Spirale di Violenza

di Ezrebet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a Sunnydale ***
Capitolo 2: *** Family ***
Capitolo 3: *** Chi sei tu ***
Capitolo 4: *** Festa di benvenuto ***
Capitolo 5: *** Halloween ***
Capitolo 6: *** Non Chiederlo ***
Capitolo 7: *** Attrazione Fatale ***
Capitolo 8: *** A Distanza Ravvicinata ***
Capitolo 9: *** Baratro ***
Capitolo 10: *** Passione ***
Capitolo 11: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 12: *** Amore proibito ***
Capitolo 13: *** Nude Verità ***
Capitolo 14: *** Se non ora quando ***
Capitolo 15: *** Le scelte e il destino ***
Capitolo 16: *** Addio, amore mio ***
Capitolo 17: *** Verrà la morte e avrà i tuoi occhi ***
Capitolo 18: *** Una porta chiusa ***
Capitolo 19: *** Un cuore arido ***
Capitolo 20: *** Le Parole che Non Ti ho detto ***
Capitolo 21: *** I Migliori Anni della Nostra Vita ***



Capitolo 1
*** Ritorno a Sunnydale ***


I
Il treno si fermò al primo binario e subito il marciapiedi si riempì di viaggiatori che, in fretta, si dirigevano all’uscita. Tra essi, c’era Buffy Summers che tornava a Sunnydale dopo un’assenza di oltre otto anni. Avvolta in un elegante cappotto scuro, guardava con insistenza intorno a sé, all’evidente ricerca di qualcuno che sembrava però non esserci. Attese qualche minuto, poi chiamò un fattorino che l’aiutò a trasportare le valigie sul piazzale antistante la hall, dove una fila di taxi aspettava di essere prenotata. Mentre si affrettava dietro il ragazzo, Buffy pensò che essersi aspettata un comitato di accoglienza era stata di certo presuntuoso da parte sua. Per quanto Trevor Rogan l’avesse accolta e fatta studiare come fosse stata una dei suoi rampolli, forse non aveva programmato di inviare limousine o altro alla stazione per lei. E tuttavia, sebbene quel pensiero ora le sembrasse estremamente logico e di buon senso, non poteva negare di provare una punta di delusione.
Una volta fermato il taxi, pagò il fattorino ed attese con pazienza che l’autista caricasse i bagagli. Poi, diede l’indirizzo e si appoggiò esausta allo schienale del sedile posteriore dell’automobile. Il viaggio era stato faticoso e lungo. A Londra aveva preso l’aereo e dopo dodici ore di volo, era salita sul treno che l’aveva riportata nel paese dove era nata e cresciuta e che aveva lasciato a sedici anni.. Una vita fa. Ricordava ancora il giorno della partenza per l’Europa, dove avrebbe frequentato il collegio esclusivo scelto da Trevor, l’uomo che le aveva salvato la vita.. Quel giorno pioveva e la famiglia al completo era venuta a salutarla alla stazione. C’era Trevor, i figli di lui, Wesley, Lindsay, e Andrew, il più piccolo, nato dal suo secondo matrimonio. Buffy li aveva salutati con le lacrime agli occhi. Sentiva ancora il dolore che l’aveva invasa quel pomeriggio e che non l’aveva lasciata ancora per molto tempo dopo.
Trevor Rogan l’aveva presa sotto la sua ala protettiva, divenendo suo tutore, e subito si era preoccupato di darle tutto quanto riteneva fosse necessario alla sua vita. Tra queste cose, c’era un’istruzione di ottimo livello.. Per questo era partita così in fretta, lasciando l’anno scolastico a metà nel liceo pubblico e volando oltre oceano, dove sarebbe rimasta per ben otto anni, il tempo necessario per diplomarsi, prendere la laurea e fare pratica nello studio di un eminente avvocato londinese.
Pensava a tutto questo, mentre l’auto attraversava la città nella notte. Non si sforzava nemmeno di riconoscere vie o quartieri, era troppo stanca anche solo per questo… Poi, ad un tratto, mentre erano fermi ad un semaforo rosso, guardò alla propria destra e, oltre il vetro, notò quel che pareva un piccolo assembramento. Pensò si trattasse di un incidente o di qualcuno che avesse avuto un malore. Così, chiese all’autista di accostare e discese, senza nemmeno ascoltare le sue proteste. Fece qualche passo per vedere meglio, quando le giunsero alle orecchie delle risate sguaiate ed un rantolo sofferente.. Corrugando la fronte, si avvicinò ulteriormente e vide che la folla che aveva notato era formata da alcuni individui vestiti completamente di nero che guardavano a terra quel che sembrava un fagotto informe e tremante completamente schiacciato contro il muro.
Osservò meglio e capì in che cosa si era imbattuta, si trattava di un pestaggio. Con ogni probabilità, gli uomini vestiti di nero erano membri di una banda, o qualcosa del genere, che si accaniva contro il poveretto accasciato a terra. Subito, sentì che il respiro le si mozzava per lo sdegno, come accadeva ogni volta che si trovava di fronte ad una palese ingiustizia. Che razza di gente era, questa che si accaniva contro un uomo solo, nel cuore della notte?
La sua presenza fu notata da qualcuno e non passò molto tempo che si ritrovò diverse paia d’occhi puntati addosso. I teppisti vestiti di nero la fissavano in cagnesco.
“Molto interessante. Uomini grandi e grossi ed armati fino ai denti, a quanto sembra, che se la prendono con un poveretto” esclamò incrociando le braccia sul petto, per niente intimorita dalla situazione. Gli uomini, dopo un iniziale momento di sbigottimento, presero a sorridere sarcastici ed uno di loro si fece avanti “Oh, ma chi abbiamo qui, una barbie coraggiosa?”.
“Sei tu il capo?” lo affrontò alzando il mento in segno di sfida “Se lo sei, dì ai tuoi uomini di disperdersi o sarà peggio per loro”.
L’uomo alzò le sopracciglia e scoppiò in una sonora risata “Ah, si? E quale sarebbe questo peggio?”.
Senza neanche farlo finire di parlare, Buffy gli sferrò un calcio allo stomaco, cogliendolo di sorpresa e facendolo barcollare. Poi, con una gomitata lo stese a terra e gli appoggiò un ginocchio fra le scapole, tenendogli ferme entrambe le braccia. “Intendevo questo peggio” mormorò premendo più forte e strappandogli un urlo di dolore.
Nessuno si mosse. Era avvenuto tutto nel giro di pochi secondi, lasciando la gang senza fiato. Erano immobili, disposti a semicerchio intorno a Buffy ed al loro capo reso innocuo, completamente dimentichi del poveretto contro il muro.
Il silenzio fu rotto da un applauso solitario e lento e da una voce, roca e divertita, che diceva “Brava. Bello spettacolo. Ti faccio i miei complimenti”.
Buffy alzò la testa e vide gli uomini intorno muoversi per lasciar passare qualcuno che sembrava emergere letteralmente dalle tenebre. Alto, avvolto in una giacca di pelle nera, jeans scuri e lo sguardo fisso su di lei. Sorridente.. di un sorriso che non coinvolgeva lo sguardo, freddo come il ghiaccio.
“Un numero eccezionale. Hai fatto venire voglia anche a me di ballare” poi lasciò scorrere gli occhi sprezzanti sui presenti “Hai dimostrato in meno di trenta secondi che mi circondo di incapaci” la guardò ancora “.. se non l’hai ancora fatto, spezzagli qualche osso, così si ricorderà della lezione..”.
Riprendendo il normale ritmo del respiro, Buffy si sollevò velocemente, riassettandosi i vestiti. Guardò l’uomo ancora steso a terra, poi disse “No. Non colpisco chi ho già reso innocuo”. Alzò la testa e guardò il nuovo arrivato, che era decisamente il capo di quella banda di disgraziati “Né è mia abitudine infierire.. quindi..” si diresse al taxi, ancora fermo al lato della strada “Cercate di non farlo neanche voi” e prima di salire sul sedile posteriore, lanciò un’occhiata alla vittima della gang.. Era sparita.
Prima di chiudere la portiera, sotto lo sguardo esterrefatto dell’autista, guardò ancora una volta l’uomo avvolto nello spolverino di pelle. Anche lui la stava fissando.. un’espressione indecifrabile sul viso dagli zigomi infiniti. Forse la stava studiando o forse stava meditando una qualche vendetta..
Mentre l’automobile ripartiva, Buffy abbassò le palpebre  e si appoggiò allo schienale.
“Non preoccuparti, ci rivedremo, William” pensò tra sé, sospirando.

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Capitolo 2
*** Family ***


Vorrei ringraziare le persone che hanno letto il primo capito, Ritorno a Sunnydale. Volevo chiarire che la storia è completa nel senso che è già finita e che la pubblicherò a capitoli. Scusate se non era chiaro, ma sono nuova.. Buona lettura.

II Family

Ad aprirle il portone fu il maggiordomo, Rupert. Buffy lo riconobbe immediatamente, nonostante avesse addosso una giacca da camera bordeaux e i pantaloni del pigiama. La fissò perplesso da dietro le lenti tonde, poi spalancò gli occhi "Signorina Buffy!" esclamò "Oh, per l'amor del cielo.. L'attendevano per domani mattina" si spostò per farla entrare "Entri, presto, che fa freddo.. Oh, buon Dio, a quest'ora della notte.." continuava a balbettare "Come è arrivata?". "Con un taxi" gli sorrise "Caro Rupert, non sono una ragazzina" gli strinse calorosamente una mano "Ho i bagagli qui fuori. Credi di potermi aiutare a trasportarli". Senza farselo ripetere, Rupert uscì nel portico. Buffy si guardò intorno. La hall della villa non era per niente cambiata. Il grande lampadario a goccia, la scalinata di marmo ed ottone, le piante ornamentali.. Sospirò, ripensando alle ore trascorse in quella casa, così grande e rumorosa. Nel frattempo, Rupert aveva richiuso la porta e la stava osservando. "Signorina, avevamo programmato di inviarle l'automobile alla stazione, ma domani mattina presto. Il telegramma diceva che sarebbe arrivata alle nove e tre quarti". "Si, lo so. Ho inviato un secondo telegramma, oggi pomeriggio, al mio arrivo a New York, ma a quanto apre non è ancora stato recapitato. Ho anticipato.. avevo voglia di arrivare.. e non importa. I viaggi in taxi.. possono essere molto interessanti" gli fece l'occhiolino "Ma dove sono tutti?" "Ad una cena.. Il signor Rogan non sarà affatto contento di questo contrattempo" borbottò Rupert, iniziando a pulirsi le lenti, come faceva quando era agitato ";Proprio per niente". "Avanti, Rupert.. sono qui, sono arrivata dopo tanto tempo" gli rivolse un tenero sguardo "Sono felice e lo sarò ancora di più quando avrò incontrato tutti". L'uomo la accompagnò al piano di sopra, mostrandole la camera che avevano riservato a lei. Era la stessa camera di allora, sebbene i mobili fossero stati sostituiti con alcuni di foggia più moderna. Buffy si sedette sul letto e si tolse le scarpe "Credi che dovrei aspettarli sveglia? Sono così stanca". "Credo proprio che possa tranquillamente coricarsi, signorina. Arriveranno tardi. Le cene dal Sindaco sono sempre molto lunghe" la informò appoggiando le valigie a terra. "Col Sindaco?” lo fissò stupita "E di che cosa si tratta?". "L'inaugurazione di alcuni nuovi reparti al General Hospital. Il Signor Rogan è uno dei principali finanziatori del progetto. Insieme al signor Shelby" la sbirciò come aspettandosi il suo commento, che non si fece attendere "Che cosa?" esclamò "Hanno finanziato insieme una parte dell'ospedale più grande della città? Ma allora le cose sono proprio cambiate". Rupert sollevò le sopracciglia sospirando "A volte, occorre salvaguardare le apparenze". Lo sguardo che gli rivolse era pieno di sarcasmo "Quindi, è solo un modo per calmare le acque, una specie di specchietto per le allodole, tanto per continuare a fare le solite cose". L'uomo si diresse alla porta dicendo "E' molto dura, signorina.. Forse, questo è l'unico modo attualmente esistente per una convivenza.. accettabile". Buffy ripensò all'episodio di poco prima, in strada. Rivide William e la sua banda, rivide il poveretto che giaceva lamentandosi, rivide sè stessa in preda allo sdegno. Prima che Rupert fosse uscito, gli domandò "Dimmi di William Shelby, per favore". "Che vuole sapere di quel demonio fuggito dall'inferno?" si voltò di scatto, l'espressione severa "Un individuo crudele e senza scrupoli. Un essere senza morale e freni inibitori" prese fiato "Davvero molto poco raccomandabile, signorina". Il pensiero di lei corse allo sguardo freddo che le aveva rivolto. Era certa che non l'avesse riconosciuta. Sospirò sdraiandosi sul letto "Eppure, non era così". "E' passato tanto tempo, Troppa acqua sotto i ponti. Tutti cambiamo, in meglio ed in peggio e William Shelby è davvero cambiato in peggio. Semina terrore in città ed è completamente fuori controllo" scosse la testa "Preghi di non incontrarlo sulla sua strada". Troppo tardi, pensò tra sè. Troppo tardi, caro Rupert. Incontròla famiglia Rogan la mattina dopo, a colazione. Trevor la abbracciò commosso. Si scusò con lei per il contrattempo e la guardò a lungo, stentando a riconoscere nella donna che aveva davanti la ragazzina che aveva mandato a studiare lontano. E, dopo Trevor, incontrò Wesley, il primogenito e successore del padre alla guida dell'impero economico dei Rogan, alto, bello e dagli occhi azzurri freddi come il ghiaccio, caratteristica che condivideva con Lindsay, l'altro figlio, che, dopo aver studiato economia, era alla guida del settore finanziario della holding. Se nei confronti di Wesley Buffy aveva sempre provato una sorta di timore reverenziale, verso Lindsay aveva fin dall'inizio avuto un'istintiva antipatia. Forse per quella sua aria superiore e troppo sicura di sè, quasi spavalda, e per quel suo aspetto da sciupa femmine, degno della sua fama. Anche quella mattina, con gli occhi luminosi ed i capelli biondissimi lunghi sulle spalle, era la quint'essenza del playboy. Le andò incontro e le prese una mano, portandosela alle labbra "Che bella sorpresa.. Sei uno splendore, Buffy" le disse senza staccarle un istante gli occhi di dosso. Infine, Andrew, che frequentava l'università a Sunnydale e che la fissava a bocca spalancata. Era evidente che non riconosceva in lei la ragazzina di qualche anno prima, troppo magra e dai riccioli ribelli, con cui aveva giocato a nascondino nel parco della villa. Fecero colazione insieme, come anni prima, divorando i dolcetti della cuoca. Buffy tenne banco, raccontando il suo viaggio ed alcuni aneddoti tra i più divertenti che le erano capitati a Londra. Sebbene tutti sapessero la ragione del suo ritorno, nessuno sembrava volerne parlare. Buffy poteva anche capire, tuttavia sentiva come un nodo allo stomaco, che pareva non potersi sciogliere. Fu Wesley che, stupendo tutti, fece ad un tratto "E così inizierai una collaborazione con l'ufficio della procura" la sbirciò pulendosi le labbra col tovagliolo. Guardandolo incerta, disse "Si. C'era era un posto vacante da alcuni mesi, e la mia domanda è stata accettata immediatamente" abbassò la testa "Sarà bello vivere qui". Il silenzio che seguì fu abbastanza per lei. Capì che nessuno, a quella tavola, le avrebbe torto un capello, ma, nello stesso tempo, nessuno l'avrebbe appoggiata nè le avrebbe reso più; facile il nuovo incarico. In un certo senso, lavorare a fianco del procuratore era una sorta di tradimento nei confronti delle persone che l';avevano accolta e resa la donna che era. Trevor si alzò alcuni secondi dopo "Bene, ragazzi. Io vado in ufficio, ho molti appuntamenti, oggi. Cercate di accogliere a dovere la nostra Buffy" le sorrise, facendole un buffetto sulla guancia "Ci vediamo stasera, bimba". Andrew, che non aveva detto una parola, si alzò a sua volta e mormorò "Devo andare a studiare" e sparì su per le scale, mentre Wesley e Lindsay si rivolsero a lei invitandola a pranzo. "Vieni in sede e poi andremo a mangiare da Franco's" disse Wesley, dirigendosi al portone "Sarà bello continuare la nostra chiacchierata". Buffy annuì e sorrise a Lindsay, che le mandò un bacio prima di chiudersi la porta alle spalle. Rimase seduta a lungo al tavolo deserto, mentre sentiva montarle dentro una fastidiosa sensazione di ansia. Forse aveva sottovalutato le complicazioni legate al nuovo incarico, presa com'era stata dalla voglia di tornare.. La voce di Rupert la distolse dai suoi pensieri "Non si lasci abbattere, signorina. Lei è in gamba, lo è sempre stata, fin da quando correva tra i corridoi di questa immensa casa. Vedrà che tutto andrà bene.. e venga, se ha bisogno di parlare. Io sono sempre a disposizione". Lo ringraziò con lo sguardo, chiedendosi in che razza di guaio si fosse cacciata.

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Capitolo 3
*** Chi sei tu ***


III Chi sei tu

Il pranzo con i fratelli Rogan si svolse in un’atmosfera serena. Buffy parlò loro della sua specializzazione, della sua tesi, che le era valsa la laurea con lode, del suo interessante tirocinio come praticante presso un avvocato che le permetteva di seguire le cause più complesse. I due la ascoltavano, sorridendo agli episodi più divertenti e mostrandosi interessati quando lei spiegava i passaggi più complicati dei casi da lei seguiti.

Wesley la guardava serio, intervenendo pochissimo, mentre Lindsay, con aria divertita, faceva qualche battuta, senza smettere di fissarla in quel certo modo.. Santo cielo, aveva visto quello sguardo nei corridoi del liceo, quando puntava qualche bella ragazza e voleva far colpo su di lei. Gli riusciva spesso, per la verità, perché era sempre stato bello e popolare, ma proprio per questo, Buffy si sentiva sempre a disagio in sua presenza. E adesso più che mai, dal momento che percepiva in modo eclatante che la trovava attraente.

“Questa sera usciamo” fece proprio Lindsay ad un tratto “Andiamo al Bronze a ballare” la fissò “Come ai vecchi tempi”.

“Oh, ti prego, siamo troppo cresciuti, per il Bronze” rise Buffy “Ci saranno adolescenti impazziti ad affollarlo..e ci chiederanno i documenti per servirci un cocktail”.

“Ti sbagli, amica mia” obiettò lui “Adesso il Bronze è un locale alla moda in cui sguazza gente di tutte le età a cui piace ballare e divertirsi.. Ti ritrovi in questa categoria?”.

Wesley si alzò “E’ ora di andare. La riunione, Lindsay” gli batté sulla spalla “Allora, Buffy, ci vediamo questa sera”.

“Ci conto” le sorrise l’altro, seguendo a ruota il fratello.

 

Gonna stretta al ginocchio, top allacciato intorno al collo, giacca di pelle, stivali neri.. Guardandosi allo specchio, Buffy si sistemò i capelli, lasciati liberi sulle spalle, applicò un rossetto rosa pallido e poi uscì dalla camera, chiedendosi il perché si sentisse tanto agitata. Il Bronze era il locale in cui aveva trascorso gran parte delle domeniche ai tempi del liceo, era un ambiente che conosceva bene e che non doveva temere.. Ma allora perché si sentiva in ansia come la sua prima volta in tribunale?

Wesley e Lindsay le fecero molti complimenti per la sua mise, mentre Andrew le camminava accanto, in silenzio. Non le aveva quasi rivolto la parola da che si erano incontrati e Buffy non aveva intenzione di forzarlo a parlarle. Era convinta che prima o poi l’avrebbe fatto di sua spontanea volontà.

La limousine li lasciò davanti al Bronze verso le dieci e mezza. Lindsay parlò con il buttafuori fermo all’ingresso e un minuto dopo entrarono, saltando la coda che si era formata alla porta principale. Buffy non si stupì più di tanto, succedeva sempre così con i Rogan.

Le luci stroboscopiche la abbagliarono, mentre la musica, sparata a volume altissimo, le rimbombava fin dentro le ossa. Non riusciva a vedere bene intorno a sé, ma i tre fratelli la conducevano sicuri, fendendo la folla. Arrivarono al tavolo che avevano prenotato e subito ordinarono da bere. Seduta sul divanetto color amaranto, Buffy si guardò intorno e vide ragazzi e ragazze che ballavano, bevevano drink e chiacchieravano tranquilli, per niente disturbati dal volume altissimo della musica. Rivide se stessa alcuni anni prima, stretta in jeans e maglietta, truccata per apparire più grande ed arrabbiata.. con il mondo intero, probabilmente.. Stava sempre insieme ai Rogan, che la facevano sentire protetta, come le aveva insegnato suo padre, almeno finché non aveva conosciuto William. Bevve un sorso del Manhattan che Wesley le aveva offerto e si mise più comoda, cercando di scacciare quei ricordi.

Ad un tratto, si sentì prendere per mano e trascinare sulla pista da ballo. Si trovò così nella mischia, insieme a Lindsay ed Andrew, mentre Wesley li guardava divertito. E Buffy ballò, lasciandosi trascinare dal ritmo, muovendo i fianchi sensualmente, sollevando le mani sulla testa e chiudendo gli occhi, come aveva sempre fatto, come se intorno a lei non ci fosse nessun altro.. Presa dal momento, non si accorse dello sguardo che la seguiva dai bordi della pista, dove le luci colorate non arrivavano. L’uomo era appoggiato alla colonna e fumava una sigaretta nel buio, senza distogliere gli occhi dalla ragazza in mezzo alla pista. La stessa che aveva atterrato uno dei suoi la notte precedente, la furia bionda che nel giro di pochi istanti aveva dato una solenne lezione a Clem. La donna dei Rogan che solo adesso, all’interno del Bronze pieno imballato, aveva riconosciuto, Buffy. Strinse gli occhi al ricordo della ragazzina che era stata e, dopo un’ultima occhiata, si girò e si diresse rapidamente all’uscita, mentre la folla si apriva al suo passaggio.

Charles Gunn era il primo vice procuratore nero eletto a Sunnydale. Era alto, prestante, abbastanza giovane e simpatico. O così pensò Buffy parlando con lui la mattina dopo. L’aveva accolta con un gran sorriso, le aveva offerto un po’ di caffè e dei muffin, poi l’aveva fatta accomodare nel suo ufficio privato per parlarle del suo incarico. Le aveva detto la verità, e cioè che il lavoro era molto, la paga bassa e il pericolo costante, soprattutto in una città come la loro, divisa fra fazioni opposte che si facevano la guerra da anni ormai.

“I Rogan e gli Shelby hanno il monopolio economico di questa parte dello stato, Buffy” le aveva detto guardandola dritta negli occhi “So del suo legame con Trevor Rogan ed i suoi figli, so che è loro ospite, ma questo non mi ha impedito di valutare attentamente il suo curriculum e di trovarlo irresistibile” sorrise “Non le nascondo le perplessità del procuratore sulla sua nomina, tuttavia io so che lei ha grandi potenzialità e che lavorerà al meglio con me. In verità, non abbiamo alcuna prova degli affari illeciti che potrebbero coinvolgere i due clan.. C’è una cosa che mi preoccupa più di tutte, perché è una sorta di mina vagante..” sospirò appoggiandosi allo schienale della poltrona “William Shelby. Il secondogenito di Ethan Shelby, capo di una banda di guastatori, se vogliamo chiamarli così. Vagano per la città a bordo di moto di grossa cilindrata, provocando disordine e Dio sa che cos’altro. Sospettiamo traffici di droga, riciclaggio, ricatti.. Insomma, una vera e propria associazione a delinquere.. ma, come le ho detto, si tratta di ipotesi”.

Buffy annuì, sentendo improvvisamente la gola secca. Ciò che le stava raccontando Gunn non era tanto diverso da quanto le aveva detto Rupert. Dunque, William era cambiato fino a quel punto.. Era una sorta di scheggia impazzita..

“Credo che neanche Ethan Shelby abbia il controllo di suo figlio. In tutta sincerità, credo che quel ragazzo sia uno psicopatico antisociale estremamente pericoloso e spero di trovare qualcosa, prima o poi, che lo inchiodi.. e che non sia uno dei soliti piccoli reati di cui fa incolpare qualcuno dei suoi.. e spero anche che questo avvenga prima di troppi spargimenti di sangue”.

L’uomo non sembrò notare l’effetto che quelle parole ebbero su Buffy. Davanti agli occhi, lei aveva un ragazzino esile, dai riccioli color miele, che studiava Shakespeare e che la accompagnava a casa dopo la scuola.. e quest’immagine cozzava con il ritratto che di William avevano fatto Gunn e Rupert e l’immagine dell’altra notte.. quello sguardo glaciale, quel tono sprezzante.. Non l’aveva osservato bene, ma di certo erano spariti i riccioli biondi e anche l’aspetto da ragazzino gracile.

“Allora, Buffy, è pronta ad iniziare?” fece Gunn tendendo la mano. E lei la strinse, cercando di mostrarsi più sicura di quanto non fosse in realtà.

 

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Capitolo 4
*** Festa di benvenuto ***


 

La festa di benvenuto organizzata per lei dai Rogan aveva avuto molte più adesioni del previsto. Nella villa di Trevor si riunirono tutte le famiglie più altolocate della città, che desideravano mantenere buoni rapporti sia con loro che con gli Shelby. L’enorme salone ospitava un buffet di prim’ordine e nel gazebo accanto alla grande piscina suonava ininterrottamente un’orchestra in frac. Buffy, che indossava uno splendido abito da sera color crema che le aveva regalato Trevor per l’occasione, era un po’ imbarazzata. Era stata avvisata quella stessa mattina e non aveva potuto dire la sua opinione sull’opportunità o meno di quel party. Così, ora si ritrovava al braccio di Lindsay, impegnata a salutare gente di cui aveva soltanto sentito parlare con una gran voglia di scappare da lì e rifugiarsi in camera.. Sapeva che Trevor ci teneva molto e non voleva rovinargli la serata, tuttavia se avesse potuto..

Verso mezzanotte, Trevor prese la parola e stringendo a sé Buffy disse, quasi commosso “Buffy, figlia del mio compianto collaboratore Hank Summers, è tornata a casa dopo lunghi anni di studio e formazione all’estero e questo è per me un grande regalo. Spero che voglia rimanere e onorarci della sua presenza per tanto tempo ancora. Sunnydale ha veramente bisogno di persone come lei, leali e preparate” e, voltatosi, la baciò sulle guance, abbracciandola. Un momento dopo, le luci si spensero e Rupert spinse davanti a loro un carrello con un’enorme torta con la scritta Welcome di cioccolato. Buffy allargò gli occhi, sbalordita, e stava per dire qualcosa quando un rumore sordo, di vetri in frantumi, echeggiò nel salone. Tutte le teste si voltarono in direzione della vetrata che dava sul giardino. Davanti all’intelaiatura ormai inservibile stavano in piedi cinque individui completamente vestiti di nero. Uno di essi fece un passo avanti. Il cuore di Buffy perse un battito. William. Niente più riccioli.. i suoi capelli erano ossigenati di un improbabile biondo platino, cortissimi e stirati all’indietro dal gel, i suoi occhi, freddi, vagavano tra la folla su cui era piombato un silenzio di pietra, tra le sue mani una pistola. La girava e rigirava tra le dita, con noncuranza.

Buffy trattenne il respiro, mentre sentiva Trevor irrigidirsi e con la coda dell’occhio vide Lindsay e Wesley fissare William con un’espressione di puro disgusto stampata sui volti.

“Bene, bene.. che dire? Ero impaziente di partecipare e purtroppo non ho ricevuto alcun invito..” il tono di William era agghiacciante, come il ghigno che gli deformava i lineamenti. Buffy strinse la mascella, incapace di riordinare i propri pensieri.. Una sola domanda, forte e chiara, rimbombava dentro di lei, chi era l’uomo che aveva davanti? Perché questo diavolo uscito dall’inferno non era di certo il suo amico di un tempo.. E proprio in quel momento, risentì sulle labbra il timido bacio che le aveva dato anni prima, quando gli aveva detto che sarebbe partita.

Si riscosse, quando capì che William la stava fissando.

“Eccola qua, la furia bionda che ha atterrato Clem” quasi ringhiò “Buffy. Buffy dei Rogan”.

Wesley fece un passo avanti, ma Trevor, con lo sguardo lo fermò, rivolgendosi a William “Che cosa vuoi, Shelby? Questa è una festa privata e tu non sei il benvenuto”.

L’uomo rise e il suono di quella risata, gutturale e profondo, scosse fino al midollo Buffy. Oh, Dio, no, questo non è William..

“Il mio nome è Spike” disse infine “E non mi serve l’invito per andare alle feste.Trovo sempre un modo per entrare” con la pistola indicò la vetrata distrutta “Non è mai un problema per me”.

Prima che qualcuno potesse dire niente, Buffy avanzò, fermandosi proprio davanti a William. Lo guardò e, cercando di mantenere un tono fermo, fece “Vuoi vendicare il tuo amico?”.

“Fra le altre cose” rispose subito lui, fissandola.

“Buffy” la chiamò Wesley, ma lei fece un cenno con la mano e si rivolse di nuovo all’uomo che aveva davanti “Allora, Spike.. se volevi vendetta, bastava dirlo. Non era necessaria un’entrata d’effetto come questa”.

Lui sorrise sollevando le sopracciglia. “E’ che sono abituato così” ribatté “Che cosa pensi di fare?”. Ma prima che potesse finire di parlare, Buffy gli sferrò un destro dritto nello stomaco, pronta a colpirlo in viso; Spike parò il secondo colpo, prendendole saldamente il polso. Questo non la fermò. Sollevò la gamba e lo colpì al ginocchio, costringendolo a piegarsi. Stava per colpirlo di nuovo, quando lui le afferrò anche l’altro braccio e in un attimo la voltò, stringendole il collo con una mano, tanto forte che Buffy riusciva a malapena a respirare. La ragazza non udì nemmeno l’urlo di Trevor né vide Wesley e Lindsay muoversi rapidamente verso Spike. Tutto ciò che sentì fu uno sparo. Un rumore sordo e vicino. Col fiato corto, tentò di voltarsi, ma la presa di lui era invincibile.

La sua voce, vicinissima, si udì sopra la confusione.

“Se non volete che spezzi il bel collo della vostra pupilla, vi conviene stare calmi, signori”.

Soltanto quando egli allentò leggermente la presa, Buffy poté riprendere a respirare normalmente. Guardò davanti a sé ed incontrò gli occhi di Wesley. Vide che era pronto a lanciarsi su Spike e ad ucciderlo seduta stante e che si tratteneva soltanto per lei.. Tossicchiò appena e mormorò “Lasciami andare”.

Dopo un interminabile momento di assoluto silenzio, Spike la lasciò, la spinse verso Wesley, che la tirò a sé, dicendo a denti stretti “..giuro che t’ammazzo, Shelby”.

Spike ghignò puntando la pistola su entrambi e fingendo di prendere la mira. Poi disse “Non sei assolutamente nella posizione di fare minacce” poi, arretrò verso la vetrata e prima di fuggire, seguito dai suoi complici, lanciò un’occhiata a Buffy, sepolta nel petto di Wesley.

Soltanto in quel momento, i presenti parvero riprendere vita. Trevor si precipitò al telefono e chiamò la centrale della polizia, iniziando a sbraitare che voleva parlare col commissario, mentre Lindsay tentava di rassicurare gli invitati. Wesley accompagnò Buffy in cucina, dove Rupert la fece sedere offrendole un po’ di cognac.

Una volta chiusa la porta sulla confusione in sala, Wesley le si sedette di fronte e la guardò dritta negli occhi “Di che cosa stava parlando, quello psicopatico?”.

La ragazza si bagnò le labbra col cognac poi ricambiò lo sguardo “..ci siamo incontrati.. anzi, scontrati, la notte che sono arrivata..” sospirò “E prima che tu possa dire qualsiasi cosa, non l’ho detto perché non lo ritenevo un fatto di particolare importanza”.

Rupert la guardò contrariato, Wesley spalancò gli occhi “Ma tu sai quant’è pericoloso Spike?”.

“E così, adesso si fa chiamare in questo modo” mormorò pensosa.

“Si, ed è estremamente pericoloso. E’ lo Shelby più pericoloso in circolazione” batté una mano sul tavolo “Hai visto come ha agito..” la fissò, come colpito da un improvviso pensiero “Ma tu, dove accidenti hai imparato a combattere nel corpo a corpo?”.

In quel momento entrò Lindsay “Ho mandato tutti a casa” posò lo sguardo su Buffy e fece un sorrisetto “Porca puttana, baby, sei meglio di Bruce Lee. Non avevo ancora visto quello stronzo prenderne tante da una ragazza!”.

Buffy ricambiò il sorriso con aria triste.

 

Gunn raccolse la denuncia di Wesley, che la mattina successiva accompagnò Buffy al lavoro. Ed Buffy dovette raccontare del primo incontro con Spike e la sua banda. Soltanto un’ora dopo, Wesley se ne andò lasciando finalmente il vice procuratore e la sua assistente soli.

Buffy guardò Gunn, dicendo “Mi dispiace non aver parlato prima, ma…”, lui l’interruppe “Non potevi immaginare con chi avevi a che fare. Adesso hai capito, mi sembra” la fissò “Conoscevi William Shelby? Avete all’incirca la stessa età.. forse al liceo..”.

“Si, certo. Ha un anno più di me e ci conoscevamo bene.. Proprio per questo stento a.. a rendermi conto che William non esiste più, al suo posto c’è Spike”.

“Bel soprannome si è trovato” Gunn scosse la testa, accendendo il computer “Comunque, Buffy, se lo ritieni necessario posso assegnarti una scorta per gli spostamenti”.

“Credi che.. proverà di nuovo ad aggredirmi?” era spaventata.

“”E chi lo sa. A quanto pare, ti sai difendere bene, ma se è accompagnato dai suoi scagnozzi può essere pericoloso”.

“No” fece decisa “Niente scorta”.

Il vice procuratore annuì, pensando che Wesley Rogan avrebbe sicuramente provveduto per conto proprio.

 

Nello studio avvolto dalla penombra, Ethan Shelby sedeva dietro la sua scrivania, e fissava in silenzio William, semi sdraiato sul divano di fronte al caminetto. In piedi, appoggiato alla parete, c’era Angel, il fratello maggiore, serio e cupo.

L’unico che appariva tranquillo era proprio William, che guardava con aria annoiata alternativamente  il padre ed il fratello, senza dire niente.

“Il Sindaco mi ha chiamato subito. Ti rendi conto che è un altro favore che gli devo?” fece Ethan in tono alterato “Non possiamo permetterci più questo genere di cose”.

Spike lo guardò con aria disgustata “Vuoi dire che dovrei sopportare le prepotenze dei Rogan solo perché hai paura degli sbirri?”.

A quel punto, Angel disse “Veramente, Spike” calcò la voce sul suo strano soprannome “A quanto ho capito, hai raccolto la sfida di una ragazza.. di Buffy Summers, per la precisione, niente di meno che l’assistente del vice procuratore” i suoi occhi neri si posarono sul fratello, freddi come ghiaccio “Che cosa ti diceva il tuo cervello, in quel momento?”.

Spike si mosse sul divano sospirando “..non me ne frega niente di chi sia quella ragazza. Non è certo per lei che sono andato alla festa dei Rogan”.

Angel sorrise, sarcastico “Ma certo, sei andato soltanto a portare i tuoi omaggi a Trevor ed ai suoi figli” si staccò dalla parete e si diresse al mobile bar, per versarsi qualcosa da bere “E per questo, siamo di nuovo indebitati con il Sindaco”.

L’uomo più anziano fulminò Spike, mentre il silenzio cadeva di nuovo nella stanza.

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Capitolo 5
*** Halloween ***


   Wesley la informò che dal giorno successivo sarebbe stata accompagnata da due uomini di fiducia ventiquattr’ore su ventiquattro. Buffy tentò di opporsi, ma non ci fu nulla da fare, sembravano tutti d’accordo, l’unico che non disse niente fu, come al solito, Andrew, il quale si limitò a lanciarle un’occhiata indecifrabile per tornare immediatamente a fissare il suo piatto.
“Saranno discreti, non preoccuparti, non ti accorgerai di loro a meno che Spike non tenti qualche sortita” le disse Wesley per tranquillizzarla.
“So difendermi” obbiettò scura in viso,  Lindsay si mise a ridere “Ah, non c’è dubbio.. l’avresti di certo atterrato se non avesse avuto una pistola”.
“Già.. Nei college inglesi insegnano anche arti marziali?” le domandò Wesley stringendo gli occhi “Mi sei sembrata estremamente preparata..”.
“No, non al college. Ma una donna, al giorno d’oggi, deve poter difendersi” mormorò Buffy contrariata “Sono cintura nera”.
Lindsay emise un fischio, ammirato “Accidenti, ragazza! Sei un pozzo senza fine di sorprese”.
Anche Andrew parve interessato. Disse infatti “.. ho sempre desiderato conoscere qualche mossa di autodifesa..”, la ragazza lo guardò “Posso insegnarti i rudimenti, se vuoi”.
“Volentieri” fece con un guizzo negli occhi “Magari, dopo le lezioni all’università..”.
“Va bene stasera? Ti aspetto in palestra” lo interruppe immediatamente, contenta di aver stabilito un contatto con lui.
In quel momento, Wesley e Lindsay si alzarono ed uscirono, dopo un veloce saluto ed Andrew, prima di andare, si voltò a guardarla “Buffy.. sono contento che tu sia tornata” le rivolse un timido sorriso e poi sparì dietro alla porta.
 


Il tragitto in automobile le parve più lungo del solito. Seduta sul sedile posteriore, non poté non osservare che le sue guardie del corpo erano veramente due armadi. Alti due metri, spalle larghe, mani enormi.. facevano paura solo a guardarli. Pensò a William. Certo, era cresciuto dai tempi del liceo, era più alto e robusto, ma niente in confronto a questi due giganti. Si portò una mano alla gola, sentendo ancora la stretta con cui l’aveva sconfitta. Le avrebbe sicuramente spezzato il collo se ne avesse avuto l’occasione. Era un’idea che la infastidiva, più che spaventarla. Sapeva di poter difendersi e tenergli testa, aveva atterrato uomini più forti di lui, tuttavia stentava a credere che quell’individuo pieno di rabbia e violenza fosse proprio la stessa persona a cui aveva voluto bene anni prima.. Psicopatico antisociale senza scrupoli, così l’aveva definito Gunn. Forse era stata la guerra tra le due famiglie a creare Spike, il clima di rivalità che da sempre dominava le loro vite e che aveva trovato in lui una sorta di simbolo.. Sospirò, tentando di scacciare quei pensieri tetri, mentre dal finestrino oscurato cominciava ad intravedere la sagoma del Palazzo di Giustizia.
Gunn le sorrise, guardandola mentre si sedeva alla sua scrivania “Dunque, Wesley Rogan ti ha fornito una coppia di scagnozzi” le strizzò l’occhio, attirandosi uno sguardo truce. “Senza il mio consenso” precisò Buffy.
“Non mi sento di dargli torto. Se Spike Shelby ha deciso di colpirti..” lasciò la frase in sospeso. Lei sospirò “Non credo che Spike voglia colpirmi”.
“Ah. E per quale motivo sarebbe venuto a casa tua a rovinare la festa? E perché ti voleva spezzare il collo?” aggrottò le sopracciglia “Gli hai pestato i piedi, l’altra notte. Era sicuramente un regolamento di conti e tu l’hai disturbato..” alzò le spalle “Cercherà di fartela pagare. E’ fatto così. Ma prima o poi..” disse a denti stretti.
Buffy scosse la testa “No. Ha voluto soltanto dimostrare la sua forza. Forse è vero, gli ho pestato i piedi, ma sono nuova e lui ha voluto farmi capire chi è che comanda.. o che vorrebbe farlo”.
Gunn annuì “Forse. Anche se, a occhio e croce, ha soltanto peggiorato le cose, non è così?” la scrutò “Secondo me, sei così incazzata che potresti rompere a lui, l’osso del collo, se non fossi l’assistente del vice procuratore.. esattamente come vorrebbero fare i Rogan” fece un sorrisetto.
“Mi piacerebbe che pagasse, se ha commesso qualche crimine.. ma non mi interessa la vendetta” considerò in tono serio “La violenza che ha sempre caratterizzato questa città non mi è mai piaciuta e non voglio abituarmi.. non l’ho fatto nemmeno tanti anni fa.. nonostante mio padre e quanto gli è accaduto”lo guardò con aria triste “Mio padre è morto per una faida, quella tra i Rogan e gli Shelby, che non lo ha mai riguardato.. Forse è per rimediare a quest’ingiustizia che ho studiato legge e che sono qui”.
Il vice procuratore si sedette alla propria poltrona e congiunse le mani sotto il mento “Tuo padre curava molti degli affari dei Rogan e per questo è morto. Si, una faida, senza alcun rispetto per la vita umana e se è questa la tua motivazione, beh, cara, sono veramente felice di averti nel mio ufficio”.
Si guardarono un lungo momento, poi ognuno tornò al suo lavoro.
 


