Lo Scettro dei Tre

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Krynn ***
Capitolo 2: *** 1 - Risvegli ***
Capitolo 3: *** 2- La Taverna dell'Ultima Casa ***
Capitolo 4: *** 3 - L'ospitalità di Caramon ***
Capitolo 5: *** 4 - Le perplessità di Tanis ***
Capitolo 6: *** 5 - La Prova ***
Capitolo 7: *** 6 - I discepoli del Maestro ***
Capitolo 8: *** 7 - Il Portale si apre ***
Capitolo 9: *** 8 - Il Bastone della Neutralità ***
Capitolo 10: *** 9 - Qualinesti ***
Capitolo 11: *** 10 - La crisi di Katlin ***
Capitolo 12: *** 11 - Incidenti di percorso ***
Capitolo 13: *** 12 - Ritorno a Xak Tsaroth ***
Capitolo 14: *** 13 - La Sfera delle Tenebre ***
Capitolo 15: *** 14 - Uccidimi ***
Capitolo 16: *** 15 - Segreti svelati ***
Capitolo 17: *** 16 - Ciò che il destino ha unito ***



Capitolo 1
*** Prologo - Krynn ***


Per secoli, fin dal Cataclisma che sprofondò la meravigliosa Istar nel Mare di Sangue, fin dalla caduta della montagna di fuoco che distrusse l’epoca di pace così luminosa ed attraente, spezzando la voce del Sommo Chierico con un boato, gli abitanti di Krynn levarono le loro preghiere al cielo alla ricerca di quegli dei che li avevano abbandonati.
Nessuna risposta giunse dai cieli muti, mentre pestilenze, guerra e morte prendevano possesso della terra senza dei. Lacrime, grida e imprecazioni non sortirono effetto. E pian piano la gente si abituò a vivere nella nuova solitudine.
Più di tre secoli passarono senza che un fiato venisse dall’alto, e nel raggiunto benessere, nella pace fittizia, gli uomini inventarono nuovi dei a cui chiedere favori. Dei senza alcun potere, ma il cui nome poteva essere pronunciato. Fu così che le menti assopite di Krynn non si avvidero di quanto invece i veri dei erano ancora presenti.
Quando il calderone esplose, e le nere ali di Takhisis, Regina dell’Oscurità, si levarono sul mondo riempiendo i cuori di terrore, Krynn sembrò perduta. Nessuna arma, nessuna luce a rischiarare l’oscurità. Solo poche anime unite dal Destino, a marciare verso l’ignoto, ignorate o beffate da entrambi i fronti.
Tanis Mezzelfo fu il loro capo, e tra i contrasti del proprio animo li guidò.
Goldmoon e Riverwind, i due amanti delle pianure, che recavano con loro un bastone misterioso, li gettarono nel caos della battaglia.
Li seguirono Caramon e Raistlin, i due gemelli, così dissimili; l’uno guerriero dal cuore puro, l’altro mago ambiguo e maledetto.
Sturm, nobile cavaliere di Solamnia, pose la spada al loro servizio.
Poi Tasslehoff, il kender spensierato, e Flint il vecchio nano.
La dolce Laurana, eterea elfa, pose i suoi passi su quelli di Tanis, avanzando in nome di un amore eterno, così come Tika, povera fanciulla che prese una spada in mano pur di stare vicina all’uomo che le aveva rubato il cuore.
Gilthanas, fratello di Laurana, li seguì, perdendosi in un amore proibito con Silvara, drago d’argento che portò loro l’arma atta a sconfiggere l’oscurità.
Essi combatterono una guerra impari, traditi da Kitiara, sorella dei gemelli, amante del Mezzelfo, generale di Draghi al servizio della Dea.
Tutti loro ebbero parte nella battaglia, che vide infine la Luce vittoriosa.
Molti si persero nella lotta. Il valoroso Sturm, trafitto da Kitiara. Flint, il nano, cui il dio Paladine offrì il meritato riposo. E Raistlin, che perse la propria anima nel buio e si diede al Male.
Kitiara fuggì, attendendo un momento migliore.
Gli Eroi delle Lance.
Così essi furono consacrati e celebrati, mentre il mondo riprendeva a girare. Solo per i Gemelli la guerra non era ancora conclusa.
Raistlin, maledetto nel corpo poiché posseduto dallo stregone Fistandantilus, possedette e vinse a sua volta l’antico mago e ne ricavò un potere immenso, benché in un corpo spezzato.
Divenne Signore, nella Torre di Palanthas, e la sua magia attirò gli sguardi del Consiglio dei Maghi, nonché l’apprendista Dalamar, elfo oscuro dal grande potenziale.
Caramon si perdette, la sua luce si offuscò, affogando nell’alcol la distanza tra lui ed il fratello, gettando nella disperazione la donna amata e votandosi all’autodistruzione.
E quando Raistlin decise di puntare all’immortalità, il Male tornò a permeare la terra di Krynn. Kitiara, avvertì che i tempi erano maturi per tornare alla battaglia.
Dalamar comprese che il suo maestro andava fermato.
Attraverso il tempo, Raistlin costruì il suo piano e la sua guerra contro Takhisis, trascinando con sé il fratello, costringendolo a tornare alla vita per servirlo, alimentando in lui un odio che nessuno avrebbe creduto possibile. Con lui trascinò anche Crysania, giovane eletta di Paladine, algida creatura dall’animo puro e freddo come il ghiaccio.
Il Portale era la sua meta. Crysania la sua chiave. Il fratello…un mezzo.
Ma accadimenti inaspettati quasi sconvolsero i suoi piani.
Il kender, Tasslehoff, si intromise nello scorrere del tempo, mettendo fatti già segnati in discussione. E sentimenti mai provati prima sconvolsero quella mente perfetta.
Come prevedere l’amore tra una Veste Nera e una chierica di Paladine? Eppure questo avvenne e Raistlin lottò contro di esso come avrebbe lottato contro la dea. Lo domò, infine, e usò il sentimento di lei per entrare nel regno di Takhisis.
Ormai fermo nelle sue decisioni, Raistlin abbandonò Crysania alla morte, mentre la guerra squassava di nuovo la terra. Caramon e Tasslehoff videro Raistlin futuro vincitore e la terra di Krynn morta e deserta.
Tornarono quindi  nel mondo presente e insieme al Mezzelfo si recarono al Portale, ove Dalamar aveva sconfitto Kitiara e attendeva di uccidere il proprio maestro.
Caramon entrò nel mondo della Dea, deciso a compiere il doloroso gesto, ma fu la sagoma inerte di Crysania, la cui vita era solo una debole fiammella, che lo attirò. Raistlin, pronto a trascinare Takhisis nel proprio regno, si trovò di fronte il fratello e la donna amata, e vide l’orrendo futuro negli occhi di Caramon. Un ultimo gesto d’amore venne da quell'anima martoriata e Raistlin sacrificò se stesso per permettere ai due di fuggire. Takhisis si vide sfuggire la preda, che cadde in un sonno profondo, in attesa della morte: ultimo premio per un cuore che si credeva perduto.
Il Portale si chiuse.
La pace tornò a regnare, sulla terra e nei cuori degli uomini.
Almeno fino a questo momento.

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Capitolo 2
*** 1 - Risvegli ***


CAPITOLO 1

RISVEGLI

Il sole caldo della primavera faceva a gara col vento leggero che veniva da est per baciare il viso del giovane mago, il quale osservava con un sorriso per metà di scherno le buffe acrobazie del kender, che coglievano immancabilmente in fallo i due combattenti, tanto grandi quanto goffi in confronto a quella creaturina ridente e agile.
Il giovane si guardò attorno, mentre il nano rampognava Caramon e Sturm, i due provetti guerrieri, tanto abili, testuali parole, da farsi mettere sotto da una mezza calzetta col codino e la lingua troppo lunga.
Spazzò con lo sguardo il folto bosco di vallenwood che nascondeva tra le fronde il suo paese natale, e respirò a fondo, sentendo l’aria tiepida scendergli come un’onda corroborante nei polmoni.
«Raistlin!- lo chiamò il fratello gemello, distraendolo- Raist, dì a Flint che non sono una femminuccia! Mi ha detto che sono inferiore a Tas, ti rendi conto?!»
«Ma certo, fratello mio.- disse Raistlin, scuotendo il capo, tentando senza troppo successo di mantenere un’espressione seria- Ti avverto però che il kender in questione se la sta filando con il tuo borsello.»
Raistlin soffocò una risata nel vedere lo scatto felino di Caramon nel riacciuffare Tasslehoff, mentre Flint continuava a sottolineare quanto fosse umiliante prenderle da un kender.
Chiunque avesse visto il sorriso del giovane mago, in quel momento, avrebbe forse faticato a riconoscerlo. Era un sorriso sereno, felice. Le linee del suo volto erano distese, nessuna malizia brillava nei suoi occhi, così come nessuna durezza.
Era un momento di pace e l’anima martoriata e pensierosa dell’introverso giovane stava cercando di goderselo appieno.
“Solace è bella.- pensò, forse per la prima volta, e se ne stupì- Casa mia…i miei amici…mio fratello...”
Guardò di nuovo il gruppetto chiassoso, a cui si stavano ora aggregando anche il mezzelfo e Kitiara, col suo solito sorrisetto in tralice.
“Non vorrei essere in nessun altro luogo che questo.” pensò, sentendosi sopraffare da una commovente ondata di serenità.
“Sbrigati. Abbiamo poco tempo.”
La voce, imperiosa, si fece strada nei suoi pensieri, cogliendolo di sorpresa. Il giovane si mise a sedere diritto, guardandosi attorno.
«Caramon…hai detto qualcosa?» chiese Raistlin, perplesso.
Il gemello non diede l’impressione di averlo sentito, in quanto era occupato a cercare di rimettere il borsello al suo posto, recuperando allo stesso tempo il pugnale di cui  Tasslehoff aveva già preso possesso. Certo che come pugnale era piuttosto strano…sembrava più un congegno pieno di pulsanti e catenelle…
“L’hai indotto tu a questo sonno. Fai in fretta.” disse ancora la voce.
Raistlin corrugò la fronte. La sentiva echeggiare nella propria mente e pareva evidente che nessuno dei suoi amici la stesse sentendo.
“Non avere fretta. Non posso rischiare che si svegli anche il suo corpo.- disse una voce più calma e posata- Lei non se lo lascerebbe scappare un’altra volta.”
Raistlin si toccò le tempie, incredulo. Di chi erano quelle voci? Perché lui poteva sentirle, mentre i suoi amici continuavano ignari a scherzare?
“Gli dei della Magia.- pensò d’un tratto, con un tuffo al cuore- Gli dei della Magia sono venuti a chiedermi di pagare il mio debito.”
Era dalla sua prova del talento, la prova svolta nella cantina della scuola del maestro Theobald, in cui aveva dovuto scrivere la parola Magus su un pezzo di pergamena ed aveva ricevuto la benedizione dei tre dei della magia, che Raistlin si aspettava una loro richiesta. Che fosse giunto il momento? Rifletté per un istante su quella possibilità, poi scosse il capo.
Le voci non erano le stesse. Poteva dirlo con estrema certezza. D’altronde, anche queste voci possedevano un’autorità che aveva il potere di inaridirgli la bocca. Si alzò in piedi e scoprì di essere malfermo sulle gambe. Un peso iniziava ad opprimergli il petto, che prima era pieno di aria pura e tiepida.
“Sono vittima di un incantesimo?- si chiese Raistlin, tentando di soffocare sul nascere il panico che lo stava attanagliando- Che sta succedendo?”
Fece un passo malfermo, ma nessuno si voltò verso di lui. Nemmeno Caramon, che di norma notava con occhio di falco ogni suo malore o cedimento.
“Ci sono quasi.” disse la seconda voce, e questa volta fu abbastanza possente da soffocare il chiacchiericcio del gruppo.
Raistlin impallidì ed allungò una mano, pronto a chiedere il sostegno del fratello, in quanto d’improvviso si sentiva mancare. Le cose avevano iniziato a perdere luminosità e contorni ai suoi occhi.
«Caramon…- disse, e la sua voce suonò rauca e debole, malata, distante alle sue stesse orecchie- Caramon aiutami!»
Protese ancora la mano verso il fratello. Provò un istante di subitaneo orrore quando si accorse che la sua pelle aveva assunto una tonalità dorata, poi la sua mente si schiuse come il guscio di un uovo e la consapevolezza lo colpì con la potenza di uno schiaffo.
Lui non si trovava a Solace…non poteva.
Solace era stata distrutta e ricostruita, ed ora i vallenwood erano solo un ricordo. La sua dimora, ora, era un’antica e maledetta torre nel centro della città di Palanthas.
Lui non aveva più diciannove anni. Ne aveva ventinove ed era un arcimago delle Vesti Nere che aveva venduto la sua anima e il suo corpo per il potere.
Flint, il nano, era morto.
Sturm, il cavaliere di Solamnia, era morto.
Kitiara, ne era certo come dell’aria che respirava, era morta.
E lui…anche lui era morto. Era morto nell’Abisso, nel tentativo fallito di diventare un Dio. Si era sacrificato per salvare le persone che amava.
«Per gli dei…- mormorò, tra le labbra intorpidite- Io sono morto.”»
“Ce l’ho fatta.” disse la voce.
Solace e tutte le persone che amava si dissolsero nelle tenebre e Raistlin cadde in un vortice oscuro.



«Sappiamo che sei sveglio. Apri gli occhi.» disse la voce, pacata.
Raistlin, reduce da un sonno di cui non avrebbe saputo calcolare la lunghezza, tanto era stato simile alla morte, aprì gli occhi in risposta all’esortazione. Quantomeno, tentò di aprirli. In realtà, il passaggio dall’oscurità alla luce fu talmente rapido e inaspettato che non gli sembrò affatto di avere aperto le palpebre.
«E’ passato del tempo, Raistlin Majere.» disse uno dei due uomini presenti, impaludato in consunte e macchiate vesti color grigio topo. Raistlin fece una smorfia amara. Fizban…o Paladine, come era conosciuto dai più.
Era inutile che quel maledetto gli si fosse presentato col vecchio aspetto da stregone malandato e svanito. Qualunque traccia d’affetto per quel vecchio pazzo che li aveva gettati nella Guerra delle Lance era morta da tempo. Il suo passato gli era ripiombato addosso con effetti simili a quelli prodotti dalla montagna di fuoco sulla città di Istar e la serenità dei suoi sogni era stata spezzata e calpestata fino a ridurla in polvere. Sapeva chi era e sapeva che era morto. Non aveva nessuna voglia di stare a sentire i convenevoli delle due divinità che l'avevano appena risvegliato.
«Paladine.- disse a mo’ di saluto, amaro- Gilean. A cosa devo questa visita, di certo a voi sgradita, nell’Abisso?»
«Non siamo nell’Abisso, Majere.- disse Gilean, impassibile- E non vi sei nemmeno tu, in caso contrario questa conversazione non avrebbe luogo.»
Raistlin corrugò appena le sopracciglia, poi si guardò attorno. Si trovava in una costruzione circolare a gradoni, circondata da colonne. Fuori da lì, l’ambiente non aveva caratteristiche di molto differenti dal Regno di Takhisis, ma non stava a lui questionare.
«Dove ci troviamo, dunque?» chiese, riflettendo.
«Questo è un luogo particolare che utilizziamo quando abbiamo necessità di riunirci.- spiegò Paladine- Non viene utilizzato molto spesso e Takhisis non guarderà da questa parte.»
Raistlin annuì, prendendosi tutto il tempo per scrutare ogni dettaglio. Si rese conto di non avvertire il dolore costante che affliggeva il suo corpo ormai da anni e si incupì in volto. Guardò se stesso e si rese conto che, sotto la sua veste di nero velluto, era quasi trasparente, incorporeo. Fece una smorfia amara. Inutile sorprendersi di quel particolare, visto che era morto.
«Non lo sei, Majere. Non proprio.- disse Gilean, leggendo i suoi pensieri e ottenendo l’effetto immediato di accentrare su di sé tutta l’attenzione dell’arcimago- Non per questo potremmo definirti vivo.»
Raistlin guardò i due Dei con aria buia.
«Rammento bene di essere stato dilaniato da Takhisis.- disse, secco, omettendo volontariamente le circostanze in cui questo era avvenuto- Rammento di essere caduto nell’oscurità. Se voi Dei non chiamate questo ‘morte’, non vedo cosa…»
«In realtà, sei caduto in un sonno molto profondo, Raistlin Majere. E sì, il tuo corpo è ancora nell’Abisso.- disse Gilean, scoccando un’occhiata a Paladine, che non proferì verbo- Qualcuno ha deciso che non meritavi una fine tanto terribile e ti ha salvato dagli artigli di nostra sorella. I piani originari prevedevano che tu non ti svegliassi più fino alla morte del tuo corpo, per poi decidere cosa fare della tua anima, ma è accaduto qualcosa che ci ha costretti a risvegliare perlomeno il tuo spirito.»
Raistlin annuì, pensieroso.
Era vivo. I suoi pensieri si incentravano su questo. Se avesse avuto un cuore, in quel momento avrebbe battuto all’impazzata.
Da qualche parte nell’Abisso, il suo corpo viveva, caduto in un sonno profondo in attesa della morte. Credeva di aver perduto tutto, ma ora il suo spirito indomito già gli suggeriva di trovare un sistema per risvegliare il proprio corpo e fuggire dall’Abisso. Sentiva di essere forte abbastanza, anche senza il sostegno del bastone di Magius. Avrebbe potuto riprendere la propria vita, tornare alla Torre…riavere la magia…e rivedere…Raistlin strinse le labbra in una linea sottile e celò i propri pensieri, non desiderando che gli Dei che gli stavano di fronte capissero la sua bramosia e il suo profondo dilemma.
Raistlin desiderava vivere, avere una seconda possibilità. D’altro canto, però, si conosceva troppo bene per non sapere che nulla sarebbe cambiato. La sua anima sarebbe rimasta sempre oscura, imprigionata in un corpo spezzato, e finché avesse vissuto avrebbe continuato a provocare dolore a se stesso e a coloro che gli stavano accanto. L’immagine di Krynn distrutta e spopolata sotto il suo dominio non voleva cancellarglisi dalla mente.
Forse la morte era esattamente ciò che meritava. Aveva perso il diritto di vivere molto tempo prima.
Provò un intenso furore al pensiero di essere stato strappato ai sogni meravigliosi della sua giovinezza per essere rigettato nell’orrore della verità da quegli stessi Dei che l’avevano usato come una pedina su una scacchiera per tutta la vita, gli Dei che lui era stato tanto deciso a rovesciare dai loro troni. L’idea di ringraziare Paladine per avergli offerto quel sonno al posto di una morte orrenda e senza fine non lo sfiorò nemmeno.
«Ebbene, avrete un motivo per aver risvegliato l’anima nefanda di Raistlin Majere.- disse, sarcastico, sedendosi con cautela su uno dei gradini benché non avvertisse alcuna stanchezza- Vi pregherei di essere veloci. Per quanto distanti dall’Abisso, sono certo che Takhisis non distolga molto spesso lo sguardo dal mio corpo addormentato.»
Paladine sospirò e Gilean corrugò appena le sopracciglia di fronte al suo cinismo, ma Raistlin non cambiò espressione di un millimetro.
«In realtà, hai ragione, Raistlin Majere.- disse Paladine, appuntando sul viso del mago uno sguardo tutt’altro che svanito- Lei non distoglie lo sguardo da te. Spera ancora di averti tra le mani e risvegliare la tua anima è stato un gesto rischioso. Un gesto che, però, siamo costretti a fare.»
«A cosa vi servo, stavolta?» chiese Raistlin, pratico e sbrigativo. Desiderava solo tornare a dormire…non avrebbe voluto sapere più nulla della sua vita passata. Voleva di nuovo affogare tutte le sue brame e le sue tentazioni nell’oblio.
«Il Portale.» disse Paladine. Raistlin sollevò appena un sopracciglio.
«Prego?» chiese.
«Il problema è il Portale, Majere. E Takhisis con esso, naturalmente.» spiegò Gilean.
Raistlin fece un verso sprezzante.
«Il Portale esiste da tanto di quel tempo. Il fatto che io sia riuscito ad attraversarlo vi ha allarmati così tanto?- disse, gelido- Ebbene, se ciò vi disturbava, avreste potuto intervenire prima. Il Portale esiste da secoli e i miei rapporti con esso, e col mondo dei vivi, sono ormai radicalmente conclusi. Cosa avete in mente?»
«Il Portale che tu hai lasciato aperto, Majere, non si è chiuso.» disse Gilean, secco. Raistlin corrugò la fronte.
«Ho lasciato il bastone di Magius a Caramon.- disse- L’ho visto usarlo, mentre cadevo. Il Portale dev’essersi chiuso.»
«Si è chiuso.- specificò Paladine- Ma non perfettamente.»
«Non capisco dove volete arrivare.» disse Raistlin.
«Takhisis è arrivata troppo vicina, stavolta. Nelle mani di Caramon, la magia del bastone non è stata sufficiente a chiudere ogni spiraglio e l’influsso oscuro di Takhisis sta ora serpeggiando liberamente nel mondo.» spiegò Gilean, contrariato.
«Non è un problema mio.» asserì Raistlin, con una smorfia.
«Lo sarà, se non interveniamo.- disse Paladine, scuotendo il capo- Abbiamo abbastanza lungimiranza da vedere che le azioni di Takhisis un giorno ci costringeranno ad abbandonare davvero Krynn al suo destino, che non vedo fausto. Questa volta Takhisis sarà troppo forte e i danni che provocherà saranno insanabili. Lo vedo con chiarezza.»
«Questa volta sarà diverso dalla Guerra delle Lance. Stavolta Takhisis si organizzerà.- disse Gilean, cupo- Potrebbe vincere, e fin qui io continuerei a non intervenire. Sento però che questo non sarà tutto.»
«E io cosa c’entro in tutto questo?» chiese Raistlin, ponderando le parole del Dio. Takhisis aveva già messo il mondo in ginocchio durante la Guerra delle Lance. Cos’avrebbe potuto fare di peggio? Raistlin aveva il timore di potersene fare un’idea.
«Di norma, io non prendo parte a queste battaglie. Preferisco stare a guardare.- continuò Gilean, d’un tratto pensieroso- Ora, però, rischio di perdere il mondo che osservo dalla Creazione. Questo mi ha spinto ad agire.» Alzò lo sguardo su Raistlin. «Chi credi che sarà coinvolto nelle battaglie che seguiranno, Majere?- disse, duro- Le anime segnate dal Destino non possono mai abbandonare la corrente del suo fiume.»
Raistlin strinse i pugni e i suoi occhi balenarono d’ira. Aveva compreso dove il dio volesse andare a parare. Lui, suo fratello e i suoi vecchi amici erano rimasti invischiati nella ragnatela del Destino e liberarsene era impossibile. Gilean gli stava garantendo che qualunque cosa Takhisis avesse scatenato sul mondo, le persone che avevano un posto in quel nocciolo duro e secco che era diventato il suo cuore sarebbero state coinvolte, con chissà quali risultati. In maniera indiretta, gli stavano chiedendo di collaborare, ottenendo la tranquillità per i suoi cari, o di tirarsi indietro con un nuovo peso di colpa sulle spalle.
«Cosa dovrei fare io?» chiese, tra i denti.
Paladine e Gilean si scambiarono un’occhiata.
«Crediamo che il modo più veloce di indebolire il potere di Takhisis, e quindi di scongiurare il peggio, sia distruggere il Portale.» disse Paladine.
«Non si può distruggere il Portale.» obiettò immediatamente Raistlin, con un gesto secco.
«Si può.» lo contraddisse Paladine. Raistlin fece una smorfia sprezzante.
«Credete che sia uno sciocco?- chiese, cinico- Ho studiato ogni riga sia mai stata scritta sul Portale, prima di gettarmi nell’impresa che ha visto la mia triste fine e so per certo che non esiste un modo di disfarsi di quel passaggio, a meno di scatenare un altro Cataclisma.»
«Esiste un modo meno catastrofico, Majere, ma non per questo meno complicato.- disse Gilean- E nessuno qui mette in discussione le tue conoscenze. Ciò di cui parliamo non è mai stato associato al Portale e quindi non puoi averne letto gli effetti su di esso.»
Raistlin corrugò la fronte.
«Spiegatemi cosa avete in mente.» disse, infilando le mani nelle maniche capaci della veste.
Gilean e Paladine si guardarono di nuovo prima di iniziare a parlare e Raistlin strinse impercettibilmente gli occhi dorati. Non gli piacevano quegli scambi di sguardi. Aveva la sensazione che i due avessero intenzione di nascondergli qualcosa di grosso.
“Non sarebbe la prima volta.” si trovò a pensare, amaro.
«Esiste un oggetto, creato molto tempo fa, che potrebbe servire allo scopo.- disse Paladine, serio- Luce, Tenebra e Neutralità sono insite in questo manufatto magico, che racchiude grandi poteri. Quando iniziammo a…spartirci il mondo di Krynn, per dirla con le parole di Takhisis, le nostre discordie portarono alla frammentazione di quell'oggetto, che cadde sulla terra in tre parti distinte.»
«Che oggetto è?» chiese Raistlin, cupo.
«Somiglia a uno scettro, una volta riunitosi, ma da quell'epoca antica esso è sempre rimasto scisso.- disse Gilean- Il suo potere è enorme e nessuno di noi vedeva la necessità di riutilizzarlo. Ora che due poteri divini su tre hanno stipulato nuova alleanza, crediamo possa essere ricostruito e utilizzato.»
«Contro il Portale, se non ho frainteso i vostri scopi.» finì Raistlin, ottenendo dei cenni d’assenso dai due Dei. «Ancora non vedo il mio coinvolgimento in tutto questo.»
«Gli esseri mortali non possono utilizzare lo Scettro dei Tre, a meno che tre anime distinte votate ai tre Dei maggiori non lo usino in contemporanea. Capirai anche tu che è una cosa piuttosto rara e di difficile attuazione.» continuò Gilean.
«Lo comprendo.» disse Raistlin, inarcando un sopracciglio.
«Noi crediamo di aver trovato coloro che potranno usarlo.» disse Paladine.
«Sarebbe a dire?» chiese Raistlin. Non credeva plausibile che i tre avessero deciso di farlo tornare in vita, ma tutto era possibile. Non era forse la Veste Nera più potente mai vissuta?
«La Tenebra sarà usata da Dalamar, l’Elfo Oscuro tuo discepolo.- disse Gilean, dissipando immediatamente le vaghe illusioni di Raistlin- Abbiamo intenzione di chiedere il suo aiuto. E’ potente e ha già dimostrato di non gradire un’eccessiva vicinanza della sua Dea.»
Raistlin annuì, secco, celando la sua irritazione e facendogli cenno di continuare.
«La Veste Rossa che ci pare più appropriata è Justarius, anche se permane qualche dubbio.- disse Paladine, lanciando un’occhiata di scuse a Gilean, che non mostrò di essersela presa- E per quanto riguarda la Luce…»
“Crysania.- pensò Raistlin, avvertendo una fitta al cuore- Ci metterei la mano sul fuoco.”
«Qui entri in scena tu, Majere.» disse Gilean, e le sue parole gli fecero l’effetto di una doccia fredda.
«Cosa?» chiese, senza fiato. Corrugò la fronte. «Siete impazziti tutto ad un tratto?»
«No, affatto.- disse Gilean, seccato per quel tono impudente- Il tuo aiuto ci sarà necessario per istruire la Veste Bianca che ci serve.»
«Non dite sciocchezze!- esclamò Raistlin, stanco di girare intorno al tema principale- Vecchio, puoi vantarti di avere dalla tua il capo del Conclave e un’Eletta Figlia di Paladine. Che altro vuoi?!»
«Par-Salian è troppo vecchio.- disse Paladine, scuotendo il capo con una luce triste negli occhi- E Crysania, benché più forte di tanti, non è adatta. Ci serve un mago, per quest’impresa.»
«E vorreste che io, una Veste Nera, istruisca un’imberbe Veste Bianca?!- disse Raistlin, sprezzante- A meno che non sia un dannato genio, finiremo l’istruzione quando Justarius avrà la barba lunga fino a terra! Dovete esservi bevuti il cervello.»
«Modera i toni, Majere!» sbottò Gilean, irato. La sua voce avrebbe fatto tremare chiunque, ma non Raistlin, che rimase impassibile, con un’espressione disgustata sul volto.
«Non ci vorrà tanto, Majere. Riteniamo che un mese o due saranno sufficienti.- disse Paladine, d’un tratto pensieroso- La ragazza sa già ciò che le serve. Devi solo aiutarla a metterlo in pratica.»
«Una donna?- chiese Raistlin, sospettoso- Chi?»
«Il suo nome è Katlin, e non vive su Krynn, ma su Yolta, un piccolo mondo creato da uno degli Dei minori.» spiegò Paladine.
«E’ abitato da umani, ma sembra un paese di gnomi.- aggiunse Gilean, rivelando un certo interesse per l’argomento- E’ meccanizzato e la magia non viene praticata. E’ fuori dal controllo di Solinari, Nuitari e Lunitari.»
«Noi la porteremo qui, magari conducendola da tuo fratello Caramon, e tu la istruirai nell’utilizzo della magia.» disse Paladine, in fretta.
Raistlin rifletté a lungo, quindi chiese: «Tornerò in vita?»
«No. Agirai in quanto spirito.- fu lesto a rispondere Gilean, strappandogli una smorfia- Ma in questo modo avrai fatto il possibile perché Takhisis non l’abbia vinta.»
Raistlin appoggiò le labbra alle dita incrociate, riflettendo. Aveva qualche scelta? Non molte, a parte obbedire o rimettersi a dormire, cosa che gli era sempre più invitante. D’altro canto, però, la seppur lieve possibilità di riguadagnare col tempo il proprio corpo e la propria libertà lo spingevano ad accettare quella proposta assurda. Raistlin era sicuro che le due divinità avessero messo in conto anche questi suoi desideri, prima di formulare la loro richiesta, ma Raistlin era stato più furbo di loro una volta…poteva esserlo di nuovo. Soprattutto se l’allieva si fosse rivelata un’altra anima malleabile come quella di Crysania.
“Vergognati. Sei nefando.” si disse, ma ignorò quella voce. Alzò gli occhi dorati sui due Dei in attesa.
«Ci proverò.- disse, cupo- Se l’allieva risponderà ai miei insegnamenti, ovviamente, altrimenti me ne laverò le mani e continuerò a dormire.»
«Non ti deluderà.» disse Paladine, ma la nota di tristezza nella sua voce mise Raistlin in allarme. I due gli stavano davvero nascondendo qualcosa.
«Toglietemi una curiosità.- disse Raistlin, incrociando le braccia sul petto- Come potrebbe una donna di un mondo estraneo alla magia, cosa che trovo deprimente e disgustosa, fare ciò che voi chiedete?»
«Sarà in grado di farcela, perché Katlin è la Donna con Tre Anime.- disse Paladine, sorprendendo Raistlin- E una di esse, Raistlin Majere, è la tua.»


 

Non si rese conto di stare gridando con quanto fiato aveva in gola, come del resto non udì i passi frenetici e la voce calma e rassicurante che li accompagnava. Solo la sensazione di dita forti che affondavano nella sua carne già provata da mille ferite e che scuotevano il suo corpo martoriato, insieme alla luce cruda che d’un tratto passò attraverso le sue palpebre chiuse, riuscirono a farsi strada attraverso la nebbia sanguinosa del dolore.
«Calmati, amore, sono qui.- disse la voce, mentre le sue grida si trasformavano in rauchi versi sfiatati- Sono qui, tesoro. Apri gli occhi.»
Lo fece, con una luce di follia nelle pupille, respirando in rantoli, tirando aria nei polmoni in fiamme con estrema difficoltà. Ogni respiro era una tortura.
Una donna sulla quarantina, vestita solo di una tunica di lana grezza, col viso stanco e segnato e i capelli chiari raccolti in una disordinata crocchia, continuava a mormorare parole gentili, mentre con una mano accarezzava il suo viso stravolto. Le sue dita continuavano a stringere con forza le coltri, mentre da qualche parte una voce sgradevole ripeteva parole che alle sue orecchie non avevano alcun senso.
«Chi è stato, questa volta?- chiese la donna- Chi, tesoro?»
Non sapeva di cosa stesse parlando. Sapeva solo ciò che aveva visto…vissuto. Fece per liberarsi dalla stretta della donna, che però non mollò la presa. La guardò ancora e le afferrò a sua volta le braccia, per capire se fosse reale o dovuta a un delirio. La conosceva…eppure non la conosceva affatto.
«Dimmi il tuo nome, amore.- disse la donna, ormai prossima alle lacrime- Fai uno sforzo. So che ne sei in grado, coraggio!»
Fu allora che poté per la prima volta discernere le parole, fredde e monotone, della voce metallica che riempiva la stanza.
«…Katlin. Io sono Katlin. Io sono Katlin. Io sono…» ripeteva, senza sosta, con quell'irritante tono impersonale e inumano.
«Io…- disse, attraverso le labbra aride- io…»
Il suo nome? Il suo nome non era certo Katlin! Il suo nome era…era…
«Katlin.- disse infine, e nel pronunciare quel nome ogni cosa recuperò il suo posto- Io…sono Katlin. Sono Katlin ‘Ym Adoonan.»
La donna davanti a lei la lasciò finalmente andare e sospirò, tremula, asciugandosi una lacrima.
«Meno male che abbiamo lasciato il riproduttore attivo, tesoro.» mormorò. La ragazza annuì, togliendosi con mano tremante i capelli scuri dal volto, poi si accasciò nuovamente sul letto, con un braccio sopra gli occhi.
«Vuoi spegnere quel coso, mamma?- chiese, umettandosi le labbra- Sai che una volta tornata in me non lo sopporto più.»
La donna annuì e si alzò, avvicinandosi a una delle pareti metalliche della stanza. Battè le mani tre volte e la voce meccanica si fermò, amputando a metà la monotona frase. La donna tornò al capezzale della figlia e si sedette sul bordo del letto.
«Cos’è successo, Katlin?- chiese, accarezzando una mano della figlia- Era molto tempo ormai che non avevi crisi del genere.»
«Un anno, mamma.- ammise Katlin, riaprendo gli occhi- Più o meno un anno.» Sospirò, con una smorfia. «Per Ulhan…stavolta ha avuto un’intensità inaudita. Era da un pezzo che non sopportavo un’esperienza del genere.»
«Ma chi è stato, amore?- chiese la madre- E’ successo qualcosa…di là?»
Katlin annuì, incupendosi.
«Qualcosa è successo, anche se non mi è dato sapere nulla di preciso.- ammise Katlin- Credo…credo che Raistlin sia stato risvegliato.»
La madre di Katlin spalancò gli occhi per lo sgomento, portandosi le mani alla bocca.
«Ra…Raistlin?!- disse, con voce tremante- Ma era morto!»
«Solo addormentato, mamma, come mi pareva di averti accennato.- sospirò Katlin, alzandosi a sedere e scostando le coperte- Questa notte ho rivissuto ventinove anni di vita. L’unico significato che trovo in tutto ciò, è che la stessa cosa sia successa a Raistlin. Ne consegue che è stato risvegliato.»
«Raistlin…- mormorò la povera donna, terrorizzata- Che Ulhan ci protegga…Raistlin, vivo!»
Katlin lanciò alla madre un’occhiata di pietosa comprensione, quindi si alzò dal letto e si diresse alla finestra. Fuori, era ancora notte inoltrata.
Sospirò, appoggiando la fronte al vetro freddo.
Non poteva certo dire alla madre quanto la morte di Raistlin le avesse portato dolore e avesse devastato la sua esistenza. La povera donna era stata lieta di sapere che la seconda anima di Katlin, la più turbolenta, la più malvagia, era ormai scomparsa, e pensava che anche la figlia fosse felice di vivere una vita finalmente serena. Con la morte di Raistlin, erano finite le crisi di Katlin, che si era ritrovata d’un tratto a vivere in modo quasi normale. Anche la sua terza anima aveva raggiunto la pace e non disturbava più la donna a cui era, inspiegabilmente, collegato.
Ma Katlin, perdendo Raistlin, aveva perso una parte di se stessa…anzi, due, in fin dei conti. Abituata a vivere tre vite distinte, non riusciva ad accontentarsi di quella, piatta e grigia, che le era rimasta. Vivere divisa in tre le portava dolore, ma mai quanto la solitudine che l’aveva attanagliata da un anno a quella parte.
“E così, ora Raistlin è tornato.- si disse, seguendo col dito il profilo degli edifici illuminati, su cui svettava il Kag’teme- Cosa starà succedendo su Krynn? E cosa…cosa ci attenderà, ora?”



Era quasi la decima ora e Katlin saliva lentamente insieme a una fiumana infinita di gente sulla scala mobile del Kag’teme, il favoloso edificio conico che era simbolo e vanto della città di Gerud-Hur.
Distratta e ancora scossa per l’esperienza notturna, Katlin si guardò attorno con aria rassegnata, cercando senza molto successo di evitare il contatto fisico con la calca che la circondava. Attorno a lei, su tutte le piattaforme dei centoventisette piani dell’edificio, brulicava un’attività frenetica che era il vanto e l’obiettivo primo di tutta la civiltà yoltiana.
Per quanto Gerud-Hur fosse la capitale di una piccola nazione, il Supremo Comandamento di Ulhan era rispettato alla lettera. La percentuale produttiva delle scketcheck, le grandi fabbriche che producevano qualsiasi tipo di oggetto materiale esistente su Yolta, sfiorava il cento per cento. Per ottenere questo risultato, ovviamente, andavano impiegati gruppi di cervelli almeno pari al numero delle industrie in attività.
Il Kag’teme era l’alveare, o meglio il formicaio, in cui le menti logiche e meccaniche di tutta la nazione di Aldina si riunivano ogni giorno, donando la loro intelligenza a favore del progresso.
Katlin sospirò, quindi si tirò indietro quando qualcuno la toccò nello scendere su una delle passerelle del Buco. Come sempre, il suo mondo le suscitava sentimenti contraddittori. Se da un lato provava rassegnazione e una blanda pietà per quelle vite grigie che le passavano a fianco, dall’altra si sentiva triste e disgustata. Katlin sapeva come poteva essere una vita differente e questo la poneva nella terribile condizione di non poter accettare il proprio mondo.
Su Yolta vivevano solo esseri umani e macchine, che ormai avevano quasi raggiunto un livello di senzienza sufficiente a essere considerate degli esseri viventi. L’ultimo animale, un gatto, era morto senza eredi un paio di secoli prima, mentre l’ultima pianta, una delicata primula conservata sottovetro, era spirata un’ottantina di anni prima della nascita di Katlin.
Yolta, il pianeta governato dal dio Ulhan, era un mondo di metallo, abitato da uomini dalla mente fatta di numeri e figure geometriche. Per questo, e non solo per questo, Katlin era una rarità che gli yoltiani in toto non esitavano a definire pericolosa.
«Permesso…permesso…» borbottò qualcuno, passandole accanto e colpendola con una certa forza. Infastidita, Katlin si preparò a mandare il malcapitato a quel paese, ma vide solo una sagoma goffa, con un lungo cappello fuori moda, salire le scale senza attendere di giungere a destinazione facendosi trasportare come tutti. Katlin osservò il cappello sparire tra la calca, certa che le ricordasse qualcosa, ma dovette abbandonare le sue vaghe riflessioni quando si accorse di essere arrivata.
«Passerella novanta…prepararsi a scendere.» disse una voce meccanica.
Katlin si fece largo, quindi saltò con grazia su una passerella sospesa nel vuoto, abbandonando la scala mobile. Subito fu portata lontano dal chiasso del Buco da un tappeto scorrevole, che la introdusse nel corridoio grigio e buio che portava la dicitura ‘Sezione Arti Perdute’.
Katlin si sistemò meglio la cartellina sottobraccio, mentre si faceva trasportare dal tappeto. Quello era il luogo in cui lavorava ormai da sette mesi, una dei sei artisti della capitale di Aldina. In un mondo ormai rigido come Yolta, arte e colore erano stati abbandonati e dimenticati. Fino a un paio di generazioni prima della nascita di Katlin, il compito di portare avanti e insegnare a nuovi adepti tutte le arti era stato delle Figlie di Ulhan, un ordine sacerdotale ormai scomparso. Con loro, anche le arti erano scomparse, nell’indifferenza generale.
Ultimamente, però, Ulhan aveva fatto sapere ai pochi intermediari ancora esistenti che il grigio lo stava stancando. Si era pensato di riempire la città di ologrammi, ma gli ideatori avevano presto scoperto che nelle loro menti non era rimasta un oncia di fantasia. In ogni dove si erano quindi cercati ‘artisti’ che potessero ravvivare le grigie città di Yolta. La ricerca era stata ben poco fruttuosa e i pochi depositari delle antiche arti venivano considerati preziosi ed erano ben pagati.
Katlin aveva imparato le arti da sua madre, la quale aveva avuto come precettrice una vecchia zia, dell’ultima guardia delle Figlie di Ulhan. Questo le stava permettendo di mantenere se stessa e sua madre, che, Ulhan lo sapeva, aveva sacrificato tutto quello che aveva a causa della figlia…
Resasi conto di essere ormai davanti alla porta della sua sezione, Katlin battè i tacchi sul tappeto, che si fermò, quindi scese e aprì la porta.
Il corridoio interno era occupato da tre dei suoi colleghi, occupati a bere il primo ghogh della mattinata.
«Buongiorno, Katlin!» la salutò una rossa tutta pepe, con un cenno e un sorriso che non si riflettè negli occhi chiari.
«’Giorno, Ella. Buongiorno a tutti.- salutò Katlin, rispondendo al sorriso- Novità?»
«Qui? Non sia mai!”» esclamò la ragazza, con una risatina. Gli altri non mostrarono di voler attaccare discorso e Katlin, con un ultimo cenno di saluto, si diresse al suo studio privato e vi si chiuse dentro.
Con un sospiro, si sedette alla grande scrivania, che subito si attivò, facendo scorrere sulla sua superficie tutto il materiale fino a creare l’ambiente di lavoro che Katlin preferiva. La giovane posò la cartellina sulla superficie lucida, ne estrasse un foglio e aprì la scatola degli acquerelli.
Poi, rimase dov’era, con il pennello sopra il foglio, incapace di iniziare. Si tolse i capelli dalla spalla con un gesto seccato, appoggiandosi allo schienale della poltrona.
Il piccolo scambio di battute all’ingresso le aveva rammentato quanto, presenza di Raistlin o meno, la sua vita fosse ancora ben lontana dal normale. Nonostante fossero sette mesi che lavorava nel Kag’teme, i suoi rapporti sociali erano pressocchè inesistenti. Non aveva bisogno di essere in grado di vedere oltre i muri per sapere che in quel momento i suoi colleghi stavano bisbigliando alle sue spalle, lanciando occhiate furtive alla porta del suo ufficio.
Eppure, Katlin non riteneva di essere antipatica. Sapeva essere cordiale ed educata, e aveva un buon senso dell’umorismo. Nemmeno il suo aspetto poteva dare adito a dileggiamenti, in quanto era, se non bella, almeno molto carina.
Guardò il proprio riflesso sulla superficie lucida della scrivania. Una donna di ventiquattro anni le ricambiò lo sguardo. Il suo viso era regolare, gli occhi blu profondo. I capelli di un castano scuro appena ramato le si inanellavano sulle spalle, trattenuti da un cerchietto.
No, non erano né il carattere né l’aspetto i motivi per cui nessuno l’avvicinava. Era la fama che la precedeva ovunque andasse, ciò che non le permetteva di condurre una vita normale.
Nonostante i continui trasferimenti da una nazione all’altra, tutta Yolta conosceva la Donna dalle Tre Anime. Era un Caso senza precedenti, la prova certa che la magia, massima eresia della religione ulhiana, da qualche parte nel cosmo esisteva e veniva praticata. Katlin doveva al Daichtune Genesio sia l’aver evitato la scomunica, che aver conservato intatta la propria vita. Se non fosse diventata un vero e proprio Caso, ma fosse rimasta un semplice Problema, a quell'ora non avrebbe avuto nemmeno una delle sue tre vite da vivere.
Tutto perché Ulhan aveva abbandonato Krynn in seguito a una litigata colossale con i tre dDei della magia…
“Forse la scomunica me la meriterei davvero.- pensò, sorridendo con commiserazione e decidendo infine di mettersi al lavoro- Che io sia Katlin o meno, la mia vita è comunque un completo disastro.”



Quando, nel pomeriggio, Katlin salì sulla Bolla pubblica per tornare a casa, il suo umore era nero.
Si sedette in uno dei posti liberi in fondo, mentre la Bolla si immetteva nel traffico, e non degnò di uno sguardo il paesaggio artificiale che scorreva oltre le pareti trasparenti del mezzo di trasporto.
Seduta diritta, con le mani strette a pugno sopra la cartellina appoggiata alle ginocchia, era una mosca bianca nel mezzo degli indaffarati passeggeri che, pur tornando a casa dal lavoro, approfittavano anche del viaggio sulla Bolla per compilare grafici e scambiarsi opinioni sul prodotto della giornata.
Il pensiero di Katlin era rimasto fisso su Krynn per tutto il giorno e non se ne era distolto per un solo istante. Seccata con se stessa, Katlin aprì la cartellina con gesti accorti, osservando con oscuro cipiglio il risultato del lavoro dell’intera giornata.
Invece del paesaggio che le era stato commissionato, sul foglio faceva bella mostra di sé il ritratto di un uomo dai capelli candidi, la pelle dorata tirata sull’ossatura fine del volto, gli occhi inquietanti puntati con credibile sarcasmo sullo spettatore.
Raistlin. Proprio non riusciva a toglierselo dalla testa.
Corrugò le sopracciglia, seguendo il profilo dell’uomo con un dito. Katlin non sapeva cosa stesse succedendo su Krynn, ma il risveglio di Raistlin non poteva preludere a niente di buono. Solo una causa di forza maggiore avrebbe costretto Takhisis dal distrarsi abbastanza da permettere a Raistlin di tornare in vita e abbandonare l’Abisso. E Raistlin DOVEVA essere tornato in vita, altrimenti non si spiegava quel flusso ininterrotto di ricordi che l’aveva terrorizzata durante la notte.
Eppure, qualcosa stonava. Se Raistlin era davvero tornato in vita, perché lei non aveva visto nulla attraverso i suoi occhi? Perché da quando si era svegliata non aveva ricevuto più alcuna visione di lui? Questo non rientrava nei normali parametri.
Katlin si incupì ulteriormente. Forse qualcuno aveva volutamente oscurato la sua visione…ma chi? Chi poteva sapere di lei? E poi, se Raistlin fosse davvero tornato in vita, la sua terza anima non l’avrebbe forse saputo? Di certo, lo shock a una tale notizia avrebbe avuto ripercussioni che sarebbero giunte fino a lei. Invece niente, niente per tutto il giorno. La cosa la insospettiva e la spaventava.
Era anche possibile che la sua visione fosse preclusa a causa del tempo che era passato dall’ultimo contatto. Forse i fili che li legavano si erano allentati talmente da non influire più sulla sua vita. Certo, se fosse entrata in trance, avrebbe potuto vedere cosa stava accadendo, ma la prospettiva la spaventava. Era fin troppo facile, per lei, vivere vite non sue. Il problema era sempre tornare indietro.
Voleva davvero dare un nuovo dolore a sua madre, che, Ulhan lo sapeva, non se lo meritava? Voleva davvero rischiare di ricadere nel gorgo oscuro che l’aveva quasi lacerata? Il rischio c’era e non era trascurabile. Forse avrebbe dovuto rassegnarsi e far capire a quella testaccia dura che si ritrovava che doveva accontentarsi della vita normale che ora stava vivendo…finchè fosse durata.
«Raistlin.- mormorò, guardando con terribile malinconia il ritratto- Caramon…vorrei che qualcuno di voi mi dicesse cosa devo fare.»
In quell'istante, la Bolla frenò bruscamente, facendo caracollare gli stupefatti passeggeri. Katlin afferrò la cartellina per un pelo e la chiuse con ogni precauzione, prima di alzarsi in piedi come tutti gli altri per cercare di capire cosa stesse succedendo.
La Bolla non si fermava mai in mezzo alla strada, in quanto si faceva semplicemente trasportare dal magnetismo del manto stradale fino ai luoghi di sosta preposti, ma pareva che il conducente avesse un buon motivo per costringere tutti a una fermata imprevista, in quanto stava scendendo dal mezzo inveendo come un matto contro qualcuno che, a quanto pareva, si era accampato nel bel mezzo della strada.
«Ma che ci fa qui, dannato vecchio pazzo?!- gridava, parandosi davanti al colpevole e nascondendolo agli occhi dei curiosi passeggeri- Che Ulhan la renda povero, potevo ammazzarla, lo sa?! Si sposti, che diamine!»
La risposta del vecchio venne completamente coperta dal suono delle trombe proveniente dai veicoli che si stavano accodando dietro la Bolla.
«E chi se ne frega del suo cappello?!- sbraitò il conducente, alzando le braccia al cielo- Me lo mangio, il suo cappello!»
“E’ la giornata dei cappelli.” pensò incongruamente Katlin, prima che l’estremità di un grosso bastone nodoso si abbattesse sulla testa del malcapitato conducente, facendole spalancare la bocca per la sorpresa.
«Come osa, giovanotto!- urlò il vecchio barbuto, ora ben visibile a tutti, mentre cercava di sistemarsi in testa un lungo cappello fuori moda che cadeva invariabilmente in avanti o indietro e stuzzicava il dolorante conducente con la punta del bastone- Un po’ di rispetto! Lei non sa chi sono io!» Si bloccò, incerto, grattandosi la barba. «Già, in effetti…chi sono io?- borbottò, sordo alle proteste dei passeggeri e degli altri autisti, che erano scesi dai loro mezzi e stavano convergendo minacciosamente contro il motivo di tanto caos- Quel matto di un kender me lo ripeteva sempre…Furball? No…Fus…Fib…»
Il cuore di Katlin batteva all’impazzata. Quel vecchio…ora era certa di averlo visto anche al Kag’teme, quella mattina. Non poteva non riconoscere quell'aria svanita, quella veste macchiata…ma soprattutto quel cappello che pareva avere una vita propria. Benchè fosse impossibile che si trovasse lì, in mezzo a una delle strade principali di Gerud-Hur, Katlin lo conosceva troppo bene per potersi sbagliare sulla sua identità.
«Fizban…» mormorò, tra le labbra insensibili. Il vecchio si voltò verso di lei con uno scatto, puntandole contro il bastone.
«Esatto!- esclamò, con un sorriso trionfante- Proprio quello!»
Katlin non perse nemmeno tempo a chiedersi come avesse fatto il vecchio mago a sentire il suo sussurro in mezzo a tutta quella bolgia. Fizban, ignorando completamente il subbuglio attorno a lui, salì sulla Bolla e si diresse con decisione verso la ragazza.
«Katlin?» chiese subito, spiccio. Katlin annuì, ancora a bocca aperta, poi Fizban la afferrò per un polso e cominciò a tirarsela dietro.
«Bene, fanciulla! Questa è la tua fermata!- disse, allegro, cieco alle occhiate attonite dei presenti- Si scende! Si scende!»
«Ma…che…- balbettò Katlin, ritrovando finalmente la parola e cercando di fare resistenza- Ehi! Ehi, aspetta! Io non devo scendere qui! Cosa…»
Fizban le diede uno strattone e Katlin cadde dai gradini della Bolla con un piccolo grido, atterrando malamente…in un luogo silenzioso che non ricordava affatto le strade di Gerud-Hur.
Katlin si alzò in piedi con cautela, osservando con sospetto i dintorni e la figura vestita di rosso accanto cui Fizban stava andando a sedersi. Le sue incertezze furono  immediatamente rimpiazzate dalle conoscenze delle sue altre vite.
Si trovava in un luogo circondato da gradoni, attorno a cui si sviluppavano alte colonne che finivano nel nulla. Cielo e terra avevano lo stesso colore…e questo le portò subito alla mente l’Abisso.
«No, non sei nell’Abisso.» disse l’uomo vestito di rosso, in tono piuttosto annoiato. Katlin fece una smorfia, tenendo stretta al petto la sua cartellina come fosse un’ancora di salvezza.
«Gilean.- disse, amara- Fizban.» Si guardò di nuovo attorno. «Allora dove siamo, se non nell’Abisso?»
«Un luogo in cui potremo parlare e che questo ti basti.» tagliò corto il Dio della Neutralità. Un’ira repressa da anni iniziò a montare dentro Katlin.
«Parlare? Volete parlare?- disse, sibilando- Dopo avermi dimenticata su quel dannato pianeta per ventiquattro anni e avermi fatto passare l’inferno, volete parlare?! Di colpo, mi strappate dalla mia casa solo perché vi fa comodo?!»
«Modera i termini.» disse Gilean, con una smorfia.
«Cerca di calmarti, Katlin.- disse Paladine, pacato- La tua ira non è ingiustificata, ma noi non possiamo porvi rimedio.»
«No, certo che no…non sia mai!- disse la ragazza, amara- Vi ho aspettati per una vita intera! Ho atteso che mi liberaste da quell'inferno, ed ora…» D’un tratto, l’ira scomparve e fu sostituita da una calma gelida. Osservò le due divinità con infinito sospetto. «Perché ora?- chiese- Perché siete venuti a cercarmi proprio ora?»
«Finalmente una domanda che dimostra la presenza di un certo intelletto.» disse una voce, fredda e sarcastica, alle spalle di Katlin. Il sangue nelle vene della ragazza si gelò. Si voltò lentamente.
Dietro di lei, seduto su uno dei gradoni con le mani affondate nelle lunghe maniche della sua veste nera, un uomo dai capelli candidi e gli occhi dorati la guardava con ironia e velato disprezzo.

 

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Capitolo 3
*** 2- La Taverna dell'Ultima Casa ***


Non gli piacque, fin dall’istante in cui la vide in volto. Atteggiò il viso a una smorfia seccata, nel notare il lampo di riconoscimento negli occhi di lei alla sua vista. Così, quella donna aveva davvero un qualche collegamento con lui, almeno a giudicare dalla sua reazione. La cosa non gli garbava affatto.
«Raistlin…» mormorò la giovane donna, apparentemente senza fiato.
Non si aspettava di vederlo? Allora non era il solo a non essere stato messo a parte di ciò che stava accadendo!  In questo vedeva, finalmente, un po’ di giustizia. Squadrò con sufficienza quella femmina dall’aspetto pressoché anonimo e si chiese per l’ennesima volta come si aspettavano che tirasse fuori l’oro da un pezzo di piombo.
«Raistlin…» ripeté la donna, inebetita. L’arcimago fece una smorfia. L’espressione sul volto della giovane lo irritava in maniera terribile, benché non ne capisse il perché. Gli riportava alla mente qualcosa che non voleva cogliere, quindi smise di osservarla e appuntò la sua attenzione sulle due divinità lì presenti.
«Allora?- chiese- Adesso che è qui, vorreste spiegarmi decentemente cosa mi si richiede? Presumo che prima o poi Takhisis si accorgerà della vostra presenza qui e conseguentemente della mia, o erro?»
Lanciò un’altra occhiata alla straniera, la quale parve rendersi conto che Raistlin la stava giudicando, e non positivamente. Cosa pretendeva, presentandosi di fronte a lui con aria stravolta, aggrappata a un rettangolo metallico come se ne andasse della sua vita, fissandolo a bocca spalancata? Il solo pensiero di dover divenire maestro di una tale ebete lo riempiva di ira frustrata. Con una certa difficoltà, la donna parve ritrovare coscienza di sé e si girò a sua volta verso i due Dei.
«In effetti, condivido la sua curiosità.- disse, con voce sicura che suscitò altri echi nella memoria di Raistlin- Cosa ci faccio qui?»
«E’ una storia piuttosto lunga, Katlin.- disse Paladine, che aveva dismesso il ruolo di Fizban ed ora appariva quantomai presente e autoritario- Se vuoi sederti…»
La donna parve contrariata, ma annuì. Andò a sedersi vicino a Raistlin, all’apparenza curando di mantenere una distanza che non infastidisse l’arcimago. Raistlin, pur notando il gesto, non la degnò di un’occhiata, rifiutandosi di guardarla. Gli ricordava qualcosa, dannazione, e non voleva sapere cosa.
D’altronde, il fatto che lei invece lo stesse squadrando da capo a piedi lo riempiva del gelido desiderio di pronunciare una parola e ridurla in polvere finissima. Raistlin detestava la curiosità altrui. Sapeva bene quali reazioni suscitava il suo aspetto nella gente comune e non aveva intenzione di sopportare oltre la totale mancanza di cerebro di quella dannata straniera.
«Sposta la tua curiosità altrove, donna.» sibilò, caustico, lanciandole un’occhiata che avrebbe fatto seccare persino la pianta più resistente. Ebbe almeno la soddisfazione di vederla impallidire, mentre abbassava lo sguardo.
«Perdonami, Raist…io non intendevo…» disse lei, poi chiuse la bocca di scatto, impedendosi di dire altro, mentre Raistlin socchiudeva pericolosamente gli occhi. Quel modo di parlare…quell'atteggiamento! Ora capiva cosa gli ricordava…
«Come mi hai chiamato?» mormorò, come una belva pronta ad attaccare.
Non poteva sbagliarsi. Aveva sopportato quello stomachevole servilismo per anni…troppi, per non riconoscerlo a colpo d’occhio. Quella donna agiva e parlava come Caramon! E ora che la guardava bene in volto, si rendeva conto che avrebbe potuto trovarsi di fronte a una versione femminile del proprio fratello gemello. Gli stessi capelli, lo stesso modo irritante di guardarlo, con quella punta di eterna preoccupazione che lo faceva andare fuori dai gangheri, lo stesso dannato modo di scusarsi…L’aveva persino chiamato col nomignolo che solo Caramon aveva l’ardire, nonché il tacito permesso, di utilizzare. Chi diavolo era veramente quella Katlin? Cosa sapeva della sua vita?
La donna alzò di nuovo lo sguardo su di lui e stavolta l’espressione dei suoi occhi fu completamente diversa da quella di Caramon. Fu l’espressione di ciò che era: una perfetta estranea.
«Ti chiedo di nuovo scusa. Ho solo constatato il fatto di trovarmi di fronte al tuo spirito.- disse Katlin, con voce pacata – Sono rimasta sconcertata nell’osservare la tua trasparenza. Dove hanno lasciato il tuo corpo?»
Raistlin non rispose, continuando a guardarla come se volesse scavare fino in fondo alla sua anima, ma Paladine prese la parola.
«Majere, non metterla a disagio. Avrà bisogno di tempo perché impari a interagire con te.» disse.
«Perché impari ad interagire?!- disse Raistlin, sarcastico- Non ha bisogno di interagire con me. Non intendo andare avanti con questa farsa finché non mi verrà spiegato come questa insulsa donna è a parte di ciò che mi è successo in vita.»
Vi fu un istante di silenzio. Gilean guardò Katlin.
«Vuoi spiegarglielo tu?» chiese.
«Sì. E’ una faccenda personale.» disse la donna, con sicurezza.
«Credo però che questa discussione possa essere rinviata.- sottolineò Gilean- Abbiamo cose più urgenti di cui parlare. Come tu stesso hai sottolineato poco fa, Majere, prima o dopo Takhisis si accorgerà di tutta la forza qui riunitasi.»
Nel sentirsi rinfacciare le proprie parole, Raistlin strinse i denti.
“Sempre eccelsi nel rivoltare la frittata.” pensò, seccato, notando un lampo di divertimento negli occhi del dio della Neutralità. Chiuse un istante le palpebre sulle sue pupille a clessidra, quindi annuì e fece cenno a Gilean di proseguire. La sua curiosità poteva essere soddisfatta in qualsiasi momento ed era preferibile non dare modo a Takhisis di sfogarsi sul suo corpo disabitato…corpo che aveva ancora la ferma intenzione di recuperare.
«Il Portale non si è chiuso.» disse Paladine, senza preamboli, puntando gli occhi sulla donna di Yolta. Lei aggrottò la fronte.
«Caramon aveva il Bastone di Magius.- replicò, non sapendo di essere un eco delle parole di Raistlin- Il potere del Bastone, congiunto all’appoggio dello spirito di Raistlin, avrebbe dovuto essere sufficiente.»
La sicurezza con cui fece quell'affermazione fece salire di un minuscolo gradino la posizione della giovane nella graduatoria di Raistlin, anche se ne aumentò il sospetto. Quella donna conosceva i fatti e ne aveva tratto conclusioni logiche, benché esulasse dalla comprensione dell’arcimago come queste conoscenze fossero entrate a far parte del patrimonio della ragazza.
Durante queste sue riflessioni, Paladine raccontò alla giovane il motivo di quella alleanza divina e le loro preoccupazioni per il futuro.
«E io che parte ho in questo?- chiese la giovane, sospettosa- O meglio, che parte ne ho, ora? Sapete da sempre della mia presenza, eppure è la prima volta che mi chiedete di agire, invece di osservare.»
«Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Katlin.- disse Paladine, mortalmente serio- Abbiamo bisogno dell’apporto della tua magia per far sì che il Portale venga distrutto.»
«Non si può distruggere il Portale!» sbottò la ragazza, alzandosi quasi in piedi dalla foga. Raistlin socchiuse appena gli occhi. La sua stessa affermazione. Gli pareva sempre più evidente che le conoscenze di quella donna derivassero direttamente dalle sue. Fece una smorfia.
«E poi…di che magia state parlando?!- continuò Katlin, risedendosi di colpo- Io sono una yoltiana, non scorre magia nelle mie vene.»
«Non è così.- disse Gilean- Sappiamo bene cos’hai fatto tredici anni fa, Katlin. Non prendiamoci in giro.»
Raistlin vide la giovane impallidire e stringere le labbra in una linea sottile e incolore. Si incupì in volto. Forse non era necessario considerare quella donna un ostacolo. Quella Katlin sembrava niente più che un’altra vittima delle trame divine, non certo un’alleata di coloro che in quel momento le stavano ricordando qualcosa che con tutta evidenza le faceva male. E tra vittime ci si poteva comprendere…
“Potrei usarla davvero.- pensò, continuando a non proferire parola- Potrei fare in modo che lei mi liberi. Se poi realmente la magia risponde al suo richiamo, la cosa potrebbe rivelarsi più semplice del previsto.”
«Ho solo ripetuto una formula.» disse la donna, con voce incolore.
«E i risultati sono stati piuttosto eclatanti.- disse Gilean, imperterrito- Diffidi di te stessa? Prova adesso e vedremo chi in questa sede dice menzogne.»
«Non ripeterei l’incantesimo qui nemmeno per scherzo!- disse Katlin, con voce rotta e piena d’indignazione- Siete pazzi?! Takhisis avvertirebbe la nostra presenza in meno di…»
Chiuse la bocca con uno schiocco sonoro, accorgendosi di aver appena dato corpo all’affermazione di Gilean. Raistlin scosse appena il capo. La straniera era caduta nella trappola verbale del Dio come una sciocca. Si accorse che Paladine si era voltato verso di lui.
«Conosce la teoria. La conosce bene quanto te.- disse il Dio- Ciò che devi insegnarle è la pratica. Non sa controllarsi e ha bisogno di disciplina.»
«Capisco.- disse Raistlin, annuendo- Non partiremo da zero.»
«Partiremo?» chiese Katlin, lanciandogli un’occhiata incerta.
«Sarò il tuo Maestro, apprendista.- disse Raistlin, secco- Ho appena accettato l’incarico. Dovrò aiutarti a diventare il campione di Paladine.»
«Il mio…Maestro?!» chiese Katlin, a bocca aperta. Si voltò verso i due Dei, il volto paonazzo. «Lo riporterete in vita?» chiese, con evidente speranza. Ancora, un tipico atteggiamento di Caramon.
«No, ti seguirò in spirito.» rispose Raistlin, secco, mutando l’espressione di lei in delusione. Raistlin sollevò appena un sopracciglio. Desiderava tanto vederlo tornare al mondo dei vivi? Meglio. L’avrebbe aiutato senza remore una volta che fosse arrivato il momento. La donna parve leggere questi suoi pensieri, perché un lampo di comprensione le passò negli occhi e un sorrisetto astuto che mal si accordava con quel poco che aveva visto di lei le increspò per un attimo le labbra.
«Va bene.- disse infatti, acquietandosi all’improvviso- In questo caso, ascolterò le vostre richieste.»
«Molto bene, dunque.- disse Paladine, accettando la momentanea resa con un sorriso- Vi spiegheremo nei particolari cosa ci si aspetta da voi.»
“Non saresti così lieto se sapessi cosa sta pianificando la tua nuova eletta.” non poté fare a meno di pensare Raistlin, sarcastico, ma celò quel pensiero, come i precedenti, dietro un viso totalmente inespressivo.
«Il vostro scopo, come ti abbiamo già illustrato a grandi linee, Majere, sarà trovare e utilizzare un antico manufatto, il cui potere è in grado di distruggere perfino il Portale.- disse Gilean- Esso ha pressappoco la forma di uno scettro e giace separato in tre pezzi distinti, sparsi su Krynn da tempi così remoti che nemmeno gli Elfi ne hanno più memoria.»
«Infatti non ne ho mai sentito parlare.- disse Katlin, pensierosa- Com’è fatto?»
«E’ composto da tre parti, due sfere e un lungo bastone che funge da legante. Ogni parte rappresenta uno dei poteri che governano il mondo.- spiegò Paladine, serio- Il potere della Luce e quello della Tenebra sono contenuti in due grosse sfere, l’una di platino, l’altra di ossidiana. Esse sono le due teste dello scettro e andranno unite dal bastone centrale, che rappresenta la Neutralità ed è forgiato in rame.»
«Come si usa?- chiese Raistlin, prevenendo di poco Katlin- E dove sono nascosti i pezzi?»
«I tre oggetti vanno utilizzati in contemporanea, evocandone i poteri durante la riunione dello scettro, da tre maghi votati ai tre Dei maggiori.- disse Paladine- Come ti avevamo detto, Majere, vorremmo dalla nostra l’aiuto del tuo discepolo Dalamar e di Justarius. Tu, Katlin, rappresenterai i poteri della Luce.»
La donna di Yolta storse appena le labbra.
«Justarius per la Neutralità?- la sentì mormorare Raistlin- Mmh….» Alzò lo sguardo sul dio Paladine. «E’ necessario che agisca un mago per ogni Veste?- chiese la ragazza, in fretta- Intendo dire, è necessario indossare la Veste Rossa per agire per conto di Gilean, ad esempio?»
«Beh…no.- disse Paladine, sconcertato, scambiando un’occhiata perplessa con Gilean- Ogni mago è fedele prima di tutto al proprio Dio della magia. Basterebbe un accordo fra il Dio e il mago, ed esso potrebbe agire per suo conto. Naturalmente è più facile lavorare con qualcuno che abbia una visione delle cose adatta alla sua missione. Ma non vedo il perché di questa domanda…»
«Semplice curiosità.- disse Katlin, facendo un gesto distratto- Scusate l’interruzione, continuate pure.»
Raistlin si accorse dello sguardo seccato di Gilean e si lasciò scappare un sorrisetto. Era evidente che la donna aveva posto quella domanda per una qualche ragione, ma pareva che anche lei fosse in grado di schermare i propri pensieri, perché il dio della Neutralità sospirò con fare seccato e si fece comparire in mano un tomo di dimensioni gigantesche, che cominciò a scartabellare. Raistlin, invece, aveva una mezza idea di cosa stesse tramando la ragazza. Se aveva ragione, avrebbe dovuto per forza rivalutare quella giovane così simile a Caramon.
«Il Bastone è stato affidato ad Astinus da molto tempo.- iniziò Gilean, con una punta di acredine nella voce- Dovrete recarvi a Palanthas e chiedere consiglio a lui.»
«La Sfera della Luce, invece, dovrebbe trovarsi ancora all’interno della Tomba di Huma.- disse Paladine- Solo Silvara vi ci può condurre. Dovrete quindi andare a Qualinesti e io farò il possibile per mandarla da voi, anche se sta seguendo la strada che lei stessa si è scelta.» Gli occhi del dio del Bene si velarono di tristezza.
«E in quanto alla seconda sfera?» chiese Raistlin.
«Non ne sappiamo nulla.- ammise Gilean- Takhisis l’ha celata ai nostri occhi molto tempo fa. Potrete trovare indizi nella Biblioteca di Astinus, ma vi converrà utilizzare gli altri due pezzi come rilevatori di quello mancante.»
«Insomma, dobbiamo arrangiarci.» disse Katlin, pratica.
«Il vostro viaggio sarà così suddiviso.- continuò Gilean, scoccando un’occhiataccia alla donna per l’interruzione- Per due mesi, Raistlin ti insegnerà a utilizzare le tue conoscenze e in questo periodo alloggerai presso Caramon, a Solace…»
«Da Caramon?- ironizzò Raistlin, amaro- Quale sorpresa!»
«…indi partirai per Wayreth.- continuò Gilean, imperterrito- Ti daremo un lasciapassare, affronterai la Prova e parlerai a Justarius della missione. Poi ti recherai a Palanthas, dove convincerai Dalamar a seguirti e recupererai il Bastone della Neutralità, approfittando anche delle conoscenze della Biblioteca. Dopodiché partirai per Qualinesti. Ti manderemo Silvara e otterrai la Sfera della Luce. A quel punto, dovrete cercare la Sfera delle Tenebre con il potere che avrete già acquisito. Una volta trovata quella, non vi resterà che tornare a Palanthas e compiere la missione affidatavi.»
«Mi pare tutto chiaro.- disse Katlin- E vi dico subito che accetto. Accetto al vostra proposta.»
Raistlin sollevò appena un sopracciglio di fronte a quell'affermazione così sicura.
«Ma devo porre alcune condizioni, spero non me ne vogliate.- aggiunse la donna di Yolta- Voglio che mia madre sia informata di ciò che sto per fare. Ha già patito a sufficienza a causa della mia condizione.»
«Ne abbiamo già dato disposizione ad Ulhan.» disse Paladine, annuendo.
«E vi chiedo di esaudire una mia richiesta.- continuò Katlin, alzando l’indice- Non ora, naturalmente. Prima o poi, durante questo lungo viaggio, chiederò che esaudiate un mio desiderio. Se ci riflettete un attimo, sono certa che vi renderete conto di dovermelo.»
«Non credo che sia una buona…» iniziò Gilean.
«Non sarà niente di eclatante. Non vi procurerà alcun danno.- li rassicurò Katlin- E’ solo una piccola cosa, ma una cosa a cui tengo. La esaudirete?»
Gilean e Paladine si guardarono.
«Se non ci creerà ulteriori problemi…» mormorò Gilean, guardando con intenzione Raistlin. In realtà, anche l’arcimago non aveva compreso a cosa Katlin si riferisse. Per un istante, era stato certo che avrebbe richiesto il suo ritorno in vita, ma questa era una cosa che avrebbe arrecato non pochi problemi agli Dei e invece lei aveva parlato di un piccolo desiderio senza pretese. Non capiva cosa le stesse frullando nella mente, visto che era chiaro come il sole che stesse tramando qualcosa dietro quegli occhi innocenti.
«Ti avverto, però, Katlin.- disse Paladine, scuro in volto- Ora Takhisis non sa di te e le tue mosse saranno relativamente sicure. Ma, se tu chiedi il nostro aiuto, se ci costringi a intervenire sui fatti, Takhisis ti vedrà. Smetterai di essere una donna di Yolta, non soggetta alle leggi di Krynn, e diventerai preda delle forze che agiscono nel nostro mondo, come tutti. Takhisis ti vedrà, comprenderà quale minaccia rappresenti e tenterà di metterti i bastoni fra le ruote. Farci una richiesta ti metterà in pericolo costante.»
Katlin sembrò riflettere sulle parole del Dio, poi sorrise.
«Non m’importa. Il gioco vale la candela.» rispose, sicura.
Vi fu un momento di silenzio, quindi Gilean si alzò in piedi, chiudendo il libro con un tonfo e facendolo sparire.
«Molto bene, dunque.- disse- Se non c’è altro, possiamo lasciarci. Mentre i minuti passano, accadono cose che non mi è dato vedere. Torno alle mie occupazioni. Paladine, ti lascio gli ultimi dettagli.»
«Vai pure, Gilean.» disse Paladine, annuendo. Gilean lanciò un’ultima occhiata sospettosa a Raistlin e Katlin, quindi scomparve.
«Vi lascio un attimo anch’io. Devo dare una cosa a Katlin prima di condurla a Solace.- disse Paladine, calcandosi in testa il cappellaccio- Approfittatene per discutere qualche minuto in santa pace.»
Sparì anche lui in un lampo di luce, lasciando i due soli nell’anfiteatro in mezzo al nulla.
«Credi davvero che possiamo parlare tranquillamente?» chiese Katlin dopo un po’. Raistlin la guardò e la donna abbassò il capo, sospirando. «Già, lo immaginavo.» borbottò. Chiuse gli occhi e sembrò concentrarsi.
«Mi senti, Raistlin?»
La voce risuonò chiaramente nella mente di Raistlin che corrugò appena le sopracciglia e annuì.
«Sei anche telepata?» chiese, badando bene a tenere i suoi pensieri schermati.
«No, affatto, ma sono entrata nella tua mente talmente tante volte che pensavo avrebbe funzionato.- disse Katlin, con tono titubante- D’altronde, è il sistema che hanno scelto per permetterti di insegnarmi la magia.»
Raistlin annuì.
«Sei arrabbiato, vero?- chiese la donna, improvvisamente- Sei irato con me, perché hai saputo delle mie intromissioni nella tua vita?»
«Non mi sono mai accorto di tue intromissioni. Non sento nessun legame, né riconoscimento.» disse Raistlin ad alta voce, gelido. Negli occhi della donna passò un breve lampo di tristezza.
«Non ho mai agito sulla tua vita.- mormorò- Ho sempre e solo…osservato. Anche contro la mia volontà.»
«Fammi capire che legame hai con me e con Caramon, perché presumo sia lui la tua terza anima. Forse il mio stato d’animo muterà in meglio.» disse Raistlin, appuntando i suoi inquietanti occhi sulla ragazza. Katlin prese un lungo respiro e i suoi occhi si annebbiarono, come perdendosi in ricordi lontani. Raistlin corrugò appena le sopracciglia. In effetti, qualcosa di familiare c’era, in quella straniera. Qualcosa dentro di lui l’aveva già riconosciuta, anche se Raistlin era certo di non averla mai vista.
«Quando ero una bambina…- iniziò a dire Katlin, lentamente, distogliendolo dai suoi pensieri- una bimba molto piccola, venne a me un uomo anziano. Non ricordo il suo volto, ma solo la sua lunga barba e il suo sorriso. Mi toccò la fronte.» Si passò una mano sulla fronte candida, riandando con la memoria a quel lontano avvenimento. «Lui scomparve e io divenni la Donna dalle Tre Anime.» Alzò gli occhi chiari a guardare il viso di Raistlin. «Avevo quattro anni quando iniziai a vivere altre due vite, oltre alla mia. La tua, Raistlin, e quella di tuo fratello Caramon. All’epoca, voi avevate appena compiuto dieci anni.»
«Sei più giovane di sei anni?» chiese Raistlin. Katlin annuì.
«All’incirca.- disse lei- Ti prego di capire. Non è stata una mia scelta vivere in voi, ma qualcosa al di fuori della mia volontà. In qualunque momento, potevo essere chiamata, come lo definisco io, da te o da Caramon, a seconda di ciò che vi stava accadendo. Con frequenza irregolare, questo si è ripetuto fino alla tua caduta, un anno fa.»
«Vivevi attraverso di noi?» chiese Raistlin.
«Si potrebbe dire così.- disse Katlin, e nei suoi occhi Raistlin vide per un istante un profondo dolore- Vedevo ciò che voi vedevate. Provavo i vostri sentimenti, sentivo il dolore delle vostre ferite. Diventavo parte di voi, e perdevo me stessa.» Strinse le labbra in una linea sottile. «Non potevo fare altro che osservare.» mormorò.
Raistlin continuò a guardare la ragazza, benché i suoi occhi maledetti gli offrissero una visione sempre più prossima alla morte della stessa. Detestava l’idea che qualcuno avesse potuto guardare nel suo cuore e leggere i suoi pensieri. Raistlin aveva lottato tutta la vita per essere libero da influenze esterne. Aveva combattuto contro Fistandantilus, che aveva invaso il suo corpo, e l’aveva distrutto. Aveva iniziato una guerra perfino contro gli dei. Ora, la donna seduta di fronte a lui aveva motivi sufficienti per decretare all’istante la propria morte e allo stesso tempo ne aveva abbastanza per far desiderare a Raistlin che rimanesse in vita. Lo incuriosiva e poteva essere il suo lasciapassare per lasciare l’Abisso.
«Quindi era questo il tuo ruolo?- chiese, con tono basso- Osservare? Questo e nient’altro?»
Katlin fece un sorriso amaro e d’un tratto Raistlin si chiese cosa significasse essere trascinati attraverso una vita non tua...soprattutto una vita come quella che lui e Caramon avevano vissuto.
«Io non ho mai avuto un ruolo.- disse lei, guardandolo negli occhi- Mai, fino ad ora. Anche per questo, ho accettato la loro proposta.» Chinò il capo e si portò una mano al cuore. «Io…so sempre quale sarebbe la tua reazione, o quella di Caramon, nei confronti di un determinato avvenimento. Ho vissuto in voi così a lungo da essere in grado di pensare come voi. So che anche adesso stai ponderando i pro e i contro della tua alleanza con me.» Alzò lo sguardo e si fece avanti con foga. «Ciò che io voglio è sapere cosa significa essere me stessa!- disse, con enfasi- Voglio essere Katlin, finalmente! Voglio capire quali sono i miei veri pensieri e quali sono solo lo specchio dei vostri. Voglio vivere la mia vita…Puoi capirmi, Raistlin?»
L’arcimago rimase in silenzio. Dopo qualche istante annuì.
«Bene. Puoi fare come credi.- disse, poi estrasse una mano dalle maniche della sua veste e la aprì, ponendola come barriera semi visibile tra il suo viso e quello della donna- E io cosa ci guadagno, nell’aiutarti a vivere? Cosa puoi fare, tu, per me?»
Katlin sorrise. Una serie di brevi immagini solcarono la mente di Raistlin, che le visionò con un certo stupore. Quando queste terminarono, guardò di nuovo la ragazza, abbassando la mano.
«Non sei stupida quanto pensavo.» disse.
«Puoi fare la tua parte?» chiese Katlin, allargando il sorriso come se l’arcimago le avesse fatto un vero complimento. Raistlin annuì.
«Credo di sì. Metteremo a punto i dettagli in seguito.- disse Raistlin, pensieroso- Sei astuta, apprendista.»
«Ho preso dal Maestro.» disse lei, ridendo piano.
«Eccomi qui.» disse una voce, interrompendo la loro conversazione. Paladine era tornato e teneva in mano qualcosa. «Vi siete conosciuti meglio?»
Raistlin fece una smorfia sprezzante e non rispose. Katlin si alzò in piedi, vedendo che il dio della Luce le tendeva un oggetto.
«Cos’è?» chiese, prendendolo fra le mani. Sembrava un piccolo ciondolo, un drago di filigrana, e splendeva come una stella.
«Quello è il tuo lasciapassare.- spiegò Paladine, mentre lei lo infilava al collo- E il modo in cui potrai esporre la tua richiesta, a tempo debito. Non usarlo se non è strettamente necessario.»
«Sarà mia cura tenerlo al sicuro.» mormorò Katlin, poggiandovi sopra una mano. Il Dio batté il bastone sul pavimento circolare dell’anfiteatro, che d’un tratto mostrò l’immagine di un grande masso immerso nella neve, attorno a cui si allungavano rami d’albero spogli per l’inverno.
«Quella roccia…» mormorò Raistlin.
«L’entrata di Solace.- disse Paladine- Ti porterò laggiù, Katlin. Raistlin, tu potrai osservarla da qui.»
«I ruoli si scambiano…» mormorò Katlin, non udita dagli altri.
«Quindi dovrò restare segregato in questo posto?» chiese Raistlin, con una smorfia.
«Segregato…che brutta parola!- esclamò Paladine, ritornando alla parlata di Fizban- Dai un ultimo sguardo al tuo mondo, ragazzo mio, e riconciliati con esso. Qui, Takhisis non ti troverà.»
Raistlin corrugò la fronte, ma non pronunciò verbo. Katlin afferrò la propria cartellina e si avvicinò a Fizban.
«Abbi cura di te, Maestro.» disse.
«Non dire a Caramon più del necessario.» disse l’arcimago, freddo. Katlin mormorò un assenso, poi Fizban la afferrò per un braccio e i due scomparvero in un lampo di luce.
Raistlin, sospirando, si guardò attorno, valutando i limiti della prigione in cui era appena stato rinchiuso, poi riportò lo sguardo sull’immagine ai suoi piedi. Presto sarebbe tornato a vivere, quindi non era il caso di perdersi nell’autocommiserazione della sua situazione attuale.
Attese l’arrivo della sua nuova alleata su Krynn, mentre i suoi occhi si addolcivano appena nel guardare, dopo tanto tempo, il sentiero che conduceva al paese della sua infanzia.

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Tasslehoff Burrfoot uscì dalla Taverna dell’Ultima Casa e si incamminò nella neve a passo lesto, diretto verso i confini di Solace. Si strinse addosso il manto di pelliccia troppo grosso per lui, che qualcuno aveva con tutta evidenza scordato su una sedia della Taverna, tra le cui ampie falde si potevano distinguere i lampi di colore dei suoi gambali azzurri. Starnutì e si sfregò il naso.
Faceva davvero un freddo terribile, ma d’altronde l’inverno era nel suo pieno. Tasslehoff non se ne preoccupava. Anche l’inverno aveva le sue bellezze. In estate, ad esempio, non poteva divertirsi a centrare la testa di Caramon con una supergigantesca palla di neve, né poteva pattinare sul ghiaccio che aveva trasformato il Crystalmir in uno specchio, e nemmeno seguire le tracce nella neve per capire quale strano essere le avesse lasciate. Il fatto che incappasse solo in conigli e cervi non l’aveva ancora convinto che non ci fosse qualche altro animale fantastico nella zona, come qualche tigre bianca o simili, anche se conosceva Solace come le sue tasche e non ne aveva mai visti.
A parte il fatto che Tasslehoff si era fatto tanta di quella esperienza con mostri di ogni tipo, che le sue cacce erano più una scusa per fare qualcosa che altro.
Tas sospirò. Era quasi un anno che si era stanziato a casa di Caramon, un record per lui, battuto solo dalla sua precedente residenza, sempre a Solace, nella casa di Flint, il nano. Un anno prima, più o meno, Caramon l’aveva pescato mentre stava trafficando con il congegno spazio-temporale di Par-Salian e glielo aveva levato dalle mani, rampognandolo severamente.
In effetti, qual congegno, che a quell'ora doveva essere tornato in qualche noiosissima sala della Torre di Wayreth, aveva causato loro non pochi problemi, ma Tas avrebbe tanto apprezzato poter andare sulle lune…
Sospirando di nuovo, senza notare la fretta con cui i passanti mettevano mano al borsello quando incrociava la loro strada, Tas ripensò a Flint, il suo vecchio amico, e a tutti coloro che in quegli anni aveva perduto.
Tas non si sentiva più un kender come gli altri. Anche per questo era rimasto a Solace tanto a lungo; ciò che aveva passato gli aveva fatto conoscere sentimenti profondi, che non trovava nei suoi simili e che lo facevano sentire triste e vecchio in loro presenza.
Tas aveva visto morire tanta gente. Aveva visto il suo migliore amico, il nano brontolone e generoso, cadere in un sonno da cui non ci si poteva più risvegliare. Aveva visto Sturm, il cavaliere di Solamnia, cadere trafitto da colei che una volta era sua amica. Anche lei, Kitiara, era morta. Tas aveva visto tanti orrori, aveva capito cos’era l’odio e cos’era la paura. E poi, aveva sentito tanto dolore nel cuore e queste cose non si potevano cancellare.
Quel giorno era stato preso da una strana malinconia. Per questo era uscito e ora si stava dirigendo alla roccia davanti alla quale aveva incontrato Flint, insieme a Tanis, poco prima che la Guerra delle Lance li coinvolgesse. Era un posto speciale, per lui, e quel giorno il pensiero di Flint non voleva abbandonarlo.
Siccome Caramon si sarebbe accorto del suo stato d’animo, era uscito subito. Non voleva trasmettere la malinconia al suo grosso amico, che in quel momento stava servendo ai tavoli insieme a Tika, sua moglie.
L’anno prima, a seguito di una terribile avventura in cui Tas era riuscito ad assistere sia al Cataclisma che alla futura fine del mondo, era morto Raistlin, il gemello di Caramon. Lui era una Veste Nera, un tipo davvero interessante, anche se non propriamente gentile, e la sua mancanza si sentiva terribilmente, anche se Tanis l’avrebbe appeso per il codino se gliel’avesse sentito dire.
Caramon non parlava più di Raistlin e conduceva una vita che Tas definiva serena, ma sapeva che bastava poco per riportarglielo alla mente. Meglio quindi pensare ai fatti propri in solitudine e tornare alla taverna quando si fosse sentito un vero kender con la k maiuscola.
Così pensando, Tas giunse finalmente nei pressi del masso. Decise di arrampicarvicisi e di rimanere lì per qualche tempo a ciondolare, sperando che gli venisse in mente qualcosa di più divertente o che arrivasse qualche elemento di distrazione, tipo un goblin o roba simile.
Fece per iniziare la scalata, quando si accorse che da dietro al masso spuntava una mano. Tas si fermò, grattandosi la testa con perplessità.
«Ma tu guarda cosa va a perdere la gente.- borbottò, sorpreso- So ben io quanto sono distratti gli abitanti di Solace, ma addirittura perdere la propria mano mi sembra un’esagerazione! Però…dev’essere un’esperienza interessante vedere la tua mano che se ne va per i fatti suoi, mentre tu vai da tutt’altra parte!»
Pensando a questa scena, piuttosto buffa in verità, Tas aggirò il masso per osservare meglio la mano. Vide così che essa era saldamente attaccata a un braccio, il quale era a sua volta al posto che gli competeva, cioè attaccato a un corpo riverso nella neve, privo di sensi.
Tas si trovò davanti una donna, vestita solo di un corto abito grigio e stivali grigi dalla strana foggia, che teneva stretta al petto una cosa rettangolare e giaceva a faccia in giù nella neve, coi capelli castani sparsi sulle spalle.
«Ehi! Non si dorme nella neve!- esclamò Tasslehoff, accorrendo dalla donna- Fa male alla salute, non lo sai?!»
La scrollò, ma non ottenne reazioni.
«Ehi! Ehi! Dai, non era questa la mia idea di divertimento, per oggi!- gridò ancora Tas, direttamente nell’orecchio della poveretta- Non sarai mica morta, vero?!»
«Uh…- mormorò la donna, con voce soffocata, dando a Tas la prova di essere ancora viva- Raist…lin…»
Tas gelò. Cadde a sedere nella neve, accanto al corpo di nuovo inerte, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Non poteva sbagliarsi. Quella donna aveva appena nominato il gemello di Caramon. Poteva essere una coincidenza, ma Raistlin non era un nome poi tanto comune…anzi, non lo era affatto.
“Caramon. Devo avvertire subito Caramon!” pensò, agitato. Si alzò in piedi e senza por tempo di mezzo si lanciò in una corsa scatenata verso la Taverna dell’Ultima Casa.




«Caramon!»
Il grido sovrastò il clamore della folla con una facilità che aveva dell’incredibile.
«Caramon! Altri due boccali al tavolo in fondo!»
«Arrivano!» rispose l’imponente uomo in grembiule, smettendo di lucidare il bancone e pulendosi le mani in uno straccio pulito, prima di afferrare due boccali di vetro spesso e posizionarli sotto il rubinetto della botte di birra, fischiettando.
Era una giornata piena, alla taverna dell’Ultima Casa.  Si stavano festeggiando due diversi Giorni del Dono della Vita e il locale straripava di gente allegra, affamata e assetata oltre ogni dire. Erano quasi due ore che Caramon riempiva senza apparente sosta boccali su boccali, tanto che iniziava a chiedersi quanti sarebbero stati in grado, alla fine dei festeggiamenti, di tornare a casa sulle proprie gambe.
Il famoso e quantomai amato Eroe delle Lance posò i boccali sopra il bancone, cercando con lo sguardo la fiamma itinerante dei capelli rossi della moglie.
«Pronti, Tika!» gridò, con voce possente che sovrastò il fracasso.
«Arrivo!» gridò di rimando la donna, piccola ed energica, facendosi largo tra i tavoli, tenendo alto il vassoio.
«Uff…- sbuffò Tika, appoggiandosi un istante al bancone, il viso arrossato dal caldo della sala e dalla fatica- Non ce la faccio più. Dovrei avere otto braccia per stare dietro a tutta questa gente!»
«Te la cavi benissimo.» disse Caramon, sorridendo.
«Sì, sì, certo…tanto non sei tu che devi stare lì in mezzo.» borbottò lei, scuotendo i riccioli rossi, mentre le sue labbra si curvavano in un sorriso riluttante, poi mise i boccali sul vassoio e si allontanò, ancheggiando con grazia.
Caramon scosse il capo, sorridendo, quindi si accorse che Raf, il nano dei fossi, stava di nuovo bevendo l’acqua del secchio per lavare i pavimenti. Con un sospiro,  Caramon allontanò l’uno dall’altro, quindi prese il secchio e si avviò sul retro. Meglio far sparire quell'acqua, prima che a qualcuno degli avventori venisse da vomitare…
Entrato in cucina, fece un cenno di saluto a Dezra, la loro aiutante, e le chiese di sostituirlo al banco per cinque minuti, quindi uscì nel cortile retrostante e svuotò il secchio con un gesto. Si guardò attorno, e corrugò la fronte.
Dove diavolo si era cacciato Tasslehoff? Era già un po’ troppo tempo che il kender era uscito dal suo campo visivo. Chissà dove si era andato a infilare…e per combinare cosa, per di più! La gente di Solace si era ormai abituata a venire a chiedere direttamente a lui di riparare ai guai che seguivano Tasslehoff come un’ombra, ruolo che un tempo era stato di Flint. Caramon ci aveva fatto il callo, ma preferiva avere Tas doveva poteva vederlo ed eventualmente fermarlo in tempo…
Caramon sospirò, guardando il cielo e scostandosi dal viso i lunghi capelli ricciuti, col fiato che gli si addensava davanti al volto pensieroso.
Da quanto tempo stava conducendo quella vita serena con la moglie? Un anno…forse qualcosa di meno. A Caramon sembrava tutto un sogno pronto a spezzarsi in qualsiasi momento. Aveva continuamente la sensazione che presto si sarebbe svegliato e si sarebbe ritrovato su una branda, all’interno di una tenda zuppa di pioggia, nel bel mezzo di una campagna di guerra. E qualcuno che tossiva incontrollabilmente avrebbe aperto il telo d’entrata, chiamandolo con voce aspra e ordinandogli di preparargli la sua medicina.
Caramon strinse i denti e scosse il capo per scacciare quell'immagine.
No, quel risveglio non sarebbe mai avvenuto. Raistlin, il suo gemello, era morto. Dopo aver reso la sua vita un disastro, averlo spremuto per bene per i suoi scopi, messo in pericolo la sua vita senza rimorso, e dopo averlo umiliato un numero incalcolabile di volte, alla fine era morto…per salvare la sua vita e quella della Reverenda Figlia Crysania.
Caramon scosse ancora il capo, sedendosi sul secchio rovesciato, che scricchiolò pericolosamente sotto il suo peso.  Aveva visto più di quanto fosse salubre dell’animo di suo fratello e solo ora che Raistlin non c’era più lui poteva affermare con sicurezza di conoscere il suo gemello. La profonda nefandezza dell’animo di Raistlin l’aveva disgustato, l’aveva fatto imbestialire. Si era sentito ingannato, ferito…ma ora, a mente fredda, poteva dire che la visione edulcorata che aveva avuto di Raistlin nei tempi della giovinezza era sempre stata solo un parto del suo cuore fiducioso. Raistlin non aveva mai nascosto di essere ciò che era. Semplicemente, Caramon non era riuscito a capirlo.
Allo stesso tempo, nel cuore di Raistlin era vissuta davvero quella scintilla di luce tanto intensa da ispirare commozione e affetto, quella luce che Caramon aveva servito con tutta la sua buona volontà per tutta la vita, ottenendo solo di farla offuscare dall’ira.
Il volto di Caramon si oscurò percettibilmente. Raistlin gli mancava. Gli mancava il tempo felice che aveva passato, col gemello e gli amici, a Solace, prima che suo fratello venisse convocato per quella dannata Prova. Da allora in avanti, la loro vita era stata un lento inabissarsi.
Ma ora, era finita. Raistlin era scomparso nell’oblio, lui era sopravvissuto. L’amore per Tika, finalmente, era stato abbastanza per non permettergli di seguire suo fratello nella tenebra, di nuovo. Non si era più dato all’alcol, non si era gettato in qualche battaglia per cercare la morte, non era caduto nell’inedia. Non aveva nemmeno cercato di affogarsi nel Crystalmir. Si era invece impegnato nel finire la casa che stava costruendo, aveva iniziato ad aiutare attivamente Tika alla Taverna e si era preso la responsabilità di controllare Tas…il che non era poco.
Si sentiva sereno. Teneva saldamente in mano le redini della sua vita. Tika lo amava, e viceversa, e alla loro unione mancava ormai solo un bambino. La donna aveva smesso da tempo di scrutare con preoccupazione il suo viso col terrore di scorgervi l’antica depressione. Caramon aveva deciso di lasciarsi il passato alle spalle e così aveva fatto, con impegno e dedizione.
Ma da un po’ di tempo a quella parte, qualcosa era cambiato.
«Sta per succedere qualcosa.» mormorò, preoccupato, passandosi le mani sul volto.
Se lo sentiva nelle ossa. Non aveva mai avuto talento per quel genere di cose, ma la sensazione non voleva abbandonarlo e Caramon aveva dovuto accettarla. Qualcosa che ancora non aveva né un volto né un nome stava per cadergli addosso come la montagna di Ishtar. E quel qualcosa aveva a che fare con Raistlin.
Nel profondo del suo animo, Caramon celava un segreto che non aveva rivelato a nessuno. Né a Tanis,  né a Tas, che avrebbe mostrato grande interesse, né tantomeno a Dalamar, il discepolo di suo fratello. Non l’aveva detto nemmeno a Tika. Caramon strinse le labbra. Il fatto era che, benché Caramon sapesse razionalmente che suo fratello gemello era morto, il suo cuore non gli diceva altrettanto. Non riusciva a spiegarselo, eppure questa sensazione non voleva abbandonarlo, e più passava il tempo, più la sentiva con prepotenza. Sentiva che Raistlin stava per entrare nella sua vita…di nuovo.
«Forse dovrei chiedere consiglio a Crysania.» borbottò, per poi pentirsi subito dell’idea avuta. Quella povera donna non aveva certo bisogno di una nuova discussione su Raistlin. Il suo cuore era rimasto ferito almeno quanto i suoi occhi.
Un fiocco di neve gli passò davanti al naso e Caramon si riscosse. Aveva già perso abbastanza tempo a riflettere e Tika aveva bisogno d’aiuto. Era ora di rientrare e di rimettersi al lavoro.
Si alzò, sospirando e cercando di cancellare dal proprio volto l’espressione triste degli ultimi minuti, quando la porta del retro si aprì di botto e Tasslehoff ne uscì, col fiatone e le guance rosse per la corsa. Era intabarrato in un mantello di pelliccia troppo grande, che di certo non era il suo.
«Tas…» iniziò a dire, scuotendo il capo con aria di rimprovero.
«CARAMON!- lo interruppe lui, trafelato, ansimando come un mantice-…la ragazza…il masso…Flint…ha detto…»
«Ehi, ehi! Calmo e prendi fiato.- gli disse Caramon, corrugando la fronte- E, tra parentesi, non credo che quel mantello sia tuo, no?»
Tas guardò il mantello come se lo vedesse per la prima volta, quindi pronunciò la millesima versione della frase ‘l’ho preso in prestito’. Sembrava si fosse ripreso abbastanza dalla corsa, quindi Caramon gli fece cenno di parlare, se lo desiderava. Tasslehoff prese un lunghissimo respiro, quindi rovesciò su Caramon una carrettata di parole.
«Allora: sono uscito e sono andato dove vado a pensare a Flint, e cioè al masso, ma non ero da solo e sono stato disturbato perché c’era una mano. Io ho pensato che era interessante una mano che se ne andava in giro da sola, ma in realtà non era vero, e attaccata c’era una ragazza, che è svenuta nella neve!» disse.
Caramon rimase un attimo perplesso. I racconti di Tas sapevano essere parecchio nebulosi.
«Insomma c’è una ragazza svenuta.» disse, tirando le somme della discussione. Tas annuì con veemenza.
«Ma è svenuta prima o dopo che ti ha visto?» chiese Caramon. Tas pestò il piede per terra.
«Caramon! Non scherzare, è una cosa seria!- disse, rampognandolo dalla sua non considerevole altezza- L’ho scossa, ma lei non si è svegliata, però ha nominato…» Si bloccò, d’un tratto incerto.
«Va bene, ho capito.- disse Caramon, sospirando- Andiamo a recuperarla. Con questo freddo, potrebbe morire assiderata.» Precedette Tas in cucina e afferrò il proprio mantello. «E’ una straniera o una ragazza del villaggio?- continuò Caramon- In quel caso dovremmo avvisare i suoi parenti che…»
«No, no! E’ una straniera.- lo rassicurò Tas, correndogli dietro in cucina e poi dentro la taverna- Ma Caramon, non ti ho detto…»
«TIKA! Esco un attimo, c’è un’emergenza! – disse Caramon, con voce rombante, sovrastando il chiasso- Torno il prima possibile!»
«Ciao, Tika! Te lo rubo un attimo! – disse Tas, salutando festoso- Torniamo subito! Oh, questo mantello? No, certo che non è mio! Ma se non l’avessi trovato, qualcuno te l’avrebbe rubato e allora cosa sarebbe successo?» continuò il kender, discutendo con un avventore che aveva riconosciuto il mantello che indossava.
Tika sospirò, rassegnata, e gli fece cenno di andare. Sorridendo, Caramon uscì dalla porta principale, con Tasslehoff, senza più mantello, alle calcagna.
«Allora, dove hai detto che è?» chiese Caramon, affrettando il passo.
«Al masso, fuori dal paese.- disse Tas, riprendendo ad ansimare- Ma Caramon…»
«Allora affrettiamoci.» sentenziò Caramon.
«CA-RA-MON!!! – strillò Tasslehoff, tirandogli un calcio dietro il ginocchio per ottenere finalmente la sua attenzione- Mi vuoi stare ad ascoltare oppure no?!»
«Ma che altro c’è, Tas?!- esclamò il gigante, con una smorfia, massaggiandosi la parte lesa- Dobbiamo affrettarci o no?!»
Tas espirò rumorosamente dal naso.
«Quello che volevo dirti è che quella ragazza, quando l’ho mossa, ha chiamato Raistlin.- disse, corrucciato- Era questa la questione principale.»
Il kender capì di essere stato troppo diretto quando Caramon si pietrificò sul posto e la sua pelle divenne di un paio di gradazioni più chiara.
«Cosa?» chiese Caramon, con voce che né lui, né Tas riconobbero come sua.
«Ehm…ha nominato Raistlin.- ripeté Tasslehoff, incerto, poi aggiunse parlando in fretta- Voglio dire…magari è un altro Raistlin! Chissà quanti Raistlin ci sono al mondo? Però mi è sembrato strano e così te l’ho detto, però non vorrei che tu svenissi perché, scusa se te lo dico, Caramon, ma non hai troppo una bella cera…»
«Raistlin non è un nome così comune.» disse Caramon, che non sembrava essere molto lontano dal fare quello che Tasslehoff aveva pronosticato.
«Ehm…Caramon?- chiese Tas, sulle spine- Allora…che si fa?»
Caramon, invece di rispondere, diede le spalle al kender e si mise a correre verso i confini di Solace. Tasslehoff, gemendo, si mise a correre a sua volta. Era già la seconda volta che faceva la strada di corsa e, a suo modo di vedere, quella era una di troppo.



