Vero come un Sogno

di Iurin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My life ***
Capitolo 2: *** La festa ***
Capitolo 3: *** Il concorso ***
Capitolo 4: *** E squillò il telefono ***
Capitolo 5: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 6: *** La trama ***
Capitolo 7: *** All'hotel ***
Capitolo 8: *** Johnny Depp ***
Capitolo 9: *** Per un pò di trucco ***
Capitolo 10: *** Pausa pranzo ***
Capitolo 11: *** Cena ***
Capitolo 12: *** Tulipani gialli ***
Capitolo 13: *** Vero come un sogno ***
Capitolo 14: *** Forse. ***



Capitolo 1
*** My life ***


“Davis!” mi fece l’insegnante di storia non appena entrai in classe “Finalmente sei quasi puntuale! Hai quindi finalmente deciso di unirti a noi comuni mortali?”
Tutti gli occhi dei miei compagni di classe vennero puntati su di me, facendomi diventare tutta rossa e facendomi sentire uno scarafaggio.
“Io…” mormorai “Credo di essere solo in ritardo di dieci minuti, ma…”
“Ma niente! Vai al tuo posto prima che ti metta una nota!”
“Agli ordini!”
E filai più veloce che potei al mio banco, posando la borsa con delicatezza per cercare di fare il meno rumore possibile.
Eccomi qua. Salve, sono Julia Davis, una comune ragazza perennemente in ritardo, come avrete sicuramente capito. Frequento l’ultimo anno di università e quello che avete appena conosciuto è il mio diabolico prof. di storia, il signor Krinkle o qualcosa del genere. Non sembra un nome da elfo? Ma comunque, bando alle ciance, ritengo che non sia opportuno annoiarvi con la mia lezione di storia e passare direttamente a quando suonò la campanella, perché c’è molto da raccontare, e il signor Krinkle non fa parte di questa piccola storia.
Insomma, quando la campanella suonò mi alzai come se avessi avuto le molle e filai fuori dalla classe per incontrare la mia amica Emma: ci conoscevamo dalle medie, ed eravamo ormai inseparabili, e nonostante il fatto che ci trovavamo in due classi diverse riuscivamo comunque a frequentarci con regolarità.
“Allora,” mi disse lei non appena ci salutammo “Che ti ha detto Krinkle stamattina?”
“Ma niente…” feci io vaga “le solite cosucce…anzi, oggi ha minacciato di mettermi una nota.”
“Uuh, allora è una cosa seria! Ti conviene regolarla di tanto in tanto quella tua maledetta sveglia!”
“Ma io mi sveglio in tempo tutti i giorni!”
“Sì, e quella volta che sei arrivata alla fine dell’ora?”
“Eh…lì sono arrivata in ritardo a causa di forze maggiori…”
“E cioè?”
“Ehm…” feci un po’ imbarazzata “In televisione c’era un’intervista di Johnny e…”
“Ah, allora è tutto chiaro.”
“Volevo guardarne un pezzetto piccolo piccolo, lo giuro, ma il tempo mi è sfuggito di mano, e allora patatrac.”
“Eh, capisco…come si fa a resistere, vero?”
“Io rimarrei incollata ai suoi occhi tutto il santo giorno…non è l’uomo perfetto?”
“A proposito dell’uomo perfetto, quando andiamo a vedere Public Enemies?”
“Non lo so, oggi devo lavorare…che ne dici di Domenica prossima?”
“Okay, non vedo l’ora!”
E detto questo ci separammo di nuovo, a meno che non volevo sentirmi rimproverata persino dalla professoressa Mitch, quella di italiano.
Tornai in classe euforica come non mai al solo pensiero di andare al cinema a vedere Johnny Depp.
“Mi sembro scema.” Pensai “Sono così contenta che tra un po’ svengo. Se lo incontro che faccio, muoio direttamente?”
L’unica cosa che mi dispiaceva era che avrei visto Public Enemies Domenica, e quel giorno era Mercoledì. Il punto era, come avevo detto ad Emma, che il pomeriggio lavoravo. Esatto, dopo la scuola, per 4 giorni a settimana, prestavo le mie grandissime abilità a preparare caffè e cappuccini vari nel bar più frequentato del centro, che era sempre zeppo di gente come i polli nel pollaio, e io tornavo sempre a casa stremata dalla punta dei piedi alla punta dei capelli, naturalmente dopo aver combinato qualche disastro come al solito. Mi ricordo di una volta che la macchina del caffè mi era esplosa in faccia: vi assicuro, è un’esperienza da non consigliare a nessuno, senza considerare che tutti i vestiti praticamente li avevo presi e buttati.
Quindi, come avrete capito, le mie giornate passavano così, tra tremendi giorni a scuola e tremendi giorni a lavoro; unica consolazione? I miei amici, con i quali ci vedevamo ogni weekend per sparlare di tutto e di tutti e divertirci come dei matti.
Insomma, alla fine di quella giornata iniziata con la ramanzina di Krinkle, tornai a casa stanchissima e mi buttai sul divano senza voler saperne niente di nessuno. Fino a quando, ovviamente, non mi squillò il telefono…
“Pronto?”
“Ohi bella, sono Jack.”
“Ciao, come ti va?”
“Alla grande e te?”
Jack era uno degli amici del mio gruppo, sempre pronto in imprese pazze: era lui quello che ci spronava ad andare da una parte e dall’altra. Certo, a volte le sue idee avevano un finale tragico, tipo quella volta che ci ha costretto a fare i gavettoni durante il mercato, e come conseguenza sono arrivati i vigili. Bella figura…ma comunque il nostro caro Jack non lo cambieremmo con nulla al mondo.
“Senti,” mi disse Jack “So che Domenica vai al cinema.”
“Sì…”
“E ci dai buca così? Per vedere quello là?”
“Ih! Sacrilegio!” gli urlai nella cornetta “Quello là?! Bada a come parli, bello!”
“Ok, ok, mi dichiaro colpevole.” disse.
“Ti perdono solo perché hai lo stesso nome di Sparrow.” Gli feci io “Ma in ogni caso non credo che la tua telefonata sia per avere la conferma di quello che faccio Domenica.”
“No, hai ragione.”
“E allora?”
“Stavo pensando…” disse Jack “Dato che ci darai buca che ne dici di incontrarci la sera?”
“Beh, per me va bene…”
“A casa tua?”
“A casa mia?”
“Sì, a casa tua.”
“Ok…” feci ignara di quello che Jack stava architettando.
“Perfetto!” esclamò “Vedrai che bello…”
“Vedrai che bello? Jack, che vuoi fare?”
“Io? Niente.”
“Sicuro?”
“Sicuro. Ma preparati perché ci divertiremo.”
“Ok, mi predispongo psicologicamente.”
“A presto, bella!”
Riattaccai il telefono e ripresi a spaparanzarmi sul divano, pensando a cosa volesse fare Jack, ma con tutta la stanchezza che avevo, pensare mi risultò così faticoso che mi addormentai quasi subito, manco avessi avuto il timer.

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Capitolo 2
*** La festa ***


La festa

“Oh mamma mia, non sto più nella pelle!” esclamai a Emma con gli occhi luccicanti.
“Sì, ho capito, è mezz’ora che lo ripeti!” mi fece lei “Però adesso calmati, ok?”
“Ma come posso calmarmi! Tra poco vedrò Public Enemies!” dissi “Non posso calmarmi!”
Emma sbuffò. Poveretta, la stavo assillando come una matta, eppure non riuscivo a stare ferma. L’adrenalina mi scorreva nelle vene e se non mi fossi sfogata parlando sicuramente sarei stramazzata al suolo.
Fortunatamente, comunque, l’ora era giunta, e così varcammo a braccetto le porte del cinema: aveva 16 sale, e in ben 9 di esse c’era Public Enemies! Eh, Johnny Depp colpisce sempre…ma sorprendendomi non c’era tutta quella gente ce credevo ci sarebbe stata essendo Domenica…beh, tanto meglio: così almeno era sicuro che non sarei finita agli ultimi posti della sala.
“Allora?” mi fece Emma sorridendo “Andiamo?”
“E me lo chiedi?”
Tra il mio gruppo di amici c’era solo Emma che era una fan sfegatata di Johnny quasi quanto me…e meno male, così almeno potevo assillare qualcuno senza che gli rompessi le cosiddette più di tanto!
Comprammo i biglietti e andammo finalmente nella sala. Il film iniziò poco dopo, e così potei vedere Johnny in tutto il suo splendore.
“Quant’è sexy con la mitragliatrice…” mi sussurrò Emma ad un certo punto nel buio della sala, ed io in estasi risposi:
“Sì…anche l’arma che tiene in mano però non guasta.”
Ci guardammo per un secondo negli occhi e scoppiammo a ridere come due sceme, causando oltretutto i richiami di un vecchietto che era seduto dietro a noi:
“Ma come! Quelli là si stanno ammazzando e voi ridete?”
“Ci scusi!” dicemmo io e Emma in coro con le lacrime agli occhi.
È inutile dirlo: film stupendo, attore stupendo, storia stupenda…insomma non mi era piaciuto per niente, eh?
Quando le luci si riaccesero e i titoli di coda apparvero sullo schermo quasi non volevo alzarmi per non interrompere l’attimo di magia in cui mi trovavo, eppure dovevo per andarmene forza se non volevo accamparmi lì, quindi uscii dal cinema in compagnia della mia amica.
Appena fummo in strada, con mia grande sorpresa, mi ritrovai Jack a poca distanza in compagnia di Steve e di Mary …ovvero il resto del mio gruppo di amici!
“Che ci fate qui?” chiesi loro.
“Niente, passavamo di qua…” mi fece Steve con un leggero movimento delle spalle.
“Beh?” fece Mary “Com’era il film?”
“Una favola!” risposi con entusiasmo “Non capisco perché non siete venuti pure voi!”
“Eh…” fece Steve “Avevamo altro da fare…” E si scambiò un occhiata complice con Jack, cosa che mi insospettì non poco.
“Allora,” fece a quel punto Jack con un sorriso “Alle 7 a casa tua, ok?”
“Sissignore!” feci io militarmente e poi aggiunsi “Sperò di renderla presentabile per quando arrivate.”
“Oh, fossi in te la lascerei disordinata com’è.”
“Che?” esclamai “E perché? Che state tramando?”
“Non preoccuparti, Julia!” mi disse Emma “però fai come dice Jack, te lo consiglio…”
“Tu! Tu sai qualcosa! Voi state organizzando qualcosa! Perché non me lo dite? C’è la mia casa di mezzo!”
“A dopo bella!” fece Jack salutandomi con la mano, e dopodiché tutti i miei amici (Emma compresa) sparirono a razzo per evitare che io facessi altre domande.
“Guardate che mi arrabbio! E se mi arrabbio divento un leone!!” urlai loro da dietro, ma quelli ormai se n’erano già andati lasciandomi da sola come un cane – altro che leone…
Speravo almeno che non mi portassero a casa un tornado…

Mi correggo: quello che avvenne non fu un tornado, ma molto di più! Un uragano, un’alluvione, uno tsunami!
Ma andiamo per filo e per segno.
Ero tornata a casa piuttosto pensierosa dopo quello che mi avevano detto i miei amici, e così diedi solo una leggera sistemata, tanto per far vedere che non vivevo in una discarica.
Alle 7 in punto suonarono alla porta, e quando aprii la porta i miei amici mi si catapultarono praticamente addosso!
Jack aveva in mano uno stereo e una pila gigante di cd, Steve portava circa 3 cassette di birra, Mary alcune bottiglie di vino e i liquori e Emma una busta piena di patatine, salatini e pop-corn.
Caso strano iniziai a sospettare cosa avessero architettato tutti quanti.
“Non avrete mica intenzione di fare una festa qui, vero?”
“Noooo” fece Mary “Ma come ti viene in mente una cosa del genere!” e nel frattempo metteva il vino in frigo.
Jack intanto aveva già attaccato lo stereo e messo a palla un cd iniziando a muoversi come un indemoniato per tutto il salotto. Allora io a quel punto andai dove si trovava lui e spensi la musica.
“Ma che fai?” mi fece lui.
“Chi vi ha detto che qui si poteva fare una festa?” sbottai.
“Ma mica succede chissà che!” esclamò Steve.
“Sì infatti!” intervenne Mary “Ci siamo solo noi e un altro paio di persone!”
“E dai Jù!” insistette allora Emma “Da quant’è che non ti diverti di sana pianta?” la guardai negli occhi “Volevamo farti una sorpresa!”
“Davvero? A me?”
Tutti quanti annuirono con vigore e allora li osservai pensando che in fondo erano stati carini ad organizzare tutto quello solo per me…anche se comunque stavano abusando della mia casa.
“E va bene allora!” dissi “Ma niente casini!”
“Che il kraken ci mangi se combiniamo qualcosa!” rispose Emma.
La mia amica non finì neanche di parlare che suonarono alla porta…e la festa ebbe inizio!
Jack aveva riacceso lo stereo e si era messo a ballare con alcuni dei suoi amici che erano appena arrivati; io li conoscevo solo di vista, anche se sapevo come si chiamavano…insomma non è che ci frequentassimo molto, ma a me andava bene così, perché dai…è risaputo che lo scopo di una festa è anche quello di fare nuove amicizie! Mentre stavo appunto pensando questa cosa, il campanello suonò di nuovo e Mary andò ad aprire: non avevo idea di quanta gente potesse contenere il mio giardino! Era una vera e propria folla! Folla che naturalmente mi si riversò completamente dentro casa.
“Ma chi sono questi?” chiesi a Mary urlando a causa del volume della musica.
“Non lo so!” fece lei un po’ agitata. “Si dev’essere sparsa la voce!”
“Che cosa?”
“Devono aver saputo che qui c’è una festa!”
Quasi presa dal panico, mentre la mia casa veniva invasa da sconosciuti, mi aprii un varco tra le persone e raggiunsi Steve.
“Dobbiamo mandare via questa gente!” gli gridai.
“Come?”
“Dobbiamo manda…”
“Ho capito cos’hai detto! Intendo…perché?”
“Come perché! Ma chi li conosce!”
“E allora conosciamoli, no?”
E detto questo non mi lasciò neanche il tempo di formulare una risposta che lui era già sparito. Io allora mi girai intenta a trovare qualcun altro che mi desse un minimo d’ascolto, e praticamente dopo due secondi mi imbattei in Jack, il quale non appena mi vide mi porse una delle due bottiglie di birra che teneva in mano.
“Ehi bella!” mi disse “Ti diverti?”
“Per niente!” e presi la birra che mi aveva offerto.
“Perché mai?”
“E me lo chiedi? Dovevano essere solo un paio di persone, Jack!”
“Eddai bella, relax!”
“Sì, take it easy…” feci ironica, ma Jack continuò imperterrito:
“Esattamente, proprio così! Vedi che mi capisci? Quindi bevi qualcosa e divertiti, ok?”
Jack diede un bel sorso alla sua bottiglia e allora io lo imitai.
Quel sorso fu la mia rovina.
In poco tempo passai dalla birra a dei bei bicchieroni di vino che condividevo con estranei, e ben presto arrivai anche al rum.
Non mi ricordo bene cosa feci durante la festa…e sinceramente non voglio neanche saperlo per non dovermi scandalizzare di me stessa. Fatto sta, comunque, che alla fine ubriaca fradicia e stanca morta per aver ballato diverse ore senza fermarmi mai, caddi distesa sul letto – chissà com’ero riuscita ad arrivarci – in un sonno così profondo che chi mi avesse vista mi avrebbe scambiata per una che era appena svenuta.

Un commentino me lo fate?? =) =)

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Capitolo 3
*** Il concorso ***


Alice_in_Realityland: Wow! Riamngo io così (O.O) per le belle parola! xD Comunque mi hai convinta, và!, e ho deciso di postare un altro capitolo! Spero ti piaccia anche questo!!! =) Baci!!!

Il concorso

Avete mai preso una martellata in testa? Io sì…anche se figurativamente, perché infatti quando la mattina successiva mi svegliai, non riuscivo quasi a tenermi in piedi: mi sentivo completamente rimbecillita e guardandomi allo specchio quasi mi ero presa un colpo per la brutta faccia che avevo. Mi sembrava di aver dormito per giorni interi, mentre invece guardando l’orologio erano appena le 9 di mattina.
“Io a scuola oggi non ci vado…” pensai mentre mi dirigevo a passi lenti in salone.
Arrivata lo trovai completamente devastato: pezzi di patatine sparsi dappertutto, bottiglie vuote buttate a terra, uno dei divani rovesciato…ma che era passata? Una mandria di bufali pazzi?! Mi aggirai sconsolato in quello che un tempo era stato il mio salone, quando all’improvviso notai un biglietto attaccato alla porta di casa. Provai a leggerlo nonostante la vista annebbiata dal mal di testa; diceva:
Domani alle 10 veniamo a sistemarti tutto!
Jack, Steve, Mary, Emma.
“Giusto voi!” mormorai “Brutti…brutti…bah.”
Erano le nove e venti e io non avevo la benché minima intenzione di aspettarli pulendo, e così, per passare il tempo, me ne tornai nell’unica stanza rimasta intatta (cioè la mia camera) e accesi il computer. Presi a girovagare su internet alla ricerca, piuttosto annoiata, di qualche immagine o notizia di Johnny, quando all’improvviso un sito attirò la mia attenzione:

Vuoi avere una piccola parte nel prossimo film di Johnny Depp?


Oh porca puzzola…ma che daveeero? Mi stava per venire la tachicardia…

Allora partecipa al nostro concorso!
Potresti vincere ciò che tanto desideri!


