If I only knew...

di Cassie chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In darkness... our light... ***
Capitolo 2: *** The night of the first and last kiss ***
Capitolo 3: *** Your sky is mine ***
Capitolo 4: *** Death, life and love ***
Capitolo 5: *** Rebirth ***
Capitolo 6: *** Treatment ***
Capitolo 7: *** Lovely love ***
Capitolo 8: *** Hate and love ***
Capitolo 9: *** Reactions ***
Capitolo 10: *** Eros e thanatos, ovvero possesso e privazione ***
Capitolo 11: *** Heart's dark detention ***
Capitolo 12: *** My last feeling ***
Capitolo 13: *** Rain's tears ***
Capitolo 14: *** The call of the soulmate ***
Capitolo 15: *** Against destiny ***



Capitolo 1
*** In darkness... our light... ***


Capitolo 1 – In darkness… our light…

 

Capitolo 1 – In darkness… our light…   

 

La stanza era illuminata dalle luci delle candele e del lampadario di cristallo, che riempiva le pareti ricoperte da marmi colorati di riflessi argentei. Il salone era pieno di persone dall’aspetto distinto, tutte compunte e ben vestite, che sorseggiavano drink e bevande varie, in attesa dell’arrivo della Principessa Relena Peacecraft. La corte era in febbrile agitazione, poiché era il primo ricevimento che si teneva da quando la Principessa era tornata sul trono del Saint Kindom; Relena, infatti, era stata costretta a ritornare nel suo Regno perché suo fratello Miliardo aveva rifiutato il trono, ritenendosi solo un uomo con le mani irrimediabilmente sporche del sangue di tanti innocenti e, per questa ragione, aveva lasciato la Terra e si era diretto verso lo Spazio cosmico, dove ora viveva, assieme alla fedele Noin. Relena perciò, pur essendo rimasta nella carica di viceministro degli Esteri, era in ogni caso dovuta tornare nel suo paese natio, per occupare il posto di suo padre, morto ormai molti anni prima.

“Per fortuna, almeno non sono sola qui” si disse, risoluta, mentre scendeva la scalinata, coperta da un tappeto rosso, circondata dagli sguardi dei presenti.

In un angolo della sala, appoggiato al muro, c’era un ragazzo alto, che indossava un elegante uniforme militare bianca. Aveva un’aria corrucciata e perennemente assorta, con i capelli castani che li coprivano parte degli occhi blu profondo. A chi non lo conosceva bene poteva sembrare solo uno di tanti ufficiali della corte, ma in realtà, il giovane era Heero Yuy, uno dei piloti di Gundam, che ormai tre anni prima, si era reso artefice della pace nel mondo. Ma, a corte, era anche conosciuto per un’altra ragione. Era anche il ragazzo, che era sempre accanto alla Principessa da ormai quasi tre anni, con l’incarico di sua guardia del corpo, tutti erano convinti che Yuy provasse qualcosa per Relena, ma il suo comportamento non lo dava certo a vedere. Era molto freddo e scostante con tutti, e lui e Relena non stavano certo assieme. Sebbene ad un osservatore attento, sarebbe parso evidente che a Relena si illuminavano gli occhi ogni volta che lo vedeva, e Heero sorrideva in modo impercettibile solo a lei, i due sembravano ai più, solo amici che avevano condiviso insieme molte vicende.

Ma la vicenda, si era ulteriormente complicata quando tre mesi prima era giunto povero, lacero, e affamato alla Reggia un altro pilota di Gundam, che era stato assunto anch’ egli dalla Principessa. Il pilota ora era accanto a Heero, sorseggiando una bibita, anche lui in uniforme bianca. Il ragazzo aveva lunghi capelli castani legati in una treccia e occhi azzurro chiaro. Aveva un’aria più felice e spensierata del suo compagno e ora, come il suo amico, stava osservano Relena, che, dopo averli salutati con un sorriso, stava scendendo con grazia le scale.

Duo Maxwell si rivolse all’amico, che stava ancora fissando Relena: “Certo che Relena è davvero bellissima…”.

Heero non rispose, anche se sapeva benissimo che la sua risposta sarebbe stata la stessa.

Relena, dopo aver salutato un po’ di persone, si diresse verso di loro. Indossava un vestito corto, sul ginocchio, giallo, con spalline color oro, che s’intrecciavano sulla spalla. I capelli biondi, erano alzati in un’elegante crocchia sulla nuca e il viso era illuminato dai riflessi dei gioielli, che portava, ma che evidentemente le procuravano un certo fastidio.

“Bene, che cosa ci fanno i miei migliori ufficiali qui in angolo?”disse scherzosamente, con le braccia conserte.

Vedendo che Heero non rispondeva, si rivolse a Duo: “Signor Maxwell, non vuole invitare la Sua Principessa a ballare?”.

Duo, illuminandosi in volto, disse con un tono molto cerimonioso: “Ma certo, Vostra Maestà”. Relena lanciò un’ultima occhiata a Heero, che sentii il cuore sprofondare. Perché non l’aveva invitata lui a ballare? Era davvero uno stupido…solo che non voleva che quei pettegoli della corte facessero strane insinuazioni, ce n’erano già fin troppe. Anche se poi non è che gli importasse granché di quello che pensassero gli altri, non voleva che succedesse qualcosa che lo costringesse a lasciare la sua Relena…Rabbrividii a quello che aveva pensato…la sua Relena?! Ma poi si calmò. Valeva la pena che, dopo tre anni, facesse ancora finta che di quella ragazza non gli importasse nulla? La sua presenza in quel posto già significava da sola che era perso della Principessa del Saint Kindom, che aveva cambiato la sua vita. Lei lo calmava, lo faceva stare bene, gli faceva male al cuore, ogni volta che la vedeva. Viveva solo del suo sorriso, del suo sguardo, della sua voce dolce, che gli purificavano il cuore. Ogni giorno ricordava di meno tutti i crimini, che aveva commesso, cadendo solo del pensiero della splendida persona che aveva accanto. Dopo un periodo di profonda crisi interiore, aveva trovato accanto a lei la pace, convincendosi infine che se quella serie di delitti, lo avevano condotto a lei, dovevano avere avuto un qualche senso.

Eppure, sapeva che lei si meritava di meglio, si meritava una persona, che la facesse stare bene, qualcuno che l’amasse tanto da farle scordare per qualche momento che era la Principessa di quel Regno e una personalità importantissima nella Nazione Terrestre Unita…e lui non era questo. Era solo quello che, presentandosi nel suo studio, la sommergeva d’altri problemi, e che poi, sebbene gli si spezzasse il cuore, per via del suo carattere impossibile, la lasciava lì con la testa tra le mani, che cercava di risolvere tutta quella situazione.

Heero alzò lo sguardo verso di lei e la vide, mentre ballava stretta a Duo. Si sentii il cuore morire…Duo sembrava che le stesse dicendo qualcosa che la stava facendo ridere e lei si asciugava le lacrime con il palmo della mano. Poi, mentre la canzone finiva e la gente si dirigeva verso il tavolo dei rinfreschi, Relena si staccò dal ragazzo con un sorriso e, prima di allontanarsi e dirigersi verso la sua madre adottiva, che era appena arrivata, si avvicinò lentamente a Duo e lo baciò velocemente sulla guancia. Duo rimase immobile, accarezzandosi la guancia, dove Relena l’aveva baciato, mentre la vedeva allontanarsi.

Duo sentiva il cuore pieno di spilli…ci mancava solo questa, pensò, mentre tornava verso Heero. Ci mancava solo che Relena lo baciasse…certo, lo aveva baciato solo come un amico, gli aveva solo detto che gli voleva molto bene e lo aveva ringraziato per averla fatta divertire tanto, eppure…

Era ormai da tanto che Duo aveva capito che Relena non era per lui soltanto la persona, che dopo anni di stenti, gli aveva offerto un’occupazione e che ora si era impegnato di proteggere, non era purtroppo per lui solo questo. Si odiava profondamente per questo, avrebbe voluto cambiare le cose, fare sì che tutto stesse procedendo in maniera diversa, ma invece più passava il tempo e più tutto si stava muovendo verso quel finale obbligato. Ormai anche se lo avrebbe negato fino all’ultimo davanti agli altri, si era innamorato di Relena. L’unica donna sulla faccia della Terra e nell’intero spazio, che non avrebbe mai dovuto mai solo pensare di amare. Sembrava quasi che avessero scritto per lui un copione in perfetto stile strappalacrime, che ora lo poneva in questa assurda situazione. Sebbene Heero non fosse il tipo più chiacchierone dell’Universo, lui aveva ormai capito da tempo che era perso di Relena, tanto quanto lo era lui. Solo che Heero l’amava da quando l’aveva conosciuta, aveva scelto di sopravvivere alla guerra solo per lei, aveva deciso di seguirla per tutta la vita…solo che Heero aveva bisogno di lei, come l’ossigeno, ne aveva bisogno per continuare a vivere, per aprire il suo cuore, per capire che la sua vita non si esauriva in una carrellata di stupide missioni. Inoltre, Heero era il suo migliore amico e lui non avrebbe mai potuto portargli via Relena, da sotto il naso. Eppure, sapeva che lui avrebbe certamente reso più felice Relena di quanto Heero potesse provare solo a fare…quella ragazza aveva un estremo bisogno di ridere, di divertirsi. Avrebbe voluto portarla fuori da quella Reggia soffocante e portarla in riva al mare, farle vedere il mondo, vedere il suo sorriso diffondersi nei suoi occhi. Eppure, sapeva che non sarebbe stato mai possibile. Relena era innamorata di Heero e lui era innamorato di lei. Basta. Per lui, non c’era neanche un minimo spazio in quello che i loro cuori lasciavano.

Sospirò a lungo, mentre si sedeva accanto a Heero, tra le altre guardie. Avrebbe voluto parlare con qualcuno di questa situazione, ma, al momento, aveva a disposizione solo Heero e Relena, le persone che erano maggiormente coinvolte nel suo problema. Decise che più tardi avrebbe chiamato Trowa, per fare due chiacchiere con lui; Rareba era partito assieme a Dorothy per lo spazio la settimana prima per occuparsi degli affari della sua famiglia, Wufei non era certo la persona più adatta, forse gli avrebbe consigliato di uccidere sia Heero che Relena, e la sua amica Hilde gli aveva chiamato due giorni prima, confessandogli di essersi innamorata di lui.

Heero si mosse nervosamente sulla sedia. Aveva visto Relena che baciava Duo e si era sentito soffocare. Si era persino alzato con l’intento di andare a parlarle, ma poi si era seduto di nuovo. Che cosa le avrebbe detto? Non poteva certo dirle che stava morendo di gelosia, per quello che aveva fatto, che voleva che avesse baciato lui, e non Duo. E che però, nel contempo, era convinto che Duo fosse molto meglio di lui per starle accanto, che l’aveva vista così contenta accanto a lui e che voleva solo che lei fosse felice. Anche Heero, come Duo al suo fianco, sospirò a lungo.

Poi un rumore, proveniente dal centro della stanza, attirò la loro attenzione. Un gruppo di persone si era radunato al centro della stanza e parlava convulsamente, ma non erano invitati alla festa. Erano uomini vestiti di nero con passamontagna sul capo, che portavano pistole e fucili. Heero e Duo si alzarono simultaneamente dalle loro sedie, cercando entrambi con lo sguardo Relena, ma non riuscivano a vederla. Estrassero dalle tasche le pistole e si diressero verso il centro della stanza, dove si erano radunati anche gli altri ufficiali.

Un uomo, che era al centro della stanza ed era vestito di nero, come gli altri, prese la parola e disse a voce alta: “Siamo un gruppo di secessionisti delle colonie!Vedete di non fare scherzi, altrimenti uccideremo tutti i presenti!”. Così dicendo si aprì la giacca, mostrando una serie di cariche esplosive legati al suo corpo. Molti dei presenti urlarono.

Duo mugolò nell’orecchio di Heero: “Riesci a vedere Relena?”.

Heero, il sudore che gli imperlava la fronte, disse: “No, non la vedo da nessuna parte, ma dovrebbe essere qui”.

L’uomo, che aveva parlato prima, continuò: “Vogliamo che ci consegnate la Principessa Relena e agli altri non sarà torto un capello…”

Relena, che era nella folla abbracciando sua madre, che piangeva convulsamente, deglutì e poi disse, attirando l’attenzione di Heero e Duo, che finalmente videro, dove si trovava: “Se mi consegnerò a voi, lascerete liberi tutti?”.

L’uomo, con una risata ironica, disse: “Vostra Maestà, siete davvero stupenda stasera…sì, non dovete preoccuparvi, il nostro obiettivo siete solo voi, Principessa”.

Relena lasciò la madre, che singhiozzava ancora e si diresse, aprendo la folla attorno lei, verso il centro della stanza.

Duo si rivolse all’amico: “Che facciamo ora?”. Heero ci pensò su, mentre i passi dei tacchi di Relena risuonavano sul marmo freddo.

“Ascolta” disse “Tu penserai a distrarli, mentre io salirò sulle scale, verso il piano di sopra e sparerò a quello con le cariche esplosive. Allora, cominceremo a sparare sugli altri, hai capito?Penso che gli altri ufficiali capiranno e inizieranno a sparare, anche loro…siamo più di loro, e solo quello con le cariche, che può darci fastidio”.

A quel punto, si diresse, correndo in silenzio, verso le scale; Duo non aveva la minima idea di come distrarli, poi, vedendo che Relena era vicinissima al capo, che tendeva il braccio verso di lei, si riscosse e si avvicinò, dicendo: “Voi, che cosa avete intenzione di fare con la Principessa?”.

Relena lo guardò per qualche istante, chiedendosi che cosa avesse in mente e, al contempo, dove fosse Heero. Si fermò immobile, mentre Duo con la mano, le faceva nascostamente segno di venirgli accanto.

“Non vi daremo mai la Principessa, senza garanzie che non le sia fatto del male!”disse Duo, mentre le altre guardie cominciavano a capire che Duo stava portando avanti una mossa diversiva e facevano indietreggiare gli invitati.

“Sta tranquillo” disse uno degli uomini “La vostra Principessa sarà al sicuro…la stiamo solo portando dove non potrà che fare del bene e cioè nella nostra colonia…”.Gli altri scoppiarono a ridere.

Tacquero, quando videro il loro capo accasciarsi, pieno di sangue…Heero lo aveva appena colpito e Duo si apprestò a mettere a testa ingiù sotto di sé Relena, mentre le altre guardie iniziavano a sparare.

Nella sala, ormai, regnava il caos. Molti invitati si erano gettati faccia a terra, mentre uomini in nero e guardie cadevano ferite in rivoli di sangue. Duo prese Relena per un braccio e la trascinò verso la parete, dove c’era il pianoforte e le disse di nascondersi lì dietro e di non muoversi per nessun motivo. Relena obbedii e si accucciò dietro il pianoforte, mentre Duo andò ad aiutare le altre guardie.

Heero, intanto, stava mettendo a terra un altro uomo, quando vide Duo raggiungerlo. Doveva avere nascosto Relena al sicuro, si disse.

Ormai, non era rimasto più nessuno, a parte un uomo che continuava strenuamente a sparare e a difendersi. L’uomo, di un tratto, si illuminò e corse verso il pianoforte, dove aveva visto Relena che stava aiutando sua madre, che era a terra ferita. Heero si accorse appena in tempo dei suoi movimenti e corse dietro di lui, sparandogli alle spalle. L’uomo urlò e si accasciò pieno di sangue, proprio accanto a Relena che rimase attaccata al muro per la paura.

Heero si avvicinò a lei, che ormai era livida e che era ferita sulla guancia.

“Relena, come stai?” disse, sinceramente preoccupato.

La ragazza, all’inizio non rispose, poi gli occhi si riempirono di lacrime, corse verso Heero e lo abbracciò.

“Heero, ho avuto tanta paura che ti facessero del male!” disse, gemendo, soffocando i singhiozzi sul suo petto.

Heero se la strinse contro e sorrise, un dolce sorriso disteso: “Io sto bene, non ti devi preoccupare…in fondo, ne ho passate di peggio di questo”.

Relena sorrise, ancora stretta a lui, mentre le lacrime le rigavano le guance. Heero sentii il suo cuore che trovava finalmente la pace, non voleva lasciarla andare, non voleva assolutamente che smettesse di stringerlo. Lei era così bella che non poteva permettersi che anche quel momento andasse perso. Dolcemente, attirò il mento della ragazza con la mano contro il suo viso e la baciò sulle labbra. Relena rimase un attimo immobile, e mormorò tra le labbra “Heero”, poi mise le sue braccia attorno al collo del ragazzo e l’attirò a sé. Heero se la strinse ancora più forte contro, mentre gli sembrava solo allora di aver cominciato a vivere.

Intanto Duo li guardava baciarsi e si sentiva come se stesse morendo… ecco, finalmente Heero se ne era accorto, si era accorto che l’amava e che non poteva lasciarla andare ancora. Eppure, sapeva che non era per niente contento di quello che stava accadendo, non lo era per niente. Avrebbe voluto che Relena stringesse così lui, che l’amava tanto quanto Heero, che l’avrebbe potuta rendere felice. Ma era così che doveva andare a finire. L’amore tra Heero e Relena era una di quelle cose che non avrebbe mai potuto neanche immaginare di possedere e perciò doveva soltanto rassegnarsi ed essere contento per loro due.

Relena si staccò dopo un po’ dall’abbraccio di Heero e disse al ragazzo: “Credevo che non l’avresti mai fatto…pensavo che per te fossi solo una grandissima scocciatura…”.

Heero le accarezzò il viso e disse, ridendo: “E lo sei ancora, stanne certa…”, poi, continuò: “Solo che adesso è successo qualcos’altro…”. Si fece più serio e andò avanti: “E’ solo che ora mi sono innamorato della mia dolcissima scocciatura…ti amo Relena”.

Relena scoppiò in lacrime, poi disse con voce flebile: “Ti amo anch’io, Heero”.

Lui le diede un altro bacio ancora più dolce del precedente, poi l’aiutò ad alzarsi e la prese in braccio, dato che lei non riusciva neanche ad alzarsi. Lei affondò il viso nella sua camicia, anche se non riusciva a dimenticare il viso dell’uomo, a cui Heero aveva sparato.

Entrambi si diressero verso il centro del salone, dove le guardie stavano legando e portando via alcuni uomini, mentre altri si apprestavano a soccorrere le guardie ferite o gli invitati. C’erano state anche una decina di vittime e Relena, dopo che Heero la mise a terra, sebbene se la stringesse ancora contro, piangeva silenziosamente, soprattutto per la morte di una sua amica, a cui voleva molto bene.

Un ufficiale, che era alto e aveva gli occhi di un bel colore tendente al viola, sorreggeva la madre di Relena, verso la quale si gettò sempre piangendo a dirotto. Dopo l’uomo, che si chiamava Laurence, ma che era conosciuto con il nomignolo di Laurie, si avvicinò a Heero e a Duo, che, dopo essersi accertato che Heero e Relena avessero smesso di baciarsi, si era nuovamente avvicinato.

“Comandante” disse Laurie, la voce leggermente incrinata. Era giovane, non poteva avere più di 20 anni, come Heero e Duo, ma certo non aveva il loro passato. “Ci sono state perdite di molti uomini; molti soldati sono morti, anche se tutto sommato il numero poteva essere anche maggiore. Tra i civili, invece, è morta solo una ragazza…”

“Sì, lo so” replicò Heero, stringendo i pugni “L’amica di Relena…cioè, della Principessa Relena…”
Duo lo guardò per qualche istante, poi chiese: “Come sta la Principessa?”, anche se aveva visto che stava abbastanza bene.

Heero rispose, sollevato: “Per fortuna, sta discretamente bene…è solo molto scossa e spaventata…”.

Duo, per evitare di pensare ancora a Relena, si rivolse a Laurie: “Si è capito a che gruppo facessero capo quei tipi?”.

Laurie annuì con il capo e continuò: “Sì…sembra che facciano parte della colonia X-2569…sono fanatici che sono formati dallo scioglimento di WhiteFang, vogliono principalmente la secessione della loro colonia dalla Nazione Terrestre perché ritengono di esservi stati annessi con la forza e non per loro specifica volontà, anche perché la loro colonia è ai primi posti per tasso di invivibilità e di ciò, danno la colpa alla Terra … sono particolarmente pericolosi perché possono contare sui finanziamenti estorti alla famiglia Winner, dato che si dice che il loro capo sia praticamente l’attuale maggiore azionista del gruppo…”.

Heero disse a bassa voce: “... dalla famiglia di Rareba…”

Duo proseguì, sebbene non voleva neanche nominare quel nome che ora gli faceva tanto male: “Ma cosa vogliono dalla Principessa Relena?”.

Laurie continuò: “Non si sa esattamente…secondo molti, vorrebbero semplicemente toglierla di mezzo perché rappresenta molto la Nazione Terrestre ed è stata soprattutto lei, ai tempi della Grande Guerra ad essere stata la fautrice della pace e dell’ordine costituitosi; ma per molti altri, vorrebbero porla alla guida del loro gruppo, come figura simbolica in grado di identificare loro e altre colonie sovversive…questa è la versione più accreditata, anche se molti, me compreso, pensano che vorrebbero rapire la Principessa per indurre il vecchio capo di Whitefang ad uscire allo scoperto…”.

“Zach Marquise…. “ borbottò Heero, l’aria di nuovo corrucciata, che si era leggermente dissolta dopo il bacio con Relena.

“Sembra che lo rivogliano con loro” proseguì Laurie, “Ritengono di indurlo a farsi vivo, sequestrando sua sorella, l’unica persona a cui è effettivamente legato. Una volta che avranno entrambi i Peacecraft superstiti, sarà facile trovare per loro il seguito dei vecchi militanti di Whitefang, che sono davvero molti e anche dei pacifisti moderati, che accetteranno di combattere per la loro autonomia e un maggiore benessere, e che si identificheranno con la Principessa Relena. La colonia X-2569 è la più grande mai costruita e certamente accendere lì la miccia significherebbe propagarla in tutto lo spazio…” concluse Laurie.

Heero e Duo avevano ascoltato in silenzio, sapevano bene che la sicurezza di Relena era in grave pericolo e che i secessionisti avrebbero certamente attaccato di nuovo. Erano riusciti ad entrare indisturbati nella Reggia una volta e potevano certamente farlo di nuovo.

“La prima cosa da fare” disse Heero, l’aria più decisa che mai “E’ mettere al sicuro la Principessa…poi è assolutamente necessario trovare un modo per sgominare questo gruppo. Lo abbiamo preso troppo alla leggera, pensando che non avessero i mezzi per attaccare, ma ora sappiamo che non hanno certamente problemi economici e nemmeno organizzativi…”

Heero chiamò a raccolta le guardie rimaste e iniziò freneticamente a dare ordini: “Voglio che la Reggia sia completamente isolata…daremo l’impressione che la Principessa sia ancora qui, ma la trasferiremo quanto più lontano possibile. Tu, Sandler” disse a Laurie “Cerca di trovare il maggior numero possibile di informazioni su questo gruppo…Duo cerca di contattare Rareba per sapere qualcosa su questo fantomatico capo…intanto, il palazzo deve essere evacuato dagli invitati e dai soldati e civili feriti…muoviamoci!”.

Heero si avvicinò allora a Relena, che era ancora abbracciata a sua madre. Era pallida e aveva gli occhi lucidi e rossi. Alle volte, Relena sembrava così forte, ma in realtà, spesso si scordavano che era solo una ragazza di ventuno anni. Era una ragazza fragile, una ragazza che non rideva mai, era un ragazza di ventuno anni con un pesante destino, da indossare a forza, come un abito stretto. Era una ragazza, che doveva avere appena incominciato a vivere, ma che, in realtà, era già gravata da responsabilità e doveri, che la vita dava solo quando era già scorsa da un bel po’.

Duo borbottò, mentre si allontanava, non potendo impedirsi di pensare: “Certo, Comandante, vado a chiamare Rareba…lei intanto si prenda cura della nostra Principessa…”

Heero disse alla madre di Relena di andarsene al più presto da lì e di tornare a casa, dopo essersi fatta curare, dato che era ferita. Dopo che la madre si fu allontanata, abbracciando nuovamente Relena, Heero le si avvicinò, chiedendole se stesse bene.

Relena, senza alzare lo sguardo da terra, replicò, la voce ridotta ad un sussurro: “Conoscevo Katy da quando andavo a scuola…era stata lei a farmi capire che ero innamorata di te, e stasera volevo presentartela, e ora invece…”. Relena non resse più e scoppiò in lacrime, tremando, come se fosse in preda alle convulsioni.

Heero non sapeva che cosa fare per calmarla, non l’aveva mai vista in quello stato e, anche se era Relena era sempre molto occupata e quindi non molto allegra, non era abituato a vederla così devastata dal dolore. Gli venne una fitta al cuore al pensiero di come doveva essersi distrutta quando era morto suo padre. Poi Relena disse qualcosa che gli spezzò completamente il cuore: “Sarei dovuta morire io al suo posto…è mia la colpa di questa strage…”.

Heero si riscosse a quell’orrendo pensiero e la prese per le spalle, scuotendola leggermente: “Non ti azzardare a dire mai più una cosa del genere! Non è stata colpa tua se Katy è morta, è stata colpa di quei folli, che volevano portarti via!  Non pensi quante persone sarebbero state male per la tua morte?!…”, poi, abbassando la voce e guardandola fissa negli occhi celesti, disse: “…non pensi che mi avresti semplicemente ucciso se fossi morta, che non sarei sopravvissuto senza di te?!”.

Relena lo guardò fisso negli occhi, non si era ancora abituata al fatto che Heero le avesse confessato di amarla e, sebbene fosse preda delle sensazioni che quell’inferno aveva provocato in lei, si sentii sollevare da terra verso il cielo più alto del Paradiso.

Lo guardò a lungo e poi, con un mezzo sorriso sulle labbra rosa, disse: “In effetti, non ti voglio lasciare così presto…sei l’unica cosa che mi dà la forza di andare avanti”, poi si alzò in punta di piedi e lo baciò ancora una volta. Heero rimase immobile per qualche secondo, poi la strinse…l’amava così tanto, sarebbe morto piuttosto che vederla soffrire, voleva stare con lei fino alla fine di tutta l’eternità.

Dopo essersi separati, lui la informò di tutto quello che gli aveva detto Laurie e le disse che era assolutamente necessario che lasciasse la reggia quanto prima.

“E tu che cosa farai?” chiese Relena, atterrita dal pensiero di doverlo lasciare.

“Io resterò qui, devo coordinare le guardie…tu andrai nella casa che ti lasciò tuo nonno sulle Montagne Orientali e ti farai accompagnare da una guardia fidata…”, poi ci pensò un momento e disse: “Andrai con Duo… a lui affiderei la mia stessa vita”.

Se solo Heero avesse saputo…se solo avesse saputo, mentre salutava Relena che saliva su una macchina scura con i vetri neri e la baciava, stringendola nel freddo della notte…se solo avesse saputo che non avrebbe rivisto Duo, a cui diede una pacca sulla spalla, se non un’altra volta, e poi quattro anni dopo, senza che tra loro due ci fosse un minimo sentimento di amicizia, se solo avesse potuto vedere lo sguardo di Duo annebbiarsi, mentre prendeva posto accanto alla donna che amava di più al mondo, se solo avesse saputo che il cuore del suo migliore amico stava per scoppiare, mentre la sua gamba urtava continuamente per la strada tortuosa la gamba di Relena, se solo avesse saputo che Relena si sarebbe trovata in una situazione impensabile per un tragico equivoco, magari avrebbe fermato quell’auto, chiamando a gran voce Relena e stringendosela fino a quando l’alba non avrebbe distrutto il gelo della notte.

Ma lui non sapeva niente di quello che il destino gli stava preparando e perciò lasciò partire l’auto, che stava conducendo Relena e Duo verso il primo atto di un futuro che non poteva neanche lontanamente immaginare.

 

 

A voi, la parola: commentate! Commentate! Commentate!

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Capitolo 2
*** The night of the first and last kiss ***


Capitolo 2- The night of the first and last kiss

Capitolo 2- The night of the first and last kiss

 

Relena guardava silenziosamente, dal vetro della macchina, che la stava conducendo nel suo nascondiglio. Non sapeva quanto tempo sarebbe dovuta rimanere lì, sapeva soltanto che Heero aveva ritenuto strettamente necessario trasferirla e allontanarla dalla Reggia…aveva ancora la testa che le pulsava, dopo quello che aveva dovuto vedere e sentire. Se si ricordava l’espressione di quell’uomo, mentre Heero gli sparava, o peggio gli occhi aperti sul vuoto di Katy, si sentiva lo stomaco annodato… mentre ricacciava le lacrime a fatica, ripensò che, per fortuna, aveva Heero, aveva il suo angelo custode, che non l’avrebbe mai abbandonata. Adesso che lui le aveva confessato i suoi sentimenti, si sentiva più forte, più tranquilla e sapeva che, fino al momento in cui lui le fosse rimasto accanto e avesse continuato ad amarla, lei non correva alcun pericolo. Lei lo amava dal primo giorno che lo aveva incontrato su quella spiaggia, quando gli aveva tolto il casco e si era ritrovato per la prima volta, davanti ai suoi occhi blu intenso, quando si era trovata di fronte a quella stella cadente che le avrebbe per sempre cambiato la vita.

Eppure, era sempre stata convinta che lui non ricambiasse il suo amore, che lui le volesse bene solo come ad una sorella, e, per questa ragione, nei tre anni che erano passati, non aveva mai preso minimamente in considerazione l’idea di dichiararsi a lui; lui era accanto a lei e questo le bastava, le bastava che non prendesse più un Mobile Suit e se ne andasse via, per sempre, lontano da lei. E, invece, quella sera…in quella maledetta sera, si era accesa per lei la più bella stella che avesse mai visto… lui le aveva confessato di amarla, l’aveva baciata e l’aveva stretta a sé. Se ripensava al suo sorriso e al suo profumo, si sentiva sciogliere il cuore. Sperava solo che questa storia si concludesse quanto prima, voleva stare con lui e non lasciarlo andare più… inoltre, era preoccupata per lui, non voleva che gli accadesse qualcosa… se fosse stata rapita o, anche uccisa, le sarebbe importato molto di meno, piuttosto che vederlo soffrire ancora, o peggio…

Non riuscì neanche a finire quel pensiero per quanto le sembrava, allo stesso tempo, impossibile e lacerante… era strano che la facesse sentire più strana che soffocata quel pensiero… come se Heero fosse eterno, come se si identificasse totalmente nell’amore, che provava per lui, come se Heero fosse solo l’amore, che provava per lui … strinse più forte la presa sulla piccola valigetta che si era portata dietro e poi si accorse che nell’auto, regnava un’irreale silenzio. Quando era in macchina con Heero, era abbastanza normale che stessero in silenzio, ma ora era con Duo, che parlava di continuo. Si voltò a guardarlo e lo vide assorto nei suoi pensieri, mentre guardava le montagne imbiancate.

“Forse sta pensando a quel gruppo…” si disse Relena, sistemandosi il cappuccio del cappotto che indossava per non farsi riconoscere.

In realtà, Duo stava pensando a tutto, tranne che a quel gruppo. Sì, aveva parlato con Rareba ed era venuto a sapere che il maggiore azionista del gruppo era un tale Micheal Diamond, un uomo sulla cinquantina che si diceva avesse militato in Whitefang; di lui, però, si sapeva molto poco, perché conduceva una vita molto solitaria. Diamond, inoltre, si era molto arricchito a seguito di acquisti e speculazioni al limite della legalità a danno dei Winner, il cui peso, alla morte del padre di Rareba, era molto diminuito. Ora era lui il maggiore azionista del gruppo, anche se nella sede centrale, si facesse vedere di rado, dato che ora era ritornato Rareba che era l’altro socio maggioritario del gruppo, anche se aveva solo il 30% delle azioni. Rareba aveva detto a Duo che lo aveva visto molto poco, però sapeva che era un tipo intrattabile, interessato solo al denaro, tanto che per questo motivo aveva divorziato dalla moglie, che non riusciva più a sopportare la sua eccessiva avarizia; il suo unico altro interesse era guidare un gruppo politico che cercava di difendere la libertà tradizionale della loro colonia. 

“Bingo!” si era detto Duo, sempre più convinto di avere trovato il loro uomo.

Ma ora il pensiero di quell’uomo lo toccava pochissimo. Era da solo con Relena e sapeva che una qualsiasi parola avesse soltanto tentato di pronunciare, avrebbe inevitabilmente fatto capire quello che stava provando. Quando aveva lasciato la reggia, Heero si era raccomandato di proteggere sempre Relena e di non lasciarla sola per un momento…già, proprio quello di cui aveva bisogno. Stare accanto alla persona, di cui era innamorato, sapendo che i suoi pensieri erano altrove o meglio erano persi dietro il suo migliore amico. Aveva detto ad Heero che era meglio che ci andasse lui con Relena, ma lui aveva detto che preferiva coordinare le operazioni nella reggia, che si fidava di lui e sapeva che l’avrebbe protetta a costo della sua vita.

Duo sapeva che tutto questo era vero. Era chiaro che non avrebbe mai permesso che Relena morisse per colpa sua, ma sapeva altrettanto bene che un solo gesto, una sola parola gli sarebbero costati l’amicizia di Heero e anche di Relena. Si riscosse, quando sentii la voce di lei chiamarlo leggermente.

“Sì?” chiese, cercando di assumere il tono più neutro che gli riuscisse.

“Volevo sapere” disse Relena, parlando sottovoce “Se potrò partecipare alla conferenza mondiale della settimana prossima, è davvero molto importante…”

“Credo che sia molto più prudente che vi partecipi tramite una videoconferenza, Altezza …non penso che sia sicuro recarsi…”, poi si interruppe, vedendo il viso leggermente meravigliato di lei.

“Cosa c’è?” chiese, arrossendo leggermente.

“Non capisco” chiese lei, gli occhi leggermente schiusi “Perché mi stai chiamando così …ci conosciamo da cinque anni e mi chiami ancora in questo modo? Neanche Heero mi chiama più in quel modo …c’è qualcosa che non va?” disse, poi vedendo una smorfia impercettibile sul viso di Duo.

“Niente, è stato solo un crampo” mentii velocemente Duo, mentre pensava “Mi piacerebbe soltanto che tu non nominassi più Heero davanti a me, e magari fingere che tu sia solo una Principessa viziata che sono costretto a difendere, e non la meravigliosa e stupenda persona che sei..”.

“Scusami Relena” continuò “E’ solo che questa, ehm, missione mi rende molto nervoso…”

“Sì, anch’io sono molto preoccupata…inoltre, se penso che sono morte delle persone per colpa mia, mi vengono i brividi…” ribadì lei, mentre si stringeva nelle spalle sottili.

“Lo so, lo vedo che stai male…” proferì Duo, prima di avere il tempo materiale per fermarsi.

Relena lo guardò, poi, la voce più dolce di prima, disse: “Ti ringrazio per essere venuto con me…”

Duo sentii le parole scendere a precipizio dalle sue labbra, prima che potesse fermarle: “Anche se avresti preferito che fosse venuto Heero con te?”

Ma sarò stupido?! Mi vado a scavare la fossa da solo e mi ci getto allegramente dentro!” pensò.

Relena ci pensò un attimo e poi disse: “Sì, forse avrei preferito che fosse venuto lui con me, ma ha detto che preferiva restare alla reggia…e poi neanche tu mi dispiaci tanto” concluse, sorridendo.

Duo cercò di frenare il suo cuore che sembrava una locomotiva impazzita e benedì il fatto che finalmente erano arrivati.

La casa del nonno di Relena era una piccola abitazione sulle Montagne Orientali; era il luogo, dove era cresciuto suo padre, il suo vero padre, e dove il re Peacecraft adorava ritirarsi per poter pensare; era piccola con il tetto spiovente e di un bel legno scuro. Aveva grandi finestre sui lati ed era leggermente sopraelevata, rispetto al terreno. Quando Relena e Duo, entrarono, si trovarono davanti ad una stanzetta piccola con un caminetto, che ardeva, mentre un biglietto di Laurie li avvertiva che aveva accumulato provviste per molto tempo nella cantina.

Relena si sedette su una poltrona, di fronte al fuoco, dopo aver posato la valigetta per terra. Duo, intanto, fece un giro per le varie stanze, accertandosi che la casa fosse sicura. In effetti, dovette riscontare che Heero aveva avuto ragione, riguardo a quella casa: oltre al fatto, che c’era un solo ingresso, che era costituito da una porta blindata, costruita nel periodo, in cui il re Peacecraft alloggiava lì, era praticamente impossibile che qualcuno si avvicinasse senza essere visto. In primo luogo, a qualche metro di distanza, più verso valle, c’era la casa del custode, che li avrebbe avvisai in caso di arrivo di qualcuno. Poi, la casa sorgeva su un’altura che sormontava un’area disabitata del raggio di un chilometro; dalle finestre, era possibile vedere tutta la strada, che conduceva lì, che era una sola, e, per questo, se si fosse avvicinato qualcuno, Duo e Relena lo avrebbero visto almeno mezz’ora prima che arrivasse alla casa. Le finestre del piano di sopra erano antiproiettile e non erano molte; quella della camera di Relena, era molto piccola e illuminava a malapena la stanza.

Dopo essersi sincerato di tutto questo, Duo tornò nel salotto, dove Relena era ancora seduta accanto al caminetto. Si era tolta il cappotto ed ora indossava un semplice maglione a collo alto bianco ed un paio di jeans stretti. Dopo qualche minuto di perfetto silenzio, Relena si alzò dalla poltrona e aprì la valigetta che si era portata, uscendo un gruppo di foto, che appese con cura alle pareti. Duo riconobbe i suoi genitori adottivi, suo fratello, la sua amica Katy…poi, con un tuffo al cuore, vide che stava appendendo una foto che mostrava lui, lei ed Heero in occasione di una festa il mese prima. Gli venne da pensare: “Ecco, il mitico triangolo!”, poi ricacciò quel pensiero, dicendo che non esisteva alcun triangolo, semmai solo una coppia. Si allontanò dalla stanza con un sospiro, e andò a chiamare Heero con il suo cellulare per avvertirli che erano arrivati e che non c’erano stati intoppi.

Heero lo congedò quasi subito, raccomandandogli di stare sempre accanto a Relena e di farsi sentire a distanza di due giorni. Duo annuì silenziosamente, poi riattaccò, ringraziando che Heero non avesse chiesto di parlare con Relena, altrimenti sarebbe uscito fuori al gelo, per non sentirli scambiare smancerie, anche se dubitava fortemente che Heero ne fosse capace.

Ritornò nella stanza principale e vide che Relena si era addormentata su un divano…il suo cuore perse qualche colpo per un minuto. Era così bella, sembrava che fosse eterea con i capelli biondi, che le erano ricaduti sulla spalla. Si avvicinò a lei e le mise addosso una coperta di lana, poi, mentre la guardava dormire, si sentii l’anima scoppiare nel petto. Si avvicinò sempre di più a lei e la baciò dolcemente sulle labbra, cosciente che sarebbe stato il loro primo ed unico bacio. Mentre sentiva il suo sapore di fragola, capii che stava sbagliando, capii che Relena era soltanto di Heero e che non avrebbe dovuto neanche pensare di fare qualcosa del genere. Si staccò da lei violentemente, sospirando di sollievo per il fatto che non si era svegliata.

Mentre si sedeva nella poltrona lì accanto, si ricordò di una frase che aveva sentito una volta in qualche sceneggiato televisivo: “Capisci di amare davvero una persona solo quando puoi passare tutta la notte seduto a guardarla, mentre dorme…”. Sospirò ancora, con un amaro sorriso sulle labbra…si preparava per lui una lunga notte insonne. .. the night of the first and last kiss.

Intanto, Heero, nel suo studio, completamente ignaro del fatto che il destino, che non avrebbe mai creduto possibile aveva cominciato a muovere i suoi primi e insensati passi, stava analizzando tutti i file, che erano stati raccolti dai suoi collaboratori sull’organizzazione, che aveva tentato di rapire Relena. Aveva effettivamente scoperto, grazie all’aiuto di Rareba e di Duo, che il capo dell’organizzazione doveva essere proprio questo tipo di nome Diamond, che era indiziato anche da altri gruppi investigativi, come l’FBI, per questa ragione. Aveva saputo che Diamond sembrava agire sotto la copertura del suo partito politico, attraverso il quale assoldava quelli che sembravano più propensi alle sue idee. Non era stato ancora possibile incastrarlo definitivamente perché era molto furbo e sembrava che avesse molte talpe nelle polizie internazionali, che dirottavano le indagini a suo favore.

Heero si abbandonò sulla sedia; era molto stanco e inoltre, era ancora preoccupato per Relena. Aveva una strana sensazione, anche se era più che mai certo che la locazione del nascondiglio di Relena fosse l’ideale.

“E poi con lei c’è Duo…non devo stare in ansia” si disse risoluto. A questo punto, capii che di fronte a questa situazione, era assolutamente necessario un intervento dall’interno. Si sarebbe infiltrato in quel gruppo, altrimenti era certo che non sarebbe mai riuscito a sgominarlo. Prese dal computer la lista dei componenti antichi di Whitefang e cercò con lo sguardo un nome, che poteva essere adatto allo scopo. Dopo un po’, vide il nome di un uomo, che attirò la sua attenzione.

“Eddie Thompson, nato nel mio stesso anno di nascita nella colonia X-5639 e morto nell’anno post-coloniale 195 nella corazzata Libra a seguito di un’esplosione nella sala macchine. La sua morte non fu denunciata da nessuno di Whitefang, poiché il soggetto era stato imprigionato per alto tradimento nei confronti di Milliardo Peacecraft…”.

Heero sorrise compiaciuto. Avrebbe preso il nome di quel tipo, grazie al fatto che fisicamente gli somigliava molto, a parte il fatto che era biondo. E poi, nessuno avrebbe fatto troppe storie, se avesse falsificato dei documenti, facendo credere che era nella Guardia Reale della Principessa. Avrebbe fatto credere che era stato vittima di un equivoco e che non aveva mai tradito Milliardo; si sarebbe inventato una scusa qualunque e certamente quelli sarebbero stati più interessati al fatto che poteva facilmente avvicinarsi a Relena Peacecraft. Inoltre, praticamente solo Milliardo e Dorothy lo avevano visto sulla Libra e sapevano che era lui. Nessun’altro di Whitefang sapeva chi fosse e avrebbe potuto riconoscerlo.

Heero scorse con gli occhi la lunga lista di nomi di militanti di Whitefang, che svettavano sinistri sul computer. Sembravano croci nere, in un immenso cimitero bianco.

“Quanti di voi ho ucciso? E quanti di voi ancora ucciderò?” si chiese, angosciato. Poi, mentre il sudore gli imperlava la fronte, posò lo sguardo sulla foto di Relena, che aveva messo quella sera sulla scrivania e si sentii meglio.

 

 

Ari- ciao! Sinceramente ero molto indecisa se continuare a pubblicare questa fic, per questo ho aspettato tanto tempo, ma alla fine ho deciso di pubblicarla ancora! Grazie enorme a tutti coloro che l’hanno recensita, abbiate pazienza! Sulla fine, sono ancora indecisa e non penso che deciderò per adesso! Mi raccomando, recensite, recensite, recensite! Un ringraziamento particolare ad Aya chan, per avermi incoraggiato a continuare questa fic!