Andrew la fissò, steso sul materasso della palestra. L’aveva atterrato con una sola mossa dimostrativa, cercando di attutirgli la caduta. Nonostante questo, aveva sentito la sua forza, impensabile in una donna all’apparenza così esile. La guardava, in piedi, i capelli raccolti in una coda, lo sguardo acceso, il bel corpo avvolto in una tuta nera attillata, i piedi nudi. Gli parve bellissima, una dea, potente e letale.
“Allora, pensi di rialzarti o hai esaurito le pile?” lo chiamò sorridendo. Gli tese una mano e lo aiutò a mettersi in piedi “E’ naturale che io ti metta ko. Non conosci le mosse, non sai ancora difenderti.. Ma ti prometto che t’insegnerò bene e sarai in grado di combattere e difenderti nel giro di poco tempo” lo rassicurò.
“Così, potrei girare per la città senza dovermi guardare continuamente le spalle..” fece Andrew, più a sé stesso che a lei. Ma Buffy lo sentì e disse “Le cose non sono cambiate, vero? Qui, non cambiano mai..”.
“Già. Ed essere Andrew Rogan, il più piccolo, non è certo una passeggiata” disse serio, mentre osservava le mosse di lei, che gli girava intorno minacciosa.
“Mi dispiace. Spero di poter cambiare qualcosa col mio lavoro” era sinceramente dispiaciuta per lui. Ricordava bene la tensione che c’era a scuola tra i sostenitori dei Rogan e degli Shelby e ricordava il piccolo Andrew, schiacciato in una situazione che non poteva capire. Doveva essere stato terribile per lui, come sembrava essere anche adesso.
“Non lo so. Le cose vanno di male in peggio.. I colpi sono bassi, si fa avanti a suon di corruzione e mazzette, vendette trasversali ed agguati.. guarda Spike” esclamò. A quel nome, Buffy si fermò “Che cosa ti ha fatto?” indagò, preoccupata.
“Oh, a me personalmente niente. Le nostre strade non si sono mai incrociate.. Ma guarda che cosa è diventato. Un mostro sanguinario e senza scrupoli.. Credo che potrebbe uccidere chiunque si metta sulla sua strada”. Strinse la mascella al ricordo dell’invasione di qualche sera prima “Quando ho visto come ti stringeva la gola, ho pensato..” non terminò la frase.
“Ma non è successo. Mi ha lasciato andare. E’ stato un gesto dimostrativo” lo rassicurò.
“Non so se sarebbe in grado di frenarsi.. Buon Dio, lo chiamano il Sanguinario!” esclamò scuotendo la testa.
“Che cosa?” spalancò gli occhi “Il Sanguinario?”.
“A causa di tutte le risse in cui è stato coinvolto al liceo e negli anni del college” rispose Andrew “Ogni scusa era buona per attaccare briga.. E sembrava non importargli di prenderne.. colpiva e colpiva, e tante volte l’ho visto a terra in un lago di sangue.. ma a lui non sembrava importare..” la guardò serio “E’ davvero fuori di testa”.
Buffy abbassò lo sguardo, mentre l’immagine del timido William, poeta per hobby, diventava sempre più sbiadita nella sua mente.
 


Halloween era una delle feste più attese in città. Fin dal pomeriggio, i bambini invadevano le strade mascherati e nelle scuole si organizzavano party e serate a tema. Così, Buffy non si stupì di trovare i fratelli Rogan a casa prima del solito ed elettrizzati come ragazzini. Al Bronze era stata organizzata una festa a cui tutti dovevano andare travestiti.. Fu Lindsay a mostrarle l’abito che le avevano riservato, un bellissimo vestito da dama dell’ottocento, con maniche a sbuffo ed una generosa scollatura. Buffy l’aveva fissato esterrefatta, rifiutandosi categoricamente di indossarlo, ma le insistenze furono tali e tante che alle dieci di sera era pronta per uscire. Infilato l’abito, aveva raccolto i capelli in un morbido chignon ed uno scialle bianco aveva completato la mise. Così, accompagnata da due vampiri e un folletto, era salita sulla limousine alla volta del Bronze.
“Ma non siamo un po’ troppo adulti per questo genere di cose?” provò a protestare, ma Lindsay l’aveva interrotta subita “Sai che non è una questione d’età. E’ la tradizione”.
In effetti, sembrava che tutta Sunnydale si fosse data appuntamento al Bronze. Era pieno e tutti erano agghindati da creature della notte.. c’erano fate, streghe, maghi, folletti, vampiri.. La musica era dark e sparata a volume altissimo, come al solito, lo stesso dj era irriconoscibile nei panni di un orribile troll.
Buffy tentò di divertirsi, ballò con i ragazzi, bevve qualcosa.. In certi momenti, le parve di essere tornata ragazzina, quando, strappato il permesso al padre, correva al Bronze insieme agli amici di scuola.
Il ricordo del padre la intristì ed improvvisamente si sentì fuori posto. Si allontanò dal tavolo ed uscì dal locale, appoggiandosi alla parete accanto all’uscita di sicurezza. Chiuse gli occhi e prese fiato. Che cosa sciocca farsi assalire dai ricordi. Eppure, l’immagine del padre nella camera ardente era così viva dentro di lei da toglierle il respiro ogni volta e tornava sempre nei momenti più disparati..
Sentì troppo tardi il rumore dei passi che si avvicinavano. Aprì di scatto gli occhi, ma non abbastanza in fretta da impedire ad una morsa di ferro di stringerle i polsi. Si trovò così a faccia a faccia con Spike. Spalancò gli occhi, più stupita che impaurita, mentre un ghigno si allargava sul volto di lui.
“Guarda chi abbiamo qui” sussurrò in tono minaccioso.
Buffy tentò di divincolarsi, ma lui la teneva stretta. Cercò di alzare un ginocchio per colpirlo, ma Spike parò il colpo bloccandole la gamba con la propria. Era in trappola.
“..forse potrei finire l’opera che ho iniziato l’altra sera..” continuò lui. Le parlava così vicino che poteva sentire il suo fiato sul viso. Fissava i suoi occhi, blu e glaciali, sentendosi completamente esposta. Si, avrebbe potuto ammazzarla, perché era bloccata contro il muro, una gamba tra le sue, i polsi trattenuti sulla testa.. Ad un tratto, sentì che lui sbilanciava il suo corpo in avanti, facendolo aderire completamente al suo, quasi soffocandola. Fu subito cosciente della consistenza dei suoi muscoli, del profumo che la investiva, del battito furioso del cuore.. Oh, Dio, ma che sta succedendo.. riuscì a pensare in un momento di lucidità, prima che Spike si muovesse appena, strusciandosi su di lei.. Buffy sussultò, accorgendosi della sua eccitazione.. Lo guardò dritto negli occhi, sbalordita.  La fissava, attraverso le palpebre abbassate, la sua espressione era indecifrabile.. Non può continuare così, pensò disperata, non può farlo.. Era eccitata anche lei. Una inaspettata sensazione al basso ventre  le dilagò dentro, e senza neanche rendersene conto, spinse il bacino contro quello di lui, alla ricerca di un maggiore contatto.. Spike spalancò gli occhi, lasciandole andare i polsi un istante dopo. Si ritrasse, mantenendo il contatto visivo. Buffy riuscì a riprendere il controllo di sé e lo spinse lontano. Si guardarono per un istante, un misto di odio e stupore passò negli occhi in tempesta di lui, prima che la sua voce, ridotta ad un ringhio, l’avvertisse “Stai bene attenta, ragazzina. Non ho ancora finito con te”. Buffy, troppo confusa per ribattere,  rimase immobile, mentre il buio della notte lo risucchiava silenziosamente.
Lindsay la trovò appoggiata alla parete qualche minuto dopo. Le chiese come mai fosse lì e lei gli disse che aveva bisogno di un po’ d’aria.. Gli rispose sorridendo, sperando che lui non notasse il suo turbamento. Non voleva dirgli dell’incontro con Spike, era troppo imbarazzata ed impaurita.. Impaurita dalla reazione del proprio corpo a quello di lui.
 


L’uomo seduto di fronte a Gunn aveva un enorme ematoma intorno all’occhio destro e un braccio ingessato. Non si radeva il viso da vari giorni ed intorno a lui aleggiava un inconfondibile odore di alcool. Buffy lo guardò dalla sua scrivania, incapace di riconoscere in lui l’uomo che aveva salvato dal pestaggio la sera del suo arrivo. Era sicuramente stato picchiato ma non poteva collegarlo con sicurezza a quell’episodio.
Gunn si rivolse a lui dicendo “Senti, Benny, è nel tuo stesso interesse vuotare il sacco e dirci chi ti ha ridotto così”. Ma Benny alzò le spalle e chiuse gli occhi. Fu a quel punto che il vice procuratore fece un cenno ad Buffy per farla avvicinare. Lei obbedì e gli andò accanto.
“E’ questa la donna che hai visto?” gli domandò, poggiando una mano sulla sua spalla.
Benny socchiuse gli occhi, la fissò un momento, poi scosse la testa.
Gunn batté una mano sul tavolo, facendolo sobbalzare “Adesso, basta! A che gioco stai giocando? La mia pazienza ha un limite! So che è stato Spike Shelby a farti pestare.. ho solo bisogno di una conferma e tu me la darai, o, quant’è vero iddio, non ti alzerai da lì e ti farò incriminare per reticenza” lo minacciò sporgendosi lievemente sopra la scrivania “Ti è tutto abbastanza chiaro, amico?”.
Come svegliandosi da un lungo sonno, l’uomo aprì bene gli occhi e balbettò “No.. Spike non c’entra” sbirciò nuovamente Buffy “..ho avuto da dire con Clem..” ammise a mezza voce.
“Il braccio destro di Spike” precisò Gunn “E per quale ragione?”.
“Ho un debito con lui” disse subito “Sono in ritardo col pagamento. Solite cose” si mosse nervosamente sulla sedia “Niente d’importante”.
“Un niente che ti ha spedito dritto al pronto soccorso.. e chissà che cosa sarebbe successo se non fosse intervenuta questa signora” indicò Buffy “O mi sbaglio?”.
Benny alzò le spalle “Io non l’ho vista” ribadì abbassando la testa “E questo è tutto”.
 
“La testimonianza di Benny non serve a niente” fece Gunn, una volta che l’uomo fu uscito “Non m’interessa fare passare due notti in cella a Clem e poi lasciarlo uscire su cauzione. Voglio Spike Shelby”.
Buffy dovette abbassare lo sguardo, nella speranza che il suo capo non si accorgesse del turbamento che l’aveva assalita. Si vergognava profondamente di quanto accaduto fuori dal Bronze poche sere prima. Ancora adesso, ripensando a quell’intimo contatto con Spike, sentiva un inequivocabile calore avvolgerla e concentrarsi nel ventre.. Era insopportabile e si sentiva piena di vergogna. Era attratta da lui, nonostante ciò che sapeva del suo modo di vivere ed agire, nonostante ciò che le aveva fatto e questa consapevolezza la annientava. Ma che razza di donna sono, si chiedeva sbigottita.
“Tu non lo riconosci” fece Gunn riportandola alla realtà.
“No” disse lei “Era buio e la mia attenzione si è concentrata subito sulla banda” si appoggiò allo schienale della poltrona “Inoltre, la vittima era accasciata a terra, il viso completamente nascosto.. sembrava un mucchio di stracci” rivisse la scena per l’ennesima volta. E rivide Spike, con quei suoi modi strafottenti ed incuranti delle regole. Poi, guardò attentamente Gunn e gli chiese “Ma tu credi veramente che William Shelby sia un pazzo fuori controllo?”.
L’uomo alzò la testa, pensoso “Non che tutta questa faccenda della rivalità tra i Rogan e gli Shelby sia una cosa normale.. Ma finché si tratta di reati di tipo patrimoniale, di dispetti a livello economico.. di qualche mazzetta al Sindaco.. Certo, sono tutti reati gravi, ma non c’è di mezzo la violenza contro le persone. La morte di tuo padre è stata un vero e proprio spartiacque” la fissò “Un uomo è morto per una faida tra due famiglie.. un delitto ancora impunito.. ed è una macchia grave, per quest’ufficio e per questa città. Spike è una mina vagante. Se non lo fermiamo, molto presto smetterà di taglieggiare e pestare, e passerà all’omicidio. Come in un’escalation.. E io non posso permetterlo”.
Buffy annuì, mordendosi le labbra. La sua parte razionale era d’accordo su tutta la linea con Gunn e così la parte di lei che non aveva mai smesso di soffrire per la morte improvvisa del padre, tuttavia c’era una parte, una piccola e scomoda parte di sé che avrebbe voluto cancellare queste consapevolezze ed affidarsi alla speranza che William sopravvivesse, in qualche nascosto meandro dell’animo di Spike.
 


Stesa accanto a lui sulle lenzuola scure, la donna dai lunghi capelli corvini e gli occhi violetti lo accarezzava pigramente sul petto, mentre Spike fissava il soffitto, immerso nei suoi pensieri. Drucilla, questo era il nome di lei, gli lanciava occhiate indagatrici, domandandosi la ragione di tutto quel silenzio. Sollevandosi un poco sui gomiti, gli prese il viso tra indice e pollice, costringendolo a guardarla “Che succede, mio oscuro principe?”.
Spike alzò un sopracciglio “Che dovrebbe succedere?” la fissò a sua volta.
“Sei distante.. lontano..” distolse lo sguardo e parve guardare oltre la parete. Poi sussurrò “Chi ti verrà a prendere, dolce amor mio?” gli accarezzò la guancia “Chi ti porterà lontano dal mio abbraccio?”.
Lui sorrise “Proprio nessuno, mia regina” la attirò nelle sue braccia “Nessuno” le ripeté, cercando le sue labbra. Drucilla accettò il bacio, ma poi, gli sospirò sulla bocca “Il principe oscuro lascerà andare la sua regina..” chiuse gli occhi “Un pesciolino rosso gli sta nuotando intorno, come impazzito.. e il mio principe non sarà più mio..”. Mentre Spike si avventava sul suo seno per interrompere il flusso di quei discorsi apparentemente senza senso, una lacrima scivolò sul viso scavato della ragazza, le cui mani gli circondarono le spalle.
 

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Capitolo 6
*** Non Chiederlo ***


Andrew le tese una mano aiutandola ad alzarsi dal tappeto. Le sorrise “Credo che tu ti sia fatta atterrare”, disse in tono ironico. Buffy alzò le spalle “Assolutamente no. Ho solo tenuto la guardia un po’ bassa per vedere come ti saresti mosso, tutto qui. E ti sei mosso egregiamente”.

Il ragazzo s’infilò la giacca della tuta e si diresse all’uscita della palestra dicendo “Vuoi dire che riuscirò a difendermi da un attacco dei cattivi?”.

“Non lo so.. Chi sono questi cattivi?” gli domandò facendosi seria “Spike Shelby?”.

“Lui, certo. Ma non solo. Spike è un violento psicopatico, ma suo fratello è forse peggio di lui” la guardò “Ti ricordi di Angel?”.

Buffy ripescò nella memoria l’immagine di un ragazzo alto e robusto, dagli occhi scuri, che frequentava l’ultimo anno e che aspettava spesso William fuori dalla scuola, almeno durante il primo anno. Di lui, non aveva saputo più niente..

“Ha frequentato il college e quando è tornato ha preso in mano gli affari di famiglia insieme al padre. Non ci sarebbe niente di male in questo, se la sua attività preferita non fosse quella di minacciare gli avversari.. usando metodi abbastanza convincenti”.

“Che cosa intendi, esattamente? Gunn non mi ha detto niente, in proposito”.

“Immagino che il vice procuratore sia interessato soprattutto a Spike ed alle sue prodezze per strada. Lo capisco, ma vedi, Angel per me è ben più pericoloso” abbassò il tono “Lavora nell’ombra, non ha mai i riflettori puntati addosso.. Quando lo incontro mi si rizzano i peli del collo” rabbrividì in modo evidente.

“Ancora più di Spike?” lo osservò attentamente.

“E’ un’altra cosa” rifletté il ragazzo “Quando incontro Spike, posso aspettarmi qualsiasi cosa e lo so, posso anche prepararmi, ma Angel..” scosse la testa “Ha rovinato alcune aziende con manovre di borsa e ricatti ad alto livello per poi comprarle a basso prezzo ed inglobarle nell’impresa di famiglia..” fece una smorfia.

Buffy annuì sospirando. La situazione era ancora più grave di quanto aveva creduto. Spike, una scheggia impazzita, Angel, un manipolatore senza scrupoli.

Salirono insieme in sala da pranzo dove trovarono Lindsay, seduto al tavolo. Stava leggendo il giornale e quando li sentì, si voltò sorridendo “Allora, come vanno gli allenamenti?”.

“Molto bene” disse subito Buffy, attirandosi un’occhiataccia da Andrew, che non gradiva che suo fratello s’interessasse troppo a lui.

Lindsay si appoggiò allo schienale della sedia e guardò meglio Buffy “Ci sono novità su Spike?”.

“Non posso parlare del mio lavoro con Gunn” fece lei, versandosi un po’ di caffè.

“Ma lui è entrato in questa casa senza permesso distruggendo la vetrata e minacciandoti in modo selvaggio!” esclamò spalancando gli occhi “Credo di essere nella posizione di poter chiedere..”.

“Allora, dovrai rivolgerti a Gunn” disse Buffy decisa, seguendo Andrew fuori dalla stanza “Ci vediamo dopo, Lindsay”.

L’uomo la seguì con lo sguardo mentre saliva le scale. Poi, sospirò “Questa faccenda non è gran che gestibile”.

Wesley uscì dallo studio, le mani in tasca, lo sguardo serio. Si appoggiò allo stipite della porta e disse “Non potevi certo aspettarti che facesse la spia” sollevò le sopracciglia, divertito “Non sarebbe stato un comportamento da Buffy”.

Lindsay fece un gesto impaziente “Mi chiedo che cosa ci faccia nell’ufficio del procuratore se non possiamo trarne alcun profitto”.

“Dalle tempo. Vedrai che quando capirà chi siano davvero gli Shelby.. non avrà più alcuno scrupolo a fare tutto ciò che vorremo”.

“Spero che tu abbia ragione, fratello. Non ne posso davvero più degli Shelby..” fece Lindsay, tornando ad interessarsi del giornale.

 

Gunn le mostrò i dossier che aveva raccolto sull’attività illegale di Angel Shelby. Si trattava soprattutto di ipotesi di reato legate a speculazioni in borsa, collusioni con la mafia e estorsioni ai danni delle aziende minori della zona. In nessun caso si era mai arrivati ad un’incriminazione vera e propria dal momento che non si trovavano testimoni. Il procuratore sospettava che venissero minacciati o comprati dallo stesso Angel.

Buffy lesse avidamente i faldoni, chiedendosi quale fosse il ruolo di Ethan Shelby. In fondo era lui il padrone.

Come se le avesse letto nel pensiero, Gunn la informò che il ruolo di Ethan era per lo più onorifico, che si limitava a firmare ciò che Angel gli sottoponeva e a presenziare al consiglio di amministrazione della società una o due volte all’anno.

“Spike non ha cariche ufficiali nell’azienda. Di fatto, è ancora studente al college” sorrise Gunn, scuotendo il capo.

Buffy alzò la testa “Vuoi dire che si è iscritto all’università?”.

“Si. Risulta iscritto a letteratura inglese ed americana, ma dubito che passi un minuto del suo tempo sui libri, occupato com’è a scorrazzare per le strade di Sunnydale” il suo tono era sarcastico.

Poi, la ragazza si fece seria “Dimmi dei Rogan”.

La sbirciò “Pensavo di farlo.. ma non così presto”.

“Se devo collaborare con te, Charles, devo sapere tutto. E devo essere certa che ti fidi di me”.

Dopo un momento di esitazione, Gunn prese un altro faldone dall’archivio e lo appoggiò sul tavolo “Ecco qua, tutte le ipotesi di reato.. che sono comunque ipotesi, perché, anche in questo caso, i testimoni sono merce rara”.

“.. di che cosa si tratta..”.

“Corruzione per la cessione di appalti, speculazioni immobiliari non del tutto chiare.. ordinaria amministrazione” sospirò “Mi dispiace, Buffy, ma i Rogan sono nel mirino di quest’ufficio da anni, ormai”.

“Lo so” fece subito lei abbassando lo sguardo.

Entrambi sapevano che la situazione a Sunnydale era sempre stata difficile a causa della rivalità tra i Rogan e gli Shelby, e che era andata peggiorando negli ultimi tempi. Angel e Spike erano spietati e decisi a conquistare la supremazia, esattamente come volevano fare Wesley e Lindsay, senza esclusione di colpi.

“Prima o poi ci scappa il morto, Buffy” considerò Gunn in tono cupo “E noi non riusciremo a fare niente”.

Lei lo guardò seria, ben conscia che il vice procuratore non stava esagerando.

 

Passò la serata nella palestra a dare pugni al sacco. Da anni era la sua valvola di sfogo preferita. Mentre le altre ragazze del collegio scrivevano diari interminabili o cercavano una spalla amica, Buffy sfogava le proprie frustrazioni e tristezze in quel modo, così rude, così sfinente.. Lo faceva per ore, a volte arrabbiata, a volte con le lacrime agli occhi, a volte concentrata.. ma era sempre stato così.

Quella sera, si stava scagliando contro Lindsay, che per la prima volta le aveva fatto intendere che la famiglia si aspettava qualcosa da lei. Si aspettava che la piccola Buffy facesse il suo dovere verso i Rogan nell’ufficio del procuratore. Solo il pensiero le provocò una devastante scarica di adrenalina che le fece scaricare sul sacco una sequenza impressionante di pugni. Si fermò quando si sentì stremata. Si piegò e tentò di riprendere fiato.

Fu così che la trovò Wesley. Era sulla soglia, le mani in tasca, la sua solita espressione seria. Disse “Devo pensare che sei un tantino.. agitata?”.

Lei si voltò di scatto. Si sollevò “Non ti ho sentito arrivare”.

“Non ho difficoltà a crederci” entrò in palestra “Sei davvero sorprendente, Buffy. Stento a riconoscere in te la ragazzina che è partita da Sunnydale qualche anno fa” abbozzò un sorrisetto “Affronti per ben due volte Spike Shelby e gli tieni testa, ti trovo a massacrare il povero pungi ball.. Sono stupito, dico sul serio”.

La ragazza alzò le spalle, imbarazzata “.. è solo questione di allenamento” lo guardò meglio “Che cosa c’è, Wes?”.

L’uomo sollevò le sopracciglia “..che intendi?”.

“Non lo so. Forse questa Buffy non ti piace?” gli chiese, rigida.

“Al contrario. Sono ammirato” le svelò, sedendosi su una delle panche “Sembri forte, decisa, ardita direi.. Mi piace molto, la nuova Buffy”.

Questo, la fece sorridere “Beh.. meno male” si sedette accanto a lui “..e si, sono agitata” confessò.

“Hai bisogno di parlare?” le domandò.

“.. di solito è lui il mio confessore” indicò scherzando il sacco.

“Più che altro, il tuo capro espiatorio” fece di rimando.

“Già” annuì lei “E’ più facile, quando ti senti sola..”.

Wesley socchiuse gli occhi “E tu ti senti così?”.

Pentendosi subito di quelle parole, scosse il capo “No, no.. non fraintendermi. Qui sto molto bene.. ma sto attraversando cambiamenti così grossi..” sospirò “Il lavoro con Gunn è impegnativo e..” lo fissò.

“E ti senti a disagio. Sotto pressione” finì per lei.

Al suo silenzio, lui riprese “Non devi. Noi siamo la tua famiglia, Buffy. Non siamo gli Shelby, così pronti alla violenza e all’inganno.. Ci saremo sempre per te. Per sostenerti e difenderti”.

Buffy rimase immobile. Avrebbe di certo dovuto essere rasserenata dalle parole di Wesley, invece qualcosa la infastidì. Non capì che cosa, ma era abituata a seguire le proprie sensazioni, e anche quella volta lo fece. Non disse nulla, aspettando che continuasse lui.

“Qualsiasi cosa che per te sia fonte di disagio puoi confidarla e ci penseremo noi a sistemarla”.

A quel punto, ruotò il busto e lo fissò negli occhi “Che cosa vuoi dire?”.

Parve stupito “Che ti aiuteremo sempre..”.

Si alzò in piedi, la fronte corrugata, lo sguardo cupo “Wesley, sono l’assistente del vice procuratore.. Che cosa stai dicendo?”.

“Ti assicuro Buffy che io..” alzò le mani.

“Oh, Dio.. non basta Lindsay a dire stronzate” scosse la testa, disgustata “Mi stai gentilmente invitando.. a fare che cosa? A fare qualcosa.. di cui potrei vergognarmi, tradendo la fiducia che Gunn mostra nei miei confronti?” alzò la voce “..io non riesco a crederci”.

L’espressione di Wesley divenne granitica. A Buffy non sfuggì il fulmineo cambiamento d’umore dell’uomo che aveva davanti e capì di aver fatto centro al primo colpo. Dunque, era proprio questa la verità, ciò che i Rogan si aspettavano da lei..

Lo fronteggiò “Non lo farò”.

Wesley la guardò un momento, poi disse “Sei libera di fare quello che vuoi e di essere leale verso chi vuoi, Buffy. Ma cerca di ricordarti chi siamo noi”.

La lasciò di nuovo sola e più turbata di prima.

 

Andare al Bronze con Andrew era stata una scelta quasi obbligata. L’aveva invitata per offrirle qualcosa come ringraziamento per le lezioni di autodifesa che gli stava impartendo e, sebbene fosse stanca e di cattivo umore, non riuscì a dirgli di no.

Così, si era infilata jeans e camicetta e aveva trascorso una bella serata; un po’ avevano chiacchierato dell’università, un po’ avevano ballato, divertendosi come adolescenti.

Stava bene in compagnia di Andrew, ancora così lontano dalle logiche di potere che invece sembravano avere irrimediabilmente coinvolto i suoi due fratelli.. Le pareva che Andrew nemmeno si ricordasse del suo incarico al Palazzo di Giustizia. La cosa la rilassò più di quanto si fosse aspettata.

Uscirono dal locale alle due, ridendo per l’imitazione che il ragazzo faceva del suo professore di letteratura inglese.

Le cose accaddero nel giro di pochi istanti. Un momento prima stavano attraversando il parcheggio deserto, un momento dopo erano letteralmente circondati da uomini completamente vestiti di nero, che li fissavano minacciosi. Buffy riconobbe subito la banda di Spike che aveva affrontato la sera del sui arrivo.

Subito, scattò in posizione di difesa alzando le braccia e dicendo, ad un Andrew sbigottito e spaventato “Non allontanarti da me”.

Uno degli uomini fece un passo avanti e Buffy riconobbe l’uomo che Spike aveva chiamato Clem.

“Ci rivediamo” le sorrise minaccioso “Abbiamo un conto da regolare, non è così?”.

Lei non rispose, cosciente del tremito che scuoteva Andrew. Avrebbe affrontato Clem, ma non voleva in alcun modo che il ragazzo fosse coinvolto.

“Cos’è, hai paura, Summers?”.

Un attimo dopo, Buffy lo colpì al viso con un calcio che lo fece barcollare e lo costrinse a portarsi entrambe le mani al naso, sanguinante. Il suo grido tagliò il silenzio della notte.

“Troia! Mi hai rotto il naso!” gridò l’uomo, più inferocito che dolorante. Mentre i suoi uomini lo raggiungevano, Buffy spinse forte Andrew “Vai, corri, ora” gli ordinò.

“Ma.. ma non posso lasciare che..” fece lui, gli occhi spalancati, sotto choc.

“Ora, Andrew!” fece guardandolo.

Lui parve esitare, ma poi si allontanò, sparendo tra le auto parcheggiate.

Nel frattempo, Clem era tornato in sé e la fissava minaccioso, come tutti i suoi uomini. Lei lo fronteggiò, reprimendo la paura. Non poteva in alcun modo avere la meglio su tutti quei teppisti..

Clem la caricò, con un urlo e la colpì allo stomaco, spedendola a terra. Nonostante il dolore, Buffy riuscì a rimettersi in piedi e nel farlo gli afferrò la caviglia, facendogli perdere l’equilibrio e facendolo crollare a terra. Clem batté la testa sull’asfalto, e rimase lì, apparentemente senza coscienza.

La ragazza stava per voltarsi e scappare, quando si sentì prendere per le spalle.

“Dove credi di andare?”. Uno degli uomini l’aveva bloccata, mentre un altro le rifilava un altro pugno nello stomaco, facendola boccheggiare. Il dolore scoppiò dentro di lei come una bomba. Il respiro le si mozzò, il buio calò davanti ai suoi occhi, le forze la stavano abbandonando.. Non sentì nemmeno il terzo pugno.. Stava svenendo.. Avvertì il freddo asfalto sotto di sé.

Poi, improvvisamente, sentì voci concitate, rumori di una lotta, una voce aspra sopra le altre.. ma era tutto così annebbiato… Due braccia la sollevarono come fosse stata una piuma e lei sprofondò in un tessuto liscio, che odorava di fumo e acqua di colonia.. Le ricordava qualcosa, ma era troppo debole per poter riconoscere alcun che.

Le si riempirono gli occhi di lacrime. Il terrore la invase, forse era arrivato il momento di morire.. ma non ebbe il tempo di pensare altro, perché perse i sensi.

 

Quando riaprì gli occhi, l’unica cosa che riuscì a focalizzare fu il dolore intenso all’addome. Cercò di prendere fiato, ma era difficile respirare regolarmente.

“Non sforzarti. Respira lentamente”.

Avrebbe riconosciuto ovunque quella voce. Spike Shelby.

Tentò di sollevarsi, ma il male la bloccò, costringendola di nuovo sul materasso.

“Visto? Non sforzarti”.

Voltò lentamente la testa e vide proprio Spike a pochi centimetri da lei. Intorno a loro, il buio.

“Dove.. dove..sono” provò a dire.

“Sul pavimento del mio garage” le disse “Ti sto medicando”.

Solo allora si accorse che stava trafficando sul suo addome. Vide che stava chiudendo i lembi di una fascia bianca. Nello stesso istante, si rese conto di non avere la camicia. Era mezza nuda davanti a lui!

Con uno scatto, sollevò il braccio e tentò di coprire il reggiseno.

“Oh, non preoccuparti, tesoro. Non sono così impressionabile” la informò allontanandosi leggermente “Ecco fatto”.

Poi alzò lo sguardo e la fissò “Fa ancora molto male?”.

“Solo se mi muovo senza cautela” fece lei cupa.

Spike annuì “Non credo sia niente di grave”.

“Credevo che i tuoi scagnozzi volessero finire il lavoro..” disse tagliente “Visto che tu non ci sei riuscito”.

Lui sollevò le sopracciglia “..i miei lavori me li finisco da solo” rise “E ora sono tutti a leccarsi le ferite, non preoccuparti”.

Lo guardò “..perché.. sei intervenuto?”.

“Non mi piacciono gli scontri dispari” divenne serio.

Buffy sospirò “..devo andare a casa”.

“Ti porterò io. Non sei in condizione di..” ma lei lo interruppe “Non serve. Chiamerò un taxi..”.

“No”.

“Si. Non mi accompagnerai a villa Rogan” lo fulminò “O vuoi combinare qualche altro casino?”.

Spike la fissò un lungo momento, poi fece “Credi che io abbia paura dei fratellini?” sbottò in una solenne risata “Sei fuori strada, ragazzina. Non puoi andare sola, in queste condizioni”.

“Ce la faccio benissimo” disse lei in tutta risposta. Con grande fatica, riuscì ad alzarsi in piedi. Si infilò alla bell’è meglio la camicia. Si guardò intorno e nella penombra vide una moto e una macchina nera dai vetri oscurati. Era proprio un garage.

Tornò con lo sguardo su di lui “Ho bisogno di telefonare.. non ho con me la borsa e..”.

“E chi ce l’ha? Il piccolo Andrew che è scappato?” la schernì. Buffy l’avrebbe preso a schiaffi. Quell’espressione.. e nonostante tutto fu sconvolta. Perché si sentì improvvisamente emozionata, proprio come era già accaduto..

Tentò di ricomporsi e strinse i pugni, sibilando “L’ho mandato via. L’avrebbero ammazzato di botte, i tuoi”.

“E così hai pensato che fosse meglio che ammazzassero di botte te” fece sarcastico.

Il silenzio che seguì era carico di elettricità. Buffy non sapeva se lui sentisse quella corrente improvvisa fra loro, ma lei la percepiva così forte che quasi non riusciva a ragionare. Le parole le si fermavano in gola, mentre gli fissava il viso, spigoloso e bellissimo. Il suo intero corpo le gridava qualcosa.. qualcosa che la sua parte razionale si rifiutava di riconoscere.. Con estremo imbarazzo, si rese conto di essere eccitata. Il respiro le si mozzò.

Spike continuava a guardarla, indecifrabile. Nel buio, i suoi occhi sembravano neri come la pece. Era arrabbiato? Stava per colpirla? Per finire il lavoro?

Era troppo confusa per ragionare, per capire se anche lui si trovava in quella situazione assurda, con i sensi incendiati e la mente obnubilata.

Si accorse appena che le tendeva un cellulare. Lo prese e nel farlo gli sfiorò le dita. Una scarica di elettricità la percorse da capo a piedi, facendola arrossire. Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo. Fece il numero velocemente e quando dovette dare l’indirizzo, si trovò spiazzata. Con un ghigno, Spike riprese il telefono e diede via e numero civico.

Poi, lo guardò estrarre alcune banconote dalla tasca della giacca in pelle e gliele porse. Lei lo ignorò.

“Prendili. Come farai a pagare la corsa?” la sfidò senza cancellarsi dalla faccia l’espressione ghignante.

Mordendosi le labbra, le afferrò in fretta. Il turbamento che provava aveva completamente cancellato anche il dolore all’addome.

Sobbalzò quando lo sentì prenderla per un braccio. Le sue dita bruciavano attraverso il tessuto della camicia. “Andiamo” la trascinò per un breve tratto, poi aprì una porta e si trovarono su un vialetto ghiaioso “Il taxi sta arrivando. Ci metterà meno di cinque minuti” la lasciò andare ma non si mosse.

L’attesa le parve eterna. Era così consapevole della sua presenza lì vicino e non poté fare a meno di ripensare a ciò che era accaduto fra loro nel vicolo del Bronze qualche giorno prima.. Strinse la mascella. Era così difficile rimanere distaccata..

I fari del taxi la illuminarono. Fece per voltarsi, ma Spike non era più accanto a lei.

 

Trovò Andrew nella sua stanza. Camminava avanti ed indietro, un’espressione tormentata sul viso, le mani tremanti. Non appena la vide, spalancò gli occhi e le corse incontro.

“Oh, Dio.. stavo per chiamare la polizia e l’ospedale..” il suo sguardo la percorse da capo a piedi “Oh, Buffy, credevo che..”.

Lei lo fermò con un cenno della mano, abbozzando un sorriso “Stai tranquillo. Sto bene” cautamente si diresse al letto e si sedette. Il dolore era molto diminuito, ma era ancora presente. Non poteva chinarsi senza sentirlo.. Sospirò “Non è successo niente”.

“Ma che stai dicendo?” sbottò “.. quei vigliacchi.. io, sono stato un vigliacco..” scosse la testa, sedendole accanto “Avrei dovuto stare lì con te e difenderti..”.

“Andrew, avresti solo peggiorato la situazione” si voltò e tentò di apparire convincente “Se fossi rimasto, se la sarebbero presi con te e tu non sei ancora in grado di affrontare quegli energumeni”.

La fissò in silenzio alcuni secondi, poi fece “Tu l’hai fatto.. ho visto che non avevi paura..” un lampo di ammirazione quasi la abbagliò “Voglio essere come te”.

Lei sorrise “Lo sarai.. Continueremo gli allenamenti e vedrai che..” una piccola fitta al fianco le tolse il fiato. Si piegò leggermente, strizzando gli occhi.

“Oddio” sussurrò Andrew “Andiamo al pronto soccorso”.

Buffy scosse la testa “Sono già stata medicata..”.

La guardò accigliandosi “Vuoi dire che sei andata da sola all’ospedale..”, ma lei l’interruppe “No. Qualcuno mi ha soccorsa e medicata”.

“E chi..?”.

Dopo un attimo di esitazione, Buffy sussurrò “Spike Shelby”.

Andrew scattò all’indietro. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito. Era evidentemente sbalordito. Alla fine, mormorò “Ma se li ha mandati lui a..” indicò il suo addome.

“No. E’ stata un’iniziativa di quel Clem. Credo che non sopporti l’idea che io l’abbia steso.. qualche tempo fa” abbozzò un sorrisetto “Spike non c’entra, stavolta”.

Il ragazzo annuì. Lo vide alzarsi ed infilarsi le mani in tasca “Questa situazione sta diventando folle. Non si può uscire a divertirsi senza temere un agguato..” la fissò “Non mi stupirei se Charles Gunn non decidesse di mettere un coprifuoco.. Che cazzo di città è diventata, Sunnydale” finì passandosi una mano tra i capelli.

Buffy lo guardò “Ci sono delle responsabilità precise per questo”.

“Lo so. Credi che non lo sappia? I miei fratelli incolpano gli Shelby per qualsiasi cosa vada storta..e lo stesso fanno Angel e Spike, ovviamente. Sta diventando una faida fuori controllo.. e ci sei andata di mezzo anche tu. Li denuncerai?”.

Buffy scosse la testa, mentre ricordava le risse al liceo tra Wesley ed Angel, Lindsay che manometteva le ruote della moto di Angel e dei suoi amici.. poi ripensò a William, che sembrava così diverso..

“William non era così” fece sottovoce.

Andrew annuì “Non lo era. Ma le cose sono cambiate, da quando te ne sei andata, te l’ho detto.. e l’hai visto anche tu”.

La ragazza sospirò. Aveva ragione.. ma allora chi era l’uomo che l’aveva salvata e medicata?

 

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Capitolo 7
*** Attrazione Fatale ***


Era rientrato in casa come una furia e si era diretto al mobile bar. Aveva bevuto il bourbon direttamente dalla bottiglia, finché il bruciore alla gola non si era fatto insopportabile. Poi, si era lasciato cadere in poltrona, esausto.

