Le cose che perdiamo nel fuoco

di Sara Saliman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo un piccolo passo indietro ***
Capitolo 2: *** Il tempo sognato ***
Capitolo 3: *** Notizie dal Sottosuolo ***
Capitolo 4: *** Una conversazione e un patto ***
Capitolo 5: *** Nel Labirinto ***
Capitolo 6: *** Mad world ***
Capitolo 7: *** Specchi oscuri ***
Capitolo 8: *** Cuore di tenebra ***
Capitolo 9: *** La foresta degli incubi ***
Capitolo 10: *** Tutti gli addii ***
Capitolo 11: *** Requiem for a King ***
Capitolo 12: *** Ballando col diavolo (parte prima) ***
Capitolo 13: *** Ballando col diavolo (parte seconda) ***
Capitolo 14: *** Epilogo - Come Proserpina ***



Capitolo 1
*** Solo un piccolo passo indietro ***


Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

***


-Dammi il bambino.-
In piedi sulla piattaforma di pietra, la giovane donna lo fronteggiava.
La stanza intorno a loro era andata in pezzi: blocchi di pietra fluttuavano nell'aria; archi spezzati restavano sospesi sull’oscurità sottostante.
La ragazza sembrava indifferente a tanta devastazione: con gli occhi verdi fissi nei suoi, avanzò di un passo.
-Con rischi indicibili e traversie innumerevoli, ho superato la strada per questo castello oltre la città di Goblin, per riprendere il bambino che tu hai rapito.-
La sua voce era limpida come i rintocchi di un orologio.
Il re sentì il potere di quelle parole percorrere l'aria, lo sentì crepitare sul viso come elettricità statica.
Indietreggiò: non potè farne a meno.
La giovane donna avanzò ancora.
-La mia volontà è forte come la tua, e il mio regno...-
Il re tese una mano.
Le parole si tendevano come un laccio attorno alla sua gola, le sentiva affondare come aghi nella carne sottile del collo.
-Basta! Aspetta!-
Evocò fra le dita una sfera di vetro; la porse alla ragazza, invitante.
-Guarda, Sarah: guarda quello che ti sto offrendo. I tuoi sogni!-
Lei riprese come se lui non l'avesse interrotta, la sua voce sommessa e inflessibile.
-...e il mio regno altrettanto grande.-
-Ciò che ti chiedo è così poco! Lascia solo che io ti domini e potrai avere tutto quello che desideri! Non hai che da temermi, amarmi, fare ciò che ti dico e diventerò tuo schiavo!-
La ragazza lo fissò.
Il re dei Goblin si vide riflesso nei suoi occhi: il volto di un candore spettrale, le guance segnate, le labbra esangui.
Era così vicino alla sconfitta che persino i suoi abiti sembravano fatti di piume e polvere d'osso.
Un lampo di comprensione attraversò lo sguardo della ragazza e il re capì che era arrivata alla verità, quell'unica verità che per tredici ore lui aveva nascosto con inganni e illusioni.
Vide le labbra di lei dischiudersi per lo stupore, e in quell'istante desiderò soltanto poterle toccare, scoprire se erano morbide come sembravano.
La voce della ragazza risuonò secca come uno schiaffo.
-Tu non hai nessun potere su di me!-
Le parole lo investirono con violenza: il re sentì le proprie ossa scricchiolare e schiantarsi, il proprio potere spaccarsi come la polpa di un frutto.
Cercò di gridare, ma il dolore gli troncò il respiro.
Prima di rendersene conto, il re dei Goblin cominciò a precipitare.

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Capitolo 2
*** Il tempo sognato ***


Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.



Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.

I. Fossati




L'oscurità era così profonda da darle l'impressione che, se l'avesse contemplata troppo a lungo, le avrebbe risucchiato via ogni brandello di coscienza.
Chiudere gli occhi fu una forma istintiva di difesa, come protendere le mani per aggrapparsi a qualcosa mentre sentiva la realtà disgregarsi.
Fu un istante, ma le parve durare una vita o persino un'eternità, come fosse sospeso in una sfasatura tra due mondi.
La vertigine e la nausea che le strinsero lo stomaco parlavano di ombre danzanti, di specchi più reali delle immagini che riflettevano, di volti senza dimora e pianure vegliate da divinità senza occhi.
Poi, rapida com’era comparsa, l'oscurità si diradò: lei lo sentì contro la pelle, la sensazione fisica di qualcosa che si lacerava, come se avesse affondato la mano dentro una ragnatela.
Si ritrovò in ginocchio, un pavimento freddo sotto i palmi aperti delle mani, senza ricordare il momento in cui le gambe le avevano ceduto.
Riaprì gli occhi e sollevò lo sguardo.
Il re dei Goblin era una sagoma scura davanti a lei, gli stivali piantati per terra e una camicia di seta che biancheggiava nell'ombra. Era silenzioso e sembrava fissarla dall'alto in basso, ma nella sua immobilità c'era qualcosa di innaturale.
Sarah si alzò in piedi. Il re non si mosse, ma la ragazza indietreggiò istintivamente.
La sua schiena andò a sbattere contro qualcosa, contro qualcuno che si trovava dietro di lei. Due mani calarono sulle sue spalle esercitando una certa pressione: non tanto da farle male, ma abbastanza da tradire una velata minaccia.
Sarah sentì un viso che si chinava sopra la sua spalla, due labbra di seta che le sfioravano l'orecchio, ma non riusciva a voltarsi, non riusciva a staccare gli occhi dal re dei Goblin, immobile nell'ombra come una sagoma di cartone.
L'uomo dietro di lei parlò.
-Devo ringraziarti, Sarah Williams. Senza di te tutto questo non sarebbe stato possibile.-
La sua voce sapeva di tombe scoperchiate e segreti troppo orribili per essere rivelati.
-Questo? Questo cosa?- balbettò Sarah.
Come in risposta alla sua domanda, una luce divampò dal nulla, illuminando in pieno il re dei Goblin.

Sarah si premette una mano alla bocca per soffocare un grido.
Il suo vecchio nemico non era in piedi, non proprio: era incatenato al muro da grossi bracciali di ferro. Il suo petto sembrava sottile nella camicia di seta, stranamente indifeso senza il pendente che lei gli aveva sempre visto al collo.

Il capo reclinato all'indietro, il re aveva il volto devastato: qualcuno gli aveva conficcato dei chiodi negli occhi.
Come se l'ultimo tassello di un puzzle fosse tornato a posto, Sarah identificò finalmente l'odore dolciastro che gravava nell'aria: era sangue, il sangue del sovrano del Labirinto.
Finalmente, come liberandosi da un incantesimo, l'aria che aveva nei polmoni trovò la strada per la sua gola e Sarah gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.



-NO!-
Sarah sollevò il capo così bruscamente che i capelli scuri, raccolti sulla nuca con una matita, le si sciolsero sopra le spalle.
Dall'altra parte del tavolo, Adrian sollevò gli occhi dal libro e sogghignò.
-Buon giorno, bella addormentata.- Si passò due dita sul mento, coperto da un filo di barba.- Anzi, forse dovrei dire buona sera.-
Sarah sbattè le palpebre e si guardò intorno, intontita. 
Le ombre avvolgevano gli alti scaffali di legno, si allungavano indolenti sulle coste ossute dei libri.
La ragazza emise un mugolio.
-Ti prego, dimmi che non mi sono di nuovo addormentata in biblioteca!-
-Se vuoi non te lo dico, però è quello che hai fatto.-
Sarah fece per stropicciarsi gli occhi ma si fermò in tempo, ricordando di avere il mascara.
-Quanto ho dormito?-
-Non più di dieci minuti.-
Adrian chiuse il libro con uno scatto secco, che risuonò nella sala in modo un po' sinistro.
-Prima che tu me lo chieda: non ti ho svegliato perchè sembravi davvero distrutta. Anche se in effetti non so se ti ho fatto un favore: sembravi nel bel mezzo di un incubo.-
-Sì, ne faccio spesso ultiamente.-
Sarah recuperò la matita e si affondò le mani nei capelli, disfacendo quel che restava del suo chignon.
-Comunque la prossima volta svegliami: la biblioteca non è un dormitorio.-
Il ragazzo ebbe uno sbuffo di derisione.
-E chi vuoi che se ne accorga? Siamo soli in questo labirinto!-
Sarah trasalì.
-Come, scusa?-
-Ho detto...-
-Hai detto labirinto. Perchè proprio quella parola?-
Adrian si protese da sopra il tavolo e spalancò gli occhi castani. -Perchè...- scandì con voce cavernosa -Anni di giochi di ruolo lasciano il segno!-
Sarah arricciò il piccolo naso.
-Ah-ah, divertente, davvero.-
Adrian sbuffò, scostandosi dalla fronte un ciuffo ribelle: un gesto assolutamente inutile, visto che i capelli tornarono come prima non appena ebbe rimosso la mano.
-Be', per oggi chiudiamo i libri, signorina Williams.-
-Dai, sono appena le...-
-...le sette. Di un venerdì pomeriggio. Studiare a quest'ora è contro la mia religione.-
Sarah roteò gli occhi.
-Capirai che tragedia: tu sei ateo!-
Adrian allergò le braccia.
-Donne, sempre a fissarsi sui dettagli!-
Prima che lei potesse ribattere, Adrian cominciò a raccogliere gli appunti sparsi davanti a loro e ad infilarli dentro lo zaino. Dopo un istante di esitazione, Sarah aprì la borsa e cercò di farci entrare il quadernone.
-Qualcuno mi spiega perchè prima ci stava e adesso no?-
Capovolse la borsa. Ne uscirono un ombrello pieghevole, una bustina con i trucchi e un vecchio libro dalla copertina rossa.
Un piccolo oggetto rotolò fino al bordo del tavolo, e la ragazza lo afferrò al volo.
-Oh, ecco dov'era il mio rossetto!- esclamò, infilandolo nella tasca dei jeans.
Con la coda dell’occhio, vide Adrian protendersi verso di lei.
-Mmmh? E questo cos'è?-
Prima che Sarah potesse fermarlo, il ragazzo si era impadronito del libriccino dalla copertina rossa e se lo rigirava fra le mani.
-"Labyrinth"?-
La ragazza scattò in piedi.
-Ridammelo!-
Adrian lo trasse fuori della sua portata e lo aprì. Sfogliò con delicatezza le pagine ingiallite.
-Nani, gnomi... E' un libro per bambini?-
-No, è una favola! Sono due cose molto diverse.-
-La protagonista si chiama come te.- Adrian cominciò a leggere a mezza voce. -"Vorrei tanto che il re dei Goblin..."-
Sarah si allungò sul tavolo e gli premette una mano crontro la bocca.
-Non. Dirlo. -
Adrian sollevò lo sguardo: l’espressione che le vide in faccia dovette lasciarlo interdetto, perchè chiuse il libro senza discutere e glielo restituì.
Sarah lo fece rapidamente sparire nella tasca interna del soprabito.
-E' uno dei libri della mia infanzia.- si sentì in dovere di spiegare. -Be', non solo dell'infanzia, per la verità. Ho continuato a rileggerlo fino ai quindici anni, circa.-
-Dovevi amarlo molto: per poco non mi saltavi alla gola!-
Sarah arrossì, imbarazzata.
-Be', c'erano un sacco di personaggi assurdi e la protagonista si chiamava come me, ma era molto più coraggiosa. Quando leggevo quel libro fingevo di essere lei. Mi faceva dimenticare quanto mi sentissi fuori posto nella nuova famiglia di mio padre.-
Adrian annuì, insolitamente serio.
-Capisco.-
Ed entrambi sapevano che era vero.
Il ragazzo indicò il libro.
-Lo porti sempre con te?-
Sarah strinse le spalle, finendo di rimettere le cose dentro la borsa.
-No, anzi, non lo vedo da anni. Ero convinta di averlo perso, invece la settimana scorsa l'ho trovato per caso in fondo ad un cassetto. Devo averlo portato con me quando ho traslocato, ma non me lo ricordavo.-
- Potresti regalarlo a Toby. Sarebbe carino dargli qualcosa che è stato tuo.-
-Meglio di no.- tagliò corto Sarah.
Adrian si alzò e mise lo zaino in spalla.
-Senza offesa, ma sembra quasi che quel libro ti faccia paura.-
Sarah si sistemò la borsa a tracolla e mise a posto la sedia.
- In un certo senso è così. Quando ero più piccola, quel libro per me era molto reale.-
-Be', per reale che fosse, che ci sarà di così spaventoso in una favola per bambini?-
Sarah gli sorrise senza convinzione.
-Lui.-
Adrian sgranò gli occhi.
-Lui chi? Jareth, il terribile re dei Goblin?-
-Non chiamarlo per nome, per favore.-
-Perchè?-
-Nelle fiabe i nomi hanno un potere.- spiegò Sarah.
-Dai, Sarah, hai davvero paura di un personaggio inventato?-
Nessuna risposta.
-Oh, insomma! Che avrà avuto di così terribile?-
Lei si accigliò, chiedendosi se sarebbe stata in grado di spiegarlo.
-Lui… non somigliava a nessuno che avessi mai conosciuto. Riusciva a distorcere ogni parola, ogni desiderio. Era capace di avere accesso ai tuoi sogni più intimi e di farteli vivere come fossero reali, ma cercava di intrappolarti in essi. E anche se tu sapevi di essere in pericolo e cercavi di uscire dalla trappola, una parte di te desiderava soltanto restarci dentro e non venirne più fuori.-
Adrian fischiò tra i denti.
-Un tipo divertente, insomma.-
Sorprendendo persino se stessa, Sarah scoppiò a ridere.
-So che sembra assurdo, ma lo era veramente! Quando voleva, sapeva davvero essere divertente.-
Le tornò in mente il sogno, il volto sfigurato e gli occhi...
Si strinse le braccia al petto, scossa da un brivido.
-Sarah, tutto ok?-
Adrian protese una mano verso il suo viso, ma la ragazza si scostò prima che lui arrivasse a sfiorarla.
-Va tutto bene. Sono solo un po' stanca.-
Adrian serrò le labbra. Non la contraddisse, ma Sarah capì che non le credeva.
-Se c'è qualcosa che posso fare...-
-Chiederò.- gli assicurò lei, distogliendo lo sguardo. -Dai, andiamo via. Fa freddo qui dentro.-
Adrian annuì, serio.
Uscirono in strada, si salutarono.
Sarah si avviò verso casa senza voltarsi indietro, la borsa che le sbatteva contro il fianco e il volto del re dei Goblin ancora davanti agli occhi.

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Capitolo 3
*** Notizie dal Sottosuolo ***


Grazie per le recensioni! Ho risposto alla fine del capitolo :)

Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.




****


Sarah imboccò il vialetto correndo, la borsa stretta al corpo sottile, le falde del soprabito sollevate dal vento.
Infilò la chiave nella toppa, entrò in casa e richiuse la porta, appoggiandosi ad essa.
-Va tutto bene.- si disse a voce alta. -Sono solo incubi. Non. Sono. Reali.-
E poi stiamo parlando del re dei Goblin: l'essere meno indifeso che io conosca! E' semplicemente assurdo che io sia preoccupata per lui!
-Sarah?- una voce provenne dal bagno.-Sei tu? Sei lì con qualcuno?-
Sarah si sfilò la borsa e il soprabito e si lasciò scivolare sul divano.
-No, Gillian. Sono sola.-
-Ah, ok!- La porta del bagno si aprì. Avvolta in una nube di vapore e in un accappatoio di due taglie troppo grande, Gillian entrò nel soggiorno. Con un'asciugamano bianca si tamponava i capelli neri e viola, sparati in tutte le direzioni.
-Mi era sembrato di sentirti parlare con qualcuno e... Sarah, tutto ok? Hai una faccia!-
La ragazza si nascose il viso fra le mani.
-Sei la seconda persona che me lo dice.-mugugnò.-Devo avere proprio un aspetto orrendo.-
-Be', orrendo no, però sembri un po' sconvolta. Ma che ore sono? Mi stavo preoccupando!-
Sarah guardò l'orologio.
-Le otto meno qualcosa. Scusami, avrei dovuto avvertire che tardavo, ma non mi sono resa conto.-
-Lo so, lo so.- ridacchiò Gillian bonariamente. -Piccola testa fra le nuvole! Ehi, stasera Michael ed io andiamo a cena e poi a ballare al Dedalo. E tu - disse puntandole contro un dito minaccioso- vieni con noi!-
Sarah si appoggiò il mento sulle mani.
-Dedalo, eh? Non te l'ho mai sentito nominare.-
-Per forza, è un locale nuovo! Si chiama così. Significa...-
-...Labirinto, lo so.-
Gillian battè le mani allegramente.
-Già, be', non cambiamo discorso! Mettiti qualcosa di carino: tu stasera sei dei nostri!-
Sarah arricciò il piccolo naso.
-Ehi, la mia camicia è carina!- protestò.
Gillian annuì.
-Certo. Color panna... maniche ampie... sarebbe addirittura bellissima, se fossimo nel Settecento! Dai, ti presto qualcosa di mio: starai benissimo.-
Sarah cercò di immaginarsi con uno dei vestiti supergriffati di Gillian e rabbrividì, ma si sforzò di apprezzare il pensiero.
-Gil sei un tesoro, davvero, ma sono talmente stanca che mi addormenterei in un angolo! La prossima volta, magari.-
-Ho perso il conto delle volte in cui lo hai detto!-
Sarah non poteva negarlo, così si alzò, recuperò il soprabito e imboccò le scale, sperando che la coinquilina desistesse. Speranza vana: nonostante le dimensioni tascabili, Gillian era decisamente un osso duro.
-Non è che hai un appuntamento con Adrian?- buttò lì.- Me lo diresti se lo avessi, vero?-
Sarah rise.
-Quando parli così sembri la mia matrigna.-
-Ti presento qualcuno io! -
-Sembra una minaccia, davvero!-
Entrò nella propria stanza, chiedendosi se almeno lì sarebbe stata al sicuro. Gillian si fermò sulla soglia: a Sarah sembrò un buon segno.
Quando parlò, Gillian lo fece con un tono insolitamente serio.
-Sarah, ti voglio un bene dell'anima, lo sai, però a volte mi preoccupi. Vivi più fra i tuoi libri che fra gli esseri umani!-
La ragazza si voltò di scatto, punta sul vivo.
-Oh, andiamo, questo non è vero! Ho i miei interessi, come tutti!-
Gillian si erse in tutta la sua -niente affatto imponente- altezza.
-Sì? Quali? Un corso di teatro frequentato da secchioni sfigati? Una serie di corsi di letteratura e folklore?- Abbracciò con un ampio gesto tutta la camera.-Poster di draghi, fumetti e Dio sa che altro?-
-Ehi, Sandman non è un fumetto! E' arte!-
Gillian sollevò le mani, conciliante.
-Ok, ok. Sandman è arte! Ma non si vive solo di quello. Dico: hai vent'anni, sei giovane, intelligente, decisamente carina! Come puoi rintanarti in un mondo così ristretto?-
Sarah sospirò e mosse un passo verso di lei, prendendo le sue mani tra le proprie.
-Gillian, basta, per favore. Probabilmente hai ragione su tutto, ma io sono fatta così. La mia vita mi piace com'è: tranquilla e ordinata.-
-Tranquilla? Ordinata?! Non ti sento parlare di felicità!-
Sarah strinse un po' più forte le mani della sua amica, poi le lasciò andare.
-La prossima volta che mi inviterai verrò.-
-Promesso?-
-Promesso.-
Gillian si voltò verso il corridoio, poi sembrò ripensarci e tornò indietro.
-Sai, a volte sembra che tu abbia paura di qualcosa. Di lasciarti andare con le persone, o forse persino di vivere. Non lo so.-
Sarah strinse le spalle.
Lasciarsi andare? pensò.
L'unica cosa che so delle persone è che prima o poi se ne vanno.
Ma non disse nulla.
Gillian dovette accorgersi di averla ferita, perchè entrò nella stanza e le diede un rapido bacio sulla guancia.
-Ti voglio bene, testa dura!-Si alzò in punta di piedi e le scompigliò affettuosamente i capelli.- Ora devo scappare.-
Sarah la vide sparire nel corridoio. Rimase sulla soglia finchè non la sentì tornare al piano di sotto, poi tornò in camera. Non accese la luce.
Aprì la radio su una stazione a caso e si sedette alla scrivania, massaggiandosi le tempie con le punte delle dita.
Le note di una canzone cominciarono a diffondersi nella penombra.

Just like a spy through smoke and lights
I escaped through the back door of the world
and I saw things getting smaller
fear as well as temptation.

Now everything is reflection as I make my way through this labyrinth
and my sense of direction
is lost like the sound of my steps
is lost like the sound of my steps.


Sarah sgranò gli occhi, incredula.

Scent of dried flowers and I'm walking through the fog
walking through the fog
Scent of dried flowers---


Spense la radio con un'imprecazione.
- Labyrinth, di Elisa!- commentò seccata. -Ovvio. Era il minimo che potessi aspettarmi!-
Dopo qualche minuto sentì il rumore della porta d'ingresso e seppe che Gillian era uscita.
Chiuse gli occhi e sospirò, assaporando la solitudine della casa deserta.
Riaprì gli occhi e fu allora che la vide: una sfera di cristallo grande quanto il suo pugno, appoggiata sulle coperte al centro esatto del suo letto.
Con il cuore in gola, Sarah si alzò e protese la mano. Per un istante le sue dita incontrarono una superficie liscia e perfetta, poi la sfera scoppiò come una semplice bolla di sapone.
Ripensò alle ultime settimane: i sogni sempre più insistenti, il ritrovamento del libro, la parola "labirinto" che risuonava continuamente attorno a lei con i motivi più disparati. E adesso questo.
Sentì una rabbia improvvisa montarle in petto, insieme ad un indistinto senso di allarme.
-Non ti permetterò di tornare nella mia vita!- sibilò alla stanza vuota.
Estrasse il libro rosso dal soprabito e lo poggiò sul piano della scrivania, sedendosi di fronte al grande specchio che era appartenuto a sua madre.
Il libro era piccolo, sdrucito: aveva un'aria insignificante.
Sarah ne sfiorò la copertina con dolcezza.
Più di una volta aveva pensato di distruggerlo, ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Era un pezzo troppo grande di cuore: quelle parole, quei personaggi l'avevano traghettata fuori dal periodo più buio della sua vita.
Sollevò lo sguardo: la propria immagine la osservò da dentro la cornice dello specchio.
Si rivide quindicenne, gli occhi verdi brillanti di rabbia e un berretto a righe in testa, mentre recitava a Toby la fiaba sui Goblin. Il pianto di suo fratello riempiva la casa e lei credeva di essere disposta a tutto pur di farlo smettere.
Anche a chiamare il re dei Goblin.
Però poi ho attraversato tutto il Labirinto per salvarlo.
Poggiò una mano sullo specchio, il palmo contro quello del proprio riflesso.
-Hoggle!- chiamò piano.-Mi senti?-
Lo specchio si oscurò e una figura comparve dall'altra parte, ma molto incerta e sfumata.
-Sarah?-
-Hoggle?- Sarah poggiò sul vetro anche l'altra mano.- Che succede? Perchè sei così lontano?-
L'immagine del suo amico si fece un poco più distinta, il volto rugoso prese forma dentro la cornice, ma i bordi tremavano come quelli di un riflesso sull'acqua.
-Sta succedendo qualcosa che non capisco.- disse Sarah angosciata.
-Tanto per cambiare!- borbottò il nano.
Sarah gli diede un colpetto sulla punta del naso.
-Gentile come sempre, vero?-
Il nano sbuffò leggermente.
-Scusa, sono nervoso. Raccontami tutto, ma fai in fretta, non posso restare molto.-
-Prima vorrei sapere come sta... uhm... lui.-
Il nano si mosse a disagio.
-Non lo so. Bene, credo. Perchè questa domanda?-
-Perchè penso che stia cercando di mettersi in contatto con me.-
Hoggle sollevò le sopracciglia cespugliose, i suoi occhi azzurri si spalancarono così tanto che Sarah temette di vederli schizzare fuori dallo specchio.
-CHE COOOSA?!-
- Calmati! Al momento è solo un'ipotesi, ma mi sembra sensata.-Sarah gli raccontò brevemente del libro, delle parole e della sfera. Non gli disse dei sogni: era un discorso che non voleva affrontare.
La risposta di Hoggle la disorientò.
-Non pensavo che la situazione fosse così disperata!-
-Situazione? Che situazione?-
Il nano si guardò furtivamente alle spalle prima di continuare in tono sommesso.
-Io non volevo dirti nulla per non farti preoccupare, ma dopo che te ne sei andata nel Labirinto sono cambiate molte cose, e non in meglio.- Esitò un istante, come cercasse le parole. -Anche molti di noi stanno cambiando... presto persino io potrei non essere più lo stesso. Jareth è in difficoltà, questo lo sapevo, ma non pensavo che avrebbe chiesto aiuto proprio a te!-
Sarah era sbalordita.
-Lui, chiedere aiuto! A me!- Non sapeva quale delle due cose le suonasse più sconvolgente. -Cosa... che sta succedendo?-
-Non è affar tuo! -sbottò il nano. -Ricordati: lui non ha potere su di te, non può raggiungerti se tu non lo chiami! Per cui è semplice: non devi chiamarlo!-
-Come sarebbe che non devo chiamarlo! Hai appena detto che il Labirinto...-
Il nano la fulminò con un'occhiataccia, Sarah non l'aveva mai visto così agitato.
-Il Labirinto riuscirà ad andare avanti, come ha sempre fatto! Ma tu devi restare fuori da tutto questo! Hai capito, Sarah? -
-Ma...-
-Niente discussioni, signorinella! Prometti che resterai fuori da questa storia!-
Sarah incrociò le dita sotto il piano della scrivania.
-Hoggle, calmati! Te lo prometto.- mormorò in un soffio.
-Bene!- Hoggle era visibilmente sollevato. Il suo sguardo si addolcì. -Eri una ragazzina insopportabile, sai? Testarda e impulsiva come un Goblin, ma avevi un cuore d'oro e non avevi paura di niente! E guarda che bella ragazza sei diventata!-
Sarah sentì un brivido di gelo arrampicarsi lungo la spina dorsale.
-Da come parli sembra che ci stiamo salutando per sempre.- gli fece notare.
Il nano distolse lo sguardo, come faceva sempre quando le stava nascondendo qualcosa.
-Credo che dovremmo interrompere qui la conversazione e non sentirci per un poco.-
-Hoggle, aspetta...-
-E' più sicuro. -
A Sarah sembrò che gli occhi azzurri fossero pieni di lacrime, ma non poteva esserne certa, perchè il nano stava svanendo. -Ricorda la promessa che mi hai fatto! E ricorda che tutti qui ti abbiamo voluto molto bene!-
Sarah premette le mani contro lo specchio.
-Hoggle, aspetta!-
Era svanito.
-Hoggle! Sir Didimus! Ludo!-
Nessuno rispose.
Lo specchio tornò a restituirle il proprio riflesso: una giovane donna dai capelli scuri, gli occhi verdi pieni di sgomento e le guance chiazzate di rosso.
Ricorda che tutti qui ti abbiamo voluto molto bene.
Sarah realizzò lentamente che Hoggle aveva parlato al passato.
Nel Labirinto sono cambiate molte cose... Jareth è in difficoltà, ma non pensavo che avrebbe chiesto aiuto proprio a te!
Sarah riflettè qualche istante, tamburellando con le dita sulla scrivania.
Nei suoi incubi il re era decisamente più che in difficoltà, e certo non era più in grado di chiedere aiuto a nessuno. Questo significava che i sogni non erano reali.
Non ancora, almeno.
E tuttavia non poteva dare nulla per scontato: era la prima lezione che il Labirinto le aveva impartito.
C'è un solo modo per scoprire come stanno le cose... o per incasinarle definitivamente.
Strinse il bordo della scrivania fino a farsi sbiancare le dita.
Poi, con un sussurro sommesso e deciso, pronunciò quel nome.
-Jareth!-


****


Cari lettori, se non vi disturba vi pongo una domanda specifica: secondo voi il mio stile è troppo pesante? Vorrei saperlo per migliorarmi, per cui siate schietti, sinceri e senza peli sulla lungua!

Shinigami Noir: guh, il primo commento non si scorda mai! *__* Sono contenta di avere catturato il tuo interesse: adesso spero di riuscire a trattenerlo! ;) Ah, ovviamente NON risponderò alle domande che hai fatto, eh u__u

Daydreamer: grazie per il commento! Sì, secondo me il fatto che Jareth abbia risentito della sconfitta subita è velatamente suggerito dal finale del film. Poi vabbè, secondo me ne ha risentito alla grande soprattutto il suo orgoglio! :D Io amo le storie abbastanza forti, ma visto che voglio restare nel range arancione, cercherò di non esagerare! Wè, tu aggiona, però ;)

Crow84 grazie! Spero ti piaccia anche questo capotolo!

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Capitolo 4
*** Una conversazione e un patto ***




Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.