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Capitolo 3
*** Your sky is mine ***


Capitolo 3- Your sky is mine

 

Capitolo 3- Your sky is mine

 

Erano passate tre settimane, da quando Relena e Duo si erano trasferiti nella casa di montagna. La loro vita trascorreva normalmente, anche se Relena si era ormai accorta che Duo era molto cambiato. Era molto taciturno e non le rivolgeva quasi mai la parola; certo, era sempre gentile e le faceva portare molti libri da leggere, chiedendole alle volte, di leggerli a voce alta, quando la sera si sedevano accanto al caminetto, ma oltre quello i loro contatti di qualsiasi natura, erano ridotti al minimo. Mai, come in quel momento, Relena sentiva la mancanza di Heero: si erano sentiti solo due volte telefonicamente, ma in tutte e due i casi, la comunicazione era durata pochi minuti, troppi pochi per dirgli quanto lo amasse e gli mancasse.

Duo, dal canto suo, dopo l’incidente del bacio, si teneva a distanza da Relena, convinto che il suo atteggiamento fosse il migliore da seguire e che, così facendo, non avrebbe fatto danni. Era sempre in preda ai sensi di colpa per aver ceduto e per averla baciata, sebbene mentre stava dormendo e cercava di comportarsi nel modo più professionale possibile, sperando che tutta quella storia finisse presto. Evitava ogni contatto con Relena, che era confusa dal suo modo di agire e anche triste. Non sentiva più accanto a sé l’amico Duo, ma solo un freddo estraneo.

Una sera, mentre Relena era seduta in veranda e leggeva un libro, e Duo era seduto accanto a lei, entrambi notarono l’arrivo di un auto, che sfrecciava, dirigendosi verso la loro abitazione. Duo si alzò velocemente e intimò a Relena di spegnere tutte le luci e di entrare in casa; la ragazza obbedì subito, mentre Duo, dopo qualche minuto, la seguì. Dopo qualche tempo, sentirono l’auto che correva nel vialetto; Duo le disse di nascondersi in camera sua e di chiudersi a chiave, poi uscì la pistola e si mise in attesa dietro la porta d’ingresso. Dopo qualche minuto, sentii una voce familiare chiamarlo: “Apri, Duo. Sono io, Heero”.

Duo, invece di sentirsi sollevato, si sentii ancora più agitato. Non voleva vederlo stringere Relena e baciarla come lui non avrebbe potuto mai fare. Poi, si decise ad aprire la porta.

Heero, che indossava una felpa celeste ed un paio di jeans, gli chiese: “Perché avete aspettato tanto ad aprire?” .

Duo, con voce, che gli sembrò innaturalmente grave, rispose ironicamente: “Sai, pensavo che fosse qualche squilibrato…”

Heero sorrise leggermente e disse: “Non vi ho avvisato, perché pensavo che avrebbero potuto intercettare la chiamata e seguirmi…”, poi la voce raddolcita chiese: “Dov’è Relena?”.

Duo, mentre si sentiva morire e meditava la fuga in cucina, indicò con il capo il piano di sopra.

Heero salii, correndo per le scale, e raggiunse la camera della ragazza, uscendo di tasca una chiave, con cui aprì la porta. Relena, che era seduta dietro la finestra, si girò spaventata, poi, quando vide che si trattava di Heero, spalancò gli occhi, che si riempirono simultaneamente di lacrime. Si alzò dalla sedia e gli andò incontro, parandosi davanti a lui. Lo guardò negli occhi, poi gli disse, mentre le lacrime le rigavano le guance: “Mi sei mancato così tanto…”.

Heero, con un altro sorriso più dolce di quello che gli si era dipinto sulla faccia appena l’aveva vista, le disse: “Anche tu mi sei mancata da impazzire…”, poi le prese le mani e l’attirò a sé, abbracciandola forte.

Lei, che continuava a piangere, disse in un sussurro: “Cielo, ti amo così tanto…se non ti avessi visto, penso che sarei morta…”.

Lui, che teneva la testa sulla sua, replicò: “Lo so, anch’io mi sento spegnermi, se non sei con me…ti amo da morire”, poi la baciò, mentre lei gli attirava il viso con le mani, che erano innaturalmente fredde.

Heero, poi, la fece sedere sul letto e le disse tutto quello che aveva scoperto e che cosa aveva intenzione di fare. Il giorno dopo, sarebbe partito alla volta della colonia X-2569 e si sarebbe infiltrato nel gruppo di Diamond. Se tutto fosse andato bene, sarebbe tornato circa un mese dopo.

“Ma non credi che sarà pericoloso?” chiese Relena, illuminata solo dalla luce della luna, che entrava dalla piccola finestra.

“Forse, ma penso che sia l’unico modo per risolvere la situazione…” poi, stringendole più forte la mano, disse: “E poi ora ho una persona, da cui tornare…”. Relena sorrise e lo baciò ancora.

Heero si staccò da lei e uscì di tasca una piccola scatoletta di velluto blu, che porse a Relena, che, alla vista del cofanetto, era diventata rossa in viso. La aprì e vi vide all’interno una piccola fede di platino, che luccicava molto.

“Ma Heero…è bellissima….” disse emozionata.

“Leggi che cosa c’è scritto dentro…” le disse con un sorriso.

Relena lesse le parole che erano incise nella fedina: “Io e te…oltre il cielo e la terra”.

Heero proseguì: “E’ questa l’unica cosa che ora ti posso promettere, Relena. Qualunque cosa succeda, io sarò sempre con te…in fin dei conti, il sentimento che ci unisce ci ha sempre portati oltre i confini di questo pianeta, oltre la sfera del cielo…e non intendo cambiare proprio adesso che ti ho tutta per me” concluse, sorridendo.

Relena lo abbracciò ancora e rispose, commossa: “Neanche io voglio cambiare ora…ti inseguirò per tutto l’Universo”.

Dopo essersi baciati ancora, scesero insieme le scale per dire a Duo cosa doveva fare Heero.

Duo, dopo l’arrivo di Heero, se ne era andato in cucina e si stava facendo un caffè; aveva anche acceso la televisione, sperando che i suoni provenienti dalle varie pubblicità lo distraessero. Non riusciva a smettere di pensare che Heero e Relena erano a pochi passi da lui e magari ora si stavano abbracciando, coscienti di amarsi e solo della presenza l’uno dell’altra. Si sentiva terribilmente straziato, come se non avesse più alcun motivo per cui vivere; sarebbe potuto morire in quello stesso istante e non se ne sarebbe neanche accorto. Dopo qualche minuto, sentii un rumore e, dopo un po’, Heero e Relena entrarono in cucina: sembravano entrambi radiosi e felici e i loro volti erano entrambi rossi. Relena, soprattutto, era emozionata, tanto che nel versarsi il caffè, lo rovesciò distrattamente sul tavolo.

Duo notò, mentre si affannava a pulire, che al suo anulare sinistro, splendeva un piccolo anello, che non aveva mai visto.

“Ecco, che cosa è venuto a fare qui…” si disse, guardando Heero, che prendeva posto sulla sedia, accanto a lui “E’ venuto a dare l’anello a Relena…chissà, forse ora sono fidanzati ufficialmente…e io ho potuto solo rubarle un bacio, mentre dormiva…”.

Heero iniziò a spiegare a Duo in che cosa consisteva il suo piano, mentre Relena beveva silenziosamente il suo caffè, sollevando di tanto in tanto lo sguardo per guardare Heero.

“Ma non credi che sia meglio cercare di utilizzare un altro espediente per sgominare questo gruppo…aspetta, come hai detto che si chiama?” chiese Duo, che in quel momento voleva essere cosciente solo di essere il Tenente Maxwell che sta parlando ad un suo superiore.

“L’organizzazione si chiama WhiteStar o, almeno così mi è sembrato di capire dalle e-mail che mi sono scambiato con un tipo di questo gruppo che ho trovato in Internet…comunque, non credo che ci sia un modo più efficace per sgominarla sul nascere” continuò Heero, stendendo le braccia davanti a sé “Da quello che ho capito dal linguaggio cifrato che ha utilizzato questo tipo, mi sembra che stiano preparando qualcosa di grosso per il mese prossimo, qualcosa che dovrebbe definitivamente portare a termine le loro ambizioni, qualcosa che ha a che vedere con Relena…” concluse, lanciando un occhiata alla ragazza, che stava finendo di sciacquare la tazza, da cui aveva bevuto.

“Insomma, vuoi dirmi che il mese prossimo potrebbero cercare di rapire nuovamente la Principessa?” chiese Duo, cercando di concentrare quanto più possibile l’attenzione sul suo lavoro e non sugli sguardi che quei due si scambiavano.

Heero, un po’ stupito per il “Principessa” usato da Duo, proseguì : “Sì, credo proprio che sia così…e stavolta, potremmo non avere fortuna come la scorsa volta…anche se quel certo Jimmy, se così poi si chiama, non mi ha voluto dire niente di più, credo che ci sia sotto qualcosa di grosso; non esiteranno ad uccidere un gran numero di persone, se questo li farà arrivare a Relena..”.

Relena sbiancò in viso e fece per reggersi alla sedia, ma Duo ignorò questi suoi movimenti e continuò a parlare con Heero: “Ma scusa non sarebbe meglio, se mi infiltrassi io nella WhiteStar e tu rimanessi qui con la Principessa?” chiese, l’aria leggermente seccata alla vista della luce, che per un attimo si era accesa negli occhi azzurri di lei.

“Ma in fondo, come posso biasimarla?” pensò, con una stretta al cuore “Vuole solo stare con la persona che ama” .

“No, Duo preferisco che tu resti qui con Relena” continuò Heero, che ancora una volta non riusciva a capire che cosa fosse successo al suo amico. Cambiava espressione ogni mezzo secondo, chiamava Relena con quell’assurdo Principessa ora che erano tutti e tre soli in quella stanza ed evitava anche di guardarla in faccia. E poi sembrava morire dalla voglia di allontanarsi dalla Terra…eppure due mesi prima, quando Relena aveva avuto l’incarico di presenziare ad un congresso su una colonia, anche abbastanza vicina alla sua colonia d’origine, era andato Heero con lei, mentre Duo era rimasto volentieri alla Reggia.

Duo, alle ultime parole di Heero, era rimasto ancora di più infastidito. Se ne voleva andare via lontano da Relena Peacecraft, voleva non vederla più, almeno per un po’, perchè sapeva che inevitabilmente sarebbe tornato da lei, dicendole che voleva solo guardarla dormire per tutta la notte, senza che lei si svegliasse, senza che lei parlasse, senza che lei lo sapesse.

Heero si alzò dalla sedia, seguito subito da Relena che lo accompagnò alla porta, dopo che Heero ebbe salutato l’amico con il solito: “Prenditi cura di Relena”.

Duo annuì in silenzio, poi lasciò la cucina e se ne andò sul divano del salotto, dove si distese, mentre Heero salutava Relena baciandola a lungo. Relena stette a fissarlo a lungo, mentre si allontanava per il vialetto polveroso, apriva la macchina, metteva in moto e spariva giù per la strada. Poi ritornò in casa, dove trovò Duo che si era addormentato sul divano. Sorrise nel guardarlo; aveva cercato di partire lui al posto di Heero, ma lui non glielo aveva permesso… forse lo aveva fatto per permettere ad Heero di restare con lei, anche se lui non aveva accettato.

Heero, intanto, guidava, gettando un ultimo sguardo alla casetta che si faceva sempre più piccola; quanto gli sarebbe mancata Relena ancora non poteva saperlo, ancora non sapeva niente, mentre guardava il cielo e si diceva che era la prima volta che partiva in missione dalla Terra per lo spazio, per salvare un’altra persona.

Eppure, stranamente il destino gli mandò un piccolo segnale che lui non colse, che lui non vide neppure…un cartello pubblicitario che recava una grande scritta in caratteri dorati: “Daphne”Heero si soffermò un attimo a guardare, avvertendo un brivido lungo la schiena…

“Però… che bel nome ” si disse, mentre inforcava una stretta curva a gomito “Se avrò una figlia, la chiamerò così…”. Continuò a guidare, fino a tornare a casa, mentre ormai il filo del destino era già stato tessuto.

 

Ecco, finalmente ho pubblicato il terzo capitolo! Sono stata colpita dal vostro interesse per questa mia fic, e per questo ho deciso di continuarla, anche se ho ancora moltissimi dubbi! Comunque, grazie a tutti, cercherò di pubblicare il prossimo chappy prima possibile! Ciao ciao da Cassie chan!

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Capitolo 4
*** Death, life and love ***


Capitolo 4- Death, life and love

Capitolo 4- Death, life and love

 

Erano ormai passate quasi tre settimane, da quando Heero era partito per lo spazio e Relena e Duo vivevano ancora nella piccola casetta sulle montagne. Il loro rapporto non aveva subito grandi cambiamenti; Duo si comportava ancora come un estraneo con lei, ma Relena si era ormai rassegnata a questo e sperava solo che questa situazione finisse quanto prima. Heero non si era mai fatto sentire con loro, perché ovviamente nello spazio, adesso era conosciuto come Eddie Thompson, che era tornato nell’organizzazione, figlia di quella di cui aveva fatto parte. Da Rareba, Duo aveva però saputo di aver visto Heero molto spesso alla Sede Centrale della WinnerIndustries, anche se, dato che si era tinto i capelli di biondo, era quasi irriconoscibile. Duo aveva giustamente supposto che il ragazzo fosse riuscito ad infiltrarsi nell’Organizzazione, senza alcun problema. Aveva saputo, poi, da Laurie che Diamond aveva accettato “Eddie” positivamente perché era stato attratto dalla possibilità di rapire più facilmente la Principessa Relena. Insomma, sembrava che le cose procedessero benissimo per Heero e, anche Relena aveva smesso di stare costantemente in pena per lui, ed ora passava le sue giornate, studiando o leggendo i documenti che si faceva inviare giornalmente dalla reggia. Anche Duo era relativamente tranquillo, perché sapeva che Heero era in gamba; l’unica cosa che lo agitava, era la vicinanza di Relena, che cercava costantemente di evitare.

Una mattina calda di settembre, Relena stava seduta in cucina, mentre guardava la televisione. Non aveva niente di meglio da fare e, per questo, stava vedendo la replica di una telenovela, che seguiva, quando era ragazzina. All’improvviso, la trasmissione fu interrotta da un’edizione speciale del telegiornale. Relena, che era profondamente insonnolita, si drizzò subito sulla sedia, raccogliendo i capelli di lato e chiamando Duo, che era fuori in giardino.

L’annunciatrice, che era vestita con un completo bianco crema, iniziò il suo discorso: “Buongiorno… nella colonia X-2569 è stato assassinato il leader del Partito di Difesa Intercoloniale Frank Diamond, personaggio anche in vista nello scenario economico internazionale, per essere l’azionista di punta delle WinnerIndustries. L’uomo è stato assassinato stamane, mentre era nel suo ufficio ed era in riunione con altri azionisti, tra cui Rareba Winner. Winner ha raccontato che nella stanza ha fatto irruzione un uomo di vent’anni di nome Eddie Thompson, che lavorava lì e che ha sparato a bruciapelo a Diamond, dandosi alla fuga. Thompson è stato, poi, inseguito da alcuni uomini del gruppo di Diamond, mentre prendeva il controllo di un Mobile Suit. Un uomo del gruppo di nome Jimmy Smith lo ha inseguito a sua volta su un altro Mobile Suit, riuscendo a raggiungerlo e a distruggere il Suit. Dai primi accertamenti sembrerebbe che Thompson sia perito nell’esplosione del Suit …”.

Relena, che era diventata pallidissima, si girò verso Duo, che era in piedi dietro di lei, le mani appoggiate sullo schienale della sedia.

Duo, senza aspettare che lei iniziasse a parlare, disse: “Potrebbe non essere lui, oppure potrebbe anche essere un’indicazione fuorviante… adesso chiamo Laurie e sento da lui, se sa qualcosa, ok? Ma tu stai calma e non ti preoccupare…”.

Duo uscì dalla stanza e raggiunse in fretta il telefono, componendo il numero della Reggia, sbagliando continuamente numero. Finalmente, riuscì a chiamare e a mettersi in contatto con Laurie. Laurie, la voce che sembrava innaturalmente stridula, confermò a Duo tutto quello che avevano sentito in televisione: Heero era morto.

Duo si sentii di improvviso piccolissimo, come se fosse diventato delle dimensioni di una nocciola. Heero, il ragazzo che se le era cavata in mille circostanze, ora non c’era più. Il ragazzo, che per metà della sua vita, aveva voluto morire, ora, che voleva disperatamente vivere, era morto. Che differenza c’era tra la vita e l’amore? Niente, gli venne da pensare. Heero, che amava ora la vita e aveva chi poteva amare, aveva perso sia una cosa che l’altra. Lui non aveva l’amore d’accordo, ma era ancora vivo. Chi stava peggio? Il ragazzo, che aveva tutto e che poi aveva perso tutto insieme, o quello che non aveva quasi niente e non aveva neanche dovuto perdere niente?

No, si costrinse masochisticamente a pensare, non era possibile. Heero doveva tornare da Relena, doveva perché l’amava, doveva perché lei lo amava… e invece Heero non poteva tornare, non sarebbe mai potuto tornare dalla loro Relena…

Relena… la ragazza che era davanti a quella porta, pallida come un cencio, che gli sussurrava: “Allora?!….”.

No, Heero non può farle questo…

No, Heero non puoi essere morto…

Duo annuì lentamente con il capo, mentre la mente di Relena si annebbiava.

Che cosa aveva detto Duo? Niente, si disse, mentre i capelli biondi le cadevano sul volto.

Duo non ha detto niente… perché allora sto piangendo? Perché ora voglio soltanto morire???…

Perché Heero è morto, le disse la sua spietata razionalità.

Heero è morto……………………………. e io?…………………………..

Tu sei ancora viva.

Ma io come faccio a vivere senza di lui? si chiese, mentre Duo l’abbracciava.

Tu non puoi vivere senza di lui.

Tu non puoi vivere senza di lui.

Io non vivrò senza di lui.

Iniziò a gridare, a piangere, mentre la presa di Duo su di lei si fece quasi soffocante.

“Lui mi ha detto che sarebbe tornato!” urlò, come in preda alla follia “Heero non può essere morto! Lui non può essere morto così!” ripeté, prendendo a pugni il petto di Duo.

Il ragazzo le disse, la voce straziata: “Relena, lui se ne è andato… me l’ha detto Laurie… era lui, l’ha confermato anche Rareba…”

“Non è vero!” continuò a gridare, guardando lentamente verso la porta, aspettandosi di vederlo entrare con il suo sguardo corrucciato e il suo sorriso dolce, in cui era racchiusa tutta la luce dell’Universo.

Ma Heero non entrò, né allora, né nel corso dei quattro anni che passarono da quel giorno.

 

Finalmente sono riuscita a postare il quarto capitolo! Un enorme scusa per il ritardo a tutti coloro che hanno recensito i primi tre capitoli, vi ringrazio enormemente! Purtroppo non ho passato un bel periodo e, tra tutte le cose che mi sono successe, non ero molto sicura se continuare o meno questa fic, perché, sebbene sia stata davvero molto importante per me per una decisione che mi ha aiutato a prendere, non sono mai stata molto convinta di come sia venuta! Il vostro entusiasmo mi ha aiutato a capire invece che non posso smettere di scrivere, perché ormai fa parte di me! Non so quando arriverà il quinto chappy, purtroppo in questo periodo devo affrontare un esame (che paura!) e quindi sono un po’ impegnata! Ma prometto che non ci saranno più ritardi catastrofici come questo! Grazie ancora tantissimo! Un bacione! Cassie chan!

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Capitolo 5
*** Rebirth ***


Capitolo 5- Rebirth

Capitolo 5- Rebirth

 

“Muoviti, Eddie!” gridò una ragazza dai capelli neri, raccolti in una coda, che reggeva un sacchetto di carta.

Eddie, che era dietro di lei, rispose con un sorriso. Era pallido e aveva addosso una tuta da meccanico; aveva i capelli castano scuro, che li coprivano gli occhi blu profondo. Aveva un passo un po’ malfermo, soprattutto sulla gamba sinistra, che si era ferito, molti anni addietro.

“Anche se non ho la minima idea di come mi sia ferito” pensò Eddie, mentre raggiungeva Angie e camminava accanto a lei.

All’improvviso, vide davanti a sé un Mobile Suit, mentre passavano davanti ad una base militare. Il veicolo gli passò accanto, provocandogli una sensazione strana. La vista gli si annebbiò e parve per un solo momento ricordare qualcosa che non aveva la minima forma nella sua testa… sentii l’odore di qualcosa che sembrava che non aveva mai sentito, almeno ora… le stelle tutto attorno a lui… due occhi celesti…..”………..Per tutto l’Universo………”.

Annaspò, come se stesse affogando, mentre Angie gli si avvicinava, preoccupata: “Che c’è Eddie, stai ancora male?” chiese.

“No, è stato solo un capogiro” rispose con un sorriso.

“Ti è tornato qualcosa in mente?” chiese Angie, incuriosita.

“No” rispose Eddie, profondamente addolorato “Sono solo frammenti di sensazioni; sono troppo poco per ricostruire una vita intera…”

“Sono due anni, che fai riabilitazione… vedrai che un giorno riuscirai a recuperare la memoria”

Eddie annuì con scarsa convinzione, mentre Angie lo baciava dolcemente sulle labbra.

Mi sento come se non esistessi, pensò Eddie.

Era proprio così che si sentiva. Come se non esistesse, come se il posto dove si trovava non avesse senso. Sapeva solo che quattro anni prima, aveva avuto un grave incidente e che era stato trovato dalla madre di Angie e da suo marito, che possedeva un autofficina; lo avevano portato in ospedale, dato che era incosciente e lui era entrato in coma e ci era rimasto per due anni. Poi si era svegliato, scoprendo che non sapeva neanche chi fosse e che l’unica cosa che gli avevano saputo dire era che si chiamava Eddie Thompson, dato che sulla giacca, che indossava al momento dell’incidente, era appuntato un cartellino con quel nome. Angie lo era andato sempre a trovare in quei due anni in ospedale e, quando si era svegliato, gli aveva offerto di vivere a casa sua, dato che non ricordava più chi fosse.

Ora viveva a casa di Angie, che era diventata la sua ragazza e che avrebbe sposato sei mesi dopo, ma non riusciva a sentire più niente. La sua era solo un simulacro di vita e, senza i suoi ricordi, sapeva che gli mancava tutto. Certo, aveva una specie di famiglia, ma anche nei loro confronti, non provava quasi niente, a parte riconoscenza. Sentiva che il suo posto non era lì, era altrove… ma dove? Non lo sapeva, e l’unica cosa che poteva fare era cercare di farsi bastare la vita che aveva. Faceva riabilitazione da due anni, ma niente gli riportava indietro il ricordo di ciò che era.

Entrò con Angie in casa, dove si sedette accanto al suo futuro suocero, che stava guardando la televisione. Odiava la televisione, perché vi comparivano persone che tutti sapevano chi fossero, tranne lui, perciò fece segno di alzarsi per andare a raggiungere Angie, che stava sistemando la spesa, quando la sua attenzione fu completamene catturata da una persona che appariva sullo schermo in quel momento.

Era una donna sulla ventina, i capelli biondo oro, lunghi fino alle spalle, e gli occhi color cielo. Era vestita molto elegante e sorrideva, mentre stringeva la mano ad un uomo, vestito da militare. La sua mente fu assorbita totalmente da lei, dal suo sguardo dolce, dal suo sorriso soave, dai suoi gesti lenti e pacati, dal fatto che sembrava che i suoi occhi ravvisassero qualcosa che gli altri non riuscivano a vedere… sentii il cuore battere, come sembrava che non gli fosse mai accaduto dopo l’incidente, che lo aveva fatto morire al mondo. La sua anima si schiantò, quando la sua immagine scomparve.

“Chi era?” chiese al padre di Angie, Jeff.

“Chi?” chiese Jeff con uno sbadiglio, stupendosi, per il viso arrossitosi di Eddie.

“Quella donna che è apparsa in televisione?!” chiese Eddie, respirando a fatica.

“Bella, vero? Quella è la principessa Relena Peacecraft del Saint Kindom…”

Eddie si sentii sparire, mentre il ricordo più netto e nitido che avesse mai avuto, ritornava nella sua testa. Relena Peacecraft del Saint Kindom era davanti a lui, lo sguardo dolce e sorridente, anche se nel più profondo si vedevano le lacrime, che premevano fortemente per poter uscire. Le sue labbra lievemente si muovevano, sussurrando: “Ti ho sempre dato la mia fiducia e tu lo sai…”. Poi, un grande fracasso di un motore che si accendeva e che partiva; si era sentito la testa martellare, mentre dietro di sé spariva l’immagine di lei, che lo chiamava a gran voce, con un nome che gli sfuggiva. Lei era sparita dietro di lui, era completamente scomparsa, non la vedeva più…

“Eddie, figliolo, che cosa hai? Sei pallido…” lo chiamò a gran voce Jeff.

“Nulla… mi è tornato in mente qualcosa…” replicò Eddie, il viso che riacquistava colore.

“Un ricordo?” chiese Jeff, incuriosito.

“Sì…”, poi si interruppe e chiese: “Scusami, che cosa mi puoi dire su quella Principessa della Terra?” .

Jeff, che non riusciva a capire il suo interesse verso Relena Peacecraft, replicò: “E’ la Principessa del Regno di Saint Kindom, un piccolo stato europeo, che sostanzialmente non è di grande interesse, ma che durante la guerra di qualche anno fa ricoprì una grandissima importanza…la Principessa era stata adottata molti anni fa dall’allora Viceministro degli Esteri Darlian, e si credeva che la ragazza fosse di tutto diritto sua figlia. A quel tempo, non era molto conosciuta, se non nel jet set internazionale, per il fatto che era certamente un ottimo partito per chiunque rampollo di buona famiglia. Poi, nel corso della guerra, suo padre fu ucciso da OZ, il gruppo che controllava la Federazione Terrestre e Darlian rivelò in punto di morte a Relena di essere solo suo padre adottivo; la bambina, che aveva allora solo quattro anni, era stata portata via dal Regno di Saint Kindom, da Darlian stesso, che era alle dipendenze del re Peacecraft, a seguito di un colpo di Stato nel paese, incitato dalla stessa OZ, e allora lui aveva deciso di adottarla. Relena, che non sapeva di avere un fratello, Milliardo, tornò nel suo paese, che aveva avuto una caduta economica di rilievo e che era governato da un reggente, che non era stato in grado di sanare la situazione, dopo il colpo di stato, che era costato la vita al sovrano, ma che poi era fallito. Ricordo che non si sapeva a chi affidare il Regno, dato che si davano i due eredi morti, mentre Milliardo aveva semplicemente assunto il nome di Zach Marquise, e Relena viveva in casa Darlian. Il reggente cedette con molto piacere il trono e la situazione nel paese andò, migliorando dato che la popolazione accettò di buon grado il ritorno della legittima erede al trono. Solo che Relena, che era ed è ancora molto forte di carattere, non poteva tollerare che si continuasse ancora a combattere per motivi così assurdi e, all’insegna delle proprie idee pacifiste, riuscì a raccogliere attorno a sé un gran numero di Stati, che aderivano ai suoi principi. La fondazione Romefeller, che era il vero gruppo dirigente della Terra, non vedeva quel piccolo staterello di buon occhio, e con pretesti assurdi, lo attaccarono e lo rasero al suolo. Poi, notando quanto seguito avesse ottenuto la Principessa, ne fecero la Regina della Terra; ma anche allora la Principessa, per le sue idee, lasciò la carica, in quanto, anche se Romefeller era in buona parte ora persuasa dalle sue idee, Whitefang voleva continuare la guerra contro la Terra, senza alcuna possibilità di compromesso…”

“E allora che cosa successe?” chiese Eddie, che era rimasto affascinato dal racconto, anche perché tutti quei nomi che sentiva, li sembravano familiari.

Jeff, che era colpito dall’interesse di Eddie, che non lo aveva ascoltato su questi argomenti per di più di tre secondi netti, continuò: “La Principessa sparì, fino alla fine della Guerra e, al termine di questa, ricomparve come Viceministro degli esteri e, qualche anno fa, è ritornata anche sul Trono di Saint Kindom…è certamente la persona più amata tra la Terra e le colonie spaziali ed è forse il punto di contatto vero e proprio tra la Terra e le colonie…aveva solo diciassette anni, eppure guidava tutte le persone, che avevano preservato nel loro cuore un po’ di senno per poter capire che la guerra era perfettamente inutile…”

Eddie mormorò tra le labbra: “No, non dobbiamo farci la guerra… no, non è giusto…”, poi si stupì della parole che aveva appena pronunciato. Avrebbe potuto giurare che non fossero parole sue, di quel momento, ma che fosse, invece, la sua memoria che gli parlasse. I suoi ricordi gli riportavano indietro la sua immagine… l’immagine della Principessa, che lo strattonava per una manica e, piangendo, gli diceva quelle parole.

Che cosa le avrò risposto? Si chiese, mentre aiutava Angie ad apparecchiare. Mangiò molto velocemente e andò in camera sua, cercando di fare ordine tra le sue idee. Camminava nervosamente per la stanza, mentre si sentiva sempre più confuso.

Era mai possibile che lui conoscesse Relena Peacecraft del Saint Kindom? I ricordi di lei erano i più nitidi che avesse mai avuto, erano così fortemente scolpiti nel suo cuore, che sembrava che quelle immagini, che non avevano ancora un posto nella sua testa, si fossero verificate solo il giorno prima. Da quello che ricordava, non gli era mai successo una cosa simile, mai aveva ricordato qualcosa così chiaramente da riuscire a sentire ancora che cosa provasse in quel momento. Sapeva, lo sapeva che a quella principessa, era legato il suo passato. Doveva… doveva assolutamente parlarle, doveva capire perché si conoscessero, doveva sapere da lei chi fosse… lei era la sola che avrebbe potuto dirglielo… e poi….

Un fulmine gli squarciò la testa….

Qualunque cosa succeda, io sarò sempre con te…

Qualunque cosa succeda, io sarò sempre con te…

Qualunque cosa succeda, io sarò sempre con te…

A chi aveva detto quella frase? A chi aveva detto…

Io sto bene, non ti devi preoccupare… in fondo, ne ho passate di peggio di questo.

Lo aveva detto a lei, alla Principessa del Saint Kindom…

“Io devo tornare da Relena” si disse, stupendosi per quello che il suo inconscio gli aveva suggerito.

 

 

Eddie guardò fuori dal finestrino dell’aereo, che lo stava portando nel Regno di Saint Kindom. Il giorno prima, se ne era andato dalla sua pseudo-casa, dopo aver lasciato ad Angie un biglietto, in cui diceva che sarebbe tornato presto. Non aveva fatto menzionato il fatto che andava sulla Terra, alla ricerca del suo passato da una Principessa che al 90% lo avrebbe cacciato in malo modo…

Gli venne da ridere, mentre scendeva la scalinata dell’aereo ed entrava nell’aeroporto, da dove chiamò un taxi. Anche quel luogo gli sembrava familiare, lo conosceva quell’odore di mare, che si mescolava al profumo di menta selvatica che cresceva in cespugli, nella strada che portava all’aeroporto. Lo sentiva a pelle, che quello era il suo posto, era dove doveva essere.

Si avvicinò al taxista in attesa di sapere, dove sarebbero andati, e gli disse: “Mi può portare alla Reggia, dove vive la principessa Relena?”.

Il taxista si girò all’inusitata richiesta, guardando il giovane che era seduto sul sedile posteriore, poi, strabuzzando gli occhi, urlò: “Che mi venga un colpo! Ma lei è Heero Yuy!”.

Eddie, spalancando gli occhi, disse: “No, si sbaglia… mi chiamo Eddie Thompson…”, anche se era convinto di aver già sentito anche quel nome da qualche parte. Heero Yuy… dove lo aveva sentito?

Da questo momento in poi, il tuo nome in codice sarà Heero Yuy.

Eddie sobbalzò sul sedile, mentre il taxista, che aveva ormai perso interesse per lui, metteva in moto pigramente.

Era quello il suo vero nome? Si chiamava Heero Yuy? Avrebbe voluto chiedere al taxista informazioni su questo tipo, che sembrava conoscere, ma poi, cambiò idea. Era meglio aspettare di aver fallito con la Principessa… non sapeva che genere di familiarità avesse quel tipo con lui, poteva anche essere qualcuno che lo odiava e poteva anche dirgli cose errate.

Arrivati davanti alla Reggia, il taxista si fermò: “Sono dieci dollari”

Mentre Eddie cercava il denaro nelle tasche, il taxista gli chiese: “Ha un appuntamento con Relena Peacecraft?”.

Eddie rispose, porgendogli una banconota: “Sì, diciamo di sì”.

Il taxista replicò: “Non penso che la troverà qui… la Principessa vive da quasi sei mesi a Seaflower, la sua residenza estiva sul mare… sa, per il suo stato di salute…”

Eddie annuì, anche se non aveva minimamente idea di che cosa potesse avere la Principessa. Scese dalla macchina e si diresse al cancello di ferro battuto della Reggia, dopo aver suonato il citofono.

“Chi è?” chiese una voce femminile.

“Mi scusi, vorrei vedere la Principessa Relena Peacecraft”.

Sentii la voce leggermente spazientita replicare: “La Principessa non c’è… la posso fare ricevere dal Tenente Sandler”, poi non sentii più nulla, mentre il cancello si apriva.

Non sapeva se entrare o meno, ma pensò che forse avrebbe potuto chiedere un appuntamento con la Principessa a questo Tenente. Attraversò un lungo vialetto, costeggiato di alberi di magnolie ed entrò dal cancello principale, dove lo accolse la donna che gli aveva aperto prima.

“Venga, la porto nell’ufficio del Tenente Sandler” disse, la voce sempre più seccata. Lo guidò verso una stanza al piano superiore, davanti al cui ingresso chiese: “Chi devo annunciare?”.

“Eddie Thompson” disse velocemente.

La donna entrò nello studio e annunciò Eddie. Sentii il silenzio nel anonimo interlocutore, che, dopo, la voce affrettata e lieve, replicò: “Lo faccia entrare”.

Eddie entrò, mentre la donna usciva, chiudendo la porta. Dietro la scrivania, c’era un giovane in uniforme, con i capelli biondi e gli occhi quasi viola, che guardò Eddie come se fosse un fantasma.

“Mi scusi, Tenente, ma mi hanno detto di rivolgermi a lei, se….” iniziò Eddie.

“Comandante…” replicò Laurie, interrompendolo e alzandosi dalla sedia, visibilmente sconvolto.

“No, mi dispiace, credo che mi abbia scambiato per qualcun altro..” continuò Eddie.

“Heero, io credevo… noi credevamo che tu fossi…”

“Mi dispiace, ma io mi chiamo Eddie, non sono questo Heero”

“Hai perso la memoria?” chiese Laurie, che iniziava ad inquadrare il problema.

“Io… io… sì, l’ho persa quattro anni fa a seguito di un incidente” rispose Eddie, che continuava a non capire, ma che era curioso di sentire che cosa avrebbe detto l’altro.

“Lo sapevo che non potevi essere morto” disse Laurie con un sorriso, poi, capendo che Heero intendeva una minima parte di quanto dicesse, gli mostrò qualcosa, che teneva sulla scrivania: “Ecco, Comandante, le sembra di ricordare?” chiese.

Eddie si avvicinò e vide una foto, che ritraeva una fila di uomini in bianca uniforme, tra i quali si riconobbe. E tra quelle persone c’era lei, la Principessa.

La sua testa si lacerò in quell’istante, si sentii come se fosse morto ed ora stesse lentamente riacquistando coscienza, ma così dolorosamente, che sembrava che dalla morte non sarebbe mai uscito.

Poi, d’improvviso, mentre era inginocchiato per terra, le mani tra i capelli, ricordò. Lui era Heero Yuy, era stato mandato sulla Terra per distruggerla e per riconquistare la libertà per la sua colonia. E invece, era caduto nell’incantesimo della sorella dell’uomo che odiava di più al mondo… si era innamorato di Relena Peacecraft e le aveva promesso nel suo cuore tutta la sua vita e la sua anima. Poi, quell’incidente quattro anni prima, le avevano portato via l’unica cosa che per lui avesse un senso, la sua dolce Principessa, che ora gli mancava come l’aria. Relena… voleva vederla… doveva vederla, o ne sarebbe morto.

“Laurie” disse al ragazzo, che lo guardava quasi in trance.

“Comandante… ha recuperato la memoria?” chiese, scioccato Laurie.

“Sì, ora ricordo chi sono… senti Laurie, ti spiegherò tutto dopo, ora voglio solo veder Relena” disse, senza preoccuparsi di moderare le parole.

A quella richiesta, Laurie non parve stupito, quanto piuttosto addolorato. Gli rispose, senza guardarlo in faccia: “La Principessa è a Seaflower”.

“Grazie, Laurie” disse Heero, con un sorriso, ma, prima di precipitarsi fuori, venne richiamato da Laurie, che gli disse: “Senti, Heero, molte cose sono cambiate da quattro anni fa… la Principessa… Relena è cambiata… lei è…”.

Ma Heero lo interruppe: “Non ti preoccupare Laurie, avrei tempo per dirmi che cosa è successo… ora voglio andare dalla mia Relena” e lasciò la stanza di corsa.

Laurie si sedette alla scrivania e disse, sospirando: “Peccato che non sia più la tua Relena…”

 

Chiedo enormemente perdono per il ritardo nell’aggiornamento! Purtroppo, ho sempre tantissimo da fare e, tra le altre cose, sto scrivendo altre due storie che mi tengono molto impegnata! Avevo promesso di essere più puntuale ed invece non ci sono riuscita! Perdono!!!! Ringrazio coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, BeAttrice (come vedi Heero non è morto! Non avrei mai rinunciato al nostro pilota preferito! Purtroppo per lui non gli aspettano belle sorprese!) e Rella chan (chiedo scusa anche a te per il ritardo, grazie dei complimenti!). un saluto speciale va a gryffindor_ ery, grazie del tuo incoraggiamento! È vero che a volte mi scoraggio, ma non è per le recensioni, sta tranquilla! Mi bastano quelle di persone carine come te, è solo che a volte, essendo questa la mia prima e vera fic, non mi piace tantissimo! Capisci? Comunque, nonostante i ritardi, la pubblicherò fino alla fine, stanne certa! Un bacione! Cassie chan!

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Capitolo 6
*** Treatment ***


Capitolo 6- Treatment

Capitolo 6- Treatment

 

Heero aveva preso un auto dal parcheggio della Reggia e adesso guidava come un ossesso, cercando di raggiungere quanto prima Seaflower, la residenza estiva, dove Relena si trasferiva d’estate o quando voleva allontanarsi dall’asfissiante atmosfera di corte.

“E pensare che Laurie ha detto che Relena è cambiata…” si disse, sorridendo, mentre sterzava ad una curva. Il desiderio di vedere Relena gli aveva fatto totalmente dimenticare le parole del taxista di poco prima…

La Principessa vive da quasi sei mesi a Seaflower, la sua residenza estiva sul mare… sa, per il suo stato di salute…

Correva per strada e ormai quello che era stato fino a cinque secondi prima, cioè che si fosse creduto per quattro anni Eddie Thompson, si era completamente dissolto nella sua mente. Non lo sfiorava il pensiero che, se la sua memoria avesse appena rimosso i confini dello spazio e del tempo tra il suo incidente e quel momento, per Relena non era stato lo stesso. Lei aveva continuato ad essere prigioniera di sé stessa, aveva continuato a vivere nel suo tempo, che, invece, per Heero, era rimasto immobile in quella specie di involucro, che era stata la breve rinascita di quell’uomo morto anni prima e per Heero Yuy un’ esistenza alternativa, come Eddie Thompson.

Heero, dopo qualche minuto, si accorse che il motore perdeva qualche colpo. Estremamente seccato, si fermò ad una piccola stazione di servizio e si fermò a parlare con un meccanico, descrivendo il problema.

“Penso che si tratti della frizione…” sentenziò assorto “Non si preoccupi, ci vorrà al massimo una mezz’oretta..”.

Heero annuì, con un mezzo sorriso, anche se era visibilmente scocciato. Entrò nel bar, che c’era lì vicino e, avvicinandosi al bancone, chiese ad una donna grassoccia, che gli servisse una tazza di caffè.

“Certo, tesoro” disse lei, poi, rivolgendosi ad un ragazzo che era appena entrato, disse: “Ryan, ti sei deciso! Quella parete non si dipingerà da sola! Vuoi spicciarti?!”.

Heero si voltò e vide che Ryan, borbottando, stava spostando una scala. Sorridendo, chiese al ragazzo se avesse bisogno di aiuto, dato che era fermo lì per almeno una mezz’ora. La donna al banco, lo ringraziò e disse che forse con un po’ di aiuto, quel pelandrone si sarebbe sbrigato prima.

Heero si avvicinò al ragazzo e prese un pennello, poi guardò distrattamente verso un armadio, che era lì vicino e che era ricoperto di fogli di giornale, per evitare che si sporcasse.

D’un tratto, si sentii boccheggiare, mentre vedeva una foto, in parte coperta da macchie di vernice. Il pennello gli cadde dalle mani e poi, tremando, la staccò dalla parete, sotto lo sguardo di Ryan.

La foto mostrava due persone, che erano immerse fino alla testa nell’acqua di un oceano cristallino. Una era una donna, che doveva avere almeno vent’anni, e che aveva i capelli biondi, che le cadevano pigramente sulle spalle, completamente bagnati. Accanto a lei, c’era un uomo, che doveva più o meno, la sua stessa età, i capelli corti e scuri, anche se non troppo. Si stringevano forte entrambi, sembrava che stessero annaspando e che volessero reggersi l’uno all’altra. Lei gli teneva le braccia strette attorno al collo, mentre le braccia dell’uomo non si vedevano, ma forse le teneva strette attorno alla vita di lei. Si stavano baciando in un modo che Heero non credeva di avere mai visto, era come se la loro vita sarebbe finita nel momento stesso che non avessero sentito il sapore l’uno delle labbra dell’altra, ma solo quello salato dell’acqua.

Heero lesse velocemente la didascalia, sotto alla foto, mentre la gola gli si seccava e il cuore batteva all’impazzata…

In alto a sinistra, ancora un’immagine di Relena Peacecraft nelle acque della residenza di Seaflower, assieme al suo compagno Duo Maxwell, un ufficiale della sua Guardia personale. La Principessa è fidanzata ufficialmente con Duo Maxwell da circa due anni e, secondo voci di palazzo, i due penserebbero di sposarsi entro il prossimo anno. La Principessa del Regno di Saint Kindom, dopo un lungo periodo di depressione, sembra finalmente aver recuperato un po’ di serenità, grazie all’amore della persona, che le è stata maggiormente accanto nel lungo periodo della sua malattia.

Heero rilesse ancora una volta le poche righe, che accompagnavano la figura, sperando con tutto sé stesso di essersi sbagliato, di aver letto male.

