Take off the mask

di Rosa di cenere
(/viewuser.php?uid=106762)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Tentazioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Verità ***
Capitolo 5: *** Neve ***
Capitolo 6: *** Il ballo ***
Capitolo 7: *** Potrai mai perdonarmi? ***
Capitolo 8: *** Riscaldami il cuore ***
Capitolo 9: *** Il suo cuore nel mio cuore ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Allora.... Questa é la mia prima fanfiction, quindi perdonatemi se sbaglio qualcosa....

L'idea per questa storia mi é venuta mentre andavo in vacanza (ho avuto piu di 8 ore per liberare la mia fantasia XD) e, appena ho avuto l'occasione, mi sono messa a scrivere....

Spero che sarà di vostro gradimento e che mi facciate sapere il vostro parere attraverso le recensioni (consigli utili sono sempre ben accetti :))

La vostra Rosa di cenere

 

Ricordo con chiarezza quel giorno. Quel giorno durante il quale tutto è cambiato.

In poche ore tutte le mie certezze sono crollate, lasciando spazio solo ad una enorme confusione.

Il bene e il male non erano più due cose indistinte, non esisteva alcuna differenza.

Il giorno e la notte erano solo le due facce della stessa medaglia.

L’amore e l’odio erano la stessa cosa.

 

-Ron, vuoi sbrigarti? Se arriviamo ancora in ritardo a pozioni sta certo che Piton ci scuoierà vivi! – Harry Potter, il Bambino sopravvissuto, era in piedi accanto al letto dell’amico, e lo scuoteva violentemente, cercando di svegliarlo.

-Si, mamma, ancora un minuto.- il rosso Weasley si volto dall’altra parte, dando le spalle a Harry, che si mise le mani tra i capelli per la disperazione. Era quasi un’ora che cercava invano di buttare giù dal letto Ron, ma con scarsi risultati. Un po’ preoccupato poggiò il dorso della mano sulla fronte sudaticcia dell’amico, e si accorse che scottava.

 

Finalmente la porta si aprì ed Harry entrò nella stanza, sudato e con il fiatone.

-Mi … anf … scusi … anf … professor Piton. Ron non si è sentito bene e io … -

Il professore lo zittì con un gesto della mano, come se stesse semplicemente cercando di scacciare un insetto eccessivamente fastidioso.

-Non ci sono scuse, signor Potter. 15 punti in meno per i Grifondoro. – 

Hermione gli mandò uno sguardo dispiaciuto mentre lui si avvicinava avvilito al posto vuoto accanto a lei.

-Bene. – disse il professore, con un tono che diceva tutto il contrario. –Per  preparare la prossima pozione dovrete lavorare in coppia … – Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo complice e sorrisero. Avrebbero lavorato insieme, come sempre.

- … ovviamente le coppie verranno selezionate da me. - concluse Piton, un sorriso mellifluo e crudele gli increspava le labbra fini. Si riavvio gli unti capelli neri dietro le orecchie e prese un foglio dalla cattedra.

-Bene. Pansy Parkinson e Blaise Zabini. Potter e Pachock. Granger e Malfoy.- la tiritera continuava, ma la mente di Hermione rimaneva a due piccole parole, unite nella medesima frase. Granger e Malfoy. Non era possibile. Piton non avrebbe mai permesso che il suo beniamino dovesse lavorare per un’intera lezione con lei … Confusa si guardò in giro, incontrando per un attimo il gelido sguardo di Draco. Le sue mani stringevano convulsamente il bordo del tavolo, facendogli diventare le nocche bianche. Probabilmente avrebbe preferito buttarsi sotto un treno, che lavorare con una “sporca Mezzosangue” come lei.

Tornò a rivolgere lo sguardo verso Harry, che le poggiava una mano sulla spalla in segno di vicinanza.

-Signorina Granger, ha intenzione di spostarsi, oppure desidera che le mandi un invito scritto?- le chiese Piton, in tono acido.

-Mi stavo solo chiedendo per quale ragione ha deciso di farmi lavorare con Malfoy … - ebbe il coraggio di domandare, spinta dalla disperazione.

-Penso – disse, avvicinandosi pericolosamente a lei –Che Draco possa insegnarle un po’ d’umiltà, signorina Granger. – il suo viso era a pochi centimetri dal suo, e l’immenso naso del professore sfiorava il suo.

-E adesso vada al suo posto e lavori.- le voltò le spalle, dirigendosi verso la lavagna, che si riempi di scritte non appena la toccò con la bacchetta.

-Voglio che prepariate questa pozione sonnifera entro la fine della lezione. Buona fortuna.

 

La mezzosangue posò i libri sul tavolo, il più lontano possibile da me. Mentre cerava gli ingredienti nello scaffale alle nostre spalle nascondeva il volto dietro i lunghi capelli ricci.

Probabilmente non voleva mostrarmi il suo disappunto e la sua tristezza, che venivano però rese evidenti dal tremore delle mani. Non voleva che io capissi quanto fosse debole, perché mi avrebbe dato un altro motivo per schernirla e disprezzarla.

Improvvisamente rivolse il suo sguardo su di me, posando i suoi enormi occhi marroni nei miei.

Cercai di dissimulare la sorpresa, indurendo il volto in un’espressione di scherno.

-Che c’è, mezzosangue, hai bisogno di  qualcosa?- nel brevissimo tempo che precedette la sua risposta non potei che perdermi nel caldo dei suoi occhi. Sembra stupido, lo so, ma vi assicuro che non potevo farne a meno. Ero come ipnotizzato, gli occhi incollati ai suoi … io ero un inerme pezzo di ferro, lei una potente calamita.  Da quando l’avevo vista la prima volta non avevo fatto che disprezzarla, partendo dal presupposto che una sporca mezzosangue non potesse che essere orribile. L’avevo guardata senza vederla, insultata senza conoscerla.

-Strano, Malfoy, stavo per porti la stessa domanda, visto che ti eri imbambolato a fissarmi!-

Senza mostrare il mio disappunto per essere stato beccato a guardarla come un cretino, le lanciai uno dei miei sguardi più gelidi.

-Stavo solo pensando che mi piacerebbe vederti senza quegli stupidi vestiti da Grifondoro addosso …. – lo dissi leccandomi le labbra, certo che un commento cosi inappropriato e velenoso l’avrebbe spinta a stare il più lontano possibile da me. La mezzosangue arrossi violentemente. Le sue gote passarono dal solito pallore ad un rosso acceso. Non potei fare a meno di notare quanto quel colore le donasse … contrastava in un modo cosi evidente con la sua carnagione, e metteva ancora più in risalto i suoi occhi.

Digrignai i denti, voltando di scatto la testa verso il mio tagliere, coperto completamente da ingredienti che non ricordavo nemmeno di aver preso.

Da quando ero diventato cosi debole? Da quando la sola vista di un volto che credevo di odiare profondamente  mi faceva sentire in quel modo?  Come se qualcuno stesse sadicamente giocando con le mie viscere,  provocandomi un dolore quasi insopportabile.

Mi accorsi di stare torturando una radice con un enorme coltello solo quando una mano bianca e fredda si posò sulla mia e , delicatamente ma con decisione, mi tolse la potenziale arma.

-Non vorrei sembrare paranoica, Malfoy, ma non mi fido di una serpe con un coltello del genere in mano… -

Hermione. Nella mia mente si fece largo il suo nome. Fu come se me la stessero sussurrando all’orecchio, flebile e impalpabile, ma potente e devastante come un urlo che lacera il silenzio di una notte senza luna.

La guardai. Sul suo volto non c’era più traccia di rossore, nemmeno un’ombra dell’imbarazzo e del disappunto che avevano riempito il suo sguardo fino ad un attimo prima.

-Se non ti dispiace- disse, la voce fredda e incolore come una lastra di ghiaccio –vorrei finire il mio lavoro il prima possibile.-

 

Non vedevo l’ora che quella maledetta lezione terminasse. Volevo solo rifugiarmi nel mio banco in prima fila alla lezione di Antiche Rune, prendendo appunti fino a farmi dolere il polso. Volevo solo liberarmi di quegli occhi grigi su di me. Volevo solo spingere quella maledetta sensazione di calore al petto in un cantuccio, per poi fingere che non fosse mai esistita. Come poteva quella serpe di Draco farmi sentire cosi calda e al sicuro? Come poteva il suo sguardo, probabilmente pieno di disprezzo e odio, propagare brividi di piacere  in tutto il mio corpo?

Sovrappensiero  gettai una manciata di erbe all’interno del calderone ribollente. La pozione al suo interno passo da un verde marcio poco invitante ad un turchese acceso.

Avevo terminato.

Mi corressi mentalmente. Avevamo terminato

Mi voltai verso il mio compagno di lavoro, dimentica di chi fosse,  e gli sorrisi.

Era lo stesso sorriso che riservavo a Harry e Ron quando terminavamo insieme una pozione difficile, lo stesso sorriso che riservavo alle persone che amavo e alle quali volevo dimostrare il mio affetto.

Ma la persona a cui lo indirizzai non era né Harry né Ron.

Malfoy mi fisso per un attimo, stranito. Se non fosse stato per la drammaticità della situazione avrei di certo riso. La sua espressione era a dir poco buffa, quasi tenera. Non mi sarei mai aspettata che dietro alla maschera di ghiaccio che portava perennemente potesse esserci qualcosa di buono, ma mi sbagliavo.

I suoi occhi grigi mi fissavano allibiti, talmente espressivi che potevo quasi vedere le sfumature scure muoversi attorno alla pupilla. Come un filo di fumo che sale da una stecca di incenso mi ritrovai a pensare, assimilando con lo sguardo ogni dettaglio del suo lato sconosciuto. Mi accorsi con stupore che non lo avevo mai guardato veramente, mi ero sempre fermata alle apparenze, credendo che il sorriso sarcastico e gli occhi freddi e inespressivi fossero tutto ciò che Draco aveva da offrirmi.

La sua pelle era tanto chiara da apparire quasi trasparente,  e lasciava intravedere l’intricato disegno violaceo delle vene sull’avambraccio, dove la camicia era stata alzata. Chiunque avrebbe dato qualsiasi cosa, per avere un incarnato come quello, perlaceo e simile alla porcellana più pregiata.

I tratti erano aristocratici, spigolosi … ma perfetti. Gli occhi grandi, incorniciati da una marea di ciglia lunghissime talmente chiare da sembrare trasparenti,  sembravano nuvole cariche di pioggia, pronte a scatenare il più terribile e stupefacente dei temporali. I capelli erano stati pettinati all’indietro, ma il caldo e il lavoro nei sotterranei  avevano fatto scappare alcune ciocche biondissime, che se ne stavano ora incollate alla sua fronte o al collo imperlati di sudore.

Ma una cosa mi attirava verso di lui in un modo quasi doloroso. Le sue labbra. Cosi piene, cosi rosse … cosi invitanti … Volevo sentire il mio nome pronunciato da quella bocca, volevo sentirla sulla mia.

Prima che potessi dire qualcosa vidi le sue labbra aprirsi in un urlo, le sue sopracciglia abbassarsi in un espressione spaventata.

Poi arrivò il dolore, e tutto si fece nero.

 

Hermione mi guardava. O meglio, mi analizzava, centimetro per centimetro, senza tralasciare nemmeno un anfratto del mio viso. Dove passavano i suoi occhi sentivo la pelle bruciare, come se il suo sguardo fosse fatto di fuoco.

