Fly away from here

di KikiWhiteFly
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Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Capitolo ***
Capitolo 2: *** II Capitolo [Shikamaru POV] ***
Capitolo 3: *** III Capitolo ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I Capitolo ***


Fan fiction classificatasi terza al contest "Wicked and... lovely, incantevole e pericoloso", indetto da the forgotten dreamer e valutato, in seguito, da ro-chan.
Alcune note: questa storia inizialmente avrebbe dovuto partecipare al contest "E tutti vissero felici e contenti" di Mayumi_san poi, però, per carenza di partecipanti è stato
annullato. La storia doveva essere ispirata ad un classico Disney, io mi ispirai ad Aladdin. Però, visto che è stato annullato ho "utilizzato" l'idea per questo contest. Ecco perché, noterete,
la storia si collega a quella di Aladdin o, perlomeno, alcuni elementi.
In ogni caso, potete trovare i risultati qui. Saranno tre capitoli e l'epilogo, aggiornati quotidianamente :).
Ultissima cosa: il titolo della storia è ispirato ad una famosa canzone degli Aerosmith, che potete trovare qui.





Fly away from here












I Capitolo









Da un mese a quella parte, compiuti da poco gli agognati diciotto anni, suo padre aveva iniziato ad incalzarla con un discorso che non si era stupita troppo di udire.

Era stato in un ristoratore pomeriggio di aprile che aveva deciso di farle una certa ramanzina: “Un giorno, figlia mia, non ci sarò più...” .

Ino aveva tossito un paio di volte, poi aveva reagito istintivamente: “Padre, non credo sia il momento migliore per affrontare questi discorsi, né per conoscere pomposi e vanitosi rompiscatole”.

In un primo momento sembrava aver avuto la meglio.

Qualche giorno più tardi, all'imbrunire di un sole corallo, suo padre aveva insistito nuovamente ed Ino, a quel punto, era stata costretta ad accettare.

Così, contro la sua volontà, aveva preso parte ad assurdi festini e sciocche inaugurazioni che non avevano nulla in comune con i suoi doveri regali. Fu proprio ad una di quelle feste, in un luogo non ben precisato dell'Oriente, che aveva incontrato l'uomo della sua vita.



Il sol vedere quelle che si sarebbero potute definire sue colleghe, la irritava. In verità erano solamente uno stuolo di snob, che si accaparravano la ricchezza altrui. Obbiettivamente erano delle belle ragazze, avevano un viso delicato ed un portamento davvero fine ma all'interno erano vuote, superficiali, nient'altro che la copia ingiallita di quella che si sarebbe potuta definire una vera principessa. Questo era il motivo principale per il quale Ino non riusciva a colloquiare con loro, ad instaurare un rapporto quantomeno civile.

D'altro canto aveva notato più volte lo sguardo di suo padre cercare il suo: allora si implorava tra sé e sé di farsi forza, dopotutto ne valeva la sua vita in un certo senso.

Però, anche quei principi erano terribilmente irritanti; non riusciva nemmeno a parlare con loro, poiché puntavano immediatamente a discorsi tutt'altro che inerenti alla conversazione.

L'unica via di scampo era la fuga... E, infatti, fuggì.

Ino abbandonò il buffet, defilandosi tra la folla. Si gettò letteralmente fuori, respirando aria salubre. Si aggrappò con le mani alla lastra di marmo del balcone, dopodiché – quasi fosse stata comandata dall'istinto – si denudò di tutti gli ornamenti che adornavano il suo corpo.

Così, con le lacrime che le scendevano copiosamente sul viso, i capelli arruffati, il vestito sgualcito. Così, l'avrebbero mai amata?

«Prenderà freddo.»


Tutto d'un tratto, Ino tacque.

Voltò il capo indietro, incontrando un paio di occhi ossidiana nascosti nell'ombra: a giudicare da quella prospettiva, v'era un baldo cavaliere. Riuscì ad imprimere pochi tratti fondamentali nella sua mente, capì in quel momento che l'individuo non voleva rivelarsi.


«E' meglio per lei che non mi veda così», rispose Ino, dandogli volutamente le spalle, «Non sono un gran bello spettacolo.»


«Come vuole.»


