Lingering Memories

di storyteller lover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovo arrivo tra i Weasley ***
Capitolo 2: *** Il nuovo isegnante ***
Capitolo 3: *** Una bacchetta nuova per Ella ***
Capitolo 4: *** Hogwarts ***
Capitolo 5: *** Insegnanti esigenti ***
Capitolo 6: *** Punizione con Severus? ***
Capitolo 7: *** Organizzazioni segrete e altre piccole scaramucce ***
Capitolo 8: *** Verità e Bugie ***



Capitolo 1
*** Nuovo arrivo tra i Weasley ***


Lingering Memories

Prologo:

“I morti non possono tornare indietro, Severus. Ai vivi restano solo…i ricordi.” 
“Ovviamente.” Rispose Piton, quasi adirato.
Percorreva l’ufficio di Silente a grandi falcate, accompagnato dal fruscio del suo mantello nero.
“Eppure, ti vedo inquieto.” Gli disse il vecchio preside, scrutandolo con i suoi luminosi occhi azzurri.
“È solo che non riesco a …” Cercò di dire Piton, ma sembrava che le parole gli morissero in gola prima ancora che le pronunciasse.



Cap.1: Nuovo arrivo tra i Weasley

Quando Harry Potter entrò per la prima volta al numero dodici di Grimmaud Place, in quella calda sera di agosto, non poteva immaginare cosa e, soprattutto, chi vi avrebbe trovato. 
Era appena scampato per l’ennesima volta a ciò che restava di quella che era stata un’estate afosa e terribile, in compagnia dei Dursley. 
Nella più completa solitudine, isolato dal mondo magico e senza neanche un biglietto da parte dei suoi migliori amici, aveva trascorso i giorni facendo finta che nulla di quanto era successo a Hogwarts negli ultimi mesi di scuola fosse vero: Cedric non era morto, ma in viaggio con suo padre. Aveva vinto la coppa Tre Maghi e tutta la scuola lo aveva acclamato come vincitore del Torneo. 
Voldemort non era mai tornato.
Ma salendo quei pochi e polverosi gradini di pietra, gettò uno sguardo rapido al braccio destro. 
La cicatrice, il ricordo del taglio infertogli da Codaliscia, spiccava nitida sulla pelle dell’avanbraccio.
Messa lì, in bella vista, sembrava volergli rammentare che la realtà era molto diversa da quella che sembrava essere così facile da immaginare, mentre stava seduto nel giardino dei Dursley, al numero quattro di Privet Drive.
Cedric era davvero morto, Voldemort era tornato e nessuno, nessuno dei suoi amici lo aveva cercato per tutti quei mesi. La Gazzetta del Profeta continuava a pubblicare notizie e articoli sulle supposte menzogne affermate da lui e da Silente. Era stato tutto sviato. La morte di Cedric, la cattura di Bartemius Crouch Junior, tutto era stato messo in dubbio, confutato, trasformato, reinterpretato.
Così, adesso, era anche un bugiardo.
“Forse sono tutti di sopra.” Disse Malocchio Moody, piano. Tutti rimasero in silenzio, avanzando in quel corridoio polveroso calpestando la moquette.
“Attenzione, Ninfadora!” Disse Kingsgley, vedendo che la giovane strega era quasi inciampata su un portaombrelli a forma di zampe di leone.
“Non l’ho fatto a posta! E non chiamarmi Ninfadora! Pensa se tua madre ti avesse dato un nome stupido come Ninfadora, ti piacerebbe che ti chiamassi così?” Continuò lei, infervorata.
“Ah, piantatela!” Fece eco Malocchio.
Uno spiraglio di luce proveniva da dietro una porta socchiusa. Al di là di questa, un chiacchiericcio sommesso echeggiava nel silenzio della casa.
“Devono avere già iniziato la riunione.” Disse il professor Lupin. 

Si udirono dei passi affrettati, e la madre di Ron, la signora Weasley, emerse da una porta dall’altro lato dell’ingresso.*
“Oh, Harry caro, che gioia rivederti! Devi essere affamato, povero caro. Purtroppo dovrai aspettare. La riunione è già cominciata.“
La signora Weasley condusse Harry di sopra. Gli impedì di partecipare alla riunione. 
Era solo per i componenti dell’Ordine, aveva detto. 
“Ron e Hermione ti stanno aspettando. Stai attento a non fare rumore, caro. “ E così dicendo, lo lasciò davanti a una porta gettandosi occhiate intorno.
Quello che accadde dopo è facilmente intuibile. 
Il trio di amici attraversò brevi attimi di imbarazzo, dovuti alla rabbia repressa di Harry, all’impotenza di fare o dire qualcosa di più da parte di Ron ed Hermione.
“Silente ci ha detto di non scriverti niente. La posta viene intercettata. Molti vecchi sostenitori di Tu-sai-Chi stanno tornando dalla sua parte, non ci si può fidare più ti nessuno.” Disse Hermione, cercando di trovare una giustificazione seria.
“Cosa potevamo fare, Harry? Nemmeno a noi dicono cosa sta succedendo! La mamma non ci permette di partecipare alle riunioni dell’Ordine.” Fece eco Ron, ma a quel punto la rabbia di Harry esplose.
“Credete che sia stato difficile solo per voi? Io ero quello estraniato dal mondo, che non sapeva che cosa stesse succedendo intorno a lui, che ha rischiato di farsi espellere da Hogwarts per aver usato la magia contro i Dissennatori! Che ha rischiato di morire per l’ennesima volta e ha invece visto morire qualcun altro al suo posto!” 
E continuò a sfogarsi urlando e buttando fuori tutto quello che si era tenuto dentro per mesi. 
A nulla, valevano le scusa di Ron e Hermione.
Ma a un certo punto, un schiocco improvviso fece sobbalzare i tre, e quasi all’istante, i due gemelli Weasley si erano materializzati di fronte a loro.

“Ciao, Harry!” disse George con un gran sorriso. “Mi pare di aver sentito i tuoi soni soavi.”*
“Non devi reprimere la rabbia così, Harry, lasciala sfogare.” Disse Fred, che pure sorrideva. “Forse a una quarantina di chilometri da qui ci sono due o tre persone che non ti hanno ancora sentito.”*
L’arrivo dei gemelli riportò un po’ di calma ma anche d'allegria. Presto a loro si aggiunse anche Ginny e, cosa inaspettata per Harry, un’ultima persona si unì alla loro ristretta cerchia.
Era una ragazzina alta, dalla corporatura media, e sebbene sembrasse più grande, Harry intuì che non poteva avere più di sedici anni.
Quando Harry la vide, capì subito che doveva far parte della grande famiglia Weasley. Aveva capelli ricci e rossi, di un colore un po’ più scuro di quello di Ron e dei suoi fratelli, nessuna lentiggine, occhi cangianti e un viso rotondo.
“Harry, ti presento Ella!” Disse Ron.
“Vuoi dire Ellen Priscilla Davies.” Precisò Ginny.
“Altrimenti detta Ella.” Conclusero Fred e George all’unisono. 
La ragazza sorrise a Harry. 
Harry pensò che era piuttosto carina.
“Chiamami Ella. Inizia come Ellen e finisce come Priscilla. Mi chiamano tutti così.” Gli disse.
“Tranne mia madre. Harry, dovresti sentirla, riesce a chiamarla in venti modi diversi nel giro di mezzo minuto.”
“Mamma da soprannomi a tutti, Ron.” Aggiunse Ginny. 
“Soprattutto a Ella.” Continuò Ron.
“Piantala, Ron.” Gli disse Ella, arrossendo e dandogli una pacca sulla spalla.
“Piacere di conoscerti, comunque.” Le disse, porgendole la mano. “Io sono Harry, Harry Potter.”
“Piacere mio.” Gli rispose. “Ron e gli altri mi hanno parlato tantissimo di te.”
“Ella è la figlia di un cugino di primo grado di mia madre. Fa il ragioniere a Londra. Mi sembra di averti detto che avevamo un Babbano in famiglia.” Aggiunse Ron.
“Forse me lo avevi accennato. Quindi siete cugini?” Disse Harry. 
Iniziava a chiedersi cosa ci potesse fare una ragazza babbana al quartier generale dell’Ordine della Fenicie, quando la risposta di Ron gli chiarì ogni dubbio.
“Di terzo grado. Ma questo sembra essere abbastanza perché Ella è una strega, e resterà con noi Weasley per molto tempo.” Rispose Ron,
“E indovina cosa farà Ella a settembre?” Disse Fred.
“Verrà a Hogwarts con noi.” Rispose prontamente George.
“Davvero? È fantastico.” Disse Harry, ma poi gli venne in mente qualcosa.
“Non avevo mai sentito dire di qualcuno che entra a Hogwarts direttamente agli successivi al primo. È possibile?” chiese Harry. Questa volta, i fratelli Weasley lasciarono che Ella rispondesse da sé.
Dalla sua risposta, Harry capì il perché. La risposta alla sua domanda aveva un tono molto personale.
“Non accade spesso ma si può fare. Almeno così è stato per me. Frequentavo la scuola per maghi e streghe di Durmstrang. Mi sono trasferita con mia madre in Romania proprio prima di iniziare il primo anno. Lei e mio padre, beh…” Sembrava che Ella stesse cercando le parole giuste. “…diciamo che lui non l’ha presa proprio bene quando ha scoperto che era una strega. Io ero piccola. Così dopo la separazione, mia madre accettò un’offerta di lavoro all’estero.”
“Ed ecco perché non l’avevi mai vista, Harry.” La interruppe Ron.
“Lasciala parlare, Ron.” Disse Hermione, colpendo Ron in testa con un rotolo di pergamena.
Ma Harry notò che l’interruzione di Ron aveva permesso a Ella di tralasciare forse la parte più difficile.
“E in quale casa… dovrai essere smistata come gli allievi del primo anno, il cappello parlante deve assegnarti a una casa.” Disse Harry, immaginandosi la scena in cui la povera Ella, ritta in mezzo a una folla di bambini del primo anno, avanzava e indossava davanti a tutta la scuola il cappello parlante.
“Oh, no, no, no, Harry. Ci ha pensato Silente. Se non sbaglio ha detto qualcosa del tipo "possiamo permetterci di fare un'eccezzione alla regola" e ha fatto apparire Fanny, la sua fenice, nel salotto del quartier generale dell’Ordine, con il cappello stretto fra gli artigli. Così Ella è stata smistata davanti al camino al piano di sotto.” Raccontò George.
“Un vecchio svitato, Silente, come sempre, ma imprevedibile.” Disse Ron.
“Non è un vecchio svitato, Ron. È il più grande mago del mondo. È citato anche in Storia moderna della Magia e in Eventi straordinari del XX secolo.” Disse Hermione, introducendo come sempre una nota di cultura nella conversazione.
“Beh, allora? Com’è andata?” Chiese Harry. Avevano lasciato cadere il discorso prima di dire a quale dormitorio Ella era stata assegnata.
“Grifondoro!” Urlarono i gemelli insieme.
Sembrava proprio che la povera Ella dovesse sempre avere qualche portavoce che parlasse al posto suo.
“Benvenuta.” Le disse Harry.
“Grazie. Ron ha detto che se finivo tra i Serpeverde non mi avrebbe parlato più. Anche se non ho capito ancora bene il perché.” Disse Ella.
Stavano per iniziare a parlare di quanto fosse diversa Durmstrang da Hogwarts, delle materie sulle arti oscure che si studiavano in più rispetto a Hogwarts e di come Ella avrebbe diviso la camera con Hermione, visto che aveva compiuto quindici anni lo scorso aprile e avrebbe pertanto frequentato con loro le lezioni e sostenuto gli esami per i GUFO, quando Fred e George tirarono fuori dalle loro tasche degli oggetti alquanto strani.
Accorgendosi dell’espressione sorpresa di Harry, Fred si affrettò a spiegare.
“Orecchie Oblunghe. Una delle nostre ultime e geniali invenzioni. Visto che non ci fanno assistere alle riunioni, abbiamo pensato che era meglio trovare un modo diverso di partecipare.” 
“Ma non abbiamo avuto molta fortuna,” Disse Ginny.
“Già.” Fecero insieme i gemelli.
“Mamma ha gettato un Incantesimo Imperturbabile sulla porta della cucina.”* Disse Ginny.
Peccato, avevo proprio voglia di scoprire che cosa sta combinando il vecchio Piton.”* Disse Fred.
Piton!” esclamò Harry. “È qui?”*
Gli spiegarono in breve che Piton era in missione segreta per l’Ordine e che faceva rapporto alle riunioni ogni volta che fosse possibile. Nonostante tutto, Harry non esitò ad affermare i suoi seri dubbi circa l’affidabilità di Piton.
È dalla nostra parte, adesso.”* osservò Hermione in tono di rimprovero.
Ma nemmeno i gemelli o Ginny la pensavano così. 
La verità era che Piton era troppo odiato da qualsiasi studente che avesse mai frequentato le sue lezioni di pozioni, per ispirare piena fiducia a qualcuno, tranne che a Silente.
“Ecco quando ti dico che Silente è un vecchio svitato. Tu ti fideresti di uno come Piton?” Disse Ron, quasi a voler riprendere il discorso di prima.
“Ha dimostrato ogni volta di essere affidabile. Non è l’insegnante più amabile e gentile che Hogwarts abbia mai visto ma…”
“Amabile?” Disse Fred.
“Gentile?” Fece eco George.
“Te lo immagini? Piton amabile e gentile? Sarebbe disgustoso.” Disse Ron
“Credo che preferirebbe far togliere tutti i punti ai Serpeverde piuttosto che essere amabile e gentile.” Disse Harry.
Tutti, compresa Hermione, scoppiarono a ridere, tutti, eccetto Ella, che era rimasta ad ascoltare lì, seduta sul letto accanto a Ron.
“Scusate la domanda stupida, ragazzi, ma chi sarebbe questo “professor Piton”?” Chiese Ella timidamente.
“Non è una conoscenza che vale la pena fare, anche se non ne potrai fare a meno, una volta venuta a Hogwarts.” Disse George.
“È l’insegnante di pozioni. È una delle materie che dovrai studiare a Hogwarts. E Piton è il terrore di tutti gli studenti, specialmente dei novellini del primo anno. Incute timore solo a guardarlo. È risaputo che odia in particolar modo gli studenti di Grifondoro, e cerca sempre di favorire quelli della sua casa, i Serpeverde. Aspira da anni alla cattedra di Difesa contro le Arti oscure, ma si dice che quel posto sia maledetto. Nessun insegnate riesce a resistere a quella cattedra più di un anno. Pensa che abbiamo cambiato ogni anno professore.” Disse Ron.
Stava per continuare il suo discorso, quando la porta della camera si apri e Tonks venne ad avvertirli che la riunione era appena finita.
In men che non si dica tutti si precipitarono al piano di sotto, compresi Fred e George che, presi dall’agitazione, avevano dimenticato di smaterializzarsi per la centesima volta quel giorno.

To be continued…

Bene, primo capitolo scritto. È stato sorprendente iniziare questa storia. Non avevo mai pensato di scrivere una fan fiction su Harry Potter, ma oggi sembrava proprio essere una giornata molto ispirante.
Cercherò di seguire le linee generali della storia, facendo spesso riferimento ai libri. Il punto di vista cambierà spesso, cioè non seguiremo le vicende di Ella dal solo punto di vista di Harry, ma cercheremo di vedere cosa ne pensano anche gli altri.

1)tutte le frasi in corsivo segnate dall’asterisco sono tratte da Harry Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore, dal Capitolo 4 Grimmaud Place.*;

2)il cugino babbano della signora Weasley, che lavora come ragioniere, è una figura che viene presentata di sfuggita in Harry Potter e la Pietra Filosofale, 1997, Salani Editore;

3)il rating della storia varierà a seconda degli sviluppi della storia, a me ancora sconosciuti^^.

Al momento è tutto, alla prossima.^^

storyteller lover



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Capitolo 2
*** Il nuovo isegnante ***


Cap.2 : Il nuovo insegnante

Harry trascorse qualche giorno con la famiglia Weasley, Sirius e con i componenti dell’Ordine che andavano e venivano a tutte le ore del giorno e della notte, nella quasi completa tranquillità.
Aveva fatto la conoscenza della casa dei Black, si era fatto coprire di insulti dal ritratto della mamma di Sirius e ascoltato i commenti del vecchio elfo domestico che abitava lì.
Ma non c’era molto tempo per rilassarsi, vista l’atmosfera che permeava la casa e i suoi abitanti.
La signora Weasley li teneva tutti occupati nelle pulizie del Quartier Generale. 
La casa era effettivamente infestata da ogni genere di spiriti, folletti e parassiti che si potesse immaginare.
“Da non credere, Harry caro! E pensare che anche se in disuso, la casa è stata sempre abitata da un elfo domestico.” Borbottava, cercando di liberare le tende da tutti i Doxi che vi si erano annidati.
“Speravo che con un elfo domestico in casa avrei avuto qualcuno che mi aiutasse, almeno con il bucato. Ma quella povera creatura non fa altro che borbottare tra sé e parlare con il ritratto.” Continuava la madre di Ron.
In quei giorni i ragazzi non fecero altro che dedicarsi alla grande opera di restauro della casa dei Black.
Tanto erano immersi nelle faccende domestiche, che quasi tutti avevano dimenticato che il giorno dell’udienza di Harry si avvicinava rapidamente. 
Fu così che una mattina, Harry e il signor Weasley uscirono dal Quartier Generale, diretti alla sede del Ministero della Magia.
“Andrà tutto bene, Sirius.” Disse la signora Weasley, sparecchiando il tavolo dopo colazione.
Erano tutti in cucina, lei, Sirius, Lupin e Tonks, ed erano molto più preoccupati di quanto non dessero a vedere.
“Il buon vecchio Silente sistemerà la faccenda, e non se ne parlerà più.” Continuò lei, ma nessuno accennava a continuare la conversazione. Si poteva solo sentire il rumore delle stoviglie e dell’acqua corrente.
“Tra poco andrò a svegliare i ragazzi. È meglio che riprendano ad alzarsi un po’ più presto la mattina, visto che la scuola sta per iniziare.” Riprese Molly Weasley, e forse nessuno si sarebbe dato la pena di parlare, se non avessero udito la porta d’ingresso aprirsi e lo scricchiolio di un passo veloce lungo il corridoio.
La signora Weasley non aveva neanche avuto il tempo di voltarsi per dire “Chi potrebbe mai essere a quest’ora?” che Severus Piton fece capolino nella stanza, con grande sorpresa di tutti i presenti.
Era raro che si presentasse al Quartier Generale al di fuori degli incontri previsti per le riunioni dell’Ordine.
“Cosa ci fai qui, Piton?” Gli disse Sirius, in tono quasi seccato. 
“Non è un buon momento?” Gli rispose Piton, sogghignando. Stava per dire qualcosa quando la signora Weasley lo interruppe.
“Ti ha mandato Silente, vero Severus?” Gli chiese, non curante dei piatti, che avevano iniziato a pulirsi da soli nel mentre.
“Sembra che Silente non voglia che troppi gufi svolazzino qui intorno. Qualcuno potrebbe notarli. Così mi ha chiesto di portare io stesso le lettere da Hogwarts.” Le rispose Piton, con un tono più cordiale.
“Che c’è, Piton, ti sei dato alla consegna a domicilio? Forse Silente ha pensato che dai molto meno nell’occhio di un comune barbagianni, anche se non credo, col naso che ti ritrovi.” Gli disse Sirius, seriamente intenzionato a canzonare il vecchio compagno di scuola.
Piton lo guardò freddamente. 
“Patetico. Ho sentito dire che stare chiusi sempre nello stesso posto, senza la minima possibilità di mettere anche un solo piede fuori, dia alla testa, Black. Cerca di non ammuffire troppo su quella poltrona, mentre noi altri, compreso il tuo adorato signor Potter, rischiamo l’osso del collo ogni istante.” Gli rispose Piton e, a quanto pare, aveva centrato il bersaglio. Sirius odiava il fatto di non poter fare niente per l’Ordine. 
Aveva messo a disposizione di Silente casa sua come Quartier Generale, e adesso non faceva altro che vedere gli altri darsi da fare, mentre lui doveva restare nascosto.
“Perchè invece non torni a giocherellare con le tue provettine da chim..” Cercò di dire Sirius, cercando la sua bacchetta ma Lupin lo fermò.
“Perché non chiudiamo questa conversazione? Sarebbe meglio concentrarsi su altre questoni.” Disse.
“Hai ragione, Remus. Coi tempi che corrono…” disse la signora Weasley, lasciando la frase in sospeso.
Senza pensarci su prese a controllare le lettere dei ragazzi.
C’erano due buste indirizzate per Fred e George, una ciascuno per Harry, Ron, Hermione e Ginny, ma nessuna lettera per Ella.
“Severus, sei sicuro che queste siano tutte le buste che ti hanno detto di portare?” 
“C’è qualche problema, Molly?” Chiese Tonks.
“Manca la lettera per Ella.” Le rispose la signora Weasley. “Deve esserci stato qualche errore. Tutto sembra andare alla rovescia. Ora anche la posta di Hogwarts non è più precisa.”
E mentre rispondeva a Tonks, una figurina in pigiama si affacciò sulla porta della cucina.
“Oh, Ella cara, buongiorno.” Le disse la signora Weasley.
“Buongiorno.” Disse Ella, sorridendo a tutti loro.
Sirius ricambiò facendole l’occhiolino, ammiccando.
“Ella, non credo che tu conosca il professor Piton.” Disse Lupin, indicando l’uomo dal mantello nero che gli dava le spalle. 
“Piton non ha tra le sue conoscenze ragazze così carine, Remus.” Disse Sirius, ammiccando di nuovo a Ella.
“Sirius, non mi sembra il caso di…” Stava per dire la signora Weasley. Non approvava quel tipo di ironia.
“Tranquilla, Molly, Sirius ha sempre trovato simpatico questo suo atteggiamento con le ragazze.” Disse Remus, dando un colpetto sulla spalla al suo migliore amico.
Tutti scoppiarono a ridere, tranne Piton, cosa che, per altro, nessuno trovava strana. 
Piton non era certo noto per il suo grande spirito ironico.
Si limitò invece a voltarsi. Scrutò Ella per qualche attimo, quasi a volersi accertare di chi stessero parlando Sirius e Lupin. Lentamente, estrasse da sotto il mantello un involucro bianco giallastro e lo porse ad Ella.
“Oh, ma allora non c’è stato nessun errore. Ella cara, quella è la tua lettera da Hogwarts. Prendila, tesoro.” Disse la signora Wesley, felice che anche piccola Ella avesse ricevuto la sua lettera insieme agli altri.
Un po’ timidamente, Ella la prese. 
“Grazie mille, professore.” Disse con un filo di voce. Ron aveva ragione. Il professor Piton sembrava una figura molto autoritaria. 
Piton non rispose. 
Scrutò ancora Ella per qualche momento e poi se ne andò.
“L’avevo detto io che come porta-lettere non era un gran che.” Disse Sirius.

Quella sera.

Lo sapevo urlò Ron, scagliando i pungi in aria. Te la cavi sempre!”*
Dovevano assolverti” disse Hermione, che si stava consumando dalla preoccupazione quando Harry era entrato in cucina e ora teneva una mano tremante sugli occhi, non c’erano argomenti contro di te, nessuno.”*
Erano tutti lì, impazienti di ricevere notizie sulla tanto sperata assoluzione di Harry.
“Da non credere, ragazzi, Harry è stato giudicato dalla Corte plenaria. Un caso di magia minorile portato davanti all'intero Wizengamot. Non credevo che la faccenda fosse così seria.” Il signor Weasley intratteneva tutti con il suo resoconto, inserendo molte delle sue impressioni e argomentando più di quanto sarebbe stato necessario.
Sirius diete un colpetto sulla spalla a Harry, gratificandolo con uno dei suoi sorrisi incavati.
Aveva sentito dire che era stato un gran bel ragazzo da giovane. 
“Sei tutti noi, Harry.” Dissero Fred e George all’unisono, apparendo all’improvviso sul tavolo della cucina con un sonoro schiocco.
“Quante volte ve lo devo dire. Non dovete usare tutte le volte la magia anche se adesso siete maggiorenni. È da stupidi.” Prese a dire la signora Weasley, dando una bella sgridata ai suoi gemelli.
“Sono contenta per te, Harry.” Gli disse Ella, e non si fece che parlare di tutta quella faccenda, fino a quando Tonks non disse, “Sono arrivate queste da Hogwarts, sta mattina, mentre tu eri al Ministero”, rivolgendosi a Harry. In meno di un minuto, tutti i ragazzi erano intenti a leggere la propria lettera. 
Ron ed Hermione erano stati nominati prefetti, nelle loro buste era stata spedita, insieme alla lista dei libri di testo, la spilla dei prefetti. 
Con grande sorpresa di tutti, Harry non era stato nominato prefetto.

Fred e George facevano finta di vomitare… ma la signora Weasley non se ne accorse; con le sua braccia strette attorno al collo di Ron, gli baciava tutta la faccia, che era diventata più rossa della spilla.*
“Cosa dicevi, Ron, a proposito d Silente? Lo trovi ancora un vecchio svitato?” Gli disse Ginny.
“Se devo essere onesto, credo che abbia dato realmente fuori di testa. Miseriaccia!” Gli rispose Ron, ancora sconvolto per la notizia.
“Datemi tutto quanto. Domani andrò a Diagon Alley e comprerò tutto. Ella avrà bisogno di comprarsi le uniformi nuove e tutto il resto. Sbaglio o avevi qualche problema con la bacchetta?” Disse la signora Weasley, rivolta a Ella.
In effetti la bacchetta di Ella aveva più di un semplice problema.
Sembrava che qualcosa di grande e molto pesante ci si fosse seduto sopra.
“Credo che sia stato Hagrid. Non si era accorto della bacchetta sul divano e beh, questo è il risultato.” Disse Ella, mostrando quel che restava della sua bacchetta.
“Forse Olivander potrebbe aggiustarla.” Suggerì Ron.
“Credo invece che ti consiglierebbe di comprarne un’altra, Ella. Lo sai, le bacchette di Olivander sono le migliori.” Le disse Sirius, avvicinandosi a lei. “Sarebbe meglio che tu andassi a Diagon Alley con Molly domani. Credi, credi che potrei venire con voi, Molly? È passato così tanto tempo da quando…”
“Non se ne parla, Sirius! Che cosa direbbe Silente? Ma ti rendi conto dei rischi che correresti? Potresti essere scoperto, potremmo essere tutti scoperti!” Urlò la signora Weasley.
A nulla valsero le insistenze di Sirius. 
Né la signora Weasley, ne nessun altro era del parere che fosse una cosa saggia.
“Mi farai vedere la tua bacchetta nuova quando tornerete.” Disse Sirius a Ella, uscendo dalla cucina, più abbattuto del solito.
“Forse è meglio che vai a parlare con lui, Harry.” Gli disse Ella nell’orecchio. “Era molto preoccupato per te oggi. Poi, credo che abbia davvero bisogno di sfogarsi con qualcuno. Da quando sono qui, non l’ho visto mai davvero preso da qualcosa che non sia l’Ordine o beh, tu.” Gli disse, sorridendo un po’ imbarazzata.
“Andrò a parlarci. Grazie del consiglio, Ella.” Disse Harry.  Iniziava a pensare che la cugina dei Weasley capisse molte più cose di quanto facessero gli altri.

