I GIORNI DELL'ABBANDONO

di Vivien L
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LA FINE ***
Capitolo 2: *** DESTINO ***
Capitolo 3: *** LE BRECCE DEL PASSATO ***
Capitolo 4: *** PAROLE D'AMORE ***
Capitolo 5: *** L'INIZIO DI UNA NUOVA VITA ***
Capitolo 6: *** PROMESSA ***



Capitolo 1
*** LA FINE ***


 

 
"I giorni dell'abbandono"
capitolo primo
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Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephenie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 
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Capitolo betato da Yara89 
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 Limitati in tutto, perché lo siamo così poco quando si tratta di soffrire?
(Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux)
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Il rumore stridulo e fastidioso della sveglia mi fece sobbalzare. Infastidita da quel suono metallico e insistente, sollevai un braccio per spegnerla, gli occhi perennemente accaniti sul soffitto a volta della mia camera. Sospirai,scostandomi una ciocca di capelli dagli occhi, e il riflesso luminoso del sole mattutino mi costrinse ad abbassare lo sguardo sulle morbide coperte di lino del mio letto. Come ogni mattina, con lentezza esasperante mi scostai dalle coperte e mi alzai, sedendomi ai bordi del letto. Mi stropicciai gli occhi, un leggero capogiro mi costrinse ad afferrare con forza le coltri del baldacchino, il respiro accelerato e il cuore che rimbombava nella cassa toracica, agitato come mi accadeva spesso negli ultimi tempi.

Come al solito, quel mio leggero malessere scomparve dopo pochi secondi, sostituito dall'impellente sensazione di alzarmi e di affrontare un altra, noiosissima giornata di lavoro. Con lentezza mi incamminai nel mio bagno personale, e quando vidi il mio profilo allo specchio lineare addossato alla parete un brivido mi scosse. La mia carnagione era più pallida del solito, quasi cadaverica, i capelli scuri arruffati e ingarbugliati, pesanti occhiaie violacee circondavano i miei occhi castani. Con un sospiro di rassegnazione, iniziai a spogliarmi esitante, cercando di non scorgere i segni rossi presenti in ogni punto del mio corpo.

Avrei dovuto essere felice di ciò che mi stava succedendo, pensai mentre entravo nella doccia e lasciavo scorrere l'acqua sul mio profilo, come a cancellare via il fardello che sentivo nel cuore. E, inevitabilmente, i miei pensieri furiosi si rincorrevano, inarrestabili, giungendo tutti al fulcro della mia intera esistenza: Jacob. Il ragazzo che, in pochi mesi, era diventato la mia unica ragione di vita. L'uomo che mi aveva conosciuta e apprezzata per ciò che ero: una sciocca, goffa e insignificante ragazzina. Lui non mi aveva mai giudicata, lui mi aveva donato tutto il suo amore. Perché lui mi amava, lo sapevo, ne ero certa, come ero certa della mia vita stessa.

Ci eravamo conosciuti circa sei mesi fa, io mi ero appena trasferita in una nuova città, ero una ragazza sola e emarginata, che difficilmente faceva amicizia con gli altri ragazzi della sua età. Il nostro rapporto si poteva davvero definire idilliaco: lui era sempre così gentile, premuroso, metteva in luce i miei bisogni, trascurando spesso le sue necessità. Mi incoraggiava sempre, mi faceva sentire protetta e capita, e soprattutto amata. Tuttavia, da qualche mese a questa parte, sentivo il nostro rapporto sgretolarsi e la noia prendere il sopravvento sulle nostre vite. Lo percepivo distante, come se la sua mente fosse altrove, come se non fossi più io il suo primo pensiero della giornata.

Questo perché nella vita avevo sempre avuto la struggente sensazione che non fossi mai nel giusto posto, gli eventi si susseguivano senza alcuna importanza, per me. Sono sempre stata una ragazza riflessiva e razionale, raramente mi lascio andare ad atteggiamenti confidenziali con qualcuno, la mia filosofia di vita è riservatezza e professionalità, sempre e comunque. Lavoravo da oltre sei di mesi in un ufficio situato al ventitreesimo piano del gigantesco Rayburn Building, a poche centinaia di metri dal Campidoglio di Washington, centro creato negli anni settanta per ospitare i deputati della camera elettorale degli States ma che, con la recessione degli anni novanta, aveva ospitato dei centri di contabilità estera.  

Ero la segretaria principale di un noto direttore di Borsa nazionale, conosciuto in tutto il mondo per la sua fama indiscussa di intraprendente uomo d'affari. Mi ero trasferita qualche tempo fa' da Seattle, causa motivi di lavoro, e l'impatto con il mondo degli affaristi e delle quotazioni in borsa fu' piuttosto brutale, ma nonostante tutto ero stata in grado di adattarmi e di costruirmi il mio piccolo angolino di vita in questa immensa e frenetica città. Chiunque potrebbe dire che ho una vita perfetta: un lavoro affermato, un ragazzo che mi ama, una famiglia affettuosa, una casa grande e spaziosa e soldi a volontà. Ed io sono felice, ma nella vita tutti attraversano un periodo di sconforto, in cui tutte le certezze sembrano sgretolarsi nel baratro del nulla, ed io posso affermare con convinzione che lo sto attraversando a pieno.

 Sono una ragazza pessimista per natura, ma da qualche mese a questa parte sento uno strana sensazione d'ansia attanagliarmi lo stomaco, come se la mia vita si trovasse ad una svolta ed io ne stessi finalmente avvertendo i segnali. Scossi il capo, le goccioline d'acqua scendevano dal mio corpo minuto, addossandosi nel box doccia con lentezza. Sospirando, guardai la sveglia appesa al muro del bagno, che segnava le sei e venti del mattino. Dovevo sbrigarmi, fra poco sarebbe iniziata un altra , estenuante giornata di lavoro, e io non potevo permettermi il lusso di ritardare....  

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In pochi minuti giunsi nel centro di Washington, di fronte all'imponente grattacielo di sessantadue piani che costituiva anche la mia sede lavorativa. Diedi uno sguardo attento al mio vestiario, controllando che fosse tutto in ordine: la gonna a tubino mi ricadeva morbida sui fianchi, la camicetta di candida seta grigia fasciava le forme poco pronunciate del mio seno, una pudica scollatura a valorizzare il mio corpo dalle curve poco evidenti. La valigetta che stringevo fra le mani era pesante, centinaia di documenti giacevano al suo interno, testimoni delle numerose notti insonni che ho passato ad analizzare i numerosi conti finanziari inerenti alla "Washington State Building", la compagnia in cui lavoravo.

 Con un sospiro entrai nell'atrio dell'immenso grattacielo, e lo schiamazzare familiare delle segretarie e dei giornalisti che affollavano il primo piano mi giunse alle orecchie, accentuando il fastidioso mal di testa che mi opprimeva. Con un cenno del capo salutai Bryan, il segretario generale dello stabilimento, che mi sorrise distratto, e arrivai all'ascensore che mi porterà dritta al ventitreesimo piano, in cui ha sede la mia scrivania. Attesi impaziente lo schiudersi delle porte dell'ascensore, erano anni che soffrivo di claustrofobia e non sopportavo gli spazi chiusi. Specialmente in questo periodo, in cui l'ansia sembrava divorarmi ogni giorno che passa, irreversibile come il peggiore dei tormenti.

 Ticchettai nervosamente le dita sui tasti dell'ascensore, finchè  la voce artificiale e seriosa di una donna mi avvertì  che ero giunta al piano prestabilito. Con un sospiro di sollievo mi apprestai a uscire e a raggiungere il mio ufficio, dove una sorridente Jessica, agghindata con una succinta minigonna e una camicetta decisamente poco professionale, mi attendeva impaziente, tamburellando nervosamente un piede sul linoleum del pavimento. Sorrisi in sua direzione: per quanto possa sembrare una donna dai dubbi costumi, la consideravo un ottima amica e una ragazza sincera e leale, con cui avevo fatto facilmente amicizia.

- Bella!!- cincischiò nella mia direzione, schioccandomi un bacio sulla guancia. Arrossii, non ero abituata a simili dimostrazioni d'affetto, anche se ormai avrei dovuto far l'abitudine al comportamento caloroso di Jess.

- Novità?- chiesi, appoggiando la mia valigetta sulla scrivania e sbirciando sul computer acceso, nel caso ci fossero già delle mail da controllare.

Lei annuì, esibendo un sorriso a trentadue denti che mi fece alzare gli occhi al cielo: non riuscivo proprio a capire dove trovasse questa esuberanza alle sette del mattino!!!

- Bè...- iniziò  a raccontare con voce entusiasta - il capo - e sottolineò  la parola con deferenza - mi ha dato un permesso di una settimana, così  potrò andare a Chicago a trovare Mike!!!- in quel momento capii a pieno la sua euforia: Mike, il suo ragazzo, lavorava in un importante centro notarile a sud di Chicago, e di conseguenza i due non si potevano vedere spesso. Jessica e Mike si conoscevano dagli anni delle superiori, e da quando avevano intrapreso una relazione - all'età  di diciassette anni- non si erano più lasciati. Il loro era un amore semplice e , per certi versi, piuttosto superficiale, ma si vedeva che erano fatti l'uno per l'altra, e io avevo sempre appoggiato la loro relazione.

Anche perché, avendo conosciuto Mike alcuni di mesi fa, credevo che Jessica non avrebbe davvero potuto trovare un uomo migliore: gentile e premuroso, sempre attento ai dettagli, che non si dimenticava mai di dimostrarle il suo amore. Le sorrisi, ritornando nel mondo reale, e lei mi abbracciò, l'euforia traspariva da ogni suo gesto.

- Sono così  felice!!!- esclamò estasiata, schioccandomi un bacio sulla guancia - finalmente potrò rivederlo!! E' passato così  tanto tempo che....-

- Signorina Swan!!- una voce fredda e glaciale mi fece sottrarre dall'abbraccio di Jessica. Mi voltai in direzione della voce, ritrovandomi davanti al mio capo, che mi fissava con uno sguardo duro e pieno di rabbia. Mi ricomposi velocemente, osservando gli occhi verdi del mio dirigente con uno sguardo mortificato.

- Mi scusi- sussurrai con voce inesistente, pensando che, anche questa volta, quell'odioso individuo avrebbe trovato il modo di criticare ogni mia più piccola, insignificante mossa. Lui strinse la mascella, osservando il mio viso con palese disgusto.

- Mi segua nel mio ufficio- sbottò con voce incolore e io, lanciando uno sguardo di biasimo a Jessica, afferrai la mia valigetta e seguii il mio capo nell'infido corridoio che portava nel suo preziosissimo e lussuosissimo ufficio da cinquanta mila dollari il metro. Lui non si voltò indietro, non si degnò nemmeno di controllare che avessi eseguito il suo ordine perentorio: sapeva che, sempre e comunque, io non mi sarei mai azzardata a contraddirlo o a sbattergli in faccia il mio odio. Perché Edward Cullen, il più giovane e famoso quotista degli States, era la persona più subdola e meschina che io avessi mai conosciuto.

 Un uomo dalla bellezza eterea, simile al canto infinito degli angeli del paradiso ,ma con il cuore più  marcio che potesse esistere. Fin dal mio primo giorno di lavoro avevo notato che nutriva nei miei confronti un insofferenza immotivata e senza senso, che lo aveva spinto spesso a trattarmi come la peggiore delle donne. Sempre cinico e freddo, non lo avevo mai visto rivolgermi un sorriso o un complimento. Si animava solo quando trovava l'occasione di rimproverarmi e criticare il mio lavoro, come se non esistesse obbiettivo più appetibile, per lui, del rendermi la vita un vero inferno. Ed era proprio quello il luogo in cui mi sembrava di addentrarmi, quando mi aprì  la porta del suo studio e mi fece cenno di entrare.

Lasciate ogni speranza, o voi che entrate...

Senza alcun convenevole mi diede le spalle , sedendosi sulla lussuosa sedia girevole addossata alla scrivania, per poi voltarsi e trafiggermi con uno sguardo glaciale.

- Questa sera ci sarà  un convegno sulle quotazioni di borsa dell'ultima annata- esordì  con voce dura, distogliendo lo sguardo dal mio viso - e io gradirei che tu partecipassi- la sua, più  che una richiesta, sembrava un ordine, e io mi ritrovai come mio solito ad annuire, lo sguardo basso e le guance in fiamme.

- Tutto qui?- chiesi in un sussurro e lui sospirò, con aria frenetica e il volto contratto in una smorfia di rabbia. Quasi inconsapevolmente mi ritrovai a fissare con premura il sottile cerchietto d'oro che occupava il suo anulare sinistro, prova tangibile del suo legame con una donna, e mi chiesi, per l'ennesima volta, se tutta la sua frustrazione provenisse dall'insoddisfazione della sua vita privata... Scossi il capo per togliermi quegli assurdi pensieri dalla mente, ritrovandomi a fissarlo in quelle pozze smeraldo, intense come un mare in tempesta.

- Allora io andrei- dissi con voce calma, voltandomi verso la porta.

- Isabella...- mi richiamò  lui con voce soffocata, e io mi immobilizzai sul posto, chiudendo gli occhi.

- Si?- chiesi in un sussurro, e lo sentii sospirare.

- Vestiti in maniera elegante- detto questo un silenzio opprimente scese su di noi e io, con una smorfia di irritazione in volto, dovuta al tono perentorio che usava sempre con me, uscii dal suo ufficio, pregando che la giornata passasse in fretta...

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Verso le due del pomeriggio, mentre ero ancora intenta a controllare delle carte d'affari nelle veci del mio capo, il telefono squillò. Lo afferrai, precipitandomi sulla cornetta come un ossessa, e parlai con voce tremante e carica di aspettative.

- Ufficio di Edward Cullen, sono Isabella Swan. Chi parla?- domandai apprensiva, e una voce familiare mi giunse alle orecchie.

- Bella?- sospirai e chiusi gli occhi, mentre il cuore iniziava gli straordinari al suono melodioso della sua voce : era tutto il giorno che desideravo parlare con lui...

- Jake - sussurrai con un tono intriso di amore e devozione, e lui ridacchiò.

- Ti sono mancato così  tanto?- chiese scherzoso, e io sorrisi.

- Non immagini neppure....- risposi sincera, e lo sentii sospirare dall'altra parte del telefono.

- Jake, tutto bene?- chiesi con voce esitante, e lui sospirò ancora, ma questa volta la sua voce era stranamente seria e preoccupata.

- Ti devo parlare, Bella- rispose apprensivo, e io impallidii. Avevo paura, una dannata paura che fosse successo qualcosa, che le mie inconsce paure di perderlo, che si nutrivano della mia vita stessa, si stessero avverano. Perché non riuscirei a vivere senza il suo amore.

Non più....

- E' successo qualcosa di grave?- chiesi esitante, e uno strano silenzio scese fra noi. Un silenzio che fu' lui stesso a rompere, con la voce arrochita dallo stress - no, Bella- sussurrò  dolce - è solo che ho bisogno di parlarti di una cosa importante e....-Uno sguardo insistente mi riscosse dai miei pensieri. Alzai gli occhi e vidi Edward Cullen fissarmi con uno sguardo torvo, talmente esasperato da farmi impallidire.

- Jake, adesso devo andare- lo interruppi, prima che il mio capo decidesse di staccare direttamente il telefono - ma ne possiamo riparlare oggi pomeriggio...vieni a casa mia, che dici?- chiesi dolce, impaziente di rivedere il mio amore.

Lo sentii sospirare - Ok...tanto io stacco fra mezz'ora- Jacob era un avvocato , possedeva uno studio in centro, ed essendo il capo poteva decidere di smettere di lavorare quando voleva- ci vediamo dopo...- biascicò incerto, ma prima che attaccasse c'èra una cosa che volevo dirgli.

- Ti amo- sussurrai con voce tremante di emozione, ma dall'altro capo non ricevetti alcuna risposta. E l'ansia torno ad attanagliarmi lo stomaco, mentre un leggero velo di inquietudine mi avvolse la mente.

- Jake?- chiesi ansiosa, e lui sembrò riscuotersi.

- Certo, certo- disse con voce incolore - a dopo- e riattaccò, senza nemmeno darmi il tempo di rispondere. I miei occhi si riempirono di lacrime, avevo paura. Paura di perderlo, di perdere la mia unica ragione di vita. Ero fragile, in quel momento mi sentivo la persona più debole dell'universo, perché i miei timori si stavano avvicinando con maggior forza alla realtà, e io non potevo fare nulla, se non osservare impotente la fine di qualcosa cui tenevo di più al mondo. Non so come feci a trovare la forza di appoggiare la cornetta nel ricevitore, il mio sguardo era vuoto, privo di vita.

- Swan!!!- una voce dura mi costrinse ad alzare lo sguardo. Mi scontrai con due occhi verdi che mi fissavano con rabbia, tuttavia scorgevo un velo di preoccupazione nelle sue iridi smeraldo.

- La pago per lavorare, non per amoreggiare al telefono!!- urlò e io sussultai, mentre i miei occhi si riempirono di lacrime represse. Il suo sguardo indugiò  sul mio viso sconvolto e, senza aggiungere altro si voltò, lasciandomi libera di piangere in solitudine, come ultimamente mi accadeva sempre più spesso.

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----------Tre ore dopo------------

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- Jacob ti prego!- implorai disperata, una smorfia di dolore a sfigurare il mio pallido viso. Non avrei mai pensato di poter soffrire tanto eppure, mentre osservavo i suoi occhi scuri fissi nei miei , non potevo provare nient'altro che dolore. Un dolore che mi stava lacerando dentro, che mi impediva di respirare, che stava squarciando la mia anima in mille frammenti. Caddi in ginocchio, sconvolta,annientata dalla straziante indifferenza con cui guardava le lacrime inondarmi le guance. Non riuscivo ancora a credere a ciò  che stava succedendo....non riuscivo a credere che mi stesse lasciando. Ecco di cosa mi doveva parlare, ecco il motivo per cui non riusciva più  a dirmi ti amo: si era infatuato di un altra donna. Mi voleva abbandonare, la mia unica ragione di vita mi voleva lasciare in balia di me stessa, sola e senza nessuno accanto.

- Mi dispiace, Bella- sussurrò, cercando di imprimere alla sua voce un tono contrito - non è colpa tua, ti giuro. Tu sei perfetta, ma io.....beh, io la amo, non posso vivere senza di lei- i suoi occhi erano luminosi, il solo pensiero di quella donna gli infondeva una gioia inimmaginabile. Singhiozzai, tentando di aggrapparmi a lui, di trattenerlo, di farlo rimanere con me.

- Io ho bisogno di te!- gridai disperata, e lui scosse il capo, allontanandosi da me.

- Mi dispiace tanto- ripeté scostandosi da me e dirigendosi verso la porta.