Improvvisamente sembrò accorgersi della mia bocca, ancora semi aperta per la sorpresa di vederla sorridermi. Si morse il labbro, un espressione di desiderio stampata in faccia. Non pensavo che avrei mai visto il prefetto più temuto della scuola desiderare qualcosa con tutto quell’ardore. E mai avrei potuto pensare che ciò che voleva fossi io.

Ma quel momento, in cui io, contro ogni logica, avrei voluto stringerla tra le mie braccia e baciarla fino a farmi male, fu spazzato via.

Nevil Paciock stava attraversando la stanza con le mani piene di cianfrusaglie, il viso rubicondo e le mani sudaticce. Improvvisamente gli cadde una boccetta contenente un liquido scuro, che si sparse su tutto il pavimento attorno ai suoi piedi. Logicamente, come ci si poteva aspettare da uno stupido scoordinato  come Nevil, alla boccetta seguirono una marea di altri oggetti, tra i quali anche il suo grasso sederone.

Il piede del Grifondoro andò ad urtare il calderone di pozione al quale avevo lavorato anch’io, dietro al quale stava la Mezzosangue.

Prima che qualcuno potesse estrarre la bacchetta per fermare la caduta, il contenuto bollente si scontrò con i corpo indifeso della ragazza.

-Hermione!- urlò qualcuno (presumibilmente quel fesso di Potter).

Hermione cercò di schermarsi il viso con le mani, ma in una frazione di secondo si ritrovò stesa a terra, coperta di liquido turchese dalla testa ai piedi.

Io e il professor Piton fummo i primi a giungere accanto a lei, e constatammo che le sue mani erano ustionate, ma che per il resto sembrava stare bene.

-Malfoy, porta la signorina Granger in infermeria. Temo che abbia ingerito un po’ di pozione, ma almeno abbiamo la prova che era preparata correttamente … - sogghignò, fermando con un gesto della mano Potter, che era probabilmente arrivato di corsa  per  salvare la sua amica dalla morte certa che sarebbe sopraggiunta se il Bambino sopravvissuto non fosse giunto dall’alto.

Senza aspettare che qualcun altro cercasse di salvare la bella addormentata dalle grinfie della bestia, presi Hermione tra le braccia, facendo molta attenzione a non farle male.

Ma non potevo dare a vedere ai miei compagni Serpeverde  che trattavo con delicatezza quella che consideravano una sporca mezzosangue, cosi, quando le mie mani toccarono la sua pelle calda, mi stampai in faccia un’espressione schifata.



Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tentazioni ***


Eccomi di nuovo qui, solo per voi! Voglio ringraziare tutti coloro che hanno aggiunto la mia storia tra le preferite, ma soprattutto Vera Auxilia 04, Lightofmyeyes e Hollina, che con le loro fantastiche recensioni mi hanno spinta a scrivere il prima possibile questo secondo capitolo (spero solo che la qualità non ne abbia risentito XD) Mi raccomando, quando passate di qui fatemi sapere cosa ne pensate!

Vera Auxilia 04: certo che ricordo la tua ff, é una delle mie preferite! E non mi ringraziare per averti recensita, l'ho fatto perché penso veramente che sia molto bella!

Hollina e Lightofmyeyes: sono contenta che cio che scrivo vi piaccia, e come vedete non avete dovuto stare molto sulle spine!

Bribry 85, Elena Malfoy, Hollina, Lady_rose, Lightofmyeyes, Swan90 e tykisgirl ... grazie mille per aver inserito la mia storia tra quelle da seguire, spero di "sentire" presto le vostre "voci" (ovvero spero di leggere presto i vostri commenti)

Buona lettura La vostra Rosa di Cenere

 

Non appena la pesante porta di quercia si fu chiusa alle mie spalle, nascondendomi alla vista, mi abbandonai ad un sospiro. Tra le mie braccia Hermione era immobile, gli occhi chiusi e un espressione sofferente sul volto.

Vedere le sue sopraccigli aggrottate, la bocca semiaperta in un gemito silenzioso, mi provocò una stretta al cuore.

Solo io posso farla soffrire mi dissi, ma sapevo benissimo che non era quello che avrei voluto pensare.

Il suo corpo era leggero , e sentivo il calore della pelle attraverso la stoffa leggera della camicetta.

All’improvviso, mentre salivo un’altra rampa di scale, il corpo tra le mie braccia si mosse, e la mezzosangue disse qualcosa. Fu solo un sussurro, quasi impercettibile, ma ebbe lo stesso effetto di un pugno nello stomaco.

Draco.

Il mio nome. Lei aveva detto il mio nome.

Come se improvvisamente mi fossero state tolte tutte le ossa, mi accasciai a terra, deponendo Hermione su uno scalino con meno delicatezza di quanto avrei voluto.

Mi presi la testa tra le mani.

Cosa mi stava succedendo? Avevo sempre avuto tutte le ragazze che desideravo, avevo ottenuto senza sforzo i loro corpi, le loro attenzioni … i loro cuori. Perché dovevo desiderare cosi ardentemente una cosa che mi era preclusa?

La guardai. I capelli scuri, boccoli  color cioccolato, erano sparsi disordinatamente attorno al volto, sulla scala.

Una corona per la regina del mio cuore pensai, sardonico. Potevo negare con tutto me stesso, ma nulla sarebbe cambiato.

La volevo.

Non nello stesso modo in cui avevo sempre desiderato tutto, certo che presto l’avrei ottenuto senza fatica, ma in un modo nuovo, terribilmente doloroso. Perché sapevo di non poter possedere quegli occhi grandi, quelle labbra morbide e dolci, quel corpo caldo e profumato …

Cercai di tornare lucido, conficcandomi le unghie nei palmi, finché non sentii che la mia attenzione verteva finalmente su qualcosa che non fosse LEI. Ma non durò a lungo.

 Non appena, con la coda dell’occhio, colsi un suo movimento, tutta la mia attenzione si focalizzò nuovamente su di lei.

In un impeto di pazzia (o dovremmo chiamarlo lacerante desiderio?) mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei.

Con un’ansia che non avevo mai provato prima, avvicinai il mio viso al suo, finché i miei capelli non le sfiorarono le guancie e la fronte.

Perché devi essere cosi maledettamente bella? Mi chiesi, osservando le lunghe ciglia scure, che sfioravano  gli zigomi in una leggera carezza. Respirava piano, la bocca carnosa un poco socchiusa.

Senza che avessi il tempo di disubbidire a quello strano ordine proveniente da qualche parte nel mio petto, dove fino ad allora c’era stata solo una desolante freddezza, mi chinai ancora di più e posai le mie labbra sulle sue. Fu un contatto lievissimo, un bacio a fior di labbra. Fu meno violento di un petalo che cade leggero sulla superficie di un lago ghiacciato, senza lasciare alcun segno del proprio passaggio, ma fu per me devastante.  Come un masso enorme che si abbatteva inesorabile sulla superficie gelata e liscia della mia anima, distruggendo ogni certezza, ogni cosa fino ad allora ritenuta importante.

Mi ritrassi, come se quel contatto mi avesse scottato, e distolsi lo sguardo, pensando cosi di poter scacciare quella certezza che si era appena fatta prepotentemente largo nella mia mente: se non la avessi avuta, sarei morto.

Ma cos’era meglio?

Morire?

Oppure cedere a quel desiderio cosi irrazionale e sbagliato?

Avevo una irrefrenabile voglia di scappare via da lei, lontano, dove non mi avrebbe mai trovato, ma sapevo di non poterla lasciare li, in attesa che qualche buon samaritano la raccogliesse e la portasse in infermeria.

Cosi, sempre torturandomi le mani, la ripresi tra le braccia.

Quando i suoi capelli si posarono scomposti sulla mia spalla, il suo profumo mi colpì. Cosi aspro all’apparenza, ma in realtà cosi dolce e travolgente … proprio come lei.

 

Quando mi fui svegliata mi guardai intorno, accorgendomi con stupore di trovarsi in infermeria. Sotto la schiena sentivo lo scomodo materasso di una vecchia branda, le cui molle sporgenti mi stavano torturando.

Cercai di alzarmi a sedere facendo leva sulle mani, ma mi accorsi che era stata una pessima idea. Il palmo e le dita di entrambe era strettamente fasciato, e sentivo l’odore pungente di una pomata contro le scottature. In un attimo mi tornò in mente l’incidente nel sotterraneo … e la mia più grande preoccupazione era sapere cosa ne sarebbe stato della mia reputazione.

Con un gesto automatico, che compivo sempre se sotto pressione o in ansia, mi leccai le labbra. La mia lingua incontrò un sapore sconosciuto, apparentemente inspiegabile. Non era il sapore amaro e pastoso della pozione che dovevo aver ingerito, e nemmeno il sapore dolciastro della medicina rigenerante, che sentivo appiccicata al palato.

Si trattava di qualcosa di vagamente dolce, che mi fece scendere un brivido freddo lungo la spina dorsale.

Non avevo mai fatto uso di droghe, ma sentivo che un tossicodipendente doveva sentirsi proprio come me in quel momento … volevo sentirmi il bocca quella dolcezza, ma sapevo  per certo che averla mi avrebbe fatto male.

Improvvisamente la tenda bianca che mi divideva dal resto della sala si scostò leggermente, e apparve Madama Chips.

-Oh, che bello vederti di nuovo sveglia, cara! Come ti senti?-

Io mi puntellai sui gomiti e appoggiai la schiena alla testiera di ferro battuto, poi mi guardai distrattamente le fasciature.

-Piuttosto confusa … chi mi ha portata qui? Harry?- ero quasi certa che fosse stato lui. Non conoscevo nessun altro che avrebbe affrontato tutte quelle scale con il mio peso morto tra le braccia.

Madama Chips scosse la testa mentre mi cambiava le garze sulle mani.

-No, è stato quel giovane Serpeverde … come si chiama? Malfoy.- rimasi basita. Draco mi aveva portata fino a li in braccio? Aveva combattuto l’istinto irrefrenabile di lasciare morire una sporca mezzosangue per me?

Intanto Madama Chips continuava a parlare.

-Povero ragazzo, sembrava distrutto. E non per il tuo peso, cara, sei leggera come una piuma. Ricordo quando anch’io avevo un fisico come il tuo … - Sospirò, guardandosi le dita grassocce, simili a salsicciotti. Faticavo ad immaginarla senza le sue guanciotte piene e la sua figura paffuta. -Comunque, sto divagando, come al solito. Quel giovane sembrava malaticcio, stanco. Per di più aveva tutte le mani insanguinate … ma non ha voluto farsi medicare. Mi ha chiesto  di prendermi cura di te, poi se ne è andato come se avesse un Troll alle calcagna.-

Lui le aveva chiesto di prendersi cura di me?

 



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Allora... Buongiorno a tutti, popolo di EFP! Sono molto felice che cosi in tanti leggiate la mia storia XD E spero che quelli di voi che non recensiscono superino la timidezza e mi facciano sentire le loro "voci"... allora, questo é un terzo capitolo un po' corto, ma vi prometto che prima di lunedi sarete ricompensati da questa mancanza con qualcosa di piu sostanzioso!!!

Comunque il mio ringraziamento speciale va a Hollina, Vera Auxilia 04, Lightofmyeyes e barbarak..... Vi adoro <3

Un morso vampiresco a tutti

La vostra Rosa di cenere

 

VERITÀ

 

Uscii dall’infermeria non appena Hermione fu nelle mani di Madama Chips. Per quanto la cosa fosse assurda, non ero riuscito a trattenermi dal raccomandarle di prendersi cura di lei.  Non potevo permettere che la mia mezzosangue provasse dolore inutilmente.

La mia mezzosangue?

 Avevo davvero considerato Hermione come una mia proprietà?