Sentì un sospiro sonoro, dopodiché udì alcuni passi leggeri e cadenzati venire in sua direzione. Non seppe per quale motivo ma il cuore cominciò a tamburellare, le lacrime d'un tratto parvero solo un amaro ricordo e al loro posto sembrava essersi accesa una certa curiosità. Il principe le dava le spalle, nascosto dal tetro mantello della notte; ora respirava sul suo collo, inconsapevolmente sensuale.


«Chiuda gli occhi.»


Per qualche astruso motivo, si fidò; d'un tratto lasciò cadere le palpebre in uno stato d'estasi temporaneo, rilassandosi completamente.

Ad occhi chiusi la realtà le appariva in tutt'altra maniera: era pacifico silenzio, sovrumana quiete, libertà assoluta. Si sentì levitare in aria quando le dita dello sconosciuto s'intrecciarono alle sue, alzando di poco le sue braccia. Eppure, giurò di aver appena volato.


«Sentite.»


Non capì inizialmente, ma le bastò qualche secondo per afferrare il senso di quella parola: ora, sentiva la rapida folata di vento che lasciava volare liberamente i suoi capelli ed una foglia non troppo rumorosa che si era inaspettatamente posata sopra la sua gonna. Non sapeva spiegarne bene il motivo, ma sorrise.

Insieme a quell'uomo si sentiva leggera come l'aria, forte e indomabilmente orgogliosa, piena di energia vitale; ogni suo desiderio era esaudito se stringeva le sue mani, ogni tormento magicamente svanito se il suo respiro carezzava ancora una volta la sua pelle.


«E se li volessi riaprire?»


Domandò, tornando con gran fatica a quella violenta realtà.


«Potrà sempre chiuderli.»


Poi, poco a poco, la stretta venne meno e d'un tratto le sue dita lasciarono quel prezioso salvagente. Si sentiva già affannata, quando sentì due morbide labbra venir contro le sue con grande audacia. Non fece nemmeno in tempo a riaprire gli occhi che lo sconosciuto si era già defilato, lasciandole solo una sensazione agrodolce sulle labbra.

Ino si voltò indietro, ma non c'era nessuno; eppure, era sicura che quello che aveva vissuto pochi attimi prima fosse stato reale.

Raccolse le sue cose dando una vaga parvenza d'ordine ai suoi capelli, ormai malmessi. Rimise i gioielli al proprio posto, s'infilò i guanti di pizzo, sistemò il vestito e, nel farlo, s'accorse di quella foglia aguzza, rossa, dalle venature vagamente giallastre, che l'individuo qualche minuto prima le aveva menzionato.

Osservò qualche secondo la foglia poi la infilò all'interno della scollatura, custodendola come un segreto: forse sarebbe stata l'unica cosa che l'avrebbe convinta che quello non era stato un sogno, ogni qual volta se lo fosse domandato.





Entrando nella sala un vaghissimo odore di fragole s'insinuò prepotentemente nelle sue narici. Non era un frutto tipicamente orientale, anzi: dall'occidente arrivavano nuovi sapori ogni giorno, nuovi frutti da assaggiare, forse si stavano aprendo al nuovo mondo. Un cameriere le passò accanto, servendola gentilmente; Ino sorrise, prendendo un piattino di media proporzione. In quel momento le passò accanto suo padre, la stava ammonendo con lo sguardo.


«Mi auguro che qualcuno abbia attirato la tua attenzione.»


Disse, guardandosi intorno e distribuendo finti sorrisi.

Non poteva certo dirgli di aver conosciuto un volto senza nome, che adesso le stava facendo battere il cuore e che, molto probabilmente, non avrebbe più rivisto tale individuo. Suo padre le sarebbe scoppiato a ridere in faccia complimentandosi per l'ardita fantasia e, in seguito, l'avrebbe rimproverata.

Annuì in segno di resa ed il genitore parve capire perfettamente.


«E la spilla?»


«La spilla?»


Fin da piccola, aveva posseduto la suddetta spilla – precedentemente appartenuta a sua madre – una semplice farfalla d'argento con un rubino all'interno. Non era l'oggetto in sé ad essere prezioso, quanto il significato che vi era all'interno ed il fatto che generazioni prima di lei avevano custodito tale ornamento.

Perderlo significava cancellare parte della sua vita: all'interno della spilla non vi erano rubini ma ricordi.

Guardò da una parte all'altra, non vedendo alcun oggetto; poi gli occhi si appannarono quando prese seriamente in considerazione il fatto di averla perduta.