Ah…un concorso…ah beh allora non c’era storia…da sfigata quale ero che probabilità avevo di vincere?
“Vabbè…” mi dissi comunque “partecipare non costa niente, no?”
E così feci quel benedetto concorso: abbinare alcune foto dei personaggi di Jo ai relativi titoli dei film…e poi incrociare le dita e pregare.
Avevo appena finito di partecipare inserendo il mio numero di cellulare e ciccando su OK quando suonarono alla porta.
Andai ad aprire strusciando i piedi a terra.
“Ciao bella!” mi disse Jack tutto pimpante “Uh mamma che brutta cera…”
“Ti senti bene?” mi chiese Emma.
“Niente di irrimediabile…” risposi.
Li feci entrare dentro casa.
“Mamma mia che casino…” commentò Steve.
“Bello eh?” feci.
“Ho la netta impressione,” constatò Mary “che ci metteremo molto tempo…”
“Beh accomodatevi pure,” dissi “non vi intralcio ulteriormente così…”
“Come cosa che?” fece Steve “non ci aiuti?”
“Io? Ma siete pazzi? Ho un mal di testa che tra un po’ mi esplode il cervello, e non mi reggo in piedi!”
“Eddai, per qualche birra! Pure io ho bevuto, sai?”
“Sì ma tu bevi in media quasi tutti i giorni, mentre io ero astemia! Astemia! Lo sai che vuol dire? E mi scolata non so quanta roba!”
Jack mi venne vicino e mi cinse le spalle con un braccio.
“Ma perché non ci sei stata attenta?” mi disse “Se lo sapevi…”
Abbassai gli occhi al pavimento polveroso e sporco e mormorai:
“Lo so ho fatto una scemata…ma tranquillo perché mi sono già punita da sola dato che sto da schifo.”
“E chi ti dice niente?”
Si allontanò per un secondo da me, ma tornò quasi subito con un sedia.
“Tu adesso ti siedi qua e non muovi un muscolo, ok?”
Mi sedetti.
“Ma Jack!” si lamentò Steve.
“Ma Jack un corno!” Fece lui risolutissimo “La festa l’abbiamo organizzata noi, no? E allora noi ripuliamo!” e poi aggiunse prendendo Steve per una manica “Avanti, aiutami a prendere le scope.”
Steve sbuffò, ma alla fine seguì l’amico e insieme sparirono dietro un angolo.
In questo modo rimanemmo da sole Mary, Emma ed io.
“Senti…” iniziò quasi subito a dire Mary “ci dispiace per i guai che ti abbiamo procurato…”
“E’ tutto ok, non ti preoccupare.” Risposi.
“Ma almeno sei riuscita a dormire?” mi chiese Emma.
“Più o meno…mi pare persino di aver sognato Krinkle…”
“E allora era un incubo!”
“Concordo compare…a dire il vero mi preoccupo per domani, dato che ce l’ho per le prime due ore e devo spiegare proprio a lui perché oggi non mi sono presentata a scuola…”
“E che gli dirai?” fece Mary sorridendo “Ubriacatura?”
“Eh, mi dovrò inventare per forza qualcosa,” risposi con un sospiro “sennò va a finire che passa tutto il tempo a farmi la lezione sulla storia dell’alcool e dei suoi numerosi effetti nocivi…”
“E stamattina,” fece Emma “tornando al discorso di prima, a che ora ti sei alzata? Non ti avremmo mica svegliata noi, spero…”
“Scherzi? Ero già sveglia da un pezzo.” E poi aggiunsi: “ho pure partecipato ad un concorso su Johnny!”
“Davvero?” esclamò Emma battendo le mani “E che si vince?”
Mary, a differenza di Emma le mani se le mise sulle orecchie e disse:
“Oddio no, ti prego! Basta con Johnny Depp!”
“Poveretta…” le disse Emma “Non sai proprio cosa ti perdi.”
“E invece lo so benissimo!” rispose “E non mi dispaccio più di tanto.”
“Iih!” esclamai mettendomi la mano davanti alla bocca “sacrilegio!!”
“oh andiamo!” fece Mary “ma come fa a piacervi?”
“Questa donna è completamente persa…” sentenziò saggiamente Emma “non si rende conto di quello che dice…”
“Vabbè, tanto non sono io quella che deve convincervi che è mooooolto meglio Leonardo Di Caprio.”
Io ed Emma ci guardammo con gli occhi sgranati per qualche secondo, dopo il quale io mi misi le braccia intorno alla pancia e cominciai a dire:
“Oddio…Leonardo Di Caprio…mi sento male…per favore, una sacchetto!”
E feci il verso di chi rimette. Emma iniziò a ridere.
“Ah-ah!” ironizzò Mary “ma che divertente giochi…” e si interruppe.
Io ed Emma la guardammo con un sorriso scaltro sulle labbra. Io mi alzai persino in piedi e dissi a Mary:
“Avanti, che stavi dicendo?”
“Niente!” rispose “Assolutamente niente!”
“Continua la frase, avanti!” la incalzò Emma.
“Che frase? Non ho detto assolutamente niente…”
“Lo sappiamo cosa stavi per dire!” fece Emma.
“Stavi per dire ma che divertente giochino!” dissi.
“Non è vero!” fece Mary.
“Sì che è vero!”
“E noi sappiamo bene chi è che dice questo, vero, Jù?” disse Emma.
“Ovviamente compare!”
E così insieme aprimmo le braccia davanti a Mary infuriata ed annunciammo a gran voce:
“Il Capitano Jack Sparrow!”
Ed iniziammo a ridere come due matte.
“Che ci trovate di così sbellicante?” ci chiese Mary a braccia conserte.
“Che tu dici tanto che non ti piace Johnny Depp…” feci io.
“…ma poi ti impari le sue battute a memoria!” concluse Emma.
“E le usi pure mentre parli!” aggiunsi.
“Questo non vuol dire proprio niente!” protestò Mary.
“Sì sì, come no…” fece Emma.
“Uffa!” disse esasperata Mary “con voi non si può proprio parlare!” e ci diede le spalle mettendosi a braccia conserte.
“Certo che certa gente si offende proprio per nulla, eh?” mi disse Emma ad alta voce per farsi sentire da Mary.
“come se poi avere una cotta per Johnny Depp fosse un crimine…” feci io.
“Già!”
“Sai che ti dico allora? Che se vinco il concorso non mi faccio neanche fare un autografo per lei dal suo tanto odiato Johnny!”
A quel punto allora Mary si girò di scatto guardandomi con un espressione interrogativa, la stessa che d’altronde era sul volto di Emma.
“Vuoi dire che…” iniziò Emma.
“…in palio c’è Johnny Depp?” finì Mary.
“Se magari!” eslcamai “Boom!!”
E immaginai quanto sarebbe bello se fosse stato veramente così…e pensai cose che non si possono scrivere!
“Ma che hai capito!” fece Mary “intendevo…insomma che si vince a quel concorso?”
“Una parte in un film con Johnny!” annunciai pomposa.
Emma fischiò. “Ma che figata!”
“Non dirlo a me!” dissi “Quando l’ho letto ci stavo per rimanere secca! Solo che…” feci allora “quante probabilità avrei? Insomma…ci saranno un sacco di altre ragazze e ragazzi di tutte le età che avranno partecipato!”
“Eddai, sei la solita pessimista!”
“No, sono realista.” Dissi “Una realista sfigata.”
“Madò…” disse allora Mary “pensa che bello che sarebbe.”
“Uh, io già mi faccio i film in testa…” feci sognante.
Steve e Jack tornarono proprio in quel momento con scope, aspirapolvere, secchio col mocio (pieno per giunta) e salviette e salviettine.
“Chi è che ha preso una botta in testa?” chiese Steve buttando scope e aspirapolvere a terra.
“Te, se non tratti meglio le mie cose!” ringhiai.
“Stava dicendo” intervenne Mary “che si stava facendo i film in testa.”
“E perché?” chiese Jack.
“Perché ha partecipato a un concorso…” disse Emma.
“…e come premio c’è una parte in un film con Johnny Depp!” esclamai.
“Ancora con quell’attore?” fece esasperato Jack.
“Aridaje…” mormorò Emma con gli occhi al cielo.
“Ma và, sarebbe fighissimo!” enfatizzò Steve, e poi impugnando una scopa a mò di spada si mise a duellare con un personaggio immaginario recitando: “Attento a te, Sparrow! Arriva il famigerato capitan Steve! Terrore dei sette mari!”
“Finalmente qualcuno che ci capisce!” ringraziò Emma.
“Ma guardate” disse allora Steve indicando Jack con un dito “che questo qua è solo geloso…”
“Geloso di Johnny?” chiese Mary.
“E perché?” domandai io, e Steve stava aprendo la bocca per darmi una risposta, quando Jack gli piombò addosso facendo ruzzolare entrambi sul divano ancora in piedi, con un stà zitto che gli uscì a fior di labbra.
“Ma che siete impazziti?!” fece Mary.
“Se ti piace tanto Steve perché non gli dai un bacietto invece di fare tutta ‘sta scenata?” dissi ridendo a Jack “E non mi sfondate i divani per i troppi traballamenti, mi raccomando.”
“Pazza!!” mi urlò Jack allibito spuntando da dietro lo schienale del divano.
Io gli feci una linguaccia, e come conseguenza iniziammo tutti a ridere spensieratamente; e tra una risata e l’altra mi chiedevo che cosa aveva voluto dire Steve con quell’affermazione sulla gelosia di Jack.

 

Mi raccomando commentate, eh? ;)

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Capitolo 4
*** E squillò il telefono ***


Ciao! Sono tornata con un altro capitolo!!

Ma prima i ringraziamenti:

JuliaSnape: Beh, grazie davvero per tutte le belle parole! Oltre al fatto, poi, che ti chiami come me! xD Anch'io adoro Johnny ed Alan (e si vede u.ù), due persone così diverse tra di loro ma che sono così...così....sbavvvvvv *-* xD Spero ti piaccia anche questo capitolo! Besos!!

 

E squillò il telefono

Dopo che Steve e Jack erano tornati ad avere un contegno decente, nessuno parlò più di quello che era appena accaduto, e così io mi risiedetti sulla mia sedia mentre gli altri impugnarono le scope.
Come se non bastasse ritornò il mal di testa; e dire che nel momento di ilarità di prima non ci avevo quasi più fatto caso, mentre in quel momento era tornato accompagnato oltretutto da fastidiosi giramenti di testa.
Le pulizie andavano avanti imperterrite, desiderosi com’erano i miei amici di portarle a termine il prima possibile; devo dire che per un certo verso ero anche stata fortunata, dato che tuttI quegli ‘ospiti’inaspettati oltre al salone mi avevano sporcato solo il bagno. Insomma, tra polveroni e cumuli di immondizia che si ammassavano come se in casa ci fosse stata una discarica, si fece l’una.
“Vi fermate a pranzo?” chiesi loro.
“Magari.” Mi risposero tutti.
“I piatti però io non la lavo.” Ci tenne a precisare Steve.
Misi su così un po’ d’acqua, e dato che praticamente i miei amici avevano sistemato tutto, mentre io mi sentivo decisamente meglio, apparecchiai sul piano rialzato che stava davanti all’angolo cottura e aspettai che l’acqua bollisse.
Quando fummo tutti seduti ed avevamo già iniziato a mangiare la pasta che avevo appena scolato, non la smettevo più di fare apprezzamenti sul lavoro che avevano fatto i miei amici…non avrei mai smesso di ringraziarli abbastanza.
“Pulito e splendente: è questo il mio motto.” Se ne uscì Emma imitando Mrs. Lovett.
Stavamo appunto finendo di mangiare quando all’improvviso mi squillò il cellulare.
“Pronto?” feci nell’apparecchio.
“Pronto salve,” mi rispose un uomo “Chiamo da Londra. Parlo con Julia Davis?”
“Sì, sono io.”
“Bene, la chiamo per comunicarle che lei ha vinto il nostro concorso.”
Aprii la bocca e a momenti mi sgusciarono gli occhi di fuori.
“Ma chi è?” mi chiese piano Mary, ma io le feci segno di non parlare.
“Io…io…”iniziai a balbettare “Davvero? Non è uno scherzo?”
“No no.”
“Ma ho partecipato solo stamattina. Come…”
“La scadenza era infatti era proprio oggi. L’estrazione invece è avvenuta…” fece una pausa “Esattamente un quarto d’ora fa.”
Non riuscivo a crederci…non riuscivo più neanche a parlare! Il respiro mi si stava quasi facendo affannoso…mi stavo praticamente sentendo male…
Steve si mise ad osservare tutte le mie reazioni e alla fine gli giunse l’illuminazione:
“Oddio ma che hai vinto il concorso?” mi fece allibito.
Io annuii tremando da quanto ero emozionata, e di conseguenza Emma iniziò ad urlare Evviva! mentre io le facevo segno di tacere perché la telefonata era tutt’altro che finita.
“Dovrei farle qualche domanda, su dati anagrafici eccetera…” mi disse all’improvviso l’uomo del telefono.
“O-ok, non c’è problema.” Risposi.
“Perfetto.” Fece “allora…lei è Julia Davis, nata a…?”
“Philadelphia. Stati Uniti.”
“Stati Uniti?” disse “Allora sbrighiamoci a concludere se no ci arriva una bolletta enorme…” e poi: “Data di nascita?”
“9 Novembre 1981.”
“Quindi ha…7 + 1= 8…27 anni?”
“Sì, esatto.”
“Bene, allora è proprio perfetta.”
“E perché?”
“Perché per la parte messa in palio in questo concorso non potrebbe andare bene né un sessantenne né un dodicenne. La sua fascia d’età va egregiamente.”
“Wow! E che parte sarebbe?”
I miei amici praticamente mi avevano accerchiato per sentire cosa diceva l’uomo.
“Non sono io che dovrà dirglielo. Ci penserà il signor Burton, credo.”
“Cosa?!” urlai al settimo cielo.
Dall’altra parte ci fu il silenzio. “Ehm…pronto?”
“Mi è quasi partito un timpano.” Mi disse.
“Ops. Scusi, ma sa…”
“Sì, lo posso immaginare.” Disse tranquillamente “Comunque. Stavamo dicendo…dov’è che vive?”
“A Camden. Vicino Philadelphia, appunto.”
“Bene…” disse con la voce di chi sta prendendo appunti “Può aspettare solo un secondo?”
“Certo!” risposi.
Sentii che poggiava il telefono sul tavolo…o insomma che lo aveva poggiato da qualche parte, e allora ebbi il tempo di parlare.
“A-avete sentito?” dissi.
“Credo che non ci sarebbero le parole adatte per descrivere una cosa del genere!” mi fece Steve.
“E’ meraviglioso! Stupendo! Splendido! Magnifico! Straordinario! Stupefacente!” disse Emma in estasi. “Vuoi altre parole?” concluse rivolta a Steve
.“Insomma incontrerai Johnny!” fece Mary “E te dicevi che eri una sfigata…”
“Sì, lo so!” feci con gli occhi da pazza “Io non riesco a crederci! È successo!”
“Ricordati che ci devi far fare gli autografi!” disse Steve.
Poi guardai Jack: non aveva ancora detto niente e sembrava molto pensieroso.
“E tu?” gli dissi appunto “Non apri bocca?”
Mi sorrise. “Sono felicissimo per te.”
Gli sorrisi anch’io, ma quel momento finì subito perché il tipo al telefono era tornato.
“Allora…” mi disse “Deve andare domani mattina ad un’agenzia di viaggi in Minneapolis Strett n°…59. Lì troverà un biglietto aereo già pagato e prenotato per lei.”
“Sul serio?”
“E per forza, sennò come fa?” e aggiunse “La partenza è programmata per dopodomani alle 10:45 all’aereoporto di Philadelphia in direzione Londra. Ora locale americana.”
“Così presto?”
“Dobbiamo attenerci al regolamento, signorina…Davis.” Aggiunse dopo un attimo di pausa, forse dopo aver letto i suoi appunti.
“E quanto durerà il mio soggiorno a Londra?” Chiesi allora.
“Er…aspetti un attimo.” Mi rispose poco prima di urlare a qualcun altro:
“Ehi Phil! Quant’è che dura il viaggio?”
“Non lo so.” Sentii rispondere in lontananza da un’altra voce “penso che Tim sia il più informato.”
“E dov’è ora?”
“Non ne ho idea…” rispose “Però guarda chi arriva: lui lo sa di sicuro.”
E di nuovo sentii l’uomo che mi aveva telefonato che diceva:
“Scusi, scusi… sa dov’è il signor Burton?”
“L’ho visto poco fa.” Rispose la persona che era appena sopraggiunta, una persona la cui voce mi sembrava estremamente familiare…e nel giro di un nanosecondo mi si accese la lampadina.
“Oh mio Dio!” bisbigliai ai miei amici che erano sempre in ascolto. “C’è Johnny!”
“Dovedove?” fece subito Emma con una voce da isterica.
“Dove vuoi che sia? Al telefono!”
“E che dice?” chiese Steve “Allora?”
“Ma non sta parlando con me!”
“Aaaaaah…” fecero tutti quanti rilassandosi.
Nel frattempo Johnny aveva ripreso a parlare:
“L’ho lasciato al catering. Dovrebbe essere ancora lì.”
Dopodiché non sentii più nulla.
“Evidentemente il mio informatissimo interlocutore ha avuto la mia medesima reazione davanti a Johnny…” pensai “Ovvero lo svenimento.”
E invece no! Il tizio tornò dopo pochissimo a parlare:
“Signorina Davis?”
“Ci sono, ci sono.” Lo rassicurai.
“Allora, il viaggio dura esattamente cinque giorni.”
“Cinque giorni?”
“Cinque giorni.”
Cinque giorni con Johnny! Meraviglia delle meraviglie!
“Ok…allora…arrivederci…” E misi giù il telefono.
Per tutto il giorno non smisi mai di sorridere; sorridevo talmente tanto che certe volte mi faceva persino male la mascella. Tutto, da quel momento in poi, mi sembrava più solare, più allegro, più magico.
Il mio sogno si stava finalmente realizzando.

 

Commentate, mi racomando, eh? xD ;)

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Capitolo 5
*** Il giorno dopo ***


Olè!!!
Ariecchime, gente!!!! Grazie mille per le recensioni!!!!

ciu92: Eh lo so.....è la frustazione delle fanfic...le cose grandiose accadono solo nella fantasia!! Eh vabbè, che tocca fà....per lo meno immaginare non ci è vietato, no? xD spero ti piaccia anche quest'altro capitolo! A presto!!! ;)

JuliaSnape: Ahahahaha grazie mille per i complimenti!!! Sono contenta che pensi che scriva bene! Mi sale l'autostima a mille! xD xD Credo che il prossimo capitolo ti piacerà!! Aspetto un commento, poi, eh?? Ahahahah Buona lettura!

