La sorella perduta

di Beatrix Bonnie
(/viewuser.php?uid=83290)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il corno di graphon ***
Capitolo 2: *** Dubh Cliathan ***
Capitolo 3: *** Cose da purosangue ***
Capitolo 4: *** L'Encomio della Repubblica ***
Capitolo 5: *** A casa Boenisolius ***
Capitolo 6: *** Rovine e rivelazioni ***
Capitolo 7: *** La lettera dal passato ***
Capitolo 8: *** Lo scatolone dei ricordi ***
Capitolo 9: *** Orgoglio e inseguimenti ***
Capitolo 10: *** Il fascino del mistero ***
Capitolo 11: *** La nuova battitrice ***
Capitolo 12: *** La scritta sul muro ***
Capitolo 13: *** Vittoria strappata ***
Capitolo 14: *** Incidenti a Doolin ***
Capitolo 15: *** Partita di sangue ***
Capitolo 16: *** Il covo ***
Capitolo 17: *** Reg ***
Capitolo 18: *** La vendetta della sorella perduta ***
Capitolo 19: *** La bambina mai nata ***
Capitolo 20: *** Tuffo nel passato ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il corno di graphon ***


CAPITOLO 1

Il corno di graphorn






Edmund cominciò a tormentare un buco dei pantaloni della divisa scolastica con aria nervosa. Mairead aveva promesso di venire a prenderlo alle nove di quello stesso giorno, ma l'orario dell'appuntamento era già passato da un pezzo e della sua amica non si vedeva nemmeno l'ombra. E se non fosse venuta?

Lui non aveva la più pallida idea di come raggiungere il Palazzo del Ministero della Magia. Eppure alle dieci in punto ci sarebbe stata la cerimonia per la consegna dell'Encomio della Repubblica e lui doveva essere presente. Era stato costretto ad indossare la divisa del Trinity, anche se le maniche cominciavano a diventargli corte, perché non aveva altri vestiti, ad esclusione dei pantaloni e della giacca grigia dell'orfanotrofio, ma quelli erano abiti da Babbani.

«Ma come diavolo ti sei conciato?» gli domandò Shannon, nel vederlo con la divisa verde dei Raloi.

«Non sono affari tuoi» gli rispose con acidità Edmund.

Già la sua divisa non era messa al meglio, visto che era stato costretto a comprarla di seconda mano ormai più di due anni fa, se poi ci si metteva anche Shannon con il suo sarcasmo, Edmund avrebbe anche potuto fargli saltare la testa con qualche incantesimo. Per di più, anche se aveva la prospettiva di passare il resto dell'estate a casa di Mairead, non aveva affatto voglia di rivedere McPride. Gli metteva i brividi quell'uomo.

«Mi fai pena» lo provocò ancora Shannon.

Ma perché caspita non lo lasciava in pace?

Edmund non rispose alla provocazione, ma invece cercò di concentrarsi su un passerotto che saltellava tranquillo in giardino.

«Se stai cercando di metterti elegante per quegli strambi dei tuoi amici, puoi anche evitare, tanto non verrà nessuno a prenderti. Fallito» continuò Shannon, con il preciso intento di provocare una sua reazione.

L'uccellino, fissa l'uccellino. si disse mentalmente Edmund, assumendo un'espressione vacua dovuta alla fissità dello sguardo.

Ma Shannon non demordette. «Allora, non rispondi? Eh, codardo?»

Codardo. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lui non era un codardo.

Edmund estrasse di tasca la bacchetta magica e gliela puntò contro. Aveva le narici dilatate per la rabbia e ansimava.

Shannon guardò con aria derisoria il bastoncino di legno e poi sghignazzò divertito. «Andiamo, Strambo, dovrei aver paura?»

«Sì, Shannon. Dovresti averne» rispose Edmund fissandolo dritto negli occhi. C'era qualcosa di malvagio nel suo sguardo, qualcosa di malvagio e selvaggio.

E, sì, Shannon ebbe paura.

«Edmund!»

Il suo nome pronunciato in tono di rimprovero da quella voce lo riportò alla realtà.

Il ragazzo abbassò la bacchetta e tornò improvvisamente calmo. Che diavolo gli era saltato in mente? Cosa pensava, voleva farsi espellere dal Trinity per un idiota come Shannon?

«Mairead» sussurrò flebilmente, voltandosi verso la sua amica. Per un attimo la ragazza fece la sostenuta, accusandolo con sguardo di rimprovero, ma la messa in scena non durò a lungo. Pochi secondi dopo gli aveva già gettato le braccia al collo. «Ed, mi sei mancato!»

«Anche tu...» bofonchiò il ragazzino, stritolato dall'abbraccio dell'amica. Quando finalmente Mairead si staccò da lui, Edmund notò che indossava un vestitino colorato che gli ricordava molto quelli della danza tradizionale irlandese. Era stano vedere la sua amica curata nel vestire e pettinata in modo elegante, visto che di solito non si preoccupava troppo del suo aspetto. Doveva essere tutto programmato per la cerimonia dell'Encomio. Solo quando si accorse che stava fissando Mairead da troppo tempo, Edmund distolse lo sguardo da lei e vide Reammon che gli sorrideva con giovialità.

La scena che si presentò ai suoi occhi non poteva essere più diversa di quella dell'anno scorso, quando Laughlin e suo padre erano venuti a prenderlo: Eoin Maleficium era un signore distinto e rispettabile, Reammon Boenisolius, per quanto quel giorno fosse vestito in modo elegante per la cerimonia che si sarebbe svolta di lì a poco, non perdeva mai quella sua espressione da archeologo pazzo. Aveva i capelli spettinati, gli occhi sempre sorridenti e luminosi, l'aria eccitata di chi ha appena scoperto qualcosa di sensazionale.

«Sarà fantastico averti a casa nostra, Edmund!» gli disse, nello stringergli la mano con un sorriso.

L'arrivo della direttrice dell'orfanotrofio, che li squadrò con aria truce, non smorzò il suo entusiasmo. «Oh, lei è la direttrice? Piacere di conoscerla, sono il signor Boenisolius, il padre di un'amica di Edmund. Siamo venuti a prenderlo» si presentò, stingendo la mano anche alla donna.

«Burke non se ne va da nessuna parte. Sta arrivando l'assistente sociale» gli rispose la direttrice, stringendo la mano di Reammon con poca convinzione.

«Chi viene?» sussurrò Mairead all'orecchio di Edmund.

Il ragazzino si incupì quando vide una donna secca e dalla faccia acida ferma davanti al cancello di ingresso: la signorina Quinn, la sua assistente sociale. Dire che quella donna lo odiava era qualcosa di riduttivo: da anni che lo aveva in cura, non era mai riuscita a trovargli una famiglia di affidamento che non lo ricacciasse all'orfanotrofio dopo meno di due settimane. Ma non era colpa sua se faceva volare gli oggetti o parlava con i serpenti. Da quando aveva cominciato a frequentare il Trinity, non passava giorno che non si impicciasse nei suoi affari: voleva sapere come andava a scuola, cosa studiava, cosa faceva nel tempo libero, dove si trovava l'edificio scolastico, perché la contea non le permetteva di vedere la struttura, chi erano i suoi insegnanti, come si era guadagnato l'ammissione a quel prestigioso college. Insomma, una scocciatura. Edmund era convinto che il Dipartimento per l'Istruzione Magica le avesse fatto una bella fattura, ma la donna non demordeva nel suo intento di voler scoprire ogni segreto del Trinity College.

La signorina Quinn attraversò il cortile a passo di marcia, scoccò un'occhiata di sufficienza a Reammon, poi si voltò verso la direttrice. «Che cosa sta succedendo?» chiese, cominciando a battere il piede a terra.

Reammon tese la sua mano verso di lei e spiegò daccapo la situazione.

La Quinn non si degnò nemmeno di stringerla. «Senta, signor Bonissolis, lei non può venire qui e portarsi via uno dei ragazzi per un mese intero. La contea non lo permette».

Il sorriso di Reammon si impietrì per un istante. Solo per un istante, però. Subito dopo il suo volto si illuminò, come se improvvisamente si fosse ricordato una cosa. «Ah! Lei è la Babbana che sta dietro a Edmund, vero?» esclamò tutto d'un tratto, nuovamente euforico, più di un bambino goloso che ha trovato un sacchetto di caramelle abbandonato. La Quinn gli rivolse uno sguardo di scioccata sufficienza, ma non ebbe il tempo di commentare nulla, perché Reammon continuò: «Ho una cosa per lei!»

A quelle parole cominciò a frugarsi in tasca, con aria corrucciata. Tutti pendevano dalle sue labbra, aspettandosi una qualche rivelazione, ma Reammon sollevò l'indice al cielo, come per chiedere il permesso di parlare. «Ce l'ho... sono sicuro che ce l'ho. Ora lo trovo» esclamò con sicurezza.

La signorina Quinn stava cominciando a spazientirsi per quella messa in scena.

«È solo che c'è un po' di disordine... magari... le dispiace?» continuò Reammon, estraendo di tasca un quadro di un paesaggio, con tanto di cornice dorata, e ponendolo tra le braccia di un'esterrefatta direttrice.

Quel coso non poteva starci in una normale tasca!

«Anche questo» disse Reammon, appoggiando sopra il quadro un enorme corno di chissà quale animale. Stava per tornare a frugare in tasca, quando, vedendo lo sguardo allibito della signorina Quinn, si affrettò a spiegare: «Oh, ma non l'abbiamo ucciso noi! Il graphorn era già morto quando l'abbiamo trovato nella Foresta Nera, vero Mairead? Uno dei due corni era irreparabilmente danneggiato, ma questo... santo folletto! È in perfette condizioni! Sono così difficili da recuperare».

«Papà» lo richiamò Mairead in tono di rimprovero. Non era certa che a quella Babbana acida interessasse qualcosa delle creature fantastiche che popolavano l'Europa centrale o che fosse anche solo minimamente incuriosita dalle loro avventure archeologiche.

Reammon interruppe il racconto e continuò a frugare nella tasca prima che la signorina Quinn potesse commentare in qualche modo la cosa. «Eccolo!» esclamò entusiasta Reammon, cercando di lisciare le pieghe di un foglio tutto stropicciato. «È l'autorizzazione» spiegò soddisfatto, mostrandolo all'assistente sociale.

Edmund sbirciò il foglio, chiedendosi che cosa potesse esserci scritto, ma rimase parecchio scioccato quando vide che era completamente bianco. Si voltò verso Mairead con sguardo interrogativo, al che la ragazza fu costretta a spiegare: «È un paipear ban, un foglio in cui puoi far credere ad un Babbano che ci sia scritto tutto quello che vuoi. Vengono rilasciati dal Dipartimento dei Rapporti con i Babbani per occasioni come queste. Ci siamo fatti tre ore di coda allo sportello ieri, per ottenerne uno. La strega impiegata era davvero un'incapace! Non riusciva a capire questa cosa dell'assistente sociale. E sì che dovrebbero prenderli esperti in Babbanologia!»

Edmund non riuscì ad evitare di sorridere, al pensiero di Reammon Boenisolius che spiegava ad una strega dall'aria annoiata il motivo per cui aveva bisogno di un paipear ban.

Comunque la cosa sembrò funzionare. La signorina Quinn lo osservò a lungo con attenzione, ma non riuscendo a trovarvi nessuna pecca (e come avrebbe potuto, d'altronde?), lo infilò in una cartelletta con numerosi altri documenti.

Reammon rimase immobile con il braccio alzato e la bocca aperta, come per voler dire qualcosa. «Mi... mi potrebbe ridare il foglio?» domandò alla fine.

La donna strabuzzò gli occhi. «Assolutamente no» gli rispose in tono categorico.

Edmund era certo che non si potesse lasciare in giro un manufatto magico del genere, ma Reammon non ebbe il cuore di contraddire l'assistente sociale.

Finalmente la signorina Quinn si voltò verso Edmund. Lo osservò con sguardo arcigno per parecchi secondi, infine si decise a parlare: «A quanto pare, Burke, è tutto in regola. Sei libero di andare».

Edmund non riuscì a trattenere un sorriso smagliate. «Grazie, signorina Quinn. Alla prossima estate» disse in tono entusiasta, poi corse nel dormitorio a recuperare il proprio baule. Dando un'ultima occhiata alla vecchia stanza dalle pareti grigie che non avrebbe rivisto per parecchi mesi, si chiuse la porta alle spalle, pronto a passare un'estate che si sarebbe rivelata indimenticabile.




Ecco qui il primo capitolo della nuova storia della saga del Trinity College! È un po' come ritrovare dei vecchi amici, pubblicare nuovamente le avventure di Mairead, Edmund e Laughlin. Spero che vi sia piaciuto!

Teoricamente dovrei aggiornare un capitolo ogni sabato, in modo da essere un po' più regolare.

Ben ritrovati ai vecchi e benvenuti ai nuovi!

A presto!




EDIT: comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! QUI, intanto, il caro Reammon con il corno di graphorn (qui la scheda sull'animale), la direttrice e la signorina Quinn.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Dubh Cliathan ***


CAPITOLO 2

Dubh Cliathan






Edmund preferì non indagare sul modo in cui il suo baule fosse finito nella tasca di Reammon Boenisolius. Non era certo che la risposta gli sarebbe piaciuta, soprattutto visto quello che Reammon era stato in grado di estrarre dalla quella tasca. Inoltre il suo interesse era tutto concentrato sulla cerimonia che si sarebbe svolta fra poco più di mezzora.

«Dove stiamo andando?» chiese Edmund, osservando i palazzi della Dublino Babbana che scorrevano sotto i suoi occhi.

Mairead sorrise. «A Dubh Cliathan» rispose con semplicità, scrollando le spalle.

Edmund la guardò con perplessità: quel nome non gli ricordava nulla. «Dove?»

«A Dubh Cliathan, la parte magica di Dublino» spiegò la sua amica.

Esisteva una parte magica di Dublino? Edmund non ne aveva mai sentito parlare.

Mairead, nel vedere l'espressione interrogativa dipinta sulla sua faccia, fu costretta a continuare la spiegazione: «Ci possono entrare solo i maghi, i Babbani non la vedono. Ci sono il Palazzo del Parlamento, il Palazzo del Ministero, la direzione del Corriere del Mago e un sacco di negozi».

Doveva essere un posto stupendo, solo che lui, relegato in un orfanotrofio Babbano, non aveva mai avuto occasione di vistarlo. «Ma molti negozi di articoli per la scuola si trovano in giro per Dublino» commentò Edmund, ricordandosi di come aveva facilmente trovato tutti i punti vendita che gli interessavano per comprare il materiale per il Trinity.

Mairead annuì. «Sì, una decina di anni fa, fu varata una legge per cui tutti i negozi che vendevano prodotti per la scuola dovevano avere un distaccamento anche fuori Dubh Cliathan, sai, per i Nati Babbani... altrimenti i loro genitori non potevano entrare a Dubh Cliathan. Fu una legge osteggiata da molti, ma alla fine il Partito della Democrazia riuscì a farla approvare dal Parlaimint» spiegò in tono pratico, mentre attraversavano il St. Stephen's Green, uno dei parchi più importanti di Dublino.

Edmund si perse via ad osservare due tortore che si inseguivano serenamente tra i rami. C'erano troppe cose del mondo magico che non sapeva, nonostante avesse passato gli ultimi due anni a studiare e leggere qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Era frustrante essere cresciuto tra i Babbani, ignorare tutte quelle cose sul mondo a cui in realtà apparteneva. Odiava essere un Nato Babbano.

«Guarda Ed, siamo arrivati!» esclamò Mairead, strappandolo dai suoi pensieri. La ragazzina stava indicando l'Iveagh Hause, la sede Babbana del Dipartimento degli Affari Esteri.

«È lì?» domandò scioccamente Edmund.

Mairead sorrise compiaciuta. «Certo».

Edmund non ebbe il coraggio di fare altre domande, mentre seguiva Reammon e Mairead verso l'Iveagh House. Mairead e suo padre si diressero senza esitazione verso l'entrata del palazzo, sotto il piccolo colonnato bianco, sebbene la porta di legno massiccio fosse evidentemente chiusa. La ragazzina si avvicinò all'ingresso, spinse il portone e questo, con il sommo stupore di Edmund, si aprì sotto il suo tocco delicato. I tre si ritrovarono in un atrio gigantesco, con i pavimenti di marmo e costosi lampadari settecenteschi appesi al soffitto. C'era un viavai di persone che erano indubbiamente dei maghi. Quello non era l'interno dell'Iveagh House.

Proprio difronte a loro, davanti all'ingresso da cui erano appena entrati, c'era un enorme portone che si apriva su una strada affollata.

«Quella è Priomhsraid, la via principale di Dubh Cliathan» disse Mairead, vedendo che gli occhi di Edmund erano stati rapiti dalla folla di gente che passeggiava guardando le vetrine dei negozi.

Il ragazzino trattenne a stento un'esclamazione di stupore. Non aveva mia visto tutte quelle botteghe per soli maghi radunate in un unico posto! Era qualcosa di stupendo.

«Buongiorno, Reammon» disse una voce alle loro spalle, che fece trasalire Edmund. Un signore con due enormi baffoni da tricheco, una pipa profumata di tabacco e una tuba che sembrava uscita da un film in costume, stava sorridendo bonario verso di loro.

«Oh, signor Coincleach» esclamò Reammon, stringendo la mano paffuta dell'uomo. «Ragazzi, questo è il direttore del Museo Nazionale di Antichità Storiche».

Mairead fece un grazioso inchino sollevando i lembi del suo vestito, mentre Edmund si accontentò di fare un segno con il capo, perché era rimasto scioccato dall'inusuale saluto aggraziato della sua amica.

«Questa è la tua piccolina? Per la barba di Merlino, com'è cresciuta» esclamò il direttore, dando un buffetto sulla guancia a Mairead.

Edmund era certo che la ragazza avrebbe morso la mano dell'uomo-tricheco per quel gesto, ma lei invece si limitò a sorridere deliziata. Edmund strabuzzò gli occhi, ma non ebbe tempo di commentare la cosa, perché il signor Coincleach si rivolse a lui.

«E tu come ti chiami?»

«Edmund Burke, signore» rispose il ragazzo, stingendo la mano dell'uomo.

«Orgoglioso di essere un Raloi, eh?» gli chiese il mago, strizzandogli l'occhio.

Edmund lisciò le pieghe della sua giacca, leggermente a disagio. «Già...» fu l'unica cosa che gli venne da rispondere.

«Allora, ragazzo mio, perché non mi racconti della tua ultima avventura nella Foresta Nera, davanti a una bella pinta di Burroguinness?» chiese il signor Coincleach, rivolto nuovamente verso Reammon.

«Non oggi, signor Coincleach; oggi siamo diretti al Palazzo del Ministero. Sa, la mia Mairead e il suo amico stanno per essere insigniti dell'Encomio della Repubblica» rispose Reammon, con evidente soddisfazione.

Il direttore del Museo si profuse in una serie infinita di complimenti, stinse loro la mano con fare pomposo e poi augurò a tutti una buona giornata.

«Da quando sei diventata vezzosa?» sibilò Edmund all'orecchio di Mairead, mentre osservava la schiena del signor Coincleach che si allontanava verso Priomhsrad.

La ragazzina lo incenerì con lo sguardo e assunse un'aria offesa, ma alla fine si degnò di rispondere: «Coincleach sta preparando una mostra e sembra che voglia chiedere a mio padre di partecipare non solo per esporre i reperti da lui trovati, ma anche per organizzare direttamente l'evento. Capisci che significa?»

«Che tuo padre non deve farsi scappare quest'occasione?»

«Scherzi? Certo che no! Voglio dire, una mostra all'interno del Museo Nazionale di Antichità Storiche non è una roba per dilettanti» asserì Mairead in tono serio.

La conversazione morì in quel momento, perché Edmund era stato rapito dallo spettacolo di Priomhsrad. Vetrine e vetrine di negozi di articoli magici si affacciavano sui due lati di una strada lastricata piuttosto ampia, affollata di gente di ogni provenienza. Edmund vide persino dei goblin, per la prima volta in vita sua, e ne fu molto affascinato.

«Questo...» esclamò Mairead, afferrando il suo amico per il braccio e trascinandolo verso una vetrina. «È il negozio da Quidditch più fornito di tutto il mondo magico!»

C'erano tantissimi ragazzini con il naso incollato al vetro; quando finalmente anche Edmund e Mairead riuscirono a conquistarsi un angolo per vedere gli oggetti esposti, capirono che cosa avesse attirato tanta attenzione: un manico di scopa nuovo fiammante vibrava a mezz'aria nella vetrina. Mairead trattenne il fiato per la sorpresa, poi esclamò: «Questa... è una Firebolt

Edmund, che non era mai stato sufficientemente interessato al Quidditch per entusiasmarsi davanti ad un pezzo di legno incantato, osservò la sua amica con aria perplessa.

Mairead gli afferrò il braccio e lo scosse avanti e indietro, in preda all'euforia. «Ed! È la scopa più veloce al mondo! È una Firebolt!» ripeté, nella speranza di coinvolgere il ragazzino con il suo entusiasmo.

«Uau» commentò invece Edmund in tono piatto.

«Come sei ottuso!» protestò Mairead. «Con questa scopa, potrei vincere tutte le mischie!»

«Quando dissi che ti avrei fatto un regalo per l'Encomio, intendevo qualcosa di più economico» esclamò una voce alla loro spalle. Reammon li aveva raggiunti e sorrideva con aria complice in direzione della figlia.

Mairead scoppiò a ridere. «Non ti preoccupare, babbo. Non ho alcuna intenzione di chiederti quella» gli rispose accennando con il capo alla Firebolt. Infine si allontanò dalla vetrina insieme al padre.

Edmund rimase ancora un attimo immobile davanti al luccicante manico di scopa, non perché gli interessasse qualcosa dell'oggetto in vendita, ma perché gli sarebbe piaciuto avere qualcuno che promettesse a lui un regalo per l'Encomio. Gli sarebbe piaciuto avere qualcuno per cui fare gli occhi dolci al signor Coincleach.

Gli sarebbe piaciuto avere un genitore.

«Ed, vieni!» lo richiamò Mairead, gesticolando nella sua direzione.

Il ragazzino si riscosse dai suoi cupi pensieri e si affrettò a seguire l'amica.

Man mano che procedevano per Dubh Cliathan, Mairead mostrava a Edmund gli edifici più importanti: c'era la sede irlandese della più grossa banca anglosassone, la Gringott, la direzione del Corriere del Mago, dove fino a pochi mesi prima lavorava Eoin Maleficium, il St. Bartleby Hospital, l'ufficio postale, con centinaia di gufi e civette di ogni dimensione e specie, e poi il palazzo dove aveva sede la Breith Cuirt na Draiocht, la Corte della Magia.

Infine giunsero in una piazza rettangolare, abbastanza luminosa e ampia, al cui centro una fontana creava sapienti giochi d'acqua con spruzzi colorati che volteggiavano nell'aria, riempiendola di minuscole goccioline che riflettevano la luce del sole. Uno di fronte all'altro stavano due palazzi identici, di raffinato gusto settecentesco, che sembravano elevarsi solitari verso il cielo, come se dovessero primeggiare uno sull'altro. La bandiera della Repubblica, verde con due bacchette incrociate dietro ad un'arpa celtica, sventolava orgogliosa sui balconi di entrambi i palazzi. Davanti a uno dei due c'era la statua di un mago dall'aria altera.

«Questa è Cearnog na Stiuradh, Piazza del Controllo» esclamò Mairead. «Qui si decide ogni giorno del futuro dell'intera Irlanda magica. Quello di destra è il palazzo del Parliamint, l'altro è il palazzo del Ministero della Magia, con davanti la statua del liberatore dell'Irlanda Magica, Zaocoonte O'Saoirse» spiegò la ragazzina, facendo una piroetta deliziata. Sembrava entusiasta di quel luogo, quasi quanto lo era stata per la Firebolt. «Qui lavorano i maghi e le streghe più sagge del mondo magico, che discutono ogni giorno per il bene della nostra nazione» continuò con un sorriso estasiato.

Era un'idea troppo idilliaca della politica per i gusti di Edmund, soprattutto se raffrontata al ghigno sadico e alla sete di potere di McPride.

«Un giorno varcherò anche io la soglia di quel palazzo come Onorevole Parlamentare e mi sederò su una poltroncina rossa di velluto per discutere sulle leggi migliori per l'Irlanda» esclamò ancora Mairead.

Ma Edmund non la stava più ascoltando perché sulla soglia, vigilata da due Auror in alta uniforme, era appena apparso un uomo distinto, che teneva per mano un ragazzetto dall'aria esagitata.

Eoin Maleficium e il figlioletto Bearach.



Ecco qui il nuovo capitolo! Scusate il ritardo, ma il mio pc è k.o. quindi ho dovuto rubare quello di mio fratello! XD Spero che vi sia piaciuta la descrizione della parte magica di Dublino... insomma, mi sembrava giusto che ci fosse un “Diagon Alley” anche in Irlanda. Giusto per informazione, Dubh Cliathan significa “ala nera” ed è ripreso dal nome gaelico (meno usato) di Dublino, Dubh Linn, appunto “stagno nero”. Ma ora basta, chiacchiere, passiamo ai ringraziamenti personali:

@ Julia Weasley: ahahah, hai disfatto le valige di corsa per venire a leggere il primo capitolo? Spero che l'attesa abbia portato buoni frutti. Io sono abbastanza soddisfatta di come si sta svolgendo la storia, ma come al solito è merito della mia alto-stima! Anche io adoro tantissimo Reammon! È divertentissimo scrivere su di lui! Ci sentiamo presto!

@ darllenwr: per Edmund è davvero penoso stare all'orfanotrofio, soprattutto lui che non solo è un mago, ma è pure un mago d'eccellenza: si meriterebbe certamente di più e tutti se ne rendono conto. Quanto all'incontro di Reammon con la signorina Quinn, mi sono divertita troppo a scriverlo: un personaggio del genere a confronto con una babbana ultra-puntigliosa è davvero uno spasso! Spero che ti sia piaciuta la versione irlandese di Diagon Alley! Ci sentiamo presto!

@ quigon89: sono contenta che ti sia piaciuta l'apparizione di Mairead e di suo padre: Reammon è un personaggio divertentissimo su cui scrivere, perché ne combina sempre una peggio del diavolo! XD Grazie della tua disponibilità, se mi verrà in mente qualcosa, ti sfrutterò ancora! Nel prossimo capitolo vedrai apparire nonna Joey, personaggio che ovviamente ti dedico, visto che mi hai aiutato a trovarne il nome!

@ Andromda2012: benvenuta a te! Sono felice che le mie storie abbiano attirato il tuo interesse e spero di non deluderti con questo nuovo capitolo della saga. Mi sa che McPride te lo dovrai sopportare ancora per un bel po': sarà uno dei personaggi principali fino alla fine del ciclo! Reammon, non mi stancherò mai di dirlo, è un tipo troppo forte! Scrivere di lui è divertentissimo! Anche a me piace molto Laughlin perché mostra come i Nagard non siano sempre cattivi (anche perché è la mia casa preferita, come immagino avrai notato!). Grazie per i complimenti, comunque! L'Irlanda è la mia terra preferita, quindi per me è facile ispirarmi alle saghe celtiche per scrivere questi racconti. A presto!

@ guetto78: purtroppo sì, devo aggiornare una volta alla settimana perché di più non riesco. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!

Un saluto a tutti e grazie a chi continua a seguire questa saga!

Beatrix




EDIT: comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! QUI Mairead e il palazzo del Ministero della Magia (ps. il palazzo della foto è in realtà Palazzo Madama a Torino, ma è esattamente a quello che mi sono ispirata per Piazza del Controllo!^^)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cose da purosangue ***


CAPITOLO 3

Cose da Purosangue






«Buongiorno, signor Maleficium» lo salutò Edmund.

Il mago fece un sorriso e accennò un saluto con il capo. «Buongiorno a voi, ragazzi. Signor Boenisolius» disse, stringendo la mano a Reammon.

«Ciao, Ed! Ciao, Ed! Ciao, Ed! Oh, ciao, Mairead!» esclamò Bearach saltellando estasiato. Anche se la madre aveva cercato di fargli indossare un completino elegante, il bimbetto non aveva perso quella sua aria esagitata che lo caratterizzava sempre.

«Ciao Bearach. Come stai?» lo salutò Edmund, ridacchiando fra sé e sé per il fatto che Laughlin dovesse sopportarsi quella peste tutti i santi giorni.

«Oh, io bene! È supermegastratosferica questa cosa dell'Encomio, Ed! Sai? Ci sono un sacco di maghi impomatati e barbosi con i loro vestiti eleganti che chiacchierano di cose inutili, e poi...» cominciò a dire Bearach tutto d'un fiato, ma Eoin lo interruppe, mettendogli una mano sulla spalla.

«Laughlin è già dentro con sua madre. Io sono stato costretto a trascinare Bearach lontano dal salone dopo che ha mandato in frantumi il busto di Greenwald il Vecchio: almeno fin tanto che non comincia la cerimonia, è meglio che io e lui ce ne stiamo qua fuori» spiegò Eoin ai nuovi arrivati, in tono accondiscendente. Sembrava allo stesso tempo rassegnato e divertito dal caratterino esuberante del figlio.

«Grazie, signore» rispose Edmund con cenno del capo e insieme a Mairead e suo padre entrò nel Palazzo del Ministero.

Laughlin e Daire Maleficium si trovavano nell'immenso e luminoso salone d'ingresso del palazzo, insieme a un gruppo di maghi dall'aria importante: dovevano essere quelli che Bearach aveva definito “barbosi”. Laughlin indossava un completo rosso, curato fino all'ultimo filo dorato del ricamo sul panciotto.

Edmund non l'aveva mai visto così elegante: sembrava la versione in miniatura di suo padre. Improvvisamente realizzò di essere assolutamente inadeguato a quell'ambiente: lui aveva indosso la divisa della scuola, per di più sciupata e di seconda mano!

Proprio in quel momento Daire indicò al figlio che erano arrivati i suoi amici e Laughlin si fece loro incontro, strappando Edmund dai suoi cupi pensieri.

«Ciao ragazzi!» li salutò con un sorriso smagliante. «Non è grandioso? Stiamo per ricevere l'Encomio della Repubblica!» Laughlin sembrava davvero entusiasta di quella cosa. Dopotutto, ne aveva anche il diritto: era raro che dei ragazzini di quasi quattordici anni fossero insigniti con quell'onorificenza. Per di più lui era un Nobile Purosangue irlandese: per quanto non lo dimostrasse, doveva essere molto orgoglioso di portare alla sua casata una medaglia di quel valore. Era qualcosa che avrebbe aumentato il prestigio della famiglia Maleficium agli occhi della comunità magica.

«Abbiamo visto tuo padre fuori, con Bearach» gli disse Mairead, accennando con il capo alla piazza.

Laughlin fece un sospiro rassegnato. «È un'insopportabile peste» commentò in tono piatto, scuotendo la testa.

In quel momento, entrarono nel salone una coppia maghi anziani: l'uomo era alto e stempiato, con gli occhi luminosi nascosti da un buffo paio di occhialetti rotondi e il sorriso gioviale, mentre la donna indossava un'improbabile vestitino azzurro a fiorellini, con il colletto bianco di pizzo. Era bassa e tarchiata e aveva i capelli tinti di un luccicante color carota che dava vagamente nell'occhio.

«Nonna Joey, nonno Aaron!» esclamò Mairead felice, correndo loro incontro.

Edmund capì che quelli erano i genitori di Reammon quando la signora afferrò la guancia del figlio e cominciò a strapazzarla, manco avesse due anni.

«Mamma, mi fai male» si lamentò Reammon, con un'espressione sconfortata.

Edmund sorrise alla vista di quel quadretto singolare, ma non riuscì ad evitare di provare una punta di gelosia.

«Vieni, dai, ti presento un sacco di persone importanti» disse Laughlin, spingendo l'amico verso il gruppo di maghi che accompagnavano sua madre. Era l'ultima cosa che Edmund avrebbe voluto fare, visto che non si sentiva a suo agio in quell'ambiente, ma fece buon viso a cattivo gioco.

«Buongiorno, signora Maleficium» salutò cordialmente, con un sorriso tirato.

«Edmund caro, che piacere rivederti» rispose Daire, stringendo calorosamente la mano del ragazzo tra le sue.

«Edmund, questo è il direttore della Gringott di Dubh Cliathan» esclamò Laughilin soddisfatto, indicando un mago grassoccio e piuttosto vecchio.

«Piacere di conoscerla, signor Burke. Una giovane promessa per l'Irlanda magica, spero» disse l'uomo panciuto nel stringere la mano di Edmund.

Il ragazzino non ebbe tempo di commentare, che Laughlin già gli aveva presentato il presidente del Parlaimint, un mago serio dalla mascella squadrata, e il capo del Dipartimento dell'Istruzione Magica, una strega dall'aria severa con un paio di glaciali occhi azzurri.

Edmund rivolse a tutti un sorrisetto impacciato, chiedendosi come Laughlin potesse trovarsi a suo agio in mezzo a persone così importanti. Si vedeva che lui era un Purosangue di nobile stirpe, abituato a quel genere di cose.

«Questo invece è Ophicurus Claiomh, il capo del Dipartimento della Difesa» disse Laughlin, presentando al suo amico un mago alto dall'aria distinta, con un paio di curati baffetti neri.

«Ehm... piacere, signor Claiomh» sussurrò Edmund, leggermente impacciato, stringendo la mano dell'uomo.

«Il professor Captatio mi ha parlato di lei. Viste le sue eccelse doti, le consiglio di prendere in considerazione una futura carriera da Auror» disse il mago, ricambiando la stretta.

Edmund non era abituato a ricevere dei complimenti, tanto meno dal capo del Dipartimento della Difesa. Era strano sentirsi elogiare da maghi così importante per le sue doti che per anni erano state oggetto di scherno all'orfanotrofio. Edmund fece un timido sorriso, ma una inquietante gioia selvaggia gli si stava scatenando nel petto. Lui sarebbe potuto arrivare dovunque!

«Guarda, guarda. Dei piccoli eroi. Ma che piacere» disse una voce fredda e sarcastica alle loro spalle.

Edmund si voltò, ma non ebbe bisogno che Laughlin gli presentasse l'uomo che aveva parlato: vestito con una lunga veste nera, i tratti del viso taglienti, la carnagione pallida e uno sguardo di superiorità.

«Scipio Diablaiocht» commentò Edmund in tono velenoso. Il sorrisetto beffardo del mago fece intuire al ragazzino che aveva indovinato.

«Tu devi essere Burke, il coraggioso orfanello che ha salvato la scuola da un terribile disastro. Davvero eroico, soprattutto considerato che non sai nemmeno quali siano le tue origini» disse sprezzante il signor Diablaiocht.

«Io almeno ho il coraggio di agire a viso scoperto, signore» rispose Edmund, senza abbassare lo sguardo. Il suo velato accenno all'EIF non parve turbare particolarmente il mago, anche se Edmund era convinto che Diablaiocht facesse parte di quell'organizzazione clandestina.

«Oh, non ho dubbi. Sei un Raloi, dopotutto» commentò il mago, con una sottile nota di disprezzo nella voce.

«Scipio, anche tu alla cerimonia?» disse Eoin Maleficium, che apparì proprio in quel momento alle spalle del mago, tenendo per mano il piccolo Bearach.

«Certamente, Eoin, potrei forse mancare?» rispose il signor Diablaiocht, voltandosi verso il suo interlocutore con un sorriso forzato. Non sembrava che tra i due corresse buon sangue, ma entrambi si fingevano cortesi l'uno con l'altro.

«Come va la tua scuola di musica?» chiese Diablaiocht a Eoin, con finto interesse.

«Molto bene, grazie».

Ad interrompere i convenevoli dei due maghi arrivò l'irruenta famiglia Boenisolius.

«Oh, Scipio!» esclamò Reammon gioviale, stringendo la mano del mago. Era impossibile che Reammon non notasse lo sguardo di puro disprezzo che gli riservava Diablaiocht, il quale sembrava disgustato anche solo dalla sua presenza. Eppure Reammon continuava ad essere cordiale e gentile, come se Scipio fosse un amico di vecchia data.

E poi Edmund realizzò che lo stava facendo apposta per infastidire il mago fanatico del sangue puro.

«Vedo che sei già tornato dalla tua scampagnata in Germania. Quando avevi intenzione di passare per il mio ufficio a fare il rapporto del viaggio e il catalogo della paccottiglia clandestina che hai raccolto e importato in Irlanda?» gli chiese Diablaiocht con malcelato disprezzo.

Reammon sorrise e gli diede una pacca sulle spalle, alla quale l'uomo reagì con una smorfia tale che sembrava fosse stato costretto a sopportare in silenzio la maledizione Cruciatus. «Andiamo, Scipio, paccottiglia clandestina? Sono preziosi reperti archeologici! È davvero esagerata la coscienziosità minuziosa con cui controlli tutto quello che entra ed esce da questo paese. Non voglio mica importare di nascosto uova di Basilisco!»

Diablaiocht distorse il naso. «Saresti anche in grado di farlo, Reammon» rispose, mettendo tutto il veleno di cui era capace nel pronunciare il suo nome.

«Non ci presenti il tuo capo, Mon?» esclamò la vecchia maga con il vestito a fiori.

Edmund si stupì della potenza della sia voce: era possibile che una nonnina avesse un vocione capace di far tremare le pareti?

«Non è il mio capo, mamma» si lagnò Reammon con rassegnazione.

La signora Boenisolius non sembrava soddisfatta della risposta. «Allora perché quando torni dalle tue folli avventure da archeologo te ne vai sempre da lui a fare rapporto?» chiese in tono critico.

«Perché lui è il capo del Dipartimento degli Affari Esteri, mamma».

«Oh, e non ce lo presenti? Be', faccio da me. Piacere di conoscerla, signore, sono Josephine O'Brian Boenisolius e questo è mio marito Aaron» disse la donna, tendendo la sua mano verso un disgustato signor Diablaiocht che la strinse con riluttanza. «Non fare quella faccia da sangiunista schizzinoso, giovanotto» lo ammonì Josephine, senza troppi peli sulla lingua. «Sono purosangue anche io, anzi, faccio pure parte della nobile schiatta di Mael Duib. E non mi vergogno affatto che la mia nuora fosse inglese».

A quelle parole mise una mano sulla spalla della nipotina Mairead e squadrò Diablaiocht, come sfidandolo a ribattere. «Sono contento per lei, signora Boenisolius» fu l'unica cosa che riuscì a rispondere il mago, quasi spiazzato dalla determinazione dell'anziana strega.

«La cerimonia sta per incominciare» disse una voce alle loro spalle: un mago vestito con una elegante livrea blu, fece un inchino davanti al gruppo di persone riunite nell'atrio. «Prego, signori, se volete seguirmi».

Laughlin regalò un sorriso eccitato ai suoi amici e poi i tre ragazzi, seguiti dagli altri, si incamminarono dietro la loro guida.






Ecco qui il terzo capitolo! Spero che vi siano piaciuti i nonni di Mairead! A me fanno morire dal ridere! XD Visto che qui si parla parecchio dei purosangue, mi sembra il momento più opportuno per aggiungere, prima dei ringraziamenti, una piccola nota sul mondo irlandese:

All'interno della società magica irlandese, ci sono diversi gradini: la differenza non riguarda l'avere o meno genitori Babbani, ma la purezza del sangue celta. Sono considerati purosangue coloro che non hanno antenati inglesi, indipendentemente che siano maghi o Babbani. In questa categoria, hanno certamente più rilevanza le famiglie interamente magiche (ad esempio la famiglia Diabliaiocht), ma sono comunque purosangue anche i Nati Babbani o i Mezzosangue, purché abbiano genitori irlandesi (ad esempio Peig Kenneth, che è Nata Babbana, o Dedalus Consolatus che ha il padre Babbano). Chiunque abbia un genitore o anche solo un antenato di origini inglesi è invece un sassanachfiul, mal visto perché considerato discendente degli antichi conquistatori dell'isola. Categoria a parte è rappresentata dalle famiglie nobili. Esistono dieci diverse schiatte nobiliari che riguardano l'antica suddivisione dell'Irlanda in rami di discendenza magica. All'interno di ogni schiatta, quasi fosse uno scatolone, convivono diversi ceppi familiari. Appartenere alla stessa schiatta, dunque, non significa essere necessariamente parenti. La più antica e nobile è certamente quella di Con Cetchthach, che risale addirittura alla fondazione dell'Irlanda magica; tuttavia una sola famiglia è rimasta all'interno di questa schiatta, perché tutte le altre si sono estinte: la famiglia Deamundi, il cui capostipite maschio merita per questo il titolo di Conte di Con Cetchthach (attualmente tale titolo spetta al padre di Eibhean, Meccorin Deamundi). Altre schiatte sono quelle di Iuchar Tuiren, di cui fa parte la famiglia Maleficium o quella di Mael Duib, di cui fa parte la famiglia O'Brian.

Questa suddivisione esiste in pratica, ma non dovrebbe esistere in teoria, visto che il secondo articolo della Carta Costituzionale Magica d'Irlanda recita: Tutti i maghi cittadini della Repubblica Magica sono uguali, indipendentemente dalla loro origine familiare, sesso, religione, discendenza o credo. È compito della Repubblica provvedere all'eliminazione di qualsiasi differenza sostanziale o formale con i mezzi che questa Carta le concede.

E ora i ringraziamenti!

@ Julia Weasley: mi sembrava giusto che ci fosse una parte magica anche a Dublino, poi visto il taglio più democratico che ho dato alla mia storia (dove sono le elezioni in Inghilterra? O.o), era saggio metterci anche la parte governativa a Dubh Cliathan. Già, povero Edmund! Non deve essere facile per lui crescere senza una famiglia, senza nemmeno sapere chi fossero i suoi genitori. Aspetta a buttare all'aria tutte le tue teorie... comunque credo che il finale sarà veramente imprevedibile questa volta! Mairead più che ambiziosa ha voglia di mettersi in gioco, di agire sul campo: per lei sarebbe un sogno essere tra i “migliori che governano lo stato”. Quanto a Bearach, ha appena fatto i 10 anni, quindi ancora due poi sarà al Trinity! Mi divertirò un sacco quando ci sarà anche lui! A persto!

