Sotto la polvere del tempo

di Prof
(/viewuser.php?uid=56121)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sotto la polvere del tempo ***
Capitolo 2: *** Senza Luce ***



Capitolo 1
*** Sotto la polvere del tempo ***


Risposte alle recensioni di “La setta”
Aerith1992:  sono contenta che Francia e Inghilterra sotto l'effetto di un mio OOC demenziale ti siano piaciuti; effettivamente, quando si gioca con l'OOC, è sempre un terno all'otto! Però c'è da dire che sia IC che non, quei due danno sempre soddisfazioni quando si tratta di far ridere. XD
E credo, sinceramente, che prima o poi diventeremo un tutt'uno con Seland il Grande. XD
Kagura92:  “follia collettiva” direi che è la sintesi perfetta di quello che volevo mostrare nella mia fic, e direi, attraverso la tua recensione, di esserci riuscita anche abbastanza bene – anche se con la presente fanfic credo di aver alimentato a mia volta questa follia. Bielorussia, Sealand ed Europa ringraziano per l'apprezzamento, e per quanto riguarda Frate Francis, suppongo che Vaticano abbia creato un ordine ad hoc. XD
Wolvie: se qualche volta ho dei dubbi nello scrivere fanfic demenziali, sono recensioni come questa che fugano ogni dubbio. Glasie! <3 Anche se l'idea dei pinguini francamente non so dove io l'abbia pescata. ò_ò Bah, sono strana forte... XD



***



Titolo: Sotto la polvere del tempo
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Danimarca; Inghilterra
Genere: introspettivo; romantico; erotico (più o meno)
Rating: giallo
Note: 1 – sinceramente non posso credere che fra tutte le mie coppie preferite io stia scrivendo proprio di questi due, che non rientrano tra le mie grazie. Ma come si dice, la vita è così...
2 – Dopo aver scritto io stessa questa roba, sono favorevole alle reclusione di Inghilterra nella torre più alta e remota del Regno. Ci basta il fratellone Francia.
3 – Non conoscendolo bene, spero di aver reso almeno di striscio il personaggio di Danimarca. ^^''



Un piccolo pensierino per Wolvie,
                  per il suo compleanno, e in sostituzione di un regalo fallito.




Sotto la polvere del tempo


La risata roca di Inghilterra penetrò quasi soave attraverso le sue orecchie, accarezzandole e ingannandole, invadendogli senza permesso la testa e spingendosi sempre più giù all'interno del torace, finendo per generare una calda sensazione di... di... familiarità, una specie di sapore di antico, qualcosa sotterrato sotto la polvere del tempo che ogni tanto veniva riscoperta per qualche fallace istante.

D'impeto avvicinò il boccale mezzo pieno alle labbra. E mentre trangugiava senza particolare attenzione la birra, sentiva la risata scemare a poco poco, trasformandosi in un ghigno malcelato e soddisfatto.

Danimarca chiuse gli occhi e continuo a bere come se ne andasse della sua stessa vita; e intanto la voce schiarita dal troppo bere, così insolitamente esultante, di Inghilterra prese a solleticargli le orecchie, rimanendo comunque troppo lontana per essere capita; o forse non ne aveva voglia, di essere capita (o lui di capire).

A conti fatti poi, Danimarca non trovava un valido motivo per tentare anche solo di afferrare il significato di quelle paroline che dovevano essere per forza di poco conto, quando sapeva fin troppo bene che l'unica cosa che gli interessava era godersi fino all'ultimo quel suono così gradevole che era la voce pronunciante le simpatiche, anche se inutili, paroline di prima, e che l'importante era che  la voce sembrasse così dannatamente allegra, caso più unico che raro trattandosi di Inghilterra, e che alla fine anche lui stesso fosse allegro.

In sintesi, un'allegra bevuta in compagnia; se non era questo l'importante...

Inclinò ancora il boccale, fino a svuotarlo definitivamente.
Soddisfatto dunque, lo poggiò con più forza del necessario sul tavolino un po' unticcio, concedendosi una sbirciatina alla figura che gli stava di fianco, un po' perché Inghilterra sghignazzante era sempre stato un spettacolo (raro), un po' perché, con disappunto, in mezzo a tutte quelle paroline che gli cadevano sulla testa per scivolargli lungo il corpo come una doccia benefica, gli era sembrato di coglierne una (molto) più sgradevole, che assomigliava in modo preoccupante al nome “Francia”, seguito a breve da un tranquillizzante “perdente”.

