Lingering Memories di storyteller lover (/viewuser.php?uid=46502)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovo arrivo tra i Weasley ***
Capitolo 2: *** Il nuovo isegnante ***
Capitolo 3: *** Una bacchetta nuova per Ella ***
Capitolo 4: *** Hogwarts ***
Capitolo 5: *** Insegnanti esigenti ***
Capitolo 6: *** Punizione con Severus? ***
Capitolo 7: *** Organizzazioni segrete e altre piccole scaramucce ***
Capitolo 8: *** Verità e Bugie ***
Capitolo 1 *** Nuovo arrivo tra i Weasley ***
Lingering Memories
Prologo:
“I
morti non possono tornare indietro, Severus. Ai vivi restano
solo…i ricordi.”
“Ovviamente.”
Rispose Piton, quasi adirato.
Percorreva
l’ufficio di Silente a grandi falcate, accompagnato dal
fruscio del suo mantello nero.
“Eppure,
ti vedo inquieto.” Gli disse il vecchio preside, scrutandolo
con i suoi luminosi occhi azzurri.
“È
solo che non riesco a …” Cercò di dire
Piton, ma sembrava che le parole gli morissero in gola prima ancora che
le pronunciasse.
Cap.1: Nuovo arrivo tra i Weasley
Quando Harry Potter
entrò per la prima volta al numero dodici di Grimmaud Place,
in quella calda sera di agosto, non poteva immaginare cosa e,
soprattutto, chi vi avrebbe trovato.
Era appena scampato per l’ennesima volta a ciò che
restava di quella che era stata un’estate afosa e terribile,
in compagnia dei Dursley.
Nella più completa solitudine, isolato dal mondo magico e
senza neanche un biglietto da parte dei suoi migliori amici, aveva
trascorso i giorni facendo finta che nulla di quanto era successo a
Hogwarts negli ultimi mesi di scuola fosse vero: Cedric non era morto,
ma in viaggio con suo padre. Aveva vinto la coppa Tre Maghi e tutta la
scuola lo aveva acclamato come vincitore del Torneo.
Voldemort non era mai tornato.
Ma salendo quei pochi e polverosi gradini di pietra, gettò
uno sguardo rapido al braccio destro.
La cicatrice, il ricordo del taglio infertogli da Codaliscia, spiccava
nitida sulla pelle dell’avanbraccio.
Messa lì, in bella vista, sembrava volergli rammentare che
la realtà era molto diversa da quella che sembrava essere
così facile da immaginare, mentre stava seduto nel giardino
dei Dursley, al numero quattro di Privet Drive.
Cedric era davvero morto, Voldemort era tornato e nessuno, nessuno dei
suoi amici lo aveva cercato per tutti quei mesi. La Gazzetta del
Profeta continuava a pubblicare notizie e articoli sulle supposte
menzogne affermate da lui e da Silente. Era stato tutto sviato. La
morte di Cedric, la cattura di Bartemius Crouch Junior, tutto era stato
messo in dubbio, confutato, trasformato, reinterpretato.
Così, adesso, era anche un bugiardo.
“Forse sono tutti di sopra.” Disse Malocchio Moody,
piano. Tutti rimasero in silenzio, avanzando in quel corridoio
polveroso calpestando la moquette.
“Attenzione, Ninfadora!” Disse Kingsgley,
vedendo che la giovane strega era quasi inciampata su un portaombrelli
a forma di zampe di leone.
“Non l’ho fatto a posta! E non chiamarmi Ninfadora!
Pensa se tua madre ti avesse dato un nome stupido come Ninfadora, ti
piacerebbe che ti chiamassi così?”
Continuò lei, infervorata.
“Ah, piantatela!” Fece eco Malocchio.
Uno spiraglio di luce proveniva da dietro una porta socchiusa. Al di
là di questa, un chiacchiericcio sommesso echeggiava nel
silenzio della casa.
“Devono avere già iniziato la riunione.”
Disse il professor Lupin.
Si udirono
dei passi affrettati, e la madre di Ron, la signora Weasley, emerse da
una porta dall’altro lato dell’ingresso.*
“Oh, Harry caro, che gioia rivederti! Devi essere affamato,
povero caro. Purtroppo dovrai aspettare. La riunione è
già cominciata.“
La signora Weasley condusse Harry di sopra. Gli impedì di
partecipare alla riunione.
Era solo per i componenti dell’Ordine, aveva detto.
“Ron e Hermione ti stanno aspettando. Stai attento a non fare
rumore, caro. “ E così dicendo, lo
lasciò davanti a una porta gettandosi occhiate intorno.
Quello che accadde dopo è facilmente intuibile.
Il trio di amici attraversò brevi attimi di imbarazzo,
dovuti alla rabbia repressa di Harry, all’impotenza di fare o
dire qualcosa di più da parte di Ron ed Hermione.
“Silente ci ha detto di non scriverti niente. La posta viene
intercettata. Molti vecchi sostenitori di Tu-sai-Chi stanno tornando
dalla sua parte, non ci si può fidare più ti
nessuno.” Disse Hermione, cercando di trovare una
giustificazione seria.
“Cosa potevamo fare, Harry? Nemmeno a noi dicono cosa sta
succedendo! La mamma non ci permette di partecipare alle riunioni
dell’Ordine.” Fece eco Ron, ma a quel punto la
rabbia di Harry esplose.
“Credete che sia stato difficile solo per voi? Io ero quello
estraniato dal mondo, che non sapeva che cosa stesse succedendo intorno
a lui, che ha rischiato di farsi espellere da Hogwarts per aver usato
la magia contro i Dissennatori! Che ha rischiato di morire per
l’ennesima volta e ha invece visto morire qualcun altro al
suo posto!”
E continuò a sfogarsi urlando e buttando fuori tutto quello
che si era tenuto dentro per mesi.
A nulla, valevano le scusa di Ron e Hermione.
Ma a un certo punto, un schiocco improvviso fece sobbalzare i tre, e
quasi all’istante, i due gemelli Weasley si erano
materializzati di fronte a loro.
“Ciao,
Harry!” disse George con un gran sorriso. “Mi pare
di aver sentito i tuoi soni soavi.”*
“Non
devi reprimere la rabbia così, Harry, lasciala
sfogare.” Disse Fred, che pure sorrideva. “Forse a
una quarantina di chilometri da qui ci sono due o tre persone che non
ti hanno ancora sentito.”*
L’arrivo dei gemelli riportò un po’ di
calma ma anche d'allegria. Presto a loro si aggiunse anche Ginny e,
cosa inaspettata per Harry, un’ultima persona si
unì alla loro ristretta cerchia.
Era una ragazzina alta, dalla corporatura media, e
sebbene sembrasse più grande, Harry intuì che non
poteva avere più di sedici anni.
Quando Harry la vide, capì subito che doveva far parte della
grande famiglia Weasley. Aveva capelli ricci e rossi, di un colore un
po’ più scuro di quello di Ron e dei suoi
fratelli, nessuna lentiggine, occhi cangianti e un viso rotondo.
“Harry, ti presento Ella!” Disse Ron.
“Vuoi dire Ellen Priscilla Davies.”
Precisò Ginny.
“Altrimenti detta Ella.” Conclusero Fred e George
all’unisono.
La ragazza sorrise a Harry.
Harry pensò che era piuttosto carina.
“Chiamami Ella. Inizia come Ellen e finisce come Priscilla.
Mi chiamano tutti così.” Gli disse.
“Tranne mia madre. Harry, dovresti sentirla, riesce a
chiamarla in venti modi diversi nel giro di mezzo minuto.”
“Mamma da soprannomi a tutti, Ron.” Aggiunse Ginny.
“Soprattutto a Ella.” Continuò Ron.
“Piantala, Ron.” Gli disse Ella, arrossendo e
dandogli una pacca sulla spalla.
“Piacere di conoscerti, comunque.” Le disse,
porgendole la mano. “Io sono Harry, Harry Potter.”
“Piacere mio.” Gli rispose. “Ron e gli
altri mi hanno parlato tantissimo di te.”
“Ella è la figlia di un cugino di primo grado di
mia madre. Fa il ragioniere a Londra. Mi sembra di averti detto che
avevamo un Babbano in famiglia.” Aggiunse Ron.
“Forse me lo avevi accennato. Quindi siete cugini?”
Disse Harry.
Iniziava a chiedersi cosa ci potesse fare una ragazza babbana al
quartier generale dell’Ordine della Fenicie, quando la
risposta di Ron gli chiarì ogni dubbio.
“Di terzo grado. Ma questo sembra essere abbastanza
perché Ella è una strega, e resterà
con noi Weasley per molto tempo.” Rispose Ron,
“E indovina cosa farà Ella a settembre?”
Disse Fred.
“Verrà a Hogwarts con noi.” Rispose
prontamente George.
“Davvero? È fantastico.” Disse Harry, ma
poi gli venne in mente qualcosa.
“Non avevo mai sentito dire di qualcuno che entra a Hogwarts
direttamente agli successivi al primo. È
possibile?” chiese Harry. Questa volta, i fratelli Weasley
lasciarono che Ella rispondesse da sé.
Dalla sua risposta, Harry capì il perché. La
risposta alla sua domanda aveva un tono molto personale.
“Non accade spesso ma si può fare. Almeno
così è stato per me. Frequentavo la scuola per
maghi e streghe di Durmstrang. Mi sono trasferita con mia madre in
Romania proprio prima di iniziare il primo anno. Lei e mio padre,
beh…” Sembrava che Ella stesse cercando le parole
giuste. “…diciamo che lui non l’ha presa
proprio bene quando ha scoperto che era una strega. Io ero piccola.
Così dopo la separazione, mia madre accettò
un’offerta di lavoro all’estero.”
“Ed ecco perché non l’avevi mai vista,
Harry.” La interruppe Ron.
“Lasciala parlare, Ron.” Disse Hermione, colpendo
Ron in testa con un rotolo di pergamena.
Ma Harry notò che l’interruzione di Ron aveva
permesso a Ella di tralasciare forse la parte più difficile.
“E in quale casa… dovrai essere smistata come gli
allievi del primo anno, il cappello parlante deve assegnarti a una
casa.” Disse Harry, immaginandosi la scena in cui la povera
Ella, ritta in mezzo a una folla di bambini del primo anno, avanzava e
indossava davanti a tutta la scuola il cappello parlante.
“Oh, no, no, no, Harry. Ci ha pensato Silente. Se non sbaglio
ha detto qualcosa del tipo "possiamo
permetterci di fare un'eccezzione alla regola" e
ha fatto apparire Fanny, la sua fenice, nel salotto del quartier
generale dell’Ordine, con il cappello stretto fra gli
artigli. Così Ella è stata smistata davanti al
camino al piano di sotto.” Raccontò George.
“Un vecchio svitato, Silente, come sempre, ma
imprevedibile.” Disse Ron.
“Non è un vecchio svitato, Ron. È il
più grande mago del mondo. È citato anche in Storia
moderna della Magia e
in Eventi
straordinari del XX secolo.” Disse Hermione,
introducendo come sempre una nota di cultura nella conversazione.
“Beh, allora? Com’è andata?”
Chiese Harry. Avevano lasciato cadere il discorso prima di dire a quale
dormitorio Ella era stata assegnata.
“Grifondoro!” Urlarono i gemelli insieme.
Sembrava proprio che la povera Ella dovesse sempre avere qualche
portavoce che parlasse al posto suo.
“Benvenuta.” Le disse Harry.
“Grazie. Ron ha detto che se finivo tra i Serpeverde non mi
avrebbe parlato più. Anche se non ho capito ancora bene il
perché.” Disse Ella.
Stavano per iniziare a parlare di quanto fosse diversa Durmstrang da
Hogwarts, delle materie sulle arti oscure che si studiavano in
più rispetto a Hogwarts e di come Ella avrebbe diviso la
camera con Hermione, visto che aveva compiuto quindici anni lo scorso
aprile e avrebbe pertanto frequentato con loro le lezioni e sostenuto
gli esami per i GUFO, quando Fred e George tirarono fuori dalle loro
tasche degli oggetti alquanto strani.
Accorgendosi dell’espressione sorpresa di Harry, Fred si
affrettò a spiegare.
“Orecchie Oblunghe. Una delle nostre ultime e geniali
invenzioni. Visto che non ci fanno assistere alle riunioni, abbiamo
pensato che era meglio trovare un modo diverso di
partecipare.”
“Ma non abbiamo avuto molta fortuna,” Disse Ginny.
“Già.” Fecero insieme i gemelli.
“Mamma ha
gettato un Incantesimo Imperturbabile sulla porta della cucina.”*
Disse Ginny.
“Peccato, avevo proprio voglia di scoprire che cosa
sta combinando il vecchio Piton.”* Disse Fred.
“Piton!” esclamò Harry.
“È qui?”*
Gli spiegarono in breve che Piton era in missione segreta per
l’Ordine e che faceva rapporto alle riunioni ogni volta che
fosse possibile. Nonostante tutto, Harry non esitò ad
affermare i suoi seri dubbi circa l’affidabilità
di Piton.
“È dalla
nostra parte, adesso.”* osservò
Hermione in tono di rimprovero.
Ma nemmeno i gemelli o Ginny la pensavano così.
La verità era che Piton era troppo odiato da qualsiasi
studente che avesse mai frequentato le sue lezioni di pozioni, per
ispirare piena fiducia a qualcuno, tranne che a Silente.
“Ecco quando ti dico che Silente è un vecchio
svitato. Tu ti fideresti di uno come Piton?” Disse Ron, quasi
a voler riprendere il discorso di prima.
“Ha dimostrato ogni volta di essere affidabile. Non
è l’insegnante più amabile e gentile
che Hogwarts abbia mai visto ma…”
“Amabile?” Disse Fred.
“Gentile?” Fece eco George.
“Te lo immagini? Piton amabile e gentile? Sarebbe
disgustoso.” Disse Ron
“Credo che preferirebbe far togliere tutti i punti ai
Serpeverde piuttosto che essere amabile e gentile.” Disse
Harry.
Tutti, compresa Hermione, scoppiarono a ridere, tutti, eccetto Ella,
che era rimasta ad ascoltare lì, seduta sul letto accanto a
Ron.
“Scusate la domanda stupida, ragazzi, ma chi sarebbe questo
“professor Piton”?” Chiese Ella
timidamente.
“Non è una conoscenza che vale la pena fare, anche
se non ne potrai fare a meno, una volta venuta a Hogwarts.”
Disse George.
“È l’insegnante di pozioni. È
una delle materie che dovrai studiare a Hogwarts. E Piton è
il terrore di tutti gli studenti, specialmente dei novellini del primo
anno. Incute timore solo a guardarlo. È risaputo che odia in
particolar modo gli studenti di Grifondoro, e cerca sempre di favorire
quelli della sua casa, i Serpeverde. Aspira da anni alla cattedra di
Difesa contro le Arti oscure, ma si dice che quel posto sia maledetto.
Nessun insegnate riesce a resistere a quella cattedra più di
un anno. Pensa che abbiamo cambiato ogni anno professore.”
Disse Ron.
Stava per continuare il suo discorso, quando la porta della camera si
apri e Tonks venne ad avvertirli che la riunione era appena finita.
In men che non si dica tutti si precipitarono al piano di sotto,
compresi Fred e George che, presi dall’agitazione, avevano
dimenticato di smaterializzarsi per la centesima volta quel giorno.
To be
continued…
Bene, primo capitolo scritto.
È stato sorprendente iniziare questa storia. Non avevo mai
pensato di scrivere una fan fiction su Harry Potter, ma oggi sembrava
proprio essere una giornata molto ispirante.
Cercherò di seguire le
linee generali della storia, facendo spesso riferimento ai libri. Il
punto di vista cambierà spesso, cioè non
seguiremo le vicende di Ella dal solo punto di vista di Harry, ma
cercheremo di vedere cosa ne pensano anche gli altri.
1)tutte le frasi in corsivo segnate
dall’asterisco sono tratte da Harry
Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003,
Salani Editore, dal Capitolo 4 Grimmaud
Place.*;
2)il cugino babbano della signora
Weasley, che lavora come ragioniere, è una figura che viene presentata
di sfuggita in Harry
Potter e la Pietra Filosofale, 1997,
Salani Editore;
3)il rating della storia
varierà a seconda degli sviluppi della storia, a me ancora
sconosciuti^^.
Al momento è tutto,
alla prossima.^^
storyteller
lover
|
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Capitolo 2 *** Il nuovo isegnante ***
Cap.2
: Il nuovo insegnante
Harry trascorse qualche giorno con
la famiglia Weasley, Sirius e con i componenti dell’Ordine
che andavano e venivano a tutte le ore del giorno e della notte, nella
quasi completa tranquillità.
Aveva fatto la conoscenza della casa dei Black, si era fatto coprire di
insulti dal ritratto della mamma di Sirius e ascoltato i commenti del
vecchio elfo domestico che abitava lì.
Ma non c’era molto tempo per rilassarsi, vista
l’atmosfera che permeava la casa e i suoi abitanti.
La signora Weasley li teneva tutti occupati nelle pulizie del Quartier
Generale.
La casa era effettivamente infestata da ogni genere di spiriti,
folletti e parassiti che si potesse immaginare.
“Da non credere, Harry caro! E pensare che anche se in
disuso, la casa è stata sempre abitata da un elfo
domestico.” Borbottava, cercando di liberare le tende da
tutti i Doxi che vi si erano annidati.
“Speravo che con un elfo domestico in casa avrei avuto
qualcuno che mi aiutasse, almeno con il bucato. Ma quella povera
creatura non fa altro che borbottare tra sé e parlare con il
ritratto.” Continuava la madre di Ron.
In quei giorni i ragazzi non fecero altro che dedicarsi alla grande
opera di restauro della casa dei Black.
Tanto erano immersi nelle faccende domestiche, che quasi tutti avevano
dimenticato che il giorno dell’udienza di Harry si avvicinava
rapidamente.
Fu così che una mattina, Harry e il signor Weasley uscirono
dal Quartier Generale, diretti alla sede del Ministero della Magia.
“Andrà tutto bene, Sirius.” Disse la
signora Weasley, sparecchiando il tavolo dopo colazione.
Erano tutti in cucina, lei, Sirius, Lupin e Tonks, ed erano molto
più preoccupati di quanto non dessero a vedere.
“Il buon vecchio Silente sistemerà la faccenda, e
non se ne parlerà più.”
Continuò lei, ma nessuno accennava a continuare la
conversazione. Si poteva solo sentire il rumore delle stoviglie e
dell’acqua corrente.
“Tra poco andrò a svegliare i ragazzi.
È meglio che riprendano ad alzarsi un po’
più presto la mattina, visto che la scuola sta per
iniziare.” Riprese Molly Weasley, e forse nessuno si sarebbe
dato la pena di parlare, se non avessero udito la porta
d’ingresso aprirsi e lo scricchiolio di un passo veloce lungo
il corridoio.
La signora Weasley non aveva neanche avuto il tempo di voltarsi per
dire “Chi potrebbe mai essere a
quest’ora?” che Severus Piton fece capolino nella
stanza, con grande sorpresa di tutti i presenti.
Era raro che si presentasse al Quartier Generale al di fuori degli
incontri previsti per le riunioni dell’Ordine.
“Cosa ci fai qui, Piton?” Gli disse Sirius, in tono
quasi seccato.
“Non è un buon momento?” Gli rispose
Piton, sogghignando. Stava per dire qualcosa quando la signora Weasley
lo interruppe.
“Ti ha mandato Silente, vero Severus?” Gli chiese,
non curante dei piatti, che avevano iniziato a pulirsi da soli nel
mentre.
“Sembra che Silente non voglia che troppi gufi svolazzino qui
intorno. Qualcuno potrebbe notarli. Così mi ha chiesto di
portare io stesso le lettere da Hogwarts.” Le rispose Piton,
con un tono più cordiale.
“Che c’è, Piton, ti sei dato alla
consegna a domicilio? Forse Silente ha pensato che dai molto meno
nell’occhio di un comune barbagianni, anche se non credo, col
naso che ti ritrovi.” Gli disse Sirius, seriamente
intenzionato a canzonare il vecchio compagno di scuola.
Piton lo guardò freddamente.
“Patetico. Ho sentito dire che stare chiusi sempre nello
stesso posto, senza la minima possibilità di mettere anche
un solo piede fuori, dia alla testa, Black. Cerca di non ammuffire
troppo su quella poltrona, mentre noi altri, compreso il tuo adorato
signor Potter, rischiamo l’osso del collo ogni
istante.” Gli rispose Piton e, a quanto pare, aveva centrato
il bersaglio. Sirius odiava il fatto di non poter fare niente per
l’Ordine.
Aveva messo a disposizione di Silente casa sua come Quartier Generale,
e adesso non faceva altro che vedere gli altri darsi da fare, mentre
lui doveva restare nascosto.
“Perchè invece non torni a giocherellare con le
tue provettine da chim..” Cercò di dire Sirius,
cercando la sua bacchetta ma Lupin lo fermò.
“Perché non chiudiamo questa conversazione?
Sarebbe meglio concentrarsi su altre questoni.” Disse.
“Hai ragione, Remus. Coi tempi che
corrono…” disse la signora Weasley, lasciando la
frase in sospeso.
Senza pensarci su prese a controllare le lettere dei ragazzi.
C’erano due buste indirizzate per Fred e George, una ciascuno
per Harry, Ron, Hermione e Ginny, ma nessuna lettera per Ella.
“Severus, sei sicuro che queste siano tutte le buste che ti
hanno detto di portare?”
“C’è qualche problema, Molly?”
Chiese Tonks.
“Manca la lettera per Ella.” Le rispose la signora
Weasley. “Deve esserci stato qualche errore. Tutto sembra
andare alla rovescia. Ora anche la posta di Hogwarts non è
più precisa.”
E mentre rispondeva a Tonks, una figurina in pigiama si
affacciò sulla porta della cucina.
“Oh, Ella cara, buongiorno.” Le disse la signora
Weasley.
“Buongiorno.” Disse Ella, sorridendo a tutti loro.
Sirius ricambiò facendole l’occhiolino, ammiccando.
“Ella, non credo che tu conosca il professor
Piton.” Disse Lupin, indicando l’uomo dal mantello
nero che gli dava le spalle.
“Piton non ha tra le sue conoscenze ragazze così
carine, Remus.” Disse Sirius, ammiccando di nuovo a Ella.
“Sirius, non mi sembra il caso di…”
Stava per dire la signora Weasley. Non approvava quel tipo di ironia.
“Tranquilla, Molly, Sirius ha sempre trovato simpatico questo
suo atteggiamento con le ragazze.” Disse Remus, dando un
colpetto sulla spalla al suo migliore amico.
Tutti scoppiarono a ridere, tranne Piton, cosa che, per altro, nessuno
trovava strana.
Piton non era certo noto per il suo grande spirito ironico.
Si limitò invece a voltarsi. Scrutò Ella per
qualche attimo, quasi a volersi accertare di chi stessero parlando
Sirius e Lupin. Lentamente, estrasse da sotto il mantello un involucro
bianco giallastro e lo porse ad Ella.
“Oh, ma allora non c’è stato nessun
errore. Ella cara, quella è la tua lettera da Hogwarts.
Prendila, tesoro.” Disse la signora Wesley, felice che anche
piccola Ella avesse ricevuto la sua lettera insieme agli altri.
Un po’ timidamente, Ella la prese.
“Grazie mille, professore.” Disse con un filo di
voce. Ron aveva ragione. Il professor Piton sembrava una figura molto
autoritaria.
Piton non rispose.
Scrutò ancora Ella per qualche momento e poi se ne
andò.
“L’avevo detto io che come porta-lettere non era un
gran che.” Disse Sirius.
Quella sera.
“Lo
sapevo” urlò
Ron, scagliando i pungi in aria. “Te
la cavi sempre!”*
“Dovevano assolverti” disse Hermione, che
si stava consumando dalla preoccupazione quando Harry era entrato in
cucina e ora teneva una mano tremante sugli occhi, “non
c’erano argomenti contro di te, nessuno.”*
Erano tutti lì, impazienti di ricevere notizie sulla tanto
sperata assoluzione di Harry.
“Da non credere, ragazzi, Harry è stato giudicato
dalla Corte plenaria. Un caso di magia minorile portato davanti
all'intero Wizengamot. Non credevo che la faccenda fosse
così seria.” Il signor Weasley intratteneva tutti
con il suo resoconto, inserendo molte delle sue impressioni e
argomentando più di quanto sarebbe stato necessario.
Sirius diete un colpetto sulla spalla a Harry, gratificandolo con uno
dei suoi sorrisi incavati.
Aveva sentito dire che era stato un gran bel ragazzo da giovane.
“Sei tutti noi, Harry.” Dissero Fred e George
all’unisono, apparendo all’improvviso sul tavolo
della cucina con un sonoro schiocco.
“Quante volte ve lo devo dire. Non dovete usare tutte le
volte la magia anche se adesso siete maggiorenni. È da
stupidi.” Prese a dire la signora Weasley, dando una bella
sgridata ai suoi gemelli.
“Sono contenta per te, Harry.” Gli disse Ella, e
non si fece che parlare di tutta quella faccenda, fino a quando Tonks
non disse, “Sono arrivate queste da Hogwarts, sta mattina,
mentre tu eri al Ministero”, rivolgendosi a Harry. In meno di
un minuto, tutti i ragazzi erano intenti a leggere la propria lettera.
Ron ed Hermione erano stati nominati prefetti, nelle loro buste era
stata spedita, insieme alla lista dei libri di testo, la spilla dei
prefetti.
Con grande sorpresa di tutti, Harry non era stato nominato prefetto.
Fred e George facevano finta
di vomitare… ma la signora Weasley non se ne accorse; con le
sua braccia strette attorno al collo di Ron, gli baciava tutta la
faccia, che era diventata più rossa della spilla.*
“Cosa dicevi, Ron, a
proposito d Silente? Lo trovi ancora un vecchio svitato?” Gli
disse Ginny.
“Se
devo essere onesto, credo che abbia dato realmente fuori di testa.
Miseriaccia!” Gli rispose Ron, ancora sconvolto per la
notizia.
“Datemi
tutto quanto. Domani andrò a Diagon Alley e
comprerò tutto. Ella avrà bisogno di comprarsi le
uniformi nuove e tutto il resto. Sbaglio o avevi qualche problema con
la bacchetta?” Disse la signora Weasley, rivolta a Ella.
In effetti la
bacchetta di Ella aveva più di un semplice problema.
Sembrava che
qualcosa di grande e molto pesante ci si fosse seduto sopra.
“Credo
che sia stato Hagrid. Non si era accorto della bacchetta sul divano e
beh, questo è il risultato.” Disse Ella, mostrando
quel che restava della sua bacchetta.
“Forse
Olivander potrebbe aggiustarla.” Suggerì Ron.
“Credo
invece che ti consiglierebbe di comprarne un’altra, Ella. Lo
sai, le bacchette di Olivander sono le migliori.” Le disse
Sirius, avvicinandosi a lei. “Sarebbe meglio che tu andassi a
Diagon Alley con Molly domani. Credi, credi che potrei venire con voi,
Molly? È passato così tanto tempo da
quando…”
“Non
se ne parla, Sirius! Che cosa direbbe Silente? Ma ti rendi conto dei
rischi che correresti? Potresti essere scoperto, potremmo essere tutti
scoperti!” Urlò la signora Weasley.