C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.
(I.Fossati)



-Ciao, Sarah.-
Fu come se l'aria le si congelasse nei polmoni e il tempo si fermasse.
C'era stato un periodo in cui la sua vita, semplicemente, le era sfuggita di mano.
Sua madre l'aveva abbandonata per seguire il suo lavoro e un nuovo amore.
Suo padre e Karen l'avevano accolta in casa come un pacco scomodo e imbarazzante.
Quando le avevano annunciato che sarebbe nato Toby, Sarah li aveva guardati e aveva sentito un vuoto allo stomaco: suo fratello non era ancora nato, ma aveva già un posto dove stare e qualcuno che desiderasse prendersi cura di lui.
La sera, prima di addormentarsi, inventava storie di eroine coraggiose che sapevano sempre cosa fare. Poi aveva scoperto la recitazione e non l'aveva più abbandonata: quando recitava, la fantasia diventava realtà e la realtà diventava un sogno confuso.
La sensazione che provava adesso era simile: ecco, aveva dormito per cinque anni, aveva sognato di vivere la vita di una ragazza normale, e adesso, improvvisamente, si svegliava.
Si alzò in piedi e si girò.
Non c'erano Goblin a brulicare per la stanza, questa volta: non c'erano risatine che facessero vibrare le ombre, nè tuoni fuori dalla finestra. Nessuna folata di vento aveva spalancato le imposte.
Ma lui... al chiarore che entrava dall'esterno, lui costituiva la stessa visione allucinata di allora.
Un volto senza età, una carnagione così pallida da sembrare fatta di neve e di luce lunare. Capelli arruffati e biondissimi ricadevano come scaglie di luce sul mantello più scuro che si fosse mai visto.
Il mio demonio personale, il mio vecchio nemico.
Gli occhi spaiati del re scintillavano al buio come quelli di un gatto: Sarah barcollò per il sollievo quando vide che era vivo e stava bene.
Le sembrò così oscuro e intoccabile, avvolto com'era nell'armatura e nell'aura scintillante della propria malìa, che le parve impossibile che qualcuno potesse fargli del male.
-Re dei Goblin.- lo salutò.
Lui incrociò le braccia al petto, sollevando il mento in una posa arrogante.
-Mi hai chiamato?-
-Tu avevi bisogno che ti chiamassi.- puntualizzò Sarah con freddezza.
Il re le venne più vicino, le mani guantate puntellate sui fianchi: la ragazza dovette appellarsi a tutto il proprio orgoglio per non indietreggiare.
-Mi sbaglio?- rincarò in tono di sfida.
Jareth socchiuse gli occhi, le labbra incurvate in un sorriso insolente.
-Mia cara, il tuo coraggio sarebbe molto più credibile se le gambe non ti tremassero in quel modo.-
La sua voce era bassa e suadente: Sarah sentì il sangue affluirle al volto e pensò che se il serpente aveva una voce simile poteva capire perchè Eva avesse accettato la mela. Si chiese se Jareth sapesse che effetto faceva. A giudicare dalla sua aria divertita sì, lo sapeva benissimo.
-Dio, non posso credere di averti chiamato davvero!- proruppe seccata.
Il re si scostò da lei con indolenza.
-Quanta ostilità, mia cara! Eppure sono giunto qui con buone intenzioni.-
-Ho paura di scoprire quale sia, il tuo concetto di buone intenzioni.-
Per un attimo le sembrò di verderlo irrigidirsi a quell'affermazione.
No, decise: non era proprio possibile.
Il re le lanciò un'occhiata obliqua.
-Non vorresti notizie sul Labirinto? O sulle... condizioni dei tuoi amici?-
Qualcosa sta cambiando qui nel Labirinto.
Sarah dimenticò all'istante ogni cautela e mosse un passo verso di lui.
-Che condizioni?-
Jareth sollevò un sopracciglio.
-Le tue maniere sono molto peggiorate, lo sai?-
-Non sto scherzando, re dei Goblin!-
Jareth ebbe una secca risata di scherno.
-No, stai facendo qualcosa di molto più esilarante: stai cercando di intimidirmi!-
Sarah serrò istintivamente i pugni.
-Se hai fatto del male ai miei amici io...-
All'improvviso lui le fu troppo vicino: il volto a pochi centimetri dal suo, gli occhi spaiati pieni di collera.
-Tu cosa? Tu... cosa?-
Sarah indietreggiò di scatto, andando a sbattere contro la scrivania.
Jareth appoggiò le mani sul bordo del mobile, ai lati dei suoi fianchi. Si chinò su di lei abbastanza da imprigionarla, ma non tanto da toccarla.
-Hai idea di ciò che è accaduto nel mio Labirinto dopo che te ne sei andata? Hai anche solo una vaga idea della scia di distruzione che ti sei lasciata dietro?-
Sarah trattenne il fiato: la furia negli occhi del re era devastante.
-No, naturalmente tu non sai niente!-
Rapido come si era avvicinato, Jareth indietreggiò di un passo e la lasciò andare, come se la vicinanza di lei lo disgustasse oltremisura. Per qualche motivo che le sfuggì, Sarah si sentì ferita, ma lui non parve accorgersene, gli angoli delle labbra piegati all'ingiù, gli occhi ardenti di furia repressa.
-Che è successo?- mormorò la ragazza.
Jareth sistemò meglio i guanti neri. La sua rabbia era quasi palpabile, ma i suoi gesti e la sua voce erano mortalmente controllati.
-Cosa ricordi del nostro ultimo incontro?-
La ragazza serrò le labbra.
-Rifiutai la tua offerta, ti dissi che non avevi alcun potere su di me. In quel momento la stanza con le gradinate andò in pezzi, ed io cominciai a cadere e mi ritrovai nel soggiorno di casa.-
-Non fu solo la gradinata ad andare in pezzi. Tutto il regno subì la stessa sorte.-
Sarah scosse il capo.
-Non...-
-Sarò più chiaro: il Labirinto si regge sulla fascinazione, sul tacito patto che esiste fra ciò che viene immaginato e il mortale che lo immagina. Quando tu hai rotto quel patto, tutto il mio regno è stato danneggiato.-
-Stai dicendo che il Labirinto era tutto una mia illusione?-
Jareth rise sprezzante.
-Tutto una tua illusione? Mi dispiace deluderti, mia cara, ma non sei il centro del mondo! Il mio Labirinto esiste da molto prima che tu nascessi e certo farà a meno di te quando ci avrai lasciati. Ma è anche un'entità estremamente mutevole, che assume una forma diversa a seconda di chi lo immagina, di chi vi abita... di chi vi regna. Cinque anni fa la tua immaginazione era incontenibile, la tua capacità di credere stupefacente. Da quando ne varcasti le porte e per tutto il tempo in cui ti muovesti fra le sue mura,  il Labirinto fu soprattutto il tuo Labirinto. E, nella misura in cui la tua immaginazione lo ha plasmato, la tua piccola sceneggiata lo ha anche danneggiato.-
Sarah si sentì improvvisamente la bocca arida.
-Vai avanti. Cosa è successo dopo?-
-Il caos.- disse Jareth, asciutto. - I miei Goblin erano allo sbando, i sistemi di difesa del Labirinto compromessi. Qualcuno ne approfittò per attaccarci.- Esitò un istante, la lotta con il suo orgoglio fu chiaramente percepibile. - Io non ero in grado di combattere e fui costretto alla fuga.-
Sarah rivide i sogni che aveva fatto nelle ultime settimane: il re incatenato e orribilmente torturato, la creatura nell'ombra che la ringraziava.
(Senza di te tutto questo non sarebbe stato possibile)
Ma lui è qui, davanti a me. il peggio non è ancora accaduto, si può ancora evitare.
Strinse una mano dentro l'altra per nascondere il tremito che la scuoteva le dita.
-Io non credevo...-
Jareth ebbe un sorriso feroce.
-Naturalmente, tu non credevi!-
Sarah arrossì per la collera.
-Non puoi rimproverarmi di aver lottato per riavere Toby! Non mi hai lasciato scelta! E comunque ti ho battuto giocando secondo le tue regole!-
-Le mie regole? -Jareth rise di cuore. - Oh, mia preziosa, avevo dimenticato quanto potessi essere divertente!-
La ragazza lo guardò disorientata.
-Avresti potuto riprendere il bambino: queste erano le regole!- disse Jareth con improvvisa freddezza. -Quello che hai fatto tu va molto oltre!-
Sarah scosse il capo, incapace di capire.
-Hai parlato dei miei amici. Ludo e Sir Didimus hanno smesso di rispondermi settimane fa. Oggi Hoggle mi ha praticamente detto addio.-
Jareth annuì lentamente.
-Sono ancora nel Labirinto. Prigionieri. Come tutti gli altri.-
-Li hai abbandonati lì!-
Gli occhi di Jareth si ridussero a due fessure e Sarah si pentì immediatamente di non aver tenuto la bocca chiusa.
-Ti prego, mia cara, continua. Ho sempre bisogno di consigli su come gestire le crisi nel mio regno.-
La sua voce era miele, il tono perfettamente noncurante. Sarah lo aveva visto così una sola volta: nella galleria sotterranea, prima che le scagliasse contro gli Spazzini. Il re voltò il capo di lato, lineamenti puri alla luce tenue che arrivava dalla strada.
- Io non posso permettermi di agire come una ragazzina isterica, che prima mi chiede di prendere suo fratello e poi strilla per riaverlo indietro. Ho delle responsabilità: per assolverle devo restare vivo!-
Sara si mosse a disagio.
Avrebbe voltuo chiedergli scusa, ma temeva di peggiorare le cose. Decise di lasciar cadere il discorso.
-Perchè hai voluto che ti chiamassi? Cos'hai in mente?-
Jareth la guardò.
-Un accordo. Torna con me nel Labirinto, aiutami a riprenderlo. Io ti aiuterò a trovare e salvare i tuoi amici. Dovunque siano finiti. Qualunque cosa siano diventati.-
Qualunque cosa siano diventati.
Sarah si rigirò quella frase nella mente e non le piacque per niente.
-Perchè hai bisogno di me?-
Il volto di Jareth era una maschera inespressiva circondata di ombre.
-Voglio saperlo.- insistette Sarah.-Dimmelo o non se ne fa nulla.-
Un sorriso di derisione affiorò lentamente alle labbra del re.
-Lasceresti i tuoi amici in difficoltà solo per farmi un dispetto, Sarah?-
La ragazza non rispose.
-No, naturalmente no.- concluse il re pacatamente.
E Sarah provò l'impulso di schiaffeggiarlo, perchè sapevano entrambi che aveva ragione.
-Non li punirai per avermi aiutato, dopo che io sarò tornata a casa?-
Il re ebbe una smorfia spazientita.
-Se avessi avuto intenzione di far loro del male, cinque anni fa non avrebbero raggiunto il mio castello al tuo seguito.-
Sarah gli piantò in faccia gli occhi verdissimi.
-Questa non è una risposta, re dei Goblin.-
Lui scoppiò a ridere.
-Non li punirò per averti aiutata, Sarah. Contenta?-
Lei annuì lentamente.
-C'è un'altra cosa. Se decido di accettare dovrò fidarmi di te.- disse cauta.
-E io di te... per il tempo necessario.-
-Chi mi assicura che manterrai la tua parte del patto?-
Jareth le sorrise malizioso.
-Lo sai bene: il Sottosuolo ha le sue regole. Le parole hanno un potere. I Sidhe non mentono. Quel che è detto è detto. Cose così.-
Sarah avrebbe voluto replicare che nel Labirinto barare faceva parte delle regole, ma lo tenne per sè.
-D'accordo. Accetto il patto.-
Jareth scrollò le spalle, il suo mantello fremette attorno al suo corpo come se respirasse.
Fece un rapido gesto con la mano guantata. Una piccola sfera di vetro si materializzò fra le sue dita. -Ti ricordi di questo?-
Sarah ricordava la sfera e ricordava perfettamente anche le parole del re. Le recitò a memoria, la voce appena incrinata dall'emozione.
-E' un cristallo, niente di più. Ma se lo fai girare e ci guardi dentro, ti mostrerà i tuoi sogni.-
Jareth sorrise.
Un'elegante torsione del polso e la sfera rotolò sul dorso della sua mano; una flessione delle dita e scivolò nel palmo con un luccichio vagamente ipnotico.
-Allora andiamo.-
E la lanciò in aria.

****


Shinigami Noir: grazie a te per aver risposto alla mia domanda e per il commento! spero che anche questo capitolo ti piaccia. Interpretare Sarah è relativamente semplice, Jareth invece è molto più difficile: mi scivola da tutte le parti. :P

Zizzy: ma ciao! Come vedi il nuovo capitolo è arrivato presto :) Spero ti piaccia quanto gli altri.

Daydreamer: Adrian e Gillian resteranno decisamente sullo sfondo, o al più li riciclerò in qualche altra storia, chissà.
La descrizione della stanza di Sarah è decisamente un must e non vedo l'ora di leggere la tua versione :)
Infine complimenti per la capacità di saper gestire più storie contemporaneamente... e alcune pure in Inglese! io mi incarto già con questa, che è una sola e nella mia lingua -_-
Bacio!

Crow84: Grazie per il commento! Sono contenta che la storia ti abbia preso :)

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Capitolo 5
*** Nel Labirinto ***


Grazie a tutti per le recensioni. Come sempre, le risposte a fine capitolo :)

Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

****


Il Labirinto si allargava sotto di loro come una ragnatela.
Da lontano era come Sarah lo ricordava: pareti di roccia e grovigli di siepi, percorsi che per interi chilometri si snodavano come serpenti e poi finivano in vicoli ciechi. In alcuni punti però le mura avevano un profilo irregolare, come fossero fatte di ossa accatastate piuttosto che di lastroni di pietra.
Il castello sorgeva ancora sulla collina, al centro esatto del Dedalo, ma non assomigliava per niente alla torre squadrata di cinque anni prima.
Era una massa nera e pulsante stagliata contro il cielo arancione. Guardando i suoi angoli impossibili e le sue strane propaggini, Sarah si rese conto che quella costruzione non poteva restare in piedi... eppure lo era.
Il vento sollevava manciate di polvere, la ragazza socchiuse gli occhi e si scostò una lunga ciocca di capelli dal viso.
- E' davvero cambiato!- mormorò assorta.
-Anche più di quanto sembri.-
La voce di Jareth la raggiunse da tergo e Sarah trasalì: si era dimenticata di lui.
Non riusciva a staccare gli occhi dal castello, acquattato al centro del Labirinto come un ragno nero.
-Ci sono esattamente le stesse cose. -notò.- Però hanno tutte un aspetto più sinistro.-
-Il Labirinto si è modellato nuovamente su di te. Se tu non fossi qui, il suo aspetto sarebbe molto peggiore!-
La voce del re era sopra la sua spalla, adesso.
Sarah rabbrividì nel sentire la sua guancia vicino alla propria. Si affrettò a spostarsi e si voltò verso di lui.
Gli abiti di Jareth erano cambiati: l'armatura e il mantello erano spariti; adesso portava stivali al ginocchio, pantaloni neri e un giustacuore di pelle, sotto il quale si intravedeva una camicia di mussola bianca.
Sulla spalla sinistra indossava uno spallaccio di metallo: era nero, di squisita fattura... e portava impresso in rilievo un verme bianco.
L'immagine del verme ornava anche la spalla destra della giacca e il polsino del guanto sinistro.
Sarah distolse subito lo sguardo, un deja vù la colpì con violenza.

(Jareth nella galleria sotterranea: aveva minacciato Hoggle e ora si avvicinava a lei con noncuranza.
Poggiava un braccio contro la parete e la fissava con occhi ridenti.
I capelli biondissimi gli circondavano il viso come un'aura di luce: Sarah si domandò come sarebbe stato affondarci dentro una mano, sentirne la morbidezza sotto le dita. Si chiese se le avrebbero lasciato un po' di quell'oro sulla pelle, come le ali delle farfalle.
Distolse lo sguardo perchè il re non le leggesse quel pensiero negli occhi.

-E tu, Sarah. Ti diverte il mio Labirinto?-
Il suo fascino era inebriante, quasi intossicante. Ma sotto quella facciata splendente strisciava, proprio come un verme, una nota di derisione che la riportò alla realtà.
-Un gioco da ragazzi!- disse in tono di sfida.)


Sarah ricacciò indietro i ricordi.
-Quanto tempo abbiamo questa volta?- chiese a disagio.
-Tutto quello che le circostanze ci lasceranno.-
-Be', allora cominciamo!- e si avviò lungo il pendio della collina senza attendere risposta.
Il sentiero era una scia di terra rossastra che serpeggiava tra blocchi di roccia e sterpi avvizziti. Jareth era una presenza di cui Sarah era acutamente consapevole, e che ogni tanto guardava con la coda dell'occhio. Notò che il pendente era ancora in suo possesso: gli ricadeva sul petto seminascosto dai pizzi della camicia.
Un'altra differenza con il mio sogno, pensò.
Nonostante la discesa fosse più ripida di come lei la ricordava, il re non perdeva la sua compostezza.
-Sai dirmi qualcosa in più sulle persone che hanno attaccato il Labirinto?- gli chiese a bruciapelo.
-Quali persone?-
Sarah si rimproverò mentalmente: aveva dimenticato che nel Sottosuolo le parole avevano un peso diverso che nel Sopramondo.
-Ok.-riformulò.- Puoi dirmi qualcosa in più della creatura che ha attaccato il Labirinto?-
-No.-
-No?- Per la sorpresa, Sarah mise quasi un piede in fallo. -Come sarebbe "no"?!-
-Sarebbe che non posso dirti nulla di più preciso.-spiegò Jareth senza guardarla e senza fermarsi.
La stava già distanziando nella discesa e lei si affrettò a raggiungerlo.
-Ma tu hai parlato di una minaccia! Hai detto che il Labirinto è stato attaccato! Che cosa è successo esattamente?-
-Ah, mia cara, questa è già una domanda diversa!- disse lui beffardo. - All'inizio sono comparsi nuovi elementi nel Labirinto. Per la maggior parte non erano minacciosi, ma si trattava comunque di cose che non ero stato io a creare o a lasciar entrare. Queste anomalie hanno cominciato ad estendersi, a cambiare le parti del Labrinto con cui entravano in contatto. Una, in particolare, raggiunse il castello e lo attaccò.-
Sarah vide le sue spalle irrigidirsi sotto la giacca di pelle.
-Come già detto -aggiunse Jareth tra i denti - non ero in grado di fare nulla e sono andato via, lasciando indifesi il castello e il Labirinto!-
La ragazza si sfiorò un fianco, e formulò la domanda con tutta la gentilezza di cui fu capace.
-Sei ancora tu il re?-
-Lo sarò finchè avrò il medaglione.- disse Jareth, asciutto.
-Quindi il Labirinto è ancora ai tuoi ordini! -esclamò la Sarah meravigliata.- Questa è un'ottima notizia: sarà un gioco da ragazzi arrivare al centro!-
-Ma davvero?- il re le scoccò un'occhiata obliqua. -Ti ricordo che su quelle anomalie io non ho alcun controllo, e non so quanto si siano estese in questi cinque anni!-
L'entusiasmo di lei si smorzò immediatamente.
-E' per questo che mi hai chiamato, allora. Vuoi che ti faccia da guida attraverso il tuo stesso Labirinto.-
Il re non rispose.
-Però non mi avevi detto che non conoscevi nemmeno la natura della minaccia!- disse Sarah.
-No? Ma che peccato!-
La ragazza gli passò davanti e gli sbarrò la strada, piantandogli in faccia gli occhi verdissimi. Jareth si fermò in mezzo al sentiero.
-Sì?-
-Puoi smetterla, per favore?-
-A cosa ti riferisci, mia cara? Ti vedo nervosa.-
Di nuovo quel sarcasmo strisciante sotto il tono suadente. Sarah non si lasciò scoraggiare.
-Puoi smetterla di distorcere, omettere, manipolare le infomazioni in tuo possesso? Pensi di poterti trattenere, almeno per il tempo in cui lavoreremo insieme ad un obiettivo comune?-
Gli occhi di Jareth si socchiusero, il suo volto era una maschera indecifrabile.
Sarah non riusciva a capire se fosse arrabbiato o divertito, ma pensò che in ogni caso le avrebbe risposto qualcosa di molto tagliente.
Invece il re strinse le spalle e continuò la discesa senza dire nulla.
-Siamo arrivati.- annunciò dopo un po', arrestandosi di fronte alle mura.
Erano più alte e irregolari di come Sarah le ricordava. Rampicanti filiformi, simili a sottilissimi capelli, si aggrappavano agli spazi fra un mattone e l'altro, gettando piccoli fiori di un rosa vorace.
Non c'erano fate che volassero da una corolla all'altra... soprattutto, pensò Sarah con una fitta al cuore, non c'era traccia Hoggle.
Jareth studiava le mura, sostenendosi il mento con una mano guantata.
Con un gesto automatico fece apparire un cristallo nell'altra mano e lo lanciò in aria. Quando lo recuperò era diventato un frustino e lui cominciò a batterlo distrattamente lungo la gamba.
Le porte del Labirinto si innalzavano proprio davanti a loro ed erano socchiuse, completamente coperte da quei rampicanti dai fiori rosa.
Sarah si diresse spedita in quella direzione.
-Non lo farei, se fossi in te.- commentò Jareth.
-Non è un gran problema, visto che non sei me!-
-Non sai riconoscere un buon consiglio nemmeno quando ti viene esposto in modo così semplice?-
Sarah si voltò di scatto, esasperata.
-Senti, io non so co...-
Jareth era così vicino che quasi andò a sbatterci contro. Aveva il frustino sollevato e lo calò violentemente verso il basso. Sarah gridò e si riparò istintivamente il viso, ma lui la mancò abbondantemente e strappò, invece, un grosso ciuffo di rampicanti che sporgeva sopra le loro teste.
Poi prese la ragazza per un braccio e fece un passo indietro, allontanandola dalle mura, senza mai distogliere lo sguardo dai ciuffi di foglie che erano caduti sul terreno.
-Guarda!- disse semplicemente.
Sotto gli occhi sgranati di Sarah, il ramo cominciò a contorcersi come un serpente, i fiori a pulsare. Dalle corolle rosate emersero file di denti che si chiudevano e si aprivano a scatti.
-Non avevi notato,- disse il re con voce flautata -che attorno alle mura non si vedono fate dei fiori?-
Allungò la punta del frustino contro il ramo. Quello lo serrò tra le proprie spire, i fiori azzannarono la superficie di cuoio riducendola a brandelli. Infine, con qualche altro spasmo, tutto il ramo avvizzì.
Sarah aveva le mani premute contro le labbra, il volto pieno di orrore.
Il volto di Jareth era un capolavoro di derisione.
-Pensi di poter provare a restare viva, almeno per il tempo in cui lavoreremo insieme ad un obiettivo comune?-
Senza attendere risposta, le voltò le spalle e cominciò a costeggiare le mura, mantenedosi a debita distanza.
Dopo un istante di esitazione, Sarah gli corse dietro.
-Ci sono altri ingressi?-
-Non che io sappia.-
-Allora come facciamo?-
-Non ne ho idea.-
Sarah esitò un istante.
-Comunque grazie... per avermi salvata.-
-Mi servi viva!- disse Jareth asciutto, senza guardarla.
Fiancheggiarono le mura per diversi metri, fino ad arrivare in un punto in cui erano completamente sgombre dai rampicanti. Sarah si fermò bruscamente.
-Aspetta, voglio fare una prova!-
Il re sollevò un sopracciglio.
-Qualcosa di brillante come poco fa?-
Per tutta risposta, Sarah frugò nella tasca dei jeans e ne trasse il rossetto.
-E' il secondo che faccio fuori nel Labirinto: sappi che mi aspetto un rimborso!-
Si avvicinò alla parete sgombra e vi disegnò un rettangolo. Fece un passo indietro e contemplò la propria opera.
-Grandioooso!- commentò Jareth con enfasi. -E ora?-
La ragazza vi aggiunse due cardini e una maniglia: il rettangolo sparì immediatamente e al suo posto si materializzò una porta.
Sarah levò un braccio verso l'alto e lanciò un gridolino di trionfo. Abbassò la maniglia e la spalancò.
Si voltò verso il re.
-Non vieni?- disse allegramente.
-E questo come ti è venuto in mente?- Jareth era visibilmente colpito.
-Be', mi è sembrato un trucco che potesse funzionare nel Labirinto. Il Labirinto che conoscevo io, almeno!-
Jareth la seguì attraverso il varco, che si richiuse dietro di lui con un tonfo sordo.
Si ritrovarono in un lunghissimo corridoio rettilineo, che sembrava la versione distorta di quello che Sarah aveva affrontato anni prima.
Le pareti erano così alte che alla sommità sembravano sfiorarsi, e così ravvicinate da consentire il passaggio di una sola persona per volta. La luce, che fuori dalle mura era di un caldo colore aranciato, nel fondo del corridoio era di un grigio inquietante.
-Fa venire i brividi...- commentò Sarah guardandosi intorno.
-E' giusto un po' smorto.- concordò il re, compassato.
La ragazza cominciò a camminare tastando il muro interno. Al tatto era umido e cedevole, come se i mattoni avessero una consistenza spugnosa.
-L'ultima volta c'era un passaggio dissimulato nella parete: magari lo trovo di nuovo.-
-Non penserai che il mio Labirinto si lasci giocare da te una seconda volta, allo stesso modo!-
Sarah continuò a procedere tastando il muro, il naso rivolto al cielo lontano.
-Continui a dire il mio Labirinto qua il mio Labirinto là. Se è davvero il tuo Labirinto, potresti chiedergli cosa fare per passare avanti! O almeno potresti trasformarti in civetta e volare al di sopra del muro, no?-
-Io non mi trasformo in una civetta!- precisò Jareth, seccato. -La mia seconda forma è quella di un barbagianni!-
Sarah si portò una mano alle labbra per nascondere un sorriso.
Terribilmente vanitoso.
-Be', comunque sia, perchè non lo fai?-
-Non servirebbe! Le mura sono magiche: continuerebbero a crescere verso l'alto per impedirmi di passare.-
-Capisco. -sospirò la ragazza. -Se almeno potessi rivedere il signor verme... Forse ci darebbe una mano!-
Si zittì di scatto e si voltò: il re la stava scrutando attentamente, le mani puntellate sui fianchi.
-Qualcosa non va?-
Per un lungo momento Jareth fece silenzio. Poi:
-Ho sempre trovato stupefacente il tuo ascendente sui miei sudditi.-
C'era qualcosa di sbagliato nella sua voce, o almeno di diverso. Sarah impiegò qualche istante per capire di che si trattava: non c'era sarcasmo.
Per obliquo che fosse, era il primo complimento di cui il re dei Goblin la omaggiava. Avvertì una sensazione di calore alle guance, e si sentì stranamente a disagio.
Si voltò e continuò a procedere lungo il muro.
-Una volta Hoggle mi disse che se ti avessi conosciuto come ti conosceva lui, non sarei stata tanto audace da sfidarti. Eppure gli hai permesso di aiutarmi. Perchè?-
Jareth ebbe uno sbuffo di derisione.
-Hoggle era vile, egoista e vigliacco: un servitore perfetto! All'inizio la sua affezione per te mi divertì, ma poi l'affezione divenne addirittura coraggio, e questo... mi soprese. Non sono molte le persone capaci di sorprendermi. Tendo ad essere insensatamente generoso con quelle che ci riescono!-
-Generoso...!- Sarah si rabbuiò.- Tu giochi con la vita delle persone come un gatto col topo: cosa c'è di generoso in questo?-
-Ognuno ha i suoi svaghi.- disse Jareth con sufficienza.
-Svaghi?!- Sarah si arrestò di scatto e si voltò. -Tu rapisci i bambini dai loro letti e li trasformi in Goblin! Come puoi chiamarlo svago?-
Una risata di superiorità fece vibrare le spalle del re.
- Ti stai confondendo, mia cara: quello è lavoro!-
-Sei un mostro!-
Il re ebbe un gesto spazientito.
-Mostro? Mostro? Mostro, tra-la-la?! Andiamo, mia cara, da te mi aspetto una definizione più precisa!-
Sarah scosse il capo.
-Dio, non posso crederci. Per te è tutto una specie di gioco!-
Jareth si appoggiò le mani sui fianchi, nella penombra il suo viso sembrava una maschera.
-Niente affatto! Io prendo ciò che mi viene offerto. Fa parte dei miei doveri!-
-Ma davvero? Anche manipolare i sogni delle persone fa parte dei tuoi doveri?-
-Temo di doverti deludere: inviare sogni ai mortali non rientra tra i miei pur notevoli talenti. Io posso solo materializzarli.- Chinò il capo da un lato, le ciglia abbassate. Sulle labbra sottili affiorò un sorriso carico di sottintesi. - Per cui, mia cara, se ti stai riferendo ad un certo sogno di cinque anni fa... forse dovrei essere io a chiederti qualche spiegazione. Ad esempio sul perchè tu sognassi di ballare avvinghiata a me!-
Sarah si sentì avvampare.
-Avvinghiata, eh?- Si puntellò le mani sui fianchi, in una posa quasi speculare a quella di Jareth.- Sai, caro re dei Goblin, secondo me ti stai confondendo con qualcuno dei tuoi sogni!-
E per dare enfasi all'affermazione, diede un colpo sulla parete.
Solo che, invece di offrire una resistenza, il muro la inghiottì.

****


Shinigami Noir: Wow, cara, sono felice che Jareth ti sia piaciuto! Ti assicuro che realizzarlo è stato davvero difficile, anche se sono molto felice che non si veda :)
Per quanto riguarda Didimus... ehm, confesso che fra gli amici di Sarah è quello che mi ispira meno :P
Se ti va e hai cinque minuti, mi dici perchè ti piace? Un punto di vista così diverso dal mio mi interessa moltissimo!

Daydream: ciao miss! Quella frase è volutamente ambigua, verrà spiegata più avanti! :)

Crow84: ciao Crow! non ho letto i romanzi della Hamilton, per cui non so in che termini ne parla lei. Per quel che so io "Sidhe" è il nome celtico del Sottosuolo, ma nelle FF inglesi lo vedo usare anche come un abbreviativo di "Daoine Sidhe", cioè le Fate, Faerie o Popolo Bianco o altri 50 nomi diversi che hanno :) Io lo uso come sinonimo di Fata, appunto. Spero di essere stata chiara e di non essermi ingarbugliata troppo con le parole :)

Zizzy: Sì, infatti è proprio la scena cui mi sono ispirata! :D
Sono felice sia venuta bene e ti sia piaciuta! Per Ludo mi chiudo, ovviamente, nel più assoluto silenzio u_u
Ah, ho commentato la tua originale... mi permetto di dirtelo in questa sede perchè ho visto che l'hai postata un po' di tempo fa e magari non controlli più le recensioni.

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Capitolo 6
*** Mad world ***


Fastidio cosmico! Ho riscritto questo capitolo tre volte, perchè ogni volta che ero prossima alla fine saltava la luce e di norma, vi prego di notare l'intelligenza, durante la stesura non salvo mai!
Spero non abbia risentito troppo di tutti questi rimaneggiamenti. Se potete, mi fate sapere?
Come sempre resto aperta ad ogni tipo di consiglio e/o critica :)

Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

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Lei era sparita nel muro da pochi secondi, e già il Labirinto cambiava.
La luce diventava ancora più fioca... o forse era il corridoio che si restringeva ulteriormente: Jareth non riusciva a capirlo.
Ombre dense e corpose si allungavano come tentacoli dalla sommità dei muri; qua e là le pareti si gonfiavano, deformate da strane tumefazioni. Una crepa sottilissima si aprì davanti al volto del re con uno scatto secco: un liquido nero cominciò ad affiorare dalla profondità della fessura, e Jareth capì che era il momento di andare.
Trovò il passaggio in cui era sparita Sarah e lo attraversò.
La luce del giorno gli ferì gli occhi e lui sbattè le palpebre, ritrovandosi nel secondo livello del Labirinto.
I corridoi erano molto più larghi, i muri più bassi. Il colore predominante era un grigio smorto, ma nel complesso l'atmosfera era meno soffocante che nel primo livello.
-Oh, eccoti qui!-
Sarah, naturalmente.
Sarah nella foresta, che prendeva l'enorme zampa di Ludo e gli parlava come fosse un bambino, Sarah alle porte della città di Goblin, che guardava Hoggle negli occhi e gli diceva, con semplicità: "Io ti perdono".
Sarah che lo fronteggiava, gli occhi ardenti di fuoco verde.
(Tu non hai alcun potere su di me!)

Adesso era in piedi davanti a lui, con i capelli sciolti su una spalla e le braccia incrociate sotto il seno.
Il suo volto era impenetrabile: Jareth avrebbe voluto accostarle le labbra all'orecchio e schernirla, chiederle dove fosse l'espressione tenera e disarmata con cui si rivolgeva ai suoi amici. Avrebbe voluto sfiorarle il collo con le dita, scostare le ciocche brune dalla pelle candida, e chiederle che fine facesse, quell'espressione, quando parlava con lui.
Il suo silenzio dovette sembrare strano, perchè Sarah cercò i suoi occhi e disse in tono esitante:
-Stavo cominciando a preoccuparmi.-
Jareth si girò verso il muro, una smorfia che gli affiorava alle labbra.
-Ma davvero? - riversò in quelle due parole tutto il veleno che riuscì ad istillare, senza curarsi del sapore che gli lasciavano in bocca.
Sarah lo guardò attentamente per qualche istante, poi strinse le spalle.
-Vogliamo proseguire?- lo invitò, e scelse un corridoio prima che Jareth potesse risponderle.
Lui la seguì, gli occhi puntati sulla curva indifesa delle sue spalle.
-Come fai a sapere quale strada prendere?- buttò lì con studiata indifferenza.
Sarah camminava senza fretta, sfiorando le pareti di pietra con la punta delle dita.
-Io non so quale strada prendere.-precisò.- So soltanto dove voglio arrivare, e continuo a camminare finchè non ci arrivo.-
-Potresti impiegarci anni.-
Lei gli scoccò un'occhiata da sopra la spalla.
-L'ultima volta non è andata così.-
Jareth non rispose. Era bravo a riconoscere le emozioni umane: aveva dato voce ad uno dei timori di Sarah e lo sapeva perfettamente. Ciò che faticava a concepire era che lei non si lasciasse fermare dalle proprie paure.
Uscendo da un vicolo incontrarono un bivio.
Al centro sorgeva un monolite e da ogni lato emergevano mani scheletriche che indicavano tutte le direzioni.
Un uccellino si posò su una di esse: la mano si serrò di scatto e lo stritolò. Poi lo gettò a terra: una palla di piume, sangue e ossa spezzate.
Sarah trasalì, un lieve movimento delle spalle sotto le pieghe della camicia, una leggera esitazione nel passo, ma non si fermò nè rallentò: aggirò il monolite e proseguì.
Senza farsi notare, Jareth si chinò a raccogliere i resti del piccolo animale.
Unì a coppa le mani guantate e le avvicinò alle labbra.
-Torna indietro.- sussurrò.
Poi lanciò l'uccellino in aria: quello prese il volo con un frullo d'ali.
Quando Jareth la raggiunse, Sarah stava procendendo lungo un corridoio tappezzato su entrambi i lati da volti di pietra. Avevano gli occhi chiusi, come se dormissero, e lei si premette un dito contro la bocca, ammonendo Jareth al silenzio.
-Falsi Allarmi.- mimò muovendo le labbra.
Jareth annuì.
Una delle facce spalancò improvvisamente gli occhi, una sclera gialla dall'iride rossa fissò la ragazza.
Sarah sobbalzò: Jareth si ritrovò con la sua schiena ad un soffio dal proprio petto.
-Sì, Sarah, stagli vicino!- la voce del falso allarme era stridula e beffarda. -Lui ti proteggerà da noi... ma chi ti proteggerà da lui?-
Il re si accigliò.
-Non è niente,- disse impaziente. -Non possono fare nulla: possono solo parlare.-
Un'altra faccia aprì gli occhi accanto alla prima.
-Parlare? Possiamo fare molto più che parlare. Possiamo dire la verità!-
Il Falso Allarme si rivolse a Sarah.
-Non crederai che ti abbia perdonato per averlo sconfitto, vero?-
-Non crederai di poterti fidare!-
Altre facce, altre parole.
-E dire che ormai dovresti conoscerlo: è il re dei Goblin, rapisce bambini per trasformarli in Gnomi!-
-Ha rapito tuo fratello, ricordi?-
-E ha tentato di uccidere te!-
Sarah si guardava intorno spaesata, le facce continuavano a svegliarsi una dopo l'altra, le loro voci ad accavallarsi in un brusio martellante.
-Oh, è affascinante, non è vero?-
-Seducente, quando vuole! Oh, sì!-
-Ma chissà cos'ha in mente davvero!-
-Chissà quante cose ti ha nascosto!-
-Se sapesse cosa provi realmente per lui, non credi troverebbe il modo di approfittarne?-
-Glielo hai detto, Sarah, quante volte hai ripensato all'offerta che ti ha fatto?-
-Glielo hai detto, Sarah, che non hai mai dimenticato quel ballo?-
-Lo hai detto almeno a te stessa che hai trovato la strada nel Labirinto, ma nel tuo mondo ti senti persa?-
Sarah si tappò le orecchie.
-Basta così!-
Le teste tacquero per un istante. Poi, spietate, cominciarono a cantare.

