Come Manzoni diventò un dio scrivendo i Promessi Sposi

di Marti94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Questione di stile ***
Capitolo 3: *** Brunilde e Pancrazio ***
Capitolo 4: *** Creazione dei personaggi ***
Capitolo 5: *** Trama, parte I: inizio ***
Capitolo 6: *** Trama, parte II: Lucia ***
Capitolo 7: *** Trama, parte III: Renzo ***
Capitolo 8: *** Trama, parte IV: La peste ***
Capitolo 9: *** Deliri dell'autore ***
Capitolo 10: *** Finale ***
Capitolo 11: *** Tutto e Niente ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


introduzione

INTRODUZIONE

 

 

Signori e signore, sono Alessandro Manzoni.

Gentile pubblico, sono Alessandro Manzoni.

Sono Manzoni, Alessandro Manzoni.

 

Salve a tutti, sono Alessandro Manzoni. Colui che governerà il mondo.

Come farò, mi chiedete? Ma è ovvio: scrivendo il più grande romanzo di tutti i tempi!

Ma non una dozzinale storiella come le altre. Questa dev’essere straordinaria. Talmente straordinaria che diventerà IMMORTALE.

Tutti leggeranno la mia opera,  condizionerò il modo di pensare delle generazioni successive, sarò elogiato e stimato da tutti e il mio nome sarà più conosciuto di quello di Gesù Cristo!

Ridete, ridete pure, ma vedremo, tra un po’ di anni, chi sarà a cantar vittoria!

Per anni ho studiato le passioni della gente e ora so cosa piace al popolo, so quali sono gli ingredienti per fare del mio scritto uno dei best seller più venduti di sempre.

Ma siccome sono magnanimo, ho deciso di scrivere codesta guida che seguirà passo per passo tutto il mio lavoro di stesura del romanzo.

In poche parole, vi spiegherò come scrivere un libro che cambierà per sempre l’umanità.

Se non ho paura che voi, leggendo questo libro, ne scriviate uno che diventerà più famoso dei miei Promessi Sposi?

Certo che no. Io vi spiegherò come si fa, non vi darò la mia intelligenza. So benissimo di essere dieci volte più geniale di tutti voi qui presenti, quindi non mi preoccupo.

Ma bando alle ciance, passiamo subito al primo capitolo della nostra guida!

hghggghghgh



*Angolo dell’autrice*

Salve a tutti **

Oh, come sono contenta che abbiate aperto questa pagina! Vuol dire che qualcosa vi ha incuriosito!

Questa storia.. E’ la prima che pubblico in questa sezione, di solito io scribacchio qualcosa su Harry Potter o al massimo una o due originali che non pubblico, ma l’idea di questa fiction  mi è venuta all’improvviso –mentre mangiavo la pizza ù.ù – e mi sembrava così carina che non potevo lasciarla negli oscuri meandri del mio cervello xD

Vi anticipo già che i capitoli saranno 15-16 e sono tutti scritti, però sono disponibile a rivedere quanto scritto in caso di critiche negative –che sono accettate tanto bene quanto quelle positive =) – e.. niente, spero che quello che ho fatto vi piaccia, che vogliate seguirmi e che magari mi lasciate qualche commentino ^^

 

Un bacio,

Marti

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Capitolo 2
*** Questione di stile ***


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CAPITOLO DUE: QUESTIONE DI STILE

 

 

Oh lettori.

 Dopo una riflessione di tre giorni e due notti, sono giunto alla conclusione che nel mio romanzo mi rivolgerò direttamente a voi. Dite che è un’idea brillante? Concordo.

E non è solo questa l’idea!

Non mi rivolgerò a voi chiamandovi semplicemente “lettori”, bensì  “sessantasei lettori”! Perché?! Ma come perché? Ovvio! Così sembrerò incredibilmente modesto! E una delle prime cose necessarie per la buona riuscita di un’opera, è che al lettore stia simpatico l’autore. E così facendo sarò sicuramente simpatico.

Aspettate un secondo, però. Il sei non è il numero del diavolo? Oh, sta a vedere che se scrivo così poi la chiesa viene a protestare! Dimezziamo, vah.

Trenta lettori. Trenta lettori. Trenta lettori. Che schifo.

Venticinque!

Sì, molto, molto meglio.

A noi, venticinque lettori!

Riguardo alla storia, avevo in mente di scrivere il primo romanzo storico di tutti i tempi.

Però. Pure qui c’è un però.

Se scrivo un romanzo storico e mi rivolgo a voi, in qualche modo verrete a conoscenza dei miei pensieri su quel periodo. Potreste essere in disaccordo con me e.. zac! Abbandonate il libro nel primo angolo della strada o lo usate per sistemare quella famosa gamba del tavolo che si è rotta.

E noi vogliamo evitare questo, giusto?

Allora io farò finta si trovare un misterioso manoscritto, diciamo del.. 1600. In questo manoscritto ci sarà la storia che racconterò. Ma in una lingua straniera. O meglio, meglio! Nel barocco del 1600.

Così passo pure per una persona intelligente –non che non lo sia, certo- che traduce in lingua corrente uno scritto antico.

E poi mi è venuto un altro colpo di genio: la mia caratteristica principale starà nelle descrizioni. Lunghe, lunghissime. E molto particolareggiate. Le userò dappertutto! Descriverò ogni singola cosa che mi capiterà di citare. Lo scopo è uno solo: annoiare a morte il lettore.

Perché, mi chiedete? Perché?!

 Ma allora è vero che sono molto più intelligente di voi tutti messi assieme!

Se faccio descrizioni lunghe, il lettore si annoia, giusto? E allora cosa fa? Salta il paragrafo! Così posso scrivere tutto quello che mi pare, che tanto nessuno leggerà interamente la parte descrittiva. E farò di più! Prima di una grande divagazione, sia essa narrativa o descrittiva, scoraggerò il lettore a leggerla, suggerendogli di saltare il pezzo.

E il lettore, saltando il pezzo, cosa penserà? Che è troppo stupido per leggerlo! Che se si annoia, è perché non riesce ad apprezzare la pura poesia che c’è nelle mie parole!

E quando gli amici gli chiederanno com’è il libro che sta leggendo, credete che lui gli risponderà che è più noioso di suo nonno quando parla dei suoi dolori? Eh no!

Dirà che è il più bel libro che abbia mai letto per non sembrare uno zotico. E allora gli amici compreranno –COMPRERANNO- e leggeranno il mio libro. Lo troveranno noioso, giusto? E allora penseranno che il loro amico è davvero un genio, talmente intelligente da cogliere la bellezza di questo romanzo. E così via.

E io intanto?

Osannato come il genio della letteratura, sarò ritenuto un genio, avrò un sacco di pretendenti  e sarò incredibilmente, inevitabilmente, infinitamente, RICCO.