Non osò voltarsi dalla parte del genitore, era certa che l'avrebbe fulminata con lo sguardo. Lasciò cadere il piattino dalle mani, correndo a gran lena agli scalini di marmo della megalomane struttura.

Le scale a chiocciola sembravano interminabili, i suoi piedi però correvano senza troppi problemi – malgrado i tacchi vertiginosi – il suo cuore gridava e le sue labbra ruggivano come mai prima d'allora. Andava bene soffrire, se si trattava di se stessa, ma aver perso la sola cosa che le rimaneva di sua madre, il sol contatto con colei che le aveva dato vita, la faceva sentire una fallita. Se non era nemmeno capace di tenere un ricordo, come sarebbe stata capace di tenere in piedi una relazione, un vincolo d'amore?

Poi, quando finalmente le scale terminarono, un pensiero le balenò in testa: e se lo sconosciuto non fosse stato così galante, come lei pensava?

***

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Capitolo 2
*** II Capitolo [Shikamaru POV] ***


II Capitolo



[Shikamaru POV]










Shikamaru osservò la conquista, girandosela tra le dita.

Ghignò, piuttosto soddisfatto di se stesso. Il piano era stato pensato alcune settimane fa, quando da voci di strada aveva udito che a breve vi sarebbe stata una gran festa a cui avrebbero partecipato i nobili più importanti dell'Oriente.

Serviva solamente un piano d'azione: aveva trovato un abito adatto – o meglio: rubato – e si era costruito una falsa identità, cercando in ogni caso di non dare troppo nell'occhio. In fondo era andato lì solamente per rubare, dopo aver sedotto qualche ingenua fanciulla.

Diamine, aveva fatto il colpaccio più grande della sua vita: aveva intascato un gran numero di gioielli, oltre al fatto che il suo stomaco poteva dirsi sazio una settimana; poi, aveva visto creature davvero divine sfilare davanti i suoi occhi e ne aveva osservata una, in particolare, cadere nel profondo abisso dell'infelicità.

Fino ad allora Shikamaru Nara aveva sempre avuto parecchi pregiudizi riguardo i nobili: una casta che, dal suo punto di vista, sembrava non avesse niente di regale, se non un cognome piuttosto mal utilizzato.

Da tempo aveva sviluppato quel rancore, così era giunto a pensare che ogni nobile vivesse nell'agio e nel lusso, infarcendosi di denaro e terreno a non finire, osservando da lontano la miseria del proprio paese senza far nulla per fermare tale situazione.

Quando aveva osservato quella principessa crogiolarsi nelle proprie pene, invece, aveva sentito un moto all'interno. Si era avvicinato con molta cautela e, al contempo, aveva studiato un piano d'azione, osservando quegli splendenti brillanti presentarsi davanti i propri occhi. Le aveva fatto chiudere gli occhi, aveva afferrato le sue dita e qualcosa si era mosso al suo interno, in quel momento.

Il suo viso era un'autentica opera d'arte: una bambola di porcellana finemente dipinta a mano, una bocca che parlava senza che nessuno glielo chiedesse, che con movenze leggere e coordinate gli rivolgeva domande di cui non era certo di saper dare l'esatta soluzione. Poi, quando aveva lasciato andare le sue dita, si era bloccato qualche nano secondo, come se quella ragazza lo avesse immobilizzato.

Fu una sensazione che non si protrasse a lungo, poiché convinse la ragione ad avere la meglio: prese la prima cosa che gli andò all'occhio, un oggetto assolutamente ordinario che però luccicava sotto la protettiva luce lunare, afferrò la spilla e la infilò rapidamente in tasca.

Poi s'avventò con molta poca razionalità sulle labbra della giovine, come per non cancellare il suo disegno nella propria mente. Se si fosse rivelato, lei avrebbe visto la miseria – e, a quel punto, lo avrebbe definitivamente dimenticato.

Quel pensiero non gli dava troppa pena: dopotutto, esser riuscito a prendere la spilla era il suo maggiore guadagno.



Si ridestò solo quando stava albeggiando – almeno, a giudicare dalle sfumature nel cielo – il primo pensiero andò alla spilla. Era ancora tra le sue mani, intatta.

Fece un profondo sospiro, poi si alzò.

Essere liberi non significava necessariamente essere felici: la vita era difficile da qualunque prospettiva, in ogni caso c'erano degli ostacoli da dover affrontare.

