore con poca gentilezza.
«Mi
chiedevo, signore, se potesse spiegare l'etimologia della parola
Extraiures».
Sembrò
che una doccia fredda avesse investito in pieno il professore. Dopo
un paio di secondi in cui il volto di Saiminiu divenne di pietra e i
suoi occhi scuri fissarono il vuoto, finalmente il professore si
degnò di rispondere. «Non sono affatto un gruppo di
pazzi sanguinisti come li descrive il giornale» disse in tono
piatto.
Mairead
avrebbe voluto ribattere a quella affermazione, visto che cosa
avevano scritto sul muro di Doolin, ma sembrava che il professore non
fosse in grado di giudicare in modo oggettivo, come se anche lui
fosse in qualche modo coinvolto in quella storia.
«Gli
Extraiures... sono solo un gruppo studentesco che frequentava
il Trinity qualche anno fa» disse infine il professor Saiminiu,
quasi con un sussurro.
La
classe pendeva dalle sue labbra, ma l'insegnante non aggiunse più
nulla.
«La
lezione è finita» concluse il mago, in tono sbrigativo.
Dopodiché uscì dall'aula a grandi passi.
«Secondo
voi che diavolo aveva?» domandò Edmund in un sussurro,
accennando con il capo alla cattedra. Laughlin sollevò un
sopracciglio e scosse la testa.
«Secondo
me non aveva fatto colazione» commentò, mettendo il
libro di Magicologia Irlandese nella borsa.
Mairead
ignorò completamente l'intervento di Laughlin. «Non lo
so che gli abbia preso...»
«Io
credo che sia in qualche modo coinvolto con questa storia»
annunciò Edmund, interrompendo a sua amica.
«Coinvolto?»
gli fece eco Laughlin, incuriosito.
Edmund
abbassò la voce e osservò gli altri due con serietà.
«Be', è un po' strano Saiminiu: sempre vestito di nero,
non lega molto con i colleghi, nessuno l'ha mai visto sorridere...»
«Questo
non significa che sia un sanguinista, Ed. Tu vedi misteri
dappertutto!» sbottò Laughlin, bloccando sul nascere
qualsiasi teoria astrusa dell'amico.
«Però
una cosa interessante l'ha detta» sussurrò Mairead, in
tono complice. «Che gli Extraiures frequentavano il Trinity
qualche anno fa. Forse Priscilla li conosce».
«Che
c'entra Priscilla?» sbuffò Edmund. Mairead gli lanciò
uno sguardo scioccato, come se fosse ovvio.
«Be',
lei frequentava il Trinity qualche anno fa... potrebbe saperne
qualcosa!» esclamò soddisfatta.
Non
ci fu verso di persuadere Edmund che non c'era nulla di pericoloso in
Priscilla, sebbene Mairead ci provò per tutta la giornata.
Alla fine si arrese e lo lasciò alle sue convinzioni,
ritirandosi in camera per scrivere la lettera da spedire alla sua
amica di penna.
Priscilla
le rispose dopo pochi giorni.
Cara
Mairead,
certo
che so qualcosa degli Extraiures. Era un gruppo studentesco che era
molto in voga nei primi anni in cui ho frequentato il Trinity, poi si
è spento. Comunque erano fanatici del sangue puro e
terrorizzavano la scuola. Avevano anche un covo, una stanza segreta
dove si riunivano. Forse potresti trovarla, non credo che nessuno vi
sia più entrato da anni.
Per
qualsiasi cosa chiedi pure,
con
affetto
Priscilla
Mairead
fece leggere la lettera anche ai suoi amici e ovviamente Edmund fu
subito interessato alla storia del covo, dimenticandosi
improvvisamente di tutti i suoi dubbi, difronte alla prospettiva di
un nuovo mistero da svelare.
«Potremmo
davvero cercare questo covo!» esclamò con gli occhi che
brillavano. «Se lo trovassimo... potremmo scoprire un sacco di
cose su questo gruppo di squilibrati!»
Da
quel giorno cominciò a perlustrare il castello in ogni suo
momento libero, pietra per pietra, stanza per stanza, alla ricerca di
chissà quale indizio.
Mairead
rimpianse di avergli fatto leggere quella lettera perché
Edmund era capace come pochi altri di intestardirsi nella ricerca
della soluzione di questioni misteriose. Perfino Dominique si accorse
che Edmund sembrava strano in quei giorni: mangiava in cinque minuti,
poi si catapultava fuori dalla Sala Mor e spariva per ore intere,
senza che nessuno sapesse che fine faceva.
«Si
può sapere che gli prende a Edmund?» domandò
Domenique, un giorno a pranzo, vedendo che il ragazzo aveva infilato
in borsa una fetta di pane e poi era scomparso. «
Non
me ne parlare» sospirò Laughlin, scuotendo la testa.
Mairead
cercò in tutti i modi di farlo ragionare, ma Edmund era troppo
entusiasta di quella storia per lasciare perdere.
«Ma
sì, vedrai che dopo qualche settimana di inutili ricerche gli
passerà» le suggerì Laughlin, con maggiore
diplomazia.
Per
fortuna arrivò qualcos'altro a distrarre Mairead
dall'ossessione di Edmund: la sera di Halloween Captatio lesse il
risultato dell'estrazione per il calendario di Quidditch. Con grande
sorpresa di tutti, il primo incontro sarebbe stato Nagard-Llapac,
poi, dopo Natale, avrebbe avuto luogo la partita Llapac-Raloi e
infine Raloi-Nagard.
Questo
significava che Mairead avrebbe giocato solo dopo le vacanze: era un
vantaggio perché avrebbero potuto allenarsi più a lungo
e integrare i due nuovi giocatori, Gordon e Era; ma questo
significava anche giocare sapendo già il risultato della prima
partita e ciò poteva condizionarli o metterli sotto pressione.
Ma
la notizia più scioccante la annunciò Leonard alla sua
squadra. «La Allen non giocherà contro i Nagard»
disse ai ragazzi, un giovedì pomeriggio al termine
dell'allenamento.
«Che
cosa?» esclamò Beatrix, scioccata.
Cecelia
Allen era il capitano dei Llapac, nonché uno dei portieri
migliori che la squadra blu avesse mai avuto. Era considerata
all'unanimità dal pubblico maschile la più bella
giocatrice di Quidditch. Era l'unica che sapeva arginare le
disastrose perdite della sua squadra, ma se non avesse giocato, i
Nagard avrebbero sicuramente vinto la partita con un grande
vantaggio.
«È
da giorni che la Allen è in infermeria per un'infezione»
spiegò Leonard. «Non credo proprio che si riprenda in
tempo per giocare sabato».
«
È un disastro!» sbottò
Milo, chiudendo con troppa foga l'anta del suo armadietto. «Date
retta a me, i Nagard stravinceranno e noi dovremo sudare sette
tuniche per recuperare il distacco».
Purtroppo
le parole di Milo si rivelarono quasi profetiche. La partita che si
tenne il sabato successivo, stranamente luminoso e soleggiato per
essere ormai novembre inoltrato, vide in campo un sostituito
assolutamente indegno della Allen e ciò portò i Nagard
a una vittoria schiacciante: trecentonovanta contro sessanta, punti
conquistati soprattutto grazie al nuovo giovane Cacciatore rosso,
Cosimo Brandebelli.
Un
disastro per i Raloi.
Oh,
cielo! Chi sono gli Extraiures?
Che avrà Saiminiu da nascondere? E che c'entra tutto questo
con il resto, Priscilla e Reg? Muhahahaha! Lo so, sono cattivissima!
XD
Comunque,
questa
è l'immagine del capitolo: la pagina del Corriere
che riporta la
notizia sulla scritta sul muro. Mi sono divertita tantissimo a farla
perché ho tagliuzzato il Sole24
e ho fatto un
bel collage. Ergo, non cercate di capire quello che c'è
scritto, perché si tratta di banali notizie di finanza
babbana! ;-)
Alla
prossima!
@
Julia Weasley: no, non userei l'aggettivo “adorabile” per
Era, però sono contenta che ti piaccia! XD Comunque, uno dei
tre ragazzi di Mairead è azzeccato... quale sarà? Eh,
la pianta, dici? Bella ipotesi, piuttosto suggestiva e non così
malaccio come idea! XD Sono contenta comunque che ti piaccia l'idea
degli ambasciatori (temevo commenti negativi!). Spero che i misteri
di questo capitolo ti facciano fare nuove supposizioni, perché
mi diverto un sacco a leggerle! Alla prossima!
@
Voldia: grazie per i complimenti! Lo so che Mark Hamill è
l'attore di Luke, scherzi? Era il mio personaggio preferito da
bambina, avevo una cotta assurda per lui! Così, nel momento in
cui mi sono ritrovata a decidere il nome per questo battitore
(pressoché personaggio secondario, in realtà) ho decido
di fare un tributo alla grande trilogia di Star Wars. Complimenti per
lo spirito d'osservazione! ;-) Per quel che riguarda la scuola
italiana, Prufazzano è un paese magico di nostra invenzione
che si trova proprio nel Sannio, vicino a Benevento e l'edificio è
un enorme chiostro a due piani che al suo centro ospita proprio un
noce! A presto!
@
darllenwr: il Quidditch avrà grande spazio in questo
racconto... spero solo di non diventare noiosa! Però il
prossimo capitolo vede protagonisti proprio i giocatori Llapac, in
particolare la loro capitana (che in tuo onore ha il ruolo di
portiere!) della quale ho anche fatto un disegno. Sono molto felice
che ti piaccia la questione degli ambasciatori: era un modo originale
di far rientrare nella storia anche personaggi stranieri, visto che
l'Irlanda non è propriamente una terra di immigrazione (nel
senso che non ci sono molti immigrati, anche se ci sono parecchi che
emigrano dall'Irlanda!). Grazie anche per i complimenti sul disegno.
A presto!
@
Earane: oh, cielo, grazie! Mi confondo sempre tra cercatori e
cacciatori... non è la prima volta che mi capita di
invertirli, però di solito me ne accorgo! Povero, Ed, è
meglio che non senta affatto i commenti di Mairead su Leonard, chissà
cosa penserebbe! Comunque, i sogni di Mairead sono cominciati proprio
quella notte... in effetti coincidono con l'arrivo della pianta.
Chissà cosa vorrà dire? XD A presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
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Capitolo 13 *** Vittoria strappata ***
CAPITOLO
13
Vittoria
strappata
Laughlin
restò parecchio soddisfatto per la vittoria della sua squadra,
ma evitò di darlo troppo a vedere, visto che Mairead avrebbe
potuto benissimo scagliargli addosso una fattura se solo avesse osato
sorridere.
Al
contrario Edmund non condivise il lutto dei suoi compagni per la
sonora sconfitta dei Llapac, perché aveva ben altro a cui
pensare. Avendo scelto tre materie opzionali invece di due, si
ritrovava con una quantità di lavoro superiore a quella dei
suoi compagni. Per di più, usava ogni suoi minuto libero per
scoprire qualcosa sugli Extraiures,
senza grandi risultati in realtà, visto che non aveva nessun
indizio da cui partire.
Le
vacanze di Natale si avvicinarono rapidamente, ma come al solito per
lui non significavano nulla di più che restare al Trinity da
solo. Ormai rassegnatosi all'idea, fu invece piacevolmente sorpreso
quando scoprì che Mairead non sarebbe tornata a casa da
Reammon.
«Ti
ricordi del signor Coincleach, il direttore del Museo?» gli
spiegò un giorno a pranzo. «Be', ha affidato a papà
la cura di una mostra sui monili germanici altomedioevali che abbiamo
trovato nella Foresta Nera, quindi per tutte le feste è
occupato. Io è meglio che resti a scuola».
Edmund
ebbe il forte presentimento che lei e Laughlin si fossero messi
d'accordo per restare a fargli compagnia un anno ciascuno, ma non
ebbe modo di confermare i suoi sospetti. Comunque fosse andata, era
certamente molto grato ad entrambi.
Laughlin
tornò a casa dai suoi, anche se non era particolarmente felice
di rivedere Bearach.
Il
castello si svuotò, lasciando liberi i pochi studenti rimasti
di girovagare tranquilli per la scuola senza essere disturbati da
nessuno. Edmund e Mairead passarono un Natale sereno, mangiando le
prelibatezze del banchetto e scartando i regali che avevano ricevuto.
Quelle furono le prime feste che Mairead passò lontana da suo
padre, ma l'atmosfera natalizia del castello, accresciuta
dall'abbondante nevicata, contribuì a diminuire la sua
nostalgia di casa.
Terminate
le vacanze, un nuovo pensiero si affacciò nella mente di
Mairead: all'inizio di febbraio si sarebbe svolta la partita contro i
Llapac. Questo significava che gli allenamenti di Quidditch vennero
fissati tre volte alla settimana, sotto ordine preciso di Leonard che
non era intenzionato a lasciarsi sfuggire la vittoria, sebbene il
vantaggio dei Nagard fosse parecchio elevato. Li stordì con lo
studio di nuovi schemi di gioco, li stremò con gli
allenamenti, li incitò con lunghi discorsi, il tutto con
l'obiettivo di creare la miglior squadra possibile.
Ma
nemmeno il duro lavoro di Leonard poté fare nulla contro la
Allen.
La
notte prima della partita Mairead sognò nuovamente Reg, ma
questa volta con una vividezza tale che si svegliò di
soprassalto con la fronte imperlata di sudore. A giudicare dal colore
del cielo doveva mancare qualche ora all'alba, ma l'incubo che aveva
fatto le impedì di riaddormentarsi con tranquillità.
Dopo
essersi rigirata nel letto per l'ennesima volta, decise di alzarsi,
anche se il sole era sorto da poco. Indossò la divisa di
Quidditch e scese in ingresso con la scopa sulle spalle. Spiò
dentro la Sala Mor, chiedendosi se sarebbe riuscita a recuperare
qualcosa da mettere sotto i denti, ma l'immenso salone era avvolto
nel silenzio. Quando fece per tornare sui suoi passi, per poco non
investì un esserino verde che le arrivava alla vita.
«Golly
è dispiaciutissimo, signorina, non voleva fare del male!»
esclamò l'elfo, afferrando le grosse orecchie e tirandole
verso il basso.
«Non
fa niente» rispose Mairead, sorpresa dalla comparsa del piccolo
elfo. Non aveva mai visto nessuno di loro in giro per il Trinity, ma
effettivamente dovevano essere proprio gli elfi domestici a tenere in
ordine il castello, spazzare le aule e preparare la cena.
«Golly
non dovrebbe farsi vedere da nessuno, no, no, ma di solito a
quest'ora non ci sono in giro i signorini» si lamentò
l'elfo, con gli occhioni sgranati in cerca di una scappatoia a quella
che lui riteneva una catastrofe.
«Tranquillo...»
cercò di rincuorarlo Mairead. Poi le venne in mente un'idea.
«Ehi, potresti farmi un favore?»
All'idea
di aiutare qualcuno per rimediare al suo disastro, gli occhi
dell'elfo si illuminarono per l'eccitazione. «Qualsiasi cosa,
qualsiasi cosa!» cantilenò dondolandosi da un piede
all'altro.
«Mi
troveresti qualcosa per colazione?»
L'idea
di Golly di “colazione” era più simile ad un
pranzo di nozze. Condusse Mairead nei sotterranei, dove c'era la
cucina, alla quale si accedeva facendo l'inchino ad un arazzo di
Zaocoonte O'Saoirse, il liberatore dell'Irlanda magica. Gli elfi la
accolsero come se fosse la regina di Spagna (uno dei pochi stati
magici che avesse mantenuto l'antico ordinamento monarchico): le
portarono il latte che aveva chiesto loro in una tazza di ceramica
decorata in oro e le offrirono dieci diversi tipi di torte,
insistendo perché assaggiasse una fetta di tutte.
Dopo
una mezz'ora abbondante e uno stomaco decisamente più pieno di
quanto fosse consentito a un giocatore che si apprestava a disputare
una partita di Quidditch, Mairead riuscì a scappare dalla
cucina, solo dopo aver promesso che sarebbe tornata a gustare altre
loro prelibatezze.
Arrivò
in campo che era comunque relativamente presto, così decise di
salire in sella al suo manico di scopa per volare un po', scacciando
la tensione. Quando si accorse che cominciava ad arrivare gente dal
castello, segno che non doveva mancare molto all'inizio della
partita, tornò in spogliatoio.
«Dove
ti eri cacciata?» le domandò Beatrix, quando la vide
arrivare. «C'era qui la tua roba, ma...» disse,
accennando con il capo alla borsa abbandonata a terra di Mairead.
«Ero
in campo a volare» spiegò la ragazza, alzando le spalle.
Quando
tutta la squadra si fu riunita, Leonard cominciò ad illustrare
gli schemi di gioco. «Tutto chiaro?» domandò alla
fine.
La
squadra bofonchiò qualcosa che doveva essere un segno
d'assenso. «Bene, allora andiamo a vincere!» esclamò
il capitano e a quelle parole i ragazzi si riversarono in campo.
«Accogliamo
con un applauso la squadra dei Raloi: il capitano Connery seguito da
Boenisolius, Hook, il nuovo Cacciatore Weaving, Connery, O'Sharey e
infine la Battitrice McKonnit» annunciò la voce del
professor Ballerinus, mentre un boato partito dalla curva verde
salutava l'entrata in campo dei suoi giocatori.
«Ma
ecco la squadra dei Llapac: la Capitana Allen, seguita dalla nuova
Punta Swift, Moran, Wildem, Judge, Tobin e infine Yates»
esclamò l'insegnante, all'arrivo dei giocatori blu.
«I
capitani si stringano la mano» ordinò mister Timberlen e
Leonard si fece incontro alla Allen, senza tuttavia lasciarsi
incantare dal suo fascino che invece aveva invischiato suo fratello
Lucius l'anno scorso.
Non
appena mister Timberlen lanciò in aria la Pluffa, Mairead si
gettò a capofitto per recuperarla e riuscì a strappala
da sotto il naso a Swift. Senza troppi impedimenti i Cacciatori Raloi
si involarono verso i pali.
«Weaving
compie la sua prima azione nella squadra... ma la Allen para il
tiro!» esclamò Ballerinus.
Cecelia
Allen aveva afferrato la Pluffa senza troppe difficoltà e poi
l'aveva rilanciata a Moran. I Cacciatori Llapac erano piuttosto bravi
nei tiri a lunga distanza, ma ciò faceva sì che fossero
facili prede dei Battitori e Seamus e Era non erano affatto tipi da
risparmiarsi.
«Moran,
Wildem passa al nuovo cacciatore Swift e... ahi, ottimo bolide di
McKonnit»
Swift
fu colpito in pieno stomaco e lasciò cadere la Pluffa,
velocemente recuperata da Gordon che si appiattì sul suo
manico e sfrecciò verso i pali. Ma ancora una volta la Allen
riuscì a parare il tiro. Le sue ottime capacità di
gioco impedivano ai cacciatori avversari di arrivare in vantaggio.
«Llapac
in possesso di palla, Moran passa a Wildem...»
Mairead
intercettò con la coda dell'occhio Milo che le faceva un
segno, che significava tentare la mossa Parkin's Princer. Milo e
Gordon allora si affiancarono a Wildem e cominciarono a stringerlo,
mentre Mairead gli volava incontro ad alta velocità. Wiledm,
riconoscendo la mossa, cercò si sfuggirvi, sterzando e
cambiando velocità, ma alla fine Milo e Gordon si aprirono
giusto in tempo per far passare tra loro Mairead, che riuscì a
strappare la Pluffa dalle mani dell'avversario. Si appiattì
sulla scopa per evitare un bolide di Judge e tirò nell'anello
più basso.
«Allen
para anche questa! Giocatrice spettacolare!»
Mairead
urlò per la frustrazione. Non era possibile giocare contro la
Allen! Mentre la giovane Raloi sfogava la sua rabbia urlando, Swift
segnò il primo punto per la sua squadra.
«Dieci
a zero per i Llapac» annunciò Ballerinus, segnando i
punti sul tabellone alle sue spalle.
Era
allora decise di riportare la situazione a vantaggio dei Raloi,
spedendo Bolidi all'impazzata contro i giocatori avversari. Con le
azioni di distrazione di Era, Gordon riuscì a segnare il primo
anello per i Raloi, portando il punteggio a dieci pari.
«Swift,
Moran, di nuovo Swirt... la McKonnit è un'indemoniata!»
esclamò Ballerinus, divertito dall'esuberanza della giovane
Battitrice che aveva spedito un bolide contro Swift.
Milo
recuperò la Pluffa e fece per passarla a Gordon, ma la Moran
intercettò il passaggio.
«Moran
tira agli anelli, ma Connery para con destrezza. Ora la palla è
in possesso dei Raloi».
Leonard
passò la Pluffa a Milo, che insieme a Mairead risalì il
campo. Solo davanti agli anelli avversari, Milo fece per tirare, ma
improvvisamente si voltò e lanciò la palla a Mairead
che ne approfittò per tirare all'anello centrale.