A nulla valsero
le insistenze di Sirius.
Né la
signora Weasley, ne nessun altro era del parere che fosse una cosa
saggia.
“Mi
farai vedere la tua bacchetta nuova quando tornerete.” Disse
Sirius a Ella, uscendo dalla cucina, più abbattuto del
solito.
“Forse
è meglio che vai a parlare con lui, Harry.” Gli
disse Ella nell’orecchio. “Era molto preoccupato
per te oggi. Poi, credo che abbia davvero bisogno di sfogarsi con
qualcuno. Da quando sono qui, non l’ho visto mai davvero
preso da qualcosa che non sia l’Ordine o beh, tu.”
Gli disse, sorridendo un po’ imbarazzata.
“Andrò
a parlarci. Grazie del consiglio, Ella.” Disse Harry.
Iniziava a pensare che la cugina dei Weasley capisse molte
più cose di quanto facessero gli altri.
To be
continued…
Ecco qui il secondo capitolo.
Lo so che al momento vi sembra lento come sviluppo, ma prometto che
diventerà più interessante. Ho in mente qualcosa,
qualcosa di molto pericoloso, ihih.
Comunque nei
prossimi capitoli vorrei approfondire meglio il rapporto
Sirius-Ella-Harry. Diciamo che non avevo pensato a questa triade. Ma
ora che scrivo la storia, credo che potrebbe funzionare.
Grazie mille a
Lucre che ha inserito la storia tra i preferiti. Le frasi in corsivo
contrassegnate con l'asterisco sono tratte da: Harry
Potter e l'Ordine della Fenice, 2003, Salani Editore, capitolo 9 Le
Pene della signora Weasley*.
Alla prossima.
storyteller
lover
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Capitolo 3 *** Una bacchetta nuova per Ella ***
Cap. 3: Una bacchetta nuova per Ella
Come deciso, la
signora Weasley ed Ella andarono a Diagon Alley il mattino seguente.
Uscirono molto
presto, così presto che il Quartier Generale era ancora
deserto.
“Forza Ella cara. Dobbiamo fare in fretta.” Le
diceva sua cugina.
“Sei mai stata a Diagon Alley? No? Vabbè, oggi ti
ci farai un bel giretto. Controlla per favore la lista dei libri, credo
che bene o male abbiate tutti bisogno del nuovo libro di difesa contro
le arti oscure.”
Solo Ella doveva acquistare davvero tutto, dal calderone in peltro al
cappello a punta.
Tutti gli altri avevano già tutto quello che gli occorreva.
Passarono così per prima cosa alla Gringott dove Ella
prelevò del danaro dal suo conto personale, e poi da Madama
McClan dove Ella si fece confezionare tre divise nere in tinta unita e
gli indumenti con il simbolo dei Grifondoro. Ma acquistò
anche un grazioso paio di guanti in cuoio e una mantellina rossa da
indossare durante le gite a Hogsmade.
“Mi piacerebbe imparare a cucire come Madama McClan. A Natale
regalo sempre ai ragazzi un maglione o una sciarpa ricamati ai ferri,
ma non vengono certo così bene.”
Passarono al Ghirigoro e acquistarono i libri.
Entrarono dal farmacista per acquistare gli ingredienti e tutto
l’occorrente per frequentare le lezioni di Pozioni.
Fu una mattinata alquanto gradevole.
Ella e la signora Weasley andavano molto d’accordo. Solo con
Molly, Ella riusciva a parlare della sua situazione familiare senza
trovarsi in imbarazzo.
“Hai sentito tuo padre, Ella?” Le chiese sua
cugina, cercando di non far capire che era un po’ preoccupata.
“Ancora no. Gli scriverò una lettera, prima di
andare a Hogwarts. Lui,
beh, non credo che voglia vedermi.” Rispose Ella, un
po’ amareggiata.
“Sai che non ci siamo mai frequentati più di
tanto, ma non credo che non ti voglia vedere. È tuo padre
dopotutto.”
Ella promise che gli avrebbe perlomeno scritto, anche se erano anni che
non si incontravano.
“Senti Molly, mi puoi parlare di quel professore di Hogwarts,
quello che ci ha portato le lettere ieri?” Chiese Ella a sua
cugina, dopo averci pensato su.
“Chi, il professor Piton? Sarà il tuo insegnante
di Pozioni, Remus deve avertelo detto.” Gli rispose Molly,
intenta a scegliere la marca giusta di polvere volante.
“Da non credere come riusciamo a finirla subito. Devo
chiedere ad Arthur di essere più cauto
nell’usarla.”
“Sì, è vero. Sembra molto autoritario.
Ron e gli altri non lo trovano molto simpatico e…”
Cercò di dire Ella, ma la signora Weasley la interruppe.
“Ron e i suoi fratelli dovrebbero pensare più a
studiare che ha pensare al professor Piton. Silente ha le sue buone
ragioni per fidarsi di lui, e per me tanto basta. E poi non devi
credere a tutte le sciocchezze che dicono i tuoi cugini.”
“No, non volevo dire questo, Molly. Ero solo
curiosa.”
“Non dico che sia perfettamente affabile e pronto a
conversare, ma ne ha passate tante ed è...”
“Proprio lì.” Disse Ella, interrompendo
i discorsi della signora Weasley.
Fu così che le due cugine videro il mantello nero di Piton
uscire da
una traversa secondaria alla via principale di Diagon Alley e
scomparire in un’altra stradina subito dopo.
“Oh, Ella cara,” Le disse Molly, “non
dobbiamo avvicinarci. La segretezza è tutto, Silente
è stato chiaro. Al di fuori delle mura dell’Ordine
non dobbiamo ammettere la nostra conoscenza o collaborazione. Ora che
ci penso, Mundungus dovrebbe essere da queste parti. Mi raccomando,
Ella, non una parola.” Le disse Molly, tornando a scrutare la
lista dei loro acquisti da fare.
“Ti manca ancora…” Stava per dire.
“Una bacchetta.” L’anticipò
Ella.
“Sì, cara, e Olivander è giusto dietro
l’angolo. E poi dritte a casa. Devo ancora preparare il
pranzo.”
Un lieve
scampanellio, proveniente dagli anfratti del negozio non meglio
identificati, accolse il loro ingresso. Era
un luogo molto piccolo, vuoto, tranne che per una sedia dalle zampe
esili…*
Dagli alti
scaffali, pieni di scatoline impolverate, ricadevano minuscoli
granellini di polvere, e una luce fioca faceva capolino dalle finestre
sporche.
“Buongiorno.” Disse
una voce sommessa.*
Ella e Molly sobbalzarono.
Avevano
di fronte un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che illuminavano
la penombra del negozio come due astri lunari.*
“Buongiorno.”
Gli rispose Molly, mentre Ella proferì un
“salve” molto flebile.
“Molly Weasley. Quercia e peli di unicorno. Lunga tredici
pollici e mezzo. Piuttosto flessibile. Ottima per gli incantesimi
domestici.” Le disse il vecchio Olivander.
“Proprio così. La conservo con molta
cura.” Gli rispose Molly, molto entusiasta.
“Il primo dei suoi figli maschi ha preferito peli di unicorno
e faggio. Dieci pollici. Bella flessibile. Un po’ meno
potente, ma se così è deciso, questo noi non
possiamo giudicare.” Continuò il vecchio, parlando
molto più a se stesso che a loro.
“Sembra ieri che suo marito ha acquistato qui da me la sua
prima bacchetta magica. Cuore di drago e salice. Dodici pollici e un
quarto. Non molto elastica, ma adatta alla Trasfigurazione.”
E mentre elencava i diversi tipi di bacchette venduti a tutti i membri
della famiglia
Weasley, Ella lo guardava con un’espressione mista a stupore
e curiosità, che l’anziano non tardò a
notare.
“Io ricordo tutte quelle che ho venduto, signorina Davies,
come anche a chi appartengono. E anche quella che comprerà
lei oggi resterà per sempre nella mia memoria. È
la bacchetta, non il mago o la strega, a scegliere il suo possessore.
Così fin dall’acquisto della bacchetta possiamo
sapere se lei sarà destinata a compiere grandi cose, o a
distinguersi, come molti altri prima di lei.” Le disse
Olivander, scrutandola con i cuoi grandi occhi azzurri. Seppur molto in
là con l’età, mostrava una mente lucida
e una memoria duratura, che quasi intimidirono Ella.
“Bene, bene.” Diceva Olivader tra sé,
muovendo freneticamente le dita e scegliendo con cura quali contenitori
tirare fuori.
Solo in quel momento Ella si rese conto che un metro da sarta le stava
prendendo le misure del braccio.
“Usa la destra, non è vero?” Le chiese
Olivander.
“Sì.” Gli rispose Ella.
“Sua madre aveva preferito una bacchetta di mogano. Dodici
pollici. Flessibile. Ho detto preferito, ma come ho detto, è
la bacchetta a scegliere.” Diceva tutto eccitato.
Dopo un bel po’ di tramestio e concitazione, Olivander porse
quella bacchetta che aveva giudicato adatta per la prima volta.
“Castagno e corde di cuore di drago. Otto pollici. Elastica.
Leggermente sibilante. La provi.” Le disse, ma prima che Ella
lo facesse, Olivander gliela prese.
Scomparve ancora una volta dietro gli scaffali e ne riemerse con una
nuova bacchetta.
“Tenga questa. Frassino e piume di fenice. Elastica. Undici
pollici.” Disse,
porgendogliela.
Ella la agitò, ma non accadde nulla.
“Forse, questa.” Le disse, porgendogliene
un’altra. “Pino e peli di unicorno. Piuttosto
flessibile. La provi.”
Ma neanche quella bacchetta, ne le successive, sembravano soddisfarlo.
“Un cliente difficile, eh? No, niente paura,
troveremo quella che va a pennello*…” Le
disse Olivander.
Le
bacchette si stavano accumulando sulla sedia, ma più
Olivander ne tirava fuori dagli scaffali, più sembrava
felice.*
“Non
si preoccupi, signorina Davies, sono certo di aver fabbricato quella
che fa per lei.” Le disse entusiasta.
Poi, d’improvviso, sembrò concentrarsi
profondamente.
Mormorava parole incomprensibili e agitava nuovamente le dita sottili,
dirigendosi nello scaffale alla sua sinistra.
Ne estrasse una scatola logora e consunta, ma prima di aprirla,
puntò nuovamente il suo sguardo su Ella.
“Potrebbe essere quella giusta. La lunghezza, la linea del
suo braccio sembrano a dir poco perfette.” Le disse.
Scartò rapidamente la scatola e ne estrasse una bacchetta di
un bel rosso bruno. Era stranamente lavorata, con intarsi lungo tutta
l’estensione della bacchetta.
“Ciliegio selvatico e piume di fenice. Quindici pollici e
mezzo. Molto flessibile. Appena, appena sibilante, ma perfettamente
elastica.” Le disse, porgendogliela.
Impugnata la bacchetta, Ella le diede un lieve colpetto e dalla punta
scaturì una scia blu e argentata, con spruzzi di scintille
che disegnarono una linea curva nell’aria.
“Bravissima, signorina Davies, proprio così.
Molto, molto bene.” Disse Olivander. “Sa, ho atteso
a lungo di trovare qualcuno adatto per questa bacchetta. L’ho
fabbricata prim’ancora che lei, Molly, entrasse alla scuola
di Hogwarts. Molto prima, molto prima, direi. Forse Silente non era
ancora diventato Preside.” Disse Olivander. “Vedere
la nascita di una bacchetta e saperla inutilizzata è
un’amara consolazione, signorina Davies. Sono
contento che lei sia stata scelta da questa bacchetta. Mi è
molto cara. Vede, il legno del ciliegio è molto duro,
compatto e resistente. Per ottenere un risultato eccellente, deve
essere lavorato con cura e attenzione. E più a lungo si
lavora il legno, più potente è la bacchetta. Ma
bisogna interrompere il lavoro, prima che, a lungo andare, il legno
perda le sue preziose qualità. Posso già dirle
che mi aspetto di sapere grandi cose, su di lei.”
Ella pagò la sua bacchetta nuova diciassette falci e nove
zellini e qualche minuto dopo, lei e Molly rientravano al Paiolo
Magico, cariche di pacchi e di buste, pronte a tornare a casa.
Al Quartier Generale.
Appena rientrata al Quartier
Generale, Ella salì in camera sua per sistemare i suoi nuovi
acquisti.
Tutti i libri finirono
dentro il baule, come il calderone, la bilancia e tutto il resto.
Lasciò per
ultima la bacchetta. Era decisa a guardarla meglio.
Le piaceva, e molto.
Le sarebbe piaciuto
mostrarla agli altri, ma per il momento, se la infilò in
tasca e uscì dalla stanza, diretta al piano di sotto. Un
pensiero le tornò in mente, allora, mentre scendeva le scale.
Di sfuggita, al
ritorno da Diagon Alley, aveva intravisto nuovamente quel professore,
Piton, seduto in disparte al Paiolo Magico. Molly non ci aveva fatto
caso, ma lei sì.
Era stata una figura
ricorrente negli ultimi due giorni ed Ella iniziava a capire il
perché non suscitasse molta simpatia ai più. Era
piuttosto silenzioso e autoritario, e sarebbe stato meglio non fare
niente che potesse infastidirlo, una volta andata ad Hogwarts,
pensò Ella, mentre scendeva le scale.
Come sempre, solo la
luce della cucina era accesa e tutti erano seduti intorno al tavolo, a
discutere.
Harry, Ron ed Hermione
formavano un gruppetto unito a cui ogni tanto si aggiungeva Sirius.
Molly e Arthur
parlavano tra di loro accanto a una poltrona, mentre Ginny leggeva un
libro proprio vicino a loro, disturbata dalle continue ragazzate di
Fred e George. Lupin e Tonks parlavano con Kingsgley, mentre Moody
stava dando una bella lavata di capo a Mundungus per aver cercato di
contrabbandare delle piante carnivore a un babbano inconsapevole,
spacciandole per delle comunissime gardenie.
“Ecco la
nostra bella ragazza.” Esortò Sirius, quando Ella
entrò in cucina,
Tutti la salutarono
gioiosamente e insistettero affinché Ella mostrasse loro la
loro bacchetta e raccontasse tutta la scena per filo e per segno.
“È
davvero molto bella. Non credo di averne viste così,
fin’ora. Tu che ne dici Remus?” Disse Sirius.
“È
particolare, non c’è dubbio. Il buon vecchio
Olivander ha superato di nuovo se stesso.”
“È
un po’ strampalato, oserei dire.” Disse Ron,
ridendo sotto i baffi. “Mette agitazione, non trovate? E non
è piacevole sentire che riesce a ricordarsi persino la prima
bacchetta che ha venduto, mentre io fatico a ricordare quello che ho
mangiato a pranzo.”
“È
un grande esperto, Ron. E ne sa molto più di chiunque altro
sulle bacchette. Ricordo quando mi vendette la mia. Fu davvero
emozionante.” Disse Hermione.
E tutti presero a
discutere su quale fosse la bacchetta più bella.
Sirius restava in
disparte e sorrideva ad Ella, quasi con aria paterna.
“Quando
acquistai la mia,” Disse Harry, “Olivander dovette
tirarne fuori un intero scaffale. Ricordo di essermi trovato in grande
imbarazzo. Non sapevo che fare per la metà del
tempo.”
“Sì,
è vero.” Gli rispose Ella, “Non credevo
che la scelta della bacchetta fosse così sentita, anche dai
non interessati.”
E in effetti, tutti
raccontavano la storia di come erano stati scelti dalla loro bacchetta.
Persino Tonks si
accinse a raccontare.
“E poi
c’era Piton.” Disse Ella e le sue parole causarono
un’ondata di mutismo generale.
“Il
professor Piton?” Chiese Ginny.
“Vuoi dire quel professor
Piton?” Chiese George.
“Proprio il
buon vecchio Piton?” Fece eco Fred.
“Credo che
abbia afferrato ragazzi.” Disse Harry.
“Sì.”
Disse Ella. “Il professore che ha portato le nostre lettere
da Hogwarts. Io e Molly, vostra madre, l’abbiamo intravisto a
Diagon Alley, e poi mi sembra di averlo visto anche al nostro ritorno
al Paiolo Magico.”
“E cosa
diavolo ci faceva Piton al Paiolo Magico? Anzi, a Diagon
Alley?” Disse Ron, piuttosto confuso.
“Ma non lo
usi il cervello, Ronald? Sicuramente stava acquistando materiale per le
sue scorte personali a Hogwarts. Ricordi? La scuola inizia dopodomani,
pigrone.” Lo ammonì Hermione.
“Miseriaccia, tra due giorni si parte.” Disse Ron.
“Doppia miseriaccia.”
To be
continued…
Sono riuscita a
completare anche il terzo capitolo. Non so come, ma ieri sera mi
sentivo ispirata. Comunque spero sia stato interessante. L’ho
scritto ambientando la gran parte della scena nel negozio di Olivander
perché, insieme alla parte dello specchio dei desideri, era
la mia scena preferita di Harry
Potter e la Pietra Filosofale.
Tutte le bacchette
che nomino sono puramente inventate. Ovviamente ho riletto quella parte
della storia, cercando di capire i criteri di classificazione di
Olivander e cercando di descrivere bene questo strano ma importante
personaggio. Le descrizioni sulle caratteristiche del legno del
ciliegio non sono inventate, ma reali. Tutto ciò che
Olivander dice riguardo alla bacchetta di Ella e della lavorazione
delle bacchette in genere è puramente frutto della mia
immaginazione.
Tutte le parti in corsivo e contrassegnate dall’asterisco
sono tratte da Harry
Potter e la Pietra Filosofale, 1998,
Salani Editore, dal capitolo 5 Diagon
Alley*.
Ringrazio
in particolare:
Hotaro_Tomoe: grazie mille di
aver recensito la storia, mi ha fatto molto piacere.^^
giada2000 e lucre per
aver inserito la storia tra i preferiti e hermione616 per
seguire la storia.^^
Grazie a tutti per aver letto,
alla prossima
storyteller
lover
|
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Capitolo 4 *** Hogwarts ***
Cap. 4:
Hogwarts
La partenza per
Hogwarts fu particolarmente movimentata, almeno più di
quanto lo era stata gli anni precedenti. Il Quartier Generale risuonava
delle urla della signora Weasley, tutta rossa e presa nello sgridare
Fred e George, e di quelle decisamente più offensive del
ritratto della signora Black.
I ragazzi si erano alzati piuttosto di buon’ora per
completare gli ultimi preparativi.
Ron e Harry incontrarono Ella ed Hermione mentre erano intenti a
trasportare i propri bauli giù per le scale.
“…meglio muoversi, la mamma è
fuori di sé, dice che perderemo il treno…”*
Disse Ron.
“Buongiorno, Ella. Ciao Hermione.” Disse Harry alle
due ragazze.
“E i vostri bauli? Perché non li avete con
voi?” Chiese Ron, tutto rosso in viso per lo sforzo.
“Il professor Lupin e Sirius sono venuti ad aiutarci qualche
minuto fa. Hanno pensato che quei bauli erano troppo pesanti per
noi.” Gli rispose prontamente Hermione.
“Vorrei sapere perché nessuno pensa mai che siano
troppo pesanti anche per noi.” Continuò Ron,
infastidito.
“Ti do’ una mano io, Ron. Non ho neanche la
borsa.” Si fece subito avanti Ella, ma le urla della signora
Weasley li fecero sobbalzare tutti e quattro.
“VOLETE SCENDERE TUTTI QUANTI, PER FAVORE?”*
Il
ritratto della signora Black ululava dalla rabbia, ma nessuno si diede
la pena di chiuderle le tende in faccia; tutto il fracasso
nell’ingresso l’avrebbe risvegliata comunque.*
Erano tutti
pronti. I bauli furono stipati accanto all’ingresso. Edvigde
ed Errol erano chiusi nelle loro gabbiette e Grattastinchi cercava,
invano, di sfuggire dalle braccia di Hermione..
Perfino Sirius, nonostante le insistenze della signora Weasley,
attendeva con ansia di poter uscire.
Era particolarmente eccitato: avrebbe respirato dell’aria
fresca e accompagnato i ragazzi al binario 9 e ¾, seppur nelle
sembianze di un grosso cane nero che scodinzola.
Tutti aspettavano che Moody desse il via per uscire. Una scorta era
stata organizzata in modo che Harry raggiungesse il binario sano e
salvo. Si divisero perciò in piccoli gruppi: Harry sarebbe
andato con Tonks e la signora Weasley. Ron e i suoi fratelli sarebbero
andati insieme a Moody, mentre Lupin avrebbe accompagnato Ella ed
Hermione.
Harry e il suo gruppo
furono i primi ad uscire.
Impiegarono venti
minuti per raggiungere Kong’s Cross a piedi, e
l’unico evento significativo fu quando Sirius
spaventò un paio di gatti per divertire Harry.*
Con cautela e facendo molta attenzione, oltrepassarono la barriera tra
i binari 9 e 10, raggiungendo il binario 9 e ¾ dove
l’espresso per Hogwarts li attendeva. Il marciapiede e
l’area vicino al treno erano gremiti di gente.
Subito Harry si sentì felice. L’idea di tornare ad
Hogwarts lo rincuorava.
“Spero che gli altri arrivino in tempo” Disse
la signora Weasley preoccupata…*
Ma i suoi timori furono presto sciolti. Uno ad uno, tutti gli altri
attraversarono la barriera.
Moody trasportava i bagagli e Sirius era più euforico che
mai.
Si salutarono e tutti raccomandarono a Harry di fare attenzione.
Il grosso cane nero andava da Harry a Ella e viceversa, saltando e
rizzandosi sulle zampe e spingendoli verso il treno. La signora Weasley
rimproverava Sirius, dicendo che quello non era un comportamento molto canino*,
ma i due ragazzi lo apprezzarono molto. Era bello vederlo felice almeno
per quella volta.
Presto furono tutti sul treno e le porte si richiusero.
“Ci vediamo!” Gridò
Harry dal finestrino aperto mentre il treno cominciava a muoversi.
Presto le figure dei signori Weasley e degli altri divennero sempre
più piccole fino a scomparire.
L’ultimo che videro fu Sirius, intento a rincorrere il treno,
e che scomparve una volta che ebbero oltrepassato la prima curva.
Felici per la partenza, i ragazzi dovevano trovarsi per prima cosa uno
scompartimento.
Sebbene in imbarazzo, Ron e Hermione lasciarono Harry, Ella e Ginny,
diretti alla carrozza dei prefetti, promettendo che sarebbero passati a
trovarli. Fred e George invece erano già scappati da Lee
Jordan.
Andarono nell’ultima carrozza, dove incontrarono Neville e
trovarono posto in uno scompartimento dove fecero tutti la conoscenza
di Luna Lovegood, detta Lunatica.
Trascorsero il resto del viaggio quasi in completa
tranquillità, tranne quando Neville fece esplodere un bulbo
della sua nuova pianta (una mimbulus
mimbletonia, una
sottospecie di cactus rachitico tutto coperto di bolle) e quando
l’ingresso di Ron ed Hermione nella carrozza fu seguito da
quello di Draco Malfoy insieme a Tiger e Goyle. Era venuto per
canzonare Harry e Ron e lo fece, anche se Harry gli tenne testa
egregiamente.
Ella pensò che quel ragazzo si desse parecchie arie, ma non
si fece intimidire da lui neanche quando Draco spostò la sua
attenzione da Harry a lei.
“E questa chi sarebbe, la tua nuova ragazza, Potter? Non
l’avevo mai vista.” Gli disse Draco , sogghignando.
“Devo dire che questa volta l’hai scelta molto
più carina del solito.”
“Non è la mia ragazza e non sono affari
tuoi.” Rispose Harry.
“Se non fosse una Grifondoro ci farei anche un pensierino, ma
lo sai che non mi abbasso a certi livelli.”
Continuò Draco, mentre Tiger e Goyle si sbellicavano dalle
risate.
“Se anche non fossi una Grifondoro non darei conto di certo a
te. Non ho tempo da perdere coi bambini viziati.” Gli rispose
Ella, sorprendendo tutti, Malfoy compreso.
“Lascia in pace mia cugina, Malfoy!” Disse Ron,
cercando di aiutare Ella.
“Lascia perdere, Ron.” Gli fece eco Ella.
“Ah, è tua cugina, Weasley? Non l’avrei
mai detto, visti i suoi abiti nuovi di zecca. Quelli che porti tu di
chi erano? Come minimo appartenevano a tuo nonno.” Disse
Malfoy, e stava per continuare se qualcosa di inaspettato non lo avesse
bloccato.
Ella si era alzata di scatto e, senza preamboli, aveva dato a Malfoy
uno schiaffo in pieno viso. Non che ci avesse messo molta forza anzi,
senza dubbio il colpo non era stato doloroso per Draco, ma fu
sufficiente a fargli perdere l’equilibrio, facendolo cadere a
terra. Tiger e Goyle cercarono di rimetterlo in piedi.
Draco era bianco più che mai e guardava Ella con stupore, ma
non sembrava intenzionato a parlare.
“L’hai finita?” Gli chiese Ella. Harry si
accorse che aveva il respiro affannato, ma non osò
intromettersi.
Draco si rialzò. Non le rispose. Continuava a premersi la
mano sulla guancia e uscì, seguito a ruota libera da Tiger e
Goyle.
Una volta richiusa la porta, nello scompartimento scese il silenzio
più totale.
Perfino Luna aveva abbandonato la lettura del Cavillo e si gustava la
scena, rapita dalla suspense.
Ella si voltò verso i ragazzi. Era ancora rossa in viso e
tremava leggermente. Prese un respiro profondo e tornò a
sedersi, ancora nel più completo silenzio.
“Chi era quel ragazzo?” Chiese con un filo di voce.
Gli altri si guardarono impressionati.
“Hai zittito Malfoy con uno schiaffo, gli hai dato del
viziato e ora ti chiedi chi era?” Le chiese Ron, attonito.
Ella sembrava imbarazzata. Non sapeva cosa le era preso, sapeva solo
che l’aveva fatto e basta.
“Mi dispiace, io, ecco non so che mia sia preso,
io…”
“Ti dispiace? Ma sei stata grandiosa! Per la
miseria!” Le disse Ron. “Che dico? Magnifica!
Eccezionale!”
“Io non ci sarei riuscito. Sei stata fantastica,
Ella.” Disse Neville con ammirazione.
Ella arrossì ancora di più, ma era più
tranquilla.
“Non è da me perdere il controllo, non
volevo.” Disse Ella, ma Ron non la pensava così e,
francamente, neanche gli altri. In più Malfoy non sarebbe
andato in giro con quella sua aria arrogante per un bel po’.
“Hai fatto bene. Gliele hai cantate a quell’idiota
di un Serpeverde. Fred e George ne saranno entusiasti.”
Continuò Ron. Anche Hermione e Harry erano sorpresi, ma
anche elettrizzati.
“Non si può essere dispiaciuti per
Malfoy.” Disse Ginny.
“È stato anche meglio di quando Hermione gliele
diede di santa ragione al terzo anno, vero Harry?” Disse Ron.