Era duro da quando l’aveva vista combattere e mettere ko Clem. Era incredibile, agile, svelta, forte. La visione del suo corpo, minuto e sinuoso, che caricava quel pallone gonfiato di Clem l’aveva eccitato immediatamente. Era rimasto incantato a guardare quella piccola arma letale, e aveva visto il bagliore furioso dei suoi occhi. Se non l’avessero bloccata alle spalle, avrebbe sicuramente ridotto in poltiglia molti di loro.. Ancora adesso era eccitato oltre misura..

Era intervenuto perché altrimenti l’avrebbero massacrata. Aveva ammaccato qualcuno di loro, gridando che non dovevano fare quel genere di raid senza la sua approvazione, eccetera eccetera.. Poi l’aveva presa ed era venuto diretto a casa. Nel garage, al buio, dove l’aveva spogliata e aveva esaminato le contusioni.. La vista del semplice reggiseno rosa e della pelle, candida e liscia al tatto, avevano fomentato il suo stato d’animo già alterato.. Non era bravo nell’auto controllo e tuttavia ne aveva esercitato quanto possibile.. per non saltare addosso a quel seno, così invitante.

Rise tra sé, scuotendo la testa.. ma che diavolo gli stava succedendo? Aveva visto il  disprezzo e la ferma volontà di lei di stargli il più lontano possibile, e non poteva certo darle torto.. già varie volte l’aveva minacciata.. Appoggiò la testa allo schienale della poltrona, chiuse gli occhi e respirò profondamente..

Quando li riaprì, vide Drucilla ferma sulla soglia. Era in vestaglia. Gli stava sorridendo invitante.

Spike pensò che fosse bellissima e sexy, tutto quello che un uomo come lui avrebbe potuto desiderare. Si alzò e le andò incontro, le circondò la vita, attirandola a sé rapidamente. Premette i fianchi contro i suoi appoggiandola alla parete.

Drucilla gli circondò la vita con le gambe e un attimo dopo erano avvinti in un amplesso selvaggio.. mentre lei ripeteva il suo nome tra i gemiti, la mente di Spike era letteralmente inondata dall’immagine di Buffy Summers.

 

Per quanto tentasse di non pensarci, Buffy non riuscì a distogliere la mente dal pensiero di Spike per tutto il resto della notte. Un uomo bellissimo e letale, qualcuno che poteva annientarla senza nemmeno accorgersene. Si sentì eccitata al solo pensiero delle sue mani che le sfioravano l’addome per medicarla. La tensione sessuale non le dava pace. Ed era qualcosa di ingestibile. In realtà, non c’era mai stato niente di così intenso, per lei, eccezion fatta per il dolore. Aveva sofferto tanto per la morte di suo padre e quello era stato il sentimento più forte che aveva mai provato in tutta la sua vita.. e ora questo. Lo sguardo di Spike, il corpo di lui, perfino quel ghigno insolente e minaccioso che sembrava terrorizzare tutti.. Nascose il viso tra i cuscini, vergognandosi per quelle sensazioni proibite. Sì, proibite, perché lui era un diavolo uscito dall’inferno, era un gangster, era uno Shelby.

 

 “Non ho bisogno delle guardie del corpo” disse fissando Wesley, seduto a fare colazione. Lindsay sollevò di scatto la testa, mentre Trevor la guardava con disapprovazione.

Wesley incontrò il suo sguardo “Non è una buona idea rinunciare alla scorta, Buffy” le disse calmo “Spike Shelby non è uno che demorde”.

“Spike Shelby non mi interessa. Né lui né gli altri come lui” l’interruppe decisa “Non voglio la scorta”.

Lindsay sospirò “Buffy, tesoro, sappiamo che sai difenderti, ma questo non vuol dire che..”.

“Non intendo tornare su questo” fece ancora lei. Finì di abbottonare la giacca e si voltò per dirigersi alla porta “Userò la porche per andare in ufficio” li informò.

Dopo un momento di silenzio, Trevor sussurrò “Quella bambina non sa i pericoli che corre”.

I due fratelli non dissero niente. Forse non Lindsay, ma Wesley aveva capito che Buffy gli aveva appena lanciato la sua sfida.

Niente interferenze, nessuna pressione né condizionamento sull’ assistente del procuratore.

 

Gunn non le lasciò neanche il tempo di sistemarsi alla scrivania che le disse “Stamattina abbiamo un appuntamento molto importante”.

Buffy lo guardò “E di che cosa si tratta?” si sedette con calma, ancora dolorante per lo scontro avuto durante la notte. Un paio di antidolorifici avevano attenuato il male, che però era sempre lì, a tormentarla.

“Angel Shelby” annunciò con sguardo eccitato.

Lei corrugò la fronte “E quale sarebbe la ragione?”.

Il procuratore alzò le spalle “In realtà, l’ho convocato qualche tempo fa per alcuni chiarimenti, ma era sempre poco disponibile. Sembra che finalmente abbia trovato il tempo” sospirò “Deve fare chiarezza su alcuni fatti accaduti mesi fa”.

“Fatti di che genere?”.

“Beh.. di tipo amministrativo. Il sospetto che ho è che lui abbia dichiarato il falso circa alcune operazioni finanziarie che hanno portato all’assegnazione di importanti appalti agli Shelby piuttosto che ai Rogan” le lanciò un’occhiata “Credo che abbia in qualche modo corrotto o minacciato per ottenere il suo scopo”.

“Non sarebbe una novità” disse avvilita “E da dove ti vengono, questi sospetti? Credo che siano indizi consistenti, dal momento che l’hai convocato”.

Gunn sembrò esitante, ma alla fine disse “Ho parlato con Lindsay Rogan”.

Buffy spalancò gli occhi “Lindsay? Che c’entra lui?”.

“Beh, c’entra, dal momento che Angel gli ha soffiato da sotto il naso un affare quasi fatto..”.

“Gunn. Lindsay ce l’ha a morte con gli Shelby. Direbbe qualsiasi cosa per…” s’interruppe, poi riprese “Credi che sia una buona idea..? Voglio dire, quest’ufficio deve rimanere al di fuori delle loro faide”.

L’uomo la fissò “Che cosa stai tentando di dirmi, Buffy? Che sono accondiscendente verso i Rogan e colpisco gli Shelby per.. per cosa? Per ottenere qualche favore personale da Lindsay?” i suoi occhi neri erano ridotti a due fessure.

“No, no..” tentò lei “Ma credo che non sia prudente ascoltare le confidenze di un Rogan”.

“Buffy” disse, mantenendosi calmo “So che cosa intendi. Ho avuto anch’io molti scrupoli, per anni, fin da quando ero al tuo posto. Ma poi ho capito che questa è una guerra. E che devo sfruttare ogni cartuccia che ho a disposizione, di qualsiasi genere.. Per quanto Lindsay possa essere mosso da desideri di vendetta, i sospetti di corruzione nell’assegnazione di appalti sono vecchi come quest’ufficio.. e io sono assolutamente certo che anche stavolta sia andata in questo modo. L’ha spuntata Angel, questo significa che ha pagato di più. Ciò implica che sono perfettamente a conoscenza che anche Lindsay ha fatto la sua offerta per quell’appalto, senza spuntarla” si appoggiò meglio allo schienale della poltrona “Mi rendo conto che sto giocando d’azzardo, Buffy, ma al momento devo battere questa strada”.

Lo fissò un lungo istante, poi sussurrò “E’ un gioco pericoloso, Gunn. Potresti scatenare conseguenze ancora peggiori”.

“Lo so. Ma sono pagato per stanare i lupi, ed è quello che sto tentando di fare, con ogni mezzo a mia disposizione” la osservò, poi disse “Te la senti di essere qui, quando parlerò con lui? Puoi tirartene fuori, se non sei convinta”.

Senza esitazione, fece “Non mi muovo da qui”.

 

Angel si sedette tranquillo davanti a Gunn. Completamente vestito di nero, come suo solito, lo sguardo serio e rilassato, sorrise a Buffy “Sono contento di conoscerla, miss Summers” le tese la mano.

Buffy la strinse, incerta. L’uomo che aveva davanti era bello ed affascinante come Spike, tuttavia non lo conosceva quasi per niente. Irrazionalmente, aveva paura della sua impenetrabilità.

Le domande di Gunn vertevano tutte sulla gara d’appalto che avevano coinvolto varie aziende circa sei mesi prima. Angel rispose ad ogni colpo senza mai mostrare esitazione o ripensamenti. Non si confuse ne si mostrò stupito per il tenore di quella specie di interrogatorio. Buffy assisteva alla scena come ad una partita di ping pong, in cui pareva che nessuno dei contendenti volesse risultare il perdente.

Un’ora dopo, Gunn, dopo aver dato un’occhiata agli appunti presi, disse “Bene, signor Shelby, direi che abbiamo terminato” si alzò in piedi, seguito da Angel e Buffy.

“Ottimo. Spero di essere stato esauriente” gli sorrise, ma il sorriso non coinvolse il suo sguardo, che rimase freddo come il ghiaccio “Come vede, sono venuto senza il mio avvocato, proprio per mostrare la mia fiducia verso quest’ufficio”.

“”Non aveva bisogno dell’avvocato. Questo non era un interrogatorio” fece implacabile Gunn.

Angel annuì, senza replicare. Poi si voltò verso Buffy “E’ stato un piacere conoscerla, miss Summers” e dopo un breve saluto, uscì dall’ufficio.

Il silenzio avvolse la stanza. Né Gunn né Buffy dissero alcun che per alcuni minuti. Finché fu lui a dire “Sei rimasta stordita dal suo fascino tenebroso?” la guardò ironico.

Lei scosse la testa “No. Sono rimasta sbalordita dalla sua abilità con le parole. Non avrà mai bisogno di un avvocato”.

Gunn rise, amaro “Vedrai che anche lui ne vorrà uno, prima o poi”.

 

Sprofondato nel sedile posteriore della limousine, Angel prese il cellulare e compose rapidamente un numero che non era nella rubrica ma che conosceva a memoria.

“Seguite quell’imbecille, da subito. Sono stufo di questi giochetti” disse in tono cupo. Poi, spense il telefono e si appoggiò meglio al sedile.

Era veramente stanco della situazione. Era giunto il momento di smuovere le acque e di godersi lo spettacolo.

 

Spike affrontò Clem dopo averlo convocato a casa. Lo guardò con freddezza, girandogli intorno minaccioso. Alla fine disse in tono freddo “Il raid di ieri sera non era autorizzato”.

“Si, Spike, ti sei spiegato adeguatamente” fece quello “I lividi che ho me lo ricordano. A parte la contusione al naso, grazie a quella troia..”.

Fulmineo, Spike lo prese per la collottola “Chiudi la tua bocca di merda!”.

Si fissarono per un lungo istante. In realtà, Spike non sapeva esattamente perché gli avesse dato così fastidio quell’ultimo commento su Buffy, ma aveva reagito immediatamente.. il suo corpo aveva reagito per lui, impedendogli di pensare. Adesso, fissando così da vicino le iridi nere di Clem, si diede dello stupido. Recuperando un po’ di contegno, lo lasciò andare “Che cosa ti è venuto in mente, eh? Volevi ammazzarla? Volevi far fuori lei e il piccolo Rogan? Ma dico, sei impazzito? Vuoi che finiamo dritti dritti in tribunale e poi in  galera?.. Dopo la faccenda di Benny e della festa dai Rogan?”.

Clem abbassò la testa “No, capo, no di certo.. ma quella donna mi ha umiliato davanti ai miei uomini e voleva fargliela pagare” confessò.

“Oh, e che cosa hai risolto, ieri notte? Ti ha steso di nuovo e ci sono voluti altri due per fermarla” fece sarcastico “E’ stata una pessima idea..” gli voltò le spalle, sospirando “Può denunciarci tutti quanti”.

“Non l’ha fatto” intervenne subito l’altro “Ne sono sicuro.. sai, quella mia amica nella polizia mi ha detto…” ma s’interruppe quando scorse il suo sguardo. Era ovvio che lo sapesse già. Clem abbassò di nuovo la testa, sulle spine.

“Non so perché non l’abbia fatto, Clem. Ma non certo per merito tuo” sibilò. Gli avrebbe spaccato la testa con le sue mani se avesse seguito il suo istinto.. perché l’aveva ficcato in una situazione assurda, gliel’aveva fatta salvare, medicare, rispedire a casa.. L’aveva costretto a prendere atto che quella ragazzina lo eccitava, gli faceva perdere il controllo, scatenando qualcosa in lui a cui non sapeva dare un nome.. E il sesso con Drucilla era servito davvero a poco. L’aveva scopata ad occhi chiusi, con l’immagine della biondina davanti agli occhi. Del reggiseno e delle gambe della biondina, per dire la verità.

Sorrise amaro, esausto. Si passò una mano tra i capelli e poi gli disse, senza guardarlo “Vai”.

“Ma capo” si lamentò Clem, col solo risultato di farlo arrabbiare ancora di più. Ripeté “Vai!” e questa volta, l’uomo sgattaiolò fuori in silenzio.

 

Una volta a casa, Buffy corse in camera e tolse le bende. Le contusioni erano ancora lì, ma il dolore era diminuito durante la giornata. Spike l’aveva medicata bene.. Rise tra sé. Certo, lui aveva molta esperienza in questo campo..

Sospirò, infilandosi sotto la doccia. Mentre l’acqua tiepida le accarezzava la pelle, ripensò a lui e all’attrazione che provava. Mio Dio, un simile magnetismo animale era qualcosa di sconosciuto per lei.. e sarebbe dovuto rimanere tale.. Si sfiorò il seno, che la notte precedente non aveva fatto un grande effetto su di lui. In quel momento, aveva ringraziato il cielo che lui non ne fosse rimasto turbato, adesso invece, si sentì mortificata.. Si appoggiò alle piastrelle, sentendo tutta la tensione accumulata assalirla e annientarla. Uscì dalla doccia e, avvolta nell’accappatoio, si sdraiò sul letto, addormentandosi nel giro di pochi minuti.

 

Ciao a tutti!

Un piccolo ps per chi vorrà leggere la mia storia: è la mia prima ff AU e sono molto incerta del risultato. Così, se qualcuno volesse recensire, sarei felice, perchè le critiche costruttive sono sempre ben accette.

Grazie.

Ezrebet

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Capitolo 8
*** A Distanza Ravvicinata ***


Entrò in casa e fece per salire le scale quando si sentì chiamare. Era Lindsay. Guardò verso la sala e vide lui e Wesley seduti sul divano. Capì che la stavano aspettando.
“Sono stanca, ho sonno e..”.
“Dobbiamo parlarti” la interruppe Wesley.
“Non ora”.
“Buffy, siediti e ascolta” fece serio, sospirando.
Lo fece, rimanendo rigida.
“Vogliamo che tu sappia che non ci piace il modo in cui reagisci quando cerchiamo di parlarti. Non ci piace l’idea che tu giri senza scorta quando quel teppista sembra averti giurato guerra a tutto campo”.
Il riferimento a Spike la fece scattare “Non mi fa paura”.
“Questo non significa che non sia pericoloso” la redarguì Lindsay “Lui e quel suo tenebroso fratello”.
“Ah. E’ per questo che l’hai messo di mezzo con i tuoi sospetti” lo sfidò.
“Ho raccontato la verità a Gunn” si difese lui.
“Basta così. Non voglio parlare con voi del mio lavoro” si alzò.
Wesley intervenne “Lo farai. Perché noi siamo la tua famiglia. Noi teniamo a te e ci meritiamo la tua lealtà..” la fissò “Tuo padre è morto, per essere leale con noi”.
Lo guardò con occhi scintillanti. Non riusciva a credere che toccasse quel tasto. Come osava? Si sentì invasa dalla rabbia, dal rancore, dalla delusione..
“Mio padre non c’entra con questo! State tentando di ricattarmi, proprio voi” respirò forte “E’ vero, mi avete accolto e devo molto a questa famiglia.. ma è proprio per il ricordo che ho di mio padre che non posso tradire la fiducia che Gunn mi ha accordato!”.
Lindsay si alzò di scatto “Buffy, calmati, non stai vedendo le cose nella giusta prospettiva..”.
“Io credo di si, invece..” le lacrime le pungevano gli occhi, ma si rifiutò di lasciarle andare. Tremò vistosamente, si allontanò e corse fuori. Corse in giardino, oltre la veranda, verso la quercia, ai confini del parco, la quercia sotto cui avevano giocato per anni quando erano piccoli…
Smise di correre  quando si trovò sotto il grande albero, solo allora riprese fiato. Erano passati tanti anni, m si ricordava ancora la voce di suo padre. Non venire meno ai tuoi principi, Buffy..
Si strinse nelle spalle. L’aria fredda della notte la colpì all’improvviso, ricordandole che era uscita solo col pullover. Si voltò per rientrare ma l’idea di affrontare di nuovo Lindsay e Wesley la trattenne dal farlo. Con un sospiro si sedette sulla panchina.
Ripensò al giorno della morte di suo padre e rivide se stessa, ragazzina, guardare la gente che si affannava frenetica intorno a lei, che le rivolgeva sorrisi imbarazzati, costernati, timidi.. pieni di pietà.. Sentì che gli occhi le si riempivano ancora di lacrime.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse dei passi furtivi che si avvicinavano, dell’ombra nera che comparve dal nulla e che si avvicinava minacciosa.
Quando alzò la testa, vide Spike fermo davanti a sé, che la fissava con occhi scuri e brillanti, evidentemente deciso a mettere finalmente in atto le sue minacce.. Lei lo fissò, cupa.
“E adesso che cosa vuoi?” gli domandò alzando il mento come a sfidarlo.
L’uomo stringeva la pistola nella tasca della giacca così forte da sentire dolore. La voleva chiudere, questa faccenda, doveva far fuori questa donna, una volta per tutte. E stava per estrarre l’arma, quando incontrando i suoi occhi si accorse delle lacrime. Rimase senza fiato. Non aveva previsto le lacrime. Adesso, non le pareva la guerriera agile e forte che aveva visto combattere. La presa sulla pistola si allentò velocemente.
“C’è qualcosa che non va?” le domandò in tono teso.
Buffy evitò il suo sguardo e sussurrò “Non voglio parlarne”.
Reprimendo un fastidioso senso di frustrazione, Spike la guardò ancora, prima di chiedere “C’è qualcosa che posso fare..?”.
I pensieri le affollarono la mente, mentre la sua fronte si corrugava.. forse quest’uomo, violento e senza scrupoli, poteva liberarla, uccidendola. Si, se questo era l’unico modo per scappare dalla situazione.. L’idea della morte non l’aveva mai sfiorata, neppure quando si era trovata piccola e spaurita al funerale di suo padre, tuttavia adesso, stretta nella morsa del ricatto di Wesley, tuttavia adesso…
Guardò ancora Spike, la cui aria minacciosa si era trasformata in un’espressione perplessa.. Poi, chinò di nuovo il capo, sperando che lui sparisse e con lui tutte le idee distruttive che in una frazione di secondo le erano passate per la testa.
Ma Spike non se ne andò. Dopo un momento di esitazione, si avvicinò e si sedette accanto a lei. Non le toglieva gli occhi di dosso, mentre si domandava, confuso, come poteva una ragazza in grado di stendere un uomo forte come Clem, mostrare tutta quella fragilità. D’impulso, allungò una mano e la batté sulla spalla di lei, in un impacciato tentativo di conforto. Buffy spalancò gli occhi, non sapeva se per lo stupore o per l’assurdità della situazione.. Era scappata da chi diceva di volerle bene per trovarsi consolata dal suo peggior nemico.
Come se avesse intuito i suoi pensieri, Spike ritirò la mano, senza smettere di guardarla, e rimase lì, accanto a lei, dimentico delle sue intenzioni e della pistola nella tasca.
Passarono molti minuti, durante i quali furono sommersi dai rumori della notte. Buffy sentiva accanto a sé il calore del suo corpo e si stupì di non sentirsi minacciata. Strano, perché era talmente sconvolta e indifesa, in quel momento, che lui avrebbe potuto allungare una mano e spezzarle il collo senza difficoltà.. Ma per qualche misteriosa ragione, la sua voce e il suo gesto avevano disciolto la diffidenza. Irrazionalmente, era sicura che non l’avrebbe colpita..
Si sollevò poco dopo, imbarazzata, seguita immediatamente da Spike che si allontanò di alcuni passi.
“.. devo rientrare” sussurrò lei, infilandosi le mani in tasca.
L’uomo annuì “Ti accompagno. E’ meglio che non attraversi il parco da sola..” la voce gli si spense in gola, mentre realizzava quanto le stava dicendo. I suoi occhi si allargarono e lo stesso fecero quelli di Buffy, che respirò a fondo e poi disse “Non c’è bisogno. Conosco la strada e qui non c’è alcun pericolo”. Tranne te, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece. Lo fissò ancora, poi gli volse le spalle e cominciò a camminare spedita verso le luci della villa.
Spike rimase a guardarla, infastidito dalla sensazione che stava provando. Qualcosa gli si rimescolava dentro, rendendogli impossibile pensare chiaramente.. Poi, quando lei scomparve alla sua vista, si arrabbiò con sé stesso e si prese mentalmente a calci. Avrebbe dovuto ucciderla. Non ci sarebbero stati testimoni, né possibilità per lei di sfuggirgli. Avrebbe dovuto ucciderla mentre era lì, indifesa nella notte, e non consolarla come se fosse la sua migliore amica.. Ringhiò, calciando lontano un sasso. Imprecando, tornò sui propri passi verso la moto.

Buffy chiuse in fretta la porta della camera, contenta di non aver incontrato nessuno. Rimase appoggiata ad essa un bel po’, nel buio, mentre ripensava all’incontro con Spike. Era venuto per ucciderla, su questo non aveva dubbi, non poteva in alcun modo tollerare che una ragazza dall’aspetto fragile e amica dei Rogan mettesse in ridicolo i suoi per ben due volte. E va bene, questo lo avrebbe potuto anche capire.. ma poi? Che cosa era esattamente successo là fuori?.
Conosceva abbastanza bene sé stessa per ammettere di sentirsi turbata, come e più di quanto lo fosse stata in tutti gli altri incontri ravvicinati che avevano avuto. La paura e la rabbia che provava per la sua insolenza e la sua brutalità scomparivano quando si avvicinava così tanto.. e, assurdamente, capiva che anche per lui era sempre così. Al Bronze, era stata una scarica elettrica che l’aveva scioccata. Aveva sentito la propria eccitazione nel suo garage, e stasera.. Oh, Dio, lui era stato gentile, comprensivo, vicino come nessuno lo era stato da molto tempo, ormai..
Sospirò profondamente, tentando di scacciare quelle ingombranti sensazioni. Non era possibile lasciarsi turbare da Spike, che sembrava non avere in sé più nulla del ragazzo di anni prima, così delicato e solare.. Tuttavia, poco prima c’era stato un lampo di William nel pericoloso gangster di Sunnydale e lei si era fidata. In modo assurdo e pericoloso, si era sentita al sicuro seduta accanto a lui, nonostante le sue iniziali intenzioni..
Si staccò dalla porta e si diresse al letto, lasciandosi cadere sulle coperte. Era troppo, per una sera, e, mentre cedeva al sonno, si domandò per quanto ancora avrebbe potuto sopportare questo stato di tensione, con Wesley e con Spike.

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Capitolo 9
*** Baratro ***


La mattina dopo Buffy stava avviandosi al garage per prendere la porche, quando vide Lindsay appoggiato alla propria auto sportiva, una fiammante Ferrari rossa. La fissava con un sorrisetto stampato in faccia. Gli andò vicino.

“Dovresti spostare la tua macchina. Sono già in ritardo” gli disse, ma lui sbuffò “Posso accompagnarti io al lavoro”.

Lei stava per rispondere, quando Lindsay disse “Sono stanco di questa guerra, Buffy. Tu non mi parli più, non ti siedi neanche a tavola con la famiglia..” il suo sguardo si fece triste “Diamo un taglio a questa freddezza”.

Buffy sapeva che era sincero. Erano cresciuti insieme, si conoscevano da anni.. Sospirò “Ma questa storia del mio lavoro con Gunn..” lui la interruppe “Okay, okay.. basta così. Giuro” si mise una mano sul cuore, strappandole una risata.

“Allora.. accetterò il passaggio..”.

Girò intorno all’auto e si sistemò sul sedile.

Durante il tragitto, Lindsay le raccontò della serata che aveva trascorso al lavoro, immerso in conti e registri. Le disse che ultimamente, gli sembrava di lavorare il triplo e che era stanco..

“Ti ci vuole una vacanza” sentenziò lei scherzosa.

“Non è una cattiva idea. Una bella spiaggia, un cocktail super alcolico, una splendida fanciulla..” sospirò con aria sognante

“Mmh.. proprio quella!”.

Arrivò davanti al Palazzo di Giustizia qualche minuto dopo. Lindsay si fermò accanto al marciapiedi e le sorrise “Allora, buona giornata.. e spero di vederti a cena, stasera..”.

“Lavoro permettendo” gli assicurò, scendendo e lanciandogli un bacio con la mano.

Salì in fretta le scale e stava per varcare la soglia quando fu investita da un boato che fece tremare perfino le mura del palazzo stesso. Si voltò di scatto e davanti a lei c’era un muro di nebbia grigia e nera che le impediva di vedere alcun che. Sentiva grida e qualcuno che diceva qualcosa, ma non era possibile distinguere niente in quella confusione.. Mentre vagava in quel fumo accecante, sentì delle braccia che la afferravano.

“Miss Summers, venga via.. venga via..” diceva qualcuno, trascinandola lontano da quell’inferno di fiamme e fumo…

 

Quando si trovò seduta, con l’odore di bruciato che la soffocava, cercò di respirare, ma era impossibile riuscirci. Era sotto choc e completamente ricoperta di fuliggine.. Si guardò le mani, nere. Vide il nylon delle calze squarciato in più punti, gli abiti sgualciti..

Una mano le porse una tazza “Beva questo”.

Lei obbedì, ma non riusciva a prenderla. Stava tremando come una foglia. La mano la aiutò a portarsi la tazza alle labbra e un caldo sorso di the scese nella sua gola.

“Sta arrivando un medico, per controllarla.. Cerchi di stare tranquilla”. Lei annuì frenetica, senza alzare lo sguardo. Continuava a respirare faticosamente, sul petto un macigno, la testa pesante..

Ma che cosa diavolo era successo, lì fuori?

 

“E’ Lindsay, cara”.

La voce di Wesley la raggiunse come da dietro un muro. Strinse forte le mani tra loro, le dita quasi bianche per lo sforzo.

“La sua auto è esplosa mentre ripartiva”.

“Ma lui.. è..è..” tentò di dire.

“Lui è vivo. E’ grave, qui in ospedale, ma è vivo”.

Buffy respirò forte e chiuse gli occhi, perdendo i sensi quasi subito.

 

Gunn fissò Wesley da dietro la scrivania. Ora che sapeva che Buffy stava bene e non aveva subito alcun danno, poteva affrontarlo con più calma. Se ne stava impettito davanti a lui, lo sguardo gelido e determinato e gli stava chiedendo l’impossibile.

“Non posso farlo, Rogan. Lo sa bene”.

“Lo farà, procuratore. Sto denunciando gli Shelby per l’attentato a mio fratello, che giace tra la vita e la morte in ospedale” ripeté “Lei raccoglierà la mia denuncia ed emetterà un mandato per perquisire quella maledetta casa”.

“Non posso accusare nessuno senza prove”.

“Non le avrà, se non indaga”.

“Posso anche comprendere i suoi sospetti riguardo gli Shelby, vista la situazione. Posso anche far finta che non sia qui a minacciarmi” lo fissò torvo “Tuttavia, non posso emettere mandati di perquisizione su queste basi, signor Rogan” batté le mani sul tavolo “Se vuole sporgere denuncia contro ignoti, potrà farlo dopo i risultati dei rilievi della scientifica su ciò che resta dell’auto”.

“Voglio denunciare ora Shelby. Crede che non siano capaci di un’azione tanto abominevole? Pensi a quello Spike.. Stava per tagliare la gola a Buffy.. Dio, non so perché la denuncia non abbia avuto seguito..” lo guardò con disprezzo “Non lo so, ma ho dei sospetti” insinuò.

Gunn non si fece intimorire e proseguì “Aspettiamo i rilievi, Rogan”.

Rimasero alcuni secondi ad affrontarsi, poi Wesley si avviò alla porta, rigido e minaccioso.

 

Buffy rimase al capezzale di Lindsay fino a tarda notte. Non si era nemmeno cambiata. Rupert si era precipitato in ospedale con Trevor, sconvolto, portandole un cambio d’abito che però lei non aveva neanche considerato. Era seduta a fianco del letto, gli occhi fissi su Lindsay, con ancora negli occhi il fumo e le grida di quel momento. Lindsay era completamente avvolto dalle bende, il braccio trafitto dagli aghi delle flebo che lo nutrivano e liberavano i suoi bronchi e polmoni dall’anidride carbonica. Sul viso, una mascherina per l’ossigeno, che lo aiutava nella respirazione.

I medici avevano detto che era in coma, che nell’esplosione aveva perduto una mano, riportato gravi ustioni ovunque, e che probabilmente avrebbe subito conseguenze nella funzionalità degli arti..

Sentiva la presenza di Trevor e Rupert accanto, ma non riusciva a muovere un muscolo. Era sconvolta, sotto choc, sgomenta.. ma soprattutto, il senso di colpa che l’aveva invasa la straziava fin nelle viscere. Perché, nonostante tutte le sue resistenze, un pensiero non riusciva a scivolare via da lei.. Se avesse convinto Gunn a non procedere a quelle “chiacchierate”, a non seguire le insinuazioni di Lindsay.. Era ovvio che c’erano gli Shelby dietro l’attentato.. L’immagine di Spike le attraversò la mente e le rubò l’ultimo fiato che le era rimasto. Oh, Dio. Spike.

 

Il Sindaco era stato abbastanza chiaro. Gunn fissò a lungo il telefono, dandosi dello sciocco. Come aveva creduto di poterlo evitare?

Con gesto stanco, spinse il pulsante dell’interfono e disse alla segretaria di preparare il testo per la denuncia nei confronti di William ed Ethan Shelby.

 

Le infermiere la fecero uscire dalla camera di Lindsay verso l’alba. La convinsero a chiamare un taxi e a tornare a casa, per darsi una ripulita e riposarsi un po’. Nel frattempo, si sarebbero occupate si Lindsay.

Troppo esausta per opporsi, le ascoltò. Uscì dal reparto e scese in ascensore, appoggiandosi alla parete, per non scivolare a terra, dato che le gambe faticavano a tenerla in piedi.

Si diresse alla porta principale. Era appena l’alba, le strade erano ancora sgombre, i rumori della città attutiti. Sospirando, cominciò a camminare cautamente sul marciapiedi, in attesa del taxi.

Fece per appoggiarsi alla panchina riparata da una siepe rigogliosa, quando si sentì afferrare per le spalle. Una mano le passò davanti al viso e premette su di lei. Un momento dopo, svenne, emettendo un piccolo lamento.

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Capitolo 10
*** Passione ***


Avvertimento: Il capitolo contiene scene a contenuto erotico.

La porta si aprì, lasciando entrare un filo di luce. Buffy strinse gli occhi, muovendosi sulle coperte e strattonando i polsi, ferendosi la pelle con le manette. Quando riuscì a sollevare le palpebre, vide davanti a sé Spike, fermo in mezzo alla stanza. La fissava in silenzio. Quell’occhiata sembrò durare un’eternità. Buffy si mosse appena, cercando di ritirarsi verso la testiera, sentendosi completamente esposta e vulnerabile.

Spike girò intorno al letto e si sedette sul bordo, guardandola mentre si arricciava dalla parte opposta, senza distogliere lo sguardo. Le era rimasta un po’ di dignità e non ci avrebbe rinunciato facilmente.

“Sai perché sei qui?” le domandò in tono neutro. Al suo diniego, riprese “Voglio che Wesley Rogan ritiri la denuncia”.

Buffy non aveva idea che le cose si fossero evolute in quel modo.. tuttavia, decise di mostrarsi sicura.

“Quindi, io sono la merce di scambio” sussurrò senza evitare un tono sprezzante.

“Se vuoi metterla così. Non ha alcuna prova del nostro coinvolgimento nell’attentato ai danni di Lindsay. Sappiamo tutti che ha fatto pressione sul tuo ufficio per ottenere la denuncia.. Magari, sapere che tu sei.. mia ospite convincerà Charles Gunn a riflettere e Wesley a rinunciare” sollevò le sopracciglia “..a proposito, come vanno le cose?” allungò un braccio e sfiorò il polso, graffiato dal metallo delle manette. Lo osservò e poi disse “Se mi prometti di non sferrarmi un colpo, ti libero una mano..” incontrò i suoi occhi “Ho la tua parola?”.

Buffy strinse la mascella, distolse lo sguardo ed alzò le spalle, sentendo improvvisamente le lacrime agli occhi. Si sentiva impotente, alla mercé di un uomo che non riconosceva, delusa. Si trovò a rimpiangere la decisione di tornare a Sunnydale.

La mano destra era libera. Si voltò di scatto e guardò il graffio, abbastanza profondo e su cui c’era un po’ di sangue rappreso. Cercò di sollevarsi, ma le era impossibile muoversi e mettersi comoda. Con la coda dell’occhio, vide Spike alzarsi e prendere qualcosa dal cassetto del comò.. sembrava muoversi facilmente nel buio.. Un attimo dopo, con un batuffolo di cotone imbevuto d’alcool le pulì la ferita e vi applicò un cerotto.

Poi guardò anche l’altro polso e, liberatola, fece la stessa cosa.

“Non posso lasciarti slegata. Saresti capace di ammazzare di botte chiunque entrasse..” fece un sorrisetto , mentre le prendeva le braccia e le riportava verso la testiera. In questo modo, si trovò semi sdraiato su di lei, i loro volti a poca distanza l’uno dall’altra.. Buffy fu investita dal suo profumo, che avrebbe riconosciuto ovunque e, disgustata di sé stessa, capì che lui la eccitava. In modo imbarazzante. Le mani di Spike lasciarono le manette e scesero lentamente lungo le sue braccia, le punte delle dita le sfioravano appena la pelle, poi si appoggiarono all’altezza della curva dei seni. Buffy tenne lo sguardo basso, il cuore che batteva come un tamburo, il fiato mozzato, le guance paonazze.. Non poteva guardarlo,perché era troppo vicino e le avrebbe letto dentro come in un libro aperto. Così, affondò il viso nel cuscino, voltandosi di lato, sperando che quel momento finisse.

Così fu. Spike si alzò di scatto e si diresse alla porta. Prima di uscire disse in tono brusco “Ti porteranno da mangiare fra poco”.

Rimasta sola, di nuovo al buio, Buffy represse a fatica le lacrime, troppo umiliata anche solo per piangere.

 

Fu lo stesso Spike a portarle da mangiare. Hamburger, patate, pane, acqua.. Appoggiò il vassoio sul comodino, la liberò velocemente, giocherellando con una pistola. Le sorrise “Questa è la mia assicurazione sulla vita. Non voglio battermi con te”, si sedette in poltrona “Mangia” la sollecitò. Ma Buffy non aveva appetito. Si sentiva intorpidita dalla posizione, aveva bisogno di una doccia e voleva sapere di Lindsay.

Si umettò le labbra e, facendosi coraggio, gli chiese “Come sta Lindsay?”.

Spike la fissò “Sempre uguale” indicò il vassoio con la pistola “Mangia, ho detto. Non voglio che pensino che hai sofferto più del necessario”.

Buffy si massaggiò i polsi, scuotendo la testa “Non ho fame”. Aveva un nodo in gola che le impediva di parlare in modo scorrevole. Voleva piangere, buttarsi sul letto e lasciarsi andare alla frustrazione, ma non voleva farlo davanti a quegli occhi di ghiaccio che non la lasciavano un secondo.

Ebbe un fremito, quando lui si alzò di scatto e la raggiunse “Devi mangiare” la fissò minaccioso stringendole un braccio “Fai come ti dico, Buffy”. La chiamò per nome, ed era la prima volta che lo faceva.

La ragazza prese un respiro “Uccidimi” lo sfidò alzando il mento “Uccidimi e falla finita”.

Spike scosse la testa “No. Non occorre ucciderti” piegò la testa da un lato, restringendo gli occhi come per studiarla, e il cuore di lei accelerò. Quello era un gesto tipico di William, tanti anni prima.. Stupita, aprì la bocca per dire qualcosa, ma si trattenne. L’uomo che aveva davanti e la minacciava non era William..

“Non guardarmi così!” sbottò sporgendosi “..come se vedessi chissà che cosa. Sono io e basta, sono Spike..” esclamò.

“William” si lasciò sfuggire lei. Rendendosi conto di quanto aveva detto, spalancò gli occhi ed indietreggiò.. Spike accentuò la stretta sul braccio e la trattenne “Non sono più William!” ringhiò, lo sguardo acceso. Buffy scosse la testa, lo stomaco stretto in una morsa, combattuta allo stremo tra la voglia di scappare e la voglia di scavare dentro all’uomo che la minacciava..

Non si rese nemmeno conto dei movimenti di lui. Si trovò schiacciata contro il suo petto, le sue labbra schiantate sulle proprie, la lingua che spingeva per entrare.. Ricambiò quel bacio famelico senza volerlo veramente, o forse lo voleva e non lo accettava.. La mano di lui scattò dietro il suo collo e la strinse di più, affondando tra i capelli. L’altro braccio le circondò la vita, schiacciandosi sulla schiena con una forza inaudita. Buffy era eccitata come mai prima d’ora, mentre lo abbracciava. Quando la sollevò portandola sul proprio grembo, Buffy si riscosse.. Non poteva cedere in quel modo all’attrazione che sentiva per lui, per un uomo pericoloso ed imprevedibile, che l’aveva rapita e l’avrebbe di certo anche uccisa, se necessario.

Si divincolò con forza, lottando più con sé stessa che con Spike. Lui aveva già afferrato tra le labbra uno dei capezzoli attraverso la stoffa della maglietta, lasciandola senza fiato.. si staccò, cercando i suoi occhi.

“Non posso.. non voglio..” farfugliò lei, allontanandosi.

“Forse non puoi. Ma lo vuoi quanto me” le disse sprezzante, trattenendola per le braccia.

Lo fissò, una smorfia di disgusto stampata in faccia “Ti sbagli” sussurrò piena di rabbia verso sé stessa “Io non voglio niente da te, Spike”.

Spike la guardò un momento prima di lasciarle le braccia e sollevarsi. Le diede le spalle dirigendosi alla porta “Quanto torno, voglio vedere che hai mangiato tutto” e si chiuse con forza la porta alle spalle, portandosi via le manette.

Rimasta sola, Buffy si lasciò cadere sul cuscino, esausta. Voleva lasciarsi andare e piangere tutte le sue lacrime per il senso di impotenza che l’aveva invasa e che la faceva sentire in completa balia di Spike, ma poi l’orgoglio ebbe la meglio. Strinse la mascella, affondando il viso nel cuscino. Non piangerò, disse a se stessa, non piangerò, ed intanto cercava di ignorare il senso di vergogna che la opprimeva, perché si era resa conto che Spike aveva detto la verità.. ma era Spike che sentiva di desiderare o il ricordo di William?

 

Quando si svegliò, capì subito che qualcuno era stato in camera e aveva portato via il vassoio, che lei aveva lasciato intatto. Non aveva fame, non poteva averne, col macigno che le opprimeva petto e stomaco. Le avevano lasciato una piccola abat jour, così adesso riusciva a vedere qualcosa quando la luce del sole smetteva di filtrare dalla tapparella sempre chiusa. E, si rese conto, niente più manette. Si sollevò a sedere e si guardò nello specchio. Il viso stanco e i capelli arruffati le conferivano un’aria esausta la cui visione la costrinse a distogliere lo sguardo. Si stava dirigendo in bagno quando la porta si aprì e sulla soglia comparve Spike con un piatto in mano. Avanzò nella camera e lo appoggiò al comodino.