“Non può essere.- pensò Caramon, mentre correva attraverso Solace senza badare ai cenni di saluto degli abitanti- Raistlin…per tutti gli Dei! Possibile che quella montagna mi stia già cadendo addosso?!”
Cercò di imporsi la calma. Tasslehoff poteva benissimo aver sentito male. La donna in questione poteva aver detto qualsiasi altro nome, ma visto che anche il kender era in vena di reminiscenze, la sua predisposizione mentale poteva aver fatto sì che sentisse tra le sillabe appena sussurrate un nome conosciuto che in realtà non era mai stato detto.
Sì, doveva essere così. Doveva essere assolutamente così.
“Mio malgrado, ho conosciuto tutti quelli che hanno avuto a che fare con Raistlin, negli anni che ha trascorso alla Torre di Palanthas.- pensò ancora- E, a parte Crysania, nella sua vita non c’era nessun’altra donna. Che motivo avrebbe una donna sconosciuta di nominare mio fratello nel delirio dell’incoscienza?”
Ecco, quella era una buona argomentazione. In effetti, non era possibile. Se usava la logica, si rendeva conto che qualunque cosa quella donna avesse detto, non poteva avere alcun collegamento col suo defunto fratello.
Già…ma tra il dirlo e il crederci ce ne passava. E lui, a quella logica ferrea, in quel momento non credeva per nulla.
«Laggiù, Caramon!» gridò Tasslehoff, parecchio indietro rispetto a lui. Caramon, però, aveva già individuato il masso. Si costrinse a rallentare la sua corsa in maniera che Tasslehoff potesse raggiungerlo, quindi si fece strada nella neve alta oltre il sentiero. Presto, gli fu perfettamente visibile il corpo riverso nella neve, ancora privo di sensi. Il cuore gli si fermò in petto per un istante.
“Dei…Kitiara!” pensò, sconvolto, prima di rendersi conto di aver detto un’altra sciocchezza. Quella donna non era certo sua sorella Kitiara, morta in modo orribile nella Torre di Palanthas. La posizione in cui si trovava gli aveva riportato alla mente l’ultima immagine che aveva della sorella maggiore. Il fatto che anche la donna in questione avesse capelli scuri e corposi e un corpo flessuoso aveva retto per un istante la macabra illusione.
A ben guardare, però, questa donna non aveva i corti capelli ricciuti di Kitiara, ma lunghi boccoli morbidi. Senza contare che indossava un abito e delle calzature che Caramon non aveva mai visto in vita sua.
«Allora? La conosci, Caramon?» lo incalzò Tas. Caramon scosse il capo, cupo in volto.
“Non somiglia per nulla a Kitiara.” sentenziò, inginocchiandosi accanto al corpo privo di sensi. Già…allora perché quella subitanea associazione mentale? Caramon scacciò quei pensieri fastidiosi scrollando il capo, quindi voltò delicatamente la donna, tastandole il collo per controllare che fosse davvero ancora viva.
«E’ viva, e ancora piuttosto calda.- disse, scostandole i capelli dal volto- Non dev’essere qui da molto.»
«Allora perché non si sveglia?» chiese Tasslehoff, accucciandosi accanto al gigante e osservando il viso della straniera.
«E che ne posso sapere io, eh?» disse Caramon, sbuffando, guardando a sua volta il viso della giovane donna. Era un bel viso regolare, carino ma non bellissimo, con una bocca piena adatta per fare sorrisi. “Sorrisi in tralice?” chiese una vocetta malefica nella sua mente. Caramon la scacciò. Era ancora più sollevato ora che aveva constatato che quella giovane non somigliava affatto a Kitiara e non rientrava nelle sue conoscenze…né in quelle di Raistlin, presumeva.
«Portiamola a casa nostra, Tas.- disse,  facendo per prendere il corpo tra le braccia- Le ci vorrà qualcosa di caldo per…»
Fu in quell'istante che la ragazza aprì gli occhi. Fu come se si fosse accesa una luce. D’un tratto, il volto della donna divenne bellissimo, pur rimanendo lo stesso di pochi istanti prima. Era qualcosa che le brillava nelle iridi azzurro cupo che la rendeva così. E Caramon rabbrividì. Conosceva qualcuno che aveva negli occhi quel magnetismo, quella capacità di attrarre pur non essendo, a ben vedere, attraente.
“Questa donna…non somiglia a Kitiara.- pensò, pietrificato- Somiglia a Raistlin!”
La giovane donna alzò lo sguardo su di lui. La sua totale mancanza di sorpresa o di preoccupazione lo fece rabbrividire di nuovo. Sembrava non si fosse aspettata di vedere altri che lui.
«Caramon…- borbottò lei, passandosi una mano davanti al volto- Per l’Abisso, che diavolo è successo? Che ci faccio qui? Fa un freddo…»
«Santo cielo, Caramon!- sbottò Tas, allegro- Ti conosce! Ti è andata in pappa la memoria, allora?»
«Certo che no, Tas!» lo gelò Caramon, perentorio. A quello scambio di battute, qualcosa nella ragazza sembrò cambiare. Riportò di scatto lo sguardo sul volto di Caramon, questa volta con un’aria più presente e quasi spaventata che non suscitò alcuna eco nella memoria di Caramon.
«Ah…Caramon!- esclamò, sottraendosi alla sua presa e inginocchiandosi a fatica nella neve- Perdonami! Io…dannazione, ho già fatto la frittata. Quanto sono stupida!»
Caramon e Tasslehoff si scambiarono un’occhiata. L’uomo era sconcertato, Tas era invece deliziato.
«Ma lo vedi che ti conosce?!- disse, eccitato- Presentamela, dai! Che ci facevi nella neve? E da dove vieni? E…»
«Stai un po’ zitto, Tas!» sbottò Caramon.
«Piacere di conoscerti, Tas!- disse la ragazza, sorridendo e allungando una mano verso il kender, cosa che poche persone di buon senso avrebbero mai fatto- Io sono Katlin ‘Ym Adoonan.»
«Piacere mio! Io sono Tasslehoff Burrfoot.- disse Tas, stringendo la mano della donna con entusiasmo- Ma immagino che Caramon ti abbia già parlato di me.»
«In un certo senso.» disse lei, perdendo parte della sua carica.
“Finiamola con questa sceneggiata, non ci sto capendo nulla.- disse Caramon, facendo ampi gesti con le mani- Io non ti conosco, Katlin ‘Ym Adoonan. Ma sembra che tu conosca me…e di conseguenza non mi pare tanto strano che tu abbia conosciuto anche Raistlin.»
Katlin gli lanciò un’occhiata perplessa, poi annuì.
«Ciò che dici è vero.» disse.
«Non è un po’ strano?- chiese Tas, guardando i due- Tu conosci lui, che non conosce te. E conosci Raistlin, che non conosceva te…o ti conosceva?»
«Raistlin  mi conosce, in effetti.» disse Katlin, con l’aria di chi non sa da dove cominciare a spiegare.
«Ma io no, anche se questo spiega come tu mi abbia riconosciuto subito. In qualche modo, io e Raistlin ci assomigliavamo.» ribadì Caramon, che stava andando a sua volta in confusione grazie al prezioso aiuto del kender.
«Più o meno è così.» ammise la donna. Scosse il capo, quindi starnutì. «Ti spiegherò tutto, Caramon, solo…potremmo andare in un luogo un po’ più caldo? Sto congelando.»
Caramon dovette sforzarsi per non sorridere. Quella donna sembrava una specie di pulcino sperduto…se non si badava a quello che si celava in fondo ai suoi occhi.
«Va bene. Andiamo a casa mia.- sospirò Caramon, alzandosi in piedi e aiutando la ragazza a fare altrettanto- Potrai bere qualcosa di caldo e raccontare la tua storia senza fretta.»
«Grazie.» disse Katlin, graziandolo di un luminoso e caldo sorriso.
“Ben diverso da quelli di Kitiara.” si disse Caramon, finendo per cedere e sorridendo a sua volta. Tas prese subito la ragazza in consegna, facendole da guida e iniziando il suo fuoco di fila di domande, a cui la ragazza sembrò essere in grado di tenere testa. Caramon scosse il capo, incamminandosi dietro di loro e chiedendosi come e quando Raistlin avesse conosciuto quella strana ragazza.
“Raistlin mi conosce, in effetti.”
Il senso della frase lo colpì di botto, facendogli perdere il fiato. ‘Mi conosce’. Non ‘mi conosceva’. Quella donna aveva usato il presente in maniera deliberata. Perché? Cosa stava a significare?
«Caramon! Ti muovi o no?- strillò Tas, parecchio più avanti- Katlin sta congelando, poverina!»
Cercando di tenere a freno ancora per un po’ le sue paure e la sua curiosità, Caramon strinse le labbra e riprese a camminare dietro ai due.

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Capitolo 4
*** 3 - L'ospitalità di Caramon ***


Nemmeno mezz’ora dopo, i tre erano seduti nell’ampia cucina della casa di Caramon. La straniera sedeva avvolta in una coperta, sorbendo una tisana bollente per scacciare i brividi. Tasslehoff si agitava sulla sedia, ansioso di sentire una storia che aveva tutta l’aria di essere interessante, mentre Caramon era immobile e silenzioso, in cupa attesa.
Katlin inghiottì un altro sorso di tisana calda, poi si guardò attorno.
«La tua casa è davvero bella, Caramon…» mormorò, con una luce così amorevole negli occhi che pareva stesse parlando di casa propria.
«Grazie.» disse Caramon, annuendo, senza cambiare espressione.
«Sapevo che sarebbe stata incantevole.» sussurrò lei, con un sorriso segreto, e Caramon corrugò la fronte. Katlin, avvedendosene, scosse il capo, quindi posò la tazza sul tavolo. «Perdonatemi. Vi sto solo confondendo le idee.» disse.
«Beh, allora racconta!- la incitò Tas, facendo sparire con noncuranza il barattolo dello zucchero in una delle sue borse- Sto morendo di curiosità!»
«Il che è la fine di ogni kender.- disse Caramon, burbero, recuperando il barattolo- Ma anch’io sono curioso. Hai già accennato a troppe cose strane e devi prenderti la responsabilità dello sconcerto che mi hai provocato. Racconta.»
La donna parve raccogliere le idee, quindi alzò lo sguardo su di loro.
«Ebbene, come vi ho già detto il mio nome è Katlin.- disse, e il suo volto divenne duro e distante- Sono nata su Yolta, un mondo che si trova al di là delle tre Lune.»
Caramon impiegò qualche istante nel registrare l’informazione, mentre Tas acchiappò al volo il punto saliente.
«Vieni dalle Lune?!?!?!- strillò, assordandoli e piantando le mani sul tavolo per l’enfasi- Per tutti i draconici viscidi e puzzolenti, ma è fantastico! Io ho provato a venire sulle Lune, ma Caramon mi ha preso il congegno spazio-temporale e…»
«Non proprio dalle Lune, Tas.» cercò di placarlo Katlin.
«Stai un po’ zitto, Tas!» esclamò Caramon con voce possente, ottenendo finalmente di calmare il kender.
«Non vengo dalle Lune, Tas.- ripeté Katlin, scuotendo il capo- Vengo da un mondo oltre ad esse, non dissimile a Krynn, se non per la cultura del tutto differente. E per la mancanza di draconici.» aggiunse, con un sorrisetto.
«Non mi sembra un difetto. Ci sono kender?» disse Tasslehoff, eccitato.
«Un mondo oltre le Lune? Mi suona strano.» disse Caramon, corrugando la fronte.
«Eppure esiste.- disse Katlin- E’ governato da un solo dio, Ulhan, che faceva parte del vostro pantheon prima di litigare furiosamente con i tre Dei della magia. Per questo, Yolta è un mondo esclusivamente tecnologico. Potreste farvi un’idea di qual è il sistema pensando alle vostre comunità di gnomi.»
«Un mondo senza magia?- disse Caramon, sorpreso- Finalmente un Dio con un po’ di buon senso.»
Si stupì del lampo di intenso fastidio negli occhi della ragazza, che venne però subito soffocato.
«Che noia, vorrai dire, Caramon! In verità, con gli gnomi non ci si annoia, ma dopo un po’ ti fanno girare la testa, come dire.- ribatté Tas- La magia è così interessante! Ricordo quando Raistlin mi ha tirato fuori dal naso tutte quelle monete che non credevo proprio di avere, e…»
Katlin rise piano e alzò una mano per chiedere una tregua.
«In effetti hai ragione, Tas. E’ un mondo molto noioso.- disse- E in questo mondo noioso, io sono nata e cresciuta. Ho vissuto laggiù fino a ieri, nella casa di mia madre. Su Yolta, io sono un’artista…e, mio malgrado, anche una veggente.»
«Una veggente?!» chiese Caramon, stupito. La donna annuì.
«Ho lo stesso dono, o maledizione che dir si voglia, che affliggeva vostra madre, Caramon.» mormorò. Caramon corrugò la fronte.
«Come sai di nostra madre?» chiese. Iniziava ad essere spaventato dalla sicurezza con cui quella donna sciorinava dettagli della sua vita e di quella di Raistlin. Katlin si incupì in volto.
«Vostra madre, grazie al dono, poteva viaggiare in ogni dove, vedere luoghi sempre diversi e meravigliosi. Questo, anche se alla fine l’ha portata a perdersi, poteva essere un bel dono.- disse, con voce venata di tristezza- In me, invece, la veggenza non è stata che una maledizione. Io non potevo decidere dove andare o cosa vedere. Quando venivo chiamata, io dovevo rispondere. E le mie chiamate venivano da te, Caramon, e dal tuo gemello Raistlin.»
«Non capisco.» disse Caramon, confuso. Perfino Tas rimase in silenzio. Katlin giocherellò un poco con la cartellina che aveva in mano fin dall’inizio, poi si decise a continuare.
«Da quando ero piccola, in determinati momenti il mio spirito veniva trascinato via dal corpo.- disse - Di botto, mi ritrovavo dentro di te, Caramon, o dentro Raistlin. Quando vi succedeva qualcosa di importante, o la vostra anima era turbata, mi ‘chiamavate’, e io ero costretta ad assistere a ciò che vi accadeva. Provavo i vostri sentimenti, avvertivo le vostre stesse sensazioni. Tutto.»
«E’ difficile da capire. Guardavi le cose che succedevano attraverso di loro?» chiese Tasslehoff, stupefatto. Si chiese come sarebbe stato vivere nel corpo di qualcun altro. Di certo, il divertimento nell’essere un’altra persona non doveva durare molto una volta che ci si accorgeva di non poterlo controllare. Gli vennero i brividi.
«Hai vissuto le nostre vite…attraverso di noi?» chiese Caramon, rabbrividendo a sua volta. Katlin annuì.
«Senza mai poter intervenire?» chiese ancora Caramon. Katlin scosse il capo e Caramon fece una smorfia.
«E senza poter mai comunicare con noi, perché io non ti ho mai vista, né ho sentito al tua voce…» aggiunse, mormorando. Di nuovo, Katlin scosse la testa. «Per gli Dei, non l’augurerei nemmeno al mio peggior nemico.»
Katlin fece un sorrisetto storto.
«Ma questo è quanto. E i vostri Dei lo sapevano, perché la mia capacità aveva irritato Ulhan, il quale aveva protestato direttamente con gli Dei di Krynn.- disse, amara- Hanno lasciato che questa tortura continuasse finché Raistlin non è caduto sotto gli artigli di Takhisis. Solo allora, il collegamento fra noi si è spezzato.»
«Quindi è un anno che…» iniziò a dire Caramon.
«Che conduco una vita normale? Sì.- ammise Katlin, cupa- E l’ho condotta fino a ieri, quando i vostri Dei hanno deciso, di punto in bianco, di coinvolgermi negli affari di Krynn.»
«E’ stato Fizban, vero?» chiese Tasslehoff, schioccando le dita.
«Fizban e Gilean. - specificò Katlin- Hanno chiesto la mia collaborazione, anche se chiedere non è il termine adatto, per distruggere il Portale.»
«Distruggere il Portale?!» sbottarono in coro Caramon e Tas. Katlin annuì. Caramon imprecò a mezza voce. Aveva sperato di non avere più niente a che fare con quella dannata porta per l’Abisso, ma sembrava che gli Dei non volessero altrettanto.
«Ma è possibile?- chiese Tas, impressionato- Voglio dire: il Portale non mi pare una cosa che si possa far saltare in aria, o che so io. Anche perché Dalamar ci abita, nella Torre, e non credo gli piacerebbe guardare direttamente le stelle quando va a dormire, posto che un elfo oscuro dorma normalmente…»
«Non credevo si potesse fare, ma pare ci sia un modo.- disse Katlin, pensierosa, bloccando il fiume di parole del kender- Hanno bisogno di tre maghi, uno per ognuno degli Dei Maggiori. Vogliono fare di me l’eletta di Paladine.»
«Wow…» mormorò Tas, impressionato. Caramon rifletté sulle parole della donna e vi trovò subito una falla.
«Ma come può essere?- chiese, tamburellando le dita sul tavolo- Voglio dire, tu vieni da un mondo senza magia. Non sei una maga, ci hai detto. Allora come farai a diventare l’eletta di Paladine?»
«So già ciò che mi serve.- disse Katlin, con un sorrisetto- Ricordi? Ho vissuto anche nella mente di Raistlin.»
«Da quel poco che ho capito io di magia, sapere e fare sono due cose diverse.» obiettò Caramon. Ricordare il tempo in cui suo fratello era ancora un apprendista, gli mise addosso una tristezza indicibile. I tratti del viso di Katlin si addolcirono, come se avesse percepito il suo pensiero.
«Ciò che dici è vero, ma ho del potenziale, e posso disporre del miglior Maestro che Krynn abbia da offrirmi.» disse, con un breve sorriso.
«Varrebbe a dire?» chiese Caramon, imperterrito.
«Raistlin Majere.» disse Katlin tutto d’un fiato. Caramon impallidì. Ecco la montagna di fuoco profilarsi all’orizzonte diretta contro la sua testa.
«Come, prego?» chiese, quasi senza voce.
«Raistlin?!- sbottò invece Tas, senza ritegno- Riesce ad insegnarti da morto? O forse è un fantasma? Caramon, tu lo vedi? Dov’è?!» Il kender si guardò attorno, cercando lo spirito invisibile di Raistlin senza trovarlo. Caramon ritrovò la parola solo quando Tas iniziò a cercare Raistlin all’interno dei cassetti della credenza.
«Cosa stai cercando di dirmi, Katlin?» chiese Caramon, afferrando Tas e costringendolo di nuovo a sedersi, per poi puntare i suoi scuri occhi ansiosi sulla ragazza.
«Prima di essere portata a Solace da Fizban, ho incontrato Raistlin.- disse Katlin, ma alzò una mano per prevenire l’intervento di Caramon- Era solo uno spirito, Caramon. E’ ancora in attesa di giudizio, per questo ho potuto vederlo.»
Caramon strinse le labbra fino a farle diventare bianche, quindi si risedette a sua volta.
«Bene. Capisco.- mormorò, passandosi velocemente una mano sugli occhi- Non avrei dovuto aspettarmi nulla di diverso.»
Strinse i denti. Cosa si era aspettato? Che quella donna fosse capitata laggiù per dirgli che Raistlin era ancora vivo e aspettava solo che lui lo andasse a tirare fuori dall’Abisso? Beh, era veramente l’idiota che il suo gemello aveva sempre sostenuto se davvero si era baloccato con un’idea del genere!
«Caramon…» mormorò Katlin, attirando di nuovo la sua attenzione. Anche gli occhi della ragazza erano lucidi, e questo non migliorò la situazione. Caramon scosse la testa, cercando di scacciare tutti quei pensieri su Raistlin.
«E…che ti ha detto?» chiese, con voce spezzata.
«Poco o nulla, Caramon. Sai meglio di me com’è fatto.- sospirò Katlin- E’ stato costretto ad assistermi, e lo farà, ma non credo sia lieto di essere di nuovo coinvolto in questa faccenda.»
Caramon annuì. Immaginava gli scatti di nervi del fratello gemello e la sua voce cinica e gelida. Le lacrime minacciarono di nuovo di prendere il sopravvento su di lui.
«E io che parte ho in tutto questo?» chiese, guardando Katlin dritta negli occhi. Lei si strinse nelle spalle.
«Sono stata indirizzata da te, per avere il tuo aiuto, e la tua ospitalità, durante il periodo di addestramento.- ammise Katlin- Non credo che gli Dei abbiano intenzione di coinvolgerti più di così, Caramon.»
«Dovrei ospitarti durante il tuo addestramento…e basta?» chiese Caramon, incredulo. Non pensava fosse possibile cavarsela così a buon mercato.
Come a dargli ragione, il volto di Katlin si rabbuiò. La giovane donna si guardò le mani per qualche istante, poi alzò lo sguardo sui suoi interlocutori. Vi brillava una luce decisa.
«Al termine del mio addestramento dovrò partire e recarmi in luoghi che voi conoscete.- disse, quasi sussurrando- Wayreth…Palanthas…probabilmente anche Qualinesti.»
Caramon e Tas annuirono, cercando di capire dove la donna volesse andare a parare.
«Arriverà un momento in cui io vi chiederò se volete offrirmi il vostro aiuto.» confessò Katlin. Sia Caramon che Tas fecero per aprir bocca, ma Katlin alzò una mano e li zittì. «Non adesso. Voi non mi conoscete ancora.- mormorò- Offrimi la tua ospitalità, Caramon, ti prego. Il resto, se verrà, sarà successivo.»
Caramon aggrottò la fronte. Quella ragazza desiderava il suo aiuto, ma sapeva di averlo messo di fronte alla prospettiva di tornare ad affrontare luoghi e situazioni che già gli avevano provocato sofferenza. Riteneva però che quella Katlin si stesse comportando con onestà. E se davvero Raistlin vegliava su di lei, come poteva rifiutarle un aiuto?
«Potrai restare quanto vuoi.- disse infine, suscitando un sorriso nella donna- Come dici tu, per il resto vedremo in seguito.» Sospirò e si passò una mano tra i capelli ricciuti. «Il dramma sarà spiegare tutto questo a Tika…» borbottò.
«Io mi prenoto subito per venire con te!- esclamò Tasslehoff- Conosco Krynn come le mie tasche e ti servirà una guida esperta!»
«Fatti guidare da un kender e finirai in una città di mare senza il mare.» disse Caramon, alzandosi in piedi.
«Quella volta mi ha scusato perfino Tanis! Era colpa della mappa!- disse Tas, offeso, facendo ridere Katlin- Non starlo a sentire, Katlin, ti guiderò io. Ho mappe di qualsiasi luogo esistente e conosco bene anche le Torri della Stregoneria.»
«Dovrai abituarti alle chiacchiere di Tas, se vorrai stare qui.- disse Caramon, scuotendo il capo e sorridendo di fronte alle risa genuine della giovane donna- Va bene…io torno un attimo alla Locanda, devo avvisare Tika. L’ho lasciata in un brutto pasticcio. E tu vieni con me.» ingiunse a Tasslehoff, che già stava affermando di voler tenere compagnia all’ospite. «Scusa se ti lascio sola, ma non vorrei trovarmi la cucina vuota, al mio ritorno.»
«Non preoccuparti, Caramon.- disse Katlin, con un sorriso- Vi aspetterò qui.»
«Ma io volevo restare!» strillò Tas, trascinato via dall’amico.
«Tu vieni con me.» ordinò Caramon, uscendo dalla porta insieme a lui.
«E’ simpatica, vero Caramon?» chiese subito Tas, non appena furono usciti.
«E’…particolare.- disse Caramon, corrucciato- Ma sembra una brava ragazza.»
«Finalmente una nuova avventura.- sospirò Tas, soddisfatto, camminando allegro in mezzo ai fiocchi di neve- Cominciavo ad annoiarmi! Tu no, Caramon?»
Caramon sospirò scuotendo il capo. A volte avrebbe desiderato avere la stessa spensieratezza di un kender. Tas non capiva che razza di guaio rappresentasse Katlin. Lui se lo sentiva dentro…e poi, era nuovamente coinvolto Raistlin. Questo gli dava la certezza matematica che non se la sarebbe cavata così a buon mercato.
«Come farò a spiegarlo a Tika?» si chiese, incupendosi in volto.  Già si immaginava le parole pungenti della moglie…
E quello era solo il primo di tanti guai che sarebbero seguiti.



Raistlin aspettò che suo fratello e il kender uscissero di casa prima di esalare un sospiro seccato. Caramon aveva capitolato, come gli Dei avevano senza dubbio previsto, e quella peste di un kender l’avrebbe trascinato volente o nolente in quell'avventura.
Lanciò un’occhiata di ghiaccio alla figura della ragazza, che ora si era accasciata contro lo schienale della sedia e aveva perso gran parte di quell'aria così sicura di sé. La vide passarsi una mano sul volto e lanciare un’occhiata triste e preoccupata alla porta.
Raistlin strinse le labbra. Riteneva che la sua nuova discepola non avesse detto più del necessario e aveva apprezzato il fatto che non avesse oberato Caramon di particolari sulla sua missione, in quanto il suo stupido fratello non ne avrebbe capiti la metà, cadendo in uno stato confusionale che certo non era consigliabile.
D’altra parte, non vedeva perché Caramon dovesse essere coinvolto in qualsivoglia modo. Rivederlo così d’improvviso…gli aveva dato una strana sensazione. Una stretta al cuore, un terribile senso di separazione e solitudine che stava ancora cercando a fatica di scacciare. Non era un buon inizio.
«Spero che questa tortura finisca presto.» pensò, irritato. Il piano della ragazza era buono. Riteneva fosse fattibile, se le forze di quella donna non fossero cedute al momento sbagliato. Il problema era che doveva aspettare…e Raistlin non era mai stato un maestro nel portare pazienza, soprattutto quando desiderava qualcosa con tutte le sue forze.
Vide Katlin toccare distrattamente il ciondolo di Paladine, che teneva nascosto sotto lo scollo del vestito.
«Ritengo inutile coinvolgere Caramon.» disse Raistlin, ad alta voce. La vide tendersi e guardarsi attorno con aria stupita.
«Raistlin…sei tu?» La voce di lei echeggiò nella sua mente. Così, la telepatia funzionava.
«Non so cosa ti sia passato per quella testa.» continuò Raistlin, imperterrito. La donna appoggiò i gomiti sulla tavola e si mise le mani a coppa sulle guance, sospirando.
«Voglio che mi seguano tutti.- disse Katlin, sorprendendolo- So che mi saranno utili. Raistlin…non voglio correre rischi. Almeno fino a Palanthas, le cose devono andare come io le ho progettate. In caso contrario, sto mettendo in gioco la mia vita per niente.»
Raistlin fece un gesto nervoso, pur sapendo che lei non poteva vederlo.
«Fai come ti pare, apprendista, ma per esperienza so che saranno solo una fonte di distrazione.- disse, sprezzante- Senza contare che non appena sapranno, ti metteranno i bastoni tra le ruote.»
«Non lo sapranno.- assicurò Katlin, i cui occhi brillarono di una luce dura e decisa- Non finché non sarà troppo tardi. Non mi ostacoleranno.»
Raistlin sollevò appena un sopracciglio. Questo non l’aveva previsto. Quella donna sembrava il tipico tipo sincero e candido, quasi incapace di mentire o anche solo omettere qualcosa. Una copia di Caramon, a dirla tutta. Scopriva però che c’era qualcosa di duro in quella sua nuova discepola.
«Fai come vuoi, allora.» disse soltanto. Katlin fece un mezzo sorriso.
«Dovrai avere pazienza con me.» disse.
«E tu dovrai dimostrare di avere cervello e fegato, o giuro che lascerò questo incarico e tornerò a riposare.» disse Raistlin, duro, ben sapendo di stare mentendo. Voleva vivere…e quella ragazza era la sua chiave per tornare a farlo.
Il sorriso che comparve sul volto della donna lo rese consapevole che anche lei ne era ben conscia. Si prospettava un periodo d’addestramento piuttosto interessante.



«Attaccami. Attaccami! Più su quel bastone, forza!»
Colpi secchi risuonavano nelle vicinanze della riva del Crystalmir. Tasslehoff sedeva sull’erba appena nata, senza nemmeno sentire il freddo che ancora permeava il vento di terzomese. In effetti, era troppo impegnato a fare il tifo in maniera spudorata per poter sentire qualcos’altro che la propria voce.
«Fallo secco, Kat!- gridava, scalmanandosi- Ecco, così! Brava!»
«Tas!- rombò Caramon, ribattendo i colpi energici di Katlin uno per uno- Finiscila, la distrai!»
«Non è vero! Ti dà solo fastidio che non parteggi per te.» lo dileggiò Tasslehoff, ridendo e restando in equilibrio sulle mani.
Katlin tentò un altro attacco, poi si fece indietro di qualche passo, sempre all’erta.
«Non dirglielo così spudoratamente, Tas.» rise, scuotendo la testa e di conseguenza la folta coda in cui aveva legato i capelli. Gocce di sudore le rigavano il volto.
«Finitela tutti e due.- disse Caramon, facendo finta di digrignare i denti- Fate tanto casino, ma alla fine dei conti non mi hai mai battuto una volta, Kat!»
«Eh già, questo è vero…- borbottò Katlin, facendo roteare il bastone- Vorrà dire che comincerò adesso!»
Con un grido acuto, si lanciò contro Caramon. Questo parò due attacchi senza eccessiva difficoltà, quindi, quando Katlin tentò un affondo, le afferrò il bastone e tirò con tutte le sue forze, spedendola a terra.
«No, non mi hai battuto nemmeno questa volta.» sentenziò Caramon, lanciando un’occhiataccia a Tas, che stava esprimendo a gran voce il suo disappunto. Katlin non diede cenno né di rispondere, né di volersi alzare.
«Ehi, Kat…- disse Caramon, avvicinandosi con aria preoccupata- Kat, non ti avrò mica fatto mal…»
Katlin si voltò come un serpente e gli afferrò la caviglia fra le gambe, compiendo una torsione che gettò il gigante a terra, con una ridicola aria stupefatta sul volto.
«Evviva!!- gridò la ragazza, saltando in piedi con la stessa agilità del kender- Ho battuto Caramon! L’ho battuto, signore e signori!» Finse di inchinarsi più volte a un pubblico immaginario, poi prese a saltellare, mano nella mano con Tasslehoff.
«Ehi, non vale.» protestò Caramon, che stava faticando a non mettersi a ridere.
«Invece…» iniziò a protestare Katlin.
«Invece vale! Non avevi ordinato la fine del combattimento.» sentenziò Tasslehoff, dandosi arie d’importanza. Caramon rise di gusto e batté una mano per terra, arrendendosi.
«Va bene, va bene.- ridacchiò- Sono stato battuto. Siete contenti, adesso?»
«Sì!» risposero i due in coro, sorridendo. Caramon scosse la testa. Katlin e Tas, quand’erano insieme, regredivano al livello di due bambini. Non che Tasslehoff fosse mai stato molto al di sopra di questo livello…
Katlin si sedette sull’erba e riprese in mano il bastone, iniziando a farselo girare tra le dita.
«Però mi secca che usare dei sotterfugi sia l’unico modo che ho per batterti.- sospirò, dopo qualche minuto- Non riuscirò mai a superarti, Caramon.»
Caramon sorrise. Ecco: la Katlin che aveva imparato a conoscere da due mesi a quella parte era quella incontentabile e mai paga delle proprie capacità che ora gli stava parlando.
«Ti alleni da soli due mesi, Kat. Mi pare che potresti essere soddisfatta dei risultati.» disse, stiracchiandosi le membra irrigidite. Katlin fece una smorfia eloquente. Per quello che le concerneva, non sarebbe stata soddisfatta finché non avesse battuto il suo maestro.
«Batteresti qualunque goblin o draconico che io abbia mai incontrato, Kat.- disse Tasslehoff, sdraiato sull’erba a pancia in giù- Non ti basta?»
«Mm…così così.- borbottò lei, poi si alzò di scatto e si allontanò- Vado ad allenarmi al tiro a segno.»
Caramon le fece un cenno d’approvazione e ne approfittò per riposarsi un po’. Tas, invece, seguì con lo sguardo la sua nuova amica.
Erano passati due mesi da quando Katlin era piombata a Solace dal cielo. In quei due mesi, la vita noiosa che conducevano era stata rivoluzionata, tornando ad essere qualcosa di divertente. E questo fin dal principio!
Come non ricordare, per esempio, la fantastica discussione con cui Caramon aveva introdotto la ragazza e la sua missione a Tika? Le parole di fuoco della donna dai capelli rossi echeggiavano ancora da qualche parte negli angoli della Taverna, Tas ne era sicuro. Aveva gridato così forte!
Però, quando Tika era tornata a casa con loro e aveva conosciuto Katlin, si era molto ammorbidita. Ora le due erano amiche per la pelle e anche se Tika aveva ancora, ogni tanto, un’aria preoccupata, non si era più fatta venire uno scoppio d’ira che fosse uno.
Tasslehoff si era trovato subito benissimo con lei. Kat - perché ormai erano arrivati al punto di chiamarsi con i soprannomi- era una ragazza piena di senso dell’umorismo e di voglia di avventure, cosa che Tas aveva sempre trovato carente nei suoi amici, anche se li amava tutti moltissimo. Quando Katlin non si allenava, con Caramon o da sola, spesso se ne andavano girovagando nella zona come due folletti, cantando canzoni a squarciagola, e tornavano solo a sera, spesso zuppi della fredda pioggia di secondomese. Katlin era risultata parecchio debole al clima freddo e si era già presa due preoccupanti raffreddori, da quando era arrivata.
Caramon, dal punto di vista di Tas, aveva cercato in tutti i modi di non affezionarsi alla sua ospite, ma non ci era riuscito nemmeno un po’! Infatti, era da tempo che Caramon si era offerto addirittura di insegnare a Kat a combattere, e c’era da dire che l’allieva stava imparando bene! Sarebbe stata l’allieva preferita di Flint, se solo il nano fosse stato ancora vivo…Katlin diceva che questo era dovuto al fatto che aveva combattuto nel corpo di Caramon per tanto tempo, ma secondo Caramon non era così, perché lo stile di Katlin era del tutto diverso dal suo e anche da quello di Raistlin. A Tas questi dettagli non importavano molto; a lui bastava farsi una bella risata nel vedere il Gigante e la Bambina darsele di santa ragione.
Katlin, infatti, anche se non era forte di costituzione era piuttosto agile e compensava senza troppa difficoltà il suo svantaggio. In più, era assolutamente micidiale con un pugnale in mano.
Tas la guardò lanciare pugnali contro i bersagli di legno che Caramon le aveva costruito. Un centro perfetto dopo l’altro. La mira di Katlin era assolutamente per-fet-ta!
«E’ proprio brava.- mormorò Caramon, lì accanto, facendolo voltare- Impara velocemente. Se è così anche con la magia, non fatico a credere che Paladine abbia scelto lei.»
Tas annuì, espirando rumorosamente dal naso.
Già, la magia…non era ancora riuscito ad assistere a uno solo degli allenamenti di magia di Katlin! Non riusciva a capire dove andasse a imboscarsi ogni volta quella benedetta ragazza. Spariva! Puff! E poi ricompariva dopo qualche ora, del tutto esausta. Ma dove diavolo se ne andava?
Certo, ogni tanto l’aveva vista parlare da sola…forse comunicava con Raistlin! Tas avrebbe tanto voluto vedere lo spirito di Raistlin! Non che l’avesse mai detto a Caramon, certo che no, e Katlin non si era mai fatta sorprendere da Caramon durante queste discussioni all’aria, ma era così curioso che si sentiva rizzare il ciuffo sopra la testa. Purtroppo, Katlin trovava sempre il sistema per seminarlo. Non fosse stato per quello, Kat sarebbe stata una ragazza d’oro!
«Credo che ormai sia pronta a partire, sai?» continuò Caramon, cupo. Tas lo guardò con una punta di preoccupazione.
«Ehi, Caramon, che hai?- chiese- Di solito non parli mai della sua partenza. Eviti l’argomento, a dirla tutta. Come mai oggi hai questo pensiero fisso?»
Caramon si oscurò in volto e si alzò a sedere.
«Mi ha chiesto di spedire le lettere, Tas.- mormorò- Sono già partite.»
«Tanis, Crysania e Riverwind?» chiese Tasslehoff, che già sapeva a cosa Caramon si stesse riferendo. Katlin voleva chiedere aiuto anche ai loro vecchi amici. Caramon annuì. «Quanto ci metteranno ad arrivare?» chiese Tas.
«Un mese o giù di lì. Tanis è a Qualinesti e Riverwind nelle Pianure. Ho sentito che Crysania è in visita a Caergoth, quindi la lettera dovrebbe raggiungerla in fretta.»  disse Caramon. Scosse il capo. «Posso già immaginarmi le loro reazioni. Soprattutto quella di Tanis…» aggiunse.
Tas incrociò le gambe, puntò i gomiti sulle caviglie e appoggiò il mento sulle mani.
«Senti, Caramon, io voglio proprio andare con lei. Non ti secca?» chiese. Quando colse l’occhiata di Caramon gli si illuminarono gli occhi. «Vuoi dire che vieni anche tmfgh?!»  La frase fu troncata dalle mani di Caramon, che scesero a saracinesca sulla bocca di Tas.
«Zitto, Tas!- ingiunse Caramon, controllando che Katlin non avesse sentito- Non ne abbiamo più parlato e lei non mi ha più chiesto niente, ma…voglio accompagnarla almeno fino a Wayreth. Ho un brutto presentimento. E sono certo come del fatto che sono vivo che le molte cose che ci ha nascosto la metteranno in serio pericolo.»
«Davvero? Beh, sono felice che venga anche tu.- disse Tasslehoff, annuendo con energia- Così, sarà anche più facile che gli altri dicano di sì. Oh, sarà proprio una bella avventura! Dici che incontreremo draghi? Mi piacerebbe volare di nuovo su un drago…Ti ho mai raccontato quando…»
Caramon lo lasciò parlare, mentre guardava Katlin fare scempio dei bersagli con i suoi pugnali. Sul suo volto, aleggiava un’aria dura e decisa che mal si accordava con quel poco che aveva imparato a conoscere di lei.
Al principio, non aveva avuto nessuna intenzione di offrire a Katlin altro che la propria ospitalità. Non voleva essere di nuovo immischiato con il Portale e tutte le varie faccende divine, e non voleva affezionarsi a quella ragazza, in quanto era fermamente convinto che si stesse avviando verso una sorta di suicidio. E gli Dei sapevano che di queste lunghe marce verso una terribile fine, lui ne sapeva abbastanza.
Eppure, non aveva potuto farne a meno. In poco tempo, si era affezionato a Katlin.
Forse, in principio, era stato per quegli atteggiamenti che tanto gli ricordavano suo fratello. Le sue parole a volte brusche, ma sempre precise, corrette, intelligenti. Forse per il suo acume e il suo senso di responsabilità, che l’avevano fatto andare indietro nel tempo, richiamandogli alla mente il gemello. Poi aveva conosciuto anche il suo sorriso, le sue buffonate infantili in coppia con Tas. Aveva scoperto una ragazza dalla personalità strana ma affascinante, a volte bambina, a volte donna. Era impossibile non affezionarsi a lei,e anche Tika aveva preso ad amarla come una sorella minore. In soli due mesi! Aveva dell’incredibile…
Caramon si era reso conto che Katlin non gli aveva detto niente della sua missione. Non sapeva cosa avrebbe fatto la ragazza dopo la Prova alla Torre, né a che servisse il ciondolo di platino che le aveva visto qualche volta tra le mani. Non sapeva per che via Katlin sarebbe giunta al Portale, né in che modo dovesse distruggerlo.
E il non sapere tutto ciò lo metteva nella sgradevole posizione di vedere un baratro oscuro ai piedi della piccola Kat, come ormai aveva preso l’abitudine di chiamarla.
Questo lo aveva indotto a prendere la decisione di seguirla. Se Katlin non si fosse presa cura di se stessa, ci avrebbe pensato lui. Aveva una grande esperienza anche in questo campo. E poi…attorno a Katlin aleggiava lo spirito di Raistlin e a volte Caramon lo sentiva con tale intensità da indurlo alle lacrime.
La notte prima, tra le coltri del loro letto, ne aveva parlato con Tika. Sua moglie era rimasta in silenzio, poi l’aveva abbracciato stretto e gli aveva dato un bacio che sapeva di lacrime.
«Se davvero andrai, stai attento.» gli aveva sussurrato.
«Non cercherai di fermarmi?» aveva chiesto Caramon, asciugandole le guance bagnate. Tika aveva scosso il capo, inondando il cuscino di riccioli rossi.
«Come come? Ti devo rammentare che l’ultima volta sono stata io a buttarti fuori di casa?- lo rimproverò bonariamente- In questa faccenda è legato Raistlin e sapevo di non poterti trattenere fin dal principio. Veglia su Kat. Quella ragazza ha bisogno di avere accanto qualcuno su cui poter contare.»
E così, con la benedizione di sua moglie, Caramon era giunto a quella conclusione. Avrebbe accompagnato Katlin almeno fino alla Torre di Wayreth, anche se il solo pensiero di tornarci gli metteva addosso i brividi, quindi sarebbe stato a vedere la mossa successiva. Aveva ormai compreso che la mente di Katlin celava molto più di quanto dimostrasse di possedere.
“Speriamo che Tanis decida di accompagnarci.- pensò, sospirando- Avere dalla nostra anche lui mi toglierebbe un po’ di preoccupazioni da sopra le spalle.”
«Ehi, Caramon, ma mi stai ascoltando?» chiese intanto Tasslehoff che non aveva ancora smesso di parlare un minuto.
«Ma certo, Tas.- disse Caramon, che in realtà non aveva sentito una parola, alzandosi in piedi- Ehi, piccola Kat! Che ne dici di tornare a casa e mangiare un boccone? Tika dovrebbe averci preparato le famose patate della Taverna.»
Katlin si voltò subito con un luminoso sorriso.
«Al volo!» esclamò, recuperando i pugnali e correndo da loro.
Il terzetto diede le spalle alle acque del lago e si diresse nuovamente verso Solace.

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Tanis Mezzelfo, Eroe delle Lance, sposo della principessa elfica Lauranthalasa, cavalcava con aria cupa alla volta del suo paese d’adozione, scacciando distrattamente qualche ape troppo affettuosa mentre macinava polvere sulla strada che collegava Haven con Solace.
Attorno a lui, la natura era un’apoteosi di vita. Si era ormai alla fine di quartomese e l’annata prometteva di essere calda e fruttifera. In altre circostanze, Tanis avrebbe avuto il cuore colmo di gioia per la fine di quello strano, anche se liberatorio, inverno.
Erano successe tante cose…troppe. E tutte in una volta sola.
La terribile guerra che aveva quasi distrutto il precario equilibrio nato alla fine della Guerra delle Lance, la morte di Raistlin e il cambiamento di Caramon…la morte di Kitiara.
Troppe, troppe cose. Il suo animo sconvolto aveva continuato a tormentarsi su questi pensieri, come la lingua gira sempre attorno al dente che duole, ma infine Tanis era stato in grado di seppellire tutti i ricordi spiacevoli sotto qualche metro di simbolica terra scura. Si era reso conto che la sua vita con Laurana, il suo amore, erano cose più reali dei fantasmi che lo tormentavano. Doveva solo abituarsi all’idea che si poteva essere felici. Gli era quasi parso di sentire sulla schiena una pacca d’approvazione, che di certo doveva arrivargli dal vecchio amico Flint, nel momento in cui aveva fatto questa riflessione.
Poi, a qualche giorno dall’inizio della primavera, la relativa calma del suo spirito era stata di nuovo turbata. Questa volta da una lettera. Una lettera di Caramon.
Come aveva osservato Laurana, nella lettera non era presente alcuna prova, alcun accenno che stesse per succedere di nuovo qualcosa, ma Tanis non si era fatto ingannare dalle piacevoli chiacchiere che infarcivano la ben accetta missiva di Caramon e Tika. Il suo sguardo, la sua mente, si erano concentrati sulle ultime righe:
“Sia io che Tika avremmo desiderio di vederti, Tanis, il prima possibile. Quando verrai, ti faremo conoscere una persona. Sappiamo bene quanto tu sia bravo a dare supporto e a fare da guida, e riteniamo che la nostra nuova amica (perché di un’amica si tratta) potrebbe avere bisogno del tuo incoraggiamento. Ti aspettiamo a Solace, Tanis. Speriamo di averti qui, come già detto, il più presto possibile.”
Questa gentile manfrina poteva essere tradotta con: ‘Tanis, vieni subito a Solace. Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Ci è capitata sulla schiena una nuova grana.’
Nemmeno Laurana si era sentita di contraddirlo, dopo averci un po’ riflettuto. Come l’arrivo di Crysania a Solace si era rivelato solo l’inizio di una terribile vicenda, Tanis era convinto che la nuova ospite di Caramon portasse con sé altri guai. E solo gli Dei sapevano perché i suoi amici fossero tutti convinti del suo potere di trovare sempre la soluzione a qualunque guaio. Non era riuscito a risolvere nemmeno i propri per tanto di quel tempo…
Così, con una stretta al cuore, Tanis era partito da Qualinesti, lasciandovi Laurana, e si era diretto verso Solace. Nonostante le insistenze della moglie perché prendesse la carrozza che si addiceva al suo rango, Tanis era stato irremovibile e aveva scelto un buon cavallo. Aveva vissuto da reietto tutta la vita e gli onori e gli obblighi della sua nuova condizione gli andavano stretti.
Così, dopo una breve sosta ad Haven, Tanis si trovava ora a una mezz’ora circa da Solace, preparandosi spiritualmente a essere nuovamente ficcato in qualche guaio.
Il suo cuore gioiva al pensiero di rivedere quel bonaccione di Caramon e la dolcissima Tika. Tanis era felice anche all’idea di rivedere quello zenzero incarnato che era Tasslehoff Burrfoot. Peccato che l’ombra della misteriosa ‘nuova amica’ di Caramon e Tika rovinasse i sentimenti positivi che albergavano nel suo cuore.
“E ringraziamo gli Dei che ormai Raistlin sia un capitolo chiuso.” si disse, rabbrividendo. Non gli piaceva avere quel genere di pensieri, ma d’altronde l’oscuro gemello di Caramon non aveva portato loro altro che disagio e sofferenza.
I suoi pensieri furono disturbati dal suono di una carrozza in rapido avvicinamento e Tanis si fece più dappresso al lato della strada. Non aveva incontrato molti viandanti, in quanto il periodo della Fiera era ancora lontano, e quella era in assoluto la prima carrozza che passava sulla via da quando si era messo in viaggio.
Il pensiero delle Fiere di Haven gli mise addosso una malinconia dolceamara.
La carrozza gli passò accanto, diretta verso Solace, sollevando una grossa quantità di polvere. Tanis notò appena l’eleganza della carrozza e l’uomo seduto a cassetta, in quanto aveva ben altro a cui pensare, ma fu costretto a riportare su di essa la sua attenzione, in quanto, poco dopo averlo superato, la carrozza venne fermata con energia.
Tanis sollevò appena un sopracciglio, chiedendosi il motivo di quella fermata. Quando passò di nuovo accanto alla carrozza, che aveva le tende abbassate, il conducente si sporse dal suo posto per parlare con lui.
«Scusate, buon uomo!- disse l’uomo, sorridendo con calore- E’ ancora molto distante Solace?»
Tanis fermò il cavallo e rispose al sorriso.
«Alla vostra andatura, dovreste raggiungere il paese tra un quarto d’ora o giù di lì.- disse, chiedendosi quale augusto visitatore si stesse dirigendo verso Solace- E’ anche la mia meta e se lo desiderate potremmo fare insieme quest’ultimo pezzo di strada.»
Il conducente annuì con entusiasmo. Forse, se si fosse accorto delle orecchie da elfo o Tanis avesse indossato i suoi vecchi abiti da viandante, la reazione sarebbe stata differente. Da come stavano ora le cose, però, era evidente che Tanis apparteneva a un ceto sociale ben sopra la norma.
«Sarebbe una cortesia ben accetta, Lord.- disse, infatti- Una scorta in più per la mia Signora non fa mai male e almeno avrò qualcuno con cui parlare, se perdonate l’impudenza.»
Tanis rise e fece per rispondere, quando dall’interno della carrozza giunse un breve e concitato scambio d’opinioni che lo fece voltare. Una delle tendine scattò e Tanis colse l’ultima parte della conversazione.
«Controlla la tua agitazione, Eviev.- disse una voce di donna venata di un’autorità percepibile- E rimettiti al mio giudizio.»
«Conosco questa voce.» fu il pensiero sorpreso di Tanis, prima che una testa corvina si sporgesse dal finestrino della carrozza, mostrandogli un volto bellissimo e pallido e due occhi velati.
«Tanis?- chiese la donna, senza peraltro alcuna incertezza nella voce- Tanis Mezzelfo?»
«Che Paladine ci protegga…- mormorò Tanis, stupefatto- Crysania! Volevo dire…Reverenda Figlia!»
Il volto freddo e statuario di Crysania si rilassò in un sorriso che le illuminò anche gli occhi ciechi.
«Sapevo che dovevi essere tu. Le mie orecchie non mi hanno ingannata.- disse, mentre Tanis scendeva da cavallo e apriva la portiera della carrozza sotto lo sguardo perplesso del conducente- Quale gioia incontrarti, caro Tanis!»
«La gioia è tutta mia, Reverenda Figlia.» disse Tanis, ancora stupefatto, baciando la mano della donna. Crysania fece un gesto vago, dando a intendergli che le formalità le stavano strette. Tanis studiò per un istante la sua bella figura, avvolta in un semplice abito bianco, come si confaceva al suo Ordine, il petto illuminato dal medaglione di Paladine e il viso a sua volta illuminato dalla luce dell’amore e della consapevolezza che la terribile esperienza con Raistlin le avevano donato.
Tanis si ritrasse quando si accorse dello sguardo di disapprovazione dell’ancella di Crysania, che sedeva dalla parte opposta.
«Crys…Reverenda Figlia, cosa ti porta a Solace?» chiese, perplesso.
«Ciò che porta anche te, presumo. Ho ricevuto una missiva di Caramon.» disse Crysania, incrociando le mani sulle ginocchia e chiudendo le palpebre sugli occhi ciechi.
«Una missiva…» iniziò Tanis, perplesso. Crysania sorrise di nuovo.
«Mi trovavo a Caergoth. In caso contrario, avrei appena ricevuto la lettera.- mormorò- Mi rincuora sapere di non essere stata la sola ad essere convocata.»
«Per me è lo stesso.» ammise Tanis. In effetti, scopriva ora che dividere il fardello con altri lo stava mettendo più a suo agio. Forse Caramon aveva chiamato anche Riverwind. Gli sovvenne, però, che il fatto che Caramon avesse chiamato tutti i suoi conoscenti stava a significare che i problemi all’orizzonte dovevano essere ingenti.
«Mi chiedo cosa stia succedendo, esattamente.» mormorò.
«Credo che l’unico sistema per scoprirlo sia arrivare a Solace il prima possibile.» disse Crysania. Tanis recepì il messaggio e approvò, chiudendo di nuovo il portello e balzando in sella.
«Possiamo ripartire.- ordinò Crysania, da dentro- Tanis, resta accanto a noi e raccontami del tuo inverno a Qualinesti.»
Tanis la accontentò, chiedendosi in un angolo della propria mente come fosse stato l’inverno di quella povera creatura che il fuoco oscuro di Raistlin aveva segnato con tanta crudeltà.
Impiegarono pochi minuti per raggiungere il limitare di Solace e nel frattempo Tanis aveva esaurito il suo breve racconto. Il mezzelfo alzò lo sguardo e riconobbe l’antico masso su cui, tanto tempo prima, aveva scorto il nano Flint mentre scolpiva un pezzo di legno. I suoi occhi si inumidirono contro la sua volontà.
«Siamo arrivati?» chiese Crysania, avvertendo il suo mutamento d’umore.
«Quasi, Reverenda Figlia.» rispose Tanis, in un sussurro. Era così immerso nei ricordi che gli pareva di vedere qualcuno seduto sul masso, quasi che Flint fosse tornato dall’Aldilà per dargli il benvenuto. Rimase sorpreso quando la sagoma immaginaria iniziò a sventolare una mano nella loro direzione.
«EHI!!!!!! Siete arrivati!- disse una voce squillante- Tanis! E Crysania, ci scommetto i miei capelli!»
«Tas?!» mormorò Tanis, sbalordito.
«Ferma la carrozza.» ordinò Crysania, iniziando a scendere e ignorando i tentativi d’aiuto della sua ancella.
Il kender saltò giù dal masso, lasciando qualcuno dietro di sé, e corse loro incontro.
«Tanis!- gridò, lanciandosi addosso al mezzelfo mentre questi era ancora intento a scendere da cavallo- Che bello rivederti!»
«Tas! Che bella sorpresa!- disse Tanis, scompigliando i capelli del kender e recuperando al contempo la borraccia intarsiata di cui Tas si era impadronito durante l’abbraccio- Non dirmi che ci stavi aspettando!»
«Ma certo! Kat ha detto che sareste arrivati oggi.» disse Tas,  facendo corrucciare Tanis, per poi andare a stringere la mano con particolare solennità a Dama Crysania. «E’ un piacere incontrarti di nuovo, Dama Crysania!» esclamò, ignorando le occhiate scioccate dei servitori della donna.
«Anche per me è un piacere, Tasslehoff Burrfoot.- disse Crysania, abbassandosi un po’ e prendendo la mano di Tas tra le sue-  Palanthas ha sentito la tua mancanza.»
«Oh, beh…- disse Tas, arrossendo di piacere e facendo sorridere Tanis- sarei anche venuto a trovarti, sai, ma non volevo lasciare Caramon da solo. Riesce a combinare certi guai…»
Tanis lasciò scorrere lo sproloquio di Tas e guardò di nuovo il masso. Ora non vi era più seduto nessuno, ma una figura di donna si stava avvicinando, parzialmente nascosta dalle ombre in movimento delle fronde.
«Oh, ecco che arriva Kat!- disse Tasslehoff, sempre tenendo una mano di Crysania- Kat! Sono arrivati!»
In quell'istante, la donna uscì alla luce, mostrandosi agli occhi di Tanis e facendogli saltare un battito del cuore. Vide folti capelli scuri, un corpo sinuoso come quello di un gatto, un sorriso morbido e seducente…
“Kitiara!” gridò il suo cervello impazzito, facendogli perdere per un istante ogni senso della realtà. La donna fece ancora un paio di passi prima di fermarsi e allora Tanis si rese conto dell’errore fatto. Quella donna non era Kitiara. Non le somigliava quasi per niente, a dirla tutta.
Come Kitiara aveva capelli scuri, ma la donna aveva lunghi boccoli, appena venati di riflessi rossi. Il sorriso sul volto pervaso da uno strano fascino era dolce e amichevole, ben diverso dai sorrisi in tralice di Kitiara. Il corpo sinuoso e seducente, vestito di abiti dal taglio maschile, era evidentemente debole, al contrario della forza che permeava ogni muscolo di Kitiara. Allora perché la sua mente sconvolta gli aveva offerto quella associazione mentale? Forse l’amica di Caramon aveva con la famiglia Majere una qualche parentela.
Tanis scosse il capo per schiarirselo. Così, quella era la nuova ospite di Caramon. Era ora di essere cortesi. Perso nelle proprie riflessioni, non si accorse che Crysania aveva assunto un’espressione allarmata.
«Lieto di fare la vostra conoscenza.- disse, venendo avanti con la mano tesa- Voi siete l’amica di cui Caramon ci ha parlato?»
«Sono Katlin Ym’ Adoonan.- rispose la giovane donna con una voce bassa ma bella- Sono spiacente di avervi costretti a fare tanta…»
Tanis riuscì appena a sfiorare la mano della donna, che un’esclamazione soffocata venne da dietro di lui. La giovane smise di parlare e Tanis si voltò, giusto in tempo per vedere Crysania impallidire e portarsi le mani alla bocca.
«Raistlin?!» rantolò tra le dita la reverenda Figlia di Paladine.
Tanis dovette reprimere l’istinto di guardarsi attorno in preda al panico. Cosa stava dicendo Dama Crysania?! Cosa c’entrava ora Raistlin?
“Forse una somiglianza nella voce?” si chiese, avendo a sua volta notato una somiglianza fisica con Kitiara. Tanis vide che Tas era sul punto di dire qualcosa, ma tacque prima ancora di cominciare. La giovane donna lanciò al mezzelfo un’occhiata di scuse e si diresse verso Crysania, prendendole le mani fra le sue.
«Reverenda Figlia…» iniziò.
«La tua voce…- sussurrò Crysania, cercando di contenere lo shock- E qualcosa…attorno a te. Che Paladine ci indichi la via, com’è possibile?»
«Tutto vi sarà spiegato.- la rassicurò la ragazza- Vi prego, solo un po’ di pazienza ancora e tutto diverrà chiaro. Perdonate la mia voce, se vi ha turbata.»
«Davvero, non c’è da preoccuparsi.- intervenne Tasslehoff- Dovete solo ascoltare la storia di Kat, che è una bella storia, e decidere se volete venire con noi all’avventura.»
La giovane corrugò appena la fronte a queste parole.
Tanis si sentì d’un tratto parecchio preoccupato. I suoi peggiori timori si stavano avverando. Un nuovo guaio- una nuova avventura, nel gergo del kender- era pronto e aspettava solo di saltargli addosso. Peggio ancora, saltava di nuovo fuori Raistlin, cosa che Tanis non si sarebbe mai immaginato nemmeno nei suoi incubi peggiori.
«Desidero capire.- disse intanto Crysania, riprendendo il controllo di sé e prendendo sottobraccio Katlin Ym’ Adoonan- Andiamo dunque da Caramon.»
“Io invece desidero fare dietro-front.- pensò Tanis, d’improvviso irato- Ma presumo che non sia più possibile.”
Incrociò lo sguardo della giovane donna e vide nei suoi occhi chiari un lampo che non gli fece piacere. Quella ragazza sapeva bene cosa stesse pensando e non lo nascondeva. Il paragone con Raistlin non gli parve più tanto campato per aria.
Con gesti rabbiosi, Tanis salì di nuovo in sella, mentre gli altri si accomodavano in carrozza, e precedette il piccolo corteo sulla strada per Solace.

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Capitolo 5
*** 4 - Le perplessità di Tanis ***


Tika Waylan Majere era intenta a spazzare il pavimento dalla segatura ormai sporca e intrisa d’acqua infangata che ricopriva il pavimento della Taverna.
La sera prima, un temporale fuori stagione aveva ridotto la sala comune a un pantano. Tika era lieta che gli affari andassero bene e che la Taverna fosse sempre piena di avventori, ma trovava parecchio di che lamentarsi alla vista dello scempio causato dalle decine di stivali infangati. Una grana imprevista, proprio nel giorno sbagliato. Ed era anche in un mostruoso ritardo, almeno a voler dar retta alle parole di Katlin.
«Caramon! – chiamò, asciugandosi la fronte umida di sudore- Caramon, ti prego, avvicinami quel secchio. Ho raccolto abbastanza poltiglia da riempirlo.»
«Subito Tika! – disse lui con un sorriso, dando un’ultima sistemata al tavolo lungo che avrebbero usato quella sera- Coraggio, abbiamo quasi finito.»
«Se Katlin ha ragione, saranno qui a breve e non ho intenzione di farli cenare in un parco divertimenti per nani di fosso.» disse Tika, scambiando un’occhiata con Caramon, che scoppiò a ridere. In effetti, la sera prima Raf aveva trovato esaltante il nuovo strato che ricopriva il pavimento e l’aveva usato per costruire una serie di strani coni che Tasslehoff aveva ribattezzato ‘i termitai di Raf’.
«Non farebbero caso nemmeno se vestissimo di stracci, Tika.- rise Caramon, riempiendo il sacco- Sono nostri amici. Rilassati e smettila di preoccuparti.»
«E’ che sono così agitata! – confessò la donna dai capelli rossi, mentre le guance le si colorivano- Ho così tanta voglia di rivederli, Caramon…Mi spiace solo che Riverwind non sia potuto venire.»
Caramon annuì, sospirando. Quattro giorni prima erano stati raggiunti da una lettera del loro vecchio amico, il quale li aveva informati che una disputa in corso tra due tribù delle Pianure avrebbe tenuto Riverwind lontano da loro ancora per un bel po’. Caramon ne era rimasto dispiaciuto almeno quanto Tika. Katlin sembrava averla presa con più filosofia, per essere l’agente scatenante di quelle convocazioni improvvise.
Già, Katlin…dove si era cacciata quella benedetta ragazza? Caramon non la vedeva dal primo pomeriggio e Tas era sparito con lei. Tasslehoff era sbadato e poteva essersi dimenticato della previsione di Katlin, ma la ragazza era tutta un’altra faccenda. Finora, poi, si era sempre prodigata nel dare una mano a Tika. Strano quindi che non fosse alla Taverna ad aiutarli.
«Tika, hai visto Katlin?- chiese, affiancando il sacco pieno agli altri due che avrebbe dovuto far sparire al più presto- Mi sembra un po’ tardi per i suoi allenamenti di magia, no? Sta già tramontando il sole. Inoltre…»
«Mi ha detto che andava ad attendere Tanis e Dama Crysania.- confessò Tika, con un sorriso- Non ti nascondo che, se non mi vergognassi come una ladra dello stato in cui verte la Taverna, ci sarei andata anch’io.»
«Ora capisco. – disse Caramon, sorridendo e scuotendo il capo – E Tas sarà sicuramente con lei. Abbiamo in casa due piccole volpi.»
«Bando alle ciance! Devo ancora cambiarmi, apparecchiare la tavola e preparare la cena.- disse Tika, riprendendo a spazzare il pavimento- E sarà meglio che anche tu ti cambi quei vestiti che sanno di olio fritto, Caramon!»
Caramon rise, poi guardò con affetto la moglie e le posò un bacio al volo sui riccioli rossi.
«Agli ordini, mia piccola peste.» disse, con un sorriso che fece affluire un piacevole rossore sulle guance di Tika.
«La tua piccola peste ha ancora del lavoro da fare, grand’uomo.- disse lei, borbottando e nascondendo un sorriso segreto- E l’adulazione non ti servirà ad evitarti un bel bagno! Avanti, fila! Fammi finire di scoprire se c’è ancora un pavimento, sotto tutta questa palta.»
Caramon rise, poi sollevò i secchi e andò senza troppe storie a scaricarli sul retro. Alla fine entrambi riuscirono a fare tutto ciò che si erano preposti per tempo. Tika stava infatti osservando con orgoglio i suoi due amori- Caramon e la Taverna, in quest’ordine- tirati a lucido, quando un rumore di zoccoli di cavallo e ruote di carrozza giunse dall’esterno, annunciando loro che gli ospiti erano finalmente arrivati.
Caramon e Tika si precipitarono fuori dalla Taverna. La prima persona che videro fu un cavaliere dalla barba folta che stava scendendo di sella a un baio con un movimento agile e aggraziato.
«Tanis!» esclamò Tika, con le lacrime agli occhi, correndogli incontro. Tanis alzò lo sguardo sulla donna ed il suo viso si aprì in un luminoso sorriso.
«Tika! Caramon! – disse, accogliendo Tika fra le braccia- Santo cielo…che bello rivedervi!»
«La cosa è reciproca, amico mio.» disse Caramon, assalendo il mezzelfo con il suo abbraccio orsino e stritolandogli le costole.
«Caramon! Fai piano!» lo ammonì Tika, senza per questo smettere di sorridere.
«Caramon, non hai messo su un grammo!» notò con piacere Tanis, vedendo che Caramon aveva mantenuto in quell'anno la perfetta forma fisica che aveva l’ultima volta che si erano visti. Ben rammentava in che stato fosse il guerriero l’ultima volta che si era recato a Solace…Caramon rise alla sua osservazione e fece per replicare, ma fu distratto dall’aprirsi della portiera della carrozza, dalla quale balzò giù Tasslehoff, seguito con meno fretta da Katlin.
«Caramon! Caramon! Sono arrivati!» annunciò Tas, allegro, facendo ridere Tanis.
«Ormai ce ne siamo accorti tutti, Tas, non credi?- commentò Caramon, fingendo di essere seccato- Piuttosto, voi due lucertole sguscianti. Che ci facevate su una…»
Smise di parlare quando una figura vestita di bianco scese dalla carrozza, aiutata da Katlin e da quella che aveva tutta l’aria di essere una chierica di Paladine. La donna volse il viso dai tratti alteri sul gruppo, mostrando senza vergogna i propri occhi ciechi.
«Crysania…» mormorò Caramon, sentendo improvvisa difficoltà nel respirare.
Crysania lasciò andare le mani delle due ragazze e allungò le dita verso la voce del vecchio amico. Caramon le prese la mano con delicatezza e la baciò, profondamente commosso.
«E’ magnifico incontrarti di nuovo, Caramon.» disse Crysania, sorridente, stringendo a sua volta le mani del guerriero.
«Mai quanto lo è per me, Dama Crysania.» sussurrò Caramon, facendo cenno a Tika di venire avanti.
«Reverenda Figlia…» disse Tika, sfiorando una mano della donna dai capelli corvini con reverenza. Crysania la sorprese, abbracciandola.
«Non è il caso di essere così formali, mia cara.- sussurrò Crysania- In fondo, è come se fossimo sorelle.»
Tika arrossì di piacere e ricambiò l’abbraccio, anche se la frase le aveva fatto provare una fitta di dolore e di pena per quella povera donna. Era vero: se le cose fossero state più semplici, ora Crysania e Raistlin avrebbero potuto essere…e questo avrebbe fatto di loro due vere sorelle. Quale differenza in lei, ora, se paragonata con l’algida creatura che tempo prima aveva trattato con freddezza lei e Tanis, e con palese disprezzo suo marito!
Quando il loro abbraccio si sciolse, Caramon la vide asciugarsi velocemente dalle guance una lacrima fugace.
«Coraggio, non rimaniamo all’aperto! L’aria si sta rinfrescando.- esclamò Tika, riprendendo il controllo della situazione- La cena è quasi pronta e vi ho preparato le camere migliori della Taverna!»
«Sei un amore, Tika.» commentò Tanis, sorridendo.
«Signora, dove posso mettere la carrozza?” chiese il cocchiere.
«C’è una rimessa qui sul retro…» iniziò Caramon.
«Lascia, me ne occupo io.» disse Katlin, con un sorriso, prendendo le redini del cavallo di Tanis e facendo cenno al cocchiere di seguirla. Caramon annuì e la lasciò fare, scortando al tempo stesso Tanis e Crysania, con la sua dama di compagnia, all’interno della Taverna.
«Sono così felice che siate arrivati!- disse Tika, aprendo la porta e facendoli entrare nella sala comune, dove un bel fuoco vivace brillava- Tanis, come sta Laurana?»
«Piuttosto bene, grazie Tika.- rispose distrattamente Tanis, mentre guardava con amore quel luogo così familiare- Ti manda i suoi saluti più cari.»
«Che buon profumo.» osservò Crysania, avvertendo i profumi delle patate cotte al forno secondo la ricetta di Otik.
«Come mai la Taverna è deserta?» chiese Tanis, stupito.
«Tika ha deciso di chiudere, per stasera.- disse Tasslehoff, allegro- Per farci chiacchierare meglio.»
«Non si può certo parlare quando mezza Solace ordina birra e patate al forno!» rise Tika, facendo loro cenno di sedersi e scomparendo in cucina.
«Prego, sedetevi.- disse Caramon, accompagnando Crysania al tavolo- La cena è già pronta.»
«Eccoci.» disse Katlin, entrando insieme al cocchiere.
«Oh, perfetto!- disse Tika, dalla porta della cucina- Accompagnalo qui in cucina, Katlin! Ho preparato un tavolo!»
Il cocchiere annuì di buon grado, comprendendo che la cena che stava per svolgersi e le parole che ne sarebbero seguite non erano fatte per le sue orecchie. L’ancella di Crysania, al contrario, ebbe bisogno dell’invito esplicito della Reverenda Figlia per lasciare il tavolo, con aria offesa.
«Eviev è molto cara, ma fin troppo protettiva.» commentò Crysania, sorridendo.
«Vogliono solo il tuo bene, Dama Crysania.» disse Tanis. Tika e Katlin tornarono dalla cucina con i piatti per tutti e la cena iniziò.

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Tanis ingoiò l’ultima patata nel suo piatto, guardando con affetto i presenti, che stavano disperatamente cercando di fermare il fiume di parole di Tasslehoff, lanciato nella narrazione dell’episodio che lo aveva visto impersonare un drago. Si sentiva bene, il cuore pieno di calore per la presenza dei suoi migliori amici e per il cibo fantastico di cui Tika l’aveva letteralmente rimpinzato.
Sospirò appena, quando i suoi occhi si posarono sulla donna dai capelli scuri che sedeva accanto a Tas. La giovane sembrava a suo agio e il suo sorriso non era parso finto nemmeno una volta in tutta la sera. Eppure, a Tanis quella ragazza non piaceva. In parte, era a causa dell’impressione che gli aveva fatto non appena si erano visti; in parte, quell'accenno a Raistlin lo aveva irrimediabilmente messo sulla difensiva. E poi, sentiva che ciò che stava vedendo di lei era ben lungi dal mostrargli interamente il carattere della ragazza. La somiglianza con Kitiara, e poi quella con Raistlin, non presagivano niente di buono.
Sentiva che presto Caramon avrebbe iniziato a spiegargli qual’era il problema e si rendeva conto che la sua digestione sarebbe stata invariabilmente disturbata da novità che non aveva nessuna voglia di sentire. Su di loro aleggiavano guai che aspettavano solo di affondare gli artigli nelle loro schiene.
Quando Caramon alzò su di lui uno sguardo che sapeva di scuse, Tanis sospirò di nuovo. Ecco, il momento era giunto.
«Credo che sia ora di dirvi perché vi ho chiamati a Solace.» disse infatti Caramon.
«Qual è il problema, Caramon?» chiese Tanis, corrugando appena le sopracciglia.
Caramon scambiò un’occhiata con Tika e Tas, poi disse: «Il Portale, in effetti.»
Tanis sentì Crysania trattenere il fiato e non poté darle torto. Era passato così poco tempo da quel giorno in cui tutto sembrava perduto…perché quella dannata porta sull’Abisso tornava a gettare la sua ombra su di loro?
«C’entra in qualche modo la tua ospite?» chiese Tanis, guardando con intenzione la donna. Gli occhi chiari della giovane erano diventati duri e imperscrutabili e il suo sorriso era scomparso, insieme alla cordialità che aveva dimostrato fino a quel momento. Pareva pronta a ingaggiare battaglia.
«Sì, Tanis.» disse Caramon.
«E Raistlin come ne è coinvolto?» chiese Crysania, con voce ferma. Caramon guardò con stupore prima lei, poi Katlin.
«Le hai detto…» chiese il gigante, prima che la donna castana scuotesse la testa.
«Ha avvertito la sua presenza attorno a me, molto semplicemente.- disse Katlin- Caramon, spiega in fretta. Credo che avranno entrambi molte domande che necessitano una risposta.»
«Sì, Caramon, racconta!- disse Tasslehoff, eccitato- Se non lo fai tu, lo faccio io!»
Caramon alzò una mano come a voler scacciare quell'ipotesi, quindi guardò di nuovo in volto i suoi ospiti e disse: «Tutto è iniziato qualche mese fa…»
La storia che Caramon raccontò aveva dell’incredibile. La ragazza che sedeva alla loro tavola proveniva da un luogo oltre le Lune ed era arrivata a Solace per preciso volere divino. Chiamata Donna con Tre Anime a causa di un particolare quanto inspiegabile legame che la univa ai gemelli Majere, era l’unica che ora poteva essere in grado di compiere un’impresa per cui lo spirito di Raistlin, ovunque si trovasse, la stava preparando.
Il solo nominare l’Arcimago fece diminuire la temperatura nella stanza, ma la notizia che quella donna chiamata Katlin era stata chiamata a distruggere il Portale fu la goccia che fece traboccare il vaso.
«Ma stiamo scherzando?!- sbottò Tanis- Volete darmi a intendere che una maga che si esercita nella sua arte da qualche mese avrebbe la forza di distruggere il Portale? Sarò ignorante, ma non fino al punto di capire che se questo fosse possibile, qualcun altro l’avrebbe già fatto.»
Caramon guardò Katlin, a disagio. Lui non aveva altre risposte da dare. Questo era tutto ciò che sapeva. Katlin gli poggiò una mano sul braccio e scambiò un’occhiata col gigante, un’occhiata che fece venire i brividi a Tanis. Gli ricordava una scena vista troppe volte, con un’altra controparte, e gli faceva capire che le notizie appena apprese erano solo la punta dell’iceberg. Fu lieto che a Dama Crysania sfuggisse quel particolare.
«D’ora in avanti parlerò io, Caramon.» disse Katlin, e Tas si sfregò le mani. Finalmente avrebbe saputo qualcosa in più! Katlin guardò direttamente Tanis, avendo compreso che lui sarebbe stato la fonte di gran parte delle rimostranze e delle reticenze.
«Il mio potere, grande o piccolo che sia, è nulla contro il Portale. Il Mezzelfo ha ragione, come è ovvio.- disse la donna- Mio compito sarà riunire i pezzi di un oggetto divino dall’immenso potere. Con esso, la distruzione del Portale cesserà di essere immaginazione.»
«Un oggetto divino?»  chiese Crysania. La voce le cedette appena. Sentiva la presenza di Raistlin attorno alla sua discepola e questo bastava a farle tremare il cuore.
«Uno scettro, i cui pezzi sono disseminati per tutta Krynn.- ammise Katlin- Ed è per questo che ho richiesto la vostra presenza. Uno di questi pezzi è nella Biblioteca di Palanthas, un altro mi sarà consegnato a Qualinesti.»
«A Qualinesti?!» chiese Tanis, sorpreso. Katlin annuì e Caramon guardò Tika. Era la prima volta che sentivano quella storia. Katlin non aveva fornito loro informazioni sulla sua impresa e anche adesso il guerriero sentiva che la ragazza le stava centellinando…chissà a quale scopo.
«Io sono una donna di Yolta, non soggetta alle leggi di Krynn, e questo mi pone in una favorevole situazione.» continuò Katlin, estraendo dalla camicia un oggetto argentato. Tra le sue dita si rivelò un drago di platino, che fece risplendere per reazione il medaglione di Crysania.
«Tu sei benedetta da Paladine.» mormorò la donna, sorridendo.
«Ho la sua protezione,- ammise Katlin- ma non durerà in eterno. La Prova, che supererò tra poche settimane, mi inserirà nella Legge di Krynn in qualità di Veste Bianca e presto sarò costretta a rivelare la mia presenza alla Regina delle Tenebre.» Si rabbuiò in volto, ma nei suoi occhi brillò una decisione che spaventò Tanis. «Da allora in poi, avrò bisogno di essere protetta. Non sono in grado di affrontare da sola ciò che mi sarà mandato contro.- alzò lo sguardo su Tanis e Crysania- Per questo ho chiesto a Caramon di invocare il vostro aiuto. Ho bisogno di un lasciapassare nelle terre che visiterò e di aiuto per il viaggio che sto per compiere. Mi rincresce che Riverwind non sia venuto, ma non ho più tempo. Mi aspettano a Wayreth tra due settimane. Non ho alcuna intenzione di morire invano, ma desidero portare a termine la missione che mi è stata affidata. Ora, la domanda è questa: siete disposti ad aiutarmi?»
Vi fu un minuto di silenzio.
«Che alternativa abbiamo?» chiese Tanis, amaro.
«Dirmi di no, ovviamente.» rispose la donna, con un’ironia che a Tanis non piacque per niente.
«Tirarsi indietro e lavarsene le mani?- disse, seccato- Tu ci offri una scelta che non esiste!»
«Quello è un problema che riguarda solo la tua coscienza, Tanis Mezzelfo,- rispose lei, guadagnandosi un’occhiata preoccupata di Caramon e una di fuoco da Tanis- e di essa, grazie agli Dei, non è mio compito preoccuparmi.»
«Katlin…» cominciò a dire Tika, contrariata, ma scoprì di non avere parole per rimproverare la donna. C’era qualcosa in lei, in quel momento, che le metteva paura. L’aveva amata molto in quei mesi, trovandola così simile a Caramon da farla sorridere al solo guardarla, ma quella sera Katlin era una copia al femminile dell’oscuro gemello che ancora aleggiava sull’anima di suo marito. Le parole, quali che fossero, le morirono in bocca.
Tanis strinse le labbra. La ‘discepola di Raistlin’ aveva imparato fin troppo bene dal maestro. Mettere la gente con le spalle al muro era sempre stata la specialità del mago e quella donna non era da meno. Come poteva dare ascolto ai propri istinti e ripartire subito per casa propria?! Non si sarebbe mai perdonato per questo. Il Destino aveva ritenuto giusto invischiarlo nelle grandi cose degli Dei e ora non avrebbe potuto tirarsene fuori a proprio piacimento…anche se tanto di lui avrebbe voluto farlo, anche solo per dare a quella ragazza una lezione di vita.
«Il Portale è stato aperto anche a causa mia, diventando mio fardello, e come tale è mio dovere fare il possibile perché la Tenebra non si spanda sul mondo.- mormorò Crysania, il viso imperscrutabile- Segui la via di Paladine e per questo accompagnerò il tuo viaggio.»
«Ti ringrazio, Dama Crysania.» disse Katlin, sorridendo alla donna e sfiorandole una mano.
«Ovviamente sai che verrò con te, vero Kat?- sbottò Tas, che a suo parere era stato fermo e zitto anche troppo- Ti servirà una guida, senza contare che mi sembra che il programma di viaggio sia davvero ricco! Ci sarà da divertirsi!»
«Grazie per il tuo appoggio, Tas…» iniziò a dire Katlin, prima che Caramon le posasse una mano sul polso.
«Vengo anch’io, Kat.- disse il gigante, e Tanis vide con stupore addolcirsi gli occhi della giovane- Non mi piace per niente questa storia. Non ti lascio da sola.»
«Grazie, Caramon.» mormorò lei, coprendo la mano del gigante con la propria e lanciando a Tika un’occhiata di scuse. La donna dai capelli rossi sospirò e annuì. Non era gelosa del legame che si era formato tra i due, ma vedere il marito partire la metteva in ansia.
Come era ovvio, tutte le teste presenti si voltarono verso il Mezzelfo, attendendo la sua risposta. Non capiva come, ma la giovane donna si era comprata l’affetto di Caramon e Tas, per non parlare di Tika, e con poche parole aveva convinto Crysania a seguirla. Eppure, Tanis era convinto che quella giovane nascondesse più cose di quante non ne avesse rivelate e che dentro di sé celasse un segreto oscuro. Ormai Tanis aveva una certa esperienza in anime tormentate e riusciva a riconoscerne una quando la vedeva.
Perché una donna estranea a Krynn avrebbe dovuto rischiare la vita per un mondo non suo? Quale potere si nascondeva in lei? Perché era stata per tanto tempo legata ai gemelli? E qual’era stata la vera manifestazione di questo legame? C’entrava in qualche modo la straordinaria somiglianza fisica che la accomunava ai Majere…e in parte a Kitiara?
Tutte domande importantissime, che non avrebbero ricevuto risposta almeno per il momento.
Sospirando, Tanis si passò una mano sulla barba. Era inevitabile. Con un bel respiro, Tanis si gettò oltre il bordo del baratro che il Destino si ostinava a mettergli di fronte.
«Verrò con voi.» disse.



Era quasi mezzanotte e Solace riposava tranquilla nel silenzio. Le luci erano spente ovunque e solo tre persone, a quell'ora così tarda, erano ancora immuni al sonno.
Due di esse risiedevano alla Taverna. Tanis Mezzelfo non dormiva, rimuginando su quanto li attendeva e sulle domande che l’ospite di Caramon gli suscitava. Dama Crysania, sdraiata ma insonne accanto al corpo addormentato della sua ancella, cercava senza molto successo di riportare tranquillità e pace nella propria anima. Era passato poco tempo dalla scomparsa di Raistlin e il solo nominare il mago aveva ancora il potere di mettere in discussione le sue certezze.
Infine, in una casa distante dalla Taverna, una candela illuminava ancora una camera da letto. All’interno della sua stanza, Katlin sedeva sul letto, con la schiena contro il muro e un braccio appoggiato mollemente sul ginocchio piegato, gli occhi chiusi. Stanca ma insoddisfatta, la ragazza stava ripassando mentalmente una serie di incantesimi. La sua mente era allenata a sufficienza, ma il corpo non era in grado di abituarsi in pochi mesi all’uso del potere e come ogni apprendista Katlin era costretta a sottoporre a costante esercizio il suo controllo sulla magia.
In verità, c’erano anche altri pensieri che non le permettevano di dormire.
Come prevedeva, Tanis Mezzelfo era stato il più restio a cedere. Katlin conosceva i suoi pregi e i suoi difetti, e ne aveva una visione perfino più oggettiva di Raistlin, la cui opinione era avvelenata dall’astio. Le aveva offerto il suo appoggio, ma Katlin era certa che sarebbero presto sorte discussioni. Come Raistlin, nemmeno Katlin amava condividere con gli altri il suo sapere fintantoché non fosse stato strettamente necessario e questo a Tanis non piaceva. In quanto a Crysania, il suo senso di responsabilità e il senso di colpa che certamente le bruciava ancora dentro avevano aperto la strada per il suo assenso.
Con una fitta al cuore, Katlin pensò che il coinvolgimento di Raistlin nella faccenda doveva aver agito da stimolante per la donna. Osservatrice esterna, Katlin aveva riconosciuto lo strazio del vero amore sul volto della donna ogni volta che incontrava lo sguardo di Raistlin…così come conosceva ciò che l’oscurità nel petto dell’arcimago celava con bravura inumana.
Già, Raistlin…terzo ma non ultimo problema. Dove si era andato a cacciare? Non un fiato era giunto dalla voce del mago, che sempre riecheggiava nella sua testa da qualche mese a quella parte. Da quando la carrozza era arrivata a Solace, Raistlin era come scomparso.
«Raistlin.» chiamò Katlin, stanca. Non era la prima volta che invocava il suo nome, quella sera. «Raistlin, ti vuoi decidere a rispondermi?»
Vi fu qualche minuto di silenzio, tanto da costringere Katlin a scuotere la testa con rassegnazione, prima che una voce gelida le sussurrasse: «O studi, o pensi, o parli, apprendista. Non ti ho insegnato la mediocrità.»
Katlin sorrise appena a quella frecciata.
«Mi stavo preoccupando.- disse, scostandosi dal muro e iniziando a legarsi i capelli in una corta treccia- Sono ore che non ricevo né un consiglio né una critica. Non è da te.»
«Non sprecare il tuo discutibile sarcasmo con me, Katlin.- replicò Raistlin, seccato, la voce come una frusta- Hai ottenuto ciò che volevi col minimo sforzo, quindi non rovinare il risultato facendomi adirare con te.»
«Sei già adirato. E ogni volta che penso a Crysania lo sei di più.» commentò Katlin, facendo spallucce per poi contrarre il volto in una smorfia nell’avvertire un’intensa fitta al capo. Raistlin non aveva gradito.
Letteralmente furioso, in quel momento Raistlin si stava agitando come una belva in gabbia, camminando avanti e indietro davanti allo specchio che gli permetteva di vedere il mondo dei vivi. L’occhiata fulminante che aveva scoccato all’immagine e l’infiammarsi del proprio potere avevano appena avuto ripercussioni su quella lingua lunga della sua apprendista, e Raistlin tentò di calmarsi. Aveva imparato presto che le emozioni violente nuocevano ad entrambi finché si manteneva quel legame.
Con uno sforzo di volontà, Raistlin tornò a sedersi e guardò altrove, mentre la sua discepola si preparava per andare a letto.
«Cos’ha causato il tuo silenzio? Ti ho posto in una condizione che ti provoca sofferenza?» continuò Katlin, imperterrita.
«Katlin, se non vuoi passare la giornata di domani rigettando anche lo stomaco per l’emicrania che ti farò venire, ti conviene piantarla con le tue stupide domandine allusive.- sibilò, velenoso- Il silenzio è mio diritto, soprattutto quando la sola alternativa è discorrere con te. Ora vattene a dormire.»
«Agli ordini, Maestro.» sospirò Katlin, cessando le ostilità. Conosceva Raistlin meglio di quanto il mago potesse supporre e sapeva quale dolore doveva essere stato per lui vedere le persone che avevano segnato la sua vita, nel bene e nel male. D’altronde, sapeva anche che l’animo del mago non avrebbe mai ammesso quel genere di sentimenti nemmeno a se stesso. Se poteva servirgli da valvola di sfogo sferzarla con quella lingua affilata che si ritrovava, poteva accomodarsi. Katlin non aveva alcuna difficoltà a comprendere cosa si celava dietro le parole sferzanti del mago.
Le aveva pronunciate a sua volta…molte più volte di quanto potesse contarne.
Raistlin osservò con occhi cupi la sua discepola, mentre scivolava sotto le coperte per mettersi finalmente a dormire.
Inutile: la profonda conoscenza che Katlin aveva della sua vita e delle sue emozioni lo irritava fino al punto di rottura. Certo, la giovane donna non poteva conoscere alla perfezione ogni suo pensiero, ma ci si avvicinava con uno scarto minimo senza mostrare né eccessiva curiosità, né alcun tipo di compassione o biasimo. Questo era nuovo, per Raistlin, ma se durante la sua travagliata giovinezza la prospettiva di avere a fianco una persona del genere sarebbe stata un gradito balsamo anche solo per variare, dopo il cieco affetto del suo gemello e il timore e il disprezzo degli altri, in quel momento particolare gli giungeva sgradita.
Questo avveniva non solo perché poneva Katlin al di là del suo potere sull’anima altrui, ma soprattutto perché la cosa non era mutua.
Quella sciocca donna di Yolta sembrava, a una prima occhiata, di una semplicità, di una normalità quasi disgustosa, ma Raistlin aveva trovato nella sua anima una voragine oscura che all’apparenza non aveva motivo di esistere. Raistlin poteva viaggiare come voleva tra i pensieri della sua discepola, analizzandoli al dettaglio, ma c’era qualcosa che li turbava tutti e le cui fila si collegavano irrimediabilmente a quell'oscurità che stava al di là della portata del mago.
Questo lo indispettiva, ma allo stesso tempo aveva fatto nascere in lui un riluttante rispetto per la donna con cui si trovava costretto a collaborare.
Un altro viso di donna tornò con prepotenza ad occupare i suoi pensieri e Raistlin strinse le labbra in una linea quasi invisibile, troncando del tutto il contatto con Katlin, che ormai dormiva, e passandosi una mano sul volto tirato.
Crysania…
Vederla attraverso lo specchio gli aveva fatto più male di quanto fosse preparato a sentire. Rivedere il suo volto altero che nascondeva una fragilità commovente, i suoi capelli d’ebano, in cui una volta aveva osato affondare le dita…i suoi occhi. Già, i suoi occhi. Ciechi.
Così, era quella la penitenza che Paladine aveva deciso per lei. Ironia della sorte…Quegli occhi che l’avevano portato sull’orlo di una rozza e stolta passione, ora non vedevano più nulla del mondo reale. Perlomeno, la chierica non era costretta ad assistere ogni volta che apriva le palpebre al lento divenire delle cose fino al loro finale decadimento.
Ripensò a lei nella città di Istar, così confusa e magnificamente bella nelle sue vesti bianche, con i gioielli che le adornavano il corpo; e poi ancora, la vide appassionata, desiderabile oltre ogni dire mentre riceveva i suoi baci su quella sponda di fiume; e poi la vide giacere, bruciata dal fuoco ma ancora piena d’amore, mentre lui la abbandonava al suo destino nell’Abisso.
Le mani di Raistlin si chiusero a pugno al ricordo mentre i suoi occhi d’oro brillavano di dolore a malapena contenuto. Se fosse stato di carne e sangue, le unghie gli avrebbero già ferito i palmi. La chiarezza, la completezza emozionale provata nel momento della propria morte stavano irrimediabilmente svanendo e Raistlin si ritrovava ancora una volta a lottare per soffocare i sentimenti nel mare del proprio cinismo. Detestava ciò che provava per lei, la debolezza che ancora avvertiva. Odiava sentire la mancanza del fratello. Non poteva credere di aver provato dolore nel vedere Tanis, nel pensare ai vecchi tempi della giovinezza.
Presto sarebbe vissuto e tutto ciò sarebbe stato a sua disposizione. Questo, però, solo se la sua anima oscura fosse cambiata.
E Raistlin aveva il timore che cambiare fosse l’unica cosa al di fuori del suo potere.



La mattina che vide la partenza del Gruppo per la Distruzione del Portale (questo nome altisonante e scomodo era un’idea di Tasslehoff) era limpida e fresca, e invogliava a mettersi in viaggio.
Tanis pensò che era una fortuna, in quanto il suo animo agognava tutto tranne quello. Il gruppo era riunito davanti alla casa di Caramon per salutare Tika e i servitori di Dama Crysania, e controllare per l’ultima volta che tutto fosse a posto. Tika teneva fra le mani una lettera da far partire per Qualinesti, diretta a Laurana.
Avrebbero viaggiato a cavallo e un destriero era pronto per ciascuno di loro. Tas avrebbe cavalcato con Katlin, che a parere del Mezzelfo si era presa una bella gatta da pelare. Lei, però, non ne sembrava affatto turbata.
Le lanciò un’occhiata, mentre parlava con Crysania e Tasslehoff. Sotto i suoi occhi, la stessa ragazza che due sere prima l’aveva portato sull’orlo dell’esasperazione scoppiò in una risata sonora che fece voltare verso di lei anche Caramon e Tika.
«Scusate!- gemette la ragazza, mentre anche Tas scoppiava a ridere e Crysania sorrideva- Scusate, ma se aveste sentito quello che ha detto Tas…» Rise di nuovo, incapace di trattenersi e Tanis corrugò la fronte, perplesso. Si voltò quando si accorse che Caramon lo stava guardando.
«Non ti stupire, Tanis. E’ fatta così.- gli disse, sorridendo- A tratti sembra un kender troppo cresciuto, mentre in certi momenti è fredda e distante da far paura.»
«Non pensare male di lei, Tanis.- aggiunse Tika, e Tanis si accorse con sorpresa di quanto la straniera si fosse insediata nel cuore dei suoi amici- Come dice Caramon, è fatta così. Come tutti, ha pregi e difetti.»
Tanis sospirò, non convinto ma poco incline ad accendere una discussione in quel preciso momento.
«Dopotutto, ci sarà un motivo se veniva chiamata Donna con Tre Anime, no?» rise Caramon, dandogli una pacca sulla spalla che quasi lo fece ribaltare. Tanis scosse il capo, sorridendo. Caramon conservava ancora una fiducia nel mondo che aveva dell’incredibile, soprattutto contando quanto aveva passato. Si sarebbe fidato del loro giudizio…per il momento.
«Sarà ora di partire, non credete?- disse Crysania, appoggiata al braccio di Katlin- Non ricordo esattamente quanti giorni ci vogliano per Wayreth, ma presumo che la nostra partenza annoveri già un certo ritardo.»
«Non preoccupatevi, Dama Crysania.- rispose Katlin, sorridendo con gentilezza alla donna- Sono stata convocata e il tempo è sufficiente. Ovunque sarò, il Bosco di Wayreth mi troverà.»
«Dimenticavo questa sua caratteristica.» disse Crysania, annuendo. Tanis guardò Caramon, sconcertato dalla notizia, ma si accorse che il gigante stava salutando la moglie e non volle rovinare loro quel momento.
Caramon baciò Tika, che lo guardò con le lacrime agli occhi.
«Non ti ficcare nei guai, Majere, e vedi di tornare a casa tutto d’un pezzo.- lo rimbrottò, tirando su col naso con coraggio- E veglia su Kat. Questa faccenda la vedo sempre peggio a mano a mano che ne sappiamo i particolari.»
«Aspettami con pazienza, Tika.- rispose Caramon, sorridendo con amore alla moglie e carezzandole il viso- Torneremo presto. Andrà tutto bene.»
Tika annuì, quindi gli prese una mano e se la premette sul ventre, arrossendo.
«Ti aspetteremo.» mormorò. Caramon la guardò per un istante, senza capire, quindi strabuzzò gli occhi e scoppiò in un ruggito di gioia, sollevando Tika da terra e baciandola con tutto l’ardore possibile.
«Ma che succede?» chiese Tanis, basito.
«Tika aspetta…» sussurrò Katlin, indicando la propria pancia. Tanis sentì uno sciocco sorriso comparirgli sul volto alla notizia, mentre Crysania mormorava una sentita benedizione e Tas chiedeva: «Aspetta? Aspetta cosa? Ehi, Kat, cos’aspetta Tika?!»
«Un bambino! Un bambino, testa di legno!» sbuffò Katlin, dando un affettuoso strattone al codino di Tas, che mormorò un: «Ooohhh…..» parecchio scioccato. Tanis rise. Finalmente una buona notizia in tutta quella oscurità.
Pochi minuti dopo, il gruppo era in sella. Con un ultimo cenno di saluto a Tika, i cavalieri partirono, allontanandosi da Solace.
«Ultimamente le mie visite a Solace sono sempre brevi.» commentò Tanis, il cui destriero viaggiava accanto a quello di Crysania.
«Recupererai quando torneremo, Tanis.- disse Caramon, fiducioso e con un sorriso che andava da una parte all’altra della faccia- Come avrai capito, presto avremo motivo di festeggiare.»
«Papà Caramon…» ridacchiò Katlin, che cavalcava più avanti.
«Ehi…» borbottò Caramon.
«Caramon papà?! Non ce lo vedo per niente.» esclamò Tas, con la sua vocetta squillante.
«La volete finire?!» ruggì Caramon, imbarazzato, e Katlin diede di sprone al cavallo, ridendo con Tas mentre si allontanavano al galoppo.
«Che coppia di matti!» commentò Tanis. Crysania soffocò una risata, mentre in lontananza si alzavano le voci dei due allegri avventurieri:
‘Il tuo amore è una nave
ancorata al molo.
Leviamo le sue vele, siamo il suo equipaggio,
lustriamo i suoi boccaporti…’
«Oh santo cielo!» rise Caramon, riconoscendo la canzone kender di tanti anni prima.
“Speriamo che non preannunci un viaggio dello stesso tipo.” pensò Tanis, sospirando, mentre il suo cavallo oltrepassava i confini di Solace.