Mi presi la testa tra le mani e mi accasciai contro una parete. Dovevo smetterla di farmi del male da solo. Più pensavo a lei, più sentivo di amarla, più l’amavo, più soffrivo. Sospirai, ma persino io mi accorsi di quanto quel suono  somigliasse pericolosamente ad un gemito di dolore.

Io Draco Malfoy, che soffrivo per una ragazza? Una semplice ragazza, una mezzosangue?

Lo sai anche tu che non è cosi, lei non è come tutte le altre. Lei è lei, qualsiasi cosa dica la gente, qualsiasi cosa dica TU.

Digrignai i denti, tirandomi con forza i capelli, cercando di estirpare dalla mente tutti quei pensieri cosi molesti, ma cosi insensati da sembrare terribilmente giusti.

Era come se il suo nome fosse stato marchiato a fuoco sul mio cuore, ed ora io cercassi in tutti i modi di cancellarlo.

Ma non potevo, non senza perdere per sempre la facoltà di amare. Non senza perdere la mia vita.

Frustrato sbattei le mani sul pavimento ruvido del corridoio, provocando una fitta di dolore che si diffuse per tutto il braccio, fino a giungere al cervello.  Meravigliato mi guardai i palmi, punteggiati di cicatrici a mezzaluna, abbastanza profonde e dalle quali usciva del sangue. Cazzo, pensai, accorgendomi di aver lasciato macchie rosso scarlatto sul pavimento e sulla maniglia della porta. Ma ero ancora abbastanza Malfoy da pensare che avrebbe ripulito tutto qualcun altro.

Mi rialzai e mi diressi verso la sala comune dei Serpeverde, nel sotterraneo, dove avrei potuto ripulirmi e  stare un po’ solo. Non avevo di certo intenzione di tornare a lezione, dove avrei ricevuto maree di domande e di occhiate di fuoco.

Mentre scendevo la prima rampa di scale sentii qualcuno che si schiariva la voce. Ero già pronto ad inventare una balla per giustificare il mio bighellonare durante le lezioni, quando mi accorsi che quel suono proveniva dalla parete alla mia destra. Un vecchio mago, una barba a punta sul mento ossuto, due occhietti vispi simili a pozze nere, mi fissava dalla cornice di un quadro. Alle sue spalle una fontana zampillava allegramente,  spruzzando alcuni bambini che giocavano sotto lo sguardo attento delle madri.

-Scusami, giovine mago, se ti redarguisco, ma ho visto ciò che hai fatto, e credo che il tuo comportamento … - Non sapevo cosa avesse da dirmi, ma non avevo intenzione di farmi dire cosa potevo o non potevo fare da uno stupido quadro. Cosi, senza nemmeno voltarmi indietro, alzai il dito medio e continuai per la mia strada.

Forse, per una volta nella mia vita, avrei dovuto ascoltare qualcuno che non fossi io.

 

Quando ebbi varcato la soglia della mia sala comune mi buttai come un peso morto su una poltrona, senza nemmeno guardarmi intorno. Il rumore fece svegliare qualcuno, che si era appisolato sul divano.

-Dra?- quella voce era simile al gracidare di una rana a causa della levataccia, ma era inconfondibile.

Spostai la mia attenzione dalle fiamme che scoppiettavano nel camino al viso di Blaise, sulla cui guancia si era impresso il disegno del cuscino.  Aveva gli occhi appannati dal sonno, e dalla bocca gli scendeva un leggero filo di bava.

Si strofinò gli occhi come un bambino, poi ritornò a fissarmi.

La sua espressione si fece confusa, e indicò i miei capelli con un indice affusolato.

-Perché i tuoi capelli sono di quello strano colore? – chiese dopo un attimo, alzandosi e avvicinandosi a me.

Non mi importava cosa intendesse, sapevo solo che desideravo togliermelo dai piedi il più presto possibile.

-Non è niente. – sbuffai, facendo un cenno stizzito con la mano. Pessima idea.

-Dra! Cosa ti è successo alle mani? -  in un attimo il mio compagno era accanto a me, e mi analizzava attentamente i palmi, neanche fosse un investigatore privato sulla scena di un crimine.

-Perché ho la strana impressione che ti sia fatto male da solo?- I suoi occhi scuri cercarono i miei, ma io non gli permisi di inchiodarmi con lo sguardo, conscio che se lo avesse fatto avrebbe capito tutto. Per quanto odiassi ammetterlo non avevo segreti per Blaise, ero come un libro aperto per lui.

Un pensiero molesto mi attraversò la mente, come un fulmine a ciel sereno.

Se fossi un libro potrei stare tra le sue mani, potrei essere letto, interpretato … capito.

Gemetti, stringendo gli occhi con forza. Perché ogni mio pensiero doveva arrivare a lei?

-Allora,  di chi stiamo parlando?- chiese Blaise, con un tono in apparenza neutro, quasi annoiato. Senza che io me ne accorgessi mi aveva ripulito le mani (e i capelli) dal sangue, e adesso stava cercando di rimarginare le ferite.

-Non è necessario. – dissi, brusco, ritirando la mano dalle sue cure. Volevo che quei segni rimanessero ben visibili, per ricordarmi in ogni momento quanto mi costasse starle lontano, trattarla come avevo sempre fatto, guardarla con gli stessi occhi.

-Cos’è una delle tue conquiste non ti ha dato quello che volevi e sei caduto nella più nera depressione?- la sua voce si era fatta acida. Probabilmente si sentiva offeso dalla mia mancanza di collaborazione.

-Senti Dra, lo so che vuoi fare il duro, dimostrarmi che un vero uomo non ha bisogno di parlare di niente con nessuno, ma, lasciatelo dire, hai un aspetto orribile. Sembri uno straccio per pulire i pavimenti dal vomito di Troll. E so che di solito non sei messo molto meglio … - lo fulminai con lo sguardo. - … intendo dire che normalmente sei bianco come uno straccio, ma nessuno vuole mettersi a discutere sulla tua immane bellezza e sul tuo fascino da bello e dannato.-

Congiunse le mani davanti al viso, come in preghiera, e assunse un’aria sognante. Trasudava sarcasmo da tutti i pori.

Presto pero ritornò serio.

-Ma non ti avevo mai visto cosi per una ragazza … di solito sono loro ad essere distrutte e addolorate perché le usi come fossero scalda lenzuola usa e getta!-

-Non ho mai parlato di una ragazza, Zab, sei tu che l’hai tirata in ballo!-

-Non era necessario che tu ne parlassi. Credo di aver sentito il tuo piccolo cuoricino di ghiaccio che si rompeva, poco fa. Ma non so di chi stiamo parlando, e sai quanto posso essere assillante. Posso andare avanti a parlare finché non mi dirai la verità, e tu lo sai, Draco. Sarò il tuo peggiore incubo, ti …. –

-Basta!- urlai, tappandomi le orecchie con le mani. Il mio presunto amico smise di colpo di parlare, e mi osservò, in attesa. Ero conscio del fatto che confessargli quello che sentivo era un errore. Non perché non mi fidassi di lui (sapevo che se gli avessi detto di mantenere il segreto se lo sarebbe portato nella tomba) ma perché non appena avessi pronunciato quelle parole ad alta voce, non avrei più potuto tornare indietro. Appena avessi confessato a qualcun altro quello che provavo, non avrei più potuto impedire alla mia mente di dire che era tutto vero.

-Hermione Granger.- sussurrai, cosi piano che Blaise dovette avvicinarsi per potermi sentire.

Ma, dalla sua faccia sconvolta, non poteva che aver capito perfettamente

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Verità ***


Ed ecco qui un nuovo capitolo! Voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito la mia storia, o che l'hanno inserita tra le preferite... Grazie mille, siete tutti voi a spingermi a continuare!

Purtroppo da lunedi qui ricomincia la scuola, e avro meno tempo per scrivere... ma vi prometto che se voi continuerete a starmi vicini e a darmi sostegno trovero il tempo di leggere e recensire le vostre storie, oltre che scrivere la mia!

Un morso grosso grosso dalla vostra Rosa di cenere

 

Mentre aspettavo pazientemente che Madama Chips tornasse dalla sua incursione all’armadietto dei medicinali, non potei che arrovellarmi per comprendere almeno un po’ lo strano comportamento di Malfoy.

Mi aveva portata in braccio fin li, senza lasciarmi cadere dalle scale o abbandonarmi a metà strada; aveva chiesto che ci si prendesse cura di me, e il suo aspetto era apparso peggiore del solito.

Cosa gli era successo?

Mi torturai il labbro inferiore, inconsciamente alla ricerca di un rimasuglio di quel maledetto sapore.

Io, Hermione Granger, considerata una delle migliori studentesse di tutta Hogwarts, non avevo le risposte.

Non riuscivo ad inquadrare un ragazzo, non riuscivo a capire lui e nemmeno l’effetto che aveva su di me.

L’unica mia certezza, per quanto impossibile e inspiegabile, era che volevo vederlo. Volevo perdermi nei suoi occhi di tempesta, volevo assaggiare le sue labbra, toccare il suo corpo, …

La tenda bianca che divideva le brande fu scostata, e davanti a me apparve Madama Chips, un sorriso soddisfatto sulle labbra carnose.

-Ecco, cara. – mi porse una piccola boccetta trasparente, dentro la quale si agitava un liquido scuro dall’aspetto poco invitante. Storsi il naso, quasi riuscendo a sentire il sapore amaro di medicina in bocca. –Lo so cara, non è esattamente succo di zucca, ma è di certo più utile. Con un cucchiaino di quello tutte le sere, entro alcuni giorni sarai tornata come nuova. Niente segni di scottature, mani perfette!- mi diede un buffetto sulla guancia, e il suo sorriso si fece ancora più luminoso.  –E adesso va, piccola Grifondoro! Chissà quanti bei ragazzi come quello che ti ha portato qui sono in pensiero per te!- Draco. Avvampai. Dovevo essere diventata rossa fino alla punta delle orecchie.

Salutai velocemente, raccolsi il mio mantello macchiato di blu e mi fiondai verso la porta.

Appena uscita dall’infermeria mi appoggiai al muro e presi alcuni respiri profondi. Premetti la guancia contro la parete di pietra, fredda e solida … esattamente il contrario di come mi sentivo io in quel momento. Solamente pensare che LUI potesse essere in pena per me mi faceva andare in tilt il cervello.

Non mi aveva nemmeno mai detto qualcosa che fosse anche solo lontanamente carino, come poteva avere a cuore la mia sorte? Probabilmente adesso se la stava spassando con qualche ragazza, e io ero l’ultimo dei suoi pensieri.

Per la barba di Merlino, Hermione! Cerca di darti un contegno!  Altro respiro profondo. Stavo migliorando, il mio cuore cominciava a battere in modo quasi normale. Però devo ammettere che quando lo vedo mi viene una gran voglia di saltargli addosso … Lacrime di frustrazione cominciarono a rigarmi il volto. Possibile che anche la mia testa, la cosa su cui avevo sempre potuto contare, nel bene e nel male, mi stesse abbandonando?

Mi asciugai rabbiosamente il viso con una manica sgualcita e sporca della divisa. Stavo crollando a causa di una persona che mi aveva sempre maltratta, e che non aveva avuto per me che parole velenose?

Mi ravvivai i capelli, come per provare a me stessa che avevo tutto sotto controllo.

Io ero io, e non sarei saltata a conclusioni affrettate finché non ne avessi saputo di più.

In fondo la vita è un po’ come un’infinita lezione. L’unica differenza è che chiunque può diventare professore, chiunque può insegnarci qualcosa. E io avevo imparato che non ci si può mai fidare di un Malfoy.