 

Il giorno dopo

Quando il professor Krinkle entrò in classe io ero già seduta compostamente al mio posto. All’inizio non si accorse nemmeno della mia presenza, ma non appena ebbe poggiato la sua borsa sulla cattedra, mi notò.
“Davis?” Disse fingendo incredulità “Adesso posso morire in pace.”
Aprì la borsa e tirò fuori dei libri.
“Oh, anch’io sono contenta di vederla.” Gli feci sorridendo.
“Perché non prendi l’abitudine di arrivare sempre a quest’ora?” mi chiese senza guardarmi.
“Ma poi si cadrebbe nel monotono e rimpiangerebbe quei momenti in cui io irrompevo con baldanza dalla porta…”
Krinkle appoggiò le mani sulla cattedra e mi guardò scettico.
“Sei insolitamente felice oggi?”
Se la mettiamo che quella notte non avevo dormito neanche 5 minuti per quanto ero euforica…direi di sì, ero ‘insolitamente felice’. Comunque, tornando a noi, non diedi alcuna risposta a Krinkle, perché in classe stavano arrivando i miei compagni per seguire la lezione.
Dopo che suonò la seconda campanella Krinkle iniziò a fare l’appello, e quando arrivò al mio nome (cioè quasi subito), mi chiese:
“Come mai ieri non c’eri, Davis?”
Ok…era il momento fatidico…e risposi:
“Ieri non mi sentivo molto bene.”
Il che era vero in fondo.
“E che avevi?” continuò Krinkle “Tosse? Raffreddore? Influenza? Febbre?”
“Avevo l’influenza!” risposi in fretta anche per farlo smettere.
“E tra ieri e oggi ti è già passata?”
“Eh…sa come sono questa influenza passeggere…la mattina ti rendono peggio di uno zerbino e il pomeriggio invece ti andrebbe di scalare l’Everest.” Feci spallucce “A me è capitata una di queste.”
Krinkle accettò la mia storiella e continuò l’appello, per poi iniziare la sua noiosissima lezione. E così, dopo un’ora e mezza che già pensavo ai fatti miei senza ascoltare Krinkle per nulla, la campanella suonò. Mi stavo appunto per catapultare in corridoio, quando Krinkle, che quel giorno devo dire era particolarmente loquace, mi fermò:
“Vieni, Davis.”
Mi avvicinai quindi alla cattedra.
“Volevo dirti” iniziò “che spero proprio che adesso ti metta a studiare di sana pianta. Non so se a te risulta, ma nella mia materia sei piuttosto carente.” Uuuuh che baaaarba! “Quindi ti consiglio di superare il compito di venerdì, se non vuoi disastrare ulteriormente la tua situazione.”
Che?! Un compito?!
“Scusi ma…devo aver capito male…venerdì ci sarebbe un che cosa?”
“Hai capito benissimo, invece.” Rispose acido “L’ho programmato proprio ieri.” Prese in mano la borsa “A venerdì, Davis.” E se ne andò.
In quel momento solo una parola risuonava nel mio cervello: cavoli…
Cavoli, cavolacci e cavoletti di Bruxelles…ma, non fraintendetemi; non è che avevo paura del compito…o almeno non troppa. Il punto era che io venerdì stavo a Londra da Johnny!
Uscii in corridoio pensierosa, e come era d’abitudine, incontrai Emma.
“Allora?” fece lei “Che mi dici?”
“Uh?” mormorai riscuotendomi dai miei pensieri “Krinkle ha fissato un compito per venerdì.”
Lei come risposta mi fece un sorriso grandissimo. “E allora?” disse “Tanto tu stai a Londra! Che problema c’è?”
“Che problema c’è?! Proprio il fatto che sto a Londra!”
“Non ti seguo più…”
“Insomma…” ammisi “Krinkle oggi ci ha tenuto a dirmi che c’era il compito…cioè, mi ha avvertito! Non ha fatto come al solito che se ne frega e se uno arriva a scuola senza sapere che c’è una verifica lui gli ride in faccia! È stato gentile…sì, beh…sempre col suo solito modo di fare piuttosto acido, però…è stato gentile.” Praticamente mi stavo facendo i complessi.
“Dio Jù…” mi disse Emma “Che vorresti fare? Rinunciare ad un viaggio gratis fino a Londra, incontrando Johnny per di più, per venire qui a scervellarti su un barboso e difficile compito di storia?” e continuò: “Stiamo parlando di Johnny Depp! Non del bonazzo di turno! Johnny Depp! Rammenti? Un uomo affascinante che ti piace da quando avevi tredici anni?”
Emma era praticamente sconvolta…
“Uffa!” feci all’improvviso “Possibile che proprio oggi Krinkle doveva fare così? Perché! Perché! Mi odia quello lì, mi odia!
“Secondo me,” disse lei “quell’uomo ha la capacità di leggere nel pensiero…ha visto che dovevi andare da Johnny e si è comportato così.” Io guardai dietro Emma e vidi in lontananza proprio l’uomo in questione che si avvicinava camminando “è un rompipalle, ecco cos’è! Krinkle è un grandissimo rompipa…”
Le tappai la bocca appena in tempo, proprio nel medesimo istante in cui il professore ci passò affianco. Fortunatamente però lui era tutto intento a leggere un libro, e così non si accorse nemmeno di noi o di quello di cui stavamo parlando.
“Grazie.” Sussurrò Emma non appena la liberai della mia stretta.
“Di niente.” E poi aggiunsi “Allora, che devo fare?”
“Assolutamente niente…te ne vai tutta felice e contenta a Londra senza pensare a Krinkle o simili.”
“E se poi lui pensa che ho fatto sega?”
“Julia, tu-sei-impossibile! Se proprio ti vengono i sensi di colpa allora parlaci.”
“Con chi?”
“Con mio nonno!” esclamò “Con Krinkle, no?”
“Non c’è un’altra opzione?”
“Oggi pomeriggio vai all’agenzia di viaggi e dici ti telefonare al signor Burton dicendo che non se ne fa nulla e che rinunci a Johnny.” E poi: “A te la scelta.”
Risultato? Alla fine dell’intervallo ero davanti alla sala professori.

Bussai alla porta un po’ tremando, ma dato che nessuno mi rispondeva, entrai.
Krinkle era seduto su una sedia e stava leggendo con molta attenzione un libro, forse lo stesso con cui l’avevo visto in mano poche ore prima. C’era solo lui nella sala professori.
Krinkle alzò gli occhi dal libro e mi guardò.
“Davis?” fece sorpreso “Non hai lezione adesso?”
“Ehm sì.” Risposi “Sapevo però che era a quest’ora che lei ha buco, quindi…e poi la prof è sempre in ritardo.”
“E cosa c’entra?” disse “Anche se la tua insegnante ha problemi di puntualità, ciò non ti astiene dall’essere al tuo posto, cioè in classe.”
“Mamma mia che acido.” Pensai seduta stante “Assomiglia un sacco a…a…” E poi esclamai come una pazza: “Piton!”
Krinkle alzò un sopracciglio…per di più nella maniera identica in cui lo faceva il mio prof di pozioni preferito!
“Ti senti bene, Davis?” mi chiese.
La nuova scoperta che avevo appena fatto mi invoglio a dialogare con Krinkle molto più di prima, e così iniziai:
“Volevo parlarle, prof.”
“Ah sì?” Fece Krinkle chiudendo il libro “E di cosa?”
“Ehm…del compito di venerdì.”
“Non ho intenzione di posticiparlo, se è questo che mi vuoi chiedere.”
“No no! Non sono venuta per quello! Il fatto è che…” feci un bel respiro “penso di non venire a scuola venerdì.”
“ ‘Pensi’ ?”
“Cioè…è sicuro che non ci vengo.”
“Ah davvero?” disse tranquillo “Quindi nonostante nella mia materia, come ti ho già detto, sei carente, perseveri nel…fregartene, come dite voi ragazzi.”
“Non è che me ne frego, professore!” controbattei “Se no non sarei qui a parlare con lei, no?”
“Sì, è vero.” Ammise allora “E potrei sapere perché non verrai?” chiese con gentilezza ironica.
“Allora, beh…parto.”
“Parti.”
“Già”
“E dove vai?”
“A Londra.”
“Davvero?”
“Sì.”
“In inverno tu te ne vai a Londra…” commentò scettico “Considerando che persino d’estate piove sempre…l’inverno deve essere la stagione ideale, vero?”
“Per caso…e dico per caso…non mi crede?” feci con un sorriso, ma Krinkle mi chiese:
“E questo viaggio quando l’hai organizzato? Tra un’influenza e l’altra?”
Calò il silenzio.
Ok…era chiaro che non mi credeva…o che fingeva di non credermi…o che s’imponeva di non credermi…vabbè insomma avete capito.
“Mamma mia…” pensai “Questo qua a Piton è proprio uguale.” E poi, sempre a mente: “Antipatico.”
A quel punto, però, mi dissi anche che tanto ormai avevo fatto trenta, e allora potevo anche fare trentuno.
“Guardi che è vero!” sbottai “Ho vinto un concorso e vado a Londra per avere una parte in un film!”
Lui alzò di nuovo il sopracciglio. “Ma davvero?”
Io incrociai le braccia al petto. “E’ la verità.”
“E di che film si tratterebbe?”
“Di un film con Johnny Depp!” feci fiera, ma dall’altra parte giunse solo un lungo silenzio…
“Johnny Depp?” disse infine Krinkle “Quel tizio con cui hai tappezzato il diario?”
Arrossii. “Praticamente sì.”
Krinkle si alzò dalla sedia su cui stava seduto e mi venne vicino.
“Beh, allora congratulazioni.” Ripose, e abbozzando un sorriso aggiunse “Sappi però che dovrai aspettarti una bella interrogazione a sorpresa.”
“Ma se me l’ha detto allora la cosiddetta ‘sorpresa’ non c’è più!” dissi contenta “Ma che peccato! E io che speravo tanto di prendere un bel 4…disdetta.”
“Fila in classe, Davis, prima che la tua insegnante ti dia per dispersa.” Fece Krinkle cambiando argomento.
Lui si rimise seduto sulla sedia e io risposi:
“Oh non si preoccupi…noi a lei l’abbiamo già data per dispersa da parecchio.”
Aprii la porta per uscire, e Krinkle, dal canto suo, riaprì il libro che stava leggendo.
“Buon viaggio comunque.” Mi disse lui poco prima che me ne andassi definitivamente.
“Grazie.”
E richiusi la porta della sala professori.
Così, dopo il mio colloquio con “Piton”, me ne andai in classe arrivando giusto dieci secondi prima dell’entrata in scena della prof di inglese.
La lezione passò come le altre, tra noiose cassette e domande a bruciapelo, e all’uscita mi incontrai – naturalmente – con Emma.
“Allora?” mi chiese “Tutto a posto con Krinkle?”
“Yes!” risposi.
“E l’ha presa bene?”
“Certo! O per lo meno…mi è sembrato così.” Risposi “Comunque ha detto che appena torno mi interroga.”
“Tipico di Krinkle.” Mi disse Emma.
“Hai mai pensato che assomiglia un sacco a Piton?”
“A chi?”
“Piton, ragazza, Piton! Rammenti? Pozioni? Harry Potter? Alan Rickman?”
“Oddio ti prego Jù, non iniziare pure con Piton…”
“Perché non ti piace, per caso?”
Emma allora mise la schiena drittissima, aprì il cappotto a mò di mantello e disse:
“Posso dirti senza sprecare il mio prezioso tempo a pensarci, che i miei sentimenti nei suoi riguardi si potrebbero esprimere con un aggettivo ricavabile dal rapporto che potrebbe esserci tra te e il preside…RACCAPRICCIANTE.”
Io scoppiai a ridere. “Una risposta alla Piton, non c’è dubbio.”
“E a me quindi dovrebbe piacere uno che parla così?” disse Emma “Tu sei fuori…”
La nostra intelligentissima conversazione non andò tanto oltre e così decidemmo di vederci nel pomeriggio per andare all’agenzia di viaggi. Emma intanto avrebbe chiamato il resto del gruppo per sapere se anche gli altri volevano accompagnarci.
“Ok, chiamali tu.” Le avevo detto io “Ma non vi mettete ad organizzare qualcosa tipo la festa sennò faccio un bel cruciatus a tutti quanti…ok?”
Alla fine, senza perdermi in troppi giri di parole, l’unica disposta ad accompagnarci fu Mary, e così ci incontrammo tutte e tre in piazza nel pomeriggio.
L’agenzia non era delle più grandi che io avessi mai visto, però era accogliente: le pareti erano dipinte di una calda tonalità d’arancione e mobili di legno arredavano la stanza. Dall’altro capo della porta da cui eravamo appena entrare c’era una scrivania piena zeppa di carte duetro la quale c’era una ragazza che lavorava al computer.
“Mi scusi.”
La ragazza mi guardò annoiata masticando una gomma a bocca aperta.
“Sé?”
“Ehm…ci dovrebbe essere un biglietto prenotato per me.”
“A che nome?”
Fece un palloncino con la gomma.
“Julia Davis..”
Lei si lanciò indietro con la sedia girevole e andò ad un tavolo dove, scansando carte su carte prese quello che sembrava il mio biglietto.
“Non è disgustoso?” mi disse Mary nel frattempo sottovoce.
“Cosa?” chiesi.
“Il modo in cui mastica la gomma…bleah!”
Non feci in tempo a risponderle perché la ragazza tornò da noi dicendo:
“Allora…biglietto per Londra, partenza domani alle undici meno un quarto della mattina.”
“Esattamente.”
“Quindi tu sei quella del concorso.” Mi disse lei ad un certo punto masticando sempre la sua solita gomma.
“Beh…sì, sono io.”
“Ah.”
E mi porse il biglietto con non troppa gentilezza.
“Sai,” continuò “pure io ho partecipato a quel concorso, ma non ho vinto proprio un bel niente.”
“Beh, mi dispia…”
“Secondo me in questo tipo di concorsi c’è tutto un fattore di…conoscenze.”
“Guarda,” s’intromise Emma “che lei” indicò me “non conosce proprio nessuno, perché 1) se conoscesse qualcuno non ci assillerebbe a tutti quanti ogni singolo istante della nostra vita e 2) se conoscesse qualcuno non avrebbe neanche dovuto partecipare a quel concorso! Johnny Depp e Tim Burton se li sarebbe trovati direttamente dentro casa!”
“…comprendi?” aggiunse Mary.
La ragazza si azzittì – smettendo persino di masticare –, io mi presi il mio biglietto, e Mary, Emma ed io uscimmo dall’agenzia a braccetto e sorridenti.

 

Commentiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii *fa occhi dolci*

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Capitolo 6
*** La trama ***


Ho già il capitolo pronto, quindi...perchè non postarlo?? xD

 

La trama

“Avanti muoviti!!” esclamai “Dai!!”
“Non mi urlare nelle orecchie!” mi rispose di rimando Steve “Non riesco a guidare, poi!”
“Ma è tardi! Tardi tardi tardi!”
“Sì ma è colpa tua!” mi esclamò Jack dal sedile posteriore, mentre io sbuffai, perché in fondo Jack c’aveva pure ragione: il giorno prima, dopo aver preso il biglietto all’agenzia di viaggi, avevo iniziato a svuotare tutto l’armadio per decidere qualcosa da mettermi. Volevo mostrarmi sofisticata, ma al tempo stesso non volevo sembrare una duchessa! E poi io mi vestivo molto sportiva (jeans e maglietta, ad esempio), però volevo avere quel tocco in più…non so se mi spiego…insomma, a farla breve, in valigia non c’avevo messo niente per quanto ero indecisa. Quella mattina invece mi ero alzata alle 7 dopo una notte passata quasi insonne per l’ansia.
Poco dopo venne persino a trovarmi Mary. Diceva che durante la mattinata aveva troppi impegni a lavoro e che non poteva accompagnarmi all’aeroporto, così era venuta per salutarmi. Dato che lei era la mia amica più chic la catapultai in camera mia per farle decidere cosa sarebbe stato meglio portarmi dietro e in ora e mezza, record dei record, la mia valigia era tutta assolutamente perfettamente completa!
Unico problema? Erano le 10:00. E per arrivare a Philadelphia ci voleva minimo un’ora, ovvero 15 minuti in più dell’orario di partenza del mio aereo per Londra. Steve, Jack e Emma mi stavano aspettando nella macchina di Steve già da mezz’ora, e io corsi fuori lanciando la valigia nel cofano e urlando di partire a razzo.
Perché, mi ripetevo, perché non sono mai puntuale? Adesso se perdo l’aereo salgo sul palazzo più alto e mi butto di sotto!
Steve stava già andando come una Ferrari sull’autostrada e io ogni 2 secondi gli dicevo di andare più veloce. Eravamo stati fortunati se non c’era scappato l’incidente. Stavo praticamente facendo diventare Steve un isterico: in quella macchina non si capiva più niente…io urlavo per dire, appunto, di sbrigarsi, Steve urlava per dirmi che non riusciva a guidare se gridavo, Jack urlava per farmi stare zitta, e Emma urlava per dirci a tutti e 3 di tacere.
Alla fine, non si sa come (forse anche beccandoci qualche multa…povero Steve) arrivammo all’aereoporto alle 10:37 precise. Per fortuna trovammo un parcheggio subito e uscimmo dalla macchina correndo come dei pazzi verso l’entrata dell’aereoporto.
“Un momento!” urlai quasi subito “La valigia!!”
Steve aprì la macchina a distanza, e Jack si fiondò a prendere la valigia per poi tornare con quel peso sulle spalle. Entrammo nell’aereoporto e con un salto di gioia vidi che il check-in era ancora aperto. Facemmo allora tutto quello che bisognava fare e solo in quel momento un altoparlante esclamò:
“Attenzione, prego: ultima chiamata per il volo 457856PHLND245 in direzione Londra.”
Presa quasi dal panico salutai velocemente i miei amici ringraziandoli tutti e tre e promettendo autografi su autografi e così corsi a perdifiato per non perdere l’aereo.
Quando finalmente salii a bordo pensai che ce l’avevo fatta davvero per un pelo, dato che dopo di me chiusero gli sportelli. Solo quando mi sedetti al mio posto, tirai un sospiro di sollievo e mi rilassai sprofondando nella poltrona.
Il volo sarebbe durato ben sei ore e mezza, quindi presi il mio mp3 e sulle note di Renato Zero presi a sognare ad occhi aperti.
Oh Julia, non finirò mai di ringraziare il cielo per averti fatto vincere quel concorso. ” Mi diceva Johnny nel mio sogno.
E perché, carissimo?” gli domandavo io.
Perché è grazie a quello che ti ho conosciuta! Sei la donna della mia vita!
Ok…forse stavo un po’ esagerando…ma comunque, mi dissi, anche il fatto che Johnny Depp, QUEL Johnny Depp mi dicesse un semplice ‘ciao’, andava molto bene, ma molto assai.
In conclusione, ascoltando il mio grande Renato Zero finì che…mi addormentai. Non so se fu lo stress, l’emozione, il fatto che non dormivo da due giorni, ma fatto sta che caddi in un piacevolissimo torpore.
Mi svegliai praticamente giusto mezz’ora prima dell’atterraggio.
Fuori dall’oblò era tutto buio: la notte a Londra era ormai sopraggiunta da un sacco di tempo, e io non ero affatto stanca, sia per il fatto che avevo dormito in aereo, sia sicuramente per il fatto che c’era un fuso orario mostruoso! Mettendo a posto l’orario dell’orologio erano infatti le 22:10! A casa mia sarebbero state circa le quattro del pomeriggio! Madò…scesi dall’aereo e non appena misi piede nell’aereoporto vero e proprio, mi sorse una domanda, una domanda cruciale: ma io adesso che caspita faccio? E già, perché fino a quel momento ero stata a pensare che avrei incontrato Tim, Johnny e compagnia bella, ma non avevo considerato che io non avevo idea di come arrivare all’hotel o in qualunque altro posto dovessi andare! Se avessi saputo l’indirizzo avrei potuto prendere un taxi, ma no! Niente! Ero completamente persa in una città straniera!
Fu tra questi spaventosi pensieri che recuperai la mia valigia, e non sapendo che accidenti fare o come comportarmi, uscii fuori. In un lampo mi tranquillizzai: c’era infatti una macchina nera, non una limousine, sarebbe stato troppo, insomma, c’era una bellissima mercedes nera, e davanti a quella un signore che reggeva un cartello: Davis. Mi diressi da lui.
“Ehm, salve.” Dissi “Chi Davis sta aspettando?”
“Julia Davis, signorina.”
“Bene, perché sono io!” annunciai con un sorriso, gesto che lui ricambiò.
“Bene, signorina Davis. Sono stato incaricato di portarla subito all’hotel.” Mi disse “Mi dia la valigia, prego, così la metto e nel cofano e possiamo andare.”
Gliela diedi, e lui con l’altra mano mi aprì lo sportello. Entrai nella macchina tranquillamente, e solo quando mi fui completamente seduta realizzai che nell’auto c’era già qualcun altro.
“Buona sera.” Mi disse gentilmente l’uomo che sedeva accanto a me: portava gli occhiali ed aveva una montagna di capelli ricci neri…
“Ah…ah…Tim…Burton?” dissi in un soffio…mi stava venendo la tachicardia (come mio solito, d’altronde):
“Proprio io. Mentre lei dev’essere Julia Davis, presumo.” Mi tese la mano “E un piacere conoscerla.”
“A-anche per me, non sa quanto!”
“E’ emozionata?”
“Si vede così tanto?”
Tim si fece una risata.
“Giusto un po’.” Rispose.
In quel momento l’uomo che stava mettendo la valigia nel cofano entrò in macchina e si mise al posto di guida, mettendo in moto e partendo all’istante.
“Allora,” disse Tim “come descritto nel concorso, Julia…posso chiamarla Julia, vero?” annuii “Bene, come descritto nel concorso ti verrà assegnata una parte. Certo, non sarà da protagonista, ma non è neanche da semplice comparsa…”
“Oh, a me andrebbe bene apparire anche per 5 secondi!”
“Perfetto allora! Passo a raccontarti la trama.” Tesi benissimo le orecchie “Johnny è il protagonista, è un gran signore del 1800 e giù di lì. È innamorato del personaggio che interpreta Helena, mia moglie, solo che il padre di Johnny, Alan Rickman, non vuole che i due si sposino per vari motivi. In più c’è anche un’altra persona che è innamorata di Helena, ovvero Brad Pitt, il che complica le cose. In sostanza, insomma, tu sarai un’amica di Helena a cui lei confida i suoi sentimenti e pensieri che riguardano Johnny eccetera eccetera.” E finì con un: “Tutto chiaro?”
Praticamente stavo guardando Tim con la bocca spalancata…tra un po’ mi usciva pure la bava…insomma!Oltre a Johnny avrei incontrato anche Helena Bonham Carter e Alan Rickman! Il mio Piton!! Sì, vabbè, c’era pure Brad Pitt, che la sua figura la fa, però…però…Johnny Depp e Alan Rickman, caspita!! Aprii il finestrino per far entrare un po’ d’aria dato che stavo per morire asfissiata dall’emozione…e mentre io dicevo a Tim che avevo capito tutto quello che lui mi aveva spiegato, la macchina si fermò davanti ad un hotel, l’hotel in cui da un momento all’altro avrei incontrato chi mi stava tanto a cuore.