To be continued…

Ecco qui il secondo capitolo. Lo so che al momento vi sembra lento come sviluppo, ma prometto che diventerà più interessante. Ho in mente qualcosa, qualcosa di molto pericoloso, ihih.
Comunque nei prossimi capitoli vorrei approfondire meglio il rapporto Sirius-Ella-Harry. Diciamo che non avevo pensato a questa triade. Ma ora che scrivo la storia, credo che potrebbe funzionare.
Grazie mille a Lucre che ha inserito la storia tra i preferiti. Le frasi in corsivo contrassegnate con l'asterisco sono tratte da: Harry Potter e l'Ordine della Fenice, 2003, Salani Editore, capitolo 9 Le Pene della signora Weasley*.
Alla prossima.

storyteller lover



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Capitolo 3
*** Una bacchetta nuova per Ella ***



Cap. 3: Una bacchetta nuova per Ella

 

Come deciso, la signora Weasley ed Ella andarono a Diagon Alley il mattino seguente.
Uscirono  molto presto, così presto che il Quartier Generale era ancora deserto.
“Forza Ella cara. Dobbiamo fare in fretta.” Le diceva sua cugina.
“Sei mai stata a Diagon Alley? No? Vabbè, oggi ti ci farai un bel giretto. Controlla per favore la lista dei libri, credo che bene o male abbiate tutti bisogno del nuovo libro di difesa contro le arti oscure.” 
Solo Ella doveva acquistare davvero tutto, dal calderone in peltro al cappello a punta.
Tutti gli altri avevano già tutto quello che gli occorreva. 
Passarono così per prima cosa alla Gringott dove Ella prelevò del danaro dal suo conto personale, e poi da Madama McClan dove Ella si fece confezionare tre divise nere in tinta unita e gli indumenti con il simbolo dei Grifondoro. Ma acquistò anche un grazioso paio di guanti in cuoio e una mantellina rossa da indossare durante le gite a Hogsmade.
“Mi piacerebbe imparare a cucire come Madama McClan. A Natale regalo sempre ai ragazzi un maglione o una sciarpa ricamati ai ferri, ma non vengono certo così bene.” 
Passarono al Ghirigoro e acquistarono i libri. 
Entrarono dal farmacista per acquistare gli ingredienti e tutto l’occorrente per frequentare le lezioni di Pozioni.
Fu una mattinata alquanto gradevole. 
Ella e la signora Weasley andavano molto d’accordo. Solo con Molly, Ella riusciva a parlare della sua situazione familiare senza trovarsi in imbarazzo.
“Hai sentito tuo padre, Ella?” Le chiese sua cugina, cercando di non far capire che era un po’ preoccupata.
“Ancora no. Gli scriverò una lettera, prima di andare a Hogwarts.  Lui, beh, non credo che voglia vedermi.” Rispose Ella, un po’ amareggiata.
“Sai che non ci siamo mai frequentati più di tanto, ma non credo che non ti voglia vedere. È tuo padre dopotutto.”
Ella promise che gli avrebbe perlomeno scritto, anche se erano anni che non si incontravano. 
“Senti Molly, mi puoi parlare di quel professore di Hogwarts, quello che ci ha portato le lettere ieri?” Chiese Ella a sua cugina, dopo averci pensato su.
“Chi, il professor Piton? Sarà il tuo insegnante di Pozioni, Remus deve avertelo detto.” Gli rispose Molly, intenta a scegliere la marca giusta di polvere volante.
“Da non credere come riusciamo a finirla subito. Devo chiedere ad Arthur di essere più cauto nell’usarla.” 
“Sì, è vero. Sembra molto autoritario. Ron e gli altri non lo trovano molto simpatico e…” Cercò di dire Ella, ma la signora Weasley la interruppe.
“Ron e i suoi fratelli dovrebbero pensare più a studiare che ha pensare al professor Piton. Silente ha le sue buone ragioni per fidarsi di lui, e per me tanto basta. E poi non devi credere a tutte le sciocchezze che dicono i tuoi cugini.”
“No, non volevo dire questo, Molly. Ero solo curiosa.”
“Non dico che sia perfettamente affabile e pronto a conversare, ma ne ha passate tante ed è...”
“Proprio lì.” Disse Ella, interrompendo i discorsi della signora Weasley.
Fu così che le due cugine videro il mantello nero di Piton uscire  da una traversa secondaria alla via principale di Diagon Alley e scomparire in un’altra stradina subito dopo.
“Oh, Ella cara,” Le disse Molly, “non dobbiamo avvicinarci. La segretezza è tutto, Silente è stato chiaro. Al di fuori delle mura dell’Ordine non dobbiamo ammettere la nostra conoscenza o collaborazione. Ora che ci penso, Mundungus dovrebbe essere da queste parti. Mi raccomando, Ella, non una parola.” Le disse Molly, tornando a scrutare la lista dei loro acquisti da fare.
“Ti manca ancora…” Stava per dire.
“Una bacchetta.” L’anticipò Ella.
“Sì, cara, e Olivander è giusto dietro l’angolo. E poi dritte a casa. Devo ancora preparare il pranzo.”
Un lieve scampanellio, proveniente dagli anfratti del negozio non meglio identificati, accolse il loro ingresso. Era un luogo molto piccolo, vuoto, tranne che per una sedia dalle zampe esili…*
Dagli alti scaffali, pieni di scatoline impolverate, ricadevano minuscoli granellini di polvere, e una luce fioca faceva capolino dalle finestre sporche.
“Buongiorno.” Disse una voce sommessa.*
Ella e Molly sobbalzarono. 

Avevano di fronte un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che illuminavano la penombra del negozio come due astri lunari.*
“Buongiorno.” Gli rispose Molly, mentre Ella proferì un “salve” molto flebile.
“Molly Weasley. Quercia e peli di unicorno. Lunga tredici pollici e mezzo. Piuttosto flessibile. Ottima per gli incantesimi domestici.” Le disse il vecchio Olivander.
“Proprio così. La conservo con molta cura.” Gli rispose Molly, molto entusiasta.
“Il primo dei suoi figli maschi ha preferito peli di unicorno e faggio. Dieci pollici. Bella flessibile. Un po’ meno potente, ma se così è deciso, questo noi non possiamo giudicare.” Continuò il vecchio, parlando molto più a se stesso che a loro. 
“Sembra ieri che suo marito ha acquistato qui da me la sua prima bacchetta magica. Cuore di drago e salice. Dodici pollici e un quarto. Non molto elastica, ma adatta alla Trasfigurazione.”
E mentre elencava i diversi tipi di bacchette venduti a tutti i membri della  famiglia Weasley, Ella lo guardava con un’espressione mista a stupore e curiosità, che l’anziano non tardò a notare.
“Io ricordo tutte quelle che ho venduto, signorina Davies, come anche a chi appartengono. E anche quella che comprerà lei oggi resterà per sempre nella mia memoria. È la bacchetta, non il mago o la strega, a scegliere il suo possessore. Così fin dall’acquisto della bacchetta possiamo sapere se lei sarà destinata a compiere grandi cose, o a distinguersi, come molti altri prima di lei.” Le disse Olivander, scrutandola con i cuoi grandi occhi azzurri. Seppur molto in là con l’età, mostrava una mente lucida e una memoria duratura, che quasi intimidirono Ella.
“Bene, bene.” Diceva Olivader tra sé, muovendo freneticamente le dita e scegliendo con cura quali contenitori tirare fuori. 
Solo in quel momento Ella si rese conto che un metro da sarta le stava prendendo le misure del braccio.
“Usa la destra, non è vero?” Le chiese Olivander.
“Sì.” Gli rispose Ella.
“Sua madre aveva preferito una bacchetta di mogano. Dodici pollici. Flessibile. Ho detto preferito, ma come ho detto, è la bacchetta a scegliere.” Diceva tutto eccitato.
Dopo un bel po’ di tramestio e concitazione, Olivander porse quella bacchetta che aveva giudicato adatta per la prima volta.
“Castagno e corde di cuore di drago. Otto pollici. Elastica. Leggermente sibilante. La provi.” Le disse, ma prima che Ella lo facesse, Olivander gliela prese.
Scomparve ancora una volta dietro gli scaffali e ne riemerse con una nuova bacchetta.
“Tenga questa. Frassino e piume di fenice. Elastica. Undici pollici.”  Disse, porgendogliela.
Ella la agitò, ma non accadde nulla.
“Forse, questa.” Le disse, porgendogliene un’altra. “Pino e peli di unicorno. Piuttosto flessibile. La provi.”
Ma neanche quella bacchetta, ne le successive, sembravano soddisfarlo.
Un cliente difficile, eh? No, niente paura, troveremo quella che va a pennello*…” Le disse Olivander. 

Le bacchette si stavano accumulando sulla sedia, ma più Olivander ne tirava fuori dagli scaffali, più sembrava felice.*
“Non si preoccupi, signorina Davies, sono certo di aver fabbricato quella che fa per lei.” Le disse entusiasta. 
Poi, d’improvviso, sembrò concentrarsi profondamente.
Mormorava parole incomprensibili e agitava nuovamente le dita sottili, dirigendosi nello scaffale alla sua sinistra.
Ne estrasse una scatola logora e consunta, ma prima di aprirla, puntò nuovamente il suo sguardo su Ella.
“Potrebbe essere quella giusta. La lunghezza, la linea del suo braccio sembrano a dir poco perfette.” Le disse.
Scartò rapidamente la scatola e ne estrasse una bacchetta di un bel rosso bruno. Era stranamente lavorata, con intarsi lungo tutta l’estensione della bacchetta.
“Ciliegio selvatico e piume di fenice. Quindici pollici e mezzo. Molto flessibile. Appena, appena sibilante, ma perfettamente elastica.” Le disse, porgendogliela.
Impugnata la bacchetta, Ella le diede un lieve colpetto e dalla punta scaturì una scia blu e argentata, con spruzzi di scintille che disegnarono una linea curva nell’aria.
“Bravissima, signorina Davies, proprio così. Molto, molto bene.” Disse Olivander. “Sa, ho atteso a lungo di trovare qualcuno adatto per questa bacchetta. L’ho fabbricata prim’ancora che lei, Molly, entrasse alla scuola di Hogwarts. Molto prima, molto prima, direi. Forse Silente non era ancora diventato Preside.” Disse Olivander. “Vedere la nascita di una bacchetta e saperla inutilizzata è un’amara consolazione, signorina Davies. Sono contento che lei sia stata scelta da questa bacchetta. Mi è molto cara. Vede, il legno del ciliegio è molto duro, compatto e resistente. Per ottenere un risultato eccellente, deve essere lavorato con cura e attenzione. E più a lungo si lavora il legno, più potente è la bacchetta. Ma bisogna interrompere il lavoro, prima che, a lungo andare, il legno perda le sue preziose qualità. Posso già dirle che mi aspetto di sapere grandi cose, su di lei.”
Ella pagò la sua bacchetta nuova diciassette falci e nove zellini e qualche minuto dopo, lei e Molly rientravano al Paiolo Magico, cariche di pacchi e di buste, pronte a tornare a casa.

 

Al Quartier Generale.

 
Appena rientrata al Quartier Generale, Ella salì in camera sua per sistemare i suoi nuovi acquisti.
Tutti i libri finirono dentro il baule, come il calderone, la bilancia e tutto il resto.
Lasciò per ultima la bacchetta. Era decisa a guardarla meglio. 
Le piaceva, e molto. 
Le sarebbe piaciuto mostrarla agli altri, ma per il momento, se la infilò in tasca e uscì dalla stanza, diretta al piano di sotto. Un pensiero le tornò in mente, allora, mentre scendeva le scale.
Di sfuggita, al ritorno da Diagon Alley, aveva intravisto nuovamente quel professore, Piton, seduto in disparte al Paiolo Magico. Molly non ci aveva fatto caso, ma lei sì.
Era stata una figura ricorrente negli ultimi due giorni ed Ella iniziava a capire il perché non suscitasse molta simpatia ai più. Era piuttosto silenzioso e autoritario, e sarebbe stato meglio non fare niente che potesse infastidirlo, una volta andata ad Hogwarts, pensò Ella, mentre scendeva le scale.
Come sempre, solo la luce della cucina era accesa e tutti erano seduti intorno al tavolo, a discutere.
Harry, Ron ed Hermione formavano un gruppetto unito a cui ogni tanto si aggiungeva Sirius.
Molly e Arthur parlavano tra di loro accanto a una poltrona, mentre Ginny leggeva un libro proprio vicino a loro, disturbata dalle continue ragazzate di Fred e George. Lupin e Tonks parlavano con Kingsgley, mentre Moody stava dando una bella lavata di capo a Mundungus per aver cercato di contrabbandare delle piante carnivore a un babbano inconsapevole, spacciandole per delle comunissime gardenie.
“Ecco la nostra bella ragazza.” Esortò Sirius, quando Ella entrò in cucina,
Tutti la salutarono gioiosamente e insistettero affinché Ella mostrasse loro la loro bacchetta e raccontasse tutta la scena per filo e per segno.
“È davvero molto bella. Non credo di averne viste così, fin’ora. Tu che ne dici Remus?” Disse Sirius.
“È particolare, non c’è dubbio. Il buon vecchio Olivander ha superato di nuovo se stesso.” 
“È un po’ strampalato, oserei dire.” Disse Ron, ridendo sotto i baffi. “Mette agitazione, non trovate? E non è piacevole sentire che riesce a ricordarsi persino la prima bacchetta che ha venduto, mentre io fatico a ricordare quello che ho mangiato a pranzo.”
“È un grande esperto, Ron. E ne sa molto più di chiunque altro sulle bacchette. Ricordo quando mi vendette la mia. Fu davvero emozionante.” Disse Hermione.
E tutti presero a discutere su quale fosse la bacchetta più bella.
Sirius restava in disparte e sorrideva ad Ella, quasi con aria paterna.
“Quando acquistai la mia,” Disse Harry, “Olivander dovette tirarne fuori un intero scaffale. Ricordo di essermi trovato in grande imbarazzo. Non sapevo che fare per la metà del tempo.”
“Sì, è vero.” Gli rispose Ella, “Non credevo che la scelta della bacchetta fosse così sentita, anche dai non interessati.” 
E in effetti, tutti raccontavano la storia di come erano stati scelti dalla loro bacchetta.
Persino Tonks si accinse a raccontare.
“E poi c’era Piton.” Disse Ella e le sue parole causarono un’ondata di mutismo generale.
“Il professor Piton?” Chiese Ginny.
“Vuoi dire quel professor Piton?” Chiese George.
“Proprio il buon vecchio Piton?” Fece eco Fred.
“Credo che abbia afferrato ragazzi.” Disse Harry.
“Sì.” Disse Ella. “Il professore che ha portato le nostre lettere da Hogwarts. Io e Molly, vostra madre, l’abbiamo intravisto a Diagon Alley, e poi mi sembra di averlo visto anche al nostro ritorno al Paiolo Magico.” 
“E cosa diavolo ci faceva Piton al Paiolo Magico? Anzi, a Diagon Alley?” Disse Ron, piuttosto confuso.
“Ma non lo usi il cervello, Ronald? Sicuramente stava acquistando materiale per le sue scorte personali a Hogwarts. Ricordi? La scuola inizia dopodomani, pigrone.” Lo ammonì Hermione.
“Miseriaccia, tra due giorni si parte.” Disse Ron. “Doppia miseriaccia.”

 

To be continued…

 

Sono riuscita a completare anche il terzo capitolo. Non so come, ma ieri sera mi sentivo ispirata. Comunque spero sia stato interessante. L’ho scritto ambientando la gran parte della scena nel negozio di Olivander perché, insieme alla parte dello specchio dei desideri, era la mia scena preferita di Harry Potter e la Pietra Filosofale.

Tutte le bacchette che nomino sono puramente inventate. Ovviamente ho riletto quella parte della storia, cercando di capire i criteri di classificazione di Olivander e cercando di descrivere bene questo strano ma importante personaggio. Le descrizioni sulle caratteristiche del legno del ciliegio non sono inventate, ma reali. Tutto ciò che Olivander dice riguardo alla bacchetta di Ella e della lavorazione delle bacchette in genere è puramente frutto della mia immaginazione. 
Tutte le parti in corsivo e contrassegnate dall’asterisco sono tratte da Harry Potter e la Pietra Filosofale, 1998, Salani Editore, dal capitolo 5 Diagon Alley*.

Ringrazio in particolare:

Hotaro_Tomoe: grazie mille di aver recensito la storia, mi ha fatto molto piacere.^^
giada2000 e lucre per aver inserito la storia tra i preferiti e hermione616 per seguire la storia.^^

Grazie a tutti per aver letto, alla prossima

 

storyteller lover

 

    

    

 

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Capitolo 4
*** Hogwarts ***


Cap. 4:  Hogwarts

 

La partenza per Hogwarts fu particolarmente movimentata, almeno più di quanto lo era stata gli anni precedenti. Il Quartier Generale risuonava delle urla della signora Weasley, tutta rossa e presa nello sgridare Fred e George, e di quelle decisamente più offensive del ritratto della signora Black.
I ragazzi si erano alzati piuttosto di buon’ora per completare gli ultimi preparativi. 
Ron e Harry incontrarono Ella ed Hermione mentre erano intenti a trasportare i propri bauli giù per le scale.
…meglio muoversi, la mamma è fuori di sé, dice che perderemo il treno…”* Disse Ron.
“Buongiorno, Ella. Ciao Hermione.” Disse Harry alle due ragazze. 
“E i vostri bauli? Perché non li avete con voi?” Chiese Ron, tutto rosso in viso per lo sforzo.
“Il professor Lupin e Sirius sono venuti ad aiutarci qualche minuto fa. Hanno pensato che quei bauli erano troppo pesanti per noi.” Gli rispose prontamente Hermione. 
“Vorrei sapere perché nessuno pensa mai che siano troppo pesanti anche per noi.” Continuò Ron, infastidito.
“Ti do’ una mano io, Ron. Non ho neanche la borsa.” Si fece subito avanti Ella, ma le urla della signora Weasley li fecero sobbalzare tutti e quattro.
VOLETE SCENDERE TUTTI QUANTI, PER FAVORE?”*

Il ritratto della signora Black ululava dalla rabbia, ma nessuno si diede la pena di chiuderle le tende in faccia; tutto il fracasso nell’ingresso l’avrebbe risvegliata comunque.*
Erano tutti pronti. I bauli furono stipati accanto all’ingresso. Edvigde ed Errol erano chiusi nelle loro gabbiette e Grattastinchi cercava, invano, di sfuggire dalle braccia di Hermione.. 
Perfino Sirius, nonostante le insistenze della signora Weasley, attendeva con ansia di poter uscire. 
Era particolarmente eccitato: avrebbe respirato dell’aria fresca e accompagnato i ragazzi al binario 9 e ¾, seppur  nelle sembianze di un grosso cane nero che scodinzola. 
Tutti aspettavano che Moody desse il via per uscire. Una scorta era stata organizzata in modo che Harry raggiungesse il binario sano e salvo. Si divisero perciò in piccoli gruppi: Harry sarebbe andato con Tonks e la signora Weasley. Ron e i suoi fratelli sarebbero andati insieme a Moody, mentre Lupin avrebbe accompagnato Ella ed Hermione.  

Harry e il suo gruppo furono i primi ad uscire. 
Impiegarono venti minuti per raggiungere Kong’s Cross a piedi, e l’unico evento significativo fu quando Sirius spaventò un paio di gatti per divertire Harry.*
Con cautela e facendo molta attenzione, oltrepassarono la barriera tra i binari 9 e 10, raggiungendo il binario 9 e ¾  dove l’espresso per Hogwarts li attendeva. Il marciapiede e l’area vicino al treno erano gremiti di gente. 
Subito Harry si sentì felice. L’idea di tornare ad Hogwarts lo rincuorava. 
Spero che gli altri arrivino in tempo Disse la signora Weasley preoccupata…*
Ma i suoi timori furono presto sciolti. Uno ad uno, tutti gli altri attraversarono la barriera. 
Moody trasportava i bagagli e Sirius era più euforico che mai.
Si salutarono e tutti raccomandarono a Harry di fare attenzione. 
Il grosso cane nero andava da Harry a Ella e viceversa, saltando e rizzandosi sulle zampe e spingendoli verso il treno. La signora Weasley rimproverava Sirius, dicendo che quello non era un comportamento molto canino*, ma i due ragazzi lo apprezzarono molto. Era bello vederlo felice almeno per quella volta.
Presto furono tutti sul treno e le porte si richiusero.
Ci vediamo! Gridò Harry dal finestrino aperto mentre il treno cominciava a muoversi. 
Presto le figure dei signori Weasley e degli altri divennero sempre più piccole fino a scomparire. 
L’ultimo che videro fu Sirius, intento a rincorrere il treno, e che scomparve una volta che ebbero oltrepassato la prima curva. Felici per la partenza, i ragazzi dovevano trovarsi per prima cosa uno scompartimento. 
Sebbene in imbarazzo, Ron e Hermione lasciarono Harry, Ella e Ginny, diretti alla carrozza dei prefetti, promettendo che sarebbero passati a trovarli. Fred e George invece erano già scappati da Lee Jordan.
Andarono nell’ultima carrozza, dove incontrarono Neville e trovarono posto in uno scompartimento dove fecero tutti la conoscenza di Luna Lovegood, detta Lunatica.
Trascorsero il resto del viaggio quasi in completa tranquillità, tranne quando Neville fece esplodere un bulbo della sua nuova pianta (una mimbulus mimbletonia,  una sottospecie di cactus rachitico tutto coperto di bolle) e quando l’ingresso di Ron ed Hermione nella carrozza fu seguito da quello di Draco Malfoy insieme a Tiger e Goyle. Era venuto per canzonare Harry e Ron e lo fece, anche se Harry gli tenne testa egregiamente. 
Ella pensò che quel ragazzo si desse parecchie arie, ma non si fece intimidire da lui neanche quando Draco spostò la sua attenzione da Harry a lei.
“E questa chi sarebbe, la tua nuova ragazza, Potter? Non l’avevo mai vista.” Gli disse Draco , sogghignando. “Devo dire che questa volta l’hai scelta molto più carina del solito.” 
“Non è la mia ragazza e non sono affari tuoi.” Rispose Harry.
“Se non fosse una Grifondoro ci farei anche un pensierino, ma lo sai che non mi abbasso a certi livelli.” Continuò Draco, mentre Tiger e Goyle si sbellicavano dalle risate.
“Se anche non fossi una Grifondoro non darei conto di certo a te. Non ho tempo da perdere coi bambini viziati.” Gli rispose Ella, sorprendendo tutti, Malfoy compreso.
“Lascia in pace mia cugina, Malfoy!” Disse Ron, cercando di aiutare Ella.
“Lascia perdere, Ron.” Gli fece eco Ella.
“Ah, è tua cugina, Weasley? Non l’avrei mai detto, visti i suoi abiti nuovi di zecca. Quelli che porti tu di chi erano? Come minimo appartenevano a tuo nonno.” Disse Malfoy, e stava per continuare se qualcosa di inaspettato non lo avesse bloccato.
Ella si era alzata di scatto e, senza preamboli, aveva dato a Malfoy uno schiaffo in pieno viso. Non che ci avesse messo molta forza anzi, senza dubbio il colpo non era stato doloroso per Draco, ma fu sufficiente a fargli perdere l’equilibrio, facendolo cadere a terra. Tiger e Goyle cercarono di rimetterlo in piedi.
Draco era bianco più che mai e guardava Ella con stupore, ma non sembrava intenzionato a parlare.
“L’hai finita?” Gli chiese Ella. Harry si accorse che aveva il respiro affannato, ma non osò intromettersi.
Draco si rialzò. Non le rispose. Continuava a premersi la mano sulla guancia e uscì, seguito a ruota libera da Tiger e Goyle.
Una volta richiusa la porta, nello scompartimento scese il silenzio più totale.
Perfino Luna aveva abbandonato la lettura del Cavillo e si gustava la scena, rapita dalla suspense.
Ella si voltò verso i ragazzi. Era ancora rossa in viso e tremava leggermente. Prese un respiro profondo e tornò a sedersi, ancora nel più completo silenzio.
“Chi era quel ragazzo?” Chiese con un filo di voce. Gli altri si guardarono impressionati. 
“Hai zittito Malfoy con uno schiaffo, gli hai dato del viziato e ora ti chiedi chi era?” Le chiese Ron, attonito.
Ella sembrava imbarazzata. Non sapeva cosa le era preso, sapeva solo che l’aveva fatto e basta.
“Mi dispiace, io, ecco non so che mia sia preso, io…”
“Ti dispiace? Ma sei stata grandiosa! Per la miseria!” Le disse Ron. “Che dico? Magnifica! Eccezionale!” 
“Io non ci sarei riuscito. Sei stata fantastica, Ella.” Disse Neville con ammirazione.
Ella arrossì ancora di più, ma era più tranquilla.
“Non è da me perdere il controllo, non volevo.” Disse Ella, ma Ron non la pensava così e, francamente, neanche gli altri. In più Malfoy non sarebbe andato in giro con quella sua aria arrogante per un bel po’.
“Hai fatto bene. Gliele hai cantate a quell’idiota di un Serpeverde. Fred e George ne saranno entusiasti.” Continuò Ron. Anche Hermione e Harry erano sorpresi, ma anche elettrizzati.
“Non si può essere dispiaciuti per Malfoy.” Disse Ginny.
“È stato anche meglio di quando Hermione gliele diede di santa ragione al terzo anno, vero Harry?” Disse Ron.
“Ti ricordi? Non ci ho visto più dalla rabbia quella volta.” Disse Hermione e Ron iniziò a raccontare a Luna, Neville e Ginny l’accaduto.
Nel mentre, Harry ed Ella parlavano tra loro.
“Stai bene?” Disse tutt’un tratto Harry a Ella. 
Lei gli disse di sì, che era stata l’ansia del momento. 
Harry capì da come parlava che era sinceramente affranta da quanto era successo. 
“Non devi dispiacertene. Come ha detto Ginny, nessuno si dispiacerebbe per Malfoy.” Le disse Harry, ma le sue parole non ottennero il risultato sperato.
“Ma non dovevo agire così. Spero di non essere stata troppo brusca. Non lo conoscevo neanche.” Continuò Ella.
“Ella, sinceramente, non devi pensarci. Malfoy va in giro pensando di essere migliore di chiunque altro. Tu gli hai solo dato una lezione.” 
Ella sembrò appena, appena rincuorata da quelle parole, e dopo un po’ stava già ridendo e scherzando con gli altri, senza più rimuginarci su. Presto videro il paesaggio cambiare. 
Ormai si stavano inoltrando nell’aperta campagna e la notte era calata.
Il treno iniziò a rallentare.
Meglio cambiarsi”* Disse Hermione. Lei e Ron tornarono rapidamente alla carrozza dei prefetti mentre Harry e gli altri si davano un gran da fare con i bagagli.
Scendendo dal treno si addentrarono nell’aria notturna. 
Non sentendo la familiare voce di Hagrid che richiamava gli allievi del primo anno, Harry e gli altri si allarmarono, ma non potendo fare molto in quella situazione, si diressero verso le carrozze.
Fu allora che Harry notò qualcosa che non aveva mai visto prima.