@ Andromeda2012: anche a me piace un sacco Dublino (pur non essendoci mai stata... in effetti!) quindi per la parte magica ho dato il meglio di me per renderla perfetta! Mi sono divertita troppo con Mairead vezzosa, che fa sorrisini e piroette: dopotutto sta indossando un abito da ragazza e già questo non è da lei! Poi le piace anche il Quidditch... insomma, è un po' un maschiaccio, ma avrà tempo di tirare fuori il suo lato femminile, più avanti, verso il quinto racconto. Purtroppo si tarderà eccome a scoprire del passato di Edmund: alla fine de “L'orologio d'oro” avverrà la fatidica e tanto attesa rivelazione. Per adesso dovete accontentarvi delle sue malinconiche riflessioni sul suo passato. Sì, Mairead è tanto motivata che potrebbe davvero apportare qualche cambiamento positivo alla vecchia repubblica! Quanto a Bearach, hai ragione, è proprio schizofrenico! Ma mi diverte un sacco! Grazie mille delle tue recensioni, a presto!

@ quigon89: sono contenta che ti abbia emozionato Dubh Cliathan! Ti è piaciuta la Mairead in versione vezzosa e quando le si illuminano gli occhi per la Firebolt? XD Reammon è divertentissimo, vedrai nei capitoli a casa Boenisolius: è un disastro! Eh, già, Mairead aspira alla carriera politica, soprattutto perché ha voglia di mettersi in gioco e di cambiare un po' le cose, a favore dell'integrazione e dell'uguaglianza dei nati inglesi. La carriera sportiva mi sembrava un po' scontata: la intraprenderanno invece tutti i fratelli Connery, tranne Nicolaj. Spero che tu abbia apprezzato la comparsa di nonna Joey! A presto!

@ chiaki89: benvenuta! Sono davvero contenta di essere riuscita ad attirare la tua attenzione e di averti appassionato a tal punto. Anche il fatto che ti piacciano i personaggi mi riempie di gioia, perché ci ho messo tutta me stessa per renderli vivi e reali, con diverse emozioni e sfumature. Già, sono convinta anche io che l'Irlanda sia l'Irlanda! Adoro quel paese, pur non essendoci mai stata! Sono felicissima che tu sia così determinata a seguirmi... spero solo di non tradire le tue aspettative! Mi va benissimo se vuoi lasciarmi la tua mail: purtroppo i disegni sono un po' grandi, quindi dovrò mandarti due- tre mail distinte. Spero che per te non sia un problema. A presto!

Grazie a tutti, Beatrix





EDIT: comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! QUI nonna Joey che si presenta al caro Scipio Diablaiocht

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'Encomio della Repubblica ***


CAPITOLO 4

L'Encomio della Repubblica






Tutti gli ospiti furono fatti accomodare dentro una saletta dal soffitto affrescato al secondo piano, mentre i tre amici aspettavano fuori di ricevere le istruzioni per lo svolgersi della cerimonia.

«Non siete un po' nervosi?» chiese cautamente Laughlin, sistemandosi per l'ennesima volta l'abito.

Mairead fece un sorrisetto tirato, mentre Edmund si limitò ad annuire.

«Allora, ragazzi miei, siete pronti?» esclamò una voce allegra alle loro spalle.

Non appena Edmund udì pronunciare quelle parole, la riconobbe subito e si sentì stranamente calmo.

Un maghetto buffo con un ridicolo cappello a punta e due enormi baffoni bianchi stava sorridendo verso di loro.

«Professor Captatio!» proruppe Edmund, senza riuscire a trattenersi. Era davvero assurdo, ma quell'uomo rappresentava per lui la cosa più simile ad un padre che avesse mai sperimentato. Del resto i suoi amici avevano invitato genitori e parenti a quella cerimonia, mentre per lui non era venuto nessuno.

Captatio sembrò intuire i suoi pensieri, perché gli sorrise e gli mise una mano sulla spalla con fare rincuorante. «Vedrete che andrà tutto bene, state calmi» disse loro, nel tentativo di tranquillizzarli.

Mairead prese un lungo respiro, poi chiese: «Come si svolge la cerimonia, signore?»

«Oh, è una cosa molto semplice: quando si apriranno le porte, voi entrerete e percorrerete la sala fino in fondo, ascolterete il noioso discorso del Presidente e le quattro parole sconnesse che pronuncerò io, vi prenderete una bella coccarda rossa da appuntare al petto, sorriderete un po' alle persone importanti che seguiranno la cerimonia, farete una bella faccia per la foto del giornale e sarete Encomiati!» rispose con semplicità il preside.

Non che quella frase lunghissima poté dare qualche informazione in più ai ragazzi, ma ebbe il potere di strappare loro un sorriso.

Proprio in quel momento si aprirono le porte della sala e Captatio fece loro un cenno d'incoraggiamento. I tre amici si scambiarono uno sguardo d'intesa: dopotutto avevano affrontato ben di peggio in quei due anni che avevano passato insieme. Un ultimo respiro profondo e poi varcarono la soglia.

La sala non era particolarmente grande, ma era un piccolo gioiello dell'arte: sulla parete davanti alla porta si apriva un'enorme vetrata, il soffitto era affrescato con delle allegorie delle virtù, che si muovevano graziosamente in un boschetto di frassini, mentre il pavimento e le pareti erano di marmo bianco e rosso. Davanti alla vetrata, su un piccolo palco di marmo rialzato di un paio di gradini, stava ritto in piedi il Presidente della Repubblica Magica, con indosso la divisa ufficiale e quel suo solito sorriso da squalo stampato in faccia.

Quando i tre amici ebbero percorso il tappeto rosso fino al palco, McPride li fece salire e disse loro di voltarsi verso il piccolo pubblico. Poi mise una mano sulla spalla di Edmund, al centro del terzetto, con fare che agli altri doveva sembrare paterno e rassicurante ma che fece rabbrividire il ragazzo come se del ghiaccio gli colasse lungo la schiena.

«Gentili streghe e onorevoli maghi, oggi siamo qui riuniti per premiare il coraggio di questi giovani ragazzi che con la loro intraprendenza hanno salvato il Trinity College da una terribile disgrazia» cominciò a dire McPride, senza togliere la presa dalla spalla di Edmund.

Mairead e Laughlin sorridevano tanto compiaciuti che quasi brillavano loro gli occhi, ma Edmund stringeva i pugni con fare nervoso per quel contatto con il Presidente che lo infastidiva in modo orribile.

L'uomo continuò a decantare le loro lodi, interrompendosi ogni tanto per permettere ai presenti di applaudire. Quel discorso era così banale che Edmund non si impegnò nemmeno troppo di ascoltarlo, e decise che sarebbe stato più divertente osservare la platea.

Il signor Aaron Boenisolius stava cercando di nascondere le sue lacrime di commozione, ma non appena la moglie lo vide piangere, gli scoccò uno sguardo rassegnato e gli passò un fazzoletto di seta ricamato.

C'era un mago che Edmund immaginò essere il giornalista del Corriere, perché aveva al suo fianco un foglio di pergamena e una penna prendiappunti.

Il signor Maleficium se ne stava tutto impettito in prima fila, orgoglioso dell'encomio che avrebbe ricevuto il figlio; stranamente perfino Bearach era tranquillo, forse perché anche lui percepiva la serietà che impregnava l'aria di quella stanza.

Infine lo sguardo di Edmund si posò su Captatio: anche se la sua bocca era seminascosta dai grossi baffoni, si poteva intuire dal brillio dei suoi occhi che stava sorridendo verso di lui.

«E ora, senza ulteriore indugio, lascio la parola al preside del Trinity, il professor Caius Iulius Emilianus Captatio» concluse McPride, invitando il mago a raggiungerli sul palco, mentre veniva accolto da un applauso.

L'uomo sorrise ai suoi studenti, ma non si voltò verso il pubblico. «Perdonate se vi do le spalle, gentili signori» cominciò a dire. «Ma il mio discorso non è per voi, bensì per i ragazzi. Dopotutto il presidente McPride ha così piacevolmente illustrato le loro doti che le mie parole potrebbero perfino suonarvi noiose».

Edmund ridacchiò, certo che quella fosse anche un'allusione alle noiose parole di McPride.

Captatio fece una pausa, poi rincominciò con tono paterno e sommesso: «Ragazzi, non posso che esprimervi la mia gratitudine e non solo perché avete salvato la scuola, ma soprattutto perché mi avete ricordato che cosa di meraviglioso si può trovare nell'insegnamento: gli studenti. Mi riempie di orgoglio sapere che tre così fantastici ragazzi hanno scelto di usare il loro intelletto e le loro capacità per fare del bene. Anche se avete un certo qual disprezzo delle regole che, in qualità di preside, sono costretto a biasimare, (-e a queste parole lanciò loro un'occhiata di finto rimprovero-) vi assicuro che non c'è da annoiarsi con voi tre come alunni. Avete raccolto gli stimoli che, spero, la scuola vi abbia saputo offrire e avete spiccato il volo da soli, verso il vostro orizzonte. È questa la vera e unica gioia di un insegnante. Grazie».

Un caloroso applauso seguì quelle parole, ma nessuno dei presenti poté apprezzarle quanto i tre ragazzi a cui erano state rivolte: quel discorso così breve e conciso era tuttavia riuscito a far breccia nel loro animo più dell'infinito sproloquio di lode di McPride, perché sapevano che quelle parole erano sincere e che erano le migliori che uno studente potesse sentirsi dire dal proprio insegnate.

«Ora, gentili ospiti, ho da fare un annuncio» dichiarò McPride. Nel dirlo, aumentò la stretta della presa sulla spalla di Edmund e il ragazzino si voltò verso di lui. Il Presidente si interruppe un attimo, per rivolgergli un sorriso, che non poteva essere più lontano da quello incoraggiante di Captatio: sembrava che fosse sul punto di sbranarselo da un momento all'altro. «È un peccato che un così valente giovanotto come te non abbia una famiglia» continuò il McPride, senza smettere di fissare Edmund negli occhi. «È per questo che annuncio oggi ufficialmente che ho intenzione di procedere con le pratiche di adozione per diventare il tutore legale di Edmund Burke».

Quelle parole gettarono una secchiata d'acqua gelata addosso a Edmund. Nemmeno si accorse dell'applauso ammirato che era scoppiato spontaneo tra gli ascoltatori: era come se fosse stato sparato in un'altra dimensione, in cui c'erano solo lui e McPride.

«Che cosa?» fu tutto ciò che riuscì a dire, retrocedendo di un paio di passi da quell'uomo.

Quello era il suo carnefice! Che cosa voleva da lui? Perché aveva messo in scena quella buffonata assurda?

Il sorriso del Presidente divenne, se possibile, ancora più squalesco. «Sì, Edmund, tempo un anno e sarai Edmund McPride».

Non era possibile! Era un incubo.

«No!» esclamò Edmund, scuotendo la testa straniato. Ma McPride continuava a sorridere.

«Perché?» sussurrò allora il ragazzino, senza capire il motivo di quel gesto disperato.

McPride gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle, in un gesto che doveva apparire paterno. «Giovane Burke» sussurrò guardandolo negli occhi, in modo che potessero udire solo loro due. «Sei un mago straordinario e destinato a grandi cose, lo so. Io ho molto più potere di quanto non immagini e non posso non averti. Dobbiamo solo unire le nostre forze. So che un giorno mi ringrazierai per quello che saprò insegnarti. Vedi, avevi ragione tu: non hanno importanza le nostre origini. E anzi, ti rivelerò un segreto: i miei genitori erano sì dei maghi irlandesi, ma non certo nobili; erano dei mugnai. Eppure io sono arrivato al vertice, e solo grazie a me stesso. Non ha importanza quello che sei veramente, ma quello che gli altri pensano che tu sia. Sarai mio discepolo nel cammino verso la verità e il potere e un giorno otterrai tutto quello che ho io».

Quel discorso ripugnava Edmund, eppure non poteva negare che nascondesse un certo fascino. Tutti, dal primo all'ultimo, si erano accorti delle sue grandi doti e non facevano altro che ripetergli che sarebbe arrivato al vertice. Però di una cosa era certo: non avrebbe voluto assomigliare a McPride nemmeno per tutto l'oro del mondo. Il professor Captatio era il suo mentore, non quell'uomo senza scrupoli. Stava per rispondere che non aveva affatto bisogno della sua guida, quando il Presidente lo fece voltare nuovamente verso il pubblico.

«E ora conferiamo a questi valorosi giovanotti l'Encomio della Repubblica!» esclamò gioviale, mentre un paggio portò a loro tre enormi coccarde dorate su un cuscino di velluto rosso.

Edmund era troppo sconvolto per riuscire davvero a seguire quello che stava succedendo intorno a lui.

McPride prese la prima coccarda e la affisse sul petto della sua amica. «Mairead Josephine Boenisolius, la Repubblica Magica d'Irlanda ti conferisce il suo Encomio».

Un applauso seguì quelle parole, mentre un largo sorriso si dipingeva sul volto della ragazzina.

Poi McPride passò a Laughlin. «Laughlin Iuchar Tuiren Maleficium di Sir Eiru Maillen» disse, usando il nome per esteso, quello che si confaceva soltanto ai nobili purosangue e comprendeva la schiatta di origine e la contea di appartenenza. «La Repubblica Magica d'Irlanda ti conferisce il suo Encomio» E una seconda coccarda brillò sul petto orgogliosamente rigonfio di Laughlin.

«Edmund Burke».

McPride era proprio davanti a lui, con il suo solito sorriso lupesco. Edmund non poté fare a meno di notare come il suo nome suonasse banale al confronto di quello dei suoi amici. «La Repubblica Magica d'Irlanda ti conferisce il suo Encomio».

Ci fu un altro applauso, ma né Edmund né McPride lo sentirono perché erano troppo impegnati in una tacita guerra di sguardi.

«Un sorriso per la foto del Corriere!» esclamò un omuncolo con un'enorme macchina fotografica.

Una serie di flash accecarono Edmund, così come tutte quelle sconvolgenti notizie avevano accecato la sua mente, lasciandolo vagare in uno stato di accidiosa apatia.





Sorry per il ritardo, cari lettori ma sono stata impegnata tutto il giorno con un matrimonio... avrei voluto aggiornare ieri sera ma non ce l'ho fatta! Però gioite con me perché Captatio esiste davvero! Il padre della sposa era un omino alto 1.50, con due enormi baffoni bianchi e gli occhialetti rotondi! È lui, è il mio Captatio! Ahahah!

Scherzi a parte, spero che non vi abbia sconvolto la novità! È un'idea che mi è venuta scrivendo e che avrà grande risonanza lungo il corso di tutta la saga. Ma visto che avete recensito in tanti, passiamo subito ai ringraziamenti personali:

@ Julia Weasley: Bearach è stupendo! Tanto tenerello, lui! L'apparizione di Scipio è inquietante (in effetti ricorda anche a me il vecchio e caro Malfoy), ma fa troppo ridere quando poi arriva Reammon e nonna Joey. Ho anche fatto un disegno di quella scena che è fenomenale, soprattutto la faccia schifata di Diabliaiocht. Sì, la nota sui purosangue mi sembrava doverosa, viste le differenze con la saga canon. A presto!

@ chiaki89: ti ho addirittura illuminato la giornata? Uau! Grazie! Lo so che il vecchio capitolo faceva sbellicare: mi sono divertita un sacco anche io a scriverlo! Nonna Joey è un mito... la frase con cui risponde a Scipio è da incorniciare! La storia delle schiatte ho cercato di renderla interessante e diversa da quella della Rowling, tanto per aggiungere un tocco di novità. Sono contenta che ti sia piaciuta. Alla prossima!

@ quogon89: ah, Eoin è uno dei miei personaggi preferiti: è un purosangue di classe, senza essere spocchioso come la maggior parte dei nobili. È un grande! In realtà nonno Aaron non parla praticamente mai, a parte una battuta ad effetto che ho deciso di fargli dire: ma è questo il bello, visto che si ritrova a vivere con una donna che parla anche troppo! XD Sì, le uova erano un riferimento alla saga canon, poi credo che effettivamente Reammon potrebbe anche farlo, se si trattasse di “reperti archeologici”. Sono contenta che ti piaccia il suo lavoro: vedrai in che stato pietoso è ridotta casa sua, nel prossimo capitolo! Eh, già... chissà cosa nasconde Scipio! Ahahah! Alla prossima!

@ darllenwr: Bearach e nonna Joey sono i due gioiellini di questo capitolo: sono contenta che ti siano piaciuti! Quasi tutti i boss della repubblica avranno un ruolo nei prossimi racconti, in particolare i capi del dipartimento dell'Istruzione e quello della Difesa. Diciamo che non sono stati introdotti a caso! Sì, direi proprio che Ailionora è la degna figlia di suo padre! Adoro Scipio e Reammon messi a confronto! Sapevo, comunque, che la citazione sarebbe stata di tuo gradimento: purtroppo, come dici tu, rischiano di essere solo belle parole sulla carta, ma non è detto che presto o tardi le cose cambino verso il meglio! A presto!

@ Earane: hai ragione! Non ho mai notato che i miei babbani sono sempre un po' malvagi... anche nel prossimo capitolo in effetti le amiche di Mairead non sono proprio queste simpaticone! Grazie di avermelo fatto notare, magari prima o poi inserirò un babbano decente! Reammon è un grande, ma non so se sopporterei un uomo così caotico e pasticcione in casa! XD La trovata dei negozi fuori sede è stata “obbligata” perché nel primo racconto avevo fatto in modo che tutti i negozi scolastici si trovassero nella Dublino babbana, ma riflettendoci mi sono detta che avevano diritto anche gli irlandesi alla loro capitale magica: così ho pensato di sfruttare la cosa per ficcarci dentro una parentesi legislativa. Mairead è un po' maschiaccio, ma già alla fine della setta degli Eletti sta cominciando a diventare un po' più femminile: è una fase delicata di passaggio, ma presto tornerà ad essere un vulcano, non temere! Hai indovinato, nonna Joey era una Nagard! È troppo forte quella vecchina! In realtà in Diablaiocht non sono nobili... la mia piccola vendetta! Purosangue sì, essenzialmente maghi ma non appartengono a nessuna delle 10 schiatte nobiliari! È per quello che odiano tanto la famiglia Maleficium che a loro parere “spreca” la sua nobiltà frequentando dei sasanachfiul. A presto!

@ MissyMary: uau, grazie! Mi hai riempito di complimenti e mi hai fatto arrossire! Sono contenta che la saga ti abbia appassionato a tal punto! Edmund è sicuramente il mio personaggio preferito (ma mi piacciono anche Laughlin, suo padre Eoin e Reammon) e quindi forse è quello a cui dedico un po' più di attenzione. Ha una psicologia più interessante rispetto ai suoi amici, che in un certo senso sono più delle macchiette. Laughlin mi diverte tantissimo perché è sempre un po' teatrale, ma ha anche quella giusta dose di autostima e sicurezza. Mairead è un vulcano di energia, una che non si tira mai indietro difronte a niente. Per quello che riguarda le tue domande, assolutamente sì, si scoprirà il passato di Edmund, ma solo nel quinto racconto “L'orologio d'oro”; e ovviamente il sopracitato diventerà un gran gnocco, in tutti i sensi! ;-). Captatio non morirà: mi sta troppo simpatico quel vecchietto per essere così crudele con lui! Voldie si interesserà enormemente a Edmund quando tornerà al potere, ma non posso svelarti nulla di più. E infine, per quanto mi piacerebbe da morire fare un corso di irlandese, mi tocca semplicemente arrabattarmi con un vocabolario inglese-irlandese che ho trovato su internet. Comunque le tue recensioni (quando ci saranno!) mi faranno enormemente piacere, al di là della lunghezza! A presto!

Bene, i ringraziamenti sono più lunghi del capitolo, quindi è meglio se chiudo qui! Grazie a tutti,

Beatrix





EDIT: comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! QUI la foto per il Corriere del Mago.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** A casa Boenisolius ***


CAPITOLO 5

A casa Boenisolius






«Stai per venire a casa Boenisolius, Ed! Non è fantastico?» esclamò Mairead estasiata, battendo le mani.

Il ragazzo accennò un debole segno d'assenso. Avevano passato quasi tutto la giornata a festeggiare per le strade e i negozi di Dubh Cliathan, insieme alla famiglia Maleficium, e ora si trovavano davanti ad un metrombino per tornare a casa.

«Ci vediamo a settembre, ragazzi» disse Laughlin, abbracciando i suoi amici con entusiasmo. Poi si tuffò nel metrombino gridando nel contempo “Villa Maleficium”.

«Noi altri, destinazione Boyle» spiegò Reammon, con un sorriso e poi seguì Laughlin nel metrombino.

Edmund era troppo preso dai suoi mille pensieri, per capire cosa avesse detto Reammon. «Dove?» ripeté scioccamente alla sua amica.

«Boyle, è il paesino dove abitiamo io e papà» spiegò Mairead, vedendo che il ragazzo non pareva particolarmente attento. «Nord-est, regione dei laghi, hai presente?»

Edmund mugugnò qualcosa in risposta che doveva essere un segno d'assenso.

Mairead lo squadrò con occhio critico per qualche secondo, cercando di sondare i pensieri che affollavano la sua testa, poi si tuffò nel metrombino con un sospiro di rassegnazione.

Ora che Edmund si trovava solo, gli incubi che lo avevano perseguitato per tutto il pomeriggio gli esplosero nel cervello in modo così potente che fu costretto ad afferrarsi la testa tra le mani. No, doveva scacciarli, rinchiuderli in un luogo oscuro della mente e avvolgerli nell'oblio. Non avrebbe permesso a McPride o alla sua ombra che lo perseguitava di rovinargli la vacanza a casa di Mairead. Cercò di tranquillizzarsi facendo degli ampi respiri e chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, il metrombino era ancora lì davanti a lui, invitante. Edmund percorse a passi decisi la distanza che lo separava dal varco magico e poi si buttò dentro di getto gridando la sua destinazione.

«Oh, cielo, Ed! Credevamo avessi sbagliato posto!» proruppe Mairead quando vide il suo amico spuntare fuori dal tombino.

Edmund atterrò in malo modo sull'asfalto. Era arrivato in un vicoletto, ma poco lontano riusciva ad intravedere quella che sembrava la piazzetta centrale di un paese tipicamente irlandese.

«Benvenuto a Boyle!» esclamò Mairead, allargando le braccia come un presentatore.

Boyle si rivelò essere una pittoresca cittadina Babbana nel nord-est dell'isola, non lontana dal lago Key. La piazza che Edmund aveva intravisto dal vicolo era quella principale del paese, decorata da un monumento centrale riconoscibile dal singolare orologio che lo caratterizzava. Tuttavia, non lontano dal lago, si trovava un famoso pub per maghi e quindi il posto era considerato meta turistica.

Casa Boenisolius era una di quelle villette a schiera con la facciata tutta colorata e un piccolo giardino sul davanti. Prima che i Boenisolius vi si trasferissero, era stata abitata per tanti anni da un membro di spicco del Parlamento (che, una volta in pensione, si era ritirato in campagna), il quale era riuscito a far aprire un Metrombino collegato con il sistema nazionale proprio in un vicoletto dietro la piazza. Edmund, comunque, si stupì del fatto che la casa non fosse nascosta agli occhi dei Babbani.

«Sai, questo è un paese piccolo e tutti ci conoscono qui, anche se effettivamente ci considerano un po' strani» spiegò Mairead, mentre il padre si frugava nella famigerata tasca, probabilmente alla ricerca delle chiavi.

Dopo qualche minuto di inutile concentrazione, il mago estrasse la bacchetta e sbottò: «Facciamo così, va'!» Controllando che non ci fosse nessuno in giro, sussurrò Alohomora e la porta di casa si aprì sotto i loro occhi.

Non appena Edmund entrò nella sala pensò che una Caccabomba fosse esplosa in mezzo alla stanza, poi capì che quello era solo disordine: libri sparsi ovunque, vecchi pergamene, mappe risalenti ad epoche antiche e tutta una serie di oggetti che anche uno storico appassionato avrebbe avuto difficoltà a definire “reperti archeologici”.

«Scusa il disordine» esclamò Reammon, facendosi largo verso quella che doveva essere la cucina: sul tavolo da pranzo era appoggiata con tutti gli onori una vecchia spada arrugginita e malconcia. «Questa è l'arma di Guland il Barbaro!» esultò l'archeologo, con evidente soddisfazione.

Edmund preferì non indagare su dove avrebbero mangiato quella sera. «Vieni, dai, ti faccio vedere di sopra» sospirò Mairead, scuotendo la testa.

Al piano superiore c'erano tre camere da letto e un piccolo bagno. «Tu dormirai con me» spiegò la sua ospite, accennando alla porta sulla sinistra. «Sai, la stanza degli ospiti è... impraticabile».

Edmund preferì non chiedere che genere di oggetti rendessero “impraticabile” quella camera, ma si limitò a seguire la sua amica annuendo distrattamente. Però non era certo di voler dividere la stanza con lei, visto che... era una ragazza!

Quando Mairead aprì la porta, Edmund rimase stupito: era certo che all'interno regnasse lo stesso caotico disordine del resto della casa, invece la cameretta era pulita e semplice, quasi spartana. In un angolo stava il letto, rifatto e ordinato, affiancato da un piccolo armadio bianco, mentre dall'altra parte si trovava la scrivania sormontata da poche mensole; un poster di un giocatore di Quidditch della Nazionale Irlandese che ammiccava dalla parete era l'unico tocco estroverso della stanza. Adagiata in un angolo si trovava la scopa di Mairead, mentre sotto la finestra era stata momentaneamente posizionata una brandina.

«Non è il massimo, ma...» buttò lì la ragazzina, con un sorrisetto a mo' di scusa.

«Scherzi, è fantastico!» rispose invece Edmund in tono incoraggiante, contento di non dover condividere la stanza con strani corni di animali feroci o vecchi pezzi di spade arrugginite.

Mairead sorrise più tranquilla. «Be', quella è per te» disse, indicando la brandina.

Lo sguardo di Edmund indugiò sulla faccia sorridente del giocatore di Quidditch che si trovava proprio sopra il suo cuscino: era un bel ragazzo, ricciolo, con gli occhi luminosi e lo sguardo accattivante. Dunque quello era lo standard di Mairead.

La ragazzina, vedendo cosa aveva attirato l'interesse del suo amico, si avvicinò e lanciò degli sguardi languidi all'uomo del poster. «Questo è Sean Troy, il capitano della Nazionale. È il miglior Cacciatore di Quidditch del mondo» spiegò a Edmund, che non volle sapere se l'aggettivo 'migliore' si riferisse al suo modo di giocare o all'aspetto fisico.

Stupidi giocatori di Quidditch!

Lui non ci trovava niente di affascinante. Per fortuna Mairead evitò di tessere altre lodi del losco figuro, cosicché Edmund poté dedicarsi alla sistemazione delle sue cose nella cameretta dell'amica, finché Reammon non li chiamò per la cena.

La spada di Guland il Barbaro era stranamente sparita dal tavolo, ma Edmund notò come fosse stata solo momentaneamente trasferita dalla sua sede abituale al divano in salotto. Reammon si rivelò essere un cuoco niente male, soprattutto visto che Edmund non avrebbe scommesso con particolare fiducia sulle sue doti culinarie.

La permanenza a casa Boenisolius non poteva essere più diversa da quella dell'anno scorso: Mairead e suo padre vivevano in un paese Babbano, quindi tutti i divertimenti magici che Laughlin aveva organizzato per l'amico l'estate precedente, non potevano avere luogo. Semplicemente Edmund e Mairead passavano i pomeriggi come normali ragazzini Babbani, girovagando per il piccolo paesino di Boyle, giocando a pallone nel parco, mangiando gelati e andando al lago Key nei fine settimana.

Quel giorno stavano giocando a lanciarsi una vecchia palla da rugby sgualcita, quando delle ragazzine si avvicinarono ridacchiando.

«Non ci presenti il tuo amico, Mai?» esclamò una biondina, con vocetta deliziata.

La pallonata di Mairead lo colse inaspettato, tanto che gli mozzò il fiato quando la prese al volo.

«Oh, lui è Edmund» rispose Mairead in tono gioviale, senza accorgersi che la biondina lo stava praticamente divorando con gli occhi.

Edmund fece un mezzo sorrisetto e sollevò la mano impacciato, decidendo che preferiva sicuramente essere presentato alle alte cariche dello stato, piuttosto che a quel gruppetto di adolescenti vocianti.

«Ciao, io sono Shona» rispose la ragazzina, ridacchiando come una scema.

«Ehm, ciao» la salutò Edmund, sentendosi improvvisamente inadeguato: indossava la rovinata divisa grigia dell'orfanotrofio, che gli era diventata talmente corta da lasciargli nude le pallide caviglie.

«Ed fa la mia scuola» spiegò Mairead alle sue amiche Babbane. Ma Edmund non era certo che quelle ragazzine truccate e ben vestite fossero realmente amiche di Mairead, visto che sembravano distanti anni luce da lei.

Shona fece tintinnare i braccialetti che portava, agitando la mano deliziata. «Oh, quindi è anche lui uno strambo come te!» esclamò lanciandogli sorrisini divertiti.

Edmund era certo che Mairead avrebbe sbranato Shona per quell'affermazione, invece scoppiò a ridere.

«No, lui è anche più strambo!» rispose poi, con naturalezza.

Edmund la fissò con gli occhi sgranati: se all'orfanotrofio avessero insultato lui a quel modo, avrebbe come minimo mandato tutti al diavolo.

Il gruppo di ragazzine scoppiò a ridere e poi si allontanò.

Quando furono sufficientemente lontane, Edmund scagliò la palla contro Mairead e l'aggredì: «Ci hanno deriso!»

«E chi se ne importa, Ed!» rispose Mairead, afferrando al volo la palla con noncuranza.

«Ma...» provò a dire Edmund, quando la sua amica lo interruppe: «Senti, chi se ne frega di quello che pensano di me o di te quelle ochette. Tanto non possono capire, sono Babbane. Mica posso schiantarle tutte le volte che mi danno della stramba, no? È normale che ti considerino un po' fuori, quando vivi in un villaggio di tutti Babbani. Ci sono abituata e non mi tocca più di tanto, ormai».

Il discorso di Mairead aveva assolutamente senso e se solo Edmund ci fosse arrivato prima si sarebbe risparmiato un sacco di problemi all'orfanotrofio. Solo che lei era abituata a pensare come una strega, lui invece era sempre stato ritenuto strambo dai suoi coetanei, anche prima di scoprire di essere un mago, quindi non aveva mai considerato che quelli non potevano capire il suo essere diverso, perché Babbani.

E quindi inferiori. disse una subdola vocina nella sua testa, ma subito Edmund la scacciò.

«Sagge parole, figliola» esclamò una voce alle loro spalle, che lo distrasse dai suoi pensieri. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere a chi apparteneva.

«Professor Captatio!»




Bonjour a tutti! Ho notato che la notizia annunciata da McPride lo scorso capitolo vi ha sconvolto parecchio! XD Non temete, prima che il presidente riesca nel suo intento, ci vorrà più di un anno, ma per allora preparatevi a fuoco e fiamme! Sarà molto divertente da scrivere, spero lo sia anche da leggere.

In questo capitolo siamo finalmente arrivati a casa Boenisoliu: d'ora in poi abituatevi alle stranezze di Reammon!

Alla prossima!

@ Julia Weasley: eccoci a casa Boenisolius... e ci staremo per un bel po', perché al Trinity si tornerà dal 9 capitolo: Mairead e Edmund avranno tante cose da scoprire a casa Boenisolius! ;-) Aaron è troppo tenerello, poi messo in confronto con Joey è stupendo. Captatio doveva esserci in veste ufficiale, ma era anche lì per i suoi ragazzi e soprattutto per Edmund. Alla prossima! ps. ho quasi finito di colorare il disegno di Rachel alla finestra... è stupendo! *-*

@ Earane: anche io adoro i Nagard! È la mia casa preferita! Quanto ai Diablaiocht, Eoin e Scipio hanno la stessa età, quindi frequentavano il Trinity assieme e non provavano una grande simpatia reciproca. Eoin una volta definì Scipio “purosangue sanguinista a caccia di un titolo nobiliare”, cosa non tanto lontana dalla verità! Reammon sarà coprotagonista per questi capitoli: spero che ti sia piaciuta casa sua! A presto! ps. anche in questo capitolo i babbani presenti non sono proprio dei simpaticoni, ma ormai l'avevo già scritto quando mi hai fatto notare la cosa! Sarà per la prossima volta, dai! XD

@ darllenwr: virtù e politica non si sposano più da molto tempo, ormai! Ma mi sembrava un'allegoria appropriata per le decorazioni della sala. Captatio e McPride a confronto sono come il giorno e la notte, ma è un contrasto voluto che fa spiccare ancora di più le caratteristiche di uno e dell'altro. Captatio è convinto che si possa infrangere anche qualche regola, purché rimanga pura e integra l'onestà intellettuale dei suoi giovani pupilli. Quanto a McPride, la sua scelta di adozione è mirata ad un preciso obbiettivo: “o sei con me, o sei contro di me” e viste le qualità di Edmund, il presidente preferisce averlo con sé! I nomi di Laughlin sono tipici di un nobile: nome proprio, schiatta di appartenenza, cognome della famiglia, e contea magica a cui appartiene la famiglia. Per esempio, nonna Joey sarebbe Josephine Mael Duib O'Brian di Sir Eriu Luachra. È un nome che fa un certo effetto, no? A presto!

@ Sydelle: bentornata, carissima! La cultura irlandese che descrivo è frutto di un bel mix tra tradizioni e leggende e quello che la mia mente malata riesce a produrre! Purtroppo tempo proprio che Edmund non riesca a scamparla per questa volta! A presto!

@ Voldia: ho già risposto alle tue domande e osservazioni tramite mail; spero che ti sia arrivata perché era piuttosto lunga, ma in caso negativo mi metterò il cuore in pace e sarà pronta a riscriverla. Grazie mille e a presto!

@ chiaki89: diciamo che Captatio è la metà di Silente (in tutti i senti), quella bonacciona e allegra. Ma anche lui, come vedrai nel prossimo capitolo, ha i suoi errori del passato. Quanto al carattere dei protagonisti, cercherò di tenere presente una linea guida, dei tratti distintivi di ognuno, ma è naturale che evolvano almeno un pochino. Mairead pian piano tirerà fuori il suo lato femminile, Laughlin si farà meno superficiale e Edmund... be' a lui ne capiteranno talmente tante che vedrai cosa ne salterà fuori! Comunque non ti preoccupare per la fretta... tempus fugit! Alla prossima!

@ quogon89: McPride ne nasconde parecchie di cose... dopotutto è lui stesso a dire “non è importante ciò che siamo veramente ma quello che gli altri pensano di noi”! L'Encomio è un'onorificenza che viene concessa per speciali meriti, ma è abbastanza frequente e la cerimonia è molto ufficiale: banchetti e fuochi d'artificio sarebbero un po' esagerati e fuori tono! Spero che ti sia piaciuto Reammon in questo capitolo! Alla prossima!

@ ScudoDiTiglio: (ehm, sei Andromeda, vero? XD) Captatio è un insegnante con i fiocchi, di quelli che amano il loro lavoro e soprattutto amano i ragazzi. Magari fossero davvero tutti così! E sì, McPride è da sopportare per tutta la serie e ad oltranza! Dai, come si fa senza un cattivo così cattivo? XD Sono molto soddisfatta del mio personaggio: cioè, non è simpatico, ma è riuscito bene nella parte! Non ti piace neanche un pochino pochino?? Insomma, il suo discorso è “sbagliato”, ma devi ammettere che lui sa come giocare le sue carte... dopotutto è stato legalmente eletto alla carica, no? Tranquilla, comunque, recensisci quanto ti fa comodo (e se ne hai voglia!), posso capire che gli impegni a volte ci uccidono! I nonni sono fantastici: torneranno anche alla fine del prossimo capitolo, per una cenetta a casa Boenisolius. Ailionora, invece, farà la sua comparsa ufficiale nel capitolo 10, simpatica come sempre! A presto!






EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! QUI Mairead che sorride ad un smagliante Sean Troy.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Rovine e rivelazioni ***


CAPITOLO 6

Rovine e rivelazioni






Il preside del Trinity era ritto davanti a loro, come sempre con uno di quei suoi buffi cappelli a punta sulla testa. «Ti stavo cercando, Edmund, ma quando sono passato a casa Boenisolius, Reammon mi ha detto che ti avrei trovato qui» spiegò l'omino, con un grosso sorriso.

«Stava cercando me, signore?» domandò Edmund incredulo, anche se l'improvvisa apparizione del preside lo aveva rinfrancato perché sembrava che il mago avesse sempre la soluzione pronta per ogni problema: magari lo avrebbe salvato dalla terrificante prospettiva di diventare il figlio adottivo di McPride.

Captatio annuì. «Sì, vedi, Edmund desidero scambiare due parole con te da tempo, ma sono stato un po' impegnato in questi giorni» disse il mago, aggiustandosi gli occhialetti rotondi sul grosso naso. «Ah, Mairead, sapresti indicarci un posticino tranquillo dove potremmo fare quattro chiacchiere?» domandò poi rivolto alla ragazzina.

Mairead rimase un attimo sovrappensiero, poi esclamò: «Ci sarebbero le rovine dell'abbazia di Boyle, non distanti da casa mia: sono un bel luogo immerso nel verde e lì non ci va mai nessuno».

«Bene allora, ti dispiacerebbe accompagnarci?»

Quando furono finalmente soli, Edmund si voltò verso il professore con sguardo interrogativo. Le rovine dell'abbazia creavano un ambiente surreale, con quei colonnati semidistrutti che si erigevano verso il cielo plumbeo, come perenne monito della vanità dell'essere.

Captatio si sedette sull'erba, invitando Edmund a fare lo stesso.

Il ragazzino eseguì l'ordine, ma fremeva troppo per le parole che gli avrebbe rivolto il preside, così ignorò il silenzio composto dell'uomo e domandò: «Di che voleva parlarmi, signore?»

«Non lo immagini, Edmund?» rispose Captatio, voltandosi verso di lui con uno sguardo benevolo.

Il ragazzo prese un lungo respiro. «Di McPride» sussurrò infine.

Captatio annuì con serietà. «Esatto. Riesci a immaginare perché abbia preso quella decisione su di te, Edmund?» lo incalzò poi, scrutandolo a fondo con i suoi acuti occhi azzurri.

Il ragazzo abbassò il capo e si fissò la punta delle scarpe. McPride gli aveva fatto uno strano discorso, ma non aveva affatto voglia di ripeterlo al preside, come se l'avesse pronunciato lui e se ne vergognasse. «No, signore, non ci riesco».

Edmund non poté vedere il sorriso di Captatio, perché aveva ancora gli occhi a terra, così interpretò quell'attimo di silenzio come un tentennamento del mago. «Signore?» chiese allora, esitante.

Captatio sospirò, poi riprese: «Vedi, credo che in questo caso ci possano venire d'aiuto di Babbani. Hai presente il detto “tieniti vicini gli amici e più vicini i nemici”? Ecco, credo che McPride stia proprio agendo così».

Tuttavia le parole di Captatio non dissiparono le perplessità di Edmund. «McPride vede in me un nemico?» chiese stupefatto.

Il Preside si voltò verso di lui e sorrise. «Edmund, quante volte devo dirti che sei un mago estremamente dotato? Anche McPride se ne rende conto e credo che tema la tua fiera opposizione e indipendenza. Ma, divenendo il tuo tutore legale, ti porterà a vivere con sé e ti terrà vicino, almeno fin quando non diventerai maggiorenne. Probabilmente spera anche di influenzarti, di portarti dalla sua parte: ogni maestro vorrebbe avere un discepolo come te a cui trasmettere i propri insegnamenti e a cui lasciare in eredità il proprio sapere».

Edmund osservò meditabondo un insetto che ronzava davanti ai suoi occhi: e così McPride aveva paura di lui e voleva averlo come suo discepolo? Sì, Captatio aveva ragione, quelle erano più o meno le stesse parole che il Presidente aveva rivolto a lui pochi giorni fa.

«Signore, non c'è modo di evitare tutto questo?» chiese flebilmente, con una nota di disperazione nella voce. Di notte continuava a sognarsi il ghigno di McPride, se lo immaginava come un polipo che lo invischiava con i suoi tentacoli.

Lo sguardo compassionevole di Captatio gli rispose prima delle sue parole. «Temo di no, Edmund».

l ragazzo si lasciò prendere dallo sconforto: non voleva diventare il figlio di McPride, non voleva essere lasciato in pasto a quello squalo.

«Potresti rallentare il processo, però. Sicuramente il Tribunale Minorile della Breith Cuirt vorrà ascoltare anche il tuo parere in merito e se tu ti dimostrassi contrario, potresti far sorgere delle perplessità nei giudici. Tuttavia temo che McPride riuscirà ad ottenerti, alla fine. Probabilmente in meno di due anni» disse ancora Captatio.

Edmund sospirò affranto e allora sentì la mano del preside che si posava sulla sua spalla, per rinfrancarlo. Non c'era modo di evitare quell'incubo.

«Io non sarò mai come McPride!» esclamò d'un tratto Edmund, con veemenza. L'ostinazione era l'unica arma di difesa contro il suo carnefice.

Captatio rise con più serenità. «La tua caparbietà ti fa onore, Edmund, ma non demonizzarlo».

«Perché non dovrei? È viscido e... falso. Mi fa ribrezzo!» rispose il ragazzo, scandalizzato.

Captatio si perse via ad osservare le nuvole grigie all'orizzonte. «Sì, forse sì, ma è un uomo politico. Io lo capisco».

«Lo capisce?»