All around me are familiar faces

Worn out places
Worn out faces

Bright and early for their daily races
Going nowhere
Going nowhere

Their tears are filling up their glasses
No expression
No expression

Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow
No tomorrow

And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very very
Mad world
Mad world
(*)

Jareth si tamburellò le labbra con le dita, seccato.
Sarah aveva le spalle curve e i pugni stretti, come se, invece che parole, i Falsi Allarmi le stessero riversando addosso una pioggia di colpi.
Il re cominciava a sentire aria di "non è giusto": la prospettiva lo entusiasmava così poco che fu sul punto di intervenire in aiuto della ragazza.
Un pensiero torpido lo bloccò, grattando sul fondo della sua mente:
E se invece scoppiasse a piangere?
Ecco, questa era una prospettiva interessante e niente affatto sgradevole.
Sotto il suo sguardo, invece, Sarah raddrizzò lentamente la schiena.
Sollevò il mento con aria indignata e guardò le facce una per una.
-Sapete, siete dei pessimi Falsi Allarmi.- dichiarò con fermezza.
Nel vicolo calò il gelo. Lei ne approfittò per continuare.
-Ho conosciuto quelli vicino alle segrete: loro sono molto più bravi!-
Jareth la osservò con interesse: stava recitando, e gli sembrava anche piuttosto evidente. Ma dopotutto lui era un ingannatore, e i Falsi Allarmi invece no.
Si guardarono gli uni con gli altri, palesemente sconcertati.
-Per esempio?- azzardò uno di loro. -In cosa sarebbero più bravi i Falsi Allarmi delle segrete?-
Sarah li guardò disgustata.
-Tanto per cominciare, la voce! Profonda, impostata! Non questa specie di... di borbottio disordinato! E poi loro sono molto educati: non se la prenderebbero tutti insieme con una ragazza indifesa, sbandierando ai quattro venti gli affari suoi!-
Jareth sollevò un sopracciglio.
Avrebbe voluto obiettare che a parer suo la ragazza che aveva attraversato il Labirinto, sconfitto lui e distrutto metà del regno non era proprio "indifesa", ma si limitò ad incrociare le braccia, un leggero sorriso agli angoli delle labbra.
Sarah riprese ad avanzare lungo il vicolo, dritta come un fuso.
-Andiamo, re dei Goblin. Non perdiamo tempo con questa gentaglia!-
I Falsi Allarmi erano mortificati.
-Aspetta! Aspetta!-
-Facci riprovare!-
Sarah procedette con passo spedito.
-Nemmeno per sogno! Non ho tutto il giorno!-
-Dacci almeno la possibilità di scusarci!-
Sarah si fermò, li scrutò da sotto le ciglia.
-Scusarvi, eh?-
-Sì, chiedici qualcosa! Ci faremo perdonare!-
La ragazza finse di pensarci un po' su.
-Bene, se la mettete così... Sapete dirmi da che parte, per il castello?-

Quando raggiunsero la fine del vicolo, Jareth aveva le spalle scosse da fremiti di ilarità. Sarah si voltò verso di lui, furiosa.
-Be', che c'è di divertente? Trovi così buffe le cose che hanno detto?-
Jareth rovesciò il capo all'indietro e rise apertamente, di cuore.
-Mia cara, solo a te poteva venire in mente di affrontare i Falsi Allarmi con una lezione di buone maniere! Se qualcuno mi avesse prospettato una scena del genere, lo avrei mandato nella Palude a smaltire la sbornia!-
-Che senso dell'umorismo assurdo!- sibilò Sarah.
Jareth vide la sua espressione e provò l'impulso di ridere ancora più forte. Era furente e piena di vergogna per essere stata messa a nudo, come se per leggerle dentro fossero necessari dei Falsi Allarmi, e non bastasse guardarla negli occhi!
E tuttavia, al re parve di vederla per la prima volta, con una chiarezza quasi dolorosa: un misto incomprensibile di forza e vulnerabilità.
C'era una ferita nascosta in lei, una fessura che percorreva la sua armatura e sulla quale lei stessa non indugiava mai. Jareth si chiese come sarebbe stato infilare le dita dentro quella incrinatura e allargarla, allargarla, allargarla, fino a far saltare l'intera corazza e lasciare Sarah priva di difesa.
E finalmente spezzarla.
(O stringerla al petto)
Si voltò di lato, infastidito.
Quando si girò di nuovo, davanti a lui sorgeva un muro.

****


-No, non di nuovo!-
Sarah battè le mani sulla parete.
-Re dei Goblin? Jareth?-
Tastò il muro, ma incontrò soltanto la superficie di solida pietra. Cominciò a spingere con tutto il proprio peso, ma era inutile.
-Merda!- imprecò sottovoce. -Jareth, ci sei? Riesci a sentirmi?-
A rigor di logica lui doveva essere dall'altro lato, e quindi perfettamente a portata d'orecchio, ma la logica non era proprio la priorità del Labirinto, pensò con una smorfia.
-E ora?- chiese a voce alta.
Si guardò intorno. Le pareti erano grigie e chiazzate di muffa. Irradiavano una sgradevole sensazione di umido e Sarah si allontanò di qualche passo.
Forse è meglio che mi metta a cercare le porte, .
Non voleva rimanere ferma in quel posto un istante di più.
-Jareth, -azzardò a voce alta.- Nel caso tu fossi in ascolto... ci vediamo davanti alle porte per il terzo livello!-
Non giunse risposta e Sarah si incamminò.
Il corridoio svoltò bruscamente, immettendosi in un vicolo tetro.
Grossi funghi bruni sporgevano dal muro rendendo invisibile la parete. Sarah ci passò in mezzo cercando di non toccarli, e le parve che le quelle masse carnose somigliassero a volti umani.
Finalmente raggiunse uno spiazzo e tirò un sospiro di sollievo, che subito le si mozzò in gola per lo stupore.
Il piazzale era sovrastato da un arco di pietra tappezzato di quegli orribili funghi marroni, e sotto l'arco c'era qualcuno.
La figura era avvolta da capo a piedi in un drappo azzurro, il volto si perdeva fra le profondità del cappuccio. Era seduta su uno sgabello di legno: stava china sopra una culla e la faceva ondeggiare, poggiandovi sopra una mano annerita.
La culla cigolava acutamente: un suono sinistro che si perdeva fra i corridoi silenziosi del Dedalo.
Alle spalle della figura (una donna, decise Sarah) c'era un muro, e sul muro una scritta.

Da quanto dura questa cantilena.
Non correre da sola dentro il bosco.
Non fermarti da sola per la strada.
Non devi mai fidarti dell'estraneo che si avvicina a te con gentilezza.
La beltà s'accompagna alla saggezza.
Il lupo assume le più strane forme, con l'ambigua parola che t'inganna.
Mai lui rivelerà i propri intenti.
Più dolce la sua lingua, più aguzzi i denti.
(**)

Sarah spostò il proprio peso da un piede all'altro.
A parte i Falsi Allarmi, la donna era la prima persona che incontrava nel Labirinto: l'impulso di correrle incontro era quasi irresistibile. Sarah trattenne l'impazienza e rimase dov'era.
-Signora...?-chiamò.
La figura non diede segno di averla udita.
La culla continuava a dondolare, il cigolio snervante aveva qualcosa di irreale.
Sarah tentò di nuovo.
-Signora, ha visto per caso...-
Un odore dolciastro le colpì le narici, così improvviso e sgradevole da farle distogliere lo sguardo con una smorfia. Quando lo riportò sulla figura, la scritta sul muro era cambiata.

Un giorno un villaggio fu assalito da talmente tanti lupi,
che quando andarono a prendere l'acqua,
ne tirarono su uno dal pozzo col secchio.
(**)

Sarah deglutì.
-Signora, sa come posso raggiungere...-
Con estrema lentezza, la donna infilò una mano fra le pieghe della veste e ne trasse fuori un grosso ratto.
L'animale sgambettava e squittiva, ma la donna lo teneva saldamente per la coda. Strinse le lunghe dita attorno al collo del ratto e lo spezzò, poi tenne l'animale sospeso sopra la culla.
Un tentacolo sottile saettò fuori dalle lenzuola candide, chiudendosi attorno al corpo della bestiola e facendolo sparire.
Sarah indietreggiò.
-Io... credo che... ehm, farò da sola.-
La scritta cambiò ancora.

Quando incontri un uomo nudo nella foresta,
scappa come se vedessi il diavolo in persona.
(**)

Era troppo.
Sarah voltò le spalle e corse via.

****


Jareth voltò le spalle al muro e ripercorse il corridoio da cui era venuto. I Falsi Allarmi erano spariti, ma la cosa non lo sorprese.
Udiva le pareti muoversi intorno a lui mentre non le guardava: non aveva idea di dove si stesse dirigendo.
Progioniero nel proprio Labirinto! Era una situazione grottesca, altrochè, ma solleticava in modo perverso il suo senso dell'umorismo.
Un bisbiglio lo raggiunse da un punto imprecisato intorno a lui.
E' lui?
Non può essere!

Jareth si voltò di scatto, ma non vide nulla, solo funghi bruni che si protendevano dalle pareti come mani impazienti.
Il bisbiglio si ripetè, proveniente da un'altra direzione.
Sembra proprio lui!
Jareth si guardò intorno.
-Venite fuori.- ordinò.
Non possiamo, maestà! Non più.
-Allora fatevi vedere!-
Sui mattoni della pavimentazione affiorarono piccoli volti: Jareth riconobbe i folletti che stavano a guardia di quel livello del Labirinto. Erano diventati un tutt'uno con la pietra.
Si inginocchiò.
Siete voi, Maestà?
Ci riconoscete?
Il re sfiorò i bordi di uno dei mattoni.
-Certo che vi riconosco. Chi vi ha ridotto così?-
I folletti gemettero.
Temevamo di non vedervi più, Sire. Temevamo aveste dimenticato il Labirinto. Temevamo ci aveste dimenticati tutti!
-Sciocchezze! Non ho dimenticato nessuno. Sono tornato per riportare le cose alla normalità.-
Oh, Maestà, è troppo tardi: le cose sono troppo cambiate!
Per poterle riportare alla normalità, anche voi dovrete cambiare!
Jareth avvertì un brivido corrergli lungo la schiena.
-Farò tutto ciò che sarà necessario.-
E' rischioso!
-Lo so! Lo farò lo stesso. Userò lei. L'ho portata qui apposta.-
E se non riuscisse?
-Riuscirà. E' la persona giusta.
E se si rifiutasse?
-Non lo farà.-
Non glielo permetterò.
-Adesso mostratemi dove si trova.-
I volti sparirono sotto i mattoni.
Al loro posto affiorarono delle frecce.

****


Sarah imboccò una strada a caso, svoltò, si ritrovò ad un altro bivio, scelse senza pensarci.
-Dove sono le porte?- ansimò.- Devo trovare le porte!-
Vide l'imboccatura di un vicolo, un riquadro nero proprio davanti a lei.
Vi andò incontro, decisa ad imboccarlo, ma quando fu a pochi metri di distanza una figura prese forma dal buio: un volto pallido, i capelli scomposti e le labbra piegate all'ingiù in una smorfia di angoscia.
Sarah indietreggiò precipitosamente.
Anche la figura parve allontanarsi.
Perplessa, Sarah si protese in avanti: la figura fece lo stesso.
La ragazza rimase immobile e guardò meglio.
Quello che le era sembrato l'imbocco di un vicolo era in realtà una lucida porta nera, e la figura che le sembrava sul punto di balzarle addosso era in realtà il suo riflesso che le correva incontro.
Sarah ebbe una risatina.
-Che stupida! E' solo la mia immagine!-
Sollevò la mano, facendo un cenno di saluto.
Il riflesso sollevò la mano a sua volta: un gesto in tutto e per tutto speculare a quello di Sarah.
La ragazza si avvicinò a quella strana superficie scura.
-Sembra che io abbia trovato la porta...- mormorò.
La tastò, cercando una serratura, dei cardini, un qualche tipo di apertura.
-Vorrei proprio sapere come si passa dall'altro lato...-
Come in risposta alle sue parole, un sorriso folle deformò la faccia del suo riflesso. Un paio di mani pallide e artigliate sbucarono dalla superficie e ghermirono Sarah per le spalle, tirandola dentro.
La ragazza cadde nel buio per un tempo che le parve interminabile.
Una segreta, pensò confusamente.
E questa volta non c'erano mani a sostenerla.
Gridò finchè l'impatto col suolo non la zittì, strappandole l'aria dai polmoni. Battè la testa: sentì il colpo risuonarle dentro il cranio e vide l'oscurità frantumarsi in una miriade di stelle.
Udì il suono di una grata che veniva rimessa a posto.
Proprio come l'altra volta, pensò, ma la testa le faceva troppo male perchè riuscisse a preoccuparsi davvero.
Vide una figura in piedi accanto a lei. Sembrava circondata di oscurità, ma forse era la sua vista che si stava affievolendo.
Cercò di sollevarsi, ma il corpo non le rispose, le sue braccia ebbero solo pochi fremiti scoordinati.
Potrebbe uccidermi adesso e non me ne accorgerei nemmeno.
E sull'ultima parola perse i sensi.

****


(*) Mad World, versione di Gary Jules
(**) dal film In compagnia dei lupi, di Neil Jordan
La scena con la donna e la culla è pesantemente ispirata ad un quadro di Beksinski

Shinigami Noir
: caaapito! Ok, allora vedrò di non fare troppo male al caro vecchio Didimus *evilgrin* Scherzi a parte, grazie per i complimenti :)

Crow84: grazie, grazie, e ancora grazie! Mica lo so se mi merito davvero tutti i complimenti che mi fate! Però intanto me li prendo! ;)

Daydreamer: nu, purtroppo non ce l'ho presente :( Pur essendo una grande amante di letteratura fantastica, confesso che "Il signore degli anelli" (e parlo sia del libro che dei film) mi ha sconfitto dopo le prime battute :S Il paragone con un classico però è sempre lusinghiero! Grazie! :*

FleurDeLys: grazie, sei gentilissima! Il mio stile mi preoccupa perchè lasciato a se stesso è sempre molto prolisso o molto scarno. E allora, a forza di tagliaretagliaretagliare le parti prolisse e rimpinguare quelle scarne, finisco per non capire più nulla, nemmeno come risulti la lettura :)
P.S.- Mi sembra improbabile che la tua storia possa deludermi. Fino ad ora mi ha conquistata sempre di più. In più, sulla scia della tua FF sono andata procurarmi il dottor Who. Ora ne sono fortemente dipendente e la responsabilità morale è tua! :D

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Capitolo 7
*** Specchi oscuri ***


Oook, due aggiornamenti in pochi giorni: direi che non vi potete lamentare! :)
Questo capitolo mi preoccupa un poco: l'avevo in mente da quando ho iniziato la storia, ma è venuto completamente diverso da come mi aspettavo. Mi fate sapere che ne pensate? Se vi sembra troppo pesante, non vi convince o altro?
Colgo l'occasione per avvisarvi che il prossimo si farà attendere un bel po', per cui avete tutto il tempo per comprare i pomodori maturi e tirarmeli ;P
Come sempre, un grazie alle commentatrici: i vostri feedback sono preziosi! :*



Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

****

"A nightmare created to be the darkness, and the fear of darkness in every human heart.
A black mirror, made to reflect everything about itself that humanity will not confront."

Sandman, Neil Gaiman


L'incontro con se stessi è una delle esperienze più sgradevoli alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo circostante.
Carl Gustav Jung



 


Sarah riaprì gli occhi: l'oscurità era così uniforme che pensò di essere diventata cieca.
Poi una luce verde guizzò nell'aria: descrisse nel buio un arco perfetto e si posò su una candela. Le ombre si ritirarono sul fondo della segreta, ma per contrasto sembrarono più fitte.
La ragazza strinse gli occhi.
Hoggle?
Cercò di pronunciare il nome del nano, ma si rese conto di non esserci riuscita.
Ritenta, sarai più fortunata.
-Hoggle...? Sei tu?- sentiva la bocca impastata, come fosse piena di ovatta.
C'era qualcuno oltre a lei: non riusciva a vederlo, ma la sua presenza pervadeva la stanza.
La ragazza si sollevò su un braccio: il cambiamento di posizione scatenò un terremoto nella sua testa e lei deglutì più volte per non vomitare.
Un volto bianco emerse dall'oscurità: i lineamenti ridotti a poche linee essenziali, le guance scavate come quelle di un teschio.
Sarah sentì il cuore accelerare i battiti, il respiro incastrarsi in gola.
Poi lo sconosciuto avanzò alla luce verde della candela, e la ragazza si rese conto che non era affatto un teschio: aveva, invece, l'aspetto di un uomo perfettamente normale.
Anche troppo normale.
Dall'oscurità emersero un paio di spalle, una T-shirt scura, due gambe avvolte in un paio di jeans stinti. Quell'abbigliamento, così ordinario nel Sopramondo, sembrava del tutto fuori posto lì nel Labirinto. La carnagione dell'uomo era molto chiara, i suoi capelli catturavano il verde della candela in modo così perfetto da lasciar pensare che fossero bianchi.
Sarah sentì la pelle d'oca coprirle le braccia: senza sapere perchè, si ritrovò tesa e lucidissima.
Con il capo leggermente chino da un lato, l'uomo la guardò da sotto le pallide ciglia.
-Stai bene, Sarah Williams?-
La sua voce fece trillare nella testa della ragazza un nugolo di campanelli d'allarme.
Conosce il mio nome.
-Chi sei?- disse. Senza perderlo di vista un istante, tastò la parete in cerca di un appiglio. -Ci conosciamo?-
-Io ti conosco.- disse l'uomo con gentilezza.
Sarah si alzò in piedi e si addossò al muro, sperando che il mondo smettesse di oscillare. Sentiva la testa pesante e qualcosa di umido colarle sul viso e sul collo, ma non osava staccare il braccio dalla parete per toccarsi la faccia. Lo sconosciuto si protese verso di lei, i palmi rivolti verso l'alto, le pallide braccia tese.
-Sei così fragile... ! Permettimi di aiutarti.-
-NO!-
Sarah si accorse si aver gridato.
-No.- Deglutì. -Faccio da sola.-
-Come desideri.-
Lo sconosciuto dischiuse le labbra
(Che denti grandi che hai...)
il suo sorriso galleggiava nell'ombra come quello dello Stregatto. Non faceva nulla di minaccioso, eppure emanava qualcosa di mostruoso.
-E' da molto tempo che aspetto di incontrarti, Sarah Williams. Stavo cominciando a disperare.-
Lei avrebbe voluto dirgli di smetterla di ripetere il suo nome. Assumeva un suono molto sbagliato quando usciva dalle sue labbra. L'uomo le si avvicinò, scrutandola in quel modo strano, da sotto le ciglia abbassate.
-Sei così bella... hai degli occhi così belli...-
All'improvviso Sarah riconobbe la sua voce: l'aveva sentita nei sogni! Era lo stesso uomo che compariva nei suoi incubi!
Lo sconosciuto protese una mano verso di lei e Sarah si appiattì contro il muro.
-Non ti avvicinare! Resta dove sei!-
L'uomo non parve udirla. Le sfiorò delicatamente le ciglia con i polpastrelli, le accarezzò il viso con il dorso delle dita. Il suo tocco era ripugnante, come se qualcosa di freddo e viscido gli strisciasse sotto la pelle. Quando ritirò la mano, Sarah vide che aveva le dita sporche di sangue.
-Sei ferita. Lascia che ti aiuti.-
-HO DETTO NO!-
Sarah gli piantò le mani contro il petto e lo spinse via con tutta la forza che aveva. Lo fissò tremando, scossa da quella vicinanza, dal proprio gesto, dalla reazione che l'altro avrebbe potuto avere.
L'uomo barcollò fino al centro della stanza, piegato in avanti come se lei, invece di averlo spinto, gli avesse piantato un coltello nello stomaco. Un tremito gli scuoteva le spalle.
Sarah lo fissò sconcertata: l'uomo stava ridendo; un suono orribile, come di ossa che si spezzavano.
-Me lo sono meritato, immagino!-
Si raddrizzò e la guardò in modo diretto.
Non può essere!
Lo sconosciuto non aveva occhi: dietro le sue palpebre si spalancava l'oscurità più assoluta.
Le andò incontro. Le posò le mani sulle spalle con delicatezza, ma Sarah sentì la forza in quelle braccia e non dubitò nemmeno per un istante che, se avesse voluto, lui avrebbe potuto spezzarle le ossa. Il suo tocco sapeva di corruzione e morte e di abissi che la mente non osava contemplare.
La scrutò con quelle orbite vuote, in cui si contorcevano tenebre senza fondo, e Sarah sentì che, se ci fosse caduta dentro, quel buio l'avrebbe annientata. Gridò di terrore e si dibattè con violenza, le guance rigate di lacrime.
L'uomo parve sorpreso e leggermente divertito dalla sua reazione.
La strinse un po' più forte, le bloccò le braccia lungo i fianchi. La sollevò contro il muro come fosse una piuma, e non una giovane donna che scalciava per liberarsi. Le si avvicinò di un passo e le posò un bacio sulla fronte.
Sarah sentì la morbidezza delle sue labbra: erano tiepide, ma il tocco la gelò fino alle ossa. Cercò di gridare di nuovo, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
Lasciami andare...
Non sapeva se lo aveva detto o solo pensato. L'uomo le sorrise con gentilezza.
-Ma certo che ti lascio andare, Sarah Williams. Ogni tuo desiderio è un ordine.-
Fece un passo indietro, le sue mani scivolarono via. Sarah si ritrovò libera, accasciata contro la parete.
-A presto, Sarah Williams. Io ti aspetto.-
L'uomo si dileguò nell'oscurità e l'aria fu subito meno soffocante, il buio meno fitto.
Sarah notò una porta appoggiata in un angolo.
La sollevò a fatica, tremando incontrollabilmente. La addossò al muro. Con gesti convulsi trovò la maniglia: la porta si aprì in un corridoio e la ragazza lo imboccò barcollando, la testa che le scoppiava e il corpo stretto in una morsa di gelo, come se il mondo si fosse trasformato in una vasca di ghiaccio e lei vi stesse nuotando dentro.
Una luce comparve in fondo al corridoio: Sarah avanzò in quella direzione appoggiandosi al muro. Lingue di buio si facevano strada dai margini del suo campo visivo.
Non devo svenire di nuovo. Assolutamente non devo.
Avvertì la sua presenza prima ancora di vederlo: fu una sensazione di tepore che le formicolò sul viso, che si insinuò in qualche modo nel freddo che la stringeva.
Lo cercò a tentoni.
-Jareth... ?-
-Sarah?- una voce bassa e un po' roca, familiare come se venisse dal suo stesso cuore. Sentì il terreno sfuggirle da sotto i piedi: due braccia la sostennero e lei vi si aggrappò.
-Scappa... ti strapperà...-
Stava di nuovo perdendo
(...gli occhi!)
conoscenza.
Sentì che il re dei Goblin la sollevava, si ritrovò appoggiata al suo petto. Era caldo e accogliente e Sarah vi si rannicchiò contro come una bambina.
I pizzi della camicia le solleticavano la pelle, morbidi come piume di civetta.
Barbagianni, pensò, la testa che le cadeva in avanti.
E chiuse gli occhi.

 

****


Galleggiò a lungo in un confuso dormiveglia.
Sognò un'oscurità senza corpo che la inseguiva nei corridoi del Labirinto. Un mostro dalle ali cuoiose le piombò addosso, artigliandole la schiena.
Sentì una voce gridare e fu vagamente consapevole che era la propria. Due labbra le sussurrarono una parola contro la fronte.
-Riposa.-
Più un ordine che un invito.
Si sentì precipitare: una voce le addolcì la caduta, una canzone la cullò piano, sfiorandole il viso con mani d'argento.


I jumped in the river and what did I see?
Black-eyed angels swam with me
A moon full of stars and astral cars
All the things I used to see
All my lovers were there with me
All my past and futures
And we all went to heaven in a little row boat
There was nothing to fear and nothing to doubt


Aprì gli occhi.
La canzone era un uomo: un uomo dal volto bianco come la luna, e i capelli dorati come spighe di grano. Aveva un occhio azzurro come il cielo estivo e uno grigio come il crepuscolo invernale.


I jumped into the river
Black-eyed angels swam with me
A moon full of stars and astral cars
And all the things I used to see
All my lovers were there with me
All my past and futures
And we all went to heaven in a little row boat
There was nothing to fear and nothing to doubt(*)

L'uomo l
e scostò i capelli dalla fronte, e Sarah vide che aveva mani nude, stranamente indifese: una stella tatuata su un palmo e un verme sull'altro. Si aggrappò alla sua immagine mentre scivolava di nuovo nel buio, e questa volta non ebbe paura.
Quando riprese conoscenza, il silenzio era assoluto.
-Sei sveglia.-
Non era una domanda.
Sarah aprì faticosamente gli occhi.
La canzone era finita o forse l'aveva solo sognata, Jareth era a qualche metro da lei, allungato con indolenza sul davanzale di una finestra.
Il profilo contro il cielo stellato, lanciava in alto un cristallo e lo riafferrava al volo, come per distrarsi da pensieri importuni.

Sarah si guardò: era avvolta in una coperta, sdraiata su un pavimento di terra battuta. A poca distanza c'era un fuoco: un tepore dolcissimo si irradiava dai ceppi, spandendo tutto intorno un odore di resina. Al di fuori del cerchio di luce si accalcavano fittissime ombre. Sarah riuscì a distinguere un muro, le travi di un soffitto.
Trasse le mani da sotto la coperta e si stropicciò gli occhi.
-Dove siamo?-
Jareth mise via la sfera e si voltò verso di lei.
-Un rifugio. Nel terzo livello del Labirinto.-
Era vestito completamente di nero: dai guanti, all'ampia camicia, alla punta degli stivali. I suoi capelli sembravano fili d'oro alla luce del fuoco.
-Sei stato tu a portarmi qui?- domandò la ragazza.
Il re scrollò le spalle, come a dire che era un dettaglio senza importanza.
Sarah si sollevò cautamente a sedere.
-Quanto ho dormito? Mi sento come se...-

Si prese il capo fra le mani e si zittì bruscamente: aveva la testa accuratamente fasciata.
Si passò una mano sul viso: qualcuno le aveva pulito il sangue dalla faccia.
Sgranò gli occhi e guardò Jareth.
-Tu...?-
-Eri ferita.- spiegò lui, come se stesse parlando ad un Goblin particolarmente stupido.
Sarah sarebbe stata meno sbalordita se di punto in bianco gli fossero cresciute le antenne.
Il re socchiuse gli occhi.
-Mia cara, la tua sorpresa è vagamente offensiva.-
A dispetto del tono sfottente, Sarah ebbe l'impressione che fosse realmente infastidito.
Arrossì.
-Scusa.-
Jareth la guardò a lungo, le labbra serrate. Infine sembrò incapace di trattenersi.
-E così lo hai incontrato.-
Sarah capì subito a chi si riferiva, solo il tono le sembrò strano: più simile ad un'accusa che ad una domanda.
-Sono caduta in una segreta.- si portò una mano alla tempia. -Ho battuto la testa. Quando mi sono svegliata lui era già lì.-
Sentì brividi scenderle lungo la schiena e si avvicinò un po' di più al fuoco.
-Ti ha fatto del male?-
La ragazza riflettè prima di rispondere.
-No, non direi. E' stato quasi... premuroso. Diceva di volermi aiutare.- si strinse le mani intorno al corpo, nervosa. -Quando gli ho detto di lasciarmi andare lo ha fatto. Ma era terribile. Terribile.-
Il volto del re era una maschera senza espressione, solo nei suoi occhi danzava una strana emozione, che Sarah non riusciva a decifrare.
-Lo hai riconosciuto?-
La domanda la fece sobbalzare.
-Come?-
-Ho detto: lo hai riconosciuto?-
-Sì... no.- Sarah si chiese come avrebbe potuto spiegare a Jareth cosa fosse un fumetto, o un personaggio dei fumetti. -C'è un personaggio simile in una storia che ho letto**. Si chiama "il Corinzio". Ma è un personaggio inventato. Non è reale!-
Le sovvenne che stava parlando al re dei Goblin, sovrano di un labirinto che cambiava forma a seconda di chi lo guardava, e non fu più tanto sicura di cosa fosse reale e cosa no.