Relena Peacecraft nelle acque della residenza di Seaflower, assieme al suo compagno Duo Maxwell

No, non poteva essere vero…

Relena Peacecraft nelle acque della residenza di Seaflower, assieme al suo compagno Duo Maxwell

Era certamente solo un pettegolezzo, solo un’infame calunnia…

Relena Peacecraft nelle acque della residenza di Seaflower, assieme al suo compagno Duo Maxwell

Ma Relena lo stava baciando… era lei, non c’era alcun dubbio… Relena e Duo… la sua Relena e il suo migliore amico…

D’improvviso, sentii un forte conato di vomito, come se volesse rigettare via quello che aveva scoperto. Poi, dopo la repulsione, arrivò la rabbia. Una rabbia furiosa, cieca, era come se un veleno gli stesse contaminando l’anima, come se fosse vicino a infrangere la propria mente, sotto il peso di quello che ora sapeva. Strinse forte la foto tra le mani, stracciandola e chiese, livido in volto, alla donna, che era al bancone e che lo guardava sconvolta: “Di quand’è questo giornale?!”.

La donna, leggermente spaventata, rispose: “E’ vecchio, sarà di almeno sette mesi fa…”.

Heero chiese se avevano una macchina a noleggio e, dopo aver avuto risposta positiva, la prese, lasciando la sua, dal meccanico. Guidando con il piede fisso sull’acceleratore, cercò di raggiungere Seaflower, quanto prima possibile, convinto di trovarci lì sia Relena che Duo.

 

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Capitolo 7
*** Lovely love ***


Capitolo 7- Lovely love

Capitolo 7- Lovely love

 

Duo era disteso su un’amaca, gli occhi leggermente socchiusi. Era molto cambiato in quei quattro anni… prima di tutto, si era irrobustito ed era diventato leggermente più alto, anche se di molto poco. Aveva tagliato i capelli, dopo che gli aveva portati lunghi per moltissimo tempo. Ora aveva un’aria molto più matura e dolce, anche perché, da quello che era stato il dolore più grande della sua vita, era nato qualcosa di meraviglioso. Il mare si infrangeva sugli scogli con un rumore ritmico, mentre all’ombra della tettoia, Duo si godeva quella stupenda giornata.

Sorrise, mentre guardava Relena che si era addormentata. Lei era distesa accanto a lui, la testa e la mano sinistra appoggiate sul suo petto, gli occhi chiusi e il respiro regolare. Duo le accarezzò lentamente i capelli, che emanavano un forte odore di camomilla e vaniglia. Lei si svegliò, stropicciandosi gli occhi, con il palmo della mano.

“Mi sono addormentata” disse, in un sussurro.

“Lo so, me ne sono accorto” rispose lui, dolcemente.

“Che ore sono?” chiese lei, stringendosi più forte a lui e abbracciandolo.

“Non lo so… ho staccato anche il telefono, mi ero scocciato di sentirlo sempre squillare” rispose, baciandole la fronte.

“Eh, che cosa vuoi?” disse lei, guardandolo con gli occhi socchiusi “La Principessa di Saint Kindom è sempre molto occupata, a differenza del suo fidanzato sfaccendato…”.

“E così io sarei uno sfaccendato?!” disse Duo, con voce falsamente arrabbiata.

“Sì…” rispose lei, con un sorriso, poi, più seria, continuò: “… solo che sei il mio delizioso fidanzato sfaccendato…”. Si avvicinò a lui e lo baciò dolcemente sulle labbra; lui la strinse forte tra le sue braccia e la cullò lentamente.

Dopo un po’, Duo le disse: “Lo sai che non avrei mai immaginato che finisse così?”.

“Così come?” chiese Relena.

“Voglio dire, io e te… che stessimo assieme…”

“Neanche io lo avrei mai immaginato…”, poi lo strinse più forte e disse: “Ma ora sono contenta che sia finita così…”.

“Anch’io lo sono… non saprei che cosa fare se non avessi te”

“Non lo so… magari saresti un mendicante…”.

Duo, dopo un po’, capì che lo stava di nuovo prendendo in giro. Le fece il solletico, mentre l’amaca oscillava pericolosamente.

“Smettila!” urlava lei, ridendo.

“Devi solo ringraziare” disse lui, fermandosi “Che ho paura che tu perda qualcosa di molto importante per me…”.

Relena annuì dolcemente e lo baciò ancora una volta.

“Duo…”

“Dimmi”

“Ti amo”

“Ti amo anch’io”

Si baciarono ancora una volta, mentre un raggio di sole li illuminava entrambi. Rimasero stretti in quel lungo abbraccio per un po’, poi Relena gli disse: “Senti Duo, ti posso chiedere una cosa?”

“Sì, basta che non sia di nuovo qualcosa che abbia a che fare con il fatto che pensi che sia uno sfaccendato…”.

Lei gli assestò una gomitata nel fianco.

“Lo sai che scherzo, quando dico così, scemo!” disse, ridendo. “No, volevo chiederti una cosa più importante… ti piace di più un completo bianco o nero?”

“E che razza di domanda è?!”

“Vuoi rispondere?!”

“Boh, che ne so?! Bianco…”

“Bene”

“Come, bene?!”

“Ma insomma Duo!” iniziò lei a voce alta, per poi abbassarla lentamente, “Non ti vorrai mica sposare in giallo canarino?”.

Lui la guardò per qualche istante, poi scoppiò a ridere: “Sei impossibile!”, poi la guardò negli occhi e disse: “Ti sposerei anche in verde acido per quel che mi importa!”, poi la abbracciò e la baciò a lungo.

“La amo così tanto, Principessa Relena Eleanor Peacecraft” disse lui, in tono cerimonioso.

“Anch’io la amo tanto, Comandante Duo Maxwell e futuro Re di Saint Kindom” concluse lei.

“Sai, che non ci avevo mai pensato?” disse Duo, riflettendo con aria assorta “Se ti sposo, diventerò Re di Saint Kindom… non dovrei avere un titolo nobiliare o qualcosa del genere?”.

“Sì, in effetti credo di sì… ma credo che sia qualcosa di facilmente aggirabile” rispose lei, poi continuò in tono enfatico: “Io, Relena Eleanor Peacecraft Principessa del Regno di Saint Kindom, in virtù dei servigi resi alla Corona e della Estrema lealtà dimostratami, conferisco al qui presente Comandante delle Guardie Reali Duo Maxwell il titolo di Duca di… ehm, non me ne viene in mente nessuno!”

“Scusa, e da dove te lo inventerai questo titolo?” chiese ancora Duo “Non penso che il Consiglio accetterà un uomo dal passato così dubbio, come il mio, e con un titolo nobiliare, che non sta né in cielo né in terra, come Re di Saint Kindom, non credi?”.

“Non mi importa di quello che penserà il Consiglio!” disse Relena, alzando decisamente il tono di voce “Io sposerò solo la persona che amo e quella persona sei tu, sia tu un nobile o un delinquente!”.

Duo rimase un po’ spiazzato dalla reazione di Relena, perciò le disse di stare calma e di non agitarsi, perché le avrebbe potuto fare male, poi le sorrise e la baciò ancora.

Lei, dopo un attimo, si alzò bruscamente dall’amaca e iniziò a saltellare nervosa.

“Accidenti, ho dimenticato che avevo la visita di controllo alle 10,30 e sono già le 11!” urlò.

“Sei una smemorata!” disse Duo, decisamente divertito, anche se cercava di trattenere le risate “Vuoi che ti accompagni?”.

“Non ti preoccupare” rispose lei, mentre freneticamente raccoglieva le sue cose “Farò una passeggiata… e poi ora che ci penso, credo che Annie mi stia aspettando, davanti alla clinica! Stai attento… dovrei ricevere un fax dal New England!”.

“Ok…” rispose Duo, cercando di recuperare le cose che nella fretta cadevano dalla borsa di Relena. Lei gli diede un bacio e poi, su consiglio di Duo, si mise un cappello a falda larga per proteggersi dal sole.

Duo la vide allontanarsi velocemente sul vialetto e poi, salutarlo con la mano aperta. Gli sembrava così tremendamente bella… quegli anni di sofferenze l’avevano cambiata, anche se molto del suo aspetto era rimasto uguale. Era diventata un po’ più magra, anche se da un po’ non si notava più tanto. Aveva anche lei un’aria più matura e compunta e, sebbene avesse solo venticinque anni, i suoi occhi azzurri, gravati delle responsabilità di una Principessa e di una carica mondiale, esprimevano una grande determinazione e un forte senso di responsabilità. Il suo aspetto e la sua espressione si erano molto addolciti, da due anni a quella parte e, in particolar modo, da sei mesi prima. I capelli erano cresciuti, ma ora, di solito, gli portava legati in una treccia sola, che spesso le cadeva sulla spalla destra.

Duo si alzò dall’amaca e chiamò Jeannemarie, la loro governante, che arrivò di corsa.

“Ha chiamato, Duo?” chiese la donna con un sorriso frettoloso.

“Sì… scusami, Jeannemarie, ma che cosa ha chiesto Relena per pranzo?”.

“Oh, caro, quella ragazza è davvero una scriteriata!” disse, con un profondo sospiro “Ha detto di voler mangiare insalata di polpi freschi! Ma, dico, nelle sue condizioni?!”.

“Lo so, Jeannemarie” replicò Duo, con un profondo sospiro “Il dottore dice che è normale che abbia…”

“Mio caro…” lo interruppe Jeannemarie, agitando l’indice “Lei la vizia troppo! E va bene che è incinta da sei mesi e che ha le voglie, ma pensi un po’ a quella povera creatura! Sua figlia, Duo, avrà una madre, davvero incosciente!”.

Duo scoppiò a ridere, come tutte le volte che discuteva con Jeannemarie, anche se non era per niente, d’accordo con lei. La sua bambina, la loro bambina, che avrebbero chiamato Daphne, come la madre adottiva di Relena, avrebbe avuto la madre migliore del mondo.

Duo congedò Jeannemarie ed entrò in casa per vedere se era arrivato quel famoso fax, poi, uscito nuovamente in giardino, si sedette sull’erba, sotto un grande albero di quercia. Gli si avvicinò Delia, il loro pastore tedesco di un anno e mezzo, che gli leccò affettuosamente la mano. Duo sorrise e gli accarezzò la testa.

Quante cose sono cambiate in soli pochi anni… Si costrinse a considerare. Se solo pensava a quanto la sua esistenza fosse cambiata, rispetto a quel lontano giorno di otto anni prima, quando aveva lasciato la sua colonia, con la missione di distruggere OZ… e poi si era diretto su quel pianeta azzurro, che guardava la sera prima di addormentarsi, quando sua madre gli rimboccava le coperte, per poi uscire e andare chissà dove. Non aveva mai avuto un’effettiva famiglia: quella che considerava sua madre, era solo un’infermiera che lavorava nel suo Campo di Addestramento e che si era presa cura di lui, quando era solo un bambino. Si chiamava Isabelle e, dato che si era troppo affezionata a lui, fu allontanata in capo a qualche mese. Era stato allora che aveva pensato che, a pieno titolo, l’avrebbe per sempre considerata sua madre, dato che non aveva mai conosciuto i suoi veri genitori e che, dopo qualche tempo, lei si era rifatta sentire per sapere come stava e, anche allora, si tenevano saltuariamente in contatto.Come suo padre, aveva sempre considerato Howard, l’uomo che l’aveva accompagnato sulla Terra e che conosceva da quando aveva sette anni. Ma, nonostante non potesse certo dire di essere stato sempre da solo e di non avere mai avuto nessuno accanto, la sua “Famiglia” era sempre stato qualcosa che si era creato nella sua mente, per sfuggire alla pazzia che poteva dargli il Gundam Raggio Letale.
Ora, invece, ne aveva davvero una. Aveva la sua Relena, la donna che amava di più al mondo; aveva la loro bambina, che sarebbe nata di lì a poco, e poi, perché no, aveva Jeannemarie, che considerava quasi una zia, dato che era stata la balia di Relena. Poi, c’era Delia e anche Laurie e Hilde, con cui si era riappacificato e che ora lavorava alla reggia, come segretaria di Relena.

Certo, che anche per arrivare a quel punto, c’era voluta tanta pazienza e anche tanto dolore. Tutto era cominciato ad iniziare, quando sembrava che tutto fosse finito.

Quel giorno di quattro anni prima, aveva avuto la notizia più brutta che avesse mai ricevuto. Heero, il suo più caro amico, era morto…e non era neanche morto, come ci si poteva aspettare da lui. Era sì morto in missione, ma non come un eroe, come era sempre stato. Era caduto, colpito da un colpo, che aveva fatto esplodere il serbatoio del Suit, su cui si trovava; era morto, come un criminale, che aveva appena ucciso un innocente…infine, era morto, come Eddie Thompson e non come Heero Yuy.

Le esequie si tennero nella sua colonia d’origine e, alla celebrazione, partecipò tantissima gente che Duo non aveva mai visto, richiamata dall’annuncio straziante della Principessa Relena Peacecraft, la persona di cui Heero era stato innamorato, la persona che lo amava di pari amore. Era arrivata gente normale, comune, la gente che Heero aveva sempre difeso e poi, tutti quelli che lui aveva conosciuto e a cui, a suo modo, aveva voluto bene. Duo, durante il funerale, era rimasto immobile, mentre quella bara gli passava accanto, sorreggendo solo il braccio di Relena, che, con un pietoso silenzio, seguiva Heero per l’ultima volta. Finito, poi, il dolore collettivo, era iniziato quello lancinante di Relena; Duo era rimasto a vivere con lei, perché aveva paura di che cosa potesse provare a fare e poi perché, nonostante tutto, l’amava ancora tantissimo, così tanto che non avrebbe mai potuto lasciarla in quelle condizioni.

Mentre Duo, i primi mesi, si sentiva sempre più in colpa, per aver permesso all’amico di partire e per non averlo sostituito, Relena continuò la sua vita, come se niente fosse. Era sempre immersa negli impegni mondani e non aveva mai un secondo di tempo, per fermarsi a riflettere. Ma Duo notava ogni giorno, quanto lei stesse soffrendo; non mangiava mai, il suo sorriso si era spento sulle sue labbra, non dormiva e piangeva quando pensava di essere da sola.

Inoltre, aveva dato vita ad una caccia all’untore spietata, verso WhiteStar, rea di averle ucciso Heero. La sgominò freddamente, radunandoli con il pretesto, che lei si stesse recando a far visita alla loro colonia. Li catturò facilmente e molti furono anche uccisi su suo ordine; era completamente cambiata. Era diventata di una crudeltà impressionante e in lei, c’era solo rabbia, dolore e voglia di vendetta. Quando quest’ultima, si esaurì con la fine di WhiteStar, rimase solo il dolore, che purtroppo non si era minimamente attenuato.

Una sera, Duo era uscito sulla veranda della reggia, dopo aver finito di cenare. Era stanco e demotivato; non riusciva più a riconoscere Relena e gli sembrava che non fosse più la donna che amava. Si sedette per terra, appoggiato alla ringhiera, guardando le stelle. Poi, si accorse di una figura, accanto a lui…era Relena, che era visibilmente stravolta.

“Relena…” disse, attirando la sua attenzione.

Lei, lo sguardo spiritato, si voltò verso di lui; aveva vicino a sé una confezione di medicinali, che era quasi completamente svuotata. Relena, vedendo lo sguardo sconvolto di Duo, disse ironicamente: “Che c’è Duo?! Pensi che la tua Principessa non possa stare male, come i comuni mortali?”.

Duo, la voce che gli tremava, rispose: “Che cosa sono?”.

Relena, ridendo scompostamente, rispose: “Non lo so! Spero solo che mi facciano addormentare e non svegliare più…”.

Duo si avvicinò lentamente e prese la scatola di compresse. Sembravano psicofarmaci, ma non avrebbe potuto dirlo con certezza. Solo allora, si accorse che lei aveva in mano un coltello da cucina.

“Se poi non fanno effetto…” disse, sempre ridendo “Potrò sempre tagliarmi la gola e farla finita…sai, Duo, amico mio, io mi sono davvero scocciata di questa situazione, di essere la Principessa di questo regno, di essere la persona che tutti pensano che io possa essere…”; poi, continuò, bisbigliando, quasi come se stesse per rivelare un atroce segreto, un qualcosa che aveva cercato faticosamente di seppellire nel suo cuore, ma che ora la stava uccidendo e, pertanto, doveva uscire fuori per darle un po’ di sollievo. “Lo sai, Duo?Io non ce la faccio più a vivere in questo modo, a fingere di essere felice o, almeno, serena… io sono la Principessa del Regno di Saint Kindom e il Viceministro degli Esteri e questo ci si aspetta da me, ma io sono stanca di reprimere le mie sensazioni e le mie emozioni…”.

Duo la interruppe sommessamente, ma con forte decisione: “Non penso che nessuno ti abbia mai chiesto di farlo…”.

Relena divenne all’istante livida in volto, strinse i pugni e iniziò a piangere, mentre rapide come frecce, le parole uscivano sconnesse dalla sua voce: “Non è vero! Non è vero! Io non ce la faccio più a reprimere il mio dolore, non ci riesco più, Duo! Io ora non voglio più essere tutto quello che sono, non lo voglio più! Io non ho mai avuto la forza per fare questo, non l’ho mai avuta e, invece, mi sono divertita a fare la Regina del Mondo! E per essere la stupida apparenza che sono diventata, ho perso l’unica persona che per me abbia mai avuto senso!”.

Duo rimase immobile, mentre lei singhiozzava. Non sapeva perché, ma quelle parole lo avevano colpito più di quanto credesse possibile. Si sentiva, come se un fuoco lento gli stesse consumando tutti gli organi interni e che, di lì a poco, sarebbe morto. Sapeva, sì, lo aveva sempre saputo che Relena amava ancora Heero, ma sentirlo così fortemente, lo fece sentire così disperato da avere la voglia di prendere il coltello che la ragazza reggeva tra le dita e piantarlo nel suo petto. Anche ora che Heero non c’era più, lei pensava sempre a lui, il suo fantasma era ancora incagliato nei suoi occhi azzurri…non che avesse pensato che Relena lo scordasse, ma quel pensiero di fronte al silenzio di lei, si era assopito. Ma ora si era risvegliato e sentiva il dolore che, come se fosse dotato di un corpo immateriale, entrava dalle sue unghie, per poi espandersi per tutto il corpo.

Solo dopo qualche secondo, focalizzò che Relena reggeva ancora quella lama e che aveva preso un sacco di compresse di dubbia origine. Si avvicinò lentamente a lei e disse: “Ascoltami, Relena, anche a me Heero manca tanto e credimi, il dolore per averlo lasciato partire, non mi lascia neanche un momento da solo. Sento che forse le cose sarebbero dovute andare in modo diverso, ma purtroppo niente può farci tornare indietro a quel maledetto giorno e far sì che tutto vada in maniera diversa…”. Cercò di avvicinarsi ancora di più a lei, che ora lo guardava con aria sempre più affranta, il viso rigato dalle lacrime. “Alle volte,” le disse, sinceramente “Vorrei essere morto io al suo posto, perché so che al mio ritorno, non c’era nessuno ad aspettarmi…se fossi morto io, nessuno avrebbe sentito la mia mancanza…”.

“Io l’avrei sentita” disse Relena sussurrando.

Duo sorrise leggermente e sospirò: “Lo so…ma per Heero stai quasi morendo, Relena. Per me sarebbe stato diverso. Saresti stata male e poi avresti ricominciato a vivere. E io so, per certo, che Heero non vorrebbe mai vederti in queste condizioni, non vorrebbe perché ti amava da morire e credo che non vorrebbe che tu ti distruggessi per lui…devi andare avanti, non dico che il tuo dolore sparirà del tutto, ma si potrà calmare…”.

Relena disse, ancora piangendo, mentre il coltello le cadeva di mano: “Io non credo che ce la farò da sola, Duo…”

Il ragazzo l’aiutò ad alzarsi e le disse, abbracciandola: “Non ti preoccupare, ci sarò sempre io con te… e poi troveremo il modo di farti aiutare, ok?”.

“E il Regno?” chiese lei, soffocando i singhiozzi nella camicia di Duo.

“Lo affiderai ad un reggente…puoi chiamare Milliardo”

La ragazza annuì lentamente.

Relena entrò in una clinica, dove rimase per circa sei mesi. Si fece curare a lungo, finché riuscì a trovare in sé la forza di capire che la morte di Heero era stato qualcosa che per una serie di circostanze, sarebbe dovuta succedere e che non era stata colpa sua. Da quando uscì dalla clinica, la vita di Duo iniziò a prendere un piega decisamente imprevista.

 

 

Relena camminava velocemente per strada. Era tremendamente in ritardo, come il novanta per cento delle volte e sapeva benissimo che Annie si sarebbe molto arrabbiata, perché arrivavano al controllo sistematicamente in ritardo e sempre per colpa sua. Girò velocemente l’angolo e urtò un uomo, che veniva in direzione opposta. Rischiò di cadere a terra, ma per fortuna, l’uomo la resse appena in tempo.

“Sta bene, Principessa?” chiese preoccupato “MI scusi, ma non l’avevo proprio vista!”

Relena sorrise, stupendosi ancora una volta che gli abitanti di Seaflower, si fossero tanto acclimatati alla sua presenza da considerarla come una di loro a cui dovevano solo rivolgersi con un po’ più di riverenza se necessario. Rispose: “Sì, non si preoccupi; sono io che sono molto distratta!”.

L’uomo sorrise a sua volta, poi si accorse che Relena aveva perso, nel mezzo capitombolo, una collana che le si era sganciata, cadendo dal suo collo. L’uomo gliela porse, dicendo: “Questa è sua, Principessa?”.

Relena, estremamente grata, disse: “Sì, grazie; è mia…se l’avessi persa, non so che avrei fatto!”.

L’uomo si congedò e Relena si infilò la catenina di nuovo. Era un collana d’oro bianco, che recava un medaglione d’oro, sempre bianco. Al centro, era inciso il fiore di ninfea, simbolo del Regno di Peacecraft, che era costituito interamente da brillantini; nel retro del ciondolo, c’erano quattro lettere incise nell’oro, a caratteri molto eleganti: “M..E.R.T.”.

Relena riprese a camminare, sorridendo alla vista della sua collana, che batteva sul suo petto. Era stato un regalo, che le aveva fatto Duo, circa due anni prima, lo stesso giorno, in cui si erano messi assieme.

Adesso, ricordare quel periodo le procurava una grande dolcezza, si sentiva tranquilla e felice, come non era mai stata. Da quella sera, era nata quella meravigliosa cosa, che era scoppiata, prima tiepida nel suo cuore, e, ancora allora, dopo due anni, sgorgava con forza incandescente nella sua anima.

Ricordava ancora quel giorno, che era uscita dalla clinica. Si sentiva così strana, come se muovesse i suoi primi passi da sola, e si sentiva, al contempo, anche malinconica. Stava lentamente ritornando alla sua solita vita; forse già dal giorno dopo, sarebbe tornata ad essere la Principessa del Saint Kindom: ma poi, si disse che era quello il suo compito e che ormai doveva rassegnarsi a quell’idea; tante cose che non aveva voluto, erano però, successe e stare in clinica, l’aveva convinta di quanto tante cose non potessero dipendere dalla sua volontà. Il motivo principale, per cui era entrata in terapia, era stata la morte di Heero; era finalmente, dopo tanto tempo, riuscita a capire che la sua morte era stato qualcosa che, allo stadio attuale delle cose, non avrebbe mai potuto evitare. Doveva anzi ritenersi fortunata di aver potuto conoscere ed amare quella stupenda persona, che si era trovata davanti; aveva anche imparato così tanto da lui che avrebbe dovuto essergli sempre grata. Lui avrebbe per sempre, continuato a vivere nei suoi ricordi e forse non avrebbe mai smesso completamente di amarlo, ma ora lei doveva ricominciare a vivere.

Relena era uscita dall’ingresso della clinica, reggendo la sua valigetta, poi, guardandosi attorno, aveva visto un ragazzo appoggiato al muro, che le sembrava di conoscere.

“Ma che fa, Principessa?” disse il ragazzo, con un largo sorriso “Non saluta più la sua fidata guardia del corpo?!”.

Relena lo guardò per un attimo e disse, scoppiando a ridere: “Ma sei Duo?! Hai tagliato i capelli?”.

Duo le si avvicinò e Relena si sentii all’improvviso accaldata. Lui sembrava così cambiato; certo, non è che non lo vedesse da molto tempo, era andato a trovarla solo due settimane prima, ma da quel giorno, sembrava così diverso. Sembrava più alto, più maturo, come se di quel ragazzino che aveva conosciuto a diciassette anni, non fosse rimasto praticamente nulla. Eppure, nei suoi occhi blu profondo, c’era ancora quella luce abbagliante della prima volta che lo aveva visto.

“Sì, Vostra Grazia” disse lui, prendendole la valigetta dalle mani “Sa, mi ero scocciato di sembrare sempre un ragazzino, anche se ho ormai ventitre anni”. Relena sorrise, meravigliandosi di essere arrossita, mentre il ragazzo le aveva sfiorato le mani.

“Bene, scommetto che il Comandante è venuto a portarmi alla Reggia…Milliardo ha già preso il volo?” chiese ironicamente Relena, incrociando le braccia.

“Affatto, Vostra Grazia; sono venuta per portarla alla sua prima lezione di deltaplano” disse, reprimendo a stento un sorriso, alla vista della faccia stupita della ragazza.

“Che, che cosa hai detto?!”

“Lezione di deltaplano” ripeté il ragazzo, con una risata “Dovremo andarci tra circa cinque minuti, quindi spicciati!”. La prese per un braccio e se la trascinò dietro, nonostante le sue proteste. Relena dovette, però, ammettere che si divertì moltissimo, librando nell’aria, mentre il mondo sottostante, sembrava sparire. E poi, anche se era ancora una sensazione schiacciata nel suo subconscio dai sensi di colpa per la morte di Heero, si sentiva così sicura tra le braccia di Duo lassù nel cielo.

Da quel momento, era stato tutto un crescere di attività, che Duo le proponeva quasi ogni giorno: feste in maschera, fantomatiche sagre di qualcosa, corsi di Karatè, pittura, strumenti e tantissime altre cose, che la facevano sentire bene. Si divertiva tanto e la Reggia era così lontana, che non si sentiva più né una Principessa, né un Viceministro. Poi, lentamente, in quei mesi così colorati, quella sensazione che aveva nel profondo del cuore, crebbe sempre più, divenne fortissima sotto la sua pelle, quando entrava minimamente in contatto con quello che era stato il migliore amico di Heero e che ora era il suo. Gli diceva praticamente tutto quello che le passava per la testa e lui faceva lo stesso, eppure non era capace di dirgli quello che era il suo più importante segreto, quello che rimaneva compresso nel suo animo, senza possibilità di uscire e trovare uno sfogo. Aveva capito, e questo le faceva malissimo. Si era innamorata di Duo, si era innamorata di lui non di un fatua cotta, che le sarebbe passata presto; si era innamorata di lui, con quella forza che l’aveva sempre lasciata sul trono di Saint Kindom, e, al contempo, con quella fragilità che solo la morte di Heero, le aveva potuto lasciare addosso. Non aveva il coraggio di parlargli perché sapeva che così l’avrebbe perso, e non poteva permetterselo; e poi si sentiva in colpa nei confronti di quel fantasma, che era ormai Heero nella sua testa. Per questo,aveva deciso di non dirgli nulla, accontentandosi di averlo accanto come un amico, sperando che quella cosa le sarebbe passata, anche se, quando si specchiava nei suoi occhi, capiva che non sarebbe stato possibile così facilmente.

Una sera, però, qualcosa fece cambiare completamente i suoi piani.

Era con Duo a Parigi ed era il giorno del suo compleanno. Lui aveva organizzato tutto in quel giorno e l’aveva portata lì con gli occhi bendati, per non farle capire dove fossero diretti. Relena aveva sempre desiderato recarsi in quella meravigliosa città, ma non ne aveva mai avuto l’occasione. Si sentiva felicissima e, al contempo, era così nervosa. Ormai lo sentiva, ormai ne era certa. Mancava poco, pochissimo. Non riusciva più a celare nel suo cuore il suo amore; desiderava stare solo e soltanto con lui, non vederlo mai più andare via e si era ormai resa conto che, di lì a molto poco, la sua mente non sarebbe più riuscita ad imbrigliare il suo folle sentimento. E allora sarebbe tutto finito.

Era ormai mezzanotte ed erano seduti sulla riva della Senna e stavano parlando. Poi, Duo, all’improvviso, le aveva detto che aveva un regalo per lei.

“Ma non era necessario!” disse lei, aprendo la scatoletta di velluto rosso che le aveva dato “Il più grande regalo che mi hai fatto è stato starmi accanto, quando ne avevo più bisogno”.

“Relena, “ disse, in tono autoritario, agitando l’indice “Questi sono i discorsi della Principessa Relena, non della persona con cui sono venuto in vacanza, la ragazza che è stata capace di scappare, davanti ad un gatto…”, lui scoppiò a ridere.

“La vuoi smettere! Pensavo che fosse qualcos’altro!” replicò, arrabbiata, anche se sentiva un groppo in gola, vedendo il ragazzo che, mentre rideva, le sembrava così tremendamente bello.

Relena aprì il pacco e ne uscì la collana: “Grazie Duo, è molto bella!”

“Non è solo bella!” disse lui, con aria quasi offesa “E’ qualcosa, di cui forse ignori anche l’esistenza…questa collana fu regalata da tuo padre Theoden a tua madre Eleanor, il giorno della tua nascita… sul davanti, c’è il simbolo della tua Casata e, invece, se leggi dietro, c’è scritta la parola MERT…sono sia le iniziali dei membri della tua famiglia, sia la parola PACE nell’antica lingua di Saint Kindom… certo, che avete sempre avuto tutti la stessa idea fissa, tu e la tua famiglia!” .

Relena era rimasta a dir poco esterrefatta dalla spiegazione di Duo.

“Ma scusa se è appartenuto a mia madre…” chiese in un sussurro “Deve esserti costato parecchio…”.

“L’ho avuta da un collezionista, che l’aveva dal giorno del colpo di Stato nel regno…gli attentatori fecero manbassa dei beni della tua famiglia e lui continuava a dire di averla avuta onestamente… sì, come no! Poi, l’ho minacciato di dire che era uno dei membri di quel commando e lui me l’ha data per un prezzo irrisorio…”.

“Quanto irrisorio?!” chiese Relena, che non riusciva ancora a capire come fosse riuscito a trovare un oggetto del genere. Ma, soprattutto, voleva tenere lontano dal suo cuore il pensiero di che meraviglioso regalo lui le avesse fatto, di quanto quell’oggetto riuniva in sé tutta quella che era la sua vita e le cose più importanti, che la costellavano: la sua famiglia, il suo Regno, il suo fortissimo desiderio di pace tra le persone e poi… e poi lui, lui che le aveva fatto quel regalo, lui che lei amava così tanto che ora credeva quasi di morirne.

“Ma insomma, Relena!” disse, sempre con aria indispettita “E’ un regalo, no? E allora accettalo, punto e basta!”.

Relena rimase immobile, soppesando la collana tra le mani.

“Non posso” rispose, abbassando lo sguardo.

“Ancora?! Smettila, così mi offendi e mi fai pensare che non ti piaccia!”

“Non è così!” disse, guardandolo negli occhi e provocandogli un rossore diffuso sulle guance “E’ un oggetto che apparteneva a mia madre, come puoi pensare che non mi possa piacere?!”

“Se è per quanto, mi è costato, sappi che non lo riporterò mai indietro…”

“Non è per questo DUO!” disse lei, alzando il tono di voce “E’ solo che ogni volta che penso di averti capito, tu fai qualcosa che mi spiazza completamente…tu, tu mi fai sentire confusa… e poi, e poi, io non posso avere qualcosa che anche solo indirettamente mi ricordi te!”.

“Che significa, scusa?” chiese lui, la voce ridotta ad un sussurro.

“Significa” riprese lei, con un profondo sospiro, per darsi coraggio “Significa Duo che questo oggetto non mi ricorderà mai mia madre, o la mia famiglia, ma te e soltanto te, Duo, e io non posso permettere che accada”.

“Ma scusa che ci sarebbe di male?!”.

“Ci sarebbe di male…” disse, urlando, non riuscendo più a trattenersi “Che io mi sono innamorata di te! C’è di male che io ti amo da impazzire da ormai tre mesi! Ti sembra che non ci sia niente di male?!”.

“No” disse lui, guardandola in faccia e avvicinandosi di più a lei “Non c’è niente di male perché io ti amo da morire già dal primo momento, che ti ho vista…”, prese dolcemente ad accarezzarle le labbra con un dito, mentre lei lo guardava con gli occhi colmi di stupore, ma anche di felicità, che a stento, riusciva a reprimere “…e credimi, non ho mai lontanamente sperato che tu un giorno mi dicessi una cosa del genere, non potevo sognare di stare con te, solo perché sapevo che tu non avresti mai pensato che io sarei potuto essere la persona che ti poteva rimanere accanto… io non posso, non posso, Relena, perderti, ora che ti ho finalmente qui accanto a me… per questo, amore mio, dimmi che vuoi che io sparisca per sempre dalla tua vita, anche tra un minuto, ma dammi anche solo un secondo, per stare con te e sapere che ora, anche solo in questo istante, tu mi ami anche forse solo la metà di quanto io amo te…”.

Relena era rimasta immobile alle parole del ragazzo. Si sentiva un’onda calda che lentamente le attraversava il cuore, che le stava sciogliendo tutto il ghiaccio che le si era formato dentro in quegli anni di rabbia e di dolore così cieco e acuto…sentiva che lo amava immensamente, sentiva che non avrebbe mai potuto lasciarlo andare via allora, che aveva bisogno di lui da impazzirne e che non le importava più niente, se era la principessa di Saint Kindom, se era qualsiasi altra cosa…non importava più niente. Era solo necessario che lui stesse con lei, ora e per sempre.

“Ti prego..” gli disse, sussurrando, avvicinandosi a lui, tanto da sfiorargli la fronte con i capelli “Dimmi solo che mi sarai accanto, fino a quando ti sarà possibile…ti prego, Duo, non lasciarmi sola, non ce la farei a vederti andare via, non lo potrai mai sopportare…ti amo molto più di quanto tu possa solo pensare…”.

Duo le si avvicinò e le disse in un orecchio: “Non ti lascerò mai, mia dolce principessa…non lo farò mai, perché ti amo da morire…”.

Una lacrima ribelle scese sulla guancia di Relena. Duo gliela asciugò con il palmo della mano, poi lentamente la baciò sulle labbra, mentre altre lacrime cadevano dagli occhi chiusi di Relena e si mescolavano calde al sapore delle labbra l’uno dell’altra.

Da quel momento, non c’era stato solo un momento, che non avessero passato assieme. Lui era diventato il primo pensiero, che aveva la mattina, quando si svegliava, e l’ultimo, che aveva la sera, quando se ne andava a letto. Era così stupefacente, quanto riuscisse a vivere solo di un suo sguardo, solo di una sola parola, solo del suo sorriso, di quanto si preoccupasse se lui non tornava in orario. Quanto era stupendo addormentarsi la sera tra le sue braccia, sapere che qualsiasi cosa sarebbe successa lui le sarebbe stato per sempre accanto… poi c’era qualcosa di Duo che la teneva sempre piena di luce. Lui viveva la sua vita con una gioia che lentamente si era trasmessa a lei, che ora le consentiva di essere sempre contenta di qualunque cosa le potesse accadere…aveva imparato con lui a scherzare, a ridere, a saper giocare, e poi a ritornare la donna, che era diventata, la donna che aspettava da sei mesi una bambina da lui, la donna che stava per sposare l’uomo che amava, la donna che era anche una futura Regina e un Viceministro…con lui, poteva parlare di tutto, e sapeva che le sue più grandi tristezze e gioie erano state anche le stesse di Duo. Aveva passato certo un periodo di tempo, in cui si era sentita fortemente in colpa nei confronti di Heero, ma poi, aveva capito che era così che dovevano andare le cose, che forse se Heero non fosse morto, sarebbe successa la stessa e identica cosa.

Relena camminava contenta e, anche un po’ saltellando, incrociò la sua amica, che la rimproverò a lungo. Poi entrambe iniziarono a camminare verso la clinica.

 

Ho aggiornato di due capitoli per farmi perdonare del ritardo! Grazie ancora a tutti coloro che hanno recensito!!

 

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Capitolo 8
*** Hate and love ***


Capitolo 8- Hate and love

Capitolo 8- Hate and love

 

Heero guidava come un forsennato, cercando di arrivare quanto prima potesse a quella che era la casa di Relena. Non aveva che nella testa quelle parole, che aveva letto sul giornale, che, come in un disco rotto, ricominciavano sempre  dall’inizio, come se, così facendo, non avrebbe potuto convincersi di aver capito male. Ma purtroppo, quello che gli sembrava un incubo, era drammaticamente vero. Aveva visto quella dannata foto, aveva letto quella didascalia, che lo aveva ucciso due volte, perché colpito dal tradimento, non solo dell’amore, ma anche dell’amicizia. Come aveva potuto Relena mettersi con Duo? Come avevano potuto scordare entrambi che lui aveva voluto bene a tutti e due e che quella situazione, lo avrebbe semplicemente ucciso? E poi non è che sembrasse morto da cinquant’anni, erano passati solo quattro miseri anni, e quei due avevano trovato il tempo di dimenticarlo così presto e consolarsi vicendevolmente…magari, si amavano già da quando lui sembrava ancora vivo e, nel momento in cui si era tolto di mezzo, li aveva fatto solo un grande piacere…

Strinse le mani ferocemente sul volante, mentre sentii il cellulare squillare. Sul display, apparve la scritta “Angie”; imprecò tra sé a bassa voce e rispose distrattamente: “Ciao Angie…sì, sto bene…no, non ho ancora scoperto chi sono, no… sì… ho un appuntamento con la Principessa…va bene, ti faccio sapere…”.

D’un tratto, sentii una voce cristallina e chiara, come una campana d’argento…”Pensa che stamattina mi ha detto che dovevo mettermi un cappello per ripararmi dal sole! E’ diventato peggio di mio padre!”.

Heero, mentre era fermo ad un semaforo, con il cellulare ancora sotto l’orecchio, vide davanti a sé, attraversare una bella donna dai lunghi capelli biondi, che portava un vestito bianco, con un nastro rosa, legato alla vita, in testa un cappello di paglia, con un fiore sempre rosa. Accanto a lei, c’era un’altra donna dai capelli rossi, che rideva sommessamente.

Heero si fermò immobile nell’abitacolo dell’auto per la sorpresa e riattaccò al cellulare con Angie. Era lei… era la Principessa del Saint Kindom… era il Viceministro degli Esteri…era la sua Relena, la donna, a cui aveva donato il suo cuore e la sua vita quattro anni prima. Era la donna, che ora stava con il suo migliore amico.

La guardò a lungo, mentre le altre auto suonavano il clacson al comparire del verde del semaforo. Aveva i capelli leggermente più lunghi, ma quella era forse l’unica cosa che fosse così poco evidente nel suo attuale aspetto. Il suo volto era raggiante di felicità, ridevano i suoi occhi, rideva la sua bocca, c’era tanta luce in lei, così tanta da lasciarlo sconvolto. Non era più lei, la fragile ragazza, che aveva conosciuto anni prima, quella che piangeva per un nonnulla in modo quasi isterico…era così dannatamente bella e sembrava così forte e sicura di sé. E poi…a Heero si chiuse la gola…la sua Relena era felice, era così felice che del suo sorriso si illuminava tutta l’aria circostante…

“E Duo, che ti fa questo effetto?” si chiese spietatamente. Avrebbe voluto scendere dalla macchina e urlarle contro, qualsiasi cosa, pur di vedere che lei non lo aveva dimenticato, smarrita nel pensiero del suo migliore amico. Sotto il rumore assordante dei clacson delle altre auto, si costrinse a rimettere in moto l’auto e a spostarsi. Tentò di seguire la ragazza, che non si accorse minimamente della sua presenza e continuò allegramente a chiacchierare con la sua amica, senza prestargli la minima attenzione. Ma, dato che le due camminavano troppo lentamente per poterle seguire con l’auto, Heero fu costretto ad accelerare bruscamente e la perse di vista, anche se prima di questo, la sentii nominare il nome di Duo. Si sentii lo stomaco ribollire di rabbia, mentre il sudore gli inondava la schiena. Non riusciva ancora a pensare che Relena si fosse innamorata di lui, non era assolutamente possibile, era inammissibile…a questo punto, dato che aveva perso di vista Relena e ora sapeva con certezza che non era a casa, decise di recarsi comunque lì, certo com’era di trovarci Duo. Ingranò la quarta e partì alla volta della casa, che sorgeva su una scogliera a picco sul mare.

Dopo essere arrivato, lasciò la macchina lì vicino e si diresse velocemente verso la casa bianca, che dominava tutto lo scenario circostante, odoroso di sale e di mare; suonò al campanello del cancello della casa, tamburellando freneticamente le dita sulla gamba. In fondo, ancora nel suo cuore, sperava ardentemente che loro due magari fossero stati assieme solo per poco tempo, ed ora Relena aveva capito il suo errore e si erano lasciati.

Deve essere andata così…ti prego, fai che sia andata così…

Una voce di donna rispose al citofono: “Chi è? E’ lei, Relena?”.

Heero rispose, mentre una fitta lo colpiva al cuore a sentire il nome di Relena: “No, mi scusi, volevo sapere se è qui Duo Maxwell…sono un suo amico”.

Ti prego, ti prego, dimmi che non lo conosci, che non è mai venuto qui neanche una volta…

“Un amico di Duo? Sì, un attimo, adesso, glielo chiamo…le apro il cancello…chi devo annunciare?”.

Heero non rispose; la lingua gli pendeva inerte nella bocca, non era in grado di rispondere, mentre cadeva una pesante notte sui suoi occhi: lui era lì, lui era lì e chissà magari adesso viveva lì da molto tempo…forse avevano una sola stanza e dormivano assieme tutte le notti…il pensiero di quei due assieme prendeva completamente possesso del suo cuore e una miriade di sentimenti affollavano la sua mente, come tantissime farfalle, che volavano nella sua testa, impedendogli di pensare ragionevolmente…emozioni che non poteva combattere, che non avrebbe mai soffocato nel suo cuore…

La voce ripeté: “Chi devo annunciare, scusi?!” .

Heero, lo sguardo fisso nel vuoto, disse: “Eddie, Eddie Thompson”.

La signora aprì il cancello e Heero percorse velocemente il vialetto, che conduceva alla porta, davanti alla quale Duo era immobile e lo guardava pallido e livido in volto.

Quando Heero gli fu davanti, Duo si sentii, come se non vedesse più con gli occhi, come se stesse guardando nella sua testa solo una visione. Chiese con un filo di voce: “Heero, sei tu? Mio Dio, non è possibile…”.

Heero, che per un momento aveva perso la capacità di parlare e che era rimasto inerme, davanti al suo vecchio amico, recuperò un po’ di colore e disse in tono tagliente: “Già, ecco il tuo caro amico, che ritorna dal regno dei morti…sai, forse nello stare laggiù tanti anni, ci si scorda tante cose…”.

“Che, che cosa vuoi dire?” chiese Duo, che era ancora sconvolto e non riusciva a parlare. Aveva una strana sensazione…era davvero Heero la persona, che aveva davanti, era davvero lui? Ma lui era morto, era morto anni prima…lui aveva sempre creduto che fosse andata così, loro avevano creduto che fosse andata così, Relena aveva sempre creduto che fosse andata così…Relena… Relena…

Nonostante non volesse, nonostante la sua mente fosse ancora come narcotizzata dalla visione che aveva davanti, pensò con un lampo di lucida follia.