Essere liberi, sì, ma senza sapere mai se ci sarebbe stato un domani... Questa era la sua vita.

Riuscì a rubare un tozzo di pane, senza che il fornaio se ne accorgesse e adesso lo stava addentando: probabilmente, quello sarebbe stato l'unico pasto che sarebbe riuscito a consumare per quel giorno. D'un tratto, però, si trovò incontro un ostacolo che non aveva avuto l'ardire di mettere in conto: distinse immediatamente i capelli lunghi e fluenti della principessa, per non parlare dei suoi gioielli e dei suoi abiti.

Avrebbe potuto tranquillamente sfilare la collana oppure gli orecchini, ma aveva come l'impressione che in quel modo sarebbe stato troppo facile; guardò da una parte e dall'altra poi, non vedendo alcun losco individuo a parte egli stesso, avvicinò lentamente la mano verso il suo collo.


«Non provateci nemmeno.»


Gli inveì contro una voce. Shikamaru sospirò, incontrando gli occhi della ragazza.


«Voi...»


Proferì semplicemente la principessa, puntando lo sguardo al suo collo.

Shikamaru, per essere sicuro di non perdere la spilla, l'aveva attaccata all'indumento: l'avrebbe venduta quella mattina stessa al miglior offerente. Ritirò immediatamente lo sguardo poi, si disse, avrebbe fatto meglio a fuggir lesto.


«No, vi prego! Quella spilla... apparteneva a mia madre!»


Gridò, con tutte le sue forze. Ora, Shikamaru, a pochi metri di distanza si mordeva il labbro inferiore e lanciava di tanto in tanto uno sguardo alla spilla.


«Ora non più.»


Proferì semplicemente, lanciando un ghigno sardonico in sua direzione. Voltandosi, aveva potuto vedere gli occhi della principessa riempiti di lacrime – che visione melensa, pensò, sebbene qualcosa lo stesse scuotendo dentro – tuttavia aveva ignorato nel vero senso del termine la sua presenza ed aveva guardato davanti a sé.

Prima ancora che potesse fare un paio di passi una mano lo strattonò, dopodiché la voce irritante della ragazza mugugnò: «Voi siete quel principe, vero?»

L'uomo ignorò bellamente la sua presa e la liquidò con un semplice scambio di occhiate e una frase poco delicata: «Io non sono proprio nessuno. E nemmeno tu.»

Ino guardò dietro di sé: ora, il palazzo era così lontano. La realtà, invece, appariva così vicina che quasi le faceva paura.

Ingoiò il boccone amaro, poi bisbigliò: «Avete ragione.»

Allorché, lo sguardo dell'uomo parve meno odioso e Ino sentì quasi di aver destato in lui qualche sentimento sopito da tempo.


«Fai un po' come ti pare.»


Borbottò il ragazzo, piuttosto irato.


«Shikamaru Nara, vero? Non sei così pericoloso come dicono.»


«Eh?»


La principessa gli rivolse un'altra occhiata, poi lo seguì.

Shikamaru stavolta non la fermò, lasciò che ella entrasse nel suo rifugio: probabilmente ambedue non avevano nulla da perdere. 

****

Questo è l'unico capitolo dal punto di vista di Shikamaru, ho analizzato il personaggio. Ringrazio ryanforever (qui si comincia a svelare il nostro Shikamaru ù_ù. Grazie mille **) e Salice (Aladdin è sempre stato il mio classico Disney preferito *-*. Comunque, in questa fic Shika è una via di mezzo tra Aladdin e Lupin XD. Grazie mille per il tuo commento, non vedo l'ora che aggiorni anche tu! **). 

Inoltre, già che ci sono, ne approfitto per fare gli auguri ad Ino ed  a Shikamaru (anche se era ieri XD), volevo commemorare il White Midnight, ma non ce l'ho fatta a postare la storia ç_ç. Comunque, dovrebbe arrivare se non stasera, domani pomeriggio ù_ù. 

Un abbraccio  affettuoso e sincero a Sparta e, in particolare, a tutte le 

persone che sostengono lo ShikaIno ♥. 

 


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Capitolo 3
*** III Capitolo ***


III Capitolo










Ino se ne stava in un angolino, guardandosi attorno.

Era un posto veramente scarno: lo avrebbe potuto definire anche piuttosto precario, osservando le numerose crepe sui muri. L'uomo la ignorava, non conosceva ancora il suo caratterino evidentemente; non c'era stato ancora uno scambio di opinioni tra di loro, ma entrambi sembravano decisi a non mollare la presa.