 

Ogni commento è ben accetto! ;)

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Capitolo 7
*** All'hotel ***


Eccomi di nuovo qui!!!! =) =) =) =)

Passo subito a ringraziarvi:

Euridice Volturi: Grazie per i complimenti! Spero ti piaccia anche quast'altro capitolo! Tranquilla, non la abbandonerò!!! xD

JuliaSnape: Wow!! Grazie grazie grazie!! I tuoi commenti mi fanno sempre molto molto piacere!!! Spero continuerai a seguirmi! ;) Baciooooooo

 

All'hotel

Erano le dieci e mezza di sera, e pensavo che tutti gli altri avessero già cenato, dato l’orario.
“Certo che potevano pure organizzare il tutto in modo che arrivassi ad un’ora decente…” pensai, ma tanto mi contraddissi praticamente da sola un secondo dopo, rendendomi conto che io in fondo non avevo fame quasi per niente.
Tim fu molto gentile con me, infatti oltre ad avermi precedentemente accolto non appena ebbi messo piede sul suolo inglese, mi accompagnò a prendere la chiave della mia futura stanza (la 145) mentre nel frattempo mi spiegava:
“Credo che gli altri abbiano già mangiato” come pensavo “però posso presentarteli comunque.”
“Cioè…adesso? Subito?”
“Certo, perché no?” Mi guardò “Se sei stanca e vuoi andare in camera allora…”
Eeeeh bello! Io che me ne vado a dormire quando a pochi metri da me c’è Johnny? Mi conosci davvero poco…
“No no” risposi con un sorriso esagerato “adesso mi va benissimo.”
Tim allora incaricò un facchino di portarmi la valigia in camera e mi condusse in una stanza non tanto distante da dove eravamo: era una specie di salotto, dove la gente poteva stare in tranquillità a fare quello che più le garbava. Era molto, molto grande, pieno di finestre che avevano delle lunghe tende bianche; il pavimento era di parquet, lucido e scuro, molto elegante; disposti geometricamente invece c’erano dei tavolini attorno ai quali c’erano delle poltroncine lilla. In quel momento era quasi vuoto, non fosse stato per un gruppetto di persone sedute attorno ad uno dei tavolini: erano 5 persone, delle quali tutte e 5 di una certa notorietà…
Dico solo che mi brillavano gli occhi.
Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Dustin Hoffman, Brad Pitt e Leonardo di Caprio chiacchieravano tranquilli con dei drink in mano, e quando io e Tim entrammo nella sala tutti i loro occhi vennero puntati su di noi.
Non riuscivo a credere alla mia fortuna, solo che…e Jo? Porca zozza, ma dov’era?
“Tim!” esclamò Helena vedendo il marito, e si alzò venendo da noi.
Mi tremavano le gambe…
Helena baciò Tim su una guancia. “Allora? Com’è andata?”
“Beh, considerando che sono tutto intero direi che è andata bene.” E aggiunse: “Perché non lo chiedi a lei, comunque? È lei che è arrivata adesso, non io…” e sorridendo mi mise una mano dietro la schiena facendomi fare un passo avanti.
“Allora tu sei Julia!” esclamò Helena “posso darti del tu, non è vero?”
“Io…sì, assolutamente.”
Ci stringemmo la mano – e io ringraziai il cielo che la mia non fosse sudata.
“Allora?” riprese “Hai fame? Il ristorante non ha ancora chiuso…”
“Io…no, grazie. A dire il vero ho lo stomaco un po’ chiuso.”
“Sei emozionata?”
Chissà quante volte ancora me l’avrebbero chiesto.
“Posso essere sincera?”
“Certo.” Fece Tim “Spara.”
“Diciamo che qualcuno dovrebbe controllarmi costantemente, perché c’è il rischio che svenga da un momento all’altro.”
Helena rise, e mentre lei rideva i miei occhi saettarono al tavolino con gli altri attori. Tim molto probabilmente notò il mio sguardo, perché disse:
“Andiamo, Helena, presentiamola agli altri.”
E detto fatto Helena mi mise una mano sulla spalla e mi portò al tavolino.
“Avanti, Julia” mi dicevo mentre i miei occhi passavano febbrilmente da Alan a Dustin, a Brad, a Leonardo e poi di nuovo ad Alan “non morire proprio adesso. Non c’è neanche Johnny, diamine! Datti una calmata!” ma poi aggiunsi: “Come se fosse possibile…”
Mi sembrava di essere entrata nella mente di un’altra persona, come se tutto quello che vedevo stesse succedendo a qualcun altro, non a me…mi sentivo un fantasma, inconsistente, leggero, come se la mia mente fosse stata momentaneamente otturata con dell’ovatta.
“Vi presento Julia, ragazzi, la vincitrice del nostro concorso.” Annunciò Tim.
Quatto facce mi sorrisero educatamente.
“Molto piacere.” risposi.
“Da dove vieni?” mi chiese Di Caprio.
“Da una piccola città vicino Philadelphia, che non ha nulla a che fare con Londra, da quello che ho potuto vedere. Londra è molto più forte.”
“Sicuramente è anche molto più piovosa.” Commentò Dustin “Ieri ad esempio non ha smesso un secondo…che amarezza…fortuna che il set era al chiuso…”
“Per te, forse…” disse Alan “Io avevo una scena proprio sotto la pioggia. Mi si saranno fracicate pure le ossa!”
“Esagerato…” gli fece di rimando Dustin.
Io intanto tenevo i miei occhi puntati su Alan, cercando di sostituirgli, attraverso l’immaginazone, la cascata di capelli bianchi con una parrucca nera. Forse, anzi, sicuramente lo guardai troppo a lungo e con troppa concentrazione, perché Alan si guardò dietro le spalle per capire cosa stessi esaminando, e quando capì che era proprio lui la cosa che stavo osservando tanto spudoratamente, mi fissò negli occhi con aria interrogativa, e io, di tutta risposta, bam, svenni.

Aprii gli occhi di scatto ritrovandomi in un’ampia stanza illuminata flebilmente da alcune bajour. Ero distesa supina su un letto, e nella semioscurità in cui mi trovavo riuscii a distinguere i contorni di una persona.
“Oh, ti sei svegliata!” esclamò Helena vedendomi “non farlo mai più…ci hai fatto prendere un colpo!”
“Mi dispiace.” Mormorai in tono di scusa. “Ma l’avevo detto che dovevate tenermi d’occhio…” aggiunsi con un sorrisetto.
“Credevo stessi scherzando!”
“Avevo troppa tensione accumulata.” Risposi “Gli altri come l’hanno presa?”
“Oh beh,” fece Helena “ad Alan è quasi venuto un infarto, perché sei caduta proprio mentre lo guardavi; Dustin si è lanciato per prenderti, ma ti a mancata ed è caduto pure lui. Alla fine ti ha presa Tim, prima che piombassi a terra.”
“Credo proprio di dovermi scusare con tutti quanti…madò sono arrivata da nemmeno un’ora e già faccio macelli.” Dissi sconsolata “Ma comunque dov’è che mi troverei in questo momento?”
“Oh giusto…siamo nella tua stanza. Abbiamo pensato che fosse il luogo migliore in cui portarti.”
“Grazie.”
Helena si avvicinò e si sedette sul bordo del letto.
“Ma non è che per caso” fece con dolcezza “sei una fan di Alan?”
Arrossii. “Beh, no.” Risposi “Mi piace molto come attore, ma no, non sono una sua fan.” E poi aggiunsi prendendo ancora più colore: “In verità lo sono di Johnny.”
“Ah!” esclamò Helena “E dire che Johnny neanche c’era! Allora non preoccuparti: quando arriverà metteremo dei materassi tutt’intorno a voi, così puoi svenire tranquillamente!”
Io mi feci una risata.
“Ma a proposito” dissi poi “hai detto che Johnny deve ancora arrivare? Perché, dov’è?”
“Pensavo che Tim te l’avesse detto…comunque è in Francia, a casa sua, perché è il compleanno di Vanessa e non se l’è voluto perdere.”
Iih che diamine! Sempre quella Vaccacessa! Mi stava prendendo un attacco di gelosia acuta.
“Comunque è già da qualche giorno che è partito, e domani dovrebbe essere di ritorno.” Fece Helena.
Oh beh, niente di troppo allarmante, allora. Feci quindi un grande sorriso, che Helena ricambiò poco prima di alzarsi dal letto.
“Penso proprio” disse lei “che me ne tornerò in camera.” E dirigendosi verso la porta aggiunse: “Tu risposati, mi raccomando.” E con un sorriso: “E domani niente scherzi, eh?”
La tranquillizzai con una risata e Helena allora si congedò definitivamente.
Mi misi quindi sdraiata comodamente affondando la mia testa nel cuscino. Chiusi gli occhi, e con un lieve sorriso sulle labbra provai addormentarmi pensando ancora una volta a quanto fossi stata fortunata.

 

Mi raccomando recensite, eh?? ;) ;)

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Capitolo 8
*** Johnny Depp ***


JuliaSnape: Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeee *_* Che bello, che onore, che tu ti emozioni solo leggendomi! WaaaaaaaaaaaaaGrazie ancora!!!!

Euridice Volturi: Spero che anche questo capitolo sia soddisfacente! Baciiiiiiiiiiiiiii

 

Johnny Depp

La mattina dopo mi svegliai molto presto: saranno state più o meno le 7,e questo se ci ripenso mi sembra molto strano, perché, caspita!, ero in vacanza e mi svegliavo ad un ora del genere? Non era assolutamente una cosa da me. Quando mi svegliai però tutto questo mi sembrava assolutamente irrilevante perché in fondo volevo scendere e trovarmi tra gli attori il prima possibile. Fatto sta allora che mi feci una doccia rilassante e che mi preparai: capelli rigorosamente sciolti, scarpe con poco tacco, jeans neri aderenti e una camicia rossa molto ma molto carina.
Per la colazione il ristorante apriva alle sette e mezzo e io – miracolosamente – ero in perfetto orario, quindi mi ci avviai. Inutile dire che era enorme! Il pavimento lucidissimo era a piastrelli quadrate nere e bianche disposte obliquamente, mentre dal soffitto pendevano dei bellissimi lampadari a goccia. Sembravano di cristallo. I tavoli erano disposti meticolosamente e sul lato destro, proprio attaccata al muto c’era una grande…ma che dico, lunga…no rifiuto…estesa…tzé…abnorme tavolata piena di tutto il cibo che si potesse immaginare! Naturalmente quelle pietanza rappresentavano per lo più la tipica colazione inglese, con uova, pancetta eccetera, ma dato che quell’hotel era frequentato anche da stranieri, allora ecco cucina cinese, messicana e italiana! Praticamente sarei potuta rimanere lì tutto il santo giorno…
Il ristorante, comunque, era mezzo vuoto, e nonostante ispezionassi con gli occhi ogni cm², di Tim & co. non ce n’era traccia: erano presenti solo un signore che si riempiva il piatto al buffet, un’anziana coppia seduta ad un tavolo, una signora in poltrona e stop. Quattro gatti, per farla breve.
Mi avviai così al tavolo con in mano un piatto per riempirlo smisurato: uova strapazzate sul tost, tacos (sì, a colazione…), cornetto alla crema e nutella fritta…e poi avrei preso pure un cappuccino.
“Ha gusti internazionali, a quanto vedo.”
Mi girai verso l’uomo che aveva appena parlato, ovvero quello che, come me, riempiendo il piatto (che a proposito conteneva dolcetti assortiti) e a momenti non cadevo stecchita a terra: davanti a me, in attesa di una mia risposta, c’era lui! Lui! Johnny Depp! Mi stava venendo una vampata solo a guardarlo…jeans strappati, camicia annodata in vita…non potevo crederci…il mio idolo, l’uomo dei miei sogni, che stava lì, vicino a me!
E intanto, mentre mi facevo tutti questi bei pensierini, ero rimasta a bocca aperta e con gli occhi stralunati.
“Tutto bene?” mi chiese…con la sua bellissima voce!
“Io…sì…cioè…ehm…”
E all’improvviso l’espressione interrogativa sparì dal volto di Johnny, e le sue labbra si distesero in sorriso .
“Venga con me.” Mi disse allora.
“Con te io vengo pure in capo al mondo, mon cheri…” pensai sognante, ma non andammo affatto in capo al mondo, bensì ad un tavolo che stava a due passi da noi; ci sedemmo.
“Io so chi è lei.” Disse Johnny sorridendo.
“Ah sì?”
“Lei è Julia Davis.”
Alzai un sopracciglio. “E lei come fa a saperlo?”
“Diamoci del tu, vuole? Cioè, vuoi? Insomma, la gente può pure darmi del tu: non sono così vecchio. E se non lo sono io figuriamoci lei…tu.” E si toccò i baffi.
“Va bene…” dissi allora “E dimmi, come fai a sapere chi sono?”
“Beh…diciamo che Tim mi ha parlato di quando sei arrivata.”
“Ma io sono arrivata solo ieri…quando saresti arrivato tu?”
“Giusto un’ora fa, e Tim e Helena erano già in piedi, così mi hanno raccontato di te.” Fece una pausa “Hai avuto qualche effetto collaterale?”
“Come scusa?”
“Sì, giramenti di testa, nausea, rimbambimento….”
“Già sono abbastanza imbranata, ritardataria e imbarazzante…in certe occasioni…mi ci manca rimbambita e faccio bingo.”
Johnny fece una piccola risata.
“Però scusa…” chiesi “Effetti collaterali riguardo cosa?”
“Beh…Tim mi ha detto che ieri ti sei…emozionata un po’ troppo.”
“Le voci corrono…” mormorai arrossendo.
“Eddai, è una cosa normale! Capita a tutti!”
“Sì, certo…a te no, però!”
“E chi l’ha detto?” fece lui.
“Ti ci vedo proprio a svenire quando incontri qualcuno famoso!”
“Beh, non sono proprio svenuto…” disse “Però mi sono imbarazzato un sacco…pensa che un mio amico è il figlio di Keith Richards, e cacchio, lui è il mio idolo! Così il mio amico mi ha portato a casa sua per farmelo conoscere. E si dia il caso che il cuore mi stesse andando a mille…morale della favola? La vista mi si è annebbiata, sono caduto per le scale e sono atterrato proprio ai piedi di Keith.” Sorrise “Mi ricordo ancora con che faccia sorpresa mi guardava.” E aggiunse: “Almeno se svieni gli altri possono fare tutte le facce che vogliono senza che tu li veda!”
“Sì, ma adesso penseranno che sono una davvero strana!”
“E che c’entra adesso la stranezza? Al massimo sei un’emotiva.”
“Allora sono un’emotiva strana!”
“Esagerata…”
“Comunque non capisco una cosa.” Dissi allora “Anche se Tim ti ha detto che sono svenuta, non vedo come tu possa dedurne che Julia Davis sono proprio io…che c’ho scritto pericolo pubblico in fronte?”
“Ah ah!” fece lui “No no. Vedi, stamattina parlandomi di te…Helena mi ha detto che sei una mia fan” iniziai ad arrossire “e vedendo che faccia hai fatto quando ti ho rivolto la parola…beh, concluderai anche tu con quanta facilità sono arrivato a capire chi fossi!” concluse scherzando.
“Beh, complimenti Sherlock.” Dissi ormai più rossa di un pomodoro.
“Non preoccuparti, Tim mi ha anche detto che sei simpatica e gentile.” Fece Johnny “Anche se mi sa che si è dimenticato di dirmi che sei anche molto bella.”
Ok…a quel punto il mio colorito poteva lentamente avviarsi o verso la tonalità melanzana o verso il color lenzuolo per via di un altro svenimento…alla fine però mi stabilizzai (forse perché la mia faccia cercò di ottenere entrambi i colori) e tornai piuttosto normale.
“Beh, grazie…” Riuscii a dire dopo, ma non aggiunsi nient’altro, perché proprio in quel momento fecero la loro apparizione Brad Pitt e Loenardo di Caprio. Leonardo non appena ci vide ci sorrise, mentre Brad i fece un segno con la mano. Quest’ultimo sembrava piuttosto assonnato. Si diressero verso di noi e si sedettero al nostro tavolo.
“Come è andato il compleanno?” fece Leonardo a Johnny.
“Tutto bene…non abbiamo fatto niente di eccezionale, una piccola festicciola con i parenti.”
“E che le hai regalato?” Domandò Brad poco prima di sbadigliare.
“Un anello!” disse fiero Johnny.
Io spalancai gli occhi.
“Oddio…mica le avrà veramente chiesto di sposarlo!” pensai seduta stante, ma mi sbagliai, perché Brad aveva fatto la mia stessa domanda perché probabilmente anche a lui era venuto quel dubbio, e Johnny rispondendo aveva assicurato che non c’erano matrimoni in vista. Dopodiché Brad si alzò pigramente dalla sua sedia dicendo che sarebbe andato a prendersi qualcosa da mangiare.
“Sbaglio o mi sembra stanco?” chiese Johnny a Leonardo riferendosi a Brad.
“Non sembra…lo è. Anjelina l’ha tenuto sveglio la maggio parte del tempo…e poi poveraccio non è riuscito ad addormentarsi se non un’ora fa.”
“Le donne se non ti assillano ventiquattro ore al giorno non riescono a vivere.”
“Scusa?” feci intromettendomi e sia Johnny che Leonardo si voltarono verso di me.
“Si?” Chiese Johnny alzando entrambe le sopracciglia.
“Le donne non assillano proprio nessuno!”
“Sì invece! L’uomo non può starsene per un po’ da solo che viene subito bombardato da telefonate.”
“E te che ne sai?”
“Vanessa con me fa così! E pure Anjelina con Brad.”
“Magari loro sono a parte, no? Io ad esempio non assillo proprio nessuno.”
“Sei fidanzata?”
“Che c’entra adesso?”
“Dai rispondi.”
“No, non sono fidanzata.”
“E allora è ovvio che tu non assilli nessuno.”
Io allora mi voltai verso Leonardo per cercare un po’ d’appoggio, ma lui alzò tutte e due le mani al cielo dicendo: “Ah, io sono d’accordo con lui.”
“Ah!” dissi simulando un’arrabbiatura “Voi due non capite proprio niente!”
E sorrisi.
“Beh,” disse una voce dietro di me “dovrebbe far piacere ad un uomo di essere nei pensieri di chi ha lasciato a casa.”
Riconobbi subito la voce dell’uomo alle mie spalle e mi girai di scatto ritrovandomi Alan in piedi con un succo d’aranci in mano. Ripensai all’enorme figuraccia che avevo fatto la sera prima, ma riuscii a calmarmi e a non darlo a vedere.
“Visto?” Feci allora a Johnny e a Leonardo “Qualcuno qui capisce qualcosa!”
Johnny mi fece una boccaccia.
Il piccolo battibecco però non andò molto avanti, quindi non riuscii a convincerli del tutto che secondo me quello che stavano dicendo era assolutamente errato! Il motivo per cui ci interrompemmo era che aveva fatto la sa comparsa Tim, dicendo:
“Allora, avete finito di mangiare?”
“Beh, io non ho fame.” Ammise Leonardo.
“Io ho finito.” Disse Johnny.
“Io anche.” Risposi io.
“Io pure.” Aggiunse Alan.
“E io ho lo stomaco chiuso” disse Brad comparso all’improvviso “quindi lascio perdere.”
“bene, allora credo che possiamo avviarci.” Annunciò Tim.
“Ma gli altri non sono mica arrivati!” protestò Jo.
“Sono nell’atrio e hanno detto che non hanno fame, perciò…su su!”
Tutti si alzarono un po’ di malavoglia (tranne me, ovviamente, che non vedevo l’ora di fare qualcosa), e così uscimmo dal ristorante seguendo Tim.