«E
Boenisolius segna!» esultò Ballerinus, segnando i punti
sul tabellone.
Mairead
lanciò un grido di soddisfazione, mentre la Allen passava la
Pluffa a Wildem. Seamus spedì un Bolide contro il Cacciatore
avversario e nello sterzare per evitare di essere colpito, Wildem
lasciò cadere la palla, velocemente recuperata da Gordon.
«Raloi
in possesso di palla, Weaving si sposta verso i pali... ahi, è
stato colpito!»
Tobin
aveva lanciato un bolide contro Gordon, cosicché la Pluffa
passò nuovamente ai Llapac. Moran e Swift raggiunsero i pali e
Moran tirò all'anello più basso proprio mentre Judge
spediva la palla di ferro contro Leonard. Il portiere Raloi fu
obbligato a scartare di lato per evitare il Bolide, ma questo permise
alla Moran di centrare l'anello.
«Un
altro punto per i Llapac: siamo venti pari» annunciò
Ballerinus.
I
Cacciatori Raloi fecero di tutto per guadagnare altri goal, ma la
Allen riusciva a parare tutti i loro tiri con una destrezza
straordinaria. L'unica speranza era che Beatrix acciuffasse il
Boccino prima che i Llapac riuscissero a rimontare.
Proprio
in quel momento Beatrix notò uno scintillio d'oro all'altezza
dei pali difesi dalla Allen. Controllò che la Yates fosse
sufficientemente lontana, poi si lanciò all'inseguimento del
Boccino. La Cercatrice avversaria notò subito che Beatrix era
schizzata verso gli anelli e poi vide anche lei il brillio, ma ormai
era troppo tardi: per quanto spronasse la sua scopa, la Connery era
in netto vantaggio. Beatrix allungò le mani verso il Boccino e
finalmente le sue dita strinsero il freddo metallo.
«Connery
acciuffa il Boccino d'oro! I Raloi vincono la partita per
centosettanta a venti».
I
giocatori si radunarono a terra.
Avevano
vinto, ma con che fatica! E il punteggio guadagnato era talmente
basso che i Nagard sembravano una meta irraggiungibile con i loro
trecentonovanta punti.
Leonard
aveva l'umore a terra. L'unico sorridente era Milo, che, quando anche
i Llapac scesero dalle loro scope per dirigersi verso gli spogliatoi,
si avvicinò alla capitana avversaria e le disse: «Bella
partita, Allen».
«Grazie
Milo» rispose la ragazza, con un sorriso gentile.
E
poi raggiunse la sua squadra, lasciandosi alle spalle un Milo con
l'aria ebete. Nonostante la vittoria strappata con i denti, Mairead
non riuscì a trattenere un sogghigno.
Ecco
qui il capitolo della settimana: un po' meno misteri e un po' più
di Quidditch, ma non disperate! La suspance non vi abbandonerà
fino agli ultimi capitoli... solo dal sedicesimo cominceremo ad avere
qualche informazione in più!
Come
al solito, qui
abbiamo l'immagine del capitolo: è Cecelia Allen, in tutto il
suo splendore! Da notare anche che ha una Nimbus 2001: mica male la
ragazza! XD
A
presto!
ps.
mi faccio un po' di pubblicità: ultimamente mi sono fissata
con Gellert Grindelwald (vedi il mio avatar, se non fosse esplicito!)
quindi nuntio vobis che
sto progettando una storia in 4 racconti che abbraccia tutta la sua
salita al potere, partendo da dopo la morte di Ariana fino
all'uccisione di Grindelwald da parte di Voldemort. Progetto a lungo
termine, in realtà, ma per chi volesse, presto ci sarà
un assaggio della storia nel racconto “Il Cristallo di
Ghiaccio”, che sarà pubblicato alla fine del contest a
cui partecipa. Grazie a tutti dell'attenzione --- fine dello spazio
pubblicitario! =)
@
Julia Weasley: ebbbrava la mia lettrice-suppositrice, che ha rivelato
il suo lato latinista! I misteri si infittiscono e si contorcono
sempre di più, ma, giuro, sono tutti legati tra di loro! Lo
so, Reg è tenerissimo! Mica per niente voglio scrivere una
storia solo su di lui! ;-) Quanto al misterioso ragazzo... be'
nemmeno io voglio spoilerare, scherzi! Comunque io sono abbastanza
affezionata al Sole24, soprattutto per l'inserto culturale della
domenica; ma anche il resto non è male (le notizie generali,
obviously, non l'economia! O.O). La pianta è magica? Si saprà
nel capitolo 16! XD A presto!
@
chiachi89: carissima, prenditi pure tutto il tempo che ti serve!
Anzi, per me è un onore sapere che, seppur oberata di impegni,
perdi tempo a recensire i miei capitoli! Io, comunque, mi diverto a
far fumare i vostri cervelli, aggiungendo un sacco di indizi che non
fanno che creare altro caos! Tanto i misteri si risolveranno solo
alla fine... ah, tempo proprio che Edmund si perderà Mairead
per parecchio tempo: mi diverto a torturarlo un po' sulle questioni
amorose! ;-) A presto!
@
MissyMary: ah, mi spiace, ma questo capitolo è stato dedicato
soprattutto al Quidditch, ma dal prossimo tornano i misteri,
promesso! Spoiler no, mai! Non posso! u.u Contro la mia etica
professionale! A presto!
@
darllenwr: se l'Irlanda magica fosse un paese di relax, io non avrei
niente da scrivere! =) La lezione del prof Saiminiu mi servirà
più avanti, nel quinto racconto, dove avremmo di nuovo a che
fare con i Lucht Siuil (in realtà introdotti grazie a una tua
vecchia curiosità, per cui ti sono debitrice!). Spero che ti
sia piaciuto il disegno e la rappresentazione della Allen durante la
partita! A presto!
@
Sydelle: grazie, carissima! Prenditi tutto il tempo che vuoi, tanto
la storia non scappa! A presto!
@
Earane: no, non sono affatto incosciente: sono perfida! u.u Scherzi a
parte, continuo ad aggiungere misteri perché in realtà
sono tutti collegati! E poi mi diverto un sacco a leggere le vostre
supposizioni: “Secondo
me gli extraiures non sono cattivi, o almeno non sono nati come
sanguinisti, Saiminiu era uno di loro o vi era strettamente connesso
ed è innervosito perché altri (o un piccolo gruppo di
extraiures ribelli) si sono permessi di usare quel nome per cause
ignobili.” Ti
assicuro che questa è un'interessante teoria! ;-) Brava! Alla
prossima!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
|
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Capitolo 14 *** Incidenti a Doolin ***
CAPITOLO
14
Incidenti
a Doolin
Al
di là delle avventure di Mairead con il Quidditch, la vita al
Trinity trascorreva tranquilla. Era il primo anno che non accadeva
nulla a disturbare la quiete di Mairead, a parte quegli strani incubi
su Reg. Perfino Edmund si era arreso e aveva lasciato perdere l'idea
di trovare il covo segreto degli Extraiures.
Ora
che avevano scoperto il modo di accedere alle cucine anche fuori
dall'orario dei pasti, l'unica pericolosa infrazione delle regole che
compivano era quella di farsi regalare una fetta di torta dagli elfi
domestici. Laughlin era assolutamente entusiasta all'idea di poter
mangiare qualsiasi cosa a qualsiasi ora: per lui era come essere in
paradiso.
Le
lezioni erano sempre più difficili, soprattutto quelle di
Cumhacht, ma almeno erano interessanti. Laughlin adorava Cura delle
Creature Magiche perché durante quell'ora si poteva stare
all'aria aperta e la possibilità di entrare in contatto con
strani esseri o simpatici animaletti magici lo divertiva un mondo. Il
giorno in cui il professor Lynch mostrò alla classe un nido di
Auguery, noto anche come fenice irlandese, Laughlin fu l'unico che si
avvicinò senza timore.
«Sentire
il canto di un Auguery è un presagio di morte!» sussurrò
trepidante Peig Kenneth, quando Laughlin accettò l'invito del
professore di curiosare dentro il nido a forma di goccia.
«È
una stupida superstizione» rispose il ragazzo, senza scomporsi
troppo. «Mio nonno Abharrach
ne aveva uno domestico e lo utilizzava come segnatempo, perché
l'Auguery canta solo quando piove. Però in Irlanda piove
sempre, quindi quello stupido uccellaccio gracchiava tutto il giorno.
E quando finalmente è morto, le sue penne non erano buone
nemmeno per scrivere perché rigettavano l'inchiostro».
«Molto
bene Maleficium, dieci punti ai Nagard» annuì il
professor Lynch e Laughlin fece un sorriso soddisfatto. «Il
vostro compagno vi ha appena illustrato alcune caratteristiche degli
Auguery. Ora, se volete prendere appunti, parleremo un po' di questi
affascinanti uccelli screditati dalla superstizione».
Quando,
terminata la lezione, i ragazzi del terzo anno tornarono al castello
per il pranzo, trovarono parecchio fermento nella Sala Mor.
«Che
succede, Ed?» domandò Mairead all'amico, che nel
frattempo aveva seguito la lezione di Antiche Rune.
Edmund
scosse la testa. «Non lo so, sono appena arrivato anche io»
«Chiediamo
a Dominique» propose allora Laughlin, accennando con il capo al
tavolo dei Nagard.
I
tre amici si diressero verso sinistra e raggiunsero Dominique che
stava parlando animatamente con il suo compagno Brandebelli, quello
che era entrato in squadra come nuovo Cacciatore.
«Che
sta succedendo, Dom?» chiese Laughlin, sedendosi sulla panca a
fianco del suo amico.
Il
ragazzetto aveva uno sguardo preoccupato. Osservò con i suoi
occhioni blu il terzetto, senza avere il coraggio di rispondere, ma
al vedere le sue facce curiose, fu costretto a sussurrare: «Girano
delle voci... sembra che una bambina di Doolin sia stata aggredita da
non si sa cosa»-
«Una
bambina?» gli fece eco Mairead, con apprensione.
«Lasciami
indovinare: è una Nata Inglese.» commentò in tono
amaro Edmund.
Non
ci fu bisogno del segno di assenso di Dominique per confermare i loro
timori.
Mairead
aveva parlato troppo presto: era vero, quell'anno non stava accadendo
nulla di strano a scuola. Gli incidenti avvenivano fuori.
Dopo
pranzo i tre amici si ritirarono in una classe vuota per discutere
con calma della questione.
«Voi
credete che ci siano dietro gli Extraiures?» chiese
subito Mairead, ponendo la domanda che premeva a tutti e tre.
I
ragazzi si scambiarono uno sguardo tetro, come se avessero paura a
dare la risposta.
«Temo
proprio di sì» sussurrò infine Edmund, scuotendo
la testa. Nella piccola aula calò il silenzio.
«Credo
che dovremmo scoprire il loro covo segreto» annunciò
Laughlin dopo un attimo.
«Ma
Laugh...» provò a intromettersi Mairead.
«Dai,
ormai siamo i difensori del castello! Dobbiamo debellare anche questa
minaccia!» esclamò entusiasta il giovane Nagard. Il
prestigio che avrebbe seguito quella nuova impresa lo allettava
particolarmente e inoltre adorava andare all'avventura. Ormai per
loro era una specie di piacevole passatempo.
«C'è
solo un problema» intervenne Edmund, contento che l'amico
condividesse con lui lo stesso entusiasmo riguardo all'idea di
scoprire il covo.
Mairead
e Laughlin si voltarono verso di lui.
«Come
diavolo facciamo a trovare la stanza segreta?»
Quella
domanda restò sospesa nell'aria. Mairead guardò fuori
dalla finestra: una timida primavera si stava affacciando nel cielo
nuvoloso dell'Irlanda, ricoprendo le colline di allegri fiori di
campo. Troppe idee le si affacciarono nella testa: gli Extraiures,
il mistero del piccolo Reg e ora quegli incidenti a Doolin. Che cosa
significava tutto quello? Perché aveva come l'impressione che
fosse tutto collegato da un nodo che non riusciva a raggiungere?
«Dovremmo
avere un mucchio di tempo libero» sospirò sconsolata
Mairead, curiosa anche lei di scoprire il covo degli Extraiures,
come se quella scoperta potesse significare un passo avanti nello
svelamento di tutti quei misteri.
«Già,
e magari pure passare attraverso le pareti per perlustrare tutto il
castello!» ridacchiò Laughlin.
«Che
cosa hai detto?» lo aggredì Edmund, con gli occhi
sgranati.
«Che
dovremmo poter passare attraverso le pareti...» rispose
Laughlin, senza capire l'improvviso entusiasmo dell'amico.
Gli
occhi di Edmund brillavano di furbizia, e finalmente anche Mairead
capì.
«Sir
Percivall!»
Quella
sera, quando la maggior parte degli studenti si fu ritirata nelle
rispettive sale comuni, Mairead, Edmund e Laughlin si rintanarono
nella vecchia aula di Storia della Magia, dove anche l'anno scorso
avevano invocato il fantasma. Ripeterono il rito magico senza troppi
problemi e Sir Percevall comparve sotto i loro occhi.
«Nobil
cavalieri e gentil donzella!» esclamò lo spettro, con un
buffo inchino.
«Che
piacere rivederti, sir Percevall» rispose Laughlin con un
risolino, che il fantasma non riuscì ad afferrare.
«Per
quale cagione mi chiamaste?» chiese allora il mago medioevale,
aleggiando davanti ai suoi giovani amici.
Edmund
si fece serio. «Abbiamo bisogno del tuo aiuto».
«Avete
la mia spada e la mia bacchetta» giurò sir Percevall,
ponendosi la mano destra sul cuore, o meglio sul posto dove avrebbe
dovuto battere l'organo della vita.
E
Edmund gli raccontò tutto.
Il
fantasma accettò di buon grado il compito che i tre giovani
studenti gli avevano affidato e cominciò subito le ricerche.
Tuttavia, nonostante l'entusiasmo iniziale, perlustrare il castello
non era affatto un compito semplice né si rivelò così
veloce come avevano sperato. Sir Percevall non si fece più
vedere per le settimane successive e i ragazzi temettero che si fosse
arreso.
Nel
frattempo si avvicinarono le vacanze di Pasqua e Edmund ebbe ben
altro a cui pensare. Captatio lo convocò nel suo ufficio un
pomeriggio di fine marzo, con l'intenzione di discutere con lui di
alcune questioni importanti.
«Entra
pure» gli disse, quando lo sentì bussare.
Edmund
sospinse leggermente la porta e si ritrovò nello studio del
preside. «Signore?» chiese in tono rispettoso. Ormai
aveva imparato a conoscere fin troppo bene quell'ufficio.
«Siediti,
Edmund».
Il
professore attese che il giovane studente prendesse posto davanti a
lui, poi lo fissò con intensità. Aveva tra le mani un
foglio di pergamena sormontato da un timbro ufficiale. «Il
giorno 8 aprile, alle ore 10.00, la S.V. è attesa al Tribunale
Minorile nel Palazzo della Corte della Magia a Dubh Cliathan per
essere interrogata sulla proposta di adozione da parte di Adolfus
McPride.» lesse il Preside.
Edmund
subì come un colpo allo stomaco. In quegli ultimi mesi
l'agghiacciante prospettiva dell'adozione si era sbiadita, tra la
scuola, le nuove materie e i misteri intorno a Reg e agli Extraiures,
ma quella convocazione lo riportò bruscamente alla realtà.
Captatio lo guardava fisso negli occhi: cosa si aspettava che
dicesse?
«Ti
accompagnerò io, Edmund» lo rincuorò con un
sorriso. Quando capì che il ragazzo non avrebbe commentato la
cosa in nessun modo, lo congedò dal suo studio con amarezza.
Dal
giorno in cui Edmund aveva ricevuto la notizia della convocazione in
Tribunale, si era incupito ed era diventato scontroso e aggressivo
con tutti, tanto che Mairead, dopo l'ennesima litigata, lo mandò
al diavolo e smise di rivolgergli la parola. Lui, dal canto suo, non
aveva voglia di spiegare ai suoi amici cosa fosse successo, perché
riteneva che fosse una storia troppo personale. Non era ancora
abituato all'idea che con gli amici si condivide tutto: credeva che
quello fosse un problema suo e tale sarebbe dovuto restare.
Attese
l'arrivo del famigerato 8 aprile con ansia sempre crescente. La
settimana di vacanze per Pasqua era già cominciata, così
Edmund non ebbe il problema di saltare delle lezioni. Alle nove in
punto si presentò davanti allo studio del professor Captatio,
con indosso l'unico abito da mago che possedeva: la sua divisa dei
Raloi. Il Preside lo accolse con un sorriso incoraggiante, ma nulla
poteva sollevare il morale di Edmund quel giorno.
Il
viaggio fu relativamente tranquillo: una carrozza li venne a prendere
davanti al castello e li condusse fino a Doolin, dove utilizzarono la
metrombino per raggiungere Dubh Cliathan. Il palazzo della Corte
della Magia non si trovava in Cearnog na Stiuradh,
la piazza dove aveva sede il Ministero e il Parlamento, ma in un
enorme viale parallelo a Priomhsrad. Fosse stato un momento più
tranquillo, Edmund si sarebbe goduto la vista dell'immenso palazzo
ottocentesco, ma aveva troppi pensieri per la testa per potersi
perdere via ad ammirare le bellezze architettoniche. Nella sala
d'ingresso c'era un viavai di maghi, alcuni dei quali indossavano una
tonaca nera che ricordava quella dei lord parlamentari inglesi. I
giudici erano riconoscibili dalle monumentali parrucche bianche che
Edmund trovò davvero ridicole.
Gli
uffici dedicati al Tribunale Minorile si trovavano al secondo piano,
così Captatio e Edmund salirono le scalinate di marmo decorate
da ritratti di giudici famosi che parlottavano tra loro. Finalmente
il Preside lo condusse verso la stanza dove si sarebbe tenuta
l'udienza: il ragazzo non vedeva l'ora che quel brutto incubo
finisse. Gli bastava dire che non voleva essere adottato da McPride e
poi sarebbe tornato al Trinity.
L'aula
del tribunale presentava una gradinata dietro la quale erano seduti
una decina di maghi che chiacchieravano tranquillamente tra loro.
Difronte alla gradinata stavano alcuni posti a sedere per chiunque
avesse voluto seguire l'udienza. Con grande spiacere Edmund riconobbe
subito la sagoma di McPride, seduto proprio in prima fila. Al suo
fianco stavano alcuni maghi importanti che dovevano fare parte
dell'entourage del Ministero. Inoltre Edmund riconobbe il mago
giornalista che aveva scritto l'articolo sull'Encomio, l'estate
scorsa.
«Oh,
Burke. Venga pure avanti» esclamò il mago seduto al
centro della tribuna, che doveva essere il giudice più alto in
grado. Aveva una parrucca a torre davvero impressionante e un
monocolo che lo faceva sembrare uscito da un film in costume sul
Seicento.
Edmund
si avvicinò al banco degli imputati come un condannato che va
al patibolo. Gli occhi di tutti i presenti si puntarono su di lui e
improvvisamente Edmund desiderò di essere inghiottito da una
crepa nel pavimento. Il Tiratore Scelto addetto alla sicurezza lo
invitò a sedersi sul balconcino a fianco della gradinata dove
sedevano i giudici. Una donnetta dall'aria innocua stava seduta
proprio sotto la tribuna con una penna e un foglio di pergamena.
Una
giovane maga si alzò dalla prima fila e si avvicinò a
Edmund. Aveva un sorriso gentile e questo, sebbene fosse vestita in
modo rigido e severo, riuscì a tranquillizzare un pochino il
ragazzo.
«Io
sono Jenevier O'Daine e sono un Pubblico Ministero Magico. Ti farò
alcune domande, Edmund, a cui ti prego di rispondere con la massima
sincerità» si presentò la donna.
Edmund
lanciò uno sguardo disperato al pubblico, verso il volto
incoraggiante di Captatio. Dopodiché tornò a guardare
O'Daine e annuì.
«Dichiaro
aperta la seduta numero 141 dell'anno 1994 del Tribunale dei Minori,
presieduta dal giudice Mortimer McFuster, riguardo all'adozione di
Edmund Burke da parte di Adolfus McPride» recitò il mago
dalla grande parrucca.
La
donnina con la penna cominciò a scrivere freneticamente.
Il
PMM O'Daine si avvicinò al banco degli imputati dove sedeva
Edmund. «Tu sei cresciuto in un orfanotrofio Babbano, vero?»
«Sissignora».
«E
non sai chi siano i tuoi genitori?»
«Nossignora».
«E
non ti manca un po', avere una famiglia?»
Questa
volta Edmund non rispose subito. Chissà perché il
sorriso rassicurante di Jenevier O'Daine non gli pareva affatto così
rassicurante ora. Aveva come l'impressione che stesse dalla parte di
McPride.