Jareth scese dal davanzale, un movimento fluido e assolutamente silenzioso. Le fece venire in mente un felino che si avvicinasse ad una preda.
-Non importa come si fa chiamare o se ha assunto una forma familiare. I nomi cambiano, l'aspetto anche. Ma la sostanza... quella non cambia. L'importante è che tu capisca che cosa è.-
Il re dei Goblin rimase in piedi davanti a lei, i lineamenti disegnati dal chiarore del fuoco.
Sarah provò l'impulso di strisciare all'indietro per allontanarsi da lui. Si rifiutò di farlo.
-Io non so cosa sia. Come posso saperlo? Sei tu il re di questo posto!-
-Non l'ho creato io.- La voce di Jareth era fredda, incolore. -Lui è arrivato qui dopo che tu mi hai sconfitto.-
-E questo cosa significa? Il Labirinto è tuo: io qui non ho alcun potere!-
Jareth si accovacciò sul pavimento e si allungò verso di lei. Il pendente che portava al collo era l'unico punto di luce sulla sua figura abbigliata di nero.
-Non hai. Alcun. Potere? La guardò con quegli occhi spaiati come se volesse sbranarla. Sembrava davvero un felino pronto a scattare, adesso. -Tu possiedi l'unica arma che nel Sottosuolo conti qualcosa: la tua immaginazione! Cinque anni fa credevi ciecamente nelle storie che recitavi: per te erano reali, e quindi anche per il Labirinto lo erano. Hai affrontato un Labirinto irrisolvibile, ma lo hai risolto, perchè questo prevedeva la tua storia! Io ti ho mandato contro dei nemici e loro sono diventati tuoi alleati, perchè così accadeva nella tua storia! Nel nostro ultimo scontro ti sei addirittura dichiarata pari a me! E osi dirmi che tu qui non hai alcun potere?!-
Sarah sentì il sangue defluirle dal volto.
Ogni tuo desiderio è un ordine, Sarah Williams.
All'improvviso ebbe paura, una paura terribile.
-Non posso averlo creato io! Quella cosa non può aver preso forma da me. Non poteva essere dentro di me! Questo è uno dei tuoi inganni!-
-Già, certo. I miei inganni!-
Una smorfia passò sul volto del re, così rapida che Sarah pensò di averla solo immaginata.
Lo vide protendere una mano verso di lei e si ritrasse precipitosamente, strisciò all'indietro fino a incontrare il muro con le spalle. Jareth non fece nulla per fermarla. Strinse le dita guantate e lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
-Stai tremando come una foglia.-
Sarah non poteva negarlo, così non rispose.
-Perchè?- sibilò Jareth.
La ragazza si limitò a sostenere il suo sguardo, chiudendosi in un ostinato silenzio.
Jareth si protese verso di lei.
-Voglio sapere perchè!-
Sarah lo guardò dritto negli occhi.
-Perchè...
(...non capisco chi sei, cosa sei o se posso fidarmi di te!
Perchè non capisco mai se quello che vedo è il tuo volto o solo una delle tue maschere!
Perchè a volte ho paura di te, e altre invece ho paura
per te, e so che se arrivassi ad ammettere questo, potrei persino arrivare ad ammettere che...)
...io non mi fido di te!- disse tutto d'un fiato, la voce vibrante di rabbia repressa. -Adesso siamo alleati, certo: hai bisogno di me! Ma sei la stessa persona che ha rapito Tobias, mi ha mandato contro gli Spazzini, ha giocato sporco per tredici ore e, quando ha visto che nonostante tutto avrebbe perso, ha cercato di farmi credere di aver fatto ogni cosa perchè io lo avevo chiesto! -
Gli occhi del re si ridussero a due fessure.
-Naturalmente. Dimenticavo la tua brillante definizione: io sono un mostro!-
Sarah ignorò il suo sarcasmo e sostenne il suo sguardo senza vacillare.
-Posso continuare, se vuoi. Posso aggiungere che hai costretto Hoggle a darmi quella pesca, per il gusto di vederlo tradire una persona che amava!-
Jareth socchiuse quegli occhi luminosi e chinò il capo da un lato, come un gatto che facesse le fusa.
-Ho solo movimentato un po' la situazione.- Sorrise con perversa malizia.
La sua voce era vellutata, il tono beffardo: un oscuro principe emerso dall’inferno.
Così bello che gli cederesti l'anima in cambio di un bacio, e nello scambio ti sembrerebbe persino di guadagnarci, pensò Sarah.
Distolse lo sguardo, perchè lui non le leggesse il desiderio negli occhi.
-Non puoi sorprenderti se ti vedo come un mostro.- sussurrò con decisione.
Jareth le sollevò il mento con una mano.
-Sarah. Sarah. Sarah.- pronunciò il suo nome con rabbia, e con una dolcezza da spezzare il cuore. -Tu non capisci la cosa più importante di tutte: voi umani volete che io sia così. Ne avete bisogno!-
Lei lo guardò, ipnotizzata dalla sua voce e dall'odio che gli leggeva negli occhi.
-Chi sei veramente? Sei un semplice Sidhe? Sembri molto di più!-
Jareth le sfiorava le labbra con la punta di un dito.
-Un semplice Sidhe? Tu non sai nemmeno cosa siano, i Sidhe.-
La ragazza cercò di ignorare l'intimità di quel gesto e il sangue che le affluiva al volto.
-I Sidhe sono Fate! Creature di magia!-
Jareth rise piano, senza allegria.
-Lo vedi? Non capisci. Non "creature": Storie! Il Labirinto, il Sottosuolo, io stesso... siamo le Storie che voi mortali raccontate di noi. Di più: siamo il bisogno che avete di raccontarle! Voi avete bisogno di immaginare mostri nell'ombra, esseri che rubano i vostri bambini...- le scoccò un'occhiata indecifrabile -o seducono le vostre donne. Avete bisogno di tutto questo, e ci avete fatti così. Noi siamo il vostro specchio oscuro, le cose che non confessate nemmeno a voi stessi! E quando scegliete per noi una forma, noi la assumiamo! E tu,-concluse piano, sussurrando al suo orecchio- chiami me mostro!-
C'era un'angoscia terribile nella sua voce, ma Sarah dubitava che lui lo sapesse.
Avrebbe voluto fuggire, avrebbe voluto baciarlo. Avrebbe voluto sottrarsi alla sua vicinanza, avrebbe voluto fare l'amore con lui.
Rimase perfettamente immobile.
-Che cosa sei, Jareth?-
Il re si ritrasse di scatto, come se le sue parole lo avessero ustionato.
-Dimmelo tu!- sibilò. -Sei tu l'umana, sono io che lo chiedo a te! Chi sono? Sono il Mago cattivo delle fiabe, il Demone Amante, l'Ingannatore, il re dei Goblin, l'Incubo che ruba di notte il respiro dei bambini? Che cosa sono? Dimmi cosa sono, Sarah, ed io potrò diventarlo! E al tempo stesso, qualunque sia la forma che tu o altri sceglierete per me, io resterò sempre la stessa cosa!-
Sarah sentì le lacrime pungerle gli occhi.
-Smettila! Non capisco quello che dici! Mi hai chiesto di guidarti al centro del Labirinto e hai promesso che insieme avremmo salvato i miei amici! Ho accettato: non so altro! Non so niente di te, non so chi o cosa sei, nè cosa sia il Corinzio!-
Jareth si lasciò ricadere all'indietro, negli occhi qualcosa di simile alla disperazione.
-Allora, -disse semplicemente- siamo perduti.-

 

****


(*) Pyramid song, dei Radiohead.
(**)La storia a cui si riferisce Sarah è, lo avrete già capito, Sandman di Neil Gaiman.

ShinigamiNoir: grazie, cara! :) Ehi, ma se trovi il manga me lo racconti, vero? Io sono curiosa ma mi rifiuto di comprarlo: ho troppa paura di quei disegni orrendi :S

Daydreamer: LOL! Adesso salvo ogni due minuti! :) Purtroppo, scrivere su carta non mi conviene: sono lentissima a ricopiare! Sono contenta che la versione horror del labirinto ti piaccia e che i personaggi risultino convincenti :)
Forse il mio problema col signore degli anelli è proprio che, avendo letto cinquantamila romanzi che vi si sono ispirati, ormai non riesco a cogliere la carica innovativa dell'originale. Ma non disperiamo: c'è sempre tempo ;)

FleurDeLys:  So che non è bello dirlo, ma confido che non mi fraintenderai: sono felicissima di essere riuscita a spaventarti! :D E a incuriosirti, anche ;)
Il film "In compagnia dei lupi" è vecchiotto, ma a parer mio molto suggestivo. Gli effetti speciali sono un po' datati, ma le atmosfere sono piacevolmente disturbanti e certi dialoghi sono piccole perle. Se ami le favole nere te lo consiglio vivamente!

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Capitolo 8
*** Cuore di tenebra ***


Ok, eccomi di nuovo qui. Oltre ai problemi di tempo cui avevo accennato, devo anche dire che questo capitolo non voleva proprio uscire.
Ringrazio tutti per i commenti e vi invito, ovviamente, a farmi sapere anche questa volta cosa ne pensate ;)
Un grazie speciale va a ShinigamiNoir, per la sua preziosa consulenza :)



Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

****



Perdere il controllo in quel modo non era da lui.
Con questa consapevolezza, Jareth spostò la cortina di rampicanti che nascondeva l'ingresso e uscì dal rifugio. Il passo risoluto e la posa sprezzante non riuscirono a dissipare del tutto il sospetto che, più che allontanarsi, una parte di lui desiderasse fuggire. Passeggiò per il piazzale costeggiato di anfore e siepi accuratamente potate. L'aria notturna gli sfiorò il viso, placando i suoi pensieri in subbuglio.
La luna splendeva alta sopra il Labirinto; la luce argentea scintillava sui muri coperti di edera, formava una patina brillante e azzurrina sugli archi di pietra. Con l'esclusione della collina su cui era arroccato il castello, ogni cosa era avvolta in un chiarore irreale, e le sagome scure delle siepi fremevano sommesse contro le stelle.
Il re inspirò a fondo il profumo dei fiori notturni.
Quel livello del Labirinto sembrava indenne dalla degradazione generale: se guardava le vie lastricate dei giardini, il piazzale deserto, gli archi di pietra coperti di fiori, Jareth poteva persino fingere che tutto fosse normale.
Ma c'era un aspetto che non poteva ignorare, e che lo feriva al cuore come una stilettata: udiva la voce del Dedalo, sentiva il suo canto levarsi verso il cielo, ma non riusciva più a capirne il linguaggio. Appena cinque anni di esilio, meno di un battito di ciglia nella vita di un Sidhe, e il suo regno gli era diventato estraneo e ostile.
(Oh Maestà, le cose sono cambiate così tanto!
Perchè tornino alla normalità, anche voi dovrete cambiare!
)
Jareth camminò verso la meridiana, gli occhi socchiusi e il capo rovesciato all'indietro, ascoltando quel canto struggente e per lui ormai incomprensibile.
-Maestà.-
Il sussurro era così sommesso da suonare irreale. Il re abbassò lo sguardo.
Poco distante, seminascosta nell'ombra di un arco, c'era una fanciulla. Non fece alcun cenno di avvicinarsi, nè di uscire allo scoperto. Poco importava: il re dei Goblin sapeva bene chi fosse e la raggiunse.
-Sono passati quattro anni da quando ho chiesto l'aiuto della Signora.- disse con freddezza. -Avevo smesso di sperare in una sua risposta.-
La ragazza chinò il capo da un lato, un gesto simile a quello di un uccello.
-La Signora non mi ha mandato qui per darti aiuto. Mi ha mandato a portarti un messaggio.-
Protese le mani verso di lui: una era bianca e morbida come una colomba, l'altra nera e raggrinzita come un ramo bruciato. In una reggeva un coltello, nell'altra una mela. Una metà del frutto era tonda e rossa, l'altra metà marcia e avvizzita.
-Se scegli la metà giusta, Maestà, ti consegnerò il messaggio della Signora.-
-E se scelgo quella sbagliata?-
La donna sorrise, fra le sue labbra biancheggiarono denti da lupo.
Jareth prese il coltello e la mela e la tagliò in due metà, ma di traverso, in modo che ogni metà avesse un lato marcio e uno buono. Mangiò una metà e restituì l'altra alla fanciulla. Lei gli sorrise, gli occhi bianchi come il ventre di un rettile.
-Hai agito con saggezza- disse maliziosa.- Il messaggio è questo: il Labirinto è cambiato. Perchè torni com'era, anche tu dovrai cambiare.-
Jareth sentì un'ondata di rabbia scuoterlo fin nel profondo. Le diede le spalle con aria incurante e la schernì con il tono più vacuo che seppe trovare.
-Tutto qui? Ero già in possesso di questa informazione. La Signora poteva risparmiarsi il disturbo, e tu il viaggio.-
La fanciulla proruppe in una risata, un verso così sgradevole che indusse il re a voltarsi di nuovo verso di lei.
-Sarà un cambiamento doloroso, Maestà! Molto, molto doloroso!-
E con un balzo all'indietro, la ragazza scomparve tra le siepi.
Il re dei Goblin rimase perfettamente immobile, il mento sollevato, i pugni serrati. Sentì tra le costole qualcosa di simile ad una scheggia di vetro, e seppe che era paura. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasto così, a fissare il punto in cui la ragazza era sparita.
-Jareth?-
La voce di Sarah alle sue spalle lo fece quasi trasalire. Non l'aveva sentita arrivare e certo non aveva immaginato che l'avrebbe seguito. Udire il proprio nome sussurrato da quelle labbra gli diede un piacere amaro, un brivido segreto che si concesse di assaporare prima di voltarsi verso di lei e raggiungerla.
Era a pochi metri dal rifugio, avvolta nella coperta, i lembi stretti al petto con la mano sottile. Aveva la testa fasciata e i capelli e la camicia sporchi di sangue rappreso. Evitava di guardarlo e si mordeva le labbra come una ragazzina. Jareth spiò il suo nervosismo con una punta di compiacimento.
-Si stava male al coperto, o sei qui per il semplice piacere di importunarmi?- la apostrofò indolente.
Confondere, sedurre, manipolare.
E quando niente ha successo, semplicemente ferire.

Sarah trasse un profondo respiro, palesemente a disagio.
-Io...-
S'interruppe bruscamente.
Jareth vide le sue pupille dilatarsi, il volto pallido farsi ancora più pallido mentre fissava qualcosa che si trovava dietro di lui.
Si girò. Piccole ombre si erano staccate dai margini del piazzale e avanzavano verso di loro. Le figure avevano occhi enormi e denti grandi come pugnali. Erano basse e deformi, e mentre avanzavano cominciarono ad emettere un suono sommesso e continuo di mandibole in movimento.
-Cosa...-
-Squig.- disse Jareth.
Li vide uscire dall'ombra e avanzare sotto la luna. Erano glabri, la pelle rosea e rattrappita, come consumata dal fuoco.
Sarah gli si fece più vicina, lasciando cadere a terra la coperta.
-Me li ricordo. I Goblin li legavano sulla sommità delle lance e li usavano come armi.-
Jareth sentì un sorriso perverso affiorargli alle labbra.
-Già. Se vengono lasciati liberi hanno la pessima abitudine di divorare i loro padroni.-
Ecco perchè questo livello sembrava così tranquillo. I miei sudditi sono tutti morti.
Sarah lo guardò allarmata.
-Cosa vogliono da noi?-
-Così su due piedi direi che vogliono mangiarci!-
Con un gesto del polso evocò una sfera nel palmo della mano. La lanciò in aria e la riafferrò che era una spada. La puntò contro le creature.
-Restate indietro.- ordinò.
Non si faceva illusioni, e infatti gli esseri continuarono ad avanzare.
Sarah indietreggiò.
-Non sembrano molto propensi ad obbedire.-
Jareth la guardò con la coda dell'occhio.
-Torna nel rifugio.-
-No. Non ti lascio.-
-Non sai difenderti, e se resti qui mi sei solo d'intralcio. Torna dentro!-
Con riluttanza, la ragazza indietreggiò fino ad uscire dal suo campo visivo.
Man mano che gli esseri lasciavano l'ombra delle siepi, Jareth vide che erano davvero degli Squig, ma qualcosa li aveva cambiati rendendoli più grossi e ripugnanti. Camminavano su due zampe, ma stavano curvi. Sulla pelle rosea spuntavano ciuffi di ispido pelo bruno, gli occhi gialli erano coperti da una membrana, come quelli dei serpenti. Ai piedi e alle mani avevano dita munite di artigli ricurvi.
Una spada in una mano e una sfera nell'altra, Jareth si mise in guardia.
Gli Squig si misero a quattro zampe e sibilarono minacciosamente, facendo guizzare la lingua attraverso le fauci dischiuse. Uno di loro spiccò un balzo, ma il re si scansò prontamente e lo colpì con un fendente. La creatura emise un verso acuto e crollò al suolo, il corpo squassato da un brivido.
Mentre cadeva a terra, un secondo Squig spiccò un salto e il re gli scagliò contro la sfera: il mostro volò in fondo al piazzale, cadendo fra le fila dei suoi compagni.
Come eccitate dalll'odore del sangue, altre creature si avventarono su Jareth: il re ne falciò due con la spada, ne respinse un terzo con una sfera, rispedendolo tra i suoi compagni. Quelli si dispersero lanciando strida acutissime, ma fu una sconfitta di breve durata: subito dopo le fila si richiusero e gli Squig ripresero ad avanzare, formando attorno al re un cerchio sempre più stretto.
Con la coda dell'occhio, Jareth vide Sarah affiancarsi a lui. Impugnava un lungo pezzo di legno infuocato, e lo agitò davanti agli Squig, che si ritrassero sibilando.
-Stai bene?- gli chiese senza guardarlo.
-Starei molto meglio se non dovessi pensare anche a te!-
Una risatina che gli parve divertita vibrò sulle spalle di lei.
-Mi dispiace, re dei Goblin: io la damigella in pericolo non la so fare!-
Uno Squig lanciò un balzo verso di lei: Sarah brandì il bastone infuocato e lo colpì in pieno, il mostro prese fuoco come fosse fatto di carta e cadde nel piazzale, correndo impazzito dal dolore.
Jareth sorrise, colto da un'improvvisa ispirazione.
-Non male come idea.-
Movendo le dita al chiarore del fuoco, catturò il bagliore rosseggiante dentro tre sfere e le lanciò contro gli Squig: i cristalli s'infransero al suolo, esplodendo in un muro di altissime fiamme.
Sarah fece un salto all'indietro, proteggendosi il viso con un braccio. Jareth la afferrò per un polso e la trascinò con sè in uno dei corridoi.
-Via di qui!-
Lei lo seguì incespicando fra le siepi fruscianti, il bastone le cadde di mano ma non si chinò a raccoglierlo.
-Ehi, piano!-
Il silenzio del Dedalo era agghiacciante, l'oscurità impenetrabile per i loro occhi abbacinati dal fuoco.
-Dobbiamo sbrigarci! Non ci metteranno molto a capire che è un'illusione!-
-Un'illusione? Mi sono quasi ustionata la faccia! Sembrava assolutamente vero!-
Jareth la gratificò di un'occhiata sdegnosa.
-Certo che sembra vero: perchè credi che si chiami illusione?-
Corsero fra i sentieri delimitati dai cespugli, il rintocco dei loro passi era l'unica cosa che riempisse il silenzio assordante.
-Fa' qualcosa!- disse Jareth.
-Io? cosa dovrei fare io?-
-Sei tu la guida: trova le porte!-
Un tonfo sordo risuonò tra i cespugli dietro di loro. Cupi lamenti stridettero nella notte, seguiti da urla lamentose. Jareth sentì i capelli rizzarsi sulla nuca, accentuò la presa sul polso di Sarah e corse fra i corridoi aggrovigliati come serpenti.
Con la coda dell'occhio, colse delle figure che balzavano da un'ombra all'altra.
-Aspetta... io non... ce la faccio...- protestò la ragazza.
-Sì che ce la fai!-
C'era un bivio: svoltarono a sinistra.
Una curva a gomito: Jareth la imboccò senza esitare, trascinandosi dietro Sarah.
E a quel punto si fermò di scatto, ansimante, il cuore che perdeva un battito: erano di fronte ad un vicolo cieco.
Si voltò in fretta, parandosi di fronte a Sarah, fissando l'oscurità da cui erano venuti. Il viale si stava riempiendo di piccoli occhi lucenti.
-Jareth...- la voce della ragazza fu un sussurro alle sue spalle. -Vattene. Spicca il volo.-
-COSA?!-
Il re si voltò con tanta violenza che per poco non sbattè il naso contro quello di Sarah.
Lei non si lasciò intimidire. Il viso a pochi centimetri dal suo, sostenne il suo sguardo con fermezza.
-Hai capito benissimo! Trasformati. Spicca il volo. Vattene via!-
Aveva la stessa espressione con cui l'aveva affrontato nel loro ultimo scontro, la stessa determinazione con cui aveva accantonato una dopo l'altra le lusinghe che lui le aveva rivolto. Il lampo di reminescenza fu talmente violento che Jareth si trattenne a stento dall'indietreggiare. Come in un
(incubo)
sogno vide quegli occhi verdi pieni di lacrime, quei lineamenti puri deformati dal dolore, il corpo sottile di Sarah dilaniato dai denti.
No, no, e ancora NO!
(Andiamo, quanti umani hai visto morire per il sollazzo dei Sidhe dell'Alta Corte?)
Non è la stessa cosa!
Giovani donne che venivano drogate e stuprate presso le feste della corte Unseelie.
Fanciulle poco più che bambine costrette a danzare fino a crollare.
Ragazzini sedotti dalle Fate, imprigionati in visioni talmente orribili da arrivare a strapparsi gli occhi.
(Generoso? Che cosa hai fatto di generoso?)
Per i convitati erano solo scherzi: le loro risate squillanti coprivano le grida di agonia dei mortali.
Niente. Non ho mai fatto niente di generoso.
Il re soffocò quei pensieri con fermezza. Si voltò verso gli Squig, una sfera stretta nell'altra mano.
-Non vado da nessuna parte.- disse asciutto.
Ombre e ringhi si avvicinarono nell'oscurità, sempre più vicini.
All'improvviso, una creatura mostruosa fece irruzione attraverso una siepe: un poderoso ammasso di muscoli, artigli e zanne si parò al centro del viale. Afferrò uno Squig fra le fauci, lo scaraventò oltre le siepi. Ne addentò un altro alla testa e lo sballottò nell'aria con violenza, lanciandolo contro propri compagni. Gli altri Squig si dispersero, stridendo e gemendo.
La creatura rovesciò il capo all'indietro e ruggì, un suono che sembrò scuotere il Labirinto fino alle sue fondamenta. Jareth sentì la mano di Sarah stringergli il braccio, e istintivamente la prese nella propria.
Il mostro si voltò lentamente verso di loro: le fauci snudate, il capo abbassato, pronto a caricarli. Era alto almeno tre metri e camminava su quattro zampe, curvo sotto il peso delle enormi spalle. La testa enorme era un prolungamento del collo muscoloso. Quando il mostro li guardò: Jareth vide se stesso e Sarah riflessi in tre paia di occhi color ambra.
Sollevò la spada contro il mostro.
(Sarà un cambiamento doloroso, molto doloroso)
Dopotutto la Signora si sbagliava. Non ci sarebbe stato alcun cambiamento.
Il re lasciò la mano di Sarah e si preparò a sferrare un unico, inutile attacco.
La ragazza lo prese per un braccio e lo indusse a farsi da parte, con gentilezza ma con fermezza.
-Sei impazzita?!-
La ragazza non lo ascoltò.
Avanzò verso il mostro, il capo rovesciato all'indietro per guardarlo negli occhi, i palmi rivolti verso l'alto, bianchi sotto le stelle. Protese le braccia verso il viso della creatura e quella le posò il muso contro il petto, così forte da farla barcollare.
Lei si aggrappò a quella testa enorme e singhiozzò.
Ma non di dolore.
Sotto gli occhi sconvolti di Jareth, Sarah piangeva di sollievo e di gioia.
-Ludo! Oh, Ludo! Sei vivo! Ero così preoccupata... !-
Il re dei Goblin rimase di pietra. La spada e la sfera gli caddero di mano, si dissolsero non appena toccarono il suolo. Una voce riempì la notte: Jareth impiegò qualche istante per rendersi conto che la sentiva dentro la testa.
Sarah... amica!

A cavalcioni sulla schiena di Ludo, nessuno osò importunarli. Sarah, seduta davanti, era china sul collo del mostro e gli accarezzava il capo come fosse un bambino.
Jareth, seduto dietro di lei, scrutava i profili delle siepi e ascoltava il fruscio del fogliame riempire il silenzio insopportabile. Sfiorò il pendente che portava al petto, contemplando le fontane asciutte, i piazzali deserti e, ben più in alto, sulla sommità della collina, la massa del castello ritagliata contro il cielo, così scura da inghiottire la luce.
Il suo regno era in rovina, pensò, e la responsabile era lì davanti a lui, che accarezzava fiduciosa la pelliccia di Ludo.
Jareth ebbe una smorfia: il pensiero di quelle mani stava diventando una quieta ossessione. Si domandò come sarebbe stato sentirle sul viso o lungo la schiena mentre premeva il petto contro il suo seno. O assaggiava dalle sue labbra il timore e il desiderio che le leggeva negli occhi.
Le porte comparvero all'improvviso davanti a loro: due archi di bronzo apparentemente identici, incastonati in una parete coperta di edera.
Jareth smontò in fretta dalle spalle di Ludo. Sarah fu sul punto di cadere, ma riacquistò l'equilibrio roteando le braccia.
Sarah... cade! la voce del mostro vibrò nella loro mente.
Lei ebbe una risata allegra, e Jareth pensò che non aveva mai riso in quel modo con lui.
Ludo avvicinò l'enorme muso ad una delle due porte e la annusò con attenzione.
Porta... cattiva...
Si voltò con decisione verso l'altra e la aprì con una piccola spinta, sparendo al suo interno.
Sarah si voltò verso Jareth.
-Si direbbe che Ludo abbia deciso per noi.- Aveva un sorriso radioso sulle labbra e gli occhi verdi erano illuminati di una gioia che il re non vi aveva mai visto.
Si sentì freddo, e solo, e qualcosa di oscuro dentro di lui desiderò avere quella luce soltanto per sè.
-Come hai fatto a riconoscere il tuo amico?- volle sapere.- E' molto cambiato.-
Sarah chinò il capo da un lato, come se non capisse bene la domanda.
-Ludo è... Ludo. Non importa quanto sia cambiato, o quanto ancora potrà cambiare. Resterà sempre ciò che è.-
Jareth socchiuse gli occhi.
-E... che cosa è?-
-Un cucciolo. E un mio amico.-
Arrossì, come se pensasse di essersi in qualche modo tradita. Si voltò verso la porta come se volesse aprirla, poi parve ripensarci e si girò di nuovo verso di lui. Jareth la vide mordersi le labbra, a disagio.
-Ti ringrazio. Per avermi difeso dagli Squig.-
Il re dei Goblin strinse le spalle.
-Mi servi viva.-
Lei gli sorrise con garbata malizia.
-Lo dici così tanto spesso! Comincia a suonare come una scusa.-
-Pensa ciò che preferisci.- rispose Jareth. E si chiese se appartenesse davvero a lui, quella voce piena di stanchezza.
Sarah scrollò le spalle.
-Prima, quando ti ho raggiunto fuori dal rifugio... volevo chiederti scusa.-
Jareth la guardò sprezzante.
-Ma davvero? E di che cosa ti staresti scusando?-
(Di avermi sconfitto?
Di avermi costretto a vagare per cinque anni nel Sottosuolo?
Di aver distrutto il mio regno, di essere la sua unica speranza?
Di avermi dato del mostro, del fatto che lo pensi davvero?
)
Lei lo fissò dritto negli occhi, senza celare la propria dolcezza. Una sensazione che Jareth trovò vagamente destabilizzante.
-Di non averti mai dato nemmeno una possibilità.-
Jareth quasi barcollò per la sorpresa.
-Tu. Dare una possibilità. A me?-
Strinse i pugni, mentre un'ondata di odio lo travolgeva fin quasi a soffocarlo.
Non fu per l'affermazione in sè.
Fu perchè si rese conto, all'improvviso e con intollerabile chiarezza, che era proprio questo che aveva sempre invidiato a Hoggle: la possibilità che Sarah gli aveva dato. Lei aveva dato al nano l'opportunità di essere qualcosa in più di quel che appariva: una persona diversa, forse migliore. Di più: aveva concesso la stessa occasione a ciascuno dei propri amici, ma non a lui.
Era quello il desiderio che da cinque anni lo confondeva, l'ansia nascosta di cui non osava ammettere l'esistenza, se non per brevissimi istanti strappati all'orgoglio.
C'erano cose che il re dei Goblin poteva accettare.
Che una ragazzina mortale lo avesse sconfitto cinque anni prima, persino che continuasse a tenergli testa.
(tu non hai alcun potere su di me!)
Poteva accettare di aver vagato come un esule per il Sottosuolo, le porte dell'Alta Corte chiuse in faccia, il grido di dolore del proprio Labirinto che gli straziava le orecchie.
Poteva persino accettare che la giovane donna che lo aveva condannato a quell'inferno fosse stata l'unica persona disposta a non abbandonarlo.
(Non ti lascio)
Ma guardare quegli occhi imperturbabili, immuni ai suoi inganni, e vedervi messo a nudo il suo desiderio più umiliante... no, questo Jareth non poteva tollerarlo.
Mosse un passo verso Sarah, i pugni serrati, le gambe rigide.
-Mia cara, cosa ti fa pensare che io voglia una possibilità?-
Vide un lampo di sorpresa guizzarle negli occhi, percepì il battito del suo sangue accelerare sotto la pelle chiara. Tuttavia non vide quello che avrebbe voluto: non la vide indietreggiare.
La afferrò per le spalle, con tanta violenza da affondarle le dita nella carne.
Provò il desiderio di ucciderla, di spezzarle il collo a mani nude.
Invece si chinò su di lei e la baciò.

 

****


ShinigamiNoir: ci siamo sentite via chat, quindi direi che non c'è molto da aggiungere in questa sede. Se non: grazie per i commenti e per i consigli. Ti prego di tener d'occhio Jareth e di farmi notare subito se dovesse diventare troppo OOC :)

Dayreamer: grazie per i complimenti! :) allora, mi poni due domande:
"se la gente smettesse di credere a fate e affini il Sottosuolo sparirebbe?"
No, a mio avviso no. In quanto emanazione non solo dei sogni, ma anche del bisogno di sognare, cambierebbe aspetto, ma non sparirebbe.
"E anche Jareth, lui dice che è così perchè Sarah lo ha immaginato in quel modo, quindi se -per assurdo- lei iniziasse a pensare a lui come una specie di romantico Principe Azzurro lui cambierebbe?"
Be', qui il discorso resta volutamente ambiguo. Jareth però dice: "Dimmi cosa sono (...) ed io potrò diventarlo! E al tempo stesso, qualunque sia la forma che tu o altri sceglierete per me, io resterò sempre la stessa cosa!" Quindi a mio avviso lui può cambiare, ma non può diventare qualcosa che, almeno in potenza, non è.
Scusami, non posso essere più chiara :(

Pepe91: benvenuta su questi lidi e grazie per il commento :) Sono molto felice che la storia ti piaccia... spero che gli sviluppi siano all'altezza delle aspettative :)

LadySturdust: sai già quanto il tuo commento mi abbia commosso :) In questa sede mi limito a rinnovarti i miei ringraziamenti... e a dirti che msn non mi ha mandato il tuo invito, quindi non ho il tuo contatto @__@ Dannata tecnologia X)

Devilcancry: benvenuta anche a te! Se ci scapperà del tenero fra i due protagonisti? Eeeh, chissà! ;D

CappellaioMatto: grazie, grazie, grazie! :) Io adoro Beksinski: credo che anche nei prossimi capitoli trarrò ispirazione dai suoi quadri :D

FleurDeLys: grazie per i complimenti, cara! Gaiman è figo in quasi tutte le salse, ma Sandman... be', ho una sorta di feticismo per quell'opera ;)

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Capitolo 9
*** La foresta degli incubi ***


Nuovo capitolo! :)
Lady Stardust mi ha gentilmente fatto notare che alcuni passaggi non erano chiari, così ho cercato di correggerli. Mi fate sapere se ci sono altre cose troppo confuse? Possibilmente dovreste segnalarmi i punti con precisione, in modo da consentirmi una correzione mirata. Grazie per la collaborazione! :)

Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

****




Mi ha costretto ad odiarlo perchè potessi ammettere che esisteva.
 dal film "Fine di una storia" di Neil Jordan

Come una canna che si piega alla corrente, sopraffatta dalla sua forza, ma senza essere spezzata.
"I segreti di Golgotha Falls", di Frank De Felitta




Fu un bacio del tutto privo di dolcezza: un puro e semplice atto di sopraffazione.
Sarah ne rimase pietrificata.
Jareth la sentì irrigidirsi e trattenere il fiato come se temesse che lui potesse rubarle il respiro. Vide sorpresa, smarrimento e qualcos'altro, un lampo colpevole, guizzare in quegli occhi verdissimi.
Desiderio.
Jareth sapeva tutto dei desideri. Suonarli come strumenti, trasformarli in sonagli d'argento. Usarli per allettare, lusingare, e persino esaudirli, sì, ma in modo da farti rimpiangere di averli mai concepiti. Lasciò scivolare le braccia attorno alla vita e alle spalle di Sarah: la strinse a sè, premette le labbra sulle sue con deliberata insolenza.
"Non importa cosa pensi: sono più potente di te", diceva quel bacio.
Per un istante il re dei Goblin ebbe la certezza di essere davvero un mostro, e fu una sensazione quasi rassicurante. Ma poi... poi Sarah si arrese nel suo abbraccio, dischiuse le labbra e, semplicemente, accettò il bacio del mostro. Come una canna che s'inclinasse nella corrente, si lasciò vincere dalla sua forza senza esserne spezzata.
E Jareth, che aveva contato su una resistenza da abbattere, si ritrovò sperduto, in bilico tra la tentazione di quella dolcezza e l'urgenza di fare del male. Sarah gli prese il viso fra le mani, come a impedirgli di spaccarsi in due perfette metà, come a guidarlo su un confine sottile dove non c'erano certezze nè inganni. La bocca di Sarah, il respiro di Sarah, la curva sconosciuta della sua vita, il leggero profumo della sua pelle. Era morbida, morbida fra le sue braccia, dolce come uva mentre con piccoli baci gli assaggiava le labbra.
Jareth non sapeva più chi dei due stesse baciando l'altro, o anche solo dove finissero le proprie labbra e cominciassero quelle di lei.
Era come avere dentro una fiamma, una febbre divorante o una ferita nascosta.
Anche Sarah aveva una ferita simile: il re lo sapeva da tempo, ma ora seppe di averla trovata. Lo capì dall'abbandono con cui la sentì ricambiare l'abbraccio, dalla naturalezza con cui gli affondò le dita nei capelli e si protese verso le sue labbra.
Senza difendersi, lei lo stava conducendo là dove Jareth non avrebbe mai ammesso di voler arrivare.
Quell'improvvisa consapevolezza lo accecò come un lampo di luce.
Desiderio per desiderio per desiderio: l'Ingannatore è stato ingannato.
Il re dei Goblin reagì nell'unico modo che conosceva: serrò le braccia con cattiveria, un serpente che stringeva tra le spire un uccellino. Ferire Sarah o ferire se stesso: non ne era del tutto certo, non gli sembrava un particolare importante.
Sarah gli appoggiò le mani e sul petto e cercò di spingerlo via.
Jareth la trattenne, affondò il viso nei suoi capelli, una mano premuta fra le sue scapole. Le avvicinò le labbra all'orecchio, suadente, beffardo.
-Paura del principe azzurro, mia preziosa?-
Lei si scostò quel tanto che bastava a guardarlo negli occhi.
-Sì.- E poi, con la stessa semplicità: -Ma non agiresti così, se anche tu non avessi paura.-
In quell'istante, Jareth capì di aver perso.
Sarah aveva sacrificato la propria armatura, gli aveva permesso di aprirsi un varco nelle proprie difese, solo per costringerlo a mettere nudo se stesso. Provò una sincera ammirazione per l'eleganza di quella mossa.
La lasciò andare, libera, inafferrabile come era sempre stata. Non si sarebbe sorpreso se all'improvviso lei si fosse trasformata in un uccello e fosse fuggita con un frullo d'ali. Sarah non lo fece, naturalmente. Rimase a fronteggiarlo, inflessibile, pallida a parte le guance chiazzate di rosso. Il re dei goblin indovinò che quella vittoria le era costata cara.
Si inchinò rigidamente: un atto dovuto, non di sottomissione, ma di rispetto tra pari.
-Mai più.- le promise solennemente, guardandola negli occhi.
Lei annuì. Esitò un istante.
-Cosa sai dei sentimenti umani, Jareth?-
Il re scrollò le spalle.
-Tutto.-
Sarah annuì.
-Allora capirai.-
E prima che lui potesse fare o dire qualcosa, sollevò una mano affusolata e lo schiaffeggiò.