Era tramontato da poco il sole sul continente di Abanasinia e il gruppo di Eroi che viaggiava verso sud-ovest si era accampato in una radura, in cui ora brillava un fuoco da campo.
La cena era appena stata consumata e i presenti erano ora intenti a discorrere tra loro, e a rilassarsi dalla fatica della lunga cavalcata. Discosta dagli altri, seduta con la schiena appoggiata contro un tronco d’albero, Katlin osservava le costellazioni e rifletteva, inondata dalla luce rossa di Lunitari, una fetta crescente nel cielo.
Mancavano tre giorni alla convocazione, due ai confini di Qualinesti, che avrebbero comunque costeggiato a una distanza consona. Katlin non aveva nessuna intenzione di incontrare gli elfi…non ancora, perlomeno. C’era ancora molta strada da fare prima di rivolgere i pensieri a Qualinesti.
Il viaggio stava andando sorprendentemente bene. Era quasi una gita di piacere, a dirla tutta, e non si era sollevata nessuna discussione, nemmeno con Tanis. Ovviamente, le conoscenze del Mezzelfo si fermavano alla sua Prova a Wayreth, altrimenti di alterchi ne sarebbero già nati fino alla nausea. Così, Katlin si godeva quei giorni sereni, quella nuova vita densa di scopi e amici, ben sapendo che l’idillio sarebbe durato ancora poco. I giochi sarebbero iniziati a Wayreth, e da lì in avanti sarebbero diventati mortali.
Un suono di passi sull’erba le fece alzare lo sguardo. Vide Crysania avanzare verso di lei, procedendo con cautela.
«Katlin, posso sedermi accanto a te?» chiese la Reverenda Figlia di Paladine, alzando una mano verso il luogo in cui l’aveva sentita allontanarsi in precedenza. Katlin sorrise e le prese la mano, guidandola fino a sé. «Ti ringrazio.» disse lei.
«Di nulla, Dama Crysania. La vostra compagnia mi è piacevole.» rispose Katlin, dicendo la pura verità.
«La stessa cosa è per me, Katlin.- disse Crysania, sorridendo con dolcezza- Perciò, usa il mio nome senza onorificenze. Siamo tutti uguali agli occhi di Paladine.»
«Mmh…vero.» borbottò Katlin, sfiorando il medaglione che portava nascosto sotto la camicia. In effetti, erano tutti pedine agli occhi di Paladine, ma non rivelò questa sua opinione.
«E così, affronterai la Prova.- disse Crysania, chiudendo le palpebre sugli occhi ciechi- La prospettiva non ti spaventa?»
«No. Non è la prima che affronto.- disse Katlin, amara- In effetti, di essa non ho il minimo timore.» Erano altri i fantasmi che a volte, a notte fonda, la costringevano a mordersi le labbra per non gridare. Non aveva avuto visioni, da quando era su Krynn, ma le paure che cercava di soffocare erano così tangibili da sembrare reali.
«Prenderai la Veste Bianca.» disse Crysania, e Katlin si accorse che non era una domanda ma un’affermazione. Più silenziosa degli altri, Crysania aveva già iniziato a comprendere dove l’avrebbero condotta gli Dei. Katlin ne apprezzò l’acume.
«Esattamente. Una Veste Bianca istruita da una Veste Nera.- disse, sogghignando- Particolare, non è vero?»
Crysania sospirò.
«Nessuno era più potente di lui, nell’arte.» mormorò, e il suo volto si contrasse appena.
«Nessuno lo sarà mai.- ammise Katlin- Il mio potere, anche al massimo, non raggiungerà mai la sua forza. Anche perché la sua volontà è più forte di quella di chiunque altro.»
«Ne parli come se fosse vivo.» disse Crysania. Katlin non rispose e la chierica impallidì leggermente. Katlin le prese una mano.
«Reverenda Figlia, il suo corpo è morto, ma il suo spirito è vivo.- sussurrò, guardando per un attimo verso Caramon con occhi gentili- Questo non differisce di molto dalla sua condizione precedente. Raistlin è vivo. Certo, non sul Piano Reale.»
“Per ora.” aggiunse nella sua mente.
«Lo è nel nostro cuore.» finì per lei Crysania. Katlin, commossa nel riconoscere il suo tormento, le baciò una guancia e la chierica sobbalzò, sorpresa, poi sorrise. Si alzò da terra e si allontanò verso il fuoco, guidata dal calore che sprigionava.
“Abbiate ancora un po’ di pazienza.- pensò Katlin, tornando a guardare il cielo stellato e schermando i propri pensieri da qualsiasi intrusione o occhio indiscreto- Presto, molto presto, ciò che è stato distrutto verrà ricostruito. Presto creerò per tutti noi una nuova possibilità.”
Sempre ammettendo che la Regina dell’Oscurità non la trovasse prima che potesse farlo…
Quattro giorni dopo, i cinque viaggiatori si svegliarono circondati dagli alberi del bosco di Wayreth.

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Capitolo 6
*** 5 - La Prova ***


«Il Bosco di Wayreth…» mormorò Tanis, sorpreso e ammirato, guardando il bosco di alberi dal tronco slanciato che aveva circondato il loro campo notturno. La sera prima si trovavano in un’ampia radura, ma quella mattina si erano svegliati avvolti dalle armoniose braccia della foresta magica, che grazie agli Dei era ben diversa dal Boschetto di Shoikan.
«E’ una forza, non è vero Tanis?- disse Tasslehoff, recuperando le proprie borse con allegria- Anche io la prima volta me ne sono stupito, però non è una cosa spiacevole. Insomma, ti trova lei senza bisogno di viaggiare chissà quanto. Io credo che…»
«Tas, abbiamo capito il tuo punto di vista.- sospirò Caramon, che stava aiutando Dama Crysania a recuperare le proprie cose- Ora, se vuoi regalarci qualche minuto di pace mentre smontiamo il campo…»
«Ma certo, Caramon! Vuoi sentire cantare gli alberi?» chiese Tas.
«Assolutamente NO.» disse il guerriero, con voce così cupa da guadagnarsi un’occhiata perplessa da parte di Tanis.
«Questi alberi…cantano?» chiese, piano.
«Sono frutto della magia.- rispose Crysania, mentre Caramon si allontanava per vedere dove fosse andata a cacciarsi Katlin, che era scomparsa da qualche minuto- Sono guardiani e occhi dei maghi della Torre. Come tali, hanno il loro modo d’esprimersi.»
«E’ una canzone strana.- ammise Tas, stringendosi nelle piccole spalle- E quando eravamo nel futuro, cioè quando Raistlin era un Dio ma non era vero, era ancora più strana. Non muoiono facilmente gli alberi magici. Almeno questo l’ho scoperto.»
Tanis ebbe un brivido al ricordo della descrizione che Caramon gli aveva fatto di Krynn sotto il dominio di Raistlin. Una terra morta, devastata da tempeste e costellata di tombe. D’improvviso, la foresta gli parve più una prigione minacciosa che un confortante abbraccio di Madre Natura. Si sentiva spiato.
«Ad un’occhiata più attenta, capisco perché a Caramon non piaccia.» disse, tra i denti.
«Non piace nemmeno a me, Tanis Mezzelfo.- mormorò Crysania- Ad essa sono legati ricordi poco piacevoli.» Come avrebbe potuto dimenticare che Par-Salian l’aveva mandata nel passato a morire? Invece, l’aveva solo spedita più velocemente tra le braccia di Raistlin Majere.
«Vi ho mai detto che l’ultima volta  che sono stato qui, nel passato e non nel futuro, intendo dire, mi sono trasformato in un topo e sono finito nella tasca di un mago, e…» iniziò Tasslehoff, che quel giorno pareva anche più loquace del solito. Per fortuna, Caramon tornò indietro, seguito da Katlin. La ragazza si era sciolta i capelli e indossava una veste semplice e lunga, di un anonimo grigio chiaro.
«Pronta per la Prova. E’ quanto di più simile a un abito da cerimonia.» spiegò in poche parole, facendo un gesto leggero con la mano. Guardò la foresta, sistemandosi in spalla la propria borsa da viaggio. In mano stringeva la lettera di convocazione. «Suppongo che non dovrei fare attendere il Consiglio, non credete?» sussurrò, a nessuno in particolare.
Caramon la guardò con ansia e preoccupazione crescente. Non gli piaceva affatto avere di nuovo a che fare con la Torre e non gli piaceva l’idea che Katlin dovesse affrontare la Prova. Aveva ancora ricordi troppo vividi di quella del suo gemello e il fatto che la giovane fosse favorita da Paladine non era garanzia sufficiente. Caramon aveva visto la faccia peggiore della Prova e sapeva che si poteva morire…o peggio. Molto, molto peggio.
Katlin, a dispetto della sua apparente forza e sicurezza, in quel momento era pallida come un morto.
«Kat…non sei obbligata, se non vuoi.» le disse, a voce troppo bassa perché gli altri potessero sentirlo. Katlin si voltò verso di lui. Lo smarrimento che le lesse negli occhi quasi lo spinse a caricarsela in spalla e tornare a Solace seduta stante. «Nessuno te lo fa fare. Krynn non è nemmeno la tua patria. Questa Prova…» continuò Caramon.
«Caramon, non temo la Prova. Almeno, non quella che io affronterò.- sussurrò lei, stupendolo- Ma…una volta entrata qui dentro non potrò tornare indietro. L’inevitabilità di questo mi spaventa.» Katlin si voltò di nuovo verso la foresta, umettandosi le labbra secche. «Una volta entrati, non si torna più indietro.» ripeté.
Indietro? Indietro dove? Scosse il capo, facendo ondeggiare i boccoli castani. Che sciocchezze stava dicendo? Non aveva nulla a cui tornare. Poteva solo andare avanti…e vedere cosa succedeva. Si voltò di nuovo verso Caramon e sorrise.
«Perdona i miei tentennamenti, Caramon.- disse- Vuoi ancora accompagnarmi?»
Caramon la guardò con volto cupo, quindi sospirò e le offrì il braccio.
«Hai la testa dura, Kat.» sentenziò. Katlin rise piano, quindi guardò gli altri, in attesa alle loro spalle.
«Andiamo?» chiese.
«Possiamo entrare anche noi, Kat?» chiese Tasslehoff. Katlin annuì.
«Sono stata convocata con possibilità di portare una scorta.- li informò- La foresta vi accoglierà.» Ciò detto, prese a camminare accanto a Caramon. Tanis offrì a sua volta il braccio a Crysania, dopodiché il gruppo si inoltrò nella foresta magica.
«Non andare per i fatti tuoi, Tas.» disse Tanis, nervoso. Vedeva ombre tra gli alberi, e i suoi sensi erano tesi come corde di violino. Faceva quasi fatica a vedere Caramon e Katlin, più avanti rispetto a loro.
«Ti sto vicino, Tanis, tranquillo.» disse Tas, stranamente mite.
«Ascoltate.- mormorò Crysania- Gli alberi cantano più forte.»
Tanis aguzzò le orecchie e Tasslehoff fece altrettanto, curioso. Era vero. Gli alberi si erano messi a intonare una canzone.
«E’ un canto di gioia.- sussurrò Tanis- Dovrebbe esserlo…Allora perché mi mette i brividi?»
Crysania aprì bocca per dire qualcosa, quando Caramon esplose in un ruggito terrificante.
«KAT!- chiamò, spaventando gli altri- Katlin!!!»
«Caramon, cosa succede?» chiese Tanis, affrettandosi a raggiungere il guerriero. Caramon si voltò verso di lui, in preda al panico.
«Katlin! E’ scomparsa!- disse il gigante, guardandosi attorno con angoscia- Un attimo fa era appoggiata al mio braccio, ma poi è scomparsa…Oh, Dei!!! KAT!!!»
«Caramon, calmati.- disse Crysania- Siamo nella Foresta di Wayreth, non può esserle successo nulla di male.»
«Perdona l’impudenza, Dama Crysania, ma io so bene quante cose terribili possono succedere in un posto come questo!- disse Caramon, voltando loro le spalle- Devo trovarla!»
«Tas, guida Dama Crysania!» disse Tanis, lasciando la mano della donna e correndo dietro al guerriero. Ci mancava che si perdessero tra quegli alberi magici! «Caramon, fermati! Dobbiamo restare uniti!» gridò, senza ottenere risultati apprezzabili. Imprecando tra i denti, Tanis allungò il passo…e si fermò di botto quando si trovò senza alcun preavviso in un ampio cortile, oltre gli alberi. Accanto a lui c’era Caramon, che ansimava e guardava in cagnesco un mago rosso poco distante da loro.
«Che sta succedendo, Caramon?» chiese Tanis, a bassa voce. Da dietro di loro venne un fruscio, e Tasslehoff e Dama Crysania li raggiunsero.
«Toh! La camminata è stata proprio breve, stavolta!- esclamò Tasslehoff, guardandosi attorno con interesse- Dove siamo?»
«Siamo alla Torre, piccolo Tas.» disse Crysania, che aveva avvertito il cambiamento.
“«Benvenuti alla Torre di Wayreth. Il mio nome è Denver.- disse il mago rosso, inchinandosi leggermente- Vi prego di seguirmi. In quanto graditi ospiti, sono stati approntati per voi alloggi appropriati.»
«Dov’è Katlin?» chiese Caramon, minaccioso, venendo avanti di un passo. Tanis gli mise una mano sul braccio per frenarlo.
«La convocata è già davanti al Consiglio dei Maghi. Si riunirà a voi una volta ultimata la Prova.- li informò con cortesia il mago- Ora, se volete seguirmi…»
«Andiamo con lui, Caramon.- disse Tanis, notando che il guerriero non sembrava mostrare un’espressione meno bellicosa- E’ proprio per la Prova di Katlin che siamo qui, no? La rivedremo quando avrà finito.»
Caramon lanciò al Mezzelfo un’occhiata ferita, quindi sospirò, annuendo.
«Spero solo che non le accada niente di male.» disse, con una smorfia.
Il mago rosso prese la frase come la fine della conversazione. Voltò loro le spalle e si incamminò, conducendoli all’interno della Torre di Wayreth.



In quel preciso istante, Katlin si trovava davanti al Consiglio dei Maghi di Wayreth. Era stata separata da Caramon mentre ancora camminava nella foresta e una Veste Bianca l’aveva condotta di fronte al concilio.
I Maghi, quel giorno presenti in quattro per ogni Veste, sedevano di fronte a lei, a una certa distanza, scrutandola nel silenzio. Lei era l’unica aspirante presente, in quanto il periodo delle convocazioni annuali non era ancora giunto. La convocazione di Katlin arrivava da una forte spinta di Paladine, e una più criptica di Gilean, e per questo i maghi non si erano potuti rifiutare di fare agli Dei questo favore, benché, era evidente, nessuno di loro avesse la minima idea di chi lei fosse né del perché fosse necessaria tanta fretta per una semplice apprendista.
Le Vesti Nere, in particolare, la guardavano in cagnesco. Katlin si fece scivolare addosso quelle occhiate come se non esistessero. Aveva già vissuto quel momento, sotto altre spoglie, e da allora non aveva più la minima soggezione dell’autorità dei maghi. Tanti dei presenti non erano nemmeno potenti quanto lei, figurarsi poi quanto Raistlin! Non indossava ancora la Veste, ma avrebbe già potuto battere qualsiasi mago tra i presenti.
Par-Salian, il vecchio Veste Bianca a capo del Consiglio, sedeva ancora sul suo scranno centrale, in posizione d’autorità. Katlin non sopportava la vista di quell'uomo. Riparandosi dietro le grandi trame della Luce, aveva preso decisioni atroci. Per insegnare la pietà a Raistlin, aveva maledetto i suoi occhi, permettendogli di vedere solo morte. Quale pietà poteva nascere nel cuore quando il corpo sembrava morire ad ogni respiro e il mondo attorno a lui si decomponeva?  Inoltre, aveva mandato a morire Dama Crysania, non sapendo che Raistlin non aspettava altro.
La tortura inflittagli da Raistlin nel futuro mai realizzato che Katlin aveva potuto vedere con gli occhi di Caramon, le sembrava fin troppo misericordiosa.
Katlin si impose di non lasciar trasparire questi suoi pensieri, mentre scrutava il resto del gruppo. Tra le Vesti Nere, riconobbe Ladonna, ma non vide Dalamar. Come pensava, l’elfo oscuro non si sarebbe interessato a quell'affare di protocollo. Sarebbe stato necessario recarsi alla Torre di Palanthas. Tra le Vesti Rosse, infine, vide Justarius, il terzo mago prescelto dagli Dei…ma non da lei stessa, ovviamente. Non vide alcun tipo di riconoscimento negli occhi della Veste Rossa alla sua vista. Gli Dei non avevano rivelato il motivo della sua venuta su Krynn, né avevano rivelato i loro scopi agli altri due maghi coinvolti, per timore che le Vesti Nere subodorassero il complotto. Il compito di coinvolgerli nella missione era di Katlin, il che supportava il suo piano ribelle a meraviglia.
«Katlin Ym’ Adoonan da Solace…» iniziò a dire Par-Salian, riportando l’attenzione di Katlin su di lui. La Veste Bianca si alzò in piedi a fatica e Katlin non poté esimersi dal provare una certa gioia maligna nel constatare che la vecchiaia stava attecchendo sul corpo della Veste Bianca. «Sei chiamata alla Prova in tempi non abituali e con modalità non abituali.- continuò il mago, tra i mormorii della Vesti Nere e di alcune Vesti Rosse- Confido tu capisca quale grande onore sia trovare aperte le porte di Wayreth per te sola.»
«Ne sono conscia.» disse Katlin, accennando a un inchino rispettoso.
«Sei al cospetto di Solinari, Lunitari e Nuitari.- disse la Veste Bianca, alzando le braccia all’altissimo soffitto della sala- Gli Dei che ti hanno prescelta ti hanno aperto le nostre porte, ma saranno gli Dei della Magia a giudicarti, ora.»
«Mi affiderò con umiltà al loro giudizio.» disse Katlin, fremendo d’aspettativa.
Par-Salian la scrutò per un istante e Katlin si chiese per un attimo se il vecchio mago avvertisse la presenza che aleggiava attorno a lei. Raistlin si era ritirato in un angolo silenzioso della sua mente, ma non era certo il primo spettro di mago ad aggirarsi per quella Torre della Stregoneria…Quando Par-Salian riprese a parlare, scoprì di riuscire a respirare molto meglio.
«La tua Prova ti attende. Possano gli Dei della Magia vegliare su di te, benedicendo il tuo successo, o la tua anima, nel caso malaugurato tu debba fallire.- finì il vecchio mago, per poi fare un gesto verso una delle Vesti Rosse- Justarius ti accompagnerà.»
Katlin si inchinò al Consiglio, nascondendo un sorrisetto soddisfatto sotto la cortina dei propri capelli, quindi seguì il mago claudicante fuori dalla stanza. Le porte della sala si chiusero dietro di lei e il mago la condusse lungo un corridoio in perfetto silenzio. Dopo qualche svolta atta a mandare in confusione il senso dell’orientamento del candidato, Justarius si fermò all’imboccatura di un corridoio non illuminato, avvolto nelle ombre.
«Da qui in avanti, devi andare sola.» disse, facendole cenno di proseguire. Katlin annuì, scacciando i vecchi ricordi e alzando il mento in segno di sfida. Fece per proseguire, quando la mano del mago le si chiuse sulla spalla. «Non hai messaggi per me, Katlin Ym’ Adoonan?» chiese Justarius, corrugando la fronte, quasi non sapesse bene a sua volta cosa attendersi.
Katlin lo guardò con candore disarmante.
«Dovrei averne, Lord Justarius?» chiese, il volto innocente. Il mago la lasciò andare, scuotendo il capo con perplessità, per poi voltarle le spalle e lasciarla sola. Katlin corrugò la fronte. Chissà, forse Gilean aveva fatto visita nei sogni di Justarius…Comunque, la menzogna appena pronunciata era un altro passo compiuto verso il suo scopo.
«E’ ora di fare anche questo.» sospirò, guardando il corridoio oscuro. Si incamminò, decisa. Bastarono quattro passi per perdere completamente nozione di se stessa.



Era seduta a un tavolo di legno chiaro, in fondo alla sala comune della taverna ‘Al giocoliere’ di Palanthas. Non ricordava bene per quale motivo si trovasse in città, ma quel che era certo era che aveva una fame da lupo.
Mentre mangiava il pollo arrostito e le patate che le erano state portate, Katlin si guardò attorno. La taverna era piena e mezzogiorno era passato da poco. Dalle finestre entrava la luce uggiosa della giornata nuvolosa. Dal mare stava anche provenendo una nebbia fastidiosa e appiccicaticcia che metteva i brividi. Niente di cui stupirsi, quindi, se quanti potevano cercavano un po’ di calore all’interno delle mura della taverna.
A Katlin la confusione dava fastidio, ma il cibo era buono e il vino frizzante che le era stato portato non era da meno. Ne bevve un sorso, pensando al contempo di fare una visita alla Grande Biblioteca nel pomeriggio, quando dietro di lei passò un avventore completamente avvolto da un mantello pesante e a larghe falde. Katlin sentì un brivido salirle lungo la schiena, ma lo dissimulò, seguendo i movimenti dell’uomo con la coda dell’occhio.
Corrugò appena le sopracciglia nell’accorgersi dell’andatura gobba e un po’ dondolante dell’uomo. A un tavolo di distanza da lei, un uomo sulla quarantina fece cenno al nuovo avventore.
«Finalmente! Pensavo già di andarmene…» disse l’uomo, seccato.
«E ci avresti rimesso, furbone.- rispose il tipo impaludato nel mantello, sedendosi al tavolo- Si vede che non sei poi così allettato dall’offerta.»
«Ma no, no, che dici…» borbottò l’uomo, abbassando i toni.
Katlin posò il bicchiere con cautela, riprendendo a mangiare. Un draconico! Sotto quel mantello così largo e coprente si celava senz’altro un draconico! Aveva riconosciuto l’accento sibilante e quell'aspetto gobbo era un’ulteriore conferma. Ma che ci faceva un draconico nel bel mezzo della città di Palanthas? E quali affari lo portavano a trattare con un uomo?
Sempre fingendo indifferenza, Katlin aguzzò le orecchie per carpire la discussione tra i due, nonostante il chiasso e il fatto che il draconico sibilasse, più che parlare.
Non riuscì a discernere tutto, ma presto le fu chiaro che i due stavano complottando un colpo non male. I draconici avevano perso un qualche oggetto durante la battaglia che aveva visto la città opporsi alle forze della Signora dei Draghi Kitiara Uth Matar, e quest’ultimo era ora conservato nei meandri della Grande Biblioteca di Palanthas per volere di Astinus. I draconici intendevano recuperarlo e stavano chiedendo aiuto alla congrega criminale della città per ottenere la confusione necessaria per attaccare la Biblioteca.
Katlin finì il vino, impressionata. Che razza di oggetto poteva spingere i draconici a rischiare tanto? Forse qualcosa di consacrato a Takhisis, o relazionato ai draghi! Gli occhi di Katlin brillarono alla prospettiva.
Forse quella notte avrebbe fatto bene a restare nei paraggi della Biblioteca, nel caso in cui…
«Non dire sciocchezze.» ingiunse una voce di uomo nella sua testa. A Katlin andò di traverso il vino e prese a tossire sommessamente, soffocando i singulti nella manica della sua veste. Ma che diavolo..?
«In circostanze normali, appoggerei la tua condotta, ma ti devo ricordare che sei qui per prendere una maledetta veste bianca.- continuò la voce, sprezzante- Con un’azione come questa, ti vestiranno certamente di rosso, o peggio di nero. Datti una controllata.»
«Raistlin!- disse Katlin nella propria mente, ritrovando di botto coscienza di sé- Maledizione…Il trucchetto sulla memoria funziona sempre.» Si era dimenticata di trovarsi nel bel mezzo della propria Prova! Grazie al cielo, la voce di Raistlin le aveva ridato coscienza e scopo.
«Allora, mia discepola. Che vuoi fare?» chiese Raistlin, sarcastico. Katlin ritrovò la compostezza. Nessuno doveva rendersi conto del suo mutamento.
«Presumo che dovrei andare ad avvisare le autorità cittadine e offrirmi di combattere al loro fianco.» sospirò nella propria mente, fingendo di essere affranta.
«Potrebbe andare.» ammise Raistlin.
Sorridendo tra sé, Katlin si alzò da tavola e andò a pagare il conto. Il gioco stava per iniziare.




Katlin si lanciò oltre l’angolo del corridoio, trovando riparo momentaneo dalla battaglia che infuriava dietro di lei. Ansimò, tenendosi una mano sul petto dolorante mentre osservava la situazione. Contrasse il volto in una leggera smorfia. I maghi della Torre avevano deciso di renderle la cosa più difficoltosa del previsto.
Agendo in base ai canoni di una Veste Bianca, Katlin si era presentata al palazzo del Signore della Città per avvisarlo dell’imminente attacco della Grande Biblioteca. Essendo un nobile palanthiano, il Signore le aveva riso in faccia senza troppi problemi e solo il lampo d’ira che era passato negli occhi di Katlin di fronte alla sua stupidità le aveva permesso di illustrare nel dettaglio ciò che aveva sentito.
Ovviamente non era stata creduta. C’erano volute più di tre ore di discussione, nonché la convocazione di qualche Cavaliere di Solamnia con spiccato disgusto per i maghi di qualsiasi allineamento, per far decidere il Signore della Città a mandare una piccola guarnigione di guardie, giusto per sicurezza.
Katlin aveva imprecato tra sé per il tempo perduto e per l’esiguità del contingente, che dava l’aria di essere pronto a disperdersi ai quattro venti alla sola vista di un draconico. Si era recata con loro alla Grande Biblioteca e qui erano sorte nuove discussioni, in quanto gli estetici avevano avuto un moto di ribrezzo nemmeno troppo velato al pensiero di turbare il lavoro dello Storico Astinus facendo entrare nella Grande Biblioteca le guardie armate.
Le discussioni si erano protratte fin quasi a sera, quando gli estetici si erano finalmente decisi ad accettare almeno una pattuglia all’ingresso.
A quel punto, però, era troppo tardi. Uno squadrone di draconici, accompagnati da altrettanti esseri umani, aveva attaccato la Grande Biblioteca, riversandosi sulle impreparate guardie. Per Katlin, la parte pericolosa della Prova era cominciata.
Non era sicura di quanto tempo fosse trascorso da allora. Il piccolo contingente del Signore di Palanthas non aveva retto a lungo all’assalto. Katlin aveva mandato via gli estetici, poi aveva cercato di aiutare i soldati in combattimento. Non era stato facile. Combattevano all’interno dell’edificio e non poteva rischiare la pelle di quegli sciocchi. Inoltre, non doveva dimenticarsi che i Maghi che la osservavano la credevano un’apprendista, perciò poteva utilizzare solo incantesimi piuttosto semplici.
Quando la difesa era caduta, Katlin aveva afferrato una giara d’olio per lampade, l’aveva versata a terra e le aveva dato fuoco con un incantesimo. Un po’ di draconici si erano uniti al falò, alleggerendo la pressione su di lei. Dopodiché, aveva continuato a fuggire di corridoio in corridoio, avvicinandosi sempre più al centro della Biblioteca, castando magie contro i suoi nemici a ogni angolo. Purtroppo, quei dannati sembravano non finire mai, senza contare che si era fatto avanti anche uno sciamano draconico e la battaglia si era fatta più dura.
Finalmente, un’altra squadra di guardie era arrivata alla Biblioteca, attaccando i draconici e i loro alleati alle spalle, e Katlin aveva potuto prendersi un attimo di riposo.
Katlin, che aveva in sé conoscenze ben superiori a quelle che stava usando, si sentiva comunque sfinita. Non era abituata a combattere…non in prima persona, perlomeno. Il suo fisico stava risentendo di quell'uso continuo della magia associato allo sforzo fisico e ora la ragazza aveva i polmoni in fiamme, la testa che le pulsava e sentiva che presto avrebbe rigettato quel poco che le era rimasto nello stomaco.
“Sono davvero ridotta a uno straccio.” si disse, sedendosi lentamente a terra e portando alla memoria un nuovo incantesimo, nel caso i nemici si fossero avvicinati troppo.
«Non perdere la concentrazione.» le ricordò Raistlin, gelido.
«No, non la perdo.» rispose lei, piccata, chiudendo per un attimo gli occhi e cercando di respirare regolarmente. Grazie agli Dei, Raistlin non le aveva ancora fatto alcuna osservazione sul suo veloce decadimento fisico. Forse perché sapeva bene cosa significasse avere un corpo debole. E il suo lo era. Grazie alla vita che aveva fatto, il suo corpo era ben poco più forte di quello di Raistlin.
«Cosa pensi di fare, adesso?» le chiese Raistlin, impersonale.
«Da quello che ho capito, l’oggetto è proprio nello studio di Astinus.- gli rispose lei, gettando un’altra occhiata oltre l’angolo- Credo che andrò a recuperarlo e lo nasconderò finché la battaglia non sarà conclusa.»
«Mi sembra una buona idea…» iniziò a dire l’arcimago, prima di bloccarsi e restare in silenzio per qualche istante. Katlin avvertì che Raistlin era all’erta.
«Ti devo lasciare.» disse, infatti.
Katlin corrugò la fronte, perplessa.
«Cosa c’è? E’ successo qualcosa?» chiese.
«Qualcuno mi farà onor di visita a breve.- rispose Raistlin, sarcastico- Dobbiamo interrompere il contatto.»
«Ho capito.» disse Katlin. Che Paladine avesse notato qualcosa di sospetto nel suo comportamento?
«Te la caverai da sola?» chiese Raistlin, come per un ripensamento. Katlin sorrise con sarcasmo.
«Perché, finora cos’ho fatto?» chiese, maliziosa. Ridacchiò nell’avvertire l’irritazione di Raistlin. «Non preoccuparti, Maestro. Me la caverò.»
«Lo spero, apprendista. Non amo sprecare il mio tempo.» disse Raistlin, caustico, prima di lasciarla sola.
Katlin sospirò. In realtà, la mancanza del contatto con Raistlin la faceva sentire incompleta, ma, dopotutto, quella era la sua Prova…anche se stava barando.
Con uno sforzo, Katlin si alzò da terra. Non aveva ancora finito con quella commedia e non era il caso di perdere altro tempo. Raccogliendo le lunga veste, si mise a correre verso lo studio di Astinus.

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Raistlin troncò il contatto mentale con la sua discepola e si limitò a guardarla attraverso lo specchio ai suoi piedi. Sentiva che qualcuno si stava avvicinando…probabilmente Paladine aveva fiutato l’inganno.
“Non c’è da stupirsene, visto come Katlin ha liquidato Justarius.” si disse, con un sorrisetto. Quella era stata la prima ribellione aperta al piano degli Dei e Raistlin si aspettava le rimostranze, se non l’ira, di almeno uno dei due. Pareva che il compito di far loro una bella lavata di capo fosse del vecchio Fizban.
Raistlin non si voltò al suo arrivo, apparentemente intento a seguire la Prova di Katlin. Dal Dio non proveniva né ira né disappunto e l’arcimago si chiese vagamente cosa avrebbe detto.
Il vecchio mago svanito e un po’ pazzo si sedette accanto a Raistlin, guardando la pozza riflettente con interesse.
«Brava ragazza, vero?- chiese- Mi ha stupito questa sua linea di condotta, ma si vede che ha imparato qualcosa anche da tuo fratello Caramon…» Lanciò a Raistlin un’occhiata obliqua, ma il mago si limitò ad annuire, indifferente.
«Sai, credevo proprio che sarebbe andata a recuperare l’oggetto…come dire…con mezzi propri.- continuò Fizban- Sono felice che invece il suo comportamento sia stato retto e ligio al dovere. Sarà un’ottima Veste Bianca.»
Raistlin alzò appena un sopracciglio, ma continuò a non rispondere, le mani affondate nelle ampie maniche scure. Fizban sbuffò rumorosamente e lo pungolò col suo bastone.
«Ma a chi volete darla a bere, giovanotti?! Credete davvero che non abbiamo idea di cosa vi frulla nel cervello?- sbottò il Dio, lanciando a Raistlin un’occhiata che avrebbe fatto seccare un albero- Katlin non si comporterebbe così. Io lo so, tu lo sai, lei lo sa. Senza contare che ha dato il benservito a Justarius, che fino a prova contraria le era stato raccomandato come Veste Rossa per questa missione!»
Raistlin fece un sorrisetto sghembo, socchiudendo le palpebre sui suoi occhi dorati.
«Chissà cosa frulla nella testa della mia discepola?- disse, con voce venata di cinico divertimento- Nemmeno io ne sono del tutto conscio, perciò non prendertela con me. Io la seguo nel suo viaggio. Non controllo le sue azioni.»
«Oh, quante bugie una in fila all’altra.- borbottò Fizban, guardandolo con burbera disapprovazione- Non cambi mai, vero giovanotto?» Lo stuzzicò ancora col bastone, poi sospirò. «Solinari si è un po’ offeso per questa tua intrusione nella Prova, sai?»
«Davvero?» chiese Raistlin, sollevando un sopracciglio. Inutile fingere ancora. Paladine sapeva tutto.
«Ebbene, sì. Per fortuna, Lunitari l’ha presa con una risata, conoscendoti bene, e Nuitari non ha aperto bocca. I Maghi non sapranno nulla.» disse Fizban, alzandosi di nuovo in piedi.
«E’ finita qui la ramanzina?» chiese Raistlin, sarcastico.
«Non fare il superiore con me, Majere.- lo rimproverò il Dio- Gilean era furioso, ma ha deciso che non aprirà più bocca fino alla fine. A suo dire, si è già immischiato anche troppo con gli affari del mondo. Così, tocca a me tornare a metterti un po’ in riga!»
«Prenditela con la tua Eletta, invece di sprecare il tuo fiato con me, vecchio.» disse Raistlin, sprezzante. Vide il volto di Paladine farsi scuro e si incupì a sua volta.
«Ci saranno tempi e luoghi in cui lei sarà a costretta a riflettere sulle sue azioni.- disse il Dio, a bassa voce- Perciò, almeno per adesso, la lascerò in pace.»
Raistlin strinse le labbra. Cosa voleva dire il Dio? Aveva visto nel futuro di Katlin? Non gli piacevano quelle frasi criptiche: come aveva imparato, nascondevano sempre cose terribili. Non che gli importasse di quella donna, ma il suo futuro dipendeva da lei. Gli era utile…ancora per qualche tempo. Fizban si voltò e lo salutò con la mano.
«Allora arrivederci, Majere.- disse- Fai buon viaggio.»
Raistlin impallidì a quelle parole. Si alzò in piedi di scatto.
«Aspetta!- sibilò- Cosa…cosa vuoi dire?»
Fizban si voltò di nuovo verso di lui, con un’espressione mesta sul volto.
«Non stai per compiere un viaggio, ragazzo mio?» chiese, pacato. Raistlin imprecò tra sé. Il Dio sapeva persino quello?!
«Mi ostacolerai?» chiese, con voce granitica.
«Non ti fermerò.- disse Fizban, guardandolo con serietà- Ma nemmeno ti aiuterò. Se ti prenderà, stavolta non ci sarà sonno in cui farti cadere.»
Paladine e Raistlin si fronteggiarono con lo sguardo per qualche istante, quindi l’arcimago annuì. Fizban sorrise e se ne andò.
Lentamente, Raistlin riprese posto accanto allo specchio. Così, i suoi piani erano conosciuti da almeno un Dio…Chissà se la Regina delle Tenebre conosceva le sue mosse? Non lo credeva possibile, vista la tranquillità che aveva caratterizzato la sua permanenza in quel luogo, ma il pensiero di trovarsela accanto, pronta a dilaniarlo non appena fosse tornato nel proprio corpo, gli strappò un brivido.
Scosse il capo. No, Lei non sapeva. Per questo, il piano che aveva studiato con Katlin sarebbe andato a buon fine. Sarebbe tornato nel mondo dei vivi. Ormai, era solo questione di giorni.
Guardò nella pozza. Katlin era nello studio di Astinus, vuoto. Tre draconici si erano appena stagliati sulla soglia. La Prova di Katlin era quasi conclusa. Raistlin si incupì. Era vero, non gli importava niente di lei, come del resto non gli importava di nessuno. Eppure, aveva iniziato ad apprezzarla. Forse, paradossalmente, a causa di quella voragine oscura che aveva visto nella sua anima, di quel mistero divorante che si trascinava dietro. Esistevano importanti punti di contatto, fra loro, e questo rendeva Katlin non ignorabile. Se questo fosse un bene o un male, o perfino qualcosa di premeditato dagli Dei, Raistlin non avrebbe saputo dirlo.
“Cos’avete in serbo per lei?- si chiese Raistlin, corrugando le bianche sopracciglia- Quali orrori hai visto con i tuoi occhi eterni, Paladine? Da cosa dovrebbe proteggerla quel tuo medaglione di platino?”
Katlin uccise l’ultimo draconico e uscì dallo studio di Astinus, pronta a consegnare l’oggetto magico al Signore della Città di Palanthas.

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Tasslehoff Burrfoot era annoiato.
Questa catastrofica condizione spirituale era andata consolidandosi nei tre giorni che il povero kender aveva dovuto passare confinato in una stanza della Torre di Wayreth, in attesa, come tutti i suoi compagni, di avere notizie di Katlin. Inizialmente, Tasslehoff non l’aveva presa tanto male. Dopotutto, era nella Torre, un posto estremamente interessante, e se fosse riuscito a sgattaiolare fuori dalla propria stanza, che divideva con Caramon e Tanis, di certo non sarebbero mancate le occasioni per divertirsi.
Il problema era che non gli era stato permesso di mettere nemmeno il naso fuori dalla porta! Tanis e Caramon erano stati irremovibili: finché erano ospiti lì, nessuno, soprattutto il kender, si sarebbe messo a gironzolare per la Torre, col rischio di incappare in qualche mago e cacciarsi nei guai.
Così, Tas aveva per prima cosa setacciato la stanza, nel caso qualche mago vi avesse lasciato un anello incantato, un qualche aggeggio per viaggiare nel tempo o che so io. Purtroppo, la ricerca era stata infruttuosa. Nella bellissima camera, apparentemente scavata nel quarzo rosa e contenente due grossi letti, un comò e un tavolo con sedie, non c’era assolutamente niente di magico o quantomeno degno d’attenzione.
Al che, il povero Tas aveva cercato di lenire la noia raccontando a Tanis le sue bizzarre avventure risalenti alle precedenti visite alla Torre, ma si era trovato a dover lottare per il suo ascolto con Caramon, che era sempre più agitato a mano a mano che passavano i giorni. Continuava a lamentarsi perché non ricevevano notizie della loro amica e Tasslehoff si ritrovava a essere zittito ogni due per tre. Un po’ seccato con loro, Tas aveva infine rinunciato a raccontare le sue bellissime avventure.
Crysania, che era alloggiata un paio di stanze più in là, veniva a conversare con loro due o tre volte al giorno, accompagnata da un’apprendista delle Vesti Bianche, ma le loro conversazioni erano sempre così seriose che il kender iniziava a chiedersi entro quando la sua mandibola si sarebbe slogata a forza di sbadigli.
Insomma, in parole povere il kender era annoiato a morte e iniziava a pensare che presto avrebbe dato fuori di matto e avrebbe cercato di fuggire dalla finestra, da cui si vedeva la foresta di Wayreth. Sperava che Katlin fosse lasciata presto libera, perché lei era l’unica che capisse un po’ il suo bisogno di trovare il lato divertente nelle cose.
«Sono passati tre giorni.» disse Caramon, passeggiando per la stanza con le mani strette dietro la schiena.
«Caramon, calmati.» sospirò Tanis, che a sua volta iniziava ad innervosirsi.
«Chissà che le stanno facendo…» disse Caramon, con voce soffocata. Si fermò, guardando fuori dalla finestra, la grande schiena rigida per la tensione. Tas sospirò, guardandolo. Caramon si era affezionato molto a Katlin e si stava tormentando davvero tanto. Il piccolo kender non poté fare a meno di pensare che se si fosse trattato di Raistlin, nessuno sarebbe riuscito a trattenere Caramon dentro la stanza; cionondimeno, era stupefacente quanto Caramon si fosse legato a Kat in così poco tempo. Tasslehoff trovava che i due si somigliassero in molte cose. Sia Caramon che Kat erano sempre pronti a sorridere e scherzare, erano buoni e guardavano al mondo con ottimismo.
Caramon diceva spesso che Katlin gli ricordava Raistlin, ma a Tasslehoff non sembrava poi tanto…anche se, lo doveva ammettere, un tempo il gemello di Caramon non era stato proprio così musone e oscuro e antipatico come negli ultimi periodi prima che morisse. Dopotutto, quando era in buona il mago gli raccontava spesso storie interessanti e non lo trattava poi così male. E bisognava anche ricordarsi di Bupu, la nana di fosso…Mah, forse aveva ragione anche Caramon, chissà.
In quell'istante, qualcuno bussò alla porta.
«Dev’essere Dama Crysania.» disse Tanis, placando il gigante, che si era voltato di scatto. Il Mezzelfo aprì la porta e si trovò di fronte non solo la Reverenda Figlia di Paladine, ma anche la Veste Rossa che aveva mostrato loro le camere il giorno in cui erano arrivati.
«Signori…- disse questi, inchinandosi appena- Presumo desideriate notizie della vostra amica.»
Caramon corse alla porta, inciampando in Tasslehoff, che era lanciato verso la porta a sua volta.
«Katlin sta bene? E’ tutto a posto?» chiese Caramon, agitato. La Veste Rossa sorrise appena.
«La candidata ha superato la sua Prova ed è stata graziata della Veste Bianca.- disse il mago, facendoli sospirare di sollievo- Se volete seguirmi, potrete incontrarla.»
Caramon non se lo fece ripetere due volte. Presa sottobraccio Dama Crysania, seguì il mago nel corridoio, subito seguito da un trotterellante e finalmente eccitato Tasslehoff. Tanis sospirò, chiedendosi per l’ennesima volta cosa diavolo ci facesse lì, quindi chiuse la porta alle sue spalle e seguì il gruppo lungo i corridoi della Torre di Wayreth.

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- Nell’oscurità in cui si trovava echeggiava un pianto lamentoso e straziante.
“Chi piange?” sibilò, stizzita. Quel suono le trapanava il cervello, la faceva uscire di senno. “Chi diavolo è che piange?” gridò, irata. Odiava quel suono, lo detestava! Qualcuno non poteva farla smettere?! Qualcuno non poteva sopprimere la creatura che produceva quel suono?!
Digrignò i denti, sentendo montare in sé un’ira bruciante, un intenso disgusto per chiunque si stesse lamentando in quel modo. L’avesse avuta tra le mani le avrebbe torto il collo…soprattutto perché in fondo al cuore sapeva che la rabbia serviva a celare il terrore che quel suono le incuteva.
“Zitta! Stai zitta!- gridò con quanto fiato aveva, il cuore che le batteva all’impazzata- Chiunque tu sia, chiudi quella dannata boccaccia! Stai zitta! ZITTA! ZITTA! ZITT..” -
«Kat…»
La voce, seguita dal suono della porta che si apriva di colpo, fece svegliare Katlin con un sobbalzo. Si trovò di fronte Caramon, stagliato sulla soglia, che la guardava con apprensione. Crysania e Tanis gli erano appena dietro e Tasslehoff li stava già superando, correndo verso la poltrona su cui si era inaspettatamente appisolata.
«Kat!- esclamò il kender, saltellandole accanto- Finalmente ci vediamo! Ti abbiamo svegliata? Com’è andata la Prova? Hai visto mostri strani? Cosa…»
«Tas!» ruggì Caramon, cercando di porre un freno alle parole del kender.
«Sto bene, Caramon.- disse Katlin, sorridendo con fare rassicurante al gigante e celando il batticuore che l’incubo le aveva provocato- Sono solo stanca e devo essermi appisolata senza volerlo. Ma entrate, non state sulla porta!»
I tre oltrepassarono la soglia e la chiusero dietro di loro, trovando poi posto sul letto e sulle due sedie a disposizione. Katlin si accorse che sia Caramon che Tanis la studiavano, anche se in modi diversi. Tanis stava guardando con aria poco convinta la nuova veste bianca che indossava. Il Mezzelfo doveva aver subodorato l’inganno, in quanto quel poco che aveva visto di lei non si accordava con quel colore così puro. Caramon, invece, aveva notato con occhio di falco che Katlin non aveva mosso nemmeno un dito da quando erano entrati. Katlin sorrise. Mamma chioccia si rendeva conto di quanto doveva essere stanca, avendo avuto esperienza con Raistlin.
«Allora, questa Prova, Kat?» la sollecitò Tasslehoff, eccitato. Katlin lo guardò con affetto.
«Non è permesso parlarne, Tas, lo sai.- disse, poi sospirò- Comunque, vi basti sapere che è andata bene. Ho la Veste, che è tutto ciò che mi occorre al momento, e la promessa di un rapido viaggio verso Palanthas. Obiettivo raggiunto.»
«Cosa significa?» chiese Tanis, perplesso.
«Le Vesti Nere ci teletrasporteranno alla Torre della Grande Stregoneria di Palanthas, ove Dalamar ci sta aspettando.» spiegò Katlin.
«Dalamar?!» sbottò Tanis, ricordando l’elfo oscuro, discepolo di Raistlin.
«Andremo alla Torre?» mormorò Crysania, cupa in volto. Katlin annuì, poi fece gesto di voler prendere il bicchiere appoggiato sul tavolino accanto alla poltrona, ma le dita le tremavano talmente che lo fece imborsare. Trattenne un’imprecazione, mentre Caramon si alzava velocemente dal letto e le versava un nuovo bicchiere d’acqua.
«Grazie, Caramon.» mormorò la ragazza, spossata.
«Sei stanca morta.- disse Caramon, burbero- Dovresti stare ferma almeno…beh, almeno una settimana! Altro che Torre ed elfi oscuri…»
«Caramon, non abbiamo tempo da perdere.- gli ricordò Katlin- Domani pomeriggio, sul tardi, le Vesti Nere saranno pronte a mandarci a Palanthas. Dormirò quanto più possibile, mangerò e mi riprenderò, vedrai.»
«In questo caso, Katlin, forse dovremmo lasciarti riposare.» interloquì Dama Crysania, sorridendo.
«No, non è…» tentò di replicare Katlin, ma Caramon non volle sentire ragioni.
«Ora te ne vai a letto e dormi, Kat. Parlerò con quel mago e ti farò portare una cena come si deve. Devi mangiare.» le disse, burbero, soffocando le sue proteste e prendendola in braccio per metterla a letto.
«Caramon, non sono una bambina…» disse Katlin tra i denti, imbarazzata. Caramon sbuffò e la mise a letto senza tante cerimonie.
«Coraggio, dormi.- le ordinò- Noi torniamo in camera. Ci vediamo dopo.»
«Ancora in camera?!- protestò Tasslehoff- Ma Caramon…»
«E tu sarai il primo a uscire di qui. Forza!» gli ingiunse il gigante, facendo immusonire Tas e sorridere Katlin.
«Riposati bene, Katlin.- mormorò Crysania, guardandola con i suoi occhi ciechi- Pare che il tuo viaggio stia per cominciare. Devi essere in forze.»
«Sì, dici il vero.» sussurrò Katlin. Intercettò l’occhiata cupa di Tanis e vi rispose con sfida. Il Mezzelfo sospirò, quindi offrì il braccio a Dama Crysania e i due uscirono dalla stanza.
Lasciata sola, Katlin osservò il soffitto. Raistlin aveva ripristinato il collegamento con lei solo per un breve istante, per comunicarle con fare sbrigativo che Paladine era al corrente di tutti i loro piani, indi era scomparso di nuovo. Katlin si rendeva conto che la parte più importante del loro piano era in pericolo. Come Paladine era venuto a sapere il loro segreto, anche la Regina Oscura poteva farlo. Occorreva giungere in fretta alla Torre e per questo non poteva permettersi di essere debole. Come se non fosse bastato, antichi incubi erano tornati a tormentarla. Fece una smorfia, voltando il capo fino a toccare il cuscino con la guancia. Per quanto fosse stanca, non credeva proprio sarebbe riuscita a dormire. Troppi pensieri le vorticavano nella mente, tenendola sveglia.
Pochi minuti dopo, invece, le palpebre le si chiusero e il respiro le si fece pesante. Misericordiosamente, nulla venne a turbare nuovamente il suo sonno.

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Capitolo 7
*** 6 - I discepoli del Maestro ***


«C’è un gradino, Dama Crysania. Fa’ attenzione.» le disse la voce di Tanis, che la conduceva.
«Grazie, Tanis.» mormorò lei, sollevando il piede quanto bastava per salire sulla piattaforma. Crysania non vedeva nulla del luogo in cui si trovava, ma era conscia di ogni movimento e presenza all’interno della grande sala in cui erano stati accompagnati. Quella sera sarebbero stati teletrasportati alla Torre della Grande Stregoneria di Palanthas da un gruppo di Vesti Nere, in quanto le altre forme di magia sarebbero state respinte da Nuitari, che governava sulla Torre. Ladonna, capo delle Vesti Nere, avrebbe coordinato le loro forze e li avrebbe diretti alla Torre. Non era ancora presente, in quanto doveva per prima cosa avvisare l’elfo oscuro Dalamar del loro arrivo, ma le Vesti Nere avevano già iniziato a prepararsi per lo sforzo magico, iniziando a cantilenare qualcosa che alle orecchie della chierica pareva una melodia dissonante.
Crysania sentiva il suo animo riempirsi d’ansia al pensiero di mettere di nuovo piede in quella oscura costruzione, teatro dei suoi primi incontri con Raistlin e di tanti, dolceamari ricordi. D’altronde, la forza che aveva scoperto in sé dopo la terribile esperienza nell’Abisso la faceva procedere senza un tentennamento. Aveva deciso di accettare il nuovo incarico che Paladine, tramite le parole della giovane Katlin, le aveva posto di fronte, e la sua fede la guidava con la stessa costanza e premura che le trasmetteva ora il braccio di Tanis. Crysania non sapeva dove tutto ciò l’avrebbe condotta, e sentiva agitarsi nel suo cuore presentimenti che non comprendeva, ma avrebbe affrontato tutto con coraggio.
Questo, Raistlin le aveva insegnato.
«Ma quando lo attivano questo incantesimo? Sapete, io sono già stato teletrasportato! Vi ho mai parlato dello scettro per viaggiare nel tempo?» sentì chiedere Tasslehoff, con voce squillante.
«Hanno già iniziato, Tas. Non li disturbare, prima che facciano qualche sbaglio.» rispose Caramon, burbero, con una vena d’agitazione nella voce nemmeno tanto velata.
«Non preoccupatevi, sarà questione di pochi attimi.» disse Katlin, con voce rassicurante.
Crysania non riusciva a comprendere davvero la donna di Yolta, eppure sentiva che più di tutti loro lei riusciva a percepire, se non a vedere, le mille sfaccettature del suo animo. Una volta separata la presenza di Raistlin dalla vera essenza di Katlin, Crysania si era trovata di fronte una persona dall’animo estremamente complesso. Quel poco che aveva permesso loro di vedere non era che una piccola parte del tutto. Ciò, però, non sottintendeva l’inganno, come Crysania pensava sospettasse Tanis, bensì una più profonda lotta all’interno della stessa Katlin. Crysania sapeva che la guerra più terribile era quella combattuta dentro se stessi per giungere alla verità, e per questo stava sviluppando per Katlin affetto e stima. Comprendeva perché Paladine l’avesse scelta. D’altronde, in una parte del suo cuore, che aveva accettato ma non si era ancora completamente assopita, ardeva un fuoco che Crysania temeva di poter identificare con una qualche forma di gelosia. Raistlin era con Katlin…e Crysania, per quanto avesse fatto o detto, non sarebbe mai riuscita a dimenticare l’Arcimago. Era arrivata ad accettare anche questo.
«Dama Crysania, stai bene?- le chiese Tanis in quel momento, facendola quasi sobbalzare- Sei pallida.»
Crysania sorrise, toccando la mano di Tanis con espressione rassicurante.
«Sto bene, Tanis, non preoccuparti.» disse. Sentì qualcuno avvicinarsi e prenderle le mani, sottraendola all’appoggio di Tanis. Dalla fragilità delle dita che la stringevano, riconobbe Katlin prima ancora che parlasse.
«Probabilmente la magia nera ti fa in qualche modo effetto, Dama Crysania.- disse la giovane- Resta vicino a me. Non durerà a lungo.»
Crysania sorrise, mesta. Se avesse saputo quali pensieri la rendevano pallida, forse Katlin non sarebbe stata così gentile. La sua vicinanza, però, le rendeva meno sgradevole la cantilena magica, perciò non protestò.
«Ecco Ladonna.» mormorò Katlin.
«Spero siate pronti.- disse la Veste Nera, con voce secca- Non abbiamo tempo da perdere. Ancora non vedo perché dovremmo favorirvi in tal modo.»
«Ma siete voi ad aver perso tempo…» iniziò a protestare Tasslehoff, prima che la mano di qualcuno lo zittisse. Crysania seguì con gli occhi della mente gli spostamenti della maga all’interno della sala, mentre la cantilena saliva di tono ed iniziava a fare il suo effetto. Una sorta di forza iniziò a concentrarsi attorno a loro, e tutti si avvicinarono l’uno all’altro in silenzio. Crysania corrugò la fronte. Quella maga chiamata Ladonna era come una macchia oscura nella luce che la circondava. La Reverenda Figlia di Paladine sentiva provenire da lei una volontà oscura superiore…un intento offensivo.
«Katlin…» mormorò.
«Va tutto bene, Dama Crysania.- disse lei, stringendole più forte la mano- Ancora un paio di minuti e sarà concluso.»
Ladonna si unì al canto e la sensazione di oscurità crebbe in Crysania.
«Katlin, c’è qualcosa che non va.» sussurrò ancora Crysania, urgente.
«L’incantesimo è giusto, Dama Crysania. Non abbiate timore di…» cercò di placarla Katlin, ma stavolta fu lei a zittirla stringendole la mano in una morsa.
«C’è una volontà oscura dietro quella Veste Nera!» sussurrò, febbrile. Sentì Katlin tendersi accanto a lei.
«Cosa vuoi dire?» chiese la ragazza. Crysania fece per rispondere, ma era troppo tardi. La magia era attivata. La donna si sentì tirata in mille direzioni diverse, e si aggrappò alla mano di Katlin. Sentì Caramon imprecare, e Tanis esclamare qualcosa in elfico.
Poi, la sensazione svanì. Sotto i suoi piedi, il pavimento tornò ad essere stabile.
«Siamo…alla Torre?» chiese, prima che una orrenda sensazione di terrore le attanagliasse il cuore. No, non erano alla Torre. Poteva capirlo dal tremore che scuoteva il corpo del piccolo Tas, accanto a lei. Poteva capirlo dal fiato trattenuto di Caramon e Tanis. Poteva capirlo dalla mano fattasi di ghiaccio di Katlin.
«Sia maledetta Ladonna!- esplose Katlin, lasciando andare la chierica e facendo echeggiare la propria voce nella strada vuota, dando voce ai timori di Crysania- Ci ha teletrasportati fuori dal Boschetto di Shoikan!»

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Katlin non voleva crederci. Invece di trovarsi in una stanza della Torre, con Dalamar ad attenderli, si trovavano a pochi passi dal Boschetto di Shoikan. Il terrore emanava dal bosco come una marea crescente, scuotendo il suo corpo in tremiti, benché avesse attraversato quegli alberi sotto altre spoglie moltissime volte.
«Il Bosco…dannata sia Ladonna!!» sibilò, gli occhi blu scuriti dall’ira.
«Ma come può essere successo?» chiese Caramon.
«Hanno sbagliato?» chiese Tas, con voce incerta.
«No, ho paura di no.- disse Katlin, con una smorfia- Non possiamo parlare qui. Allontaniamoci un po’.»
Tutti accolsero con piacere quel consiglio, ed il gruppo si inoltrò nel quartiere deserto, mettendo un po’ di distanza fra loro ed il Bosco. Sedettero all’ingresso di un edificio abbandonato, mentre attorno a loro si allungavano le ombre della sera.
«Si può sapere che è successo?» chiese Tanis, stranito. Erano partiti col presupposto di facilitarsi le cose utilizzando la magia, ma sembrava che le cose fossero andate storte.
«Ladonna gestiva l’incantesimo. Se non ci ha condotti alla Torre, significa che l’ha fatto di proposito.» disse Katlin, amara. Il suo viso era pallido, le labbra strette.
«Cosa credi che sia successo?» chiese Caramon, cupo.
«Crysania, tu cos’hai sentito?» chiese Katlin, stanca, appoggiando la testa alla parete dietro di lei. Tutti si voltarono verso la chierica.
«Mi ero accorta che Ladonna, la Veste Nera, aveva qualcosa di strano.- disse Crysania, avvertendo la loro attenzione- Avvertivo la sua presenza come una figura ammantata di oscurità. Non era così, prima di uscire dalla stanza per mandare a Dalamar il nostro messaggio.»
«Cosa intendi dire?» chiese Tanis, corrugando la fronte. Katlin sospirò.
«Ho paura che Takhisis abbia iniziato a subodorare qualcosa.- disse, sorprendendoli- Se Crysania dice che Ladonna era guidata da una volontà oscura, può essere che la dea le abbia detto di ostacolarci. Ci scommetto che non ha nemmeno avvertito Dalamar.»
«Significa che Takhisis sa…» iniziò a chiedere Caramon, pallido.
«No, non credo, ma di certo ha avvertito il pericolo che la minaccia.- disse Katlin, prima di coprirsi il volto con le mani e borbottare- Troppo presto…troppo presto, dannazione!»
«Che vuoi dire? Ti aspettavi che lo scoprisse?» chiese Tanis, stupito. Katlin sospirò.
«Ovvio che scopra tutto, prima o poi.- disse, alzandosi in piedi- Ma ora è troppo presto, e scombina tutti i miei piani.»
«Potremmo andare alla Torre del Sommo Chierico e scrivere a Dalamar.- propose Crysania- Certamente mi risponderà a breve. E’ certo meglio che rischiare l’orrore del Bosco, e potremo riposarci come si conviene.»
Katlin scosse il capo, quindi si incamminò di nuovo verso la Torre.
«Kat, dove vai?» chiese subito Tas, saltando in piedi come un grillo.
«Ho bisogno di riflettere.- disse lei, senza voltarsi- Torno subito.»
Katlin non riusciva a credere alla propria ingenuità, né alla propria sfortuna. Stanca ed ancora affaticata dalla Prova, non aveva prestato grande attenzione a ciò che la circondava, certa che i Maghi non sapessero nulla della sua missione e che nulla di male le sarebbe venuto all’interno della Torre di Wayreth. Eppure, come Gilean si era infiltrato nei pensieri di Justarius e l’aveva reso conscio dell’approssimarsi di un importante avvenimento, Takhisis poteva benissimo aver versato veleno nell’orecchio di Ladonna. Certo, la Dea delle Tenebre non conosceva ancora il loro scopo, altrimenti Ladonna avrebbe fatto di peggio che teletrasportarli alle porte della Torre. Nonostante ciò, la faccenda costituiva un impedimento, e poneva il piano di Katlin in allarmante pericolo.
«Raistlin…» chiamò, quando fu ad una distanza di sicurezza dagli altri.
«Lo so.- disse subito lui- Non ci voleva.»
Katlin sospirò.
«Dobbiamo rivedere tutto, anticipare i tempi.- disse, mentre la sua mente viaggiava attraverso le fasi del piano, riaggiustandole- Non possiamo rischiare che lei ti veda e ti aspetti al varco.»
«No, infatti.» ammise Raistlin. Katlin lo sentì imprecare appena. «Cos’hai in mente, apprendista?» chiese, freddo.
«Non abbiamo tempo da perdere, perciò andrò alla Torre stanotte.- disse Katlin, con una luce dura negli occhi- Attraverserò il Bosco e parlerò con Dalamar.»
«Non ce la farai.» disse Raistlin, sprezzante.
«Gli spettri mi riconosceranno. L’ho attraversato con te un sacco di volte.- lo interruppe Katlin, decisa- Parlerò con Dalamar e accelererò le altre fasi del piano. Ma tu devi tornare al tuo corpo, e non ti sei ancora preparato…»
«Non è quello il problema, però dovremo troncare il contatto tra noi. – disse Raistlin, duro- Attraversando il Bosco porrai su di te la Sua attenzione, questo lo sai.» Katlin annuì e Raistlin continuò. «Questo mi darà il tempo di prepararmi. Osserverò le tue mosse da qui, ed attenderò il momento giusto per tornare al mio corpo.- continuò l’arcimago, la mente già al lavoro- Da quel momento, non ci sarà più comunicazione fra noi. Dovrai farti trovare pronta e ciò significa che devi convincere sia gli spettri che Dalamar a non ucciderti. Non sarà facile.»
«Quanto pensi di impiegare per raggiungere il Portale?» chiese Katlin, preoccupata più per lui che per se stessa.
«E chi lo sa, apprendista?- disse Raistlin, sarcastico- Se il mio corpo giace ancora dov’è caduto, c’è ben poca strada tra me e il Portale. C’è da aggiungere, però, che sarò di certo privo di forze e che il tempo, nell’Abisso, viaggia ad una diversa velocità a Portale chiuso.»
«Allora farò il necessario non appena mi darai il segnale.- disse Katlin- In quel modo, non dovremo preoccuparci dello sfasamento temporale.»
«I Suoi occhi si punteranno su di noi, allora.» mormorò Raistlin. Katlin rimase in silenzio per un istante.
«Vuoi ripensarci?» chiese, a mezza voce. Da Raistlin venne un’esclamazione tra lo stizzito e il sardonico e Katlin sorrise. No…come aveva detto prima di entrare a Wayreth, non c’era più modo di tornare indietro. «E allora che sia.» disse, decisa, tornando dagli altri.
«Ho preso una decisione.- disse, vedendoli in aspettativa e prevenendo Tanis, che stava per parlare- Io vado alla Torre, stanotte. Voi prendete alloggio in città, possibilmente vicino alla Tempio di Paladine. Vi troverò io, quando avrò finito.»
«Tu…cosa?» chiese Caramon, sbalordito.
«Vengo anch’io! Oh, ti prego, Kat, fammi venire!» strillò subito Tas, eccitato.
«Vuoi entrare nella Torre?- disse Tanis, basito, alzandosi in piedi- Katlin, ti rendi conto di cosa stai dicendo? Nessuno può oltrepassare quel bosco maligno! E’…»
«Non te lo permetto, Kat!» sbottò Caramon, afferrandola per un polso come se volesse trascinarla via seduta stante.
«Fate un po’ di silenzio!- esclamò Katlin, seccata, ottenendolo immediatamente- Posso passare, perché l’ho già fatto, anche se non nel mio corpo. E, come certo Caramon e Crysania potranno testimoniare, Tanis, chi ha il benestare del padrone della Torre può entrare, e Raistlin è il mio Maestro.»
Questo li zittì. Crysania abbassò appena il capo, inondandosi il viso di capelli corvini e Caramon allentò la presa, permettendo a Katlin di liberarsi.
«Non puoi attendere di avere l’invito esplicito di Dalamar?» chiese Caramon, quasi supplicandola.
«No, Caramon. Takhisis mi vede.- disse Katlin, dura- Non ha ancora capito chi sono e cosa rappresento, perciò devo muovermi subito.»
«Ma perché?- chiese Tanis, perplesso- Non possiedi nemmeno un pezzo dello Scettro. La tua cerca non è ancora cominciata. Perché hai tutta questa fretta di andare alla Torre?» Si fermò un istante, come folgorato. «Cosa devi fare laggiù, a parte vedere Dalamar?» chiese, piano.
Katlin fece un sorrisetto che mise a tutti i brividi addosso, ma non rispose. Voltò loro le spalle e si allontanò.
«Sei perspicace, Mezzelfo.- mormorò tra sé, poi disse- Fate come vi ho detto. Ci vediamo presto!»
Si diresse alla Torre, ignorando le voci che la chiamavano e iniziando a richiamare a sé il potere magico. In effetti, era un bene che non entrassero nella Torre. La presenza degli Eroi delle Lance, senza contare Crysania, avrebbe messo sicuramente la Dea Oscura in ulteriore allarme, ed anche se Nuitari non parteggiava per Takhisis, in quella particolare faccenda, era meglio non stuzzicare troppo il can che dorme. In questo modo doveva solo convincere Dalamar a farla restare quel tanto che bastava da attuare il suo piano…e già questo poteva rivelarsi difficile.
Katlin raggiunse il limitare del Bosco, e lì si fermò. Il suo sguardo si soffermò sulle querce avvolte dalle ombre, ombre che si facevano sempre più fitte col calare della notte, la quale dava agli spettri che la abitavano una potenza ancora maggiore. Il terrore che scaturiva dal Bosco era di potenza inaudita. Katlin respirò a fondo, tentando di placare i tremiti del proprio corpo e il battere furioso del cuore. Per quanto dicesse, per quanto la sua anima fosse abituata agli orrori del Bosco, il suo corpo non lo era affatto, e le stava comunicando di scappare via il più velocemente possibile.
«La notte non è proprio il momento adatto per attraversarlo…» le disse Raistlin, sardonico, facendola trasalire.
«Lo so.- disse Katlin, tra i denti- Ma entrerò comunque. Ci salutiamo qui?»
«Sì, mia discepola. Tronco il contatto fino al momento di agire.- disse Raistlin- Buona fortuna, per quanta ce ne possa essere in queste tenebre.»
«Bell’incoraggiamento.» disse Katlin, ma si accorse di essere ormai sola. Raistlin se n’era andato. Stringendo i denti, Katlin si costrinse a fare il primo passo all’interno del Bosco di Shoikan.
Le ombre la avvilupparono immediatamente come una fitta nebbia oscura. Il terreno spugnoso, cedevole, le rendeva il cammino più difficile di quanto già non fosse. Katlin si accorse di aver stretto le pieghe del vestito nella morsa dei pugni chiusi e si costrinse a rilassare le dita già congelate. Continuò a camminare, vagamente conscia di essere sotto osservazione. Gli spettri stavano decidendo cosa fare di lei.
«Incauta Veste Bianca…» sussurrò qualcuno alle sue orecchie, e Katlin si trattenne dal voltarsi in preda al panico. Non poteva farsi vedere debole, perciò continuò a camminare.
«Carne e sangue per gli eterni affamati…sangue giovane…» mormorò qualcun altro, alla sua destra. Li sentiva assieparsi attorno a lei. Una mano le sfiorò la caviglia, attraverso lo stivale.
«Incauta Veste Bianca, la Notte è il nostro regno.- disse uno spettro, con voce roca- Ti sei donata alla Tenebra, e il tuo sangue ci riscalderà.»
Katlin avvertì una bocca priva di labbra, gelida come la morte, accostarsi alla sua gola. Intonò un incantesimo offensivo che la liberò del suo aggressore, ma questo risvegliò l’ira degli spettri.
«Io sono Katlin ‘Ym Adoonan! Voi mi conoscete sotto altra forma!- esclamò Katlin, imperiosa, con tutta la voce che le era rimasta, mentre mani incorporee uscivano dal terreno per bloccarle i movimenti- Avete permesso alla mia anima di passare più volte! Fate passare anche il mio corpo, ora!»
Questo fermò gli spettri per un istante. Katlin non desiderava nominare Raistlin, ma temeva che ci sarebbe stata costretta. Gli spettri non si nutrivano da tempo e lei era molto appetibile…senza contare che portava la Veste Bianca! Era quasi un invito esplicito.
«Ti conosciamo e non ti conosciamo. Seguivi Colui che può passare.- sibilarono gli spettri, avvicinandosi più lentamente- Sei stata Rossa, Nera, ed ora sei Bianca. Ma allora non avevi corpo vivo, sangue caldo! Il tuo lasciapassare è spezzato. Cederai alla Tenebra, fuori e dentro alla tua mente…e allora sarai nostra.»
«Non cederò.» disse loro Katlin, tra i denti, riprendendo a camminare. Il cuore le batteva furiosamente in petto. Il freddo che sentiva proveniva da dentro di lei. Oh, sì! Gli spettri la conoscevano…meglio di quanto supponesse! La tenebra del Bosco echeggiava un’altra tenebra… notti senza fine. Un pianto senza fine.
«Non cederò!» si disse di nuovo. Da qualche parte nella sua mente, qualcuno iniziò a singhiozzare, come a sfidare la sua sicurezza.
Gli spettri la seguirono come un funebre corteo.

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Il nuovo padrone della Torre della Grande Stregoneria di Palanthas sedeva vicino al caminetto acceso, con un libro in grembo. Affaticato da una lunga serie di esperimenti di evocazione, aveva appena consumato una cena frugale e stava cercando di rilassarsi con la lettura di un tomo trovato nella ricchissima biblioteca lasciata dal suo Shalafi.
Purtroppo, la lettura era continuamente disturbata da suoni e rumori tutt’attorno a lui. Gli spettri erano irrequieti, quella notte, e a Dalamar stava scappando la pazienza. Si alzò in piedi con un agile scatto, lasciando il libro sulla poltrona, quindi andò alla porta dello studio e la aprì.
«Si può sapere cosa sta succedendo?- chiese, imperioso e freddo, al corridoio vuoto- Cos’è tutto questo baccano?»
Un volto incorporeo si materializzò a poca distanza da lui.
«Perdonate, Lord, ma gli spettri del Bosco stanno combattendo.- sussurrò la voce dello spirito- Un intruso cammina nel Bosco di Shoikan.»
«Un intruso?!- esclamò Dalamar, sorpreso- Ed è necessario ucciderlo facendo un simile baccano?»
«Il baccano deriva dal fatto che essi non riescono ad ucciderlo, Lord.- ammise lo spettro- Perciò si lamentano.»
Dalamar rimase per un istante in silenzio, attonito. Chi poteva essere in grado di resistere al terrore del bosco ed al contempo non rimanere vittima degli spettri assetati di sangue vivo?
«Chi è questo intruso?» chiese, e la sua voce divenne di un paio di gradazioni più fredda.
«Non sappiamo in verità chi sia.- rispose lo spettro- Conosciamo la sua anima, ma il suo corpo ci è nuovo. Il passaggio è per questo impedito, ma il suo cammino non si è fermato. Porta con sé un grande potere…»
«E’ un mago?» chiese ancora Dalamar. Lo spettro annuì. «Se i Morti non sanno sopraffare l’intruso, sarò io a porre un freno ai suoi passi incauti.- disse Dalamar, iniziando a scendere ai piani inferiori- Lasciate che venga alla Torre.»
Dalamar non riusciva a comprendere come potesse essere possibile. Il Bosco di Shoikan era un sistema di sicurezza infallibile. Solo il suo Shalafi e coloro che erano stati scelti da lui potevano oltrepassare il Bosco senza gravi danni. Fece una piccola smorfia, che diede un’aria crudele al suo volto avvenente. Con la morte dello Shalafi, i lasciapassare erano stati spezzati. Né Crysania né Caramon potevano più entrare alla Torre, a meno che non ricevessero da lui, Dalamar, un nuovo lasciapassare. Era lui il padrone della Torre, ora, e la sua parola era legge. Eppure, chi poteva essere giunto così vicino alla Torre?
«Qualcuno che gli spettri conoscono in anima e non in corpo.- mormorò l’elfo oscuro, raggiungendo il pianterreno- Qualcuno che aveva un lasciapassare…» Solo due persone gli vennero alla mente ed entrambe ebbero l’effetto di fargli rifluire il sangue dal viso. La prima era, ovviamente, il suo Shalafi. La seconda era Kitiara. Ma entrambi erano morti, quindi non erano contemplabili…oppure no?
Sentendosi improvvisamente più nervoso di quanto gli piacesse ammettere, Dalamar preparò l’accoglienza per il suo misterioso ospite. Fece piombare la sala d’ingresso nella tenebra, indi rimase immobile, accanto alle scale, in attesa. Passarono lunghi minuti di silenzio, nell’ingresso gelido, prima che un corpo si appoggiasse di peso contro la porta, producendo un rumore sordo. Dalamar sentì aprirsi la porta e un passo leggero, appena strascicato, fare il suo ingresso. la porta si richiuse e l’unico suono rimase il respiro affaticato e un po’ sibilante dell’intruso. Gli spettri dovevano avergli fatto almeno qualche danno.
Dalamar agì solo quando sentì il mago iniziare a pronunciare un incantesimo per scacciare la tenebra incantata. Scagliò un’imposizione sul mago, bloccandone i movimenti.
«Una sola parola di magia in questa sala, e la vostra vita subirà un brusco termine.»  ingiunse, gelido, avvicinandosi lentamente alla fonte del suono sibilante. «Siate svelto a dirmi il vostro nome e il vostro scopo nel compiere questa impresa suicida.» Sentì il mago ridere sommessamente.
«Così si è ridotta l’accoglienza alla Torre di Palanthas?- disse l’intruso- Che delusione, Lord Dalamar.»
«Non mi risulta siate stato invitato.» replicò Dalamar, sarcastico. La voce dell’intruso era bassa, come se facesse fatica a parlare, e aveva un che di femmineo. Probabilmente era un uomo giovane…ma quale uomo poteva avere abbastanza potere da eludere gli spettri? L’intruso rise ancora, e la sua risata non gli piacque.
«Il padrone della Torre mi ha dato un lasciapassare.- disse questi- Vi basta per darmi il permesso di muovermi, Lord Dalamar? Non ho intenzione di dare problemi.»
«Non prima che io vi veda in faccia.» disse Dalamar, irato per le insinuazioni riguardo il suo potere sulla Torre, afferrando lo sconosciuto per la gola e scacciando l’oscurità con una parola. La prima cosa di cui si accorse fu che stava stringendo una gola troppo sottile per appartenere ad un uomo. Quindi, i suoi occhi furono pieni della bellezza sensuale di una donna dai capelli castani e le labbra piene piegate in un sorrisetto.
«Kitiara?!» esclamò Dalamar, facendo quasi un passo indietro. Negli occhi della donna passò un lampo d’ira e d’odio a malapena celato. Questo permise all’elfo oscuro di avvedersi delle enormi differenze che passavano tra la spadaccina morta e l’intrusa. I capelli castani si inanellavano in lunghi boccoli. Gli occhi dal taglio allungato come quelli di Kitiara erano però del colore del cielo prima dell’alba. Vestiva la Veste Bianca dei maghi di Solinari ed era più pallida e fragile della sua un tempo amante. Il fianco destro e la spalla sinistra di quella Veste Bianca erano intrisi di sangue, che continuava ad uscire dalle ferite, e questo spiegava il velo di sudore che le imperlava la fronte.
«Katlin ‘Ym Adoonan, in verità.- disse la donna, con voce bassa in cui l’elfo poté finalmente leggere la sofferenza fisica- Ho ben poco a che fare con Kitiara Uth Matar, ringraziando gli dei.»
«Chi siete voi?- mormorò l’elfo, stringendo la presa su quella gola sottile- Come avete potuto oltrepassare il Bosco…siete così giovane! Qual è il vostro maestro? Cosa spinge una Veste Bianca alla Torre oscura di Palanthas?!»
La donna sorrise di nuovo, benché fosse evidente che le costava fatica.
«Non siete stato attento, Lord Dalamar.- disse, con voce arrochita- Vi ho già detto chi fu il mio Maestro.» Ridacchiò appena, poi fece una smorfia di dolore. «Il vostro Shalafi sarebbe dispiaciuto nel sapere che l’avete dimenticato così presto…»
Gli occhi verdi di Dalamar si spalancarono per lo stupore. Cosa stava dicendo quella donna?! L’effetto del suo incantesimo si esaurì, lasciando libera la donna dalla costrizione. Lei cadde, incapace di reggersi in piedi, e Dalamar fece appena in tempo a prenderla per le braccia.
«Siamo discepoli dello stesso Maestro, Lord Dalamar.- sussurrò la donna, guardandolo con occhi febbricitanti- Se sopravviverò…sarà mio piacere spiegarvi tutto.» Sorrise di nuovo, con un sarcasmo che provocò un brivido non voluto nell’elfo oscuro, poi le iridi le si rovesciarono all’indietro e perse conoscenza.
Dalamar rimase a fissarla per qualche istante, incapace di fare i conti con le parole appena sentite, quindi prese la donna fra le braccia. C’era sempre tempo per ucciderla. Aveva raggiunto l’obiettivo di stuzzicare la sua curiosità, perciò avrebbe atteso il suo risveglio. Qualsiasi notizia riguardasse il suo defunto Shalafi, non andava presa sottogamba.
Pronunciando una singola parola, Dalamar scomparve dalla sala d’ingresso insieme alla sua ospite inattesa.

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Dalamar si rimaterializzò all’interno di una tra le innumerevoli camere da letto della Torre. Vista la mancanza di ospiti, che disertavano quel luogo da qualche centinaio di anni, la camera era priva di luce, e tutto era coperto da uno spesso strato di polvere e ragnatele.
L’elfo oscuro pensò che la donna doveva già ringraziare di non essere stata uccisa, e che lo stato in cui verteva la stanza non era certo un problema suo. Depose il corpo sul copriletto di velluto nero con delicatezza e chiamò a sé una luce magica, quindi osservò le ferite prodotte dagli spettri. Corrugò la fronte. Erano piuttosto gravi…soprattutto quella al fianco destro. Se l’avesse lasciata in quelle condizioni, la giovane maga non sarebbe sopravvissuta.
Dalamar estrasse un anello da una delle molte tasche della sua veste nera e se lo rigirò tra le dita. Quell'oggetto gli aveva salvato la vita diverso tempo prima, e da allora non se ne separava mai. Non si poteva mai sapere quando qualcuno avrebbe deciso di testare l’effetto del proprio acciaio nella sua carne di elfo…Infilò l’anello al dito della donna, quindi salmodiò un incantesimo. Quasi immediatamente, il colore tornò sul volto della giovane ed il suo respiro divenne profondo e regolare.
Sinceratosi che fosse fuori pericolo, Dalamar si concesse qualche istante per studiarla. Non aveva mai visto quella Veste Bianca nei corridoi di Wayreth. La sua giovane età presupponeva avesse superato da poco la Prova, eppure possedeva un potere che le aveva concesso di attraversare il Bosco senza l’aiuto di nessuno. Per quanto avesse detto, i lasciapassare di Raistlin erano spezzati e l’arrivo alla sua meta se l’era guadagnato col proprio sangue.
Questo indusse Dalamar a provare per lei un certo rispetto. L’elfo oscuro approvava il coraggio ed il sangue freddo, anche nei propri nemici. La donna doveva aver mentito sul suo Shalafi, ovviamente, ma la mossa era risultata intelligente. Non era forse stata curata ed adagiata su un letto, invece che data in pasto ai Morti? Era una donna dalla mente sveglia e dal cuore saldo. Caratteristiche inusuali, per i maghi dell’epoca in cui vivevano.
Dalamar si concesse un sorrisetto sarcastico, quindi sfiorò con le dita una sottile catenella legata alla gola della donna. La sollevò, prendendo in mano il pendente che le riposava sul petto. Corrugò la fronte nel rendersi conto di stare stringendo un drago di platino. Quella maga era favorita da Paladine.
“Un invito a nozze per gli spettri.- pensò, sorpreso- Il vostro è coraggio o follia, mia signora?”
Lasciò andare il pendente e la scrutò in volto. Il sonno le aveva tolto qualsiasi segno di sarcasmo dal viso. Rilassato e sereno, sembrava dormire il sonno di un’anima pura. Proprio mentre pensava questo, però, il volto della donna fu solcato da una smorfia di sofferenza, prima di rilassarsi di nuovo. Dalamar le prese il mento fra le mani, voltandole il viso perché fosse più alla luce. Sì, qualche tratto in comune con Kitiara l’aveva, anche se ora, con gli occhi chiusi, gli pareva una bellezza molto più comune ed ordinaria, senza nulla di quella sensualità sconvolgente che aveva caratterizzato la Signora dei Draghi. Il fuoco che le ardeva negli occhi, la sfida che le aveva letto nello sguardo, però, avevano la ferrea risolutezza della spadaccina…probabilmente anche qualcosa in più. La luce magica creò ombre sotto gli zigomi della ragazza e Dalamar rabbrividì, impallidendo.
Il suo Shalafi! Altro che Kitiara, quella donna somigliava al suo Shalafi!
Dalamar la lasciò andare come se si fosse scottato, e la testa di lei ciondolò da un lato. Dalamar si toccò con un gesto incosciente le ferite suppuranti che il suo Shalafi gli aveva lasciato come monito, come punizione per il suo tradimento. Come aveva potuto non accorgersene immediatamente?! L’ossatura fine e fragile, il sarcasmo pungente, perfino il modo di parlare…Dalamar rabbrividì di nuovo. No…ora non gli sembrava più tanto impossibile che quella donna avesse conosciuto il suo Shalafi. Probabilmente erano parenti, anche se il nome di famiglia era differente. Ma da dove saltava fuori quella Veste Bianca? E che diavolo voleva da lui?!
«Devo informarmi.» disse, alzandosi dal letto. Alla Torre di Wayreth avrebbero avuto il suo nome in archivio. Li avrebbe contattati in mattinata e loro lo avrebbero illuminato sulle sue origini e sui suoi rapporti con Raistlin. Doveva assolutamente sapere con chi aveva a che fare. Ma come era possibile che la presenza di un’altra apprendista non gli fosse mai stata resa nota? «Tu.- disse allo spettro che trovò oltre la soglia- Resta di guardia. Se si sveglia, vieni subito a dirmelo, ma non toccarla.»
«Sì, Lord.» sussurrò lo spettro, inchinandosi appena. Dalamar si recò nel suo studio senza degnarlo nemmeno d’una occhiata.

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Era quasi ora di pranzo, ma la luce del sole non giungeva ad illuminare i recessi della Torre di Palanthas, su cui Nuitari governava.
L’elfo oscuro era seduto sullo scranno del suo Shalafi, e fissava con aria assente e scioccata la sfera magica che aveva usato per comunicare con Wayreth. Ciò che aveva saputo dai maghi della Torre aveva dell’incredibile, e lungi dal fare chiarezza sulla situazione l’aveva gettato nella confusione più totale.
Quella donna, Katlin ‘Ym Adoonan, aveva sostenuto la Prova un paio di giorni prima. Era un’apprendista. Era una misera apprendista! Una favorita di Paladine, di cui non si conoscevano le origini! I maghi stessi sapevano solo che viveva con Caramon Majere e la sua famiglia a Solace, ma erano stati costretti a consentirle di superare la Prova prima del previsto a causa di forti pressioni dall’alto. La ragazza era stata scelta da Paladine, e gli dei della magia stessi provavano forte curiosità per lei. Aveva superato la Prova brillantemente, conseguendo la Veste Bianca.
Di più, non si sapeva. Viaggiava accompagnata da Caramon Majere, la Reverenda Figlia Crysania, il kender Tasslehoff e Tanis Mezzelfo. Justarius, che aveva risposto alla sua chiamata, gli aveva chiesto con perplessità quale fosse il problema. Non gli era arrivato il messaggio dalla Torre?
No! Non gli era arrivato proprio niente, maledizione! Ladonna doveva avere avuto i suoi buoni motivi per non teletrasportare il gruppo alla Torre, ma avrebbe anche potuto avere la decenza di informarlo! Gli Eroi delle Lance non si erano presentati alla sua porta, e forse ora aspettavano da qualche parte in Palanthas che la loro protetta conferisse col mago oscuro della Torre. La ragazza, invece, per chissà quale assurda pazzia, aveva deciso di seguire i piani originari ed entrare nella Torre entro la notte stessa, a rischio della sua stessa vita. Ma cosa la conduceva alla Torre?
Justarius non lo sapeva, e la notizia che la donna aveva superato il Bosco di Shoikan l’aveva stupito non poco. Da questo, Dalamar aveva intuito che i maghi non sapevano nulla del rapporto tra quella Katlin ‘Ym Adoonan e Raistlin. Aveva chiuso la comunicazione senza farne cenno, preferendo gestire quella faccenda da solo. Il solo nome di Raistlin bastava ad instillare il panico in tutte e tre le classi dei Maghi!
Dalamar tamburellò le dita sulle proprie labbra, fissando con occhi duri la sfera magica. Da dove diavolo veniva quella donna? Non era parente dei Majere, a quanto sembrava, eppure somigliava loro in maniera sorprendente. Viveva con Caramon da pochi mesi, ma affermava che Raistlin era stato suo Maestro. Era prediletta da Paladine, eppure nessuno aveva mai sentito parlare di lei prima di allora. Come poteva essere? Cosa aveva visto in lei Ladonna da farle decidere di metterle il bastone tra le ruote? E perché non l’aveva informato?
«Ladonna sospetta sempre di tutto e tutti.» disse tra sé, con una smorfia. Non che le desse torto. La sua esperienza con lo Shalafi gli aveva insegnato a pensare con la propria testa, più che con quella delle divinità che lo governavano. A Ladonna questo non piaceva affatto…senza contare che Dalamar stava lavorando attivamente per spodestarla dal suo posto di Capo delle Vesti Nere.
L’elfo oscuro sospirò, passandosi le dita tra i capelli neri. Sembrava che i guai non fossero finiti con la morte del suo Shalafi…
«Lord.»
Dalamar alzò lo sguardo nell’udire la voce dello spettro.
«Lord, la donna si è svegliata e si dirige qui.» lo avvisò questi, prima che un bussare delicato venisse dalla porta. Lo spettro scomparve, e Dalamar si alzò dallo scranno, con le parole di una barriera magica sulle labbra.
«Chi è?» chiese, benché fosse ovvio.
«La vostra ospite inattesa, Lord Dalamar.- rispose una voce di donna oltre la porta, con tono divertito- Posso entrare?»
Dalamar fece un gesto e la porta si aprì, rivelando la figura di Katlin ‘Ym Adoonan. La donna entrò con passo sicuro, osservando con aria nostalgica la stanza, per poi soffermare il suo sguardo su di lui. Sorrise, e di nuovo Dalamar fu colpito dal fascino che emanava. Più che il suo corpo, era la sua anima ad essere ricca di carisma.
«Vi ringrazio per le cure che mi avete prestato.- disse lei, alzando alla luce l’anello che Dalamar le aveva infilato al dito- Ora sto bene.» Appoggiò il gioiello sulla superficie del tavolo, dando ad intendere che non si sarebbe avvicinata ulteriormente e che non aveva intenti offensivi. Dalamar annuì, quindi le fece cenno di sedersi.
Lei accettò l’invito, poi tornò a guardarsi attorno con una luce malinconica negli occhi.
«Questa stanza è di vostro gradimento?» chiese Dalamar, sollevando appena un sopracciglio.
«In verità, sì. E’ il mio posto preferito, qui alla Torre.- rispose lei, apparentemente ignara della sorpresa che le sue parole suscitarono nell’elfo oscuro- Amavo la quiete, il sapere che impregnavano questa stanza…»
«Ne parlate come se vi foste stata altre volte.» disse Dalamar, con labbra insensibili. Lei lo guardò, allora, e nei suoi occhi risplendette una luce astuta.
«Certamente più volte di voi, Lord Dalamar.- ammise- Ma questo fa parte della mia storia, che presumo siate ormai curioso di sentire. Anche perché noto che vi siete informato su di me…» Indicò la sfera magica e Dalamar si strinse appena nelle spalle, facendola scomparire con un gesto veloce.
«I Maghi sanno di voi perfino meno di quanto sappia io.- disse, appoggiando i gomiti alla tavola- Immagino sia vostro compito illuminarmi su di voi…e sul coinvolgimento dello Shalafi in tutto questo.»
«Sono qui per questo.» disse la maga, con un sorrisetto storto. Dalamar le fece cenno di iniziare, e Katlin raccontò.
Quando lei finì, Dalamar fece comparire del vino per entrambi e ne bevve un calice, facendo cadere il silenzio tra loro e riflettendo su ciò che aveva appena udito.
«Volete distruggere il Portale, quindi.- mormorò, dopo qualche istante- Non mi trovate certo contrario all’idea. Dovremo però rimuovere il sigillo che io stesso ho posto su quella stanza.»
«Lo speravo, Lord Dalamar.- ammise lei, con un sorriso accattivante- Il vostro aiuto mi è prezioso.»
Dalamar annuì, scrutando le linee del suo volto.
«Ed il terzo mago che è necessario all’attuazione dell’incantesimo?- chiese Dalamar con noncuranza- Chi avrà l’onore di lavorare con noi?»
«Oh, ci raggiungerà presto. Non abbiate fretta.» disse Katlin, criptica, sorbendo un altro sorso di vino. Dalamar fece una smorfia e si alzò di scatto.
«Con chi credete di avere a che fare?- chiese, gelido- Voi e lo Shalafi progettate la sua rinascita nel mondo, non è forse così?»
«Cosa ve lo fa pensare?» chiese Katlin, sinceramente sorpresa da quello scatto di nervi. Dalamar le si avvicinò con un movimento veloce e le afferrò il mento, abbassando il viso a pochi centimetri da quello di lei.
«Anch’io conosco lo Shalafi, mia cara, e so che egli non si piega nemmeno di fronte alla morte.- disse Dalamar, gli occhi appuntati in quelli di lei- Se la sua anima è salva, significa che il suo corpo è in stasi. Voi volete liberarlo!»
Katlin scacciò la mano dell’elfo con uno schiaffo e si alzò in piedi a fronteggiarlo con gelida furia, senza mai lasciarlo con lo sguardo.
«Ebbene, è vero.- ammise, senza alcuna incertezza- Lo ricondurrò alla vita. Sono qui per questo. Se avete qualcosa da ridire in merito, Lord Dalamar, fatelo ora.»
Dalamar la fissò negli occhi chiari, constatando di nuovo la sua forza e decisione. Strinse le labbra in una linea sottile, ponderando l’ipotesi di disfarsi di lei per evitare che il suo Shalafi tornasse alla vita. Non aveva già distrutto troppe vite? Non aveva ormai fatto il suo tempo? Ma negli occhi di quella giovane donna vide un’ostinazione inumana, e la ferrea determinazione a combattere contro di lui fino alla morte, nel caso si fosse rivelato necessario.
Il suo rispetto per lei crebbe, ma questo non mitigò la sua certezza che la donna stesse per fare qualcosa di profondamente sbagliato. Eppure, sentiva che combatterla non avrebbe migliorato le cose. Le afferrò con delicatezza un polso, e si portò la mano di lei al petto, premendole le dita sulla stoffa nera che nascondeva le sue eterne ferite. La vide impallidire appena.
«Lo Shalafi mi ha segnato per sempre.- disse Dalamar, senza spezzare il contatto visivo- Per questo, lo odio. D’altra parte, lo Shalafi mi ha anche donato una conoscenza della magia e di me stesso che nessun altro avrebbe potuto donarmi. Per questo, lo rispetto. Possibile che voi siate invece giunta ad amarlo? Non ha lasciato ferite su di voi? Mi riesce impossibile pensarlo.»
Dalamar vide gli occhi di lei incupirsi di una tristezza di abissale profondità. Poi, lei sorrise, e inaspettatamente il cuore dell’elfo oscuro perse un battito. Anche senza bisogno di parole, in quel sorriso c’era tutta la risposta che cercava. La giovane donna celava ferite perfino peggiori delle sue, ma nonostante questo avrebbe liberato Raistlin a costo della vita.
«Ho vissuto in lui per così tanto tempo da conoscerlo meglio di me stessa.- sussurrò la maga- Le mie ferite mi importano meno delle sue. Lo libererò, con o senza il vostro consenso.»
«Voi lo amate…in quanto uomo?» chiese Dalamar, ipnotizzato dai suoi occhi. Quella giovane gli infiammava il sangue come un tempo aveva fatto Kitiara, ma come Kitiara poteva essere un’arma mortale. Dalamar si chiese vagamente cosa lo spingesse ad essere tanto attratto dalle passioni umane. In quelle iridi chiare brillava qualcosa che infiammava l’anima dell’elfo oscuro, qualcosa che con suo estremo fastidio era probabilmente serbato per il suo Shalafi.
Lei scosse appena il capo, facendo ondeggiare i suoi boccoli scuri e dissipando le sue ipotesi.
«Lui è me stessa.» mormorò Katlin. Dalamar fu per un istante sopraffatto dalla bellezza di quella donna. Ignaro di tenere ancora la mano di lei, bianca e sottile sul suo petto, ignaro del fatto che il suo tocco sembrava scacciare l’eterno dolore di quelle cinque ferite, si avvicinò a lei di un altro passo. Fu allora che la donna impallidì ed i suoi occhi divennero distanti. Durò un istante, ma fu sufficiente. Quando la donna tornò a guardarlo, i suoi occhi erano due specchi privi di sentimenti e l’elettricità che si stava creando tra loro fu dissipata.
«Perdonate, Lord Dalamar.- disse lei- Devo andare.»
Dalamar non fece nemmeno in tempo a proferire verbo. Katlin scomparve da davanti ai suoi occhi e l’elfo oscuro si ritrovò da solo al centro dello studio.