Cominciai a scendere le scale, ma dopo pochi scalini mi accorsi che qualcuno stava cercando di attirare la mia attenzione sbattendo ripetutamente il piede per terra.

Mi voltai, già pronta a redarguire qualche ragazzino maleducato, quando mi accorsi che quel rumore scocciante proveniva da un quadro. All’interno un vecchio mago mi fissava, torturandosi un’orribile barba da capra.

-Le serve qualcosa?- gli chiesi, massaggiandomi le tempie. Volevo solo buttarmi sul mio letto e dormire fino al mattino seguente.

Lui si sporse verso di me, come se volesse uscire dalla tela e sussurrarmi qualcosa all’orecchio.

-Volevo solo che lei fosse messa al corrente di quale orribile atto è stato compiuto su di lei mentre era priva di sensi….-

Lo guardai come se fosse un pazzo, riuscendo a malapena a trattenermi dal ridergli in faccia. Si stava torturando le mani, come se quello che stava per confessarmi andasse contro ogni sua convinzione morale.

Convinzione morale? I quadri potevano avere delle regole morali alle quali dovevano attenersi?

Intanto l’anziano mago aveva preso un profondo respiro, e si preparava a parlare.

-Deve sapere che quell’ignobile essere, quasi indegno di essere chiamato mago, le ha rubato una cosa molto personale…-  mi allarmai. Draco mi aveva rubato qualcosa? Tastai le tasche, dalle quali però non sembrava mancare nulla. Rivolsi di nuovo la mia attenzione al quadro, improvvisamente attenta, e gli rivolsi un cenno, invitandolo a continuare.

-Quel ragazzo, carissima, vi ha rubato un bacio ….-

 

 

Attraversai l’atrio deserto, lo sguardo perso davanti a me, un libro sotto il braccio.

Avevo passato tutto il pomeriggio chiuso in camera, asserendo di non sentirmi bene e di non avere alcuna intenzione di muovermi. Ovviamente Tiger e Goile, che pendevano dalle mie labbra, non avevano avuto niente da ridire, e mi avevano lasciato in pace.

Il mio vero problema era stato liberarmi di Zabini. Aveva minacciato di scardinare la porta se non lo avessi lasciato entrare, e, quando aveva ottenuto quello che voleva, mi aveva sommerso di domande.

Mi veniva quasi da ridere, ripensando a quanto curiosa potesse diventare  una persona, nelle condizioni giuste.

-Perché la ami, Dra? - era stata la sua prima domanda. Si era seduto sul mio letto, e mi guardava come se mi vedesse per la prima volta, con gli occhi spalancati e quell’espressione da bambino che cerca le risposte.

-Non lo so Zab. – era stata la mia risposta, quasi ringhiata. Non volevo essere duro con lui, unico essere vivente che mi accettasse sempre e comunque, ma non sopportavo di dover spiegare cose che non capivo.

Lui non aveva mostrato di essersela presa a male, si era limitato ad annuire.

Aveva continuato a pormi quesiti su di lei, su cosa pensavo di fare, su come mi sentivo. Poi, quando si era potuto ritenere soddisfatto, mi si era avvicinato e mi aveva posato una mano sulla spalla.

-Sono con te, Dra. Qualsiasi cosa tu decida di fare.- poi, senza aspettare risposta, mi aveva lasciato solo.

Per occuparmi la mente avevo deciso di andare a riportare un libro in biblioteca, cosa che di solito non facevo mai, ma che adesso mi sembrava un ottimo diversivo.

Giunto davanti alla porta della biblioteca, però avevo percepito una presenza alle mie spalle.

Mi ero voltato, quasi automaticamente, per vedere chi fosse.

Era LEI.

Scendeva le scale in silenzio, sola, le mani in tasca e un espressione strana sul volto. Sembrava un misto di sorpresa, shock e felicità.

Un angelo venuto direttamente dall’inferno per farmi pagare i miei debiti.

I capelli scuri si muovevano al ritmo di una canzone silenziosa suonata solo per lei, il viso pallido era illuminato ad intervalli regolari dalle torce alle pareti, che trasformavano i suoi occhi in due tizzoni ardenti.

Ti mancano solo le ali, Mezzosangue.

Come se avesse percepito il mio sguardo, Hermione spostò i suoi occhi su di me, per poi avviarsi nella mia direzione.

Giunta a pochi centimetri, mi sorrise. Un sorriso spiazzante, incantevole.

Possibile che io abbia meritato il paradiso?

Prima che potessi dire qualcosa, lei mi precedette, sorridendo di più ad ogni parola.

-Mi riprenderò quello che è mio, Malfoy, stanne certo.- e se ne andò.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Neve ***


Ve l'avevo detto che non vi abbandonavo! Certo, la scuola mi occupa un bel po' di tempo, ma sono comunque riuscita a riservare piccoli attimi delle mie giornate frenetiche alla scrittura...

Spero solo che questo nuovo capitolo vi piaccia, e soprattutto che mi facciate sapere cosa ne pensate...

Un grandissimo ringraziamento va come sempre a tutti coloro che mi sostengono, in un modo e nell'altro, e che hanno contribuito a far tornare l'ispirazione....

A Fiore di ren e a SenzaFiato posso solo dire che quando una storia mi piace devo assolutamente dirlo, e che quindi é stato un grande piacere recensire le loro storie....

Infine faccio un mare di auguri alla mia bellissima amica, la luce dei miei occhi.... Ti voglio bene Jade!

 

Neve.

Sui tetti spioventi della scuola, sul prato, sugli alberi.

Sotto il mio peso l’erba congelata scricchiolava, ma il suo gemito era soffocato dal manto bianco che la ricopriva.

Sospirai.

Davanti alla mia bocca si formò una nuvoletta di vapore, che in pochi istanti scomparve, veloce come era arrivata.

Amavo l’inverno. Quell’odore inconfondibile di freddo, camino e abete.

Lo sentivo anche in quel momento, alleggiare intorno a me come un angelo custode, entrarmi nelle narici e arrivare direttamente al cuore, che sembrava vivere solo per esso. Mi voltai una frazione di secondo ad osservare quella che per la maggior parte dell’anno era la mia casa.

 Il castello di Hogwarts svettava sulla collina, le guglie intente a solleticare un cielo plumbeo, pronto ad abbandonare su di noi le sue piccole perle di ghiaccio.

Presto avrebbe nevicato di nuovo, e tutti ne sarebbero stati entusiasti.

Ma non io.

Mi avevano informata da poco che tutti gli studenti avrebbero dovuto rimanere a scuola per le vacanze di Natale, e questo significava restare intrappolati dentro all’edificio per due settimane …

Due settimane vicino a lui, con il pericolo di incontrarlo ad ogni angolo, di vederlo anche dove non c’era.

Distolsi lo sguardo, accorgendomi di come quel grigio mi ricordasse i suoi occhi.

Ero uscita proprio per evitare di pensarci, ma ormai era quasi un’ossessione.

Gli avevo promesso che mi sarei ripresa quello che mi aveva “rubato” ma non sapevo come avrei fatto, e neppure quando. Non ero neppure certa di potercela fare.

Tutti mi vedevano come una ragazza audace, coraggiosa, pungente … ma io non mi sentivo cosi.

Avevo sempre eretto una barriera invisibile tra me e il resto del mondo, convinta cosi di potermi proteggere dal dolore. Avevo sempre mostrato al mondo quello che voleva vedere. Ma era solo una fragile illusione.

Mi fermai.

Il lago nero si stagliava davanti ai miei occhi, un strato di ghiaccio quasi inesistente a proteggere i suoi abitanti.

Una  fragile barriera che ti imprigiona e impedisce agli altri di entrare.

Mi infilai le mani in tasca e mi sedetti sul terreno, la neve un freddo cuscino.  Non mi importava del vento gelido  che si insinuava nel colletto della camicia, e neppure del mantello che si inzuppava mano a mano che  sotto di me il ghiaccio si scioglieva. Volevo solo che quel glaciale silenzio sovrastasse il tamburo che veniva suonato nel mio petto.

Volevo che il battito regolare del mio cuore smettesse di urlarmi il suo nome.

Draco.

Lo vedevo nelle irregolarità del ghiaccio, negli sbuffi di fumo che uscivano dai camini, nelle nuvole sopra di me.

Era ovunque.

Ma soprattutto, era con me.

Mi lasciai cadere all’indietro, e il cappuccio mi scivolò dalla testa, lasciando che i capelli si spandessero intorno a me, come una coperta.

Sentivo il gelo sulla nuca, ma non mi importava.

Le dita nella mia tasca raggiunsero un foglio ripiegato varie volte. Lo estrassi, portandomelo davanti al viso.

Era un volantino stropicciato,  gli angoli decorati con motivi natalizi, come vischio e bocce colorate.

Me lo aveva dato una ragazzina quando ero uscita dal portone principale, e io non l’avevo degnato di uno sguardo, infilandomelo distrattamente nei pantaloni.

Adesso, invece, quello che diceva mi fece illuminare il volto.

Un minuscolo fiocco di neve mi cadde sulla punta del naso, sciogliendosi all’istante.

Sorrisi, un’idea che prendeva lentamente forma nella mia testa.

 

 

L’avevo vista uscire dalla scuola, e l’avevo riconosciuta nonostante il cappuccio del mantello da Grifondoro le coprisse completamente il volto.

Aveva attraversato velocemente il parco , lasciando impronte appena accennate sulla neve fresca.

Per un attimo aveva osservato il castello alle sue spalle, poi aveva continuato la sua passeggiata verso il lago.

Quando si era lasciata scivolare a terra, il suo viso era stato scoperto, e la luce soffusa di quella giornata nuvolosa l’aveva colpita, come un riflettore.

In mezzo a quella distesa monocromatica appariva ancora più bella.

Le guance arrossate, i boccoli abbandonati distrattamente attorno al viso, gli occhi …. Spiccavano sul bianco in una maniera incredibile.

Avrei voluto correre fuori dal mio nascondiglio, tra gli alberi, e sedermi accanto a lei, per poterla vedere meglio, per poter sentire la setosità incredibile dei suoi capelli tra le mie dita.

Ma sapevo che se avesse scoperto la mia presenza avrebbe perso quell’espressione soave e pensierosa che aveva ora.

I suoi occhi da cerbiatta, cioccolato fuso nel quale avrei voluto perdermi, osservavano il cielo come se lo vedessero per la prima volta.

Improvvisamente una mano guantata comparve da sotto il suo mantello, un foglietto ripiegato tra le dita.

Quando lesse ciò che vi era scritto Hermione sorrise, un sorriso furbo, dietro al quale si celava qualcosa.

Appoggiai la guancia contro la ruvida corteccia di un albero, desiderando con tutto me stesso sapere cosa la faceva sorridere, cosa la rendeva felice.

Sicuramente niente che mi riguarda. Pensai amareggiato.

Alle mie spalle le fronde appesantite dei cespugli vennero smosse, provocando una piccola valanga.

Non mi degnai nemmeno di voltarmi, nonostante sentissi degli occhi perforarmi insistentemente la schiena.

-Che cosa vuoi, Pansy? – la mia voce, arrochita dal freddo e dal prolungato mutismo, sembrò fermare per un attimo il tempo.

Almeno fino a che la giovane Serpeverde non aprì la sua orrida bocca, diffondendo tutt’intorno la sua voce stridula e lamentosa.