Adesso che lui è tornato, te ne andrai da me…

Heero si sentiva fortemente irritato da quella conversazione. Perché diavolo faceva finta di niente? Perché faceva finta di non capire?

Disse a Duo, che lo guardava scioccato: “Sai, pensavo che fossi più intelligente, Duo…sto parlando di Relena, mi sembra chiaro…”.

Duo, che sentiva lo stomaco stringersi su sé stesso violentemente, capii che lui sapeva, che lui sapeva tutto, sapeva di lui e di Relena. In quel momento, sentii un’onda di panico leggero avvolgerlo: che cosa doveva fare, che cosa avrebbe dovuto fare? Non voleva perdere Relena, era questa l’unica cosa che, al momento, aveva la forza di pensare. Era l’unica cosa che in quell’istante, potesse valere minimamente qualcosa. Capii che non poteva assolutamente permettersi di perdere la vita che si era appena guadagnato, semplicemente non poteva…ma poi, nella sua mente, ricomparve un ricordo di tanti anni prima…

Una nave. Una nave, che trasportava materiale bellico, era ferma nel porto, un porto sconosciuto, come tutti gli altri, come miliardi di altri che aveva già visto e che avrebbe continuato a vedere. La luna si infrangeva pigra nell’acqua, nelle onde che diventavano argentate, accarezzate dal satellite della Terra. Quella stessa luna piena, che faceva brillare il suo volto, e quello dei soldati, che proteggevano le armi e, soprattutto, qualcosa che era celato nei fondali marini, qualcosa che il nemico aveva perso e che poteva essere molto utile per sconfiggerlo.

Duo aveva stretto forte tra le dita il  foglio, su cui era scritta la sua nuova missione: “Affondato Gundam Uccello di Fuoco. STOP. A trenta km dall’isola di Shamuti. STOP. Recupero immediato.STOP “. Lo aveva stretto forte tra le dita, poi, come tutte le altre volte, aveva preso ed era andato ad eseguire gli ordini di chissà chi. Mentre si stava avvicinando al porto, aveva sentito delle voci, anzi una sola voce, la voce di una ragazza, una voce acuta, piena di qualcosa che non aveva mai sentito…sembrava impaurita, ma poi era così dolce come scandiva le parole al suo misterioso interlocutore, che non si degnava di risponderle. Duo si era nascosto dietro un pilastro e aveva visto sul ponte un ragazzo di spalle, che era intento a smanettare su una pulsantiera, che certamente attivava dei missili e poi una ragazza bionda alle sue spalle… lei gli parlava, ma lui non le rispondeva, come se non la vedesse e sentisse neppure. Poi, mentre la voce di lei, aumentava di tono, lui si era girato e, dopo aver detto poche parole, l’aveva minacciata con una pistola. In quel momento, Duo capii che doveva essere il pilota del Gundam Uccello di Fuoco; non seppe mai come lo aveva intuito, ma erano stati i suoi freddi occhi azzurri, che lo avevano messo in guardia, era stato il suo sguardo, che guardava quella ragazza solo come un ostacolo… era stato quello sguardo, che gli avevano detto tante volte di imparare, senza che lui ci riuscisse, a fargli capire. Era intervenuto, aveva salvato la ragazza, ma poi lei era andata ad aiutare l’altro. Lui si era sentito così tremendamente sciocco, mentre quei due sembravano vivere solo dell’aria che l’altro respirava. Non si guardavano in faccia, eppure era chiaro, era così evidente che erano innamorati, già da allora…

Già da allora…

Già da allora…

Già da allora…

E già da allora capii, mentre la luna illuminava i visi di loro tre sul ponte di quella nave, che il loro destino era incatenato, che c’era un filo rosso, che li avrebbe uniti per sempre…ed era strano, perché non sapeva neanche come si chiamavano, eppure…

Quel filo di amore e di odio tra loro tre, era nato proprio quel giorno, sotto quella luna, sopra quel mare…

Duo si riscosse a quel pensiero. Improvvisamente capii. Capii che Relena sarebbe tornata da lui, doveva solo fare in modo che lei potesse soffrire il meno possibile quando ciò sarebbe successo…ma per il momento, non poteva permettere di venire meno alla promessa, che si era fatto. L’avrebbe difesa, fino a quando lei sarebbe tornata da Heero e lui, invece, avrebbe visto chiara davanti a sé la fine di quello che ora gli veniva mostrato distintamente, come un gioco stupido del destino, del caso, o di chissà quale altra cosa poteva chiamarsi, quella forza che gli aveva regalato la gioia di avere accanto la persona che amava, gli aveva fatto erroneamente credere che quella sua felicità potesse durare e ora gliela portava via crudelmente.

Gli venne in mente una frase, che una volta aveva letto sulla carta di un cioccolatino: “Meglio aver amato e perduto, che non aver amato affatto…”.

Non aveva mai sentito una cavolata più grande di quella.

“Senti Heero…” disse, la voce grave e lo sguardo rivolto verso di lui, in un modo altero, che irritò ancora di più Heero “Lo so benissimo di cosa stai parlando, e non cercherò di negare tutto e di dirti che è stata solo un’avventura…non so come tu lo sia venuto a sapere e neanche in quali termini, e sinceramente nemmeno mi importa tanto, perché ritengo che l’unica maniera per conoscere la verità per te, sarebbe chiederla o a me, o a Relena… chiedimi quello che vuoi e io ti dirò tutto, ma voglio prima dirti una cosa: io non ho mai minimamente pensato di portarti via Relena, e certamente non ho esultato quando sei, diciamo, morto, sebbene già da allora, ero innamorato di Relena…le cose tra me e lei si sono evolute, dopo molto tempo, e non è stato né facile, né per me né per lei, accettare i nostri reciproci sentimenti perché ci sentivamo in colpa nei tuoi confronti…”.

Heero lo interruppe e, rosso in viso, replicò: “Non mi sembra proprio che abbiate avuto il minimo scrupolo nei miei confronti, dato che ora state assieme da più di due anni!”.

Duo si spazientì e alzò la voce: “Per me e per lei, tu eri morto! Morto, Heero, lo capisci?! Lei è stata malissimo, è stata ricoverata in una clinica per mesi, e non puoi immaginare come l’ho vista distruggersi lentamente per te…ha tentato il suicidio e non so come sia ancora tra noi…e ora tu mi vieni a dire che lei sarebbe dovuta morire per te, ma restarti fedele per sempre?! Come fai anche solo a pensare una cosa del genere?! E’ vero e non lo negherò neanche per un attimo, che io la amo e farei di tutto per lei, ma non chiedermi, Heero, di dirti che lei ha sbagliato, che abbiamo sbagliato a voltare pagina e a continuare a vivere…”.

Heero lo interruppe ancora e disse, urlando: “Certo, tu sei il cavaliere che è venuto a salvare la bella principessa, dato che il suo ragazzo era passato a miglior vita! Guarda che ho capito che ti sei avvicinato a lei, solo perché la volevi già dall’inizio, già da quando stavamo assieme!”.

Duo, stizzito, gli voltò le spalle: “Senti, Heero, dì pure quello che vuoi, tanto ascolti solo quello che vuoi sentire… comunque, il problema non si pone, dato che sarà Relena a scegliere se vorrà tornare da te, o…”, a questo punto si fermò per quanto l’altra ipotesi gli sembrava assurda. Poi, mentre si stringeva il petto, che sentiva orribilmente lacerato, disse: “L’unica cosa che ti chiedo ora, Heero, è una sola e ti prego, fallo per Relena, e non per me…”.

Heero si mise in ascolto,anche se si chiedeva con quale diritto lui gli chiedesse ancora qualcosa.

“Per favore, non farti vedere da lei, per almeno altri tre mesi…”.

Heero, a questo punto, perse definitivamente la pazienza e urlando, prese Duo per il colletto della camicia e lo strattonò forte: “Che cavolo significa, razza di bastardo! Ora detti anche le condizioni! Che c’è vuoi spassartela ancora per un po’ con lei e poi dirle la verità?! E tu saresti quello che la ami?!”.

Duo lo interruppe freddamente e disse in tono tagliente: “Relena aspetta un bambino da sei mesi…la gravidanza è già difficile, perché ha una corporatura molto esile…Relena ci tiene tanto a questo bambino e, se dovesse vederti, non so che cosa potrebbe succedere…”.

Heero rimase immobile, come se gli avessero dato uno schiaffo. Adesso capiva che cosa erano le condizioni di salute della principessa, di cui aveva parlato il taxista.

Relena è incinta…

Come inebetito, chiese a Duo: “Tu sei il padre, vero?”, anche se, appena terminò di parlare, già gli sembrava di aver detto una cosa talmente stupida, che si sentiva un idiota.

Duo annuì con il capo. A quel punto, Heero perse completamente la ragione e gli assestò un pugno sulla guancia. Duo perse l’equilibrio e cadde per terra, poi si alzò e si mosse velocemente verso di lui e prese a colpirlo, anche lui con forza, mentre il suo vecchio amico rispondeva energicamente.

Jeannemarie accorse allo strepito che udiva da fuori e cercò di dividere i due, e, data la sua massiccia corporatura, riuscì a porre un freno tra i due.

“Volete smetterla?! Che cosa vi prende?! Due uomini grandi e cresciuti, che si picchiano come due ragazzini! Smettetela subito! E lei, Duo, non pensa che Relena si sarebbe potuta spaventare, se fosse arrivata in questo momento? Lo sa che non deve agitarsi, altrimenti potrebbe perdere il bambino?!”.

Duo, che aveva un taglio sul labbro inferiore, che sanguinava copiosamente, abbassò lo sguardo e disse: “Sì, hai ragione Jeannemarie… sono stato uno stupido…”.

Heero, dal canto suo, aveva la guancia livida, capii che allora quello che gli aveva detto Duo era vero. All’improvviso, si sentii così inutile che aveva solo voglia di sparire e di andarsene via…perché non si era accontentato della sua vita da Eddie Thompson? Almeno, allora era sospeso in una quiescenza dei sensi, che non gli faceva male, ma ora, da quando era rinato, come sé stesso, sentiva un dolore così forte che era ormai come entrato nei suoi tessuti e lo stava ammazzando. Relena stava con Duo, lui la amava, lei sembrava amarlo, aspettavano un bambino…

Rifece nuovamente il vialetto all’incontrario, dopo aver velocemente detto a Duo che non si sarebbe fatto vedere da Relena. Poi, mise in moto e iniziò a guidare, senza una meta precisa.

Duo, intanto, entrò di nuovo in casa e si sedette su una poltrona. Jeannemarie gli si avvicinò e disse: “Si è fatto male Duo?”.

“No, non è niente” rispose, lo sguardo fisso su quella foto, che lui, Heero e Relena avevano fatto assieme tanti anni prima. E pensare che aveva pensato che ci fosse in quella foto, sempre una coppia: quattro anni prima erano Heero e Relena, poi erano stati lui e Relena, e ora…

Il mitico triangolo, pensò, senza l’ombra di un sorriso nel volto.

 

Come sempre, chiedo immenso perdono per il ritardo nell’aggiornamento! Voglio essere sincera, essendo questa la mia prima storia ed avendola scritta in un periodo in cui ero molto diversa da come sono adesso, quando mi trovo a rileggerla, non mi piace per niente! Questa è molte volte, la ragione dei miei ritardi! Ma dato che a molti di voi, invece, la storia sembra piacere la continuerò ad aggiornare! Ulteriore motivo per continuare a recensire, altrimenti la mia indole negativa ed autodistruttrice potrebbe avere la meglio!!!! Scherzo… non prometto stavolta di essere più puntuale, tanto so che non lo sarò! Ma cercherò di esserlo, solamente per voi! Grazie per le loro carinissime recensioni a Stefyellow, BeAttrice, Basileia!!!

 

 

 

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Capitolo 9
*** Reactions ***


Capitolo 9- Reactions

Capitolo 9- Reactions

 

Heero era tornato alla Reggia, dato che era l’unico posto che aveva dove poter tornare. Teoricamente, sarebbe potuto tornare nella colonia dove aveva vissuto fino al giorno prima, la colonia dove era stato Eddie Thompson e dove aveva una fidanzata di nome Angie. Ma sapeva benissimo che non sarebbe potuto tornare e rivelare alla ragazza che si era presa cura di lui in quegli anni che non la amava, che non l’aveva mai amata e né ci sarebbe mai riuscito. E poi, se anche fosse tornato, doveva fingere di essere ancora l’Eddie che lei aveva conosciuto o doveva tornare da lei, come Heero Yuy? No, la risposta era anche troppo semplice. Avrebbe detto addio ad Angie, sperando che, al più presto, potesse trovare qualcuno che l’amasse davvero. Scese dall’auto, che lasciò nel parcheggio vicino alla Reggia e, a quel punto, gettò il cellulare in un cestino per i rifiuti, deciso a liberarsi per sempre della sua identità di Eddie Thompson. Al momento, odiava profondamente anche solamente il nome di quella persona che era stato.

Esso gli era costato forse per sempre Relena.

Il cielo ormai si era tinto di rosa e d’oro e il sole era una palla infuocata, dietro la Reggia. Raggiunse l’ingresso e chiese ancora di Laurie: al momento, era il solo di cui potesse sopportare la vista.

Laurie era seduto nel suo studio, la luce alle sue spalle.

Quando lo vide entrare, annunciato dalla stessa donna della mattina, si alzò e disse: “Mi dispiace, Heero… avrei voluto dirtelo, ma tu…”.

Heero si sedette stancamente sulla poltrona e rispose, gli occhi leggermente socchiusi per la luce forte del sole: “Non ti preoccupare… ero io che volevo vederla…”.

Laurie girò il volto, chiaramente incapace di dire qualcosa che potesse consolare Heero, poi disse: “Ascolta, Heero… forse era così che doveva andare… non è colpa di nessuno, né tua, né di loro due… non puoi farci niente…”.

Heero, l’espressione torva ed accigliata, disse: “Certo che posso fare qualcosa… posso combattere per riaverla, per far sì che sia di nuovo mia…”, guardò l’orizzonte lontano, ignorando completamente Laurie e aggiunse: “… aspetterò che abbia il bambino e poi…”, si interruppe, l’espressione raggelata, come se stesse pensando a sangue freddo ad una delle sue missioni.

Laurie sospirò, ma non lo contraddisse. E poi che cosa avrebbe dovuto dirgli? Anche lui non si sarebbe arreso e avrebbe fatto la stessa identica cosa… ma gli sembrava così strana quella situazione; aveva visto la Principessa felice con entrambi: chi avrebbe scelto? Poi riscosse la testa. Gli sembrava di essere una di quelle vecchie pettegole della corte; per fortuna che lui e Hilde si erano sposati, senza aver avuto nessuno di quei problemi.

Poi, cercando di distrarre Heero dai suoi pensieri, disse: “Scusami, ma non ti ho chiesto come hai fatto a salvarti… come andarono le cose? E dove sei stato tutto questo tempo?”.

Heero chiese: “Perché non avete mai saputo nulla? WhiteStar esiste ancora?”.

“No, la Principessa l’ha interamente sgominata, ma non abbiamo saputo come mai quel giorno attaccasti Diamond così direttamente…” chiese ancora Laurie, curioso.

Heero non aveva molta voglia di parlare di quel passato che gli aveva portato via tutto, ma poi concluse che almeno, in quella maniera, per un po’ non avrebbe pensato a Relena e a Duo.

Così iniziò a parlare: “Entrai in WhiteStar abbastanza facilmente; mi presentai a Diamond in persona come Eddie Thompson, e dissi che volevo comprare delle azioni del gruppo; parlando, poi, con Diamond, dissi che vivevo sulla Terra, a Saint Kindom, e che ero guardia della Principessa Relena Peacecraft. Lui, ovviamente, prestò maggiore attenzione allora a me e io, tra una parola e l’altra, gli feci intendere che tale lavoro non mi piaceva, perché odiavo la Principessa e tutto ciò che a lei era annesso e connesso. Dissi che era davvero il colmo per me, che avevo fatto parte di WhiteFang, lavorare alle dipendenze della Principessa; lui, allora, fu ancora più attento e mi chiese che cosa avevo fatto in WhiteFang, e gli risposi che non avevo avuto un gran ruolo, perché mi avevano accusato assolutamente ingiustamente di aver tradito Milliardo Peacecraft. Al che, in tono sibillino, lui mi fece capire che era a capo di un’organizzazione segreta, che era la continuazione, per così dire, di WhiteFang e mi chiese se volessi partecipare ad una riunione. Io annuì e quella sera stessa entrai nell’associazione…

“Alla riunione, appresi che gli associati venivano divisi in dieci categorie, a cui veniva assegnato un numero di riconoscimento: il numero più alto era l’1 e quello più basso il 10, e venivano assegnati a seconda delle operazioni, che si erano portate avanti in passato e ai successi ottenuti nell’Organizzazione. Eddie Thompson era stato un grande incapace e, infatti, mi fu assegnato solo il numero 8, insomma ero tra i pesci piccoli della fondazione e così non sarei mai riuscito a sapere nulla. Difatti, io legai molto con Jimmy, quello che avevo conosciuto in chat, e con suo fratello Roderick e loro mi dissero, dato che un altro loro fratello era nei numeri 2, che si organizzava una spedizione sulla Terra, che avrebbe certamente ucciso Relena, ma a tale operazione avrebbero partecipato solo i numeri dal 2 al 4, perciò, io non avevo alcun mezzo per sabotarla, e, inoltre, sembrava che tale operazione fosse imminente e che si sapeva anche che la Principessa era nascosta nelle Montagne Orientali del paese…

“Non sapevo assolutamente che cosa fare e, allora, decisi che avrei ucciso Diamond, durante il Convegno generale della WhiteStar, che si sarebbe tenuto la settimana dopo… pensai che, dato che la società era strettamente gerarchica, togliendo di mezzo lui, avrei tolto di mezzo il vertice e conoscitore di tutte delle operazioni.

“Ma, durante il Convegno, qualcosa andò storto e, invece di assassinare Diamond, fui costretto ad uccidere Roderick, che mi aveva scoperto mentre cercavo di penetrare nella stanza di Diamond. Ovviamente, la morte di Roderick, suscitò molto clamore nella società, dato che sembrava ormai chiaro che si era infiltrata una spia nemica. Le indagini portarono chiaramente a me e Diamond scoprì che io avevo ucciso Roderick e che ero Heero Yuy.

“Ovviamente, pensai che mi avrebbero ucciso, ma Diamond mi convocò e mi propose un patto: lui avrebbe sospeso i procedimenti contro di me e anche l’attentato nei confronti di Relena, se io avessi collaborato attivamente nella WhiteStar; io, naturalmente, declinai la proposta, ma lui mi disse che il mio aiuto gli sarebbe stato molto prezioso e che non potevo rifiutare, altrimenti avrebbe ucciso Relena, e io non avrei potuto fare niente, dato che non avevo dati sufficienti sullo svolgersi dell’operazione. Invece, se avessi accettato, alla Principessa non sarebbe stato torto un capello, ma sarebbe stata semplicemente rapita e condotta lì, e io, al posto di Milliardo Peacecraft, con lei sarei divenuto il padrone della Nazione Terrestre Unita per un mondo più giusto e per dare più fortuna e libertà alle colonie.

“Fui costretto ad accettare, anche perché pensai che, così facendo, avrei avuto più tempo per meglio escogitare che cosa fare. L’unica soluzione era uccidere Diamond, dato che era l’unico che sapeva chi fossi davvero e che conosceva tutti i dettagli dell’operazione contro Relena… infatti, ai suoi uomini dava solo parte delle parti di un’operazione, mentre solo lui sapeva il piano completo, per evitare fughe di notizie… indubbiamente, sarebbe stato difficile portare contro di lui un attacco diretto, poiché si era ormai armato con decine di Guardie del Corpo. L’occasione si presentò alla riunione degli azionisti delle WinnerIndustries: Diamond non era eccessivamente difeso, perché non si aspettava un mio attacco nella sede dell’industria. Il posto, infatti, pullulava di civili e anche di affiliati alla WhiteStar, ma era l’unica possibilità che avessi per liberarmi di lui. Attaccai durante la riunione e lo feci fuori, ma, quando fuggii con un Mobile Suit, mi accorsi che ero inseguito da Jimmy, che aveva inaspettatamente capito, quando avevo colpito Diamond, che ero la spia che aveva ucciso suo fratello. Mi inseguì e mi colpì al serbatoio del Suit; l’esplosione fu abbastanza grave, ma riuscii a salvarmi per miracolo, usando una navicella d’emergenza che era compresa nel Suit.

“La navicella doveva aver memorizzato la rotta di una colonia lì vicina e mi portò lì mezzo tramortito. L’ultimo ricordo che ho, è il portello della navicella che si apriva e io che vi cadevo fuori; devo aver battuto la testa e sono caduto in coma. Quando mi sono svegliato, due anni dopo, non avevo più alcun ricordo del mio passato ed ero convinto di essere Eddie Thompson… poi, ieri…”, Heero si fermò, incapace di continuare e di ricordare la mattina prima, quando aveva visto il dolce volto di Relena in televisione.

Laurie, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo del suo racconto, disse, completando che cosa aveva taciuto Heero: “… hai visto Relena da qualche parte…”.

Heero annuì mestamente, mentre improvvisamente il dolore lo riprendeva ad ondate; poi, cercando di cancellare la sofferenza, chiese, ridendo tristemente: “E qui che cosa è successo, a parte le vicende fin troppo evidenti?”.

Laurie rise leggermente e disse: “Bè, sono successe parecchie cose… io e Hilde ci siamo sposati l’anno scorso…”.

“Davvero?!” chiese Heero, che non sapeva neanche che Hilde fosse lì. Al contempo, sparì anche la speranza per lui che Duo alzasse i tacchi per tornare da Hilde.

“Sì” continuò Laurie, leggermente arrossito per la felicità “Sai, è stata una cosa improvvisa, lei era rimasta scottata dal fatto che Duo…”, poi, vedendo il viso di Heero diventare scuro, concluse: “Insomma, ci siamo sposati e abbiamo avuto un bambino, Nicholas”.

“E gli altri?” chiese Heero.

“So che Trowa e Catherine erano anche loro sul punto di sposarsi, ma poi lei lo ha lasciato perché si era innamorata di un altro. Trowa, ora, vive al servizio di Marimaia Khushrenada, quindi è anche lui sulla Terra… fammi pensare, ah sì, Rareba si è sposato con Dorothy e vivono nella loro colonia. Dopo la morte di Diamond, lui si è riappropriato della società di suo padre, mentre lei fa la scrittrice e sta scrivendo la storia dell’ultima guerra. Poi, so che Wufei vive con Sally Po e fa ancora parte delle truppe dei Peacekeepers… Milliardo Peacecraft vive a corte con Noin, hanno una figlia,Elisa, che ha la stessa età di Nicholas… il Senato sta facendo un sacco di storie per definire il ruolo di Elisa e le sue responsabilità attuali, anche se è così piccola… roba da ridere, ne hanno di tempo da perdere… e tutto perché per qualche mese sarà l’erede al trono di Saint Kindom, fino a quando non nascerà Daphne…”.

“Chi sarebbe Daphne?” chiese Heero, soprappensiero.

“Heero” disse Laurie, profondamente imbarazzato, dopo una piccola pausa di silenzio “La figlia di Relena e Duo”.

Heero, a quel punto, ricordò di nuovo che Relena aspettava un bambino da Duo. La sensazione di nausea, che gli aveva preso la bocca dello stomaco, da quando stava sentendo che cosa era successo a tutti i suoi amici, divenne terribilmente sgradevole. Si sentiva peggio di prima. Era inutile che cercasse di dire a Duo e a Relena che avevano sbagliato, dato che tutto il mondo era andato avanti benissimo senza di lui, anzi sembrava che tutti fossero diecimila volte più felici. Solo Trowa aveva avuto un’esperienza negativa, ma anche lui aveva voltato pagina. E ora lui veniva a recriminare quel tempo che, inevitabilmente, era scorso e  che non sarebbe mai più tornato indietro.

Nicholas, Elisa, Daphne…

Altre vite che si erano affacciate al mondo e di cui lui non sapeva nulla. Altre vite, che simboleggiavano tutto il tempo che lui non aveva vissuto e che aveva invece portato alla nascita di quei bambini…

Mentre lasciava lo studio di Laurie, pensò per l’ennesima volta: “… se solo avessi saputo…”.

 

 

Relena era tornata a casa, a tardo pomeriggio, dato che si era fermata a mangiare qualcosa a casa della sua amica Annie. Quando era tornata, aveva trovato Jeannemarie, seduta da sola in salotto, che stava cucendo un maglioncino rosa per Daphne. Relena era rimasta meravigliata nel non vedere Duo accanto a lei, perché lui era un gran pigrone e non usciva spesso di casa.

“Jeannemarie, dove è andato Duo?” chiese appena entrata in casa, mentre accarezzava Delia.

Jeannemarie, a cui Duo aveva spiegato di non dire a Relena della visita avuta nel pomeriggio, rispose: “Non stava molto bene ed è andato a letto…”.

“Se ne è andato a dormire?!” chiese Relena, stupita. Duo andava sempre a dormire all’una passata.

“Sì, Relena. Glielo detto, non stava bene!” replicò un po’ troppo bruscamente la donna, innervosita dal peso di conservare un segreto così grande.

“Jeannemarie, dimmi la verità: è successo qualcosa?!” disse Relena, che iniziava a preoccuparsi.

“Ma che cosa vuole che sia successo! Lei si preoccupa troppo! Stia calma e lasci riposare in pace quel povero ragazzo! Si preoccupa sempre così tanto per lei ed ora non può neanche riposarsi cinque minuti!” inveì l’anziana donna, alzandosi di getto dalla sedia e lasciando la stanza, più dispiaciuta che realmente arrabbiata. Relena tacque allo sfogo di Jeannemarie, sempre più convinta dalla reazione della sua vecchia tata che fosse successo qualcosa. Dopo più o meno due ore, che trascorse leggendo dei documenti che le erano arrivati dalla Reggia, mangiò velocemente e, dopo un po’, se ne andò a dormire. Duo non si era alzato per niente e questo l’aveva preoccupata ancora di più, ma aveva preferito non andare a vedere che cosa avesse per non incorrere nell’ira, per lei del tutto ingiustificata, di Jeannemarie.

Entrò silenziosamente nella camera in penombra; Duo, che non stava dormendo, ma che era totalmente immerso nei suoi pensieri, chiuse gli occhi e fece finta di essersi addormentato. Relena si distese lentamente accanto a lui, poi, non vedendolo reagire, si avvicinò e lo strinse attorno alla vita, mentre lui di spalle, sospirava leggermente.

Ti prego”  pensava “Lasciami andare… e fammi scordare almeno per un attimo quanto ti amo… e che, nonostante questo, tra poco te ne andrai lontano da me”.

Relena, ignara dei suoi pensieri, gli baciò la spalla sinistra, poi si appoggiò sulla stessa e chiese dolcemente: “Cosa hai? Stai male?”.

Duo, lentamente si girò e la strinse dolcemente. Rimase un attimo in silenzio, poi, cercando di sorridere al suo sguardo preoccupato, disse: “Lo sai che sei paranoica? Ero solo un po’ stanco e avevo voglia di andarmene a letto”.

“Davvero? Sei sicuro che non ci sia qualcos’altro?” continuò lei, il cui viso non si era ancora rischiarato.

“Sì, stai tranquilla” disse, con un sorriso più disteso.

“Mi hai fatto preoccupare” disse, affondando il viso nel suo petto.

Duo la strinse più forte e disse: “Sei una scema! Lo sai, io non sono di ferro! E poi ci vuole una certa pazienza a sopportare una tipa come la Principessa del Saint Kindom!”.

Lei emerse lentamente, con lo sguardo truce, poi gli scagliò il cuscino in faccia: “Quanto sei insopportabile quando fai così!” disse, ridendo.

“Eh no, Principessa, questa non la doveva dire al suo Comandante!” disse lui, raddrizzandosi e prendendo un altro cuscino. Presero a lanciarsi i cuscini l’uno contro l’altra, poi crollarono l’uno di fianco all’altra, lei, appoggiata alla sua spalla, e lui che le baciava la fronte.

“Alle volte, penso che sarà la nostra bambina a crescere noi” disse Relena, sorridendo.

“Già, mi chiedo che razza di carattere avrà… da noi due, non oso immaginare che soggetto potrà venire fuori!” disse Duo, che aveva dimenticato per un po’ la vicenda di Heero.

“Sai, ho deciso una cosa… ho deciso il suo nome completo!” disse Relena, battendo le mani.

“Ah già, dimenticavo che mia figlia dovrà avere una decina di nomi…”.

“Ma quanto sei antipatico! Comunque, il suo nome completo sarà Daphne Isabelle Marie Maxwell Peacecraft”.

Duo rimase immobile per un attimo, poi disse: “Le hai messo il nome di mia madre?”.

“Sì, non è per niente giusto che abbia solo il nome della mia, deve avere anche quello della tua.”.

Duo la baciò a lungo, mentre quel gesto così bello da parte sua gli riportò alla memoria la vicenda di Heero, rendendolo di nuovo scuro in viso. Per distrarsi, chiese: “E da dove viene Marie?”.

“E’ parte del nome di Jeannemarie… non glielo ho detto stasera perché aspettavo di dirlo prima a te e volevo sapere se eri d’accordo”.

“Certo che sono d’accordo…”.

“Poi, stasera, era così nervosa, non le potevo dire nulla e subito scattava come una molla… sei sicuro che non sia successo qualcosa?”.

Duo capì all’istante che doveva essere stata la reazione di Jeannemarie a quello che lui le aveva detto. Le aveva spiegato tutto, anche solo per sfogarsi un po’, e lei era rimasta oltremodo sconvolta. Era stata d’accordo sul tacere con Relena, almeno per il momento e, a quel punto, lui se ne era andato a letto, anche se non aveva chiuso occhio, mentre Jeannemarie, che era costituzionalmente incapace di mentire, si era ritirata in uno stizzito silenzio.

“Ma che cosa vuoi che sia successo?!” disse Duo, rispondendo a Relena. Alla sua risposta, la ragazza si convinse ancora di più che era successo qualcosa. Vedeva una strana nube grigia nei suoi occhi blu, era come se qualcosa di imminente lo stesse per colpire. Era ancora impensierita da questo comportamento, ma decise di non indagare oltre. Non poteva certo cavargli fuori la verità con le tenaglie.

Erano entrambi in silenzio da circa dieci minuti e Relena era ormai sul punto di addormentarsi, quando sentì la sua voce sussurrare: “Relena, ti posso chiedere una cosa?”.

Lei sollevò leggermente il capo verso di lui e annuì.

“Credi che, se Heero non fosse morto, io e te saremmo assieme?” disse, lo sguardo fisso nei suoi occhi.

“Bè, non lo so… credo di sì…” disse lieve, distogliendo pensosamente lo sguardo da lui. Era una possibilità che non aveva mai contemplato. La presenza di Heero era qualcosa di così fisicamente assente dalle loro vite che escludere quell’evento, anche per un solo istante, dalla sua testa, era decisamente impossibile. E sapeva che questo era lo stesso anche per Duo, era sempre stato così. La domanda del fidanzato servì a renderla ancora più sospettosa sull’eventualità che fosse successo qualcosa, ma si limitò a guardare intensamente Duo, aspettandosi che chiarisse il senso della sua domanda. 

Ma lui si limitò a scrollare le spalle e a dire: “Niente, non so da dove mi sia venuto…”, poi fece per chiudere gli occhi. Lei non aveva potuto dargli la risposta che lui voleva e non avrebbe mai potuto replicare ciò che lui voleva sentirsi dire. Non avrebbe mai potuto farlo, perché lei non sapeva ancora niente. Poi, quando avrebbe saputo tutto, quella domanda avrebbe occupato solo una parte minuscola della sua testa, mentre il resto sarebbe stato occupato dal sentimento che provava per Heero e che non era mai morto. Come aveva potuto pensare che lei lo avrebbe amato, anche solo la metà di quanto aveva amato Heero e di quanto, sicuramente, ancora lo amava? Era stato un pensiero veramente idiota il suo.

Gettò lo sguardo su di lei e vide che si era addormentata… chissà, quali sogni albergavano ora nel suo cuore, sotto le palpebre chiuse. Avrebbe voluto svegliarla per rassicurarsi, sentire la sua voce fantasticare ancora sulla loro bambina, la sola cosa che sentiva unirli l’uno all’altra, ma aveva paura di sapere che lei ora nei suoi sogni, magari era ritornata con il suo primo amore. E che, svegliandosi, avrebbe detto: “Sai, ho sognato Heero…”, convinta con un sorriso triste, che era stato solo un fantastico sogno, destinato ad infrangersi alla luce del sole.

Ed invece, quel suo sogno era già vero, era già uscito fuori dallo sfavillio colorato della fantasia per entrare nella realtà.

Quella realtà così simile ad una favola, che lei avrebbe probabilmente lasciato alle spalle con una mesta e contrita alzata di spalle. Quella realtà che, per lui, al fatale scocco dei nove mesi della sua gravidanza, si sarebbe trasformata in un incubo senza fine.

Guardò verso la finestra, da cui entrava pigra la luce della luna e si udiva il rumore delle onde. Non si sentiva affatto bene, anche perché nello suo spirito, sempre abituato a ridere e a scherzare, non c’era mai posto per la tristezza lacerante di quel momento.

Aveva ancora tre mesi da passare con Relena.

Li avrebbe vissuti, fino in fondo.

Poi niente più rimpianti.

Già, niente più rimpianti.

Niente… più… rimpianti…

Peccato che il suo cuore gli dicesse ben altra cosa.

 

 

Chiedo enormemente perdono per il ritardo, ma è stato davvero un periodo particolare! Ecco, il nuovo capitolo, sperando che stiate ancora leggendo questa storia!!! Ringrazio tutti coloro che l’hanno fatto!!!! Il nome del prossimo capitolo è EroV e qanatoV, ovvero possesso e privazione!!! Vi prometto che ne vedrete delle belle e che non rimpiangerete di aver continuato a seguire questa storia… e soprattutto vi prometto che arriverà molto prima!!!! Un bacione, Cassie chan.

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Capitolo 10
*** Eros e thanatos, ovvero possesso e privazione ***


Capitolo 10- EroV e qanatoV, ovvero possesso e privazione

Capitolo 10- EroV e qanatoV, ovvero possesso e privazione

 

Era passata ormai una settimana da quando Heero era tornato a Saint Kindom, e la situazione dei tre era completamente cambiata.

Heero viveva ancora alla reggia. Era perennemente chiuso in una stanza che gli aveva assegnato Laurie, e si era ripromesso di non uscirvi, se non di notte e quando fosse sicuro che Relena non fosse lì. Non gli importava che cosa avesse promesso a Duo, a dirla tutta non gli importava più niente di lui, ma aveva giurato a sé stesso che non l’avrebbe vista fino alla nascita di sua figlia. Se lei avesse perso il bambino per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato… la sua parte razionale, quasi calcolatrice, veniva fermata, allo stesso modo del suo cuore, dalla considerazione che, al momento, non poteva fare assolutamente nulla per riaverla. Notte e giorno, il bisogno di lei si faceva sempre più forte, come una ferita sempre fresca nel cuore che sanguinava copiosamente. Sapere poi che, mentre lui era lì a struggersi, nel bene e nel male, Relena era ancora di Duo, lo faceva stare se possibile ancora peggio. La sua immaginazione non si imbrigliava facilmente, nonostante i ferrei allenamenti a cui era abituato da anni ormai… li vedeva assieme, li sentiva ridere nelle sue orecchie, sulle labbra percepiva il sapore di fragola delle labbra di Relena che era adesso di Duo. E li vedeva uniti da quella complicità che solo due innamorati potevano avere… la ricordava in ancestrali tempi passati, quella stessa complicità quando coinvolgeva lui. Ma ora il terrore più grande era che non fosse mai stata così forte da legare a sé Relena per sempre, specie se adesso ne viveva una anche maggiore con il padre di sua figlia.

Ma la vita dei due non era certo incantevole, come lui poteva pensare. Certo, vivevano ancora assieme a Seaflower, ma le cose si erano andate evolvendo in una direzione completamente diversa dal suo arrivo. Duo portava in sé la fatica angosciante di quel peso, di quello che sapeva e né poteva né voleva ancora dire. C’erano momenti in cui lo sconforto lo prendeva ad ondate: si sentiva soffocare e voleva solo che Relena sapesse tutto quanto prima possibile, così da porre fine a quella agonia. Ma poi pensava che erano gli ultimi momenti che passava con lei ed allora diventava dolce, fino a farsi languido. Relena, in compenso, non riusciva a capire più l’umore del suo fidanzato: cambiava umore ogni frazione di secondo e, quando era nervoso, guai se si avvicinasse a lui. Ricordava che solo una volta lui si era comportato così con lei: quattro anni prima, quando erano in quella casetta di montagna. Quando si erano messi assieme, lui le aveva spiegato che si era comportato così perché era già innamorato di lei, e che, così facendo, voleva celare i suoi sentimenti.

Relena, ormai, lo conosceva fin troppo bene per non sapere che, se stava così, stava chiaramente nascondendo qualcosa. Le venne da pensare che aveva scoperto qualcosa di brutto su Daphne e non voleva dirglielo per non farla soffrire. Si era recata precipitosamente dal suo medico, ma lui le aveva assicurato che la gravidanza andava avanti benissimo. Allora aveva pensato che si trattasse di qualcosa legato al Regno, ma anche da quel settore non le era arrivato alcun segnale negativo. Infine, aveva pensato che forse stava così perché si era ricreduto e non voleva più sposarla… probabilmente pensava che fosse troppo presto o magari non voleva diventare Re di Saint Kindom.

Dopo un po’, quella le sembrò la risposta più convincente.

Una mattina grigia, a colazione, decise di parlarne con lui.

Erano seduti a tavola, Duo sfogliava distrattamente il giornale, mentre lei beveva un bicchiere di succo d’arancia. Jeannemarie era in cucina e stava pulendo i fornelli, mentre cercava di tenere alla larga Delia, che aveva puntato la torta di pesche che aveva lasciato a raffreddare sul tavolo.

“Senti, Duo, lo sai che ho scoperto una cosa, leggendo la Costituzione del mio Regno?” esordì lei, rivolgendosi a lui, che alzò lo sguardo dal giornale.

“Che cosa hai scoperto?” chiese pigramente.

“Ho scoperto che ci sono tre condizioni, per cui il Principe o la Principessa diventano Re o Regina del Regno…”.

“Re o Regina? Non capisco… che differenza c’è tra lo stato che hai adesso?”.

“Bè, la Regina è riconosciuta a livello internazionale, mentre la Principessa è considerata alla stregua di un reggente… la regina può controllare in parte le decisioni del Parlamento, mentre adesso non mi è possibile, devo soltanto ratificarle… c’è dell’altro, ma sono competenze più tecniche che realmente vitali… ho scoperto che potrei diventare Regina per tre condizioni: o sposando un uomo scelto dal Parlamento, che quindi dovrebbe designare la persona più consona per loro, oppure tramite l’assegnazione di questo Titolo da parte del Vecchio regnante in punto di morte… condizione ovviamente impossibile, dato che i miei genitori sono già morti…”.

“E la terza condizione?”.

“E’ che la futura Regina abbia un figlio da designare come suo erede… cosa che con me già si è realizzata, aspettando Daphne… quando il bambino avrà compiuto i sei mesi di vita, in modo che non muoia in età infantile, la Principessa deve fare promessa di sposare l’uomo che ha deciso di sposare. La promessa è inderogabile, a meno che la Principessa non decida di rinunciare al trono… poi, sarà a discrezione della Regina farlo diventare Re o meno…”.

“Tutto questo è molto interessante, ma non capisco perché me lo stai dicendo…” chiese Duo, stropicciandosi gli occhi con la manica del pigiama azzurro.

“Non capisci?!” disse lei, leggermente spazientita, perché lui faceva finta di non capire che cosa gli stesse dicendo “Potresti anche non diventare Re di Saint Kindom, ma solo mio marito e padre di Daphne: potremmo sposarci, e tu saresti solo mio marito, e non il re di Saint Kindom…”.

“Non capisco dove vuoi arrivare”

“Duo” disse lei, scandendo le parole con lentezza “Non cercare di fare finta che non sia successo niente: tu sei molto cambiato in questa ultima settimana, da quando io ti ho detto di sì per sposarci e ti ho fatto presente che saresti divenuto re di Saint Kindom… insomma…”, Relena sospirò leggermente per darsi coraggio davanti a quegli occhi azzurri apparentemente così freddi ed inespressivi in quella particolare mattinata: “… non devi sentirti in colpa se pensi che sarebbe per te un onere troppo gravoso… diventare Re, intendo… se pensi questo, non te ne devi preoccupare… per me è più importante che tu diventi mio marito… a quello non rinuncerei per nulla al mondo…”. Ecco, glielo aveva detto. Adesso si sentiva molto meglio.

Vide l’espressione di Duo diventare diversa, un piglio molto più pesante prese il suo viso… non aveva mai vista il suo volto, che amava così tanto da non riuscire a toglierselo dalla testa più del tempo che passasse dormendo stretta fra le sue braccia, in quella strana maniera, la rabbia mescolata con la malinconia, il dolore cieco con il rimpianto, l’odio con l’amore.

“Mi hai visto diverso, e questo sei arrivata a pensare? Che non volessi diventare RE??” commentò Duo quasi sconfortato ed immensamente triste, poi la sua voce si tinse di rabbia mentre diceva: “Già, come potrebbe un misero Pilota di Gundam, che non sa niente di politica, economia, governare il tuo splendido paese… Duo Maxwell è un autentico incapace; non l’hai sempre detto tu, Relena?” concluse, le labbra livide e piene di rabbia, mentre si chiedeva nelle profondità della sua mente: “Perché me la sto prendendo con lei? Perché? Perché?”.

Relena si morse un labbro, e disse, colpita dalle sue parole: “Sai benissimo che io non ho mai pensato una cosa del genere… ti ho parlato di questa possibilità solo nel caso in cui sentissi il peso di diventare Re…”.

“Non mi importa niente di diventare Re, Relena! Non me ne è mai importato niente!” disse, alzando la voce e sollevandosi dalla sedia, attirando l’attenzione di Jeannemarie. La donna finalmente capì come mai Duo se la stesse prendendo in quella maniera insensata e sproporzionata.

Il ritorno di Heero Yuy e il silenzio che si era autoimposto, lo stavano praticamente uccidendo.

“Mi consideri un incapace che non potrebbe mai governare un Regno?!?!” ripeté, la voce ancora più alta.

Relena, che era sempre più meravigliata dal suo comportamento, ribadì, la voce ferma e decisa: “Non ti ho mai considerato un incapace, Duo! E’ solo che…”.

Lui la interruppe, rosso in volto: “E’ solo che pensi che Heero sarebbe stato un Re migliore di me, è questo che stai cercando di dire?!”.

“Mi vuoi dire che cosa c’entra Heero, adesso?! Stiamo parlando di te e di me, ora!”

“Heero c’entra sempre nei nostri discorsi, Relena, e smettila di fingere che questo non sia vero! Sii onesta, una buona volta e fatti un esame di coscienza: ti saresti mai messa con me, se Heero non fosse morto?!”.