“Ti ricordi? Non ci ho visto più dalla rabbia
quella volta.” Disse Hermione e Ron iniziò a
raccontare a Luna, Neville e Ginny l’accaduto.
Nel mentre, Harry ed Ella parlavano tra loro.
“Stai bene?” Disse
tutt’un tratto Harry a Ella.
Lei gli disse di sì, che era stata l’ansia del
momento.
Harry capì da come parlava che era sinceramente affranta da
quanto era successo.
“Non devi dispiacertene. Come ha detto Ginny, nessuno si
dispiacerebbe per Malfoy.” Le disse Harry, ma le sue parole
non ottennero il risultato sperato.
“Ma non dovevo agire così. Spero di non essere
stata troppo brusca. Non lo conoscevo neanche.”
Continuò Ella.
“Ella, sinceramente, non devi pensarci. Malfoy va in giro
pensando di essere migliore di chiunque altro. Tu gli hai solo dato una
lezione.”
Ella sembrò appena, appena rincuorata da quelle parole, e
dopo un po’ stava già ridendo e scherzando con gli
altri, senza più rimuginarci su. Presto videro il paesaggio
cambiare.
Ormai si stavano inoltrando nell’aperta campagna e la notte
era calata.
Il treno iniziò a rallentare.
“Meglio cambiarsi”* Disse
Hermione. Lei e Ron tornarono rapidamente alla carrozza dei prefetti
mentre Harry e gli altri si davano un gran da fare con i bagagli.
Scendendo dal treno si addentrarono nell’aria notturna.
Non sentendo la familiare voce di Hagrid che richiamava gli allievi del
primo anno, Harry e gli altri si allarmarono, ma non potendo fare molto
in quella situazione, si diressero verso le carrozze.
Fu allora che Harry notò qualcosa che non aveva mai visto
prima.
Quelle carrozze
non erano senza cavalli. C’erano delle creature tra le
stanghe… Erano completamente privi di carne, i manti neri
aderivano allo scheletro, di cui era visibile ogni osso. Avevano teste
di drago, con occhi senza pupille bianchi e sgranati.*
Gli fu presto evidente che era il solo a vederli. Ne Ron, Hermione,
Neville o Ella erano in grado di vederli.
“Stai tranquillo” disse
una voce sognante accanto a Harry… “Non
stai impazzendo. Li vedo anch’io”.*
Era Luna Lovegood e, sebbene Harry non fosse pienamente rassicurato
dalle sue parole, tutti salirono sulla carrozza, diretti a Hogwarts.
“Ah, dimenticavo. Benvenuta a Hogwarts, Ella.”
Disse Harry.
Al castello
Il loro viaggio in carrozza fu
abbastanza tranquillo e silenzioso. Man mano che si avvicinavano al
castello, Harry notò che dalla capanna di Hagrid non
proveniva alcuna luce.
Sperava che non se ne fosse andato per sempre.
La carrozza si fermò davanti al portone di quercia. Harry
scese per primo** e
tutti gli altri lo seguirono.
“Il castello di Durmstrang non era così
grande.” Disse Ella, sovrappensiero.
“Victor mi aveva detto che lì il parco
è molto più grande.” Rispose
prontamente Hermione.
“E cos’altro ti ha detto Victor?” Chiese
Ron scontroso.
“Non eri tu quello che voleva il suo autografo?”
Rispose Hermione stizzita.
“State parlando di Victor Krum?” Chiese Ella.
“Sì, proprio lui. Era il campione di Durmstrang al
torneo Tre Maghi. Bhè, Ron non ha apprezzato che avesse
invitato Hermione al ballo del ceppo.” Spiegò
Ginny.
“Era un gran zuccone. Un grandissimo campione, certo, ma
proprio zuccone. E cosa centra il ballo del ceppo, Gimmy?”
Continuò Ron.
“Con me era piuttosto gentile. Mi chiedeva spesso
com’era l’Inghilterra. Non parla così
male l’inglese.” Disse Ella. Lei ed Hermione si
guardarono e fecero un risolino che lasciava poco da immaginare.
Ron continuò a borbottare tra sé e sé
ma ben presto oltrepassarono il portone e si diressero verso la sala
grande.
“Da questa parte si scende verso i sotterranei. Mentre
salendo a sinistra arrivi ai piani superiori. Quella è la
strada per arrivare alla torre nord, noi ci facciamo Divinazione
lassù.” Cominciò a dire Ron.
“Credo che Ella farebbe meglio a imparare ad arrivare alla
Sala Comune e poi, Hermione sarà sempre con lei. Non
c’è il rischio che si perda.” Disse
Harry, credendo che Ron stesse confondendo Ella più del
dovuto.
“Potter, Weasley, Granger e Paciok.” Disse una voce
autoritaria in cima alle scale.
I ragazzi alzarono lo sguardo e proprio sul
ciglio della scalinata c’era la professoressa McGranitt che
li scrutava con aria seria.
“Andate alla sala grande. Anche tu, signorina Weasley.
Singorina Davies, seguimi.” Disse loro, e il tono della sua
voce non ammetteva repliche.
“Ti terremo un posto accanto a noi. “ Disse Ron ad
Ella.
“Ci vediamo dopo.” Le disse Harry.
“A dopo.” Rispose Ella, e col cuore un
po’ più pesante, seguì la professoressa
McGranitt fino al suo studio.
Era una stanza molto ordinata, con dei luminosi candelabri che
pendevano dal muro. Molti libri erano stati riposti su degli scaffali
dietro la scrivania.
“Siediti pure, signorina Davies. Ti ho fatto venire qui
perché prima dell’inizio delle lezioni,
cioè domani, dovrai scegliere quali corsi seguire. Li
sceglieremo insieme, in base anche alle tue preferenze e ai programmi
che seguivi a Durmstrang. Sono stata chiara?” Le chiese. Ella
annuì, ma non disse niente.
“Seguirai tutte le materie di base insegnate qui ad Hogwarts,
che bene o male corrispondono a quelle della tua precedente scuola:
Erbologia, Incantesimi, Storia della Magia, Difesa contro le arti
Oscure, Trasfigurazione, Pozioni.” Disse la McGranitt. “Ora
è il caso di scegliere le materie che saranno oggetto di
esame ai GUFO.”
“Vorrei seguire Cura delle creature magiche, aritmanzia e
antiche rune.” Disse Ella.
“Dovrai metterti in pari con gli altri allievi. Sono materie
complesse, specialmente aritmanzia e antiche rune. Ma dal momento che,
da quanto mi è stato detto, i tuoi voti sono sempre stati
ottimi, non credo avrai problemi.” Le disse la McGranitt.
La professoressa consigliò ad Ella dei libri di testo da
acquistare che l’avrebbero senza dubbio aiutata a recuperare
rapidamente quanto fatto negli anni precedenti.
“Manderò un gufo al Ghirigoro domani mattina con i
tuoi ordini. In più questa è
un’autorizzazione speciale per prendere in prestito tutti i
libri che riterrai necessari dalla biblioteca. Basterà che
prima verrai ad informarmi. Ora puoi andare al banchetto, signorina
Davies.” Le disse la McGranitt,
porgendole un foglio di pergamena arrotolata.
“Professoressa?” Disse Ella, timidamente.
“Sì?”
“Non…” Stava per dire, ma la porta
dell’ufficio si aprì, cigolando appena, e sulla
soglia apparve una figura familiare.
“Cosa posso fare per te, Severus?” Chiese la McGranitt.
Piton scrutò Ella per qualche momento, prima di rispondere.
“Ho interrotto qualcosa?” Disse pacatamente.
“No, io e la signorina Davies abbiamo finito.” Gli
rispose la McGranitt.
“Il professor Silente mi ha mandato a chiamarla. Il banchetto
è quasi iniziato. Non vorrà perdersi
l’inizio?” Spiegò Piton. Da quanto le
aveva detto Ron, era importante che tutti i professori assistessero al
discorso di inizio anno del preside e alla presentazione del nuovo
insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
“No, certamente no.” Rispose la McGranitt.
“Verrò subito. Ho bisogno di qualche minuto per
compilare questi moduli.” Disse la McGranitt,
e poi si rivolse a Ella. “Stavi dicendo, signorina
Davies?”
Ella diventò subito rossa. Pensò che,
fortunatamente, volgeva le spalle verso il professor Piton, anche se
difficilmente questi non avrebbe notato l’agitazione nella
sua voce.
“Allora?” Le chiese la McGranitt.
Ella sentiva il respiro farsi più rapido.
“Ecco, io non… non… non so come
raggiungere la sala grande.” Disse, balbettando un
po’ e nascondendo le mani dentro le tasche della divisa.
“Ah, giusto. Non ci avevo pensato. Sii gentile, Severus.
Accompagna la signorina Davies alla sala grande. È la nuova
allieva del quinto anno di cui ci ha parlato il preside. Dì
al professor Silente che vi raggiungerò a breve.”
Disse la McGranitt e, a
quelle parole, Ella trasse un profondo respiro. L’aveva
immaginato.
Si voltò e incrociò lo sguardo di Piton. Questi
non disse una parola. Si limitò soltanto a uscire dalla
stanza.
Ella lo seguì in silenzio lungo i corridoi. Il passo felpato
del professore si accompagnava al svolazzare del suo mantello nero
mentre il suono dei suoi passi riecheggiava per i corridoi.
Lui non disse una parola ed Ella pensò di adeguarsi.
Ron e i gemelli le avevano detto di quanto Piton odiasse gli studenti
di Grifondoro. Sapeva che tra lui e i membri dell’Ordine non
c’era mai stata molta simpatia e, pertanto, non voleva
infastidirlo minimamente.
Mentre camminavano, Piton avanti ed Ella dietro di lui, il rumore dei
loro passi fu sovrastato da un grande chiacchiericcio. Molte voci si
sovrapponevano le une sulle altre.
Si vedeva una grande luce provenire dalla parte più in fondo
del piano.
Improvvisamente, però, Piton smise di camminare e si
voltò verso Ella. Il suo sguardo era gelido.
Ella cercò si sostenerlo, ma sperava che tornasse a voltarsi.
“La Sala Grande è in fondo, girando a destra. Non
credo ti perderai.” Le disse e, rapidamente, tornò
indietro.
Ella aspettò che voltasse l’angolo, prima di
rilassarsi.
In fondo a destra. No, non si sarebbe persa.
Si incamminò verso la luce e ben presto arrivò di
fronte al grande arco di pietra che faceva da entrata al sala. Quattro
tavoli lunghi erano posti al centro della sala, mentre il tavolo dei
professori era in fondo.
Sul soffitto si poteva osservare un immenso cielo stellato, e miriadi
di candele fluttuavano nell’aria, illuminando tutto
l’ambiente. Ella vide le figure argentee dei fantasmi
volteggiare lungo i tavoli.
Ci volle un po’ di tempo, ma finalmente Ella intravide delle
teste rosse in fondo al secondo tavolo, sedute in fondo. Prese un altro
respiro ed entrò nella sala.
Il mattino seguente
“La Sala Grande
è da quella parte?” Chiese Ella ad Hermione. Si
era svegliata quella mattina molto presto.
Fuori era ancora buio e tutte le ragazze dormivano. Era rimasta sul
letto a pensare a dove si trovava, con chi e come. Dalla finestra
provenivano dei leggeri spifferi d’aria. Il castello era
silenzioso.
Poi le ragazze si erano svegliate, una ad una, e insieme si erano
sciacquate, vestite e scese nella sala comune. Ron ed Harry non erano
ancora pronti. Così Hermione ed Ella erano scese
direttamente per andare a colazione.
“Sì, girando a destra. Stai iniziando ad
ambientarti?” Le chiese Hermione.
“Mi ci vorrà un po’ per riuscire ad
andare in giro da sola.” Rispose Ella.
“Visto che frequentiamo gli stessi corsi non avrai
problemi.” Le disse Hermione. “Più tardi
ti farò vedere dov’è la biblioteca. Non
posso credere a quanta fortuna hai! La McGranitt ti ha
dato il permesso per ritirare tutti i libri che vuoi, anche quelli
proibiti! Sarebbe davvero interessante poterli leggere.”
“Potrò sempre leggerli con te.” Le disse
Ella, intuendo che Hermione non vedeva l’ora di poter leggere
quei pochi libri della biblioteca che non era ancora riuscita a
procurarsi.
Entrando nella sala grande, tra i pochi studenti che erano
lì, Ella riconobbe quel ragazzo dal viso spigoloso, i
capelli biondi e la pelle chiara che aveva preso in giro Harry e Ron il
giorno prima sul treno.
In pochi secondi, Ella poteva rivivere gli avvenimenti del giorno
prima, accaduti sul treno.
Notando che anche il ragazzo, Malfoy le sembrava che si chiamasse, la
guardava, arrossì e distolse lo sguardo.
Raggiunsero il tavolo dei Grifondoro e si sedettero, ma subito Hermione
saltò in piedi, agitata.
“Devo andare in biblioteca. Ho dimenticato un libro.
Aspettami qui, Ron ed Harry arriveranno tra poco.” Disse
Hermione. Così Ella restò sola, con il suo
porridge come unica compagnia.
Il suo sguardo si spostò di nuovo verso il tavolo dei serpe
verde, ma Malfoy, per fortuna, non guardava più verso di
lei. Accanto a lei, qualcuno aveva lasciato una copia della Gazzetta
del Profeta.
La data risaliva al giorno prima. In
prima pagina spiccava la foto del Ministro della Magia.
Ella pensò che era invecchiato parecchio
nell’ultimo periodo. In formato più piccolo, la
foto della Umbridge sorrideva e si prestava generosamente agli scatti
fotografici.
Il Ministero della Magia ridimensiona l’insegnamento alla
scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Dolores Jane Umbridge, Sottosegretario al Ministero, sarà la
nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
Chiuse il giornale, decisa a
dedicarsi con più lena al suo porridge.
Aveva quasi finito
quando vide Ron ed Harry avvicinarsi al tavolo.
“Ciao
Ella!” Disse Ron, gettandosi sulle fette di pane tostato.
“Ciao
Ella.” Le disse Harry, sedendosi di fronte a lei.
Lei sorrise a tutti e
due.
“Passata
bene la prima notte ad Hogwarts?” Le chiese Harry, versandosi
del latte sui cereali.
“Oh,
sì. Davvero molto tranquilla.” Disse Ella.
“Harry mi
passi quelle salsicce?” Chiese Ron, che ormai doveva aver
finito col pane tostato.
“Possibile
che non pensi altro a mangiare?” Chiese la voce familiare di
Hermione, appena ritornata.
“Perché?
Ho solo fame. Non ci vedo nulla di strano.” Le rispose Ron
con la bocca piena.
“Sei senza
speranze, Ronald Weasley.” Gli rispose. “Questo
è il nuovo orario. Me lo hanno appena dato.”
Si misero tutti e
quattro a sfogliare dettagliatamente l’orario.
“Miseriaccia!”
Esclamò Ron, ingoiando anche l’ultima salsiccia.
“Guarda qui, Harry. Due ore di Pozioni il primo giorno. Mi do
malato. Non ci voglio venire. E poi abbiamo Divinazione e Difesa contro
le arti oscure il pomeriggio. Abbiamo Piton, quella squilibrata della
Cooman e persino l’insegnate di Difesa contro le arti oscure,
tutti il primo giorno. L’ho già detto che mi do
malato?”
“Piantala,
Ron. Io ed Ella dobbiamo anche andare ad Antiche Rune.” Disse
Hermione.
“Non hai
scelto Divinazione?” Chiese Harry ad Ella.
Ella gli rispose a
bassa voce.
“La
McGranitt non me l’ha consigliata.”
“Lei e la
Cooman non vanno molto d’accordo. Anzi, si può
dire che si destestano cordialmente.” Disse Ron.
“E’
una branca della magia molto incerta. Non è il caso che Ella
sprechi tempo prezioso. Deve recuperare quello che abbiamo fatto negli
ultimi due anni.” Disse prontamente Hermione.
In quel momento
arrivò Neville e si sedette vicino a loro. Era paonazzo e
sudava freddo.
“Visto il
nuovo orario?” Chiese Ron, senza molta delicatezza.
Neville
annuì, sconfortato.
“Lo vedi,
Hermione? Non sono il solo a non essere d’accordo sul nuovo
orario.” Le disse Ron.
Hermione non rispose.
Sapeva che Neville aveva il terrore del professor Piton. Si
limitò a infilare nella borsa il foglio con
l’orario delle lezioni.
“Io vado.
Devo passare prima dalla McGrabitt a consegnare i compiti delle
vacanze. Ci vediamo a lezione.” Disse Hermione e si
allontanò rapida.
“Ma come fa?
Parola mia, Harry, un giorno o l’altro le
scoppierà il cervello.” Disse Ron, addentando un
muffin al cioccolato.
“Hai finito?
Non vorrei arrivare in ritardo. Ci manca solo che Piton tolga dei punti
a Grifondoro proprio il primo giorno perché siamo in
ritardo.” Disse Harry.
“Mangio per
strada.” Disse Ron, prendendosi altri due muffin.
“Sì,
andiamo.” Disse Ella. “Così possiamo
tenere un posto anche per Hermione. Neville, vieni con noi?”
“Si. Meglio
con voi che solo.” Gli rispose il ragazzo.
Alzandosi dal tavolo,
Ella notò che il professor Piton non era venuto a colazione.
Rabbrividì
leggermente, pensando che li stava sicuramente già
aspettando in aula.
To be
continued….
Oh,
ce l’ho fatta. Questo capitolo è stato sofferto.
Mi dispiace che sia venuto lungo, anche più del previsto, ma
ho dovuto. Purtroppo, iniziando un capitolo, non si sa mai come
andrà a finire.
In ogni caso, voglio dirvi che come sempre mi sforzo di seguire le
linee essenziali della trama, cercando di inserire Ella in maniera
coerente.
Rispetto agli altri capitoli, Ella prevale un po’ di
più. Diciamo che se lo meritava. In fondo, è
intorno a lei che ruota la storia. Fin qui il quadro è
semplice: Ella si deve ambientare nella nuova scuola, conoscere i suoi
compagni e abituarsi ai nuovi ritmi di vita e studio. Spero di non
essere caduta nell’OOC. È una mia eterna
fissazione.
Nella prima parte del capitolo, le frasi in corsivo e contrassegnate
dall’asterisco sono tratte da * Harry
Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore, dal Capitolo 10, Luna
Lovegood,*
Comunque, ringrazio
tutti colore che hanno letto e in particolare:
Breathless e
Ladyhawke25 per aver inserito la storia tra le seguite.
Aya88 per i tuoi consigli
mora, la tua pazienza e le idee geniali. Nel prossimo capitolo ci
sarà la lezione.^^
Hotaru_Tomoe: Tranquilla, anzi
grazie di aver recensito.^^ Sono contenta che Ella ti piaccia. Confesso
che piace anche a me. Le citazioni sono una mia ossessione. Mi piace
inserirle spesso e volentieri, con motivazione ovviamente. La
curiosità di Ella per Piton è un fatto puramente
normale. Ha sentito i cugini ed Harry parlarne in maniera molto
negativa. Quindi non sa effettivamente come comportarsi con lui. Sono
contenta che la scena delle bacchette ti sia piaciuta. Per avere a che
fare con la Umbridge ci vorrà un pochino. Ma
ti darò soddisfazione, non temere. Grazie ancora di aver
recensito.^^
Breathless: oh cara, che
emozione. La tua recensione mi ha lasciata a dir poco senza parole. Sei
stata molto gentile e piena di complimenti.^^ Grazie mille per tutti i
tuoi bellissimi complimenti. Sono d’accordo con te. Le fan
fiction su Harry Potter che presentano un personaggio originale sono
interessanti. Perché c’è qualcosa di
nuovo da dire, in un certo senso. Sono felice di sapere che Harry
è IC. Ho sempre paura di sbagliare coi personaggi non
miei.^^ Come ho detto a Hotaru_Tomoe, l’interesse di Ella per
Piton è puramente ispirato dai commenti e dai racconti dei
cugini. Credo che tu abbia fatto centro. Ella spezzerà il
cuore di più di una persona, e anche il suo cuoricino ne
uscirà leggermente provato. Ma non voglio anticiparti nulla,
perché il bello deve ancora venire.
Grazie mille di tutto, sei
stata davvero molto gentile.^^
Anche per
oggi è tutto, alla prossima
storyteller
lover
|
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Capitolo 5 *** Insegnanti esigenti ***
Cap. 5
Insegnanti esigenti:
I ragazzi scendevano in
fila, uno per uno, lungo il tortuoso passaggio scavato nella pietra che
li avrebbe condotti alla prima lezione di Pozioni del semestre.
Erano ancora segnati dalla leggerezza estiva e dal sole delle belle
giornate di luglio. Un chiacchiericcio concitato li accompagnava verso
la parte più buia e inquietante del castello.
"Le lezioni di Pozioni si tengono sempre qui?" Chiese Ella a Harry.
"Sì, fin dal primo anno. Non è proprio quel che
si dice allegro..." Le rispose Harry. Ella non tardò a
scoprire anche che, oltre ad essere un luogo alquanto freddo e umido, i
sotterranei erano anche la sede del dormitorio dei Serpeverde e che
l’ufficio di Piton, insieme al magazzino in cui il professore
conservava le sue scorte, si trovava ancora più in basso.
Non c’erano finestre e l’illuminazione degli
ambienti era data dalla luce delle candele sparse qua e là
sulle pareti.
Qui
faceva più freddo che ai piani alti, il che sarebbe bastato
a far venire… la pelle d’oca anche senza tutti
quegli animali che aleggiavano nei barattoli di vetro.*
Entrando
nell’aula, Ella notò che i ragazzi di Serpeverde
erano già lì.
Ai primi banchi c’era Draco Malfoy che parlava insieme ad una
ragazza della sua stessa casa e che sembrava trovare molto divertente
quello che lui le diceva.
Per la seconda volta in quella mattina, il suo sguardo si rivolse verso
di lei.
La sua espressione si indurì e le sue labbra tremarono, ma
ancora una volta, non parlò.
Lei cercò di ignorarlo e si sedette insieme ad Hermione,
davanti a Harry e Ron.
Neville, invece, aveva trovato posto nella fila accanto, insieme a Dean
Thomas.
“Guarda quell’idiota di Malfoy! Non fa
più lo sbruffone dopo ieri. “ Bisbigliò
Ron a Harry.
Quest’ultimo, notando l’agitazione di Ella, non
rispose.
“Piantala, Ron. Se avessi cose più importanti da
fare non penseresti sempre a Malfoy.” Disse Hermione, avendo
avuto lo stesso pensiero di Harry ma meno scrupoli a sgridare Ron.
Questi, per altro infastidito dal rimprovero, aveva preso a
giustificarsi energicamente.
“E questo cosa vuol dire? Credi che non abbia niente da fare?
Io ho un mucchio di cose da fare, anzi di più, una montagna
di cose da fare, sono molto più impegnato di quello che
pensi.”
“Fossi in te, signor Weasley, comincerei col fare silenzio e
prenderei il libro di testo.” Rispose una voce melliflua
dietro di loro.
Il silenzio cadde nell’aula. Tutti si voltarono verso la
porta. Il professor Piton era fermo sul ciglio dell’entrata.
Solo le risate concitate dei Serpeverde creavano un sottofondo leggero.
Non
ci fu bisogno di richiamare nessuno all’ordine: nel momento
stesso in cui la classe aveva sentito la porta chiudersi, ogni
irrequietezza si era placata. La sola presenza di Piton bastava ad
assicurare il silenzio in una classe.**
“Vedo
che come ogni anno pensi più a parlare a sproposito che a
dedicarti allo studio della mia materia, Weasley.”
Continuò Piton.
A grandi falcate, percorse tutta la cella sotterranea fino ad arrivare
alla cattedra.
Come
Vitious... iniziò la lezione prendendo il registro*.
“Brown.”
Lesse ad alta voce. Nessuno osava parlare o anche solo sussurrare.
Ogni volta che Piton chiamava un nome, il suo sguardo si dirigeva
immediatamente verso il povero nominato. Quest’ultimo
rispondeva all’appello alzando la mano.
Quando fu il turno di Harry, Piton lo ricompensò con uno
degli sguardi che trovava piacere nel rivolgere solo a lui. Per Ron fu
quasi lo stesso. Era così infuriato con Piton da avere tutto
il viso e le orecchie rosse.
“Calmati, Ron.” Gli sussurrò Harry, ma
Hermione gli fece segno di non continuare: meglio non dare scuse a
Piton per togliere punti ai Grifondoro proprio il primo giorno.
“Davies, Finnigan, Goyle, Granger, Malfoy, Patil. ”
Ella sospirò, sollevata, subito dopo che fu passato il suo
turno.
Piton non la degnò neanche della più che minima
attenzione, cosa che non le dispiacque affatto.
Aveva iniziato a capire che più indifferenza mostrava Piton,
più tranquillamente sarebbero trascorse le sue lezioni, per
tutti.
“Paciock.” Il povero Neville rischiò
quasi di cadere dalla sedia quando Piton pronunciò il suo
nome.
Draco
Malfoy e i suoi amici Tiger e Goyle nascosero un ghigno dietro la mano.
Piton finì di fare l’appello e alzò lo
sguardo sulla classe.*
Iniziò
la lezione facendo loro un discorso riguardante la natura e
l’importanza degli esami di fine anno, di come fosse
importante ottenere al quinto anno degli ottimi voti, per poter
affrontare al meglio i M.A.G.O.
Insistette soprattutto sulla severità nella scelta degli
studenti da ammettere nella sua classe per gli esami del settimo anno,
e sottolineava con piacere la speranza che molti di loro non vi
avrebbero fatto parte.
“Oggi prepareremo una
pozione che viene spesso richiesta ai G.U.F.O.** Aprite il
libro a pagina duecentoquarantadue. ”
Le parole di Piton furono subito seguite da un rumoroso sfogliare di
pagine.
Aprendo il libro alla pagina indicata, i ragazzi trovarono il soggetto
della lezione del giorno:
“La Bevanda della Pace”
“Qualcuno fra voi mi saprebbe dire qual è
l’ingrediente essenziale per preparare questa
mistura?” Chiese Piton e subito la mano di Hermione si
levò in aria.
Quasi urtò la spala di Harry, tanto rapida era stata la
ragazza, ma Piton la ignorò.
“Di sicuro avrà già letto tutto il
libro.” Sussurrò Ron a Harry, trattenendo una
risata.
Piton non si lasciò sfuggire l’occasione.
“Hai qualcosa da dire, Weasley? Tu e Potter avete forse cose
cosi importanti da discutere da ignorare la
mia domanda? Cinque punti in meno a Grifondoro.” Disse Piton,
continuando a guardare Ron col suo sguardo gelido. Ron
s’incupì di nuovo e le orecchie gli si
infiammarono.
Nel frattempo, il braccio di Hermione continuava a restare sollevato e
totalmente ignorato da Piton, le cui labbra si strinsero in un ghigno
soddisfatto.
“Hai qualcosa da dire, Potter?” Gli chiese Piton,
stavolta rivolto a Harry.