Captatio gli sorrise, ma non era il suo solito sorriso sereno e rassicurante: c'era un fondo di tristezza e amarezza sulle sue labbra increspate. «Sì. Vedi, sono stato anche io al vertice del potere, sono stato anche io Presidente della Repubblica».

Quella rivelazione sconcertò Edmund. Per parecchi minuti fissò il preside con gli occhi sgranati, incapace di commentare la cosa. Alla fine gli uscì solamente un: «Davvero?»

«Già» rispose flebilmente Captatio. «Fu durante il periodo della guerra contro il Primo Reich di Grindelwald. Ero giovane, al mio primo mandato, pieno di speranze e aspettative, sicuro che essere in una posizione di potere mi permettesse di migliorare la situazione, anche magari usando mezzi non del tutto leciti. Al terzo anno di governo fui accusato di alto tradimento, destituito dalla carica e processato: mi avevano beccato a complottare con Grindelwald».

«Me lei era innocente!» protestò Edmund, interrompendo il racconto. Non poteva credere che Captatio si fosse davvero alleato con un mago oscuro come Grindelwald.

Il sorriso del Preside era tirato e amaro. «No, o almeno non del tutto. Avevo sì incontrato Grindelwald, ma solo per convincerlo ad accettare di duellare con Silente: ero persuaso che, visto che Albus non voleva affrontare il mago, se fosse stato Grindelwald a sfidarlo, non si sarebbe potuto tirare indietro».

«Ma l'ha fatto per un giusto fine!»

«No, Edmund. Per quanto nobile, il fine non cambiava la gravità di quello che avevo fatto: avevo offerto a Grindelwald la mia alleanza affinché lui si decidesse ad affrontare Silente, perché ero certo che Albus l'avrebbe sconfitto. Ma se non l'avesse fatto? Se avesse vinto Grindelwald? Mi sarei trovato un una pessima situazione» Captatio interruppe il racconto e sospirò. «Sai, quando sei in politica, spesso ti dimentichi di quale sia il limite tra il giusto e l'ingiusto. Credi che ogni tua azione sia giustificata dal fine di concordia sociale al quale punti. Ma il fine non deve mai giustificare i mezzi».

Edmund interiorizzò quella massima del preside, ma era troppo curioso per non porre altre domande. «E come andò a finire, signore?»

«Fui scagionato da tutte le accuse, in realtà. Ma quella lezione servì a farmi capire che non ero fatto per governare, così tornai al mio vecchio lavoro di insegnante di Incantesimi e scoprii che mi piaceva molto di più stare tra i ragazzi che tra i politici: ci sono meno menzogne, meno secondi fini, meno falsità» concluse Captatio. I suoi occhi erano tornati nuovamente sereni e luminosi.

Per parecchio tempo i due maghi si persero a fissare l'orizzonte.

Edmund non era affatto scandalizzato dalla scoperta del passato di Captatio: in qualche modo quella dolorosa ammissione del suo mentore lo rendeva più umano ai suoi occhi e in un certo senso i suoi insegnamenti acquisivano una maggiore forza, proprio perché proferiti da una persona che li aveva provati direttamente nella sua vita.

Ma c'era ancora una domanda che restava sospesa nell'aria. Edmund si torturò le dita, ma alla fine trovò il coraggio di fare la sua richiesta: «Com'era, signore, com'era Grindelwald?»

L'eco della sua voce fu l'unica cosa che gli rispose per parecchi secondi.

Captatio chiuse gli occhi, forse immerso nei suoi ricordi, poi alla fine sussurrò: «Un cieco».

«Cieco?»

«Sì, non vedeva il male che stava causando con quella sua insensata ricerca del Bene Superiore, quel perfetto ordine cosmico a cui tanto anelava».

Edmund tornò a fissarsi mani, sovrappensiero. Forse quel doloroso giudizio Captatio l'aveva fatto più su se stesso che su Grindelwald. In un certo senso aveva ammesso di essere stato cieco anche lui, quando aveva proposto quell'ardita alleanza al mago oscuro, anche se non c'era confronto con la gravità dei crimini commessi da quest'ultimo. Chissà, magari quella era la malattia di un po' tutti i politici.

Eppure Edmund era convinto che McPride non fosse affatto cieco: sembrava una persona che puntava direttamente ai suoi obbiettivi senza troppe esitazioni, ben consapevole dei cadaveri che lasciava lungo l'argine del fiume nella sua risalita verso la foce. Se almeno Captatio, e così anche Grindelwald, sia pure in misure diverse, avevano avuto come obbiettivo un bene comune, McPride sembrava avere a cuore solo il suo bene. Ma nessuno pareva accorgersene. Persino Mairead gli aveva detto che non poteva essere malvagio e ora Captatio gli veniva a dire di non demonizzarlo, sebbene Edmund fosse certo che McPride non andasse davvero a genio nemmeno a lui. Possibile che solo lui ci vedesse tanto male? Forse stava realmente esagerando?

«Penso proprio che mi auto-inviterò per la cena a casa Boenisolius» esclamò Captatio proprio in quel momento, strappando Edmund dai suoi pensieri. «Ho saputo che Reammon è un ottimo cuoco» continuò il Preside, facendogli l'occhiolino.

«Oh, sì, è un ottimo cuoco» rispose lentamente Edmund, ancora sovrappensiero.

Poi, insieme, si avviarono verso casa Boenisolius.

In realtà Reammon aveva già provveduto ad invitare degli ospiti per quella sera: i nonni Joey e Aaron. Tuttavia, quando Edmund e Captatio arrivarono a casa, Reammon insistette perché si fermasse a cena anche il Preside del Trinity. Fu così che nel piccolo ma soprattutto incasinato salotto di casa Boenisolius si radunarono quattro diverse generazioni di maghi. Captatio era stato insegnante di Incantesimi di Joey e Aaron, ma era già Preside all'epoca in cui Reammon aveva cominciato a frequentare il Trinity. Edmund e Mairead ebbero il piacere di rivivere anni che parevano così lontani dai loro attraverso i ricordi dei nonni e del preside. Ma quella che tenne più banco di tutti fu proprio nonna Joey.

«Sapete che vi dico?» esclamò d'un tratto, menando la forchetta in aria come un predicatore. Tutti i commensali si voltarono verso di lei. «Questa storia delle nobili schiatte... È davvero ridicola. Io sono Nobile, ma nessuno mi ha impedito di sposare Aaron, che è sì Purosangue ma di origini Babbane» sentenziò la donna, con aria decisa.

Edmund non era proprio sicuro che nessuno le avesse impedito di sposare un plebeo: possibile che la sua famiglia, negli anni Cinquanta, fosse così mentalmente aperta? Forse era più corretto dire che Joey aveva fatto in modo che nessuno glielo impedisse. Sembrava proprio che l'energica nonnetta fosse stata nella casa del Nagard, quando era al Trinity.

«Ma la tua famiglia non disse niente, Josephine?» chiese cordialmente Captatio.

Edmund ebbe come l'impressione che il Preside avesse fatto apposta quella domanda, come se sapesse della curiosità che mordeva il suo giovane studente.

Nonna Joey scoppiò a ridere prima di rispondere. «I miei genitori non approvarono all'inizio, ma quando nacque Reammon, il loro nipotino, si sciolsero come una candela al fuoco». A quelle parole la donna lanciò uno sguardo amorevole al figlio. «Nessuno poteva resistere ai suoi occhioni da cerbiatto».

Reammon si alzò da tavola di scatto, imbarazzato. «Vado a prendere il secondo!» annunciò alla tavolata, e se la defilò in cucina.

Nonna Joey allora riprese il racconto: «Con mia sorella Evangeline non ci parlavamo praticamente da dieci anni: io non avevo approvato il suo matrimonio, lei certamente non poteva approvare il mio. Scarsa simpatia reciproca... ma che ci devo fare? Abbiamo scelto strade diverse».

Edmund avrebbe voluto scoprire chi fosse il marito di Evangeline O'Brian, perché aveva come la sensazione di conoscerlo, ma non ebbe il coraggio di fare quella domanda così personale.

«E sai che cosa dico a te, ragazzo mio?» continuò poi nonna Joey, rivolgendosi a Edmund.

Il giovane scosse la testa impacciato, senza sapere se avrebbe dovuto sentirsi spaventato o onorato dal fatto che l'anziana maga gli rivolgesse la parola.

Joey assunse un tono serio. «Ciò che rende un uomo realmente uomo, è la sua libertà. E la libertà si realizza nelle scelte personali. Quindi, a tutti coloro che vantano un'origine illustre o che ti sbeffeggiano per ciò che sei, tu rispondi che sono le tue scelte a determinarti come persona. Nient'altro».

Un silenzio rispettoso seguì quelle parole. Edmund ebbe come l'impressione che avessero un valore profetico per lui, qualcosa che riguardava il suo oscuro passato.

Proprio in quel momento Reammon tornò dalla cucina, reggendo in precario equilibrio una padella con delle patate al forno e un'altra contenente degli stinchi di maiale. Suo padre si alzò prontamente da tavola per aiutarlo, ma non c'era persona meno indicata di Aaron Boenisolius per evitare che accadesse un disastro. Era, se possibile, ancora più imbranato e pasticcione del figlio.

«Ce la faccio, papà» disse Reammon, ma Aaron aveva già allungato le mani verso la padella e così i due si scontrarono uno contro l'altro, facendo volare in aria le patate.

Per alcuni terribili secondi Edmund pensò che sarebbero stati investiti da una pioggia di tuberi, invece le pietanze calarono dolcemente nei piatti di ciascun commensale. Edmund osservò stranito le sue, ma alzando lo sguardo capì l'origine di quell'atterraggio indolore: Captatio aveva la bacchetta levata.

«Grazie» esclamò Reammon, appoggiando sul tavolo gli stinchi con enfasi, come se avesse combattuto contro dieci leoni per riuscire a portarli in salotto.

Aaron si risedette a tavola con un sorriso disinvolto, come se lui non c'entrasse nulla con quella faccenda.

Mairead ridacchiò. «Dovrebbe venire da noi a cena più spesso, professore. Eviterebbe a buona parte del nostro cibo di finire sul pavimento» sospirò sconsolata.

«Che coppia di imbranati!» commentò invece nonna Joey, scuotendo la testa con disappunto.

Edmund sorrise, pensando di aver scoperto da chi Reammon avesse ereditato la predisposizione a combinare pasticci.

Captatio rise sotto i baffi, nel vero senso della parola, ma poi cambiò argomento, facendo una domanda che lo punzecchiava da tempo: «Mi sono sempre chiesto, Josephine, come abbia fatto Aaron a conquistarti...»

La domanda era davvero curiosa: sembrava che Joey e Aaron non avessero molto in comune, lei energica e decisa, lui imbranato e con la testa fra le nuvole. Eppure...

Questa volta, nonna Joey non rispose subito, anzi lanciò uno sguardo intenerito al marito. Nel vedere come quella donna così determinata si fosse sciolta al solo incrociare gli occhi con l'uomo della sua vita, Edmund capì quanto fosse profondo il legame che li univa.

E finalmente Aaron parlò: per la prima volta Edmund sentì la sua voce calda e tranquilla. Fu una risposta semplice, spontanea: «L'ho fatta ridere».




Ecco qui, a grande richiesta tornano i nonni Joey e Aaron! Spero che vi sia piaciuta la cenetta di famiglia: è proprio Aaron che conclude il capitolo perché questa è la sua unica battuta e volevo che fosse ad effetto. Nel frattempo, ho rivelato qualche cosina del passato di Captatio e del futuro di Edmund: spero che abbiate gradito. Visto che sono tecnologicamente molto avanzata, vi metto QUI il link del sito ufficiale della cittadina di Boyle: se andate su “attractions” c'è una piccola descrizione della Boyle Abbey e se cliccate sull'immaginetta ve la ingrandisce. Buon giro turistico! ;-)

Dal prossimo capitolo cominceranno i misteri! Alla prossima!

@ Julia Weasley: sì, volevo che Mairead e il padre vivessero in un villaggio babbano e mi è saltato all'occhio il pittoresco paesino di Boyle (grazie a google earth ho perfino scelto in quale casetta a schiera abitano! XD). Quando andrò in Irlanda, sicuramente andrò a visitarlo! Ah, la soffitta... chissà cosa c'è in soffitta! Mi sembrava normale che Mairead si fosse innamorata del grande Troy, migliore cacciatore e capitano della nazionale! E' un po' come le ragazzine babbane che si innamorano dei calciatori! Edmund geloso è dolcissimo! E non sarà limitata ad un poster la sua gelosia.... ihihihi! Visto che le tue supposizioni erano nuovamente azzeccate? Captatio ha parlato a Ed dell'adozione. Continua a supporre, fidati del tuo istinto (usa la forza, Luke!) XD A presto!

@ darllenwr: la localizzazione della casa di Mairead è avvenuta un po' per dei giochi del caso, ma ne sono pienamente soddisfatta. In realtà credo che nemmeno Reammon sia in grado di trovare il bandolo di casa sua, tanto è in disordine! Certo non è abituato ad avere ospiti. I rapporti di Edmund con le ragazze saranno parecchio difficili per lungo tempo: lui non è certo abituato a quel genere di cose! Era comunque il caso di dimostrargli come babbani e maghi possano convivere più o meno pacificamente nello stesso paese. Come al solito, grazie mille dei commenti. Alla prossima!

@ quigon89: le riflessioni di Edmund sull'annuncio erano state rimandate a questo capitolo, in realtà, per questo ne ho parlato poco in quello precedente. Comunque grazie della dritta sugli incubi, l'ho aggiunta in questo chapter! ;-) La casetta è fantastica: ho pensato a Reammon e mi sono detta, “dove potrebbe vivere un pazzo come lui?” ed è venuta fuori quella villetta disordinata come non mai! No, Captatio non ha mai fondato un ordine come quello di Silente, perché effettivamente si trattava di combattere contro un organizzazione, l'EIF che è considerata fuorilegge anche dal governo... ma non è detto che le cose cambino presto o tardi! ;-)

@ Ereane: credo che la casa sia ancora in piedi per la memoria di Mary Weasley, come vedrai nel capitolo successivo. Poi Mairead è un minimo più ordinata di suo padre! XD Edmund è geloso ma non se ne rende ancora veramente conto... ma dovrà penare non poco! Mi diverto a farlo un po' soffrire pene d'amore! Ah, il suo passato... mmm, domanda di riserva? Vi rivelerò tutto solo nel 5 racconto, sorry! Nel prossimo capitolo però Reammon farà una delle sue comparse migliori, vedrai! A presto!

@ Sydelle: Edmund è un po' inquietante ogni tanto, lo so! Ma ti dovrai aspettare anche di peggio da lui, temo! A presto!






EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La lettera dal passato ***


CAPITOLO 7

La lettera dal passato






La mattina dopo Edmund si svegliò parecchio tardi, sia perché Captatio e i signori Boenisolius, la sera prima, se ne erano andati quasi all'una di notte, sia perché aveva dormito male, agitato da strani sogni che non si ricordava. Però aveva smesso di avere incubi su McPride, visto che la chiacchierata con Captatio sembrava averlo tranquillizzato.

Mairead era già sveglia e vestita: aveva la tendenza ad alzarsi molto presto la mattina. Edmund vide che se ne stava seduta sul suo letto e aveva tra le mani un vecchio foglio di pergamena giallastro.

«Quello che è?» domandò con uno sbadiglio, stiracchiandosi.

Mairead non rispose subito: aveva il volto concentrato e perplesso. Alla fine sospirò: «Non lo so... una strana lettera».

«Be', chi te l'ha mandata?» chiese Edmund, avvicinandosi all'amica per vedere meglio.

«È firmata Arthur, ma non è indirizzata a me» spiegò la ragazza, mostrandogli il foglio.

Edmund lesse che il destinatario era un certo Reg. «Ma allora perché è arrivata a te?»

Mairead si strinse nelle spalle, senza sapere cosa rispondere. «Me l'ha portata stamattina quel gufo» disse poco dopo, indicando un bell'animale superbo, che se ne stava ritto sul davanzale della finestra.

Edmund si avvicinò al pennuto, come sperando di scoprire qualcosa che potesse aiutarlo a risolvere quel mistero, ma non c'era nulla di anormale. «Forse ha sbagliato indirizzo» azzardò il ragazzo, con aria perplessa.

Mairead scosse la testa. «Ed, non si può sbagliare l'indirizzo nel mondo dei maghi e i gufi non portano le lettere a caso. Se questa è arrivata a me ci deve essere un motivo».

«Ma non è indirizzata a te!» protestò scioccamente Edmund.

Calò il silenzio: entrambi i ragazzi erano concentrati sulle possibili soluzioni a quel mistero.

«Non conosci nessuno che si chiami Reg?» provò a chiedere Edmund.

Mairead scosse lentamente la testa.

«Forse... era qualcuno che abitava qui prima di voi!» esclamò allora il ragazzo.

Mairead sbuffò. «I miei hanno sempre abitato qui da quando si sono sposati... sarebbero più di quindici anni!» rispose con foga.

Tuttavia Edmund non si diede per vinto: voleva vederci chiaro in quella storia. «Magari questo Arthur non sa che Reg non abita più qui» tentò ancora, sempre seguendo la prima pista.

Mairead allora allungò la lettera verso di lui. «Senti, Ed, leggila. Vedrai che non può essere come dici tu».

Edmund non era convinto che fosse giusto leggere la corrispondenza di qualcun altro, ma era troppo curioso per resistere alla tentazione. Prese il foglio di pergamena ingiallito e osservò per un attimo la grafia sgraziata che aveva vergato quelle poche righe. Poi incominciò a leggere:

Caro Reg,

è sempre un piacere sentirti. Il pancione di Molly è ogni giorno più grosso ed è contenta di sapere che ti preoccupi per lei. Bill è molto eccitato all'idea di avere un fratellino, ma vedremo come la prenderà quando nascerà davvero! Spero che lì vada tutto bene. Non farti mettere sotto, mi raccomando!

Un abbraccio,

Arthur

Edmund la rilesse un paio di volte, ma Mairead aveva ragione: non sembrava una lettera di qualcuno che riscriveva dopo quindici anni. «Io non capisco» concluse infine, lasciandosi cadere scoraggiato sul letto dell'amica.

Mairead scosse la testa, sconfortata. «È come se questa lettera fosse rimasta sospesa nel tempo per... anni!» esclamò infine con voce affranta.

«Chiediamo a tuo padre. Magari lui conosce questo Reg» propose allora Edmund in tono ragionevole.

Mairead annuì e ripiegò la lettera con cura, quasi avesse pura che si potesse rompere.

Dopo che Edmund si fu preparato, i due amici scesero in cucina, dove un Reammon in camicia da notte e pantofole stava preparando le crepes per la colazione.

«Buongiorno, ragazzi» esclamò quando li vide entrare.

Mairead scambiò un'occhiata con Edmund, poi domandò esitante: «Papà... tu per caso conosci un certo Reg?»

La crepe che Reammon aveva lanciato in aria con maestria si spiattellò sul pavimento della cucina. L'uomo era rimasto congelato. «Cosa... ehm.... perché dovrei conoscerlo?» farfugliò con un sorrisetto distratto. Fece per chinarsi a raccogliere la crepe caduta, ma sbatté la testa contro il tavolo della cucina, che tremò a tal punto da fare cadere a terra i frammenti della spada di Guland. «Benedetto san Patrizio!» esclamò contrariato Reammon, massaggiandosi la testa, dove aveva sbattuto contro il tavolo. Proprio in quel momento la crepe che era rimasta in padella cominciò a fumare in modo preoccupante, mentre un potente odore di bruciato riempiva la piccola cucina. Reammon si affrettò a spegnere il gas, ma ormai il fondo della crepe era completamente annerito.

Mairead e Edmund si scambiarono uno sguardo perplessi. Quando Reammon si voltò verso di loro, stava sorridendo. «Oggi colazione al bar!» esclamò, battendo le mani con aria soddisfatta.

Fece per dirigersi verso la porta di casa, ma prima che potesse porre la mano sulla maniglia, Mairead lo bloccò: «Papà, hai intenzione di uscire così

Solo in quel momento Reammon realizzò che stava ancora indossando la camicia da notte e le pantofole. Ridacchiò imbarazzato e poi corse in camera sua a vestirsi.

«E le crepes?» domandò scioccato Edmund, accennando alla cucina.

Mairead scosse la testa rassegnata e andò a sistemare il casino che suo padre aveva lasciato in cucina.

«Non ti è sembrato un po' strano il suo comportamento?» sussurrò Edmund all'amica, con un cenno del capo verso il piano superiore.

«Nah... è sempre così. Io ci sono abituata» rispose Mairead, buttando la pentola nel lavandino, dove una spugna incantata cominciò immediatamente a sfregarla e pulirla.

Edmund tuttavia non era convinto: gli sembrava quasi che Reammon conoscesse qualcuno che si chiamava Reg, ma non avesse intenzione di rivelarlo. Avrebbe voluto indagare più a fondo su quella faccenda, ma Reammon passò tutto il tempo della colazione a raccontare di quando aveva partecipato ad una missione archeologica in Turchia.

Quando tornarono a casa, il gufo reale che aveva consegnato la lettera a Mairead, era ancora sul davanzale, come se aspettasse di riportare indietro la risposta.

«Sai che dovremmo fare?» esclamò Edmund tutto d'un tratto.

Mairead guardò prima il gufo poi lui con aria perplessa: non era sicura di voler sapere l'idea di Edmund, visto che l'anno scorso per seguire una delle sue ossessioni avevano perfino evocato un fantasma. «Cosa?» sussurrò infine, arrendendosi difronte all'entusiasmo dell'amico.

«Rispediamo la lettera al mittente allegando le nostre scuse e vediamo dove la porta il pennuto!»

«Che cosa scema» commentò Mairead in tono piatto.

Edmund parve molto offeso. «Insomma, esisterà pur da qualche parte qualcuno che abbia mandato questa lettera!» protestò il ragazzino, frustrato dall'idea di non poterci vedere chiaro in quella faccenda.

«Va bene, va bene!» si arrese Mairead, afferrando un foglio di pergamena e buttando giù due righe di spiegazione per chiunque avrebbe ricevuto quella lettera. Dopodiché legò alla zampa del gufo entrambi i fogli e, ordinandogli di riportarli a chiunque li avesse spediti, lo lanciò nel cielo grigio di fine estate.

«Contento ora?» domandò poi in tono pungente ad Edmund.

«Assolutamente sì».

In realtà le risposta si fece attendere per parecchi giorni, tanto che quasi Edmund se ne dimenticò. Agosto stava volgendo al termine troppo velocemente per i suoi gusti: non che non avesse voglia di tornare al Trinity, l'unico posto che avesse mai considerato casa sua, ma quell'estate era così diversa dalle solite che avrebbe voluto durasse per sempre. Si era perfino abituato alle stramberie e al perenne disordine di Reammon, alla sua aria sempre svampita, ai suoi racconti avventurosi narrati la sera prima di andare a dormire.

Un giorno notò per caso che la porta della sua stanza da letto era socchiusa e non riuscì a resistere all'idea di spiare dentro. Stranamente, la camera era in perfetto ordine, pulita e curata. Il copriletto dai toni primaverili, il mobilio di legno chiaro, le pareti azzurre e la grande zanzariera di tulle sopra il letto davano l'impressione di essere entrati in un grosso fiore. Sul comodino di destra era adagiato un vaso di fiori contenente tre camelie bianche, su quello di sinistra la foto di una donna sorridente dai capelli rossi. Adagiato lì accanto stava un rosario in legno d'ulivo.

«Questa stanza è l'unica che mio padre non ha mai toccato, da quando è morta la mamma» commentò la voce di Mairead, alle sue spalle.

Edmund si voltò a disagio per essere stato colto in flagrante a curiosare nella camera da letto dei suoi genitori, ma lo sguardo di Mairead era intento a fissare la foto sul comodino: doveva essere Mary Weasley, sua madre. «Sai...» continuò la ragazzina, senza distogliere gli occhi dal volto sorridente della donna. «L'aveva progettata mamma, questa stanza. Le piaceva così tanto».

Improvvisamente Edmund si sentì un'idiota: era stato geloso di quello che aveva Mairead, senza pensare a quello che aveva perso. Era vero, lui non sapeva nemmeno chi fossero i suoi genitori, ma almeno non doveva sopportare l'idea che sua madre fosse stata assassinata da un gruppo di fanatici sanguinisti, senza che il colpevole fosse mai stato punito o anche solo trovato.

«Ti manca tanto?» le chiese allora, con un filo di voce.

Finalmente Mairead staccò gli occhi dalla foto e si voltò verso l'amico: aveva uno sguardo sofferente e dolce insieme. «Sì...» rispose in un sussurro.

«Com'è successo?» domandò Edmund, fissandola dritto negli occhi. Era una domanda diretta, ma il ragazzo era certo che l'amica non ne avesse mai parlato con nessuno e aveva proprio l'aria di doversi sfogare.

«Io e papà eravamo andati al lago Key, per pescare» cominciò a raccontare Mairead, con lo sguardo fisso a terra. «Mamma era restata a casa. Quando siamo tornati c'era la croce celtica sul tetto... papà mi ha detto di non entrare, ma io non l'ho ascoltato... e c'era mamma, a terra, con gli occhi spalancati...» la voce le morì in gola e poi, improvvisamente gettò le braccia al collo dell'amico e scoppiò a piangere.

Edmund rimase impietrito da quel gesto d'affetto, ma alla fine accarezzò delicatamente la schiena di Mairead.

In quel momento un gufo reale entrò in casa dalla finestra e planò sul pavimento. Legata alla zampa aveva una lettera, ma non fu tanto quello che attirò l'attenzione di Edmund: il pennuto era lo stesso che aveva portato la lettera dal passato.




Eccoci qui, come promesso da questo capitolo comincia il mistero! Da qui in poi non sperate di essere esenti dalla suspance! Teoricamente la lettera di Arthur era scritta con un font apposta, ma esigenze di HTML mi impediscono di essere così sofisticata.

Visto che sono assolutamente tecnofila in questo periodo, vi metto anche link di un paio di immagini: qui c'è quella propria di questo capitolo, Mairead che legge la lettera del passato, mentre questa è un gentile contributo di Julia Weasley e rappresenta il trio. Spero che vi piacciano!

Alla prossima e grazie a tutti,

Beatrix

@ Julia Weasley: sono felicissima che il capitolo precedente ti sia piaciuto! Lo sai, ormai, che ho una particolare fissa per Grindelwald... “cieco” è davvero l'aggettivo migliore per lui! Edmund è affascinato da Grindelwald quindi è naturale che lo ritenga migliore di McPride, che gli sta antipatico a pelle! Per i retroscena su McPride... bisognerà aspettare ancora un po': ne voglio fare un “cattivo” con i fiocchi! Aaron è tenerissimo: la sua frase è stata studiata apposta e sono contenta che abbia ottenuto l'effetto che volevo. L'abbazia mi piace tantissimo quindi ho fatto in modo di inserirla nella storia, visto che i Boenisolius abitano proprio a Boyle! A presto!

@ chiaki89: io, io vengo a fare un viaggio in Irlanda! Quando si parte, dove, come? ahahahah! Scherzi a parte, sono contenta che l'abbazia ti sia piaciuta come locazione, così come l'excursus sul passato di Captatio. Anche io adoro Edmund, forse proprio perché rischia di cadere in fallo...! La riunione di famiglia è stata inserita dopo, in realtà, visto il grande successo che hanno riscosso nonna Joey e nonno Aaron: mi sembrava che farli incontrare con Captatio fosse un modo divertente per animare la serata! A presto, carissima!

@ darllenwr: se il tiro si curasse di rispettare le regole.. be', non avrei scritto nemmeno un capitolo di questa storia! XD Il passato di Captatio l'ho inserito per dare alle sue massime quella forza in più data da chi ha provato quella situazione sulla sua pelle, anche perché altrimenti rischiava di sembrare un simpatico nonnetto. Etica e politica purtroppo sembrano viaggiare su due rette parallele (sia nel mondo magico che in quello babbano...). Per il passato dell'Irlanda al tempo della guerra di Grindelwald sono contenta di averti anticipato: questo personaggio mi piace tantissimo quindi era naturale ce trovassi il modo di inserirlo! Sono contenta che ti sia piaciuto il sito di Boyle: io lo trovo davvero carino e inserire il link dava come una sorta di veridicità alla mia storia. A presto!

@ Earane: mah, potrei fargli una cicatrice a forma di stellina sulla mano, che gli duole dopo gli incubi, ma mi sa un po' di trash! Temo proprio che vi convenga aspettare! XD Però in questo capitolo Reammon ha fatto la sua miglior apparizione di sempre: spero che ti sia piaciuto! Caotico e pasticcione come non mai! Addirittura quasi sorpasso la Row? Wooow, così sì che mi gaso! ahahahah! Comunque meno male che ci sei tu a farmi il correttore di bozze... già, glielo è tutto attaccato. Svista! XD Niente primo piano, però c'è un'immagine di Reammon... spero che ti sia piaciuta! Alla prossima!

@ Sydelle: tranquilla, scrivi le recensioni come ti pare! A me fa comunque piacere sapere che mi segui sempre e spero di riuscire a mantenere desto il tuo interesse fino alla fine. A presto!







EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Lo scatolone dei ricordi ***


CAPITOLO 8

Lo scatolone dei ricordi






Mairead si asciugò velocemente le lacrime con il dorso della mano, imbarazzata per essere scoppiata a piangere davanti al suo amico, poi prese la lettera dalla zampa del gufo e cominciò a leggerla:

Cara Mairead,

sei stata molto gentile a rispedire indietro questa lettera, ma credo che ci sia un errore: io non conosco nessun Reg o Arthur. Tuttavia, dalle poche righe che hai scritto mi sembri una persona carina e disponibile, quindi ho deciso di aiutarti a risolvere questo mistero. Non è che magari c'era qualcuno di nome Reg che abitava a casa tua prima di te? Comunque, non mi sono nemmeno presentata! Io sono Priscilla e ho finito il Trinity da 5 anni, ormai. Magari ci siamo anche viste, senza saperlo! Tu vai già al Trinity? A che anno sei?

Fammi sapere presto tue notizie. Se posso aiutarti, sono sempre disponibile.

Priscilla

Edmund lesse la lettera da sopra la spalla di Mairead: chi era questa Priscilla? Il mistero si infittiva. Se la ragazza non stava mentendo, allora quella lettera non l'aveva mandata lei, né conosceva qualcuno che potesse c'entrare con quella storia. Ma allora perché il gufo aveva recapitato la risposta di Mairead proprio a Priscilla? Quando notò che anche l'amica aveva finito di leggere, esclamò: «Vedi, anche lei dice che probabilmente Reg abitava qui prima di te!»

Mairead sospirò rassegnata. «Mi suona tutto così strano» disse scuotendo la tesa. «Comunque questa Priscilla sembra simpatica. Credo che le risponderò subito» e con quelle parole si diresse in camera sua con la lettera in mano.

Edmund lanciò un'ultima occhiata alla foto sul comodino: gli pareva che Mary sorridesse dei suoi sforzi per scoprire chi fosse quel famigerato Reg, come se lei, avvolta nella beatitudine che permeava quella stanza, sapesse già tutto di quella storia assurda e non se ne preoccupasse minimamente. Infine Edmund chiuse la porta e il volto di Mary scomparve, insieme con la sensazione che lei centrasse qualcosa con la lettera che veniva dal passato.


Un pomeriggio Mairead propose ad Edmund di esplorare la loro soffitta. Esplorare era il verbo giusto per quella soffitta, visto che se la casa era disordinata, lì c'era una giungla. «Io mi diverto a frugarci dentro, ogni tanto» spiegò Mairead all'amico. «Ci si trovano un sacco di cose interessanti. Una volta ho scoperto un vaso in ceramica del Diciottesimo secolo, quello che ora sta in ingresso come portaombrelli».

Edmund non osò chiedere come un vaso del Diciottesimo secolo si fosse ritrovato nella soffitta di casa Boenisolius. Tuttavia immaginò che esplorare quell'ambiente doveva essere un'occupazione stimolante, per quel caldo pomeriggio di fine agosto. Chissà cosa avrebbero trovato!

La soffitta era abbastanza grande, ma vi stavano stipati tanti di quegli oggetti che sembrava sul punto di scoppiare da un momento all'altro: c'erano scatoloni di cianfrusaglie, un vecchio armadio senza un'anta, una stufa arrugginita e un manichino con indosso un abito da strega, rosso, da sera che non era in ottime condizioni ma pareva essere stato certamente prezioso.

«Ehi, e questo cos'è?» esclamò Edmund, estraendo da sotto una vecchia asse da stiro quello che sembrava essere uno scatolone impolverato. Non sapeva il perché, ma quel vecchio cimelio lo incuriosiva. Levò a fatica il magiscotch che ne chiudeva il coperchio e ispezionò l'interno. Sembrava uno scatolone dei ricordi di un bambino, a giudicare dal contenuto: giocattoli, un orsacchiotto di peluches, e dei libri malandati.

Edmund ne estrasse uno e lesse la copertina: Il Quidditch attraverso i secoli.

«È roba di tuo padre?» chiese, gettando il volume a Mairead.

La ragazza a vedere il titolo scoppiò a ridere. «Assolutamente no! Lui odia il Quidditch» rispose, lanciandolo nuovamente all'amico, che lo aprì per vedere se c'era scritto il proprietario. Una calligrafia da bambino aveva scritto:

Questo libro è di Reg e di nessun altro.

«Ehi, Mairead! Di nuovo questo Reg!» esclamò Edmund, in preda all'euforia.

La ragazza si voltò verso l'amico, improvvisamente curiosa. Edmund le fece vedere la scritta sul libro, poi rincominciò a frugare dentro lo scatolone, alla ricerca di chissà cosa che potesse illuminarlo su quel mistero. Dopo un po' notò l'angolo di quella che sembrava una foto e cercò di estrarla da sotto un libro senza strapparla. La foto rappresentava un ragazzetto dai capelli rossi, con un esplosione di lentiggini sul volto e gli occhi sorridenti. Aveva in mano un manico di scopa e alle sue spalle si erigeva una casa in legno che pareva stare in piedi solo grazie a qualche intervento magico.

«Credi che sia lui? Voglio dire, che sia Reg?» domandò Mairead, osservando il giovinetto che si agitava nella cornice.

Edmund annuì pensieroso. La fotografia sembrava ingiallita dal tempo, come se appartenesse ad un'altra epoca. Sì, doveva essere lui, il Reg della lettera.

«Guarda questa scopa» disse Mairead, indicando l'oggetto nella foto.

Edmund non ci vedeva nulla di strano.

«È una di quelle con il manico sottile, come andavano di moda negli anni Settanta. Credo sia una Comet, forse la 220» spiegò la ragazzina: un'ulteriore conferma di quanto fosse vecchia quella foto.

«Credo che sia il nostro misterioso Reg» asserì infine Edmund, continuando ad osservare il volto sorridente del ragazzetto. Dopodiché estrasse da sotto un grosso libro un foglio di pergamena ingiallito e lo aprì: era un'altra lettera indirizzata a Reg da parte di Arthur, una conferma dei loro presentimenti. Sembrava non essere passato molto tempo dalla prima stana lettera che Mairead aveva ricevuto giorni fa.

Caro Reg,

il piccolo Charlie sta crescendo bene e Bill dice sempre di volerlo prendere in braccio. Ci sarebbe piaciuto che fossi tu il padrino di Charlie, ma sei ancora piccolo. Magari per il prossimo figlio, che ne dici? Non abbiamo affatto intenzione di fermarci, io e Molly! Tu come stai? Fai il bravo e non stordire nessuno con le tue chiacchiere!

Ci vediamo presto,

Arthur

Ma che cosa significava tutto quello? Perché nella soffitta di casa Boenisolius c'era uno scatolone contenente i ricordi di un ragazzino che sembrava appartenere al passato?

Mairead riprese a frugare nello scatolone, finché non estrasse una scatola lunga e sottile che le dava un brutto presentimento. Sul coperchio nero c'era scritto in lettere dorate il nome Olivander. Mairead lo aprì con cautela: conteneva una bacchetta magica, che l'etichetta all'interno definiva come “11 pollici e mezzo, legno di tasso, corda di cuore di drago”.

Mairead lasciò cadere la scatola, come presa da un'ansia improvvisa.

«Che c'è?» chiese Edmund preoccupato, voltandosi verso la sua amica.

Mairead scosse la testa spaventata, poi rispose con un filo di voce: «Ed, io credo che questo Reg... sia morto».

«Perché dici?»

«Questo scatolone... ha tanto l'aria di conservare i suoi ricordi, la fotografia, i vecchi libri, i giocattoli... e quella è la sua bacchetta. Deve essere morto da bambino» rispose sommessamente.

Edmund tornò a guardare il vecchio scatolone e improvvisamente realizzò che Mairead aveva ragione: sembrava proprio che Reg fosse morto.

Edmund proprio non riusciva a raccapezzarsi in quella storia e la cosa gli dava parecchio sui nervi. C'era uno scatolone contenente i ricordi di un bambino morto in soffitta di casa Boenisolius, una lettera che sembrava provenire dal passato, spedita a questo Reg ma recapitata a Mairead e infine era comparsa Priscilla, non si sa come. Come potevano essere collegate tutte quelle cose?


Mairead continuò la corrispondenza con Priscilla, scoprendo che la ragazza lavorava in un allevamento di ippogrifi gestito dai genitori. Parlarono parecchio dei rispettivi padri e Priscilla parve molto interessata a Reammon e al suo lavoro di archeologo.

«È davvero un'impicciona, questa Priscilla» commentò un giorno Edmund, contrariato.

Mairead gli strappò di mano la lettera che stava leggendo con interesse. «Non sono affari tuoi» gli rispose riponendo il foglio di pergamena al sicuro.

Edmund incrociò le braccia al petto. «Ti chiede un sacco di cose su tuo padre. Che le interessa?»

«È un'amica di penna, Ed. È normale che ci raccontiamo un po' della nostra vita» rispose Mairead, scuotendo la testa.

Edmund lasciò cadere il discorso, ma non era affatto convinto di quella storia: nemmeno la conosceva, quella Priscilla, eppure aveva verso di lei una fiducia incondizionata.

«Sembra tanto dolce e simpatica!» gli aveva detto un giorno Mairead.

«Appunto, sembra! Che ne sai di com'è veramente?» aveva risposto lui, ma l'amica non lo aveva lasciato continuare.

«Sei sempre così diffidente, Ed. Come con McPride, vedi solo il lato negativo delle persone. Cerca di avere un po' più di fiducia».

Forse Mairead aveva ragione, vedeva solo il lato negativo della gente. Ma certe persone, a pelle, gli davano l'impressione di essere false. Magari dipendeva dal fatto che, essendo cresciuto in un orfanotrofio, deriso da tutti i compagni e ignorato dalle insegnanti, aveva finito per diffidare di chiunque. Sperava tanto che questa volta Mairead avesse ragione e che Priscilla non nascondesse loro qualcosa.





Ecco qua il nuovo capitolo... e il mistero si infittisce! Nuntio vobis magno gaudio che ho finito di scrivere la storia, quindi, se nessuno ha obiezioni, comincerò a pubblicare due volte alla settimana, probabilmente il mercoledì pomeriggio/giovedì mattina (dipende da impegni universitari!) e il sabato mattina. Contenti?

Mi sono accorta, dalle vostre recensioni, che forse non sono stata abbastanza chiara con la questione della lettera: Mairead sostiene che l'indirizzo nel mondo dei maghi non esiste perché non è quello che qualifica il luogo dove arrivi la lettera, ma lo è la persona a cui la stessa è indirizzata. Nel senso, quella lettera è arrivata a Mairead non perché qualcuno avesse ordinato al gufo di portarla a St. Joseph's Ave 10, Boyle ma a Mairead, che in quel momento si trovava all'indirizzo St. Joseph's Ave 10. Esattamente allo stesso modo in cui Edvige recapita le lettere di Harry a Sirius quando è in latitanza. È la persona a cui è indirizzata che “dice” al gufo dove portarla, non l'indirizzo come lo intendiamo noi. È per questo motivo che Mairead sostiene che se la lettera è arrivata a lei ci deve essere un motivo. Spero di essere stata un po' più chiara... ammetto che nel capitolo non mi ero spiegata molto bene! Se ci fossero altri dubbi, non esitate a chiedere!

Nel frattempo questa è l'immagine del capitolo: la foto di Reg trovata da Edmund nello scatolone dei ricordi.

Grazie a tutti quelli che continuano a seguire questi racconti! Alla prossima!

@ quigon89: ehi, quante domande! Non pretenderai davvero che risponda a tutte, vero? XD Comunque alcune delle tue supposizioni non sono poi così lontane dalla realtà... anche se ovviamente non posso proprio dirti quali! Sono contenta comunque di aver stuzzicato la tua fantasia. A presto!

@ chiaki89: lo so, sono perfida, ma i tuoi dubbi saranno svelati solo alla fine, temo! La camera di Mary Weasley è studiata per fare contrasto assoluto con il resto della casa che, diciamocelo, non è propriamente ordinata! XD E Reammon è veramente troppo divertente da descrivere! È spassosissimo parlare di lui! Mairead è una very stong... insomma, una Raloi a tutti gli effetti! A presto, carissima!

@ Julia Weasley: visto? Non proprio la stanza degli ospiti, ma la soffitta ha rivelato qualcosa di misterioso! Chi sarà mai questo Reg? Ahahahah! Reammon è caotico e pasticcione di natura e il trauma della morte della moglie l'ha superato soltanto pensando al fatto che aveva ancora qualcuno da amare e una figlia da crescere: Mairead. Quanto a lei, credo che sfogarsi le abbia proprio fatto bene, visto che non ne aveva mai parlato con nessuno. E poi Ed è tanto tenero da abbracciare! *-* E sul suo passato sono ermetica come non mai... non mi lascerò sfuggire neanche una parola, questa volta! Ti piace Bearach? È così caruccio! In realtà per il giocattolo a forma di drago avevo pensato al tuo peluches a forma di unicorno e mi sono detta: “che altro animale fantastico c'è adatto a fare un bel peluches per un piccolo mago? Un draghetto!” XD E adesso parte la mia alto-stima: la faccia di Scipio è stupenda! Mi piace un sacco come mi è venuta! È proprio la sua espressione! =D Ci sentiamo presto, carissima!

