La genesi del mito

di Aimondev
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'invasione ***
Capitolo 2: *** Agoghè ***
Capitolo 3: *** La Profezia ***
Capitolo 4: *** Abnegazione umana ***
Capitolo 5: *** La via dello spartano (parte1) ***
Capitolo 6: *** La via dello spartano (parte 2) ***



Capitolo 1
*** L'invasione ***


Giunti che furono nei pressi di una vallata riarsa e spoglia, la schiera spartana, forte di quasi diecimila prodi opliti, si dispose con lento pede in modo tale da allinearsi in svariate colonne, tante che occhio umano faceva fatica ad enumerare.
Sotto un astro cocente e tormentoso quelle truppe, per quanto formidabili fossero, non potevano reggere una simile caldana e, per di più, i raggi di luce riflessi sulle loro scintillanti scorze risultavano emettere una magnitudine sin troppo abbagliante per essere sostenuta dallo sguardo di un comune mortale.



“Persino il dio Elio ci è avverso…” si lagnò uno di quelli, ben attento a non farsi udire dai capi più arzilli.

I fieri comandanti dei battaglioni impartivano imperiosi comandi ai loro coscritti, con aria quieta, sicura e voce avvolgente, farebbero tale degli zelanti e premurosi padri.

Ciò nonostante, i soldati erano ben consci della loro natura aspra e forte, e sotto quella maschera di serena inesprespressività, dipinta sul volto cicatrizzato dei loro superiori, si celava una brutale ferocia che poteva scatenarsi in una furia sanguinaria ed irriducibile …più bestiale che umana…
I militi erano consapevoli che un loro singolo, piccolo errore gli sarebbe costato caro, ma accettavano con cinica approvazione il fio inflittogli dalle lame castigatrici dei severi condottieri, e, alle volte, si arrogavano persino il gusto di soggiacere ad una dispotica condanna per le loro imperizie.

Questi erano gli spartani.

D’improvviso, le legioni scarlatte s’aprirono; le prominenti lance iniziarono a battere ritmicamente sugli scudi, dalla fila più remota si levò un grido che, come un onda, da sommesso quale era andò a crescere rimbombante, trascinandosi verso le file più avanzate:
“KRATOS!” ripetevano a squarciagola quelle taciturne schiere che si erano come repentinamente incendiate di passione ed accese di esultanza.
 “Generale, regalaci un’altra vittoria!” si distinse una voce in mezzo a quel altisonante coro.
“Signore, siamo con te! Per Sparta! Per la libertà!” una seconda di queste si erse più alta delle altre.

Accompagnato da quel clamore collettivo si staccò dalla ressa un figuro silenzioso, dai bruschi lineamenti e dallo sguardo accigliato ed acerbo; era discinto dalla cintola in su ed il suo addome, grandioso e possente, era scalfito da diverse lacerazioni profonde che dichiaravano da sé le innumerevoli difficoltà attraversate in ogni frangente; dicevano più di quanto avrebbero potuto cantare mille poeti e verseggiatori.

Pareva non curarsi di quel grezzo schiamazzo.

“….tornate nei ranghi….”
Una tenue imposizione aveva placato quella calca infernale, come il rombo di un tuono, travolgente e pauroso, la sua autorità ammutolì l’entusiasmo dell’armata che celermente tornò in postazione: le parole non fuoriuscivano mai per più di una volta dalle sue labbra cremisi, e nessuno poteva concedersi il lusso di distrarsi sotto la sua guida…nessuno poteva permettersi di ritardare un suo comando e farglielo ripetere; la pena poteva voler dire la morte…

Sotto il ridondante bussare cupo dei tamburi di guerra, una torreggiante selva di lance andava a formarsi crescendo alle spalle di un muro di scudi, sorretto da una lunga prima fila di giovani e valenti guerrieri: molti di loro non avevano veduto abbastanza inverni e mai assaporato la piacevolezza di una vera donna spartana, condiviso il proprio godimento in una sinergia di piacere puro, percepito il suo tiepido abbraccio o colto i suoi afrodisiaci profumi nel comune giaciglio.
Pensieri appaganti, erano quelli... correvano ancora come flussi nella mente del generale Kratos, che tempo prima aveva posseduto sua moglie Lysandra e goduto del passionale abbraccio di addio di sua figlia Calliope.

Chissà se le avrebbe ancora riviste? Probabilmente le avrebbe attese nelle sconfinate distese dei fausti Campi Elisi …No! cosa andava a pensare? Lui sarebbe finito di sicuro tra le lingue di fuoco dell’Ade, tormentato per tutta l’eternità dai suoi demoni…...questa è la Legge per gli assassini.

Destatosi da quei foschi pensieri deconcentranti, il temerario duce avanzò compatto sino alla testa del suo esercito, superando gli indomiti capitani, vigili ad ogni suo minimo accenno di autorità o cambio d’espressione.

Essi erano i combattenti più fidati e potenti che Sparta aveva da offrire, nonché suoi vecchi amici di infanzia che lo avevano seguito in ogni fase della sua vita; spericolati veterani di innumerevoli battaglie: la loro sola presenza era una garanzia di vittoria.
Le loro spade ghiacciate avevano oramai assaporato il tiepido sangue di individui di ogni razza, in tutto il creato ma non erano ancora sazie di ingozzarsi di anime, non erano ancora stanche di far divorziare le teste dai propri corpi, volevano ancora tranciare arti e lacerare organi.

Gli elmi lucenti come il cuore stesso delle stelle avevano veduto tutto quello che c’era da vedere, in un mondo devastato dalle guerre e dominato dalle boriosi ed arroganti divinità. Infiniti graffi ed ammaccature ne denunciavano un assiduo uso avvalorando la fondamentale importanza di una protezione per la sottile e fragile spoglia mortale.
Criniere rosse troneggiavano sul capo dei formidabili combattenti, spargendo timore e costernazione nelle fila di ogni armata ellenica, e lunghi mantelli dello stesso colore si stendevano dalle ampie spalle sino all’altezza della caviglia.

Solo un uomo, in quel geometrico schieramento era nudo in volto, e non si concedeva il beneficio di una seconda pelle: perché gli limitava la visuale, ed impediva ai suoi nemici di riconoscere i suoi occhi, raggelandoli di terrore.

Solo un uomo non si avvaleva della garanzia di una protezione assoluta che può dare uno scudo spartano: perché era troppo pesante, e lui voleva spingersi lontano con felina sveltezza ed implacabile foga.

Solo un uomo scrutava fremente le pallide e fosche colline davanti a sé attendendo comparire un’ immane bestia nera fatta di uomini e cavalli, di lance e spade.
Le sue gambe tremavano, i suoi denti sbattevano, ma non era paura…no… non provava timore oramai da innumerevoli lune: quella era irrequietezza.
I suoi flussi sanguigni erano colmi di adrenalina pura, i suoi occhi di ghiaccio erano fissi ed inespressivi rivolti al di là dell’orizzonte, i suoi muscoli guizzanti erano in tensione, le solide mani erano stabili, ferme e carezzavano l’elsa delle terrifiche lame, strette agli arti da alcune catene che la sua mente scellerata e sadica aveva concepito.

Solo lui…Solo il generale Kratos.




Quando dalla vallata comparve uno dei più possenti uomini su cui occhio si fosse mai posato, sul suo volto si dipinse un beffardo ed inquietante sorriso.
Il gigante era contornato da putrida barba, gli occhi neri come pece, lo sguardo arcigno fulminava il suo nemico distante; i solchi che gli attraversavano il viso potevano dargli forse 60 inverni, ma quella soda struttura muscolare, coperta da uno spesso manto di pelli animali, li avrebbe certo smentiti.

…Più belva che uomo… L’indomato capo dei barbari dell'Est ringhiava e sbraitava come un cane rabbioso.
 Alle sue spalle spuntarono copiose orde di quei bruti selvaggi che, assieme al loro capo, iniziarono a sputare insulti e blasfemie contro la taciturna armata scarlatta.

Una simile cagnara poteva spargere timore nei cuori di altri uomini, ma non fra quegli spartani.
Nessuno degli aitanti ragazzi aveva soddisfatto gli appetiti di terrore esatti dai mostruosi Phobos e Deimos, i due divini sicari dell’assoluto Ares.

Un immane cavallo nero, grande almeno il doppio dei suoi cugini, strepitava e nitriva scalciando tutti quei selvaggi che osavano avvicinarsi troppo. La sua spropositata mole era tenuta salda da lunghe catene arrugginite che alme di barbari stringevano strette tra le loro mani volgari e sudice.
Passo dopo passo si avvicinavano lentamente verso il loro grande sovrano, il quale strappò una catena dalle grinfie di uno dei suoi, e con la forza di un energico strattone, con un solo braccio trascinò la bestia verso di sé mentre con l’altra mano ne afferrò il bislungo gozzo stringendolo con una ferrea morza.

gli occhi di lucentezza soffusa, come pietre di luna dello stallone gigante si persero dentro i suoi, e la sua ira bestiale si affievolì riconoscendo la supremazia del vero padrone.
 Egli montò su di esso ed effuse un terrificante urlo di trionfo ed affermazione, atto ad incitare l’orda; poi con carica travolgente si tuffò verso l’immobile nemico, seguito dagli altri.

Il cavaliere sembrava puntare Kratos, che restava immobile dinnanzi al nemico; uno dei capitani con un cenno del capo impartì un ordine al suo battaglione, che si schierò dinnanzi al generale formando una barriera impenetrabile.

Il selvaggio sfoderò un immane martello ed iniziò a farlo roteare paurosamente.

Il signore spartano posò gli occhi sui suoi valorosi figlioli, rimembrando nei loro visi pallidi l’ardore della sua prima giovinezza, e per un brevissimo istante durato come una vita terrena errò al di fuori del pensiero e del tempo ritornando agli albori dei suoi primi anni.

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Capitolo 2
*** Agoghè ***



Selezionato per esordire nel rigoroso regime di educazione dei piccoli spartiati, strappato via dalle braccia amorevoli della madre, sottratto del giovane fratello reo unicamente di essere troppo gracile per gli standard spartani perciò gettato nel Taigeto: il giovane Kratos aveva avuto diversi traumi che segnarono il suo carattere.

Ed ora stava lì: abbandonato a sé stesso, nel fitto di una selva oscura; la luna piena era ampia e dominava le stelle, nella sconfinata volta celeste.
Un solo panno legato attorno alla vita lo riparava dalla furia di un vento raggelante che, pauroso, stridiva tra quegli alberi secchi.
Un focolare scoppiettante ardeva vicino, ed illuminava la carcassa fresca di un cinghiale appena cacciato, con diversi squarci all’altezza dell’addome che ne rivelavano le ossa.

Quello era l’esame finale dell’ agoghé, imposta a tutti i nascituri di Sparta per divenire spartani.
La cittadinanza spartana non era cosa facile da ottenere: i bambini venivano deportati lontani dalle loro case ed allenati duramente dai maestri per molti anni, ed infine venivano sottoposti a terribili prove dove si metteva in gioco la vita.
Bisognava dimostrare di essere degni per appellarsi con tale nome, bisognava provare di essere più fidati alla patria che alla stessa famiglia.