XXX


Ciao a tutti *__*
grazie mille per aver letto e grazie mille alle cinque anime pie che hanno commentato lo scorso capitolo, mi avete letteralmente riempita di gioia!
Questo è il secondo capitolo della sotira, ma posso dire che personalmente mi piacciono di più quelli dal 4 in poi =)
Per quando riguarda la pubblicazione, poiché questa sezione è scarsamente popolata, mi vedo costretta a pubblicare una volta ogni due settimane, ma non è detto che gli aggiornamenti non si facciano più veloci ^^ spero non me ne avrete male :)
detto questo vi saluto, a presto!
Marti <3

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Capitolo 3
*** Brunilde e Pancrazio ***


tre man

CAPITOLO TRE: BRUNILDE E PANCRAZIO

 

 

Bentornati, o seguaci.

Oggi il vostro mentore vi insegnerà come si creano due perfetti protagonisti.

 

Inanzitutto, dobbiamo scegliere il sesso dei nostri personaggi, e siccome il mio capolavoro si chiamerà I Promessi Sposi, i personaggi principali saranno un maschio e una femmina.

Bene, ora ci vogliono due nomi.

Antonio e Cleopatra.

Mmm.. dov’è che li ho già sentiti?

Romeo e Giulietta.

Carini, carini.. ma poi muoiono.

Pancrazio e Brunilde.

Non male, eh? L’ho sempre detto di avere un talento per i nomi!

Bene. Arrivati a questo punto, bisogna scegliere i caratteri dei nostri personaggi.

 

 

Brunilde

L’ho sempre immaginata come un’essere insopportabile. Lagnosa e testarda. Quando s’impunta, nessuno riesce a farle cambiare idea. Si crede sempre bisognosa d’aiuto, ma non muove un muscolo per aiutare lo sfortunato di turno (Pancrazio caro) a salvarla.

Lascia che le sfortune si abbattano su di lei senza opporre resistenza alcuna, se non con la preghiera. Sì, perche la nostra Brunilde è una devota cattolica. Religiosa fino al midollo. E questa sua caratteristica, unita alla testardaggine, faranno penare non poco il nostro protagonista.

 

Dal punto di vista fisico, non voglio fornire molte informazioni, troppo complicato. Dirò soltanto che ha i capelli scuri e che è di una bellezza media.

Anzi, scriverò che, la prima volta che compare nella storia, stava “aggrottando i lunghi e neri sopraccigli, mentre però la bocca si apriva in un sorriso”.

E allora il nostro lettore passerà ore a cercare di sorridere e aggrottare i sopraccigli contemporaneamente, cercando di non sembrare un troll mentre va al gabinetto, senza risultato alcuno.

Poi farò una breve descrizione del suo vestito da sposa, così pure le vecchie comari saranno accontentate.

 

Ma torniamo al carattere.

La nostra giovincella resta comunque una persona modesta, viste le umili origini, e questo lo dimostrerà in diverse occasioni, aggiungendo anche alla modestia una bella dose di timidezza, alla quale però sopperirà quella gran pettegola della madre.

 

E’ anche una persona gentile e generosa, e certamente Pancrazio caro si è innamorato di queste sue ultime qualità, per poi scoprire che razza di rompiscatole era in realtà sua moglie.

Non penso di rischiare molto descrivendo Brunilde leggermente egoista, soprattutto nella parte finale del romanzo, quando pensa più a sé che non a Pancrazio caro. Ma di questo parleremo nei prossimi capitoli.

Avete visto che professionale che sono?! Sfido chiunque a fare una descrizione migliore di questa!

 

 

Ma ora è venuto il momento di descrivere LUI, signore e signori. Un bell’applauso a…

Pancrazio caro!

Il nostro amato è innanzitutto incredibilmente paziente. E te credo, chi ha a che fare con una come Brunilde e o si ammazza o è paziente. È un gran lavoratore, ce la mette tutta per garantire un bel futuro alla moglie e ai loro pargoli.

 

Una delle (poche) pecche del nostro protagonista è l’ignoranza, ma non temete, non è colpa sua. Dovete sapere che è cresciuto in un piccolo paesello di gente povera e quindi non ha potuto approfondire gli studi. Però è talmente intelligente da saper leggere abbastanza bene lo stampato, come dimostrerà incontrando il dottor Azzeccagarbugli.

I pochi anni di studio non gli hanno permesso di studiare il latino, lingua che userà molte volte don Abbondio a discapito del nostro Pancrazio caro.

 

Il nostro eroe ha un carattere umile, è sempre pronto a imparare qualcosa di nuovo ed ha gran rispetto verso chi comanda e chi è più saggio di lui. Ma purtroppo per il caro personaggio, tende a miscelare questa caratteristica a una certa impulsività e mal sopportazione delle ingiustizie, due mentalità che gli procureranno non poche grane, soprattutto durante la famosa rivolta di Milano.

Ma che ci volete fare, è fatto così. E ci piace!

Pancrazio è anche testardo. Ma la sua testardaggine è decisamente più positiva rispetto a quella della disgraziata di sua moglie. Questa sua natura gli permetterà di riuscire a convincere Brunilde a fare la cosa giusta numerose volte. E se questo non è un pregio, ditemi voi cos’è.

Non penso di sbagliarmi aggiungendo che ha una grande forza d’animo. E penso che sarete d’accordo con me, una volta letto questo capolavoro di romanzo! Tutte le disavventure che gli capitano avrebbero mandato fuori di senno qualunque essere umano, e invece lui è sopravvissuto egregiamente a ogni traversia che il fato gli ha imposto.

 

Direi che sarebbe un peccato aggiungere altro sul carattere di questi due giovani, non vorrei mai rovinarvi il finale del libro (si sposano)!

Al prossimo, geniale, capitolo, miei sudditi!

 

P.S. Ehm. Mammina dice che se non cambio i nomi dei protagonisti in Lucia (per Brunilde) e Fermo o Lorenzo (per Pancrazio caro) mi taglia la paghetta.

P.S.2 Se osate prendermi in giro perché vivo ancora con mia madre vi spezzo le gambe.

 

***

 

Lo so, lo so. Questo capitolo è di una noia mortale.

Ma non potevo non mettere la descrizione dei personaggi, giusto? Quindi mi sa che vi tocca sopportare ;)

Cambiando discorso, non vi dico la mia gioia nel vedere che ben in 5 avete recensito! E che questa storia è nelle seguite di ben 6 anime pie *_____* grazie, grazie GRAZIE! Mi rendete incredibilmente felice, dico sul serio *_*

Ma passiamo ai ringraziamenti personali, che l’altra volta non ho fatto a tempo a fare, dannata scuola!