Danimarca si rilassò, abbandonandosi lascivo all'accoglienza del divanetto.
Inghilterra era lì, di fianco a lui, incredibilmente vicino.
Seduto sullo stesso divano, le gambe divaricate in modo scomposto e la schiena rilassata aderente allo schienale; stava ancora ridendo sguaiato, la testa lasciata cadere sulla spalliera.
Sembrava davvero divertito e fiero di quello che stava raccontando da ormai... beh, da un bel po'.

Poi, d'improvviso, come accortosi dell'osservazione che stava subendo, spalancò gli occhi, e Dio, Danimarca non ricordava quanto fossero meravigliosamente e splendidamente... verdi, e lo fissò di rimando, il ghigno attenuato ma sempre presente.

Con tutta probabilità si stava chiedendo il perché aveva smesso di ridere insieme a lui.
E Danimarca non era certo di poter trovare una risposta sensata, perso com'era nel constatare come Inghilterra, abbandonato di fianco a lui, mentre lo scrutava interrogativo con quegli occhi verdi e languidi dal troppo bere, e con quel mezzo sorrisetto stampato in faccia... era... era... incredibilmente... carino.
Sì, sì, indubbiamente carino.
Tanto carino.
Troppo carino.
Troppo carino per starsene lì ad osservarlo come un ebete.

E forse stava prendendo un abbaglio grande come una casa, ma quelle labbra ormai appena arcuate, appena dischiuse, non gli stavano chiedendo, anzi non lo stavano pregando, di toccarle, di baciarle, di assaggiarle?

Si sporse Danimarca, oltre quel confine immaginario che lo separava da Inghilterra, fino a toccare le labbra dell'altro con le proprie.

Come dire... fu strano. E non perché Inghilterra non lo aveva ancora respinto - perché avrebbe dovuto poi? - o perché quella che doveva essere nient'altro che una bevuta tra vecchi amici che si rivedono di tanto in tanto andava trasformandosi in qualcosa di... non ben definito.

No, era strano perché Inghilterra, le labbra di Inghilterra, sotto l'amaro sapore della troppa birra, non sapevano di... nulla. Niente. Nada.

Danimarca si accigliò, contrariato.

E più per una sua personale convinzione, che per un pensiero definibile logico, era certo che ci doveva essere per forza un qualche cosa, lì sotto, che Inghilterra gli voleva negare, che veniva occultato per colpa di stupide remore e inopportuni imbarazzi.

Non si arrese Danimarca, certo che fosse suo diritto trovare quel “qualcosa”, e prima che la preda gli potesse scappare da sotto il naso con un fulmineo saltello, e magari sparire tra il verde fogliame di qualche nodosa quercia come in secoli remoti, afferrò fra le sue mani il viso di Inghilterra, costringendo ancora le loro labbra ad incontrarsi.

Se ci furono proteste o resistenze, il danese non se ne accorse.

Ci doveva essere qualcosa, lì sotto, da qualche parte, che aspettava solo di essere scoperto, desiderato, bramato, e infine assaporato fino all'ultima goccia.
Perché Inghilterra, il corpo di Inghilterra, era favolosamente caldo, e accogliente, e stava vibrando solo per lui. E le sue labbra erano meravigliosamente morbide, umide di baci e schioccavano solo per lui.

Inghilterra mugolò qualcosa contro le sue labbra, e per un istante, un brevissimo istante fugace, Danimarca poté sentire sulla punta della propria lingua un sapore dolce, e familiare. Sapeva di biscotti, di mare e di foreste profonde.
Schiuse gli occhi e serrò le braccia attorno al corpo dell'inglese, per poi, con un sorriso ferino, trascinarlo sul fondo del divano.