«Io
ce l'ho una famiglia» rispose con freddezza.
Il
sorriso di O'Daine si gelò. «Come, scusa?» gli
chiese con meno gentilezza. Evidentemente non si aspettava affatto
quella risposta.
«Ho
i miei amici, loro mi vogliono bene. E ho anche il professor
Captatio. Anche lui ci tiene a me» continuò con
sicurezza Edmund. Anche se non osò guardarlo, Edmund era certo
che Captatio si fosse commosso a quelle sue parole.
O'Daine
si concesse un sorriso accondiscendente: era tutto a posto, non aveva
perso qualche informazione fondamentale riguardo alla vita del
giovane Burke. «Quella non è una famiglia, Edmund».
«Io
vorrei solo avere qualcuno che mi ama e mi vuole bene. McPride non
sarà mai in grado di farlo, anche se questo tribunale gli
concederà la patria potestà su di me» rispose il
ragazzo, con decisione.
«Perché
non dovrebbe essere in grado?» sorrise O'Daine, anche se ora il
suo sorriso non pareva così sincero.
Edmund
lanciò un fugace sguardo alla prima fila, dove sedeva McPride.
«Perché è un egoista che pensa solo a se stesso.
Non vorrei mai per nulla al mondo ritrovarmi a casa sua».
Un
brusio sommesso si scatenò nell'aula del tribunale: il piccolo
pubblico, così come i dieci giudici, cominciarono a parlottare
tra loro turbati e allibiti dalle dure parole del ragazzetto.
O'Daine
era scioccata. Abbandonò ogni tattica di gentilezza e si
piantò davanti a Edmund. «Vuoi davvero dirmi che tu
preferiresti vivere in un orfanotrofio deprimente in mezzo a Babbani
grezzi e ignoranti piuttosto che diventare figlio adottivo del
Presidente Repubblica Magica d'Irlanda?»
Edmund
fissò McPride dritto negli occhi.
Lui
sorrideva: sapeva cosa avrebbe risposto il ragazzino, ma il suo
sguardo parlava chiaro. “Ti avrò lo stesso.”
«Sì».
Ecco
qui il new chapter! Vi eravate dimenticati dell'adozione da parte di
McPride? Ebbene, eccola che torna con la sua ombra di mistero! (no,
in realtà non c'è un gran mistero, però mi
piaceva la frase!) Per tranquillizzare gli animi, le risposte di
Edmund hanno gettato un po' di perplessità sui giudici, e
questo rallenterà il processo di adozione. Ma, mi dispiace
dirvi che McPride ha ragione: lo avrà lo stesso!
Se
vi state chiedendo dove sia l'immagine di questo capitolo, la
risposta è semplice: non c'è perché non ero
ispirata! Sorry! ^^
A
presto, Beatrix
@
Julia Weasley: ahahah, sì, direi che Milo è decisamente
escluso! Anche io adoro gli elfi... in realtà qui li ho
inseriti solo perché volevo che il trio conoscesse
l'ubicazione delle cucine, ma almeno in questo racconto non ha nulla
di importante! Sono contenta che la Allen sia venuta bene, perché
volevo che si vedesse che è una bella ragazza. Se vuoi
salvarlo, prego, fai pure! A presto!
@
MissyMary: sorry, ma al momento non sono in vena di trasegressioni!
Qui un po' più di misteri e un po' meno Quidditch, va bene? Mi
dispiace annunciarti però che il prossimo capitolo è
interamente dedicato alla finale! Nuuu... non ti piace Mairead? In
realtà anche io prediligo Edmund e Laughlin, ma Mairead è
tanto carina! *-* Alla prossima!
@
Earane: oh, cielo! Grazie mille delle tue correzioni! Come farei
senza di te? XD Non manca molto al capitolo 16, dai, resisti! A
presto!
@
darllenwr: i Llapac non hanno giocato affatto male la partita, ma
purtroppo era la loro ultima chance con la Allen, perché lei è
all'ultimo anno. Comunque ho deciso di non abbandonare del tutto
questo personaggio, che tornerà nell'ultimo racconto. Non so
se i Llapac vinceranno mai il campionato di Quidditch, ma ho deciso
che il 5 o il 6 anno avranno l'Arpa Celtica. Quanto allo scontro
finale, vi sarà dedicato l'intero capitolo prossimo. A presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
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Capitolo 15 *** Partita di sangue ***
CAPITOLO
15
Partita
di sangue
Lo
scontro decisivo per il campionato scolastico di Quidditch era
fissato per un piovigginoso sabato di fine aprile: Nagard contro
Raloi, la sfida finale.
Come
Leonard continuava gentilmente a ricordare a tutti loro, i Raloi
erano sotto di settanta punti, quindi se volevano vincere non solo la
partita, ma anche la coppa, avrebbero dovuto battere gli avversari
con un margine almeno di ottanta punti. Era un'impresa ai limiti
dell'impossibile.
Gli
allenamenti vennero fissati quattro volte alla settimana, rendendo i
componenti della squadra sempre più nervosi e tesi. Lo scontro
prometteva di rivelarsi parecchio sanguinolento, come testimoniavano
le scaramucce che scoppiavano nei corridoi tra esponenti di case
diverse. Era da anni che la partita finale non vedeva in campo le due
squadre più agguerrite, preannunciandosi epica come non mai.
Il
sabato mattina del famigerato scontro, i Raloi si ritrovarono negli
spogliatoi molto presto. Erano tutti parecchio tesi, perché
sapevano che li aspettava un'impresa da fuoriclasse: prendere il
Boccino solo con ottanta punti di vantaggio. Quelli più sotto
pressione erano i tre Cacciatori, consapevoli che erano gli unici a
poter far vincere la squadra con i loro goal. La Xandom, che faceva
da Portiera ai Nagard, non era mai stata una giocatrice eccezionale,
ma ottanta punti non erano affatto pochi.
Leonard
era eccitato e teso allo stesso tempo. «Allora, ragazzi»
esordì, sfregandosi le mani per darsi la carica. «Questa
è la partita decisiva, ma io so che ce la possiamo fare. E
sapete perché?» Li guardò in volto ad uno ad uno.
«Perché siamo la squadra migliore, santo folletto!»
sbottò, battendo un pugno contro uno degli armadietti di
metallo alle sue spalle. «Andiamo là fuori e facciamogli
vedere chi siamo!»
I
giocatori Raloi esplosero in un boato e carichi di adrenalina si
riversarono in campo.
Dall'altra
parte, sette figure rosse stavano facendo il loro ingresso.
«In
sella alle scope» ordinò loro mister Timberlen.
I
ragazzi salirono in sella ai loro manici e si sollevarono in aria.
«Ecco
che fanno ingresso i giocatori delle due squadre» rimbombò
una voce roca dentro lo stadio.
Non
aveva nulla a che fare con quella calda e rassicurante del professor
Ballerinus. Quella era...
Mairead
si voltò di scatto verso le tribune: era davvero lui, il
professor Cumhacht che sedeva davanti al tabellone pronto a fare la
telecronaca.
«La
squadra dei Nagard vede in campo il nuovo Capitano O'Malley, seguito
dalla Punta Patterson e la new entry tra i Cacciatori: Cosimo
Brandebelli. Poi abbiamo i Battitori MacQuote e Hamil, il Cercatore
Nott e Xandom, la Portiera» presentò Cumacht, con una
cura per i dettagli anche troppo marcata.
«E
questi sono i Raloi: Connery, Hook, Boenisolius, Weaving, McKonnit,
O'Sharey e Connery» aggiunse sbrigativo, mentre i sette
giocatori verdi sfrecciavano per il campo per il saluto iniziale.
«Perché
lui?» domandò Mairead, terminato il giro, indicando
l'insegnante di Trasfigurazione.
Milo
scrollò le spalle. «Ballerinus è due giorni che è
completamente senza voce» rispose tranquillamente: a quanto
pareva per lui non cambiava nulla se era Cumhacht a fare la
telecronaca.
«Ma
tra tutti, perché lui?» piagnucolò Mairead, ma
nessuno si degnò di risponderle perché i capitani
Leonard e Mike O'Malley si erano già stretti la mano e la
partita era pronta per cominciare.
Non
appena mister Timberlen lanciò la Pluffa in aria con un lungo
fischio penetrante, Mairead spronò la sua scopa e si tuffò
a capofitto per recuperare la palla, ma Lucy Patterson, la Punta dei
Nagard, fu più veloce e gliela soffiò da sotto il naso.
La
ragazza filò velocemente verso i pali, ma Era le spedì
contro un Bolide con tale precisione che la Patterson fu costretta a
virare bruscamente, sbagliando il tiro a O'Malley. Gordon intercettò
il passaggio e si diresse agilmente verso il campo dei Nagard, pronto
ad un tiro. In una frazione di secondo gli furono addosso tutti i
giocatori avversari e Gordon, disorientato, mancò l'anello più
basso di parecchi metri.
«Pessimo
tiro del nuovo Cacciatore Raloi, ora la palla è in mano ai
Nagard» commentò Cumhacht con una certa soddisfazione.
Mairead
digrignò i denti e si affrettò a tallonare Brandebelli,
il giovane Cacciatore entrato quell'anno nella squadra dei Nagard.
Non era afftto male a volare, il ragazzino: sembrava cosciente delle
potenzialità sue e della scopa che cavalcava.
«Connery
para il tiro di Brandebelli. La Pluffa passa a Hook, Boenisolius, di
nuovo Hook e... ahi, dovrebbero stare più attenti al gioco i
Raloi!» esclamò Cumhacht quando un Bolide centrò
in pieno Milo. Sembrava che i Nagard fossero tutti concentrati sulla
difesa, più decisi che mai a non permettere agli avversari di
arrivare in vantaggio. Potevano anche perdere questa partita, ma con
un minimo margine di svantaggio avrebbero comunque vinto il
campionato.
«Patterson
si dirige verso i pali... ah, buon tiro della McKonnit. La ragazzina
sa il fatto suo, meno male che c'è lei in squadra, altrimenti
i Raloi sarebbero in seria difficoltà» commentò
sarcastico Cumhacht.
Mairead
si affrettò a recuperare la Pluffa che la Patterson aveva
perso, furiosa con il commento evidentemente di parte del professore.
Gliela avrebbe fatta vedere lei, la seria difficoltà!
Volò
rapidamente verso i pali avversari, scartando e cambiando direzione
continuamente per evitare di essere colpita dai bolidi. Quando
finalmente si trovò sola davanti al Portiere, fece per tirare
all'anello centrale, poi vide con la coda dell'occhio che dietro di
lei stava giungendo Gordon, allora si voltò rapidamente verso
di lui e gli lanciò la Pluffa. Il ragazzo non afferrò
nemmeno la palla: senza rallentare la sua corsa, usò il pugno
per colpire la Pluffa e spedirla direttamente nell'anello davanti a
lui.
«Raloi
segna. Dieci a zero».
«Ah!»
esultò Mairead, alzando il pugno al cielo. Passando, scambiò
il cinque con Gordon e poi entrambi volarono verso il centro campo.
La
partita si fece più movimentata: i Raloi riuscirono a segnare
altri due punti, ma subito dopo Brandebelli fece il primo goal per i
Nagard, cosicché la differenza si ridusse a soli venti punti.
Ancora troppo pochi, ma per fortuna del Boccino per il momento non
c'era traccia.
«Bolide
di Hamil, la Pluffa passa a O'Malley, no, aspettate, Hook intercetta
il passaggio».
Milo
passò la Pluffa a Mairead, poi la ragazza fece per lanciarla a
Gordon, ma un Bolide sbucato dal nulla la mancò per un soffio
e la palla venne deviata. Patterson la afferrò e la passò
a O'Malley, ma mister Timberlen fischiò il passaggio in
avanti. Mairead si strofinò le mani soddisfatta: la prima
mischia della partita. Ora lei e Lucy Patterson si sarebbero
finalmente sfidate ad armi pari.
Le
due squadre si prepararono in fondo al campo, mentre l'arbitro
posizionava la Pluffa nel mezzo. Mairead era così concentrata
all'idea di battere Lucy che si dimenticò che quella era la
prima mischia di Gordon e che il ragazzo non era il massimo nei voli
in formazione.
Quando
mister Timberlen fischiò, Mairead e Milo si lanciarono in
corsa, ma Gordon partì una frazione di secondo dopo e restò
troppo separato dalla sua Punta.
Il
fischio penetrante di mister Timberlen rimbombò nelle orecchie
dei Cacciatori.
Mairead
rallentò la corsa, chiedendosi cosa fosse successo. «Mischia
fallita. Il Cacciatore di Ala destra dei Raloi ha sciolto la
formazione senza un ordine diretto della Punta» spiegò
l'arbitro. «Pluffa ai Nagard».
Mairead
e Milo si voltarono contemporaneamente verso Gordon con uno sguardo
che non ammetteva scuse.
«Grazie
Weaving!» sghignazzò la Patterson, svolazzando verso il
centrocampo per recuperare la Pluffa che le spettava.
«Gordon,
maledizione, vuoi starmi attaccato, o devo legare la tua scopa alla
mia?» sibilò Mairead, tirandogli un pugno alla spalla
mentre gli passava a fianco, frustrata all'idea di aver perso la
mischia.
«Scusa»
farfugliò il ragazzo a disagio.
I
Nagard, in possesso di palla, riuscirono a segnare un altro goal,
cosicché la differenza fu solo di dieci punti.
«Sembra
che i Cercatori abbiano avvistato il Boccino!» esclamò
Cumhacht, eccitato.
Tutto
lo stadio si voltò verso Beatrix e Nott che sfrecciavano verso
uno scintillio in fondo al campo. Mairead trattenne il fato: se
Beatrix non avesse preso il Boccino, avrebbero perso la partita, ma
anche se l'avesse afferrato, non avrebbero comunque vinto il
campionato.
«Bolide!»
chiamò Leonard, disperato.
E
fu un miracolo: Era spedì un Bolide davanti ai due Cercatori e
in quella frazione di secondo il Boccino sparì. La curva verde
esplose in un boato di esultanza.
Il
gioco riprese frenetico più di prima, quasi violento. Cominciò
perfino a piovere, una pioggerellina sottile e fastidiosa. Milo
riuscì a centrare un altro anello, e subito dopo Mairead ne
segnò un altro, ma la possibilità di vittoria era
ancora troppa lontana. Ogni singolo sforzo dei Nagard era concentrato
nell'impedire agli avversari di andare in vantaggio. La loro difesa
era serrata e bloccava qualsiasi schema di gioco dei Raloi.
Ad
un certo punto, pur di fermare Gordon che era sul punto di tirare
agli anelli, MacQuote gli volò incontro e passando davanti
alla sua scopa, usò la mazza da battitore per spezzargli la
punta.
Gordon
inchiodò e cominciò a roteare su se stesso, sbilanciato
dal colpo.
Mister
Timberlen fischiò infuriato. «Che cercavi di fare,
MacQuote?» lo aggredì.
«Mi
scusi, signore, non lo avevo visto» si giustificò il
Battitore dei Nagard.
Mister
Timberlen si avvicinò alla scopa di Weaving, per aggiustare la
punta rotta con un incantesimo. «Per questa partita dovrebbe
andare, ma ti converrà sostituirla con un manico nuovo»
gli consigliò, controllando che potesse reggere per quella
giornata.
Gordon
era furioso con il Battitore avversario, ma non c'era modo di
dimostrare che l'avesse fatto apposta.
Quando
Gordon tirò la punizione, Mairead vide che MacQuote stava
sogghignando soddisfatto.
«Weaving
segna. Cinquanta a venti per i Raloi» commentò Cumahcht
senza troppo entusiasmo.
Leonard
allora chiese tempo e mister Timberlen concesse loro cinque minuti.
«Ragazzi,
i Nagard stanno giocando bene le loro carte, ovvio che puntino tutto
sulla difesa. Per questo voglio che Era e Seamus si impegnino al
massimo per proteggere i nostri cercatori. Non voglio che un solo
Bolide si avvicini a loro, capito?» disse loro Leonard, con
fare concitato.
Era
e Seamus annuirono seri.
«Quanto
a voi...» continuò Leonard rivolto ai Cacciatori. «I
Nagard prevedono ogni nostro schema, vi stanno addosso, ma voi sapete
che dovete fare? Siate imprevedibili, scartate, deviate, cambiate
continuamente direzione; non seguite nessuno schema, giocate
d'istinto, sorprendeteli. Siate creativi e vincenti!»
Le
istruzioni del Capitano sembravano impossibili da seguire: come si
poteva giocare senza schemi, mettere d'accordo tre persone, agire
come se fossero un sol uomo? Per i primi minuti di gioco furono
disorientati, ma i tre Cacciatori Raloi si abituarono presto all'idea
di agire d'istinto. Soprattutto Mairead, che era impulsiva di
carattere, non ebbe troppe difficoltà: schivava, zigzagava,
schizzava per il campo, passava la Pluffa così velocemente che
i battitori Nagard non riuscivano a spedirle contro i loro Bolidi.
«Boenisolius
segna. Sessanta a venti».
Quaranta,
quaranta punti di vantaggio. Erano a metà strada.
«Bolide
di Hamil, Hook perde la Pluffa. Palla ai Nagard, Patterson, O'Malley
passa a Brandebelli, tira e... Connery para» esclamò
risentito Cumhacht.
Leonard
soppesò il tiro per qualche secondo, poi invece di passarla a
Milo che era più vicino, fece un passaggio azzardato a Gordon.
Il ragazzo, così forte nel volo libero, non ebbe difficoltà
a risalire il campo velocemente, fino agli anelli.
«Altro
goal per i Raloi. Settanta a venti».
Il
modo di giocare impulsivo e veloce dei Cacciatori Raloi disorientò
gli avversari, ma i Nagard non avevano intenzione di lasciarli
rimontare e il gioco si fece violento.
Dopo
poco i Cacciatori verdi segnarono altri due goal: finalmente il
punteggio li portava in vantaggio di settanta punti, ad un passo
dalla possibilità di vincere. Subito dopo, però, i
Nagard rimontarono di un anello, con un goal della Patterson.
«Connery
passa a Boenisolius, che s'invola verso i pali. Ah, è stata
colpita da un Bolide!»
La
palla tirata da Hamil l'aveva colpita in piena schiena, mozzandole il
fiato. Mairead lasciò cadere la Pluffa e si piegò sulla
sua scopa, incapace di reagire per il dolore. Sentì Leonard
che sbraitava qualcosa contro i suoi Battitori, a proposito di
difendere i Cacciatori.
«Fatta
male, sasanachfiul?» la schernì la Patterson. Mairead
agì d'istinto, senza pensare alle conseguenze: le volò
addosso e le tirò un pugno allo stomaco.
Un
altro fischio di mister Timberlend interruppe nuovamente il gioco.
«Boenisolius, che diavolo pensavi di fare? Questa non è
boxe! Punizione per i Nagard!» sbraitò l'uomo infuriato.
La
Patterson recuperò la Pluffa e riuscì a centrare uno
degli anelli.
«Novanta
a quaranta. La possibilità di vincere il campionato si
affievolisce ogni secondo di più per i Raloi se continuano a
giocare sporco» commentò divertito Cumhacht.
Mairead
ci vedeva rosso. Le battutine sarcastiche di Cumacht, la strenua
difesa dei Nagard, l'irraggiungibile meta degli ottanta punti di
vantaggio e il fastidio della pioggia la stavano facendo andare su di
giri, ma lo sfogo contro la Punta avversaria le era costato troppo
caro.
«Hook
in possesso di palla, passa a Weaving, di nuovo Hook... si prepara a
tirare, oh!»
«Fallo!»
gridarono dalla curva verde con foga. MacQuote aveva colpito Milo
allo sterno con la sua mazza. Questa volta non poteva fingere di
essersi sbagliato.
«Punizione
per i Raloi!» gridò l'arbitro, esasperato.
Milo
riuscì a centrare l'anello più basso portando il
punteggio a cento contro quaranta: sessanta punti di vantaggio.
Per
vendicare il fallo fatto a Milo, Seamus spedì un Bolide contro
la Xandom, mentre Gordon si stava avvicinando per tirare, ma mister
Timberlen fischiò di nuovo.
«Voglio
qui tutti i giocatori, subito!» sbraitò l'uomo. I
componenti delle due squadre si radunarono intorno all'arbitro.
«O'Sharey, non si può aggredire il Portiere se il
Cacciatore non è ancora arrivato nell'area di punteggio! È
un fallo. E, giuro, se ne vedo anche solo un altro, interrompo la
partita e dichiaro il campionato nullo!»
A
quella minaccia tutti i giocatori ammutolirono: non si poteva
annullare il Quidditch!
Tuttavia,
al vedere la faccia di mister Timberlen, nessuno dubitò delle
sue parole, che ebbero l'effetto di acquietare gli animi.