 

 A n d r e e a: oh, sì, pure io li odio! Mamma mamma, penso di non aver mai letto un libro in modo tanto approfondito in vita mia! Da voltastomaco -.- Ma siccome il caro Manzoni non aveva altro da fare tutto il giorno, ci dobbiamo sorbire il frutto della sua mente bacata. A parte questo, comunque, penso che i prossimi capitoli verranno aggiunti più di frequente =) spero continuerai a seguirmi! Grazie ancora per la recensione *_*

Luine: Oooh, davvero ti è piaciuto? *___* il mio ego sta crescendo incredibilmente xD Purtroppo però mi dispiace dirti che il podio non lo possiamo più condividere =°°(  una mia amica mi ha.. costretta a fare facebook. Ma resto comunque contro, quindi ti sosterrò fino alla morte nell’intento di rimanere l’ultima! V.v

Black_Star: uhm. Non penso che la prof apprezzerebbe la mia versione di alessandro manzoni, ma mai dire mai xD hahahaha sì, lui è terribilmente perfido v.v in realtà ci vuole ammazzare tutti con quel mattone che è il suo libro u____U così resterà l’ultimo uomo presente nella terra, e la comanderà >__> *me dubita della mia intelligenza*  comunque sia, pure io schiava delle descrizioni lunghe, ma non ti preoccupare, alla fine si sopravvive. Con una sanità mentale pari all’1%, ma si sopravvive =) spero continuerai a seguirmi e  a lasciarmi le tue meravigliose recensioni *_*

DracosWife: decisamente, il pezzo dove consiglia di saltare tutto in tronco è il migliore u.u senza contare quello dove parla delle sopracciglia di Lucia, ovvio. E quello dove quel grand’uomo dello sgherro dell’Innominato consiglia di ucciderla. Stima assoluta per lo sgherro *_*  Hahahahah grazie mille per i complimenti, son qui che sorrido a quarantadue denti u.u sì, ne ho quarantadue u.u *crediamoci fermamente*. Comunque, contando l’epoca in cui l’ha scritto, è un bel romanzo. Cioè. Sarebbe stato un bel romanzo se i protagonisti non fossero stati quei due mollaccioni xD N.di Renzo: parli di me? N. di Marti: noooo, caro, io parlo di Luciaaa! *fischietta*. Uhm. Lascia perdere i miei scleri, vah. Ancora grazie e alla prossima!

MarySun: Ooooh, ma che carina, grazie! Mi ha fatto molto piacere leggere il tuo commento, gentilissima *_* Continua a seguirmi!

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Capitolo 4
*** Creazione dei personaggi ***


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CAPITOLO QUATTRO: LA CREAZIONE

 

 

Oh plebaglia,

 

oggi vi parlerò della creazione.

In principio, Manzoni creò un religioso, gli diede un titolo di antagonista, lo fornì di una fedele aiutante e gli assegnò il nome di Abbondio.

 

Il secondo giorno, Manzoni decise che Lucia non poteva essere nata lagnosa e rompiscatole di suo, quindi creò una donna, le diede un carattere impiccione e sospettoso, ma in fin dei conti materno, e decise per lei il nome di Agnese.

 

Il terzo giorno, Manzoni decise che il cattivo della storia doveva essere più cattivo di Abbondio. Lo fece ricco e gli assegnò il nome di Rodrigo.

 

Il quarto giorno, Manzoni decise che aveva bisogno di un altro religioso, questa volta però doveva essere un aiutante dei protagonisti. Lo dotò di un oscuro passato e gli diede il nome di Cristoforo.

 

Il quinto giorno, Manzoni era ancora preso dalla sua fase creativa, e decise che tutti questi religiosi non potevano vagare per il Milanese senza controllo. Quindi creò un nuovo discepolo di Cristo, lo dotò di potere decisionale, gli diede la carica di arcivescovo e lo chiamò Federigo Borromeo.

 

Il sesto giorno, Manzoni decise che non poteva fermarsi al quinto giorno, allora creò una monaca, dotò anch’essa di un passato travagliato, giusto per complicare un po’ la vicenda, e le diede il nome di Gertude, sopportando lamentele di Mammina che la voleva chiamare Elisabetta Maria.

 

Il settimo giorno, Manzoni compiacque del creato, si spaparanzò sul divano, mangiò dolci e bevve vino, ubriacandosi talmente tanto che crollò in un sonno profondo.

In poche parole, si riposò.

 

Facendo due conti (con calcolatrice del 21° secolo prestata dall’autrice), Manzoni giunge alla conclusione che, se Dio ha creato il mondo in sei giorni e il settimo si è riposato, e lui ha fatto lo stesso con la creazione dei suoi personaggi, dev’essere per forza un dio.

 

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Capitolo 5
*** Trama, parte I: inizio ***


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CAPITOLO CINQUE: TRAMA, PARTE I

INIZIO

 

 

Signori miei, intendiamoci.

 

Una storia non è una storia se non ha una trama. Può avere personaggi fantastici, un’ambientazione da favola, ma se non ha una trama è come se un libro non fosse scritto.

Ragion per cui, ora deciderò la trama del mio futuro best seller.

 

Nel capitolo precedente ho creato due cattivi, dico bene?

Ora però mi rendo conto che tenere due cattivi diversi in una storia unica è abbastanza difficile.

Attenzione. Non ho detto che mi sono sbagliato. Ho detto che cambio la mia idea geniale con un’idea ancora più geniale. Ok? Vedete di stare attenti, un dio non si ripete mai.

Il secondo colpo di genio è che don Abbondio sarà un semi cattivo. Il suo compito è quello di complicare la storia all’inizio, per poi assecondare i protagonisti.

 

Vi spiego la mia idea:

Il romanzo si chiama I Promessi Sposi, giusto? Quindi in protagonisti non si sposeranno, se non alla fine. La persona che interromperà il matrimonio è don Abbondio, preoccupato della reazione che poteva avere questa unione su Rodrigo, che aveva messo gli occhi su Lucia.

Dovete sapere che Abbondio è una persona egoista, che guarda prima di tutto alla sua salvezza, e poi, se avanza tempo, cerca di dare una mano anche agli altri, ma senza farsi mettere troppo in mezzo.

Già, perché se si schiera apertamente con il male o con il bene, poi avrà la fazione restante contro. E l’ultima cosa che lui vuole, è cacciarsi nei guai.

Sì, è un codardo. Ma questo modo di fare lo ha portato alla vecchiaia.

Lascio a voi la scelta, ponendovi un interrogativo che ho formulato la scorsa mattina, mentre ero in bagno. Meglio un giorno da leone, o cento da agnello?

 

Ma basta serietà, vi prego, sennò tanto vale che accompagni Mammina a dire il rosario in chiesa, che tanto l’atmosfera è la stessa!

 

Dopo questa idea superlativa, farò fare un sacco di peripezie ai miei due protagonisti, perché adoro vederli soffrire!

No.  Adoro veder soffrire Lucia, non il mio adorato Renzo caro.

Ma visto che lui mi ha tradito con quella suocera della futura moglie, io lo faccio soffrire.

 

Ma torniamo alla storia.

Devo ammettere che nel paesello di questi due non ci sono molte occasioni di mettersi nei guai. Quindi sfrutterò l’unico cattivo come si deve per far fuggire i due promessi dalla loro città natale.

Manderò gli sgherri di Roddy in casa di Lucia per rubarle tutte le caramelle alla fragola! Così lei per riaverle dovrà sposare Rodrigo.