Raistlin era pronto.
Dopo aver passato le ore di sonno della sua discepola in meditazione, alla ricerca della perfetta connessione tra la propria anima ed il corpo disperso, finalmente si sentiva pronto a fare il passo decisivo. Guardò di nuovo nello specchio ai suoi piedi.
Katlin e Dalamar, i suoi discepoli, parlavano di lui. Le labbra di Raistlin si stirarono in un sorrisetto privo d’allegria. Sembrava che Katlin avesse in pugno l’elfo oscuro, nonostante egli continuasse a protestare. Una strana elettricità correva tra i due, proveniente in gran parte da Dalamar.
Raistlin aveva visto la luce di concupiscenza negli occhi del suo antico apprendista, ed aveva compreso che il gioco era fatto. La distrazione, la confusione emozionale in cui Katlin l’aveva gettato avrebbe dato loro il tempo di portare a termine il piano prima che Dalamar avesse possibilità di ragionare sulla cosa con calma, e di trovare quindi un sistema per ostacolarli.
I sentimenti del suo discepolo nei suoi confronti non l’avevano certo stupito. Dalamar provava ciò che Raistlin aveva voluto che provasse. Purtroppo per lui, l’elfo oscuro pareva avere un debole non indifferente per le donne forti dai capelli scuri…e questa sarebbe stata la sua rovina.
Katlin, però, non doveva farsi distrarre dal fascino dell’elfo oscuro. Aveva una missione da compiere.
«Katlin.» mormorò. Subito, la giovane donna assunse un’espressione assente, in ascolto, ignara della perplessità di Dalamar.
«E’ ora.- continuò Raistlin, alzandosi in piedi- Vai al Portale, e non fallire.»
Katlin non perse tempo a rispondere. Con una parola di congedo, scomparve dal vecchio studio di Raistlin, lasciando solo Dalamar. Sorridendo con freddo sarcasmo, Raistlin chiuse gli occhi e ristabilì la connessione col proprio corpo.
Fu una sensazione strana e scioccante, come essere colpiti da un fulmine.
Quando Raistlin riaprì gli occhi, era sdraiato a terra, gli occhi dorati puntati sul cielo infinito dell’Abisso. La prima cosa che avvertì fu un dolore intenso e obnubilante, l’orrenda sensazione di avere i polmoni in fiamme e la gola chiusa, una pesantezza opprimente nelle membra.
«Sono vivo.» disse, tra le labbra aride. Esultò per quel dolore, che gli comunicava con certezza il suo risveglio. La tosse, sua vecchia compagna, lo squassò immediatamente, costringendolo a coprirsi la bocca con una manica della veste. Avvertì il pesante velluto contro la pelle, e quasi fu sopraffatto dalla gioia nell’avvertire quelle sensazioni così magnificamente corporee.
Con estrema fatica, Raistlin si alzò a sedere e si guardò intorno. Sì, il Portale era poco distante da lui. Ora, doveva solo raggiungerlo, e Katlin l’avrebbe fatto uscire da lì…sarebbe tornato nel mondo!
Tremando di debolezza, stringendo i denti, Raistlin si costrinse ad alzarsi in piedi.
“Se solo avessi il mio Bastone…” pensò. Fece un minuscolo, strisciante passo in avanti, piegato per la sofferenza. Ma il dolore era vita, e Raistlin non se ne curò. “Se solo ci fosse Caramon…” pensò di nuovo, avvertendo la mancanza dell’appoggio di suo fratello, della calma sicurezza del suo braccio.
Ma Caramon non c’era. Non lì. Caramon era dall’altra parte, e così tutti gli altri. Ma li avrebbe raggiunti, sarebbe tornato tra loro! Avrebbe beffato gli dei e la morte ancora una volta. Fece un altro passo.
Fu allora che il Portale si aprì.

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Capitolo 8
*** 7 - Il Portale si apre ***


Katlin si rimaterializzò davanti alla porta che dava alla stanza del Portale. Presumeva che Dalamar avrebbe impiegato qualche istante a fare mente locale e a seguirla, ma era meglio agire in fretta. Da quando aveva superato la Prova, non aveva ancora quasi avuto il tempo di respirare…
Disattivò con una parola gli incantesimi di Dalamar e pose la mano sulla maniglia, ma subito una sensazione di freddo la attanagliò. Una faccia pallida apparve accanto alla soglia, e Katlin fece una smorfia cinica. Così, era quello il sigillo posto da Dalamar! L’elfo oscuro non aveva tralasciato proprio nulla…
«Questa stanza è chiusa.- mormorò lo spettro- Se insisti a volervi entrare, morirai.»
«Ricorda a chi devi la tua più alta fedeltà.- disse Katlin, in un sussurro- Egli vuole che questa porta venga aperta.»
Il Morto la fissò per qualche istante, quindi allungò una mano verso di lei. Katlin non si mosse. Sapeva cosa lo spettro stava cercando: avrebbe frugato nei suoi ricordi alla ricerca di Raistlin. Lo spettro poggiò la propria mano incorporea sul petto di Katlin. Subito, un gelo indescrivibile le si sparse nelle membra, stringendole il cuore in una morsa paralizzante e mortale. Per sua fortuna, questo durò un solo, breve istante, quindi il Morto ritirò la mano.
«Molto bene.» disse soltanto, prima di svanire. Katlin espirò con un sibilo, portandosi una mano al petto per cercare di riportarvi un po’ di calore. Il cuore le batteva ancora in modo aritmico, ma non si fermò a riprendersi dal tocco dello spettro. Aprì la porta e si infilò nella stanza buia, chiudendo poi l’uscio dietro di sé.
Mormorò una parola per fare luce, sentendo attorno a sé gli spiriti inquieti, incerti se attaccare o meno l’intrusa che il guardiano aveva fatto passare. Katlin pose una costrizione sulla serratura della porta, cosicché Dalamar non potesse entrare nel momento meno opportuno, quindi si guardò attorno. Quella stanza…
I ricordi si accavallarono nella mente di Katlin, facendole per un istante perdere coscienza del tempo e del corpo in cui si trovava. Scosse la testa, con un sorriso derisorio. Davanti a lei, coperto da pesanti tendaggi, stava il Portale, in tutta la sua magnifica malvagità. Le cinque teste di drago, ora nascoste, sembravano forare le tende e guardarla con aria maligna dritta nell’anima, come se fossero ben consce di cosa stava per accadere. Sperò in cuor suo che non lo fossero poi così tanto…se Takhisis avesse intuito le loro mosse, probabilmente l’impresa sarebbe finita in tragedia.
Si guardò di nuovo attorno, e finalmente lo vide. Il Bastone di Magius, appoggiato quasi con noncuranza contro la parete, dimenticato. Katlin sorrise e si avvicinò, guardando con bramosia il riflesso della luce magica sul cristallo sfaccettato trattenuto dall’artiglio di drago. Allungò una mano verso il legno chiaro, sfiorandolo con le dita come se volesse accarezzarlo, poi lo afferrò con delicatezza.
Il Bastone non reagì. Katlin non avvertì la sensazione di completezza che Raistlin provava ogni volta che teneva in mano il bastone, ma nemmeno ne fu respinta. Sentì gli spettri attorno a lei acquietarsi. Se era in grado di maneggiare il Bastone di Magius, questo significava che aveva il benestare del Padrone del Passato e del Presente, e la sua protezione le salvava la vita. Katlin si voltò verso il Portale, e con mano ferma ne scostò i tendaggi.
Sì, poteva sentirlo. Riusciva ad avvertire l’aura dell’Abisso filtrare attraverso i battenti all’apparenza chiusi del Portale, espandere il suo veleno oltre la soglia magica. Proprio per questo, Katlin era stata chiamata su Krynn. Proprio per questo, ora sarebbe riuscita ad aprirlo.
Katlin si posizionò di fronte al Portale, tenendo dritto di fronte a sé il Bastone di Magius. A suo tempo, Raistlin era riuscito a varcare la soglia solo trascinando con sé una Veste Bianca consenziente, ed utilizzando tutto il proprio potere per schiudere i battenti. Una volta che l’impresa era stata compiuta, però, chiunque avrebbe potuto entrare ed uscire dall’Abisso…come Caramon aveva dimostrato. Ora, la volontà di Katlin da questo lato del Portale, sommata a quella di Raistlin nell’Abisso, sarebbero di certo state sufficienti per dischiudere nuovamente la porta di comunicazione tra i due mondi. Non era questa la parte difficile del piano pattuito…
«Drago nero, dall’oscurità all’oscurità la mia voce echeggia nel vuoto…» iniziò a salmodiare Katlin, utilizzando l’antico incantesimo per focalizzare la sua volontà sul Portale. Mentre le teste di drago si illuminavano ad una ad una, Katlin sentì battere un forte colpo contro la porta.
Dalamar, di certo. Ma era troppo tardi, e non sarebbe riuscito a forzare il suo incantesimo.
La voce di Katlin si elevò più in alto, pronunciando l’ultima invocazione. Le teste di drago gridarono, soffocando i richiami e le imprecazioni che giungevano dall’esterno, quindi il Portale si aprì, mostrando agli occhi di Katlin la landa rosata e sempre uguale a se stessa dell’Abisso.
Katlin ansimò, riprendendo fiato dopo la fatica compiuta ed abbassando il Bastone di Magius. L’Abisso era esattamente come se lo ricordava…una terra immersa in un sanguinoso ed eterno crepuscolo, in cui cielo e terra si confondevano. Ma in quella terribile monotonia, una figura umana si muoveva, e si stagliava nera nel nulla. Camminava piegata, quasi sul punto di crollare, ma veniva verso di lei…verso il Portale.
“Raistlin!” pensò Katlin, esultando nell’animo. Fu in quell'istante che una volontà più oscura e terrificante di qualsiasi altra cosa volse lo sguardo verso di lei, togliendole il fiato.



Il Portale si aprì davanti agli occhi di Raistlin in perfetto silenzio, mostrandogli uno scorcio della stanza della Torre ove esso era custodito. Stagliata in mezzo al Portale, c’era la figura bianca di Katlin, che reggeva tra le mani il Bastone di Magius.
Raistlin fece un sorriso contorto, trascinandosi in avanti e soffocando un nuovo accesso di tosse. Si sentiva sul punto di spezzarsi, e sapeva che se avesse ceduto alla tosse il suo corpo squassato sarebbe di nuovo crollato a terra, costringendolo a strisciare. Non aveva molto tempo. L’apertura del Portale era un richiamo irresistibile per Lei.
«Arrivo, mio Krynn.- disse, in un sibilo sfiatato, con una mano ad artigliare il petto dolorante- Arrivo…»
E poi li sentì: gli occhi brucianti di Sua Maestà Oscura si erano rivolti al Portale. Masticando un’imprecazione, Raistlin tentò di accelerare il passo, ma era quasi impossibile. Imprecò ancora, maledicendo l’influenza di Takhisis e l’Abisso, che rendevano il suo corpo ancora più debole di quanto non fosse.
«Chi osa?!- echeggiò, ancora lontana, la voce della Dea delle Tenebre- Chi osa?!»
Raistlin inciampò nelle proprie vesti e caracollò in avanti, restando in piedi per miracolo. Quando alzò di nuovo gli occhi, vide Katlin correre verso di lui, la veste svolazzante dietro di sé.
«Dobbiamo sbrigarci!» ansimò la ragazza, raggiungendolo. Raistlin fece una smorfia sprezzante e prese il Bastone che Katlin gli stava offrendo. «Sta arrivando…» disse ancora Katlin, e Raistlin registrò con un certo divertimento il suo leggero pallore. Dopotutto, quella donna non era poi così indifferente come voleva far credere!
«E’ lontana.- replicò Raistlin, accettando il suo braccio e riprendendo sicurezza- Non se lo aspettava, possiamo farcela.»
«Prima saremo fuori di qui, meglio sarà.» replicò Katlin, pratica.
La presenza di Takhisis diventava sempre più tangibile, terribilmente offensiva nella sua possenza e oscurità.
«Chi osa?!» ripeté la dea, e la sua voce suonò terribilmente vicina. Ma Raistlin sapeva che c’era ancora tempo. La Dea non si aspettava certo che il Portale venisse riaperto, e la sua attenzione era stata rivolta altrove. C’erano ancora pochi metri tra loro ed il Portale. Ce l’avrebbero fatta. Gli occhi di Takhisis si posarono su di lui.
«Majere?!» sibilò la dea, con una voce così pregna d’odio e terrificante stupore da scuotere il corpo di Katlin con un brivido. Le labbra di Raistlin si arricciarono appena. «Dove credi di andare Majere? Tu sei morto, morto per il mondo! Non c’è vita, per te, al di fuori dell’agonia che ti spetta!»
«Che peccato, mia Signora. Le tue parole non mi fermeranno.- disse Raistlin, soffocando una risatina- L’hai scoperto troppo tardi.»
«Tu, pazzo mago da quattro soldi!- sbraitò la dea, con la disarmonica voce del Drago di Tanti Colori e di Nessuno- Tu, dannato scheletro reietto e consumato! Come puoi essere ancora vivo?! Chi osa condurti oltre il Portale?!»
«Ce l’ha con me.» disse Katlin, ridendo con un certo nervosismo. Il corpo di Raistlin bruciava come se fosse divorato dalla febbre. Stargli accanto, vederlo in viso in quel modo le faceva uno strano effetto. Non era sicura di vivere la realtà. Si fece forza e continuò a camminare con gli occhi fissi al Portale, cercando di ignorare la sensazione di avere gli artigli della Dea tenebrosa sempre più vicini alla propria schiena.
«Pochi passi.- mormorò Raistlin, tossendo appena- Pochi passi ancora.»
Riusciva a vedere con chiarezza la stanza in cui Caramon e Crysania erano scomparsi un attimo prima della sua caduta nel sonno della morte. Poteva quasi sentire l’aria fredda e umida della Torre scompigliargli i capelli, asciugargli il sudore bruciante che gli era comparso sulla fronte e sopra il labbro superiore. Si appoggiò meglio al Bastone, facendo leva sul corpo gracile di Katlin. Sì, poteva sentire la voce concitata di Dalamar, bloccato all’esterno della stanza del Portale. Colori, suoni e sensazioni dei vivi…quanto gli erano mancate!
«Quale mano ha reso possibile questo?» stava intanto dicendo la Dea, ma ormai Raistlin sentiva che il suo influsso su di lui si alleggeriva. Il dolore stava lentamente diminuendo, diventando quasi sopportabile. Il peso che gli gravava addosso si alleggeriva sempre più…
«Raistlin…» sussurrò Katlin, urgente. Raistlin non si voltò nemmeno. Più si avvicinava alla vita, più perdeva interesse per la sua discepola. «Raistlin, presto!» ripeté Katlin, urgente, cercando di forzargli il passo.
«SEI TU!» gridò in quell'istante Takhisis, con uno stridulo grido di vittoria che mise addosso i brividi perfino a Raistlin. Il mago si voltò verso la sua apprendista. Fece appena in tempo a vederla assumere un’espressione di immane terrore, e i suoi occhi diventare assenti, prima che la giovane donna scoppiasse in un grido terrorizzato e si accasciasse al suolo, tenendosi la testa stretta tra le mani.
Imprecando, Raistlin si tenne a stento in equilibrio sul Bastone. Non capiva cosa stesse succedendo. Katlin era inginocchiata a terra, i capelli a coprirle il volto e le mani strette ad artiglio attorno alla testa. Gridava con voce rauca, lontana, come se fosse lentamente risucchiata in qualche altro luogo.
«Sei tu! Sei tornata!» rideva intanto la Dea, avvicinandosi sempre più.
«Muoviti, sciocca!» sibilò Raistlin, ma Katlin non parve sentirlo. Raistlin voltò le spalle alla donna e continuò a camminare. Non avrebbe perso quella possibilità unica per prestare aiuto ad una donna insulsa ed estranea!
Rallentò, pensieroso. Stava quindi tornando…alla vecchia vita? Stava tornando di nuovo a dare e ricevere oscurità? A questo serviva la sua nuova possibilità? Raistlin contorse il volto in una smorfia seccata e disgustata, ma si voltò.
Fu sorpreso di vedere Katlin avanzare in ginocchio con ammirabile fermezza, apparentemente senza essere in grado di vedere nulla, aggrappandosi al terreno con le mani. Il suo viso aveva perso ogni colore. Pareva più morta di quanto sembrassero gli spettri della Torre, eppure avanzava. Raistlin si chiese per un istante cosa Katlin stesse vedendo da incuterle tanto terrore, quindi allungò una mano e la afferrò per la veste bianca, trascinandosela dietro senza troppe cerimonie.
Quando Raistlin pose il piede sul pavimento della Torre, non poté trattenere un interno moto d’esultanza, che lo scosse in un brivido intenso e liberatorio. Entrò, sempre trascinandosi dietro Katlin, che una volta superato il Portale si accasciò in un angolo, tremante. Raistlin cadde seduto a terra a sua volta, stremato, quindi si voltò verso l’Abisso.
Lontano, ma non poi così tanto, Takhisis si avventava su di loro, ma ormai sia Lei che il mago erano cosci che non avrebbe più potuto raggiungerlo.
«Arrivederci, mia Signora.» sussurrò Raistlin, alzando il Bastone di Magius.
«Ed un arrivederci sarà, Majere!- disse la dea, con una voce in cui non si avvertiva tutto l’irato dispiacere che Raistlin avrebbe gradito sentirvi- Ti pentirai di non esserti goduto il tuo sonno! Oh, se te ne pentirai!»
Sul suono discordante della Sua risata, il Portale si chiuse. L’unico rumore nella stanza rimase il respiro sibilante di Katlin, e i suoni prodotti da Dalamar, ancora intento a cercare di sbloccare la porta.
Raistlin si accasciò a terra, riprendendo lentamente fiato e cercando di assimilare il fatto che era tornato. Ci era riuscito! Tossì piano, ma niente di più. Un sorriso di trionfo gli stirò le labbra sottili, poi il mago si rialzò a fatica. Lanciò un’occhiata nell’angolo in cui Katlin si era raggomitolata. La giovane donna era seduta con la schiena contro il muro, ed il colore le stava ritornando sul viso. Respirava a fondo, con gli occhi chiusi, cercando di recuperare il controllo.
«Cosa ti ha mostrato Takhisis?» sussurrò il mago, scrutandola con i suoi occhi dorati. Katlin fece un gesto vago, quindi aprì gli occhi.
«Dovevo immaginarmi che anche lei sapesse di me.- disse piano- Sono stata superficiale, entrando senza protezione mentale nell’Abisso…e sono stata punita.» Rise, con una risata sgradevole e cinica, amara. Raistlin corrugò la fronte. Era evidente che Katlin non intendeva dividere con lui quel segreto. «Ma siamo salvi e questo è ciò che conta.» aggiunse la donna, sospirando.
«Ti ho salvato la vita.» le ricordò Raistlin, sollevando appena un sopracciglio.
«Perciò, non mi devi niente.- finì per lui Katlin, con un sorriso- E’ così che dev’essere.»
Si alzò in piedi a fatica. Raistlin le porse il braccio, avvolto nel velluto nero della sua veste.
«Poniamo fine alle fatiche di Dalamar, apprendista.» disse, con un luccichio nelle pupille a clessidra. Katlin rise, accettando il braccio e dirigendosi con lui alla porta.




Pochi minuti dopo, Raistlin si trovava nel suo studio, comodamente adagiato nel suo scranno a godersi il calore del fuoco e a bere a piccoli sorsi del vino. Il Bastone di Magius era posato accanto a lui, a portata di mano. Vicino al camino stava Katlin, intenta a guardare le fiamme e a rintuzzarle con i ferri. Dall’altro capo della tavola, pallido come un cencio, sedeva Dalamar.
Raistlin fece roteare lentamente il vino nel bicchiere, osservando il suo apprendista. L’elfo oscuro era cresciuto nel suo potere…ed anche nelle sue brame. Purtroppo per lui, il Maestro di cui si era liberato era finalmente tornato. Fece un sorrisetto.
«Sono lieto di come hai gestito le cose qui alla Torre. Mi fa piacere trovare la MIA dimora in buono stato.» disse Raistlin, e vide il volto del suo apprendista contrarsi in una smorfia. Qualunque pretesa Dalamar avesse avuto sulla Torre, era inevitabilmente crollata. «Come tu stesso hai detto, mi odi ma mi rispetti.- aggiunse l’arcimago, sorbendo un altro sorso- Il che dimostra la tua intelligenza. Me ne compiaccio.»
Dalamar non lasciò trasparire alcuna sorpresa nel sentirsi rinfacciare le parole dette a Katlin poco prima, ma Raistlin sapeva che doveva averlo stupito.
«Immagino sia inutile dirti che sarò il terzo mago ad attuare la distruzione del Portale, Dalamar.» sussurrò Raistlin, con un luccichio pericoloso negli occhi.
«L’avevo intuito, Shalafi.» disse Dalamar, scoccando un’occhiata d’astio alla snella figura vestita di bianco. Katlin non parve nemmeno accorgersene. Raistlin rise piano, un suono sottile.
«Katlin ed io non gradivamo la scelta di Justarius. Sarò io a gestire il potere di Gilean e a fare da tramite tra voi. Dopotutto, ho avuto la fortuna di godere del favore di Lunitari, molto tempo fa.» Fece un gesto verso Katlin, che si alzò in piedi e lo raggiunse.
Dalamar osservò con ira la donna, che ora sembrava assente, presa da pensieri distanti. Grazie a lei ed alla sua avventatezza, ora Raistlin aveva di nuovo vita e potere…un potere che Dalamar sapeva di non essere in alcun modo in grado di sfidare.
«Sono lieto che tu non abbia avuto reazioni inconsulte nei miei riguardi, né in quelli della mia nuova discepola.- disse Raistlin, come sempre dando risposta ai suoi pensieri, prendendo una mano di Katlin con un gesto leggero e facendole cenno di sedersi- Mi compiaccio di averti infine insegnato il controllo.»
«Le vostre lezioni sono dure da dimenticare, Shalafi.» disse Dalamar, amaro, sfiorandosi il petto ferito. Raistlin annuì.
«Questo pone dei problemi alla tua collaborazione?» chiese, sollevando appena un sopracciglio. Dalamar strinse le labbra, ma scosse il capo.
«E’ un onore essere stati scelti e sarà un onore lavorare con voi.- ammise l’elfo oscuro, riluttante- Non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro.»
«Mi fa piacere sentirlo, apprendista.» disse Raistlin, quindi guardò Katlin, come aspettandosi che lei dicesse qualcosa. La giovane parve scuotersi, e il suo sguardo pungente tornò a fare da specchio a quello del proprio Maestro.
«Tra due giorni ci recheremo alla Grande Biblioteca.- disse Katlin, guardando Dalamar- Il Bastone della Neutralità è nascosto da Astinus. Ci farebbe piacere se voi contribuiste alla sua ricerca, Lord Dalamar.»
«Parlate come se aveste intenzione di andarvene da qui, Lady Katlin.» disse Dalamar, calcando sul ‘Lady’ con pesante sarcasmo. Katlin inclinò appena il capo sulla destra, guardando l’elfo oscuro con disarmante innocenza, quasi si chiedesse il perché di tanto veleno. Raistlin nascose il suo sorrisetto dietro il vetro del bicchiere.
«In verità è ciò che faremo, mio caro apprendista.- disse Raistlin, osservando con occhi rapaci il piccolo scontro di volontà- Presumo dovrò mostrarmi a quel grosso bue di mio fratello ed ai suoi amici, prima di portare avanti la nostra ricerca. C’è il rischio che qualcuno di loro subisca un forte shock…per alcuni, non derivato dal piacere di rivedermi.»
«Alloggiano a Palanthas.- aggiunse Katlin- Sarà il caso di raggiungerli in fretta. Ormai saranno preoccupati.»
Raistlin guardò verso la finestra. Benché l’oscurità della Torre rendesse difficile discernere i vari momenti della giornata, doveva essere ormai pomeriggio inoltrato. Era quasi un giorno intero che Katlin non dava agli altri notizie di sé. Caramon doveva essere davvero in pensiero, per non dire che probabilmente era sul punto di dar fuori di matto. Raistlin afferrò il Bastone di Magius e si alzò in piedi, subito imitato da Katlin.
Già, Caramon non sapeva che presto la ragazza sarebbe tornata da loro…insieme ad un inaspettato compagno. Cosa avrebbe fatto quando l’avrebbe rivisto? Come avrebbe reagito?
Raistlin corrugò le sopracciglia, turbato da quei pensieri. Sentì la mano delicata di Katlin sfiorargli il braccio e si riscosse.
«Allora, a presto, Dalamar.- disse, e l’elfo fece un breve inchino- Tra due giorni alla Biblioteca, ricordatelo.»
Ciò detto, Raistlin mormorò una parola e scomparve. Katlin guardò negli occhi l’elfo e sorrise, poi anch’ella sparì. Dalamar rimase solo, a masticare maledizioni sulle donne dai capelli scuri e le labbra sensuali.



La sala comune della taverna era vuota, a quell'ora tarda, e il fuoco stava morendo nel camino di mattoni. Anche l’oste e le cameriere si erano ritirati, ormai, ma Caramon sedeva ancora ad uno dei tavoli, tenendo tra le mani possenti un boccale, l’unico che avesse consumato in tutta la sera, ancora pieno per metà di birra scura. Sentiva la serpe dell’ansia attorcigliarglisi nello stomaco, e non aveva sonno. Nemmeno un po’.
Era la seconda notte che Katlin passava alla Torre, sempre che ci fosse arrivata. Caramon riteneva di sì…in caso contrario, pensava che Paladine sarebbe apparso in sogno a Crysania o roba simile per avvisarli. Dopotutto, si stavano occupando di una faccenda piuttosto importante, e la ragazza era la sua eletta…
Questo non rendeva Caramon più tranquillo. Sentiva qualcosa fremergli sotto la pelle, ed aveva visto la stessa espressione negli occhi di Tanis. Il Mezzelfo riteneva che Katlin avesse qualche affare privato da sbrigare alla Torre, e Caramon sentiva che aveva ragione. Di che si trattasse, però, nessuno dei due poteva dirlo.
Quella sera ne avevano discusso a lungo, mentre consumavano la cena in una taverna vicino al Tempio di Paladine. Crysania alloggiava lì con loro, poco propensa a lasciarli soli per le comodità del Tempio in quel momento di tensione. Si era discusso della possibilità di mandare comunque un messaggio a Dalamar, se Katlin non si fosse fatta viva in mattinata. Tanis aveva espresso chiaramente le sue perplessità su Katlin e sui segreti che celava, ed ognuno aveva detto la sua. Tasslehoff aveva difeso Katlin a spada tratta, confutando con la sua inesauribile parlantina qualsiasi sospetto sulle intenzioni della ragazza. Il kender aveva un’adorazione per lei, e questo faceva sorridere Caramon. I due formavano proprio una bella coppia di svitati! Caramon, però, aveva visto le tenebre che ogni tanto ammantavano gli occhi chiari di Katlin, e le aveva riconosciute per quel che erano. Non era più il gigante stupido che amava il mondo con cieca fiducia. Aveva sviluppato occhi per vedere…ed una mente per giudicare.
Si era affezionato a Katlin, ma a tratti gli faceva paura. Esattamente come Raistlin.
Il pensiero non gli piacque, e lo portò a bere d’un sorso ciò che era rimasto nel boccale, alzandosi subito in piedi. Meglio farsi un buon sonno e darci un taglio coi pensieri, approfittando del fatto che Tanis si era sobbarcato l’onere di sorvegliare il kender e che poteva godere di una camera singola. Caramon lasciò la sala comune e salì le scale, che cigolarono sotto il suo peso. Sì, era davvero stanco…si meritava un buon sonno.
Camminò a testa bassa nel corridoio buio, superando la camera di Tanis e quella di Crysania. Sospirando, si frugò in tasca in cerca della chiave, poi alzò lo sguardo. Si fermò immediatamente, teso e pronto a dare battaglia, quando vide una forma chiara seduta davanti alla porta della sua camera, appena delineata dalla luce delle lune che entrava dalle finestre.
«Chi…» iniziò a dire, prima che la figura si alzasse. Caramon riconobbe il modo di muoversi grazioso e misurato. «Katlin!- sussurrò, andando da lei ed abbracciandola brevemente- Santo cielo, mi hai fatto spaventare a morte! Quando sei tornata?!»
«Da poco, Caramon.- rispose lei, facendogli cenno di tenere la voce bassa- Senti…»
«Gli altri lo sanno che sei qui?» chiese Caramon. Lei scosse la testa. «Ma stai bene?» si sincerò ancora il guerriero, e vide balenare un sorriso sul volto di lei.
«Va tutto bene, Caramon.- mormorò, tirandolo dolcemente verso la porta- Ora vieni.»
«Hai ragione.- ammise Caramon, mentre lei apriva la porta e lo spingeva ad oltrepassare la soglia- Meglio parlare in ca…»
Caramon non finì mai la frase. In un primo istante, in realtà, non capì. C’era qualcuno nella sua stanza. Sedeva sul letto,  illuminato dalla luce di una candela accesa. Caramon vide le vesti nere, e per un istante pensò che Dalamar avesse seguito Katlin fin lì. Anche se vide i capelli bianchi, le pupille a clessidra e la pelle dorata, al momento il suo cervello si rifiutò di recepirli. Poi, però, l’intruso parlò.
«Ciao, Caramon.» disse, con voce sottile come un sospiro, resa stentorea dalla malattia polmonare che l’affliggeva.
«Raistlin…» si sentì dire il guerriero, attraverso labbra del tutto insensibili. Vide la bocca  del fratello tendersi in un sorrisetto di conferma, e per un istante fu troppo. Semplicemente TROPPO. Il mondo divenne di un grigio uniforme e iniziò a compiere una strana danza circolare.
«Caramon!» lo chiamò la voce di Katlin, da un’assurda lontananza. Caramon si appoggiò al legno dello stipite, ed una scheggia gli si ficcò dolorosamente nel dito, riportandolo parzialmente alla realtà. Si costrinse a calmarsi, a respirare profondamente. Questo gli restituì la vista, e poté appurare che suo fratello era ancora là. Seduto sul letto. E lo fissava.
«Raistlin.» ripeté Caramon.
«Sì, Caramon.» sussurrò suo fratello, e finalmente Caramon ebbe la certezza che non stava sognando. No, affatto! Suo fratello era lì. Ed era vivo.
«Vi lascio soli.- disse Katlin, spingendo Caramon un po’ più avanti- Sarò qui fuori…in caso abbiate bisogno di me.»
Né l’uno né l’altro le risposero e Katlin scomparve oltre la porta, chiudendola alle spalle di Caramon. Cadde un silenzio pesante.
«Sei vivo.» mormorò Caramon, continuando a guardare il fratello gemello con occhi sgranati.
«Sì.» confermò Raistlin.
«Sei…resuscitato?» chiese Caramon, incerto. Raistlin fece un cenno vago e seccato, con una smorfia.
«Tecnicamente non sono mai morto.- rispose, e nella voce gli vibrò il solito sarcasmo- Non ho fatto altro, in effetti, che uscire dalla porta da cui sono entrato.»
Negli occhi di Caramon passò una luce, e si voltò verso la porta.
«Katlin…»
«Sì, è stata lei.- asserì Raistlin, poi soffocò un colpo di tosse- Nessun sospetto ti aveva attraversato la mente, fratello mio?»
Caramon lo guardò, quindi, lentamente, si avvicinò a lui e si sedette con cautela sul letto, a poca distanza dal gemello.
«Sapevo che non eri morto.» sussurrò. Raistlin sollevò appena un sopracciglio, sarcastico, ma Caramon credette di vedere per un istante del dolore sul volto del mago. Annuì. «Sì, lo sentivo.- continuò- Sono un guerriero che ragiona solo con le proprie mani, ma lo sentivo. Davvero, Raist…sapevo che eri vivo, prima ancora che arrivasse Kat.»
«Presumo che questo ti possa far accettare con sufficiente indifferenza la mia aggregazione a voi.» disse Raistlin, con voce cinica.
«Resterai?» chiese Caramon, sorpreso ma non poi molto.
«Sono il terzo mago che attuerà l’incantesimo.- sussurrò Raistlin- Mi sembra ovvio che debba restare. Questo ti disturba, fratello mio?» Rise piano, sprezzante. «Non provi rancore verso colui che ti ha assassinato più e più volte?- chiese, con disprezzo- O forse hai già perdonato, nel tuo cuore bovino, questo tuo povero e bistrattato fratello?»
Guardò altrove, e la sua espressione fu coperta dalle onde dei capelli bianchi. Caramon rimase un istante in silenzio, fissando le proprie mani.
«Sai, Raist…tu hai ragione. Io sono proprio un bue.- disse Caramon, ma Raistlin non si voltò- Io…per tutta la vita ti ho amato. Ti ho amato sinceramente, Raist, ma ciecamente. Non ti vedevo davvero. Vedevo solo quello che volevo vedere.» Fece una pausa, assorto. «Poi mi sono stati aperti gli occhi a forza. Un po’ da te, un po’ dagli altri…ma lento come sono ho dovuto prendermi la mia dose di sferzate prima di rendermi conto chi eri veramente, e quando me ne sono reso conto ti ho odiato.»
«Reazione prevedibile, in cui finalmente hai dimostrato un po’ d’intelligenza.» replicò Raistlin, duro e gelido. Caramon scosse il capo.
«E invece no, Raist. Sbagliavo anche in quel caso.» disse, con tale fermezza che Raistlin si voltò di nuovo verso di lui. Caramon lo guardò negli occhi. Quei freddi specchi dorati non trasmettevano nulla, ma Caramon sentiva agitarsi qualcosa in suo fratello, appena sotto la superficie.
«Ti odiavo per quello che mi stavi facendo, ma soprattutto perché avevi distrutto le mie illusioni. Era un odio egoistico. Qualcosa in comune ce l’abbiamo.» Fece un sorriso amaro, e Raistlin rispose nello stesso modo. Per un attimo sembrarono davvero identici. «Ma, come ho detto, sbagliavo, perché ho visto chi sei davvero solo…solo nell’istante in cui sei morto.»
«Idiozie!» sbottò Raistlin, ma Caramon lo fermò.
«Invece è vero! Ho capito solo allora quali abissi poteva raggiungere la tua crudeltà…e quali la tua bontà.- disse Caramon, con fervore, afferrando le spalle magre del fratello tra le mani- Io odio tante cose di te, Raistlin, ma ne amo altrettante! E forse…forse ora sarò in grado di riconoscere davvero il volto di mio fratello.»
Raistlin strinse le labbra in una linea sottile, ma non si sottrasse.
«Ci saranno momenti in cui ti odierò e non ti capirò!- continuò Caramon, sentendo che stava per mettersi a piangere- Ci saranno momenti in cui ti soffocherò di troppo amore! Ma qualunque cosa succeda ora sono felice che tu sia vivo, Raist! Sono davvero felice…» Si interruppe, trattenendo un singhiozzo. Sentì una mano dal calore bruciante posarsi con delicatezza sul suo braccio ed alzò gli occhi.
Raistlin lo stava guardando con un’espressione che gli riportò subito alla mente la loro infanzia…i momenti in cui scacciava i suoi incubi creando ombre divertenti sulla parete della camera da letto.
«Mi è mancata la forza del tuo braccio, fratello mio.» sussurrò Raistlin. Per Caramon fu troppo, ancora una volta. Trasse a sé Raistlin e lo abbracciò forte, singhiozzando. Raistlin non si sottrasse, né fece cenno di abbracciarlo. A Caramon non importava. Aveva intravisto per un istante la paura del rifiuto, la solitudine negli occhi di suo fratello. Tanto bastava. Pianse un po’, poi si decise a ricomporsi e a lasciare libero suo fratello.
«Chissà che faccia faranno gli altri…» borbottò, asciugandosi gli occhi.
«Già…chissà.» disse Raistlin, tornando a mostrare il suo contorto e sarcastico sorriso. Caramon sospirò.
«Già.» ripeté. Non credeva che sarebbero stati tutti lieti di rivedere Raistlin. Non poteva biasimarli. Per scacciare il pensiero si alzò dal letto ed andò ad aprire la porta. Katlin, seduta di fronte ad essa, si voltò verso di lui.
«Vieni dentro, piccola spiona.» ringhiò Caramon. Katlin ridacchiò, alzandosi in piedi.
«Ma guarda. Una cerca di rendersi utile facendo la guardia e…» disse, spiritosa, prima che Caramon la stritolasse in un abbraccio orsino.
«Grazie, Kat.- sussurrò il gigante- Grazie.»
Katlin sorrise con dolcezza, abbracciando a sua volta Caramon. Raistlin si alzò in piedi, sbuffando ed afferrando il Bastone di Magius.
«Hai forse intenzione di ucciderla, fratello mio? Perché è ciò che accadrà, se continuerai a stritolarla in quel modo.» chiese, derisorio, e Caramon lasciò andare la ragazza, ridendo. Guardò alternativamente lei e suo fratello.
«Vi somigliate davvero.» asserì, annuendo.
«Il che presuppone il fatto che somigli anche a te.- disse Raistlin, sollevando un sopracciglio con aria stanca- Non vorrei dovertelo ricordare, ma siamo gemelli.»
«Davvero vedete tutta questa somiglianza?- chiese Katlin, scuotendo il capo- Pensate che Dalamar mi ha perfino scambiata per Kitiara, ad una prima occhiata!»
Caramon e Raistlin si scambiarono un’occhiata senza parole, ma Katlin la recepì al volo.
«Anche voi avete avuto la stessa impressione?- chiese, disgustata- Mi ripugna avere qualcosa in comune con quella donna! Piantiamola con questi discorsi, per favore.»
Caramon alzò le mani in segno di resa, ma Raistlin corrugò la fronte. Il tono leggero della giovane non lo ingannava. C’era sotto qualcosa…qualcosa che aveva a che fare con ciò che Takhisis aveva fatto e detto una volta riconosciuta Katlin. Purtroppo, non era il momento di discuterne. C’era qualcos’altro che doveva fare.
«Dov’è la camera di Crysania?» chiese, con noncuranza.
«La seconda dalle scale.- rispose prontamente Caramon, poi si oscurò- Vuoi andare da lei…ora?»
Raistlin annuì. Katlin, senza una parola, gli aprì la porta e si scostò per farlo passare. Raistlin la guardò con fastidio, sapendo che Katlin aveva intuito i suoi pensieri, ma accettò il suo invito e scivolò silenziosamente fuori dalla porta.
«Resta in camera, fratello mio. Tornerò a parlare con te.» disse Raistlin, prima di allontanarsi.
Caramon e Katlin lo osservarono in silenzio avvicinarsi alla porta. Il mago ebbe un breve tentennamento, quindi entrò.
«Non sarà un incontro facile.» mormorò Caramon.
Katlin annuì, cupa, rigirandosi tra le dita il medaglione di Paladine.
«Vuoi scusarmi, Caramon?- sussurrò, distratta- Devo fare una cosa.»
Ciò detto, lasciò solo il guerriero, scomparendo oltre le scale. Caramon sospirò, poi tornò a chiudersi in camera. Aveva molte cose su cui riflettere.



Crysania si svegliò di soprassalto. Il cuore le batteva all’impazzata ed avvertiva una strana sensazione.
Si sentiva osservata. Si sentiva spiata.
Acuendo i suoi sensi, poté sentire un respiro flebile, sottile, provenire dalla porta. Si mise a sedere sul letto, stringendo forte la coperta.
«Chi è là?» chiese, con voce sicura. Era pronta ad afferrare e scagliare la lampada ad olio che sicuramente stava alla sua destra, ma nel frattempo non voleva farsi vedere debole. Ed in ogni caso, Caramon e Tanis erano a due passi…se avesse gridato…
«E così è vero.- disse una voce, dal buio- I tuoi occhi non vedono più nulla…Crysania.»
Il cuore di Crysania si fermò. Avrebbe riconosciuto quella voce in mezzo a qualunque altra. Nessun’altra sapeva pronunciare il suo nome in quel modo…
«Raistlin?!» chiese, con voce che non riconobbe come sua.
«Sono tornato, Reverenda Figlia.- mormorò il mago, dal suo angolo- Sono tornato.»
«Sei…uno spirito?» chiese Crysania, tentando freneticamente di riflettere, di non farsi sommergere dall’ondata di sentimenti contrastanti che quella voce le trasmetteva. Paura…passione…amore…Sentì una mano dal calore febbricitante prendere la sua e quasi rantolò. Era vivo! Era reale! Il mago posò la mano di lei sul proprio viso.
«Sono vivo, Crysania!- sussurrò Raistlin, e Crysania poté sentire il suo fiato vicino alla pelle del polso- Vivo!»
«Vivo!- ripeté Crysania, con un singhiozzo involontario- Ma come…» D’un tratto, comprese. «Katlin…Ecco cosa doveva fare alla Torre!»
«Precisamente, Reverenda Figlia. Nessun dio mi ha fermato e ho lasciato l’Abisso.» mormorò ancora Raistlin, e Crysania sentì la carezza delle sue labbra sulla mano. Rabbrividì, ma non perché la sensazione le risultasse sgradevole. Il mago sembrò pensarla diversamente. «Ed ora sono qui.» ripeté, più freddo, lasciandola andare. Il fruscio del velluto le comunicò che si era allontanato di qualche passo.
«Raistlin…non riesco a crederci.- mormorò Crysania, tentando di porre sotto controllo le proprie emozioni- Significa che hai rinunciato ai tuoi propositi?» Si illuminò in volto. «Significa che hai compreso? Non tenterai più di…»
Raistlin rise, una risata sgradevole che zittì Crysania.
«Oh, Crysania…come ricadi facilmente nelle antiche ingenuità.- la derise- Forse i miei obiettivi si sono…come dire…ridimensionati, ma ti ricordo che sono una Veste Nera. La mia anima resta quella, Crysania. Non ti illudere. Non cambierei nulla del passato.» Tacque per un istante. «Non cambierei nulla.» ripeté, a voce più bassa.
Crysania si diede della stupida. In un istante, lui aveva dissolto tutta la consapevolezza di sé e del mondo che aveva guadagnato attraverso le sue battaglie. Quanto potere aveva su di lei…
«Allora perché sei venuto a visitarmi?» chiese, atona.
«Principalmente per mettere in chiaro una cosa.» rispose Raistlin, e Crysania sentì che si avvicinava. Il mago si sedette sul letto, poco distante da lei. «Io e te non avremmo dovuto rivederci mai più.- sussurrò Raistlin, e di nuovo la sua mano fu catturata da quelle di lui- Lo capisci, questo?»
Crysania annuì, stringendo più forte le sue mani. Aveva un disperato bisogno di piangere, ma i suoi occhi rimasero asciutti.
«Invece, io sono tornato e il nostro viaggio ci condurrà sulla stessa via…almeno per qualche tempo.- disse ancora Raistlin- Perciò, sarà il caso di tenere a mente due particolari fondamentali: il primo, è che tu sei una Reverenda Figlia di Paladine, il Capo della Chiesa, e che io sono una Veste Nera; il secondo, è che questo ci divide. Ci dividerà per sempre.» Le lasciò le mani. «Tra noi non dev’esserci altro, Crysania.- disse il mago, alzandosi in piedi- Ti ho dato sufficienti motivi per odiarmi. Tienili a mente.»
«Perché mi dici questo?!- esclamò Crysania, ferita- Non c’è stato solo odio, tra noi!»
«No, hai ragione.- sussurrò il mago- Ci sono stati anche dolore e morte.»
Crysania ammutolì.
«A domattina, Crysania.- la salutò Raistlin- Rifletti su ciò che ti ho detto.»
Ma Crysania non voleva riflettere. L’aveva sentito di nuovo lì, accanto a lei. Aveva sentito il calore delle sue mani, la sua voce. Un amore reso immenso dalla sofferenza le aveva di nuovo riempito il cuore. Come poteva, ora, chiederle di odiarlo? Le lacrime ruppero la diga, bagnandole le guance.
«Raistlin!» singhiozzò, facendo per scendere dal letto.
Ma Raistlin se n’era già andato.



La strada era deserta, a quell'ora tarda. Solo il mago oscuro la occupava, sostando come un’ombra più nera delle altre contro il muro esterno della Taverna.
La notte era limpida, il calore della primavera inoltrata iniziava a farsi sentire anche nelle ore di oscurità. Per come si sentiva, però, Raistlin avrebbe trovato più indicata una tormenta di neve. Si sentiva il gelo nell’anima.
Imprecò aspramente. Aveva detto a Crysania ciò che doveva. Perfetto, era giusto così. Ogni parola da lui pronunciata rappresentava la verità, a cui si sarebbe assoggettato. Non voleva la sua pietà. Non desiderava niente da lei!
Eppure la sua mano, tiepida e fragile nella propria…la dolcezza della sua pelle…
Raistlin sferrò un pugno al muro, maledicendosi e concentrandosi sul dolore fisico. Sì, aveva detto la verità. Non voleva vedere né amore né passione nei suoi occhi…non voleva provare niente del genere a sua volta. Se poteva redimere qualcosa, in questa sua nuova vita, ebbene che fosse. Non avrebbe più fatto del male a quella donna. Ne aveva già fatto abbastanza.
Raistlin rimase dov’era per qualche istante, cercando di riprendere il controllo. Desiderava tornare da Caramon, discutere con lui di alcune cose, ma non voleva che il fratello si accorgesse del tumulto del suo animo. Raistlin sapeva che sarebbe passato; aveva alle spalle troppi anni di perfetto autocontrollo. Lentamente, divenne conscio di un mormorio nel vicolo alla sua sinistra.
Corrugò la fronte. Una delle voci sembrava quella di Katlin. Cosa ci faceva in strada la ragazza, a quell'ora? E con chi stava parlando?
«Dalamar?» si chiese. L’elfo oscuro era rimasto molto turbato dalle azioni di Katlin…ma in primo luogo dalla ragazza. Che si fosse spinto fin laggiù per discutere con lei? Dal vicolo si sprigionò una forte luce, che spinse Raistlin a proteggersi con una barriera e ad affrettarsi all’imboccatura del vicolo. Quando vi arrivò, vide solo Katlin, che gli dava le spalle. Con lei non c’era nessuno.
Katlin si voltò e immediatamente sobbalzò, spaventata.
«Raistlin!- disse, portandosi una mano al petto- Mi hai quasi fatto venire un infarto!»
«Con chi parlavi?» chiese Raistlin, corrugando la fronte. Avvertiva l’aura di qualcuno che non era il suo apprendista. Corrugò la fronte quando la vide scrollare le spalle. «Con chi parlavi, Katlin?» chiese di nuovo.
«Non chiedermelo e io non ti chiederò cosa hai detto a Crysania stanotte.- disse lei, facendo per oltrepassarlo- Tanto lo saprai presto.»
Raistlin la afferrò per un braccio, fissandola con ira.
«Non giocare con me, Katlin.» sibilò. Gli occhi di lei non mostrarono alcun turbamento. Era come guardare nei propri, e dopo un istante Raistlin la lasciò andare.
«Nessun gioco, Raistlin.- rispose lei, calma- Ma non pensare di avere su di me il potere che hai sugli altri. Non sarà mai così.» Le due volontà si fronteggiarono per un istante, poi Katlin sorrise. «Ho preso una stanza e ora vado a riposarmi.- mormorò- Per favore, non svegliarmi fino a dopodomani…qualunque cosa accada.»
Gli sfiorò la mano, la carezza di una madre o di una sorella affettuosa. Raistlin non si sottrasse, e la seguì con lo sguardo finché non scomparve dentro la taverna. Cupo, Raistlin tornò a guardare il vicolo, ed allora notò a terra un luccichio che prima non aveva notato.
Si chinò a terra, osservando i frammenti luccicanti, e trattenne il fiato con un sibilo. Sul selciato giaceva il medaglione di platino, in pezzi. Questo poteva significare una cosa soltanto: Katlin l’aveva usato. Ora non era più sotto la diretta protezione di Paladine. Raistlin sentì di nuovo echeggiare la risata trionfante della Regina dell’Oscurità.
«Per che cosa l’hai usato, Katlin?- mormorò, osservando la minuscola testa di drago che aveva in mano- Per che cosa hai rinunciato alla tua invisibilità ai Suoi occhi?»
Come Katlin aveva preannunciato, lo seppe solo la mattina seguente.

 

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Capitolo 9
*** 8 - Il Bastone della Neutralità ***


Tasslehoff Burrfoot uscì dalla sua camera e si incamminò a passi lenti e un po’ distratti verso l’ultima stanza in fondo al corridoio. Era passata l’alba da poco, e il sole si stava alzando dalle nubi rosa pastello che occupavano l’orizzonte. Dalle finestre, si poteva scorgere un’ottima vista di Palanthas la Bella. Dal piano di sotto provenivano gli odori della colazione e i rumori delle cameriere, che stavano sistemando la sala comune prima che gli ospiti scendessero a mangiare.
A Tasslehoff, però, non interessavano né la bellezza di Palanthas, che ormai gli era venuta a noia, né il profumo del cibo, perché quella mattina non aveva fame per niente. Questo non era normale e nemmeno troppo sano, come certo gli avrebbe detto Flint, ma Tasslehoff non poteva farci niente. Quella mattina si sentiva SCONVOLTO, e l’appetito era andato a farsi un giro da qualche altra parte, in un luogo in cui fosse più apprezzato.
Non capitava spesso, ad un kender, di sentirsi SCONVOLTO. Incuriosito, certo. Stupito, ovviamente. Sconcertato, qualche volta. SCONVOLTO, però, in rarissime occasioni! E quella mattina non ne aveva proprio potuto fare a meno!!
Era cominciato tutto circa un’oretta prima. Il kender stava dormendo come un sasso, quando aveva sentito la voce di Tanis. Aprendo un occhio a fatica, il kender aveva visto il Mezzelfo infilarsi i pantaloni ed andare alla porta.
“Caramon, che c’è?” aveva chiesto Tanis, aprendo la porta. Tasslehoff, ovviamente, era saltato sul letto come un grillo. Se Caramon era venuto a svegliarli, questo poteva solo significare che Katlin era tornata!
Non aveva capito cosa si stessero dicendo Tanis e Caramon alla porta. Da parte sua, era saltato giù dal letto, si era vestito alla velocità della luce e si era voltato verso la porta, pronto a schizzarne fuori ed andare a chiedere a Katlin che cosa si provasse ad attraversare il Boschetto di Shoikan. Invece, aveva visto Tanis indietreggiare lentamente all’interno della stanza, pallido come un morto.
«Ehi, Tanis! Che c’è?» aveva chiesto, non riuscendo a capire. Tanis non aveva mostrato di averlo sentito. Tasslehoff si era voltato allora verso Caramon, che stava entrando nella stanza con aria grave. Che razza d’espressione! Ma insomma, che avevano tutti?! Sembrava stesse per entrare in camera la Signora Morte in persona, e…
E poi, una figura avvolta in lunghe vesti nere era entrata nella stanza dietro a Caramon. Per un istante Tasslehoff aveva pensato di averci preso con la sua ipotesi precedente. Poi, però, aveva notato i capelli bianchi, e gli occhi a clessidra, e la pelle dorata…e il Bastone di Magius!
La voce gli si era bloccata in gola. D’un tratto, sentiva di avere un milione di cose diverse da dire, ma dalla sua gola non voleva passare nemmeno uno spillo. Strana sensazione. Sembrava, tra l’altro, che tutti i presenti fossero affetti dallo stesso morbo, perché regnava un silenzio di tomba.
Cavoli, quello era Raistlin! E sembrava reale…cioè, non somigliava per niente ad un fantasma! Non si vedeva la parete attraverso di lui, e non aveva fatto gelare la stanza come avrebbe fatto, ad esempio, Lord Soth! Se non era una meraviglia quella! Raistlin era niente meno che resuscitato! Ma la sua voce non ne voleva sapere di uscire, perciò Tas era rimasto a fissare il prodigio con la bocca spalancata come quella di un pesce. Del resto, nessuno gli stava prestando la minima attenzione. Avrebbe potuto restare in equilibrio sulla testa e infilarsi le dita nel naso, e non sarebbe importato a nessuno.
«Ben trovato, Tanis.- sussurrò Raistlin, con la solita voce bassa e sibilante- Lieto di rivedere un vecchio amico?»
Questo aveva tolto del tutto il colore al volto di Tanis, ma aveva avuto l’effetto immediato di sciogliere la lingua di Tasslehoff dalla paralisi.
«RAISTLIN!» aveva esclamato, con voce tanto acuta ed improvvisa da far sobbalzare sia Caramon che Tanis. Raistlin si era limitato ad accorgersi, finalmente, a suo modo di vedere, del fatto che anche il kender era nella stanza.
A quel punto era seguito un mezzo parapiglia. Caramon tentava di spiegare come Raistlin fosse tornato in vita, e Tanis si era seduto ed aveva cominciato a fare domande. Non sembrava del tutto felice…più che altro era stravolto. Tasslehoff aveva cercato di chiedere a Raistlin come ci si sentiva da morti, ma era stato soffocato dalle voci degli altri. In mezzo a tutto questo, Raistlin sedeva in silenzio su uno dei letti, osservando quanti lo circondavano con un’espressione che Tas non avrebbe esitato a definire soddisfatta. Forse gli piaceva aver scatenato quel parapiglia…chissà!
Ma le sorprese non erano ancora finite! Pochi minuti dopo, infatti, Dama Crysania aveva aperto la porta ed aveva spazzato la stanza con lo sguardo, seria e pallida.
Tasslehoff aveva dovuto frenarsi per non battere le mani dall’eccitazione. Avrebbe assistito al primo, nuovo incontro di Raistlin e Crysania! Che emozione! Chissà cosa si sarebbero detti i due? Chissà se Crysania avrebbe perdonato a Raistlin il fatto di averla lasciata a morire, anche se poi tecnicamente le aveva anche salvato la vita…
Gli ci volle qualche istante per rendersi conto che c’era qualcosa di strano.
Prima di tutto, Crysania guardava Raistlin dritto in faccia con un’espressione terribile, ma non sembrava sorpresa. Forse si erano già incontrati? Seconda cosa…beh…cavoli, ma Crysania non era cieca?!
«Raistlin.» aveva salutato lei, con freddezza.
Raistlin aveva annuito in risposta, serrando le labbra in una linea sottile.
«Katlin…dannata stupida…» gli aveva sentito mormorare il kender, ma poteva essersi sbagliato.
«Crysania, ma tu ci vedi!» aveva esclamato Caramon, saltando in piedi.
Insomma, alla fine dei conti non si sapeva più se essere più sorpresi per il ritorno di Raistlin o per quello della vista di Crysania. La chierica aveva spiegato brevemente di essere stata visitata in sogno da Fizban…insomma, da Paladine, il quale le aveva restituito la vista. Nemmeno lei sapeva perché. Dalla faccia che aveva Raistlin, Tasslehoff sospettava che il mago lo sapesse, ma per una volta Tas si era reso conto che non era il momento di chiedergli delucidazioni.
Intontito da tutte quelle novità esplosive, Tasslehoff era uscito dalla stanza. Tanto, non c’era verso di fare domande ai due interessati, che erano sotto il torchio di Tanis e Caramon e facevano finta, almeno secondo il suo parere, di ignorarsi a vicenda.
Ora era diretto verso la camera di Katlin. Era riuscito a strappare a Caramon che la ragazza dormiva nell’ultima stanza in fondo al corridoio, e Tasslehoff stava letteralmente esplodendo dalla voglia di raccontare le ultime novità a qualcuno! Forse Kat sapeva di Raistlin (il kender sospettava che avesse contribuito in qualche modo a salvarlo dall’Abisso), ma di certo non poteva sapere di Crysania! E quella era una GROSSA novità!
Tasslehoff raggiunse la porta e girò la maniglia con sicurezza, stupendosi quando la trovò chiusa a chiave.
«Questa poi!- mormorò, mettendo mano ai suoi ferri dei mestiere- Da Katlin non me lo sarei proprio aspettato! Poteva mettere uno spettro di guardia, o che so io…» In pochi secondi, la porta era aperta. Tasslehoff entrò nella stanza e saltellò fino al letto, in cui Katlin riposava. «Ehi, Kat!» chiamò, scrollandola.
«Mmh…» fu tutta la risposta di Katlin, che si voltò dall’altra parte, scuotendo una mano come a scacciare un insetto.
«Kat, ho delle notizie sensazionali!» continuò imperterrito Tas, girando attorno al letto.
«Ma chi…- borbottò Katlin, aprendo gli occhi a fatica- Tas! Che ci fai qui?»
«Ho grandi notizie, Kat!- esultò il kender- Non ci crederai, ma Raistlin è VIVO! E…»
Tasslehoff vide Katlin assumere un’espressione affranta e chiudere gli occhi.
«Lo so, Tas.- si lamentò- Fammi dormire…»
«Ma non è tutto qui, Kat! Devi sentire il resto!» la pregò Tasslehoff.
Katlin allungò una mano e prese quella di Tasslehoff.
«Domani.- mugolò, muovendo la mano su e giù come una bambina- Sono tanto stanca, Tas. Domani…»
«Ma Kat…» protestò Tas, mogio.
«Domani.- sussurrò Katlin, già per metà nel mondo dei sogni- Ti racconterò…tante avventure…domani…»
«Kat…» piagnucolò Tas, ma Katlin si era già addormentata. La mano le cadde oltre il bordo del letto e lì rimase.
Tasslehoff sospirò, guardando il volto segnato e stanco dell’amica. In effetti, la povera Katlin aveva ragione. Da quando aveva affrontato la Prova, non si era più fermata un istante. Non doveva essere uno scherzo conquistarsi la Veste, per poi superare da sola un bosco maledetto, fare i conti con un elfo oscuro e fare uscire un mago morto dall’Abisso. Aveva anche diritto a dormire un po’.
Sospirando di nuovo, e imponendosi di essere paziente, Tasslehoff sollevò la mano di Katlin e la appoggiò sul guanciale, dopodiché uscì dalla stanza, chiudendo silenziosamente la porta dietro di sé.



«In breve, cosa siamo venuti a fare, qui?» chiese Tanis, guardandosi attorno. Si trovavano nell’ingresso della Grande Biblioteca di Palanthas. Un estetico era venuto a chiedere i loro nomi e lo scopo della loro visita, dopodiché era scomparso, lasciandoli in attesa.
«Qui dentro dev’esserci uno di quei pezzi magici, a quanto ho capito.- rispose Caramon, accanto a lui- Forse ce l’ha Astinus.»
Tanis annuì, cupo. Guardò gli altri, che parevano del tutto a proprio agio. Katlin e Tasslehoff chiacchieravano amabilmente in toni pacati; avevano iniziato quella mattina e non sembravano pronti a smettere tanto presto. Per questo, Tanis sentiva di dover ringraziare la ragazza: non era proprio dell’umore adatto per badare al kender, e qualunque cosa lei gli stesse raccontando aveva funzionato a dovere nel tenerlo mansueto. Crysania gli era a fianco, poco distante. Il ritorno della vista le aveva conferito di nuovo un’aria gelida e remota, rendendola più simile all’algida creatura che un tempo aveva scortato a Solace. Tanis sapeva, però, che quell'attitudine era dovuta alla presenza di un particolare personaggio.
Il suo umore peggiorò radicalmente nel guardare la figura oscura di Raistlin, appena curvo sul suo Bastone, silenzioso.
Nonostante fossero già passate più di ventiquattro ore dalla sconcertante scoperta, Tanis non era ancora riuscito a farsene una ragione. Raistlin era vivo! Era stato scosso da un terrore superstizioso nel vederselo comparire davanti, il giorno prima. Cos’altro poteva fare nel mondo, uno come Raistlin, se non del male? Perché Katlin l’aveva liberato dal suo sonno di morte?
Lanciò un’occhiata a Caramon, accanto a lui. Ecco qualcuno che di certo non si dispiaceva per quella novità. Il Mezzelfo aveva notato, però, che il gigante non si comportava come sempre col gemello. Non lo riempiva d’attenzioni, tanto per dirne una, e non aveva attaccato con la solita arringa volta a mostrare al mondo il lato migliore del fratello. Eppure, i due gemelli parevano più vicini adesso che in passato.
Tanis sospirò. Non amava provare sentimenti tanto cupi, ma come poteva dimenticare le atrocità commesse dal mago? Come poteva dimenticare l’espressione di Caramon quando Raistlin li aveva lasciati a morire, al centro del maelstrom sopra Istar?
Tanis rispettava Raistlin. Troppe volte l’arguzia e l’intelligenza del mago avevano salvato la vita a tutto il vecchio, tanto amato gruppo di amici. Però, lo odiava e lo temeva tanto quanto lo rispettava.
Una figura abbigliata in vesti nere si materializzò poco distante da lui, interrompendo le sue elucubrazioni e facendo sobbalzare Caramon.
“Ecco qualcuno che in qualche modo la pensa come me.” pensò Tanis, cupo.
«I miei saluti, signori.- disse Dalamar, ignorando l’esclamazione estasiata di Tasslehoff- Shalafi…»
«Dalamar.» lo salutò Raistlin, annuendo brevemente col capo. L’elfo oscuro appuntò i suoi occhi chiari in quelli di Katlin.
«Lady Katlin, è un piacere rivedervi.» disse l’elfo, sarcastico.
«Mai quanto lo è per me, Lord Dalamar.» rispose lei, con un sorriso.
Katlin trovava divertente questo sotterraneo scambio di punzecchiature tra loro. L’elfo oscuro era una persona interessante. Visto che Tasslehoff pareva intento a rimuginare sulla mole di informazioni avute in mattinata, Katlin si permise qualche attimo di silenzio.
Aveva dormito tutto il giorno prima, ed ora si sentiva in forze. Evitò un’occhiata torva di Raistlin. Forse il mago aveva intuito quale utilizzo avesse fatto del medaglione, ma non era importante.
Lui e Crysania parevano due estranei. Di certo Raistlin le aveva detto qualcosa di crudele. Fece una smorfia, storcendo le labbra. Raistlin era in grado di giocarsi perfino questa nuova possibilità, ma aveva fatto i conti senza l’oste. Una mano le afferrò il braccio con una certa energia, sottraendola ai suoi pensieri.
Si voltò di scatto, trovandosi di fronte gli occhi dorati di Raistlin.
«Pensi ai tuoi misfatti, apprendista?» sussurrò Raistlin, trascinandola un po’ più distante dagli altri. Katlin fece per replicare, ma Raistlin non gliene diede il tempo. «Che ti è saltato in mente di usare il medaglione per una cosa tanto stupida?!» le sibilò, irato.
«Stupida? Io non la vedo così.- disse Katlin, indifferente- Ciò che mi disturba è che ho potuto realizzare solo la metà di ciò che volevo.»
«Cosa…» disse Raistlin. Katlin passò una mano davanti ai suoi occhi, facendolo involontariamente spostare all’indietro per evitare il suo tocco.
«C’erano altri occhi maledetti che intendevo guarire.- sussurrò Katlin- Purtroppo questo era al di là della capacità…o della volontà di Paladine.» Strinse le labbra, disgustata. Raistlin la guardò con uno strano misto di ira e sconcerto.
«Sei una sciocca di immani proporzioni!- disse, lasciandola andare- Hai l’acqua nel cervello? Perdere la protezione che avevi per una tale…»
«Takhisis mi ha vista e riconosciuta. Quel medaglione non valeva più niente. Perlomeno l’ho fatto fruttare.- disse Katlin, stanca della conversazione- E non mentire con me, Raistlin. So bene cosa significa vedere morte ogni volta che apri gli occhi.» Rabbrividì, e Raistlin corrugò la fronte. Katlin era seria.
«Non parliamo più di questa faccenda.- le concesse, gelido- Ma stai fuori dalla mia vita, Katlin. Non tollero intrusioni non richieste.»
Katlin non rispose, ed in quel momento arrivò l’estetico di poco prima.
«Il Sommo Astinus vi riceverà subito.» mormorò l’uomo, agitato.
«Andrò io, con Dalamar e Katlin.- disse Raistlin agli altri, guardandoli da sotto l’orlo del cappuccio nero- Voi attendeteci nella sala di consultazione. Portate avanti il lavoro.»
«Cosa dobbiamo cercare?» chiese Tanis, corrugando la fronte.
«Lo so io.» disse Crysania. Quella mattina aveva parlato con Katlin, che le aveva spiegato chiaramente cosa avrebbero dovuto cercare nei volumi della Storia di Krynn.
Raistlin annuì, e tra i due passò un’occhiata capace di fare scintille, poi il mago le voltò le spalle e si allontanò dietro all’estetico, seguito in silenzio da Katlin e Dalamar.
Il terzetto di maghi seguì l’estetico lungo gli ombrosi corridoi della biblioteca, fingendo di non accorgersi dell’evidente nervosismo del pover’uomo. Gli altri rimasero indietro, e a metà strada voltarono a destra, diretti alla sala di consultazione. Il gruppo si fermò davanti ad una porta. L’estetico bussò con deferenza.
«Falli entrare, Bertrem.» disse una voce all’interno. L’estetico si affrettò ad aprire la porta e a far loro cenno d’entrare, quindi richiuse la porta alle loro spalle.
Katlin si lanciò un’occhiata attorno, guardando per la prima volta con i propri occhi lo studio dello Storico, ed il suo volto senza età, chino sul libro che stava compilando. Accanto a lui stava l’oggetto magico che Raistlin aveva creato perché gli fosse più facile vedere cosa accadeva nel mondo, e riportarlo quindi nei suoi libri.
«Buongiorno, Astinus.» disse Raistlin, mentre Dalamar si inchinava. Katlin rimase in silenzio.
«Buongiorno a te, vecchio amico.- disse lo storico, senza nemmeno alzare lo sguardo- Pensavo che non avrei più scritto delle tue malefatte.»
«Che vuoi farci, amico mio? Il Destino ha deciso altrimenti.» replicò Raistlin, sardonico. Si interruppe, soffocando un attacco di tosse. Le labbra di Astinus si piegarono in quello che poteva passare per un sorriso.
«Cosa volete, vecchio amico, tu e i tuoi discepoli?- chiese Astinus, intingendo velocemente la penna e riprendendo a scrivere- Sii lesto. Parlare con te mi rallenta, e là fuori c’è molta storia da raccontare.»
«Sai perché siamo qui.- disse Raistlin, socchiudendo appena gli occhi dorati- Il Bastone della Neutralità.»
«Ah, quello. Sì, ne sono al corrente.» Astinus cessò per un istante di scrivere ed alzò lo sguardo, appuntandolo dritto su Katlin. «Sbaglio o al suo posto doveva esserci Justarius, fanciulla?»
«Come sai anche tu, nulla è così prestabilito, Astinus.» replicò lei, fredda.
«Già…non lo è.- rispose Astinus, fissandola con occhi che parevano scavare nell’anima- Chi non deve tornare, ricompare. Non è vero, Katlin ‘Ym Adoonan?»
Katlin strinse le labbra in una linea sottile, sentendo su di sé gli occhi curiosi di Dalamar e quelli indagatori di Raistlin. Era evidente che Astinus non stava parlando del redivivo mago oscuro. Purtroppo, nemmeno Katlin aveva ben chiaro a cosa Astinus si stesse riferendo.
«Saprai usarlo?» chiese Astinus a Raistlin, cambiando argomento. Il sorrisetto di Raistlin fu sufficiente. Lo storico riprese a scrivere. «E’ nelle mie stanze private, all’interno della cassapanca. Bertrem vi accompagnerà.»
«Grazie, Astinus.» disse Raistlin. La porta si aprì come a comando, e l’estetico ricomparve, passandosi una mano sulla pelata luccicante di sudore con un gesto nervoso. Entrambi i maghi si inchinarono di nuovo ad Astinus. Stavolta Katlin li imitò, per poi uscire dietro all’estetico. Quando la porta si richiuse, Astinus alzò di nuovo lo sguardo, fissando la porta chiusa.
«Stai attenta al tuo futuro su Krynn, Katlin Majere.» sussurrò Astinus.
Nel corridoio, Katlin si voltò di scatto. Le era sembrato che Astinus l’avesse chiamata.
«Katlin!- la richiamò Raistlin, secco- Hai intenzione di perdere tutto il giorno?»
Katlin ristette, poi si incamminò dietro ai tre uomini senza più pensare allo Storico.

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«Eccolo.» mormorò Raistlin, sollevando un sacchetto di velluto rosso dall’interno ordinato della panca.
«Perché Astinus l’ha riposto in un luogo così in vista?- chiese Dalamar, corrugando la fronte- Mi sembra un comportamento poco saggio.»
«Egli lo custodisce, apprendista, ma non se ne cura.- disse Raistlin, con un sorrisetto- E poi, chi mai avrebbe la forza di usarlo e per cosa? Se ne è persa memoria.»
Dalamar ne convenne, annuendo. Lanciò un’occhiata alla giovane donna, che seguiva con interesse i movimenti del suo Maestro. Corrugò la fronte. Quella donna aveva fegato da vendere ed un potenziale magico non indifferente. Sembrava divertirsi a stuzzicarlo rispondendo al sarcasmo con sarcasmo, ma senza malignità.
Sentendosi osservata, la donna alzò lo sguardo ed incontrò gli occhi dell’elfo. Gli sorrise con una punta di malizia, poi tornò ad osservare l’oggetto che Raistlin aveva appena estratto dal sacchetto. Dalamar si accorse di aver sorriso a sua volta. Sollevò appena un sopracciglio. La presenza della giovane maga in quella missione metteva al tutto un pizzico di pepe che non gli dispiaceva affatto.
Guardò a sua volta ciò che Raistlin teneva in mano.
«Stupefacente!» osò mormorare.
Il Bastone della Neutralità sembrava costruito in comunissimo rame. Il potere che lo pervadeva, però, lo aveva reso resistente al tempo, e duro come l’acciaio. Era lungo circa dieci centimetri. La faccia esterna del bastone era costituita da un sottilissimo cilindro, dello spessore di appena mezzo millimetro, per tutta la sua lunghezza cosparso di rune intagliate nel metallo. All’interno di esso si poteva vedere un nuovo cilindro, più piccolo ma ugualmente filigranato, e dentro ad esso…Dalamar distolse bruscamente lo sguardo. Gli era sembrato di poter guardare nelle profondità del cosmo.
«Per la Dea Oscura…- borbottò- Ha un forte potere attirante!»
«Le rune sono ripetute all’infinito.- sussurrò Katlin, ammirata- Meraviglioso!»
«Un oggetto degno di Gilean.» annuì Raistlin, impassibile. Lesse le prime rune, testandone la potenza. Il Bastone gli vibrò nella mano, poi si acquietò. «Mi ha accettato.- disse Raistlin- Molto bene.» Fece sparire il Bastone in una delle sue tasche segrete.
«Raggiungiamo gli altri nella sala di consultazione?» propose Katlin. Raistlin annuì, tossendo forte. Si passò un fazzoletto sulle labbra, e rifiutò l’aiuto di Katlin.
«Non mi sembra poi così complicato trovare questi oggetti di potere.» considerò Dalamar.
«Oh, fino alla Sfera di Paladine non avremo problemi, presumo.- disse Raistlin, gelido e sarcastico- Ma dove trovare la Sfera di Takhisis? E come utilizzare questi pezzi per ottenere ciò che vogliamo?»
Dalamar impallidì appena.
«Perdonate la mia mediocrità, Shalafi.» disse. Raistlin fece un gesto vago e si incamminò.
Katlin si avvicinò a Dalamar e gli sorrise.
«E’ con le domande che si ottiene la conoscenza.- disse, guardandolo con occhi che all’elfo parvero straordinariamente puri- Perché vergognarsi di averle fatte?»
Raistlin, più avanti, mandò uno sbuffo sarcastico. Dalamar vide Katlin lanciare alla schiena del mago un’occhiata di rimprovero. Il suo coraggio arrivava a tanto? Lui non avrebbe mai osato. Sorrise.
«Grazie, Lady Katlin.» le mormorò ad un orecchio. Ebbe la soddisfazione di vederla arrossire appena.
Raistlin si voltò a metà, con un’espressione calcolatrice sul volto. Chissà se gli dei avevano previsto anche quello sviluppo nella faccenda? Pareva proprio che avrebbe dovuto mediare molte cose…non solo un incantesimo per la distruzione del Portale.
“Una Veste Bianca ed una Veste Nera.- pensò, cinico- Improponibile.” E lui lo sapeva bene.
Irato con se stesso, Raistlin continuò a camminare lungo il corridoio senza aspettare i suoi discepoli. I due dovettero quasi correre per raggiungerlo.

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«Possibile che non ci sia altro?» chiese Tanis, perplesso.
«Deve esserci.- disse Crysania, cupa, chinata sul grande volume delle Origini di Krynn- Questo non racconta che l’inizio del mondo.»
«Ma non c’è un indice, o qualcosa di simile?» chiese Caramon, guardandosi attorno. La mole di libri che lo circondava gli faceva girare la testa.
«Cerco io, Caramon!» esclamò Tasslehoff, e il gigante sbuffò.
«Se uno di questi libri ti cadesse addosso, ti ridurrebbe ad una frittata di kender.» replicò. Vedendo l’espressione interessata di Tasslehoff, si affrettò ad andare a chiedere informazioni ad un estetico.
«Qui parla anche dell’incantesimo di attivazione.- mormorò Crysania, indicando il punto a Tanis- Almeno qualcosa l’abbiamo trovato. Ora dovremo concentrarci sulla sorte della Sfera di Takhisis.»
Tanis la guardò bene in volto, scrutandone le linee decise.
«Sei felice di aver ritrovato la vista, Dama Crysania?» le chiese il Mezzelfo, serio. Lei gli scoccò un’occhiata indagatoria, come per cercare di capire se vi fosse qualcosa sotto quella richiesta, quindi sorrise.
«E’ una benedizione che non mi aspettavo.- ammise, e il suo viso fu pieno di luce interiore- Ritenevo giusta la mia punizione, e vi convivevo con armonia. D’altronde, rivedere i vostri volti è un piacere per cui non ringrazierò mai abbastanza.»
Tanis annuì, sorridendole con dolcezza. Sapeva bene qual’era il volto che più Crysania desiderava guardare.
«Avete trovato qualcosa?»
La voce di Katlin li fece voltare entrambi, e Tanis fu sicuro di essere appena stato incenerito da un’occhiata rovente di Raistlin. Il suo volto di marmo, però, non gliene diede la conferma.
«Abbiamo trovato la storia della creazione dello Scettro, e parla anche dell’incantesimo di attivazione.- disse Crysania, con voce più fredda, guardando con intenzione soltanto Katlin- Caramon sta cercando un indice che ci permetta di muoverci più agevolmente tra i volumi di Storia.»
«Mi sembra perfetto.» annuì Katlin, sorridendo. Raistlin si avvicinò alla sedia di Crysania.
«Ti dispiace, Reverenda Figlia?» chiese, con una punta di sarcasmo. Lei si alzò e gli lasciò la sedia.
«A te.» disse, per poi allontanarsi in direzione di Caramon. Tanis si avvide di un lampo di contrarietà sul volto della giovane maga e corrugò la fronte. Iniziava a sospettare che Katlin ci avesse messo lo zampino nella guarigione di Crysania.
Dalamar si chinò sul suo Shalafi, lanciando al Mezzelfo un’altra occhiata di fuoco e precludendogli la vista di Katlin. Tanis sollevò appena un sopracciglio, ma non reagì.
«Avete trovato l’oggetto custodito da Astinus?» chiese, invece.
«Sì, è tutto a posto.» gli rispose distrattamente Katlin, chinata a sua volta sulla spalla del maestro. I tre maghi si immersero nella lettura, in perfetto silenzio, escludendo Tanis.
«Trovato!- esclamò Caramon in quell'istante, tornando con Crysania e Tasslehoff al tavolo- E questo è solo l’indice Sd-Sf!» Posò pesantemente sul tavolo un’impressionante massa di fascicoli in pergamena. Raistlin alzò lo sguardo, contrariato.
«Hai intenzione di fare altro chiasso, fratello mio?- chiese, caustico- Nel caso, ti consiglierei di andare a sfogarti lontano da qui.»
«Scusa Raist…» borbottò Caramon, arrossendo appena. Raistlin riportò i suoi occhi dorati sul tomo che aveva di fronte e riprese a leggere.
«Per gli dei, quanta roba…» borbottò Tanis, avvicinandosi e scrutando il bottino di Caramon.
«L’estetico mi ha detto che viene aggiornato settimanalmente.- commentò Caramon, con un brivido- Mi viene male solo a pensarci. Provate a vedere se trovate qualcosa.»
Tanis e Crysania presero a scartabellare l’indice, mentre i maghi confabulavano tra loro e Katlin prendeva carta e penna, iniziando a ricopiare quanto trovato. Tanis fu il primo ad individuare la voce che interessava loro.
«Sfe…sfera…Sfera di Paladine…Sfera di Takhisis!- mormorò, indicando agli altri col dito la riga giusta- Eccola qui. Allora…Sfera di Takhisis, Libro delle Origini, tomo secondo, pagina quattrocentoquattro-quattrocentocinque, con accenni a pagina trecentosettantotto.»
«E fin lì ci siamo.» commentò Tasslehoff.
«Già…il problema è che non c’è altro.» disse Tanis, con una smorfia. Crysania rilesse la frase, corrugando la fronte.
«Possibile che sia letteralmente scomparsa dalla storia?» mormorò.
«Qualche problema?» chiese Katlin, distraendosi da quanto stava scrivendo. Anche Dalamar e Raistlin alzarono lo sguardo su di loro. Crysania annuì.
«Pare che la Sfera di Takhisis sia nominata solo nelle pagine che state leggendo. Dopodiché, non è più stata menzionata negli scritti di Astinus.»
Katlin e Raistlin si scambiarono un’occhiata.
«Paladine aveva ragione.» mormorò Katlin. Raistlin annuì, cupo.
«Ci affideremo agli altri due oggetti per trovarla.- disse, facendo un gesto vago- Finisci di copiare questo, apprendista. Alla Sfera di Takhisis penseremo dopo.»
Katlin sembrò voler aggiungere qualcosa, ma si zittì e tornò al suo lavoro. Gli altri attesero pazientemente che Raistlin giudicasse sufficiente lo studio alla Biblioteca e che Katlin finisse di copiare, rimanendo in silenzio (cosa che fu particolarmente difficile per Tasslehoff).
Più tardi, il gruppo lasciò la Biblioteca e tornò alla taverna in cui avevano affittato le stanze.
«Com’è fatto questo Bastone della Neutralità?» chiese Tanis, bevendo un sorso di vino. Il gruppo aveva chiesto il pranzo in camera, non volendo scioccare gli avventori con quella profusione di maghi e Vesti Nere tristemente famose.
«E’ un cilindro non più lungo di così.- rispose Katlin, vedendo che Raistlin non aveva la minima intenzione di mostrare l’oggetto agli altri- E’ cosparso di rune, forgiato in rame. All’interno ha un altro cilindro in oro rosso, anch’esso cosparso di rune, e così via. Non siamo in grado di capire quanti strati abbia.»
«E la Sfera di Paladine?- chiese Caramon- A quanto ci ha letto Crysania, è un affare in platino.»
Katlin annuì.
«Non c’è nessuna descrizione precisa dell’aspetto di queste Sfere, ma è piuttosto esauriente sul loro funzionamento, e del perché furono celate. Sono troppo potenti per essere usate da qualunque mago vi posi le mani.» rispose.
«Mi chiedo, Shalafi, se non sia possibile vedere dove sia finita la Sfera di Takhisis tramite la Stanza della Visione.» disse Dalamar, in piedi contro la parete, vicino alla porta.
«Improbabile, apprendista. Takhisis nasconde piuttosto bene i suoi segreti.» fu la risposta di Raistlin, la cui tosse si stava acuendo col passare della giornata. Katlin scambiò un’occhiata con Caramon e mormorò qualcosa all’orecchio del mago, il quale annuì. Katlin uscì dalla stanza senza dire una parola.
«Perciò, cosa facciamo ora?- chiese Tasslehoff, annoiato da quei discorsi e voglioso di rimettersi in viaggio- Kat mi aveva detto che saremmo andati a Qualinesti!»
«E così sarà.» rispose Raistlin, fulminando il kender con lo sguardo. La tosse gli impedì di aggiungere altro. Caramon si sedette più vicino a lui, ma non agì in alcun modo.
«Come ci recheremo a Qualinesti?- chiese Crysania, composta, tentando di non interessarsi al malessere di Raistlin- Avete intenzione di operare un nuovo teletrasporto?»
Dalamar guardò il suo Shalafi, e si decise a rispondere quando vide che il mago respirava con troppa difficoltà per pronunciare parola.
«No, Dama Crysania. Sarebbe una mossa poco saggia.- rispose, cortese e gelido- Il ritorno dello Shalafi porterà scompiglio nel Conclave dei Maghi. Inoltre, ci costringerebbe a rivelare i nostri scopi, offrendo informazioni alla Dea Tenebrosa.»
«Capisco…» mormorò Crysania, corrugando appena la fronte e lanciando un’occhiata ansiosa verso Raistlin, che aveva finalmente accettato di farsi sorreggere da Caramon.
«Katlin ha detto che Silvara verrà ad incontrarla a Qualinesti.- disse Tanis, riflettendo- Ho paura, però, che questo sarà un problema.»
«E perché, Tanis?» chiese Tasslehoff, con voce squillante. Dalamar sorrise con freddo cinismo, e Tanis lo guardò freddamente.
«Non credo che permetteranno l’ingresso ad un elfo oscuro e alla Veste Nera che ha quasi distrutto il mondo.» disse, cupo.
«Lo faranno, o saranno responsabili del nostro fallimento.- disse Katlin, entrando in quel momento con una tazza fumante in mano- E’ per questo che ho chiesto la tua collaborazione, Tanis. Tu e Laurana convincerete Porthios.»
«Sarebbe più facile vedere sorgere il sole ad ovest.» commentò Tanis, amaro.
«Non ho alcun desiderio di entrare in Qualinesti.» sibilò Dalamar, con un lampo d’odio negli occhi.
«Entreremo in Qualinesti, in un modo o nell’altro. Dobbiamo farlo. La discussione è finita.» disse Katlin, imperiosa. Si sedette accanto a Raistlin e consegnò nelle sue mani la medicina per la tosse. Il mago prese a sorbirla, e presto gli spasmi del suo petto diminuirono.
«Ammiro la tua sicurezza.- commentò Tanis- Forse, se parlassi tu a Porthios…»
Katlin sorrise e scosse il capo.
«Non io, Tanis. Tu. Tu, e Laurana, e Dama Crysania.» disse, sicura. Tanis si incupì, ma non replicò più. Dalamar, seccato per essere stato zittito, guardava fuori dalla finestra, in silenzio.
«Se non useremo la magia, allora come raggiungeremo Qualinesti?» chiese Caramon, osservando il gemello.
«A cavallo, Caramon, come tutti i comuni mortali.- rispose il mago, secco- Partiamo domani. Non abbiamo tutto questo tempo da perdere.» Alzò lo sguardo su Dalamar. «Verrai anche tu, apprendista?» chiese, conoscendo già la risposta. Era diventata evidente fin dalla prima discussione dell’elfo con Katlin. Dopo un istante, infatti, il mago annuì.
«Se partiamo così presto, sarà mio dovere lasciare la Torre in ordine.- disse, con un breve inchino- Col vostro permesso, Shalafi.» Ciò detto, scomparve.
«Ah, quanto vorrei farlo anch’io…» gemette Tasslehoff, invidioso.
Tanis guardò i gemelli, e la ragazza così simile a loro e colse lo sguardo di Crysania, puntato sul terzetto con sentimenti contrastanti, e d’un tratto si trovò a pensare che il viaggio che stava per intraprendere sarebbe stato senz’altro un viaggio lungo. Maledettamente lungo.

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Il viaggio maledettamente lungo iniziò la mattina successiva.
Caramon e Tanis si presero l’incarico di comprare cavalli per tutti, in quanto i loro destrieri erano rimasti a Wayreth, e in poco tempo il gruppo era in viaggio oltre le mura di Palanthas, completi di cibo e materiale per il viaggio che li avrebbe portati ad attraversare il continente.
«Sono lieto che sia bella stagione.- borbottò Caramon a Tanis, mentre procedevano nell’aria tiepida della mattina di quintomese- Raistlin soffre molto nel viaggiare con climi rigidi e umidi.»
Tanis annuì, distratto. Ricordava bene quanto Raistlin stesse male con frequenza, brutto tempo o meno. Avevano evitato la strada principale, preferendo non attirare eccessivamente l’attenzione dei passanti, che in quella stagione non erano poi così rari.
Quella sera, si accamparono sull’erba, al riparo di due alberi dalla chioma frondosa. Raistlin mangiò poco e in silenzio, sorbendo poi la sua medicina dal sentore pungente. Crysania era a sua volta in silenzio, e pareva tormentata. Gli altri chiacchieravano fra loro. Katlin e Dalamar erano impegnati in una serissima discussione di magia.
Raistlin spazzò il gruppo con i suoi occhi dorati, guardandoli da oltre il bordo della tazza ormai quasi vuota. Quanta gente lo attorniava, ora…vecchi ‘amici’, nuove conoscenze…Fin dalla Guerra delle Lance, la solitudine era diventata per lui l’unico modo di vivere la vita. In verità, si era sempre sentito solo ed estraneo perfino in mezzo agli altri, sempre più a mano a mano che diventava uomo, e che nel loro sguardo si insinuavano il sospetto e la paura.
Il gruppo che ora gli stava attorno, però, gli comunicava un singolare senso di protezione. Caramon stava tentando di comportarsi in modo da non farlo adirare, ed i suoi sforzi quasi ridicoli lo avevano finora frenato dallo sferzarlo con la sua lingua tagliente. Tanis lo guardava sì con sospetto, ma come sempre si affidava alla sua intelligenza. La presenza di Katlin aveva reso meno rigido persino il suo apprendista, ed era in grado allo stesso tempo di tenere a bada quella peste del kender.
Sì, forse era Katlin il motivo di quel cambiamento. Con lei presente, le forze raggiungevano un bizzarro equilibrio che sedava gli animi…perfino il suo. Non fosse stato, ovviamente, per la donna la cui presenza era una torcia accesa nel mezzo della tranquillizzante oscurità. Crysania non lo guardava, e sembrava pensierosa, mentre sfiorava con le dita il medaglione sacro che portava al collo.
La luce del fuoco danzava sul suo volto, dando colore alle labbra pallide. Raistlin, privato di un obiettivo da raggiungere, sentiva che ora come non mai Crysania rappresentava per lui un pericolo. Sembrava così facile cedere, ora…Cadere nel piacere di affondare le mani in quei capelli neri, carezzare quel viso altero con le labbra…Checché le avesse detto, Raistlin sapeva che avrebbe dovuto lottare di giorno in giorno con la tentazione di farla sua.
«Cos’hai, Reverenda Figlia?» sussurrò. Lei si voltò di scatto, e una vampata di rossore le colorò le guance e le scurì gli occhi, rendendola più bella.
«Ho…una brutta sensazione.- confessò, confusa, poi si riscosse e guardò altrove- Nulla di cui tu debba preoccuparti.»
Raistlin corrugò la fronte. Le sensazioni di Crysania non andavano prese sottogamba. Fece per dire qualcosa, quando Katlin lo chiamò.
«Raistlin, stavo pensando alla Sfera di Takhisis.- disse, senza accorgersi di aver interrotto qualcosa- Forse c’è un modo per scoprire qualcosa di utile.»
«Cos’hai in mente?» chiese Raistlin, scrutando Katlin con i suoi occhi a clessidra e dimenticando Crysania.
«Potrei provare a cadere in trance.» propose Katlin, seria. Raistlin la fissò, mentre gli altri smettevano di chiacchierare, interessandosi alla conversazione. «Non è detto che veda quanto ci interessa, ma è meglio che non tentare nulla.» continuò.
«Secondo lo Shalafi la Visione ci è preclusa…» interloquì Dalamar.
«Non userò la magia.- lo informò Katlin, con un sorriso rassicurante- E’ un talento naturale.»
Raistlin corrugò la fronte. Sì, lo conosceva quel talento naturale. E vedeva bene che Katlin al solo parlarne era diventata più pallida. Non era così tranquilla alla prospettiva come voleva far credere.
«Kat, sei sicura?- chiese Caramon, nella cui mente passò un breve flash di sua madre- Non sei costretta a farlo.»
«Potrebbe essere utile, Caramon.- disse Katlin, con un altro sorriso smagliante- E’ giusto provare.»
Guardò Raistlin in cerca di supporto, ed il suo sorriso vacillò di fronte alla sua espressione cupa.
«Cosa usi per svegliarti?» le chiese l’arcimago, e Katlin quasi sospirò di sollievo.
«Se non mi sveglio da sola, o comincio a lamentarmi, chiamate il mio nome.- li avvisò- Molte volte, e ad alta voce. Quando lo riconoscerò come mio, mi sveglierò.»
«Kat…» tentò di nuovo di protestare Caramon.
«Taci, Caramon.» gli ingiunse Raistlin.
Katlin sorrise di nuovo, e stavolta fu parzialmente visibile il suo nervosismo. Si sedette a gambe incrociate, con le mani in grembo. Prese a respirare in maniera sempre più rarefatta, gli occhi semichiusi. Ben presto, Katlin rimase immobile, gli occhi vuoti e il petto che quasi non si muoveva al ritmo della respirazione.
«Andata.» mormorò Raistlin, sentendo svanire la presenza di Katlin.
Fu allora che successe il finimondo.
Letteralmente dal nulla, in un lampo di luce, a pochi metri da loro comparve un gruppo formato da una ventina di draconici, tra cui due portavano delle tuniche sospette.
«Ma che diavolo…» sbottò Tanis, iniziando ad alzarsi ed estraendo la spada. I draconici scagliarono loro contro delle lance, attaccandoli con grida di sfida. Le armi, con grande sorpresa di Caramon e Tanis, si infransero su una barriera invisibile, e caddero a terra in pezzetti semibruciacchiati. Caramon, voltandosi, vide Raistlin salmodiare qualcosa, con Crysania alle spalle, ora in piedi vicino a Katlin. Anche Dalamar mormorò qualcosa, e dalle sue dita partirono proiettili di fuoco.
«A terra!» strillò Tasslehoff, e Tanis e Caramon non ci pensarono due volte a seguire il suo consiglio.
Sia Raistlin che Dalamar bersagliarono il gruppo di draconici di incantesimi potenti, che nel giro di un minuto ridussero il gruppo di aggressori ad una massa contorta ed annerita, priva di vita. Solo i due draconici in tunica, che sembravano dei chierici, erano ancora in piedi, e salmodiavano qualcosa.
«Sono protetti da Takhisis! C’è una barriera spirituale, attorno a loro!» esclamò Dalamar, contrariato.
«Maledetta…questo è un Suo avvertimento! Caramon!» disse Raistlin. Non ci fu bisogno di dire altro. Il gigante si abbatté, ruggendo, contro il primo draconico, tagliandogli la testa e bloccando a metà la cantilena. Lui e Tanis si lanciarono verso il secondo, che si era tenuto fin da subito a debita distanza.
Nel momento esatto in cui Caramon alzava la spada per uccidere il draconico, un minuscolo oggetto sfrecciò a pochi millimetri dalla faccia del gigante, superandolo.
«Ma che…» mormorò Caramon, vedendo comparire sul volto del draconico un sorriso di contorta soddisfazione, prima che la spada di Tanis si abbattesse su di lui. Il draconico cadde a terra, poi si sciolse in una pozza acida, che costrinse i due ad indietreggiare velocemente. Dietro di loro provennero delle grida.
Raistlin, Dalamar, Crysania e Tas videro arrivare qualcosa di minuscolo e nero ad altissima velocità.
“E’ una punta di freccia!” pensò Tasslehoff, rendendosi subito conto che non poteva essere una cosa del genere. Raistlin castò un’altra barriera, ma l’oggetto la infranse e la oltrepassò, continuando a dirigersi verso di loro. Raistlin riprovò immediatamente, e a lui si unì Dalamar, ma non ci fu nulla da fare.
«E’ la volontà stessa di Takhisis! E’ resistente alla magia!» esclamò l’elfo oscuro, inorridito.
«Crysania! Proteggi Katlin!» gridò Raistlin, accorgendosi con orrore quale fosse l’obiettivo di quello strano oggetto. Crysania si concentrò e creò attorno a loro una barriera sacra. Finalmente l’oggetto si fermò a mezzo metro dal viso di Katlin, ancora in trance, ma continuò a premere per passare, sprizzando scintille di luce rossa e malsana.
«Che diavolo è?- chiese Dalamar, impressionato- Shalafi…»
«A me sembra un pezzettino di pietra nera.- commentò Tasslehoff- A te, Raistlin?»
«E’…Takhisis stessa!- gemette Crysania, che era impallidita moltissimo- Non so quanto riuscirò a resistere!»
«Mira a Katlin.- mormorò Raistlin, osservando la traiettoria del minuscolo frammento di pietra nera- Guardate.» Iniziò a riunire le proprie forze per spezzare la volontà di quell'oggetto…volontà che era passata direttamente in esso tramite il chierico draconico.
«Ma perché?» chiese Dalamar. Caramon e Tanis li raggiunsero di corsa.
Raistlin poteva quasi sentire la risata della Dea, le parole che aveva pronunciato quando lui e la sua discepola erano usciti dall’Abisso…il trionfo nella voce di Takhisis nel riconoscere Katlin…Perché? Era rischioso e sciocco per la Dea manifestarsi in quel modo. Qual’era il suo scopo? Si concentrò ulteriormente, tentando di spezzare la volontà di Takhisis con la propria, ma in quel momento Katlin tornò in sé con un ansito.
«Cosa…» fece in tempo a dire la ragazza,  vedendo tutti assiepati attorno a lei, prima che un’esplosione distruggesse completamente la barriera di Crysania. Tutti furono sbalzati via. Raistlin fu preso al volo da Caramon e si strinse il petto, con un urlo spezzato di dolore. Dalamar finì lungo disteso a terra, accanto a Tanis e Tasslehoff. Crysania cadde più in là, con un grido. Katlin fu per un attimo invisibile, avvolta in un’aura oscura. Poi, essa scomparve, e la ragazza rimase sdraiata a terra, immobile, a faccia in giù.
«Kat!» gridò Caramon, inorridito.
«Vai…» gli ingiunse Raistlin, con voce tremante. Indicò Katlin, mentre gli altri si alzavano, poi gemette e si piegò su se stesso. Aveva dato troppo di sé, senza contare che non usava la magia da più di un anno, ormai. Prima che chiunque di loro potesse alzarsi e raggiungerla, però, fu Katlin stessa a muoversi.
«Ugh…cos’è successo?» gemette, alzandosi a fatica su mani e ginocchia.
«Kat!- strillò Tasslehoff, più sollevato- Kat, stai…»
Katlin si voltò verso di loro, e la voce del kender gli morì in gola. Tutti smisero momentaneamente di respirare. In mezzo alla fronte di Katlin spiccava un frammento di pietra nera a forma d’ogiva, oscuro come un foro praticato nella sua pelle. Due ciocche di capelli, quelle che le incorniciavano il viso, erano diventate improvvisamente bianche. E i suoi occhi…
«Dei…no!» rantolò Caramon, impressionato. Gli altri non osarono proferire verbo. Raistlin strinse la labbra in una linea quasi invisibile.
“So bene cosa significa vedere morte ogni volta che apri gli occhi.” gli aveva detto lei solo il giorno prima. Poteva ancora vederla rabbrividire, mentre pronunciava quelle parole. Ed ora vide il suo volto contrarsi dall’orrore, mentre incontrava il suo sguardo. La vide portarsi una mano agli occhi…occhi che ora erano d’oro, e presentavano delle singolari pupille a clessidra.
«Oh no…No!- gridò Katlin, inorridita, guardandosi attorno con movimenti febbrili, quasi si aspettasse che qualcuno le dicesse che era tutto uno scherzo- NO!»
«Katlin…» mormorò Crysania, con voce tremante. Katlin la guardò, spaventata come una bambina, poi tornò a guardare Raistlin. Sul suo volto trovò la certezza che cercava: uno dei suoi peggiori incubi era diventato realtà.
“Occhio per occhio, mia cara!” sibilò una voce nella sua mente, per poi mettersi a ridere.
Katlin cominciò a gridare.