Lo sguardo di Ella si spostò da Ron a Piton, e da
quest’ultimo a Hermione, che teneva ancora la mano alzata,
per poi rivolgersi a Harry: il ragazzo guardava dritto sul banco.
Sembrava calmo, ma molto probabilmente cercava di evitare di
infastidire Piton guardandolo in volto.
“No, signore.” Gli rispose.
“Come al solito, è
chiaro che la fama non è tutto.*” Lo
schernì Piton, incrociando le mani e poggiando i gomiti
sulla cattedra. “Non credo che abbia senso chiederlo a te,
Paciock.”
Di nuovo, le gambe di Neville sembravano non essere in grado di
reggerlo sulla sedia.
Lo sguardo sprezzante di Piton si manifestò in tutta la sua
profondità.
“C’è qualcuno che sa rispondere alla
domanda? ” Continuò, poi, senza battere ciglio e
ignorando per l’ennesima volta Hermione con un piacere tale
da andare in visibilio.
La povera ragazza ormai stava persino sulle punte dei piedi, tanto teso
era il suo braccio.
Ella ebbe l’impressione che lo sforzo la stesse sfinendo. Era
tutta rossa in viso e sospirava sonoramente.
“Hermione?” Le sussurrò Ella.
“Hermione, non serve a niente. Lascia stare.”
Disse, ma si sentì rabbrividire.
Solo in quel momento, infatti, la ragazza si era resa conto conto di
aver parlato un po’ troppo forte.
Gli occhi neri di Piton si erano posati su di lei con sguardo fermo.
Erano
gelidi e vuoti, e facevano pensare a due tunnel immersi nel buio.*
“Vuoi rispondere alla domanda, signorina Davies?”
Disse Piton, portando l’attenzione di tutti i presenti verso
Ella.
Lei si sentì arrossire, ma cercò ugualmente di
non innervosirsi.
“Pietra di Luna in polvere.” Rispose, cercando di
non impappinarsi e scatenando un’ondata di stupore generale.
Persino Hermione aveva smesso di lottare per rispondere correttamente
alla domanda e la fissava, come tutti i presenti, con gli occhi colmi
di sorpresa.
Respirando appena, e vedendo che Piton sembrava attendersi un seguito,
Ella continuò:
“L’ingrediente principale è la pietra di
Luna in polvere, unita allo sciroppo di elloboro. La Bevanda della
Pace è un rimedio usato principalmente per calmare
l’ansia e placare l’agitazione. È
fondamentale aggiungere gli ingredienti in un ordine ben preciso e
senza esagerare con le dosi durante la preparazione, altrimenti
l’effetto ottenuto sarà quello di un
sonno pesante e qualche volta irreversibile**.”
Pronunciò l’ultima frase cercando di mantenere la
calma, ma era evidente che lo sguardo fisso di Piton la mettesse a
disagio. Il professore continuava a fissarla senza lodare ma neanche
criticare la sua risposta.
Lentamente, molto lentamente, Piton tornò a concentrasi sul
libro di testo senza aggiungere un commento.
Malfoy e i Serpeverde erano ammutoliti, e le loro espressioni non erano
molto diverse da quelle dei Grifondoro.
Nessuno di loro, a parte Hermione, sarebbe di certo stato in grado di
rispondere alla domanda.
Quest’ultimo si era alzato in fine e, agitando appena la
bacchetta, fece apparire gli ingredienti e il metodo per preparare la
pozione sulla lavagna.
“Troverete tutto quello che
occorre...nell’armadio (la porta dell’armadio si
spalancò) Avete un’ora e mezza.** Pagina
duecentoquarantadue.” Disse,
perentorio.
Subito, un tramestio frettoloso invase l’aula. Tutti si
stavano mettendo a lavoro.
Fumi bianchi ed evanescenti fuoriuscivano dai calderoni e, ben presto,
presero ad inondare la cella sotterranea, aleggiando sulle teste degli
studenti.
Piton, intanto,
avvolto nel suo lungo mantello nero, si aggirava di qua e di
là per la classe*.
Per ottenere un preparato che fosse quanto meno accettabile, bisognava
osservare il colore del fumo. Se questo era di un lieve
vapore argenteo**, allora si era riusciti
nell’impresa.
Piton osserva il contenuto dei diversi calderoni, muovendo critiche
aspre a Neville e Ron, canzonando Harry più del dovuto,
ignorando Hermione ed elogiando il perfetto preparato di Malfoy.
Con Harry in particolare, Piton fu piuttosto sagace.
Notando che il ragazzo non aveva aggiunto lo sciroppo di elloboro prima
di passare alle istruzioni successive, Piton lo canzonò a
dovere e poi fece scomparire la pozione dal calderone. Questo
costò a Harry il primo voto del semestre in Pozioni.
Per un po’, poi, tutto sembrò andare
tranquillamente.
Neville non fuse il suo calderone per un pelo e Seamus
incendiò il suo solo due volte.
Ella, dal canto suo, nascosta nel suo angolino, cercava in ogni modo di
non attirare l’attenzione e ci riuscì, almeno per
tutto il tempo concesso per la preparazione della bevanda della pace.
Il tutto rientrava nella normale quotidianità.
Allo scadere del tempo, Piton fece versare a tutti loro, con
l’eccezione di Harry, un po’ del loro preparato in
una fialetta, assicurando un’etichetta nominativa a ciascuna,
e segnò loro un compito:trenta centimetri di
pergamena sulle proprietà della pietra di luna e i suoi usi
nella preparazione di pozioni, da consegnare giovedì.**
Hermione, svolto questo compito, si dedicava a svuotare tutti i
calderoni dell’aula.
Aveva l’aria triste e abbattuta, e non guardava in faccia
nessuno.
Ella le si avvicinò piano, piano. Voleva sapere se andava
tutto bene.
Sulle prime Hermione non le rispose. Non era risentita con
l’amica più di quanto non lo fosse con
sé stessa.
Sapeva che Ella non aveva colpa.
“Rispondere o no, se sapevi la risposta in ogni caso, non fa
molta differenza per me.” Le disse Ella. Hermione la
guardò con occhi stanchi ma incuriositi.
“Hai studiato e hai fatto un bel lavoro preparando la
pozione. Tutto questo non è sminuito dal fatto che non hai
potuto rispondere.” Continuò Ella, vedendo
l’amica riprendersi d’animo.
Harry e Ron le raggiunsero proprio in quel momento.
“Avanti, Hermione. Non starai facendo quel muso lungo
perché Piton non ti ha fatto rispondere? Parola mia,
dovresti davvero trovarti un hobby. Tipo, giocare a sparachiocco, agli
scacchi dei maghi, cose di questo tipo, vero, Harry?”
Come sempre, Ron parlava un tantino troppo forte, rischiando di farsi
sentire da tutti.
Se non fosse stato per la confusione dovuta al cambio
dell’ora e al tramestio provocato dai ragazzi nel riordinare
le proprie cose prima di uscire, Piton lo avrebbe davvero sentito.
Proprio il suono della campanella li riportò tutti e quattro
alla realtà.
Harry e Ron avevano solo un’ora di pausa prima della lezione
successiva, Divinazione, mentre Ella ed Hermione dovevano subito
raggiungere il quarto piano per la lezione di Antiche rune.
I ragazzi iniziarono a recuperare i libri e le cartelle ma qualcosa di
inaspettato era in riserbo per qualcuno di loro.
“Signorina Davies, nel mio ufficio domani pomeriggio alle
tre. Non saranno necessari né il libro, né la
penna o la pergamena.” Disse Piton, apparso
all’improvviso dietro di loro.
Ella si sentì gelare. Non avrebbe pensato che Piton stesse
parlando con lei se non lo avesse ascoltato con le proprie orecchie.
“Cosa ci fai ancora lì impalato,
Weasley?” Gli si rivolse poi Piton, notando
l’espressione imbambolata che si era dipinta sul volto di Ron.
“Niente, signore.” Disse Ron,
ancora sconvolto.
“Allora vai. Potter, Granger, cosa ci fate ancora
qui?” Chiese Piton a Harry ed Hermione.
I due ragazzi non risposero e, insieme a Ron, uscirono
dall’aula, lasciando sola la povera Ella.
Quest’ultima, rimasta indietro, raccoglieva le sue cose,
tutta rossa in viso.
Avrebbe voluto chiedere il perché di quelle parole, ma
sapeva bene quello che volevano dire: non sarebbero stati necessari
libri o penne o pergamene.
Sistemò tutto lentamente, sperando in un miracolo, anche se
sapeva che non era possibile.
Sentiva le guance rosse e il respiro affannarsi.
Piton stava all’in piedi, accanto alla cattedra. Le volgeva
le spalle e non dava il minimo segno di voler aggiungere qualcosa. La
ragazza, imbarazzata, trattenne una lacrima capricciosa che tentava di
venir fuori, prepotententemente, e si avviò verso la porta.
Biascicò un flebile arrivederci e uscì
dall’aula, con l’amara consapevolezza di essere
appena stata messa in punizione per la prima volta in vita sua.
Quella sera,
nella sala Comune
La sala comune era quasi vuota;
quasi tutti erano ancora a cena… Harry, Ron e Hermione
portarono le loro tre poltrone preferite vicino al fuoco…***
Harry guardò le fiamme; si sentiva svuotato e
sfinito… aveva la sensazione che il primo giorno fosse
durato una settimana.***
“È
stata una giornataccia.” Esordì Ron, mentre
sgranocchiava dei biscotti al cioccolato. Hermione non rispose.
Continuava a coccolare Grattastinchi, felicemente accoccolato vicino a
lei.
“Non me ne parlare.” Rispose invece Harry.
Aveva preso un brutto voto in pozioni, era stato messo in punizione
dalla Umbridge e per di più aveva ancora una montagna di
compiti da fare.
“Ed è solo il primo giorno.”
Sospirò Harry, con aria stanca.
Sarebbe stato un anno difficile, per tutti. Il banchetto quella sera
era stato ottimo, come sempre, ma erano tutti troppo stanchi per
poterselo godere a pieno,
“Senti, Hermione, hai visto Ella?” Le chiese Ron,
intento a divorare l’ultimo biscotto.
“Dovrebbe arrivare a momenti. La professoressa Babbling le
ha detto di passare da lei, dopo cena. Penso che le voglia dare dei
libri per rimettersi in pari col programma.” Rispose
Hermione, molto semplicemente.
“Povera Ella.” Disse Ron. “Credo
che la sua sia la situazione peggiore. Deve studiare il triplo di tutti
noi messi insieme e Piton l’ha già messa in
punizione, per cosa poi! Per la miseria, neanche Fred e George ci sono
mai riusciti il primo giorno. Ella ha segnato un nuovo
record.”
“È la nuova arrivata. È naturale che
sia sottopressione. Però Piton è
stato davvero ingiusto** sia con lei che con te, Harry. Certo,
assegnarle una punizione per aver risposto a una domanda, mi sembra
crudele. ”
Gli disse Hermione, per la quale rispondere alle domande degli
insegnanti era ogni volta una gioia immensa.
“Piton mi odia, e questo non cambierà mai. Mi
aspetto da lui anche di peggio. Spero solo che Ella abbia miglior
fortuna.” Esclamò Harry.
“Era mortificata. Certo, lo sarei anch’io se
un’insegnante mi avesse messo in punizione.” Disse
Hermione.
“Forse la McGranitt potrebbe
fare qualcosa.” Propose Harry, speranzoso, ma Hermione
cancellò subito di netto le sue aspettative.
“Credi che la McGranitt contesterebbe
la decisione di un insegnante solo perché Ella fa parte
della sua casa?”
Aveva ragione. Era improbabile che la professoressa si facesse avanti
in una situazione del genere.
Né la McGranitt né
nessun altro avrebbe impedito che Ella scontasse la sua punizione.
La conversazione, poi, si spostò da Pozioni a Difesa contro
le Arti Oscure.
I tre amici si ritrovarono senz’altro d’accordo nel
ritenere che quella faccenda fosse tutta una montatura del Ministero
mirata a controllare l’organizzazione e il tipo di educazione
ricevuta dagli studenti a Hogwarts.
Tutto sembrava andare per il verso sbagliato.
Hagrid era lontano dalla scuola, Piton era in vena di sarcasmo
più del solito e Difesa contro le Arti Oscure sarebbe stata
la materia più noiosa dell’anno. In più
avevano i compiti da fare.
“Credo sia meglio fare i compiti. Togliamoceli
dai piedi…***” Disse Harry, stanco e
annoiato.
I tre amici stavano per mettersi a studiare, quando, dal ritratto della
signora grassa, spuntò una figurina dai capelli rossi e gli
occhi stanchi che trasportava diversi libri.
“Ehi, Ella.” Esclamò Ron.
“Vuoi una mano?” Le chiese.
Non solo Ron, ma anche Harry aiutò Ella con i libri.
Si trattava di grossi manuali di traduzione e interpretazione delle
antiche rune, in più, la professoressa Vector le aveva
assegnato dei compiti in più da consegnare insieme a quelli
che Ella avrebbe dovuto portare a termine come gli altri.
“Vorrei tanto potermi riposare un po’.”
Disse Ella. Il suo tono di voce era stanco.
“A chi lo dici!” Disse Ron, sbadigliando
sonoramente. “Mi sento distrutto.”
“Almeno tu non sei stato messo in punizione.” Gli
rispose Ella. Aveva preso dalla borsa un foglio di pergamena nuovo su
cui scrivere il compito per Piton.
“Non posso proprio andare a dormire senza prima aver
studiato. Non ho iniziato proprio bene.” Continuò
Ella.
“Lascia perdere quell’idiota di Piton. Odia i
Grifondoro e se non se la fosse presa con te, stai certa che o io o
Neville non l’avremmo passata liscia.” Disse Ron.
“Pensala in un altro modo. Io ho fatto perdere cinque punti
alla casa soltanto il primo giorno.”
Le parole di Ron sembrarono confortare Ella almeno un po’.
I quattro, così riunitisi, presero a studiare insieme fino a
tardi. Iniziando con Pozioni per poi dedicarsi ai compiti di
Divinazione e a tutto il resto.
Quando nemmeno Hermione riuscì più a mantenere
viva la concentrazione, tutti e quattro abbandonarono i libri e si
concessero qualche momento di pausa, prima di salire ognuno al proprio
dormitorio.
“Ella, questa è tua?” Le chiese Harry,
che si era accorto della presenza di una lettera proprio sul tavolo
dove stavano studiando fino a poco prima. .
Ella si voltò verso di Harry, il quale le stava indicando la
sottile busta di pergamena appoggiata sul tavolo.
Subito, la ragazza tornò indietro e la prese.
“Chi ti scrive?” Chiese Ron, incuriosito anche se
assonnato.
“Ti sembrano domande da fare?” Lo
rimproverò Hermione. Stanca com’era, non riusciva
a sopportare le maniere alla buona di Ron e, come sempre, i due
iniziarono a scontrarsi verbalmente.
“Sono suo cugino e posso chiedere a Ella quello che mi
pare!” Sentenziò Ron.
“Sei un grande impiccione, Ronald Weasley, ecco quello che
sei.” Gli rispose Hermione, cercando in vano di non
infervorarsi più del dovuto.
“Non ricominciate a litigare” disse Harry
stancamente, mentre Ron apriva la bocca per ribattere***”.
“Harry ha ragione. Non c’è bisogno di
litigare.” Sentenziò Ella con fermezza.
A questo punto, Ron ed Hermione smisero di urlarsi contro.
“È una lettera di tua madre. Mi è
arrivata adesso perché ha usato Errol per farla spedirla sin
qui e quel povero gufo si è perso per strada due
volte.” Rispose Ella, scartando la lettera.
Lesse velocemente il contenuto della lettera e poi la diede agli altri.
Non c’era niente di interessante in verità. La
signora Weasley assicurava Ella che tutti stavano bene e le chiedeva di
come andassero le cose, se la scuola e le lezioni le piacessero e
quant’altro.
Nessuna notizia sull’Ordine o i suoi componenti era
menzionata.
Silente aveva espressamente vietato di riportare su carta qualsiasi
tipo di informazione utile, che sarebbe stata così
facilmente individuata.
La casa qui sembra vuota senza
tutti voi.
La settimana prossima ti manderò un altro gufo con
un’altra lettera e un astuccio di penne d’oca.
Ginny ha dimenticato di nuovo le sue a casa e Fred e George le perdono
tutte. Di ai tuoi cugini che se hanno dimenticato
qualcos’altro a casa di farmelo sapere.
Io e Arthur siamo orgogliosi di voi e Felpato vi manda i suoi saluti.
Molly
“Se
non fossi così stanca le risponderei adesso.”
Sospirò Ella.
Gli altri si trovarono d’accordo.
“Mia madre può aspettare fino a domani
mattina.” Sentenziò Ron, strofinandosi gli occhi.
Erano così stanchi che la decisione unanime fu quella di
avviarsi nelle loro stanze. Raccolsero le loro cose e lasciarono
così, per quella prima sera, la sala comune.
Il fuoco nel caminetto era ormai spento. Restava solo qualche tizzone
ancora illuminato da poche scintille rosse che avrebbe avuto breve
vita, di lì a poco.
Appoggiata la testa sul cuscino, Ella sprofondò in un sonno
non molto profondo e tormentato da sogni sgradevoli.
Sebbene fosse solo il primo giorno, già le mancavano il
Quartier Generale, il calore di quella casa e i suoi abitanti in
particolare.
Al contempo,
nell’ufficio del Preside
La notte era buia e profonda, il
castello silenzioso e immerso nel sonno. Solo una luce resisteva ancora.
In alto, nella torre, nell’ufficio del preside,
c’era ancora qualcuno.
“C’è qualcosa che ti turba,
Severus?” Chiese la voce di Silente a Piton.
Il silenzio della notte era stato interrotto fino a quel momento solo
dagli scricchiolii degli strumenti del preside, sparsi qua e
là per tutto l’ambiente. Fanny, invece, dormiva
tranquilla, appollaiata accanto alla libreria.
I volti dei presidi di Hogwarts erano segnati dal sonno. Qualcuno
borbottava, qualcun altro invece russava.
“Non più del solito, preside.” Rispose
Piton.
Il professor Silente stava esaminando il rapporto della sua ultima
missione per l’Ordine.
Non c’era nulla di particolare da sottolineare. Tutto stava
andando secondo i piani e nessuno sospettava di lui nel suo ruolo di
duplice spia.
“Non hai toccato cibo a cena. Il pasticcio di maiale era
ottimo. L’arrosto in salsa di menta era persino
più invitante delle patate al forno. Il budino e la torta di
mele, poi, erano un delizia per il palato. Molto, molto strano. Bisogna
avere la mente molto occupata, per dimenticarsi anche di far finta di
cenare.” Gli rispose Silente.
Le sue parole serpeggiarono nell’aria, non accompagnate da
alcuna risposta.
Piton sosteneva lo sguardo del preside senza scomporsi minimamente.
“Sai che lo verrò a sapere, Severus.”
To be
continued….
Eccomi qui, ce l’ho
fatta. E ho avuto solo due giorni per scrivere tutto, ricorreggere,
rileggere e aggiungere e modificare tutto quello che c’era di
sbagliato.
Mi dispiace per
l’immane ritardo ma avevo un contest da chiudere ed era
importante farlo subito. Le storie erano lunghe e faticose da
giudicare, visto la mole di lavoro affrontata dai partecipanti.
In ogni caso, sono
riuscita a trovare il tempo, tra studio e università di
scrivere questo capitolo.
Come avete visto, le
scene principali sono tre e ognuna è ambientata in una parte
del castello diversa, con alcuni personaggi che ricompaiono e altri che
sopraggiungono all’improvviso, chi più chi meno.
È un
capitolo fondamentale. Da qui prenderanno piedi i principali
avvenimenti su cui si basa la mia storia.
Spero che vi sia
piaciuto, anche se devo essere onesta, sono molto più
soddisfatta della seconda parte che della prima. Infatti, proprio la
scena della lezione di Pozioni mi ha dato problemi.
All’inizio avevo pensato di inventare tutto, ma poi,
rispogliando le pagine del libro ho riletto l’effettiva prima
lezione di Pozioni del quinto anno, e allora molte cose sono dovute
tornare al loro posto.
Non sono certa che il
discorso sia fluido e scorrevole come vorrei.
La seconda parte mi
è invece parsa molto più completa e scritta
meglio. Spero sia solo una mia impressione, comunque.
In
questo capitolo avete trovato diverse citazioni, contrassegnate con un
vario numero di asterischi.
tutte
le citazioni contrassegnate da un solo asterisco e in corsivo sono
tratte da:
- Harry Potter e La Pietra Filosofale, 2000, Salani Editore,
dal capitolo 8, Il
Maestro delle Pozioni* ;
tutte le citazioni
contrassegnate da due asterischi e in corsivo sono tratte da:
- Harry Potter e
l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore, dal Capitolo
12, La
Professoressa Umbridge**;
tutte
le citazione contrassegnate da tre asterischi e in corsivo sono tratte
da:
- Harry
Potter e l’Ordine della Fenicie, 2003, Salani Editore,
dal Capitolo 13, Punizione
con Dolores***.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto^^
In particolare è importante ringraziare
Aya88, Breathless, hermione616, Hotaru_Tomoe e
Ladyhawke25
Un
bacio a tutte voi.
- Chi l’ha inserita fra i
preferiti:
giada,
lucre e Breathless.
Grazie
mille^^.
- Chi ha il tempo di commentare:
Brathless:
Se devo essere onesta, non
avevo mai ricevuto una recensione così lunga prima
d’ora. Sei stata molto, molto gentile a scrivere
così tante belle cose e anche a prenderti il tempo di
mettere insieme le idee.
Ne abbiamo
già discusso su msn del capitolo precedente, considerando le
tue impressioni sulla storia e i personaggi. Mi piacerebbe che non
cambiassi mai idea, anche se, come ti dico sempre, sei eccessivamente
buona.
Spero che il capitolo
ti abbia soddisfatta e che sia di tuo gradimento.
Mi dispiace di averti
fatto attendere più del dovuto.
Anche se ti avevo
preannunciato la comparsa di Silente e l’arrivo di una
lettera, non ho voluto menzionarti la lezione di pozioni proprio per
non rovinarti la sorpresa.
Che dire di
più, sei gentilissima e molto carina a commentare sempre.
Un bacio e alla
prossima
storyteller lover
|
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Capitolo 6 *** Punizione con Severus? ***
Cap.6:
Punizione con Severus?
Il
mattino dopo Ella
si sveglio di malumore. Era stanca e assonnata, e le primissime ore di
lezione
furono, quindi, le più tragiche. Seppur distrutta
dall’intensa mole di lavoro
che le era stata assegnata già dal giorno prima, aveva fatto
fatica ad
addormentarsi. Diversamente
dalla prima notte, infatti, il suo letto
a baldacchino non le era sembrato più così
confortevole, il cuscino non così
morbido, né il silenzio del castello confortante nelle ore
notturne. Sentiva
come una strana agitazione, una sensazione poco piacevole che le
rendeva
difficile prendere sonno.
A nulla sarebbe valso scendere di nuovo nella sala comune e studiare
fino a
calmarsi. Non le piaceva stare da sola, meno che mai con
l’oscurità della notte.
Preferiva il caldo delle lenzuola e il conforto di una stanza piccola
ma divisa
con altri. Non poteva fare altro se non sperare che il sonno prima poi
sopraggiungesse.
I pensieri, le immagini, i ricordi, le persone, ogni cosa vissuta negli
ultimi
due giorni scorreva rapidamente l’una dopo l’altra
nella sua testa senza sosta:
la partenza, il treno, l’arrivo, il castello.Molly, Tonks,
Moody, Sirius… Harry,
Ron, Hermione… i nuovi compagni di scuola.
Ognuno di loro sperava il meglio per lei, tutto il meglio possibile.
Harry in particolare sembrava volerle dare conforto.
Anche lui avrebbe dovuto scontare una punizione. Proprio come lei,
aveva
risposto alle domande di un’insegnante forse troppo
energicamente, con
eccessivo ardore e su argomenti troppo scottanti per i criteri
dell’indiscutibile, rigorosa, inflessibile professoressa
Umbridge.
Eppure, Harry sembrava determinato a mantenere la sua posizione, a non
cedere,
ad andare avanti.
Ella sapeva di dover fare lo stesso anche lei. Doveva farsi forza
perché Harry
e tutti gli altri l’avrebbero senza dubbio fatto al suo
posto.
C’erano ovviamente delle complicazioni:
Primo, non era arrivata ad Hogwarts che due giorni prima. Secondo, non
conosceva l’ambiente o le regole della scuola in materia di
punizioni o provvedimenti
disciplinari. A Durmstrang non si era mai dovuta preoccupare di questo.
Era
sempre stata un’allieva modello. Terzo, e forse unico e solo
motivo a
preoccuparla, sarebbe stato Piton ad occuparsi di tutta la
faccenda.
Non era proprio un mistero che lui odiasse i Grifondoro e, per tanto,
Ella non
aveva ragione di supporre che avrebbe fatto un’eccezione
questa volta. In più,
oltre ad essere una Grifondoro e una stretta parente dei Weasley, Ella
era una
persona che fino a pochi giorni prima si era trovata a vivere tra le
stanze e
le mura del Quartier Generale, in mezzo ai suoi componenti, accettata
da loro,
accolta come se fosse nata e cresciuta lì, dove lui era
invece guardato con
sospetto. Non che Piton tenesse in gran considerazione il Quartier
Generale e i
suoi membri, ma, da detestato, detestava a sua volta con grande
accanimento.
Ma oltre a rimuginare, ripensare e ipotizzare, Ella non poteva fare
molto per
sé stessa se non accettare qualunque decisione che il
professore avesse preso.
Si rassegnò, allora, accettando tutte le conseguenze che
avrebbe dovuto
affrontare, e si preparò per il suo secondo giorno a
Hogwarts.
Questo si
annunciò plumbeo e
piovoso come quello precedente*.
A colazione Hagrid mancava ancora dal tavolo degli insegnanti*,
particolare
che, per altro, i ragazzi non mancarono di
notare con dispiacere.
“Ma, in compenso, oggi niente Piton” disse
Ron incoraggiante.*
Subito Harry ed Hermione gli rivolsero un’occhiata fulminea,
mentre Ella,
cercando di ignorare la sbadataggine di Ron, fece finta di niente
sebbene le
tremassero un po’ le mani.
“Che c’è? Che cosa ho detto di male?
Avete visto l’orario? Abbiamo solo due ore
di Incantesimi e due di Trasfigurazione. Che cosa c’entra
Piton?” Disse Ron,
confuso.
“Niente, Ron, non c’entra assolutamente
niente.” Sentenziò Hermione,
sbadigliando.
Diversamente da quanto Harry ed Ella, e anche Ron con sua enorme
sorpresa, si
sarebbero aspettati, Hermione non si era data la pena di riprendere Ron.
Sembrava,
invece,
vagamente
compiaciuta per qualcosa*, qualcosa
che
si scoprì avere a che fare con il C.R.E.P.A.,
Comitato per la Riabilitazione degli
Elfi Poveri e Abbruttiti, fondato da
Hermione l’anno prima con lo scopo di migliorare lo status
sociale degli elfi
domestici. Sia Harry che Ron la trovavano un’idea folle e
stravagante, mentre
Ella si asteneva dal dare alcun giudizio.