O'Malley
tirò la punizione, ma Leonard riuscì a parare il colpo.
Il gioco riprese veloce e frenetico, ma almeno più pulito.
Gordon
riuscì a segnare di nuovo, cosicché lo stacco era di
settanta punti. C'erano quasi!
«Passaggio
in avanti di O'Malley, l'arbitro fischia la seconda mischia della
partita!» annunciò Cumhacht.
I
Cacciatori cominciavano ad essere stremati, ma questa volta Mairead
era determinata a vincere.
«Gordon».
Non
ci fu bisogno di aggiungere altre parole: bastò lo sguardo che
Mairead gli riservò. Il ragazzo annuì, ma si vedeva che
era agitato. Non poteva permettersi di sbagliare un'altra mischia.
L'adrenalina
in campo era quasi palpabile: tutto lo stadio aveva il fiato sospeso.
Mister
Timberlen fischiò e le due formazioni si lanciarono in corsa.
Ma
Gordon faticava a stare dietro a Mairead, quindi la ragazza non
riuscì a spingere al massimo la sua corsa: Patterson sarebbe
arrivata prima alla Pluffa, di sicuro. Il ghigno soddisfatto sul
volto di Lucy Patterson confermò i timori di Mairead: i Nagard
erano più veloci.
«Desistere!»
gridò Mairead ai suoi compagni. La formazione si sciolse
proprio mentre la Punta avversaria afferrava la Pluffa.
«I
Cercatori hanno avvistato il Boccino!» esclamò
entusiasta Cumhacht.
Mairead
e con lei tutto lo stadio, si voltarono a guardare i due Cercatori
che si stavano buttando a capofitto verso uno scintillio vicino ai
pali dei Raloi. Il gioco si cristallizzò per un attimo, tutti
sospesi a guardare l'eccitante testa a testa.
Ma
era ancora troppo presto! I Raloi erano in vantaggio di soli settanta
punti che non erano sufficienti per vincere il campionato.
«Mairead!»
la richiamò Gordon, indicando la Patterson, ancora immobile
con la Pluffa in mano.
Sì,
c'era tempo per un'ultima azione! Se avessero segnato prima che
Beatrix fosse riuscita a prendere il Boccino d'Oro, avrebbero vinto!
Con
un cenno d'intesa, i due Cacciatori si buttarono a capofitto verso la
punta dei Nagard. Lucy fu colta alla sprovvista e tentò un
maldestro passaggio a Brandebelli, che Gordon riuscì ad
intercettare.
«Bolide!»
strillò Mairead, in avvertimento al suo compagno. Hamil aveva
notato il tentativo disperato di rimonta dei due Cacciatori avversari
e aveva spedito la palla di ferro contro Gordon. Il ragazzo riuscì
appena in tempo a passare la Pluffa a Mairead, poi fu colpito in
piena faccia dal Bolide.
Mairead
afferrò la Pluffa e corse verso i pali. Non sapeva cosa stesse
accadendo alle sue spalle, a che punto fossero i Cercatori e se
Beatrix fosse in testa rispetto a Nott. Sapeva solo che quella era la
sua ultima possibilità.
E
tirò.
Il
fischio di fine partita arrivò nel medesimo istante in cui la
Pluffa oltrepassò l'anello più a destra.
Aveva
fatto centro!
«Connery
conquista il Boccino d'Oro. I Raloi vincono la partita»
annunciò Cumhacht.
Il
tabellone alle sue spalle segnava un punteggio di 270 – 40.
Questo significava che sommati ai punti delle precedenti giocate, i
Raloi arrivavano a quattrocentoquaranta, contro i quattrocentotrenta
dei Nagard.
Avevano
vinto il campionato!
Mairead
gridò con quanto fiato aveva in gola. Avevano vinto! A furia
di urlare si svuotò i polmoni. Prese a fare un giro del campo
a velocità folle, con un pugno sollevato i aria, mentre i
Raloi esplodevano in un boato. I suoi compagni le furono addosso, si
abbracciarono, si strinsero in una accozzaglia indistinta.
«Abbiamo
vinto! Abbiamo vinto!» strillò Beatrix, ancora con il
Boccino d'Oro stretto in pugno.
Gordon,
che era stato eroicamente colpito dall'ultimo Bolide della partita,
si teneva una mano davanti alla faccia, per riparare il naso
sanguinante, probabilmente rotto. Tuttavia non si curò del
dolore, troppo preso dai festeggiamenti.
La
squadra scese a terra in un tripudio di gioia. Tutti i Raloi si erano
riversati in campo per acclamare i propri giocatori, mentre partivano
inni e cori di giubilo. Dal cielo cominciarono a piovere coriandoli
colorati, per effetto di qualche incantesimo lanciato da chissà
chi. Mairead abbracciò e strinse le mani di persone a cui non
aveva mai rivolto la parola in vita sua. Era troppo stordita
dall'emozione e non capiva più niente.
Un
Captatio sorridente consegnò la Coppa del Campionato a
Leonard, che, esultante, la sollevò verso il cielo e poi la
passò di mano in mano a tutti i componenti della squadra.
Quando
finalmente Mairead sentì il freddo metallo della coppa tra le
sue mani, una gioia selvaggia le esplose nel petto. I suoi occhi si
incrociarono con quelli azzurri di un ragazzetto che se ne stava in
disparte.
Lui
le sorrise.
Avevano
vinto.
Ecce
homo... o meglio, ecce victoria! Mi dispiace per chi non ama molto il
Quidditch, ma una finale del genere era d'obbligo. Spero che abbiate
apprezzato anche il momento di gloria del professor Cumhacht, che era
un po' sparito in questo racconto, poverino! Questa
è l'immagine del capitolo: i Raloi in formazione, ovviamente
Mairead al centro, alla sua destra Gordon Weaving e alla sua sinistra
Milo Hook.
Grazie
a tutti, a presto!
@
Julia Weasley: eh, lo so che l'adozione era passata in secondo
piano... ma non potevo dimenticarla pure io! Anche a me gasa un sacco
l'atteggiamento di Ed all'udienza! Wooow! Il bel garbuglio si
sgarbuglierà tutto, promesso... ma solo nel capitolo 19!
Laughlin è spassosissimo con quella sua superiorità
quasi innocente! Sì, alla fine sir Percevall troverà
qualcosa, ma questo lo saprai nel prossimo capitolo! Alla prossima!
@
MissyMary: ok, non crucciarmi adesso! Mi dispiace, ma dovevo fare un
capitolo sulla finale di Quidditch! Mi perdoni? I prossimi sono tutti
incentrati sul mistero, promesso! Il nome di sir Percevall è
quello del cavaliere della tavola rotonda, ma in realtà sono
solo omonimi... non avevo propriamente pensato a quel personaggio
quando l'ho creato. Sono contenta che ti spia piaciuta l'udienza! Ed
ha dato il meglio di sé in questa occasione! Alla prossima!
@
darllenwr: in realtà non credo che ambienterò mai nulla
direttamente a Doolin, però già alla fine di questo
racconto i ragazzi usciranno dal territorio della scuola e poi ancora
nel 5° e nel 6° li catapulterò persino fuori
dall'Irlanda (Petra, Toscana, Roma di sicuro e forse anche in altri
luoghi). Laughlin ormai si è affezionato al suo ruolo di eroe,
soprattutto per il prestigio a questo collegato: ho cercato di dare
delle motivazioni diverse ai tre ragazzi nella ricerca del mistero e
Laughlin è interessato all'onore del ruolo (dopotutto è
un Nagard!). Infine, sono felice che ti sia piaciuta l'udienza. Alla
prossima!
@
Sydelle: sono contenta che sir Percivall abbia riscosso successo!
Tornerà anche nel prossimo capitolo. Sì, Priscilla è
un personaggio importante, ma non ti posso dire il perché! ;-)
A presto!
@
Earane:oh, cielo! Non mi piacciono le tue minacce... mi fai paura!
Spero anche io che il capitolo 16 ti piaccia, ma non si scopre tutto
tutto... insomma, si iniziano a delineare dei nuovi elementi ma la
scoperta di tutto solo nel capitolo 19! Mairead ha ripreso il suo
vigore, vedrai che non avrà più dubbi in futuro! Quanto
al mistero dell'adozione, questo te lo posso anche svelare:
l'affidamento in quanto tale avverrà per vie legali, ma poi al
neo-padre McPride toccherà tentare di conquistare la fiducia
del suo giovane pupillo. Ci riuscirà? E come? ...le risposte
le avrai nel 5 racconto! A presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
|
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Capitolo 16 *** Il covo ***
CAPITOLO
16
Il
covo
L'euforia
per la vittoria della coppa di Quidditch fece passare a Mairead le
due settimane successive come se vivesse in un paradiso di
beatitudine, tanto che le fece quasi dimenticare tutti i problemi
riguardo agli Extraiures o agli incidenti a Doolin. La scuola
stava velocemente volgendo al termine e la prospettiva delle vacanze
estive cominciava a delinearsi concretamente nell'orizzonte degli
studenti. Sembrava proprio che quell'anno si sarebbe concluso
felicemente, con il ricordo della vittoria a Quidditch nel cuore.
Mairead
non sapeva quanto si stesse sbagliando.
Sir
Percevall venne a trovarli una sera di fine maggio, mentre si stavano
recando alla Sala Mor per la cena, con un'ottima notizia per loro:
aveva finalmente trovato il covo degli Extraiures.
«Fantastico!»
esultò Edmund. «Facci strada!»
«Ma...
e la cena?» balbettò Laughlin, facendo cenni espliciti
verso la Sala Mor.
Edmund
nemmeno gli rispose, Mairead si limitò ad un sbrigativo
“dopo”. Poi si affrettarono a seguire sir Perceval su per
le scale, mentre Laughlin se ne restava immobile con gli occhi
rivolti verso la schiena dei suoi amici e il corpo proteso verso la
Sala Mor. Solo dopo parecchi secondi si arrese a seguirli.
Il
fantasma li condusse alla torre di Astronomia, ma non salì
fino all'aula sottotetto dove si tenevano le lezioni: si fermò
a metà della scala a chiocciola e attraversò la parete,
dimenticandosi che i suoi ospiti umani non avrebbero potuto seguirlo.
Mairead
ridacchiò e appoggiò una mano sul muro che aveva appena
risucchiato sir Percevall. «E ora?» domandò,
voltandosi verso Edmund.
Proprio
in quel momento riapparve il fantasma, resosi conto che non poteva
essere seguito nella stanza. «Giovenil segnori, io non so come
voi possiate intrare nella secreta stanza» sospirò sir
Percevall.
Edmund
si fece avanti per ispezionare la parete, oltre alla quale doveva
trovarsi il covo. Forse era una stanza segreta come quella dove
l'anno scorso era stato rinchiuso il dottor Cox. Solo che ora si
trovavano in una torre, a metà di una scala a chiocciola, dove
non c'era modo di scoprire il meccanismo che regolasse l'entrata.
Edmund cominciò a controllare ogni singolo mattone, ma senza
grandi risultati: questa volta non c'era nessun enigma da risolvere,
nessuna strategia da seguire. Ci avrebbero messo una vita a trovare
la chiave.
«E
adesso? Facevamo meglio ad andare a cena» brontolò
Laughlin, salendo qualche scalino.
«Ehi,
torna indietro!» gli ordinò Edmund.
Laughlin
sembrò stupito. «Indietro intendi a cena?»
«No,
qualche passo, sugli scalini» rispose eccitato Edmund.
Nel
silenzio generale, Laughlin fece un paio di passi indietro. Dopodiché
si guardò intorno, come aspettandosi che succedesse qualcosa.
«Ed,
che...?» domandò Mairead, ma Edmund la zittì
alzando un braccio.
Ripercorse
lentamente i pochi gradini che aveva appena fatto Laughlin,
fermandosi in particolare su uno. «Scricchiola» annunciò
dopo un'attenta analisi.
Laughlin
e Mairead si scambiarono un'occhiata perplessa. «Tutto qui?»
commentò il Nagard, in tono piatto.
Edmund
non gli diede retta e cominciò ad ispezionare il gradino
scricchiolante. Battendo il pungo sulle assi di legno, notò
che c'era un punto dove suonava come fosse vuoto. Forse sotto c'era
qualcosa di interessate o forse era solo un buco nell'acqua, però...
Edmund
estrasse la bacchetta dalla tasca e sussurrò: «Evanesco».
L'asse
di legno sparì, rivelando un piccolo vano, sul cui fondo uno
strano luccichio segnava la presenza di qualcosa di metallico. Il
ragazzo infilò la mano nel buco, estraendo quella che sembrava
essere una vecchia chiave d'ottone. Nel momento stesso in cui la
riportò alla luce, comparve una nuova asse di legno a
ricoprire il vano nascosto e sulla parete al loro fianco si disegnò
una toppa.
«E
bravo il nostro Edmund!» esclamò Laughlin, battendogli
una mano sulla spalla.
Mairead
prese la chiave e la infilò nel buco: un paio di scatti e si
disegnò una porta nel muro, altri due e la porta appena
comparsa si aprì su una piccola saletta circolare.
Non
appena i tre amici misero piede nel covo, capirono che quel luogo
doveva essere stato abbandonato da tempo: uno strato di polvere
ricopriva ogni cosa, il disordine regnava sovrano e delle grosse
ragnatele ornavano le travi del soffitto.
Eppure
c'erano alcune impronte di scarpe molto recenti, sulla polvere del
pavimento. «Qualcuno è già stato qui»
osservò Edmund, indicando le tracce lasciate dal visitatore.
Sulla
destra si apriva un'enorme bifora che partiva dal pavimento fino al
soffitto, davanti alla quale erano state sistemate due amache, una
sopra e una sotto come in un letto a castello. Alla scritta
Extraiures, fatta con quelli che sembravano rametti secchi di
quercia, mancavano un paio di lettere che penzolavano dal muro in
modo piuttosto sinistro. Gli scaffali semicircolari che si trovavano
difronte a loro erano stati messi in disordine: libri e volumi
stavano sparsi per terra, con pagine strappate e copertine graffiate.
A sinistra, dalla parte opposta della finestra, c'era un tavolino con
adagiata sopra una scacchiera, i cui pezzi erano rotolati sul
pavimento, alcuni rotti e scheggiati. Sopra il tavolo, attaccati alla
parete, c'erano alcuni poster, quello che sembrava uno stemma di una
famiglia nobile e una bandiera della Repubblica Magica.
«Accidenti,
che caos» commentò Laughlin. Lui, certo, avrebbe dovuto
tacere, visto lo stato pietoso in cui versava la sua camera, ma
effettivamente quel posto era parecchio caotico e disordinato.
Mairead
si avvicinò ad alcuni libri sparsi a terra e li raccolse per
leggerne i titoli: Eventi storici rilevanti del periodo celtico
preromanico e Le
imprese magiche irlandesi degne di nota del XVII secolo.
Conosceva solo due categorie di persone che avrebbero apprezzato quel
genere di libri: una era rappresentata dai fanatici del sangue puro
celta, l'altra da suo padre.
«Questa
devastazione non è solo opera del tempo» esclamò
ad un certo punto Edmund.
I
suoi amici e sir Percevall si voltarono verso di lui, incuriositi dal
tono sicuro con cui aveva pronunciato quella frase sibillina.
Edmund
sventolò qualcosa che aveva trovato in terra. «Il tempo
non brucia le fotografie» spiegò, mostrando loro
l'immagine.
Un
lato della foto era annerito, come se parte di essa fosse stata
bruciata. Nel pezzo sopravvissuto, stava schiacciato contro il bordo,
forse per paura di fare la stessa fine del resto della foto, un
ragazzo con la divisa dei Nagard mezza abbrustolita. Aveva i capelli
neri tagliati sotto le orecchie, il naso adunco e un paio di occhiali
scuri.
«Non
vi ricorda qualcuno?» domandò Laughlin, strizzando gli
occhi per osservare meglio il giovanotto.
«In
effetti sì» rispose Mairead in un sussurro. Era come se
lo conoscessero, ma non riuscissero a ricordare chi fosse. Avevano
l'impressione di averlo già visto da qualche parte, ma non
sapevano dire dove.
Nel
frattempo Edmund cominciò ad analizzare i poster attaccati
alla parete: c'era un uomo con due grossi baffoni che, a giudicare
dall'abbigliamento, sembrava essere appartenuto al Seicento, la foto
di alcuni maghi di epoca romana, con le loro toghe color porpora, e
infine l'immagine di un gruppo neolitico che ricordava vagamente
Stonehenge. Il blasone di famiglia era uno stemma rosso con una croce
gialla e sotto recava il motto, ”Faoi sciath na Firinne”.
«Sotto
lo scudo della Verità» tradusse Edmund, sfiorando lo
stemma con la punta delle dita.
«Ehi!»
strillò Mairead.
Edmund
si voltò di scatto e per poco non fu colpito in testa da un
oggetto volante non meglio identificato. Il gemello di tale oggetto
si trovava in una vecchia scatola di scarpe tra le mani di Mairead:
era una scarpa strappata e rattoppata, con due alette mogie attaccate
al tallone. L'altro calzare svolazzava per la stanza, compiendo
parecchi giri su se stesso, forse perché una delle due ali era
mezza rotta e sbatteva freneticamente senza riuscire a tenersi in
equilibrio.
«Che
diavolo sarebbero?» domandò Edmund, osservando il volo
sgraziato della calzatura malandata, mentre Mairead cominciava a
ridere come una scema. «Accio scarpa» ordinò
mollemente Edmund. Dopodiché ripose lo strano oggetto nella
sua scatola impolverata e richiuse il coperchio.
«Ehi,
guardate qui» li richiamò Laughlin, accennando a
qualcosa appeso alla parete. Gli altri si avvicinarono incuriositi:
non avevano notato prima la grossa pergamena perché si trovava
esattamente a fianco della porta. Delle linee tracciate con
inchiostro scuro, delimitavano quelle che sembravano muri e pareti di
un edificio.
«Questa
è una mappa del Trinity!» esclamò Edmund
estasiato. Anche lui l'anno scorso aveva fatto qualcosa di simile, ma
la precisione di quella piantina non era minimamente paragonabile
alla sua. Inoltre vi erano segnati anche un'infinità di luoghi
che nessuno di loro sapeva esistessero a scuola: passaggi segreti tra
diverse zone, stanze nascoste come quella in cui si trovavano in quel
momento, le cucine degli elfi domestici, trucchetti per far aprire
porte di solito sigillate.
«Guardate,
la stanza segreta dell'aula degli scacchi!» esclamò
Laughlin, indicando un punto sulla mappa. A fianco erano scritte le
istruzioni per farla comparire: “regina nera in E7”. Ma
gli occhi di Edmund erano stati rapiti da un altro passaggio che
partiva da sotto il ponte, sulla terraferma, e sembrava portare fuori
dal territorio della scuola: doveva essere un cunicolo per uscire
segretamente dal Trinity.
Tutta
una serie di teorie si affacciarono nel panorama mentale di Edmund.
Rimase in silenzio per qualche secondo a meditare, poi decise di
parlarne con i suoi amici. «Credete che questi Extraiures
fossero dei fanatici del sangue puro?» domandò in tono
serio.
«Hanno
una bandiera dell'Irlanda attaccata alla parete» rispose
Laughlin, come se la cosa fosse lapalissiana.
«E
libri di storia dell'Irlanda» aggiunse Mairead.
«E
lo blasone di nobil famiglia» concluse sir Percevall.
«Perché
ce lo chiedi, Ed?» domandò Mairead, osservando lo
sguardo pensieroso dell'amico.
«Non
so...» rispose Edmund scuotendo le spalle. «Ho come
l'impressione che questi Extraiures fossero un gruppo di
studenti sanguinisti degli anni passati e che qualcuno stia cercando
di farli rivivere, qualcuno che ha scoperto questo covo prima di noi,
e che ha utilizzato il passaggio segreto disegnato su quella mappa
per uscire dal territorio del Trinity e arrivare a Doolin per
scrivere quelle minacce sul muro e aggredire la bambina di origini
inglesi».
Mairead
e Laughlin si scambiarono un'occhiata eloquente. Chissà perché
nessuno dei due aveva affatto problemi a indovinare di chi si
trattasse.
«Magari,
qualcuno che l'anno scorso è rimasto a bocca asciutta con la
storia della setta» concluse Mairead in tono amaro.
Quella
stessa sera Mairead scese in sala comune con la pianta che le aveva
regalato Priscilla, perché aveva come l'impressione che stesse
appassendo e voleva farla vedere alla professoressa Blath.
Sebbene
fosse ormai fine maggio, c'erano parecchi ragazzi che erano
indaffarati con lo studio. Milo Hook, che doveva dare la
D.I.M.I.S.S.I.O, se ne stava chino sui libri con la testa tra le
mani. Quelli del sesto anno restavano a scuola un paio di settimane
di più degli altri studenti per poter dare gli esami con più
calma, alla fine di giugno. Mairead osservò il suo compagno di
squadra, pensando che l'euforia per aver vinto la coppa di Quidditch
per lui doveva ormai appartenere il passato: ora c'erano solo gli
esami a cui pensare. Presto o tardi sarebbe toccato anche a lei.