 

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Capitolo 10
*** 9 - Qualinesti ***


Lo sfogo di Katlin durò poco. Ben presto la ragazza smise di produrre qualsiasi suono e si accasciò contro il tronco di un albero, con lo sguardo fisso e il viso pallidissimo, tentando di riprendere il controllo di sé.
Lentamente, ad uno ad uno, i compagni si avvicinarono a lei, e presto furono seduti in circolo, cercando di tirare le fila di quanto era successo. Tasslehoff si accoccolò accanto a Katlin, guardandola con estrema preoccupazione.
«Ma come hanno potuto scoprire dove ci trovavamo?» stava chiedendo Tanis, perplesso.
«Takhisis ci guarda con occhi bene aperti, da quando ha riconosciuto Katlin, nell’Abisso.- sibilò Raistlin, sempre stringendosi il petto dolorante- Probabilmente stava solo aspettando che lasciassimo Palanthas per un luogo meno frequentato.»
«Ma la Dea non dovrebbe poter agire in questo modo sui mortali!- disse Crysania, guardando con preoccupazione la ragazza- E’ proibito! Anche nella Guerra delle Lance, Lei…»
«Nella Guerra delle Lance, ogni Dio aveva i suoi campioni.- rispose Raistlin, caustico- Noi eravamo quelli di Paladine. I Signori dei Draghi erano quelli di Takhisis.» Tossì forte e le sua labbra si macchiarono di sangue. «In questo caso, due Dei si sono messi d’accordo contro Takhisis. Lei è giustificata, può colpire la loro arma quando Le aggrada.»
Guardò Katlin, l’arma in questione. Dalamar le stava toccando la pietra sulla fronte.
«Sentite dolore?» le stava chiedendo. Katlin scosse il capo e gli rivolse un pallido sorriso.
«Mi spiace di aver fatto una scena isterica.» sussurrò. Dalamar scosse il capo. Fosse capitato a lui, avrebbe fatto di peggio che tirare quattro urla. Probabilmente si sarebbe buttato da una finestra della Torre.
«Volete che provi a togliervela?» chiese ancora Dalamar.
«Ho paura che non sia possibile.» mormorò Katlin.
«Prova, se credi, apprendista.- intervenne Raistlin, stanco di tutta quella faccenda- Ma in quella pietra vi è la volontà di Takhisis. E’ come la Gemma Verde incastonata nel petto di Berem, l’Uomo Immortale. Impossibile toglierla così facilmente.»
«Ricordo Berem…» mormorò Caramon. Era stato lui ad accompagnare l’uomo immortale al suo ultimo viaggio, nei sotterranei del Tempio di Neraka. Guardò Katlin con ansia. Cosa sarebbe stato richiesto a Katlin per liberarsi di quella maledizione?
Dalamar provò ugualmente a imporre la sua volontà sulla pietra perché lasciasse libera Katlin, ma fu presto ben chiaro che non avrebbe ottenuto risultati. Katlin gli poggiò una mano sul braccio, costringendolo con gentilezza a desistere.
«Lasciate stare, Lord Dalamar.- sospirò- Takhisis ha segnato un punto a suo favore. Lasciamole questa soddisfazione.»
«Katlin…non ti senti male, vero?» chiese Tasslehoff.
«No, sto bene.- disse Katlin, sedendosi più dritta e riprendendo un’espressione decisa- A parte gli occhi e questa nuova tinta di capelli, sto benissimo.» Rise, cupa, passando le dita in una delle due ciocche bianche. «Takhisis ha un grande senso dell’umorismo.»
«Come facciamo, ora?» chiese Caramon.
«Andiamo avanti.- disse Katlin, come se fosse ovvio- Questo serve ad incentivarmi, non certo a farmi abbandonare la missione! Probabilmente, distruggendo il Portale sarò libera, come Berem lo fu alla distruzione del Tempio di Neraka.»
«E’ probabile.» ammise Dalamar, riflettendo.
Raistlin la fissò con aria cupa. Era strano che la Dea si fosse limitata ad una maledizione tanto semplice, quasi uno scherzo di cattivo gusto. Doveva esserci sotto qualcos’altro…qualcosa che loro ancora non potevano vedere. E negli occhi di Katlin, occhi ora identici ai suoi, vide che anche lei stava pensando alla stessa cosa.
«Se solo tu non fossi stata in trance, forse questo non sarebbe successo…» ipotizzò Tanis. Katlin si batté una mano sulla coscia.
«Che stupida! Con tutto questo chiasso stavo dimenticando.- esclamò- Ho visto qualcosa, durante la trance.»
«Che cosa, Katlin?» chiese Crysania.
«Ho visto la Sfera di Takhisis.- disse Katlin, corrugando la fronte- L’ho vista cadere su Krynn, proveniente dal nulla. L’ho vista affidare nelle mani di un uomo i cui occhi erano rossi.» Guardò Raistlin, ed un messaggio senza parole passò tra i due.
«Capelli neri o rossi?» chiese l’arcimago.
«Neri.» rispose Katlin, sicura.
«Che cosa significa?» chiese Caramon, perplesso.
«La Sfera è stata affidata ad un drago nero.» rispose Raistlin, pensieroso e cupo.
«C’è del logico, in questo.- disse Dalamar- Se la Sfera di Paladine è stata affidata ai Draghi d’Argento…»
«Ma dove trovare i draghi oscuri?» chiese Crysania.
Katlin scosse il capo, poi fece una smorfia e si portò una mano alla fronte.
«Adesso basta parlare.- disse Caramon, burbero- Katlin è stanca, non vedete? Lasciamola riposare.»
«E’ una cosa importante, Caramon…» tentò di replicare Katlin.
«Può essere anche il modo per salvare il mondo, ma non importa.- sentenziò Caramon- Tu sei stanca e scioccata. Anche Raistlin è a pezzi. Possiamo discutere domattina.»
Raistlin rimase in silenzio, approvando tacitamente, e nemmeno Katlin si sentì di ribattere. In effetti, si sentiva come se fosse stata investita e calpestata da una mandria di cavalli. E la fronte le pulsava.
Gli altri convennero che la discussione potesse essere rimandata alla mattina dopo, e si prepararono per andare a dormire.
Quando Katlin si distese sull’erba, gli altri erano già appisolati. Con una coperta addosso, guardò il cielo stellato…l’unica cosa che ora riuscisse a vedere senza che fosse intaccata dal decadimento del tempo. Strinse le palpebre, facendo una smorfia sofferta, e si portò le mani al viso per coprirli.
Raistlin, sveglio e vigile poco lontano, la osservò da sotto le palpebre abbassate.
“Ti pentirai di non esserti goduto il tuo sonno! Oh, se te ne pentirai!” aveva riso la Dea delle Tenebre.
Raistlin pensava che quel minuscolo frammento di pietra gli avrebbe recato più problemi di quanto all’apparenza potesse sembrare.



Il viaggio verso Qualinesti fu lungo, ma relativamente tranquillo.
Procedettero spediti, mentre la primavera diventava un’estate calda e secca, e non subirono alcun attacco di natura sospetta. Pareva che Takhisis si fosse limitata a lanciare loro un avvertimento. Discussero della Sfera di Takhisis, e dei possibili modi per recuperarla. Katlin ammise che la sua visione veniva da un lontanissimo passato, e che nei secoli trascorsi alla Sfera poteva essere successo di tutto, soprattutto dopo la Guerra delle Lance. Non era impossibile che fosse finita delle mani di Ariakas e successivamente in quelle di Kitiara, ma non c’era modo di saperlo.
Katlin non si offrì più di entrare in trance, e nessuno osò farle questa richiesta. Una volta era bastata a renderla vulnerabile agli attacchi della Regina, ed ora ne pagava lo scotto. La ragazza non mandò più un lamento per i suoi occhi maledetti, che la rendevano ancora più inquietantemente simile a Raistlin, ed almeno fisicamente stava bene come sempre. Divenne un po’ meno cordiale e pronta al dialogo, ma tutti la giudicarono una reazione comprensibile. Tra lei e Dalamar si creò una forte intesa intellettuale. Presero l’abitudine di discutere insieme tutte le sere, mentre Katlin disegnava come una forsennata su fogli di carta bianca, quasi ad esorcizzare la morte che vedeva con gli occhi appena maledetti. Dopo che Raistlin li sferzò entrambi col suo sarcasmo per la loro ostinazione nel darsi del voi, presero a parlarsi in maniera più confidenziale.
Quando oltrepassarono il mare e tornarono sulla loro terra, Caramon iniziò a fremere dal desiderio di fare una piccola deviazione verso Solace, giusto per vedere come stava Tika, che doveva ormai essere a metà della gravidanza, ma Raistlin lo proibì con fermezza. Avevano ancora moltissima strada da fare, il Drago d’Argento li attendeva e non c’era tempo da perdere per un moccioso non ancora nato. Tanis aveva storto la bocca nel pensare che quel povero bambino avrebbe avuto uno zio del genere, ma aveva appoggiato Raistlin in questa decisione. Desiderava togliersi dalle mani la patata bollente di dover convincere Porthios a fare entrare le due Vesti Nere all’interno di Qualinesti, e non sarebbe stata una facile impresa. Si chiedeva cosa avrebbe detto Laurana, alla notizia che Raistlin era tornato in vita.
Tra Crysania e Raistlin permaneva un gelo da ghiacciare le ossa. I due non si scambiavano quasi mai parola, e non cavalcavano mai vicini. Katlin stava lentamente diventando furiosa con Raistlin. Purtroppo, non poteva parlare liberamente né con l’arcimago, né con la chierica, in quanto restavano sempre in gruppo, e la ragazza non era così indelicata da sollevare certi argomenti in presenza di altri. Katlin non sapeva che anche Crysania stava perdendo la pazienza per quell'assurda pantomima, ed era pronta a scoppiare.
Raistlin, dal canto suo, osservava non visto la sua discepola, controllandone i movimenti e le parole. Aveva così notato qualcosa che agli altri era sfuggito. Katlin non stava bene nemmeno fisicamente. Dalla notte in cui la pietra nera le si era conficcata nella fronte, gradualmente la giovane maga aveva iniziato a perdere forza e vitalità. Aveva già avuto quattro svenimenti. Niente di grave, e lei li aveva mascherati come piccoli collassi a causa del caldo e della fatica, ed era stata così tranquilla e convincente da sopire perfino le proteste di ‘mamma chioccia’ Caramon. Raistlin, però, si era accorto di come quegli svenimenti non somigliassero affatto a collassi. Semplicemente, la giovane donna crollava di punto in bianco. Una volta le aveva aperto le palpebre, e aveva notato con sconcerto che gli occhi non erano girati all’indietro, ma erano fissi in uno sguardo frontale…come se fosse in trance, e non svenuta. Queste crisi duravano pochi minuti, poi Katlin si svegliava e tornava normale. Inoltre, la ragazza stava dimagrendo. Le linee dei suoi zigomi si erano fatte più pronunciate. I suoi polsi sottili erano diventati quasi scheletrici, sotto le maniche della veste. Presto anche Caramon e gli altri se ne sarebbero accorti, a dispetto dei tentativi di Katlin di far passare tutto sotto silenzio. Tutto questo, in qualche modo, era legato alla pietra, ma ancora Raistlin non aveva colto il nesso.
Il fatto di avere qualcosa a cui rivolgere la sua totale attenzione, l’aveva distolto dal pensare a Crysania, e di questo era ben lieto. Averla vicina tutti i giorni era una tortura.
Tasslehoff, molto semplicemente, si godette il viaggio insieme ai suoi amici, ben lieto di percorrere così tanta strada in una stagione così bella.
Fu così in un torrido mezzogiorno di una giornata così serena e luminosa da far male agli occhi che il gruppo giunse finalmente al limitare di Qualinesti. Rallentarono l’andatura dei cavalli, avvicinandosi con cautela ai margini della terra degli elfi, in maniera da essere visti con chiarezza dalle guardie che sicuramente pattugliavano il confine. L’ultima cosa che desideravano era metterli in allarme con un atteggiamento furtivo.
«Non si vede nessuno.» sussurrò Crysania, aguzzando lo sguardo. Tra gli alberi immoti non vedeva nulla che somigliasse ad una figura umana.
«Non li vediamo, ma loro vedono bene noi, Dama Crysania.- disse Tanis, corrugando la fronte- Lasciate che parli io.»
Spronò il cavallo per farsi avanti, lasciando gli altri dietro di sé.
«Sono Tanis Mezzelfo, e torno in pace alla mia terra.- disse, a voce alta- Mostratevi, per favore.»
Lentamente, cinque sagome di arcieri uscirono dal folto, con le frecce incoccate per metà sui lunghi archi.
«Ti riconosciamo, Mezzelfo.- disse uno di loro, accennando un lieve inchino per il consorte di Laurana- Bentornato a Qualinesti. Non so se possiamo dire altrettanto di coloro che ti seguono.»
Tanis sospirò dentro si sé. La sua opera di convincimento stava per iniziare.
«Porto nella terra degli elfi la Reverenda Figlia di Paladine Crysania.» Fece un gesto dietro di sé e Crysania annuì appena col capo, splendente e bella nella sua veste bianca. «Con me viaggiano anche gli Eroi delle Lance Caramon e Tasslehoff, che sono già stati ospiti della corte di Solostaran. Inoltre, porto con me una maga eletta da Paladine, Katlin ‘Ym Adoonan.»
«I nostri rispetti, signori.- disse la guardia, inchinandosi, e così fecero gli altri- Ma sono quelle macchie nere all’interno di un gruppo così puro che ci rendono perplessi, Lord. Nessuno di loro potrà mettere piede oltre il confine.»
Tanis sospirò. Raistlin si era coperto il volto col cappuccio nero nonostante il caldo, e così aveva fatto Dalamar. I loro lineamenti non erano discernibili, e solo questo aveva trattenuto gli arcieri dal farsi prendere dal terrore. I due non erano esattamente gli ospiti che chiunque si sarebbe augurato di avere in casa…e nemmeno nelle vicinanze! Pregò che nessuno si accorgesse prima del tempo della clessidra che brillava fiocamente sul cappuccio di Raistlin.
«Lo so bene, ma la loro presenza è essenziale.- replicò Tanis, cercando di mantenere un tono di voce sicuro e deciso- Devo parlarne con Porthios. Permetteteci di entrare pacificamente. Le Vesti Nere rimarranno qui ad attendere le nostre disposizioni.» Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Raistlin aveva storto la bocca in un ghigno. Se avesse voluto entrare in Qualinesti e distruggerla, certo non aveva bisogno del permesso di quelle misere guardie, né di quello di Porthios.
Le guardie confabularono tra loro per qualche istante, quindi quella che pareva il capo si volse di nuovo verso il Mezzelfo.
«Che garanzie ci dai?» chiese.
«La mia parola.- rispose Tanis- E che le loro colpe possano ricadere sul mio capo.»
La guardia annuì, riluttante, ma fece loro cenno di entrare nel bosco. Katlin fece scendere Tasslehoff di sella.
«Vai con Caramon.- gli disse- Io resterò qui finché Porthios non darà il permesso a Raistlin e Dalamar di entrare.»
«Ma Kat…sei tu il motivo per cui siamo qui!» replicò Tasslehoff, scivolando giù di sella e guardandola con perplessità. Katlin fece un sorrisetto astuto.
«Appunto!» disse soltanto, e dopo un attimo Tas sorrise. Katlin era proprio furba. Corse da Caramon e si fece sollevare dal gigante, mormorandogli intanto il piano di Katlin. Caramon si voltò verso di lei, preoccupato, ma ad un gesto rassicurante della ragazza seguì Tanis nella boscaglia. Il gruppo si allontanò e le guardie tornarono in mezzo agli alberi, rendendosi di nuovo invisibili.
«Possiamo anche metterci comodi.- disse Katlin, scendendo di sella- L’attesa sarà lunga, presumo.»
E così fu.



Il sole era ormai una palla rossa e gonfia, maturo al punto giusto per tramontare. Il caldo aveva dato il suo meglio per tutta la giornata, che i tre maghi avevano passato all’ombra di un albero. Ora, l’aria era più respirabile e la temperatura si era abbassata a livelli accettabili. Si era anche alzato un po’ di vento.
Non avevano ancora ricevuto notizie da parte degli altri, che di certo erano impegnati in una discussione memorabile con Porthios, ma non se ne preoccupavano.
Dalamar, in particolare, guardava la foresta con uno sguardo in cui si mischiavano in egual misura desiderio e disprezzo. Ringraziò che Qualinesti e Silvanesti presentassero differenze sostanziali l’una dall’altra, altrimenti non avrebbe resistito alla tentazione di distruggerla…per poi, quasi di certo, pentirsene amaramente.
Volse lo sguardo ai suoi compagni d’attesa. Lo Shalafi sedeva con la schiena contro il tronco dell’albero, le mani nascoste nelle maniche della veste e il viso celato all’interno del cappuccio. Erano quasi due ore che non si muoveva, e Dalamar pensava che si fosse appisolato. Con lo Shalafi, però, non si poteva mai esserne sicuri.
Katlin aveva dapprincipio dormito, ma da un pezzo stava disegnando gli alberi, con la sua cartellina grigia appoggiata alle ginocchia piegate. Doveva ammettere che la giovane maga aveva talento da vendere. I suoi disegni a carboncino erano veramente belli, e coglievano l’atmosfera del luogo che stava ritraendo. Almeno sulla carta, nulla moriva. Difatti, Katlin guardava molto poco ciò che stava copiando. Lanciava brevissime occhiate ogni tanto, per rinfrescarsi la memoria, ma distoglieva lo sguardo prima che la foresta le marcisse davanti.
«Se avessi visitato le meraviglie di Silvanesti, avresti già finito i fogli.» mormorò. Lei si voltò verso di lui, e sorrise. Dalamar sentì un fremito scorrergli lungo il corpo. Nonostante gli occhi maledetti, Katlin rimaneva maledettamente attraente…soprattutto quando gli sorrideva con tanto calore. Ma non era un po’ dimagrita negli ultimi tempi? Gli sembrava di sì.
«Lo credo anch’io.- rispose lei- Anche se sono comunque a corto di fogli. Dovrò cercare di farmi dare qualcosa su cui disegnare, prima di lasciare Qualinesti.»
«E’ una vera passione.» commentò Dalamar.
«Non quanto la magia, ma mi rilassa la mente.» ammise Katlin, scrollando le spalle. Si strofinò la punta delle dita, sporche di polvere di carbone. Dalamar le prese la mano e tirò fuori un fazzoletto da una delle tasche.
«Permettimi.» mormorò, pulendole con delicatezza le dita. Katlin arrossì violentemente e cercò di tirare indietro la mano, ma Dalamar non glielo permise. Un minuscolo sorrisetto gli comparve sul volto. Così, Katlin era molto più ingenua di quel che volesse far credere. Lanciò una brevissima occhiata a Raistlin, ma l’arcimago non si era mosso. Forse dormiva davvero.
«Non era necessario.» sussurrò Katlin, quando Dalamar ebbe finito.
«Ti saresti sporcata la veste. Ricorda che stai per essere ricevuta alla corte di Qualinesti.» disse Dalamar, riponendo il fazzoletto. Katlin fece una smorfia sarcastica ed indicò la propria veste, che grazie a quel viaggio aveva assunto un malsano colorito grigiastro.
«Ti pare che avrebbe fatto differenza?» gli chiese. Dalamar la guardò, poi entrambi si misero a ridere.
«Un punto per te.- ammise l’elfo oscuro, guardandola di nuovo con aperta ammirazione- Non sembri turbata nella tua vanità femminile.»
«Vanità…cosa?- rise ancora Katlin- Cosa ti fa pensare che io sia affetta da una malattia del genere?»
Dalamar sorrise. Gli piaceva vederla ridere a quel modo. Negli ultimi tempi era diventata più taciturna, somigliando sempre più al suo Shalafi. Gli faceva piacere sapere di avere il potere di strapparle una risata. Si accorse che aveva un piccolo sbaffo grigio sulla guancia. Allungò una mano per toglierglielo, ma lei si ritrasse con una luce dura negli occhi. Poi sembrò dispiaciuta.
«Scusa, Dalamar…non volevo.- mormorò, contrita- E’ che non sono abituata ad essere toccata. Mi metto subito sulla difensiva.»
Dalamar annuì, facendole cenno di strofinarsi la guancia. Lei si pulì col palmo della mano e l’elfo sospirò. Se voleva conquistare quella donna, c’era ancora molta strada da fare. In quel momento, Raistlin tossì, aspro e secco, facendo sobbalzare entrambi.
«Katlin, la mia medicina.» disse Raistlin, continuando a tossire. Katlin si affrettò ad alzarsi per raccogliere legna per il fuoco. Dalamar si voltò verso il suo Shalafi e vide brillare i suoi occhi dorati tra le ombre del cappuccio, pieni di divertito sarcasmo. Dalamar strinse le labbra in una linea sottile. Lo Shalafi aveva seguito tutta la scena fingendo di dormire…ed ora si prendeva gioco di lui. Maledizione!
Katlin preparò la medicina di Raistlin. Accorgendosi che il mago la scrutava con aria indagatoria, appuntò la sua attenzione altrove, dedicandosi a riporre le proprie cose nella borsa da viaggio. Fu allora che due figure uscirono dal folto, venendo verso di loro.
Una era Tanis. L’altra, era una fanciulla elfica di incredibile bellezza, dai capelli color miele. Il Mezzelfo fece loro un cenno di saluto.
«Laurana, ti presento Katlin ‘Ym Adoonan e Lord Dalamar.- disse Tanis- Raistlin lo conosci già.»
Raistlin sorrise appena, sarcastico, e Laurana annuì nella sua direzione. Dopotutto, in parte gli doveva la vita. Strinse poi la mano a Katlin e, con più riluttanza, a Dalamar.
«Che risultati, Mezzelfo?» chiese Raistlin, con voce sottile.
«Potete entrare.- sospirò Tanis, che sembrava stanco- Voi due alloggerete in un corpo limitrofo al Palazzo, e dovete promettermi di non andarvene in giro. Porthios non vuole vedervi.» Dalamar e Raistlin annuirono. Era già tanto aver strappato quella concessione al testardo Signore degli Elfi. «Tu, Katlin, andrai ad incontrarlo con Laurana.- disse ancora Tanis- Meglio che senta anche la tua voce.»
«Ti devo un favore, Tanis.» disse Katlin, sorridendo.
«Dì pure una decina.» borbottò il Mezzelfo, facendo sorridere la propria consorte.
Il gruppo varcò i confini di Qualinesti e dopo poco si separò, diretto verso due diverse destinazioni.



«E’ permesso?» chiese Caramon, bussando alla porta ed al contempo aprendola quel tanto che bastava da infilarci dentro la testa.
«Entra, Caramon.» disse Raistlin, seduto su una sedia accanto alla finestra, il volto rischiarato dalla luce delle candele accese. Caramon entrò e chiuse la porta dietro di sé, scambiando un cenno di saluto con Dalamar, anch’egli presente nella stanza da letto, che conteneva tre giacigli.
«Beh, non ci hanno dato una brutta stanza.- commentò il guerriero- Vista la faccia di Porthios quando vi abbiamo nominato, pensavo peggio.»
Raistlin stirò le labbra in un sorrisetto sarcastico. Caramon si sedette su uno dei letti, trovandolo morbido e invitante.
«Volevo avvisarvi che tra poco si mangia.- disse Caramon- Laurana è stata così gentile da far preparare un tavolo al piano di sotto, così potremo cenare tutti insieme.» Il suo stomaco mugolò. «Anche se mi sembra di ricordare che i pasti, da queste parti, siano piuttosto leggeri.» borbottò.
«Katlin non è ancora tornata?» chiese Dalamar. Caramon scosse il capo. L’elfo oscuro trattenne un sospiro spazientito, guardandosi attorno. Li avevano sistemati in un grazioso edificio a due piani, al limitare di Qualinost, lontani da occhi indiscreti e soprattutto dalla vista di Porthios, che avrebbe fatto finta di non aver mai sentito della presenza delle due Vesti Nere esclusivamente perché Paladine stesso aveva disposto che la sua eletta incontrasse il drago d’argento in Qualinesti.
A Dalamar, questo andava benissimo. Non desiderava incontrare nessuno della sua razza. Non desiderava vedere l’orrore e il disprezzo nel loro sguardo, perché avrebbe potuto benissimo perdere la pazienza. Colse l’occhiata gelida del proprio Shalafi e si ricompose. L’arcimago non aveva difficoltà a discernere i suoi pensieri.
In quel momento, qualcun altro bussò alla porta.
«Sono Tanis.- disse il Mezzelfo, aprendo l’uscio- Laurana e Katlin sono tornate. Tra poco si mangia, perciò se volete scendere…»
«Katlin!» Il grido di donna fece voltare tutti verso il corridoio.
«Che succede?!» esclamò Caramon, preoccupato, correndo fuori. Tanis lo seguì. Dalamar si costrinse a mostrarsi indifferente e seguì il suo Shalafi, adeguandosi al suo passo più lento. Quando scesero al piano di sotto, videro che Katlin era appoggiata a Crysania, il volto pallidissimo e il respiro rarefatto, ma era cosciente.
«Kat, stai bene?» chiese Caramon, premuroso.
«Forse è stanca.- disse Laurana, preoccupata per la sua ospite- Diamole un po’ d’acqua.»
Raistlin la scrutò da lontano, rilevando tutti i piccoli dettagli del malessere di Katlin. Il velo di sudore che le imperlava la fronte, ad esempio, e il fatto che gli occhi dorati le rilucevano in modo malsano, come se fosse febbricitante.
«Laurana ha ragione, devo essere stanca.- mormorò la ragazza- Fatemi rinfrescare il viso, poi vi raggiungerò per mangiare qualcosa. Questo mi rimetterà in sesto.»
Caramon corrugò la fronte, poco convinto, ma annuì. Crysania la accompagnò di sopra, nella camera che avrebbero diviso. Gli altri rimasero di sotto.
«Ma cosa le è successo, esattamente?» chiese Caramon.
«Stava svenendo, credo.- disse Tasslehoff- E’ entrata con Laurana e stava benissimo, poi ha fatto due passi e…PUFF! Se non ci fosse stata Crysania, sarebbe caduta a terra! E’ diventata bianchissima e sembrava quasi che non respirasse. Però non è svenuta come le ultime volte.”»
«Sta spesso così male?» chiese Laurana, guardando Tanis.
«Ultimamente ha avuto qualche collasso.- ammise il Mezzelfo- Forse la causa è da ricercarsi nel fatto che non è abituata a viaggiare così a lungo. Dev’essere stremata.»
«Una buona cena e starà meglio.» asserì Caramon. Raistlin, però, vide anche nei suoi occhi una punta di dubbio. Quei collassi stavano diventando troppo strani e frequenti.
Pochi minuti dopo, Katlin e Crysania tornarono al piano di sotto. La ragazza sembrava essersi ripresa completamente, perciò il gruppo iniziò a cenare senza ulteriori indugi.
La cena si svolse in un clima informale e gradevole, e Laurana si rivelò, come sempre, un’ospite perfetta. Riuscì a tenere conversazione con tutti, mettendoli a loro agio, e qualsiasi inquietudine derivata dal malessere di Katlin fu presto dissipata. Ora del dessert, si era ormai arrivati a rinvangare le vecchie avventure, l’occasione in cui i compagni sventurati, che poi sarebbero stati noti col nome di Eroi delle Lance, erano stati salvati dagli elfi da un destino da schiavi sotto la frusta del goblin Fewmaster Toede e del suo Signore Verminaard. Erano poi stati a colloquio con Solostaran, il defunto padre di Laurana, e la presenza di Goldmoon l’aveva convinto ad affidare loro la missione di liberare gli schiavi di Pax Tarkhas e sconfiggere il Signore dei Draghi.
Crysania e Dalamar, che avevano letto di questi avvenimenti ma non ne avevano mai sentito parlare dai diretti interessati, ascoltarono con attenzione, imparando cose che non erano riportate nei libri ma potevano venire lette nei loro occhi. Katlin restava in silenzio. Conosceva quella storia come se l’avesse vissuta lei stessa…e in una certa misura era proprio così.
Raistlin si stancò presto di quei ricordi, ai suoi occhi ancora terribili per ciò che ne era seguito, perciò scivolò silenziosamente fuori dalla stanza, senza che nessuno si accorgesse della sua assenza. Li sentì ridere, mentre usciva fuori dalla casa, nel giardino boscoso antistante. Storse la bocca in una smorfia.
Già, che ridessero pure. Le loro parole e la loro allegria lo facevano ancora sentire un estraneo. Ed estraneo era, visto che non una volta era stato interpellato. Nessuno voleva sentire il parere dell’oscurità, quando si era così impegnati a trovare qualcosa di buono in ricordi che di buono nulla avevano!
«Eternamente sciocchi.» disse tra sé, sprezzante. E lui? E lui, eternamente solo, come ormai si era abituato ad essere.
Camminò nel giardino, allontanandosi quel tanto che bastava da non essere infastidito dalle voci che provenivano dall’interno, cadenzando il passo col Bastone di Magius.
Nulla sarebbe cambiato. Questa certezza aveva presto spazzato le miserevoli illusioni con cui si era baloccato durante l’apprendistato di Katlin. Coloro che lo circondavano l’avrebbero sempre visto con odio e paura. E lui, era cambiato? No, affatto. Vedeva sempre il nero nell’anima, e covava sospetto prima ancora di poter pensare di aver fiducia. Desiderava il potere, godeva nel plasmare le anime altrui. Bramava la magia e tuttora aveva ben poca considerazione della vita degli altri. Perciò come, in nome degli dei, qualcosa avrebbe potuto cambiare?
Si approssimò ad un tronco, con movimenti misurati e attenti, poi posò il capo contro la corteccia. Ma cosa importava, alla fine? Era vivo. Aveva la sua magia, intatta. Se chiudeva gli occhi, poteva sentire la carezza del tiepido vento notturno. Avvertiva gli odori delle piante e della terra. La sua anima era ancora abbastanza forte da far abbassare lo sguardo a qualsiasi uomo sulla faccia di Krynn. Questo non era forse abbastanza? Cos’altro poteva desiderare?
«Raistlin…»
La voce lo fece tendere come una corda di violino, quasi fosse stata evocata in risposta ai suoi pensieri. Riprendendo immediato controllo di sé, Raistlin si voltò. Crysania era in piedi poco distante da lui, immobile. La chierica non sembrava molto segnata da quel lungo viaggio. Ne aveva sperimentati di peggiori, pensò Raistlin con cinismo. Stava là, il volto immoto, vestita come sempre di bianco nel suo abito dal taglio casto e disadorno, ben diverso dalle vesti così opulente e seducenti che la adornavano ad Istar. Sul suo petto brillava il medaglione di Paladine, ma in quel momento una luce ben più intensa le brillava negli occhi. Crysania era furiosa, a quanto pareva. Conosceva quel suo sguardo, e sapeva che presagiva una discussione.
«Sì, Reverenda Figlia?» chiese, infilando in quelle semplici parole un gelido sarcasmo. La vide stringere le labbra per l’ira e trattenne un sorrisetto. Gli piaceva, così combattiva e fiera.
«Perché hai lasciato la tavola?» chiese Crysania, cercando di mantenere sotto controllo il tono della propria voce.
«Queste rimembranze mi stancano e l’ambiente si stava facendo soffocante.- disse Raistlin, con un gesto svogliato- Piuttosto tu, Reverenda Figlia. La storia era narrata a tuo uso e consumo. Non trovi sia una scortesia abbandonare così i tuoi commensali?»
«Ho bisogno di parlarti.» disse lei, brusca.
«Oh, davvero?» chiese Raistlin, in un sussurro, alzando appena un sopracciglio. Era l’immagine stessa del disinteressamento. Per quanto lo riguardava, non aveva alcuna voglia di parlare con lei.
«Smettila con questo atteggiamento!- esclamò lei, venendo avanti di un passo- Perché dovremmo continuare ad ignorarci a questo modo? Non sei forse tu che mi hai chiesto di seguirti ad occhi chiusi, a suo tempo?»
«E mi seguisti dove volevo, Dama Crysania…fino a che mi fosti utile.- ribatté Raistlin- A che mi servirebbe, ora, averti a seguito?»
Crysania strinse di nuovo le labbra tanto da sbiancarle, poi sembrò calmarsi.
«E’ inutile discutere con te, quando non sei tu a volerlo.» disse, con una smorfia.
«Se lo sai, evita di seccarmi, Crysania.- disse Raistlin, amaro, facendo per voltarsi- Torna dagli altri e lasciami in pace.»
«Non ho detto che avrei smesso di dirti ciò che devo, Raistlin.- disse la chierica, più calma- Semplicemente, non darò importanza alle tue risposte.»
Raistlin rise, una risata sottile e cinica.
«Sei molto divertente, Reverenda Figlia, ma io non ho intenzione di sprecare il mio tempo con…»
«Non appena tornato, mi hai mentito.» sussurrò Crysania, zittendolo. Raistlin corrugò la fronte.
«Varrebbe a dire?» non poté fare a meno di chiedere, acido.
«Mi hai detto che una Veste Nera ed una Chierica di Paladine non potranno avere mai niente a che fare l’una con l’altra.» mormorò la donna, stringendo impercettibilmente la veste nei pugni chiusi.
«E con ciò?- chiese Raistlin, ricordando la loro conversazione- Ti sembra forse una menzogna, Reverenda Figlia? Rifletti bene da ciò che hai imparato: ti sembra forse una menzogna?»
Crysania lo stupì annuendo.
«Ai tuoi occhi, lo è.- disse lei- Tu non hai mai dato importanza a casta e a fede. Perciò mi hai mentito, per la tua convenienza.»
Raistlin la scrutò e lei non poté fare a meno di rabbrividire appena sotto quell'esame. Era la prima volta che la guardava davvero da quando era tornato in vita.
«Ma tu dai importanza a casta e fede.- sussurrò il mago, velenoso- Perciò la mia menzogna è la tua verità. Dov’è il problema, Reverenda Figlia?»
Crysania scosse il capo.
«L’amore è al di là di queste cose.» mormorò lei. Raistlin rise di nuovo, sgradevole, gettando fango sulle parole appena ascoltate per evitare che gli giungessero al cuore.
«L’amore?! Quale amore, Reverenda Figlia?- chiese, stirando le labbra in un sorriso crudele- Di quale romantica veste hai adornato i tuoi ricordi? Io ti ho lasciata a morire, mia cara! Ti pare amore, questo?»
«Mi hai salvato la vita!» gridò Crysania.
«Ti ho uccisa, nel pieno delle mie forze!- replicò Raistlin- Facile cedere quando infine si è deboli!» Raistlin sentì che doveva chiudere quella conversazione al più presto. Stava prendendo una piega pericolosa, e presto avrebbe raschiato il fondo delle proprie menzogne.
«Tu mi hai tradita e illusa, ma al contempo mi hai sempre protetta! Ora conosco il tuo volto, Raistlin, perciò non mi lascerò ingannare!- esclamò Crysania, con enfasi, avvicinandosi- Quante volte ti sei preso cura di me?»
«Mi servivi…» iniziò a dire Raistlin, ma Crysania non gliene diede il tempo.
«Quante volte mi hai confortata tra le tue braccia?- continuò lei, sull’orlo delle lacrime- Perfino là, su quel fiume…» Si zittì di colpo. Raistlin si sentì avvampare al ricordo dell’unica volta in cui aveva quasi ceduto alla debolezza della carne…all’unica volta che l’aveva stretta tra le braccia come un uomo con una donna. Vide lo stesso tormento sul volto arrossato di lei, e sferrò il suo ultimo attacco.
«Quello ha un nome diverso dall’amore, Crysania.» sussurrò, socchiudendo appena le palpebre sugli occhi dorati, uno sguardo da predatore. Allungò una mano e la afferrò per un polso, tirandosela contro e premendola contro il suo petto con l’altro braccio. Lei si divincolò, ma lui non la lasciò andare.
«E’ questo che vuoi, Reverenda Figlia?- le chiese, sussurrandole nell’orecchio col respiro rovente- E’ questo l’amore che cerchi?»
«Sai che…non è così.» disse lei, e Raistlin avvertì la sua voce tremare. Seguì il profilo del suo volto con un dito, costringendola a guardarlo negli occhi. Non dovette fingere la bruciante passione che gli brillò nelle iridi dorate nel vederla così fragile e così vicina.
«Questo è tutto l’amore che conosco, Dama Crysania, e se volessi potrei consumarlo anche qui, ora.» disse, con voce roca. Lei sembrò spaventata e questo certificò la vittoria dell’arcimago. «Non giocare col fuoco, Dama Crysania.- le disse- Ricorda che hai votato la tua anima e il tuo corpo a qualcun altro. Ciò che io prendo, non lo restituisco.»
Con un gesto secco, la allontanò da sé, indi le voltò le spalle e si allontanò, lasciandola sola e tremante nel buio del giardino.
Raistlin si allontanò quasi con furia. Aveva rischiato grosso per piegarla di nuovo. Tenerla così vicina al proprio corpo…sentire il calore febbricitante della sua pelle, la frenesia del suo respiro…Raistlin strinse i denti e chiuse i pugni con un movimento convulso, ferendosi i palmi con le unghie.
Non voleva, non DOVEVA mai più permetterle di avvicinarsi così tanto alla verità! Lei aveva parlato d’amore…Raistlin pensava fosse qualcosa di peggio. Era ossessionato da Crysania! Se solo si fosse lasciato andare, sapeva che non sarebbe più riuscito a fare a meno di lei…e non solo fisicamente. Lei lo amava? Lo amava, nonostante le atrocità che aveva commesso?
Ma lui non era un uomo come tutti gli altri. Non lo era, maledizione, né lei era una donna che potesse permettersi di essere comune! Raistlin viveva nell’oscurità della morte, e non avrebbe più cercato di corrompere la luce. A ciascuno il suo, e che l’oblio cancellasse quei maledetti sentimenti!
«Sei un dannato bugiardo.» disse una voce, che per un istante Raistlin identificò con quella della propria coscienza. Quando si rese conto che apparteneva ad una persona fisica, si voltò di scatto. Katlin lo guardava con volto di pietra, gli occhi a clessidra freddi specchi senza espressione.
«Non è il momento, Katlin.- disse il mago, trattenendo la propria ira- Vai a sputare sentenze altrove.»
Katlin fece una smorfia.
«A chi credi di darla a bere?- disse, amara- Tu la ami. Che cosa ti spinge a rifiutarla in questo modo?»
Raistlin capì che Katlin aveva seguito tutta la scena precedente. Il pensiero lo rese così furioso da stordirlo. L’idea di ridurla in polvere gli sfiorò la mente.
«Katlin.- disse, con voce terrificante e bassa- Più volte ti ho detto di non immischiarti. Per l’ultima volta, ti do questo consiglio.»
«Visto che tu non pari intenzionato a ragionare, mi tocca farti notare cose ovvie.- replicò Katlin, avanzando verso di lui come se non avesse intuito il pericolo- Sai a cosa servono le seconde possibilità, Raistlin? A porre rimedio agli errori precedenti!»
«Stai zitta.» sibilò Raistlin. La calma sicurezza con cui lei gli buttava in faccia la verità lo faceva andare in bestia.
«Tu la ami e lei ama te, maledizione!- esclamò Katlin, a sua volta arrabbiata- Che c’è di male?! Hai così tanta paura di essere felice?!»
«STAI ZITTA!» gridò Raistlin, facendo partire un manrovescio che raggiunse Katlin al volto. La ragazza cadde a terra, con un’espressione vagamente stupita e il segno della mano di Raistlin sulla guancia. Raistlin stesso si sorprese della forza del proprio colpo. Evidentemente l’ira gli aveva donato nuove forze.
«Chi sei tu per mettere becco nei miei affari?- chiese, fulminandola con gli occhi- Con quale superiorità ti arroghi il diritto di dirmi ciò che devo fare? Tu…che non hai vissuto altro che vite prese a prestito!»
La vide impallidire in un istante e seppe che quella frase l’aveva colpita ben più forte e in profondità del suo schiaffo. Fece una smorfia sprezzante.
«Costruisciti la tua ‘vita felice’ con quegli altri idioti, ma non azzardarti mai più a pensare di potermi trattare come quegli inetti.- sibilò- Io sono il tuo Maestro, apprendista. Non sono tuo amico. E la prossima volta che sentirò una parola sull’argomento, non mi limiterò ad un misero schiaffo. Chiedi a Dalamar qual è il prezzo da pagare per avermi contrariato.»
Ciò detto, voltò le spalle alla ragazza e si allontanò di nuovo verso il folto, desiderando stare solo. La discussione gli stava facendo salire una strana nausea, in parte dovuta all’espressione che aveva solcato il volto di entrambe le donne che aveva lasciato. La rabbia lo stava lasciando, scuotendo il suo corpo in tremiti di debolezza.
Non si accorse immediatamente della cantilena che si levò alle sue spalle. Il suo primo pensiero fu: “Katlin è impazzita. Le ho detto qualcosa di troppo crudele, e lei è impazzita.” Subito dopo, il controllo di sé prese il sopravvento e Raistlin si circondò di una potente barriera protettiva e si voltò, pronto a rispondere al devastante incantesimo di distruzione che Katlin stava cantilenando. Ciò che vide gli fece quasi perdere di nuovo la concentrazione.
Katlin salmodiava l’incantesimo, ancora seduta a terra, il volto contorto in un’espressione di folle trionfo. Qualcosa, un’ombra, sembrò passare sui suoi lineamenti, confondendoglieli per un secondo, dando l’impressione di una creatura che si muovesse sotto la sua pelle.
“Quella non è Katlin!” gridò la mente dell’arcimago, stupefatta. Poi, Katlin smise di parlare, lasciando l’incantesimo a metà. Rabbrividì violentemente e gli occhi le si rovesciarono per un attimo all’indietro.
«No! Non te lo permetto!» gridò, a denti stretti, piegandosi su se stessa e stringendosi forte le braccia. Prese a respirare in grandi ansiti, poi gli voltò le spalle, senza guardarlo, ed iniziò a trascinarsi via.
«Katlin.» la chiamò Raistlin, piano.
«Lasciami stare!» gridò lei, con voce isterica, lanciandogli un’occhiata d’odio intenso per poi continuare ad allontanarsi, barcollando. Ma Raistlin non poteva lasciarla stare. Doveva sapere cosa era successo, e subito!
«Kat…» disse ancora, prima che la trachea gli si chiudesse in un sibilo strozzato. “Oh no! Non adesso!” pensò, mentre la tosse iniziava a squassarlo. Cercò di controllarsi, ma senza successo. Non poté far altro che assecondare la crisi, accasciandosi sull’erba, mentre Katlin spariva tra gli alberi, verso la casa.

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Capitolo 11
*** 10 - La crisi di Katlin ***


La crisi di tosse dell’arcimago non durò molto a lungo, ma ebbe l’immediato effetto di dissipare tutte le sue forze. Giacque al buio, stremato, mentre l’accesso di tosse passava ed il suo petto martoriato tentava di respirare senza essere squassato dagli spasmi.
Ciò che era accaduto con Katlin l’aveva francamente spaventato. L’ombra che aveva visto passare sui suoi lineamenti parlava con chiarezza di possessione. Cosa aveva mandato la Regina delle Tenebre, insieme alla pietra nera che ora stava sulla fronte di Katlin? Quale demone dell’Abisso aveva introdotto nel corpo della donna di Yolta? Qualunque esso fosse, occorreva sradicarlo dal corpo della ragazza a qualunque costo. In caso contrario, la missione era irrimediabilmente compromessa, senza contare che non potevano certo guardarsi le spalle ogni attimo da qualcuno di cui tutti avevano imparato a fidarsi!
Un angolo della mente di Raistlin, però, stava già formulando un’ipotesi ancora più terribile. Era una voce di donna, quella che aveva pronunciato l’incantesimo per bocca di Katlin. Una voce di donna che vibrava di trionfo. Una voce che l’arcimago poteva ancora sentire nei suoi incubi peggiori…
«Raistlin!»
La voce acuta del kender interruppe i ragionamenti di Raistlin, non tanto per il suo tipico volume squillante quanto per l’inusuale nota di panico che vi si era inserita. Voltò lentamente il capo, e vide arrivare di corsa il kender trafelato, seguito da suo fratello Caramon.
«Raistlin! E’ successa una cosa terribile!» gridò il kender.
«Raistlin!- disse Caramon, inginocchiandosi subito accanto a lui- Per gli dei, stai bene?! Dove ti eri cacciato? Io…»
«E’ solo la solita tosse, fratello mio.- replicò seccamente Raistlin, zittendolo e facendo affidamento sul suo appoggio per alzarsi- Ora, kender, dimmi alla svelta che motivo hai di strillarmi nelle orecchie.»
«E’ successo qualcosa a Katlin.”» disse l’omone, prevenendo Tas, che ne parve contrariato. Raistlin lanciò un’occhiata obliqua a suo fratello. Sembrava estremamente preoccupato.
«E dunque, cosa?» chiese, preferendo non svelare loro l’incontro precedente tra lui e la giovane donna.
«Qui racconto io, Caramon.- disse subito Tasslehoff- Allora, stavo parlando con Laurana delle mie avventure e ho pensato di farle vedere una cosa che avevo, e allora stavo andando di sopra a prendere questa cosa dalle mie borse, che avevo lasciato in camera, quando ho sentito la voce di Katlin provenire dalla sua stanza…»
«Non è passata dal piano di sotto, Raist.- disse Caramon, piano, interrompendo Tasslehoff- Ne sono sicuro perché cominciavo ad essere preoccupato per la vostra assenza, quindi continuavo a guardare la porta. Crysania era appena tornata e sembrava parecchio giù di morale.» Lanciò un’occhiata interrogativa e di rimprovero al gemello, che lo esortò a continuare con un gesto seccato e una smorfia. «Insomma, non sarebbe riuscita a sgusciarmi alle spalle senza che me ne accorgessi.» finì il gigante.
«I maghi hanno altri modi di muoversi, come certo saprai.- disse Raistlin, sprezzante- Continua, Tasslehoff.»
Tas annuì, ben lieto di farlo.
«Allora, ho sentito Katlin che gridava qualcosa. Ho pensato che non fosse divertente parlare da sola, e che quindi avesse bisogno di un interlocutore. Allora mi stavo avvicinando alla porta, quando ho sentito un’altra voce…rispondere a Kat.» Il kender rabbrividì, una reazione ben strana per lui. Raistlin strinse appena gli occhi ambrati, incitandolo a proseguire. «E…ecco, Raistlin…io non vorrei dire cose strane, magari ricordo male, però quella voce…» Deglutì, nervoso. «Insomma, non vorrei dire, ma io quella voce l’ho già sentita…e non mi fa venire in mente ricordi piacevoli.» La voce di Tas si strozzò sul finire, diventando un mesto pigolio. Raistlin strinse le labbra in una linea sottile e Caramon lo guardò con timore, comprendendo che il gemello si era già fatto una sua ipotesi.
«Basta così?» chiese Raistlin, gelido.
«Oh, no!- si affrettò a riprendere Tas- Subito dopo ho sentito una risata che mi ha fatto raggrinzire la pelle, e ti assicuro che è una sensazione veramente stranissima, e Kat ha tirato un grido acuto, poi ho sentito un tonfo e dopo più niente. Ho provato ad aprire la porta, ma era bloccata, così…»
«E’ venuto a chiamare noi.- lo interruppe Caramon, che pensava avessero perso già abbastanza tempo- Ho provato a buttar giù la porta, Raist, ma non c’è stato verso. Anche Dalamar, ha tentato di togliere l’incantesimo ma senza successo! Non sappiamo più che fare, Kat potrebbe essere…»
«Accompagnami, fratello mio.- sospirò Raistlin, cupo- La magia di Katlin potrà anche tenere fuori Dalamar…ma non potrà tener fuori me.»
Poco dopo, il piccolo gruppo si trovava al piano superiore dell’aggraziata abitazione elfica. Tutti i presenti erano assiepati davanti alla porta di Katlin e si voltarono al loro apparire. Tutti, tranne Dalamar, che pareva stesse cercando di nuovo di forzare l’incantesimo.
«Lascia stare, apprendista.- disse Raistlin, con voce flebile- La sua forza di volontà è superiore alla tua.»
«Raistlin, non sappiamo…» disse Tanis, raggiungendolo.
«Lo so.» disse il mago, scostandolo. Dalamar si fece da parte con una smorfia e Raistlin mormorò una singola parola, alzando la mano sulla serratura della porta. Essa si aprì subito di qualche millimetro, con un cigolio sinistro. Raistlin scambiò un’occhiata con Caramon, che annuì e lo superò, aprendo la porta ed entrando in camera per primo. Subito mandò un’esclamazione di sgomento.
«Kat!» gridò entrando a precipizio, seguito dagli altri. Quando la mole di Caramon si spostò e permise agli altri di vedere, si accorsero che Katlin era riversa in posizione scomposta sul pavimento. La testa le ciondolava da un lato, e dalla bocca le usciva sangue.
«Paladine, no!» sussurrò Crysania, spalancando gli occhi per l’orrore e serrando le mani sul petto.
«Santo cielo…» mormorò Tanis, mentre Laurana gli si stringeva al braccio e Tas tratteneva il fiato. Raistlin si inginocchiò a fatica accanto al corpo esanime, mentre Caramon le tastava il collo con mano improvvisamente tremante.
«E’ viva.- disse, facendo tirare a tutti un sospiro di sollievo- Dei…ma cosa le è successo?»
Raistlin controllò brevemente le condizioni di Katlin, e subito Caramon lo assistì. La giovane aveva perso del tutto il colore dal volto, e la sua pelle scottava. La fronte era coperta di un sudore gelido, segno di un malessere profondo.
«Non ha niente di rotto, pare.» disse Caramon, toccandole lievemente la nuca, preoccupato per il sangue che le usciva dalla bocca. Raistlin le afferrò il mento e le aprì la bocca.
«Si è morsa la lingua cadendo.- mormorò- Ecco spiegato il sangue.»
«Ma cosa può esserle successo?» chiese Dalamar, impressionato. Si guardò attorno. Sembrava che nella camera fosse passato un ciclone. Suppellettili giacevano rotte ovunque. Un comodino era stato ribaltato su un fianco.
«Sembra che ci sia stata una lotta, qui.» disse Tanis, preoccupato.
«Vi avevo detto che avevo sentito un’altra voce!» disse Tasslehoff.
«Penso che Katlin abbia lottato più che altro contro se stessa.» mormorò Raistlin, guadagnandosi occhiate sconcertate da parte di tutti. Alzò per un istante gli occhi. «Crysania, vedi se riesci a farla rinvenire con le tue preghiere.»
«Subito.» rispose lei, avvicinandosi a loro. Vista la gravità della situazione, era il caso di mettere da parte la sua discussione con Raistlin di poco prima. Si inginocchiò accanto al corpo esanime di Katlin ed elevò le proprie richieste a Paladine, desiderando la guarigione della ragazza.
Inaspettatamente per tutti, perfino per Raistlin, il corpo di Katlin reagì in maniera violenta. Si tese spasmodicamente, quasi sollevandosi da terra nello scatto. La giovane maga aprì gli occhi dorati e cacciò un urlo stridulo, artigliando il pavimento con le mani.
«Ma cosa…» esclamò Caramon, spaventato.
«Tienila ferma, Caramon, o si farà del male!- ordinò Raistlin- Smetti di pregare, Crysania!»
Crysania ruppe immediatamente la sua concentrazione, scioccata. Il corpo di Katlin ricadde, inerte come quello di una bambola, e perse di nuovo conoscenza.
«Ma che sta succedendo?» mormorò Tanis. Non aveva mai visto niente del genere in vita sua. Il corpo di Katlin aveva rifiutato il potere della guarigione!
«Caramon, mettila sul letto.- disse Raistlin, perentorio, alzandosi facendo leva sul Bastone di Magius- Occorrerà farle abbassare la febbre con i metodi tradizionali.»
«Tu sai che le è successo, Raist?- chiese Caramon- Perché…»
«Piantala di perdere tempo, grosso idiota!- sibilò Raistlin, fulminandolo con lo sguardo- Ora curiamola. Ci sarà tempo per le chiacchiere.»
Caramon si affrettò ad ubbidire.
«Occorre spogliarla, è in un bagno di sudore. Crysania, Laurana…volte occuparvene voi?» disse l’arcimago, continuando a fissare il volto della malata con espressione cupa. Le due donne annuirono. «Bene. Copritela solo di un lenzuolo di lino.- continuò Raistlin, facendo cenno agli altri di uscire- Tas, vai a vedere se riesci a recuperare dell’acqua fredda con cui farle degli impacchi. La sua pelle va raffreddata subito. Nel frattempo, preparerò un miscuglio di erbe per farle abbassare la temperatura.»
Tasslehoff annuì e schizzò via. Gli altri uscirono dalla stanza, concedendo a Crysania e Laurana di svestire Katlin.
«Raist, ma si può sapere che è successo?» chiese Caramon, non appena la porta si fu chiusa alle loro spalle. Raistlin rimase un attimo in silenzio, cupo.
«Ho ragione di pensare che Katlin sia stata posseduta.» disse.
«Cosa?!» sbottarono tutti, più o meno a voce alta.
«Shalafi, questo significa…» mormorò Dalamar.
«Che siamo in pericolo.- finì per lui Raistlin- Non so esattamente cosa abbia preso possesso del corpo di Katlin, ma posso farmene un’idea. Ha cercato di uccidermi, prima di tornare qui.»
«Cosa?!» ansimò Caramon.
«Vuoi dire…che se il demone, o quello che sia, ha vinto la lotta con Katlin, ci ritroveremo con un mortale nemico in casa, invece che con la nostra amica?» chiese Tanis, cupo. Raistlin annuì e Dalamar colse un luccichio d’acciaio nelle sue pupille a clessidra. Rabbrividì al pensiero che il suo Shalafi stesse pensando di eliminare la fonte del problema…solo dopo si chiese il perché di questa suo pensiero così pietoso.
«Non ne siamo certi, comunque. La volontà di Katlin sa essere molto forte.- disse Raistlin, dissipando la tensione- Ne avremo conferma al suo risveglio e io resterò nella stanza, in modo da bloccare i movimenti del demone nel caso sia ancora manifesto.»
«Povera Katlin…» sussurrò Caramon, portandosi le mani al volto. Tanis fece per dire qualcosa, quando la porta dietro di loro si aprì. Ne uscì Crysania, pallidissima.
«Puoi…venire un istante, Raistlin?- chiese, con voce cedevole- C’è una cosa che…» Smise di parlare, scuotendo la testa. Raistlin si incupì in volto e la seguì, e così fecero gli altri. Katlin giaceva distesa sul ventre, coperta solo di un leggero lenzuolo di lino, come Raistlin aveva ordinato. Nel suo respiro si sentiva un leggero sibilo.
«Cosa c’è, Crysania?» chiese Raistlin, corrugando la fronte. Non vedeva nulla di strano.
«Raistlin…- mormorò la chierica, avvicinandosi a Laurana, che era molto pallida- secondo te, cosa sono queste?»
Ciò detto, scoprì la schiena nuda di Katlin con un gesto. Tanis e Caramon distolsero lo sguardo, imbarazzati. Dalamar e Raistlin, invece, fissarono con stupore ed orrore la schiena della giovane donna. La sua pelle chiara era deturpata da lunghe cicatrici frastagliate. Sembrava fosse stata fatta oggetto dell’attacco di una bestia feroce. Potevano quasi vedere gli artigli micidiali che l’avevano dilaniata…
D’un tratto, Raistlin capì. Impallidendo, alzò lo sguardo su Crysania, e la sua espressione tormentata gli fece capire che anche lei era arrivata alla stessa conclusione. Strinse le labbra in una linea sottile, avvertendo vagamente le esclamazioni di Tanis e Caramon. Un’ondata di odio intenso lo pervase. Odio per lei, che si era immischiata nella sua vita. Odio per sé, per ciò che le aveva detto poco prima.
Poteva risentirsi, a rinfacciarle di aver vissuto solo vite prese a prestito. Già…e anche quelle cicatrici, per cui doveva essere stata ad un passo dalla morte, erano prese a prestito. Quelli erano i segni che Takhisis gli aveva fatto quando, nel suo ultimo istante di vita, l’aveva dilaniato con i suoi artigli. Quelli erano i segni che misteriosamente, una volta tornato in vita, si era accorto di non avere.
La spiegazione era davanti ai suoi occhi. In qualche modo,  come fosse possibile era ancora un mistero, Katlin portava per lui i segni della sua morte.



«Notizie di Katlin?» chiese Tanis, facendo alzare la testa a Caramon. Il gigante scosse il capo, stanco, poi gettò un’occhiata al fratello gemello, che dormiva sopra le lenzuola, nel letto in fondo alla stanza.
Tanis sospirò e si sedette accanto all’amico, passandosi una mano sulla barba. La loro attesa durava da tutta la notte. Era ormai sorto il sole, ed ancora Katlin non aveva ripreso conoscenza. Laurana e Crysania la vegliavano senza sosta, insieme a Tasslehoff, che aveva insistito per rimanere nella camera di Katlin, avvolto in un silenzio inusuale.
Raistlin aveva vegliato a sua volta per tutta la notte, nell’ipotesi che a svegliarsi fosse un demone e non la giovane donna, ma un paio d’ore prima era crollato, stremato dagli avvenimenti della nottata, ed aveva dovuto cedere il suo posto a Dalamar. Ora dormiva, recuperando le forze.
«Si sa qualcosa di Silvara?» chiese Caramon.
«No, nulla.» rispose Tanis, corrugando la fronte. Il viso dell’amico era tirato e stanco, preoccupato.
«Hai visto quelle cicatrici, Tanis?» chiese Caramon in un sussurro, fissando il vuoto di fronte a sé. Tanis annuì, cupo.
«C’eri anche tu, quando…quando Lei infierì sul corpo di Raistlin, là nell’Abisso.- continuò Caramon- Ricordo con vividezza spaventosa dove e come colpì mio fratello.»
«Credo sia qualcosa di difficile da dimenticare.» asserì Tanis, con voce fonda. Trattenne un brivido.
«Ma Raistlin non ha nemmeno un piccolo segno di quell'attacco…me l’ha detto stanotte.- disse Caramon, e negli occhi gli passò una luce ossessionata- Katlin ha quei segni al posto suo.»
«Raistlin non ha…» esclamò Tanis, scioccato, per poi ricordarsi di abbassare la voce. «Caramon, ma è impossibile!- sussurrò- Katlin ci ha detto che vedeva attraverso di voi,  ma da qui a subire le ferite del corpo ce ne corre! Dev’essere un’assurda coincidenza, o…»
«Io…credo che Katlin non ci abbia detto tutto.- ammise Caramon, teso- Somiglia molto a Raistlin.» Lanciò un’occhiata al gemello addormentato. «Ci ho messo un po’ a capirlo, ma penso che in realtà non abbiamo capito niente di quello che era il legame di Katlin con noi due. Non sappiamo che le briciole.»
Tanis guardò Caramon e vide la sofferenza nei suoi occhi.
«Tu le vuoi veramente bene.» sussurrò. Caramon, dopo un istante, annuì.
«C’è qualcosa, tra noi.- ammise, tormentandosi le mani- Più andiamo avanti, più me ne accorgo. Sto arrivando al punto in cui non so per chi devo preoccuparmi di più…a chi devo dare maggior sostegno.»
Tanis si stupì di quella frase e fece per dire qualcosa, quando Tasslehoff irruppe nella stanza, facendo aprire la porta con tanta veemenza da svegliare Raistlin.
«Si è svegliata!- gridò il kender, saltellando dalla gioia- Kat si è svegliata!!»
Caramon esalò un tremulo sospiro di sollievo, e Tanis sorrise, alzandosi dal letto. In verità, si stava affezionando a sua volta a quella ragazza. Raistlin si alzò con lentezza dal suo giaciglio, senza cambiare espressione di un millimetro e accettò senza una parola l’aiuto di Caramon.
Il gruppo si spostò nella camera di Katlin, dove gli altri li attendevano. Tasslehoff li precedette, annunciando il loro arrivo e lasciando la porta spalancata per loro.
Katlin era seduta sul letto, la schiena deturpata appoggiata a dei cuscini per permetterle di stare dritta. Era coperta dal lenzuolo, le braccia bianche abbandonate ai lati del corpo. L’unica parte vitale di lei parvero gli occhi, che si voltarono verso di loro non appena entrarono.
«Kat!» esclamò Caramon, andando subito da lei e prendendole una mano. Lei sorrise, un sorriso pallido e anonimo.
«Sto bene, Caramon.» disse, e nessuno faticò a riconoscere la bugia. Privata della copertura della veste, Katlin appariva di una magrezza che poteva rivaleggiare con quella di Raistlin. Tanis era sicuro che vi fosse più carne, su quelle ossa fragili e sottili, al tempo del loro primo incontro.
Dalamar si alzò per lasciare la sedia al suo Shalafi. Crysania e Laurana, sedute ai piedi del letto, apparivano molto stanche e provate dalla veglia notturna.
«Kat, ma cosa ti è successo?- chiese Caramon, accarezzandole una guancia con fare paterno- Ci hai fatto spaventare da morire!»
«Chiedo venia, Caramon. Non era mia intenzione.» rispose lei, con voce flebile. Raistlin vi sentì una nota di amarezza. Un istante dopo si trovò ad essere l’oggetto dello sguardo di Katlin.
«Hai raccontato ciò che ho fatto, Maestro?» chiese, tranquilla. Raistlin annuì, e lei fece un sorrisetto. «Dunque, niente scuse tra noi.- disse lei, senza traccia di acredine- Così saremo pari.»
«Così sia, dunque.» disse Raistlin. Apprezzò la decisione di Katlin. Quella donna era abbastanza forte ed aveva sufficiente discernimento da capire quando e in che misura dare importanza alle parole. In un angolo della mente, si rammaricò di nuovo di non averla conosciuta in tempi migliori, quando ancora le cose non erano state così definitive.
«Fate capire anche a noi, per favore?» chiese Tanis, che aveva avvertito una conversazione sotterranea tra i due, celata dalle parole neutrali che avevano pronunciato.
Katlin sospirò, chiudendo per un attimo le palpebre sugli occhi maledetti.
«Sono stata posseduta. Il mio corpo…non è più interamente mio.- disse, riaprendo gli occhi a fatica- Non so se avete notato una mia crescente debolezza, negli ultimi tempi.»
Tutti annuirono.
«Mentivo a me stessa chiamando collassi quelli che erano stati di trance indotta.- continuò Katlin- Ora capisco che erano prove…colei che mi possiede, stava testando la propria capacità di spedire la mia anima in un limbo e prendere il suo posto in questo corpo.»
«Colei che ti possiede?» chiese Dalamar, corrugando la fronte. Katlin guardò Raistlin, che annuì.
«Takhisis.» disse, amaro. Questo suscitò una cacofonia di esclamazioni orripilate e spaventate.
«Che il dio Paladine ci protegga…com’è possibile?» chiese Crysania, prendendo a sua volta una mano della ragazza. La sentì gelida tra le sue.
«Ecco perché il suo corpo ha rifiutato le cure di Crysania…» mormorò Tanis, allibito. Katlin fece un sorriso amaro.
«E’ cosa facile separare il mio corpo dalla mia anima! L’ho abitato per ben poco tempo, da quando sono in vita.- disse, con una risatina bassa e spettrale- Takhisis, nell’Abisso, mi ha riconosciuta. Ha compreso che io posso essere la sua arma contro coloro che le si oppongono…» Guardò Raistlin, restando per un attimo in silenzio. «Sostituendosi a me, potrebbe prendere due piccioni con una fava. Uccidere Raistlin Majere e…»
«E farsi portare in questo modo tramite il Portale.» finì Dalamar, attraverso labbra insensibili. Katlin annuì, apprezzando il suo acume.
«Dopodiché, avendo perso ogni utilità, morirò anch’io.» sussurrò, chiudendo di nuovo gli occhi.
«No! Non è possibile!» esclamò Caramon, alzandosi in piedi.
«Datti una calmata, fratello mio.- disse Raistlin, sprezzante- Se riuscissimo a distruggere il Portale, ci sarebbe speranza di liberare Katlin dall’influsso di Takhisis. Inoltre, la magia di cui ella dispone tramite Katlin è inferiore alla mia, te lo ricordo. Non è poi così facile uccidermi.»
«Davvero?» chiese l’omone, guardando il gemello con ansia febbrile. Sia Katlin che Raistlin annuirono. La giovane donna non aveva nessuna difficoltà ad ammettere di essere inferiore al suo Maestro.
«Allora prego che Silvara giunga presto a voi.- disse Laurana, che aveva seguito la conversazione con angoscia- Perché gli Dei devono sempre metterci di fronte a prove così ardue?»
«Come faremo, d’ora in avanti?» chiese Dalamar, pratico. Katlin capì immediatamente dove l’elfo oscuro voleva andare a parare.
«Finora, Takhisis non è mai riuscita a manifestarsi davvero. Il massimo che poteva fare era scollegare l’anima dal corpo. E’ stato necessario uno sconvolgimento delle emozioni per darle libero accesso e allo stato attuale ho ancora la forza di ricacciarla indietro.» disse, poi guardò Raistlin. «Ma era ben riconoscibile, vero?» chiese.
«Si vedeva la Sua ombra sul tuo volto.- ammise l’arcimago- La differenza tra voi è sostanziale. E’ facile riconoscere la possessione, quando ne sei fatta oggetto.»
Katlin annuì, guardando Dalamar. L’elfo parve soddisfatto della risposta, perché non chiese altro.
«Forse, d’ora in poi le sarà più facile accedere al mio corpo.- mormorò Katlin, con voce stanca- Mi ha già posseduta una volta, ha parlato per mia bocca e usato la mia magia.» Sospirò, lo sguardo distante e vacuo. «Purtroppo, sono sempre più debole…» sussurrò. Come a dar credito alle sue parole, gli occhi le si chiusero e la testa le ciondolò da un lato. Si risollevò con uno scatto, spalancando gli occhi.
«Sei stanca.- disse Crysania, amorevole- Katlin, cara, sei senza forze. Dovresti dormire ancora.»
«Giusto, lasciamola riposare.- disse Laurana, prendendo in mano la situazione- Ci sarà tempo per parlare quando si sarà un po’ ripresa. D’altronde, non c’è altro da fare, per tutti voi, finché Silvara non arriva.»
Nessuno replicò, nemmeno Katlin. Uno ad uno, la salutarono ed uscirono dalla stanza. Raistlin fu l’ultimo ad andarsene.
«Quelle cicatrici…quelle che hai sulla schiena…» mormorò, sulla porta.
«Oh…le hai viste?» chiese Katlin, all’apparenza indifferente. Raistlin la squadrò con uno sguardo che parve volerle scavare nell’anima, ma Katlin non si scompose. «Non farti strane idee, Maestro.- disse lei, scivolando lentamente in posizione supina- Ruppi il collegamento mentale non appena capii che saresti stato ucciso. Semplicemente, non riuscii a fuggire abbastanza in fretta.»
Lanciò un’ultima, impersonale occhiata all’arcimago, quindi chiuse gli occhi, ponendo fine alla conversazione. Raistlin uscì e si chiuse la porta alle spalle senza dire una parola.
Non aveva bisogno di fare altre domande. Era ormai certo che su quel punto Katlin stesse mentendo fin dal principio.

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Katlin si svegliò ancora sul finire del giorno, nella luce crepuscolare che entrava dalla finestra.
Sbatté le palpebre, poi si guardò attorno. Nella camera da letto c’era solo Crysania, che si era addormentata al suo capezzale, col viso appoggiato alle mani e i capelli corvini sparsi sul lenzuolo. Katlin sorrise appena, toccata dalla premura della donna, poi tentò di alzarsi a sedere.
Al primo tentativo, dovette rinunciare. Il corpo faceva fatica a risponderle. Le membra le pesavano come piombo, e si rifiutavano di muoversi. In parte questo era dovuto alla febbre violenta che l’aveva colta dopo la sua lotta contro la volontà di Takhisis, in parte proprio a causa della possessione.
Con fatica, riuscì ad alzare un braccio nudo quel tanto che bastava da sfiorare la pietra che le deturpava la fronte. La dea l’aveva riconosciuta, nell’Abisso…questo aveva fatto presagire a Katlin che Takhisis le avrebbe messo i bastoni tra le ruote, ma non aveva immaginato che potesse sfruttare il suo corpo a quel modo. I ricordi che la giovane maga aveva della dea non erano completamente relazionati alle esperienze di Raistlin e Caramon. C’erano state almeno due occasioni in cui Katlin e Takhisis si erano guardate in volto, in passato, e né l’una né l’altra avevano dimenticato.
Questo era un segreto che celava nell’anima. Non voleva né la pietà, né la compassione di alcuno di loro. Sorrise, sarcastica. In questo, trovava una grande affinità con Raistlin.
Si rabbuiò al pensiero di averlo attaccato a quel modo, ed alle parole crudeli che lui le aveva lanciato. Non lo biasimava, anche se le aveva causato sofferenza. Lei stessa, in una situazione del genere, non sarebbe stata capace di un comportamento migliore. Anche la sua lingua sapeva essere venefica, e tagliava come un rasoio. Aveva avuto un buon maestro, ed aveva dalla sua anche una solida attitudine naturale nello scovare i punti deboli delle persone.
Nonostante tutto, non si pentiva di averlo provocato. Guardò ancora il volto addormentato di Crysania, e la sua espressione si addolcì. Non avrebbe permesso alla chierica di arrendersi, né al mago di rinunciare a quell'amore. A Katlin, la questione stava troppo a cuore. E che la chiamassero pure ficcanaso, se gradivano.
Con movimenti lenti e misurati, attenta a non svegliare Crysania, Katlin riuscì infine a scivolare giù dal letto. Si vestì, incerta sulle gambe, poi barcollò fino alla finestra, guardando fuori.
La grazia maestosa dei boschi di Qualinesti appariva incendiata dalla luce del tramonto. La volta celeste iniziava ad essere tinta di azzurro cupo. Sopra di lei, brillava la prima stella della sera. Katlin guardò tutto questo con i suoi occhi maledetti, osservando le foglie cadere dagli alberi e marcire a terra, mentre gli alberi si contorcevano e sfaldavano nella vecchiaia. Chiuse le palpebre, sospirando.
La sua nuova vita, la ‘vita felice’ che Raistlin aveva da poco denigrato con sarcasmo, prometteva di essere breve e densa di sofferenza. Non si pentiva di aver scelto di andare su Krynn, accettando la missione, ma le pesava sul cuore sapere che non sarebbe vissuta ancora a lungo.
Se lo sentiva nelle ossa. La sua debolezza sarebbe aumentata col passare del tempo, a mano a mano che il controllo di Takhisis su di lei fosse diventato più forte. Aveva una certa esperienza nelle maledizioni del corpo, e sapeva di non avere abbastanza forza fisica da resistere ad un’esperienza del genere. Forse, se fossero stati ad un passo dalla meta, avrebbe avuto maggiore fiducia nel futuro. Purtroppo, mancavano ancora all’appello entrambe le sfere dello Scettro dei Tre, di cui una era dispersa. Si prospettavano mesi di investigazioni, un lungo viaggio, tante prove da superare.
Katlin non era nemmeno sicura di resistere fino al momento di distruggere il portale. Inoltre, nel malaugurato caso che Takhisis si fosse insediata nel suo corpo prima della fine, sarebbe stato necessario…
La testa le girò e lei si portò una mano alla fronte, appoggiando la tempia all’intelaiatura della finestra. Inutile pensarci ora. Al momento, doveva limitarsi a combattere la possessione con tutte le sue forze e a resistere, per sé e per gli altri. La gentilezza con cui si stavano prendendo cura di lei era commovente.
Katlin aprì gli occhi, rendendosi improvvisamente conto di avere fame. Prima di lasciare la finestra, guardò giù, ed i suoi occhi ne incontrarono un altro paio, fissi su di lei. Katlin si bloccò sorpresa. Sotto la finestra, sostava una donna elfo estremamente graziosa, i cui capelli avevano le sfumature dell’argento. Le due donne si guardarono senza aprire bocca. Poi Katlin annuì e si allontanò dalla finestra.

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Katlin scese al pianterreno, tenendosi vicina alla parete mentre recuperava abbastanza forze da muoversi senza tremare. La casa era immersa nel silenzio, tutti riposavano dalla faticosa veglia della notte precedente, oppure si trovavano all’esterno.
Katlin uscì dalla casa e si portò sul retro, trovandosi presto di fronte la donna elfo dai capelli d’argento. Non l’aveva mai vista, non di persona…Sia Raistlin che Caramon ne avevano sentito parlare, ma il drago non aveva mai avuto nulla a che fare coi gemelli. Perciò, furono solo i capelli d’argento di lei ad identificarla ai suoi occhi.
«Silvara?» chiese, con voce che non mostrò traccia di debolezza. Ella annuì.
«Katlin ‘Ym Adoonan?» chiese a sua volta il drago, incerta. Katlin annuì, e Silvara corrugò la fronte.
«Non corrispondi alla descrizione che ho della prescelta.- disse- Mostrami il simbolo di Colui che serviamo.»
Katlin sospirò, amara.
«Il medaglione è spezzato, l’ho usato per guarire gli occhi di Crysania di Tarinius.- disse, corrugando le sopracciglia- E sono maledetta da Takhisis. Questo potrebbe spiegarti i cambiamenti nel mio aspetto, non credi?»
Silvara impallidì appena.
«Ti prego di capire che devo essere sicura della persona con cui ho a che fare. Porto con me qualcosa che non è mai stato sfiorato dalla mano dell’uomo.» disse, agitata.
«Ne sono conscia, Silvara.- sospirò Katlin- Se vuoi entrare nella mia mente, vedrai…»
«Katlin!»
Entrambe le donne si voltarono verso la voce, trovandosi davanti Dalamar, che veniva verso di loro dal folto.
«L’elfo oscuro!» sussurrò Silvara, con un moto di ira e panico. Dalamar si avvicinò a Katlin, osservando con occhi gelidi l’elfa dai capelli d’argento.
«E’ Silvara?» chiese, impersonale, offrendo al contempo l’appoggio del proprio braccio a Katlin, che appariva provata. Katlin annuì.
«Ti ripeto, Silvara, se desideri vedere nella mia mente…» ribadì Katlin, appoggiandosi con gratitudine all’elfo oscuro. Lei strinse le labbra, ma scosse il capo.
«No, conosco l’identità di chi ti segue e la presenza dell’elfo oscuro è di per sé una prova sufficiente.» sospirò, come se non fosse affatto lieta di doverlo ammettere. Compì un gesto circolare col polso e sul palmo della sua mano comparve una sfera dal puro colore del platino, di apparenza solida e pesante, ricoperta di rune. «La Sfera della Luce.- disse Silvara, porgendola alla maga- Dovrà accettarti, perché tu possa utilizzarla.»
Katlin si staccò da Dalamar e venne avanti di due, barcollanti passi. Allungò la mano, e Silvara fece scivolare la sfera sul suo palmo. Aspettandosi un peso di una certa entità, Katlin si sorprese invece di trovare l’oggetto quasi privo di peso. Lo strinse tra le mani a coppa, portandoselo vicino al petto. Iniziò a mormorare una litania, e la sfera le vibrò violentemente tra le mani. Katlin fece una smorfia, ma non cedette. Pronunciò le prime rune della spirale che correva sulla superficie della sfera, che ora appariva lattiginosa e turbinante, così luminosa da ferire gli occhi.
Di colpo, la sfera si acquietò e riacquistò il suo aspetto originario. Katlin sospirò di sollievo. Aveva temuto che essa si rifiutasse di obbedirle a causa della presenza di Takhisis.
«Bene. Anche questa è fatta.» mormorò.
«Allora ti lascio, Katlin ‘Ym Adoonan. Che Paladine ti accompagni.» mormorò Silvara, facendo cenno di andare.
«Aspetta, Silvara!- la richiamò Katlin- Non sai nulla della seconda sfera?»
Il drago d’argento scosse la testa.
«So solo che i draghi del Male sono in allerta.- sussurrò- Ho evitato una loro imboscata, per recarmi qui. La Dea delle Tenebre sa più di quanto dovrebbe.»
«Sì, ce ne siamo accorti.» disse Katlin, amara. Silvara fece di nuovo cenno di volersi allontanare, e Katlin aggiunse: «Non vuoi vedere Laurana, Silvara?»
La donna dai capelli d’argento si voltò con uno sguardo addolorato.
«Non è ancora il momento…credo. Ci sono molte cose di cui devo chiederle perdono, e lo farò al momento opportuno.» disse, poi tirò fuori dal nulla una pergamena arrotolata. «Potresti…darle questo? E’ da parte di suo fratello Gilthanas.»
Katlin annuì. Silvara le affidò il foglio, poi corse via, leggera come il vento, e scomparve tra gli alberi.
«Così, questa è la Sfera della Luce.- disse Dalamar, ricordando a Katlin la sua presenza- Mi chiedo perché quel drago d’argento fosse così…sulle spine.»
«Non si sentiva di reggere lo sguardo di Laurana.- mormorò Katlin, impietosita- Povera Silvara…» Guardò la Sfera della Luce, che riposava tranquillamente nelle sue mani. Come per il Bastone, ebbe la sensazione di vedervi l’intero cosmo vorticare all’interno e dovette distogliere lo sguardo.
«La cosa importante è che due pezzi dello Scettro sono finalmente in mano nostra.- disse Katlin, alzando l’oggetto in modo che anche Dalamar potesse vederlo- Volendo essere ottimisti, potremmo dire che siamo a metà dell’opera.»
Dalamar fece una smorfia sarcastica e dopo un istante anche la bocca di Katlin si piegò in un sorriso ironico.
«L’ottimismo è per gli sciocchi, lo so.» disse, scuotendo il capo.
«Non saresti dovuta uscire da sola.» le disse Dalamar, a voce bassa.
«Mi sentivo meglio.- disse Katlin- Inoltre, avevo capito che Silvara voleva trattare la cosa in privato.»
«Avresti potuto chiamare almeno lo Shalafi.» insistette Dalamar. Katlin scrollò le spalle.
«Non ci ho pensato. E poi sarà stremato a sua volta, inutile minare ulteriormente le sue forze.- disse, facendo scomparire la sfera in una tasca della sua veste- Come mai tutte queste premure? Sei preoccupato per me?» Alzò lo sguardo ad incontrare gli obliqui occhi verdi dell’elfo e gli sorrise. «Sappi che sono più resistente di quello che sembro!»
«Lo spero bene.- rispose Dalamar, freddo, dopo un istante- Altrimenti questa missione diventa inutile da adesso.»
Le parole casuali e indifferenti dell’elfo ebbero lo strano effetto di far contrarre lo stomaco di Katlin. La donna abbassò lo sguardo, sentendosi ferita e stupendosi di questo. Da quando in qua era così suscettibile? Dalamar aveva solo detto la verità. Eppure, chissà per quale motivo, da lui si aspettava comprensione. E non trovarla, stava scoprendo ora, le faceva male.
«E’ vero…» mormorò. Qualcosa nella sua voce costrinse Dalamar a guardarla di nuovo. Si accorse che le sue parole avevano fatto più danno di quanto intendesse. Le aveva pronunciate senza pensare.
«Katlin…» iniziò a dire, prima che la giovane maga impallidisse e perdesse l’equilibrio. Dalamar fu lesto a prenderla fra le braccia prima che cadesse.
Katlin si ritrovò avvolta dal velluto nero, sostenuta dal petto e dalle braccia forti dell’elfo. Sentì il suo calore e il battito del suo cuore attraverso la stoffa, e di nuovo avvertì quella bizzarra sensazione di contrazione allo stomaco…una sensazione di completezza e mancanza. Di che si trattava? Chiuse gli occhi, cercando di dominare il capogiro, che ancora le minava l’equilibrio.
«Perdonami. Io…» sussurrò.
«Zitta. Riprenditi con calma.» disse l’elfo, con voce più dolce, stranamente rauca. Katlin, grata, si affidò a lui, riprendendo a mano a mano il controllo sul proprio corpo.
Dalamar, nel frattempo, la osservava. Sembrava così fragile, una bambola di porcellana pronta a spezzarsi se solo avesse osato stringerla più forte a sé. La sua pelle era così bianca da rilucere. Ombre azzurrine le scurivano le palpebre chiuse. Nonostante le ciocche di capelli imbiancate dalla maledizione e la pietra nera sulla sua fronte, che sembrava un terzo occhio maligno, Katlin continuava a fargli incendiare il sangue.
Sempre di più, a mano a mano che il tempo passava e non poteva soddisfare il suo desiderio, costretto a vederla ogni giorno senza poterla nemmeno sfiorare, sotto gli occhi carichi d’ironia del suo Shalafi. Ne stava apprezzando anche la forza d’animo e il potere, e questo lo portava al limite del proprio autocontrollo.
Sentì su di lei il profumo delle erbe che lo Shalafi le aveva somministrato per farle calare la febbre, e poi un altro odore, caldo e fragrante…quello della sua pelle. La vide respirare lentamente dalla bocca socchiusa, riprendendo il controllo di sé. Fu acutamente conscio di quanto fosse sottile la vita che stava stringendo, quanto fosse delicata la schiena su cui aveva poggiato la mano. I capelli morbidi di lei gli sfioravano le dita come una carezza.
Dalamar si morse con rabbia il labbro inferiore, impedendosi di cedere a quelle dolci e inconsapevoli tentazioni. Esistevano già abbastanza problemi senza che lui e Katlin diventassero amanti.
«Ti senti meglio?» chiese, desiderando interrompere il contatto…e al contempo, non desiderandolo affatto.
«Credo di sì.- disse lei, scostandosi da lui- Posso camminare da sola, ora.»
Katlin non lo guardò negli occhi, mentre si scostava. Sentiva il proprio cuore battere a una velocità eccessiva e non capiva il perché. Tra le braccia di Dalamar, si era sentita protetta. Una sensazione meravigliosa…e pericolosa. Katlin non ne voleva conoscere i risvolti, perciò si staccò da Dalamar senza por tempo di mezzo. Barcollò un istante, poi si tenne in piedi.
«Ecco fatto.- disse, più decisa di quanto non fosse- Ora sarà meglio entrare e discutere con gli altri delle nostre prossime mosse.»
«Ne convengo.- annuì Dalamar- E penso che dovresti mangiare qualcosa, nel frattempo.»
Le porse il braccio e, dopo un istante di incertezza, Katlin lo accettò. I due rientrarono in casa, senza sapere che da una finestra al piano superiore, qualcuno li aveva spiati per tutto il tempo.



«Non mi piace.» borbottò Caramon, guardando Katlin e Dalamar scomparire oltre l’angolo della casa.
«Che cosa non ti piace, fratello mio?- sussurrò Raistlin, con un luccichio di freddo divertimento nelle pupille a clessidra- Forse il nuovo sviluppo nella faccenda?»
«Chiamalo sviluppo!» sbottò Caramon, seccato.
Raistlin piegò la bocca in un sorrisetto. Avevano, in effetti, assistito a uno spettacolo non previsto. Poco tempo prima, Caramon si era svegliato dal sonnellino pomeridiano e si era recato alla finestra per guardare i dintorni. Aveva così visto Silvara attendere vicino alla casa. Era corso subito a chiamare Raistlin, e a chiedere il suo parere circa l’identità della donna dai capelli d’argento.
In quel momento era arrivata Katlin e successivamente Dalamar l’aveva raggiunta. I gemelli avevano assistito al passaggio della Sfera della Luce e al riuscito tentativo di Katlin di domarla alla sua volontà. Dopodiché, Silvara si era allontanata in fretta, e i due discepoli di Raistlin erano rimasti soli.
Caramon aveva proposto di raggiungerli, quando Katlin aveva avuto un malore e si era accasciata. Dalamar era stato lesto ad afferrarla…troppo lesto e molto sospetto nell’espressione del viso. I due erano rimasti abbracciati per diversi minuti, senza parlare, all’apparenza nell’attesa che Katlin si riprendesse. A nessuno dei due uomini, però, era sfuggita l’espressione di desiderio e tormento sul volto dell’elfo oscuro, né il modo in cui Katlin si era pacificamente affidata al suo sostegno, lei che di norma era così orgogliosa.
Caramon era sdegnato che Dalamar potesse anche solo pensare di mettere le mani addosso alla piccola e innocente Katlin. Raistlin, che non aveva nessuna opinione del genere sulla ragazza, era piuttosto divertito dalla piega presa dagli eventi.  Di certo aveva in mano un’arma da utilizzare nel caso Katlin si fosse nuovamente immischiata nei suoi affari personali, anche se era certo non vi fosse stato ancora nulla di palese tra i due. Forse nemmeno i due giovani avevano ben chiaro quale alchimia si fosse creata tra loro.
«Se solo prova a farle qualcosa, gli torco il collo.- stava intanto ringhiando Caramon- Io…»
«Oh, vuoi smetterla, Caramon?!- sibilò Raistlin, seccato- Che diavolo di potere vuoi avere su di lei? Non è nostra sorella, né tua figlia, quindi chiudi il becco!»
Caramon ristette, poi scosse il capo, rabbuiandosi.
«Beh, ormai per me è come se lo fosse. E’ come una sorellina.- borbottò- Le voglio bene, Raist, e non permetterò che cada nelle grinfie di…»
«Di un mago oscuro?» chiese Raistlin, con gelida ironia.
«Di qualcuno che la userebbe e poi la getterebbe via.- continuò Caramon, rifiutandosi di farsi fuorviare dalle parole del gemello- Kat è molto più ingenua di quanto possa o voglia sembrare, Raist. Non dirmi che non te ne sei accorto.»
Raistlin annuì, facendo un gesto seccato con la mano.
«Comunque sia, il rapporto che sta instaurando con Dalamar non è cosa che ti debba interessare.» ribadì.
«Lui è il tuo discepolo! Ordinagli di starle lontano!» propose Caramon, con foga.
«Non ho intenzione di farlo.» rispose blandamente Raistlin. Caramon lo guardò con occhi accusatori.
«Ti stai divertendo, non è vero?- borbottò- Vuoi vedere fin dove riusciranno ad arrivare senza farsi del male.»
«Non essere sciocco, Caramon. Che vuoi che m’importi?- replicò Raistlin, secco- Pensa, invece, che un legame del genere potrebbe tenere Katlin ancorata alla vita un po’ più a lungo. E ora andiamo a raggiungerli al piano di sotto. Abbiamo molte cose di cui parlare.»
La considerazione di Raistlin, la possibilità non troppo remota della morte di Katlin, zittirono Caramon, che divenne ancora più cupo. Raistlin, soddisfatto di averlo ridotto al silenzio, si diresse fuori dalla stanza, cadenzando il passo col Bastone di Magius.
Tenne per sé il fatto che l’accusa che Caramon gli aveva rivolto contenesse una consistente dose di verità.

 

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Capitolo 12
*** 11 - Incidenti di percorso ***


Tanis tornò in casa con un sospiro, sfregandosi la barba in un gesto distratto. Laurana lo accolse con una luce interrogativa negli occhi luminosi.
«Cosa c’è, Tanis?» chiese.
«Porthios ci fa gentilmente sapere che non tollererà la presenza dei maghi per un’altra notte.- rispose Tanis, con un sorrisetto amaro- Qualcuno gli ha riferito della venuta di Silvara. Ha mandato un messaggero ad ordinarci di sloggiare entro il calare del sole.»
Laurana annuì, incupendosi. Tanis le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse per un attimo a sé, comprendendo il suo tormento. Silvara se ne era andata prima di incontrarla, lasciandole soltanto un messaggio di Gilthanas, il fratello di Laurana. Laurana sentiva molto la mancanza del fratello con cui aveva condiviso l’infanzia e l’esperienza della Guerra delle Lance, ma comprendeva che il destino che lo aveva chiamato lo teneva lontano da lei. Inoltre, le pesava il fatto di dover restare a Qualinesti mentre Tanis avrebbe seguito il gruppo alla ricerca della terza Sfera dello Scettro dei Tre.
«Gli altri?» chiese Tanis, sapendo già la risposta.
«Sono di là.- disse Laurana, abbozzando un sorriso- Porthios poteva risparmiarsi il sollecito. E’ chiaro che Qualinesti non è che una tappa nel vostro viaggio.»
«Vorrei non averlo nemmeno cominciato, Laurana.- disse Tanis, annuendo- Ma ormai sono in ballo.»
I due si spostarono in sala da pranzo, dove gli amici erano riuniti, in attesa del ritorno di Tanis. Si stava discutendo sulla direzione da prendere una volta lasciata Qualinesti, e non si trattava di una decisione semplice.
Tanis guardò i suoi compagni ad uno ad uno. Katlin, la ragazza che aveva dato il via a quel pericoloso viaggio, sedeva tra gli altri due maghi, così pallida da fare ben poco contrasto con la sua veste bianca. Ombre scure le cerchiavano gli occhi, quasi che dopo la prima crisi la giovane avesse iniziato a deperire a vista d’occhio. La sua espressione, però, non aveva niente di stanco o patetico. Le brillava nelle pupille a clessidra una luce dura come diamante.
Alla sua destra sedeva Dalamar, le mani affondate nelle maniche della veste nera. Sembrava stranamente turbato, sebbene non ne fosse evidente il perché. A destra di Katlin, invece, c’era Raistlin, il cui viso non esprimeva alcuna emozione. Tanis si stupiva sempre più nel notare la somiglianza fisica tra la donna di Yolta e i gemelli Majere, ancora di più ora che gli occhi di Katlin erano stati maledetti. Katlin somigliava ai due perfino più di Kitiara.
Accanto a Raistlin, come sempre, c’era Caramon, che di tanto in tanto lanciava un’occhiata truce all’elfo oscuro, facendo presupporre a Tanis che i due avessero avuto una qualche discussione. Alla destra di Dalamar sedeva Crysania, calma e composta, e più oltre Tasslehoff, che si stava evidentemente annoiando a morte. Prova ne fu il fatto che alzò la testa con un sorriso gioioso all’ingresso di Tanis e Laurana, sperando con tutta evidenza che fossero latori di notizie interessanti.
«Chi era, Tanis?» chiese il kender, curioso.
«Porthios. O quantomeno un suo messo.- rispose Tanis, laconico, sedendosi a sua volta- Abbiamo tempo fino al calar del sole per lasciare Qualinesti. E’ un problema?»
«Non direi. Non abbiamo motivo di restare.» rispose Raistlin, con voce gelida. Tanis annuì, avendo previsto la risposta.
«E dunque, cosa facciamo?- chiese Caramon, intervenendo- Abbiamo due pezzi di quel benedetto scettro, ma da quello che ho capito non abbiamo idea di dove si trovi la terza parte.»
«Dici giusto, Caramon.- ammise Katlin- Non lo sappiamo.»
«E allora dove ci dirigiamo? Non esiste modo di trovare indizi?» chiese Crysania, corrugando appena la fronte.
«Non posso permettermi di cadere in trance, perciò questa possibilità è scartata in partenza.» disse Katlin, all’apparenza indifferente.
«Silvara ci ha detto che i draghi del Male le hanno teso un’imboscata. Presumo che ciò significhi che la Dea delle Tenebre possieda una visione piuttosto chiara di ciò che stiamo facendo.» argomentò Dalamar. Raistlin annuì.
«Ciò che le sfuggì quando io e Katlin uscimmo dall’Abisso, l’avrà di certo letto nella sua mente una volta preso possesso del suo corpo.» disse. Guardò Katlin e lei annuì.
«Lo ritengo molto probabile.- sospirò la giovane- In ogni caso, gli effetti si stanno palesando. Temo che fuori da Qualinesti non avremo un attimo di pace.»
«Motivo in più per non aggirarci per l’Abanasinia a casaccio.- disse Tanis, corrugando la fronte- Non c’è proprio niente che possiamo fare?»
«Qualcosa abbiamo, Mezzelfo.» disse Raistlin, con una luce astuta negli occhi dorati. Affondò una mano in una delle sue tasche segrete e ne estrasse un cilindro di metallo.
«Il Bastone!» disse Tasslehoff, eccitato, facendo per scendere dalla sedia nella speranza di osservare l’oggetto più da vicino. Un’occhiata fulminante dell’Arcimago lo fece desistere, rispedendolo mogio al suo posto. Katlin annuì, poi fece ruotare il polso destro e nella sua mano apparve la Sfera della Luce.
«Che state facendo?» chiese Caramon, perplesso.
«Paladine e Gilean ci dissero che i primi due oggetti ci avrebbero aiutati a trovare quello mancante.» spiegò Katlin.
«Come?» chiese Crysania, perplessa. I tre maghi si scambiarono un’occhiata.
«Ne abbiamo discusso.- continuò Katlin- Abbiamo studiato con attenzione soltanto il Bastone della Neutralità, in quanto era l’unico dei tre oggetti a nostra disposizione. Pare che l’incantesimo che ci permetterà di utilizzarlo…di utilizzarli, sia composto da tre parti. Una prima, relativamente semplice, è un incantesimo di accettazione.»
«Varrebbe a dire?» chiese Caramon, perplesso.
«L’oggetto giudica la nostra capacità di utilizzare il suo potere. Se non c’è reazione, significa che il mago non è in grado di usarlo.» rispose Dalamar, conciso. Katlin annuì.
«La seconda parte dell’incantesimo, atta a risvegliarne il vero potere, è molto complicata, per non parlare del fatto che la terza è un’invocazione mirata ancora da costruire, e abbiamo notato differenze sostanziali tra il Bastone e la Sfera della Luce. Ciò significa che il legame tra i tre oggetti risiede nella prima parte dell’incantesimo.»
«Fatemi capire.- intervenne Tanis, sporgendosi in avanti e corrugando la fronte- Attivando entrambi gli oggetti, si dovrebbe avere qualche reazione nella parte mancante?»
«E di conseguenza una traccia della sua presenza, sì.» ammise Katlin, annuendo. Guardò Raistlin, che era rimasto in silenzio.
«E’ l’unico modo che abbiamo di scoprire in che direzione muoverci.- mormorò l’arcimago- Come il Mezzelfo ha detto poco fa, non possiamo permetterci di aggirarci per l’Abanasinia a casaccio.»
«Sarà una cosa lunga?» chiese Crysania, preoccupata per ciò che alludeva la fretta che permeava le loro azioni.
«Molto breve, in verità.- disse Raistlin, poi piegò le labbra in un sorrisetto sarcastico- Se avete finito con le domande, potremmo passare ai fatti.»
Tanis fece un gesto d’invito, seccato dal tono, come se l’arcimago volesse far ricadere su di loro la colpa di aver perso tempo. Katlin e Raistlin si scambiarono un’occhiata, e per un istante sembrarono l’uno il riflesso dell’altro, poi Katlin poggiò una mano sul braccio ammantato di velluto scuro e sollevò la Sfera al livello del suo viso. Raistlin fece lo stesso col Bastone, tenendolo in equilibrio sulla mano, cosicché il Bastone restasse orizzontale.
Raistlin fu il primo ad iniziare. Scandì con voce bassa e melodica una serie di sillabe apparentemente prive di senso, e il Bastone vibrò nella sua mano. Si alzò nella stanza una sottile nota vibrante, un suono che un musicista avrebbe riconosciuto per la nota la. Raistlin tacque e fu la volta di Katlin. Con l’identico tono basso e mormorante, la giovane pronunciò l’incantesimo, che nessuno seppe classificare simile o differente da quello di poco prima.
La Sfera sul suo palmo si illuminò d’improvviso di luce intensa, la quale costrinse tutti a stringere le palpebre. Il bagliore divenne una pulsazione soffusa, una nota argentina echeggiò e la giovane maga tacque.
Un senso di attesa scese sui due maghi, i cui identici occhi dorati rimasero fissi sui due oggetti. D’improvviso, sia la Sfera che il Bastone si elevarono nell’aria, galleggiando a qualche centimetro dal palmo delle mani protese. Sia la Sfera che il Bastone presero a girare su se stessi a velocità sempre maggiore, seguiti con partecipazione da tutti. Il Bastone si fermò di colpo. La Sfera splendette, costringendo tutti a coprirsi gli occhi con le mani per non restare accecati.
Quando ritrovarono la vista, videro che Katlin e Raistlin sedevano tranquilli, senza che vi fosse traccia degli oggetti di potere.
«L’incantesimo è riuscito. Abbiamo una direzione da seguire.» asserì Katlin, con un sorriso duro come l’acciaio.
Tanis e Caramon si guardarono.
«Sarebbe a dire?» chiese il gigante.
«Nord-est, fratello mio.- sussurrò Raistlin, con un lampo indecifrabile nelle pupille a clessidra- Nord-est.»



