Fly away from here di KikiWhiteFly (/viewuser.php?uid=33036)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Capitolo ***
Capitolo 2: *** II Capitolo [Shikamaru POV] ***
Capitolo 3: *** III Capitolo ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** I Capitolo ***
Fan fiction classificatasi terza
al contest "Wicked
and... lovely, incantevole e pericoloso",
indetto da the forgotten dreamer e valutato, in seguito, da ro-chan.
Alcune note: questa storia inizialmente avrebbe dovuto partecipare al
contest "E tutti vissero felici e contenti" di Mayumi_san poi,
però, per carenza di partecipanti è stato
annullato. La storia doveva essere ispirata ad un classico Disney, io
mi ispirai ad Aladdin. Però, visto che è stato
annullato ho "utilizzato" l'idea per questo contest. Ecco
perché, noterete,
la storia si collega a quella di Aladdin o, perlomeno, alcuni elementi.
In ogni caso, potete trovare i risultati qui.
Saranno tre capitoli e l'epilogo, aggiornati quotidianamente :).
Ultissima cosa: il titolo della storia è ispirato ad una
famosa canzone degli Aerosmith, che potete trovare qui.
Fly
away from here
I
Capitolo
Da
un mese a quella parte, compiuti da poco gli agognati diciotto anni,
suo padre aveva iniziato ad incalzarla con un discorso che non si era
stupita troppo di udire.
Era
stato in un ristoratore pomeriggio di aprile che aveva deciso di
farle una certa
ramanzina: “Un
giorno, figlia mia, non ci
sarò più...”
.
Ino
aveva tossito un paio di volte, poi aveva reagito istintivamente:
“Padre, non credo sia
il momento migliore per affrontare questi
discorsi, né per conoscere pomposi e vanitosi
rompiscatole”.
In
un primo
momento sembrava aver avuto la meglio.
Qualche
giorno più tardi, all'imbrunire di un sole corallo, suo
padre aveva
insistito nuovamente ed Ino, a quel punto, era stata costretta ad
accettare.
Così,
contro la sua volontà, aveva preso parte ad assurdi festini
e
sciocche inaugurazioni che non avevano nulla in comune con i suoi
doveri regali. Fu proprio ad una di quelle feste, in un luogo non ben
precisato dell'Oriente, che aveva incontrato l'uomo della sua vita.
Il
sol vedere quelle che si sarebbero potute definire sue colleghe,
la irritava. In verità erano solamente uno stuolo di snob,
che si
accaparravano la ricchezza altrui. Obbiettivamente erano delle belle
ragazze, avevano un viso delicato ed un portamento davvero fine ma
all'interno erano vuote, superficiali, nient'altro che la copia
ingiallita di quella che si sarebbe potuta definire una vera
principessa. Questo era il motivo principale per il quale Ino non
riusciva a colloquiare con loro, ad instaurare un rapporto quantomeno
civile.
D'altro
canto aveva notato più volte lo sguardo di suo padre cercare
il suo:
allora si implorava tra sé e sé di farsi forza,
dopotutto ne valeva
la sua vita in un certo senso.
Però,
anche quei principi erano terribilmente irritanti; non riusciva
nemmeno a parlare con loro, poiché puntavano immediatamente
a
discorsi tutt'altro che inerenti alla conversazione.
L'unica
via di scampo era la fuga... E,
infatti, fuggì.
Ino
abbandonò il buffet, defilandosi tra la folla. Si
gettò
letteralmente fuori, respirando aria salubre. Si aggrappò
con le
mani alla lastra di marmo del balcone, dopodiché –
quasi fosse
stata comandata dall'istinto – si denudò di tutti
gli ornamenti
che adornavano il suo corpo.
Così,
con le lacrime che le scendevano copiosamente sul viso, i capelli
arruffati, il vestito sgualcito. Così,
l'avrebbero mai amata?
«Prenderà
freddo.»
Tutto
d'un tratto, Ino tacque.