- JACOB!!!!- il mio fu un urlo agonizzante, sentivo il mio cuore rimbombare nella cassa toracica a velocità inaudita. Udii chiaramente la porta dell'ingresso chiudersi, e in quel momento il mio cuore smise di battere, mentre sentivo un oceano di sofferenza travolgermi in pieno, annullare ogni mia speranza per un futuro che si era sgretolato all'improvviso. Se n'era andato, mi aveva abbandonata. Non mi amava più, il suo affetto era destinato ad un altra donna. In quel momento mi sentii morire per la seconda volta, e il baratro del nulla mi accolse, avvolgendomi nel suo straziante torpore. 

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---------Sei giorni dopo------------  

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Continuai imperterrita a fissare il nulla della mia disperazione, l'espressione vuota e assente. Erano giorni che non uscivo di casa, che non andavo al lavoro, che non rispondevo al telefono, che non mangiavo, che non dormivo, che non vivevo. Mi rigirai nel letto, prendendomi la testa fra le mani,mentre le lacrime iniziarono a scorrere sulle mie gote arrossate dal pianto. Il mio cuore sembrava svanito nel nulla, come era svanita la mia unica ragione di vita. Il dolore era troppo forte, non riuscivo a respirare. Dio, quanto mi mancavano i suoi baci, le sue carezze, il suo sguardo profondo fisso sul mio viso. Mi mancava il suo profumo, il calore del suo abbraccio, la stretta gentile e delicata delle sue mani fra le mie.

 E il tempo sembrava acuire il mio tormento, come se le ferite infertami continuassero irrimediabilmente a sanguinare, protratte in tunnel in cui il dolore e la sofferenza erano diventati i miei unici compagni di vita. Mi sentivo vuota, inutile, privata di ogni sentimento. C'era solo dolore. Tanto, troppo dolore, che mi travolgeva come un torrente di sensazioni in grado di annullare ogni parvenza di razionalità. Non riuscivo più  nemmeno ad alzarmi dal letto, ero davvero distrutta. Io lo amavo con tutta me stessa, gli avevo donato il mio cuore e la mia anima, avevo riposto in lui la mia fiducia e tutte le mie speranze, ma evidentemente non era abbastanza.

Io non ero mai stata abbastanza per nessuno, e in quel momento mi resi davvero conto di quanto fossi un essere inutile e insignificante, che non meritava di ricevere nulla dalla vita, se non delusioni e amarezze.

Nessuno teneva a me, nessuno mi avrebbe mai amata.

Ero solo una sciocca che credeva di poter ricevere quell'amore che nessuno avrebbe mai osato donare a un essere infido come me.Sarei sempre stata sola.

Sempre.

Volevo urlare, volevo esalare con violenza la rabbia, il dolore e l'umiliazione che sentivo dentro.

Volevo morire, morire sul serio, scomparire dal mondo e smettere di soffrire una volta per tutte.

Con questi pensieri mi seppellii sotto le coperte, i singhiozzi mi sopraffarono. E in quel momento, mentre la familiare sensazione di cadere nel baratro mi invase, un suono stridulo e insistente mi giunse alle orecchie. Lo ignorai, afferrandomi con forza i capelli, cercando di acuire con il dolore fisico la sofferenza che mi attanagliava il cuore, e lasciando scorrere le lacrime sul mio viso pallido e smunto. Ma quel suono crebbe d'intensità, prolungandosi per un tempo che mi sembrò  infinito. Perché non mi lasciavano in pace? Perché non mi lasciavano lottare in solitudine contro la straziante agonia che aveva avvolto la mia misera esistenza?

 Quando quel suono odioso iniziò  a infastidirmi mi alzai, barcollando sui miei stessi piedi e, incurante del mio aspetto trasandato e del mio volto stravolto mi diressi alla porta d'ingresso, cercando di non ruzzolare a terra. Con lentezza aprii l'uscio di casa, maledicendo mentalmente chi osava disturbare il mio infinito torpore, ma quando spalancai la porta con rabbia,pronta a cacciare chiunque vi si trovasse dietro, le parole mi morirono in gola. Due occhi verdi, profondi e luminosi come l'oceano, guardavano fissi il mio viso, una smorfia di preoccupazione impressa nei lineamenti perfetti.

Edward Cullen.

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Questa mini fiction, composta da massimo cinque capitoli, è dedicata a un mia cara amica, che in questo momento sta attraversando un momento difficile e che non trova la forza di rialzarsi e camminare a testa alta nel mondo. Ed è dedicata anche a coloro che soffrono per amore, e che non hanno il coraggio di dimenticare, di guardare avanti, di ricominciare a vivere. So che ho già quattro fiction da portare avanti, ma questa sera mi è venuta questa idea e, agevolata dal mal tempo che sta mandando monte i miei piani, mi sono messa a scrivere. Perdonate eventuali errori/orrori di sintassi o battitura, entro domani li correggerò. Sarei comunque grata ai lettori se mi lasciaste un parere, per sapere se la storia piace e se vale la pena di continuare a scrivere.

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Capitolo 2
*** DESTINO ***


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"I giorni dell'abbandono"
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capitolo 2
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Capitolo betato da Yara89
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Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephenie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopro di lucro.
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Prima di lasciarvi alla lettura, una piccola raccomandazione: attenzione alle date, sono fondamentali per la corretta interpretazione del capitolo.
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L'amore è fuoco. Ma non sai se scalderà il cuore o ti brucierà l'anima. 
(Joan Crawford)
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Sabato 24 gennaio 2010

Guardai ancora una volta il mio pallido riflesso allo specchio. Il mio viso era smunto e smagrito, gli occhi rossi, spenti e privi di vita, le labbra contratte in una smorfia di sofferenza. Mi sentivo svuotata di ogni sentimento, sola e abbandonata. In quel momento volevo solo morire.

Lui non ti merita.

Presi le forbici dal ripiano del lavandino con mani tremanti, il ricordo della sua voce scorreva come arsenico nelle mie vene.

Lui non merita le tue lacrime.

Sollevai le forbici, accostandole alla mia chioma castana, osservando per l'ultima volta l'ondeggiare fluente dei miei boccoli scuri.

Lui ti ha riempita di bugie, non ti ha mai amata.

Adorava immergere il viso nei miei capelli. Respirare il mio profumo, accarezzare le onde setose che mi circondano il viso. Mi diceva che i miei capelli erano una delle cose che più lo attraevano di me.

E' scappato con un'altra, ti ha abbandonata. Ma non sei sola.Non più.

Un rumore metallico risuonò nel tetro silenzio del bagno, e vidi una prima ciocca castana cadere nel lavandino, insieme ai ricordi che lentamente mi stavano uccidendo dentro. Lui adorava i miei capelli. Lui li baciava, lui respirava il mio profumo. Mi sussurrava Ti Amo, mi diceva che ero tutta la sua vita.

Ti ha mentito, tu non sarai mai nulla per lui.

Quelle parole bruciavano, mi logoravano il cuore e l'anima come il peggiore dei tormenti.

Lui era la mia croce, non avrei mai potuto vivere senza il suo amore. Come una furia iniziai a recidere la mia chioma, le lacrime scorrevano copiose sul mio volto stanco, i singhiozzi risuonavano nell'immobilità del mio cuore ferito. Non volevo più soffrire, ma il suo ricordo era ancora troppo vivo, troppo radicato in me. E la sensazione d'essere abbandonata mi aveva travolta come un mare in tempesta, facendomi affogare nell'oceano della mia disperazione.

Iniziai a tremare, il corpo non rispondeva più ai segnali che mi inviava la mente.

Una ciocca cadde a terra, seguita da un altra, un altra e un altra ancora.

Il respiro divenne affannoso, gli occhi si spalancarono quando sentii il familiare senso di soffocamento invadermi il corpo e l'anima.

Guardai ancora una volta la mia immagine riflessa al lucido specchio del bagno, e ciò che vidi mi fece paura. Avevo lo sguardo sconvolto, le guance rosse dal pianto,i capelli erano corti e disordinati, alcune ciocche erano sparate in aria, altre ancora  completamente recise.

I miei capelli non c'erano più.

Ma il suo ricordo persisteva, come il più atroce di tormenti. E le forbici caddero a terra, producendo un rumore sordo, eco del mio cuore infranto. Scoppiai a piangere, cadendo in ginocchio, piegata in due, sottomessa al dolore d'immensa portata che aveva travolto la mia vita. In quel momento sentii una porta sbattere, e subito dopo due braccia calde e confortevoli stringermi a sé. Un profumo familiare, eppure un tempo così ostile e temuto, mi invase le narici, e delle labbra calde e morbide si posarono fra i miei capelli.

- Va tutto bene- sussurrò Edward, sollevandomi e prendendomi in braccio.

Mi strinsi a lui, avevo bisogno di qualcuno, ma la realtà era che il mio cuore e la mia anima viravano verso un'unica direzione:Jacob.

Singhiozzai più forte, e le labbra di Edward si posarono sulla mia fronte. Edward era diventato il mio eterno conforto, la mia ancora di salvezza, la mia unica ragione che mi legava alla vita.

La sua voce, quando parlò, era roca e incrinata, il mio dolore aveva avvolto anche lui, come se le nostre anime fossero collegate da catene invisibili.

Baciò le mie mani con devozione, sfiorando con le labbra il sottile cerchietto d'oro che avvolgeva il mio anulare sinistro.

Il simbolo del mio legame. Del nostro legame.

Mio, e di Edward.

- Va tutto bene- ripeté stringendo la mia mano, a cui mi ancorai come se fosse la mia unica salvezza

- Non sei sola. Non più.-. E quelle parole, quelle parole ebbero il potere di riportarmi indietro nel tempo, al giorno in cui tutto ebbe inizio, e tutto ebbe fine. 

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--------Un anno prima---------

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Quando aprii l'uscio della porta, sconvolta e con il cuore a pezzi, non potevo credere ai miei occhi. E il dolore subito si trasformò in umiliazione, quando vidi il suo sguardo altero e spavaldo soffermarsi sul mio pallido viso.

Uno sguardo che divenne preoccupato, ansioso e intimorito, alla vista del mio volto stravolto dall'angoscia.

Lui non c'era.

Avevo sperato che cambiasse idea, che tornasse da me.

Che rinnovasse le promesse che mi aveva fatto in passato, quando io ero la sua unica ragione di vita.

Illusa, lui non sarebbe mai più stato tuo. Perché tu non meritavi il suo amore.

E la delusione fu indescrivibile, quando vidi che gli occhi che mi scrutavano non erano neri come quelli del mio amore, ma verdi e lucenti come il cristallo.

Occhi preoccupati, un sentimento che non avrei mai creduto lui potesse provare per me. Caddi in ginocchio, il dolore mi sommerse ancora, la voglia di urlare divenne istintiva e prepotente. E allora urlai, urlai prendendomi la testa fra le mani, urlai seppellendo il viso fra le ginocchia, mentre due braccia forti mi sollevavano di slancio, trascinandomi in casa.

- Isabella che succede?- chiese Edward allarmato, a voce alta e angosciata. Non risposi, iniziai a dibattermi fra le sue braccia, la rabbia era troppa, il dolore ancor più forte, il senso di vuoto acuito dalla pietà che leggevo nei suoi occhi.

- Vattene, va' via!!- il mio fu un urlo disperato, che lo indusse a stringermi con maggior forza, mentre continuavo a dibattermi, a tentare di sottrarmi al suo tocco. - Bella!- continuava a pronunciare il mio nome, non volevo mi chiamasse in quel modo.

Lui non era nessuno per farlo, lui era solo il mio odioso e arrogante capo, che non aveva mai perso occasione per deridermi e rimproverarmi. Non volevo la sua compassione.

Volevo solo morire.

Volevo Jacob.

E il ricordo del suo viso mi tornò in mente, facendomi urlare ancor più forte, stretta fra le braccia estranee di Edward Cullen. Non riuscivo a respirare, sentivo un peso opprimente nel petto che mi schiacciava, e la consapevolezza che nulla sarebbe più stato come prima.

Io non sarei più stata come prima.

Perché nessuno mi avrebbe amata, io ero un rifiuto umano, non ero degna di vivere. E con quella dura verità a rimbombarmi nell'anima e nella mente, il mio cuore cessò di battere. E con esso, il buio mi travolse, irreversibile come il peggiore dei tormenti...

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Edward mi stette accanto tutta la notte, cercò di calmare le mie crisi di panico, inutilmente. Le sue parole non mi erano di conforto, le sue braccia calde non mi  facevano sentire protetta. Perché il mio posto era affianco a Jacob Black, l'uomo che mi aveva spezzato il cuore, che aveva distrutto ogni mia certezza, che mi aveva rovinato la vita. La presenza del mio datore di lavoro non faceva altro che acuire il vuoto che sentivo dentro.

Non sopportavo la sua compassione, la pietà con cui, quella notte lontana, aveva cercato di prendersi cura di me. La mattina dopo mi svegliai di soprassalto, spossata da incubi in cui le parole di Jacob mi risuonavano in mente con acredine, quasi per prendersi gioco della mia sofferenza.

Quella mattina mi svegliai sola, anche Edward mi aveva abbandonata.

E nei giorni successivi, non tornò.

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Lunedì 12 Settembre 2008 

Varcai le porte del Washington State Building con passi lenti e decisi, pronta a tornare a lavoro, a riprendere in mano ciò che restava della mia vita. Dopo un mese di assenza , avevo deciso di fare un tentativo, di cercare di riunire i cocci del mio passato, e di concentrarmi solo sul futuro.

Jacob mi aveva abbandonata, ma ciò non significava che il mondo si fosse fermato, e che potessi permettermi il lusso di prendermi altri giorni di permesso. Ero decisa a fingere che nulla fosse successo, che fossi rimasta la ragazza allegra e solare di sempre, ma tutto, in me, faceva presagire che un atroce dolore si fosse all'improvviso riversato nella mia vita.

Le porte dell'ascensore si aprirono, quando vi entrai non percepii neanche più il consueto senso d'inquietudine che mi avvolgeva quando mi ritrovavo imprigionata in luoghi chiusi.

Il dolore aveva spazzato via ogni altra cosa...

Guardai il mio volto allo specchio addossato alla parete dell'ascensore, e notai quanto i miei occhi fossero diversi, l'espressione più matura, emanavo un'aura estranea, non mi sentivo più me stessa.

Il dolore aveva spazzato via ogni altra cosa...

Sospirai, scrutando il mio volto accigliato, pallido e smunto, senza un velo di trucco a migliorare la mia immagine. Perché avrei dovuto truccarmi? Nessuno mi avrebbe guardata, ero sempre la solita ragazzina che voleva giocare a fare l'adulta.

Il dolore aveva spazzato via ogni altra cosa...

Le porte dell'ascensore si aprirono al ventottesimo piano.

Presi un respiro, profondissimo, e a testa alta m'incamminai nel corridoio che portava alla mia scrivania, sotto gli sguardi compassionevoli e leggermente sorpresi dei miei colleghi.

Loro sapevano...

Una risatina stridula attirò la mia attenzione. Mi voltai, scorgendo Jessica parlare animatamente con una ragazza che dimostrava avere a mala pena vent'anni, e le sorpresi a distogliere lo sguardo dalla mia figura.

Loro sapevano...

Non mi salutò, non mi rivolse il sorriso caloroso che era solita avere nei miei confronti, si limitò a squadrare il mio viso con uno sguardo strano, ironico, mortificante nella sua audacia.

Si voltò di nuovo verso la sua amica, e scorsi le sue labbra piegarsi all'insù , in quello che probabilmente era un sorriso derisorio.

Distolsi lo sguardo, gli occhi lucidi, un sentimento mai provato prima mi fece quasi tremare le gambe.

Umiliazione.

Perché loro sapevano, e provavano compassione, pena, divertimento, per la donna che era stata distrutta da colui che l'aveva abbandonata senza alcuno scrupolo, senza alcuna pietà.

Boccheggiai in cerca d'aria, arrancando verso la mia scrivania e, incurante degli sguardi curiosi che i miei colleghi mi rivolgevano, mi appoggiai con le braccia alla cattedra in legno, abbassando il capo e cercando di respirare regolarmente.

- Signorina Swan!- una voce fredda e suadente mi giunse alle orecchie, accompagnata da un sospiro di rassegnazione.

Feci un respiro profondo, un altro e un altro ancora, una pallida lacrima mi scese dagli occhi, la sofferenza stava tornando, più forte di prima.

-Isabella?- la voce adesso era decisamente preoccupata, ma anche più dolce.

Boccheggiai in cerca d'aria, dovevo calmarmi, dovevo rispondere.

Lui non ti ha mai amata.

Non ti merita, non merita il tuo amore.

Ma soprattutto, non merita la tua sofferenza.

Finalmente alzai lo sguardo, quelle parole erano servite a farmi riprendere il controllo di me stessa.

Mi scontrai con due occhi verdi, splendenti come il cristallo, ma che non avevano nulla dello spietato fascino che caratterizzava lo sguardo del mio Jake.

Basta Bella ti prego, non pensarci più.

Basta.

Mi ricomposi, asciugandomi velocemente la pallida lacrima che era sfuggita ai miei occhi, e m'immersi nello sguardo profondo di Edward Cullen, che mi fissava, ansioso e intimorito.

Il mio dolore stava scavalcando la sua maschera di indifferenza, esattamente come era successo in quella notte lontana.

- Buongiorno, Signor Cullen - faticai persino a pronunciare quelle parole, la mia voce era roca, quasi inesistente.

Lui aggrottò le sopracciglia, immergendosi nei miei occhi, e per un secondo mi sembrò di poter annegare nella sua anima.

- Potrebbe seguirmi nel mio ufficio?- mormorò con voce fredda e professionale, e io annuii.

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- Innanzitutto volevo dirti che sono molto contento di riaverti al lavoro...-sussurrò la voce di Edward, e io sospirai, guardando il suo volto cupo, dal fascino misterioso,  che aveva sedotto e ammaliato centinaia di donne...

- Ma converrai con me, Isabella, che è giusto che mi aspetti una spiegazione per quello che è successo - continuò, e io arretrai di un passo.

Scossi il capo quando lo vidi alzarsi dalla sua comoda poltrona in pelle, e arretrai, appiattendomi contro la porta dell'ufficio.

- Non posso - mormorai con voce rotta, e lui sospirò, avvicinandosi lentamente a me.

Il suo viso era vicino, troppo vicino.

Non era la persona che avrei voluto avere accanto.

Sentire accanto a me persone che non siano lui mi causava un vuoto dentro incolmabile, e il dolore tornava, travolgendomi con maggior audacia.

Forte, potente, le sue spire mi graffiavano la pelle, la nostalgia scorreva come arsenico nelle mie vene.

Perchè mi hai abbandonata, amore mio?

Le sue mani sfiorarono delicatamente le mie, sentivo il suo respiro caldo sul mio viso.

Un profumo dolce, delicato, così diverso da quello dell'unico uomo che abbia amato.

Quel tocco delicato mi turbò, la pietà che vedevo nei suoi occhi mi faceva sentire ancora più sola, abbandonata.

Jacob...

- Posso aiutarti, Isabella - sussurrò Edward, gli occhi lucidi e dispiaciuti.