In ogni caso, Ino sarebbe dovuta rimanere in quel posto: non aveva nessuna intenzione di far ritorno al palazzo, conoscendo suo padre avrebbe già mandato le guardie a cercarla. E, quando l'avrebbero trovata, sarebbe tornata a vivere la monotona vita di sempre – dopo una lavata di capo da parte del genitore, ovviamente.


«Avete intenzione di rimanere ancora per molto?»


Finalmente, uno dei due aveva perso la pazienza.


«Finché non avrò indietro la spilla di mia madre. Villano che non siete altro!»


Lo fulminò con lo sguardo, accorgendosi solo in quel momento quanto fosse incantevole il volto di quel giovane sconosciuto – fermo restando che l'aveva ingannata e che lei lo odiasse, beninteso – dopodiché le parve di veder volare in aria qualcosa e, un attimo dopo, si ritrovò tra le mani la spilla a cui teneva tanto.


«Soddisfatta?»


Ironizzò Shikamaru.


«Stranamente sì...», rispose di rimando, «... Sarebbero state gradite le buone maniere, ma forse chiedo

troppo.»


Forse si era dimostrata troppo audace ma, d'altronde, Shikamaru le aveva rubato quanto più aveva di prezioso, rimbeccarlo era il minimo che potesse fare.


«Già, principessa.»

Le rivolse uno sguardo di sufficienza, eppure Ino poteva leggere sul suo volto un'espressione piuttosto malinconica. «Ora, se non la disturba...»


Le fece segno di lasciare la sua abitazione, dopodiché le diede le spalle. Ino guardò verso il palazzo in lontananza, ma sentì una stretta al cuore nel momento stesso in cui si voltò.

Non poteva ancora tornare a casa, anche se aveva ottenuto ciò che voleva... Ma lo voleva, realmente?

Quello a cui aspirava, in verità, era la libertà.

Niente più muri a tenerla rinchiusa, né stupidi ordini, festicciole di poco conto e sciocchi e baldanzosi

rampolli di alto ceto sociale. La libertà che aveva cercato in diciotto anni di vita si era realizzata in pochi minuti quella sera, quando Shikamaru le aveva sottratto la spilla ma, d'altro canto, l'aveva fatta sentire una principessa nel senso più meraviglioso possibile.


«Sentite...», poggiò una mano sulla sua spalla, improvvisamente insicura, «... Permettetemi di rimanere qua per una notte. Domani, me ne andrò.»


Lo assicurò, sebbene con un tono non del tutto convincente.

Non sapeva bene cosa avrebbe fatto, quale via avrebbe percorso, eppure il sol pensiero di rinunciare alla propria vita passata la tramortiva di paura: se pensava al futuro lo vedeva bianco, evanescente.


«Sarà meglio per voi.»


Si voltò, tartagliandola con una sola battuta.

La principessa parve rendersi conto solo in quel momento di quanto fosse vicina al ragazzo, non aveva mai provato una simile sensazione.


«Ora capisco...», pensò ad alta voce, «... Cosa intendono con pericoloso.»

***

Ed ecco qua, il terzo capitolo ^^. 

Come avrete notato sono tutti molto corti, non volevo che questa storia fosse eccessivamente lunga... Inizialmente era una shot, poi è diventata una long ù_ù. Comunque, qui Ino capisce quanto possa essere pericoloso per lei Shikamaru, dal semplice fatto che l'ha guardata con uno sguardo astioso. Ma chissà cosa prova Shikamaru ù_ù. 

Tutto nel prossimo capitolo, l'epilogo della faccenda, sarà l'ultimo ^^. Grazie a Salice e ryanforever per le recensioni e, già che ci sono, ringrazio missredlights, Ishimaru e ryanforever per aver commentato la Shika/Ino dedicata al compleanno dell'uno e dell'altra Al prossimo!

Kiki.



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Capitolo 4
*** Epilogo ***



Epilogo







Ma il mondo, così com'è, non è fatto

per le principesse”






Poi, finalmente, il sole tramontò e, al suo posto, il carro della notte attraversò la volta originariamente azzurra. Si era distesa accanto a Shikamaru per osservare qualcosa che dal palazzo non aveva mai avuto l'onore di ammirare: un fiume di stelle correva davanti i suoi occhi, un panorama talmente perfetto che avrebbe potuto goderne a pieno solo da quella prospettiva.