Pochi erano gli elfi domestici, in verità, che avrebbero
ringraziato Hermione
per aver creato un’associazione del genere.
La volenterosa Hermione si era ingegnata nello sferruzzare a maglia
berretti e
altri tipi di indumenti formato elfo domestico che aveva provveduto a
distribuire per tutta la Sala Grande la sera
prima per non ritrovarli più al suo
risveglio quella mattina con sua enorme soddisfazione.
“Pare che gli elfi domestici vogliano la
libertà, dopotutto.” Si limitò a
dire,* compiaciuta.
“Non ci scommetterei” le rispose Ron,
tagliente,* ed
Hermione
non gli rivolse la parola per tutta la mattina.*
Terminata la colazione, i quattro raccolsero le proprie cose e andarono
a lezione.
Sia il professor Vitious che la professoressa McGranitt
passarono i primi
undici minuti della loro lezione a fare una predica alla classe
sull’importanza
dei G.U.F.O.*
Entrambi assegnarono ai ragazzi il
più gran quantitativo di compiti mai dati*
per
le loro rispettive materie.
Come ci si aspettava, a Ella furono assegnati anche dei compiti extra.
Il professor Vitious, poi, le propose di presentarsi almeno due volte
alla
settimana nel suo ufficio, così da permetterle di recuperare
quanto necessario
e tenere il passo con gli altri. Con la McGranitt,
Ella aveva già parlato: se ne avesse
avuto bisogno, aveva il permesso di interpellarla in qualsiasi momento.
Con un vago senso di panico per la catasta di compiti che li
aspettava*, i
ragazzi decisero di trascorrere l’ora di pranzo
immersi nello studio.
Andarono in biblioteca e occuparono un intero tavolo con i loro libri e
le loro
cartelle.
Solo Hermione si astenne dallo studiare. Essendo riuscita a lezione sia
con gli
Incantesimi di Appello che con quelli Evanescenti, non le erano stati
assegnati
altri compiti.
Ancora arrabbiata con Ron, si dedicò perciò con
più lena al suo lavoro a
maglia per confezionare altri berretti.
Ella, al contrario, terminò i compiti assegnati da Piton il
giorno precedente,
ripassò la lezione di Vitious sugli Incantesimi di Appello,
e si esercitò sugli
Incantesimi Evanescenti della McGranitt. Nessuno si diede la pena di
rileggere
il capitolo assegnato dalla professoressa Umbridge. Era chiaramente
inutile.
Alle quattro e mezza li aspettava Cura delle Creature Magiche e poi
Divinazione, ma prima, Ella doveva presentarsi nell’ufficio
di Piton per
scontare la sua punizione.
Aveva ancora poco meno di un’ora di tempo, prima di doversene
preoccupare, così
concentrandosi sui compiti, l’agitazione di Ella si era
notevolmente attenuata.
Ma, con grande sorpresa di tutti, un picchiettio inaspettato li
distolse dalle
loro occupazioni.
Un piccolo gufo, nero come la pece, picchiettava col becco sul vetro di
una
delle finestre della biblioteca.
Subito Ron aprì la finestra e questo, entrando con un
battito d’ali, si posò
davanti ad Ella ed allungò la zampetta.
“C’è un messaggio, Ella.” Le
disse Ron.
In effetti, un piccolissimo rotolo di pergamena era stato legato con un
filo
alla zampa del volatile.
Ella lo prese, lasciando poi che il piccolo gufo volasse via da dove
era
entrato.
“È da parte della professoressa
McGranitt.” Disse Ella, notando che Harry, Ron
ed Hermione la osservavano con curiosità e, apertolo,
iniziò a leggere ad alta
voce:
Cara
signorina Davies,
non
avendoti
intravista a pranzo nella Sala Grande, spero che il mio messaggio
arrivi
tempestivamente.
Il tuo appuntamento col prof. Piton è stato anticipato dalle
15:00 alle ore
14:30.
Il prof. Piton ti aspetta, come concordato, nel suo ufficio,
Con
ossequi,
Minerva McGranitt
Vicedirettrice
“Che ore sono?” Chiese Ella, alzando lo sguardo dal
foglio di pergamena.
I tre ragazzi sembravano sorpresi quasi quanto lei.
“Le due e ventitre.” Rispose Hermione, che aveva
posato momentaneamente i ferri
e si era alzata con l’intento di aiutare Ella a raccogliere
il più in fretta
possibile le sue cose.
“Devi sbrigarti, Ella. Piton detesta i
ritardatari.” Esordì Ron.
“Bel modo di rassicurarla, Ronald!” Lo riprese
Hermione, tutta presa dal
raccogliere i libri.
Harry, nel mentre, raccoglieva le penne di Ella e le ripose nella sua
borsa.
“Che vuoi dire? Ho solo detto la verità. Piton non
infierisce ogni volta che ci
vede in ritardo?” Continuò Ron, imperterrito,
cercando il supporto di Harry.
“Oh, piantala, Ron, non lo vedi che non fai altro che agitare
Ella? Sei
proprio…” Stava per dire Hermione, ma Harry la
interruppe.
“Non mi sembra né il momento né il
luogo per mettervi a litigare!” Disse,
notando il naso arcigno della signorina Pince che si affacciava da
dietro un
scaffale.
“Che cos’è tutto questo
chiasso?” Esordì la severa bibliotecaria.
“Niente, signorina Pince. Ci scusi, non volevamo
disturbare.” Le disse Hermione
che, da assidua frequentatrice della biblioteca, conosceva bene la
signora
bibliotecaria e le sue regole. La signorina Pince non
proferì parola ma rivolse
ai ragazzi un’occhiata arcigna da dietro i suoi grandi
occhiali e se ne andò,
indignata ma soddisfatta di aver ripristinato il silenzio assoluto in
biblioteca.
“Miseriaccia, che avvoltoio!” Esclamò
Ron, sospirando rumorosamente.
“Non ci metterà molto a girare i tacchi e tornare
indietro, Ron, se continui ad
urlare come se fossimo nella Sala Comune.” Lo
rimproverò Hermione.
E detto questo, uscirono tutti e quattro dalla biblioteca.
“Dobbiamo correre, Ella, la via per i sotterranei
è esattamente dall’altra
parte del castello.” Disse Harry, accollandosi la borsa della
ragazza e
afferrandola per il braccio.
“Mancano quattro minuti. Fate in fretta!” Aggiunse
Hermione. “Noi restiamo
qui!” Disse, trattenendo Ron dal seguirli.
“Perché non posso andare con loro?”
Chiese il ragazzo, irritato.
“Credi che se ti mettessi a correre anche tu Ella arriverebbe
prima?” Gli
disse, zittendolo e, voltandosi, ebbe appena il tempo di vedere Ella ed
Harry
sparire in fondo al corridoio.
I due ragazzi corsero velocemente e raggiunsero la scala che portava
giù fino
ai sotterranei.
“Harry, non ce la faremo mai!” Disse Ella,
scendendo le scale a balzi, tanto in
fretta correva Harry.
“Siamo quasi arrivati, attenta a non scivolare!” Le
rispose, saltando l’ultimo
scalino.
Dove andate così di fretta, ragazzi? Ah, fossi
giovane ancora come
voi! Disse
una voce proveniente da uno dei ritratti appesi
al muro.
Beata gioventù! Gli
fece eco un altro.
Ma Harry ed Ella non potevano fermarsi a sincerarsi con loro circa la
bellezza
della loro giovane età .
Il tempo, i minuti, i secondi, scorrevano troppo velocemente.
Mancava poco, troppo poco… l’ufficio del
professore non era lontano, ma forse…
Harry teneva ancora Ella per mano quando la porta
dell’ufficio di Piton si aprì
con un cigolio.
I due ragazzi si fermarono di colpo a meno di due metri dalla porta.
Lì dentro tutto era immobile, tanto che sembrava non esserci
nessuno.
“Io vado.” Disse Ella in un sussurro.
Harry le fece un segno di assenso e le loro mani si separarono.
La seguì con lo sguardo fin quando la porta non si chiuse
pesantemente dietro
di lei.
Rimasto solo, avrebbe voluto avvicinarsi fino a poter sentire quanto
stava
succedendo, ma, indeciso, si girò e tornò
indietro.
Fu così che Ella, una volta chiusa la porta,
entrò nell’ufficio di Piton.
A primo impatto, la ragazza pensò che era molto diverso
rispetto a quello della
McGranitt. Era un ambiente tetro, privo di luce naturale. Vi erano
molti
scaffali lungo le pareti, contenenti esseri viscidi che la fecero
rabbrividire.
In fondo a destra, vi era un’altra porta che Ella
pensò essere senza dubbio lo
sgabuzzino in cui il professore doveva conservare le sue scorte
personali. Se
non si sbagliava, le sembrava che Ron le avesse raccontato di come vi
avessero
trovato gli ingredienti per preparare la pozione Polisucco al secondo
anno, e
l’Algabranchia l’anno prima.
Proprio al centro della stanza, poi, vi era un banco, come quelli da
lavoro che
si usavano a lezione, al di sopra del quale vi erano un calderone e due
libri: Infusi
e Pozioni magiche**, edizione
estesa, e Mille
Erbe e Funghi magici**.
Ella posò la cartella con dentro tutte le sue cose accanto
al calderone.
Probabilmente il professore doveva aver messo lì quelle cose
per preparare
qualche mistura particolare, ma lui, dov’era?
Sembrava non esserci nessuno. Di Piton non si intravedeva neanche un
lembo del
suo mantello.
Eppure, pensò Ella, chi avrebbe potuto aprire la porta, se
non lui?
In mano teneva ancora il biglietto della McGranitt…
il
professor Piton ti aspetta, come concordato, nel
suo ufficio…
Proprio mentre era immersa in queste sue riflessioni, la porta dello
stanzino
si aprì ed ecco apparire Piton in carne, ossa e mantello
nero.
Ella si alzò di scatto non appena lo vide.
Farfugliò un flebile saluto e gli
fece capire che aspettava di sapere cosa avrebbe dovuto fare .
Piton non si scompose minimamente e neanche si affrettava in alcun modo
a
sciogliere i dubbi e le ansie della povera Ella. Si limitò
solo a scrutarla appena
con quei suoi occhi neri, così in sintonia col suo essere
sempre vestito di
nero. A grandi falcate raggiunse il banco, vicino al quale si trovava
Ella, e
vi depose alcuni barattoli, contenenti degli ingredienti particolari.
“Quale di questi ingredienti, signorina Davies, useresti se
ti chiedessi di
preparare una Pozione
per la
Memoria***?”
Le chiese, parlando piano e scrutandola ancora
più da vicino.
Ella cercò di non lasciarsi intimidire e, guardando
attentamente gli
ingredienti che il professore aveva portato, rispose: “Userei
le piume di
Jobberknoll, professore.” Rispose, e Piton, non contento, le
chiese subito:
“E cosa mi sai dire sul Jobberknoll?”
“Si tratta di un piccolo uccellino azzurro che
mangia insetti, signore. Non
fa nessun verso, tranne che in punto di morte quando emette al
contrario tutti
i suoni da lui percepiti durante la sua vita. Le sue piume sono utili
per
preparare, oltre alle Pozioni Mnemoniche, il Siero della
Verità.**” Rispose
Ella, sostenendo lo sguardo del professore.
Piton non indagò oltre, per il momento, e non le pose
ulteriori domande anzi si
diresse verso la sua scrivania, posta proprio davanti al banco.
“Hai un’ora di tempo, signorina Davies.”
Disse, in fine, Piton.
Agitò appena la bacchetta e uno dei libri sul
banco si aprì alla pagina
in cui si trattava la preparazione della Pozione per la Memoria
e, con questo, si
sedette, restando in assoluto silenzio.
Ella, dal canto suo, non aveva molto da dire, e fece come le
era stato
chiesto.
Quindi, pensò, si trattava di questo. Per punizione, Piton
le aveva chiesto di
preparare una pozione.
Dentro di sé, considerava la sua punizione quanto mai
fattibile e pienamente
sopportabile.
In effetti, se solo ci avesse pensato su, le sarebbe potuto venire in
mente
che, in quanto professore di Pozioni, preparare una pozione, o anche
più d’una
se fosse stato necessario, era una soluzione facilmente adottabile in
quella
situazione. Eppure, una piccola vocina insita nella sua coscienza le
diceva che
era troppo poco, come punizione, il lavoro assegnatole dal professor
Piton.
Se quest’ultimo avesse voluto farle preparare la Pozione
della Memoria, per
quanto semplice, avrebbe potuto farlo tranquillamente a lezione. Allo
stesso
modo, però, non riusciva a vedere cos’altro
avrebbe potuto farle fare nel tempo
che ancora restava prima dell’inizio delle lezioni
pomeridiane.
Le istruzioni, d’altro canto, erano chiare: poco meno di
un’ora era il tempo
richiesto per preparare quella mistura, eseguendo tutti i passaggi in
modo
corretto.
Ora vedeva quanto sciocca era stata e come, invece di chiudersi in
sé stessa,
avrebbe dovuto pensare all’intera faccenda come qualcosa di
poco peso e stare
il più vicino possibile a Harry, cosa che per tanto si
ripromise di fare una
volta uscita di lì, visto che, alla fine delle lezioni
pomeridiane, gli sarebbe
toccato presentarsi dalla professoressa Umbridge. Senza badare
perciò ad
ulteriori pensieri, Ella si dedicò celermente alla pozione
assegnatale da Piton
il quale, durante tutto il tempo che trascorse, non
pronunciò una solo sillaba.
Alle volte osservava il procedere della mistura, altre volte si
dedicava a
qualche scartoffia che aveva sotto mano e, in fine, dopo aver
controllato
l’ora, tornava a fissare, così Ella pensava, i
fumi che fuoriuscivano dal
calderone. Molto prima di quanto lei si aspettasse, la pozione fu
pronta, e
l’ansia del momento si era quasi del tutto affievolita.
Ella ne versò una piccola ma sufficiente quantità
in una provetta e la porse a
Piton che proprio in quel momento si era avvicinato a controllare .
“Scrivi il tuo nome, signorina Davies, proprio
qui.” Le disse, indicando un
etichetta da apporre sulla provetta.
Ella, sebbene confusa, fece come le veniva chiesto. Non vedeva
l’ora di uscire
di lì ed era pronta a fare qualsiasi cosa.
Però era rimasta perplessa. Che bisogno c’era di
rimandare la verifica del
preparato? A che scopo rimandarne il giudizio se quello era lo scopo
finale?
Ma nonostante ciò, Ella non si arrischiò a
chiedere spiegazioni. Aveva troppa
soggezione di Piton, in gran parte dovuta ai diversi aneddoti
raccontati da
Ron, per poter anche solo respirare un po’ più
profondamente di come avrebbe
voluto.
“Puoi andare.” Le disse. “Torna
venerdì alla stessa ora.” Continuò
Piton,
perentorio.
“Venerdì?” Esclamò Ella,
colta dalla sorpresa, ma pentendosene subito.
“Venerdì, signorina Davies, e mi aspetto anche
cinquanta centimetri di
pergamena sull’uso e le caratteristiche delle Pozioni
Mnemoniche.” Aggiunse.
“Puoi andare.” Ribatté Piton e il suo
tono non ammetteva repliche.
Il suo sguardo era fermo sulla povera Ella che, arrossendo per
l’imbarazzo,
fece segno di assenso col capo e si voltò per prendere le
sue cose.
“Arrivederci.” Disse lei, debolmente, uscendo e
chiudendo la pesante porta
dell’ufficio dietro di sé.
La
sera
Ron, Hermione ed Ella, erano seduti accanto al caminetto.
Era di sicuro mezzanotte passata* ed
Harry non era ancora tornato.
Proprio in quel momento, infatti, il ragazzo usciva
dall’ufficio della
Umbridge.
“Dovremo riprovare domani sera, vero?*”
Gli chiese.
Harry guardò la Umbridge.
lei lo osservava, la larga bocca da rospo stirata in un sorriso.*
“Può andare.”* Gli
disse e lui uscì in silenzio.
La scuola era praticamente deserta.*
Harry gettò un rapido sguardo alla mano. Quando
la guardò, vide che
la ferita si era richiusa…*
Molto meglio, pensò. Stando così le cose, non
avrebbe dovuto dare molte
spiegazioni agli altri.
Risalì lentamente il corridoio, poi, quando ebbe
voltato l’angolo e fu
sicuro che lei non lo sentisse, prese a correre.*
Il
mattino dopo
“A
che ora sei tornato
sta notte?” Chiese Ron a Harry mentre si vestiva.
Seamus, Dean e Neville erano già scesi a fare colazione e
Ron approfittò del
momento per parlare con Harry.
“Ti abbiamo aspettato, ma dopo una certa ora Ella ed Hermione
erano sfinite.”
Continuò.
Harry non gli rispose subito. Pensava a quanto difficile si prospettava
la
giornata.
“Dormivi quando sono tornato. Non so che ora
fosse.” Gli rispose Harry,
sbrigativo, infilandosi l’uniforme.
“Ci credo che non ti ho sentito.” Disse Ron.
“Avevo un sonno!”
Harry non si diede la pena di dire altro e l’argomento fu
chiuso, per il
momento.
Scendendo nella Sala Comune, poi, trovarono Hermione che li aspettava
vicino al
buco del ritratto. Aveva in mano un grosso libro vecchio e ammuffito,
un prestito
della biblioteca, probabilmente, e sembrava particolarmente concentrata
nella
lettura.
“Ciao, Hermione.” Disse Ron, vedendola.
“Buongiorno.” Disse lei, abbandonando
momentaneamente il libro.
“Dov’è Ella?” Le chiese subito
Ron.
“È appena uscita. Le ho detto che sarebbe stato
meglio se avesse consegnato i
compiti agli insegnanti sta mattina, prima di scendere a fare
colazione.
Altrimenti, si potrebbe pensare che non è
puntuale.” Rispose Hermione, come se
fosse la cosa più naturale del mondo alzarsi presto per
consegnare i compiti.
“E perché le hai detto di fare una stupidaggine
del genere?” Disse Ron, un po’
infastidito. “Ella è già abbastanza
sottopressione senza che tu l’assilli con
le tue fisime, Hermione!” Sbottò Ron, arrabbiato.
Sebbene imbranato e alle volte un po’ distratto, Ron si era
accorto di quanto
Ella fosse stanca e, conoscendola meglio di altri, sapeva come tendesse
ad
ascoltare chiunque si fosse preso il disturbo di consigliarla.
“Non lo vedi quante cose ha per la testa?”
Continuò Ron. “Compiti extra, deve
ancora ambientarsi, deve essere nell’ufficio di ogni
insegnante almeno una
volta alla settimana. Quell’idiota Piton l’ha presa
di mira e tu credi che
qualcuno possa pensare che non faccia i compiti? Dopo neanche tre
giorni?”
Harry, dal canto suo, era d’accordo con Ron, ma allo stesso
tempo non pensava
fosse necessario che i due litigassero.
Probabilmente Hermione aveva esagerato, ma non intendeva di certo fare
niente
di male.
Aveva detto ad Ella di fare quello che lei stessa si era trovata a fare
tante
volte
Però anche quello che diceva Ron non era poi del tutto senza
senso.
“Che ne dite di chiudere questa discussione?” Disse
Harry. “Cerca di calmarti,
Ron e tu, Hermione, prova a non considerare Ella una copia di te
stessa. Lei
saprà caversela.”
La discussione si era appena conclusa che il buco del ritratto si
aprì.
“Buongiorno!” Disse Ella, contenta di vederli.
“È successo qualcosa?” Chiese
poi, avvertendo una strana atmosfera fra i tre. Harry era stranamente
silenzioso.
Ron era tutto rosso fin su le orecchie ed Hermione sembrava imbarazzata.
“Stavate sparlando di me e vi ho interrotti?” Disse
Ella ridendo e prendendo
Ron sotto braccio.
“No, certo che no. Cioè, si! Ma non stavamo
sparlando.” Disse Ron, arrossendo
ancora di più. “Hermione ci stava dicendo che eri
andata a consegnare i
compiti.”
“Sì, infatti.” Gli rispose Ella.
“Ha avuto un’ottima idea. Così non sono
costretta a portarmeli dietro insieme a quelli da correggere in
classe.”
Continuò, ringraziando Hermione. Di nuovo, un silenzio scese
tra i ragazzi,
rotto solo dalla quanto mai indicata proposta di Harry.
“Che ne dite se scendessimo a fare colazione?”
Disse, suscitando subito
l’assenso generale.
Ron era ancora arrabbiato con Hermione ma dimenticò tutto
quanto non appena
Harry chiese ad Ella com’era andata con Piton il giorno prima.
“Oh, si, certo.” Disse lei. “Ieri poi non
vi ho raccontato niente. Tu non c’eri
e, con tutti quei compiti che avevo da fare, non ho detto niente
neanche a Ron
ed Hermione.”
“È stato orribile, non è
vero?” Disse Ron, che, al secondo anno, aveva dovuto
lucidare tutti i trofei della scuola per punizione, sempre a causa di
Piton.
“Non proprio.” Disse Ella. “Mi ha fatto
preparare una pozione e vuole una
relazione per venerdì pomeriggio.”
“Tutto qui?” Chiese Ron, stupito non meno di Harry.
“Non ha infierito, non è
stato meschino ed infame?”
"Ron!!" Esclamò Hermione. "E' sempre un isegnante!"
"E' Piton, Hermione. Sa essere molto crudele quando vuole."
“No, niente del genere. Non mi ha neanche rivolto la parola,
a parte lo stretto
necessario.” Disse Ella. “Ha un modo di essere
autoritario che metterebbe
chiunque a disagio, questo è vero, ma non è stato
insopportabile.”
“Questo vuol dire, Harry, che a me e a te riserva sempre il
trattamento
peggiore.” Disse Ron, sconfortato.
“Scusami, Ella.” Disse Harry, ignorando volutamente
Ron che mostrava sul viso
un’espressione afflitta. “Hai detto che devi
consegnargli una relazione per
venerdì?”
Era stato colpito da quel particolare. Per altro anche Hermione trovava
la cosa
un po’ strana.
“Be, in effetti all’inizio mi ha solo detto di
tornare venerdì, sempre alle
tre. Poi ha aggiunto la relazione. Forse per evitare che pensassi di
essermela
cavata troppo bene.” Disse lei.
“Vedi che c’era la fregatura?” Disse Ron,
soddisfatto. “ E sono convinto che se
Ella non fosse una ragazza stai sicuro che le avrebbe fatto fare
qualcosa di
faticoso e spregevole.”
“Io penso invece che non sia così.”
Disse Hermione. Aveva l’aria di chi la sa
lunga sull’argomento e, senza dubbio, doveva aver riflettuto
sulla questione.
“Pensi che Piton non sia spregevole e meschino? O credi che
ce l’abbia solo con
Harry e con me? E poi perché avrebbe dovuto mettere in
punizione Ella se non
per mostrare quanto odia i Grinfondoro?” Disse Ron, confuso.
“No, testa vuota. Io penso sì che lui odi
profondamente te, ma Harry in
particolare e che non sia affatto giusto e imparziale con i Grifondoro,
ma che
non abbia mai avuto intenzione di mettere Ella in punizione.”
Rispose Hermione,
gustandosi la faccia intontita di Ron e la curiosità di
Harry.
Ella, invece, sembrava aver capito cosa intendeva l’amica e
le due iniziarono a
interrogarsi a vicenda.
“Potete smetterla di fare le misteriose e dirci che diavolo
sta
succedendo?” Disse Ron che odiava non capire niente
quando per gli altri
sembrava tutto così evidente.
“Piton sta facendo ad Ella delle ripetizioni.”
Disse infine Hermione.
Per un momento, Ron sembrò quasi svenire. Harry disse solo:
“Ne sei sicura?”
“Ci ho pensato un bel po’. Mi sembrava troppo
strano che Piton l’avesse messa
in punizione per così poco. E perché dirglielo
solo a fine lezione e non sul
momento?” Continuò Hermione.
“Miseriaccia, Harry! Che cosa vuol dire? Sinceramente, io non
la capisco.”
Disse Ron.
“Pensaci bene, Ron. Quando mai Piton
si è preso personalmente la briga di mettere in
punizione qualcuno? Quando è toccato a te, è
stato Gazza ad occuparsi di tutto,
no?” Disse Hermione. “E poi, se riflettete, Ella
è appena arrivata ad Hogwarts.
Tutti gli altri insegnanti stanno cercando di aiutarla a mettersi in
pari col
programma. Perché non Piton?”
“Ma Piton non ha mai dato ripetizioni!”
Sbottò Ron.
“Questo non significa che non possa. E poi, scommetto che
Silente ha detto a
tutti i professori di fare il necessario perché Ella
recuperi quanto le serve.”
Ribatté Hermione.
Il ragionamento di Hermione non faceva un grinza. Era lineare, logico e
perfettamente plausibile.
Anche Harry ammetteva che avrebbero dovuto pensarci fin
dall’inizio.
“E questo, Harry, vuol dire solo una cosa.” Disse
Ron, teatrale. “Che Piton
continuerà ad avercela a morte con te e con me. Per la
miseria!”
“Credo che se potesse mi ucciderebbe con le sue
mani.” Disse Harry, con un
sorriso non molto convincente.
Tutti presi dal parlare com'erano, non si erano accorti di aver fatto
molto
tardi. Non c’era più tempo ormai per scendere a
fare colazione.
Con enorme dispiacere di Ron, il cui stomaco necessitava di essere
riempito
ogni qualvolta fosse possibile, gli altri decisero di andare
direttamente a
lezione.
Ella ed Hermione avevano Antiche Rune mentre Harry e Ron dovevano
affrettarsi
per
raggiungere
insieme la Torre Nord.*
“Come è andata la punizione con la Umbridge?
Che cosa ti ha fatto fare?” Chiese
Ron, mentre si allontanavano da Ella ed
Hermione.
Harry esitò per una frazione di secondo, poi
rispose: “Scrivere delle
frasi”.*
“Non è poi così male, allora,
eh?” Disse Ron*.
“No”* Gli
disse Harry.
Ad Ella ed Hermione avrebbe detto, più tardi, la stessa cosa.
To
be continued….
Salve,
salve,
salve^^ e Buone Feste a tutti. Scusate il solito ritardo, ma questa
volta ho
affrontato diverse complicazioni. Prima fra tutte
l’università e poi le feste:
esci, compra i regali, ricevi i regali, le visite e tutto il resto.