Lasciarono Qualinesti quello stesso giorno, lasciandosi alle spalle Laurana e la terra degli elfi.
Cavalcarono attraverso i giorni afosi dell’estate, di tanto in tanto chiedendo conferma ai due pezzi dello Scettro sulla direzione da seguire. La risposta rimase costantemente nord-est e il gruppo iniziò a pensare che la Sfera delle Tenebre fosse nascosta in qualche luogo misterioso e lontano dall’occhio dell’uomo. Li preoccupava l’accenno di Silvara ai draghi del Male, ma non era cosa su cui avessero il potere di intervenire. Non ancora, perlomeno.
Furono attaccati con discreta frequenza durante il viaggio, ma i gruppi di draconici che incrociavano la loro strada si dimostravano sempre deboli e in numero insufficiente ad impegnarli per lungo tempo.
«Mi pare evidente che Takhisis non sta mettendo grande impegno nel fermare i nostri passi.- aveva infine osservato Raistlin, cinico- Mi chiedo cosa significhi questo.»
In realtà, l’Arcimago se ne era fatto un’idea più che precisa. Takhisis aveva piani su Katlin e sul modo di sfruttare il suo corpo. Come questo avrebbe influenzato gli eventi futuri, però, Raistlin non poteva indovinarlo.
Negli occhi di Katlin, ora identici ai suoi, aveva visto la consapevolezza di ciò che un tale futuro poteva significare per lei.
Quel pomeriggio cavalcava in retroguardia, il più possibile isolato dagli altri, sotto un cielo velato da una pesante cappa di calore. Le vesti nere lo soffocavano, ma lo proteggevano, e Raistlin non malediceva il caldo estivo quanto avrebbe fatto col gelo dell’inverno. I suoi occhi erano puntati su Katlin.
La giovane donna cavalcava tra Caramon e Dalamar, poco più avanti. Non aveva più avuto crisi da quella notte a Qualinesti, ma le forze la stavano lasciando come sangue da una ferita piccola ma profonda. Iniziava a stare curva in sella. Le mani che reggevano le redini erano poco più che ossa sottili ricoperte di pelle. Katlin non pronunciava parola, ma la volontà divina che le stava divorando l’anima la consumava come una candela.
Raistlin corrugò la fronte. Troppo di Katlin era rimasto celato. Raistlin sapeva che i segreti della donna gli avrebbero offerto la risposta ad ogni domanda, ma Katlin aveva la bocca cucita e la sua mente era impenetrabile, soprattutto ora che le cresceva dentro quel cancro che era il Male di Takhisis.
In quel mentre, Crysania si accostò a Katlin e le chiese qualcosa. La maga sorrise e le rispose, pacata. Raistlin corrugò la fronte. Non aveva più parlato con Crysania dalla notte in cui aveva violentato le sue aspettative. Per tacito accordo, entrambi avevano finto che l’avvenimento non fosse mai accaduto. Erano successe cose più importanti ed erano nel mezzo di un ricerca pericolosa. Raistlin, però, non faceva che rivivere nel sonno il momento in cui l’aveva stretta a sé, inalando il suo profumo, accarezzandole la pelle col proprio fiato rovente.
Si svegliava scosso e di pessimo umore, solo per vedere il suo volto innocente ancora addormentato, od osservarla mentre aiutava Katlin ad alzarsi con gesti misurati e graziosi. Si stava rivelando una tortura. La sua fermezza vacillava, i desideri che lo avevano spinto a tornare alla vita lo scuotevano con prepotenza.
“ Sai a cosa servono le seconde possibilità, Raistlin? A porre rimedio agli errori precedenti!”
Una parte di Raistlin credeva alla verità insita nelle parole di Katlin. L’altra, la disprezzava. Probabilmente aveva davvero paura di essere felice, perché un simile sentimento non l’avrebbe forse portato alla luce, mettendolo a nudo? Avrebbero sopportato di vedere il cuore nero che aveva in petto per ciò che era? L’avrebbe sopportato lui stesso?
«Shalafi…»
La voce di Dalamar lo riscosse dai suoi pensieri. Seccato, Raistlin scacciò quei pensieri fastidiosi dalla sua mente e volse lo sguardo sul suo apprendista, che aveva affiancato il proprio cavallo al suo.
«Shalafi, possiamo parlare?» chiese Dalamar, cupo.
«Di cosa, apprendista?» chiese Raistlin, socchiudendo appena gli occhi. Dalamar guardò di fronte a sé.
«Katlin.» rispose, secco.
«Oh.- mormorò Raistlin, sollevando appena un sopracciglio- Certo.» Avvicinò la sua cavalcatura a quella dell’elfo oscuro. «Dunque, apprendista: cosa ti turba nella mia giovane discepola?» chiese il mago, sarcastico.
«Molte cose, Shalafi.- rispose Dalamar, dopo un istante di riflessione- Chi è davvero Katlin? Cosa conosciamo di lei? Quasi nulla, questo è ciò che penso.»
Raistlin annuì, facendo un gesto perché l’elfo continuasse.
«Presumo che nei suoi segreti sia celato l’interesse degli dei nei suoi confronti, ed il perché Takhisis l’abbia scelta come corpo ospite.- proseguì Dalamar, sussurrando- Perché la caratterizza una così forte somiglianza con voi, Shalafi? Perché il suo potere è tanto forte? Soprattutto, quanto questi segreti possono nuocerci?»
Raistlin fissò il suo apprendista, che sostenne lo sguardo a fatica.
«Nient’altro, Dalamar?» chiese. Se anche l’elfo oscuro avesse intuito la provocazione del proprio maestro, scelse di ignorarla. Scrollò le spalle.
«Le domande sono mille, Shalafi.- ammise- Voi siete stato nella sua mente per alcuni mesi. Cos’avete letto nei suoi pensieri?»
Raistlin corrugò appena la fronte, ripensando ai mesi di apprendistato di Katlin. Appuntò lo sguardo sulla figura curva e sottile poco più avanti.
«La sua mente è un pozzo oscuro, Dalamar.- mormorò, rammentando il vuoto inerte contro cui aveva combattuto invano- I suoi ricordi del passato sono stati gettati in quel pozzo, che di certo lei stessa non visita spesso. Ho visto la presenza di una madre, e ricordi di un insignificante anno di vita. Ciò che Katlin è rimane celato.»
«Ma come è possibile che la sua mente vi sia stata preclusa?» disse Dalamar, stupito.
Raistlin sorrise appena, con grave cinismo.
«Odio e dolore fortificano la mente.- rispose Raistlin- Io e te lo sappiamo, apprendista, non è così? La sua anima è cresciuta nell’oscurità, e di essa si ammanta anche ora che vive nella luce. Mi raccontò di aver vissuto per lo più le vite mie e di Caramon, e a quei ricordi ho avuto accesso. Tra di essi, vi sono lunghe parentesi di buio. Sussurri privi di senso le aleggiavano nella mente durante il sonno e spesso qualcuno piangeva.»
«Un passato doloroso, quindi?» chiese Dalamar. Guardò Katlin e Raistlin non mancò di notare il lampo di partecipazione negli occhi obliqui dell’elfo, di norma estraneo a tali sentimenti.
«E’ ciò che credo.- disse l’arcimago, annuendo- Questo non risponde, però, né alle tue né alle mie domande, Dalamar. Perché gli Dei le abbiano offerto un dono che è una maledizione, o perché ora l’abbiano trascinata su Krynn verso la propria morte, esula da ciò che è in mio potere conoscere.»
«Verso la propria morte…- ripeté l’elfo, corrugando la fronte- Credete che Katlin morirà?»
«Lo ritengo probabile.- disse Raistlin, con freddezza- Ma non ora…non ancora. E’ utile a Takhisis che rimanga in vita ancora un po’.»
«Per quale motivo, Shalafi? Intende davvero sfruttare il Portale?» chiese Dalamar, a sua volta gelido.
«E’ questa la domanda di maggiore importanza, apprendista.- mormorò Raistlin, socchiudendo appena gli occhi dorati- E’ proprio questa.»
Dalamar strinse le labbra in una linea sottile. Non avrebbe dovuto…non avrebbe voluto provare tanta partecipazione per la sorte di quella Veste Bianca che era capitata di punto in bianco nella sua Torre, per riportare in vita il Maestro tanto odiato e tanto rispettato. Eppure, sentì qualcosa spezzarsi nel proprio petto al pensiero del suo imminente trapasso nel mondo dei morti. Già non sembrava altro che un uccellino dalle ossa sottili, tanto che un tocco troppo impetuoso avrebbe potuto spezzarla.
«Potremmo fare in tempo.- mormorò, non cosciente di stare parlando a voce alta- Potremmo scoprire ciò che ci occorre e battere la morte, nella forma della Dea, sul tempo.»
Raistlin non rispose, prendendo nota del fatto che Dalamar si stava legando alla giovane donna più di quanto avesse previsto. Non lo disilluse, per una volta. Forse perché anche nel suo animo qualcosa si dibatteva dal disgusto al pensiero di ciò che gli dei stavano facendo alla sua nuova discepola.
L’avevano eletta vittima sacrificale e Raistlin aveva una vasta esperienza in materia. Non era stata la sua anima, anni addietro, ad essere venduta per la vittoria di Paladine su Takhisis?

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Il temporale li colse impreparati. Erano a due giorni di viaggio dalle Pianure quando il cielo si fece nero e i lampi iniziarono a squarciare l’aria. Non ebbero il tempo materiale di pensare a trovare un riparo adatto, perché la pioggia non attese: prese a scrosciare violentemente, inzuppandoli in pochi minuti.
Ora che Caramon e Tanis trovarono una zona riparata in cui costruire un rifugio di fortuna, erano tutti fradici fino alle ossa, e le loro orecchie piene del rimbombo dei tuoni si stavano facendo doloranti. Tanis e Caramon ce la misero tutta, aiutati anche da Tasslehoff e Dalamar, ma il riparo di fortuna risultò essere una piccola cupola di rami appoggiata ad una roccia, scossa dal vento e ben poco impermeabile. Era comunque il massimo che si potesse ottenere in un momento del genere, ed i compagni si stiparono all’interno, legando fuori i cavalli spaventati dalla tempesta.
«Dannazione, non ci voleva.» ringhiò Dalamar, contrariato, strizzandosi la veste zuppa.
«Avremmo dovuto prevederlo dall’afa soffocante di questo pomeriggio.- borbottò Tanis- Doveva pur sfogarsi in qualche modo.»
«E’ solo un temporale, passerà presto.» sentenziò Tasslehoff, prima di spiccare un balzo e di cacciare uno strillo quando un fulmine cadde poco distante.
Tanis corrugò la fronte e guardò gli altri occupanti del riparo improvvisato. Katlin stava tremando come una foglia. Era diventata così debole da non riuscire nemmeno a sopportare un po’ di acqua fredda, ma stringeva i denti e in quel momento stava aiutando Crysania ad accendere un fuoco. Il più preoccupante per condizioni di salute, in effetti, rimaneva Raistlin.
Il mago era sdraiato vicino alla parete di roccia, con Caramon inginocchiato al suo fianco. Respirava in rantoli, ed ogni tanto mandava qualche colpo di tosse sfiatato. Il suo viso era una maschera pallida.
«Come sta?» chiese il Mezzelfo.
«Male.- rispose Caramon, cupo- Ho paura che gli verrà la febbre e ha già tossito troppo.»
Tanis gli vide fra le mani un fazzoletto macchiato di sangue.
«E’ in grado di bere la medicina?» chiese Katlin, battendo i denti tanto che le sue parole risultarono quasi incomprensibili.
«Tu pensa ad asciugarti, o ti concerai come lui.- la rimproverò Caramon- Alla sua medicina ci penso io.»
«Lascia fare a me.» mormorò Crysania, prendendogli dalle mani le erbe mediche ed iniziando a preparare la strana mistura. La chierica lanciò un’occhiata a Katlin, ancora preda dei brividi. Le aveva impedito persino di fare una cosa innocente quale preparare la medicina del suo Maestro. Quali deformi sentimenti di gelosia le stavano crescendo nel cuore? Quasi avesse compreso il suo tormento, Katlin la guardò e sorrise.
«Guarirà prima se gliela preparerai tu.- disse tra le labbra tremanti, scherzosa- L’amore tende a manifestarsi nei modi più impensati.»
«Cosa?!- mormorò Crysania, arrossendo violentemente- Katlin, tu…»
Katlin si alzò in piedi e le mise una mano sulla spalla.
«Non ti arrendere. Le sue parole sono la sua armatura.» le disse, con sguardo deciso, poi si allontanò ed andò a sedersi più lontano, stringendosi le braccia al petto. Crysania rimase basita, comprendendo per la prima volta quanto Katlin sapesse del loro passato. Sentirlo dire non era come averne la prova tangibile e d’un tratto la vergogna verso la propria debolezza aumentò. Katlin non aveva alcuna intenzione di sottrarle Raistlin. Il rapporto tra loro era diverso…
La guardò di nuovo, mentre veniva raggiunta da Dalamar. L’elfo oscuro si sedette accanto a lei e dopo un istante di incertezza prese a strofinarle con forza le braccia, nella speranza di infonderle un po’ di calore. Crysania vide lo sguardo che intercorreva tra i due, e capì chi sarebbe stato a conquistare il cuore della donna di Yolta.
Crysania sorrise amara, scuotendo il capo di fronte alla propria cecità, poi andò da Raistlin. Caramon la aiutò a far sorbire la medicina all’arcimago e Crysania si accorse delle occhiate preoccupate e piene di contrarietà che il gigante stava lanciando a Dalamar.
«Troppa confidenza…» lo sentì borbottare, prima che Tanis lo richiamasse per aiutarlo a porre rimedio ad un cedimento strutturale del riparo.
Crysania guardò il volto sofferente di Raistlin, quasi traboccante dal dolore che quell'amore le provocava. Si scoprì sul punto di piangere e si morse con rabbia le labbra per impedirselo. Sfiorò appena il volto del mago.
Sobbalzò violentemente e tentò di ritrarsi quando Raistlin aprì gli occhi di scatto e le afferrò la mano, guardandola dritta in faccia. Crysania sentì di essere arrossita come una ragazzina e si arrabbiò con se stessa, ma Raistlin non disse nulla. Si limitò a guardarla intensamente e in quello sguardo Crysania lesse per un istante lo stesso tormento, le stesse domande che le straziavano l’anima. Poi, lui chiuse di nuovo gli occhi, senza lasciare la sua mano.
«Resta…vicina.» mormorarono le sue labbra.
Crysania ristette, stupita. Guardò Katlin, d’un tratto confusa, ma la giovane donna si era addormentata, raggomitolata a terra, e Dalamar la fissava, seduto al suo fianco. Nel sonno, aveva lo stesso viso del suo Maestro.
Crysania non si sottrasse alla stretta di Raistlin per tutto il resto della notte. La mattina successiva alla notte di tregenda, sia Raistlin che Katlin furono presi da una febbre violenta.
La compagnia non si mosse per quasi una settimana.

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La prima a riprendersi da quell'intempestivo malanno fu Katlin. La ragazza sfebbrò in quattro giorni senza strascichi, ma la malattia la rese ancora più debole di quanto non fosse in precedenza. Nonostante ciò, era cosciente ed in grado di nutrirsi da sola, cosa che certo non si poteva dire di Raistlin. Crysania e Caramon si divisero al capezzale dell’uno e dell’altro, concentrandosi poi su Raistlin quando Katlin fu fuori pericolo.
L’arcimago restò pressocchè incosciente per tutta la settimana. Di norma, il suo sonno era tranquillo, ma ogni tanto veniva colto da strani deliri e nessuno riusciva a capire che cosa mormorasse tra sé. La sua anima combatteva guerre impossibili da ipotizzare, mentre il corpo lottava per riconquistare la salute. Grazie al cielo, Katlin non ebbe alcuna crisi di possessione durante il suo periodo d’incoscienza. Forse Takhisis sapeva che il corpo ospite non avrebbe retto alla sollecitazione.
Quella mattina il sole sorse su un cielo parzialmente coperto. Dalamar, già sveglio, sedeva discosto dal gruppo, vicino agli alberi. Era il suo turno di guardia e presto avrebbe svegliato tutti. Caramon era desto e vegliava suo fratello. Lui e la Dama, il cui rapporto con l’arcimago risultava sempre più palese, si alternavano al suo capezzale notte dopo notte. Quello era il settimo giorno di malattia per lo Shalafi, ma durante quella notte, a quanto ne sapeva, aveva avuto un sonno molto tranquillo.
Dalamar sospirò a mezza voce. I suoi occhi si appuntarono sulla figura raggomitolata di Katlin, che dormiva vicino a Tasslehoff. Un paio di giorni prima avevano avuto una discussione che aveva raffreddato leggermente i loro rapporti. Dalamar corrugò la fronte. Forse la questione era nata dal suo sempiterno sentimento d’inferiorità nei confronti dello Shalafi, ma riteneva anche di aver finalmente scoperto una sottile vena di ego e superbia in Katlin, tratto che l’accomunava ancora di più a Raistlin. Ciò che stava scoprendo di lei, e le parole che lo Shalafi aveva usato per descriverla, la rendevano sempre meno adatta, ai suoi occhi, alla Veste Bianca che indossava.
«Mi chiedo cosa veda durante il sonno.» aveva mormorato Dalamar quel giorno, soprappensiero, mentre offriva dell’acqua a Katlin. Erano rimasti in quattro al campo improvvisato, perché Caramon, Tanis e Tasslehoff erano andati a cacciare qualcosa per cena. Dama Crysania era accanto a Raistlin e gli inumidiva la fronte con una pezza bagnata.
Katlin aveva preso la ciotola e si era messa a bere a piccoli sorsi, le pupille a clessidra fisse sul suo Maestro. Dalamar aveva notato che ogni gesto o parola della donna era misurato. Iniziava a ritenere che la gran parte delle reazioni di Katlin non corrispondessero alla verità, ma ad un personaggio che si era costruita.
«Ne ho un’idea.» aveva infine sussurrato la giovane donna, cupa. Dalamar l’aveva guardata con più attenzione, osservando la sua eccessiva magrezza e le ombre scure attorno agli occhi. Katlin aveva sospirato. «L’Abisso lo segue.- aveva continuato, con voce gelida- Non tanto quello di Takhisis, quanto quello del proprio animo.» Non aveva aggiunto altro. Katlin era restia a parlare dell’animo di Raistlin quanto del proprio. Il legame che li univa, profondo ed elusivo, infastidiva profondamente l’elfo oscuro.
«E’ la maledizione che scegliamo di far nostra seguendo la Tenebra. Occorre farci l’abitudine.» aveva commentato Dalamar, riferendosi alle Vesti Nere, con voce in cui vibrava una nota di acrimonia che non era riuscito a trattenere. Katlin gli aveva lanciato un’occhiata in cui aveva brillato per un istante un lampo gelido, poi gli aveva rimesso in mano la ciotola vuota con malagrazia.
«Per alcuni, i mostri che si nascondono nelle tenebre sono più terrificanti che per altri, Dalamar. Credo che tu non ne sappia abbastanza per poter trarre conclusioni.» era stata la fredda risposta di Katlin, prima che la ragazza si stendesse e chiudesse gli occhi, mettendo fine alla conversazione. Dalamar si era risentito per il suo atteggiamento scostante, prima di comprendere che in qualche modo doveva averla offesa.
Probabilmente Katlin aveva percepito nelle sue parole la volontà di sottovalutare i tormenti dell’animo dello Shalafi e questo l’aveva contrariata. Dalamar si alzò dal suo posto, sentendo crescere in sé l’irritazione nel ripensare alla scena. Perché mai avrebbe dovuto concedere ad una donna di trattarlo con tale sprezzante condiscendenza? Cosa poteva sapere lei che non fosse conosciuto a lui, che aveva vissuto tre volte la sua giovane vita?
“Ma lei ha vissuto tre volte, nei suoi ventitré anni.” gli ricordò una vocetta malefica. Aveva conosciuto i tormenti di Raistlin, i dolori di Caramon…e di suo aveva un passato che lo Shalafi aveva ipotizzato oscuro, e un presente non certo felice. La guardò di nuovo, notando le linee di sofferenza che le tiravano la pelle del viso, e strinse le labbra.
Non riusciva a capacitarsi dell’attrazione fisica e mentale che quella giovane donna umana esercitava su di lui. Nondimeno, aveva il proprio orgoglio. Se Katlin desiderava riportare le cose tra loro ad un livello superiore alla semplice cordialità, avrebbe dovuto fare il primo passo.
Dalamar scosse la testa di fronte a quei pensieri puerili e si diresse verso Caramon. C’erano ben altre cose a cui pensare, in un momento come quello.
«Come sta?» chiese l’elfo oscuro, mettendosi a fianco del gigante buono. Caramon alzò gli occhi castani su di lui.
«E’ sfebbrato.- rispose, stanco ma soddisfatto- Può essere che riprenda conoscenza in giornata.»
«Ottimo.» mormorò il mago, annuendo. Più tempo perdevano in quel luogo, più si rendevano concrete le ipotesi terribili che l’intervento di Takhisis aveva messo loro davanti agli occhi.
Caramon osservò l’elfo allontanarsi per andare a svegliare Tanis, e corrugò la fronte. Per quanto non gli piacesse, doveva ammettere che l’elfo oscuro era un compagno di viaggio piuttosto valido. Se solo non avesse avuto certi pensieri per Katlin, forse gli sarebbe risultato perfino simpatico.
«Katlin non è Kitiara, e non dovrebbe nemmeno pensare a sfiorarla.» borbottò tra sé, contrariato. Guardò la figura addormentata della giovane maga e il suo viso si addolcì. Non sapeva perché si fosse affezionato a lei così in profondità. Provava un istinto di protezione naturale, quasi alla pari di ciò che aveva provato per Raistlin ai bei tempi, quando ancora le cose non avevano preso una brutta piega e la guerra li aveva costretti a diventare due uomini separati, invece che due entità complementari. Era un istinto nato quasi immediatamente, forse nell’istante in cui la giovane aveva aperto gli occhi su di lui e il suo pensiero era corso a Raistlin.
Eppure, Katlin era diversa da Raistlin. Per quanto dovesse ammettere la somiglianza fisica che li accomunava, fatto che non riusciva a spiegarsi, Katlin era molto diversa sia da lui che da Raistlin. Era una persona a sé stante, che si stava dimostrando molto più complicata e profonda che ad un primo acchito. Caramon le voleva bene come se avesse fatto parte della sua famiglia.
Corrugò la fronte. Ora Katlin stava rischiando la vita, come Caramon aveva temuto fin dal principio. Cosa poteva fare, lui, per impedirlo? Cosa poteva fare per far sì che il loro viaggio non fosse il preludio di una tragedia?
«Caramon…» sussurrò una voce spezzata, riportandolo immediatamente alla realtà.
«Ehi, Raist!- mormorò, sorridendo al gemello- Ben svegliato, fratello mio.»
Raistlin fece una smorfia.
«Acqua.» ordinò, perentorio, e Caramon gliela offrì, aiutandolo a bere.
«Si è svegliato?» chiese Tanis, alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
«Sì, è sfebbrato.» rispose Caramon, più forte. Si rivolse di nuovo al gemello. «Come ti senti?» chiese.
«Secondo te?- fu il commento acido di Raistlin, prima che sospirasse- Quanto tempo sono rimasto incosciente?»
«Sei giorni. Questo è il settimo. Hai avuto una gran febbre, ma ormai sei fuori pericolo.» lo informò Caramon, senza dar peso al suo sarcasmo. Si alzò in piedi, facendo scricchiolare l’armatura.
«Una settimana persa…» sussurrò l’arcimago, contrariato.
«Che pretendevi?» commentò Caramon.
«Raistlin!- esclamò Tasslehoff, correndo al suo capezzale e inginocchiandoglisi accanto- Finalmente ti sei svegliato! Sai, iniziavo veramente ad annoiarmi a restare in questa radura. Non ci sono molte fonti di svago, se riesci a seguirmi. Nemmeno Katlin stava bene, così non ha potuto giocare con me. Stai bene ora, vero? Quando pensi che potremmo ripartire? E in che direzione? Sai che Dalamar…»
«Toglietemi di dosso questa zecca!» ringhiò Raistlin, girandosi su un fianco in modo da dare la schiena al povero Tas.
«Tas, non stargli troppo addosso.- lo richiamò una voce piuttosto flebile- A meno che tu non voglia restare qui ancora a lungo…»
«Non sia mai!- esclamò Tasslehoff, scattando in piedi e correndo via- Riprenditi con calma, Raistlin!»
Raistlin si fece cupo in volto.
«La voce di Katlin si è indebolita.» mormorò.
«Non solo la voce, purtroppo. Non che tu sia in condizioni migliori.» commentò Caramon. Raistlin si alzò faticosamente a sedere e il gemello lo aiutò ad appoggiare la schiena contro la parete di roccia. Il rifugio di rami aveva smesso di essere funzionale già da giorni, ormai. Raistlin scambiò un cenno del capo con Dalamar, poi guardo Katlin e Crysania, sedute poco distante. La chierica stava mettendo qualcosa sul fuoco per colazione. Katlin si stava passando le dita tra i capelli, cercando di pettinarli.
Crysania gli restituì lo sguardo fugacemente, Katlin invece sorrise. Il sorriso di uno spettro.
«Sei stata malata.» disse Raistlin, corrugando la fronte. La Veste Bianca era sempre più magra. La sua pelle si era fatta quasi trasparente.
«Non quanto te.» fu la sua laconica risposta. Non aggiunse altro e Raistlin sollevò appena un sopracciglio. Di norma, Katlin era molto più loquace, soprattutto quando vedeva all’orizzonte la possibilità di fargli saltare i nervi.
«Parla il meno possibile.- gli spiegò Caramon, piano, quasi avesse letto i suoi pensieri- Credo che mantenere il controllo le stia diventando sempre più complicato.»
Raistlin annuì, cupo.
«Tieni, Raistlin.- mormorò Crysania, avvicinandogli una ciotola con i resti della zuppa della sera prima e una manciata di frutti rossi- Devi mangiare.»
Raistlin storse la bocca, ma accettò il cibo dalle sue mani. Nel momento in cui le loro dita si sfiorarono, una scarica di elettricità passò tra i due, che si guardarono con una certa sorpresa. Raistlin si ritirò bruscamente e iniziò a mangiare in silenzio, a piccoli bocconi. Crysania lo guardò ancora per un momento, prima di alzarsi con un sospiro e tornare accanto a Katlin.
«Ti ha accudito insieme a me.» disse Caramon, interrompendo il flusso di pensieri irosi del gemello.
«E con questo?»  ringhiò Raistlin, seccato.
«Le hai chiesto tu di farlo. Non te lo ricordi?- sospirò Caramon, scuotendo la testa di fronte all’espressione marmorea di Raistlin- Insomma, non potresti trattarla con un po’ di gentilezza? Non hai imparato proprio niente?»
“Sai a cosa servono le seconde possibilità, Raistlin?” ripeté beffarda la voce di Katlin nella sua testa. Raistlin fece una smorfia, con una risposta caustica sulla punta della lingua, poi si fece cupo e tacque.
«Proprio perché ho imparato qualcosa, fratello mio, per quanto possibile mi farò odiare da lei.» mormorò infine. Caramon lo guardò. Raistlin si rese conto di quanto anche il gemello fosse cambiato, avesse imparato dal passato. Un tempo avrebbe iniziato a piagnucolare: ‘Non capisco, Raist!’ e si sarebbe lanciato in una filippica priva di senso. Ora, invece, rifletteva in silenzio sulle sue parole.
«Da una parte, ti do ragione.- disse infine, lentamente- Ma credo ancora che non sia la soluzione giusta.»
«Ma cosa vuoi capirne, tu?!» ribadì Raistlin, stizzito, chiudendo la questione. Caramon si strinse nelle spalle, senza prendersela per il tono.
«Se permetti, sull’amore ne so molto più di te.» disse. Raistlin gli lanciò un’occhiata di odio venefico e non rispose. Caramon capì l’antifona e lasciò cadere l’argomento, dirigendosi verso Tanis.
Raistlin poté così rilassarsi e finire di mangiare in silenzio. Quei pensieri non facevano altro che confonderlo e fargli perdere di vista i propri obiettivi. Già…ma quali erano i suoi obiettivi?
Raistlin riabbassò il frutto che aveva tra le dita senza nemmeno assaggiarlo. Per quale motivo era tornato in vita? Certo non per distruggere il Portale, non gliene poteva importare di meno. Certo non per salvare la vita di Katlin, che anzi era stata lo strumento con cui risvegliarsi dalla morte. Allora perché? Perché?
«Perché volevo…rimediare ad alcune cose. Volevo vivere.» mormorò tra sé.
E invece, che stava facendo? Aveva allontanato da sé qualsiasi tentazione e si era concentrato sullo scopo di portare a termine quella missione, che si stava rivelando un sacrificio umano. Nulla era cambiato. Stava davvero vivendo, o stava forse recitando la sua parte, in un’imitazione della sua vecchia vita?
Era paura quella che nascondeva sotto il proprio sferzante sarcasmo? Paura di tentare, di avventurarsi in territori non suoi, ove il sole splendeva troppo forte per i suoi occhi maledetti?
Guardò Crysania e per la prima volta si chiese se stesse davvero proteggendo lei, o non forse se stesso.

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Più tardi, quella stessa mattina, sul campo regnava un silenzio pressocchè tombale.
Caramon e Tanis erano andati a cacciare qualcosa per pranzo, in quanto avevano finito le scorte e non si sarebbero mossi da lì prima del mattino dopo. Dalamar e Crysania riposavano, riprendendosi dai turni fatti durante la notte. Anche Raistlin dormiva, un sonno tranquillo che certo gli avrebbe restituito abbastanza forza da permettergli di cavalcare.
Gli unici due personaggi ben svegli e vigili al campo erano Tasslehoff e Katlin, i quali erano impegnati in un gioco di carte piuttosto complicato. Dove il kender avesse pescato quel mazzo di carte nessuno lo sapeva, ma Tanis aveva storto la bocca quando si era accorto dello stile aggraziato che caratterizzava le figure sulle carte.
Tas si era preso un souvenir da Qualinesti, senza alcun dubbio.
«Ho chiuso.» annunciò Katlin, con voce flebile.
«Cosa?! Maledizione…- borbottò Tas, che faticava a seguire tutte quelle regole astruse- Quanto siamo, tre a uno?»
Katlin annuì, sorridendo. Tas era riuscito a vincere una partita grazie alla sua sveltezza di mano…in poche parole, aveva barato. Secondo Katlin, era perfettamente inutile farglielo notare, in quanto il kender l’aveva fatto inconsapevolmente…come inconsapevolmente riempiva le sue borse degli oggetti più disparati. La giovane maga si stiracchiò, sentendo scricchiolare tutte le ossa, quindi si alzò in piedi lentamente.
«Dove vai, Kat?- chiese Tasslehoff- Tanis ha detto che non è prudente allontanarsi mentre lui e Caramon sono via. Potrebbero esserci in giro draconici o che so io.»
«Ho bisogno di sgranchirmi le gambe.- disse Katlin, annoiata- Non mi allontanerò di molto.»
«Allora vengo con te. Ti dispiace?- chiese Tas, alzandosi a sua volta da terra- Non è prudente che tu vada da sola.»
Katlin scrollò le spalle e sorrise.
«Chi svegliamo? Non possiamo mica lasciarli dormire.» chiese Tasslehoff, allegro alla prospettiva di fare due passi. A causa della malattia di Raistlin il loro viaggio era caduto in una sorta di impasse e il kender iniziava a sentirsi prudere i piedi ogni volta che si svegliava la mattina.
«Non sveglieremo nessuno. Mi fermerebbero e non mi va di discutere.- replicò Katlin, storcendo la bocca in una smorfia di autocommiserazione- Vieni qui, Tas.»
Tasslehoff la raggiunse, perplesso, e Katlin salmodiò qualcosa tra le labbra.
«Cos’hai fatto, Kat?» chiese il kender, vedendola voltarsi e iniziare a camminare senza che vi fossero stati segni evidenti del suo incantesimo, tipo qualche esplosione.
«Ho piazzato una trappola magica. Farà un gran chiasso, nel caso qualcuno la oltrepassi, così gli altri avranno tempo di svegliarsi.» spiegò Katlin, senza voltarsi. Tas la raggiunse, sorridente.
«Ottima idea! In effetti penso che avrebbero da ridire se ci vedessero andare in giro per i fatti nostri.» disse. D’altronde, Tanis glielo aveva proibito almeno cinque volte al giorno, da quando si trovavano lì! Sospettava che l’origine del divieto per Katlin fosse più seria, ma dopotutto lui l’avrebbe protetta. Gli sovvenne un pensiero. «E se Caramon e Tanis tornano al campo prima di noi?» chiese. Katlin storse la bocca in un ghigno non proprio benefico.
«In quel caso, sapremo che è ora di tornare indietro per prenderci la nostra lavata di capo, Tas.» mormorò. Tasslehoff scoppiò a ridere, poi prese a raccontare a Katlin qualcuna delle sue interessantissime storie.
Katlin continuò a dar retta a Tas con una parte della mente e diede anche le risposte giuste al momento giusto, ma in verità i suoi pensieri vagavano da qualche altra parte, barcollanti e incerti come il suo passo.
Katlin si sentiva prosciugare. Di giorno in giorno, sentiva il proprio spirito scivolare via, colare come sangue da una ferita aperta, una ferita che Takhisis le aveva inferto prendendo possesso del suo corpo. Già, il suo corpo…o ciò che ne rimaneva.
Katlin sapeva che gli altri erano impressionati da quanto fosse deperita, ma lei non aveva di questi pensieri. Il suo corpo avrebbe resistito ancora a lungo. Aveva già sopportato tutto questo,  in quella che ora sembrava un’altra vita, ed era giovane. Avrebbe resistito abbastanza da dare alla dea ciò che desiderava. Era per la sua anima che Katlin temeva. Oh, ancora per qualche tempo Takhisis non avrebbe tentato altre sortite. Mirava in alto, e avrebbe sferrato il colpo decisivo al momento opportuno. Ma questo si avvicinava.
Si avvicinava.
Sapeva che gli altri stavano facendo congetture su congetture. Sentiva negli occhi duri e gelidi di Raistlin la volontà di scavare dentro di lei per trovare le risposte. Sentiva il disagio che iniziava a permeare Dalamar di fronte ai tanti enigmi. Eppure, lei non possedeva neppure metà delle risposte. Ma non potevano saperlo. Non potevano, perché lei aveva chiuso a chiave il suo cuore, molto tempo addietro.
“Questa è la mia vita felice.- pensò, ridendo di se stessa- Un viaggio verso la morte dell’anima…che non è una vera morte, ma un limbo eterno.”
Rabbrividì nonostante la giornata calda e Tas le scoccò un’occhiata preoccupata, smettendo momentaneamente di parlare.
«Ehi, Kat…tutto bene?» chiese, con voce incerta. Non era più tanto sicuro che quella passeggiata fosse una buona idea. Katlin era bianca come un morto. La giovane sorrise.
«Tutto bene, Tas. Ma mi è venuta sete.- mentì Katlin, non desiderando turbare il kender- Dove hai detto che era il torrente?»
Tas la condusse attraverso gli alberi, tranquillizzato. Katlin lo guardò con affetto. Adorava la spensieratezza del kender. Era la sua unica panacea in quei giorni così oscuri e non voleva che Tas fosse del tutto consapevole del suo tormento.
Fu in quel momento, mentre Tas annunciava che erano quasi arrivati, che una palla di stracci andò a finire a testa bassa contro il kender, spedendolo per terra.
«Ehi, ma che…» sbottò Tasslehoff, mentre anche il fagotto di stracci crollava a terra.
«Tu che fa in mezzo…» ringhiò questa, poi due occhietti luccicarono tra strati di sudiciume e si appuntarono sul viso della stupefatta Katlin. Il fagotto mandò un grido di gioia e si catapultò addosso a Katlin, aggrappandosi alla sua gamba e minando il suo già precario equilibrio.
«Ehi! Ma questo è un nano di fosso!» esclamò Tasslehoff, sconcertato, mentre il suddetto nano abbracciava la gamba di Katlin con passione. Già…l’odore e l’aspetto erano proprio inconfondibili. «Ehi, la vuoi mollare?» aggiunse, notando che Katlin era impossibilitata ad alzarsi finché quel nano di fosso non l’avesse lasciata andare.
«Io te trovato!- gioì il nano di fosso, e qualcosa nella sua voce bloccò entrambi- Me cercato a lungo, ma ora te trovato!»
«Ma chi…» mormorò Katlin.
«Bupu!» esclamò Tasslehoff. La nana di fosso si voltò appena verso di lui.
«Tu essere kender lingua lunga.» borbottò, riconoscendolo.
«Bupu, ma che ci fai qui?!» chiese Tasslehoff, stupito. La nana di fosso sorrise, mettendo in mostra i denti che le erano rimasti.
«Me trovato mio uomo carino e gentile!» esultò, indicando Katlin. Lei e Tas si scambiarono un’occhiata, mentre Bupu guardava meglio chi aveva catturato e restava a bocca aperta. Lasciò la gamba della giovane maga e si avvicinò.
«Tu donna.» la accusò, indicandole il seno con un dito sporco.
«Direi di sì, piccola Bupu.» ammise Katlin, che all’improvviso sentì di stare per mettersi a ridere.
«Tu ha suoi occhi.- borbottò la nana, arrabbiata e confusa- Tu rubato?»
Katlin scosse il capo, faticando a non lasciarsi andare ad una risata, e Tas si batté il pugno sul palmo.
«Ho capito, cercavi Raistlin!» indovinò.
«Raistlin è qui vicino, piccola Bupu.- disse Katlin, alzandosi lentamente e posando una mano sul capo della nana di fosso per rassicurarla- Io sono sua amica e conosci già Tasslehoff. Ora, vuoi dirci perché lo stavi cercando?»
Bupu la guardò con sospetto, poi, forse ammorbidita dal fatto che quella donna somigliava molto al suo uomo gentile, scrollò le spalle.
«Me pensato che se lui sconfigge drago una volta, lui sconfigge anche due.» disse, discorsiva. Katlin rimase interdetta e Tas fece tanto d’occhi.
«Drago?» chiese il kender.
«Nero.» asserì Bupu, senza incertezze. Katlin divenne cupa.
«Dove, Bupu?- chiese- Dov’è questo drago?»
«A Xak Tsaroth.» li informò Bupu, facendoli impallidire.
Fu in quell'istante che la trappola di Katlin scattò, riempiendo al foresta di un fortissimo baccano.

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Capitolo 13
*** 12 - Ritorno a Xak Tsaroth ***


«Xak…Tsaroth?» disse Tanis, tra le labbra diventate improvvisamente torpide. Si era appena ripreso dal frastuono spaccatimpani che aveva accolto lui e Caramon al loro ritorno al campo, e già si sentiva di nuovo frastornato. Quella giornata iniziava veramente male.
«Voi siete già stati a Xak Tsaroth.- mormorò Crysania, sorpresa- Per i Dischi di Mishakal! Come può essere una coincidenza esservi richiamati?»
«Già, e la volta scorsa quasi ci abbiamo rimesso la pelle.- borbottò Caramon- Tu che dici, Raist?»
Raistlin, seduto contro la parete di roccia con un’adorante Bupu accanto, non rispose immediatamente.
La notizia che un drago aveva preso dimora in quell’antica città ormai distrutta li aveva gettati nel ricordo di ciò che aveva significato per loro recarvisi quella prima volta. Allora con loro c’erano anche Flint e Sturm, nonché i due barbari delle Pianure. La guerra non era ancora scoppiata in tutta la sua potenza, ma già alitava loro sul collo. Avevano rischiato di morire tutti per recuperare i Dischi che avrebbero riportato gli antichi dei in auge grazie a Goldmoon e ad Elistan.
«Secondo me non può essere una coincidenza. E’ troppo strano.» continuò Caramon, scrollando le grosse spalle.
«La direzione che stiamo seguendo, inoltre, ci spinge verso la città.- osservò Dalamar – Senza contare che sappiamo già che i draghi sono stati coinvolti.»
«Hai ragione, apprendista.- mormorò infine Raistlin- E’ evidente che siamo guidati verso Xak Tsaroth. I segni non potrebbero essere più chiari.»
«Tu viene a uccidere drago?» chiese Bupu, speranzosa. Raistlin le regalò uno dei suoi rari sorrisi e le accarezzò il capo.
«Verremo con te, piccola Bupu, se ancora esiste un modo perché gli esseri umani possano entrare nella città.» rispose.
«E’ vero, l’ingresso era crollato.» mormorò Tanis, ricordando la loro fuga precipitosa.
«Bupu ha vie. Bupu sempre trova strade nuove.- asserì Bupu, convinta- Me trova e mostra a voi. Noi entrare e poi andare da Highbulp!»
«Ecco, magari l’Higbulp me lo risparmierei, stavolta.- intervenne Tasslehoff, che sedeva a gambe incrociate non distante da lei- Non è che l’ultima volta abbia propriamente lavorato a nostro favore.»
Bupu si offese e fece per ribattere, ma la voce del suo uomo gentile la fece desistere.
«Inutile disturbare l’Highbulp, piccolina. Faremo una cosa veloce, di modo che il drago non si accorga del nostro arrivo finché non sarà troppo tardi.» disse, scambiando un’occhiata d’intesa con Caramon. Molto difficilmente il drago sarebbe stato il solo ospite indesiderato di Xak Tsaroth. Recarsi alla città diroccata significava cercare nuovamente di passare per fantasmi.
«Quanti draconici sono arrivati in città, Bupu?» chiese Tanis, avendo avuto lo stesso pensiero.
«Nessuno.- rispose la nana di fosso, riluttante a parlare con qualcuno che non fosse Raistlin- Bupu visto neanche uno.»
Katlin corrugò la fronte e anche gli altri si oscurarono in volto.
«Non è possibile.» mormorò Dalamar.
«E’ inconcepibile che non abbiano messo altra guardia che il drago.- aggiunse Katlin- Mi puzza di trappola.»
«Nonostante questo, andremo a Xak Tsaroth.- disse Raistlin, gelido- Come certo Takhisis saprà, è l’unica cosa che possiamo fare.»
Le sue parole misero addosso i brividi a tutti, ma la ragione era dalla sua: che la Dea avesse loro preparato una trappola o meno, l’unica cosa che potessero fare era seguire le tracce della Sfera delle Tenebre, ovunque esse li conducessero.



Partirono la mattina dopo, a cavallo, attraversando le Pianure il più velocemente possibile. Tanis non era tranquillo, in quanto Riverwind gli aveva parlato di alcune battaglie in corso tra le tribù, motivo per cui non si era recato all’appuntamento a Solace, ma la fortuna sembrò assisterli, per una volta, perché non incontrarono alcun gruppo ostile, né furono coinvolti in battaglie.
Procedettero speditamente, diretti a Xak Tsaroth. Una fievole speranza stava nascendo nel cuore di Caramon e Crysania. Se fossero riusciti a recuperare la Sfera delle Tenebre in un tempo relativamente breve, c’era la possibilità che Katlin non soffrisse ancora a lungo la possessione di Takhisis. La giovane donna aveva ancora il controllo di sé e, per quanto deperita, era forte abbastanza da cavalcare al passo con gli altri e per fomentare il sé il fuoco della magia. I piani di Paladine e Gilean sembravano sul punto di realizzarsi, ormai.
Chi invece era piuttosto scettico sulla piega presa dagli eventi, era Tanis. Il Mezzelfo la vedeva troppo facile. Takhisis, avendo preso possesso della mente di Katlin, anche se per pochi istanti doveva aver visto che era loro conosciuto il fatto che fosse un drago nero a detenere la Sfera. La Dea avrebbe dovuto nascondere il drago e il suo tesoro nel posto più inaccessibile di Krynn e circondarlo di tanti di quei pericoli da rendere la loro impresa pressocchè impossibile. Non era certo facile abbattere un drago, eppure chiunque di loro sarebbe stato ormai in grado di farlo.
Invece, lasciava che una nana di fosso andasse a chiedere il loro aiuto in tutta tranquillità, e lasciava il drago sguarnito in una città di cui loro ben conoscevano l’esistenza. Qualcosa non quadrava.
Chiamarla un’imprudenza era un eufemismo. Tanis vedeva la sua stessa inquietudine riflessa negli occhi dei tre maghi, e questo lo convinceva che più che un dono dal cielo, la situazione in cui si trovavano si sarebbe rivelata un guaio dei più grossi.
Bupu li guidò al di là delle Pianure, fino ad arrivare ai putridi acquitrini che circondavano la città di Xak Tsaroth. Furono costretti ad abbandonare le cavalcature, in quanto mai sarebbero riuscite a passare indenni e in silenzio attraverso la palude.
«Voi attenti. Qui grandi pericoli.» borbottava la nana di fosso di tanto in tanto, e nessuno di loro si sognava di contraddirla.
Quella mattina vagavano per le polle d’acqua stagnante e fango in fila indiana, su una stretta ed infida striscia di terra. Tutti ansimavano. Il cammino su quel terreno spugnoso era tutt’altro che agevole. La nebbia malsana li avviluppava, rendendo difficile la respirazione di Raistlin.
«Questa palude è davvero orrida.» mormorò Crysania, girandosi per un istante verso Tanis, che procedeva dietro di lei. Le scivolò un piede nell’acqua e lo ritrasse con un grido sommesso.
«Tu attenta. Pericoloso cadere dentro.» borbottò Bupu, più avanti.
«Lo sappiamo, Bupu.- disse Tas, l’unico a conservare una certa dose d’allegria- Sappiamo anche dei Pozzi della Morte. Chi è che c’era finito dentro l’ultima volta? Flint? E sapete che poi sono stati tutti catturati da questi draconici tranne me e lui, ed erano davvero tanti…i draconici, intendo…e allora io mi sono travestito da drago…»
Dalamar gemette, con una smorfia sul viso.
«Non c’è modo di zittire il kender?- chiese, tra i denti- E’ irritante la sua voce, ancora di più in mezzo a questi vapori malsani!»
«Ma stavo arrivando alla parte più interessante!» protestò Tasslehoff, piccato. A chiudere la disputa ci pensò Katlin, che camminava tra i due. Di colpo, si afflosciò come una bambola spezzata e fu solo grazie ai riflessi di Dalamar e Tas se non andò a finire nelle acque della palude.
«Kat!» gridò Tasslehoff, facendo voltare tutti verso di loro e bloccando la marcia.
«Che succede?!» chiese Caramon, cercando di raggiungerli senza finire in acqua.
«Ha perso i sensi.- rispose Dalamar, studiando il viso mortalmente bianco di Katlin- Credo sia in trance. Shalafi, pensate occorra una protezione…»
«Ma che protezione e protezione?! Non le lancerai addosso un incantesimo!- disse Caramon, togliendogliela dalle braccia e prendendola delicatamente tra le sue- Ha solo bisogno di riposare. Troviamo uno slargo in questa via putrida e fermiamoci per qualche minuto.»
Dalamar corrugò la fronte, infastidito. Quel decerebrato tutto muscoli non comprendeva il pericolo che correvano se Takhisis si fosse manifestata? Guardò il suo Shalafi in cerca d’appoggio, ma egli gli restituì freddamente lo sguardo e attese che Caramon tornasse a guidare la fila. Dalamar rinunciò a capire la loro linea di condotta, ma si chiuse in un mutismo seccato.
Dovettero proseguire ancora per qualche tempo, prima di trovare un luogo abbastanza vasto e solido per ospitarli. Nel frattempo, Katlin aveva ripreso conoscenza, ma non aveva aperto bocca, limitandosi a rimanere in braccio a Caramon, a cui pareva di stare trasportando un fuscello.
«Stai meglio, Kat?» le chiese Tasslehoff, preoccupato, quando si sedettero in cerchio sulla nuda terra. Lei sorrise al kender e annuì.
«Così, Takhisis sa che stiamo per arrivare.- sussurrò Raistlin, mettendo loro il gelo addosso- Geniale. Geniale davvero.»
«Che vuoi dire?» chiese Caramon, preoccupato. Katlin strinse le labbra in una linea sottile e il suo sguardo si fece duro e distante.
«E’ ovvio, fratello mio.- continuò Raistlin, sarcastico- Katlin rappresenta per Lei il modo più veloce e sicuro di conoscere i nostri movimenti e i piani che formuliamo.»
«Che Paladine ci aiuti…» mormorò Crysania, impallidendo.
«In pratica, il drago sa che stiamo per arrivare!» finì Dalamar, con una smorfia.
«Mi spiace di non essere stata in grado di resistere. La mia presenza diventa un peso.» sibilò Katlin, con voce atona e dura come l’acciaio. Caramon si accorse che tremava tra le sue braccia, ma riconobbe il pallore che le accendeva il volto come una candela, le macchie rosse che aveva in cima agli zigomi. Katlin tremava dall’ira per la propria debolezza…e per l’indelicatezza con cui gli altri lo facevano notare.
«Se l’avete finita di dare tutte le colpe a Katlin…» iniziò a dire, arrabbiato, prima che Katlin gli stringesse il polso in una morsa, invitandolo a smettere.
«In ogni caso, Takhisis non sa da dove arriveremo.- continuò Raistlin, come se non avesse notato il turbamento di Katlin o non gli importasse- Proprio in previsione di questo, ho lasciato che Bupu, e solo Bupu, conservasse la conoscenza della strada che seguiremo. Se Katlin riesce a non cedere di nuovo, potremmo ancora prendere il drago di sorpresa.»
Guardò Katlin con sfida e qualcosa che nessuno dei presenti riuscì ad afferrare. Seppero solo che, una volta di più, i due sembravano identici. Katlin si tolse dalla cinta il pugnale che portava.
«Katlin, che fai?» chiese Tanis, sconcertato.
«Continuerò il viaggio con questo in mano.- disse la ragazza, afferrando il pugnale per la lama- Se sentirò arrivare Takhisis, lo stringerò.»
«Ma Kat!» sbottò Caramon.
«Il dolore fisico è un ottimo deterrente alla trance.- fu la secca risposta di Katlin, che si  liberò della sua presa e si alzò barcollando- E ora, se gradite, possiamo proseguire.» Si aggrappò ad uno dei rami viscidi degli alberi contorti che crescevano lì attorno. Fece forza su di esso e lo spezzò, tirandolo poi a Caramon. «Riesci a ricavarne velocemente un bastone, Caramon?» chiese.
Il gigante annuì dopo un istante di esitazione, estraendo un temperino e tagliando una base, per poi spuntare i rametti che lo rendevano infido.
«Credo che dovresti riposarti ancora, Katlin…» mormorò Crysania, preoccupata.
«Non c’è tempo.» dissero i tre maghi in coro, zittendola. Dalamar corrugò la fronte e guardò Katlin. Aveva ancora abbastanza piglio da proseguire il cammino, su questo non c’erano dubbi. Pure, il fatto che fosse cosciente della sua condizione di peso per la missione gli provocava uno strano dispiacere.
Raistlin era soddisfatto di aver finalmente iniziato ad intravedere l’acciaio ed il veleno che si nascondevano in Katlin. Questo gli garantiva che lei avrebbe lottato contro il destino preparato per lei. Forse avrebbe vinto, anche se a caro prezzo. In qualche modo, Katlin gli ricordava se stesso durante la Guerra delle Lance. Non desiderava vederla soccombere, soprattutto non a Takhisis. Si sentì tirare per la manica.
«Noi andare, ora?» gli chiese Bupu, con occhi adoranti. Raistlin sentì un lieve sorriso comparirgli sulle labbra. Provava vero affetto per quella creatura sfortunata e bistrattata. Forse, il suo amore non poteva che andare a coloro che si fanno strada nel fango.
«Certo, piccola mia.» le rispose, alzandosi faticosamente da terra.
Caramon aveva finito di creare il bastone raffazzonato e Katlin lo usò per accelerare il proprio passo. Continuarono a camminare attraverso le nebbie e l’acqua putrida fino a pomeriggio inoltrato. Fu allora che Bupu frenò bruscamente la loro marcia.
«Che c’è, Bupu?» chiese Tasslehoff.
«Noi andare là dentro.» asserì la nana di fosso, burbera, indicando qualcosa oltre un intrico di liane e alberi contorti. Tasslehoff strizzò gli occhi per vedere qualcosa in mezzo a quel marasma, poi si batté il pugno sul palmo.
«Ehi, ma quella non è una grotta?» chiese.
«Una grotta?!» esclamò Tanis, non proprio piacevolmente sorpreso.
«Grotta va giù nella terra.- annuì Bupu, solenne- Dopo crollo di città, io scoperto nuova via che esce di qui. Noi si arriva dritti alla vecchia piazza.»
«Il drago si trova ancora laggiù?» chiese Raistlin, socchiudendo appena gli occhi dorati.
«Sì, perché ora sua tana va a cielo aperto.» rispose Bupu, iniziando ad incamminarsi.
«Ne sono cambiate di cose, dalla nostra ultima visita.» borbottò Caramon, guardando con una smorfia la grotta oscura, ora perfettamente visibile a tutti.
Il gruppo accese qualche torcia, dopodiché si inoltrò nella buia cavità.



Non fu un viaggio agevole.
La grotta era buia come una notte senza stelle, la roccia su cui posavano i piedi viscida d’acqua e tutta la prima parte del tragitto fu in forte discesa. Tanis iniziava a sentirsi male, in quanto pareva si stessero recando al centro della terra. Inoltre, se non ci fosse stata Bupu si sarebbero persi quasi immediatamente. La grotta era straordinariamente complessa, piena di aule e di gallerie, e chiunque vi si fosse infilato avrebbe faticato come un pazzo per trovare la strada verso Xak Tsaroth…per non parlare di quella del ritorno.
Scivolarono piuttosto spesso, spezzando il silenzio con ansiti e imprecazioni, finchè Caramon, che camminava con Bupu davanti alla fila, non lanciò un grido, seguito da un forte rumore di sciacquio.
«Caramon, che succede?» chiese Tanis, superando Raistlin e aggiungendo la luce della propria torcia a quella del Bastone di Magius.
«Succede che sono finito in una pozza d’acqua gelida, maledizione!» ringhiò Caramon, tirandosene fuori e scrollando acqua da tutte le parti. Tanis fece luce e illuminò un piccolo lago, che occupava interamente il corridoio che stavano seguendo per almeno una trentina di metri.
«Dobbiamo attraversarlo, Bupu?» chiese Tanis. La nana di fosso annuì.
«Noi va su, ora, dopo lago.- disse, alzandosi le maniche ai gomiti- Noi nuota!»
«Vuoi dire che non si tocca il fondo?» chiese Caramon, lanciando un’occhiata preoccupata a Raistlin. L’acqua era davvero gelida, e se c’era una cosa deleteria al suo fragile gemello, era proprio un bagno nell’acqua gelida.
«Me non sa di voi gente alta.- replicò Bupu, con velato disprezzo- Me nuota. Io sicura uomo carino viene con me.»
Ciò detto, si tuffò sgraziatamente e nuotò a rana fino dall’altra parte. Caramon corrugò la fronte.
«Aspettate qui, vado a vedere io com’è il fondo.» borbottò. Gli altri si assieparono a riva per seguire i suoi movimenti. Tanis entrò in acqua per qualche metro, allungando la torcia. Caramon avanzò fino al centro del lago, stringendo i denti per il gelo, ma l’acqua non superò la metà del suo petto.
«Ok, potete passare a piedi.- annunciò- Attenzione, Crysania e Katlin, per un paio di metri dovrete tenervi a galla! E tu, Tas, dovrai nuotare.»
«Non c’è problema.» asserì Tasslehoff, entrando in acqua mentre Tanis allungava una mano per aiutare Crysania a raggiungere Caramon. Il kender sibilò tra i denti a contatto con l’acqua e Crysania trattenne un grido strozzato.
«E’ ve-veramente ge-gelida, Ca-Caramon!» squittì il kender, con un sorriso largo quanto la sua faccia, nuotando agilmente fino all’altra riva. Tanis e Caramon aiutarono tutti ad attraversare, poi il gruppo si riunì dall’altra parte della polla d’acqua. Tutti tremavano incontrollabilmente, soprattutto Raistlin e Katlin.
«Coraggio, fuori di qui fa abbastanza caldo da asciugarci tutti e toglierci questo gelo dalle ossa.- disse Caramon, sbrigativo- Bupu, fai strada.»
Si allontanarono dal lago,  e presto la roccia prese a salire impercettibilmente, strappando un sospiro di sollievo a Tanis. Zaffate d’aria calda iniziarono a provenire dal buio di fronte a loro, placando man mano i loro tremiti. Grazie agli Dei, Xak Tsaroth in sé aveva un clima piacevole e si trovavano in piena estate. Ben presto, il buio divenne meno opprimente.
«Noi quasi arrivati.- sussurrò Bupu- Silenzio!»
Videro presto l’uscita della grotta, che a quanto pareva si era aperta nel crollo di una delle case che davano sulla piazza principale della città diroccata. Uscirono alla luce, nascosti e furtivi fra le macerie, e studiarono la situazione.
La piazza era deserta. Nemmeno un draconico pattugliava i dintorni. Non si vedeva nemmeno un nano di fosso. Più avanti, la tana che un tempo aveva ospitato il drago Kishant si mostrava come il guscio rotto di un uovo. Era scoperchiata, e dallo squarcio entrava la luce rossa del tramonto.
«Troppo silenzio.» mormorò Caramon, estraendo la spada.
«Niente draconici, io ho detto!» asserì Bupu, offesa per essere stata messa in discussione.
«E’ strano.- ammise Raistlin, posando una mano sul capo della nana di fosso per calmarla- Ma non mi pare che siamo nella condizione di poter scegliere cosa fare.»
«Ammantiamoci di invisibilità.- propose Dalamar, osservando quel luogo mitico con occhi voraci- Meglio prendere qualche precauzione.»
Raistlin e Katlin annuirono, poi tutti e tre si misero a salmodiare qualcosa.
«Restiamo vicini. Chi si allontana, esce dal raggio d’azione dell’incantesimo.» disse Katlin agli altri, fissando la tana del drago.
«Saremo invisibili?!» chiese Tasslehoff, eccitato.
Nessuno gli rispose. Ad un cenno di Raistlin, il gruppo uscì dal proprio nascondiglio e si diresse con risoluta fermezza alla tana del drago, stringendo in pugno le armi o mormorando incantesimi. La tensione crebbe alle stelle quando si trovarono faccia a faccia col luogo che aveva quasi decretato la morte di tanti di loro. Forse fu per questo, ma impiegarono qualche istante a rendersi conto che qualcosa non andava.
La tana era vuota. Il drago non c’era.
«Il drago…» mormorò Crysania, attonita. Il gruppo si fermò all’ingresso, guardingo.
«Il drago non c’è. Se n’è andato.» sibilò Raistlin, rabbioso, accorgendosi facilmente che il drago non si stava nascondendo, né aveva celato la propria presenza. No…il drago se n’era proprio andato, probabilmente dallo squarcio sopra di loro.
«Evviva! Drago via!» esultò Bupu, abbracciando la gamba di Raistlin, certa che la sua sola presenza avesse fatto fuggire il drago.
Gli altri rimasero senza parole, mentre Katlin entrava e si avvicinava all’altare infranto. Sopra di esso era poggiato un oggetto luccicante. Katlin lo prese in mano e lo osservò. Raistlin imprecò.
«Raist, che significa?» chiese Caramon.
«Takhisis ha visto nella mente di Katlin e ha fatto allontanare il drago insieme alla Sfera.- disse Raistlin, seccato- La nostra ricerca ricomincia dal punto di partenza.»
«Insomma, i nostri piani sono già conosciuti dalla Regina!» disse Tanis, scuotendo il capo.
«Ma non sarebbe più comodo per Lei cercare di farci fuori?- disse Caramon- Insomma…mi sembra strano che eviti lo scontro. Non ci ha mandato contro nemmeno un draconico, e sì che sapeva saremmo venuti qui!»
Raistlin fece per rispondere, quando Katlin lo prevenne, con voce atona.
«Non ha nessuna intenzione di farci fuori, visto che dobbiamo aprire il Portale per Lei.» disse.
«Co…cosa?» chiese Caramon, sbalordito. Katlin si voltò, tenendo qualcosa in mano.
«Ricordi cos’ho detto a Qualinesti? Lei ci farà avere la Sfera delle Tenebre…quando io sarò alla sua mercé.» continuò la giovane donna. Raistlin fece una smorfia, annuendo tra sé, mentre Dalamar impallidiva.
«Cosa…cosa te lo fa pensare, Katlin?» chiese Crysania, tornando a sentire improvvisamente freddo. Katlin alzò l’oggetto che aveva in mano. Era un medaglione di legno rotondo.
«Un serpente che si morde la coda.- mormorò- La storia si ripeterà come è Suo volere finché non sarò troppo debole per combatterla. Ci farà girare come un branco di idioti per tutta Krynn, se sarà necessario.»
«Solo allora, avremo la Sfera.» sibilò Raistlin, sulla stessa lunghezza di pensiero di Katlin. Gli altri si guardarono, attoniti.
«Ma allora cosa possiamo fare, noi?» chiese Tanis.
Katlin abbassò gli occhi e non rispose. Spezzò il medaglione in due metà e le gettò a terra.



Al quesito posto da Tanis non c’era che una risposta possibile, come tutti appresero in breve tempo: assecondare il gioco della Regina delle Tenebre, sperando di trovarsi nella situazione di imporre la loro volontà e ostacolare il Suo piano crudele.
Non si trattò di una cosa facile. Altre due volte il drago e il suo prezioso bottino furono a portata del loro braccio, e per due volte il drago si librò in volo e li lasciò con le pive nel sacco, senza accennare a voler iniziare una contesa. La situazione era frustrante e prometteva di far perdere loro moltissimo tempo prezioso. Katlin era sempre più deperita, anche se era riuscita a non soccombere alla trance in nessuno dei due casi. L’ultima volta aveva dovuto ricorrere al pugnale, e come risultato si era martoriata il palmo della mano sinistra, su cui ancora portava una benda, ma non un lamento era venuto da lei.
Ora, sul finire dell’estate, si trovavano nel posto più improbabile in cui la loro ricerca li aveva condotti: Kenderhome.
Il percorso del drago li allontanava sempre più da Palanthas, in maniera da rendere difficile anche il loro rientro alla Torre nel momento in cui fossero venuti in possesso della Sfera delle Tenebre. Tanis aveva l’impressione che quel gioco li avrebbe condotti fino alle isole dei minotauri, se non fossero riusciti ad interrompere quella moscacieca perversa.
Non che Kenderhome sembrasse un’alternativa migliore…
L’unico a pensarla diversamente era Tasslehoff. Deliziato alla prospettiva di rivedere la propria patria dopo tanto tempo, Tas si prese l’incarico di chiedere informazioni alla sua gente per quanto concerneva il drago. Nessuno gli contestò quel piacere, anche perché nessuno di loro aveva la minima intenzione di intavolare una discussione con qualsivoglia kender. Tasslehoff era ormai differente dalla maggior parte dei suoi simili, ma nessuno di loro aveva scordato cosa significava avere a che fare con un kender fatto e finito.
I tre maghi della compagnia si circondarono di una costante barriera protettiva, per non dover scoprire da un giorno all’altro di essere stati privati di oggetti importanti. Gli altri si arrangiarono come poterono, ma l’esperienza non contribuì a migliorare il loro umore.
Seguendo le nebulose indicazioni dei kender che incrociarono la loro strada, i compagni giunsero infine ad un villaggio di kender situato in prossimità della costa. Quando arrivarono, era giorno di mercato. Il giorno di mercato, per i kender, si traduceva in un baratto selvaggio in cui nessuno tornava mai a casa con le tasche vuote, né con le stesse cose con cui era partito dalla soglia di casa sua. Un guazzabuglio di mani leste e voci squillanti, a fare da contrappunto al caldo torrido della giornata di fine Ottavomese.
I compagni si divisero per cercare informazioni nella piazza gremita, diventando immediatamente oggetto di enorme curiosità da parte di tutti i presenti. Tasslehoff fu presto circondato da un gruppetto curioso, che lo sottopose ad un interrogatorio sui suoi compagni di viaggio. Tas fu ben lieto di rispondere, nonostante il sudore gli stesse colando giù per la schiena e le borse gli pesassero per il gran caldo, anche perché non si tirava mai indietro quando c’era da raccontare una buona storia, e le sue erano tutte OTTIME! Non capiva l’espressione di disagio e insofferenza sul volto dei loro amici, sparsi lì attorno, ma al momento non era un problema suo. Sapeva bene che raccontando avrebbe stimolato i presenti a fare altrettanto, ed era proprio ciò che gli serviva.
Tutti quanti, infatti, gli avevano proibito di chiedere esplicitamente se qualcuno avesse visto un drago quando cercava informazioni. In principio Tas era rimasto perplesso, ma poi aveva capito. Se avesse nominato il drago con la persona sbagliata, la curiosità di quest’ultima avrebbe fatto perdere loro tempo prezioso. Diamine, chiunque sarebbe stato curioso con un drago di mezzo! Invece, se l’informatore avesse saputo qualcosa, di certo l’avrebbe raccontato subito e di sua spontanea volontà. Come aveva detto Tanis: «E’ impossibile chiudere la bocca ad un kender che ritiene di aver visto qualcosa di sensazionale.»
Forse Tanis aveva ragione, ma chiacchierare per vie traverse era stancante. Per fortuna il suo repertorio non mancava mai di stupire la platea presente. Finora, però, nessuno aveva mai nemmeno accennato ad un drago. Eppure il Bastone della Neutralità si ostinava a dire che era nei dintorni! Tasslehoff aveva pensato di chiedere a Raistlin se l’oggetto magico non si fosse guastato per il gran caldo, ma visto l’umore dell’arcimago negli ultimi tempi aveva desistito.
Bastava guardare in che condizioni si trovava Katlin per capire come mai fossero tutti di pessimo umore. Il pensiero gli fece perdere parte della sua verve e gli altri kender approfittarono della sua pausa per chiedergli di espletare il rituale che prevedeva il mostrare ciò che le borse di ognuno contenevano (e possibilmente scambiare tutto lo scambiabile).
Tas si sentì tentato, poi si voltò per dare un’occhiata dietro di sé. In una misera fetta d’ombra, c’erano Raistlin, Katlin e Crysania, attorniati da kender curiosi. Solo le occhiate assassine di Raistlin avevano finora evitato che venissero completamente circondati. Katlin si appoggiava a un bastone robusto che Caramon le aveva fatto usciti da Xak Tsaroth. Teneva il cappuccio tirato sul viso nonostante il caldo, perché non si vedesse quanto era scheletrico il suo volto. Stava diventando curva. Faceva fatica a stare in piedi, e di certo l’attesa la stava ulteriormente spossando.
Sentendosi il cuore molto piccolo, Tasslehoff scosse il capo. Doveva sacrificare qualche puerile piacere, se non voleva recare danno all’amica. E poi aveva degli oggetti, cari ricordi, che non voleva scambiare proprio con nessuno. Sentendosi molto buono (e molto misero), Tas declinò con gentilezza l’offerta dei suoi simili, che sembrarono scioccati dal rifiuto. Tas avrebbe anche spiegato perché si stava tirando indietro, ma sapeva che loro non avrebbero capito…
In quel momento venne un grido acuto dal punto in cui stavano i due maghi e la chierica. Tas si voltò di scatto, solo per vedere una kender che saltellava, tenendosi una mano e soffiandoci sopra, mentre Katlin si inginocchiava a terra. Salutando frettolosamente il suo pubblico, Tasslehoff corse da loro.
«…fatta male?» fece in tempo a sentir mormorare Katlin.
«No, sto bene. Ma come hai fatto?!- chiese la kender, di cui Tas riusciva a vedere solo due grandi e lunghe trecce scure- Devo esserti passata troppo vicina, non so…e poi BAM! Questa scossa che…wow…siete maghi, giusto? Sai fare altri trucchi? Me li puoi mostrare?»
«Comincia col darmi la tua mano, mia cara. Te la guarirò.» disse Crysania, allungando la propria verso la kender.
«Ehi, qualche problema?» chiese Tas, facendosi largo tra alcuni spettatori eccitati.
Raistlin fece una smorfia, facendo poi un gesto veloce con le dita. Pareva che la kender si fosse avvicinata troppo a Katlin e fosse stata colpita dalla barriera. Crysania guarì la kender, che ad una prima occhiata risultò essere poco più giovane di Tasslehoff.
«Scoperto qualcosa?» mormorò Katlin, sempre in ginocchio.
«Macché.- sospirò Tasslehoff, desolato- Nessuno ha visto niente, altrimenti sarebbe stato l’argomento di conversazione principale. Che si fa?»
«Non ha senso restare qui, se nessuno ne sa niente.- disse Crysania- Siamo tutti piuttosto provati.»
«Difatti.- ammise Raistlin, con una smorfia- Ci affideremo agli oggetti di potere e al diavolo questi kender!»
Ciò detto, si incamminò nella piazza assolata per andare a recuperare Tanis, Caramon e Dalamar. In quel momento, Katlin tentò di alzarsi, poi vacillò e crollò al suolo.
«Katlin!» esclamò Crysania, sollevandola e facendola riposare sulle sue gambe.
«Kat!» gridò Tasslehoff, inginocchiandosi subito accanto a lei. La giovane maga respirava a fatica, e il suo viso era imperlato di sudore. Le pulsavano le tempie. Mentre la guardavano, storse la bocca in una smorfia e sussurrò qualcosa di intelleggibile.
«Avrebbe bisogno di riposare come si conviene. E’ stremata.» sussurrò Crysania, preoccupata, scandagliando la piazza con lo sguardo per vedere dove fossero finiti gli altri.
«Cos’ha? E’ malata?» chiese la giovane kender, facendosi avanti per guardare con interesse. Tas si voltò finalmente a guardarla in faccia…e sgranò gli occhi.
«Kyaralhana!» esclamò, puntando il dito contro di lei.
«Eh?» fece lei, sconcertata.
«Tu sei Kyaralhana Deepsearch! Sono Tasslehoff Burrfoot! Non ti ricordi di me?- disse Tasslehoff, sbalordito dalla coincidenza- Ero tuo vicino di casa…»
«Ma sì, sei Tasslehoff!- esclamò lei, con un gridolino di gioia- Mi ricordo di te! Mi hai portato a vedere le lucertole che cambiano colore, quando ero piccola!»
«Ma che ci fai qui, Kyaralhana?» chiese Tasslehoff.
«Ci abito, almeno da un po’ di tempo.- rispose lei- Allora tu viaggi con questi maghi? Cosa…»
«Che è successo?!»
La voce rombante di Caramon disperse i kender e soffocò le parole di Kyaralhana.
«Katlin ha avuto un collasso.- spiegò Crysania, preoccupata- Ha bisogno di dormire, Caramon, e di stare all’ombra. Un po’ di fresco le farebbe bene.»
«E dove lo troviamo un po’ di fresco, dannazione al sole?» disse Caramon tra i denti, prendendo Katlin fra le braccia e sollevandola senza difficoltà.
«Che succede?» chiese Tanis, arrivando insieme agli altri.
«La piccola Kat sta male.- disse Caramon, cupo- Allontaniamoci da questo caos e cerchiamo un posto all’ombra. Deve riposare.»
Tasslehoff si voltò verso Kyaralhana.
«Kyara, ci presteresti casa tua?» chiese, tutto d’un fiato. La giovane kender ristette un secondo, poi sorrise ed annuì con entusiasmo.
«Ma certo! Seguitemi!» esclamò, iniziando a fendere la folla.
«Tas, che cosa…» chiese Tanis, corrugando la fronte.
«Caramon, seguiamola! E’ una mia amica, ci presta casa sua.» disse Tasslehoff, iniziando ad incamminarsi. Si voltò quando nessuno fece cenno di seguirli. «Allora?! Vi date una mossa sì o no?» li sollecitò.
I compagni si scambiarono occhiate perplesse, poi seguirono Tasslehoff. Dopotutto, meglio avere a che fare con due soli kender che con una piazza gremita degli stessi.



Poco dopo, si trovarono stipati in una casetta dal soffitto così basso che Caramon non riusciva a fare a meno di andarci a sbattere la testa ogni due minuti. La casa, per fortuna, aveva tante stanze ariose ed era al limitare del villaggio. Dalle finestre aperte si vedeva il mare e proveniva una piacevole brezza che sapeva di salmastro.
Katlin venne adagiata con ogni cura su un letto che le arrivava a malapena alle ginocchia, poi Caramon si prese il compito di rinfrescarle il viso e farle cadere qualche goccia d’acqua nella bocca riarsa. Lanciò un’occhiata preoccupata al gemello, ma questi gli fece cenno di non badare a lui. In quel momento non era certo lui ad aver bisogno di cure.
Dalamar si sedette accanto a Caramon, osservando con aria cupa le condizioni di Katlin, che non cessava di mormorare nel sonno.
«E’ questa la stessa donna che pochi mesi fa ha attraversato con le proprie forze il Bosco di Shoikan?» sussurrò. Caramon lo guardò, certo che stesse facendo una battuta di dubbio gusto, ma lesse negli occhi verdi dell’elfo scuro un incerto dolore che gli frenò la lingua. Sembrava impossibile per uno della sua razza, ma Dalamar si stava legando davvero a Katlin e, benché tra loro non fosse accaduto assolutamente nulla (con Caramon costantemente in vigilanza sarebbe stata una cosa difficile…), il legame si faceva sempre più forte.
«Mi dispiace.- gemette Katlin, nel sonno, artigliando l’aria con le mani- Mi dispiace! Mi dispiace! Mi…»
«Ssh…Katlin, siamo qui.- la placò Caramon, accarezzandole i capelli- Siamo qui, va tutto bene.»
Katlin gemette di nuovo, ma rimase in silenzio, calmandosi grazie al tocco gentile del gigante. Dalamar strinse i pugni e si alzò di scatto, andando alla finestra e dando a tutti le spalle. Caramon scambiò uno sguardo con Raistlin e scosse la testa. Katlin era tormentata.
«Non vi ho presentato Kyaralhana.- disse intanto Tasslehoff- Kyaralhana Deepsearch è una mia amica d’infanzia.»
Tanis, Caramon e Crysania mormorarono un saluto all’allegra kender, che non smetteva di osservarli con occhi luminosi, mentre i maghi non proferirono parola. Tasslehoff sciorinò a Kyaralhana i nomi di tutti loro in un fiume di parole stranamente conciso. Anche lui era preoccupato per Katlin e non si sentiva troppo in vena di chiacchiere.
«Spero che la mia casa vi piaccia.- disse Kyaralhana, sorridente- Restate quanto volete! Chissà che storie interessanti avete da…»
«Ma da quanto tempo vivi qui, Kyara?» chiese Tas, guardandosi attorno.
«Oh, sarà un annetto.- rispose lei, facendo spallucce- Il villaggio mi piaceva, la casa era vuota, e così mi ci sono trasferita.»
«Vuoi dire che non è casa tua?!» chiese Crysania, stupita.
«Beh, sarebbe stato un peccato lasciarla vuota, non credi, signora bianca?» rispose Kyaralhana, innocente. Tanis scosse la testa, dando ad intendere a Crysania di lasciare perdere.
«Ma come mai siete in viaggio, Tas? E’ bello viaggiare con dei maghi, vero?- chiese Kyaralhana con voce squillante, beatamente ignara o indifferente al clima cupo nella stanza- State cercando qualcosa di particolare?»
Tas fece per rispondere, quando Kyaralhana si illuminò in volto e scattò in piedi con un gridolino eccitato.
«Fammi indovinare! E’ per il drago!» strillò, agitata. Tas spalancò la bocca tanto da temere che la mandibola avrebbe sfiorato il pavimento, mentre tutti, perfino Dalamar, si giravano verso la kender.
«Hai…visto il drago?» balbettò Tasslehoff, stupito.
«Beh, di notte. Senza luna.- borbottò Kyaralhana, sulla difensiva- Però era enorme, e volava, e mi si è raggrinzita la pelle sulle braccia, perciò sono SICURA che fosse un drago! Mi credete, vero? Siete i primi ai quali lo racconto, in quanto ero appena arrivata al mercato quando vi ho incontrato, e ho visto i maghi, ed erano così interessanti che ho pensato che potevo anche aspettare un attimo e…»
Tasslehoff scambiò un’occhiata con gli altri. Il primo indizio nei riguardi del drago sembrava caduto dal cielo!
«Finalmente Paladine ci dà una mano.» mormorò Crysania, con un sospiro di sollievo, portandosi una mano alla fronte.
«Quando l’hai visto?» chiese Raistlin, con un sibilo poco rassicurante.
«La notte scorsa.- asserì Kyaralhana, sicura di sé e galvanizzata dalla possibilità di avere un pubblico- E’ entrato nella grotta sotto la costa. Ne sono sicura perché stamattina ho provato ad andarlo a vedere da vicino…sapete, non è che capiti tutti i giorni di vedere un drago, e io volevo solo capire come erano le sue scaglie, e quanto era grosso, e se magari riusciva a farmi il piccolissimo piacere di farmi volare sulla sua groppa almeno un pochino…»
«Cos’è successo alla grotta, Kyaralhana?» chiese Tanis, cercando di frenare quel fiume di parole.
«Oh…dunque, mi sono avvicinata all’entrata dalla spiaggia, ma c’erano le lucertole che parlavano.» disse la kender, ritornando sui binari.
«Le lucertole?» mormorò Crysania.
«Draconici.» disse Caramon, con una smorfia.
«Sì, proprio quelli.- asserì Kyaralhana- Parlavano di non so che da nascondere e del drago che era arrabbiato, e del fatto che c’erano dei nemici che stavano arrivando. Forse parlavano di voi?»
«Finalmente una traccia sicura.- disse Dalamar, corrugando appena la fronte- Siamo qui e la Sfera è a pochi passi da noi. La rete di informatori del drago non ha funzionato molto bene, stavolta.»
«Ciò va a nostro favore, ma non c’è il rischio che il sonno di Katlin…» disse Tanis.
«Le fornisca la nostra posizione? Non credo.- finì per lui Raistlin, con uno scintillio negli occhi dorati- E’ troppo spossata per essere posseduta. Inoltre, lei non sa ancora che noi sappiamo. Direi che per il momento non c’è da preoccuparci.»
«Cos’altro hanno detto i draconici, Kyara?» chiese Tanis.
«Non so, a quel punto mi sono annoiata e ho pensato di entrare nella grotta dal mare.- disse Kyaralhana, stringendosi nelle spalle- Poi, però, mi è venuto in mente che era giorno di mercato, e ho pensato che sarebbe stato più divertente andare dal drago insieme agli altri, così sono andata al villaggio, dove però ho incontrato voi. Ma forse voi vorreste vedere il drago?» Guardò tutti, speranzosa, poi appuntò lo sguardo su Tasslehoff. «Tas? Vieni con me?» chiese.
Tasslehoff aprì la bocca per dire di sì, anche se lui di draghi ne aveva visti per due vite e mezzo, poi si ricordò della serietà della missione e guardò gli altri. Tanis e Raistlin si scambiarono un’occhiata, poi il Mezzelfo annuì.
«Vai con lei, Tas. Fai un sopralluogo.- disse- Ma state attenti a non farvi scoprire. Osserva bene i due ingressi alla grotta.»
«Tranquillo Tanis, ci penso io.» disse Tasslehoff con un sorriso fiducioso. Uscì dalla casa insieme a Kyaralhana e si allontanò verso la costa. Sul gruppo cadde un silenzio ristoratore.
«La grotta ha due ingressi.- osservò Dalamar, con le braccia incrociate sul petto- Il solito trucco per facilitare la fuga del drago.»
«Già, ma la differenza sta nel fatto che stavolta noi ne siamo al corrente e porremo rimedio alla questione.» sussurrò Raistlin, accarezzando distrattamente il Bastone di Magius.
«In che modo?»  chiese Caramon, corrugando la fronte.
«Semplice, fratello mio. Attaccheremo il drago da entrambi i fronti.- fu la risposta sarcastica di Raistlin- E Katlin non lo saprà. Questa volta non ci seguirà, il che ci darà forse il tempo di recuperare finalmente quella maledetta Sfera.
«Intendi tenerla fuori dalla questione?» chiese Caramon, contrariato.
«Non dirlo come se fosse una cattiveria nei suoi confronti. - sibilò l’arcimago, con una smorfia cinica- Meno Katlin sa, più facilmente riusciremo a sventare i piani della Regina. Se ha un briciolo di cervello, se ne sarà già resa conto lei stessa. O hai forse intenzione di metterla a parte delle nostre mosse e di continuare questo insulso viaggio, fratello mio? Preferisci continuare a vederla deperire di giorno in giorno?»
Caramon strinse le labbra e scosse il capo. Raistlin annuì.
«E’ deciso. Attaccheremo entro l’alba, utilizzando le informazioni che i kender ci porteranno. I draconici verranno presto a sapere che siamo qui.- disse- Noi maghi e Crysania entreremo dalla spiaggia, voialtri dal mare. Stavolta il drago non scapperà.»
Tutti annuirono. Dalamar guardò la figura immota e sofferente di Katlin e strinse i pugni.
Quella tortura doveva cessare. Non riusciva a sopportare di vederla spegnersi in quel modo e sentirsi tanto impotente e confuso stava minando il suo autocontrollo. La Sfera doveva cadere nelle loro mani il più velocemente possibile, perché Dalamar non voleva scoprire cosa avrebbe provato se Katlin fosse morta.

 

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Capitolo 14
*** 13 - La Sfera delle Tenebre ***


Crysania della Casa di Tarinius, Reverenda Figlia di Paladine e Capo della Chiesa, era insonne.
Stesa sul pavimento, con la testa appoggiata su uno dei pochi cuscini trovati in casa, guardava il soffitto con viso immoto, inespressivo, che celava in realtà una ridda di pensieri confusi. Attorno a lei, sparsi nelle varie stanze della casa, i suoi compagni dormivano il sonno dei giusti, attendendo l’alba, momento in cui avrebbero attaccato il drago.
Tasslehoff aveva riferito loro l’esatta ubicazione delle due entrate alla grotta, ed il piano formulato da Raistlin vi si adattava alla perfezione. Katlin sarebbe rimasta nella casa di Kyaralhana. D’altronde, era molto provata e non dava l’impressione di volersi svegliare molto presto. Crysania voltò il capo a sinistra, dove si trovava la giovane maga. Il sonno della donna era tormentato, spesso mormorava frasi incoerenti. Già una volta, quella notte, si era messa a gemere scuse e imprecazioni, come se in lei vi fossero due volontà differenti in lotta. Finché non avesse recuperato le forze, non doveva muoversi.
Eppure, non potevano in alcun modo perdere tempo.
Crysania sospirò tra le labbra, poi si alzò a sedere e si passò le mani nei capelli, riportandovi una parvenza d’ordine.
Non sarebbe riuscita a dormire, quella notte, ed era inutile intestardirsi. Meglio alzarsi e fare due passi in maniera da schiarirsi la mente. Crysania oltrepassò le stanze buie fino a raggiungere la porta d’ingresso. L’aprì silenziosamente e scivolò fuori, nella notte calda e limpida.
Si sedette su una panca appoggiata al muro, sospirando. In lontananza, le onde si frangevano sulla spiaggia sassosa. Il salmastro permeava l’aria, calda come un brodo. Le costellazioni splendevano con terribile intensità sopra il suo capo, nella luce d’argento di uno spicchio di Solinari, che ormai stava tramontando. L’alba non era poi così lontana.
Nel cuore di Crysania si agitavano sentimenti contraddittori che la stavano dilaniando. I suoi fermi propositi, la calma coscienza di sé che la cecità le aveva donato, erano stati spazzati via dalla possibilità di rivedere la luce, le forme e i colori della Creazione divina. Aveva pagato quel prezzo. In cambio, poteva vedere ogni giorno il volto freddo, cinico ed allo stesso tempo pieno di dolore dell’uomo che amava. Crysania chiuse le palpebre sugli occhi d’improvviso umidi, portandosi le ginocchia al petto e circondandole con le braccia.
L’atteggiamento distaccato di Raistlin, le parole che le aveva scagliato contro durante la loro discussione a Qualinesti, le avevano scavato il cuore come un acido, in quei mesi di costante e silenziosa vicinanza. Crysania conosceva il suo ruolo. Era il Capo della Chiesa, una donna che aveva l’obbligo di mantenersi santa e votata a Paladine.
Eppure, il Dio della Luce non desiderava forse che le sue creature fossero felici? Le avrebbe impedito di provare di nuovo il calore di quelle braccia che l’attiravano tanto quanto la respingevano? Crysania non lo sapeva. Non osava chiedere tanto, ed i suoi timori, i suoi rimorsi, continuavano ad aumentare. Katlin l’aveva ammonita a non lasciarsi scoraggiare dalle parole di lui, ma era così difficile…
«E’ tanto sbagliato amare?» sussurrò tra le labbra, sentendo una lacrima sfuggire al suo controllo e scenderle lungo la guancia.
«Reverenda Figlia?»
Crysania spalancò gli occhi di colpo, mettendosi seduta composta per riflesso. A poca distanza c’era Raistlin, una figura più nera dell’oscurità. C’era stata una punta di sorpresa nella sua voce?
«Raistlin…credevo dormissi.» mormorò Crysania, cercando di recuperare la compostezza.
«Lo stesso credevo di te, Dama Crysania.- ribatté il mago- Ti inciterei a tornare a stenderti, se non fosse che ormai l’alba è vicina.»
Crysania annuì. Di lui, riusciva a vedere solo lo scintillio degli occhi nelle cavernose profondità del cappuccio.
«Vuoi sederti con me?» chiese. L’arcimago non rispose immediatamente. Poi scrollò le spalle fragili e si avvicinò.
«Perché no? Dopotutto, sono stanco.» ammise. La sua voce era un sospiro e Crysania dovette reprimere un brivido. Raistlin emanava un calore anche maggiore di quella torrida estate che li circondava. Raistlin si voltò verso di lei e finalmente poté vedere le linee del suo volto.
«Qualcosa ti turba, Dama Crysania?» le chiese. Crysania si irrigidì un istante, prima di accorgersi che nella voce di Raistlin, fatto raro, era assente il sarcasmo. Lo guardò negli occhi e, benché nulla di concreto ne trasparisse, fu certa che anche Raistlin fosse in preda a pensieri confusi.
“Cosa turba te, Raistlin?” avrebbe voluto chiedergli, ma sapeva che la domanda lo avrebbe fatto chiudere in se stesso, perciò non la pose. Raistlin era sempre più propenso ad ascoltare che a parlare. Si torturò le mani in grembo, lasciando che i propri capelli neri le nascondessero il volto.
«Pensavo alla missione che stiamo compiendo e a ciò che è giusto…e ciò che è sbagliato.» mormorò. Poté quasi vedere il sorrisetto di scherno che comparve sul volto di Raistlin, ma continuò. «Una domanda a cui è impossibile dare risposta, lo so, ma quando vedo Katlin…»
Si voltò di nuovo verso l’arcimago, poi guardò di fronte a sé, verso il rumore del mare.
«Katlin sta facendo una cosa giusta. Si è votata a Paladine, e sta correndo verso la propria morte senza batter ciglio pur di portare a termine la missione.- sussurrò- Eppure…il suo desiderio era così piccolo ed innocente. Voleva soltanto una vita in cui sentirsi amata…pare un sacrilegio che gli Dei non le permettano di realizzarlo.» Si zittì bruscamente. «Non dovrei dire queste cose,  non io, ma è il mio affetto per lei che mi fa parlare.»
«Comprendo ciò che dici, e credo che tu ti stia immedesimando nella sua esperienza, Crysania.- disse dopo qualche istante Raistlin, sorprendendola- Dopotutto, non è forse lo specchio di ciò che successe a te?»
Crysania arrossì appena a queste parole, evitando il suo sguardo, poi corrugò la fronte e scosse il capo.
«Katlin è migliore di me.- ammise, con voce più incerta di quanto avrebbe voluto- Lei, perlomeno, non avrà rimpianti.»
«Tu ne hai, Dama Crysania?» sussurrò Raistlin. Crysania lo guardò a lungo in silenzio, cercando di capire fin dove poteva spingersi. Gli occhi le luccicavano come stelle.
«Non rimpiango ciò che ho fatto. Rimpiango…ciò che non ho avuto mai il coraggio di dire.- rispose- Lei è sincera nella sua dolcezza, benché nasconda tanto di sé, e ha conquistato il cuore di tutti…perfino il tuo.»
Raistlin fece un gesto seccato e Crysania pose una mano sul suo braccio coperto dal velluto. Lo sentì irrigidirsi.
«Anche tu ti immedesimi nella sua maledizione, Raistlin. Non intendevo dire che questo.- lo rassicurò- Io, invece…benché mi sia stata data una seconda possibilità, ancora vago incerta, aspettando che qualcuno mi indichi cosa fare. E questo è sbagliato…»
«Non molto tempo fa…» la interruppe Raistlin, prima di fare una pausa. Crysania capì che Raistlin era davvero assorto nei propri pensieri, altrimenti l’avrebbe abbandonata lì seduta con le sue domande fin dal principio della conversazione. Forse, però, la mente di Raistlin si arrovellava da tempo sulle stesse questioni, perciò le stava dando tanta corda.
«Non molto tempo fa,- riprese l’arcimago, alzando il viso al cielo cosicché il cappuccio gli ricadde sulle spalle e i suoi capelli bianchi luccicarono alla luce della luna- qualcuno mi ha detto: ‘Sai a cosa servono le seconde possibilità, Raistlin?’» Raistlin guardò Crysania, che rabbrividì sotto quell'esame. «Tu lo sai, Crysania? Conosci la risposta?» sussurrò, facendosi più vicino.
Crysania era ipnotizzata da quelle iridi dorate, dallo strano fuoco che vi bruciava dentro, ma non tanto da non comprendere chi doveva aver fatto quella domanda all’arcimago, né da non sentirsi il cuore schiacciato dal peso della domanda stessa.
«Le seconde possibilità servono a rimediare agli errori fatti.- sussurrò Raistlin- E’ così semplice!» Scoppiò in una breve ed amara risatina, che provocò di nuovo un brivido in Crysania. «Ma né io, né tu, nella nostra grande intelligenza e con tutto il nostro potere, siamo in grado di comprendere.»
«Raistlin…» disse Crysania, spaventata dalla verità di quelle parole. Era vero! Non faceva altro che arrovellarsi sulla questione, senza prenderla di petto! Perfino a Qualinesti, non era stata decisa a far altro che strappare qualche parola buona a Raistlin, cosa impossibile, senza mettersi in gioco. Cosa stava cercando di fare? Cosa sperava di ottenere senza sacrificare nulla di ciò che era? Di nuovo…di nuovo gli stessi errori!
«Sì, vedo nei tuoi occhi la mia consapevolezza.» disse Raistlin, allontanandosi bruscamente e alzandosi dalla panca.
«Raistlin, dove…» lo richiamò Crysania, scossa.
«Il sole sta per sorgere. Dobbiamo andare.- disse Raistlin, secco- Va’ a chiamare gli altri, Crysania.»
La chierica ristette per un istante, poi fece come le era stato ordinato. Raistlin sorrise amaramente. Nonostante entrambi avessero per la prima volta compreso che l’ostacolo che li divideva si chiamava orgoglio, nessuno di loro aveva avuto il coraggio di superarlo. Eppure gli Dei sapevano che avrebbe solo voluto prenderla tra le braccia e farla sua per sempre…
Con una smorfia, Raistlin si calò nuovamente il cappuccio sul viso. C’era ben altro a cui pensare. La Sfera delle Tenebre li attendeva. La voce beffarda di Katlin gli echeggiò ancora un istante nella mente, ma Raistlin la soffocò come la fiamma di una candela.



Il cielo era grigio spento, immoto e innaturale in quell'istante che precede l’alba. Camminando allo scoperto sulla spiaggia sassosa, i compagni si stavano dirigendo all’entrata che dava accesso alla grotta del drago nero. Non si vedevano sentinelle in giro per la spiaggia, ma nessuno se ne stupì. Dovevano essere tutte in giro a cercare le loro tracce, oppure nascosti da qualche parte. Ciò andava comunque a loro vantaggio.
Caramon era di pessimo umore. Non solo non gli andava a genio nemmeno un po’ che dovesse essere suo fratello a combattere contro il drago, ma l’immagine esanime di Katlin, lasciata sola in casa di Kyaralhana, gli stava proprio sullo stomaco. Aveva un brutto presentimento.
Da quel poco che aveva capito, si stavano accingendo a fare il lavoro di Katlin, in quanto era lei ad avere il compito di trovare i tre pezzi dello Scettro. Raistlin gli aveva detto che Katlin non era in grado e che viste le sue condizioni non avevano certo tempo da perdere, e Caramon doveva dargli ragione.
Eppure, aveva lo stesso la sgradevole sensazione che sarebbe successo qualcosa di brutto. Mancava qualcosa. Tenne comunque la considerazione per sé, in quanto non aveva nessuna voglia di aggiungere al proprio malessere il sarcasmo del gemello.
«Molto bene.- disse Raistlin in quel momento- Qui ci separiamo.»
Poco distante, era visibile il promontorio roccioso che nascondeva nelle sue profondità la grotta del drago. Kyaralhana e Tasslehoff avevano loro spiegato che gli accessi alla grotta erano posizionati in due punti piuttosto distanti tra loro, cosa che avrebbe senz’altro garantito un’ulteriore fuga della dannata bestiaccia se non avessero incontrato Kyaralhana. Il primo ingresso alla grotta, più volte battuto dalla giovane kender, era il più sicuro. Si accedeva tramite una depressione nella spiaggia sassosa ad un cunicolo buio e profondo, ma abbastanza largo da consentire un facile passaggio anche a gente alta come loro.
Il cunicolo conduceva dritti alla sala maggiore della grotta ed era stato utilizzato dal drago per entrare, probabilmente trasformato in forma umana. La sala centrale, però, era abbastanza grande da contenere un paio di draghi, perciò si sarebbero quasi di certo trovati ad affrontare la maledetta bestiaccia nella sua forma originale. Di lì, sarebbero passati Raistlin, Dalamar e Crysania, che avrebbero abbattuto il drago con la magia e il volere di Paladine.
Il secondo ingresso era sott’acqua, oltre la linea degli scogli, e avrebbe permesso agli altri di entrare attraverso un tunnel piuttosto stretto e sicuramente umido, almeno a detta di Kyaralhana. I corridoi si diramavano spesso e conducevano a sale e vicoli ciechi, ma con la guida di Kyaralhana non avrebbero perso molto tempo. Il loro compito sarebbe stato quello di trovare la Sfera in mezzo al guazzabuglio di oggetti che di certo il drago aveva stipato nella grotta per renderla confortevole.
Caramon comprendeva che era un buon piano, ciononostante avrebbe voluto andare con suo fratello. Raistlin gli tirò qualcosa, che Caramon afferrò al volo. Si trovò in mano un ciondolo dalla forma contorta.
«Che roba è?» chiese.
«Indossalo. Proteggerà te e chi ti sta vicino dall’alito del drago.- disse Raistlin, sbrigativo- Ma lo farà solo per tre volte, ricordatelo.»
«Grazie, Raist…» iniziò a dire Caramon, infilando la testa nella cordicella. Raistlin lo zittì con un cenno brusco, voltandogli le spalle. Caramon lo osservò allontanarsi con Dalamar e Crysania, poi si diresse con gli altri al promontorio, incitato da un richiamo di Tanis.
«Ecco, dobbiamo calarci da qui e poi scendere di un paio di metri sott’acqua.» disse Kyaralhana, i capelli scuri scompigliati dal vento che saliva dal mare.
«Una sciocchezza, vero Caramon?» disse Tasslehoff, con un sorriso fiducioso. Tanis e il gigante si scambiarono un’occhiata significativa, poi entrambi sospirarono. Il gruppetto si calò lungo la scogliera, tra i borbottii di Caramon, che pensava allo stato in cui sarebbe stata ridotta la sua armatura alla fine di quella sortita.