Ormai, poteva dire le distanze tra lei e Shikamaru del tutto annullate: senza accorgersene, si erano avvicinati.


«Da quassù il cielo sembra un universo finito.»


Bisbigliò Ino, osservando il cielo tappezzato di stelle.


«Da quaggiù, invece, sembra infinito.»


Rispose Shikamaru, cercando nei suoi occhi una risposta.


«Cosa?»


«Sembra non finire mai.»


Aveva come l'impressione che in quelle frasi ci fosse un duplice significato, forse doveva leggere tra la righe e catturarne il senso.

In quel momento, però, l'istinto la comandò: decise di annullare le distanze e, con un balzo felino verso sinistra, si trovò accanto al suo cuore.

Poi, con naturalezza, lo baciò.


«Le tue labbra sono fredde


Avvertì un netto cambiamento di temperatura sulle sue labbra, come se fosse stato appena rovesciato del ghiaccio su di esse. Tuttavia, la cosa non la infastidì affatto.


«Già, principessa.»


Non riusciva a credere di poter stringere Ino tra le sue braccia – lui, un volgare straccione – di poter chinare il capo ed incontrare il suo volto, poter sfiorare i suoi capelli e, infine, poterla riparare dal freddo con l'ausilio di vecchi pezzi di stoffa.


«Non chiamarmi principessa, ti prego.»


Lo supplicò con lo sguardo.

Shikamaru parve un per un momento sovrappensiero; solo un attimo dopo, accettò di buon grado quella richiesta. Ino sorrise, considerando che la vera felicità – tanto ricercata e altrettanto ambita – stava sulle labbra di Shikamaru.

In quel momento, dimenticò di essere una principessa e cominciò a pensare di essere una persona.

E come negare la felicità ad una persona?


«Ti prego...»


Non continuò neppure la frase, Shikamaru intuì all'istante ciò che stava pensando.


«Torna al tuo palazzo, Ino. Questo non è un gioco.»


«Lo so!»


Esclamò, vagamente irata.


«Sopravvivere non lo è, Ino.»


In quella frase, c'era molto di più che una verità: lottare ogni giorno per la sopravvivenza, non era una passeggiata. Se Ino avesse veramente voluto voltare pagina, non avrebbe avuto più qualcuno che le coprisse le spalle e avrebbe dovuto rinunciare ad una favola.

Era questo che voleva veramente?


«Dimmi una cosa, Shikamaru: hai paura di sopravvivere o di amarmi?»


A quella domanda, il ragazzo non seppe rispondere.


«Sono pericoloso, sai?»


Disse, quando Ino si avvicinò più del dovuto al suo volto.


«Potrei abituarmici.»


Un bacio suggellò il nuovo vincolo che si era venuto a creare: l'amore da solo non bastava, ne erano coscienti, ma sentivano che quella era la direzione giusta verso la felicità.








Fine.











Credits:



© Naruto – Masashi Kishimoto

© Aladdin – Walt Disney

© L'eleganza del riccio – Muriel Barbery

© Fly away from here – Aerosmith



La frase iniziale del capitolo è la citazione grazie alla quale è stata scritta questa storia. Vi assicuro che “L'eleganza del riccio” è uno dei più bei libri mai stati scritti, se siete amanti del Giappone, della filosofia e di una storia niente affatto semplice, vi colpirà sicuramente :).

Comunque, mi sono dibattuta fino all'ultimo: happy ending or sad ending?

E, alla fine, non riuscivo a separarli XD. Una storia molto lontana dalle mie tinte devo dire, di così fluff ne scrivo pochissime.

Ma non temete, è stata una brevissima fase quest'estate ù_ù – eh, il caldo... ecco quali sono stati gli effetti collaterali ù.ù.


Ringrazio ryanforever per la recensione del terzo capitolo (sfido chiunque a restare indifferente a Shikamaru o, perlomeno, questo vale per me che sono una sua grande fan *_*), grazie davvero per esserti sorbita l'ennesima Shikamaru/Ino XD.

Un grazie speciale ad AlexVT per aver inserito questa storia nelle ricordate e ad Urdi, Salice, kikkyxx14 e babydgv per averla inserita nelle seguite.

Grazie a tutti per il supporto, significa molto per me <3.



Kiki-chan.

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