I fanciulli venivano abbandonati nel fitto della vicina foresta per alcuni mesi, senza cibo né acqua né coperte, in balia delle ferine belve che la abitavano; tutto ciò era finalizzato a far riemergere nella loro psiche una sorta di primordiale istinto di sopravvivenza. Al termine del tempo stabilito, sarebbero arrivati i precettori a recuperare i superstiti.

… una bestia in particolare disturbava i sonni tranquilli degli abitanti nei vicini villaggi. Un pitone di dimensioni spropositate si aggirava nei più remoti ed oscuri angoli di quella giungla palustre: i locali lo chiamavano Apep, ma nessuno poteva fornire una sua descrizione poiché nessuno che fosse ancora in vita poteva vantarsi di averlo veduto.

“Non addentratevi nel fitto di quella selva se volete vivere…limitate i vostri spazi ai bordi di essa” riecheggiavano le parole di un veterano nella mente di Kratos, che aveva appena terminato di aguzzare un secondo ceppo di legno.
Anche se non dava a vederlo neppure a sé stesso, nel profondo della sua anima gli mancava l’amorevole madre… e Lysandra… una ragazza che stregò il suo cuore ed alla quale promise che sarebbe tornato a casa tutto d’un pezzo; non le rivedeva ormai da diverse stagioni.

D’improvviso lo smuoversi innaturale di un cespo vicino lo distolse dai suoi pensieri; si alzò di scatto puntando le sue nuove armi lignee verso la potenziale minaccia.
Il vento batteva forte ed impediva al suo sensibile udito di reperire l’ubicazione precisa di certi inquietanti fruscii, allo stesso modo, scacciava via ogni odore che il suo sottile olfatto avrebbe potuto percepire.
Si appropinquò passo dopo passo verso l’arbusto mentre gocce di sudore freddo gli cadevano dalle tempie.

…che fosse lui?...la grande bestia...

Dal fogliame, emerse in un balzo un ombrosa figura che si scagliò incombente sul giovane. Un riflesso incontrollato manovrò il suo corpo prima ancora che la sua mente potesse comprendere la situazione e con una delle nuove armi sfiorò il viso dell’aggressore, che riuscì a spostarsi in tempo flettendosi all’indietro.

“sei abile” commentò la figura misteriosa che fu rivelata dalla luce lunare: era un esordiente come lui ma il suo fisico era più sviluppato, la corporatura più snella ed ondulata; gli occhi celesti parevano grondare di follia, e ad evidenziare un possibile stato mentale disturbato, ci si metteva anche uno spalancato sorriso intriso di pura eccitazione che manifestava l’intera dentatura.

“chi sei? cosa vuoi da me!?...” interrogò Kratos, per nulla impressionato.

“Astenos è il mio nome…credo… perlomeno è ciò che ha urlato una gemente puttana gettandomi fuori dalla sua vulva prima di crepare…” sghignazzò sonoramente, dilatando le narici fino ai loro possibili limiti.
“… mi chiedi cosa voglio, amico mio?....Solo mangiarti…oppure nutrirmi dell’animale morto alle tue spalle…” proseguì con quella sua intensa risata “…lascio a te l’onore della scelta”

“Questa preda è mia! L’ho cacciata io stesso! Trovati da solo da mangiare, trovati la tua…”
“chiacchiere…solo chiacchiere..” interruppe bruscamente l’altro, girandogli attorno
“…Si vede proprio che sei ancora un ragazzino! Non esiste un –mio- o un –tuo- qui…questa è una prova: questa è l’agoghé! Qui vige la legge del più forte, che, qualora optasse di essere misericordioso, come nel mio caso, potrà decidere di prendersi tutti gli averi del più debole risparmiandogli persino la vita!...”

“…allora preparati a darmi tutto ciò che possiedi…ma, a differenza tua, io non sarò misericordioso…”

il giovane cacciatore incombette incalzante sull’iniquo estorsore, che cercò di arrestarlo con un calcio laterale diretto al basso ventre; il colpo venne deviato incondizionatamente da un fulmineo palmo della mano, al ché Kratos a mente fredda si impressionò della sua stessa celerità che di comune aveva ben poco, ma la distrazione del momento gli costò un assestato colpo in piena faccia, anch’esso diretto con velocità rara.
Confuso, il giovane stramazzò a terra, mentre l’aggressore assuefatto da una squilibrata eccitazione, balzò sul suo corpo e ripetutamente continuò a colpirlo in piena faccia, mentre filamenti di saliva schiumosa fuoriuscivano dalla sua bocca.
“Quanto mi piace! Quanto mi piace! Quanto mi piace”

Ma la confusione nella mente del ragazzo assaltato, non era derivata dai terribili colpi dell’aggressore; al contrario: dal fatto che quei potenti fendenti erano appena avvertiti dai suoi sensi, e il dolore risultava sfuggevole ed elusivo.
Una volta scacciata tale confusione, riuscì a liberarsi da quella sfavorevole posizione con due pedate in pieno petto che scaraventarono Astenos sul fianco di un grosso albero, a diversi metri di distanza, che lo fece scuotere animatamente.

Kratos trasalì: quale potenza ospitava dentro di sé? Un’energia tanto grande, che persino egli stesso faceva fatica a controllare. Un rivolo di sangue fuoriusciva dalla sua bocca: a quanto pare il suo corpo non era poi tanto speciale; possedeva comunque una spoglia mortale.

“Hah…” si rialzò tutto imbrattato e sanguinante l’altro ragazzo tornato in sé da quell’ impazzata foga, ma con aria non più sana di prima, “…allora non sei proprio un novellino…”, un uomo qualsiasi avrebbe certamente accusato il colpo cedendo al buio di uno svenimento dopo un impatto di cotanta violenza, ma, di certo, non si trattava di una persona comune, questo era un dato assodato dal suo avversario.

Ingrugnito, il poderoso combattente si avvicinò sfoderando le precarie armi dalla cintola
“Cosa aspetti ad attaccarmi, Astenos? Uccidimi, se ne sei in grado”
“Vuoi proprio stuzzicarmi eh, amico mio? A giocare con il fuoco si rischia di scottarsi e…e….Ehi!..”
L’attenzione cadde sulla preda contesa, alle spalle di Kratos; un grossissimo lupo grigio l’aveva addentata e la stava trascinando nel fitto del bosco.



“Maledizione!” imprecarono entrambi, buttandosi tra quegli alberi e dando avvio ad un inseguimento.

I giovani senza patria non distoglievano un momento i loro occhi dal selvatico canide, che filava spedito.

“cosa vuoi ancora da me? Se sei tanto forte come dici procurati da mangiare da solo!”
proferì Kratos guardando di sottecchi, l’altro inseguitore che spariva e compariva con intermittenza tra quella moltitudine di tronchi.
“…E dove sarebbe il divertimento se mi trovassi un'altra preda?” ironizzò.
“Una volta che avrò ripreso il mio cinghiale…ti sistemerò in ogni caso”
“E’ quello che aspetto…dobbiamo terminare il nostro scontro”
“te ne pentirai, Astenos” rispose, e accelerò la sua corsa, staccandosi dal rivale ed arrivando a livelli di velocità che non avrebbe mai creduto di poter raggiungere.
L’altro tentò di stare dietro al suo passo, ma poco dopo, il fiato iniziò a fargli brutti scherzi e dovette rallentare per prevenire il collasso “…Come fa a correre così?” commentò sbalordito mentre la saettante figura davanti a sé scompariva nella vegetazione.

Kratos scalpitava a piedi nudi su quel terreno impervio e scosceso: ma la terra non lo avrebbe fermato;
gelidi raffiche di corrente gli correvano impetuose sul viso e sul corpo: ma il vento non l’avrebbe fermato.
La feroce fiera era vicina dall’essere raggiunta, e il guerriero strinse le sue armi pronto a balzare su di essa.

Invece, prima che potesse tentare nell’impresa, il lupo raggiunse uno spiazzo roccioso, e lasciò stare al centro di esso l’organica refurtiva, per poi dileguarsi dietro ad alcune rocce.

Il giovane, restò smarrito da tale comportamento, ma non ipotizzò nessuna possibile minaccia né sovrastimò l’arguzia dei predatori animali e si diresse, senza esitazione, verso l’agognata ricompensa dei suoi sforzi, e temporanea fonte di cibo. Ma mentre analizzava la carcassa, avvertì delle presenze attorniarlo, alzò lo sguardo e impallidì nel vedere un intero branco di lupi uscire dall’oscurità ed avvicinarsi minacciosi.

Tra di essi, spuntarono delle figure che non si sarebbe mai aspettato di vedere, non in un luogo come quello.
Avevano gli arti inferiori caprini e ricoperti di spesse setole come degli animali: ma camminavano eretti come normali esseri umani; il torace era asciutto ed al contempo massiccio come quello di un uomo, ma si colorava di violaceo; le braccia snelle terminavano con dei notevoli artigli come quelli di un leone, ma in contrasto possedevano delle lunghe verghe metalliche di fabbricazione umana; i visi lasciavano vagamente ricordare lineamenti antropici, ma delle grosse corna di ariete smentivano tutto.
Erano tanto uomini quanto il loro contrario: meticci di Dionisio, la loro sola esistenza era vista come un insulto alla specie umana per Kratos.



“Satiri!....” notò preoccupato il ragazzo guardandosi attorno “…cosa ci fate qui?...solo un intelligenza divina può spingervi ad attaccare di vostra iniziativa e….”

Non fece in tempo a finire la frase che uno dei lupi si scagliò su di lui con tutto il peso del corpo gettandolo al suolo. Aveva le fauci spalancate increspate di bava a qualche centimetro di distanza da lui ed i fluidi della gola gli scivolavano sulla fronte; con le braccia arrestava un’ ulteriore avanzata dell’animale.
L’esordiente strinse i denti ed accartocciò il naso, i suoi occhi si riempirono di furia e con uno scatto di potenza riuscì a prendere il sopravvento, e la feroce fiera fu messa a terra, invertendo così le loro parti. Prima ancora che essa potesse reagire, gli piantò i due acuminati bastoni nei bulbi oculari, innaffiandosi del suo sangue, quindi la bestia si spense con un lamento.

Repentino, il ragazzo estrasse le armi ed incrociandole parò il devastante colpo a martello di uno scettro di quei satiri, poi con sveltezza assoluta allontanò l’aggressore con un calcio ben assestato, si rivolse alle sue spalle e con un gancio bucò la bassa mascella di un canide che stava per caricarlo e con uno possente strattone gliela asportò facendolo contorcere dal dolore.