Perché tutta quella gentilezza? Perché non tornava ad essere l'uomo cinico e freddo che tanto mi aveva intimorita?

Scossi il capo, tentando di sottrarre le mie mani dalle sue, ma lui me lo impedì.

- Non ho bisogno d'aiuto. Sto bene.- mormorai con gli occhi bassi, e lui si avvicinò ulteriormente, cercando di prendere il mio viso fra le mani.

Mi scostai, inorridita.

Non poteva toccarmi.

Soltanto lui mi toccava in quel modo. Non glielo avrei permesso.

- Non voglio farti del male. Vorrei soltanto che mi parlassi. Che mi dicessi...- tentò ancora una volta di sfiorare il mio viso , ma mi sottrassi, gli occhi lucidi e infuriati. Non mi avrebbe toccato.

Soltanto Jacob poteva farlo.

Sospirò, spostando lo sguardo sul mio viso inondato di lacrime - dimmi cosa ti è successo, Bella. Ti prego, io...- la sua voce si spezzò, una pallida lacrima luccicò nei suoi occhi chiari.

- Non posso. Non posso farlo. Ti prego, non posso- urlai prendendomi la testa fra le mani.

Il dolore mi stava dilaniando l'anima. Non riuscivo a respirare.

Sfilai la mia mano dalle sue e mi precipitai verso la porta, ignorando le sue suppliche sussurrate e il suo sguardo preoccupato.

Uscii nell'atrio dell'ufficio, e vidi tutti presenti girarsi nella mia direzione e osservarmi come se fossi un fenomeno da baraccone. Mi guardai intorno, ovunque scorgevo occhi curiosi, sguardi indiscreti, alcuni addirittura divertiti.

Mi sentivo un animale in gabbia, non riuscivo a respirare. La testa iniziò a girarmi, le lacrime presero a scorrere sul mio viso contro la mia volontà.

Dovevo andarmene, dovevo isolarmi dal mondo, dovevo sparire.

Nessuno avrebbe sentito la mia mancanza.

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Lunedì 12 settembre 2008, ore 17 

Afferrai la mia valigetta il mio portatile, pronta a tornare a casa.

Non avevo fretta, nessuno a casa attendeva il mio ritorno.

Ad attendermi avrei trovato soltanto quella straziante solitudine che mi affliggeva da mesi, nulla più.

Con calma indossai il pesante cappotto in Patchwork, lo sguardo basso e gli occhi lucidi. La discussione avvenuta con Edward mi aveva spossata, non avrei mai immaginato che potesse dimostrare una tale premura nei miei confronti.

E' compassione, nessuno si interesserebbe a te.

Cercai di scacciare la voce molesta che mi tormentava da giorni, sistemando con premura maniacale i miei effetti personale sulla mia scrivania.

L'ordine era un buon metodo per scacciare i pensieri furiosi del mio subconscio.

Dopo aver constatato che non c'era null'altro da sistemare, con un sospiro rassegnato mi diressi verso l'ascensore, pregando intensamente di non incontrare nessuno durante il mio tragitto.

Fortunatamente nessuno era ancora in ufficio, ero la sola che si era trattenuta più del dovuto, cercando di non pensare all'infinito oceano di dolore che avrei dovuto affrontare a casa, in quelle mura che avevano visto nascere la mia storia prima - e unica- storia d'amore.

Le porte dell'ascensore si chiusero con un rumore fastidioso e stridulo.

Rimasi immobile per attimi che sembrarono ore, pensando a quelle parole che un tempo erano state la mia unica certezza di vita.

La mia storia d'amore.

Mia, perché lui non mi ha mai amata.

Mi ha mentito, ingannata, soggiogata con il suo fascino da seduttore, con quegli occhi neri e penetranti.

Occhi che mi causavano un brivido, quando si posavano sul mio volto innamorato.

Occhi che sfioravano il mio corpo in una leggera carezza, quando facevamo l'amore.

I suoi baci, le sue mani sui miei fianchi, la sua anima a contatto con la mia.

Immersi l'uno nel corpo dell'altra, in quei momenti mi sentivo la donna più fortunata del mondo, indegna di possedere un simile cimelio.

Mio, e di nessun altra. Come io ero sua, incatenata da un amore che aveva travolto la mia vita, il mio cuore, la mia  stessa essenza di vita.

Ma lui non è qui. Lui non mi vuole.

Io non sono abbastanza, non lo sono mai stata.

E finalmente anche lui se n'era reso conto.

Caddi in ginocchio, il dolore mi colpì come una frustata, le ferite si riaprirono, letali, squarciando la mia anima in mille frammenti.

La testa fra le mani, per non pensare a ciò che avevo perso, a ciò che non avrei mai più avuto.

Io non ero abbastanza.

Iniziai a singhiozzare, arrancando in cerca d'aria.

E' colpa mia, è tutta colpa mia.

Non l'ho mai amato abbastanza, non gli ho mai detto che lui era tutta la mia vita, non ho mai fatto nulla per essere alla sua altezza.

La testa iniziò a girare vorticosamente, un gemito di disperazione risuonò nell'abitacolo dell'ascensore,

Mi presi i capelli fra le mani, tirandoli con forza.

Il dolore fisico era l'unico elemento che riusciva a lenire la sofferenza che sentivo dentro.

Ansimai, mentre un singhiozzo isterico mi sfuggì dalle labbra, seguito da un altro e un altro ancora, finché non sentii la porta dell'ascensore spalancarsi all'improvviso.

Un grido lacerò l'aria, e poi fu il nulla. 

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Lunedì 12   settembre 2008, sera

Mi svegliai con una strana sensazione di calore sulla pelle.

Calore, ciò che da tempo non riuscivo più a sentire.

Nel cuore e nell'anima.

Mi stropicciai gli occhi, mentre la familiare fitta allo stomaco mi invadeva la mente, sintomo di un disagio fisico che da mesi mi opprimeva.

Avevo perso la voglia di vivere. E con essa, il desiderio di prendermi cura del mio corpo.

Due mani calde e delicate mi sfiorarono la fronte in una carezza leggera.

Aprii gli occhi, scontrandomi con un viso familiare, ma che in quel momento non mi era di alcun conforto.

- Che cosa ci fai qui?- chiesi, la mia voce era spenta, non riuscivo a provare alcuna emozione. Edward sospirò, distogliendo lo sguardo.

- Mi ero preoccupato, sei svenuta all'improvviso -

- Perché non mi lasci in pace? Cosa vuoi da me?-

- Voglio solo proteggerti. Voglio che tu torni a vivere- abbassò la voce, mentre la sua mano si posava sul mio viso, obbligandomi ad incrociare i suoi occhi tormentati.

- E' la compassione che ti spinge a fare ciò?- sibilai disgustata - io sto bene. Non ho bisogno di te-

Il silenzio si cristallizzò fra noi, finché le sue parole non m dilaniarono l'anima.

- Non è vero, tu non stai bene, Bella- mi interruppe lui deciso, e sentii i miei occhi riempirsi di lacrime - tu soffri, ti stai distruggendo per amore- continuò, osservando la mia bocca spalancarsi in cerca d'aria. Mi prese il viso fra le mani con forza, quasi con prepotenza, costringendomi a guardare il suo viso - sono mesi che non dormi, che non mangi, che non esci di casa. Sono mesi che non vivi, e io non posso accettare questa situazione - sputò quelle parole con rabbia, e io spalancai gli occhi, incredula.

- Come...come fai a...-

- Come faccio a saperlo?- sibilò, e il suo sguardo bruciò nel mio come lava ardente - credevi che potessi lasciarti a te stessa, dopo ciò che ho visto quel giorno? Credevi che, dopo aver visto i tuoi occhi dilaniati dal dolore potessi dimenticarmi di te??- gridò, la sua stretta divenne dolorosa, sofferente.

Come i suoi occhi, che sembravano penetrare a fondo la mia anima, addentrarsi nelle infinite piaghe di sofferenza del mio cuore corrotto.

- No, Isabella, non avrei potuto farlo. Perché ciò che ho sentito quel giorno, mentre ti vedevo svenire fra le mie braccia, è un dolore talmente forte che non lo augurerei a nessuno, neanche al mio peggior nemico - prese fiato, sembrava esausto dal suo discorso pieno di sentimento. Avvicinò il suo viso al mio, fino a poggiare la sua fronte sulla mia guancia. Sentivo il suo fiato caldo sul collo, ero confusa, non riuscivo a credere alle sue parole.

- ti sono sempre stato accanto, ma tu non te ne sei mai resa conto. Mai, nemmeno quando passavo le notti fuori dalla porta di casa tua, supplicandoti di lasciarmi entrare. E sentivo le tue urla,  i tuoi pianti disperati, e mi sembrava di morire. Ma il tuo dolore... è come se lo avessi percepito anch'io, come se fra me e te ci fosse una connessione che ci spinge l'uno nelle braccia dell'altra- sospirò, prendendo le mie mani fra le sue e baciandole con devozione - tu credi nel destino?- 

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 In questa storia, le date sono fondamentali per comprendere la trama della fic, che subirà numerosissimi sbalzi temporali. Il prossimo capitolo sarà il penultimo, e si chiariranno molte cose che in quest'ultimo capitolo sono state tralasciate o appena accennate. Vorrei ringraziare tutte le lettrici che hanno recensito il primo capitolo della storia, e chi l'ha inserita fra le preferite/seguite/da ricordare.

Questa fic è molto importante per me, perchè mi riguarda direttamente, in quanto in questi mesi sono stata vicina ad una presona che si è completamente annullata per amore, e che ancora non riesce ad uscire dal baratro. Credo che l'indifferenza sia uno dei mali peggiori del mondo, e sono feicissima che le lettrici condividano con me quest'esperienza che , anche se indirettamente, mi ha segnata nel profondo.

La prima fase della depressione da abbandono è l'accettazione del dolore, l'elaborazione della sofferenza, la presa di coscenza.

In pratica, l'ammettere di avere un problema. Questo è ciò che Bella non ha ancora fatto.

Questa storia è molto introspettiva, c'è poca azione, per cui capisco se i lettori si possano sentire annoiati da una simile lettura, e non posso fare altro che scusarmi con chi mi segue, nel caso troviate la narrazione particolarmete prolissa.

La fic ha un tema centrle che è difficle da descrivere in tutte le sue sfaccettature: il dolore, la perdita. Per questo motivo mi sono trovata molto in difficoltà nello scrivere questo capitolo, ma spero che apprezziate comunque.

Non ho altro da dire, come ho già accennato prima, dubbi e misteri verranno svelati nel prossimo capitolo. Non posso rispondere alle recensioni, ma ringrazio di cuore chi mi a lasciato un parere , è la prima volta che scrivo una fic di qesto genere e i vostri commenti mi hanno davvero aiutata e incoraggiata a continuare.

Entro domani inserirò le risposte alle recensioni. Un bacio, elisa

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Capitolo 3
*** LE BRECCE DEL PASSATO ***


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"I giorni dell'abbandono"
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capitolo 3
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Capitolo betato da Yara89
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Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephenie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopro di lucro.
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Ci sono persone convinte di non meritare l'amore. Loro si allontanano in silenzio dentro spazi vuoti, cercando di chiudere le brecce al passato.
 (C. J. McCandless)
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Dalla sera in cui mi risvegliai fra le braccia di Edward, cullata dal torpore del suo corpo stretto al mio, passarono giorni, settimane, e infine mesi.

Mesi in cui la mia vita era divenuta un immenso oceano di dolore, da cui era impossibile riemergere.

Pensai spesso alla sua domanda, alla quale non avevo mai saputo dare una risposta.

Tu credi nel destino?

Il destino... il ricongiungimento di due anime nate per unirsi, per condividere gioie e dolori, per soffrire insieme, per vivere una vita in cui l'uno non può fare a meno dell'altra...

La sofferenza per la perdita di Jacob era stata sostituita dalla rassegnazione all'idea che non avrei mai più potuto stringerlo fra le mie braccia, cullata dal suo profumo di uomo, dalla musicalità della sua voce, dal calore della sua pelle.

Ma, in quei mesi, non fui lasciata in balia di me stessa.

Edward si era preso cura di me con devozione, come se fosse un miracolo sceso dal cielo aveva lenito il mio dolore, placato la mia sofferenza, alleviato la mia solitudine.

Il ricordo di Jacob persisteva, ma giorno dopo giorno, accudita dall'unica persona che mi era stata accanto in quel periodo buio, diveniva sempre più labile, etereo, sfuggente come le ali di una farfalla.

Passarono i mesi, scanditi dall'elaborazione del dolore,dalla presa di coscienza, e Edward divenne sempre più una certezza nella mia vita, insinuandosi nella mia anima e nel mio cuore.

Si prendeva cura di me, mi ascoltava, mi distraeva nei momenti di crisi, passava tutte le sue giornate in mia compagnia, trascurando i suoi doveri lavorativi, le sue amicizie e i suoi hobbies, e persino sua moglie.

La notte mi addormentavo cullata dalla ninnananna che aveva composto per me, e la mattina mi svegliavo avvolta dalle sue braccia calde e confortanti.

Condividevo con lui il dolore per la perdita, le gioie e le sofferenze, le passioni, i desideri, ogni mio più piccolo, insignificante pensiero.

Stava sempre con me, non mi lasciava mai sola, accontentava qualsiasi mio capriccio.

Mi portava spesso a cena fuori, al cinema o in biblioteca, ogni giorno tornava dal lavoro con un presente, dai gesti più semplici, come una rosa, a quelli più costosi, incurante delle mie proteste e del mio malcelato imbarazzo.

Al lavoro non ero più tornata, Edward insisteva sul fatto che dovessi prendermi un periodo di pausa, per staccare dal mondo e ritrovare me stessa.

E lungo quel cammino, ci sarebbe stato lui al mio fianco.

Si poteva dire che vivevamo in simbiosi, Edward pendeva letteralmente dalle mie labbra, ogni mio desiderio era un ordine.

Non gli importava che la gente sparlasse alle nostre spalle, che dicesse che eravamo amanti, che ci accusasse di essere concubini.

Ero diventata il suo pensiero fisso, la sua unica ragione di vita.

In sua compagnia stavo bene, sentivo che fra noi c'era qualcosa che andava oltre la semplice amicizia, qualcosa di più profondo mi legava a lui.

Era la gratitudine.

Una gratitudine scaturita dallo struggente desiderio di non essere di nuovo abbandonata, di avere al mio fianco qualcuno che si prendesse cura di me, che mi donasse quel calore di cui sentivo tanto la mancanza.

Edward era in grado di farmi ridere, di farmi percepire calore, di darmi la forza necessaria per tornare a vivere.

Giorno dopo giorno notavo che qualcosa, nel nostro rapporto, stava cambiando.

Lo vedevo nei suoi occhi luminosi quando si soffermavano sul mio sorriso, nello sguardo pieno di vita che mi regalava quando mi svegliavo fra le sue braccia, nella dolcezza delle parole che mi sussurrava per farmi addormentare.

Edward si stava innamorando di me.

La malizia era completamente assente nel nostro rapporto. Non aveva mai osato nemmeno sfiorarmi con un dito, eppure sentivo che il suo cuore e la sua anima erano pieni di me, del mio profumo, della mia voce, persino del mio dolore.

Perché lui condivideva anche quello.

Quando i ricordi ripiombavano nella mia vita mi stava accanto, leniva le mie ferite con la sua dolcezza, acuiva il mio tormento con parole sussurrate e cariche di conforto.

E Jacob... il suo ricordo lasciava spazio alle premure di Edward, alla sua costante presenza nella mia vita, all'amore che mi donava ogni giorno.

Sapevo con certezza di non amarlo, il mio cuore apparteneva ancora all'uomo che, molti mesi prima, mi aveva crudelmente abbandonata, ma Edward era diventato la mia ancora di salvezza, il mio anestetico contro il dolore, la mia unica ragione di vita.

L'unico problema che persisteva nel nostro rapporto, che io mi ostinavo ancora a considerare una semplice amicizia, era sua moglie.

Rosalie Hale in Cullen era una donna bellissima, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, un fisico da modella e l'animo più dolce che fosse mai esistito.

L'avevo incontrata solo una volta, in ufficio, quando era andata a trovare suo marito per portargli il pranzo.

Perché lei amava Edward, lo amava con tutta sé stessa, lo amava come non avrebbe mai amato nessun altro uomo.

Lo avevo capito dai suoi occhi innamorati, dallo sguardo dolce che rivolgeva al marito, dal modo in cui si prendeva cura di lui.

Ma Edward la trascurava , per potersi prendere cura di me, finché non venni a sapere la verità.

Il senso di colpa mi dilaniava ogni giorno, ma a nulla erano valse le suppliche con cui lo imploravo di dedicare maggiori attenzioni alla donna che aveva sposato, di tornare da lei, di chiarire la loro situazione.

Di riprendere in mano le redini della sua vita.

Ogni volta che affrontavo l'argomento lo vedevo incupirsi, il suo sguardo diveniva torrido, malinconico, puro panico gli illuminava le iridi smeraldo.

Mi accusava di non volerlo, di star cercando di cacciarlo via, di allontanarlo da me.

Mi ripeteva che con sua moglie le cose non andavano bene da molto tempo, che il loro rapporto si era raffreddato da anni, che non era colpa mia ciò che stava succedendo.

Ma io sapevo che erano tutte menzogne.

La colpa era mia, soltanto mia. Ero io la causa della crisi del loro matrimonio, ogni giorno ne avevo la prova, quando vedevo gli occhi innamorati di Edward fissi sul mio volto.

Ma in un giorno lontano, il nostro mondo venne capovolto, e le incertezze divennero le mie uniche compagne di vita. 

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Venerdì 13 marzo 2009

Quella mattina mi svegliai nel mio letto caldo, ma avvertivo una strana sensazione di vuoto dentro.

Aprii gli occhi, girandomi dal lato del letto in cui era solito dormire Edward, ma non avvertii la sua presenza. Mi alzai agitata, avevo bisogno di vederlo, ricordi dolorosi riaffiorarono alla mente, senza la sua presenza lenitiva.

Ero diventata dipendente da Edward, dall'effetto benefico che operava sul mio cuore ferito, sulla mia vita distrutta.

Ma lui non era in casa. Se n'era andato, esattamente come Jacob...

Mi accasciai a terra, la testa fra le mani, la sofferenza stava riaffiorando ad una velocità sconvolgente.

Passarono ore o giorni, non mi resi conto del lento trascorrere del tempo, finché non sentii la serratura della porta scattare, e una voce ansiosa e preoccupata mi giunse alle orecchie.

- Bella?- quando sentii le pieghe musicali del suo tono iniziai a tranquillizzarmi, il respiro divenne meno accelerato, il battito del cuore più regolare.

Sentii due braccia forti e calde alzarmi dal pavimento, e istintivamente mi aggrappai alle spalle di Edward, sfregando il naso sul suo collo.

Un singhiozzo disperato mi uscì dalle labbra.