@ darllenwr: ahahaha! No, ti giuro che le poste magiche sono efficienti molto più di quelle babbane! Il mistero del gufo sarà risolto solo a fine racconto! Reammon non è affatto capace di fingere, ma per fortuna è talmente imbranato che Mairead non coglie nemmeno la differenza. No, Mairead non ha mai rivelato a nessuno quello che è successo e questo mi sembrava il momento migliore perché potesse finalmente sfogarsi. Anche a me piace un sacco il disegno di nonna Joey e Scipio, perché la faccia di quest'ultimo è davvero impareggiabile! Quanto a Mairead, sta finalmente cominciando a diventare un po' più femminile. Alla prossima!

@ MissyMary: bentornata carissima! Sì, ho anche io il sadico vizio di troncare le storie sul più bello! Eh, quel taaanto di più su Mary Weasley lo saprai a tempo debito. Quanto a Eddy, non ho intenzione di rivelare nulla... sono sadica, lo so, ma non posso rovinare tutta la trama del 5° racconto spifferando in giro cose sul suo passato! XD E non temere, ci saranno parecchie scene alla s. Valentino proprio nel quinto, quando lui diventerà un gran bel pezzo di ragazzo! Anzi, vedrai che ce ne saranno di davvero divertenti! =D Gli sporchi segretucci di Reammon saranno rivelati solo a fine racconto. E per McPride, che posso dirti? Edmund è un po' troppo fissato con lui... chissà se avrà ragione il nostro ragazzo così deliziosamente ostinato o tutto il resto della comunità magica! A presto!

@ Voldia: grazie dei complimenti! Sì, Captatio ha rischiato davvero tanto, ma alla fine ha capito che quello non era affatto l'ambiente per lui. Grazie anche di avermi fatto notare quella precisazione sull'indirizzo: spero che ora sia più chiaro! Alla prossima!

@ Earane: sono felice che ti sia piaciuto Reammon, ma non ho intenzione di rivelare nulla su Reg... sorry, ma toglierei tutta la suspance alla storia! Comunque è ambientata negli stessi anni di quella di HP: ora che i ragazzi devono frequentare il terzo anno siamo nel 1993; inoltre, in Irlanda le scuole superiori durano 6 anni e cominciano all'età di 12, quindi Mairead & co sono del 1979, un anno in più di Harry e gli altri. Ho degli amuleti contro le maledizioni, comunque, perché mi diverto ad interrompere sul più bello! XD A presto!



EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Orgoglio e inseguimenti ***


CAPITOLO 9

Orgoglio e inseguimenti






Quella mattina Laughlin si svegliò tranquillamente, si vestì con calma e si appuntò al petto l'Encomio della Repubblica con evidente orgoglio: avrebbe fatto la sua figura arrivare in stazione e poi sull'espresso per il Trinity con quell'onorificenza in bella mostra. Si rimirò soddisfatto nello specchio che aveva sull'interno dell'anta dell'armadio e poi scese in salotto per fare colazione.

«Buongiorno, mamma» salutò Laughlin, entrando in sala da pranzo.

«Buongiorno, caro. Dormito bene?» rispose sorridente Daire, ma il figlio non ebbe tempo di rispondere, perché il loro elfo domestico sbucò dalla cucina con in mano un vassoio esclamando: «Lappy ha preparato al signorino il suo dolce preferito!»

«Grazie, Lappy. Tu mi vizi troppo!» ridacchiò Laughlin prendendo la fetta di torta che l'elfo gli porgeva.

Proprio in quel momento entrò nella sala da pranzo il signor Maleficium.

«Buongiorno, caro» lo saluto dolcemente la moglie.

Eoin si sporse verso Daire e le diede un veloce bacio sulla guancia, dopodiché si sedette a tavola. Ma quando il suo sguardo si posò sul figlio, il suo volto si irrigidì. «Levati di dosso quella coccarda, Laughlin» ordinò al giovinetto, accennando all'Encomio.

«Ma papà...» protestò il ragazzino, prima che il padre lo interrompesse con uno sguardo severo. Allora Laughlin si alzò dal tavolo mogio mogio e andò a riporre la preziosa onorificenza sulla scrivania di camera sua.

Quando tornò in salotto, lo sguardo del padre era molto più indulgente. «Laughlin, vieni qui» gli disse con dolcezza e quando il ragazzino gli fu vicino, lo cinse per la vita e gli sollevò il mento con una mano, in modo che riuscisse a guardarlo negli occhi. «Essere un Maleficium di Iuchar Tuiren è un grande onore e devi esserne orgoglioso, ma questo non significa andare in giro a mostrare con baldanza i propri meriti» gli disse, scrutandolo con intensità.

Laughlin fece un mezzo sorrisetto e infine annuì. «Hai ragione, papà. Scusa» sussurrò con un filo di voce.

«Yeppi, si va al Trinity!» esclamò proprio in quel momento Bearach, entrando in cucina come un vortice.

Laughlin si sciolse dall'abbraccio del padre e squadrò il fratellino con astio. «Grazie a Dio, tu no. Ho ancora due anni di respiro prima che tu venga al Trinity».

«Laughlin, non trattare male tuo fratello» intervenne Daire, anche se sapeva perfettamente che il maggiore aveva ragione nei confronti di quella peste camuffata da bambino.

Il ragazzino scosse la testa e si sedette a tavola, contento che quella sera avrebbe cenato al tavolo dei Nagard, a fianco di Dominique, ma soprattutto lontano da suo fratello Bearach.

Dopo colazione Lappy lo aiutò a portare il grosso baule scarlatto al piano di sotto, dove lo attendevano i suoi genitori e Baerach, che saltellava per l'ingresso come un indemoniato. Laughlin alzò gli occhi al cielo, rassegnato. Tre mesi senza vederlo. Benedetto il Creatore!

«Lappy ha preparato al signorino il pranzo, panino con carne di angus, come piace a lui. E poi i biscotti» cantilenò l'elfo, porgendogli un sacchetto di carta. Era leggermente commosso, come si capiva dagli enormi occhioni lucidi e dalle orecchie a punta rivolte verso il basso. Tutti gli anni, quando il padroncino se ne andava al Trinity gli veniva un groppo alla gola e gli si inumidivano gli occhi.

Laughlin prese il sacchetto con un sorriso e mise una mano sulla spalla dell'elfo. «Grazie, Lappy. Mi mancherai».

L'elfo sarebbe voluto scoppiare a piangere, ma Laughlin lo precedette: «Su, non fare quella faccia! Ci vedremo a Natale... intanto ti lascio qui con Bearach».

Per una persona normale quella sarebbe stata una minaccia, ma non per Lappy che trovava meraviglioso servire qualsiasi membro della famiglia Maleficium, perfino quella piccola peste di Bearach.

«Su, andiamo, o il treno partirà senza di te» esclamò Daire.

Con un'ultima occhiata al grande scalone d'ingresso, Laughlin lasciò villa Maleficium per tornare al Trinity.

La famigliola arrivò a Dublino con la metrombino, poi si diresse verso la stazione Babbana, noncurante delle occhiate che gli riservava la gente per strada. Bearach era così esaltato per chissà quale motivo che andò a sbattere contro una fila di carrelli per le valige, facendoli cadere sui binari. Il capostazione andò su tutte le furie e ci volle tutta la diplomatica pazienza di Eoin per convincerlo che era stato un incedente e che non c'era bisogno di chiamare la polizia. Dopodiché lanciò una di quelle occhiatacce al figlio che bastarono a tranquillizzarlo almeno per un'ora.

Al binario per il Trinity si accedeva tramite un ripostiglio dietro il binario 5: spostando in modo strategico la scopa e il moccio si apriva un passaggio per accedere alla banchina magica.

I Maleficium attraversarono il varco e si ritrovarono su un binario stracolmo di maghi e streghe intenti a salutare i figli in partenza per la scuola. «Ehi, guardate, c'è Ed! C'è Ed! C'è Ed!» esclamò Bearach, saltellando da un piede all'altro. Lo sguardo severo del padre lo raggelò. Per quel giorno aveva combinato abbastanza guai.

Laughlin raggiunse i suoi amici. «Ciao, ragazzi!»

«Ah! Mi devi cinque Cioccorane» esclamò Edmund rivolto a Mairead, con un sorriso furbo. «Te l'avevo detto che suo padre non gli avrebbe lasciato indossare la coccarda!»

Mairead gli scoccò uno sguardo astioso, poi fece un cenno del capo verso Laughlin. «Sì, ma lui voleva indossarla, vero? Quindi è come se ce l'avesse su!»

«Eh, ma non ce l'ha!» gongolò Edmund, tutto soddisfatto.

Laughlin era scioccato. «Avete scommesso su di me? Se mi sarei presentato con la coccarda o meno?» protestò, incrociando le braccia al petto. Si sentiva irrimediabilmente offeso. Provò a mettere il broncio, ma la voglia di riabbracciare i suoi amici dopo un mese che non si vedevano ebbe la meglio anche sull'orgoglio.

Proprio in quel momento il capostazione fischiò per far intendere che il treno era in partenza e i loro genitori si avvicinarono per salutarli. Daire abbracciò e baciò il figlio, salutò Mairead e poi diede un piccolo bacio sulla guancia anche a Edmund, che arrossì fino alla punta dei capelli.

Eoin salutò prima Laughlin, poi strinse la mano ai suoi amici con fare pomposo.

Bearach si avvicinò al fratellone per salutarlo, ma scoppiò a piangere e corse a nascondersi tra le gonne della mamma, vergognandosi per quel momento di debolezza.

Reammon strinse la figlia in un abbraccio, poi la guardò dritto negli occhi. «Fai la brava» le raccomandò, anche se non aveva molto senso, visto quello che aveva combinato nei due anni precedenti.

Mairead almeno ebbe il buon gusto di non replicare con la sua frase di sempre. «Papà, ho quasi quattordici anni, ormai. So badare a me stessa».

E con quelle parole i tre amici salirono sul treno.

Nel corridoio incontrarono Dominique, che indossava già la sua divisa rossa dei Nagard.

«Ciao! Passata bene l'estate?» lo salutò Laughlin con un sorriso.

«Sì, grazie. Ehi, ho visto l'articolo sul Corriere della vostra premiazione!» rispose il ragazzetto, che durante l'estate non era affatto cresciuto, tanto che ora arrivava a stento al mento di Laughlin. «C'era anche una foto! Davvero grandioso, eh?» continuò Dominique.

Laughlin gonfiò il petto orgoglioso, ma al sentire alle sue spalle le risatine dei suoi amici ritornò in se stesso. «Già, grandioso» ripose in tono neutro, come se la cosa non lo interessasse affatto.

«Dove sei di scompartimento?» chiese allora Edmund, visto che stavano intralciando il traffico, con i loro bauli in mezzo al corridoio.

Dominique parve essere un attimo a disagio. «Ehm, di là, con Cosimo e gli altri del mio anno».

«Be', allora noi andiamo a cercarcene uno vuoto. Ci vediamo a cena, Dom» rispose semplicemente Laughlin e con un cenno di saluto si avviò lungo il corridoio seguito dai suoi amici.

Essere al terzo anno aveva i suoi vantaggi. Laughlin fece sloggiare da uno scompartimento due primini dall'aria spaurita, cosicché i ragazzi poterono accomodarsi comodamente al suo interno.

«Quest'anno incominciamo le nuove materie!» esclamò Mairead, sedendosi vicino al finestrino.

Laughlin annuì battendo le mani, come se avesse trovato un sacchetto pieno di dolci. «Cura delle Creature Magiche! Alleviamo i draghi!» esclamò estasiato.

Mairead scoppiò a ridere, tirandogli addosso il nuovo libro di Trasfigurazione, che era un tomo di ottocento pagine.

«Sei pazza?» strillò Laughlin, lanciandogli di nuovo il volume.

Mairead ridacchiò, ma si interruppe subito quando notò la faccia pensierosa di Edmund.

«Ed, che c'è?» gli chiese in tono preoccupato. Il ragazzo guardava fuori dal finestrino come se nemmeno si accorgesse di quello che accadeva dentro lo scompartimento. Normalmente avrebbe amichevolmente sgridato i suoi amici per il modo in cui avevano trattato il libro. Invece se ne stava silenzioso a guardare il paesaggio. Mairead lo conosceva troppo bene per non sapere che quell'espressione significava guai: Edmund stava meditando su qualcosa.

«Pensavo...» sussurrò proprio in quel momento il ragazzino.

Mairead e Laughlin si scambiarono un'occhiata d'intesa: era pericoloso quando Edmund pensava.

Finalmente Edmund si voltò verso di loro. «Mairead, a te non sembrava che qualcuno ci seguisse?» domandò rivolto all'amica.

«Seguisse?» gli fece eco Mairead.

Edmund si sporse verso di lei. «Sì, già a Boyle, una figura che ci pedinava. E poi anche a Dublino e fino in stazione».

«Io non ho visto nessuno» lo interruppe la ragazza, prima che l'amico partisse con assurde ipotesi su pedinamenti e loschi individui.

«Ma forse...» provò a dire Edmund.

Laughlin allora si alzò in piedi e allargò le braccia per bloccare sul nascere ogni speculazione dell'amico. «Eeedmund! Tu vedi misteri dappertutto! Quest'anno voglio passarlo tranquillo, ok?» esclamò esasperato.

Proprio in quel momento il treno fece una brusca curva e per poco Laughlin non cadde a terra.

Edmund sorrise: forse i suoi amici avevano ragione e stava davvero esagerando nel voler vedere un mistero in ogni cosa.




Ecco qui, come promesso, l'aggiornamento settimanale. Capitoletto breve in realtà, piuttosto comico, ma dopo un mese a casa Boenisolius avevo voglia di riprendere in mano l'allegra famiglia Maleficium! E, ovviamente, compare la solita raccomandazione di Reammon a Mairead, ma almeno questa volta lei ha il buon gusto di non rispondere “io sono brava”, anche perché l'anno tranquillo auspicato da Laughlin non si rivelerà affatto tale!

Questa è l'immagine del capitolo: Eoin che riprende il figlio.

Grazie a tutti, a presto!

@ Julia Weasley: grazie dei complimenti, carissima! ;-) Ovviamente non ho alcuna intenzione di rivelare anzi tempo chi sia Priscilla o che fine abbia fatto Reg! Comunque hai azzeccato su una cosa... ma non ti dico quale! Muahahahha! Che sadica! A presto, lettrice-suppositrice! (in realtà volevo coniare apposta per te il neologismo suppolettrice ma mi sa un po' di supposta... XD)

@ MissyMary: i capitoli sono 20, più un epilogo. Purtroppo non credo che comincerò subito con l'altra storia perché devo ancora scriverla tutta, però vi potrete consolare con la pubblicazione dei due corollari (Vita da fuorilegge e Il coraggio di scegliere). Non ti posso rivelare chi sia Reg... però povera Priscilla! XD Prendi le difese di Edmund? Comunque, sì, verrà loro (o meglio a Edmund) la geniale idea di frugare tra gli archivi, esattamente nel prossimo capitolo. No, mi spiace, il passato di Ed è sigillato! È troppo complicato e profondo per essere rivelato prima... lui ci impiega tutto il quinto racconto a scoprirlo! A presto! ps. faccio lettere moderne! ^^

@ ScudoDiTiglio: tranquilla, recensisci pure quando ce la fai! A me fa piacere sentirti ma non vorrei rubare il posto allo studio per la maturità (a proposito, in bocca al lupo!). Ovviamente non posso rispondere a nessuna delle tue domande, però sono tutte davvero interessanti! Non sei poi così lontana dalla strada giusta. Comunque sì, Reg è di mia completa invenzione! Alla prossima!

@ darllenwr: sì, credo proprio che la soffitta sia un inno al caos! Bella definizione! ;-) Comunque Edmund è un po' troppo sospettoso, come gli fanno notare i suoi amici anche i questo capitolo... però i suoi sospetti non sono poi così infondati e comunque sono utili perché sono il motore che lo spinge alla ricerca della verità. Credo, infine, che la legge di Murphy cali a pennello con le avventure dei giovani irlandesi: altro che anno tranquillo! A presto! ps. non mi sono dimenticata delle tue mail, ma al momento sono un po' affollata di impegni. Comunque credo che la priorità vada alla storia, quindi nei ritagli di tempo mi dedicherò a quella, così per gennaio dell'anno prossimo potrebbe essere finita e pronta per la pubblicazione.



EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il fascino del mistero ***


CAPITOLO 10

Il fascino del mistero






Laughlin, come al solito, durante il banchetto mangiò più di quanto umanamente un ragazzino di quattordici anni potesse fare, quasi senza nemmeno sentire Dominique che gli raccontava la sua estate.

«E poi i miei fratellini hanno cominciato a tirarsi addosso le gelatine di muco di Kappa e hanno preso in pieno una vecchia maga giapponese che passava per strada. Credo che ci abbia lanciato una maledizione, ma non conosco la lingua... comunque non la biasimo, quella roba è davvero disgustosa» concluse Dominique, in tono saggio.

Laughlin annuì, anche se doveva essersi perso qualche passaggio, perché non ricordava come Dominique fosse arrivato in Giappone. «Quanti fratelli hai?» gli chiese allora, contento di non essere l'unico sfortunato ad avere in casa delle pesti mascherate da bambini.

Dominique sospirò. «Tre: i gemelli Samuel e Ismael di nove anni e la piccola Ester di sette» rispose con rassegnazione.

Laughlin pensò che i signori MacPassel dovevano essere proprio fissati con quella roba della religione, visti i nomi dei figli.

Proprio in quel momento il preside Captatio si alzò da tavola e fece un breve discorso sull'importanza dello studio, che Laughlin non si degnò troppo di ascoltare: le solite cose sul fare i bravi, applicarsi a scuola e ampliare la mente.

Quando finalmente il preside permise loro di alzarsi, Laughlin, insieme a Dominique e agli altri Nagard, si recò verso la sua sala comune.

«Ma guarda chi si vede, un traditore del suo sangue, ovviamente in compagnia di un sasanachfiul» li aggredì una voce sgradevole nel momento stesso in cui entrarono in sala comune.

«Chiudi la ciabatta, Diabliaiocht» le rispose Dominique, con un tono forse poco cristiano ma certamente appropriato a quella serpe.

La ragazza era spalleggiata dai suoi due inseparabili compagni, Leida O'Hara e Finan Best, ma questa volta sembrava che fossero in parecchi a condividere le sue accuse verso i due giovani Nagard.

Laughlin non era certo disposto a dargliela vinta, non quella volta. Le si avvicinò con un sorrisetto di sfida. «Che cos'è che ti rode di più, Diablaiocht?» le domandò, tirandosi il colletto della giacca con aria di superiorità. «Che io sono irrimediabilmente più figo di te, o che sono nobile, mentre tu non lo sei?»

A quelle parole calò il gelo nella sala comune dei Nagard. C'erano parecchi studenti che disapprovavano il comportamento inglesofilo di Maleficium, ma nessuno era pronto a mettersi contro un Nobile Purosangue.

Nessuno che non fosse Nobile a sua volta.

«Stalle alla larga, Maleficium» disse una voce controllata e flebile. Eibhean Deamundi, il più giovane dei sette figli del Conte di Con Cetchthach.

Laughlin non si fece intimorire dalla presenza pomposa del giovane nobile: suo padre gli aveva insegnato che i Deamundi erano la famiglia più importante di tutta l'Irlanda, ma che erano anche degli squallidi sanguinisti. Niente di rispettabile, almeno nell'ottica di grande onestà di Eoin Maleficium.

«Guarda, Ailionora, il tuo ragazzo è venuto a difenderti. Finalmente avrai un titolo nobiliare anche tu» ripose con un sorrisetto divertito.

La ragazza lanciò un'occhiata terrorizzata a Deamundi, come se temesse che lui avesse scoperto qualche segreto e poi scappò verso il dormitorio femminile con il volto in fiamme.

«Non hai il diritto di trattarla a quel modo» sussurrò Deamundi, in modo che solo Laughlin potesse sentirlo.

Il sorrisetto del ragazzo si tramutò in una maschera di serietà. «Ognuno raccoglie quello che semina. Se vuoi il rispetto degli altri, devi meritartelo».

E con quelle parole lasciò la sala comune, seguito da Dominique.


La prima lezione del nuovo anno era Cura delle Creature Magiche: questo significava che Laughlin e Mairead avrebbero passato l'ora insieme, mentre Edmund si recava ad Antiche Rune.

Dopo colazione, i due amici salirono un paio di rampe di scale per recarsi all'aula di dove si sarebbe tenuta la lezione. Il professore si chiamava Lynch ed era un tizio piuttosto grosso, con la mascella squadrata e una leggera barba incolta di un paio di giorni: sembrava proprio il tipico insegnante da non far arrabbiare.

Gli studenti si accomodarono tra i banchi e incominciarono ad estrarre libri e pergamene, ma il professor Lynch sbraitò: «Che pensate, di essere qui a studiare Trasfigurazione? Via quei libri, adesso andiamo nel parco!»

I ragazzi si scambiarono degli sguardi eccitati: la prima lezione prevedeva già qualcosa di pratico. Chissà se avrebbero visto i draghi!

Il professore li condusse fuori dal castello, attraverso il ponte che collegava l'isola lacustre alla terraferma; oltrepassarono lo stadio di Quidditch e si fermarono al limitare della foresta che si trovava sul confine del territorio della scuola, tra il lago e il villaggio di Doolin. Lì c'era un recinto e una piccola costruzione in legno che sembrava un capanno degli attrezzi.

«Ragazzi, tutti intorno al recinto, per favore» ordinò il professore. Gli studenti si accalcarono addosso alla palizzata per cercare di ottenere il posto migliore.

Sgomitando per bene, Mairead e Laughlin si piazzarono in prima fila, a fianco di un gruppetto di Llapac. Il professore saltò il recinto con un balzo atletico, giusto per impressionare gli studenti, dopodiché si recò dietro il capanno.

Tutti i ragazzi tesero il collo per vedere cosa fosse andato a recuperare, ma non dovettero attendere troppo: l'insegnante tornò poco dopo tirando le redini di un magnifico esemplare di unicorno. Dagli studenti si sollevò un coro ammirato di “oooh”.

«È magnifico!» esclamò estasiata una ragazza dei Llapac, che aveva gli occhiali spessi e l'apparecchio ai denti.

«Sì, Moira, è magnifico!» rispose la sua amica, con gli occhi che le brillavano.

Il professore tuonò qualcosa per zittire la platea dei suoi studenti. «Le ragazze si possono avvicinare per accarezzarlo» disse quando finalmente gli alunni si furono calmati.

Mentre le femmine si avvicinavano, il professor Lynch cominciò ad elencare le caratteristiche e le proprietà dell'animale.

«Tu non vai ad accarezzarlo?» domandò Laughlin alla sua amica.

Mairead scosse le spalle. «Nah, ne ho già visto uno da vicino, in Francia, quando papà partecipava agli scavi nella necropoli di Louison. Quando mi avvicinai, quello stupido mi diede un morso!» rispose la ragazza contrariata, al ricordo dell'episodio.

«Voi due, là in fondo, non siede dispensati dall'ascoltare» li rimproverò il professor Lynch. I ragazzi allora tirarono fuori penne e pergamene e cominciarono a prendere appunti in silenzio.

Mentre i suoi amici seguivano Cura delle Creature Magiche, Edmund andò a lezione di Antiche Rune, dopodiché i tre ragazzi frequentarono insieme Incantesimi con la O'Connel.

Al pomeriggio andarono a Pozioni, ma la lezione più interessante per Edmund fu l'ultima della giornata, Artimanzia. La professoressa che la insegnava si chiamava Sidera O'Elan ed era una strega abbastanza giovane, sempre vestita con cura, i capelli scuri raccolti dietro la testa e decorati da un fiore.

Entrò in classe con passo deciso e fece un appello sbrigativo, dopodiché cominciò con un discorso introduttivo. «Artimanzia è la materia più difficile e al contempo più affascinante che studierete al Trinity. Si tratta di scoprire la sofisticata logica dietro il disegno cosmico per leggere tra le righe i messaggi che vi sono scritti. Per amare questa materia dovete amare le sfide, essere pronti a rischiare, scommettere sulla vostra intelligenza. Il mistero! Artimanzia significa scoprire la chiave del mistero dell'universo».

La professoressa cominciò a girovagare tra i banchi, mentre gli occhi brillanti di brama di Edmund la pedinavano per tutta la stanza. «La domanda ora è perché i maghi abbiamo cominciato a studiare Artimanzia... il mistero ha un fascino particolare che ha da sempre intrigato l'uomo. Se non avvertite il fascino del mistero non potrete mai studiare Artimanzia».

Il fascino del mistero. Eccome se Edmund lo avvertiva!

Le parole della professoressa gli riportarono alla mente la faccenda di Reg: anche quello era un dilemma che non aspettava altro che essere risolto.

Non appena la lezione di Artimanzia finì, Edmund si catapultò in biblioteca, alla ricerca dei registri degli studenti che avevano frequentato il Trinity: forse avrebbe trovato un ragazzo di nome Reg che era stato a scuola anni fa. Dopotutto nello scatolone avevano trovato la sua bacchetta, quindi doveva aver frequentato almeno il primo anno del Trinity, anche se Mairead era convinto che fosse morto da ragazzo. Eppure non trovò nulla, nessuno studente con quel nome o con qualcosa di simile, di cui Reg potesse essere il diminutivo. Doveva avvertire Mairead.

Il ragazzo trovò l'amica circondata dai suoi compagni della squadra di Quidditch. Non ricordava nemmeno i loro nomi, ma era abbastanza certo che l'altra ragazza si chiamasse Beatrix e che il ricciolino che si dava tante arie fosse suo fratello Leonard.

Quando Mairead vide Edmund che si sedeva al suo fianco con la borsa carica di libri, gli lanciò un'occhiataccia. «Dopo un solo giorno di scuola sei già passato in biblioteca?» lo rimproverò, scuotendo la testa.

Edmund non sembrava minimamente preoccupato del fatto che la sua tracolla fosse sul punto di scoppiare. «Questi? Oh, dovevo passare a controllare una cosa e ne ho approfittato per prenderli in prestito» rispose tranquillamente, versandosi un bicchiere di succo e prendendo un panino dal vassoio sul tavolo. «Indovina cosa ho scoperto?»

«Che in biblioteca esistono miracolosamente dei libri che non hai ancora letto?» gli rispose ironica Mairead.

Edmund non colse il sarcasmo, troppo concentrato com'era sulla sua scoperta, o forse, semplicemente, preferì lasciar perdere. «Ho cercato nei vecchi registri scolastici. Indovina? Nessun ragazzo con il nome di Reg ha frequentato il Trinity da almeno cinquant'anni» sentenziò con aria soddisfatta.

Mairead lo fissò come se un terzo braccio fosse cominciato a crescergli sulla fronte. «Non ci credo!» fu l'unica cosa che riuscì a dire, ma Edmund mal interpretò la sua sorpresa.

«Giuro. Lo so che è strano, ma è così» sospirò rassegnato. «La cosa più assurda è che nello scatolone abbiamo trovato la sua bacchetta, ma lui a scuola non c'è mai stato. Forse è morto dopo averla comprata a Dublino, prima di cominciare il Trinity, ma sarebbe una coincidenza davvero improbabile. No, ci deve essere qualcosa sotto».

«No, Ed, non hai capito!» lo interruppe Mairead con foga, gesticolando davanti al naso dell'amico. «L'unica cosa assurda in tutta questa faccenda è che tu abbia saltato la cena per startene chiuso in biblioteca a sfogliare pagina per pagina i registri della scuola!»

«Ma...» provò a dire il ragazzo.

«Edmund, smettila. Vuoi farne un'altra setta?» lo rimproverò Mairead, alludendo alla sua ossessione per voler scoprire il mistero della setta degli Eletti, l'anno precedente.

Edmund scosse il capo, ma non si rassegnò. «Andiamo, Mairead! C'è uno scatolone di ricordi di questo Reg nella tua soffitta: non voi nemmeno scoprire chi sia?»

«No, sinceramente ho ben altri problemi per la testa adesso» rispose la ragazza con ostinazione.

E non aveva affatto torto.



Ecco qui il decimo capitolo, il giro di boa, in realtà solo numericamente, perché con la soluzione del mistero siamo ancora in alto mare! Spero che vi sia piaciuta la lezione di Artimanzia. Inoltre, non so se gli unicorni mordano, ma un cavallo una volta, in montagna, ha morso il braccio di mia mamma! ^^

Qui c'è l'immagine del capitolo: Laughlin che fronteggia Eibhear Deamundi (il cui nome si pronuncia Ayven).

Alla prossima!

@ Julia Weasley: la mia fedele lettrice! Laughlin non ammetterebbe mai difronte a terzi che vuole bene al suo fratellino, anche perché è davvero pestifero, ma credo che fosse naturale preoccuparsi per lui! Anche io penso, comunque, che il meglio per gli elfi domestici sia di essere trattati bene dalla famiglia che servono, perché loro sono felicissimi di farlo! Quanto a Eoin, lui è l'incarnazione dell'onestà, il che è abbastanza strano per il suo essere nobile Purosangue. Però mi diverto a fare di lui un atipico difensore di virtù dimenticate! Anche perché, bene o male, un po' tutti i Maleficium sono piuttosto aperti rispetto alle altre famiglie nobili. Mia cara lettrice-suppositrice... chi sarà il misterioso inseguitore? E se ci avessi azzeccato di nuovo? Eh, lo saprai solo al capitolo 18! XD

A presto!




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La nuova battitrice ***


CAPITOLO 11

La nuova battitrice






I problemi che affliggevano Mairead riguardavano il Quidditch: i gemelli Lucius e Nicolaj Connery avevano concluso i loro studi al Trinity, lasciando la squadra sprovvista di un battitore e di un cacciatore di ala. Il nuovo capitano era diventato il terzo fratello Connery, nonché portiere dei Raloi, Leonard, e sembrava assolutamente determinato a vincere il campionato scolastico quell'anno: già dalla prima sera aveva cominciato a tartassare i suoi giocatori con programmi per gli allenamenti, schemi tattici e nuove idee per la squadra.

Prima che arrivasse Edmund con le sue fissazioni per il mistero di Reg, Leonard aveva già organizzato una mini-riunione. «Ci mancano due giocatori, due ottimi giocatori» aveva detto. «Ma non siamo qui per piangerci addosso. Entro un paio di settimane ho intenzione di fare le selezioni».

Dopodiché era arrivato Edmund con le sue idee folli di Reg e Mairead si era persa il resto del discorso del capitano.

«Che cosa ha detto?» fu costretta a chiedere a Beatrix.

La ragazza scosse la testa. «Nulla di importante. Qualche parola sul fatto che ci vuole concentrati e pronti a vincere, che dobbiamo uguagliare la squadra dell'anno scorso, che avremmo vinto già allora se il torneo non fosse stato annullato e bla bla».

«Ma i gemelli che cosa fanno, ora?» chiese Mairead, incuriosita.

«Lucius è stato preso nelle riserve della squadra giovanile di Kenmare Kestrels» rispose Beatrix con un gran sorriso.

«Uau, davvero?» esclamò Mairead ammirata: il posto era meritatissimo da Lucius.

«E Nicolaj?» chiese ancora. Non le sembrava possibile che l'altro gemello, così preciso e ligio al dovere avesse tentato la carriera sportiva.

«Nicolaj sta studiando Leggi Magiche, per diventare giudice della Corte della Magia» rispose Beatrix, e sembrava sul punto di aggiungere altro, ma Seamus O'Sharey le chiese di passargli l'arrosto, così fu costretta ad interrompersi.

Mairead allora si voltò verso Milo Hook, seduto alla sua destra e gli chiese perché non fosse diventato lui il capitano della squadra di Quidditch, visto che era il membro più anziano.

Il ragazzo non rispose subito e per un attimo Mairead temette di essere stata indelicata. «In realtà Ballerinus me lo aveva proposto» disse infine Milo. «Ma io ho declinato l'offerta».

«Come mai?» domandò curiosa Mairead, che avrebbe fatto di tutto per diventare capitana della squadra.

Il ragazzo scosse le spalle e infine sorrise. «Mah, non faceva per me. Decidere gli allenamenti, fare pressione sui compagni, studiare per ore gli schemi tattici... a me piace giocare, non mi interessa il resto» spiegò Milo, bevendo un sorso di succo d'arancia. «E poi Leonard è molto più portato di me. Forse quest'anno riusciamo davvero a vincere».

Era vero, Leonard era un capitano nato. Ancora prima della fine di settembre aveva già prenotato il campo per scegliere i nuovi membri della squadra.

Un uggioso sabato mattina, i giocatori si ritrovarono negli spogliatoi, pronti per ricominciare con gli allenamenti per il campionato.

«Questo è l'anno buono, ragazzi» li incitò il capitano. «Ora andiamo là fuori e estraiamo da quella massa di incapaci due fuoriclasse degni di questa squadra!»

Mairead lanciò uno sguardo eloquente a Milo ed entrambi ridacchiarono: Leonard aveva la stoffa del capitano. Mairead era convinta che con quello sguardo affascinante, i capelli ricci che ricadevano davanti agli occhi e quella sua carica naturale l'avrebbero presto portato a diventare il prossimo Sean Troy.

In realtà trovare il nuovo Cacciatore non fu poi così difficile: già nelle prove di volo si era segnalato un ragazzo biondino del quarto anno, di nome Gordon Weaving, che poi nei tiri liberi riuscì a fare più punti di tutti gli altri.

Leonard allora gli si avvicinò soddisfatto e gli disse: «Non te la sei cavata affatto male, Weaving. Vediamo come sei messo con il volo in formazione».

La formazione fu un'impresa piuttosto difficoltosa: se nel volo libero Weaving era davvero bravo, quando si trattava di volare fianco a fianco con Mairead, stava troppo staccato e rischiava di perdersi o rimanere indietro.

«Senti» gli disse Milo, quando furono di nuovo a terra. «Il ruolo del Cacciatore di Ala può sembrare inutile, ma non è affatto così: siamo noi che teniamo unita la formazione, siamo noi che dobbiamo essere in perfetta sintonia con la nostra punta, noi che dobbiamo capire al volo ogni suo cenno, chiaro? Senza di noi la Punta non può fare niente; se noi teniamo male la formazione, la mischia va al diavolo».

Milo osservò Weaving di sottecchi, controllando se le sue parole avevano ottenuto l'effetto desiderato. Il ragazzo annuì.

Alla fine, anche se non era un gran che nelle mischie, Leonard scelse proprio Gordon Weaving, perché in tutte le altre prove della selezione si era rivelato sicuramente il migliore.

Più problematico invece fu trovare il giusto Battitore: tutti quelli che si presentavano non erano all'altezza della memoria di Lucius Connery.

Dopo un'ora di provini e una ventina di candidati scartati, Leonard sembrava sul punto di arrendersi, quando una voce femminile esclamò: «Ci provo io».

La ragazza che si era fatta avanti era minuta, forse del primo o del secondo anno: i suoi occhi determinati e beffardi ricordarono a Mairead la sua stessa entrata in squadra, due anni prima, con il capitano O'Shalley. Aveva una cascata di capelli rossi sulle spalle e la pelle talmente pallida da sembrare bianca.

Leonard rimase un attimo scioccato, ma alla fine si disse che peggio di come era andata finora non poteva accadere.

«Nome?»

«Era McKonnit, secondo anno» rispose la ragazzina, senza scomporsi troppo.

Seamus O'Sharey, l'altro Battitore, si avvicinò e le lanciò la sua mazza, che Era afferrò con naturalezza. «Sei sicura di voler tentare?» le domandò poco dopo, esitante e in tono leggermente derisorio. «Fare il Battitore non è un lavoro da femmine.»

La ragazzina lo fulminò con lo sguardo. Fece roteare la mazza, mentre con il piede premeva il gancio che teneva bloccato il Bolide nella sua scatola. Non appena fece scattare la serratura, la palla schizzò fuori indemoniata e cominciò a correre verso l'alto, per poi cambiare improvvisamente traiettoria e piombare nuovamente in basso. La ragazzina si posizionò con calma, attese che il Bolide arrivasse alla sua portata e poi tirò una mazzata di quelle capaci di staccare la testa ad una persona. La palla colpita con quella violenza centrò perfettamente l'anello centrale del campo da Quidditch.

Nessuno disse niente.

«Uau» commentò alla fine Leonard, allibito. «Sei dentro».


Nel frattempo anche i Nagard dovettero preoccuparsi di fare le selezioni per i giocatori che mancavano all'appello. Il nuovo Capitano, Mike O'Malley doveva procurarsi un Battitore e una nuova Punta, visto che Blake Finnegan, l'eterno avversario di Mairead, aveva finito il suo corso di studi al Trinity.

Fu Leonard ad avvisare i suoi compagni di squadra delle nuove entrate dei Nagard. «Il nuovo Battitore è Mark Hamil, un energumeno grande e grosso che vi consiglio di non sfidare troppo, data la dimensione dei suoi bicipiti» annunciò ai ragazzi.

Ma quello che premeva di più a Mairead era sapere chi sarebbe stato il suo avversario. «E la Punta?»

«O'Malley ha deciso di passare Lucy Patterson al ruolo di Punta e ha inserito il nuovo Cacciatore di Ala nella formazione, un certo Brandebelli del secondo anno» comunicò Leonard.

Era una scelta discutibile, ma aveva anche i suoi vantaggi: forse la Patterson non era eccellente nel ruolo di Punta, ma almeno era sufficientemente esperta con le mischie. Alcuni sostenevano che il meglio fosse far diventare i Cacciatori di Ala delle Punte, piuttosto che cercare ex novo dei fuoriclasse, altri preferivano trovare un giocatore che si assumesse in toto il ruolo. Infatti i Llapac preferirono sostituire Richard O'Connor, la Punta dell'anno scorso che aveva finito il sesto anno, con un nuovo giocatore, William Swift.

Questione di teorie.

L'unica cosa che rassicurava Mairead era il fatto che conosceva già il volo di Lucy Patterson e questo l'avrebbe aiutata ad affrontarla in mischia.

Nel frattempo si informò attraverso Laughlin su chi fosse quel Brandebelli.

Quando glielo chiese a colazione, fu Dominique a rispondere. «Cosimo? È un mio compagno dello stesso anno» spiegò, accennando con il capo ad un ragazzetto minuto dall'aria furba che sedeva qualche posto più in là.

«Che nome stupido» commentò Laughlin, imburrando con calma una fetta di pane.

Dominique scosse la testa. «Suo padre è l'ambasciatore italiano a Dubh Cliathan» disse in un sussurro, per non farsi sentire dal diretto interessato.

Mairead lo osservò a fondo e capì subito che quello era un avversario da cui era bene guardarsi: sembrava il tipico ragazzo che ottiene sempre quello che vuole, costi quel che costi.

«Ehi, quel gufo è per te?» domandò Dominique, indicando un grosso animale che volava verso di loro.

Mairead distolse gli occhi da Cosimo per voltarsi verso la direzione indicata da Dominique. Il gufo atterrò maldestramente sul suo grembo, appesantito dal pacco che portava legato alla zampa. La ragazza lo slegò, lasciando libero l'animale di volare verso la guferia per riprendersi dal viaggio.

«Chi te lo manda?» si incuriosì Laughlin, allungando il collo verso il pacco.

Mairead aprì la busta e riconobbe subito la grafia di Priscilla. In poche righe diceva di averle spedito un piccolo dono. La ragazza lo scartò con interesse e vi trovò dentro una piantina con strane foglie cicciotte, dentro un vaso decorato a fiori. Un foglietto attaccato alla ceramica recitava il vaso l'ho dipinto io, spero che ti piaccia!

«Che carina!» proruppe Mairead, intenerita dal pensiero gentile della sua amica.

«Che cosa?» si intromise Edmund, appena arrivato dalla sala comune dei Raloi.

«Priscilla mi ha mandato questa» spiegò Mairead, mostrando la piantina al ragazzo.

Non colse però la smorfia di Edmund perché era tutta intenta a controllare se la terra non avesse bisogno di acqua. «Corro a metterla sul mio comodino! Ci vediamo a lezione» esclamò soddisfatta, dopodiché uscì di corsa dalla Sala Mor.


Quella stessa notte Mairead sognò parecchie cose strane che non si ricordava, ma l'unico volto che le rimase nella mente fu quello di un ragazzino dai capelli rossi e le lentiggini.

In realtà lo sognò per parecchie notti, ma non sapeva attribuire un nome a quel faccino sorridente. Eppure era certa di averlo già visto, di conoscerlo quasi, come se appartenesse a qualcosa del suo passato. Era una sensazione strana, ma era convinta che quel ragazzetto avesse qualcosa a che fare con dei segreti che la riguardavano.

Chi sei?” gli urlava nel buio, circondata da quelli che parevano spettrali alberi di una foresta avvolta nell'oscurità.

Finalmente una notte lui le rispose. «Tu sai chi sono. Mi hai visto, in uno scatolone in soffitta».

E Mairead ricordò: la vecchia foto ingiallita dal tempo. Lo stesso ragazzino spensierato a cui era stata scattata ora popolava le sue notti.

Si svegliò di soprassalto.

Intorno a lei c'era solo il buio: doveva essere da poco passata la mezzanotte.

E un nome le affiorò sulle labbra.

«Reg».