Il drago che in quel momento dormiva un sonno agitato all’interno della grotta si chiamava Triskiaschiar, Strain per gli uomini. Era il custode della Sfera delle Tenebre da molte generazioni di elfi. Il custode precedente, suo padre, era morto nella guerra contro Huma, ormai un sacco di tempo prima.
A Strain era sempre piaciuto il suo compito. Non amava indulgere nella battaglia. Preferiva rotolarsi tra i suoi tesori, sognando i suoi sogni, con una zampa posata sul ricettacolo di potere della Dea Takhisis. Questo lo faceva sentire superiore agli altri draghi…senza contare che gli stava garantendo una vita lunga e priva di scossoni. Purtroppo, da qualche tempo a quella parte la vita aveva cominciato a diventare troppo movimentata per i suoi gusti. Di punto in bianco, la Dea Oscura gli aveva detto che avrebbe dovuto separarsi dalla Sfera. Aveva grandi piani, e stava plasmando un corpo ospite per tornare nel mondo, e finché non gli avesse dato il segnale avrebbe dovuto volare da una terra all’altra, portando con sé la Sfera e celandola a coloro che la cercavano. Quando sarebbe arrivato il momento, l’avrebbe ceduta senza fare storie.
Strain aveva apprezzato il fatto che la missione non prevedesse combattimenti di nessun genere, ma fuggire di fronte a degli stupidi esseri umani e dover convivere con l’idea di dover lasciare per sempre l’oggetto che era la ragione della sua esistenza, stavano esacerbando e la sua pazienza, e la sua obbedienza.
Così stavolta, mentre rendeva confortevole la grotta disseminandola dei suoi tesori richiamati dalla sua vera tana con la magia, aveva raccolto intorno a sé un certo numero di quegli sciocchi draconici, facendo le sue indagini nella terra di Kendermore. Era così venuto a sapere l’identità di qualcuno dei suoi inseguitori. Raistlin Majere, tanto per nominarne uno. Strain faceva vita isolata, ma non tanto da non sapere che quel Majere aveva quasi sottratto il trono da sotto l’augusto fondoschiena della Regina. E poi c’era quel tale, quel Mezzelfo che aveva ammazzato Ariakas alla fine della Guerra delle Lance.
Insomma, Takhisis non aveva fatto il minimo cenno alla presenza di gente così pericolosa! Il drago era irato, ed anche un tantino spaventato. La Dea lo avvertiva sempre per tempo quando veniva l’ora della fuga, visto che scavava nella mente della vittima di turno, qualcuno che viaggiava coi suoi nemici, ma Strain non si fidava troppo delle rassicurazioni di Takhisis. Anzi, non si fidava affatto.
E se fosse stato abbastanza sveglio e presente per potersi accorgere degli intrusi che si erano profilati tra le ombre della grotta, avrebbe avuto ben ragione di dubitare, e forse avrebbe potuto reagire con maggiore prontezza. Per come stavano le cose, invece, si accorse che qualcosa non andava solo quando la Sfera delle Tenebre prese a pulsare come un cuore malato sotto la sua zampa.
Strain si svegliò di colpo, e si trovò immerso in una tenebra troppo fitta per essere naturale. Sibilando, Strain ruotò il corpo immane per ergersi sulle zampe, scacciando la tenebra magica con poche parole. Quei maledetti erano alla grotta?! Perché Takhisis non l’aveva avvisato?
Riuscì solo ad avere un breve scorcio di tre figure umane, due avvolte nel nero ed una luccicante di bianco, prima che un oggetto luminoso come il sole gli ferisse gli occhi, facendogli cacciare in gola uno stridio.
«Paladine!» gridò una voce di donna, invocando il nome dell’odiato dio della Luce. Il drago stridette di nuovo, ma quando aprì gli occhi non vide che una bruma lattiginosa. Quei dannati lo avevano reso cieco! Una forza invisibile lo colpì con la forza di un maglio, scaraventandolo contro la parete di roccia, facendogli perdere la presa sulla Sfera, che giacque sui suoi tesori. La grotta tremò e rocce caddero sulla testa del drago, facendolo gridare di nuovo di dolore.
Pensò di alitare acido sui maledetti ospiti inopportuni, ma sapeva che esso avrebbe potuto intaccare la Sfera, se ne fosse venuta a contatto, e si trattenne. La prontezza con cui era stato attaccato lo aveva disorientato fin troppo, per i suoi gusti. Venne colpito ancora, e poi ancora, da forze diverse ma non per questo meno dannose. Caricò, a testa bassa, sferzando l’aria con le ali, la coda, le zanne. Trovò solo aria. Una parte della sua mente si agitava impazzita, perché ormai non aveva più la minima idea di dove fosse la Sfera, e la cecità non voleva lasciarlo.
Stridette d’odio, quando qualcosa gli aprì una ferita profonda al ventre. Alcune voci si aggiunsero a quelle salmodianti dei maghi. Qualcuno cercava la Sfera.
“Devo uccidere i nemici.” pensava la parte bellicosa del suo essere, la parte indignata e furiosa per l’affronto che stava subendo.
“Devo impedire che recuperino la Sfera!” strillava una sezione del suo cervello ben più vasta. Come era prevedibile, fu questa a prevalere. Avrebbe fatto crollare la grotta prima che lo uccidessero. I nemici sarebbero morti e la Sfera sarebbe stata salva. Meglio in fondo al mare che nelle mani di quei sudici esseri umani! E chissà, c’era sempre la probabilità che sopravvivesse al crollo.
Deciso a mettere in atto la sua missione suicida, Strain iniziò a gettarsi a corpo morto contro le pareti della grotta sottomarina…

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Katlin aprì gli occhi di colpo, ansimando, il corpo sudato e tremante.
«Cosa…cosa stanno facendo?…» sussurrò tra le labbra insensibili, guardandosi attorno con ansia febbrile. Aveva appena avuto un vivido incubo, un sogno di morte che somigliava troppo ad una visione…Le si raggelò il cuore quando si rese conto di essere sola. Nessuno dei suoi compagni era nella stanza, ma non soltanto questo. Nella casa della kender che li aveva ospitati regnava il silenzio dell’assenza.
«Raistlin! Caramon!» gridò Katlin, con voce spezzata. Fece per scendere dal letto e cadde bocconi sul pavimento. Era debole come una neonata.
«Ugh…» gemette, alzandosi sui gomiti, le braccia tremanti, ed afferrando il bastone che Caramon le aveva fatto. Con esso, riuscì in qualche modo a mettersi in piedi. Fuori dalla finestra, il sole aveva appena iniziato a far capolino dall’orizzonte. «Forse sono ancora in tempo.» sibilò Katlin tra i denti, arrancando verso la porta.
Doveva raggiungere i suoi compagni. Katlin sapeva dove si trovavano, perché l’incubo che aveva fatto, l’aveva vissuto attraverso gli occhi di Raistlin. Credeva di essere ancora in tempo, ma doveva fare in fretta.
Non biasimava l’Arcimago per aver deciso di lasciarla indietro. Era logico che avesse pensato di lasciarla fuori dai giochi, a lei e all’entità che la stava divorando. Sembrava l’unico modo per avere la Sfera delle Tenebre, allo stato attuale delle cose, e da un certo punto di vista il piano stava perfino funzionando.
L’aria calda e salata schiaffeggiò il volto di Katlin, mentre arrancava verso la spiaggia sassosa, ridandole un minimo di energia.
Nonostante la sagacia di Raistlin, però, Takhisis aveva già pronta una contromossa, qualcosa che li avrebbe rallentati tanto quanto seguire il drago fino alla terra dei Minotauri, come aveva supposto Tas. Takhisis esigeva un tributo di sangue…
Katlin rabbrividì e quasi perse l’equilibrio, ma strinse i denti e ricacciò indietro le lacrime di frustrazione. Poteva vedere la depressione che conduceva alla grotta del drago. Ormai era vicina.
Per una volta, era stata Katlin a vedere nella mente malata della dea, e non viceversa. Più il loro legame si faceva stretto, meno potevano nascondere l’una all’altra. Per questo credeva di essere ancora in tempo, per questo credeva di aver visto qualcosa che non era ancora accaduto. E che non doveva accadere.
Alla Dea serviva ancora tempo per piegarla. Era debole nel fisico, ma la sua mente era ancora salda. Takhisis aveva deciso che se non poteva impedire loro di prendere la Sfera, allora avrebbe spezzato il legame dei tre che avrebbero utilizzato lo Scettro. Uno dei maghi sarebbe morto nello scontro con drago.
E il prescelto per quel sacrificio era Dalamar.
Senza cercare di decifrare il senso di desolazione che le attanagliava il cuore, Katlin si calò lentamente all’interno del cunicolo sotterraneo.

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Tanis e Tasslehoff si abbassarono di scatto per evitare di avere la testa decapitata da una delle ali del drago nero. Caramon gridò loro qualcosa, ma nessuno dei due sentì niente. Lo videro aprire e chiudere la bocca su parole mute. Il drago strideva e sferrava tremendi colpi alla parete di roccia, facendo un baccano terrificante e dando loro l’impressione di essere al centro di un terremoto. Kyaralhana scivolò sui tesori del drago e cadde con un grido muto contro le gambe del gigante, mandandolo quasi a gambe all’aria.
Quando erano usciti dal cunicolo per trovarsi nella grotta, avevano visto Raistlin che colpiva duramente il drago con qualche colpo invisibile. Avevano subito compreso che l’enorme bestia era cieca, perciò si erano dati immediatamente da fare per cercare la Sfera delle Tenebre in mezzo a quel guazzabuglio. Non avevano la minima idea di come fosse fatta, ma non ritenevano che ci fossero molte sfere dentro la grotta.
Il piano era semplice: acchiappare le Sfera e filarsela alla svelta, prima che il drago potesse riprendersi!
Dalamar aveva fatto partire un fulmine di fuoco dalle sue mani protese, cosa che li aveva accecati per un istante e che aveva aperto una ferita sanguinante nel ventre del drago. A quel punto, l’enorme rettile era impazzito e aveva iniziato ad aggirarsi per la grotta attaccando alla cieca e scagliandosi contro la volta della grotta, facendo cadere massi e detriti sulle loro teste.
I due maghi e Crysania cercavano di mantenersi in equilibrio tra una scossa e l’altra ed al contempo di lanciare incantesimi, ma non era una cosa facile. Dal canto loro, Tanis e compagnia dovevano cercare la Sfera evitando di farsi ridurre in poltiglia. Neanche quella era una cosa facile…
“E meno male che non ha ancora pensato di scioglierci con l’acido.” si trovò a pensare, per poi riflettere che forse il drago non voleva danneggiare la Sfera.
Tasslehoff non sapeva se si stava divertendo un mondo o se fosse ormai terrorizzato a morte. Accanto a lui, Kyaralhana aveva un sorriso nervoso stampato sul viso. Mentre decideva il proprio stato d’animo, scandagliava il terreno con occhi febbrili, cercando qualsiasi cosa avesse una forma anche solo vagamente sferica.
«Ma cosa aspettano, quei perditempo, che la grotta ci crolli sulla testa?!» sibilò Raistlin, impossibilitato a sentire perfino la propria voce in quel frastuono. Nemmeno i kender, con l’occhio di falco che si ritrovavano, avevano ancora trovato la Sfera. Dalla posizione in cui si trovava, lui non riusciva a vedere nulla più che le loro sagome piegate e quel dannato drago impazzito.
“Nemmeno tanto pazzo, visto che ha deciso di farci crollare la grotta addosso.” pensò, con una smorfia irata. Meglio avere la Sfera in fondo al mare che farla cadere nelle loro mani, questo doveva aver pensato il drago, sempre che non fosse stata Takhisis stessa ad ordinarglielo.
In quel momento, Crysania gridò qualcosa vicino al suo orecchio, tirandolo per una manica. Raistlin non sentì nulla, ma seguì la direzione indicata dalla chierica, intravedendo infine la Sfera delle Tenebre, mezza sepolta in un cumulo di monete d’oro. Conscio che gridare non l’avrebbe portato a nulla, si concentrò su Caramon, che dopo un istante alzò gli occhi ad incontrare i suoi. Quella speciale capacità di comunicare con la mente propria dei gemelli tornava utile.
Raistlin gli indicò il punto in cui giaceva la Sfera e Caramon si lanciò di corsa a recuperarla, seguito da Tasslehoff. Il drago avvertì qualcosa, perché caricò, azzannando l’aria, e Caramon dovette gettarsi sulla sinistra per evitare di essere schiacciato da una zampa possente. Il mucchio d’oro venne sconvolto dal peso del drago, la Sfera fu colpita e volò via, facendo imprecare Raistlin.
«E adesso dove…» iniziò a ringhiare Dalamar, stringendo i pugni e scandagliando la grotta con ansia febbrile. Iniziava a pensare che quella sortita sarebbe finita male, in un modo o nell’altro. Quasi a dar conferma alle sue parole, il drago picchiò un ultimo, possente colpo contro la roccia. La volta di pietra si spaccò e l’acqua di mare iniziò ad entrare nella grotta in un getto potente. Tutti gridarono, il drago strillò di sfida e soddisfazione.
«Non possiamo continuare a farli cercare!- gridò Crysania, direttamente nell’orecchio di Raistlin- La grotta si riempirà d’acqua! Moriranno affogati!»
“Moriremo anche noi, se restiamo qui!” aggiunse Dalamar. Raistlin storse la bocca in una smorfia terribile, guardando con odio il drago, che cercava di allargare la breccia. Già il fondo della grotta si stava riempiendo di acqua impetuosa. Se non si fossero dati una mossa, poteva finire male. Imprecando tra sé, Raistlin fece cenno al gemello di raggiungerli.
Tanis, Caramon e i due kender non se lo fecero ripetere due volte.
«Che si fa?» gridò Tanis, cercando di sovrastare il rombo dell’acqua e i rumori prodotti dal drago.
«Si scappa, Mezzelfo.- disse Raistlin, secco- Tra un paio di minuti, questa diventerà una grotta sottomarina di nome e di fatto!»
«E la Sfera? E Katlin?!- chiese Caramon, febbrile- Se non recuperiamo la Sfera, Katlin non avrà possibilità di…»
«Lo so benissimo, bestione!- lo aggredì Raistlin, gli occhi lampeggianti d’ira- Se hai un’idea migliore, fatti avanti! In caso contrario stai zitto e fai come ti dico! Penseremo dopo a come recuperare la Sfera.»
«Ma…» gemette Caramon, prima che Dalamar lanciasse un grido di trionfo.
«L’ho vista!» asserì, ma nessuno colse le sue parole. Si allontanò correndo tra le pozze d’acqua schiumosa e gli sconvolti mucchi di preziosi. Gli altri lo osservarono, attoniti, farsi strada con agilità fino ad un mucchio più alto degli altri, ammassato contro la parete di roccia. Chissà come, la Sfera era andata ad atterrare lassù.
Dalamar si arrampicò, cercando di non pensare al senso di vuoto che l’aveva colto nel sentire parlare dell’imminente morte di Katlin, conscio soltanto che se avesse preso la Sfera prima che le acque avessero inondato la grotta le avrebbe offerto una speranza.
Quando afferrò la Sfera tra le mani, strinse i denti nell’avvertirne il potere in subbuglio. Doveva per forza di cose assoggettarla lì dove si trovava, o la Sfera non gli avrebbe concesso di portarla via. Sperando che la volta della grotta reggesse ancora qualche istante, Dalamar sillabò le parole magiche.
Né lui, né gli altri, che lo avevano guardato correre verso il pericolo senza rendersi conto di cosa l’elfo oscuro stesse facendo, si accorsero della figura bianca finché non fu troppo tardi. Sfrecciò fra loro, correndo con forze trovate chissà dove, diretta verso il luogo in cui Dalamar giaceva inginocchiato, impegnato in una lotta di volontà.
«Katlin!» gridò Crysania, riconoscendola.
«Katlin, fermati!» gridò Caramon, correndole subito dietro insieme a Tanis. Ma Katlin era troppo veloce.
“Cosa diavolo ci fa qui?- si chiese Raistlin, attonito- Come faceva a sapere della grotta?!” Ma, soprattutto, perché era lì? Katlin non era tanto sciocca da non aver compreso perché era stata lasciata indietro. Quale pensiero malato l’aveva condotta fino alla grotta?
Ma non ebbe tempo di pensare ad una risposta. La coda del drago nero sferzò l’aria con violenza, diretta su Dalamar, perso nella magia di sottomissione.
«Dalamar!» gridò Tanis. Caramon emise un rantolo d’orrore nel vedere Katlin gettarsi su Dalamar e farlo rotolare in acqua oltre l’ammasso di preziosi. Così, fu lei la vittima su cui la coda si abbatté. Sotto gli occhi orripilati dei compagni, Katlin venne scagliata e schiacciata con violenza contro la parete di roccia. La videro spalancare la bocca per il dolore e la sorpresa. Uno spruzzo di sangue le uscì dalla gola, poi le iridi dorate le si rovesciarono all’indietro e Katlin cadde ai piedi di Tanis e Caramon come una bambola di stracci.
Il drago stridette di gioia, sicuro di avere appena ucciso uno dei suoi nemici.
“Non sarai così contento, quando Takhisis ti presenterà il conto del danno che le hai fatto.” non poté fare a meno di pensare Raistlin. Lo stomaco gli si era stretto in una morsa, forte quanto quella con cui Crysania si era aggrappata a lui, terrorizzata.
Vide Caramon chinarsi per prendere Katlin tra le braccia. Dalla bocca continuava a sgorgarle sangue. Tasslehoff piangeva, Kyaralhana era rimasta senza parole. Dalamar li raggiunse in quel momento, pallido e sconvolto, gocciolante d’acqua, con la Sfera in mano. Alla vista del corpo esanime di Katlin, gridò qualcosa e si lasciò cadere in ginocchio accanto a lei.
«Dobbiamo andare via subito.» mormorò Raistlin, cercando di riprendere il controllo di sé. Non aveva previsto che una scena del genere potesse turbarlo tanto. In ogni caso, se non volevano finire tutti morti annegati dovevano uscire immediatamente da lì. Crysania lesse questa considerazione nei suoi occhi, e corse a chiamare gli altri. Raistlin ammirò la sua forza d’animo.
Ben presto, tutti ritrovarono abbastanza presenza di spirito da affrettarsi verso il tunnel. Raistlin incontrò gli occhi scuri di Caramon e vi lesse tutto ciò che c’era da sapere. Katlin non era ancora morta…ma ormai c’era ben poco che loro potessero fare.
Stringendo i denti per la rabbia, Raistlin voltò le spalle al drago impazzito e seguì gli altri nel buio. Dietro di loro, si udì il rumore di un crollo, ed un grido spezzato. Molto presto l’acqua dell’oceano prese possesso della grotta sottomarina.

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Katlin venne adagiata sulla spiaggia sassosa, nel silenzio generale. Non c’era tempo per portarla a casa di Kyaralhana. Non c’era tempo per fare proprio nulla, a parte guardarla respirare in rantoli sempre più lenti e rarefatti.
«Deve averle rotto qualcosa…all’interno.» mormorò Caramon, pallido come un morto, serrando le labbra. Raistlin annuì.
«Sì, sta morendo.» disse, dando voce ai timori di tutti. Crysania si coprì il volto con le mani, mentre il viso di Tasslehoff veniva solcato da grossi e lenti lacrimoni. Dalamar sembrava impietrito, in trance. Teneva in grembo la Sfera delle Tenebre, ma sembrava che si fosse dimenticato di averla in mano.
«Non c’è niente…che si possa fare?» chiese Tanis, alle spalle di Caramon. Raistlin puntò le sue pupille a clessidra su Crysania.
«Crysania, salvala.» disse, brusco. Crysania sollevò di scatto lo sguardo su di lui.
«Co…cosa?» chiese.
«Prega per lei. Salvala, e fa’ presto.» ripeté Raistlin, marmoreo.
«Ma…Katlin non regge la Luce di Paladine!- balbettò la chierica- Hai visto la sua reazione! Se…»
«Raistlin, la ucciderà!» disse Tanis, poi si zittì nel vedere Caramon annuire.
«Morirà comunque se la lasciamo così.- disse il gigante- Pensiamo la stessa cosa, non è vero, fratello?»
Raistlin annuì. Impossibile dimenticare la circostanza analoga che l’aveva visto in punto di morte, salvato ed allo stesso tempo distrutto dalla preghiera di Crysania. Ormai, Raistlin aveva capito che la forza d’animo di Katlin era terribilmente simile alla sua. La sua volontà di vivere l’avrebbe salvata. C’era ancora dello spirito in lei, a farsi beffe delle condizioni fisiche in cui versava.
«Credo che Takhisis lascerà la presa su di lei abbastanza a lungo da permetterci di curarla.- disse, cinico- Ha bisogno di questo corpo per attuare il suo piano. Ciò che è successo non va certo a suo vantaggio.» Alzò la voce, permeandola di tanto di quel disprezzo da farli rabbrividire. «Lascerai che Katlin viva, non è così, mia Regina? Quando troveresti un altro corpo ospite così potente e in un momento così favorevole?»
Crysania, senza perdere altro tempo, si avvicinò a Katlin, giunse le mani e iniziò la preghiera per l’anima della giovane. Subito Katlin perse il fiato, aprì gli occhi e spalancò la bocca in un grido muto e macchiato di sangue, mentre il suo corpo si tendeva. Tasslehoff distolse lo sguardo, sofferente per l’amica. Si sentì tirare per una manica.
«Ehi, Tas, perché non guardi?- gli chiese Kyaralhana- E’ interessante! Perché non…»
«Interessante?!- sussurrò Tasslehoff, sbalordito e triste allo stesso tempo- Una mia amica sta morendo e tu lo chiami interessante?!»
Kyaralhana corrugò le sopracciglia, incerta, e Tasslehoff espirò in un sospiro tremulo. Di colpo, si era reso conto del perché non fosse più tornato a casa propria.
«Lascia stare.- disse infine, scuotendo la testa- Tu non puoi capire.»
Kyaralhana impallidì a quelle parole, ma Tasslehoff non se ne accorse. Affondò la testa tra le ginocchia, pregando con tutto il suo piccolo, grande cuore di kender che Katlin si salvasse.

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Katlin si salvò.
La preghiera di Crysania diede i suoi frutti e le lacerazioni interne di Katlin guarirono miracolosamente. Ancora incosciente, venne portata nella casa di una improvvisamente silenziosa Kyaralhana.
«Ciò che dobbiamo capire, è come Katlin sia riuscita ad arrivare alla grotta.- disse Tanis, quando tutti si furono seduti nella camera da letto, attendendo il risveglio della maga- Non è possibile che abbia sentito qualcosa della nostra conversazione di ieri?»
«No, non è possibile.- disse Raistlin- In questo caso, il drago sarebbe stato ben lontano da noi già da tempo. Invece l’abbiamo trovato addormentato, del tutto ignaro del nostro arrivo.»
«Cosa che ci ha quasi fatti ammazzare.- sospirò Caramon- Ma, Raist…allora come diavolo ha fatto a trovarci? E poi, è andata a colpo sicuro su Dalamar, come se sapesse già cosa sarebbe successo!»
«Se non mi avesse spinto in acqua, sarei morto.» bisbigliò Dalamar. Le linee tese sul suo viso si erano distese quando Katlin aveva ripreso a respirare normalmente e l’emorragia si era arrestata, ma non sembrava ancora molto presente. Aveva fatto sparire la Sfera delle Tenebre, ma i suoi occhi verdi erano oscurati da pensieri molto cupi.
«Il mio parere è che Katlin sapesse perfettamente cosa stessimo facendo,- disse Raistlin, tossendo appena- e che abbia visto nella mente di Takhisis durante il sonno, anticipandone i piani.»
«Ha visto nella mente della Dea?!» chiese Crysania, sbalordita.
«Shalafi, com’è possibile che una mortale sia in grado di discernere i pensieri di una dea, per quanto la possessione le renda vicine?» chiese Dalamar, incapace di comprendere.
«In parte ti sei risposto da solo, apprendista. La vicinanza le rende consce delle intenzioni l’una dell’altra.- rispose Raistlin- Ma hai ragione, ciò non spiega come Katlin riesca ad attingere a pensieri che di certo la Dea tiene celati. Esiste un legame tra loro, ma credo che a queste domande possa rispondere soltanto Katlin stessa.»
«Lo farà?- mormorò Caramon- Katlin…non ama parlare di sé, né del suo passato.»
«Lo farà, perché deve.- asserì l’arcimago, stanco- A questo punto, non possiamo permetterci di essere superficiali.»
«Hai…ragione.» mormorò una voce sottile come uno spiffero, facendoli voltare tutti verso il letto.
«Katlin!» esclamò Tasslehoff, correndo al suo capezzale.
«Sono viva?- chiese la giovane donna, mentre il kender le afferrava una mano e la stringeva tra le sue- Sì, direi di sì.» Spostò lo sguardo su Crysania. «Presumo sia tu la persona da ringraziare.- disse, con un debole sorriso- Anche se forse avreste fatto meglio a lasciarmi andare.»
«Katlin!» esclamò la chierica.
«Katlin, non dirlo nemmeno per scherzo!» la sgridò Caramon. Lei fece un gesto svogliato con la mano, stanca.
«Dalamar sta bene?» chiese, lasciando cadere l’argomento.
«Sto bene.» rispose l’elfo oscuro, senza aggiungere altro. Tanis guardò alternativamente i due, e lesse nei loro occhi un’indifferenza troppo palese per essere vera. Katlin annuì, poi chiese a Caramon di aiutarla a mettersi a sedere.
«Cosa sei venuta a fare nella grotta, Katlin?» chiese Raistlin, mentre il gigante le sprimacciava un cuscino.
«Ho sognato i sogni di Takhisis e ho visto che intendeva rovinarci la festa.- borbottò la giovane donna- Abbiamo anticipato troppo i tempi e riteneva giusto versare il sangue di uno di noi. Il prescelto per tanto onore era Dalamar.» Sospirò appena. «Non credo abbia gradito il mio intervento, cosa che mi rende piuttosto soddisfatta delle mie azioni.»
«Sei quasi morta, Kat!» disse Tasslehoff, con voce ancora piuttosto tremante.
«Sono di pelle dura, Tas.- disse lei, con un’ombra del suo senso dell’umorismo nella voce, poi guardò Raistlin- La Sfera?»
«Recuperata e assoggettata. Lo Scettro dei Tre è in mano nostra.» rispose Dalamar, facendosela comparire nel palmo. Katlin annuì, poi si portò una mano alla fronte con una smorfia.
«Kat è stanca e provata.- commentò Caramon- Dovrebbe mangiare e dormire…non possiamo discutere più tardi?»
«No, Caramon.- fu la lapidaria risposta di Raistlin- E’ ora che Katlin dia tutte le informazioni che possiede sul suo legame con Takhisis.»
Il volto di Katlin si fece di pietra. Socchiuse gli occhi, somigliando per un istante ad un serpente pronto a mordere.
«Cosa vuoi sapere, Maestro?» chiese, amara. Raistlin valutò la reazione e vide la paura nascosta sotto la facciata aggressiva.
«Nell’Abisso, Takhisis ti ha riconosciuta. La cosa non ti ha stupita affatto, se ben ricordo.» disse. Aspettò che lei annuisse, poi continuò. «Perché Takhisis ti conosce? Se Yolta è davvero al di là delle regole di Krynn, com’è possibile che tu e Takhisis vi siate viste in volto prima della tua venuta nell’Abisso? Stiamo per affrontarla in tutta la sua potenza, Katlin, e non possiamo permetterci di mettere le nostre vite a rischio per cose non dette.»
Katlin non cambiò espressione per alcuni interminabili secondi, mentre il silenzio nella stanza si faceva pesante. Poi, chinò leggermente il capo, rilassando i muscoli tesi, e scrollò le spalle.
Tanis ebbe paura di poter sentire il rumore delle sue ossa a quel movimento, tanto la giovane donna era deperita.
«Mi sembra giusto.- mormorò Katlin- Vi dirò quello che so. Se ciò potrà darvi delle risposte tanto meglio, ma non vado fiera del mio passato.»
«Oh, racconta, Kat!» la incitò Tasslehoff, che aspettava quel racconto da moltissimo tempo.
«Racconterò.- ripeté lei, adagiando il capo sul cuscino e chiudendo gli occhi per un istante- E questa sarà la prima e l’ultima volta.»
«Basterà.» fu il lapidario commento di Raistlin.
«Come già vi ho accennato,- iniziò Katlin, dopo una pausa di riflessione- i miei guai, e la mia tripla identità, hanno avuto inizio quando ero molto piccola, tra i tre e i quattro anni d’età. All’epoca vivevo con i miei genitori a Freashin Hur, la capitale dell’Impero Yoltiano. Vivevo una vita normale e grigia come tutti, perciò non starò qui a tediarvi. Sappiate solo che rammento la visita di quest’uomo barbuto e anziano durante uno dei rari momenti in cui mia madre mi aveva lasciata a giocare da sola. Mi toccò la fronte e sparì. Vi sembrerà assurdo, ma all’epoca non vi feci molto caso. La ritenni solo una cosa…interessante.»
Katlin tirò le labbra in un sorrisetto sarcastico.
«Incredibile la capacità di adattamento dei bambini…In ogni caso, non ne feci parola. La magia, su Yolta, è proibita e punibile con la morte. Non mi andava di mettere nei guai il povero vecchietto. Da quella notte, però, cominciai a sentire delle voci.»
«Delle voci?» chiese Caramon, perplesso. Katlin annuì e sorrise.
«La prima che ho sentito è stata: ‘Guarda, Raist…coniglietti!’» mormorò, facendo impallidire entrambi i gemelli. Scrollò le spalle di fronte alla perplessità degli altri. «Le voci mi chiamavano altrove e scoprii che se chiudevo gli occhi potevo andare lontano, e vedere attraverso gli occhi di ben due persone diverse. Due bambini più grandi di me, due maschi…due gemelli.»
«Vedevi attraverso i loro occhi…» mormorò Tanis, scuotendo il capo con incredulità. Non riusciva a concepire una cosa del genere. Katlin annuì.
«Esatto. Non avevo alcun potere d’intervento, ma vedevo tutto…ed era così meraviglioso!» La sua voce si venò di una gioia fanciullesca così toccante da costringere Crysania a mordersi un labbro per non mettersi a piangere, commossa. «Vedevo alberi, animali…la luce del sole, le lune notturne! Non c’è più nulla di tutto questo su Yolta, e per me era un tesoro prezioso. Quando volevo giocare, stare all’aria aperta, andavo da Caramon. Quando desideravo stare sola, imparare e capire, andavo da Raistlin.» continuò.
«Eppure tu mi dicesti di essere soggetta alle nostre chiamate, la prima volta che ne parlammo.» le rammentò Raistlin, stringendo impercettibilmente gli occhi.
«Non allora. Non ancora.- rispose Katlin, scuotendo il capo- Quella che sarebbe stata la mia maledizione, allora era il mio tesoro. Ero molto attenta ad utilizzarlo solo quando ero sola, ma era una droga a cui potevo sottrarmi sempre meno. Yolta mi appariva di uno squallore nauseante e capii presto che i gemelli in cui vivevo non erano frutto della mia mente, ma persone reali, che vivevano nel mondo oltre le lune che noi non potevamo più vedere. Il desiderio di conoscerli…conoscervi, in effetti, farvi consci della mia presenza, divenne più forte di qualsiasi altra cosa.»
Tasslehoff tirò un pizzicotto a Caramon, facendolo sobbalzare.
«Sì, direi che è reale.» asserì, strappando un sorriso alla maga.
«Tas…» brontolò Caramon, troppo a disagio per mettersi a sgridare seriamente il kender.
«Come prevedibile, a mano a mano che crescevo, cresceva anche la mia capacità di estraniamento…e la voglia di andarmene da Yolta.- riprese Katlin, tormentandosi le mani in grembo- Iniziai ad essere meno prudente. In più, ero ormai attratta irresistibilmente dalle nozioni di magia che Raistlin stava studiando. Non ero lesta quanto lui, ma mi applicavo di nascosto. Quando iniziai a frequentare la scuola, ricevetti numerose note in condotta perché ‘mi estraniavo dalla classe’. In realtà andavo a studiare da un’altra parte.” Ridacchiò. “Comunque sia, in un modo o nell’altro andai avanti ancora qualche anno senza che nessuno si accorgesse della natura dei miei stati di trance. Il primo, vero problema sorse quando morì vostra madre…e qui entra in scena anche Takhisis.»
Scambiò un’occhiata coi gemelli.
«Cosa c’entra nostra madre?» chiese Raistlin, impassibile. Katlin rifletté per qualche istante, prima di rispondere.
«Vostra madre…mi piaceva, ma mi faceva anche paura.- mormorò infine- Era la prova vivente del fatto che il mio dono poteva facilmente diventare una maledizione. Non la vedevo volentieri. E quando vostro padre morì in quel modo atroce e vostra madre si perdette, fui preda della paura.» Impallidì visibilmente e deglutì a vuoto. «Io…la vegliai insieme a voi. Ininterrottamente. Mi diedi malata e rimasi chiusa nella mia stanza, in trance, per quasi tutto il tempo della sua agonia.»
«C’eri anche tu?» chiese Caramon, a cui il ricordo portava una tremenda voglia di scoppiare in lacrime. Vide che anche Raistlin era impallidito, benché non si fosse mosso di un millimetro. Dopotutto, lui aveva sofferto con la loro sfortunata madre fino all’ultimo minuto…e anche oltre. Katlin annuì.
«Pregai che si salvasse. Pregai con tutte le mie forze, perché se si fosse salvata la mia ingenuità nel chiamare dono il mio potere non sarebbe svanita nel vento. Fu una preghiera egoista.- sussurrò Katlin, portandosi le mani agli occhi per un attimo- Così, quando la sentii scivolare via…feci qualcosa che non avevo mai fatto. Mi spinsi oltre Raistlin, in cui dimoravo in quel momento, e la seguì nella tenebra.»
«Cosa?!» mormorò Raistlin, stringendo il Bastone di Magius.
«Tentando una cosa del genere, non hai fatto altro che spingerti nell’oblio della morte.» considerò Dalamar, con una punta d’ammirazione nella voce. Katlin scrollò le spalle.
«Non m’importava. Non ci pensai nemmeno…volevo solo riportarla indietro.- sospirò- Non ce la feci, ovviamente. Lei si allontanò da me, benché la chiamassi più volte. Non si girò mai indietro. In compenso, la tenebra mi colse e il mio spirito fu improvvisamente pervaso dal gelo e dal terrore.» Rabbrividì, chiese dell’acqua, poi continuò.
«Fu allora che, per la prima volta, la voce di una donna mi parlò. Mi chiese chi ero, più volte e con insistenza. Quella voce mi faceva male e io non risposi. Cercai, anzi, di tornare indietro. Ero sul punto di riuscirci, quando la voce stridette di trionfo, e in quel suono intravidi qualcosa che non era umano. Rise terribilmente e in quella risata c’era il mio nome. Allora svenni, e quando mi risvegliai ero nel mio corpo, Raistlin era terribilmente malato e Caramon era diviso tra il lutto e la muova preoccupazione per suo fratello.»
«Un brutto periodo.- commentò Caramon, atono- Fu un brutto periodo.»
«Così, fu quella la prima volta che facesti la conoscenza con Takhisis.» disse Raistlin, cupo, tornando sull’argomento principale. Katlin annuì.
«Io non sapevo chi fosse. Nemmeno tu sapevi molto degli antichi Dei, allora, e io avevo solo le tue conoscenze. Ma Takhisis mi conosceva…oh sì, ormai è chiaro.- disse, con voce cupa, corrugando la fronte- In seguito altri accadimenti mi impedirono di interrogarmi troppo sulla cosa. La vostra vita si riempì di gente nuova ed interessante…i lutti si affievolirono nel vostro cuore, vivendo con loro.» Alzò lo sguardo ad incontrare quello di Tanis, poi quello di Tasslehoff.
Uno scorcio di quei brevi, effimeri anni di risa e sole d’estate sfiorò i cuori degli Eroi delle Lance. Katlin sorrise e il suo volto assunse una certa dolcezza.
«Stemperai i miei timori nelle nuove, belle sensazioni che mi davate. Non ci pensai più, o perlomeno cercai di non farlo. Dopotutto, ne accaddero di cose che richiesero la mia attenzione! Strane voci dal nord, una setta segreta, un kender gigante…»
Ridacchiò sottovoce nel vedere il sorriso comparire sul viso di Tasslehoff.
«Mi hai visto?!- chiese- Oh, è stato meraviglioso! Raistlin mi ha fatto questo incantesimo e…»
«Lo sa benissimo, Tas.» lo censurò Caramon.
«Ma poi venne la Prova di Raistlin.» disse la giovane maga, con voce gelida. Un’atmosfera cupa cadde su tutti i presenti. Raistlin e Katlin si guardarono negli occhi, e tutti rabbrividirono all’evidenza della loro somiglianza. Raistlin vide finalmente se stesso negli occhi a specchio della maga e per questo il suo odio e il suo riluttante affetto per lei crebbero di colpo. Cosa diavolo lo legava a lei?
«Non posso dirvi nulla di ciò che accadde. E’ segreto e lo porterò con me nella tomba, come se la Prova fosse mia.- disse Katlin, in un sibilo inquietante- Ma Raistlin sa e perciò dico a te, Maestro, che Lui mi vide. Sfiorò anche il mio cuore.»
Raistlin compresse le labbra in una linea sottile. Dalamar gli scoccò un’occhiata, avendo iniziato ad intuire chi fosse il Lui di cui Katlin stava parlando.
«La mia mente ne fu scossa. Iniziai…a perdere il controllo.- continuò lei, e la sua voce si arrochì, come se parlare le costasse fatica- Il legame era divenuto troppo stretto e io…ogni tanto dimenticavo chi ero. Fu allora che, credendomi Raistlin, durante una furibonda litigata con gli insegnanti, mi sfogai su di loro con un incantesimo di fuoco, credendoli nemici.»
Tasslehoff rabbrividì. Le parole di Katlin gli avevano mostrato una vecchia immagine di Caramon, grasso e ubriaco, che si fingeva Raistlin sulla strada per la Torre di Wayreth.
«Usasti la magia?- chiese Crysania, impressionata- Ma hai detto che nel tuo mondo la magia viene punita…»
«Con la morte, sì.- disse Katlin, amara- E com’era prevedibile fui imprigionata, i miei genitori sottoposti ad interrogatori. La sentenza di morte non viene data alla leggera, senza contare che io ero il primo, vero caso di magia in tutta la storia di Yolta, e l’unico testimone sopravvissuto aveva riportato gravi danni mentali.» Rise piano, cinica. «Non ricordo molto di quel periodo, solo estenuanti conversazioni, test della verità, test sulle mie capacità. Ero un’assassina…e una pazza. Non riuscivo a sopportare questa visione di me stessa, e quando Raistlin e Caramon si avviarono all’incontro a Solace, abbandonai il mio corpo.»
Rimase in silenzio per qualche minuto, con la fronte corrugata, persa in un passato che aveva il sapore della paura.
«Il desiderio originale era di starmene via per il tempo necessario perché decidessero cosa farne di me. Se il mio spirito si fosse scollegato dal corpo morto, sarei volata via senza provare dolore, supponevo. Se mi avessero giudicata innocente, allora sarei tornata. Ma non andò così. No.» La sua voce si spense in un mormorio.
«Perdesti completamente il controllo.» disse Raistlin, comprendendo dove la storia li avrebbe condotti. Katlin, dopo un istante, annuì.
«Scoppiò la Guerra delle Lance, e iniziarono le chiamate. Non mi spostavo più a mio piacimento da Caramon a Raistlin, e poi a me stessa, ma restavo legata alle emozioni di entrambi, cambiando visione e corpo a seconda di ciò che stava accadendo.» Sospirò, e il suo pallore parve farsi più evidente, la pietra nera sulla sua fronte rifulgere di una luce malsana. «Seguii in questo modo tutta la Guerra. Fu massacrante. Riuscii a liberarmi dalla trance solo quando Raistlin e Caramon si divisero, ed il legame tra loro stessi si allentò. Entrai con Raistlin alla Torre di Palanthas, poi ricaddi nella coscienza di me stessa…e fui terrorizzata nel rendermi conto di aver quasi dimenticato il mio nome.»
Fece un sorriso contorto, allargando le braccia per mostrarsi agli altri.
«Voi dite che ora sono deperita e forse vi sembro in punto di morte. Beh, avreste dovuto vedermi all’epoca!- disse, ridendo tra sé con amarezza- Uno scheletro ricoperto di pelle, con prime tracce di atrofizzazione muscolare, i denti allentati dal disuso. Avevo perso quasi del tutto i capelli, e l’uso della parola. Per tutto l’anno in cui non avevo abitato il mio corpo, ero stata nutrita artificialmente, ma ero comunque ad un passo dalla morte. Mi svegliai appena in tempo.--»
«Per gli Dei, Kat…-» mormorò Caramon, le lacrime agli occhi. Era fin troppo facile vederla come lei si dipingeva, un uccellino sparuto sul punto di soccombere a se stessa. Soccombere, come aveva fatto sua madre.
«Le cose non migliorarono di molto. Venivo ancora chiamata piuttosto spesso da entrambi, e passavo più tempo di là che di qua.- continuò Katlin, imperterrita, ormai decisa ad arrivare fino in fondo- Seppi però che il Daichtune Genesio, imperatore di Yolta, mi aveva giudicata un Caso, aveva cioè visto la mia magia come una maledizione piuttosto che come un reato. Ero salva, ma della mia vita non restava più niente. Mia madre era l’ombra di se stessa. Mio padre ci aveva lasciate ed era andato a vivere altrove. Io faticavo a ricordare il mio nome e lo registrai su un nastro magnetico, usandolo per facilitare i miei stati di veglia. Avevo diciannove anni e non avevo più una vita. E poi Raistlin si mise in testa di sfidare gli Dei.»
Il sorriso che le solcò il volto non parve né derisorio, né scherzoso, quanto piuttosto tremendamente complice del misfatto di cui stava narrando.
«Inutile raccontarvi cose che sapete già. Come è ovvio, fui di nuovo trascinata via, anche se riuscii in qualche modo a svegliarmi più spesso. Ciò che vi può interessare si cela alla fine, al momento della morte di Raistlin.»
«Le tue cicatrici?» chiese Dalamar, incerto.
«Le mie cicatrici, esatto. Inferte da Takhisis stessa.- ammise la maga- Quando capii come sarebbe andata a finire, fu grande il mio sgomento. Potevo concepire la mia morte, ma non quella di coloro attraverso i cui occhi avevo visto il mondo vivere…e morire. Di nuovo, senza pensare, mi frapposi fra Takhisis e Raistlin.»
«Idiota!» sibilò Raistlin.
«Niente di più, niente di meno.- ammise con naturalezza Katlin- Non ottenni nulla dal mio gesto, se non di svegliarmi con la schiena deturpata dagli artigli della Dea e la consapevolezza che tu eri caduto in un sonno dal quale non ti saresti risvegliato. Takhisis mi aveva vista di nuovo, e stavolta si era infuriata con me, ma dov’ero non poteva farmi più male di così. Caramon aveva chiuso il Portale e con esso il suo collegamento con te…e con me. Infine, ero tornata ad essere una donna con una sola anima, e come tale, menomata e reietta, ho vissuto fino alla mia venuta su Krynn. Ho incontrato ancora Takhisis nell’Abisso, quando ti ho aiutato ad uscirne. Nient’altro.»
«Ed è tutto qui?» chiese Raistlin dopo qualche istante.
«Cosa vuoi dire?» chiese Katlin, perplessa.
«Perché Takhisis ti ha riconosciuta? Cosa ti ha condotto a noi? Chi ti ha donato il potere che hai, o da cosa deriva? E cosa ti lega alla Dea delle Tenebre?- continuò l’arcimago, pur con un presentimento funesto nell’animo- Sono queste le risposte che cerchiamo, Katlin!»
Katlin lo fissò per un istante, sbalordita.
«Ma non avete ancora capito?» mormorò, guardandoli uno per uno.
Sospirò, e parve che il peso di ciò che aveva infine raccontato le gravasse addosso.
«Io non lo so.- fu la sua risposta- Non ne ho la minima idea.»
E, purtroppo per loro, fu una risposta sincera.

 

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Capitolo 15
*** 14 - Uccidimi ***


Solinari era piena e rifulgeva come un diamante nella limpida notte estiva. Accarezzato dal vento salmastro che giungeva dal mare, un’aria pulita che gli corroborava i polmoni malati, Raistlin sedeva su una roccia, al limitare della spiaggia. Caramon era al suo fianco, seduto sui minuscoli sassi grigi, lo sguardo fisso sul riflesso della luce sul mare.
I due avevano discusso fino a quel momento di ciò che Katlin aveva loro raccontato. I gemelli erano i più coinvolti dalla vicenda, com’era ovvio, e Raistlin si era servito delle domande (a volte sciocche, a volte acute) di suo fratello per carpire dalla narrazione di Katlin anche ciò che era stato omesso. Non ne aveva ricavato molto di più, in realtà.
«Insomma, tu non l’hai mai sentita?- gli chiese Caramon a voce bassa, spezzando il silenzio- Voglio dire…non hai mai avvertito la tua presenza?»
«No, nella maniera più assoluta.- fu la lapidaria risposta di Raistlin- Perché, tu sì?»
Caramon scosse il capo, poi si passò una mano sulla fronte, scostandone i capelli castani.
«No, niente. Ma io non sono bravo con queste cose, Raist. Se c’era qualcuno che poteva sentire la sua presenza, quello eri tu.- ammise tranquillamente il gigante- Ma…non so spiegarti, eppure la confidenza che si è creata tra noi è stata pressoché immediata, come se la conoscessi da una vita.»
Raistlin annuì, rammentando la prima volta in cui aveva posato gli occhi sul volto di Katlin. Gli era parsa familiare perché somigliava a Caramon, ma non solo. Non solo. E quante volte in quei mesi aveva pensato: ‘Se solo ci fosse stata lei, nel passato, forse le cose sarebbero andate diversamente.’?
«Pensi che avremo altri guai?» chiese Caramon. Raistlin fece una risatina sprezzante.
«I peggiori, fratello mio, e ci stanno aspettando al varco.- disse, cinico- I sotterfugi sono finiti. Aperto il Portale, troveremo Takhisis dall’altra parte. Sarà una dura lotta.»
«Katlin ce la farà?» chiese Caramon, dopo un istante.
«Non lo so.- mormorò Raistlin- Lo scopriremo sul momento, presumo. Takhisis cercherà di prendere possesso di lei per farsi trascinare da questo lato dell’esistenza.»
«Non voglio che le succeda qualcosa.- disse Caramon, schiacciandosi le mani sugli occhi- Dei, è come se facesse parte della mia famiglia! E’…è ciò che Kitiara avrebbe dovuto essere e non è mai stata, dannazione!»
Raistlin non rispose. Le parole di Caramon producevano un’eco nella sua anima, ma era una risonanza così profonda, così informe, che non riusciva a discernerla.
Caramon si alzò da terra, sospirando.
«Si parte domattina per Palanthas?» chiese, stanco. Raistlin annuì, e così fece Caramon dopo un istante. «Mi manca Tika.- sussurrò- A quest’ora, nostro figlio starà quasi per nascere. Vorrei…vorrei non doverle portare cattive notizie, quando tornerò.»
«Se desideri rassicurazioni, fratello mio, non dovresti conversare con me.» disse Raistlin, amaro. Caramon scosse la testa.
«So che non ce ne sono, Raist. Ma non posso fare a meno di cercarne.» Con quelle parole, Caramon si allontanò verso la casa di Kyaralhana, lasciando solo il fratello.
Raistlin si strinse addosso le pieghe della sua veste nera, rabbrividendo leggermente nonostante la calura della notte estiva. Si sentiva stanco e ciò non era dovuto solo allo scontro con il drago. Troppe domande di vitale importanza erano rimaste senza risposta, e Katlin non poteva fornirle. Perché Takhisis l’aveva scelta? Perché quella donna di un mondo distante e straniero somigliava loro in modo così sorprendente? Perché guardandola negli occhi Raistlin riusciva a scorgere una scheggia della propria anima? Pazza e assassina. Ne avevano, di cose in comune!
Gli procurava una rabbia sorda il modo con cui gli dei la stavano usando, il modo in cui le avevano offerto una seconda possibilità, corrompendola poi con la malattia e la morte. Troppe volte si era trovato nella stessa situazione, troppe volte aveva lottato fino allo stremo del corpo e anche oltre. Se Paladine aveva dato il suo medaglione a Katlin, di certo sospettava un’azione del genere da parte della Regina. Raistlin dubitava che la Volontà Oscura ne sarebbe stata sconfitta, date le tenebre che ammantavano l’animo di Katlin e che richiamavano l’Oscurità come una calamita, ma forse quel medaglione le avrebbe offerto più tempo.
Purtroppo, lei, idiota che non era altro, l’aveva frantumato desiderando che Crysania potesse vedere di nuovo…per dare a lui, Raistlin, una seconda possibilità che fino a quel momento si era rifiutato di sfruttare. C’era anche di Caramon in lei, senza ombra di dubbio.
Raistlin strinse le labbra, soffocando un accesso di tosse. Non gli piaceva essere guidato, né gradiva intromissioni nella propria vita. Più conosceva Katlin, però, più si rendeva conto che questo non era lo scopo della giovane donna. Non avrebbe mai osato tanto…perché lei stessa era governata dal desiderio di costruirsi da sola la propria vita. Lei gli aveva solo spianato la strada, perché conosceva il suo cuore, e il fatto che si stesse comportando come uno sciocco ed un vigliacco provocava la sua rabbia.
Raistlin fece un sorriso contorto. Chi fosse Katlin era ancora un mistero, ma di certo gli restituiva un’immagine più vera di se stesso. Avrebbe avuto il coraggio di far crescere l’unico fiore che fosse mai sbocciato nel terreno arido del suo cuore? Lui amava Crysania. La amava, la desiderava, desiderava possederla nel corpo e nello spirito. Allora perché non la prendeva?
«Già, perché?» mormorò, senza nemmeno accorgersi di parlare a voce alta. In passato, a frenarlo erano state due cose: l’impresa immane a cui stava andando incontro, che esigeva il più totale autocontrollo da parte sua, e la volontà di non contaminare la purezza di Crysania, cosa meno che altruistica visto che sarebbe stata quella stessa purezza a garantirgli il successo. Ma ora? Ora che non aveva freni di sorta, ora che Crysania non gli serviva più a nulla di concreto, perché non l’aveva fatta sua? Di cosa aveva paura? Non doveva far altro che allungare la mano e lei sarebbe stata lì. Potevano forse fermarlo le convenzioni, o gli Dei, o chiunque altro?
«No.- si disse, stupendosi della facilità con cui stava venendo a capo dei propri sentimenti ora che tornava ad usare il cervello- No, affatto.»
A lui non importava un bel niente del giudizio altrui. Temeva solo il proprio…era stata quindi la sola paura di riscoprirsi debole a tenerlo a lungo lontano da quella dolce tentazione. Ma lui voleva Crysania, quali che fossero i sentimenti di lei! La voleva, in barba alle crudeltà che le aveva detto e inflitto. Questo era molto più in linea con il suo carattere, a ben pensarci. Un tremito d’aspettativa gli colse il corpo, inducendolo a sorridere in modo contorto. Non sapeva nulla dell’arte dell’amore, eppure ormai era conscio che nemmeno questo importava. Una volontà che si cibava del calore del corpo di lei, della sua pelle liscia sotto le dita, del suo respiro rovente, avrebbe senz’altro guidato le sue azioni. Dopotutto, era l’unica impresa in cui non si fosse ancora gettato.
Un lieve rumore alle sue spalle lo riportò in sé. Si voltò. Dietro di lui, come un’immagine di Solinari stessa, inaspettata incarnazione delle sue fantasie, stava Crysania. La sua pelle era pallida e riluceva quanto la veste bianca e il medaglione appeso al suo collo. I capelli corvini le scendevano come una cascata di notte sulle spalle.
«Crysania…» sussurrò Raistlin, alzandosi lentamente. Lei abbassò per un istante lo sguardo, sofferta, poi lo guardò di nuovo.
«Fu orgoglio.» esordì lei, stupendolo. «Fu orgoglio a condurmi a te.- continuò lei, in un sussurro veloce e colpevole- Fu orgoglio a farmi credere di poterti redimere…anche se ciò avrebbe significato cambiare la forma della tua anima. E fu il tuo orgoglio a…a tenerti lontano da me tanto a lungo.»
«Siamo entrambi malati di ego, Dama Crysania.» convenne Raistlin con uno scintillio nelle pupille a clessidra. Lei annuì senza riserve.
«Entrambi accecati da grandi propositi…- disse, fra i denti- Due sciocchi, che pagarono come era giusto la debolezza dei loro cuori!»
«Cosa stai cercando di dirmi, Crysania?» chiese Raistlin, brusco. Le parole di lei non gli facevano piacere.
«Che sotto l’orgoglio c’era qualcos’altro!» La voce le si spezzò in un singhiozzo e la donna faticò a continuare. «Ma ciò che mi era ben chiaro quando vivevo nella cecità, mi è celato ora. E sto sprecando…sto sprecando la mia seconda occasione.»
Lentamente, Raistlin allungò una mano verso di lei. Crysania si avvicinò con cautela, e quando pose la sua mano in quella di lui le sue dita tremavano.
«Conosco quella sensazione di epifania, e so quanto il ritorno alla normalità non giovi alla comprensione del cuore.- sussurrò Raistlin, incatenando Crysania col suo sguardo- L’egoismo ci ammanta di tenebra…e non vediamo ciò che è sotto i nostri occhi.»
«Io non ho intenzione di continuare così. Vedo Katlin che lotta per realizzare il suo sogno, e il cuore mi si stringe in una morsa.- disse Crysania, ed una lacrima le scese veloce lungo la guancia- Tu sei l’Arcimago delle Vesti Nere più potente di Krynn e io il Capo della Chiesa di Paladine. Non so se il mondo e gli dei ci permetteranno mai di vivere insieme come una donna e un uomo normali, ma…io ti amo, Raistlin!» Le lacrime divennero un fiume irrefrenabile. A Raistlin sembrò che il viso di Crysania fosse tempestato di gioielli. «Io ti amo e non mi pentirò mai di questo!» singhiozzò.
Raistlin le prese il viso fra le mani a coppa, avvicinandosi a lei tanto da potersi sfiorare ad ogni respiro. Il pianto di Crysania si calmò e gli occhi di lei furono di nuovo soggiogati dalle sue iridi dorate.
«La Luce non cambierà mai la mia anima.- mormorò Raistlin, seguendo con un dito il profilo di lei- Lo sai, questo?»
«Né la Tenebra cambierà mai la mia.» rispose Crysania.
«Se io ti amerò, non potremo più tornare indietro.- sussurrò Raistlin, sfiorandole con la bocca i capelli e la fronte- Nessuno di noi due sarà più ciò che era.»
«Sia fatta la volontà di Paladine.» fu la sola risposta di Crysania. Il viso di Raistlin si aprì in un sorriso che insieme la fece gioire e rabbrividire.
«Che sia fatta.» disse Raistlin. Strinse finalmente tra le braccia quel corpo tremante, come mille volte aveva sognato nel suo sonno di morte, e la baciò sulle labbra. Una notte luminosa come non mai fece da testimone alla loro unione.



Partirono per Palanthas l’indomani mattina, sotto un sole pallido e con un elemento in più. Kyaralhana li aveva infatti pregati di portarla con loro. Quando le era stato chiesto il perché, invece di avviare il tipico discorso sull’avventura che li attendeva e sulle magie spaventose a cui avrebbe assistito, si era messa a strisciare i piedi per terra, con aria mogia.
«Vorrei…capire. Credo che se venissi con voi potrei imparare alcune cose.» aveva borbottato, senza che nessuno capisse a cosa si stesse riferendo…a parte Tasslehoff, che arrossì fino alla cima dei capelli. Si era già pentito di aver parlato a Kyaralhana con quel tono, ma non aveva ancora avuto occasione di scusarsi con lei. Inoltre, sembrava proprio che le sue parole avessero colpito nel segno.
Katlin, dopo aver squadrato i due kender con aria critica, aveva assestato una pacca amichevole sulla schiena di Tasslehoff e fatto aggregare Kyara al gruppo, indifferente alle occhiate sconcertate degli altri. Nessuno trovò da ridire, comunque, forse nella speranza che in questo modo i due kender si tenessero compagnia a vicenda, lasciandoli un po’ in pace.
Il viaggio si protrasse attraverso giorni più freschi e piovosi di quelli che avevano preceduto il ritrovamento della Sfera delle Tenebre. L’estate stava morendo e portava via con sé il caldo soffocante. Furono spesso costretti a cercare riparo nei villaggi che incontrarono, cercando di sfuggire a violenti temporali. Dovettero anche attraversare un territorio ben poco amico, in quanto sparpagliate nella zona si trovavano Sanction, Neraka e, da qualche parte, quel luogo magico e terribile che era Godshome. Superarono anche questo senza eccessiva difficoltà, né rallentamenti. Sembrava che la via fosse libera e spianata davanti a loro, quasi che la Regina delle Tenebre avesse desistito dall’ostacolarli…cosa che in effetti era, sebbene per motivi meno che altruistici.
Le condizioni di Katlin rimasero stazionarie. Takhisis non tentò più incursioni all’interno del corpo della maga e il dimagrimento costante e la debolezza subirono una battuta d’arresto. Katlin ironizzò molto sulla cosa, ben sapendo che Takhisis desiderava solo avere un corpo abbastanza forte da non crollare per arresto cardiaco al momento della possessione. In ogni caso, approfittò della relativa calma per studiare con Raistlin e Dalamar lo Scettro dei Tre, finalmente completo, e per creare un incantesimo di invocazione efficace.
I maghi passarono la gran parte del tempo tra di loro, isolati e indifferenti agli altri, persi nello studio dell’oggetto magico. Le loro discussioni dotte ed astruse facevano venire il mal di testa persino a Tasslehoff, che presto smise di spiarli, annoiato. Difatti, i tre parlavano molto ma solo di teoria! Lo Scettro rimaneva diviso in tre pezzi e così sarebbe stato fino al momento di utilizzarne il potere.
Raistlin si prese l’incarico di dirigerne il potere distruttivo una volta scatenato, e nessuno gli contestò questo onore. L’Arcimago rimaneva il più potente fra loro e aveva un gran bel conto in sospeso con la Regina. La persona che più si godette queste lunghe sessioni di studio fu di certo Dalamar, anche se ciò non fece altro che turbare ulteriormente il suo animo.
Benché il fatto che Katlin avesse un effetto deleterio sul suo autocontrollo, e che vi fosse una grande attrazione fisica tra loro, fosse ben chiaro all’elfo oscuro già da tempo, la reale portata di questi vaghi sentimenti lo aveva colpito con forza il giorno in cui Katlin gli era quasi morta sotto agli occhi. Ricordava vagamente la spinta delle mani di lei, che lo aveva gettato in acqua, spezzando la sua concentrazione. In quel momento era ancora immerso totalmente nell’oscurità della Sfera, la sua volontà era ancora occupata a soggiogarla. Era stato solo l’impatto con l’acqua gelida, la sensazione di non potere più respirare, a riportarlo alla realtà. Non aveva visto il drago colpire Katlin e scagliarla contro la parete di roccia…la fine che era stata preparata per lui.
Quando era uscito da dietro il cumulo di preziosi, Katlin era una forma spezzata fra le braccia di Caramon. Dei…al solo ripensarci, il corpo gli si ricopriva di una patina di sudore gelido. Il cuore aveva per un attimo cessato di battergli, ogni facoltà mentale si era presa una pausa. Non aveva potuto far altro che inginocchiarsi accanto a lei, col suo nome incastrato in gola. Aveva allungato le mani verso di lei, ma non aveva potuto toccarla. Farlo avrebbe reso reale ciò che era successo.
La sensazione era stata devastante, straziante, come essere tirato in mille diverse direzioni e finire dilaniato. Al contrario, la luce riposante che l’aveva inondato quando Dama Crysania l’aveva guarita gli aveva gonfiato il cuore tanto da indurre le lacrime ad affacciarglisi agli occhi. Lacrime. Non aveva mai pianto, che ricordasse.
Inutile girarci intorno. Dalamar era ormai conscio di essere innamorato. Non capiva come questo fosse potuto accadere, ma si era innamorato di quella giovane dalla lingua pungente e i modi d’angelo. Katlin relegava Kitiara ad un insignificante ruolo di passaggio. Come poteva essere accaduto?
Discuteva di magia con lo Shalafi, seduto accanto a lei, e si immaginava di fare la stessa cosa alla Torre negli anni a venire, creando magie sempre più potenti, trascorrendo i momenti di pausa con Katlin, sua collega ed amata compagna. Era una fantasia puerile, forse, ma esercitava un certo fascino. Il Portale che s’approssimava, però, gettava un’ombra sugli occhi maledetti della giovane, un’ombra che sapeva di morte e spezzava ogni illusione di Dalamar.
Dalamar non si era istupidito così tanto da voler mettere in palio il proprio cuore per una donna ad un passo dalla morte. Finché non avesse espresso a voce i propri sentimenti, avrebbe ancora potuto liberarsene. Avrebbe atteso lo sviluppo della situazione, e poi…Poi, avrebbe deciso se coltivare o distruggere quel bislacco sentimento.



«Ed eccoci qui…» canticchiò Katlin, appoggiata con i gomiti al davanzale di pietra.
«Sei allegra?» chiese Raistlin, sarcastico. Era seduto sul suo scranno e le voltava le spalle, mentre sfogliava un antico volume.
«Euforica, quasi.» rispose Katlin, con una breve risata nervosa che disse tutto il contrario. Katlin sospirò e si voltò, appoggiando la schiena al davanzale e incrociando le braccia sul petto.
Erano circa le cinque di pomeriggio e il gruppo era giunto alla Torre di Palanthas da nemmeno due ore. Spossati dal viaggio interminabile che avevano compiuto, tutti si erano fiondati a dormire senza nemmeno toccare cibo, occupando le stanze che Raistlin aveva messo loro a disposizione. Gli spettri avevano accettato il ritorno del Maestro del Passato e del Presente con tranquillità, e di nuovo l’Arcimago era padrone incontrastato della Torre. Dalamar non aveva mostrato alcuno scontento, cosa saggia.
Né Katlin né Raistlin si erano coricati, e già da un po’ si trovavano nello studio del mago. Katlin guardava fuori, in silenzio, immersa nei suoi pensieri. Raistlin stava ripassando le nozioni studiate mille volte concernenti il Portale. Il silenzio li aveva avvolti, bene accetto, almeno finché Katlin non si era messa a canticchiare.
La giovane maga sospirò, poi andò a sedersi poco distante da Raistlin, giocherellando con la cucitura mezza sdrucita della manica della sua veste.
«Quando passeremo all’azione?» chiese, costringendo Raistlin ad alzare gli occhi dal volume, contrariato.
«Domani pomeriggio. E’ meglio agire di giorno. Il luogo in cui ci troviamo favorisce già abbastanza la Regina.» fu la sua laconica risposta.
«Aumenta anche i tuoi poteri, però.» sottolineò Katlin, lanciando un’occhiata allo Scettro dei Tre, che giaceva in pezzi sulla tavola intagliata. Durante il viaggio avevano messo a punto l’incantesimo e ormai tutti e tre erano in grado di recitarlo perfino all’incontrario. Raistlin non reagì all’osservazione, tornando ostinatamente a guardare il libro che aveva davanti.
«Crysania ti aiuterà ad aprire il Portale?» chiese Katlin. Raistlin fu più lesto ad alzare lo sguardo, stavolta, e strinse le labbra nel vedere l’espressione sorniona sul volto di Katlin.
«L’hai finita di chiacchierare come un’oca?» sibilò, stizzito. Lei fece un gesto vago.
«Oh, andiamo! Lo sai a memoria quel libro, me lo ricordo perfino io.- borbottò- E non ti disturbare a rispondermi su Crysania. Il modo in cui vi guardate è radicalmente cambiato, fin da Kenderhome.»
Raistlin corrugò la fronte, decisamente contrariato, poi Katlin fece un sorriso stanco e la sua magrezza tornò a spiccare violentemente.
«Dai, sto solo scherzando un po’. Lo sai che sono felice per te.- mormorò, appoggiando il capo allo schienale e chiudendo per un attimo gli occhi- So bene che l’orgoglio è una brutta malattia.»
Raistlin rimase in silenzio per qualche istante, poi disse, caustico: «Hai finito?»
«In realtà no.- sospirò Katlin, riaprendo gli occhi- Ti devo chiedere un favore.»
Raistlin scosse appena il capo, poi chiuse il libro con un tonfo, rinunciando ad andare avanti con lo studio. Negli occhi di Katlin, la luce scherzosa nascondeva a malapena una forte tensione.
«Che diavolo vuoi?» chiese, posando i gomiti sul tavolo e unendo le punte delle dita. Katlin si prese un istante, prima di parlare.
«Raist…tu credi che Takhisis prenderà possesso del mio corpo per farsi trascinare su questo piano d’esistenza, non è vero?» chiese, sottovoce. Raistlin annuì e Katlin fece una smorfia. «Sì, è anche la mia ipotesi.- ammise, con voce amara- Lotterò strenuamente contro la possessione, tu lo sai, ma…se…se tu dovessi renderti conto che sono ormai in Suo potere e che ogni richiamo alla coscienza è vano…» Appuntò lo sguardo su di lui, pallida. «Desidero che tu mi uccida.» finì.
«Cosa?- fu la prima reazione di Raistlin, prima di corrugare la fronte e scrutarla nel profondo- Stai scherzando?!»
Katlin scosse il capo.
«Mai stata più seria.» disse, e dalla sua espressione Raistlin capì che la giovane stava ponderando l’eventualità già da tempo.
«Servono tre maghi per l’incantesimo.- argomentò Raistlin- Se ti uccido…»
«Basterà contattare Justarius.- disse subito lei, pratica- Sono certa che tu sia in grado di utilizzare perfino la Sfera della Luce. Non vi sarà problema.»
Raistlin la guardò in silenzio ancora per qualche istante.
«Perché vuoi morire? E perché lo chiedi a me?» chiese, socchiudendo gli occhi dorati.
«Non voglio morire! E’ la cosa che voglio meno al mondo!- protestò Katlin con ardore, e Raistlin si accorse di quanto dovesse costarle agire con determinazione- Ma…altresì non voglio che Lei mi possieda, né che faccia del male a Krynn a causa mia.» Sospirò, abbassando lo sguardo. «Io posso morire…non ho mai veramente vissuto.- sussurrò- E so che solo tu capirai, e farai ciò che è giusto. Gli altri…non hanno il senso delle priorità.»
Raistlin fece una smorfia vaga, poi Katlin gli afferrò le mani e si inginocchiò accanto a lui.
«Promettimelo.- disse, febbrile- Promettimelo!»
«Katlin…»
«Raistlin, devi promettermelo! Me lo devi!»
Raistlin la fissò in volto. Si sentiva strano…Non desiderava fare quanto gli era stato richiesto, anche se aveva ucciso sempre senza un pensiero. Eppure, ora si sentiva come se stesse per condannare se stesso. Perché?
Nonostante questo, una risposta affermativa gli sfuggì dalle labbra. Katlin sorrise con sollievo.
«Grazie.» sussurrò, chinando il capo e inondandoselo di capelli scuri. Non fece cenno di voler lasciare le sue mani.
«Katlin, ora alzati.- le disse, secco- Kat…»
Le spalle di lei furono scosse da un singhiozzo. Raistlin rimase senza parole. Nonostante tutte le sue vicissitudini, Katlin non aveva mai ceduto alla disperazione. Ma ora…
«Un attimo.- mormorò lei, e la sua voce era spezzata dal pianto- Concedimi…ancora un attimo.»
Raistlin sentì un cupo presagio inondargli il petto. Quasi senza pensare, consentì a Katlin di posare la fronte sulle sue gambe. Le accarezzò i capelli scuri come se fosse una bambina, mentre lei si liberava di tutte le lacrime che non aveva mai pianto e Raistlin si chiedeva se sarebbe stato davvero in grado di ucciderla quando fosse giunto il momento.


Dalamar si fermò davanti alla porta chiusa, poggiandovi sopra le punte delle dita.
«Entra, Dalamar.» sentì giungere dall’interno. L’elfo oscuro aprì la porta, entrando nella stanza affollata. Nella luce cupa di un primo pomeriggio che prometteva pioggia violenta, i compagni erano sparpagliati per il vasto studio. Lo Shalafi sedeva a capotavola, gli occhi inquietanti puntati su di lui. Seduta a poca distanza, con le spalle al caminetto spento, Katlin osservava le insondabili profondità della Sfera della Luce. Crysania era seduta alla destra del mago, e anch’ella si voltò verso di lui al suo ingresso. Sembrava pallida, ma nelle pupille le brillava una luce ferra. Tanis Mezzelfo era alla finestra e gli dava le spalle. Caramon Majere, in piedi con la schiena appoggiata alla parete di pietra, controllava che i due curiosi kender non allungassero le mani oltre che gli occhi sulle rarità contenute nella stanza.
Concedendosi un pensiero di rimpianto per il breve periodo di riposo e tranquillità, il breve periodo da padrone, che aveva goduto in quella stessa stanza, Dalamar chiuse la porta alle proprie spalle e venne avanti.
«Gli spettri sono avvisati e all’erta, Shalafi.- disse, con un breve inchino- Niente e nessuno verrà a disturbarci dall’esterno.»
Raistlin annuì.
«Un elemento di disturbo in meno, anche se dubito che qualcosa possa attraversare il Bosco.- disse- Alla porta principale, invece, penseremo noi.»
«Siamo pronti ad andare?» mormorò Katlin, facendo sparire la sfera.
«Qual è il livello della vostra concentrazione?» chiese Raistlin, apparentemente privo di fretta.
«Mi permetto di affermare che è al massimo, Shalafi.» rispose Dalamar. Katlin annuì, dando ad intendere che lo stesso valeva per lei. Avevano mangiato, dormito e meditato. Il momento era giunto.
Raistlin si alzò puntellandosi sul Bastone di Magius. Vedendo Tanis e Caramon staccarsi dalla parete, alzò una mano imperiosa.
«Solo Crysania verrà con noi.- disse, gelido- Non abbiamo alcun bisogno della vostra presenza.»
«Cosa?! Ma non è giusto!» replicò Tasslehoff, desolato.
«Raist, pensi che sia prudente…» interloquì Caramon.
«Non servirete a nient’altro che ad essere fonte di distrazione, lassù.- fu la secca risposta dell’arcimago- Resterete qui.»
«E se vi servisse aiuto? Se vi succedesse qualcosa?» chiese Tanis, cupo. Non gli piaceva essere estromesso in quel modo, benché non avesse alcuna voglia di rivedere la Regina in volto.
«L’aiuto che potrebbe servirci non sarà certo quello delle armi, Tanis.- disse Katlin, posando una mano sul braccio del Mezzelfo- Stai tranquillo. Occorre la magia per questo particolare lavoro.»
«Ma se succedesse qualcosa?» chiese ancora Caramon, corrugando la fronte. Vide passare un fugace sguardo tra Raistlin e Katlin, uno sguardo che non gli piacque per niente.
«Gli spettri vi permetteranno di fuggire dalla Torre, se proprio le cose dovessero andare in rovina, ma non credo in questa eventualità. Non fino in fondo. Comunque vadano le cose, Takhisis non passerà.- disse Raistlin, poi esalò un sospiro secco- E ora basta con le domande. Crysania, vieni qui.»
Crysania raggiunse Raistlin, che la tenne vicina a sé.
«Restate qui.» ingiunse il mago per l’ultima volta, prima di scomparire insieme alla chierica. Dalamar lo seguì senza una parola. Katlin sorrise in segno di commiato, poi scomparve a sua volta.
«Non vorrei dirtelo, Caramon, ma ho un brutto presentimento.» commentò Tanis, corrugando la fronte. Caramon annuì.
«Io so dov’è la stanza del Portale, Tanis.- mormorò- Se avremo il sentore che sta accadendo qualcosa, non ce ne andremo con la coda fra le gambe.»
«Nossignore! Caramon ha ragione!» disse Tasslehoff, combattivo. Caramon e Tanis annuirono entrambi.
«Scusate, ma che cos’è la stanza del Portale?» chiese Kyaralhana, con voce squillante.


I tre maghi e la Reverenda Figlia di Paladine si materializzarono a pochi passi dal Portale, silente e muto dietro le tende, tutt’ora in disordine dopo la recente apertura. La malvagità che si respirava nella stanza, tuttavia, era più intensa del solito, tanto che Crysania vacillò e dovette appoggiarsi al braccio di Raistlin.
«Che Paladine illumini la nostra via…» mormorò la donna, gli occhi fissi sul Portale.
«E’ appena oltre la soglia.- disse Raistlin, con un sorriso cupo- Ci attende.»
«Mi attende, vorrai dire.» disse Katlin, con voce incolore. L’arcimago la guardò, ma non vide alcuna particolare emozione sul suo volto, nonostante l’alta probabilità che quelli fossero i suoi ultimi minuti di vita.
«Non può agire su di noi, finché non mette piede nel nostro piano di esistenza.» asserì Dalamar. Non poté però trattenere l’agitazione nel gesto con cui si fece comparire in mano la Sfera delle Tenebre. Erano alla resa dei conti, ed eccitazione e paura facevano a gara per prevalere.
«Giusta osservazione, apprendista.- ammise Raistlin, sardonico- Ora, se abbiamo finito con le chiacchiere, direi che potremmo ritrovare la concentrazione e cominciare.»
Sia Dalamar che Katlin annuirono. Crysania ritrovò la forza di stare in piedi la sola e indietreggiò di un passo per dare spazio di manovra a Raistlin. Guardò l’uomo che amava e che l’amava a sua volta. Di nuovo, stava per aiutarlo ad aprire il Portale. Stavolta, però, con un obiettivo che non le avrebbe sporcato l’anima.
Katlin ruotò il polso, e la Sfera della Luce le comparve nel palmo della mano. Raistlin richiamò il Bastone della Neutralità con un veloce movimento delle dita.
Il modus operandi che avevano deciso era ben chiaro nelle loro menti. L’incantesimo di attivazione si divideva in tre parti distinte, ciascuna con un livello esponenzialmente più alto di difficoltà e concentrazione. La prima, atta ad attivare il potere latente nell’oggetto, era scritta in rune magiche sull’oggetto stesso. La seconda era stata creata dai tre maghi durante il viaggio di ritorno e legava il proprio potere magico a quello dell’oggetto. La terza parte, l’invocazione, necessitava una grande forza di volontà ed un mostruoso impiego di potere magico. Purtroppo era necessario aprire il Portale per distruggerlo, in caso contrario esso si sarebbe semplicemente teletrasportato in un altro luogo, come già aveva fatto in passato. Per questo, si era deciso di attivare l’accettazione prima dell’apertura del Portale, e di ultimare l’incantesimo una volta che questo fosse stato aperto. Il compito più gravoso toccava a Raistlin…in più di un modo.
Raistlin guardò di nuovo Katlin, poi si concentrò sul suo operato. Non doveva pensare alla promessa che le aveva fatto. Nel caso le cose si fossero messe al peggio, allora avrebbe agito.
Katlin lesse ad alta voce la lunga serie di rune che cospargevano la Sfera che teneva in mano, ed essa si illuminò di una luce argentea come quella di Solinari. Si sollevò dal suo palmo e prese a girare lentamente a mezz’aria. Fu allora la volta di Dalamar, che sillabò lunghe parole gutturali. La Sfera si animò di una luce malsana e prese a ruotare in senso antiorario, anch’essa a mezz’aria. Raistlin pronunciò a sua volta le parole della magia, che parvero dare stabilità al potere che aveva iniziato a permeare la stanza. Il Bastone si sollevò in aria, a comporre un triangolo di potere di cui esso era al vertice, vorticando velocemente.
«E’ ora, Crysania.» sussurrò Raistlin, gli occhi fissi sul Portale. Crysania si fece avanti e pose la sua mano delicata in quella lievemente dorata di lui. Fra loro vibrò qualcosa di potente e nuovo, probabilmente dovuto all’unione che ora li legava. La comunione d’intenti fra la Veste Nera e la Chierica di Paladine era forte come non era stata nemmeno al primo passaggio nell’Abisso.
«Drago nero/ Dall’oscurità all’oscurità/ la mia voce echeggia nel vuoto
Drago bianco/ Da questo mondo al prossimo/ la mia voce grida di vita…» cantò Raistlin, senza alcun cedimento nella voce. Le teste di drago si illuminarono una per una, gridando di sfida. Divenne sempre più palese la presenza di qualcosa di terribile, nefando, appena oltre la soglia, ma questo non fece cedere i presenti di un millimetro. Si erano preparati all’eventualità che Takhisis li attendesse oltre la soglia, e il profondo controllo inculcato loro dall’addestramento li manteneva quanto più possibile freddi.
Raistlin ultimò l’incantesimo, le teste gridarono ed una luce accecante riempì la stanza. Senza un suono, il Portale si spalancò sull’Abisso…e Lei era là. Takhisis.
Occorse un immenso sforzo di volontà a tutti i presenti, per reggere la vista di ciò che stava oltre la soglia. Sia Dalamar che Crysania la videro come il Drago di Tutti i Colori e di Nessuno. Le teste stridevano di sfida e malefica gioia dalla cima dei colli serpentini, che si protendevano fino al limite della Porta per azzannare l’aria, promettendo loro il tormento eterno. Katlin la vide come il possente Cavaliere, che puntò la spada verso la sua fronte, come a volerle ricordare il suo marchio. Raistlin la vide come la Tentatrice, ma ormai il suo corpo era in pace e non diede più di uno sguardo al Suo sorriso contorto, al Suo corpo ammaliatore.
«Majere…- sibilò la Dea, con voce morbida ed al contempo stridente- Gentile da parte tua aprirmi la Porta.»
«Non ascoltatela.- disse Raistlin, imperturbabile- Katlin, inizia l’incantesimo.» Katlin non rispose immediatamente e Raistlin si voltò verso di lei con aria cupa. La giovane maga stringeva i denti. La sua fronte bianca era sudata, come se fosse sotto sforzo. La pietra sulla sua fronte era avvolta da un’aura oscura. La Dea rise piano.
«Lei è mia, non lo sapevi, mago da strapazzo?» mormorò, puntando la mano verso Katlin e stringendo il pugno. Lei soffocò un’esclamazione di dolore, portandosi una mano alla fronte e poi al petto.
«Katlin!» la riprese Raistlin, gelido, gli occhi dorati implacabili fissi su di lei. In quelli identici di Katlin passò un riflusso di rabbia che allentò per un attimo la presa della Dea.
«Sorge in un tripudio di colori/ - disse, con voce forzata ma chiara e densa di potere- un mondo nuovo e antico/ in cui l’anima pura eleva un canto. / Nella luce di mille soli/ la vita prende le forme del potere/ e ciò che cresce genera bellezza.»
Raistlin annuì, come a voler approvare quello sforzo di volontà, quindi si voltò verso Dalamar. Il suo apprendista era pallido come un cencio, ma sembrava non aver perso concentrazione. Sopra di loro, la Sfera della Luce brillava come un piccolo sole, ora allo stesso livello del Bastone della Neutralità.
«Nell’oscurità eterna/ la notte seduce la morte/ e fa sua la sognante immobilità./ La cecità acuisce i sensi/ e le carezze della tenebra voluttuosa / ammaliano schiocchi e sapienti.» pronunciò Dalamar senza tentennamenti. La Sfera delle Tenebre andò a far compagnia alla sua complementare. Takhisis rimase in silenzio, quasi osservasse l’incantesimo con interesse accademico. Fu quindi la volta di Raistlin.
«Nel lento scorrere del tempo/ ogni cosa si trasforma/ nel passaggio del potere. Ciò che unisce e lega/ giace sul piatto della bilancia/ e la vita diventa moderazione.» disse, scandendo bene le parole. Il Bastone si bloccò a mezz’aria, avvolto da una spiraleggiante luce rossa.
Toccava di nuovo a Katlin, ma questa volta Raistlin non poté nemmeno iniziare ad incitarla. Quando si voltò, si trovò davanti qualcuno che di sicuro non era Katlin. La trasformazione avvenne senza alcun passaggio evidente. Non vi furono svenimenti, né stati di trance, né Katlin parve soffrire nel corpo. La giovane chiuse semplicemente le palpebre per un istante. Quando le riaprì, al loro interno bruciava la terribile presenza di Takhisis.
Dalamar si rese d’improvviso conto di quanto disperata fosse stata la situazione fin dall’inizio. Come avevano potuto credere che Katlin avrebbe resistito alla possessione? Era ovvio che la sua anima sarebbe stata scalzata via con facilità! Strinse i denti, mentre un sudore freddo gli imperlava la fronte. Guardò il suo Shalafi e lo vide immobile, pressoché imperturbabile. Non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa. Vi fu una risata maligna, che stravolse i lineamenti di Katlin. Senza parvenza di continuità, la cosa che non era né Katlin né Takhisis, smise di ridere ed allungò una mano,  afferrando Crysania, basita per lo shock, per un polso, e costringendola a starle a fianco con una forza che aveva ben poco di femminile. Si fece comparire in mano un pugnale e lo puntò alla gola della donna. Di nuovo, Raistlin non si mosse, nemmeno vedendo il panico ed il ribrezzo negli occhi di Crysania. Non doveva essere piacevole essere toccati dalla Dea.
«Fin troppo facile, miei cari. Questo corpo non è che un guanto in attesa di essere riempito.» fu la prima cosa che disse Takhisis e tutti i presenti sentirono la voce provenire da due distinte direzioni: il corpo di Katlin e la figura terrificante al di là del Portale. Fece un gesto circolare con la mano con cui teneva il pugnale, circondandosi di una barriera magica.
«Cosa c’è, Majere?- ridacchiò- Sorpreso? No, non ti sottovaluto a tal punto. Ma forse…sotto sotto avevi sperato di farla franca, non è vero? Eppure avevo predetto che ti saresti pentito di non esserti accontentato del tuo pacifico sonno!»
Raistlin non rispose. Dal suo viso non trasparì la minima emozione e Crysania comprese che alla base di quella totale calma stava qualcosa. Forse, lui e Katlin avevano parlato di quell'eventualità! Forse vi era un accordo tra di loro! Il pensiero le fece l’effetto immediato quanto gradito di dissipare il terrore. Certo, doveva essere così. Erano entrambi maghi esperti, nonché persone dall’intelligenza acuta. Dovevano avere qualche asso nella manica. E se anche così non fosse stato, non doveva assolutamente permettere al corpo di Katlin di oltrepassare la soglia del Portale.
«Al momento possiedo la tua donna e che questo ti sia da monito prima che tu agisca in maniera sciocca. Ucciderla mi prenderà non più di qualche secondo, e tu avrai da rimpiangerlo per quel po’ di vita che ti resta, Majere.- sogghignò la Dea- O forse, chissà, deciderò di divertirmi con te, alimentando il tuo tormento nei secoli del mio regno…quel regno che sta per giungere!» Spostò lo sguardo su Dalamar, che sentì la propria anima accartocciarsi dal terrore. «Potrei perfino darti della compagnia, Majere!» rise Takhisis, e la testa di Katlin venne gettata all’indietro, aumentando l’oscenità di quel macabro divertimento.
«Dunque, prese le mie piccole precauzioni, sono costretta a salutarvi…vi concedo di fuggire, avrete circa un paio di minuti prima che io vi raggiunga e vi faccia miei.- disse la Dea attraverso la bocca di Katlin, storta in un ghigno- Oppure potete restare e vedermi giungere su Krynn nella mia gloria. Come preferite.»
Nel silenzio più totale, la cosa nel corpo di Katlin strattonò Crysania, trascinandola verso il Portale con passo sicuro.
«Hai commesso due errori fatali, mia Regina.» mormorò Raistlin. La sua voce, benché bassa, fu sufficiente a far voltare la testa di Katlin. Gli occhi le luccicarono di pericolosa ira e un certo disprezzo.
«Le tue chiacchiere non mi interessano, Majere.» sibilò, ma smise di camminare. Dalamar rabbrividì, nel rendersi conto che persino la Dea faticava a non farsi ammaliare dal magnetismo del suo Shalafi.
«Hai dimenticato che la mia magia è più forte di quella di Katlin.» continuò Raistlin, sempre con voce pacata e senza muovere un muscolo. La Dea rise.
«E con questo?- disse- Comunque non oserai agire, non con in palio la vita di…»
«E in secondo luogo…- continuò Raistlin, soverchiandola senza sforzo mentre un sorriso contorto gli stirava le labbra- Ti sei scordata che io non possiedo un cuore capace di provare pietà o rimorso.»
Ciò detto, pronunciò una parola, scattando in avanti. La barriera magica di Katlin si infranse. La Dea impiegò un istante ad accettare l’idea che gli sciocchi esseri umani di fronte a lei stessero contrattaccando, e questo permise a Crysania di mordere la mano di Katlin. La Dea la spinse via in un gesto inconsulto e Crysania si concesse un pensiero di rammarico per aver danneggiato il corpo di Katlin. Poi, Raistlin fu addosso a lei. Le colpì il polso e fece volar via il pugnale, quindi sollevò il proprio, pronto a colpirla. La cosa nel corpo di Katlin lottò e i due si strattonarono, compiendo una danza macabra davanti al Portale aperto.
«Raistlin!- gridò Crysania, vedendo il pugnale- Raistlin, cosa fai?!» Dalamar le corse accanto e la prese per le spalle, costringendola a non muoversi. Crysania lo guardò e vide che era pallido.
«Lasciamolo fare, Reverenda Figlia. Lo Shalafi sa…» disse, rauco. Crysania fece per ribattere, poi scelse il silenzio. Anche Dalamar stava soffrendo, era evidente. Sperò ugualmente che non fosse quella la soluzione scelta da Raistlin.
Dal canto suo, l’arcimago stava lottando contro un avversario del tutto pari. Faticò a costringere il corpo di Katlin a terra. Lei aprì le labbra per riversargli addosso qualche incantesimo, e fu costretto ad impegnare una mano per chiuderle saldamente la bocca. I polmoni gli sembravano due tizzoni accesi, da tanto gli facevano male.
«Se anche la ucciderai, io non ti permetterò di chiudere il Portale!- stridette la Regina, nelle loro menti- Capisci, Majere?! Se anche convocherai Justarius, la mia aura farà in tempo a spandersi sul mondo! I draghi torneranno in battaglia! Le legioni che già sto preparando diverranno più forti! E tu morirai, morirai come un verme! Tu…»
«Imparate il silenzio, mia Regina.» disse Raistlin, con una smorfia. Piantò il pugnale nel petto di Katlin e al grido di Crysania si mescolò quello discordante di due voci provenienti dalla stessa gola.
«Raistlin! Cos’hai fatto, tu…» rantolò Crysania, coprendosi la bocca con le mani.
Raistlin non le badò. Continuò ad osservare il volto contratto di Katlin. Gli occhi che lo guardavano, ora, appartenevano alla giovane.
«Non mi hai ucciso.» disse lei, digrignando i denti.
«Sei libera dalla possessione?» disse Raistlin, sbrigativo. Lei annuì, e oltre il Portale la dea stridette. «Allora finisci ciò che hai cominciato.»
Katlin annuì ancora, mentre Raistlin si alzava con fatica per lasciarle spazio. Barcollò, ma non cadde. Aveva tentato un azzardo e gli era riuscito. Ricordando che il dolore riportava Katlin in sé., aveva piantato il pugnale nella carne morbida tra il braccio e il torace, a destra, lontano dagli organi interni. Non poteva però sapere se le avesse reciso o meno qualche vaso sanguigno importante, nervi o tendini, non con lei che si dimenava come una serpe. A quello avrebbe pensato Crysania, più tardi.
Katlin si alzò in piedi con fatica, con la veste bianca ormai macchiata del sangue che le scorreva lungo il braccio destro. Sotto gli sguardi attoniti di Dalamar e Crysania, torse leggermente il pugnale nella ferita, senza estrarlo. La dea gridò, ma sul volto di Katlin, nonostante il dolore, comparve un sorriso orribile.
«Sono pronta.» ansimò.
«Dalamar, torna al tuo posto. Non c’è tempo da perdere.» intimò Raistlin. Dalamar si affrettò ad ubbidire, ritrovando la freddezza.
«Io invoco la Luce, che domina il Giorno!» esclamò Katlin, con voce limpida e potente. La sua bellezza e la sua grazia parvero rafforzate da quelle parole. Una luce bianca e calda la soffuse, rendendola del tutto immune all’odio bruciante che proveniva dall’altra parte del Portale.
«Io invoco la Tenebra, che domina la Notte!» disse Dalamar, ammantandosi di un’aura tenebrosa che lo rese terrificante a vedersi.
«Io invoco la Neutralità, di albe e crepuscoli!» furono le parole di Raistlin, i cui occhi densi di sfida non abbandonarono mai quelli della Regina, che dall’altra parte del Portale sanguinava da un braccio, un depravato riflesso di Katlin. Lo Scettro dei Tre si unì con un profondo rintocco, un accordo perfetto. Takhisis stridette di nuovo.
«Me la pagherete, Majere!- gridò, furiosa- Me la pagherete, quant’è vero…»
Raistlin non l’ascoltò. Sia Dalamar che Katlin erano ancora avvolti dall’aura magica, tramite con la forza divina, e non poteva perdere un istante. Alzò le braccia ed afferrò lo Scettro, tenendolo alto.
«Ciò che è stato diviso è ora unito dal Potere dei Tre. Ac’jashot nimarah kluili funweden’ta. Ciò che ha perso potere, sia ora infuso del nostro! Ryuhonmaj dez’kaban wutraij aeshuuld imb’aha.»
Una possente energia affluì ai corpi dei tre maghi, per poi riversarsi nello Scettro dei Tre. Qualcosa di misterioso e immenso, forse una traccia di quel Caos che aveva dato origine agli Dei stessi, si propagò da esso ed andò a colpire il Portale. Una fragorosa esplosione accecò ed assordò i presenti, soffocando l’ultimo grido di frustrazione della Regina delle Tenebre. Tutti furono scagliati contro la parete di fondo come fuscelli.
Quando questo finì, i tre pezzi dello Scettro caddero a terra con sordi tintinnii. Poi, vi fu solo silenzio.



«Che cos’è?!» gridò Caramon, aggrappandosi alla grande tavola.
«Tas! Kyara! Tenetevi a qualcosa!» esclamò Tanis, mentre i kender caracollavano per la stanza. Una forte scossa fece tremare il pavimento ancora per qualche istante, poi tutto finì.
Tanis e Caramon si scambiarono un’occhiata, mentre i loro cuori in tumulto cercavano di placarsi.
«Cos’è stato?- mormorò Tanis, passandosi una mano sul volto- Per gli Dei…»
«Probabilmente hanno distrutto il Portale!» disse Tasslehoff, ottimista.
«Oppure è successo qualcosa.» disse Caramon, cupo. Tanis lo fissò per un istante, poi gli mise una mano sulla spalla.
«Coraggio, facci da guida.- disse- Andiamo a vedere che è successo.»
Caramon lo guardò con una luce di ringraziamento negli occhi, quindi scattò verso la porta. Gli altri andarono dietro di lui.
«So la strada,  perché mi è capitato di dover andare a recuperare Raistlin in quella stessa stanza.- disse Caramon, imboccando delle scale- Mi è stata mostrata una volta da uno degli spettri.»
«Che, grazie al cielo, ora non sono qui.» osservò Tanis.
«Io, invece, vorrei vederne uno.» disse Kyaralhana, guardandosi attorno.
«Oh, quanto mi sarebbe piaciuto vedere come funzionava quello Scettro!» si lamentò Tasslehoff, rassegnato.
Le scale si rivelarono terribilmente lunghe e gelide. Caramon non avvertiva lo stesso progredire di malvagità della prima volta in cui aveva scalato la torre, e questo lo sorprese. Forse Tas aveva visto giusto e le cose erano andate a buon fine…eppure Caramon aveva lo stesso un brutto presentimento.
Quando giunsero alla porta, sguainarono le spade. Caramon spalancò la porta, gridando: «Raistlin!»
Ciò che videro li impietrì sul posto. La parete di fronte, la parete su cui avrebbe dovuto stagliarsi il Portale, era vuota, annerita come a seguito di una forte esplosione, ma integra. Le tende sontuose giacevano in stracci fumanti sul pavimento, poco distante dai pezzi scissi dello Scettro dei Tre.
«Allora ce l’avete fatta!» esclamò Tasslehoff, prima che Caramon mandasse un rantolo ed accorresse verso il piccolo gruppo inginocchiato sul pavimento. Crysania, Dalamar e Raistlin erano attorno a Katlin, che giaceva tra le braccia dell’arcimago, pallida come una morta. La parte destra della sua veste era inzuppata di sangue. Un pugnale giaceva a terra, accanto a Raistlin, mentre Crysania pregava a fior di labbra. La fronte della giovane donna era immacolata, senza più traccia della pietra nera di Takhisis.
«Per gli Dei…che è successo?!» chiese Tanis, accorrendo a sua volta.
«Chi le ha fatto questa ferita?- mormorò Caramon, sfiorando la spalla della ragazza- Santo cielo, chi…»
«Sono stato io, ma grazie a Crysania non te ne devi preoccupare, fratello mio.- rispose Raistlin, secco- Per mezzo del dolore, Katlin ha portato a termine la sua missione. Il problema è un altro.»
«Ma ora come sta?» chiese Tasslehoff, agitato.
«E’ libera dalla possessione, ma…non si sveglia.» disse Crysania, con le lacrime agli occhi.
«Ma perché? Perché non si sveglia?- chiese Caramon, guardando il fratello- Mi avevi detto che una volta libera dalla possessione di Takhisis…»
«Non si sveglia perché la sua anima si è scollegata dal corpo.» rispose Dalamar, con voce priva d’inflessione. Cadde un silenzio attonito.
«E se non troviamo il modo di ricondurla al corpo entro breve,- finì Raistlin, appuntando le sue iridi dorate in quelle di Caramon- potete anche prepararvi a dirle addio.»