 

Mi raccomando commentate, eh? XD

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Capitolo 9
*** Per un pò di trucco ***


JuliaSnape: Mia fedelissima!!! :D :D :D :D Abbiamo una bellissima cosa in comune: i film mentali!!! XD Io VIVO di film mentali!!! Ahahahah sennò dove le prendo le idee per le fanfic??? Grazie ancora per i tuoi commenti, mi fanno sempre tanto tanto piacere!! Un bacioneeeeeeeeeeeeeeeee

 

Per un pò di trucco

Effettivamente nell’atrio, come aveva detto Tim in precedenza, incontrammo il resto del gruppo, ovvero Dustin e Helena, che ci salutarono gentilmente. Dopodiché quasi subito uscimmo dall’hotel e salimmo nelle auto che ci stavano aspettando nel parcheggio: io andai insieme a Tim e ad Helena, Johnny e Brad in un’altra macchina, e Dustin, Alan e Leonardo in un’altra ancora. Le macchine erano davvero spaziose, perché infatti oltre ai due posti anteriori ce n’erano altri quatto di dietro posti due di fronte agli altri. Altro che la macchina di Steve, che per entrarci tutti dovevamo star seduti su una chiappa sola (che gergo raffinato, ragazzi…)! Comunque, tornando a noi, quando tutti ci fummo messi a nostro agio partimmo dirigendosi nella grandi strade londinesi. Guardai fuori dal finestrino e vidi l’auto in cui si trovava Johnny che camminava di fianco a noi. Mi misi a guardarlo sognante, mentre pensavo per l’ennesima volta che era troppo bello per essere vero, di trovarmi lì, insieme a lui…pensai anche a quando mi era presa la crisi per Krinkle e per il suo compito di storia…
“Chissà che avevo in quel momento!” mi dissi “Pazza io che ho pensato anche solo per un istante di privarmi di tutto questo ben di Dio!” e mentre pensavo, guardavo Johnny, il quale si voltò verso di me e vedendo che razza di faccia avevo – ci mancava poco che mi uscisse il filetto di bava dalla bocca – mi fece un grande sorriso e mi salutò con la mano, gesto dopo il quale io divenni tutta rossa e spostai la visuale davanti a me. Dovevo smetterla i fissare la gente…prima Alan, poi Johnny…e che caspita! Per fare qualcosa, allora, posi a Tim una domanda che mi balenava in mente dalla sera prima:
“Scusa Tim, ma…Dustin e Leonardo che parte hanno nel film?”
“Non te l’ho detto?” rispose Tim “Beh vedi, è semplice: Leonardo fa un amico di Johnny, un po’ come te per Helena, mentre Dustin fa suo padre.” E detto questo indicò la moglie che sedeva accanto a lui.
“Ok, tutto chiaro.” Feci, e affondai nel mio soffice sedile mettendomi le mani nel giaccone. Dopo un po’, comunque, la macchina iniziò ad andare abbastanza piano, poi rallentò ancora di più, e infine si fermò del tutto.
“Che succede?” chiese allora Helena all’autista.
“C’è traffico, signora.” Rispose lui.
“Bene!” Disse Tim “Ci mancava solo questa!” si guardò l’orologio “Adesso arriviamo in ritardo di sicuro!” e sbuffò, mentre io sorrisi tra me e me per la faccia buffa che aveva appena fatto.
“Perché dici che siamo in ritardo le 8 in fondo sono passate di poco.”
“Sì, ma volevo farti visitare il set, spiegarti come lavoriamo…”
“E che è, una visita turistica?” disse Helena.
“Ma scusa, quando le ricapita, sennò?...vero?”
Annuii con un sorriso. “in effetti non è che sia una cosa di tutti i giorni…andare sul set mentre sono tutti al lavoro…fico.”
Appena finii di pronunciare l’ultima parola della mia frase, lo sportello della macchina si aprì. Ma insomma eravamo in mezzo alla strada, ma che…? Beh, subito, non appena lo sportello finì di aprirsi, venne rivelata l’identità dell’intruso: Johnny! Il cuore iniziò a battermi fortissimo. Sorrise e si sedette accanto a me. Stavo per morire. Comunque, non appena Johnny ebbe chiuso lo sportello, proprio lui disse:
“Allora, che si racconta?”
“Che mi è quasi venuto un infarto pensando che fosse qualcuno che ci voleva ammazzare.” Rispose Tim.
“Sempre il solito catastrofico.”
“Realista, carissimo, realista. Te come lo definiresti uno che entra nelle macchine altrui mentre queste stanno in mezzo alla strada?”
“Sicuramente uno che si sta annoiando e che allora ha voluto fare una capatina da qualcuno!”
“E perché ti annoiavi?” chiesi “Bradi non ti garba?”
“Brad?” rispose Johnny “Beh, dato che si è addormentato non è che sia tutta questa compagnia…” e fece una risata che però cercò di reprimere, tentativo fallito miseramente, perché si sentì forte chiaro. La cosa mi incuriosì, e allora chiesi:
“Perché ridi?”
Johnny mi guardò facendo il finto tonto. “Uh?”
“Avanti, perché ridevi?”
“Chi, io?”
“No guarda…”
“Io non ho riso.”
“Oh sì invece.” Fece Tim.
“Anche se poi è venuto fuori una specie di brontolio…” aggiunse Helena.
“Allora si vede che è il mio stomaco…” Disse Johnny.
“Quest’uomo non lo capirò mai del tutto.” Commentò Tim, mentre Johnny invece se la rideva.
Alla fine, allora, quando arrivammo a destinazione, parcheggiammo in una grande area riservata appunto a chi lavorava al film. Tutte le macchine si fermarono abbastanza vicine e scendemmo. Io mi guardavo attorno ad occhi sgranati per captare la maggior parte di immagini possibili. All’improvviso però sentimmo qualcuno urlare dietro di noi:
“John Christopher Depp II!”
Tutti noi ci girammo verso il luogo di provenienza di quella voce e iniziammo tutti quanti a ridere come dei matti: Brad era appena sceso dalla macchina ed era…truccato! Aveva il rossetto, il fard e l’ombretto! Ci guardava stravolo e incavolato al massimo.
“Tu sei completamente pazzo!” Urlò in direzione di Johnny “Come ti sei permesso di farmi una cosa del genere!”
“Beh, lì c’era il beauty-case di Helena…” rispose Johnny facendo qualche passo indietro “E tu dormivi…”
“Sei morto!” dichiarò urlando Brad e iniziando a correre verso Johnny, il quale sempre ridendo iniziò a scappare inseguito da Brad.
Proprio in quel momento arrivò Alan, che vedendo quello strano spettacolino ci chiese interrogativo:
“Ma che sta succedendo?”
Ovviamente sia Tim che Helena che io eravamo presi da risate convulsive, e così, anche volendo, non riuscimmo a rispondere. Subito dopo la domanda di Mr. Rickman, comunque, arrivò Johnny di corsa e si nascose proprio dietro ad Alan urlando Aiuto!. Di conseguenza sopraggiunse all’istante Brado, che si pose davanti ad Alan dicendo:
“Ti spiace spostarti di qualche passo, Al? Devo uccidere quell’esserino lì dietro!”
Johnny rideva come un matto rannicchiato dietro la schiena di Alan, e anche se non emetteva nessun suono lo si capiva da come muoveva a scatti le spalle.
“Brad?” disse allora Alan a quello che aveva davanti; poi abbassò leggermente le palpebre e osservò Brad, che d’altronde iniziò a sentirsi piuttosto a disagio.
“Come pensavo.” Disse infine Alan “Dovresti utilizzare una tonalità di rossetto meno forte, perché sinceramente questa non ti dona per niente…”
Brad allora, stufo, si pulì la faccia al meglio con le mani, mentre Alan rideva e chiedeva a Johnny, che era uscito dal suo nascondiglio:
“Ma sei stato tu?”
“E ne vado fiero!” rispose Johnny.
Nel frattempo Tim, Helena ed io eravamo riusciti a calmarci, e così il regista disse prendendo finalmente fiato:
“Ok…adesso per favore Brad devi andare a darti una ripulita che la prima scena oggi ce l’hai tu…”
Brad allora iniziò a seguire Tim, fino a quando Johnny da dietro non esclamò:
“A dopo, Bradina!”
Brad si girò all’istante e stava appunto per ricominciare a inseguire Johnny, quando Tim lo bloccò per un braccio dicendo: “Andiamo, avanti!” e si trascino dietro il poveretto.
Anche io, finalmente, riuscii a calmarmi dopo aver riso per un’ultima volta dopo la battuta di Johnny, il quale mentre camminavamo, vedendo che stavo ridendo, mi fece l’occhiolino.