Eccoci con il capitolo infrasettimanale: un po' di attenzione al caro vecchio Quidditch irlandese non guasta mai, soprattutto se si tratta di introdurre personaggi come Era McKonnit! Questa infatti è l'immagine che la rappresenta nell'atto di centrare il bolide. Spero che vi piacciano i sogni di Mairead... un po' inquietanti, ma almeno non egocentrici come quelli di un certo maghetto con la cicatrice! =)

Piccola nota sulla storia degli ambasciatori: l'idea mi è nata così... semplicemente volevo chiamare Cosimo un nuovo personaggio, quindi gli ho dato delle origini italiane. Dopodiché ho pensato che poteva benissimo essere il figlio dell'ambasciatore italiano a Dubh Cliathan. In effetti, con i veloci spostamenti del mondo magico, il signor Brandebelli potrebbe benissimo vivere in Italia e lavorare a Dubh Cliathan, ma ritengo che un ambasciatore, oltre a lavorare fisicamente nel luogo che gli è destinato, dovrebbe in qualche modo imparare a capire il paese, le tradizioni, insomma, viverci. Quindi ho deciso che gli ambasciatori vivono nel paese loro assegnato, evidentemente insieme alla famiglia. Per questo Cosimo, già che è in Irlanda e deve vivere a contatto con irlandesi, non avrebbe senso se andasse alla scuola magica italiana (di Prufazzano, nella futura ff che pubblicherò, scritta insieme a darllenwr!): tanto valeva fargli frequentare il Tirinity. Ok, lo so che non ve ne fregava niente, ma mi andava di spiegarvi la questione! =)

Alla prossima!

@ Julia Weasley: ahahahah! Davvero proprio tu ti sei chiesta perché Reg non era tra gli elenchi del Trinity? XD Come vedi, la corrispondenza continua, e sarà anche molto utile più avanti. In realtà, il futuro lavorativo di Edmund è ancora abbastanza nebuloso: avevo qualche ideuzza, ma sto ancora aspettando che ispirazione mi colga! Per chi sarà questo misterioso Reg, dovrete aspettare ancora a lungo (più o meno! XD) perché dal prossimo capitolo entra in scena un nuovo fattore misterioso! A presto!

@ darllenwr: per i nomi dei fratelli MacPassel ho voluto qualcosa di religioso, in generale, anche perché, come dici tu la religione dell'Irlanda del Nord è abbastanza particolare, in più qui si tratta di maghi. Diciamo comunque che i Nagard non hanno affatto tendenze inglesofile e Laughlin da questo punto di vista rappresenta l'eccezione. Quanto all'unicorno, volevo che fosse un po' diverso dal solito animale che popola le fiabe... insomma, è pur sempre un cavallo con un corno! XD Comunque, non ti preoccupare affatto se non riesci a recensire sempre. Anzi, direi che non saresti tu a doverti scusare, perché in quanto a ritardi è meglio che io faccia silenzio! =) A presto!

@ Earane: infiniti inchini alla mia correttrice di bozze personale! XD Come hanno fatto a sfuggirmi quegli errori? Bah, meno male che ci sei tu! Grazie! Comunque, la tua idea su Reg non è malvagia e poi non è poi così lontana dalla verità! Brava la mia investigatrice! Eoin Maleficium è uno dei miei personaggi preferiti, quindi farà sempre bella figura! Quanto a Mairead, al momento era troppo presa dal Quidditch, poi va detto a sua discolpa che la fine peggiore, durante le loro avventure, capita sempre a lei! Comunque vedrai che alla fine sarà la sua curiosità a smuovere la situazione. A presto!

@ ScudoDiTiglio: Laughlin vs Deamund è uno dei miei scontri preferiti! Però mi dispiace deluderti, niente schiopodi sparacoda: questi sono una prerogativa di Hogwarst! Sono felice, comunque, che mi dai la conferma di questo atteggiamento bizzarro dei cavalli... avevo paura che fosse un'idiozia! Anche io avevo sempre pensato ad Artimanzia come matematica, ma ho cercato di rileggerla sotto una luce più “magico-filosofica”. Mairead non era molto preoccupata dal mistero di Reg perché al momento era troppo presa dal Quidditch. A presto, e vedrai che andrà tutto bene agli esami!

@ MissyMary: la parte della scommessa mi è venuta così, scrivendo, in realtà però rileggendola mi ero accorta che era abbastanza simpatica e ho deciso di lasciarla. Non credo, comunque, che Edmund potrebbe mai fare qualcosa di veramente stupido, non di sua spontanea volontà, almeno! Anche io avevo sempre pensato ad Artimanzia come matematica, ma ho cercato di rileggerla sotto una luce più “magico-filosofica”. Mi spiace deluderti, ma Ailionora non sopporta Laughlin perché in un certo senso è gelosa di lui: lei vorrebbe tanto avere un titolo nobiliare, mentre le pare che Laughlin “spechi” il suo stando con i sasanacfiul. Alla prossima!




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La scritta sul muro ***


CAPITOLO 12

La scritta sul muro





Mairead sognò il piccolo Reg per molte notti ancora, ma alla fine ci fece quasi l'abitudine. Ogni volta che si coricava, si ritrovava in una foresta avvolta dal buio in compagnia del ragazzetto dai capelli rossi. Lui non parlava quasi mai: non faceva altro che guardarla fissa. Le uniche parole che gli uscivano dalla bocca erano: «Ti prego, aiutami».

A volte la sua richiesta d'aiuto si faceva così insistente che Mairead si svegliava di soprassalto, ancora a notte fonda.

Una tranquilla mattina di fine ottobre, Mairead e Edmund trovarono parecchio scompenso al tavolo dei Raloi: molti ragazzi erano accalcati intorno a Iulius McEwan, un loro compagno di classe, che aveva appoggiato sul tavolo quella che sembrava la prima pagina del Corriere del Mago.

«Che succede, Iulius?» domandò Edmund, cercando di spiare la notizia principale da sopra le spalle del ragazzo.

Iulius si voltò verso di lui con una faccia da funerale. «Qualcuno ha scritto delle minacce su un muro di Doolin» rispose, allungando la sua copia del giornale verso Edmund.

«Minacce contro chi?» chiese Mairead, anche se temeva di sapere già la risposta.

«Contro i Nati Inglesi» commentò Edmund in tono serio.

Mairead spiò la prima pagina del Corriere: una grossa foto era stata scattata al muro imbrattato con la scritta. Gli Extraiures vogliono la morte dei sasanachfiul.

L'occhio di Mairead fu attratto da uno specchietto che recitava: “Presto acciufferemo i responsabili” assicura Ophicurus Claiomh, Ministro della Difesa e capo della Sezione Auror. Mairead dubitava fortemente che avrebbero acciuffato presto i responsabili, visto che chiunque avesse ucciso sua madre era ancora a piede libero dopo anni.

Ma ciò che più preoccupava era che quelle stupide minacce non venivano dall'EIF. «Chi diavolo sono gli Extraiures?» chiese Mairead, scuotendo la testa ed esprimendo il dubbio di tutti quelli che avevano letto il giornale. Ma alla sua domanda nessuno poteva dare una risposta. Era la prima volta che compariva questo stano nome agli onori della cronaca.

«Credo che sia un neologismo latino» commentò Edmund in tono pensieroso.

«Neoloche?» chiese la voce di Laughlin alle sue spalle. Il Nagard aveva in mano una fetta di pane imburrato perché evidentemente aveva già finito la sua colazione.

«Neologismo, una parola nuova, inventata partendo dalla lingua latina» spiegò Edmund, come fosse la definizione di un vocabolario. «Extra, vuol dire fuori e iures è l'accusativo plurale di ius, diritto. Io lo tradurrei come “fuorilegge”, anche se sembra un significato un po' forzato».

Edmund si interruppe, sovrappensiero. «È come se chiunque avesse creato questa parola si fosse divertito a mischiare in modo maccheronico dei termini latini» commentò, più rivolto a se stesso che ai ragazzi che lo stavano ascoltando.

In effetti nessuno era riuscito a capire che cosa stesse blaterando Burke, con le sue elucubrazioni e teorie assurde.

«Potremmo chiedere al professor Saiminiu!» esclamò Edmund soddisfatto, alla fine del suo ragionamento.

Dopo una veloce colazione, i tre amici si recarono al secondo piano per la lezione di Magicologia Irlandese, tenuta appunto dal professor Saiminiu. Quando entrarono in classe, il mago era già in piedi dietro la cattedra, così i tre ragazzi corsero ad occupare gli ultimi posti rimasti liberi in prima fila.

«Riprendiamo l'argomento della scorsa settimana» disse il professore, con aria secca. Sembrava parecchio stizzito, come se fosse successo qualcosa che gli avesse rovinato la giornata.

«La magia degli antichi druidi celti, di cui abbiamo parlato ampiamente la scorsa volta, sopravvive ancora oggi, anche se può sembrare incredibile» spiegò il professore, dirigendosi verso la lavagna. Prese il gesso e scrisse un nome in irlandese: Lucht Siuil.

«Questi sono i cosiddetti nomadi irlandesi. Tra le comunità di Lucht Siuil, ne esistono anche alcune magiche, che sono molto più legate alle magie tradizionali di quanto non lo siano i maghi come noi».

Passò il resto della lezione a spiegare come le magie degli antichi druidi fossero sopravvissute in forme di rito nelle comunità magiche di Lucht Siuil.

Alla fine dell'ora, Edmund alzò la mano timidamente.

«Sì, Burke?» gli chiede il professore con poca gentilezza.

«Mi chiedevo, signore, se potesse spiegare l'etimologia della parola Extraiures».

Sembrò che una doccia fredda avesse investito in pieno il professore. Dopo un paio di secondi in cui il volto di Saiminiu divenne di pietra e i suoi occhi scuri fissarono il vuoto, finalmente il professore si degnò di rispondere. «Non sono affatto un gruppo di pazzi sanguinisti come li descrive il giornale» disse in tono piatto.

Mairead avrebbe voluto ribattere a quella affermazione, visto che cosa avevano scritto sul muro di Doolin, ma sembrava che il professore non fosse in grado di giudicare in modo oggettivo, come se anche lui fosse in qualche modo coinvolto in quella storia.

«Gli Extraiures... sono solo un gruppo studentesco che frequentava il Trinity qualche anno fa» disse infine il professor Saiminiu, quasi con un sussurro.

La classe pendeva dalle sue labbra, ma l'insegnante non aggiunse più nulla.

«La lezione è finita» concluse il mago, in tono sbrigativo. Dopodiché uscì dall'aula a grandi passi.

«Secondo voi che diavolo aveva?» domandò Edmund in un sussurro, accennando con il capo alla cattedra. Laughlin sollevò un sopracciglio e scosse la testa.

«Secondo me non aveva fatto colazione» commentò, mettendo il libro di Magicologia Irlandese nella borsa.

Mairead ignorò completamente l'intervento di Laughlin. «Non lo so che gli abbia preso...»

«Io credo che sia in qualche modo coinvolto con questa storia» annunciò Edmund, interrompendo a sua amica.

«Coinvolto?» gli fece eco Laughlin, incuriosito.

Edmund abbassò la voce e osservò gli altri due con serietà. «Be', è un po' strano Saiminiu: sempre vestito di nero, non lega molto con i colleghi, nessuno l'ha mai visto sorridere...»

«Questo non significa che sia un sanguinista, Ed. Tu vedi misteri dappertutto!» sbottò Laughlin, bloccando sul nascere qualsiasi teoria astrusa dell'amico.

«Però una cosa interessante l'ha detta» sussurrò Mairead, in tono complice. «Che gli Extraiures frequentavano il Trinity qualche anno fa. Forse Priscilla li conosce».

«Che c'entra Priscilla?» sbuffò Edmund. Mairead gli lanciò uno sguardo scioccato, come se fosse ovvio.

«Be', lei frequentava il Trinity qualche anno fa... potrebbe saperne qualcosa!» esclamò soddisfatta.

Non ci fu verso di persuadere Edmund che non c'era nulla di pericoloso in Priscilla, sebbene Mairead ci provò per tutta la giornata. Alla fine si arrese e lo lasciò alle sue convinzioni, ritirandosi in camera per scrivere la lettera da spedire alla sua amica di penna.

Priscilla le rispose dopo pochi giorni.

Cara Mairead,

certo che so qualcosa degli Extraiures. Era un gruppo studentesco che era molto in voga nei primi anni in cui ho frequentato il Trinity, poi si è spento. Comunque erano fanatici del sangue puro e terrorizzavano la scuola. Avevano anche un covo, una stanza segreta dove si riunivano. Forse potresti trovarla, non credo che nessuno vi sia più entrato da anni.

Per qualsiasi cosa chiedi pure,

con affetto

Priscilla

Mairead fece leggere la lettera anche ai suoi amici e ovviamente Edmund fu subito interessato alla storia del covo, dimenticandosi improvvisamente di tutti i suoi dubbi, difronte alla prospettiva di un nuovo mistero da svelare.

«Potremmo davvero cercare questo covo!» esclamò con gli occhi che brillavano. «Se lo trovassimo... potremmo scoprire un sacco di cose su questo gruppo di squilibrati!»

Da quel giorno cominciò a perlustrare il castello in ogni suo momento libero, pietra per pietra, stanza per stanza, alla ricerca di chissà quale indizio.

Mairead rimpianse di avergli fatto leggere quella lettera perché Edmund era capace come pochi altri di intestardirsi nella ricerca della soluzione di questioni misteriose. Perfino Dominique si accorse che Edmund sembrava strano in quei giorni: mangiava in cinque minuti, poi si catapultava fuori dalla Sala Mor e spariva per ore intere, senza che nessuno sapesse che fine faceva.

«Si può sapere che gli prende a Edmund?» domandò Domenique, un giorno a pranzo, vedendo che il ragazzo aveva infilato in borsa una fetta di pane e poi era scomparso. «

Non me ne parlare» sospirò Laughlin, scuotendo la testa.

Mairead cercò in tutti i modi di farlo ragionare, ma Edmund era troppo entusiasta di quella storia per lasciare perdere.

«Ma sì, vedrai che dopo qualche settimana di inutili ricerche gli passerà» le suggerì Laughlin, con maggiore diplomazia.

Per fortuna arrivò qualcos'altro a distrarre Mairead dall'ossessione di Edmund: la sera di Halloween Captatio lesse il risultato dell'estrazione per il calendario di Quidditch. Con grande sorpresa di tutti, il primo incontro sarebbe stato Nagard-Llapac, poi, dopo Natale, avrebbe avuto luogo la partita Llapac-Raloi e infine Raloi-Nagard.

Questo significava che Mairead avrebbe giocato solo dopo le vacanze: era un vantaggio perché avrebbero potuto allenarsi più a lungo e integrare i due nuovi giocatori, Gordon e Era; ma questo significava anche giocare sapendo già il risultato della prima partita e ciò poteva condizionarli o metterli sotto pressione.

Ma la notizia più scioccante la annunciò Leonard alla sua squadra. «La Allen non giocherà contro i Nagard» disse ai ragazzi, un giovedì pomeriggio al termine dell'allenamento.

«Che cosa?» esclamò Beatrix, scioccata.

Cecelia Allen era il capitano dei Llapac, nonché uno dei portieri migliori che la squadra blu avesse mai avuto. Era considerata all'unanimità dal pubblico maschile la più bella giocatrice di Quidditch. Era l'unica che sapeva arginare le disastrose perdite della sua squadra, ma se non avesse giocato, i Nagard avrebbero sicuramente vinto la partita con un grande vantaggio.

«È da giorni che la Allen è in infermeria per un'infezione» spiegò Leonard. «Non credo proprio che si riprenda in tempo per giocare sabato».

« È un disastro!» sbottò Milo, chiudendo con troppa foga l'anta del suo armadietto. «Date retta a me, i Nagard stravinceranno e noi dovremo sudare sette tuniche per recuperare il distacco».

Purtroppo le parole di Milo si rivelarono quasi profetiche. La partita che si tenne il sabato successivo, stranamente luminoso e soleggiato per essere ormai novembre inoltrato, vide in campo un sostituito assolutamente indegno della Allen e ciò portò i Nagard a una vittoria schiacciante: trecentonovanta contro sessanta, punti conquistati soprattutto grazie al nuovo giovane Cacciatore rosso, Cosimo Brandebelli.

Un disastro per i Raloi.



Oh, cielo! Chi sono gli Extraiures? Che avrà Saiminiu da nascondere? E che c'entra tutto questo con il resto, Priscilla e Reg? Muhahahaha! Lo so, sono cattivissima! XD

Comunque, questa è l'immagine del capitolo: la pagina del Corriere che riporta la notizia sulla scritta sul muro. Mi sono divertita tantissimo a farla perché ho tagliuzzato il Sole24 e ho fatto un bel collage. Ergo, non cercate di capire quello che c'è scritto, perché si tratta di banali notizie di finanza babbana! ;-)

Alla prossima!

@ Julia Weasley: no, non userei l'aggettivo “adorabile” per Era, però sono contenta che ti piaccia! XD Comunque, uno dei tre ragazzi di Mairead è azzeccato... quale sarà? Eh, la pianta, dici? Bella ipotesi, piuttosto suggestiva e non così malaccio come idea! XD Sono contenta comunque che ti piaccia l'idea degli ambasciatori (temevo commenti negativi!). Spero che i misteri di questo capitolo ti facciano fare nuove supposizioni, perché mi diverto un sacco a leggerle! Alla prossima!

@ Voldia: grazie per i complimenti! Lo so che Mark Hamill è l'attore di Luke, scherzi? Era il mio personaggio preferito da bambina, avevo una cotta assurda per lui! Così, nel momento in cui mi sono ritrovata a decidere il nome per questo battitore (pressoché personaggio secondario, in realtà) ho decido di fare un tributo alla grande trilogia di Star Wars. Complimenti per lo spirito d'osservazione! ;-) Per quel che riguarda la scuola italiana, Prufazzano è un paese magico di nostra invenzione che si trova proprio nel Sannio, vicino a Benevento e l'edificio è un enorme chiostro a due piani che al suo centro ospita proprio un noce! A presto!

@ darllenwr: il Quidditch avrà grande spazio in questo racconto... spero solo di non diventare noiosa! Però il prossimo capitolo vede protagonisti proprio i giocatori Llapac, in particolare la loro capitana (che in tuo onore ha il ruolo di portiere!) della quale ho anche fatto un disegno. Sono molto felice che ti piaccia la questione degli ambasciatori: era un modo originale di far rientrare nella storia anche personaggi stranieri, visto che l'Irlanda non è propriamente una terra di immigrazione (nel senso che non ci sono molti immigrati, anche se ci sono parecchi che emigrano dall'Irlanda!). Grazie anche per i complimenti sul disegno. A presto!

@ Earane: oh, cielo, grazie! Mi confondo sempre tra cercatori e cacciatori... non è la prima volta che mi capita di invertirli, però di solito me ne accorgo! Povero, Ed, è meglio che non senta affatto i commenti di Mairead su Leonard, chissà cosa penserebbe! Comunque, i sogni di Mairead sono cominciati proprio quella notte... in effetti coincidono con l'arrivo della pianta. Chissà cosa vorrà dire? XD A presto!




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Vittoria strappata ***


CAPITOLO 13

Vittoria strappata






Laughlin restò parecchio soddisfatto per la vittoria della sua squadra, ma evitò di darlo troppo a vedere, visto che Mairead avrebbe potuto benissimo scagliargli addosso una fattura se solo avesse osato sorridere.

Al contrario Edmund non condivise il lutto dei suoi compagni per la sonora sconfitta dei Llapac, perché aveva ben altro a cui pensare. Avendo scelto tre materie opzionali invece di due, si ritrovava con una quantità di lavoro superiore a quella dei suoi compagni. Per di più, usava ogni suoi minuto libero per scoprire qualcosa sugli Extraiures, senza grandi risultati in realtà, visto che non aveva nessun indizio da cui partire.

Le vacanze di Natale si avvicinarono rapidamente, ma come al solito per lui non significavano nulla di più che restare al Trinity da solo. Ormai rassegnatosi all'idea, fu invece piacevolmente sorpreso quando scoprì che Mairead non sarebbe tornata a casa da Reammon.

«Ti ricordi del signor Coincleach, il direttore del Museo?» gli spiegò un giorno a pranzo. «Be', ha affidato a papà la cura di una mostra sui monili germanici altomedioevali che abbiamo trovato nella Foresta Nera, quindi per tutte le feste è occupato. Io è meglio che resti a scuola».

Edmund ebbe il forte presentimento che lei e Laughlin si fossero messi d'accordo per restare a fargli compagnia un anno ciascuno, ma non ebbe modo di confermare i suoi sospetti. Comunque fosse andata, era certamente molto grato ad entrambi.

Laughlin tornò a casa dai suoi, anche se non era particolarmente felice di rivedere Bearach.

Il castello si svuotò, lasciando liberi i pochi studenti rimasti di girovagare tranquilli per la scuola senza essere disturbati da nessuno. Edmund e Mairead passarono un Natale sereno, mangiando le prelibatezze del banchetto e scartando i regali che avevano ricevuto. Quelle furono le prime feste che Mairead passò lontana da suo padre, ma l'atmosfera natalizia del castello, accresciuta dall'abbondante nevicata, contribuì a diminuire la sua nostalgia di casa.

Terminate le vacanze, un nuovo pensiero si affacciò nella mente di Mairead: all'inizio di febbraio si sarebbe svolta la partita contro i Llapac. Questo significava che gli allenamenti di Quidditch vennero fissati tre volte alla settimana, sotto ordine preciso di Leonard che non era intenzionato a lasciarsi sfuggire la vittoria, sebbene il vantaggio dei Nagard fosse parecchio elevato. Li stordì con lo studio di nuovi schemi di gioco, li stremò con gli allenamenti, li incitò con lunghi discorsi, il tutto con l'obiettivo di creare la miglior squadra possibile.

Ma nemmeno il duro lavoro di Leonard poté fare nulla contro la Allen.

La notte prima della partita Mairead sognò nuovamente Reg, ma questa volta con una vividezza tale che si svegliò di soprassalto con la fronte imperlata di sudore. A giudicare dal colore del cielo doveva mancare qualche ora all'alba, ma l'incubo che aveva fatto le impedì di riaddormentarsi con tranquillità.

Dopo essersi rigirata nel letto per l'ennesima volta, decise di alzarsi, anche se il sole era sorto da poco. Indossò la divisa di Quidditch e scese in ingresso con la scopa sulle spalle. Spiò dentro la Sala Mor, chiedendosi se sarebbe riuscita a recuperare qualcosa da mettere sotto i denti, ma l'immenso salone era avvolto nel silenzio. Quando fece per tornare sui suoi passi, per poco non investì un esserino verde che le arrivava alla vita.

«Golly è dispiaciutissimo, signorina, non voleva fare del male!» esclamò l'elfo, afferrando le grosse orecchie e tirandole verso il basso.

«Non fa niente» rispose Mairead, sorpresa dalla comparsa del piccolo elfo. Non aveva mai visto nessuno di loro in giro per il Trinity, ma effettivamente dovevano essere proprio gli elfi domestici a tenere in ordine il castello, spazzare le aule e preparare la cena.

«Golly non dovrebbe farsi vedere da nessuno, no, no, ma di solito a quest'ora non ci sono in giro i signorini» si lamentò l'elfo, con gli occhioni sgranati in cerca di una scappatoia a quella che lui riteneva una catastrofe.

«Tranquillo...» cercò di rincuorarlo Mairead. Poi le venne in mente un'idea. «Ehi, potresti farmi un favore?»

All'idea di aiutare qualcuno per rimediare al suo disastro, gli occhi dell'elfo si illuminarono per l'eccitazione. «Qualsiasi cosa, qualsiasi cosa!» cantilenò dondolandosi da un piede all'altro.

«Mi troveresti qualcosa per colazione?»

L'idea di Golly di “colazione” era più simile ad un pranzo di nozze. Condusse Mairead nei sotterranei, dove c'era la cucina, alla quale si accedeva facendo l'inchino ad un arazzo di Zaocoonte O'Saoirse, il liberatore dell'Irlanda magica. Gli elfi la accolsero come se fosse la regina di Spagna (uno dei pochi stati magici che avesse mantenuto l'antico ordinamento monarchico): le portarono il latte che aveva chiesto loro in una tazza di ceramica decorata in oro e le offrirono dieci diversi tipi di torte, insistendo perché assaggiasse una fetta di tutte.

Dopo una mezz'ora abbondante e uno stomaco decisamente più pieno di quanto fosse consentito a un giocatore che si apprestava a disputare una partita di Quidditch, Mairead riuscì a scappare dalla cucina, solo dopo aver promesso che sarebbe tornata a gustare altre loro prelibatezze.

Arrivò in campo che era comunque relativamente presto, così decise di salire in sella al suo manico di scopa per volare un po', scacciando la tensione. Quando si accorse che cominciava ad arrivare gente dal castello, segno che non doveva mancare molto all'inizio della partita, tornò in spogliatoio.

«Dove ti eri cacciata?» le domandò Beatrix, quando la vide arrivare. «C'era qui la tua roba, ma...» disse, accennando con il capo alla borsa abbandonata a terra di Mairead.

«Ero in campo a volare» spiegò la ragazza, alzando le spalle.

Quando tutta la squadra si fu riunita, Leonard cominciò ad illustrare gli schemi di gioco. «Tutto chiaro?» domandò alla fine.

La squadra bofonchiò qualcosa che doveva essere un segno d'assenso. «Bene, allora andiamo a vincere!» esclamò il capitano e a quelle parole i ragazzi si riversarono in campo.

«Accogliamo con un applauso la squadra dei Raloi: il capitano Connery seguito da Boenisolius, Hook, il nuovo Cacciatore Weaving, Connery, O'Sharey e infine la Battitrice McKonnit» annunciò la voce del professor Ballerinus, mentre un boato partito dalla curva verde salutava l'entrata in campo dei suoi giocatori.

«Ma ecco la squadra dei Llapac: la Capitana Allen, seguita dalla nuova Punta Swift, Moran, Wildem, Judge, Tobin e infine Yates» esclamò l'insegnante, all'arrivo dei giocatori blu.

«I capitani si stringano la mano» ordinò mister Timberlen e Leonard si fece incontro alla Allen, senza tuttavia lasciarsi incantare dal suo fascino che invece aveva invischiato suo fratello Lucius l'anno scorso.

Non appena mister Timberlen lanciò in aria la Pluffa, Mairead si gettò a capofitto per recuperarla e riuscì a strappala da sotto il naso a Swift. Senza troppi impedimenti i Cacciatori Raloi si involarono verso i pali.

«Weaving compie la sua prima azione nella squadra... ma la Allen para il tiro!» esclamò Ballerinus.

Cecelia Allen aveva afferrato la Pluffa senza troppe difficoltà e poi l'aveva rilanciata a Moran. I Cacciatori Llapac erano piuttosto bravi nei tiri a lunga distanza, ma ciò faceva sì che fossero facili prede dei Battitori e Seamus e Era non erano affatto tipi da risparmiarsi.

«Moran, Wildem passa al nuovo cacciatore Swift e... ahi, ottimo bolide di McKonnit»

Swift fu colpito in pieno stomaco e lasciò cadere la Pluffa, velocemente recuperata da Gordon che si appiattì sul suo manico e sfrecciò verso i pali. Ma ancora una volta la Allen riuscì a parare il tiro. Le sue ottime capacità di gioco impedivano ai cacciatori avversari di arrivare in vantaggio.

«Llapac in possesso di palla, Moran passa a Wildem...»

Mairead intercettò con la coda dell'occhio Milo che le faceva un segno, che significava tentare la mossa Parkin's Princer. Milo e Gordon allora si affiancarono a Wildem e cominciarono a stringerlo, mentre Mairead gli volava incontro ad alta velocità. Wiledm, riconoscendo la mossa, cercò si sfuggirvi, sterzando e cambiando velocità, ma alla fine Milo e Gordon si aprirono giusto in tempo per far passare tra loro Mairead, che riuscì a strappare la Pluffa dalle mani dell'avversario. Si appiattì sulla scopa per evitare un bolide di Judge e tirò nell'anello più basso.

«Allen para anche questa! Giocatrice spettacolare!»

Mairead urlò per la frustrazione. Non era possibile giocare contro la Allen! Mentre la giovane Raloi sfogava la sua rabbia urlando, Swift segnò il primo punto per la sua squadra.

«Dieci a zero per i Llapac» annunciò Ballerinus, segnando i punti sul tabellone alle sue spalle.

Era allora decise di riportare la situazione a vantaggio dei Raloi, spedendo Bolidi all'impazzata contro i giocatori avversari. Con le azioni di distrazione di Era, Gordon riuscì a segnare il primo anello per i Raloi, portando il punteggio a dieci pari.

«Swift, Moran, di nuovo Swirt... la McKonnit è un'indemoniata!» esclamò Ballerinus, divertito dall'esuberanza della giovane Battitrice che aveva spedito un bolide contro Swift.

Milo recuperò la Pluffa e fece per passarla a Gordon, ma la Moran intercettò il passaggio.

«Moran tira agli anelli, ma Connery para con destrezza. Ora la palla è in possesso dei Raloi».

Leonard passò la Pluffa a Milo, che insieme a Mairead risalì il campo. Solo davanti agli anelli avversari, Milo fece per tirare, ma improvvisamente si voltò e lanciò la palla a Mairead che ne approfittò per tirare all'anello centrale.

«E Boenisolius segna!» esultò Ballerinus, segnando i punti sul tabellone.

Mairead lanciò un grido di soddisfazione, mentre la Allen passava la Pluffa a Wildem. Seamus spedì un Bolide contro il Cacciatore avversario e nello sterzare per evitare di essere colpito, Wildem lasciò cadere la palla, velocemente recuperata da Gordon.

«Raloi in possesso di palla, Weaving si sposta verso i pali... ahi, è stato colpito!»

Tobin aveva lanciato un bolide contro Gordon, cosicché la Pluffa passò nuovamente ai Llapac. Moran e Swift raggiunsero i pali e Moran tirò all'anello più basso proprio mentre Judge spediva la palla di ferro contro Leonard. Il portiere Raloi fu obbligato a scartare di lato per evitare il Bolide, ma questo permise alla Moran di centrare l'anello.

«Un altro punto per i Llapac: siamo venti pari» annunciò Ballerinus.

I Cacciatori Raloi fecero di tutto per guadagnare altri goal, ma la Allen riusciva a parare tutti i loro tiri con una destrezza straordinaria. L'unica speranza era che Beatrix acciuffasse il Boccino prima che i Llapac riuscissero a rimontare.

Proprio in quel momento Beatrix notò uno scintillio d'oro all'altezza dei pali difesi dalla Allen. Controllò che la Yates fosse sufficientemente lontana, poi si lanciò all'inseguimento del Boccino. La Cercatrice avversaria notò subito che Beatrix era schizzata verso gli anelli e poi vide anche lei il brillio, ma ormai era troppo tardi: per quanto spronasse la sua scopa, la Connery era in netto vantaggio. Beatrix allungò le mani verso il Boccino e finalmente le sue dita strinsero il freddo metallo.

«Connery acciuffa il Boccino d'oro! I Raloi vincono la partita per centosettanta a venti».

I giocatori si radunarono a terra.

Avevano vinto, ma con che fatica! E il punteggio guadagnato era talmente basso che i Nagard sembravano una meta irraggiungibile con i loro trecentonovanta punti.

Leonard aveva l'umore a terra. L'unico sorridente era Milo, che, quando anche i Llapac scesero dalle loro scope per dirigersi verso gli spogliatoi, si avvicinò alla capitana avversaria e le disse: «Bella partita, Allen».

«Grazie Milo» rispose la ragazza, con un sorriso gentile.

E poi raggiunse la sua squadra, lasciandosi alle spalle un Milo con l'aria ebete. Nonostante la vittoria strappata con i denti, Mairead non riuscì a trattenere un sogghigno.



Ecco qui il capitolo della settimana: un po' meno misteri e un po' più di Quidditch, ma non disperate! La suspance non vi abbandonerà fino agli ultimi capitoli... solo dal sedicesimo cominceremo ad avere qualche informazione in più!

Come al solito, qui abbiamo l'immagine del capitolo: è Cecelia Allen, in tutto il suo splendore! Da notare anche che ha una Nimbus 2001: mica male la ragazza! XD

A presto!

ps. mi faccio un po' di pubblicità: ultimamente mi sono fissata con Gellert Grindelwald (vedi il mio avatar, se non fosse esplicito!) quindi nuntio vobis che sto progettando una storia in 4 racconti che abbraccia tutta la sua salita al potere, partendo da dopo la morte di Ariana fino all'uccisione di Grindelwald da parte di Voldemort. Progetto a lungo termine, in realtà, ma per chi volesse, presto ci sarà un assaggio della storia nel racconto “Il Cristallo di Ghiaccio”, che sarà pubblicato alla fine del contest a cui partecipa. Grazie a tutti dell'attenzione --- fine dello spazio pubblicitario! =)

@ Julia Weasley: ebbbrava la mia lettrice-suppositrice, che ha rivelato il suo lato latinista! I misteri si infittiscono e si contorcono sempre di più, ma, giuro, sono tutti legati tra di loro! Lo so, Reg è tenerissimo! Mica per niente voglio scrivere una storia solo su di lui! ;-) Quanto al misterioso ragazzo... be' nemmeno io voglio spoilerare, scherzi! Comunque io sono abbastanza affezionata al Sole24, soprattutto per l'inserto culturale della domenica; ma anche il resto non è male (le notizie generali, obviously, non l'economia! O.O). La pianta è magica? Si saprà nel capitolo 16! XD A presto!

@ chiachi89: carissima, prenditi pure tutto il tempo che ti serve! Anzi, per me è un onore sapere che, seppur oberata di impegni, perdi tempo a recensire i miei capitoli! Io, comunque, mi diverto a far fumare i vostri cervelli, aggiungendo un sacco di indizi che non fanno che creare altro caos! Tanto i misteri si risolveranno solo alla fine... ah, tempo proprio che Edmund si perderà Mairead per parecchio tempo: mi diverto a torturarlo un po' sulle questioni amorose! ;-) A presto!

@ MissyMary: ah, mi spiace, ma questo capitolo è stato dedicato soprattutto al Quidditch, ma dal prossimo tornano i misteri, promesso! Spoiler no, mai! Non posso! u.u Contro la mia etica professionale! A presto!

@ darllenwr: se l'Irlanda magica fosse un paese di relax, io non avrei niente da scrivere! =) La lezione del prof Saiminiu mi servirà più avanti, nel quinto racconto, dove avremmo di nuovo a che fare con i Lucht Siuil (in realtà introdotti grazie a una tua vecchia curiosità, per cui ti sono debitrice!). Spero che ti sia piaciuto il disegno e la rappresentazione della Allen durante la partita! A presto!

@ Sydelle: grazie, carissima! Prenditi tutto il tempo che vuoi, tanto la storia non scappa! A presto!

@ Earane: no, non sono affatto incosciente: sono perfida! u.u Scherzi a parte, continuo ad aggiungere misteri perché in realtà sono tutti collegati! E poi mi diverto un sacco a leggere le vostre supposizioni: “Secondo me gli extraiures non sono cattivi, o almeno non sono nati come sanguinisti, Saiminiu era uno di loro o vi era strettamente connesso ed è innervosito perché altri (o un piccolo gruppo di extraiures ribelli) si sono permessi di usare quel nome per cause ignobili.” Ti assicuro che questa è un'interessante teoria! ;-) Brava! Alla prossima!




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Incidenti a Doolin ***


CAPITOLO 14

Incidenti a Doolin






Al di là delle avventure di Mairead con il Quidditch, la vita al Trinity trascorreva tranquilla. Era il primo anno che non accadeva nulla a disturbare la quiete di Mairead, a parte quegli strani incubi su Reg. Perfino Edmund si era arreso e aveva lasciato perdere l'idea di trovare il covo segreto degli Extraiures.

Ora che avevano scoperto il modo di accedere alle cucine anche fuori dall'orario dei pasti, l'unica pericolosa infrazione delle regole che compivano era quella di farsi regalare una fetta di torta dagli elfi domestici. Laughlin era assolutamente entusiasta all'idea di poter mangiare qualsiasi cosa a qualsiasi ora: per lui era come essere in paradiso.

Le lezioni erano sempre più difficili, soprattutto quelle di Cumhacht, ma almeno erano interessanti. Laughlin adorava Cura delle Creature Magiche perché durante quell'ora si poteva stare all'aria aperta e la possibilità di entrare in contatto con strani esseri o simpatici animaletti magici lo divertiva un mondo. Il giorno in cui il professor Lynch mostrò alla classe un nido di Auguery, noto anche come fenice irlandese, Laughlin fu l'unico che si avvicinò senza timore.

«Sentire il canto di un Auguery è un presagio di morte!» sussurrò trepidante Peig Kenneth, quando Laughlin accettò l'invito del professore di curiosare dentro il nido a forma di goccia.

«È una stupida superstizione» rispose il ragazzo, senza scomporsi troppo. «Mio nonno Abharrach ne aveva uno domestico e lo utilizzava come segnatempo, perché l'Auguery canta solo quando piove. Però in Irlanda piove sempre, quindi quello stupido uccellaccio gracchiava tutto il giorno. E quando finalmente è morto, le sue penne non erano buone nemmeno per scrivere perché rigettavano l'inchiostro».

«Molto bene Maleficium, dieci punti ai Nagard» annuì il professor Lynch e Laughlin fece un sorriso soddisfatto. «Il vostro compagno vi ha appena illustrato alcune caratteristiche degli Auguery. Ora, se volete prendere appunti, parleremo un po' di questi affascinanti uccelli screditati dalla superstizione».

Quando, terminata la lezione, i ragazzi del terzo anno tornarono al castello per il pranzo, trovarono parecchio fermento nella Sala Mor.

«Che succede, Ed?» domandò Mairead all'amico, che nel frattempo aveva seguito la lezione di Antiche Rune.

Edmund scosse la testa. «Non lo so, sono appena arrivato anche io»

«Chiediamo a Dominique» propose allora Laughlin, accennando con il capo al tavolo dei Nagard.

I tre amici si diressero verso sinistra e raggiunsero Dominique che stava parlando animatamente con il suo compagno Brandebelli, quello che era entrato in squadra come nuovo Cacciatore.

«Che sta succedendo, Dom?» chiese Laughlin, sedendosi sulla panca a fianco del suo amico.

Il ragazzetto aveva uno sguardo preoccupato. Osservò con i suoi occhioni blu il terzetto, senza avere il coraggio di rispondere, ma al vedere le sue facce curiose, fu costretto a sussurrare: «Girano delle voci... sembra che una bambina di Doolin sia stata aggredita da non si sa cosa»-

«Una bambina?» gli fece eco Mairead, con apprensione.

«Lasciami indovinare: è una Nata Inglese.» commentò in tono amaro Edmund.

Non ci fu bisogno del segno di assenso di Dominique per confermare i loro timori.

Mairead aveva parlato troppo presto: era vero, quell'anno non stava accadendo nulla di strano a scuola. Gli incidenti avvenivano fuori.

Dopo pranzo i tre amici si ritirarono in una classe vuota per discutere con calma della questione.

«Voi credete che ci siano dietro gli Extraiures?» chiese subito Mairead, ponendo la domanda che premeva a tutti e tre.

I ragazzi si scambiarono uno sguardo tetro, come se avessero paura a dare la risposta.

«Temo proprio di sì» sussurrò infine Edmund, scuotendo la testa. Nella piccola aula calò il silenzio.

«Credo che dovremmo scoprire il loro covo segreto» annunciò Laughlin dopo un attimo.

«Ma Laugh...» provò a intromettersi Mairead.

«Dai, ormai siamo i difensori del castello! Dobbiamo debellare anche questa minaccia!» esclamò entusiasta il giovane Nagard. Il prestigio che avrebbe seguito quella nuova impresa lo allettava particolarmente e inoltre adorava andare all'avventura. Ormai per loro era una specie di piacevole passatempo.

«C'è solo un problema» intervenne Edmund, contento che l'amico condividesse con lui lo stesso entusiasmo riguardo all'idea di scoprire il covo.

Mairead e Laughlin si voltarono verso di lui.

«Come diavolo facciamo a trovare la stanza segreta?»

Quella domanda restò sospesa nell'aria. Mairead guardò fuori dalla finestra: una timida primavera si stava affacciando nel cielo nuvoloso dell'Irlanda, ricoprendo le colline di allegri fiori di campo. Troppe idee le si affacciarono nella testa: gli Extraiures, il mistero del piccolo Reg e ora quegli incidenti a Doolin. Che cosa significava tutto quello? Perché aveva come l'impressione che fosse tutto collegato da un nodo che non riusciva a raggiungere?

«Dovremmo avere un mucchio di tempo libero» sospirò sconsolata Mairead, curiosa anche lei di scoprire il covo degli Extraiures, come se quella scoperta potesse significare un passo avanti nello svelamento di tutti quei misteri.

«Già, e magari pure passare attraverso le pareti per perlustrare tutto il castello!» ridacchiò Laughlin.

«Che cosa hai detto?» lo aggredì Edmund, con gli occhi sgranati.

«Che dovremmo poter passare attraverso le pareti...» rispose Laughlin, senza capire l'improvviso entusiasmo dell'amico.

Gli occhi di Edmund brillavano di furbizia, e finalmente anche Mairead capì.

«Sir Percivall!»

Quella sera, quando la maggior parte degli studenti si fu ritirata nelle rispettive sale comuni, Mairead, Edmund e Laughlin si rintanarono nella vecchia aula di Storia della Magia, dove anche l'anno scorso avevano invocato il fantasma. Ripeterono il rito magico senza troppi problemi e Sir Percevall comparve sotto i loro occhi.

«Nobil cavalieri e gentil donzella!» esclamò lo spettro, con un buffo inchino.

«Che piacere rivederti, sir Percevall» rispose Laughlin con un risolino, che il fantasma non riuscì ad afferrare.

«Per quale cagione mi chiamaste?» chiese allora il mago medioevale, aleggiando davanti ai suoi giovani amici.

Edmund si fece serio. «Abbiamo bisogno del tuo aiuto».

«Avete la mia spada e la mia bacchetta» giurò sir Percevall, ponendosi la mano destra sul cuore, o meglio sul posto dove avrebbe dovuto battere l'organo della vita.

E Edmund gli raccontò tutto.