Edmund
era sprofondato in una poltroncina davanti al camino spento, con un
libro sulle ginocchia.
Mairead
gli si avvicinò, appoggiando la sua pianta sul tavolo alle
loro spalle. «Che leggi?» gli chiese, accoccolandosi a
terra ai suoi piedi.
Quella
domanda in realtà non ebbe mai risposta, perché Iulius
McEwan, un loro compagno dello stesso anno, esclamò: «Ehi,
di chi è questa pianta?»
«Mia,
perché?» rispose Mairead, alzandosi da terra.
Iulius
si avvicinò per osservarla meglio, sfiorando leggermente le
sue foglie. «Questo è il tentacolo di Morfeo»
spiegò il ragazzo, annuendo come per sottolineare la propria
affermazione. «Non la terrai sul comodino, vero?»
«Ehm...
sì» rispose Mairead, scuotendo la testa senza capire
dove volesse andare a parare Iulius.
Il
ragazzo sollevò le sopracciglia in un'espressione di sorpresa.
Edmund
mise da parte il libro che stava leggendo e si intromise nella
conversazione. «Che cos'ha che non va?» chiese
incuriosito.
Iulius
sorrise come se fosse una cosa davvero banale. «Non ha niente
che non va, è solo che il tentacolo di Morfeo, se tenuto
vicino al letto, causa degli incubi. Ti mette i suoi tentacoli
intorno alla testa e ti induce a sognare cose che ti spaventano o tue
ossessioni».
Quell'informazione
causò un attimo di scompenso in Edmund e Mairead: nessuno dei
due sapeva come commentare la scioccante notizia.
Ecco
perché Mairead continuava a sognare Reg, quasi tutte le notti,
che le chiedeva aiuto, che la ossessionava, la assaliva nella mente.
Quello che non aveva senso era il fatto che fosse stata Priscilla a
regalarle quel vaso. Perché avrebbe dovuto donarle una pianta
che causava gli incubi?
Edmund
fece per dire qualcosa, ma Mairead lo bloccò con lo sguardo.
«Grazie dell'informazione, Iulius. Credo che la toglierò
dal comodino» disse Mairead con un sorriso, per congedare il
ragazzo.
Iulius
scrollò le spalle, poi si allontanò per raggiungere il
suo amico Anneus Secula.
Quando
fu sufficientemente lontano, Edmund si voltò verso Mairead con
sguardo tagliente. «E ora come la giustifichi la tua adorata
Priscilla?» sibilò.
Gli
occhi di Mairead divennero due fessure e la sua bocca più
sottile di un foglio di carta velina. «Magari non conosceva le
proprietà della pianta» azzardò, ma Edmund non si
fece incantare.
«Ah
sì, e ti sembra possibile che non lo sapesse?»
«Be',
tu non lo sapevi, per esempio!» gli rinfacciò Mairead.
I
loro volti erano così vicini che sarebbe bastato poco perché
si sfiorassero, ma erano contratti in smorfie di sfida. «Sei
geloso di lei» lo accusò Mairead, in un sussurro.
«È
la cosa più stupida che io abbia mai sentito» digrignò
i denti Edmund.
Un
mezzo sorriso soddisfatto brillò per un attimo sul volto di
Mairead: aveva colto nel segno. Non c'era bisogno di infierire
ulteriormente. Voltò le spalle a Edmund e prese la sua pianta
per tornare al dormitorio. Prima di sparire su per la scala a
chiocciola verso il terzo piano, si voltò un'ultima volta
verso di lui.
«Sai
che farò domani? Le spedirò una lettera per chiederle
del tentacolo di Morfeo. E le scriverò anche che abbiamo
trovato il covo degli Extraiures» gli disse, facendogli
l'occhiolino.
Edmund
serrò la mascella. Lo stava prendendo in giro. Ma questa volta
era certo di avere ragione.
Proprio
come al solito, in realtà.
Come
promesso, miei cari, ora si entra dritti nel mistero! Da questo
capitolo sino alla fine saremo nel vivo della vicenda! Pian piano vi
verrà spiegata ogni cosa, promesso. Nel frattempo... chi è
il misterioso Nagard della foto? Si accettano scommesse! E Priscilla
è colpevole o innocente? Buon divertimento! XD
Questa
è l'immagine del capitolo: un disegno molto artistico e poco
geometrico del covo degli Extraiures.
Infine,
dovrei aver risposto alle recensioni attraverso il nuovo mirabolante
pulsante “rispondi alle recensioni”... se qualcosa fosse
andato storto, fatemi sapere! Alla prossima!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
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Capitolo 17 *** Reg ***
CAPITOLO
17
Reg
Mairead
stava tornando dal campo di Quidditch, dove aveva passato le ultime
ore volando sulla sua Ninbus, per scacciare i pensieri e liberarsi la
mente. Dopo quella sera in cui avevano mezzo litigato, Edmund aveva
cominciato a tenerle il muso e a fare lo scontroso, rispondendo a
monosillabi a ogni sua domanda. Volare la faceva stare bene: era come
se allontanasse tutti i problemi, solo lei e il suo manico di scopa e
il vento che le frustava la faccia.
Andò
verso la sala comune dei Raloi, per riporre la sua Nimbus e indossare
nuovamente la divisa scolastica. Mentre si allacciava il corpetto,
sola nel dormitorio perché tutti erano a cenare nella Sala
Mor, un gufo entrò nella stanza dalla finestra aperta e si
acquattò sul suo letto. Legata alla zampa aveva una lettera.
Mairead immaginò che fosse la risposta di Priscilla, magari
con la spiegazione sul tentacolo di Morfeo, così si affrettò
a slegarla e srotolarla. Riconobbe subito che quella non era la
grafia di Priscilla: era frettolosa, sgraziata.
Mairead,
ti
prego, ho bisogno del tuo aiuto. So che tu mi conosci, sai di me. Ti
prego, esci dal Trinity, questa sera. Ti aspetto nel bosco fuori da
Doolin.
Ho
bisogno di te,
Reg
Mairead
lasciò cadere il foglio a terra, senza parole.
Reg
le aveva scritto? Ma dallo scatolone dei ricordi nella sua soffitta,
sembrava che fosse morto. E se invece non era così? E se
invece era ancora vivo? Doveva assolutamente scoprirlo: aveva come
l'impressione che grazie a quell'incontro sarebbe riuscita a
sbrogliare la matassa di tutta quella storia.
Raccolse
la lettera da terra e corse velocemente verso la Sala Mor, alla
ricerca dei suoi amici. Per poco non andò a sbattere contro un
gruppo di ragazzi più grandi che uscivano dalla sala, finita
la cena.
«Ehi,
guarda dove vai!» protestò uno.
«Scusate!»
gridò in risposta Mairead, finché non finì tra
le braccia di Laughlin.
«Che
succede?» le chiese preoccupato l'amico, osservando la faccia
sconvolta della ragazza.
Mairead
si fermò un attimo per riprendere fiato, le mani sulla milza
che doleva per la corsa. «È successo...» cominciò
a dire, sventolando la lettera sotto il loro naso.
Edmund
la afferrò e la lesse velocemente, incupendosi parecchio
quando arrivò alla firma. «Mairead, sembra tanto una
trappola» disse in tono serio, passando la lettera a Laughlin
perché anche lui potesse leggerla.
Ma
la ragazza era troppo eccitata per dar retta all'amico. «Ed, lo
so... ma per me è davvero importante. Devo scoprire chi sia
questo Reg: sono convinta che sia la chiave di tutto».
«C'è
un piccolo problema» intervenne Laughlin, abbassando la voce
per non farsi sentire da un gruppetto di Llapac che uscivano dalla
Sala Mor. «Come ci arriviamo a Doolin senza essere visti?»
I
tre amici si incupirono e cominciarono a meditare su come risolvere
il problema.
Fu
Edmund il primo a trovare la soluzione. «Gli Extraiures»
disse con determinazione. I suoi amici lo guardarono con aria
perplessa, quindi lui fu costretto a spiegare: «Ricordate il
loro covo e la mappa del Trinity con i passaggi segreti?»
«Ce
n'era uno che portava fuori dal territorio della scuola!»
concluse Laughlin, con entusiasmo.
Edmund
annuì e poi fece un sorrisetto complice: era deciso, sarebbero
andati alla ricerca di Reg.
Aspettarono
un'oretta abbondante, in modo che la maggior parte degli studenti si
fosse già ritirata nelle rispettive sale comuni, poi si
fiondarono verso il covo degli Extraiures, per controllare
dove fosse il passaggio segreto e il modo per accedervi. Forse erano
stati eccessivamente frettolosi e sconsiderati nell'accettare
quell'invito che puzzava di trappola, ma erano affamati di avventura
e l'idea di risolvere un mistero li eccitava. Finalmente, verso le
undici di sera, uscirono dal castello per dirigersi sotto il ponte,
dal lato della terraferma: lì avrebbero trovato l'entrata del
passaggio segreto.
«Dovrebbe
esserci una roccia a forma di corvo» sussurrò Edmund,
ricordandosi le istruzioni scritte sulla mappa.
I
tre amici si guardarono intorno, finché Laughlin non individuò
un masso che aveva due sporgenze che sembravano ali. «Potrebbe
essere?» domandò rivoltò agli altri.
Edmund
si strinse nelle spalle: non aveva mai avuto grande fantasia per quei
giochetti, ma tanto valeva provare. Immerse la mano nelle acque del
lago che, per quanto fosse già maggio, erano ancora fredde da
far venire i brividi. Dopodiché appoggiò il palmo sulla
roccia e pronunciò la formula: «Aqua ostendat quod
latet».
I
ragazzi trattennero il fiato. Per i primi secondi non successe
niente, poi una crepa nella muratura del ponte cominciò ad
allargarsi, finché non divenne un passaggio comodo per una
persona. I tre amici si scambiarono uno sguardo eccitato.
«Dopo
di voi» li incitò Edmund, indicando il tunnel come un
presentatore del circo.
Mairead
si infilò nel passaggio senza esitare, seguita da Laughlin e
infine da Edmund.
Il
tunnel era scavato sottoterra, umido e stretto, talmente buio che i
ragazzi furono costretti a farsi luce con le loro bacchette.
Proseguiva per svariati metri: doveva attraversare tutto il parco per
uscire dal territorio della scuola. L'unico suono che si udiva era lo
zampettare frenetico di qualche insetto, disturbato nella sua quiete
dal passaggio dei tre giovani studenti. Il terreno sotto i loro piedi
era fangoso e umidiccio, forse perché il tunnel era stato
scavato vicino ad una falda sotterranea che alimentava il lago.
Dopo
un percorso che a loro parve interminabile, arrivarono ad una ripida
scaletta, al culmine della quale, Mairead illuminò quello che
sembrava l'interno cavo di un albero.
«Deve
essere l'uscita» commentò Edmund, dietro le sue spalle.
La sua voce arrivò alle orecchie della ragazza ovattata, a
causa dell'ambiente angusto.
«Prova
con la formula» le suggerì Laughlin.
Mairead
allora puntò la bacchetta illuminata contro la parete di legno
e sussurrò: «Lux ostendat quod latet».
Con
un rumore di che sembrava terra rivoltata, il tronco dell'albero
cominciò ad aprirsi, le radici si spostarono e i rami si
inclinarono, rivelando il passaggio.
I
ragazzi uscirono dal tunnel segreto, per ritrovarsi in un bosco di
conifere, avvolto dall'oscurità, mentre il passaggio si
richiudeva alle loro spalle. Il bosco non era molto differente da
quello che si trovava oltre il campo da Quidditch, dove c'era il
recinto di Cura delle Creature Magiche, ma i tre amici sapevano di
trovarsi fuori dal territorio della scuola, poco distanti dal
villaggio di Doolin. Secondo la lettera che Mairead aveva ricevuto,
Reg doveva essere lì da qualche parte: così
cominciarono a gironzolare tra gli alberi e guardarsi intorno.
C'era
una figura nella penombra. Mairead sollevò la bacchetta per
vederla meglio.
«Reg?»
provò a chiedere, titubante.
La
figura si fece avanti, finché non entrò nel cono di
luce della bacchetta: era una donna dai lunghi capelli mossi, neri
come neri erano i suoi occhi senza fondo. La manica sinistra,
all'altezza del gomito era stretta in un nodo. Con l'altro braccio si
appoggiava ad un bastone, sormontato da una testa di drago d'argento.
Ma ciò che la rendeva veramente inquietante non era il suo
aspetto da storpia, ma la luce di folle malvagità che le
illuminava gli occhi.
«Chi
sei tu? Dov'è Reg?» esclamò Mairead a voce alta,
come per mascherare la spiacevole sensazione di essere finita in una
trappola.
La
donna scosse la testa, fingendo che la domanda non avesse alcuna
importanza. «Reg è morto».
«Morto?
Come morto? L'hai ucciso tu?» le fece eco Mairead, senza
capire. Come poteva essere morto Reg, se poco fa aveva ricevuto una
sua lettera? C'era decisamente qualcosa che non andava in tutta
quella storia.
La
donna scoppiò in una risata sarcastica che provocò un
brivido di terrore nei tre ragazzini. «Sì, l'ho ucciso
io, tanti anni fa, ormai» rispose quella quando finalmente si
fu calmata.
Ucciso,
Reg ucciso?
Mairead
non si capacitava di come potesse essere vero. Ma, in fondo, l'aveva
sempre sospettato, da quando aveva trovato lo scatolone dei ricordi
nella sua soffitta, contenente i vecchi libri, la foto e la bacchetta
di tasso.
«Tu
sei Priscilla, non è vero?» intervenne Edmund, facendosi
avanti.
La
donna fece un sorriso di sfida. «Acuto il tuo amichetto»
rispose con un ghigno.
«Priscilla,
tu sei Priscilla?» domandò Mairead scioccata. Non poteva
essere lei! Aveva detto di aver finito da pochi anni il Trinity,
mentre quella che aveva difronte era una donna matura, sui
quarant'anni. E poi Priscilla era sempre così dolce e gentile!
«Ben
svegliata, ragazzina!» rispose invece la donna, con una risata
di scherno.
«Io
non capisco!» protestò Mairead, mentre la delusione si
trasformava in pianto.
Priscilla
fece un passo verso di loro. «Allora lascia che ti spieghi»
disse, mettendosi la mano in tasca. Edmund per un attimo pensò
che volesse estrarre la bacchetta magica, invece la donna tirò
fuori una vecchia fotografia presa da un giornale: era quella
dell'estate scorsa, quando era comparso quell'articolo sul Corriere
per l'Encomio della Repubblica.
«Ti
ho scovato grazie a questa» spiegò Priscilla,
sventolandogliela davanti al naso. «Il tuo cognome...
Boenisolius! Dovevi essere figlia di Reammon, per forza! Allora ti ho
spedito quella lettera inviata da Arthur a Reg, perché tu
iniziassi una corrispondenza con me. Quando ho avuto la conferma che
eri la figlia di Reammon sono venuta a cercarti, ma non potevo
avvicinarmi a te finché c'era tuo padre: non dovevo farmi
vedere da lui».
«Ecco!
Allora io ho visto te, eri tu l'ombra che ci seguiva il giorno che
siamo andati a Dublino!» intervenne Edmund, con foga.
Priscilla
annuì. «Esatto, ragazzetto. Solo che stavate andando al
Trinity, dove io non avrei potuto raggiungervi. Così ho
inscenato quelle aggressioni e la scritta sul muro di Doolin, perché
volevo che tu ti incuriosissi agli Extraiures e trovassi il
loro nascondiglio, dove sapevo che c'era una cartina con segnati i
passaggi segreti per uscire dal Trinity. Nel frattempo ho alimentato
la tua ossessione per Reg sfruttando il Tentacolo di Morfeo. Non
posso rivelarti la mia gioia quando hai detto che avevi trovato il
loro covo! Così ti ho mandato quella finta lettera a nome di
Reg, per attirarti fuori. E ora, finalmente, sei qui».
Quando
Priscilla concluse quella spiegazione, Mairead aveva una gran
confusione in tesa: ora sapeva che dietro a tutta quella storia c'era
questa donna di nome Priscilla, ma non capiva come potesse conoscere
suo padre, cosa sapesse del famigerato Reg e perché avesse
inscenato tutta la pantomima solo per attirarla fuori dal castello.
«Perché
tutto questo?» sussurrò scuotendo la testa.
La
donna sorrise e una luce maligna illuminò i suo occhi. «Ah,
non te l'ho ancora detto? Io voglio ucciderti».
Credo
che con questo capitolo la mia crudeltà sia arrivata al suo
culmine! Muahahaha! Dai, resistete solo qualche giorno, poi avrete il
nuovo capitolo. Almeno parte dei misteri sono stati rivelati da
Priscilla! Complimenti a tutti coloro che hanno diffidato sin da
subito della affabile corrispondente di Mairead!
Dubito
che dopo queste sconvolgenti notizie ci sia qualcuno che si stia
domandando dove sia il disegno, comunque mi dolgo nel comunicarvi
che... non c'è! Non ero sufficientemente ispirata!
Alla
prossima!! Beatrix
ps.
nel caso ci fosse stato qualcuno in trepidante attesa
dell'aggiornamento, mi perdoni il ritardo, ma mi hanno aggiunto delle
ore all'uni proprio il mercoledì pomeriggio!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
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Capitolo 18 *** La vendetta della sorella perduta ***
CAPITOLO
18
La
vendetta della sorella perduta
Il
sorriso di Priscilla si allargò in un ghigno di perfidia. Fece
schioccare il suo bastone come una frusta e quello divenne
improvvisamente una bacchetta magica. La donna alzò il braccio
verso i tre ragazzini, pronta a colpire, ma Edmund gridò di
scappare e i suoi amici non se lo fecero ripetere due volte.
Cominciarono una fuga disperata, inseguiti dagli incantesimi gridati
nella notte da quella donna folle.
«Laughlin!»
strillò Mairead, quando un raggio rosso lo centrò in
piena schiena, facendolo stramazzare al suolo. La ragazzina si gettò
a terra, estrasse la bacchetta per parare gli incantesimi e cercò
di raggiungere il suo amico, ma nel ripararsi dietro una roccia, la
sua bacchetta urtò uno sperone e si ruppe.
Spezzata
in due. Lei la sollevò davanti al suo naso, incredula.
Priscilla
si stava avvicinando, Laughlin era ancora a terra supino, la sua
bacchetta spezzata, Edmund che correva là davanti... Mairead
si gettò fuori dal suo nascondiglio e raggiunse Laughlin. Lo
girò a fatica, per capire cosa gli fosse successo. «Laugh,
Laugh ti prego!» piagnucolò scuotendolo avanti e
indietro. Era docile come una bambola di pezza.
Priscilla
era sempre più vicina. I suoi incantesimi la sfioravano.
«Protego!»
gridò Edmund alle sue spalle. Dopodiché la prese per un
braccio e la fece alzare, mentre lui trascinava malamente Laughlin al
riparo dietro una roccia.
«È
stato Schiantato» annunciò, accennando con il capo al
corpo inerte dell'amico.
«E
quindi?» chiese Mairead, la voce alterata dall'ansia.
«Si
rimetterà» annuì Edmund, sbirciando oltre il
nascondiglio, per controllare dove fosse Priscilla.
«E
ora che facciamo?» domandò Mairead, quasi con le lacrime
agli occhi. Era tutta colpa sua, quel pasticcio: Laughlin Schiantato,
la sua bacchetta rotta, loro due nascosti dietro una roccia. Tutta
colpa sua e della sua stupida ossessione per Reg. E ora una pazza
psicopatica voleva ucciderla, senza che sapesse il perché.
«Tranquilla
Mairead, io ho un'idea per chiamare aiuto» disse Edmund, con
determinazione.
La
ragazza si voltò verso di lui con gli occhi pieni di speranza.
«Come?» gli chiese ansiosa: avrebbe fatto qualsiasi cosa
per risolvere la situazione.
Edmund
spiò nuovamente oltre la roccia, per scoprire dove fosse
Priscilla. Quando tornò a guardare Mairead pareva frettoloso.
«C'è una magia... non l'ho mai fatta, ma ho letto dei
libri al riguardo. Praticamente evochi un Patronus, una creatura
fatta di pura energia che può servire a mandare messaggi»
spiegò all'amica.
Mairead
sapeva esattamente a che tipo di incantesimo si riferisse Edmund.
«L'Incanto Patronus è magia molto avanzata, Ed»
sussurrò, preoccupata.