****


Cinque anni prima, la foresta era stata l'unico livello del Labirinto di cui Sarah avesse avuto realmente paura. Oh, aveva incontrato minacce e trabocchetti un po' dappetutto, e certo non ricordava con piacere nè la segreta, nè gli Spazzini, nè la Palude, ma la Foresta era diversa: avvolta com'era nella penombra incombente, fra le radici poderose degli alberi e le ragnatele imperlate di brina, le era sempre sembrata un luogo di tenebra.
E i Fireys. Non dimenticare i Fireys , pensò reprimendo un brivido. Se già cinque anni fa cercarono di staccarmi la testa, chissà cosa potrebbero fare questa volta.
Sarah camminava a fianco di Ludo, lasciando che fosse lui, con la sua mole imponente, ad aprire una strada fra le altissime felci. Jareth, poco dietro di loro, era insolitamente silenzioso. Sarah sentiva su di sè i suoi occhi spiati: avrebbe dato dieci anni di vita per sapere cosa passava nella mente del re. O anche solo per venire a capo della confusione che regnava nella propria mente.
Per cinque anni si era chiesta, più o meno sinceramente, come sarebbe stato baciarlo. Il fatto che quel bacio fosse stato solo l'ennesimo terreno di scontro lo aveva reso più amaro, ma non meno inebriante. Sentiva ancora il sapore di Jareth sulle labbra, il suo odore sulla punta delle dita quando le avvicinava al viso furtivamente.
Quei capelli dorati erano davvero morbidi come sembravano.
Non ha importanza, si censurò brutalmente.
Sarah... triste!
La voce di Ludo la riscosse. Sarah gli affondò le mani nella soffice pelliccia, con tenerezza.
-Non è niente, Ludo.-
Sollevò gli occhi al cielo, cercando di distrarsi. Era davvero buio. Era notte inoltrata e le fronde degli alberi erano così fitte da oscurare la luna e le stelle. E tuttavia fra i tronchi poderosi serpeggiava una strana nebbia, che riluceva di una fluorescenza malsana. La nebbia strisciava fra le felci in filamenti scintillanti, il suo tocco era umido e quasi urticante contro le dita. Nell'oscurità ai piedi degli alberi risuonavano cupi richiami, un tenue gracidare di rane, versi a metà tra grida di uccelli e risate scomposte.
Istintivamente, Sarah si strinse a Ludo.
Sarah... paura...
Lei gli accarezzò le lunghe orecchie.
-Sì, Ludo. Sarah ha un po' paura.-
Lo guardò e provò una profonda gratitudine per la solidità della sua presenza. Era diventato una poderosa macchina di muscoli e zanne, ai lati del capo aveva tre paia di occhi color ambra. Gli artigli affondavano nel terreno, scostando con la stessa facilità le fittissime felci e i rami più bassi.
Per certi versi il cambiamento di Ludo era incredibile, ma Sarah lo trovava stranamente sensato. Cinque anni prima aveva avuto soprattutto bisogno di qualcuno da amare.
Oggi, forse, ho più bisogno di qualcuno che mi infonda coraggio.
Il riflessi fluorescenti della nebbia trasfomavano i tronchi in figure contorte dai volti ghignanti.
Sarah si voltò alle proprie spalle, inquieta.
Il viso di Jareth, pallido e composto mentre avanzava nella semioscurità, aveva qualcosa di maestoso e solenne. Gli alberi fremevano al suo passaggio, quasi soffocassero sommesse risatine di scherno; la nebbia lucente gli frugava il petto con dita insolenti. A tratti, fra quelle spire di nebbia, Sarah distinse lei lineamenti vagamente umani. Qualcosa di simile a un volto sussurrò delle parole all'orecchio del re, poi perse forma e tornò alla nebbia da cui era venuto. Sarah represse un brivido: aveva la sensazione che, qualunque cosa quelle figure di nebbia stessero dicendo, non fosse affatto gradevole.
Jareth si voltò verso di lei, e la ragazza distolse subito lo sguardo.
Sbirciò d'istinto le querce poderose, avvolte in quel lucore malsano. Avevano strani profili, come di volti deformati dal terrore o dall'agonia. Sarah aveva la sgradevole sensazione che li osservassero passare, ghignando, lanciandosi nell'ombra sorrisi allusivi.
La sensazione era quella, angosciosa e sempre più soffocante, di stare avanzando nelle viscere di un mostro.
-Ludo...- Sarah si strinse ancor di più al gigantesco amico. Le sembrava che un nodo le serrasse la gola; annaspò per respirare, come fosse sott'acqua.
-Tutto a posto?-
La ragazza si voltò di scatto: era stato Jareth a parlare.
Le sembrò strana, come domanda, fatta proprio da lui. Sarah si strinse le braccia intorno al corpo, in preda ad un improvviso senso di gelo.
-P-perchè?-
-Stai tremando.-
I lineamenti puliti e angolari del re dei Goblin sembravano alterati in quella luce marcescente. Sarah ebbe la sensazione di stare fissando non lui, ma le ossa del suo cranio tese sotto la pelle. Guardò Ludo, allarmata. Anche lui sembrava aver subito un oscuro cambiamento. La pelliccia sembrava polverosa e stopposa, sul punto di strapparsi in ciocche grigiastre. La sua testa enorme sembrava escavata, come se qualcosa la stesse erodendo dall'interno.
-Ragazzi, che vi sta succedendo?- gemette.
La foresta catturò sua voce e la frantumò in mille eco distorte.
Sarah si fermò e chiuse gli occhi, si tappò le orecchie.
Non è reale , pensò. Quello che sto vedendo non è reale! Sono illusioni create dalla foresta!
-Sarah.- la voce di Jareth era implorante. Sarah aprì gli occhi e rimase spiazzata.
La foresta intorno a lei era sparita: si trovava in una segreta. Qualcosa biancheggiava appeso alla parete di fronte a lei: la ragazza si avvide che era uno scheletro umano.
Si voltò di scatto.
Jareth era in piedi, la camicia bianca chiazzata di rosso, i chiodi neri piantati negli occhi.
-Perchè hai permesso che mi accadesse questo, Sarah?-
Lei si premette una mano contro la bocca.
-No, Jareth! Non sono stata io!-
La gola del re era squarciata, i capelli dorati impiastrati di sangue. Chiunque fosse stato a ridurlo in quel modo, doveva averlo torturato a lungo e con sadico compiacimento.
Jareth le si avvicinò: il petto segnato, le labbra viola.
-Tu non lo hai fermato, Sarah. Tu gli hai permesso che mi facesse questo. Come hai potuto?-
Protese la mano verso il suo viso, Sarah indietreggiò precipitosamente.
-Non è stata colpa mia!-
Cadde all'indietro. Come in un sogno, l'illusione della segreta si dissolse e la foresta ricomparve, reale come non mai. Sarah ruzzolò lungo un pendio che, ne era sicura, fino ad un istante prima non c'era. Rotolò fra le felci che si protendevano verso di lei come mani; il terreno era umido, dalla sgradevole consistenza spugnosa. Ebbe l'impressione che i rami più bassi degli alberi si protendessero verso di lei cercando di afferrarla, che i volti nella nebbia ridessero, osservandola cadere.
La caduta trasformò tutto in un caleidoscopio delirante e confuso, finchè il pendio non digradò in una radura e la discesa di Sarah si arrestò.
Si ritrovò ansimante, distesa su un letto di foglie. Gli alberi ai margini della radura erano bianchi come ossa, coperti di funghi carnosi.
Sarah si rimise in piedi, in fretta. C'era qualcuno in un angolo della radura. Lo riconobbe immediatamente: il piccolo muso peloso, gli occhi ambrati sgranati nell'oscurità.
-Didimus!-
Sarah gli corse incontro, incespicando.
-Sir Didimus!-
Il piccolo cavaliere non la guardava. Seduto su una larga pietra piatta, contemplava il terreno e piangeva sommessamente.
Sarah gli si avvicinò con cautela.
-Sir Didimus?- lo chiamò dolcemente.
Il cavaliere non diede segno di averla udita.
-Non fui in grado di difenderli.- lo udì singhiozzare. -La mia missione fallì.-
Sarah si chinò su di lui: gli passò una mano davanti al viso, ma non ottenne alcuna reazione.
Grosse gocce si formavano negli occhi del cavaliere, rotolando giù lungo le guance incavate.
-La gentile donzella, il mio ardimentoso fratello... il fido Ambrogio. Tutti morti. Io porto scritto nel cuore il mio fallimento.-
Sarah si inginocchiò per guardarlo negli occhi.
-Sir Didimus, cosa dici? Io sono viva, e Ludo sta bene! Ambrogio e Hoggle non so dove siano, ma sono certa che potremo cercarli! Craggio...!-
-Non ti sente, Sarah Williams.-
Una voce incolore, alle sue spalle, che Sarah riconobbe all'istante.
Si alzò in piedi e si girò di scatto, ponendosi istintivamente davanti a sir Didimus, pronta a difenderlo.
L'uomo emerse dalla fitta parete di nebbia, si staccò come avesse preso forma dall'oscurità che ristagnava tra gli alberi.
-Che vuol dire che non mi sente?- lo affrontò.
Il Corinzio strinse le spalle.
-Vuol dire quello che ho detto: il tuo amico non ti sente. Non sente e non vede niente. E' perduto nelle proprie paure.-
L'uomo la sbirciò da sotto le bianchissime ciglia, e Sarah deglutì per il sollievo all'idea di non dover fronteggiare le sue orbite vuote. Almeno per il momento.
-Sei stato tu?-
L'uomo abbracciò con un ampio gesto la selva circostante. La nebbia rilucente si inanellò attorno alle pallide dita prima di ritrarsi.
-No, Sarah Williams. Tu vuoi bene al tuo amico: non gli farei mai nulla di male. E' stata la Foresta.-
-La foresta non era così l'ultima volta.-
Il Corinzio (non gli piaceva pensare a lui in quei termini, ma in che altro modo poteva chiamarlo?) chinò leggermente il capo da un lato.
-Aveva un aspetto diverso, ma era sempre la stessa cosa, Sarah Williams. Il luogo più spaventoso di tutti, per definizione.-
-Non...-
-Non capisci?- un tenue sorriso incurvò quelle labbra esangui. -Sei così potente, Sarah Williams... la tua immaginazione è così grande... e vivida... e tu non riesci nemmeno a riconoscerne gli effetti! Questa foresta è La Foresta, il Bosco che compare in tutte le fiabe. Il luogo oscuro per definizione. Quello ricco di insidie, pericoli, predatori.-
Sarah cercò febbrilmente di dare un senso a ciò che stava udendo.
In Cappuccetto Rosso, in Hansel e Gretel, nella Bella Addormentata nel bosco. Persino in la Bella e la Bestia e in Biancaneve. In quasi tutte le fiabe, nei momenti di crisi o di passaggio, compariva una foresta da attraversare o un bosco in cui c'era il rischio perdersi. Pensò alle visioni di morte che aveva avuto. Pensò agli occhi spalancati e vacui di sir Didimus.
-Questa foresta... non è solo una foresta. E' un simbolo. Per le nostre paure.-
L'uomo annuì, chiaramente felice dell'intelligenza dell'osservazione.
-E' entrambe le cose, come il Labirinto, come tutto il Sottosuolo. Ogni cosa qui è se stessa, e al tempo stesso è ciò che rappresenta.-
Un pensiero si agitò nella mente di Sarah
(dimmi cosa sono e potrò diventarlo)
ma lei lo cacciò indietro.
-Cosa è successo a sir Didimus?-
-E' entrato nella Foresta per attraversarla. Ma si è smarrito.-
Sarah riflettè un attimo.
-E' entrato nelle proprie paure.- tradusse. -E non è più tornato indietro.-
Il sorriso del Corinzio si allargò in segno di approvazione.
Sarah sentì gli occhi riempirsi di lacrime. La paura di Didimus era perderli tutti, non riuscire a salvarli. La sua era stata quella di veder morire Jareth e Ludo.
Strinse i pugni.
-Perchè sei qui?-
-Volevo assicurarmi che non ti smarrissi anche tu, Sarah Williams.-
-Ma che carino!-
Lui venne avanti, le ciglia abbassate, le braccia protese.
-Io tengo molto a te: non esisterei senza di te. Io ti devo tutto, Sarah Wlliams. Non voglio che ti accada qualcosa di male.-
(più dolce la sua lingua, più aguzzi i denti)
Lei indietreggiò, non riuscì ad impedirselo.
-Vuoi farmi credere che non sei tu il responsabile di quel che sta accadendo al Labirinto?-
L'uomo non rispose.
Sarah deglutì.
-Non è stato Jareth a mandarmi quegli incubi, vero? Sei stato tu.-
Un sorriso quasi dolce increspò le labbra del Corinzio.
-Dovevo farti tornare, Sarah Williams.-
-Erano solo sogni, vero?- Sarah odiò il tono implorante della propria voce, ma non riuscì a trattenersi. -Dimmi che erano solo sogni, che non erano... premonizioni.-
-Erano entrambe le cose, Sarah Williams. Entrambe le cose.-
A quelle parole, lei sentì scattare qualcosa dentro di sè. La soggezione e la repulsione che lui le incuteva, la paura che provava per Jareth, l'angoscia per il dolore di sir Didimus... tutte le emozioni si fusero insieme in un'unica, adamantina determinazione. Mosse un passo in avanti, curva come sul punto di attaccare.
-Hai detto che mi volevi? Bene, sono qui. Adesso lascia in pace il Labirinto, lascia in pace...
(Jareth!)
...i miei amici! Io sono qui!-
Incredibilmente, il Corinzio si bloccò. Per un istante, di fronte a quella collera, parve sorpreso, addirittura incerto.
-Non qui, Sarah Williams. Conosci le fiabe: le foreste sono luoghi di passaggio. Le fiabe non finiscono mai in una foresta.-
Lei avanzò di un passo, i pugni stretti, gli occhi accesi per la rabbia.
-E allora dove?-
L'uomo tese una mano.
Sarah volse lo sguardo nella direzione che lui gli indicava.: in lontananza, la sagoma scura del castello si stagliava contro l'alba rosata del Sottosuolo.
Quando Sarah si voltò di nuovo verso la radura, il Corinzio non c'era più.

****


Lady Stardust: grazie per i complimenti, cara :) Sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e ovviamente spero che anche questo non ti abbia deluso. Ora però aggiorna, eh :D

Devilcancry: capitolo postato :) Eeeh, il tenero c'è, ma è in fondo e andrà opportunamente disseppellito! Scherzi a parte, grazie per i complimenti :)

Daydreamer: sono contenta che ti sia piaciuto il modo in cui ho reso i sentimenti di Jareth. Confesso che, mentre Sarah è ormai una seconda pelle, scrivere dal punto di vista di Jareth mi riesce sempre molto difficile. Quindi Grazie :) Per la signora e la messaggera... resteranno nelll'ombra... ma chissà.

Shinigami Noir: grazie cara! In questo capitolo compare anche Didimus! Sappi che è solo merito tuo se non ci sono andata giù troppo pesante, eh ;P

Cappellaio Matto: grazie, grazie, e ancora grazie! Sono felicissima che la fatica di entrare nella testa di Jareth valga il risultato :)

Pepe91: grazie per i complimenti, sei gentilissima! Mi fa piacere che tu abbia potuto scoprire (e amare) Gailman, Beksinski e Neil Jordan proprio attraverso la mia ff! :) E' una cosa che mi rende immensamente felice!

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Capitolo 10
*** Tutti gli addii ***


E anche questo capitolo è andato. Un grazie a Lady Stardust, che lo ha betato, e a Daydreamer, che mi ha permesso di correggere un errore :)

Ovviamente: questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

****


Sarah si guardò intorno per essere certa di trovarsi davvero sola.
Sì, il Corinzio era davvero sparito: la ragazza non sapeva se essere contenta di non averlo più intorno, o innervosita per non aver ottenuto le risposte di cui aveva bisogno.
Sospirò e diede un calcio a vuoto, poi si sedette accanto a Didimus.
-Sai,- gli raccontò -c'erano Jareth e Ludo con me: stavamo attraversando insieme la foresta.-
Il piccolo cavaliere non diede cenno di averla udita. Continuava a dondolarsi piano, il piccolo viso fra le mani. Sarah continuò.
-Ludo è cambiato: lo vedrai! E' diventato enorme e fortissimo: è semplicemente grandioso! Jareth invece... -arricciò il naso e sorrise. -Be' è sempre lo stesso. O almeno così vorrebbe farci credere.-
Sir Didimus continuava a lamentarsi sommessammente, perso nella propria disperazione, e Sarah sospirò di nuovo, scostandogli un ciuffo di peli dagli occhi.
-Li aspetteremo qui, sono certa che arriverenno presto. Vedrai che loro sapranno cosa fare per aiutarti.-
Guardò il cielo del Sottosuolo, che si andava schiarendo.
-Almeno lo spero.-

 

****


Quando Jareth e Ludo raggiunsero la radura, era ormai giorno fatto. La nebbia si era dissipata e la luce arancione filtrava attraverso le fronde e le liane, proiettando ovunque vividi riflessi verdi.
Ludo sbucò attraverso il fogliame, scrollò con un mugolio la grossa testa e corse felice verso Sarah.
Sarah... salva!
Il re dei Goblin comparve subito dietro di lui, silenzioso come un felino. Nel vederlo emergere dalla parete di alberi, Sarah lo scambiò per un fantasma. I suoi abiti erano cambiati di nuovo: indossava un'ampia camicia di mussola bianca, pantaloni grigi e guanti dello stesso colore. I lineamenti puliti e angolari del suo volto erano piuttosto tirati. Sarah lo aveva visto così soltanto una volta, al momento del loro ultimo scontro, e capì che, dietro lo schermo di malia dietro cui si nascondeva, il re dei Goblin era molto provato.
Le sembrò vulnerabile e tuttavia pieno di dignità, con indosso la camicia bianca in cui l'aveva visto morire, gli occhi spaiati terribilmente penetranti, eppure così stanchi.
Sta morendo, pensò Sarah. La degenerazione che ha colpito il Labirinto lo sta lentamente consumando. Se non lo ucciderà il Corinzio, ci penserà tutto questo a farlo.
Non sapeva da dove venisse quella consapevolezza, sapeva soltanto che era tagliente come una lama. Jareth dovette leggerle in faccia qualcosa, perchè le scoccò un'occhiata fredda, come se la sfidasse a dar voce a quei pensieri.
Sarah si limitò ad indicare sir Didimus, seduto sulla pietra piatta accanto a lei.
-Dobbiamo portarlo via di qui. Forse se lo portiamo via tornerà in sè.-
Ludo scrutò il piccolo cavaliere ed emise un mugolio basso e triste, che fece vibrare tutte le pietre presenti nell'area circostante.
Jareth si inginocchiò e studiò Didimus per qualche istante, tamburellando con le dita le labbra sottili.
-Non possiamo portarlo via.-
Sarah lo guardò senza capire.
-Perchè no?-
Il re continuava ad osservare il cavaliere.
-Le paure che lo imprigionano sono l'unica cosa che lo tiene in vita. Se gliele togli, lo shock lo ucciderà.-
-Ma allora come...-
-Dovrà svegliarsi da solo.- concluse Jaret, rialzandosi in piedi.
-Non ce la fa!-
Il re dei Goblin scoccò a Sarah un'occhiata impaziente.
-Si sveglierà, quando avremo riportato le cose alla normalità.-
La ragazza sentì un'ondata di nausea.
-No.-
Jareth continuò a guardarla senza dire nulla. Il volto pallido accuratamente vuoto di qualsiasi espressione, le mani puntellate sui fianchi.
-No.- ripetè Sarah, alzandosi in piedi. -Questo non era nei patti! Mi avevi detto che se ti avessi accompagnato al castello mi avresti aiutato a salvare i miei amici.-
Il re ebbe un sorriso mielato.
-No, mia cara. Questo è ciò che hai capito tu. Se rifletti un attimo, ricorderai che le mie parole erano leggermente diverse. "Torna con me nel Labirinto, aiutami a riprenderlo. Io ti aiuterò a trovare e salvare i tuoi amici."-
-Quindi mi stai dicendo che non è possibile salvare Didimus?-
-Non è esatto. E' possibile salvarlo e lo faremo. Basterà riportare alla normalità il Labirinto.-
Sarah lo guardò senza emozione.
-Mi hai ingannato.-
Si sentiva... come? Delusa? Ferita?
Se giochi col fuoco, non puoi sorprenderti se ti bruci.
Il re socchiuse gli occhi.
-Io non posso mentire.-
-Già. Ma ciò non significa che tu sia sincero.-
La ragazza abbassò lo sguardo su Didimus e pensò alle parole del Corinzio.
Ogni cosa qui è se stessa, e al tempo stesso è ciò che rappresenta.
Valeva anche per lo stesso Corinzio?
Valeva anche per Jareth?
(dimmi cosa sono, ed io potrò diventarlo)
Sarah trasse un profondo respiro, sfiorando dolcemente il capo di sir Didimus.
-Cosa sta succedendo realmente al Labirinto?-
Il re dei Goblin incrociò le braccia al petto.
-Dimmelo tu, Sarah. Ragiona. Comprendi. Hai tutti gli elementi che ti servono.-
Lei lo guardò in quegli occhi così stanchi. Piccoli indizi cominciarono a combaciare come i pezzi di un puzzle.
-Quello che sta accadendo è cominciato cinque anni fa. Dal primo momento in cui vi ho messo piede, il Labrinto ha cominciato a cambiare: tu lo avevi previsto, anzi, mi avevi attirato qui perchè volevi che accadesse.-
Sarah deglutì, riformulò quel concetto per fissarlo con più forza nella mente. Era tutto incredibilmente contorto, eppure più ci pensava, più acquistava un senso.
-Cinque anni fa il tuo obiettivo non era mio fratello. Lui era solo un mezzo per attirare qui me. Non capisco bene come, ma tu sapevi che avrei pronunciato quelle maledette parole e che dopo sarei venuta nel Sottosuolo a riprendermi Toby. Ci contavi.-
Jareth ebbe un sorriso di scherno.
-Io "sapevo"... io "prevedevo"... quali assurdi poteri mi stai attribuendo, Sarah? Io ti ho osservata a lungo, e poi ho semplicemente fatto in modo che tu trovassi un libro. Un libro con una storia molto speciale, creata apposta perchè tu potessi identificarti. Poi ho aspettato... sperato... che tu la rendessi reale. E tu lo hai fatto.-
-Perchè volevi attirarmi qui?-
Perchè il Corinzio mi vuole?
-Non è ovvio?-
-Sì, forse lo è, ma ho bisogno di sentirtelo dire.-
-Volevo un poco di ciò che tu possedevi in abbondanza. Ciò su cui si regge il Labirinto e tutto il Sottosuolo. La tua immaginazione, la tua capacità di credere.-
Sarah si passò una mano tra i capelli.
-Ero una bambina, Cristo! Ero sola e sperduta e pensavo che il mio mondo stesse andando in pezzi. Volevo solo che tutto tornasse come prima.-
Jareth sollevò un sopracciglio, sarcastico.
-Essere di nuovo il centro del mondo?-
La ragazza lo fulminò con lo sguardo.
-Avere un padre, una madre. Avere una famiglia. Essere amata. Tu hai preso tutto questo e lo hai usato per costruire una trappola su misura per me!-
-Una trappola che sarebbe rimasta in piedi solo per tredici ore, poi saresti tornata al tuo mondo. Avresti potuto persino riavere tuo fratello, se fossi riuscita a riprenderlo in tempo. Avresti ceduto al Labirinto solo un po' della tua immaginazione, quel tanto che bastava per dargli nuovo splendore, e la tua vita sarebbe andata avanti come prima.-
Sarah sollevò le sopracciglia.
-Ma non è andata esattamente così, non è vero? La bambina viziata si è proclamata pari a te e ti ha battuto. Il Labirinto, che prima ti obbediva ciecamente, all'improvviso non ha più saputo chi fosse il suo legittimo re. Mio caro ingannatore, come ci si sente a restare vittime del proprio inganno?-
Il sorriso del re era beffardo mentre avvicinava il volto a quello di lei, fin quasi a sfiorare le sue labbra con le proprie.
-Non darmi tutta le responsabilità, Sarah. E' vero: ho dei doveri verso il mio regno e ho usato te e tuo fratello per assolverli. Ma non ti ho mai costretto a fare nulla, sai che non ho questo potere. Leggere il libro, recitare le parole, chiamarmi. Persino sfidarmi per riprenderti Toby. Ogni cosa è accaduta solo perchè tu lo hai permesso, e nel modo in cui l'hai raccontata.-
La ragazza si sentì avvampare ma non indietreggiò di un millimetro mentre lo guardava negli occhi.
-Io volevo soltanto essere amata.-
Jareth si raddrizzò, una strana intensità negli occhi spaiati.
-Nella storia che hai raccontato, il re era innamorato di te.-
-Oh, per favore! Non mi sembravi innamorato mentre alternavi le lusinghe alle minacce, o mentre mi offrivi i miei sogni, omettendo il piccolissimo dettaglio che erano già miei!-
-Io ho...-
-Dei doveri, certo.- Lo guardò senza astio. -Come faceva quella frase, Jareth? "temimi, amami, fai ciò che ti dico e sarò tuo schiavo". Te la ricordi? Io sì. Sei stato sublime, davvero. Hai detto tutto e il contrario di tutto, sperando che io capissi "amore".-
Il re la fissava in silenzio, pallidissimo.
-Sai qual è il bello?- continuò la ragazza. -Non avevo capito la differenza. Credevo che tu mi stessi davvero offrendo il tuo amore.-
Jareth sollevò una mano verso di lei: per un attimo Sarah pensò che stesse per sfiorarle il viso. Invece si bloccò a mezz'aria, le dita aperte, come non osasse toccarla.
-Allora perchè hai rifiutato? L'hai appena detto: era la cosa che desideravi più di ogni altra. Essere amata.-
Sarah distolse lo sguardo: lui non stava fingendo; non capiva davvero. Diceva di sapere tutto dei sentimenti umani, eppure ne capiva così poco!
-Dovevo salvare Toby. Un amore che pretenda in cambio la vita di qualcuno non può essere giusto.-
Jareth chinò leggermente il capo da un lato. Ciocche bionde gli obreggiavano il viso e Sarah si premette le mani contro i jeans per soffocare il desiderio di scostargliele dalla fronte.
Nonostante tutto non riusciva ad essere arrabbiata con lui. Era un essere malizioso e imprevedibile, eppure c'era qualcosa di innocente nella sua crudeltà, come anche nella sua gentilezza.
La ragazza scrutò quel viso senza tempo, lo studiò come un enigma da decifrare.
Il re aveva l'aspetto di un uomo bellissimo, sì, e certamente lo era, ma era anche qualcos'altro. Solo che lei non riusciva a capire cosa.
-Parlami del Corinzio.- lo esortò. -Che aspetto aveva prima che io mettessi piede nel Sottosuolo?-
Jareth sbuffò.
-Il Corinzio non esisteva, prima che tu mettessi piede nel Sottosuolo.-
-Ancora con questa storia? Non l'ho creato io!-
Jareth volse gli occhi verso il cielo e non rispose.
Sarah guardò sir Didimus.
-Che dobbiamo fare con lui?- domandò semplicemente. -Non voglio lasciarlo qui da solo. -
Ludo... resta. Didimus... fratello.
Sarah trasalì. Si era completamente dimenticata del suo gigantesco amico. Gli si avvicinò e gli prese la grossa testa fra le mani, vide la propria immagine catturata e riflessa nei suoi sei occhi.
-Te la senti, Ludo? Te la senti di restare qui con Didimus? In questa foresta spaventosa?-
Ludo non ha paura. Ludo... aspetta... Sarah.
La ragazza gli posò un bacio sulla fronte.
-Torniamo presto. Te lo prometto.-
Con un agile movimento delle mani, Jareth evocò una delle proprie sfere.
La lanciò e quella rimase sospesa a mezz'aria, incendiandosi di una luce splendente. Per la prima volta si rivolse direttamente a Ludo.
-Terrà lontani gli incubi.- disse laconico.
Il mostro seguì la sfera fluttuargli davanti agli occhi. Fece un lento, goffo inchino, un movimento che mise in moto una massa impressionante di muscoli e artigli.
Re Jareth... amico!
Jareth sgranò gli occhi per un istante, poi si allontanò tutto impettito, fermandosi ai margini della radura.
Sarah si sforzò di non sorridere.
Che essere assurdo, pensò.
Anche se era un ingannatore affascinante e pericoloso, le sembrò impossibile di aver mai avuto paura di lui.
Lo raggiunse e uscirono, l'uno di fianco all'altra, fuori dalla selva.