“Starò qui finché non l’avrai mangiato tutto” disse in tono che non ammetteva repliche. Lei, schiacciata alla parete, non trovò la forza di muoversi. Lo fissava ad occhi spalancati, senza sapere che cosa aspettarsi da lui. L’uomo si sedette sul letto e rimase a guardarla, serio. Alla fine lui sospirò “Non fare la bambina. Vieni a mangiare il sandwich”.

Buffy decise di obbedire, per paura della sua reazione. Si avvicinò e prese il panino, rimanendo in piedi. Lo sbocconcellò, gli occhi fissi a terra, la gola stretta.. i piccoli bocconi facevano fatica a passare..

Quando l’ebbe finito, indietreggiò e si appoggiò nuovamente alla parete, evitando lo sguardo di Spike.

“Bene” disse lui alzandosi.

“..come sta Lindsay?” gli domandò con un filo di voce guardandolo dirigersi alla porta.

Spike si voltò “Non ho notizie” indugiò sulla porta, poi lo vide chinare la testa “Non hanno rilasciato alcun bollettino medico..”.

Buffy tentò di trattenere la lacrima all’angolo degli occhi, ma quella scivolò sulla gota, silenziosa, mentre il suo carceriere usciva e si chiudeva silenziosamente la porta alle spalle.

 

Qualche ora dopo, Spike rientrò e posò sulla poltrona alcuni asciugamani, un paio di jeans chiari ed una camicetta blu.

“Ti ho portato qualcosa per cambiarti” le disse. Buffy si sollevò a sedere sul letto come al solito imbarazzata sotto quello sguardo freddo.

“Hai bisogno di qualcos’altro..?”.

“Dove sono?” gli domandò incrociando le braccia sul petto.

Lui sollevò le sopracciglia “Tu cosa pensi?”.

“A casa Shelby?” fece alzando il mento in segno di sfida.

Spike sorrise “No.. sei a casa mia. Nella mia casa di campagna” detto questo, si avvicinò alla finestra e sollevò le tapparelle, lasciando che la luce del sole inondasse la camera. Buffy dovette stringere gli occhi..

“Laggiù c’è il giardino..” le indicò una grande distesa di aiuole colorate e vialetti ghiaiosi. La ragazza seguì l’indicazione e ne rimase abbagliata. Era un’indistinta macchia di colore, del tutto simile ad un capolavoro impressionista.

“..è bellissimo..” sussurrò. Poi, come rendendosi conto di dov’era e con chi era, fece un passo indietro e tornò a fissarlo ostile “Quando potrò andarmene?”.

“Non lo so” disse lui voltandosi “Vediamo che cosa succede..”.

Buffy rimase ad osservarlo, cercando di riconoscere in quei tratti duri e minacciosi la fisionomia di William. Certo, il colore dei suoi occhi era lo stesso, ma essi avevano perduto l’espressione sognante che lei aveva adorato. Al posto di essa, c’era una freddezza agghiacciante, in cui ogni tanto serpeggiava un sarcasmo distruttivo. Risentì le sue mani sul collo, quando l’aveva minacciata, poi medicata a casa sua, e quelle stesse mani che l’accarezzavano, poche ore prima, cercando di abbattere le sue difese..

“Ti piace quello che vedi, Buffy?” sorrise ironico.

Lei arrossì immediatamente, abbassando la testa. Non disse niente, turbata dalla propria trasparenza. Lo sentì avvicinarsi, sentì che le appoggiava le mani sulle spalle mormorando “Buffy”.

Per nessuna ragione al mondo avrebbe alzato la testa in quel momento. Vide le mani scendere, accarezzarle le braccia, la curva dei seni,  i fianchi.. Oh, Dio, non stava succedendo a lei.. Quelle carezze risvegliarono in lei una sensazione assoluta, che si espandeva nel ventre, stringendola in una morsa. Capì che si trattava di desiderio, capì che lui l’attraeva in un modo che non aveva mai sperimentato in precedenza.. Proprio lui, Spike, l’uomo che l’aveva rapita, dopo aver portato in fin di vita Lindsay.

Questo pensiero la attraversò come una scossa elettrica. Rabbrividì e si scostò bruscamente, facendo un passo indietro.

“Non osare toccarmi!” gli intimò con voce tremante.

L’espressione nei suoi occhi era divertita. Per nulla turbato, Spike abbassò le braccia lungo i fianchi e disse “..sai benissimo come ti senti quando ti tocco, Buffy. Lo sai tu, lo so io” piegò la testa da un lato, come per osservarla meglio “Quando la finirai di mentire a te stessa?”.

Lei si allontanò ancora di più, mettendo il letto tra loro e la mossa fece ridere Spike che scosse la testa “Va bene, va bene, continua pure a negare l’evidenza..” si diresse alla porta.

Buffy riprese a respirare normalmente soltanto quando fu uscito.

 

Spike entrò, chiuse in fretta la porta a chiave e la guardò dicendo “Ho intenzione di scoparti, Buffy”. Lei spalancò gli occhi, ancora troppo addormentata per reagire in qualche modo. Tentò di sollevarsi, ma Spike la spinse di nuovo sul cuscino, bloccandola con le mani “Dillo adesso, se non vuoi” la scrutò, parlandole all’orecchio “Perché dopo non potrò fermarmi”.

Sgomenta, non riuscì a parlare, disgustata dalla sua brutalità ma nello stesso tempo ben cosciente del famigliare languore che le invadeva il ventre. Rimase immobile, voltando la testa, per non doverlo guardare mentre scivolava in basso, sollevandole la maglietta e togliendola senza trovare resistenza. Sentì le sue labbra sul collo, sulle spalle e giù, a chiudersi intorno al suo capezzolo già turgido e teso. Nonostante il suo modo iniziale, la stava toccando e baciando come fosse una fragile bambola di ceramica. La eccitava con la lingua e le labbra, mentre lei si inarcava tremante verso il suo corpo, il fiato corto, la consapevolezza che tutto questo era sbagliato.. Poi, si alzò in ginocchio e lentamente le sfilò i pantaloni, guardandola senza essere ricambiato. Buffy si vergognava di quelle sensazioni assolute, cui non riusciva ad opporsi. Non voleva incontrare i suoi occhi, e tentava di rimanere affondata nei cuscini, le mani strette alle lenzuola. Tremava come una foglia, mentre rimaneva completamente nuda davanti a lui, che la sfiorava con le dita in perfetto silenzio.

“No..” riuscì a sussurrare, con gli occhi pieni di lacrime di impotenza e di resa.

“.. fermami” rispose lui, mentre con le dita le accarezzava il centro del suo piacere lasciandola totalmente senza fiato. Non poteva fare niente per arginare quell’onda improvvisa, e quando sentì che la sfiorava con la lingua in modo sempre più energico, perse completamente il controllo del suo corpo. Lasciò la presa sulle lenzuola e affondò le dita tra i capelli di lui, spingendo il bacino per avere un maggior contatto.. Quando Spike spostò le mani sulle natiche e la sollevò, lei ebbe un fremito e un orgasmo che dovette soffocare tra i cuscini. Il cuore le martellava nel petto e a malapena si accorse che lui si era spogliato e si era steso fra le sue gambe, sollevandole intorno alla propria vita.

“Guardami” disse, e lei obbedì, incontrando i suoi occhi blu, adesso più scuri e profondi “Sei mia, Buffy. Sei mia” sussurrò entrandole dentro con un unico, fluido movimento.

Lei represse un grido e si aggrappò alle sue spalle, mentre Spike le si appoggiava languidamente sul seno, regalandole una sconosciuta sensazione di pienezza che la lasciò completamente sbalordita e sconvolta.. Le cercò le labbra, la baciò con dolcezza, mentre ripeteva all’infinito il suo nome mentre anche lui si lasciava andare al piacere.

 

“Non è stato poi così terribile, non è vero?” mormorò mettendosi a sedere sul letto, nudo, guardandola con un sorrisetto. Buffy non alzò gli occhi. Non aveva potuto impedire in alcun modo quanto era accaduto e non poteva certo dargli tutta la colpa, tuttavia non intendeva nemmeno dargli tutta quella soddisfazione. La stava tenendo prigioniera, lontana dalla sua famiglia e dal suo lavoro usandola come merce di scambio.. non poteva proprio tollerare questa situazione..

Sentì che si stava rivestendo e poi usciva dalla camera, in silenzio.

Quando riuscì a sollevarsi si rifugiò nel piccolo bagno, dove s’infilò sotto la doccia, rimanendo sotto il getto dell’acqua calda a lungo.

Odiava Spike, ma odiava ancor più sé stessa per la propria debolezza..

 

Era sotto le coperte quando Spike tornò in camera. Si mosse nel buio, si sedette sul bordo del letto e prese ad accarezzarle i capelli, scendendo poi sul viso, sul collo e sulle spalle. Buffy non dormiva, ma teneva ostinatamente gli occhi chiusi, tentando di difendersi dalle sensazioni che le stava suscitando. Sentì che le sue mani si fermavano sulla schiena e la sollevavano. Fu costretta ad aprire gli occhi e si trovò a fissare le sue iridi blu, quasi nere, in quel momento. Non disse niente, tentò debolmente di divincolarsi, ben sapendo che la forza di lui e il languore che l’aveva invasa le avrebbero impedito di muoversi da lì. Lasciò che la baciasse, in quel suo modo avido che le rubava il respiro, mentre le mani le si stringevano attorno alla vita, chiudendola in un abbraccio stretto ed invincibile. Poi, una mano di lui si strinse tra i suoi capelli, la allontanò appena per guardarla dritta negli occhi e Buffy arrossì sotto quello sguardo intenso ed indecifrabile. Senza parlare, la fece sdraiare e lentamente la spogliò, facendo scivolare la giacca del pigiama e sfilandole i pantaloni. Disotlse lo sguardo, mentre sentiva le sue labbra sul ventre e le sue mani sulle natiche.. Tremava come una foglia, in preda ad una lacerante sensazione di piacere e di terrore. Avrebbe voluto avere la forza di divincolarsi e scappare via, ma lui la inchiodava al letto e non con la forza, almeno, non solo. Di nuovo, si trovava a fare i conti con l’attrazione che Spike esercitava sui suoi sensi.. La eccitava con la bocca e la lingua, incessantemente, mentre lei era scossa da brividi continui e sentiva le lacrime pungerle gli occhi. Stringeva il lenzuolo con le mani, resistendo alla tentazione di infilare le dita tra i suoi capelli e spingerlo più forte contro di sé, alla ricerca di un contatto ancora maggiore, se fosse stato possibile.

Ad un tratto, si accorse che Spike aveva alzato la testa e la guardava, sempre stringendole i fianchi. Quando i loro sguardi s’incontrarono, Buffy vi lesse un tale desiderio da esserne travolta.. Lo vide sollevarsi e stendersi completamente su di lei, facendo aderire i loro corpi, quasi schiacciandola.. A pochi millimetri dal suo viso, sussurrò “Dillo” la fissava, bloccandole le mani sul materasso.

Buffy spalancò gli occhi e mosse la testa, riuscendo a balbettare “No..no..”.

Lui continuava a tenerla in quella posizione, l’espressione ferma, mosse appena il bacino spedendole una fitta di piacere che per poco non la travolse.

“Dillo” ripeté fissandola “Dì che mi vuoi, Buffy”.

La ragazza capì che non l’avrebbe lasciata andare finché non gli avesse detto quel che voleva farle ammettere. Esitò, voltando la testa, ma lui si mosse di nuovo e questa volta entrò in lei. Buffy soffocò un grido e tornò a fissarlo… Ripensò al dolce William, che le recitava Shakespeare accompagnandola a casa da scuola, che le parlava della poetica del grande autore, confidandole che avrebbe voluto studiarlo all’università..

Le spinte di lui si fecero più decise e la costrinsero a sollevare le gambe intorno ai suoi fianchi, mentre si sentiva trasportata lontano da quella stanza buia, da quel letto minaccioso.. Era consapevole soltanto del corpo di Spike che la invadeva, della sua voce che le ripeteva “Dimmelo.. dimmelo..”.

L’orgasmo la colse improvvisamente, strappandole un gemito. Spike le lasciò le mani e le strinse la vita, seguendola nell’estasi e accasciandosi subito dopo su di lei.

Mentre il respiro tornava ad un ritmo regolare, scivolò da lei trascinandosela sopra. La fissò a lungo, senza permetterle di voltare la testa. Le prese il mento tra le dita e lo sollevò “..me lo dirai, Buffy?” la scrutò e a lei parve di leggere qualcosa in quello sguardo, qualcosa che non seppe definire..

“Ho qualche altra scelta?” lo sfidò turbata, tentando di allontanarsi da lui il più possibile “Mi farai fuori, se non ubbidirò? Se non farò quel che vuoi?..” lacrime di rabbia le appannarono lo sguardo.

Dopo una lunga occhiata, Spike lasciò la presa. Si spostò e scivolò fuori dalle lenzuola. Si rivestì, mentre lei tentava di non guardarlo e si stringeva le lenzuola al corpo.

“Ti ho già detto che non intendo ucciderti” le ricordò in tono tranquillo abbottonandosi la camicia “Ti rimanderò come nuova dai Rogan e dal procuratore Gunn, non appena avranno ritirato le loro ingiuste accuse”.

“.. mi stai usando in modo.. spregevole..” sussurrò lei respirando profondamente. Per tutta risposta, lui sorrise ironico “Oh, sul serio? Non mi è parso che ti sia dispiaciuto troppo”.

Lo fulminò “E’ stata l’esperienza più disgustosa e degradante della mia esistenza!”.

Il sorriso di lui si accentuò “Ma davvero” si piegò sul letto e la fissò “Non mentire, Buffy. Con me, non serve”, allungò una mano e le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Buffy spostò indietro la testa, nel tentativo vano di sfuggirgli, provocando la sua risata. Lo vide avviarsi alla porta ed uscire, senza nemmeno voltarsi.

 

Non chiuse occhio per il resto della notte e per quasi tutto il giorno successivo. Spike le portò un vassoio con il cibo e glielo lasciò sul comodino senza nemmeno guardarla. E lei si sentiva annientata dalla situazione. Era assurdo, tutto. Dall’agguato a Lindsay al suo rapimento, a quella prigionia, all’attrazione sessuale che la rendeva quasi una schiava del suo stesso carceriere le pareva un incubo senza fine. La frustrazione che provava a stare chiusa lì dentro in balia di Spike mentre Lindsay giaceva in un letto d’ospedale si stava rapidamente trasformando in uno stato di impotenza assoluta che la annichiliva.. Il pensiero che Lindsay stesse morendo e la sofferenza che i Rogan stavano provando per questa tragedia le impedivano di riposare, di dormire, di concentrarsi, di mangiare..e poi Spike..o William.. o chi diavolo aveva davanti.

 

Quando si svegliò, sentì due forti braccia che la stringevano da dietro e il calore di un corpo disteso accanto a sé. Provò a muoversi, ma le fu impossibile. Spike mosse le mani e le sollevò una gamba, portandola sulla propria e poi cominciò ad accarezzarla intimamente, nascondendo il viso tra i capelli di lei. Buffy non ebbe il tempo di opporsi in qualche modo.. Lui la stringeva forte impedendole qualsiasi movimento. Allora, si appoggiò a lui e subito lo sentì dentro di sé. Si muoveva lentamente, baciandola sulle spalle ed accarezzandole il seno, mormorando parole che non riusciva a capire, ma il suo tono, oh, che Dio la perdonasse, il suo tono la stava strappando dalla realtà scaraventandola in un mondo fatto solo di sensazioni ingovernabili. E quando venne, gridò il suo nome, sentendo che anche lui si lasciava andare, affondando il volto nella sua spalla..

“Non ho organizzato io l’attentato a Lindsay” le sussurrò qualche momento dopo all’orecchio, continuando a stringerla.

Quelle parole la riportarono immediatamente alla realtà. S’irrigidì ed aprì gli occhi. Voleva voltarsi o scendere dal letto o gridargli qualcosa.. ma non riuscì a muovere un muscolo. L’abbraccio di Spike era stretto ed invincibile.

“Io..io non ti credo..” balbettò tremante, sull’orlo delle lacrime.

Un lungo silenzio, poi “Sì, ti capisco. Non è facile credere alle parole di uno come me” le parlava sulla pelle, in modo frettoloso e sofferente, le parve “Ma è la verità. Non sono io il responsabile dell’agguato”.

Quando avvertì che la sua stretta si allentava, Buffy provò a voltarsi. Riuscì a farlo e lo guardò “Come.. come puoi pensare che io ti creda?.. Come..” le mancò la voce incontrando i suoi occhi. La fissava implorante. Si, era questo che sembrava. La stava implorando con lo sguardo di credergli.. Ma che cosa voleva quest’uomo da lei?.. si ritrasse e tentò di sollevarsi. La lasciò andare continuando a guardarla.

“Ti ho detto la verità” ripeté Spike stringendo la mascella “So quello che ti hanno raccontato di me. Che sono pazzo, fuori controllo, inaffidabile, un killer..” sorrise amaro “Ma non è tutto vero. Non sono pazzo né ho mai ucciso qualcuno..” sospirò mettendosi a sedere sul letto “Tu hai ogni diritto di non credermi.. ma le cose stanno così..”.

Buffy si strinse nella giacca del pigiama continuando a fissarlo. Non poteva dire niente. No, perché era confusa ed impaurita per quel che stava provando. Cercava di combattere quella sensazione ma era così difficile ignorare la voce interna che le ripeteva che poteva credergli.. che l’uomo davanti a lei, così brutale e prepotente, era sincero in quel preciso momento. Le labbra le tremavano mentre reggeva il suo sguardo indagatore.

Sembravano duellanti intenti a studiarsi reciprocamente.. e forse lo erano.

Fu Buffy a muoversi. Gli voltò le spalle e trattenendo le lacrime, sussurrò “Lasciami andare”.

Lo spostamento d’aria la avvertì che Spike le si era avvicinato. Sentì il calore del suo corpo a pochi centimetri e udì la sua voce, bassa e roca, mormorare “Non posso. Non ora”. Il suo tono era asciutto e risoluto. Lei si girò di scatto “.. lasciami andare!” esclamò “Se non sei stato tu..” ma lui la interruppe “Vuoi dire che mi credi?” la fissò sarcastico “Che quando sarai fuori di qui andrai da Wesley Rogan e lo convincerai a ritirare la denuncia verso me e mio padre?”.

Buffy non rispose. La stava solamente prendendo in giro. Alzò il mento “..non lo farai mai. Mi terrai qui e mi userai e mi ucciderai quando…”. Spike la prese per le spalle e la scosse “Basta! Non voglio ucciderti..” la guardò intensamente “E non ti sto usando”. Una scintilla si accese nei suoi incredibili occhi azzurri. La attirò a sé e Buffy capì che l’avrebbe baciata.. Invece, un momento dopo, la lasciò e senza dire un’altra parola, uscì sbattendo la porta.

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Capitolo 11
*** Questione di fiducia ***


 

Svegliandosi, scorse subito Spike sprofondato nella poltrona ai piedi del letto. La fissava, nella tenue luce del primo mattino. Buffy si sollevò, coprendosi con il lenzuolo. Si guardarono un lungo istante, finché fu lei a dire “Che cosa vuoi…”.

Spike non si mosse. Era serio, non l’aveva mai visto così in quei giorni. Si sentiva imbarazzata più del solito sotto quello sguardo cupo.

“Devo parlarti” le disse in tono neutro.

La sua espressione era impassibile e lei socchiuse gli occhi “Che cosa è successo?”.

Lui la fissò così intensamente che lei capì. Fu una comprensione improvvisa che la colpì come una lama di coltello. Se ne sentì trafitta. Scosse la testa lentamente, senza staccare lo sguardo da quello di lui, le labbra tremavano, gli occhi erano lucidi.. “No.. non può essere.. Non puoi venire qui a dirmi che..”.

“Lindsay Rogan è morto” l’interruppe deciso “Stanotte, in ospedale. Una crisi improvvisa”.

Ma Buffy continuava a scuotere la testa e a stringere le lenzuola fino a far divenire le nocche bianche, le lacrime scivolavano sul viso.. Non si accorse che Spike si era avvicinato e si era seduto sul letto. Sentì le sue mani sulle spalle e poi si sentì tirare.. e un momento dopo aveva il viso congestionato dal pianto sepolta nel petto di lui. Era scossa dai singhiozzi e continuava a muovere la testa nel tentativo di negare quella triste realtà.. Poi, realizzò chi stava abbracciandola. Rimase senza respiro e si staccò con forza, mentre odio puro la invadeva fin dentro le viscere.

“Tu” gridò cercando di divincolarsi dalla sua stretta “Tu..sei un assassino.. tu hai ammazzato Lindsay..” e stringendo le mani a pugno, cominciò a colpirlo sul petto, sulle spalle, senza che Spike tentasse di fermarla. La lasciò fare, finché la forza la abbandonò.. e ricominciò a piangere disperata.

Spike rimase accanto a lei, in silenzio. Impassibile, l’espressione scolpita sui lineamenti perfetti, le mani affondate nelle lenzuola.

“Come hai potuto.. come hai potuto farlo?” mormorò fra le lacrime.

“Non l’ho fatto, Buffy” disse senza abbassare lo sguardo.

A quelle parole, lei parve calmarsi. Si passò le mani sul viso asciugandosi le lacrime e il tremito cominciò a scemare. Incontrò il suo sguardo, poi mormorò “..perché me lo dici? E.. perché dovrei crederti..”.

L’uomo allungò una mano e la appoggiò sulla sua guancia calda e bagnata. Le sussurrò “Devi chiedermelo?”.

Ciò che gli lesse negli occhi la lasciò sbalordita. Che cos’era quella luce? Oh, Dio.. Il dolore per la morte di Lindsay che l’aveva assalita si mescolò immediatamente ad un languore improvviso, un’onda calda che la travolse.. Appoggiò la mano su quella di lui e si gettò nelle sue braccia con un gemito, circondandogli il collo e affondando il volto nella sua spalla. Spike la strinse a sé, chiudendo gli occhi.

“Oh, Buffy.. Buffy, Buffy..” sussurrava baciandola tra i capelli.

E lei si prese tutto quello che quelle braccia le stavano dando. Non importava chi fosse Spike.. Sapeva che non era stato lui.. Questa consapevolezza la annientò.

Lasciò che la prendesse in braccio e che affondasse il volto tra i suoi seni, mentre entrava in lei dolcemente, attirandola sempre di più. Il piacere li travolse in fretta, mentre le lacrime le inondavano il viso..

 

La tenne stretta a sé, senza smettere un momento di accarezzarle il viso ed i capelli. Buffy gli lanciava occhiate furtive, perché non capiva più chi aveva di fronte. Lui, così diverso dal gentile compagno di scuola dai ricci color del miele.. lui, dal volto dagli zigomi infiniti, incorniciato da capelli corti ed ossigenati, che gli conferivano un’aria minacciosa.. lui, dagli occhi del colore del mare in tempesta..

“Devo alzarmi..” le disse, e con una mossa rapida, si voltò, trovandosi a sovrastarla. La guardava così da vicino che lei credette di perdersi nei suoi occhi. Le sfiorò una guancia “Vieni con me. Ti faccio vedere il giardino” le propose.

Buffy lo fissò incredula “Vuoi dire che.. posso uscire da questa stanza?”.

Spike annuì scrutandola “Vuoi.. andartene?”.

La ragazza sentì un nodo in gola e deglutì, prima di sussurrare “Vorrei.. vorrei vedere Lindsay per l’ultima volta..”.

Lui non si mosse. A tradire la sua reazione fu l’impercettibile contrarsi della mascella. Non disse niente. La baciò dolcemente sulle labbra e poi si sollevò. S’infilò e jeans e la camicia, poi si diresse alla porta.

“Vestiti..” disse prima di uscire.

Turbata, obbedì. Si fece una doccia veloce, chiedendosi se veramente la sua prigionia fosse finita. E questo che cosa poteva significare? Che  cosa ne sarebbe stato di.. Buffy e Spike?.. Si vestì freneticamente e raccolse i capelli in una coda. Un momento dopo, Spike era sulla soglia e la stava guardando “Andiamo”.

“..ma..” sussurrò fissandolo.

“Sei libera. Puoi andare” disse frettolosamente e in tono duro.

Buffy rimase ferma in mezzo alla stanza. Lo guardava senza riuscire a trovare le parole da dire. Lui la stava mandando via, ciò che aveva desiderato più di tutto in quei pochi giorni, la stava rimandando dai Rogan a vegliare sulla salma di Lindsay.. Eppure. Una strana emozione le strisciava dentro e le invadeva cuore e mente.. Non voleva andarsene da lì. Lei voleva Spike. Ogni singola cellula del suo corpo reclamava il tocco di lui, i suoi baci, le sue strette.. Il desiderio la fece quasi vacillare. Trovò la forza di mormorare “Non voglio andare”.

Spike fece un gesto spazientito “Ti faccio portare a casa dei Rogan e poi.. fa quello che devi. Denunciami..” fece un sorrisetto “Ti ho tenuta qui contro la tua volontà”.

Lei strinse le mani a pugno e sibilò “Come osi parlare così? Prenderti gioco di me..Di quello che ho passato qui.. del mio dolore per la morte di Lindsay.. mio fratello..”lacrime di rabbia la accecavano, ma non voleva cedere al pianto.

“Hai detto di voler andare e puoi farlo” ribadì Spike “Ti faranno mille domande, tutta Sunnydale ti sta cercando, i Rogan sono impazziti.. dovrai dire che cosa è successo”.

Respirando profondamente, Buffy riconquistò un minimo di calma. Lo guardò. Dov’era finita la luce che l’aveva abbagliata poco prima? L’uomo che aveva davanti le stava chiedendo di tornare indietro e far finta che tra loro non ci fosse stato niente? Di denunciarlo? In quel momento, Buffy seppe con estrema precisione di essersi innamorata di Spike, contro ogni ragionevolezza..

Lo scrutò, ma lui pareva imperturbabile.

“Quindi, ora uscirò di qui..e quel che è stato è stato?” domandò con un filo di voce.

Spike non rispose.

Dopo un lungo silenzio, Buffy annuì e si mosse, passandogli accanto ed uscendo nel corridoio. Seguita da lui, discese le scale, si trovò in una larga ed elegante hall, poi in un vialetto ghiaioso, dove ad attenderla c’era una macchina scura con un autista al posto di guida.

Mentre saliva sul sedile posteriore, si voltò e scorse Spike fermo davanti ad una grande vetrata accanto all’ingresso. La stava guardando, serio, le mani in tasca. Ricambiò lo sguardo solo per un istante, poi entrò e guardò dalla parte opposta verso la distesa di fiori colorati del giardino che scorreva ai lati del vialetto.

 

Quando entrò nella camera ardente, gli sguardi di tutti si posarono su di lei. Andrew, che era accanto alla bara ancora aperta, le andò immediatamente incontro. Le prese le mani e la fissò con attenzione. Aveva il viso tirato, pallido, si vedeva che aveva pianto molto e a lungo. Senza dire una parola, la accompagnò davanti alla salma di Lindsay. Buffy rimase lì ferma per qualche minuto, incapace di versare un’altra lacrima, poi si lasciò condurre via da Andrew che rapidamente fendette la folla. Raggiunsero la limousine e vi entrarono. Una volta dentro, Buffy si abbandonò sul sedile, esausta.

“Oh, Dio, Buffy” esclamò il ragazzo stringendole le mani. La fissava allucinato “Dov’eri? Quattro giorni senza notizie.. sei stata rapita? Chi è stato?.. Quando Wesley ti vedrà non ci sarà modo di fermarlo..”.

“Avevo.. avevo bisogno di stare sola..” sussurrò chiudendo gli occhi “Niente di più”.

La fissò sbalordito. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi sembrò ripensarci.. La richiuse e rimase in silenzio finché non furono alla villa.

 

Non ci fu alcuno scontro con Wesley o con Trevor. I due uomini erano troppo prostrati dalla morte di Lindsay per rimproverarla.. Quando la videro sana e salva la abbracciarono e Buffy vide le lacrime negli occhi del patriarca ed il sollievo in quelli di Wesley. Capì che il suo ritorno aveva illuminato, anche se solo per un istante, la cupezza di quei giorni.

 

Gunn la guardava serio “Sarebbe stato meglio che tu avessi avvisato della tua assenza. Sono stati i quattro giorni più lunghi da quando ho l’incarico” si passò una mano sul viso “Lindsay in quelle condizioni, Wesley fuori di sé per la tua scomparsa..” le lanciò un’occhiata di rimprovero “Mio Dio.. e ora tu sei tornata e Lindsay è..” sospirò, chiudendo gli occhi.

Buffy si mosse nervosa sulla sedia “Lo so. So che con il mio comportamento..”tentò di mantenere la voce ferma “..ho peggiorato la situazione.. ma non ho potuto fare diversamente..”.

La marea di menzogne che stava raccontando a tutti la disgustava ma non poteva, in alcun modo, dire la verità sul rapimento e denunciare così Spike. Non poteva farlo, nonostante tutto, e si odiava per questo.

“Credevamo fossi stata rapita.. magari da Spike Shelby, per rappresaglia..” sembrò studiarla.

“No. Avevo bisogno di riflettere su quanto era accaduto, sulle mie responsabilità sull’agguato a Lindsay..” balbettò sperando che Gunn la smettesse di fissarla in quel modo. Forse non le credeva e sospettava.. ma per quale ragione avrebbe dovuto farlo?..

Il vice  procuratore si appoggiò allo schienale della poltrona “Tu non hai alcuna responsabilità. Prenderò il colpevole della morte di Lindsay, ci volessero anni..” il suo tono era perentorio “E si, ho pensato ad un colpo di testa di Spike perché anche lui è sparito, in questi giorni” alzò le sopracciglia “Lo sapevi?”.

Al suo diniego, riprese “Ero convinto c’entrasse con la tua sparizione.. Invece, forse è scomparso perché è sua la responsabilità dell’agguato.. come ritiene Wesley..”.

Buffy spalancò gli occhi “Oh, mio Dio, no! Non è così”.

Gunn alzò di scatto la testa “E da dove viene questa tua sicurezza? Stiamo parlando dell’uomo che ti ha quasi spezzato il collo”.

“Non l’ha fatto” obbiettò “E non mi sembra nel suo stile un attentato dinamitardo”.

“Beh, non ha mai fatto saltare una bomba in passato, ma questo non significa che non abbia iniziato a farlo. Hai presente di chi stiamo parlando?”.

Lei annuì, imbarazzata “So chi è. Ma lui non c’entra con la morte di Lindsay” ribadì sentendosi sotto esame e in colpa per non poter essere sincera con l’uomo che le aveva dato tanta fiducia.

Dopo un lungo silenzio, Gunn annuì “Bene. Diamo per scontato che non ci sia Spike dietro l’attentato.. Mi puoi svelare la tua teoria?”.

Buffy scosse la testa “Non lo so. Non so chi sia stato” incrociò le braccia sul petto, abbassando la testa.

“Già” fece perplesso l’uomo. La guardò ancora e poi disse “Proseguiremo le indagini. Per ora archivieremo la denuncia di Wesley e proveremo a fare qualche altra ipotesi”.

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Capitolo 12
*** Amore proibito ***


Il funerale si svolse in forma privata, al cimitero di Sunnydale. Wesley sorreggeva suo padre, mentre Andrew teneva per mano Buffy, che, nascosta da un grosso paio di occhiali neri, si sentiva esausta e sul punto di crollare. Non aveva dormito tutta la notte, schiacciata dalla situazione e dalle bugie che doveva raccontare alle persone che da sempre la amavano ed avevano fiducia in lei. Ma il sentimento assurdo che la legava a Spike le impediva di fare una scelta diversa e continuava a tacere, immergendosi, non senza sentirsi in colpa, nelle sensazioni che in quei pochi giorni avevano per sempre cambiato la sua vita.

Le guardie del corpo della famiglia controllavano la zona circostante per impedire qualsiasi intrusione, ma nessuno si accorse della moto nera nascosta dietro la grande siepe che abbelliva il vialetto antistante il cimitero. Appoggiato ad essa c’era Spike, che osservava la scena dalle sbarre del cancello chiuso. Guardava Buffy, completamente vestita di nero, la testa china, la mano in quella di Andrew, il piccolo dei Rogan. La tensione sommergeva Spike, il cuore gli martellava nel petto, perché avrebbe voluto entrare là dentro, prenderla e portarsela via, come già aveva fatto e come adesso desiderava più della vita stessa.. Era da non crederci. La desiderava in un modo quasi doloroso, il pensiero di lei non gli permetteva nemmeno di dormire.. Non l’aveva denunciato, non aveva raccontato nulla del rapimento. Significava qualcosa, questo? Significava che gli credeva? Era forse possibile che lei provasse i suoi stessi sentimenti?

Vederla così addolorata per la morte di un Rogan lo turbava. Se avesse saputo chi era stato a far saltare quella bomba l’avrebbe ammazzato con le sue stesse mani, ma non per sé stesso né per Lindsay Rogan, che odiava fin da quando frequentavano le scuole elementari, ma per lei e per il dolore che stava provando.

Le sue riflessioni furono interrotte dall’aprirsi del cancello e dal passaggio delle lunghe automobili nere che lasciavano il cimitero. Da dietro la siepe, Spike guardò i finestrini oscurati, con la segreta speranza di scorgere Buffy da vicino, ma non fu possibile. Il corteo gli sfilò davanti e ben presto si dileguò oltre la collina.

 

I giorni scorrevano lenti alla villa dei Rogan. Buffy, cui Gunn aveva concesso alcuni giorni di permesso,  assisteva Trevor, che sembrava annientato dalla scomparsa di Lindsay. Gli faceva compagnia molte ore al giorno, lo spingeva a mangiare, ad uscire per passeggiare, a riprendere piano piano le attività regolari, ma era molto difficile. Sembrava che l’uomo non volesse reagire. Nemmeno Wesley riusciva a scuoterlo; dalla morte del fratello, aveva preso le redini del settore economico in modo totale e non aveva mai mancato un giorno in ufficio, tentando di portare con sé il padre, che rifiutava sempre. Andrew, dal canto suo, si limitava a stargli vicino, studiando accanto a lui in giardino o in sala, in assoluto silenzio.

Buffy fu grata che nessuno di loro avesse insistito nel chiederle della sua assenza dopo l’attentato a Lindsay. Lo choc del momento aveva impedito loro di indagare oltre o di colpevolizzarla in qualche modo.. Tentava di non pensare a Spike e ai suoi sentimenti per lui, ma soprattutto la notte, quando si ritrovava sola al buio della sua stanza, ritornava con la mente a ciò che era accaduto e sempre di più l’intera vicenda stava assumendo i contorni di un sogno. Niente più Spike, niente più abbracci, niente più sentimenti…

 

Wesley la affrontò due settimane dopo il funerale. La aspettò in sala da pranzo per colazione e le domandò, in modo diretto, che cosa le fosse capitato nei quattro giorni successivi all’attentato. Buffy lo guardò seria poi disse “Ho avuto bisogno di stare un po’ da sola” si versò il caffè cercando di apparire calma “Mi sentivo, e mi sento, responsabile, di tante cose che sono successe da che sono rientrata in città, e ho avuto bisogno di riflettere..”.

“Senza avvertire che saresti partita per andare.. dove?” la scrutò “Non risulta che tu abbia preso aerei o treni o altri mezzi per andare via, né risultano prenotazioni in alberghi, neppure a Los Angeles”.

La ragazza mescolò piano lo zucchero dicendo “Mi hanno ospitato alcuni amici”.

Wesley sorrise “Li abbiamo contattati tutti, che cosa credi? Eravamo davvero preoccupati e abbiamo chiesto aiuto a Gunn”.

Il suo fare inquisitorio infastidì Buffy, già abbastanza scossa per dover inventare tutte quelle storie e comportarsi con naturalezza davanti a lui. Così, si trovò a dire, in tono tagliente “Sono maggiorenne e posso andare dove ho voglia senza dare spiegazioni. Ero sconvolta e ho deciso di chiedere aiuto a persone che non conoscete” cercò di sostenere il suo sguardo “Sono dispiaciuta di aver creato tanto trambusto in un momento come questo, ma sono maggiorenne ed assolutamente in grado di badare a me stessa, senza dover rendere conto a nessuno”.

Wesley parve colpito. Rimase in silenzio, bevve il caffè e si alzò. Si sporse verso Buffy e guardandola intensamente disse “E’ vero, sei maggiorenne e responsabile delle tue azioni. Io comunque scoprirò dove sei stata perché la storia che mi hai raccontato non mi convince”.

Lei lo fissò a sua volta “Non sono tenuta a darti spiegazioni, Wesley”.

Rimasero fermi a guardarsi con aria di sfida, poi l’uomo le diede le spalle ed uscì, senza aggiungere altro.

Buffy prese fiato soltanto quando sentì l’automobile allontanarsi. Si era aspettata una ramanzina, delle critiche e dei rimproveri da Wesley, ma mai un atteggiamento così apertamente ostile ed inquisitorio. Era scioccata. Che cosa sospettava Wesley? Non poteva certo immaginare di lei e Spike. O forse metteva in dubbio la sua lealtà verso i Rogan.. Che cosa si aspettava esattamente da lei, l’assistente del vice procuratore? Quest’idea non l’aveva mai neanche sfiorata prima, eppure, adesso le appariva ovvia. Ma certo. Wesley stava mettendo in dubbio proprio questo, la sua lealtà alla famiglia Rogan. Si sentì ancora più depressa e sola.

 

Gli occhi di Drucilla seguivano Spike, mentre questi si aggirava nella sala della villa come una tigre in gabbia. Pur immersa nei suoi deliri, aveva colto il cambiamento. Negli ultimi tempi Spike sembrava distratto. L’iniziale furia per le accuse dei Rogan e del procuratore per la morte di Lindsay, si era tramutata in una evidente angoscia. Niente più urla, minacce, raid nella notte.. Spike se ne stava rintanato in casa, dietro consiglio dei legali della famiglia, a fare avanti indietro per le stanze con la mente assorbita da chissà quale pensiero fisso.

Drucilla lo intuiva. Il suo amato principe oscuro era lontano mille miglia da lei, dalla villa, dai discorsi degli avvocati..

Lo chiamò con voce suadente e lui si voltò di scatto, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza.

“..sono venuta a vedere come stai” gli sorrise “Il mio telefono è muto da qualche giorno..” lo fissò con aria di rimprovero.

Spike sospirò “..scusami..ma tutta questa storia non mi permette di condurre una vita normale” si lasciò cadere in poltrona.

La donna gli andò accanto, sedendosi sul bracciolo e circondandogli le spalle con le braccia “Sembri.. inquieto..” sussurrò chinandosi verso di lui “E’ accaduto qualcosa che non so?”.

“No. E’ sempre la solita situazione” rispose cupo l’uomo.

“Allora, non devi preoccuparti, mio caro. Le cose si rimetteranno a posto prestissimo. Le accuse di Wesley Rogan non hanno condotto ad una incriminazione formale”.

“Già” fece lui sempre accigliato. Era chiaro che non voleva parlarne. Drucilla attese qualche istante, poi fece scivolare la lampo del suo bell’abito nero, lasciandolo cadere sul pavimento. Rimase davanti a lui in tutta la sua conturbante bellezza, i capelli scuri sparsi sulle spalle, lo sguardo invitante.. Allungò le mani in un invito.

Di norma, la visione di Drucilla in biancheria intima otteneva sempre la stessa reazione da Spike, ma quella volta egli la fissò serio, prima di dire “.. tesoro, sei bellissima.. ma io.. ho avuto ed ho delle giornate lunghissime e atroci.. non è il momento..”.

Lei lo guardò, gli occhi violetti puntati nei suoi “Stai tentando di dirmi che.. posso rivestirmi..?”.