-Oh Dracuccio … Come fai a sorprendermi sempre? – Mi voltai per una frazione di secondo, giusto per cogliere la figura intabarrata alle mie spalle. Due occhi verde spendo mi fissavano, incorniciati da un viso talmente perfetto da sembrare finto. Le labbra rosse e carnose abbassate nella brutta imitazione di un broncio fanciullesco, che nascondeva però mille sottointesi per nulla innocenti.

-Conosco i miei polli. O meglio, le mie galline! – dissi, sorridendo aspramente rendendomi conto che non avrebbe capito. Lei non capiva MAI.

-Tu mi dici sempre cose cosi cattive …. – continuò la Parkinson, un tono lamentoso da bambina a cui hanno vietato di mangiare caramelle. La sentii avvicinarsi e posarmi una mano sulla spalla. – Però quando decidi che hai bisogno di me per tenerti in esercizio non ti fai problemi ad adularmi … - La sua mano saliva e scendeva sul collo, la stoffa ruvida dei guanti che mi pizzicava la pelle.

-Dimmi perché sei qui e facciamola finita … - dissi, facendo un passo in avanti e voltandomi finalmente per guardarla negli occhi. La sua bocca si spalancò per la sorpresa.

Non si aspettava un rifiuto da parte mia. Di solito o la ignoravo o la usavo per scaldarmi il letto, e il suo piccolo cervellino non riusciva a capire la ragione del mio modo di fare comportamento.

Si riprese dallo shock e si sistemò i capelli già perfetti dietro l’orecchio.

-Siccome negli ultimi tempi non siamo riusciti a vederci come e quanto avrei voluto, volevo chiederti se ti andava di fare qualcosa con me … - Non aggiunse altro, si limitò a porgermi un foglietto con aria titubante.

Lo guardai.

Mi ricordava qualcosa, ma la mia mente intorpidita non riusciva a capire cosa.

Si trattava di un invito ad un ballo in maschera per la festa di Natale.

Sorrisi, un’idea che prendeva  lentamente forma nella mia testa.

 

 

 

 

 

 



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il ballo ***


Ed eccomi di nuovo qui!!! Lo so, ho postato l'ultimo capitolo da pochissimo, ma mi é venuta un'ispirazione fulminante e ho deciso che dovevo scriverla per poi esporverla...

Mi raccomando... so che siete in tanti a leggere questa ff (e ve ne sono assolutamente e incondizionatamente grata XD) ma vi preeeeeego recensite! Please, ne va della mia salute mentale!!!!

Grazie mille a tutti

Ps: mi scuso con Vera Auxilia 04 per l'errore nella descrizione di Pansy... é solo che volevo far capire quanto Draco fosse pazzo di Hermione, e allora ho inserito un personaggio che con la sua bellezza cercasse di tentarlo, ma che lui nemmeno nota perché é COTTO! Comunque grazie per avermelo fatto notare... Sono una frana -.-"



Mi osservai per l’ultima volta.

Lo specchio mi rimandava un’immagine che non avrei mai e poi mai pensato di vedere.

Avevo indossato quell’abito solo per mettere in atto il mio piano, ma adesso che il momento era giunto non ero più tanto sicura di riuscire ad uscire da quella stanza conciata cosi.

Indosserai una maschera, Hermione, nessuno si accorgerà che sei tu.

Sospirai.

Ormai auto convincersi non serviva a niente, e tanto meno pentirsi.

Con una mano tremante raccolsi la maschera che avevo posato sul comodino.

Sulle mie dita rimase una leggera scia di brillantini, che aggiunsi con fare noncurante a quelli che avevo sparso sui capelli .

In quel momento qualcuno entrò nella stanza, fermandosi non appena ebbe colto la mia figura nella penombra.

-Scusa, dovevo solo prendere …. Hermione?!? – Ginny si avvicinò di corsa. Aveva occhi e bocca spalancati, e la sua sorpresa non sembrava destinata a scomparire tanto presto.

-Per la barba di Merlino, Herm, sei assolutamente stupenda! - sorrisi, imbarazzata, e le mie guancie si imporporarono.

Intanto la rossa Weasley aveva cominciato a girarmi intorno, come se fossi un manichino da esposizione.

Mi schiarii la voce.

-Non è che potresti aiutarmi a mettere questa? – le chiesi, sventolandole sotto il naso la maschera che tenevo ancora tra le dita. Non mi piaceva essere studiata in modo tanto morboso, e volevo solo che la sua attenzione vertesse su qualcosa che non fossi io.

Lei sembrò riprendersi, e annuì profondamente, come se l’avessi incaricata di mettere la corona alla regina d’Inghilterra.

Poggiai la superficie fredda del gesso sul volto, ed esso vi aderì perfettamente, come una seconda pelle.

Raccolsi i capelli e li tenni fermi sopra la nuca, aspettando pazientemente che la mia compagna di stanza allacciasse il cordoncino .Non appena non sentii più le sue dita calde che armeggiavano sopra il mio collo lasciai che una cascata di boccoli scuri andasse a proteggermi le spalle nude.

Il mio sguardo venne catturato ancora una volta dal riflesso nello specchio.

Quasi sobbalzai per la sorpresa, quando mi accorsi che quella che vedevo ero davvero io.

Alle mie spalle una compiaciuta Ginny sorrideva  a trentadue denti.

-Sei molto carina, Gin. Il tuo costume farà di certo girare la testa a Harry.- dissi, voltandomi verso di lei e osservando per la prima volta l’abbigliamento della ragazza.

Lei fece un giro su se stessa, facendo si che il suo vestito, lungo fino alle ginocchia,  si aprisse a campana attorno alle gambe. Era vestita da elfo di Babbo Natale (leggenda babbana di cui le avevo parlato io e di cui si era innamorata perdutamente) ma se avesse dovuto portare i regali ai bambini di certo le avrebbero vietato di vestirsi in quel modo.

Indossava un vestito di raso verde, stretto in vita da una larghissima cintura rossa e con una scollatura alquanto generosa che lasciava ben poco alla fantasia. Sulla testa rosso fuoco un cappello a punta, sulla cui sommità tintinnava una campanella colorata.

-Grazie Herm. Ma adesso che ti ho vista non sono più tanto sicura che sarò io quella al centro dell’attenzione … E non sono nemmeno sicura che quello che mi hai detto riguardo ai ragazzi sia vero … - mi fece l’occhiolino, complice. –Non ci si veste in questo modo, se non si ha nessuno per cui farlo … -

Senza lasciarmi il tempo di ribattere o di difendermi mi prese per mano e mi trascinò verso la porta.

-È  ora che quel qualcuno veda cosa si perde!-

 

Mi sistemai distrattamente la cravatta.

Anche attraverso la stoffa pesante della giacca sentivo il freddo della parete arrivare alla pelle della spalla, appoggiata accanto alla porta della stanza di Blaise. Lo stavo aspettando da un tempo che sembrava infinito.

E poi dicono che sono le donne, quelle che arrivano sempre in ritardo.

Nel momento stesso in cui questo pensiero mi faceva spuntare un sorriso sulle labbra la porta accanto a me si aprì, mostrando un ragazzo in controluce e, alle sue spalle, una stanza totalmente in subbuglio.

Prima ancora che potessi dire qualcosa Blaise cominciò a ridere fragorosamente, piegandosi in due e indicandomi con un dito. 

-Non ti sembra un po’ azzardato vestirti cosi? – mi chiese, non appena il suo corpo ebbe smesso di contorcersi dalle risate. – Dopotutto non ti chiamano il principe delle serpi per niente … -

Il mio sorriso si allargò ancora di più. Dopotutto mi sarei dovuto aspettare una reazione del genere da parte sua.

-Forse non hai capito lo scopo di questa serata. – Dissi, il cuore che martellava nel petto al solo pensiero.

 –Ma se vuoi te lo posso ripetere … -

Lui uscì dalla penombra e mi guardò negli occhi.

-Non è necessario. È chiaro che vuoi capire cosa provi veramente per Hermione, per poi sedurla. Logicamente non puoi farlo, se non ti fai … notare.-

Fu il mio turno di sghignazzare.

-Nemmeno tu scherzi, in quanto ad azzardi! – dissi, guardandolo dall’alto in basso. Era vestito da re, un lungo mantello rosso bordato di pelliccia che puliva il terreno al suo passaggio. Sul capo scuro era posata una pesante corona argentata.

-Beh, se tu per un giorno decidi di lasciare libero il tuo trono, io prendo il tuo posto per il bene del regno! – e si incamminò su per le scale, a testa alta e con un passo da grande sovrano.

Con una scrollata di spalle, che provocò la caduta di qualche piuma, lo seguii.

Arrivati all’ingresso della scuola fummo colpiti dalla straordinaria assenza di persone in un luogo solitamente molto affollato. Logicamente eravamo in ritardo.

Alle nostre orecchie giungeva solo un flebile eco della musica che veniva suonata dietro le porte chiuse della sala grande.  Entrammo.

I lunghi tavoli che di solito occupavano la grande sala erano stati fatti sparire,  rimpiazzati da una marea di gente, la cui casa di appartenenza era stata messa da parte, solo per quella notte. Probabilmente Serpeverde e Grifondoro ballavano insieme, dimentichi dell’antico odio che ogni giorno li spingeva a stare lontani gli uni dagli altri.

Forse da questa notte l’odio tra di noi potrebbe essere cancellato, Mezzosangue.

 Sul palco dove solitamente cenavano i professori era ben allineata un’orchestra di elfi, la cui musica ipnotica impregnava l’aria, come il profumo dei fiori in primavera.

Alzai per un attimo lo sguardo al soffitto.

Uno splendido cielo stellato appariva a tratti tra nuvole cariche di neve, e migliaia di candele volteggiavano sopra le nostre teste, illuminando la sala di una luce soffusa. Proprio al centro della volta una luna quasi piena mostrava il suo volto luminoso e carico di mistero.

Quando il mio sguardo tornò a posarsi su coloro che mi circondavano, mi accorsi che tutti gli occhi erano puntati sulla porta alle mie spalle. Lanciai una rapida occhiata al mio compagno, anche lui incantato.

-E quella chi è?- chiese qualcuno.

Mi voltai, curioso.

E fu allora che la vidi.

Era li, come un sogno che si fa strada alla luce del giorno, realizzandosi nonostante le avversità.

-Hermione. – sussurrai, incapace di vedere altro che lei.

Era la cosa più bella che avessi mai visto.

Indossava un abito rosso scuro aderente sul seno e sul ventre, che si apriva poi in strisce irregolari di stoffa, simili a fiamme. Sulla schiena un paio di ali da pipistrello semi trasparenti, anch’esse rosse, filtravano la luce e le creavano attorno un’aura luminosa.

Il bellissimo volto, nascosto da una maschera nera luccicante alla cui sommità spuntavano due piccole corna, sembrava fatto di porcellana pregiata, troppo fragile per essere anche solo toccata.

I morbidi boccoli luccicavano, illuminandola ancora di più.

Improvvisamente i suoi occhi cioccolato incontrarono i miei, e sul suo volto si aprì un sorriso beffardo.

Si avvicinò a me, camminando come una leonessa che si avvicina alla sua preda, la folla che si apriva in due ali per lasciarla passare. Ormai anche la musica aveva smesso di suonare, e l’attenzione di tutti era focalizzata su di noi.

-Malfoy.- disse, studiando il mio travestimento con un sopracciglio alzato.

Dio quanto era sexy.

-Mezzosangue. – risposi io, ricambiando con piacere immenso il suo sguardo. Nonostante indossasse dei tacchi vertiginosi i nostri occhi non erano ancora alla stessa altezza.

-Non ti sembra un po’ eccessivo questo travestimento da … angelo?- l’ultima parola le usci di bocca come se fosse un insulto.