Incombette verso un altro satiro, ma prima che potesse raggiungerlo questo lo scavalcò con un ampio salto per poi lacerargli una spalla con un colpo circolare del suo bastone fissando l’affilato gancio, all’ estremità, sulle sue carni.
Questa volta il dolore era stato avvertito più intensamente, tanto che riuscì a strappargli un urlo, che si amplificò quando venne trascinato con moto rotatorio e poi scaraventato verso un piccolo arbusto, che non resse all’impatto e supino cadde con un tonfo.

Due voluminosi lupi si avventarono sulla preda inerme, mentre questa si accingeva a riprendersi dall’urto , e, visto il pericolo non fece in tempo a prepararsi per il contrattacco quindi si approntò a subire il caro prezzo della fiacchezza di un momento.
Ma prima che quegli artigli letali potessero ghermirlo, una frusta arrestò la loro avanzata e un figuro balzò su una di quelle bestie aggrappandosi alla sua pelliccia mentre la bestia si divincolava.
Poi usò quella sferza per strangolare l’animale, facendo leva con le forti braccia, mentre intanto Kratos, che si era ripreso, se ne approfittò della distrazione di una fiera, per caricarla impetuoso su un fianco
premendo le punte contro il suo addome indifeso colpendola su un punto vitale che la uccise sul colpo.
Il ragazzo rivolse il suo sguardo verso il salvatore, che in quel mentre aveva abbattuto il suo bersaglio, e riconobbe in lui i caratteri di Astenos, che teneva in mano una lunga liana di una pianta.

“Ancora tu?... Non ho bisogno del tuo aiuto, vattene subito,mi sei solo di intralcio” disse con un sorriso di compiacimento che lo tradì
l’interlocutore sogghignò animatamente
“E rischiare che fottano la mia preda?… Mai!… ti farò fare un viaggetto di sola andata nell’Ade, e non dovrai neppure ringraziarmi” poi si diresse sghignazzante verso un satiro.
Quest’ultimo arretrò verso un albero, vi rimbalzò sopra e con una piroetta colpì l’umano impreparato che abbozzò quella bastonata sul dorso, cadendo in avanti con un lamento; ma anziché cadere a corpo morto, riuscì ad atterrare similmente ad un felino, e con una spazzata di gamba azzoppò l’avversario che perse l’equilibrio capitombolando rovinosamente e perdendo possesso del suo arnese che fu preso al volo dal ragazzo e senza indugio fu usato per dilaniare il suo ex possessore.

Intanto Kratos, ignorando la profonda lesione, si ripuliva di tutta quella polvere che infastidiva i suoi movimenti, poi accortosi di una minaccia alle sue spalle, senza neppure voltarsi, fermò con una mano un fendente, diretto da un ennesimo satiro uscito dal buio.
Stava imparando ad utilizzare al meglio le sue capacità con l’esperienza.

“io non mi faccio fregare due volte….” Trascinò a sé il mostro, usando il suo stesso bastone.

“schiva questo!” lo trafisse in pieno collo trapassandolo da parte a parte, e per qualche istante restò a fissarlo negli occhi appagato e soddisfatto mentre quell’essere perdeva della sua vitalità ed incombeva alla morte.

Era una sensazione meravigliosa quella, che di rado aveva provato: scrutare gli occhi imploranti e disperati di un essere vivente nei suoi ultimi istanti, che viveva solo in funzione di un volubile capriccio; sentirsi sommi giudici in terra dell’esistenza, detentori di vita e di morte, paventati da tutti per il supremo responso.

Estasiato da un senso di onnipotenza, estrasse la sua arma dalla gola della vittima, e la scagliò su una fiera colpendola in mezzo agli occhi ed arrestando così la sua corsa; poi raccolse il metallico scettro del satiro e incalzò su un suo simile, che aveva adocchiato Astenos, impegnato a sua volta in un combattimento, spaccandogli la testa.

”Ehi…mi hai parato il culo…mio salvatore!” gridò ironico il compagno che lentamente indietreggiava nella sua direzione.
“Non fraintendere…ho solamente pareggiato i conti, ora non ti devo nulla ” rispose acido l’altro ritirandosi in direzione opposta finché i due non furono schiena contro schiena a scrutare quella masnada.
“Forza eliminiamo dalla faccia della Terra questi ibridi bastardi!” imperò tuonante un nuovo e più sanguinario Kratos.


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Capitolo 3
*** La Profezia ***


CAP 3

La Profezia

 

I timidi raggi di una luna ormai attempata e morente trasparivano fra le fronde di quelle querce millenarie, e raggiungevano affievolite e stanche il sottobosco.

Stormi di uccelli notturni abbandonavano timorosi le loro case poste attorno ad una particolare area  dove due uomini, illuminati a malapena dal candore lunare, si ergevano sfiancati presso un cimitero allo scoperto.

 

Uno di loro cadde a terra esausto, cercando un conforto in quel gelido suolo

“Hah…perlomeno non dovremmo più scannarci a vicenda per un po’ di carne… Mi sembra che qui ce ne sia a sufficienza per entrambi!”

 

L’altro più silenzioso in ogni sua azione, si limitò a sedersi per terra fissando i corpi esanimi di quei satiri che non sarebbero dovuti trovarsi lì, poi, dopo un lungo silenzio, rispose  sarcastico all’affermazione del compagno.

“Già…ti cedo volentieri persino le carcasse putrescenti dei Satiri… a me spetterà il resto…”

 

Astenos squarciò la tranquillità del silenzio con una cavernosa risata che fece fuggire terrorizzati i piccoli animali che erano stati abbastanza coraggiosi da rimanere ancora in quella zona.

“Non mi hai ancora detto come ti chiami, ragazzo…”

il compagno si perse nella magnificenza di quel cielo cosparso da migliaia di punti luminosi, provando una sorta di piacevolezza in quella visione, che gli riportò in mente Lysandra; poi tornò alla realtà

“…Kratos…puoi chiamarmi Kratos…”

 

Le giornate passarono lente ed oziose da allora.

Astenos non rispettò la promessa di sfida fatta al compagno: doveva aver intuito che non ci sarebbero state possibilità di vittoria e che probabilmente il suo rivale rappresentava una diretta discendenza di una qualche divinità.    Tanto meno Kratos si prendeva la briga di ricordarglielo, impegnato com’era nella costruzione di nuove armi concepite nel profondo dei suoi stessi sogni.

Era riuscito a schiodare gli affilati ganci dalle estremità degli scettri dei satiri morti, e con il fuoco fonderli in un unico utensile per poi raddrizzare quegli uncini rendendoli letali da entrambi i lati: ideali per la perforazione.

Aveva già creato una coppia di quegli atroci oggetti e sperimentato la loro efficacia abbattendo

e sviscerando un cervo.

 

Ogni guerriero possiede un’ innata abilità nell’utilizzare un certo tipo di arma e, molto spesso, il loro utilizzo rispecchia la personalità stessa del personaggio che le brandisce;   Kratos constatò che l’uso simultaneo di due lame costituiva per lui il più eccellente stile di combattimento che potesse bramare:  erano compagne  perfette per amplificare la sua furia.

 

Una notte, mentre il compagno montava di guardia, si concesse qualche ora di sonno, che però fu turbato da uno strano sogno.  

Vide un immane macigno crollare da una rupe e travolgere uomini, donne, gli stessi paesi.

Tra quegli innocenti scorse una donna  bagnata di lacrime che stringeva a sé la sua bambina, ed avevano entrambe uno sguardo che lo ricoprì di terrore.  Poi il buio.

In un istante una luce rossa come il fuoco scacciò le tenebre, non riusciva a intravedere chi o cosa emanasse tale splendore; un’ imponente voce maschile fu effusa da quella fiamma intensa

 

DOMINARE GLI ESSERI UMANI E’ FORZA,  DOMINARE SE STESSI E’ POTERE!...

 

KRATOS, IO TI INSEGNERO’ A SFRUTTARE AL MEGLIO IL TUO POTENZIALE,  TI APRIRO’ LE PORTE CHE CONDUCONO ALLA GLORIA: SURCLASSERAI OGNI UOMO AL MONDO, PERSINO LA PROGENIE STESSA DEGLI OLIMPICI”

 

Chi sei tu? Come fai a sapere di me?”

 

“UNA PROFEZIA ANNUNCIATA DALLE PARCHE IN PERSONA HA PREDETTO LA TUA NASCITA ED IL TUO RUOLO NEL MONDO! SAPRAI TUTTO A TEMPO DEBITO”

 

Non ho bisogno di nessuno per raggiungere la gloria! Me la cavo da solo!”

 

“OGNUNO E’ ARTEFICE DEL PROPRIO DESTINO…SARAI TU STESSO A DECRETARE IL TUO FUTURO….MA NELLA FINE  CHE TI ASPETTA NON TROVERAI ALCUNA GLORIA, ED ANDRAI INCONTRO AD  UNA MORTE IMPIETOSA ED OSCURA…. IO POSSO IMPEDIRE CHE CIO AVVENGA”

 

“….Dove posso trovarti?....”

 

….CERCAMI….”

 

 

La luce si estinse, e Kratos si alzò in piedi tremante e bagnato di sudore come se fosse stato attraversato da qualcosa di incorporeo… qualcosa di non umano… non riusciva a riprendere il fiato come se avesse compiuto un immane sforzo.   

 

“ Heheh…dal tuo stato sembrerebbe che tu sia appena uscito da un sogno erotico!”    osservò Astenos sbracato su un ramo basso di un arbusto.

 

“Aah….stai zitto!...” rispose mettendosi le mani sulle tempie, poi si guardò intorno: i primi raggi di sole avevano pulito la notte profonda.

“…è giorno!...perché non mi hai svegliato per il cambio della guardia?”

 

“Era così bello vederti dormire!” rispose e seguitò con la tipica fragorosa risata.

 

Mentre il ridestato abituò il suo sguardo alla nuova luce e ricominciò a distinguere i colori si accorse di un viso indistinguibile nel fogliame di un cespuglio.  Subito afferrò le sue armi  e si avventò di corsa contro l’appostamento, ma, scansate le fronde, non trovò traccia di nessuno.

 

“Si può sapere cos’hai?” interrogò il compagno

“Seguimi , Astenos, voglio verificare una cosa!” comandò addentrandosi di nuovo nella profondità del bosco.

“Sei strano…” commentò calandosi dall’albero    “…mi piace”

 

Camminarono per ore senza nessuna traccia e nessun punto di riferimento, senza capire dove si stavano dirigendo né sapere a cosa stavano andando incontro, ma Kratos era stato raggelato da quella voce e profondamente condizionato,  aveva ceduto alla curiosità di voler capire chi fosse quell’entità.

Ma quando per l’altro esploratore, la speme di reperire qualcosa si stava affievolendo, finalmente scorse lontano una luce brillante.    

“Laggiù!” gridò esaltato e raggiunsero insieme quel bagliore. 

Si ritrovarono  in una vallata molto vasta e notarono nella pianura sottostante un numeroso gruppo di giovani esordienti accampati intorno ad uno stagno.

“Ehi che ne dici di attaccarli e mostrare loro quanto siamo forti!?” propose Astenos con occhi da pazzo

“Non ho tempo per queste cose...”