Quelle carrozze non erano senza cavalli. C’erano delle creature tra le stanghe… Erano completamente privi di carne, i manti neri aderivano allo scheletro, di cui era visibile ogni osso. Avevano teste di drago, con occhi senza pupille bianchi e sgranati.*
Gli fu presto evidente che era il solo a vederli. Ne Ron, Hermione, Neville o Ella erano in grado di vederli.
Stai tranquillo disse una voce sognante accanto a Harry… Non stai impazzendo. Li vedo anch’io”.*
Era Luna Lovegood e, sebbene Harry non fosse pienamente rassicurato dalle sue parole, tutti salirono sulla carrozza, diretti a Hogwarts.
“Ah, dimenticavo. Benvenuta a Hogwarts, Ella.” Disse Harry.

 

 

Al castello

Il loro viaggio in carrozza fu abbastanza tranquillo e silenzioso. Man mano che si avvicinavano al castello, Harry notò che dalla capanna di Hagrid non proveniva alcuna luce.
Sperava che non se ne fosse andato per sempre.
La carrozza si fermò davanti al portone di quercia. Harry scese per primo** e tutti gli altri lo seguirono.
“Il castello di Durmstrang non era così grande.” Disse Ella, sovrappensiero.
“Victor mi aveva detto che lì il parco è molto più grande.” Rispose prontamente Hermione.
“E cos’altro ti ha detto Victor?” Chiese Ron scontroso.
“Non eri tu quello che voleva il suo autografo?” Rispose Hermione stizzita.
“State parlando di Victor Krum?” Chiese Ella.
“Sì, proprio lui. Era il campione di Durmstrang al torneo Tre Maghi. Bhè, Ron non ha apprezzato che avesse invitato Hermione al ballo del ceppo.” Spiegò Ginny.
“Era un gran zuccone. Un grandissimo campione, certo, ma proprio zuccone. E cosa centra il ballo del ceppo, Gimmy?” Continuò Ron.
“Con me era piuttosto gentile. Mi chiedeva spesso com’era l’Inghilterra. Non parla così male l’inglese.” Disse Ella. Lei ed Hermione si guardarono e fecero un risolino che lasciava poco da immaginare.
Ron continuò a borbottare tra sé e sé ma ben presto oltrepassarono il portone e si diressero verso la sala grande.
“Da questa parte si scende verso i sotterranei. Mentre salendo a sinistra arrivi ai piani superiori. Quella è la strada per arrivare alla torre nord, noi ci facciamo Divinazione lassù.” Cominciò a dire Ron.
“Credo che Ella farebbe meglio a imparare ad arrivare alla Sala Comune e poi, Hermione sarà sempre con lei. Non c’è il rischio che si perda.”  Disse Harry, credendo che Ron stesse confondendo Ella più del dovuto.
“Potter, Weasley, Granger e Paciok.” Disse una voce autoritaria in cima alle scale.
I ragazzi alzarono lo sguardo e proprio sul ciglio della scalinata c’era la professoressa McGranitt che li scrutava con aria seria.
“Andate alla sala grande. Anche tu, signorina Weasley. Singorina Davies, seguimi.” Disse loro, e il tono della sua voce non ammetteva repliche.
“Ti terremo un posto accanto a noi. “ Disse Ron ad Ella.
“Ci vediamo dopo.” Le disse Harry.
“A dopo.” Rispose Ella, e col cuore un po’ più pesante, seguì la professoressa McGranitt fino al suo studio.
Era una stanza molto ordinata, con dei luminosi candelabri che pendevano dal muro. Molti libri erano stati riposti su degli scaffali dietro la scrivania.
“Siediti pure, signorina Davies. Ti ho fatto venire qui perché prima dell’inizio delle lezioni, cioè domani, dovrai scegliere quali corsi seguire. Li sceglieremo insieme, in base anche alle tue preferenze e ai programmi che seguivi a Durmstrang. Sono stata chiara?” Le chiese. Ella annuì, ma non disse niente.
“Seguirai tutte le materie di base insegnate qui ad Hogwarts, che bene o male corrispondono a quelle della tua precedente scuola: Erbologia, Incantesimi, Storia della Magia, Difesa contro le arti Oscure, Trasfigurazione, Pozioni.” Disse la McGranitt. “Ora è il caso di scegliere le materie che saranno oggetto di esame ai GUFO.” 
“Vorrei seguire Cura delle creature magiche, aritmanzia e antiche rune.” Disse Ella.
“Dovrai metterti in pari con gli altri allievi. Sono materie complesse, specialmente aritmanzia e antiche rune. Ma dal momento che, da quanto mi è stato detto, i tuoi voti sono sempre stati ottimi, non credo avrai problemi.” Le disse la McGranitt.
La professoressa consigliò ad Ella dei libri di testo da acquistare che l’avrebbero senza dubbio aiutata a recuperare rapidamente quanto fatto negli anni precedenti.
“Manderò un gufo al Ghirigoro domani mattina con i tuoi ordini. In più questa è un’autorizzazione speciale per prendere in prestito tutti i libri che riterrai necessari dalla biblioteca. Basterà che prima verrai ad informarmi. Ora puoi andare al banchetto, signorina Davies.” Le disse la McGranitt, porgendole un foglio di pergamena arrotolata.
“Professoressa?” Disse Ella, timidamente.
“Sì?”
“Non…” Stava per dire, ma la porta dell’ufficio si aprì, cigolando appena, e sulla soglia apparve una figura familiare.
“Cosa posso fare per te, Severus?” Chiese la McGranitt.
Piton scrutò Ella per qualche momento, prima di rispondere.
“Ho interrotto qualcosa?” Disse pacatamente. 
“No, io e la signorina Davies abbiamo finito.” Gli rispose la McGranitt.
“Il professor Silente mi ha mandato a chiamarla. Il banchetto è quasi iniziato. Non vorrà perdersi l’inizio?” Spiegò Piton. Da quanto le aveva detto Ron, era importante che tutti i professori assistessero al discorso di inizio anno del preside e alla presentazione del nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
“No, certamente no.” Rispose la McGranitt. “Verrò subito. Ho bisogno di qualche minuto per compilare questi moduli.” Disse la McGranitt, e poi si rivolse a Ella. “Stavi dicendo, signorina Davies?”
Ella diventò subito rossa. Pensò che, fortunatamente, volgeva le spalle verso il professor Piton, anche se difficilmente questi non avrebbe notato l’agitazione nella sua voce.
“Allora?” Le chiese la McGranitt.
Ella sentiva il respiro farsi più rapido.
“Ecco, io non… non… non so come raggiungere la sala grande.” Disse, balbettando un po’ e nascondendo le mani dentro le tasche della divisa.
“Ah, giusto. Non ci avevo pensato. Sii gentile, Severus. Accompagna la signorina Davies alla sala grande. È la nuova allieva del quinto anno di cui ci ha parlato il preside. Dì al professor Silente che vi raggiungerò a breve.” Disse la McGranitt e, a quelle parole, Ella trasse un profondo respiro. L’aveva immaginato.
Si voltò e incrociò lo sguardo di Piton. Questi non disse una parola. Si limitò soltanto a uscire dalla stanza. 
Ella lo seguì in silenzio lungo i corridoi. Il passo felpato del professore si accompagnava al svolazzare del suo mantello nero mentre il suono dei suoi passi riecheggiava per i corridoi. 
Lui non disse una parola ed Ella pensò di adeguarsi.
Ron e i gemelli le avevano detto di quanto Piton odiasse gli studenti di Grifondoro. Sapeva che tra lui e i membri dell’Ordine non c’era mai stata molta simpatia e, pertanto, non voleva infastidirlo minimamente.
Mentre camminavano, Piton avanti ed Ella dietro di lui, il rumore dei loro passi fu sovrastato da un grande chiacchiericcio. Molte voci si sovrapponevano le une sulle altre. 
Si vedeva una grande luce provenire dalla parte più in fondo del piano. 
Improvvisamente, però, Piton smise di camminare e si voltò verso Ella. Il suo sguardo era gelido. 
Ella cercò si sostenerlo, ma sperava che tornasse a voltarsi.
“La Sala Grande è in fondo, girando a destra. Non credo ti perderai.” Le disse e, rapidamente, tornò indietro. 
Ella aspettò che voltasse l’angolo, prima di rilassarsi.
In fondo a destra. No, non si sarebbe persa.
Si incamminò verso la luce e ben presto arrivò di fronte al grande arco di pietra che faceva da entrata al sala. Quattro tavoli lunghi erano posti al centro della sala, mentre il tavolo dei professori era in fondo.
Sul soffitto si poteva osservare un immenso cielo stellato, e miriadi di candele fluttuavano nell’aria, illuminando tutto l’ambiente. Ella vide le figure argentee dei fantasmi volteggiare lungo i tavoli.
Ci volle un po’ di tempo, ma finalmente Ella intravide delle teste rosse in fondo al secondo tavolo, sedute in fondo. Prese un altro respiro ed entrò nella sala.

 

 

Il mattino seguente

 

“La Sala Grande è da quella parte?” Chiese Ella ad Hermione. Si era svegliata quella mattina molto presto. 
Fuori era ancora buio e tutte le ragazze dormivano. Era rimasta sul letto a pensare a dove si trovava, con chi e come. Dalla finestra provenivano dei leggeri spifferi d’aria. Il castello era silenzioso.
Poi le ragazze si erano svegliate, una ad una, e insieme si erano sciacquate, vestite e scese nella sala comune. Ron ed Harry non erano ancora pronti. Così Hermione ed Ella erano scese direttamente per andare a colazione.
“Sì, girando a destra. Stai iniziando ad ambientarti?” Le chiese Hermione.
“Mi ci vorrà un po’ per riuscire ad andare in giro da sola.” Rispose Ella.
“Visto che frequentiamo gli stessi corsi non avrai problemi.” Le disse Hermione. “Più tardi ti farò vedere dov’è la biblioteca. Non posso credere a quanta fortuna hai! La McGranitt ti ha dato il permesso per ritirare tutti i libri che vuoi, anche quelli proibiti! Sarebbe davvero interessante poterli leggere.” 
“Potrò sempre leggerli con te.” Le disse Ella, intuendo che Hermione non vedeva l’ora di poter leggere quei pochi libri della biblioteca che non era ancora riuscita a procurarsi.
Entrando nella sala grande, tra i pochi studenti che erano lì, Ella riconobbe quel ragazzo dal viso spigoloso, i capelli biondi e la pelle chiara che aveva preso in giro Harry e Ron il giorno prima sul treno.
In pochi secondi, Ella poteva rivivere gli avvenimenti del giorno prima, accaduti sul treno.
Notando che anche il ragazzo, Malfoy le sembrava che si chiamasse, la guardava, arrossì e distolse lo sguardo.
Raggiunsero il tavolo dei Grifondoro e si sedettero, ma subito Hermione saltò in piedi, agitata.
“Devo andare in biblioteca. Ho dimenticato un libro. Aspettami qui, Ron ed Harry arriveranno tra poco.” Disse Hermione. Così Ella restò sola, con il suo porridge come unica compagnia.
Il suo sguardo si spostò di nuovo verso il tavolo dei serpe verde, ma Malfoy, per fortuna, non guardava più verso di lei. Accanto a lei, qualcuno aveva lasciato una copia della Gazzetta del Profeta. 
La data risaliva al giorno prima. In prima pagina spiccava la foto del Ministro della Magia. 
Ella pensò che era invecchiato parecchio nell’ultimo periodo. In formato più piccolo, la foto della Umbridge sorrideva e si prestava generosamente agli scatti fotografici.

 
Il Ministero della Magia ridimensiona l’insegnamento alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Dolores Jane Umbridge, Sottosegretario al Ministero, sarà la nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.


Chiuse il giornale, decisa a dedicarsi con più lena al suo porridge. 
Aveva quasi finito quando vide Ron ed Harry avvicinarsi al tavolo.
“Ciao Ella!” Disse Ron, gettandosi sulle fette di pane tostato. 
“Ciao Ella.” Le disse Harry, sedendosi di fronte a lei. 
Lei sorrise a tutti e due. 
“Passata bene la prima notte ad Hogwarts?” Le chiese Harry, versandosi del latte sui cereali.
“Oh, sì. Davvero molto tranquilla.” Disse Ella. 
“Harry mi passi quelle salsicce?” Chiese Ron, che ormai doveva aver finito col pane tostato.
“Possibile che non pensi altro a mangiare?” Chiese la voce familiare di Hermione, appena ritornata.
“Perché? Ho solo fame. Non ci vedo nulla di strano.” Le rispose Ron con la bocca piena.
“Sei senza speranze, Ronald Weasley.” Gli rispose. “Questo è il nuovo orario. Me lo hanno appena dato.”
Si misero tutti e quattro a sfogliare dettagliatamente l’orario.
“Miseriaccia!” Esclamò Ron, ingoiando anche l’ultima salsiccia. “Guarda qui, Harry. Due ore di Pozioni il primo giorno. Mi do malato. Non ci voglio venire. E poi abbiamo Divinazione e Difesa contro le arti oscure il pomeriggio. Abbiamo Piton, quella squilibrata della Cooman e persino l’insegnate di Difesa contro le arti oscure, tutti il primo giorno. L’ho già detto che mi do malato?”
“Piantala, Ron. Io ed Ella dobbiamo anche andare ad Antiche Rune.” Disse Hermione.
“Non hai scelto Divinazione?” Chiese Harry ad Ella.
Ella gli rispose a bassa voce.
“La McGranitt non me l’ha consigliata.”
“Lei e la Cooman non vanno molto d’accordo. Anzi, si può dire che si destestano cordialmente.” Disse Ron.
“E’ una branca della magia molto incerta. Non è il caso che Ella sprechi tempo prezioso. Deve recuperare quello che abbiamo fatto negli ultimi due anni.” Disse prontamente Hermione.
In quel momento arrivò Neville e si sedette vicino a loro. Era paonazzo e sudava freddo.
“Visto il nuovo orario?” Chiese Ron, senza molta delicatezza.
Neville annuì, sconfortato.
“Lo vedi, Hermione? Non sono il solo a non essere d’accordo sul nuovo orario.” Le disse Ron.
Hermione non rispose. Sapeva che Neville aveva il terrore del professor Piton. Si limitò a infilare nella borsa il foglio con l’orario delle lezioni.
“Io vado. Devo passare prima dalla McGrabitt a consegnare i compiti delle vacanze. Ci vediamo a lezione.” Disse Hermione e si allontanò rapida. 
“Ma come fa? Parola mia, Harry, un giorno o l’altro le scoppierà il cervello.” Disse Ron, addentando un muffin al cioccolato.
“Hai finito? Non vorrei arrivare in ritardo. Ci manca solo che Piton tolga dei punti a Grifondoro proprio il primo giorno perché siamo in ritardo.” Disse Harry.
“Mangio per strada.” Disse Ron, prendendosi altri due muffin.
“Sì, andiamo.” Disse Ella. “Così possiamo tenere un posto anche per Hermione. Neville, vieni con noi?”
“Si. Meglio con voi che solo.” Gli rispose il ragazzo. 
Alzandosi dal tavolo, Ella notò che il professor Piton non era venuto a colazione.
Rabbrividì leggermente, pensando che li stava sicuramente già aspettando in aula.

  

To be continued….

Oh, ce l’ho fatta. Questo capitolo è stato sofferto. Mi dispiace che sia venuto lungo, anche più del previsto, ma ho dovuto. Purtroppo, iniziando un capitolo, non si sa mai come andrà a finire.
In ogni caso, voglio dirvi che come sempre mi sforzo di seguire le linee essenziali della trama, cercando di inserire Ella in maniera coerente. 
Rispetto agli altri capitoli, Ella prevale un po’ di più. Diciamo che se lo meritava. In fondo, è intorno a lei che ruota la storia. Fin qui il quadro è semplice: Ella si deve ambientare nella nuova scuola, conoscere i suoi compagni e abituarsi ai nuovi ritmi di vita e studio. Spero di non essere caduta nell’OOC. È una mia eterna fissazione.
Nella prima parte del capitolo, le frasi in corsivo e contrassegnate dall’asterisco sono tratte da 
* Harry Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore, dal Capitolo  10, Luna Lovegood,*

Comunque, ringrazio tutti colore che hanno letto e in particolare:

Breathless e Ladyhawke25 per aver inserito la storia tra le seguite.
Aya88 
per i tuoi consigli mora, la tua pazienza e le idee geniali. Nel prossimo capitolo ci sarà la lezione.^^

Hotaru_Tomoe: Tranquilla, anzi grazie di aver recensito.^^ Sono contenta che Ella ti piaccia. Confesso che piace anche a me. Le citazioni sono una mia ossessione. Mi piace inserirle spesso e volentieri, con motivazione ovviamente. La curiosità di Ella per Piton è un fatto puramente normale. Ha sentito i cugini ed Harry parlarne in maniera molto negativa. Quindi non sa effettivamente come comportarsi con lui. Sono contenta che la scena delle bacchette ti sia piaciuta. Per avere a che fare con la Umbridge ci vorrà un pochino.  Ma ti darò soddisfazione, non temere. Grazie ancora di aver recensito.^^

Breathless: oh cara, che emozione. La tua recensione mi ha lasciata a dir poco senza parole. Sei stata molto gentile e piena di complimenti.^^ Grazie mille per tutti i tuoi bellissimi complimenti. Sono d’accordo con te. Le fan fiction su Harry Potter che presentano un personaggio originale sono interessanti. Perché c’è qualcosa di nuovo da dire, in un certo senso. Sono felice di sapere che Harry è IC. Ho sempre paura di sbagliare coi personaggi non miei.^^ Come ho detto a Hotaru_Tomoe, l’interesse di Ella per Piton è puramente ispirato dai commenti e dai racconti dei cugini. Credo che tu abbia fatto centro. Ella spezzerà il cuore di più di una persona, e anche il suo cuoricino ne uscirà leggermente provato. Ma non voglio anticiparti nulla, perché il bello deve ancora venire.

Grazie mille di tutto, sei stata davvero molto gentile.^^
Anche per oggi è tutto, alla prossima

 

 

 

storyteller lover

 

 

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Capitolo 5
*** Insegnanti esigenti ***


Cap. 5 Insegnanti esigenti:






I ragazzi scendevano in fila, uno per uno, lungo il tortuoso passaggio scavato nella pietra che li avrebbe condotti alla prima lezione di Pozioni del semestre.
Erano ancora segnati dalla leggerezza estiva e dal sole delle belle giornate di luglio. Un chiacchiericcio concitato li accompagnava verso la parte più buia e inquietante del castello. 
"Le lezioni di Pozioni si tengono sempre qui?" Chiese Ella a Harry.
"Sì, fin dal primo anno. Non è proprio quel che si dice allegro..." Le rispose Harry. Ella non tardò a scoprire anche che, oltre ad essere un luogo alquanto freddo e umido, i sotterranei erano anche la sede del dormitorio dei Serpeverde e che l’ufficio di Piton, insieme al magazzino in cui il professore conservava le sue scorte, si trovava ancora più in basso. Non c’erano finestre e l’illuminazione degli ambienti era data dalla luce delle candele sparse qua e là sulle pareti. 

Qui faceva più freddo che ai piani alti, il che sarebbe bastato a far venire… la pelle d’oca anche senza tutti quegli animali che aleggiavano nei barattoli di vetro.*
Entrando nell’aula, Ella notò che i ragazzi di Serpeverde erano già lì.
Ai primi banchi c’era Draco Malfoy che parlava insieme ad una ragazza della sua stessa casa e che sembrava trovare molto divertente quello che lui le diceva. 
Per la seconda volta in quella mattina, il suo sguardo si rivolse verso di lei.
La sua espressione si indurì e le sue labbra tremarono, ma ancora una volta, non parlò.
Lei cercò di ignorarlo e si sedette insieme ad Hermione, davanti a Harry e Ron.
Neville, invece, aveva trovato posto nella fila accanto, insieme a Dean Thomas.
“Guarda quell’idiota di Malfoy! Non fa più lo sbruffone dopo ieri. “ Bisbigliò Ron a Harry. 
Quest’ultimo, notando l’agitazione di Ella, non rispose.
“Piantala, Ron. Se avessi cose più importanti da fare non penseresti sempre a Malfoy.” Disse Hermione, avendo avuto lo stesso pensiero di Harry ma meno scrupoli a sgridare Ron. 
Questi, per altro infastidito dal rimprovero, aveva preso a giustificarsi energicamente.
“E questo cosa vuol dire? Credi che non abbia niente da fare? Io ho un mucchio di cose da fare, anzi di più, una montagna di cose da fare, sono molto più impegnato di quello che pensi.” 
“Fossi in te, signor Weasley, comincerei col fare silenzio e prenderei il libro di testo.” Rispose una voce melliflua dietro di loro. 
Il silenzio cadde nell’aula. Tutti si voltarono verso la porta. Il professor Piton era fermo sul ciglio dell’entrata.
Solo le risate concitate dei Serpeverde creavano un sottofondo leggero.

Non ci fu bisogno di richiamare nessuno all’ordine: nel momento stesso in cui la classe aveva sentito la porta chiudersi, ogni irrequietezza si era placata. La sola presenza di Piton bastava ad assicurare il silenzio in una classe.**
“Vedo che come ogni anno pensi più a parlare a sproposito che a dedicarti allo studio della mia materia, Weasley.” Continuò Piton.
A grandi falcate, percorse tutta la cella sotterranea fino ad arrivare alla cattedra.

Come Vitious... iniziò la lezione prendendo il registro*.
“Brown.” Lesse ad alta voce. Nessuno osava parlare o anche solo sussurrare. 
Ogni volta che Piton chiamava un nome, il suo sguardo si dirigeva immediatamente verso il povero nominato. Quest’ultimo rispondeva all’appello alzando la mano.
Quando fu il turno di Harry, Piton lo ricompensò con uno degli sguardi che trovava piacere nel rivolgere solo a lui. Per Ron fu quasi lo stesso. Era così infuriato con Piton da avere tutto il viso e le orecchie rosse.
“Calmati, Ron.” Gli sussurrò Harry, ma Hermione gli fece segno di non continuare: meglio non dare scuse a Piton per togliere punti ai Grifondoro proprio il primo giorno.
“Davies, Finnigan, Goyle, Granger, Malfoy, Patil. ”
Ella sospirò, sollevata, subito dopo che fu passato il suo turno. 
Piton non la degnò neanche della più che minima attenzione, cosa che non le dispiacque affatto.
Aveva iniziato a capire che più indifferenza mostrava Piton, più tranquillamente sarebbero trascorse le sue lezioni, per tutti. 
“Paciock.” Il povero Neville rischiò quasi di cadere dalla sedia quando Piton pronunciò il suo nome. 