Ha ragione pensai È lei l’unico angelo, qui. Ma stasera si cambia musica …

-Nemmeno nei tuoi sogni sei lontanamente simile a un angelo.- continuò lei, sempre più soddisfatta nel vedere che non ribattevo.

-Tu invece stasera sei esattamente come nei miei sogni … - le dissi, sicuro che un commento del genere avrebbe fatto comparire il familiare rossore sulle sue guancie, spingendola inoltre a chiedersi se la sognassi veramente.

Draco, sei un genio.

Ma non accadde nulla di quello che speravo.

Le sue gote rimasero dello stesso colore di un attimo prima, ma sul suo volto apparve un sorriso compiaciuto e furbo.

-E allora dimmi, Malfoy … faccio anche questo nei tuoi sogni? –

Mi superò in due falcate, lasciandosi dietro quell’inconfondibile profumo che solo lei poteva avere.

La seguii con lo sguardo.

Raggiunse in un attimo il rossissimo Weasley, e, dopo avermi sfidato con lo sguardo, lo baciò con trasporto.

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Potrai mai perdonarmi? ***


Ta tan!!!! Per prima cosa voglio ringraziare barbarak, Vera Auxilia 04 (anche per me é stato bello sentirti al di fuori di EFP, sembri una persona davvero fantastica!) , Padroncina, Lightofmyeyes e Hollina, che hanno commentato il mio ultimo capitolo in un modo talmente dolce e gentile che ogni volta che leggo le loro recensioni divento euforica! Voglio dire inoltre GRAZIE a tutti coloro che hanno letto la mia storia, ma soprattutto quelli che l'hanno aggiunta tra le preferite (spero di sentire presto le vostre opinioni, anche con poche parole sono felice :) )

Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento

Vi voglio bene, quando leggo le vostre recensioni le mie giornate migliorano molto!!! La vostra Rosa di cenere

 

Non sono riuscita ancora oggi a comprendere perché lo feci.

Ormai da tempo mi era chiaro che l’affetto che provavo per Ron era come quello che avrei provato per un fratello, e nulla di più. Non lo amavo, e non era mia intenzione farlo soffrire facendo credere il contrario.

Ma quegli occhi grigi che mi guardavano, strafottenti, erano l’unica cosa che riuscivo a sentire.

Li sentivo su di me, li vedevo studiarmi … ma non sapevo cosa si celasse dietro quella facciata di ghiaccio.

Volevo capire se quella inspiegabile voglia che mi attanagliava il cuore fosse ricambiata, se anche Draco desiderava me come io desideravo lui.

Volevo che reagisse alla mia provocazione, dicendomi in faccia quello che provava, anche se dubitavo che lo avrebbe fatto. Dovevo provare, era l’unica possibilità che mi avrebbe permesso di tornare a vivere …

Lo sai anche tu che se ti respingerà non potrai tornare a vivere, perché lui si è preso il tuo cuore …

Lo sapevo, eppure continuavo a sperare che i miracoli potessero accadere.

Quando le mie labbra si furono staccate da quelle di Ron, il mio sguardo corse a lui.

La sua rabbia mi colpi come un pugno nello stomaco.

I suoi occhi grigi erano diventati freddi come il ghiaccio, e fissavano Ron talmente intensamente che sembravano poterlo tagliare a metà.

La sua mascella era talmente contratta, e i denti talmente digrignati che per un momento ebbi paura che quel viso perfetto si stesse per rompere in mille pezzi.

Con una mano tremante si strappò la maschera dal volto, mostrando un pallore ancora più marcato del solito.

Il silenzio attorno a noi era opprimente. Nessuno capiva cosa stesse accadendo, ma la furia ceca del Serpeverde, talmente chiara da alleggiare quasi nell’aria, teneva lontane le domande.

Con scatto felino, senza che nessuno potesse prevedere la sua mossa, Draco fu davanti al rosso Weasley.

Lui non fece nemmeno in tempo ad aprire la bocca per lo stupore, che il pugno chiuso di Malfoy lo colpi in pieno volto.

La maschera di porcellana che portava si frantumò, e una quantità incredibile di frammenti affilati e pericolosi  gli ferirono il viso.

Schizzi di sangue appartenenti ai due ragazzi andarono a macchiare i vestiti delle persone più vicine,  talmente immobili a causa dello stupore da sembrare statue di cera, ferme per sempre in quell’attimo di incredulità.

Alcuni si ripresero appena in tempo per  afferrare il povero Ron, stramazzato a terra e con il naso grondante liquido rosso.

Per quanto la mia coscienza mi urlasse di aiutarlo, non riuscivo a distogliere lo sguardo da Draco .

Per quanto assurda e tragica fosse la situazione, l’unica cosa che riuscivo a pensare era a quanto fosse bello.

Un angelo vendicatore.

La giacca bianca schizzata di gocce scarlatte, una mano ferita e dolorante stretta al petto, il fiato corto.

In un attimo i suoi occhi si spostarono  dal ragazzo a terra a me.

Quelle due voragini di tempesta erano diventate cosi espressive che faticavo a sostenere il suo sguardo.

Senza una parola si avvicinò a me, finché fummo talmente vicini che  i nostri respiri si mescolarono in una cosa sola.

Mi mise una mano dietro la schiena e mi attirò a se, il mio cuore martellante contro il suo petto.

-Di solito è cosi che finiscono i miei sogni … - lo disse in un sospiro, talmente piano che solo io potevo sentirlo.

E le sue labbra furono sulle mie.

Non era un bacio leggero, delicato, ma l’espressione perfetta del desiderio represso che sentivo nel corpo stretto contro il mio. Una scarica di energia pura mi attraversò il corpo, dalle punte dei capelli ai piedi, e mi sembrava quasi di essere in procinto di esplodere. Come un vaso rotto tenuto insieme da una colla scadente. Sarebbe bastato un soffio di vento troppo forte per distruggermi.

Mi sfuggì una lacrima.

Sapevo di aver rovinato tutto.

Sentivo che il sapore dolce di quel momento era guastato da qualcosa.

Ti sta dicendo addio, Hermione.

La sua mano sinistra si poggiò sulla mia guancia, mentre le nostre labbra si separavano, provocandomi un dolore quasi fisico.  Mi aggrappai come una bambina al bavero della sua giacca, come se potesse bastare a tenerlo li con me.

-… l’unica differenza, Mezzosangue, è che nei miei sogni di noi due quello malvagio sono io … -

Rumore di qualcosa che si frantuma.

Le mie dita persero la forza, e la mia presa su di lui si allentò.

Avrei potuto impedirgli di andarsene.

Avrei potuto dirgli che lo amavo.

Invece l’unica cosa che riuscii a fare, mentre lo guardavo  allontanarsi velocemente dalla stanza, fu accasciarmi a terra e piangere.

 

Il vecchio Malfoy non esisteva più, e il suo posto era colmato da un infinito nulla.

Non sentivo niente.

Non il freddo pungente sulla pelle, non la musica che aveva ricominciato a suonare all’interno del castello, non il sangue che scorreva veloce nelle vene.

Solo una cosa mi appariva terribilmente nitida.

La sua immagine, nella mia mente, ripeteva quel gesto all’infinito.

Lo baciava ancora.

E ancora.

Anche ad occhi aperti, l’immagine di quelle labbra sulle sue si sovrapponevano al paesaggio.

Probabilmente tuo padre si sta rivoltando nella tomba, vedendo suo figlio stare male per una sporca mezzosangue.

Sorrisi, un gesto abitudinario che però non aveva nulla di allegro.

Camminavo a testa bassa, fissandomi le scarpe, senza nessuna meta e senza sapere quando mi sarei fermato.

Volevo solo che quel dolore lancinante al petto scomparisse, portato via dal vento.

Perché?

Era l’unica cosa che la mia mente distrutta riusciva a chiedersi.

Perché dovevo innamorarmi proprio di lei?

Perché aveva baciato il rosso proprio davanti ai miei occhi?

Mi fermai, le costose scarpe a pochi centimetri dalla riva gelata del lago.

Ma soprattutto una assillante interrogativo mi stava distruggendo da dentro, scavando nel mio animo e arrivando sempre più vicino a distruggermi.

Perché continuavo a desiderarla nonostante tutto quello che mi aveva fatto?

Mi tolsi la giacca, desiderando ardentemente che quel gelo invernale mi entrasse dentro, spazzando via tutto il resto.

Ma non bastava.

Il gelo mi scalfiva solamente, attraversando la stoffa della camicia leggera e pungendomi fastidiosamente la pelle.

Eliminai anche l’ultimo poco di stoffa che mi divideva dal freddo polare. Una folata di vento mi fece rabbrividire, ma questo servì solo a ricordarmi quanto avrei essere coperto dal suo corpo caldo,  quanto avrei desiderato scaldare il mio viso gelato tra i suoi morbidi capelli.

Mi presi la testa tra le mani e caddi a terra, in ginocchio.

Urlai, talmente forte che nella foresta ci fu un attimo di fuggi fuggi generale, poi il silenzio più assoluto.

Tirai un pugno al terreno, ricordando troppo tardi il cazzotto che avevo dato a Ron. Mille aghi gelati andarono a conficcarsi nella mia pelle martoriata, facendomi trasalire.

Il mio prezioso sangue andò a tingere la neve, lasciando una scia scarlatta.

Guardai il mio riflesso nel ghiaccio, e capii che non sarei potuto tornare indietro.

I miei occhi trasudavano una tale frustrazione che non riuscii a guardarli per molto. Il mio volto era una maschera di tristezza, che mi ricordava solamente quanto fossi diventato dipendente da lei, ed era una cosa che mi ero sempre ripromesso di non fare.

Avevo sempre vissuto solo per me stesso, senza mai guardare in faccia nessuno.

Ero cambiato, per quanto impossibile questo potesse sembrare.

La superficie del ghiaccio si ruppe in mille pezzi, facendomi sussultare, e una mano palmata si protese verso di me.

Prima che potessi fare qualsiasi cosa numerose dita mi artigliarono, trascinandomi lentamente verso il fondo.

Forse era proprio quello che volevo.

Che la fine arrivasse.

Poi il buio mi avvolse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Riscaldami il cuore ***


Buon giorno a tutti! Allora, come al solito non posso che cominciare dicendovi GRAZIE. Quando ho letto le recensioni di Tonks97, Hollina, Lightofmyeyes e  barbarak ero divisa tra le risate e la commozione... :) Siete di grande aiuto, come sempre... Vi adoro!

Per quanto riguarda _Ink_ ... beh, ero assolutamente commossa, e quello che mi ha scritto é stato il miglior complimento che potessi ricevere.... Grazie <3

Ma il mio ringraziamento va anche alle 40 persone che seguono la mia storia (mi dispiace, non scrivo i vostri nomi, ma sappiate che vi voglio bene ;) )

Adesso bando alle ciance.... Vi lascio alla lettura (sperando che non mi lanciate  virtualmente verdura marcia o roba simile)

La vostra Rosa di cenere


Prima che qualcuno potesse fermarmi, cominciai a correre.

Le lacrime continuavano a scendere incontrollate dai miei occhi, rigandomi le guancie e fermandosi per una frazione di secondo, prima di gettarsi a capofitto verso il nulla.

Non avrei potuto stare in mezzo a tutta quella gente basita un secondo di più.

Probabilmente ero diventata l’argomento di conversazione più gettonato tra gli studenti di tutte le case e di tutte le età, ma solo di uno di loro mi importava. E forse era anche l’unico a non pensare a me.