 

****


La foresta finì bruscamente, lasciando il posto ad una pianura arida e battuta dal vento. In lontananza si scorgevano le mura della città di Goblin e, sopra la città, la massa incombente e contorta del castello.
Sarah osservò il panorama e trattenne il fiato.
La discarica in cui cinque anni prima si era svegliata era stata sostituita da un unico, immenso cimitero.
Scrutò il viso di Jareth: anche lui contemplava in silenzio la distesa di lapidi; la ragazza intuì che, nonostante l'espressione composta, provava il suo stesso sgomento.
Come aveva fatto davanti agli Squig, Sarah cercò la mano del re: intrecciò le dita alle sue e strinse forte. Dopo un istante, Jareth ricambiò la sua stretta e si incamminarono insieme.
Un vento impietoso soffiava tra le tombe, sollevando manciate di polvere; i marmi sbrecciati e chiazzati di muffa sembravano erosi da secoli di intemperie. Il cielo privo di astri aveva una cupa sfumatura rossiccia. Cumuli di nubi color cenere si ammassavano sopra quell'impressionante distesa di lapidi: fra le varie tonalità di grigio, Sarah avrebbe giurato di poter distinguere il pulsare di misteriosi cervelli o lo scintillare di giganteschi, orribili occhi.
Il paesaggio alla fine del mondo dev'essere proprio così.
Jareth rimaneva altero in mezzo a quella desolazione. Il suo profilo era di un candore quasi scintillante nella penombra color ocra.
-Di chi sono tutte queste tombe?- domandò Sarah, guardandole mentre passava.
Sui marmi non c'erano nomi, però vi erano impresse delle figure. Immagini di Goblin, dei minuscoli folletti presenti nel secondo livello del Labirinto, dei Fireys... c'era persino il signor Verme.
Andando avanti, le immagini diventavano sempre più strane.
Su una lapide, Sarah riconobbe il ritratto della propria madre, ma non si trattava di Linda così per com'era davvero: era piuttosto raffigurata come una madre ideale, quale poteva esistere nell'immaginario di una bambina di pochi anni.
Su un'altra lapide era raffigurato suo padre: somigliava ad un cavaliere scintillante e giusto, come Sarah lo considerava nella prima infanzia, prima di capire che era un normale essere umano con pregi e difetti.
Su una delle tombe era ritratta Karen, vestita come la matrigna di Biancaneve; su un'altra lapide c'era Toby, rappresentato come un piccolo mostro usurpatore.
Su una lapide Sarah vide persino se stessa, raffigurata come una principessa delle favole.
-Sono tutte parti di me.- esclamò meravigliata. -Tutti i punti di vista, i modi di vedere il mondo che, crescendo, ho abbandonato!-
Alcuni marmi erano anneriti.
Li indicò a Jareth.
-Cosa è successo lì?-
Il re socchiuse gli occhi.
-Lì il cambiamento è stato più drastico e doloroso.-
-Sembrano bruciati.-
-Questo è il tuo Labirinto, Sarah. Forse tu vedi il cambiamento come un fuoco che brucia e distrugge tutto.-
Sarah pensò al disfacimento della propria famiglia, a come si era sentita quando tutte le sue certezze erano state messe in crisi.
-Non proprio.- riflettè. -Il cambiamento è come un fuoco, sì, ma non divora tutto. Ci porta via le certezze che abbiamo, ma non può distruggere quello che siamo davvero, e così lo riporta alla luce. E alla fine, quando il fuoco ci ha tolto tutto fuorchè noi stessi, è da noi stessi che ripartiamo.-
Arrossì, rendendosi conto di aver parlato a ruota libera. Aspettò una battuta sarcastica, che non venne mai. Jareth la guardava con attenzione, sembrava piuttosto colpito.
-Sembri saperne molto.-
-Di cosa, di cambiamenti?-
Jareth annuì e Sarah arrossì ancora di più.
-Noi umani ne viviamo un bel po' nel corso della vita.-
Il re si guardò intorno.
-Ci sono anche vecchie rappresentazioni del Labirinto.-
All'improvviso le lasciò la mano e si fermò di fronte ad una fossa.
La tomba era ancora aperta e vuota, ma aveva già la sua lastra di marmo. Jareth rimase ad osservarla per qualche istante, poi passò oltre senza dire nulla.
Sarah sbattè le palpebre, incredula: il disegno sulla lapide rappresentava il re dei Goblin!
No!
Jareth si era già allontanato e lei gli corse dietro.
-Aspetta!-
A pochi metri dalle mura c'era una piccola casa: il re dei Goblin avanzava in quella direzione senza voltarsi indietro.
Qualcuno era seduto sulla soglia.
Quando li vide avvicinarsi, si alzò in piedi, ma la sua figura era così minuta che l'altezza non variò di molto. L'ometto aveva mani sottili, simili ai baccelli di una pianta, e gli occhi scintillavano malevoli fra le folte sopracciglia simili a tralci di vite.
Un lupo a sei zampe, così magro che gli si potevano contare le costole, era rannicchiato ai suoi piedi: drizzò appena le orecchie e uggiolò, ma non si mosse.
Sarah accelerò istintivamente il passo, senza distogliere lo sguardo da quelle due figure.
-Hoggle.- mormorò. E poi, più forte: -Hoggle! Ambrogio!-
Il nano la guardò con espressione disgustata, poi posò gli occhi sul re dei Goblin, che ormai lo aveva quasi raggiunto.
-Non potevi fare a meno di coinvolgerla, vero?- lo aggredì ergendosi in tutta la propria altezza. -Non potevi tenere almeno lei fuori da tutto questo?-
Sarah li raggiunse in tempo per udire il sussurro minaccioso di Jareth.
-Bada a come parli, Gorgoglio!-
-Altrimenti cosa, pannocchia di mais?- la rabbia del nano sembrava incontenibile mentre agitava le braccia sottili sotto il naso del re.- Mi ucciderai? Mi appenderai a testa giù nella Gora? Sai almeno cos'è diventata? Ne hai anche solo una vaga idea?-
Il re non rispose, le labbra ridotte ad una fessura sottile.
Hoggle si voltò verso Sarah e lei vide che i suoi capelli erano diventati simili a rampicanti.
-E tu!- berciò puntandole conto un dito accusatore. -Tu! Ti avevo chiesto di non chiamarlo, di non permettergli di coinvolgerti. Avevi promesso!-
Sarah sollevò istintivamente le mani per difendersi da quella foga.
-Hoggle...-
Gli occhi del nano, ancora di un azzurro limpido, scintillavano di angoscia.
-No, non dire nulla! Non osare! Quello che sta accadendo è orribile, ma l'idea che almeno tu fossi in salvo lo rendeva sopportabile! Ma ora che anche tu sei qui, ora che anche tu sei in questo inferno...-
Sarah si inginocchiò davanti al nano. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma lo vedeva agitarsi con tanto fervore che non osava nemmeno provarci.
-Riporteremo tutto a posto. Siamo qui per questo.-
-Lo so!- Gridò il nano, furibondo. -Lo so che lui ti ha portato qui per questo! Ma ti ha detto come intende rimettere tutto a posto? Ti ha detto cosa si aspetta da te?-
-Andremo al castello. Dobbiamo affrontare l'usurpatore.-
-E in che senso "affrontare"? A scacchi? A botte? A una gara di rutti? Possibile che tu non te lo sia chiesta, piccola sciocca senza cervello!?-
Sarah sgranò gli occhi e si voltò verso Jareth.
-Ha ragione Hoggle. Hai detto che devo aiutarti a riprendere il Labirinto, ma non mi hai mai detto come.-
Il re aveva un'espressione indecifrabile, la posa elastica, quasi felina, contrastava duramente con il pallore del suo volto. Con un gesto distratto, si fece scivolare una sfera sulla punta delle dita e la scrutò come se fosse la cosa più interessante del mondo.
-Avevo contemplato diverse soluzioni- spiegò in tono vago. -Ma quasi tutte si sono rivelate impraticabili.-
Hoggle aveva i pugni stretti: sembrava sul punto di saltare alla gola del re.
-Ma non mi dire!-
Sarah lo ignorò. Si rimise in piedi, le gambe rigide.
-Quali soluzioni, Jareth?-
Il re dei Goblin scrollò le spalle con indolenza. Lanciò la sfera in aria, la fece ricadere sul palmo della mano.
-Avrei potuto sedurti e ottenere pieno potere su di te, e quindi anche sul Labirinto... ma tu sei stata molto chiara in merito: io sono un mostro. Ti ho chiesto di dirmi cosa sia il Corinzio, perchè conoscere la sua natura ci permetterebbe di affrontarlo e sconfiggerlo... ma tu ti rifiuti persino di ammettere che sia nato da te. Ti ho chiesto di dirmi cosa sono io, di mettermi in condizione di affrontare quell'essere... ma non sei stata capace di fare nemmeno questo. Come vedi, tutte le soluzioni che avevo contemplato sono impraticabili. Non posso esercitare un potere su di te, nè costringerti ad esercitare il tuo potere sul Corinzio.-
Sarah allargò le braccia, esasperata.
-Io non ho alcun potere!-
-Già, certo. Appunto.- Jareth lanciò di nuovo la sfera, la afferrò al volo senza nemmeno guardare. -Vuoi sapere che altra possibilità rimane, Sarah?- Sorrise appena. -Posso ancora ucciderti, e sperare che il Corinzio muoia con te!-
Sarah aprì la bocca, ma non ebbe il tempo di fare nulla.
Prima che potesse dire qualcosa, Jareth afferrò la sfera e gliela scagliò contro.

****


Shinigami Noir: grazie a te per essere sempre così tempestiva nel recensire :) Spero che anche questo capitolo ti piaccia. Bacio :*

Daydreamer: grazie cara!

Lady Stardust: ancora grazie per il supporto a questo e alllo scorso capitolo :*

Misfatto: ehilà , ma ciao! Mancano ormai pochi capitoli: piano piano tutti i nodi verranno al pettine :) Grazie per aver recensito!

A Jessica80 e Fleur De Lys ho già risposto via mail, ma colgo l'occasione per ingraziarle delle recensioni anche in questa sede.

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Capitolo 11
*** Requiem for a King ***


Mancano ormai pochi capitoli alla fine, per cui, tempo permettendo, cercherò di velocizzare la stesura.
Grazie a tutti per le recensioni, e un grazie particolare a Lady Stardust per avermi betato!


Ovviamente: questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

 

****



 

La grande avventura della nostra vita. Che cosa significa morire quando si può vivere fino alla fine del mondo? E che cos'è la "fine del mondo", se non un modo di dire, perché chi sa anche soltanto cos'è il mondo stesso? (...) sono stato eternamente giovane ed eternamente vecchio, senza possedere illusioni, vivendo attimo per attimo come un orologio d'argento che batte nel vuoto: il quadrante dipinto, le lancette intagliate, che nessuno guarda, e che non guardano nessuno, illuminate da una luce che non era luce, come la luce alla quale Dio creò il mondo prima di aver creato la luce. Tic-tac, tic-tac, tic-tac, la precisione dell'orologio, in una stanza vasta come l'universo.

dal film "Intervista col vampiro" di Neil Jordan

 



Sarah serrò gli occhi, sollevò le braccia per ripararsi il viso.
Un istante, due istanti.
Non accadde nulla.
Riaprì gli occhi: la sfera era diventata una gigantesta bolla di vetro e lei vi era chiusa dentro come un insetto.
Dall'altra parte del cristallo, Jareth la fissava, il mento sollevato, le labbra ridotte ad una linea sottile.
-Hai davvero creduto che lo avrei fatto.-
Sarah contemplò la sfera, nervosa.
-Che cosa significa questo? Che hai intenzione di fare?-
Il re dei Goblin la fissò a lungo, come se cercasse qualcosa nei suoi occhi o volesse imprimersi bene in mente ogni dettaglio del suo viso. Sarah si sentì profondamente a disagio sotto quell'esame. Poi il re dei Goblin distolse lo sguardo e si avvicinò a Hoggle.
Il nano indietreggiò, stringendo i pugni.
-Se osi toccarla con un dito, io...-
La voce di Jareth si sovrappose alla sua.
-Prenditi cura di lei.-
Il re afferrò il pendente che portava al collo e tirò, rompendo il cordone con uno strappo secco. Lo lasciò cadere davanti a sè. Istintivamente, Hoggle giunse le mani a coppa e lo afferrò al volo.
Sgranò gli occhi.
-Ma questo...-
-Se io non dovessi tornare, dallo a lei. E' l'unica persona oltre a me che abbia il diritto di portarlo.-
Jareth si rivolse a Sarah. C'era un'intensità incredibile in quello sguardo, eppure il volto pallido rimaneva composto, la voce modulata.
-Qualunque cosa accada, il pendente non deve cadere nelle mani del Corinzio.-
Sarah poggiò le mani sul vetro, un terribile sospetto cominciò ad insinuarsi nella sua mente.
-Jareth, cosa vuoi fare?-
-Quello che ci si aspetta da un re. Combattere per il mio regno.-
Sarah spinse le mani contro il cristallo, vi battè contro i pugni.
-Andremo insieme. Non ti lascio andare da solo! Ti prego, Jareth! Liberami!-
Lui rise piano. Per un attimo, nel modo in cui inclinò il capo, nel biancheggiare di quei denti appuntiti, Sarah cercò l'espressione beffarda che conosceva, ma non la trovò. Il re dei Goblin era triste, triste: la tristezza lo stava consumando dall'interno come una fiamma.
-Tu che mi preghi?- la guardò con un'ombra dell'antica malizia. -Mia cara, avevo smesso di sperare che sarebbe mai accaduto!-
Sarah deglutì. Non sopportava di vederlo così, come se avesse il cuore spezzato. C'era davvero tutta quella tenerezza nei suoi occhi?
-Verrò con te.- insistette. -Affronteremo il Corinzio insieme! Hai detto tu stesso che posso esercitare un potere su di lui!-
-Non sei pronta. Guardati: non ammetti nemmeno con te stessa che il Corinzio è qualcosa di tuo.-
Jareth si avvicinò, poggiò le mani sul vetro.
Immediatamente, Sarah premette i palmi contro quelli di lui.
-Ho fatto tutte le cose di cui mi hai accusato, e altre che non immagini nemmeno, eppure non mi sembravano orribili mentre le facevo. Sono davvero il mostro che dici?-
Lei lo guardò con un nodo in gola.
-Non so cosa sei. So soltanto che non sei un mostro.-
Il re ebbe un pallido sorriso.
-Dovrà bastare, immagino.-
-Per favore... per favore, non andare!-
-Tutto quello che è accaduto cinque anni fa, è accaduto perchè lo hai immaginato, e nel modo in cui lo hai raccontato. Nella tua storia, il re era innamorato di te.- disse Jareth, guardandola negli occhi. - Per tutto il tempo, e nonostante ciò che ha fatto, questo re è sempre stato innamorato di te. Non dimenticarlo. Non dimenticarmi.-
Per un istante, Sarah pensò di aver sentito male. Poi la portata di quelle parole le crollò addosso, colpendola come un pugno nello stomaco.
Jareth non rimase ad osservare la sua reazione. Fece un passo indietro, le voltò le spalle.
Superò Hoggle.
Sarah lo chiamò, battè le mani contro la sfera, gridando il suo nome come fosse l'unica cosa che, in quel labirinto di specchi, avesse un senso.
Il re non si girò nemmeno una volta.
Solo e disarmato, si avviò verso le porte della città di Goblin.

 

****

Per creature come i Sidhe, incapaci di mentire ma bisognose di stimoli per mantenersi sul filo della loro vita immortale, l'inganno non era solo un divertimento: era una necessità, addirittura una seconda natura. E per lui, che oltre ad essere un Sidhe era il re del Labirinto, quella regola valeva ancora più che per gli altri.
Jareth conosceva molto bene le parole: ce n'erano alcune che avevano un solo significato, inciso in loro tanto profondamente da non poter essere aggirato. E poi c'erano altre, come "cambiamento", che anche se avevano un significato preciso, potevano voler dire qualunque cosa.
Jareth ripensò al messaggio della Signora: ne aveva intuito fin dall'inizio l'ambiguità, ma solo attraversando la distesa di lapidi ne aveva compreso il senso profondo.
La messaggera aveva detto: "Perchè il Labirinto torni com'era, tu dovrai cambiare".
Jareth rise senza allegria: "Cambiare".
Che eufemismo!
Il "cambiamento" che lo aspettava era la morte!
La messaggera gli aveva detto "perchè il Labirinto torni com'era"... non "per salvare il Labirinto".
La Signora aveva sempre saputo che il compito di salvare il Dedalo non sarebbe toccato a lui, ma a Sarah! Adesso che lo aveva capito, il re dei Goblin si chiese perchè non ci avesse pensato prima: il Corinzio era nato da Sarah, era logico che solo lei potesse sconfiggerlo.
Andando a sfidarlo -e morendo nel tentativo- Jareth avrebbe solo costretto Sarah a trovare la forza di cui aveva bisogno per fare ciò che doveva fare.
Un sorriso amaro gli incurvò le labbra sottili.
Manipolatore, fino alla fine.
Lui sarebbe morto, ma il Labirinto sarebbe vissuto. Con una regina, invece che un re.
Le mura della città erano fatte di ossa accatastate.
Mummie disseccate erano parte integrante delle pareti; uccelli dalla gabbia toracica esposta volavano sopra i bastioni, lanciandosi lugubri richiami.
Le porte erano aperte, il re dei Goblin le varcò.
La città era silenziosa, ma non vuota. Piccoli animali fuggivano al suo passaggio, figure deformi lo spiavano dagli usci bui delle case, lanciandosi bisbigli sommessi.
-E' il re dei Goblin, quello?-
-E' lui, è lui!-
-No, non può essere! Re Jareth era crudele e divertente, non aveva un viso così serio!-
-E' lui, vi dico!-
-Come può essere lui, con quella specie di tristezza negli occhi?-
-Guardatelo: non ha nemmeno l'amuleto!-
-Forse, prima di notte, vedremo la sua testa penzolare dalle mura. E sarà uno scherzo crudele! E divertente!-
-Come ai vecchi tempi, quando avevamo ancora un re!-
Jareth avanzò per la via principale della città, la schiena dritta sotto il peso di quegli sguardi, il cuore prigioniero di una ragnatela di ombre.
Pensò a Sarah. Gli venne naturale mentre avanzava fra le piccole case chiazzate di muffa. Cercò di immaginare cosa avrebbe fatto lei al suo posto: lei che avanzava nel Labirinto senza chiedersi se la via che aveva scelto fosse quella giusta, lei che pensava ad arrivare al centro e non si domandava come avrebbe fatto a tornare indietro.
Jareth aveva sempre considerato gli umani creature fragili come calici di cristallo, pronte a spezzarsi alla minima pressione. Ma ora, mentre percorreva quella strada da solo, senza il proprio amuleto, senza alcun potere sul proprio Labirinto, si ritrovò a chiedersi cosa significasse davvero essere fragili, e quanta forza avesse avuto Sarah per arrivare fin lì cinque anni prima.
Era stato l'amore per Toby a guidarla?
E che sentimento era mai, questo "amore", per guidarti lungo mille strade, trabocchetti e vicoli ciechi, inesorabile fino al centro di un Labirinto?
Jareth dischiuse le labbra e cantò quell'emozione che non conosceva, sperando, qualunque cosa fosse, di averne abbastanza dentro di sè da sopportare ciò che lo aspettava.

Now, I've heard there was a secret chord
That David played and it pleased the Lord
But you don't really care for music, do you?
It goes like this: the fourth, the fifth
The minor fall, the major lift
The baffled king composing Hallelujah


Hallelujah Hallelujah
Hallelujah Hallelujah

Il canto eruppe limpido dalle sue labbra.
Le note erano taglienti come vetro, bruciavano in gola ma vibravano di una dolcezza struggente. Le parole erano gli occhi verdi e limpidi di Sarah, i suoi capelli scuri, la luminosità radiosa dei suoi sorrisi.

Maybe I've been here before
I know this room, I've walked this floor
I used to live alone before I knew you
I've seen your flag on the marble arch
love is not a victory march
it's a cold and it's a broken Hallelujah


Hallelujah Hallelujah
Hallelujah Hallelujah

Jareth ricordò il calore della sua mano, la dolcezza tenace della sua stretta.
(Non ti lascio!)

You say I took the name in vain
I don't even know the name
But if I did, well really, what's it to you?
There's a blaze of light
In every word
It doesn't matter which you heard
The holy or the broken Hallelujah


Hallelujah Hallelujah
Hallelujah Hallelujah

Le porte del castello erano spalancate: un susseguirsi di solidi archi si intravedeva nell'oscurità che regnava all'interno.
Sui gradini dell'ingresso era seduta una fanciulla, avvolta in un ampio manto azzurro.
Aveva lunghi capelli d'argento e un sorriso da lupo: Jareth la riconobbe dagli occhi ciechi e dal fatto che aveva una mano bruciata e l'altra integra.
La messaggera aveva accanto a sè una grossa clessidra: nella camera superiore c'era un uovo, nella parte inferiore il teschio di un uccello. Jareth vide che nella parte superiore era rimasta ormai pochissima sabbia: scendendo lenta ma inesorabile, si era quasi tutta raccolta in basso.
Il re salì i gradini e si fermò accanto alla messaggera.
-Hai qualcosa da dirmi?-
La fanciulla gli piantò in faccia gli occhi bianchi.
-Solo buona fortuna.- disse senza ironia.
Jareth varcò le porte del castello. Il corridoio era privo di finestre, le torce fissate alla pareti erano così distanziate che l'illuminazione restava scarsissima e la sommità degli archi si perdeva nel buio.
Il re avanzò, sentendo il pavimento stranamente cedevole sotto gli stivali. Ebbe la sensazione che il corridoio che stava percorrendo prendesse forma mentre lui passava e si disgregasse nel buio subito dopo.
Non si voltò indietro a controllare.
Quando raggiunse la sala del trono, vide quanto era cambiata. L'aria era umida e fredda come quella di una segreta, le finestre ridotte a strette feritoie. Il soffitto era basso e lunghe catene munite di ganci pendevano fino ad altezza d'uomo.
Nella vaca al centro della stanza erano ritti due pali; fra di essi, simili a serpenti, erano attocigliate altre catene.
E' diventata una sala per la tortura.
Il trono era una catasta di teschi bruciati.
-Così sei arrivato, alla fine.-
Jareth si voltò di scatto, in tempo per vedere l'essere che Sarah chiamava "il Corinzio" emergere dall'ombra. Era la prima volta che lo incontrava, e studiò con freddo interesse l'individuo che aveva portato la rovina nel suo regno. Aveva un aspetto umano, un po' più alto del re dei Goblin, un po' più robusto. Non era nè bello nè brutto: con l'eccezione di quei capelli bianchissimi e quello strano modo di tenere gli occhi bassi, aveva un aspetto ordinario, del tutto anonimo. Che non ingannò Jareth nemmeno per un istante.
Il re sollevò il mento.
-Ora capisco perchè Sarah non può ammettere che tu sia parte di lei.-
L'essere si mosse verso il centro della sala.
-Dov'è?- chiese, guardandosi intorno con una punta di impazienza.
Jareth socchiuse gli occhi.
-Al sicuro. Lontano da te.-
Per il momento.
Un'ombra di disappunto passò tra le pallide sopracciglia dell'uomo, ma svanì quasi subito.
-Arriverà. E' il suo destino.-
-Tu saresti il suo destino?- Jareth ebbe uno sbuffo di derisione. -Non hai capito nulla di quella ragazza!-
-Non ha importanza cosa credi tu. E nemmeno cosa crede lei.-
E Jareth sentì il cuore tremare, perchè sapeva che, se Sarah non fosse riuscita ad affrontarlo, la profezia di quell'essere si sarebbe avverata.
Il Corinzio gli si avvicinò, la tenebra lo avvolgeva come una cosa viva.
-Hai dei begli occhi, re dei Goblin. Occhi spaiati, occhi da gatto, occhi che brillano al buio come monete d'argento. Vi leggo tristezza, ma non paura. Questo mi sorprende.-
-Ma davvero?- Jareth lo guardò con disprezzo. -Se non vedi paura, forse è perchè non ho paura di te.-
-Oh, dovresti averne. Io sto per ucciderti.- Il Corinzio esitò un istante. -E tu lo sai: nei tuoi occhi leggo anche questo.-
L'uomo fece un gesto: un clangore cupo riempì la sala. Jareth vide le catene sfrecciare fuori dalla vasca, strisciare sul terreno come serpenti. Corsero verso di lui e gli balzarono addosso, ma il re non si difese. Aprì le braccia e le catene si chiusero intorno ai suoi polsi.
Erano di ferro, il metallo che per i Sidhe costituiva un veleno letale.
Le catene gli si avvilupparono alle gambe, lo fecero crollare in ginocchio.
-Un re nella polvere.- commentò il Corinzio con voce incolore. -Che visione straziante.-
Jareth sollevò il capo, il volto esangue, i capelli incollati alla faccia.
-Un re nella polvere resterà sempre un re. Come un cane resterà sempre un cane, sebbene porti una corona e stia seduto su un trono!-
Il Corinzio sollevò le sopracciglia e sorrise appena, con macabra ironia.
-Attento a come parli, re dei Goblin. Come faceva? "Finora sono stato generoso, ma so essere crudele".-
Fece un piccolo gesto e le catene reagirono immediatamente: trascinarono Jareth sul pavimento, lo scaraventarono nella vasca. Infine si tesero, sollevando il re per i polsi e tenendolo sospeso tra i due pali.
Nonostante il dolore, Jareth sentì una risata sommessa vibrargli in gola e non fece nulla per trattenerla.
Il Corinzio lo afferrò per i capelli e lo costrinse a guardarlo in faccia.
-Perchè ridi?- sibilò.
Jareth sogghignò.
Il ferro delle catene gli bruciava i polsi e lui cominciava a sentire la debolezza insinuarsi sotto la pelle, ma la situazione era grottesca.
-Gioca pure a fare dio, piccolo mostro, ma non puoi ingannare un ingannatore: non puoi ingannare me!- Jareth vide l'altro impallidire e seppe di aver fatto centro. -Lascia solo che Sarah capisca chi sei, e ti ridurrà in polvere!-
Il Corinzio lo guardò con odio. Ma forse guardare non era il termine giusto, visto che dietro quelle palpebre non c'erano occhi, ma solo oscurità senza fondo.
-Lei non può fermarmi.- sibilò. -Non sa cosa sono, non vuole saperlo, e non sa nemmeno cosa sei tu. Sono così indifesi questi mortali! Ma io mi prenderò cura di lei.-
-Tu? Prenderti cura...?-
Jareth ebbe voglia di ridere di nuovo, ma non riuscì. Il petto gli faceva troppo male, le gengive cominciavano  a sanguinare, impastandogli la lingua di un sapore sgradevole.
Dannato ferro, pensò, sbattendo le palpebre per snebbiarsi la vista.
Il Corinzio fu comprensivo, addirittura premuroso.
-Shhh, non sforzarti di parlare, sire.-
Afferrò Jareth per i capelli, lo costrinse a rovesciare la testa all'indietro mentre lo scrutava con quelle orbite vuote. Schioccò la lingua, gli sfiorò le ciglia con la punta delle dita.
-Trovo ingiusto che tu abbia occhi così belli, mentre io non ne possiedo nemmeno uno. Lo trovo profondamente ingiusto.-
Sorrise, fece un gesto del polso.
Quando vide dei lunghi chiodi comparirgli nel palmo della mano, Jareth si sforzò di non gridare.

 

****

(*) Hallelujah. La versione che ho in mente e che amo alla follia è quella di Leonard Cohen, ma ne esistono altre versioni, più vicine al timbro vocale di Bowie. La traduzione la trovate qui.

Lady Stardust: grazie per i complimenti e il supporto, cara!

Misfatto: il tuo commento m'ha fatto morire! X) Cmq no, come vedi Jareth non è rincoglionito: lui sa sempre quello che fa ;) Grazie per i complimenti!

Fleur de Lys: Grazie per i complimenti, cara! Per il parallelismo tomba di Jareth/tomba di Scrooge... in realtà mentre scrivevo non ci pensavo affatto, però considerando che "il canto di Natale" è uno dei miei romanzi preferiti non posso escludere che a qualche livello la mia fantasia ne sia rimasta influenzata :)
Jareth secondo me non sbaglia il nome di Hoggle, lo storpia di proposito! Il fatto che il confronto fra i due ti abbia fatto ridere mi piace: Hoggle è un grande, c'è poco da fare!
In realtà non sono previste gare di rutti in questa FF, anche se non nego che l'idea abbia un suo perverso fascino dissacratore X)
Sono anche contenta che il finale sia stato una sorpresa :)

Shinigami Noir: essì, Jareth ha preso Hoggle per i fondelli per un intero film, secondo me ci stava che finalmente lui gli rispondesse a tono! XD E poi sembra davvero una pannocchia di mais, guardare qui per credere!

Cappellaio Matto: sì, ci stiamo davvero avviando alla conclusione! Sono contenta che la storia ti abbia preso tanto, spero che il finale sia all'altezza delle aspettative :)

Daydreamer: nelle mie intenzioni Sarah non era arrabbiata per la situazione in sè, ma per il fatto che Jareth non sia stato del tutto sincero con lei fin dall'inizio (le ha fatto credere che l'avrebbe aiutata a salvare i suoi amici, mentre in realtà lui vuole solo ripristinare l'ordine nel Labirinto: la salvezza degli amici di Sarah è solo una conseguenza, peraltro secondaria). Ma forse non l'ho resa tanto bene nel testo :P
Per la madre di Sarah hai assolutamente ragione! Mi affretto a correggere! :)
Grazie!

Devilcancry: E aggiornamento fu ;)

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Capitolo 12
*** Ballando col diavolo (parte prima) ***


Nuovo capitolo!
Ho trovato qualche difficoltà a scriverlo, perchè quello che avevo da dire non era semplicissimo da rendere. Spero di essere comunque riuscita a fare un buon lavoro, e vi prego di esternare qualunque perplessità la lettura possa lasciarvi.
Per quanto riguarda Hoggle, mi è stato fatto giustamente notare che non è del tutto IC. Io ormai mi ci sono affezionata e non voglio cambiarlo, ma mi sembra giusto avvertire.
Un grazie particolare va a Lady Stardust, per il suo prezioso lavoro di revisione! :)

Ovviamente: questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.


 
****




Il rosso è il colore del sacrificio, della collera, del delitto, dell'essere uccisi.
Il rosso è anche il colore della vita vibrante, dell'emozione dinamica, dell'eccitazione, dell'eros e del desiderio. (...) Il rosso è la promessa di una prossima nascita.

(Clarissa P. Estès, "Donne che corrono coi lupi")


Conosco le tue strade, dolce città,
conosco i demoni e gli angeli che si affollano
e si posano tra i tuoi rami come uccelli.
Ti conosco, fiume, quasi scorressi nel mio cuore.
Sono la tua figlia guerriera.
Ci sono lettere fatte del tuo corpo
come una fontana è fatta d'acqua.
Ci sono lingue
delle quali sei l'abbozzo
e quando le parliamo
la città compare.