Draco Malfoy e i suoi amici Tiger e Goyle nascosero un ghigno dietro la mano. Piton finì di fare l’appello e alzò lo sguardo sulla classe.*
Iniziò la lezione facendo loro un discorso riguardante la natura e l’importanza degli esami di fine anno, di come fosse importante ottenere al quinto anno degli ottimi voti, per poter affrontare al meglio i M.A.G.O. 
Insistette soprattutto sulla severità nella scelta degli studenti da ammettere nella sua classe per gli esami del settimo anno, e sottolineava con piacere la speranza che molti di loro non vi avrebbero fatto parte.
Oggi prepareremo una pozione che viene spesso richiesta ai G.U.F.O.** Aprite il libro a pagina duecentoquarantadue.  
Le parole di Piton furono subito seguite da un rumoroso sfogliare di pagine.
Aprendo il libro alla pagina indicata, i ragazzi trovarono il soggetto della lezione del giorno:


La Bevanda della Pace”


“Qualcuno fra voi mi saprebbe dire qual è l’ingrediente essenziale per preparare questa mistura?” Chiese Piton e subito la mano di Hermione si levò in aria. 
Quasi urtò la spala di Harry, tanto rapida era stata la ragazza, ma Piton la ignorò.
“Di sicuro avrà già letto tutto il libro.” Sussurrò Ron a Harry, trattenendo una risata. 
Piton non si lasciò sfuggire l’occasione.
“Hai qualcosa da dire, Weasley? Tu e Potter avete forse cose cosi importanti da discutere da ignorare la mia domanda? Cinque punti in meno a Grifondoro.” Disse Piton, continuando a guardare Ron col suo sguardo gelido. Ron s’incupì di nuovo e le orecchie gli si infiammarono.
Nel frattempo, il braccio di Hermione continuava a restare sollevato e totalmente ignorato da Piton, le cui labbra si strinsero in un ghigno soddisfatto.
“Hai qualcosa da dire, Potter?” Gli chiese Piton, stavolta rivolto a Harry. 
Lo sguardo di Ella si spostò da Ron a Piton, e da quest’ultimo a Hermione, che teneva ancora la mano alzata, per poi rivolgersi a Harry: il ragazzo guardava dritto sul banco. 
Sembrava calmo, ma molto probabilmente cercava di evitare di infastidire Piton guardandolo in volto.
“No, signore.” Gli rispose.
“Come al solito, è chiaro che la fama non è tutto.*” Lo schernì Piton, incrociando le mani e poggiando i gomiti sulla cattedra. “Non credo che abbia senso chiederlo a te, Paciock.”
Di nuovo, le gambe di Neville sembravano non essere in grado di reggerlo sulla sedia.
Lo sguardo sprezzante di Piton si manifestò in tutta la sua profondità.
“C’è qualcuno che sa rispondere alla domanda? ” Continuò, poi, senza battere ciglio e ignorando per l’ennesima volta Hermione con un piacere tale da andare in visibilio.
La povera ragazza ormai stava persino sulle punte dei piedi, tanto teso era il suo braccio. 
Ella ebbe l’impressione che lo sforzo la stesse sfinendo. Era tutta rossa in viso e sospirava sonoramente.
“Hermione?” Le sussurrò Ella. “Hermione, non serve a niente. Lascia stare.” Disse, ma si sentì rabbrividire. 
Solo in quel momento, infatti, la ragazza si era resa conto conto di aver parlato un po’ troppo forte.
Gli occhi neri di Piton si erano posati su di lei con sguardo fermo.

Erano gelidi e vuoti, e facevano pensare a due tunnel immersi nel buio.* 
“Vuoi rispondere alla domanda, signorina Davies?” Disse Piton, portando l’attenzione di tutti i presenti verso Ella.
Lei si sentì arrossire, ma cercò ugualmente di non innervosirsi. 
“Pietra di Luna in polvere.” Rispose, cercando di non impappinarsi e scatenando un’ondata di stupore generale.
Persino Hermione aveva smesso di lottare per rispondere correttamente alla domanda e la fissava, come tutti i presenti, con gli occhi colmi di sorpresa. 
Respirando appena, e vedendo che Piton sembrava attendersi un seguito, Ella continuò:
“L’ingrediente principale è la pietra di Luna in polvere, unita allo sciroppo di elloboro. La Bevanda della Pace è un rimedio usato principalmente per calmare l’ansia e placare l’agitazione. È fondamentale aggiungere gli ingredienti in un ordine ben preciso e senza esagerare con le dosi durante la preparazione, altrimenti l’effetto ottenuto sarà quello di un sonno pesante e qualche volta irreversibile**.” 

Pronunciò l’ultima frase cercando di mantenere la calma, ma era evidente che lo sguardo fisso di Piton la mettesse a disagio. Il professore continuava a fissarla senza lodare ma neanche criticare la sua risposta.
Lentamente, molto lentamente, Piton tornò a concentrasi sul libro di testo senza aggiungere un commento.
Malfoy e i Serpeverde erano ammutoliti, e le loro espressioni non erano molto diverse da quelle dei Grifondoro. 
Nessuno di loro, a parte Hermione, sarebbe di certo stato in grado di rispondere alla domanda. 
Quest’ultimo si era alzato in fine e, agitando appena la bacchetta, fece apparire gli ingredienti e il metodo per preparare la pozione sulla lavagna. 
Troverete tutto quello che occorre...nell’armadio (la porta dell’armadio si spalancò) Avete un’ora e mezza.** Pagina duecentoquarantadue.” Disse, perentorio. 
Subito, un tramestio frettoloso invase l’aula. Tutti si stavano mettendo a lavoro. 
Fumi bianchi ed evanescenti fuoriuscivano dai calderoni e, ben presto, presero ad inondare la cella sotterranea, aleggiando sulle teste degli studenti.
Piton, intanto, avvolto nel suo lungo mantello nero, si aggirava di qua e di là per la classe*.
Per ottenere un preparato che fosse quanto meno accettabile, bisognava osservare il colore del fumo. Se questo era di un lieve vapore argenteo**, allora si era riusciti nell’impresa.
Piton osserva il contenuto dei diversi calderoni, muovendo critiche aspre a Neville e Ron, canzonando Harry più del dovuto, ignorando Hermione ed elogiando il perfetto preparato di Malfoy.
Con Harry in particolare, Piton fu piuttosto sagace.
Notando che il ragazzo non aveva aggiunto lo sciroppo di elloboro prima di passare alle istruzioni successive, Piton lo canzonò a dovere e poi fece scomparire la pozione dal calderone. Questo costò a Harry il primo voto del semestre in Pozioni.
Per un po’, poi, tutto sembrò andare tranquillamente.
Neville non fuse il suo calderone per un pelo e Seamus incendiò il suo solo due volte.
Ella, dal canto suo, nascosta nel suo angolino, cercava in ogni modo di non attirare l’attenzione e ci riuscì, almeno per tutto il tempo concesso per la preparazione della bevanda della pace.
Il tutto rientrava nella normale quotidianità.
Allo scadere del tempo, Piton fece versare a tutti loro, con l’eccezione di Harry, un po’ del loro preparato in una fialetta, assicurando un’etichetta nominativa a ciascuna, e segnò loro un compito:trenta centimetri di pergamena sulle proprietà della pietra di luna e i suoi usi nella preparazione di pozioni, da consegnare giovedì.**
Hermione, svolto questo compito, si dedicava a svuotare tutti i calderoni dell’aula. 
Aveva l’aria triste e abbattuta, e non guardava in faccia nessuno. 
Ella le si avvicinò piano, piano. Voleva sapere se andava tutto bene.
Sulle prime Hermione non le rispose. Non era risentita con l’amica più di quanto non lo fosse con sé stessa.
Sapeva che Ella non aveva colpa.
“Rispondere o no, se sapevi la risposta in ogni caso, non fa molta differenza per me.” Le disse Ella. Hermione la guardò con occhi stanchi ma incuriositi.
“Hai studiato e hai fatto un bel lavoro preparando la pozione. Tutto questo non è sminuito dal fatto che non hai potuto rispondere.” Continuò Ella, vedendo l’amica riprendersi d’animo.
Harry e Ron le raggiunsero proprio in quel momento. 
“Avanti, Hermione. Non starai facendo quel muso lungo perché Piton non ti ha fatto rispondere? Parola mia, dovresti davvero trovarti un hobby. Tipo, giocare a sparachiocco, agli scacchi dei maghi, cose di questo tipo, vero, Harry?”
Come sempre, Ron parlava un tantino troppo forte, rischiando di farsi sentire da tutti.
Se non fosse stato per la confusione dovuta al cambio dell’ora e al tramestio provocato dai ragazzi nel riordinare le proprie cose prima di uscire, Piton lo avrebbe davvero sentito.
Proprio il suono della campanella li riportò tutti e quattro alla realtà. 
Harry e Ron avevano solo un’ora di pausa prima della lezione successiva, Divinazione, mentre Ella ed Hermione dovevano subito raggiungere il quarto piano per la lezione di Antiche rune. 
I ragazzi iniziarono a recuperare i libri e le cartelle ma qualcosa di inaspettato era in riserbo per qualcuno di loro.
“Signorina Davies, nel mio ufficio domani pomeriggio alle tre. Non saranno necessari né il libro, né la penna o la pergamena.” Disse Piton, apparso all’improvviso dietro di loro.
Ella si sentì gelare. Non avrebbe pensato che Piton stesse parlando con lei se non lo avesse ascoltato con le proprie orecchie. 
“Cosa ci fai ancora lì impalato, Weasley?” Gli si rivolse poi Piton, notando l’espressione imbambolata che si era dipinta sul volto di Ron. 
“Niente, signore.” Disse Ron, ancora sconvolto. 
“Allora vai. Potter, Granger, cosa ci fate ancora qui?” Chiese Piton a Harry ed Hermione.
I due ragazzi non risposero e, insieme a Ron, uscirono dall’aula, lasciando sola la povera Ella. 
Quest’ultima, rimasta indietro, raccoglieva le sue cose, tutta rossa in viso.
Avrebbe voluto chiedere il perché di quelle parole, ma sapeva bene quello che volevano dire: non sarebbero stati necessari libri o penne o pergamene. 
Sistemò tutto lentamente, sperando in un miracolo, anche se sapeva che non era possibile.
Sentiva le guance rosse e il respiro affannarsi.
Piton stava all’in piedi, accanto alla cattedra. Le volgeva le spalle e non dava il minimo segno di voler aggiungere qualcosa. La ragazza, imbarazzata, trattenne una lacrima capricciosa che tentava di venir fuori, prepotententemente, e si avviò verso la porta. Biascicò un flebile arrivederci e uscì dall’aula, con l’amara consapevolezza di essere appena stata messa in punizione per la prima volta in vita sua.

Quella sera,
nella sala Comune


La sala comune era quasi vuota; quasi tutti erano ancora a cena… Harry, Ron e Hermione portarono le loro tre poltrone preferite vicino al fuoco…***
Harry guardò le fiamme; si sentiva svuotato e sfinito… aveva la sensazione che il primo giorno fosse durato una settimana.***

“È stata una giornataccia.” Esordì Ron, mentre sgranocchiava dei biscotti al cioccolato. Hermione non rispose. Continuava a coccolare Grattastinchi, felicemente accoccolato vicino a lei.
“Non me ne parlare.” Rispose invece Harry. 
Aveva preso un brutto voto in pozioni, era stato messo in punizione dalla Umbridge e per di più aveva ancora una montagna di compiti da fare.
“Ed è solo il primo giorno.” Sospirò Harry, con aria stanca.
Sarebbe stato un anno difficile, per tutti. Il banchetto quella sera era stato ottimo, come sempre, ma erano tutti troppo stanchi per poterselo godere a pieno, 
“Senti, Hermione, hai visto Ella?” Le chiese Ron, intento a divorare l’ultimo biscotto.
“Dovrebbe arrivare a momenti. La professoressa 
Babbling le ha detto di passare da lei, dopo cena. Penso che le voglia dare dei libri per rimettersi in pari col programma.” Rispose Hermione, molto semplicemente.
“Povera Ella.” Disse Ron. “Credo che la sua sia la situazione peggiore. Deve studiare il triplo di tutti noi messi insieme e Piton l’ha già messa in punizione, per cosa poi! Per la miseria, neanche Fred e George ci sono mai riusciti il primo giorno. Ella ha segnato un nuovo record.”
“È la nuova arrivata. È naturale che sia sottopressione. Però Piton è stato davvero ingiusto** sia con lei che con te, Harry. Certo, assegnarle una punizione per aver risposto a una domanda, mi sembra crudele. ” Gli disse Hermione, per la quale rispondere alle domande degli insegnanti era ogni volta una gioia immensa. 
“Piton mi odia, e questo non cambierà mai. Mi aspetto da lui anche di peggio. Spero solo che Ella abbia miglior fortuna.” Esclamò Harry. 
“Era mortificata. Certo, lo sarei anch’io se un’insegnante mi avesse messo in punizione.” Disse Hermione. 
“Forse la McGranitt potrebbe fare qualcosa.” Propose Harry, speranzoso, ma Hermione cancellò subito di netto le sue aspettative.
“Credi che la McGranitt contesterebbe la decisione di un insegnante solo perché Ella fa parte della sua casa?”
Aveva ragione. Era improbabile che la professoressa si facesse avanti in una situazione del genere.
 la McGranitt né nessun altro avrebbe impedito che Ella scontasse la sua punizione.
La conversazione, poi, si spostò da Pozioni a Difesa contro le Arti Oscure.
I tre amici si ritrovarono senz’altro d’accordo nel ritenere che quella faccenda fosse tutta una montatura del Ministero mirata a controllare l’organizzazione e il tipo di educazione ricevuta dagli studenti a Hogwarts.
Tutto sembrava andare per il verso sbagliato. 
Hagrid era lontano dalla scuola, Piton era in vena di sarcasmo più del solito e Difesa contro le Arti Oscure sarebbe stata la materia più noiosa dell’anno. In più avevano i compiti da fare. 
“Credo sia meglio fare i compiti. Togliamoceli dai piedi…***” Disse Harry, stanco e annoiato.
I tre amici stavano per mettersi a studiare, quando, dal ritratto della signora grassa, spuntò una figurina dai capelli rossi e gli occhi stanchi che trasportava diversi libri.
“Ehi, Ella.” Esclamò Ron. “Vuoi una mano?” Le chiese.
Non solo Ron, ma anche Harry aiutò Ella con i libri. Si trattava di grossi manuali di traduzione e interpretazione delle antiche rune, in più, la professoressa Vector le aveva assegnato dei compiti in più da consegnare insieme a quelli che Ella avrebbe dovuto portare a termine come gli altri. 
“Vorrei tanto potermi riposare un po’.” Disse Ella. Il suo tono di voce era stanco.
“A chi lo dici!” Disse Ron, sbadigliando sonoramente. “Mi sento distrutto.”
“Almeno tu non sei stato messo in punizione.” Gli rispose Ella. Aveva preso dalla borsa un foglio di pergamena nuovo su cui scrivere il compito per Piton.
“Non posso proprio andare a dormire senza prima aver studiato. Non ho iniziato proprio bene.” Continuò Ella.
“Lascia perdere quell’idiota di Piton. Odia i Grifondoro e se non se la fosse presa con te, stai certa che o io o Neville non l’avremmo passata liscia.” Disse Ron. “Pensala in un altro modo. Io ho fatto perdere cinque punti alla casa soltanto il primo giorno.”
Le parole di Ron sembrarono confortare Ella almeno un po’.
I quattro, così riunitisi, presero a studiare insieme fino a tardi. Iniziando con Pozioni per poi dedicarsi ai compiti di Divinazione e a tutto il resto. 
Quando nemmeno Hermione riuscì più a mantenere viva la concentrazione, tutti e quattro abbandonarono i libri e si concessero qualche momento di pausa, prima di salire ognuno al proprio dormitorio.
“Ella, questa è tua?” Le chiese Harry, che si era accorto della presenza di una lettera proprio sul tavolo dove stavano studiando fino a poco prima. .
Ella si voltò verso di Harry, il quale le stava indicando la sottile busta di pergamena appoggiata sul tavolo.
Subito, la ragazza tornò indietro e la prese.
“Chi ti scrive?” Chiese Ron, incuriosito anche se assonnato. 
“Ti sembrano domande da fare?” Lo rimproverò Hermione. Stanca com’era, non riusciva a sopportare le maniere alla buona di Ron e, come sempre, i due iniziarono a scontrarsi verbalmente.
“Sono suo cugino e posso chiedere a Ella quello che mi pare!” Sentenziò Ron.
“Sei un grande impiccione, Ronald Weasley, ecco quello che sei.” Gli rispose Hermione, cercando in vano di non infervorarsi più del dovuto.
Non ricominciate a litigare” disse Harry stancamente, mentre Ron apriva la bocca per ribattere***”.
“Harry ha ragione. Non c’è bisogno di litigare.” Sentenziò Ella con fermezza. 
A questo punto, Ron ed Hermione smisero di urlarsi contro.
“È una lettera di tua madre. Mi è arrivata adesso perché ha usato Errol per farla spedirla sin qui e quel povero gufo si è perso per strada due volte.” Rispose Ella, scartando la lettera.
Lesse velocemente il contenuto della lettera e poi la diede agli altri. 
Non c’era niente di interessante in verità. La signora Weasley assicurava Ella che tutti stavano bene e le chiedeva di come andassero le cose, se la scuola e le lezioni le piacessero e quant’altro.
Nessuna notizia sull’Ordine o i suoi componenti era menzionata.
Silente aveva espressamente vietato di riportare su carta qualsiasi tipo di informazione utile, che sarebbe stata così facilmente individuata.

La casa qui sembra vuota senza tutti voi.
La settimana prossima ti manderò un altro gufo con un’altra lettera e un astuccio di penne d’oca. Ginny ha dimenticato di nuovo le sue a casa e Fred e George le perdono tutte. Di ai tuoi cugini che se hanno dimenticato qualcos’altro a casa di farmelo sapere. 
Io e Arthur siamo orgogliosi di voi e Felpato vi manda i suoi saluti.


Molly

“Se non fossi così stanca le risponderei adesso.” Sospirò Ella.
Gli altri si trovarono d’accordo. 
“Mia madre può aspettare fino a domani mattina.” Sentenziò Ron, strofinandosi gli occhi.
Erano così stanchi che la decisione unanime fu quella di avviarsi nelle loro stanze. Raccolsero le loro cose e lasciarono così, per quella prima sera, la sala comune.
Il fuoco nel caminetto era ormai spento. Restava solo qualche tizzone ancora illuminato da poche scintille rosse che avrebbe avuto breve vita, di lì a poco.
Appoggiata la testa sul cuscino, Ella sprofondò in un sonno non molto profondo e tormentato da sogni sgradevoli.
Sebbene fosse solo il primo giorno, già le mancavano il Quartier Generale, il calore di quella casa e i suoi abitanti in particolare.

Al contempo,
nell’ufficio del Preside

La notte era buia e profonda, il castello silenzioso e immerso nel sonno. Solo una luce resisteva ancora.
In alto, nella torre, nell’ufficio del preside, c’era ancora qualcuno.
“C’è qualcosa che ti turba, Severus?” Chiese la voce di Silente a Piton.
Il silenzio della notte era stato interrotto fino a quel momento solo dagli scricchiolii degli strumenti del preside, sparsi qua e là per tutto l’ambiente. Fanny, invece, dormiva tranquilla, appollaiata accanto alla libreria.
I volti dei presidi di Hogwarts erano segnati dal sonno. Qualcuno borbottava, qualcun altro invece russava.
“Non più del solito, preside.” Rispose Piton.
Il professor Silente stava esaminando il rapporto della sua ultima missione per l’Ordine.
Non c’era nulla di particolare da sottolineare. Tutto stava andando secondo i piani e nessuno sospettava di lui nel suo ruolo di duplice spia. 
“Non hai toccato cibo a cena. Il pasticcio di maiale era ottimo. L’arrosto in salsa di menta era persino più invitante delle patate al forno. Il budino e la torta di mele, poi, erano un delizia per il palato. Molto, molto strano. Bisogna avere la mente molto occupata, per dimenticarsi anche di far finta di cenare.” Gli rispose Silente.
Le sue parole serpeggiarono nell’aria, non accompagnate da alcuna risposta.
Piton sosteneva lo sguardo del preside senza scomporsi minimamente.
“Sai che lo verrò a sapere, Severus.”

To be continued….

Eccomi qui, ce l’ho fatta. E ho avuto solo due giorni per scrivere tutto, ricorreggere, rileggere e aggiungere e modificare tutto quello che c’era di sbagliato.
Mi dispiace per l’immane ritardo ma avevo un contest da chiudere ed era importante farlo subito. Le storie erano lunghe e faticose da giudicare, visto la mole di lavoro affrontata dai partecipanti.
In ogni caso, sono riuscita a trovare il tempo, tra studio e università di scrivere questo capitolo.
Come avete visto, le scene principali sono tre e ognuna è ambientata in una parte del castello diversa, con alcuni personaggi che ricompaiono e altri che sopraggiungono all’improvviso, chi più chi meno.
È un capitolo fondamentale. Da qui prenderanno piedi i principali avvenimenti su cui si basa la mia storia.
Spero che vi sia piaciuto, anche se devo essere onesta, sono molto più soddisfatta della seconda parte che della prima. Infatti, proprio la scena della lezione di Pozioni mi ha dato problemi. All’inizio avevo pensato di inventare tutto, ma poi, rispogliando le pagine del libro ho riletto l’effettiva prima lezione di Pozioni del quinto anno, e allora molte cose sono dovute tornare al loro posto.
Non sono certa che il discorso sia fluido e scorrevole come vorrei.
La seconda parte mi è invece parsa molto più completa e scritta meglio. Spero sia solo una mia impressione, comunque.

In questo capitolo avete trovato diverse citazioni, contrassegnate con un vario numero di asterischi.

tutte le citazioni contrassegnate da un solo asterisco e in corsivo sono tratte da:

- Harry Potter e La Pietra Filosofale, 2000, Salani Editore, dal capitolo 8, Il Maestro delle Pozioni* ;

tutte le citazioni contrassegnate da due asterischi e in corsivo sono tratte da:

- Harry Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore, dal Capitolo 12, La Professoressa Umbridge**;

tutte le citazione contrassegnate da tre asterischi e in corsivo sono tratte da:

- Harry Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore, dal Capitolo 13, Punizione con Dolores***.



Ringrazio tutti coloro che hanno letto^^
In particolare è importante ringraziare

  • chi segue la storia:

Aya88, Breathless, hermione616, Hotaru_Tomoe e Ladyhawke25

Un bacio a tutte voi.

  • Chi l’ha inserita fra i preferiti:

giada, lucre e Breathless.

Grazie mille^^.

  • Chi ha il tempo di commentare:

Brathless:

Se devo essere onesta, non avevo mai ricevuto una recensione così lunga prima d’ora. Sei stata molto, molto gentile a scrivere così tante belle cose e anche a prenderti il tempo di mettere insieme le idee.
Ne abbiamo già discusso su msn del capitolo precedente, considerando le tue impressioni sulla storia e i personaggi. Mi piacerebbe che non cambiassi mai idea, anche se, come ti dico sempre, sei eccessivamente buona.
Spero che il capitolo ti abbia soddisfatta e che sia di tuo gradimento.
Mi dispiace di averti fatto attendere più del dovuto.
Anche se ti avevo preannunciato la comparsa di Silente e l’arrivo di una lettera, non ho voluto menzionarti la lezione di pozioni proprio per non rovinarti la sorpresa.
Che dire di più, sei gentilissima e molto carina a commentare sempre. 
Un bacio e alla prossima

storyteller lover


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Capitolo 6
*** Punizione con Severus? ***



Cap.6: Punizione con Severus?

Il mattino dopo Ella si sveglio di malumore. Era stanca e assonnata, e le primissime ore di lezione furono, quindi, le più tragiche. Seppur distrutta dall’intensa mole di lavoro che le era stata assegnata già dal giorno prima, aveva fatto fatica ad addormentarsi. Diversamente dalla prima notte, infatti, il suo letto a baldacchino non le era sembrato più così confortevole, il cuscino non così morbido, né il silenzio del castello confortante nelle ore notturne. Sentiva come una strana agitazione, una sensazione poco piacevole che le rendeva difficile prendere sonno.
A nulla sarebbe valso scendere di nuovo nella sala comune e studiare fino a calmarsi. Non le piaceva stare da sola, meno che mai con l’oscurità della notte. Preferiva il caldo delle lenzuola e il conforto di una stanza piccola ma divisa con altri. Non poteva fare altro se non sperare che il sonno prima poi sopraggiungesse.
I pensieri, le immagini, i ricordi, le persone, ogni cosa vissuta negli ultimi due giorni scorreva rapidamente l’una dopo l’altra nella sua testa senza sosta: la partenza, il treno, l’arrivo, il castello.Molly, Tonks, Moody, Sirius… Harry, Ron, Hermione… i nuovi compagni di scuola.
Ognuno di loro sperava il meglio per lei, tutto il meglio possibile.
Harry in particolare sembrava volerle dare conforto.
Anche lui avrebbe dovuto scontare una punizione. Proprio come lei, aveva risposto alle domande di un’insegnante forse troppo energicamente, con eccessivo ardore e su argomenti troppo scottanti per i criteri dell’indiscutibile, rigorosa, inflessibile professoressa Umbridge.
Eppure, Harry sembrava determinato a mantenere la sua posizione, a non cedere, ad andare avanti.
Ella sapeva di dover fare lo stesso anche lei. Doveva farsi forza perché Harry e tutti gli altri l’avrebbero senza dubbio fatto al suo posto.
C’erano ovviamente delle complicazioni:
Primo, non era arrivata ad Hogwarts che due giorni prima. Secondo, non conosceva l’ambiente o le regole della scuola in materia di punizioni o provvedimenti disciplinari. A Durmstrang non si era mai dovuta preoccupare di questo. Era sempre stata un’allieva modello. Terzo, e forse unico e solo motivo a preoccuparla, sarebbe stato Piton ad occuparsi di tutta la faccenda.

Non era proprio un mistero che lui odiasse i Grifondoro e, per tanto, Ella non aveva ragione di supporre che avrebbe fatto un’eccezione questa volta. In più, oltre ad essere una Grifondoro e una stretta parente dei Weasley, Ella era una persona che fino a pochi giorni prima si era trovata a vivere tra le stanze e le mura del Quartier Generale, in mezzo ai suoi componenti, accettata da loro, accolta come se fosse nata e cresciuta lì, dove lui era invece guardato con sospetto. Non che Piton tenesse in gran considerazione il Quartier Generale e i suoi membri, ma, da detestato, detestava a sua volta con grande accanimento.
Ma oltre a rimuginare, ripensare e ipotizzare, Ella non poteva fare molto per sé stessa se non accettare qualunque decisione che il professore avesse preso.
Si rassegnò, allora, accettando tutte le conseguenze che avrebbe dovuto affrontare, e si preparò per il suo secondo giorno a Hogwarts.
Questo
si annunciò plumbeo e piovoso come quello precedente*.
A colazione Hagrid mancava ancora dal tavolo degli insegnanti*,
particolare che, per altro, i ragazzi non mancarono di notare con dispiacere.
“Ma, in compenso, oggi niente Piton” disse Ron incoraggiante.*
Subito Harry ed Hermione gli rivolsero un’occhiata fulminea, mentre Ella, cercando di ignorare la sbadataggine di Ron, fece finta di niente sebbene le tremassero un po’ le mani.
“Che c’è? Che cosa ho detto di male? Avete visto l’orario? Abbiamo solo due ore di Incantesimi e due di Trasfigurazione. Che cosa c’entra Piton?” Disse Ron, confuso.
“Niente, Ron, non c’entra assolutamente niente.” Sentenziò Hermione, sbadigliando.
Diversamente da quanto Harry ed Ella, e anche Ron con sua enorme sorpresa, si sarebbero aspettati, Hermione non si era data la pena di riprendere Ron.
Sembrava, invece, vagamente compiaciuta per qualcosa*, qualcosa che si scoprì avere a che fare con il C.R.E.P.A., Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti, fondato da Hermione l’anno prima con lo scopo di migliorare lo status sociale degli elfi domestici. Sia Harry che Ron la trovavano un’idea folle e stravagante, mentre Ella si asteneva dal dare alcun giudizio.
Pochi erano gli elfi domestici, in verità, che avrebbero ringraziato Hermione per aver creato un’associazione del genere.