Il fantasma accettò di buon grado il compito che i tre giovani studenti gli avevano affidato e cominciò subito le ricerche. Tuttavia, nonostante l'entusiasmo iniziale, perlustrare il castello non era affatto un compito semplice né si rivelò così veloce come avevano sperato. Sir Percevall non si fece più vedere per le settimane successive e i ragazzi temettero che si fosse arreso.

Nel frattempo si avvicinarono le vacanze di Pasqua e Edmund ebbe ben altro a cui pensare. Captatio lo convocò nel suo ufficio un pomeriggio di fine marzo, con l'intenzione di discutere con lui di alcune questioni importanti.

«Entra pure» gli disse, quando lo sentì bussare.

Edmund sospinse leggermente la porta e si ritrovò nello studio del preside. «Signore?» chiese in tono rispettoso. Ormai aveva imparato a conoscere fin troppo bene quell'ufficio.

«Siediti, Edmund».

Il professore attese che il giovane studente prendesse posto davanti a lui, poi lo fissò con intensità. Aveva tra le mani un foglio di pergamena sormontato da un timbro ufficiale. «Il giorno 8 aprile, alle ore 10.00, la S.V. è attesa al Tribunale Minorile nel Palazzo della Corte della Magia a Dubh Cliathan per essere interrogata sulla proposta di adozione da parte di Adolfus McPride.» lesse il Preside.

Edmund subì come un colpo allo stomaco. In quegli ultimi mesi l'agghiacciante prospettiva dell'adozione si era sbiadita, tra la scuola, le nuove materie e i misteri intorno a Reg e agli Extraiures, ma quella convocazione lo riportò bruscamente alla realtà. Captatio lo guardava fisso negli occhi: cosa si aspettava che dicesse?

«Ti accompagnerò io, Edmund» lo rincuorò con un sorriso. Quando capì che il ragazzo non avrebbe commentato la cosa in nessun modo, lo congedò dal suo studio con amarezza.

Dal giorno in cui Edmund aveva ricevuto la notizia della convocazione in Tribunale, si era incupito ed era diventato scontroso e aggressivo con tutti, tanto che Mairead, dopo l'ennesima litigata, lo mandò al diavolo e smise di rivolgergli la parola. Lui, dal canto suo, non aveva voglia di spiegare ai suoi amici cosa fosse successo, perché riteneva che fosse una storia troppo personale. Non era ancora abituato all'idea che con gli amici si condivide tutto: credeva che quello fosse un problema suo e tale sarebbe dovuto restare.

Attese l'arrivo del famigerato 8 aprile con ansia sempre crescente. La settimana di vacanze per Pasqua era già cominciata, così Edmund non ebbe il problema di saltare delle lezioni. Alle nove in punto si presentò davanti allo studio del professor Captatio, con indosso l'unico abito da mago che possedeva: la sua divisa dei Raloi. Il Preside lo accolse con un sorriso incoraggiante, ma nulla poteva sollevare il morale di Edmund quel giorno.

Il viaggio fu relativamente tranquillo: una carrozza li venne a prendere davanti al castello e li condusse fino a Doolin, dove utilizzarono la metrombino per raggiungere Dubh Cliathan. Il palazzo della Corte della Magia non si trovava in Cearnog na Stiuradh, la piazza dove aveva sede il Ministero e il Parlamento, ma in un enorme viale parallelo a Priomhsrad. Fosse stato un momento più tranquillo, Edmund si sarebbe goduto la vista dell'immenso palazzo ottocentesco, ma aveva troppi pensieri per la testa per potersi perdere via ad ammirare le bellezze architettoniche. Nella sala d'ingresso c'era un viavai di maghi, alcuni dei quali indossavano una tonaca nera che ricordava quella dei lord parlamentari inglesi. I giudici erano riconoscibili dalle monumentali parrucche bianche che Edmund trovò davvero ridicole.

Gli uffici dedicati al Tribunale Minorile si trovavano al secondo piano, così Captatio e Edmund salirono le scalinate di marmo decorate da ritratti di giudici famosi che parlottavano tra loro. Finalmente il Preside lo condusse verso la stanza dove si sarebbe tenuta l'udienza: il ragazzo non vedeva l'ora che quel brutto incubo finisse. Gli bastava dire che non voleva essere adottato da McPride e poi sarebbe tornato al Trinity.

L'aula del tribunale presentava una gradinata dietro la quale erano seduti una decina di maghi che chiacchieravano tranquillamente tra loro. Difronte alla gradinata stavano alcuni posti a sedere per chiunque avesse voluto seguire l'udienza. Con grande spiacere Edmund riconobbe subito la sagoma di McPride, seduto proprio in prima fila. Al suo fianco stavano alcuni maghi importanti che dovevano fare parte dell'entourage del Ministero. Inoltre Edmund riconobbe il mago giornalista che aveva scritto l'articolo sull'Encomio, l'estate scorsa.

«Oh, Burke. Venga pure avanti» esclamò il mago seduto al centro della tribuna, che doveva essere il giudice più alto in grado. Aveva una parrucca a torre davvero impressionante e un monocolo che lo faceva sembrare uscito da un film in costume sul Seicento.

Edmund si avvicinò al banco degli imputati come un condannato che va al patibolo. Gli occhi di tutti i presenti si puntarono su di lui e improvvisamente Edmund desiderò di essere inghiottito da una crepa nel pavimento. Il Tiratore Scelto addetto alla sicurezza lo invitò a sedersi sul balconcino a fianco della gradinata dove sedevano i giudici. Una donnetta dall'aria innocua stava seduta proprio sotto la tribuna con una penna e un foglio di pergamena.

Una giovane maga si alzò dalla prima fila e si avvicinò a Edmund. Aveva un sorriso gentile e questo, sebbene fosse vestita in modo rigido e severo, riuscì a tranquillizzare un pochino il ragazzo.

«Io sono Jenevier O'Daine e sono un Pubblico Ministero Magico. Ti farò alcune domande, Edmund, a cui ti prego di rispondere con la massima sincerità» si presentò la donna.

Edmund lanciò uno sguardo disperato al pubblico, verso il volto incoraggiante di Captatio. Dopodiché tornò a guardare O'Daine e annuì.

«Dichiaro aperta la seduta numero 141 dell'anno 1994 del Tribunale dei Minori, presieduta dal giudice Mortimer McFuster, riguardo all'adozione di Edmund Burke da parte di Adolfus McPride» recitò il mago dalla grande parrucca.

La donnina con la penna cominciò a scrivere freneticamente.

Il PMM O'Daine si avvicinò al banco degli imputati dove sedeva Edmund. «Tu sei cresciuto in un orfanotrofio Babbano, vero?»

«Sissignora».

«E non sai chi siano i tuoi genitori?»

«Nossignora».

«E non ti manca un po', avere una famiglia?»

Questa volta Edmund non rispose subito. Chissà perché il sorriso rassicurante di Jenevier O'Daine non gli pareva affatto così rassicurante ora. Aveva come l'impressione che stesse dalla parte di McPride.

«Io ce l'ho una famiglia» rispose con freddezza.

Il sorriso di O'Daine si gelò. «Come, scusa?» gli chiese con meno gentilezza. Evidentemente non si aspettava affatto quella risposta.

«Ho i miei amici, loro mi vogliono bene. E ho anche il professor Captatio. Anche lui ci tiene a me» continuò con sicurezza Edmund. Anche se non osò guardarlo, Edmund era certo che Captatio si fosse commosso a quelle sue parole.

O'Daine si concesse un sorriso accondiscendente: era tutto a posto, non aveva perso qualche informazione fondamentale riguardo alla vita del giovane Burke. «Quella non è una famiglia, Edmund».

«Io vorrei solo avere qualcuno che mi ama e mi vuole bene. McPride non sarà mai in grado di farlo, anche se questo tribunale gli concederà la patria potestà su di me» rispose il ragazzo, con decisione.

«Perché non dovrebbe essere in grado?» sorrise O'Daine, anche se ora il suo sorriso non pareva così sincero.

Edmund lanciò un fugace sguardo alla prima fila, dove sedeva McPride. «Perché è un egoista che pensa solo a se stesso. Non vorrei mai per nulla al mondo ritrovarmi a casa sua».

Un brusio sommesso si scatenò nell'aula del tribunale: il piccolo pubblico, così come i dieci giudici, cominciarono a parlottare tra loro turbati e allibiti dalle dure parole del ragazzetto.

O'Daine era scioccata. Abbandonò ogni tattica di gentilezza e si piantò davanti a Edmund. «Vuoi davvero dirmi che tu preferiresti vivere in un orfanotrofio deprimente in mezzo a Babbani grezzi e ignoranti piuttosto che diventare figlio adottivo del Presidente Repubblica Magica d'Irlanda?»

Edmund fissò McPride dritto negli occhi.

Lui sorrideva: sapeva cosa avrebbe risposto il ragazzino, ma il suo sguardo parlava chiaro. “Ti avrò lo stesso.”

«Sì».



Ecco qui il new chapter! Vi eravate dimenticati dell'adozione da parte di McPride? Ebbene, eccola che torna con la sua ombra di mistero! (no, in realtà non c'è un gran mistero, però mi piaceva la frase!) Per tranquillizzare gli animi, le risposte di Edmund hanno gettato un po' di perplessità sui giudici, e questo rallenterà il processo di adozione. Ma, mi dispiace dirvi che McPride ha ragione: lo avrà lo stesso!

Se vi state chiedendo dove sia l'immagine di questo capitolo, la risposta è semplice: non c'è perché non ero ispirata! Sorry! ^^

A presto, Beatrix

@ Julia Weasley: ahahah, sì, direi che Milo è decisamente escluso! Anche io adoro gli elfi... in realtà qui li ho inseriti solo perché volevo che il trio conoscesse l'ubicazione delle cucine, ma almeno in questo racconto non ha nulla di importante! Sono contenta che la Allen sia venuta bene, perché volevo che si vedesse che è una bella ragazza. Se vuoi salvarlo, prego, fai pure! A presto!

@ MissyMary: sorry, ma al momento non sono in vena di trasegressioni! Qui un po' più di misteri e un po' meno Quidditch, va bene? Mi dispiace annunciarti però che il prossimo capitolo è interamente dedicato alla finale! Nuuu... non ti piace Mairead? In realtà anche io prediligo Edmund e Laughlin, ma Mairead è tanto carina! *-* Alla prossima!

@ Earane: oh, cielo! Grazie mille delle tue correzioni! Come farei senza di te? XD Non manca molto al capitolo 16, dai, resisti! A presto!

@ darllenwr: i Llapac non hanno giocato affatto male la partita, ma purtroppo era la loro ultima chance con la Allen, perché lei è all'ultimo anno. Comunque ho deciso di non abbandonare del tutto questo personaggio, che tornerà nell'ultimo racconto. Non so se i Llapac vinceranno mai il campionato di Quidditch, ma ho deciso che il 5 o il 6 anno avranno l'Arpa Celtica. Quanto allo scontro finale, vi sarà dedicato l'intero capitolo prossimo. A presto!





EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Partita di sangue ***


CAPITOLO 15

Partita di sangue






Lo scontro decisivo per il campionato scolastico di Quidditch era fissato per un piovigginoso sabato di fine aprile: Nagard contro Raloi, la sfida finale.

Come Leonard continuava gentilmente a ricordare a tutti loro, i Raloi erano sotto di settanta punti, quindi se volevano vincere non solo la partita, ma anche la coppa, avrebbero dovuto battere gli avversari con un margine almeno di ottanta punti. Era un'impresa ai limiti dell'impossibile.

Gli allenamenti vennero fissati quattro volte alla settimana, rendendo i componenti della squadra sempre più nervosi e tesi. Lo scontro prometteva di rivelarsi parecchio sanguinolento, come testimoniavano le scaramucce che scoppiavano nei corridoi tra esponenti di case diverse. Era da anni che la partita finale non vedeva in campo le due squadre più agguerrite, preannunciandosi epica come non mai.

Il sabato mattina del famigerato scontro, i Raloi si ritrovarono negli spogliatoi molto presto. Erano tutti parecchio tesi, perché sapevano che li aspettava un'impresa da fuoriclasse: prendere il Boccino solo con ottanta punti di vantaggio. Quelli più sotto pressione erano i tre Cacciatori, consapevoli che erano gli unici a poter far vincere la squadra con i loro goal. La Xandom, che faceva da Portiera ai Nagard, non era mai stata una giocatrice eccezionale, ma ottanta punti non erano affatto pochi.

Leonard era eccitato e teso allo stesso tempo. «Allora, ragazzi» esordì, sfregandosi le mani per darsi la carica. «Questa è la partita decisiva, ma io so che ce la possiamo fare. E sapete perché?» Li guardò in volto ad uno ad uno. «Perché siamo la squadra migliore, santo folletto!» sbottò, battendo un pugno contro uno degli armadietti di metallo alle sue spalle. «Andiamo là fuori e facciamogli vedere chi siamo!»

I giocatori Raloi esplosero in un boato e carichi di adrenalina si riversarono in campo.

Dall'altra parte, sette figure rosse stavano facendo il loro ingresso.

«In sella alle scope» ordinò loro mister Timberlen.

I ragazzi salirono in sella ai loro manici e si sollevarono in aria.

«Ecco che fanno ingresso i giocatori delle due squadre» rimbombò una voce roca dentro lo stadio.

Non aveva nulla a che fare con quella calda e rassicurante del professor Ballerinus. Quella era...

Mairead si voltò di scatto verso le tribune: era davvero lui, il professor Cumhacht che sedeva davanti al tabellone pronto a fare la telecronaca.

«La squadra dei Nagard vede in campo il nuovo Capitano O'Malley, seguito dalla Punta Patterson e la new entry tra i Cacciatori: Cosimo Brandebelli. Poi abbiamo i Battitori MacQuote e Hamil, il Cercatore Nott e Xandom, la Portiera» presentò Cumacht, con una cura per i dettagli anche troppo marcata.

«E questi sono i Raloi: Connery, Hook, Boenisolius, Weaving, McKonnit, O'Sharey e Connery» aggiunse sbrigativo, mentre i sette giocatori verdi sfrecciavano per il campo per il saluto iniziale.

«Perché lui?» domandò Mairead, terminato il giro, indicando l'insegnante di Trasfigurazione.

Milo scrollò le spalle. «Ballerinus è due giorni che è completamente senza voce» rispose tranquillamente: a quanto pareva per lui non cambiava nulla se era Cumhacht a fare la telecronaca.

«Ma tra tutti, perché lui?» piagnucolò Mairead, ma nessuno si degnò di risponderle perché i capitani Leonard e Mike O'Malley si erano già stretti la mano e la partita era pronta per cominciare.

Non appena mister Timberlen lanciò la Pluffa in aria con un lungo fischio penetrante, Mairead spronò la sua scopa e si tuffò a capofitto per recuperare la palla, ma Lucy Patterson, la Punta dei Nagard, fu più veloce e gliela soffiò da sotto il naso.

La ragazza filò velocemente verso i pali, ma Era le spedì contro un Bolide con tale precisione che la Patterson fu costretta a virare bruscamente, sbagliando il tiro a O'Malley. Gordon intercettò il passaggio e si diresse agilmente verso il campo dei Nagard, pronto ad un tiro. In una frazione di secondo gli furono addosso tutti i giocatori avversari e Gordon, disorientato, mancò l'anello più basso di parecchi metri.

«Pessimo tiro del nuovo Cacciatore Raloi, ora la palla è in mano ai Nagard» commentò Cumhacht con una certa soddisfazione.

Mairead digrignò i denti e si affrettò a tallonare Brandebelli, il giovane Cacciatore entrato quell'anno nella squadra dei Nagard. Non era afftto male a volare, il ragazzino: sembrava cosciente delle potenzialità sue e della scopa che cavalcava.

«Connery para il tiro di Brandebelli. La Pluffa passa a Hook, Boenisolius, di nuovo Hook e... ahi, dovrebbero stare più attenti al gioco i Raloi!» esclamò Cumhacht quando un Bolide centrò in pieno Milo. Sembrava che i Nagard fossero tutti concentrati sulla difesa, più decisi che mai a non permettere agli avversari di arrivare in vantaggio. Potevano anche perdere questa partita, ma con un minimo margine di svantaggio avrebbero comunque vinto il campionato.

«Patterson si dirige verso i pali... ah, buon tiro della McKonnit. La ragazzina sa il fatto suo, meno male che c'è lei in squadra, altrimenti i Raloi sarebbero in seria difficoltà» commentò sarcastico Cumhacht.

Mairead si affrettò a recuperare la Pluffa che la Patterson aveva perso, furiosa con il commento evidentemente di parte del professore. Gliela avrebbe fatta vedere lei, la seria difficoltà!

Volò rapidamente verso i pali avversari, scartando e cambiando direzione continuamente per evitare di essere colpita dai bolidi. Quando finalmente si trovò sola davanti al Portiere, fece per tirare all'anello centrale, poi vide con la coda dell'occhio che dietro di lei stava giungendo Gordon, allora si voltò rapidamente verso di lui e gli lanciò la Pluffa. Il ragazzo non afferrò nemmeno la palla: senza rallentare la sua corsa, usò il pugno per colpire la Pluffa e spedirla direttamente nell'anello davanti a lui.

«Raloi segna. Dieci a zero».

«Ah!» esultò Mairead, alzando il pugno al cielo. Passando, scambiò il cinque con Gordon e poi entrambi volarono verso il centro campo.

La partita si fece più movimentata: i Raloi riuscirono a segnare altri due punti, ma subito dopo Brandebelli fece il primo goal per i Nagard, cosicché la differenza si ridusse a soli venti punti. Ancora troppo pochi, ma per fortuna del Boccino per il momento non c'era traccia.

«Bolide di Hamil, la Pluffa passa a O'Malley, no, aspettate, Hook intercetta il passaggio».

Milo passò la Pluffa a Mairead, poi la ragazza fece per lanciarla a Gordon, ma un Bolide sbucato dal nulla la mancò per un soffio e la palla venne deviata. Patterson la afferrò e la passò a O'Malley, ma mister Timberlen fischiò il passaggio in avanti. Mairead si strofinò le mani soddisfatta: la prima mischia della partita. Ora lei e Lucy Patterson si sarebbero finalmente sfidate ad armi pari.

Le due squadre si prepararono in fondo al campo, mentre l'arbitro posizionava la Pluffa nel mezzo. Mairead era così concentrata all'idea di battere Lucy che si dimenticò che quella era la prima mischia di Gordon e che il ragazzo non era il massimo nei voli in formazione.

Quando mister Timberlen fischiò, Mairead e Milo si lanciarono in corsa, ma Gordon partì una frazione di secondo dopo e restò troppo separato dalla sua Punta.

Il fischio penetrante di mister Timberlen rimbombò nelle orecchie dei Cacciatori.

Mairead rallentò la corsa, chiedendosi cosa fosse successo. «Mischia fallita. Il Cacciatore di Ala destra dei Raloi ha sciolto la formazione senza un ordine diretto della Punta» spiegò l'arbitro. «Pluffa ai Nagard».

Mairead e Milo si voltarono contemporaneamente verso Gordon con uno sguardo che non ammetteva scuse.

«Grazie Weaving!» sghignazzò la Patterson, svolazzando verso il centrocampo per recuperare la Pluffa che le spettava.

«Gordon, maledizione, vuoi starmi attaccato, o devo legare la tua scopa alla mia?» sibilò Mairead, tirandogli un pugno alla spalla mentre gli passava a fianco, frustrata all'idea di aver perso la mischia.

«Scusa» farfugliò il ragazzo a disagio.

I Nagard, in possesso di palla, riuscirono a segnare un altro goal, cosicché la differenza fu solo di dieci punti.

«Sembra che i Cercatori abbiano avvistato il Boccino!» esclamò Cumhacht, eccitato.

Tutto lo stadio si voltò verso Beatrix e Nott che sfrecciavano verso uno scintillio in fondo al campo. Mairead trattenne il fato: se Beatrix non avesse preso il Boccino, avrebbero perso la partita, ma anche se l'avesse afferrato, non avrebbero comunque vinto il campionato.

«Bolide!» chiamò Leonard, disperato.

E fu un miracolo: Era spedì un Bolide davanti ai due Cercatori e in quella frazione di secondo il Boccino sparì. La curva verde esplose in un boato di esultanza.

Il gioco riprese frenetico più di prima, quasi violento. Cominciò perfino a piovere, una pioggerellina sottile e fastidiosa. Milo riuscì a centrare un altro anello, e subito dopo Mairead ne segnò un altro, ma la possibilità di vittoria era ancora troppa lontana. Ogni singolo sforzo dei Nagard era concentrato nell'impedire agli avversari di andare in vantaggio. La loro difesa era serrata e bloccava qualsiasi schema di gioco dei Raloi.

Ad un certo punto, pur di fermare Gordon che era sul punto di tirare agli anelli, MacQuote gli volò incontro e passando davanti alla sua scopa, usò la mazza da battitore per spezzargli la punta.

Gordon inchiodò e cominciò a roteare su se stesso, sbilanciato dal colpo.

Mister Timberlen fischiò infuriato. «Che cercavi di fare, MacQuote?» lo aggredì.

«Mi scusi, signore, non lo avevo visto» si giustificò il Battitore dei Nagard.

Mister Timberlen si avvicinò alla scopa di Weaving, per aggiustare la punta rotta con un incantesimo. «Per questa partita dovrebbe andare, ma ti converrà sostituirla con un manico nuovo» gli consigliò, controllando che potesse reggere per quella giornata.

Gordon era furioso con il Battitore avversario, ma non c'era modo di dimostrare che l'avesse fatto apposta.

Quando Gordon tirò la punizione, Mairead vide che MacQuote stava sogghignando soddisfatto.

«Weaving segna. Cinquanta a venti per i Raloi» commentò Cumahcht senza troppo entusiasmo.

Leonard allora chiese tempo e mister Timberlen concesse loro cinque minuti.

«Ragazzi, i Nagard stanno giocando bene le loro carte, ovvio che puntino tutto sulla difesa. Per questo voglio che Era e Seamus si impegnino al massimo per proteggere i nostri cercatori. Non voglio che un solo Bolide si avvicini a loro, capito?» disse loro Leonard, con fare concitato.

Era e Seamus annuirono seri.

«Quanto a voi...» continuò Leonard rivolto ai Cacciatori. «I Nagard prevedono ogni nostro schema, vi stanno addosso, ma voi sapete che dovete fare? Siate imprevedibili, scartate, deviate, cambiate continuamente direzione; non seguite nessuno schema, giocate d'istinto, sorprendeteli. Siate creativi e vincenti!»

Le istruzioni del Capitano sembravano impossibili da seguire: come si poteva giocare senza schemi, mettere d'accordo tre persone, agire come se fossero un sol uomo? Per i primi minuti di gioco furono disorientati, ma i tre Cacciatori Raloi si abituarono presto all'idea di agire d'istinto. Soprattutto Mairead, che era impulsiva di carattere, non ebbe troppe difficoltà: schivava, zigzagava, schizzava per il campo, passava la Pluffa così velocemente che i battitori Nagard non riuscivano a spedirle contro i loro Bolidi.

«Boenisolius segna. Sessanta a venti».

Quaranta, quaranta punti di vantaggio. Erano a metà strada.

«Bolide di Hamil, Hook perde la Pluffa. Palla ai Nagard, Patterson, O'Malley passa a Brandebelli, tira e... Connery para» esclamò risentito Cumhacht.

Leonard soppesò il tiro per qualche secondo, poi invece di passarla a Milo che era più vicino, fece un passaggio azzardato a Gordon. Il ragazzo, così forte nel volo libero, non ebbe difficoltà a risalire il campo velocemente, fino agli anelli.

«Altro goal per i Raloi. Settanta a venti».

Il modo di giocare impulsivo e veloce dei Cacciatori Raloi disorientò gli avversari, ma i Nagard non avevano intenzione di lasciarli rimontare e il gioco si fece violento.

Dopo poco i Cacciatori verdi segnarono altri due goal: finalmente il punteggio li portava in vantaggio di settanta punti, ad un passo dalla possibilità di vincere. Subito dopo, però, i Nagard rimontarono di un anello, con un goal della Patterson.

«Connery passa a Boenisolius, che s'invola verso i pali. Ah, è stata colpita da un Bolide!»

La palla tirata da Hamil l'aveva colpita in piena schiena, mozzandole il fiato. Mairead lasciò cadere la Pluffa e si piegò sulla sua scopa, incapace di reagire per il dolore. Sentì Leonard che sbraitava qualcosa contro i suoi Battitori, a proposito di difendere i Cacciatori.

«Fatta male, sasanachfiul?» la schernì la Patterson. Mairead agì d'istinto, senza pensare alle conseguenze: le volò addosso e le tirò un pugno allo stomaco.

Un altro fischio di mister Timberlend interruppe nuovamente il gioco. «Boenisolius, che diavolo pensavi di fare? Questa non è boxe! Punizione per i Nagard!» sbraitò l'uomo infuriato.

La Patterson recuperò la Pluffa e riuscì a centrare uno degli anelli.

«Novanta a quaranta. La possibilità di vincere il campionato si affievolisce ogni secondo di più per i Raloi se continuano a giocare sporco» commentò divertito Cumhacht.

Mairead ci vedeva rosso. Le battutine sarcastiche di Cumacht, la strenua difesa dei Nagard, l'irraggiungibile meta degli ottanta punti di vantaggio e il fastidio della pioggia la stavano facendo andare su di giri, ma lo sfogo contro la Punta avversaria le era costato troppo caro.

«Hook in possesso di palla, passa a Weaving, di nuovo Hook... si prepara a tirare, oh!»

«Fallo!» gridarono dalla curva verde con foga. MacQuote aveva colpito Milo allo sterno con la sua mazza. Questa volta non poteva fingere di essersi sbagliato.

«Punizione per i Raloi!» gridò l'arbitro, esasperato.

Milo riuscì a centrare l'anello più basso portando il punteggio a cento contro quaranta: sessanta punti di vantaggio.

Per vendicare il fallo fatto a Milo, Seamus spedì un Bolide contro la Xandom, mentre Gordon si stava avvicinando per tirare, ma mister Timberlen fischiò di nuovo.

«Voglio qui tutti i giocatori, subito!» sbraitò l'uomo. I componenti delle due squadre si radunarono intorno all'arbitro. «O'Sharey, non si può aggredire il Portiere se il Cacciatore non è ancora arrivato nell'area di punteggio! È un fallo. E, giuro, se ne vedo anche solo un altro, interrompo la partita e dichiaro il campionato nullo!»

A quella minaccia tutti i giocatori ammutolirono: non si poteva annullare il Quidditch!

Tuttavia, al vedere la faccia di mister Timberlen, nessuno dubitò delle sue parole, che ebbero l'effetto di acquietare gli animi.

O'Malley tirò la punizione, ma Leonard riuscì a parare il colpo. Il gioco riprese veloce e frenetico, ma almeno più pulito.

Gordon riuscì a segnare di nuovo, cosicché lo stacco era di settanta punti. C'erano quasi!

«Passaggio in avanti di O'Malley, l'arbitro fischia la seconda mischia della partita!» annunciò Cumhacht.

I Cacciatori cominciavano ad essere stremati, ma questa volta Mairead era determinata a vincere.

«Gordon».

Non ci fu bisogno di aggiungere altre parole: bastò lo sguardo che Mairead gli riservò. Il ragazzo annuì, ma si vedeva che era agitato. Non poteva permettersi di sbagliare un'altra mischia.

L'adrenalina in campo era quasi palpabile: tutto lo stadio aveva il fiato sospeso.

Mister Timberlen fischiò e le due formazioni si lanciarono in corsa.

Ma Gordon faticava a stare dietro a Mairead, quindi la ragazza non riuscì a spingere al massimo la sua corsa: Patterson sarebbe arrivata prima alla Pluffa, di sicuro. Il ghigno soddisfatto sul volto di Lucy Patterson confermò i timori di Mairead: i Nagard erano più veloci.

«Desistere!» gridò Mairead ai suoi compagni. La formazione si sciolse proprio mentre la Punta avversaria afferrava la Pluffa.

«I Cercatori hanno avvistato il Boccino!» esclamò entusiasta Cumhacht.

Mairead e con lei tutto lo stadio, si voltarono a guardare i due Cercatori che si stavano buttando a capofitto verso uno scintillio vicino ai pali dei Raloi. Il gioco si cristallizzò per un attimo, tutti sospesi a guardare l'eccitante testa a testa.

Ma era ancora troppo presto! I Raloi erano in vantaggio di soli settanta punti che non erano sufficienti per vincere il campionato.

«Mairead!» la richiamò Gordon, indicando la Patterson, ancora immobile con la Pluffa in mano.

Sì, c'era tempo per un'ultima azione! Se avessero segnato prima che Beatrix fosse riuscita a prendere il Boccino d'Oro, avrebbero vinto!

Con un cenno d'intesa, i due Cacciatori si buttarono a capofitto verso la punta dei Nagard. Lucy fu colta alla sprovvista e tentò un maldestro passaggio a Brandebelli, che Gordon riuscì ad intercettare.

«Bolide!» strillò Mairead, in avvertimento al suo compagno. Hamil aveva notato il tentativo disperato di rimonta dei due Cacciatori avversari e aveva spedito la palla di ferro contro Gordon. Il ragazzo riuscì appena in tempo a passare la Pluffa a Mairead, poi fu colpito in piena faccia dal Bolide.

Mairead afferrò la Pluffa e corse verso i pali. Non sapeva cosa stesse accadendo alle sue spalle, a che punto fossero i Cercatori e se Beatrix fosse in testa rispetto a Nott. Sapeva solo che quella era la sua ultima possibilità.

E tirò.

Il fischio di fine partita arrivò nel medesimo istante in cui la Pluffa oltrepassò l'anello più a destra.

Aveva fatto centro!

«Connery conquista il Boccino d'Oro. I Raloi vincono la partita» annunciò Cumhacht.

Il tabellone alle sue spalle segnava un punteggio di 270 – 40. Questo significava che sommati ai punti delle precedenti giocate, i Raloi arrivavano a quattrocentoquaranta, contro i quattrocentotrenta dei Nagard.

Avevano vinto il campionato!

Mairead gridò con quanto fiato aveva in gola. Avevano vinto! A furia di urlare si svuotò i polmoni. Prese a fare un giro del campo a velocità folle, con un pugno sollevato i aria, mentre i Raloi esplodevano in un boato. I suoi compagni le furono addosso, si abbracciarono, si strinsero in una accozzaglia indistinta.

«Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!» strillò Beatrix, ancora con il Boccino d'Oro stretto in pugno.

Gordon, che era stato eroicamente colpito dall'ultimo Bolide della partita, si teneva una mano davanti alla faccia, per riparare il naso sanguinante, probabilmente rotto. Tuttavia non si curò del dolore, troppo preso dai festeggiamenti.

La squadra scese a terra in un tripudio di gioia. Tutti i Raloi si erano riversati in campo per acclamare i propri giocatori, mentre partivano inni e cori di giubilo. Dal cielo cominciarono a piovere coriandoli colorati, per effetto di qualche incantesimo lanciato da chissà chi. Mairead abbracciò e strinse le mani di persone a cui non aveva mai rivolto la parola in vita sua. Era troppo stordita dall'emozione e non capiva più niente.

Un Captatio sorridente consegnò la Coppa del Campionato a Leonard, che, esultante, la sollevò verso il cielo e poi la passò di mano in mano a tutti i componenti della squadra.

Quando finalmente Mairead sentì il freddo metallo della coppa tra le sue mani, una gioia selvaggia le esplose nel petto. I suoi occhi si incrociarono con quelli azzurri di un ragazzetto che se ne stava in disparte.

Lui le sorrise.

Avevano vinto.



Ecce homo... o meglio, ecce victoria! Mi dispiace per chi non ama molto il Quidditch, ma una finale del genere era d'obbligo. Spero che abbiate apprezzato anche il momento di gloria del professor Cumhacht, che era un po' sparito in questo racconto, poverino! Questa è l'immagine del capitolo: i Raloi in formazione, ovviamente Mairead al centro, alla sua destra Gordon Weaving e alla sua sinistra Milo Hook.

Grazie a tutti, a presto!


@ Julia Weasley: eh, lo so che l'adozione era passata in secondo piano... ma non potevo dimenticarla pure io! Anche a me gasa un sacco l'atteggiamento di Ed all'udienza! Wooow! Il bel garbuglio si sgarbuglierà tutto, promesso... ma solo nel capitolo 19! Laughlin è spassosissimo con quella sua superiorità quasi innocente! Sì, alla fine sir Percevall troverà qualcosa, ma questo lo saprai nel prossimo capitolo! Alla prossima!

@ MissyMary: ok, non crucciarmi adesso! Mi dispiace, ma dovevo fare un capitolo sulla finale di Quidditch! Mi perdoni? I prossimi sono tutti incentrati sul mistero, promesso! Il nome di sir Percevall è quello del cavaliere della tavola rotonda, ma in realtà sono solo omonimi... non avevo propriamente pensato a quel personaggio quando l'ho creato. Sono contenta che ti spia piaciuta l'udienza! Ed ha dato il meglio di sé in questa occasione! Alla prossima!

@ darllenwr: in realtà non credo che ambienterò mai nulla direttamente a Doolin, però già alla fine di questo racconto i ragazzi usciranno dal territorio della scuola e poi ancora nel 5° e nel 6° li catapulterò persino fuori dall'Irlanda (Petra, Toscana, Roma di sicuro e forse anche in altri luoghi). Laughlin ormai si è affezionato al suo ruolo di eroe, soprattutto per il prestigio a questo collegato: ho cercato di dare delle motivazioni diverse ai tre ragazzi nella ricerca del mistero e Laughlin è interessato all'onore del ruolo (dopotutto è un Nagard!). Infine, sono felice che ti sia piaciuta l'udienza. Alla prossima!

@ Sydelle: sono contenta che sir Percivall abbia riscosso successo! Tornerà anche nel prossimo capitolo. Sì, Priscilla è un personaggio importante, ma non ti posso dire il perché! ;-) A presto!

@ Earane:oh, cielo! Non mi piacciono le tue minacce... mi fai paura! Spero anche io che il capitolo 16 ti piaccia, ma non si scopre tutto tutto... insomma, si iniziano a delineare dei nuovi elementi ma la scoperta di tutto solo nel capitolo 19! Mairead ha ripreso il suo vigore, vedrai che non avrà più dubbi in futuro! Quanto al mistero dell'adozione, questo te lo posso anche svelare: l'affidamento in quanto tale avverrà per vie legali, ma poi al neo-padre McPride toccherà tentare di conquistare la fiducia del suo giovane pupillo. Ci riuscirà? E come? ...le risposte le avrai nel 5 racconto! A presto!





EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^


Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Il covo ***


CAPITOLO 16

Il covo






L'euforia per la vittoria della coppa di Quidditch fece passare a Mairead le due settimane successive come se vivesse in un paradiso di beatitudine, tanto che le fece quasi dimenticare tutti i problemi riguardo agli Extraiures o agli incidenti a Doolin. La scuola stava velocemente volgendo al termine e la prospettiva delle vacanze estive cominciava a delinearsi concretamente nell'orizzonte degli studenti. Sembrava proprio che quell'anno si sarebbe concluso felicemente, con il ricordo della vittoria a Quidditch nel cuore.

Mairead non sapeva quanto si stesse sbagliando.

Sir Percevall venne a trovarli una sera di fine maggio, mentre si stavano recando alla Sala Mor per la cena, con un'ottima notizia per loro: aveva finalmente trovato il covo degli Extraiures.

«Fantastico!» esultò Edmund. «Facci strada!»

«Ma... e la cena?» balbettò Laughlin, facendo cenni espliciti verso la Sala Mor.

Edmund nemmeno gli rispose, Mairead si limitò ad un sbrigativo “dopo”. Poi si affrettarono a seguire sir Perceval su per le scale, mentre Laughlin se ne restava immobile con gli occhi rivolti verso la schiena dei suoi amici e il corpo proteso verso la Sala Mor. Solo dopo parecchi secondi si arrese a seguirli.

Il fantasma li condusse alla torre di Astronomia, ma non salì fino all'aula sottotetto dove si tenevano le lezioni: si fermò a metà della scala a chiocciola e attraversò la parete, dimenticandosi che i suoi ospiti umani non avrebbero potuto seguirlo.

Mairead ridacchiò e appoggiò una mano sul muro che aveva appena risucchiato sir Percevall. «E ora?» domandò, voltandosi verso Edmund.

Proprio in quel momento riapparve il fantasma, resosi conto che non poteva essere seguito nella stanza. «Giovenil segnori, io non so come voi possiate intrare nella secreta stanza» sospirò sir Percevall.

Edmund si fece avanti per ispezionare la parete, oltre alla quale doveva trovarsi il covo. Forse era una stanza segreta come quella dove l'anno scorso era stato rinchiuso il dottor Cox. Solo che ora si trovavano in una torre, a metà di una scala a chiocciola, dove non c'era modo di scoprire il meccanismo che regolasse l'entrata. Edmund cominciò a controllare ogni singolo mattone, ma senza grandi risultati: questa volta non c'era nessun enigma da risolvere, nessuna strategia da seguire. Ci avrebbero messo una vita a trovare la chiave.

«E adesso? Facevamo meglio ad andare a cena» brontolò Laughlin, salendo qualche scalino.

«Ehi, torna indietro!» gli ordinò Edmund.

Laughlin sembrò stupito. «Indietro intendi a cena?»

«No, qualche passo, sugli scalini» rispose eccitato Edmund.

Nel silenzio generale, Laughlin fece un paio di passi indietro. Dopodiché si guardò intorno, come aspettandosi che succedesse qualcosa.

«Ed, che...?» domandò Mairead, ma Edmund la zittì alzando un braccio.

Ripercorse lentamente i pochi gradini che aveva appena fatto Laughlin, fermandosi in particolare su uno. «Scricchiola» annunciò dopo un'attenta analisi.

Laughlin e Mairead si scambiarono un'occhiata perplessa. «Tutto qui?» commentò il Nagard, in tono piatto.

Edmund non gli diede retta e cominciò ad ispezionare il gradino scricchiolante. Battendo il pungo sulle assi di legno, notò che c'era un punto dove suonava come fosse vuoto. Forse sotto c'era qualcosa di interessate o forse era solo un buco nell'acqua, però...

Edmund estrasse la bacchetta dalla tasca e sussurrò: «Evanesco».

L'asse di legno sparì, rivelando un piccolo vano, sul cui fondo uno strano luccichio segnava la presenza di qualcosa di metallico. Il ragazzo infilò la mano nel buco, estraendo quella che sembrava essere una vecchia chiave d'ottone. Nel momento stesso in cui la riportò alla luce, comparve una nuova asse di legno a ricoprire il vano nascosto e sulla parete al loro fianco si disegnò una toppa.

«E bravo il nostro Edmund!» esclamò Laughlin, battendogli una mano sulla spalla.

Mairead prese la chiave e la infilò nel buco: un paio di scatti e si disegnò una porta nel muro, altri due e la porta appena comparsa si aprì su una piccola saletta circolare.

Non appena i tre amici misero piede nel covo, capirono che quel luogo doveva essere stato abbandonato da tempo: uno strato di polvere ricopriva ogni cosa, il disordine regnava sovrano e delle grosse ragnatele ornavano le travi del soffitto.

Eppure c'erano alcune impronte di scarpe molto recenti, sulla polvere del pavimento. «Qualcuno è già stato qui» osservò Edmund, indicando le tracce lasciate dal visitatore.

Sulla destra si apriva un'enorme bifora che partiva dal pavimento fino al soffitto, davanti alla quale erano state sistemate due amache, una sopra e una sotto come in un letto a castello. Alla scritta Extraiures, fatta con quelli che sembravano rametti secchi di quercia, mancavano un paio di lettere che penzolavano dal muro in modo piuttosto sinistro. Gli scaffali semicircolari che si trovavano difronte a loro erano stati messi in disordine: libri e volumi stavano sparsi per terra, con pagine strappate e copertine graffiate. A sinistra, dalla parte opposta della finestra, c'era un tavolino con adagiata sopra una scacchiera, i cui pezzi erano rotolati sul pavimento, alcuni rotti e scheggiati. Sopra il tavolo, attaccati alla parete, c'erano alcuni poster, quello che sembrava uno stemma di una famiglia nobile e una bandiera della Repubblica Magica.

«Accidenti, che caos» commentò Laughlin. Lui, certo, avrebbe dovuto tacere, visto lo stato pietoso in cui versava la sua camera, ma effettivamente quel posto era parecchio caotico e disordinato.

Mairead si avvicinò ad alcuni libri sparsi a terra e li raccolse per leggerne i titoli: Eventi storici rilevanti del periodo celtico preromanico e Le imprese magiche irlandesi degne di nota del XVII secolo. Conosceva solo due categorie di persone che avrebbero apprezzato quel genere di libri: una era rappresentata dai fanatici del sangue puro celta, l'altra da suo padre.

«Questa devastazione non è solo opera del tempo» esclamò ad un certo punto Edmund.

I suoi amici e sir Percevall si voltarono verso di lui, incuriositi dal tono sicuro con cui aveva pronunciato quella frase sibillina.

Edmund sventolò qualcosa che aveva trovato in terra. «Il tempo non brucia le fotografie» spiegò, mostrando loro l'immagine.

Un lato della foto era annerito, come se parte di essa fosse stata bruciata. Nel pezzo sopravvissuto, stava schiacciato contro il bordo, forse per paura di fare la stessa fine del resto della foto, un ragazzo con la divisa dei Nagard mezza abbrustolita. Aveva i capelli neri tagliati sotto le orecchie, il naso adunco e un paio di occhiali scuri.

«Non vi ricorda qualcuno?» domandò Laughlin, strizzando gli occhi per osservare meglio il giovanotto.

«In effetti sì» rispose Mairead in un sussurro. Era come se lo conoscessero, ma non riuscissero a ricordare chi fosse. Avevano l'impressione di averlo già visto da qualche parte, ma non sapevano dire dove.