Spike non rispose. Non voleva discutere con lei adesso. Era ancora confuso per ciò che gli stava succedendo e che non riguardava affatto le accuse mosse contro di lui dai Rogan e dall’ufficio del procuratore. Riguardava Buffy ed il fatto che moriva dal desiderio di averla di nuovo tra le braccia.. Sospirò, cercando di scacciare l’immagine di lei, nuda, sotto di sé, dei suoi occhi, in cui poteva leggere come in un libro aperto. Si alzò e si diresse alla porta “Rivestiti, Dru” le disse uscendo “Ho troppe cose da fare”.

La donna obbedì. Era mortificata, certo, arrabbiata.. tuttavia non nascose a se stessa di non essere affatto sorpresa. No. L’aveva  previsto che sarebbe successo.

 

Rupert la raggiunse in sala, appoggiando un vassoio con thè e biscotti. Stava per uscire, ma all’ultimo memento si voltò “Signorina Buffy” le disse.

Lei alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo ed attese, ma Rupert sembrava imbarazzato. Lo incoraggiò con gli occhi.

“Signorina.. volevo dirle che sono molto contento del suo ritorno” si schiarì la voce “Ero preoccupato per la sua sparizione e.. riaverla qui, dopo la scomparsa del signor Lindsay è stato.. confortante”.

“Grazie, Rupert” gli sorrise.

“Se posso permettermi.. che cosa le è accaduto?”.

Buffy abbassò gli occhi dicendo “Beh.. ero sconvolta per quanto stava accadendo a Lindsay e così.. sono partita facendomi ospitare da alcuni amici..” prese a mescolare lo zucchero nella tazza.

L’uomo annuì con aria grave “Si, è comprensibile. Ma da lei mi sarei aspettato almeno una telefonata” la osservò “Ho creduto veramente che fosse stata rapita..”.

Il silenzio che scese tra loro fu imbarazzante. Buffy ebbe la certezza che il maggiordomo sospettasse qualcosa, e, in preda all’ansia, non riuscì a trovare qualcosa da dire. Fu lui, alla fine, a sospirare “..grazie a Dio, lei è tornata”.

Rimasta sola, Buffy tornò col pensiero a quei pochi giorni passati con Spike. Si sentì invadere da una sensazione improvvisa di calore e di mancanza. Era un dolore quasi fisico.. era impossibile per lei dimenticare.

Non si accorse che Rupert la guardava dalla soglia, accigliato.

 

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Capitolo 13
*** Nude Verità ***


Il biglietto le giunse la mattina successiva. Rupert lo appoggiò sul tavolo della colazione, in corrispondenza del suo posto.

Buffy era sola, a tavola. Trevor era già chiuso nel silenzio del suo studio, Wesley era uscito prestissimo ed Andrew non si era ancora alzato. Rupert le versò il caffè dicendo “Mi sono permesso di lasciarlo qui, dal momento che non conosco i suoi programmi per la mattinata” le lanciò un’occhiata.

“Chi.. chi l’ha portato?” domandò, rigirando tra le dita la busta bianca, su cui spiccava il suo nome in un’anonima scrittura in stampatello.

“Un fattorino, questa mattina presto” le rispose avviandosi in cucina.

Rimasta sola, Buffy lesse in un fiato il messaggio.

 

“Vieni al Motel Garden, all’ingresso dell’autostrada. Camera 508. Questo pomeriggio, alle 16.30”.

 

Non era firmato, ma Buffy non ebbe nemmeno un dubbio su chi potesse essere. Non era una richiesta, era un ordine e ordini di quel genere li dava Spike.

Respirò a fondo, riponendo immediatamente il foglio nella busta con mani tremanti. L’agitazione la investì a tal punto da renderle impossibile qualsiasi pensiero coerente.

Riusciva soltanto a vedere Spike in una camera d’albergo con lei.. e sapeva che cosa sarebbe successo.. Si appoggiò allo schienale, chiudendo gli occhi, tentando di ritrovare un po’ di calma.. Ma era una missione impossibile. Di nuovo quella guerra interna, tra l’istinto di correre da lui e perdersi e il senso di lealtà verso la famiglia che l’aveva accolta e che era stata colpita da un lutto atroce..

In ufficio, lo sguardo di Gunn non la lasciò un momento. Si era accorto della sua aria distratta e della sua poca voglia di parlare, così le diede da riempire scartoffie e copiare file a computer. Il fatto che lei non avesse protestato impensierì ulteriormente il procuratore, che continuò a scrutarla per tutta la mattina.

Si rese conto che non mangiò niente a pranzo, lasciando tutta l’insalata nel piatto e che non prese il suo solito caffè delle due. La vide uscire dall’ufficio due ore dopo, quasi senza salutare.. Gunn sapeva che Buffy soffriva molto per quanto accaduto a Lindsay e per lo stato di Trevor Rogan, tuttavia il suo fiuto di investigatore lo solleticava. Dall’ultimo discorso che avevano fatto rispetto a questa faccenda, non aveva smesso un momento di riflettere.. Che cosa era successo a Buffy di così grave da convincerla dell’innocenza degli Shelby?

Si sedette dietro alla scrivania e s’immerse nei suoi pensieri, ripercorrendo nuovamente tutto quanto era accaduto nelle ultime settimane…

 

Buffy rimase quasi mezz’ora seduta in macchina nel parcheggio del motel. Le mani sul volante, lo sguardo fisso davanti a sé, sull’orologio digitale che le ricordava il suo ritardo. Erano passate le 16.30.. Alla fine, con un profondo respiro, aprì la portiera e dopo una veloce occhiata nello specchietto, in cui si rifletté la sua immagina tesa e cupa, si diresse alla hall.

 

Bussò alla porta 508 col cuore in tumulto e la situazione non migliorò quando questa si aprì e lei si sentì trascinata all’interno. Si trovò appoggiata al muro, il corpo duro e muscoloso di Spike la schiacciava, i suoi occhi erano fissi nei suoi. Senza fiato e impaurita, non poté fare altro che fissarlo a sua volta. Lui schiantò le proprie labbra su quelle di lei ed invase la sua bocca, stringendole le mani per impedirle di opporsi. Ma Buffy non voleva opporsi. Aderì al suo corpo, come aveva desiderato fare da giorni.

“Buffy” sussurrò staccandosi appena “Buffy..” le lasciò le mani e le appoggiò sulle sue guance. Lei ritrovò il respiro, ma non riusciva a parlare, sotto quello sguardo intenso. Così, fu lui a dire ancora “Non mi aspettavo.. non mi aspettavo che saresti venuta”.

Un momento dopo, si allontanò da lei e cominciò a girare per la stanza, passandosi la mano tra i capelli “..ero così certo che non saresti venuta che non ho preparato niente da dire…” fece in tono ironico, poi si bloccò e la guardò “Perché non mi hai denunciato a Gunn? Non gli hai detto del rapimento..?”.

Finalmente più calma, Buffy mormorò “Non c’era ragione di farlo”.

Lui sollevò un sopracciglio  ed incrociò le braccia sul petto “..tu dici? Ti ho teso un agguato, ti ho tenuta prigioniera tre giorni.. Non è una buona ragione per denunciarmi?”. Il suo tono era sarcastico, ma il suo sguardo era serio “E sono sicuro che Wesley e Trevor Rogan ti hanno sottoposto ad un intenso interrogatorio”.

Che cosa poteva dirgli? Che non l’aveva fatto perché era turbata? Perché si era innamorata di William Shelby o Spike o chi diavolo era? Perché voleva incontrarlo ancora ed abbandonarsi alle sensazioni che lui sapeva donarle?..

No. Rivelargli i suoi sentimenti non l’avrebbe portata a niente. Le aveva già detto che tutto quanto accaduto tra loro non era niente, per lui.. e quindi? Perché rischiare una nuova mortificazione? Semplicemente, lui la usava.

Strinse la mascella “Perché hai voluto vedermi?”.

Le lanciò un’occhiata torva poi “Per chiederti le ragioni del tuo comportamento. Non so spiegarmi perché non mi hai denunciato.. Sei una Rogan. Potresti spedirmi dentro per un bel po’”.

“Non sono una Rogan” precisò lei.

“Sei una di loro” insistè.

“.. mi hai lasciato andare” disse precipitosamente Buffy “Non hai fatto richieste di riscatto, non mi hai minacciato di morte.. per queste ragioni non ti ho denunciato”.

Spike si avvicinò lentamente guardandola dritta negli occhi. Si sfidavano con lo sguardo.. ma Buffy sapeva di aver già perso. Ora, che l’aveva davanti, era certa di essere perduta. Era innamorata di lui, contro ogni probabilità era accaduto l’impensabile. Il cuore le martellava in petto, mentre il calore del corpo di lui la investiva facendola boccheggiare. Si schiacciò di più contro la parete.

Lo guardò bloccarsi a pochi centimetri da lei. Era così bello.. guardarlo la riportava indietro, nella stanza di casa sua, tra le sue braccia.. Dovette chiudere gli occhi.

“Buffy” la sua voce bassa e roca le arrivò allo stomaco, facendola rabbrividire. Sollevò le palpebre, lasciando andare una lacrima.

“Buffy..” allungò una mano e le asciugò la guancia con le dita “Sei qui per la stessa ragione per cui io sono qui” l’ombra di un sorriso rischiarò il suo volto. Si piegò verso di lei e cercò di nuovo le sue labbra. Il bacio fu dolce.. Spike passò un braccio intorno alla vita di lei e l’attirò a sé, baciandola ancora, mentre indietreggiava verso il letto al centro della stanza.

“Fai l’amore con me” le sussurrò baciandole la tempia e la guancia.

Anche se avesse voluto, Buffy non avrebbe potuto opporsi. Si sentiva gelatina tra le sue braccia e ogni centimetro di pelle che lui sfiorava con le labbra si incendiava, avvolgendola in una sensazione di totale abbandono. Lasciò che la distendesse sul letto e che la spogliasse.. non riusciva a guardarlo, vergognandosi di sé stessa e della sua debolezza, tremando per l’agitazione e l’eccitazione che la stava travolgendo.

Sentì che si adagiava sopra di lei e le baciava tutto il viso, accarezzandole i capelli. Sentiva la sua erezione premerle addosso, mentre le sue mani s’insinuavano tra loro, trovando il suo centro. Buffy rimase senza fiato e lo strinse di più, affondando le mani nei suoi capelli. Voleva dirlo, doveva dirgli che cosa significava questo per lei.. Quando Spike entrò dentro di lei, capì che non avrebbe più potuto fare a meno di lui e del suo modo di amarla.. anche se di amore non si trattava..

“Io ti amo” sussurrò, proprio nell’istante in cui lui stava appoggiando la testa alla sua spalla.

Spike si bloccò, cercò i suoi occhi, la sua espressione era scioccata. Fece per sollevarsi, ma lei lo trattenne “No.. non importa.. non importa se per te non è la stessa cosa..” ma lui la baciò, mentre raggiungevano insieme l’apice del piacere.

Il suo corpo la schiacciava, rendendole difficile la respirazione, ma Buffy non voleva che si muovesse. Soltanto lì, con lui, ciò che provava diventava accettabile. Il trasporto carnale verso un uomo che nemmeno conosceva e che l’aveva tormentata in tutti quei giorni era accettabile soltanto vicino a lui.

“Buffy” si sollevò appena sulle braccia per guardarla negli occhi e il suo sguardo era così profondo che le sue iridi sembravano nere “Non ho provocato io l’incidente di Lindsay, né l’ha fatto mio padre” la scrutò “Mi credi?”.

C’era qualcosa di diverso nella sua voce. Aveva tremato? La stava supplicando? Che cosa si aspettava veramente da lei?

Buffy annuì, perché ormai aveva fatto i conti con i sentimenti che l’avevano invasa ed era inutile negare ciò che era del tutto ovvio per il suo cuore. Così, semplicemente annuì.

Negli occhi di Spike comparve una luce diversa. Per lei era indecifrabile, ma il suo cuore prese a martellare come un tamburo.

“Mi credi” ripeté quasi incredulo. La fissò ancora un momento poi si alzò sulle ginocchia tirandosela dietro. Le accarezzò i capelli, le guance in fiamme, la curva del collo.. E poi fece qualcosa che sciolse completamente il nodo che le stringeva lo stomaco. La abbracciò stretta, appoggiando la testa sulla sua spalla, si abbandonò letteralmente tra le braccia di lei. Con mano tremante, Buffy gli accarezzò a sua volta i capelli, per poi circondarlo dolcemente.

Fu il suono di un cellulare a rompere il momento.

Buffy sobbalzò. Guardò verso il mucchio di vestiti a terra, si rese conto che si trattava del cellulare di Spike, ma lui non sembrava voler rispondere. Si sciolse dall’abbraccio e rimase a guardarla, mentre lei, imbarazzata, tentava di coprirsi con le lenzuola. Le pareva una scena surreale. Lei, Spike Shelby, nudi in una camera di motel con un telefono che squillava impazzito..

“Dicevi sul serio?” le domandò, quando finalmente ci fu di nuovo silenzio.

Non era la nudità fisica. Era il fatto di sentirsi completamente scoperta a tutti i livelli davanti a lui, ora che glielo aveva detto, in un momento di passione assoluta in cui la verità dei suoi sentimenti era salita a galla come la cosa più naturale del mondo. Anche se non lo era.

Abbassò la testa, sentendosi sul punto di piangere.

Ma Spike le si avvicinò e la strinse tra le braccia, eludendo le sue proteste. Le cercò le labbra e la baciò dolcemente, facendola tremare come una foglia. Oh, Dio, si sentiva così piccola ed impotente..

“Dopo tutto quanto..” il suo tono era stupito e reverenziale nello stesso tempo, come se non potesse crederci “Dopo tutto quanto ho fatto.. ti ho, fatto”.

A quelle parole, Buffy alzò di scatto lo sguardo “Hai ucciso Lindsay?”.

“Oh, no” lo vide scuotere la testa con vigore, senza staccare gli occhi dai suoi “No, no..” la pressione delle sue mani aumentò “Ma ti ho preso in ostaggio.. ti ho minacciato..ti ho trattato..” parve cercare le parole “..ti ho trattato..” il disgusto si disegnò sul suo volto “..in modo indegno”.

A questo punto, Buffy pensò che era inutile negare ciò che aveva appena affermato e non voleva ingannare se stessa o l’uomo che aveva davanti. Così, sollevò una mano e lo accarezzò tremante sul viso spigoloso “Ti amo” non lo guardò negli occhi, ma gli fissò le labbra, appoggiandovi sopra due dita “..e ti credo..” aggiunse poi.

In quel momento, non le sembrava importante niente tranne loro due. Non pensò alle due famiglie sempre in lotta, alle indagini di Gunn, agli avvertimenti su Spike e la sua natura.. Niente le pareva così importante. E quando lui, con un singhiozzo, la attirò ancora e più forte a sé, seppellendo il viso tra i suoi capelli credette di svenire per l’emozione che la travolse, allagandole mente, corpo, cuore..

“Oh, Dio, Buffy” sospirò l’uomo “Oh, Dio..”.

Caddero di nuovo sul materasso, stretti allo spasimo. Spike la riempiva di piccoli baci sul viso, tra i capelli, sfiorava le sue labbra come fosse stata la cosa più preziosa che aveva al mondo. Mai, in tutta la vita, si era sentito così accettato da qualcuno e sebbene questo sentimento fosse ancora confuso dentro di lui, lo sentiva vivo e presente come mai prima di quel momento perfetto..

Lei nascose il volto nell’incavo della sua spalla e desiderò restare così per sempre. Spike continuò ad accarezzarla a lungo, come se le sue mani non potessero staccarsi da lei e per la prima volta anche la mente di Buffy realizzò che quello era il miglior posto in cui poteva stare. Con lui.

 

“Vai prima tu. Uscirò tra qualche minuto. Mi farò vivo io”. L’aveva congedata con queste parole, un’ora dopo. Mentre guidava verso casa, ancora col cuore in subbuglio, Buffy ripensò al momento in cui, in silenzio, si erano alzati dal letto, si erano rivestiti e salutati. Sentiva ancora la sua voce e vedeva il suo sguardo, mentre usciva dalla stanza. Non c’erano stati baci o abbracci.. E forse era stato meglio così, confusa e turbata com’era.. Adesso, dopo che era di nuovo sola, avvertì un crescente senso di solitudine ed abbandono.. Oh, Dio, l’aveva lasciato in quel motel meno di mezz’ora prima…!

Arrivò a casa per cena. Una cena silenziosa. Trevor mangiò poco e rapidamente, Wesley era immerso nella lettura di alcune carte e Buffy sapeva che non voleva parlarle, Andrew non c’era. Aveva fatto sapere che sarebbe rimasto a dormire al campus universitario, da amici. Neanche Buffy, comunque, aveva voglia di mangiare o parlare. Era ancora pienamente immersa nelle ore trascorse con Spike, la sua voce riempiva i suoi sensi, così come il ricordo della passione che avevano condiviso.. Le mancò il respiro al pensiero delle sue labbra e delle sue mani su di sé..

Si alzò di scatto, attirandosi gli sguardi stupiti dei commensali. Balbettò “Sono molto stanca. Credo che andrò a letto. Buonanotte” si piegò a baciare sulla guancia Trevor e poi salì le scale velocemente..

Rimase sdraiata a letto fino a notte fonda, il cellulare acceso sul comodino. Non aveva un recapito, non sapeva come fare per contattarlo e Dio solo sapeva quanta voglia aveva di risentire la sua voce. Aveva semplicemente detto che si sarebbe fatto vivo. Sperò con tutto il cuore che non passasse troppo tempo.

 

Si versò da bere, nel buio della stanza. Era entrato come una furia in casa e si era diretto al mobile bar, versandosi una generosa dose di burbon. La bevve in un solo sorso, appoggiandosi malamente al bancone. Aveva già bevuto tanto, fermandosi in vari locali prima di rientrare in quella casa vuota e silenziosa..

Aveva davanti agli occhi lo sguardo di Buffy che gli diceva di amarlo. Era rimasto scioccato, perché non credeva di poter suscitare quei sentimenti. In tutta la sua vita, nessuno gliel’ aveva detto così chiaramente.. diamine, nessuno glielo aveva mai detto. Tranne sua madre, che era morta troppo presto.. Abbassò la testa, versandosi altro alcol e bevve ancora. Voleva stordirsi, perché il terribile Spike non riusciva a districarsi in quella faccenda, non ne voleva sapere di ciò che gli stringeva lo stomaco quando pensava a lei, quando l’aveva avuta tra le braccia e nel letto.. Non era mai successo e non poteva succedere con Buffy Summers dei Rogan.. Con un ringhio si voltò e lanciò il bicchiere contro la parete, mandandolo in mille pezzi.

“Ehi.. da quel che vedo, sembra proprio che tu sia ko”.

La voce di Angel ruppe il silenzio. Spike si sollevò di scatto e guardò nella direzione da cui provenivano quelle parole sarcastiche. Suo fratello era in piedi appoggiato allo stipite della porta, le mani sprofondate nell’elegante completo nero. Lo stava fissando canzonatorio.

“..che diavolo ci fai tu qui?” sbraitò Spike, fissandolo a sua volta.

“Sono venuto a vedere come se la passa il sangue del mio sangue in questa lussuosa tana”.

“Stavo meglio prima di vederti” ribatté l’altro.

Dando un’occhiata eloquente ai vetri rotti, Angel rise “Davvero?”.

Spike lo ignorò. Girò intorno al bar e cercò un altro bicchiere in cui versare il burbon.

“Voglio sapere di Buffy Summers” disse ad un tratto Angel “Che cosa stai combinando?”.

L’altro lo guardò finendo di bere ed emise una risata “E a te che te ne frega?”.

Facendo due passi, il maggiore degli Shelby fu al centro della stanza “..non ci serve una complicazione di questo genere. So che è stata qui.. E’ venuta qui di sua spontanea volontà nei giorni scorsi? Che cosa è successo?” lo scrutò “Non ho bisogno dei tuoi colpi di testa. So esattamente come trattare i Rogan”.

Spike strinse gli occhi “Ah, si? E sentiamo, come li tratti?.. Lasci che vadano da un procuratore dicendogli chi deve incriminare?”.

“E’ sempre stato tutto sotto controllo. Quando decido di fare qualcosa, lo faccio prevedendo ogni conseguenza, William” calcò la voce sull’ultima parola, sapendo quanto odiasse sentirsi chiamare così.

Spike registrò quelle parole, nonostante i fumi dell’alcol, e quando comprese i sottintesi, i suoi occhi si fecero di ghiaccio. Appoggiò lentamente il bicchiere e poi disse “Sei stato tu” il suo tono era basso e la voce suonò come un ringhio.

Angel piegò la testa, l’aria divertita.

“A fare che cosa, William?” gli domandò canzonatorio.

“Sei stato tu a uccidere Lindsay Rogan”.

L’uomo alzò le spalle “Non materialmente. Ho gente fidata. Un lavoro pulito e nessuno saprà mai che cosa è veramente accaduto”.

Il silenzio inghiottì di nuovo la casa. I due uomini stavano immobili, uno di fronte all’altro, divisi soltanto dal tavolo del bar. Spike si domandò in quei pochi secondi come aveva fatto a non capirlo subito.. e poi pensò che anche Gunn e Wesley Rogan l’avevano capito che erano stati gli Shelby.. solo che avevano puntato quello sbagliato. Questo pensiero gli fece stringere di più la mascella. Dunque, Angel doveva avere previsto anche questo.. Lo guardò e vide che ora sorrideva apertamente.

“Era ovvio che avrebbero dato la colpa a te.. ma era solo un sospetto.. E’ un sospetto che non ha alcuna prova a carico e mai l’avrà perché il lavoro è pulito. Un po’ di fastidio per il grande Spike in cambio di un ottimo risultato”.

Con gli occhi pieni di rabbia, ruggì “Quale risultato, per l’inferno?”.

Angel sollevò le sopracciglia  “Oh, beh. Uno fra tutti, l’eliminazione di un imbecille dalla faccia della terra. Uno che si metteva sempre di traverso nei miei affari” il suo sguardo s’indurì “Un bel colpo all’organizzazione dei Rogan.. oltre che un bel colpo al cuore per Trevor e gli altri” lo squadrò “Anche per Buffy”.

Il riferimento a Buffy bloccò sul nascere qualsiasi cosa Spike stesse per dire. Corrugò la fronte, distogliendo gli occhi, e bevve.

“Non devi preoccuparti per le indagini del procuratore. Finiranno in una bolla di sapone.. e per il povero Lindsay non ci sarà giustizia” fece ironico.

Lo guardò avviarsi alla porta lentamente, le mani in tasca, l’aria di chi sapeva di aver vinto. Sulla soglia, sembrò ricordarsi qualcosa, allora lo vide voltarsi e dire “Ah, e Spike, non trascurare la piccola Dru per passatempi malsani. Potrebbe anche offendersi e cercare consolazione” gli sorrise un’ultima volta.

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Capitolo 14
*** Se non ora quando ***


Sabato mattina Buffy andò al cimitero. Ci andava sempre, da sola, e si fermava a lungo davanti alla tomba di suo padre. Puliva il marmo, cambiava i fiori, lucidava la cornice.. Adesso, la stessa cosa faceva per Lindsay. C’erano sempre fiori freschi sulla sua lapide. Quella volta si attardò. Si sentiva ancora sconvolta per la scomparsa di Lindsay e mentre guardava la sua foto, che lo ritraeva sorridente e bello com’era, ripensò alla loro infanzia, trascorsa in un lampo.. Poi, i pensieri presero ad accavallarsi, e si ritrovò nella stanza del motel, nel momento in cui Spike le diceva ancora che non era lui il colpevole. Lei gli credeva. Eppure, ora, davanti alla tomba di Lindsay si sentì indegna. Perché era innamorata del suo peggior nemico e forse questo offuscava il suo giudizio..

Respinse le lacrime, avviandosi all’uscita. Camminava a capo chino sulla ghiaia, immersa nel silenzio di quel luogo, quando alcuni rumori la fecero trasalire. Alzò la testa e il cuore si fermò.

In fondo al vialetto, appena fuori il cancello, c’era Spike. Era appoggiato alla moto, gli occhiali neri nascondevano i suoi occhi ma lei sapeva che la stava fissando. Buffy non smise di camminare e a passo svelto lo raggiunse. Si fermò davanti a lui, sentendosi accaldata e confusa. Senza dire una parola, Spike le tese il casco. Buffy lo infilò velocemente e salì sulla moto, stringendogli le braccia intorno alla vita ed appoggiandosi alla sua schiena.

Un attimo dopo, la moto partì, lasciandosi alle spalle la collina del cimitero.

 

Il viaggio non fu lungo. Buffy si accorse a malapena delle curve della strada. Se ne stava ad occhi chiusi, stretta a lui, immersa in un momento perfetto.

Quando si fermarono, Spike la aiutò a scendere e a togliersi il casco. Lei fu quasi accecata dalla luce riflessa nell’acqua del lago.. Rimase senza fiato. Non si era resa conto che erano saliti fino al lago.

Lo guardò prendere qualcosa dal bagagliaio. Un minuto dopo stava stendendo una coperta sull’erba. Non si erano detti neanche una parola.

Si lasciò cadere sul plaid e la guardò, porgendole una mano. Buffy la strinse e gli si sedette accanto. I loro occhi si incontrarono un attimo, poi Spike appoggiò le mani sulle sue braccia e l’attirò a sé, cercando la sua bocca. Le diede una serie di piccoli baci, sulle labbra, sulle guance, mentre lei gli affondava le mani nei capelli, ricambiandolo.

Quando si staccarono, gli sussurrò “..mi sei mancato” il suo tono era timido. Si sentiva completamente senza forze con lui.. e quel suo modo di fare la eccitava e impauriva nello stesso tempo.

Spike seguì con un dito il contorno del suo viso arrossato,  scese sul collo e sulle spalle, liberandola della giacca. Poi, si sporse e le sfiorò il seno con le labbra, mentre Buffy rovesciava la testa indietro, completamente persa nel momento. Mentre con la mano accarezzava le sue gambe sollevandole la gonna, con la bocca continuava a sollecitarle il seno attraverso la stoffa.

Buffy si lasciò sfuggire un gemito, quando sentì le dita di lui raggiungere il suo centro, sfiorandolo gentilmente, poi in modo più energico.

“Oh, Dio.. aspetta.. aspetta” riuscì a sussurrare appoggiandogli le mani sulle spalle e staccandosi un poi.

Lui alzò la testa e la guardò e quasi Buffy si spaventò per ciò che vi lesse dentro. Passione, tormento, urgenza.. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra, lasciando che la invadesse, in quel suo modo che le toglieva il respiro. Spike le circondò la vita e la tirò a sé, sussurrando “Dimmi che mi ami”.

“Ti amo…” fece lei.

“Dimmi che mi credi..” la scrutò e le parve disperato. Allora annuì, affondando il viso nella sua spalla “Si, si, si.. io ti credo.. ti credo..” gli disse, trattenendo le lacrime.

Si trovò seduta su di lui, occhi negli occhi, le sue mani sui fianchi.. Lo accolse dentro di sé e quasi svenne quando lo vide abbassare le palpebre, in estasi. Dai fianchi, le sue mani salirono alla schiena e la attirarono a sé, fino a trovarle le labbra e sfiorarle con un bacio in cui lei affogò, prima che il piacere le esplodesse dentro. Si abbandonò sul suo petto, sentendolo mormorare più e più volte il suo nome..

 

Gli accarezzava i capelli, mentre lui se ne stava sdraiato con la testa sulle sue ginocchia, gli occhi chiusi, la bocca piegata in un lieve sorriso. Buffy pensò che fosse bellissimo.. Ma non era solo la sua bellezza. Tutto di lui era attraente. Ogni cosa di Spike fungeva da calamita per lei.

“Devi rientrare?” le domandò ad un tratto.

Buffy si riscosse. Guardò l’orologio e si stupì nel constatare che erano ormai le quattro del pomeriggio.

“Oh, mio Dio..” sussurrò “..forse.. forse è meglio che io..” non riuscì a finire la frase che si trovò sdraiata sulla coperta, gli occhi di Spike che la scrutavano. Scoprì che avrebbe potuto rimanere in quella posizione per una vita intera.

Ma c’era qualcosa nel suo sguardo.. Lo fissò, tentando di decifrare quella scintilla.. Indecisione? Tormento?

Sollevò una mano e percorse il profilo della sua guancia “Che cosa c’è?” gli chiese in un sussurro.

Lui parve stupito e Buffy capì di avere indovinato. C’era qualcosa.. e lui gliela stava nascondendo.. Subito, formulò un altro pensiero.. chissà quante cose mi sta nascondendo..

Un momento dopo, si sollevò da lei e si mise seduto, la testa tra le mani. Buffy gli andò accanto toccandogli la spalla “William..” lo sentì irrigidirsi sotto la sua mano, ma non la ritirò. Attese.

Voltandosi appena, Spike mormorò “Hai detto di credermi”.

“Certo. L’ho detto perché è la verità”.

Lui si umettò le labbra “Buffy, so chi ha organizzato l’attentato a Lindsay”.

La ragazza si bloccò istantaneamente. La tensione la investì come una corrente elettrica. Strinse la mano sulla sua spalla “.. chi” e il suo tono fu duro.

Spike si voltò completamente per guardarla dritta negli occhi. Era evidente che era combattuto. Voleva dirglielo ma nello stesso tempo era trattenuto..

“Non posso dirtelo, adesso” disse infine.

Lei respirò forte, ritirando la mano e spostandosi. Improvvisamente, aveva di nuovo di fronte Spike Shelby, il nemico dei Rogan, l’incubo di Gunn.

“Devi parlare, se sai qualcosa. Sarai definitivamente scagionato.. e Lindsay avrà giustizia” fece tentando di mantenere un tono calmo.

“No. Non posso farlo. Ma volevo che tu sapessi..” sembrò cercare le parole “.. volevo che tu sapessi” ripeté fissandola.

Non riusciva a crederci. Buffy scosse la testa mentre, sgomenta, si alzava in piedi rassettandosi rapidamente i vestiti. Poi lo affrontò, rossa di rabbia “Che cosa vuol dire questo, Spike?” quasi ringhiò “Vuol dire che non intendi collaborare? Che non t’interessa liberarti dai sospetti?.. Che cosa significa?”.

Lui si alzò a sua volta e con una calma glaciale che la terrorizzò fece “Non intendo collaborare con Gunn”.

Buffy rivide lo sguardo di ghiaccio dell’uomo che l’aveva aggredita in casa dei Rogan e fuori dal Bronze e, sebbene tremante fin nel midollo, continuò a gridare “Per che cosa, Spike? Per chi?”.

Un lampo attraversò i suoi occhi azzurri. Passò qualche secondo, poi disse “Questa faccenda non ti riguarda. Volevo che sapessi che io non c’entro”.

Lei soffocò una risata amara “Ah, si. A me dovrebbe bastare. Dovrei semplicemente mettermi in pace perché tu sai chi è stato..” le mancò la voce.

Si affrontarono, una di fronte all’altro. Si guardarono per alcuni lunghi istanti, in cui tutto ciò che avevano intorno scomparve. Niente lago, niente prato, niente sole..

Poi, fulmineo, Spike la prese e l’attirò a sé, divorandole le labbra con le proprie, strappandole il respiro. E lei lo abbracciò senza gentilezza, spinta solo dal bisogno. Lo voleva, lo voleva come non aveva mai voluto niente nella sua vita..

Quando lui riuscì a staccarsi sussurrò “Per ora quel che ho detto deve bastarti, Buffy”. La stava implorando. E per quanto lei non capisse quella disperata richiesta, cedette.. non aveva mai avuto un’altra scelta.

“Va bene, va bene” disse frettolosamente, il fiato corto, cercando il suo sguardo “Va bene” ripeté mentre le lacrime le inondavano gli occhi.

Rimasero così, abbracciati, per un tempo che parve ad entrambi infinito.

In silenzio, Spike piegò il plaid e l’aiutò a salire in moto, partendo con una potente sgommata. La riportò al cimitero, dove Buffy aveva lasciato l’auto. La abbracciò di nuovo, poi, scostandole una ciocca ribelle dalla fronte le sussurrò “Mi farò vivo..” dopo una breve occhiata aggiunse “E’ meglio non scambiarci alcun recapito.. non voglio che qualcuno..”.

“Si” lo interruppe, ancora turbata da quanto era accaduto e da quanto le aveva rivelato.

Lui annuì e ripartì, sparendo ben presto dalla sua vista.

 

 “La scientifica non ha trovato niente di definitivo” le disse Gunn scorrendo il rapporto dei colleghi “A quanto pare, un fantasma ha messo un po’ di dinamite sotto la Ferrari di Lindsay” alzò lo sguardo su Buffy “Direi che siamo punto a capo”.

“Non ci sono indiziati..” sperò che la sua ansia non fosse troppo evidente.

“Certo che no! Non posso in alcun modo proseguire nell’accusa a Spike e Ethan Shelby. Niente li lega all’attentato.. tranne che una faida ventennale..” spalancò le braccia, con aria desolata.

Buffy abbassò gli occhi. Non voleva che vedesse il sollievo che l’aveva invasa. Si morse le labbra, poi si schiarì la voce e disse “Allora, a quanto pare, c’è molto lavoro da fare.. Rivedere i documenti, la relazione sull’autopsia” si fermò un attimo, poi riprese “.. ciò che la Scientifica ha effettivamente trovato.. Qualcuno ha messo quella dinamite. E dobbiamo trovarlo”.

L’uomo la fissò, serio, ed alla fine annuì “E’ il nostro lavoro”.

 

Il dolore gli spaccava la testa. Era a malapena riuscito ad alzarsi dal letto. Si era fatto largo tra le bottiglie di birra e bourbon che ingombravano il tappeto di camera sua e si era buttato completamente vestito sotto la doccia fredda. Non era servita gran che.

Allora, era sceso in cucina e aveva bevuto il rimasuglio del caffè del giorno precedente, riuscendo soltanto a provocarsi un conato di vomito che l’aveva lasciato esausto.

Non aveva idea di che ora fosse, se fosse mattina o pomeriggio.. L’ultima cosa che ricordava era di essere rientrato al tramonto, ancora immerso in Buffy, e di aver iniziato a bere come una spugna, mentre scavava dentro di sé alla ricerca di un modo per affrontare Angel.. Perché per la prima volta nella sua vita non riusciva a prendere una decisione. Non sapeva realmente che cosa fare. Ciò che Angel gli aveva rivelato era piantato nel suo stomaco e stringeva come una morsa.. Rise amaro. Prima di.. prima di Buffy una cosa del genere non gli sarebbe successa. Ma adesso, l’idea che ci fosse suo fratello dietro la morte di Lindsay era insopportabile..perché c’era Buffy e.. e questa cosa che li legava. Strinse i bordi del tavolo quando gli tornarono in mente le parole di Angel “..è stato facile far cadere i sospetti su di te.. un piccolo sacrificio per il grande Spike..”. Strinse gli occhi, disgustato.

Il suono del cellulare ruppe il silenzio. Confuso, si guardò intorno. Non sapeva proprio dove.. Infine, lo trovò a terra, nell’ingresso. Guardò il display, era Angel. Serrò la mascella.

“Volevo informarti che sei stato prosciolto. Nessuna prova, nessuna incriminazione, né per te né per Ethan” il suo tono trionfante lo disturbò profondamente. Ebbe voglia di chiudere la conversazione, ma quello continuò “Sei libero come l’aria, fratellino. E puoi scoparti quel bocconcino della Summers quanto ti pare” aggiunse sarcastico.

Con un ringhio, lanciò il cellulare contro la parete. Quando riprese fiato, si trovò a realizzare, scioccato, che Angel sapeva. Sapeva tutto. Ed avrebbe usato quell’informazione a suo vantaggio, di questo era più che certo.

 

Sollevando le palpebre, scorse Andrew che la fissava spaventato.

“Santo cielo, Buffy!” la sollevò per le spalle “Che cosa è successo?”.

La ragazza tossì e scosse la testa “Non.. non ne ho idea.. Dove mi trovo?”.

“Siamo in palestra. Hai voluto darmi una lezione di autodifesa ma.. prima che potessimo fare alcun che sei crollata a terra.. Sei svenuta.. e, oh Dio, non ti svegliavi..” respirò forte. Sembrava che stesse trattenendo le lacrime.

Buffy abbozzò un sorriso e alzò una mano, accarezzandogli una guancia “Sto bene. Credo.. credo di aver saltato la cena.. forse un calo di zuccheri..” si appoggiò a lui per alzarsi in piedi “Ora.. sto bene”.

Ma Andrew continuò a sorreggerla accompagnandola alla panca “Adesso siediti qui e aspettami. Vado a prenderti un po’ di acqua e zucchero. Prometti che non ti muoverai”.

Lei annuì, sospirando.

Quando fu sola, si ritrovò a pensare a Spike. Era innamorata di lui e non le aveva mentito. Il fatto che Gunn l’avesse scagionato definitivamente, era soltanto un dettaglio. Lui gliel’aveva detto, fin dall’inizio, e, irrazionalmente, gli aveva creduto.. Chiuse gli occhi, sentendo le sue braccia attorno a sé e le sue labbra ovunque. Dovette appoggiarsi alla parete, rassegnata a quella sensazione che l’assaliva ogni volta che pensava a lui.

“Ecco qua”.

Andrew la riscosse. Lo guardò e prese il bicchiere che le porgeva. Sorseggiò acqua e zucchero, cercando di allontanare l’immagine di lei e Spike insieme, e concentrandosi sul dolce ragazzo che aveva davanti e che la fissava preoccupato.

“Ti senti meglio? Forse non è una buona idea allenarsi di sera, dopo che hai lavorato tante ore con Gunn..” ma lei gli appoggiò una mano sul braccio “Ti assicuro che sto bene, Andrew”.

“A me non sembra e mi sento in colpa” la interruppe.

“Ma che dici.. Ascoltami. Il periodo che stiamo attraversando.. non è facile per nessuno.. credo che mi abbia assalito un po’ di stress. Non è di certo colpa tua tutto quanto sta succedendo”.

Dopo un momento di silenzio, lui fece “Se avessi un po’ di coraggio me ne andrei di qui, da questa città” strinse i pugni “Io non appartengo a questo posto, violento e senza scrupoli”.

“Nessuno di noi lo fa” gli disse “Forse sarebbe la cosa migliore fuggire via da Sunnydale”.

“Tu c’eri riuscita” la fissò “Sei stata lontana per tanto tempo”.

“Si. E tornare non sembra essere stata la decisione migliore” gli sorrise tristemente.

Allora, Andrew le prese una mano tra le proprie “Sono contento che tu sia qui” le sorrise di rimando “E credo che prima o poi ci sarà qualche valida ragione per prendere il volo e lasciarsi Sunnydale alle spalle” le baciò il dorso della mano.

 

Non sapeva da quanto tempo fosse seduto in poltrona, al buio. E quando Drucilla gli comparve davanti, la fissò con aria assente.

“Ciao, mio principe” lo salutò con un seducente sorriso sulle labbra.

Spike le lanciò un’occhiata “Come sei entrata?”.

“Non ti ricordi? Ho la chiave” gli fece dondolare davanti agli occhi la piccola chiave di bronzo “Volevo vedere come stavi”.

“Sto bene. Ora puoi andare” le disse brusco, alzandosi in piedi e dandole le spalle.

“Cattivo, Spike. Non è vero. Non stai bene” gli andò vicino e sfiorandogli la schiena “Dov’è tutta la tua oscura energia?”.

Lui abbassò la testa “Ti prego, Dru. Ho bisogno di stare da solo” si voltò appena “..ti chiamerò io..”.

La donna si allontanò leggermente e lo scrutò a lungo, nella penombra. Sotto quell’esame, Spike si sentì a disagio. I suoi occhi violetti parevano bucarlo. Si girò completamente e la affrontò “Vai, adesso. Ti chiamerò io”.