 
   


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Senza Luce ***


Titolo: Senza Luce
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Danimarca, Inghilterra
Genere: introspettivo, malinconico
Rating: giallo
Avvertimenti: shonen ai (sottinteso)
Disclaimer: di Hidekaz Himaruya
Note: Non mi ricordavo benissimo cosa avessi scritto nella fic precedente, e rileggendola, mi sono stupita di certi passaggi. Nessuno li ha notati, a dire il vero, ma per me racchiudono tutto il rapporto Danimarca/Inghilterra, per quanto io ne sia ignorante. Ùù”
Un grazie a Rota, che ha sopportato le mie lamentele e ha corretto a tempo di record.
Per Aethelflaed.
Riassunto: Certo, il modo di fare di Danimarca, senza fronzoli e senza cazzate varie, arrivando direttamente al sodo e senza prendere tangenziali inutili, non gli dispiaceva, non gli dispiaceva per niente, ed era senza dubbio piacevole passare certi momenti con lui, senza pensieri e con il mondo buttato fuori a calci, e bere, bere e bere, fino a scoppiare e fino a farsi sentire la testa leggera e vuota, meravigliosamente vuota – così da non dover poi accampare stupide scuse.




Senza Luce




Il mattino dopo, al faticoso risveglio, un mal di testa lancinante proverbialmente puntuale gli ricordò che quella del bere la sera prima come una spugna, fino a scoppiare, fino a perdere ogni cognizione di sé, fino a non capire più nulla, non era una trovata delle migliori, anche se si trattava di sfottere per l'ennesima volta una certa rana perdente.

Le familiari quanto indesiderate sensazioni di mal di testa, nausea e stomaco sottosopra si facevano sempre più acute man mano che riprendeva coscienza di sé.
Si maledisse una, due, tre volte, reprimendo un conato di vomito e costringendo lo stomaco alla calma con sommo sforzo di auto-controllo, per quel dannato vizio che lo inchiodava sempre fermo e immobile, peggio di uno vecchio straccio lercio.

Abbatté la mano sulla faccia, stropicciandola, in uno stupido tentativo di ricerca di lucidità. Represse a stento un secondo conato: Dio, doveva smetterla di ridursi a quello schifo ogni volta.

Anche solo la pallida luce che trapelava dalle persiane abbassate lo infastidiva, acuendogli il già terribile cerchio alla testa. No, no, stava decisamente peggio del solito.

Con uno sforzo immane di ogni sua singola cellula nervosa, si costrinse a radunare ogni più piccola briciola di energia per obbligare quella carcassa del suo corpo a voltarsi su un fianco. L'operazione fu penosa e indegnamente faticosa, mettendo a serio rischio quel poco di equilibrio fisico che aveva; lo stomaco gorgogliò minaccioso, nel solo voltarsi la testa gli fu attraversata da una scarica di fitte aguzze come lame di ghiaccio, e sentì ogni singolo muscolo urlare il suo disappunto dolendogli come poche volte ricordava nella sua storia recente, senza parlare della schiena disastrosamente a pezzi.

Cacciò la testa contro lo schienale morbido del divano, cercando un po' di sollievo che non arrivò. Non era per nulla divertente stare male, per nulla. Oh, e la colpa era della rana, manco a dirlo; della rana, ovvio, perché quel dannato riusciva a trasformare la sua gioia maligna del vederlo sguazzare nel fango in quello schifo in cui riversava in quel momento. Colpa di quella dannatissima rana, di quel cretino di un francese, che se fosse stato un po' meno perdente non avrebbe istigato la sua voglia di bere per ridere delle sue debolezze. Colpa di Francia, punto, che era patetico, che era sempre stato patetico, e che ora sicuramente stava piangendo, perché era sempre stato un piagnone, sulla spalla di qualche altro deficiente, quel crucco di Germania, per esempio, o quel cretino di Italia, o quegli altri due imbecilli di Spagna e Prussia...

Una sequenza di brividi lungo la schiena gli ricordarono che aveva freddo.
Senza staccare la fronte dal tessuto del divano polveroso cercò a tentoni la coperta che svolgeva malamente il suo compito di riscaldarlo; ne agguantò un bordo, a caso, e la tirò su fino a coprirsi le spalle nude.

All'improvviso l'idea che risvegliarsi in un ampio e comodo letto, con le lenzuola bianche e profumate, invece che in uno stretto e polveroso divano, fosse decisamente meglio gli attraversò la mente, provocando un'altra serie di fastidiose fitte e un lieve aumento di malumore.