“Ma ci siamo persi! E poi si può sapere che cosa speri di trovare in questo bosco maledetto!”

“non lo so…forse un Dio!”

“Un Dio?!...” esclamò l’altro e ricominciò a ridere fragorosamente, tanto da segnalare la loro presenza al gruppo di ragazzi accampati vicini.

 

 

“Ehi voi laggiù! Ci stavate spiando forse!?” gridò quello che probabilmente si era imposto come capo gruppo: aveva un’aria altezzosa e quasi effeminata che gli donava lineamenti soavi e gradevoli,

ma al contempo l’attitudine decisa e virile lo presentava come un uomo indomito.

 Attorno a lui, molti ragazzi si stavano rifocillando nei pressi della sorgente, mentre altri avevano già impugnato alcune picche rudimentali.

 

I due discesero per la valle:  Astenos stringeva la sua frusta con fremente eccitazione, l’altro invece era calmo e serio e ignorò totalmente le accuse di quel tizio, tanto da passargli tranquillamente accanto senza degnarlo neppure di uno sguardo sotto i suoi occhi furenti di indignazione.

 

“Ehi tu…Feccia!!... Dove credi di andare?! Ti ho rivolto una domanda ben precisa, e a prescindere dalla tua risposta, di sicuro, non ti lascerò fuggire di qui!”

Dopo quelle parole, Astenos srotolò la frusta e fulminò con lo sguardo il provocatore,  Kratos invece restò quasi incuriosito ed arrestò l’azione dell’amico.

“Lasciami fare, Kratos…ho voglia di sfogarmi”

“Aspetta! Voglio capire una cosa”  poi si rivolse a quella folla che intanto gli aveva puntato contro le armi

“Anche se il nostro  progetto fosse stato quello di sorvegliarvi, cosa ne avremmo ricavato?”

 

“Hah…fai il finto tonto! Aspettavi il momento buono per impadronirti della mia mappa, è chiaro!...ma se volevate raggiungere il tempio dovevate prima consultarmi e recarmi tributo; ma ormai è troppo tardi!.. non accetto meschini spioni tra i miei ranghi!”

“tributi?...i tuoi ranghi?...ma chi credi di essere?” rispose freddo l’interlocutore

“Come mi chiamo? Chiede….  Io son nomato Eumenos, unico erede del nobile Agathangelos, è stato lui! Il mio grande padre a rivelarmi ogni segreto per sopravvivere in questi luoghi malsani! E ha fatto di più: mi ha mostrato la via più facile per prendere una posizione nell’armata spartana!”  spiegò quel logorroico pseudo veterano in modo noioso ed irritante.

“prima hai fatto riferimento ad un tempio…” 

“Già!...il grande tempio di Dioniso ubicato nei meandri di questa foresta! E’ difficile trovarlo senza avere una mappa delineata di questi luoghi; ma si dà il caso che il mio nobile padre Agathangelos sia un brillante conoscitore di molte località! Ha già tracciato le mappe dell’Ellesponto, Stinfalia, Elicona….”

Continuò verboso a ciarlare mentre i suoi stessi uomini sbuffavano esasperati

“Kratos, tu fai come ti pare ma giuro che se parla per ancora un altro mezzo minuto ci penso io a strappargli la lingua!”

 

lass="MsoNormal">“Dioniso!...sapevo che c’era di mezzo una qualche divinità” realizzò Kratos in un’isolante riflessione

 

“Già, Dioniso!” confermò Eumenos   “non sappiamo molto su quel tempio,  ma molte voci affermano che al suo interno abbondi vino a fiumi, traboccante da cornucopie d’oro massiccio, e le sacerdotesse del dio siano le più belle donne del mondo e che  riservino un trattamento di favore per coloro che riescano a raggiungerlo.

E’ PER QUESTO CHE NOI TROVEREMO QUEL POSTO, DICO BENE UOMINI!?”  Un grido di esultanza lo seguì prolungato.

 

“Ho bisogno di quella mappa…” decise il prescelto degli dei  “…vi offro l’alternativa di seguirci e raggiungere insieme il tempio…..altrimenti ce la prenderemo con la forza!”

Astenos sorrise sprezzante  “Finalmente inizia il divertimento”

 

“Stai scherzando!?.... sarete voi a finire male e non vi faremo….”  Non concluse la frase che la frusta dell’avversario gli sfiorò la faccia procurandogli un graffio profondo.

“parli troppo per i miei gusti” 

“Cane!”  estrasse una spada corta ben rifinita e si portò contro l’aggressore

“Così mi piaci!”  disse schivando un fendente ben calibrato da quell’avversario che sapeva il fatto suo.

 

Intanto un gruppo di lancieri attaccò Kratos da solo, che evitò di sguainare le lame;  voleva soltanto limitarsi a fare loro molto male visto che probabilmente potevano essergli d’aiuto.

Schivò un veloce affondo demolendo con una gomitata devastante il volto del prode esordiente che aveva avuto l’audacia di attaccarlo per primo, poi si schiantò con una scivolata su un altro di quei temerari facendolo crollare rovinosamente al suolo.

Due ragazzi tentarono di trapassarlo mentre si trovava ancora a terra ma rapidamente deviò la traiettoria di un colpo, che affondò sul suolo, e con una pedata timbrò il volto di un aggressore   che si scontrò verso alcuni altri ragazzi che stavano incorrendo all’attacco, poi afferrò il giavellotto dell’altro disarmandolo e lo colpì in mezzo agli occhi con l’estremità spuntata della sua stessa arma. 

Improvvisamente avvertì un corpo incontrollato collidergli alle spalle che lo atterrò: era Astenos

“Maledizione…non è affatto un principiante!” osservò rivolto verso Eumenos che aveva mostrato di non essere solo un ciarlatano  “Mio padre mi ha addestrato in ogni tipo di lotta! Cosa credevi?” si vantò riaccendendo l’astio dell’avversario che inatteso gli si gettò di peso addosso.

 

E mentre quella rissa aveva luogo, vennero avvertiti da tutti quei prodi giovani dei cupi scalpitii da ogni parte in quella vallata, il suolo stesso iniziò a tremare e li costrinse a fermare le ostilità comuni per ispezionare la zona circostante.   Kratos, che per primo aveva constatato la presenza di qualcun altro in quella vallata bloccò la furia del compagno che non si era reso conto di nulla, mentre Eumenos tutto d’un pezzo si rialzò confuso  “cosa succede? Un terremoto forse?”

 

“non un terremoto….” Smentì Kratos mentre intanto dalla vallata apparivano figure galoppanti rafforzando i suoi timori   “….sono centauri…. A decine….”

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Capitolo 4
*** Abnegazione umana ***



IMandrie bellicose di quegli esseri mezzi equini sciamavano molteplici e parevano sbucare dalla bocca stessa dell’Ade brandendo morning star bicuspidi ed enormi mazze ferree che avrebbero appagato il più esigente degli armaioli. Anche escludendo la loro metà puledra, le loro fattezze abominevoli erompevano dai canoni umani per dimensioni e forma e le loro corporature massicce e nerborute dalla vita in su manifestavano un colore giallastro tiepido, ripugnante.


“Centauri?!.... ma non è possibile! Non si vede un centauro in questo luogo da anni! Da quando furono sgominati dal semidivino Ercole!” notò incredulo Eumenos.

L’immane ombra proiettata da una saettante lancia scagliata dalla sponda opposta della vallata lo mise in guardia sulle reali intenzioni dei nuovi arrivati, e prima che potesse avere cenno di reazione si infranse a poca distanza dai piedi dei suoi subalterni. La torma di mostri non avanzava verso le deboli prede, ma trovava spassoso ed opportuno giocare con le loro paure, prolungandole fino allo stremo: si muovevano sparpagliatamene nella stessa area, quasi danzando e gettando loro addosso qualche asta ogni tanto.
“Dobbiamo collaborare…se vogliamo vivere!” ammise Kratos riconoscendo i suoi limiti: per quanto forte poteva essere come avrebbe potuto eguagliare Ercole in potenza sgominando un intero clan di centauri? Quindi preso da un’innata propensione per il comando iniziò ad impartire disposizioni riguardo quella che si profilava come una truculenta battaglia.
“Cosa vorresti fare tu? Siamo spacciati!...come pensi di respingere una simile orda?...” protestò Eumenos
“ ’Sta zitto…” lo calmò Astenos del tutto tranquillo “…e fidati”

Kratos guardava negli occhi quei giovani imberbi: il loro fisico poderoso era frutto di intensi allenamenti praticati sin dagli albori della loro breve esistenza, ma mai avevano davvero preso parte ad un vero scontro, mai messo in palio la loro vita in un gioco di morte come nemmeno mai aveva fatto lui stesso prima di essere posto allo stremo delle sue possibilità in quella foresta maledetta.
I guerrieri ricambiavano il suo intenso sguardo incuriositi da quell’infinita esperienza che emanavano i suoi occhi. Nonostante fosse solo un ragazzo come loro sembrava quasi che prima di quella avesse vissuto mille altre vite da condottiero; nella sua espressione decisa trovavano un’ancora di salvezza tra le onde di disperazione tra le quali erano incagliati, ma muniti unicamente di una lancia appena acuminata, come avrebbero potuto fronteggiare un orda di mostri armata di tutto punto?
Kratos trovò una risoluzione ai problemi notando dei lunghi e robusti tronchetti aguzzi ed appena abbattuti che sarebbero serviti per far ardere un grosso focolare quella notte stessa: troppo pesanti per essere impugnati o portati con sé in spalla ma abbastanza leggeri da essere sollevati per alcuni istanti. Poi, passata la folla vide un ragazzo seduto a terra fissato ad un palo con alcune catene: una lata fronte presentava diverse venature e screziature, al di sotto della quale due occhi sottili lo fissavano incuriositi.
“Tu…alzati” comandò quello che si era indirettamente imposto come nuovo capo dello schieramento.
Il ragazzo si alzò in piedi lentamente: era enorme, tanto che il più alto degli esordienti raggiungeva a malapena l’altezza di una sua spalla.
“Cosa vuoi fare!? Pazzo!” esclamò Eumenos da dietro.
“Perché lo avete incatenato?” domandò
“Perché è un folle! Un omicida pericoloso! Lo abbiamo trovato dormiente disteso in mezzo ai corpi macellati di numerosissimi ragazzi, l’intero corpo ricoperto di sangue, un ascia stretta in un pugno ed un sorrisetto stampato sul volto…agghiacciante….MA COSA FAI!?!” gridò esterrefatto mentre Kratos infrangeva le catene facendo leva con le lame.

“ora ti ho liberato, ma in cambio esigo che tu ci porga il tuo aiuto contro quei mostri…mi capisci?”
il gigante raccolse la sua ascia a poca distanza da lì; poi si portò ad alcune dita di distanza da lui fissandolo con sguardo trucido ed attendendosi un emotiva reazione di preoccupazione; ma gli occhi che aveva di fronte non mutavano, anzi parevano quasi più freddi di prima, così che attenuò l’aggressività che distendeva il suo volto.