Voltò
il capo indietro, incontrando un paio di occhi ossidiana nascosti
nell'ombra: a giudicare da quella prospettiva, v'era un baldo
cavaliere. Riuscì ad imprimere pochi tratti fondamentali
nella sua
mente, capì in quel momento che l'individuo non voleva
rivelarsi.
«E'
meglio per lei che non mi veda così», rispose Ino,
dandogli
volutamente le spalle, «Non sono un gran bello
spettacolo.»
«Come
vuole.»
Sentì
un sospiro sonoro, dopodiché udì alcuni passi
leggeri e cadenzati
venire in sua direzione. Non seppe per quale motivo ma il cuore
cominciò a tamburellare, le lacrime d'un tratto parvero solo
un
amaro ricordo e al loro posto sembrava essersi accesa una certa
curiosità. Il principe le dava le spalle, nascosto dal tetro
mantello della notte; ora respirava sul suo collo, inconsapevolmente
sensuale.
«Chiuda
gli occhi.»
Per
qualche astruso motivo, si fidò; d'un tratto
lasciò cadere le
palpebre in uno stato d'estasi temporaneo, rilassandosi
completamente.
Ad
occhi chiusi la realtà le appariva in tutt'altra maniera:
era
pacifico silenzio, sovrumana quiete, libertà assoluta. Si
sentì
levitare in aria quando le dita dello sconosciuto s'intrecciarono
alle sue, alzando di poco le sue braccia. Eppure, giurò di
aver
appena volato.
«Sentite.»
Non
capì inizialmente, ma le bastò qualche secondo
per afferrare il
senso di quella parola: ora, sentiva la rapida folata di vento che
lasciava volare liberamente i suoi capelli ed una foglia non troppo
rumorosa che si era inaspettatamente posata sopra la sua gonna. Non
sapeva spiegarne bene il motivo, ma sorrise.
Insieme
a quell'uomo si sentiva leggera come l'aria, forte e indomabilmente
orgogliosa, piena di energia vitale; ogni suo desiderio era esaudito
se stringeva le sue mani, ogni tormento magicamente svanito se il suo
respiro carezzava ancora una volta la sua pelle.
«E
se li volessi riaprire?»
Domandò,
tornando con gran fatica a quella violenta realtà.
«Potrà
sempre chiuderli.»
Poi,
poco a poco, la stretta venne meno e d'un tratto le sue dita
lasciarono quel prezioso salvagente. Si sentiva già
affannata,
quando sentì due morbide labbra venir contro le sue con
grande
audacia. Non fece nemmeno in tempo a riaprire gli occhi che lo
sconosciuto si era già defilato, lasciandole solo una
sensazione
agrodolce sulle labbra.
Ino
si voltò indietro, ma non c'era nessuno; eppure, era sicura
che
quello che aveva vissuto pochi attimi prima fosse stato reale.
Raccolse
le sue cose dando una vaga parvenza d'ordine ai suoi capelli, ormai
malmessi. Rimise i gioielli al proprio posto, s'infilò i
guanti di
pizzo, sistemò il vestito e, nel farlo, s'accorse di quella
foglia
aguzza, rossa, dalle venature vagamente giallastre, che l'individuo
qualche minuto prima le aveva menzionato.
Osservò
qualche secondo la foglia poi la infilò all'interno della
scollatura, custodendola come un segreto: forse
sarebbe stata
l'unica cosa che l'avrebbe convinta che quello non era stato un
sogno, ogni qual volta se lo fosse domandato.
Entrando
nella sala un vaghissimo odore di fragole s'insinuò
prepotentemente
nelle sue narici. Non era un frutto tipicamente orientale, anzi:
dall'occidente arrivavano nuovi sapori ogni giorno, nuovi frutti da
assaggiare, forse si stavano aprendo al nuovo mondo. Un cameriere le
passò accanto, servendola gentilmente; Ino sorrise,
prendendo un
piattino di media proporzione. In quel momento le passò
accanto suo
padre, la stava ammonendo con lo sguardo.