Quasi subito – dico quasi subito, perché Dustin e Leonardo, che avevano visto tutta la scena da lontano, continuarono a sghignazzare per un bel pezzo – l’atmosfera si calmò e tutti gli attori andarono a cambiarsi, mentre io a quel punto seguii Tim, che andò a parlare prima con alcuni tecnici e poi con lo scenografo, anche lui appena arrivato. Io per non essere troppo invadente mi tenni a distanza, e mi avvicinai a Tim solo quando rimase da solo.
“Allora…” dissi “Oggi che si fa?”
“Oggi…” rispose Tim “Puoi farmi da assistente, se ti va.”
Mi brillarono gli occhi.
“Io? Assistente? A te? Alla regia?” Battei le mani “Certo che mi va!”
“Bene allora!” disse Tim prendendo una sedia e mettendola accanto alla sua “Tu ti puoi mettere qui, vicino a me.”
Mi ci sedetti subito incrociando le gambe.
“E che devo fare?” Domandai euforica.
Tim mi guardò e dopo un attimo rispose:
“Uhm…non so…potresti portarmi un caffè quando te lo chiedo, sventolarmi quando te lo chiedo, magari farmi anche un massaggio alle spalle quando te lo chiedo.” E aggiunse: “Che ne dici?”
Io rimasi in silenzio per un momento e poi dissi seria:
“Insomma dovrei farti da schiava o cosa?”
“Beh, assistente suona meglio.”
“Stai scherzando…”
“Ma mia cara, certo che no!”
“Beh, mi rifiuto!” feci alzandomi dalla sedia.
“E allora la tua parte la faccio fare a qualcun altro.”
“Che? Scusa se te lo dico ma sei pazzo!...oppure sei ubriaco!”
“Sono sanissimo di mente e anche sobrio, grazie.” E sorrise tranquillo.
Cioè…ma quello era uno sporco ricatto! Che cosa diamine gli era saltato in mente! Non sapevo veramente che dire, perché questo suo comportamento mi aveva davvero preso alla sprovvista…e infatti non dissi niente, ma mi limitai a fissarlo.
“Sto scherzando.” Fece all’improvviso Tim.
“Come?” Dissi.
“Stavo scherzando, e tu ci sei cascata in pieno.”
Tirai un sospiro di sollievo. “Mi hai fatto prendere un colpo, lo sai? C’ho quasi creduto!”
“Dubiti di me, quindi?” Disse Tim mettendosi una mano sul petto all’altezza del cuore “Mi ferisci così, Julia…”
“Oh, ma smettila!” esclamai dandogli una botta sul braccio.
“Non mi picchiare Tim” disse all’improvviso una voce accanto a me “perché se si incavola poi si sfoga su di noi.”
Mi girai di lato e trovai Dustin, tutto vestito come un signore dell’Ottocento non troppo ricco: aveva dei pantaloni marroni, una camicia un po’ sgualcita ed un gilet anch’esso marrone.
“Non è vero,” protestò Tim a Dustin “non sono così crudele!”
“Ti devo rammentare cosa è successo una settimana fa?”
“Ma che c’entra! Eravate voi che facevate gli incapaci!” Disse Tim.
“Fammi stare zitto che è meglio…” Commentò Dustin con un sorriso.
Dopodiché prese una sedia e si sedette vicino a me. Praticamente io stavo tra lui e Tim.
Per un momento stemmo tutti zitti, ma poi Dustin si mise a fissarmi. Io facevo finta di niente, ma dato che lui continuava, gli chiesi:
“Ehm…qualcosa non va?”
“No, è che…” fece lui “Sbaglio o hai qualche tratto mediterraneo?”
“Oh sì!” spiegai io “Mia madre è italiana.”
“Davvero?”
“Sì, è di Roma.”
“Roma!” Esclamò Dustin “Dio che bella! Ci sono stato un paio di volte, e non smetterà mai di piacermi. L’Italia è magnifica, l’ho sempre detto.”
“Non pensavo ti piacesse così tanto.”
“Scherzi?” disse lui “Mi piace il paesaggio, la storia italiana, la gente italiana! Mi ci sono trovato benissimo ogni volta che ci sono andato…è così spontanea e allegra, con tante usanze e tradizioni anche quotidiane che mi divertono troppo.” E aggiunse “E poi pure in fatto di donne l’Italia non scherza, eh? Sublimi!”
Io mi feci una risata, e poi sentii una voce dietro di me:
“Cos’è Dustin, ci provi con la nostra giovane mezza-italiana?”
Abbassai la testa all’indietro e mi ritrovai Johnny con le mani appoggiate alla spalliera della mia sedia.
“Sono felicemente sposato e con dei figli, grazie.” Rispose Dustin a Johnny. “E poi ti pare che lei si filerebbe un vecchietto come me?” Aggiunse scherzando.
“Maddai!” feci io. “chissà invece quanto sono quelle che cadono ai tuoi piedi.”
“Sì certo, come no!” Disse lui “Magari succedeva un secolo e due fa! Però scommetto che come cadi tu ai piedi di qualcuno non ci cade nessuno!” E rise, mentre io divenni un pochino rossa.
“Ma che dici!” Feci io.
“Eh…dico che se Alan ci provasse…” E mi guardò con uno sguardo strano ma allo stesso tempo divertito.
“Ma ti pare!!” esclamai subito.
“Sì, ma infatti!” Fece all’improvviso Johnny, sempre dietro di me. “Non lo sai che lei è una mia fan?” Mi abbracciò da dietro di slancio, senza alcun preavviso. “E guai a chi me la tocca!” E detto questo mi stampò un bacio sulla guancia.
Inutile dire che mi pietrificai all’istante. Insomma…Johnny mi aveva appena baciata sulla guancia!! Da non crederci…altro che svenimenti! Qui da un momento all’altro morivo d’infarto! Dio Santo…non scherzo quando dico che tutto il mio corpo si era immobilizzato: le braccia erano rigide all’inverosimile e il mio sguardo rimase per qualche istante ficco nel vuoto, fino a quando ovviamente Johnny non staccò le sue mani dal mio busto. E per fortuna che lui si trovava alle mie spalle, perché così nel mentre in cui lui faceva il giro delle sedie per venire di fronte a me, io ero riuscita a riprendermi quasi del tutto…a parte naturalmente che la pelle d’oca che mi era venuta non accennava ad andarsene…
Johnny era vestito, al contrario di Dustin, come un signore molto ricco, in un bel completo scuro di sera, con tanto di tuba e bastone.
“Sembri Paperon de’ Paperoni.” Gli dissi io.
“Vero?” Mi disse Tim “Gliel’avevo fatto notare anch’io.”
“Non è vero che gli somiglio!” Esclamò Johnny.
“S^, invece!” Dissi io “Andiamo…hai pure le ghette!”
“E allora?” Fece Johnny “Io sono un signore di gran classe, non un tirchio mostruoso.” E si mise in posa con la testa alta e il bastone piantato in terra davanti a sé.
“Eh…” Feci io guardandolo “Willy Wonka è sempre in agguato.”
“Come?” chiese Johnny.
“Ti sei appena comportato nella stessa maniera orgogliosa di Willy Wonka.” Sorrisi, mentre Johnny invece, sorprendendomi, fece una faccia assolutamente spaventata.
“Che c’è?” Domandai preoccupata.
“Non devo fare Willy Wonka! Non posso fare Willy Wonka!” Esclamò “In questo film Wonka non c’entra un piffero!”
E Tim, completando quello che probabilmente avrebbe voluto dire Johnny, mi sussurrò:
“Oddio l’hai messo in crisi.”
Ma bene! Bravissima Julia, complimenti vivissimi! Mettere in crisi Johnny Depp…mi ci mancava solo questo! E che caspita…chissà quanto tempo c’ha messo per creare il suo personaggio e io giel’avevo smontato così…paragonandolo ad un altro che probabilmente…anzi, sicuramente…l’unica cosa che avevano in comune era la postura! Cretina che non sono altro!
Come avrete capito questi erano i pensieri che mi tormentavano in quel momento, mentre davanti a me Johnny si disperava con le mani nei capelli (il suo cappello era caduto per terra).
Ad un certo punto, però, la bocca di Johnny si distese in un sorriso, e mentre raccoglieva la tuba, vedendo la mia faccia preoccupata, disse sistemandosi il cappello in testa:
“Ci sei cascata.”
Rimasi a bocca aperta. “Ma possibile che tutti qui dentro hanno l’hobby di prendermi in giro?!”
“Sarà che hai una faccia da imbranata?” Fece Johnny piegando la schiena in avanti e portando il suo viso all’altezza del mio.”
“Forse stavo imitando la tua, di faccia.” Feci con gli occhi ridotti a due fessure.
“O forse…” Aggiunse lui saccente “questo è solo un infantile tentativo di mascherare l’evidenza.”
“Rimangiatelo.”
“Neanche per sogno.” Sorrise, e allora io a quel punto gli strappai in bastone di mano ed alzandomi in piedi dissi:
“Ti conviene rimangiarti quello che hai detto, altrimenti questo coso te lo ritroveresti in un posto abbastanza delicato!” e gli puntai la mia arma contro.
Johnny allora alzò le mani al cielo e disse falsamente intimorito:
“Va bene, va bene, mia signora! Chiedo umilmente il vostro perdono!”
“Accordato.” Risposi io restituendogli il bastone. “Ma solo perché mi state simpatico, sia chiaro.”
“…sì, certo, come no.” Aggiunsi però mentalmente.
Johnny allora si riprese il bastone e mi ringraziò congiungendo le mani, come suo solito.
Proprio allora, comunque, vidi che dietro di Johnny si stava avvicinando Brad, e allora Tim si alzò dalla sua sedia invitando Johnny a prepararsi per iniziare, date che anche Brad era pronto. Evidentemente, pensai, Johnny e Brad dovevano recitare una scena insieme. Nel frattempo Dustin si era allontanato per infrattarsi da qualche parte a ripassare il copione, mentre al posto suo, accanto a me, si sedette Leonardo, che era sopraggiunto da poco, vestito semplicemente con pantaloni neri e camicia bianca.
“Ma salve.” Mi disse Leonardo. “Quanto tempo che non ci vediamo, vero?”
“Troppo, eh?”
“Ti stai divertendo?”
“Tantissimo.” Risposi. “Siete tutti così gentili e simpatici…mi trovo benissimo con voi.”
“Beh, anche tu la tua dose di brio ce l’hai, eh?”
“Non mi lamento.”
“Beh, calcola che da quando sei arrivata, anche se è un tempo relativamente breve, ogni singolo istante si è movimentato tantissimo.”
“Beh, spero in meglio, almeno.”
“E me lo chiedi?” Disse Leonardo “Guarda Johnny, ad esempio, che se n’è uscito truccando Brad mentre dormiva…l’hai contagiato in una maniera assurda!” E aggiunse: “Prima mica era così, te lo posso assicurare.”
“Maddai?” Dissi sorpresa rivolgendo il mio sguardo verso Johnny che si stava posizionando sul set per recitare insieme a Brad.
“Giuro!” Concluse Leonardo.
Insomma Johnny da quando ero arrivata io aveva iniziato a sbizzarrirsi? Se vabbè, ma ti pare! Però Leonardo me l’aveva assicurato…wow non credevo di poter avere così tanta influenza…roba da non crederci…mi stavo fumentando troppo al solo pensarci! Mamma mia…
Oh, beh, a quel punto, allontanandomi da tutti i miei pensieri, mi concentrai su Johnny, che aveva iniziato a recitare.
Non c’erano parole per descrivere la sua bravura…dovete immaginarci che in sostanza era rimasto in silenzio pensando tra sé e sé, e non appena Tim aveva pronunciato azione aveva acquistato una nuova luce negli occhi…se era praticamente trasformato. Io ero lì e lo guardavo: era Johnny, con la sua faccia, la sua voce, il suo corpo – e qui i miei pensieri volarono lontano – però allo stesso tempo non era lui, capito? Aveva modi di fare differenti…sembrava quasi che persino la mentalità fosse proprio la sua, proprio di Johnny, e non quella del suo personaggio, vedendo quanto recitava bene! Incredibile…ero praticamente estasiata, con il mento poggiato sulla mano in un atteggiamento di vera contemplazione.
Nella scena che stavano girando, comunque, c’erano Johnny e Brad, entrambi che si contendevano l’amore di Helena, che appunto litigavano parlando di chi avrebbe avuto più possibilità di conquistare la donna che amavano. Devo dire che il comportamento di Brad sembrava quasi autentico…forse era per il fatto che accanirsi su Johnny gli risultava molto facile dopo lo scherzetto del trucco? Mah…difficile dirlo, eh? Io proporrei per un sì, poi chissà…
Comunque, a farla breve, rimasi tutto il tempo a guardare quello spettacolo troppo…troppo tutto! L’ho già detto che non ci sono parole per descriverlo? Vabbè, fatto sa che solo quando Tim gridò stop! io riuscii a svegliarmi dal coma, intenzionata sempre più a godere di ogni singolo istante che mi era stato così generosamente donato.

Ovviamente grazie a chiunque mi stia leggendo! ;) Baciiiiiiiiiiiiiiii

 

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Capitolo 10
*** Pausa pranzo ***


I'M BACK!!!
Ovviamente accompagnata da un nuovo capitolo!!!!

JuliaSnape: Tranquilla, ormai qui dentro c'ho fatto il callo!!! Ovunque mi giro c'è gente che si definisce pazza, ma la cosa mi va benissimo, dato che lo sono anch'io! Ahahahahah Vabò sono sempre davvero contenta che i miei capitoli ti piacciano e che ti facciano sognare ^^ e anche se le cose non possono accadere davvero...perchè non immaginarsele? Come dice Renato Zero: E' la fantasia che apre tutte le porte.... ;) Un bacione, bella!!!

 

Pausa pranzo

Tutti gli attori davano il meglio di sé nelle loro performance, e anche se non venivano girate le scene tutte in successione, io rimanevo a bocca aperta anche senza sapere per niente il filo logico di tutta la storia. Vennero fatte diverse scene, ma la più interessante fu quella tra Alan e Johnny, e non per il loro contenuto, ma bensì per quello che successe. Praticamente c’era Alan che stava parlando normalmente dando voce al suo personaggio, quando ad un certo punto si blocca. Non dice nulla e si guarda intorno. Dopodiché si abbassa si colpo gesticolando a mezz’aria.
Io guardai Johnny interrogativa, chiedendogli con gli occhi che cosa stesse succedendo, ma lui non sapeva che rispondermi e fece spallucce.
“Beh?!” Fece allora Tim.
“C’era un vespa.” Affermò Alan.
“Dove?” chiese il regista.
“Era qui, che mi gironzolava intorno.”
“Io non vedo niente.”
“E che ti devo dire, se ne sarà andata…”
Tim allora tornò al suo posto e si riprese a girare dall’inizio. Alan stava appunto ripetendo la stessa battuta di prima quando si bloccò di nuovo sventolandosi di fronte al naso.
“Oddio, di nuovo?” fece Tim.
Alan non rispose, ma si prese il fazzoletto dal taschino e lo sventolò davanti a sé, facendolo finire sulla faccia di Johnny.
“Questa…cavolo…di vespa…”
Effettivamente ci accorgemmo tutti che la vespa c’era eccome! E pure bella grossa! Johnny si allontanò di qualche passò per evitare ulteriori fazzolettate e lasciò Alan intento a combattere con l’insettone, quando ad un certo punto il lottatore fece una faccia stralunata urlando dolorante:
“AH! Cazzo!”
E si portò le mani al sedere. Era alquanto inevitabile capire che cosa fosse realmente successo, così tutti quanti ci precipitammo da Alan chiedendo:
“Oddio, ma che ti ha punto? Come stai? Ti fa male? Tutto bene?” e ogni altro tipo di domanda, mentre il diretto interessato ci guardava afflitto, intanto che con voce rotta ripeteva:
“Brutta bastarda…”
Tim trovò opportuno interrompere le riprese ed anticipare di un quarto d’ora la pausa pranzo, mentre Alan con passo molto zoppicante, sempre con una mano sul sedere, si dirigeva verso il suo camerino per farsi un impacco di ghiaccio contro il gonfiore…Poveretto!
Comunque allora, noi rimanenti, ci dirigemmo ai tavoli imbanditi da un catering per il pranzo. Io fui una delle prime ad arrivare, e notai che mi aveva preceduto un signore sulla trentina, che già si stava servendo di un bel piatto di pasta fredda. Aveva i capelli molto neri, la carnagione chiara e portava degli occhiali da vista che nascondevano gli occhi di un azzurro intenso. No nappena arrivò anche Tim, lui lo salutò gentilmente e io riconobbi la sua voce.
“Lei non è il signore che mi aveva chiamato al telefono? Chiesi.
Lui sembrò cadere dalle nuvole e mi disse:
“Ehm, non credo di afferrare.”
Gli tesi la mano, mentre con l’altra tenevo un bicchiere di coca cola. “Sono Julia Davis, piacere.”
L’uomo si ricordò chi fossi e mi fece un grande sorriso. “Oh sì, adesso mi torna in mente.” Mi strinse la mano. “Sono Matt Hale, e sì, ci siamo parlati al telefono.”
“Il suo timpano sta bene dopo il mio urlo esagerato?” Feci sorridendo.
“Beh,” fece Matt “credo che prossimamente mi toccherà andare a comprare uno di quegli apparecchi acustici, ma a parte questo è tutto a posto. E lui invece?” mi chiese dopo un secondo “Come sta? Si è ambientata?”
“Alla perfezione! Non sarebbe potuta andare meglio, o quasi.”
“Perché ‘quasi’?”
“Beh, ho fatto una bellissima figura svenendo davanti a tutti…però nel complesso ci siamo.”
Matt mi fece un sorriso d’incoraggiamento e io mi guardai intorno non sapendo ancora cosa rispondergli, quando improvvisamente incontrai gli occhi di Johnny che a qualche metro di distanza mi stavano fissando. Non appena i nostri sguardi s’incrociarono Johnny abbassò il suo e prese a caso una forchetta dal tavolo…nonostante nel suo piatto ce ne fosse già una. Inoltre, nel prendere quest’altra posata, fece cadere il barattolo in cui stavano tutte le forchette. Questo suo gesto un po’ impacciato mi fece sorridere compiaciuta, e Matt, forse incoraggiato da quel sorriso che credeva rivolto a se stesso, riprese a parlare:
“Guarda, può capitare a tutti, soprattutto se ci sono nelle vicinanze persone di cui si è fan. Lei rientra nella categoria?”
“Direi proprio di sì.”
“E allora non si preoccupi, è una cosa del tutto normale. E poi da quanto ho potuto notare dai meandri dell’ufficio in cui son rinchiuso ho notato che tutti le stanno intorno con simpatia, non guardandola come se fosse pazza.”
Pensai a quando Johnny mi aveva abbracciata e pensai anche al fatto che in quel momento Matt mi stesse osservando nascosto dietro una finestra. Che dovevo pensare? Optai nel cambiare discorso:
“E nei meandri del suo ufficio cos’è che fa esattamente?”
“Bah…” rispose lui. “Roba noiosa: compilo moduli di richiesta per i materiali edili, o cancelleria o quanto può servire. Parlo con le ditte di consegna se ci sono cambiamenti e cose così.”
“Dev’essere una palla.”
“Lo è. Ma mi da quanto basta per vivere, e mi accontento.” E aggiunse: “devo essere grato al signor Burton se ho questo lavoro.”
Bevvi un sorso di coca cola. “E come mai proprio a Tim?”
“Io sono il figlio di un vecchio amico di liceo di Burton.”
“Ah-ah! Un raccomandato!”
Matt rise e rispose:
“Eh sì, perché il mio è un lavoro a cui ambiscono in molti, devo dire…”
“Vabbè, che c’entra…” Feci con un gesto della mano.
“E comunque tanto per la cronaca io il mio lavoro lo mantengo perché sono bravo.” E si mise con le mani all’altezza del bavero della giacca, in una posa da padrone del mondo che sa di essere un grande.
“Mi perdoni sua altezza se ho dubitato per un istante di lei.” Risposi con un inchino.
In quel momento comparve vicino a me Tim, e il comportamento di Matt cambiò tutto d’un tratto, atteggiandosi stavolta come un umile servitore…forse poteva sembrare un po’ un lecchino, ma secondo me questa era solo una conseguenza alla gratitudine che provava per Tim.
Proprio Tim, comunque, prese allora a dire a Matt:
“Ehi Matt, come stai?”
“Meravigliosamente, signor Burton, grazie.” Rispose lui educatamente.
“Posso presentarti Julia Davis?” Fece Tim mettendomi una mano sulla spalla.
“Ci siamo presentati già, Tim, grazie…abbiamo anche chiacchierato un po’.” Dissi io.
“Ah sì?” Matt annuì “Allora potremmo darle quella cosa, non credi, Matt?”
Matt on cambiò espressione, perché evidentemente non aveva afferrato.”
“Quale cosa?!” Esclamai a quel punto io più curiosa che mai.”
“Matt, quella cosa!”
Matt non si sa come stavolta capì al volo, allora guardando Tim complice e facendo una faccia che aveva lo scopo di tenermi ulteriormente sulle spine, disse:
“Ma ceeeeeeeeeerto! Quella cosa!”
“Ma quale cosa, si può sapere?!” Esclamai con le mani tra i capelli, Tim però non mi rispose, e così guardai Matt supplicante, ma quello se ne stava già andando…e andandosene passò accanto a Johnny, che aveva ancora il piatto con le cose da mangiare intatte, e proprio Johnny, mentre Matt passava, lo squadrò, serio, cosa di cui Matt non si accorse assolutamente. Io sorrisi tra me e me facendomi chissà quali film in testa.
Dato che comunque io ero rimasta da sola con Tim, non potevo ignorarlo pensando a tutte le mie impossibili fantasie, quindi gli chiesi tornando curiosa come prima:
“Allora, mi vuoi spiegare o no cosa sta succedendo?”
Tim mi rispose facendo il vago:
“Mmmh…lo vedrai.”
Ok…era evidente che non sarei riuscita in nessun caso a scucirgli qualcosa di bocca, neanche sotto tortura.
“Forse potrei fare un po’ la smorfiosa maliziosa e cavargli una confessione…” pensai, ma scartai subito l’idea, anche perché non ne sarei stata capace…e soprattutto perché c’era Helena lì accanto a me, quindi…
Insomma non c’era altra soluzione se non aspettare, ma per fortuna l’attesa fu relativamente corta, dal momento che già dopo soltanto un paio di minuti Matt ricomparve in lontana e si avvicinò a noi con passo svelto. Quando si fece più vicino vidi che in mano teneva una mano abbastanza rigonfia e anche abbastanza grande. Mi chiesi subito che cosa potesse esserci dentro, ma non feci in tempo a fare alcuna supposizione, perché non appena Matt arrivò Tim prese la busta e la mise nelle mie mani esortandomi con un Avanti, aprila! Io scartai subito la carta, come se si trattasse di un regalo di compleanno, e ne tirai fuori il contenuto: il tutto consisteva in un numero esorbitante di fogli rilegati insieme tipo piccolo libretto…
Un copione!
“Uh che bello!” Esclamai “E dov’è la mia parte, dov’è?” Chiesi cominciando a sfogliare il copione a casaccio.
“Se stai ferma…” mi intimò Tim con un sorriso togliendomi gentilmente il copione dalle mani. Non appena lui allora ebbe trovato la pagina giusta, mi riconsegnò il plico di fogli e indicò il nome del mio personaggio stampato sulla carta.
“Esther.” Dissi leggendo “Mi piace.”
“Certo che ti piace.” Fece Tim “L’ho scelto io…”
Inutile dire che all’instante cominciai a divorare con gli occhi tutte le mie battute: erano solo cinque piccole frasi, ma diamine!, comparire in un film americano, per lo più nello stesso film in cui lavoravano simili mostri della recitazione, per lo più con n regista come Tim…direi quasi che non è cosa da poco!
All’improvviso però un pensiero mi piombò in testa: come potevo io, semplice ragazza di una piccola cittadina, timida come una talpa, riuscire a recitare affianco ad Helena Bonham Carter con una sfilza di gente che stava lì a fissarmi mentre io dovevo far finta che quelli non esistessero? Iniziai a preoccuparmi di una piuttosto logica figuraccia, e del fatto che molto probabilmente quella scena, sebbene così corta, sarebbe dovuta essere ripetuta all’infinito a causa della mia incapacità.
“Tutto bene?” disse una voce vicino a me. Era Matt.
“Più o meno.” Risposi “Sono solo preoccupata.”
“Di cosa?” chiese un’altra voce all’altro mio fianco. Stavolta era Johnny.
“Sono preoccupata” ripresi “di non riuscire a sentirmi all’altezza.”
“Riguardo cosa?” Fece Matt.
“Riguardo questo!” esclamai allora io sventolando il copione davanti alla mia faccia.
“Posso parlarti un momento?” Disse Johnny all’improvviso prendendomi sottobraccio e trascinandomi lontano da Matt, che ci guardò un po’ interdetto, ma che non disse nulla per fermarci.
Mi meravigliai di come Johnny se n’era uscito sequestrandomi con quell’espressione così seria, ma tutti i miei dubbi vennero poco dopo risolti proprio da Johnny, che alla fine, quando si fu fermato, mi disse:
“Senti…scusami se fosse sono un po’ indiscreto…ma tu quante volte hai sognato questo momento?”
Rimasi zitta per un attimo. “Come?” Mica potevo parlargli delle fantasie che mi facevo tutti i giorni su di lui!
“Non ti è mai capitato di pensare ‘se mai mi succedesse questo vorrei comportarmi così2? Non hai mai immaginato di recitare un giorno insieme ad Helena?”
Sinceramente l’oggetto dei miei pensieri non era tanto Helena ma lui…ma è meglio sorvolare.
“Ovvio che mi è capitato! E non sai quante volte!”
“E allora perché buttare tutto all’aria?” Lo guardai strano “Perché stare a pensare che potresti non farcela? E se invece tu fossi bravissima?”
“Beh, ero solo in ansia per quello che potrei…”
“Ma perché?!” Esclamò Johnny interrompendomi.
“Che ne dici di arrivare al dunque?” gli risposi io iniziando a spazientirmi per il suo strano comportamento.
“Insomma,” iniziò lui “sei una bella ragazza, sei simpatica, gentile, ci sai fare con le persone. Di che dovresti avere paura? Di non farcela? E perché? Helena è o no una persona normale come te? Mica le sei inferiore!”
“Eh sì…lei ha molta più esperienza!”
“E allora? Vorresti rinunciare solo per questo?” controbatté Johnny “Magari te invece hai un talento nascosto e manco lo sai perché hai paura di tentare, paura di metterti in gioco e di buttarti- io lo so che sei speciale.” Aggiunse poi con una voce profonda “E’ da quando ti ho vista, e giuro che non ne capisco il motivo, che sento che sei diversa. Non usi la vincita di questo concorso per comportarti da diva. Tu sei vera! Anche se ci conosciamo da pochissimo io mi sento scorrere nelle vene qualcosa che mi dice che, credo di averlo già detto, sei speciale. Quindi tirala fuori quella grinta che hai, perché sono sicuro che da qualche parte c’è, e mostra a tutti di cosa sei capace.” E concluse: “Non hai bisogno di aver paura.”
Dopodiché ci fu un momento di silenzio. Io ero rimasta così, inerme, a fissare Johnny negli occhi, senza riuscire ad emettere nessun suono articolato, senza sapere come comportarmi, mentre tutto quello che lui mi aveva appena detto mi rimbombava in testa, in tutta la sua tenerezza e semplicità. In quel momento però capii cosa dovevo fare, e così lo abbracciai, di slancio, senza vergognarmi, senza che Johnny mettesse in soggezione ancora una volta. Lo abbracciai e lo baciai sulla guancia, come aveva fatto lui con me, e senza staccare le mie braccia dalla sua schiena gli sussurrai un grazie. Solo dopo un paio di secondi mi staccai davvero, e sorrisi ancora una volta vedendo che le guance di Johnny avevano acquistato colore.
“Di nulla.” Mi rispose lui, piano.
E poi restammo lì, fermi a guardarci senza sapere cosa dire, perché quello non era stato un muto abbraccio, ma un abbraccio che diceva tante cose.
Alla fine però sentimmo la voce di Tim che ci chiamava, che ci diceva di tornare, perché le riprese stavano per ricominciare; e così noi tornammo indietro e camminando il silenzio non era più teso e imbarazzante, ma piacevole, pieno della gratitudine che a fiotti inviavo a Johnny col pensiero.
Ora non avevo più paura di rischiare, anche di sbagliare se necessario. E come se non bastasse cos’è che dice il grande Reato Zero?
«Non stare lì impassibile,
azzarda l’impossibile.»
E ancora:
«Osa sempre un po’ di più:
meglio illudersi che non provarci mai.»
Solo di una cosa avevo paura adesso, la stessa paura che mi portavo già dietro, ma che adesso, specie dopo quel bel momento appena passato, sentivo più forte: la paura che quella magia sarebbe potuta finire da un momento all’altro.