- E' tutto finito, non sei sola - sussurrò, accarezzandomi i capelli e facendomi sdraiare sul letto. Mi ripeteva spesso quelle parole, come per confortare il mio animo insicuro, lenire la mia sofferenza.

Ed era la verità, io non ero più sola. C'era Edward, adesso,accanto a me.

Singhiozzai ancora, e le sue labbra si posarono sulla mia fronte.

Arrossii per quel gesto intimo ma abituale, che era il massimo contatto in cui ci eravamo spinti in quei lunghi mesi.

- Non sei sola, piccola mia- ripeté Edward con voce carica d'emozione, e io sospirai.

Strinsi le braccia al suo collo, e lentamente iniziai a calmarmi, cullata dalla dolcezza del suo abbraccio.

Dopo alcuni minuti, che a me sembrarono ore, sentii la voce di Edward giungermi alle orecchie , diversa dal solito, più viva, quasi felice.

- Ho una notizia da darti- sussurrò sul mio collo, e io annuii.

- Dimmi- soffiai con voce roca, e lui sospirò.

- Mi dispiace di averti lasciata sola questa mattina, non volevo farlo, ma sono stato costretto-

Feci per interromperlo, ma lui posò un dito sulla mia bocca, e una scarica elettrica mi invase a quel contatto.

- Fammi finire. Sono dovuto andare in ufficio, a parlare con il mio avvocato- prese fiato, sembrava intimorito, ma anche stranamente eccitato - Ho appena divorziato da Rosalie-

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Quella notizia mi lasciò sconvolta. Non potevo credere a ciò che Edward aveva fatto. Aveva spezzato il cuore di Rosalie, per colpa mia??

Il senso di colpa si mescolò a una folle e insensata paura... avevo il terrore che Edward avesse frainteso il mio bisogno di lui per qualcosa di più impegnativo, per un sentimento che andava oltre la semplice amicizia. Io gli volevo bene, la sua presenza mi era diventata necessaria come l'aria, avevo bisogno di lui... ma non in quel senso.

Non come una donna ama un uomo.

Sentivo che ciò che lui provava per me era un sentimento forte, intenso, ma mai, nemmeno nelle utopie più lontane, avevo pensato di poter ricambiare il suo amore. Edward era un uomo fantastico, sotto la sua impenetrabile corazza di freddezza e alterigia nascondeva un animo buono e altruista, ma il mio cuore era stato irrimediabilmente infranto dal fantasma di un amore non ricambiato, e non avrei mai più potuto amare nessuno che non fosse Jacob.

E se lui avesse preteso che ricambiassi i suoi sentimenti?

Non mi aveva mai apertamente confessato ciò che provava per me, e non lo fece nemmeno quel giorno.

Quando gli chiesi il motivo per cui aveva abbandonato sua moglie mi disse che io non centravo nulla, che la colpa era sua, che il rapporto fra lui e Rosalie era in rovina già da prima che arrivassi io.

Aveva paura di dirmi la verità, perché sapeva che soffrivo ancora per Jacob, che la notte, mentre ero stretta fra le sue braccia calde, sognavo di avere un altro uomo accanto a me.

Non si era mai lamentato, sapeva che avevo bisogno di tempo, che il dolore era ancora troppo radicato, in me, ma aveva deciso di concedermelo, di starmi accanto, sempre e comunque.

E lo avrei ringraziato in eterno per la sua pazienza, per l'amore con cui si prendeva cura di me, ma... non avrei mai potuto amarlo come lui meritava.

Mai.

Quel giorno discutemmo a lungo: io volevo che tornasse dalla moglie, nonostante avessi il terrore di restare di nuovo sola, e lui insisteva nel dire che ormai la sua storia con Rosalie era finita, che non la amava più da tempo, e che forse non l'aveva mai amata.

Non seppi mai come Rose prese la notizia, se fosse arrabbiata con me, se mi giudicasse una rovina famiglie.

Dopo quella discussione, in cui Edward ebbe la meglio, circuendomi con le sue infinite giustificazioni e con la rassicurazione che io non centravo nulla con la fine del suo matrimonio, nessuno dei due accennò più la faccenda.

Ma da quel giorno... da quel giorno qualcosa cambiò, e nulla sarebbe mai più tornato come prima. 

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Mercoledì 14 luglio 2009, sera

Quel giorno io e Edward eravamo usciti a cena fuori, aveva deciso di portarmi in un ristorante a pochi chilometri dalla Casa Bianca, nonostante avesse percepito il mio disagio nel frequentare luoghi così esclusivi.

La sua ricchezza mi faceva sentire inferiore, inadatta a lui e alle sue aspettative, ma ogni volta che guardavo i suoi occhi innamorati il senso di insoddisfazione svaniva nel nulla, inghiottito dalla forza dei sentimenti che mi legavano a lui.

Erano passati quattro mesi da quando Edward aveva messo la parola fine al suo matrimonio.

Quattro mesi in cui si era completamente annullato per me.

Ormai vivevamo insieme, dormivamo insieme, eravamo due tasselli di un puzzle, creati per unire le nostre anime.

Spesso le sue premure nei miei confronti mi lusingavano, ma la confusione aveva preso possesso della mia vita.

La presenza di Edward mi rendeva sempre più euforica, felice, sentivo che con lui potevo condividere qualunque pensiero, dai più insignificanti a quelli più intimi.

Si prendeva cura di me con una solerzia che mi lasciava sbalordita, l'amore che mi donava ogni giorno era completamente disinteressato, da me non pretendeva nulla in cambio, soltanto la mia compagnia.

Ed io iniziavo a sospettare che nel mio animo stesse nascendo qualcosa di più forte di una semplice amicizia nei suoi confronti...

- Ti piace il locale?- chiese la voce di Edward, interrompendo il flusso dei miei pensieri.

Annuii, prendendo un altro boccone di cremè bruleè - Il cibo è ottimo- sospirai, e i suoi occhi si illuminarono. Era sempre così, fra noi. Quando io ero felice, lo era anche lui. Il ristorante era molto ampio e arioso, imponenti drappi circondavano il suo perimetro e un immensa vetrata si stagliava alla nostra destra, ornata con delle lussuose tende rosso fuoco.

Quando mostravo entusiasmo per una sua iniziativa o un suo regalo, la felicità che scorgevo nel suo volto valeva più di mille parole.

Prese la mia mano fra le sue, gli occhi luminosi e scintillanti come pietre preziose, e iniziò a giocare con le mie dita, causandomi un rossore improvviso sulle guancie.

- Sono contento- sussurrò - credevo che tutto questo sfarzo ti mettesse a disagio...- mi scrutò intensamente, come a volermi leggere l'anima, e io abbassai il capo, per poi rialzarlo e guardarlo negli occhi con decisione.

- No, hai fatto bene a portarmi qui- pigolai stringendo con forza la sua mano, e lui sorrise - avevo bisogno di uscire, oggi ero un po' giù di morale-

I suoi occhi si incupirono, sapevo cosa stava pensando, perché erano gli stessi pensieri che tormentavano anche me.

Perché, per quanto mi illudessi di aver superato la crisi, di aver elaborato il dolore e di essere andata oltre, Jacob spesso mi tornava in mente, e il dolore ripiombava nella mia vita, più forte e irreversibile di prima.

Guardò il mio volto con espressione accigliata, accarezzando il dorso della mia mano e posandovi un bacio delicato che mi fece avvampare.

- Mi dispiace- sussurrò soave, incrociando il mio sguardo intimorito - ma ti prometto che passerà. Lo dimenticherai, Bella. Ci sarò io con te-

Annuii, e io miei occhi divennero lucidi. Il silenzio si protrasse fra noi per alcuni minuti, in cui Edward assunse un espressione particolarmente pensierosa, e infine sospirò, ricominciando a parlare.

- Questa sera ti ho portato qui per un motivo particolare- iniziò, e io lo guardai, incuriosita.

Deglutii, quando sentii la sua mano stringere con forza la mia.

- Vedi...volevo farlo in maniera diversa, volevo concederti più tempo, ma è da mesi che un pensiero incessante mi tormenta, e ho deciso che non posso più aspettare-

Impallidii quando lo sentii alzarsi dalla sedia e avvicinarsi a me.

Mi prese per mano, aiutandomi ad alzarmi, e mi condusse nel piccolo giardino adiacente al ristornate, invitandomi a sedermi su una panchina.

Poggiò le mani sulle mie spalle, inginocchiandosi di fronte a me, e mi lanciò uno sguardo talmente intenso da farmi tremare il cuore.

Ciò che temevo da tempo stava succedendo, e io non potevo far nulla, se non restare immobile, spiazzata dal vortice di sentimenti che m'invadevano mente e anima.

- Bella, sono mesi che ti sto accanto, che mi prendo cura di te, che cerco di aiutarti a riprendere in mano la tua vita. E non voglio nulla in cambio, credimi, ma mi sono reso conto che il tuo affetto non mi basta più-

Feci per interromperlo ma lui, posando un dito sulle mie labbra, mi impedì di parlare, lanciandomi uno sguardo che mi intimorì, per la forza dei sentimenti che leggevo nei suoi occhi.

- So anche che non mi ami, che il tuo cuore appartiene ad un altro, ma credimi- sussurrò, prendendo le mie mani fra le sue, e baciandomi i polsi e i palmi con devozione - io non pretendo nulla di tutto ciò. Vorrei solo starti accanto, sarò essere paziente,aspetterò che tu lo dimentichi, che mi possa donare il tuo amore- prese fiato, l'emozione era percepibile dagli occhi lucidi e dalla voce incrinata - ma io ti amo, ti ho sempre amata, e solo ora me ne rendo conto. Dal primo giorno che ti vidi, ho provato una forte insofferenza nei tuoi confronti, ma soltanto perché la verità era che mi sentivo attratto da te, come se le nostre anime fossero nate per unirsi- mi prese il viso fra le mani, baciandomi teneramente la punta del naso. E io non mi sottrassi, una nuova consapevolezza si stava facendo strada in me. - Ti prego, Bella, permettimi di starti accanto, di amarti come meriti, di venerare ogni più piccolo particolare di te- mi baciò le palpebre , le guancie, per poi posare le sue labbra all'angolo della mia bocca. Respirò il mio profumo come un disperato che si attacca alla sua unica ragione di vita, e si staccò leggermente da me, per osservare il mio sguardo lucido e impaurito. - Ti farò innamorare di me, Isabella Swan, come io lo sono follemente di te. Sposami, amore mio. - quelle parole risuonarono nella mia mente, rimbombandomi nel cervello, penetrando il mio cuore e la mia anima.

Possibile che mi amasse a tal punto? Chiedere la mia mano, nonostante sapesse che soffrivo ancora per un altro uomo? Lui aveva abbandonato la moglie per me, aveva rinunciato alla sua vita, ai suoi amici, alla sua reputazione, vittima di un folle sentimento che non potrà mai essere ricambiato.

Ma io potevo amarlo? Potevo dimenticare Jacob e donare il mio cuore a Edward? Lui non mi avrebbe mai fatto del male, era diventato l'unica certezza nella mia vita, ed ero sicura che non mi avrebbe mai lasciata sola.

Ma se gli avessi detto di no? Se avessi rifiutato la sua offerta, se ne sarebbe andato, lasciandomi in balia del mio dolore e della mia sofferenza?

Attaccata ad un uomo che ormai era divenuto un pallido ricordo nella mia vita, ad un sogno d'amore che si era frantumato mesi fa, ad una percezione utopica di Jacob Black, all'ostinarmi nel ritenerlo l'uomo che mi avrebbe resa per sempre felice.

No, non avrei tollerato di rimanere sola con la mia sofferenza, e sapevo che Edward  si sarebbe preso cura di me, sempre e comunque, e che mi avrebbe donato un amore disinteressato e senza pretese.

Un amore di cui io non riuscivo più a fare a meno.

Avrei potuto amarlo, lo avrei amato, e forse, inconsciamente, avevo già iniziato a nutrire, nei suoi confronti, qualcosa di più profondo della semplice gratitudine.

Strinsi le sue mani fra le mie, appoggiando il capo sulla sua fronte.

- Si, Edward - sussurrai con le lacrime agli occhi. Lacrime di felicità. - Ti voglio sposare-

Mi prese il viso fra le mani, e la felicità che scorsi nei suoi occhi era talmente acuta da costringermi ad abbassare lo sguardo.

- Grazie- soffiò sul mio viso, e il suo odore mi inebriò, compromettendo la mia lucidità - Grazie, Bella. Mi prenderò cura di te, non ti abbandonerò. Lo giuro sulla mia stessa vita, Isabella Swan. Per sempre-

Per la prima volta, posò le labbra sulle mie, baciandomi con devozione e con una delicatezza struggenti.

E in quel momento, in quel momento iniziai ad amarlo, nonostante il mio cuore e la mia anima fossero ancora distrutti dal dolore per l'abbandono di colui che pensavo sarebbe stato il mio unico e eterno amore.

Ma Jacob Black era il passato, il mio futuro adesso era legato indissolubilmente a quello di Edward Cullen.

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Questo capitolo spiega molte cose, ma nel prossimo, che sarà l'ultimo ( seguito, poi, da un prologo finale), se ne spiegheranno molte altre. Lo scorso capitolo non è piaciuto molto, forse era un po' troppo confuso, ma spero che quest'ultimo vi sia piaciuto!!! Ringrazio ancora le persone che recensiscono la mia storia, chi l'ha inserita fra le seguite/preferite/da ricordare, e chi legge soltanto.

Un bacio, elisa

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RISPOSTE ALLE RECENSIONI

BO 19 Ciao, sono molto contenta che la mia idea di scrivere una fic incentrata su questo tema ti sia piaciuta. Bè, io sono convinta che le persone , dentro di sè, nascondano molto più di ciò che mostrano agli occhi del mondo, e Edward è una di queste. Può sembrare freddo e rigido, ma la realtà è che ha paura di mostrare ciò che è davvero, perchè sa' che la vita e dura , e che il mondo è popolato da scuali: non c'è spazio per il perbensirmo, oper i sentimentalismi e paer gli atti di carità. L'incontro con Isabella lo ha profondamente cambiato, e il suo amore è nato dalla condivisione del dolore che la ragazza prova in seguito all'abbandono di Jacob. Un bacio, egrazie per aver recensito, elisa

VALE1979 Ciao, sono content ache il primo capitolo ti sia piaciuto. Spero che anche questo sia stato di tuo gradimento. Un bacio, elisa

ELLY4EVER ciao, sono molto contenta che il capitolo ti sia piaciuto e che ti abbia trasmesso le stesse sensazioni che prova la protagonista. Spero che con questo capitolo non abbia deluso le tue aspettative. un bacio, elisa

VITTORIAKF Ciao, sono contentissima di trovarti anche qui!!!Le tue recensioni mi hanno sempre fatto piacere!! Non preoccuparti, io ho il vizio che quando inizio una cosa la devo finire a tutti i costi, per cui anche questa fic avrà il suo seguito!!! Hihihihi!! Un bacio, e garzie per aver recensito, elisa

NIK81 Ciao, sono molto contenta che le mie storie ti piacciono. Per quanto riguarda la duchessa ti do pienamente ragione, ma io , in quel frangente, mi limito a descrivere un fatto storico realmente accaduto ( certo, la mia fic si distacca dalla storia reale, ma las ostanza è sempre quella). Un bacio, e grazie per aver recensito, eli

SANDY69 Ciao Miki!! Come stai?? E' un po' che non ti sento!!! Hihihihi, non preoccuparti, tutti hanno i loro impegni!! Eh già, molte persone soffrono per amore, e io , coon la mia fic, voglio solo dimostrare che la vita continua, nonostante il dolore, nonostante la rabbia, nonostante le mille difficoltà, la vita va avanti, e bisogna trovare la forza di rialzarsi. Un bacio, elisa

NICOSIA ciao, sono contenta che la storia e i personaggi ti abbiano interessata. Spero che gli ultimi capitoli ti siano piaciuti. Un bacio, elisa

ALYSSA Ciao, sono molto contenta che la mia storia ti abbia incuriosita. Bè, in questo capitolo si sono capite molte cose dei personaggi, ma nel prossimo risponderò a tutte le votre domande!! Un bacio,e grazie per aver recensito, elisa

VALLI Ciao, sono contenta che la fic ti abbia incuriosita. Bè, Edward nasconde molti segreti, che nel prossimo capilo saranno spiegati!! un bacio, elisa

ARTEMIDE88 Ciao, che bello trovarti anche qui!!! Hihihihihi!!! Bè, credo di aver risposto alla tua domanda, no?? Edward si è rivelato tutto il contrario di ciò che ci aspettavamo!!! Un bacio,e grazie per aver recensito, elisa

BABY2080 Ciao, sono contenta che la fic ti piaccia!!! Spero che con questo capitolo non abbia deluso le tue aspettative!!!Un bacio, eli

ED4E Ciao cara, sono dvvero felicissima che anche questa fic ti piaccia, è sempre un piacere leggere le tue recensioni. Mi dispiace molto che anche tu abbia sofferto per amore, è una cosa che credo capiti a tutti nella vita, e mi trovo perfettamente daccordo con te: a volte è difficle superare una delusione d'amore, ma bisogna trovare la forza di andare avanti, ed è Edward, in questa storia, che aiuta bella a ricominciare a vivere. Un bacio, eli

MAMY Ciao, eh giò, la loro è proprio una situazione incasinata!!! ma tutto si sistemerà!!Sono contenta che la fic ti abbia incuriosita...un bacio, eli

NIK81 Ciao, scusa se vi ho fatto aspettare, ma come vedi, ho rimediato subito!!!Hihiihihihi!!! Spero che in questo capitolo sia riuscita a chiarire i tuoi dubbi!!! Un bacio,eli

 

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Capitolo 4
*** PAROLE D'AMORE ***


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"I giorni dell'abbandono"
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capitolo 3
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Capitolo betato da Yara89
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Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephenie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopro di lucro.
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Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore  vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti


che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Pablo Neruda

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Attraversai la grande navata della cappella con un sorriso estatico in volto; i miei passi erano lenti e cadenzati, gli occhi lucenti e le guance rosse. L'abito di organza bianca mi fasciava il corpo dalle curve poco pronunciate, il corpetto di seta evidenziava la  modesta scollatura dei miei seni.  Osservai i volti sorridenti degli ospiti, che guardavano il mio viso solcato da lacrime invisibili con curiosità. Mi sentivo a disagio, la maggior parte dei presenti erano amici di Edward, non conoscevo nessuno oltre mia madre e mio padre, che mi erano stati accanto per i preparativi del matrimonio. La famiglia di Edward, invece, aveva dichiarato di non voler presenziare al nostro matrimonio...e quel pensiero mi metteva tristezza.