«Mi
auguro che qualcuno abbia attirato la tua attenzione.»
Disse,
guardandosi intorno e distribuendo finti sorrisi.
Non
poteva certo dirgli di aver conosciuto un volto senza nome, che
adesso le stava facendo battere il cuore e che, molto probabilmente,
non avrebbe più rivisto tale individuo. Suo padre le sarebbe
scoppiato a ridere in faccia complimentandosi per l'ardita fantasia
e, in seguito, l'avrebbe rimproverata.
Annuì
in segno di resa ed il genitore parve capire perfettamente.
«E
la spilla?»
«La
spilla?»
Fin
da piccola, aveva posseduto la suddetta spilla –
precedentemente
appartenuta a sua madre – una semplice farfalla d'argento con
un
rubino all'interno. Non era l'oggetto in sé ad essere
prezioso,
quanto il significato che vi era all'interno ed il fatto che
generazioni prima di lei avevano custodito tale ornamento.
Perderlo
significava cancellare parte della sua vita: all'interno della spilla
non vi erano rubini ma ricordi.
Guardò
da una parte all'altra, non vedendo alcun oggetto; poi gli occhi si
appannarono quando prese seriamente in considerazione il fatto di
averla perduta.
Non
osò voltarsi dalla parte del genitore, era certa che
l'avrebbe
fulminata con lo sguardo. Lasciò cadere il piattino dalle
mani,
correndo a gran lena agli scalini di marmo della megalomane
struttura.
Le
scale a chiocciola sembravano interminabili, i suoi piedi
però
correvano senza troppi problemi – malgrado i tacchi
vertiginosi – il suo cuore gridava e le sue labbra ruggivano
come
mai prima d'allora. Andava bene soffrire, se si trattava di se
stessa, ma aver perso la sola cosa che le rimaneva di sua madre, il
sol contatto con colei che le aveva dato vita, la faceva sentire una
fallita. Se non era nemmeno capace di tenere un ricordo, come sarebbe
stata capace di tenere in piedi una relazione, un vincolo d'amore?
Poi,
quando finalmente le scale terminarono, un pensiero le
balenò in
testa: e se lo sconosciuto non fosse stato così galante,
come lei
pensava?
***
|
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Capitolo 2 *** II Capitolo [Shikamaru POV] ***
II
Capitolo
[Shikamaru
POV]
Shikamaru
osservò la conquista, girandosela tra le dita.
Ghignò,
piuttosto soddisfatto di se stesso. Il piano era stato pensato
alcune settimane fa, quando da voci di strada aveva udito che a breve
vi sarebbe stata una gran festa a cui avrebbero partecipato i nobili
più importanti dell'Oriente.
Serviva
solamente un piano d'azione: aveva trovato un abito adatto –
o
meglio: rubato – e si era costruito una falsa
identità, cercando
in ogni caso di non dare troppo nell'occhio. In fondo era andato
lì
solamente per rubare, dopo aver sedotto qualche ingenua fanciulla.
Diamine,
aveva fatto il colpaccio più grande della sua vita: aveva
intascato
un gran numero di gioielli, oltre al fatto che il suo stomaco poteva
dirsi sazio una settimana; poi, aveva visto creature davvero divine
sfilare davanti i suoi occhi e ne aveva osservata una, in
particolare, cadere nel profondo abisso dell'infelicità.
Fino
ad allora Shikamaru Nara aveva sempre avuto parecchi pregiudizi
riguardo i nobili: una casta che, dal suo punto di vista, sembrava
non avesse niente di regale, se non un cognome piuttosto mal
utilizzato.
Da
tempo aveva sviluppato quel rancore, così era giunto a
pensare che
ogni nobile vivesse nell'agio e nel lusso, infarcendosi di denaro e
terreno a non finire, osservando da lontano la miseria del proprio
paese senza far nulla per fermare tale situazione.