“Dunque, un raggio di sole ti ha illuminato” sussurrò, in tono appena percepibile “La sua luce ti è entrato dentro come una lama. La luce non è salutare per le creature delle tenebre, Spike. Ti ucciderà”.

Lui respirò, sentendosi improvvisamente nudo davanti a lei. Conosceva abbastanza bene Drucilla per distinguere una minaccia dietro quelle parole apparentemente senza senso.

“Dru, esci di qui” le ripeté mantenendosi calmo.

Lei indietreggiò, senza tuttavia distogliere gli occhi da quelli di lui “Povero Spike. Non so se potrò aiutarti. Sei invaso da lei, dalla sua luce. Mio povero principe” continuò, portandosi una mano al petto.

Spike non si mosse. Continuò a guardarla, finché non fu fuori dalla casa. Rimase lì fermo a lungo, incapace di muovere un muscolo. L’aveva appena fatto, qualcosa che non aveva mai creduto possibile. Aveva lasciato Drucilla. E, nonostante l’incredulità, un inaspettato senso di sollievo lo pervase, mescolato alla consapevolezza che la donna l’aveva minacciato. O meglio, aveva minacciato Buffy.

 

Era già buio quando Buffy uscì dal palazzo di Giustizia. Si diresse al parcheggio coperto, quando dal nulla sbucò una moto che le tagliò la strada. Si fermò di colpo.

Spike la fissò. Scese lentamente “Ciao” le disse.

Buffy abbozzò un sorriso, mentre il cuore cominciava a batterle come un tamburo. Voleva corrergli tra le braccia e riempirgli il viso di baci, ma qualcosa la tratteneva. Vedeva la sua espressione, e non si decideva a lasciarsi andare.

Quando lui aprì le braccia, ogni esitazione scivolò via da lei. Gli volò incontro e si seppellì nel suo petto, sentendo che quello era il suo posto, il suo rifugio, il suo paradiso..

Spike le alzò il viso con due dita e le sfiorò le labbra con le proprie. Poi mormorò “Mi sembra un’eternità che non ti vedo”.

Lei sospirò, strofinando la guancia contro quella di lui “Mi sei mancato così tanto” sussurrò, mentre le lacrime le pungevano gli occhi.

“Piccola” disse allontanandola appena “Non possiamo stare qui. Potrebbe passare chiunque. Ascoltami” bloccò sul nascere ogni sua protesta “Devi ascoltarmi. Guardati le spalle. Io ti proteggerò quanto posso, ma non sarà sufficiente”.

Lo guardò smarrita “Ma che vuoi dire?”.

“Credo che tu sia in pericolo” le disse prendendole il viso tra le mani “Ho dovuto fare delle scelte e ho paura che le conseguenze ti colpiscano. Voglio che tu stia attenta, che non esca da sola, che non stia in luoghi isolati”.

Il tono ansioso che stava usando la colpì. Gli afferrò le mani “Che cosa è successo?”.

Le parole di Angel e la minaccia di Drucilla risuonarono nelle orecchie di Spike, mentre affogava in quelle iridi color ambra in cui si era già perso. Respirò forte, cercando le parole.. Si sentì dire “Sei in pericolo”.

“Lo sono da quando sono tornata a Sunnydale” ribatté secca, ed entrambi ricordarono ciò che era accaduto tra loro, prima. Spike annuì, poi “Lo so.. ma io non ho mai avuto intenzione di ucciderti, mai veramente”.

“Davvero, William?” gli domandò con un tremito nella voce.

“Si” disse senza esitazione.

Quel momento parve avvolgerli e portarli via da quel garage anonimo e silenzioso.. Ma Spike doveva parlarle di una cosa molto seria e molto terrena. La paura gli strizzava il cuore e sentiva di non avere troppo tempo e troppo controllo sulla situazione. Così, la prese per le spalle e la scosse leggermente “Buffy, ti prego. Non è di me che stiamo parlando. O di Clem. Ascoltami. Devi essere prudente. Esci di casa solo per venire in ufficio e fatti accompagnare” lei provò a protestare, ma Spike continuò imperterrito “Sempre accompagnata, piccola”.

Buffy lo fissò. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma ci rinunciò subito. E poi, Spike la baciò togliendole l’ultimo respiro. Si schiacciò contro di lui, sentendo montare in sé quella languida sensazione che la invadeva dentro come un’onda.. Il freddo l’assalì quando lui si staccò.

“Mi.. mi ascolterai?” balbettò Spike, e lei gli lesse in quei magnifici occhi il rimpianto.. Si trovò ad annuire.

“Brava ragazza” sussurrò calmandosi un po’. La abbracciò di nuovo, e Buffy percepì il battito furioso del suo cuore.

“Adesso, prendi l’automobile e dirigiti a casa senza deviazioni. Io ti starò dietro, ad una certa distanza. Non ti perdo d’occhio” tentò di sorriderle, ma nel suo sguardo rimaneva la tensione “Andiamo”.

Si sciolsero dall’abbraccio. La guardò entrare in macchina e partire e, un momento dopo, lui fece lo stesso.

Nel tragitto, Buffy, ancora frastornata, guardò più volte nello specchietto retrovisore, scorgendo il faro della moto di Spike che la seguiva a debita distanza. Era sgomenta. Spike aveva paura. Non l’aveva ancora visto così. La paura lo divorava mentre le parlava.. Ciò che aveva capito, di quel momento frenetico, era che qualcuno le voleva fare del male. Ma perché Spike non andava da Gunn a parlare? A dire ciò che sapeva? Perché? Si domandò, allarmata, che cosa questo avrebbe significato per loro due.. e, stupita, si accorse che una lacrima le scivolava sulla gota.

Quando si fermò davanti a villa Rogan, la moto di Spike era scomparsa.

 

Rupert le portò la camomilla in sala. Gliela porse in silenzio, poi disse “Non si sente bene, signorina?”.

Buffy alzò lo sguardo “Non tanto” fece trattenendo a stento le lacrime.

“Vuole che chiami il medico?” la osservò attentamente “Non sta quasi mangiando e le sue guance sono scavate e pallide”.

“No, Rupert. E’ che il più delle volte non ho fame e..” dovette fare uno sforzo per non crollare davanti a lui. Strinse più forte la tazza tiepida, concentrandosi sul liquido profumato “..e la tensione di queste settimane..”.

“Naturalmente, signorina. La situazione non è facile” la confortò “Se posso esserle d’aiuto, in qualche modo..”.

Questo le strappò un sorriso “Dio, fai così tanto. A quest’ora di notte mi prepari una camomilla e cerchi di confortarmi.. Come avrebbe fatto mio padre” aggiunse tristemente.

L’uomo annuì “L’avrebbe fatto di certo. Per quel che posso dire, suo padre era un uomo buono, miss Summers e le sarebbe stato sicuramente vicino”.

Mentre lo guardava allontanarsi, si sentì dire “Non è soltanto per la morte di Londsay, Rupert”.

Lui si voltò di scatto “No, signorina?”.

“No. Vedi.. mi sento in colpa per quello che è accaduto e.. adesso, sento che Wesley si sta allontanando sempre di più, risucchiato dalla situazione..” deglutì, incapace di proseguire.

“Il signor Rogan era molto affezionato al fratello. Credo che ci vorrà un po’ di tempo per..”.

“Si, lo so, lo capisco. Ma vedi, le pressioni di Wesley per trovare per forza un colpevole, subito, il suo atteggiamento nei miei confronti.. Dio, mi distrugge” sospirò “Il ruolo che ricopro nell’ufficio del procuratore è delicato e non posso, né voglio in alcun modo lasciare che questa storia assurda e questo clima di odio e sospetto rovini ogni cosa.. anche la mia integrità” disse infine, chiedendosi se Rupert, il fedele maggiordomo dei Rogan da vent’anni, potesse davvero comprendere la sua posizione.

L’uomo la fissò per qualche secondo, con espressione indecifrabile, poi mormorò “Credo che se ci fosse qui suo padre le direbbe di difendere la sua integrità, prima di tutto”.

Lo stupore attraversò lo sguardo di Buffy “Rupert..”.

“Se c’è una cosa che ho sempre ammirato di Hank Summers era quel suo modo di mettere sempre davanti il cuore. Non la lealtà, né il dovere, né la riconoscenza.. Il cuore. Suo padre ha preso molte decisioni seguendo il cuore, signorina. E credo che se avesse potuto, le avrebbe di certo detto di farlo anche in questo frangente”.

Le lacrime a lungo trattenute scesero sul viso di Buffy, che, nonostante tutto, sorrise. Con un filo di voce sussurrò “Tu credi?”.

“Ne sono più che sicuro, signorina” le sorrise di rimando.

Rimasero così a guardarsi per alcuni secondi, poi Rupert fece “Credo che me ne andrò a letto, se lei non ha bisogno d’altro”.

Buffy scosse la testa “No, grazie Rupert”.

 

Ciao a tutti!
Grazie a coloro che hanno letto fin qui la mia storia. Mi scuso per gli errori con l'HTLM, di cui sono poco esperta, e vi invito nuovamente, se vorrete, a commentare..
Buona lettura.

 

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Capitolo 15
*** Le scelte e il destino ***


Spike non si stupì più di tanto quando capì che Drucilla era finita nel letto di Angel. Per la verità, sospettava che la relazione fosse più antica di quanto avrebbero mai ammesso.

Sapeva di essersi allontanato da Dru non appena Buffy era entrata come un uragano nella sua vita e sapeva che Angel, in un certo senso, l’aveva anche avvisato. Ma vederli insieme, stretti in un lento al Bronze, non lo lasciò per niente indifferente. Non era gelosia o senso del possesso il brivido che lo percorso da capo a piedi, facendogli rizzare i peli del collo, come gli succedeva quando avvertiva il pericolo tutto intorno. Angel e Drucilla insieme potevano portare solo disgrazie. Lui, senza scrupoli e potente, lei folle e vendicativa.

Distolse lo sguardo teso, ingoiando un lungo sorso dalla bottiglia di birra che stringeva in mano. Si appoggiò al bancone, passandosi una mano sulla fronte. Non poteva fare molto di più di quello che aveva già fatto, per Buffy. L’aveva avvertita e la teneva d’occhio a distanza, come le aveva detto, e era convinto che lei si domandasse perché non fosse andato a parlare con Gunn dei suoi sospetti. Rise tra sé. Dio, Spike Shelby che va dal procuratore a raccontare che Lindsay Rogan è stato ammazzato da Angel. Il legame di sangue che li univa gli impediva di farlo, e se non fosse bastato questo, c’era un altro motivo. Gunn semplicemente non gli avrebbe creduto. Il procuratore aveva creduto a Lindsay abbastanza da convocare Angel ed Ethan, ma non avrebbe mosso un dito su indicazione di Spike.. Respirò forte, tentando di calmare la rabbia che gli montava dentro. E neanche Buffy avrebbe potuto fare qualcosa.

Gunn ce l’aveva a morte con lui. E come dargli torto? Con la sua gang di teppisti aveva trasformato per anni le notti di Sunnydale in un inferno, compiendo atti violenti e terrorizzando la gente.. quindi, non c’era alcuna speranza.. E poi, la faccenda delle minacce a Buffy.

Gli mancò il respiro quando si rivide con le mani al suo collo, minacciando di spezzarlo.. Chiuse gli occhi, provando ribrezzo per sé stesso. Era stata una recita, ovvio, ma questo non lo assolveva di certo. Buffy l’aveva perdonato per tutto, ma lui, avrebbe mai perdonato se stesso?..

Con questi cupi pensieri in testa, si diresse all’uscita del locale, senza accorgersi degli occhi di Angel e Drucilla fissi su di sé.

 

Mentre spegneva l’ennesima sigaretta col tacco dello stivale, Spike guardò verso la finestra della camera di Buffy. Da varie notti trascorreva ore appoggiato all’albero accanto alla villa dei Rogan, dopo essersi furtivamente introdotto nel parco. Stava lì, a fare la guardia, incurante del freddo. Ogni tanto sedeva sulle spesse radici e si appoggiava al tronco, chiudendo gli occhi senza addormentarsi. Lo faceva solo per rivedere il suo viso, il suo sorriso, l’abbandono nei suoi occhi mentre la stringeva a sé. Era un miracolo, e lo sapeva, che quella donna meravigliosa lo amasse. Forse, proprio la coscienza dei sentimenti di lei, dichiarati con una sorprendente facilità, gli impediva di ammettere i propri. Non meritava tutto quell’amore, tutta quella fiducia.

No davvero.

 

Andrew guardò Buffy scendere dall’auto “Passerò a prenderti verso le cinque. Se vuoi rientrare a casa prima, mi fai uno squillo” le strizzò l’occhio e poi ripartì. Immettendosi nel traffico cittadino.

Buffy rimase a fissare l’auto per qualche secondo, ripensando alla mattina in cui era esplosa l’auto di Lindsay.. Tentò di scacciare quelle immagini dolorose e si avviò all’ingresso del palazzo di Giustizia. Non era stato difficile convincere Andrew ad accompagnarla, il ragazzo non vedeva l’ora di starle vicino, dopo il malore di qualche giorno prima. Non gli aveva certo detto delle raccomandazioni di Spike..

Gunn le diede da catalogare alcuni file, permettendole così di stare seduta per gran parte della mattinata e fu un bene, perché la debolezza sulle gambe non l’aveva ancora lasciata. Inoltre, sperava di stargli alla larga un po’, perché lui non le leggesse in faccia l’imbarazzo ed il senso di colpa per ciò che le aveva rivelato Spike e non poteva dirgli..

Mangiò con le altre segretarie nel locale accanto all’ufficio e poi ritornò da Gunn immergendosi nuovamente nel lavoro. Tentava in ogni modo di concentrarsi, scacciando dalla sua mente gli ultimi avvenimenti e tentando di ignorare il senso di vuoto che provava e che le pesava sul petto al pensiero di Spike, che non vedeva da giorni, che non sentiva.. Uscì alle cinque in punto, infilandosi velocemente in macchina con Andrew, il quale la fece sorridere scherzando sui suoi professori.

Una volta a casa, salì in camera e si fece una lunga doccia tiepida, nella vana speranza che l’acqua facesse scivolare via paure e pensieri tristi..

Insieme ad Andrew fece una veloce cena in cucina, mentre Rupert girava loro intorno, sempre a disagio quando il suo regno veniva invaso. Preparò loro alcuni panini e un the e rimase a guardarli mangiare, disapprovando con lo sguardo il fatto che non mangiassero con Trevor e Wesley in sala da pranzo. Buffy poteva anche capire che fosse dispiaciuto per la tensione che regnava in casa, ma nello stesso tempo sapeva di non poter cedere in alcun modo alle pressioni di Wesley, né tollerare il suo comportamento con Gunn..

Mentre Andrew tornava ai suoi libri, uscì in veranda, avvolta nello scialle. L’aria della notte era fredda, ma aveva bisogno di un po’ di solitudine, per schiarirsi le idee e versare qualche lacrima, forse..

“Buffy”.

Sussultando a quella voce, guardò in direzione della siepe e aguzzando gli occhi, scorse Spike. Era difficile distinguerlo nel buio, ma era lui. Senza esitazione, si mosse e si lasciò prendere per mano. Spike attraversò rapidamente il parco. Sulla strada, era ferma la macchina nera. Aprì la portiera e la fece entrare.

Lei ubbidì, ma quando furono entrambi dentro, si voltò, l’espressione ansiosa “William, non è sicuro, potrebbero vederci..”.

“Non ci vedranno” fece subito, prendendola tra le braccia “Non potevo più stare senza.. toccarti. Almeno un momento” la scrutò “Tutto bene? E’ successo qualcosa?..” al suo diniego, riprese “Non è successo qualcosa di strano? Sei inseguita..?”.

Il suo tono angosciato la colpì “Chi, dovrebbe inseguirmi?”.

“Rispondimi!” esclamò strattonandola.

Lei spalancò gli occhi “No! No, non credo..” la voce le morì in gola “Ma non posso esserne certa.. Perché non mi racconti tutto?.. Se chi ha ammazzato Lindsay vuole ammazzare anche me io devo saperlo..” ma Spike le cercò le labbra, soffocando le sue proteste.

Buffy rispose al bacio, suo malgrado. Avrebbe voluto divincolarsi, cercare di capire, chiarire.. Invece, si trovò sempre più avvinghiata a lui, come se da quella bocca dipendesse tutta la sua vita. Spike, senza staccarsi, la sollevò per i fianchi e la prese in braccio,  poi prese ad accarezzarle la schiena, scendendo sulle cosce, sollevandole la gonna, risalendo le gambe.. Lei, senza fiato, armeggiò con i suoi jeans, mentre continuava a baciarlo, mai sazia di lui.

Quando Spike entrò in lei, Buffy dovette tenersi, appoggiando una mano al finestrino appena abbassato e una sulla spalla di lui, mentre le sue spinte la spedivano rapidamente oltre il limite.

“Ti amo.. ti amo..” gli ripeté, mentre lo sentiva abbandonarsi senza fiato sulla sua spalla.

Qualche minuto dopo, Spike mormorò “Questo è stato..”.

Ma lei gli pose due dita sulle labbra. Gli accarezzò la guancia, un piccolo sorriso le illuminava il viso arrossato. Poi, si piegò e lo baciò ancora, dolcemente, circondandogli il collo con le braccia.

“Promettimi che continuerai a stare attenta, a non uscire da sola, a..” le sussurrò tra i capelli.

Lei annuì “Si. Promettimi che prima o poi mi dirai tutto..” cercò i suoi occhi.

Spike ebbe un momento d’incertezza, alla fine annuì, abbracciandola di nuovo.

Lentamente, la sollevò facendola sedere nel sedile accanto.

Si guardarono ancora, un lungo momento, poi Buffy scese dall’auto e si diresse alla villa, senza voltarsi. Con un inaspettato senso di disagio nel cuore..

 

 “Angel?”.

La sua voce risuonò nell’ingresso della villa del fratello. Spike strinse gli occhi, cercando di vedere nel buio. Ma non ci riuscì.. Così fece qualche passo avanti nella stanza, varcando la soglia della sala. Anche qui, buio pesto.

Spazientito, e chiedendosi perché mai avesse deciso di venire a parlare con Angel nella disperata speranza di chiarire le cose, cercò l’interruttore con la mano tastando la parete, e quando finalmente riuscì ad accendere la luce, la scena che gli si presentò davanti gli gelò il sangue nelle vene..

 

Gunn fece entrare velocemente Buffy e si chiuse la porta alle spalle. La ragazza seguì stupita quei movimenti rapidi e il viso di lui, cupo ed impenetrabile. Le indicò la sedia davanti alla scrivania, mentre lui si appoggiava al tavolo, incrociando le braccia sul petto.

“Gunn, ma che cosa sta succedendo?” domandò con un filo di voce, temendo che in qualche modo fosse venuto a sapere della sua relazione con Spike.

Lo vide prendere fiato, poi “Angel Shelby è morto”.

Buffy spalancò gli occhi, sgomenta. In un attimo, tutto quello che aveva voluto dirgli, si perse nella sua mente. Riuscì soltanto a guardare il vice procuratore.

“Una pattuglia ha trovato il suo cadavere nei pressi della vecchia stazione, accanto ad un binario dismesso. Due colpi di arma da fuoco, uno in testa, uno alle gambe.. Morto da qualche ora, si suppone”.

Ma Buffy era troppo sconvolta per dire qualsiasi cosa. Continuava a fissarlo.

“Non abbiamo ancora avvertito i giornali, perché sai che cosa succederà, no? Di nuovo guerra aperta. Dopo Lindsay Rogan, Angel. Azione, reazione, vendetta su vendetta, maledizione!” batté un pugno sul tavolo “E noi siamo maledettamente fuori gioco!”.

Solo allora, Buffy realizzò quanto Gunn stesse dicendole. Si schiarì la voce “..mi stai dicendo che sospetti.. di Wesley Rogan?”.

Gunn la fissò “Tu non lo faresti, al mio posto? Al posto di chiunque altro in questa città?”.

“Ma.. ieri sera Wes era a casa e..”.

“Oh, andiamo! Non si sarà mica sporcato le mani lui, no?” sbraitò sporgendosi verso di lei “Ti rendi conto di che cosa ci aspetta? Devo convocare una conferenza stampa e dire che quest’ufficio è completamente impotente?”.

Ma il pensiero di Buffy era già corso a Spike.. chissà se sapeva..

“Gunn. Hai parlato con gli Shelby? Con Spike?” disse seria.

“Si” sospirò calmandosi “Sono già all’obitorio per il riconoscimento”.

“Oh, Dio” gemette, sentendo su di sé il dolore di Spike.

Il vice procuratore disse “Non che quel teppista non sia abituato al sangue..”.

“E’ suo fratello” lo interruppe con occhi velati.

Dopo un momento di silenzio, Gunn girò intorno al tavolo ed andò a sedersi, prendendosi la testa tra le mani. Lo sentì mormorare “Ti ricordi quando ti ho detto che sarebbe morto qualcuno, in questa faida? Guarda, sono già tre i cadaveri, tuo padre, Lindsay, Angel.. Oh, Dio, quando finirà questa follia?”.

Buffy sussurrò “Per incriminare i Rogan devi avere delle prove”.

Lui annuì “Si..certo. Devo aspettare i rilievi della scientifica.. ma sai che cosa penso? Che sarà inutile, che non ci sarà niente, nemmeno un indizio che ci potrà aiutare a stabilire la verità..” alzò lo sguardo sulla ragazza, che sembrava così piccola nella poltrona. Contemplò i suoi grandi occhi sconvolti, il tremore delle mani, la lotta con le lacrime. Strinse la mascella, nel tentativo di reprimere un moto di rabbia.

“Forse è meglio che per oggi tu vada a casa, Buffy. Ti chiamerò non appena ho qualcosa su cui indagare” le disse gentilmente.

“Gunn, io..” tentò di opporsi, ma l’uomo fu irremovibile. Si alzò, le andò vicino e la condusse alla porta “Abbi fiducia in me, Buffy. Ti coinvolgerò nelle indagini, ma adesso, è meglio che tu vada”.

Nel taxi che la stava riportando indietro, non riuscì neppure a piangere. Stava pensando a Spike, a ciò che stava passando, a suo padre.. Era così combattuta..

Ad un tratto, ebbe chiaro che cosa doveva fare. Si sporse in avanti e diede un altro indirizzo all’autista.

Quando il taxi si fermò davanti all’obitorio, Buffy vide subito la lunga limousine scura davanti all’entrata e Spike appoggiato al cofano, la testa china, le braccia incrociate sul petto. Le si strinse il cuore.

Un momento dopo, uscì dal palazzo Ethan Shelby, il viso contrito, appoggiato al braccio di una guardia del corpo. Subito, Spike si mosse ed aprì la portiera al padre, aiutandolo a sedersi. Poi, lo vide girare intorno all’auto e salire accanto al posto di guida.

Neanche riusciva ad immaginare il suo stato d’animo. O forse si, ricordando lo choc che l’aveva investita alla morte di Lindsay, cui aveva assistito praticamente in diretta..

In quel momento, suonò il cellulare. Guardò il display, era Andrew.

Sospirando, rispose e subito Andrew la informò, con voce concitata, della notizia che era appena passata alla televisione. La sollecitava a tornare a casa, visto il momento così teso. E Buffy lo tranquillizzò, dicendogli che Gunn le aveva concesso una giornata di riposo.

Non appena mise un piede nella hall di villa Rogan, sentì che le gambe non l’avrebbero retta. Scivolò a terra svenuta prima che Andrew la potesse sorreggere.

 

Il dottore la guardò sorridendo “Lei è incinta, miss Summers”.

Buffy lo fissò, senza fiato.

“Di qualche settimana. I malesseri che ha avuto sono dovuti a questo e sono normali. Le consiglio di stare serena e riguardata”.

Dunque, portava dentro di sé il figlio di William. Si schiarì la voce prima di dire “..le chiedo di tenere riservata questa informazione..”.

“Ma certo, signorina. E’ mio dovere”.

Una volta uscita dall’ambulatorio, si precipitò alla toilette dello studio medico e si sciacquò il viso con acqua fredda. Tentò di riacquistare un normale ritmo di respiro, ancora sconvolta.

Incinta. Incinta di Spike.. Nonostante lo choc, il momento drammatico che le due famiglie stavano vivendo, un piccolo sorriso comparve sul suo volto tirato.

 

Trevor guardò suo figlio “Mi stai dicendo che non c’entri niente con la morte di Angel?”.

Wesley annuì “Non c’entro. Quel bastardo ha avuto quanto di meritava, ma non ci sono io dietro la sua morte. Non sono un completo imbecille” sospirò “Quello Shelby aveva un sacco di nemici, ovunque negli Stati Uniti. Magari è stata una vendetta mafiosa..”.

Davanti allo sguardo scettico del padre, Wesley ribadì “Non ho niente a che fare con quest’omicidio”.

In quel momento, Buffy fece il suo ingresso nello studio. Trevor le si fece incontro, per abbracciarla “Mia cara! Come stai? Che cosa ha detto il medico?”.

La ragazza si crogiolò nell’abbraccio e disse “Niente di grave, un po’ di debolezza e stress.. Mi ha raccomandato un po’ di tranquillità” il suo sguardo si posò su Wesley, che la ricambiava glaciale.

“Stavamo.. stavamo parlando di Angel Shelby” la informò l’anziano patriarca “Sappiamo che non ne vuoi discutere con noi, cara, ma la situazione potrebbe prendere una piega spiacevole. Il procuratore potrebbe incriminare qualcuno di noi e noi non siamo coinvolti in questo crimine..”.

“Le prove incrimineranno il colpevole” fece lei senza distogliere gli occhi da Wesley.

“Si, certo, ma sai come vanno le cose a Sunnydale..”.

Buffy si sciolse dall’abbraccio e guardò Trevor “Dovete fidarvi del mio ufficio e di Gunn. Io..” abbassò la testa “.. io so che siete completamente estranei all’omicidio di Angel” sospirò “Ma le indagini devono fare il loro corso, altrimenti..” si interruppe, scuotendo la testa.

“Naturalmente” intervenne Wesley “E tutti i sospetti cadranno su di noi, senza neanche sfiorare quello psicopatico di Spike”.

Lei si voltò di scatto “Non ha ucciso suo fratello! Lo credi capace di un atto così mostruoso!”.

“Lo credo capace di tutto, Buffy” fece tagliente.

Lo fissò mentre lo stomaco si stringeva in una morsa dolorosa. Fu Trevor a distoglierla, toccandole gentilmente una spalla “Cara.. adesso calmati..” poi fissò il figlio “E anche tu, Wesley”.

Prendendola sotto braccio la condusse fuori dalla stanza “Tu devi stare tranquilla, come ha detto il medico, e comunque, nessuno di noi ha bisogno di agitarsi di più” fece un cenno a Rupert, invitandolo ad accompagnarla in camera. Poi, dopo un’ultima occhiata alle scale, tornò nello studio e si chiuse la porta alle spalle. Senza neanche voltarsi, disse “Chiamiamo subito i nostri avvocati. E’ meglio prevenire le mosse di Gunn”.

 

La casa era immersa nel silenzio. Buffy scese cautamente le scale, uscì dalla porta del retro, che conduceva al garage e s’infilò nella porche. Doveva andare da William e parlare con lui.. Le strade erano buie e deserte, mentre si dirigeva fuori città, verso la villa di campagna dove l’aveva tenuta prigioniera.. secoli prima, le sembrava.

Cercò di non soffermarsi sul gesto avventato che stava facendo e sulle probabili conseguenze.. Guidò in fretta, sbagliando strada un paio di volte e rallentando davanti ad ogni villa che trovava nella zona.

Finalmente, riconobbe la grande villa bianca circondata da un giardino ben curato.. Quello che aveva visto allontanandosi, quel lontano giorno..il giorno della morte di Lindsay.

Fermò l’auto a lato della strada e guardò oltre le inferriate del cancello, alto e minaccioso. Chissà se veramente lui era qui.. Cominciò a scalare il cancello, scavalcò e discese, trovandosi ben presto sulla ghiaia. Tesa, si avvicinò all’entrata e rimase immobile qualche secondo, guardando davanti a sé, tutte le finestre buie, ascoltando il silenzio assordante della notte.. La morsa che le stringeva lo stomaco sembrava volerla soffocare.. Fece solo un passo nella veranda, quando le luci si accesero e la porta si spalancò. Davanti a lei, una donna. Una donna bellissima, dai capelli corvini raccolti in un raffinato chignon, il corpo, esile e seducente, avvolto in una elegante vestaglia nera, ornata di pizzo rosso, e due occhi grandi e violetti puntati su di lei, che, istintivamente, indietreggiò.

Si guardarono un momento, poi la voce di Spike “Dru! Che diavolo..” le comparve alle spalle, con addosso solo i jeans, e subito incontrò lo sguardo di Buffy, immobile.

Se le gambe l’avessero retta, Buffy si sarebbe voltata e sarebbe fuggita via, senza dire alcun che. Invece, sentì sé stessa sussurrare “..credo.. credo di dover andare”.

La donna le sorrise “A quest’ora di notte? Tutta sola? Ma no, non è opportuno. Sunnydale è pericolosa””.

“No.. no, io devo andare..” si allontanò ancora. Poi, Spike si fece avanti e la fissò “La riporterò a casa io” disse.

“Ho la macchina qui fuori..” fece Buffy col cuore in tumulto.

“Allora, la accompagnerò qui fuori” ribatté lui, prendendola per un braccio “Chiudi la porta, Dru. Passerò dal garage”.

Un momento dopo, erano soli, nel vialetto.

Buffy tentò di divincolarsi, ma era così confusa da non riuscire a coordinare i propri movimenti. Provò ad allontanarlo, ma Spike le prese un braccio e la voltò “Che cosa credevi di fare, Buffy? Che ti è venuto in mente?”.

“Lasciami” ringhiò mentre le labbra le tremavano “Lasciami e torna da.. da quella donna..” la voce le si spezzò.

Spike la scrutò un istante, poi la lasciò “Non sai di che stai parlando”.

Ma Buffy si era già avviata al cancello. Non voleva sentire niente. Qualcosa le aveva trafitto il cuore e premeva, premeva togliendole il respiro. Doveva correre via da lì, subito.

Spike disse “Perché sei venuta qui? Ti avevo detto di non muoverti da sola”.

Lei scosse la testa, e continuò a camminare, finché non sentì la sua mano trattenerla. Non riuscì più a muoversi e sussurrò, tagliente, con le lacrime agli occhi “E’ questo il tuo metodo preferito? Usi la forza quando vuoi qualcosa..” ma lui la scrollò, facendola voltare di nuovo. Buffy quasi svenne quando vide il furore nel suo sguardo.

“Adesso basta!” strinse gli occhi “Ascoltami bene, non voglio più vederti da queste parti, Summers, né domani né mai. Non voglio che tu o Gunn o i Rogan veniate mai qui e da mio padre, mai! Hai capito bene?” la scrollò di nuovo.

Buffy trattenne le lacrime che stavano per scivolarle sul viso, arrossato. Era arrabbiata, scioccata, senza fiato.. L’avrebbe colpito e colpito, se ne avesse avuto la forza.. Ma in quel momento, voleva solo scappare via..

“Senno, cosa? Ci ucciderai tutti?.. Mi ucciderai?.. Finirai il lavoro, Spike?” gli sputò addosso, trovando chissà dove dentro di sé il coraggio “Dopo tutto quello che c’è stato?” il suo tono suonò sarcastico e disperato insieme.. Ma non sembrò scalfire Spike che disse “Tra noi? Oh, piccola. Tra noi c’è stato sesso, ottimo e divertente sesso, ma nient’altro.. Ed è finita”.

Le parole di lui entrarono nel cuore di Buffy come coltelli lanciati per uccidere. E forse lo erano. Non aveva previsto di essere così esposta e vulnerabile.. Era stata così certa della sua onestà che si era affidata totalmente ai propri sentimenti..e quello che le stava tirando addosso, col ghigno minaccioso e insolente che conosceva bene, era troppo.

Indietreggiò, senza dire niente. Un ultimo, lungo sguardo, che sperò con tutta sé stessa non risultasse disperato, si voltò ancora e corse al cancello, che si aprì al suo passaggio. E poi via, una corsa a perdifiato verso la macchina, le mani affondate nella borsa alla ricerca delle chiavi, il tremito che le impediva di aprire la portiera..

Quando si trovò al volante, mise in moto e si allontanò in fretta da lì, la vista annebbiata dalle lacrime trattenute, le mani tremanti..

Non seppe mai come, ma si ritrovò a casa, con la testa reclinata sul volante, un pianto disperato che la sconquassava.

Fu Rupert a trovarla così, qualche minuto dopo. Aveva sentito dei rumori sul retro e, dalla finestra, aveva visto arrivare la porche. Era sbalordito, tuttavia cercò di apparire impassibile quando vide Buffy sconvolta dal pianto.

La aiutò a scendere e la sorresse, rientrando in cucina. La fece sedere al tavolo e iniziò a prepararle una camomilla, dopo averle porto alcuni kleenex. Rimase a guardarla mentre si calmava e sorseggiava il liquido caldo.

“Mi dispiace, Rupert.. che tu debba assistere a questo spettacolo poco edificante” mormorò ad un tratto, soffiandosi il naso.

“Oh, mia cara signorina, è sempre un piacere passare del tempo con lei” la rincuorò abbozzando un sorriso.

Rise un po’ anche lei “..ti chiederai che cosa sia successo..”.

“No. Mi basta sapere che lei sia qui, al sicuro. Posso prepararle qualcos’altro?” le domandò.

Buffy scosse la testa “No..grazie, credo che andrò a dormire..”.

L’uomo annuì “La accompagno” ed insieme si diressero alle scale.

In silenzio, Buffy scivolò tra le coperte, ancora troppo scioccata. Tutto ciò che l’aveva unita a William era finito.. o forse non era mai esistito.. Lui non le aveva mai detto di ricambiare i suoi sentimenti.. e la morte di Angel, con tutto il carico di sospetti nei confronti di Wesley, l’aveva allontanato del tutto, gettandolo tra le braccia di una donna bellissima. Sospirò con un singhiozzo. Affondò il viso nel cuscino, le mani sul ventre, il cuore spezzato.

 

“Hai mandato via raggio di sole” sussurrò Drucilla, con lo sguardo fisso su di lui. Lo guardò andare direttamente al mobile bar e versarsi da bere, senza alzare gli occhi.

“Ha gli occhi luminosi” disse ancora la donna, come riflettendo tra se e se “Una luce accecante, che le viene da dentro..” si bloccò e lo fissò ancora “E tu l’hai mandata via”.

Spike vuotò il contenuto del bicchiere e lo sbatté sul bancone “Stai zitta” ringhiò senza guardarla.

Drucilla sorrise “La tua regina oscura è sempre qui”.

L’uomo respirò profondamente e ripeté “Ti ho detto di stare zitta, Dru”.

Lei si allungò sul divano, lasciando scivolare a terra un lembo della vestaglia che avvolgeva le sue esili forme. Sussurrò “Come vuoi, mio principe”.

Spike si appoggiò esausto al ripiano, socchiudendo gli occhi ed iniziando a bere il bourbon direttamente dalla bottiglia.

Sarebbe stata una lunga notte.

 

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Capitolo 16
*** Addio, amore mio ***


L’autopsia su Angel confermò che la morte era sopravvenuta in seguito alla ferita alla testa. L’arma non era stata ritrovata, né si erano trovati testimoni. Così, Gunn proseguì le indagini in ogni direzione, senza, per il momento, interpellare i Rogan.

Buffy non era ancora tornata a lavorare. Trascorreva le sue giornate a casa, come il dottore aveva ordinato e sia Rupert che Andrew le stavano accanto con premura. Ma lei era silenziosa e sfuggente, sentivano entrambi che c’era qualcos’altro che la turbava profondamente, tuttavia rispettavano il suo stato d’animo e non le facevano domande.

Fu Gunn stesso a risvegliarla dal suo torpore, una mattina. Le telefonò per sapere come si sentisse e per informarla che aveva convocato Spike Shelby per una chiacchierata, come le chiamava lui. Buffy si fece subito attenta.

“Per quale ragione, Gunn?” chiese con un filo di voce “Credi davvero che abbia potuto ammazzare suo fratello?” strinse di più il ricevitore.

“Oh, per la verità non so che cosa credere.. Ma sentirlo non mi farà male.. “.

“Ma non capisco perché..” ma lui l’interruppe “Buffy, da qualche parte devo iniziare. Sentirò Shelby, e poi suo padre e poi tutti i Rogan” le disse serio “Questa storia sta diventando un dramma, e sono stufo di sentirmi il fiato sul collo del Sindaco e del procuratore..”.

“Devi ragionare, Gunn. Guarda che cosa è accaduto a Lindsay” fece turbata.

“Lindsay sapeva bene che cosa faceva quando è venuto ad accusare Angel. Era conscio di poter scatenare una rivalsa.. come è effettivamente accaduto, perché, sebbene non esista uno straccio di prova, io sono certo che sia stato Angel Shelby ad ucciderlo. E adesso non intendo lasciar passare.. se Spike o un Rogan c’entrano in questa storia, stavolta li becco e li mando in galera”.

“Spike non può aver ucciso suo fratello”.

“Quell’uomo non ha morale, né scrupoli, lo sai. Non conosciamo le dinamiche che c’erano tra loro, né gli accordi o le rivalità”.

“Non ha ucciso Angel” ribadì interrompendolo duramente “..non ne aveva alcun motivo”.

Il silenzio dall’altra parte la allarmò. Forse si era lasciata troppo andare e Gunn aveva capito qualcosa.. Chiuse gli occhi, esasperata.

“Se vuoi, puoi venire ed essere presente” fece ad un tratto l’uomo.

“Oh, no. No” disse subito lei “No”.

“Hai paura di lui?” le chiese in tono inquisitorio “Non ti sarai scordata il trattamento che ti ha riservato, non molto tempo fa?”.

“Certo che no” e tu non sai il male che mi ha fatto, aggiunse fra sé, sospirando “Ma non ci sarò. Non sto ancora bene”.

“Mia cara, prenditi tutto il tempo che vuoi, ma non riesco proprio a immaginare niente che ti possa prostrare a tal punto..” le confidò ironico.. E Buffy dovette reprimere di nuovo le lacrime, che minacciavano ancora il suo precario equilibrio.

“Tornerò presto in ufficio” riuscì a dire.

“Ti aspetto con ansia”.

Il funerale di Angel si svolse nella cattedrale, davanti a tutte le principali autorità di Sunnydale. Ethan Shelby era seduto accanto al feretro, di fianco a lui c’era Spike con Drucilla.

Buffy era in fondo alla chiesa, vestita di nero, nascosta da grandi occhiali neri. Sentì qualcuno dire che la donna accanto a Spike era la sua fidanzata, Drucilla.. Sebbene quelle parole la ferissero profondamente, decise di non andarsene. Rimase per tutta la durata della funzione, gli occhi fissi su Spike, l’amore della sua vita.

Capì in quella mezz’ora che non c’era e non ci sarebbe mai stato niente che avrebbe potuto cancellare i suoi sentimenti per quell’uomo, spietato e duro. Lei lo amava, anche se per lui non era stato niente, anche se per lui era stata solo un’altra della sua collezione..

Guardò la bara sfilarle davanti, il corteo di persone che la seguiva.. Spike le passò a pochi metri e lei vide il suo dolore, vide i suoi bellissimi lineamenti contratti dall’angoscia, mentre stringeva il braccio di suo padre. E accanto a lui, Drucilla, la testa china, l’aria seria..

Cacciando indietro le lacrime, rimase ferma sul sagrato della chiesa, mentre le automobili si allontanavano in direzione del cimitero. Scene come questa stavano diventando usuali, per Sunnydale, questo pensiero la fece fremere, e di nuovo ricordare la bara di suo padre, la camera ardente di Lindsay.