 La madre di Edward, Esme Cullen, non aveva approvato la sua separazione da Rosalie Hale, e sosteneva che io non ero la donna adatta a suo figlio. Anche il resto dei suoi cari non volevano accettare la nostra unione, e avevano fatto di tutto per dissuadere Edward dallo sposarmi. Eppure, ancora una volta Edward aveva dimostrato la forza del suo amore per me, rinunciando a una parte importantissima della sua vita: la sua famiglia. Aveva deciso di interrompere i rapporti con loro finchè non mi avessero accettata e, a sua detta, apprezzata come meritavo, e di conseguenza i suoi genitori, troppo orgogliosi per sottostare alle decisioni del figlio maggiore, avevano declinato l'invito al nostro matrimonio. Mi ero sentita  in colpa per aver allontanato Edward dai suoi cari, e spesso avevo provato, inutilmente, a indurlo a riavvicinarsi a loro.

Ma lui era stato irremovibile: non avrebbe rinunciato a me per un loro capriccio. Spesso temevo che Edward fosse infelice, che si fosse pentito di aver rinunciato alla sua splendida sua moglie, ai suoi amici, alla sua famiglia ma ora, osservando il suo sorriso estatico e i suoi occhi luminosi, non scorgevo alcun ripensamento nei suoi lineamenti perfetti. Edward mi attendeva di fronte al pulpito della cappella, lo sguardo fisso sul mio volto, l'abito nero fasciava il suo corpo scultoreo sensualmente, i capelli corti e scompigliati, gli occhi luccicanti di felicità. Quando lo raggiunsi il battito del mio cuore accelerò. In quel momento, mentre le note delicate della  marcia nuziale salivano dall'imponente pianoforte situato al centro della chiesa, ero felice. Avevo un uomo che mi amava alla follia, che avrebbe fatto di tutto per me , che aveva accettato di sposarmi sapendo che il mio cuore sanguinava ancora per un altro.

E, in questi lunghi mesi, avevo imparato ad amare Edward, ad essergli riconoscente per tutto il bene che ha portato nella mia vita, ed ero riuscita, giorno dopo giorno, ad abbandonare il pallido ricordo di un amore che avevo scoperto essere fasullo, debole e volubile. Avevo spesso pensato a Jacob in quei mesi lontani, alla nostra relazione, al sentimento che mi legava a lui, e avevo paragonato il mio primo amore a ciò che mi legava a Edward.L'amore per Jacob era nato come un turbine impetuoso, scoppiato nel mio animo come un fuoco immortale; violento, improvviso mi aveva travolta, riducendo a brandelli la mia anima, e si era logorato giorno dopo giorno per  poi cessare di esistere. L'amore per Edward era nato lentamente, era sbocciato come una rosa preziosa in un giardino fertile, era un sentimento ancor più forte e duraturo, perchè il mio cuore aveva avuto il tempo di abituarsi alla sua intrusione.

Ciò che mi legava all'uomo che mi aveva salvata dal baratro della disperazione era una gratitudine sconfinata, la condivisione del dolore che mi aveva trascinata in un vortice di sofferenza da cui non sarei mai riuscita ad emergere, se non mi avesse aiutata lui. Il mio amore per Edward era disinteressato e sincero, perchè lui si era donato a me con tutto stesso, mi aveva affidato il suo cuore e la sua anima, mi aveva amata come mai nessuno era stato in grado di fare. E quando tese la mano destra verso di me, gli occhi luccicanti di una felicità acuta, quasi irreale, capii che Edward Cullen era davvero l'uomo con cui avrei condiviso gioie e dolori, nel bene e nel male, in salute e in malattia, per il resto dell'eternità.

 

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- Sei felice?- mi sussurrò Edward, baciandomi con delicatezza i capelli.

Sorrisi, aggrappandomi al suo collo, e lui mi sollevò, prendendomi fra le sue braccia e varcando la porta del nostro appartamento.

- Non immagini quanto- risposi, e vidi i suoi occhi illuminarsi.

Risi, senza alcun motivo, semplicemente volevo assaporare a pieno la felicità che aveva avvolto la mia vita, sentendomi leggera e libera da qualsiasi pensiero che non fosse Edward. Questa sarebbe stata la nostra prima notte di nozze, la prima notte in cui io e Edward saremmo stati finalmente marito e moglie, in cui ci saremmo appartenuti, nel corpo e nell'anima. Edward mi trascinò nella nostra camera, che avevo arredato personalmente dopo le innumerevoli suppliche con cui mi aveva pregato di rimodernare la sua casa e liberarla dai ricordi del suo precedente matrimonio. All'inizio avevo protestato, Rosalie era stata una parte importante della sua vita, non era giusto che seppellisse la loro vita passata per colpa mia, ma poi mi ero lasciata traviare dai suoi occhi innamorati e dall'espressione seria con cui mi aveva giurato che la felicità che provava nel rendermi sua moglie sarebbe stata offuscata dal ricordo della sua vecchia vita.

- Io vado a farmi una doccia...- sussurrò Edward con voce tremante, dopo avermi posata delicatamente sul letto a baldacchino che occupava buona parte della camera. Lo guardai, confusa, e lui mi restituì uno sguardo penetrante, gli occhi luminosi fissi sul mio viso . Si voltò, dirigendosi in bagno ma io, con uno scatto secco mi alzai, raggiungendolo e posando le mani sulle sue spalle.

Lo sentii tremare a quel contatto, come se il mio tocco lo mandasse in confusione.

- Edward...- sussurrai con voce ansiosa, e lui si voltò. Ciò che vidi nel suo sguardo mi travolse come un mare in tempesta. I suoi occhi bruciavano nei miei, vi scorgevo dentro una passione infinita che mi fece tremare le gambe. L'amore che intravedevo nel suo sguardo era qualcosa di indescrivibile; la devozione con cui guardava il mio volto segnato dal dolore era qualcosa di reale, tangibile e al tempo stesso etereo come le ali di una farfalla.

Mi prese il viso fra le mani, la sua pelle bruciava al contatto con la mia, sentivo il suo respiro sulla punta della lingua. Sensuale, eccitante, preludio del momento in cui i nostri corpi si sarebbero uniti in una danza passionale che sarebbe stata per sempre impressa a fuoco nei nostri ricordi.

Le sue dita accarezzarono con docezza il profilo delle mie guance, che si infuocarono al loro passaggio.

Chiusi gli occhi, e sentii il nostro respiro accelerare, unico testimone dell'eccitazione che permeava l'aria, già satura di tensione.

Le sue labbra si posarono sull'angolo della mia bocca, per poi risalire con dolcezza la mia guancia e posarsi sul mio orecchio destro.

- Non voglio obbligarti a fare nulla, Bella- sussurrò, e quando parlò di nuovo, la sua voce era roca e spezzata - tu lo ami ancora, e io ti ho giurato che avrei aspettato. Non importa quanto tempo dovrà passare, ma ti prometto che ti farò innamorare di me- mi baciò il collo con devozione, e io chiusi gli occhi - ti aspetterò, amore mio.-

Fece per allontanarsi, il suo doloroso sussurro si sparse nell'aria, etereo, irreale, ma io lo bloccai, afferrando le sue mani e stringendole forte fra le mie. Mi guardò confuso, sorpreso dal mio gesto, e io mi avvicinai a lui, posando  il capo sul suo petto. Una pallida lacrima traboccò dai miei occhi, seguita da un altra e un altra ancora. Edward mi sollevò il viso, osservando con espressione tormentata le piccole gocce di perla che mi rigavano le guance, e si chinò su di me, asciugando con dei piccoli baci i segni del mio dolore.

Sospirai, guardandolo intensamente.

- Ho sofferto molto in questi mesi- soffiai con voce inesistente, e i suoi occhi divennero lucidi - mi sono rifugiata dietro il ricordo di un utopia, perché la realtà è che consideravo Jacob Black  l'uomo perfetto, per me.Era un sogno, un illusione.  Ma il passato non conta, Edward, ciò che conta è che io e te, adesso, siamo insieme,e  ci amiamo. Mi hai aiutata a ricominciare a vivere, mi hai fatta uscire dal  baratro del dolore e dei ricordi, mi hai dimostrato che l'amore  non è sempre qualcosa di istintivo e improvviso, ma un sentimento che può maturare nel tempo, diventare giorno dopo giorno più forte, duraturo.- gli sfiorai il collo con il mio naso, e lo sentii tremare. Rialzai lo sguardo su di lui, che mi osservava con occhi lucidi e innamorati. Era lui la mia vita, adesso. E la ferita del mio primo amore sarebbe persistita, l'avrei sempre portata nel mio cuore, ma il tempo avrebbe lenito il dolore dei ricordi, e l'amore di Edward avrebbe rafforzato il sentimento che nutrivo per lui. Strinsi forte le sue mani fra le mie, il suo calore era rassicurante. Mi faceva sentire protetta, al sicuro. - Sono pronta, Edward. Mi hai donato un amore incondizionato, non hai mai chiesto nulla in cambio. E adesso sono pronta per abbandonarmi ad esso. Amami Edward,  ora e per sempre- il suo sguardo si accese, mentre con lentezza mi avvicinai a lui, sbottonando con delicatezza la camicia del suo completo.

Lo sentii trattenere il fiato, i nostri respiri erano accelerati, il mio cuore rimbombava nella cassa toracica a velocità inaudita. Ci avvicinammo al letto, e Edward mi fece sdraiare sul comodo baldacchino in ferro battuto, posizionandosi a cavalcioni sopra di me. Si chinò sul mio volto, la sua bocca sfiorò con dolcezza la mia, sembrava quasi timoroso di farmi del male. Strinsi le sue mani, e il nostro bacio si approfondì. I nostri respiri si confondevano in quel turbine di sensazioni che ci stava lacerando l'anima, sentivo il desiderio aleggiare fra noi, etereo e invisibile. Le sue mani corsero al corpetto dell'abito da sposa, ma all'improvviso si fermò, staccandosi da me e osservando il mio viso con occhi resi scuri dall'eccitazione. Nel suo sguardo scorgevo una punta di venerazione e un amore che mi fecero tremare le gambe; nessun uomo mi aveva mai guardata come lui guardava me. Posò una mano sulle mie guance, gli occhi bruciavano nei miei, una scintilla di devozione illuminava il suo volto dal lineamenti perfetti. E le sue mani tremavano, l'emozione che scorgevo nei suoi occhi avvolse anche me, irreversibile nella sua morsa intensa e dolorosa.

Si avvicinò al mio viso, sfiorando con dolcezza il mio collo, per poi risalire e accostarsi al mio orecchio destro.

- Ti amo, Isabella - sorrise, ma una pallida lacrima luccicò nel suo sguardo - ti amo, e ti amerò per sempre, qualunque cosa accada.-

Sorrisi, depositando un casto bacio sulle sue labbra, e il mio cuore sembrò fondersi con la sua anima quando, con uno scatto impaziente, mi tirò a se, seppellendo il viso nel mio petto.

Quella notte ci amammo per la prima volta, ogni nostro gesto era intriso di una dolcezza sconfinata, i suoi baci e le sue carezze mi penetravano l'anima a fondo, trascinandomi in un vortice di amore e passione che sarebbero per sempre rimasti impressi a fuoco nei miei ricordi, per l'eternità.

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--------Sei mesi dopo---------

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- Edward smettila!!!- strillai con voce acuta, e lui scoppiò in una fragorosa risata. Cominciai a correre, scorazzando allegramente fra gli arbusti del giardino di Villa Cullen, sentivo l'aria colpirmi con violenza il viso, il profumo degli alberi mi giungeva alle narici come la più delicata delle fragranze. Ma la mia fuga durò poco, dato che all'improvviso sentii due braccia forti e delicate stringermi con dolcezza la vita. Cercai di dibattermi fra le sue braccia ma lui, con uno scatto improvviso, mi fece girare nella sue direzione, e il mio viso si scontrò con il suo petto ampio e rassicurante. Alzai lo sguardo, fulminando il viso sorridente di mio marito, e lui ridacchiò. All'improvviso sentii uno spostamento d'aria, e mi ritrovai stesa sul prato, con Edward che sovrastava il mio corpo, stringendo con dolcezza i miei polsi.

- Ritira quello che hai detto!!- sillabò caustico, e io strinsi gli occhi, guardando il suo sorriso ironico con espressione accigliata.

- Scordatelo!!!- trillai, e lui ridacchiò.

Una luce particolare si accese nel suo sguardo, e le sue mani iniziarono a farmi il solletico, consapevoli di ottenere l'effetto desiderato.

Iniziai a ridere, felice, pregandolo di smetterla di torturarmi.

Erano passati sei mesi dal giorno del nostro matrimonio. Sei mesi in cui la nostra vita era stata segnata da momenti indimenticabili, da un amore e una devozione tali che mi facevano spesso sentire la donna più fortunata del mondo. Edward era davvero l'uomo ideale: sempre attento ai miei bisogni, mi trattava come una principessa, viziandomi e vezzeggiandomi, pensando sempre alla mia felicità, trascurando i suoi amici, la sua vita e il suo lavoro, prendendosi cura di me come un devoto al cospetto di una Dea. La nostra vita era perfetta,scandita da eventi felici, dalla gioia e dal dolore di un amore che ci aveva travolto entrambi come la forza delle più potenti passioni. Lo guardai negli occhi, felice, respirando il suo profumo di uomo, e le sue mani si immobilizzarono, mentre una scintilla di eccitazione attraversò il suo sguardo.   Lentamente si avvicinò al mio viso, pregustando il momento in cui le nostre labbra si sarebbero unite in un vortice di passione, e il nostro respiro accelerò, mentre le sue mani presero a sfiorare il mio fianco con delicatezza.

Il suo tocco scottava sulla mia pelle, lasciava un segno indelebile che mi sconvolgeva l'anima, la devozione che leggevo nei suoi occhi mi confondeva, mi rendeva vittima di un amore che non riuscivo a cogliere nella sua interezza. Quando le sue labbra stavano per sfiorare le mie, un suono stridulo e insistente ci fece voltare la testa di scatto.

Guardammo verso il cancello d'entrata, dove una donna elegantemente vestita, la postura rigida  e l'espressione impenetrabile, suonava con solerzia il campanello.

Impallidii, e Edward mi strinse forte fra le sue braccia, percependo il mio disagio,  e aiutandomi ad alzarmi da quella scomoda posizione.

Ci avvicinammo mano nella mano al cancello, le braccia di Edward mi circondarono la vita con fare protettivo.

-Andrà tutto bene, ci sono io con te-mi sussurrò Edward, mentre io non riuscivo a distogliere lo sguardo dagli occhi chiari e lucenti della donna, che osservava il mio viso con palese disgusto. Esme Cullen si ergeva in tutto il suo splendore, i capelli raccolti in un elegante chignon sulla nuca, le braccia rigide lungo il corpo e l'espressione torva e concentrata.

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- Che ci fai qui, Mamma?- sibilò Edward, stringendo con forza la mia mano. Impallidii per il tono brusco con il quale si era rivolto alla madre, ma Esme ridacchiò,  osservando con espressione amorosa il suo unico figlio.

- Sono venuta a trovarti- sussurrò accavallando elegantemente le gambe e appoggiandosi al divano in pelle del soggiorno, ignorando platealmente la mia presenza - non credo che possano arrestarmi per questo- sibilò, lanciandomi un occhiata fulminante. Mi strinsi nella spalle, come a proteggermi dalla sue parole beffarde, e Edward mi baciò la fronte, osservando con espressione torva il sorriso di sua madre.

- E' solo per questo che sei qui??- sbottò lui, e sua madre divenne improvvisamente seria.

- No, non è solo per questo- ammise con voce tagliente - ma non ho mai mancato di trascurare le buone maniere, Edward, e dovresti farlo anche tu-la sua voce era dura, gelida, mentre con perizia estraeva una cartellina bianca dalla sua borsa. La lanciò sul tavolo con malagrazia, facendomi sobbalzare.

-Ti ho portato i documenti di successione, tuo padre ha deciso di affidarti anche gli uffici di New York, ma non è voluto venire...come ben sai, il tuo comportamento lo ha molto deluso- continuò, lanciandomi uno sguardo disgustato. Tacqui, sapevo che la famiglia di Edward non approvava il nostro matrimonio, e che non erano mai riusciti a capire il motivo per cui Edward aveva lasciato Rosalie per me. D'altronde non avevano tutti i torti: Rosalie era una donna fantastica, e lei ed Edward erano nati per stare insieme.

Edward afferrò il plico di carta, scorgendo i fogli e iniziando a sfogliarli, mentre il silenzio si cristallizzava fra noi. Un silenzio carico di tensione, perchè non mi sfuggivano gli occhi di Esme, innaturalmente statici, insistentemente fissi sul mio viso. Ero a disagio, sicuramente le mie guance stavano andando a fuoco, ma non potevo fare a meno di percepire l'imbarazzo che aleggiava fra noi.

Fu Edward a rompere il silenzio.

- Isabella- sussurrò, e io mi voltai a guardarlo. Lui non notò il mio movimento brusco, continuò a fissare la madre con occhi pieni di rabbia.

- Non ho letto il nome di mia moglie- e calcò con forza sull'ultima parola - sul lascito che mi è stato pervenuto- sibilò, e il volto di Esme divenne improvvisamente livido.

- Non penserai che avremmo affidato la nostra società anche a lei!- disse con voce furiosa, e io impallidii.

Edward si alzò, sovrastando la madre con la sua altezza.

- Isabella è mia moglie- ripetè con voce tagliente - e come tale ha anche lei il diritto di usufruire delle azioni dell'azienda!- a quel punto anche Esme si alzò, avvicinandosi a lui e puntando un dito contro il suo petto.

- Non affideremo la nostra società ad una sgualdrina che ti ha sposato soltanto per il tuo denaro- ringhiò, e vidi Edward stringere i pugni - la tua segretaria- disse con derisione, guardandomi con odio - hai lasciato tua moglie per una segretaria, e adesso pretendi anche che diventi nostra socia. Sei per caso impazzito, Edward??- le lacrime mi salirono agli occhi nel sentire quelle parole crudeli pronunciate con tanta acredine e Edward, accorgendosi del dolore che mi aveva causato sua madre,  sibilò, con voce dura e gelida - Fuori da casa mia- ringhiò, e Esme spalancò gli occhi , sorpresa.

- Mi stai cacciando per quella sguattera??- sillabò sbalordita, e io mi alzai, guardandola con espressione furiosa e dispiaciuta.

- Non ti permetto di insultarla in questo modo!!- ringhiò Edward, strattonandola verso la porta e io, turbata da quella scena grottesca, mi rifugiai in camera mia, sdraiandomi sul letto e versando tutte le mie lacrime, finchè gli occhi non  mi divennero pesti e gonfi dal troppo pianto.

Le parole di Esme mi risuonarono in mente come il peggiore dei tormenti.

Davvero pensava quelle cose orribili di me? Credeva che avessi sposato suo figlio soltanto per il suo denaro??  Io non ero una sguattera, non lo avevo sedotto con inutili sotterfugi...noi ci amavamo, ci amavamo davvero, ma se sua madre avesse ragione? Se Edward avesse aperto gli occhi e mi avesse vista per quello che ero davvero?? Una ragazzina sciocca e insignificante, una persona debole, che non era in grado nemmeno di difendersi da tutti quegli insulti gratuiti...