“Mi chiamo Chrestos…” tuonò porgendogli la mano con garbo. Kratos restò a fissarlo sospettoso, poi si decise a rispondere al saluto “mi chiamo Kratos”: la stretta di quel ragazzone era forte, forse anche troppo, volendo testare la forza del suo nuovo compagno, ma si trovò impressionato quando avvertì che non solo sosteneva la pressione, ma imprimeva una forza addirittura maggiore.
“Non abbiamo tempo per i convenevoli Chrestos, preparati a combattere!...”


I guerrieri, condotti da Kratos avanzavano in formazione allargata cercando una copertura nei grossi massi sparsi nella zona, ma molti non riuscirono comunque ad evitare i violentissimi attacchi a distanza di gittata incredibile e furono trapassati da parte a parte e fatti volare per molti cubiti.
Il giovane condottiero schivò all’ultimo momento una picca a velocità disumana, e riprese la sua corsa.
Intanto, alle loro spalle, due imponenti gruppi di esordienti tra cui gli stessi Astenos ed Eumenos fuggirono sgomenti disperdendosi nei boschi attorno la vallata.
“Voi codardi!....” Gridò furente Kratos.
I centauri sghignazzarono fermando il loro impazzato lancio per le risate, “E voi vi riterreste spartani!!...” schernì quello che doveva essere il loro capitano “…non valete la metà di un vero guerriero!” dopodichè con un gesto di una mano condusse in carica la sua orda verso quelle poche dozzine di uomini rimasti, mentre alcuni deglii ibridi muniti di arco aspettavano il momento buono per bersagliarli a distanza.

“Serrate le fila uomini! Serrate le fila” impose strepitante Kratos, così che gli uomini corsero formando un unico nucleo compatto e forte.
“Attendete…!”
L’orda di centauri avanzava incombente su due lunghe interminabili file facendo tremare la terra e trasalire il più saldo degli animi.
“Attendete…!” i mostri brandirono quindi mazze chiodate ed intimidatorie ascie puntandole verso il folto nocciolo di giovane carne, così che lunghi rivoli di sudore freddo iniziarono a solcare le loro tempie.
“Attendete…!” gli zoccoli rimbombavano adesso nelle orecchie dei prodi rimasti sul campo di battaglia, ed i biechi musi degli assalitori furono alla portata del loro sguardo.
“ADESSO!” la schiera umana raccolse da terra i lunghi tronchi che Kratos aveva adocchiato poco prima formando una selva impenetrabile di picche.
I mostri in carica, del tutto impreparati, si schiantarono rovinosamente su quella densa mole di spine come un’onda si infrange sulla scogliera: alcuni furono trafitti in pieno ventre e incurvandosi all’indietro precipitavano a terra; altri vennero infilzati nella loro parte equina e ruzzolarono in avanti spazzando via alcuni uomini; altri ancora perirono sul colpo spegnendosi da eretti, sostenuti solo dall’arma che li aveva levati dal mondo.

A quel punto i soldati, come una marea, si abbatterono decisi e risoluti sui superstiti, che contavano ancora di un numero notevole, Kratos sguainò le lame dei satiri e seguì l’impeto dei compagni gettandosi furente su un avversario. Bloccò un potente colpo di ascia, diretto con tutta la forza del nemico facendolo sbilanciare, poi si lanciò verso di lui tentando di colpirlo al cuore ma fu allontanato da una scalciata che per poco non lo buttava a terra. Mentre cercava di riprendersi dal colpo, i suoi fulminei e ormai incondizionati riflessi lo salvarono da una tentata decapitazione facendolo abbassare di netto; poi afferrò fulmineo il braccio del centauro e con tutta la forza che aveva in corpo lo scaraventò al suolo.
Mentre confuso continuava a scalciare, Kratos con la freddezza di un chirurgo, gli aprì l’equino ventre con un lungo solco, facendo spruzzare lunghi schizzi di sangue gettati dalla pressione sanguigna, e violacee budella che si contorcevano quasi avessero vita propria.

Chrestos, che era rimasto al suo fianco, si trovava alle prese con un altro di quei mostri munito di mazza chiodata. Il suo avversario era un centauro, e come tale era enorme: dalla base degli zoccoli fino alla punta del pennacchio raggiungeva forse il doppio della sua altezza; era la prima volta che si trovava a confrontarsi contro qualcuno, o meglio qualcosa, più grossa di lui. Ma non si faceva di questi problemi: nella sua mente non fluivano pensieri o preoccupazioni in quel frangente, solo una spietata e fredda voglia di uccidere, e di compiacere il nuovo amico Kratos.
Evitò diverse volte le pericolose traiettorie che la mazza avversa percorreva rivelando un’ agilità inaspettata in contrasto col suo fisico poderoso e massiccio. Stanco di schivare i colpi frenò la rivoluzione dell’arma con il palmo di una mano che, trafitto da diversi chiodi, iniziò a sanguinare copioso. Ma quell’azione gli permise di scoprire la difesa del mostro e con un’accettata netta gli fece saltare una gamba azzoppandolo; con un grido di dolore il nemico cadde in avanti ponendo il capo nel raggio del suo fendente che glielo spazzò via facendolo rotolare a lungo per terra.

A parte queste due eccezioni, gli altri guerrieri non parevano avere la meglio, e in mezzo a quell’ammucchiata di corpi si vedevano volare arti e teste umane, mentre molti di loro venivano calpestati sotto l’ insostenibile peso dei centauri. Non c’era modo per degli uomini comuni di fronteggiare tali abomini.
Come se non bastasse, i distanti arcieri equini stavano incoccando le proprie frecce puntandole verso il punto di scontro. D’improvviso uno squarciante grido li distrasse dall’azione in corso e portò la loro attenzione oltre gli alberi di quel bosco dal quale spuntò un gruppo di giovani guidati da un furioso ed impaziente Astenos, che si portava alla testa della squadriglia.
Uno degli arcieri che tentava di flettere il suo arco, venne disarmato da uno schiocco di frusta;
così si gettò verso l’avversario con una carica disperata, ma fu facilmente aggirato e ghermito al collo da quella terribile sferza, per essere poi strangolato lentamente.

Da un altro tratto della foresta comparve Eumenos con i suoi uomini che velocemente procedettero in aiuto di Kratos tempestando i centauri a distanza.
“Nesso, dove stai fuggendo!” gridarono i mezzi equini verso il loro capo che, compresa la situazione, stava fuggendo dall’incombere della morte.
Mentre il secondo in comando cercava di seguire il suo signore, venne intercettato da una lancia che lo colpì su una zampa e lo costrinse a fermarsi: “Come al solito, la mia precisione non ha eguali” si autocelebrò Eumenos che lo raggiunse superbo con la spada in pugno.
“Sei carne morta, umano” grugnì il selvaggio, stringendo la sua lama, ed incespicando traballante verso la preda; Eumenos con grazia armoniosa schivò alcuni fendenti cercando di portarsi ai fianchi della bestia i quali di norma, sono la parte più vulnerabile di ogni centauro a causa della loro struttura fisica poco flessibile e piuttosto goffa. Gli montò quindi in groppa con un salto, mentre quell’essere continuava a scuotersi come imbizzarrito, ma la stretta del ragazzo era ben avviluppata e lungì dall’essere districata.
Quando il centauro cedette alla fatica rallentando i suoi movimenti, Eumenos si portò all’altezza della schiena e lo perforò impietosamente, decretando quindi la fine di quella battaglia.
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Le ombre di quelle querce si abbattevano alte su quel campo macchiato di sangue, e, a discapito di ogni previsione il sangue che sovrabbondava non era umano.
Poche decine di uomini si ergevano vittoriosi sopra le carcasse massacrate di un clan di centauri riuscendo ad eguagliare tutti assieme la gloria di Eracle Alceo.
E più in alto di tutti, sopra un mucchio di cadaveri c’era lui: Kratos! Baciato da alcuni tenui raggi solari, che gli conferivano un’aria quasi ultraterrena; fu avvolto dal plauso generale dei pochi superstiti che si erano distinti per valore e forza.
“KRATOS!” ripetevano in coro gli esordienti guardando negli occhi colui che avrebbe raggiunto e sminuito l’impossibile

“Ingegnosa la tua idea di simulare una ritirata per portare quei superbi a scoprire le loro difese” commentò Eumenos “e colgo l’occasione per complimentarmi con me stesso per la recitazione e soprattutto per l’ardore sul campo di battaglia paragonabile a quello di un dio” iniziò ad applaudirsi.
“Ehi!” si fece strada Astenos tra gli uomini, e colpì in piena faccia il comandante.
“che tu sia maledetto! non farmi fare mai più una cosa simile: ritirarmi dal campo di battaglia per chissà quanto e lasciare a voi altri tutta la gloria…o attendere inconsapevole che siate massacrati!...cosa più che certa senza di me ”
Kratos si era capacitato della rabbia del compagno e gliene diede ragione; restò quindi a fissarlo qualche istante, quasi compiaciuto per quello sfogo e quell’aria di sfida: in qualche modo, era la stessa reazione che lui stesso avrebbe avuto se gli avessero negato di dare il meglio di sé in battaglia e impedito di dare libero sfogo alla sua furia.
“Hai ragione…la prossima volta combatteremo assieme in prima fila” rispose, con la sicurezza che un giorno tutti quei grandi guerrieri che aveva incontrato lo avrebbero affiancato sul campo di battaglia per imporre ai loro nemici la grandezza di Sparta.
“…se non ti massacreranno prima” ironizzò con un ghigno il compagno voltandogli le spalle.
“Forza allora” proseguì Eumenos “ho qui la mappa tracciata da mio padre per raggiungere il tempio del piacere!”
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Ti ringrazio doubius, ahime mio unico lettore XD,  avevo qualche altro capitolo in cantiere già da tempo ma la scarsità di recenzioni mi ha convinto a lasciar perdere; meglio mille critiche (sensate) che il silenzio di tomba per secoli.
Però se almeno tu resterai fedele a questa storia, anche per un unico lettore continuerò a scrivere.
Ma è sempre così desolata questa sezione?
Comunque riguardo i video, se qualcuno vuole denunciarmi mi denunci pure, voglio vedere con quali motivazioni sensate potrebbero farmi chiudere  gli amministratori del sito che mi sembrano persone intelligenti  (non sto ruffianando asd)

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Capitolo 5
*** La via dello spartano (parte1) ***



;">Ai corpi dei compagni morti in battaglia furono concessi opportuni ed improvvisati onori funebri, avvolti tra le fiamme di una pira.

Nessuno di loro era un caro amico, ma nonostante ciò l’atmosfera era pesante, il silenzio regnava e, anche se non lo davano troppo a vedere, gli uomini erano pervasi da un terribile senso di avvilimento sovrano che stringeva loro il cuore e dava groppi alla gola. Quelli che adesso apparivano come cumuli di cenere nello scoppiettante braciere erano stati loro compagni di viaggio, di battaglia, li avevano affiancati fino a pochi minuti prima condividendo sudore e sangue.