No, ma la fragola non è un gusto adatto a quella lagna.

Facciamo la banana? O inventiamo le caramelle al pistacchio?

No, le trasformiamo in mentine.

Geniale.

Lucia adora le mentine. Ne mangia in quantità industriali. Si ingozza di mentine fino alla nausea e quando va a confessarsi dall’amico Cristof egli deve mettersi proprio d’impegno per non morire asfissiato dal tanfo che esce dalla di lei bocca.

 

Un momento. Ma se metto questo episodio nel mio capolavoro, automaticamente sarò messo in cattiva luce da tutte le vecchie amanti di mentine del mondo!

Cancelliamolo.

 

Gli sgherri di Roddy non vogliono rapire le mentine, no, ma Lucia!

Poveri uomini, se la catturano poi la devono sopportare per tutto il viaggio! Oh signore, non posso imporre loro questa terribile pena. Purtroppo dovrò far fallire la missione.

Ma sono sicuro che non se la prenderanno con me, una volta spiegate le mie ragioni.

 

Allora, ricapitolando.

Rodrigo si interessa a Lucia. Minaccia Abbondio che se sposa la ragazza a Renzuccio lo farà a mille pezzettini, lo cucinerà in padella e lo mangerà. Poi lo vomiterà, lo calpesterà e lo getterà da un burrone altissimo. Abbondio, impaurito, rinuncia a celebrare il matrimonio.

 

Renzuccio (che non può cambiar parrocchia, no! Sennò come va avanti la storia?!) convince la megera (Lucia) a sposarlo con un metodo alternativo, così, fattasi notte, vanno da don Abbondio ad auto-dichiararsi marito e moglie.

 

Roddy, che proprio tanto intelligente non è, decide proprio per quella notte il rapimento di Lucia. Così manda gli sgherri che non la trovano e tornano indietro.

 

Ahi ahi, qui per gli sgherri si mette male!

Tralasciando la punizione che sicuramente Rodrigo impartirà a quei poveri uomini, la sui sola colpa è quella di esistere, proseguiamo con i nostri Promessi.

 

Renzuccio e Luciaccia decidono di andar via dal paesello e di separarsi temporaneamente. Al momento della divisione, trovate quello che si può definire uno dei miei attacchi di genio.

L’addio ai monti.

Lucia, disperata perché deve lasciare il suo paese, si lascerà andare ad un immenso, noiosissimo, inutile monologo.

Sì, è un’idea sublime!

Si metterà ad elencare uno per uno tutti i posti che preferisce della città. E non contenta dei luoghi, tutti gli oggetti. E non contenta degli oggetti.. no, si accontenta degli oggetti.

E per ogni punto dell’elenco dirà addio, motivando in modo esaustivo il perché si è ricordata di esso.

 

In poche parole, sarà il colpo decisivo al cuore del lettore.

Non potrà non chiudere il libro e disperarsi fino alle lacrime. Oh, già mi immagino la scena!

 

Prima di chiudere il discorso e passare al capitolo successivo, ci tengo a dirvi che ho volutamente saltato di raccontarvi le parti riguardanti Perpetua, Agnese, padre Cristoforo e qualche altra cosuccia.

 

Il motivo?

Che se vi racconto tutto poi chi lo compra il mio libro?!

Se scrivo ogni singolo avvenimento poi non mi comprate più il romanzo, che non diventerà best seller, e allora Mammina si arrabbierà e io finirò i miei giorni condannato a un’esistenza piena di lavoretti di casa, commissioni non retribuite e minestrine acquose.

Non è certo il destino di un dio della letteratura, quello passare gli ultimi istanti della sua vita nella casa dell’immortale madre!

Quindi, bando alle ciance.

Comprate il romanzo e ci rivediamo nel prossimo capitolo di questa guida, dove continuerò a parlare della trama.

 

 

XXXXXX

Scusate, scusate, scusate per il ritardo.

E perché non rispondo (no, neanche oggi ._.) alle recensioni, ma la scuola mi sta togliendo tutto il tempo libero! La prossima volta cercherò di postare prima e di rispondere a tutti!

Sappiate comunque che apprezzo moltissimo i vostri commenti J mi riempiono ogni volta di giuooia *_*

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Capitolo 6
*** Trama, parte II: Lucia ***


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CAPITOLO SEI: TRAMA, PARTE II

LUCIA

 

 

Cari lettori,

 

ho deciso che questo è il momento di separare Renzuccio caro da Luciaccia. Povero giovane, dovrà sorbirsela finché muore, un po’ di riposo ogni tanto gli serve!

A questo proposito, farò prendere due diverse strade ai miei protagonisti.

Lucia si dirigerà a Monza, dove la rinchiuderò in un monastero, mentre a Renzo faccio vivere un’avventura a Milano.

 

Qui però sorge un dubbio. Cosa fa la Megera a Monza tutto il tempo?

Ovviamente incontrerà la monaca. Non avrebbe senso farle incontrare la monaca di Monza a Milano. 

Ma poi? Beh, potrei focalizzare l’intera narrazione su Renzuccio. Il che non sarebbe una brutta idea. Anzi, è un’idea geniale! Addio Lucia, riposa in pace, ti abbandono a Monza!

 

No, no. Aspettate un momento. Va bene tutto, ma non posso rinunciare così alla protagonista. Ok che la odio, ma non posso abbandonarla. Però.. Ecco, potrei farla soffrire.

Prendiamo il nostro cattivo e la nostra “povera” vittima e li mettiamo assieme. Cosa abbiamo? Cattiveria. Sofferenza. Inquietudine. Debolezza. Pianti. Odio.

Felicità dell’autore!

 

Roddy non si è accontentato del cattivo esito della missione, e siccome è un malvagio completo, non molla e chiede aiuto.

No, chiede aiuto è brutto. Diciamo.. Si allea.

Crea un’alleanza con il capo dei cattivi, il più perfido dei perfidi, il signore del male, il re del dolore, il dio della malvagità, signore e signori, ecco a voi l’Innominato!

Perché non ve l’ho presentato prima?

Perché lui è troppo importante per presentarvelo assieme agli altri! E’ uno dei pezzi grossi della storia!

 

Lucia verrà rapita dall’Innominato e portata nel di lui castello. Abitazione del quale vi fornirò un’adeguata, noiosissima, lunghissima descrizione, non temete!

E qui arriva il pezzo forte.

La nostra ex Brunilde viene incarcerata, in compagnia di una vecchia racchia che teoricamente dovrebbe occuparsi di farla sentire a suo agio. Teoricamente.

Ma meglio così.

L’Innominato doveva tenere la ragazza e poi consegnarla a Roddy, ma dopo averla vista si fa prendere da mille dubbi.

Ora, parliamoci chiaro. Il nostro amico deve essersi scolato tre bottiglie di vino prima di vedere la sua prigioniera, perché non è possibile pensare bene di una simile creatura lagnante. Comunque sia, ubriaco o no, miope o meno, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali o no, il vecchio signore si fa colpire da una brutta malattia.