Poi, anche
se veniva prima, mi sono temporaneamente ritrasferita a casuccia mia^^,
cioè
fare, disfare i bagagli e il viaggio di rientro. Insomma, è
stato difficile, ma
il capitolo è pronto. Ecco, devo dire che anche in questo
caso ho trovato
difficile rendere le situazioni descritte in modo da rendere
l’idea che avevo
in mente. Per questo ho dovuto lavorare diverse giornate soprattutto
alla scena
in cui Ella va nell’ufficio di Piton. Ho il terrore di non
riuscire a rendere
questo personaggio poi. Ragiono e ragiono ogni volta su quali parole,
espressioni, atteggiamenti è meglio descrivere come suoi. Ho
cerato di nuovo di
inserire Ella in quella che è la realtà del
libro, e fortunatamente ho trovato
ottime citazioni. Poi ci sono dei particolari che mi preme sottolineare:
1)Il
Titolo del
capitolo riprende come forma quello di Harry
Potter e l’Ordine
della Fenicie,
2003,
Salani
Editore, dal Capitolo 13, Punizione con Dolores*
dal
quale poi sono tratte tutte le citazioni in
corsivo e contrassegnate da un solo asterisco. La mia intenzione era
quella di
mettere a confronto la punizione di Harry con la presunta punizione di
Ella. I
due risultati finali, l’animo dei due ecc. Spero di averlo
fatto.^^
2)
Contrassegnati con
il doppio asterico, trovate poi i titoli di due libri. I titoli sono
desunti da
Harry
Potter e La
Pietra Filosofale, 2000,
Salani Editore, dal Capitolo 5,
Diagon
Alley**.
3)
Per quanto riguarda
le Pozioni Mnemoniche e le notizie sul Jobberknoll queste sono desunte
da un
sito molto carino che può tornarvi utile se desiderate
approfondire qualche
aspetto sul mondo di Harry Potter. Il sito si chiama "Lumos" e le
informazione le trovate nella sezione "Enciclopedia delle Pozioni."
Vi lascio qui il link nel caso qualcuno di voi volesse darci
un'occhiatahttp://www.lumos.it/
Ed ecco, mi sembra di aver detto tutto. Non mi resta che ringraziare
tutti
coloro che mi seguono e leggono la storia. Ma scendiamo nei particolari:
Un
grazie enorme a chi
segue la storia:
1 - B r e a t h l e s s
2 - Charme
3 - Engels
4 - Hotaru_Tomoe
5 - Jaden96
6 - Ladyhawke25
A chi ha inserito la storia tra quelle da ricordare: la mia mora Aya88^^
A
chi ha inserito la
storia tra le preferite:
1
- B r e a t h l e s
s
2 - giada2000
3 - Jaden96
4 - lucre
E infine a coloro che hanno il tempo e la gentilezza di recensire:
Hotaru_Tomoe:
Grazie
mille cara per
tutti i complimenti. Sono contenta che lo stile ti piaccia. Ammetto di
dedicarci molto tempo. Per le citazioni beh, diciamo che sì
e no: non è
facilissimo trovare quello che serve, ma neanche impossibile.
Più che altro
capita di sfogliare le pagine del libro e trovare un dialogo, una scena
da
inserire. La parte difficile è inserire Ella e narrare dei
fatti che non
sconvolgano troppo la storia. Come nell’altro capitolo, ci
sono diversi
dialoghi tra Ron ed Hermione. Nell’ultimo Ron si arrabbia un
po’ troppo, ma
cerchiamo di perdonarlo. Spero che il capitolo ti sia piaciuto e grazie
mille
per recensire e seguire la storia.^^
Aya88:
Ma
ciao mora^^ come
stai? Passato un buon Natale? Spero di sì. Chissà
come doveva essere bella Roma
in questo periodo delle festività^^.
La tua recensione mi ha colta di sorpresa perché so che sei
super impegnata con
la tesi e che quindi non hai molto tempo per dedicarti a questi
“studi
leggiadri” permettimi la citazione ;) quando hai le tue
doverose “sudate carte”
a cui dedicarti. Sei troppo gentile mora. Tu sei sempre troppo buona.
Sono
contenta che per te il discorso fili. Spero sia lo stesso anche in
questo caso.
Ps ancora non ho trovato l’errore di battitura (me sbadata e
cieca). Tu mora
già sapevi qualcosa, e quindi a buon diritto chiedevi il
perché della
punizione, ma ovviamente (???) di punizione non si trattava. Di sotto
c’era
poco e niente, in effetti, ma ci saranno sviluppi che tu già
sai ;).
Comunque mora un bacio e spero troverai un po’ di tempo per
leggere. Ci
sentiamo poi via Internet.^^
Breathless:
Ma
carissima, grazie
davvero per i tuoi auguri di Natale. Sei molto gentile. Come va con la
scuola?
Spero che il greco non sia troppo pesante. Io ho fatto latino e quello
mi è
bastato, a essere onesta.^^
Recensisci quando puoi, prima il dovere e poi il piacere, sperando che
la
lettura della mia storia sia un piacere^^.
Comunque, mi dispiace lasciarti a bocca asciutta, ma se scrivessi
più di quello
che scrivo, ogni capitolo sarebbe un mini racconto.^^ Diciamo poi di
sì, Piton
trionfa su Ella, come a volerle dire che seppur brava, non la
tratterà meglio
degli altri. Il capitolo nuovo risponde diciamo alla tua domanda. Piton
non
aveva mai pensato di punire Ella. Altrimenti Hermione sarebbe stata
punita un
giorno sì e l’altro no, visto
com’è pronta a farsi avanti in questi casi. Ma
poi fai sempre molti complimenti. Sei davvero gentilissima. Saresti la
gioia di
qualsiasi autore. Mi fa piacere che il personaggio di Ella non ti
disturbi.
Diciamo che mi sforzo di renderla il più naturale possibile.
Con i prossimi
esami non so quando riuscirò ad aggiornare. Però
una cosa posso dirtela, ci
sarà uno scatto temporale in avanti. La storia deve
procedere. Non può restare
ferma ancora ai primi giorni di scuola.^^
Detto questo ti ringrazio molto per la tua pazienza e i tuoi
complimenti. Spero
che la lettura sia stata piacevole. Un bacione e a presto.^^
storyteller
lover
|
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Capitolo 7 *** Organizzazioni segrete e altre piccole scaramucce ***
Cap.7:
Organizzazzioni segrete e altre piccole scaramucce
Per i primi mesi che
seguirono l’inizio delle lezioni, un cielo grigio e plumbeo
accompagnò la vita quotidiana dei ragazzi tra le mura del
castello.
Era un tempo lugubre e opprimente che ben si intonava con la piega
ripida e scoscesa che i recenti avvenimenti avevano preso.
Il Ministero della Magia aveva infatti reso chiari ed evidenti i suoi
fini: insinuarsi profondamente e controllare tutto ciò che
riguardava l’organizzazione, la struttura e
l’insegnamento alla scuola di Hogwarts.
Per fare questo, la Umbridge era
stata nominata Inquisitore Supremo, carica che le conferiva
l’autorità di giudicare
l’attività degli insegnanti e la loro permanenza
come docenti nella scuola.
Non solo gli studenti, quindi, ma anche gli insegnanti dovevano tenere
in seria considerazione la loro condotta.
C’era chi, come la McGranitt,
non temeva ritorsioni, mentre altri, come la Cooman,
avevano presto testato sulla propria pelle gli effetti del nuovo potere
di cui la Umbridge era
stata investita.
Ben presto, poi, Harry
scoprì di non essere l’unico studente ad essere
stato sottoposto alle punizioni della nuova insegnante di Difesa contro
le Arti Oscure.
Come per gli altri, il
taglio sul dorso della mano di Harry* si
era fatto via, via sempre più nitido. Ogni seduta, come la Umbridge non
aveva mancato di sottolineare, era necessaria affinché il
messaggio restasse meglio impresso sulla pelle e così anche
nell’animo degli sventurati studenti. Proprio per questo,
Harry non riuscì a tenere nascosto ai suoi amici quale fosse
il vero motivo per cui le punizioni della Umbridge erano
così temute dagli studenti. Hermione insistette parecchio
perché andasse a riferirlo alla McGranitt, ma di questo
Harry non voleva proprio saperne.
Quando poi gli propose di rivolgersi a Silente, l’ostinazione
del ragazzo si rafforzò ulteriormente.
Non voleva chiedere aiuto a nessuno, altrimenti la Umbridge sarebbe
riuscita nel suo intento: metterlo in ginocchio. Ma c’era
dell’altro, qualcosa che non aveva confidato a nessuno.
Fin dall’inizio delle lezioni, il rapporto tra Harry e il
professor Silente era diventato quanto mai ambiguo. Il
ragazzo, infatti, si sentiva volutamente ignorato dal preside.
La particolare attenzione, predilezione si potrebbe dire, che Silente
aveva dimostrato fino a prima dell’estate scorsa nei
confronti di Harry, era totalmente scomparsa per lasciare posto a
un’indifferenza mai vista prima.
Di rado il ragazzo si sentiva rivolgere la parola
dall’anziano professore né ricordava
l’ultima volta che Silente l’aveva guardato dritto
in volto.
Stava lì, con lo sguardo fisso nel vuoto, ascoltando,
annuendo, e di rado parlando.
Quell’innaturale ma profonda freddezza inquietava Harry e lo
innervosiva.
Senza l’appoggio e la vicinanza di Silente, il bambino che
è sopravvissuto si vedeva ancora una volta solo contro
Voldermort, e contro tutti coloro che lo ritenevano un bugiardo.
L’intensificarsi della vita scolastica, poi, e gli impegni
sul campo di Quidditch occupavano gran parte del suo tempo e
contribuivano a rendere più faticosa la sua giornata tanto
che riusciva
a malapena a stare al passo con i compiti… Ron era ancora
più indietro di lui perché, se entrambi avevano
gli allenamenti di Quidditch due volte alla settimana, Ron aveva anche
i suoi doveri di prefetto. Hermione, invece,**** che dal
punto di vista dello studio non aveva mai avuto problemi, trovava
anche il tempo di sferruzzare altri indumenti da elfo. Harry doveva
ammettere che stava migliorando: ormai si riusciva quasi sempre a
distinguere i berretti dai calzini.****
In tutto questo, poi, c’era anche Ella.
Le cose non andavano molto bene nemmeno per lei. Presa
dall’intensa mole di compiti e ricerche extra, la ragazza
doveva dedicare il poco tempo che le restava alle lezioni private con i
diversi professori, ciascuno dei quali pretendeva, e non a torto,
precisione nelle consegne dei compiti e puntualità ai
ricevimenti.
Nonostante tutto, però, Ella teneva duro. La sua nuova vita,
le nuove amicizie e la routine quotidiana, sebbene molto faticose, non
le dispiacevano affatto. Avere tante cose da fare le occupava la mente
e non le lasciava tempo da dedicare a ulteriori pensieri…
Era appena trascorsa la mezzanotte quando la ragazza alzò lo
sguardo dal libro degli incantesimi e posò la penna sul
tavolo della Sala Comune dei Grifondoro. Guardandosi intorno, vide Ron
ed Hermione seduti accanto al fuoco. Troppo stanchi per continuare a
giocare a sparachiocco o anche solo per litigare, si erano abbandonati
sulle comode poltrone vicine al caminetto.
Improvvisamente, Ella sentì un leggero fruscio a livello
delle caviglie.
Grattastichi cercava di farle le fusa, sperando di riuscire a farsi
prendere in braccio.
“Ehi, bel micione,” Disse piano. “Ron ed
Hermione non sono molto di compagnia sta sera, vero?”
Grattastichi le rispose miagolando piano e subito le balzò
sulle ginocchia.
“Sei l’unico qui che non sembra avere bisogno di
una buona dormita. Potrei essere invidiosa, anzi, dovrei già
esserlo, sai?” Continuò la ragazza, accarezzando
il gatto.
Ma essendo riuscito nel suo intento, Grattastichi sembrava non volerle
neanche dare ascolto.
Ella sospirò lievemente. Quella mattina, nell’ora
buca tra la prima e la seconda lezione, era andata dalla professoressa
Caporal per l’ultima volta. L’insegnante
si era dichiarata soddisfatta dei suoi progressi e non riteneva ormai
necessario continuare con le lezioni di recupero.
Ne era stata felice. Anche il professor Vitious l’aveva
congedata il martedì scorso e, da quanto le era sembrato di
intendere dalle parole della McGranitt, neanche per la sua materia
sarebbe stati più necessari ulteriori incontri.
Improvvisamente, un rumore di passi iniziò a farsi sempre
più nitido. Il silenzio permeava così
profondamente il castello che Ella poteva sentire i passi avvicinarsi
sempre più al buco del ritratto.
“Parola
d’ordine?” Sentì dire
alla Signora Grassa.
“
Puzzalinfa.”
Risposero.
E naturalmente, Ella sentì il ritratto farsi da parte e vide
Harry fare capolino nella Sala Comune.
“Ciao!” Le disse, ma subito Ella gli fece segno di
parlare a bassa voce, indicando Ron ed Hermione.
“Da quanto dormono?” Sussurrò Harry,
avvicinandosi al tavolo e sedendosi.
“Non so di preciso ma credo da un bel
po’.” Gli rispose Ella e i due si scambiarono
un’occhiata divertita. Subito il suo sguardo notò
la mano di Harry. Sanguinava parecchio e la pelle era gonfia e
rossastra.
“Tieni.” Gli disse Ella, senza commentare,
porgendogli una
piccola ciotola piena di liquido giallo*. Era
una soluzione di tentacoli di Purvincoli filtrati in salamoia. Hermione
ne aveva preparata un bel po’ ben sapendo che sarebbe
certamente servita anche quella sera.
“Grazie.” Le rispose Harry, immergendo la mano
nella soluzione e accarezzando Grattastinchi che nel frattempo aveva
deciso di farsi coccolare da lui.
Harry guardava verso il caminetto, godendosi quel poco tepore che
ancora emanava. Era stanco ma soprattutto preoccupato. Ella ne
indovinava facilmente il motivo, sebbene sapesse che gran parte della
sua inquietudine era dovuta più a un insieme di circostanze
che a un singolo episodio come la punizione della Umbridge.
“Io penso che sarai un insegnante bravissimo,
Harry.” Disse tutto d’un fiato.
Harry si voltò a guardarla e in un attimo si vide davanti a
un gruppo di persone sedute intorno a lui alla Testa di Porco ed
Hermione che scriveva in alto e a lettere cubitali su di una pergamenaEsercito
di Silente.
“Sul serio?” Le chiese.
“Sì.” Disse Ella. “Oggi non ho
detto la mia davanti agli altri. Hanno parlato tutti così
bene di te che non sono riuscita a trovare nient’altro da
poter dire. Ma io credo davvero che ne sarai all’altezza,
Harry. Devi solo crederci un po’ di
più.” Continuò, sorridendo.
Le buone intenzioni della ragazza aiutarono a rasserenare
l’umore di Harry. Sentirsi sostenuto nell’impresa di resistere
alla Umbridge e al Ministero,** mentre lui
aveva un ruolo chiave nella rivolta, era per Harry motivo di immensa
soddisfazione.**
“Grazie.” Disse ad Ella, guardandola con grande
ammirazione.
Passarono alcuni minuti senza che nessuno dei due parlasse, istanti che
resero l’atmosfera intorno a loro quasi imbarazzante. Il
fuoco era ormai spento. Gli ultimi tizzoni ancora accesi illuminavano
la sala ormai immersa nella penombra. A malapena si potevano
distinguere i contorni degli oggetti e di mobili sparsi intorno alla
sala.
Eppure Ella ebbe la strana sensazione che Harry la stesse ancora
guardando.
Impacciata, si alzò silenziosamente ma al contempo
rapidamente. Raccolse i libri, infilò tutte le sue cose
nella borsa e si diresse verso le scale che portavano ai dormitori
delle ragazze.
“Buonanotte, Harry” Disse piano, piano.
Era già arrivata a metà scala quando
sentì il ragazzo risponderle.
“Buonanotte, Ella.”
Lo sbadiglio rumoroso di Ron mise fine al silenzio che aveva aleggiato
fino a quel momento nella Sala Comune.
Nelle settimane che
seguirono fu come se Harry portasse dentro il petto una sorta di
talismano, un segreto luminoso che lo sosteneva nel corso delle lezioni
della Umbridge e gli rendeva perfino possibile sorridere quando
guardava quegli orribili occhi sporgenti. Lui e l’ES la
combattevano sotto il suo stesso naso, facendo proprio quello che lei e
il Ministero temevano di più…***
Gli incontri
si articolavano in maniera casuale, visti i diversi impegni dei membri.
Ma questo non era un male.
Più imprevedibili erano i loro movimenti, minore era la
possibilità che qualcuno riuscisse a pedinarli.
La scoperta della Stanza delle Necessità, poi, era stata una
benedizione.
Potevano scomparire per un paio d’ore senza che nessuno,
insegnante o studente, nemmeno Gazza il custode, se ne accorgesse. Era
come lasciarsi alle spalle tutto quello che di opprimente
c’era nella loro realtà quotidiana per una, due
alle volte quasi tre ore. Era una via d’uscita dal tempo e
dal mondo.
Presto, nel frattempo, arrivò
dicembre e
portò con sé altra neve*****… e
freddo. Non
fosse stato per le lezioni dell’ES, Harry avrebbe toccato il
fondo dell’infelicità.****** Lui
e Ron erano stati espulsi dalla squadra di Quidditch a tempo
indeterminato. Ron aveva i suoi doveri di prefetto a cui tenere fede,
ma Harry non viveva, ora, che per le lezioni dell’ES. Aveva
l’impressione di vivere per le ore che passava nella Stanza
delle Necessità, a lavorare sodo ma anche a divertirsi, e
soprattutto a gonfiarsi d’orgoglio nel notare i miglioramenti
ottenuti dai suoi compagni. ******
“Molto bene. Ora siete tutti in grado di padroneggiare lo
Schiantesimo.” Aveva detto Harry durante l’ultimo
incontro. “So che vi sembra fin troppo semplice, ma vi posso
assicurare che mi è stato molto utile, in molte
occasioni.” Continuò il ragazzo.
Tutti gli altri restavano in silenzio, in attesa che continuasse ed
Harry, schiaritasi la voce, riprese.
“È ancora presto per parlare di incantesimi
più complessi. Abbiamo lavorato molto e avete fatto molti
progressi. Ho pensato, però, che sarebbe meglio approfondire
con gli incantesimi che ci permettono di proteggere noi stessi e magari
anche qualcun altro se necessario.” Disse Harry.
“Cercherò di spiegarvi oggi
cos’è un Sortilegio Scudo.”
Ancora una volta, nessuno parlò. Gli occhi erano tutti
puntati su di lui.
“È un incantesimo abbastanza complesso. Richiede
una maggiore concentrazione. Evoca uno scudo di energia magica che
respinge incantesimi e maledizioni. Non funziona però con le
maledizioni senza perdono. Ha l’effetto di far rimbalzare
l’incantesimo verso chi lo ha evocato.”
Spiegò Harry. Non che si sentisse a suo agio ad essere al
centro dell’attenzione, ma ci stava già facendo
l’abitudine.
“Dovete alzare la bacchetta e puntarla verso il vostro
avversario.” Disse cercando di assumere col corpo la
posizione giusta. “Tenete il braccio teso e poi pronunciate Protego.”
“Tutto qui?” Brontolò
Zacharias Smith, con un bisbiglio
che si udì benissimo*****.
“Se sei così bravo perché non vai a
spiegarlo tu?” Disse Ginny, usando un tono non proprio pacato
e che tutti poterono udire benissimo.
“Hai qualche problema, amico?” Chiese George a
Zacharias. “Perché se ce l’hai possiamo
benissimo risolverlo.” Concluse Fred per il fratello.
“Perché non ci calmiamo e iniziamo ad
esercitarci?” Propose Harry, raggiungendo Fred, George e
Zacharias. “Siamo qui per questo, no? Esercitiamoci
a coppie*****!”
Si
divisero tutti, obbedienti. Harry fece coppia con Neville, come al
solito.*****
“A
turno cercate di disarmare il vostro avversario che dovrà
rispondere con l’incanto Scudo. Lo scopo sarà
quello di far rimbalzare l’incantesimo di disarmo.
Avanti!” Concluse Harry.
La
stanza si riempì subito di grida intermittenti*****
“Protego”. Le
bacchette volarono in tutte le direzioni; incantesimi sbagliati
colpirono i libri sugli scaffali e li fecero cadere.*******
Neville stava facendo degli sforzi incredibili. Presto avrebbe ottenuto
grandi risultati.
Dopo un po’, Harry
lo mandò a lavorare con Ron e Hermione, in modo da fare il
giro della stanza e guardare gli altri.*****
“Molto bene Ginny. Devi tenere la bacchetta dritta, Seamus,
non puntata verso l’alto. Così, bene.”
Harry cercava di rimediare alle imperfezioni dei compagni, in modo che
potessero migliorare.
Harry
si spostò al centro della stanza…passò
accanto alle altre coppie, cercando di scorgere quelli che
sbagliavano.*******
“Non male, Justin” Disse
Harry, “ma si può senz’altro
migliorare.”*******
Pian
piano, il rendimento generale migliorò.*******
Continuando
per il suo giro, Harry si stava lentamente avvicinando al punto in cui
Cho Chang si stava esercitando insieme alla sua amica Marietta. Non si
avvicinò molto. Aveva notato come il nervosismo della
cercatrice di Corvonero aumentasse ogni volta che nei paraggi
c’era lui. Era una cosa a cui pensava spesso. Pensava spesso
anche al nervosismo che lui stesso provava quando vedeva Cho. Era
giunto alla conclusione che doveva essere una cosa reciproca e
proporzionale.
“Devi pronunciare meglio la formula.” Disse Harry,
rivoltò a Cho.
La ragazza era in uno stato di evidente imbarazzo, tanto che le sue
guance si tinsero di rosso non appena Harry le rivolse la parola.
“Sei tu che mi innervosisci, prima mi
riusciva!”******* Gli
disse la ragazza. Subito Harry provò quella strana
sensazione di vuoto allo stomaco che sentiva tutte le volte che Cho lo
guardava.
“Stavi andando bene.” Mentì Harry, ma la
sua piccola bugia sortì l’effetto sperato. Cho gli
sorrise e lo stomaco di Harry fece le capriole.
Più in là, Harry poteva scorgere Ella che cercava
di far rimbalzare, con successo, il tentativo di disarmo di Katie Bell.
Lei non si innervosiva minimamente quando lui si avvicinava anzi, era
sempre tranquilla.
Era così serena. A dire il vero era bravissima. Non
scolastica come Hermione ne secchiona, era solo…brava, non
c’era altro modo di spiegare la cosa.
Allontanatosi a malincuore da Cho, Harry riprese col suo giro di
perlustrazione. Vicino al fondo della stanza, era in atto
un’accesa discussione. Neville aveva quasi conficcato la sua
bacchetta nell’occhio di Padma Patìl nel tentativo
di disarmare Seamus e ora la ragazza lo stava canzonando proprio per
bene.
“Ma perché non stai un po’ attento?
Potevi accecarmi o sfregiarmi. Possibile che no ne fai una
giusta?” Urlava la ragazza che, seppur brusca, doveva essersi
presa un bello spavento.
“Mi, m-mi dispiace, ecco io,io non…” Il
povero Neville era tutto rosso dalla vergogna.
Si doveva senz’altro fare qualcosa, ma prima che Harry
potesse avvicinarsi, qualcuno si fece avanti prima di lui.
“Basta, Padma. Non vedi che Neville sta cercando di chiederti
scusa? Non c’è bisogno di aggredirlo. Gli
dispiace, non voleva farti male.” Disse Ella, interrompendo
l’impetuoso elenco di tutti i danni possibili che, secondo
Padma, Neville avrebbe potuto provocarle. Neville guardò con
estrema gratitudine Ella.
“Scusa, non l’ho fatto a posta.”
Biascicò Neville, ancora più rosso di prima visto
che tutti si erano messi intorno a lui e osservavano la scena
interessati.
“Ok, non fa niente. Io, ecco mi sono spaventata. Non sono
arrabbiata con te.” Gli disse Padma, dispiaciuta per avergli
urlato addosso.
“Sì però poteva farle male sul serio.
Va bene essere sbadati ma così rischiamo tutti di farci
ammazzare ogni volta.” Sussurrò
nell’orecchio, ma forse un po’ troppo forte Cho
alla sua amica Marietta e quest’ultima si mise a ridacchiare.
Ella, avendo sentito quello che le due amiche si erano dette si
voltò immediatamente verso di loro.
“Credi di essere più brava, forse? Ti senti
inarrivabile o anche solo meno impacciata di Neville?” Le
disse Ella, evidentemente infastidita da quel commento un po’
acido.
“Non sarò più brava ma almeno non ho
mai fatto male a nessuno.” Le rispose Cho prontamente,
sentendosi interpellata in maniera così diretta.
“Nemmeno Seamus, Fred, Luna, e neanche gli altri
s’è per questo. Ma se uno di noi sbaglia non
c’è bisogno che peggiori la situazione con i tuoi
commenti acidi.” Le disse Ella, non alzando la voce ma in
evidente stato di rabbia. Cho non
ribatté, ma nemmeno fece intendere di volersi arrendere.
Anzi, guardò subito in direzione di Harry, come per
chiedergli tacitamente di intervenire in quanto insegnante.
Ella se ne accorse, ma non disse nulla.
“È meglio se ci calmiamo, tutti. Sono incidenti
che possono capitare. Non è successo niente di grave
.” Disse Harry, che in quel momento era preoccupato a cercare
qualcosa da dire. “Per oggi può
bastare.” Continuò, vedendo che ormai tutti
avevano abbassato le bacchette, presi dalla discussione. “Ci
vediamo domani.”
Un chiacchiericcio concitato si diffuse nella stanza, mentre tutti
raccoglievano le proprie cose.
Ella fu la più rapida di tutti. Aveva già
sistemato tutto e, presa la borsa, si stava per dirigere verso
l’uscita quando Ron la chiamò.
“Ehi, Ella, aspetta un momento. Stiamo arrivando.”
Le disse, ma lei gli rispose che aveva da consegnare sei compiti alla
professoressa Vector e, siccome era quasi ora di cena, doveva farlo
subito.
Non lasciò al cugino il tempo di dire altro e se ne
andò, senza neanche voltarsi indietro.
Hermione, da attenta osservatrice qual’era, notò
come Cho, che era proprio vicino a loro, stesse bisbigliando qualcosa
allo’orecchio dell’amica Marietta e come avesse
indicato con lo sguardo proprio Ella nel momento stesso in cui questa
era uscita. Per altro Hermione sapeva che Ella aveva preso ottimi voti
negli ultimi test ti Aritmanzia ed erano passate quasi due settimane
dall’ultima volta
che aveva dovuto fare compiti extra per quella materia.
Il mattino dopo,
a colzione.
Il pomeriggio
seguente, cioè qualche giorno prima della partenza degli
allievi per le vacanze di Natale, Harry aveva fissato
l’ultimo incontro dell’ES. Non avrebbe spiegato
novi incantesimi, ma credeva fosse meglio ripassare tutto quello che
avevano fatto fino a quel momento.
“Devi considerare Harry che ci sono pure gli allenamenti di
Quidditch.” Disse Ron quella mattina a colazione.
“Visto che fa buio prima, non si possono spostare. Deve
essere un orario sul tardi, tipo due ore prima di cena.”
“Noi prefetti dobbiamo anche aiutare a sistemare gli ultimi
addobbi di Natale all’ingresso. Cosa che ci
prenderà tutto il pomeriggio.” Disse poi Hermione,
che era impegnata nello sferruzzare dei calzini da elfo tra un boccone
e l’altro delle sue uova.
“Per me va bene.” Disse Harry. “Manda il
messaggio a tutti, Hermione.”