I cadaveri dei centauri furono lasciati ai vermi.

 

Una lunga colonna di esordienti camminava lenta verso il fitto di quella foresta che fino ad allora aveva riservato loro solo insidie e difficoltà.

 Il suolo si faceva man mano sempre più viscoso ed i loro passi sempre più appiccicosi. Gli arbusti che li attorniavano assumevano conformazioni astruse ed ospitavano gli animali più miserabili.  Una grossa serpe aggrovigliata ad un albero sibilava minacciosa verso la schiera di stranieri ed   inverecondi avvoltoi, mangiatori di carogne, appollaiati su alcuni rami di un albero attendevano che qualcuna delle loro prede cadesse vittima delle tante insidie boschive. Orride scolopendre viscide zampettavano scomparendo nel buio di alcune spaccature nelle corteccie.

Kratos camminava alla testa della colonna, accompagnato da Chrestos che non lo aveva mai lasciato solo da quando era stato liberato da quelle catene che ancora si trascinava dietro; aveva trovato uno scoiattolo ferito durante il tragitto, e lo stava curando con dedizione, come un genitore solerte ed amorevole.    

 

“Come mai hai sterminato tutti quei ragazzi?” chiese incuriosito Kratos, che non poteva credere che un simile bonaccione potesse essere in grado di concepire una tale malignità e macchiarsi di ingiurie così gravi.

“Volevano uccidere Telio” rispose secco l’interlocutore 

“un tuo amico? E perché mai avrebbero dovuto farlo?” chiese Eumenos che li aveva raggiunti inserendosi nella discussione

“Per mangiarlo.. ma io gliel’ho impedito” spiegò fiero il gigante

“Cannibali!?” chiese spaventato il figlio di Agathangelos

“no…Telio è un cervo” concluse con un soave sorriso in contrasto con la rudezza del suo volto ispido

Eumenos restò sbalordito dall’affermazione e lanciò uno sguardo preoccupato al comandante che non ricambiò la maligna complicità che c'era dietro.  “Sei un grande guerriero…è questo quello che conta, porterai molta gloria al nome di Sparta”

Chrestos grugnì accennando un sorriso. mentre accarezzava il nuovo animaletto.

 “Ehi mammina Che ne diresti di allattare anche me da quel tuo grosso seno?!”  sghignazzò la voce fuori campo di Astenos che irritò l’imponente guerriero, tanto che, nella foga di volerlo colpire si voltò di scatto con un braccio teso compensando con la lungheza della catena,ancora attaccata al polso, la distanza sufficiente per colpirlo in piena faccia. La sferzata tuttavia non trovò il suo bersaglio e squarciò sfrigolante l’aria.

“Calma Chrestos, stai calmo” lo arrestarono le autorevoli parole del comandante, quello che aveva riconosciuto come guida ed esempio da seguire: come un bambino cerca un riferimento nelle parole di un adulto che conquista la sua fiducia.

 

D’improvviso una freccia colpì alla spalla uno dei guerrieri che non fece in tempo a levare un grido che cadde al suolo esanime  “Cosa succede?!” gridarono di botto spaesati alcuni altri mentre Kratos aveva già sguainato le sue lame esaminando la zona velocemente  

“Frecce avvelenate!” avvertì Eumenos,  “in guardia”   e, proferite queste parole un altro ragazzo alle sue spalle stramazzò squasciando su quel fango putrido con una freccia puntata sul collo.

 

Astenos che si accorse della provenienza di quei dardi si buttò tra gli alberi alla ricerca degli aggressori ed intanto un altro guerriero cadde a corpo morto;  Schivò due frecce che gli balenarono ad una distanza infinitesima, doveva stare molto attento, sapeva che un solo colpo poteva essere letale, e quel tiratore era veramente bravo, più abile di Eumenos.

Riuscì ad intravedere un' imponente ombra che iniziò ad avvicinarglisi velocemente. style="">  Quando i flebili raggi che raggiungevano il sottobosco illuminarono il figuro, si accorse che era il signore di quei centauri fuggito nella foresta poco prima: quello che loro chiamavano Nesso.

Era bordato da un’armatura di placche straordinaria; pareva che le leghe metalliche che la costituisse fosse l'argento e l'oro massiccio, con due solide spalline che lo facevano sembrare più enorme di quanto non fosse già stato,  ricoperto di lastre di ferro su tutto l’equino corpo e avvolto da un elmo lucente che lo mostrava più temibile.  Niente a che vedere insomma con la cotta di maglia che indossava nella precedente battaglia: chi poteva avergli donato una simile corazza? Si chiese.

Ma non era il momento di farsi domande, e, mantenendo la mente fredda, lo ghermì con la sua frusta afferrandogli una delle zampe, nel momento in cui il centauro era già in carica. Continuando il suo attacco, Astenos, prosegui la sua corsa tantando di aggirarlo accostarglisi ai fianchi, ma la bestia lo anticipò, e in modo repentino incoccò tre di quelle letali frecce sul suo arco e le saettò contemporaneamente sull’aggressore.

Astenos si buttò su un lato evitando i letali dardi, poi in una sequenza di immediati attimi, con tutta la forza che trovò in corpo tirò la sferza verso di sé con un deciso strattone riuscendo ad atterrare la belva per le zampe anteriori.  Astenos si rialzò in piedi e si avvicinò minaccioso verso la bestia con l’intento di tracciargli un lato sorriso sulla gola con la spada di Eumenos (che aveva preso in prestito durante una sua distrazione). Il nemico che aveva di fronte aveva un'aria molto diversa sai suoi cugini, era del tutto sicuro di sé, pareva che la situazione sfavorevole in cui si trovava non lo turbasse minimamente.

 

Il guerriero della Laconia si arrestò di colpo, la vista si offuscava mentre la sua mente lentamente vacillava, pian piano perse l’uso della mano sinistra: si rese conto atterrito di avere un grosso graffio sul palmo della mano. E mentre il sangue lento usciva si rese conto nell'arco di un istante che uno di quei dardi avvelenati lo aveva sfiorato durante il tiro precedente lasciandogli quella piccola benché fatale ferita. Cadde sulle ginocchia.  

“sei così prevedibile…” si beffò Nesso della sua situazione deridendolo  “…sono questi i temuti guerrieri di cui dovrei tanto preoccuparmi?... Dionisio, non credi di avermi sottovalutato un po’ troppo?!...”

si liberò lentamente dalla frusta che gli bloccava una gamba

 “tutti insieme forse potreste anche riuscire a mettermi in difficoltà…Ma da soli valete meno di zero”  estrasse una scimitarra dal fodero dietro la schiena,   Astenos anche in quella situazione ghignò mettendo a raccolta tutte le forze che gli erano rimaste per rispondere all’arroganza di quel mostro

 

“noi…non valiamo nulla!?....  E tu? Discendente  bastardo di una stirpe in declino di saccheggiatori miserabili buoni a niente…quanto puoi valere tu, che hai abbandonato i tuoi fratelli quando sono stati sterminati pietosamente da me e dai miei compagni?...  Tu che ti presenti solo adesso avvolto dalle tenebre come un pauroso codardo, usando un arco e delle frecce per attaccarci….mai conobbi strumento più vile”

 

il centauro, colpito da quelle parole di fuoco si avvicinò lentamente e, accostandosi a lui sussurrò: 

“non eguagliare la feccia dei centauri ad un prescelto di un dio”  poi gli puntò la spada sul collo  

“la tua testa servirà da monito per il tuo signore”.   Mentre preparava il fendente per decapitarlo, alcune lance volarono nella sua direzione; non fece in tempo a reagire che gli si infransero sulla corazza in una tempesta di schegge  facendolo impennare sulle due gambe posteriori.

 Dalla selva uscirono gli altri soldati che seguivano la strada spianata dalla grande mole di Chrestos; 

“Che volete fare voi alti?....Non sapete neppure a cosa state andando incontro!” gridò Nesso gettandosi in carica contro il primo della fila il quale a sua volta, certo della sua possanza, cercò follemente lo scontro frontale.  L’impatto fu disastroso per quest’ultimo il quale non riuscì a colpirlo con la sua ascia e venne schiacciato dalla foga travolgente del mostro, che non pareva dare accenni di esitazione fronteggiando la superiorità numerica schiacciante con il suo impeto selvaggio.

 

In un certo istante un inevitabile giavellotto eluse la sua corazza trapassando la carne poco sotto l’ascella.

Nesso accusò il colpo, rigettando parecchio sangue; e intanto Eumenos stava incorrendo verso il nemico dando prova dell’encomiabile precisione del lancio da poco effettuato con diversi giavellotti in spalla.

Per un'altra via emerse Kratos correndo di gran foga.  Il centauro estrasse la lancia dalla sua sanguinante ferita grugnendo come un cinghiale, poi incombette su quest’ultimo puntandogli contro la picca:  nell’impatto la picca si inculcò al suolo e Kratos la spezzò a metà con un calcio, ma non poté sottrarsi ad una sciabolata che gli solcò il petto inumidendo la spada del suo sangue. 

Ma il giovane genio del combattimento reagì d’impeto e collise sulla scorza metallica con le sue lame senza però riuscire neppure a scalfirla.   Nesso che stava per contrattaccare con un secondo fendente si arrestò quando avvertì una lancinante fitta alla zampa posteriore:  la temibile ascia di Chrestos l’aveva battuta con tanto veemente fervore da far decollare il paratibia e denudare l’arto che ora era vulnerabile.

Resosi conto dello svantaggio, l’alfiere dei divini si liberò della morsa di Kratos con una scalciata e, trovata una via di fuga,  si ritirò per la seconda volta travolgendo tutti quelli che erano stati tanto sconsiderati da paralisi davanti.    

 

L’atmosfera si era attiepidata, erano passati pochi minuti da quando Astenos era stato colpito ma ancora non aveva ceduto al tristo destino della morte cui era incappato.

“ sei stato colpito!” evidenziò conciso Eumenos, che lo aveva raggiunto, attenuando la tipica spocchiosità della sua voce, la quale si era fatta impercettibilmente più malinconica, tanto da ignorare il fastidioso furto della preziosa spada appartenuta al genitore, che lentamente raccolse da terra per riporla nel suo fodero.

“Grazie di avermelo fatto notare…..”  rispose ansimante ed affaticato Astenos ancora abbastanza lucido per fare sarcasmo;

“Dei….Sono avvelenate…non servirà solo estrarla dal….” Non riuscì a proferire altro verbo che il compagno riagguantò la lama prediletta dal suo fodero, e sotto gli sguardi sconcertati degli astanti con un ultimo barlume di lucidità si accoltellò violentemente la ferita facendo schizzare guizzi copiosi di sangue più scuro della norma che gocciolavano al suolo sublimando in vapore incandescente;  poi perse i sensi.