La pietà.

 

E dopo una nottata passata a pensare alla morte, all’inferno, a Lucia, alla zia in campagna, alle persone da trucidare, ai domestici da pagare e chi ne ha più ne metta, decide di andare a trovare il vescovo che, guarda caso, era appena arrivato nella città.

Ma che coincidenza.

Qui entra in campo il nostro Federigo Borromeo, il Gesù Cristo del 1600, che in dieci minuti e poche parole riesce a convincere il peggiore dei criminali allora in circolazione a trasformarsi in un perfetto cristiano.

Ma che bravo, eh?

 

Allora il nostro arzillo vecchietto torna di gran carriera al suo castello, in compagnia di un malcapitato don Abbondio, pronto per compiere la sua prima buona azione liberando Lucia.

 

Lucia, già.

Ora, immaginate la scena.

Da una parte c’è la nostra protagonista, dall’altra una notte degli orrori.

Cosa viene fuori?

La pazzia di Luciaccia.

 

La disgraziata fa un voto di castità alla Madonna.

Ma dico, niente di meglio da fare?

Che ne so, costruirti un cilicio e usarlo fino allo sfinimento? Strapparti tutti i capelli e riattaccarli con la Vinavil?

No, un voto.

 

Osservate attentamente.

Alla vostra destra c’è un esemplare di dio scrittore che si compiace delle disgrazie di Lucia e saltella sopra il letto.

Alla vostra sinistra c’è la folla di lettori che vorrebbe tagliarsi le vene perché la Disgraziata ha complicato notevolmente la storia.

Tutto va secondo i piani.

 

Dopo essere stata liberata, Luciaccia viene ospitata presso don Ferrante e donna Prassade, due persone di cui vi risparmio (solo nella guida, eh!) la descrizione perché sono totalmente, incondizionatamente inutili.

 

Cosa dite?

Perché mi arrabbio con la Megera e non cambio direttamente la storia?

Perché la parte di Lucia si scrive da sola, io non ho nessun potere di cambiarla, il personaggio dell’ex Brunilde grida la sua storia e non posso far altro che scriverla.

 

Cosa, un’altra domanda?

Oh, tu si che mi stai simpatico, ragazzo mio!

Mi chiede di Renzuccio caro.

Beh, lo incontrerete nel prossimo capitolo, è tutto su di lui!

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Capitolo 7
*** Trama, parte III: Renzo ***


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CAPITOLO SETTE: TRAMA, PARTE III

RENZO

 

 

Amici! Compagni di avventura! Fratelli!

 

Oggi si parla di Renzo caro!

Mi sono svegliato all’alba per scrivere questo capitolo, e non trovando il mio solito quaderno, ho optato per la carta igienica 10000 strappi in un solo rotolo.

Devo dire che non ci si trova bene come qualcuno sostiene.

Inconvenienti cartacei a parte, sono sicuro che siete impazienti di scoprire come va avanti la storia per il nostro pupillo.

 

Dove l’avevamo lasciato? Ah, sì: separato da Lucia, in viaggio verso Milano.

La meta del viaggio gli era stata consigliata da quel buon uomo di padre Cristoforo, che gli aveva trovato un luogo dove stare. Renzo si reca nel posto, ma il padre verso il quale era stato indirizzato è assente.

Ora, parliamoci chiaro. A parte pregare, cosa fanno i frati? Niente.

E perché diavolo quello non era presente! Avrebbe eliminato un quarto di storia se solo si fosse trovato al momento giusto dove doveva stare.

 

Oh! Improvvisamente, lettori, avete spostato lo sguardo minaccioso da me al padre Bonaventura. Non va bene così, eh! Lo sguardo deve rimanere puntato su di me. Chiaro?

Ecco, meglio. Un dio deve sempre restare al centro dell’attenzione, nel bene e nel male.

 

Ma non perdiamo il filo del discorso.

Non trovando questo benedetto prete, Renzo pensa bene di andare nella piazza, dove assiste a una stupefacente rivolta delle carote.

I cittadini di Milano infatti, si erano riuniti a protestare contro il governatore della città che comprava tutte le carote e non ne lasciava abbastanza per la popolazione.

Dovete sapere che questo governatore era tremendamente fissato con l’arancione.

Si vestiva di arancione, aveva i capelli arancioni, il letto arancione, la carrozza arancione e non mangiava altro che arance, meloni e.. sì, carote.

Immaginate ora lo sconcerto della povera popolazione nel vedersi privata di un cibo che sta alla base di qualsivoglia alimentazione.

 

Cosa dite? Che l’immagine descritta del governatore potrebbe suonare ridicola? Ridicola?!

Ma era veramente così! Era un fissato!

Ma vabbè, se non vi convince, cambiamo.

 

Qual è un cibo di fondamentale importanza?

I biscottini Plasmon!

Ok, forse suonerebbe ancora più ridicola la “rivolta dei biscotti Plasmon”.

La rivolta della coca cola, degli spaghetti al pomodoro, degli spinaci, del pane, delle brioches..

Aspetta, torna indietro!

La rivolta del pane.

Mi piace. Semplice, conciso, geniale!

 

Renzo assiste alla rivolta del pane e, siccome lui è una persona che si fa coinvolgere dalle situazioni, pronuncia un meraviglioso discorso contro la cosiddetta giustizia di allora, volta dalla parte dei ricchi e potenti.

Oh, dovevate esserci! Il mio Renzuccio caro ha parlato meravigliosamente, tutta la gente era lì ad ascoltare le perle di saggezza che uscivano dalla bocca del nostro eroe.

 

Ma si sa, la plebaglia non è istruita abbastanza da comprendere la poeticità di tali parole.

Fatto sta che tra la folla si trovava un lurido birro che segue Renzo in un’osteria volendo scoprire qualcosa di più sul suo conto e magari metterlo in carcere.

Nel locale, egli si siede vicino al protagonista e lo incita a bere, finchè il nostro sventurato amico non si ubriaca e rivela il suo nome.

 

Ragazzi, non ve l’ha mai detto mamma di non bere troppo?

Ascoltatela, per Diana! Vedete cosa è successo al nostro povero tesorino!

Ora mi tocca ingegnarmi per tirarlo fuori dai guai, e non è cosa semplice. Fosse stata Lucia l’avrei mollata là, ma siccome si tratta del mio Pancrazio devo salvarlo.

 

Vediamo un po’.

Potrei fare che Renzo tiri un pugno in faccia al birro e farlo scappare!

No, non funziona. Lui non è uno violento.

Potrebbe fingersi morto! No, no.

Potrei affidarmi alla Provvidenza! Sì, decisamente, questa è la scelta migliore.

 

Cos’è la Provvidenza? Come cos’è la Provvidenza?!

E’ il mio strumento narrativo da usare quando non so come tirar fuori i miei personaggi da situazioni difficili, ecco cos’è!  In poche parole, il fato.