Nel frattempo Edmund cominciò ad analizzare i poster attaccati alla parete: c'era un uomo con due grossi baffoni che, a giudicare dall'abbigliamento, sembrava essere appartenuto al Seicento, la foto di alcuni maghi di epoca romana, con le loro toghe color porpora, e infine l'immagine di un gruppo neolitico che ricordava vagamente Stonehenge. Il blasone di famiglia era uno stemma rosso con una croce gialla e sotto recava il motto, ”Faoi sciath na Firinne”.

«Sotto lo scudo della Verità» tradusse Edmund, sfiorando lo stemma con la punta delle dita.

«Ehi!» strillò Mairead.

Edmund si voltò di scatto e per poco non fu colpito in testa da un oggetto volante non meglio identificato. Il gemello di tale oggetto si trovava in una vecchia scatola di scarpe tra le mani di Mairead: era una scarpa strappata e rattoppata, con due alette mogie attaccate al tallone. L'altro calzare svolazzava per la stanza, compiendo parecchi giri su se stesso, forse perché una delle due ali era mezza rotta e sbatteva freneticamente senza riuscire a tenersi in equilibrio.

«Che diavolo sarebbero?» domandò Edmund, osservando il volo sgraziato della calzatura malandata, mentre Mairead cominciava a ridere come una scema. «Accio scarpa» ordinò mollemente Edmund. Dopodiché ripose lo strano oggetto nella sua scatola impolverata e richiuse il coperchio.

«Ehi, guardate qui» li richiamò Laughlin, accennando a qualcosa appeso alla parete. Gli altri si avvicinarono incuriositi: non avevano notato prima la grossa pergamena perché si trovava esattamente a fianco della porta. Delle linee tracciate con inchiostro scuro, delimitavano quelle che sembravano muri e pareti di un edificio.

«Questa è una mappa del Trinity!» esclamò Edmund estasiato. Anche lui l'anno scorso aveva fatto qualcosa di simile, ma la precisione di quella piantina non era minimamente paragonabile alla sua. Inoltre vi erano segnati anche un'infinità di luoghi che nessuno di loro sapeva esistessero a scuola: passaggi segreti tra diverse zone, stanze nascoste come quella in cui si trovavano in quel momento, le cucine degli elfi domestici, trucchetti per far aprire porte di solito sigillate.

«Guardate, la stanza segreta dell'aula degli scacchi!» esclamò Laughlin, indicando un punto sulla mappa. A fianco erano scritte le istruzioni per farla comparire: “regina nera in E7”. Ma gli occhi di Edmund erano stati rapiti da un altro passaggio che partiva da sotto il ponte, sulla terraferma, e sembrava portare fuori dal territorio della scuola: doveva essere un cunicolo per uscire segretamente dal Trinity.

Tutta una serie di teorie si affacciarono nel panorama mentale di Edmund. Rimase in silenzio per qualche secondo a meditare, poi decise di parlarne con i suoi amici. «Credete che questi Extraiures fossero dei fanatici del sangue puro?» domandò in tono serio.

«Hanno una bandiera dell'Irlanda attaccata alla parete» rispose Laughlin, come se la cosa fosse lapalissiana.

«E libri di storia dell'Irlanda» aggiunse Mairead.

«E lo blasone di nobil famiglia» concluse sir Percevall.

«Perché ce lo chiedi, Ed?» domandò Mairead, osservando lo sguardo pensieroso dell'amico.

«Non so...» rispose Edmund scuotendo le spalle. «Ho come l'impressione che questi Extraiures fossero un gruppo di studenti sanguinisti degli anni passati e che qualcuno stia cercando di farli rivivere, qualcuno che ha scoperto questo covo prima di noi, e che ha utilizzato il passaggio segreto disegnato su quella mappa per uscire dal territorio del Trinity e arrivare a Doolin per scrivere quelle minacce sul muro e aggredire la bambina di origini inglesi».

Mairead e Laughlin si scambiarono un'occhiata eloquente. Chissà perché nessuno dei due aveva affatto problemi a indovinare di chi si trattasse.

«Magari, qualcuno che l'anno scorso è rimasto a bocca asciutta con la storia della setta» concluse Mairead in tono amaro.


Quella stessa sera Mairead scese in sala comune con la pianta che le aveva regalato Priscilla, perché aveva come l'impressione che stesse appassendo e voleva farla vedere alla professoressa Blath.

Sebbene fosse ormai fine maggio, c'erano parecchi ragazzi che erano indaffarati con lo studio. Milo Hook, che doveva dare la D.I.M.I.S.S.I.O, se ne stava chino sui libri con la testa tra le mani. Quelli del sesto anno restavano a scuola un paio di settimane di più degli altri studenti per poter dare gli esami con più calma, alla fine di giugno. Mairead osservò il suo compagno di squadra, pensando che l'euforia per aver vinto la coppa di Quidditch per lui doveva ormai appartenere il passato: ora c'erano solo gli esami a cui pensare. Presto o tardi sarebbe toccato anche a lei.

Edmund era sprofondato in una poltroncina davanti al camino spento, con un libro sulle ginocchia.

Mairead gli si avvicinò, appoggiando la sua pianta sul tavolo alle loro spalle. «Che leggi?» gli chiese, accoccolandosi a terra ai suoi piedi.

Quella domanda in realtà non ebbe mai risposta, perché Iulius McEwan, un loro compagno dello stesso anno, esclamò: «Ehi, di chi è questa pianta?»

«Mia, perché?» rispose Mairead, alzandosi da terra.

Iulius si avvicinò per osservarla meglio, sfiorando leggermente le sue foglie. «Questo è il tentacolo di Morfeo» spiegò il ragazzo, annuendo come per sottolineare la propria affermazione. «Non la terrai sul comodino, vero?»

«Ehm... sì» rispose Mairead, scuotendo la testa senza capire dove volesse andare a parare Iulius.

Il ragazzo sollevò le sopracciglia in un'espressione di sorpresa.

Edmund mise da parte il libro che stava leggendo e si intromise nella conversazione. «Che cos'ha che non va?» chiese incuriosito.

Iulius sorrise come se fosse una cosa davvero banale. «Non ha niente che non va, è solo che il tentacolo di Morfeo, se tenuto vicino al letto, causa degli incubi. Ti mette i suoi tentacoli intorno alla testa e ti induce a sognare cose che ti spaventano o tue ossessioni».

Quell'informazione causò un attimo di scompenso in Edmund e Mairead: nessuno dei due sapeva come commentare la scioccante notizia.

Ecco perché Mairead continuava a sognare Reg, quasi tutte le notti, che le chiedeva aiuto, che la ossessionava, la assaliva nella mente. Quello che non aveva senso era il fatto che fosse stata Priscilla a regalarle quel vaso. Perché avrebbe dovuto donarle una pianta che causava gli incubi?

Edmund fece per dire qualcosa, ma Mairead lo bloccò con lo sguardo. «Grazie dell'informazione, Iulius. Credo che la toglierò dal comodino» disse Mairead con un sorriso, per congedare il ragazzo.

Iulius scrollò le spalle, poi si allontanò per raggiungere il suo amico Anneus Secula.

Quando fu sufficientemente lontano, Edmund si voltò verso Mairead con sguardo tagliente. «E ora come la giustifichi la tua adorata Priscilla?» sibilò.

Gli occhi di Mairead divennero due fessure e la sua bocca più sottile di un foglio di carta velina. «Magari non conosceva le proprietà della pianta» azzardò, ma Edmund non si fece incantare.

«Ah sì, e ti sembra possibile che non lo sapesse?»

«Be', tu non lo sapevi, per esempio!» gli rinfacciò Mairead.

I loro volti erano così vicini che sarebbe bastato poco perché si sfiorassero, ma erano contratti in smorfie di sfida. «Sei geloso di lei» lo accusò Mairead, in un sussurro.

«È la cosa più stupida che io abbia mai sentito» digrignò i denti Edmund.

Un mezzo sorriso soddisfatto brillò per un attimo sul volto di Mairead: aveva colto nel segno. Non c'era bisogno di infierire ulteriormente. Voltò le spalle a Edmund e prese la sua pianta per tornare al dormitorio. Prima di sparire su per la scala a chiocciola verso il terzo piano, si voltò un'ultima volta verso di lui.

«Sai che farò domani? Le spedirò una lettera per chiederle del tentacolo di Morfeo. E le scriverò anche che abbiamo trovato il covo degli Extraiures» gli disse, facendogli l'occhiolino.

Edmund serrò la mascella. Lo stava prendendo in giro. Ma questa volta era certo di avere ragione.

Proprio come al solito, in realtà.




Come promesso, miei cari, ora si entra dritti nel mistero! Da questo capitolo sino alla fine saremo nel vivo della vicenda! Pian piano vi verrà spiegata ogni cosa, promesso. Nel frattempo... chi è il misterioso Nagard della foto? Si accettano scommesse! E Priscilla è colpevole o innocente? Buon divertimento! XD

Questa è l'immagine del capitolo: un disegno molto artistico e poco geometrico del covo degli Extraiures.

Infine, dovrei aver risposto alle recensioni attraverso il nuovo mirabolante pulsante “rispondi alle recensioni”... se qualcosa fosse andato storto, fatemi sapere! Alla prossima!





EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^


Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Reg ***


CAPITOLO 17

Reg






Mairead stava tornando dal campo di Quidditch, dove aveva passato le ultime ore volando sulla sua Ninbus, per scacciare i pensieri e liberarsi la mente. Dopo quella sera in cui avevano mezzo litigato, Edmund aveva cominciato a tenerle il muso e a fare lo scontroso, rispondendo a monosillabi a ogni sua domanda. Volare la faceva stare bene: era come se allontanasse tutti i problemi, solo lei e il suo manico di scopa e il vento che le frustava la faccia.

Andò verso la sala comune dei Raloi, per riporre la sua Nimbus e indossare nuovamente la divisa scolastica. Mentre si allacciava il corpetto, sola nel dormitorio perché tutti erano a cenare nella Sala Mor, un gufo entrò nella stanza dalla finestra aperta e si acquattò sul suo letto. Legata alla zampa aveva una lettera. Mairead immaginò che fosse la risposta di Priscilla, magari con la spiegazione sul tentacolo di Morfeo, così si affrettò a slegarla e srotolarla. Riconobbe subito che quella non era la grafia di Priscilla: era frettolosa, sgraziata.

Mairead,

ti prego, ho bisogno del tuo aiuto. So che tu mi conosci, sai di me. Ti prego, esci dal Trinity, questa sera. Ti aspetto nel bosco fuori da Doolin.

Ho bisogno di te,

Reg

Mairead lasciò cadere il foglio a terra, senza parole.

Reg le aveva scritto? Ma dallo scatolone dei ricordi nella sua soffitta, sembrava che fosse morto. E se invece non era così? E se invece era ancora vivo? Doveva assolutamente scoprirlo: aveva come l'impressione che grazie a quell'incontro sarebbe riuscita a sbrogliare la matassa di tutta quella storia.

Raccolse la lettera da terra e corse velocemente verso la Sala Mor, alla ricerca dei suoi amici. Per poco non andò a sbattere contro un gruppo di ragazzi più grandi che uscivano dalla sala, finita la cena.

«Ehi, guarda dove vai!» protestò uno.

«Scusate!» gridò in risposta Mairead, finché non finì tra le braccia di Laughlin.

«Che succede?» le chiese preoccupato l'amico, osservando la faccia sconvolta della ragazza.

Mairead si fermò un attimo per riprendere fiato, le mani sulla milza che doleva per la corsa. «È successo...» cominciò a dire, sventolando la lettera sotto il loro naso.

Edmund la afferrò e la lesse velocemente, incupendosi parecchio quando arrivò alla firma. «Mairead, sembra tanto una trappola» disse in tono serio, passando la lettera a Laughlin perché anche lui potesse leggerla.

Ma la ragazza era troppo eccitata per dar retta all'amico. «Ed, lo so... ma per me è davvero importante. Devo scoprire chi sia questo Reg: sono convinta che sia la chiave di tutto».

«C'è un piccolo problema» intervenne Laughlin, abbassando la voce per non farsi sentire da un gruppetto di Llapac che uscivano dalla Sala Mor. «Come ci arriviamo a Doolin senza essere visti?»

I tre amici si incupirono e cominciarono a meditare su come risolvere il problema.

Fu Edmund il primo a trovare la soluzione. «Gli Extraiures» disse con determinazione. I suoi amici lo guardarono con aria perplessa, quindi lui fu costretto a spiegare: «Ricordate il loro covo e la mappa del Trinity con i passaggi segreti?»

«Ce n'era uno che portava fuori dal territorio della scuola!» concluse Laughlin, con entusiasmo.

Edmund annuì e poi fece un sorrisetto complice: era deciso, sarebbero andati alla ricerca di Reg.

Aspettarono un'oretta abbondante, in modo che la maggior parte degli studenti si fosse già ritirata nelle rispettive sale comuni, poi si fiondarono verso il covo degli Extraiures, per controllare dove fosse il passaggio segreto e il modo per accedervi. Forse erano stati eccessivamente frettolosi e sconsiderati nell'accettare quell'invito che puzzava di trappola, ma erano affamati di avventura e l'idea di risolvere un mistero li eccitava. Finalmente, verso le undici di sera, uscirono dal castello per dirigersi sotto il ponte, dal lato della terraferma: lì avrebbero trovato l'entrata del passaggio segreto.

«Dovrebbe esserci una roccia a forma di corvo» sussurrò Edmund, ricordandosi le istruzioni scritte sulla mappa.

I tre amici si guardarono intorno, finché Laughlin non individuò un masso che aveva due sporgenze che sembravano ali. «Potrebbe essere?» domandò rivoltò agli altri.

Edmund si strinse nelle spalle: non aveva mai avuto grande fantasia per quei giochetti, ma tanto valeva provare. Immerse la mano nelle acque del lago che, per quanto fosse già maggio, erano ancora fredde da far venire i brividi. Dopodiché appoggiò il palmo sulla roccia e pronunciò la formula: «Aqua ostendat quod latet».

I ragazzi trattennero il fiato. Per i primi secondi non successe niente, poi una crepa nella muratura del ponte cominciò ad allargarsi, finché non divenne un passaggio comodo per una persona. I tre amici si scambiarono uno sguardo eccitato.

«Dopo di voi» li incitò Edmund, indicando il tunnel come un presentatore del circo.

Mairead si infilò nel passaggio senza esitare, seguita da Laughlin e infine da Edmund.

Il tunnel era scavato sottoterra, umido e stretto, talmente buio che i ragazzi furono costretti a farsi luce con le loro bacchette. Proseguiva per svariati metri: doveva attraversare tutto il parco per uscire dal territorio della scuola. L'unico suono che si udiva era lo zampettare frenetico di qualche insetto, disturbato nella sua quiete dal passaggio dei tre giovani studenti. Il terreno sotto i loro piedi era fangoso e umidiccio, forse perché il tunnel era stato scavato vicino ad una falda sotterranea che alimentava il lago.

Dopo un percorso che a loro parve interminabile, arrivarono ad una ripida scaletta, al culmine della quale, Mairead illuminò quello che sembrava l'interno cavo di un albero.

«Deve essere l'uscita» commentò Edmund, dietro le sue spalle. La sua voce arrivò alle orecchie della ragazza ovattata, a causa dell'ambiente angusto.

«Prova con la formula» le suggerì Laughlin.

Mairead allora puntò la bacchetta illuminata contro la parete di legno e sussurrò: «Lux ostendat quod latet».

Con un rumore di che sembrava terra rivoltata, il tronco dell'albero cominciò ad aprirsi, le radici si spostarono e i rami si inclinarono, rivelando il passaggio.

I ragazzi uscirono dal tunnel segreto, per ritrovarsi in un bosco di conifere, avvolto dall'oscurità, mentre il passaggio si richiudeva alle loro spalle. Il bosco non era molto differente da quello che si trovava oltre il campo da Quidditch, dove c'era il recinto di Cura delle Creature Magiche, ma i tre amici sapevano di trovarsi fuori dal territorio della scuola, poco distanti dal villaggio di Doolin. Secondo la lettera che Mairead aveva ricevuto, Reg doveva essere lì da qualche parte: così cominciarono a gironzolare tra gli alberi e guardarsi intorno.

C'era una figura nella penombra. Mairead sollevò la bacchetta per vederla meglio.

«Reg?» provò a chiedere, titubante.

La figura si fece avanti, finché non entrò nel cono di luce della bacchetta: era una donna dai lunghi capelli mossi, neri come neri erano i suoi occhi senza fondo. La manica sinistra, all'altezza del gomito era stretta in un nodo. Con l'altro braccio si appoggiava ad un bastone, sormontato da una testa di drago d'argento. Ma ciò che la rendeva veramente inquietante non era il suo aspetto da storpia, ma la luce di folle malvagità che le illuminava gli occhi.

«Chi sei tu? Dov'è Reg?» esclamò Mairead a voce alta, come per mascherare la spiacevole sensazione di essere finita in una trappola.

La donna scosse la testa, fingendo che la domanda non avesse alcuna importanza. «Reg è morto».

«Morto? Come morto? L'hai ucciso tu?» le fece eco Mairead, senza capire. Come poteva essere morto Reg, se poco fa aveva ricevuto una sua lettera? C'era decisamente qualcosa che non andava in tutta quella storia.

La donna scoppiò in una risata sarcastica che provocò un brivido di terrore nei tre ragazzini. «Sì, l'ho ucciso io, tanti anni fa, ormai» rispose quella quando finalmente si fu calmata.

Ucciso, Reg ucciso?

Mairead non si capacitava di come potesse essere vero. Ma, in fondo, l'aveva sempre sospettato, da quando aveva trovato lo scatolone dei ricordi nella sua soffitta, contenente i vecchi libri, la foto e la bacchetta di tasso.

«Tu sei Priscilla, non è vero?» intervenne Edmund, facendosi avanti.

La donna fece un sorriso di sfida. «Acuto il tuo amichetto» rispose con un ghigno.

«Priscilla, tu sei Priscilla?» domandò Mairead scioccata. Non poteva essere lei! Aveva detto di aver finito da pochi anni il Trinity, mentre quella che aveva difronte era una donna matura, sui quarant'anni. E poi Priscilla era sempre così dolce e gentile!

«Ben svegliata, ragazzina!» rispose invece la donna, con una risata di scherno.

«Io non capisco!» protestò Mairead, mentre la delusione si trasformava in pianto.

Priscilla fece un passo verso di loro. «Allora lascia che ti spieghi» disse, mettendosi la mano in tasca. Edmund per un attimo pensò che volesse estrarre la bacchetta magica, invece la donna tirò fuori una vecchia fotografia presa da un giornale: era quella dell'estate scorsa, quando era comparso quell'articolo sul Corriere per l'Encomio della Repubblica.

«Ti ho scovato grazie a questa» spiegò Priscilla, sventolandogliela davanti al naso. «Il tuo cognome... Boenisolius! Dovevi essere figlia di Reammon, per forza! Allora ti ho spedito quella lettera inviata da Arthur a Reg, perché tu iniziassi una corrispondenza con me. Quando ho avuto la conferma che eri la figlia di Reammon sono venuta a cercarti, ma non potevo avvicinarmi a te finché c'era tuo padre: non dovevo farmi vedere da lui».

«Ecco! Allora io ho visto te, eri tu l'ombra che ci seguiva il giorno che siamo andati a Dublino!» intervenne Edmund, con foga.

Priscilla annuì. «Esatto, ragazzetto. Solo che stavate andando al Trinity, dove io non avrei potuto raggiungervi. Così ho inscenato quelle aggressioni e la scritta sul muro di Doolin, perché volevo che tu ti incuriosissi agli Extraiures e trovassi il loro nascondiglio, dove sapevo che c'era una cartina con segnati i passaggi segreti per uscire dal Trinity. Nel frattempo ho alimentato la tua ossessione per Reg sfruttando il Tentacolo di Morfeo. Non posso rivelarti la mia gioia quando hai detto che avevi trovato il loro covo! Così ti ho mandato quella finta lettera a nome di Reg, per attirarti fuori. E ora, finalmente, sei qui».

Quando Priscilla concluse quella spiegazione, Mairead aveva una gran confusione in tesa: ora sapeva che dietro a tutta quella storia c'era questa donna di nome Priscilla, ma non capiva come potesse conoscere suo padre, cosa sapesse del famigerato Reg e perché avesse inscenato tutta la pantomima solo per attirarla fuori dal castello.

«Perché tutto questo?» sussurrò scuotendo la testa.

La donna sorrise e una luce maligna illuminò i suo occhi. «Ah, non te l'ho ancora detto? Io voglio ucciderti».




Credo che con questo capitolo la mia crudeltà sia arrivata al suo culmine! Muahahaha! Dai, resistete solo qualche giorno, poi avrete il nuovo capitolo. Almeno parte dei misteri sono stati rivelati da Priscilla! Complimenti a tutti coloro che hanno diffidato sin da subito della affabile corrispondente di Mairead!

Dubito che dopo queste sconvolgenti notizie ci sia qualcuno che si stia domandando dove sia il disegno, comunque mi dolgo nel comunicarvi che... non c'è! Non ero sufficientemente ispirata!

Alla prossima!! Beatrix

ps. nel caso ci fosse stato qualcuno in trepidante attesa dell'aggiornamento, mi perdoni il ritardo, ma mi hanno aggiunto delle ore all'uni proprio il mercoledì pomeriggio!




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** La vendetta della sorella perduta ***


CAPITOLO 18

La vendetta della sorella perduta






Il sorriso di Priscilla si allargò in un ghigno di perfidia. Fece schioccare il suo bastone come una frusta e quello divenne improvvisamente una bacchetta magica. La donna alzò il braccio verso i tre ragazzini, pronta a colpire, ma Edmund gridò di scappare e i suoi amici non se lo fecero ripetere due volte. Cominciarono una fuga disperata, inseguiti dagli incantesimi gridati nella notte da quella donna folle.

«Laughlin!» strillò Mairead, quando un raggio rosso lo centrò in piena schiena, facendolo stramazzare al suolo. La ragazzina si gettò a terra, estrasse la bacchetta per parare gli incantesimi e cercò di raggiungere il suo amico, ma nel ripararsi dietro una roccia, la sua bacchetta urtò uno sperone e si ruppe.

Spezzata in due. Lei la sollevò davanti al suo naso, incredula.

Priscilla si stava avvicinando, Laughlin era ancora a terra supino, la sua bacchetta spezzata, Edmund che correva là davanti... Mairead si gettò fuori dal suo nascondiglio e raggiunse Laughlin. Lo girò a fatica, per capire cosa gli fosse successo. «Laugh, Laugh ti prego!» piagnucolò scuotendolo avanti e indietro. Era docile come una bambola di pezza.

Priscilla era sempre più vicina. I suoi incantesimi la sfioravano.

«Protego!» gridò Edmund alle sue spalle. Dopodiché la prese per un braccio e la fece alzare, mentre lui trascinava malamente Laughlin al riparo dietro una roccia.

«È stato Schiantato» annunciò, accennando con il capo al corpo inerte dell'amico.

«E quindi?» chiese Mairead, la voce alterata dall'ansia.

«Si rimetterà» annuì Edmund, sbirciando oltre il nascondiglio, per controllare dove fosse Priscilla.

«E ora che facciamo?» domandò Mairead, quasi con le lacrime agli occhi. Era tutta colpa sua, quel pasticcio: Laughlin Schiantato, la sua bacchetta rotta, loro due nascosti dietro una roccia. Tutta colpa sua e della sua stupida ossessione per Reg. E ora una pazza psicopatica voleva ucciderla, senza che sapesse il perché.

«Tranquilla Mairead, io ho un'idea per chiamare aiuto» disse Edmund, con determinazione.

La ragazza si voltò verso di lui con gli occhi pieni di speranza. «Come?» gli chiese ansiosa: avrebbe fatto qualsiasi cosa per risolvere la situazione.

Edmund spiò nuovamente oltre la roccia, per scoprire dove fosse Priscilla. Quando tornò a guardare Mairead pareva frettoloso. «C'è una magia... non l'ho mai fatta, ma ho letto dei libri al riguardo. Praticamente evochi un Patronus, una creatura fatta di pura energia che può servire a mandare messaggi» spiegò all'amica.

Mairead sapeva esattamente a che tipo di incantesimo si riferisse Edmund. «L'Incanto Patronus è magia molto avanzata, Ed» sussurrò, preoccupata.

«Be', forse non riesco a farlo parlare, ma sono sicuro che quando un professore lo vedrà, capirà che c'è qualcuno che ha bisogno di aiuto» rispose il ragazzino. «Ora, quando evocherò il Patronus, Priscilla scoprirà il nostro nascondiglio, quindi noi dovremmo essere pronti a scappare.»

«E Laughlin?» sussurrò Mairead, presagendo già la risposta.

Edmund prese fiato e poi ripose: «Dobbiamo lasciarlo qui».

«Io non lo lascio indietro!» protestò Mairead con veemenza.

Edmund allora le afferrò un braccio e la costrinse a fissarlo negli occhi. «Mairead, quella pazza vuole te, non Laughlin! Sarà più al sicuro qui... non possiamo trascinarcelo dietro, ci rallenterebbe troppo e Priscilla ci raggiungerebbe. Laugh ha bisogno di andare in infermeria e il Patronus è la nostra unica speranza per lanciare un segnale d'aiuto. Quando arriverà un professore e tutto sarà finito, torneremo qui a recuperarlo. Credimi, è l'unico modo» spiegò con fare concitato.

Mairead abbassò gli occhi perché non riusciva a sostenere l'intensità del suo sguardo. Aveva ragione, dopotutto. Osservò per un attimo Laughlin che sembrava dormire pacificamente e alla fine annuì.

Allora Edmund le lasciò andare il braccio e si concentrò su un ricordo felice: decise di pensare a quando aveva scoperto di essere un mago, quando aveva capito che avrebbe presto abbandonato quell'orfanotrofio pulcioso per un futuro di gloria.

«Expecto patronum!» gridò con forza. Dalla sua bacchetta fuoriuscì un filo argentato che subito si delineò a formare un grosso felino che lo guardò fisso negli occhi con intensità, come se fosse uno specchio della sua stessa anima. Era un affusolato ghepardo.

Mairead allungò una mano e sfiorò il dorso della creatura argentea. «Edmund, è... bellissimo» sussurrò rapita.

Il ragazzo lo contemplò per qualche secondo, quasi invaso da una gioia selvaggia per la perfezione di quell'incantesimo, poi mandò il suo Patronus in cerca d'aiuto.

Nel momento stesso in cui il ghepardo argentato sbucò da dietro la roccia, Priscilla individuò il loro nascondiglio. «Vi ho beccati!» cantilenò la strega, avvicinandosi.

«Via, via!» gridò allora Edmund, afferrando il braccio di Mairead.

Priscilla scagliò qualche incantesimo contro di loro, ma non con troppa convinzione cosicché li mancò di parecchio. Fin tanto che la donna claudicava alle loro spalle, i due ragazzini avevano il vantaggio della velocità e riuscivano a sfuggirle. Ma per lei quella era solo una divertente caccia alla volpe. «Uuuh, non scappate, su!» ridacchiò inseguendoli nel bosco.

Edmund e Mairead si ripararono dietro un albero, ansimando per la corsa. Pareva loro di essere braccati, senza via di scampo, come in uno di quei sogni in cui l'inseguitore acciuffa sempre la sua vittima che non riesce a scappare perché ha le gambe pesanti. Un opprimente senso di angoscia si impadronì dei loro cuori.

Ti prego, fa' che qualcuno trovi il mio Patronus!” pensò disperato Edmund, e chissà come quella preghiera venne esaudita.


Il professor Saiminiu si stava recando nella cappellina della scuola per parlare con padre Rafael, quando, passando per l'ingresso, vide uno strano bagliore argenteo fuori dalla porta. Incuriosito, si avvicinò per capire di cosa si trattasse. Capì subito di trovarsi di fronte ad un Patronus, non appena ne riconobbe i delicati tratti felini.

«Che diavolo...?» sussurrò sorpreso, quando il ghepardo lo fissò dritto negli occhi con profondità e poi gli fece un cenno del capo come per fargli intendere che voleva essere seguito. Chissà perché il professore non si fece domande e prese a seguire il Patronus, certo che era la cosa giusta da fare. Il ghepardo lo condusse attraverso il passaggio segreto sotto il ponte, ma questa volta Saiminiu si bloccò sull'entrata. Com'era possibile che quel Patronus sapesse di quel passaggio? Erano in pochissimi a conoscere la sua esistenza. Di chi era quel Patronus? E perché voleva condurlo fuori dal territorio del Trinity? Saiminiu aveva un brutto presentimento, ma il ghepardo lo incitò a proseguire e alla fine il professore cedette.

Finalmente il cunicolo arrivò al tronco cavo che dava sul bosco, ma il felino non si fermò: continuò la sua corsa, sempre seguito dal professor Saiminiu.

Quando Edmund vide la figura argentea del suo Patronus guizzare velocemente fra gli alberi, ringraziò il cielo. «Mairead, siamo salvi!» sussurrò all'amica, accennando al suo ghepardo.

L'animale arrivò fino a lui, appoggiò la testa sulle sue gambe e con un pigro roar scomparve.

«Burke, Boenisolius?» esclamò Saiminiu quando riconobbe i due studenti.

«Professore!» rispose Mairead, incredibilmente sollevata.

L'insegnante sembrava assolutamente scioccato: che ci facevano quei due fuori dal territorio del Trinity in piena notte in compagnia di un Patronus?

«Che succede?»

I due ragazzi cominciarono a parlare in contemporanea e in modo concitato, tanto che Saiminiu non capì una parola della spiegazione. Stava per chiedere chiarimenti, quando una risata che conosceva fin troppo bene lo strappò dalla realtà trasportandolo lontano nel tempo e nello spazio. Non era possibile, quella voce, quel riso. Eppure...

Saiminiu si voltò per trovarsi difronte una donna mora, con una lunga veste nera: all'altezza del gomito sinistro la manica era chiusa da un nodo. Le gambe, anche se erano nascoste dalla gonna, si intuiva che fossero irrimediabilmente storte. Erano passati anni, ma non poteva trattarsi di nessun altro. I due si fissarono a lungo, Saiminiu scioccato e corrucciato insieme, Priscilla evidentemente divertita da quella situazione assurda.

«Tu... non è possibile» fu l'unica cosa che riuscì a dire il professor Saiminiu, con voce flebile.

Priscilla scoppiò a ridere come un'indemoniata. «Septimius! Chi non muore si rivede.»

Saiminiu indietreggiò di un passo, atterrito. «Ma tu... tu eri morta!» sussurrò scuotendo la testa.

«E invece eccomi qui!» esclamò Priscilla di rimando, come se si trattasse di una patetica commedia teatrale. Saiminiu non sembrava capacitarsi della cosa.

Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale Mairead e Edmund osservarono prima il professore poi Priscilla: che stava succedendo? Perché l'insegnante sembrava conoscere quella pazza?

«Com'è possibile?» chiese infine il mago.

Priscilla fece schioccare le dita davanti al naso di Saiminiu. «Sveglia, Septimius! Sono scappata quando ho capito che stavi dalla loro parte» gli rispose sarcastica la donna.

Saiminiu arretrò ancora. «Quindi lui... non ti aveva ucciso! Ma io... non capisco. Perché, perché sei sparita per tutto questo tempo?»

Il sorriso derisorio sparì improvvisamente dalle labbra di Priscilla, sostituito da una smorfia dolente. «Mi avevi tradito, Sep. Stavi con loro» rispose con una nota amara nella voce.

Saiminiu questa volta fece un passo in avanti, verso la donna. Aveva sul volto un'espressione compassionevole e addolorata insieme. «Io... no, Priscilla, non ti avrei mai tradito».

«Non è vero!» strillò Priscilla, in preda al furore. «È stato lui, il tuo amico... quel Reammon!»

«Che c'entra ora mio padre? Cosa vuoi da lui?» intervenne Mairead furente, stanca di quella pantomima inconcludente.

Priscilla allora si voltò verso di lei, di nuovo sarcastica. «Da lui niente: io voglio te» rispose ridendo. «Una figlia per un fratello: mi sembra uno scambio equo» concluse e poi le puntò la bacchetta al petto.

Nel medesimo istante in cui Priscilla sollevò la bacchetta, Edmund si frappose tra lei e Mairead e sollevò la sua, pronto al duello.

«Abbassate le bacchette, tutti e due!» esclamò il professor Saiminiu, nel tentativo di riportare la calma. Ma nessuno sembrava intenzionato ad ascoltarlo.

«No! Lei vuole uccidere Mairead!» rispose Edmund con foga.

Priscilla scoppiò nuovamente a ridere. «Non fare lo stupido, ragazzino, non puoi metterti contro di me» disse beffarda, rivolta a Edmund. Ma nel vedere lo sguardo scintillante di selvaggia malvagità di quel ragazzo, Priscilla ebbe un attimo di incertezza.

«Non sai di che sono capace» rispose Edmund con un mezzo sorriso.

E, chissà perché, Priscilla preferì non scoprirlo.

«Abbassate le bacchette!» ripeté il professor Saiminiu, alzando le braccia per frapporsi tra i due, con la spiacevole sensazione di rivivere qualcosa che era già accaduto.

Infatti, proprio in quel momento Priscilla sorrise e si rivolse verso di lui. «Guarda, Sep, non ti ricorda qualcosa questa scena? Una notte di tanti anni fa... chissà che morirà sta volta...»

«Non morirà nessuno questa notte! Scilla, uccidere Mairead non riporterà indietro il tempo: quello che è stato è stato!» rispose Saiminiu, scuotendo la testa con forza.

Priscilla si imbestialì di nuovo. «No, Sep! Io mi devo vendicare! Suo padre mi ha strappato l'unica persona che credeva in me, mi ha strappato mio fratello!»

Cosa stava insinuando quella strega su suo padre? Che aveva ucciso qualcuno? Era assurdo!

L'espressione di Saiminiu si fece dolorosa. «Non è vero...» sussurrò con un sospiro abbattuto. «Tuo fratello ti ha sempre voluto bene, ti ha sempre perdonato, ma tu sei scappata perché avevi paura del suo giudizio».

Improvvisamente Priscilla abbassò la bacchetta e osservò Saiminiu come se lo vedesse solo ora per la prima volta. «Davvero l'avrebbe fatto? Davvero mi avrebbe perdonata dopo che avevo ucciso il piccolo Weasley?» sussurrò flebilmente.

Quelle parole provocarono la reazione di Mairead: prima Priscilla insinuava che suo padre era un assassino, ora tirava in ballo anche la famiglia di sua madre?

«Weasley?» strillò con foga. «Chi sei, che cosa hai fatto? Che centra ora mia madre?»

«Tua madre?» le fece eco Priscilla, scioccata. E poi improvvisamente realizzò. «Oh, Mary Weasley è tua madre?» domandò ridacchiando divertita da quella coincidenza.

Mairead digrignò i denti. «Era. È morta».

Priscilla parve piacevolmente colpita dalla notizia. «Oh, crudele destino quello dei fratelli Weasley. Sai, non fosse stato per loro io non sarei stata costretta a fuggire per anni, a vivere da profuga. Temo proprio che tu sia la vittima prescelta per essere punita».

A quelle parole, lanciò un incantesimo con tale rapidità che Mairead non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene. Ma Edmund fu più veloce di quando Priscilla si sarebbe mai aspettata.

«Protego!» strillò e la maledizione si infranse contro lo scudo che Edmund aveva evocato.

«Fermi! Basta!» gridò il professor Saiminiu, ma i duellanti non gli diedero retta. Certo, Edmund non era sufficientemente esperto da riuscire a ferire Priscilla, ma era agile e veloce, parava con destrezza le sue magie e ogni tanto riusciva perfino a lanciare qualche Schiantesimo.

Mairead aveva il cuore in gola, terrorizzata: avrebbe voluto scagliarsi contro quella pazza, ma non poteva fare altro che restare lì a guardarla sparare magie oscure contro il suo amico. «Ed!» strillò quando una maledizione lo mancò per un soffio.

Priscilla scoppiò a ridere. «Sei bravo, ragazzino, te lo concedo. Ma morirai: non puoi battermi».

«Lui no, ma io sì».

Il professor Saiminiu aveva alzato la bacchetta contro Priscilla con determinazione: finalmente aveva deciso da che parte stare.

«Tu?» domandò la donna, in tono indecifrabile.

«Non resterò qui impotente a guardare la storia che si ripete di nuovo. Non ti lascerò torcere nemmeno un capello a questi ragazzi. Sono i miei studenti» gli disse, fissandola dritta negli occhi.

Priscilla lo squadrò per alcuni secondi, poi abbassò la bacchetta. «Hai sbagliato di nuovo la parte da cui stare» commentò con amarezza. E poi si smaterializzò.

«Professore... chi diavolo era quella pazza?» boccheggiò Edmund, ansimando per la fatica del duello.

Saiminiu rimase a fissare il punto dove la donna era scomparsa. Infine sussurrò: «Lei è mia sorella gemella».





Eccoci, un altro emozionante (spero!) capitolo! Prometto e giuro che nel prossimo vi saranno date tutte le spiegazioni su Saiminiu, Priscilla, Reammon, Reg e gli Extraiures! Spero che l'entrata in scena di Septimius Saiminiu vi sia piaciuta, comunque!

In questo capitolo c'è anche l'immagine: è molto ganza perché farà coppia con quella del capitolo 20. Sono, ovviamente, Priscilla, Saiminiu, Ed e Mairead nel bosco.

A presto!




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** La bambina mai nata ***


CAPITOLO 19

La bambina mai nata






Edmund e Mairead condussero il professor Saiminiu alla roccia dove avevano lasciato Laughlin, che era ancora svenuto, beatamente ignaro di quello che era successo. L'insegnante fece apparire una barella e ci adagiò sopra il corpo inerte di Laughlin, poi tutti assieme si diressero verso il passaggio segreto che li avrebbe riportati dentro il territorio della scuola.

Durante il tragitto, nessuno disse una sola parola: erano tutti persi nei propri pensieri, immersi nel rivivere quello che era appena successo. Mairead non sapeva più che pensare, non riusciva a raccapezzarsi in quel groviglio di eventi. Reg, Priscilla, suo padre, il professor Saiminiu... come potevano essere legate tra loro tutte quelle persone? Che cosa diavolo era successo tanti anni fa in quello stesso bosco?

Arrivati nel salone d'ingresso del castello, il professore ordinò a Edmund di accompagnare Laughlin in infermeria.

«E io, signore?» domandò titubante Mairead, quando le sagome dei suoi amici erano sparite su per le scale.

L'insegnante evitò di incrociare il suo sguardo. «Tu vieni con me dal professor Captatio. Ci sono alcune cose che devi sapere».

Come, per esempio, il motivo per cui sua sorella mi voleva uccidere?” pensò Mairead, ma non ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce. Si limitò a fare un segno di assenso con il capo e i due si diressero in silenzio verso lo studio del preside.

Captatio li accolse in camicia da notte e berretto, senza preoccuparsi troppo delle pantofole a forma di draghetto. «Che succede, Septimius?» domandò con calore, come se non ci fosse nulla di male nel fatto che un suo insegnante si presentasse da lui in piena notte con una faccia da funerale.

Saiminiu sembrava non riuscire a trovare le parole, ma alla fine sussurrò: «Priscilla è ancora viva».

Captatio annuì con gravità. I suoi occhi azzurri guizzarono dal professore a Mairead e probabilmente intuì ciò che dovevo essere successo quella sera. «L'avevo sempre sospettato» commentò, fissando Saiminiu dritto negli occhi. «Reammon non avrebbe mai potuto ucciderla: era più facile che lei fosse scappata».

Mairead fece scorrere lo sguardo da Saiminiu a Captatio e poi viceversa. Qualcuno voleva degnarsi di spiegarle cosa stava succedendo?

Il Preside sembrò accorgersi della preoccupazione di Mairead, perché si voltò verso di lei e le sorrise. «Credo che Mairead abbia il diritto di sapere di cosa stiamo parlando» disse con serenità. «Vi lascio soli, se vi serve...» cominciò, voltandosi impercettibilmente verso una bacinella intarsiata, adagiata sopra un tavolino, che la ragazzina intuì essere un Pensatoio.

Captatio non concluse la frase e fece per uscire dallo studio, quando Mairead lo fermò. «Lei dove va?» chiese con un filo di apprensione.

Captatio sorrise bonario. «A scrivere una lettera: c'è qualcun altro che merita di essere informato sugli ultimi sviluppi». E con un occhiolino se ne uscì dall'ufficio, ancora in pantofole e camicia da notte.

Nella stanza scese il silenzio. Saiminiu si fissava le mani abbattuto, come se fosse incapace di trovare le parole per cominciare. Mairead moriva dalla voglia di sapere cosa fosse successo, ma rispettò il silenzio del professore. Dopo alcuni attimi interminabili di silenzio, l'uomo cominciò a raccontare: «Il mio nome completo è Septimius Mes Gergra Saiminiu di Sir Eriu Luachra. Sono un Nobile Purosangue, così come mia sorella, Priscilla. Ma per mio padre, Sextans Saiminiu, avere una figlia storpia era un disonore così, quando nascemmo quel freddo gennaio del '55, finse di aver avuto solo un maschio e nascose l'esistenza di Priscilla a tutta la comunità magica. Come se non fosse mai nata».

La sua voce si affievolì, finché non si spense. Doveva essere doloroso per lui ricordare quei momenti del suo passato. Forse, se Sextans Saiminiu non fosse stato un nobile orgoglioso, quella storia non sarebbe mai accaduta: Priscilla sarebbe cresciuta normalmente come una qualsiasi altra bambina, invece di restare nascosta al mondo.