Relena, che, a questo punto, iniziava a perdere la pazienza, ribadì nervosa: “Heero adesso non c’entra niente! Io mi sono messa con te perché sono innamorata di te, non perché Heero è…”.

“Vuoi forse dirmi che, se Heero fosse ancora vivo, io e te staremmo assieme?! Relena, sii onesta per una volta! Tu ancora adesso, lo ami e, se solo lui non fosse morto, non ci avresti minimamente pensato a me!”.

Relena non sapeva più che cosa dire. Si sentiva dentro un pesante macigno che le opprimeva il cuore in una morsa. Possibile che lui, dopo due anni che stavano assieme, ancora non si rendesse conto, di quanto lei lo amasse? Non gli aveva dimostrato a sufficienza il suo amore? Perché le stava dicendo tutte quelle cose? Quella domanda, poi…

Se Heero fosse ancora vivo, io e te staremmo assieme?

Heero non c’è più… il tempo è passato e io sono cambiata.

Io adesso amo Duo.

Se Heero fosse ancora vivo, io e te staremmo assieme?

Certo che staremmo assieme, certo che aspetterei Daphne, certo che sarei felice, come lo sono adesso; certo che lo amerei come lo amo adesso…

Tu ancora adesso, lo ami e, se solo lui non fosse morto, non ci avresti minimamente pensato a me!

Non è vero…

Tu ancora adesso, lo ami e, se solo lui non fosse morto, non ci avresti minimamente pensato a me!

Non è vero! Non è vero!

“Non è vero!” eruppe la voce di lei, percorsa dal dolore e dalla tristezza, mentre lui la guardava, finalmente lucido dopo quella assurda sfuriata. Erano state le sue ultime parole a risvegliarlo da quel sonno irrazionale e a farlo tornare in sé. E ora, vedendo le sue lacrime rigarle le guance, si sentiva annegare. Che diamine gli era saltato in mente di dirle???

“Come puoi solo pensare una cosa del genere?!” continuò lei, la voce singhiozzante “Credi forse che io stia con te solo perché non ho nessuno, con cui stare?! Ne avrei trovai a bizzeffe, pronti a diventare il Re di Saint Kindom… principi, conti, duchi… e non avrei fatto nemmeno la fatica che sto facendo adesso per convincere il Parlamento… sarebbe stato tutto molto più semplice…”, la sua voce si ruppe del tutto: “Io sto facendo di tutto per essere forte per te e per Daphne, per non essere un peso, per amarti più di quanto abbia potuto fare con Heero, e tu ora mi rinfacci qualcosa di cui non ho colpa?! Se stanno così le cose, se non credi che io non ti ami, se credi che non sarei stata con te adesso se Heero fosse ancora vivo, se credi questo vattene via! Non voglio vederti mai più!”, poi, coprendosi il viso con le mani, corse fuori di casa, mentre il suo polso sfuggiva dalla presa di Duo.

“Che cavolo ho fatto?!” disse lui, sbattendo la porta di casa e cercando di raggiungerla, ma lei doveva aver preso un’altra strada e non riusciva più a vederla. Che diamine gli era venuto in mente? Era stata la sua insensata insicurezza a farlo parlare così, ma adesso si sentiva tremendamente stupido… l’aveva solo ferita, parlando in quel modo; lei non sapeva che cosa fosse successo, come poteva pensare che, dalle sue labbra, uscissero parole diverse?

La cercò in lungo e in largo, ma non riuscì a trovarla da nessuna parte, così decise di andare a casa e di aspettarla là.

Prima o poi, sarebbe tornata.

Almeno lo sperava.

 

 

Relena correva ancora per strada, dopo aver girato a destra della casa e aver preso la strada verso la spiaggia. Correva, nonostante sentisse un forte dolore al fianco, ma, in fondo, quel dolore era quasi meglio di quello che avvertiva al petto. Almeno, quel dolore fisico era sopportabile, l’altro era insostenibile.

Dopo un po’, si fermò, arrivata sulla spiaggia, e si sedette su uno scoglio, mentre il mare grigio lambiva feroce la costa. D’improvviso, mentre guardava il mare, e vedeva i gabbiani librarsi nel vento glaciale, cercando di trovare il modo di non farsi trascinare dall’aria fredda, mentre le sue lacrime volavano pigre nel turbine, un pensiero, come un gigante, le recise il respiro.

E, se lui si fosse stancato di me? E se non mi ama più?

Era quella la sola spiegazione razionale. Lui non la amava più, e non sapeva come fare a dirglielo. Perché se solo l’avesse fatto, lei avrebbe perso Daphne… poi quella mattina, lei lo aveva esasperato, con quella dannata storia del Re, dato che lui non voleva essere più né il Governante di Saint Kindom, e neanche…

“Non mi importa niente di diventare Re, Relena! Non me ne è mai importato niente!”

Lui non vuole diventare mio marito; pensa che Heero sarebbe stato meglio per me, pensa che io non lo ami…

Le lacrime presero a scenderle più violentemente, mentre era percorsa dai singhiozzi… ma poi, un altro pensiero che era di dimensioni minori, ma ugualmente forte, le fece barcollare la testa.

Duo sta male per qualcosa e c’entra Heero…

Non seppe come, ma flessuoso come un serpente, quel pensiero si insinuò simultaneamente nella sua mente e divenne immediatamente vero. La sola cosa di cui era evidentemente sicura.

Con le mie stupide paranoie, non sono stata in grado di capirlo e di stargli accanto… lui ha bisogno di me… lui voleva che gli dicessi qualcosa, qualcosa che è importante per lui sapere…

La sua mente si lacerò…

Io non amo più Heero. Io amo solo te.

Quelle parole… e se fosse questo che voleva che gli dicesse?

Si alzò dallo scoglio con foga, sorridendo al vento e al mare in tempesta.

Ma, mentre iniziava a camminare, sentì una nube nera coprirle gli occhi, mentre qualcosa le veniva messo sulle labbra. I volti di Heero e di Duo sovrapposti furono le ultime cose che vide nella sua mente, mentre questa si annebbiava.

 

 

Erano ormai le ventitre passate, quando Duo tornò trafelato a casa, la voce che si perdeva a causa del fiato corto e della paura. Jeannemarie lo attendeva sulla porta, immobile, mentre stringeva nervosamente tra le mani un fazzoletto.

“Allora è tornata?!” chiese Duo, la voce che tradiva un’agitazione che non gli era solita.

Jeannemarie negò con il capo.

“Ma si può sapere dove è andata?!” si disse Duo. Aveva cercato Relena per tutta la città, alla Reggia, a casa delle sue amiche, ma della ragazza non c’era traccia. Sembrava essersi volatilizzata; si sentiva tremendamente in colpa per il litigio che avevano avuto quella mattina, quella maledetta discussione che l’aveva turbata così tanto e che le aveva fatto lasciare la casa in lacrime. Ma, al contempo, era ormai convinto che ci fosse qualcosa sotto. Aveva uno strano presentimento: ok, d’accordo, lui e Relena avevano litigato, ma lei di certo, a quell’ora, sarebbe già tornata, magari tenendoli il broncio e non parlandogli, ma sarebbe tornata. Relena sapeva che si sarebbe preoccupato, e sapeva anche che, se non aveva intenzione di tornare, lui avrebbe voluto essere avvisato. E poi, dove altro, Relena poteva essere andata? Poi pensò che poteva essere andata da sua madre e rientrò in casa, deciso a chiamarla. Ma, mentre si avvicinava al ricevitore, lo sentì squillare.

“Relena?!” disse, nervoso, sollevando la cornetta, mentre sospirava di sollievo. Le avrebbe fatto una vera scenata perché lo aveva lasciato in pena fino a quel momento. 

“Mi dispiace, Comandante Maxwell” disse, una fredda voce metallica, dall’altro capo del telefono, con aria sommamente divertita che fece raggelare Duo “Non sono la Principessa… molto dispiaciuto, ma è così… cosa c’è? Se l’è persa? Meno male che l’ho trovata allora, Comandante… dovreste vedere com’è bella, mentre dorme… ah già, lei, Comandante, la può vedere tutte le notti… e non solamente dormire…!”. La voce scoppiò in una fredda risata.

“Chi diamine sei, brutto bastardo?!” chiese, rosso in viso per il panico e per la rabbia.

“Moderi il linguaggio, Comandante” disse la voce, ritornata fredda “Nel caso che non l’abbia capito, la vita della sua bella Principessa dipende da me… potrei decidere di aprirle un bel buco in fronte e farla immediatamente finita…”.

Duo si paralizzò.

“Chi sei e che cosa vuoi da Relena?!” disse, cercando di apparire più calmo.

“Comandante, io sono il capo della associazione WhiteStar, o meglio, di quanto ne è rimasto, dopo che la sua bella Principessa ci ha decimati… terremo in custodia la Principessa e la sottoporremo al giudizio della nostra organizzazione… la Principessa si è macchiata di crimini gravissimi contro WhiteStar e contro le colonie… la tratteremo bene, non si deve preoccupare, anche perché si sa che lei l’ha messa incinta… non provi a rintracciarci, altrimenti la Principessa sarà uccisa subito e con lei anche sua figlia…”.

Duo si era bloccato paralizzato, la bocca incapace di formulare dei pensieri razionali. Non sapeva che altro rispondere a quella strana voce metallica, poi capì che poteva anche essere una finta, o almeno lo sperava.

“Fammi parlare con lei… chi mi assicura che è viva e che sta bene?!” disse la voce piatta del Comandante Maxwell, non quella del fidanzato di Relena.

“Spiacente deluderla, ma la Principessa, al momento, sta dormendo profondamente e non vorrei svegliarla… non sarebbe educato… comunque, stia tranquillo, Comandante, la faremo mettere presto in contatto con lei…”, poi non sentì altro che il beffardo suono del telefono quando viene riagganciato. Rimase per un paio di secondi immobile, non sapendo se fosse meglio rimanere in quella quiescenza dei sensi, o iniziare di nuovo a pensare. Poi, la rabbia gli raggiunse velocemente le mani e scagliò lontano una statuetta di cristallo, che era vicino al telefono. La statuetta si infranse in una miriade di pezzettini, come il suo cuore…

Non solo l’ho persa, non solo non potrò mai amarla, ma non sono stato neanche in grado di proteggerla, di proteggere Daphne, pensò mentre una lacrima faceva capolino dal suo occhio destro.

A quel punto, asciugandosi gli occhi con il palmo della mano, capì che doveva assolutamente fare l’unica cosa che, al momento, era logico pensare.

Logico, certo… come sempre è stato…

“Sono il Comandante Duo Maxwell… Potreste passarmi Heero Yuy?”.

 

 

 

Relena si svegliò, sobbalzando spaventata, vittima di un sogno pieno di ombre scure e di facce sconosciute.  Si sentiva come se fosse caduta da una rupe più e più volte, era completamente indolenzita e la testa le pulsava in modo inverosimile. Cercò di mettersi seduta, ma ebbe un forte giramento di testa. Si accasciò lentamente, chiudendo gli occhi per qualche istante, poi li riaprì e vide di essere in una piccola stanza buia dove c’era solo una piccola finestra che era chiusa da una grata. Attorno, c’era solo il letto dove era distesa, una specchiera, una poltrona di un vecchio verde stinto. All’inizio, non capì dove si trovasse, poi, all’improvviso, ricordò. Era sulla spiaggia ed era stata portata via da qualcuno. Immediatamente, vincendo la nausea che le aveva preso la bocca dello stomaco e i capogiri, si alzò dal letto e corse all’unica porta della stanza, che era di legno, ma che era chiusa a chiave. Corse alla finestra, che aveva visto prima e si affacciò, dopo essersi arrampicata sulla poltrona. La finestra era troppo piccola, e poi, non vedeva praticamente quasi niente; la cosa che maggiormente la colpì fu il costatare che purtroppo non sentiva alcun rumore di altre persone, a cui chiedere aiuto e che sembrava chiaro dalla luce perlacea, che avvolgeva tutto, che era notte.

D’improvviso, sentì dei rumori provenienti da fuori. Immediatamente, si affannò a tornare sul suo letto e sentì una chiave girare nella toppa più volte. Nella stanza, entrarono tre figure, vestite di nero: una era una donna, con lunghi capelli rossi e occhi color prato che aveva un’espressione feroce, poi un ragazzino, con i capelli castano chiaro e gli occhi di un intenso nero, che la fissava ad occhi sgranati, ma al contempo freddi, e un uomo molto alto, e muscoloso, che aveva i capelli irti sul capo e due grandi occhi azzurri.

“Chi diamine siete?!” chiese Relena, stringendosi più vicina la muro. Sebbene era stata già rapita una volta da Marimaia Khushrenada, in quella occasione, non aveva avuto molta paura; ora, invece, di fronte a quei tre, era assolutamente paralizzata dal terrore.

L’uomo esordì, dicendo con voce falsamente gentile: “Le do il mio benvenuto, Principessa Peacecraft; il mio nome è David Diamond e, nel caso se lo stia chiedendo, sì, sono il figlio di Frank Diamond e attuale comandante in prima di Neo- WhiteStar…”.

Relena rimase immobile… era convinta di avere interamente sgominato WhiteStar e, invece, ora si trovava prigioniera proprio di quella organizzazione che aveva ucciso Katy, Heero e che ora la stava separando da Duo. Si sentì tremare leggermente, mentre ancora era incollata al muro freddo della stanza, una stanza traboccante di gente che la odiava, contro la quale avrebbe potuto anche parlare per ore, senza far presa su nessuno.

David continuò: “Già, Vostra Grazia, era certa che WhiteStar fosse stata completamente distrutta e, invece, no, siamo ancora qui, sa, in effetti, la sua azione ci ha completamente disorganizzato e disarticolato per alcuni anni, ma ora siamo tornati, e mi dispiace, ma nella Nostra organizzazione, c’è una buona percentuale che vorrebbe giustiziarla anche ora…”.

Relena deglutì a fatica e poi chiese in un sussurro: “Mi sembra chiaro che vogliate uccidermi e non ho paura di questo, se non per mia figlia, ma vorrei capire che cosa pensate di ottenere, tenendomi chiusa qui… avreste potuto uccidermi subito e avreste fatto molto prima…”

“Principessa, lei è una donna molto perspicace… molti la vorrebbero morta all’istante, come Lily…” e indicò la donna dai capelli rossi, che non distolse neanche per un secondo lo sguardo “Ma lei è una donna molto potente e, per la nostra causa, è più conveniente lasciarla viva e usarla come merce di scambio per ottenere qualcosa che ci sia utile…”.

“Tipo?!” chiese Relena.

“Tipo l’indipendenza della nostra colonia e l’abolizione permanente della Nazione Terrestre Unita… oppure la liberazione di qualche centinaio di nostri prigionieri…”.

“Credete forse che la mia liberazione valga tanto?!” disse lei ironicamente “Continuo ancora a chiedermi come mai pensate ancora che il destino della Nazione Terrestre sia nelle mie mani, quando ci sono persone al vertice, molto più potenti di me…”.

“Potrebbe anche essere così, Principessa, ma solo lei è il vero tramite tra il Governo Centrale e la popolazione terrestre e coloniale… senza di lei, l’ordine mondiale potrebbe benissimo crollare… forse non sa,ma ancora molte persone la chiamano la Regina…  e certamente, in seno al governo, lei ha un peso determinante…”.

Relena lo interruppe bruscamente: “Non è assolutamente vero! Siamo in un sistema democratico e io sono solo un funzionario come ce ne sono tanti! Perché continuate a pensare che io possa fare qualcosa che un altro non possa fare?!”.

David riprese, scuro in volto: “Perché è così, Principessa. Comunque, anche se il Governo dovesse decidere di immolarla sull’altare della Pace Mondiale, c’è sempre il suo innamorato Comandante… doveva sentirlo al telefono, Altezza… era disperato… crede che la lascerebbe morire?!”.

Relena spalancò gli occhi, poi, mentre il petto le si riempiva di aghi, si portò le mani alla bocca e disse, sottovoce: “Duo…”.

“Già,carina” disse Lily, la voce stridula e acuta “Il tuo bel Comandante farà la stessa fine che hai fatto fare a mio marito, ci puoi giurare!”.

Relena sentì per una attimo la vista annebbiarsi al pensiero di Duo, ferito o peggio… si alzò repentinamente dal letto e disse urlando e scagliandosi su Lily: “Prova a fare del male a Duo, e te ne farò pentire!!! Se doveste fargli qualsiasi cosa che lo faccia soffrire, io mi ucciderò all’istante e allora potrete dire addio ai vostri piani!!!”.

“Si calmi, Principessa” disse il ragazzino, che finalmente si era deciso ad intervenire “Si ricordi che aspetta un bambino… nessuno farà del male al suo fidanzato, non deve preoccuparsi…”. Poi la prese delicatamente per un braccio e disse dolcemente: “Adesso si riposi e stia tranquilla”, conducendola al letto.

“Già, Patrick ha ragione… lei deve riposare, Principessa… per qualsiasi sua necessità, si rivolgerà o a Lily o a Patrick… Buona permanenza!”  concluse David, ironicamente, facendo segno agli altri due di uscire. Prima di allontanarsi, Lily le lanciò uno sguardo glaciale e poi, scrollando le spalle, lasciò la stanza, seguita da David e poi da Patrick, che, prima di uscire, le sussurrò un rapido: “Stia calma, Relena…”.

Relena annuì con il capo, poi, quando sentì la chiave girare di nuovo nella toppa , si rilassò, distendendo il capo contro la parete e chiudendo gli occhi, dicendo : “Non devo piangere… così faccio solo il loro gioco, non devo piangere…”. Ma nulla si portava via quel pensiero che aveva preso forma alle parole di Lily.

“E se non vedessi più Duo?!”.

 

 

Duo era seduto sulla sedia di ebano dello studio di Laurie, mentre ascoltava poche delle parole concitate, che si stavano scambiando Laurie ed Heero. Era corso alla reggia circa un’ora prima, raccontando tutto quello che era successo. Mentre parlava davanti ad un Heero che sfoggiava la sua migliore interpretazione di un uomo perennemente incavolato con il mondo, si era sentito un idiota. Non era riuscito neanche a proteggere la persona che più adorava al mondo e sua figlia. Che razza di padre Daphne avrebbe trovato?! Un uomo debole, insicuro, che si era fatto prendere dalle ansie e dalle paure e che, così facendo, aveva messo in pericolo sua madre… se Heero fosse rimasto con Relena, non sarebbe successo niente… come aveva potuto pensare che sarebbe stato capace di difenderla, come lui aveva fatto in tutti quegli anni? Come aveva solo sperato di poter… competere con lui?

Lui non avrebbe certamente permesso che Relena venisse rapita dai suoi peggiori nemici, terroristi assassini imbevuti di folli ideologie che vedevano come principale nemico proprio la Principessa del Piccolo Regno di Saint Kindom.

Lui l’avrebbe protetta e difesa a costo della sua stessa esistenza, gettandosi nelle fiamme dell’inferno, pur di saperla sana e salva.

E poi lui… non si sarebbe mai fatto prendere dall’insicurezza di saperla ancora innamorata di un altro. Certo della grandezza del suo amore, avrebbe lottato per tenerla con sé, non lasciando che nessuno se la portasse via, invece di cederla su un piatto d’argento, come aveva già mentalmente fatto lui.

Certamente Relena merita molto di più di avere lui al suo fianco, che me …

Involontariamente, per la rabbia e la frustrazione, sferrò un violento pugno sulla scrivania di Laurie, attirando l’attenzione di Heero e di Laurie stesso.

“Bè, che diamine ti prende adesso?!” chiese freddo Heero. La gravità della situazione gli faceva tollerare la presenza di Duo, ma era totalmente escludibile che ne gradisse l’atteggiamento e anche la sola esistenza. Era arrivato alla Reggia, visibilmente sconvolto e gli aveva raccontato tutto di quello che era successo. Ed ora Heero, nel vederlo, doveva ammettere a sé stesso che, oltre a fare pena come amico, faceva schifo anche come soldato. Non era minimamente capace di trattenere le sue emozioni… anche lui era sconvolto e, come quel giorno di sette anni prima, quando l’aveva sequestrata Marimaia Khushrenada, sentiva lo stomaco delle dimensioni di un riccio, che con gli stessi aculei, gli forava il cuore e i polmoni… sapere che era successo tutto per colpa di Duo, lo faceva imbestialire: lui non aveva spiegato come mai Relena mancasse dalla mattina e non se ne fosse preoccupato e non ne avesse dato notizia fino a quella telefonata. Vederlo così angosciato e in colpa, lo indispettiva ancora di più: che cavolo ne capiva lui, che provava per lei quel pallido affetto da soli due anni, mentre lui la amava da morire da quasi otto anni e non l’aveva neanche vista in quegli ultimi quattro?

Laurie guardò Duo con comprensione e disse: “Ascolta Duo… non è stata colpa tua… ora dobbiamo trovare solo un modo per salvare la Principessa…”.

Duo annuì, il capo basso, poi disse: “Lo so, è solo che… se io e lei non avessimo…”, poi si interruppe, cosciente della presenza di Heero.

Egli, dal canto suo, lo ignorò totalmente e proseguì: “Come stavo dicendo, credo che tengano prigioniera Relena nel satellite MT-999… quando ero in WhiteStar, seppi che era una loro base che usavano come luogo di deposito di armi e di detenzione di prigionieri… è un posto molto sicuro, dato che è stato costruito nella stessa maniera della Corazzata Libra e poi strategicamente, domina buona parte delle rotte Terra-Spazio…”.

“Non credi che possano pensare che potessimo facilmente capire che quello fosse facile per loro nascondere lì la Principessa?” chiese scettico Laurie.

Heero disse deciso, una strana luce crudele negli occhi: “Non credo… l’unico che sapeva che Eddie Thompson ero io era Diamond… e anche, se lo sanno, credono che io sia morto... lo pensavano i miei più cari amici, figuriamoci se non lo pensano loro…”.

All’ennesima battuta acida di Heero, Duo perse la pazienza e si alzò bruscamente dalla sedia, facendola cadere a terra. Si diresse verso l’uscio e uscì fuori, sbattendo la porta violentemente, senza che Heero lo degnasse di uno sguardo.

Laurie sospirò leggermente e chiese a Heero: “E’ proprio necessario che vada avanti così?!”.

Heero non rispose, limitandosi a raddrizzare una foto incorniciata di Relena che si era spostata al pugno di Duo.

 

 

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Capitolo 11
*** Heart's dark detention ***


Capitolo 11

Capitolo 11. Heart’s dark detention

 

Relena si alzò pigramente dal letto, mentre la luce semi dorata dalla finestrella le annunciava che, nel posto dove era prigioniera,  si era fatto giorno. O meglio, era così che sembrava. Era ormai lì da due settimane e aveva capito che, di sicuro, non era più sulla Terra e perciò era su una colonia o su un satellite, e, in entrambi i casi, il ritmo giorno-notte era regolato da un sistema computerizzato. Aveva visto i suoi carcerieri, ad eccezione di Patrick, che era una specie di sua guardia personale, solo altre tre volte e non aveva potuto fare a meno di notare che tutti avevano un colorito niveo, come tutti gli abitanti delle colonie che, mai esposti alla luce diretta del sole, avevano una carnagione leggermente più chiara di quella dei terrestri, che al loro confronto apparivano nel volto di un onnipresente e bel dorato. Relena si era anche, poi, accorta di non avere mai sentito nelle notti che lei passava quasi sempre sveglia, pregando per sua figlia e per Duo, alcun verso di animale, ma solo un pesante ed assordante silenzio, che entrava prepotentemente nella sua cella, impedendole di dormire. A casa sua, era sempre abituata a sentire il rumore delle onde, o i versi dei gabbiani, oppure l’abbaiare di Delia, o anche…

La voce di Duo …

Cielo, quanto le mancava. Non riusciva a smettere di pensare che l’aveva lasciato, mentre era ancora arrabbiata con lui, ed ora i loro problemi le sembravano così stupidamente insignificanti…voleva solo vederlo, solo stare con lui…

Cercava di scacciare dalla sua mente il pensiero che poteva morire, assieme a sua figlia, anche in quell’istante, senza avergli detto quelle parole, che sulla spiaggia aveva capito come le parole più importanti che poteva dirgli…

Io non amo più Heero. Io amo solo te.

Poi, pensò che avrebbe potuto scrivergliele quelle parole, che lui avrebbe trovato, se lei fosse morta…doveva farlo, altrimenti in qualsiasi cielo o inferno ci sarebbe stato dopo per lei, non sarebbe mai stata felice o serena, o rassegnata, perché l’amore e il rimorso che provava verso di lui l’avrebbe per sempre seguita, come un marchio a fuoco sul suo cuore e sulla sua anima…

Aveva appena preso in mano un pezzo di carta e una penna e aveva appena scritto: “Caro Duo, se stai leggendo questa mia lettera, vuol dire che non ci sono più…”, quando sentii dei rumori, provenienti dall’esterno. Fece appena in tempo a prendere quel piccolo foglio di carta e a metterlo sotto il cuscino, che la porta si aprì e ne entrò Patrick, che reggeva un vassoio e una busta, piena di chissà che cosa.

Relena trasse un piccolo sospiro di sollievo: tra i suoi carcerieri, Patrick era molto più gentile degli altri con lei. Se Lily dava l’impressione di volerla sparare a vista e David era sempre cerimonioso e ironico, Patrick era molto disponibile nei suoi confronti e spesso le diceva che cosa doveva o non doveva dire, in presenza degli altri due, per non indisporli. Lei, non aveva ancora capito perché lui le usasse quel atteggiamento e neanche perché fosse entrato in WhiteStar; poi, il suo volto le sembrava vagamente familiare, anche se era certa di non conoscerlo, poiché doveva avere massimo diciannove anni. Aveva capelli di un bel castano dorato lunghi e legati in un codino, ma la lucentezza aurea della capigliatura contrastava con i suoi occhi neri, che splendevano di fuoco, che ella non riusciva ancora a decifrare. Un fuoco, una fiamma raramente rivolta verso lei o verso Lily, ma costantemente cocente di quella che sembrava rabbia, nei confronti di David.

Il ragazzo entrò silenziosamente nella stanza e disse cortesemente: “Buongiorno principessa, ha dormito almeno stanotte?”.

Relena disse, mostrando le profonde borse sotto gli occhi: “Mi sarò addormentata verso le 5”.

Patrick annuì con il capo e poi chiese: “Che cosa stava facendo, prima che io entrassi? L’ho sentita armeggiare e fare rumore…”.

Lei rispose sinceramente e con un piccolo accenno di sfida: “Stavo scrivendo un messaggio per Duo…nel caso io morissi…”.

Patrick, mentre le disponeva una tovaglietta sulle gambe, disse deciso: “Lei non morirà, Principessa…io non permetterò che la uccidano…”.

Relena, a quel punto, disse sarcasticamente: “Certo che detto da uno dei miei rapitori questo mi risulta molto rassicurante…”.

Patrick disse sibillino: “Principessa, le ho detto chiaramente che io non ho la minima idea di che cosa stiano decidendo gli altri, riguardo a lei, ma per me intanto, lei tornerà a casa e…”.

Relena lo interruppe bruscamente e chiese: “Come gli altri?! E tu che fai un gruppo a parte?!”.

Patrick rispose malinconicamente: “Principessa, lei non può capire quali siano le motivazioni che mi hanno fatto entrare in questa organizzazione, ma io né la odio, né la ritengo responsabile di tutto quello che accade quotidianamente nelle colonie…per me, lei è solo una persona che ha un incarico pubblico sulla Terra, ma che, al contempo, è una donna innamorata di un uomo che ora è lontano, che teme per la sua vita e che aspetta una figlia da lui…”.

“Sì, ma se è questo quello che pensi, perché fai parte di questo gruppo di assassini?! Perché sei d’accordo con loro, e poi, dici che tu non lascerai che io muoia?!”.

“Relena, forse solo a lei il confine tra bene e male, sembra così netto! Io sono entrato qui per motivi che lei non può immaginare, persa com’era nella sua Reggia dorata sulla Terra!” si lasciò andare lui, lasciandola profondamente colpita.

Poi Patrick disse, lo sguardo basso: “Mi dispiace essermi lasciato andare così, non volevo spaventarla…mi scusi, so che non è solo colpa sua, la colpa è di tutto quello che ci sta attorno…anche degli abitanti delle colonie che sono abituati a vivere fatalisticamente, e a ritenersi cittadini di serie B…così, non fanno nulla per crescere in tutti i sensi, e aspettano sempre di avere aiuto dalla Terra e da lei, Principessa…”.

“Da me?!” chiese Relena, attonita.

“Già, anche se non sembra, anche l’atteggiamento di WhiteStar, sebbene così estremista e vendicativo, è riconducibile a questo…anche mia madre diceva sempre che, se ci foste stati lei e Heero Yuy a comandare, le cose sarebbero andate meglio…” disse Patrick, pentendosi subito delle sue ultime parole.

Infatti, Relena capii che lui doveva essere il figlio di qualcuno che lei conosceva e che, certamente aveva conosciuto anche Heero.

“Patrick, “ disse con calma, ma con decisione “Vuoi dirmi chi sei?”.

Patrick sospirò, poi, sorridendo imbarazzato, riferì che non sapeva mai tenere la bocca chiusa, poi disse a Relena: ”Principessa, me dirò tutto, ma deve promettermi di non farsi scappare niente con nessuno…almeno per il momento…”.

Al cenno di Relena, lui iniziò: “Io sono il figlio di Sally Po…si ricorda di lei?”.

“Certo che mi ricordo di lei!” disse Relena, entusiasta “Come sta? Non la vedo da parecchio tempo…”.

Patrick assunse un’espressione triste e disse: “Veramente, è morta due anni fa…”:

Relena si portò le mani alla bocca, poi, gli occhi lucidi, chiese com’era successo.

“Mia madre non era mai stata esemplare, dal punto di vista di presenza in casa…quando avevo più o meno dieci anni, ed era iniziata la Guerra mi lasciò a casa di una sua amica e partì in missione….sapevo che aveva conosciuto Heero Yuy e mi disse, prima di lasciarmi che sarebbe tornata, ma che voleva anche lei rendersi utile per il raggiungimento della pace

“La rividi un anno dopo, e lei era molto cambiata…era stanca, ma felice per la pace. Nello stesso tempo, era anche tormentata da qualcosa che non riuscivo a capire…poi, un anno dopo, entrò nelle truppe di pace ed anche allora, passava ben poco tempo con me, che continuavo a vivere a casa della sua amica. Intanto, io diventavo sempre più grande e un giorno, ovviamente, chiesi dove fosse mio padre a quella sua amica. Lei mi disse che mio padre era un uomo, che era mia madre aveva conosciuto all’Accademia Militare e con cui aveva avuto una relazione di qualche anno, poi, alla mia nascita, si erano lasciati…mi rivelò anche che io avevo un fratello, da qualche parte, che mia madre aveva dato in adozione…

“Ovviamente, quando lei tornò, ero furibondo con lei, perché non mi aveva mai detto niente, ma lei fu in grado di sorprendermi un’altra volta…mi presentò mio fratello, che aveva portato a conoscermi…credo che lei lo conosca, Principessa, si chiama Chang Wufei…”.

Relena proruppe stupita: “Che cosa?! Wufei è tuo fratello ed è figlio di Sally?!”.

“Sì, Principessa, è mio fratello…mia madre lo aveva avuto a diciassette anni e poiché non poteva mantenerlo, perché era ancora una studentessa, lo aveva dato in adozione…poi, durante la Guerra lo aveva ritrovato e lo aveva riconosciuto, perché mio padre assomiglia tantissimo a mio fratello…aveva indagato e poi gli aveva rivelato che era sua madre. Lui l’aveva seguita ed era entrato anche lui nelle truppe dei Peacekeepers, poi si era presentato a me, come mio fratello maggiore…”.

In effetti, adesso Relena capiva come mai gli occhi di Patrick le fossero sembrati familiari…era fratello di Wufei…

“Insomma, da quel momento, iniziai ad avere una famiglia quasi normale: infatti loro due facevano a turno a stare a casa con me…ero felice.

“Poi, un giorno, la mia felicità terminò: mia mamma fu assassinata durante degli scontri armati con coloni affamati, che premevano davanti ad un supermercato. Avevo perso l’unica persona, che avesse davvero contato per me…certo, avevo ancora mio fratello, ma io e lui ci conoscevano da troppo poco tempo e non avevamo instaurato alcun genere di rapporto. Dopo la morte di mia madre, lui se ne andò chissà dove. Disse di voler tornare sulla Terra e di volersi allontanare  per sempre dalle colonie. Si era convinto che tutta la missione, che aveva portato avanti, fosse stata inutile perché c’era la pace, ma la mentalità dei coloni non era cambiata. Si erano ormai acclimatati alla loro condizione di sudditi della Terra e questa loro condizione li faceva estremamente comodo. La sua delusione fece presa anche su di me, e, durante una Conferenza  per lo Sviluppo delle Colonie, a cui avevo partecipato per testimoniare del sacrificio estremo di mia madre, fui avvicinato da Lily, che mi propose di entrare nell’Associazione di Neo-WhiteStar e mi raccontò di aver perso anche lei suo marito, a causa degli scontri che insanguinavano le colonie. Lei mi disse che era stata una principessa della Terra ad ucciderle il marito, che lei amava tantissimo e che, per questa ragione, voleva vendicarsi.

“Seppi, poi, che tale Principessa era Relena Peacecraft del Saint Kindom e allora capii che c’era qualcosa che non andava nei loro ideali…mia madre mi aveva sempre parlato bene di lei e anche di Heero Yuy…mi aveva detto che il vostro desiderio di pace e il vostro reciproco amore avevano fatto sì che le colonie e la Terra trovassero finalmente una via di convivenza. Ma decisi di rimanere nell’Organizzazione, perché pensai che così facendo, avrei avuto l’opportunità di essere nell’unico gruppo, che avesse a cuore il destino delle colonie.

“Sa, Principessa, le colonie sono ormai allo stremo delle forze e la povertà, come la criminalità, sono all’ordine del giorno…ogni giorno muoiono decine di persone, solo perché non hanno qualcosa da mangiare, oppure vittime di infinite faide. Io non credo, come quelli di Neo-WhiteStar, che la colpa di questo sia del disinteresse della Terra, perchè, come membri di un’unica nazione mondiale, tutti devono cooperare e non comportarsi da parassiti, verso gli altri. Ma non posso ignorare che sulle colonie si vive malissimo, e che la situazione sta degenerando. Mia madre ha amato tanto le colonie ed è morta per loro, e io non posso dimenticare che voleva solo che si vivesse bene qui, tanto quanto sulla Terra.”.

Relena, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, non sapeva che cosa dire. Sapeva indubbiamente che Patrick aveva ragione, e per questo, nel suo animo, si era affacciato un forte senso di colpa per aver punito indistintamente WhiteStar per la morte di Heero, senza aver voluto ascoltare le motivazioni, che innervavano quella organizzazione. Chissà quante storie, come quella di Patrick, c’erano tra quelle mura, ma lei le aveva volutamente ignorate, troppo presa dal suo desiderio di vendetta. Nella sua strada personale e pubblica verso la pace, aveva commesso quell’errore, che, se le era sembrato sempre minuscolo e come ovvia reazione a quell’immenso dolore, ora le si mostrava, come un qualcosa di quasi irreparabile, che aveva fatto peggiorare ancora di più la situazione. Se all’inizio, anche WhiteStar l’aveva vista come un’ancora di salvezza, ora era la prima sulla lista nera dei loro nemici terrestri. C’era un solo modo per riparare al suo sbaglio, ma lei doveva essere liberata e doveva tornare a casa al suo lavoro. Ma, al momento, le sembrava decisamente improbabile.

“Patrick, posso chiederti una cosa?” chiese leggermente più decisa nel volto e anche più solidale verso il giovane ragazzo, che aveva davanti.

“Sì, mi dica, Principessa” rispose lui, riprendendosi dall’ondata di pensieri e ricordi che lo avevano travolto.

“Prima di tutto, dato che ci conosciamo indirettamente, smettila di chiamarmi Principessa e dammi del tu…poi volevo sapere cosa pensano di fare con me gli altri? Dalla Terra, hanno portato avanti delle trattative?” .

“Non lo so ancora di preciso, Relena. So che la decisione è molto combattuta…il Commando, che è presente qui, è spaccato in due fazioni principali: alcuni vorrebbero ucciderti subito per vendicarsi… questi sono un numero, che sta crescendo, perchè dalla Terra, le trattative appaiono fiacche e non sono disposti a fare concessioni di alcuna sorta…”.

“Me lo immaginavo” disse Relena, pensierosa, ma apparentemente non preoccupata “Il Governo centrale Terrestre non verrà mai a patti con gruppi di sovversivi…forse solo il mio Regno e pochi altri cercheranno ancora di premere per ottenere uno scambio con me…poi, stavi dicendo?”.

“Poi, c’è un altro gruppo che vorrebbe la tua liberazione, perché sono convinti che sia inaccettabile che ricadano su di te le colpe di tutto quello che è accaduto e fanno leva soprattutto sulla tua gravidanza. Si tratta del gruppo più moderato e di recente acquisizione. Non giudicano neanche ammissibile uccidere anche tua figlia, che non ha alcuna colpa…poi ci sono altri, che costituiscono, assieme al primo gruppo, la maggioranza, e che ritengono che ucciderti sarebbe controproducente, dato che passeremmo solo come assassini, senza alcun ideale.”.

“Ma, se le cose vanno avanti così, la situazione non si sbloccherà mai!”.

“Infatti, da un paio di giorni, stanno arrivando o si stanno mettendo in contatto, i vertici dell’Organizzazione, allo scopo di procedere ad una votazione complessiva di tutte le cellule…dovrebbero giungere alla decisione definitiva tra domani e dopodomani…comunque, in ogni caso, se dovessero deliberare per la tua morte, ti libererò da solo.”.

Relena sorrise, dopo averlo avvisato che non doveva assolutamente rischiare la vita per lei, ma lui replicò che, prima di rendere conto a WhiteStar, avrebbe dovuto tenere conto della sua coscienza e di quello, che sarebbe stata l’opinione di suo fratello e di sua madre, se lei avesse potuto vederlo.

 

 

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Capitolo 12
*** My last feeling ***


Capitolo 12- My last feeling

Capitolo 12- My last feeling

 

Relena era seduta ancora nella sua piccola stanzetta, dietro quella piccola finestrella, da cui ora capiva che si doveva essere chiaramente fatta notte. Erano passati due giorni, dalla sua ultima conversazione con Patrick, che l’aveva avvisata, che la decisione sul suo destino, l’avrebbero presa quella notte. Patrick le aveva anche riferito che purtroppo, la decisione stava volgendo decisamente a favore della sua morte, perché un paese estremista terrestre, aveva persino fatto giustiziare alcuni prigionieri di WhiteStar, allo scopo dimostrativo della totale mancanza di alcun negoziato per la liberazione del Sottosegretario degli Esteri Darlian Peacecraft.

Lei, ovviamente molto spaventata, era rinchiusa ancora in quella specie di sgabuzzino, che era stata la sua camera per ormai quasi tre settimane. Aveva rinunciato all’idea di scrivere a Duo, perché sapeva che non avrebbe avuto la forza di pensare che non lo avrebbe più rivisto. Inoltre, più che per sé stessa, temeva per Daphne. Ogni rumore la scuoteva, mentre sotto quell’unica fonte di luce, stringendo forte la sua collana tra le dita, pregava intensamente perché andasse tutto bene e potesse rivedere il caldo e dolce sorriso dell’uomo che amava.

All’improvviso, sentii dei passi fuori dalla sua porta. All’inizio, prese a tremare e fu tentata dall’idea di mettersi a piangere e ad implorare perché la sottraessero alla morte, almeno fino alla nascita di Daphne, ma poi si riscosse e, alzandosi in piedi, disse sottovoce a sé e alla sua bambina: “Scusami, bambina mia, la tua mamma non è sta in grado di salvarti, ma non ti preoccupare, non avere paura perché oltrepasseremo questa soglia assieme, e aspetteremo per quanto più a lungo possibile, l’arrivo del tuo papà.”.

La porta si aprì silenziosamente, mentre lei rimaneva immobile, con lo sguardo nobile e fiero al centro della stanza, la mano sul ventre, come a proteggere per l’ultima volta sua figlia, ma nella stanza, entrò una figura, che lei conosceva.

“Patrick!” disse lei, sollevata.

“Shhh!” le disse lui, poi le porse un mantello nero con un cappuccio, come quello degli altri di WhiteStar e le intimò in silenzio di indossarlo.

“Hanno deciso di ucciderti, ma lo faranno domattina, perché vogliono aver tempo di dimostrare alla parte moderata che è l’unica soluzione possibile…ora dobbiamo stare molto attenti, ti farò scappare dalle cucine e dovrai raggiungere uno shuttle, che ho messo proprio lì vicino. Avrai poco tempo, dovrai semplicemente entrare, metterti un casco e premere un bottone rosso. Hai capito?”.

“E tu che farai?!” chiese Relena, preoccupata.

“Io tornerò indietro, dopo essermi ferito ad una gamba e dirò che sei stata tu, che avevi trafugato un coltello e che mi hai colpito, quando sono venuto a portarti la cena. Un mio amico testimonierà che sono stato accanto a lui, fino ad allora, e comunque ho finto di votare per la tua morte, perciò non sospetteranno mai di me. Sei tranquilla, ora?!” disse con un veloce sorriso.

Relena annuì, poi lo seguì, dopo essersi calata il cappuccio sugli occhi.

Se qualcuno ci vede, siamo morti… Se qualcuno ci vede, siamo morti… Se qualcuno ci vede, siamo morti… pensava Relena, mentre ogni secondo, per un attimo, non venivano quasi scoperti.

Arrivarono nelle cucine abbastanza velocemente, ma lì c’erano assolutamente imprevisti, a detta di Patrick, due uomini, che stavano prendendo una bottiglia di vino. Si nascosero, dentro un armadio che c’era lì vicino.

“Per stanotte, si preannuncia una lunga veglia, amico! Quella maledetta Principessa fa danni anche indirettamente! Io stanotte dovevo vedere la mia Grace! ” stava dicendo uno dei due.

“Che cavolo ci vuole a capire che quella Principessa deve morire, dico io!” disse l’altro. Poi, i due si allontanarono. Patrick uscì per primo dall’armadio, poi prese Relena per il polso e se la trascinò dietro. Attraversarono velocemente lo stanzone, i cui odori troppo forti fecero venire la nausea a Relena. Poi, uscirono da una porta di metallo che c’era lì e si trovarono fuori al gelo.

“Ascolta Relena, io non posso proseguire oltre, altrimenti la nostra sceneggiata fallirebbe…cammina sempre dritto, e raggiungerai un deposito di Suit. Lì, c’è un piccolo shuttle. Gli ho già memorizzato la rotta terrestre, farà tutto da sé…devi solo premere il pulsante rosso, hai capito?”.

“Sì, ho capito” disse lei, nervosamente.

“Non dovrebbero esserci guardie, ma, se ci sono, aspetta fino a quando, non avrò fatto sapere che sei scappata…correranno dentro, ne sono certo…”.

Relena non voleva neanche pensare a che cosa sarebbe successo, se non fossero, invece, corse dentro.

“Adesso, vai!” disse velocemente Patrick, dopo che Relena lo ebbe ringraziato e gli ebbe augurato buona fortuna.