“Io non posso venire.” Disse una voce, piano.
A quelle parole, tutti e tre, Harry, Hermione e Ron con ancora la
forchetta in mano, si voltarono verso Ella sorpresi. La ragazza si vide
scrutare da tre paia di occhi indagatori. Quello che era successo la
sera prima, aveva contribuito a rendere tesi i rapporti tra Ella e
Harry, sebbene nessuno dei due ne avesse fatto alcuna menzione.
“Che significa non puoi venire?” Disse Ron,
dimenticando momentaneamente la salsiccia fumante nel suo piatto.
“Sta sera devo andare di nuovo a lezione da Piton. È
l’ultima volta prima delle vacanze.”
Spiegò la ragazza, abbassando lo sguardo.
Harry non disse niente. Avrebbe senz’altro peggiorato la
situazione.
Lui ed Ella non si erano rivolti la parola per tutto il giorno, se non
per lo stretto necessario.
Più che lei, in realtà era Harry a non riuscire a
trovare le parole giuste. Ma le parole giuste per cosa, poi?
Non aveva fatto fondamentalmente nulla di male, eppure non riusciva a
non pensare di avere sbagliato in qualche modo nei confronti di Ella.
“Miseriaccia! Mancano pochi giorni per le vacanze di Natale.
Quell’impostore di Piton potrebbe anche lasciarti
stare!” Sbottò Ron.
“Smettila di urlare, Ron!” Disse Hermione.
“Vuoi che ti sentano fino alla torre di astronomia?”
“Ma è ingiusto! Perché deve continuare
ad andarci? Io non lo capisco!” Continuò Ron.
“Forse Ella ha ancora bisogno di migliorare.” Disse
allora Hermione, cercando un’attenuante.
“Ha i voti più alti del nostro anno!”
Concluse Ron. “Insieme a te, certo, ma devi ammetterlo, non
c’è alcun motivo perché ci debba ancora
andare. Non è così, Harry?”
Il ragazzo, interpellato così subitaneamente, non sapeva
cosa rispondere, soprattutto per il fatto che la diretta interessata,
cioè Ella, era proprio davanti a lui.
“Non lo so.” Riuscì solo a dire,
cercando di sembrare meno impacciato di quanto non fosse.
“E diciamoci la verità.”
Continuò Ron, gettandosi nel mentre sui pancake.
“Non deve essere proprio piacevole stare ore e ore insieme a
Piton.”
E, tra un boccone e l’altro, continuava ad elencare i difetti
del pessimo carattere del professore, insieme a tutti quelli
più spregevoli e odiosi che gli venivano in mente, non per
forza realmente attribuibili a Piton.
“Non è così male, a essere
onesta.” Disse Ella a un certo punto, interrompendo il
monologo del cugino.
Per via di quel sorprendente commento, quasi Ron non si
strozzò con un muffin ai mirtilli.
“Che hai detto?” Disse con ancora la bocca piena.
“Dimmi che non l’hai detto? Non puoi averlo
detto.”
“Invece è proprio così.”
Ribatté Ella, un po’ infastidita
dall’atmosfera che si era venuta a creare.
Hermione sferruzzava in silenzio. Harry girava e rigirava i cornflakes
davanti a lui senza guardarla in faccia, e Ron parlava come se ci fosse
una folla di ascoltatori attenti e coinvolti totalmente nel suo
discorso.
“Non è male, quando ci fai
l’abitudine.” Disse, raccogliendo le sue cose.
“Vado in biblioteca. Devo finire la ricerca sugli ingredienti
della pozione corroborante prima di pranzo.”
“Quindi non vieni a lezione?” Disse Hermione, con
l’aria sorpresa. Ella, per finire la ricerca, avrebbe dovuto
saltare la lezione di antiche rune e poi anche quella di storia della
magia.
“No, non posso.” Disse Ella. “Scusami se
ti lascio sola questa volta.” Continuò.
Salutò i tre ragazzi, e si avviò da sola verso
l’uscita della biblioteca.
Camminava in fretta, tenendo lo sguardo basso per evitare di incontrare
gli sguardi di qualche curioso.
Sentiva caldo in viso. Molto probabilmente era arrossita. Le succedeva
sempre quando non diceva la verità.
Non era solita dire bugie a chicchessia. In realtà, non
aveva da finire nessuna ricerca.
Piton non le aveva assegnato ricerche in più
l’ultima volta.
Semplicemente, non voleva andare a lezione quella mattina.
Si sentiva a disagio per via di quello che era successo la sera prima.
Sapeva che era argomento scottante per chiacchiere e pettegolezzi
indiscreti. In più, come nuova arrivata e nelle sue
particolari circostanze, qualsiasi cosa facesse era sempre oggetto di
discussione per qualcuno.
E poi, cosa che contribuiva per la maggior parte al suo malumore, era
il fatto che Cho, nel momento della sfuriata di Ella, si fosse subito
rivolta a Harry per risparmiarsi la fatica di controbattere. Quello che
urtava di più la sua sensibilità non era il fatto
che l’amico fosse intervenuto per placare gli animi, ma che
non avesse esitato un momento a correre in aiuto della ragazza al
minimo cenno di quest’ultima.
Ella provava una rabbia indescrivibile. Un’occhiata
supplichevole e qualche moina erano bastate a Cho per schierare Harry
dalla sua parte come arma vincente, e lui glielo aveva lasciato fare
senza neanche pensarci.
Tutta presa da questi pensieri burrascosi, Ella aveva attraversato
rapidamente la Sala Grande. Molte
teste si erano voltate verso di lei al suo passaggio, soprattutto
quelle dei Corvonero. Ovviamente, non era trapelata la notizia circa
l’Esercito di Silente o
il luogo e il motivo reale del battibecco tra le due ragazze.
La sua amica Marietta si era solo lasciata sfuggire con qualcuno che
tra le due c’era stata una discussione, abbastanza accesa, e
che Harry era intervenuto per riappacificarle.
Così tutti, prima ancora della fine della seconda ora,
avrebbero potuto divertirsi nel cercare di indovinare
qual’era il motivo che poteva spingere due brillanti
studentesse a farsi soccorrere dal grande Harry Potter, il Prescelto,
colui che era sopravvissuto, in un momento di particolare fervore.
Anche al tavolo dei Serpeverde era giunta notizia
dell’accaduto.
Risa e schiamazzi incorniciavano un racconto particolarmente
impreziosito dall’instancabile fonte di notizie
qual’era Pansy Parkinson:
“Ve lo giuro, l’ho sentito proprio con le mie
orecchie.” Diceva, facendo finta di guardarsi intorno
perché nessuno potesse sentirla, a parte l’intera
tavolata della sua casa. “Quella Cho Chang di Corvonero si
stava sfogando con la sua amica Marietta nel bagno delle ragazze al
secondo piano. Era così arrabbiata e furiosa, per la barba
di Merlino, e ce l’aveva a morte con una
Grifondoro!” Continuava a dire.
Tra una pausa e l’altra di quel suo racconto tanto
interessante, cercava speranzosa lo sguardo di Draco con la speranza
che lui la stesse ascoltando insieme agli altri. Tuttavia il ragazzo
era assorto nei suoi pensieri.
Pazienza, pensò la giovane serpeverde, riprendendo il
discorso.
“Avreste dovuto sentirla. Ha detto che quella grifondoro
l’aveva ripresa davanti a tutti. Chi fossero questi
“tutti” non sono riuscita a capirlo, ma quello che
so per certo è che Potter – sì, proprio
lui – si è messo in mezzo per
riappacificarle.” Diceva Pansy, quando a un certo punto,
qualcosa catturò la sua attenzione.
“È lei, ne sono sicura, è proprio la
nuova arrivata.” Disse, indicando Ella che, in quel momento,
stava per uscire dalla Sala Grande. Subito
tutti si voltarono a vedere di chi stesse parlando, ma solo pochi
riuscirono a vedere Ella, quasi sul punto di uscire dalla Sala Grande.
“Io vado in classe.” Disse Draco, quasi con aria
seccata. “Tiger, Goyle, smettetela di ingozzarvi e datevi una
mossa”. Povera
Pansy, avrebbe dovuto trovare un aneddoto molto più
interessante per catturare l’attenzione del suo caro Draco.
Una volta uscita dalla Sala
Grande, Ella andò subito in direzione della biblioteca. Non
aveva niente da fare lì, in verità, ma non sapeva
dove altro andare.
Aveva bisogno di stare
un po’ da sola, di non vedere nessuno. Si sentiva in
imbarazzo davanti agli altri.
Era stata impulsiva.
Aveva agito lasciandosi trascinare dall’istinto e ora,
ripensandoci, non aveva nemmeno voglia di rinchiudersi in biblioteca a
studiare.
Perciò,
cambiò molto rapidamente idea. Non sarebbe andata in
biblioteca, non subito per lo meno,
Pensò che
sarebbe stato meglio tornare prima nella Sala Comune dei Grifondoro. Li
avrebbe potuto innanzitutto alleggerire la sua borsa, carica di libri,
e, dopo essersi accertata che le condizioni del tempo lo permettessero,
Forse avrebbe fatto un salto da Hagrid. Era ritornato da poco e
sembrava più abbattuto che mai.
Avrebbe potuto
chiedergli consiglio o anche semplicemente stare con lui e rilassarsi
un momento.
Si, pensò,
era un’ottima idea.
Su due piedi, allora,
cambiò improvvisamente direzione. Aveva scelto un percorso
insolito per tornare alla Sala Comune, ma riflettendoci, aveva tutta la
mattinata per prendersela con calma.
Sennonché,
voltando l’angolo…
“Buongiorno,
signorina Davies.” Si sentì dire prima che, presa
dall’entusiasmo, finisse per arrivargli addosso.
Ella, dal canto suo,
si era inizialmente spaventata e poi imbarazzata.
“Buongiorno,
professore.” Rispose, ricambiando il saluto.
La sua euforia,
ahimè, era durata poche manciate di secondi.
Il suo bel progetto di
marinare le lezioni e andare a prendere una boccata di aria fresca era
fallito sul nascere.
“Potrei
anche sbagliarmi, signorina Davies, ma credo che ci sia una lezione in
corso al momento in cui risulti assente o quantomeno in
ritardo.” Disse Piton, puntando gli occhi neri su Ella.
La ragazza, tra lo
stupore di vederselo comparire davanti all’improvviso e
l’imbarazzo di essersi fatta pescare in flagrante mentre
marinava le lezioni, era diventata rossa fino alla punta delle orecchie.
“Ecco io, io
non…” Cercò di dire Ella, invano. Non
riusciva a pensare a niente che potesse aiutarla a uscire fuori da
quella situazione imbarazzante. Non era mai stata brava ad accaparrare
scuse, dote innata che aveva sempre invidiato a Fred e George. In
più Piton non cercava assolutamente di facilitarle la cosa.
Aspettava, tranquillo, con silenziosa pazienza, che lei dicesse
qualcosa.
“Mi
dispiace, professore.” Disse finalmente Ella, raccogliendo un
po’ di coraggio. “Dovrei essere a lezione ma oggi
volevo starmene un po’ per conto mio. “
Non poteva certo
raccontare ogni singolo particolare della situazione o quello che era
il suo effettivo stato d’animo, ma quanto meno si
sforzò di essere sincera almeno per quello che le era
possibile.
Non che disse molto,
in verità, se non quanto detto sopra, ma si sentì
ugualmente un po’ meno tesa.
Piton, come sempre,
non mostrava alcun segno di comprensione, rabbia, fastidio,
soddisfazione nell’avere pescato l’ennesimo
studente che saltava le lezioni. Il suo volto era una lastra di marmo
freddo e impassibile.
Ma non per questo Ella
ne era molto intimorita. Si era abituata ad accettare il modo di essere
dell’insegnante, senza farsi mettere troppo in soggezione,
durante le lezioni extra.
Se c’erano
professori maldestri come Vitious, o severi ma allo sesso tempo
corretti come la McGranitt, era ammissibile d’altronde che ci
fosse qualcuno rigido, sarcastico e indisposto verso gli studenti come
Piton.
Non era certa di
potersela cavare, anzi, conoscendolo, il professore avrebbe senza
dubbio trovato il modo di far rispettare le regole.
Eccolo,
pensò Ella, sta sicuramente per dire qualcosa, notando gli
zigomi del professore che si contraevano impercettibilmente. Ella era
pronta a ricevere il colpo.
“Per motivi
che non sto qui a spiegarti, signorina Davies, la lezione di questa
sera è rinviata a dopo le vacanze.” Disse Piton,
con estrema sorpresa di Ella che si era aspettata qualcosa del tipo
“La professoressa McGranitt saprà cosa fare per il
tuo castigo” o anche “lezioni extra fino a
Pasqua”.
“Vai a
gironzolare da un’altra parte.” Disse in fine con
tono intimidatorio, notando l’espressione meravigliata della
ragazza. Ella non se lo fece ripetere due volte e si
allontanò il più in fretta possibile dal raggio
d’azione di Piton. Non riusciva a crederci. L’aveva
scampata, e con che facilità.
Adesso, non aveva
più scuse per non andare alla riunione dell’ES di
quella sera, ma quanto meno se l’era cavata con un semplice,
secco e chiaro –Vai a gironzolare da
un’altra parte –
invece di sentirsi riempire di frecciatine come era capitato a Harry e
Ron l‘ultima volta che erano stati redarguiti da Piton.
Col cuore un
po’ più leggero, allora, Ella cercò un
altro posto per andare a gironzolare.
To be
continued….
Chiedo venia,
perdonate e il ritardo, ma come sempre, sono presa da mille pensieri e
cose da fare. Comunque ce l’ho fatta e ho già
più o meno in mente cosa fare nel prossimo capitolo che,
penso, sarà più interesse di questo. Spero
di non avervi scioccato con tutti questi intrallazzi sentimentali e che
il capitolo vi sia piaciuto. Un bacio alla prossima. Per quanto
riguarda le citazioni ecco qui i capitoli da cui le ho tratte. Sono
state molte questa volta, me ne rendo conto, ma ammetto che le adoro^^:
Citazioni:
*cap
15 l’inquisitore supremo di Howgarts
** cap 17 Decreto didattico numero ventiquattro
*** cap 19 il serpente e il leone
**** cap 16 alla testa di porco
*****cap 21 l’occhio del serpente
******cap 27
il centauro e la spia
*******cap 18 l’esercito di Silente.
Ringraziamenti
particolari a chi segue la storia:
1
- Charme
2 - Engels
3 - Hotaru_Tomoe
4 - Jaden96
5 - Ladyhawke25
6 - L a i l a
7- mapize
A chi ha inserito la
storia tra quelle da ricordare: la mia mora Aya88^^
A chi ha inserito la
storia tra le preferite:
1 - Elasia
2 - giada2000
3 - Jaden96
4 - L a i l a
5 - lucre
storyteller
lover:
|
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Capitolo 8 *** Verità e Bugie ***
Cap. 8
Verità e Bugie
Quella
sera Harry arrivò presto nella
stanza delle necessità per l’ultima riunione
dell’ES prima delle vacanze* ed
ebbe
così il tempo di liberarsi delle quanto mai imbarazzanti
decorazioni natalizie
che Dobby aveva seminato per tutto l’ambiente. Era
sicuro che fosse stato l’elfo. nessun altro avrebbe potuto
appendere al soffitto cento medaglioni dorati, tutti con il ritratto di
Harry e
con la scritta. “BUON NATALE HARRY POTTER
SIGNORE!”*.
Lasciò soltanto il vischio, sparso qua e
là. Si addiceva bene al clima natalizio.
Sebbene fosse fisicamente ancora ad
Hogwarts, nella sua mente già si vedeva proiettato al
Quartier Generale, a
trascorrere il suo primo, vero Natale in un luogo che non fosse
Hogwarts e
nemmeno la casa dei Dursley.
Ci sarebbero stati tutti e soprattutto,
avrebbe finalmente trascorso un Natale con Sirius.
Sì, pensò, quell’anno si prospettava un
Natale veramente felice per lui, per Sirius, per tutti.
Non voleva pensare più a nient’altro.
Immerso così nei suoi pensieri, Harry
quasi non si accorse della presenza di Luna Lovegood, cosa che per
altro
accadeva di frequente. Non che lui fosse spesso sovrappensiero, ma
chissà come
Luna aveva la capacità di apparire sempre
all’improvviso e senza mai
annunciarsi. Piano, piano, poi, iniziarono ad arrivare sempre
più persone e
quindi Harry abbandonò totalmente i suoi pensieri per
dedicarsi all’ultima
riunione dell’ES prima di Natale. Avrebbero molto
semplicemente ripassato tutto
quello che avevano fatto fino a quel momento, a cominciare
dall’expelliarmus
fino agli schiantesimi. Non aveva senso fare qualcosa di nuovo proprio
durante
l’ultimo incontro. Inoltre, avrebbe potuto constatare i
progressi ma anche le
necessarie correzioni da segnalare. Per la verità erano
tutti così migliorati
che Harry dovette fare davvero molto poco. La cosa era quanto mai
rassicurante
e alla fine della lezione tutti erano ugualmente e profondamente
soddisfatti di
sé stessi.
Anche Nevill aveva fatto passi da
gigante, aiutato da Harry ma anche sostenuto dagli altri, soprattutto
da
Hermione e da Ella. Alla fine
dell’ora* si
lasciarono tutti in perfetta armonia.
Si
diffuse un mormorio eccitato. La stanza si svuotava a poco a poco;
uscendo,
quasi tutti augurarono a Harry buon natale.* Insieme
a Ron, Hermione ed Ella, Harry sistemò
i cuscini e tutto l’occorrente che avevano usato in un angolo. Ron
e
Hermione uscirono dalla stanza prima di lui.* Ella invece
stava recuperando
la borsa insieme ai libri che aveva lasciato in fondo alla stanza,
perché non
fossero d’intralcio. Allora Harry cercò di
cogliere l’occasione all’istante.
“Ella” La chiamò “Ella, ho
bisogno di
parlarti. Puoi aspettare un momento prima di andare?”.
Sentendosi chiamare, Ella si voltò,
puntando i suoi occhi verde smeraldo dritti in faccia a Harry. Non
aveva l’aria
arrabbiata, né sembrava essere in collera con lui. Era solo
delusa, forse.
“Ecco, io volevo scusarmi con te per
quello che è successo l’altro giorno.
Cioè, non so esattamente cosa ho fatto,
né tu cerchi in qualche modo di dirmelo o di farmelo capire,
ma so che c’è
qualcosa che non va e vorrei chiederti scusa, qualunque cosa
sia.” Le disse,
tutto d’un fiato.
Ella lo guardò sorpresa. Non se l’era
aspettato. Harry le stava chiedendo scusa, e nemmeno sapeva per cosa,
ma lo
stava facendo. Ella non sapeva se essere contenta del fatto che Harry
tenesse a
riappacificarsi con lei o se dovesse tenere conto del fatto che per lui
in
realtà non era successo niente alla fine, o almeno, niente
che fosse da
imputare a lui. Ci teneva a restaurare nuovamente quel legame che si
stava
creando piano, piano tra loro, ma non sapeva nemmeno che cosa lo aveva
scosso.
In effetti, a ripensarci bene, tra tutti e due, era stato Harry quello
a
comportarsi in modo più strano. Le aveva parlato solo poche
volte, cercava di
non infastidirla per nessun motivo, anche se non ce n’era
bisogno. E ora le
chiedeva scusa per un qualcosa si cui non conosceva perfettamente
l’entità ma
ci teneva particolarmente a dirlo. Tutto questo portò Ella a
fare una semplice
ma chiara osservazione.
“Tu credi che io sia arrabbiata con te?”
Gli chiese, suscitando per altro un’espressione sorpresa sul
viso di Harry, che
di certo non si aspettava di sentirsi porre una domanda al posto di un
semplice
“accetto le tue scuse, ma non ce n’era bisogno,
davvero."
"Tu credi che io sia arrabbiata con te
quindi pensi che basti chiedere scusa per qualcosa che per altro ignori
e
sistemare le cose. Harry, ti ho dato veramente
quest’impressione?” Continuò
Ella, pacatamente, ma il tono della sua voce tradiva un po’
di emozione. Mentre
parlava Harry pensò di essersi comportato in maniera molto
stupida.
“Non sono arrabbiata conte, Harry. Mi ha
semplicemente dato fastidio il modo in cui lei ha trattato Neville e il
fatto
che ti abbia messo in mezzo. Davvero Harry, non
c’è bisogno che ti scusi e mi
dispiace se hai pensato di doverlo fare.” Gli disse Ella,
profondamente
dispiaciuta.
“Credevo di averti, insomma, credevo di
averti offesa in qualche modo o di averti ferita.” Disse
Harry, cercando di
trovare un attenuante.
“Ma no, Harry!” Disse Ella, sorridendogli
dolcemente, “Però non vorrei mai che qualcuno mi
mettesse contro uno dei miei
amici.” Queste parole colpirono Harry profondamente.
“Non era mia intenzione.” Le disse,
allora. “Cercavo solo di fare la cosa giusta.”
“Lo so e ti ringrazio. Scusami ancora
Harry.” Rispose Ella, sfiorandogli il braccio.
“Vado a posare i libri. Ci
vediamo nella sala comune… no, aspetta! Credo che
andrò subito a dormire.”
Disse Ella. “E’ stata una giornata lunga e
faticosa. Domani però andrà meglio.
Buonanotte, Harry.” Così dicendo, anche Ella
lasciò la stanza delle necessità
ed Harry rimase lì con un leggero senso di vuoto allo
stomaco.
Riuscì a malapena a vederla uscire, tanto
era stata svelta e il ragazzo aveva appena iniziato a maledirsi tra
sé e sé per
essere stato un completo e perfetto idiota quando la sua attenzione fu
attirata
da qualcos’altro.
“No,
vai pure.” sentì che diceva alla sua
amica…era sicuro che fossero soli e
aspettò che lei parlasse.*
Le
lacrime e il vischio sparso da Dobby
qua e là fecero il resto.
Poco
dopo, nella
Sala Comune dei Grifondoro
Harry
era conscio, al suo rientro nella
Sala Comune, di essere completamente sotto shock.
L’espressione che gli si era
dipinta sul viso tradiva e mostrava in maniera evidente l'ansia che si
agitava
dentro di lui.
Proprio per questo, Ron ed Hermione, che
aveva trovati seduti nei posti migliori,
vicino al fuoco*, non tardarono a intuire chi e che cosa
avessero potuto
trattenerlo. Istintivamente, Harry aveva tirato un sospiro di sollievo
vedendo
che Ella non era lì con loro. La cosa era già
abbastanza imbarazzante così
com’era.
Non lo disse apertamente ai due amici, ma
confidava nel fatto che né Ron né Hermione
aprissero il discorso con Ella in
seguito.
“E
allora?” domandò finalmente
Ron…”Com’è stato?”*
Harry
ci pensò un momento.*
“Umido”
rispose con sincerità.* Nei
successivi dieci o quindici minuti, Harry descrisse tutto quanto. Lui e
Cho, il
vischio, i pianti della ragazza, tutto ciò che poteva
venirgli in mente.
Ron era eccitato, anche più del dovuto.
Harry invece non sapeva come classificare la cosa. Non era stato
piacevole ma
nemmeno così orribile. Hermione al contempo gli suggeriva di
pensare al futuro
e a quando invitare Cho ad uscire. Quello era un altro problema. Non lo
sapeva.
Almeno per il momento.
“Harry, che cosa ti ha detto Ella quando
ce ne siamo andati?” Gli chiese Ron poi, cambiando discorso.
“Ma non riesci proprio a farti i fatti
tuoi, vero Ron?” Disse subito Hermione. “Non sono
cose che ci riguardano. anche
se Ella è tua cugina.”
“Stavo solo chiedendo, non c’è nulla di
male. E poi proprio perché è mia cugina mi
interessa.” Rispose Ron concitato.
Hermione alzò gli occhi al cielo, rassegnata dalla totale
mancanza di tatto e
delicatezza da parte di Ron. Ma se Harry non si opponeva, lei poteva
farci ben
poco.
In effetti, Harry si sarebbe veramente
astenuto dal parlare della cosa. Disse solo lo stretto necessario. Lui
ed Ella
avevano chiarito il malinteso che si era venuto a creare. Erano amici e
lei non
era risentita con lui ma era soltanto infastidita dalla situazione. Non voleva che qualcuno li mettesse l’uno
contro l’altra.
“E’ normale. Purtroppo il messaggio che
è
arrivato a tutti è l’esatto contrario. E le voci,
Harry, corrono anche qui ad
Hogwarts.” Gli disse Hermione con sguardo allusivo.
“Voci? Quali voci? Ma di che messaggio
stai parlando?” Chiese Ron che, come al solito non aveva
inteso l’allusione
insita nelle parole di Hermione. “Io non ho visto nulla di
strano.”
“Questo perché non sei molto sveglio e
non vedi quello che per tutti gli altri sembra essere più
che evidente.” Gli
rispose Hermione.
“Harry,” Disse Ron confuso “tu ci hai
capito qualcosa? Oh, ma perché c’è
sempre qualcosa che mi sfugge?”
“Oh, Ronald sei impossibile!” Sbottò
Hermione. “Ma non capisci? Visto che Cho ha in maniera
evidente coinvolto Harry
nella sua discussione con Ella, e, perdonami Harry, il fatto che tu
abbia
accondisceso apertamente alla sua tacita richiesta ha peggiorato la
situazione,
a tutti è sembrato che il loro litigio fosse dovuto ad una
rivalità fra Ella e Cho per
Harry.” Spiegò Hermione. Ovviamente, Ron si era
perso intorno alla metà del
discorso, cioè al passaggio cruciale.
“Io non ci ho capito niente.” Disse.
Hermione sbuffò sonoramente all’ennesima
dimostrazione della mancanza di comprensione da parte del ragazzo e
cercò di
rispiegarglielo.
“Cioè tu dici che a tutti quanti sembra
che a Ella piaccia Harry? E perché mai qualcuno dovrebbe
pensare una
stupidaggine del genere?” Chiese in fine Ron.
“Sì, alla prima domanda, e non lo so ma non è così impensabile, alla seconda.” Rispose Hermione, contenta di
avere perlomeno
raggiunto questo piccolo risultato.
“E’ la cosa più stupida che abbia mai
sentito!” Continuò Ron, incurante
dell’imbarazzo sempre più crescente in cui si
trovava Harry. Le sue vicissitudini sentimentali e quelle delle
presunte
ragazze che giravano intorno a lui venivano spiattellate e sminuite sia
da Ron
che da Hermione nello stesso momento, come se lui non potesse sentirli.
“Ma è assurdo! A Ella non piace Harry,”
Disse Ron, ma subito fu colto dal dubbio. “giusto?”
“No, zucca vuota!” Gli disse Hermione.
”Ma non ci senti? Harry ha appena finito di dire che per Ella
lui è un amico.
Ma le persone questo non lo sanno e quindi
tendono a vedere le cose in modo distorto.”
“E perché, scusa? Io non ho mai pensato
una cosa del genere e sto sempre con loro. Come possono pensarlo gli
altri
allora?” Disse Ron, incredulo.