 

Il  fato cosa vuole? Beh, teoricamente Renzo dovrebbe essere arrestato.

E a malincuore lo facciamo arrestare. Però, siccome è furbo, scapperà.

Sì, mi sembra la cosa più sensata da fare.

 

E una volta scappato? Chiederete voi.

No, questo non è scappare. Lo farò fuggire con stile.

Un intero capitolo di viaggio, giorno e notte. Descrizione a tutto spiano. Riflessioni del protagonista. Leggere una pagina al giorno, premiandovi ogni due righe. Morire di noia dalla prima all’ultima riga del “maledetto romanzo”.

Questo è scappare.

 

Viaggerà fino alla casa del cugino Bortolo, dove cambierà nome e si metterà a lavorare per guadagnare qualche soldo. Giusto per pareggiare il tempo della storia.

 

E ora che la storia è arrivata allo stesso punto, ci rivediamo nel prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** Trama, parte IV: La peste ***


peste 2

CAPITOLO OTTO: TRAMA, PARTE IV

LA PESTE

 

 

Miei ventiquattro (sì, uno è morto),

 

siamo giunti alla terza parte del capitolo sulla trama. Scommetto che non state più nella pelle dalla voglia di scoprire come finisce codesto romanzo, eh?

A dire vero non lo so neanche io.

 

Ricapitoliamo un attimo la faccenda.

Lucia, dopo essere stata liberata dall’Innominato, e dopo aver fatto quel maledetto voto, viene affidata alle “amorevoli” cure di donna Prassede e del marito.

La donna cerca di far dimenticare Renzo alla ragazza parlandogliene incessantemente, ma nessuno le ha mai detto che nominare senza sosta la cosa da scordare, non è il modo migliore per giungere allo scopo.

Renzo invece, dopo aver partecipato attivamente alla rivolta di Milano, va a stare dal cugino Bortolo. Lui non ha fatto nessun voto, grazie a dio.

 

Ah, sì. Ora mi è venuto in mente come continua.

Dovete sapere che per scrivere il mio capolavoro mi sono abbondantemente documentato sulla storia del 1600, soprattutto nel libro di un signore che si chiama Ripamonti, di cui vi parlerò nel prossimo capitolo, o in quello dopo. Dipende da come mi garba.

Comunque, stavo dicendo. Nel periodo in cui è ambientata la nostra storia c’è stata una grave, enorme e distruttiva epidemia di peste. Direi che è un ottimo espediente per allungare la mia lunghissima storia e per far passare un po’ di tempo ai nostri protagonisti.

 

Inizierò a parlare della diffusione di questa epidemia con il mio solito lunghissimo capitolo, dove citerò fonti e gente illustre di allora. Ma a nessuno importa di questo, giusto? Tanto lo so che salterete il capitolo. Niente para, va tutto secondo i miei piani!

 

Chi se la prenderà la peste?

Tutti, ovvio.

 

Renzuccio caro si ammala e guarisce in pochi giorni, così prende le sue cose e se ne va in cerca di Lucia, sicuro che la condanna che gli era stata fatta per la rivolta di Milano sia stata dimenticata.

Sciocco giovane, la Provvidenza ti allontana da Lucia e tu cosa fai?

La vai a cercare.

Ma dico, un’altra occasione così quando ti capita?!

Fuggi, fai perdere le tue tracce! Rifugiati a nord e sposati una bella ragazza, tanta fortuna e figli maschi!

Non mi ascolta.

Quella Megera deve avergli condizionato ampiamente il modo di pensare. Appena la becco..!

 

Comunque sia. Prima di tutto il nostro baldo giovane torna nel suo paese, dove incontra don Abbondio e la cara –pettegola- vecchia –racchia- Agnese. I due, una volta nata l’epidemia e per scappare ai soldati,  sapete dov’erano andati? A chiedere vitto e alloggio gratis dall’Innominato.

Poteva forse negarli? Certo che no. Soprattutto con Federigo Borromeo alle calcagna.

Non si sa se fosse veramente felice di vederli o meno, fatto sta che li accolse con allegria e benevolenza, lasciandoli liberi nel suo maniero a cinque stelle quanto tempo volevano.

I due, una volta incontrato Renzo, si misero a elencare il numero di morti che ora deciderò.

 

La monaca di Monza? Ma chi la vede più, quella? No, ormai è fuori moda. Sei out, bella!

Don Abbondio? Se lo faccio parlare non può essere morto di peste, no?

Perpetua? Uhm, bella scelta. E’ un personaggio a parte, non lo si nomina molto.. Sono sicuro che nessuno ne rimpiangerà troppo la morte. Perpetua, ti ho dato la vita, ti tolgo la vita.

Ancora, Lucia? Sìììììììììì! Lei! Lucia, ti ho dato la vita, ti tolgo la vit.. No, no, NO! Calma e sangue freddo. Non posso ammazzare la protagonista. Sicuro? Sì, sicuro. Ok, se lo dici tu..

Il Griso? Oh, questo sì! Ho in mente una morte geniale per lui. Per sapere come e, soprattutto, chi è, leggete il mio libro!

Federigo Borromeo? Ma scherziamo?! Lui è la religione!

Fra Galdino? Chi?

Egidio? E’ già morto, la monaca di Monza ha preceduto la mia furia omicida. Sì, lo so che non lo scrivo nel libro, ma consideratelo un “dietro le quinte”.

Padre Cristoforo? Siamo giunti alla stessa conclusione. Deve morire anche qualcuno di buono. E penso che in questa storia non ci sia nessuno di più buono. A malincuore, farò morire pure lui. Ma sarà una morte degna, lo prometto. Padre Cristoforo, ti ho dato la vita, ti tolgo la vita. Ma nell’ultimo capitolo, ok?

 

Basta, per oggi la mia furia omicida si placa. La morte di Cristoforo ha messo il mio morale a terra.

 

Ci vediamo nel prossimo capitolo, il FINALE!

 

 

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Capitolo 9
*** Deliri dell'autore ***


9

CAPITOLO NOVE: DELIRI DELL’AUTORE

 

 

Ragazzi, sono disperato.

 

Sono tre notti che dormo pochissimo, mangio il minimo indispensabile e non esco dalla camera neanche per andare al bagno. Inutile dire che il mio vaso da notte è stracolmo.

Il motivo della mia depressione?

 

Nonsocomefarfinirelastoria.

E non fatemelo ripetere un’altra volta, avete capito benissimo quello che ho detto.

 

Siamo arrivati alla peste. Ma che razza di fine è, la peste?! Poi guariscono e siamo ancora da capo. E’ un vicolo cieco. Non c’è soluzione a questo dilemma.

 

Non posso far morire Lucia, né Renzo.

Non posso togliere Lucia dalla mente di don Rodrigo.

Non posso far diventare coraggioso quel coniglio di Abbondio.

Non posso far celebrare il matrimonio ad altri, sennò avrei dovuto farlo prima.

Non posso lasciarli scapoli a vita.

 

E sapete qual è la cosa peggiore? Io ODIO le negazioni.