Quando
aveva osservato quella principessa crogiolarsi nelle proprie pene,
invece, aveva sentito un moto all'interno. Si era avvicinato con
molta cautela e, al contempo, aveva studiato un piano d'azione,
osservando quegli splendenti brillanti presentarsi davanti i propri
occhi. Le aveva fatto chiudere gli occhi, aveva afferrato le sue dita
e qualcosa si era mosso al suo interno, in quel momento.
Il
suo viso era un'autentica opera d'arte: una bambola di porcellana
finemente dipinta a mano, una bocca che parlava senza che nessuno
glielo chiedesse, che con movenze leggere e coordinate gli rivolgeva
domande di cui non era certo di saper dare l'esatta soluzione. Poi,
quando aveva lasciato andare le sue dita, si era bloccato qualche
nano secondo, come se quella ragazza lo avesse immobilizzato.
Fu
una sensazione che non si protrasse a lungo, poiché convinse
la
ragione ad avere la meglio: prese la prima cosa che gli andò
all'occhio, un oggetto assolutamente ordinario che però
luccicava
sotto la protettiva luce lunare, afferrò la spilla e la
infilò
rapidamente in tasca.
Poi
s'avventò con molta poca razionalità sulle labbra
della giovine,
come per non cancellare il suo disegno nella propria mente. Se si
fosse rivelato, lei avrebbe visto la miseria – e, a quel
punto, lo
avrebbe definitivamente dimenticato.
Quel
pensiero non gli dava troppa pena: dopotutto, esser riuscito a
prendere la spilla era il suo maggiore guadagno.
Si
ridestò solo quando stava albeggiando – almeno, a
giudicare dalle
sfumature nel cielo – il primo pensiero andò alla
spilla. Era
ancora tra le sue mani, intatta.
Fece
un profondo sospiro, poi si alzò.
Essere
liberi non significava necessariamente essere felici: la vita era
difficile da qualunque prospettiva, in ogni caso c'erano degli
ostacoli da dover affrontare.
Essere
liberi, sì, ma senza sapere mai se ci sarebbe stato un
domani...
Questa era la sua vita.
Riuscì
a rubare un tozzo di pane, senza che il fornaio se ne accorgesse e
adesso lo stava addentando: probabilmente, quello sarebbe stato
l'unico pasto che sarebbe riuscito a consumare per quel giorno. D'un
tratto, però, si trovò incontro un ostacolo che
non aveva avuto
l'ardire di mettere in conto: distinse immediatamente i capelli
lunghi e fluenti della principessa, per non parlare dei suoi gioielli
e dei suoi abiti.
Avrebbe
potuto tranquillamente sfilare la collana oppure gli orecchini, ma
aveva come l'impressione che in quel modo sarebbe stato troppo
facile; guardò da una parte e dall'altra poi, non vedendo
alcun
losco individuo a parte egli stesso, avvicinò lentamente la
mano
verso il suo collo.
«Non
provateci nemmeno.»
Gli
inveì contro una voce. Shikamaru sospirò,
incontrando gli occhi
della ragazza.
«Voi...»
Proferì
semplicemente la principessa, puntando lo sguardo al suo collo.
Shikamaru,
per essere sicuro di non perdere la spilla, l'aveva attaccata
all'indumento: l'avrebbe venduta quella mattina stessa al miglior
offerente. Ritirò immediatamente lo sguardo poi, si disse,
avrebbe
fatto meglio a fuggir lesto.
«No,
vi prego! Quella
spilla... apparteneva a mia madre!»
Gridò,
con tutte le sue forze. Ora, Shikamaru, a pochi metri di distanza si
mordeva il labbro inferiore e lanciava di tanto in tanto uno sguardo
alla spilla.
«Ora
non più.»
Proferì
semplicemente, lanciando un ghigno sardonico in sua direzione.
Voltandosi, aveva potuto vedere gli occhi della principessa riempiti
di lacrime – che visione melensa, pensò, sebbene
qualcosa lo
stesse scuotendo dentro – tuttavia aveva ignorato nel vero
senso
del termine la sua presenza ed aveva guardato davanti a sé.