Le lacrime mi rigavano le guance, uniche testimoni delle mie paure.

E, cullata dal dolore che mi aveva travolto cuore e anima mi addormentai, abbandonandomi al torpore che aveva invaso il mio corpo e la mia mente.

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Aprii gli occhi, mentre una sensazione di calore  e protezione mi invase il corpo. Un profumo familiare e piacevole mi giunse alle narici e, voltandomi , vidi il viso di Edward a pochi centimetri dal mio.

- Sei sveglia?- sussurrò con dolcezza,  e io annuii, mentre le sue braccia calde e protettive mi avvolsero in un abbraccio soffocante. Sospirai, respirando il suo profumo, e il suo sguardo corse alle lacrime che si erano cristallizzate sul mio volto.

- Mi dispiace per quello che è successo oggi- disse con voce spezzata - non succederà più- sussurrò immergendo il viso nei miei capelli, e io sospirai, scostandomi da lui.

Alzò la testa di scatto, ferito, e i suoi occhi divennero lucidi.

- Bella?- chiese confuso, e io trattenni il respiro. Quando parlai, la mia voce era roca e dispiaciuta.

- Hai litigato con tua madre per colpa mia- esitai, per poi distogliere lo sguardo e puntarlo sulle mie mani - di nuovo-.

I suoi occhi si addolcirono, ma scorgevo del dolore nell'espressione tirata del viso. Mi afferrò per la vita, abbracciandomi e alzandomi il mento per costringermi a guardarlo negli occhi.

- Ascoltami bene- sillabò con voce dura - sono mesi che te lo ripeto, ma non mi stancherò mai di dirtelo. Non mi importa di mia madre, della mia famiglia, del mio lavoro, dei miei amici. Io ti amo- ringhiò, la rabbia prese possesso dei suoi lineamenti -ho giurato davanti a Dio di proteggerti da tutto e da tutti, e non permetterò alla crudeltà di mia madre di dividerci- prese fiato, sembrava agitato, le mie parole lo avevano turbato. Il terrore che scorgevo nel suo sguardo si acuì quando non risposi. - Non lasciarmi Bella, non potrei sopportarlo- disse con voce tremante, accarezzandomi una guancia -non mi interessa di ciò che pensano gli altri. Io so che tu non mi hai sposato per il mio denaro, o per le mie ricchezze. Io ti ho vista, Isabella. Ho visto la tua anima, ho vissuto con te il dolore che hai provato per amore, e so che non avresti mai potuto fare una cosa del genere. Guardami, Bella- disse con voce tormentata, e io lo accontentai.

Il suo sguardo era disperato, gli occhi erano lucidi e vacui, fissi sul mio volto come se fossi la sua unica certezza, la sua unica ragione di vita.

Posò una mano sul mio viso, catturando una lacrima che era sfuggita dai miei occhi.

- Voglio vederti felice- disse, la voce intensa ed emozionata - voglio vederti sorridere, voglio sentire la tua risata, voglio osservare i tuoi occhi illuminarsi di gioia. Non piangere,amore mio- sussurrò sfiorando le mie lacrime con le labbra, e io sorrisi, ma il mio fu un sorriso stanco e tirato.

Le sua parole mi risuonarono in mente, l'intensità racchiusa nella sua voce mi sconvolse. Era vero, lui mi amava, e io amavo lui. E allora perchè l'insicurezza e la paura di essere abbandonata mi tormentavano giorno e notte?.

Gli accarezzai una guancia, osservando il suo volto dalla  straordinaria bellezza con devozione. Lo baciai, un bacio casto e delicato, e strinsi le sue mani fra le mie. La sua felicità sarebbe diventata la mia, non sopportavo che soffrisse in quel modo.

- Ma io sono felice, Edward- sussurrai con voce lieve, e le sue braccia si strinsero intorno al mio corpo. - Sono felice- ripetei - ed è tutto merito tuo-. Mi accoccolai sul suo petto, e cullata dal suo abbraccio protettivo, risprofondai nell'oblio di sogni sereni, rassicurata dal profumo familiare della sua pelle e dalla dolcezza delle sue parole d'amore sussurrate.

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Mie care ragazze, credo di non aver mai scritto un capitolo più puccioso di questo XD!!!!! Vi verranno le carie se non fate attenzione!!!Hihihihihi!! Il mio livello di glicemia in questo momento è a mille!!!Invece,la poesia di Pablo Neruda è davvero...wow!!! Pensate che la prima volta che l'ho letta sono rimasta letteralmente senza fiato, e ci tenevo ad inserirla in questo capitolo perchè mi sembrano le parole più adatte per descivere l'amore che Edward prova per Bella.

Una piccola parentesi la voglio dedicare a Rosalie: è inevitabile, nella vita, che la felicità di alcuni rechi dolore ad altri. Può essere ingiusto, amorale, crudele, ma è la verità. Sono consapevole che le mie storie d'amore sono tutte piuttosto complicate, ma sarebbe inverosimile se io , in una fic, rendessi tutti i personaggi, anche quelli fittizi ( come in questo caso lo è Rosalie..) felici e contenti.E, tra parentesi, ve lo sta dicendo una a cui Rose, nella saga originale, piace un sacco. Ma nella vita il dolore è inevitabile, e la felicità di alcuni causa irreversibilmente l'infelicità di altri.

Chiedo venia per il ritardo con cui ho postato, ormai in ogni capitolo ci sono le mie scuse a voi lettori, che attendete pazientemente i miei aggiornamenti!!! Siete davvero fantastiche, ragazze!!! Eppure, ho due notizie, una brutta e l'altra bella. Quale volete sentire prima???Quella brutta, vero??Com'è che  si dice? Via il dente via il dolore!!! Ebbene, ho un blocco pauroso per quanto rguarda Il mondo intorno a te, sono a corto di idee e non riesco più a scrivere nulla di decente!!! Mi dispiace tantissimo, anche perchè avevo promesso che avrei aggiornato prestissimo, ma che ci volete fare?? L'ispirazione va e viene, e la mia in questo momento, è molto limitata, soprattutto per quanto riguarda quella fic!!!Ma non preoccupatevi, questa sera proverò a scrivere un capitolo quanto meno decente, e se riesco a pubblicarlo, vi prometto che lo farò!!!

 La notizia buona è che questo non è l'ultimo capitolo della fic ( lettrici: e a noi che ce frega!?  me: Sigh!!!!!), ma scriverò un altro capitolo, più il prologo conclusivo!!!Spero che questo capitolo vi sia piciuto, perchè nel prossimo arriveranno i guai con la G maiuscola!!!!Per quanto riguarda i personaggi, sapete che a me piace da matti stravolgere i caratteri dei protagonisti della Twilight Saga, per cui non sorprendetevi se non ho descritto la solita Esme, amorevole e premurosa con tutti...detesto i soliti clichè. Vi ricordo che sul mio blog ( trovate il link nella mia pagnia autore...) troverete uno spoiler del nuovo capitolo de La Duchessa, e un anticipazione del secondo capitolo di Salvami!!! Un bacio, elisa.

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Un pò di pubblicità!!

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PAROLE FALSE, di Yara89. Altra one shot. Bella è una scrittrice alle prese con una crisi che riguarda il suo lavoro, riuscirà ad uscirne? PS: tutti umani.

UN'ALTRA OCCASIONE PER AMARE, di Isabelle 91. Bella è la ricca e intraprendente figlia maggiore di Aro Volturi, in procinto di sposarsi con Christian, l'uomo della sua vita, quando ad un tratto .....

GUERRA E PACE, di Sassy86. Edward, giovane soldato inglese appena approdato in un paese sconosciuto, si trova,quasi per errore, a passare una notte con una prostituta. Una donna fragile e forte al tempo stesso, che con il suo amore gli stravolgerà la vita. Un amore nato per caso, un amore in cui nessuno dei due crede, ma che li travolgerà entrambi, come la forza delle più potenti passioni...

ALLA RICERCA DEL MIO PASSATO...E DEL MIO FUTURO, di Yara89Nell'oscurità della notte si aggirano esseri che si credevano essere un mito, di giorno se ne aggirano altri, sempre appartenenti alla mitologia. Tutto inizia a Volterra. Luogo in cui vive Isabella, nascosta agli occhi di tutti, perché lei è "diversa" da qualsiasi altra razza sia mai esistita. Riuscirà a scoprire le sue origini ed anche il suo futuro?

SCOMPARSA, di Yara89.Storia ambientata dieci anni dopo gli eventi di breaking dawn... la famiglia dei Cullen viene distrutta da una tragedia, che era pianificata ancor prima della nascita di Isabella Swan. Nuovi misteri, eventi ed esseri soprannaturali sconvolgeranno il mondo degli attuali immortali... una nuova era dove i Volturi non risulteranno più il clan più potente, ma solo il braccio di esseri che adoperano all'ombra persino degli immortali stessi.

IMPERFETTO, di Yara89. One-shot sui pensieri di Edward in Eclipse, mentre attende in camera l'arrivo di Bella, che si trova alla riunione del consiglio nella riserva.

ULTIMA DESTINAZIONE, di Yara89.One-shot sui pensieri di Edward, dopo la chiamata di Rosalie, interpretata dal mio punto di vista.
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Risposte alle recensioni

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NIK81 ciao, sono contenta che lo scorso capitolo sia stato più chiaro. Spero che questo ti sia piaciuto, ho deciso di prolungare la storia per un altro capitolo. Un bacio, elisa

BO19 Ciao, per me è un vero piacere rispondere alle vostre recensioni!! Bè, hai ragione, l'amore di Edward è qualcosa che, ad essere sincera, ho faticato anche io a descrivere nella sua totalità, è un sentimento forte, ancor più duraturo, perchè è nato dalla condivisione del dolore, che è ciò che , più di ogni altra cosa al mondo, riesce ad avvicinare le persone. Ho deciso di prolungare la fic di un altro capitolo, più il prologo finale, perchè non cel'ho fatta a trasmettere tutto ciò che volevo dire con quattro capitoli. Spero che ti faccia piacere. Un bacio,elisa

VITTORIAKF Ciao, sono contenta che lo scorso capitolo ti abbia emozionata, sono soddisfatta perchè il mio obbiettivo è stato raggiunto, e non c'è soddisfazione più gratificante, per me, del sapere che con le miei storie io riesca a trasmettere qualcosa. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio, elisa

ARTEMIDE88 Ciao Sara!!! Sono daccordo con te, a quell'ora della notte non si riesce a pensare molto lucidamente, te lo dico perchè spesso io soffro di insonnia e , per non stare sdraiata sul letto a guardare il soffitto studio, guardo la tv, o scrivo, ma il mio criceto ( pardon, ti ho rubato il termine...) a quell'ora non funziona al cento per cento!!!Ammetto che il secondo capitolo sia stato molto confusionario, ma spero che adesso le cose saranno un po' più chiare. Prima di passare alla recensione volevo dirti che ho letto la tua mail, non ho risposto perchè purtroppo ero alle prese con una tesi di psicologia che mi teneva occupata e non ho avuto abbastanza tempo. Ti ringrazio tantissimo per avermi fatto presente quell'errore, probabilmente la mia beta non se ne è accorta, ma sarà stato un errore di distrazione, almeno da parte sua!! Da parte mia non credo, dato che lo ripeto spesso e che non me ne accorgo nemmeno. Comunque ti ringrazio, in futuro starò più attenta. hai lasciato una recensione molto interessante, davvero, che mi ha fatto riflettere. Sai, la percezione dell'amore è , a mio parere, molto soggettiva. Non credo dipenda soltanto dalla portata dei sentimenti che una persona nutre dentro di sè. Secondo me elementi come il carattere e il livello di sopportazione emotiva hanno un ruolo fondamentale in quest'ambito. Ci sono persone deboli che non sopportano di vivere in solitudine, e che arrivano anche a commettere follie per amore, ma la vera causa scatenante, come nel caso di Bella, non è la perdita dell'uomo che amava, ma la sua straziante paura di essere abbandonata, di restare sola. Perchè, stenterai a crederlo, ma ci sono persone, nel mondo, che necessitano dell'amore in sè, non importa verso chi è indirizzato, tutto ciò che conta, per loro, è il non sentirsi vuoti, privi di uno scopo nella vita, e riempono le loro mancanze con l'amore. Ma in quel caso non è un amore benefico, che innalza l'uomo ad una condizione migliore. Il loro è un amore malato e narcisistico, che conduce inevitabilmente alla distruzione. Sono persone deboli di spirito e di carattere, ma perchè non parlarne? Ciò che provava bella per jacob era una sorta di malsana dipendenza dall'amore, e nel momento in cui quel sentimento è venuto a mancare nella sua vita, sono morte tutte le sue certezze. La questione, con Edward, è diversa, perchè Isabella ha iniziato a provare affetto per lui per un motivo valido: la gratitudine. Lui l'ha protetta, l'ha amata senza chiedere nulla in cambio, e i sentimenti di lei pian piano stanno diventando più forti, duraturi, perchè fra loro ci sono tutte le condizioni per far sbocciare una bellissima storia d'amore. Questa fic è molto diversa dalle mie solite storie, perchè parla di un amore nato gradualmente, in cui l'istinto non prevale sulla ragione, ma si affiancano mantenendosi in equilibrio. Hai ragione, probabilmente ho reso i personaggi della fic, in maniera del tutto involontaria, dei personaggi fittizi, che contornano una storia in cui l'amore in sè è il protagonista assoluto. E la tua recensione è stata utile proprio perchè io non me ne ero resa affatto conto!!L'idea non mi è venuta da new moon, anche se il libro ha contribuito, in maniera indiretta, alla stesura della fic.Nel senso che quando ho avuto l'idea stavo ascoltando una canzone inserita nel film ( la canzone iniziale), e pensavo a dei problemi che da mesi affliggevano una mia cara amica. Questa ragazza ha sofferto molto per amore, e continua a soffrire tutt'oggi, a rifugiarsi dietro l'immagine utopica di un uomo che, in realtà non l'ha mai meritata. Poi, verso il secondo capitolo, mi sono resa conto che la trama assomigliava a new moon, ma a quel punto non potevo farci più nulla, dato che l'idea era già delineata nella mia mente. E comunuque ciò che prova bella nel libro della Meyer , tralasciando il contorno fantasy, è reale, nel senso che molte ragazze hanno sofferto per amore come ha sofferto lei. Un bacio, elisa

ED4E Ciao!! Si, hai davvero ragione, non è una cosa molto bella o gratificante, ma la gratitudine spesso pone la basi per un sentimento complesso qualè l'amore.Hihihi, anche tu sei team Edward? Tranquilla, anche lui si riscatterà e farà capire ad isabella che merita di essere amato come lui ama lei!! Un bacio, elisa

ROSELLA Ciao, sono contenta di trovari anche qui!! Hai ragione, dipendenza non è amore, ma ciò che bella prova per edward è soprattutto gratitudine.E dalla gratitudine spesso sboccia l'amore. Invece, il rapporto che la legava a jake era una vera e propria dipendenza. Un bacio,eli

NICOSIA Ciao, non preoccuparti, anche la mia connessione è spesso ballerina!!!Hai perfettamente ragione, bella è rimasta attaccata a un utopia, ad un sognoche è stato infranto, al ricordo del primo uomo che ha amato.Hai ragione, edward inq uesta storia è molo coraggios, non è facile amare una persona e sapere che non si è ricambiati!! Un bacio, elisa

ELLEH Ciao, benvenuta!!! Sono davvero felice che lo scorso cap ti sia piaciuto. Hai ragione, non è giusto donare la felictià a una persona e sottrarla a una ltra, ma purtroppo nella vita è inevitabile che la gioia di alcuni causi il dolore di altri. Spero comunque che continuerai a seguirmi! Un bacio, elisa

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Capitolo 5
*** L'INIZIO DI UNA NUOVA VITA ***


 

 
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"I giorni dell'abbandono"
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capitolo 5
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Capitolo betato da Yara89
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Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephenie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopro di lucro.
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Il ricordo della felicità non è più felicità, il ricordo del dolore è ancora dolore.
(Albert Einstein)
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- Edward, ti prego...- implorai con gli occhi resi lucidi dall'eccitazione, e lui sogghignò, baciandomi all'angolo della bocca. Lo guardai negli occhi, illuminati da quella strana luce nostalgica con cui spesso osservava il mio viso, e mi persi in quello sguardo lucente, che aveva il potere di penetrarmi violentemente l'anima, sconvolgendomi mente e corpo.

Le sue mani si posarono sul mio viso con dolcezza, lo sguardo immerso nel mio, come se non riuscisse a distoglierlo dai miei occhi, la bocca a pochi centimetri dalle mie labbra.

- Ti basta dire di sì, Bella- sussurrò con voce carezzevole, e io sbuffai.

- Edward, ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo??- sibilai, e lui sospirò. Mi lasciò libera dal suo corpo, e si gettò con veemenza sul materasso, allontanandosi leggermente da me. Prima che potessi anche solo sospirare di sollievo, mi afferrò per la vita e mi strinse a sé, facendo scontrare il mio viso sul suo petto. Mi sfiorò i capelli con le labbra, per poi scendere a baciare il mio orecchio sinistro.

Un brivido mi scosse.

Mi sollevò il viso, costringendomi a incrociare i suoi occhi chiari, del colore dell'oceano, brillanti come le stelle.

- E' più di un anno che siamo sposati - disse con voce seria, ma al tempo stesso emozionata, come se non credesse lui stesso alle parole che aveva pronunciato - abbiamo una bella casa, il lavoro procede alla grande, e ci amiamo - calcò con forza sul plurale, come a convincersi delle sue parole. Sospirai, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi innamorati, puntandolo sul suo petto caldo e rassicurante. Mi baciò la fronte, e il suo profumo mi giunse prepotentemente alle narici. Prese le mie mani fra le sue, baciandole con devozione, e mi costrinsi a guardarlo, per scorgere l'emozione che giaceva nel suo sguardo lucente.

-Voglio un figlio, Bella - calcò con forza sul mio nome, facendomi intuire quanto fosse disarmante il suo desiderio. Sospirai ancora, guardandolo con timore. Lui mi sfiorò una guancia, il suo sguardo era supplichevole, sapevo che il suo non era un semplice capriccio. Io e Edward avevamo da poco festeggiato il nostro primo anniversario di matrimonio, e negli ultimi mesi avevamo spesso affrontato l'argomento. E' vero, io lo amavo, avevo imparato a donargli quell'affetto incondizionato che lui mi regalava senza riserve. Eravamo felici, avevamo una bella vita, le nostre giornate erano scandite dall'amore che ci legava l'uno all'altra in maniera sempre più irreversibile, ma non ero sicura di essere pronta a diventare madre.