Percorsi l’atrio deserto e mi lanciai su per le scale a velocità folle, sentendo a malapena i commenti sussurrati dei quadri. Un tacco si ruppe, facendomi inciampare, e il ginocchio sbatté dolorosamente contro lo scalino di pietra, provocando una fitta di dolore che mi fece gemere.

Ma andai avanti, zoppicante e con gli occhi secchi, fino al ritratto della signora grassa.

Lei mi guardò con aria curiosa e preoccupata insieme, pronta a carpire informazioni che l’avrebbero resa la più informata di tutti in fatto di pettegolezzi.

Prima che potesse anche solo prendere fiato per parlare pronunciai la parola d’ordine.

-Ubi iacet dimidium, iacet pectus meum.
Dove giace la mia metà, là giace il mio cuore.

Rabbrividii.

Perché tutto ciò che mi circondava mi ricordava la mia stupidità?

Perché il suo nome era l’unica cosa a cui riuscissi a pensare?

Il quadro si fece da parte di malavoglia, e io mi affrettai ad attraversare il cunicolo che portava alla sala comune dei Grifondoro.

Senza degnare di uno sguardo il camino acceso e le poltrone accoglienti disseminate li intorno, mi diressi alla mia stanza.

Il mio cuore batteva, ma io non riuscivo a sentirlo.

Sentivo solo il rumore delle sue fragili pareti che scricchiolavano sotto il peso di un errore troppo grande per essere perdonato.

Lo stesso rumore di un pavimento di legno che cigola sotto il peso di chi lo calpesta.

Era proprio cosi.

Avevo calpestato il mio cuore.

Avevo rovinato tutto.

Mi accasciai nella mia stanza, contro la porta, come se quel fragile asse di legno potesse servire a tenere fuori tutto il dolore che provavo.

Cercai di prendere un respiro profondo, ma ciò che ottenni fu solo un rantolo inarticolato.

Improvvisamente uno sbattere d’ali mi fece sobbalzare, facendo correre il mio sguardo verso la finestra chiusa.

Un enorme gufo grigio, le piume delle ali leggermente scosse dalla brezza, mi fissava con i suoi enormi occhi gialli.

Nel becco teneva un pezzo di carta ingiallito, su cui spiccavano grosse macchie di inchiostro, come se chi l’aveva scritta fosse molto di fretta.

Improvvisamente una consapevolezza mi travolse.

Era successo qualcosa a Draco.

Con uno scatto arrivai alla finestra e la aprii.

Una folata di aria gelida mi fece venire la pelle d’oca, ma ormai ero troppo in ansia per farci caso.

Ti prego, fa che io abbia torto. Dopotutto accade spesso, in questo periodo.

Strappai il foglio di carta della presa del povero uccello, che mi rispose con un  verso indignato.

Lessi le poche parole che vi erano scritte in malo modo, talmente macchiate che si faticava a distinguerle, ma il messaggio era cosi chiaro che non fu necessaria una seconda lettura.

 

Vieni subito, Draco sta male

                                                     Blaise

 

Mi strappai di dosso il vestito, scambiandolo con una canottiera e una felpa enorme che mi arrivava alle ginocchia, poi corsi fuori dalla mia stanza nella torre, afferrando la bacchetta che avevo abbandonato sulla scrivania e infilandomela in tasca.

Mi accorsi ben presto che le scarpe erano solo un inutile impedimento, cosi uscendo le calciai sotto a una poltrona.

A piedi nudi e probabilmente con un viso sconvolto dal pianto e dalla preoccupazione, ripercorsi la strada che avevo fatto solo pochi minuti prima, però a ritroso.

Uscii da dietro il quadro della signora grassa senza dire una parola, e siccome non mi raggiunse nessun commento, capii che probabilmente era andata a informarsi su gli ultimi avvenimenti in un’altra cornice.

Meglio.

Mi sarei evitata commenti sprezzanti su come dovesse vestirsi una signorina per bene.

Rischiai diverse volte di fare le rampe di scale a rotoli, ma inspiegabilmente riuscii sempre a ritrovare l’equilibrio prima di cadere a terra.

Arrivai nei sotterranei in tempo record, e mi bloccai per un attimo, smarrita.

Non sapevo dove andare, e avevo paura di perdere tempo prezioso girovagando senza meta in quel luogo freddo e buio.

Improvvisamente un urlo lacerò l’aria, facendo perdere alcuni battiti al mio cuore già distrutto.

Draco.

Seguii la direzione da cui continuavano ad arrivare lamenti di dolore, e, dopo aver attraversato alcune grandi stanze tappezzate di grigio e verde, mi ritrovai davanti ad una porta in legno massiccio.

Lui doveva essere li dietro.

La mia mano si strinse attorno alla maniglia gelata, che aveva la forma di un serpente dalla bocca spalancata.

La abbassai.

All’interno alcune candele mandavano una luce soffusa, illuminando in parte un enorme letto a baldacchino, sul quale era chino un ragazzo moro.

Mi avvicinai correndo.

Blaise mi guardò per un attimo, grato, poi tornò ad osservare il biondo Serpeverde steso sul materasso.

Il realtà da un’immensa montagna di coperte spuntava solo il capo biondo del ragazzo.

Era in condizioni orribili.

 Le labbra erano viola acceso, i capelli semi-congelati erano appiccicati al viso, contratto in una smorfia di dolore.

-È stato trascinato nel lago Nero da un gruppo di sirene che hanno pensato bene di fargli fare un giretto nel loro accogliente regno …. –

Aveva risposto a una domanda che  non avevo nemmeno formulato ad alta voce.

Per l’ennesima volta mi accorsi di quanto quel ragazzo fosse sveglio.

-Ok, Blaise, il resto della storia me lo racconterai un’altra volta, ti va? Adesso riempi la vasca da bagno di acqua il più calda possibile, poi fai che Draco ci stia per un po’. Io vado a cercare qualcosa di caldo da fargli mandar giù … - Prima ancora che io finissi di parlare, Zabini aveva sollevato con qualche difficoltà Draco, e lo stava trascinando verso quello che credevo fosse il bagno.

Uscii dal sotterraneo e andai spedita in cucina, dove gli elfi domestici mi accolsero calorosamente.

Avevo sempre lottato per la loro libertà, e adesso mi consideravano una loro pari, per quanto dura fosse stata all’inizio convincerli che potevano fidarsi di me.

Afferrai un termos enorme e chiesi a uno di loro di riempirmelo di qualcosa di caldo, e fui accontentata in un pochi minuti, che però mi parvero secoli.

Lo baciai frettolosamente sulla testa bitorzoluta e tornai da dove ero venuta.

In quella che credevo fosse la sala comune racimolai delle coperte, che mi buttai frettolosamente sulla spalla.

Quando rientrai nella stanza da letto sentii lo sciabordare dell’acqua, e qualcuno che veniva alzato di peso.

Dopo alcuni minuti Blaise riapparve, il biondo, coperto solo da un paio di boxer umidi, sempre tra le braccia.

La luce delle candele giocava tra i suoi capelli e sul suo petto, che sembrava scolpito nel marmo bianco.

Appena lo ebbe posato tra le coperte, vidi che il suo colorito stava leggermente migliorando, e che le labbra stavano tornando del solito colore rosato.

Ma tremava come una foglia, e questo non era un buon segno ….

Mi sedetti accanto a lui e avvicinai una tazza di caffè fumante alle sue labbra, che si storsero un poco, ma che non fecero resistenza quando il liquido scuro le scaldò, scendendo piano nella gola. I suoi occhi rimanevano chiusi, e questo era un bene, perché non avrei sopportato che il loro argento fuso mi scivolasse addosso, non in quel momento.

Improvvisamente capii cosa dovevo fare. In qualsiasi altra occasione sarei diventata rossa al solo pensiero, ma la paura di perdere per sempre il mio angelo mi spinse a prendere quella decisione.

-Ha bisogno di vero calore, e quello migliore che possiamo dargli è quello del nostro corpo. – dissi, togliendomi la felpa e lasciandola cadere a terra.  Mi feci strada tra le miriadi di strati caldi e soffici che lo ricoprivano e mi stesi accanto a lui.

Lo feci voltare faticosamente verso di me, e lo abbracciai, intrecciando le mani dietro la sua schiena. La sua testa ricadde a peso  morto sulla mia spalla, e ciocche di capelli biondissimi mi solleticarono il collo. Il suo respiro irregolare si calmò, e sentivo il suo alito caldo sulla pelle nuda del collo.

Mi venne quasi da piangere.

Sentivo la sua pelle fredda riscaldarsi a contatto con la mia, e non potevo fare a meno di pensare a quanto quella situazione fosse paradossale.

Probabilmente se fosse stato cosciente non mi avrebbe mai permesso di entrare nel suo letto.

Ma se tu avessi saputo ascoltare, probabilmente lo avrebbe fatto. Anzi, probabilmente ne sarebbe stato entusiasta …

Scossi la testa, ricordandomi solo in quel momento di non essere sola.

-Allora, Zabini? Vuoi lasciare che il tuo amico muoia congelato? – la rabbia che provavo verso me stessa si riversò in quelle parole, come se prendermela con un innocente potesse aiutarmi a sentirmi meno in colpa.

-Mi stai forse invitando a venire a letto con te, Granger? – rise forte, riscaldandomi un po’ il cuore. Probabilmente non aveva nemmeno fatto caso al modo in cui mi ero rivolta a lui.

Essere amici di Draco Malfoy ti forgia, al suo confronto un leone inferocito appare meno pericoloso di un agnellino smarrito.

-Offerta allettante, lo devo ammettere, ma credo che sarei solo d’intralcio. Dopotutto lui adesso sembra stare molto meglio … ha smesso persino di tremare! Quindi credo che ora il mio compito qui sia terminato, lo lascio nelle tue mani, ragazza. – e fece per andarsene.

-Aspetta!- gridai, frustrata. –Lui mi odia, non è cosi? Probabilmente preferirebbe che fossi tu a salvargli la vita, non io, che glie l’ho già rovinata abbastanza … - lui mi guardò, un sorriso sincero stampato in volto.

-Credo che non vorrebbe nessun altro con se, in questo momento … - e, con un ultimo gesto del capo, se ne andò.

 

Quando mi svegliai non mi ricordai subito cosa fosse successo.

Ricordavo solo il dolore, il freddo … e poi il buio.

 Non osavo aprire gli occhi, avevo paura di ciò che avrei visto.

Poi mi accorsi del corpo steso accanto al mio, e allora lasciai che le palpebre si alzassero lentamente, fino a che non vidi ciò che mi circondava.

Sono morto? Mi chiesi, accorgendomi che accanto a me dormiva Hermione, le braccia che mi cingevano in modo protettivo, il corpo attaccato al mio. Sentivo il suo petto alzarsi ed abbassarsi ad ogni respiro, perfettamente in sincronia con il mio.

Dovevo davvero essere morto.

Sono in paradiso?

No, non avevo mai creduto nel paradiso.

Avevo sempre pensato che il paradiso fosse il luogo dove andavano i veri dannati. Coloro che non avevano mai vissuto davvero.  Perché la vita è peccato, e solo se la vivi seguendo i tuoi istinti puoi davvero dire di essere esistito.

Mi scostai leggermente da lei, per poterla guardare meglio.

Aveva gli occhi gonfi e arrossati, e sulle sue guancie erano visibili le scie di lacrime secche. Aveva i capelli arruffati, e indossava una canottiera logora e piena di buchi.

Era bellissima.

Ma perché era li?

Ed erano state versate per me, quelle lacrime?

Allungai una mano e gliela posai sulla guancia, tracciando con il pollice disegni invisibili.