 

Si accamparono in uno spiazzo, scacciando le tenebre poc’anzi calate con la luminescenza di uno scoppiettante braciere che rivelò diversi stormi di pipistrelli che svolazzavano stridenti.

La stanchezza della battaglia precedente, della lunga marcia e di quella scaramuccia si erano fatte sentire per molti di loro: si buttarono quindi a terra senza indugio, cercando una consolazione in quelle poche ore notturne; alcuni di loro erano stati feriti, superando arditamente il dolore per tutto quel tempo, ed ora si trovavano in fila davanti ad alcuni debuttanti chirurghi che utilizzavano il ferro ed il fuoco per coagulare le lacerazioni e prevenire l’imputridimento.  

Astenos era disteso nei pressi del focolare, e la sua mano era stata pulita e bendata.

Eumenos analizzava i cadaveri dei compagni caduti a causa della mortale tossina: erano delineati da una terrificante smorfia di dolore, la loro pelle si era putrefatta ed assunto una pigmentazione grigiastra color carbone con delle spaccature da cui fuoriuscivano ripugnanti larve,  mentre alcune luride mosche vi avevano già depositato le loro nidiate.

 

“Conosco questo veleno…” proferì Eumenos  “provoca la morte delle cellule ed una decomposizione dell’epitelio ininterrotta, ma se viene arrestato il flusso sanguigno, e quindi il contagio, prima che il veleno colpisca i punti vitali è possibile salvarsi…. le conseguenze del suo tocco sono comunque piuttosto gravi: potrebbe restare in coma per giorni, avere forti convulsioni, la febbre alta….”

“non mi interessano i sintomi” interruppe brusco Kratos, rimasto silente da quando aveva visto il compagno caduto: il suo volto era corrucciato, e i suoi occhi palesavano una rabbia infinita che andava a mascherare anche una triste sofferenza…ma lui non era tipo da svelare le sue debolezze emotive, neppure a quelli che sarebbero stati i suoi compagni di battaglia, neppure a sé stesso.

“…quando potrà tornare di nuovo in piedi per impugnare un’arma?”

“…forse mai, chi lo sa?… ma se è davvero un osso duro ha qualche possibilità”

Kratos rimase in silenzio quasi confortato da quell’ultima asserzione; sapeva bene che quel ragazzo era fatto della sua stessa pasta: duro e freddo come l’acciaio, mai avrebbe desistito, neppure se toccato dalle cupe membra di Thanatos.

 “E’ possibile scampare agli effetti del veleno?”

“non saprei…non sono un medico, bisogna sperare di essere colpiti su un punto non vitale e fare come ha fatto il nostro amico qui…devo dire che al dì la della sua demenza, ha avuto un' eccellente idea per salvare la pellaccia”

“Bene”

“come potremmo dormire tranquilli con un mostro simile alle calcagna!?” chiese uno dei soldati ad Eumenos

“è semplice, ragazzo…doppi turni di guardia per tutti!”  rispose secco Kratos introducendosi nella discussione;  il soldato si ritirò sbuffando

“non mi preoccuperei troppo: da quanto ho capito il nostro nemico è ormai uno solo, e così come noi anche lui ha avuto una giornata pesante, ci lascerà stare per il momento”

“non ti adagiare”

 

Kratos, anch’egli, come gli altri, piuttosto esausto si appropinquò più isolato dal resto del gruppo, stringendo le sue lame nei pugni, tenendo la guardia in prevenzione di un’ipotetica ennesima imboscata mentre Chrestos si era seduto nei suoi pressi come un cane da guardia.

  Nessuno riuscì a chiudere occhio: al di là dei luminosi raggi del focolare le cupe e paurose tenebre avvolgevano quel tetro luogo, crepitanti scricchiolii  li tenevano in continua allerta, anche se erano felpati dai monotoni frinii dei repellenti insetti che spargevano i loro ormoni nel canto notturno.

Persino Kratos si era lasciato suggestionare da alcuni sinistri fruscii che parevano avvicinarsi alle loro postazioni, ed alle volte la fantasia faceva brutti scherzi concretizzandosi in inquietanti sussurri.

I giorni sorgevano rappresentando una salvezza per le paure di molti in quanto si diceva che gli spiriti delle creature morte si manifestavano tra le tenebre di quegli alberi, i guardiani notturni stimolavano la loro immaginazione e giuravano di aver veduto i cupi e pallidi volti dei guerrieri caduti; ma come il più delle volte l’unico vero pericolo erano le voci ed i timori che si trasmettevano come un contagio.

 

Il cammino diurno verso quel tempio dimenticato era non meno arduo, e più di una volta le incursioni di Nesso avevano sparso lo sconforto tra loro: erano rapide ed incombenti, impossibili da prevenire, alle volte si limitava ad eliminare un paio di uomini per poi dileguarsi per parecchio tempo. Che intenzioni aveva? Si chiese il comandante. Perché non lo attaccava? Pareva quasi volesse neutralizzare il suo intero schieramento per vedersela da solo con lui; ed intanto il loro numero si era incredibilmente decimato.

Astenos era steso su una spalla dell’enorme Chrestos, che non sembrava affatto soddisfatto della mansione assegnatagli, anche perché tra i due non correva buon sangue, ma gli ordini del comandante erano per lui legge, e non voleva deluderlo.

“…devo proprio portarlo io il pezzo di sterco del mio signore!?” bofonchiò il gigante   

“…ehi fratellino… gentile da parte tua, ma se devo defecare non sarà necessario che tu la raccolga…” rispose un ironica voce misteriosa la cui provenienza non fu reperita dal confuso Chrestos che perplesso si voltò guardandosi attorno.

Da giorni Astenos stava dando segni di una veloce ripresa, cosa che lasciò allibito Eumenos, per l’incredibile capacità di rigenerazione.  

 

 

La notte era calata nuovamente, ma questa volta Kratos non si lasciò ghermire dalla stretta di Morfeo: teso e pensieroso rimase lui stesso da solo di guardia proibendo ad altri di affiancarlo; uno strano presentimento si faceva strada tra i suoi pensieri per giorni, incoraggiato dalla consapevolezza del fatto che avrebbe vendicato il compagno ferito nel corpo ma soprattutto nell’orgoglio e la volontà nel realizzare i suoi piani.

Così il giovane ardito guerriero si distaccò dal gruppo di dormienti, abbandonando la postazione: sapeva che per qualche strana ragione il centauro voleva solo lui, e probabilmente lo voleva vivo. In questo modo andava incontro al volere del suo predatore, che sicuramente non gli aveva staccato gli occhi di dosso dall’inizio del suo viaggio…il mostro non si sarebbe lasciato perdere una così allettante occasione.

 

Kratos rimase immobile nella stessa posizione per lungo tempo, attendeva paziente la mossa del suo nemico che a sua volta si stava ammissibilmente assicurando che non si trattasse di una trappola.

“…io sono qui….” Sussurrò agli alberi  “…che cosa aspetti?”;

 quasi in risposta alla sua domanda avvertì un fruscio di foglie, e poi un incombente galoppare a pochissima distanza,  “finalmente!!!”  sguainò veemente le fatali lame ed un’ immensa mole già gli era addosso: era lui. Il guerriero, accortosi dello spostamento d’aria riuscì ad evitare la dannosa collisione di uno scontro diretto nella quale non avrebbe avuto scampo e repentino si afferrò all’armatura posteriore e quindi trascinato dalla carica.

“RIDICOLO UMANO! CREDEVI AVESSI PAURA DI TE!?” latrò il  barbuto centauro proseguendo con una folgorante corsa la cui accelerazione avrebbe fatto mangiare la polvere ad ogni comune equino.

 “credo che tu abbia avuto paura per tutto questo tempo!” rispose mentre il vento a quella velocità gli falciava la pelle, ma trovò la forza di fronteggiare la resistenza dell’aria e lo infilzò tra due lastre di ferro

che gli ricoprivano il dorso, cercando di fare leva con la sua arma per spogliarlo della spessa armatura.

Ma Nesso non intendeva lasciarglielo fare, e colto da una foga bestiale iniziò a roteare su se stesso incrementando ancora la lestrezza,  e per invitare l’umano a lasciare la presa incominciò a scontrarsi rimbombante contro i tronchi degli alberi circostanti a discapito anche della sua pelle.

Un comune centauro sarebbe stato eliminato facilmente una volta scoperto nel fianco dall’avversario, ma i riflessi e la celerità del mostro surclassavano quelli dei suoi simili.

Allo stesso modo un comune umano non avrebbe retto ai terribili impatti cui lo stava sottoponendo Nesso; sarebbe stato schiacciato dalla sua furia distruttrice: la schiena si sarebbe spezzata, enormi ferite si sarebbero aperte, portandolo alla morte diretta.

In effetti il corpo di Kratos era messo continuamente a dura prova da quelle pericolose manovre: le braccia erano ricoperte di sangue, e presentava numerose lacerazioni sulla schiena, ma parve che la sua struttura ossea non fosse delle più comuni, dotata di un’intrinseca resistenza ai normali attacchi, che erano attutiti anche dai poderosi tessuti muscolari.

Riacquisito l’equilibrio sulla groppa di Nesso, con un urlo di rabbia, l’eroe riuscì a lacerare parte dell’armatura che scivolò lungo il percorso; il centauro consapevole della nuova vulnerabilità celerò ancora per  limitare la precisione del successivo affondo, che non avrebbe più trovato nel suo percorso una spessa scorza ferrea a frenare il danno letale, minacciandone l’incolumità e Kratos si sbilanciò cadendo all’indietro dalla sua schiena, ma anziché stramazzare supino al suolo si afferrò alla sua coda.

<< p class="MsoNormal">“LASCIA LA PRESA!” gridò il mostro continuando a scontarsi irrefrenabile e dirompente contro ogni superficie gli si parasse innanzi. danneggiando più sé stesso che altro.

Il combattente avviluppato a quell’ondeggiante coda, che fungeva da fune,  gli si avvicinò tenuemente, ostacolato dai continui urti col suolo che amalgamavano sangue e sudore col vischioso fango;  ma non desistette e con uno scatto di potenza infilzò la gamba del mostro denudata da Chrestos nella precedente battaglia e fece ruzzolare la creatura per diversi metri che lo trascinò a sé nel suo stramazzare.

Si accorse che il percorso davanti a sé aveva preso una differente pendenza, e l’inclinazione si faceva concava: assieme alla bestia precipitò per quell’erto pendio rotolando rovinosamente e nell’incessante periodico sfracellamento sulla scoscesa i due avversari si colpivano e laceravano ad ogni ripresa.

Infine Si schiantarono nel terreno sottostante: un melmoso pantano viscido e sporco, in uno scoppio di fiotti e zampilli.

Kratos Rimase qualche istante steso a terra quasi intontito, poi si riprese rimettendosi appiedi nonostante i numerosi squarci, e la rottura di qualche costola, le quali avevano ceduto alla forza di impatto contro le querce: tuttavia probabilmente l’avversario doveva stare peggio.