La volenterosa Hermione si era ingegnata nello sferruzzare a maglia berretti e altri tipi di indumenti formato elfo domestico che aveva provveduto a distribuire per tutta la Sala Grande la sera prima per non ritrovarli più al suo risveglio quella mattina con sua enorme soddisfazione.
“Pare che gli elfi domestici vogliano la libertà, dopotutto.” Si limitò a dire,*
compiaciuta.
“Non ci scommetterei” le rispose Ron, tagliente,*
ed Hermione non gli rivolse la parola per tutta la mattina.*
Terminata la colazione, i quattro raccolsero le proprie cose e andarono a lezione.
Sia il professor Vitious che la professoressa McGranitt passarono i primi undici minuti della loro lezione a fare una predica alla classe sull’importanza dei G.U.F.O.*
Entrambi assegnarono ai ragazzi
il più gran quantitativo di compiti mai dati* per le loro rispettive materie.
Come ci si aspettava, a Ella furono assegnati anche dei compiti extra.
Il professor Vitious, poi, le propose di presentarsi almeno due volte alla settimana nel suo ufficio, così da permetterle di recuperare quanto necessario e tenere il passo con gli altri. Con la McGranitt, Ella aveva già parlato: se ne avesse avuto bisogno, aveva il permesso di interpellarla in qualsiasi momento.
Con un vago senso di panico per la catasta di compiti che li aspettava*,
i ragazzi decisero di trascorrere l’ora di pranzo immersi nello studio.
Andarono in biblioteca e occuparono un intero tavolo con i loro libri e le loro cartelle.
Solo Hermione si astenne dallo studiare. Essendo riuscita a lezione sia con gli Incantesimi di Appello che con quelli Evanescenti, non le erano stati assegnati altri compiti.
Ancora arrabbiata con Ron, si dedicò perciò con più lena al suo lavoro a maglia per confezionare altri berretti.
Ella, al contrario, terminò i compiti assegnati da Piton il giorno precedente, ripassò la lezione di Vitious sugli Incantesimi di Appello, e si esercitò sugli Incantesimi Evanescenti della McGranitt. Nessuno si diede la pena di rileggere il capitolo assegnato dalla professoressa Umbridge. Era chiaramente inutile.
Alle quattro e mezza li aspettava Cura delle Creature Magiche e poi Divinazione, ma prima, Ella doveva presentarsi nell’ufficio di Piton per scontare la sua punizione.
Aveva ancora poco meno di un’ora di tempo, prima di doversene preoccupare, così concentrandosi sui compiti, l’agitazione di Ella si era notevolmente attenuata.
Ma, con grande sorpresa di tutti, un picchiettio inaspettato li distolse dalle loro occupazioni.
Un piccolo gufo, nero come la pece, picchiettava col becco sul vetro di una delle finestre della biblioteca.
Subito Ron aprì la finestra e questo, entrando con un battito d’ali, si posò davanti ad Ella ed allungò la zampetta.
“C’è un messaggio, Ella.” Le disse Ron.
In effetti, un piccolissimo rotolo di pergamena era stato legato con un filo alla zampa del volatile.
Ella lo prese, lasciando poi che il piccolo gufo volasse via da dove era entrato.
“È da parte della professoressa McGranitt.” Disse Ella, notando che Harry, Ron ed Hermione la osservavano con curiosità e, apertolo, iniziò a leggere ad alta voce:



Cara signorina Davies,

non avendoti intravista a pranzo nella Sala Grande, spero che il mio messaggio arrivi tempestivamente.
Il tuo appuntamento col prof. Piton è stato anticipato dalle 15:00 alle ore 14:30.
Il prof. Piton ti aspetta, come concordato, nel suo ufficio,

Con ossequi,
Minerva McGranitt
Vicedirettrice


“Che ore sono?” Chiese Ella, alzando lo sguardo dal foglio di pergamena.
I tre ragazzi sembravano sorpresi quasi quanto lei.
“Le due e ventitre.” Rispose Hermione, che aveva posato momentaneamente i ferri e si era alzata con l’intento di aiutare Ella a raccogliere il più in fretta possibile le sue cose.
“Devi sbrigarti, Ella. Piton detesta i ritardatari.” Esordì Ron.
“Bel modo di rassicurarla, Ronald!” Lo riprese Hermione, tutta presa dal raccogliere i libri.
Harry, nel mentre, raccoglieva le penne di Ella e le ripose nella sua borsa.
“Che vuoi dire? Ho solo detto la verità. Piton non infierisce ogni volta che ci vede in ritardo?” Continuò Ron, imperterrito, cercando il supporto di Harry.
“Oh, piantala, Ron, non lo vedi che non fai altro che agitare Ella? Sei proprio…” Stava per dire Hermione, ma Harry la interruppe.
“Non mi sembra né il momento né il luogo per mettervi a litigare!” Disse, notando il naso arcigno della signorina Pince che si affacciava da dietro un scaffale.
“Che cos’è tutto questo chiasso?” Esordì la severa bibliotecaria.
“Niente, signorina Pince. Ci scusi, non volevamo disturbare.” Le disse Hermione che, da assidua frequentatrice della biblioteca, conosceva bene la signora bibliotecaria e le sue regole. La signorina Pince non proferì parola ma rivolse ai ragazzi un’occhiata arcigna da dietro i suoi grandi occhiali e se ne andò, indignata ma soddisfatta di aver ripristinato il silenzio assoluto in biblioteca.
“Miseriaccia, che avvoltoio!” Esclamò Ron, sospirando rumorosamente.
“Non ci metterà molto a girare i tacchi e tornare indietro, Ron, se continui ad urlare come se fossimo nella Sala Comune.” Lo rimproverò Hermione.
E detto questo, uscirono tutti e quattro dalla biblioteca.
“Dobbiamo correre, Ella, la via per i sotterranei è esattamente dall’altra parte del castello.” Disse Harry, accollandosi la borsa della ragazza e afferrandola per il braccio.
“Mancano quattro minuti. Fate in fretta!” Aggiunse Hermione. “Noi restiamo qui!” Disse, trattenendo Ron dal seguirli.
“Perché non posso andare con loro?” Chiese il ragazzo, irritato.
“Credi che se ti mettessi a correre anche tu Ella arriverebbe prima?” Gli disse, zittendolo e, voltandosi, ebbe appena il tempo di vedere Ella ed Harry sparire in fondo al corridoio.
I due ragazzi corsero velocemente e raggiunsero la scala che portava giù fino ai sotterranei.
“Harry, non ce la faremo mai!” Disse Ella, scendendo le scale a balzi, tanto in fretta correva Harry.
“Siamo quasi arrivati, attenta a non scivolare!” Le rispose, saltando l’ultimo scalino.
Dove andate così di fretta, ragazzi? Ah, fossi giovane ancora come voi!
Disse una voce proveniente da uno dei ritratti appesi al muro.
Beata gioventù!
Gli fece eco un altro.
Ma Harry ed Ella non potevano fermarsi a sincerarsi con loro circa la bellezza della loro giovane età .
Il tempo, i minuti, i secondi, scorrevano troppo velocemente.
Mancava poco, troppo poco… l’ufficio del professore non era lontano, ma forse…
Harry teneva ancora Ella per mano quando la porta dell’ufficio di Piton si aprì con un cigolio.
I due ragazzi si fermarono di colpo a meno di due metri dalla porta.
Lì dentro tutto era immobile, tanto che sembrava non esserci nessuno.
“Io vado.” Disse Ella in un sussurro.
Harry le fece un segno di assenso e le loro mani si separarono.
La seguì con lo sguardo fin quando la porta non si chiuse pesantemente dietro di lei.
Rimasto solo, avrebbe voluto avvicinarsi fino a poter sentire quanto stava succedendo, ma, indeciso, si girò e tornò indietro.
Fu così che Ella, una volta chiusa la porta, entrò nell’ufficio di Piton.
A primo impatto, la ragazza pensò che era molto diverso rispetto a quello della McGranitt. Era un ambiente tetro, privo di luce naturale. Vi erano molti scaffali lungo le pareti, contenenti esseri viscidi che la fecero rabbrividire. In fondo a destra, vi era un’altra porta che Ella pensò essere senza dubbio lo sgabuzzino in cui il professore doveva conservare le sue scorte personali. Se non si sbagliava, le sembrava che Ron le avesse raccontato di come vi avessero trovato gli ingredienti per preparare la pozione Polisucco al secondo anno, e l’Algabranchia l’anno prima.
Proprio al centro della stanza, poi, vi era un banco, come quelli da lavoro che si usavano a lezione, al di sopra del quale vi erano un calderone e due libri:
Infusi e Pozioni magiche**, edizione estesa, e Mille Erbe e Funghi magici**.
Ella posò la cartella con dentro tutte le sue cose accanto al calderone.
Probabilmente il professore doveva aver messo lì quelle cose per preparare qualche mistura particolare, ma lui, dov’era?
Sembrava non esserci nessuno. Di Piton non si intravedeva neanche un lembo del suo mantello.
Eppure, pensò Ella, chi avrebbe potuto aprire la porta, se non lui?
In mano teneva ancora il biglietto della McGranitt…
il professor Piton ti aspetta, come concordato, nel suo ufficio…
Proprio mentre era immersa in queste sue riflessioni, la porta dello stanzino si aprì ed ecco apparire Piton in carne, ossa e mantello nero.
Ella si alzò di scatto non appena lo vide. Farfugliò un flebile saluto e gli fece capire che aspettava di sapere cosa avrebbe dovuto fare .
Piton non si scompose minimamente e neanche si affrettava in alcun modo a sciogliere i dubbi e le ansie della povera Ella. Si limitò solo a scrutarla appena con quei suoi occhi neri, così in sintonia col suo essere sempre vestito di nero. A grandi falcate raggiunse il banco, vicino al quale si trovava Ella, e vi depose alcuni barattoli, contenenti degli ingredienti particolari.
“Quale di questi ingredienti, signorina Davies, useresti se ti chiedessi di preparare una
Pozione per la Memoria***?” Le chiese, parlando piano e scrutandola ancora più da vicino.
Ella cercò di non lasciarsi intimidire e, guardando attentamente gli ingredienti che il professore aveva portato, rispose: “Userei le piume di Jobberknoll, professore.” Rispose, e Piton, non contento, le chiese subito:
“E cosa mi sai dire sul Jobberknoll?”
Si tratta di un piccolo uccellino azzurro che mangia insetti, signore. Non fa nessun verso, tranne che in punto di morte quando emette al contrario tutti i suoni da lui percepiti durante la sua vita. Le sue piume sono utili per preparare, oltre alle Pozioni Mnemoniche, il Siero della Verità.**” Rispose Ella, sostenendo lo sguardo del professore.
Piton non indagò oltre, per il momento, e non le pose ulteriori domande anzi si diresse verso la sua scrivania, posta proprio davanti al banco.
“Hai un’ora di tempo, signorina Davies.” Disse, in fine, Piton.
Agitò appena la bacchetta e uno dei libri sul banco si aprì alla pagina in cui si trattava la preparazione della Pozione per la Memoria e, con questo, si sedette, restando in assoluto silenzio.
Ella, dal canto suo, non aveva molto da dire, e fece come le era stato chiesto.
Quindi, pensò, si trattava di questo. Per punizione, Piton le aveva chiesto di preparare una pozione.
Dentro di sé, considerava la sua punizione quanto mai fattibile e pienamente sopportabile.
In effetti, se solo ci avesse pensato su, le sarebbe potuto venire in mente che, in quanto professore di Pozioni, preparare una pozione, o anche più d’una se fosse stato necessario, era una soluzione facilmente adottabile in quella situazione. Eppure, una piccola vocina insita nella sua coscienza le diceva che era troppo poco, come punizione, il lavoro assegnatole dal professor Piton.
Se quest’ultimo avesse voluto farle preparare la Pozione della Memoria, per quanto semplice, avrebbe potuto farlo tranquillamente a lezione. Allo stesso modo, però, non riusciva a vedere cos’altro avrebbe potuto farle fare nel tempo che ancora restava prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane.
Le istruzioni, d’altro canto, erano chiare: poco meno di un’ora era il tempo richiesto per preparare quella mistura, eseguendo tutti i passaggi in modo corretto.
Ora vedeva quanto sciocca era stata e come, invece di chiudersi in sé stessa, avrebbe dovuto pensare all’intera faccenda come qualcosa di poco peso e stare il più vicino possibile a Harry, cosa che per tanto si ripromise di fare una volta uscita di lì, visto che, alla fine delle lezioni pomeridiane, gli sarebbe toccato presentarsi dalla professoressa Umbridge. Senza badare perciò ad ulteriori pensieri, Ella si dedicò celermente alla pozione assegnatale da Piton il quale, durante tutto il tempo che trascorse, non pronunciò una solo sillaba.
Alle volte osservava il procedere della mistura, altre volte si dedicava a qualche scartoffia che aveva sotto mano e, in fine, dopo aver controllato l’ora, tornava a fissare, così Ella pensava, i fumi che fuoriuscivano dal calderone. Molto prima di quanto lei si aspettasse, la pozione fu pronta, e l’ansia del momento si era quasi del tutto affievolita.
Ella ne versò una piccola ma sufficiente quantità in una provetta e la porse a Piton che proprio in quel momento si era avvicinato a controllare .
“Scrivi il tuo nome, signorina Davies, proprio qui.” Le disse, indicando un etichetta da apporre sulla provetta.
Ella, sebbene confusa, fece come le veniva chiesto. Non vedeva l’ora di uscire di lì ed era pronta a fare qualsiasi cosa.
Però era rimasta perplessa. Che bisogno c’era di rimandare la verifica del preparato? A che scopo rimandarne il giudizio se quello era lo scopo finale?
Ma nonostante ciò, Ella non si arrischiò a chiedere spiegazioni. Aveva troppa soggezione di Piton, in gran parte dovuta ai diversi aneddoti raccontati da Ron, per poter anche solo respirare un po’ più profondamente di come avrebbe voluto.
“Puoi andare.” Le disse. “Torna venerdì alla stessa ora.” Continuò Piton, perentorio.
“Venerdì?” Esclamò Ella, colta dalla sorpresa, ma pentendosene subito.
“Venerdì, signorina Davies, e mi aspetto anche cinquanta centimetri di pergamena sull’uso e le caratteristiche delle Pozioni Mnemoniche.” Aggiunse. “Puoi andare.” Ribatté Piton e il suo tono non ammetteva repliche.
Il suo sguardo era fermo sulla povera Ella che, arrossendo per l’imbarazzo, fece segno di assenso col capo e si voltò per prendere le sue cose.
“Arrivederci.” Disse lei, debolmente, uscendo e chiudendo la pesante porta dell’ufficio dietro di sé.

La sera


Ron, Hermione ed Ella, erano seduti accanto al caminetto.
Era di sicuro mezzanotte passata*
ed Harry non era ancora tornato.
Proprio in quel momento, infatti, il ragazzo usciva dall’ufficio della Umbridge.
Dovremo riprovare domani sera, vero?*” Gli chiese.
Harry guardò la Umbridge. lei lo osservava, la larga bocca da rospo stirata in un sorriso.*
Può andare.”* Gli disse e lui uscì in silenzio.
La scuola era praticamente deserta.*
Harry gettò un rapido sguardo alla mano.
Quando la guardò, vide che la ferita si era richiusa…*
Molto meglio, pensò. Stando così le cose, non avrebbe dovuto dare molte spiegazioni agli altri.
Risalì lentamente il corridoio, poi, quando ebbe voltato l’angolo e fu sicuro che lei non lo sentisse, prese a correre.*

Il mattino dopo

“A che ora sei tornato sta notte?” Chiese Ron a Harry mentre si vestiva.
Seamus, Dean e Neville erano già scesi a fare colazione e Ron approfittò del momento per parlare con Harry.
“Ti abbiamo aspettato, ma dopo una certa ora Ella ed Hermione erano sfinite.” Continuò.
Harry non gli rispose subito. Pensava a quanto difficile si prospettava la giornata.
“Dormivi quando sono tornato. Non so che ora fosse.” Gli rispose Harry, sbrigativo, infilandosi l’uniforme.
“Ci credo che non ti ho sentito.” Disse Ron. “Avevo un sonno!”
Harry non si diede la pena di dire altro e l’argomento fu chiuso, per il momento.
Scendendo nella Sala Comune, poi, trovarono Hermione che li aspettava vicino al buco del ritratto. Aveva in mano un grosso libro vecchio e ammuffito, un prestito della biblioteca, probabilmente, e sembrava particolarmente concentrata nella lettura.
“Ciao, Hermione.” Disse Ron, vedendola.
“Buongiorno.” Disse lei, abbandonando momentaneamente il libro.
“Dov’è Ella?” Le chiese subito Ron.
“È appena uscita. Le ho detto che sarebbe stato meglio se avesse consegnato i compiti agli insegnanti sta mattina, prima di scendere a fare colazione. Altrimenti, si potrebbe pensare che non è puntuale.” Rispose Hermione, come se fosse la cosa più naturale del mondo alzarsi presto per consegnare i compiti.
“E perché le hai detto di fare una stupidaggine del genere?” Disse Ron, un po’ infastidito. “Ella è già abbastanza sottopressione senza che tu l’assilli con le tue fisime, Hermione!” Sbottò Ron, arrabbiato.
Sebbene imbranato e alle volte un po’ distratto, Ron si era accorto di quanto Ella fosse stanca e, conoscendola meglio di altri, sapeva come tendesse ad ascoltare chiunque si fosse preso il disturbo di consigliarla.
“Non lo vedi quante cose ha per la testa?” Continuò Ron. “Compiti extra, deve ancora ambientarsi, deve essere nell’ufficio di ogni insegnante almeno una volta alla settimana. Quell’idiota Piton l’ha presa di mira e tu credi che qualcuno possa pensare che non faccia i compiti? Dopo neanche tre giorni?”
Harry, dal canto suo, era d’accordo con Ron, ma allo stesso tempo non pensava fosse necessario che i due litigassero.
Probabilmente Hermione aveva esagerato, ma non intendeva di certo fare niente di male.
Aveva detto ad Ella di fare quello che lei stessa si era trovata a fare tante volte
Però anche quello che diceva Ron non era poi del tutto senza senso.
“Che ne dite di chiudere questa discussione?” Disse Harry. “Cerca di calmarti, Ron e tu, Hermione, prova a non considerare Ella una copia di te stessa. Lei saprà caversela.”
La discussione si era appena conclusa che il buco del ritratto si aprì.
“Buongiorno!” Disse Ella, contenta di vederli. “È successo qualcosa?” Chiese poi, avvertendo una strana atmosfera fra i tre. Harry era stranamente silenzioso.
Ron era tutto rosso fin su le orecchie ed Hermione sembrava imbarazzata.
“Stavate sparlando di me e vi ho interrotti?” Disse Ella ridendo e prendendo Ron sotto braccio.
“No, certo che no. Cioè, si! Ma non stavamo sparlando.” Disse Ron, arrossendo ancora di più. “Hermione ci stava dicendo che eri andata a consegnare i compiti.”
“Sì, infatti.” Gli rispose Ella. “Ha avuto un’ottima idea. Così non sono costretta a portarmeli dietro insieme a quelli da correggere in classe.” Continuò, ringraziando Hermione. Di nuovo, un silenzio scese tra i ragazzi, rotto solo dalla quanto mai indicata proposta di Harry.
“Che ne dite se scendessimo a fare colazione?” Disse, suscitando subito l’assenso generale.
Ron era ancora arrabbiato con Hermione ma dimenticò tutto quanto non appena Harry chiese ad Ella com’era andata con Piton il giorno prima.
“Oh, si, certo.” Disse lei. “Ieri poi non vi ho raccontato niente. Tu non c’eri e, con tutti quei compiti che avevo da fare, non ho detto niente neanche a Ron ed Hermione.”
“È stato orribile, non è vero?” Disse Ron, che, al secondo anno, aveva dovuto lucidare tutti i trofei della scuola per punizione, sempre a causa di Piton.
“Non proprio.” Disse Ella. “Mi ha fatto preparare una pozione e vuole una relazione per venerdì pomeriggio.”
“Tutto qui?” Chiese Ron, stupito non meno di Harry. “Non ha infierito, non è stato meschino ed infame?”
"Ron!!" Esclamò Hermione. "E' sempre un isegnante!"
"E' Piton, Hermione. Sa essere molto crudele quando vuole."
“No, niente del genere. Non mi ha neanche rivolto la parola, a parte lo stretto necessario.” Disse Ella. “Ha un modo di essere autoritario che metterebbe chiunque a disagio, questo è vero, ma non è stato insopportabile.”
“Questo vuol dire, Harry, che a me e a te riserva sempre il trattamento peggiore.” Disse Ron, sconfortato.
“Scusami, Ella.” Disse Harry, ignorando volutamente Ron che mostrava sul viso un’espressione afflitta. “Hai detto che devi consegnargli una relazione per venerdì?”
Era stato colpito da quel particolare. Per altro anche Hermione trovava la cosa un po’ strana.
“Be, in effetti all’inizio mi ha solo detto di tornare venerdì, sempre alle tre. Poi ha aggiunto la relazione. Forse per evitare che pensassi di essermela cavata troppo bene.” Disse lei.
“Vedi che c’era la fregatura?” Disse Ron, soddisfatto. “ E sono convinto che se Ella non fosse una ragazza stai sicuro che le avrebbe fatto fare qualcosa di faticoso e spregevole.”
“Io penso invece che non sia così.” Disse Hermione. Aveva l’aria di chi la sa lunga sull’argomento e, senza dubbio, doveva aver riflettuto sulla questione.
“Pensi che Piton non sia spregevole e meschino? O credi che ce l’abbia solo con Harry e con me? E poi perché avrebbe dovuto mettere in punizione Ella se non per mostrare quanto odia i Grinfondoro?” Disse Ron, confuso.
“No, testa vuota. Io penso sì che lui odi profondamente te, ma Harry in particolare e che non sia affatto giusto e imparziale con i Grifondoro, ma che non abbia mai avuto intenzione di mettere Ella in punizione.” Rispose Hermione, gustandosi la faccia intontita di Ron e la curiosità di Harry.
Ella, invece, sembrava aver capito cosa intendeva l’amica e le due iniziarono a interrogarsi a vicenda.
“Potete smetterla di fare le misteriose e dirci che diavolo sta succedendo?” Disse Ron che odiava non capire niente quando per gli altri sembrava tutto così evidente.
“Piton sta facendo ad Ella delle ripetizioni.” Disse infine Hermione.
Per un momento, Ron sembrò quasi svenire. Harry disse solo: “Ne sei sicura?”
“Ci ho pensato un bel po’. Mi sembrava troppo strano che Piton l’avesse messa in punizione per così poco. E perché dirglielo solo a fine lezione e non sul momento?” Continuò Hermione.
“Miseriaccia, Harry! Che cosa vuol dire? Sinceramente, io non la capisco.” Disse Ron.
“Pensaci bene, Ron. Quando mai Piton si è preso personalmente la briga di mettere in punizione qualcuno? Quando è toccato a te, è stato Gazza ad occuparsi di tutto, no?” Disse Hermione. “E poi, se riflettete, Ella è appena arrivata ad Hogwarts. Tutti gli altri insegnanti stanno cercando di aiutarla a mettersi in pari col programma. Perché non Piton?”
“Ma Piton non ha mai dato ripetizioni!” Sbottò Ron.
“Questo non significa che non possa. E poi, scommetto che Silente ha detto a tutti i professori di fare il necessario perché Ella recuperi quanto le serve.” Ribatté Hermione.
Il ragionamento di Hermione non faceva un grinza. Era lineare, logico e perfettamente plausibile.
Anche Harry ammetteva che avrebbero dovuto pensarci fin dall’inizio.
“E questo, Harry, vuol dire solo una cosa.” Disse Ron, teatrale. “Che Piton continuerà ad avercela a morte con te e con me. Per la miseria!”
“Credo che se potesse mi ucciderebbe con le sue mani.” Disse Harry, con un sorriso non molto convincente.
Tutti presi dal parlare com'erano, non si erano accorti di aver fatto molto tardi. Non c’era più tempo ormai per scendere a fare colazione.
Con enorme dispiacere di Ron, il cui stomaco necessitava di essere riempito ogni qualvolta fosse possibile, gli altri decisero di andare direttamente a lezione.
Ella ed Hermione avevano Antiche Rune mentre Harry e Ron dovevano affrettarsi per
raggiungere insieme la Torre Nord.*
“Come è andata la punizione con la Umbridge? Che cosa ti ha fatto fare?”
Chiese Ron, mentre si allontanavano da Ella ed Hermione.
Harry esitò per una frazione di secondo, poi rispose: “Scrivere delle frasi”.*
“Non è poi così male, allora, eh?” Disse Ron*.
“No”*
Gli disse Harry.
Ad Ella ed Hermione avrebbe detto, più tardi, la stessa cosa.

To be continued….