Prima
ancora che potesse fare un paio di passi una mano lo
strattonò,
dopodiché la voce irritante della ragazza
mugugnò: «Voi siete quel
principe, vero?»
L'uomo
ignorò bellamente la sua presa e la liquidò con
un semplice scambio
di occhiate e una frase poco delicata: «Io non sono proprio
nessuno.
E nemmeno tu.»
Ino
guardò dietro di sé: ora, il palazzo era
così lontano. La realtà,
invece, appariva così vicina che quasi le faceva paura.
Ingoiò
il boccone amaro, poi bisbigliò: «Avete
ragione.»
Allorché,
lo sguardo dell'uomo parve meno odioso e Ino sentì quasi di
aver
destato in lui qualche sentimento sopito da tempo.
«Fai
un po' come ti pare.»
Borbottò
il ragazzo, piuttosto irato.
«Shikamaru
Nara, vero? Non sei così pericoloso come dicono.»
«Eh?»
La
principessa gli rivolse un'altra occhiata, poi lo seguì.
Shikamaru
stavolta non la fermò, lasciò che ella entrasse
nel suo rifugio:
probabilmente ambedue non avevano nulla
da perdere.
****
Questo
è l'unico capitolo dal punto di vista di Shikamaru, ho
analizzato il personaggio. Ringrazio ryanforever
(qui si comincia a svelare il nostro Shikamaru
ù_ù. Grazie mille **) e Salice
(Aladdin è sempre stato il mio classico Disney preferito
*-*. Comunque, in questa fic Shika è una via di mezzo tra
Aladdin e Lupin XD. Grazie mille per il tuo commento, non vedo l'ora
che aggiorni anche tu! **).
Inoltre,
già che ci sono, ne approfitto per fare gli auguri ad Ino ed
a Shikamaru (anche se era ieri XD), volevo commemorare il White Midnight,
ma non ce l'ho fatta a postare la storia ç_ç.
Comunque, dovrebbe arrivare se non stasera, domani pomeriggio
ù_ù.
Un abbraccio
affettuoso e sincero a Sparta e, in particolare, a tutte
le
persone che
sostengono lo ShikaIno ♥.
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Capitolo 3 *** III Capitolo ***
III
Capitolo
Ino
se ne stava in un angolino, guardandosi attorno.
Era
un posto veramente scarno: lo avrebbe potuto definire anche piuttosto
precario, osservando le numerose crepe sui muri. L'uomo la ignorava,
non conosceva ancora il suo caratterino evidentemente;
non
c'era stato ancora uno scambio di opinioni tra di loro, ma entrambi
sembravano decisi a non mollare la presa.
In
ogni caso, Ino sarebbe dovuta rimanere in quel posto: non aveva
nessuna intenzione di far ritorno al palazzo, conoscendo suo padre
avrebbe già mandato le guardie a cercarla. E, quando
l'avrebbero
trovata, sarebbe tornata a vivere la monotona vita di sempre
– dopo
una lavata di capo da parte del genitore, ovviamente.
«Avete
intenzione di rimanere ancora per molto?»
Finalmente,
uno dei due aveva perso la pazienza.
«Finché
non avrò indietro la spilla di mia madre. Villano che non
siete
altro!»
Lo
fulminò con lo sguardo, accorgendosi solo in quel momento
quanto
fosse incantevole il volto di quel giovane sconosciuto –
fermo
restando che l'aveva ingannata e che lei lo odiasse, beninteso
–
dopodiché le parve di veder volare in aria qualcosa e, un
attimo
dopo, si ritrovò tra le mani la spilla a cui teneva tanto.
«Soddisfatta?»
Ironizzò
Shikamaru.
«Stranamente
sì...», rispose di rimando, «...
Sarebbero state gradite le buone
maniere, ma forse chiedo
troppo.»