«Be',
forse non riesco a farlo parlare, ma sono sicuro che quando un
professore lo vedrà, capirà che c'è qualcuno che
ha bisogno di aiuto» rispose il ragazzino. «Ora, quando
evocherò il Patronus, Priscilla scoprirà il nostro
nascondiglio, quindi noi dovremmo essere pronti a scappare.»
«E
Laughlin?» sussurrò Mairead, presagendo già la
risposta.
Edmund
prese fiato e poi ripose: «Dobbiamo lasciarlo qui».
«Io
non lo lascio indietro!» protestò Mairead con veemenza.
Edmund
allora le afferrò un braccio e la costrinse a fissarlo negli
occhi. «Mairead, quella pazza vuole te, non Laughlin! Sarà
più al sicuro qui... non possiamo trascinarcelo dietro, ci
rallenterebbe troppo e Priscilla ci raggiungerebbe. Laugh ha bisogno
di andare in infermeria e il Patronus è la nostra unica
speranza per lanciare un segnale d'aiuto. Quando arriverà un
professore e tutto sarà finito, torneremo qui a recuperarlo.
Credimi, è l'unico modo» spiegò con fare
concitato.
Mairead
abbassò gli occhi perché non riusciva a sostenere
l'intensità del suo sguardo. Aveva ragione, dopotutto. Osservò
per un attimo Laughlin che sembrava dormire pacificamente e alla fine
annuì.
Allora
Edmund le lasciò andare il braccio e si concentrò su un
ricordo felice: decise di pensare a quando aveva scoperto di essere
un mago, quando aveva capito che avrebbe presto abbandonato
quell'orfanotrofio pulcioso per un futuro di gloria.
«Expecto
patronum!» gridò con forza. Dalla sua bacchetta
fuoriuscì un filo argentato che subito si delineò a
formare un grosso felino che lo guardò fisso negli occhi con
intensità, come se fosse uno specchio della sua stessa anima.
Era un affusolato ghepardo.
Mairead
allungò una mano e sfiorò il dorso della creatura
argentea. «Edmund, è... bellissimo» sussurrò
rapita.
Il
ragazzo lo contemplò per qualche secondo, quasi invaso da una
gioia selvaggia per la perfezione di quell'incantesimo, poi mandò
il suo Patronus in cerca d'aiuto.
Nel
momento stesso in cui il ghepardo argentato sbucò da dietro la
roccia, Priscilla individuò il loro nascondiglio. «Vi ho
beccati!» cantilenò la strega, avvicinandosi.
«Via,
via!» gridò allora Edmund, afferrando il braccio di
Mairead.
Priscilla
scagliò qualche incantesimo contro di loro, ma non con troppa
convinzione cosicché li mancò di parecchio. Fin tanto
che la donna claudicava alle loro spalle, i due ragazzini avevano il
vantaggio della velocità e riuscivano a sfuggirle. Ma per lei
quella era solo una divertente caccia alla volpe. «Uuuh, non
scappate, su!» ridacchiò inseguendoli nel bosco.
Edmund
e Mairead si ripararono dietro un albero, ansimando per la corsa.
Pareva loro di essere braccati, senza via di scampo, come in uno di
quei sogni in cui l'inseguitore acciuffa sempre la sua vittima che
non riesce a scappare perché ha le gambe pesanti. Un
opprimente senso di angoscia si impadronì dei loro cuori.
“Ti
prego, fa' che qualcuno trovi il mio Patronus!” pensò
disperato Edmund, e chissà come quella preghiera venne
esaudita.
Il
professor Saiminiu si stava recando nella cappellina della scuola per
parlare con padre Rafael, quando, passando per l'ingresso, vide uno
strano bagliore argenteo fuori dalla porta. Incuriosito, si avvicinò
per capire di cosa si trattasse. Capì subito di trovarsi di
fronte ad un Patronus, non appena ne riconobbe i delicati tratti
felini.
«Che
diavolo...?» sussurrò sorpreso, quando il ghepardo lo
fissò dritto negli occhi con profondità e poi gli fece
un cenno del capo come per fargli intendere che voleva essere
seguito. Chissà perché il professore non si fece
domande e prese a seguire il Patronus, certo che era la cosa giusta
da fare. Il ghepardo lo condusse attraverso il passaggio segreto
sotto il ponte, ma questa volta Saiminiu si bloccò
sull'entrata. Com'era possibile che quel Patronus sapesse di quel
passaggio? Erano in pochissimi a conoscere la sua esistenza. Di chi
era quel Patronus? E perché voleva condurlo fuori dal
territorio del Trinity? Saiminiu aveva un brutto presentimento, ma il
ghepardo lo incitò a proseguire e alla fine il professore
cedette.
Finalmente
il cunicolo arrivò al tronco cavo che dava sul bosco, ma il
felino non si fermò: continuò la sua corsa, sempre
seguito dal professor Saiminiu.
Quando
Edmund vide la figura argentea del suo Patronus guizzare velocemente
fra gli alberi, ringraziò il cielo. «Mairead, siamo
salvi!» sussurrò all'amica, accennando al suo ghepardo.
L'animale
arrivò fino a lui, appoggiò la testa sulle sue gambe e
con un pigro roar scomparve.
«Burke,
Boenisolius?» esclamò Saiminiu quando riconobbe i due
studenti.
«Professore!»
rispose Mairead, incredibilmente sollevata.
L'insegnante
sembrava assolutamente scioccato: che ci facevano quei due fuori dal
territorio del Trinity in piena notte in compagnia di un Patronus?
«Che
succede?»
I
due ragazzi cominciarono a parlare in contemporanea e in modo
concitato, tanto che Saiminiu non capì una parola della
spiegazione. Stava per chiedere chiarimenti, quando una risata che
conosceva fin troppo bene lo strappò dalla realtà
trasportandolo lontano nel tempo e nello spazio. Non era possibile,
quella voce, quel riso. Eppure...
Saiminiu
si voltò per trovarsi difronte una donna mora, con una lunga
veste nera: all'altezza del gomito sinistro la manica era chiusa da
un nodo. Le gambe, anche se erano nascoste dalla gonna, si intuiva
che fossero irrimediabilmente storte. Erano passati anni, ma non
poteva trattarsi di nessun altro. I due si fissarono a lungo,
Saiminiu scioccato e corrucciato insieme, Priscilla evidentemente
divertita da quella situazione assurda.
«Tu...
non è possibile» fu l'unica cosa che riuscì a
dire il professor Saiminiu, con voce flebile.
Priscilla
scoppiò a ridere come un'indemoniata. «Septimius! Chi
non muore si rivede.»
Saiminiu
indietreggiò di un passo, atterrito. «Ma tu... tu eri
morta!» sussurrò scuotendo la testa.
«E
invece eccomi qui!» esclamò Priscilla di rimando, come
se si trattasse di una patetica commedia teatrale. Saiminiu non
sembrava capacitarsi della cosa.
Ci
fu un attimo di silenzio, durante il quale Mairead e Edmund
osservarono prima il professore poi Priscilla: che stava succedendo?
Perché l'insegnante sembrava conoscere quella pazza?
«Com'è
possibile?» chiese infine il mago.
Priscilla
fece schioccare le dita davanti al naso di Saiminiu. «Sveglia,
Septimius! Sono scappata quando ho capito che stavi dalla loro parte»
gli rispose sarcastica la donna.
Saiminiu
arretrò ancora. «Quindi lui... non ti aveva ucciso! Ma
io... non capisco. Perché, perché sei sparita per tutto
questo tempo?»
Il
sorriso derisorio sparì improvvisamente dalle labbra di
Priscilla, sostituito da una smorfia dolente. «Mi avevi
tradito, Sep. Stavi con loro» rispose con una nota amara nella
voce.
Saiminiu
questa volta fece un passo in avanti, verso la donna. Aveva sul volto
un'espressione compassionevole e addolorata insieme. «Io... no,
Priscilla, non ti avrei mai tradito».
«Non
è vero!» strillò Priscilla, in preda al furore.
«È stato lui, il tuo amico... quel Reammon!»
«Che
c'entra ora mio padre? Cosa vuoi da lui?» intervenne Mairead
furente, stanca di quella pantomima inconcludente.
Priscilla
allora si voltò verso di lei, di nuovo sarcastica. «Da
lui niente: io voglio te» rispose ridendo. «Una figlia
per un fratello: mi sembra uno scambio equo» concluse e poi le
puntò la bacchetta al petto.
Nel
medesimo istante in cui Priscilla sollevò la bacchetta, Edmund
si frappose tra lei e Mairead e sollevò la sua, pronto al
duello.
«Abbassate
le bacchette, tutti e due!» esclamò il professor
Saiminiu, nel tentativo di riportare la calma. Ma nessuno sembrava
intenzionato ad ascoltarlo.
«No!
Lei vuole uccidere Mairead!» rispose Edmund con foga.
Priscilla
scoppiò nuovamente a ridere. «Non fare lo stupido,
ragazzino, non puoi metterti contro di me» disse beffarda,
rivolta a Edmund. Ma nel vedere lo sguardo scintillante di selvaggia
malvagità di quel ragazzo, Priscilla ebbe un attimo di
incertezza.
«Non
sai di che sono capace» rispose Edmund con un mezzo sorriso.
E,
chissà perché, Priscilla preferì non scoprirlo.
«Abbassate
le bacchette!» ripeté il professor Saiminiu, alzando le
braccia per frapporsi tra i due, con la spiacevole sensazione di
rivivere qualcosa che era già accaduto.
Infatti,
proprio in quel momento Priscilla sorrise e si rivolse verso di lui.
«Guarda, Sep, non ti ricorda qualcosa questa scena? Una notte
di tanti anni fa... chissà che morirà sta volta...»
«Non
morirà nessuno questa notte! Scilla, uccidere Mairead non
riporterà indietro il tempo: quello che è stato è
stato!» rispose Saiminiu, scuotendo la testa con forza.
Priscilla
si imbestialì di nuovo. «No, Sep! Io mi devo vendicare!
Suo padre mi ha strappato l'unica persona che credeva in me, mi ha
strappato mio fratello!»
Cosa
stava insinuando quella strega su suo padre? Che aveva ucciso
qualcuno? Era assurdo!
L'espressione
di Saiminiu si fece dolorosa. «Non è vero...»
sussurrò con un sospiro abbattuto. «Tuo fratello ti ha
sempre voluto bene, ti ha sempre perdonato, ma tu sei scappata perché
avevi paura del suo giudizio».
Improvvisamente
Priscilla abbassò la bacchetta e osservò Saiminiu come
se lo vedesse solo ora per la prima volta. «Davvero l'avrebbe
fatto? Davvero mi avrebbe perdonata dopo che avevo ucciso il piccolo
Weasley?» sussurrò flebilmente.
Quelle
parole provocarono la reazione di Mairead: prima Priscilla insinuava
che suo padre era un assassino, ora tirava in ballo anche la famiglia
di sua madre?
«Weasley?»
strillò con foga. «Chi sei, che cosa hai fatto? Che
centra ora mia madre?»
«Tua
madre?» le fece eco Priscilla, scioccata. E poi improvvisamente
realizzò. «Oh, Mary Weasley è tua madre?»
domandò ridacchiando divertita da quella coincidenza.
Mairead
digrignò i denti. «Era. È morta».
Priscilla
parve piacevolmente colpita dalla notizia. «Oh, crudele destino
quello dei fratelli Weasley. Sai, non fosse stato per loro io non
sarei stata costretta a fuggire per anni, a vivere da profuga. Temo
proprio che tu sia la vittima prescelta per essere punita».
A
quelle parole, lanciò un incantesimo con tale rapidità
che Mairead non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene. Ma Edmund fu
più veloce di quando Priscilla si sarebbe mai aspettata.
«Protego!»
strillò e la maledizione si infranse contro lo scudo che
Edmund aveva evocato.
«Fermi!
Basta!» gridò il professor Saiminiu, ma i duellanti non
gli diedero retta. Certo, Edmund non era sufficientemente esperto da
riuscire a ferire Priscilla, ma era agile e veloce, parava con
destrezza le sue magie e ogni tanto riusciva perfino a lanciare
qualche Schiantesimo.
Mairead
aveva il cuore in gola, terrorizzata: avrebbe voluto scagliarsi
contro quella pazza, ma non poteva fare altro che restare lì a
guardarla sparare magie oscure contro il suo amico. «Ed!»
strillò quando una maledizione lo mancò per un soffio.
Priscilla
scoppiò a ridere. «Sei bravo, ragazzino, te lo concedo.
Ma morirai: non puoi battermi».
«Lui
no, ma io sì».
Il
professor Saiminiu aveva alzato la bacchetta contro Priscilla con
determinazione: finalmente aveva deciso da che parte stare.
«Tu?»
domandò la donna, in tono indecifrabile.
«Non
resterò qui impotente a guardare la storia che si ripete di
nuovo. Non ti lascerò torcere nemmeno un capello a questi
ragazzi. Sono i miei studenti» gli disse, fissandola dritta
negli occhi.
Priscilla
lo squadrò per alcuni secondi, poi abbassò la
bacchetta. «Hai sbagliato di nuovo la parte da cui stare»
commentò con amarezza. E poi si smaterializzò.
«Professore...
chi diavolo era quella pazza?» boccheggiò Edmund,
ansimando per la fatica del duello.
Saiminiu
rimase a fissare il punto dove la donna era scomparsa. Infine
sussurrò: «Lei è mia sorella gemella».
Eccoci,
un altro emozionante (spero!) capitolo! Prometto e giuro che nel
prossimo vi saranno date tutte le spiegazioni su Saiminiu, Priscilla,
Reammon, Reg e gli Extraiures! Spero che l'entrata in scena di
Septimius Saiminiu vi sia piaciuta, comunque!
In
questo capitolo c'è anche l'immagine:
è molto ganza perché farà coppia con quella del
capitolo 20. Sono, ovviamente, Priscilla, Saiminiu, Ed e Mairead nel
bosco.
A
presto!
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
|
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Capitolo 19 *** La bambina mai nata ***
CAPITOLO
19
La
bambina mai nata
Edmund
e Mairead condussero il professor Saiminiu alla roccia dove avevano
lasciato Laughlin, che era ancora svenuto, beatamente ignaro di
quello che era successo. L'insegnante fece apparire una barella e ci
adagiò sopra il corpo inerte di Laughlin, poi tutti assieme si
diressero verso il passaggio segreto che li avrebbe riportati dentro
il territorio della scuola.
Durante
il tragitto, nessuno disse una sola parola: erano tutti persi nei
propri pensieri, immersi nel rivivere quello che era appena successo.
Mairead non sapeva più che pensare, non riusciva a
raccapezzarsi in quel groviglio di eventi. Reg, Priscilla, suo padre,
il professor Saiminiu... come potevano essere legate tra loro tutte
quelle persone? Che cosa diavolo era successo tanti anni fa in quello
stesso bosco?
Arrivati
nel salone d'ingresso del castello, il professore ordinò a
Edmund di accompagnare Laughlin in infermeria.
«E
io, signore?» domandò titubante Mairead, quando le
sagome dei suoi amici erano sparite su per le scale.
L'insegnante
evitò di incrociare il suo sguardo. «Tu vieni con me dal
professor Captatio. Ci sono alcune cose che devi sapere».
“Come,
per esempio, il motivo per cui sua sorella mi voleva uccidere?”
pensò Mairead, ma non ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce.
Si limitò a fare un segno di assenso con il capo e i due si
diressero in silenzio verso lo studio del preside.
Captatio
li accolse in camicia da notte e berretto, senza preoccuparsi troppo
delle pantofole a forma di draghetto. «Che succede, Septimius?»
domandò con calore, come se non ci fosse nulla di male nel
fatto che un suo insegnante si presentasse da lui in piena notte con
una faccia da funerale.
Saiminiu
sembrava non riuscire a trovare le parole, ma alla fine sussurrò:
«Priscilla è ancora viva».
Captatio
annuì con gravità. I suoi occhi azzurri guizzarono dal
professore a Mairead e probabilmente intuì ciò che
dovevo essere successo quella sera. «L'avevo sempre sospettato»
commentò, fissando Saiminiu dritto negli occhi. «Reammon
non avrebbe mai potuto ucciderla: era più facile che lei fosse
scappata».
Mairead
fece scorrere lo sguardo da Saiminiu a Captatio e poi viceversa.
Qualcuno voleva degnarsi di spiegarle cosa stava succedendo?
Il
Preside sembrò accorgersi della preoccupazione di Mairead,
perché si voltò verso di lei e le sorrise. «Credo
che Mairead abbia il diritto di sapere di cosa stiamo parlando»
disse con serenità. «Vi lascio soli, se vi serve...»
cominciò, voltandosi impercettibilmente verso una bacinella
intarsiata, adagiata sopra un tavolino, che la ragazzina intuì
essere un Pensatoio.
Captatio
non concluse la frase e fece per uscire dallo studio, quando Mairead
lo fermò. «Lei dove va?» chiese con un filo di
apprensione.
Captatio
sorrise bonario. «A scrivere una lettera: c'è qualcun
altro che merita di essere informato sugli ultimi sviluppi». E
con un occhiolino se ne uscì dall'ufficio, ancora in pantofole
e camicia da notte.
Nella
stanza scese il silenzio. Saiminiu si fissava le mani abbattuto, come
se fosse incapace di trovare le parole per cominciare. Mairead moriva
dalla voglia di sapere cosa fosse successo, ma rispettò il
silenzio del professore. Dopo alcuni attimi interminabili di
silenzio, l'uomo cominciò a raccontare: «Il mio nome
completo è Septimius Mes Gergra Saiminiu di Sir Eriu Luachra.
Sono un Nobile Purosangue, così come mia sorella, Priscilla.
Ma per mio padre, Sextans Saiminiu, avere una figlia storpia era un
disonore così, quando nascemmo quel freddo gennaio del '55,
finse di aver avuto solo un maschio e nascose l'esistenza di
Priscilla a tutta la comunità magica. Come se non fosse mai
nata».
La
sua voce si affievolì, finché non si spense. Doveva
essere doloroso per lui ricordare quei momenti del suo passato.
Forse, se Sextans Saiminiu non fosse stato un nobile orgoglioso,
quella storia non sarebbe mai accaduta: Priscilla sarebbe cresciuta
normalmente come una qualsiasi altra bambina, invece di restare
nascosta al mondo.
Dopo
una breve pausa, Saiminiu riprese: «La vita a villa Saiminiu
era sempre piuttosto tesa: mia sorella non esisteva praticamente per
nessuno, all'infuori di me, i miei genitori e lo zio cardinale. La
scusa ufficiale con cui la segregavano in casa era che fosse debole
di salute e all'inizio ci credevamo, ma crescendo ci rendevamo sempre
più conto di cosa stesse realmente accadendo: lei non doveva
essere vista da nessuno. Il problema arrivò con la scuola. I
miei genitori non potevano certo mandarla al Trinity, rivelando al
mondo che avevano tenuto nascosto la loro figlia storpia per più
di dieci anni. Ma Priscilla non poteva nemmeno restare a casa,
altrimenti il Dipartimento per l'Istruzione Magica avrebbe mandato
delle ispezioni, svelando così il segreto gelosamente
custodito per tutti quegli anni. Fu mio zio Antilius, il cardinale, a
proporre di mandarla a Hogwarts: lì nessuno ci conosceva,
nessuno avrebbe collegato l'esistenza di Priscilla con la famiglia
Saiminiu di Mes Gergra».
Il
professore fece un'altra pausa, forse per riprendere fiato, forse per
raccapezzare le idee. Mairead era disgustata dall'eccesso a cui si
poteva arrivare per orgoglio e vanità. Quasi Priscilla le
faceva pena, ora che conosceva la sua storia.
«Così,
all'età di undici anni, mentre io restavo a casa, mia sorella
cominciò a frequentare Hogwarts». Un debole sorriso
illuminò il volto cupo di Saiminiu. «Là lei era
felice per la prima volta in vita sua: poteva fare quello che voleva,
conoscere finalmente tanti coetanei, essere una persona quasi
normale, al di là del suo handicap. Mi scriveva tante lettere
così piene di gioia e di vita, aveva perfino degli amici. Si
legò in special modo ad una persona. Riesci ad indovinare
chi?»
Mairead
scosse lentamente la testa, ma aveva come uno strano presentimento.
Saiminiu
fece un sorriso dolente. «Tua madre, Mary Weasley» rivelò
il professore e Mairead ebbe un tuffo al cuore.
Lentamente
tutti i tasselli di quella storia assurda stavano cominciando a
prendere posto. Ma c'erano ancora troppe domande, troppi
interrogativi. Chi era Reg e cosa centrava suo padre?
Saiminiu
riprese a raccontare: «Mary era una ragazzina solare, aperta,
non le importava che Priscilla fosse storpia. Finalmente mia sorella
aveva trovato un posto in cui era felice, ma quando tornava a casa
per le vacanze, ripiombava nel baratro dell'indifferenza. Io nel
frattempo avevo cominciato il Trinity. Ero finito tra i Nagard, come
ci si aspettava da un Saiminiu, ero uno studente modello, diligente,
ligio alle regole. Questo faceva di me un bambino non molto amato dai
compagni e non avevo nessun amico. Ma c'era un ragazzino, un Raloi,
che invece continuava a rivolgermi la parola».