Salve, salve, salve^^ e Buone Feste a tutti. Scusate il solito ritardo, ma questa volta ho affrontato diverse complicazioni. Prima fra tutte l’università e poi le feste: esci, compra i regali, ricevi i regali, le visite e tutto il resto. Poi, anche se veniva prima, mi sono temporaneamente ritrasferita a casuccia mia^^, cioè fare, disfare i bagagli e il viaggio di rientro. Insomma, è stato difficile, ma il capitolo è pronto. Ecco, devo dire che anche in questo caso ho trovato difficile rendere le situazioni descritte in modo da rendere l’idea che avevo in mente. Per questo ho dovuto lavorare diverse giornate soprattutto alla scena in cui Ella va nell’ufficio di Piton. Ho il terrore di non riuscire a rendere questo personaggio poi. Ragiono e ragiono ogni volta su quali parole, espressioni, atteggiamenti è meglio descrivere come suoi. Ho cerato di nuovo di inserire Ella in quella che è la realtà del libro, e fortunatamente ho trovato ottime citazioni. Poi ci sono dei particolari che mi preme sottolineare:

1)Il Titolo del capitolo riprende come forma quello di Harry Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore, dal Capitolo 13, Punizione con Dolores* dal quale poi sono tratte tutte le citazioni in corsivo e contrassegnate da un solo asterisco. La mia intenzione era quella di mettere a confronto la punizione di Harry con la presunta punizione di Ella. I due risultati finali, l’animo dei due ecc. Spero di averlo fatto.^^

2) Contrassegnati con il doppio asterico, trovate poi i titoli di due libri. I titoli sono desunti da Harry Potter e La Pietra Filosofale, 2000, Salani Editore, dal Capitolo 5, Diagon Alley**.

3) Per quanto riguarda le Pozioni Mnemoniche e le notizie sul Jobberknoll queste sono desunte da un sito molto carino che può tornarvi utile se desiderate approfondire qualche aspetto sul mondo di Harry Potter. Il sito si chiama "Lumos" e le informazione le trovate nella sezione "Enciclopedia delle Pozioni." Vi lascio qui il link nel caso qualcuno di voi volesse darci un'occhiatahttp://www.lumos.it/

Ed ecco, mi sembra di aver detto tutto. Non mi resta che ringraziare tutti coloro che mi seguono e leggono la storia. Ma scendiamo nei particolari:

Un grazie enorme a chi segue la storia:

1 - B r e a t h l e s s
2 - Charme

3 - Engels

4 - Hotaru_Tomoe

5 - Jaden96

6 - Ladyhawke25


A chi ha inserito la storia tra quelle da ricordare: la mia mora Aya88^^

A chi ha inserito la storia tra le preferite:

1 - B r e a t h l e s s
2 - giada2000

3 - Jaden96

4 - lucre


E infine a coloro che hanno il tempo e la gentilezza di recensire:


Hotaru_Tomoe:

Grazie mille cara per tutti i complimenti. Sono contenta che lo stile ti piaccia. Ammetto di dedicarci molto tempo. Per le citazioni beh, diciamo che sì e no: non è facilissimo trovare quello che serve, ma neanche impossibile. Più che altro capita di sfogliare le pagine del libro e trovare un dialogo, una scena da inserire. La parte difficile è inserire Ella e narrare dei fatti che non sconvolgano troppo la storia. Come nell’altro capitolo, ci sono diversi dialoghi tra Ron ed Hermione. Nell’ultimo Ron si arrabbia un po’ troppo, ma cerchiamo di perdonarlo. Spero che il capitolo ti sia piaciuto e grazie mille per recensire e seguire la storia.^^

Aya88:

Ma ciao mora^^ come stai? Passato un buon Natale? Spero di sì. Chissà come doveva essere bella Roma in questo periodo delle festività^^.
La tua recensione mi ha colta di sorpresa perché so che sei super impegnata con la tesi e che quindi non hai molto tempo per dedicarti a questi “studi leggiadri” permettimi la citazione ;) quando hai le tue doverose “sudate carte” a cui dedicarti. Sei troppo gentile mora. Tu sei sempre troppo buona. Sono contenta che per te il discorso fili. Spero sia lo stesso anche in questo caso. Ps ancora non ho trovato l’errore di battitura (me sbadata e cieca). Tu mora già sapevi qualcosa, e quindi a buon diritto chiedevi il perché della punizione, ma ovviamente (???) di punizione non si trattava. Di sotto c’era poco e niente, in effetti, ma ci saranno sviluppi che tu già sai ;).
Comunque mora un bacio e spero troverai un po’ di tempo per leggere. Ci sentiamo poi via Internet.^^

Breathless:

Ma carissima, grazie davvero per i tuoi auguri di Natale. Sei molto gentile. Come va con la scuola? Spero che il greco non sia troppo pesante. Io ho fatto latino e quello mi è bastato, a essere onesta.^^
Recensisci quando puoi, prima il dovere e poi il piacere, sperando che la lettura della mia storia sia un piacere^^.
Comunque, mi dispiace lasciarti a bocca asciutta, ma se scrivessi più di quello che scrivo, ogni capitolo sarebbe un mini racconto.^^ Diciamo poi di sì, Piton trionfa su Ella, come a volerle dire che seppur brava, non la tratterà meglio degli altri. Il capitolo nuovo risponde diciamo alla tua domanda. Piton non aveva mai pensato di punire Ella. Altrimenti Hermione sarebbe stata punita un giorno sì e l’altro no, visto com’è pronta a farsi avanti in questi casi. Ma poi fai sempre molti complimenti. Sei davvero gentilissima. Saresti la gioia di qualsiasi autore. Mi fa piacere che il personaggio di Ella non ti disturbi. Diciamo che mi sforzo di renderla il più naturale possibile. Con i prossimi esami non so quando riuscirò ad aggiornare. Però una cosa posso dirtela, ci sarà uno scatto temporale in avanti. La storia deve procedere. Non può restare ferma ancora ai primi giorni di scuola.^^
Detto questo ti ringrazio molto per la tua pazienza e i tuoi complimenti. Spero che la lettura sia stata piacevole. Un bacione e a presto.^^

storyteller lover

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Capitolo 7
*** Organizzazioni segrete e altre piccole scaramucce ***



Cap.7: Organizzazzioni segrete e altre piccole scaramucce

Per i primi mesi che seguirono l’inizio delle lezioni, un cielo grigio e plumbeo accompagnò la vita quotidiana dei ragazzi tra le mura del castello. 
Era un tempo lugubre e opprimente che ben si intonava con la piega ripida e scoscesa che i recenti avvenimenti avevano preso. 
Il Ministero della Magia aveva infatti reso chiari ed evidenti i suoi fini: insinuarsi profondamente e controllare tutto ciò che riguardava l’organizzazione, la struttura e l’insegnamento alla scuola di Hogwarts.
Per fare questo, la Umbridge era stata nominata Inquisitore Supremo, carica che le conferiva l’autorità di giudicare l’attività degli insegnanti e la loro permanenza come docenti nella scuola.
Non solo gli studenti, quindi, ma anche gli insegnanti dovevano tenere in seria considerazione la loro condotta. 
C’era chi, come la McGranitt, non temeva ritorsioni, mentre altri, come la Cooman, avevano presto testato sulla propria pelle gli effetti del nuovo potere di cui la Umbridge era stata investita.  
Ben presto, poi,  Harry scoprì di non essere l’unico studente ad essere stato sottoposto alle punizioni della nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. 
Come per gli altri, il taglio sul dorso della mano di Harry* si era fatto via, via sempre più nitido. Ogni seduta, come la Umbridge non aveva mancato di sottolineare, era necessaria affinché il messaggio restasse meglio impresso sulla pelle e così anche nell’animo degli sventurati studenti. Proprio per questo, Harry non riuscì a tenere nascosto ai suoi amici quale fosse il vero motivo per cui le punizioni della Umbridge erano così temute dagli studenti. Hermione insistette parecchio perché andasse a riferirlo alla McGranitt, ma di questo Harry non voleva proprio saperne. 
Quando poi gli propose di rivolgersi a Silente, l’ostinazione del ragazzo si rafforzò ulteriormente. 
Non voleva chiedere aiuto a nessuno, altrimenti la Umbridge sarebbe riuscita nel suo intento: metterlo in ginocchio. Ma c’era dell’altro, qualcosa che non aveva confidato a nessuno. 
Fin dall’inizio delle lezioni, il rapporto tra Harry e il professor Silente era diventato quanto mai ambiguo. Il ragazzo, infatti, si sentiva volutamente ignorato dal preside.
La particolare attenzione, predilezione si potrebbe dire, che Silente aveva dimostrato fino a prima dell’estate scorsa nei confronti di Harry, era totalmente scomparsa per lasciare posto a un’indifferenza mai vista prima.
Di rado il ragazzo si sentiva rivolgere la parola dall’anziano professore né ricordava l’ultima volta che Silente l’aveva guardato dritto in volto. 
Stava lì, con lo sguardo fisso nel vuoto, ascoltando, annuendo, e di rado parlando.
Quell’innaturale ma profonda freddezza inquietava Harry e lo innervosiva.
Senza l’appoggio e la vicinanza di Silente, il bambino che è sopravvissuto si vedeva ancora una volta solo contro Voldermort, e contro tutti coloro che lo ritenevano un bugiardo. 
L’intensificarsi della vita scolastica, poi, e gli impegni sul campo di Quidditch occupavano gran parte del suo tempo e contribuivano a rendere più faticosa la sua giornata tanto che riusciva a malapena a stare al passo con i compiti… Ron era ancora più indietro di lui perché, se entrambi avevano gli allenamenti di Quidditch due volte alla settimana, Ron aveva anche i suoi doveri di prefetto. Hermione, invece,**** che dal punto di vista dello studio non aveva mai avuto problemi, trovava anche il tempo di sferruzzare altri indumenti da elfo. Harry doveva ammettere che stava migliorando: ormai si riusciva quasi sempre a distinguere i berretti dai calzini.**** 
In tutto questo, poi, c’era anche Ella.
Le cose non andavano molto bene nemmeno per lei. Presa dall’intensa mole di compiti e ricerche extra, la ragazza doveva dedicare il poco tempo che le restava alle lezioni private con i diversi professori, ciascuno dei quali pretendeva, e non a torto, precisione nelle consegne dei compiti e puntualità ai ricevimenti.
Nonostante tutto, però, Ella teneva duro. La sua nuova vita, le nuove amicizie e la routine quotidiana, sebbene molto faticose, non le dispiacevano affatto. Avere tante cose da fare le occupava la mente e non le lasciava tempo da dedicare a ulteriori pensieri…
Era appena trascorsa la mezzanotte quando la ragazza alzò lo sguardo dal libro degli incantesimi e posò la penna sul tavolo della Sala Comune dei Grifondoro. Guardandosi intorno, vide Ron ed Hermione seduti accanto al fuoco. Troppo stanchi per continuare a giocare a sparachiocco o anche solo per litigare, si erano abbandonati sulle comode poltrone vicine al caminetto. 
Improvvisamente, Ella sentì un leggero fruscio a livello delle caviglie.
Grattastichi cercava di farle le fusa, sperando di riuscire a farsi prendere in braccio. 
“Ehi, bel micione,” Disse piano. “Ron ed Hermione non sono molto di compagnia sta sera, vero?”
Grattastichi le rispose miagolando piano e subito le balzò sulle ginocchia.
“Sei l’unico qui che non sembra avere bisogno di una buona dormita. Potrei essere invidiosa, anzi, dovrei già esserlo, sai?” Continuò la ragazza, accarezzando il gatto.
Ma essendo riuscito nel suo intento, Grattastichi sembrava non volerle neanche dare ascolto. 
Ella sospirò lievemente. Quella mattina, nell’ora buca tra la prima e la seconda lezione, era andata dalla professoressa Caporal per l’ultima volta.  L’insegnante si era dichiarata soddisfatta dei suoi progressi e non riteneva ormai necessario continuare con le lezioni di recupero. Ne era stata felice. Anche il professor Vitious l’aveva congedata il martedì scorso e, da quanto le era sembrato di intendere dalle parole della McGranitt, neanche per la sua materia sarebbe stati più necessari ulteriori incontri. 
Improvvisamente, un rumore di passi iniziò a farsi sempre più nitido. Il silenzio permeava così profondamente il castello che Ella poteva sentire i passi avvicinarsi sempre più al buco del ritratto.

“Parola d’ordine?” Sentì dire alla Signora Grassa.
“ Puzzalinfa.” Risposero.
E naturalmente, Ella sentì il ritratto farsi da parte e vide Harry fare capolino nella Sala Comune.
“Ciao!” Le disse, ma subito Ella gli fece segno di parlare a bassa voce, indicando Ron ed Hermione. 
“Da quanto dormono?” Sussurrò Harry, avvicinandosi al tavolo e sedendosi.
“Non so di preciso ma credo da un bel po’.” Gli rispose Ella e i due si scambiarono un’occhiata divertita. Subito il suo sguardo notò la mano di Harry. Sanguinava parecchio e la pelle era gonfia e rossastra. 
“Tieni.” Gli disse Ella, senza commentare, porgendogli una piccola ciotola piena di liquido giallo*. Era una soluzione di tentacoli di Purvincoli filtrati in salamoia. Hermione ne aveva preparata un bel po’ ben sapendo che sarebbe certamente servita anche quella sera.
“Grazie.” Le rispose Harry, immergendo la mano nella soluzione e accarezzando Grattastinchi che nel frattempo aveva deciso di farsi coccolare da lui. 
Harry guardava verso il caminetto, godendosi quel poco tepore che ancora emanava. Era stanco ma soprattutto preoccupato. Ella ne indovinava facilmente il motivo, sebbene sapesse che gran parte della sua inquietudine era dovuta più a un insieme di circostanze che a un singolo episodio come la punizione della Umbridge.
“Io penso che sarai un insegnante bravissimo, Harry.” Disse tutto d’un fiato.
Harry si voltò a guardarla e in un attimo si vide davanti a un gruppo di persone sedute intorno a lui alla Testa di Porco ed Hermione che scriveva in alto e a lettere cubitali su di una pergamenaEsercito di Silente.
“Sul serio?” Le chiese. 
“Sì.” Disse Ella. “Oggi non ho detto la mia davanti agli altri. Hanno parlato tutti così bene di te che non sono riuscita a trovare nient’altro da poter dire. Ma io credo davvero che ne sarai all’altezza, Harry. Devi solo crederci un po’ di più.” Continuò, sorridendo.
Le buone intenzioni della ragazza aiutarono a rasserenare l’umore di Harry. Sentirsi sostenuto nell’impresa di resistere alla Umbridge e al Ministero,** mentre lui aveva un ruolo chiave nella rivolta, era per Harry motivo di immensa soddisfazione.** 
“Grazie.” Disse ad Ella, guardandola con grande ammirazione. 
Passarono alcuni minuti senza che nessuno dei due parlasse, istanti che resero l’atmosfera intorno a loro quasi imbarazzante. Il fuoco era ormai spento. Gli ultimi tizzoni ancora accesi illuminavano la sala ormai immersa nella penombra. A malapena si potevano distinguere i contorni degli oggetti e di mobili sparsi intorno alla sala. 
Eppure Ella ebbe la strana sensazione che Harry la stesse ancora guardando. 
Impacciata, si alzò silenziosamente ma al contempo rapidamente. Raccolse i libri, infilò tutte le sue cose nella borsa e si diresse verso le scale che portavano ai dormitori delle ragazze.
“Buonanotte, Harry” Disse piano, piano.
Era già arrivata a metà scala quando sentì il ragazzo risponderle.
“Buonanotte, Ella.”
Lo sbadiglio rumoroso di Ron mise fine al silenzio che aveva aleggiato fino a quel momento nella Sala Comune.

Nelle settimane che seguirono fu come se Harry portasse dentro il petto una sorta di talismano, un segreto luminoso che lo sosteneva nel corso delle lezioni della Umbridge e gli rendeva perfino possibile sorridere quando guardava quegli orribili occhi sporgenti. Lui e l’ES la combattevano sotto il suo stesso naso, facendo proprio quello che lei e il Ministero temevano di più…***
Gli incontri si articolavano in maniera casuale, visti i diversi impegni dei membri. Ma questo non era un male. 
Più imprevedibili erano i loro movimenti, minore era la possibilità che qualcuno riuscisse a pedinarli.
La scoperta della Stanza delle Necessità, poi, era stata una benedizione.
Potevano scomparire per un paio d’ore senza che nessuno, insegnante o studente, nemmeno Gazza il custode, se ne accorgesse. Era come lasciarsi alle spalle tutto quello che di opprimente c’era nella loro realtà quotidiana per una, due alle volte quasi tre ore. Era una via d’uscita dal tempo e dal mondo. 
Presto, nel frattempo, arrivò dicembre  e portò con sé altra neve*****… e freddo.  Non fosse stato per le lezioni dell’ES, Harry avrebbe toccato il fondo dell’infelicità.******  Lui e Ron erano stati espulsi dalla squadra di Quidditch a tempo indeterminato. Ron aveva i suoi doveri di prefetto a cui tenere fede, ma Harry non viveva, ora, che per le lezioni dell’ES.  Aveva l’impressione di vivere per le ore che passava nella Stanza delle Necessità, a lavorare sodo ma anche a divertirsi, e soprattutto a gonfiarsi d’orgoglio nel notare i miglioramenti ottenuti dai suoi compagni. ******
“Molto bene. Ora siete tutti in grado di padroneggiare lo Schiantesimo.” Aveva detto Harry durante l’ultimo incontro. “So che vi sembra fin troppo semplice, ma vi posso assicurare che mi è stato molto utile, in molte occasioni.” Continuò il ragazzo. 
Tutti gli altri restavano in silenzio, in attesa che continuasse ed Harry, schiaritasi la voce, riprese. 
“È ancora presto per parlare di incantesimi più complessi. Abbiamo lavorato molto e avete fatto molti progressi. Ho pensato, però, che sarebbe meglio approfondire con gli incantesimi che ci permettono di proteggere noi stessi e magari anche qualcun altro se necessario.” Disse Harry. “Cercherò di spiegarvi oggi cos’è un Sortilegio Scudo.”
Ancora una volta, nessuno parlò. Gli occhi erano tutti puntati su di lui.
“È un incantesimo abbastanza complesso. Richiede una maggiore concentrazione. Evoca uno scudo di energia magica che respinge incantesimi e maledizioni. Non funziona però con le maledizioni senza perdono. Ha l’effetto di far rimbalzare l’incantesimo verso chi lo ha evocato.” Spiegò Harry. Non che si sentisse a suo agio ad essere al centro dell’attenzione, ma ci stava già facendo l’abitudine.
“Dovete alzare la bacchetta e puntarla verso il vostro avversario.” Disse cercando di assumere col corpo la posizione giusta. “Tenete il braccio teso e poi pronunciate Protego.
“Tutto qui?” Brontolò Zacharias Smith, con un  bisbiglio che si udì benissimo*****.  
“Se sei così bravo perché non vai a spiegarlo tu?” Disse Ginny, usando un tono non proprio pacato e che tutti poterono udire benissimo. 
“Hai qualche problema, amico?” Chiese George a Zacharias. “Perché se ce l’hai possiamo benissimo risolverlo.” Concluse Fred per il fratello. 
“Perché non ci calmiamo e iniziamo ad esercitarci?” Propose Harry, raggiungendo Fred, George e Zacharias. “Siamo qui per questo, no? Esercitiamoci a coppie*****!

Si divisero tutti, obbedienti. Harry fece coppia con Neville, come al solito.*****
“A turno cercate di disarmare il vostro avversario che dovrà rispondere con l’incanto Scudo. Lo scopo sarà quello di far rimbalzare l’incantesimo di disarmo. Avanti!” Concluse Harry. 
La stanza si riempì subito di grida intermittenti***** “Protego”. Le bacchette volarono in tutte le direzioni; incantesimi sbagliati colpirono i libri sugli scaffali e li fecero cadere.*******
Neville stava facendo degli sforzi incredibili. Presto avrebbe ottenuto grandi risultati.
Dopo un po’, Harry lo mandò a lavorare con Ron e Hermione, in modo da fare il giro della stanza e guardare gli altri.*****
“Molto bene Ginny. Devi tenere la bacchetta dritta, Seamus, non puntata verso l’alto. Così, bene.” 
Harry cercava di rimediare alle imperfezioni dei compagni, in modo che potessero migliorare. 

Harry si spostò al centro della stanza…passò accanto alle altre coppie, cercando di scorgere quelli che sbagliavano.*******
“Non male, 
Justin” Disse Harry, “ma si può senz’altro migliorare.”*******
Pian piano, il rendimento generale migliorò.*******
Continuando per il suo giro, Harry si stava lentamente avvicinando al punto in cui Cho Chang si stava esercitando insieme alla sua amica Marietta. Non si avvicinò molto. Aveva notato come il nervosismo della cercatrice di Corvonero aumentasse ogni volta che nei paraggi c’era lui. Era una cosa a cui pensava spesso. Pensava spesso anche al nervosismo che lui stesso provava quando vedeva Cho. Era giunto alla conclusione che doveva essere una cosa reciproca e proporzionale.
“Devi pronunciare meglio la formula.” Disse Harry, rivoltò a Cho.
La ragazza era in uno stato di evidente imbarazzo, tanto che le sue guance si tinsero di rosso non appena Harry le rivolse la parola. 
Sei tu che mi innervosisci, prima mi riusciva!”******* Gli disse la ragazza. Subito Harry provò quella strana sensazione di vuoto allo stomaco che sentiva tutte le volte che Cho lo guardava.
“Stavi andando bene.” Mentì Harry, ma la sua piccola bugia sortì l’effetto sperato. Cho gli sorrise e lo stomaco di Harry fece le capriole. 
Più in là, Harry poteva scorgere Ella che cercava di far rimbalzare, con successo, il tentativo di disarmo di Katie Bell. Lei non si innervosiva minimamente quando lui si avvicinava anzi, era sempre tranquilla.
Era così serena. A dire il vero era bravissima. Non scolastica come Hermione ne secchiona, era solo…brava, non c’era altro modo di spiegare la cosa.
Allontanatosi a malincuore da Cho, Harry riprese col suo giro di perlustrazione. Vicino al fondo della stanza, era in atto un’accesa discussione. Neville aveva quasi conficcato la sua bacchetta nell’occhio di Padma Patìl nel tentativo di disarmare Seamus e ora la ragazza lo stava canzonando proprio per bene.
“Ma perché non stai un po’ attento? Potevi accecarmi o sfregiarmi. Possibile che no ne fai una giusta?” Urlava la ragazza che, seppur brusca, doveva essersi presa un bello spavento.
“Mi, m-mi dispiace, ecco io,io non…” Il povero Neville era tutto rosso dalla vergogna.
Si doveva senz’altro fare qualcosa, ma prima che Harry potesse avvicinarsi, qualcuno si fece avanti prima di lui.
“Basta, Padma. Non vedi che Neville sta cercando di chiederti scusa? Non c’è bisogno di aggredirlo. Gli dispiace, non voleva farti male.” Disse Ella, interrompendo l’impetuoso elenco di tutti i danni possibili che, secondo Padma, Neville avrebbe potuto provocarle. Neville guardò con estrema gratitudine Ella.
“Scusa, non l’ho fatto a posta.” Biascicò Neville, ancora più rosso di prima visto che tutti si erano messi intorno a lui e osservavano la scena interessati.
“Ok, non fa niente. Io, ecco mi sono spaventata. Non sono arrabbiata con te.” Gli disse Padma, dispiaciuta per avergli urlato addosso. 
“Sì però poteva farle male sul serio. Va bene essere sbadati ma così rischiamo tutti di farci ammazzare ogni volta.” Sussurrò nell’orecchio, ma forse un po’ troppo forte Cho alla sua amica Marietta e quest’ultima si mise a ridacchiare. Ella, avendo sentito quello che le due amiche si erano dette si voltò immediatamente verso di loro.
“Credi di essere più brava, forse? Ti senti inarrivabile o anche solo meno impacciata di Neville?” Le disse Ella, evidentemente infastidita da quel commento un po’ acido.
“Non sarò più brava ma almeno non ho mai fatto male a nessuno.” Le rispose Cho prontamente, sentendosi interpellata in maniera così diretta.
“Nemmeno Seamus, Fred, Luna, e neanche gli altri s’è per questo. Ma se uno di noi sbaglia non c’è bisogno che peggiori la situazione con i tuoi commenti acidi.” Le disse Ella, non alzando la voce ma in evidente stato di rabbia. Cho non ribatté, ma nemmeno fece intendere di volersi arrendere.
Anzi, guardò subito in direzione di Harry, come per chiedergli tacitamente di intervenire in quanto insegnante.
Ella se ne accorse, ma non disse nulla. 
“È meglio se ci calmiamo, tutti. Sono incidenti che possono capitare. Non è successo niente di grave .” Disse Harry, che in quel momento era preoccupato a cercare qualcosa da dire. “Per oggi può bastare.” Continuò, vedendo che ormai tutti avevano abbassato le bacchette, presi dalla discussione. “Ci vediamo domani.”
Un chiacchiericcio concitato si diffuse nella stanza, mentre tutti raccoglievano le proprie cose.
Ella fu la più rapida di tutti. Aveva già sistemato tutto e, presa la borsa, si stava per dirigere verso l’uscita quando Ron la chiamò.
“Ehi, Ella, aspetta un momento. Stiamo arrivando.” Le disse, ma lei gli rispose che aveva da consegnare sei compiti alla professoressa Vector e, siccome era quasi ora di cena, doveva farlo subito. 
Non lasciò al cugino il tempo di dire altro e se ne andò, senza neanche voltarsi indietro.
Hermione, da attenta osservatrice qual’era, notò come Cho, che era proprio vicino a loro, stesse bisbigliando qualcosa allo’orecchio dell’amica Marietta e come avesse indicato con lo sguardo proprio Ella nel momento stesso in cui questa era uscita. Per altro Hermione sapeva che Ella aveva preso ottimi voti negli ultimi test ti Aritmanzia ed erano passate quasi due settimane dall’ultima  volta che aveva dovuto fare compiti extra per quella materia.

Il mattino dopo,
a colzione.
 