Forse
si era dimostrata troppo audace ma, d'altronde, Shikamaru le aveva
rubato quanto più aveva di prezioso, rimbeccarlo era il
minimo che
potesse fare.
«Già,
principessa.»
Le
rivolse uno sguardo di sufficienza, eppure Ino poteva leggere sul suo
volto un'espressione piuttosto malinconica. «Ora, se non la
disturba...»
Le
fece segno di lasciare la sua abitazione, dopodiché le diede
le
spalle. Ino guardò verso il palazzo in lontananza, ma
sentì una
stretta al cuore nel momento stesso in cui si voltò.
Non
poteva ancora tornare a casa, anche se aveva ottenuto ciò
che
voleva... Ma lo voleva, realmente?
Quello
a cui aspirava, in verità, era la libertà.
Niente
più muri a tenerla rinchiusa, né stupidi ordini,
festicciole di
poco conto e sciocchi e baldanzosi
rampolli
di alto ceto sociale. La libertà che aveva cercato in
diciotto anni
di vita si era realizzata in pochi minuti quella sera, quando
Shikamaru le aveva sottratto la spilla ma, d'altro canto, l'aveva
fatta sentire una principessa nel senso più meraviglioso
possibile.
«Sentite...»,
poggiò una mano sulla sua spalla, improvvisamente insicura,
«...
Permettetemi di rimanere qua per una notte. Domani, me ne
andrò.»
Lo
assicurò, sebbene con un tono non del tutto convincente.
Non
sapeva bene cosa avrebbe fatto, quale via avrebbe percorso, eppure il
sol pensiero di rinunciare alla propria vita passata la tramortiva di
paura: se pensava al futuro lo vedeva bianco, evanescente.
«Sarà
meglio per voi.»
Si
voltò, tartagliandola con una sola battuta.
La
principessa parve rendersi conto solo in quel momento di quanto fosse
vicina al ragazzo, non aveva mai provato una simile sensazione.
«Ora
capisco...», pensò ad alta voce, «...
Cosa intendono con
pericoloso.»
***
Ed
ecco qua, il terzo capitolo ^^.
Come
avrete notato sono tutti molto corti, non volevo che questa storia
fosse eccessivamente lunga... Inizialmente era una shot, poi
è diventata una long ù_ù. Comunque,
qui Ino capisce quanto possa essere pericoloso per lei Shikamaru, dal
semplice fatto che l'ha guardata con uno sguardo astioso. Ma
chissà cosa prova Shikamaru
ù_ù.
Tutto nel prossimo capitolo, l'epilogo della faccenda, sarà
l'ultimo ^^. Grazie a Salice
e ryanforever
per le recensioni e, già che ci sono, ringrazio missredlights, Ishimaru e
ryanforever per aver
commentato la Shika/Ino dedicata al compleanno dell'uno e dell'altra
3.
Al
prossimo!
Kiki.
|
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Capitolo 4 *** Epilogo ***
Epilogo
“Ma
il mondo, così com'è, non è fatto
per
le principesse”
Poi,
finalmente, il sole tramontò e, al suo posto, il carro della
notte
attraversò la volta originariamente azzurra. Si era distesa
accanto
a Shikamaru per osservare qualcosa che dal palazzo non aveva mai
avuto l'onore di ammirare: un fiume di stelle correva davanti i suoi
occhi, un panorama talmente perfetto che avrebbe potuto goderne a
pieno solo da quella prospettiva.
Ormai,
poteva dire le distanze tra lei e Shikamaru del tutto annullate:
senza accorgersene, si erano avvicinati.
«Da
quassù il cielo sembra un universo finito.»
Bisbigliò
Ino, osservando il cielo tappezzato di stelle.
«Da
quaggiù, invece, sembra infinito.»
Rispose
Shikamaru, cercando nei suoi occhi una risposta.
«Cosa?»
«Sembra
non finire mai.»
Aveva
come l'impressione che in quelle frasi ci fosse un duplice
significato, forse
doveva leggere tra la righe e catturarne
il senso.