Mairead
realizzò improvvisamente di chi si trattasse. «Mio
padre...» sussurrò.
Saiminiu
fece un breve sorriso, al dolce ricordo di quell'amicizia. «Esatto.
Reammon. Lui era così...» Saiminiu si interruppe, come
se non riuscisse a trovare l'aggettivo adatto.
«...pazzo»
concluse Mairead con un sorriso.
Saiminiu
ridacchiò. «Sì, era proprio pazzo. Non rispettava
mai le regole, leggeva certi libri che sarebbero stati indigesti
anche ad un appassionato di storia e poi andava in giro per il parco
a raccogliere paccottiglia per la sua collezione; solo lui aveva il
coraggio di definirli...»
«...
reperti archeologici!» sogghignò Mairead, divertita dal
fatto che il padre non fosse cambiato per nulla da quando era un
ragazzino.
«Già»
sospirò Saiminiu, con un sorriso nostalgico. «Alla fine
diventammo amici. Eravamo una coppia strana: lui così fuori
dagli schemi, io così rigido e ligio ai miei doveri. E poi
eravamo un Raloi e un Nagard: allora era impensabile un'amicizia tra
ragazzi di due case rivali. Eppure eravamo inseparabili. Decidemmo di
darci un nome».
«Gli
Extraiures» realizzò Mairead, finalmente
consapevole del vero significato della parola: fuorilegge, fuori
dalle regole, fuori dagli schemi. Il Nagard e il Raloi.
Saiminiu
annuì. «Proprio quello. Gli Extraiures. Niente a
che vedere con una setta sangiunista filo-EIF, come si è
pensato quando è apparsa quella scritta a Doolin. Ho
controllato perfino il nostro vecchio covo qui a scuola: non ci aveva
più messo piede nessuno dall'ultima volta che ci ero stato».
Saiminiu
certo non poteva sapere che dopo di lui anche tre giovani studenti
avevano visto quel posto, né che le minacce sul muro di Doolin
erano state scritte da sua sorella con l'unico scopo di incuriosire
Mairead e costringerla a trovare il covo.
Il
professore osservò il cielo fuori dalla finestra dello studio.
Fece qualche secondo di pausa poi riprese con maggiore amarezza:
«Crescendo, tra tua madre e Priscilla ci furono dei contrasti.
Mary divenne una bella ragazza, una campionessa di Quidditch,
osannata dalla sua squadra, e questo forse la rese un po' piena di
sé. Priscilla, al contrario, restava l'amica storpia, ogni
anno sempre più incupita dalla difficile situazione che viveva
a casa. Si allontanarono sempre di più, finché non
cominciarono ad odiarsi. Io credo che mia sorella fosse gelosa di
lei, di quello che era diventata, mentre Mary cominciava a mal
sopportare i musi lunghi e l'amarezza dello sguardo della vecchia
amica. Inoltre erano di due case rivali e il loro legame era sempre
stato ostacolato. Lasciata tua madre, Priscilla cominciò a
frequentare cattive compagnie, dei giovani Serpeverde sostenitori di
Tu-sai-chi. A loro non importava che fosse storpia, bastava che
scagliasse maledizioni contro i Nati Babbani ed era dentro».
Saiminiu
si interruppe, tanto doloroso era quel ricordo.
Mairead
riusciva quasi a vedere le persone che avevano popolato quella
storia: i due gemellini Saiminiu, il vecchio padre orgoglioso, le
giovani Mary e Priscilla, suo padre tra i Raloi e poi il cambiamento
di Priscilla che l'aveva portata ad unirsi al gruppo di giovani
Mangiamorte, mentre la vecchia amica diventava una campionessa di
Quidditch.
«Tua
madre aveva un fratello» riprese Saiminiu, con lentezza.
«Reginald Weasley».
«Reg...»
sussurrò Mairead, portandosi le mani alla bocca.
Il
ragazzino sorridente della foto, con i capelli rossi e le lentiggini,
appassionato di Quidditch... era suo zio?
«Lui
era al primo anno quando noi eravamo all'ultimo. Ci fu un incidente»
cominciò a spiegare Saiminiu.
Uno
spiacevole senso di oppressione si impadronì di Mairead: un
presagio, come se sapesse già come sarebbe andata a finire
quella storia.
«Il
gruppo di Serpeverde stava facendo degli scherzi ai primini, Reginald
reagì... fu colpito da un incantesimo e...» la voce gli
morì in gola, ma non ci fu bisogno di continuare: Mairead
aveva capito che cosa era successo al coraggioso ragazzino.
Raccontare
quella parte si rivelò un ostacolo quasi insormontabile:
Saiminiu non riusciva a trovare le parole. «L'incantesimo...
quello che uccise il piccolo Weasley, era partito dalla bacchetta di
Priscilla. Lei, terrorizzata, fuggì da Hogwarts e...» il
professore si interruppe di nuovo. «Questo forse è
meglio se te lo mostro».
A
quelle parole si puntò la bacchetta alla tempia e un filo
argentato cominciò a fluire verso il pensatoio. Un volto
sbiadito di una ragazza mora fluttuò per qualche secondo sulla
superficie, per poi sparire inghiottito da un vortice di immagini
scure e confuse.
Saiminiu
le fece un cenno con il capo, per incitarla a tuffarsi nel ricordo.
«Scusa se non ti accompagno, ma non ce la faccio a...»
«Certo,
professore» annuì Mairead, facendo qualche passo verso
il pensatoio.
Con
un ultimo sospiro, immerse il volto nel liquido argenteo e si lasciò
avvinghiare dall'oscurità.
Oddio!
Mi sono accorta solo ora che non si era aggiornata la pagina! O.O
Io
giuro, giuro che mercoledì pomeriggio, alle 7 di sera, dopo
una giornata traumatizzante all'università e la traversata
della città sotto una tormenta di neve avevo aggiornato con il
capitolo nuovo! Stupidi computer! Scusatemi davvero tanto... per
rimediare, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Almeno vi avevo
promesso che in questo capitolo avrei svelato tutto, siete felici?
Questa
è l'immagine del capitolo: giusto per vantarmi un po', vi dico
che mi piace un sacco come è venuta! Rappresenta Seprimius
Saiminiu mentre racconta: sullo sfondo, in senso orario, ci sono i
due gemelli Priscilla e Septimius,con il bastone di lei e la
bacchetta di lui, le lettere di Priscilla, il padre Sextans Saiminiu,
lo scudo di famiglia (che, se vi ricordate, è lo stesso appeso
nel covo degli Extraiures), Priscilla e Mary a Hogwarst, il giovane
Reammon con la divisa dei Raloi e infine Mary campionessa di
Quidditch con il Marchio Nero sullo sfondo, segno dell'unione di
Priscilla ai Mangiamorte.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto! A presto, con il prossimo e
ultimo capitolo di questa storia, pubblicato domani, a questo
punto... seguirà l'epilogo mercoledì 8 dicembre.
Beatrix
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
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Capitolo 20 *** Tuffo nel passato ***
CAPITOLO
20
Tuffo
nel passato
Riconobbe
immediatamente la stanza che si delineò sotto i suoi occhi:
era la Sala Mor di quasi vent'anni prima. Fuori dalle finestre si
vedeva il cielo stellato di quella tiepida serata di maggio. Ai
tavoli delle case erano rimasti ben pochi studenti che consumavano
gli ultimi residui della cena, ma Mairead non fece fatica a
distinguere il giovane Saiminiu. Nei tratti del Nagard era
perfettamente riconoscibile il professore, il suo volto spigoloso, il
naso adunco, i capelli neri leggermente lunghi e gli occhiali
squadrati. Le ritornò improvvisamente alla mente la vecchia
fotografia bruciacchiata che avevano trovato nel covo degli
Extraiures. Ora quello studente del passato aveva un nome:
Septimius Saiminiu.
Il
Saiminiu del ricordo aveva tra le mani una lettera e mentre la
leggeva un sorriso indefinibile si dipingeva sulle sue labbra
sottili.
«Chi
ti scrive?» domandò una voce alle spalle di Mairead.
La
ragazza si voltò e lo riconobbe subito: una sgargiante divisa
verde, capelli spettinati e aria svampita. Quello era suo padre a
diciotto anni. «Papà» sussurrò allungando
una mano verso di lui, anche se era conscia che lui non poteva né
vederla né sentirla.
«Nessuno
di importante» rispose Saiminiu, ficcandosi la lettera in
tasca.
Reammon
non indagò oltre: forse non era interessato o forse rispettava
la privacy del suo amico. Nessuno aveva fatto una piega quando un
Raloi si era avvicinato al tavolo dei Nagard: ormai, dopo sei anni, i
compagni dovevano essersi abituati alle stranezze di quella coppia
così mal assortita.
«Facciamo
una partita a scacchi?» chiese invece Reammon.
Saiminiu
si alzò da tavola con il piatto ancora mezzo pieno. «No,
Mon, questa sera sono stanco e poi voglio studiare quel nuovo
argomento di Incantesimi per la D.I.M.I.S.S.I.O.» rispose
svogliato, uscendo dalla Sala Mor.
Mairead
si affrettò a seguirli. «E dai, Sep! Possiamo ripassare
insieme domani. È presto e fa ancora bel tempo, non ho voglia
di chiudermi in sala comune» protestò Reammon, tirando
l'amico per un braccio.
«Esci
con la Cumhacht, io davvero non ne ho voglia» rispose Saiminiu,
dirigendosi verso la sala comune dei Nagard.
Cumhacht.
Ma certo, Mairead si ricordava che Captatio le aveva raccontato della
storia tra suo padre e la sorella di Cumahcht. In quel periodo
dovevano stare insieme. Mairead lanciò un ultimo sguardo a suo
padre, fermo in ingresso con l'aria svogliata, poi fu costretta a
seguire Saiminiu.
Ma
il ragazzo, invece di raggiungere la sala comune, si intrufolò
in un'aula vuota e lì rimase ad aspettare in silenzio per
parecchi minuti. Nel frattempo rilesse la lettera che aveva in tasca.
Mairead sbirciò il foglio ma rimase delusa. Vi erano scritte
poche parole, con quella stessa calligrafia che aveva imparato a
riconoscere in quei mesi di corrispondenza: “Sto
venendo da te, stanotte. Mi serve il tuo aiuto, ti prego.”
La
lettera era firmata Scilla.
Dopo
la lunga attesa, Saiminiu corse fuori dal castello, verso il
passaggio segreto sotto il ponte, lo stesso che i ragazzi avevano
utilizzato quella notte per raggiungere Priscilla. Sembrava che la
storia si stesse ripetendo. Mairead seguì il professore lungo
il tortuoso cunicolo, e poi nel bosco, fuori dal territorio del
Trinity.
E
finalmente la trovarono: una ragazza mora, con la divisa di Hogwarst,
appoggiata ad un bastone con l'aria distrutta.
«Scilla!»
esclamò Saiminiu, correndo ad abbracciare la sorella. «Che
è successo?» le chiese in tono preoccupato.
La
ragazza fece una smorfia, ma non rispose alla domanda. «Che
aiuto ti serve?» chiese allora Saiminiu.
Mairead
notò come il professore fosse premuroso e dolce nei confronti
della gemella. Forse si sentiva colpevole del diverso trattamento che
era stato riservato loro dai genitori.
«Mi
devi aiutare a scappare» rispose Priscilla con determinazione.
Ma
Saiminiu non riuscì a rispondere, perché qualcun altro
intervenne a disturbare il quadretto familiare.
«Sep,
chi è questa ragazza?» esclamò la voce di
Reammon, cogliendoli tutti di sorpresa. Doveva aver visto che
Saiminiu non era andato alla sala comune dei Nagard e aveva deciso di
pedinarlo.
Mairead
si voltò verso il padre e lesse nei suoi occhi un brillio di
incredulità. Il suo migliore amico gli aveva mentito, era
scappato dal Trinity e ora stava in compagnia di una ragazza alquanto
inquietante, con quella che sembrava una divisa scolastica
britannica. Che stava succedendo?
Ormai
era impossibile nascondere la verità o mentire sull'identità
di Priscilla. Saiminiu sembrava credere che l'amico non l'avrebbe mai
tradito e che di lui avrebbe potuto fidarsi. Prese un profondo
respiro, prima di parlare, poi disse: «Questa è mia
sorella Priscilla».
Reammon
indietreggiò di un passo. «Tu non hai nessuna sorella»
puntualizzò, come se l'amico avesse dato fuori di matto. Anzi,
Reammon aveva proprio l'impressione che Saiminiu fosse stato stregato
dalla giovane donna, forse per l'aria inquietante che emanava.
Saiminiu
invece sorrise. «E invece sì: Priscilla è la mia
gemella. Ha frequentato Hogwarts».
La
ragazza, che era ammutolita all'apparizione di Reammon, afferrò
il fratello per un braccio e fece per trascinarlo via. «Andiamocene,
Septimius» disse, squadrando con occhio critico Reammon.
«No,
tranquilla, Mon è un amico» rispose Saiminiu,
liberandosi delicatamente dalla presa della sorella. «Ci
aiuterà, non è vero Mon?»
Reammon
sgranò gli occhi e non rispose subito: non sapeva che pensare
di tutta quella storia, della comparsa di una sorella perduta e di
tutto quel mistero senza capo né coda. Ma Septimius era suo
amico, il suo migliore amico. «Certo» sussurrò
infine, convinto che si sarebbe pentito di quella risposta.
Improvvisamente
qualcuno si materializzò alle spalle di Reammon, qualcuno che
ancora prima di arrivare aveva già cominciato a lanciare
Schiantesimi in ogni direzione.
«Che
cosa diavolo...?» esclamò Reammon, proteggendosi con un
sortilegio scudo. Era apparsa una ragazza dai lunghi capelli rossi,
con indosso la stessa divisa scolastica di Priscilla e la bacchetta
levata davanti a sé. Ma la prima cosa che si notava di lei era
lo sguardo disperato, gli occhi arrossati di qualcuno che aveva
pianto troppo a lungo, il volto straziato da un dolore insostenibile.
«Mamma...»
sussurrò Mairead allungando le sue dita verso la figura
impalpabile della giovane ragazza dai capelli rossi, pur sapendo di
non poterla toccare. Doveva essere appena morto Reg: lo si leggeva
nella disperazione che la spingeva ad agire.
«Weasley?
Che ci fai qui?» domandò Priscilla, scioccata da
quell'apparizione improvvisa.
«Hai
ucciso mio fratello!» strillò Mary, con la voce roca e
ingozzata per il troppo pianto.
Reammon
e Saiminiu osservarono le due ragazze incapaci di capire che cosa
fosse successo.
Priscilla
non negò l'accusa. «È stato un incidente»
rispose scuotendo il capo.
Mairead
avrebbe voluto scagliarsi contro di lei, ma sapeva che era solo un
flebile ricordo.
Il
tono di Mary si fece sarcastico, forse per il troppo dolore che non
riusciva a trovare altro modo di esprimersi. «Ah, sì? E
allora perché sei scappata da Hogwarts? Perché sei
fuggita?»
«Ti
ho detto che è stato un incidente!» ripeté
Priscilla con foga, frustrata e forse troppo orgogliosa per ammettere
di essersi pentita di quello che aveva fatto.
«La
Black mi ha raccontato un'altra cosa: tu e i tuoi amichetti
Mangiamorte stavate facendo qualche scherzo idiota ai primini e mio
fratello si è ribellato. Così l'avete ucciso, non è
vero?» riprese Mary, sempre in tono sarcastico. Ma poi il
dolore le scoppiò nel petto e la ragazza strillo: «Tu
l'hai ucciso!»
Mairead
ebbe un piccolo singhiozzo e gli occhi le si inumidirono. Ancora una
volta si ritrovò a sussurrare il nome della madre: avrebbe
voluto abbracciarla, consolarla, sostenerla in quel momento, ma non
poteva.
Saiminiu
era pietrificato dallo shock. Sua sorella aveva ucciso qualcuno?
«Scilla,
che cosa...?» sussurrò incapace di realizzare quello che
stava accadendo intorno al lui.
Ancora
una volta Priscilla non poté negare. «È stato un
incidente» ripeté per la terza volta. «Nessuno
voleva che finisse così! Dovevamo solo spaventarlo!»
Le
parole le erano uscite con violenza, le aveva quasi urlate, ma subito
si pentì di quella confessione. Ormai l'aveva ammesso, anche
difronte a suo fratello. Aveva ammesso di aver ucciso il piccolo Reg
Weasley.
«L'hai
ucciso davvero? Tu... hai ucciso un ragazzino?» chiese Saiminiu
in un sussurro. Non poteva crederci, non voleva crederci. Sua sorella
non era un'assassina.
Ma
Priscilla abbassò gli occhi a terra. «Io... non...
volevo...» la voce le morì in gola e le ultime parole
furono poco più di un fruscio di foglie.
«Io
credo che dovremmo andare tutti dal professor Captatio»
proruppe Reammon in tono autoritario.
Mairead
si voltò verso suo padre: si era completamente dimenticata
della sua presenza, ma per una volta apprezzò il suo
inaspettato buonsenso. Andare tutti quanti da Captatio era davvero la
cosa più logica. Era la cosa che avrebbe dovuto fare anche
lei, invece di sgattaiolare fuori dal Trinity per inseguire un
fantasma dei suoi ricordi.
Alle
parole di Reammon, anche Saiminiu parve riscuotersi. «Sì,
Mon ha ragione. Qui è... andiamo da Captatio» farfugliò
ancora confuso, ma abbastanza certo che quella fosse l'idea migliore.
Ma
non lo era per Priscilla. «No, Sep! Mi spediranno ad Azkaban!»
strillò con ritrovato vigore. Era terrorizzata. Forse si era
davvero trattato di un incidente e lei certo non avrebbe voluto che
finisse così.
«È
ciò che ti meriti per aver assassinato mio fratello! Non
scapperai di nuovo, Saiminiu!» gridò invece Mary,
puntandole contro la sua bacchetta.
«No!
Septimius!» rispose Priscilla, lanciando sguardi disperati al
fratello. «Ero venuta fin qui per cercare il tuo aiuto! Credevo
di potermi fidare di te... dovevi aiutarmi a fuggire!» protestò
con la voce acuta.
Ancora
una volta fu Reammon ad intervenire con decisione e coraggio. «Tu
non te ne vai da nessuna parte. Ora andiamo tutti dal Preside».
«No!»
strillò Priscilla, sollevando a sua volta la bacchetta.
Ma
Reammon si frappose tra lei e Mary, con il braccio teso davanti a sé,
pronto a proteggere se stesso e la giovane ragazza inglese.
Saiminiu
parve impazzire. «Reammon non puntare la bacchetta contro mia
sorella!» esclamò, scioccato e incapace di realizzare
ciò che accadeva intorno a lui. Era in mezzo ai due
contendenti, il suo migliore amico da una parte e sua sorella
dall'altra. Aveva le mani alzate verso entrambi, come per chiedere
una tregua. E, dietro Reammon, Mary si stringeva il petto come se non
riuscisse a sopportare tutto quel dolore.
La
stessa scena che si era svolta nel bosco poche ore prima. La stessa
identica scena. Solo che quella volta i protagonisti erano
cambiati.
«Gran
bell'amico che hai, Sep. Si è schierato con la Weasley!»
esclamò sarcastica Priscilla: sembrava che l'eccitante
prospettiva di un duello avesse risvegliato le sue facoltà.
«Lei
almeno non è un assassina!» rispose di rimando Reammon.
E finalmente si mostrò per il Raloi che era: puntò la
sua bacchetta contro la ragazza e la squadrò con coraggio.
«Reammon!
Abbassa quella bacchetta!» esclamò esasperato Saiminiu.
Era vero, sua sorella aveva confessato di aver ucciso il piccolo
Weasley, ma lui non poteva permettere che i due si affrontassero in
duello. Non poteva.
«Oh,
Sep, perché non dici anche a tua sorella di non puntarmi la
bacchetta contro?» rispose invece Reammon, con sarcasmo
marcato.
Saiminiu
sembrava sul punto di strapparsi tutti i capelli dalla testa: una
sola scintilla avrebbe potuto far scoppiare un pandemonio. «Giù
le bacchette, tutti e due!» strillò, nel tentativo di
riportare ordine. «Ora si va dal preside!» continuò
con voce più sommessa.
Fu
la scintilla.
«Nooo!
Traditore!» gridò sua sorella, come un animale ferito.
Per
quanto Mairead la odiasse per quello che aveva fatto, non poté
evitare di provare un po' di pena per lei: Saiminiu aveva scelto di
stare dalla parte di Reammon e Mary, aveva preferito portarla dal
preside, come un'assassina qualunque. L'aveva tradita, lui, l'unico
che fosse mai stato dalla sua parte.