 

Ovviamente grazie a chiunque mi stia leggendo!!! ;)

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Capitolo 11
*** Cena ***


JuliaSnape: Grazieeeeeeeeeeeeeee...!!! Mamma mia, te lo ripeterò all'infinito...i tuoi commenti mi fanno troppo alzare l'orgoglio a mille!!! Grazie grazie grazie!!!!! Ti mando un abbraccio grande grandissimo!!! Smak!!!

 

Cena

Per tutto il pomeriggio il tempo passò velocemente, troppo velocemente: vedere tutti gli altri che recitavano mi faceva sognare ado occhi aperti. Ripensai, guardandoli, che presto anche io avrei dovuto fare come loro. E di nuovo mi si chiuse lo stomaco pensando che forse non ne sarei stata capace. Ripensai anche però a quello che aveva detto Johnny, a quanto era stato carino; mi aveva turato sù di morale, quindi io non dovevo inabissarmi di nuovo. Non dopo che lui si era esposto così tanto. Aveva detto che ero speciale. In qualche modo l'avevo colpito. Emisi un sospiro.
"A che pensi?" Mi chiese Alan, seduto di fianco a me: poveretto, dopo la puntura della vespa quasi non riusciva a stare, appunto, neanche seduto, infatti teneva un gluteo leggermente alzato, appoggiandosi con entrambe le braccia al bracciolo opposto in modo da scaricare lì la maggior parte del peso. Non poteva recitare in quelle condizioni.
"Aniente in particolare." Gli risposi mentendo...era meglio che certi pensieri me li tenessi per me. "Mi mancano un pò i miei amici."
Mi resi conto che era la prima volta che parlavo con Alan direttamente.
"Stare lontani dalle proprie abitudini non è sempre facile." Disse lui "Ma non credo che in fondo ti dispiaccia così tanto stare lontano da casa, vero?" Piccola pausa "Me ne sono reso conto dal primo momento in cui ti ho vista."
Oddio, no, ti prego...non ancora con quella storia!
"Scusa, non ho saputo controllarmi." Risposi "Helena mi ha pure detto che ti sei spaventato! Scusami davvero."
"Sei scusata." Fece scherzoso "Basta ovviamente che non ci riprovi, ok?"
"Beh ,sai com'è..." Dissi "Non è che mi capiti tutti i giorni di incontrare Pito..." Mi bloccai all'istante.
Non riuscivo a credere a quello che avevo appena detto! Che figura! Alan per fortuna, vedendo la mia reazione, non mi prese in giro, ma si fece una risata.
"Non preoccuparti." Mi disse "Non è la prima volta che mi identificano soprattutto con un personaggio...anche se fin'ora con Piton era successo pochissime volte."
"Perchè?" Chiesi allora più tranquilla "I bambini non ti vedono come Piton?"
"Beh, di solito non vado in giro con mantello e parrucca neri."
"Ehm..." dissi "Sì, devo dire che può essere un motivo."
Ridemmo insieme.
"Come va la puntura?" Gli chiesi allora.
"Mi fa un male cane." Rispose semplicemente "Sai, credo che stasera mi porterò un cuscino, per riuscire a stare seduto con un minimo di decenza."
"Perchè, stasera che si fa?" Chiesi.
"Un cena al ristorante dell'albergo. Niente di particolare..." Rispose lui "Però indossa un vestito fashion, chè ci sarà la musica."

"Un vestito fashion..." Pensai guardando la valigia aperta sul mio letto.
"Un vestito fashion..." Ipetei.
Da qualche parte ce lo dovevo avere; mi ricordavo chiaramente di avercelo messo, in valigia. Iniziaiia smucinare tra i vari indumenti, buttando sul letto glioggetti che impacciavano la mia ricerca. E alla fine recuperai dal fondo della valigia il vestito che avevo intenzione di indossare: era lungo fino alle ginocchia, completamente nero e con una leggera scollatura sulla schiena; era molto aderente, ma subito dopo i fianche si allargava con numerose frange che ad ogni mio movimento seguivano il moto del mio corpo. I capelli invece li raccolsi in una coda alta di modo che due ciocche mi incorniciassero il viso. Scarpe nere col tacco a spillo. Un pò di matita. Lucidalabbra brillante. Ero pronta.
Guardai l'orologio.
"Le 8 e un quarto?!" Esclamai.
Perfetto! Ero già in ritardo di un quarto d'ora! Si vedeva proprio che la mia vera natura si era decisa ad uscire...
Per quanto me lo permettessero i tacchi, afferrai la borsetta il più velocemente possibile e uscii dalla stanza. Non appena arrivai all'ascensore lo chiamai, immaginandomi già tutti seduti a tavola a girarsi i pollici mentre mi aspettavano. Le porte dell'ascensore si aprirono con il consueto dlin, e con mia sorpresa dentro c'era Johnny. Ci sorridemmo a vicenda.
"Dark lady..." Mi disse Johnny spostandosi dal centro dell'ascensore per farmi entrare.
Lui indossava un paio di jeans scoloriti, una maglietta bianca ed una giacca beje; in più ovviamente il solito cappello marrone.
"Allora non sono l'unica ritardataria." Dissi.
"Tim quando ci annuncia l'orario dà sempre un'ora diversa rispetto l'orario ufficiale," spiegò"per far in modo che un certo suo amico...chissà chi...arrivi puntuale."
Tirai un sospiro di sollievo.
"Merno male..."
Le porte dell'ascensore si aprirono nuovamente e ci ritrovammo nell'atrio. Ci avviammo quindi al ristorante, e quando arrivammo mi guardai intorno curiosa: la grande tavolata della colazione era sparita e i tavoli erano un pò più distanzatiu tra di loro per garantire un pò di privacy a chi li occupava; il tavolo prenotato per gli attori, e per me, era abbastanza lungo, dato che ci si dovevano sedere ben 8 persone; a proposito, di queste 8 persone erano arrivati tutti tranne Tin ed Helena. Brad e Leonardo erano all'angolobar a prendere uno degli aperitivi che l'hotel metteva a disposizione, Dustin stava seduto a leggere un giornale ed Alan stava anche lui al tavolo ma un pò distante da Dustin. Mi avviai da Alan e feci per appoggiare la mia borsa sulla sedia accanto alla sua.
"Posso?" Lui annuì e allora io la feci ricadere sul sedile.
"Visto?" Mi disse Alan indicando sotto di sè "Te l'avevo detto che mi sarei portato un cuscino."
E in effetto un bel cuscino morbido sbucava dai lati della sedia.
"Ti fa ancora molto male?" chiesi.
"Abbastanza, ma penso che domani al posto del dolore sentirò solo un lieve fastidio."
Ci fu un momento di silenzio, durante il quale Johnny si sedette al posto davanti ad Alan.
"Allora," feci io "io vado a prendermi un aperitivo. Qualcuno vuole qualcosa? Joh?"
Fin'ora non l'avevo mai appellato con 'Joh' e infatti lui sorrise.
"No, grazie." rispose.
"Alan?" Dissi.
"Uhm...se non ti dispiace vorrei un..." Ci pensò su "Un First Aid andrebbe bene."
"Perfetto. E...Dustin?" Lui alzò la testa dal giornale "Ti va qualcosa?"
"No no, ho già fatto." Rispose.
Detto questo andai diretta al tavolo degli aperitivi, e mentre passavo sentii Dustin dire:
"Lo sapete che hanno inventato il cappotto dell'invisibilità?"
C'era una scelta di drink davvero allucinante, e io ci misi un pò a decidere, ma alla fine optai per il classico dei classici, il crodino. Poi presi quello che voleva Alan.
"Bel vestito." Mi disse Leonardo che si trovava vicino a me.
Io gli sorrisi e mi girai per tornare al tavolo. Non appena mi voltai vidi Johnny che stava parlando con Dustin - forse ancora sul cappotto dell'invisibilità - ma che lo faceva solo apparentemente, perchè ogni tanto mi lanciava delle fugaci occhiate. Cercande di non perdere l'equilibrio dall'emozione ma di riuscire a restare salda sui miei tacchi, tornai al tavolo, e diedi ad Alan il suo Firsti Aid, mentre io mi sedetti al posto che mi ero precedentemente prenotata.
"Granzie mille." mi disse Alan.
"Di nulla." feci dando un sorso al mio crodino. "Ma qualcuno sa che ore sono?"
Johnny guardò il suo orologio. "Sono le 8 e 35 spaccate. A quanto pare manca solo colui che aveva fissato l'ora di cena...ti pareva."
Io sorrisi e guardai distrattamente verso la porta, dove, a occhio e croce due secondi dopo, comparvero Tim e consorte.
"Parli del diavolo..." Dissi scherzando.
Johnny si girò seguendo il mio sguardo, e quando vide Tim lo salutò, facendogli segno di sedersi accanto a lui. Fu proprio in quel posto che Tim si sedette, mentre Helena, vestita di un bombato abito blu, si accomodò vicino a me.
"Stavamo proprio commentando il vostro ritardo." Disse Johnny.
"Mi hai attaccato il difetto." Rispose Tim pacatamente versandosi un pò d'acqua nel bicchiere.
Johnny allora gli fece il verso, e ci mancò poco che per una risata sputassi tutto il crodino in faccia a Tim.
Quasi subito arrivò il cameriere, che con molta gentilezza prese le nostre ordinazioni, e quando se ne andò incominciammo a parlare del più e del meno, con Johnny che battibeccava con Tim e con Alan che sparava battute a tutto spiano facendomi morire dalle risate.
Dopo una buona mezz'ora, praticamente appena dopo che avemmo consumato il primo piatto, arrivarono i musicisti, che attaccarono a suonare delle musiche bellissime.
"Adoro quest'atmosfera." commentai.
Johnny mi guardò e sporgendosi sul tavolo verso la mia postazione mi chiese:
"Ti va di ballare?"
Mi prese un colpo, ma non so come riuscii a dirgli di sì.
Ci alzammo da tavola contemporaneamente ed andammo nella pista da ballo, dove già qualche coppietta aveva iniziato a danzare. Johnny mi cinse la vita con una mano e io poggiai la mia sulla sua spalla. L'infarto era molto prossimo...almeno per me. Io naturalmente non ero una grande ballerina, anzi, non ero una ballerina e basta, così avvertii subito Johnny che avrei potuto pestargli i piedi.
"Rischierò." Mi rispose lui.
Ballammo. Non so per quanto tempo, ma a me sembrò un'infinità. Le canzoni si susseguirono...per dieci minuti? Un'ora? L'unica cosa che riuscivo a fare in quel momento era perdermi nei profondi occhi di Johnny, e sciogliermi di fronte al suo bellissimo sorriso. Non ci dicemmo quasi nulla, giusto qualche commento su quanto fatto durante la mattinata, o qualche presa in giro da parte di Johnny sul fatto che non sapevo ballare...ma neanche questo mi fece irritare più di tanto, perchè il momento era troppo magico.
Dopo quel momento fatto di così interminabili istanti, la musica cessò per un momento, perchè i musicisti volevano prendersi una pausa, e Johnny approfittando di quell'occasione, mi chiese:
"Usciamo un attimo in giardino?"
"Va bene." Gli risposi.
Ci dirigemmo così verso la porta finestra, che Johnny aprì con un gesto da autentico cavaliere, rivelando un bellissimo giardino ornato da un cielo pieno di stelle...forse un pò troppe dato che ci trovavamo a Londra, ma magari ne erano venute più del solito per farci compagnia, chissà...

 

Grazie anche a chiunque mi stia seguendo!!! Baci!!! ;)

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Capitolo 12
*** Tulipani gialli ***


JuliaSnape: Bellissima!! Ahahahahah ti scuso per la visione...che tanto non è orrida più di tanto, perchè anch'io mi ci ritrovo spesso in questo stato Ahahahaha comunque la storia del "cappotto dell'invisibilità" non l'ho ripreso da nessun film...era solo un articolo che avevo letto sul giornale xD Ah, prima che leggi, comunque, aspettati un colpo di scena! Baciiiiiiiii .....e non mi uccidere, se capirai qualcosa! xD

 

Tulipani gialli
♪♫Renato Zero – Si sta facendo notte♫♪

Come ho già detto, il giardino si rivelava bellissimo ai miei occhi: c’era un vialetto di piastrelle che s’introduceva con dolcezza sinuoso come un serpentello tra le aiuole, quelle aiuole che più curate di così non le si poteva avere: i fiori di vari e diversi colori, illuminati però dalla luce perlacea della luna, sembravano tanti piccoli diamanti grezzi che accompagnavano il serpentello di pietra. La luna piena era circondata da quelle stelle già nominate prima, e la loro luce brillante si rifletteva sul pelo dell’acqua di una piscina che si trovava poco lontano da me e da Johnny. Mi sorprese che in inverno la piscina fosse sempre lì, come se dovesse essere utilizzata da un momento all’altro…quello però era un hotel di gran classe e tutto, anche la piscina, doveva essere perfetta.
“Passeggiamo?” Mi chiese Johnny interrompendo la mia analisi del giardino.
Iniziammo a camminare tra le aiuole, passando accanto ad uno dei tanti lampioncini che illuminavano il sentiero.
“Ti stai divertendo?” Chiese Joh.
“Molto.” Risposi “E poi ti devo fare i complimenti: balli benissimo.”
“Il minimo indispensabile.” Disse “Più che altro sei tu che sei imbranata…e così io ti sembro un ballerino provetto.” Fece un sorrisetto.
“Beh, grazie tante.” Dissi mettendomi su il muso, apposta.
“Che permalosa!” Esclamò Johnny tirandomi indietro la coda.
“Ehi, mi scompigli tutti i capelli, così!”
Johnny si fece pensoso e disse:
“Allora ho il rimedio giusto per sistemarti…”
Mi condusse ancora un po’ più avanti, addentrandosi sempre più nel giardino, e contemporaneamente avvicinandosi alla piscina. Ci fermammo vicino ad un’aiuola particolarmente bella, piena di fiori gialli che identificai con i tulipani.

«Staccate la corrente,
un po’ di pace qui,
fermiamoci un istante,
voglio stringerti così.»

I musicisti avevano ricominciato a suonare e le voci del cantante ci giungevamo ovattate per la distanza che ci separava dalla fonte della musica e per il fatto che noi ci trovavamo all’esterno del ristorante. Non mi dispiaceva questa atmosfera che si era venuta a creare: la musica il lontananza, di un volume abbastanza alto da sentirla, ma allo stesso tempo abbastanza basso da non essere lei la protagonista di quel momento, ma Johnny ed io.