Certo, il modo di fare di Danimarca, senza fronzoli e senza cazzate varie, arrivando direttamente al sodo e senza prendere tangenziali inutili, non gli dispiaceva, non gli dispiaceva per niente, ed era senza dubbio piacevole passare certi momenti con lui, senza pensieri e con il mondo buttato fuori a calci, e bere, bere e bere, fino a scoppiare e fino a farsi sentire la testa leggera e vuota, meravigliosamente vuota – così da non dover poi accampare stupide scuse.

Con Danimarca le cose succedevano e basta, erano il “presente”, qui ed ora, e non ci sarebbe mai stato un “dopo”, e il “prima” era così lontano, ed indistinto, e sotterrato sotto una miriade di secoli e polvere da non poter permettere la nascita di nessuna preoccupazione.

Però, un letto, risvegliarsi in un letto, magari dalle lenzuola candide e dal profumo dolce ed inebriante, sarebbe stato quantomeno più comodo; e meno deprimente.

Il cigolare di cardini e il successivo sbattere di una porta nel pesante silenzio della stanza fece sussultare Inghilterra, senza che però il rumore lo impensierisse tanto da fargli alzare la testa per indagare. Per quanto stava male poi, un'azione tanto sconsiderata lo avrebbe ammazzato all'istante.

Pochi passi pesanti, per nulla rispettosi di un certo bisogno di tranquillità, e poi il piombare dietro la sua schiena di un peso dalla grazia di un elefante in una cristalleria lo fece sussultare, insieme a tutto il divano. Inghilterra si ritrovò lo stomaco in gola e la testa perforata da aghi.

La subitanea risata di Danimarca, roca e gutturale, divertita da chissà quale scemenza, gli trivellò i timpani fino a scavargli nel cervello.

Inghilterra mugugnò il suo dissenso e si voltò supino, strizzando gli occhi per inquadrare meglio il volto scanzonato del danese. Fu giusto l'impressione di un secondo, data dal cervello annebbiato da fiumi di alcol, eppure gli sembrò, per un solo attimo, che quel sorriso si fosse trasformato in un ghigno felino.

Sbuffò, mandando qualche maledizione a caso, e si stropicciò ancora la faccia con entrambe le mani.     

Danimarca ne approfittò per sistemarsi meglio, allungando un braccio sopra di lui e piantandogli un ginocchio nel fianco. La smorfia di fastidio di Inghilterra parve divertirlo.

Si chinò fino a lasciare meno di una spanna fra i loro due nasi, sempre quel sorriso stupidamente divertito stampato in faccia.
“Buongiorno, bella addormentata.” gli soffiò in faccia, non facendo altro che aumentare l'irritazione di Inghilterra. E la cosa parve divertirlo ancora di più. “Dormito bene?”

“Una schifezza.” rispose secco l'altro, subito dopo pentendosi di aver aperto bocca a seguito di un'altra scarica di fitte alla testa.

“Uh, ci siamo svegliati nervosetti stamattina, eh?”

“Sto male.” tagliò corto Inghilterra, arricciando il naso e al contempo mettendo su un'espressione minacciosa. Con il risultato di far scoppiare una grassa risata di pancia a Danimarca.

“Forse ci sono andato troppo pesante ieri sera?” gli sussurrò all'orecchio, prendendo subito dopo a baciargli il collo con movimenti del tutto casuali.

Lo stomaco di Inghilterra ebbe un altro sussulto disgustato. Con l'ultimo briciolo di lucidità allontanò con la mano la testa di Danimarca, voltandosi poi con uno scatto e di nuovo sul fianco, e di nuovo ficcò la testa nel divano.
“Ma vaffanculo!” biascicò, il mal di testa che ormai lo stava uccidendo.

Ancora la risata roca e scanzonata di Danimarca gli irritò le orecchie; lo sentì dire qualcosa, qualcosa di stupido e cretino e inopportuno su cui non valeva la pena stare a ragionare.

La testa gli faceva male, un dannatissimo male. Gli si stava spaccando la testa, in due come un cocomero. E mentre sentiva che la coperta veniva appena alzata, e una mano sgusciare sotto di essa per poi risalire veloce una sua gamba fino ad arrivare a parti più intime, che in teoria avrebbero dovuto rimanere ben nascoste, non riuscì a non desiderare di sentire il profumo dolce ed inebriante di quelle bianche lenzuola.



Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=567635