Dopo una breve pausa, Saiminiu riprese: «La vita a villa Saiminiu era sempre piuttosto tesa: mia sorella non esisteva praticamente per nessuno, all'infuori di me, i miei genitori e lo zio cardinale. La scusa ufficiale con cui la segregavano in casa era che fosse debole di salute e all'inizio ci credevamo, ma crescendo ci rendevamo sempre più conto di cosa stesse realmente accadendo: lei non doveva essere vista da nessuno. Il problema arrivò con la scuola. I miei genitori non potevano certo mandarla al Trinity, rivelando al mondo che avevano tenuto nascosto la loro figlia storpia per più di dieci anni. Ma Priscilla non poteva nemmeno restare a casa, altrimenti il Dipartimento per l'Istruzione Magica avrebbe mandato delle ispezioni, svelando così il segreto gelosamente custodito per tutti quegli anni. Fu mio zio Antilius, il cardinale, a proporre di mandarla a Hogwarts: lì nessuno ci conosceva, nessuno avrebbe collegato l'esistenza di Priscilla con la famiglia Saiminiu di Mes Gergra».

Il professore fece un'altra pausa, forse per riprendere fiato, forse per raccapezzare le idee. Mairead era disgustata dall'eccesso a cui si poteva arrivare per orgoglio e vanità. Quasi Priscilla le faceva pena, ora che conosceva la sua storia.

«Così, all'età di undici anni, mentre io restavo a casa, mia sorella cominciò a frequentare Hogwarts». Un debole sorriso illuminò il volto cupo di Saiminiu. «Là lei era felice per la prima volta in vita sua: poteva fare quello che voleva, conoscere finalmente tanti coetanei, essere una persona quasi normale, al di là del suo handicap. Mi scriveva tante lettere così piene di gioia e di vita, aveva perfino degli amici. Si legò in special modo ad una persona. Riesci ad indovinare chi?»

Mairead scosse lentamente la testa, ma aveva come uno strano presentimento.

Saiminiu fece un sorriso dolente. «Tua madre, Mary Weasley» rivelò il professore e Mairead ebbe un tuffo al cuore.

Lentamente tutti i tasselli di quella storia assurda stavano cominciando a prendere posto. Ma c'erano ancora troppe domande, troppi interrogativi. Chi era Reg e cosa centrava suo padre?

Saiminiu riprese a raccontare: «Mary era una ragazzina solare, aperta, non le importava che Priscilla fosse storpia. Finalmente mia sorella aveva trovato un posto in cui era felice, ma quando tornava a casa per le vacanze, ripiombava nel baratro dell'indifferenza. Io nel frattempo avevo cominciato il Trinity. Ero finito tra i Nagard, come ci si aspettava da un Saiminiu, ero uno studente modello, diligente, ligio alle regole. Questo faceva di me un bambino non molto amato dai compagni e non avevo nessun amico. Ma c'era un ragazzino, un Raloi, che invece continuava a rivolgermi la parola».

Mairead realizzò improvvisamente di chi si trattasse. «Mio padre...» sussurrò.

Saiminiu fece un breve sorriso, al dolce ricordo di quell'amicizia. «Esatto. Reammon. Lui era così...» Saiminiu si interruppe, come se non riuscisse a trovare l'aggettivo adatto.

«...pazzo» concluse Mairead con un sorriso.

Saiminiu ridacchiò. «Sì, era proprio pazzo. Non rispettava mai le regole, leggeva certi libri che sarebbero stati indigesti anche ad un appassionato di storia e poi andava in giro per il parco a raccogliere paccottiglia per la sua collezione; solo lui aveva il coraggio di definirli...»

«... reperti archeologici!» sogghignò Mairead, divertita dal fatto che il padre non fosse cambiato per nulla da quando era un ragazzino.

«Già» sospirò Saiminiu, con un sorriso nostalgico. «Alla fine diventammo amici. Eravamo una coppia strana: lui così fuori dagli schemi, io così rigido e ligio ai miei doveri. E poi eravamo un Raloi e un Nagard: allora era impensabile un'amicizia tra ragazzi di due case rivali. Eppure eravamo inseparabili. Decidemmo di darci un nome».

«Gli Extraiures» realizzò Mairead, finalmente consapevole del vero significato della parola: fuorilegge, fuori dalle regole, fuori dagli schemi. Il Nagard e il Raloi.

Saiminiu annuì. «Proprio quello. Gli Extraiures. Niente a che vedere con una setta sangiunista filo-EIF, come si è pensato quando è apparsa quella scritta a Doolin. Ho controllato perfino il nostro vecchio covo qui a scuola: non ci aveva più messo piede nessuno dall'ultima volta che ci ero stato».

Saiminiu certo non poteva sapere che dopo di lui anche tre giovani studenti avevano visto quel posto, né che le minacce sul muro di Doolin erano state scritte da sua sorella con l'unico scopo di incuriosire Mairead e costringerla a trovare il covo.

Il professore osservò il cielo fuori dalla finestra dello studio. Fece qualche secondo di pausa poi riprese con maggiore amarezza: «Crescendo, tra tua madre e Priscilla ci furono dei contrasti. Mary divenne una bella ragazza, una campionessa di Quidditch, osannata dalla sua squadra, e questo forse la rese un po' piena di sé. Priscilla, al contrario, restava l'amica storpia, ogni anno sempre più incupita dalla difficile situazione che viveva a casa. Si allontanarono sempre di più, finché non cominciarono ad odiarsi. Io credo che mia sorella fosse gelosa di lei, di quello che era diventata, mentre Mary cominciava a mal sopportare i musi lunghi e l'amarezza dello sguardo della vecchia amica. Inoltre erano di due case rivali e il loro legame era sempre stato ostacolato. Lasciata tua madre, Priscilla cominciò a frequentare cattive compagnie, dei giovani Serpeverde sostenitori di Tu-sai-chi. A loro non importava che fosse storpia, bastava che scagliasse maledizioni contro i Nati Babbani ed era dentro».

Saiminiu si interruppe, tanto doloroso era quel ricordo.

Mairead riusciva quasi a vedere le persone che avevano popolato quella storia: i due gemellini Saiminiu, il vecchio padre orgoglioso, le giovani Mary e Priscilla, suo padre tra i Raloi e poi il cambiamento di Priscilla che l'aveva portata ad unirsi al gruppo di giovani Mangiamorte, mentre la vecchia amica diventava una campionessa di Quidditch.

«Tua madre aveva un fratello» riprese Saiminiu, con lentezza. «Reginald Weasley».

«Reg...» sussurrò Mairead, portandosi le mani alla bocca.

Il ragazzino sorridente della foto, con i capelli rossi e le lentiggini, appassionato di Quidditch... era suo zio?

«Lui era al primo anno quando noi eravamo all'ultimo. Ci fu un incidente» cominciò a spiegare Saiminiu.

Uno spiacevole senso di oppressione si impadronì di Mairead: un presagio, come se sapesse già come sarebbe andata a finire quella storia.

«Il gruppo di Serpeverde stava facendo degli scherzi ai primini, Reginald reagì... fu colpito da un incantesimo e...» la voce gli morì in gola, ma non ci fu bisogno di continuare: Mairead aveva capito che cosa era successo al coraggioso ragazzino.

Raccontare quella parte si rivelò un ostacolo quasi insormontabile: Saiminiu non riusciva a trovare le parole. «L'incantesimo... quello che uccise il piccolo Weasley, era partito dalla bacchetta di Priscilla. Lei, terrorizzata, fuggì da Hogwarts e...» il professore si interruppe di nuovo. «Questo forse è meglio se te lo mostro».

A quelle parole si puntò la bacchetta alla tempia e un filo argentato cominciò a fluire verso il pensatoio. Un volto sbiadito di una ragazza mora fluttuò per qualche secondo sulla superficie, per poi sparire inghiottito da un vortice di immagini scure e confuse.

Saiminiu le fece un cenno con il capo, per incitarla a tuffarsi nel ricordo. «Scusa se non ti accompagno, ma non ce la faccio a...»

«Certo, professore» annuì Mairead, facendo qualche passo verso il pensatoio.

Con un ultimo sospiro, immerse il volto nel liquido argenteo e si lasciò avvinghiare dall'oscurità.




Oddio! Mi sono accorta solo ora che non si era aggiornata la pagina! O.O

Io giuro, giuro che mercoledì pomeriggio, alle 7 di sera, dopo una giornata traumatizzante all'università e la traversata della città sotto una tormenta di neve avevo aggiornato con il capitolo nuovo! Stupidi computer! Scusatemi davvero tanto... per rimediare, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Almeno vi avevo promesso che in questo capitolo avrei svelato tutto, siete felici?

Questa è l'immagine del capitolo: giusto per vantarmi un po', vi dico che mi piace un sacco come è venuta! Rappresenta Seprimius Saiminiu mentre racconta: sullo sfondo, in senso orario, ci sono i due gemelli Priscilla e Septimius,con il bastone di lei e la bacchetta di lui, le lettere di Priscilla, il padre Sextans Saiminiu, lo scudo di famiglia (che, se vi ricordate, è lo stesso appeso nel covo degli Extraiures), Priscilla e Mary a Hogwarst, il giovane Reammon con la divisa dei Raloi e infine Mary campionessa di Quidditch con il Marchio Nero sullo sfondo, segno dell'unione di Priscilla ai Mangiamorte.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! A presto, con il prossimo e ultimo capitolo di questa storia, pubblicato domani, a questo punto... seguirà l'epilogo mercoledì 8 dicembre.

Beatrix




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Tuffo nel passato ***


CAPITOLO 20

Tuffo nel passato






Riconobbe immediatamente la stanza che si delineò sotto i suoi occhi: era la Sala Mor di quasi vent'anni prima. Fuori dalle finestre si vedeva il cielo stellato di quella tiepida serata di maggio. Ai tavoli delle case erano rimasti ben pochi studenti che consumavano gli ultimi residui della cena, ma Mairead non fece fatica a distinguere il giovane Saiminiu. Nei tratti del Nagard era perfettamente riconoscibile il professore, il suo volto spigoloso, il naso adunco, i capelli neri leggermente lunghi e gli occhiali squadrati. Le ritornò improvvisamente alla mente la vecchia fotografia bruciacchiata che avevano trovato nel covo degli Extraiures. Ora quello studente del passato aveva un nome: Septimius Saiminiu.

Il Saiminiu del ricordo aveva tra le mani una lettera e mentre la leggeva un sorriso indefinibile si dipingeva sulle sue labbra sottili.

«Chi ti scrive?» domandò una voce alle spalle di Mairead.

La ragazza si voltò e lo riconobbe subito: una sgargiante divisa verde, capelli spettinati e aria svampita. Quello era suo padre a diciotto anni. «Papà» sussurrò allungando una mano verso di lui, anche se era conscia che lui non poteva né vederla né sentirla.

«Nessuno di importante» rispose Saiminiu, ficcandosi la lettera in tasca.

Reammon non indagò oltre: forse non era interessato o forse rispettava la privacy del suo amico. Nessuno aveva fatto una piega quando un Raloi si era avvicinato al tavolo dei Nagard: ormai, dopo sei anni, i compagni dovevano essersi abituati alle stranezze di quella coppia così mal assortita.

«Facciamo una partita a scacchi?» chiese invece Reammon.

Saiminiu si alzò da tavola con il piatto ancora mezzo pieno. «No, Mon, questa sera sono stanco e poi voglio studiare quel nuovo argomento di Incantesimi per la D.I.M.I.S.S.I.O.» rispose svogliato, uscendo dalla Sala Mor.

Mairead si affrettò a seguirli. «E dai, Sep! Possiamo ripassare insieme domani. È presto e fa ancora bel tempo, non ho voglia di chiudermi in sala comune» protestò Reammon, tirando l'amico per un braccio.

«Esci con la Cumhacht, io davvero non ne ho voglia» rispose Saiminiu, dirigendosi verso la sala comune dei Nagard.

Cumhacht. Ma certo, Mairead si ricordava che Captatio le aveva raccontato della storia tra suo padre e la sorella di Cumahcht. In quel periodo dovevano stare insieme. Mairead lanciò un ultimo sguardo a suo padre, fermo in ingresso con l'aria svogliata, poi fu costretta a seguire Saiminiu.

Ma il ragazzo, invece di raggiungere la sala comune, si intrufolò in un'aula vuota e lì rimase ad aspettare in silenzio per parecchi minuti. Nel frattempo rilesse la lettera che aveva in tasca. Mairead sbirciò il foglio ma rimase delusa. Vi erano scritte poche parole, con quella stessa calligrafia che aveva imparato a riconoscere in quei mesi di corrispondenza: “Sto venendo da te, stanotte. Mi serve il tuo aiuto, ti prego.

La lettera era firmata Scilla.

Dopo la lunga attesa, Saiminiu corse fuori dal castello, verso il passaggio segreto sotto il ponte, lo stesso che i ragazzi avevano utilizzato quella notte per raggiungere Priscilla. Sembrava che la storia si stesse ripetendo. Mairead seguì il professore lungo il tortuoso cunicolo, e poi nel bosco, fuori dal territorio del Trinity.

E finalmente la trovarono: una ragazza mora, con la divisa di Hogwarst, appoggiata ad un bastone con l'aria distrutta.

«Scilla!» esclamò Saiminiu, correndo ad abbracciare la sorella. «Che è successo?» le chiese in tono preoccupato.

La ragazza fece una smorfia, ma non rispose alla domanda. «Che aiuto ti serve?» chiese allora Saiminiu.

Mairead notò come il professore fosse premuroso e dolce nei confronti della gemella. Forse si sentiva colpevole del diverso trattamento che era stato riservato loro dai genitori.

«Mi devi aiutare a scappare» rispose Priscilla con determinazione.

Ma Saiminiu non riuscì a rispondere, perché qualcun altro intervenne a disturbare il quadretto familiare.

«Sep, chi è questa ragazza?» esclamò la voce di Reammon, cogliendoli tutti di sorpresa. Doveva aver visto che Saiminiu non era andato alla sala comune dei Nagard e aveva deciso di pedinarlo.

Mairead si voltò verso il padre e lesse nei suoi occhi un brillio di incredulità. Il suo migliore amico gli aveva mentito, era scappato dal Trinity e ora stava in compagnia di una ragazza alquanto inquietante, con quella che sembrava una divisa scolastica britannica. Che stava succedendo?

Ormai era impossibile nascondere la verità o mentire sull'identità di Priscilla. Saiminiu sembrava credere che l'amico non l'avrebbe mai tradito e che di lui avrebbe potuto fidarsi. Prese un profondo respiro, prima di parlare, poi disse: «Questa è mia sorella Priscilla».

Reammon indietreggiò di un passo. «Tu non hai nessuna sorella» puntualizzò, come se l'amico avesse dato fuori di matto. Anzi, Reammon aveva proprio l'impressione che Saiminiu fosse stato stregato dalla giovane donna, forse per l'aria inquietante che emanava.

Saiminiu invece sorrise. «E invece sì: Priscilla è la mia gemella. Ha frequentato Hogwarts».

La ragazza, che era ammutolita all'apparizione di Reammon, afferrò il fratello per un braccio e fece per trascinarlo via. «Andiamocene, Septimius» disse, squadrando con occhio critico Reammon.

«No, tranquilla, Mon è un amico» rispose Saiminiu, liberandosi delicatamente dalla presa della sorella. «Ci aiuterà, non è vero Mon?»

Reammon sgranò gli occhi e non rispose subito: non sapeva che pensare di tutta quella storia, della comparsa di una sorella perduta e di tutto quel mistero senza capo né coda. Ma Septimius era suo amico, il suo migliore amico. «Certo» sussurrò infine, convinto che si sarebbe pentito di quella risposta.

Improvvisamente qualcuno si materializzò alle spalle di Reammon, qualcuno che ancora prima di arrivare aveva già cominciato a lanciare Schiantesimi in ogni direzione.

«Che cosa diavolo...?» esclamò Reammon, proteggendosi con un sortilegio scudo. Era apparsa una ragazza dai lunghi capelli rossi, con indosso la stessa divisa scolastica di Priscilla e la bacchetta levata davanti a sé. Ma la prima cosa che si notava di lei era lo sguardo disperato, gli occhi arrossati di qualcuno che aveva pianto troppo a lungo, il volto straziato da un dolore insostenibile.

«Mamma...» sussurrò Mairead allungando le sue dita verso la figura impalpabile della giovane ragazza dai capelli rossi, pur sapendo di non poterla toccare. Doveva essere appena morto Reg: lo si leggeva nella disperazione che la spingeva ad agire.

«Weasley? Che ci fai qui?» domandò Priscilla, scioccata da quell'apparizione improvvisa.

«Hai ucciso mio fratello!» strillò Mary, con la voce roca e ingozzata per il troppo pianto.

Reammon e Saiminiu osservarono le due ragazze incapaci di capire che cosa fosse successo.

Priscilla non negò l'accusa. «È stato un incidente» rispose scuotendo il capo.

Mairead avrebbe voluto scagliarsi contro di lei, ma sapeva che era solo un flebile ricordo.

Il tono di Mary si fece sarcastico, forse per il troppo dolore che non riusciva a trovare altro modo di esprimersi. «Ah, sì? E allora perché sei scappata da Hogwarts? Perché sei fuggita?»

«Ti ho detto che è stato un incidente!» ripeté Priscilla con foga, frustrata e forse troppo orgogliosa per ammettere di essersi pentita di quello che aveva fatto.

«La Black mi ha raccontato un'altra cosa: tu e i tuoi amichetti Mangiamorte stavate facendo qualche scherzo idiota ai primini e mio fratello si è ribellato. Così l'avete ucciso, non è vero?» riprese Mary, sempre in tono sarcastico. Ma poi il dolore le scoppiò nel petto e la ragazza strillo: «Tu l'hai ucciso!»

Mairead ebbe un piccolo singhiozzo e gli occhi le si inumidirono. Ancora una volta si ritrovò a sussurrare il nome della madre: avrebbe voluto abbracciarla, consolarla, sostenerla in quel momento, ma non poteva.

Saiminiu era pietrificato dallo shock. Sua sorella aveva ucciso qualcuno?

«Scilla, che cosa...?» sussurrò incapace di realizzare quello che stava accadendo intorno al lui.

Ancora una volta Priscilla non poté negare. «È stato un incidente» ripeté per la terza volta. «Nessuno voleva che finisse così! Dovevamo solo spaventarlo!»

Le parole le erano uscite con violenza, le aveva quasi urlate, ma subito si pentì di quella confessione. Ormai l'aveva ammesso, anche difronte a suo fratello. Aveva ammesso di aver ucciso il piccolo Reg Weasley.

«L'hai ucciso davvero? Tu... hai ucciso un ragazzino?» chiese Saiminiu in un sussurro. Non poteva crederci, non voleva crederci. Sua sorella non era un'assassina.

Ma Priscilla abbassò gli occhi a terra. «Io... non... volevo...» la voce le morì in gola e le ultime parole furono poco più di un fruscio di foglie.

«Io credo che dovremmo andare tutti dal professor Captatio» proruppe Reammon in tono autoritario.

Mairead si voltò verso suo padre: si era completamente dimenticata della sua presenza, ma per una volta apprezzò il suo inaspettato buonsenso. Andare tutti quanti da Captatio era davvero la cosa più logica. Era la cosa che avrebbe dovuto fare anche lei, invece di sgattaiolare fuori dal Trinity per inseguire un fantasma dei suoi ricordi.

Alle parole di Reammon, anche Saiminiu parve riscuotersi. «Sì, Mon ha ragione. Qui è... andiamo da Captatio» farfugliò ancora confuso, ma abbastanza certo che quella fosse l'idea migliore.

Ma non lo era per Priscilla. «No, Sep! Mi spediranno ad Azkaban!» strillò con ritrovato vigore. Era terrorizzata. Forse si era davvero trattato di un incidente e lei certo non avrebbe voluto che finisse così.

«È ciò che ti meriti per aver assassinato mio fratello! Non scapperai di nuovo, Saiminiu!» gridò invece Mary, puntandole contro la sua bacchetta.

«No! Septimius!» rispose Priscilla, lanciando sguardi disperati al fratello. «Ero venuta fin qui per cercare il tuo aiuto! Credevo di potermi fidare di te... dovevi aiutarmi a fuggire!» protestò con la voce acuta.

Ancora una volta fu Reammon ad intervenire con decisione e coraggio. «Tu non te ne vai da nessuna parte. Ora andiamo tutti dal Preside».

«No!» strillò Priscilla, sollevando a sua volta la bacchetta.

Ma Reammon si frappose tra lei e Mary, con il braccio teso davanti a sé, pronto a proteggere se stesso e la giovane ragazza inglese.

Saiminiu parve impazzire. «Reammon non puntare la bacchetta contro mia sorella!» esclamò, scioccato e incapace di realizzare ciò che accadeva intorno a lui. Era in mezzo ai due contendenti, il suo migliore amico da una parte e sua sorella dall'altra. Aveva le mani alzate verso entrambi, come per chiedere una tregua. E, dietro Reammon, Mary si stringeva il petto come se non riuscisse a sopportare tutto quel dolore.

La stessa scena che si era svolta nel bosco poche ore prima. La stessa identica scena. Solo che quella volta i protagonisti erano cambiati.

«Gran bell'amico che hai, Sep. Si è schierato con la Weasley!» esclamò sarcastica Priscilla: sembrava che l'eccitante prospettiva di un duello avesse risvegliato le sue facoltà.

«Lei almeno non è un assassina!» rispose di rimando Reammon. E finalmente si mostrò per il Raloi che era: puntò la sua bacchetta contro la ragazza e la squadrò con coraggio.

«Reammon! Abbassa quella bacchetta!» esclamò esasperato Saiminiu. Era vero, sua sorella aveva confessato di aver ucciso il piccolo Weasley, ma lui non poteva permettere che i due si affrontassero in duello. Non poteva.

«Oh, Sep, perché non dici anche a tua sorella di non puntarmi la bacchetta contro?» rispose invece Reammon, con sarcasmo marcato.

Saiminiu sembrava sul punto di strapparsi tutti i capelli dalla testa: una sola scintilla avrebbe potuto far scoppiare un pandemonio. «Giù le bacchette, tutti e due!» strillò, nel tentativo di riportare ordine. «Ora si va dal preside!» continuò con voce più sommessa.

Fu la scintilla.

«Nooo! Traditore!» gridò sua sorella, come un animale ferito.

Per quanto Mairead la odiasse per quello che aveva fatto, non poté evitare di provare un po' di pena per lei: Saiminiu aveva scelto di stare dalla parte di Reammon e Mary, aveva preferito portarla dal preside, come un'assassina qualunque. L'aveva tradita, lui, l'unico che fosse mai stato dalla sua parte.

E scoppiò il finimondo: incantesimi che volavano dappertutto, Reammon e Priscilla che si affrontavano senza risparmiare i colpi, Saiminiu che strillava.

Il caos.

Mairead si riparò dietro un albero, ben consapevole che non poteva essere colpita, ma lo stesso spaventata da quel folle duello.

Proprio in quel momento sentì la presa salda di qualcuno che la strappava via da quel ricordo e si ritrovò nuovamente nell'ufficio di Captatio. Barcollò appena, ma riuscì a stare in piedi.

Il volto di Saiminiu era una maschera d'angoscia. Con un debole colpo di bacchetta, riportò il ricordo argenteo dentro la sua testa, lasciando il pensatoio del preside limpido e cristallino.

Mairead prese un profondo respiro, cercando di interiorizzare quanto aveva appena visto. Ma non era finita, doveva sapere ancora delle cose. «Poi che successe, professore?» chiese con un sussurro.

Saiminiu distolse gli occhi e prese a fissare l'orizzonte fuori dalla finestra. «Tuo padre e mia sorella si affrontarono, finché una maledizione di Reammon non la colpì in pieno petto e lei... scomparve. Io accusai tuo padre di averla uccisa: credevo che...» la sua voce si spense; dopo qualche secondo di pausa riprese con maggiore decisione: «Credevo che l'avesse ammazzata, invece probabilmente lei si era solo smaterializzata. Aveva capito che anche se avesse vinto il duello, io non l'avrei aiutata a fuggire come sperava, quindi aveva deciso di andarsene. Solo che... sembrava che fosse morta».

Saiminiu fece un'altra pausa, forse perché rievocare quella notte era troppo doloroso. Ma alla fine si voltò verso Mairead e continuò: «Fu la fine degli Extraiures. Quella stessa sera andammo da Captatio e gli raccontammo quello che era successo, ma nulla poteva sanare la frattura che si era creata fra noi. Io ero convinto che Reammon avesse assassinato mia sorella: anche se lei aveva ucciso il piccolo Reg Weasley, non si meritava di fare quella fine. Distrussi il nostro covo e non gli rivolsi mai più la parola. Non volevo sapere più niente di lui. Credo che Reammon andò al funerale di Reg, e poi cominciò a frequentare tua madre. Lo sentii qualche anno dopo, quando mi inviò una lunga lettera di scuse: voleva riallacciare i contatti e invitarmi al suo matrimonio con Mary. Mi chiedeva di essere il suo testimone» Saiminiu si bloccò, amareggiato. «Io nemmeno gli risposi» concluse.

Forse rimpiangeva di aver ignorato quella lettera. Forse gli mancava Reammon. Forse ora, alla luce di quello che era successo, capiva che era arrivato il momento di rappacificarsi con il suo migliore amico.

«Ma non fu... accusato di omicidio?» domandò Mairead con un filo di voce.

Negli occhi di Saiminiu comparve un velo di amarezza. «No. Mia sorella praticamente non esisteva. I miei genitori non avevano ammesso la sua nascita davanti al mondo magico, certo non avrebbero ammesso la sua morte» rispose in un sussurro.

«Ma Priscilla è viva» commentò Mairead, in tono speranzoso. Non aveva mai conosciuto un amico di suo padre e l'idea che fosse sempre così solo la preoccupava parecchio. Ma se il professor Saiminiu avesse accettato di riconciliarsi con lui... sembrava che fossero stati così legati al tempo in cui avevano frequentato il Trinity.

«Già, Priscilla è viva e non è più la ragazzina innocente con cui giocavo da bambino, costretta a restare segregata in casa tutta la vita» rispose Saiminiu con voce sommessa. Sembrava immensamente triste. «Devo rassegnarmi, non la riavrò indietro. È cambiata, la mia sorellina non esiste più. Io credo che quando scappò quella notte di venti anni fa, poi si unì a Tu-sai-chi».

Il professore stava facendo tutti quei pensieri amari ad alta voce, quasi come se si fosse dimenticato della presenza di Mairead. Doveva essere estremamente deluso da sua sorella, che si era nascosta da lui per venti lunghissimi anni, temendo il suo giudizio, sebbene lui non avesse mai smesso di amarla. Lui aveva distrutto la sua unica vera amicizia per lei, mentre lei aveva preferito scappare dalla verità, andare a nascondersi dietro al potere di Tu-sai-chi. Forse era tempo di risvegliarsi dal torpore in cui aveva vissuto in tutti quegli anni. E finalmente tornò a sorridere: si era quasi dimenticato come si faceva.

Si voltò verso Mairead e sussurrò: «Pensi che tuo padre potrebbe perdonarmi?»




Noooo! È ufficiale: io odio il mio computer! Questa volta, giuro che avevo controllato bene che fosse avvenuto l'aggiornamento, invece mi ha dato cilecca di nuovo! Mi dispiace tantissimo...

Comunque, eccomi qui (finalmente, direte voi!), con l'ultimo capitolo. Ormai tutti i misteri sono stati svelati. Il finale è appositamente aperto, ma non temete, mercoledì prossimo (se il pc non mi frega di nuovo!) pubblicherò l'epilogo e la domanda di Saiminiu otterrà risposta.

nb. La Black a cui si riferisce Mary è ovviamente Narcissa.

Nel frattempo, qui c'è l'immagine del capitolo: come avrete notato, è esattamente speculare a quella del capitolo 18, solo che questa volta i protagonisti sono i diciottenni fratelli Saiminiu, Reammon e Mary.

Ora, prima dell'epilogo, ho un sondaggio da proporvi: all'inizio di gennaio comincerò a pubblicare i due corollari. A voi la scelta di quale preferite che pubblichi prima!

  • Il coraggio di scegliere: riguarda il primo anno di scuola di Reg Weasley ed è dunque ambientato a Hogwarst; vedrà come protagonisti anche altri personaggi da me inventati (Mary Weasley e Priscilla Saiminiu) o rubati dalla saga canon (Regulus e Narcissa Black). Vi avverto... sarà una storia piuttosto triste, come potere immaginare!

  • Vita da fuorilegge: piccolo excursus sulle vite dei miei due fuorilegge, ovvero Septimus e Reammon, con questo schema: 3 capitoli ciascuno dedicati alla loro infanzia, altri 6 dedicati alla loro amicizia al Trinity fino allo scontro finale e 2 ciascuno per l'età adulta, fino al capitolo finale con la riconciliazione.

A voi la scelta! Fatemi sapere cosa preferite, e la maggioranza vincerà! Rispondete numerosi!

A presto




EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! Ah, le immagini dei vari capitoli sono già nelle note dell'autrice vecchie... guardatele da lì! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Epilogo ***


EPILOGO




Per fortuna Mairead, Edmund e Laughlin non avevano da pensare agli esami quell'anno, perché durante gli ultimi giorni di scuola, avevano tutti e tre la testa persa altrove. Laughlin passò alcuni giorni in infermeria, ma alla fine riuscì a rimettersi abbastanza alla svelta.

Quando Mairead raccontò ai suoi amici quello che le aveva detto il professor Saiminiu, quasi non ci credevano: era la storia più assurda che avessero mai sentito. Almeno, Edmund ebbe il buon gusto di non dire che lui aveva sospettato di Priscilla fin dall'inizio. Ci aveva visto giusto, come al solito, ma anche aver salvato la vita di tutti loro non sarebbe bastato a risparmiargli un bel cazzotto da parte di Mairead, se solo avesse osato far notare che aveva da sempre ragione.

L'ultimo giorno di scuola arrivò in un baleno. Con somma soddisfazione di Laughlin, furono i Nagard a conquistarsi l'Arpa Celtica.

Anche per quell'anno i tre amici ne avevano combinate di grosse, ma questa volta si trattava di una storia privata, quindi Captatio non poté rimproverarli durante il suo discorso al banchetto finale. Si limitò a lanciare numerose occhiatacce nella loro direzione, ma tutti e tre erano convinti che sotto i suoi enormi baffoni stesse ridendo.

Il viaggio in treno fu assolutamente tranquillo, ma la presenza di Dominique nello scompartimento impedì ai tre amici di commentare ciò che era successo durante quella fatidica sera.

A metà pomeriggio il treno abbandonò l'uggiosa campagna irlandese per penetrare in città, fino alla stazione di Dublino. I ragazzi presero i loro bagagli e si avviarono pensierosi verso la banchina.

Come al solito ad aspettarli c'era Reammon con la sua aria svampita e la famiglia Maleficium al completo, con tanto di esagitato Bearach che saltellava come un matto, trattenuto a stento dalla presa salda del padre.

«Bentornati, ragazzi. Passato bene quest'anno?» domandò cordiale il signor Maleficium.

I tre amici si scambiarono uno sguardo eloquente.

«Assolutamente sì, papà» rispose Laughlin con un sorriso.

Reammon lanciò un'occhiata di sbieco alla figlia: forse era l'unico che poteva sapere qualcosa di quello che era successo, ma ebbe il buon gusto di non commentare la faccenda in pubblico.

«Ciao, Ed! Ciao, Ed! Ehi, quest'estate c'è la coppa del mondo di Quidditch! Gioca anche l'Irlanda! Devi assolutamente venire, Ed!» esclamò esagitato Bearach.

Edmund fece un mezzo sorrisetto, senza specificare che non ci trovava nessun gusto nel vedere quattordici giocatori inseguire quattro palle a cavallo di scope da corsa.

Laughlin invece batté le mani, per una volta condividendo l'entusiasmo del fratellino. «Giusto, devi assolutamente venire. Papà riuscirà a trovare i biglietti almeno per una partita dell'Irlanda, vero?» chiese, con una faccina angelica rivolta verso il padre.

Eoin fece un mezzo sorrisetto. «Vedremo» rispose in tono sibillino.

Laughlin allora strizzò l'occhio a Edmund e gli sussurrò all'orecchio: «Questo è un sì».

I tre amici attraversarono insieme il passaggio verso la stazione di Dublino e poi si salutarono, certi che con la scusa della Coppa del Mondo di Quidditch si sarebbero rivisti presto.

Edmund si avviò sconsolato verso la direttrice, che per l'occasione era scortata dalla signorina Quinn. La donna osservava con occhio critico il tait con tanto di coda di Eoin e il lungo abito irlandese di Daire, ma soprattutto squadrava Reammon, forse ricordandosi della scenetta avvenuta lo scorso agosto, quando lui aveva estratto da una tasca un quadro e un corno di animale non meglio identificato.

Mairead salutò tutti e si affrettò a seguire il padre, che per una volta sembrava aver dimenticato la sua spensieratezza da archeologo, per assumente quel poco di rigidità adatta ad un padre che ha appena scoperto come la figlia abbia tentato di farsi ammazzare per il terzo anno di fila.

Quando furono sufficientemente lontani da orecchie indiscrete, si voltò verso la ragazza. Aveva uno sguardo tagliente che non gli si addiceva proprio. «Captatio mi ha mandato una lettera e mi ha raccontato quello che hai combinato. Che hai da dire a tua discolpa?»

«Professor Saiminiu!» esclamò Mairead, sorpresa.

Reammon la guardò perplesso. «Non è una buona scusa...» cominciò a dire, ma la ragazza lo interruppe, tirandolo per la manica e costringendolo a voltarsi: Septimius Saiminiu li stava raggiungendo. Reammon si irrigidì e aspettò che fosse l'altro a fare la prima mossa.

Saiminiu si stropicciò le mani, ma non abbassò lo sguardo. «Reammon, scusami» disse tutto d'un fiato. Quelle semplici parole dovevano costargli molto care: va bene chiedere perdono, ma il suo orgoglio gli impediva di abbassare gli occhi a terra.

Reammon digrignò i denti. «Dopo tutti questi anni è l'unica cosa che sai dire?»

Calò un silenzio teso, mentre i due maghi si scrutarono a fondo. Mairead temeva il peggio, ma poi Reammon disse una sola parola: «Inglesofilo».

Mairead aggrottò la fronte, perplessa: quello di solito era un insulto e non le sembrava proprio la cosa migliore da dire in quel momento.

Invece Saiminiu sorrise. «Sangiunista» gli rispose.

Fu un attimo e poi i due vecchi amici si abbracciarono, come se non fosse mai successo niente tra di loro.


Mairead stava osservando la foto di Reg, la stessa che Edmund aveva trovato in soffitta quasi un anno prima. La fissava da parecchi minuti, come se il ragazzetto sorridente avesse qualcosa da comunicarle, un messaggio di forza, di coraggio. Era seduta a gambe incrociate davanti allo scatolone dei ricordi, in soffitta. Quando la sua bacchetta si era rotta, aveva deciso di non comprarne una nuova, ricordandosi che a casa sua era ancora conservata quella di suo zio Reg: quando l'aveva provata, si era trovata abbastanza bene e aveva preferito tenere quella. Era come se avesse un significato profondo per lei, una memoria che non doveva mai essere dimenticata.

Avrebbe voluto scoprire tante altre cose su Reg, ma non conosceva nessuno che potesse raccontargliele. I suoi nonni materni non li vedeva da anni ed era convinta che non sarebbe stata una buona idea presentarsi da loro e chiedere del secondogenito morto in giovane età. L'unica possibilità che aveva era quella di contattare Arthur Weasley, lo stesso che aveva scritto quelle vecchie lettere a Reg: era il cugino inglese di sua mamma. L'aveva già sentito nominare un paio di volte dai suoi genitori, ma non l'aveva mai visto. Chissà se le avrebbe risposto, nel caso in cui avesse ricevuto un suo gufo.

Mentre stava osservando la grafia infantile dello zio che aveva scarabocchiato degli appunti su in vecchio libro di incantesimi, l'occhio le cadde su un grosso rotolo di pergamena chiuso da un nastro di velluto, seminascosto da vecchi cimeli e cianfrusaglie. Si allungò verso l'oggetto del suo interesse e cercò di estrarlo da quel caos senza far crollare l'equilibrio precario della soffitta. Era ricoperto da uno strato di polvere, ma la carta con cui era stato fatto sembrava essere molto preziosa. Mairead lo srotolò lentamente, facendo attenzione a non strappare la costosa pergamena. Era un albero genealogico.

In alto stava lo stemma di famiglia, uno scudo bianco con una torre rossa al centro, e sotto di esso il motto “etiam periunt ruinae”, anche le rovine muoiono. Il cognome principale era O'Brian, quello di sua nonna Joey. Doveva essere l'albero genealogico degli O'Brian di Mael Duib. Mairead fece scivolare il dito sulla pergamena pregiata fino al fondo della pagina, alla ricerca del suo nome. Quando lo trovò, lo contemplò per qualche secondo, poi risalì ai suoi genitori: Reammon e Mary. Sotto il nome di sua madre c'era, oltre all'anno di nascita, anche quello di morte. Sopra stavano i nonni materni, Leopold e Grymill, e proprio in parte a Mary compariva l'etichetta “Reginald Weasley”, accompagnata dalle date 1961-1973. Mairead accarezzò quel nome, come se in quel modo potesse consolare lo zio morto troppo giovane.

Dopo qualche secondo, sposò lo sguardo sui nonni Aaron e Joey: i genitori di Aaron, in quanto Babbani, non erano stati inseriti nell'albero genealogico della famiglia nobile. In fianco a Josephine era riportato il nome di sua sorella, Evangeline, con il marito. Mairead ci impiegò qualche secondo a realizzare quello che stava leggendo: Cassian Deamundi. La ragazza alzò lo sguardo dalla pergamena e prese a fissare il vuoto.

Per tutti i folletti, Deamundi! I Conti di Con Cetchthach! Era imparentata con i Deamundi!

Sotto i nomi di Evangeline e Cassian c'era quello dell'attuale Conte, Meccorin Deamundi. Il Conte di Con Cetchthach era il cugino diretto di suo padre. Quella storia era davvero assurda! Ma ciò che era ancora più assurdo era il fatto che Eibhean Deamundi, l'ultimo dei sette figli di Meccorin era suo cugino. Quel sanguinista altezzoso con la puzza sotto il naso era imparentato con lei!

«Mairead, dove sei?»

La voce di suo padre la riportò bruscamente alla realtà. «Quassù, in soffitta» rispose buttando un'occhiata alla botola dietro di lei.

Poco dovo vide comparire il volto sorridente di Reammon. «Che stai facendo, tesoro?» le chiese, sedendosi al suo fianco.

Come unica risposta Mairead gli mostrò l'albero genealogico della famiglia O'Brian: al vedere la vecchia pergamena, il sorriso di Reammon si congelò. Mairead aveva uno sguardo tagliente. «Perché non me ne hai mai parlato, papà? Della famiglia, dei Deamundi... di Reg?» domandò con amarezza. Avrebbe preferito se fosse stato suo padre a raccontarle tutto, invece di venirlo a sapere dal professor Saiminiu e da un vecchio albero genealogico. Non sapeva assolutamente niente della sua famiglia perché nessuno gliene aveva mai parlato.

Reammon si stropicciò le mani a disagio; i suoi occhi guizzavano lontani, come a cercare una via di fuga, o forse le parole più giuste da dire. «Di Reg, io...mi vergognavo» rispose con un filo di voce.

«Ti vergognavi? E perché?» gli domandò la figlia, senza capire.

E Reammon esplose. «Mairead, io ho passato gli ultimi vent'anni della mia vita convinto di aver ucciso una persona, e non una qualunque, ma la sorella del mio migliore amico! Pensi forse che sarebbe stato divertente per me rievocare quella notte, confessare quello che avevo fatto, tornare con la mente a quei...» la voce gli morì in gola e Reammon fu costretto a distogliere lo sguardo dalla figlia.

Mairead si pentì immediatamente di averlo aggredito a quel modo: aveva pensato soltanto a se stessa, dimenticandosi che per suo padre doveva essere stato penoso vivere con quel senso di colpa per tutti quegli anni. «Oh, papà» sussurrò rattristata. «Mi dispiace».

«No, scusami tu. Sono stato un po' sgarbato, è che...» cominciò Reammon. Poi sorrise. «...è difficile».

Mairead rispose al sorriso con sincerità. Dopodiché gli gettò le braccia al collo con uno slancio ed esclamò: «Ti voglio bene, papà. Non ti cambierei per nulla al mondo».

Reammon la strinse a sé in un abbraccio. «Anche io ti voglio bene, piccolina. Anche io».





Ebbene, eccoci giunti alla fine di questo terzo racconto della saga. A me un po' dispiace, ma se sono riuscita con le mie parole a regalarvi un sorriso o a strapparvi una lacrima di commozione (anche figurata!) sono più che soddisfatta. Grazie a tutti quelli che hanno commentato, che hanno seguito o anche solo leggiucchiato qualche riga.

Un abbraccio a tutti!

Beatrix Bonnie


Per passare a questioni più pratiche, non pensiate che mi sia dimenticata del sondaggio! La maggioranza ha votato per “Il coraggio di scegliere”, che quindi sarà pubblicato per primo a partire dal secondo sabato di gennaio, probabilmente con scadenza settimanale.

Inoltre, visto che non avevo un'immagine per questo epilogo, vi metto i disegni degli stemmi di alcune tra le più importanti famiglie nobili purosangue. Il mio preferito è quello dei Maleficium, perché mi piace come famiglia, ma anche quello degli O'Brian ha il suo perché!

Famiglia Daemundi, motto “O domhain na bunn” (dal profondo delle fondamenta)

Famiglia Maleficium, motto “Pax ordum pax orbis” (pace degli ordini sociali, pace del mondo)

Famiglia O'Brian, motto “Etiam pereunt ruinae” (anche le rovine muoiono)

Famiglia Saiminiu, motto “Faoi sciath na Firinne” (sotto lo scudo della Verità)

Famiglia Allen (quella di Cecelia Allen, la portiera dei Llapac... eh, sì è bella e pure nobile! Certa gente ha tutte le fortune), motto”In bono semper” (sempre nel bene).



EDIT: si conclude anche per questo racconto il mio infinito lavoro di risistemazione dei dialoghi! Ce la farò prima o poi a finire tutto, abbiate fede! ^^

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=562716