Relena corse velocemente, lungo la stradina, illuminata da freddi neon e raggiunse l’hangar, che, per fortuna, non era presidiato da nessuno. Vi entrò velocemente e, dopo qualche minuto, in cui girò a vuoto per il capannone a cielo aperto, vide il piccolo shuttle.

Guardandosi attorno , vide che non c’era nessuno e che l’apertura, da cui nel satellite, entravano i velivoli era aperta.  Perciò cercò di arrampicarsi sullo shuttle, quanto più velocemente poteva. Ma, proprio mentre era quasi arrivata in cima, si sentii trascinare in basso, da qualcuno che si era aggrappato al suo mantello.

Boccheggiò, mentre la figura la trascinava giù e le rivolgeva poche e brevi parole: “Stai giù e non spiccicare parola, brutto bastardo, o ti faccio finire all’altro mondo! Che c’è, te ne vai, prima che la riunione finisca?!”.

Relena, che adesso era faccia a terra, l’odore dell’asfalto nelle narici, disse, mentre le lacrime le premevano sotto le palpebre: “Non stavo andando da nessuna parte! Volevo solo spostare lo shuttle!”.

“Che voce da effeminato, che hai!” rise la voce, sprezzante, una risata fredda e senza allegria, premendole il capo, sotto la canna della pistola, più a terra “Chissà, che bel faccino hai!”.

L’uomo la girò bruscamente e le tolse dal capo il cappuccio.

E’ finita, pensò Relena, mentre i capelli biondi le si liberavano e le cadevano come miele sulle spalle. Ma ciò che vide, le fece raggelare il sangue nelle vene, così come all’uomo, dai capelli castani, che aveva davanti.

Aveva davanti a sé un uomo, che era la copia esatta di Heero. Gli assomigliava da morire: gli stessi capelli castani disordinati sul capo, gli stessi e profondi occhi blu, la stessa espressione sul volto, che lei aveva tanto amato. Rimase immobile, come la figura che aveva davanti.

Heero la guardò e disse, estremamente agitato nel volto: “Relena…”.

O mio Dio! si disse Relena, che stava iniziando a capire che la persona che aveva davanti era proprio Heero stesso. Ma Heero è morto, possibile che stia sognando…?

Heero, dal canto suo, era rimasto anche lui bloccato…dopo tanti anni, rivedeva da vicino la sua Relena, e le sembrava così dannatamente bella. E pensare che l’aveva scambiata per uno di WhiteStar e la stava per uccidere. Meno male, che la sua voce lo aveva incuriosito…quella sua voce così leggera e cristallina, quella sua voce che ancora si sognava di notte, solo nel suo letto. Averla ora lì di fronte, lo faceva sentire bene, perché sapeva che ora Relena era solo sua, non più di nessuno, né di Duo, né di WhiteStar, e sarebbe morto piuttosto, che vederla andarsene di nuovo.

Impulsivamente, la abbracciò forte e disse: “Quanto mi sei mancata, Relena! Se penso che stavo per ucciderti…”.

Relena, a quel punto, capii che era davvero Heero, il ragazzo che la stava stringendo forte. Un’ondata di sentimenti la travolsero: l’affetto antico, che aveva provato per lui e che era sopravvissuto in lei a quegli anni, la spinsero a stringerlo anche lei, dicendo: “Non ci posso credere che sia tu, Heero!”, poi venne l’intensa gioia, che la iniziò a far piangere; arrivò anche, lancinante come non mai, la nostalgia, che le fece rispondere al bacio di Heero. Ma poi qualcosa sgorgò dalle profondità del suo cuore, l’ultima sensazione, più forte del resto e che soggiogò tutte le altre. La sensazione, che stava sbagliando, che c’era qualcosa di profondamente errato, in quello che stava succedendo. Sentii una forte fitta al grembo: Daphne, che scalciava…

Daphne…

Dimmi, chi è Daphne?

Daphne, è la mia bambina…è mia figlia…

E’ anche la figlia di Heero?

No, non lo è. Daphne è figlia di un altro.

E tu chi stai baciando ora? Stai baciando il padre della tua bambina?

No, lui non è il padre della mia bambina…o, Cielo, lui non è Duo, lui non è l’uomo che io…

Che tu ami?

O mio Dio, chi amo io?

Io non amo più Heero. Io amo solo te.

E questa è la verità?

Sì che è la verità! Sì, che è la verità!

Io e te…oltre il cielo e la terra

Io e te…oltre il cielo e la terra

Io e te…oltre il cielo e la terra

Io e te…oltre il cielo e la terra

No, è sbagliato! No, è sbagliato!

“Ci sarebbe di male…Che io mi sono innamorata di te! C’è di male che io ti amo da impazzire da ormai tre mesi! Ti sembra che non ci sia niente di male?!”.

E’ questa la verità? E’ così? Hai lasciato il tuo eterno e grande amore per Duo Maxwell?

Hai lasciato il tuo eterno e grande amore per Duo Maxwell?

Hai lasciato il tuo eterno e grande amore per Duo Maxwell?

Hai lasciato il tuo eterno e grande amore per Duo Maxwell?

Relena non resse più a questo martellamento psicologico, tra il suo cuore e la sua mente, e svenne tra le braccia di Heero.

 

 

Relena si svegliò di soprassalto, dopo aver fatto un terribile incubo. Non ricordava molto, a parte una tremenda esplosione, e la terra che tremava sotto i suoi piedi. Tante volte, aveva fatto quel terribile sogno ed ogni volta aveva saputo che erano le memorie di quando era ancora bambina ed era stata portata via dal suo Regno, che era stato distrutto da OZ. Eppure, erano anni che non faceva quel sogno… esattamente due anni, da quando era uscita dalla clinica.

Si stiracchiò e notò che non era nella sua camera a Seaflower, e neanche nel tugurio che aveva abitato fino a poco prima. Era in una stanza, che sembrava quasi asettica per come era bianca, e capì che doveva essere in ospedale. Anche se pochi dei ricordi della sera prima, adesso erano chiari nella sua mente, si ricordò che doveva essere successo qualcosa la sera prima, dopo che Patrick l’aveva liberata. Ma, al momento, la sua testa le pulsava da matti e non riusciva ancora a rimettere a posto i frammenti nella sua mente.

Si accorse che, accanto a lei, erano seduti Milliardo, Noin che teneva in braccio Elisa, Jeannemarie, e poi… Heero?!

Capì subito che quello che aveva creduto un sogno, era, invece, vero, Heero era vivo. Era vivo, dopo tanti anni che lei lo aveva pianto e poi si era rassegnata al fatto che fosse morto. Non sapeva per quale ragione, si sentisse tremendamente strana, ma era come se le avessero fatto cadere un castello di sabbia, che aveva fatto tanta fatica ad erigere e che adesso cadeva miseramente sotto le onde. Era felice, che lui fosse vivo, ma dopo lo shock della sera prima, capiva distintamente che forse adesso le cose si sarebbero complicate, ancora di più. C’era lui, ma c’era anche Duo… e lei ora aveva la testa così confusa. Si sentiva in colpa verso Heero per averlo tradito, dopo la sua morte, e anche verso Duo, sapendo che la sera prima, aveva baciato Heero. E poi, lacerante in lei, si era fatto ossessivo il pensiero… chi amo davvero tra loro due?

Sospirò lentamente e chiamò il fratello: “Milliardo…”.

Milliardo si girò lentamente e sorrise nel vedere Relena, che si era finalmente ripresa: “Ciao sorellina”.

Anche gli altri si erano girati ed Heero ora la guardava, come se fosse la cosa più importante e bella del mondo, e lei sorrise imbarazzata, anche se quello sguardo le faceva sì piacere, ma le dava anche un po’ di disagio.

“Come sta, Relena?” chiese Jeannemarie, preoccupata “Le ha passate di tutti i colori!”.

“Ora sto bene, ma piuttosto come sta Daphne?” chiese, temendo per la sua bambina.

Noin, cercando di far smettere Elisa di piangere, disse: “Daphne sta benissimo, Relena…”.

Heero, che non aveva ancora fiatato, disse: “E’ forte, come la sua mamma…”.

Relena sorrise di nuovo, ancora più imbarazzata dal suo comportamento. Il suo sguardo la faceva sentire strana e in colpa, e non sapeva se aspettarsi da lui rabbia, per ciò che aveva fatto, o altro.

Poi, si accorse, il cuore che le doleva forte nel petto, che Duo non era nella stanza, assieme agli altri. Certo, era normale, al momento era praticamente impossibile che lui e Heero stessero assieme, tra le stesse mura, ma lei non vedeva l’ora di incontrarlo. Non sapeva al momento, quali fossero i suoi sentimenti per lui e per Heero, era troppo confusa, ma sapeva con certezza che voleva vedere Duo, lo voleva con tutte le sue forze, non aveva mai così tanto sentito la sua mancanza, aveva bisogno del suo sorriso, della sua voce, aveva bisogno che lui le ridesse la luce, che, in quella fredda e buia cella, le avevano completamente portato via.

“Che cosa hai, Relena?” chiese Miliardo, preoccupato dal volto della sorella, fattosi improvvisamente pallido.

“Niente, non è niente” disse lei, l’espressione, che ad Heero non sfuggì, si era fatta più triste. “A proposito, volevo sapere come avete fatto a trovarmi?”.

Heero le spiegò che avevano fatto sì, che dalla Terra, non fosse portata avanti, alcuna trattativa, allo scopo di liberarla, in modo che WhiteStar, per decidere della sua sorte, si sarebbe riunita e loro avrebbero avuto l’occasione di infiltrarsi, senza essere eccessivamente notati. Heero riferì che avevano arrestato molti dei componenti del Gruppo, anche se David Diamond era riuscito a scappare, assieme ad altri.

“Avete, per caso, arrestato un ragazzo di nome Patrick?” chiese Relena, sollevandosi dal letto.

“Patrick, Patrick…lasciami pensare…ah sì, il ragazzino di diciannove anni…sì, è nella prigione di Stato. Ha chiesto ripetutamente, se stessi bene…”.

“Meno male…è stato lui ad aiutarmi a scappare. Voglio che sia liberato subito, anche perché ho bisogno di lui al mio servizio…” e, a quel punto, raccontò tutta la storia del ragazzo e quello che lui le aveva detto, suscitando negli altri qualche lacrima, ma anche la sorpresa di Milliardo.

“Lo vuoi al tuo servizio?! Vuoi dire che riprenderai la tua carica, anche dopo quello che è successo?!” chiese allibito.

“Certo…ora so meglio come devo comportarmi e Patrick è l’unica persona che, in questo momento, può aiutarmi. Dopo che avrò dato alla luce Daphne, tornerò al lavoro…devo risolvere parecchie faccende e voglio anche parlare con i membri, catturati di WhiteStar, nessuno escluso…ho capito che molta, troppa gente pretende da me qualcosa di cui io non mi sono mai preoccupata. Che io lo voglia o no, il mio ruolo non si è ancora concluso e devo capire meglio quello che è il dolore delle gente, che crede e spera in me…” concluse.

“Santa pazienza, Relena!” proruppe Jeannemarie “Adesso pensi alla sua bambina e non si preoccupi di altro! Ha ragione quel santo ragazzo a dirle che è paranoica!”, poi si accorse che aveva accidentalmente nominato il grande assente della stanza, ma la cui presenza dominava negli occhi ora malinconici di Relena e nelle mani strette a pugno di Heero.

“Bé, che distratta che sono, l’orario delle visite è finito…dobbiamo andare!” disse Jeannemarie, alzandosi velocemente in piedi.

“E’ vero…sono già le 8!” disse anche Noin, lasciando per prima la stanza, dato che doveva dare da mangiare ad Elisa.

“Ciao sorellina!” disse anche Miliardo, accarezzandole la testa e seguendo la compagna.

“A presto, Relena” disse anche Heero, poi si avvicinò a lei e la baciò sulle labbra, lasciando la ragazza immobile e Jeannemarie, in preda alla cosiddetta “Tosse di circostanza”.

Poi il ragazzo lasciò la stanza, ma prima che Jeannemarie lo seguisse, Relena chiese alla sua vecchia balia: “Jeannemarie, scusa…senti, vorrei sapere, se per caso sai…”. La Principessa si fermò, imbarazzata e incapace di proseguire.

“…se ho visto Duo?” completò per lei la donna.

Relena, rossa in viso, annuì.

“So che ha partecipato anche lui all’operazione sul satellite, ma al momento, non so dove sia…credo che sia tornato a Seaflower…era qui, fino a poco fa…ha chiesto se stava bene, poi se ne è andato…”.

Relena, che si era un po’ rattristata, chiese, la voce che sussurrava: “Non ti ha detto nient’altro?”.

“Che cosa vuole che mi possa aver detto, Relena?!” replicò Jeannemarie, la voce più alta di un tono “E’ distrutto, povero ragazzo…non per farmi i fatti suoi, ma credo che dovrebbe sbrigarsi a scegliere tra quei due. So che forse il mio giudizio sarà errato e di parte, perché voglio molto bene a Duo, mentre non conosco per niente Heero, ma mi dispiace molto vedere stare male quel ragazzo…è convinto che la colpa sia sua di quanto è successo…ricordate, Relena, che potreste perdere quello dei due che amate davvero, se continuate a non prendere una decisione definitiva…e, in tutta onestà, voi non l’avete mai presa in tutti questi anni…”.

Relena non poté fare altro che annuire.

 

 

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Capitolo 13
*** Rain's tears ***


Capitolo 13- Rain’s tears

Capitolo 13- Rain’s tears

 

Relena era sola nella sua stanza e si stava annoiando terribilmente, anche perchè cercava ossessivamente di distrarre la sua mente dalle moltitudini di pensieri, che l’assalivano, ma così facendo, si riduceva a guardare in televisione telenovele, o quiz che la stufavano. Inoltre, aveva avuto il divieto tassativo di non occuparsi di alcuna delle questioni, che facevano parte del suo lavoro, almeno fino a quando non avesse dato alla luce Daphne. Fino a quando ciò non fosse avvenuto, e ormai mancava soltanto un mese, sarebbe dovuta rimanere in ospedale. La cosa le dava naturalmente molto fastidio, abituata com’era ad essere sempre in movimento, ma quello che le faceva più male, era la tempesta, che si era scatenata nella sua testa e che ormai durava da due mesi, da quando era stata portata svenuta in quell’ospedale.

Heero e Duo… c’erano, sempre, loro due nella sua testa e lei si sentiva schiacciata, da quest’assurda situazione. Non avrebbe mai neanche lontanamente immaginato, che si sarebbe trovata in quella vicenda, e ora si sentiva, come se fosse stata chiamata a fare una scelta, che non era ancora pronta a fare. Anche perché la situazione di quei due, la confondeva ancora di più: Heero era sempre in ospedale, accanto a lei, tanto che, alle volte, vi entrava la mattina alle otto e ne usciva la sera alle 11. A lei, ovviamente, faceva piacere vederlo così spesso, ma avrebbe preferito che venisse anche Duo. Lui, invece, era sparito e in quei due mesi, non era venuto a trovarla neanche una volta. Questo suo comportamento la feriva molto, anche perché sentiva enormemente la sua mancanza e poi, come quella volta sulla spiaggia, sentiva distintamente nel suo cuore, che lui stava male, che lui stava soffrendo molto e lei anche stavolta, non poteva fare di nuovo niente per lui, se non l’avesse visto. Voleva parlargli, voleva sapere come stava, ma lui era sparito. Aveva ripetutamente chiesto a Jeannemarie se sapesse dove fosse, ma lei assicurava che era a Seaflower, da quello che sapeva lei, ma la sua tata non ci andava da molto tempo, perché ora viveva alla Reggia, su invito di Miliardo. Aveva anche chiesto a Miliardo stesso notizie, ma neanche lui sapeva niente di Duo. E naturalmente non poteva chiedere niente a Heero di lui. Heero, da quel giorno, era sempre molto dolce e lei apprezzava molto che lui le stesse vicino, ma le dava un po’ fastidio che lui si comportasse, come se non sapesse che in quegli anni, lei era stata fidanzata a lungo con Duo, faceva finta che non fosse accaduto nulla e la baciava, l’ abbracciava, scordando completamente che lei era ancora, almeno formalmente, la ragazza di Duo. Intanto, però, sapeva che non avrebbe potuto né dirgli, né fare niente, perché nel momento, in cui l’avesse fatto, avrebbe dovuto dirgli tutto di lei e Duo, e sapeva che non era ancora pronta per farlo, anche perché in quel momento, avrebbe dovuto ammettere e confessargli di averlo tradito, anche se lei era convinta che lui fosse morto, e di essersi innamorata di un altro e di non aver mai pensato di avere sbagliato. E poi, non sapeva ancora che cosa fare: si sentiva molto legata a Heero, c’era quasi un’intera vita che avevano vissuto assieme, ma, allo stesso tempo, sapeva con certezza che quello, che la univa a Duo, era qualcosa, che prendeva completamente possesso del suo cuore, della sua anima e della sua mente, e non la lasciava neanche per un momento, neanche quando era con Heero.

All’improvviso, sentii la porta, che si apriva: erano Hilde e le sue amiche Annie, Chanelle e Soraya.

“Ciao ragazze!” disse allegramente “Che ci fate qui?”.

“Ciao Relena. Come stai?” chiese Soraya, in tono amichevole.

“Ora sto meglio, grazie”
”Siamo venute a tenerti compagnia. Non è che volevi riposare?” chiese Annie, che teneva in braccio Derek, il bambino che aveva appena avuto.

“No, figuratevi! Riposo tutto il giorno!”.

“Ah già!” disse Hilde, battendo la mano sulla fronte “Laurie mi ha detto di darti questa…” e le porse una busta, bianca.

“Che cos’è?” chiese Relena, tenendola tra le mani.

“Non ne ho la più pallida idea!” disse Hilde, con un’alzata di spalle “Mi ha detto solo di dartela quanto prima!”.

“Ed è tuo marito e non ti dice queste cose!” rise Chanelle.

Relena sorrise e poi aprì la busta, che conteneva alcuni fogli.

Una grafia disordinata che conosceva…la grafia di Duo…

 

 

Cara Relena,

sono tre o quattro giorni, che ho continuamente questa lettera nella mia testa, anzi a dirla tutta, l’ho in mente, come un pensiero ossessivo, dal giorno, in cui Heero è tornato. E solo oggi, ho trovato in me la forza di prendere questo pezzo di carta e di scriverti finalmente queste parole, le parole che risolveranno tutto. Adesso sono a Seaflower ed è notte. Sento le onde infrangersi piano sulla spiaggia e vedo la luce della luna entrare pallida e triste dalla mia finestra e mai, come adesso, mi prendono ad ondate i ricordi di tutto questo tempo passato assieme. Ma li sto ricacciando via a fatica, perché so che se solo mi lascio andare anche per poco nel loro caldo abbraccio, smetterò di scriverti e non potrò mai perdonarmi di essere stato ancora una volta così codardo.

Se stai leggendo queste righe, vuol dire che io non sono più sulla Terra…ho appena svuotato tutto l’armadio e preso le mie cose, che adesso giacciono in valigia, accanto a me e appena avrò finito di scrivere, me ne andrò.

So che adesso probabilmente ti stai chiedendo dove, ma non posso, né voglio, né so risponderti, perché neanche io ho ben chiaro quale sarà il mio futuro, da questo momento in avanti, inaspettatamente senza te.

Forse, ora non capisci, Relena, ma credimi, spero che arriverai a capire alla fine della lettera, e spero anche che riterrai che ho fatto la cosa più giusta, anche se mi sembra sempre di più un enorme errore, ma è solo il mio egoismo a parlare. Perché se penso a te, e a quella che sarebbe la tua vita, accanto a me, accanto ad una persona così irresponsabile, che ha permesso che tu fossi rapita, e quasi uccisa, non posso fare a meno di pensare a quanto ci guadagneresti, stando senza di me.

Tutto, è cominciato in me quel giorno, che Heero tornò. Lui venne a casa nostra a reclamare quello che io, nel mio amore folle per te, gli avevo ingiustamente portato via. Come potevo biasimarlo? Come potevo dirgli: “Heero, fattene una ragione. Ora io e lei stiamo assieme e tu non c’entri più niente”. Non avrei mai potuto farlo, perché, amandoti così tanto, sapevo che significava stare senza di te, averti e poi perderti. E perché, poi, che Heero dica quello che vuole, io gli voglio ancora molto bene, e non avrei mai potuto tradirlo in questo modo.

Poi, quel giorno, litigai con te e tu scappasti via, e fosti rapita. Non era stato in grado neanche di proteggerti, come un amico, come il tuo Comandante…neanche questo era stato in grado di fare e, in quel momento, mai come allora, capii che io non ti meritavo, non avevo mai meritato di stare accanto a te e d’essere tuo marito e il padre di nostra figlia. Feci una promessa con me stesso: se fossimo riusciti io ed Heero a riportarti indietro, ti avrei lasciato per sempre e me ne sarei andato via, da te. Ti avrei lasciato a Heero.

Fortunatamente, grazie al piano di Heero e di Laurie, riuscimmo a riportarti indietro, sana e salva, ma io sapevo che era giunto il momento di lasciarti andare. Lo seppi ancora di più, quando ti vidi, in quell’hangar, baciare Heero. Credimi, Relena, non sto facendo tutto questo, perché ti ho visto baciare Heero, ma solo perché ho sempre saputo nel mio cuore che era così che doveva andare a finire, era sempre stato così, già da quel giorno, quando tu e Heero vi baciaste per la prima volta, ancora sotto i miei occhi, ancora senza che io potessi fare niente. Solo che il destino, il caso, chiamalo come vuoi, ha fatto sì che questo tragico equivoco ci prendesse entrambi e ci facesse credere ciò che non era assolutamente vero, altrimenti le cose sarebbero andate in maniera molto diversa. Spero solo che, un giorno, Heero mi possa perdonare per quello che ho fatto e possa capire quanto sia facile innamorarsi di quella stupenda persona che sei.

Sono convinto che il regalo più grande che potessi farti sia questo: liberarti dal peso di dover scegliere tra me e Heero, liberarti da tutto quello che cercherai di fare per non farmi soffrire, ma credimi, amore mio, non è colpa tua, non lo è mai stata. Ogni giorno, che ho passato con te, è stato il migliore della mia vita, ma io non potevo continuare a vivere con il continuo e assillante pensiero che non mi avresti mai amato quanto hai amato e ami ancora Heero. Per questo, non ti preoccupare: le cose dovevano andare così. La storia tra te e Heero non era mai finita, ha solo fatto un giro immenso e poi è ritornata, anche se ha preso in pieno anche me nel suo tragitto, perché io mi sono fatto guidare da quella stupida illusione che avevo nel cuore.

Mi dispiace di non esserti venuto mai a trovare in questi mesi, ma avevo bisogno di stare da solo. Ho passato le giornate tra Seaflower e la sala d’aspetto dell’ospedale; se Heero volesse parlare di me, te lo potrebbe confermare. Lui è il solo che mi ha visto, non volevo che mi vedesse Jeannemarie, altrimenti mi avrebbe trascinato a forza nella tua stanza e io non potevo permetterlo. Così, non sarebbe mai finita e invece, adesso lo è.

Per quanto riguarda Daphne, la verrò vedere tra qualche tempo, adesso non credo che ci riuscirei. Se, come spero che accada, assomigliasse a te, potrei non riuscire più a lasciarla. E invece lei deve stare con te e con Heero, lui sarà anche un padre migliore di quello che sarei potuto essere io.

Volevo solo dirti questo, mia dolce principessa.

 

                                                                                                                                                                                                                  Duo 

 

 

 

Relena, le mani che le tremavano, rilesse la lettera più e più volte, per poi cercare ossessivamente nella busta, se ci fosse qualcos’altro. Ma non c’era più niente. Rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto, incapace di parlare e anche di pensare. Che cosa avrebbe dovuto dire? Niente, non c’era più niente da dire. La sua testa si era liberata di un tratto della miriade di pensieri, che la schiacciavano, fino a cinque secondi prima, ma una voragine ora si era aperta, dopo quelle parole scritte fredde sulla carta e non pronunciate dalla sua voce così dolce, così…

“Sei una scema! Lo sai, io non sono di ferro! E poi ci vuole una certa pazienza a sopportare una tipa come la Principessa del Saint Kindom!”.

Quella voce, che la faceva innervosire, o che le faceva venire i brividi …

“Non ti lascerò mai, mia dolce principessa…non lo farò mai, perché ti amo da morire…”.

Le lacrime iniziarono a cadere, da i suoi occhi, scatenando le domande delle sue amiche, che, non sentendosi risposte, le strapparono la lettera di mano.

E invece adesso te ne sei andato…adesso mi hai lasciato da sola…

Iniziò a piangere, come se non potesse fare altro, per liberarsi del suo dolore, e poi ad urlare: “Sei un bugiardo! Sei un bugiardo!”.

Le sue amiche le si accalcarono attorno, cercando di consolarla e di calmarla, ma lei, dopo aver smesso improvvisamente di urlare e di piangere, chiese che la lasciassero da sola. Non voleva vedere nessuno. Voleva solo rimanere sola, circondata dalle gocce di memoria, che le erano rimaste incagliate nel cuore.

 

 

Erano passati due settimane, da quando Duo aveva dato a Laurie quella fatidica lettera, quella lettera, che lo aveva allontanato per sempre da Relena. La ragazza era ancora in ospedale e, anche se apparentemente stava meglio fisicamente, qualcosa in lei si era irrimediabilmente spezzato. Tutti si erano accorti che la principessa era strana, diversa…c’era un solo modo per definire il suo nuovo atteggiamento. Era vuota, non aveva più niente dentro. Nessuno l’aveva mai vista in quella maniera, nessuno. Se Relena aveva ostentato quella cieca rabbia e quel dolore così acuto, quando aveva creduto Heero morto, ora non mostrava niente di tutto quello che era stata. Era apatica, e parlava molto poco. Aveva perso interesse per tutto, anche per il fatto che oramai mancasse molto poco alla nascita della sua bambina. Gli altri, a parte Laurie e le sue amiche, non sapevano come spiegarsi quella situazione. Heero cercava ogni momento di capire che cosa avesse, ma la ragazza si era erta un muro attorno e non accettava che nessuno la riportasse indietro. Una sola persona avrebbe potuto, ma quella persona se ne era andata via da lei e lei ora combatteva con la rabbia, verso di lui e sé stessa, il dolore, l’angoscia, il leggero sollievo e poi…il ricordo, che non la lasciava mai…

Il tempo passò lento e apatico. Era una sera di settembre e scendeva una pioggia leggera; lei era seduta dietro la finestra e guardava il cielo, squarciato ogni tanto dai lampi, le guance, che non si rassegnavano ad asciugarsi, mentre non sapeva che, nell’altra metà del cielo, un’altra persona, ora guardava il firmamento, con la stessa canzone nell’anima…

Lacrime di pioggia

…e pensare che domani nasce la mia bambina, nasce Daphne, e adesso l’unica cosa, che vorrei è smettere di vivere, di respirare…è ingiusto tutto questo, è ingiusto verso mia figlia ed è ingiusto verso Heero, che mi sta sempre vicino e che mi ama così tanto, e invece…

Il tuo ricordo mi parla

…già, non ci riesco, non riesco a smettere di pensare a lui, di pensare a tutti i meravigliosi momenti, che abbiamo condiviso assieme, a quanto la mia vita, in quei momenti, non mi sembrasse più così sbagliata, a quanto credessi di avere raggiunto la felicità…e poi, chissà, se esiste la felicità o è solo un’utopia, che ci creiamo da soli per difenderci da quello, che il vero senso della nostra esistenza…non credo che esista più la felicità, o se esiste, non è stata destinata a me. E poi, vorrei tanto capire se…mentivo quando dicevo che amavo Heero? Ho mentito quando dicevo di amare Duo? Sono sempre stata nient’altro che una bugiarda, con me stessa e con tutti e due? Ormai, non lo so più…so soltanto che il sapere che non lo vedrò più, mi fa così male che vorrei non vedere più neanche un altro giorno…

Dalla mia finestra

Io guardo il mondo che passa

E invece no…  tutto continua ad andare avanti, niente si è fermato, quando Hilde mi ha dato quella lettera, niente… le stelle non si sono spente, il mondo non si è improvvisamente fermato, non è accaduto nulla. Fuori da questa fredda stanza, tutto è andato avanti, come sempre e a nessuno fuori, è importato che la Principessa del Saint Kindom, una delle donne più potenti del mondo, non avesse il potere di impedire che la persona che amava se ne andasse via, di non lasciare che sparisse, senza avere il tempo di dire quello che nella sua mente e nel suo cuore, lei aveva scritto così chiaro, ma che aveva paura di ammettere a sé stessa. Che cosa sarebbe cambiato, se in quei giorni avessi avuto il coraggio di chiedere a Jeannemarie perché Duo non veniva a trovarmi? Se avessi detto ad Heero, che l’affetto, che provo per lui, è fortissimo, ma provo qualcosa di uguale intensità per il padre di mia figlia? Sarebbe cambiato tutto, o magari non sarebbe cambiato niente…forse, lui se ne sarebbe andato lo stesso, perché non poteva sopportare il pensiero che non l’amassi, quanto avevo amato Heero…e ora, invece, so con certezza che l’ho amato milioni di volte di più di quanto ho amato lui…Heero, il mio primo amore, la persona che mi aveva aperto gli occhi, che mi aveva fatto capire che la mia vita non si esauriva nella mia casa e nella mia famiglia perfetta…c’era il dolore fuori, c’era il mondo fuori, quel mondo che mio padre aveva voluto in pace, senza riuscirci… Duo, invece, no, non era una tappa della mia maturazione, celata sotto gli occhi di un Pilota di Suit… era l’Amore, quello vero, quello di due persone che si prendono cura l’uno dell’altra, giorno per giorno, e io ogni giorno, ogni notte, mi innamoravo di più di lui e rinascevo da quel dolore, che la mia vita mi aveva sempre e inevitabilmente donato, e che avevo considerato normale…fino a quando, lui mi è venuto a prendere quel giorno dalla clinica, dove ero stato ricoverata, fino a quando mi ha portato a volare nel cielo, fino a quando mi ha portato a Parigi e mi ha baciato sulle rive della Senna…il dolore non è necessario, è innaturale per una persona cercarlo, io posso e devo essere felice… posso perché ne ho la forza e devo perché ho te…

Ed ogni giorno ci sarai, ogni minuto, che vorrai

Ad ogni passo della vita

…e invece ora, non ho più te, ti ho perso per sempre, perché non ho avuto il coraggio, e la forza di rischiare, e sapere che tu non mi amavi, quanto io amavo te… eppure, tu sei ancora qui, eppure tu sei ancora nella mia mente e nel mio cuore, e ci sarai per sempre… mai, per un solo attimo, smetterò di amarti, anche perché, pur volendo, non potrei, perché tu hai lasciato una parte di te in me… Daphne, nasce domani, amore mio, e io spero che assomigli tutta a te, così da averti sempre con me…

E quale strada sceglierai, che direzione mi consiglierai

Ad ogni passo della vita

…eppure, la mia vita dovrà andare avanti, purtroppo dovrà separarsi dai tuoi ricordi e da te… perché io sono la Principessa del Saint Kindom e mai potrò lasciare tutto, e non potrei mai farlo, perché l’ho promesso a me stessa, a mio padre e a Patrick… se ho la forza e il potere di cambiare la gente, devo farlo… è la mia croce e la mia benedizione e, per questo motivo, dovrò sposarmi e diventare Regina per avere maggiore forza per portare avanti il mio Destino… Relena ti continuerà ad amare, sebbene non potrà più averti, il Sottosegretario di Stato ti odierà perché l’hai lasciata,con tua figlia e non hai avuto la forza e la sicurezza di rimanerle accanto, e la Principessa fingerà che sia stata lei a lasciarti, custodirà questo segreto nel cuore, e sposerà un altro uomo…

 

 

Sei solo un’ombra

chissà, se anche sulla Terra sta piovendo… so che sulle colonie, è un computer che decide se far piovere o meno…se ci fossi stata tu, mi avresti detto: “Che cosa poco poetica!” e ti saresti toccata il naso, con il dito, come quando non sai che cosa dire e sei contrariata per qualcosa… e io ti avrei detto: “Che preferiresti che non piovesse affatto?!” e avremmo litigato… poi ti saresti avvicinata e mi avresti baciato, dicendo che avevi ragione tu e che io avevo torto marcio, e io ti avrei dato ragione…e invece stavolta ti ho dato torto, ti ho detto che sbagliavi, tacita risposta a quando mi urlasti: “Io mi sono messa con te perché sono innamorata di te!”… chissà, se magari allora lo pensavi o lo dicevi solo per consolarmi…e, in fondo, ora poco importa… perché ora il tuo viso mi appare scuro, non lo riesco più a ricordare… sei solo un’ombra nella mia testa e, sebbene lo sperassi, adesso mi fa tremendamente paura… perché continuo follemente ad amare una persona, di cui sto scordando il viso…

(Io ti ho creduto e credo in te, tutto l’amore che c’è in me)

Ho sempre avuto fiducia in te, sempre, forse anche di più di quanta ne avessi per me stesso, anzi sicuramente molta di più di quanta ne avessi per me… ho sempre saputo, già dal primo giorno che ti avevo vista, che eri speciale, ma eri diversa dalle altre, c’era qualcosa di stupendo nei tuoi occhi celesti, qualcosa che non capivo e che era il più ancestrale segreto dell’Universo… quando eravamo solo amici, ho sempre pensato, a ragione, che era l’amore che provavi per Heero a renderti così, poi, da quel giorno, che non ho avuto altra scelta, che venire alla Reggia per cercare un lavoro, ho capito che non era più quello, anzi non era mai stato quello per me… mi sono innamorato di te e ho pensato che tu fossi così solo per una tua innata capacità, ho scordato Heero e l’amore che provavi per lui e che ancora provi per lui… aveva ragione Heero, ha sempre avuto ragione… io lo avevo già tradito, prima che lui sembrasse morto, già da prima di quella sera, che rubassi quel bacio alla sua Relena, già da quello stesso momento, in cui io l’ avevo guardata e avevo visto quanto fosse bella e quanto avrei voluto averla soltanto per me… ma è stata solo un’illusione, una stupida idea, su cui io mi ero intestardito, lo stare con te, che dal primo momento, sapevo sbagliata, ma che ho sperato nel mio cuore, che potesse un giorno cambiare, anche se sapevo che non ti avrei mai potuto rendere felice, quanto avrebbe potuto fare Heero…

Ma la tua voce mi parla

…e nonostante, ancora adesso pensi sempre di aver fatto la cosa giusta, sento ancora la tua voce nella mia testa… non riesco a dimenticarmi di te, o a rassegnarmi che era così che doveva andare, che doveva finire, che era tutto sbagliato e che così ho riportato l’ordine, che doveva esserci…  fino alla morte, mi assillerà il pensiero, di non aver avuto la forza di starti accanto, di rischiare che tu mi mandassi via per sempre e di essermene andato via prima io, prima che ciò potesse succedere… spero solo di non svegliarmi una mattina, a quarant’ anni, e capire di aver sbagliato… ma anche allora il problema riguarderà solo me, perché non era giusto che io ti costringessi ad una vita, che sarebbe stata sempre peggio di quella che tu invece meriti…

(e dal cuore di tua madre)

… hai sempre maledetto il fatto che fossi una Principessa, l’hai sempre detestato, avresti voluto essere un’altra persona e non quella invece che eri… me lo hai detto tante volte, anche quando eravamo solo amici… mi dicevi: “Se solo non fossi la figlia di Eleanor Peacecraft…”, e poi abbassavi lo sguardo e dicevi che sapevi che era impossibile cambiare improvvisamente identità… e adesso so che anche per il fatto che sei una Principessa, tra noi, non sarebbe mai andata a finire bene… io sono un irresponsabile e, se non  sono stato capace di proteggere te, figuriamoci se potevo essere un buon Re per il tuo paese, che è così piccolo, ma anche così importante a livello internazionale…

E la tempesta

… e mi si scatena dentro la tempesta, quando penso che per quel cognome, così pesante che porti, un giorno dovrai sposare qualcuno, sarà anche solo perché hai il dovere di diventare Regina… e, se fosse Heero, forse lo accetterei, perché saprei che era giusto così, ma se non fosse più lui, sarà anche peggio… il solo pensare che, alla mattina, guarderai un altro uomo, a cui sorriderai, mi fa nascere una miriade di emozioni, che non riesco ancora a fermare… che diamine mi importa che era giusto così, se non ti avrò più?! Che cosa avrebbe più valore?! Niente, niente di niente… perché, nonostante lo neghi e cerchi di scordarlo, ti amo ancora così tanto, che ti penso tutto il giorno, e vorrei scordarti, ma, se solo cominciassi a farlo, mi ammazzerei su due piedi… perché, nonostante soffrirò per tutta la vita, non voglio smettere neanche per un secondo di amarti, fino all’ultimo mio respiro, che userò per chiamare il tuo nome…

(e molto presto capirai che tutti gli anni che vivrai, cancellano i peccati suoi)

… perché, un giorno, lo capirai, mia piccola Principessa, che ognuno nasce con un gomitolo di lana, da cui si dipana un filo, che noi possiamo solo seguire nel suo corso, ma non orientare… tu sei una Principessa e la tua anima gemella è Heero Yuy… e gli anni passeranno lenti, per me, rapidi, per te, e di colpo, cancelleranno le colpe di quella condizione di figlia regale che non avresti mai voluto, ma che ora invece dovrai accettare, perché io non ti distoglierò più da ciò che realmente sei e meriti di essere… e io capirò e  accetterò il mio errore, che spero che diventi sopportabile, almeno… perché di scomparire, non potrà mai accadere…

Nei suoi pensieri, io vivrò, con le sue mani ti accarezzerò

Ad ogni passo della vita

… l’unica cosa, che mi consola è pensare che almeno qualcosa di me, ti rimarrà per sempre… la mia bambina, che non guarderò nascere e che chissà quando avrò la forza di vedere… io vivrò in nostra figlia e, se negli anni, ogni tanto, penserai a me, spero che nelle sue mani piccole e paffute, potrai trovare qualcosa di me… Daphne, forse, chiederà di suo padre un giorno o magari tu le dirai che io sono lontano, e che ti ho lasciato, e avrai ragione… e chissà, spero che tu riesca a fare sì che la mia bambina non mi odi un giorno…

Stringila forte, quando avrà paura, che c’è il mio amore che non la abbandona

Ad ogni passo della vita

… ma, anche se questo dovesse succedere, non credo che sarà importante, perché tu, invece, le sarai accanto e la amerai, anche per me… e anch’io, dall’altra parte di questo cielo, carico di pioggia, non smetterò mai di amare tutte e due…

 

Il cielo continuò a rumoreggiare ancora a lungo, testimone e custode silenzioso, di un addio triste, ma ancora carico di amore, che si stavano dando due ex fidanzati, il cui destino aveva unito e ora stava inesorabilmente separando, travolgendoli in una tempesta di lacrime di pioggia, che, gelide e brutali, incrostavano le loro anime di insicurezza e di paura.

 

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Capitolo 14
*** The call of the soulmate ***


Capitolo 14 – The call of the soulmate

Capitolo 14 – The call of the soulmate

 

 

Relena era fuori sulla terrazza, e osservava gli alberi di quercia del parco della Reggia, che erano diventati tutti rossi e dorati. L’autunno era ormai arrivato e la giovane donna era in piedi, sul balcone, esposta al vento dolce e ancora caldo, tipico del mese di ottobre.

Dall’interno della stanza, le giungevano le voci di Jeannemarie e della madre, che stavano parlando animatamente riguardo a Daphne, che dormiva placida nella culla, mentre Relena guardava silenziosamente il parco, la veste bianca di pizzo sangallo, agitata dal vento.

Relena non aveva voglia di tornare dentro, anche perché quando c’erano sua madre e la sua balia, per lei era impossibile occuparsi serenamente di Daphne. Parlavano in continuazione e, con i loro ricordi e discorsi, che a loro sembravano assolutamente innocenti, la facevano sentire male, come se fosse in trappola.

La madre, soprattutto, era diventata paranoica riguardo alla salute della figlia e, dato che la gravidanza era stata abbastanza difficile, era sempre preoccupata per qualsiasi cosa che vedeva in Relena. Ora, per esempio, si era accorta che la ragazza parecchie volte portava la mano destra al petto e si stringeva forte il punto, dove c’era il cuore. Jeannemarie, che era una vecchia amica della madre, le aveva detto di non preoccuparsi, anche perché Relena diceva sempre che era un atto inconscio e di non avvertire dolore, ma anche lei ignorava, nella mente semplice di donna ormai non più nel fiore degli anni, la causa del male, che Relena provava.

Relena guardava un punto fisso, oltre l’orizzonte, e si teneva sempre la mano sul petto. I suoi occhi indugiavano sempre su quel punto e le sue labbra rimanevano socchiuse a guardare quel punto.

“Che cosa stai guardando?” le chiese Heero, comparso alle sue spalle, senza che lei se ne accorgesse.

“Niente” replicò Relena con un sorriso e scuotendo il capo “E’ solo che cercavo di vedere se da qui si vedesse Seaflower…”.

Heero si era appoggiato, anche lui alla ringhiera, illuminato dai raggi del sole, che stava tramontando. Guardò la ragazza, il cui volto era ancora rivolto a quel punto, che sembrava vedere solo lei.

“E la riesci a vedere?” chiese Heero, con un sussurro.

“No, siamo troppo lontani… vedo a malapena il paesino… la mia casa è sulla scogliera…” disse Relena, malinconicamente.

Heero, allora, le chiese: “Ti manca la tua casa?”.

Relena sorrise, poi, la mano sul petto, disse al ragazzo, guardandolo negli occhi: “Sì, un po’… ma ormai le cose sono cambiate… non penso che tornerò mai più a Seaflower…”.

“Perché?” chiese Heero.

Relena non rispose, ma abbassò lo sguardo e si strinse più forte il petto. Poi, sollevò il capo a guardare che cosa stavano facendo la madre e Jeannemarie.

Le due donne stavano guardando Daphne, che si era svegliata e che ora era in braccio alla nonna. Entrambe stavano discutendo su qualcosa, ma Relena non riusciva a cogliere di che cosa stessero parlando.

“La martirizzano quella povera bambina!” disse Relena, con un sorriso.

Heero rise e seguì la ragazza, che rientrò nella stanza.

“Si può sapere che cosa avete?!” chiese Relena, le mani sui fianchi.

“Niente” disse la mamma di Relena alla figlia “E’ solo che io sostengo che Daphne sia quasi una tua fotocopia, ma Jeannemarie dice che…”.

Jeannemarie interruppe la donna, dicendo: “Daphne è molto simile a Relena! E su questo non ci piove!”.

“Ma?!” chiese Relena, con un sorriso, che si oscurò quando la donna rispose: “… non ha i vostri occhi, Relena! Gli occhi sono di Duo, lo si vede lontano un miglio!”.

Relena si mise meccanicamente la mano sul cuore, come quando sentiva parlare di Duo o pensava a lui. Sebbene fosse passato ormai un mese, la sua mente era ancora totalmente presa da lui. Le mancava immensamente, ogni giorno di più. E anche lei aveva notato che Daphne aveva preso gli occhi di suo padre. Lei aveva gli occhi di un celeste chiaro, mentre gli occhi di Duo erano blu, un meraviglioso blu, pieno di luce, che era incastonato nei suoi ricordi, come la più bella e preziosa delle gemme.