“Sai, Ron” Disse Hermione, in evidente
stato di esasperazione “quando un ragazzo e una ragazza che
non sono fratelli,
cugini o in qualsiasi altro modo imparentati fra loro, è
difficile per le
persone che li vedono da fuori pensare che possano essere solo
amici.“
“Ma perché? Non potrebbero semplicemente
evitare di pensarlo?” Ribatté Ron.
“Basta! Io ci rinuncio.” Disse Hermione,
alzandosi dalla poltrona. “Vado a dormire. Tutto questo
parlare mi ha fatto
venire un gran mal di testa. Buona notte. Ci vediamo domani.”
E, in men che non si dica, era già
scomparsa dietro la scala a chiocciola che portava al dormitorio delle
ragazze.
Harry e Ron erano rimasti da soli. Gli ultimi
tizzoni ardenti di quello che era stato un bel fuoco scoppiettante
emanavano le
loro ultime, fievoli scintille.
Ma
il
fuoco si spense a poco a poco, finché i tizzoni non
crollavano inceneriti e
Harry, guardandosi intorno, vide che ancora una volta erano gli ultimi
rimasti
nella sala comune*.
“E’
tardi. Forse sarebbe meglio che
andassimo a dormire anche noi.” Suggerì Harry, per
rompere il silenzio.
“Già.” Gli rispose Ron semplicemente.
“Senti, Harry, a te piace Cho, giusto?”
La domanda di Ron era molto personale, ma
a un amico Harry riusciva a rispondere sinceramente.
“Sì, anche da un bel po’ a dire il
vero.”
Allora dovresti chiederle di uscire,
credo.” Continuò Ron.
“Lo so, ma è più facile a dirsi che a
farsi. Al momento non saprei cosa dire.” Confessò
Harry.
“Ci riuscirai, ma forse è meglio dormirci
un po’ su.” Disse Ron, sbadigliando sonoramente.
Senza dire altro, i
due ragazzi salirono nella loro camera. Si
spogliarono e si misero i pigiami in silenzio; Dean, Seamus e Neville
erano già
addormentati. Harry posò gli occhiali sul comodino e si
infilò nel letto, ma
non chiuse le tende; rimase a guardare la striscia di cielo stellato
visibile
dalla finestra vicino al letto di Neville*. Pensava che se
qualcuno gli
avesse detto ieri che avrebbe baciato Cho, non gli avrebbe creduto. Era
al di
fuori di ogni sua aspettativa. Il russare e i grugniti di Ron gli
fecero capire
subito che l’amico si era addormentato.
L’ultimo pensiero di
Harry prima di abbandonarsi a un sonno profondo, agitato e tanto
orribile quanto
reale, furono che a differenza di Ron ed Hermione, per lui non era
così assurdo
che Ella potesse farsi piacere un tipo come lui. Forse, nel suo
piccolo, non
gli sarebbe dispiaciuto.
Quella
notte,
nell’ufficio del preside
Silente
era seduto sulla scrivania, su una sedia dallo schienale alto; si
chinò in
avanti nel cerchio di luce della candela che illuminava le carte sparse
davanti
a lui… era perfettamente sveglio, e i suoi penetranti occhi
azzurri** evitavano
di posarsi su di Harry. Il vecchio
preside si alzò. Cominciò a camminare per la
stanza, a girare indisturbato tra
i vari tavolini dello studio in cui vi erano molti strumenti
dall’uso ignoto
che tintinnavano flebilmente. Harry tremava e parlava. Raccontava
quello che
aveva visto, quello che credeva di aver visto nel sogno. Accanto a lui,
Ron e la
McGranitt ascoltavano in
silenzio.
Come
lo hai visto?… da quale posizione hai osservato
l’attacco? Eri vicino alla
vittima, guardavi
la scena dall’alto?**.
Perché
non capivano? Perché nessuno
faceva qualcosa? Dovevano trovarlo subito, dovevano rendersi conto che
la
situazione era grave.
Harry sentiva freddo e le ginocchia
iniziavano a cedere sotto il suo peso. Sentiva ancora la sensazione di
un
corpo, il suo corpo, che strisciava su di una superficie liscia, fredda,
marmorea
e la percezione dei morsi, delle zanne che penetravano la carne. Il
sangue
sgorgava a fiotti, caldo e scuro.
Era stato orribile.
“Ho
visto tutto dal punto di vista del serpente… il serpente ero
io.**”
Silente continuava a andare su e giù per
il suo studio parlando tra sé e sé.
Ordinò a due dei ritratti dei vecchi
presidi di Hogwarts di andare a cercare aiuto. Fanny, la fenice,
avrebbe dato
il segnale d’allarme.
“Minerva,
ho bisogno che lei vada a svegliare gli altri ragazzi
Weasley-“** Disse
Silente. In poco tempo sistemò ogni
cosa. I ragazzi Weasley e Harry Potter sarebbero stati trasferiti al
Quartier
Generale dell’Ordine della Fenice quella notte stessa.
Avrebbero viaggiato
tramite passaporta.
Sirius sarebbe stato avvertito da Phineas
Nigellus, grazie al suo secondo ritratto che ancora si trovava in
quella che
era stata l’antica dimora dei Black,e quando George, Fred e
Ginny entrarono
nello studio d Silente, il preside li fece avvicinare alla sua
scrivania.
In pochi secondi, furono tutti agganciati
alla passaporta che li avrebbe portati lontano da Hogwarts, via dalle
grinfie
della Umbridge, più vicini al’ospedale San Mungo
dove Arthur Weasley veniva
trasportato proprio in quel momento. Non appena se ne furono andati, la
professoressa McGranitt, che fino a quel momento non aveva proferito
verbo,
prese la parola, interrompendo i pensieri affollati e silenziosi di
Silente.
“Albus…” Disse la McGranitt
debolmente,
consapevole di disturbarlo. “Che cosa devo dire a Dolores
Umbridge? Farà sicuramente
delle domande.”
Silente guardò la McGranitt a lungo prima
di risponderle.
“Minerva,
vada a distrarla,le racconti una storia
qualunque…**”
In quello stesso istante, la porta
dell’ufficio si aprì. Per un momento la McGranitt
temette che si trattasse dell’Umbridge.
Era soltanto Severus Piton.
“Credevo dovesse parlarmi in privato,
signor preside.” Disse col suo solito tono tranquillo.
“Sì, Severus, ma purtroppo, si sono
verificati degli avvenimenti tanto infausti quanto
preoccupanti.” Gli rispose
Silente. Brevemente, gli riferì quanto era appena accaduto.
Harry Potter e i
ragazzi Weasley avevano lasciato il castello. Arthur Weasley era in
gravissime
condizioni.
“La prego di scusarci, Minerva. Trattenga
Dolores, per quanto ardua possa sembrare
l’impresa.” Terminò Silente.
Ma la
McGrannit aveva ancora
un’altra domanda da porgergli.
“Albus, cosa crede dovremmo fare con la
signorina Davies?” Chiese la professoressa.
“Ah, già, la signorina Davies.” Disse
Silente. “Per il momento, lasciamola riposare tranquilla.
Domani le spiegheremo
tutta la faccenda, sperando che non ci sia altro da aggiungere a questo
tragico
avvenimento.”
“Albus, devo essere franca.” Disse la McGranitt,
la quale si
attendeva dal preside un altro tipo di soluzione. “La
signorina Davies non ha
nessun altro a parte i Weasley. Non può farla trasferire al
Quartier Generale
come gli altri ragazzi? Non è sicuro per
lei…” Stava dicendo la McGranitt,
ma Silente le
fece segno di tacere.
“Non potevamo mandarla insieme agli altri
ragazzi. Non è tra i parenti più prossimi di
Arthur Weasley e non sarebbe
saggio trasferirla ora. Sarà già difficile
spiegare i motivi della partenza di
Harry insieme ai ragazzi Weasley. Non dobbiamo far sorgere altri
sospetti. La
ragazza lascerà la scuola come tutti gli altri ragazzi
domani sera, al termine
delle lezioni.” Disse Silente, ma le sue parole ebbero come
effetto quello di
gettare la
McGranitt
ancora di più nello sgomento.
“Non voglio discutere i suoi ordini
Albus, e mi fido ciecamente del suo giudizio, ma non può non
vedere come
lasciando partire la ragazza insieme agli altri, col treno, sola, la
metteremo
praticamente a rischio di chissà cosa. E’
l’unico membro della famiglia Weasley
ancora vulnerabile e non al sicuro. Dopo quello che è
successo sta notte
Voi-Sapete-Chi, ma anche i suoi, sicuramente, indubbiamente si faranno
vivi.
Non può non vederlo.” Disse la
McGRanitt. Istintivamente,
gettò uno sguardo nella direzione di Piton. Non sospettava
di lui, non finché
Silente si fidava di lui, ma di certo, si muoveva tra i seguaci di
Voldemort ed
era a questi molto vicino.
“Molto nobile da parte tua, Minerva,
interessarti della nostra signorina Davies.” Disse Silente.
“E sicuramente,
nemmeno io desidero mettere una dei miei allievi in pericolo. La
signorina
Davies lascerà la scuola domani sera. Su questo non posso
essere transigente.
In ogni caso, non c’è luogo in cui possa essere
più al sicuro, se non ad
Hogwarts e, mi si permetta la presunzione, il più possibile
vicina a me.”
“Ma, Albus, io…” Stava per dire la McGranitt,
ma Silente
riprese quasi contemporaneamente a lei.
“Ma, nonostante tutto, lascerà il
castello. Severus l’accompagnerà al Quartier
Generale. Nessuno lo verrà a
sapere. Con lui, la ragazza sarà al sicuro. E poi, il
custode segreto sono io.”
Continuò il preside, sfiorando uno dei suoi delicati
strumenti d’argento. La McGranitt
restò
sorpresa.
“Non credere però, Minerva, che non ti
ritenga allo stesso modo adatta. Severus doveva comunque andare al
Quartier
Generale.” Disse Silente, guardando Piton.
Quest’ultimo fece segno d’assenso,
quasi a voler confermare quanto diceva il preside. “Come
direttrice della casa
di Grifondoro, spetterebbe a te, questo è vero, ma al
momento, né io e né tu
potremo lasciare il castello. Prevedo che il nostro inquisitore supremo
pretenderà
di interrogarci dettagliatamente su tutta la faccenda.”
Concluse.
“Ma certo.” Rispose la McGranitt,
sollevata.
”Vado a trattenere Dolores. Grazie, Severus.” Disse
la
McGranitt e lasciò
immediatamente l’ufficio.
La porta non aveva fatto in tempo a chiudersi
che già Silente aveva ripreso a passeggiare su e
giù, percorrendo l’ufficio a
grandi ma lenti passi. Rifletteva sul da farsi, cercava la soluzione al
problema, come Piton gli aveva visto fare spesso in momenti come quelli.
“Severus, avrò bisogno di te.” Disse e
parlarono a lungo per quella notte.
Il
giorno dopo,
a pranzo
Alla povera Ella saltò quasi il cuore in
gola quando il mattino seguente non trovò nella sala comune
i suoi cugini ed
Harry. Lei ed Hermione non furono informate di quanto era successo se
non dopo
colazione, che per altro non gustarono per nulla, vista la loro
preoccupazione.
Sapevano soltanto quello che in poco tempo si era sparso per tutta la
scuola: i
ragazzi Weasley ed Harry Potter avevano lasciato la scuola nel cuore
della
notte.
“Non riesco a pensare a niente di quello
che potrebbe essere successo.” Disse Hermione, giocando con
le patate arrosto
nel suo piatto, diventate ormai fredde. “Spero che stiano
tutti bene.”
Ella era invece più taciturna. Pensava ma
non riusciva a immaginare che cosa potesse spiegare
quell’improvvisa e
inaspettata assenza. Di certo non poteva essere nulla di buono. Cercava
di
trattenere qualche lacrima dovuta al nervosismo.
“Anche gli altri ragazzi nella sala
comune questa mattina facevano domande.” Continuò
Hermione, riferendosi a i
compagni di dormitorio di Harry e Ron, Seamus, Dean e Neville.
Ella non rispose. Di certo erano stati
portati via in fretta e furia, nel cuore della notte.
Rapidamente, gettò uno sguardo al tavolo
degli insegnanti. Silente stava mangiando tranquillamente. Forse stava
ascoltando qualcosa che il professor Vitious stava raccontando con
estrema
energia, evidente, nonostante la sua ridotta statura. La McGranitt
non c’era.
Forse era stata trattenuta dall’ennesimo interrogatorio della
Umbridge, per la
quale il fatto che
cinque studenti
fossero riusciti a scavalcarla e a lasciare Hogwarts senza che lei lo
sapesse
era a dir poco inconcepibile. “Qui
c’è
aria di complotto.” Aveva detto quella mattina, quando Ella
era stata convocata
nel suo ufficio. Per fortuna, c’erano prove evidenti del
fatto che lei non
poteva essere in alcun modo implicata nell’accaduto. La Mcgranitt
aveva perorato
il suo caso e la povera ragazza era stata lasciata andare senza troppe
cerimonie o eccessive ritrosie.
Era ancora presa dall’osservare il
gesticolare movimentato del professor Vitious che quasi non si accorse
dell’occhiolino che Silente le rivolse, non visto. Un sorriso
leggero sotto i
baffi bianchi del preside, la rincuorarono. Qualunque cosa fosse
successa, il
peggio era passato.
“Non riesco a mangiare!” sbottò
Hermione,
evidentemente frustrata e preoccupata. “Sono sicura che
è stata colpa di Ron.
Si mette sempre nei guai, e avrà trascinato Harry e i suoi
fratelli in qualche
disastro. Non può essere altrimenti. Si fosse trattato solo
di Harry, a
quest’ora gli altri sarebbero stati già
qui.”
“Hermione, stai tranquilla.” Disse Ella.
“Qualunque cosa sia, ci sarà già
qualcuno che se ne sta occupando.”
“Come fai a saperlo?” Le chiese Hermione.
Ella le disse che se nessuno le informava di qualcosa di grave, non
dovevano
perdere la calma.
“Ma tu stai per tornare da loro, tu
saprai che cosa è successo, tu sarai tranquilla mentre io
non potrò sapere
niente, nulla di nulla.” Aveva ragione. Nemmeno volendo, Ella
avrebbe potuto
scriverle tutto quanto, dopo esserne venuta a conoscenza. Silente aveva
detto
che la posta poteva essere intercettata.
“Non pensare sempre al peggio. Senti,
facciamo così.” Disse Ella, facendosi
più vicina perché nessuno sentisse.
“Quando sarò lì, con tutti gli altri,
ti scriverò una lettera.”
“Ma non puoi scrivermi tutto in una
lettera. Lo sappiamo che dobbiamo evitare di..” Stava dicendo
Hermione, ma Ella
le fece segno di non urlare e di ascoltarla.
“Lo so, non potrò
scriverti niente, niente di vero,
niente che ti aiuti a rassicurarti, ma una cosa posso farla. Se saranno
buone
notizie, le manderò con Edvige. In caso contrario,
userò Errold o Leotordo.”
Hermione non sembrava molto rassicurata.
“Non mi viene in mente nient’altro. Non
lo so, dimmi tu, trovami una soluzione.” Disse Ella, ma
un’eventuale risposta
di Hermione fu interrotta sul nascere dall’arrivo di una
terza persona
dall’andatura e dal profilo autoritario.
“Buongiorno, signorine.” La voce della
McGranitt era sempre affilata, qualunque fosse il momento della
giornata.
“Buongiorno, professoressa.” Dissero una
dopo l’altra Ella ed Hermione.
“Mi dispiace interrompervi, ma devo
chiedere alla signorina Davies di venire con me.”
Stranamente, il suo tono si
addolcì leggermente verso la fine della frase.
“Forse sarebbe meglio che vi salutaste
ora.” Continuò la McGranitt,
sottovoce. “Non credo ci sarà tempo poi per
scambiarvi gli auguri. Se avete
qualcosa da dirvi, questo è il momento.”
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo
di tacita intesa. Si salutarono, cercando di sembrare meno tese di
quanto non
fossero in realtà.
Ella si alzò, scoprendosi in quel momento
un po’ riluttante. Una sensazione di vuoto allo stomaco
l’attanagliò, mentre
seguiva la
McGranitt
fuori dalle accoglienti mura della sala grande.
Molti sguardi si voltarono verso di loro,
mentre percorrevano la lunga sala, fra cui vi erano quelli di molti
serpeverde.
Uscendo dalla sala, Ella quasi non andò a sbattere contro un
studente biondo,
alto e dinoccolato.
“Scusami, non volevo.” Disse, voltandosi
subito indietro per raggiungere la McGranitt.
Era stata così distratta, da non
accorgersi neanche che quel ragazzo, con cui per poco non si era
scontrata, era
Draco Malfoy.
Ella
seguì così la professoressa
McGranitt in silenzio, mentre percorrevano i tortuosi corridoi del
castello.
Sentì le voci allegre degli studenti di Hogwarts, eccitati
per l’imminente
ritorno a casa, affievolirsi sempre di più, mentre si
allontanavano dalla sala
grande. Il fatto di avere lasciato Hermione sola proprio
l’ultimo giorno, la
rattristò. Non era colpa sua, questo lo sapeva, ma era
comunque un pensiero
triste.
Si ricordò di quando, il primo giorno di
scuola, aveva vissuto una scena piuttosto simile. La McGranitt
avanti ed Ella
poco dietro di lei, tutte e due dirette verso l’ufficio della
professoressa. Le
mura e i corridoi del castello non le erano più sconosciuti.
Ora li vedeva con
sguardo diverso, non ne era più intimorita.
La destinazione, tuttavia, era ora
diversa.
La professoressa McGranitt infatti non la
guidò verso il suo ufficio, ma continuò ancora,
più in alto, al settimo piano,
fino a quando non giunsero di fronte alla statua di un gargoyle.
“Bonbon esplosivi.” Recitò la
professoressa McGranitt, ed Ella intuì che, per quanto
strano le potesse
sembrare, bonbon esplosivi doveva
senza dubbio essere la parola d’ordine. Subito, infatti, il
gargoyle si spostò,
liberando il passaggio attraverso una tortuosa scala a chiocciola.
“Puoi andare, signorina Davies.” Le disse
la
McGranitt,
indicandole gli scalini.
Ella fece come aveva detto, e poco
dopo, si ritrovò di fronte un’ampia
porta di legno scuro, finemente lavorata. Era un po’ incerta
sul da farsi. Non
che ci fossero molte opzioni: bussare ed entrare, bussare, attendere
una
risposta ed entrare, bussare e fuggire. Avrebbe bussato, sicuramente
era da lì
che avrebbe necessariamente dovuto iniziare. Si avvicinò
silenziosamente, col
braccio sollevato e la mano chiusa in un pugno. Stava per bussare alla
porta
quando, con sua grande sorpresa, questa si aprì con un
cigolio silenzioso, di
fronte a lei.
Un
ambiente diverso da tutti quelli che aveva visto nel resto del castello
le si
presentò dinnanzi. Si trattava di una stanza ovale molto
grande, molto
luminosa, con grandi finestre che permettevano al sole di entrarvi
facilmente.
Era arredata con mobili in legno di ciliegio sopra i quali vi erano
molti
oggetti strani dall’aria fragile.
Ella vi entrò piano, piano, in punta di
piedi.
Era davvero una bella stanza, pensò. Le
sarebbe piaciuto venirci più spesso. In particolare, erano
quei delicati
strumenti d’argento ad attrarre maggiormente la sua
attenzione. Si muovevano
continuamente, emettendo dei sibili molto flebili, come fruscii. In
particolare
uno di questi, la incuriosiva.
Aveva l’aspetto di un’antenna
televisiva dorata decisamente arzigogolata*** . Non era
bello a vedersi e sicuramente doveva essere molto delicato.
“È un sensore segreto.” Disse una voce,
rispondendo ai suoi dubbi.
Ella si voltò appena, il giusto per
vedere il volto sorridente di Silente che la osservava da dietro la sua
scrivania. Non l’aveva neanche notato.
“Mi scusi, professore.” Si affrettò a
dire Ella. “Non l’avevo vista.”
“Non c’è bisogno di scusarsi. La
curiosità non è un peccato, signorina
Davies.” Le rispose Silente, notando
l’imbarazzo della sua studentessa.
“Per altro, lo strumento che stavi
osservando, è sicuramente degno di attenzione. È
un detector oscuro che vibra quando capta
dissimulazioni e bugie***.
Mi è stato molto utile.” Continuò. “Ma vieni a sederti, signorina
Davies. Non c’è bisogno che resti
all’in piedi.”
Ella obbedì, senza dire una parola.
L’aura di rispetto e timore reverenziale che le suscitava
Silente, la
intimidiva.
Non appena si fu seduta di fronte a lui,
Silente riprese.
“Ti stai chiedendo, suppongo, signorina
Davies, che cosa ci fai nel mio ufficio. E, anche, ora che sai che
questo è il
mio ufficio, se avrai buone notizie del signor Potter e dei tuoi
cugini.”
Ella annuì appena, mentre sosteneva lo
sguardo luminoso del vecchio preside. I suoi occhi sembravano
così vivi, così
giovani, brillavano di una luce piena di energia. Da ultimo, si decise a rispondere.
“Sì.” Rispose. Istintivamente
guardò
verso il sensore segreto come se questo avesse dovuto vibrare per una
sua
eventuale bugia.
“So riconoscere un bugiardo da una
persona onesta, signorina Davies e tu non mi stai mentendo.”
Le disse Silente,
con dolcezza. “Quello che è successo sta notte, lo
saprai quando raggiungerai
il Quartier Generale questa sera. Stanno tutti bene, in caso te lo
stessi
chiedendo.”
“Grazie, professore. L’avevo immaginato.”
Rispose Ella, e Silente capì, e fu allora che sorrise, che
la ragazza si
riferiva a quanto era successo poco prima nella sala grande.
“Sono contento di vedere che possiamo
intenderci, signorina Davies. La parola, non è
l’unico linguaggio di cui
possiamo disporre fortunatamente.” Le disse Silente,
piacevolmente sorpreso.
“Ora, come dicevo prima, dovrai tornare al Quartier Generale,
a Londra, ma non
possiamo lasciare che tu vada con i mezzi tradizionali di cui
dispongono gli
altri studenti. Capisci quello che voglio dire, signorina
Davies?”
“Sì.” Rispose Ella, pensando che
certamente, il professore doveva aver pianificato già tutto.
Le stava parlando,
per metterla al corrente della sua decisione. Doveva lasciare Hogwarts
e
raggiungere il Quartier Generale incolume.
Ebbe la strana sensazione che il preside
potesse leggerle nella mente, perché le sorrise di nuovo, e
annuì con
espressione soddisfatta.
“Quando uscirai da qui, vai nei
sotterranei, nell'ufficio del professor Piton. Non preoccuparti dei tuoi effetti personali, sono già stati mandati al Quartier Generale. Aspetta che il professore arrivi e poi, sperando che la professoressa Umbridge
sia abbastanza
occupata, partirete.”
Quindi, pensò Ella, sarebbe stato Piton
ad accompagnarla fino a Londra.
“Sarebbe dovuto toccare alla
professoressa McGranitt, ma la sua presenza è purtroppo
richiesta qui. Anche se
non sei della sua casa, il professor Piton saprà cosa fare.” Continuò Silente, che ben
sapeva come Piton non fosse
particolarmente apprezzato dagli studenti, soprattutto da quelli di
Grifondoro.
"Hai qualche dubbio?” Le chiese, da
ultimo, Silente.
“No.”
Rispose Ella.
“Va bene. Ti prego solo, signorina
Davies,” Riprese Silente, con fare molto serio.
“ascolta quanto ti dice il
professor Piton e fai quanto ti chiede.”
“Lo farò, professore.” Disse Ella. Stava
quasi per non dire più nulla, quando, inaspettatamente si
sentì dire “Io mi fido
del professor Piton.”
Si vergognò un po’ di quanto aveva detto.
Arrossì un po’, ma, in fondo, era la verità.
Poteva non piacere a nessuno, e di certo non
si faceva ben volere dagli studenti, ma non le sembrava una persona
malvagia né
così viscida come erano solito dipingerlo gli altri. Era
Piton, prendere o
lasciare, e lei, in questo caso non poteva lasciare.
Silente aveva finito di darle le
direttive. La congedò, raccomandandole di non farsi notare
mentre scendeva giù
per i sotterranei, e finalmente, Ella uscì dal suo ufficio.
Non appena la porta
dell’ufficio si chiuse dietro di lei, Silente si
alzò e, con fare silenzioso, si avvicinò al tavolino su cui
era appoggiato il sensore segreto. Lo tastò, quasi a voler
essere sicuro di ciò
che stava pensando. Sotto la sua barba bianca, si poteva intravedere un
sorriso
divertito. Alle sue spalle, qualcuno si fece avanti, qualcuno che era
rimasto
fino a quel momento non visto.
“Il detector non vibra, Severus.”
To be
continued…
E
si, ce l’ho fatta^^. Da non credere ma ci
sono riuscita. Non credevo di farcela. Solo all’ultimo
momento sono riuscita a
capire come doveva finire la storia. Non è stato per niente
facile, lo devo
ammettere. Il capitolo è un po’ lunghetto, ma
spero che vi piaccia e che sia
scritto bene.
Come al solito, ci sono le varie citazioni
tratte dalla saga e contrassegnate dagli asterischi:
*Cap
21 L’occhio del Serpente;
**Cap22
L’ospedale San Mungo per malattie
e ferite magiche;
***Wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Oggetti_magici_di_Harry_Potter#Sensore_segreto
per
quanto riguarda le
informazioni sul sensore segreto.
Ringrazio la mia
mora, che come al solito è stata
gentilissima a commentare l’ultimo capitolo.
Aya88:
mora hai visto
che ci sono gli
intrallazzi? Vabbè che avevi letto in anteprima, ma
comunque, il triangolo c’è
sempre, o quasi. Ihihihih per quello che riguarda Piton, non te lo so
dire.
Forse ha visto che non c’era nessuno e allora ha tirato fuori
un po’ del
buonismo che si trova davvero nel fondo del suo carattere burbero. Poi
magari
c’è dell’altro ;) devo chiedere, e
chiederò. Grazie delle annotazioni.
Rileggerò con attenzione gli altri capitoli per vedere gli
errori immani che mi
sono sfuggiti. Che dire di più, mora, grazie davvero di
tutto. Un bacione
enorme, grazie.
Anche a chi non
ha avuto tempo di recensire. Purtroppo
capita. Quindi un saluto anche a Laila (cara, speor che la scuola non
ti abbia
inghiottita!!!) e a Hotaru_Tomoe ;).
Un grazie anche
a chi ha messo la storia tra le preferite:
1
- Elasia
2 - giada2000
3 - Jaden96
4 - L a i
l a
5 - lucre
Grazie
anche
a chi segue la storia: ma la mia moraaaaaaaaaaa, Aya88 ^^
E
a chi la
segue:
1
- Charme
2 - Engels
3 - Frenci_
4 - Hotaru_Tomoe
5 - Jaden96
6 - L a i
l a
7 - Ladyhawke25
8 - mapize
9 - Mary_House
Grazie ai
vecchi e ai nuovi^^. Alla prossima, sperando in un aggiornamento
più rapido.^^
Anche per oggi è tutto
storyteller
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