(Elka Cloke, "Questa amara lingua")


Sarah battè con forza le mani sulla sfera. Il vetro tremò ma non si incrinò nemmeno. Lo colpì di nuovo con i palmi aperti, poi con i pugni, ancora e ancora finchè non le dolettero le braccia.
-Non posso crederci! L'ultima volta non è stato così difficile romperlo!-
Hoggle, in piedi fuori dalla bolla, sembrava dimentico di lei. Reggeva tra le dita il pendente del re e lo fissava imbambolato, come non credesse ancora ai propri occhi. La pelle del suo viso, simile alla corteccia di un albero, era spianata dalla meraviglia.
Sarah lo chiamò con urgenza.
-Hoggle, aiutami! Trova qualcosa da tirare!-
Il nano sollevò lo sguardo, trasognato. Il vento che spazzava la pianura faceva ondeggiare i rampicanti che aveva per capelli.
Dopo un lungo istante, aggrottò le sopracciglia filamentose e serrò le labbra.
-No.-
Sarah sgranò gli occhi, sbigottita.
-Come sarebbe a dire, "no"? Jareth è in pericolo, dobbiamo aiutarlo!- Tentò una spallata contro il vetro. -Ahi, che male!-
Hoggle le si avvicinò con lentezza, stringendo il medaglione con tanta forza che le nocche verdi divennero bianche.
-Ma ti sei ascoltata? Parli di Jareth come se fosse il tuo più caro amico di vecchia data! Non ti riconosco più!-
Sarah sbattè le palpebre, senza capire, una mano ancora appoggiata alla spalla dolorante.
-Hoggle... che stai dicendo? Lui è andato da solo a combattere per tutti noi! Dobbiamo aiutarlo: non ne verrà fuori vivo!-
Io l'ho visto!
Il nano le si avvicinò di un altro passo, agitando le braccia simili a rami.
-Tu non capisci! Lo ha fatto perchè sapeva che era l'unico modo per costringerti a seguirlo! Ti ha manipolato, come manipola tutto e tutti!-
-Questo non ha importanza, adesso! Sta davvero rischiando la vita!-
-E allora?- Hoggle sollevò le sopracciglia. -Lascia che la rischi! Che te ne importa? Ti ha fatto del male, ha fatto del male a tutti! Lascia che paghi!-
Le mani di Hoggle tremavano di rabbia, la voce vibrava d'angoscia e di qualcos'altro, che Sarah non seppe, non volle interpretare.
Avrebbe voluto gridare per la frustrazione, ma s'impose di mantenersi calma. Chinò il capo da un lato.
-Non posso credere che sia proprio tu a parlare così.- lo rimproverò con dolcezza. -Il mio Hoggle, che cinque anni fa, pur di aiutarmi, ha rischiato tutto! Come ti saresti sentito se non avessi accettato le tue scuse e non ti avessi dato nemmeno una possibilità?-
Il nano strinse i pugni.
-Non è la stessa cosa! Tu non conosci Jareth come lo conosco io! Lui può farti credere che ti ama, e forse persino lui lo crede, ma non è vero! Niente in lui è fatto per amare!-
-Hoggle, questo tu non puoi saperlo!-
-E nemmeno tu!- gridò il nano, fulminandola con quegli occhi disperati. -Come puoi amare lui? Se dovesse scegliere fra la tua salvezza e quella del Labirinto, Jareth sceglierebbe sempre il Labirinto! E' la sua natura!-
Sarah battè un piede a terra.
-Lo so!-
La sua affermazione parve confonderlo, e lei ne approfittò.
-Jareth non ha mai cercato di farmi credere il contrario! E' l'unica cosa su cui non mi ha mai ingannato! Continui a parlare come se io lo vedessi migliore di quello che è. Non è così. Ma non è nemmeno un mostro! E'... è tutto quello che noi non possiamo permetterci di essere. Manipolatore? Bizzarro? Imprevedibile? Sì, sì, ancora sì. Ma resta il fatto che avrebbe potuto davvero uccidermi, invece mi ha chiuso qui dentro, ti ha lasciato il medaglione ed è andato avanti da solo! Questo non significa niente, non ti ricorda niente? Alle porte della città di Goblin, quando hai rischiato la vita per salvare me, Didiimus, Ambrogio e Ludo, tu ti sei comportato esattamente allo stesso modo!-
Hoggle la guardò con un amore senza speranza.
-Io non voglio che ti faccia del male!-
-Tu adesso mi stai facendo del male.- Sarah sentì la propria voce tremare e deglutì. -Lui deve vivere, Hoggle. Il Labirinto ha bisogno di lui!-
Chiuse gli occhi e lo rivide: Jareth in armatura, terribile e imponente nel buio della sua stanza, Jareth vestito di bianco, che le offriva i suoi sogni in un mondo che andava in pezzi.
Jareth che l'aveva portata in braccio e aveva cantato una canzone che la cullasse nel buio, Jareth e il suo buffissimo orgoglio, Jareth che si sgretolava in silenzio, che le chiedeva se era un mostro, perchè lui non lo sapeva.
Jareth che le lasciava il medaglione e tutto il Labirinto.
Questo re è sempre stato innamorato di te.
-Io.- mormorò Sarah, riaprendo gli occhi. -Io ho bisogno di lui!-
Hoggle serrò gli occhi.
Sollevò un braccio sottile, scagliò il pendente contro la sfera. Sarah si riparò il viso con le mani mentre il vetro si frantumava e una miriade di schegge si depositava sull'erba.
Hoggle le andò incontro. La ragazza avrebbe voluto abbracciarlo, lenire in qualche modo il dolore che gli leggeva in faccia, ma sospettava che lui non lo avrebbe accettato.
-Grazie.- disse soltanto. Si voltò verso le mura. -E ora, al castello.-
-Vengo con te.-
Sarah scosse il capo.
-No. E' come l'altra volta. E' una cosa che devo fare da sola.- tese una mano, raccolse il medaglione da terra.
-Non puoi portarlo con te! Se cadesse nelle mani del Corinzio...!-
-Farò attenzione. Ma il medaglione mi serve.-
Il pendente era più pesante e freddo di come sembrava. Sarah lo contemplò per un attimo, aveva una forma stranissima, a metà fra un triangolo, una falce, due lune intrecciate.
Se lo legò al collo.
E' una soluzione momentanea, pensò. Non è a me che appartieni.
Quando il pendente le scivolò fra i seni, un formicolio la invase, subito seguito da una leggera sensazione di calore. Sentì un tepore risalirle sul volto e istintivamente si toccò la testa: non le faceva più male. Si tolse la benda, si tastò la tempia: non c'era più traccia della ferita. Sarah si guardò: i suoi abiti erano cambiati. La camicia sporca di sangue e i jeans erano spariti: adesso indossava un lungo abito di un rosso vinoso, dalle maniche a campana e la foggia vagamente ottocentesca.
Sarah guardò Hoggle, interrogativa, ma il nano la osservava sgomento, addirittura spaventato.
Protese una mano verso di lui.
-Hoggle, tutto a posto...?-
-Non mi toccare!-
Il nano indietreggiò precipitosamente. La guardò con un misto di paura e tristezza negli occhi.
-Sei ancora tu? sei ancora la mia Sarah?-
La ragazza sentì un brivido correrle lungo la schiena.
-Certo! Chi dovrei essere?-
-Non lo so.- disse il nano, cupo.
Lei avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, ma non c'era tempo.
-Devo andare.-
Gli diede le spalle e cominciò ad avanzare verso le mura.
-Sarah?-
La ragazza si voltò.
Sperò che Hoggle non cercasse di dissuaderla: era così spaventata che trovava già difficile vincere le proprie resistenze. Non era sicura di poter vincere anche quelle del nano.
Hoggle la guardò per un lungo istante.
-Qualunque cosa troverai lì... ti prego, ritorna.-

 

****


La via dell'andata è la via del ritorno, la via dell'andata è la via del ritorno.
La frase del vecchio saggio le vorticava in mente con insistenza, insieme a quella che le aveva detto il Signor Verme.
Niente è ciò che sembra in questo posto.
Mentre avanzava verso le mura, Sarah si rese conto che era la verità e, al tempo stesso, non lo era.
Era strano, ma all'improvviso si sentiva calata nella realtà del Sottosuolo molto più profondamente, così che ogni cosa, anche una semplice frase che conosceva da anni, acquisiva all'improvviso nuove sfumature di significato. O, più probabilmente, quelle sfumature c'erano sempre state, ma Sarah le intuiva per la prima volta solo adesso.
Non è che le cose non siano ciò che sembrano: è che non sono soltanto ciò che sembrano. Ogni cosa qui è esattamente ciò che sembra, e al tempo stesso è anche qualcos'altro.
Come la Foresta, che è una foresta e al tempo stesso è l'insieme delle mie paure.
Come la discarica di cinque anni fa o il cimitero che l'ha sostituita. Erano davvero una discarica e un cimitero, ma erano anche tutti i cambiamenti che ho vissuto.

Mentre camminava verso le mura, Sarah sentiva che si stava muovendo contemporaneamente su due livelli: avanzava nel Labirinto, sì, ma avanzava anche nella comprensione di quel mondo e di se stessa.
Eppure la sensazione che provava non era di sdoppiamento, ma di un'unità perfetta e perfettamente armoniosa.
Era merito del medaglione? Sarebbe accaduto se non lo avesse indossato?
All'improvviso si sentì più vicina a Jareth di quanto fosse mai stata. Per la prima volta vedeva il mondo come lui l'aveva sempre visto: cogliendo non solo ciò che le cose erano concretamente, ma anche ciò che rappresentavano. Il re dei Goblin si muoveva tra i due livelli, ma non apparteneva totalmente a nessuno di essi.
Se è così che lui vive, ora capisco la sua ambiguità di fondo, persino il suo modo di usare le parole.
Sarah avanzò verso il castello e, mentre avanzava, sentiva il Labirinto cambiare.
Non si guardò intorno: non ne aveva bisogno. Era consapevole di ogni singolo dettaglio, come lo era della posizione delle dita della propria mano: come se lei e il Labirinto fossero l'uno il prolungamento dell'altro.
Da qualche parte, nella Foresta, una foglia si copriva di rugiada.
Da qualche parte un fiore sbocciava, un frutto cadeva dall'albero e marciva.
Sarah era la foglia, la rugiada, il frutto, l'albero, la foresta intera.
Era il cielo plumbeo che sovrastava il Labirinto e le mura della città che le venivano incontro, e che sotto il suo sguardo diventavano di ghiaccio e avorio.
Entrò nella città di Goblin.
Le case basse fremettero al suo passaggio, figure nascoste la spiarono dagli usci. Erano creature piccole e sottili, non perfettamente definite, e al posto della testa avevano un nucleo di luce vivida, ma vuota.
Mentre passava, Sarah avvertì i loro discorsi. Non li udì, non proprio, non ne aveva bisogno: lei era contemporaneamente le parole che venivano pronunciate e l'aria in cui i suoni si diffondevano.
E' la nostra regina, quella?
Porta il medaglione! E' la nostra regina!

I sussurri la seguirono per le strade, rimbalzarono da un vicolo all'altro, da un uscio all'altro, ma nessuna delle creature osò avvicinarsi a lei.
Sarah continuò a camminare cercando di tenersi stretta la propria identità, di non perdere se stessa nell'immensità del Labirinto.
Non sono una regina. Sono Sarah Williams, ho vent'anni, occhi verdi, capelli castani, una passione infinita per il teatro e la recitazione.
Sono sempre con la testa fra le nuvole. Amo leggere storie e inventare fiabe. Ho pochissimi amici, ma sono disposta a tutto per loro. Ho un fratello che si chiama Toby, una matrigna di nome Karen che non è poi così male, un padre di nome Robert, una madre di nome Linda...

Continuò come se parlasse a se stessa e al Labirinto intero. E come ogni cosa nel Sottosuolo, anche quei pensieri avevano una duplice natura: erano la sua descrizione, sì, ma anche una preghiera per darsi forza, per non perdere se stessa.
Arrivò alle porte del castello.
C'era una fanciulla seduta sui gradini: aveva capelli d'argento e metà del viso sfigurata dal fuoco. I suoi occhi erano bianchi come lune gemelle.
Teneva in grembo una grossa clessidra: nella camera superiore c'era un uovo, in quella inferiore, ormai semisommerso dalla sabbia, c'era il teschio di un uccello.
Dalla vita alla la morte, pensò Sarah, senza sapere da dove le venisse quell'intuizione.
La fanciulla sollevò il capo verso di lei.
-Ciao, Sarah.-
Sarah sbattè le palpebre.
-Ci conosciamo?-
-In un certo senso.-
La donna aveva denti affilati e bianchissimi. Una strana, macabra bellezza splendeva sul volto per metà sfigurato.
-Il tuo viso.- disse Sarah.- Qualcuno ti ha fatto del male?-
-Nessuno può farmi del male. Ho un messaggio per te dalla mia Signora. Vuoi ascoltarlo?-
Sarah esitò. Di nuovo quel lampo di intuizione dentro la mente, quella sensazione di vedere, di sentire tutto in modo troppo vivido.
-Cosa vuoi in cambio del messaggio?-
La ragazza rise, una risata incredibilmente scomposta.
-Sei intelligente: non per nulla il re dei Goblin ti ama tanto. Il prezzo non ti è dato conoscerlo adesso. Lo pagherai quando verrà il momento.-
Sarah esitò un istante.
-Va bene.- disse in un soffio.
La messaggera chinò il capo da un lato, piantandole in faccia quegli occhi bianchi.
-Il messaggio è questo: "Per salvare il Labirinto, dovrai ballare col diavolo, pronunciare il suo nome e trovare i suoi occhi".-
Sarah si accigliò.
-Il diavolo è Il Corinzio. Ma non conosco il suo vero nome e non ho idea di dove siano i suoi occhi.-
La messaggera sorrise.
-Buona fortuna, Sarah Williams.-
Sarah comprese che non le avrebbe detto altro.
Non sapeva cosa l'aspettasse nel castello, eppure si sentiva stranamente calma.
Trasse un profondo respiro e varcò la soglia.
Nel momento esatto in cui mosse il primo passo, il corridoio si srotolò davanti a lei. Il pavimento di pietra divenne un pavimento di marmo, le pareti nude si coprirono di arazzi.
Sarah avanzò, il cuore le martellava in petto come un tamburo.
Sentiva la realtà intorno a sè cambiare per accoglierla, modificarsi per specchiare la sua anima. Nelle ombre che si addensavano ai lati del corridoio riconobbe un riflesso della propria angoscia; nelle fiaccole che divampavano vivide alle pareti vide tutta la propria speranza.
Strinse i pugni con tanta forza da sentire le unghie contro i palmi. Le parve che il vestito che indossava diventasse di un rosso più scuro.
-Jareth, sto arrivando. Resisti!-
Sospirò, e l'intero castello parve sospirare con lei.
Fece un giro su se stessa, gli arazzi le vorticarono intorno in un caleidoscopio di colori aranciati.
Sarah sfiorò il pendente.
-Basta corridoi. Voglio trovare Jareth!-
Intorno a lei si levò un vento improvviso: portò con sè un gelo titanico, antico, come venisse dalle profondità degli abissi o dagli spazi sconfinati fra le stelle.
Le fiaccole si spensero.
La sala, il castello, il Labirinto intero svanirono: ogni cosa sprofondò in un'oscurità innaturale, impensabile nel Sopramondo: risucchiava i colori, ma lasciava intatta una luminosità livida, così insopportabile da ferire gli occhi.
Forse, pensò Sarah, è così che una persona cieca dalla nascita immagina la luce. Forse è così che il Corinzio immagina la luce.
Abbassò lo sguardo. Le sue mani avevano il candore eburneo delle ossa, la sua veste era fatta di sangue, adesso, e grondava rosso sull'oscurità che aveva inghiottito il pavimento.
Sarah si impose di restare calma. Respirò piano, le ciglia abbassate, le mani contro il fianco per non tradire il tremito che le scuoteva.
-Fatti vedere.- sussurrò. -So che ci sei.-
L'uomo si materializzò dal buio dinanzi a lei. Il candore della sua pelle, dei suoi capelli, della sua maglietta, faceva da perfetto contrappunto a quella strana oscurità luminosa. Il Corinzio teneva le mani lungo i fianchi e le ciglia abbassate: un sorriso di innegabile soddisfazione gli incurvava le labbra piene.
-Ti ho aspettato a lungo, Sarah Williams. Sono felice che tu sia qui, finalmente.-
Sarah si impose di non indietreggiare. Sollevò il mento: un gesto che, mentre lo compiva, le ricordò con violenza il re dei Goblin.
-Dov'è Jareth?-
-Non devi più preoccuparti di lui. Non potrà più farti del male.-
Sarah sentì la bocca arida.
-Non mi ha mai fatto del male.-
-No, certo. Ma avrebbe potuto.-
La ragazza deglutì.
-Cosa gli hai fatto?-
Il Corinzio tese le braccia verso di lei, le prese il viso fra le mani. Sarah trattenne il fiato: di nuovo quella sensazione di insetti brulicanti contro la pelle, quella repulsione che le uncinava lo stomaco e minacciava di rivoltarle le viscere. Si impose di resistere.
-Cosa hai fatto a Jareth?- insistette.
-Nessuno ti farà mai più del male, Sarah Williams. Io non lo permetterò.-
La ragazza si ritrasse bruscamente.
-Parli come in un film di serie zeta! Perchè continui a chiamarmi per nome?-
-Perchè posso.-
-No, non è...-
(Dovrai ballare col diavolo, pronunciare il suo nome)
(Ogni cosa qui è se stessa, ma è anche ciò che rappresenta)
Sarah sgranò gli occhi.
La fiaba di Rumplestiltskin, "La storia infinita", persino "la città incantata"!
-Un nome non è soltanto un nome! Nelle fiabe, i nomi hanno un potere! Qui nel Sottosuolo, conoscere e pronunciare il mio nome ti da potere su di me!-
Il Corinzio fece una smorfia. Le parole di lei sembrarono fargli un male fisico.
Le posò le mani sulle spalle.
-Io voglio solo proteggerti.-
Sarah non cercò di divincolarsi, rimase dov'era sopportando quel senso di gelo insinuarsi sotto la pelle.
-Jareth ha sempre detto che tu sei parte di me...-
-Zitta!-
-...e che sono IO ad avere potere su di te, non viceversa.-
-HO DETTO ZITTA!-
L'uomo la spinse lontano, Sarah barcollò all'indietro, ma riuscì a mantenere l'equilibrio. Lo guardò attentamente. A parte l'analogia con il personaggio di Sandman, nessun particolare in lui le lasciava capire chi o cosa fosse.
A meno che...
Una stilettata di gelo le trafisse le costole.
C'era solo una cosa di lui che non aveva mai osato guardare.
-Apri gli occhi!- sibilò.
Il Corinzio chiuse le mani attorno ai suoi polsi. Un tremito gli scuoteva le dita.
-Se mi guardi negli occhi, morirai.-
Sarah rabbrividì.
La via dell'andata è la via del ritorno. Niente è
(solo)
ciò che sembra.
Ogni fibra del suo corpo gridava "scappa". La ragazza strinse i pugni e fece un passo avanti.
-Apri gli occhi. Te lo ordino.-
Il Corinzio sollevò le palpebre.
Sarah si aspettava che quell'oscurità senza fondo le balzasse addosso.
Invece fu lei a precipitarvi dentro.

 

****

Il vestito di Sarah è più o meno come questo, ma interamente rosso.

Devilcancry: Lady Stardust ed io stiamo pensando di fondare un fanclub dove verranno tenuti nella massima considerazione il pacco e il letto di Jareth X) Mi pare di capire che possiamo contare anche sulla tua partecipazione! :D

ShinigamiNoir: grazie bedda! La canzone è quella per cui ti avevo chiesto consiglio tempo fa. Siamo in molti ad amarla, pare. Sono contenta che il tutto ti sia piaciuto :)

Daydreamer: grazie cara! sono contentissima che questa svolta dei personaggi ti sia piaciuta :) i litigi tra i due erano necessari a chiarirsi, e i chiarimenti servivano ad arrivare a questo. E poi, in fondo, secondo me l'amore non è bello se non è litigarello ;) Per l'ispirazione che latita non so che dirti. Per quel che vale, quando ho un calo di ispirazione io cerco di scrivere comunque, perchè so che se mi fermo mollo tutto. Ognuno ha il suo modo di affrontare la cosa, ovviamente, ma spero tanto di trovare presto un tuo capitolo!

Misfatto: uff, tutti che ce l'avete col Corinzio X) Scherzi a parte, grazie per i complimenti e per la fiducia :)

Lady Stardust: hai centrato in pieno! Era esattamente a questo che mi serviva il dolore ed era esattamente questo il tipo di eroismo che Jareth doveva trasmettere! Cinque anni di classico lasciano il segno, eh X)

Halina: mi spiace per i tuoi ritmi sonno-veglia, ma ammetto che sentirmi dire che questa piccola FF ti ha tenuto sveglia fino alle 3 di notte mi ha riempito di soddisfazione e di gioia! :D
E grazie per questa frase: "il rapporto tra Sarah e Jareth è stupendo, senza sentimentalismi o vittimismo, dignitosi e credibili in ogni istante, uniti da un legame che va ben oltre l'apparenza".
Davvero: sono cose che qualunque autore sogna di sentirsi dire, e scrivendole mi hai reso incredibilmente felice! :)

FleurDeLys: Quando ho letto "chioditerapia" sono morta dalle risate X) L'evocazione di Srek era un rischio concreto, che purtroppo faceva parte del gioco (o della canzone?). Tra l'altro questa cosa mi ha portato a chiedermi come sarebbe un crossover tra i due film :) Pauuura, eh? ;)

Daliakate: benvenuta su questi lidi e grazie per la rece! Come vedi, il capitolo non si è fatto aspettare troppo :)

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Capitolo 13
*** Ballando col diavolo (parte seconda) ***


Siamo al penultimo capitolo.
Un grazie a Lady Stardust per il suo prezioso lavoro di revisione.
E a tutti voi fedeli lettori... buona fortuna! X)


Ovviamente: questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

 

****


 


Il nero è il colore del fango, del fertile, della materia fondamentale in cui le idee vengono seminate. Ma il nero è anche il colore della morte, l'oscuramento della luce. E il nero ha ancora un altro aspetto: (...) è il colore della discesa. Il nero è la promessa che presto conoscerete qualcosa che vi era ignoto.
(Clarissa P. Estès, "Donne che corrono coi lupi)




Le orbite vuote la risucchiarono, l'oscurità la chiamò a sè con forza irresistibile. Sarah ne fu attirata come ferro da una calamita, ma la sensazione non fu di cadere in quelle profondità: fu di disgregarsi.
Sarah sentì il buio premere contro di lei, insinuarsi sotto la pelle.
E' così che finisce, Jareth?
Le strisciò attraverso i muscoli, scollandoli. Riempì i vasi sanguigni, si fece strada nelle cavità delle sue ossa.
Hoggle. Ludo. Didimus.
Le inondò la mente, cominciò a scardinarle i pensieri.
Perdonatemi.
Il buio era freddo, freddo: divorava vita e calore e restituiva in cambio solo tenebra intatta.
Sarah cercò di gridare: l'oscurità le strinse la gola, si cibò del grido, lo ridusse ad gemito soffocato.
Poi si contrasse, si plasmò in immagini e volti incredibilmente concreti, e lei vi scivolò attraverso.
Non è reale.
Si aggrappò a quel pensiero con tutte le forze che le restavano.
Tutto questo non può essere reale.
(Devo credere)

Perchè se il buio e le immagini erano reali, allora il fantasma doveva essere lei.

[Io non piango.
La bambina tirò su col naso, inghiottì un singhiozzo, si sforzò di respirare.
Sbattè le palpebre e le lacrime le scivolarono lungo le guance, allora si limitò a stringere forte Lancillotto e a rannicchiarsi un po' di più sotto le coperte.
Da dietro la porta della stanza udiva suo padre e sua madre litigare.
-Linda, calmati! Sveglierai Sarah!-
-Calmati tu!-
La voce di Robert, di solito così mite, era un ringhio sommesso.
-Ragiona. I tuoi discorsi non hanno senso! Non puoi andartene così!-
La voce di Linda si alzò di un tono, diventando quasi isterica.
-Sì che posso, certo che posso! Sono un'artista! Ho un lavoro, ho bisogno di stimoli! Non posso restare a marcire in questo posto!-
-Marcire? Tu hai una famiglia! Hai un marito! Hai una figlia!-
-Sarah capirà!-
-Capirà?! Cosa dovrebbe capire Sarah? Ha dieci anni! Ti adora, vorrebbe essere come te! Come puoi andartene così? Sei sua madre!-
La bambina si tappò le orecchie, affondò la faccia nel cuscino.
E' un brutto sogno, pensò. La mamma non se ne andrà davvero. Farò la brava, sarò la bambina più brava del mondo, e la mamma mi vorrà di nuovo bene e non se ne andrà.]

Dissolvenza, rimescolata.
Le immagini si mischiarono come le carte di un mazzo.

[Era nel parco.
Stava seduta su una panchina, il piccolo viso fra le mani, una scarpa slacciata.
C'era caldo, fuori. Ma dentro di lei, all'altezza dello stomaco, c'era un nodo freddo e pesante.
Aveva deciso che non avrebbe pianto.
Era una bambina forte, era una bambina grande: glielo aveva detto la mamma mentre le arruffava i capelli e le posava un bacio sulla fronte.
-Sei una bambina grande, vero, Sarah? Tu lo capisci, che la mamma deve andare? Non piangerai, vero? Se non piangerai, quando tornerò ti porterò un bel regalo!-
Sarah l'aveva guardata in quegli occhi verdi, così simili ai propri. Avrebbe voluto dirle che non voleva regali, voleva solo che lei non andasse via. Ma le mancava il coraggio.
-Quando torni?- aveva chiesto soltanto.
La mamma aveva fatto un gesto vago con la mano affusolata.
-Torno presto.-
-Presto quando?-
-Per Natale sarò qui.-
Sarah aveva distolto lo sguardo.
-Siamo a giugno, mamma...-
-Ehi, cos'è quel musetto triste? Ti telefonerò tutti i giorni!-
-Ok.-
Linda aveva battuto le mani e l'aveva abbracciata, felice come Sarah non l'aveva mai vista.
-Ah, sapevo che tu avresti capito!-
Sarah avrebbe voluto dire che no, non capiva, non capiva davvero dove avesse sbagliato, cosa avesse fatto di così terribile perchè la mamma non le volesse più bene.
Aveva guardato l'espressione felice di Linda e aveva capito che lei si aspettava soltanto un sì.
E Sarah, obbediente, aveva annuito.]

Dissolvenza, di nuovo.
Il buio non era nero, conteneva in sè infiniti colori, ogni colore era un'emozione, un filamento di luce che poteva essere afferrato, separato dagli altri, tirato.
L'oscurità si sfilacciava come una maglia sottilissima.

[Ancora nel parco, ancora seduta sulla panchina. Ma non era sola.
Aveva un sacco di amici, adesso: amici soltanto suoi, che solo lei poteva vedere. Loro non l'avrebbero mai lasciata.
Una voce dentro di lei sussurrava che se avesse recitato a lungo, con tutta la passione di cui era capace, sarebbe riuscita a renderli reali. E Sarah fingeva di crederci, o almeno di sperarci davvero, o il vuoto che aveva dentro l'avrebbe inghiottita.
Un uccello bianco spiccò il volo nella luce tramonto: il suo petto era candido come un fiocco di neve, ma aveva ali dorate e occhi nerissimi.
Le passò così vicino che lo spostamento d'aria le scompigliò i capelli.
Le sembrò che una voce maschile, bassa e un po' roca, le sussurrasse qualcosa all'orecchio.
Niente è ciò che sembra, Sarah.]

La tenebra si disfaceva come una rete.
Le immagini continuavano a fluire: le emozioni erano i gradini di una scala, la scala una spirale discendente. Sarah la stava percorrendo scalino dopo scalino, sempre più in basso, verso il buio perfetto spalancato sul fondo, che la scrutava come un'orbita vuota.
Mano a mano che scendeva, i ricordi sfumavano l'uno nell'altro, si sfaldavano in pure suggestioni.

[Era pomeriggio inoltrato ed era nella propria stanza. Una luce livida filtrava dalla vetrata e aleggiava sui suoi libri, sullo specchio, sugli occhi vitrei dei suoi pupazzi. Da dietro la porta proveniva una risata femminile, ma non era quella di sua madre. Quando suo padre si unì alla risata, Sarah sentì un freddo pungente insinuarsi nei propri pensieri.
Guardò il parco oltre la finestra.
Stava calando la sera: c'era freddo e presto avrebbe fatto buio, buio come...
(occhi)
Una sensazione di angoscia le strinse il cuore. Le pareti della stanza tremarono, come riflessi che si scomponessero nell'acqua. Un senso di smarrimento le artigliò il ventre, un nome le affiorò alle labbra e pronunciarlo fu come respirare dopo una lunga, lunghissima apnea.
-Jareth.-
(Volevo solanto essere amata)
(Questo re è sempre stato innamorato di te)
-Con chi parli?-
Sarah si voltò di scatto.
Sbattè le palpebre.
La stanza non era quella della propria infanzia: perchè mai avrebbe dovuto esserlo?
Era la stanza del college e c'era Gillian accanto a lei. La ragazza si passò una mano fra i corti capelli neri e viola, abbracciò l'intera stanza con un ampio gesto.
-Sarah, tesoro, Come puoi rintanarti in un mondo così ristretto?-
Sarah sospirò.
-Gillian, basta, per favore. Probabilmente hai ragione su tutto, ma io sono fatta così. La mia vita mi piace com'è. Tranquilla e ordinata.-
-Tranquilla? Ordinata? Non ti sento parlare di felicità!-
Sarah non rispose.
Gillian si voltò verso il corridoio, poi sembrò ripensarci e tornò indietro. Le posò una mano sulla spalla.
-Sai, a volte sembra che tu abbia paura di qualcosa.-
Sarah socchiuse gli occhi, si massaggiò le tempie pulsanti.
-Questa conversazione è già avvenuta.-
La stretta di Gillian sulla sua spalla si accentuò leggermente, un bagliore dorato scintillò nei suoi occhi castani.
-Di cosa hai paura, Sarah?-
(Eri testarda come un Goblin, e non avevi paura di niente!)
-Questo è un ricordo.- Sarah serrò gli occhi.
Le mani Gillian le sfiorarono la fronte.
-Di cosa hai paura, Sarah?-
-Tu non sei qui, nemmeno io sono qui! Questi sono solo ricordi!-
-E questo li rende forse meno reali?-
Il mondo intorno a lei si crepò, la superficie della realtà andò in pezzi, svelando l'oscurità sottostante.]