 

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Capitolo 16
*** 15 - Segreti svelati ***


«Vuoi dire…che…sta morendo?» balbettò Caramon, guardando alternativamente il fratello e il volto immoto di Katlin.
Lo sapeva! Sapeva che qualcosa sarebbe andato storto! Se lo sentiva nelle ossa fin da prima che quell'assurda missione iniziasse! Fin da prima che Katlin facesse la sua comparsa su Krynn! Lei gli aveva restituito suo fratello, ma ora era lei che stava per andarsene, in quel modo terribile e stupido. Il modo in cui era morta sua madre.
«C’è qualche speranza di riportarla al suo corpo, Raistlin?- chiese Tanis, cupo- Hai qualcosa in mente? Qualcosa che possa servire?»
Raistlin non rispose. Non poté. In quel momento la gola gli si strinse alle dimensioni di uno spillo e prese a tossire in un crescendo allarmante, piegandosi e quindi accartocciandosi su se stesso.
«Raistlin!» esclamò Crysania, prendendolo per le spalle, scosse dai singulti. Raistlin si portò le mani alla bocca, coprendola, ma tutti videro minuscole goccioline di sangue sfuggire attraverso le sue dita. Katlin scivolò sul velluto nero e cadde a terra, producendo un tonfo sordo quando la testa toccò il pavimento. Il suono, anche se soffocato dagli spasmi di Raistlin, mise addosso i brividi a tutti. Portava alla mente immagini di qualcosa già defunto, non più una persona ma un oggetto. Caramon pose una mano sotto la testa di Katlin e la sollevò con delicatezza, prendendola tra le braccia.
«Raistlin, cosa facciamo?»  chiese, mantenendo una calma che di certo non provava.
«Non può parlare, Caramon…» disse Crysania, preoccupata. Era ovvio che Raistlin avrebbe sofferto molto, visto il quantitativo di magia che aveva usato e la prova fisica a cui si era sottoposto. Doveva essere distrutto, e necessitava di riposo. Era stupefacente di per sé che fosse riuscito a reggere quel tanto che bastava da capire quali fossero le condizioni di Katlin!
«Credo che dovremmo tornare di sotto.- li esortò Dalamar, la cui apparente indifferenza sembrava piuttosto un’apatia da shock- Lo Shalafi ha bisogno della medicina, e…»
Raistlin annuì con quel poco vigore che gli restava.
«…sotto…- riuscì a dire, tra le labbra macchiate di sangue- Katlin…il tempo…” Tossì di nuovo, così forte da far temere che si spezzasse qualcosa all’interno del suo corpo, poi lanciò a Caramon un’occhiata stanca. Il gemello annuì.
“Tanis, vuoi aiutare Raist a scendere di sotto? Io devo portare Katlin.» disse, alzandosi in piedi. Il mago chiuse gli occhi, appoggiandosi alla spalla di Crysania mentre tentava di far tornare normale la propria respirazione. Caramon aveva capito perfettamente il senso delle parole di Raistlin. Dovevano allontanarsi da quella stanza, su cui aleggiava ancora il malvolere della Regina delle Tenebre. Inoltre, dovevano permettere a Raistlin di riprendersi il prima possibile, perché il tempo concesso a Katlin era minimo e solo l’arcimago sembrava avere un’idea di cosa fare per la ragazza.
«Torniamo ai piani inferiori.» disse Dalamar, annuendo e recuperando i pezzi dello Scettro dei Tre.
Così, l’elfo oscuro e Tanis aiutarono Raistlin a scendere le scale, mentre Caramon trasportava Katlin e Crysania e i due kender li seguivano in silenzio.
Dalamar li condusse nella camera da letto dello Shalafi, sotto sua precisa richiesta. Il letto presente nella camera era molto ampio, più che adatto per ospitare due persone, e nel caminetto si poteva mettere a bollire l’acqua per la medicina. La stanza era buia, le tende coprivano l’unica parete non tappezzata di libri. Dalamar accese il fuoco con la magia, dissuadendo Crysania dall’aprire i pesanti tendaggi neri.
«Lo Shalafi non gradisce luce in questa camera.» spiegò, inchinandosi appena in segno di scuse. Tanis aiutò Raistlin a sedere sul letto e Caramon gli preparò dei cuscini per appoggiarvi la schiena, dopo aver deposto Katlin a fianco, sulle coperte scure.
«Ti preparo la medicina.» si offrì Crysania, con voce lieve. Raistlin scosse la testa.
«Prega per lei, mentre io mi riprendo.» sussurrò con la poca voce rimasta. La crisi sembrava passata, ma la gola era in fiamme e si aspettava di ricominciare a tossire da un momento all’altro. Era spossato oltre ogni dire. Gli facevano male i polmoni, aveva in bocca il sapore del sangue e il suo corpo anelava il riposo. Il sonno gli sussurrava una canzone ammaliante…ma se si fosse affidato alle sole preghiere di Crysania, Katlin non sarebbe più tornata.
«La preparo io.» disse Caramon, scambiando uno sguardo con Crysania. Lei annuì e s’inginocchiò al capezzale di Katlin. Congiunse le mani e chiuse gli occhi, immergendosi nella preghiera.
Per qualche tempo, nella stanza regnò il silenzio più assoluto. Kyaralhana si agitava, sprimacciando il tessuto delle tende, ma si conteneva dal cominciare a fare domande, messa in soggezione da quel silenzio così pesante, da quei visi così lunghi. Sperava che riuscissero a salvare Katlin, perché lei era gentile, e anche divertente. Provava una strana sensazione al petto al pensiero che morisse. Tasslehoff le sembrava mogio come quella mattina alla spiaggia. Anche Tanis aveva molte domande da fare, ma ebbe la pazienza di attendere che Caramon finisse di preparare la medicina e che l’arcimago la sorbisse con cautela, sorso dopo sorso, per restituire una parvenza di salute al suo petto malato.
Solo quando Raistlin abbassò la tazza sulle proprie gambe, Tanis parlò.
«Cos’ha esattamente Katlin?- chiese, appoggiato alla parete a braccia conserte- E’ in trance? O qualcosa di peggio?»
«Qualcosa di peggio.» rispose Raistlin, secco. Non avvertì spasmi preoccupanti alla trachea, perciò ritenne di poter parlare senza rischio di ricadere in un’altra crisi di tosse. «Katlin è sprofondata in qualcosa di molto simile al sonno di morte che mi colse nell’Abisso, quando…» Fece un gesto con la mano, senza finire la frase. Non ce n’era bisogno, in quanto avevano tutti un’idea di ciò di cui stava parlando.
«Un sonno di morte.- mormorò il Mezzelfo- Quindi la sua anima è morta, ma il suo corpo è ancora vivo?»
«Non proprio. Entrambi sono vivi, anche se non so per quanto tempo ancora.- disse Raistlin, scrutando il volto cereo della giovane di Yolta- Quando mi venne offerto quel sonno, fu Paladine ad intercedere. Mi furono concessi sogni di gioia, mentre il mio corpo si avviava con lentezza alla morte.»
«Cosa che non è mai avvenuta, perché Katlin ti ha salvato dall’Abisso.» disse Caramon, con viso tirato.
«Ha potuto farlo solo perché quel sonno era stato spezzato dagli Dei stessi.- fu la secca replica di Raistlin- Il mio spirito era stato risvegliato ed era cosciente della presenza del corpo, e della possibilità di ritornarvi come un essere vivo.»
«Shalafi, voi credete che questo stato di cose sia stato…un colpo di coda della Regina, giusto?» chiese Dalamar.
«In parte, apprendista.- ammise l’arcimago- L’anima di Katlin era già stata destabilizzata a causa dalla possessione e dal passaggio del potere divino. Probabilmente, uscire dal proprio corpo a causa dell’esplosione è stato un suo gesto inconscio di difesa. Purtroppo la Regina, all’ultimo istante, deve averne approfittato, altrimenti Katlin sarebbe già tornata.»
«Quindi Kat è imprigionata in un sonno di morte creato dalla Regina…» mormorò Caramon.
«Un lungo incubo che porta alla morte.» finì per lui Dalamar. Il suo sguardo era fisso su Katlin, e non fu difficile per nessuno leggere il tormento nei suoi occhi.
«Esatto, un lungo incubo.- disse Raistlin- Un incubo in cui lei crede di essere già morta e di non avere un corpo a cui tornare.»
«Per gli Dei…» mormorò Tanis.
«Ma tu puoi salvarla!- gridò Tasslehoff, correndo da Raistlin e stringendo nei pugni la sua veste nera- Tu sai come salvarla, non è vero, Raistlin?»
«Forse.» disse l’arcimago, liberandosi dalla stretta del kender con una smorfia infastidita. Si voltò verso Crysania. «Le preghiere non funzionano.» disse. Non era una domanda, ma Crysania aprì lentamente gli occhi, scuotendo la testa. Sospirò, affranta.
«Non riesco a raggiungerla.- ammise, con voce addolorata- Il luogo in cui si trova è troppo lontano e oscuro…Non è un luogo dove la Luce possa arrivare.»
Raistlin annuì, come se già lo sapesse.
«Potremmo provare a chiamarla per nome. Tutti assieme!- propose Tasslehoff, illuminandosi- Kat ha detto che di solito funziona…»
«Non funzionerà ora. Perlomeno, non così.- lo stroncò immediatamente il mago- Caramon, prendi il posto di Crysania.»
«Vuoi…che preghi?» chiese Caramon, incerto.
«Certo che no, sciocco!- sibilò Raistlin- Siediti solo dove stava Crysania!»
Caramon, incerto, si sedette sul bordo del letto, accanto a Katlin.
«Ora prendile la mano.» gli ordinò Raistlin. Caramon ubbidì.
«Raist, vuoi dirmi cosa…» cercò di nuovo di chiedere.
«Katlin ha un legame con noi.- disse Raistlin, assorto- Non ho idea della natura di questo legame, ma esso esiste, come perfino la nostra somiglianza fisica dimostra. Inoltre, le nostre anime sono collegate. Sono convinto che noi, insieme, potremmo riuscire a raggiungerla ed a riportarla indietro.»
«Tu credi?- chiese Caramon- Ma Raist…io di queste cose non ci capisco niente! Non conosco la magia. Io…»
«Caramon! Questo non c’entra nulla con la magia.» lo richiamò Raistlin, con una certa irritazione nella voce. Caramon si zittì, calmandosi all’istante, e l’espressione di Raistlin si addolcì appena. Lo guardò fisso e una comunicazione silenziosa passò tra loro. D’un tratto, Caramon capì. Raistlin gli stava chiedendo di tentare una comunicazione dello stesso tipo con Katlin. Ma tra loro funzionava perché erano gemelli! Nessun’altro era mai stato sensibile ai loro discorsi privati! Ma forse, con Katlin…possibile che potesse funzionare?
Caramon guardò il volto della giovane donna. L’affinità che sentiva con lei, l’affetto che provava, e le cose che Katlin aveva raccontato del suo passato, d’un tratto lo resero certo che il tentativo sarebbe andato a buon fine. Loro potevano raggiungerla. Potevano portarla indietro.
Quando alzò gli occhi, Raistlin aveva preso fra le sue una mano di Katlin. Lo sconcertò l’inspiegabile somiglianza tra quelle dita sottili, ma questo lo rese ancora più convinto.
«Proviamoci, Raistlin.- disse, sicuro- Che devo fare?»
«Chiudi gli occhi e chiamala.- fu la risposta di Raistlin- Chiamala finché non ti risponde. E poi aiutami a portarla indietro.»
Caramon annuì, e chiuse gli occhi. Lo stesso fece Raistlin. Entrambi, con estrema sorpresa di tutti, caddero in trance nel tempo di un respiro.



«Raistlin…»
«Sì.»
«Raistlin, dove siamo?»
«…nella mente di Katlin, credo. Mi sembra di riconoscere questa sensazione.»
«Ah, già…tu sei già stato nella sua mente. Ma Raist, io non riesco a vedere né me né te! E’ normale?»
«Stai un po’ zitto, Caramon! Nessuno di noi è abituato a cadere in trance, perciò non assillarmi. Piuttosto, usa quella boccaccia per chiamare Katlin.»
«Giusto. Ma vorrei almeno vedere qualcosa.»
Raistlin fece per rispondere con ulteriore cinismo, quando d’improvviso Caramon iniziò a comparire (al suo fianco?) in un luogo in cui poteva vederlo. Dapprima sembrò evanescente, poi prese man mano corpo. Emanava una certa quantità di luce, in netto contrasto col buio nulla che lo circondava.
«Ehi, sono tornato visibile!» commentò, sorpreso, guardandosi le mani.
«Così è solo uno sforzo di volontà.» ponderò Raistlin. Si concentrò, e a sua volta si fece corporeo.
«Ora mi sento più a mio agio.» disse Caramon, annuendo, poi si mise le mani sui fianchi e si guardò intorno con apprensione. «Kat! Ehi, Katlin!» gridò. La sua voce si perse nel vuoto e non vi fu risposta. «Dei, fa venire i brividi.- commentò Caramon, soffocandone uno- Dove la cerchiamo?»
«In realtà siamo già in lei.- disse Raistlin cupo- Camminiamo. Potrebbe servire, se ci concentriamo sul nostro scopo.»
Caramon annuì, prendendo con Raistlin una direzione a caso. L’arcimago tentò di attivare la luce del Bastone di Magius ma non ci riuscì. Per un po’ i due gemelli camminarono fianco a fianco, e di tanto in tanto Caramon provò a chiamare Katlin, sempre senza ricevere risposta.
«Mi sento impotente.- si lamentò il gigante, frustrato- Dannazione, dove può essere la piccola Kat?»
«Nella prigione più oscura che la sua mente possa concepire, senza alcun dubbio.» fu la secca risposta di Raistlin. Caramon rimase in silenzio per un istante.
«Di’, Raist,- disse, infine- perché lo stai facendo?»
Raistlin si voltò verso di lui con aria aggrondata e interrogativa.
«Voglio dire…perché stai mettendo tanto impegno per salvare Katlin?» chiese ancora Caramon. Raistlin fece una smorfia.
«Devo per forza avere uno scopo in tutto ciò che faccio, fratello mio?» chiese, cinico. Caramon scrollò le spalle.
«Preferirei fosse per affetto e amicizia, lo ammetto. E forse lo è.» Sbirciò la reazione del gemello, che sbuffò, sarcastico.
«Questo paga un debito.- fu la secca replica di Raistlin- E poi…se Katlin è davvero legata a me, a noi, non abbiamo ancora risposta a troppe domande che potrebbero risultare importanti.»
Caramon annuì, riconoscendo la verità nelle parole del fratello. Nonostante tutto, continuava a credere che anche Raistlin avesse sviluppato un riluttante affetto per Katlin e che questo lo spingesse a salvarla tanto quanto la sete di conoscenza.
«Kat!» gridò ancora, lasciando cadere il discorso.
«Katlin!» chiamò Raistlin, con voce meno potente. D’improvviso, il terreno sotto i loro piedi si fece morbido e cedevole.
«Che diavolo…» esclamò Caramon. Raistlin saggiò il terreno col bastone.
«E’ un pavimento di metallo…imbottito.- sentenziò, avvertendo un lievissimo rintocco sottostante- Forse ci siamo.»
«Katlin!» gridò Caramon, prendendo a camminare più veloce. Raistlin lo seguì, guardandosi intorno. Presto, nell’oscurità, furono discernibili pareti imbottite di un materiale di colore chiaro, appena visibile nella tenebra. Si trovavano in una larga stanza avvolta nelle ombre.
«Kat!» chiamò ancora Caramon, guardandosi attorno. Fu Raistlin a vederla per primo. Una figura raggomitolata in un angolo, il volto nascosto dai capelli, che si dondolava abbracciandosi le ginocchia, vicino a quella che sembrava una brandina.
«Shirak!» ordinò di nuovo, ma nemmeno questa volta il Bastone gli ubbidì. In quel luogo, vigeva la tenebra di Katlin. Caramon corse da lei e le si inginocchiò a fianco, chiamandola. Katlin non parve nemmeno accorgersene.
«Per gli Dei, guarda com’è piccola…» sussurrò Caramon, affranto. Raistlin si inginocchiò accanto a lui, osservando la giovane.
Nell’incubo costruito dalla sua mente, non doveva avere più di diciotto anni. Il suo corpo, sotto la tunica bianca e sobria che le arrivava alle ginocchia, era un misero insieme di ossa e pelle, tremante e sconvolto. Avrebbe dovuto aspettarselo, eppure la desolazione di quel luogo colpì Raistlin nel profondo. Quella era la cella in cui Katlin aveva passato più di metà della sua vita. Quella era la solitudine della pazzia che l’aveva accompagnata per tanti anni…il suo incubo peggiore. Un moto d’ira verso la Regina delle Tenebre iniziò a riempirgli il cuore.
«Katlin…- la chiamò ancora Caramon, sul punto di piangere- Kat, siamo venuti a prenderti. Ti portiamo via da questo posto.»
«Andate via.- disse lei, attraverso i capelli, con voce così atona che faticarono a riconoscerla come la sua- Io sono morta. Sono finita. Non li faccio più gli esperimenti. Andate via.»
«Katlin, tu non sei morta. Non ancora, a meno che tu non decida altrimenti.» disse Raistlin, scrutandone la reazione.
«Non voglio infermieri.- disse lei- Non voglio visite. Dite anche alla mamma di non venire. Faccio pietà. La pietà non mi piace.»
I gemelli si guardarono con sconcerto.
«Non ci sente nemmeno! Non capisce chi siamo!- mormorò Caramon- Raist, come facciamo?»
Raistlin corrugò la fronte, poi afferrò i capelli di Katlin e le alzò la testa con un gesto violento che strappò una protesta a Caramon.
«Katlin! Svegliati, maledizione!- ringhiò l’arcimago, spazientito- Siamo Raistlin e Caramon! Raistlin e Caramon!»
Katlin lo guardò, ma fu come se guardasse attraverso di lui. Non vi fu un minimo di comprensione nei suoi occhi. La smorfia di Raistlin si accentuò.
«Katlin! Katlin, ti prego, svegliati!» la incitò di nuovo Caramon, prendendole la mano con tenerezza.
«Io finisco qui.» mormorò lei, e vi fu quasi sollievo nella sua voce. L’ira di Raistlin crebbe.
«Hai intenzione di adagiarti sui tuoi ricordi dolorosi? Hai intenzione di arrenderti ad essi? Ti sto dando una seconda possibilità, stupida!- le gridò in faccia- E sai a cosa servono le seconde possibilità? Lo sai, dannata idiota?! Servono a rimediare ai propri errori, perciò ora non osare arrenderti ora, dopo avermi riempito la testa di queste sciocchezze!»
Katlin spalancò appena gli occhi. Una minuscola luce iniziò ad illuminare i suoi occhi morti.
«Raist! Raist, funziona!» disse Caramon, agitato. Non sapeva di cosa Raistlin stesse parlando, ma era evidente che quelle parole avevano toccato una corda profonda in Katlin.
«Volevi una seconda possibilità. Volevi un’altra vita.- continuò Raistlin, imperterrito, gli occhi fissi in quelli di Katlin- E allora vieni a prendertela, maledizione! Conquistatela con le tue sole mani!»
Katlin aprì la bocca due volte, come per dire qualcosa, ma non vi riuscì.
«Katlin, tutti ti aspettano.- disse Caramon- I due kender ammattiranno se tu non ti sveglierai! E Tanis…è molto preoccupato, Kat! Per non parlare di Crysania, che ti sta ancora vegliando. Sai quanto ha pregato per te?»
«Io…» sussurrò Katlin. La luce di comprensione nei suoi occhi cresceva sempre di più. Sembrava che stesse nuotando in acque profonde e buie verso la superficie.
«E Dalamar?- rise con voce tremante Caramon- Dovresti vederlo, potrebbe impazzire da quanto è addolorato! E poi…e poi non vorrai andare via senza vedere il viso di mio figlio?» La voce gli si spezzò del tutto, mentre le lacrime gli rigavano il volto. Anche il viso di Katlin si accartocciò in una smorfia addolorata. Iniziò a piangere.
«Caramon…Raist…» singhiozzò.
«Kat!» sospirò Caramon, abbracciandola. Raistlin si fece un po’ indietro,  stanco ma soddisfatto.
«Che stavo facendo?- chiese Katlin, liberandosi dall’abbraccio ed asciugandosi le lacrime- Santo cielo, che stavo facendo?! Io…»
«Questo incubo era un dono d’addio di Takhisis.» disse Raistlin.
«Vuoi dire che…non sono morta? Non sono morta quando il Portale è stato distrutto?» chiese Katlin. Entrambi i gemelli scossero il capo. Raistlin si alzò lentamente in piedi, quindi le porse la mano.
«Vuoi tornare fra i vivi, apprendista?» chiese, con un sorrisetto. Katlin lo guardò per un attimo, poi sorrise con una punta di malizia.
«E prendermi ciò che desidero? Sì, Maestro.» rispose. Prese la sua mano tesa e si alzò. Il suo corpo ridivenne quello di una donna, mentre si alzava. «Nemmeno io sono solita sprecare le seconde possibilità.» mormorò, arrossendo appena. Caramon le prese l’altra mano.
«Torniamo a casa, Kat?» chiese, sorridendo. Lei annuì e il suo viso si illuminò di gioia.
Le tenebre svanirono e Raistlin, Caramon e Katlin tornarono alla luce.




Raistlin Majere, Maestro della Torre di Palanthas, sedeva al lungo tavolo dello studio, apparentemente assorto nella contemplazione delle fiamme che riscaldavano la stanza. Il tempo si andava facendo più rigido, e il freddo aveva ripreso possesso di quelle antiche mura. Fuori brontolò un tuono, ancora lontano ma meno dei precedenti. Si stava già facendo buio.
Nella stessa stanza, Dalamar, il suo apprendista, riordinava con fatica e brevi esclamazioni stizzite il caos che i due kender, Tasslehoff e Kyaralhana, erano riusciti a combinare sugli scaffali nel breve tempo che avevano passato per la stanza. C’era da stupirsi che non si fossero rovesciati addosso qualcosa di letale o non si fossero ustionati le mani toccando i libri protetti! Ma c’era un dio, per quanto pasticcione, che proteggeva i kender…e c’erano incantesimi che proteggevano libri e oggetti dalle loro mani leste, fortunatamente.
Raistlin, in verità, non stava osservando le fiamme. Aveva un particolare interesse per l’agitazione del suo apprendista, un’ansia che si era accresciuta in quei tre giorni successivi al risveglio di Katlin.
La missione si era conclusa con successo, nel più completo silenzio da parte degli Dei. I maghi di Wayreth avevano già cercato di mettersi in contatto con Dalamar, ma l’elfo oscuro attendeva che il proprio Shalafi gli desse il permesso di aggiornare il Consiglio sulle ultime ‘novità’. Lo Scettro dei Tre giaceva nelle stanze personali di Raistlin, in attesa che l’arcimago decidesse cosa farne. Katlin aveva passato a letto non più di mezza giornata. A Raistlin ne erano occorse due intere e ancora non aveva ripreso del tutto le forze. Nel complesso, comunque, avevano tutti di che essere soddisfatti.
Tutti, pareva, tranne Dalamar, che stava diventando sempre più cupo e immerso nei suoi pensieri dacché la distruzione del Portale aveva messo fine a quell'avventura. Raistlin aveva un’idea piuttosto chiara di quali pensieri assillassero il suo apprendista.
«Hai visto Katlin, oggi pomeriggio, Dalamar?» chiese, con noncuranza, senza nemmeno voltarsi. Si accorse subito della tensione che irrigidì la schiena dell’elfo oscuro.
«No, Shalafi. Sono stato molto occupato.» rispose Dalamar, cortese ma sulla difensiva. Raistlin nascose abilmente un sorrisetto sarcastico.
«Probabilmente lo sarà stata lei stessa. Si aggira per la Torre come se fosse casa sua.- disse Raistlin, con una piccola smorfia- Il suo aspetto è molto migliorato in questi giorni, non trovi, apprendista?» Raistlin lanciò l’osservazione con casualità.
«Deve aver ripreso a mangiare con regolarità.- rispose Dalamar, dopo un attimo- Non so dirvi con certezza, Shalafi…non ho condiviso pasti con lei.»
Raistlin corrugò appena la fronte. Già, era vero…Dalamar sembrava evitare Katlin come la peste. La gioia che gli si era letta in volto quando Katlin aveva aperto gli occhi, i suoi occhi blu e non quelli maledetti da Takhisis, era stata pari solo a quella di Caramon, ma di certo di natura del tutto diversa. Raistlin provava un certo interesse per il gioco di tensioni che quei due stavano creando.
Aveva l’abitudine di analizzare il suo prossimo nel dettaglio, scandagliandone minuziosamente emozioni e debolezze…senza contare che aveva un conto in sospeso con Katlin, sull’argomento. In quei giorni, però, aveva potuto osservarli solo uno alla volta, quando andavano ad assicurarsi che il loro Maestro riposasse dalle fatiche e recuperasse le forze.
Katlin si era davvero ripresa velocemente, anche se sarebbe occorso tempo perché recuperasse l’aspetto di sei mesi prima, e negli occhi le brillava una luce di gioia che nemmeno i sarcasmi e le punzecchiature di Raistlin erano riuscite a smorzare. Era felice di essere viva, e non aveva alcuna intenzione di sciupare il momento adirandosi con Raistlin. Mentre gli altri trasferivano il loro alloggio al Tempio, ospiti di Crysania, Katlin aveva deciso di restare alla Torre. Raistlin pensava che questa fase sarebbe passata presto, ma nel frattempo provava un certo divertimento nel vedere quanto si fosse incupito il suo apprendista.  Raistlin pensava che Dalamar avesse molti buoni motivi per non dar sfogo alla sua passione per Katlin, ma questo giocare a nascondino lo irritava. Katlin era sciocca o ingenua all’eccesso? Possibile non avesse compreso cosa torturava l’elfo oscuro? E lui, come poteva non vedere che gli sarebbe bastato chiedere per vedersi cadere la ragazza ai piedi? Si concesse un sorrisetto di autoderisione.
«Dalamar, perché non vai a cercarla?» disse. Un tintinnio di vetri comunicò all’arcimago che Dalamar, sempre così attento, era appena stato sul punto di frantumare qualcosa. Non poté trattenere un sorrisetto sarcastico.
«Co…come, Shalafi?» chiese Dalamar, ritrovando la compostezza.
«Vai a cercare Katlin. Portala qui.- gli ordinò Raistlin, più duro- E’ ora di discutere del suo e del nostro futuro.»
Dalamar strinse le labbra, poi si inchinò.
«Come desiderate, Shalafi.» mormorò. Uscì dalla stanza, senza vedere ma avvertendo con chiarezza gli occhi malignamente divertiti puntati sulla sua schiena.
Dalamar sostò per un attimo fuori dalla porta, cercando di riprendere il controllo di sé. Non gli piaceva mostrare così palesemente allo Shalafi il suo turbamento, ma era preda della confusione.
Era vero, stava evitando Katlin fin dal giorno in cui si era risvegliata, guarita dalla maledizione. Questo perché? Perché una volta ultimata la missione, una volta scomparse le preoccupazioni primarie, Katlin si era trovata ad occupare una buona metà della mente in subbuglio dell’elfo oscuro! Questo non era bene. Non lo era affatto. Dalamar non aveva ancora la minima intenzione di sbilanciarsi con la giovane maga di Yolta. Non aveva avuto alcun riscontro da parte sua, le rare volte in cui aveva tentato un approccio. Si sentiva come un ragazzino imbranato alla prima cotta.
Dalamar scacciò quei pensieri con rabbia. Come era stato più facile avviare una relazione con Kitiara, una relazione basata sul sesso e un certo rispetto reciproco! Sotto ciò che Dalamar provava per Katlin c’era ben altro e l’elfo oscuro non aveva nessuna voglia di mettersi in gioco.
“E allora non farlo. Aspetta.” gli disse una voce nella mente. Dalamar si avviò distrattamente verso le camere di Katlin, annuendo. Giusto…non c’era alcun bisogno di mettersi in gioco. Poteva, viceversa, sedurla lentamente, gustandosi le reazioni di lei. Analizzando il comportamento di Katlin, avrebbe capito quanto sbilanciarsi, e quante possibilità avesse di farla sua senza compromettere la propria indipendenza. Il pensiero gli spedì un brivido piacevole lungo la schiena. Un sorriso malizioso gli sfiorò le labbra dopo giorni di cupa serietà.
«Katlin, mi è concesso entrare?» chiese ad alta voce, bussando alla porta. Non gli pervenne risposta. «Katlin? Sei dentro?» chiese ancora. Di nuovo nessuna risposta. Tentò la maniglia e trovò la porta aperta. Le stanze erano buie e non c’era nessuno. Dalamar scosse il capo e chiamò a sé uno spettro.
«Lord, Lady Katlin è nell’atrio della Torre, all’ingresso. La troverete seduta sugli scalini.-» lo informò lo spettro, prima di essere congedato. Dalamar scosse il capo, non riuscendo a capire che ci facesse Katlin seduta all’ingresso della Torre, ma pronunciò una parola e si teletrasportò a pochi gradini da lei. Katlin si voltò.
«Dalamar!- disse, e parve piacevolmente sorpresa- Cosa ci fai qui?»
«Potrei chiederti la stessa cosa.» ritorse Dalamar, scendendo le scale fino a lei. Si sedette sullo stesso gradino, ammirando la ritrovata bellezza di Katlin. Era vero, come lo Shalafi aveva notato Katlin stava riprendendo salute. Solo due bianche ciocche di capelli testimoniavano la maledizione da cui era stata colpita. I suoi occhi blu ghiaccio scintillavano.
«Questo posto mi piace. E’ il mio punto di non ritorno.- disse Katlin, stringendosi nelle spalle e sorridendo- Da quando sono entrata da quella porta, mi è successo di tutto.-»
«Hai sconvolto anche la mia esistenza, se ben ricordi.-» osservò Dalamar. Lei rise piano, un suono piacevole.
«Ho sconvolto l’esistenza di tanti, la mia compresa.» disse.
«Per poco, non è finito tutto in questa stessa stanza.- ricordò Dalamar- Ti avrei uccisa, se non avessi nominato lo Shalafi.»
«Così si è ridotta l’accoglienza alla Torre di Palanthas, Lord Dalamar?-» chiese Katlin, citando se stessa, guardando Dalamar con fare birichino. Dalamar sorrise. Le prese una mano e la sollevò, baciandole lievemente il dorso mentre la guardava negli occhi.
«Spero che l’accoglienza ora vi risulti adeguata, Lady Katlin.-» mormorò,  sollevando un sopracciglio con fare sarcastico, le labbra contro la pelle bianca di lei. La vide arrossire e rise segretamente tra sé.
«Ah…sì…molto meglio.-» balbettò Katlin, mentre Dalamar la lasciava andare. In quel momento sembrò molto più giovane della sua età e Dalamar dovette forzare il proprio istinto per non continuare su quella falsariga.
«Lo Shalafi mi ha ordinato di portarti da lui.- disse, noncurante come se nulla fosse avvenuto- Desidera discutere del futuro.»
«Oh…sì, capisco.- disse Katlin, riprendendo velocemente il controllo di sé- Il futuro.-» Scrollò il capo, sorridendo appena. Dalamar corrugò la fronte.
«Cosa c’è? Non…non resterai alla Torre? Credevo che questo fosse ormai stabilito.» disse Dalamar. Non gli piaceva l’espressione di Katlin.
«Non proprio. Non subito. Ho accennato qualcosa a Raistlin, ma…-» disse lei. Qualcosa nel petto dell’elfo oscuro precipitò con un tonfo. Il suo volto, però, rimase impassibile.
«Che vuoi dire?-» chiese, con voce più dura di quanto intendesse.
«Beh, per prima cosa farò visita a Wayreth, non appena avremo avvertito i maghi delle ultime novità.-» Pizzicò tra le dita il tessuto della sua veste. «Questa deve cambiare colore, e alla svelta. Il bianco non mi dona.-»
«Rossa?» chiese Dalamar, con un sorrisetto. Katlin annuì.
«Rossa. E’ il colore che avrei preso, se non avessi barato alla Prova. Sono un perfetto miscuglio di bontà e malvagità.» Ridacchiò. «Poi passerò da Solace. Voglio vedere il figlio di Caramon, e credo ci sarà un battesimo, o qualcosa del genere.-»
Dalamar annuì. Le cose che Katlin stava dicendo sembravano perfettamente sensate. L’elfo oscuro sentiva però avvicinarsi una qualche notizia sgradevole. Che fosse…
«Non vorrai tornare su Yolta?-» chiese, con voce che risuonò distante alle sue stesse orecchie. Katlin, dopo un istante, annuì.
«Per qualche tempo…credo di sì.- ammise, voltandosi verso Dalamar con una richiesta di comprensione negli occhi- Ho lasciato mia madre nei pasticci, Dalamar. Non sopravviverà a lungo con il denaro che le ho lasciato, devo fare qualcosa per lei prima di pensare a me stessa! Se parlerò con il Daichtune Genesio le cose si sistemeranno, ne sono sicura! Ma ci vorrà del tempo, perciò…non so quando potrò venire a vivere alla Torre. Io…-»
«Non devi venirmi a spiegare queste cose.- disse Dalamar, alzandosi in piedi- Sono affari tuoi.-»
Katlin sembrò ferita da quella frase. Dalamar, a sua volta, era indispettito nel sapere che non l’avrebbe avuta accanto ancora per mesi e mesi. Era una tortura. Però, lei cercava comprensione in lui. Forse questo era un buon segno. Sospirò, poi allungò una mano.
«Vieni con me dallo Shalafi, Katlin.-» disse, cercando di ripristinare la cortesia nella propria voce. Katlin si alzò senza usufruire dell’aiuto. Ora evitava di guardarlo negli occhi e teneva le labbra strette. Dalamar le sfiorò un braccio con le dita, costringendola a guardarlo di nuovo.
«Non volevo essere sgarbato, Katlin. Intendevo solo dirti che non devi giustificarti con me.- mormorò, poi sorrise- Ma sono lieto che tu mi ritenga degno di custodire i tuoi pensieri.-»
Katlin lo fissò per un istante negli occhi verdi, poi annuì. La sua espressione non migliorò di molto.
«Tengo molto alla tua opinione, Dalamar.- ammise, con riluttanza- Ma non gradisco che mi si parli con quel tono.-»
«Cercherò di ricordarmene.-» disse Dalamar, sarcastico. Katlin gli tirò un lieve pugno sul petto, mettendo il broncio.
«Vedi? Lo fai ancora.» borbottò. Dalamar la prese per i polsi, prevenendo altri attacchi alla sua persona. Katlin lo guardò di nuovo negli occhi, e d’un tratto tra loro l’aria si fece insopportabilmente elettrica. Un passo, e la distanza tra loro si sarebbe annullata. Dalamar vide brillare negli occhi della giovane donna un miscuglio di paura, sfida e passione che gli incendiò il sangue. Fu con estrema fatica che la lasciò andare e costrinse le sue labbra ad un sorriso neutrale.
«Ora possiamo andare?» chiese. Anche Katlin sorrise, per metà di sollievo, e annuì.
«Sì, prima che Raistlin venga a cercarci di persona.- ridacchiò- Non ho nessuna voglia di un assaggio della sua lingua pungente.»
Entrambi i maghi mormorarono una parola e scomparvero dall’atrio, rimandando la comprensione di ciò che si stava creando fra loro ad un altro momento.



Il sole splendeva su Palanthas la mattina in cui Tanis, Caramon e i due kender si dipartirono dall’ospitalità del Tempio di Paladine. I quattro cavalcavano per le vie, accompagnati dalla Reverenda Figlia Crysania, la cui miracolosa guarigione aveva già fatto il giro della città. Una piccola scorta li stava accompagnando alle porte di Palanthas.
Per desiderio di Crysania, essa era ridotta al minimo, visto che tentare di farne completamente a meno risultava impossibile. La sua prolungata assenza aveva gettato nel panico tutta la Chiesa di Paladine, ed ora doveva di nuovo sottostare a quelle piccole seccature, anche se attiravano curiosi da ogni dove. Le spiegazioni erano state ridotte all’osso ma Crysania sapeva che la sua posizione era stata un po’ destabilizzata dalla sua sparizione nei mesi precedenti. Questo, apparentemente, non la turbava affatto.
«Andrete dritti a Solace?» chiese Crysania, avvicinando il cavallo a quello di Caramon.
«Sì. Tanis invece si recherà più oltre, a Qualinesti. Spero solo di arrivare in tempo per la nascita di mio figlio…ma non ci credo molto. Sta arrivando la brutta stagione.» rispose lui, poi rise. «Non importa, basta che sia sano.»
Crysania sorrise con lui.
«Alla fine, possiamo dire che siamo riusciti ad un tempo a fare la volontà degli dei e a regalarci una nuova felicità.» disse. Caramon si sporse per posarle una mano sulla spalla.
«Tu e Raistlin…come vi regolerete?» chiese, sorprendendola. Un piacevole rossore le si diffuse sulle guance pallide.
«Come lo sai?» chiese, indagatoria.
«Sono un po’ tardo, ma non così tanto da non vedere quanto siete cambiati tu e lui, Dama Crysania.» scherzò Caramon. In verità, il pensiero che quei due fossero finalmente scesi a patti con i propri sentimenti gli allargava il cuore. Crysania scosse il capo, scompigliando l’acconciatura severa dei capelli neri.
«Ancora non so. E’ tutto molto difficile…ma forse solo in apparenza.- rispose lei, pensierosa- Quel che è certo è che non resterò a capo della Chiesa fino alla morte, Caramon. Io scelgo un destino di donna, chiedendo perdono a Paladine. Un giorno sarò come Goldmoon: una donna che serve gli dei ed al contempo è fatta per amare.»
Caramon annuì, approvando la sua decisione. Come poi una chierica di Paladine potesse essere la donna, forse addirittura la moglie, della più potente Veste Nera mai vissuta, non erano affari della gente…che invece sarebbe stata il giudice più spietato di quell'unione.
«E Katlin?» chiese Crysania.
«Ieri è andata a restituire il Bastone della Neutralità ad Astinus.- rispose Tanis, che si era avvicinato ai due- Pare che passerà da Wayreth.-»
«Sì, vuole cambiare colore della veste.- disse Caramon- Poi verrà a Solace.»
«Per la somma infelicità di un certo elfo oscuro.» scherzò Tanis, facendo sorridere Crysania.
«Credi che tra quei due…» iniziò Crysania, riflettendo.
«Non c’è proprio niente.» asserì Caramon, deciso, facendo scambiare un’occhiata divertita alla chierica ed al mezzelfo. In quel momento, il pony di Kyaralhana prese a galoppare come un matto, accompagnato dagli strilli spaventati e gioiosi della stessa. Caramon sospirò. «Che faccia farà Tika, quando le porterò a casa due kender invece che uno soltanto?-» chiese ad alta voce, sconsolato. Tutti risero, mentre Tasslehoff si prodigava per recuperare l’amica.
Quando raggiunsero il limitare della città, Crysania ordinò alla scorta di attenderla e accompagnò i viaggiatori ancora per un tratto. Non ci volle molto perché, sotto un albero discosto dalla strada, scorgessero tre sagome in attesa, due nere e una bianca.
«Ciao!» li salutò Katlin, gioiosa, sventolando la mano. I kender galopparono subito da lei.
«Kat! Sei sicura di non voler venire con noi?-» chiese Tasslehoff, saltando agilmente a terra e andando ad abbracciarla.
«Vi raggiungerò più tardi, Tas.-» lo consolò lei, recuperando senza fare una piega un sacchetto di ingredienti.
«Ciao, Raist.- disse Caramon, scendendo di sella- Dalamar…Grazie per essere venuti a salutarci.»
Raistlin piegò le labbra in una smorfia sarcastica e l’elfo oscuro non fece una piega. Non era certo per i convenevoli che i due maghi si trovavano lì.
«Parlo a te, Tanis, visto che dovrai viaggiare più a lungo degli altri e hai più cervello di chi ti circonda.- disse l’arcimago, ignorando il gemello- E’ probabile che incontriate spie di Wayreth da qui in avanti.-»
«Spie?- chiese il Mezzelfo- Intendi dire che i maghi potrebbero aver subodorato la nostra missione…e il tuo ritorno?»
«Sono entrambi definitivi e loro non possono farci niente.- ironizzò Raistlin- Nonostante ciò, voglio gestire per mio conto i modi e i tempi per comunicare loro ciò che è accaduto. Non fatevi scappare una sillaba in giro, né da dove venite, né cosa avete fatto negli ultimi mesi.-»
«Non una parola, fosse anche un contadino curioso.» assicurò Tanis, e Caramon annuì, per poi guardare con preoccupazione i due kender, occupati in un’allegra conversazione con Katlin. «Almeno da parte nostra.-» aggiunse. Dalamar fece una smorfia disgustata.
«E lo Scettro?-» chiese Caramon.
«Il Bastone è restituito.- disse Dalamar- La Sfera delle Tenebre resterà alla Torre, mentre quella della Luce resterà a Katlin finché gli Dei non verranno a riprendersela.-»
Crysania sembrava distratta. Guardava con insistenza la strada.
«Sta arrivando uno strano viandante.- mormorò- Ma…mi sembra di averlo già visto. Io…Oh, santo cielo!»
Tutti si voltarono verso la strada. Arrancava su di essa un uomo curvo, coperto di vesti lunghe e sporche. Si accompagnava ad un lungo bastone ed un cappello dalla tesa larga.
«Ecco il padrone della Sfera della Luce. Meglio tardi che mai.» sospirò Katlin.
«Fizban!- esclamò Tasslehoff- Cioè, Paladine! Sì, insomma…è uguale, no?»
Dalamar si voltò verso il suo Shalafi per sapere se era il caso di togliere le tende, ma Raistlin si limitò a stringere appena le labbra per la contrarietà, senza muovere un passo. L’elfo oscuro si rintanò nell’ombra il più possibile.
«Salute a voi, viandanti!» salutò Fizban, avvicinandosi. Quasi tutti i presenti si inchinarono. Crysania scese di sella ed andò ad inginocchiarsi davanti al vecchio, prendendogli una mano e baciandogliela.
«Su, su, mia cara!- disse Fizban- Non dovresti baciare vecchi sconosciuti! Potrebbero pensare che il tuo amore vada a loro.»
«Ma è così.» mormorò Crysania, sorridendo con commozione. Fizban le diede un buffetto affettuoso, guardandola con compassione.
«Ti sei presa una bella gatta da pelare, mia cara. Ma sii benedetta!» borbottò, e lei arrossì violentemente.
«Ce ne hai messo di tempo, vecchio.» disse Raistlin, cupo, interrompendo la conversazione.
«Ebbene, un uomo anziano deve prendersi i suoi tempi!- ribatté il dio, controllando che il cappello fosse al suo posto- Comunque, senza tener conto della linguaccia che qualcuno tra voi possiede, mi congratulo per i risultati ottenuti! Bravi!-»
Katlin ruotò il polso e si fece comparire la Sfera della Luce tra le mani.
«Questa è tua.-» disse, porgendola a Fizban. Il dio la prese, poi le strinse la mano tra le proprie.
«I tuoi sacrifici sono stati commoventi, mia cara.-» le disse, sorridendo. Katlin sollevò appena un sopracciglio, senza rispondere. Sembrava più incline all’atteggiamento di Raistlin che a quello di Crysania, nei confronti di Paladine. Il vecchio aprì le braccia con un gesto teatrale, facendo temere a tutti che la Sfera se ne volasse via, ma ciò non accadde.
«Bene, è ora della giusta ricompensa!- disse Fizban, strizzando l’occhio complice a Tasslehoff- Ora vi racconterò una storia!»
«Una storia?» chiese Kyaralhana, interessata.
«Fizban, puoi farne a meno.- disse Katlin, prevenendo la risposta caustica di Raistlin- Caramon e gli altri sono in partenza. Tika sta per partorire, sai, e…» Fizban la zittì sventolandole una mano davanti alla faccia.
«No, questa ve la racconto a costo di darvi una botta in testa per farvi stare buoni.- disse, sicuro di sé- Allora, tutto cominciò anni e anni fa, prima che la Guerra delle Lance scoppiasse.»
I presenti si guardarono con aria rassegnata, tutti tranne i due kender e Crysania, e si assoggettarono ai voleri del dio. Non che potessero fare molto altro, a ben guardare.
«Dunque, fu in quel periodo che chiesi a Par-Salian di cercarmi una Spada?- borbottò il vecchio, fingendo di riflettere- No, forse fu un po’ dopo che accadde quell'avvenimento…già, fu dopo il parto trigemino di quella povera donna.»
Raistlin, le cui labbra si erano aperte in una smorfia nel riconoscere se stesso nella Spada, a doppio taglio, che Par-Salian aveva forgiato nel dolore, trattenne per un istante il fiato nel sentire parlare di un parto gemellare…triplo.
«Che vuol dire trigemino?» chiese Tasslehoff.
«E’ un parto di tre gemelli.» rispose Katlin, corrugando la fronte. Altri gemelli nella loro vita? A che serviva quella storia?
«Ahimè, fu un parto sfortunato.- disse Fizban, abbassando lo sguardo- La povera donna soffriva di frequenti crisi, dovute ad un potere mai allenato. Dopo la nascita del primo bimbo, un maschio sano e forte, ella cadde in una profonda trance.»
Raistlin e Caramon impallidirono visibilmente.
«Stai parlando di nostra madre?» chiese Caramon, con voce incerta.
«Che cosa diavolo stai dicendo?- ringhiò Raistlin- Cosa diavolo…»
«Purtroppo, questo rese arduo il lavoro della levatrice.- continuò Fizban, come se non li avesse uditi- Il parto si protrasse oltre i tempi che potevano concedere speranza ai bambini ancora all’interno del suo ventre. Il secondogenito, già debole di costituzione, venne al mondo legato alla vita da un filo sottilissimo. Per la terza, una bambina, purtroppo non ci fu niente da fare. Nacque morta.» Il dio li guardò con occhi penetranti, ma nessuno fiatò. «La levatrice occultò il corpo della bimba prima che la madre si svegliasse, per non darle un dolore. Avrebbe fatto lo stesso anche con il secondogenito, ma la testarda figlia maggiore della donna la scoprì e si propose di far vivere quel bambino a tutti i costi. E, con molte sofferenze da parte del gracile neonato, ci riuscì.»
«Stai dicendo che eravamo in tre?- chiese Caramon, così agitato che le mani gli tremavano- Perché…perché ci racconti questa cosa?»
«Vi sto dando la vostra ricompensa, giovanotto, se la smettete di interrompermi e mi fate andare avanti!- replicò Fizban, stizzito- Dunque…dov’ero? Ah, sì. I due gemelli crebbero insieme, senza sospettare che un giorno li avrebbe attesi un grande destino. Ma la bambina…beh, non tutto di lei era morto. Difatti, avendo ereditato la capacità della madre, la piccola anima l’aveva seguita nella trance, rimanendo poi slegata dal suo corpo, a vagare nel nulla.»
«Oh, Dei…» rantolò Katlin, portandosi le mani alla bocca. Gli altri la guardarono. C’era troppa somiglianza con la fine orrenda a cui era andata incontro solo pochi giorni prima.
«Il suo potere era interessante, e all’epoca Takhisis ne concentrava attorno a sé quanto più possibile. Cercò di porre il suo marchio su quell'anima e ne progettò la rinascita su Krynn, in una creatura al suo servizio. Un dio di cui non faremo il nome non gradì l’appropriazione e riuscì a far incarnare l’anima perduta in un mondo distante dalle nostre guerre e dalla nostra magia. Quel mondo era Yolta.»
Katlin perse il fiato e le forze. Cadde in ginocchio, le mani schiacciate sulla bocca e gli occhi spalancati. Scosse il capo.
«E’ Katlin?- chiese Raistlin, con voce arrochita- L’anima della terza…si è incarnata in Katlin?»
«Katlin ‘Ym Adoonan, il cui nome sarebbe dovuto essere Katlin Majere. Una bimba dolcissima, che usò inconsciamente il proprio potere per riunirsi ai fratelli insieme a cui sarebbe dovuta nascere, quasi a costo della sua stessa vita.» mormorò Fizban, guardando il viso sconvolto di Katlin con tenerezza.
«Katlin è…nostra sorella?» chiese Caramon, sull’orlo delle lacrime. Non ebbe bisogno di una risposta. L’aveva saputo fin dal momento in cui aveva aperto gli occhi, sdraiata nella neve. L’aveva saputo tutte le volte che nel suo volto aveva riconosciuto Raistlin, tutte le volte in cui l’aveva vista accanto al gemello. L’aveva saputo dal modo in cui era entrata nel suo cuore.
Si gettò su di lei e l’abbracciò così forte da farle scricchiolare le ossa, sollevandola da terra come una piuma. Lei ricambiò l’abbraccio, mordendosi le labbra per non scoppiare a piangere.
«Katlin…la sorella dello Shalafi…» mormorò Dalamar, sconvolto. Gli altri non avevano un’espressione più presente della sua. Era troppo perché potessero assimilarlo tutto in una volta. Caramon posò Katlin a terra, le asciugò le lacrime dalle guance senza curarsi delle proprie, poi entrambi si voltarono verso Raistlin. L’arcimago non si era mosso di un passo. Katlin allungò appena le braccia verso di lui, in un gesto di richiesta. Sapeva che Raistlin non avrebbe mai accettato effusioni in pubblico, ma in quel momento aveva un bisogno di abbracciarlo tale che se non l’avesse fatto le sarebbe scoppiato il cuore.
E Raistlin, che finalmente aveva dato un nome al senso di riconoscimento che sempre aveva provato per lei, allungò a sua volta una mano, solo di poco ma a sufficienza perché Katlin gli si gettasse addosso e lo stringesse, singhiozzando. Raistlin le posò una mano sul capo, senza dire nulla, né fare altro.
«Sorella…ho acquisito una nuova seccatura.» mormorò appena, in modo che solo lei potesse udirlo. Katlin rise tra le lacrime, poi Caramon li circondò entrambi con le sue braccia possenti, troppo felice per pensare a quanto il gesto potesse irritare il gemello.
«Dannato bue idiota! Vuoi uccidermi?!» lo sferzò infatti Raistlin, ma Caramon non vi badò.
«Penso che la scena toccante si protrarrà ancora per un po’.- disse Fizban, gongolante- Ora vi lascio, figlioli. Vi auguro buon viaggio!»
Ciò detto, il vegliardo scomparve, lasciando la platea attonita a fissare i tre.
“Katlin Majere.- pensò Dalamar- La sorella dello Shalafi. Mi sono innamorato della sorella gemella dello Shalafi!”
«E’ incredibile.- disse Crysania, commossa- E’…»
«Questo spiega molte cose. Anzi, forse le spiega tutte.- disse Tanis- L’atteggiamento della Regina delle Tenebre, la somiglianza tra i tre…»
«Che bello! Katlin rimarrà con noi per sempre, non è vero?- esultò Tasslehoff- Dopotutto è la sorella di Raistlin e Caramon, e questo spiega le parti buone e anche quelle, come dire, un pochino meno buone, del suo carattere! Voglio dire, non che trovi difetti in Katlin, però a volte ha lo stesso sguardo cupo di Raistlin, e…»
«Sta zitto, Tas.» disse Tanis, distrattamente.
«Penso che la vostra partenza subirà un ritardo.» osservò Crysania, con un radioso sorriso sulle labbra.
«Non è un problema.- disse Tanis, sorridendo a sua volta e indicando di fronte a sé- Una scena come quella non si vede tutti i giorni.»
Del tutto sordi alle loro conversazioni, i tre fratelli Majere rimasero abbracciati ancora a lungo.

 

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Capitolo 17
*** 16 - Ciò che il destino ha unito ***


«Shalafi, sta iniziando a nevicare.- osservò Dalamar, stringendosi meglio il mantello attorno alla gola- Desiderate fermarvi per riposare, o…»
«Siamo quasi arrivati, apprendista. Inutile fermarsi adesso.» disse Raistlin, che cavalcava poco più avanti, trattenendo un accesso di tosse. Dalamar tornò a trincerarsi nel silenzio, scandito dal ritmico battere degli zoccoli sul terreno indurito dal gelo. L’elfo oscuro non conosceva la zona, ma di certo lo Shalafi era in grado di riconoscere la strada che portava al proprio paese d’origine.
Erano passati più di due mesi dal giorno in cui l’improbabile gruppo scelto per distruggere il Portale si era diviso, alle porte di Palanthas. Due mesi o poco più dalla scioccante notizia riguardante l’identità di Katlin, il fatto che lei fosse l’incarnazione della terza gemella Majere.
Da allora non era accaduto molto, ma quel poco era significativo. Katlin e Raistlin avevano fatto visita ad Astinus, e avevano preteso di leggere le antiche annotazioni riguardanti la loro nascita. Avevano scoperto che Astinus non aveva nemmeno accennato alla terza gemella, ma in tempi recenti aveva sempre scritto della giovane di Yolta come Katlin Majere. Inutile chiedere delucidazioni ad Astinus: lo Storico non spiegava a nessuno né cosa sapesse, né come si regolasse nel riportare gli avvenimenti sui suoi Libri. La vita alla Torre aveva cominciato a scorrere con una certa pacifica regolarità, costellata di interessanti esperimenti magici. Sia lo Shalafi che Katlin sembravano aver preso con tranquillità la scioccante notizia di Paladine. Il loro atteggiamento l’uno verso l’altra non era cambiato di una virgola. Dalamar, al contrario, si sentiva a disagio come mai prima. Il fatto che Katlin fosse la gemella del suo Shalafi lo poneva in una situazione scomoda ed imbarazzante.
Fortunatamente per lui, dopo meno di un mese Katlin era partita per Wayreth, sia per avvisare il Consiglio degli ultimi avvenimenti, sia per informarli della sua scelta di cambiare colore della veste e votarsi a Lunitari. Che le notizie avessero creato uno scompiglio considerevole, sia Dalamar che Raistlin l’avevano dapprima ipotizzato, e poi appurato una settimana prima, quando si erano recati loro stessi a Wayreth, ma da Katlin non avevano ricevuto notizie. Un breve messaggio, recapitato tramite un messo magico, li aveva informati che era diventata una Veste Rossa, che negli archivi il suo nome era stato cambiato in Majere e che ora si trovava a Solace da Caramon. Niente di straordinario.
Raistlin, che in quei mesi si era riposato dalle fatiche, riprendendo a studiare con piacere e concedendosi di quando in quando di vedere Crysania di Tarinius, aveva goduto non poco dei visi sconvolti dei maghi del Consiglio quando si era presentato a Wayreth. Ancora adesso, a ripensarci, non poteva far altro che sorridere con malignità. Dalamar era stato al contempo impaurito dalle implicazioni di quel gesto e galvanizzato dal potere che il suo Shalafi aveva sull’animo di tutti i maghi di Krynn. Raistlin era stato cortese e gelido, aveva confessato senza pudore alcuno i suoi reati, ma non si era rimesso al giudizio del Consiglio e Dalamar si sarebbe stupito del contrario. Aveva anzi, grazie alla sua dialettica insinuante e acuta, pressocchè incantato metà dei maghi presenti. Da questo comportamento, Dalamar aveva dedotto che il suo Shalafi avesse già in mente qualche impresa che potesse, se non sostituire la sua ambizione di essere un dio, perlomeno arrecargli soddisfazione. Avere il Consiglio ai suoi piedi, per esempio…ma Raistlin non si era lasciato sfuggire una sola parola sull’argomento.
Ora, i due si trovavano in viaggio verso Solace, ove quella mattina era stato battezzato da Crysania, recatasi al villaggio per l’occasione, il primogenito di Caramon, un maschietto sano a cui era stato dato il nome di Sturm, in memoria di Sturm Brightblade, Cavaliere di Solamnia. Erano in ritardo per la cerimonia, ma non per i festeggiamenti, che sarebbero avvenuti quella sera. Dalamar credeva che a Raistlin non importasse un fico secco né del nipote, né dei festeggiamenti, ma questa era una buona occasione per passare un breve periodo con la sua famiglia e l’elfo oscuro si era reso conto che ora quei pochi legami erano diventati preziosi per lo Shalafi. Questo lo indeboliva, ma forse non quanto si potesse pensare. Dalamar continuava a credere che lo Shalafi fosse pronto a sacrificare qualunque cosa al potere. Da parte sua, aveva una gran voglia di rivedere Katlin, perciò si sarebbe soffermato un giorno a Solace per poter passare del tempo con lei, prima di tornare alla Torre e riprendere le proprie attività.
Non ci volle molto perché imboccassero un sentiero in discesa, da cui si poteva godere di una panoramica di Solace.
«Doveva essere un villaggio di una bellezza particolare, quando riposava tra le fronde dei vallenwood.» considerò Dalamar.
«Così era, apprendista.- disse Raistlin- Così era, prima che gli Dei tornassero ad esigere la nostra attenzione e le fiamme lo divorassero.»
Ben presto raggiunsero l’agglomerato. Fortunatamente, la casa di Caramon si trovava al limitare di Solace, cosa che risparmiò entrambi dalle occhiate sconcertate degli abitanti del paese. Fermarono i cavalli davanti alla casa e prima ancora che scendessero di sella Caramon aprì la porta con veemenza e corse loro incontro.
«Ben arrivati! Ce ne avete messo di tempo.» disse, aiutando il gemello a scendere di sella.
«Ci sono persone, a questo mondo, che hanno cose più importanti da fare che gozzovigliare per la nascita di un moccioso, fratello mio.» fu l’acida risposta di Raistlin, che si liberò con un gesto delle attenzioni di Caramon.
«Cattivo umore, eh?» commentò Caramon, alzando le mani e tirandosi indietro.
«Ho freddo. Viaggio da una settimana. Secondo te, dovrei essere di buonumore?» replicò Raistlin.
«Giusto. Entrate tutti e due, vi preparo qualcosa di caldo.» disse Caramon, premuroso, sospingendo Dalamar e Raistlin all’interno. Non appena oltrepassarono la porta, videro Crysania, intenta a sciogliere nell’acqua calda alcune erbe. Sollevò lo sguardo al loro ingresso e sorrise.
«Ben arrivati!» disse. Prese la tisana e alcune pezze, poi fece per uscire. «Torno subito. Porto queste a Tika e vi raggiungo.»
«C’è qualcuno malato?» chiese Dalamar, corrugando la fronte.
«Tanis ha l’inizio di un brutto raffreddore.- disse Crysania- Ma, se lo prendiamo subito, penso che potrebbe stare meglio già per stasera.» Ciò detto, si dileguò, coprendosi le spalle con un pesante mantello bianco foderato di pelliccia.
«Il padrino del mio Sturm si è ammalato. E’ il massimo. Ha starnutito per tutto il battesimo!- ridacchiò Caramon, mentre li faceva accomodare e metteva sul fuoco una teiera piena d’acqua- Lui e Laurana sono arrivati ieri sera. C’è anche Riverwind, da solo perché non potevano far viaggiare i bambini con questo freddo. Alloggiano alla Locanda e ora sono là, con Tika, a prendere in giro Tanis fino a farlo diventare rosso come la sua barba!» Rise, allegro, e la sua risata rombante riempì la casa, causando un sentimento dolceamaro in Raistlin. A quel suono, però, un pianto di neonato venne da una camera al piano superiore, costringendo Caramon a lasciare soli i due maghi in fretta e furia e a salire le scale di corsa.
Raistlin e Dalamar rimasero in silenzio durante il breve interludio in cui il bambino smise di piangere. Caramon tornò di sotto con un fagottino tra le braccia, mormorando parole senza senso.
«Guardate che bello il mio bambino!- disse con orgoglio, mostrando il figlioletto ai due- Diventerà forte come suo padre. Guarda lo zio Raist, Sturm…»
Raistlin osservò il nipote con occhio critico, mentre Dalamar gli concesse appena un’occhiata, annoiato, prima di alzarsi ed andare a scrutare fuori dalla finestra. L’arcimago si trovò di fronte una paffuta creatura dai pugni stretti e una peluria rossiccia sulla testa.
«Speriamo che non abbia ereditato il tuo cervello. Né la cecità testarda di chi portò questo nome prima di lui.» fu il solo commento di Raistlin. Caramon fece una smorfia e fu lì lì per replicare, ma la teiera fischiò, distraendolo.
«Tienimelo un attimo.» disse, mettendo tra le braccia di un impreparato Raistlin il neonato e scattando verso la teiera in ebollizione. Raistlin ristette, poco abituato a tenere bambini in braccio. Lo guardò con ostilità, aspettandosi che si mettesse a piangere da un momento all’altro. Il piccolo Sturm, invece, parve considerare comode le braccia ricoperte di velluto di Raistlin. In poco meno di un secondo, chiuse le palpebre sugli occhioni blu e si addormentò.
«Gli piaci.» considerò Caramon, nascondendo un sorriso di fronte alla smorfia disgustata di Raistlin e versando il tè.
«Dov’è Katlin?» chiese Dalamar, con noncuranza.
«Credo che sia al torrente, insieme a Tas e a Kyara.- rispose Caramon- Quei matti si sono messi in testa di pescare con questo freddo…»
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che Dalamar uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle. Caramon sollevò lo sguardo ad incontrare quello di Raistlin.
«Non te ne stupire.- disse l’arcimago, sarcastico- Lei è l’unico motivo per cui si è preso l’onere di accompagnarmi fino a qui. Presumo che un giorno, se mai quei due riusciranno a chiarirsi, avremo un elfo oscuro per cognato.»
Caramon sbuffò, storcendo il naso. Raistlin sollevò il fagotto che aveva tra le braccia.
«Te lo vuoi riprendere, questo bambino, o mi tocca adottarlo?» chiese. Caramon sorrise e prese in consegna il piccolo Sturm. In quel momento, Crysania rientrò in casa, accompagnata da una folata d’aria gelida.
«Sta nevicando con una certa insistenza.- mormorò, togliendosi il mantello, poi sorrise nel vedere il piccolo, tenuto tra le braccia gentili di Caramon- Si è addormentato?»
«L’ha fatto addormentare Raistlin. Ha talento.» scherzò Caramon, salendo le scale con cautela e scomparendo al piano di sopra. Crysania intercettò l’occhiata assassina di Raistlin a quella battuta e sorrise. Si chinò e gli baciò lievemente una guancia.
«E’ molto che non ci vediamo, arcimago.» sussurrò. Raistlin le sfiorò una gota, l’espressione aggrottata.
«Se avessi atteso di venire con me a Wayreth, invece di sobbarcarti un lungo viaggio in carrozza…» iniziò a recriminare.
«Non mi andava di vedere il Consiglio, Raistlin.- disse lei- Inoltre, sapevo che avremmo finito per arrivare in ritardo.»
Raistlin sospirò, seccato, poi le sigillò le labbra con un bacio, a cui seguì un secondo, più lungo e sentito.
«Mi sei mancato.» ammise Crysania, e le sue gote si velarono di rosso. A Raistlin apparve di una bellezza quasi insopportabile. Stava per baciarla di nuovo, quando la sua espressione si fece estremamente seccata.
«Caramon, se non la pianti di spiare ti cavo gli occhi!» ringhiò, voltandosi con ira verso le scale. Caramon, spaventato per essere stato colto in flagrante, cadde dalla cima delle scale e si fece tutti i gradini sul fondoschiena. Crysania arrossì violentemente, poi cominciò a ridere.
Al piano di sopra, Sturm Majere si svegliò di nuovo e protestò per tutto quel chiasso.



Dalamar si accorse di non avere la minima idea di dove si trovasse questo fantomatico torrente solo una volta allontanatosi dalla casa di Caramon. L’imbarazzo di dover tornare a chiedere informazioni gli fu risparmiato da Dama Crysania, che stava tornando in quel momento dalla Taverna dell’Ultima Casa. Non sapeva dove fosse il torrente, disse, ma aveva visto la direzione in cui Katlin si era allontanata con i due kender.
Dalamar seguì le sue indicazioni, infastidito dai gelidi fiocchi bianchi che cadevano dal cielo. Il pomeriggio stava già morendo in un cupo crepuscolo. L’inverno peggiorava il suo umore, già non buono in partenza. Non fosse stato per la prospettiva di rivedere Katlin, sarebbe tornato dritto alla Torre, seppellendosi nel suo oscuro silenzio almeno fino a primavera. La sua parentela con lo Shalafi lo inibiva…ancora di più, vista la profondità dei sentimenti che lo spingevano a cercare di averla per sé. Perché gli dei gliel’avevano fatta incontrare?
Da lontano gli giunse il suono di risa gaie, in netto contrasto con la coltre cupa che incombeva sui suoi pensieri. Dalamar affrettò inconsciamente il passo. Attraversò una macchia di alberi spogli, e ben presto gli fu visibile la riva sassosa di un torrente, le cui acque grigie sembravano ghiaccio fuso. Là, saltellanti dalla gioia, stavano Tasslehoff, Kyaralhana e Katlin, i quali sembravano intenti a cercare di acchiappare un pesce sgusciante, che stava passando più tempo per aria che nelle loro mani.
«Waaahhh!!!! Acchiappalo, Tas!» strillò Kyara.
«Ce l’ho!- esclamò Tasslehoff, acchiappandolo, per poi vederselo guizzare tra le dita- Anzi no! Kat!»
«E’ mio!» gridò Katlin, spiccando un salto e afferrando il pesce al volo. Se lo strinse al petto, bagnandosi il vestito, mentre Tasslehoff accorreva con un cestino pieno per metà di pesce argentato. Katlin buttò la preda dentro il cestino, e i tre lanciarono un trionfante urlo guerresco.
Dalamar non poté fare a meno di sorridere. La gioia che illuminava il volto di Katlin in quel momento di gioco era meravigliosa. Per quanto amasse il suo sguardo malizioso e astuto, ed il suo sangue freddo, era di certo il suo sorriso a fargli sciogliere il cuore.
“Noi tre, i re pescatori del fiume…” intonò Tasslehoff, facendo la voce grossa, prima che Katlin si voltasse di scatto verso gli alberi, forse avvertendo di essere osservata. Dalamar la vide spalancare gli occhi per la sorpresa, mentre anche i kender si voltavano.
«Salve.» disse l’elfo oscuro, venendo avanti.
«Dalamar!- esclamò Katlin, piacevolmente sorpresa- Sei arrivato? Sei con Raistlin? Ma quando…»
«Siamo arrivati da poco.- ammise Dalamar, poi abbassò lo sguardo sul cestino- Avete preso qualcosa?»
«Un po’ di pesce per la cena.» rispose Katlin.
«Lo portiamo noi a casa, Kat!» esclamò Tasslehoff, acchiappando Kyaralhana per un polso e trascinandola via.
«Ma Tas…» cercò di protestare lei.
«Lasciamoli da soli.» le sussurrò Tasslehoff, con aria da cospiratore. Sulle labbra di Kyaralhana comparve un sorrisetto e corse via con lui di buon grado. Nel frattempo, Dalamar stava studiando l’aspetto di Katlin.
Era davvero bella, avvolta nella veste rossa di Lunitari. Un po’ selvaggia, forse, con la gonna annodata sopra gli stivali al ginocchio per non bagnarla e il mantello di pelle marrone di traverso sulle spalle, i capelli striati di bianco legati in una coda alta. Come accorgendosi di quell'esame, e del fatto che il tessuto bagnato le evidenziava il seno, Katlin si sistemò addosso il mantello e sciolse con un gesto il nodo della gonna, che le ricadde sui piedi.
«Avevi ragione, il rosso ti dona di più.» scherzò Dalamar, malizioso.
«Oh, avanti, non prendermi in giro.- borbottò lei, arrossendo appena- Sono un disastro e ne sono consapevole. Piuttosto…» Si incamminò, costringendolo a seguirlo sulla strada che aveva appena percorso. «Siete in ritardo. E’ successo qualcosa a Wayreth?» chiese.
«Abbiamo fatto scalpore.- disse, strappandole una risata bassa e piuttosto maligna- Comunque, lo Shalafi è riuscito a cavarsela, come sempre. Penso, anzi, che tuo fratello abbia qualcosa in mente. Qualcosa che riguarda il Consiglio.»
Katlin si strinse nelle spalle, impedendo all’elfo oscuro di intuire se sapesse o meno qualcosa a sua volta.
«La sua ambizione è vasta, e ingovernabile.- disse soltanto, poi sorrise- Quanto resterai?»
«Poco. Parto domani, possibilmente in mattinata.» rispose Dalamar. Un parte di lui fu lieta di vederla adombrarsi.
«Capisco. Speravo rimanessi qualche giorno in più.» sussurrò lei.
«In ogni modo, ci vedremo presto. Stavamo parlando di creare qualcosa che ti aiuti a gestire le trance, prima che tu partissi. Avremo molto da lavorare.- disse Dalamar, preferendo non tirare troppo la corda- Quando hai intenzione di tornare alla Torre?» Katlin non rispose. Continuò a guardare in basso, come immersa nei suoi pensieri. L’allegria di pochi istanti prima era del tutto scomparsa.
«Katlin, mi hai sentito?» chiese. Lei rimase silenziosa, ma nei suoi occhi passò un lampo cupo che non gli piacque per niente. «Katlin…non avrai ancora l’intenzione di…» mormorò, smettendo di camminare. Katlin non si fermò, né si voltò. In quel momento, poco più avanti, Tika Waylan Majere e Laurana li videro arrivare e li salutarono con grandi cenni. Katlin corse da loro, lasciando indietro Dalamar.
Il volto dell’elfo oscuro si fece di pietra, mentre infilava le dita in una tasca segreta e stringeva tra le dita un piccolo oggetto. Iniziava a pensare di avere fatto bene a portarlo.



Quella sera la Locanda dell’Ultima Casa fu di esclusiva proprietà degli Eroi delle Lance, nonché dei loro più recenti compagni d’avventure. Superato lo scoglio del nuovo incontro tra Tika e Raistlin senza spargimenti di sangue né crudele ironia (Caramon aveva temuto quel momento molto più di quanto si fosse potuto supporre) e mitigata l’avversione totale che Riverwind provava per i due maghi oscuri, la festa per il battesimo di Sturm Majere si svolse in un clima allegro e ridanciano.
La cena fu pantagruelica, probabilmente la migliore che Tika avesse mai cucinato in vita sua. Il vino e la birra scorsero a fiumi persino nei calici dei più restii, e risa e canti si sprecarono nonostante i soliti musi lunghi nell’ombra. Katlin si ritrovò ad essere la seconda festeggiata della serata, dopo che Caramon propose un brindisi alla sua nuova sorellina, per poi alzarsi e stritolarla in un abbraccio orsino fra gli applausi degli altri. Katlin invidiò il piccolo Sturm, che poteva evitarsi certe scene imbarazzanti dormendo della grossa nella sua culla nonostante il chiasso.
Quando poté tornare a sedersi, nascondendo il viso arrossato dietro al suo bicchiere di vino, prese ad osservare uno per uno tutti i commensali.
A capotavola, nell’angolo più in luce, sedeva Caramon, quello che ormai doveva considerare il suo fratellone maggiore. Sprizzava gioia da ogni poro, commosso dalla partecipazione degli amici per quell'avvenimento così fausto. In poco tempo, Caramon era riuscito a riunire di nuovo attorno a sé tutta la famiglia…persino quella che non aveva mai pensato di avere! La persona che più beneficiava e godeva del cambiamento era senza dubbio Tika, che sedeva alla sua destra. La giovane donna era radiosa, ed i suoi occhi si staccavano raramente dal marito, quella sera. Adorazione e gioia per la ritrovata serenità le si alternavano sul viso. La sua mano piccola e delicata era posata sul braccio muscoloso del marito, e coraggiosamente aveva evitato qualsiasi recriminazione a Raistlin, pur avendone in serbo senza dubbio a iosa, per non turbare Caramon.
Sul lato della tavola occupato da Tika sedevano anche Tanis, Riverwind e Laurana. Il Mezzelfo era ancora disturbato da un fastidioso raffreddore, ma ormai sembrava in fase di guarigione. Guardava Tika e Caramon con amorevole paternità, e forse una punta d’invidia. Di certo, anche lui desiderava la gioia di un figlio. Riverwind sorrideva poco e parlava anche meno, ma nei suoi occhi si leggeva una malinconica felicità per quel momento condiviso con gli amici. Le difficoltà che aveva patito nella vita gli segnavano il volto, ma lo rendevano più autorevole. Laurana conversava con tutti, cortese e premurosa come sempre, ma anch’ella si soffermava più spesso sui visi della giovane coppia di genitori. Katlin presupponeva che da lì a non molto avrebbero ricevuto notizia di una gravidanza della principessa elfa…
All’altro capo della tavola rispetto a Caramon sedeva Raistlin, un po’ in ombra. L’arcimago non aveva quasi aperto bocca durante la serata, autoescludendosi a priori, ma Katlin sapeva che l’arcimago preferiva guardare piuttosto che partecipare…o perlomeno, si sentiva più a suo agio in quella condizione. Al suo fianco, sul lato del tavolo di Katlin, Dalamar sembrava invece sulle spine. Era evidentemente a disagio, e il fatto di avere accanto Tasslehoff e Kyaralhana certo non lo metteva in uno stato d’animo più positivo. I due kender, come sempre, parlavano, ridevano e facevano un gran chiasso. Crysania, seduta accanto a lei, era molto tranquilla. Nemmeno lei aveva parlato molto, ma aveva ascoltato con attenzione tutte le storie che erano state narrate.
Katlin sentì un forte impeto d’affetto per tutti i presenti, tanto che mormorò una scusa ed uscì dalla Taverna, immergendosi nella fredda notte d’inizio inverno. Alzò il viso al cielo, che si andava sgombrando dopo aver lasciato al suolo un primo strato di neve, che scricchiolava sotto i suoi stivali. Era troppo tutto in una volta. Tutta quella felicità, l’ambiente familiare, gli amici…le riscaldavano il cuore, ma più di quanto potesse reggere. Non era…allenata a una cosa del genere. Sorrise tra sé. Un po’ di freddo e di atmosfera notturna l’avrebbero placata.
Non si stupì molto quando fu raggiunta da Raistlin, che cadenzava il passo col Bastone di Magius.
«Vai già via?» gli chiese, stringendosi il mantello alla gola.
«Sì, ne ho abbastanza. Vado a dormire.- disse l’arcimago, con una smorfia- C’è tanto di quello zucchero nell’aria, là dentro, che potrei morire avvelenato.» Katlin soffocò una risata nel palmo della mano. «Tu, piuttosto? Già stanca di ciò che desideravi…sorella mia?» chiese, sarcastico. Katlin sollevò appena un sopracciglio nel sentirsi chiamare sorella, poi scrollò le spalle.
«Non ti differisco di molto…fratello mio.- disse, calcando sull’appellativo come lui aveva fatto per lei- Sono fatta per il freddo della notte e troppo calore mi brucia.» Chinò il capo sulla spalla, chiudendo per un attimo gli occhi con un sorriso di beatitudine sul volto. «Ma, a volte, quelle fiamme sono una panacea.» sussurrò. Raistlin fece un verso disgustato, riprendendo a camminare.
«Pensa a sopire quelle di Dalamar, piuttosto, sciocca ragazza.- le disse, allontanandosi- E digli la verità. Non voglio averlo intorno per un intero inverno con quello stato d’animo.»
«Che vuoi dire?» fu la brusca risposta di Katlin. Raistlin si fermò e la guardò di sottecchi da sotto il cappuccio.
«Non fare la finta tonta. Gli hai detto che andrai?» le chiese. Katlin ristette, poi scosse il capo. «E allora fallo.- fu la secca sentenza di Raistlin- E vedi di chiarirti con lui. Sembrate due ragazzini con una cotta.»
«Non fare illazioni. Non sono affari tuoi.» disse Katlin, gelida.
«Oh, ma lo sono diventati.- fu il commento malefico di Raistlin, che le fece un cenno di saluto senza voltarsi- Lo sono diventati quando tu ti sei impicciata dei miei. Buonanotte, sorella.»
Katlin strinse le labbra in una linea sottile, arrossendo furiosamente. Ci mancava solo che Raistlin desse voce a quei pensieri che fino a quel momento Katlin era riuscita a tenere sotto chiave. Certo, lei si era impicciata del rapporto tra suo fratello e Crysania, ma la faccenda era differente! Lei sapeva che entrambi si amavano, mentre in questo caso…in questo caso…
Una mano sulla spalla la fece voltare di scatto, con un grido incastrato in gola. Incontrò gli occhi sorpresi di Dalamar.
«Ti ho spaventata? Chiedo venia.» disse l’elfo oscuro.
«No, io…è che stavo parlando con Raist, e…- balbettò lei, poi riprese rabbiosamente il controllo mentale sulla propria  bocca- Sono io che ti chiedo scusa. Ero persa nei miei pensieri e non ti ho sentito arrivare.»
Dalamar annuì, guardandola con occhi indagatori, le sopracciglia aggrottate. Katlin si sentì a disagio sotto il suo esame. Non le piaceva essere guardata in quel modo da lui…o, per meglio dire, quello sguardo le faceva desiderare cose che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. I suoi occhi non facevano che soffermarsi sulla linea allungata degli occhi dell’elfo, sul bel profilo del naso, sulla bocca…quella bocca che le aveva sfiorato la mano più di una volta. Poteva quasi sentire il calore del corpo di Dalamar, tanto poco distavano l’uno dall’altro. Fece inconsciamente un passo indietro.
«Andrai a Yolta nonostante tutto, vero?» chiese Dalamar, duro. Katlin, dopo un istante, annuì.
«Mi dispiace allontanarmi da qui, soprattutto ora che so di avere tutti i diritti di vivervi.- disse, alzando lo sguardo al cielo notturno- Questo, però, non cambia quello che ti dissi un paio di mesi fa. Ho lasciato mia madre nei guai. Lei non verrà mai su Krynn, lo so…E’ mio dovere consentirle una vita dignitosa.»
«Lo capisco.» disse Dalamar, dopo un attimo. Katlin arrischiò una nuova occhiata. Anche l’elfo oscuro aveva alzato gli occhi al cielo. Il fiato gli si condensava in nuvolette davanti al viso. La sua figura era avvolta in un nero mantello di pelliccia. «Quando tornerai?» chiese.
«Entro un anno. Spero di sbrigarmi prima. Per ora lo sa solo Raistlin…e tu.» rispose Katlin. Sospirò, avvertendo un senso di desolazione al pensiero di tornare su Yolta. Lasciare la ritrovata famiglia e gli amici per quel mondo grigio e piatto non l’attirava per niente. Si sentì d’un tratto assalire da una spietata nostalgia. Avvertì il desiderio del conforto di una mano amica, dita forti che avrebbero accolto le sue con dolcezza. Scosse il capo, spargendosi i boccoli scuri sulle spalle con stizza. Non era il momento di indulgere in certi pensieri, non con Dalamar a due passi da lei!
«Vuoi camminare con me?- le chiese d’improvviso, abbassando di nuovo lo sguardo su di lei- Non avremo altre occasioni per parlarci, perlomeno non a breve termine.»
Katlin lo guardò. Un forte istinto di autoconservazione le suggerì di rifiutare l’invito e tornare dentro la Taverna, ma la volontà di passare un po’ di tempo con Dalamar prevalse. Annuì, con un sorriso, e i due si incamminarono.
Percorsero quasi tutto il perimetro di Solace, protetti dalle ombre della notte, discutendo di magia, della loro avventurosa missione e dei progetti per il futuro. Fu un momento strano, ma prezioso. Entrambi dimenticarono di essere potenti maghi, di essere di due razze differenti, di conoscersi da così poco, di portare nel cuore un amore inespresso. Parlarono come due amici d’infanzia, come innamorati di lungo corso, come pari.
Prima o dopo, però, tutto finisce e più tardi raggiunsero la casa di Caramon. Katlin aveva una stanza nella casa, mentre Dalamar era stato alloggiato nella Locanda. L’elfo oscuro insistette perché non fosse Katlin ad accompagnarlo fin là. Ormai dovevano essere tutti andati a dormire e non desiderava che Katlin si aggirasse per Solace da sola.
«Quando partirai?» chiese Katlin, pensierosa e sempre più preda di una forte malinconia.
«Domattina presto. Viaggerò con la magia.- rispose Dalamar- Non ho nessuna intenzione di attraversare Ansalon in inverno.» Si mise una mano in tasca e ne estrasse qualcosa, poi prese con delicatezza la mano di Katlin e le premette l’oggetto nel palmo. Perplessa, Katlin sollevò l’oggetto alla pallida luce di Solinari. Bagliori d’argento percorsero la superficie a specchio di una stella a otto punte grande come un’albicocca, piatta alla base e a cupola sulla faccia superiore.
«Che cos’è?» chiese Katlin, perplessa.
«Un regalo.- disse Dalamar, e la giovane maga alzò subito gli occhi dalla stella per posarli su di lui- Avevo il sentore che saresti partita comunque e mi sono ricordato di portarlo.»
Katlin corrugò la fronte e fece per porre una domanda, ma Dalamar la prevenne.
«E’ un piccolo visore. Mostra ciò che desideri, un luogo o una persona, ma solo nel tempo presente, e l’ampiezza della sua visuale è ben poco eclatante. Funziona con la parola di comando vyushalor.- spiegò l’elfo oscuro- Ho pensato che potesse farti comodo su Yolta, nei momenti in cui la nostalgia diventa pressante.»
«Dalamar…» mormorò Katlin, senza parole. Strinse al seno l’oggetto, cercando di scacciare le lacrime che minacciavano di offuscarle la vista. «Dalamar, ti ringrazio. Mi sarà prezioso.» riuscì a dire, con voce che giudicò abbastanza normale. Vanificando i suoi sforzi, Dalamar si avvicinò a lei tanto da farle aumentare i battiti del cuore a mille. Cercò di non darlo a vedere, ma non poté esimersi dal tremare sotto il suo tocco quando l’elfo oscuro le sfiorò il mento con le dita e le posò un bacio all’angolo della bocca…così vicino e così lontano dal luogo in cui Katlin avrebbe voluto sentirle.
«Ti aspetterò.» mormorò, solleticandole la pelle col suo fiato caldo. Si allontanò da lei di un paio di passi, la scrutò, poi sorrise. «Buonanotte, Katlin.» disse, per poi darle le spalle e allontanarsi nella notte.
Katlin rimase dov’era, muta e tremante, con le mani strette al seno e le punte della stella magica conficcate nel palmo. Quando finalmente riuscì a rimettere in funzione la sua mente razionale, si accorse di due cose.
La prima era che non aveva detto arrivederci all’elfo oscuro. La seconda, che una sagoma si era appena allontanata da dietro la finestra che corrispondeva alla camera di Raistlin. Irata con se stessa e con il proprio gemello impiccione, Katlin corse in casa e si chiuse in camera, buttandosi sul proprio letto.
Non chiuse occhio per tutta la notte.



Dalamar, Raistlin e Caramon uscirono nella fredda alba del giorno dopo, gli unici svegli dopo la notte di festeggiamenti. Il sole non era che un vago bagliore all’orizzonte. Le nuvole, di un cupo blu che si andava accendendo di rosa, sembravano promettere pioggia. La neve della sera prima si era trasformata in una crosta di ghiaccio.
«Quando arriverai al grosso masso in cima alla salita, inoltrati nel sottobosco alla tua sinistra. Troverai una radura adatta ad attuare l’incantesimo.» gli disse Raistlin. Dalamar annuì. Avrebbe viaggiato con la magia. Lo Shalafi gli aveva dato l’incarico di fare i preparativi per un nuovo incantesimo di evocazione su cui stava studiando da un mese. Lo avrebbe raggiunto alla Torre di lì a tre giorni, e desiderava trovare locali e ingredienti già adibiti allo scopo. Dalamar non vedeva l’ora di buttarsi nel lavoro. Il saluto a Katlin della sera prima era servito solo ad acuire la mancanza che avrebbe avvertito nei mesi successivi. E quella mattina non era neppure scesa a salutarlo.
«Ti auguro buon viaggio.» disse Caramon, battendo i piedi per far circolare il sangue e tendendo la mano all’elfo oscuro.
«Ti ringrazio. E ancora congratulazioni per il bambino, Caramon.» disse Dalamar, stringendogli distrattamente la mano. Si inchinò allo Shalafi, che ricambiò con un cenno del capo, poi diede loro le spalle e s’incamminò, con il lungo mantello nero che spazzava il ghiaccio.
«Kat non viene a salutarlo?» mormorò Caramon, sottovoce, al fratello. Raistlin sorrise con ironia.
«La sua stanza è vuota.- rispose, sorprendendo Caramon- Presumo desideri ricambiare il suo saluto di ieri sera in privato.»
«Ricambiare? In privato?» chiese Caramon, non riuscendo a capire cosa il gemello intendesse. Raistlin sbuffò, stizzito.
«Possibile tu non abbia occhi per vedere?! E’ troppo lunga da spiegare. Non seccarmi, Caramon.» sibilò, voltandosi per rientrare in casa.
«Ma perché dovrebbero salutarsi così…in privato?- replicò Caramon, seguendolo, un po’ contrariato- E poi, prima o dopo Kat tornerà alla Torre…»
«Più dopo che prima, fratello mio, visto che tornerà a Yolta fra tre giorni.» rispose Raistlin, sospirando con impazienza. L’improvviso silenzio di Caramon lo fece voltare verso di lui, la mano già sulla maniglia della porta. Caramon aveva strabuzzato gli occhi e sembrava un po’ pallido. «Oh…non te lo aveva detto?» chiese Raistlin, con un sorrisetto.
La risposta di Caramon fu in grado di svegliare tutti gli ospiti della casa e anche qualche vicino.



Dalamar seguì le direttive del suo Shalafi con la mente altrove. Quasi svoltò a destra, invece che a sinistra, ma in un guizzo di lucidità si accorse dell’errore e poté rimediare in tempo. Trattenne un sospiro. La tranquillità della Torre gli avrebbe fatto bene. Prima o poi lei sarebbe tornata e il tempo che sarebbe trascorso lo avrebbe aiutato a tenere a freno i suoi impulsi più ribelli. Eppure ripensare al lieve tremito che l’aveva scossa quando l’aveva toccata…la dolcezza della sue labbra, ad un niente dal punto in cui aveva osato baciarla…
Dalamar scosse la testa, passandosi le dita nervose nei capelli neri e facendo una smorfia. Quei pensieri non portavano a nulla. Meglio smetterla e ritrovare coscienza di sé, se voleva teletrasportarsi nella Torre e non sull’Isola dei Minotauri! Entrò nella radura con passo quasi furioso, ma si fermò trattenendo il respiro quando vide chi occupava il centro dello spiazzo, sgombro da arbusti.
Katlin era lì, in piedi, gli occhi imperscrutabili fissi su di lui.
«Katlin?» mormorò Dalamar, sorpreso. Per un attimo, si chiese se non fosse solo una proiezione della sua mente, poi lei si mosse.
«Ho dimenticato due cose.» disse, e prima che Dalamar potesse anche solo pensare di formulare una domanda, scostò i lembi del mantello e ne estrasse una cartelletta grigia con un gesto molto professionale. Gliela tese.
«Ma questa…» disse Dalamar, riconoscendola. Quella era la cartella dei disegni di Katlin. Quante volte gliel’aveva vista posata in grembo, mentre lei dava furiosamente fondo a matite e carboncini? Quanti disegni doveva contenere quella cartellina? Molti, a giudicare dal gonfiore della parte superiore. «Katlin, questi sono i tuoi disegni!» mormorò.
«Un regalo per te.- disse lei, alzando poi una mano per zittirlo quando fece per replicare- Non provare a protestare. Avevo già deciso di affidartela, ben prima che tu mi portassi la stella. Non è un dono per ricambiare, ma un dono per ricordare. Per ricordarti di me.»
«Pensi che potrei dimenticarti?» chiese Dalamar. Lei non rispose, né cambiò espressione. Sembrava estremamente seria, e Dalamar iniziò a temere che volesse fargli un interrogatorio riguardo il gesto con cui l’aveva lasciata la sera prima. «E la seconda cosa? Di che si tratta?» chiese allora, più brusco di quanto intendesse.
«Non ti ho detto arrivederci.» rispose lei, poi, inaspettatamente, afferrò un attonito Dalamar per la fibbia del mantello e lo strattonò, costringendolo a piegarsi verso di lei. Dalamar si sentì sfiorare le labbra da quelle di Katlin e spalancò gli occhi, stupefatto, mentre il cuore smetteva per un istante di battergli. Mai si sarebbe aspettato una cosa del genere! Fu un bacio appena accennato, ma le labbra di Katlin scottavano e riuscì ad avvertirne la pienezza, la pelle di seta. Non poté trattenersi dal cercare il suo corpo con le mani, dall’avvicinare ulteriormente le loro bocche, ma Katlin non glielo permise.
«Arrivederci.» mormorò Katlin, tirandosi indietro di scatto e correndo via, lasciando Dalamar solo e scosso nella radura. Dalamar rimase dov’era, col fiato grosso e il sangue impazzito, a fissare il punto in cui lei era scomparsa. Sentiva il bisogno disperato di correre da lei, catturarla e portarla con sé alla Torre, impedendole di partire. Fu con grande sforzo che recuperò l’autocontrollo e si accorse della puerilità della propria reazione. Katlin l’aveva provocato…come lui aveva provocato lei la notte prima. Un punto ciascuno.
«Se questa è una sfida, mia cara,- sussurrò- sappi che non mi tirerò indietro.»
Sorridendo appena, Dalamar aprì la cartelletta e diede una veloce scorsa ai disegni. Proprio in fondo, trovò una serie di suoi ritratti a carboncino. Il sorriso si ampliò. Dalamar si toccò le labbra, indugiando ancora qualche istante, poi chiuse con un gesto deciso la cartellina e si portò al centro della radura, iniziando i preparativi dell’incantesimo che lo avrebbe riportato a casa.
Katlin, dal canto suo, corse come un kender inseguito per la foresta, trattenendo in gola una risata e sentendosi le guance rosse e accaldate. Non si era mai sentita così stupida e così infinitamente felice. Si fermò in un punto da cui poteva vedere Solace dall’alto, sfinita e sorridente.
Presto se ne sarebbe andata. Presto la nostalgia sarebbe tornata a farla da padrone e le avrebbe di nuovo incupito l’animo. In quel momento, però, tutto era bellissimo ed eccitante. Lo sguardo attonito con cui Dalamar aveva reagito al suo gesto, l’ardore con cui aveva cercato di prenderla fra le braccia…Katlin affondò i denti nel labbro inferiore per non permettere a se stessa di mettersi a gridare e ballare come una pazza selvaggia. Amava Dalamar! Dei, se lo amava! E, forse, c’era speranza che lui la ricambiasse. Semplicemente, era tutto rinviato fino al momento del suo ritorno su Krynn.
«Aspettatemi fratelli miei, Dalamar, mia Solace.- sussurrò- Katlin Majere tornerà presto.»
Fece una riverenza burlesca, poi si mise di nuovo a ridere, gioiosa, mentre il sole sorgeva all’orizzonte.



Katlin lasciò Krynn tre giorni dopo grazie ad un incantesimo che lei e Raistlin avevano messo a punto. Non fu una partenza facile. Caramon prese la notizia con sgomento e cercò in tutti i modi di far cambiare idea a Katlin, ma senza risultato. Il loro addio fu, a detta di Raistlin, il più patetico che si fosse mai visto in Ansalon dai tempi del Cataclisma.
Tanis, Laurana e Riverwind partirono prima di Katlin, e il loro addio fu più spensierato. Tutti sapevano che Katlin sarebbe comunque tornata, e non facevano una tragedia di quella sortita su Yolta. Katlin espresse il solo rammarico di essere costretta a perdersi i primi mesi di crescita del nipotino. I kender, tanto per rendere il tutto più caotico, cercarono in ogni modo di infilarsi nell’incantesimo e seguire Katlin su Yolta, una missione impossibile che venne sventata all’ultimo momento.
Così, Katlin lasciò Krynn e tornò a Yolta, ove si premurò di ottenere un’udienza dal Daichtune. L’attesa fu lunga e nel frattempo Katlin tornò al suo vecchio lavoro. Le era ancora più difficile, ora, sapere che se avesse guardato in aria non avrebbe visto il cielo, né le lune, e che su quel pianeta non avrebbe mai sentito pronunciare il suo nome con gaiezza e affetto. Strinse i denti e resistette pensando al futuro.
In quei mesi di attesa, in cui la madre venne a patti con la coscienza che Katlin avrebbe vissuto la sua vita su Krynn, la giovane maga ebbe la possibilità di tenersi in collegamento con Raistlin. L’arcimago l’aveva fornita di uno specchio incantato, collegato ad un altro specchio che si trovava nelle mani di Raistlin. Di quando in quando, il fratello comunicava con lei, di norma quando intendeva discutere di magia o parlare dei guai che Raistlin stava sottilmente combinando all’interno del Consiglio. Katlin non sapeva quali fossero i piani di Raistlin, ma con gli occhi della mente vedeva il seggio del vecchio Par-Salian vacillare. Non poteva dire che l’idea le dispiacesse. Di quando in quando, usava la stella a otto punte che le aveva regalato Dalamar. Non molto spesso, in verità, perché ogni volta che evocava il viso dell’elfo oscuro (perché questo le premeva in gran parte vedere) o quello dei suoi amici, il cuore le si stringeva dalla terribile nostalgia. Occhio non vede, cuore non duole: era un proverbio con una sua verità.
Passarono così otto mesi. L’inverno venne e se ne andò, seguito dalla primavera. L’estate era alle porte, ma su Yolta non c’era nulla che potesse renderlo evidente.
Una sera tardi, Katlin lavorava alla sua scrivania, nella sua piccola camera da letto, alla luce di una lampada da tavolo. Si sentiva spossata. Quel giorno aveva dovuto recarsi all’ultimo piano del Kag’teme, dove un funzionario dell’Impero le aveva fatto firmare una spropositata quantità di carte. Katlin si era presentata all’udienza dal Daichtune un mese e mezzo prima e aveva ottenuto molto di quello che aveva chiesto. Sua madre sarebbe stata mantenuta dall’Impero e Katlin sarebbe stata formalmente registrata come abitante di Krynn, cancellando la cittadinanza yoltiana. In questo modo, le leggi sulla magia non l’avrebbero più afflitta, nemmeno se fosse tornata di tanto in tanto a trovare sua madre. Quel giorno il tutto era stato formalizzato, perciò si poteva dire che il suo compito su Yolta era concluso.
Quasi a fare da contrappunto a quel pensiero, lo specchio dalla superficie scura posato sul comodino si illuminò. Sorridendo appena, Katlin si allungò per afferrarne il manico.
«Druha ketzia.» mormorò. La luce si spense, e nella superficie nera comparve il volto di Raistlin. «Buonasera, fratello mio.» disse, sorridendo.
«Buonasera, sorella.- disse l’arcimago- Novità?»
«Sì, ho finito.- disse Katlin, sorridendo e stiracchiandosi- Oggi ho apposto le ultime firme. Yolta fa parte del passato.»
«Bene, un pensiero in meno.» fu la sbrigativa risposta di Raistlin Katlin sollevò appena un sopracciglio. Le era sembrato strano che Raistlin la chiamasse solo per sapere come era andato l’incontro di quella mattina. Era evidente che qualcos’altro occupava la mente dell’arcimago. In quel momento, vide Raistlin voltarsi con disappunto alla sua destra, poi la visuale dello specchio fu bruscamente occupata da Caramon.
«Kat! Kat, mi vedi?- chiese il gigante, con un gran sorriso- Dei, quanto ti sei fatta bella! Stai bene, vero?»
«Caramon!- esclamò Katlin, piacevolmente sorpresa- Ma…allora siete a Solace? O sei andato a Palanthas?»
«No, siamo a Solace.- disse Caramon, raggiante- Ti aspettiamo, Kat! Sai che Sturm sa dire mamma e papà? Dice anche ‘raah’, che penso sia la sua versione di Raistli…»
«Ridammi lo specchio, dannato deficiente!» ringhiò Raistlin. Un brusco cambiamento di visuale, sufficiente a far girare la testa a Katlin, avvenne al di là del cristallo, poi il viso seccato di Raistlin tornò ad occupare lo specchio. In sottofondo si udirono le proteste di Caramon.
«Come sei permaloso…zio Raist!» lo criticò Katlin, ghignando. Raistlin la fulminò con lo sguardo.
«Invece di scherzare, cervello di gallina, fai i bagagli e torna qui.- le ringhiò contro- Ti sto aspettando per andare a Wayreth. Saluta definitivamente quel mondo inutile e torna su Krynn.»
«Wayreth?- chiese Katlin, perplessa- Perché Wayreth?»
«Si sta discutendo la tua nomina a nuovo membro del Consiglio.» la informò brevemente Raistlin, con un lampo d’acciaio negli occhi.
«Membro del…stai scherzando?!- sbottò Katlin, esterrefatta, alzandosi in piedi per la sorpresa- Raistlin, ma che diavolo stai combinando?»
«Torna qui e lo saprai.- fu la risposta di Raistlin- Arrivederci, sorella.»
«Ehi! Aspetta un attimo!» disse Katlin, ma lo specchio si era già oscurato. Raistlin aveva chiuso la comunicazione.
Katlin si risedette, attonita, fissando lo specchio. Cosa stava combinando Raistlin? E perché la stava coinvolgendo in quel modo? Sembrava proprio che Krynn, per bocca di Raistlin, stesse richiedendo la sua presenza. Una nuova avventura, per dirla alla maniera di Tasslehoff, si profilava all’orizzonte, e chi era lei per sottrarvisi? Sospirò, passandosi una mano sul volto, poi gli occhi le caddero sulla stella a otto punte. La prese in mano e se la fece roteare tra le dita. Un sorriso cominciò a comparirle sul volto, per poi prenderne possesso.
Katlin si alzò e guardò un’ultima volta la sua camera da letto. Pensava che non avrebbe faticato granché a dimenticarla.
«Neanche un po’.» disse ad alta voce, poi rise.
Katlin Majere era pronta a tornare a casa.

FINE

Author's note: Grazie ai pochi ma buoni che hanno seguito questa fanfiction! La storia continuerà presto con il seguito: La Vendetta di Takhisis! Non perdetevela!

 

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