Quando la folla si disperse, si avviò alla porche, parcheggiata poco distante.

 

Wesley la raggiunse in veranda. Le si sedette accanto “Devo parlarti” iniziò subito, con fare imbarazzato.

Buffy rimase in attesa, e lui riprese “So che Gunn sta indagando sulla morte di Shelby e che ha convocato Spike. Ci sarai?”.

Lei scosse la testa, senza alzare lo sguardo.

“Dovresti andare, Buffy” sussurrò “Non voglio obbligarti, né farti pressioni..” s’interruppe “No, in verità se potessi, lo farei, ma comunque” sospirò “Ti sto chiedendo di esserci, come favore personale”.

Solo allora Buffy lo guardò “E che cosa ti aspetti da me?”.

“Non che tu mi riferisca quel che lui racconterà, solo.. Buffy, sono sicuro che Gunn mi punterà il dito contro e scoverà qualsiasi mezzo per inchiodarmi. Ma io non ho responsabilità” la prese per le spalle “Ti giuro che io non c’entro, né mio padre”.

“Perché dovrei crederti?” disse lei “Tu hai sempre sospettato di Angel per la morte di Lindsay..”.

“Si, ma questo non significa che ho progettato di sparare a quel bastardo!” esclamò lasciandola “Mi credi capace di tanto?”.

“Non so più a che cosa credere, Wesley” confessò con un filo di voce.

 

La mattina dopo quando Wesley uscì di casa per recarsi in ufficio, trovò Buffy in veranda. Indossava un taieulleur blu ed aveva i capelli severamente raccolti in uno chignon.

“Vado in ufficio. Mi puoi accompagnare tu?” gli domandò.

Wesley annuì, colpito. Evidentemente, Buffy aveva ripensato alla sua richiesta. Non poteva sapere che lei lo faceva soprattutto per sé, perché aveva bisogno di sentire dalla stessa voce di Spike che non era responsabile della morte di suo fratello.

 

Gunn fece entrare Spike in ufficio e non notò la lieve esitazione di lui alla vista di Buffy, seduta con un blocco in mano. La ragazza non aveva alzato lo sguardo, fissava un punto davanti a sé, con aria assente.

Quando fu seduto, Gunn disse “L’ho convocata per una chiacchierata informale, William. Intanto, vorrei porgerle le condoglianze a nome mio e di tutto l’ufficio”.

“Ci dia un taglio, Gunn” l’interruppe rudemente.

E Gunn ubbidì, iniziando a chiedere quand’era stato l’ultimo incontro fra lui ed Angel. Spike rispose a tutto senza mostrare segni di esitazione né cadendo in alcuna contraddizione. Buffy scriveva di getto, col cuore che scoppiava in petto, sgomenta. Non aveva premeditato di sentirsi così.. Da ciò che raccontava, non vedeva Angel da giorni e non se ne era preoccupato, dal momento che i loro rapporti non erano quotidiani. Così, la telefonata della polizia l’aveva colto di sorpresa..

Sembrava sincero, ma Buffy non sapeva più se credergli o no. Aveva dimostrato di essere un ottimo attore..

Quaranta minuti dopo, Gunn congedò Spike e quando lo vide passare davanti a Buffy senza degnarla di uno sguardo, fece “Ah, signor Shelby. Non ho certo bisogno di presentarle la mia preziosa collaboratrice, Buffy Summers.. Credo che lei la conosca..” l’ironia nel tono del vice procuratore lo costrinse a fermarsi e voltarsi. I suoi occhi scivolarono prima su Gunn poi sulla ragazza.. E lei si spaventò perché quegli occhi meravigliosi in cui tante volte aveva creduto di leggere desiderio ed amore, la fissavano vuoti, freddi, quasi trasparenti.

“Si, certo che la conosco” disse lui sollevando le sopracciglia “Ma credo che le nostre divergenze possano ormai considerarsi appianate”.

“Per volontà del Sindaco, non certo per merito suo o di quest’ufficio” ribatté Gunn con fare polemico.

Spike alzò le spalle e sorrise, senza che quel sorriso riscaldasse il suo sguardo “Comunque sia.. piacere di vederla, miss Summers” disse facendo un cenno con la testa.

Buffy non si mosse. Lo guardò uscire dalla stanza, un dolore al petto bruciante, annientata da ciò che provava.. L’uomo che amava di più al mondo, nonostante tutto, le stava dando il dolore più grande..

“Buffy, stai bene?” la richiamò Gunn.

Lei si riscosse ed annuì, alzandosi “Oh, si, si.. è solo che..”.

“Che è terrificante, non è così? Quell’uomo è assolutamente terrificante” sospirò il viceprocuratore infilandosi le mani in tasca “E non mi fido in alcun modo di lui e di ciò che mi ha raccontato”.

Lei dovette uscire velocemente, per andarsi a chiudere in bagno, dove finalmente poté dare sfogo alle lacrime.. Si piegò sul lavandino e pianse a lungo, chiedendosi come avrebbe fatto ad uscire da quel tunnel oscuro.

 

Drucilla lo fissava, con occhi scintillanti di furia.

“Dunque, non hai davvero mandato via raggio di sole” gli disse con voce roca.

Spike ricambiò lo sguardo, alzò il bicchiere a mò di brindisi “Ma certo.. Brindo a te, amore mio” fece in tono canzonatorio, bevendo fino all’ultimo goccio. Poi, scoppiò in una fragorosa risata.

“No, non l’hai lasciata andare” ribadì lei.

Le lanciò un’occhiata annebbiata dall’alcool “Ci sei tu, qui, Dru. Nella tua oscura bellezza..” esclamò con un ghigno diabolico “Che altro potrei volere? O chi?”.

La donna si avvicinò,  lo sguardo allucinato “Credo che tu voglia la luce, mio principe” strinse gli occhi, minacciosa “Finché il suo passo calpesterà la terra, tu vorrai lei, William”.

Spike alzò la testa, lo sguardo improvvisamente glaciale, il tono basso “Non minacciare, Dru. Non farlo”.

“Non è una minaccia. Ti sto solo dicendo che cosa accadrà. Non sarai mai libero, finché il pesciolino rosso continuerà a nuotarti intorno” e cominciò a dimenare i fianchi mimando il movimento nell’acqua “E impazzirai” chiuse gli occhi, rapita dal momento.

Guardandola disgustato, Spike si versò dell’altro bourbon “Sei pazza, Drucilla”.

La donna non lo sentì nemmeno, continuando la sua delirante danza.

 

Wesley la accompagnò in ufficio per tutta la settimana e puntuale la riportava a casa ogni sera. La convocazione di Gunn non era ancora arrivata e sebbene Buffy non gli avesse detto niente circa la deposizione di Spike, aveva capito che Gunn non aveva niente per spiccare mandati di cattura o semplicemente approfondire le indagini in qualche direzione. Non si era trovata l’arma, né testimoni, ne impronte sul cadavere. Niente.

Infine una sera, stanco dei silenzi di Buffy e di quell’umore depresso, fermò l’auto davanti al cancello e disse “Cara, parlami”.

Lei si voltò di scatto e lui poté vedere la tristezza che la invadeva.

“Voglio che tu stia meglio” le sussurrò prendendole una mano “Voglio che torniamo ad essere amici, confidenti, come prima..” corrugò la fronte “Voglio farti stare bene”.

Buffy deglutì, chinando la testa.

“Stasera ti porto a cena fuori” esclamò abbozzando un sorriso “Io e te, in centro, come ai vecchi tempi” la fissò aspettando una risposta. Buffy lo guardò di nuovo “Non credo sia una buona idea”.

“Invece si, la è” insisté “Non dire di no, cara.. avanti”.

Al suo silenzio, Wesley voltò l’auto e tornò verso la città “Andiamo a mangiarci una pizza, allora”.

Lei non protestò. Non ne aveva la forza, probabilmente, e la sua passività fu scambiata per assenso.

Wesley guidò per dieci minuti fin davanti alla pizzeria che frequentavano anni prima, quando erano adolescenti. Uscì dall’auto e le aprì la portiera “Eccoci qui” la aiutò a scendere “Una bella pizza”.

Scelse un tavolo un po’ appartato e senza perdere tempo fece le ordinazioni.

“Se non mi ricordo male, qui fanno una pizza eccezionale..” e per rompere il silenzio, si lanciò nel racconto della sua frenetica giornata di lavoro, sperando di distrarla. Nonostante il loro conflitto, gli faceva male vederla così e voleva porvi rimedio..

In quel momento, con la coda dell’occhio vide entrare una coppia. Strinse la mascella per la tensione quando riconobbe Spike e Drucilla. Buffy, stupita dal suo cambiamento d’umore, si voltò e si sentì sbiancare.

“Quel bastardo” sibilò Wesley.

Buffy cercò la sua mano attraverso il tavolo e la strinse in modo spasmodico. Fraintendendo i suoi sentimenti, l’uomo ricambiò la stretta dicendo “Si, lo so. Quel bastardo ti voleva ammazzare” la guardò “Ma non devi preoccuparti adesso, Ci sono io”.

Lei scosse la testa “Wesley, ti prego, andiamo a casa”.

Il suo tono disperato lo colpì “Tesoro, non corri alcun pericolo”.

“Ti prego” lo interruppe, con occhi velati.

Sempre più preoccupato, saltò in piedi “Andiamo” la fece alzare e si diresse all’uscita. Ma non fu abbastanza rapido. Spike notò quei movimenti improvvisi e li vide. Si fermò in mezzo al locale, gli occhi fissi sulla coppia. Drucilla seguì la direzione del suo sguardo e incontrò gli occhi freddi di Wesley e poi quelli sgomenti di Buffy, che cercava di guadagnare l’uscita. Tremava come una foglia e si odiava, per non saper controllare quell’emozione..

Non voleva guardarli, non voleva guardare lui.. Lui che l’aveva illusa, che le aveva mentito in un modo diabolico, che l’aveva usata gettandola via senza scrupoli.. Lui, che aveva invaso i suoi pensieri, i suoi sentimenti, la sua vita, rivoltandola con un solo sguardo..

Wesley la attirò al suo fianco, circondandole le spalle con un braccio “Piccola, calmati. Non tenterà niente, in un luogo pubblico.. E’ pazzo, ma non completamente stupido..” i suoi occhi non mollavano Spike, ricambiato.

Buffy lo tirò verso l’uscita “Voglio uscire di qui”.

L’uomo annuì e finalmente, uscirono sul marciapiedi.

 

“Lei non ti lascerà mai andare, William” mormorò Drucilla, rigirando il cibo nel piatto “Non ti lascerà tornare nell’oscurità”.

Spike sospirò “Basta. Finisci di mangiare. Mi sono rotto di questo posto” si appoggiò allo schienale della sedia “Sbrigati”.

La donna alzò lo sguardo “Non mi inganni, amore. Dietro il tuo sguardo freddo, c’è il fuoco della passione.. e la tristezza..” sembrò studiarlo e l’uomo sentì quegli occhi fin dentro l’anima “Morirai per lei, se sarà necessario”.

 

Per calmarla, Wesley la portò a mangiare un gelato. Fecero una breve passeggiata nel parco, illuminati dalla luce dei lampioni, senza parlare molto. Era turbato dalla reazione di Buffy, ma la considerò comprensibile, visto che quello stramaledetto Shelby aveva tentato di spezzarle il collo.. Le lanciò un’occhiata. Era infreddolita ed immersa nei suoi pensieri.. Sospirando, si fermò “E’ meglio rientrare. Si è fatto tardi” le sorrise.

Mentre percorrevano la strada statale verso casa, una macchina nera li superò, sparata ad una velocità impossibile. Wesley frenò, spaventato, inveendo contro l’autista. Poi guardò Buffy “Stai bene?”.

Lei, annuì “Si..” guardò avanti “E’ Spike Shelby. E’ la sua macchina”.

“Quello psicopatico” borbottò lui, rimettendo in moto.

Ben presto, sentirono il rombo del motore che poco prima li aveva superati più vicino. Buffy si irrigidì sul sedile, stringendo le dita intorno alla cintura di sicurezza.

“Non aver paura..” fece Wesley, osservando la DeSoto davanti a sé fare uno strano zig zag sull’asfalto.

“Se continuano così si ammazzeranno” riprese l’uomo “..sarà meglio lasciare che vadano..” rallentò notevolmente.

 

La scena si svolse sotto gli occhi nel giro di pochi secondi. L’automobile su cui viaggiavano Spike e Drusilla procedette ancora un po’ a zig zag, poi, improvvisamente, andò dritta schiantandosi contro il guard rail ai lati della strada, sfondandolo. Si sentì uno schianto ed un’esplosione. Buffy fu proiettata in avanti a causa della frenata che Wesley diede e che fermò la macchina di traverso sulla strada a pochi metri dall’incidente.

“Cristo!” la voce di Wesley le giunse come da dietro un muro. Respirò forte, mentre si rimetteva seduta. Se si era fatta male, adesso non se ne accorgeva.. I suoi occhi corsero alla scena fuori dal finestrino. Il fuoco era divampato nell’auto accartocciata, le fiamme crepitavano tagliando l’aria afosa della notte. Si schiacciò contro il vetro, fissando davanti a sé, gli occhi spalancati e pieni di lacrime.

Spike. Spike. Spike.

“Nessuno può essere sopravvissuto là dentro” fece Wesley “Nessuno”. Ed intanto si attaccava al cellulare, chiamando la polizia.

Lei sentì appena quelle parole. Riusciva soltanto a pensare a Spike e al suo corpo, alle sue mani, al suo bel viso consumato dalle fiamme..

Spike. Spike. Spike.

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Capitolo 17
*** Verrà la morte e avrà i tuoi occhi ***


 

“L’incidente che ha coinvolto William Shelby e la fidanzata Drusilla Carter si è svolto sulla strada statale di Sunnydale. Per  miss Carter non c’è stato nulla da fare, il signor Shelby è ricoverato in rianimazione. Ha riportato ustioni su tutto il corpo e lesioni gravi. Il bollettino medico non è stato più preciso”.

Buffy lesse più volte il giornale e pianse. Per il sollievo, perché non era morto, per la paura, per ciò che l’aspettava..

 

“William è in una camera sterile e non può ricevere nessuno” le disse Ethan Shelby, guardandola distrattamente. Se ne stava in piedi davanti ad una porta chiusa, lo sguardo perso. Sapeva bene chi fosse e tuttavia non pareva interessato. Buffy guardò Gunn e lui le fece cenno di insistere.

“Signor Shelby. Vorremmo veramente sapere quando potremmo parlare con William..” la sua voce tremava.. L’uomo alzò gli occhi e la fissò, serio “Miss Summers, capisco la necessità del suo ufficio” lanciò un’occhiata oltre le sue spalle, a Gunn “Ma io ho perso un figlio poche settimane fa e sto rischiando di perderne un altro.. Crede di poter aspettare?”.

Il cuore le martellava in petto, come impazzito. Dunque, era così. Spike stava ancora combattendo fra la vita e la morte..

“Si. Aspetteremo” sussurrò, voltandosi. Quasi correndo, corse fuori dal reparto, seguita a ruota da Gunn. La raggiunse solo nell’atrio. La prese per un braccio e la fissò “Che cosa sta succedendo, Buffy?”.

Lei scosse la testa, incapace di parlare. Le lacrime, con cui a lungo aveva combattuto, cominciarono a scenderle incontrollate sul viso in fiamme. Gunn, spiazzato, la spinse gentilmente verso l’automobile e la fece sedere sul sedile posteriore. Ordinò all’autista di rientrare in ufficio. Poi, la guardò a lungo, tendendole un fazzoletto.

“Buffy.. voglio che tu mi dica tutto. Se vogliamo andare in fondo all’indagine sulla morte di Lindsay e di Angel.. devi essere sincera..”.

Buffy alzò la testa “Aspetto un figlio di William Shelby” lo guardò dritto negli occhi.

Gunn la fissò per alcuni secondi, poi, si accomodò meglio sul sedile ed unì le mani, come faceva quando rifletteva.

“E’ successo quando.. sei scomparsa?” al suo silenzio, proseguì “Lui ti ha rapita e si è approfittato di te?” corrugò la fronte. Buffy sospirò “No. Sono innamorata di lui” si schiarì la voce “..e anche se per lui..beh.. non è stato niente..” le mancò la voce e ricominciò a singhiozzare.

Il procuratore la guardò preoccupato “E lui.. sa del bambino?..”.

Lei scosse la testa “No. No..” appoggiò la fronte al finestrino “No. E non ho mai pensato di informarlo”.

“Ti  ha detto di non essere responsabile dell’agguato a Lindsay e Angel e tu gli hai creduto perché sei innamorata di lui” fece Gunn.

“Non per questo. So che non è stato lui. I miei sentimenti non c’entrano. Credo che sia stato Angel, con l’intenzione di far ricadere la colpa su Spike” il suo tono era risoluto “Angel l’ha organizzato, di sua iniziativa. Neanche Ethan Shelby ne era a conoscenza. Poi, Angel è morto”.

“Tu credi che sia stato Spike ad ucciderlo..?”.

“No. Spike amava.. ama la sua famiglia, nonostante tutto..” si asciugò il volto “Credo che sia stato ammazzato dai suoi nemici..dalla mafia.. e chi lo sa? Angel si faceva nemici ovunque..” tirò su col naso “Una vendetta, probabilmente”.

L’uomo si appoggiò esausto, chiudendo gli occhi. La situazione era grave ed ingarbugliata, molto più di quanto si fosse aspettato. E, diavolo, perché non si era accorto di Buffy? Di come era cambiata dopo il rapimento?..

“Non posso scagionare Spike o Wesley sulla base della tua.. convinzione” le disse in tono stanco “Posso archiviare la morte di Angel.. ma Wesley non mi darà pace..”. La mano di Buffy si appoggiò lieve sul suo braccio “Gli parlerò io” il suo tono tradiva la tensione “Gli parlerò”.

 

Incontrò Andrew al ristorante dell’università. Appena la vide, le andò incontro e la condusse al tavolo. La fissò ansioso. La sua telefonata l’aveva allarmato. Il tono che Buffy aveva usato gli era parso troppo cupo, e così si era precipitato all’appuntamento in preda all’angoscia con un bel po’ d’anticipo. Ora che la vedeva, la sua preoccupazione aumentò a dismisura. Era pallida e trafelata, gli occhi rossi spiccavano sul suo viso tirato e le mani le tremavano.

“Santo cielo, Buffy!” esclamò sedendosi “Che diavolo è successo?”.

Lei si morse le labbra ed Andrew, osservandola da vicino, si accorse che gli occhi erano pieni di lacrime.

“Dì qualcosa, altrimenti avrò un infarto” la sollecitò.

“..ecco.. ho bisogno di confidarmi.. ma non so se..” cominciò a piangere, nascondendo il volto tra le mani.

“Devi fidarti di me” abbozzò un sorriso “Siamo amici per la pelle, no?” le prese una mano e la strinse dolcemente.

Lei annuì, calmandosi “..si, ma quel che devo dirti.. non è facile..”.

“Puoi dirmi qualsiasi cosa” la rassicurò.

Davanti a quella disponibilità, Buffy si sciolse e confessò. Confessò di essere incinta, dei sentimenti che aveva per Spike Shelby e della sofferenza per quanto stava accadendo..

Andrew la lasciò parlare senza interromperla, fissandola serio e comprensivo.

“.. e adesso, è tra la vita e la morte e io..” la voce le morì in gola.

Il ragazzo sospirò “Ti sei tenuta tutto dentro.. ma perché?” le accarezzò una mano “Avrai un bambino” le sorrise “Che bella notizia!”.

“Oh, mio Dio, Andrew..” si lamentò, ma il tono che lui aveva usato le strappò un sorriso “..suo padre è Spike Shelby..”.

“E che importa? Tu lo ami, hai detto”.

Lo fissò ad occhi sgranati “Hai capito di chi sto parlando?”.

“Se tu lo ami, deve avere qualcosa di buono” disse convinto “e avrete un figlio”.

“Non intendo dirgli del bambino.. soprattutto adesso che sta lottando per vivere..”.

“..non morirà, Buffy” tentò di consolarla “E’ un uomo forte e robusto..”.

Buffy lo osservò un lungo momento, poi disse “Non ti scandalizzi? Voglio dire, sei un Rogan e tu stesso mi hai detto delle violenze di Spike e della tua sofferenza.. ricordi? Le lezioni di karatè..”.

Andrew divenne serio “Sono stanco di questa situazione. La città non deve più essere il campo di battaglia di una guerra privata. Ci sono state troppe vittime, troppa violenza.. Sono cresciuto in un clima di rivalità, fin dall’asilo e credimi, se avessi potuto, me ne sarei andato parecchio tempo fa.. e lo farò, finita l’università..” la fissò intensamente “Io sono contento che tu sia innamorata e scontento che Spike sia disteso in un letto d’ospedale per questa guerra assurda..”.

Si guardarono in silenzio, poi lui riprese “Ti starò sempre accanto, Buffy. Sempre”.

Il sorriso che gli rivolse gli confermò di aver fatto la scelta giusta.

 

 “William Shelby, miracolosamente sopravvissuto al pauroso incidente di cui è rimasta vittima la sua fidanzata Drusilla Carter, è per il momento escluso dalla lista dei sospettati per l’attentato che è costato la vita a Lindsay Rogan qualche settimana fa. L’ufficio del procuratore distrettuale ha confermato che, per adesso, le indagini si stanno svolgendo in altre direzioni che escludono il giovane Shelby da ogni sospetto. Per quanto riguarda la ripresa del giovane, i medici hanno diramato un bollettino che conferma la gravità delle ferite riportate ed il prossimo trasferimento di Shelby in una clinica esclusiva per la cura di ferite ed ustioni a Los Angeles”.

 

Wesley lesse ad alta voce l’articolo di giornale, poi lo spinse attraverso il tavolo verso Buffy. La fissò “Che diavolo sta combinando Gunn? Lo lascia andare? Lo scagiona come se niente fosse?” il suo tono era basso e minaccioso e Buffy raccolse tutto il suo coraggio per rispondere “Non c’è nessun indizio contro William”.

Wesley rise nervosamente “Tu dici?” si sporse in avanti “Ehi, ti ricordi che avrebbe spezzato il collo anche a te? Che vuoi che sia per lui piazzare una bomba e godersi lo spettacolo?”.

“No” ribadì lei “Gunn non ha prove né indizi su di lui. Ci vuole ben altro per accusarlo formalmente”.

“Da che parte stai, Buffy?” le domandò dopo un lungo silenzio “Perché difendi a spada tratta uno come Spike?”.

“Non difendo Spike. Applico la legge. Questo è il mio lavoro”.

“E la lealtà verso la famiglia che ti ha accolto quando sei rimasta sola? Non conta più niente per te?”.

Ferita dalla sua insinuazione, si alzò di scatto “E’ proprio il senso di lealtà che mi spinge a ricercare il vero colpevole e fare giustizia!”.

Wesley annuì “E chi sarebbe, secondo te, l’assassino di Lindsay?” la fissava sarcastico “Perché a me viene in mente un solo nome”.

“Non so chi sia, Wesley, e comunque non potrei parlarne con te” esclamò “Ma non c’è nulla che ci indichi che William..”.

“Adesso basta!” l’interruppe lui, sbattendo una mano sul tavolo. Il colpo fece vibrare tutti gli oggetti sul piano e costrinse Buffy ad indietreggiare “Invece di trovare il colpevole, tu e Gunn state proteggendo un pazzo scatenato che semina terrore da anni per le strade di Sunnydale! E secondo te, io dovrei rimanere fermo immobile a guardare questo scempio? Dovrei sopportare questo oltraggio..!”.

Lo fissò seria “Wesley, non fare nulla di cui potresti pentirti..” un lampo di terrore le attraversò lo sguardo “..Oh, mio Dio.. hai qualche responsabilità nell’incidente che ha coinvolto William..?”.

L’uomo strinse gli occhi “No, ma vorrei averne” disse con calma glaciale “E mi rammarico che non sia morto”.

Buffy scosse la testa “Che stai dicendo” la voce le tremò “Non è morto.. ma non si riprenderà mai..” sentì una fitta al cuore che le impedì di continuare. Wesley si sedette e sussurrò “Ha avuto quel che si è meritato, Buffy..” si versò il the nella tazza “E non è ancora abbastanza”.

Quelle ultime parole spezzarono la resistenza di Buffy, che fuggì dalla stanza alla velocità del vento, prima che le lacrime le inondassero il viso. Wesley la seguì con lo sguardo, poi, rimasto solo, chiuse gli occhi, esausto.

 

Spike era in coma indotto da una settimana. Nessuno poteva avvicinarlo, tranne medici ed infermiere inguainati in tute sterili e mascherine. Suo padre lo guardava dalla finestra sigillata che dava sul corridoio del reparto.

Ethan Shelby era l’ombra dell’uomo forte che era stato fino a poche settimane prima. Nonostante la faida con i Rogan e la spietatezza del mondo finanziario in cui viveva da decenni ormai, era sempre stato in grado di affrontare tutto.. ma la morte del suo primogenito e questo.. lo stavano piegando.

Buffy gli si avvicinò esitante.

“Signor Shelby” lo chiamò. Lui parve scuotersi, si voltò a guardarla “Miss Summers”.

Gli occhi di lei corsero a Spike, sdraiato esanime e completamente bendato oltre il vetro. Dovette trattenere un singhiozzo.

“Miss.. Summers, mi scusi ma.. non credo di poter parlare con lei.. Possiamo rimandare ancora un po’..” le domandò con aria afflitta.

Buffy scosse la testa “Non sono qui per farle domande” deglutì forte “Io.. sono venuta a vedere come sta.. William..”.

La fissò stupito, poi abbassò la testa e tornò a voltarsi verso il figlio “Non è cambiato niente dall’ultima volta che è venuta”.

Si schiarì la voce “Ho..  ho saputo che lo farà trasferire..”.

“Si. Lo porterò a Los Angeles, in una clinica specializzata, sotto consiglio del primario che l’ha operato. Vede.. solo in un ambiente adeguata potrà essere svegliato.. Per ora il dolore sarebbe insopportabile..” la voce gli morì in gola. Poi, tossicchiò e la guardò “Sarò reperibile ai numeri che conoscete. I miei collaboratori sono sempre in contatto con me.. Non intendo scappare. Le chiedo soltanto un po’ di pazienza”.

“Non sono qui per questo, signor Shelby” ripeté, sentendo le lacrime pungerle gli occhi “Volevo solo vedere come stava”.

“..la ringrazio” sussurrò, dandole di nuovo le spalle.

Buffy si appoggiò alla parete di fronte alla finestra della camera di Spike senza distogliere gli occhi da quel corpo inerme. Aveva un nodo in gola, che le stringeva le viscere impedendole di pensare.. Durante la giornata tentava di distrarsi, ma la sera e durante la notte, si trovava a ripensare alla sua storia con Spike, all’attrazione che li aveva uniti, al bambino che aveva in grembo.. Al modo in cui si erano lasciati l’ultima volta.

Chiuse gli occhi, sentendo ancora le sue parole girarle dentro il cervello, bucarle il cuore, annientarle il corpo.

“..Solo sesso, divertente, ottimo sesso, ma niente di più..”.

Si coprì il volto con le mani, esausta. Non poteva continuare così.. Si alzò in piedi ed uscì, tentando di fare il minor rumore possibile.

 

Gunn la guardò e lei si sentì perforata da quegli occhi neri come la pece. Non le diceva niente, la fissava e basta. Poi, d’un tratto si sollevò, girò intorno al tavolo, si sedette sul tavolo proprio di fronte a lei.

“Se quello che vuoi è andartene via, non sarò io a costringerti a rimanere. Immagino che tu ci abbia pensato a lungo..” socchiuse gli occhi “E’ per quel che è successo a Spike? O anche da prima stavi decidendo di piantarmi in asso?”.

“Fra me e Spike era già finita. Pensavo di dover allontanarmi un po’ e quando ho scoperto la gravidanza.. beh, la mia decisione è diventata definitiva” sospirò “So che c’è un posto vacante a Los Angeles e se tu mi fornissi qualche.. referenza, potrei riuscire ad ottenere il posto a Palazzo di Giustizia”.

“Ma certo, Buffy.. lascerai anche i Rogan?”.

“Non posso vivere in questo clima di vendetta e sospetto, Gunn. Wesley sembra impazzito, Trevor è annientato dal dolore.. Andrew verrà con me” lo fissò “Si trasferirà al college di Los Angeles e vivrà con me. Vuole scappare da Sunnydale anche lui”.

Gunn annuì. Poi, incrociò le braccia sul petto “Ti aiuterò, per quanto è nelle mie possibilità. Puoi contarci”.

Lei gli sorrise, grata.

 

Fu Andrew a dire a Wesley del loro trasferimento e con sua grande sorpresa, egli non si oppose. Si limitò ad ascoltare il suo monologo e a guardarlo in silenzio. Poi, riprese a leggere i documenti che aveva davanti.

Il ragazzo lo guardò sorpreso, poi disse “Devo dedurre che non hai niente in contrario”.

Wesley alzò lo sguardo e togliendosi gli occhiali fece “Cambierebbe qualcosa, se fossi in disaccordo? Suppongo che tu e Buffy abbiate già programmato ogni cosa. Quindi, no, caro fratellino, non ci penso proprio a mettervi i bastoni fra le ruote”.

“La tua passività è sorprendente” riprese Andrew “E sospetta”.

“No, sei fuori strada. Andate a rifarvi una vita a Los Angeles. Forse è giusto che vi allontaniate da questa valle di lacrime” gli occhi gli brillavano “La morte sembra essere di casa, qui”.

“E di chi è la colpa, Wes?” gli domandò “Anni di faida, di guerra con un’altra famiglia, di corruzione, di crimini assurdi.. Davvero credevi che non si sarebbe arrivati ad un tragico epilogo?”.

Lo osservò, piegando di lato la testa “Oh, ma questo non è l’epilogo. Questo è l’inizio. Niente più Angel e Spike Shelby a creare problemi.. ed io non ho alcuna responsabilità per le disgrazie che hanno colpito quella famiglia. Quei due si sono scavati la fossa con le loro stesse mani”.

“Spike non è morto!” esclamò Andrew, pensando al dolore di Buffy e al figlio che aveva in grembo.

“Per ora. E comunque, non tornerà quello di prima”.

Lo guardò con disprezzo “Mio Dio, Wesley, non posso credere che tu sia diventato così..”.

“Cinico? Crudele? Senza pietà?” lo precedette con un sorrisetto “Buon Dio, non posso credere io che tu ti sia scordato che cosa è accaduto a Lindsay e che cosa voleva fare Spike alla tua Buffy”.

Andrew lo guardò cupo, prima di dire “Non sai niente di questa storia, Wesley. E Lindsay è solo un’altra vittima di una assurda faida”.

Un lungo silenzio di pietra cadde tra loro. Si guardavano negli occhi, ognuno arroccato alle proprie posizioni. Infine, fu Wesley a dire con calma glaciale “Credo che ora tu possa andare”.

E quello ubbidì, uscendo precipitosamente dalla stanza.

Buffy lo aspettava in veranda. Quando lo vide arrivare sconvolto, gli andò incontro “Che cosa è successo?”.

Faticosamente, le raccontò l’incontro con Wesley. Si scambiarono una lunga occhiata, prima che lo stesso Andrew dicesse “Vai a preparare le tue cose, Buffy. Ce ne andiamo stasera stessa”.

“Ma.. non abbiamo un posto a Los Angeles..” obbiettò, tenendosi le mani sul ventre, come a proteggere il bambino che cresceva in lei.

“Non preoccuparti. Ho molti amici là. Ci ospiteranno, mentre proviamo a sistemarci” le sorrise incoraggiante “E ora vai. Devo ancora parlare a mio padre”.

 

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Capitolo 18
*** Una porta chiusa ***


L’appartamento che presero in affitto era grande abbastanza per due. Decisero che la camera più spaziosa fosse per  Buffy, dal momento che avrebbe dovuto dividerla presto con un neonato, e misero la televisione e il computer in sala, in modo da poterlo usare entrambi. Con l’aiuto di Rupert il trasloco avvenne in modo rapido e discreto. Il maggiordomo li aiutò ad imballare tutte le loro cose e guidò per loro il camioncino che Andrew aveva preso a nolo. Nel giro di pochi giorni, erano perfettamente sistemati a Los Angeles e sicuri che Rupert, nonostante l’iniziale disappunto per il trasferimento, intendesse appoggiarli.

Lo stesso Trevor era riuscito a capire il loro bisogno di allontanarsi da Sunnydale. Soltanto Wesley aveva interrotto ogni contatto con loro, escludendoli di fatto dalla sua vita.

Ma Andrew e Buffy fecero il tacito accordo di non parlare di Wesley se non lo stretto necessario, così la loro vita procedeva abbastanza tranquilla.

Anche quella mattina, a colazione, si trovarono a scherzare sul prossimo esame di Andrew. La letteratura inglese era uno scoglio duro e l’ironia era un’arma molto utile per sdrammatizzare.

“Io andrò in clinica” disse Buffy.

Il ragazzo la guardò, comprensivo “Ne sei sicura? Ogni volta che torni a casa dopo un viaggio fino là sei un po’ più triste. E a quel piccolino non fa bene” indicò la sua pancia, ancora piatta.

“Voglio stare vicino a William. Anche se lui..” la voce le morì in gola.

“Anche se lui non vuole incontrarti” finì per lei.

Nonostante le assidue visite alla clinica, Spike non voleva mai incontrarla. Ciò che la faceva più soffrire era il fatto che lui sapesse che lei era fuori, nel corridoio, e rimaneva per tutta l’ora che aveva disponibile, e nonostante questo, non la voleva vedere. Chissà dove trovava Buffy la forza di stare lì, davanti ad una porta chiusa, senza mai piangere. Senza mai piangere..

“Forse dovresti smettere. Ci vai due volte alla settimana senza ottenere nulla e..” ma lei l’interruppe “Non ho nulla da ottenere, lo sai. Sono innamorata di lui” alzò le spalle, con aria triste “Vorrei solo vederlo una volta, per vedere come sta veramente e non accontentarmi di ciò che mi raccontano”.

Andrew annuì, come sempre commosso per quella devozione assoluta ad un uomo che non se la meritava, in alcun modo.

“Vorrei dirgli che avrà un figlio, anche se non vorrà vederlo o prendersene cura..” si toccò il ventre “Vorrei davvero che lo sapesse, perché forse mi sbaglio e per lui sarebbe una ragione in più per uscire da là, guarire, riprendere le forze”.

Il ragazzo le prese una mano, attraverso il tavolo e sorrise “Lo so, Buffy. Lo so e ti capisco. Ma per me è.. è penoso vederti soffrire in questo modo per Spike Shelby” sospirò.

Buffy lo guardò “Non è e non è mai stato l’uomo che sembrava. Lui è William e lo sarà per sempre”, i suoi occhi brillarono mentre lo diceva. Ed Andrew seppe, una volta di più, che era perfettamente inutile affrontare con lei quel discorso.

Così, la accompagnò a prendere l’autobus e la guardò salutarlo dallo specchietto retrovisore.

 

La clinica era una enorme villa immersa in un bel parco dalla vegetazione curata. Buffy percorse velocemente il vialetto ed entrò nella grande ed ariosa hall dirigendosi immediatamente all’ascensore che l’avrebbe condotta al terzo piano. Qui, Spike occupava una camera singola ed era costantemente monitorato da medici ed infermiere che avevano l’ordine di non far entrare nessuno, nemmeno Buffy Summers.

E così anche quella mattina Buffy sedette nel corridoio, con un libro in mano e la musica in filodiffusione che la cullava. In quelle poche settimane aveva imparato a non disturbare il via vai di medici che le sfrecciava davanti, per sapere delle condizioni di Spike. Ormai non alzava nemmeno più lo sguardo. In quel modo, aveva ormai letto quasi tutte le principali opere di Shakespeare.

Qualche volta aveva incrociato Ethan e l’uomo, gentilmente, le aveva detto che William si stava riprendendo, non era più in coma e presto avrebbe iniziato le operazioni chirurgiche per la ricostruzione delle parti ustionate. Dopo di che, avrebbe iniziato la fisioterapia.

Ethan l’aveva guardata tristemente “So che William non vuole incontrarla. E’ ancora sotto choc, sa? Ma io sono contento di vederla, ogni tanto. Nonostante i nostri precedenti screzi” aveva sorriso sfiorandole un braccio “Spero che mio figlio torni in sé, prima o poi.. Non s’abbatta, signorina Summers.. Io tengo molto a lei”.

Forse erano state quelle parole a convincerla, illudendola che magari, prima o poi, lui si sarebbe convinto e l’avrebbe fatta entrare.

Ma la speranza andava via via affievolendosi e Buffy si stava convincendo che ciò che le aveva detto riguardo alla loro relazione, solo divertente e ottimo sesso, fosse per lui la verità. Ebbene, non la voleva più, ma ciò non cancellava i sentimenti che lei aveva per lui. E non cancellava neanche l’esistenza della vita che portava in grembo.

Così, Buffy se ne stava ore lì seduta, fuori dalla sua camera, davanti ad una porta sempre chiusa.

 

Come aveva promesso, Gunn le aveva trovato un lavoro di segreteria presso il Palazzo di Giustizia di Los Angeles, un lavoro che le permetteva di stare ad una scrivania la maggior parte del tempo, impegnata a catalogare file ed elenchi di nomi. Così, poté lavorare fin quasi alla fine della gravidanza.

Andrew la accompagnò al corso di preparazione al parto e fu molto divertente per entrambi. Conobbero molte coppie ed allargarono così il cerchio delle amicizie. Troppo ingombrante per guidare o prendere l’autobus, Buffy chiese ad Andrew di accompagnarla alla clinica almeno una volta alla settimana e lui l’accontentò, anche se non mancò di manifestare il suo dissenso.

Ethan la vide e non commentò nulla circa la gravidanza. Buffy immaginò che pensasse che fosse Andrew Rogan il padre, dal momento che qualche volta l’aveva visto accompagnarla fin nella hall. Non volle soffermarsi troppo su quei pensieri. Si accontentò di sapere da Ethan che William aveva reagito bene agli interventi d’innesto e che aveva cominciato a lavorare con un bravo fisioterapista per recuperare il tono muscolare e la normale deambulazione. Mentre l’uomo le parlava, evidentemente sollevato per gli sviluppi positivi del decorso del figlio, Buffy sentì le lacrime pungerle gli occhi e tentò di nascondergliele, ma Ethan le vide e le accarezzò la guancia “Si, mi sono commosso anch’io quando i dottori mi hanno detto che.. sarebbe tornato ad essere il mio William..” la scrutò “Vuole vederlo? Vuole che lo convinca a..”, ma lei scosse il capo “No. Non occorre. Sono molto contenta così..”.

E quando nacque Michael, Buffy pensò che per davvero era contenta. La vicinanza di Andrew e Rupert, che era volato da Sunnydale non appena erano iniziate le doglie, le telefonate affettuose di Trevor e Gunn… Stringendo il fagottino al seno, sentì che forse poteva davvero ricominciare a vivere.

 

Andò alla clinica un mercoledì pomeriggio e vi trovò Ethan. Era seduto in corridoio, la testa appoggiata alla parete, gli occhi chiusi.

Gli andò vicino “Signor Shelby?” lo chiamò.

Lui si scosse, la guardò e sorrise “Ah, miss Summers. Buongiorno..” sospirò “Mi stavo riposando..”.

“Non volevo disturbarla” disse subito lei facendo per allontanarsi, ma lui la trattenne “No, no. Venga, si sieda”.

Quando furono seduti entrambi, l’uomo chiese “Ha avuto un maschio o una femmina?”.

“Un maschio” sussurrò “Michael”.