Ragazzi miei, questo è un consiglio dato con quel briciolo di cuore che mi rimane:

non mettetevi mai a scrivere un romanzo.

Lo so che può sembrare una bella attività, redditizia, soddisfacente, ben vista, ma in realtà, il mestiere dello scrittore è il peggiore di tutti.

 

Ci vuole una forza di volontà immensa per alzarsi presto alla mattina e mettersi a scrivere, non alzare gli occhi dal foglio quando c’è il vostro spettacolo preferito giù al paese, resistere alla tentazione di tirare un libro in testa a vostra madre che vuole spoilers, mangiare un pasto veloce a pranzo e rimettersi di nuovo a scrivere, sudare dieci camicie+1 per pensare a sinonimi, contrari, coniugazioni di verbi e discorsi indiretti, diretti, diretti liberi, indiretti liberi, monologhi, soliloqui, e chi ne ha più ne metta, fare la merenda al pomeriggio mentre pensi a come continuare la storia, imprecare a più non posso quando macchi d’inchiostro il foglio di carta quando ti manca solo una riga, tentare di non sbadigliare troppo sonoramente sennò poi i tuoi parenti impiccioni si preoccupano, cenare con un panino al formaggio e un bicchiere di acqua e ricominciare a scrivere fino a che, spossato, non ti addormenti sopra il foglio su cui stavi scrivendo.

E sogni di scrivere.

 

Ho reso bene l’idea? Avete capito quanto io sia perennemente, instancabilmente, inesorabilmente, infinitamente stressato?!

 

Aspettate che rileggo cosa ho scritto.

Uhm. Dovevo raccontarvi come costruire un perfetto finale, ma ne è venuto fuori un capitolo pieno di lamentele.

Scommetto che ora vi piange il cuore a sapere le pene che sopporto ogni giorno, eh?

Bene.

 

Sto pensando se pubblicare o meno questo capitolo.

Mmm..

 

Oh, geniale!

La gente legge queste pagine, pensa che per nulla al mondo si metterà a fare lo scrittore, si dedicherà a lavori più o meno umili e io rimango l’unico scrittore in tutta la terra!

E questo cosa vuol dire? Soldi, soldi, soldi.

Bene, lo pubblico.

 

Deciso questo, vi lascio, o pezzenti!

Addio!

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Capitolo 10
*** Finale ***


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CAPITOLO DIECI: FINALE

 

 

Bene, mettiamoci al lavoro.

 

Segnerò qui di seguito i possibili finali del romanzo, poi sceglierò quello più geniale, ok? Sì, sì, a volte noi scrittori ricorriamo a questi metodi per scrivere.

 

-       La peste ammazza tutti. Niente matrimonio.

-       Lucia si innamora di Rodrigo. Renzo depresso.

-       Renzo si innamora di Rodrigo. Lucia depressa. Manzoni invidioso.

-       Renzo si ammazza. Manzoni depresso.

-       Renzo, Lucia e Rodrigo formano una grande famiglia felice. Lettori depressi.

-       Scoppia una guerra, muoiono tutti. Mondo depresso. Manzoni sulla forca.

-       Si scopre che Agnese è sorella di Rodrigo, quindi tra lui e Lucia sarebbe incesto. Federigo morto d’infarto.

-       Il continente si spacca in due, lasciando i Promessi da una parte e Rodrigo dall’altra. Continente depresso.

-       Rodrigo se ne va con Agnese, Renzo con Lucia.   

 

Ehi! Qui non ho obiezioni! Sì, decisamente questo è il finale migliore!

Rodrigo si innamorerà di Agnese una volta che questa sarà tornata dalla casa dell’

Innominato, mentre sia Renzo che Lucia stanno guarendo dalla peste.

Bene bene bene.

 

Oddio, non è il finale che mi sono sempre immaginato, ma pazienza, nessuno è perfetto.

 

No, un attimo. Io sono perfetto.

Non posso permettermi un finale mediocre! Senza sofferenza, souspance, applausi, sorrisi, lacrime..

 

-Ma ti portasse via la peste, disgraziato! Guarda, mi hai fatto cadere le uova! Razza di fannullone, a lavorare dovresti andare!-

Scusate, scusate.

 E’ mia madre che urla talmente tanto che mi distraggo e trascrivo quello che dice. Quella donna, non ha altro di meglio da fare che prendersela con un mendicante che ha avuto la sfortuna di capitarle accanto.

 

Un momento.

“Ti portasse via la peste”. Morire per la peste. Rodrigo. La peste morta per Rodrigo. No, no. Rodrigo morto per la peste.

 

Geniale!!

Oh, lo dicevo che quella donna prima o poi sarebbe servita a qualcosa!

Santi numi, ho trovato la fine per il mio romanzo.

E che fine!

 

Siamo al lazzaretto. Renzo, dopo numerose peripezie, riesce a trovare l’amata Lucia, la quale naturalmente si diverte a complicare la vita del nostro impavido eroe dicendo che non lo vuole più sposare.

Motivo? Il voto, ovvio. Vedete come faccio coincidere bene le cose? Tutto ha un senso.

 

Il nostro eroe, allora, tenta di convincere la Megera, ma siccome non ci riesce chiede a padre Cristoforo di intervenire.

Il nostro buon uomo, facendo uso di tutta la sua capacità persuasiva e di una buona dose di pazienza, mette su un signor discorso grazie al quale Lucia cede e decide di sposare il nostro ormai insalvabile Renzo.

 

Rodrigo muore di peste, quindi Abbondio non ha niente da temere, celebra il matrimonio.

I due, finalmente sposati, decidono di trasferirsi in un paese, ma se ne devono andare perché gli abitanti continuavano a dire che Lucia era brutta. Cosa volete che vi dica, la gente odia conoscere la verità, e questo vale anche per la nostra ex Brunilde.

Trovata una dimora stabile, Renzo acquista una piccola azienda tessile insieme al cugino, mentre Lucia finisce i suoi giorni occupandosi dei numerosi figli. E ben le sta.

 

 

Oh, è finita la storia.

Che peccato.

Ho appena controllato, il romanzo ha circa 600 pagine, nell’edizione normale. Se poi prendiamo quella con tutte le note, le pagine aumentano, aumentano, aumentano.

Ma non temete, c’è ancora la vostra meravigliosa guida!

E questa durerà almeno per altre quattro capitoli. Buahahahahah.

 

A presto, plebaglia!

 

 

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Capitolo 11
*** Tutto e Niente ***


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CAPITOLO UNDICI: TUTTO E NIENTE

 

 

Lettori,

 

ora che ho finito di parlarvi della trama, che scrivo?

E’ un gran bel problema. Sono previsti tredici capitoli per questa guida, dieci di spiegazione e tre extra. Ma dovete sapere che io odio infinitamente i capitoli dispari. Davvero, se c’è una cosa che non posso sopportare è questa. I numeri dispari sono una vera sciagura, uno scherzo del destino, un segno della sfortuna. Quasi peggio delle negazioni del capitolo precedente.