Heero fissò la ragazza per qualche istante, non riuscendo a capire come mai Relena si tenesse la mano sul petto. Relena era molto cambiata in quei mesi. Aveva sempre un’espressione malinconica e, anche se lui la invogliava sempre a parlare, lei, seppur con gran gentilezza e affetto, evitava magistralmente di rispondere. Non capiva che cosa potesse avere: era spesso distratta, troppo presa dal pensiero di chissà che cosa. Alle volte, nella mente di Heero, s’insinuava la riflessione angosciante che stesse pensando a Duo, ma poi si diceva che loro due si erano lasciati, glielo aveva detto Relena stessa, il giorno della nascita di Daphne, sostenendo fortemente che era stata una decisione voluta da entrambi. Le motivazioni non erano del tutto chiare, ma lui era bastato sapere che Duo aveva lasciato la Terra e che ora era nello spazio. In quei momenti, in cui Relena si comportava così, lui si ripeteva che era solo preoccupata per sua figlia e per il Regno, anche perché loro due erano tornati assieme, qualche giorno dopo la nascita di Daphne. Lei gli aveva detto che gli dispiaceva di che cosa fosse successo, e lui aveva detto che non doveva preoccuparsi, poi lei lo aveva baciato ed erano tornati assieme. Anche se il comportamento della ragazza, di cui era innamorato, lo lasciava sempre atterrito. Nel bacio di quel giorno, di ormai un mese fa, lei aveva messo un sentimento nuovo: non la calda dolcezza, di tanti anni prima, ma una freddezza, che solo a tratti era sostituita da qualcosa, che non sapeva definire, che assomigliava enormemente a rancore. Non verso di lui, ma che si ripercuoteva su di lui. I loro contatti erano ormai ridotti solo a questi freddi e indecifrabili atti d’affetto, che lasciavano Heero sempre con una sensazione dolceamara sulle labbra. Inoltre, sebbene Daphne, non ne avesse alcuna colpa, mal tollerava vedere Relena, quando era con sua figlia. Certo, se le cose sarebbero andate, come sperava, Daphne sarebbe diventata per lui come una figlia vera, ma, al momento, non riusciva a scrollarsi di dosso il fatto che la bimba fosse anche figlia di Duo. E poi Daphne, che assomigliava enormemente alla madre, aveva però quegli occhi blu, in cui Heero vedeva continuamente l’immagine dell’amico lontano e del sentimento d’amore, che seppure ora estinto, l’aveva unito alla sua Relena, e che divampava ancora, se non nella sua Principessa, negli occhi della bimba, chiaro simbolo di quello che era stato e che non aveva il potere di cancellare.

Relena, la mano ancora sul petto, disse alla madre e a Jeannemarie: “Era abbastanza normale che prendesse qualcosa da suo padre, no?”. Aveva cercato di parlare con la massima freddezza, ma parte dell’intenso legame, che ancora la incatenava a Duo, le uscì involontariamente dalle labbra, provocando al suono di quelle parole al suo orecchio, un’altra fitta al cuore.

Heero, a quel punto, interruppe il corso dei suoi pensieri e disse: “Scusami, Relena, ma avrei bisogno di parlarti…”.

“Dimmi”.

“Intendo dire da solo” replicò il ragazzo, con decisione. Jeannemarie diede una gomitata alla madre di Relena e disse che loro sarebbero tornate più tardi.

Quando le due donne lasciarono la stanza, Relena chiese: “Allora?”.

Heero le chiese, come se la vedesse solo allora dopo tanti anni: “Come stai, Relena?”.

Relena rispose, leggermente incuriosita dalla domanda di Heero, di cui non capiva il senso: “Sto bene, sono ancora un po’ stanca, ma il dottore dice che è normale… ho avuto una gravidanza molto difficile…”.

Heero scosse la testa e replicò: “Voglio dire psicologicamente… come stai?!”.

Relena sorrise, poi disse: “Sono diventata la madre di una splendida bambina, credi che potrei essere più contenta di quello che sono?”.

Heero sospirò. Relena non voleva cogliere quello che lui stava cercando di chiederle. Voleva sapere se pensava ancora a Duo, ma ancora una volta, la ragazza di fronte a quell’argomento, si barricava dietro un muro di ostinata e testarda incomunicabilità.

Heero, a quel punto, pensò che era arrivato il momento. Doveva chiedere a Relena quello che voleva chiederle da quando l’aveva ritrovata. Doveva, in quel momento, altrimenti l’avrebbe assalito di nuovo la paura di perderla.

Le si avvicinò e lentamente le strinse le mani, nelle sue. Poi, le disse: “Relena, mi vuoi sposare?”.

Relena rimase immobile, come se le avessero dato uno schiaffo. Certo, sapeva che quel momento sarebbe arrivato, lo sapeva da quel giorno, che aveva accettato nel suo cuore e nella sua mente, che doveva scordare Duo e che doveva tornare da Heero. Ma, non pensava che sarebbe accaduto così presto. Poi, la sua mente ancora una volta, perse la connessione con la realtà di quell’attimo e tornò indietro….

Ti sposerei anche in verde acido per quel che mi importa!”

Relena avvertì il respiro fermarsi tra i polmoni. Diventò rossa, e la solita consueta fitta, che le trafiggeva il cuore, si rifece sentire, anche se stavolta ancora più forte. Si liberò della stretta di Heero e si mise la mano sul petto, respirando a fatica.

“Che hai, Relena? Ti senti male?” le chiese Heero, preoccupato.

“No, non è niente” disse lei, con un filo di voce, poi, cercando di riprendersi: “E’ solo che mi hai sorpreso, tutto qui…”.

Davanti allo sguardo di Heero, che esprimeva ancora perplessità, Relena replicò, ora serissima in volto: “Ascolta, Heero…voglio essere sincera con te. Sposarmi oggi, non è come sposare la me stessa di quattro anni fa… sono accadute molte cose, e certamente quella più importante è che ora sono la madre di Daphne…”.

“E allora che cosa c’entra?” chiese Heero, dolcemente “Io potrei essere benissimo il padre di Daphne…”:

Relena, evitando di guardarlo e trattenendo ancora la fitta, che sgorgava impetuosa già nel suo torace, disse: “Heero, saprai accettare che Daphne è figlia di Duo, e non tua?”.

Heero la guardò in viso. Erano mesi, che non pronunciava il nome di Duo.

“E poi, data la nascita di una figlia, prima di regolari nozze, ma che provvederò ovviamente a riconoscere come mia, io devo fare promessa di sposare qualcuno, entro l’anno di vita della bambina. E, a quel punto, Heero, io diventerò Regina… cosa che io non volevo certamente… e mio marito, al quale mi sarò legata con la Promessa davanti al parlamento, diventerà Re…tu lo vuoi?”.

Heero, che era rimasto stordito davanti al parlare stringato e quasi formale della ragazza, chiese: “Relena, a me di queste questioni importa poco… io ti voglio sposare perché ti amo, il resto non mi importa, e da te voglio solo questa risposta”.

Relena abbassò lo sguardo, incapace di proseguire a guardarlo. Lo sapeva, sapeva che lui voleva sposarla per questo, ma lei aveva cercato di cambiare ossessivamente oggetto della questione. Perché, se avesse spostato la sua attenzione su quei cavilli così sterili e freddi, avrebbe potuto ottenere un certo ordine nella sua testa, ma se pensava a quella, che era la reale motivazione, che spingeva due persone ad unirsi in matrimonio, si sentiva lacerata. Poi, ancora la sua mente le riportò un frammento di ricordo estremamente doloroso…

… non sarebbe mai finita e invece, adesso lo è…

La lettera di Duo… la sua lettera, l’avevo scordata. Lui mi ha detto che, per me e per lui, non c’è più futuro… ma io dovrò sposare qualcuno, per il mio Regno, perché devo diventare Regina, per la nascita di Daphne… se non sarà Heero, dovrà essere qualcun’altro… almeno a lui voglio un mondo di bene…

Relena sollevò lo sguardo e guardò Heero, in faccia. Era così bello, e forse lo era più di Duo; la missione di quattro anni prima, quella maledetta missione, gli aveva lasciato, oltre che una cicatrice sul sopracciglio destro, uno sguardo sempre più attento, sempre più malinconico e triste. Le venne da piangere… e pensare che solo quattro anni prima, avrebbe desiderato con tutta sé stessa che lui l’amasse e che diventassero marito e moglie. E ora, invece, non gliene importava più niente: gli voleva molto bene, molto di più di quanto se ne volesse ad un amico, ma… poi, fermò all’improvviso, il corso dei suoi pensieri, che trovava estremamente inutili e anche masochistici, e si avvicinò a lui. Era lui, che doveva diventare suo marito, perché era giusto così… le venne da ridere, pensando che, seppur odiasse quello che le aveva detto Duo in quella dannata lettera, doveva ammettere che lui aveva ragione.

Gli disse: “Ok, Heero, voglio diventare tua moglie”. Il ragazzo sorrise radioso e la baciò, poi la strinse tra le braccia.

Relena, stretta nel suo abbraccio, guardò la culla di Daphne. Poi, le lacrime, che le cadevano dagli occhi, disse, in silenzio alla sua bambina: “Se solo avessi saputo che sarebbe finita così, piccolina mia…”.

 

Chiedo perdono per non riuscire mai ad aggiornare in tempi brevi, purtroppo sono presa da mille storie… e quindi tralascio un po’ questa, ma oramai siamo quasi alla fine… Grazie a tutti coloro che ancora la leggono, specie Pao 87 che mi ha anche recensito!!

Un bacio!

Cassie

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Capitolo 15
*** Against destiny ***


Capitolo 15- Against destiny

 

 

Il palazzo era tutto in fermento, pieno di gente che andava avanti e dietro, portando ceste ricolme di fiori bianchi e rosa. La servitù era sempre occupata nel rendere la Reggia quanto più bella possibile, dato che si prevedevano un gran numero di ospiti per le tre giornate del mese di maggio, che andavano dal 5 al 7. Infatti, in quei tre giorni, ci sarebbero state tre occasioni molto importanti e tutte, poi, in successione: il 5 ci sarebbe stato il battesimo della figlia della Principessa, il 6 l’ inconorazione della Principessa, che il giorno dopo, avrebbe sposato Heero Yuy. Tutti, nel piccolo Regno mitteleuropeo erano in fermento, dagli aristocratici, che avrebbero partecipato alle varie cerimonie, al popolo, che volevano ardentemente che la loro Principessa diventasse Regina, fino all’estero, che auspicava che in questa maniera, Relena Darlian Peacecraft avrebbe avuto ancora più voce in capitolo, in seno al Governo Centrale. Ma erano, soprattutto le donne, che erano in visibilio: infatti, a loro, importava molto di più, per le evidenti implicazioni, per loro esclusivamente sentimentali, del matrimonio della loro amata Principessa con il pilota di suite Heero Yuy. Perciò, ad ogni ora del giorno e della notte, c’erano migliaia di languidi sospiri, alla vista della coppia che andava ad un qualche ricevimento, e occhiatacce verso i compagni, stravaccati in poltrona a sbuffare, annoiati.

In realtà, quelle luccicanti immagini, che quelle donne amavano così tanto guardare, non erano altro che l’apparenza pura e semplice. Perché, la Principessa Relena Peacecraft, era incagliata con il pensiero, dall’altra parte del cielo. Non sapeva dove fosse Duo, e l’unica cosa che voleva era vederlo, ma, nello stesso tempo, sapeva che lui non voleva vederla e perciò, continuava ad accettare questo matrimonio, che andava vistosamente contro il suo cuore. Trascorreva le giornate in compagnia di Delia, la sua cagnolina, nel Giardino di corte, chiedendo alle amiche o alla madre o a Jeannemarie, di pensare ai preparativi per le nozze o di prendersi cura di Daphne, che vedeva solo di sera. Odiava ammetterlo, ma la vista della figlia le era ormai insostenibile: più il tempo passava, più Daphne, che ora aveva otto mesi, le sembrava una copia esatta del padre, che non era mai venuto ancora a trovarla. Duo aveva mandato un mese prima un biglietto a Laurie, in cui diceva che sarebbe venuto a vederla, dopo che Heero e Relena si fossero sposati. Hilde, che aveva intercettato il biglietto, aveva detto all’amica che Duo aveva scritto che non voleva farsi vedere prima delle nozze, perché Heero avrebbe sicuramente pensato che lui voleva impedire il matrimonio, precisando all’amico che non era assolutamente sua intenzione.

Relena avrebbe voluto vedere questo biglietto, per avere un po’ di conforto dalle sue parole, o magari per trovarvi la forza di lasciare perdere questa farsa, che sarebbe stata la sua vita, sposando Heero e fingendo di amarlo, ma, avendo saputo solo quelle piccole e brevi parole di scusa verso la figlia, a Relena montò anzi una maggiore rabbia, che non sapeva spiegare, verso Duo, anche se sapeva nella profondità del cuore, che era lei che stava sbagliando, accettando le nozze e dando un’ implicita conferma a Duo di quello che aveva sempre temuto. Per questo, il suo umore era un continuo oscillare e preferiva rimanere sola per lunghe ore alla mattina, rifugiandosi nel giardino della Reggia, mentre la notte guardava in silenzio gli occhi di Daphne, illudendosi di avere ancora accanto la persona più importante della sua vita.

Tutti a palazzo si erano accorti del suo cambiamento, ma, ormai pensavano solo che la principessa fosse stanca, e avesse bisogno di stare da sola. In fin dei conti, era sempre un essere umano, anche se conduceva una vita che era quella che solo una macchina robotizzata avrebbe potuto tollerare. Heero la cercava spesso, ma, non trovandola, pensava che avesse da fare e tornava al suo lavoro. In realtà, anche lui la vedeva molto poco, troppo poco per accorgersi della vistosa trasformazione della ragazza, che quando lo incontrava, faceva enormi sforzi per fingere di essere quello che non era.

Solo Laurie, Hilde, Chanelle, Soraya ed Annie sapevano che cosa avesse, e facevano tentativi continui per spingerla a mettersi in contatto con Duo, ma lei rispondeva che non era lui il suo problema, era solo stanca. E alla fine, loro finirono per credere a questa sua versione, sebbene Laurie continuava a fare pressioni su Duo, affinché tornasse sulla Terra. Ma Duo, che ora viveva a casa di Isabelle, la sua madre adottiva, replicava che era convinto che Relena doveva sposare Heero e non voleva che lei fosse forzata da lui, a fare una scelta diversa, da quella che aveva autonomamente fatto.

“Ma tu l’ami ancora, Duo! Come puoi permettere che lei sposi Heero?!” urlava al telefono, paonazzo, Laurie.

Duo rimaneva in silenzio qualche secondo, attorcigliando il filo del telefono tra le dita e poi, mordendosi le labbra, diceva, soffocando il dolore nel petto, schiacciato da infiniti sentimenti: “Basta Laurie! Lo sappiamo tutti che è Heero l’anima gemella di Relena… io sono stato solo una storia passeggera… e poi, anche se la amo ancora immensamente, non posso imporle una vita, che lei non vuole e non deve avere… io non ce la farei più a stare con lei… lei è troppo per me…”, poi rideva triste, straziando il cuore a Laurie: “… le Principesse sposano il loro eroe dell’adolescenza, non il poveraccio di passaggio, che permette che siano rapite…”. E, a questo punto, anche se Laurie insisteva per ore, dicendo che non era stata colpa sua se Relena era stata rapita, Duo riagganciava, dicendo che aveva da fare.

E così questa situazione eternamente bloccata, continuava ad andare avanti, fino a quando arrivò il 5 maggio. La giornata era particolarmente importante, non solo per il battesimo di Daphne, ma soprattutto perché così facendo, Relena avrebbe finalmente riconosciuto, come sua erede legittima la figlia. La cerimonia si tenne nel Parco della Reggia, dove c’erano solo pochi amici e i membri più in vista del Consiglio di Stato. Relena aveva lasciato la gestione dei preparativi a Chanelle, perciò non sapeva minimamente come fosse stata organizzata la cosa, e sinceramente neanche la interessava. Voleva solo che quei tre interminabili giorni, finissero quanto prima, in modo che tutti i suoi dubbi potessero svanire magicamente dalla sua testa, anche se temeva che allora sarebbero diventati rimpianti, e non aveva la minima idea, se fossero più o meno facili da tollerare.

Relena scese in giardino, verso le dieci, un’ora prima, che la cerimonia cominciasse e sfoggiò a tutti un meraviglioso sorriso, facendo sperare in tutti che la giovane donna stesse finalmente meglio e che ora fosse serena. Alcuni si trattenevano a stento dal chiedere che fine avesse fatto Duo, ma il viso della Principessa mostrava chiaro che Duo era scordato. Relena, che indossava un vestito corto, di seta rosa, a fantasia, sembrava il ritratto della felicità, stretta nel braccio di Heero, che la osservava raggiante. Ma, il cuore della Principessa era letteralmente straziato, e la sua tristezza aumentò, quando vide dove Chanelle aveva organizzato la cerimonia. Nel Parco, c’era un piccolo gazebo bianco, dove lei adorava stare nelle giornate di primavera e dove…

…l’aria era così dolce, calma, tranquilla… una sensazione, che non provava più da tempo e che adesso le riempiva le vene di ebbrezza, l’ebbrezza della gioia, non più del dolore, non più della colpa. Sollevò lo sguardo dalla tela, che stava dipingendo e guardò la Reggia… era così vicina, eppure così piacevolmente lontana. Le rose bianche, che crescevano rampicanti sul gazebo, le ispirarono un buon odore, un buon profumo dolce e pieno di aspettative per il futuro. Riusciva a pensare al futuro…

D’un tratto, vide una figura avvicinarsi, correndo, preceduta da un pastore tedesco. Si schermò gli occhi con il palmo della mano… il cane voltò bruscamente a sinistra, perdendosi nella boscaglia, mentre l’inseguitore

si fermava a prendere fiato, appoggiandosi su una colonna del gazebo.

“Sei qui, Relena? Non ti avevo visto…” disse Duo, la fronte imperlata di sudore e il fiato corto.

Relena arrossì nel guardarlo, poi disse lo sguardo curioso e divertito: “Che ha fatto Delia, stavolta?”.

Duo si sedette sul gradino del gazebo, sotto quello su cui era seduta lei. Poi si voltò e disse: “Mi ha rubato una scarpa… me l’ha distrutta!”.

Relena scoppiò a ridere e così fece Duo, dopo che lei confermò che ne aveva rubata una anche al vecchio maggiordom0 di Relena.

Rimasero un po’ in silenzio, poi Duo disse, con voce di rimprovero: “Se avessi saputo, che fare il suo Comandante, Principessa, sarebbe stato così impegnativo, non avrei mai accettato…”.

Relena arrossì ancora, poi replicò: “mi dispiace Comandante Maxwell, ma sa che proteggere la Principessa Relena Peacecraft, è un incarico oneroso per tutti…”.

Duo la guardò in viso, poi le disse, dolce ma deciso: “Relena, stavo scherzando… non sei un incarico per me, sei…”, a questo punto, il giovane Comandante si fermò; sapeva di voler dire: “… la persona più importante della mia vita…”, ma era consapevole anche che non poteva dirlo. Relena era ancora così fragile e non voleva sconvolgerla confessandole il suo am0re.

Relena, il viso sempre più rosso, chiese, bisbigliando: “… sono?…”.

Lui si voltò e la guardò negli occhi. Furono solo tre secondi, prima che lui le rispondesse: “… la mia migliore amica!”, spezzando un po’ delle sue illusioni, ma furono necessari a farle capire che lo amava pazzamente e che stava ormai per cedere al bisogno quasi naturale di essere amata da lui.

La settimana dopo, il giorno del suo ventiquattresimo compleanno, Duo sarebbe entrato in camera sua con due biglietti per Parigi.

Relena, nel vedere di nuovo quel gazebo, che aveva accuratamente evitato, da quando Duo se ne era andato, ebbe un capogiro, e si resse al braccio di Heero, che le chiese: “Relena, stai male?”.

Relena, il viso pallido, la mano sul petto, mentre altri invitati si avvicinavano, rispose: “Niente… avevo chiesto che quel gazebo fosse distrutto, perché è ancora lì?!”.

Chanelle le si avvicinò e disse: “Lo so, ma mi era sembrato così bello, che ho preferito usarlo per il battesimo di Daphne… perché non ti piace?!”.

Relena si sollevò a fatica, poi sorrise a stento e disse che era stupendo. Poi si allontanò con una scusa.

Heero chiese allora a Laurie, che si era avvicinato: “Ma quel gazebo, quando lo hanno messo nel Parco? Quando c’ero ancora io, non c’era…”.

Laurie, titubante, rispose: “Lo fece costruire Relena, due anni fa… lo usava per dipingere, si rilassava lì…”.

Hilde intervenne, tirando la manica del marito: “Fino a poco tempo fa, Relena ci passava tutto il giorno… dipingeva e giocava con Delia… certe volte, dovevo trascinarla a forza da lì, quando aveva un appuntamento!”.

Anche Chanelle si intromise: “Già, quando venivo a trovarla, era sempre lì con Duo!”.

Laurie, Hilde e la stessa Chanelle si ritrassero, a disagio. Heero si voltò verso di loro e chiese: “Si fermava lì con Duo?!”.

Una voce interruppe i quattro, che si guardavano evidentemente carichi di tensione: “Di che cosa ti meravigli, Heero? Lo sai meglio di noi che Duo e Relena stavano assieme…”. Era la voce di Soraya, che accompagnata da Annie, si era avvicinata a loro.

“Dobbiamo smetterla tutti noi…” continuò la ragazza sinceramente “Relena non riesce a soffrire, non le stiamo dando questa possibilità, continuando ad evitare l’argomento Duo, o scattando come molle, quando parliamo di lui…era un nostro amico, e Relena lo ha amato davvero molto, Heero, qualunque cosa tu possa pensare… se Duo non fosse importante per lei, non avrebbero mai avuto Daphne… e credo che se continuiamo così, Relena non lascerà mai più il ricordo di Duo…”. Soraya tacque, circondata dagli sguardi bassi degli amici, mentre Heero era immobile e livido, come se avesse avuto uno schiaffo, poi si mosse per cercare Relena.

Soraya, allontanatosi Heero, riprese con gli amici: “… e non è neanche giusto verso Heero e lo sapete… loro si stanno per sposare e non possono, se Relena scatta come una molla, ogni volta che vede qualcosa che le ricorda Duo…”.

Annie intervenne, stringendosi nelle spalle sottili: “A volte, sembra quasi che Relena ami ancora Duo…”.

Soraya replicò: “Lo so, anche per me è lo stesso… lo ama ancora, ma per questa benedetta storia della Principessa, pensa che sta facendo la cosa giusta… noi siamo amici di Heero e non sarebbe bello convincere Relena a non sposare Heero e a tornare da Duo, ma credo che dobbiamo cercare di istillarle il dubbio, in modo che ci pensi davvero bene prima di sposare Heero…”.

Gli altri annuirono in silenzio, poi si accorsero che Relena era vicino al prete, che avrebbe battezzato Daphne. La cerimonia era cominciata, e si protrasse per circa un’oretta nel silenzio dei presenti, che si misero leggermente più attenti, solo quando Relena pronunciò il nome che avrebbe avuto sua figlia, da quel momento in poi.

“Come vuole che sia chiamata sua figlia, che lei ha ora riconosciuto, Principessa?” chiese il Rappresentante del Parlamento.

Relena abbassò lo sguardo, poi sorrise, la mano sul petto…

“Ah già, dimenticavo che mia figlia dovrà avere una decina di nomi…”.

Relena sollevò lo sguardo e rispose, decisa: “Daphne Isabelle Marie Maxwell Peacecraft… sarà questo il suo nome.”.

La gente era rimasta leggermente interdetta. Erano tutti convinti, che avrebbe messo alla bambina il cognome di Heero, e anche il ragazzo, anche se non teneva a queste cose, rimase confuso. Le aveva messo il cognome di Duo… credeva che non sarebbe potuto essere un padre per Daphne?

Soraya sorrise, poi disse agli amici: “Avete visto? E’ lampante… la nostra cara Principessa è ancora persa di Duo Maxwell…”.

 

 

Il giorno successivo passò velocemente per Relena, che mise a dura prova, il simulacro di sorriso, che aveva imparato da quando era Principessa di Saint Kindom. Durante la mattina, fece promessa di sposare Heero. Era arrivata in parlamento stanca e provata da una lunga notte insonne, che si era risolta, solo quando scavando tra i cassetti, aveva trovato la lettera, che le aveva scritto Duo. Quando aveva letto Per questo, non ti preoccupare: le cose dovevano andare così  le era montata addosso una rabbia pazzesca. Che diamine ne sapeva lui? Che ne sapeva che era così che doveva andare a finire? Lei non lo aveva mai voluto, ma lui aveva fatto tutto di testa sua e l’aveva lasciata, senza darle il tempo di spiegare, senza farle dire che lei lo amava, amava solo lui, e non più Heero. Ma, nonostante adesso lo avesse capito, quella consapevolezza era affondata sotto la rabbia cieca che provava verso di lui… perchè, l’aveva lasciata, perché…? E poi perché lei non aveva avuto il coraggio di fermarlo?

Ma ancora una volta, la rabbia prese il sopravvento su di lei, e, indossata la rituale tunica bianca della promessa, aveva promesso al suo paese di sposare Heero Yuy, la corona di fiori di mirto tra i capelli.

Al termine della cerimonia, indossato un lungo vestito di broccato blu, a disegni dorati, fu incoronata Regina di Saint Kindom.

Dopo, non volle vedere più nessuno e rifiutò persino la festa di addio al nubilato, che le aveva organizzato Chanelle, chiudendosi in camera sua. Guardò il suo riflesso nello specchio, e si disse: “Chi diamine sei, regina di Saint Kindom?! Chi diavolo sei, Relena Peacecraft, se non sei stata capace di fermare il corso, che stavano prendendo gli eventi? Perché non ci sono riuscita, perché… Duo, ho tanta voglia di vederti, mi manchi da morire, e adesso ti ho perso per sempre… che cosa dirò a Daphne, quando sarà grande? Che non vive con suo padre, perché io non ho avuto il coraggio di tornare da lui?”.

A questo punto, scoppiò a piangere e si gettò sul letto, toltasi la corona troppo pesante, che le ingombrava il capo. Poi, ancora tremendamente arrabbiata, prese ad urlare: “Perché diamine non sono una persona normale?! Perché non mi hai dato un motivo per tornare indietro, Duo?! Perché?!”.

Poi, si sollevò e quasi istintivamente, prese una scatola, ancora chiusa, che Milliardo le aveva portato, dopo lo sgombero, che aveva ordinato a Seaflower. La aprì delicatamente, togliendo lo scotch con le unghie. Dentro, c’erano fotografie di lei e Duo, album e tante altre cose, che aveva preso a raccogliere pazientemente, quando stavano ancora assieme. Non ebbe la forza di rovesciare interamente la scatola, ma estrasse solo la prima foto che le capitò davanti agli occhi: c’erano lei e Duo, mentre ballavano… lei aveva un vestito celeste chiaro, mentre lui indossava la divisa bianca delle Guardie di Palazzo… si ricordava quella foto, era stata la sera del giorno dopo, che era uscita dalla clinica, c’era stata una festa. Le aveva sceso la scalinata, come aveva fatto milioni di altre volte, ma stavolta, si era trovata davanti ad aspettarla Duo, che l’attendeva al termine della scala, cosa che non aveva mai fatto Heero. Le aveva teso il braccio e le aveva detto: “Siete un sogno, Principessa”, e lei era arrossita, perché aveva pensato la stessa identica cosa di lui. Poi avevano ballato e Hilde li aveva fatto una foto a sorpresa, che poi le aveva dato.

Accarezzò la fredda superficie della foto e ricominciò a piangere, poi…

Ti avrei lasciato a Heero.

…la strappò violentemente, si gettò sul cuscino e pianse, fino ad addormentarsi.

 

 

Heero era nella sua camera e stava giocando con una matita, mentre la mente era chiaramente anni luce da lì. Non riusciva a togliersi dalla mente Relena; sì, era vero, il giorno dopo, sarebbero finalmente diventati marito e moglie, ma c’era qualcosa in lei che oramai non capiva. Relena era cambiata molto, non sapeva se in bene o in male… era molto più sicura di sé, camminava persino in modo diverso. Era diventata una donna. Ma, allo stesso tempo, non erano stati solo quei quattro anni a cambiarla, ma anche la persona, con cui li aveva vissuti: Duo. Lei traspariva la sua presenza in ogni cosa, anche se lui chiaramente non era con loro, e sembrava sempre che ogni cosa, anche la minima sciocchezza, lei la guardasse con occhi diversi, annoiati, perché o l’aveva già fatta con Duo, o magari perché la voleva dividere con lui… era quella per esempio, la sua espressione, la mattina precedente, quando era andata in giardino e aveva visto quel gazebo, ricoperto di fiori rosa, quando si era stretta il cuore… ma, allo stesso tempo, Heero aveva scritto nel suo cuore e nella sua mente, che Relena amava lui, lui soltanto, che avesse sbagliato d innamorarsi di Duo, e che era stato lui a spingerla a tradirlo, e fuori da questa idea, niente, assolutamente niente era contemplato.

Si alzò dal letto, dove era disteso, e decise di andare a trovare Relena. Erano giorni, che non le parlava direttamente e voleva vederla, in modo da ricacciare quelle fastidiose domande, che si accavallavano nella sua testa. Uscì dalla sua camera e percorse il corridoio degli appartamenti dei soldati, poi salii ai piani superiori, dopo aver attraversato la grande sala di rappresentanza, che era vuota e buia, ad eccezione di alcune candele. Percorse il corridoio, che era presenziato da alcune guardie e chiese di poter entrare negli appartamenti della Regina. Le guardie, ovviamente, acconsentirono, dandosi di gomito e dicendosi: “Mi sa che questa è la volta buona… al Comandante Yuy, non è mai andato giù che la Regina si sia concessa a Maxwell!”. E forse, si diceva Heero, mentre apriva la porta della camera di Relena silenziosamente, avendo ascoltato il discorso delle due guardie, è proprio per questo, che sono qui. Difatti, sebbene non lo facesse vedere praticamente mai, era ossessionato dal pensiero che la prima volta di Relena fosse stata con Duo… e poi, se almeno non ci fosse stata Daphne, quel peso, sebbene abbastanza intuibile, sarebbe stato più tollerabile. Invece, quella bambina era la prova concreta che l’attrazione che quei due provavano vicendevolmente, si era spinta fino al concepimento di Daphne.

Entrò in silenzio nella camera, che era buia, e si accorse che Relena dormiva, stesa sul letto.  Non vi si era infilata dentro, ma dormiva sul copriletto di seta rossa, una mano sotto la testa. Si avvicinò lentamente a lei; anche in quel momento, che indossava solo il pigiama, le sembrò comunque bellissima. Si sedette sul letto e prese ad accarezzarle dolcemente i capelli, mentre lei continuava a dormire profondamente.

Ad un tratto, alla luce della luna, che entrava dalla finestra, si accorse che qualcosa nella camera non andava. Relena, che era di solito, così ordinata, aveva gettato distrattamente il suo vestito, su una poltrona, con la corona, che le era stata data quella sera stessa. Poi, sul letto, c’era una scatola, piena di chissà che cosa e che lei aveva lasciato lì aperta. Non seppe mai perché, ma preferì non guardare in quella scatola, che nella luce fioca della stanza, le sembrava un immenso buco nero. Ma, al contempo, notò che sul cuscino, accanto a Relena, c’era uno tralcio di fotografia, che la ritraeva abbracciata a chissà chi, completamente ignara che qualcuno le stesse scattando una foto. Aveva un bel vestito celeste chiaro e i capelli, tirati su, e sorrideva, sorrideva, come non l’aveva vista mai fare, mai. Quel suo sorriso era strano: caldo, dolce, ma pieno di emozione, esplodeva e quasi le devastava il viso di gioia e di un sentimento, che non sapeva spiegare verso la persona, che aveva di fronte.

… un sentimento, che non sapeva spiegare… amore, c’era amore, puro, fortissimo, in quel suo sguardo.

Rimase per qualche minuto, con quella foto tra le mani, chiedendosi se l’altra persona fosse Duo, o fosse lui. Non voleva rispondersi, non voleva saperlo, e così, lasciò la stanza di Relena, dopo averle rubato un bacio, mentre non sapeva che, tanti anni prima, un’altra persona le aveva rubato un bacio, quando Relena non era ancora sua, ma che, mentre Heero la baciava, riposava nei suoi sogni.

Heero lasciò la stanza, pronto ora a tornare a dormire, non accorgendosi che Relena stringeva tra le dita, l’altro pezzo di quella foto, il frammento mancante che gli avrebbe fatto capire quale era la verità.

 

 

Era mattina e Relena era seduta, dietro la finestra, mentre alcune donne di servizio le sistemavano i capelli, annodandoglieli sul capo, e ponendole la corona, sempre sulla testa. Lei evitava di guardarsi allo specchio, perché, se lo avesse fatto, avrebbe visto il suo riflesso, cinto da quell’abito da sposa, e avrebbe certamente ricominciato a piangere. Non voleva farlo, anche perché si era ormai convinta che aveva preso la decisione giusta. Sebbene amasse Duo e sebbene lo avrebbe amato per tutta la vita, doveva sposare Heero, lo aveva ormai promesso al suo Paese e anche a lui stesso. Se non era stata capace di dire la verità, di essere onesta, e di impedire che Duo andasse via, ora ne doveva pagare tutte le conseguenze. Avrebbe sposato Heero, e, così facendo, quella storia si sarebbe conclusa. Sarebbe tutto finalmente finito, come aveva voluto Duo.

Una delle donne, le disse che era pronta e che, da lì a qualche minuto, sarebbe arrivata la tradizionale carrozza a prenderla per portarla nella Cattedrale, dove si sarebbe celebrato il matrimonio. Lei annuì leggermente e le pregò di lasciarla sola. Le donne uscirono, e lei si mise dietro la finestra, la mano sul petto, cercando, per quella che sarebbe stata l’ultima volta, di vedere ancora Seaflower, il luogo, dove era stata più felice in tutta la sua vita. Ma, non essendoci riuscita neanche stavolta, distolse la vista dalla finestra.

Ad un tratto, sentii la porta bussare.

“Avanti” disse, sedutasi di nuovo sulla poltrona, dietro la finestra.

Nella stanza, entrò Soraya, che aveva in mano qualcosa. La ragazza, che aveva i capelli castani legati in una crocchia elegante sul capo, la salutò, poi si sedette accanto a lei.

“Allora, è arrivato il grande giorno” disse Soraya “Scommetto che non stai più nella pelle!”.

Relena annuì, sorridendo, con quel falso sorriso, che la fiaccava sempre psicologicamente.

Soraya sospirò di nascosto, capendo chiaramente che l’amica stava ancora ed inequivocabilmente fingendo. Poi le prese la mano e le disse: “Senti, Relena, noi siamo amiche da tanti anni, e tu lo sai che io ti voglio un bene dell’anima. Se tu stai male, anch’io ne soffro…”:

”Non capisco che cosa vuoi dire” disse Relena, che, come al solito, si era rinchiusa freddamente nel suo guscio.

“Ascoltami, Relena, voglio farti una domanda…chiamami stupida o anche impicciona, ma vorrei che, per favore, tu mi rispondessi…” iniziò Soraya.

“Dimmi”

“Perché vuoi sposare Heero?” sussurrò Soraya.

Relena si voltò a guardare l’amica, la fronte corrugata per la sorpresa della sua domanda, poi si calmò e rispose, senza tenerezza nelle parole: “Perché sono innamorata di lui”.

Soraya disse, la voce decisa: “Allora non ti importa niente di questa…” e mostrò a Relena quello che teneva in mano: una busta, piccola e bianca.

“Che cosa è?” chiese, senza effettivo interesse.

“Una lettera di Duo” replicò Soraya “L’ha scritta a Laurie…”.

Relena si scosse dal suo torpore, poi guardò Soraya, il viso in fiamme e il cuore in gola. Una lettera di Duo…

Gli occhi le si annebbiarono, pieni di lacrime e disse: “Ti prego, Soraya, se mi vuoi bene, portala via…”.

Invece Soraya gliela pose in grembo, e disse, prima di lasciarla sola: “E invece proprio perché ti voglio bene, voglio che tu la legga…”.

Relena, rimasta sola, la lettera sulle gambe, che emergeva candida, sul vestito panna, la soppesò a lungo con lo sguardo. Poi, la prese tra le mani e la scartò lentamente. Stese il foglio, davanti a sé, poi, sospirando per darsi forza, iniziò a leggere.

Laurie,

ho deciso di risponderti, solo perché alle volte, il peso che porto nel cuore, è così insostenibile, che non ce la faccio neanche a respirare. Perché, se fossi davvero una persona coerente, non avrei dovuto neanche leggere la tua lettera. Non ce l’ho con te, credimi, ma è solo che non capisco come mai tutti voi continuate ad affannarvi tanto. Non lo negherò mai, è vero, neanche in punto di morte, di amare ancora Relena, di amarla ancora come quella volta, che la vidi sulle scale della Reggia, quando mi accolse, in quella fredda sera autunnale. Ero stanco e non sapevo neanche perchè ero venuto da lei. Non ero venuto da Heero, anche allora lo sapevo, ero venuto da quella Principessa, che avevo sempre visto di sfuggita, durante la Guerra. Ero venuto da lei, perché, attratto da una forza, che ora non saprei neanche chiamare, sia il caso, o il destino, o magari, ancora più semplicemente, l’amavo già allora, quando pensai di venire da lei. Ma anche allora, sbagliai, Laurie, ho sbagliato sempre con lei, sempre. Lei era la donna di Heero, lo sapevo, eppure l’ho amata, e la amo ancora, come non dovrei. Lei ha sempre meritato Heero, che non ha mai permesso che l’accadesse niente, che l’ha sempre difesa, come io non sono stato capace di fare. Non credere che questa mia scelta sia per me facile, sto impazzendo ora che la vedo in televisione, accanto ad Heero, mentre battezza Daphne, ma non posso tornare. Non posso, anche se mai come ora, vorrei che lei tornasse da me, ma io non posso ancora tornare da lei, sapendo che lei non amerà mai me, quanto ama Heero. E poi, Laurie, lei lo ha scelto da sola, lei, senza di me, ha deciso di sposarlo dopodomani.Vedi? Ha scelto da sola, e, nel caso abbia ancora dubbi, ora so che lei lo ama. Ti prego Laurie, capiscimi e lasciami in pace. Non ho più voglia di parlare di questa storia. Amerò per sempre la mia Principessina, così come Daphne, e sarò contento che lei sarà felice, con Heero, anche se non credo che potrò sopportare a lungo il fatto che sia sposata con lui. Comunque, nel caso che tu abbia un giorno bisogno di me, volevo dirti che ora abito a casa di mia madre Isabelle, nella colonia D- 5648 in Fredeiman Avenue 55/a. Quando avrò tempo, verrò trovare Daphne. Se puoi, dì a Relena che le faccio tanti auguri e che ho ancora un suo orecchino di perle, che ho trovato tra le mie cose.

                                                                                                                                                     DUO

 

 

Relena rimase, come inebetita, di fronte a quella lettera, e, anche quando la vennero a chiamare, per andare in chiesa, obbedì come un’ automa. Aveva infilato la lettera in tasca, non riuscendo a smettere di pensare a ciò che vi era scritto…

Duo l’amava ancora, Duo l’amava ancora e non aveva mai smesso di farlo… adesso, era seduta, nella carrozza, dove tanti anni prima, anche sua madre si era mossa per sposare suo padre. Chissà, se lei lo amava in quel momento, le venne da pensare. Era come narcotizzata da quella lettera che la bruciava calda sul cuore, e che le percuoteva la testa, con un ritmo quasi assordante, non vedeva il mare di gente, che si accalcava accanto a lei, e non si accorse neanche che il tragitto per arrivare in chiesa fosse stato brevissimo e che era ormai già arrivata.

Scese dalla carrozza, lo sguardo perso nel vuoto, mentre migliaia di flash scintillavano attorno a lei. Raggiunse Milliardo, che l’attendeva per condurla all’altare. Il fratello le sorrise e le disse qualcosa, ma lei non capì e neanche rispose.

All’altare, Heero la stava aspettando. Gli occhi di Relena ripresero improvvisamente contatto con la realtà e si riempirono di lacrime. In quella visione sfuocata, le sembrava quasi che Heero così compunto e fermo vicino all’altare, fosse Duo… ma non è lui, non  è il mio Duo, non è lui… ma che cosa sto facendo???!!! Si disse, crudelmente, mentre il fratello la trascinava verso l’altare.

Si guardò attorno e vide il mare di suoi amici e di suoi parenti, che magari in cuor loro, avevano sempre desiderato che quel giorno arrivasse. C’era Wufei, con accanto Patrick, poi c’erano Rareba e Dorothy, con il loro figlioletto Danny, Trowa, Noin che teneva in braccio Elisa, mentre Jeannemarie reggeva Daphne… la persona che però la colpì di più fu Catherine, con il suo nuovo ragazzo… lei era felice, raggiante, stretta nel abbraccio del suo amore … lei ha lasciato Trowa, è andata contro tutto quello che sembrava che le avessero imposto gli altri e il destino delle anime gemelle… perché, io non posso? Perché io non posso tornare da Duo, ora che so che lui mi ama e che mi ha lasciato solo perché aveva paura, tanta quanta ne avevo io?

“Perché, io sono la Regina del regno di Saint Kindom” le richiamò alla mente la presenza del fratello, accanto a sé. Mosse altri passi, verso l’altare, mentre si chiedeva: Che cosa significa essere una Regina?

Avere in mano i destini degli altri

E il mio? Chi ce l’ha in mano il mio???

Nessuno e tutti. Nessuno può dirti che cosa sia la cosa giusta da fare, sei solo tu che lo puoi e lo devi decidere, ma, intanto, devi sempre tenere conto che ogni tuo gesto debba essere giusto e conveniente per il tuo paese. Non è conveniente che una Regina torni indietro sulle sue scelte, che rompa le promesse, che abbia paura, che sbagli… la Regina non può permettersi niente del genere.

Ma Relena Darlian, invece?

Relena, invece, ha avuto Daphne, senza essere sposata, e poi… e poi Relena ama un’altra persona, mentre si accinge a sposare un altro…

Relena Darlian non è andata contro il destino delle anime gemelle? Non l’ha fatto, forse?

Sì, Relena ha amato e ama un uomo, che non è la sua anima gemella… Heero Yuy è la mia anima gemella, è lui, ma io amo Duo Maxwell…

Dunque, hai lasciato il tuo eterno e grande amore per Duo Maxwell?

Sì, l’ho fatto… anche se non volevo, io l’ho fatto. L’ho rotto il mio destino di anima gemella di Heero Yuy, e sono uscita da quella storia già scritta… la mia vita mi ha cambiato, o magari un altro destino ha rotto quello precedente… il destino che ha scelto il mio cuore.

Lo sai o no, che la Regina non potrà accettare tutto ciò? Lo sai, vero?