E
scoppiò il finimondo: incantesimi che volavano dappertutto,
Reammon e Priscilla che si affrontavano senza risparmiare i colpi,
Saiminiu che strillava.
Il
caos.
Mairead
si riparò dietro un albero, ben consapevole che non poteva
essere colpita, ma lo stesso spaventata da quel folle duello.
Proprio
in quel momento sentì la presa salda di qualcuno che la
strappava via da quel ricordo e si ritrovò nuovamente
nell'ufficio di Captatio. Barcollò appena, ma riuscì a
stare in piedi.
Il
volto di Saiminiu era una maschera d'angoscia. Con un debole colpo di
bacchetta, riportò il ricordo argenteo dentro la sua testa,
lasciando il pensatoio del preside limpido e cristallino.
Mairead
prese un profondo respiro, cercando di interiorizzare quanto aveva
appena visto. Ma non era finita, doveva sapere ancora delle cose.
«Poi che successe, professore?» chiese con un sussurro.
Saiminiu
distolse gli occhi e prese a fissare l'orizzonte fuori dalla
finestra. «Tuo padre e mia sorella si affrontarono, finché
una maledizione di Reammon non la colpì in pieno petto e
lei... scomparve. Io accusai tuo padre di averla uccisa: credevo
che...» la sua voce si spense; dopo qualche secondo di pausa
riprese con maggiore decisione: «Credevo che l'avesse
ammazzata, invece probabilmente lei si era solo smaterializzata.
Aveva capito che anche se avesse vinto il duello, io non l'avrei
aiutata a fuggire come sperava, quindi aveva deciso di andarsene.
Solo che... sembrava che fosse morta».
Saiminiu
fece un'altra pausa, forse perché rievocare quella notte era
troppo doloroso. Ma alla fine si voltò verso Mairead e
continuò: «Fu la fine degli Extraiures. Quella
stessa sera andammo da Captatio e gli raccontammo quello che era
successo, ma nulla poteva sanare la frattura che si era creata fra
noi. Io ero convinto che Reammon avesse assassinato mia sorella:
anche se lei aveva ucciso il piccolo Reg Weasley, non si meritava di
fare quella fine. Distrussi il nostro covo e non gli rivolsi mai più
la parola. Non volevo sapere più niente di lui. Credo che
Reammon andò al funerale di Reg, e poi cominciò a
frequentare tua madre. Lo sentii qualche anno dopo, quando mi inviò
una lunga lettera di scuse: voleva riallacciare i contatti e
invitarmi al suo matrimonio con Mary. Mi chiedeva di essere il suo
testimone» Saiminiu si bloccò, amareggiato. «Io
nemmeno gli risposi» concluse.
Forse
rimpiangeva di aver ignorato quella lettera. Forse gli mancava
Reammon. Forse ora, alla luce di quello che era successo, capiva che
era arrivato il momento di rappacificarsi con il suo migliore amico.
«Ma
non fu... accusato di omicidio?» domandò Mairead con un
filo di voce.
Negli
occhi di Saiminiu comparve un velo di amarezza. «No. Mia
sorella praticamente non esisteva. I miei genitori non avevano
ammesso la sua nascita davanti al mondo magico, certo non avrebbero
ammesso la sua morte» rispose in un sussurro.
«Ma
Priscilla è viva» commentò Mairead, in tono
speranzoso. Non aveva mai conosciuto un amico di suo padre e l'idea
che fosse sempre così solo la preoccupava parecchio. Ma se il
professor Saiminiu avesse accettato di riconciliarsi con lui...
sembrava che fossero stati così legati al tempo in cui avevano
frequentato il Trinity.
«Già,
Priscilla è viva e non è più la ragazzina
innocente con cui giocavo da bambino, costretta a restare segregata
in casa tutta la vita» rispose Saiminiu con voce sommessa.
Sembrava immensamente triste. «Devo rassegnarmi, non la riavrò
indietro. È cambiata, la mia sorellina non esiste più.
Io credo che quando scappò quella notte di venti anni fa, poi
si unì a Tu-sai-chi».
Il
professore stava facendo tutti quei pensieri amari ad alta voce,
quasi come se si fosse dimenticato della presenza di Mairead. Doveva
essere estremamente deluso da sua sorella, che si era nascosta da lui
per venti lunghissimi anni, temendo il suo giudizio, sebbene lui non
avesse mai smesso di amarla. Lui aveva distrutto la sua unica vera
amicizia per lei, mentre lei aveva preferito scappare dalla verità,
andare a nascondersi dietro al potere di Tu-sai-chi. Forse era tempo
di risvegliarsi dal torpore in cui aveva vissuto in tutti quegli
anni. E finalmente tornò a sorridere: si era quasi dimenticato
come si faceva.
Si
voltò verso Mairead e sussurrò: «Pensi che tuo
padre potrebbe perdonarmi?»
Noooo!
È ufficiale: io odio il mio computer! Questa volta, giuro che
avevo controllato bene che fosse avvenuto l'aggiornamento, invece mi
ha dato cilecca di nuovo! Mi dispiace tantissimo...
Comunque,
eccomi qui (finalmente, direte voi!), con l'ultimo capitolo. Ormai
tutti i misteri sono stati svelati. Il finale è appositamente
aperto, ma non temete, mercoledì prossimo (se il pc non mi
frega di nuovo!) pubblicherò l'epilogo e la domanda di
Saiminiu otterrà risposta.
nb.
La Black a cui si riferisce Mary è ovviamente Narcissa.
Nel
frattempo, qui
c'è l'immagine del capitolo: come avrete notato, è
esattamente speculare a quella del capitolo 18, solo che questa volta
i protagonisti sono i diciottenni fratelli Saiminiu, Reammon e Mary.
Ora,
prima dell'epilogo, ho un sondaggio da proporvi: all'inizio di
gennaio comincerò a pubblicare i due corollari. A voi la
scelta di quale preferite che pubblichi prima!
Il
coraggio di scegliere:
riguarda il primo anno di scuola di Reg Weasley ed è dunque
ambientato a Hogwarst; vedrà come protagonisti anche altri
personaggi da me inventati (Mary Weasley e Priscilla Saiminiu) o
rubati dalla saga canon (Regulus e Narcissa Black). Vi avverto...
sarà una storia piuttosto triste, come potere immaginare!
Vita
da fuorilegge:
piccolo excursus sulle vite dei miei due fuorilegge, ovvero Septimus
e Reammon, con questo schema: 3 capitoli ciascuno dedicati alla loro
infanzia, altri 6 dedicati alla loro amicizia al Trinity fino allo
scontro finale e 2 ciascuno per l'età adulta, fino al
capitolo finale con la riconciliazione.
A
voi la scelta! Fatemi sapere cosa preferite, e la maggioranza
vincerà! Rispondete numerosi!
A
presto
EDIT:
procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!
Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note
dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^
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Capitolo 21 *** Epilogo ***
EPILOGO
Per
fortuna Mairead, Edmund e Laughlin non avevano da pensare agli esami
quell'anno, perché durante gli ultimi giorni di scuola,
avevano tutti e tre la testa persa altrove. Laughlin passò
alcuni giorni in infermeria, ma alla fine riuscì a rimettersi
abbastanza alla svelta.
Quando
Mairead raccontò ai suoi amici quello che le aveva detto il
professor Saiminiu, quasi non ci credevano: era la storia più
assurda che avessero mai sentito. Almeno, Edmund ebbe il buon gusto
di non dire che lui aveva sospettato di Priscilla fin dall'inizio. Ci
aveva visto giusto, come al solito, ma anche aver salvato la vita di
tutti loro non sarebbe bastato a risparmiargli un bel cazzotto da
parte di Mairead, se solo avesse osato far notare che aveva da sempre
ragione.
L'ultimo
giorno di scuola arrivò in un baleno. Con somma soddisfazione
di Laughlin, furono i Nagard a conquistarsi l'Arpa Celtica.
Anche
per quell'anno i tre amici ne avevano combinate di grosse, ma questa
volta si trattava di una storia privata, quindi Captatio non poté
rimproverarli durante il suo discorso al banchetto finale. Si limitò
a lanciare numerose occhiatacce nella loro direzione, ma tutti e tre
erano convinti che sotto i suoi enormi baffoni stesse ridendo.
Il
viaggio in treno fu assolutamente tranquillo, ma la presenza di
Dominique nello scompartimento impedì ai tre amici di
commentare ciò che era successo durante quella fatidica sera.
A
metà pomeriggio il treno abbandonò l'uggiosa campagna
irlandese per penetrare in città, fino alla stazione di
Dublino. I ragazzi presero i loro bagagli e si avviarono pensierosi
verso la banchina.
Come
al solito ad aspettarli c'era Reammon con la sua aria svampita e la
famiglia Maleficium al completo, con tanto di esagitato Bearach che
saltellava come un matto, trattenuto a stento dalla presa salda del
padre.
«Bentornati,
ragazzi. Passato bene quest'anno?» domandò cordiale il
signor Maleficium.
I
tre amici si scambiarono uno sguardo eloquente.
«Assolutamente
sì, papà» rispose Laughlin con un sorriso.
Reammon
lanciò un'occhiata di sbieco alla figlia: forse era l'unico
che poteva sapere qualcosa di quello che era successo, ma ebbe il
buon gusto di non commentare la faccenda in pubblico.
«Ciao,
Ed! Ciao, Ed! Ehi, quest'estate c'è la coppa del mondo di
Quidditch! Gioca anche l'Irlanda! Devi assolutamente venire, Ed!»
esclamò esagitato Bearach.
Edmund
fece un mezzo sorrisetto, senza specificare che non ci trovava nessun
gusto nel vedere quattordici giocatori inseguire quattro palle a
cavallo di scope da corsa.
Laughlin
invece batté le mani, per una volta condividendo l'entusiasmo
del fratellino. «Giusto, devi assolutamente venire. Papà
riuscirà a trovare i biglietti almeno per una partita
dell'Irlanda, vero?» chiese, con una faccina angelica rivolta
verso il padre.
Eoin
fece un mezzo sorrisetto. «Vedremo» rispose in tono
sibillino.
Laughlin
allora strizzò l'occhio a Edmund e gli sussurrò
all'orecchio: «Questo è un sì».
I
tre amici attraversarono insieme il passaggio verso la stazione di
Dublino e poi si salutarono, certi che con la scusa della Coppa del
Mondo di Quidditch si sarebbero rivisti presto.
Edmund
si avviò sconsolato verso la direttrice, che per l'occasione
era scortata dalla signorina Quinn. La donna osservava con occhio
critico il tait con tanto di coda di Eoin e il lungo abito irlandese
di Daire, ma soprattutto squadrava Reammon, forse ricordandosi della
scenetta avvenuta lo scorso agosto, quando lui aveva estratto da una
tasca un quadro e un corno di animale non meglio identificato.
Mairead
salutò tutti e si affrettò a seguire il padre, che per
una volta sembrava aver dimenticato la sua spensieratezza da
archeologo, per assumente quel poco di rigidità adatta ad un
padre che ha appena scoperto come la figlia abbia tentato di farsi
ammazzare per il terzo anno di fila.
Quando
furono sufficientemente lontani da orecchie indiscrete, si voltò
verso la ragazza. Aveva uno sguardo tagliente che non gli si addiceva
proprio. «Captatio mi ha mandato una lettera e mi ha raccontato
quello che hai combinato. Che hai da dire a tua discolpa?»
«Professor
Saiminiu!» esclamò Mairead, sorpresa.
Reammon
la guardò perplesso. «Non è una buona scusa...»
cominciò a dire, ma la ragazza lo interruppe, tirandolo per la
manica e costringendolo a voltarsi: Septimius Saiminiu li stava
raggiungendo. Reammon si irrigidì e aspettò che fosse
l'altro a fare la prima mossa.
Saiminiu
si stropicciò le mani, ma non abbassò lo sguardo.
«Reammon, scusami» disse tutto d'un fiato. Quelle
semplici parole dovevano costargli molto care: va bene chiedere
perdono, ma il suo orgoglio gli impediva di abbassare gli occhi a
terra.
Reammon
digrignò i denti. «Dopo tutti questi anni è
l'unica cosa che sai dire?»
Calò
un silenzio teso, mentre i due maghi si scrutarono a fondo. Mairead
temeva il peggio, ma poi Reammon disse una sola parola:
«Inglesofilo».
Mairead
aggrottò la fronte, perplessa: quello di solito era un insulto
e non le sembrava proprio la cosa migliore da dire in quel momento.
Invece
Saiminiu sorrise. «Sangiunista» gli rispose.
Fu
un attimo e poi i due vecchi amici si abbracciarono, come se non
fosse mai successo niente tra di loro.
Mairead
stava osservando la foto di Reg, la stessa che Edmund aveva trovato
in soffitta quasi un anno prima. La fissava da parecchi minuti, come
se il ragazzetto sorridente avesse qualcosa da comunicarle, un
messaggio di forza, di coraggio. Era seduta a gambe incrociate
davanti allo scatolone dei ricordi, in soffitta. Quando la sua
bacchetta si era rotta, aveva deciso di non comprarne una nuova,
ricordandosi che a casa sua era ancora conservata quella di suo zio
Reg: quando l'aveva provata, si era trovata abbastanza bene e aveva
preferito tenere quella. Era come se avesse un significato profondo
per lei, una memoria che non doveva mai essere dimenticata.
Avrebbe
voluto scoprire tante altre cose su Reg, ma non conosceva nessuno che
potesse raccontargliele. I suoi nonni materni non li vedeva da anni
ed era convinta che non sarebbe stata una buona idea presentarsi da
loro e chiedere del secondogenito morto in giovane età.
L'unica possibilità che aveva era quella di contattare Arthur
Weasley, lo stesso che aveva scritto quelle vecchie lettere a Reg:
era il cugino inglese di sua mamma. L'aveva già sentito
nominare un paio di volte dai suoi genitori, ma non l'aveva mai
visto. Chissà se le avrebbe risposto, nel caso in cui avesse
ricevuto un suo gufo.
Mentre
stava osservando la grafia infantile dello zio che aveva
scarabocchiato degli appunti su in vecchio libro di incantesimi,
l'occhio le cadde su un grosso rotolo di pergamena chiuso da un
nastro di velluto, seminascosto da vecchi cimeli e cianfrusaglie. Si
allungò verso l'oggetto del suo interesse e cercò di
estrarlo da quel caos senza far crollare l'equilibrio precario della
soffitta. Era ricoperto da uno strato di polvere, ma la carta con cui
era stato fatto sembrava essere molto preziosa. Mairead lo srotolò
lentamente, facendo attenzione a non strappare la costosa pergamena.
Era un albero genealogico.
In
alto stava lo stemma di famiglia, uno scudo bianco con una torre
rossa al centro, e sotto di esso il motto “etiam periunt
ruinae”, anche le rovine muoiono. Il cognome principale era
O'Brian, quello di sua nonna Joey. Doveva essere l'albero genealogico
degli O'Brian di Mael Duib. Mairead fece scivolare il dito sulla
pergamena pregiata fino al fondo della pagina, alla ricerca del suo
nome. Quando lo trovò, lo contemplò per qualche
secondo, poi risalì ai suoi genitori: Reammon e Mary. Sotto il
nome di sua madre c'era, oltre all'anno di nascita, anche quello di
morte. Sopra stavano i nonni materni, Leopold e Grymill, e proprio in
parte a Mary compariva l'etichetta “Reginald Weasley”,
accompagnata dalle date 1961-1973. Mairead accarezzò quel
nome, come se in quel modo potesse consolare lo zio morto troppo
giovane.
Dopo
qualche secondo, sposò lo sguardo sui nonni Aaron e Joey: i
genitori di Aaron, in quanto Babbani, non erano stati inseriti
nell'albero genealogico della famiglia nobile. In fianco a Josephine
era riportato il nome di sua sorella, Evangeline, con il marito.
Mairead ci impiegò qualche secondo a realizzare quello che
stava leggendo: Cassian Deamundi. La ragazza alzò lo sguardo
dalla pergamena e prese a fissare il vuoto.
Per
tutti i folletti, Deamundi! I Conti di Con Cetchthach! Era
imparentata con i Deamundi!
Sotto
i nomi di Evangeline e Cassian c'era quello dell'attuale Conte,
Meccorin Deamundi. Il Conte di Con Cetchthach era il cugino diretto
di suo padre. Quella storia era davvero assurda! Ma ciò che
era ancora più assurdo era il fatto che Eibhean Deamundi,
l'ultimo dei sette figli di Meccorin era suo cugino. Quel
sanguinista altezzoso con la puzza sotto il naso era imparentato con
lei!
«Mairead,
dove sei?»
La
voce di suo padre la riportò bruscamente alla realtà.
«Quassù, in soffitta» rispose buttando un'occhiata
alla botola dietro di lei.
Poco
dovo vide comparire il volto sorridente di Reammon. «Che stai
facendo, tesoro?» le chiese, sedendosi al suo fianco.
Come
unica risposta Mairead gli mostrò l'albero genealogico della
famiglia O'Brian: al vedere la vecchia pergamena, il sorriso di
Reammon si congelò. Mairead aveva uno sguardo tagliente.
«Perché non me ne hai mai parlato, papà? Della
famiglia, dei Deamundi... di Reg?» domandò con amarezza.
Avrebbe preferito se fosse stato suo padre a raccontarle tutto,
invece di venirlo a sapere dal professor Saiminiu e da un vecchio
albero genealogico. Non sapeva assolutamente niente della sua
famiglia perché nessuno gliene aveva mai parlato.
Reammon
si stropicciò le mani a disagio; i suoi occhi guizzavano
lontani, come a cercare una via di fuga, o forse le parole più
giuste da dire. «Di Reg, io...mi vergognavo» rispose con
un filo di voce.
«Ti
vergognavi? E perché?» gli domandò la figlia,
senza capire.
E
Reammon esplose. «Mairead, io ho passato gli ultimi vent'anni
della mia vita convinto di aver ucciso una persona, e non una
qualunque, ma la sorella del mio migliore amico! Pensi forse che
sarebbe stato divertente per me rievocare quella notte, confessare
quello che avevo fatto, tornare con la mente a quei...» la voce
gli morì in gola e Reammon fu costretto a distogliere lo
sguardo dalla figlia.
Mairead
si pentì immediatamente di averlo aggredito a quel modo: aveva
pensato soltanto a se stessa, dimenticandosi che per suo padre doveva
essere stato penoso vivere con quel senso di colpa per tutti quegli
anni. «Oh, papà» sussurrò rattristata. «Mi
dispiace».
«No,
scusami tu. Sono stato un po' sgarbato, è che...»
cominciò Reammon. Poi sorrise. «...è difficile».
Mairead
rispose al sorriso con sincerità. Dopodiché gli gettò
le braccia al collo con uno slancio ed esclamò: «Ti
voglio bene, papà. Non ti cambierei per nulla al mondo».
Reammon
la strinse a sé in un abbraccio. «Anche io ti voglio
bene, piccolina. Anche io».
Ebbene,
eccoci giunti alla fine di questo terzo racconto della saga. A me un
po' dispiace, ma se sono riuscita con le mie parole a regalarvi un
sorriso o a strapparvi una lacrima di commozione (anche figurata!)
sono più che soddisfatta. Grazie a tutti quelli che hanno
commentato, che hanno seguito o anche solo leggiucchiato qualche
riga.
Un
abbraccio a tutti!
Beatrix
Bonnie
Per
passare a questioni più pratiche, non pensiate che mi sia
dimenticata del sondaggio! La maggioranza ha votato per “Il
coraggio di scegliere”, che quindi sarà pubblicato per
primo a partire dal secondo sabato di gennaio, probabilmente con
scadenza settimanale.
Inoltre,
visto che non avevo un'immagine per questo epilogo, vi metto i
disegni degli stemmi di alcune tra le più importanti famiglie
nobili purosangue. Il mio preferito è quello dei Maleficium,
perché mi piace come famiglia, ma anche quello degli O'Brian
ha il suo perché!
Famiglia
Daemundi, motto “O domhain na bunn” (dal profondo delle
fondamenta)
Famiglia
Maleficium, motto “Pax ordum pax orbis” (pace degli
ordini sociali, pace del mondo)
Famiglia
O'Brian, motto “Etiam pereunt ruinae” (anche le rovine
muoiono)
Famiglia
Saiminiu, motto “Faoi sciath na Firinne” (sotto lo scudo
della Verità)
Famiglia
Allen (quella di Cecelia Allen, la portiera dei Llapac... eh, sì
è bella e pure nobile! Certa gente ha tutte le fortune),
motto”In bono semper” (sempre nel bene).
EDIT:
si conclude anche per questo racconto il mio infinito lavoro di
risistemazione dei dialoghi! Ce la farò prima o poi a finire
tutto, abbiate fede! ^^
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