Eravamo sposati da poco tempo, e, per quanto mi fosse difficile ammetterlo, persino con me stessa, il pensiero di Jacob ancora mi tormentava la notte. Il mio amore per lui era scomparso, ma il dolore che mi aveva causato il suo abbandono rimarrà per sempre scolpito nella mia mente, come il più acuto dei tormenti. Il mio cuore portava ancora i segni irreversibili della sofferenza che mi causarono le sue parole, pronunciate tanto tempo fa', e la paura di essere abbandonata di nuovo era una continua costante della mia vita. La brutta esperienza vissuta con Jake aveva inciso sul mio carattere, intaccando la mia sicurezza e la fiducia che nutrivo verso me stessa.

E vivevo nel costante timore che anche Edward si stufasse di me, che mi abbandonasse, che capisse che io non ero la donna adatta a lui. La nostra relazione era l'unica certezza che avevo nella vita, ma eravamo pronti per crescere un figlio, per mettere al mondo un'altra vita, se nemmeno noi eravamo sicuri del nostro futuro?

Sapevo che mio marito mi amava alla follia, me lo dimostrava giorno dopo giorno, con ogni suo gesto o carezza. Ero il suo primo pensiero quando apriva gli occhi la mattina, e la sera, prima di riaddormentarsi, non mancava mai di cullarmi fra le sue braccia e farmi sentire protetta e amata. E con il passare del tempo avevo capito che era lui l'uomo della mia vita, colui che mi avrebbe vista crescere, che avrebbe guidato ogni mio passo verso il nostro futuro. Ma spesso il dolore per la perdita del mio primo amore tornava a perseguitarmi, tormentandomi con lo spettro del suo ricordo. Forse il mio attaccamento ai giorni passati con Jacob , era dovuto alla mia difficoltà di discostarmi dall'utopica immagine che mi ero fatta di lui. Nella mia mente avevo creato uno stereotipo di Jacob Black che m'impediva di dimenticarlo, anche se sapevo che l'amore che provavo per lui era svanito come neve al sole. Ma non potevo fare a meno di immaginare come sarebbe stata la mia vita se lui non mi avesse lasciata...

- Bella?- Edward vide i miei occhi vacui e il mio sguardo fisso su un punto inesistente, e serrò la mascella. Impallidii, sapevo cosa stava pensando, perché in quel momento la mia mente verteva nella medesima direzione.

Strinse i pugni, i suoi occhi divennero cupi, arrabbiati.

Edward mi conosceva come le sue tasche, sapeva sempre cosa mi passasse per la testa, riusciva a comprendere il mio stato d'animo, i miei desideri e le mie paure attraverso il mio sguardo o le espressioni del mio viso.

- E' per lui, vero?- mormorò a bassa voce, allontanandosi da me. Spalancai gli occhi e scossi il capo, ma sapevamo entrambi che aveva ragione.

Mi guardò, i suoi occhi erano lucidi, lo sguardo fisso nel mio. Era deluso, arrabbiato, ma il dolore che aveva trasfigurato il suo viso mi colpì come una pugnalata nel petto.

Violento, lacerava le infinite pieghe della mia anima, gettandomi in quel vortice di disperazione da cui lui mi aveva salvata.

- Edward...- mormorai con voce rotta, cercando di avvicinarmi a lui e di accarezzargli una guancia, ma lui si scostò. Quel gesto mi causò un dolore insopportabile.

Si alzò, ergendosi in tutta la sua altezza, guardandomi dall'alto come se fossimo estranei, come se tutto l'amore che provava per me fosse svanito nel nulla.

-Non dire nulla, non ce n'è bisogno - disse con voce spezzata, ma la rabbia era percepibile nel suo tono. Si abbottonò velocemente la camicia, e in quel momento mi alzai anch'io, avvicinandomi a lui.

- Dove vai?- chiesi,e la mia voce tradiva una nota isterica che lo fece voltare di scatto verso di me. I suoi occhi bruciavano nei miei, confondendomi, destabilizzandomi.

- Ti chiedi dove vado, Isabella?- mormorò incredulo, avvicinandosi a me - perché, tanto che t'importa?- sbottò con voce carica d'astio, e io sussultai - tu non provi nulla per me, vero? Nulla, se non indifferenza. Tu pensi ancora a lui!!- gridò, e io sobbalzai. Non mi aveva mai parlato in quel modo. Le lacrime iniziarono a scendere sul mio volto, copiose, irrefrenabili, e vidi una scintilla di dispiacere nel suo volto, che si trasformò in dolore e sofferenza.

Si voltò, incamminandosi verso la porta, ma lo bloccai per un polso.

- Aspetta, non è come credi..- soffiai con voce incerta, e lui si immobilizzò. Si voltò verso di me, il suo sguardo era un fuoco che mi bruciava l'anima.

- Non è come penso?- sillabò, incredulo, stringendo il mio polso - Bella, siamo sposati da più di un anno, e la nostra vita è felice. Ti amo da impazzire, e ho aspettato che tu ricambiassi i miei sentimenti. Ho atteso, ho sperato che la tua indifferenza si trasformasse in amore. E anche adesso, mentre ti imploro in ginocchio, mentre ti dico che voglio un figlio da te, tu non fai che pensare a lui...- si bloccò, la voce gli morì in gola. Allentò la stretta sul mio polso, abbandonando le braccia lungo i fianchi e distogliendo lo sguardo - Non ce la faccio, Bella. Mi dispiace - in quel momento, mentre mi lanciava un ultimo sguardo tormentato e usciva lentamente dalla nostra camera, non riuscivo a parlare. Le sue parole mi rimbombavano in testa, lacerandomi l'anima. E lo sbattere della porta d'ingresso contro il muro, segno che Edward se ne era andato, fece da eco al lento infrangersi del mio cuore.

Quella notte, Edward non tornò.

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------Tre giorni dopo-----

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- Signora Cullen la prego!- implorai disperata, cercando di stringere le sue mani fra le mie. Lei si scostò, disgustata, lanciandomi un'occhiata rancorosa.

- Credi davvero che ti dirò dov'è mio figlio?- disse con voce gelida, osservando le lacrime traboccare dai miei occhi scuri. Singhiozzai, appoggiandomi alla porta della casa dei genitori di mio marito, che mi fissavano con espressione fredda e glaciale , incuranti del mio dolore.

Edward, dal giorno del nostro ultimo litigio, non era più tornato a casa. Non aveva telefonato, non mi aveva fatto sapere se stava bene, non aveva più dato segno della sua presenza.

In quei lunghi giorni senza di lui, avevo riflettuto molto. La sua lontananza aveva agito sul mio animo come il peggiore dei tormenti, e avevo capito che la mia non era una semplice dipendenza nei suoi confronti.

Le innumerevoli lacrime versate, il dolore che avevo provato quando, al mio risveglio, non avevo sentito il suo abbraccio caldo stretto al mio corpo, era lacerante. Continuavo a pensarlo senza tregua, giorno e notte, non riuscivo a dormire, a mangiare, non avevo quasi più la forza di alzarmi dal letto. Finché un giorno, tutto cambiò. Ero disperata, non riuscivo a capire dove fosse, volevo rivederlo, volevo parlargli, volevo abbracciarlo e chiedergli scusa. In preda alla disperazione più pura, avevo messo a soqquadro la nostra camera, il nostro nido d'amore, testimone delle nostre gioie e dei nostri dolori. Finché un piccolo cimelio attirò la mia attenzione come una calamita. Lo avevo preso in mano, incredula, e il ricordo del giorno in cui ricevetti in regalo quel piccolo ciondolo mi era tornato in mente, stravolgendo il mio cuore e la mia anima. Era una collana che mi aveva regalato Jacob poco prima di avermi abbandonata. E guardando quel piccolo oggetto stretto fra le mie mani, per la prima volta dopo molti mesi mi tornarono in mente le infinite giornate passate con il mio primo amore. Le sue premure, i suoi baci, le carezze che facevano aumentare il battito del mio cuore in maniera esponenziale. Ma in quel momento, rivedendo dopo tanto tempo quel piccolo cimelio, non provai nessuna emozione. Nulla, se non il vuoto di una perdita che mi aveva straziato l'anima, ma che ormai mi lasciava del tutto indifferente. E avevo paragonato la mia vita con Jake con i mesi passati con Edward, assuefatta dal suo amore e dalle premure che mi regalava ogni giorno. Avevo rivisto lo sguardo di mio marito, gli occhi luminosi fissi sul mio volto, che racchiudevano tutto l'amore che mi donava senza remore e senza chiedere nulla in cambio, e solo in quel momento avevo capito che non riuscivo più ad immaginare di poter vivere senza di lui.

Ero finalmente giunta a una svolta, il mio animo si era liberato dell'oppressivo ricordo di Jacob, ma la verità era che ero stata troppo occupata a contemplare il mio sogno d'amore sfumato nel nulla per accorgermi che l'unico uomo che avevo davvero amato con tutta me stessa era al mio fianco. Mi ero fatta forza, ero riuscita a comprendere che ciò che provavo per Jacob era soltanto una malsana dipendenza che mi aveva attanagliato il cuore nella sua dolorosa morsa.

La verità era che io amavo Edward Cullen. Lo avevo sempre amato, dalla prima volta che mi aveva stretta fra le braccia, avevo iniziato a provare qualcosa per lui. Ma ero stata testarda, accecata dal dolore. Mi ero voluta aggrappare ad una folle utopia d'amore, e non ero stata in grado di comprendere la reale portata dei miei sentimenti per lui.

In quel momento avevo preso un respiro profondo, avvicinandomi alla finestra della mia camera, che si affacciava nell'immenso giardino di villa Cullen, e avevo lanciato il ciondolo nel bosco.

E poi avevo sorriso, perché ero consapevole che finalmente ero libera.

Libera da un insensato parossismo che mi aveva ucciso l'anima, da una malsana ossessione che mi aveva oppresso il cuore, facendomi sprofondare nell'oscurità.

Ero libera, ed ero pronta per donare a Edward l'amore che meritava, e che avevo sempre provato, inconsciamente, nei suoi confronti.

E adesso ero qui, implorante e agitata, di fronte ai genitori di Edward, perché ero sicura che loro sapessero dove lui si fosse rifugiato.

Guardai ancora una volta il viso altero di Esme, e lei sorrise.

- E' inutile, Isabella. Non ti dirò dov'è. Finalmente si è reso conto di che razza di donna ha sposato, non ho intenzione di rovinare tutto...- singhiozzai, ma la rabbia divampò nel mio animo come il più potente dei tormenti.

-Sono sua moglie!- urlai sconvolta, e lei indietreggiò - ho il diritto di sapere dove sia andato!! E lei non sa nulla!- continuai accorata. La rabbia accumulata in quei mesi stava esplodendo nel mio cuore, ma non avevo intenzione di trattenerla. Non più. - Lei non capisce! Edward mi ha sposata perché mi ama, e io amo lui!!Lei non sa che cosa abbiamo passato, lui si è preso cura di me, mi ha aiutata, mi ha amata, e quando mi ha chiesto di sposarlo...- tacqui, mentre una rivelazione improvvisa mi fece illuminare gli occhi. Forse sapevo dove era andato...

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La pioggia mi bagnava i vestiti, sentivo le pallide goccioline d'acqua scivolare sul mio corpo, sfiorare le mie guancie e solcare il mio pallido viso. Aumentai il passo, mentre dal cielo provenivano dei lampi cupi che mi facevano sussultare. Prima di varcare la grande entrata dell'hotel "Le Monde", che ospitava il ristorante in cui Edward mi aveva chiesto di sposarlo molti mesi prima, presi un respiro profondo, cercando di rallentare il battito accelerato del mio cuore. Feci un passo, un altro e un altro ancora, intimorita, finché l'aria calda e confortevole della hall mi investì con una folata di vento. Mi guardai intorno, spaesata, finché non intercettai un signore in divisa guardare con espressione torva i miei abiti zuppi di pioggia. Mi avvicinai lentamente, nonostante l'agitazione che mi avvolgeva l'anima, e lui mi lanciò un sorrisetto sarcastico.

- Desidera?- chiese con voce roca, e io sperai con tutta me stessa che mi avrebbe aiutata a ritrovarlo.

- Cerco Edward Cullen, sono sua moglie - chiesi esitante, e lui sospirò - per caso negli ultimi giorni ha alloggiato in una delle vostre camere?- lui socchiuse gli occhi, sospettoso, e con un cipiglio curioso in viso mi disse che avrebbe controllato. Lo seguii verso l'imponente bancone che occupava buona parte dell'entrata, e con gli occhi lucidi lo vidi armeggiare con il computer.

- Mr Cullen ha preso una stanza, sì- disse - ma in questo momento non è nella sua camera...- il cuore sembrò cessare di battere a quella rivelazione, perché il desiderio di rivederlo, di poterlo stringere a me e baciare le sua labbra dolci e delicate era irrefrenabile.

Rassegnata, salutai con un cenno di capo l'uomo e mi avviai verso il parcheggio, gli occhi lucidi e il cuore a pezzi.

Ma non mi sarei data per vinta: dovevo trovarlo, dovevo parlarci, dovevo... non so nemmeno io che cosa volevo, ma ero certa che non avrei resistito a lungo senza di lui. Stavo per entrare in macchina, quando una frenata brusca alle mie spalle mi fece voltare la testa di scatto.

Spalancai gli occhi quando vidi una familiare Audi nera parcheggiare elegantemente a pochi metri da me e, con il cuore in gola, lasciai cadere le chiavi della macchina ai miei piedi, avvicinandomi lentamente all'uomo che era appena sceso dall'auto. Era bellissimo, soltanto in quel momento mi rendevo realmente conto di quanto fossero splendenti i suoi occhi e meravigliosi i lineamenti del suo viso. Lui si voltò all'improvviso, e la sorpresa nel suo sguardo si trasformò in dolore quando mi vide avvicinarsi a lui.

- Edward...- mormorai con voce roca, ma lui tacque. L'amore che scorgevo nei suoi occhi era offuscato dalla sofferenza, un tormento che avevamo condiviso entrambi, e che mai come in quel momento ci aveva travolti con la forza di un oceano in tempesta. Mi avvicinai, i miei passi erano lenti e cadenzati, avevo paura, non volevo che scappasse, che mi dicesse che non mi voleva più. Non lo avrei sopportato. Pochi metri ci separavano, ma i nostri cuori erano irreversibilmente uniti, e nulla ci avrebbe potuti separare.

- Cosa ci fai qui?- sussurrò lui, e io abbassai lo sguardo.

- Volevo parlarti, volevo...-

- Non c'è niente da dire, Bella- mi interruppe, la sofferenza era percepibile dal suo tono - niente, se non che ho sbagliato, e l'ho capito in questi giorni lontani da te. Non dovevo chiederti di sposarmi, sapevo che amavi un altro, è stata colpa mia. Tu non hai colpe - quelle parole mi spezzarono il cuore, trafiggendomi nel profondo dell''anima.

Arretrai di un passo, sconvolta, e nei suoi occhi si accese una luce strana.

- Vuoi dire...- presi fiato, il dolore era troppo forte - vuoi dire che ti sei pentito... ti sei pentito di avermi sposata?- soffiai incredula, e lui spalancò gli occhi. Strinse i pugni, la rabbia percepibile nei lineamenti del suo viso.

- Cosa stai dicendo?- gridò avvicinandosi a me. Il suo profumo caldo e familiare mi giunse alle narici, facendomi battere forte il cuore - sei impazzita?- mi prese un polso, strattonandomi, e le lacrime scesero copiose dai miei occhi, mescolandosi alla pioggia che cadeva sul mio volto. Scossi il capo, incredula, e lui sospirò - io ti amo, Isabella Swan. Non mi pentirò mai di averti resa mia moglie, ma tu... tu non mia amerai mai, e io non posso sopportare di vivere con la consapevolezza che mentre facciamo l'amore tu pensi ad un altro uomo - mi lanciò uno sguardo tormentato e, abbandonando la presa sul mio polso si voltò, dirigendosi a passi lenti verso l'Hotel.

- Addio Isabella - mormorò, e in quel momento mi sembrò di impazzire.

Non potevo perderlo, non adesso che avevo capito di amarlo...

- EDWARD!!!- urlai disperata, rincorrendolo e strattonandolo per un braccio. Si voltò, incredulo, e vidi delle pallide lacrime scorrere sul suo volto dai lineamenti perfetti.

- Aspetta - annaspai in cerca d'aria, stringendo il suo polso con forza - lasciami parlare prima di andartene. Ne ho il diritto! Ti prego, ascoltami e poi ti lascerò in pace - presi fiato, sconvolta, e scorsi una nota di preoccupazione nei suoi occhi chiari - mi dispiace - esclamai con voce implorante - per tutto il male che ti ho fatto. Per non averti amato come meriti. Mi dispiace, Edward. Ma quando te ne sei andato ho riflettuto molto, e ho capito tante cose. Io ti amo, Edward! Jacob non c'è più, lui è il mio passato, con lui è finita. E' finita, Edward, nel mio cuore adesso ci sei solo tu. Ciò che provavo per lui era solo un assurda dipendenza, un sogno che si è confuso con la realtà. Ma in questi giorni lontani da te ho capito che la mia realtà sei tu, Edward. Lui non esiste più, in questi mesi ci sei stato sempre e soltanto tu. L'ho amato, è vero, ma adesso amo soltanto te. Ero aggrappata al suo ricordo, senza rendermi conto che l'amore era dietro l'angolo, che il mio futuro eri tu. Tu sei il sole che riscalda la mia vita, sei l'aria che respiro, sei tutta la mia vita. Ti amo, Edward. Ti amo!!- lui mi guardò, sbalordito, e chiuse gli occhi. Si avvicinò a me, lentamente, poggiando la sua fronte sulla mia e respirando il mio profumo. Mi strinse a sé, la sua presa era salda, come se avesse paura di perdermi.

- E' la prima volta che me lo dici - sussurrò, e quando le sue labbra si posarono sui miei occhi chiusi tremai dall'emozione - e non immagini quanto abbia desiderato sentire queste parole uscire dalle tue labbra -

- Perdonami...- implorai, e lui sorrise. Un sorriso malinconico, ma scorgevo  felicità repressa nel suo sguardo immerso nei miei occhi.

- Non ti perdono, perché non hai nulla di cui farti perdonare. Ti amo più della mia stessa vita, Isabella Swan. Non mi sono mai pentito di averti sposata, di averti resa mia. Ti amo - ripeté baciandomi la punta del naso, e io mi aggrappai alle sue spalle, appoggiando il capo sul suo petto. Mi abbracciò, e in quel momento la felicità esplose in me, violenta, acuta,quasi dolorosa nella sua sconvolgente intensità .

- Ripetilo - sussurrò Edward, alzandomi il viso e obbligandomi ad incrociare i suoi occhi splendenti di gioia - Dimmelo ancora, amore mio - sussurrò depositando piccoli baci sul mio viso, e io sorrisi, mentre una pallida lacrima sfuggiva ai miei occhi scuri.