Le sue lunghe ciglia scure fremettero, ma non aprì gli occhi.

Non sapevo cosa pensare.

Lei mi amava?

O era entrata nel mio letto spinta dal senso di colpa?

La mia mano scivolò lungo il suo collo, e si arrestò sul petto, poco sopra il seno. Sotto di essa sentivo il battito del suo cuore. Lento, inesorabile … la più bella melodia che avessi mai ascoltato.

Mi avvicinai il più possibile e posai la fronte contro la sua.

Non avevo più dubbi.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il suo cuore nel mio cuore ***


Sono tornataaaa!!!! Lo so. lo so.... sono stata assente per un tempo che é parso infinito anche a me, ma l'importante é che io sia tornata, no? Allora.... questo é l'ultimo capitolo della mia ff (sigh, mi ero affezzionata alla mia storia). Spero di trovare presto nuove idee (e anche il tempo per scrivere, ovviamente) e di ritrovarvi qui quando e se le pubblichero

Vi lascio alla lettura

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!

Un morso vampiresco a tutti

Rosa di cenere

Quando mi svegliai, il mattino seguente, la prima cosa che vidi fu il suo volto.

Mi si strinse il cuore.

Un angelo che giace addormentato accanto alla sua maledizione personale.

Le nostre fronti si toccavano, e sentivo il suo respiro lento e regolare solleticarmi le labbra.

Lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, mi sfilai da sotto le numerose coperte. Non appena il mio corpo fu lambito dall’aria del sotterraneo le braccia e le gambe furono coperte dalla pelle d’oca. Faceva davvero freddo, li sotto.

Recuperai la felpa che avevo lasciato cadere a terra e me la infilai, traendo subito sollievo dal contatto con la stoffa morbida. Mi strofinai energicamente le braccia mentre analizzavo la stanza semi buia alla ricerca di carta e penna.

Volevo che lui sapesse, ma non avevo il coraggio di dirglielo in faccia, non dopo tutto quello che avevo fatto.

Il un angolo buio notai una disordinatissima scrivania, sulla quale erano abbandonati alla rinfusa numerosi oggetti.

Mi diressi li e frugai nel caos, finché non mi arrivarono tra le dita un foglio sgualcito e una piuma piegata a metà.

Intinsi il pennino nell’inchiostro e scrissi tutto quello che mi ero tenuta dentro per un tempo che mi sembrava infinito.

La lunga scia d’inchiostro era la catena che mi avrebbe per sempre legata a lui, qualsiasi cosa fosse successa.

Presi il foglio e lo ripiegai un paio di volte, poi rivolsi di nuovo la mia attenzione al ragazzo che dormiva pacifico in quel maestoso baldacchino.

Mentre posavo la mia lettera improvvisata sul cuscino dove fino a pochi attimi prima avevo posato la testa un pensiero mi attraversò la mente. Una frase che Draco, fino a pochi mesi prima, aveva amato ripetere.

Un Malfoy non perdona.

Mi asciugai gli occhi con una manica, prima che altre lacrime andassero a far compagnia alle troppe già versate quella notte.

Uscita dalla camera di Draco mi ritrovai nella sala comune dei Serpeverde. Lo spettacolo che mi si presentò, però, la fece sembrare maggiormente all’entrata di un pub dopo l’orario di chiusura.

Bottiglie di whiskey incendiario erano disseminate un po’ ovunque sul pavimento, accompagnate qua e la da qualche corpo addormentato. I divani e le poltrone erano state prese d’assalto, e i ragazzi che vi erano seduti si sorreggevano grazie al vicino. Una volta svegli avrebbero di certo dovuto vedersela con un gran bel mal di testa.

Facendo attenzione a non urtare niente e nessuno attraversai completamente la stanza, fino alla porta che mi avrebbe portata alla libertà.

L’omonimo Serpeverde della signora grassa dormiva sereno, la testa poggiata contro la cornice dorata.

Corsi a perdifiato verso la torre, il cuore che martellava in modo incontrollato, la paura di incontrare Gazza che mi spingeva a continuare nonostante non sentissi più le dita dei piedi.

Quando arrivai davanti al passaggio che mi avrebbe finalmente portata al rassicurante calore della mia camera  avevo il fiatone, e il rantolo incontrollato che mi usciva dalla gola ogni qual volta prendevo una boccata d’aria fece destare la signora grassa, seduta su una sedia e con la testa abbandonata sul petto.

Per un attimo sembrò non fare a caso a me, ma non appena i suoi occhietti annebbiati mi ebbero individuata si riprese in modo repentino.

Il suo sguardo era indagatore, e mi analizzava centimetro per centimetro.

-Ubi iacet dimidium…. – stavo per pronunciare la fine della frase, quando lei mi fermò con un gesto stizzito della mano.

-Mi dispiace cara, ma se tu non avessi passato tutta la notte chissà dove sapresti che la parola d’ordine è cambiata …  Non mi è permesso lasciare entrare nessuno che non la conosca. –

Ero troppo stanca anche solo per pensare di ribattere.

Non mi sentivo più le gambe, e sentivo che la testa mi sarebbe esplosa da un momento all’altro.

Sconforto.

Stanchezza.

Paura.

Paura di perdere anche l’ultimo briciolo di vita che ancora si ostinava a rimanermi attaccato.

Paura di perdere anche l’ultima parte dell’Hermione che ero stata.

Il quadro si fece da parte davanti ai miei occhi stupiti, e dal buco dietro di esso usci una massa di capelli neri scompigliati, una divisa rosso-oro tutta sgualcita.

Harry.

Dietro i tanto famigliari occhiali (che pendevano sbilenchi sul naso) due occhi verdi mi fissavano.

Mi si avvicinò e mi strinse tra le sue braccia.

Lasciai che la lana ruvida del suo maglione mi grattasse la guancia, e lasciai che il suo odore famigliare mi pervadesse le narici. Sapone e sudore.

Diverso dal profumo della pelle di Draco, eppure cosi fantasticamente rassicurante.

Le su mani mi accarezzavano la schiena, e il suo tocco era come un balsamo che leniva le mie ferite.

Perché non gli avevo detto quello che credevo di provare per Draco?

Forse lui mi avrebbe fatto risparmiare tutta quell’orribile storia.

-Ti va di raccontarmi cos’è successo?- mi chiese, avvicinando le labbra al mio orecchio. Io annuii sulla sua spalla, cosi lui si allontanò un po’  e mi prese per mano.

Fu la prima volta, quel giorno, che capii di essere davvero fortunata.

 

Hermione dormiva, la testa posata sulle mie gambe, le braccia incrociate sul petto. Le accarezzavo i capelli distrattamente, la mente occupata a pensare a ciò che avevo appena scoperto.

La mia migliore amica innamorata di Draco Malfoy.

Inizialmente avevo ascoltato ciò che mi diceva senza capire realmente il senso delle sue parole, ma non appena la sua voce aveva cominciato a spezzarsi pronunciando il suo nome, mi era apparso chiaro che i suoi sentimenti erano reali.

Non avevo intenzione di oppormi in alcun modo.

Certo, avrei preferito che le attenzioni di una persona a cui tenevo cosi tanto cadessero su di un individuo con un’umanità maggiore, ma cosa potevo farci?

Al cuor non si comanda, diceva qualcuno.

E non c’è niente di più vero.

 

Mentre correvo a perdifiato per i corridoi del castello le parole di Hermione continuavano rimbombarmi nella mente.

Sapevo a memoria quello che le sue piccole mani avevano scritto su quel foglio di carta macchiata.

 

Ti prego, Draco, perdonami. Sono stata una sciocca a fare ciò che ho fatto, e ti assicuro che me ne pento con tutta me stessa. Forse è stata la paura a spingermi a baciare Ron. La paura di ciò che provavo per te.

Perché (forse non ci crederai, ma è cosi) ti amo, Draco Malfoy. Ti amo con ogni singola molecola del mio corpo.

Non credo che potrai mai perdonarmi, perché io non lo farei, se fossi in te.

Con tutto ciò che resta del mio cuore                   Hermione

Stupida, stupida Hermione.

Come poteva credere che  avrei rinunciato a lei cosi facilmente?

Davanti ai miei occhi un orribile ritratto di una donna obesa mi fissava.

Fantastico piano, Malfoy, quello di andare a prendere la tua bella nella torre …. Ma non avevi calcolato il problema della guardia alla porta.

La grassona stava per fare uscire qualche stupida domanda dalle labbrone a canotto, quando fu fatta scivolare di lato, rivelando un’apertura buia alle sue spalle.

Il Bambino sopravvissuto mi fissava da dietro le lenti degli occhiali.

-Se la fai soffrire giuro che ti ammazzo. – disse. E si fece da parte, come invitandomi ad entrare.

Mi avvicinai, fermandomi quando mi trovai dove stava lui. Lo superavo di quasi venti centimetri, ma per la prima volta nella mia vita non lo guardai dall’alto in basso.

-Se dovesse succedere sarei io stesso a chiederti di farlo.- ed entrai nella sala comune dei Grifondoro.

Su un divano davanti al caminetto, la testa abbandonata su un cuscino, le gambe nude che spuntavano da sotto una felpa enorme, stava lei. Mi avvicinai lentamente, rapito dai riflessi arancioni che il fuoco donava ai suoi riccioli ribelli.

Mi inginocchiai dando le spalle ai ceppi ardenti, e posai una mano sulla sua guancia.

Fu come se un cubetto di ghiaccio andasse a sciogliersi contro la superficie rovente del sole.

Le sue palpebre si sollevarono, e i suoi occhi scuri mi guardarono per un attimo, straniti.

Gli occhi di un cerbiatto appena nato.

Poi, quando si accorse di cosa stava succedendo, si alzò a sedere.

Rimasi immobile, cercando di inchiodare i suoi occhi nei miei.

Ma non ci riuscivo.

-Hermione, guardami.- lo dissi cercando di mantenere un tono calmo, ma sentivo che mi tremava la voce.

Si coprì gli occhi con le mani e scosse energicamente la testa.

-Non posso … - sussurrò. –Non posso sentirmi dire che mi odi mentre ti guardo negli occhi. Morirei.-

Non potei fare a meno di ridere, fu più forte di me.

Fu la prima volta nella mia vita che risi di gusto, senza sarcasmo o cattiveria.

-Perché ridi?-  la sua voce, ancora impastata dal sonno, mi riportò alla realtà. Sentirmi ridere di gusto le aveva fatto dimenticare perché non voleva guardarmi, e adesso mi fissava allibita.

Sembrava una bambola di porcellana nascosta sotto un mucchio di stracci.

Mi alzai in piedi e mi sedetti accanto a lei.

Cercò di andarsene, ma la afferrai delicatamente per un braccio e la tenni ferma dov’era.

Le presi il mento tra il pollice e l’indice e la costrinsi a guardarmi.

-Io non potrei mai odiarti, Hermione. Nemmeno tra un milione di anni. Perché … – sospirai. Adesso veniva la parte più difficile, la parte che avevo temuto di più. Dovevo dirle una cosa che non avevo mai detto a nessuno, una cosa che non avrei mai pensato d dire.

- … perché io ti amo, dannazione, ti amo cosi tanto che mi sento morire dentro se non ci sei, io ….-

Hermione si divincolò dalla mia presa e mi gettò le braccia al collo con tanta enfasi da farmi cadere all’indietro.

-Sta zitto Malfoy. Pensa solo a portarmi nella mia stanza.- e mi baciò.

Le sue labbra calde sulle mie.

Le sue mani sulla mia nuca.

Il suo cuore nel mio cuore.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=555663