Il pomeriggio seguente, cioè qualche giorno prima della partenza degli allievi per le vacanze di Natale, Harry aveva fissato l’ultimo incontro dell’ES. Non avrebbe spiegato novi incantesimi, ma credeva fosse meglio ripassare tutto quello che avevano fatto fino a quel momento. 
“Devi considerare Harry che ci sono pure gli allenamenti di Quidditch.” Disse Ron quella mattina a colazione. “Visto che fa buio prima, non si possono spostare. Deve essere un orario sul tardi, tipo due ore prima di cena.”
“Noi prefetti dobbiamo anche aiutare a sistemare gli ultimi addobbi di Natale all’ingresso. Cosa che ci prenderà tutto il pomeriggio.” Disse poi Hermione, che era impegnata nello sferruzzare dei calzini da elfo tra un boccone e l’altro delle sue uova.
“Per me va bene.” Disse Harry. “Manda il messaggio a tutti, Hermione.”
“Io non posso venire.” Disse una voce, piano.
A quelle parole, tutti e tre, Harry, Hermione e Ron con ancora la forchetta in mano, si voltarono verso Ella sorpresi. La ragazza si vide scrutare da tre paia di occhi indagatori. Quello che era successo la sera prima, aveva contribuito a rendere tesi i rapporti tra Ella e Harry, sebbene nessuno dei due ne avesse fatto alcuna menzione.
“Che significa non puoi venire?” Disse Ron, dimenticando momentaneamente la salsiccia fumante nel suo piatto.
“Sta sera devo andare di nuovo a lezione da Piton.  È l’ultima volta prima delle vacanze.” Spiegò la ragazza, abbassando lo sguardo. 
Harry non disse niente. Avrebbe senz’altro peggiorato la situazione.
Lui ed Ella non si erano rivolti la parola per tutto il giorno, se non per lo stretto necessario.
Più che lei, in realtà era Harry a non riuscire a trovare le parole giuste. Ma le parole giuste per cosa, poi? 
Non aveva fatto fondamentalmente nulla di male, eppure non riusciva a non pensare di avere sbagliato in qualche modo nei confronti di Ella.
“Miseriaccia! Mancano pochi giorni per le vacanze di Natale. Quell’impostore di Piton potrebbe anche lasciarti stare!” Sbottò Ron.
“Smettila di urlare, Ron!” Disse Hermione. “Vuoi che ti sentano fino alla torre di astronomia?”
“Ma è ingiusto! Perché deve continuare ad andarci? Io non lo capisco!” Continuò Ron.
“Forse Ella ha ancora bisogno di migliorare.” Disse allora Hermione, cercando un’attenuante.
“Ha i voti più alti del nostro anno!” Concluse Ron. “Insieme a te, certo, ma devi ammetterlo, non c’è alcun motivo perché ci debba ancora andare. Non è così, Harry?”
Il ragazzo, interpellato così subitaneamente, non sapeva cosa rispondere, soprattutto per il fatto che la diretta interessata, cioè Ella, era proprio davanti a lui.
“Non lo so.” Riuscì solo a dire, cercando di sembrare meno impacciato di quanto non fosse.
“E diciamoci la verità.” Continuò Ron, gettandosi nel mentre sui pancake. “Non deve essere proprio piacevole stare ore e ore insieme a Piton.”
E, tra un boccone e l’altro, continuava ad elencare i difetti del pessimo carattere del professore, insieme a tutti quelli più spregevoli e odiosi che gli venivano in mente, non per forza realmente attribuibili a Piton.
“Non è così male, a essere onesta.” Disse Ella a un certo punto, interrompendo il monologo del cugino.
Per via di quel sorprendente commento, quasi Ron non si strozzò con un muffin ai mirtilli.
“Che hai detto?” Disse con ancora la bocca piena. “Dimmi che non l’hai detto? Non puoi averlo detto.”
“Invece è proprio così.” Ribatté Ella, un po’ infastidita dall’atmosfera che si era venuta a creare. 
Hermione sferruzzava in silenzio. Harry girava e rigirava i cornflakes davanti a lui senza guardarla in faccia, e Ron parlava come se ci fosse una folla di ascoltatori attenti e coinvolti totalmente nel suo discorso.
“Non è male, quando ci fai l’abitudine.” Disse, raccogliendo le sue cose. “Vado in biblioteca. Devo finire la ricerca sugli ingredienti della pozione corroborante prima di pranzo.”
“Quindi non vieni a lezione?” Disse Hermione, con l’aria sorpresa. Ella, per finire la ricerca, avrebbe dovuto saltare la lezione di antiche rune e poi anche quella di storia della magia. 
“No, non posso.” Disse Ella. “Scusami se ti lascio sola questa volta.” Continuò.
Salutò i tre ragazzi, e si avviò da sola verso l’uscita della biblioteca.
Camminava in fretta, tenendo lo sguardo basso per evitare di incontrare gli sguardi di qualche curioso.
Sentiva caldo in viso. Molto probabilmente era arrossita. Le succedeva sempre quando non diceva la verità.
Non era solita dire bugie a chicchessia. In realtà, non aveva da finire nessuna ricerca. 
Piton non le aveva assegnato ricerche in più l’ultima volta. 
Semplicemente, non voleva andare a lezione quella mattina.
Si sentiva a disagio per via di quello che era successo la sera prima. Sapeva che era argomento scottante per chiacchiere e pettegolezzi indiscreti. In più, come nuova arrivata e nelle sue particolari circostanze, qualsiasi cosa facesse era sempre oggetto di discussione per qualcuno. 
E poi, cosa che contribuiva per la maggior parte al suo malumore, era il fatto che Cho, nel momento della sfuriata di Ella, si fosse subito rivolta a Harry per risparmiarsi la fatica di controbattere. Quello che urtava di più la sua sensibilità non era il fatto che l’amico fosse intervenuto per placare gli animi, ma che non avesse esitato un momento a correre in aiuto della ragazza al minimo cenno di quest’ultima. 
Ella provava una rabbia indescrivibile. Un’occhiata supplichevole e qualche moina erano bastate a Cho per schierare Harry dalla sua parte come arma vincente, e lui glielo aveva lasciato fare senza neanche pensarci.
Tutta presa da questi pensieri burrascosi, Ella aveva attraversato rapidamente la Sala Grande. Molte teste si erano voltate verso di lei al suo passaggio, soprattutto quelle dei Corvonero. Ovviamente, non era trapelata la notizia circa l’Esercito di Silente  o il luogo e il motivo reale del battibecco tra le due ragazze. 
La sua amica Marietta si era solo lasciata sfuggire con qualcuno che tra le due c’era stata una discussione, abbastanza accesa, e che Harry era intervenuto per riappacificarle.
Così tutti, prima ancora della fine della seconda ora, avrebbero potuto divertirsi nel cercare di indovinare qual’era il motivo che poteva spingere due brillanti studentesse a farsi soccorrere dal grande Harry Potter, il Prescelto, colui che era sopravvissuto, in un momento di particolare fervore.
Anche al tavolo dei Serpeverde era giunta notizia dell’accaduto. 
Risa e schiamazzi incorniciavano un racconto particolarmente impreziosito dall’instancabile fonte di notizie qual’era Pansy Parkinson:
“Ve lo giuro, l’ho sentito proprio con le mie orecchie.” Diceva, facendo finta di guardarsi intorno perché nessuno potesse sentirla, a parte l’intera tavolata della sua casa. “Quella Cho Chang di Corvonero si stava sfogando con la sua amica Marietta nel bagno delle ragazze al secondo piano. Era così arrabbiata e furiosa, per la barba di Merlino, e ce l’aveva a morte con una Grifondoro!” Continuava a dire. 
Tra una pausa e l’altra di quel suo racconto tanto interessante, cercava speranzosa lo sguardo di Draco con la speranza che lui la stesse ascoltando insieme agli altri. Tuttavia il ragazzo era assorto nei suoi pensieri. 
Pazienza, pensò la giovane serpeverde, riprendendo il discorso.
“Avreste dovuto sentirla. Ha detto che quella grifondoro l’aveva ripresa davanti a tutti. Chi fossero questi “tutti” non sono riuscita a capirlo, ma quello che so per certo è che Potter – sì, proprio lui – si è messo in mezzo per riappacificarle.” Diceva Pansy, quando a un certo punto, qualcosa catturò la sua attenzione.
“È lei, ne sono sicura, è proprio la nuova arrivata.” Disse, indicando Ella che, in quel momento, stava per uscire dalla Sala Grande.  Subito tutti si voltarono a vedere di chi stesse parlando, ma solo pochi riuscirono a vedere Ella, quasi sul punto di uscire dalla Sala Grande. 
“Io vado in classe.” Disse Draco, quasi con aria seccata. “Tiger, Goyle, smettetela di ingozzarvi e datevi una mossa”.  Povera Pansy, avrebbe dovuto trovare un aneddoto molto più interessante per catturare l’attenzione del suo caro Draco.    

Una volta uscita dalla Sala Grande, Ella andò subito in direzione della biblioteca. Non aveva niente da fare lì, in verità, ma non sapeva dove altro andare.
Aveva bisogno di stare un po’ da sola, di non vedere nessuno. Si sentiva in imbarazzo davanti agli altri. 
Era stata impulsiva. Aveva agito lasciandosi trascinare dall’istinto e ora, ripensandoci, non aveva nemmeno voglia di rinchiudersi in biblioteca a studiare.
Perciò, cambiò molto rapidamente idea. Non sarebbe andata in biblioteca, non subito per lo meno, 
Pensò che sarebbe stato meglio tornare prima nella Sala Comune dei Grifondoro. Li avrebbe potuto innanzitutto alleggerire la sua borsa, carica di libri, e, dopo essersi accertata che le condizioni del tempo lo permettessero, Forse avrebbe fatto un salto da Hagrid. Era ritornato da poco e sembrava più abbattuto che mai. 
Avrebbe potuto chiedergli consiglio o anche semplicemente stare con lui e rilassarsi un momento.
Si, pensò, era un’ottima idea. 
Su due piedi, allora, cambiò improvvisamente direzione. Aveva scelto un percorso insolito per tornare alla Sala Comune, ma riflettendoci, aveva tutta la mattinata per prendersela con calma.
Sennonché, voltando l’angolo…
“Buongiorno, signorina Davies.” Si sentì dire prima che, presa dall’entusiasmo, finisse per arrivargli addosso.
Ella, dal canto suo, si era inizialmente spaventata e poi imbarazzata.
“Buongiorno, professore.” Rispose, ricambiando il saluto. 
La sua euforia, ahimè, era durata poche manciate di secondi.
Il suo bel progetto di marinare le lezioni e andare a prendere una boccata di aria fresca era fallito sul nascere.
“Potrei anche sbagliarmi, signorina Davies, ma credo che ci sia una lezione in corso al momento in cui risulti assente o quantomeno in ritardo.” Disse Piton, puntando gli occhi neri su Ella.
La ragazza, tra lo stupore di vederselo comparire davanti all’improvviso e l’imbarazzo di essersi fatta pescare in flagrante mentre marinava le lezioni, era diventata rossa fino alla punta delle orecchie.
“Ecco io, io non…” Cercò di dire Ella, invano. Non riusciva a pensare a niente che potesse aiutarla a uscire fuori da quella situazione imbarazzante. Non era mai stata brava ad accaparrare scuse, dote innata che aveva sempre invidiato a Fred e George. In più Piton non cercava assolutamente di facilitarle la cosa. Aspettava, tranquillo, con silenziosa pazienza, che lei dicesse qualcosa.
“Mi dispiace, professore.” Disse finalmente Ella, raccogliendo un po’ di coraggio. “Dovrei essere a lezione ma oggi volevo starmene un po’ per conto mio. “
Non poteva certo raccontare ogni singolo particolare della situazione o quello che era il suo effettivo stato d’animo, ma quanto meno si sforzò di essere sincera almeno per quello che le era possibile. 
Non che disse molto, in verità, se non quanto detto sopra, ma si sentì ugualmente un po’ meno tesa.
Piton, come sempre, non mostrava alcun segno di comprensione, rabbia, fastidio, soddisfazione nell’avere pescato l’ennesimo studente che saltava le lezioni. Il suo volto era una lastra di marmo freddo e impassibile. 
Ma non per questo Ella ne era molto intimorita. Si era abituata ad accettare il modo di essere dell’insegnante, senza farsi mettere troppo in soggezione, durante le lezioni extra.
Se c’erano professori maldestri come Vitious, o severi ma allo sesso tempo corretti come la McGranitt, era ammissibile d’altronde che ci fosse qualcuno rigido, sarcastico e indisposto verso gli studenti come Piton.
Non era certa di potersela cavare, anzi, conoscendolo, il professore avrebbe senza dubbio trovato il modo di far rispettare le regole. 
Eccolo, pensò Ella, sta sicuramente per dire qualcosa, notando gli zigomi del professore che si contraevano impercettibilmente. Ella era pronta a ricevere il colpo.
“Per motivi che non sto qui a spiegarti, signorina Davies, la lezione di questa sera è rinviata a dopo le vacanze.” Disse Piton, con estrema sorpresa di Ella che si era aspettata qualcosa del tipo “La professoressa McGranitt saprà cosa fare per il tuo castigo” o anche “lezioni extra fino a Pasqua”.
“Vai a gironzolare da un’altra parte.” Disse in fine con tono intimidatorio, notando l’espressione meravigliata della ragazza. Ella non se lo fece ripetere due volte e si allontanò il più in fretta possibile dal raggio d’azione di Piton. Non riusciva a crederci. L’aveva scampata, e con che facilità. 
Adesso, non aveva più scuse per non andare alla riunione dell’ES di quella sera, ma quanto meno se l’era cavata con un semplice, secco e chiaro –Vai a gironzolare da un’altra parte –  invece di sentirsi riempire di frecciatine come era capitato a Harry e Ron l‘ultima volta che erano stati redarguiti da Piton. 
Col cuore un po’ più leggero, allora, Ella cercò un altro posto per andare a gironzolare.


 To be continued….

Chiedo venia, perdonate e il ritardo, ma come sempre, sono presa da mille pensieri e cose da fare. Comunque ce l’ho fatta e ho già più o meno in mente cosa fare nel prossimo capitolo che, penso, sarà più interesse di questo. Spero di non avervi scioccato con tutti questi intrallazzi sentimentali e che il capitolo vi sia piaciuto. Un bacio alla prossima. Per quanto riguarda le citazioni ecco qui i capitoli da cui le ho tratte. Sono state molte questa volta, me ne rendo conto, ma ammetto che le adoro^^:

 Citazioni:

 *cap 15 l’inquisitore supremo di Howgarts 
** cap 17 Decreto didattico numero ventiquattro
*** cap 19 il serpente e il leone
**** cap 16 alla testa di porco
*****cap 21 l’occhio del serpente
******cap  27 il centauro e la spia
*******cap 18 l’esercito di Silente.

  
Ringraziamenti particolari a chi segue la storia:

1 - Charme 
2 - Engels 
3 - Hotaru_Tomoe 
4 - Jaden96 
5 - Ladyhawke25

6 - L a i l a
7- mapize

A chi ha inserito la storia tra quelle da ricordare: la mia mora Aya88^^

A chi ha inserito la storia tra le preferite:

1 - Elasia 
2 - giada2000 
3 - Jaden96
4 - L a i l a 
5 - lucre 

storyteller lover:

 

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Capitolo 8
*** Verità e Bugie ***



Cap. 8 Verità e Bugie

Quella sera Harry arrivò presto nella stanza delle necessità per l’ultima riunione dell’ES prima delle vacanze*  ed ebbe così il tempo di liberarsi delle quanto mai imbarazzanti decorazioni natalizie che Dobby aveva seminato per tutto l’ambiente. Era sicuro che fosse stato l’elfo. nessun altro avrebbe potuto appendere al soffitto cento medaglioni dorati, tutti con il ritratto di Harry e con la scritta. “BUON NATALE HARRY POTTER SIGNORE!”*.
Lasciò soltanto il vischio, sparso qua e là. Si addiceva bene al clima natalizio.
Sebbene fosse fisicamente ancora ad Hogwarts, nella sua mente già si vedeva proiettato al Quartier Generale, a trascorrere il suo primo, vero Natale in un luogo che non fosse Hogwarts e nemmeno la casa dei Dursley.
Ci sarebbero stati tutti e soprattutto, avrebbe finalmente trascorso un Natale con Sirius.
Sì, pensò, quell’anno si prospettava un Natale veramente felice per lui, per Sirius, per tutti.
Non voleva pensare più a nient’altro.
Immerso così nei suoi pensieri, Harry quasi non si accorse della presenza di Luna Lovegood, cosa che per altro accadeva di frequente. Non che lui fosse spesso sovrappensiero, ma chissà come Luna aveva la capacità di apparire sempre all’improvviso e senza mai annunciarsi. Piano, piano, poi, iniziarono ad arrivare sempre più persone e quindi Harry abbandonò totalmente i suoi pensieri per dedicarsi all’ultima riunione dell’ES prima di Natale. Avrebbero molto semplicemente ripassato tutto quello che avevano fatto fino a quel momento, a cominciare dall’expelliarmus fino agli schiantesimi. Non aveva senso fare qualcosa di nuovo proprio durante l’ultimo incontro. Inoltre, avrebbe potuto constatare i progressi ma anche le necessarie correzioni da segnalare. Per la verità erano tutti così migliorati che Harry dovette fare davvero molto poco. La cosa era quanto mai rassicurante e alla fine della lezione tutti erano ugualmente e profondamente soddisfatti di sé stessi.
Anche Nevill aveva fatto passi da gigante, aiutato da Harry ma anche sostenuto dagli altri, soprattutto da Hermione e da Ella. Alla fine dell’ora* si lasciarono tutti in perfetta armonia.

Si diffuse un mormorio eccitato. La stanza si svuotava a poco a poco; uscendo, quasi tutti augurarono a Harry buon natale.*
Insieme a Ron, Hermione ed Ella, Harry sistemò i cuscini e tutto l’occorrente che avevano usato in un angolo.  Ron e Hermione uscirono dalla stanza prima di lui.* Ella invece stava recuperando la borsa insieme ai libri che aveva lasciato in fondo alla stanza, perché non fossero d’intralcio. Allora Harry cercò di cogliere l’occasione all’istante.
“Ella” La chiamò “Ella, ho bisogno di parlarti. Puoi aspettare un momento prima di andare?”.
Sentendosi chiamare, Ella si voltò, puntando i suoi occhi verde smeraldo dritti in faccia a Harry. Non aveva l’aria arrabbiata, né sembrava essere in collera con lui. Era solo delusa, forse.
“Ecco, io volevo scusarmi con te per quello che è successo l’altro giorno. Cioè, non so esattamente cosa ho fatto, né tu cerchi in qualche modo di dirmelo o di farmelo capire, ma so che c’è qualcosa che non va e vorrei chiederti scusa, qualunque cosa sia.” Le disse, tutto d’un fiato.
Ella lo guardò sorpresa. Non se l’era aspettato. Harry le stava chiedendo scusa, e nemmeno sapeva per cosa, ma lo stava facendo. Ella non sapeva se essere contenta del fatto che Harry tenesse a riappacificarsi con lei o se dovesse tenere conto del fatto che per lui in realtà non era successo niente alla fine, o almeno, niente che fosse da imputare a lui. Ci teneva a restaurare nuovamente quel legame che si stava creando piano, piano tra loro, ma non sapeva nemmeno che cosa lo aveva scosso. In effetti, a ripensarci bene, tra tutti e due, era stato Harry quello a comportarsi in modo più strano. Le aveva parlato solo poche volte, cercava di non infastidirla per nessun motivo, anche se non ce n’era bisogno. E ora le chiedeva scusa per un qualcosa si cui non conosceva perfettamente l’entità ma ci teneva particolarmente a dirlo. Tutto questo portò Ella a fare una semplice ma chiara osservazione.
“Tu credi che io sia arrabbiata con te?” Gli chiese, suscitando per altro un’espressione sorpresa sul viso di Harry, che di certo non si aspettava di sentirsi porre una domanda al posto di un semplice “accetto le tue scuse, ma non ce n’era bisogno, davvero."
"Tu credi che io sia arrabbiata con te quindi pensi che basti chiedere scusa per qualcosa che per altro ignori e sistemare le cose. Harry, ti ho dato veramente quest’impressione?” Continuò Ella, pacatamente, ma il tono della sua voce tradiva un po’ di emozione. Mentre parlava Harry pensò di essersi comportato in maniera molto stupida.
“Non sono arrabbiata conte, Harry. Mi ha semplicemente dato fastidio il modo in cui lei ha trattato Neville e il fatto che ti abbia messo in mezzo. Davvero Harry, non c’è bisogno che ti scusi e mi dispiace se hai pensato di doverlo fare.” Gli disse Ella, profondamente dispiaciuta.
“Credevo di averti, insomma, credevo di averti offesa in qualche modo o di averti ferita.” Disse Harry, cercando di trovare un attenuante.
“Ma no, Harry!” Disse Ella, sorridendogli dolcemente, “Però non vorrei mai che qualcuno mi mettesse contro uno dei miei amici.” Queste parole colpirono Harry profondamente.
“Non era mia intenzione.” Le disse, allora. “Cercavo solo di fare la cosa giusta.”
“Lo so e ti ringrazio. Scusami ancora Harry.” Rispose Ella, sfiorandogli il braccio. “Vado a posare i libri. Ci vediamo nella sala comune… no, aspetta! Credo che andrò subito a dormire.” Disse Ella. “E’ stata una giornata lunga e faticosa. Domani però andrà meglio. Buonanotte, Harry.” Così dicendo, anche Ella lasciò la stanza delle necessità ed Harry rimase lì con un leggero senso di vuoto allo stomaco.
Riuscì a malapena a vederla uscire, tanto era stata svelta e il ragazzo aveva appena iniziato a maledirsi tra sé e sé per essere stato un completo e perfetto idiota quando la sua attenzione fu attirata da qualcos’altro.

“No, vai pure.” sentì che diceva alla sua amica…era sicuro che fossero soli e aspettò che lei parlasse.*
Le lacrime e il vischio sparso da Dobby qua e là fecero il resto.

 

Poco dopo, nella
Sala Comune dei Grifondoro

 

Harry era conscio, al suo rientro nella Sala Comune, di essere completamente sotto shock. L’espressione che gli si era dipinta sul viso tradiva e mostrava in maniera evidente l'ansia che si agitava dentro di lui.
Proprio per questo, Ron ed Hermione, che aveva trovati seduti nei posti migliori, vicino al fuoco*, non tardarono a intuire chi e che cosa avessero potuto trattenerlo. Istintivamente, Harry aveva tirato un sospiro di sollievo vedendo che Ella non era lì con loro. La cosa era già abbastanza imbarazzante così com’era.
Non lo disse apertamente ai due amici, ma confidava nel fatto che né Ron né Hermione aprissero il discorso con Ella in seguito.

“E allora?” domandò finalmente Ron…”Com’è stato?”*
Harry ci pensò un momento.*
“Umido” rispose con sincerità.*
Nei successivi dieci o quindici minuti, Harry descrisse tutto quanto. Lui e Cho, il vischio, i pianti della ragazza, tutto ciò che poteva venirgli in mente.   
Ron era eccitato, anche più del dovuto. Harry invece non sapeva come classificare la cosa. Non era stato piacevole ma nemmeno così orribile. Hermione al contempo gli suggeriva di pensare al futuro e a quando invitare Cho ad uscire. Quello era un altro problema. Non lo sapeva. Almeno per il momento.
“Harry, che cosa ti ha detto Ella quando ce ne siamo andati?” Gli chiese Ron poi, cambiando discorso.
“Ma non riesci proprio a farti i fatti tuoi, vero Ron?” Disse subito Hermione. “Non sono cose che ci riguardano. anche se Ella è tua cugina.”
“Stavo solo chiedendo, non c’è nulla di male. E poi proprio perché è mia cugina mi interessa.” Rispose Ron concitato. Hermione alzò gli occhi al cielo, rassegnata dalla totale mancanza di tatto e delicatezza da parte di Ron. Ma se Harry non si opponeva, lei poteva farci ben poco.
In effetti, Harry si sarebbe veramente astenuto dal parlare della cosa. Disse solo lo stretto necessario. Lui ed Ella avevano chiarito il malinteso che si era venuto a creare. Erano amici e lei non era risentita con lui ma era soltanto infastidita dalla situazione. Non voleva che qualcuno li mettesse l’uno contro l’altra.
“E’ normale. Purtroppo il messaggio che è arrivato a tutti è l’esatto contrario. E le voci, Harry, corrono anche qui ad Hogwarts.” Gli disse Hermione con sguardo allusivo.
“Voci? Quali voci? Ma di che messaggio stai parlando?” Chiese Ron che, come al solito non aveva inteso l’allusione insita nelle parole di Hermione. “Io non ho visto nulla di strano.”
“Questo perché non sei molto sveglio e non vedi quello che per tutti gli altri sembra essere più che evidente.” Gli rispose Hermione.
“Harry,” Disse Ron confuso “tu ci hai capito qualcosa? Oh, ma perché c’è sempre qualcosa che mi sfugge?”
“Oh, Ronald sei impossibile!” Sbottò Hermione. “Ma non capisci? Visto che Cho ha in maniera evidente coinvolto Harry nella sua discussione con Ella, e, perdonami Harry, il fatto che tu abbia accondisceso apertamente alla sua tacita richiesta ha peggiorato la situazione, a tutti è sembrato che il loro litigio fosse dovuto ad una rivalità fra Ella e Cho per Harry.” Spiegò Hermione. Ovviamente, Ron si era perso intorno alla metà del discorso, cioè al passaggio cruciale.
“Io non ci ho capito niente.” Disse.
Hermione sbuffò sonoramente all’ennesima dimostrazione della mancanza di comprensione da parte del ragazzo e cercò di rispiegarglielo.
“Cioè tu dici che a tutti quanti sembra che a Ella piaccia Harry? E perché mai qualcuno dovrebbe pensare una stupidaggine del genere?” Chiese in fine Ron.
“Sì, alla prima domanda, e non lo so ma non è così impensabile, alla seconda.” Rispose Hermione, contenta di avere perlomeno raggiunto questo piccolo risultato.
“E’ la cosa più stupida che abbia mai sentito!” Continuò Ron, incurante dell’imbarazzo sempre più crescente in cui si trovava Harry. Le sue vicissitudini sentimentali e quelle delle presunte ragazze che giravano intorno a lui venivano spiattellate e sminuite sia da Ron che da Hermione nello stesso momento, come se lui non potesse sentirli.
“Ma è assurdo! A Ella non piace Harry,” Disse Ron, ma subito fu colto dal dubbio. “giusto?”
“No, zucca vuota!” Gli disse Hermione. ”Ma non ci senti? Harry ha appena finito di dire che per Ella lui è un amico. Ma le persone questo non lo sanno e quindi  tendono a vedere le cose in modo distorto.”
“E perché, scusa? Io non ho mai pensato una cosa del genere e sto sempre con loro. Come possono pensarlo gli altri allora?” Disse Ron, incredulo.
“Sai, Ron” Disse Hermione, in evidente stato di esasperazione “quando un ragazzo e una ragazza che non sono fratelli, cugini o in qualsiasi altro modo imparentati fra loro, è difficile per le persone che li vedono da fuori pensare che possano essere solo amici.“
“Ma perché? Non potrebbero semplicemente evitare di pensarlo?” Ribatté Ron.
“Basta! Io ci rinuncio.” Disse Hermione, alzandosi dalla poltrona. “Vado a dormire. Tutto questo parlare mi ha fatto venire un gran mal di testa. Buona notte. Ci vediamo domani.”
E, in men che non si dica, era già scomparsa dietro la scala a chiocciola che portava al dormitorio delle ragazze.
Harry e Ron erano rimasti da soli. Gli ultimi tizzoni ardenti di quello che era stato un bel fuoco scoppiettante emanavano le loro ultime, fievoli scintille.