“Che bel nome” annuì “Quando è nato William, mia moglie avrebbe voluto chiamarlo Michael, ma io volevo continuare la tradizione di famiglia e così..” parve immergersi nei ricordi, poi la guardò “Perché non va da William?”.

Buffy spalancò gli occhi “Oh, no. Non vuole vedermi. Non credo che siano cambiate le cose”.

“Entri” ripeté serio “E’ quasi un anno che viene qui, puntuale, ogni settimana, e credo che si sia ampiamente guadagnata il lascia passare. Se mio figlio voleva tastare la sua tenacia, beh, credo proprio che debba ritenersi soddisfatto” le indicò la porta “Vada, la prego”.

Un improvviso tremito scosse le membra di lei. Rimase inchiodata alla sedia, la salivazione azzerata, gli occhi fissi sulla porta chiusa.

“Miss Summers” la richiamò Ethan “Non si preoccupi. Mio figlio sta abbastanza bene. E’ seduto in sedia a rotelle, ma è un fatto temporaneo, ed è ancora fasciato a causa delle cicatrici. Ma sta bene. Ringrazio Dio ogni giorno per avermelo restituito” la fissò “Non sarà un grosso choc per lei. Non più. Vada” la aiutò ad alzarsi e la condusse davanti alla porta.

 

Entrando, scorse subito la sedia a rotelle davanti alla finestra, immersa nella luce del tramonto. Avanzò fino al centro della stanza e vide che Spike guardava fuori, assorto. Guardò le bende attorno alla testa, sulle braccia, e chissà dove altro.. Indossava una tuta blu e larga, che non mostrava le altre fasciature.

“William” lo chiamò andandogli più vicino.

Lui mosse impercettibilmente la testa. La vide con la coda dell’occhio e sussurrò “Non posso ricevere visite”, il suo tono era secco.

Senza lasciarsi spaventare, Buffy gli andò ancora più vicino “Tuo padre mi ha lasciato entrare”.

“Può darsi. Ma io non posso ricevere visite”.

Buffy riuscì a guardarlo e vide che sul viso aveva soltanto alcuni graffi e dei cerotti sul lato sinistro della fronte. Il cuore le scoppiò.. Era sempre bellissimo.. Ed incontrare di nuovo i suoi occhi fu un’emozione quasi ingestibile. Le tremarono le labbra mentre diceva “Devo parlarti”.

“Non mi interessa” la interruppe con un cenno della mano “Abbiamo già parlato tanto e non.. non sono in condizione di.. sostenere una conversazione con te”.

La ragazza trasse un profondo respiro, cacciando indietro le lacrime, e mormorò “Volevo dirti che..”. ma si fermò. Improvvisamente, non riusciva neanche a pensare di informarlo del bambino. Che senso aveva, a questo punto? Michael era già nato, stava bene e William non ne sapeva nulla..

Che senso aveva voler riallacciare le loro vite come se niente fosse accaduto? Chiuse per un momento gli occhi, capendo di aver preso una decisione.

“Volevo solo dirti che sto partendo. Torno a Londra”.

Spike le lanciò un’occhiata “Buona decisione. Sunnydale non ti ha portato fortuna” voltò di nuovo la testa verso la finestra “Mi domando perché non te ne sia andata prima”.

Perché c’eri tu, avrebbe voluto dirgli.. ma il coraggio e la determinazione erano scomparsi, volati via, lasciandola sola e fragile a reggere quell’incontro così doloroso..

“..ho portato a termine il contratto di lavoro” si trovò a dire. Poi, fece qualche passo e gli fu davanti. Lo guardò ancora, come per imprimersi i suoi lineamenti nella memoria.. Col cuore in tumulto, allungò una mano per sfiorargli il viso ma lui si ritrasse. Dopo un momento di esitazione, anche lei ritirò la mano e la lasciò cadere lungo il fianco.

“Ti auguro di stare sempre meglio, William” sussurrò abbozzando un sorriso, per non crollare proprio lì davanti a lui. L’uomo annuì “Sì.. spero che anche tu..” fece un gesto con la mano fasciata senza finire la frase.

“Certo” fece Buffy avviandosi all’uscita. Non si fermò, né si voltò, ma corse all’ascensore e prese fiato soltanto quando le porte scorrevoli si furono chiuse.

Ethan non tentò nemmeno di fermarla.

 

La partenza fu fissata alcune settimane dopo, una volta che Andrew si fosse laureato. In questo modo, avrebbe potuto seguirla, perché non l’avrebbe mai fatta andare da sola. Inutili le reazioni perplesse di Rupert, il dispiacere di Trevor, lo stupore di Gunn.. La stessa Buffy si sentì frastornata da quanto stava accadendo.

Era entrata finalmente da William, dopo un anno di rifiuti ed attese, ed invece di dirgli quanto l’amava e che avevano un figlio, si era ritrovata a fuggire da lui e dalla sua freddezza.. Guardando Michael e i suoi occhi blu, così uguali a quelli di William, sentì il cuore stringersi per il dolore e la consapevolezza che tutto era perduto.

Inaspettatamente, il giorno prima della partenza, le giunse un biglietto. Con stupore, lesse il mittente, Ethan Shelby.

 

“Gent.le Miss Summers, ho saputo della sua prossima partenza. Dal momento che non l’ho più vista alla clinica, immagino a causa dei preparativi che la impegnano molto, Le volevo porgere i miei più affettuosi saluti almeno per iscritto, augurandole un nuovo inizio nella vecchia Europa. Nessuno come Lei è stato tanto vicino a me e a mio figlio in questi mesi di sofferenza e speranza e questo nonostante la sua gravidanza e le sue personali difficoltà. Non conosco parole adeguate ad esprimerle quello che c’è nel mio cuore e di certo queste poche righe non riusciranno a farlo, perciò mi limiterò a ringraziarla profondamente e a prometterle il mio aiuto, se e quando ne avrà bisogno. Le auguro di realizzare tutto quanto desidera. Un abbraccio, E.S.”.

 

Lesse le ultime righe con le lacrime agli occhi. Se solo avesse saputo di lei e William, di Michael.. Si sentì un mostro all’idea di privare quell’uomo della gioia di un nipote.. ma non poteva. Non poteva rimanere e parlargli sapendo che per William questo non sarebbe contato molto.. Strinse al petto quel pezzo di carta e rivolse un piccolo sorriso al bambino, che la fissava dal letto.

 

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Capitolo 19
*** Un cuore arido ***


 

Wesley Rogan guardò l’uomo in piedi davanti alla sua scrivania. In un costoso ed impeccabile completo grigio c’era William Shelby, che lo fissava serio.

Quando la segretaria lo aveva annunciato, aveva quasi fatto un salto sulla sedia. Le ultime notizie che aveva avuto su di lui dicevano che si era completamente ripreso dall’incidente e che gli interventi chirurgici erano tutti riusciti. In effetti, guardandolo, Wesley notò che aveva un bell’aspetto, a parte la cicatrice che gli sfregiava il sopracciglio sinistro.. Inoltre, non aveva più quei suoi assurdi capelli ossigenati, ma un’invidiabile chioma di riccioli castani che gli davano un’aria meno minacciosa di un tempo. Nonostante tutto, comunque, lo sguardo negli occhi azzurri, dietro le lenti senza montatura, rimaneva inquietante, glaciale..

“Oh, a che debbo questo onore?” gli disse, appoggiandosi allo schienale della sedia.

“Affari” rispose lui.

“Ma non stare in piedi. Accomodati” gli fece un cenno.

William lo fece, poi mormorò “Credo che tu sappia che ho sostituito Angel alla Shelby&Co e che sto cercando di riprendere le fila dei suoi affari”.

Wesley lo guardò, alzando le sopracciglia “E secondo te questa dovrebbe essere una buona notizia?”.

L’altro rise sarcastico “Oh, no, difficilmente” lo fissò “Ma credevo ti interessasse sapere che ho intenzione di trattare con te”.

“Si?” si accigliò “Trattare con me?”.

“Già” sospirò “Ho pensato che.. potremmo fare di più e di meglio a Sunnydale se collaboriamo anziché combattere”.

Wesley strabuzzò gli occhi e si lasciò sfuggire una risata scomposta. Si alzò di scatto “Non ti chiederò di ripetere, perché ho afferrato le cazzate che hai appena detto” si appoggiò alla scrivania con i pugni “Come osi venire qui con questi discorsi.. dopo tutto quanto? Tutto quanto la tua famiglia ha fatto alla mia?”.

Spike strinse la mascella, ma non rispose.

“Credi che abbia dimenticato le tue belle imprese? O gli inganni e i soprusi di tuo fratello? Sai che ti dico? Spero che sia finito all’inferno” sbottò “Tu e la tua banda di teppistelli..! Credi possa disonorare la memoria di Lindsay stando qui, a parlare con te di accordi e collaborazioni?”.

Il silenzio cadde tra loro come una pietra. Spike lo guardò a lungo, senza cambiare espressione. Nessuno dei due sembrava voler dire alcun che, poi fu Spike a dire “Hai ragione. Ci sono così tante cose sospese tra noi.. che sarebbe assurdo tentare di passarci sopra..”.

“La prima cosa giusta che dici” lo interruppe Wesley, in tono duro.

“..si, tuttavia, Rogan, non pensi che io e mio padre abbiamo già pagato per questo?” la sua voce non era minacciosa, né supponente, né aveva l’ombra dell’insolenza del vecchio Spike. Era seria e pacata, mentre il suo sguardo non lasciava gli occhi freddi di Wesley.

Il quale, non seppe che cosa rispondergli. La vita non era stata tenera nemmeno con gli Shelby, certo. Wesley aveva sempre pensato che la morte di Angel, mai chiarita, e l’incidente di Spike fossero una sorta di giusta punizione e di contropartita per tutto quello che avevano patito i Rogan per mano loro.. tuttavia, proprio in quel momento, si trovò a considerare la situazione in un’altra prospettiva. Pensò che entrambi loro adesso erano soli. Così come Spike, anche lui era solo, senza fratelli intorno, con un padre anziano e provato che tra poco gli avrebbe lasciato le redini di tutto..

Sospirando, si lasciò cadere sulla poltrona “Devo pensarci, Spike” si passò una mano sulla fronte “Devo pensarci”.

L’uomo annuì “Si. E’ ovvio” si alzò “..sai dove trovarmi.. quando e se vorrai contattarmi” gli lanciò un’occhiata, prima di avviarsi all’uscita.

Prima di chiudere la porta, si voltò di nuovo “Una cosa volevo domandarti” si fermò sulla soglia e guardò a terra, come cercando le parole. Alla fine, chiese “Che mi dici di Buffy?” al suo sguardo freddo, riprese “So che non ho alcun diritto di chiederti dopo.. dopo quanto è successo. Ma è stata vicino a mio padre, alla clinica e..”.

“E’ a Londra. Ma non ho che notizie indirette. Vive là con Andrew, mio fratello, e Michael”.

“Michael” ripeté lui, confuso.

Wesley annuì, senza nemmeno guardarlo “Suo figlio. Il figlio di Buffy. Compirà due anni fra qualche mese”.

La mano di Spike si strinse di più intorno alla maniglia della porta. Si stupì di non averla distrutta. Riuscì a dire “..capisco..” e senza un’altra parola, uscì dalla stanza.

Non un dubbio attraversò la mente di Spike mentre si dirigeva all’automobile che lo attendeva fuori dall’edificio. Michael era figlio di Buffy e suo. Ripensò al loro ultimo incontro. Suo padre l’aveva costretto a riceverla, dicendogli che la ragazza che l’aveva vegliato per un anno stava partendo e lui doveva incontrarla e ringraziarla.. Nessuno ti è stato così vicino come ha fatto lei, gli aveva detto. E William l’aveva incontrata, trattandola con la stessa indifferenza che le riservava da quando aveva deciso di lasciarla.. All’inizio, per farla stare al sicuro. Un sacrificio che era stato del tutto inutile.. Poi, per compassione. Come costringerla a stare con lui, sfregiato dall’incidente e distrutto nell’animo?..

Un pensiero lo colpì e lo annientò. Forse, Buffy aveva voluto vederlo per dirglielo, per dirgli che aveva avuto suo figlio.. La immaginò vegliarlo davanti ad una porta chiusa, incinta e sola.. La visione gli mozzò il respiro.

Appoggiò la testa al finestrino oscurato e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Per tutto il tempo perso in una faida senza senso, per la fine della sua storia con Buffy, per tutta la sofferenza fisica e morale che l’aveva intrappolato per anni.. Rivide Buffy che gli sorrideva, abbracciandolo “Ti amo, ti amo William..” e una solitaria lacrima scivolò sul suo volto.

 

La chiacchierata con Gunn fu lunga e riservata. Mentre Spike parlava, raccontando la verità sulla morte di Lindsay ed Angel e sull’incidente, il vice procuratore ascoltava in assoluto silenzio, senza mai interrompere. Nel giro di un’ora, finalmente, Gunn chiarì le responsabilità su quelle morti assurde, dandosi dello sciocco per non aver trovato le prove per svelare prima i misteri. Per qualche ragione, capì di poter fidarsi dell’uomo che aveva davanti, completamente diverso da Spike, il terrore di Sunnydale.

“..tendo a crederle, William” gli disse quando lui tacque, ricordando le circostanze dell’incidente.

“Le ho detto la verità” ribadì lui, alzando lo sguardo “Avrei dovuto farlo allora, ma.. ero troppo coinvolto ed avevo paura per..” si fermò.

“Per Buffy” terminò l’altro fissandolo. Allo sguardo sbalordito di Spike, Gunn annuì “So tutto. Buffy mi raccontò..della vostra storia..” sembrò imbarazzato “Buffy la difendeva e io mi domandavo come potesse essere così sicura della sua buona fede. Era coinvolta sentimentalmente con lei.. E nello stesso tempo, voleva essere leale con i Rogan, che l’avevano accolta dopo la morte del padre, e con quest’ufficio” scosse la testa “Santo cielo, qualsiasi altra persona sarebbe scoppiata, in quella situazione”.

“Ma non Buffy” fece Spike.

“Oh, no. Non Buffy. Ha avuto il suo bambino e si è ricostruita una vita.. dopo aver vegliato un anno su di lei” lo guardò ancora “Perché lei sa che ha avuto un figlio da Buffy e che la ragazza è stata ferma a Los Angeles perché c’era lei?”.

Nonostante nel tono di Gunn ci fosse una malcelata ostilità, Spike annuì senza reagire “Lo so. So tutto.. anche se non mi aspettavo di avere un figlio..”.

“Mi disse che non le sarebbe importato di saperlo. L’aveva lasciata prima.. prima dell’incidente” continuò imperterrito il procuratore in tono severo.

Spike si alzò in piedi “Provò a dirmelo, probabilmente” considerò infilandosi le mani in tasca “Ma ero così distrutto da.. da tutto..”.

Gunn si appoggiò più comodamente alla poltrona “Adesso, Spike? Crede che le cose siano sempre allo stesso punto?” gli lanciò un’occhiata “Lei mi ha raccontato tutto quanto serve per chiudere i casi ancora aperti sulla faida che vi ha coinvolti, ma, di fatto, lei non c’entra niente e io non ho intenzione di muoverle alcuna accusa. Ha il suo passaporto, sta abbastanza bene da poter affrontare un viaggio aereo.. o sbaglio?”.

Spike lo fissò col cuore in tumulto. Andare a Londra, da Buffy e dal loro figlio.. Gli doleva il petto all’idea di rivederla, stringerla di nuovo.

Sgomento, si trovò a scuotere la testa “Non si può tornare indietro. Le ho procurato così tanto dolore.. Non posso. Non potrei mai dopo..”.

“Le ha dato un figlio che ama. Buffy le ha sempre creduto” lo fissò “E non si è più innamorata”.

Spike chiuse gli occhi, mentre un barlume di speranza gli illuminava il cuore, inaridito e muto da troppo tempo.

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Capitolo 20
*** Le Parole che Non Ti ho detto ***


 

Andrew pulì le labbra di Michael dai residui di gelato e guardò Buffy sconsolato “Santo cielo, siamo da mettere entrambi in lavatrice!” allargò le braccia, mostrando le chiazze di cioccolato sulla camicia.

“E’ il rischio che si corre a portare mio figlio ai giardini” scherzò lei. Era seduta in panchina e il sole baciava i suoi capelli biondi rendendoli ancora più luminosi.

Amava quei momenti, per questo trascorreva più ore possibili con Andrew e Michael in riva al fiume..

“Già, devo ricordarmelo per la prossima volta” fece il ragazzo, mentre il piccolo si distraeva con le sue macchinine. Un momento dopo, se lo trovò seduto accanto “Devo parlarti”.

Il suo tono, improvvisamente serio, la fece voltare “Si.. ti ascolto”.

Lo guardò torcersi le mani in grembo e corrugò la fronte. Non aveva proprio bisogno di tutto quel mistero.. Gli toccò una spalla “Forza. Sono tutta orecchi”.

“Beh.. In realtà, non è che io debba parlarti.. ma ci ho pensato tanto.. e credo di volerti parlare” guardandola, decise di arrivare al punto “Ecco. Wesley mi ha telefonato. E dopo di lui Gunn”.

“Sento Gunn molto spesso. Niente di nuovo..” si rattristò al pensiero di aver perduto l’amicizia e l’affetto di Wesley.

“Si, ma non ti ha detto quel che ha detto a me” la scrutò “Ha parlato con Spike”.

Buffy aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscì. Rimase zitta, gli occhi fissi sull’amico di sempre, l’espressione indecifrabile.

“Spike sta bene, adesso. Ha preso il suo posto in azienda, accanto a Ethan Shelby.. e ha chiesto di te” sospirò, incerto se continuare o meno. La reazione di lei era impossibile da comprendere. Continuava a guardarlo in silenzio. Alla fine, riprese “Io non so se la cosa ti interessa o se quello è un capitolo chiuso.. Non so esattamente come ti senti rispetto a questo. Spike sa di Michael” studiò la sua espressione, ancora impenetrabile.

La ragazza annuì piano “Si, va bene. Non ho motivo per nascondergli l’esistenza di suo figlio”.

Andrew proseguì “Nobile da parte tua, dopo quanto è successo e come ti ha trattato.. alla clinica” la fissò, mentre le immagini della tristezza di lei gli attraversavano la mente.

“Non voglio vivere di rancore” sussurrò Buffy “Il rancore e la vendetta hanno dominato le nostre vite per troppi anni..” si alzò dalla panchina “Ho amato tantissimo William e ancora adesso..” cercò le parole “Ancora adesso penso che non ci sarà mai nessuno come lui per me..” scosse la testa, abbozzando un sorriso amaro “Come posso odiarlo o provare rancore? Mi ha dato Michael..” guardò il bambino che stava giocando allegro “In fondo, siamo stati schiacciati da una cosa tanto più grande di noi che qualcun altro aveva deciso. In questi anni ho capito che non posso odiarlo, in alcun modo” incontrò gli occhi di Andrew trattenendo le lacrime “Non potrei mai”.

Lui le fu subito accanto e la strinse a sé “Oh, Dio, Buffy” le accarezzò i capelli “Mi dispiace così tanto. Se avessi agito prima, in qualche altro modo, avrei potuto proteggerti..”.

“No, era destino” mormorò Buffy sospirando “Era il mio tragico destino..” si staccò appena ed Andrew poté vedere che stava sorridendo tristemente “Ma non ho mai pensato che la mia vita fosse finita lì.. C’è Michael, ci sei tu, ci sono io..” alzò il viso verso il cielo terso “Non è affatto finita”.

 

Andrew non si stupì di trovarsi di fronte Spike. L’idea che lui si sarebbe fatto vivo prima o poi non l’aveva mai lasciato dalla chiacchierata telefonica con Gunn. Ed infatti, eccolo lì, fermo sulla soglia dell’appartamento, che lo fissava serio da dietro gli occhiali.

Occhiali? Da quanto Spike Shelby portava gli occhiali? E i capelli.. non erano più ossigenati, ma di un caldo castano, leggermente lunghi sulle spalle..

Gli fece cenno di entrare, indicandogli la poltrona.

“Da quanto sei a Londra?” gli domandò.

“Una settimana” rispose Spike rimanendo rigido tra i cuscini “Mi sono dovuto ambientare un po’..”.

“Hai dovuto trovare il coraggio di farti vedere” lo corresse ironico. L’altro non rispose. Così, Andrew proseguì “Mi sembra che tu ti sia ripreso bene dall’incidente”.

Spike fece un breve cenno del capo.

Un silenzio imbarazzato calò tra di loro. Infine, fu proprio Spike a dire “So che ci siamo fatti la guerra per tanto tempo e che ti ho fatto del male..”.

“Mi avete pestato varie volte” lo interruppe serio “Tu e i tuoi scagnozzi”.

“Lo so. Ma sono cambiato” lo guardò evidentemente ansioso “Non faccio più quella vita”.

“E questo dovrebbe tranquillizzarmi?” si sporse un poco “La tua famiglia ha ammazzato mio fratello Lindsay”.

“Non l’ho ucciso io..” fece subito “Pazzo e violento, si, ma non sono un assassino” sospirò.

Andrew annuì “Bene. Sono contento per la tua anima” gli voltò le spalle e prese a fissare un punto della parete “Non sai che cosa ha significato per me crescere con fiato degli Shelby sul collo, con la paura di un agguato, con la paura per l’incolumità delle persone cui volevo bene”.

“Conosco quella paura”.

Andrew si voltò di scatto “Se stai accusando la mia famiglia..”.

Ma Spike scosse la testa “No. Sto parlando di ciò che tutti noi abbiamo patito a causa di una faida senza senso”.

Quelle parole parvero calmare Andrew. Lo guardò ancora, dicendo “So perché sei qui”.

Lui annuì “Immagino di si” si schiarì la voce “Vorrei incontrare Buffy. Credi che sarà possibile?”.

“Non credo di dover essere io a decidere” rispose dopo una lieve esitazione. Sospirò “Lei sa che stai bene e che hai chiesto di lei..” si passò una mano sulla fronte “Ed è proprio incredibile che non riesca ad odiarti” lo fissò truce “Non ti odia, dopo quello che le hai fatto. Dopo che.. che l’hai lasciata davanti ad una porta chiusa per un anno!” sputò rabbioso “Hai idea di che cosa abbia passato..?”.

Spike ricambiò il suo sguardo, impassibile “No. Non ne ho idea, Andrew. So di aver agito come un bastardo senza cuore e forse lo sono” si alzò dal divano “Ma non potevo.. non potevo lasciare che lei vedesse ciò che di me era rimasto.. Io le ho spezzato il cuore, l’ho annientata in tutti i modi immaginabili.. e sono stato punito.. Non volevo che avesse pietà di me..!”.

Il tono disperato con cui pronunciò quelle ultime parole costrinse Andrew a guardarlo. Si rese conto in quel momento di non avere davanti Spike, il Sanguinario, l’incubo della sua adolescenza.. Si accorse che colui che gli stava parlando era un uomo distrutto che stava tentando di rimediare, in qualche modo, se ne esisteva uno.

Sospirò, combattendo con la sensazione che lo stava invadendo, prendendo a calci sé stesso per la compassione che si faceva largo dentro le sue viscere.. Si appoggiò esausto al tavolo.

“E se non posso rimediare con lei, voglio provarci con mio figlio” sussurrò Spike “Credo di essere sopravvissuto solo per fare questo”.

Andrew annuì, sconfitto.

 

In ufficio era stata più dura del solito. Mentre usciva dal Palazzo di Giustizia, il pensiero di Buffy corse alla serata che l’aspettava con Michael e tutte le sue tutine da stirare. La baby sitter a quest’ora gli aveva già fatto il bagnetto e dato da mangiare..

Si bloccò quando dall’altro lato della strada scorse una figura che non poteva dimenticare.. William era appoggiato alla sua automobile, le mani in tasca, gli occhi nei suoi.

Il cuore le saltò in gola, una famigliare morsa allo stomaco le impediva di respirare.. Poteva voltarsi ed andarsene, nessuno l’avrebbe costretta ad incontrarlo e parlargli.. Ma le gambe si mossero di volontà propria. Attraversò la strada e gli fu davanti in pochi secondi.

“Ciao, William” disse con tutta la calma che riuscì a simulare, sperando di essere convincente.

“Ciao, Buffy” le rispose teso. Si staccò dall’auto “Credi.. credi che possiamo parlare? Non molto, qualche minuto”.

Si rese conto che l’uomo bellissimo che aveva davanti aspettava la sua risposta senza respirare. Allora, annuì prima che la paura e le immagini del passato la costringessero a voltarsi e scappare. Girò intorno alla macchina e salì. Attese che lui facesse lo stesso e partì.

Non sapeva dove stesse andando. Guidò qualche minuto in silenzio, incapace di dire qualcosa o di guardarlo. Stringeva così forte il volante che le dita le dolevano. Alla fine, si trovò di fronte a casa.

Spense il motore ed abbandonò le mani in grembo.

“Vuoi entrare?” gli domandò.

“Possiamo parlare anche qui”.

Allora, si decise ad alzare lo sguardo e ad incontrare gli occhi blu che le avevano cambiato la vita.

“Immagino che tu sia qui per Michael”.

“Per lui, si” fece un cenno con la testa “Ma ho così tante cose da dirti” sospirò “Non so se ci riuscirò..” abbozzò un sorriso.

Buffy lo guardò meglio. Sul viso non c’era alcun segno dell’incidente, tranne una cicatrice che tagliava il suo sopracciglio sinistro in tre punti.

Lui si accorse dell’esame, e sussurrò “Le operazioni che ho subito mi hanno rimesso in sesto..” si schiarì la voce “Almeno fisicamente..”.

“Mi dispiace così tanto, William” si trovò a dire “E’ stato un incidente terribile e ho creduto.. ho creduto che fossi morto e poi che non ti riprendessi più”.

Spike scosse la testa “Ti prego, smettila” si allontanò un poco, appoggiando la testa al finestrino.

Lo fissò confusa.

“Buffy..” sembrò cercare le parole “Non ci provare nemmeno. So esattamente che cosa ti ho fatto, che cosa hai passato..” la voce si spezzò, mentre tornava con lo sguardo su di lei “Il modo in cui ti ho parlato dopo.. dopo tutto..”.

Dopo un lungo silenzio, fu Buffy a dire “Non importa, William. Non importa più. Quello che è successo.. è stato troppo, per te, per me.. per tutti noi” si passò una mano sulla fronte “Siamo qui, vivi, stiamo parlando..” tentò di sorridere “Possiamo riposarci, ora?”.

Gli occhi di Spike si allargarono. Registrò quanto Buffy gli stava dicendo e le lacrime gli offuscarono lo sguardo.. Deglutendo forte, allungò una mano verso quella di lei, incapace di dire qualcosa.

“Andiamo” fece Buffy.

Un momento dopo, si avviarono verso casa.

 

Senza dire una parola, lo accompagnò nella stanza di Michael. Lo guardò mentre fissava il piccolo addormentato nel suo lettino. Non riusciva ad immaginare che cosa stesse provando, tuttavia si sentì commossa. William era vivo, nonostante tutto, e Dio, o chi per lui, gli stava dando la possibilità di conoscere suo figlio.

In silenzio, si sedettero in sala. Buffy avrebbe voluto dire qualcosa, sciogliere quel momento così intenso e duro, ma lui la fermò con un cenno della mano.

“Sono tornato per te, Buffy, perché ti amo e l’ho sempre fatto..” le confessò sospirando.

“Mi hai lasciato.. Prima dell’incidente, ricordi? Era finita..” non provò nemmeno a trattenere le lacrime. Le aveva mai detto ti amo prima?... Dopo una breve occhiata, Spike si alzò in piedi, incapace di reggere il suo sguardo.

“So che adesso non servirà, ma voglio dirtelo, voglio che tu sappia.. Fu per Drucilla. Aveva minacciato di farti del male. Volevo metterti al sicuro prima di affrontarla. E l’incidente..” si strinse le braccia al petto, al ricordo “Stavamo litigando perché continuava a minacciare te e io tentavo di farla ragionare. Mi ha graffiato e il sangue mi colava sugli occhi impedendomi di vedere la strada..” smise di parlare, immerso nel ricordo di quel momento tragico.

Buffy lo guardava, sconvolta. E dunque era questa la verità.

“Ti ho allontanato perché avevo paura che ti facesse del male. Ne aveva già fatto” si voltò “Ad Angel”.

“Oh, Dio, William..” riuscì a sussurrare con un filo di voce.

Lui scosse la testa “E’ difficile parlarne, dopo tutto.. Una storia squallida di tradimento e follia” rise amaro “L’ho allontanata da me quando..” le lanciò un’occhiata “quando ti ho conosciuta e lei si è rifugiata da Angel.. forse ha cercato di sostituirmi, non lo so. Drucilla era pazza” sospirò, la mascella contratta, lo sguardo perso nel vuoto “E quando lui le ha detto che non intendeva impegnarsi, che stare con lei non era veramente nei suoi programmi.. L’ha ammazzato. L’ho trovata con la pistola in mano, a casa di Angel, seduta a terra accanto al cadavere..” mosse la testa, come a scacciare il ricordo “Non ho potuto in alcun modo lasciare che la incriminassero.. e così.. così ho inscenato tutto, ho fatto sparire l’arma, ho spostato il corpo di Angel.. Ho mentito a te, alla polizia, a Gunn, a mio padre” infilò le mani in tasca “Ma non potevo abbandonarla al destino che la sua pazzia aveva scelto per lei”.

La mente di Buffy registrava quelle rivelazioni freneticamente, e tutti i pezzi di quel periodo delirante andavano lentamente a posto, riaprendo vecchie ferite. Ricordò quanto avesse sospettato di Wesley per la morte di Angel e per lo stesso incidente di Spike.. Abbassò la testa, cercando di recuperare un ritmo regolare di respiro. Ma era impossibile. Perché lui era qui, davanti a lei, e le stava raccontando tutto, le stava confessando che l’amava e sempre l’aveva fatto.

 “Ho molte cicatrici, Buffy. E non solo fisiche. Non hai idea.. del dolore che ho provato. Dolore fisico, certo, ma soprattutto.. emotivo. Sono morto, Buffy, e non so proprio come ho fatto a ricominciare a vivere e venirne fuori”. Alzò lo sguardo e la fissò.

“Io ti amo. Ho attraversato l’inferno e recuperato la mia anima solo per questo momento, per venire qui a dirtelo. Non mi aspetto niente..”tentava inutilmente di tenere la voce ferma “Ho provato a farcela da solo. Sono uscito, ho incontrato gente.. ma è sempre stato solo tempo. Ho parlato con loro perché tu non c’eri. Che Dio mi perdoni, Buffy, ma tutto gira intorno a te. La mia vita, gira intorno a te”.

“William.. io..” cercò di dire, ma lui l’interruppe.

“So che ho sbagliato. Ho fatto delle scelte sbagliate. E ho rovinato tutto ma..” la guardò implorante “Ma i miei sentimenti per te sono sempre gli stessi”.

Buffy si passò una mano sul viso, accorgendosi che era umido di lacrime. Si asciugò le guance lentamente, poi si alzò e gli andò davanti. Era così difficile stare lì e non abbracciarlo, ignorando ciò che il suo cuore e il suo corpo stavano gridando da ogni singolo anfratto. Da quando William era diventato carne della sua carne? Da quando lo sentiva addosso come la sua pelle, la luce del sole, la pioggia insistente di Londra?..

“Dovremmo parlarne ancora e molto, perché tu non puoi piombare qui dopo due anni e pretendere che io sia pronta a rispondere, in un modo o nell’altro.. Ci sono cose da dire, fiducia da ristabilire..” incontrò i suoi occhi “.. tu credi che potremmo saltare tutto questo ed abbracciarci?”.

Gli occhi di Spike si spalancarono, mentre quelle parole gli si conficcavano nel cuore e nella mente. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei lo precedette “Puoi solo abbracciarmi e baciarmi, William?”.

Un istante dopo era sepolta nelle sue braccia, ad ascoltare il battito impazzito del suo cuore mentre la stringeva in modo spasmodico e le appoggiava le labbra tra i capelli, mormorando parole incomprensibili.

“.. Dio, Buffy..” sussurrò “Se questo è un sogno..” ma lei alzò la testa e lo interruppe, fissandolo “No. E’ ciò che voglio, ciò che sento..” gli sfiorò le labbra con le proprie.

Poi, si stacco da lui e lo fissò, improvvisamente seria.

“Dimmi che mi ami”.

Spike annuì, un lampo di desiderio quasi la abbagliò “Ti amo”.

“Dimmi che mi vuoi”.

“Ti voglio, sempre” la sua voce era bassa e roca, e questo bastò ad infiammare Buffy.

Si portò una mano alla bocca, tremante, mentre la attirava a sé e schiantava le proprie labbra sulle sue, invadendola come sempre, come sempre aveva fatto..

Tentò di allontanarsi, ma lui la trattenne. Si staccò solo quando il bisogno d’aria ebbe la meglio e la fissò, i lineamenti stravolti dalla passione.

“Non è cambiato niente..” le sussurrò, mentre con le mani seguiva il contorno dei suoi fianchi, su, fino ai seni. Ne accarezzò uno, con fare sensuale. Poi, lentamente le slacciò alcuni bottoni della camicetta e la sua mano s’insinuò a sfiorarle la pelle, bruciandola.

“Oh, Dio, William..” si lamentò, chiudendo gli occhi. Come se non l’avesse neanche sentita, continuò ad accarezzarla, slacciandole il reggiseno e piegando la testa, cercando con le labbra la morbidezza del suo seno. Iniziò a tormentarle i capezzoli e lei si sentì eccitata esattamente come allora.. Si trovò a spingere i fianchi contro quelli di lui, sentendo la sua famigliare eccitazione. Spike si sollevò di scatto, la prese per la vita e con occhi infuocati dal desiderio, la fece sedere sull’orlo del tavolo, insinuandosi tra le sue ginocchia. Sempre fissandola, abbassò la mano e la accarezzò attraverso la stoffa delle mutandine. Buffy sussultò, spingendosi ancora di più verso il suo corpo, che, si rese conto soltanto adesso, le era mancato oltre misura..

La tirò verso di sé e, senza esitazione, la penetrò. Solo allora, Buffy lo guardò negli occhi, mentre una lacrima le scivolava sulla guancia in fiamme. Si aggrappò alle sue spalle ed incontrò le sue spinte, in un frenetico e tuttavia dolce movimento che era registrato nelle sue viscere.. Solo con lui raggiungeva quella perfezione assoluta.

“Buffy..Buffy, amore mio” lo sentì sussurrare mentre raggiungeva un’estasi di cui aveva dimenticato l’esistenza ed esultò, quando sentì che anche lui si lasciava andare su di lei, appoggiandole la testa sul seno..

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Capitolo 21
*** I Migliori Anni della Nostra Vita ***


Eccoci all'ultimo capitolo! Grazie per averla letta. Spero sia piaciuta alla maggioranza di voi e, se così non è stato, beh, siate clementi. E' la prima che scrivo.. Vi lascio alla lettura dell'ultimo capitolo.. A prestissimo.
Ezrebet

 

 

Gunn guardò distrattamente la porta a vetri dell’aeroporto. Poi, quando finalmente il suo cervello registrò quanto aveva appena visto, tornò con lo sguardo sulle due figure che si stavano avvicinando. L’uomo era Spike, in jeans e camicia e, cosa sorprendente, con un marsupio che gli ingombrava il petto, da cui sbucavano due gambette e un ciuffo di capelli scuri, la donna era Buffy, ovviamente, che teneva per mano un bambino che le camminava al fianco.

Michael, pensò subito Gunn, che se lo ricordava neonato nella culla candida.

Andò loro incontro e in un istante, ebbe Buffy tra le braccia, neanche il tempo di dire una parola.

Si voltò verso Spike e disse “Quella deve essere Joyce” e l’uomo annuì.

Buffy si staccò appena sussurrando “Non credevo proprio che sarebbe arrivato questo momento” aveva gli occhi umidi.

Gunn le strizzò l’occhio “E io non credevo proprio che vi sareste sposati” le sorrise “Sono contento di vederti, Summers”.

Un momento dopo, una lunga limousine nera si fermò davanti al gruppetto. Ne discese Andrew che li abbracciò entrambi.

“Finalmente siete arrivati” li salutò. Poi, si rivolse a Buffy “Wesley vi sta aspettando..”.

L’espressione di lei si fece ansiosa, ma Spike le appoggiò una mano sulla spalla “Vai” la fissò “Credo che prima di tutto stia aspettando te..” prese la mano di Michael, mentre Andrew le apriva la portiera.

Gunn guardò la macchina allontanarsi, poi fece “Venite, andiamo a trovare Ethan”.

Fece salire in macchina Spike con i bambini e s’immise nel traffico.

“Perché non sei andato con Buffy?” gli domandò mentre guidava.

“Credo che lei debba incontrarlo da sola, dopo tutto questo tempo” rispose lui, in tono sommesso “Io e Wesley abbiamo già parlato e l’accordo che abbiamo trovato è più che soddisfacente.. Adesso, è questione loro..”.

Gunn annuì “Si, hai ragione. Se pensate di rimanere a vivere qui..”.

“Questa è la nostra casa” lo interruppe deciso.

“Molto giusto” concordò l’uomo “Visto che rimarrete qui, è opportuno che Buffy rientri nella sua famiglia”.

“Non si è mai veramente allontanata. Forse fisicamente, ma il suo cuore è sempre stato qui, a Sunnydale” sospirò “E non riesco a credere che proprio mio padre si sia messo in gioco per lei.. per risolvere le cose con i Rogan”.

“Tuo padre ha rispettato un impegno preso con Buffy, quando insieme ti vegliavano..” lo guardò “Sembra incredibile, ma la situazione sta davvero cambiando”.

Spike parve pensieroso. Per alcuni minuti non disse niente, rimanendo assorto nella contemplazione del paesaggio oltre il finestrino. Poi sussurrò “E’ cambiato tutto la sera che Buffy è tornata da Londra, la prima volta. E’ cambiato tutto allora, solo che non ce ne siamo accorti” si voltò a guardare i bambini, che si stavano addormentando nei loro seggiolini.

 

Lo studio di Wesley era sempre lo stesso. Sedie e tavoli di mogano, divani di velluto, librerie strapiene.. Lui se ne stava in piedi, la stava aspettando. Quando Buffy entrò, un passo dietro ad Andrew, incontrò subito i suoi occhi azzurri e seri e, nervosa, fece per parlare. Ma Wesley la fermò con un cenno della mano. La studiò alcuni secondi, poi riempì la distanza che li separava con passi veloci e la abbracciò, stringendola forte.

Andrew si commosse, davanti ad una scena che fino a quel momento aveva soltanto sognato. Era stato difficile riavvicinarsi al fratello e ancor più difficile convincerlo a questo passo.. Se non fosse stato per Ethan Shelby e per Trevor, che volevano veder crescere i loro nipoti, Wesley avrebbe mantenuto la sua posizione intransigente.. Ed invece, adesso, Buffy era qui, era tornata da dove era partita, orfana e sola tanti anni prima..

Respirando forte, nel tentativo di trattenere le lacrime, indietreggiò ed uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Rupert lo guardò, con aria interrogativa, dietro a lui Trevor, ansioso.

Nonostante la commozione, il ragazzo fece un sorrisetto e disse “Credo che le cose si sistemeranno..” s’infilò le mani in tasca “..nel frattempo, perché non ci prendiamo un bel the?”.

E mentre Rupert serviva il the in veranda, padre e figlio si godevano quell’incantevole pomeriggio di primavera.

 

         

 Oh, non dir mai che il mio cuore ti fu infedele se anche sembrò che la lontananza affievolisse la fiamma del mio amore; io potrei più facilmente divider me da me stesso, che staccarmi dall’anima mia che nel tuo petto vive…

 

                                       W. Shakespeare, Sonetti CIX

 

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