Sì, lo so, ma la Regina non esiste già più in me… non voglio che esista più, non voglio! Perché, è più importante Relena, è lei più importante, è il mio cuore più importante e lui, come la mia anima, ama solo e soltanto Duo Maxwell… e Relena non può, ancora, accondiscendere alla Regina, non può più rinunciare alla persona che ama per questo suo destino, che le è stato cucito addosso, non può e basta!

Si fermò, mentre stava per arrivare all’altare.

“Che hai Relena?” le chiese Milliardo, mentre migliaia di sguardi le perforavano il viso.

“Milliardo, io non posso!” disse la voce, rotta dalle lacrime, poi sentii la voce di Heero chiederle: “…che cosa non puoi fare?!”. La sua voce le fece un male atroce, la sua voce, che ora le sembrava brutale, come quella prima volta, che lo aveva visto… com’era dolce la voce di Duo, quel giorno che le aveva detto: “Non ti lascerò mai, mia dolce principessa…non lo farò mai, perché ti amo da morire…”. Lei non aveva risposto quel giorno, quando lui le aveva detto quelle parole, ma ora sapeva che, quella sera, mentre rispondeva al suo bacio, lei si era legata a lui con una tacita e silenziosa promessa, mille volte più forte e solida, di quella evanescente e stupida, che aveva urlato al suo Paese il giorno prima. E non avrebbe più permesso più a nessuno di soffocare quella promessa, che aveva fatto, e che aveva voluto cancellare a forza dal suo cuore e dalla sua anima, straziata dalla paura e dal timore.

Disse, sollevando lo sguardo, ancora pieno di lacrime, verso Heero: “Heero, io non posso… mi dispiace, ma ho fatto una promessa che non posso rompere”.

“Quale promessa?!” le disse Heero, scuotendola per le spalle “A chi hai fatto una promessa?!”.

Lei rispose, sussurrando, senza essere sentita da nessuno: “Alla mia anima gemella”, poi si liberò della stretta di Heero e in lacrime, corse verso una stanzetta attigua alla chiesa, dove si rinchiuse a chiave. Non voleva veder nessuno, nessuno… tutte quelle facce, agghindate e vestite a festa, le ricordavano quanto fosse stata stupida.

Dopo essersi chiusa la porta alle spalle, fece qualche passo, poi inciampò nel lungo strascico del vestito, e cadde per terra. Rimase immobile qualche secondo, la faccia premuta sul marmo freddo, poi si sollevò e si mise seduta. Vide il suo riflesso nel marmo del pavimento. Aveva il viso di una regina, aveva il viso di sua madre; prima di uscire, aveva visto una foto del loro matrimonio. Aveva persino gli stessi occhi arrossati di pianto, che aveva lei…

Anche mia madre ha pianto quel giorno… chissà se ha pianto di gioia o di dolore… forse, aveva anche lei un’anima gemella, che si era imposta di lasciare dietro di sé… forse, è stata lei a farmi fermare…

“Grazie mamma”  mormorò tra le lacrime.

Si alzò in piedi e poi, lentamente, si tolse la corona, che aveva ancora sul capo e la adagiò su una sedia lì vicino. Si tolse anche gli orecchini, i bracciali e la collana di diamanti, che le avevano imposto di mettere.

Si sciolse i capelli e solo allora, si riconobbe come sé stessa.

Ad un tratto, sentii la porta bussare.

“Chi è?” chiese, sollevandosi in piedi, ormai forte, che niente e nessuno, l’avrebbe ancora costretta a mentire al suo cuore.

“Relena, sono io, sono Heero… per favore, fammi entrare”. La voce di lui si era addolcita. Chissà, magari lo avevano tranquillizzato, dicendogli che la sua futura moglie aveva avuto solo una giustificabile crisi prematrimoniale… di certo, non pensavano che quelle nozze non si sarebbero tenute, né allora, né mai più…

“Che cosa vuoi?” chiese Relena, lontana dalla porta.

“Voglio parlarti… per favore, fammi entrare”

“No, parlami da fuori” rispose, fredda.

Heero sospirò, poi le chiese: “Che cosa ti è successo? Sei stanca? Vuoi rimandare la cerimonia?”.

“Heero, io non posso sposarti, non posso fare a me stessa questo” rispose, le lacrime agli occhi, poi proseguì, più calma e con la voce leggermente addolcita “E non posso neanche farlo a te… tu sei una persona meravigliosa, credimi, e io ti voglio un bene dell’anima, ma non posso mentirti, come ho fatto, fino a questo momento…”.

“Tu non mi hai mentito, mai” rispose il ragazzo la voce ferma e decisa “Sei sempre stata onesta con me”

“Forse prima, forse quando eravamo più piccoli” replicò lei, il cuore che chiedeva di dire tutto quanto prima possibile, ma che, allo stesso tempo, aveva ancora paura di farlo “Da quando tu sei tornato, non ho avuto il coraggio di dirti una cosa che, per me, era troppo importante, ma che volevo nascondermi, perché ne avevo troppa paura. Ho finto che non esistesse, ma, invece, era troppo forte in me, e oggi non ce l’ho fatta più a tenerla nascosta. Mi è scoppiata nel cuore, Heero…”.

“Che cosa non mi hai mai detto?” chiese Heero, in un sussurro. Per la prima volta nella sua vita, aveva paura. Una paura matta della risposta, che sarebbe venuta dall’altra parte di quella porta, e che non voleva neanche pensare o provare ad immaginare.

Relena sospirò a lungo, poi disse, in un bisbiglio: “Heero, io sono innamorata di Duo e, se il mio senso del dovere e di colpa, potrebbero sposarti e lo stavano per fare, il mio cuore non può. Io amo Duo…”.

Heero sentii la vista annebbiarsi. Era quella la risposta, che temeva più di tutte.

Qualsiasi cosa, tranne questa! Qualsiasi cosa, tranne questa! Tutte, tranne questa! Che mi dica che mi odia, che non mi sopporta, ma per favore, non che quello che prova per lui, è più forte di quello che prova per me…

Iniziò a battere i pugni sulla porta, urlando: “Relena, tu sei solo spaventata! E’ solo questo, amore mio, credimi! Apri questa porta! Ti prego, apri questa porta!”.

Relena si avvicinò alla porta, poi disse: “Heero, io non so come spiegarti, ma credimi mi dispiace, mi dispiace tanto! Ho mentito a me stessa per tutto questo tempo, ma io lo amo ancora, e avevo troppa paura ad ammettere che quello che provavo per te fosse finito, e non fosse eterno, come avevo sempre pensato! So che forse Duo non vorrà più saperne niente di me, ma io non potevo mentirti ancora così, solo per la mia sciocca paura! Che cosa dirò un giorno a mia figlia? Le dirò che amavo da morire suo padre, ma che l’ho lasciato andare via?!”.

Heero smise di battere pugni sulla porta e le chiese: “Perché lui, Relena? Perché lui?!”.

Lei rispose:” Non lo so perché, Heero, e, a volte, vorrei saperlo… vorrei darti una spiegazione, qualsiasi cosa meglio di questo, ma non ci riesco, non ci riesco, Heero! Io so solo che lo amo e che non potevo continuare ad andare avanti così…”.

Heero, per un po’, non rispose. Aveva decine di sguardi addosso, ma non gli importava niente, niente di niente. Che dicessero quello che volevano… si sentiva vuoto, come lo era stato prima di conoscere quella meravigliosa persona, che ora era barricata dietro quella porta materiale, ma da cui era ormai irrimediabilmente lontano per via di quel suo sentimento, che lui non era più in grado di fermare e di combattere… per la prima volta nella sua vita, non voleva combattere, e neanche, pensandoci, poteva… aveva sempre avuto davanti a sé nemici fisici, persone che detestava o che rappresentavano un ostacolo per l’adempimento delle sue missioni. Ma, stavolta, aveva avanti quello, che doveva essere il senso della sua vita, la persona, che amava di più al mondo, e a cui non avrebbe mai potuto fare del male. L’ostacolo tra lui e quella persona era rappresentato da un’altra persona, che ora non c’era, ma che anche se ci fosse stata, non avrebbe mai potuto neanche sfiorare. Relena ne sarebbe rimasta straziata, se lui fosse morto, e poi, anche se lo avesse effettivamente ucciso, il loro amore non sarebbe finito.

Lentamente si rivolse alla porta chiusa e disse: “ Vorrei dirti che stai sbagliando, Relena, ma ti conosco troppo bene, e so che, se decidi qualcosa, è quella e non c’è niente da fare. Vorrei poterti dire tutto quello che sto provando in questo momento, ma sento solo un grande vuoto e so che forse le mie parole ti convincerebbero a mentirmi ancora e so che non potrei più sopportarlo…. avere il tuo corpo, ma non il tuo cuore, come è successo, da quando sono tornato… non puoi immaginare, come vorrei tornare indietro, e cambiare quanto è successo, non essere partito ed essere rimasto, ma so che pensarci ora è inutile… in fondo, l’ho sempre saputo che tu non dovevi stare con me, ma con qualcuno che ti facesse scordare chi sei, come sta facendo adesso, anche se a distanza, Duo… e tu con me non hai mai scordato per un solo secondo chi eri, Relena…”.

Heero tacque, il cuore sempre più schiacciato. Ormai non c’era più niente, più niente da cui tornare. La porta lentamente, si aprì e Relena uscì. Era sempre bellissima, ma ora era anche irraggiungibile. Anzi, ed era una cosa stranissima, era più bella di quanto non lo fosse mai stata; mai, come in quel istante, voleva averla, ma quello era forse l’unico momento della sua vita, in cui era cosciente che Relena non era più sua, non lo era più, e questo lo lasciava tramortito, come se ne fosse completamente devastato. Era un uragano e non poteva fermare quell’ombra scura, che si stava rapprendendo sulla sua anima, quell’ombra, che Relena aveva dissipato, ma che ora stava tornando. E faceva male, cavolo quanto faceva male, un dolore acuto e sordo, che pensava che non sarebbe mai morto. Ne sarebbe morto prima lui, ne era certo…  solo ora, si rendeva conto che  a renderla così bella era quello stesso sguardo che aveva la prima volta, che l’aveva rivista… ecco, quale era stato il suo errore: rimanere ottuso e non capire che lei era di Duo, anche quando aveva accettato di sposarlo, e lo aveva baciato. Era stato quello il suo sbaglio, il chiudersi per non capire, per non vedere, per non stare male, per non convincersi e sapersi dire che l’aveva già persa, e che aveva fatto male a tornare sulla Terra. Era chiaro che lei doveva essere cambiata, era chiaro… solo lui era rimasto bloccato nella dimensione del tempo mai passato, solo lui. Ma lei no . Era chiaro che lei doveva andare avanti… assolutamente sgradite, gli tornarono in mente le parole di Duo, di tanto tempo prima…

… ora tu mi vieni a dire che lei sarebbe dovuta morire per te, ma restarti fedele per sempre?!…

Relena lo guardò in viso, le lacrime che scendevano lungo le sue guance: “Heero, io non so che cosa dire… io, io non posso lasciarti così… tu non mi perdonerai mai, mi odierai per sempre, Heero…”.

Il ragazzo le disse, secco: “Ascoltami, Relena… ho capito che cosa è successo e so che tu non potevi andare contro il tuo cuore, e non ti biasimo per questo… ma ti prego, so che è solo questo il momento, in cui potrei farti andare via, poi non ce la farò più… parlare di perdono è inutile, ora, e so che adesso è il tuo ultimo pensiero… vai da lui… vai da Duo”.

Relena nascose il viso tra le mani, e scoppiò in singhiozzi più forti. Poi, si mosse verso di lui e lo abbracciò velocemente, mormorando: “Scusami Heero!”, poi corse via.

Heero rimase immobile per un po’, poi lasciò la chiesa, diretto verso lo spazio. In fondo, Relena gli aveva insegnato che si doveva sempre continuare a vivere, sempre. E lui, aveva una persona, da cui tornare, anche se non era quella che doveva essere e avrebbe voluto che fosse.

Mentre era in taxi per raggiungere l’aeroporto, uscì dalla tasca il cellulare e compose un numero.

“Pronto?” rispose una squillante voce femminile.

“Angie, sono io, sono Eddie… sto tornando a casa” rispose con un sorriso melanconico, pensando che non la vedeva da almeno un anno.

“Si può sapere dove sei stato?!” chiese lei, trafelata.

“A cercare il mio passato…” rispose sconsolatamente.

“E l’hai trovato, almeno?”

“No, sono ancora Eddie Thompson” rispose deciso, più che mai a non farle sapere niente di quello che era successo.

“Smettila Heero” disse dolcemente Angie “So benissimo chi sei…credi che non ti abbia visto in televisione?!”

“Scommetto che non vuoi più che torni a casa…”.

“Non dire sciocchezze… muoviti e basta! Ti sto aspettando da un anno, e poi devi conoscere Alex…”.

“E chi è Alex?!” chiese curioso.

“Tuo figlio… e, se non fossi partito così all’improvviso, avresti saputo che ero incinta…”.

Heero rimase immobile, un tenue sorriso sul volto. Aveva anche lui un figlio. In fondo, anche lui era in quel tempo, che credeva di non possedere più.

 

 

Duo si era appena alzato da dormire. Guardò l’orologio sul comodino e vide che erano le 11. Aveva dormito malissimo quella notte, guardando sempre l’orologio, assolutamente incapace di addormentarsi. La lancetta delle ore camminava lentamente, e, ad ogni ora, mormorava: “Tra dieci ore, Relena sposerà Heero, tra otto ore…”. La notte era passata  e all’alba, lui si era addormentato, esausto. Erano ormai giorni, che non dormiva. Ma che cavolo diceva?! Erano mesi, che non chiudeva occhio, da quando aveva lasciato la Terra, e la sua insonnia era decisamente peggiorata, da quando Relena aveva deciso di sposare Heero. Era stata sua madre a dirglielo, accompagnando la notizia con un commento acido: “ E tu, un pilota di Gundam, permetterai che la tua fidanzata sposi Heero?!”. Lui, il cuore che si era compresso tra i polmoni, aveva risposto che non era più la sua fidanzata. Al che, la madre aveva risposto: “Ma è sempre la madre di tua figlia? Vuoi dirmi che di lei non ti importa più niente?!”. Lui aveva annuito, poi era uscito ed era andato a farsi un giro. Era arrivato in un bar, e aveva bevuto parecchio. Era stato Trowa a venirlo a ripescare e a portarlo a casa. Lui si era disteso sul divano e, sotto l’effetto dell’alcool, si era messo a piangere, come un bambino. Poi, quando la sbornia era passata, aveva cominciato a pensare più razionalmente. Non voleva, non voleva per alcuna ragione, che Relena sposasse Heero, ma la sua mente, la sua paura di quello che era il sentimento che ancora provava per lei, e che temeva che non l’avrebbe mai più lasciato, e il senso di colpa, per aver permesso che lei fosse rapita, lo bloccavano. E i giorni passavano lenti, e, nonostante le lettere e le telefonate incessanti di Laurie ed Hilde, aveva deciso che non sarebbe mai tornato indietro. Mai. Relena aveva deciso da sola di sposare Heero, lui non le aveva imposto niente, e non voleva che, tornando, lei si volgesse indietro, spinta solo dal tenue affetto, che provava per lui, e, soprattutto, per bene di Daphne.

Ma quella mattina, quando si alzò, e guardò per l’ennesima volta quell’orologio, pensò, sebbene non volesse: “Relena sta per sposare Heero… manca ormai mezz’ora…”, e sentii una fitta al cuore, fortissima, che lo fece piegare in due sul letto. Non poteva, non poteva permettere che accadesse… non poteva! Non poteva! Doveva tornare, doveva fermare tutto, doveva, altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato… doveva dire a Relena che lui l’amava, che l’amava ancora, da morire, come il primo giorno. Che gli importava , per quale motivo, lei sarebbe potuta tornare da lui, basta che lo facesse… basta che tornasse a stare accanto a lui, a farlo sentire vivo, a fargli sentire che voleva vivere ogni giorno, come se fosse l’ultimo…

Si alzò di corsa dal letto, e si vestì velocemente. Poi si precipitò giù per le scale in cucina, salutò la madre e corse verso l’aeroporto. La strada sembrava non finire mai, non finiva mai quella maledetta strada… girò l’angolo, l’occhio sull’orologio… le 11, 15, non ce l’avrebbe mai fatta, ma, intanto prese a correre ancora più forte, una fitta lancinante nel fianco, che gli mozzava il respiro.

Si ricordò che cosa gli avevano detto i suoi addestratori, tanti e tanti anni fa: “Quando una cosa ti sembra impossibile, concentrati sul perché la vuoi fare… vedrai che, se ci tieni davvero, riuscirai a superare tutte le leggi dello spazio, del tempo e della possibilità…”.

“Io devo andare da Relena, io devo andare da lei… devo dirle che io la amo, che non l’ho dimenticata, devo spiegarle bene perché ho avuto paura e l’ho lasciata…” si costrinse a pensare, mentre le gambe trovavano ancora dell’energia residua.

Arrivò all’aeroporto, che erano le 11, 25. Doveva prendere uno di quegli aerei superveloci per portarlo sulla Terra, che ci impiegano una decina di minuti, e sperare che ci fosse un collegamento, diretto per Saint Kindom.

Ma, quando entrò nell’aeroporto, vide un sacco di gente, che sostava alle uscite e alle entrate, con delle valigie, che attendevano, evidentemente stanchi.

Gli venne un terribile sospetto…

“Scusa” chiese ad un uomo, che era lì vicino “Ma gli aerei non partono?!”.

L’uomo rispose: ”C’è uno sciopero… non parte nessun aereo, fino all’una…”.

Duo si sentii mancare, poi, pallido, chiese: “Ne sei sicuro?! Nessun aereo?!”.

L’uomo rispose: “Sì, nessuno… io dovevo andare a Saint Kindom per il matrimonio della Regina Relena, ma mi sa tanto che lo perderò…”.

Duo chiese, sperando con tutte le sue forze: “Non c’è una linea privata, o qualcosa del genere?! IO DEVO ANDARE A SAINT KINDOM AD OGNI COSTO!!!”.

L’uomo, visibilmente spaventato dalla reazione del ragazzo, disse amichevolmente: “Mi dispiace, ma non c’è alcuna linea privata, niente di niente… anch’io devo andare a Saint Kindom, ma tutti gli aerei sono fermi…”.

Duo si mise le mani tra i capelli, assolutamente incapace di dire e anche di pensare qualcosa. Perché diamine aveva aspettato fino ad allora, per capire che doveva tornare da Relena? Adesso era troppo tardi…

Sollevò distrattamente lo sguardo, e vide uno schermo, su cui stavano trasmettendo il matrimonio di Relena. Molta gente guardava quelle luccicanti immagini di magnificenza e splendore, gli occhi un po’ sognanti e un po’ invidiosi. Duo si avvicinò a quella gente e guardò anche lui verso lo schermo della televisione.

La voce di un’annunciatrice stava commentando: “Ed ecco, la neo- incoronata Regina Relena Eleanor Peacecraft, che fa il suo ingresso nella Cattedrale di Saint Kindom…”. Duo fu completamente rapito dalla visione di Relena in televisione. Mai, come allora, quando sapeva di non poterla avere, la voleva accanto a sé, con tutto sé stesso. Lei indossava un lungo vestito da sposa, di colore avorio, con un corpetto, con ricami, che splendevano luminosi. Dietro di sé, portava un lunghissimo strascico, fissato con delle rose bianche di seta trasparente. Sul capo, aveva la corona dei Peacecraft, quella corona di diamanti brown, che lei non aveva mai voluto indossare, ma che ora stava portando, con tanta eleganza e disinvoltura; anche il suo sguardo, era cambiato, era fisso nel vuoto, come se sapesse esattamente a che cosa stesse andando incontro. 

Duo si allontanò velocemente e non udì neanche le persone che mormoravano: “Guardate, la regina si è fermata!” e lasciò la sala dell’aeroporto.

Quando fu fuori, gli sembrò che l’aria si fosse fatta più fredda. Stringendosi nelle spalle, si disse, guardando il cielo, che crudele, lo separava dalla sua Relena: “Era già troppo tardi…”.

 

 

Relena era stata intercettata, prima che uscisse dalla chiesa, completamente presenziata dai giornalisti, dalle sue amiche e da Jeannemarie, che l’avevano condotta in una stanzetta.

Jeannemarie le aveva sorriso, poi le aveva dato un pizzicotto sulla guancia e le aveva detto: “Certo che lei è un continuo spasso, Relena! Ha avuto il coraggio di lasciarlo, proprio sull’altare!”.

Relena aveva sorriso malinconicamente, poi aveva risposto: “Non volevo farlo, ma non potevo neanche sposarlo, ora che ho capito che sono innamorata di Duo…”.

Jeannemarie aveva annuito, con il capo più seria, e le aveva risposto che aveva fatto bene.

A quel punto, Relena disse alle amiche: “Volevo ringraziarvi… tutte voi mi avete aiutato a non commettere il più grande errore della mia vita…”.

Le quattro amiche sorrisero, poi aguzzarono le orecchie alle altre parole di Relena: “Ascoltatemi, io devo assolutamente andare da Duo… ora so anche dov’è, e non posso più sopportare di stare lontana da lui… ma non ce la farò mai a lasciare questo posto… ci sono troppi giornalisti, per non parlare degli invitati e dei Membri del Parlamento!”.

Chanelle scosse la chioma bionda e disse: “Già, è un bel problema!”.

“Ma non del tutto irrisolvibile!” disse, a quel punto, Hilde “Mi è venuta un’idea!”.

“Che genere di idea?” chiese Relena, preoccupata. Quegli scatti di Hilde, gli conosceva fin troppo bene; una ne faceva e cento ne pensava.

“Bene, il mio piano si articola in varie fasi” cominciò Hilde con aria da cospiratrice “Avrò bisogno della collaborazione di tutte voi…”.

Dopo qualche minuto, i giornalisti videro uscire dall’ingresso secondario della chiesa, una sagoma, avvolta da un vestito bianco, accompagnata da altre due figure. Una giornalista, avvolta in un tailleur verde smeraldo, urlò: “Ma quella non è la Regina?!”.

Gli altri si volsero a guardarla e videro che, in effetti, la figura, che ora stava entrando in una auto con vetri neri, non poteva essere altro che la Regina. Tutti si armarono dei mezzi, con cui erano arrivati, e si posero all’inseguimento dell’auto, lasciando il piazzale della chiesa completamente vuoto.

Nell’auto, Hilde sorrise, seduta accanto a Laurie: “Certo, che sono proprio degli imbranati! Non hanno neanche sospettato che Relena è molto più magra di questa pseudo-Regina, che abbiamo usato…”.

Chanelle, alla sua destra, borbottò, contorcendosi nel vestito da sposa di Relena, per lei effettivamente un po’ stretto: “E’ normale che sia più magra di Relena! Lei, con quel lavoro ingrato che fa, non mangia praticamente mai!”.

Laurie le disse amichevolmente: “Se continui a mangiare così, non troverai mai un ragazzo, sorellina!”.

Chanelle si lamentò, colpita nel vivo dalle parole del fratello, poi li incitò a chiamare Annie e Soraya, per dire che la prima parte del piano era andata a buon fine. Annie, sentendo il suo cellulare, squillare, disse: “Ok, ce l’hanno fatta!”.

Relena sospirò di sollievo. Non era stata molto convinta dal piano di Hilde, ma adesso si sentiva sollevata dall’avere delle amiche, così speciali, come loro. Sperava che, anche il resto procedesse bene… voleva raggiungere Duo quanto prima.

Soraya si alzò dalla sedia, dove era seduta e disse: “Bene, adesso tocca a me…”.

Annie la ammonì, con lo sguardo: “Mi raccomando, cerca di metterci un po’ di emozione in quello che dici!”.

Soraya replicò freddamente: “ E tu cerca di non far precipitare lo shuttle!”.

Annie non rispose, mentre l’amica usciva dalla stanza.

“Adesso, dobbiamo solo aspettare che Soraya distragga quelle vecchie mummie dei parlamentari e dei consiglieri, e poi andremo da Duo” disse decisa Annie a Relena.

Relena, che ora indossava un paio di pantaloni bianchi, corti sotto il ginocchio, e una camicia celeste smanicata, rispose, la mano sul cuore: “Non vedo l’ora…”.

Jeannemarie, che teneva in braccio Daphne, chiese preoccupata ad Annie: “Ma tu sei sicura di saper guidare uno shuttle?!”.

Annie, leggermente offesa, rispose: “Ma certo che lo so fare! Ho preso la licenza, ben tre mesi fa… e poi abbiamo ben poca scelta, c’è uno sciopero degli aerei, e Relena deve vedere Duo quanto prima possibile. Se non ti fidi di me, non venire, no?!”.

Jeannemarie replicò leggermente offesa, anche lei: “No, ci vengo, chi se la sente la madre di Relena, se le succedesse qualcosa?! E poi, scommetto che Duo, per prima cosa, vorrà vedere la sua bambina, in fin dei conti non l’ha mai vista!”.

Relena annuì con dolcezza, il dito stretto nel pugnetto di Daphne.

Dopo qualche minuto, sentirono la voce di Soraya, che iniziava a leggere il discorso che Relena aveva scritto, per comunicare la sua decisione di rompere la promessa e di rinunciare al Trono, in favore di suo fratello.

Le tre donne lasciarono furtivamente la stanza, costeggiando silenziosamente il muro della chiesa. Lentamente, riuscirono ad uscire dalla chiesa. Relena respirò ancora di sollievo: nessuno si era accorto di loro. Li avrebbe voluti salutare meglio, ma sapeva benissimo che, se lo avesse fatto, non l’avrebbero fatta più andare via. Invece, lei doveva andarsene, doveva andare da Duo. Non le importava più che cosa sarebbe successo dopo, basta che avesse avuto lui. Le tre entrarono nella macchina di Annie e, in capo a qualche minuto, raggiunsero l’aeroporto, che come prevedeva Annie, era presidiato dai manifestanti. Relena si mise un cappello in testa e un paio di occhiali scuri per non essere riconosciuta, poi raggiunsero gli hangar privati della Famiglia Reale. Relena si sedette con Daphne, sulle ginocchia, accarezzando i capelli biondi della bimba e mormorando: “Tra poco, vedrai il tuo papà, Daphne… speriamo che lui voglia ancora stare con noi…”, mentre Jeannemarie, seduta accanto a lei, era praticamente incollata al sedile.

Sebbene il volo fosse stato abbastanza turbolento, le tre giunsero in un’oretta sulla colonia D- 5648.

Uscirono dall’aeroporto, dove Relena riconobbe, imponendogli però di stare zitto, un suo vecchio amico del liceo, che sembrava morire dalla voglia di sapere perché aveva mollato sull’altare Heero Yuy, ma lei gli impose con lo sguardo di tacere.

“Scusami, Mark” chiese Relena, visibilmente di fretta “Sai, per caso, dove si trova Fredeiman Avenue?”.

Mark si grattò distrattamente, sotto il mento, poi disse: “Credo che sia a tre isolati di qui… ma non ne sono del tutto sicuro… comunque, vorrei chiederti solo una cosa: il tuo matrimonio non si fa più? Così, me ne vado a casa…”.

Relena, rispose, seccata: “Te ne puoi andare a casa, Mark… non ci sarà nessun matrimonio oggi”.

Mark disse, divertito: “Meno male, sai… mi ero scocciato di aspettare… peccato, per quel tipo che doveva andare a Saint Kindom con tanta urgenza…”.

Relena, il cuore in gola, chiese: “Quale, quale tipo che doveva andare a Saint Kindom urgentemente?!”.

“Non lo so” rispose Mark “Mi sembrava di conoscerlo di vista, ma non ne ricordo il nome… comunque, era alto, i capelli castano chiaro e gli occhi blu… perché, lo conosci?”.

Relena mormorò, sorridendo: “Spero di sì… hai visto dove è andato?”.

Mark rispose che lo aveva visto uscire, ma che non sapeva dove fosse andato.

Relena lo salutò e lo ringraziò, poi si mise alla ricerca di Fredeiman Avenue.

 

 

Duo era tornato a casa da qualche minuto, ed aveva chiesto alla madre di non passargli nessuno al telefono e neanche, se fosse venuto qualcuno per lui, di farlo venire. Aveva rifiutato di mangiare, e si era chiuso nella sua camera, steso sul letto, lo sguardo incatenato sul soffitto bianco.

Si sentiva una nullità, uno stupido… era stato capace di perdere, di nuovo, Relena. Lo sapeva che era brutto pensarlo, ma Heero aveva vinto, aveva vinto di nuovo, e stavolta, non se la sentiva neanche di biasimarlo. Era stato, in fondo, lui a lasciargli campo aperto, che altro avrebbe pensato che potesse accadere, se avesse cessato di combattere come Heero aveva sempre, invece, fatto? Era stato lui a voler perdere Relena, solo lui, per la sua sciocca paura, perché non voleva rischiare di rimanere ferito, era stata colpa sua… e adesso, doveva cominciare ad imparare che avrebbe dovuto, per sempre, convivere con quella costante croce: non aver sconfitto il destino, che, se si era messo contro di lui, non avrebbe mai e poi mai vinto… sì, come no, adesso si metteva anche a fare il fatalista. Il destino siamo solo noi a costruirlo, e lui ce l’aveva messa tutta per distruggere quello meraviglioso, che si poteva conquistare.

Ad un tratto, sentii la porta bussare e la voce della madre chiamarlo.

“Che c’è mamma? Ti ho detto, non ho fame…” rispose, scocciato.

Isabelle disse: “Duo, c’è una persona che vuole vederti… puoi uscire per favore?”.

Duo le rispose bruscamente: “Mamma, chiunque sia, mandalo via… non voglio vedere nessuno, ok?”.

Per tutta risposta, la madre aprì la porta. Duo sospirò, sollevandosi dal letto, poi disse ancora burberamente: “Si può sapere chi diamine è, mamma?!”.

Isabelle fece cenno alla misteriosa persona di entrare. Duo, per poco, non cadde dal letto. Era lei, era Relena… non poteva crederci, era lì, era davanti a lui, che si stringeva nelle spalle sottili, e lo salutava. Era ancora più bella, di come se la ricordava e di come l’aveva vista quella mattina, in televisione… il suo sguardo, inoltre, sembrava che si fosse rasserenato. Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla, per quanto fosse grande la gioia di ritrovarla, dopo più di un anno, che non si vedevano. Lei non sembrava eccessivamente cambiata, anche se l’ultima volta, che lui l’aveva vista, quella fredda sera, in quell’hangar deserto, era ancora incinta di Daphne e ora, invece, aveva già partorito. Si pentì di non esserle stato vicino, in quei mesi… sebbene, non è che fosse molto cambiata, aveva un’espressione nuova, più dolce e tranquilla, e gli sembrò abbastanza chiaro che era perché era diventata mamma.

Ma, allo stesso tempo, non poté impedirsi di pensare: “O magari, sta così bene, perché è diventata la moglie di Heero…”,  il cuore che saltellava tra i suoi polmoni. La sua espressione felice e sorpresa, si rabbui all’istante.

Relena non si accorse di questo suo cambiamento di espressione, dato che aveva lo sguardo piantato per terra. Appena era entrata, dopo aver lasciato Daphne con Jeannemarie ed Annie, al piano terra, si era sentita quasi svenire, quando aveva rivisto Duo. Lui era anche più attraente, di come se lo ricordava. Indossava quella camicia grigio scuro, che lei gli aveva regalato per il suo compleanno, e un paio di pantaloni chiari; non era cambiato, anche se era un po’ dimagrito. Appena lo aveva visto, si era sentita il viso in fiamme, ma anche molto tranquilla e, dopo averlo salutato, aveva taciuto. Non riusciva più a ricordarsi nessuna di quelle belle frasi, che si era preparata in aereo, e quando lui le chiese che cosa volesse, non fu capace di rispondere altro, che: “Il mio orecchino… quello che hai preso per sbaglio…lo sai che ci tengo molto” sussurrò, sentendosi un idiota.

Duo disse triste: “Già, il tuo orecchino… aspetta, devo averlo messo da qualche parte…”.

Mentre rovistava tra la sua roba, riuscendo finalmente a trovare il piccolo fiore di perline, si disse: “Non potevo certamente illudermi che una donna, ormai, sposata, potesse volere qualche altra cosa…”, anche se non riusciva ancora a capire perché lei se lo fosse venuto a riprendere proprio allora.

Si voltò verso di lei e le tese la mano, con l’orecchino dentro. Lei, che ancora non riusciva a guardarlo in faccia, tese la sua mano, lo sguardo basso, dove lui le fece cadere l’orecchino. Le loro mani si sfiorarono solo per un attimo, ma fu sufficiente a far tornare Relena in sé.

“Accidenti, Relena” si disse, scuotendo la testa “Non sei mica venuta per questo stupido orecchino!! Lo vuoi perdere di nuovo?! Muoviti, parla!”.

Si fece forza e alzò finalmente il capo, verso di lui, mentre sentiva i loro occhi uniti, da un filo invisibile.

Duo arrossii visibilmente, mentre cercava di ripetersi: “Non guardarla, così, Duo… è una donna sposata adesso, e poi è pur sempre la moglie di Heero… smettila!”, ma, anche se lo continuava a ripetere, non riusciva a smettere di fissarla, mentre il desiderio di stringerla si faceva lancinante nel suo cuore.

Relena, dopo qualche attimo, in cui non era stata ancora capace di parlare, persa nel loro silenzioso sguardo, disse: “Ascolta, Duo… non sono qui per l’orecchino… io, io ho bisogno di parlarti…”.

“E’ successo qualcosa a Daphne?” chiese, preoccupato, mentre si ricordava che non aveva ancora visto la sua bambina.

“No” disse Relena, negando con il capo, poi, mentre cercava di trovare le parole, disse: “E’ qualcosa che riguarda me e… e te…”.

“Noi due?!” chiese Duo, senza capire, poi, leggermente seccato, disse: “Non vedo che ci sia ancora da dire, Relena… mi sembra chiaro che tra me e te, sia finita, se è di questo che poi, vuoi parlare…”.

Relena si sentii morire. Era davvero finita, allora per lui? Le venne da piangere, e si sentii persa. Lui non la voleva più, lui pensava che fosse ormai finita… ma poi sospirò e si fece forza. Che altro, in fin dei conti, poteva aspettarsi da lui, per come lo aveva trattato, per non averlo mai cercato, che altro si poteva aspettare, che lui tornasse da lei, anche se era l’unica cosa che ora voleva. Ma poi, pensò che, in fin dei conti, non importava che per lui fosse finita, non importava… la cosa più importante era dirgli che lei lo amava ancora, e che era stato per quello, che non aveva sposato Heero… doveva essere finalmente sincera, e voleva cominciare ad esserlo con la persona più importante della sua vita.

Relena disse, la voce ferma e sicura: “Sono contenta che, per te, sia tutto finito e, credimi, non vorrei turbare la tua serenità, ma per me, invece, non lo è, e non posso più negarlo a me stessa… “.

Duo le sussurrò, non riuscendo ancora a capire: “Che cosa vuoi dire?”.

Lei respirò profondamente e poi disse: “Duo, io ti amo ancora e, anzi, ti amo molto di più di quanto ti amassi prima… era questo, che volevo dire … se, per te, è finita, per me non lo è… e non crederò che riuscirò mai a smettere di amarti…”. Relena alzò ancora lo sguardo, incatenandolo a quello sorpreso di Duo. Avrebbe ancora voluto stringerla e non lasciarla più, ma, continuava a ripetersi che Relena ora era la moglie di Heero, e che non poteva più tradirlo così.

Perché diamine, non era venuta prima da lui, prima di sposare Heero, se davvero lo amava? Adesso lo sapeva, era troppo tardi, e, se prima aveva sbagliato, adesso la questione era molto più seria. Amava da morire Relena, era ovvio, ma non poteva e neanche voleva che lei lasciasse, allo stadio attuale delle cose, Heero per lui; pensare, poi, di proseguire, poi, la loro relazione clandestinamente, con lei ancora sposata, era più che mai impossibile. Non avrebbe mai avuto la forza e la sfacciataggine di farlo.

Si riscosse lentamente dalle sue riflessioni e si rivolse a Relena, che lo guardava in attesa di una risposta. La sua voce era dura e decisa, sebbene, nel profondo, non avrebbe mai voluto dire quelle cose: “Ascolta, Relena, credo che sarebbe inutile mentirti, quando tu sei stata così onesta con me… la realtà è che io e te non stiamo più assieme da un anno, e, se non ci fosse ancora Daphne ad unirci, tra me e te, non ci sarebbe chiaramente più nulla… so bene che il sentimento che ci lega è qualcosa di ancora molto, e anche troppo, forte, ma le cose sono cambiate, Relena, è tutto cambiato e non credo che potremmo andare avanti, come prima… ci sarebbe sempre il pensiero di Heero a straziarmi, quando starei con te…”.

Relena, che si aspettava una risposta del genere, gli disse, la voce leggermente più alta: ” Lascia fuori Heero, da questa questione, Duo, per una volta tanto! Io sto parlando di te e di me, ed Heero non c’entra niente! L’ultima volta che ci siamo visti, abbiamo litigato proprio per lui, e, se quel giorno non fosse accaduto niente, le cose sarebbero andate molto diversamente…”

“Intanto, tu non saresti stata rapita…” replicò Duo, chiaramente in colpa.

“Lascia stare anche il mo rapimento, adesso, Duo!” continuò lei, la voce sempre più alta “Io sarei stata rapita comunque, te lo posso assicurare… se non fosse stato quel giorno, sarebbe stato un altro… e poi, credi che Heero avrebbe saputo proteggermi meglio, visto che io ho sempre l’abitudine di fare di testa mia? I rapitori avrebbero avuto altre occasioni, stanne certo… e poi, se proprio vuoi saperlo, a parte la paura, il rapimento è stato utile per farmi capire molte cose, e adesso so anche meglio come devo lavorare…”, poi si interruppe, e riprese più silenziosamente: “… solo che non potrò mai riprendere a lavorare, se non avrò te, accanto a me… non ci sono riuscita in questi mesi, e credo che non ci potrò mai riuscire… Duo, io ho bisogno di te perché ti amo…”.

Duo, che stentava a credere alle sue orecchie, era in procinto di cedere, poi ancora si ricordò che Relena era la moglie di Heero, era sua moglie, adesso, e anche, se lei diceva che il suo cuore apparteneva a lui, la sua vita era di Heero.

Al che, replicò decisamente stizzito: “E Heero, invece? Lo ami, perché hai bisogno di lui? E’ un amore diverso, quello che provi per Heero?!”.

Relena, ancora più arrabbiata e convinta sempre che lui sapesse che aveva rinunciato alle nozze con Heero, disse: “Ma mi vuoi spiegare perché metti sempre in mezzo, Heero, diamine?! Heero non c’entra, io …”, poi si bloccò e disse decisa, fissandolo negli occhi: “Duo, mi ami ancora, sì o no? Io sono qui per sapere solo questo, altrimenti me ne vado, e non sentirai più parlare di me. Allora?!”.

Duo era chiaramente alle strette, che cosa poteva dirle? Era palese che lui era ancora perso di lei, ma che cosa sarebbe successo, se glielo avesse detto? Ma, poi si disse: “Devo dirglielo… lei almeno, è stata onesta con me… lei mi ama ancora e voglio che sappia che anch’io la amo… ma non potremmo mai più stare assieme, perché lei è la moglie di Heero…”

Alzò lentamente lo sguardo e le disse, lo sguardo fisso nei suoi occhi: “Mi sembra chiaro che ti amo ancora da morire, ma, Relena, non possiamo, non possiamo, tu sei la moglie di Heero, ora, e non potrei più tradirlo così!”.

Aveva parlato tutto di un fiato, e quando la guardò ancora, la vide sorridere. Che bel sorriso, che aveva, l’avrebbe ricordato per tutta la vita, quell’attimo. Lei continuò a sorridergli, poi gli si avvicinò e gli disse, sussurrando: “Era questo, il problema, Duo? Che io sono la moglie di Heero?”.

Lui, che aveva cominciato ad arrossire, dopo che si era avvicinata a lui, disse, balbettando: “E ti, ti sembra poco?!”.

Lei si avvicinò ancora a lui, poi si mise in punta di piedi, ad un centimetro dal suo viso, e disse dolce: “Duo, io non sono la moglie di Heero, e neanche lo sono mai stata… ho rotto la promessa questa mattina… e l’ho fatto, perchè potrei essere la moglie solo di una persona… e quella persona, ora, è di fronte a me…”.

Duo si sentii sollevare da terra, come se migliaia di angeli lo stessero portando al centro esatto dell’Empireo. Lei non aveva sposato Heero, lei non è la moglie di Heero, non lo è… continuava a recitare la sua mente E non lo è, perchè mi ama, perché vuole essere mia moglie…

Preso dalla gioia, la prese in braccio e la fece volteggiare, attorno alla stanza. Lei scoppiò a ridere, poi appena la mise per terra, lo baciò con trasporto, stringendo forte le sue braccia, attorno al suo capo, mentre si sentiva, di nuovo viva. Lui la strinse forte tra le sue braccia, cosciente di sentirsi rinato al mondo. Solo un bacio, solo uno stupido sfiorarsi di labbra, li aveva liberati del dolore e della sofferenza di un anno intero, solo quell’ancestrale gesto era stato in grado di risvegliarli dal torpore della colpa e della paura, che un destino, scritto da altri, li stava imponendo di vivere. Ma, il loro cuore, aveva rotto quell’incantesimo, che, però tanti decidono di accettare, allettati dalla possibilità di cingere una Corona, o di non rischiare di farsi male.

Dopo qualche minuto, Relena lo prese per mano e, dopo avergli detto che lo amava anche più di prima e sentitasi risposta la stessa cosa, gli disse dolcemente: “Vieni, c’è una persona, che scalcia dalla voglia di conoscerti…”.

Duo, che aveva capito di chi si trattava, scese velocemente le scale, trascinandosi dietro Relena, che urlava, ridendo: “Duo, stai attento, mi stai per far cadere! Adesso la spaventerai!”.

Arrivarono in salotto, dove Daphne era seduta in braccio ad Isabelle, che sorrise nel guardarli, stretti, mano nella mano.

Duo lasciò Relena e si diresse verso la figlia, che lo guardò attentamente, come se lo stesse studiando, gli occhi blu, vigili. Duo si inginocchiò e disse, prendendole un ditino nella mano: “Ciao piccolina! Sono il tuo papà…”.

La bimba lo scrutò per un attimo, poi disse, la voce incerta: “Pa- pa- papà!” e fece segno chiaro di volergli andare in braccio. Duo la prese e se la strinse, dicendo: “Ciao principessina! Scusami se non ti sono venuto a trovare, ma io e la tua mamma eravamo troppo occupati a comportarci da bambini!”.

Relena gli si avvicinò e disse dolcemente: “Per dire il mio di nome, ci ha impiegato mesi… immagino che non mi chiamerai più Principessa!” concluse, ridendo.

“Non credo” disse, sorridendo e stringendo contemporaneamente Daphne e Relena “Sarete entrambe le Principesse del mio cuore, anche se non lo sarete più di un Regno per colpa mia … “

Relena si strinse a lui e disse: “Principessa di un cuore… è mille volte meglio, che essere la Principessa che ero… e se il mio regno, sarà il tuo cuore, non ne gioirò mai abbastanza…”.

Si baciarono ancora una volta, mentre stringevano la loro bambina, figlia del destino, che avevano plasmato con i loro cuori.

 

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