Ma il fuoco si spense a poco a poco, finché i tizzoni non crollavano inceneriti e Harry, guardandosi intorno, vide che ancora una volta erano gli ultimi rimasti nella sala comune*.
“E’ tardi. Forse sarebbe meglio che andassimo a dormire anche noi.” Suggerì Harry, per rompere il silenzio.
“Già.” Gli rispose Ron semplicemente. “Senti, Harry, a te piace Cho, giusto?”
La domanda di Ron era molto personale, ma a un amico Harry riusciva a rispondere sinceramente.
“Sì, anche da un bel po’ a dire il vero.”
Allora dovresti chiederle di uscire, credo.” Continuò Ron.
“Lo so, ma è più facile a dirsi che a farsi. Al momento non saprei cosa dire.” Confessò Harry.
“Ci riuscirai, ma forse è meglio dormirci un po’ su.” Disse Ron, sbadigliando sonoramente.
Senza dire altro, i due ragazzi salirono nella loro camera. Si spogliarono e si misero i pigiami in silenzio; Dean, Seamus e Neville erano già addormentati. Harry posò gli occhiali sul comodino e si infilò nel letto, ma non chiuse le tende; rimase a guardare la striscia di cielo stellato visibile dalla finestra vicino al letto di Neville*. Pensava che se qualcuno gli avesse detto ieri che avrebbe baciato Cho, non gli avrebbe creduto. Era al di fuori di ogni sua aspettativa. Il russare e i grugniti di Ron gli fecero capire subito che l’amico si era addormentato.
L’ultimo pensiero di Harry prima di abbandonarsi a un sonno profondo, agitato e tanto orribile quanto reale, furono che a differenza di Ron ed Hermione, per lui non era così assurdo che Ella potesse farsi piacere un tipo come lui. Forse, nel suo piccolo, non gli sarebbe dispiaciuto.

   

Quella notte, nell’ufficio del preside

Silente era seduto sulla scrivania, su una sedia dallo schienale alto; si chinò in avanti nel cerchio di luce della candela che illuminava le carte sparse davanti a lui… era perfettamente sveglio, e i suoi penetranti occhi azzurri** evitavano di posarsi su di Harry. Il vecchio preside si alzò. Cominciò a camminare per la stanza, a girare indisturbato tra i vari tavolini dello studio in cui vi erano molti strumenti dall’uso ignoto che tintinnavano flebilmente. Harry tremava e parlava. Raccontava quello che aveva visto, quello che credeva di aver visto nel sogno. Accanto a lui, Ron e la McGranitt ascoltavano in silenzio.
Come lo hai visto?… da quale posizione hai osservato l’attacco? Eri vicino alla vittima,  guardavi la scena dall’alto?**.
Perché non capivano? Perché nessuno faceva qualcosa? Dovevano trovarlo subito, dovevano rendersi conto che la situazione era grave.
Harry sentiva freddo e le ginocchia iniziavano a cedere sotto il suo peso. Sentiva ancora la sensazione di un corpo, il suo corpo, che strisciava su di una superficie liscia, fredda, marmorea e la percezione dei morsi, delle zanne che penetravano la carne. Il sangue sgorgava a fiotti, caldo e scuro.
Era stato orribile.

“Ho visto tutto dal punto di vista del serpente… il serpente ero io.**”

Silente continuava a andare su e giù per il suo studio parlando tra sé e sé. Ordinò a due dei ritratti dei vecchi presidi di Hogwarts di andare a cercare aiuto. Fanny, la fenice, avrebbe dato il segnale d’allarme.

“Minerva, ho bisogno che lei vada a svegliare gli altri ragazzi Weasley-“**
Disse Silente. In poco tempo sistemò ogni cosa. I ragazzi Weasley e Harry Potter sarebbero stati trasferiti al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice quella notte stessa. Avrebbero viaggiato tramite passaporta.
Sirius sarebbe stato avvertito da Phineas Nigellus, grazie al suo secondo ritratto che ancora si trovava in quella che era stata l’antica dimora dei Black,e quando George, Fred e Ginny entrarono nello studio d Silente, il preside li fece avvicinare alla sua scrivania.
In pochi secondi, furono tutti agganciati alla passaporta che li avrebbe portati lontano da Hogwarts, via dalle grinfie della Umbridge, più vicini al’ospedale San Mungo dove Arthur Weasley veniva trasportato proprio in quel momento. Non appena se ne furono andati, la professoressa McGranitt, che fino a quel momento non aveva proferito verbo, prese la parola, interrompendo i pensieri affollati e silenziosi di Silente.
“Albus…” Disse la McGranitt debolmente, consapevole di disturbarlo. “Che cosa devo dire a Dolores Umbridge? Farà sicuramente delle domande.”
Silente guardò la McGranitt a lungo prima di risponderle.

“Minerva, vada a distrarla,le racconti una storia qualunque…**”

In quello stesso istante, la porta dell’ufficio si aprì. Per un momento la McGranitt temette che si trattasse dell’Umbridge. Era soltanto Severus Piton.
“Credevo dovesse parlarmi in privato, signor preside.” Disse col suo solito tono tranquillo.
“Sì, Severus, ma purtroppo, si sono verificati degli avvenimenti tanto infausti quanto preoccupanti.” Gli rispose Silente. Brevemente, gli riferì quanto era appena accaduto. Harry Potter e i ragazzi Weasley avevano lasciato il castello. Arthur Weasley era in gravissime condizioni.
“La prego di scusarci, Minerva. Trattenga Dolores, per quanto ardua possa sembrare l’impresa.” Terminò Silente.
Ma la McGrannit aveva ancora un’altra domanda da porgergli.
“Albus, cosa crede dovremmo fare con la signorina Davies?” Chiese la professoressa.
“Ah, già, la signorina Davies.” Disse Silente. “Per il momento, lasciamola riposare tranquilla. Domani le spiegheremo tutta la faccenda, sperando che non ci sia altro da aggiungere a questo tragico avvenimento.”
“Albus, devo essere franca.” Disse la McGranitt, la quale si attendeva dal preside un altro tipo di soluzione. “La signorina Davies non ha nessun altro a parte i Weasley. Non può farla trasferire al Quartier Generale come gli altri ragazzi? Non è sicuro per lei…” Stava dicendo la McGranitt, ma Silente le fece segno di tacere.
“Non potevamo mandarla insieme agli altri ragazzi. Non è tra i parenti più prossimi di Arthur Weasley e non sarebbe saggio trasferirla ora. Sarà già difficile spiegare i motivi della partenza di Harry insieme ai ragazzi Weasley. Non dobbiamo far sorgere altri sospetti. La ragazza lascerà la scuola come tutti gli altri ragazzi domani sera, al termine delle lezioni.” Disse Silente, ma le sue parole ebbero come effetto quello di gettare la McGranitt ancora di più nello sgomento.
“Non voglio discutere i suoi ordini Albus, e mi fido ciecamente del suo giudizio, ma non può non vedere come lasciando partire la ragazza insieme agli altri, col treno, sola, la metteremo praticamente a rischio di chissà cosa. E’ l’unico membro della famiglia Weasley ancora vulnerabile e non al sicuro. Dopo quello che è successo sta notte Voi-Sapete-Chi, ma anche i suoi, sicuramente, indubbiamente si faranno vivi. Non può non vederlo.” Disse la McGRanitt. Istintivamente, gettò uno sguardo nella direzione di Piton. Non sospettava di lui, non finché Silente si fidava di lui, ma di certo, si muoveva tra i seguaci di Voldemort ed era a questi molto vicino.
“Molto nobile da parte tua, Minerva, interessarti della nostra signorina Davies.” Disse Silente. “E sicuramente, nemmeno io desidero mettere una dei miei allievi in pericolo. La signorina Davies lascerà la scuola domani sera. Su questo non posso essere transigente. In ogni caso, non c’è luogo in cui possa essere più al sicuro, se non ad Hogwarts e, mi si permetta la presunzione, il più possibile vicina a me.”
“Ma, Albus, io…” Stava per dire la McGranitt, ma Silente riprese quasi contemporaneamente a lei.
“Ma, nonostante tutto, lascerà il castello. Severus l’accompagnerà al Quartier Generale. Nessuno lo verrà a sapere. Con lui, la ragazza sarà al sicuro. E poi, il custode segreto sono io.” Continuò il preside, sfiorando uno dei suoi delicati strumenti d’argento. La McGranitt restò sorpresa.
“Non credere però, Minerva, che non ti ritenga allo stesso modo adatta. Severus doveva comunque andare al Quartier Generale.” Disse Silente, guardando Piton. Quest’ultimo fece segno d’assenso, quasi a voler confermare quanto diceva il preside. “Come direttrice della casa di Grifondoro, spetterebbe a te, questo è vero, ma al momento, né io e né tu potremo lasciare il castello. Prevedo che il nostro inquisitore supremo pretenderà di interrogarci dettagliatamente su tutta la faccenda.” Concluse.
“Ma certo.” Rispose la McGranitt, sollevata. ”Vado a trattenere Dolores. Grazie, Severus.” Disse la McGranitt e lasciò immediatamente l’ufficio.
La porta non aveva fatto in tempo a chiudersi che già Silente aveva ripreso a passeggiare su e giù, percorrendo l’ufficio a grandi ma lenti passi. Rifletteva sul da farsi, cercava la soluzione al problema, come Piton gli aveva visto fare spesso in momenti come quelli.
“Severus, avrò bisogno di te.” Disse e parlarono a lungo per quella notte.

 

Il giorno dopo,
a pranzo

 
Alla povera Ella saltò quasi il cuore in gola quando il mattino seguente non trovò nella sala comune i suoi cugini ed Harry. Lei ed Hermione non furono informate di quanto era successo se non dopo colazione, che per altro non gustarono per nulla, vista la loro preoccupazione. Sapevano soltanto quello che in poco tempo si era sparso per tutta la scuola: i ragazzi Weasley ed Harry Potter avevano lasciato la scuola nel cuore della notte.
“Non riesco a pensare a niente di quello che potrebbe essere successo.” Disse Hermione, giocando con le patate arrosto nel suo piatto, diventate ormai fredde. “Spero che stiano tutti bene.”
Ella era invece più taciturna. Pensava ma non riusciva a immaginare che cosa potesse spiegare quell’improvvisa e inaspettata assenza. Di certo non poteva essere nulla di buono. Cercava di trattenere qualche lacrima dovuta al nervosismo.
“Anche gli altri ragazzi nella sala comune questa mattina facevano domande.” Continuò Hermione, riferendosi a i compagni di dormitorio di Harry e Ron, Seamus, Dean e Neville.
Ella non rispose. Di certo erano stati portati via in fretta e furia, nel cuore della notte.
Rapidamente, gettò uno sguardo al tavolo degli insegnanti. Silente stava mangiando tranquillamente. Forse stava ascoltando qualcosa che il professor Vitious stava raccontando con estrema energia, evidente, nonostante la sua ridotta statura. La McGranitt non c’era. Forse era stata trattenuta dall’ennesimo interrogatorio della Umbridge, per la quale  il fatto che cinque studenti fossero riusciti a scavalcarla e a lasciare Hogwarts senza che lei lo sapesse era a dir poco inconcepibile.  “Qui c’è aria di complotto.” Aveva detto quella mattina, quando Ella era stata convocata nel suo ufficio. Per fortuna, c’erano prove evidenti del fatto che lei non poteva essere in alcun modo implicata nell’accaduto. La Mcgranitt aveva perorato il suo caso e la povera ragazza era stata lasciata andare senza troppe cerimonie o eccessive ritrosie.
Era ancora presa dall’osservare il gesticolare movimentato del professor Vitious che quasi non si accorse dell’occhiolino che Silente le rivolse, non visto. Un sorriso leggero sotto i baffi bianchi del preside, la rincuorarono. Qualunque cosa fosse successa, il peggio era passato. 
“Non riesco a mangiare!” sbottò Hermione, evidentemente frustrata e preoccupata. “Sono sicura che è stata colpa di Ron. Si mette sempre nei guai, e avrà trascinato Harry e i suoi fratelli in qualche disastro. Non può essere altrimenti. Si fosse trattato solo di Harry, a quest’ora gli altri sarebbero stati già qui.”
“Hermione, stai tranquilla.” Disse Ella. “Qualunque cosa sia, ci sarà già qualcuno che se ne sta occupando.”
“Come fai a saperlo?” Le chiese Hermione. Ella le disse che se nessuno le informava di qualcosa di grave, non dovevano perdere la calma.
“Ma tu stai per tornare da loro, tu saprai che cosa è successo, tu sarai tranquilla mentre io non potrò sapere niente, nulla di nulla.” Aveva ragione. Nemmeno volendo, Ella avrebbe potuto scriverle tutto quanto, dopo esserne venuta a conoscenza. Silente aveva detto che la posta poteva essere intercettata.
“Non pensare sempre al peggio. Senti, facciamo così.” Disse Ella, facendosi più vicina perché nessuno sentisse. “Quando sarò lì, con tutti gli altri, ti scriverò una lettera.”
“Ma non puoi scrivermi tutto in una lettera. Lo sappiamo che dobbiamo evitare di..” Stava dicendo Hermione, ma Ella le fece segno di non urlare e di ascoltarla.
“Lo so, non  potrò scriverti niente, niente di vero, niente che ti aiuti a rassicurarti, ma una cosa posso farla. Se saranno buone notizie, le manderò con Edvige. In caso contrario, userò Errold o Leotordo.”
Hermione non sembrava molto rassicurata.
“Non mi viene in mente nient’altro. Non lo so, dimmi tu, trovami una soluzione.” Disse Ella, ma un’eventuale risposta di Hermione fu interrotta sul nascere dall’arrivo di una terza persona dall’andatura e dal profilo autoritario.
“Buongiorno, signorine.” La voce della McGranitt era sempre affilata, qualunque fosse il momento della giornata.
“Buongiorno, professoressa.” Dissero una dopo l’altra Ella ed Hermione.
“Mi dispiace interrompervi, ma devo chiedere alla signorina Davies di venire con me.” Stranamente, il suo tono si addolcì leggermente verso la fine della frase.
“Forse sarebbe meglio che vi salutaste ora.” Continuò la McGranitt, sottovoce. “Non credo ci sarà tempo poi per scambiarvi gli auguri. Se avete qualcosa da dirvi, questo è il momento.”
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo di tacita intesa. Si salutarono, cercando di sembrare meno tese di quanto non fossero in realtà.
Ella si alzò, scoprendosi in quel momento un po’ riluttante. Una sensazione di vuoto allo stomaco l’attanagliò, mentre seguiva la McGranitt fuori dalle accoglienti mura della sala grande.
Molti sguardi si voltarono verso di loro, mentre percorrevano la lunga sala, fra cui vi erano quelli di molti serpeverde. Uscendo dalla sala, Ella quasi non andò a sbattere contro un studente biondo, alto e dinoccolato.
“Scusami, non volevo.” Disse, voltandosi subito indietro per raggiungere la McGranitt. Era stata così distratta, da non accorgersi neanche che quel ragazzo, con cui per poco non si era scontrata, era Draco Malfoy.

Ella seguì così la professoressa McGranitt in silenzio, mentre percorrevano i tortuosi corridoi del castello. Sentì le voci allegre degli studenti di Hogwarts, eccitati per l’imminente ritorno a casa, affievolirsi sempre di più, mentre si allontanavano dalla sala grande. Il fatto di avere lasciato Hermione sola proprio l’ultimo giorno, la rattristò. Non era colpa sua, questo lo sapeva, ma era comunque un pensiero triste.
Si ricordò di quando, il primo giorno di scuola, aveva vissuto una scena piuttosto simile. La McGranitt avanti ed Ella poco dietro di lei, tutte e due dirette verso l’ufficio della professoressa. Le mura e i corridoi del castello non le erano più sconosciuti. Ora li vedeva con sguardo diverso, non ne era più intimorita.
La destinazione, tuttavia, era ora diversa.
La professoressa McGranitt infatti non la guidò verso il suo ufficio, ma continuò ancora, più in alto, al settimo piano, fino a quando non giunsero di fronte alla statua di un gargoyle. 
“Bonbon esplosivi.” Recitò la professoressa McGranitt, ed Ella intuì che, per quanto strano le potesse sembrare, bonbon esplosivi doveva senza dubbio essere la parola d’ordine. Subito, infatti, il gargoyle si spostò, liberando il passaggio attraverso una tortuosa scala a chiocciola.
“Puoi andare, signorina Davies.” Le disse la McGranitt, indicandole gli scalini.
Ella fece come aveva detto, e  poco dopo, si ritrovò di fronte un’ampia porta di legno scuro, finemente lavorata. Era un po’ incerta sul da farsi. Non che ci fossero molte opzioni: bussare ed entrare, bussare, attendere una risposta ed entrare, bussare e fuggire. Avrebbe bussato, sicuramente era da lì che avrebbe necessariamente dovuto iniziare. Si avvicinò silenziosamente, col braccio sollevato e la mano chiusa in un pugno. Stava per bussare alla porta quando, con sua grande sorpresa, questa si aprì con un cigolio silenzioso, di fronte a lei. 
Un ambiente diverso da tutti quelli che aveva visto nel resto del castello le si presentò dinnanzi. Si trattava di una stanza ovale molto grande, molto luminosa, con grandi finestre che permettevano al sole di entrarvi facilmente. Era arredata con mobili in legno di ciliegio sopra i quali vi erano molti oggetti strani dall’aria fragile.
Ella vi entrò piano, piano, in punta di piedi.
Era davvero una bella stanza, pensò. Le sarebbe piaciuto venirci più spesso. In particolare, erano quei delicati strumenti d’argento ad attrarre maggiormente la sua attenzione. Si muovevano continuamente, emettendo dei sibili molto flebili, come fruscii. In particolare uno di questi, la incuriosiva.
Aveva l’aspetto di un’antenna televisiva dorata decisamente arzigogolata*** . Non era bello a vedersi e sicuramente doveva essere molto delicato.
“È un sensore segreto.” Disse una voce, rispondendo ai suoi dubbi.
Ella si voltò appena, il giusto per vedere il volto sorridente di Silente che la osservava da dietro la sua scrivania. Non l’aveva neanche notato.
“Mi scusi, professore.” Si affrettò a dire Ella. “Non l’avevo vista.”
“Non c’è bisogno di scusarsi. La curiosità non è un peccato, signorina Davies.” Le rispose Silente, notando l’imbarazzo della sua studentessa. “Per altro, lo strumento che stavi osservando, è sicuramente degno di attenzione. È un detector oscuro che vibra quando capta dissimulazioni e bugie***. Mi è stato molto utile.” Continuò. “Ma vieni a sederti, signorina Davies. Non c’è bisogno che resti all’in piedi.”
Ella obbedì, senza dire una parola. L’aura di rispetto e timore reverenziale che le suscitava Silente, la intimidiva.
Non appena si fu seduta di fronte a lui, Silente riprese.
“Ti stai chiedendo, suppongo, signorina Davies, che cosa ci fai nel mio ufficio. E, anche, ora che sai che questo è il mio ufficio, se avrai buone notizie del signor Potter e dei tuoi cugini.”
Ella annuì appena, mentre sosteneva lo sguardo luminoso del vecchio preside. I suoi occhi sembravano così vivi, così giovani, brillavano di una luce piena di energia. Da ultimo, si decise  a rispondere.
“Sì.” Rispose. Istintivamente guardò verso il sensore segreto come se questo avesse dovuto vibrare per una sua eventuale bugia.
“So riconoscere un bugiardo da una persona onesta, signorina Davies e tu non mi stai mentendo.” Le disse Silente, con dolcezza. “Quello che è successo sta notte, lo saprai quando raggiungerai il Quartier Generale questa sera. Stanno tutti bene, in caso te lo stessi chiedendo.”
“Grazie, professore. L’avevo immaginato.” Rispose Ella, e Silente capì, e fu allora che sorrise, che la ragazza si riferiva a quanto era successo poco prima nella sala grande.
“Sono contento di vedere che possiamo intenderci, signorina Davies. La parola, non è l’unico linguaggio di cui possiamo disporre fortunatamente.” Le disse Silente, piacevolmente sorpreso. “Ora, come dicevo prima, dovrai tornare al Quartier Generale, a Londra, ma non possiamo lasciare che tu vada con i mezzi tradizionali di cui dispongono gli altri studenti. Capisci quello che voglio dire, signorina Davies?”
“Sì.” Rispose Ella, pensando che certamente, il professore doveva aver pianificato già tutto. Le stava parlando, per metterla al corrente della sua decisione. Doveva lasciare Hogwarts e raggiungere il Quartier Generale incolume.
Ebbe la strana sensazione che il preside potesse leggerle nella mente, perché le sorrise di nuovo, e annuì con espressione soddisfatta.
“Quando uscirai da qui, vai nei sotterranei, nell'ufficio del professor Piton. Non preoccuparti dei tuoi effetti personali, sono già stati mandati al Quartier Generale. Aspetta che il professore arrivi e poi, sperando che la professoressa Umbridge sia abbastanza occupata, partirete.”
Quindi, pensò Ella, sarebbe stato Piton ad accompagnarla fino a Londra.
“Sarebbe dovuto toccare alla professoressa McGranitt, ma la sua presenza è purtroppo richiesta qui. Anche se non sei della sua casa, il professor Piton saprà cosa fare.” Continuò Silente, che ben sapeva come Piton non fosse particolarmente apprezzato dagli studenti, soprattutto da quelli di Grifondoro.
"Hai qualche dubbio?” Le chiese, da ultimo, Silente.
“No.” Rispose Ella.
“Va bene. Ti prego solo, signorina Davies,” Riprese Silente, con fare molto serio. “ascolta quanto ti dice il professor Piton e fai quanto ti chiede.”
“Lo farò, professore.” Disse Ella. Stava quasi per non dire più nulla, quando, inaspettatamente si sentì dire “Io mi fido del professor Piton.”
Si vergognò un po’ di quanto aveva detto. Arrossì un po’, ma, in fondo, era la verità. Poteva non piacere a nessuno, e di certo non si faceva ben volere dagli studenti, ma non le sembrava una persona malvagia né così viscida come erano solito dipingerlo gli altri. Era Piton, prendere o lasciare, e lei, in questo caso non poteva lasciare.
Silente aveva finito di darle le direttive. La congedò, raccomandandole di non farsi notare mentre scendeva giù per i sotterranei, e finalmente, Ella uscì dal suo ufficio.
Non appena la porta dell’ufficio si chiuse dietro di lei, Silente si alzò e, con fare silenzioso, si avvicinò al tavolino su cui era appoggiato il sensore segreto. Lo tastò, quasi a voler essere sicuro di ciò che stava pensando. Sotto la sua barba bianca, si poteva intravedere un sorriso divertito. Alle sue spalle, qualcuno si fece avanti, qualcuno che era rimasto fino a quel momento non visto.  
“Il detector non vibra, Severus.”

 

 

 

To be continued…
 

E si, ce l’ho fatta^^. Da non credere ma ci sono riuscita. Non credevo di farcela. Solo all’ultimo momento sono riuscita a capire come doveva finire la storia. Non è stato per niente facile, lo devo ammettere. Il capitolo è un po’ lunghetto, ma spero che vi piaccia e che sia scritto bene.
Come al solito, ci sono le varie citazioni tratte dalla saga e contrassegnate dagli asterischi:

 

*Cap 21 L’occhio del Serpente;

**Cap22 L’ospedale San Mungo per malattie e ferite magiche;

***Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Oggetti_magici_di_Harry_Potter#Sensore_segreto per quanto riguarda le informazioni sul sensore segreto.
 

Ringrazio la mia mora, che come al solito è stata gentilissima a commentare l’ultimo capitolo.

Aya88: mora hai visto che ci sono gli intrallazzi? Vabbè che avevi letto in anteprima, ma comunque, il triangolo c’è sempre, o quasi. Ihihihih per quello che riguarda Piton, non te lo so dire. Forse ha visto che non c’era nessuno e allora ha tirato fuori un po’ del buonismo che si trova davvero nel fondo del suo carattere burbero. Poi magari c’è dell’altro ;) devo chiedere, e chiederò. Grazie delle annotazioni. Rileggerò con attenzione gli altri capitoli per vedere gli errori immani che mi sono sfuggiti. Che dire di più, mora, grazie davvero di tutto. Un bacione enorme, grazie.

Anche a chi non ha avuto tempo di recensire. Purtroppo capita. Quindi un saluto anche a Laila (cara, speor che la scuola non ti abbia inghiottita!!!) e a Hotaru_Tomoe ;).

Un grazie anche a chi ha messo la storia tra le preferite:

1 - Elasia 
2 - giada2000 
3 - Jaden96 
4 - L a i l a 
5 - lucre 

Grazie anche a chi segue la storia: ma la mia moraaaaaaaaaaa, Aya88 ^^

E a chi la segue:

1 - Charme 
2 - Engels 
3 - Frenci_ 
4 - Hotaru_Tomoe 
5 - Jaden96 
6 - L a i l a 
7 - Ladyhawke25 
8 - mapize 
9 - Mary_House

Grazie ai vecchi e ai nuovi^^. Alla prossima, sperando in un aggiornamento più rapido.^^ Anche per oggi è tutto

storyteller lover: 

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