- Ti amo - sussurrai felice, e lui chiuse gli occhi, sconvolto dalle emozioni che avevano travolto i nostri cuori . Lo strinsi a me, sfiorando i suoi capelli morbidi e profumati, e posai le mie labbra sulle sue. Il bacio era intriso di una dolcezza destabilizzante, che mi fece quasi scoppiare il petto dalla felicità. Ci staccammo pochi minuti dopo, entrambi ansanti e con gli occhi lucidi. Edward rise, prendendomi in braccio e facendomi sussultare dalla sorpresa. La sua risata contagiò anche me, e ci trovammo entrambi a ridere come bambini. Cullata dal suo abbraccio caldo e rassicurante, mi sentivo la donna più felice dell'universo.

Mi voltai verso di lui, incatenando i nostri sguardi, e avvicinai le mie labbra al suo orecchio destro.

- La mia risposta è si - sussurrai con voce rotta dall'emozione -Voglio un figlio da te, Edward Cullen - lui mi guardò, e la felicità che scorsi nel suo sguardo fu talmente acuta da farmi scendere una pallida lacrima dagli occhi.

Edward sorrise, baciandomi i capelli impastati di pioggia, mentre si incamminava lentamente verso la sua auto.

- Allora questa notte ci dovremmo dare da fare...- sussurrò lascivo e malizioso, e io gli diedi uno schiaffo leggero sulle spalle.

- Scemo!- sillabai fingendomi arrabbiata, ma la sua espressione estasiata ci fece entrambi scoppiare a ridere.

Da quel giorno sarebbe iniziata la mia nuova vita. Una vita fatta di gioie e dolori, ma con Edward al mio fianco, avrei potuto superare qualsiasi ostacolo si fosse intromesso fra noi e  il nostro amore. 

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FINE
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Ed eccoci giunti al capitolo conclusivo della storia. Isabella ha finalmente intrapreso un percorso che l'ha portata alla consapevolezza che il dolore rimane sempre impresso a fuoco nell'anima delle persone. L'essere umano ha la tendenza a dimenticare i momenti felici, ma la sofferenza...bè, la sofferenza è un sentimento impossibile da dimenticare. Ci condiziona la vita, ci fa crescere e maturare, ci fa diventare più consapevoli delle nostre stesse gioie, perchè senza il dolore non c'è felicità, e senza la sofferenza non c'è nemmeno il desiderio di raggiungerla. Il dolore non si può evitare, nè dimenticare, perchè tutti ne portiamo il segno, tangibile, reale, che ci permette di crescere e di ambire alla felicità, di desiderarla, di conquistarla. Ma il dolore si può superare, affrontare , e si può cercare di andare avanti, di ricominciare a vivere. E per andare avanti, l'uomo ha bisogno di amore. Nessuno può sopravvivere da solo. Possiamo illuderci che nella vita non avremmo mai  bisogno di nessuno, ma la realtà è ben diversa. Tutti, prima o poi, nella vita, hanno bisogno di aiuto.
Questa storia la dedico a te, Marty, perchè ti voglio un bene dell'anima, e la tua sofferenza è la mia, il buio che ti ha inghiottita sta avvolgendo anche le persone che ti stanno accanto. E per quanto tu cerchi di allontanarti da noi, per quanto tu rifiuti il nostro aiuto, noi ti staremo sempre vicini. Troverai qualcuno che ti ami per quello che sei, e che meriti il tuo amore. Te lo giuro, Martina, con tutta me stessa.
Mi sento in dovere di ringraziare anche le 75 persone che hanno inserito la storia fra le preferite, i 51 seguiti e i 29 ricordati. Siete meravigliose , ragazze. Vi ringrazio per il sostegno che mi date ogni giorno, la premura con cui sopportate le mie storie, la gentilezza con cui  mi incoraggiate ad andare avanti.
Un grazie particolare va ad Artemide88, che nelle ultime recensioni mi ha offerto dei buoni spunti di riflessione per questo capitolo. Lo dedico a te, Sara. Consiglio a tutte di leggere le sue fic, perchè sono spettacolari.
Ringrazio le mie lettrici fedeli, che hanno recensito tutti i capitoli della storia e che mi hanno incoraggiata a continuarla. Non immaginate con quale piacere legga i vostri commenti, ragazze!!!
Adesso mi dedicherò alle altre mie storie, vi ricordo che sul mio blog ho lasciato uno spoiler de "la duchessa", e che entro questa sera ne inserirò uno sul nuovo capitolo de "Il mondo intorno a te". Un bacio, elisa
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RISPOSTE ALLE RECENSIONI
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BO19 ciao, eh già, di cognate megere ce ne sono tante! Anche la mamma del mio fidanzato non mi può soffrire!!Povera me!!!^_^ Sì, anche questo capitolo è zuccheroso, ma era il lieto fin e proprio ci voleva!!!Un bacio, eli
VITTORIAKF Ciao, eh già, Edward ama Bella di un amore unico e speciale, perchè fra loro c'è qualcosa di più profondo di una semplice passione affettiva: è il dolore che h visto nascere il loro sentimento, e la sofferenza è più duratura della gioia. Un bacio, eli
SASSY86 Ciao, ti ringrazio per il tuo aiuto, sono sicura che se avrò bisogno dei tuoi consigli te lo farò presente!! Daltronde il bello di condividere le storie è che si può sempre contare sul sostegno di qualcuno, no?^.^ Un bacio, eli
BANY2080 Ciao, bè, sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto!!Per quanto riguarda quest'ultimo, l'ho trovato molto zuccheroso anch'esso, ma credo che sia stato necessario, dato che era l'ultimo!Un bacio, eli
NICOSIA ciao, eh già, hai ragione, con tutte queste idee per la capozza ^.^, spesso il mio cervello va in fumo!!!Hem, sento una strana puzza!!Perdona la mia idiozia, ma oggi sono proprio cotta!!E c'è da dire che il desiderio di pubblicare altre storie è forte, dato che ho mille idee, ma poi sono consapevole che non riuscirei a gestirle e mi trattengo ( per la gioia di molte lettrici!!). Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto!Un bacio, eli
ARTEMIDE88 Ciao sara, innanzitutto buone vacanze!! Spero che le passerai bene!! Alla tua domanda ti sei risposta da sola^.^, ma vorrei aggiungere che il loro amore è nato dalla condivisione del dolore, che è un sentimento ( purtroppo, più potnte della gioia o della felicità, perchè le ferite del cuore possono essere lenite, ma non cancelate del tutto. E Bella, trasmettendo la sua sofferenza a Edward, lo ha reso parte dei sè. Io, invece, il dolore che provava bella in new moon l'ho trovato normalissimo per una donna che aveva trasformato Edward in tutto il suo mondo. Infatti ho sempre trovato il loro rapporto affascinante, ma anche sbagliato, perchè Bella ha trasformate Edward nel suo unico appiglio alla vita, ciò che prova per lui è un amore dipendente. Ma, haimè, anche tremendamente affascinante. Anche se i personaggi fossero stati umani, probabilmente io mi sarei innamorta lo stesso della saga della Meyer, proprio perchè si racconta di un amore davvero sconvolgente, quasi impossibile da trovare nel mondo reale!Un bacio,eli
ED4E Ciao! Come vedi bella è finalmente giunta alla conclusione che ciò che provava per Jake era sbagliato, e che l'uomo giusto per lei è Edward!Un bacio, eli ( ps: la tua storia l'ho letta e mi ha molto incuriosita!!^.^)
STELLACULLEN ciao,  non preoccuparti!!! Io apprezzo moltissimo i vostri commenti!!E sono davvero lusingata, mi fa piacere che la storia ti sia piaciuta!! Un bacio, eli

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Capitolo 6
*** PROMESSA ***


"I giorni dell'abbandono"
epilogo
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Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephenie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 
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Sette anni dopo
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"Like a virgin... Touched for the very first time...Like a viiiiirgin" la voce dolce e sensuale di Edward mi giunse alle orecchie. Posai il mestolo con il quale stavo cercando di spalmare la panna montata sulla torta che avevo appena estratto dal forno, e mi diressi con passi lenti e cadenzati in soggiorno.

Ciò che vidi mi fece scoppiare in una risata di scherno che fece girare i miei uomini di casa nella mia direzione.

- Che c'è da ridere?- chiese Edward aggrottando la fronte, mentre il piccolo Mark batteva le manine, incitando il padre a continuare il suo spettacolo.

Risi ancora, quando vidi Edward voltarsi verso nostro figlio e impugnare con forza il telecomando della tv, per poi riprendere ad imitare la voce alta e squillante di Madonna.

Il piccolino battè ancora le manine, contento, le guanciotte rosse e gli occhietti spalancati e fissi su suo padre. Mi avvicinai a loro, prendendo Mark in braccio e voltandomi verso Edward.

- Smettila di fare lo scemo o lo traumatizzerai a vita!!!- dissi piccata, e lui ridacchiò.

- Dalla sua faccia contenta sembra che apprezzi le mie performance- mormorò Edward fingendosi offeso, e io risi ancora, mentre il piccolo mi tirava con forza una ciocca di capelli.

- Ehi, lascia in pace mamma!!!- sillabò Amy, l'espressione torva e imbronciata concentrata sul fratellino. Zampettò verso di noi, rischiando di inciampare sull'imponente tappeto del soggiorno, e Edward scoppiò in una fragorosa risata.

- Lo scarso equilibrio l'ha preso da te!!- sussurrò accennando alla piccola, che si avvicinò al suo papà con gli occhi verdi e luminosi ridotti a fessure.

- Diglielo anche tu, papà!!- trillò saltando in braccio a Edward, che la prese con delicatezza e se la issò sulle spalle.

Sorrisi, Emily era proprio una peste. Aveva appena compiuto cinque anni, ma per essere così piccola era davvero molto intelligente e ,cosa ancor più strana, aveva sviluppato un attaccamento nei miei confronti davvero curioso. Di solito le bambine si affezionano in particolar modo al padre ma lei, contro tutte le nostre aspettative, sembrava voler vivere in simbiosi con me, tanto che quando gli avevo detto di aspettare Mark, che avrebbe compiuto oggi i suoi primi dieci mesi di vita, era diventata gelosissima nei miei confronti. Oggi avevamo organizzato una piccola festa per festeggiare il suo compleanno,come ormai facevamo ogni mese, e fra poco sarebbero arrivate le poche persone con cui avevamo deciso di condividere questa giornata.

Edward ridacchiò, accarezzando i capelli ramati della piccola e baciandole la fronte.

- Ehi, gelosona, smettila di torturare tuo fratello!! E' piccolo, non vuole mica farmi male!!- la sgridai severa, e Edward mi lanciò un occhiataccia.

D'altronde lui era affezzionatissimo a Amy, le voleva un bene dell'anima, e non sopportava che le venisse rimproverato nulla. Spesso avevamo litigato perchè, a mio parere, lui la viziava troppo, dandogliela sempre vinta e trattandola come una piccola principessa, incurante delle mie velate proteste.

Amy emise uno sbuffo scocciato, seppellendo il viso nel petto del suo papà.

- Papy, mamma è brutta e cattiva!!!- pigolò, e io alzai gli occhi al cielo, mentre Edward rideva, lanciandomi un occhiata di vittoria.

Un piccolo lamento mi fece tornare a guardare Mark, che stava tirando la mia maglietta nel tentativo di attirare la mia attenzione.

- Cosa c'è, amore?- chiesi con voce dolce, d'altronde io adoravo il mio pulcino come la mia stessa vita...stravedevo per lui, era come se, ogni volta che lo guardavo, la mia anima diventasse improvvisamente più leggera e tutte le mie paure e insicurezze si colmassero del tutto.

Lui emise una risatina acuta, indicando con un ditino un punto imprecisato della stanza e io, con un cipiglio curioso in viso mi voltai, incontrando gli occhi azzurri e penetranti di Emmett, il fratello maggiore di Edward, che aveva fatto capolino dalla porta con le guance rosse e l'espressione del viso sconvolta.

- Chi ti ha dato il permesso di entrare?- scherzò Edward, avvicinandosi a lui con la piccola in braccio, e Emm ridacchiò.

- Il cancello era aperto, fratello!- mormorò burbero - dovresti stare più attento...- sbuffai, avvicinandomi a lui e squadrandolo con disapprovazione.

- Che succede Emm, Rosalie ti ha picchiato di nuovo?- ridacchiai, e lui fece una smorfia.

- Non ancora, ma ci è voluto davvero poco!!- sillabò Rose entrando in soggiorno, e il suo sguardo si illuminò quando mi vide.

Erano passati molti anni da quando Edward aveva lasciato Rosalie per sposarsi con me, e da allora molte cose erano cambiate.

Emmett, il fratello maggiore di Edward, era tornato dalla francia, dove dirigeva un importante società di elettronica, per aprire dei nuovi Store anche a Washington e, quando aveva saputo del divorzio di Edward e Rose aveva tentato di stare vicino alla donna, cercando di lenire il dolore della separazione fra lei e suo fratello. E poi, dopo molti incontri e parole di conforto, i due si erano innamorati, sorprendendo tutta la famiglia, ma soprattutto me e Edward. Di conseguenza Rose aveva riallacciato i rapporti con noi, e aveva seppellito l'ascia di guerra per tentare di tornare a far parte di questa famiglia. Inutile dire che eravamo diventate amiche e che, dimenticato qualsiasi rancore nei miei confronti, io e lei avevamo costruito un rapporto basato sulla sincerità e, soprattutto, sulla fiducia reciproca.

Anche se, ad essere sincera, gli sguardi che ogni tanto lanciava a Edward spesso mi intimidivano, perchè scorgevo una luce nei suoi occhi che non prometteva nulla di buono...

Tentai di scacciare quel pensiero, abbracciandola teneramente, e il suo sorriso si accentuò quando Edward le sfiorò con dolcezza una guancia, causandomi una fitta di acuta irritazione che tentai in tutti i modi di mascherare ai loro occhi.

-Come sta il piccolino?- chiese osservando Mark, e il suo sorriso divenne una smorfia tirata quando vide che mio figlio aveva nascosto il capo fra i miei capelli. Chissà perchè, ma lui nutriva una strana avversione nei confronti di Rose...

Scacciai anche quel pensiero dalla mia mente, sorridendole dolcemente.

- Tutto a posto, oggi non ha fatto i capricci per mangiare..-

- sono contenta- disse , scostandosi dall'abbraccio di Emmett, quasi infastidita da quel contatto.

Si diresse con passi lenti e sinuosi verso Edward, accarezzandogli una mano e sottraendole la piccola Amy dalle braccia,  prendendo a cullarla dolcemente.

- E tu, principessa?? Il papà ti tratta bene??- mormorò, e la piccolina emise un risolino acuto.

Edward rise, guardando Rose con un sorriso raggiante.

- Direi proprio di sì, anche se Bella non ne è molto felice...- sussurrò guardandomi intensamente.

Alzai gli occhi al cielo, baciando i capelli del piccolino  e fulminando Edward con un espressione torva e imbronciata.

- La vizia troppo- sillabai, e lui rise, mentre Rose contrasse le labbra in una smorfia impercettibile di cui mi accorsi soltanto io.

- Non credo ci sia nulla di male, Bella. Se fosse stata mia figlia- e calcò con forza sull'ultima parola - io avrei fatto lo stesso...- impallidii a quelle parole, e lei mi lanciò un occhiata strana, diversa, che non avevo mai scorto sul suo bellissimo volto. Cercai di deglutire inutilmente, stringendomi a mio figlio e avvicinandomi a Edward, che mi abbracciò delicatamente e mi baciò una guancia. A quel gesto il volto di Rosalie si incupì, e una strana sensazione mi invase, causandomi un brivido di paura sulla schiena...

- Edward!!!- strillò Emmett, appollaiato sul divano di fronte alla tv, concentrato su una partita di baseball che trasmettevano sul canale sportivo. Edward alzò gli occhi al cielo, lanciandomi un occhiata esasperata che mi fece sorridere e, facendo scendere la piccola dalle sue braccia, si avvicinò a suo fratello per commentare la partita.

Lo osservai allontanarsi, i miei occhi brillavano di una luce estasiata, un sorriso appena accennato mi sfiorava le labbra...l'amavo tantissimo, e giorno dopo giorno ringraziavo il cielo per avermi donato un marito così dolce e premuroso, che faceva di tutto per venire incontro ai miei bisogni e che , soprattutto, ricambiava il mio amore in maniera così totale e disinteressata...

- Siete molto felici- constatò la voce di Rose, e io mi voltai a guardarla, sbalordita. Il suo volto era pallido e tirato, le labbra piegate in una smorfia impercettibile, gli occhi freddi fissi sul mio volto intimorito.

- Già...- annuii, mentre sentivo le piccole manine di Mark tirarmi con forza i capelli.

-Edward ti ama molto- continuò con voce dura, e io tremai...non mi aveva mai parlato in quel modo.

-Mai quanto io amo lui...- risposi piccata, e lei sorrise, un sorriso strano, inquietante.

-Forse hai ragione...anche se Edward è sempre stato molto volubile, e lo puoi capire dal fatto che mi ha lasciata da un giorno all'altro per te...-

- Cosa stai dicendo, Rose?- la interruppi con voce ansiosa, e lei sorrise di nuovo.

- Nulla, volevo solo avvertirti di stare attenta...potrebbe comportarsi allo stesso modo con te, e questa volta ne avrebbe tutti i motivi...-

Spalancai gli occhi, sbalordita, e lei ridacchiò quando vide la sorpresa sul mio volto. Si avvicinò a me, i suoi passi erano lenti e cadenzati, sembrava un felino in procinto di scovare la sua preda.

- Sai, ieri pensavo che la vita è davvero strana...non avrei mai creduto che un uomo come Edward si potesse invaghire di una donna come te...forse qualcuno dovrebbe aprirgli gli occhi...-

- Cosa...che significa?- le chiesi, intimorita dal suo sguardo famelico, e lei ridacchiò, per poi sussurrarmi all'orecchio, con voce carica d'odio...una voce che non sembrava nemmeno appartenerle, per quanto era distorta dalla rabbia e dalla gelosia.

- Credi davvero che io stia facendo tutto questo per amore di Emmett??- chiese ironica, e io impalidii, mentre le gambe iniziavano a tremarmi dalla paura.

- Me lo riprenderò, Bella. E la mia non è una minaccia, ma una promessa...-

Si allontanò , avvicinandosi a Edward e posandogli una mano sulla spalla, mentre un sorriso estatico spuntava sulle labbra di mio marito...e in quel momento mi sembrò di morire.

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Ciao ragazze!!! Questo è l'ultimissimo capitolo di questa storia! Come avrete notato, il finale è' sospeso, nel senso che ci sarà un seguito di altri cinque capitoli...che ne dite, vi piace l'idea??Ovviamente il tema non sarà più l'abbandono, ma la vita di coppia, altro argomento piuttosto delicato.. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto...questa storia non ha avuto molto successo, ma devo ammettere che mi è molto piaciuto scriverla, per cui mi piacerebbe scrivere un seguito!! Ora vado, ringrazio di cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, chi ha inserito la fic fra le preferite/seguite/da ricordare!! Un bacio,eli 

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