Totalmente imbrattato del lurido humus s’avvicinò a quella che adesso appariva come una montagnola di sterco (e mai avrebbe detto che fosse un centauro se non l’avesse visto collidere) per dargli il colpo di grazia.

Il bestione riemerse fragoroso da quel fango accecato dall’ira, con la sciabola in mano tentò di mutilargli un braccio; pareva ormai che non gli interessasse più prenderlo vivo.

Nonostante i riflessi la lama gli falciò la pelle e rischiò realmente la perdita di un arto, ma Kratos non cedette alla paura o al dolore ma sopraffatto da una furia senza confini strinse forte le sue armi poi girando velocemente  su sé stesso eluse la sua difesa e si portò nelle sue immediate vicinanze, cercando di permeare nelle lame la velocità di rotazione di quella forza centrifuga generata:  come risultato, le lame iniziarono a scaldarsi, la massa si dilatò, iniziando a prendere un acceso colore arancio.

Arrestò d’improvviso la rotazione concentrando tutta la rabbia e la forza in un unico punto per poi scatenarla in un micidiale impatto sull’imponente armatura dorata del suo nemico.

Schegge e tizzoni ardenti schizzarono da essa; il colpo risultò devastante, le spade sembravano una vera e propria trivella per arrivare al cuore.  Il centauro appariva incredulo ed impotente davanti agli effetti di quel potentissimo colpo che  riuscì nell’intento e bucò la spessa corazza trapanando anche la carne al di sotto di essa e facendolo impennare e cadere all’indietro.

L’avversario non si lasciò scappare l’occasione di squarciare la pancia al mostro il quale con rapidità disumana si voltò a bloccare l’affondo con la spada, che però non resse alla sua potenza e si infranse in mille pezzi.

A questo punto Kratos, sicuro della vittoria, e consapevole di un’intrinseca potenza che cresceva giorno dopo giorno in lui, iniziò a far vibrare le lame ricaricandole della loro incandescenza, ma a discapito della sua difesa,  così che inaspettatamente fu atterrato perdendo entrambe le armi. 

Gli zoccoli del mostro gli affondarono ora sul corpo, il peso era insopportabile, mentre a sua volta il guerriero affondava nella fanghiglia che gli ricoprì il volto impedendogli il respiro.

 “Non mi importa se ti volevano vivo!! Avrò la tua testa! Soffrirai come un cane, dopo che ti avrò iniettato il mio veleno!...E non sarai ricordato da nessuno, perché nessuna polis greca ti ha mai reclamato come suo figlio”  prese il suo arco, ed incoccò una delle frecce,  da quella distanza chiunque sarebbe morto sul colpo, persino uno come lui. Quando  nella melma ritrovò una delle lame perdute ancora incandescenti, il fendente partì celato dalla terra stessa, ed imprescindibilmente si infranse sullo zoccolo che lo aveva immobilizzato mutilandolo.

Con un urlo selvaggio, Nesso cadde sprofondando di qualche cubito nel fango.  Il giovane Kratos avvolto di una furia più divina che umana, si lanciò in corpo a corpo impedendogli così i mortali attacchi a distanza che avrebbero potuto eliminarlo; ignorò gli allarmi di dolore provenienti da ogni singola parte del suo corpo e si scontrò di gomito sul mostro negandogli il fiato per qualche istante; poi con un montante rinforzato della lama diretto in pieno volto lo privò dell'elmo, che cadde sprofondando nella melassa, rivelando sotto di esso un volto barbuto e deforme che lo ripugnò.

Ripensando all’orgoglio ferito del compagno caduto, evitò di concedergli la morte con tanta leggerezza. Impresse di nuovo un' immane potenza su quell’arma eseguendo la manovra appresa poco prima e facendola ardere nuovamente. La minidiale traiettoria falciò di netto il braccio sinistro dell'avversario accrescendo le sue sofferenze.

Kratos rimase a guardarlo mentre urlava e grugniva di dolore e fiotti di sangue nero spruzzavano ovunque. Sorrideva ora lo spartano, abbassando la guardia; ma la superbia fu sua nemica poiché il mostro, creduto sconfitto, con un'incredibile lucidità mentale e resistenza al dolore si approfittò della situazione. Con un riflesso repentino usò l'arto che gli era rimasto per sfoderare una freccia avvelenata dalla faretra e colpirlo al ventre all'altezza di un rene. o:p>

Il ragazzo abbassò lo sguardo terrificato più per quello che era stato un imperdonabile stupido errore che per la ferita mortale di per sé. Alzò il capo, guardò Nesso, l'avversario di cui si stava beffando poco prima aveva ora un sorriso insanguinato e terribile che gli solcava il volto “Una freccia può essere usata anche in uno scontro diretto…”  disse sputando sangue.

 

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wow addirittura 3 commenti xD!   Bene. La storia è vecchia ma se seguita posso decidere di continuarla,  purtroppo quel maledetto shadow of sparta l'ultimo spin off mi ha rovinato i piani che avevo in mente per thanatos, il fratello e la madre di kratos; quindi sarei costretto a cambiare lo svolgimento..Ma forse non riguardo la madre, in fondo, quando la si affronta pareva più un flashback di un passato scontro..

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Capitolo 6
*** La via dello spartano (parte 2) ***


E Kratos cadde sulle ginocchia e perse lentamente l’uso delle articolazioni e quindi l’arma che aveva in pugno, che affondò lentamente nel fango. La vista gli si annebbiò e non riuscì più a distinguere la faccia del mostro che aveva dinnanzi che si fuse sinergica con l’ambiente circostante, mentre le sue cupe risate si facevano oramai indistinguibili e riecheggiavano nella sua mente, la quale lentamente si stava spegnendo.

I suoi occhi smarrirono l’ardore che aveva raggiunto poco prima, e lentamente iniziò ad impallidirsi e perdere calore. Quella doveva essere la morte.

La testa era pesante, troppo pesante. La rivolse indietro lasciando la gola vulnerabile…Ma cosa importava? Ormai era già morto.

Morto come un fallito, come una nullità….come uno sciocco. Uno sciocco che avrebbe voluto sfiorare gli apogei della grandezza colmando gli apici della gloria, avrebbe voluto diffondere la nomea di Sparta sino ai confini del mondo e renderla più rispettabile di quanto mai non fosse stata….Ed invece non aveva dimostrato nulla a nessuno, non era riuscito neppure a divenire uno spartano: il suo nome si sarebbe spento con la sua morte, intriso di vergogna per il suo fallimento. Innominato figlio di nessuno, cane abbandonato.

Si era battuto come un poeta guerriero per suo fratello, in onore del suo ricordo: per compensare la crudeltà del destino che lo aveva generato indegno per le esigenze spartane. Le loro anime affiliate convivevano lo stesso cuore pulsante. Cosa gli avrebbe detto una volta finito nell’Ade?

E sua madre. La sua vecchia madre ormai privata di ogni cosa, l’unica ragione che la teneva in vita era un figlio lontano, soggetto alle crude leggi di Sparta. Sperava di rivederlo un giorno, pregando ogni notte i suoi dei che fossero abbastanza clementi. Kratos sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta senza di lui.

E quel dio o qualunque cosa fosse che lo aveva scelto per concludere grandi progetti. Avrebbe smentito la sua saggezza divina e deluso le sue aspettative?

Sarebbe stato così egoista da morire proprio quel giorno?

E mentre lentamente la fiamma che incendiava il suo animo si attenuava sino ad estinguersi, il suo ultimo pensiero lo dedicò a Lysandra, la ragazza che amava ed alla quale giurò che sarebbe tornato per rivederla ancora una volta. Come avrebbe potuto infrangere quella somma promessa alla quale gli furono testimoni i suoi stessi antenati?

Avvolto da questi inappaganti pensieri, avvertì il suono di un flauto che gli parve sconosciuto ma familiare al contempo: era piacevole e riscaldava il suo cuore dalle tenebre.

………………………………………………………………………………………………………………


Ma un vero guerriero non muore. Decide di morire! E Kratos non aveva nessuna intenzione di farlo. Non quel giorno, e di certo non per mano di un putrido ronzino.

Il cuore ricominciò a battere, la flebile fiamma dentro di lui ricominciò ad ardere ricolorando il suo viso, gli oggetti riacquisirono la loro forma e, lentamente, riacquisì la sensibilità in tutto il corpo: era scampato ad una morte certa, o forse l’aveva ritardata per qualche istante grazie alla sua sola volontà d’acciaio.

Risollevò la testa fulminando la creatura accasciata a terra senza un braccio ed una gamba.

“No….non è possibile…il veleno avrebbe dovuto eliminarti…farti fuori all’istante!”; Kratos impugnò la freccia inculcata nel corpo e lentamente la estrasse dai lembi senza emettere gemito, poi se la portò all’altezza della bocca e leccandovi via sangue e veleno depositati sulla punta alimentato da un'ira barbarica e folle che presto si sarebbe scatenata.

Nesso trasalì: per la prima volta conobbe da un umano la vera paura

“Tu…demone…!....mostro!....essere immondo!...nessun mortale poteva sopravvivere… ” trascinò la sua carcassa lontano da quel truce guerriero dallo sguardo impietrante che silenziosamente s’approssimò passo dopo passo dopo passo dopo passo. Il centauro tremante come una foglia si rimise appiedi come poteva ed incespicando goffamente continuava a tenersi a distanza.

Ma la sua velocità era ora facilmente raggiungibile ed il sadico milite celerò si poco il passo giungendo alla sua portata. Con un salto incredibile gli si schiantò sulla groppa con tale violenza che le gambe anteriori si spezzarono come ramoscelli mostrando le ossa pastorali che eruppero provocandogli un intensissimo spasimo che mai avrebbe creduto di poter provare. Spalancò la bocca, ma la dolenza era tale che non trovò neppure la forza di emettere grida mentre da essa sgorgavano fiumi di sangue e bile, i suoi occhi si rigirarono, il suo volto divenne nero.

Ma prima di abbandonare la vita Kratos gli si avvicinò afferrandolo per i capelli

“…io sarò uno spartano…e tu non vedrai l’alba di domani per constatarlo…”

proferì sussurrante, e con immane rapidità gli infilzò un bulbo oculare con il suo stesso dardo avvelenato.

Il mostro si spense lentamente, sommergendosi nelle sabbie sottostanti, mentre Kratos incespicante e ad un passo dalla fine levò il suo sguardo dinnanzi a sé, e finalmente lo vide: Il tempio di Dionisio.


 

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Grazie della critica Dubius, mi sono accorto che hai ragione XD  Rileggendo i vecchi capitoli, compreso questo, ho notato un ritmo balordo scandito da insensati punti e virgola messi a casaccio lol.   Riguardo i video, spero che non sfasino l'atmosfera, comunque chi decide di aprirli può farlo altrimenti si è liberi di non farlo. Questo era l'ultimo che avevo fatto 2 anni fa ma recentemente ho trovato il tempo di continuarlo seguendo delle indicazioni scritte dal me stesso del passato per il me di ora. Devo dire che è stato abbastanza chiaro

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