Ragion per cui, ci dobbiamo inventare qualcosa da scrivere per l’undicesimo capitolo.

 

Argomento: il mio barbiere.

Poco attinente?

 

La mia camera.

Non  serve?

 

Di come sostengo l’assoluta superiorità delle mosche sulle zanzare?

No, dite? Bifolchi.

 

E allora..

Vi ho mai parlato del Ripamonti?

No? Com’è possibile?!

Oh beh, trovato un argomento.

 

Dunque. Voi dovete sapere che noi divinità abbiamo molte conoscenze, suddivise in vari ambiti. Addirittura sappiamo qualcosa del futuro. Ma quando la nostra sapienza non sopperisce adeguatamente a una richiesta di esaustività, ecco che arrivate voi.

 

“Noi?” Vi starete chiedendo. Sì, voi.

Ma non temete, mica ve ne accorgete!

Accediamo ai vostri scritti e ci appropriamo letteralmente della vostra sapienza, mentre state tranquillamente spaparanzati sul divano a leggere il giornale.

 

Ma torniamo a noi. Stavo tranquillamente scrivendo la prima bozza dei Promessi Sposi, quando, improvvisamente, mi rendo conto che la mia conoscenza di quel periodo storico era.. scarsa, ecco.

Allora cosa faccio? Vado in quella polverosissima e desolata biblioteca giù all’angolo e cerco qualcosa nel reparto storia. E qui arriva il nostro vecchio Ripa. Dovete sapere che nella prima metà del 1600 aveva scritto due “libri”: l'Historia Ecclesiae mediolanensis  e  De peste Mediolani quae fuit anno 1630. Chiamatela fortuna o intelligenza, erano proprio gli scritti che servivano a me. Che poi chiamare libri quell’ammasso di fogli è tanto. Il mio è un libro. Il suo è niente, a confronto.

 

Ovviamente il buon vecchio Giuseppe mi ha aiutato senza saperlo. Come poteva anche solo pensare che le poche pagine che aveva scribacchiato su quello che accadeva fuori dalla sua finestra sarebbero poi state lette e usate da un dio? 

Mi sembra quasi di vederlo, adesso, che gongola da dentro la sua tomba!

 

Ho usato molte volte il nostro amico come fonte storica, citandolo all’infinito nel romanzo, tanto che sono sicuro che ogni volta che sentite il nome “Ripamonti” vi viene un attacco improvviso di vomito. Ah, come svolgo bene io il mio lavoro nessuno!

 

Se mi piace come scriveva lo storico?

Assolutamente no. Lo odio. E’ così noioso! Troppo, troppo lungo e complicato da leggere senza addormentarsi dopo i primi cinque minuti. Assomiglia un po’ al mio stile.

Ma per la proprietà inversa di cui vi ho spiegato un po’ di volte, dico che mi piace, così mi credono intelligente.

Cioè, molto più intelligente di quanto già non sia.

 

 

Bene, argomento due.

La religione.

 

Ragazzi miei, mi duole dirvelo così apertamente, ma devo, sennò poi si creano casini.

La mia grande religiosità che appare nel romanzo in realtà è una balla.

Sì, avete letto bene. Credo in Dio, per carità, ma non così tanto.

 

La verità è che io odio incredibilmente i preti, e ancora di più le messe.

Cioè.. voi non potete capire cosa sia sorbirsi ogni domenica e giorno festivo un’ora di pappardella interminabile in latino.

Girarsi e vedere i vecchi che si addormentano in piedi e le vecchie che ripetono a un volume di dieci decibel più alto del normale quello che dice il prete. Cristo, almeno conoscessero il latino!

 

Mi ritrovo a sentire cose tipo “Venite a Doremus” quando invece è “venite adoremus”.  Capite? E se provi a chiedere alla vecchia zitella che ti ritrovi di fianco dove si trovi questa famosa Doremus, ecco che ti guarda come se le avessi appena detto che ti sei fatto la pipì addosso e ti risponde “Giovanotto, non si parla in chiesa! Non te l’hanno insegnata l’educazione?!”.

 

Allora tu, da buon cristiano, aspetti la fine della messa e le rivolgi la stessa domanda. La vecchia si fa prendere dal panico, non conoscendo affatto la risposta, e, o schiatta, o ti dice “Vicino a Honolulu, figliolo”. Cosa che tu neanche sapevi dell’esistenza di Honoqualcosa, prima di allora.

 

O ancora. Hai quattro soldi in tasca. Quattro. Il necessario per andarti a prendere un panino e un bicchiere di acqua per pranzo, visto che tua madre ha deciso di fermarsi fuori con le amiche. Proprio oggi. E all’improvviso cosa accade?

 

Mentre il parroco predica a gran voce che i soldi non sono importanti nella vita, e che basta avere fede in Dio, ecco che dai lati dell’edificio escono quattro bambini che a mala pena sanno camminare, armati di cestino di paglia che chiedono elemosina per la chiesa.

E immancabilmente si fermano davanti a te. E con loro gli occhi degli altri centonovantanove partecipanti alla santa messa.

 

Tu vorresti dare dei soldi in beneficienza, davvero. Ma è colpa tua se non hai lavoro e se tua mamma ti da una paghetta da miseria una volta a settimana? E’ colpa tua se gli spiccioli che hai in tasca ti servono per il pranzo? E’ colpa tua se hai una fame incredibile e la tua pancia brontola tanto da fare un rumore che fa invidia all’organo?

 

A quanto pare sì.

 

Allora tu metti la mano in tasca, prendi esattamente la metà dei soldi che hai e li lasci cadere nel cestino del bambino. Almeno un panino lo devo mangiare, pensi.

 

No, neanche il panino ti lasciano.

Quei vecchiacci, si lamentano che non vedono, ma persino la vecchia sdentata che siede in ultima fila si è sporta dal bancone per vedere quanti soldi hai donato.

E immancabilmente tossisce per richiamare la tua attenzione.

 

A malincuore, metti la mano in tasca e tiri fuori il resto delle monete.

Le porgi al bambino, e ti siedi, osservando sconfortato centonovantanove facce che ti guardano sorridendo orgogliose.

 

Solo allora ricomincia la messa.

E siamo solo a metà! Devi ancora passare  per la professione di fede, quel coso interminabile da pronunciare tutti assieme, e che solo i centenari sanno dire tutto, la particola che ti si appiccica al palato, le canzoni che immancabilmente stoni, i vecchi che scatarrano di fianco a te, il sermone del prete, il segno di pace che ti stritola le mani e via dicendo.

 

Cioè.. roba che vai fuori di testa!

 

Comunque sia, per tornare all’argomento principale, ho deciso di fingermi un cattolico fedele perché fa bello.

E perché sennò il papa mi mette al rogo.

 

 

Argomento tre.

Il mio parrucchiere.

 

Quell’idiota mi ha sbagliato il taglio, e ora lo ammazzo.

 

Fine argomento tre per decesso dello stesso.

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