In
quel momento, però, l'istinto la comandò: decise
di annullare le
distanze e, con un balzo felino verso sinistra, si trovò
accanto al
suo cuore.
Poi,
con naturalezza, lo baciò.
«Le
tue labbra sono fredde.»
Avvertì
un netto cambiamento di temperatura sulle sue labbra, come se fosse
stato appena rovesciato del ghiaccio su di esse. Tuttavia, la cosa
non la infastidì affatto.
«Già,
principessa.»
Non
riusciva a credere di poter stringere Ino tra le sue braccia
– lui,
un volgare
straccione – di poter chinare il capo ed
incontrare il suo volto, poter sfiorare i suoi capelli e, infine,
poterla riparare dal freddo con l'ausilio di vecchi pezzi di stoffa.
«Non
chiamarmi principessa,
ti prego.»
Lo
supplicò con lo sguardo.
Shikamaru
parve un per un momento sovrappensiero; solo un attimo dopo,
accettò
di buon grado quella richiesta. Ino sorrise, considerando che la vera
felicità – tanto ricercata e altrettanto ambita
– stava sulle
labbra di Shikamaru.
In
quel momento, dimenticò di essere una principessa
e cominciò
a pensare di essere una persona.
E
come negare la felicità
ad una persona?
«Ti
prego...»
Non
continuò neppure la frase, Shikamaru intuì
all'istante ciò che
stava pensando.
«Torna
al tuo palazzo, Ino. Questo non è un gioco.»
«Lo
so!»
Esclamò,
vagamente irata.
«Sopravvivere
non lo è, Ino.»
In
quella frase, c'era molto di più che una verità:
lottare ogni
giorno per la sopravvivenza, non era una passeggiata. Se Ino avesse
veramente voluto voltare pagina, non avrebbe avuto più
qualcuno che
le coprisse le spalle e avrebbe dovuto rinunciare ad una favola.
Era
questo che voleva veramente?
«Dimmi
una cosa, Shikamaru: hai paura di sopravvivere o di amarmi?»
A
quella domanda, il ragazzo non seppe rispondere.
«Sono
pericoloso, sai?»
Disse,
quando Ino si avvicinò più del dovuto al suo
volto.
«Potrei
abituarmici.»
Un
bacio suggellò il nuovo vincolo che si era venuto a creare:
l'amore
da solo non bastava, ne erano coscienti, ma sentivano che quella era
la direzione giusta verso la felicità.
Fine.
Credits:
©
Naruto – Masashi Kishimoto
©
Aladdin – Walt Disney
©
L'eleganza del riccio – Muriel Barbery
©
Fly
away from here – Aerosmith
La
frase iniziale del capitolo è la citazione grazie alla quale
è
stata scritta questa storia. Vi assicuro che “L'eleganza
del
riccio” è
uno dei più bei libri mai stati scritti, se siete
amanti del Giappone, della filosofia e di una storia niente affatto
semplice, vi colpirà sicuramente :).
Comunque,
mi sono dibattuta fino all'ultimo: happy ending or sad ending?
E,
alla fine, non riuscivo a separarli XD. Una storia molto lontana
dalle mie tinte devo dire, di così fluff ne scrivo
pochissime.
Ma
non temete, è stata una brevissima fase quest'estate
ù_ù – eh,
il caldo... ecco quali sono stati gli effetti collaterali
ù.ù.
Ringrazio
ryanforever
per la recensione del terzo capitolo (sfido
chiunque a restare indifferente a Shikamaru o, perlomeno, questo vale
per me che sono una sua grande fan *_*), grazie davvero per esserti
sorbita l'ennesima Shikamaru/Ino XD.
Un
grazie speciale ad AlexVT
per aver inserito questa storia
nelle ricordate e ad Urdi,
Salice, kikkyxx14 e babydgv per
averla inserita nelle seguite.
Grazie
a tutti per il supporto, significa molto per me <3.
Kiki-chan.
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