«E’ bello ritrovarsi,
abbandonarsi, eh già.
Costretti in questa fabbrica alienante
chiamata città.
Non sentono ragioni
i sentimenti, no,
almeno per un po’
mi apparterrai.
Ti apparterrò.»

Johnny si chinò e strappò un tulipano; poi me lo mostrò.
“Lo sai che non dovresti?” Gli dissi sorridendo.
“Direi che è colpa tua.” Rispose.
Dopodiché afferrò meglio il fiore e me lo mise piano tra i capelli, come un ornamento.
Di sicuro era il gioiello più bello che avessi mai ricevuto.

«Inutili rumori non è felicità:
vorrebbero convincerci che il Paradiso è qua;
È un mondo virtuale.
Padrone, chiunque sei,
smetti di spiarci, di sfruttarci:
esistiamo anche noi
in fondo a questa vita
talmente breve che
non è un delitto se…
Se la offro a te.»

Continuammo a camminare in quell’Eden in miniatura, in silenzio, come se le parole fossero momentaneamente inutili.
Arrivammo in prossimità della piscina sbrilluccicante di stelle, e io mi avvicinai al bordo per guardarci meglio dentro, come attratta da una forza invisibile, come se fossi una bambina.
“Non ti viene voglia di farci un bagno?” Dissi a Joh, che si trovava dietro di me, guardando l’acqua.
“Probabilmente morirei assiderato.” Rispose lui da dietro.
“Beh, se facesse solo un po’ più caldo io me lo farei.”
“Che mente che sei, eh?”
Mi girai improvvisamente e mi ritrovai Johnny ad un millimetro da me, cosa che mi fece prendere un colpo tremendo, tanto che feci un passo indietro, superando il bordo della piscina.
“Attenta!” Esclamò Johnny afferrandomi per un braccio e tirandomi verso di sé, e io gli finii addosso, con le mani poggiate sul suo petto.

«…La voglia di cantare
è figlia dei miei guai
salvare quel sogno
è tutto ciò che vorrei.
Mi aiuterai?
Si sta facendo notte.
C’è gente che non dorme ma riflette
Sul tempo che và.
Non è un problema l’età!
Aprite quelle porte
E fate entrare amore in ogni cuore
Finché ce ne sta.»

“Ti ho salvata da un bel bagno gelato, mh?” Fece Johnny.
Ancora mi teneva il braccio.
“Grazie.” Sussurrai senza riuscire a guardarlo, però, in faccia.
Nessuno di noi due accennava a muoversi. Beh, per quanto mi riguarda non sapevo proprio come comportarmi: la situazione che si era creata era troppo, troppo da sogno. Ero lì, appoggiata a Joh, e lui non accennava per nulla a lasciarmi andare…o forse anche lui aveva improvvisamente la mente annebbiata?

«…Diamoci dentro finché
non si faccia notte.
Alziamoci fin lassù!
Mattone su mattone,
seguiamo questa pallida illusione,
qualcosa succederà.
Si sta facendo no…»

La musica si spense di colpo. Neanche il fruscio del vento si sentiva più. Certo, per me la musica era già sparita da un pezzo, ma in quel momento non c’era veramente più nulla. Se n’era andata senza alcun preavviso. E al suo posto, prima proveniente da un punto indistinto di quel luogo, si alzò, sempre più forte, un suono strano, stridulo, che in quel contesto non c’entrava assolutamente nulla. Sembrava la campanella di una scuola, e inesorabile il suo volume aumentava; aumentava sempre più, assordandomi.
“Ma che cos’è?” Esclamai quasi urlando a Johnny, che invece pareva che non avesse sentito niente.
Triiiiiiiin Triiiiiiiin
“Che cosa?” Mi disse guardandomi dritto negli occhi. Parlò quasi sussurrando, ma nonostante quel trillo io riuscii, non so come, a capire ogni sua singola parola.
“Non senti questo rumore assordante?” Gli chiesi di nuovo, sempre con una voce piuttosto alta.
“Ah, quello.” Fece sorridendo “Sì, che lo sento.”
Triiiiiiiiiiiiiiiin Triiiiiiin Triiiiiiiiiiiiiin
Ma cosa si sorrideva?
Il rumore si faceva sempre più forte, mi entrava nella mente senza permettermi di pensare. Mi venne un mal di testa fortissimo.
Dovetti staccarmi da Johnny e allontanarmi dalla piscina, tappandomi le orecchie, cosa inutile, perché sembrava che il trillo, sempre più forte, risiedesse nel mio cervello.
E quelli dentro al ristorante? Non sentivano niente? Che stavano facendo?
Mi voltai verso le finestre dell’edificio, e le trovai tutte, dalla prima all’ultima, completamente buie.
Johnny seguì tutti i miei spostamenti con gli occhi, pacatamente.
“Ma da dove viene?” Esclamai iniziando a preoccuparmi
“Credo da fuori.” Rispose. Tranquillissimo.
Triiiiiiiiiiiiin Triiin
“Ma noi siamo già fuori!” gridai allora cercando di superare il rumore, mentre il cuore e il mal di testa mi battevano all’unisono.
Come faceva poi Johnny ad essere così calmo? Sapeva cosa stava succedendo? Perché continuava a sorridere? Non vedeva che persino la luna e le stelle se n’erano andate?
“Oh no, da più fuori.” Rispose lui.
Quell’affermazione mi spiazzò, e non seppi cosa dire. Non capivo.
Johnny si avvicinò a me e abbassò leggermente la testa. I nostri volti erano vicinissimi. E quello scampanellio, quel frastuono rumorosissimo, era sempre lì.
“Chissà…” Esordì Johnny sereno e sorridente “Magari un giorno ci incontriamo.”
Che…che voleva…?
Johnny si avvicinò ancora, mi prese il mento con un mano e mi sfiorò le labbra, piano, leggero, come un soffio.
E all’improvviso la piscina, l’hotel, il giardino, Johnny stesso…tutto sparì, e mi avvolse il buio. Eppure non ero svenuta: avevo gli occhi aperti.
Triiiiiiiin........... Triiiiiiiin...........

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Capitolo 13
*** Vero come un sogno ***


JuliaSnape: mia carassima e fedelissima lettrice! Mi sono sbrigata abbastanza? Lo spero xD Lo so...forse sono stata un pò troppo cattiva in questa fanfiction...ma l'avevo pensata così...e allora ho seguito i miei piani :) Che dire...questo è il penultimo capitolo...anche se un pò corto...e sono contenta che questa storia ti sia piaciuta! ma non è ancora tempo dei ringraziamenti finali, perciò...nel frattempo ti auguro buona lettura! ;)

 

 

Vero come un sogno

Mi alzai di scatto, come se sotto la mia schiena vi fosse una molla, e dato che ero scattata in modo forse un po’ troppo repentino, mi si annebbiò la vista per un istante. Mi ero alzata…sì, ma alzata da cosa? Sotto di me c’era qualcosa di morbido. E quel rumore, quelle maledetto trillo irrefrenabile c’era sempre e comunque; solo che adesso…il suono era molto, ma molto più basso, e proveniva distintamente dalla mia sinistra. Mi girai proprio mentre la vista mi si schiariva.
Triiiiin Triiiiiiin. Era la sveglia. Triiiiin Triiiiin. Poggiata sul mio comodino. Triiiiiin Triiiiin. Accanto al mio letto. Triiiiiiin Triiiiin. In camera mia. Triiiiiin Triiiiin. A casa mia.
Spensi la sveglia macchinalmente, e mi guardai intorno, come se quel posto, per me, fosse del tutto sconosciuto.
Era davvero casa mia, quella a Camden, incasinata come al solito, con i miei oggetti sparsi da tutte le parti, con i poster di Johnny attaccati alle pareti. Johnny…dov’eri?
Mi guardai: non indossavo nessun vestito nero, ma un paio di jeans e una stupida maglietta. Mi alzai dal letto, e questo mi provocò un grande giramento che mi fece barcollare, e mi spuntò un feroce mal di testa. Mi sentivo pesante, intontita, con la nausea; non riuscivo affatto a camminare in una maniera decente, e infatti struscicavo i piedi a terra come uno zombie. Ma che avevo?
Aprii la porta della mia camera, superai appoggiandomi al muro un piccolo disimpegno e mi affacciai sul salone: era in uno stato a dir poco disastroso, con i divani rovesciati, i cuscini a terra, alcune bottiglie vuote che giacevano abbandonate sul pavimento. Sembrava lo scenario di una festa di ubriaconi.
La festa. Oh mio Dio. Ma che giorno era?
Per quanto il mio corpo lo consentisse, andai veloce al calendario appeso vicino al frigorifero e lo lessi, cosa che mi fece anche aumentare il mal di testa: era Lunedì. E la festa, quella maledetta festa, c’era stata Domenica. La sera prima.
Realizzai.
Non avevo partecipato a nessun concorso, nessun Matt Hale mi aveva telefonato, non avevo incontrato nessun Tim, nessun Alan. Nessun Johnny.
Mi toccai, come mossa da una speranza non ancora morta, ma ovviamente inutile, tra i capelli, cercando il tulipano. Non c’era niente.
Superai i pacchetti di patatine vuoti, come se non esistessero, e andai alla finestra. Guardai di fuori sentendo improvvisamente freddo; nel cielo c’erano dei grossi nuvolosi neri che minacciavano pioggia e tutta l’atmosfera, per le strade, era dell’autentico grigiore invernale. Per lo meno la natura era in sintonia con il mio stato d’animo.
Quante…quante volte mi è capitata questa cosa, ma mai le avevo dato il peso che le stavo dando in quel momento. Era stato tutto, dal primo all’ultimo dettaglio, un sogno durato qualche ora. Qualche ora soltanto. Eppure sembrava così…così vero! Così reale, così magico! Già, forse un po’ troppo magico. Tutte le cose fatte, le risate, le battute, gli abbracci…i baci. Tutto finto. Tutto finito.
Sospirai, voltandomi di nuovo verso il salone disastrato. Stupida festa. Mi ero ubriacata e mi sentivo uno straccio, come nel sogno. Stavolta però non sarei andata al computer, perché tanto non ci sarebbe stato nessun concorso a cui partecipare.
L’occhio mi cadde sul mobiletto vicino alla finestra, e sorprendendomi vi trovai un biglietto:
Scusa scusa scusa scusa! Lo sappiamo…la cosa c’è sfuggita di mano. Nella mattinata veniamo e ti aiutiamo a sistemare!
Jack e Emma.
P.S. Steve e Mary non posso venire perché dicono che ‘devono lavorare’. Ci vendicheremo in seguito. Ah ah!

Pazzi come al solito. Chissà se con loro sarebbe tornata la consueta allegria. Lo speravo.
Girai il foglietto e vidi che c’era scritto qualcos’altro:
P.P.S. Ti abbiamo lasciato un regalino sulla scrivania in camera tua. Poi dicci se ti piace. Emma dice di sì.
Mi misi il biglietto nella tasca dei jeans e sempre con la solita lentezza raggiunsi piano piano la mia camera; andai alla scrivania e ci trovai un cd, anzi, un dvd, uno di quelli probabilmente comprati dai marocchini ai bordi dei marciapiedi. Vidi di che film si trattava: Public Enemies. Johnny era in tutto il suo splendore stampato su quella copertina un po’ sbiadita.
Mi vennero gli occhi lucidi. Non so per cosa…forse perché i miei amici erano stati ancora una volta carinissimi con me…o forse perché il ritrovarmi l’uomo protagonista del mio sogno stampato lì mi aveva fatto tornare in mente tutto, con più forza di prima.
Mi girai verso uno dei poster di Joh che affollavano i miei muri, e mi soffermai su uno che pareva stesse guardando proprio me, dritto nei miei occhi.
“Perché?” Domandai ad alta voce con un tremore, come se Johnny ce l’avessi davanti in carne ed ossa “Perché non può succedere davvero?”
La risposta non arrivò.
Abbassai gli occhi a terra e lanciai il dvd sulla scrivania, come se non volessi vederlo per ricordare.
E all’improvviso arrivò un altro rumore, un altro trillo, solo che stavolta riconobbi cosa fosse: il campanello della porta.
Mi asciugai gli occhi umidi ed andai ad aprire: la normalità era tornata a casa.

 

Forse è un pò tragico come capitolo, ma avete presente...quante volte è capitato....quella sensazione di smarrimento dopo un bel sogno? Ho provato a esprimerla, forse (e dico forse, eh?XD) amplificandola un pochino...ma spero che l'effetto, in qualche modo, ci sia stato!^^

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Capitolo 14
*** Forse. ***


JuliaSnape: sai, ti capisco proprio benissimo.....anch'io oltre a Johnny adoro Alan Rickman, e poi amo alla follia anche Renato Zero....sai quante volte mi capita di sognarli? Di parlare con loro, di farmi tante risate, ti vedere i loro sorrisi rivolti soltanto a me....tante volte ho sognato di incontrare Johnny e che lui mi faceva l'autografo, e poi invece, quando mi svegliavo, tra le mani non avevo niente...davvero, è bruttissimo! Quindi, per quanto riguarda la storia, siamo arrivati alla fine. Forse ti lascerà l'amaro in bocca, ma probabilmente anche un piccolo sorriso! Spero di rivederti spesso, perchè mi ha fatto piacere la tua frequenza e i tuoi bellissimi commenti :) se ti interessa - e credo di sì - sto scrivendo già da un pò una fanfic sul prof Piton...si chiama "Buio apparente", la trovi sul mio profilo....magari possiamo incontrarci anche lì, che ne dici xD xD Ahahahahah! Non sei costretta ovviamente ;) Detto questo, quindi, ti lascio con il finale....e a presto sentirci, bella!!!! :) Smak!

Ovviamente grazie anche a tutti coloro che mi hanno seguita, che si sono interessati a questa storia e che magari hanno sognato con essa.....perchè una fanfic, un racconto fatto col cuore, alla fine, è proprio un pò Vero come un Sogno.
Ciao a tutti, ragazzi! ;)


 

 

Forse.


È passato qualche tempo da quel giorno in cui tornai alla realtà. Jack ed Emma mi hanno aiutato a sistemare e il giorno dopo sono dovuta andare a sorbirmi la predica di Krinkle sul fatto che il giorno prima non ero andata a scuola. Come giustificazione gli avevo detto che mi sentivo stanca. Che fantasia. E lui ha iniziato a dire che anche lui ogni mattina sarebbe voluto rimanere a letto per tutto il giorno, eppure nonostante ciò si alzava, perché ovviamente non era uno scansafatiche. Assomigliava davvero a Piton. No, basta pensare ad Alan. Mi faceva ricordare il sogno, e Johnny. Lo so, sono patetica. Ma vi è mai capitato? Sognare quello che più di ogni altra cosa vi sta a cuore? Sentirsi il più felice del mondo e poi scoprire che tutto quello che ci aveva reso così felici non è mai successo? Lascia uno strano sapore amaro in bocca.
Come stavo dicendo all’inizio, comunque, è passato qualche tempo e attualmente mi trovo a Londra, sì, quella stessa Londra. È estate e sto in piedi dietro ad una barricata improvvisata fatta di transenne; sono in prima fila, e sto aspettando impaziente quello che aspettano con me un altro centinaio di persone…anzi forse qualche centinaio, non solo uno.
“Mio Dio, devo sedermi! Non ce la faccio più!” dice Steve esasperato.
“Sei venuto, adesso soffri.” Gli risponde Mary.
“Sì ma…”
“Ah! Ne abbiamo già parlato 2 ore fa!”
“Ma sono 6 ore che…”
“Sssh! Zitt! Accuccia! Non mi rovinare il momento!”
Siamo tutti e 5 a Londra, io, Emma, Jack, Steve e Mary, tutti insieme appassionatamente ad aspettare l’arrivo degli attori. Ci troviamo alla premiere inglese di Alice nel Paese delle meraviglie!
Io sono qui per Johnny ed Alan.
Emma per Johnny…riguardo ad Alan l’ho quasi convinta ad apprezzare Piton.
Steve è qui per Anne Heatway, la sua ultima attrice preferita.
Mary è qui perché comunque più o meno apprezza tutti gli attori, e anche perché ultimamente si è una cotta per Tim.
Jack invece non so bene per chi stia qui…forse per me. Già, perché giusto un mese mi ha dichiarato di essersi innamorato di me. Io non ho saputo veramente che rispondergli e l’ho dovuto tenere un po’ sulle spine. Alla fine gli ho risposto in maniera un po’ vaga…mi piace ma non sapevo ancora se era amore. Da quel momento ha iniziato a corteggiarmi, e adesso si trova insieme a me ad aspettare Johnny Depp, l’uomo di cui, credo, sia anche un pochetto geloso…dato che io ne vado matta.
All’improvviso però vediamo tutti i fotografi, che come noi sono lì, rizzarsi in piedi, anzi quasi in punta di piedi, ed iniziare a scattare foto su foto. Capiamo che gli attori sono arrivati.
Dopo un minuto ci appare davanti Tim, insieme ad Helena. Mary inizia ad urlare come una pazza e riesce persino ad attirare la loro attenzione! Vengono dunque verso di noi e ci fanno gli autografi!
Poi appare Alan, e allora inizio ad urlare io, mentre Jack mi guarda strano. Anche lui viene vicino a noi e ci fa l’autografo. A me trema persino la mano, tanto che lui mi dice con voce profonda:
“Sì, però se fai così viene fuori uno scarabocchio!” E sorride.
Riesco allora a controllarmi, anche se per poco, perché dopo di lui arriva Johnny. Johnny. Johnny. Johnny…inizio a ripetere il suo nome come un’ossessa, cercando, assieme ad Emma, di attirarlo da noi a forza di urla. E, meraviglia, lui viene! Ci avrà preso per pazze, ma poco male, in questo momento non me ne importa assolutamente niente.
“Come ti chiami?” mi chiede…con la sua voce sensuale!
“Julia.” Gli rispondo tremante.
Lui mi guarda negli occhi e fa una faccia pensosa, molto concentrata.
“Ci siamo già visti da qualche parte?” mi dice infine.
Forse in un sogno.
“Non so.” Dico acquistando coraggio “Potrebbe essere.”
“Mmmh.”
Mi fa l’autografo, e dopo, chissà come mai, mi stringe la mano e mi dà un bacietto sulla guancia.
Se Emma non mi avesse sostenuta sarei svenuta sul colpo.
Vedo Johnny allontanarsi, andando verso gli altri fan che lo aspettano impazienti più che mai.
Ad un certo punto si ferma, e si gira di nuovo verso il mio gruppo…verso di me.
Quando mi trova con gli occhi, un sorriso gli appare sulle labbra, quelle labbra tanto amate.
Io rispondo al suo sorriso e non smetto di ridere a fior di labbra neanche quando lui si rigira verso gli altri, stupendo in tutto.
Forse in un sogno.
Forse.


 



The End

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