Sarah precipitava, adesso. L'aria le fischiava nelle orecchie, la caduta le mozzava il respiro.
Cercò nuovamente di gridare ma la tenebra le riempiva la gola e la soffocava e lei serrò istintivamente
(gli occhi, devi guardarlo negli occhi)
i pugni mentre una domanda sussurrata, insistente, vibrava come una nota d'argento, diventava un nastro attorno al suo polso
(Di cosa hai paura, Sarah?)
e lei vi si aggrappò come fosse la sua unica salvezza.
-Ho paura di soffrire!- gridò.
Il suo cuore si spezzò.
Non come se andasse in frantumi, ma come se, finalmente, si aprisse. Ne uscì una risposta, una soltanto, che scintillò nel buio come una corda d'argento. Sarah vi si aggrappò con più forza.
-Ho paura di fidarmi delle persone! Ho paura che, se amerò davvero qualcuno, quel qualcuno prima o poi mi abbandonerà!- trasse un profondo respiro. -Niente è solo come sembra! Questi sono i miei ricordi: non sono io dentro di loro, ma loro dentro di me. Io non sto cadendo da nessuna parte, sono ancora al castello, sto guardando il Corinzio negli occhi!-
Sentì le mani dell'uomo scivolare via dalle proprie spalle: istintivamente lo afferrò per i polsi, lo tenne stretto.
-No, tu non vai da nessuna parte!- sibilò.
Aprì gli occhi, lo guardò.
E, finalmente, lo vide.
Sarah sentì le lacrime colarle lungo le guance, ma non vi badò.
-So cosa sei.-
Il Corinzio cercò di divincolarsi, Sarah lo strinse con più forza.
Era strano: sembrava debole adesso, come se tutta la forza che aveva dimostrato in passato lo stesse rapidamente abbandonando.
Per riversarsi in lei.
Sarah pianse contemplando la tenebra che si contorceva in quelle orbite, ma non vacillò.
-C'è un dolore che non ho mai confessato a nessuno, un dolore così grande che non ho mai osato nemmeno guardarlo. Ho sempre vissuto cercando di ignorarlo, tanta era la paura che mi schiacciasse. Cinque anni fa, quando venni nel Sottosuolo per la prima volta, portavo quel dolore con me. Il Labirinto gli diede una forma: quella forma sei tu.-
Il Corinzio rimase immobile, pietrificato. Sarah rincarò la dose.
-Tu sei questo: non "Il Corinzio", ma Un Dolore. Sei l'abbandono da parte di mia madre, le notti insonni a sperare che non se ne andasse, o che tornasse dopo che se n'era andata. Sei i pomeriggi che passavo a chiedermi se avrei mai potuto essere amata e la paura di scoprire che, no, non potevo. Sei le favole che recitavo ossessivamente in quel parco deserto, per non tornare in una casa non mia, in una famiglia non mia, e trovarmi nella mia stanza, più sola che se fossi stata davvero sola. Tu sei il mio dolore di allora, e la rabbia impotente che riversavo su Toby, e il senso di colpa che mi divorava, perchè ero troppo piccola per capire che, se delle colpe c'erano, non erano mie.-
Un guizzo di luce verde scintillò in fondo alle orbite del Corinzio. Stranamente sembrava... meraviglia.
-E' davvero questo che sono?-
-Sì. Sei tutte queste cose, e sei anche la paura che quel dolore si ripeta. Per questo non hai fatto del male a nessuno dei miei amici, ma ti sei accanito su Jareth. Lui è l'unico che potrebbe infliggermi un dolore che non potrei sopportare.-
Sarah lasciò i polsi del Corinzio, gli prese il viso fra le mani. Poggiò la fronte contro la sua.
-Tu sei reale, e hai il diritto di esistere, ma io non ti permetterò di infettare ogni angolo della mia vita e di questo Labirinto, o di fare del male alle persone che amo solo perchè le amo!-
Il Corinzio le prese il viso fra le mani, a sua volta.
-Io ti ho chiamata per anni, ma tu non arrivavi mai! Fingevi che non esistessi!-
-Credevo che se ti avessi ignorato, prima o poi te ne saresti andato!-
-Invece più non mi guardavi, più io crescevo!-
-Perchè mi hai attirato qui?-
-Per tenerti al sicuro! Io voglio proteggerti, voglio stare con te! Sono l'unico che ti capisca!-
Sarah quasi gridò.
-Non puoi tenermi "al sicuro"! Non puoi "proteggermi" allontanandomi dalle persone che amo, o chiudendomi in un mondo dove non esiste nessuno all'infuori di noi due. Non è così che deve andare!-
-E come deve andare?-
D'impulso, Sarah gli gettò le braccia al collo, lo abbracciò con ferocia. La sua veste macchiò di rosso la pelle chiara del Corinzio, le macchie si allargarono sui suoi abiti come chiazze di sangue.
-Tutte le volte che avrò paura di qualcosa, tu mi ricorderai quanto posso essere forte. Tutte le volte che sarò in dubbio per qualcosa, tu mi presterai la tua saggezza. Io non permetterò mai, mai a nessuno di ridere di te, di sminuirti o di dirti che sei sbagliato. E ognuno dei due insegnerà all'altro la compassione.-
Sarà come un lungo ballo.
Il Corinzio posò il capo sulla sua spalla. Era più piccolo adesso, sembrava un bambino bianco e rosso in tutto quel nero. Sarah lo prese in braccio e lui nascose il viso contro la curva indifesa del suo collo.
-Ero davvero così terribile?- mormorò.
-Eri qualcosa che allora non sapevo gestire.-
-Era davvero colpa tua?-
-No. Ma allora non lo sapevo. I bambini si sentono sempre in colpa.-
Sarah lo abbracciò più forte. Il Corinzio rimpiccioliva, diventava un punto di luce tra le sue braccia.
La ragazza si ritrovò a reggerlo sul palmo della mano. Era diventato un chicco di melograno e la sua voce era un'eco lontana.
Avrò mai degli occhi?
Sarah lo accostò alle labbra.
-Hai i miei.-

 

****


Alla fine, Hoggle non riuscì più a trattenere l'angoscia.
Si avventurò per la città di Goblin, entrò nel castello, vagò di stanza in stanza, chiamando Sarah per i saloni deserti. I corridoi erano così contorti da sembrare un labirinto nel Labirinto.
Quando la trovò, la ragazza era seduta per terra nella sala del trono.
La gonna rossa si allargava come una chiazza di sangue sopra il marmo nero. Il re dei Goblin era una figura inerte fra le sue braccia.
Sarah era china su di lui, gli accarezzava i capelli dorati, sporchi di sangue, gli sussurrava qualcosa contro la fronte.
Hoggle esitò sulla soglia.
-Sarah...?-
Lei non gli rispose e Hoggle si avventurò più vicino.
La sala era scura, scura come il buio da cui erano nati il tempo e i mondi, scura come la pista da ballo dell'eternità.
-Sarah?- chiamò ancora.
La ragazza sollevò il viso da quello di Jareth.
Hoggle gemette piano quando vide cos'era accaduto agli occhi del re.
Sarah lo guardò smarrita. Gli tese una mano, implorante, e Hoggle non potè fare altro che andarle incontro e stringerla fra le proprie.
Quando la ragazza parlò, il nano ebbe l'impressione che qualcosa in lei si fosse irrimediabilmente incrinato.
-E' morto, Hoggle. E' morto.-
Hoggle tese braccia, Sarah nascose il viso nella sua casacca.
Singhiozzava penosamente, tremava così forte da dargli l'impressione che, se non avesse smesso al più presto, qualcosa in lei si sarebbe spezzato.
-Dio... Dio! Non può essere vero... ! Ti prego, Hoggle, dimmi che non è vero!-
Il nano avrebbe voluto avere parole per consolarla, ma non ne trovò nessuna.
La strinse dolcemente, più dolcemente che potè. La cullò piano, come fosse una bambina.
-Piangi, Sarah. Butta tutto fuori. Piangi.-
E Sarah pianse.


****


So che la conclusione di questo capitolo sarà piuttosto impopolare e giuro che quando avrò finito la storia accetterò stoicamente tutti i linciaggi del caso u_u
Intanto però mi piacerebbe sapere cosa pensate del capitolo intero, non solo dell'ultima parte.

Daydreamer: grazie cara! Rumpelstinkin se la leggi te la ricordi sicuramente: che io sappia non ci hanno fatto film, però come fiaba è abbastanza popolare, e lì il potere del nome si vede molto bene!

Lady Stardust: Io adoro Hoggle. Secondo me è uno dei personaggi più belli di tutto il film: DOVEVO dargli un momentino di gloria tutto suo. Aspetto il bannerino, eh!

Devilcancry: ecco, magari lavoriamo un po' di più sul nome, magari X)

Shinigami Noir: l'aggiornamento si è fatto un po' aspettare, ma alla fine è arrivato.

CappellaioMatto: grazie per i complimenti! Paura per Jareth? Ehm, adesso non c'è proprio più niente da temere :P

Misfatto: Dalla tua domanda deduco che conosci il Corinzio di Neil Gaiman! :) Cmq no, Il "mio" Corinzio non si è messo gli occhi di Jareth, glieli ha "solo" -ehm- inchiodati.

Jessica80: io?!? far morire il re?!? Ma ti pare possibile? *Saliman volge gli occhi al cielo, evasiva*



 

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Capitolo 14
*** Epilogo - Come Proserpina ***


Ultimo capitolo!
Oddio, non ci credo: è in assoluto prima storia che porto a termine! ç__ç
Un grazie a Lady Stardust per il supporto e il lavoro di betaggio!



Ovviamente: questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.


 




Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

(Alda Merini)

 



Sopramondo, un anno dopo.



-E ora, miei cari, attenzione!- Gillian fece una pausa strategica. -Ho una sorpresa per voi!-
Con studiata lentezza, estrasse dalla borsa griffata quattro inviti e li posò al centro del tavolo.
-E' l'evento più esclusivo del mese, del tutto out per i comuni mortali. Ma... indovinate un po'? Noi possiamo andarci!-
Sarah pensò che probabilmente Gillian era l'unica persona sulla faccia della Terra capace di usare i termini "esclusivo" e "out" nella stessa frase e non sembrare una caricatura.
Micheal, evidentemente già informato della novità, si limitò ad appoggiare il mento sul palmo della mano e a fare un sorrisetto sghembo.
Adrian sbattè un paio di volte le palpebre e se ne uscì con una delle sue battute.
-Una festa di carnevale? A ottobre?-
Gillian lo guardò come avesse appena commesso un sacrilegio.
-Una festa in maschera. Per Halloween.-
Michael sollevò un biondo sopracciglio.
-Come li hai avuti?-
-Un amico di un amico di un amico.- disse Gillian in tono vago, agitando una mano color caramello.
Sarah si sentì come se tutta l'aria presente in cucina fosse all'improvviso divenuta acqua.
La coinquilina stava cominciando ad enumerare tutti pro di quell'iniziativa, ma Sarah smise di ascoltarla all'istante.
Sollevò lo sguardo sul cielo plumbeo nel momento in cui la prima goccia di pioggia s'infrangeva sul vetro della finestra. Le nubi erano gonfie, avevano riflessi lividi e bordi brillanti.
Sarah strinse gli occhi.
Una festa.
In maschera.
In una sala sospesa fuori dal tempo, gremita di cuscini di raso. Lampadari di cristallo gocciolavano luce sugli invitati; specchi ornati da drappi di velluto riflettevano all'infinito immagini di decadente bellezza. Sarah era stretta in un abito bianco e lucente, il busto fasciato nel corpino di seta, le spalle nude, indifese, le guance arrossate per un misto inebriante di imbarazzo ed eccitazione.
Occhi sconosciuti la seguivano da dietro orribili maschere; una donna guardò il suo viso scoperto: gettò all'indietro i boccoli rossi e scoppiò a ridere con perversa malizia.
Sarah non le badò.
Continuò ad avanzare fra le gonne di tulle e i candelabri d'argento, cercando lui.

Solo che, stavolta, lui non ci sarebbe stato.
Cacciò quel pensiero e lo chiuse a chiave in un angolo buio della propria mente. Non per troppo tempo, si promise: solo quello necessario a finire quella conversazione e ritirarsi nella propria stanza. Le lacrime forse sarebbero arrivate, forse no. I ricordi sicuramente sì.
-Tu che ne pensi, Sarah?-
Si voltò verso Adrian. Il tono leggero, persino casuale del ragazzo, era smentito dalla luce indagatrice che aveva negli occhi.
Sarah strinse le mani attorno alla tazza di cioccolata calda, come a sottrarle un po' più di calore.
-Sembra una bella idea. Potrebbe essere divertente.-
Gli occhi di Adrian si ridussero a due fessure di un caldo color nocciola.
-Allora perchè sembra che tu abbia visto un fantasma?-
Adrian, mannaggia a lui, notava proprio tutto.
Sarah fece il sorriso più largo che riuscì a mettere insieme.
-Guardi troppi horror.-
-Ha parlato miss "leggo-solo-fantasy"!-
-Non strapazzarmi Sarah!- intervenne Gillian, sventolandogli sotto il naso un dito sottile.
Adrian sollevò le mani in un gesto di resa.
-Ok, ok, manteniamo la calma. Posso reggere gli horror, ma una Barbie Fashion incazzata nera è troppo anche per me!-
-Come mi hai chiamato?!-
Micheal rideva sotto i baffi.
Sarah li guardò tutti e tre e sentì il sorriso sulle labbra diventare più naturale.
I miei amici.
I miei amici
umani.
Era trascorso un anno da quando si era rifugiata fra le braccia di Hoggle e aveva pianto fino allo stremo, ma a ripensarci sembrava ieri. Le lacrime non si erano fermate nemmeno quando la realtà intorno a lei aveva cominciato a colare via come tempera sotto la pioggia.
Sarah si era ritrovata nella propria camera, rannicchiata sul pavimento accanto alla scrivania, le braccia strette attorno al corpo sottile ora che non c'erano più nè Hoggle nè Jareth da abbracciare. L'orologio segnava le due del mattino: nel Sopramondo erano trascorse solo poche ore.
Alle tre, quando era tornata a casa, Gillian l'aveva trovata in cucina, con una tazza di thè in mano e il cuore a pezzi.
Sarah aveva dato delle spiegazioni molto vaghe.
-Ho appena saputo che è morto un vecchio amico.- aveva detto, senza entrare nei dettagli. -Solo adesso che è morto mi rendo conto di quanto fosse importante per me.-
Gli occhi scuri di Gillian si erano spalancati per la sorpresa, ma non aveva chiesto nulla.
Aveva posato una mano sulla sua, si era seduta al tavolo ed erano rimaste sveglie tutta la notte a parlare di cose senza importanza. Gillian cercava di farla ridere, e qualche volta persino ci riusciva; fra una risata e l'altra Sarah scoppiava in singhiozzi ed entrambe facevano finta di non accorgersene.
Da allora non era più tornata nel Sottosuolo e tutta la sua vita era sottilmente cambiata.
Un parte del suo cuore si era come prosciugata: era diventata una manciata di cenere. Aveva perso ogni interesse per la lettura, aveva smesso di sognare ad occhi aperti. Recitare le era diventato impossibile: aveva ancora una memoria prodigiosa, ma le battute che pronunciava suonavano forzate e poco credibili.
Quella parte di lei sembrava morta: una nuova lapide che si aggiungeva alle altre nella pianura alle porte della città di Goblin.
Per contro, Sarah aveva reagito aggrappandosi alla concretezza del Sopramondo: la realtà fatta di lezioni da frequentare, esami da preparare, persone con cui interagire era rassicurante e lei vi si era immersa totalmente.
Aveva scoperto di poter essere dolce con gli esseri umani quanto lo era con Hoggle, Ludo e Didimus, e si era presto resa conto di saper liquidare le compagnie moleste con la stessa fermezza con cui si era sbarazzata dei Fireys. A volte, quando doveva fare delle scelte e non sapeva che decisione prendere, Sarah pensava al Labirinto e sorrideva appena: i due mondi si somigliavano moltissimo, se solo si sapeva dove e come guardare. Ma mai, mai aveva trovato qualcuno o qualcosa che somigliasse a Jareth.
E lentamente, molto lentamente, la ragazza cominciava ad accettare che mai l'avrebbe trovato.
Jareth era morto, ma la vita nel Sopramondo non si era fermata. Lei stessa andava avanti e quella consapevolezza era un altro Corinzio con cui ballare ogni giorno.
Sarah finì la cioccolata: pura dolcezza e calore che s'infrangevano contro la lingua e il palato. Asciugò le labbra con un tovagliolo e si alzò. Tre paia di occhi si spostarono su di lei per seguire quel movimento.
-Be', ragazzi, salgo in camera. Per la festa... ci penserò.-

Chiuse la porta della propria stanza alle spalle e vi si appoggiò contro con tutto il proprio peso.
La camera era illuminata solo dalla luce che veniva dall'esterno. Sarah aveva messo via gran parte dei libri di narrativa e rimosso quasi tutti i poster. In compenso aveva attaccato al muro una grande lavagna azzurra, su cui aveva incollato diverse fotografie dell'ultimo anno.
Lei, Adrian e Gillian seduti su delle giostre per bambini, lei e Gillian vestite da vamp, una foto di Toby davanti ad una torta di compleanno, Linda e Jeremy affacciati su Roma, Karen e Robert in piscina che si riparavano il viso dagli spruzzi di Toby.
Sarah sorrise.
E' questo il mio posto, è questo il mio mondo.
E allora perchè quella sensazione di vuoto nel petto, quella nostalgia che la sommergeva a ondate, così struggente da mozzarle il respiro? Perchè la sensazione che tutta la sua vita, per quanto piena e vibrante apparisse, fosse segretamente mutilata?
Cercò la propria immagine nello specchio.
La se stessa di adesso odiava il bianco panna che aveva portato per anni: indossava attillate camicie bordeaux e si arricciava i capelli ogni volta che poteva, perchè dessero al viso la vivacità che mancava negli occhi.
Sarah poggiò la mano sullo specchio.
-Hoggle? Mi senti?-
-Sono qui.- sussurrò una voce alle sue spalle.
Sarah si voltò. Il nano era seduto sul letto... anche se "nano" non era più un termine adatto.
Hoggle era profondamente cambiato, si era fatto alto quanto un ragazzino sugli undici-dodici anni, così sottile che i vecchi abiti gli pendevano sulle spalle. La sua pelle era bruna e rugosa come corteccia, i capelli erano fitti viticci arricciati. Nel complesso sembrava un arcimboldo vivente.
-Sono felice di vederti.- le disse goffamente. -Be', come stai?-
Sarah strinse le spalle, evasiva.
-Così.-
Hoggle la guardò. Gli occhi erano rimasti quelli azzurri ed espressivi di sempre.
Alcune cose, per fortuna, non cambiano.
-Volevo sapere del Labirinto. Ci sono novità?-
Hoggle si passò le dita fra i capelli.
-Nessuna novità: è immobile, deserto. I sentieri non si spostano, i Falsi Allarmi dormono, la Foresta è molto silenziosa. E' come se l'intero Labirinto stesse dormendo, e tutti i suoi abitanti dormissero con lui.-
-Eccetto noi.- disse Sarah.
-Eccetto noi.- confermò Hoggle.
-Cosa fai per ora?-
-Oh, le solite cose. Cerco di tenere i sentieri puliti, le siepi in ordine. Non è difficile visto che le erbacce hanno smesso di crescere e la polvere di accumularsi.-
-Capisco.-
Hoggle si mosse a disagio.
-Sarah, adesso hai tu il medaglione. Forse se tu tornassi...-
La ragazza distolse in fretta lo sguardo.
-No.-
-Il Labirinto ha bisogno di te.-
-Il Labirinto ha bisogno di lui. Era lui il re, non io. Io appartengo al Sopramondo, non al Sottosuolo.-
-Ma lui non c'è più, e ha lasciato il medaglione a te!-
Sarah aprì il cassetto, ne estrasse un involto di carta velina. Lo porse ad Hoggle.
-E' solo questo? Solo il medaglione? Prendilo, Hoggle. Te lo lascio volentieri!-
Il nano lo guardò come se fosse un serpente velenoso avvolto in spire.
-Sai che non posso.-
-Io non lo metterò mai!-
-Puoi non metterlo, ma è tuo lo stesso!-
-No! Non è mio! E' suo, maledizione!- Sarah chiuse gli occhi e battè una mano sulla toletta, sollevando un tintinnio di boccette. -Lui non doveva morire così! Non doveva farmi questo!-
Respirò a fondo e riaprì gli occhi, ma il letto era vuoto. Hoggle se n'era andato e nell'aria era rimasto il silenzio greve del suo disappunto.
Sarah deglutì.
Forse una festa in maschera che mi ricordi Jareth è proprio quello che ci vuole, pensò. Affrontare la sua assenza una volta per tutte. Dirgli addio.
Sentì un nodo serrarle la gola.
E sperare lo stesso in un po' di magia.
Abbastanza da desiderare un ballo e inventare un vestito.
Abbastanza da tornare a sorridere ed emozionarsi.
Per qualche motivo le tornò in mente, in un flash rapidissimo, la ragazza che aveva incontrato un anno prima nel Labirinto, sui gradini del castello.
Fra le mani reggeva una strana clessidra: nella camera superiore c'era un uovo e in quella inferiore il teschio di un uccello, e la sabbia si era ormai raccolta tutta in basso.
Sarah immaginò di allungare la mano e capovolgere quella stessa clessidra.
Cosa sarebbe accaduto?
La camera col teschio, piena di sabbia, sarebbe stata in alto; la camera che conteneva l'uovo si sarebbe trovata in basso e avrebbe cominciato a riempirsi di polvere.
Sarah sentì una strana emozione correre lungo la schiena.
Dalla morte alla vita.
Si sentì turbata, ma non avrebbe saputo dire perchè.

 

****

 

Quella notte fece un sogno strano.
Si trovava nel Labirinto, nella pianura piena di lapidi: il cielo era di un azzurro terso e l'aria profumava di pioggia e aghi di pino. Sarah camminava fra le tombe, ma non era sola. C'era una fanciulla con lei: capelli d'argento, metà viso ustionata.
Passeggiavano insieme per lo sterminato cimitero.
Sarah guardava le lapidi: in alcune era raffigurata lei stessa, in altre strane versioni di Tobias, Robert, Linda, Karen.
-Le riconosci?- chiese la fanciulla.
-Sì, sono già stata qui. Sono tutte parti di me che ho perso crescendo, cambiando. -
La fanciulla annuì.
-Il cambiamento è un fuoco. Porta via molte cose, ma non può distruggere quello che siete, la vostra natura più vera, e così la riporta alla luce.-
Sarah guardò gli occhi bianchi della fanciulla, il suo viso ustionato.
-E' questo che è successo a te?-
-Più o meno.-
-E' stato doloroso?-
-Conosci un cambiamento che non lo sia?-
La fanciulla si fermò bruscamente. Davanti a loro c'era la tomba di Jareth, annerita dal fuoco.
Sarah si inginocchiò, con l'impressione che qualcosa di importante le stesse sfuggendo.
-Ho la sensazione che ci sia ancora qualcosa che devo fare.-
La messaggera sorrise con leggerezza:
-A proposito, hai capito cosa sia il re dei Goblin?-

 

****


C'erano almeno un centinaio di persone, ma la sala era talmente grande da sembrare semivuota.
La luce cambiava continuamente: a volte era di un verde cupo, come evocasse le atmosfere di una foresta spettrale, poi virava su un soffuso colore dorato, che disegnava morbide ombre negli angoli, sui volti accaldati, sugli abiti vaporosi.
Quando la luce era azzurra, sembrava di camminare sott'acqua.
Quando diventava rossa, sembrava di essere immersi in un immenso catino di sangue.
C'erano diversi tavoli da buffet con frutti di stagione, dolci, zucche intagliate. Sarah prese un drink: vi galleggiava un cubetto di ghiaccio con dentro una mora, così che l'impressione era quella che nel bicchiere ci fosse un occhio.
Sarah posò il drink con una leggera sensazione di nausea.
La musica era pervasiva e insistente.
Gillian, vestita da Cleopatra, e Michael, vestito da faraone, erano già al terzo giro di ballo. La collega di Gillian, Janice, vestita da fata, stava chiacchierando con un ragazzo che indossava un costume da scheletro.
Sarah cercò rifugio in un angolo, all'ombra di un albero di cartapesta. Non riusciva a rilassarsi nè tantomeno a divertirsi. I trucchi sbavati, le acconciature che si disfacevano lentamente nella foga dei balli non somigliavano affatto alle atmosfere languide e perverse dell'altra festa, eppure gliele riportavano alla mente.
Con esse tornava una tristezza sottile e insistente, per l'inevitabile assenza di qualcosa -qualcuno- che avrebbe dovuto esserci.
Quando le note di "Ever dream" cominciarono a diffondersi nella sala, la ragazza pensò che non sarebbe arrivata viva alla fine della canzone.

Ever felt away with me
Just once that all I need
Entwined in finding you one day

Ever felt away without me
My love, it lies so deep
Ever dream of me


-Sarah?-
Si voltò di scatto, quasi sobbalzando.
Il ragazzo era fasciato in un abito da sera nero dalla foggia antiquata. I capelli erano accuratamente pettinati all'indietro, una maschera bianca gli copriva la metà destra del viso mentre le sorrideva e le porgeva una rosa rossa.
Sarah sgranò gli occhi, impiegando una frazione di secondo per riconoscerlo.
-Adrian?- Lo guardò meglio, cercando di immaginarlo con i capelli sparati in tutte le direzioni e una delle solite felpe. -Sei tu? Quasi non ti riconoscevo!-
Il sorriso del ragazzo si accentuò leggermente, una luce divertita scintillò negli occhi castani.
-Perchè stasera non sono Adrian. Stasera... -disse con voce cavernosa- ...sono il Fantasma dell'Opera!-
Sarah sorrise.
-Vedo!-
Gli occhi castani si soffermarono su di lei un po' più del dovuto. C'era una lucentezza quasi febbrile in essi, una tenerezza che Sarah avrebbe preferito non vedere.
No. pensò. Adrian, lascia stare.
Il ragazzo le porse di nuovo la rosa.
-Prendila: è per te.-
Sarah la guardò come non sapesse bene cosa farci. La prese con cautela, ma non ce n'era bisogno: Adrian aveva avuto cura di rimuovere tutte le spine.
-Grazie.- mormorò, sentendosi arrossire.
-E tu?-
Sarah sollevò sguardo.
-Io cosa?-
-Da cosa sei vestita tu?-
Sarah strinse un lembo di raso. Il vestito era ampio, turchese, le ricadeva in morbide pieghe sul seno, sui fianchi, fino alle caviglie. I capelli arricciati, tenuti fermi sulla nuca da un fermaglio, le ricadevano sciolti sulle spalle.
-Io sono Proserpina.- disse.- La Proserpina di Rossetti.-

Would you do it with me
Heal the scars and change the stars
Would you do it for me
Turn loose the heaven within

I'd take you away
Castaway on a lonely day
Bosom for a teary cheek
My song
can but borrow your grace


Gli occhi di Adrian indugiarono nei suoi un solo istante di troppo, abbastanza da tradire l'emozione che si celava dietro la maschera. Il ragazzo le tese una mano guantata di nero.
-Ti va di ballare?-
Sarah trattenne il fiato. Fu un istinto più forte di lei, qualcosa di così viscerale da non avere nulla a che fare con la ragione.
Che cos'era il sogno, e che valore aveva quando cominciava la realtà?
A quindici anni recitava tutti i giorni fino a sfinirsi e pregava, sperava che un re di fiaba si accorgesse di lei, l'amasse più di ogni altra cosa e la portasse con sè nel proprio castello incantato.
Jareth era arrivato davvero, più bello e conturbante di qualunque cosa Sarah avesse potuto immaginare, e dopo averlo aspettato così tanto lei aveva dovuto dirgli di no, perchè il prezzo di quell'amore da fiaba si era rivelato troppo alto.
La vita di Tobias, e non solo.
Temimi, amami.
Fai ciò che io dico e sarò tuo schiavo.

Lui le aveva chiesto anche di abdicare a se stessa.
E adesso, adesso che non aveva più sogni in cui rifugiarsi, ma solo una realtà concreta da prendere a morsi, e un ragazzo normale, che la aspettava nell'ombra con dolcezza e pazienza...

Come out, come out wherever you are
So lost in your sea
Give in, give in for my touch
For my taste for my lust

Your beauty cascaded on me
In this white night fantasy


Accontentarsi.
Il pensiero le attraversò la mente come una frustata.
Accontentarsi di un amore che non ricambiava solo perchè era reale; vivere senza incanto, senza magia solo perchè non credeva più alle fiabe che recitava da bambina.
(ma se ci fossero altre fiabe, fiabe che possa recitare un'adulta?)
Accontentarsi del Sopramondo, con le sue rose innocue che potevano essere private delle spine, o, al contrario, ritirarsi nel Sottosuolo e governare il Labirinto.
Accontentarsi di una realtà o dell'altra: scegliere a quale metà del proprio cuore rinunciare.
Io ho bisogno di entrambe!
Sarah indietreggiò così precipitosamente che quasi inciampò nel vestito.
Un guizzo di sorpresa passò negli occhi nocciola di Adrian, un muscolo si tese all'angolo delle sue labbra. Il suo sorriso resistette, ma divenne più simile ad una cicatrice fibrosa che gli solcava il viso.
Sarah non rimase a guardarlo sanguinare.
-Adrian, scusami... io...-
Lo guardò con fermezza.
-Io devo andare.-

"All I ever craved were the two dreams
I shared with you.
One I now have, will the other one ever dream remain.
For yours I truly wish to be."


Si voltò e corse via come una Cenerentola vestita d'azzurro, le gonne sollevate alle ginocchia perchè non le fossero d'intralcio, il cuore che batteva all'impazzata mentre si faceva strada
(nel Labirinto)
tra i danzatori.
Un pensiero limpido biancheggiò nella sua mente, si allargò fra i pensieri in subbuglio come un fiore in boccio.
(Ogni cosa nel Sottosuolo è esattamente ciò che sembra, e al tempo stesso è ciò che rappresenta)
A proposito, hai capito cosa sia il re dei Goblin?
-Sì, l'ho capito.-
E allora dillo, e lui potrà diventarlo.
Sarah corse fuori. Lontano dalle luci, lontano dalla musica, dai colori sgargianti, da quel misto intossicante di profumo e sudore. Il giardino era rigoglioso e l'aria della sera era frizzante contro la pelle.
Era sola nella semioscurità del viale alberato.
-Jareth.-
Pronunciò quel nome a mezza voce, temendo che le ferisse le labbra, poi più forte, più sicura.
-Jareth!-
Avanzò lungo il viale alberato, la luce dei lampioni gettava un chiarore slavato sulle siepi.
Sara si fermò all'ombra di un salice.
Chiuse gli occhi, ma dietro le palpebre chiuse scorgeva il Sottosuolo, e dunque non vedeva di meno, ma di più.
Offrì il viso alla brezza della sera.
-So cosa sei. Adesso lo so.-
Le parole le premevano dietro le labbra, le scottavano la lingua per l'ansia che aveva di pronunciarle. Ma non poteva, non ancora. Prima doveva essere certa che fossero le parole giuste.
Il Sopramondo ha stelle cadenti, ma tu sei l'ansia con cui le cerchiamo. Sei i sogni che inseguiamo nel dormiveglia, le paure che ci tengono il capo prima di addormentarci.
Lo ricreò nella propria mente, frammento dopo frammento dopo frammento.
Labbra sottili, piegate in un sorriso beffardo.
Un viso senza età, così pallido e lucente da sembrare di ghiaccio e luce lunare.
Capelli chiari che scendevano sulle spalle come purissime scintille di luce.
Sei l'aspettativa che ci accompagna nel viaggio. Sei le forme che cerchiamo nelle nuvole, sei le storie che inventiamo e il bisogno che abbiamo di condividerle.
Lo sentiva prendere forma dai propri ricordi, dal proprio cuore. Lo rivide in quel ballo stregato, strie blu elettrico fra i capelli dorati, tocchi di luce sugli zigomi, gli occhi sfumati di khol e malachite.
Lui era un re, oscuro e antico come la notte, eppure incantevole come il chiarore dell'alba.
Lei era una ragazza mortale, bianca come un giglio, e tutto ciò che aveva erano occhi per vedere gli inganni, e labbra per raccontare una storia.
Sarah tese una mano davanti a sè: le sue dita incontrarono altre dita, che subito si intrecciarono alle sue.
Un brivido le corse lungo la schiena, una scarica elettrica che divenne calore. Teneva gli occhi chiusi, ma sentiva la magia frizzare nell'aria, pungerle il viso.
Il cuore, nel petto, cominciò a battere più veloce.
E' lui.
Sarah lo seppe così, mentre sentiva una guancia diventare solida contro il suo palmo, un respiro diventare calore sul suo viso.
Sentì le ciglia fremere: tenere gli occhi chiusi le sembrava una tortura insopportabile.
Dimmi ciò che sono, ed io potrò diventarlo.
Sentì la voce tremare: le parole dovevano essere pronunciate, e questa volta lei non esitò.
-Un sogno, una speranza, persino un desiderio, si possono estinguere. Ma tu, Jareth, tu sei il bisogno di sognare, sperare, desiderare. Sei la magia che dà un senso al reale, la promessa di incanto dietro la ragione. Sei unico, e sei universale. Perciò, puoi essere ucciso infinite volte, ma non puoi morire.-
Aprì gli occhi.
Aveva bisogno di guardarlo, di sapere che aveva scelto le parole giuste e non l'avrebbe perso di nuovo.
Lui era lì, il viso contro il suo, gli occhi scintillanti come quelli di un gatto e i capelli biondi come spighe di grano.
-Ucciso infinite volte? Devo preoccuparmi, mia preziosa?-
Sarah rise, gli occhi pieni di lacrime.
-Sapevo che non potevi essere morto.-
-Sapevo che, se fossi morto, mi avresti riportato indietro.-
Sarah strinse le sue mani fra le proprie, gli tolse i guanti, li lasciò cadere a terra, dimenticati. Jareth aveva una stella tatuata su un palmo, un verme sull'altro.
Sarah gli gettò le braccia al collo.
-In quegli anni bui, mentre recitavo fino a sfinirmi, tu eri con me!-
Jareth barcollò sotto il suo impeto, ma recuperò l'equilibrio e la strinse a sè. Poggiò la fronte contro la sua, un lampo di malizia guizzò negli occhi spaiati.
-E dunque cosa hai deciso? Sono il principe azzurro o il lupo cattivo?-
Sarah sorrise.
-Entrambi. E io ti amo!-
In quella penombra scintillante, cercò le sue labbra, le trovò.
Calde, morbidissime, reali.
Finalmente lo baciò.

 

C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
(...)
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.

Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.


(I. Fossati)


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Qui Proserpina, di Rossetti

La canzone "Ever dream" appartiene ai Nightwish

Cielo, non so chi vi avesse messo in testa l'assurda idea che Jareth fosse morto! Proprio non me lo spiego! :D
Scherzi a parte, questa piccola fatica è appena finita e già mi manca!
Questa volta, invece di rispondere alle singole recensioni, vorrei usare questo spazio per ringraziarvi tutti. Ho iniziato questa storia perchè ne avevo bisogno, ma l'ho pubblicata sperando che qualcuno la leggesse e, conoscendomi come mi conosco, posso affermare tranquillamente che senza il vostro sostegno non l'avrei mai conclusa.
Halina nel suo commento dice che siamo tutti un po' Sarah: è un concetto che condivido totalmente, che è valido per il film e che ho cercato di portare anche nella ff.
Così questo racconto è dedicato, appunto, ad ognuno di noi.
E grazie, davvero, per avermi accompagnata in questo viaggio :)

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